Storia dell’arte : schemi riassuntivi, quadri di approfondimento [6a ed.] 9788851150501, 8851150508

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Storia dell’arte : schemi riassuntivi, quadri di approfondimento [6a ed.]
 9788851150501, 8851150508

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Pocket Per conoscere la storia dell’arte e la sua evoluzione, dalle più antiche espressioni artistiche ai capolavori di fine Cinquecento. Un percorso che parte dai graffiti preistorici, racconta di templi, antichi palazzi, chiese e manufatti preziosi, per giungere alle grandi opere medievali e ai maestri indiscussi del Rinascimento.

STORIA DELL’ARTE Dalle civiltà antiche al Classicismo L’ARTE DELLE CIVILTÀ ANTICHE – L’ARTE GRECA – L’ARTE ROMANA – DALL’ARTE PALEOCRISTIANA ALL’ARTE CAROLINGIA – IL ROMANICO – IL GOTICO – FRA TRECENTO E QUATTROCENTO – IL RINASCIMENTO – I GRANDI MAESTRI RINASCIMENTALI: LEONARDO, BRAMANTE, GIORGIONE, MICHELANGELO, RAFFAELLO, TIZIANO, LOTTO E CORREGGIO – IL MANIERISMO – IL CLASSICISMO – CARAVAGGIO E IL CARAVAGGISMO

SETTORE DIZIONARI E OPERE DI BASE Testi: Elena Garrotta, Anna Guglielmina (revisione) e Banca dati De Agostini, tratti dal volume Tutto Storia dell’Arte De Agostini Editing e impaginazione: Studio Angelo Ramella, Novara Copertina: Marco Santini

ISBN 978-88-418-7657-2 © De Agostini Libri S.p.A., Novara – 2011 Redazione: Corso della Vittoria 91, 28100 Novara

www.deagostini.it Prima edizione, settembre 2011 Prima edizione elettronica, novembre 2011 Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo volume può essere riprodotta, memorizzata o trasmessa in alcuna forma e con alcun mezzo, elettronico, meccanico o in fotocopia, in disco o in altro modo, compresi cinema, radio, televisione, senza autorizzazione scritta dell’Editore. Le copie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto all’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941, n. 633. Le riproduzioni per finalità di carattere professionale, economico o commerciale, o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, corso di Porta Romana 108, 20122 Milano,e-mail [email protected], sito web www.aidro.org

L’

arte è espressione delle idee, dei sentimenti, della personalità unica e inconfondibile di un artista, ma è anche specchio della cultura e delle vicende storiche dell’epoca in cui ciascuno ha operato. Un filo attraversa tutta la storia dell’arte e lega artisti e periodi lontani fra loro. Per questo non dobbiamo guardare alle varie correnti artistiche e ai loro protagonisti separatamente, bensì come fasi diverse di un grande movimento in continua evoluzione. Nuove generazioni si succedono a quelle vecchie, idee, teorie e passioni nuove si affiancano e si sovrappongono alle precedenti. Quando gli artisti riescono con la propria opera a dar vita a cambiamenti radicali si creano nuovi stili, senza però mai spezzare quel filo, sia pur sottile. Questo manuale presenta la storia dell’arte dalle civiltà antiche fino al culmine del Rinascimento, nelle sue straordinarie espressioni (pittura, scultura e architettura), nei grandi movimenti, negli artisti e nelle opere che l’hanno caratterizzata. La trattazione è organizzata in sezioni, a loro volta suddivise in capitoli, che corrispondono ai grandi movimenti artistici e alle diverse epoche, seguendo un ordine cronologico. All’interno dei capitoli gli argomenti sono esposti con una suddivisione in paragrafi che risponde a esigenze di sintesi, chiarezza espositiva e completezza.

Guida alla consultazione Sintesi introduttiva al capitolo

2 - Il romanico

2 L’arte greca a botte

La storia artistica della civiltà greca, preceduta da quelle cretese e micenea, fiorì nei secoli XII a.C. - I d.C. ed estese la sua influenza a un ambito ben più ampio dei confini dell’attuale Grecia (per esempio nella Magna Grecia, vale a dire nell’Italia meridionale). Unanimemente condivisi furono comunque alcuni concetti fondamentali: al centro delle produzioni artistiche greche è l’idea di uomo come «misura di tutte le cose»; la funzione dell’arte è sia pubblica sia religiosa; l’arte deve ricercare ed esaltare le bellezza ideale, fondandola su ben precisi canoni proporzionali.

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a schifo (o a gavetta)

a vela

a padiglione

9 12 1 spalle o piedritti 2 corda o luce 3 intradosso 4 estradosso 5 archivolto 6 linea d’imposta 7 piano d’imposta 8 reni 9 chiave 10 freccia o monta 11 spessore 12 larghezza

5 11

3 6

La civiltà cretese o minoica

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2

8 7 1

sociale. Robusta, di salde proporzioni, presenta una complessa articolazione dello spazio: è a pianta cruciforme, ha tre o cinque navate, transetto e abside. La cattedrale trova i suoi elementi caratteristici nell’uso dell’arco a tutto sesto, della copertura a volta, a crociera o a botte, dal punto di vista costruttivo, e nell’attento studio dello scarico dei pesi sui robusti pilastri, sugli archi trasversali e sui muri in funzione di contrafforte. Le prime grandi chiese con copertura a volta furono costruite pressoché contemporaneamente, agli inizi dell’XI secolo, in Lombardia e nell’area continentale di influenza normanna. Di qui il romanico si diffuse, in articolazioni estremamente ricche e dense di apporti locali, in tutta Europa. L’attività dei Normanni si estese dalla Normandia (Jumièges, Caen) al resto della Francia (Vézelay, Antun, St.-Étienne, Poitiers), ai paesi nordici, all’Inghilterra, fino in Palestina. Le maestranze lombarde, invece, attive in quasi tutta Europa, riportarono poi in patria esperienze diverse dalla Normandia, dalla Provenza (Arles, Saint-Gilles) e dalla Catalogna.

La civiltà micenea

Le scoperte delle testimonianze artistiche

a cupola su pennacchi

Figura 2 Sopra, tipologie di copertura a volta.

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L’arte cretese-micenea

La civiltà cretese (3000-1450 a.C.), detta anche minoica dal nome del mitico re di Creta Minosse, è caratterizzata da un altissimo livello sociale, artistico e architettonico. In mancanza di fonti storiche precise e dettagliate, è nota soprattutto per i grandi palazzi (il più famoso è quello di Cnosso) ricchissimi di opere d’arte, molte delle quali conservate al Museo di Iraklion. La civiltà cretese inizia nell’Età del Bronzo per opera di popolazioni probabilmente mediterranee. Grazie alla fortunata posizione geografica, Creta era nodo essenziale nei traffici marittimi del Mediterraneo orientale. Nel 1400 a.C. circa, indebolita da una serie di cataclismi, l’isola venne devastata e conquistata dagli Achei ed entrò così nell’orbita della continentale civiltà micenea. Questa, che prende il nome dalla città di Micene nel Peloponneso, sorta intorno al 1600 a.C., si estese a Creta nell’Egeo e in altre zone del Mediterraneo fino all’invasione dorica (1100 a.C. circa). Fiorì dal 1550 a.C. circa, raggiunse il massimo splendore nel periodo tra il 1450 e il 1250 a.C. e fu caratterizzata da un forte carattere guerriero. Le testimonianze artistiche delle due civiltà, che precedettero quella greca nel Mediterraneo orientale, furono scoperte tra la fine dell’800 e l’inizio del ’900 dagli archeologi Heinrich Schliemann (Micene), Arthur Evans (Cnosso), Federico Halbherr e Luigi Pernier (Festo e Haghía Triáda).

a crociera

a botte ogivale

Figura 3 Struttura dell’arco a tutto sesto.

Gli elementi strutturali

La diffusione dello stile romanico

■ L’abbazia Determinante per lo sviluppo dell’architettura romanica fu la grande crescita degli ordini monastici (benedettini Il ruolo degli ordini e cluniacensi, in particolare) e la loro consuetudine di monastici edificare accanto alla chiesa gli ambienti dedicati alla preghiera e alla vita quotidiana. Questo complesso di

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Testo con le parole e i concetti chiave evidenziati in nero

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Note a margine per la rapida individuazione e memorizzazione dei temi principali

Il volume è diviso in 4 sezioni che delineano l’evolversi delle espressioni artistiche dalle prime civiltà fino al culmine del Rinascimento. Il testo è articolato in modo da favorire l’inquadramento generale dei temi e la loro rapida memorizzazione. I singoli capitoli sono aperti da un cappello introduttivo e sono conclusi da schemi riassuntivi che espongono in sintesi i passaggi chiave del pensiero di un autore o di una scuola, utilizzando spesso espressioni desunte dal testo del capitolo per facilitare la memorizzazione. Le domande di verifica consentono, con il riferimento alle pagine in cui si trovano gli argomenti delle domande stesse, di controllare autonomamente la propria preparazione.

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Schema riassuntivo 1 - Il manierismo

■ Il Veronese Paolo Caliari, detto il Veronese (Verona 1528 - Venezia 1588), si affermò giovanissimo (1553) come decoratore di altissimo livello a Venezia. Nei primi cicli veneziani (per la Sala del Consiglio dei Dieci in Palazzo Ducale, 1553; per la chiesa di San Sebastiano; per la Libreria di Sansovino, 1556) la sua cultura appare ispirata ai modelli del manierismo romano ed emiliano. La serenità olimpica e profana della sua pittura si espresse, dopo il suo viaggio a Roma del 1560, nell’assoluto capolavoro degli affreschi di Villa Barbaro a Maser: impostati sull’illusionismo architettonico di stampo manierista, mostrano anche l’interesse del Veronese per il classico, con l’inserimento di ruderi classici, figure di pura immaginazione. I valori scenografici del suo linguaggio trovarono la massima espressione nella serie delle celebri Cene, dalla Cena in Emmaus (1560 circa) e dalle Nozze di Cana (1562), ambedue ora al Louvre di Parigi, all’Ultima Cena per il convento dei Santi Giovanni e Paolo (1571-1573, ora alle Gallerie dell’Accademia di Venezia), che costituirono l’espediente per rappresentare la vita della nobiltà veneziana e che in un caso (Ultima Cena poi trasformata con il titolo di Convito in casa Levi, 1573, Venezia, Gallerie dell’Accademia) gli procurò la censura da parte dell’Inquisizione per la poca aderenza al fatto evangelico.

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Manierismo, classicismo e caravaggismo

SCHEMA RIASSUNTIVO Decoratore di altissimo livello

Gli affreschi di Villa Barbaro

IL MANIERISMO

Movimento stilistico italiano ed europeo sviluppatosi tra il 1520 circa e la fine del ’500, è caratterizzato da un antinaturalismo lontano dalla razionalità rinascimentale e dall’equilibrio armonico classicista. Il termine deriva dalla critica seicentesca, caricato di un significato negativo per indicare inerzia creativa, artificiosità, virtuosismo tecnico non sostenuto dall’ispirazione. I primi due centri di elaborazione del manierismo sono Firenze e Roma. In Italia e in Europa si afferma come lo stile delle corti, arte colta basata su iconografie preziose e allegorie complicate. Un ultimo guizzo di autentica forza lo esprime in Spagna la pittura di El Greco.

• Firenze

È tra i primi centri di elaborazione del manierismo. Nei primi decenni del ‘500 vi operano Andrea del Sarto, portatore di un misurato e dolce classicismo; Rosso Fiorentino, protagonista del momento più ricco e inquietante del manierismo fiorentino; il Pontormo, che caratterizza le sue opere con segni nervosi e vibranti. Nei decenni successivi sono attivi Agnolo Bronzino, noto per i ritratti per conto dei Medici, Benvenuto Cellini e il Giambologna, giunto a Firenze nel 1550, che rappresenta le tendenze intellettualistiche del tardo manierismo fiorentino.

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Le Cene

• Roma

Esponenti emblematici del manierismo romano sono alcuni allievi di Raffaello: tra questi Giulio Romano dà un importante contributo in campo architettonico soprattutto durante il soggiorno mantovano. Il Parmigianino giunge a Roma nel 1524 e caratterizza la sua opera con un antinaturalismo tutto intellettuale, basato su forme ovali e allungate. Altre figure significative sono Perin del Vaga, Federico Barocci e Daniele da Volterra. Il sacco di Roma del 1527 provoca la diaspora degli artisti verso l’Italia settentrionale.

• Venezia e il Veneto

Nell’ambito veneziano, dopo la morte di Giorgione (1510), l’indiscusso protagonista della pittura è Tiziano, ma tra il 1540-1560 anche il Veneto viene raggiunto dal manierismo, il cui anticipatore in pittura è il Pordenone. Una stagione di splendore artistico annovera in pittura il Tiziano maturo, il Veronese, il Tintoretto e Bassano; in architettura Palladio, il Sansovino e Sanmicheli.

• Lombardia

I principali artefici delle tendenze manieristiche sono artisti come il Savoldo e Moretto da Brescia. Caso particolare è invece Giuseppe Arcimboldi, le cui più figure allegoriche, formate da frutta, fiori e animali, mostrano il più esasperato, fantastico e dissacrante manierismo.

IL MISTICISMO DI EL GRECO IN SPAGNA Nella seconda metà del ’500 uno dei massimi pittori attivi in Spagna fu un artista di origini cretesi di nome Dominikos Theotokòpulos, meglio conosciuto con lo pseudonimo di El Greco. Nato a Candia nel 1541 e morto a Toledo nel 1614, dopo diversi soggiorni in Italia (e in particolare a Venezia nel 1560, dove rimase colpito dalla lezione di Bassano, Tintoretto e dallo stesso Tiziano, a Parma e Roma), nel 1576 si stabilì definitivamente nella Spagna controriformista. Qui i suoi colori dissonanti, le figure allungate, le luci livide e accecanti, gli spazi stravolti e lontanissimi da qualsiasi prospettiva traducono in pittura il carattere visionario della mistica spagnola del tem-

po. Di questi anni sono San Francesco che riceve le stigmate, le Maddalene e San Pietro in penitenza, che preludono al Sogno di Filippo II (1579), al Martirio della legione tebana (1580-1582) e al celebre Entierro del conde de Orgaz (“La sepoltura del conte d’Orgaz”, 15861588, Toledo, chiesa di Santo Tomé), considerato il capolavoro della pittura manierista. Con il Battesimo di Cristo (Madrid, Prado) ebbe inizio una serie di pale d’altare, eseguite tra il 1596 e il 1600, in cui El Greco portò all’estremo il verticalismo esasperato delle figure. La rappresentazione tutta spirituale del volto e della figura umana caratterizza anche i ritratti del decennio successivo.

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Riquadro di approfondimento

DOMANDE DI VERIFICA 1 Chi

furono i protagonisti del manierismo fiorentino? 122-126

4 Quali sono i temi alla base dell’esperienza

2 Riassumi l’esperienza della scuola di Fon-

5 Con quali lavori Palladio raggiunse la noto-

3 Chi furono gli artisti protagonisti della dia-

6 Quali artisti hanno rappresentato maggior-

tainebleau. 124

spora romana? 127-129

artistica del Tintoretto? 130

rietà come architetto? 133-134

mente il manierismo lombardo? 134-135

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Domande di verifica

Le frequenti note a margine hanno il duplice scopo di permettere la rapida individuazione dei temi principali e di agevolare la loro ricapitolazione per il ripasso. All’interno del testo sono evidenziati in carattere nero più marcato i concetti e i termini su cui si regge l’argomentazione e che è particolarmente utile ricordare. Spesso inoltre sono presenti riquadri di approfondimento in cui sono trattati argomenti collaterali alla linea di pensiero principale. Al termine del volume, il glossario dei termini dell’arte fornisce un ulteriore prezioso strumento per la comprensione del testo, mentre l’indice riporta gli artisti, i movimenti e gli stili citati.

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Sommario

Dalle antiche civiltà all’arte romana 1 L’arte delle civiltà antiche 2 L’arte greca 3 L’arte romana

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Dal Paleocristiano al Gotico 1 Dall’arte paleocristiana all’arte carolingia 2 Il romanico 3 Il gotico

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Dal ’300 al Rinascimento 1 Fra ’300 e ’400 2 La nuova funzione dell’arte nel Rinascimento 3 I maestri del Rinascimento maturo

71 80 104

Manierismo, Classicismo e Caravaggismo 1 Il manierismo 2 Classicismo e caravaggismo

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Glossario Indice

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Dalle antiche civiltà all’arte romana

1 L’arte delle civiltà antiche 2 L’arte greca 3 L’arte romana

Per le culture antiche l’espressione artistica è soprattutto di ispirazione magico-religiosa. Nella civiltà mesopotamica Il monumento più rappresentativo è la ziqqurat, a forma di monte con una serie di terrazze sovrapposte sulla cui sommità si trova una cella templare, vero e proprio sacrario. L’arte degli Egizi, evolutasi per circa tre millenni, è strettamente legata al culto dei morti e quindi fortemente condizionata dalle costruzioni funerarie. Il monumento tipico è la piramide (di cui gli esempi più famosi sono quelle di Cheope, Chefren e Micerino a Giza). La storia artistica della successiva civiltà greca estende la sua influenza a un ambito ben più ampio dei confini della Grecia attuale. I concetti su cui si fonda l’arte ellenica sono l’idea di uomo come «misura di tutte le cose», la funzione dell’arte sia pubblica sia religiosa e la ricerca di una bellezza ideale, fondata su precisi canoni proporzionali. Convenzionalmente si distinguono tre stili: dorico (Grecia continentale e Peloponneso), piuttosto rigido e pesante; ionico (proprio delle isole egee), più ricercato e decorativo; quello attico (proprio di Atene) che fonde la severità dorica con l’eleganza ionica. Con la fase ellenistica l’arte greca assume un carattere cosmopolita: nuove tendenze si sviluppano nell’incontro tra la grecità e le varie tradizioni locali. Atene e le città continentali della Grecia decadono, mentre i centri più attivi diventano Alessandria, Antiochia e Pergamo. Diversa è l’arte romana: strettamente legata alle esigenze politiche, militari ed economiche, e quindi volta quasi esclusivamente alla celebrazione della “romanità”, risulta meno elegante di quella greca. Pur conservando nelle diverse aree caratterizzazioni locali, è il risultato di uno scambio costante di impulsi artistici da Roma ad altri centri culturali e viceversa.

1 L’arte delle civiltà antiche Nelle civiltà antiche sono presenti straordinarie forme di comunicazione ed espressione artistica di utilizzo soprattutto magico-religioso: si pensi ai templi e ai palazzi reali in Mesopotamia o ancora alle piramidi e ai templi egizi, ma anche ai manufatti decorati e alle raffinate oreficerie, tipiche di tutti i popoli antichi.

La Mesopotamia La civiltà mesopotamica sorse in seguito a un lungo pro- La storia cesso di sedentarizzazione di popolazioni nomadi (Sumeri, Accadi, Assiri ecc.) stabilitesi nella regione storica che comprende la pianura alluvionale tra i fiumi Tigri ed Eufrate, fra il Mediterraneo e il Golfo Persico. Durante il Neolitico in questa regione, che verosimilmente fu luogo di scoperta dell’agricoltura, nacquero le prime culture protostoriche di Tell Hassuna, Samarra e, successivamente, di Tell Halaf. A partire dal 3500 a.C. vi si svilupparono i regni e le civiltà dei Sumeri, degli Accadi, degli Assiri e dei Babilonesi. La storia di questa regione fu quindi contrassegnata da un continuo alternarsi di stirpi diverse e da una precaria unità politica. ■ Il periodo predinastico e i Sumeri La cultura delle popolazioni sumeriche, che ebbe il suo centro a Tell al-Ubaid nella Bassa Mesopotamia, si diffuse su tutta l’area mesopotamica. A essa risalgono i primi edi- I primi edifici fici in mattoni crudi, destinati ad avere pieno sviluppo nel in mattoni crudi periodo di Uruk (predinastico), tra la fine del IV e l’inizio del III millennio a.C. In quest’epoca si ebbero le prime manifestazioni dell’arte dei Sumeri, una popolazione che coesisteva con gli Accadi, dai quali finì per essere parzialmente assimilata; a questo periodo risalgono i primi esempi di architettura monumentale religiosa (tempio di Eridu e tempio Bianco di Uruk). Tra il 2900-2400 a.C. circa il predominio era ancora del Sud, dove fiorì la città di Ur; l’influenza dell’arte sumerica La città di Ur si ritrova a Tell Asmar, Tell Brak, Mari e Hafagah. In questa fase il tempio divenne anche importante centro di attività

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Dalle antiche civiltà all’arte romana

La ziqqurat

La scultura

Lo stendardo di Ur

Stele della vittoria di Nar am-Sin

L’architettura

L’arte figurativa

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economica. Solo con la III dinastia di Ur (2112-2004 a.C.) apparve il palazzo reale, e nello stesso periodo si fissò la tipologia classica della ziqqurat, un monumento a forma di monte costituito da una serie di terrazze sovrapposte sulla cui sommità si trova una cella templare, vero e proprio sacrario (templi di Ur, Ur-Nammu, Larsa). Nella scultura si ebbero due indirizzi fondamentali: la statua a tuttotondo e il rilievo. Nel primo caso si tratta soprattutto della rappresentazione di uomini oranti, dal grande valore simbolico. Nei rilievi (in pietra e argilla o in legno intarsiato e incrostato di pietre) vengono invece rappresentate scene vivaci o animali. L’opera che esemplifica meglio questo tipo di decorazione è il cosiddetto stendardo di Ur. ■ Gli Accadi Nella seconda metà del III millennio, pur continuando a essere alimentata dalla linfa sumerica, l’arte degli Accadi, che avevano imposto la propria egemonia nella regione, rivelò caratteri e accenti propri. Le poche opere pervenute documentano l’alto livello estetico raggiunto: ne sono testimonianza le sculture, i sigilli e qualche esempio di architettura. Al concetto sumerico della “città-tempio” il regno degli Accadi contrappose quello della “città-stato”. L’arte accadica illustra il concetto del re-dio in una delle sue più suggestive opere a rilievo: la celebre stele della vittoria di Nar am-Sin sui Lullubiti (Parigi, Louvre). La fine della dinastia accadica interruppe anche la sua tradizione artistica. ■ Il periodo babilonese L’arte che si sviluppò dalla fondazione di Babilonia (1894 a.C.) all’invasione hurrita (1550 a.C. circa) è nota solo da resti di città fondate dai Babilonesi e a essi soggette dopo il regno di Hammurabi (1792-1750 a.C.). L’architettura è testimoniata soprattutto dai templi: quelli babilonesi sono articolati in vani su un asse longitudinale e presentano un vestibolo, una corte a cielo aperto, un’antecella e una cella. L’arte figurativa ha come tema fondamentale l’immagine votiva del re nella statuaria e la stele monumentale nel rilievo. Con Hammurabi si raggiunsero importanti conquiste nella rappresentazione delle figure su una superficie piana, con la visione dell’immagine umana di profilo e con accenni di scorcio, per renderla nella sua totalità.

1 - L’arte delle civiltà antiche

■ Il periodo assiro Agli inizi del XIII secolo a.C. si affermò la potenza assira, che espresse un’arte nuova, laica. Al periodo protoassiro (1244-1078 a.C.) corrispose un’intensa attività edilizia. Imponenti palazzi sorsero nella capitale Assur; si ampliarono strutture esistenti e si ricostruirono edifici distrutti. Tra gli altri, fu portato a compimento il palazzo iniziato da Salmanassar I (1274-1245 a.C.). Nel periodo neoassiro (935-625 a.C.) l’attività edilizia ebbe un ulteriore incremento: complessi sistemi idraulici portarono l’acqua del fiume Zab alla nuova capitale Kalakl (Nimrud), cinta da mura con torri e porte. Vi furono costruiti la grande torre (ziqqurat), templi e la superba reggia, le cui stanze erano decorate da serie di bassorilievi con scene di guerra e di caccia. L’ambizione costruttiva si accentuò sotto il regno di Salmanassar III (858-824 a.C.), che vide una fioritura della scultura e del bassorilievo che registravano con estremo realismo avvenimenti di guerra. Nuovo vigore di modellato venne espresso anche nel metallo lavorato a sbalzo, con il quale il re aveva fatto rivestire le porte del suo palazzo di Imgur-Bel (Balawat). Improntate a un nuovo ordine urbanistico furono le progettazioni realizzate da Sennacherib (705-681 a.C.) nella nuova capitale Ninive, munita di possenti mura, con acropoli, che racchiudevano palazzi reali, edifici amministrativi e templi. Con Assurbanipal (668-627 a.C.) si conclusero il regno assiro e la sua attività artistica, in cui una nuova e più sciolta libertà d’ispirazione aveva portato la ricerca estetica al piacere del particolare pittoresco; esemplare il tema del toro alato androcefalo.

Periodo protoassiro

Periodo neoassiro

Nuovo ordine urbanistico

La fine del regno assiro

■ Il periodo neobabilonese I brevi ma gloriosi anni dell’impero neobabilonese (626- Anni brevi 539 a.C.), creato da Nabopolassar (625-605 a.C.) e da suo ma gloriosi figlio Nabucodonosor II (605-562 a.C.), portarono a un’originale rielaborazione culturale, colma di reminiscenze e di riferimenti al passato. In questo periodo Babilonia divenne il “centro del mondo”, non soltanto della sua regione. Fu innalzata la famosa torre che ambiva a salire fino al cielo (la biblica Torre La Torre di Babele di Babele) e furono costruiti templi dedicati alle varie divinità, il viale delle processioni con la porta di Istar e le residenze dei sovrani.

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Dalle antiche civiltà all’arte romana

L’Egitto I due regni

Le prime manifestazioni artistiche

Un’arte legata al culto dei morti

L’architettura

La struttura delle tombe egizie

Fin dal 3200 a.C. circa il paese fu diviso in due regni: il Basso Egitto, economicamente più progredito, e l’Alto Egitto, caratterizzato da un’agricoltura povera a causa della scarsità di terreno coltivabile. Dopo l’unificazione dei due regni, operata dall’Alto Egitto, si succedettero 21 dinastie di faraoni che governarono il paese fino al 525 a.C., anno in cui tutto l’Egitto fu ridotto da Cambise a semplice provincia dell’impero persiano. La storia dell’Egitto, a partire dalla prima dinastia (3185-3125 a.C.), fondata dal mitico faraone Menes, è caratterizzata dall’alternanza di periodi di grande splendore e periodi di crisi e viene divisa in Antico Regno, Medio Regno e Nuovo Regno. Le prime testimonianze d’arte nella regione dell’attuale Egitto sono le incisioni rupestri preistoriche dell’Alto Nilo, fino alla Nubia, e oggetti vari (vasi di terra, alabastro e basalto; statuette di terracotta e d’avorio; suppellettili d’oro, d’argento e di rame) rinvenuti nelle prime necropoli, localizzate nell’Alto Egitto (Badari, el-Amrah, Naqada, Abido) e più tardi anche nel Delta (el-Gerzeh). L’arte degli Egizi, evolutasi per circa tre millenni, è strettamente connessa con le loro peculiari concezioni magico-religiose legate al culto dei morti; fu quindi fortemente condizionata dalle costruzioni funerarie, che dovevano fungere da abitazioni e riproduzione dell’aldilà per il defunto, che così poteva agevolmente continuare a “vivere” dopo la morte. Le prime importanti testimonianze figurative sono fornite da teste di mazza e tavolozze di scisto, aventi funzione di offerta rituale (mazza del Re Scorpione e tavolozza di Narmer, forse da identificare con Menes). Dell’architettura di quest’epoca arcaica (costruzioni in mattoni crudi) è rimasto poco. Le tombe e i cenotafi (Menfi e necropoli di Abido) dei sovrani e dei grandi funzionari erano già chiaramente scandite nei due elementi caratteristici della sepoltura egizia: l’infrastruttura, destinata a contenere il cadavere e il suo corredo e a essere definitivamente chiusa dopo il funerale, e la sovrastruttura con il luogo per l’offerta, accessibile ai vivi. ■ L’arte dell’Antico Regno (2700-2195 a.C.) Il periodo più florido dell’arte egizia fu quello compreso tra il III e il II millennio a.C. Con le prime due dinastie (dette thinite dal nome della capitale Thinis) cominciò a

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1 - L’arte delle civiltà antiche

definirsi l’organizzazione burocratica della civiltà egizia. Nel complesso funerario del faraone Gioser (2680-2660 a.C.) a Saqqara – la cosiddetta piramide a gradoni, antecedente tipologico della piramide –, per la prima volta la tomba reale è nettamente differenziata da quella dei funzionari: la sovrastruttura è composta da più mastabe (tombe a tumulo rettangolare, a pareti rastremate) sovrapposte. Nell’età menfita (dal nome della nuova capitale Menfi), soprattutto durante la IV dinastia (2630-2510 a.C.), l’impulso accentratore del faraone, assimilato a un dio, trovò riscontro anche nell’arte. Il monumento tipico dell’epoca fu la piramide (di cui gli esempi più famosi sono quelle di Cheope, Chefren e Micerino a Giza) affiancata dalla Sfinge (guardiana degli accessi ai templi o alle tombe). Grande rigore stilistico si osserva nella scultura a tutto tondo e nel rilievo. Le statue dei sovrani e dei funzionari sono quasi sempre astratte idealizzazioni, più che veri ritratti. Durante la V e la VI dinastia (2510-2195 a.C.) la rappresentazione più realistica degli individui produsse nella statuaria capolavori quali lo Scriba conservato al Louvre e lo Scekh el-Balad, e diede origine ai rilievi che ornano gli ambienti interni delle mastabe. le tombe private dei dignitari: per lo più scene di caccia, pesca, allevamento del bestiame e offerte funerarie. Nel Primo Periodo Intermedio (2195-2064 a.C.) il processo di disgregazione del regno unitario per opera degli ambienti provinciali giunse alle sue estreme conseguenze. In campo artistico si abbandonò la rigida composizione a registri per una visione dello spazio più personale e istintiva (ne sono esempi le decorazioni nelle tombe del Medio Egitto a Beni Hasan, e, sul confine meridionale, vicino ad Assuan).

La piramide di Gioser

L’epoca delle piramidi

Le piramidi di Giza La statuaria

Il Primo Periodo Intermedio

■ L’arte del Medio Regno (2064-1797 a.C) Fu solo con l’inizio del Medio Regno, con la riconquista dell’unità nazionale e con l’assoggettamento della Nubia, che il nuovo potere faraonico diede vita a un nuovo lin- Celebrazione guaggio artistico. Il primo importante monumento risale del potere faraonico al riunificatore dell’Egitto, Mentuhotep I, ed è suo il tempio funerario a Deir el-Bahari. I sovrani della XII dinastia (1994-1797 a.C.) adottarono di nuovo la piramide come sepoltura. Per il resto, poco si conserva dei templi divini; la statuaria ricalca i modelli menfiti, ma i ritratti sono resi più realisticamente; nel rilievo e nella pittura prevale l’interesse narrativo.

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Dalle antiche civiltà all’arte romana

Tebe capitale

Karnak e Luxor

Il capolavoro dell’epoca

Il gusto del colossale

Due culture: ellenistica ed egizia 16

■ L’arte del Nuovo Regno (1543-1078 a.C.) Dopo il lungo Secondo Periodo Intermedio (1797-1543 a.C.), in cui il paese subì la dominazione degli Hyksos, l’Egitto ristabilì la sua indipendenza in Asia con la XVIII dinastia. La capitale fu trasferita a Tebe, luogo di origine della dinastia e sede di culto del dio nazionale Amon, al quale i sovrani dedicarono templi grandiosi. Sulla riva orientale del Nilo, dove sorgeva la città, furono eretti i due templi monumentali di Karnak (il più grande d’Egitto) e di Luxor, dedicati al dio Amon; iniziati dai primi sovrani della XVIII dinastia, vennero poi ampliati in tutte le epoche successive. Sulla riva occidentale, invece, sorsero le necropoli in cui le tombe reali, per maggiore sicurezza, erano nascoste nelle viscere della montagna (Valle dei Re e Valle delle Regine); famosissimo è il tesoro ritrovato nel sepolcro del faraone Tutankhamon, che, nonostante le modeste dimensioni della tomba – forse dovute all’improvvisa e imprevista scomparsa del giovane sovrano –, custodiva al suo interno immense ricchezze. I templi funerari, un tempo connessi con il sepolcro e ora totalmente separati, sorsero nella parte pianeggiante al di qua della catena libica. Capolavoro dell’epoca è il tempio della regina Hatscepsut, edificato dall’architetto Senmut e strutturato con un sistema di livelli successivi di terrazze porticate innalzati fino all’alta parete rocciosa. Con l’epoca di Ramesse II (1279-1212 a.C.) e Ramesse III (1185-1153 a.C.) si sviluppò la pianta del tempio divenuta canonica: l’esterno era un nudo muraglione, animato sulla facciata dalla presenza del pilone, costituito da due alte torri rastremate ai due lati della porta, da cui si accedeva a un cortile porticato interno e, in successione, a una sala a colonne (ipostilo). Uno straordinario gusto del colossale nella scultura e nell’architettura è visibile nei due templi di Abu Simbel, nel Ramesseo e nella grande sala ipostila di Karnak, risalenti a Ramesse II, e nel tempio-fortezza di Medinet Habu (un tempio funerario cinto da un muro con torri e ornato da monumentali figurazioni a rilievo) dell’epoca di Ramesse III. ■ L’epoca tolemaica L’ultimo periodo della storia egizia, quello della dinastia tolemaica (304-30 a.C.), vide coesistere contemporaneamente due culture: Alessandria diventò centro brillan-

1 - L’arte delle civiltà antiche

tissimo di cultura ellenistica, mentre nel resto del paese persitstette la cultura egizia. Tentativi di “compromesso” che si possono rilevare tra le due forme d’arte sono la tomba di Petosiri a Ermopoli, alcune statue di Tolomei o di imperatori romani in costume egizio e alcuni ritratti in cui le esperienze della precedente età saitica (664-525 a.C., dal nome della città di Sais) si fondono con quelle dell’ellenismo. Risalgono all’epoca tolemaica due templi straordinari: I templi di Dendera quello di Dendera, uno dei meglio conservati dell’antico e di Edfu Egitto, e quello di Edfu. i celti Questo gruppo di popolazioni indoeuropee si stanziò, a partire dal II millennio a.C., nella zona limitrofa al corso superiore del Danubio e nella Francia orientale; da qui si diffuse poi (dal VII sec. a.C.) in quasi tutta l’Europa occidentale, nei Balcani, in Italia e in Asia Minore. La fase espansiva dei Celti si esaurì nei secoli II-I a.C. di fronte alla potenza romana e alle pressioni delle popolazioni germaniche provenienti da Oriente. La società celtica, strutturata nella tribù formata dalle singole famiglie, era governata da un re e si fondava sulla guerra, la caccia e l’allevamento. Molto forte era il sentimento di appartenenza tribale. L’arte celtica presenta un ben definito e costante carattere di antinaturalismo. Immersa in un’atmosfera magica e religiosa, trova la sua più genuina espressione nell’ornamento astratto, soprattutto nei metalli lavorati (inizi dell’Età del Ferro - prima metà del I millennio a.C.),

elaborando tutti gli elementi assimilati nel contatto con i vari popoli. Armi, borchie per finimenti, gioielli e monete presentano una ricca e varia ornamentazione, impreziosita da smalti policromi in champlevé (una tecnica con cui lo smalto veniva inserito in alveoli con bordo rialzato ottenuti direttamente nel fondo metallico). Tipica è anche la stilizzazione nelle figure antropomorfe che ornano talvolta i monili. Ma è soprattutto nel campo della numismatica che si espresse il già accennato spirito antinaturalistico dell’arte celtica: nelle monete i motivi, inizialmente di ispirazione realistica, vennero poi dissociati in una decorazione astratta. Le due culture più rappresentative della civiltà celtica furono quella di Hallstatt, di tendenza essenzialmente geometrica, e quella di La Tène (VI-I sec. a.C.), caratterizzate entrambe dal trionfo della linea curva.

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Dalle antiche civiltà all’arte romana

SCHEMA RIASSUNTIVO La Mesopotamia

La civiltà mesopotamica sorge in seguito a un lungo processo di sedentarizzazione di popolazioni nomadi stabilitesi nella pianura alluvionale tra i fiumi Tigri ed Eufrate. Tra la fine del IV e l’inizio del III millennio a.C. si assiste all’affermazione delle prime manifestazioni dell’arte dei Sumeri: la ziqqurat, monumento a forma di monte costituito da una serie di terrazze sovrapposte, è l’edificio più rappresentativo di questo periodo. Nella seconda metà del III millennio l’egemonia della regione passa nelle mani degli Accadi, la cui arte illustra il concetto del re-dio; una delle più suggestive opere a rilievo è la celebre stele della vittoria di Nar am-Sin sui Lullubiti. L’avvento delle civiltà assira e neobabilonese (1894-539 a.C.) porta allo sviluppo di un’intensa attività edilizia con la costruzione di templi e palazzi, e della scultura per lo più finalizzata alla rappresentazione di avvenimenti di guerra.

L’Egitto

Le incisioni rupestri preistoriche dell’Alto Nilo sono le prime testimonianze d’arte nella regione dell’attuale Egitto. Evolutasi poi nell’arco di circa tre millenni, l’arte egizia conosce il suo periodo più florido nell’Antico Regno, tra il III e il II millennio a.C. L’opera più rappresentativa di questo periodo e di quello successivo (Medio Regno) è la piramide, ovvero il monumento di sepoltura dei faraoni. ll complesso funerario del faraone Gioser a Saqqara – la cosiddetta piramide a gradoni – è considerato l’antecedente tipologico della piramide. Con la XVIII dinastia, nel periodo chiamato Nuovo Regno, vengono edificati templi monumentali (Karnak, Luxor, Abu Simbel), importanti necropoli (Valle dei Re e delle Regine) e colossali sculture. L’ultimo periodo della storia egizia, quello della dinastia tolemaica (304-30 a.C.), vede coesistere due culture: Alessandria è il centro della cultura ellenistica, mentre nel resto del paese continua la cultura egizia.

I Celti

Immersa in un’atmosfera magica e religiosa, l’arte di queste popolazioni indoeuropee stabilitesi in Europa a partire dal II millennio a.C. si esprime soprattutto nell’ornamento astratto (specie nei metalli lavorati), elaborando tutti gli elementi assimilati nel contatto con i vari popoli. Armi, borchie per finimenti, gioielli e monete presentano una ricca ornamentazione, impreziosita da smalti policromi in champlevé (lo smalto è inserito in alveoli con bordo rialzato ottenuti direttamente nel fondo metallico). Tipica è anche la stilizzazione nelle figure antropomorfe che ornano i monili. Ma è in particolare nel campo della numismatica che meglio si esprime lo spirito antinaturalistico dell’arte celtica.

DOMANDE DI VERIFICA 1 Quali sono le prime manifestazioni dell’arte sumerica? 11

2 Quali sono le costruzioni più tipiche della III dinastia di Ur? 12

3 Qual è il concetto alla base di tutta l’arte accadica? 12

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4 A quando risale l’epoca delle piramidi? 5 E quali sono le più rappresentative?

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6 Quali sono le culture che segnano l’epoca tolemaica? 16-17

7 In quali campi si esprime l’arte celtica?

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2 L’arte greca La storia artistica della civiltà greca, preceduta da quelle cretese e micenea, fiorì nei secoli XII a.C. - I d.C. ed estese la sua influenza a un ambito ben più ampio dei confini dell’attuale Grecia (per esempio nella Magna Grecia, vale a dire nell’Italia meridionale). Unanimemente condivisi furono comunque alcuni concetti fondamentali: al centro delle produzioni artistiche greche è l’idea di uomo come «misura di tutte le cose»; la funzione dell’arte è sia pubblica sia religiosa; l’arte deve ricercare ed esaltare le bellezza ideale, fondandola su ben precisi canoni proporzionali.

L’arte cretese-micenea La civiltà cretese (3000-1450 a.C.), detta anche minoica dal nome del mitico re di Creta Minosse, è caratterizzata da un altissimo livello sociale, artistico e architettonico. In mancanza di fonti storiche precise e dettagliate, è nota soprattutto per i grandi palazzi (il più famoso è quello di Cnosso) ricchissimi di opere d’arte, molte delle quali conservate al Museo di Iraklion. La civiltà cretese inizia nell’Età del Bronzo per opera di popolazioni probabilmente mediterranee. Grazie alla fortunata posizione geografica, Creta era nodo essenziale nei traffici marittimi del Mediterraneo orientale. Nel 1400 a.C. circa, indebolita da una serie di cataclismi, l’isola venne devastata e conquistata dagli Achei ed entrò così nell’orbita della continentale civiltà micenea. Questa, che prende il nome dalla città di Micene nel Peloponneso, sorta intorno al 1600 a.C., si estese a Creta nell’Egeo e in altre zone del Mediterraneo fino all’invasione dorica (1100 a.C. circa). Fiorì dal 1550 a.C. circa, raggiunse il massimo splendore nel periodo tra il 1450 e il 1250 a.C. e fu caratterizzata da un forte carattere guerriero. Le testimonianze artistiche delle due civiltà, che precedettero quella greca nel Mediterraneo orientale, furono scoperte tra la fine dell’800 e l’inizio del ’900 dagli archeologi Heinrich Schliemann (Micene), Arthur Evans (Cnosso), Federico Halbherr e Luigi Pernier (Festo e Haghía Triáda).

La civiltà cretese o minoica

La civiltà micenea

Le scoperte delle testimonianze artistiche

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Dalle antiche civiltà all’arte romana

Età prepalaziale

Età dei secondi palazzi

Decorazioni e pitture

Età postpalaziale Il mégaron

Il Tesoro di Atreo

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■ L’età d’oro minoica L’età prepalaziale (2000-1900 a.C.) è caratterizzata da case a più ambienti, tombe in grotte o a thólos e ceramica plastica a figure di animali o decorata. Il periodo d’oro (medio minoico III - tardo minoico II: circa 1600-1400 a.C.) della civiltà cretese è rappresentato dall’età dei secondi palazzi. Il palazzo di Cnosso, ampiamente ricostruito da Evans, e quelli di Festo e Mallia – più piccoli del primo, che è immenso – sono complessi edifici a più piani con numerosi ambienti, alcuni adibiti al culto. Si aggiungono case e ville (Haghía Triáda, Tylíssos, Gurnià, il piccolo palazzo e la Casa degli Affreschi di Cnosso), tombe monumentali (tomba del tempio di Cnosso), strade lastricate (Palecastro, Haghía Triáda), impianti portuali. La decorazione degli ambienti è costituita da lastre di gesso alabastrino e, spesso, da pitture naturalistiche a vivaci colori (il Raccoglitore di zafferano, il Principe dei gigli, gli Acrobati su tori di Crosso). Numerose sono le statuette di bronzo, di terracotta dipinta, di ceramica, di avorio (l’Acrobata di Cnosso); ricche le oreficerie d’oro e d’argento, le armi incrostate d’oro, argento e pietre preziose, le gemme incise. Intorno al 1400 a.C. circa i palazzi vennero distrutti probabilmente da invasori greci. L’età postpalaziale, a Creta (tardo minoico III - miceneo III: circa 1400-1100 a.C.), fu caratterizzata da nuove forme di architettura come il mégaron miceneo (una sala rettangolare coperta, preceduta da un vestibolo e un’antisala) e dai sarcofagi (lárnakes) dipinti (Haghia Triáda). ■ Arte micenea nella Grecia continentale Dopo il 1400 a.C. circa crebbero l’importanza e la ricchezza dei numerosi centri micenei della Grecia continentale. I monumenti più noti dell’architettura micenea furono le mura e la porta dei Leoni di Micene, la cittadella e il palazzo fortificato di Tirinto. Altri palazzi micenei si trovano nel Peloponneso (Pilo, Argo), a Gla sul lago di Copaide, a Orcomeno, a Tebe. Sull’Acropoli di Atene vi sono resti di mura micenee (il Pelárgikon) e di un palazzo. Famose, a Micene, sono le grandi tombe reali a thólos (la più nota è il cosiddetto Tesoro di Atreo) e quelle dei “circoli” dell’acropoli, particolarmente ricche e con le celebri maschere d’oro collocate sul volto dei morti, attribuite alla famiglia di Agamennone, ma in realtà risalenti ai secoli XVI e XV a.C.

2 - L’arte greca

L’arte greca arcaica Culla della civiltà classica, l’antica Grecia era caratterizzata da un’organizzazione politica fondata su città-stato (pólis) in continua competizione. La conquista del Peloponneso da parte dei Dori (XII sec. a.C.) avviò un periodo chiamato Medioevo greco (XII-VIII sec. a.C.), durante il quale si consolidò un patrimonio mitico e religioso, nucleo dell’unità culturale greca. A partire dall’VIII secolo a.C. l’incremento della popolazione, e quindi del fabbisogno di terre, diede impulso alla nuova colonizzazione (750-650 a.C.) che interessò ampie regioni del Mediterraneo. Concluso felicemente il conflitto con l’impero persiano (499-479 a.C.), si affermarono le due potenze di Sparta e Atene. L’inevitabile scontro per la supremazia tra le due città (guerra del Peloponneso, 431-404) si concluse con la disfatta di Atene e la parziale vittoria di Sparta. Conseguenza dell’indebolimento reciproco furono la nuova ingerenza persiana e successivamente l’egemonia macedone, allorché Filippo II di Macedonia nell’anno 332 a.C. pose fine alla libertà ellenica.

Il Medioevo greco

L’espansione nel Mediterraneo

Fine della libertà greca

■ Le origini Nell’Età del Bronzo (III-II millennio a.C.), mentre a Creta fioriva la grande civiltà minoica, nelle isole dell’Egeo si sviluppavano la civiltà cicladica (cittadella di Filacopi, idoli cicladici a stilizzazione di figure umane, ceramiche decorate a motivi rettilinei e a spirale) e nella Grecia continentale la civiltà elladica. Quest’ultima è attestata da molti ritrovamenti in Attica, nel Peloponneso e so- Le testimonianze prattutto a Orcomeno di Beozia, capitale dei Minii. Mi- artistiche nia è chiamata la caratteristica ceramica monocroma che imita prototipi metallici. ■ Lo stile geometrico Dopo il 1100 a.C. si imposero forme decorative esasperatamente rettilinee, che diedero origine allo stile detto protogeometrico, considerato la prima manifestazione dell’arte greca. Le migliori testimonianze della produzione artistica vengono in particolare dal vasellame, fabbricato principalmente a Corinto e poi in Attica. Lo stile geometrico vero e proprio, che raggiunse la maggior perfezione nell’VIII secolo a.C., introdusse anche la figura umana severamente stilizzata (statuette di terracotta e figure bronzee). Sorsero intanto nuove fabbriche a

Lo stile protogeometrico

Lo stile geometrico vero e proprio

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Dalle antiche civiltà all’arte romana

I vasi corinzi

Il tempio

I tre ordini architettonici

Corinto; i vasi protocorinzi dalla decorazione geometrica, e poi corinzi, a figure nere su fondo color avorio, nel VII secolo conquistarono i mercati di tutto il Mediterraneo, venendo anche abbondantemente imitati (ceramica etrusco-corinzia). Nello stesso tempo la Grecia importò oreficerie e oggetti preziosi dall’Oriente e impiegò e assimilò nelle sue decorazioni schemi e motivi orientali (ceramica corinzia; ceramica orientalizzante e oreficerie di Rodi). ■ L’architettura arcaica Nell’età arcaica (650-480 a.C. circa) comparvero quasi tutti i tipi di tempio (la massima espressione dell’architettura greca), da quello a semplice cella rettangolare preceduta da un pronao colonnato (forma che restò canonica nei thesaurói, cioè nei tempietti votivi dei santuari) al tempio periptero, interamente circondato da colonne. Si distinsero tre principali stili architettonici, detti “ordini”, il più antico dei quali è l’ordine dorico, che dominò nella Grecia continentale; l’Héraion di Olimpia è il prototipo di questo ordine, che ebbe poi i suoi migliori esempi nei templi della Sicilia e della Magna Grecia. L’ordine ionico, originario delle città dell’Asia Minore prima che di quelle della Grecia (grande Artemísion di Efeso, tempio di Apollo Filesio a Didime), è presente nelle isole

la magna grecia A partire dall’VIII secolo a.C. i Greci colonizzarono parte dell’Italia meridionale, e l’insieme di queste terre venne successivamente chiamato “Magna Grecia”. Ogni colonia (tra le più floride vi erano Paestum e la valle del Sele, Locri, Sibari, Metaponto, Cuma, Napoli, Reggio, Taranto, Crotone e le siciliane Siracusa e Agrigento) era retta da aristocrazie cui seguirono spesso regimi tirannici. Sottomessi dai Romani tra il 280 e il 285 a.C., questi territori favorirono il processo di ellenizzazione della penisola e di Roma stessa. L’arte della Magna Grecia si sviluppò sulle forme della madrepatria, pur conservando caratteristiche proprie quale l’uso di materiali poveri come la terracotta e il calcare. In architettura prevalse l’ordine dorico: eccezionali i com-

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plessi della Valle dei Templi ad Agrigento (di Eracle, di Zeus Olimpio, di Demetra, dei Dioscuri, di Era Lacinia e della Concordia, risalenti ai secoli VI-V a.C.) e di Paestum (la basilica, il tempio di Cerere del VI sec. a.C., il tempio di Nettuno del V sec.). L’ordine ionico è invece rappresentato da due templi di Locri; l’ordine corinzio da alcuni sepolcri di Taranto e Reggio. La grande scultura di marmo o bronzo è documentata dall’attività di noti scultori (Clearco e Sostrato di Reggio, Patrocle e Demea di Crotone, Pitagora di Samo a Reggio, Lisippo a Taranto). In pittura, molto ricche sono le documentazioni della ceramica dipinta (ceramica italiota); l’unico esemplare conosciuto di sepolcro dipinto è la Tomba del tuffatore, scoperta a Paestum nel 1962.

2 - L’arte greca

IL CAPITELLO abaco echino

collarino

fusto dorico

ionico

scanalature

toro scozia

dorica ionica

pinto

eolico

corinzio

composito

corinzia

egee, nell’Héraion di Samo (metà del VI sec. a.C.) e anche nella Magna Grecia, a Locri. Il terzo ordine, il corinzio, dal tipico capitello a foglie d’acanto, si svilupperà solo nel V secolo a.C. e nel periodo ellenistico. La decorazione templare fu dapprima in terracotta dipinta (metope del tempio di Termo, fine VII sec.), poi in pietra o marmo, anch’essi dipinti. I frontoni arcaici erano ornati di sculture in un primo tempo a bassorilievo o a mezzo tondo (frontone della Gorgone a Corfù; frontoni arcaici dell’Acropoli di Atene), poi a tutto tondo (frontoni del tempio di Afea a Egina, inizi V sec., oggi al Museo di Monaco). Il tesoro dei Sifni a Delfi (530 a.C. circa) era ornato anche da un fregio figurato.

Figura 1 Gli ordini delle colonne greche.

La decorazione del tempio

■ La scultura arcaica I più antichi esempi di scultura greca (stile dedalico, dal Lo stile dedalico nome del leggendario artista cretese) risalgono al VII secolo a.C. e sono caratterizzati da una rigida astrazione (templi di Plinías). Importanti esempi di scultura architettonica furono in Italia (in Sicilia) le metope del thesaurós della foce del Sele o del tempio C di Selinunte (Palermo, Museo Archeologico), anteriori al 550 a.C., e, sulle coste asiatiche, le basi figurate delle colonne dell’Artemision di Efeso. Nella scultura arcaica la figura, prima rigida e squadrata, passò dall’astrazione dedalica a una maggiore aderenza alla realtà. La scultura era anche votiva, funeraria e onoraria (statue di vincitori di gare atletiche; gruppo dei Tirannicidi).

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Dalle antiche civiltà all’arte romana

Kúros e kóre

I tre stili

Ceramica corinzia Ceramica attica

È andata perduta la grande scultura in bronzo (VI sec. a.C.), ma restano molti originali in pietra o marmo. Pochi erano i tipi della grande statuaria, tra cui anzitutto quello del kúros (statua maschile nuda, in piedi, con la gamba sinistra avanzata) e della kóre (statua femminile vestita, in posizione analoga), documentati da numerosi esemplari trovati nella cosiddetta colmata persiana dell’Acropoli di Atene e oggi al Museo dell’Acropoli (dalla metà del VI sec. a.C. ai primi decenni del V a.C.), ma presenti in Attica e in altre località già alla fine del VII secolo a.C. In queste statuette è soprattutto evidente la progressiva conquista della conoscenza dell’anatomia umana. Convenzionalmente si distinguono tre stili: dorico (Grecia continentale e Peloponneso), piuttosto rigido e pesante; ionico (proprio delle isole egee), più ricercato e decorativo; attico (proprio di Atene) che fonde la severità dorica con l’eleganza ionica. ■ La ceramica arcaica Anche la ceramica figurata ebbe nel periodo arcaico una grandissima fioritura, e ciò compensa (solo in parte) la quasi totale scomparsa della pittura. Oltre alla decorativa ceramica corinzia (che terminò alla metà del VI sec. a.C.), fabbriche di vasi figurati furono attive tra i secoli VII e il VI a.C. in diverse località greche. Il VI secolo a.C. fu dominato però dalla ceramica attica, prima a figure nere e poi, dal 530 a.C., a figure rosse. Diversi artisti firmarono i loro vasi (per le figure nere è famoso Exechia; per le figure rosse si ricordano tra i molti Eufronio ed Eutimide).

L’arte greca classica Il periodo classico dell’arte greca va dal V secolo a.C. fino alla morte di Alessandro Magno (323 a.C.), raggiungendo il maggior splendore nell’età di Pericle (495-429 a.C. circa). L’arte di questo periodo rappresentò la conquista di valori nuovi e sconosciuti rimasti poi essenziali nella storia dell’umanità: esaltò «l’uomo come misura di tutte le cose» ed espresse equilibrio, armonia, ordine e proIdeale di bellezza porzione fissandoli in canoni che delinearono un ideale e perfezione formale di bellezza e di perfezione formale. La sua destinazione religiosa è evidente nelle numerose statue di divinità le cui figure, costumi e atteggiamenti ritraggono con naturalezza la forma umana a immagine 24

2 - L’arte greca

della divinità; capolavoro del periodo è il Tempio di Zeus a Olimpia (V sec. a.C.), soprattutto per le metope figurate e le sculture del frontone. La destinazione pubblica si manifestò nei più significativi monumenti e nelle costruzioni civili edificate nell’Acropoli di Atene, dal Partenone dorico di Ictino ai Propilei di Mnesicle (in cui l’ordine dorico si unisce a quello ionico), all’Eretteo di Filocle e al tempietto di Atena Nike di Callicrate, in pieno stile ionico. Tutti i più importanti santuari del mondo greco si arricchirono di templi, di tesori e di monumenti votivi. Si regolarizzarono poi le città, che vennero impostate su criteri urbanistici basati su assi ortogonali, secondo il sistema detto ippodameo dal nome di Ippodamo da Mileto, autore della nuova sistemazione della città del Pireo. L’agorá, centro politico e commerciale, assunse un aspetto monumentale con la costruzione di templi, portici (stoái), fontane imponenti e altri monumenti pubblici. ■ La scultura classica In tutto il mondo greco la scultura del periodo classico presenta differenze più di qualità che di stile. Nel V secolo a.C. Policleto (di Argo, attivo dal 460 al 420 a.C.) diede nobiltà ideale ai corpi dei suoi atleti e, nel Doriforo, stabilì un nuovo canone di proporzioni della figura umana, concepita come una costruzione architettonica. L’ateniese Fidia (attivo nella prima metà del V sec.) impostò nuove concezioni artistiche nella grandiosità di composizione delle scene, nella serena idealizzazione delle sue maestose figure, nell’abilità di trattazione del panneggio, come si riscontra nelle sculture del Partenone (in parte oggi al British Museum di Londra) e nelle opere, note solo da copie, come lo Zeus di Olimpia e l’Athena Parthénos. La conoscenza della scultura è completata da numerose altre opere, tra cui si ricordano i gruppi bronzei dell’Auriga e della Cacciata di Alessandro di Delfi. Alla corrente postfidiaca appartennero Callimaco, al quale si devono forse i rilievi «dal panneggio bagnato» della balaustra del tempietto di Atena Nike, e Peonio di Mende. Nel IV secolo a.C. i tre scultori che, reagendo all’idealizzazione fidiaca, diedero maggiore importanza all’uomo e ai suoi sentimenti furono Prassitele (forse originale è il famoso Hérmes del Museo di Olimpia), Skopas, autore delle sculture del tempio di Atena Alea a Tegea, e Lisippo, che fa muovere le sue figure nello spa-

Il Tempio di Zeus a Olimpia L’Acropoli di Atene

L’urbanistica della pólis

Policleto

Fidia

Callimaco Peonio di Mende Prassitele, Skopas e Lisippo

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Dalle antiche civiltà all’arte romana

la copia Nell’antichità classica era diffuso l’uso di riprodurre opere pittoriche e scultoree famose. Alcune copie assunsero tanto valore da entrare a far parte, in età ellenistica, di grandi collezioni sia pubbliche sia private. A partire dal ´700 gli studiosi, tra i quali il grande teorico tedesco Johann Winckelman (17171768), poterono stabilire criteri di identificazione e catalogazione delle opere dell’arte antica, proprio grazie alle numerose copie esistenti di originali greci. Insieme ai testi antichi, le copie costituirono materiale di ricerca per tutto il secolo successivo. Infatti studiosi come i tedeschi Friederichs, Brum, Johannes Overbeck (1826-1895) e Adolf Furtwaengler (1853-1907) riuscirono a identificare alcune opere d’arte dell’antichità

solamente attraverso il confronto delle fonti con le copie classiche. Tra queste identificazioni una delle più importanti fu quella del Doriforo di Policleto, grazie allo studio di una copia del Museo di Napoli. L’originale doveva essere un’opera famosa proprio perché erano presenti numerose riproduzioni. L’identificazione del Doriforo permise di capire che le statue in bronzo potevano essere copiate in marmo, e queste ultime si differenziavano dalle prime per la presenza dei cosiddetti “puntelli”, ovvero punti di appoggio (piccole colonne, tronchi d’albero e sostegni in genere) che, nel passaggio dal bronzo al marmo, era necessario aggiungere per permettere alla statua di reggersi integra.

zio in piena tridimensionalità, introducendo l’arte ellenistica. La loro celebrità è attestata dalle fonti classiche e dalle numerose copie delle loro opere, che consentono di ricostruirne la personalità.

Polignoto, Zeusi e Parrasio Apelle

La ceramica italiota

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■ La pittura e la ceramica Acquisito lo scorcio delle figure già alla fine del VI secolo a.C., nel V si affrontarono i problemi di ombreggiatura (Apollodoro skiagráphos, cioè “pittore delle ombre”) e di prospettiva (Agatarco scenografo). Nomi famosissimi sono quelli di Polignoto (che introdusse per primo un tentativo di ricerca prospettica), Zeusi e Parrasio, che operarono ad Atene alla fine del V secolo a.C. Nel secolo seguente, in cui sembrarono affermarsi la scuola realistica e la pittura su tavola, il pittore più famoso fu Apelle, che lavorò per Alessandro Magno; altri nomi noti sono quelli di Pausia, Aristide e Nicia. Dalla metà del VI secolo a.C. la ceramica attica dominò tutti i mercati del mondo greco, decadendo poi fino a estinguersi alla fine del IV secolo a.C. Dopo il 450 a.C. sorsero nell’Italia meridionale fabbriche locali di vasi figurati molto simili a quelli attici a figure rosse (vasi protoitalioti), che nel IV secolo a.C. assunsero caratteristiche proprie (vasi italioti). Anche la ceramica italiota cessò, come quella attica, alla fine del IV secolo a.C.

2 - L’arte greca

■ I teatri e l’architettura funeraria Esempi notevoli di architettura teatrale del IV secolo a.C. sono il teatro di Dioniso ad Atene, quelli di Delfi e Me- I teatri galopoli e il teatro di Epidauro, dall’acustica ancor oggi perfetta, creato da Policleto il Giovane (attivo dal 390 al 340 a.C.) insieme alla thólos, edificio circolare di ordine corinzio riccamente ornato che completa la sistemazione di quel santuario il cui tempio di Asclepio, anch’esso del IV secolo a.C., fu opera di Teodoto. Notevole anche l’architettura funeraria, illustrata soprat- L’architettura tutto dalle tombe reali di Macedonia, con sale a volta e funeraria ricca decorazione, da quelle principesche dell’Asia Minore (mausoleo di Alicarnasso, monumento delle Nereidi di Xanto) e dai vari tipi di monumenti della necropoli di Cirene.

L’ellenismo Il periodo ellenistico va dalla morte di Alessandro Magno (323 a.C.) alla battaglia di Azio (31 a.C.), che segnò il definitivo sopravvento di Roma sull’ultimo stato ellenistico ancora indipendente, l’Egitto. L’arte greca assunse allora un carattere cosmopolita: nuo- Carattere ve tendenze si svilupparono nell’incontro tra la grecità e cosmopolita le varie tradizioni locali. Atene e le città continentali della Grecia decaddero, mentre i centri più attivi divennero Alessandria, Antiochia e Pergamo. ■ L’architettura Notevoli innovazioni comparvero nell’architettura dei templi: la planimetria venne diversamente organizzata, si affermò deciso l’ordine corinzio accanto allo ionico e a un tipo stilizzato e allungato di dorico, si diffuse l’edificio a pianta circolare, a thólos. La novità maggiore dell’architettura ellenistica consiste nella grande pianificazione di aree costruite, siano esse intere città (Priene, Pergamo) o singole zone all’interno di città preesistenti, in cui la sistemazione è organizzata secondo un piano generale (Eleusi, Atene, Delo, Efeso, Mileto). Nasce un nuovo tipo architettonico, l’ara monumentale (luogo ove si svolgevano sacrifici agli dèi, formato da piattaforme, colonnati e gradinate), i cui più significativi esempi sono a Pergamo, Siracusa, Licosura, Samotracia, e trova nuovo sviluppo anche l’edificio teatrale (Priene, Segesta, Delfi, Pergamo).

Si afferma l’ordine corinzio

Nuova tipologia architettonica

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Dalle antiche civiltà all’arte romana

I centri principali I grandi artisti del periodo

Classicismo ed eclettismo La Venere di Milo

Peculiarità dell’arte alessandrina

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■ La scultura Delle scuole di scultura, tre furono i centri principali, oltre ad Atene: Alessandria, Rodi e Pergamo. Le forme del primo ellenismo furono influenzate dai grandi maestri del IV secolo a.C.: Prassitele, Skopas e Lisippo. Tra gli artisti si ricordano Cefisodoto e Timarco, Boedas, Carete di Lindo; ma molte sono le opere significative non collegabili con certezza a nomi di artisti (vari esemplari di Afrodite e di Muse, i Niobidi, la Testa bella di Pergamo, alcuni ritratti). Accanto alle eredità dei grandi maestri nel primo ellenismo si sviluppò lo stile detto “sobrio” o “semplice” o “della forma chiusa”. L’opera più caratteristica di questa tendenza è la statua di Demostene dell’attico Polieuktos (280 a.C. circa). Parallelamente si andò affermando un nuovo ideale di plasticismo più ricco e dinamico, che si avvaleva di violenti effetti pittorici chiaroscurali (Fanciulla di Anzio). ■ Il neoatticismo La fase finale dell’arte ellenistica, a partire dalla seconda metà del II secolo a.C., vide svilupparsi soprattutto nell’Attica le tendenze accademiche indicate con il nome di classicismo e di eclettismo: gli scultori si rifecero ai modelli classici secondo una rielaborazione arcaizzante, producendo anche copie da originali famosi. Tra le opere più significative del periodo si ricordano la Venere di Milo, il Laocoonte, l’Omero cieco e l’Ulisse. ■ L’arte alessandrina L’arte fiorita presso la corte dei Tolomei ad Alessandria d’Egitto influì profondamente anche sull’arte imperiale romana e su quella cristiana. Caratteristico dell’architettura è l’illusionismo prospettico, mentre nella scultura coesistono lo sfumato pittorico e il gusto per la deformazione caricaturale (bronzetti di Galiub). La pittura di genere e lo stile compendiario alessandrino ebbero larga diffusione in età romana (Testa femminile da Serapéion, Alessandria, Museo Archeologico; ritratti del Faiyum; tetrarchi in basalto di San Marco, Venezia; Tazza Farnese, Napoli, Museo Archeologico).

2 - L’arte greca

SCHEMA RIASSUNTIVO Le civiltà cretese e micenea

L’età prepalaziale (2000-1900 a.C.) è caratterizzata da case a più ambienti e tombe a thólos. Il periodo d’oro è testimoniato dall’età dei secondi palazzi (Palazzo di Cnosso). Nel 1400 a.C. circa, indebolita da una serie di cataclismi, Creta viene devastata e conquistata dagli Achei ed entra così nell’orbita della continentale civiltà micenea. I più importanti centri micenei sono dislocati nella Grecia continentale; tra i monumenti più significativi si annoverano i palazzi e soprattutto le grandi tombe reali a thólos (Tesoro di Atreo).

L’arte greca

Le prime manifestazioni dell’arte greca si fanno risalire all’XI secolo a.C. circa. Nel periodo arcaico si sviluppa dapprima uno stile caratterizzato da forme esasperatamente rettilinee, chiamato protogeometrico; successivamente, con l’apparire dello stile geometrico, sarà introdotta la figura umana. Compaiono quasi tutte le tipologie di templi e si distinguono gli ordini architettonici: dorico, ionico e corinzio (quest’ultimo si svilupperà in età ellenistica).

• Il periodo classico

Nell’età classica (dal V secolo a.C. al 323 a.C.) si affermano i nuovi ideali di bellezza e perfezione formale che caratterizzano l’arte greca; l’uomo è «misura di tutte le cose». Nascono i monumenti più significativi (templi, santuari, teatri, architettura funeraria) e si adottano nuovi criteri urbanistici nelle città. Capolavori del periodo sono il Tempio di Zeus a Olimpia e l’Acropoli di Atene.

• La Magna Grecia

A partire dall’VIII secolo a.C. i Greci colonizzano parte dell’Italia meridionale, e l’insieme di queste terre viene successivamente chiamato “Magna Grecia”. L’arte si sviluppa sulle forme della madrepatria, pur con caratteristiche proprie quale l’uso di materiali poveri come la terracotta e il calcare. In architettura prevale l’ordine dorico: eccezionali i complessi della Valle dei Templi ad Agrigento.

• L’ellenismo

Dalla morte di Alessandro Magno (323 a.C.) alla battaglia di Azio (31 a.C.) l’arte greca assume un carattere cosmopolita: si sviluppano nuove tendenze nell’incontro tra la grecità e le varie tradizioni locali. In architettura la novità più significativa consiste nella grande pianificazione di aree costruite (intere città o zone singole ) e nella nascita dell’ara monumentale (luogo ove si svolgevano sacrifici agli dèi). La scultura, invece, inizialmente risente dell’influenza dei grandi maestri classici per caratterizzarsi poi con lo stile detto “sobrio” o “semplice”, o anche “della forma chiusa”.

DOMANDE DI VERIFICA 1 Quali sono le costruzioni più rappresentati-

4 Quali sono i principali esempi di architettu-

2 Quali

stili dominano l’arte greca arcaica? 21-22

5 Quale ruolo rivestono le copie nello studio

3 Descrivi i temi e gli stili tipici della scultura

6 Riassumi le caratteristiche dell’arte greca

ve dell’età dei secondi palazzi? 20

greca arcaica. 23-24

ra del periodo classico? 25

delle opere dell’arte antica? 26 del periodo ellenistico. 27-28

29

3 L’arte romana Fiorita a Roma come nel resto dell’impero, l’arte romana è strettamente legata alle esigenze politiche, militari ed economiche, ed è quindi volta quasi esclusivamente alla celebrazione della “romanità”. Risulta così meno elegante di quella greca e, benché efficace simbolo della potenza dello Stato, alquanto monumentale nelle sue espressioni.

Estensione e apporti Vasta estensione dell’arte romana

Scambio costante con altri centri culturali

L’arte romana abbraccia non solo quella sorta e sviluppatasi nella città di Roma, ma anche quella della vasta parte del mondo antico che fu da essa conquistata. Rientrano quindi in questo ambito sia i monumenti della città e del suo porto di Ostia sia quelli eseguiti nelle varie città italiche (Pompei o Ercolano) dopo il loro assoggettamento a Roma, sia quelli delle nuove città dell’Italia centrale e settentrionale, come Aquileia o Brescia, sia infine quelli delle diverse province europee, dalla Spagna alle Gallie, alle province alpine e alla penisola balcanica. Anche le città della Grecia e quelle greche dell’Asia Minore sono ricche di monumenti romani. L’arte romana fu il risultato di uno scambio costante di impulsi artistici da Roma ad altri centri culturali, ma d’altra parte fu anche fortemente determinata dagli influssi dei popoli assoggettati. Gli apporti più importanti vennero prima e soprattutto dall’Etruria, poi dalla Magna Grecia, quindi dalla Grecia e dal mondo ellenistico e infine, in età imperiale, dalle altre aree dell’impero romano e dalle diverse popolazioni esterne, soprattutto orientali, con cui Roma venne progressivamente in contatto.

L’architettura È nell’architettura che l’arte di Roma diede gli apporti Architettura religiosa più originali. Accanto all’architettura religiosa, particolare importanza assunse l’architettura civile, dai fori alle bae civile siliche agli anfiteatri, dagli acquedotti alle terme. 30

3 - L’arte romana

■ L’architettura in epoca repubblicana L’architettura più antica, nota a Roma solo da pochi resti, rientra nell’ambito di quella etrusco-italica caratterizzata dal tempio tuscanico, che, a differenza di quello greco, era orientato e posto su un alto podio, con alzato di legno rivestito di terrecotte policrome e ornato da statue fittili. I basamenti dei templi, le fortificazioni e altre costruzioni di carattere pratico (cisterne, acquedotti) erano costruiti in blocchi squadrati di tufo locale. La maggior ricchezza, i contatti con il mondo greco e l’arrivo a Roma di architetti greci portarono, nel II secolo a.C., all’impiego del marmo in templi di tipo ellenistico. Contemporaneamente si ebbero nuove creazioni architettoniche, come l’arco trionfale e la basilica (ambiente coperto, a pianta rettangolare, suddiviso in più navate da colonnati o da pilastri con funzione di centro degli affari) e la sistemazione monumentale del Foro Romano, il centro politico

Il tempio tuscanico

L’apporto ellenistico L’arco trionfale e la basilica

L’arte ETRUSCa Gli Etruschi furono un popolo di origine non indoeuropea, proveniente probabilmente dall’Asia Minore. A partire dai secoli IX-VIII a.C. occuparono la regione tra Arno e Tevere, Tirreno e Appennino (da loro chiamata Etruria), e poi la Campania e la Valle Padana. Dal VI secolo a.C. si organizzarono in vere e proprie città-stato fortificate (tra cui Veio, Cerveteri, Tarquinia, Perugia) che, riunitesi in confederazioni, esercitarono una supremazia sulle altre città italiche e anche su Roma, la quale però le sconfisse in varie riprese tra la fine del III e la prima metà del II secolo a.C. La civiltà etrusca venne infine assimilata a Roma. L’arte etrusca si sviluppò sotto le influenze greche (conservando tuttavia una sua peculiare “aclassicità”) e orientali, fiorendo soprattutto tra i secoli VI-V a.C. L’architettura è testimoniata da mura e porte urbane, nonché da tombe, per lo più sotterranee modellate sulle case dei vivi, ricche di corredi funerari (tra cui spiccano quelli delle tombe Regolini-Galassi di Cerveteri e delle tombe Bernardini e Barberini di Palestrina. La

scultura, di grande efficacia realistica soprattutto nei ritratti, è attestata da molte opere in argilla, come le grandi statue fittili del 500 a.C. del tempio del Portonaccio di Veio (Apollo, Ermete, Eracle, Dea con bambino) e il famoso Sarcofago degli sposi di Cerveteri (VI sec. a.C.), nel quale l’inquietante espressione dei volti dei coniugi si ricollega all’enigmatico sorriso dell’Apollo di Veio. Gli Etruschi espressero una raffinata metallotecnica: di alta qualità sono le famose statue in bronzo della Lupa capitolina e della Chimera del V secolo a.C. La ceramica reinterpretò modelli greci e ne creò di originali con il bucchero, dal tipico colore nero. La pittura etrusca è l’unico esempio arcaico di affresco, come si può osservare nelle tombe dipinte delle Bighe, dei Leopardi e della Nave di Tarquinia). Secondo la tradizione i Romani appresero dagli Etruschi le tecniche per la costruzione di strade e fognature, l’uso dell’arco e della volta, l’architettura del tempio a tre celle e la disposizione interna degli ambienti delle dimore private.

31

Dalle antiche civiltà all’arte romana

Pompei

ed economico della città, risalente al VII secolo a.C. Le strette connessioni dell’architettura romana – e dell’arte romana in genere – con quella ellenistica sono evidenti soprattutto a Pompei; il foro della città (100 a.C. circa), che riunisce in un insieme chiuso e coordinato i principali edifici pubblici cittadini, sia civili sia religiosi, è un esempio dell’interesse dell’architettura romana per le soluzioni urbanistiche razionali. A Pompei si ritrova anche il più antico anfiteatro (80 a.C. circa).

■ L’architettura in età imperiale Ampiamente documentata, l’architettura romana dell’età imperiale si giovò del perfezionamento di tecniche, come L’opus caementicium l’opus caementicium (già adottato in epoca sillana, costituito da un conglomerato di calcestruzzo in pietrame e malta), che permisero la costruzione di edifici sempre più grandiosi, coperti spesso a volta e a cupola. Questa architettura si ispira a costanti concetti di razionalità e utilità pratica. Tra gli ordini architettonici si preferì quello corinzio, con capitello costituito da un corpo a tronco di cono rovesciato, decorato con foglie d’acanto e volute angolari. L’urbanistica Le città vennero costruite o sistemate secondo regolari disposizioni a scacchiera derivate dai castra (come Torino, Como e Aosta, in Italia; Barcellona, in Spagna), organizzate intorno al Foro con gli edifici più importanti quali il capitolium, la curia e la basilica e attraversato da due strade incrociantesi ad angolo retto, il cardo e il decumano. A imitazione di Roma, le città furono dotate degli altri monumenti necessari alla vita cittadina (terme, teatri, anfiteatri, mercati) e fornite di perfetti impianti di acquedotti e fognature.

Il classicismo augusteo

L’Ara Pacis

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Perfezione tecnica e formale, realismo romano, motivi ellenistici e gusto classicheggiante caratterizzano la produzione artistica dell’età di Augusto (63-14 a.C.). Anche in un monumento ufficiale come l’Ara Pacis (13 a.C.), che celebrava le vittorie di Augusto, le diverse tendenze possono sembrare non perfettamente fuse; ma unica è la concezione generale dell’opera, in cui architettura e decorazione scultorea sono strettamente legate e le singole figurazioni appaiono tipicamente romane anche nel significato, che era quello di esaltare la “romanità”.

3 - L’arte romana

Meno perfette formalmente, forse più naturali e realistiche, furono altre opere, come il fregio del tempio di Apollo Sosiano (20 a.C.) con Corteo trionfale. Precisione accademica, gusto classico e sensibilità veristica mostrano anche i busti e le statue di Augusto (quasi 150). Nella pittura parietale il cosiddetto “secondo stile” unisce alle prospettive architettoniche (Casa dei Grifi al Palatino; Villa di Boscoreale, presso Pompei) grandi scene figurate ispirate da celebri quadri classici ed ellenistici (che ritraevano scene epiche e idilliache). Ma non mancano paesaggi o scene di giardino (Villa di Livia a Prima Porta, ora al Museo nazionale romano) o anche megalografie in cui copie di pitture greche e motivi romani sono riuniti in un insieme abilmente omogeneo (Villa dei Misteri a Pompei). La conquista dell’Egitto portò all’introduzione di motivi egizi o egittizzanti (pigmei, coccodrilli ecc.) dell’arte alessandrina, che si aggiunsero, come moda temporanea, alle altre componenti ellenistiche, specie nella pittura e nel rilievo.

Altre opere del periodo La pittura parietale

Motivi egizi

L’età giulio-claudia e l’età dei Flavi L’indirizzo classicheggiante dell’età di Augusto, presente anche nella raffinata toreutica (lavorazione artistica dei metalli come bronzo, ferro, oro e argento), nelle gemme e nei cammei, continuò per tutta l’età giulio-claudia (I sec. d.C.). Nella scultura i ritratti di questo periodo mostrano La scultura però, già con Caligola (12-41) e poi con Claudio (41-54) e Nerone (54-68), notazioni più realistiche e ricerca di caratterizzazione. Le opere in rilievo di carattere storico (nell’Ara Pietatis Augustae del 43) vedono l’introduzione di sfondi architettonici con preciso valore topografico. Alcuni rilievi aulici dell’età dei Flavi (68-96), come l’Arco di Tito al Foro Romano, sono caratterizzati dall’inserimento della figura nello spazio, con sovrapposizione di piani, che dà ai rilievi un vivo senso chiaroscurale. Gli edifici più importanti assunsero piante complesse, con L’architettura ambienti anche poligonali, circolari o mistilinei, in cui erano sempre più largamente impiegate strutture laterizie e volte a concrezione di materiale leggero: ne sono esempi la Domus Aurea degli architetti Severo e Celere, fatta costruire da Nerone quale sontuosa dimora tra il Palatino e il Celio, e la Domus Flavia dell’architetto Rabirio. A quest’epoca risale la costruzione, iniziata nel 75, dell’anfiteatro Flavio o Colosseo, edificio ellittico adibito soprattut- Il Colosseo 33

Dalle antiche civiltà all’arte romana

to ai giochi dei gladiatori e dotato di un’arena coperta di sabbia circondata da gradinate divise in settori (cavea), capaci di 45 000 posti. La struttura che circonda la cavea ha una facciata esterna curvilinea che si articola su 4 piani.

L’età di Traiano La Colonna Traiana

Grandiose opere pubbliche

Le tendenze plastiche e coloristiche dell’età dei Flavi si accentuarono nel lungo fregio continuo della Colonna Traiana (che a quel tempo era anche colorata); i diversi elementi formali genericamente ellenistici sono fusi in una composizione pienamente romana non solo per l’intento di esaltazione politica o per la nuova disposizione a rotolo continuo, ma anche per l’espressione artistica, caratterizzata da grande espressività e ricerca psicologica. L’architettura di Traiano (98-117 d.C.) fu rivolta, in tutto l’impero, a grandiose opere pubbliche, dai porti di Roma e Civitavecchia in Italia ai monumenti della Spagna (acquedotto di Segovia, ponte di Alcántara), a quelli dell’Africa romana, dove era traianeo l’impianto a castrum di Thamugadi. Esempi significativi furono anche il complesso, urbanistico e architettonico insieme, del Foro Traiano a Roma e le terme sul colle Oppio (entrambi opera dell’architetto Apollodoro di Damasco), che costituiscono il primo grande esempio del nuovo tipo di impianto termale romano, con un nucleo monumentale centrale circondato da ampie aree libere.

L’età di Adriano e gli Antonini Adriano

La Villa Adriana e il Pantheon

Gli Antonini 34

Intensissima e varia fu anche l’attività edilizia di Adriano (117-138), non solo in Grecia (ricostruzione di Atene) e nelle città greche dell’Asia Minore (Traianeo di Pergamo), ma in tutto l’impero, dalla Britannia (vallum di Adriano) all’Africa (terme di Leptis Magna). L’architettura fu ricchissima di idee e di motivi, con predilezione per le linee curve, per le planimetrie centralizzate e per i grandi ambienti coperti a volta di vario tipo (Villa Adriana di Tivoli; Pantheon) che caratterizzarono l’architettura romana più tarda. Ci fu inoltre un ritorno a composte eleganze classicheggianti come nei tondi adrianei che vennero inseriti nell’Arco di Costantino. L’arte dei primi Antonini mostra una tendenza al pittori-

3 - L’arte romana

cismo, in particolare nei ritratti, in cui, grazie anche all’uso del trapano, il contrasto tra la levigatezza delle carni e le superfici mosse dei capelli o della barba appare sempre più forte. La base della Colonna dell’imperatore Antonino Pio (138-161) a Roma (Vaticano) presenta, a differenza di altri rilievi storici coevi di composta classicità, figure di cavalieri a tutto tondo, galoppanti spesso di scorcio, immersi nello spazio intorno al gruppo centrale. Il pittoricismo, già chiaro negli otto rilievi storici di Marco Aurelio (161-180) inseriti poi nell’Arco di Costantino, fu particolarmente accentuato nel fregio della sua colonna coclide, più povera di invenzioni rispetto a quella di Traiano e dal modellato ruvido e duro, ma dall’espressività forte e drammatica; la frequente posizione frontale dell’imperatore, che ne indica il carattere divino, come anche la scena del miracolo della pioggia nel paese dei Quadi, preludono all’elemento irrazionale e metafisico che, rompendo la tradizione ellenistica, si affermò poi nell’arte tardoantica e nel Medioevo.

La Colonna di Antonino Pio

La Colonna di Marco Aurelio

L’età dei Severi e di Diocleziano La scultura dell’età dei Severi, caratterizzata dal vivace colorismo, è documentata a Roma dall’Arco di Settimio Severo (imperatore dal 193 al 211), che nelle file sovrapposte di figure ripete lo schema del fregio continuo, e, a Leptis Magna, dall’arco quadrifronte e dai pilastri della basilica, opera di artisti della scuola di Afrodisi. La scultura romana del III secolo è rappresentata soprattutto dai ritratti, spesso dai lineamenti contratti e dolorosi, e dai sarcofagi, con figure sovraffollate e talora deformate, ma di intensa espressività e con figurazioni simboliche genericamente orientali. Nell’arco quadrifronte di Galerio a Salonicco, con scene allegoriche più che belliche, le teste dei tetrarchi (secondo la divisione in quattro dell’impero operata da Diocleziano) presentavano la visione stereometrica propria del tardoantico. Nella pittura non mancano forme classicheggianti, anche nella sorgente arte cristiana. Tra le ultime grandiose realizzazioni architettoniche figurano le terme di Caracalla (211-217), nelle quali erano presenti i grandi mosaici con gladiatori, e le terme di Diocleziano (284-305) a Roma, il suo palazzo di Spalato e i monumenti imperiali di Treviri.

La scultura

La pittura Terme di Caracalla e di Diocleziano

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Dalle antiche civiltà all’arte romana

SCHEMA RIASSUNTIVO Estensione e apporti dell’arte romana

L’arte romana comprende sia quella sviluppatasi nella città di Roma sia quella della vasta parte del mondo che fu poi soggetta a Roma ed è il risultato di uno scambio di impulsi artistici dal centro alla periferia e viceversa. Gli apporti più importanti vengono dall’Etruria, poi dalla Magna Grecia, dalla Grecia e dal mondo ellenistico e, in età imperiale, dalle diverse popolazioni esterne – soprattutto orientali – con cui Roma entra in contatto. Principale caratteristica dell’arte romana, soprattutto in epoca imperiale, è quella di di ispirarsi a concetti di razionalità e di praticità e di essere strettamente legata alle esigenze politiche, militari ed economiche: è volta soprattutto alla celebrazione della “romanità”.

L’età repubblicana

L’architettura più antica, nota a Roma solo da pochi resti, rientra nell’ambito di quella etrusco-italica. Le più importanti creazioni architettoniche dell’epoca sono l’arco trionfale, la basilica e la sistemazione monumentale del Foro Romano, il fulcro politico ed economico della città.

L’età imperiale

Il perfezionamento di tecniche come l’opus caementicium permette la costruzione di edifici sempre più grandiosi. Le città vengono costruite o sistemate secondo regolari disposizioni a scacchiera. Perfezione tecnica e formale, realismo romano, motivi ellenistici e gusto classicheggiante caratterizzano invece la produzione artistica dell’età di Augusto e continuano per tutta l’età giulio-claudia. Gli edifici più importanti assumono piante complesse, con ambienti anche poligonali, circolari o mistilinei: ne sono esempi la Domus Aurea e la Domus Flavia. A questo periodo risale anche la costruzione dell’anfiteatro Flavio o Colosseo. Con Traiano le tendenze plastiche e coloristiche dell’età dei Flavi si accentuano nel lungo fregio continuo della Colonna Traiana. L’architettura è rivolta, in tutto l’impero, a grandiose opere pubbliche. Esempi sono i porti di Roma e Civitavecchia, il complesso urbanistico e architettonico del Foro Traiano a Roma e le terme sul colle Oppio, primo grande esempio del nuovo tipo di impianto termale romano. L’arte dei primi Antonini mostra una tendenza al pittoricismo, in particolare nei ritratti; la scultura dell’età dei Severi è caratterizzata dal vivace colorismo. Tra le ultime grandiose realizzazioni architettoniche figurano le terme di Caracalla e le terme di Diocleziano.

DOMANDE DI VERIFICA 1 Che cosa rientra nella definizione di “arte

4 Quali sono le tendenze scultoree nell’età di

2 Quali sono le costruzioni tipiche dell’epoca

5 Elenca le principali grandi opere pubbliche

3 Descrivi l’urbanistica sviluppatasi nell’età

6 Quali sono state le ultime grandiose realiz-

romana”? 30

repubblicana? 31 imperiale. 32

36

Augusto? 32-33 romane. 34

zazioni architettoniche? 35

Dal Paleocristiano al Gotico

1 Dall’arte paleocristiana all’arte carolingia 2 Il romanico 3 Il gotico

Nei primi secoli dopo Cristo la storia dell’arte si sviluppa in stretta connessione con la diffusione del cristianesimo. In concomitanza con gli editti di Costantino prima e di Teodosio poi l’architettura e la pittura cristiane fioriscono. L’edificio tipico del periodo, ripreso dall’architettura civile romana, è la basilica, sorta per soddisfare la nuova esigenza liturgica di accogliere in un ambiente adeguato i fedeli durante la celebrazione dei riti. Accanto alle basiliche a sviluppo longitudinale vengono costruiti anche edifici a pianta centrale adibiti a battistero, mausoleo e martyrium, con struttura interna ripresa dallo schema di architetture imperiali. Le manifestazioni artistiche della civiltà bizantina, nata dalla fusione nell’impero d’Oriente tra Stato romano e cristianesimo dopo la caduta dell’impero romano d’Occidente, rappresenta una continuità della tradizione romana. A partire dall’VIII secolo alla struttura basilicale inizia ad affiancarsi il nuovo tipo di chiesa a croce greca. All’arte bizantina fanno seguito quella longobarda, nota soprattutto per l’abilità nella lavorazione dei metalli, e quella carolingia, in cui l’architettura dei monasteri raggiunge splendide espressioni. L’Europa postcarolingia è segnata dallo svilupppo dello stile romanico, che ripropone una visione culturale unitaria in Europa per la prima volta dopo la fine dell’impero romano. Non è però uno stile del tutto omogeneo e non mancano scuole regionali. L’architettura riprende e sviluppa tipiche forme tardoromane e valorizza la decorazione scultorea organicamente inserita nelle strutture. Tra il XII e il XV secolo l’Europa occidentale conosce l’ultima grande fase unitaria dell’arte medievale europea, rappresentata dal fiorire dello stile gotico. In pittura hanno largo spazio i cicli ad affresco, che raggiungono i risultati più alti; non minori sono gli apporti della miniatura.

1 Dall’arte paleocristiana all’arte carolingia

La storia dell’arte dei primi secoli dopo Cristo si sviluppò in stretta relazione con le origini e la diffusione del cristianesimo. L’editto di Costantino nel 313, la nascita dell’impero bizantino, la lotta contro l’iconoclastia (VIII-IX sec.), la discesa in Italia dei Longobardi e la Renovatio carolingia furono momenti storici che segnarono profondamente anche l’evoluzione artistica.

L’arte paleocristiana Nei suoi primi secoli il cristianesimo si espanse rapidamente, benché la vita delle comunità cristiane si svolgesse in gran parte nella clandestinità per sfuggire alle persecuzioni. L’arte però non manifestò una precisa fisionomia “cristiana” fino all’editto di Costantino, nel 313, data che segnò la conversione dell’imperatore, e soprattutto all’editto di Teodosio (380), che proclamò il cristianesimo religio- Il cristianesimo ne ufficiale dell’impero. Fiorirono allora l’architettura e la religione dell’impero pittura cristiane, mentre la scultura fu rappresentata soprattutto da una rilevante produzione di sarcofagi e da rare sculture a tutto tondo, tra cui la nota statua del Buon Pastore (Roma, Museo Lateranense). ■ L’architettura: la basilica e il martyrium Fino all’editto di Costantino furono usate come luoghi di culto le case private o anche le domus ecclesiae, piccole costruzioni la cui tipologia si rifaceva forse alla casa romana con atrio. A partire dal IV secolo comparve l’edificio tipico della religione cristiana, ripreso dall’architettura civile romana: la basilica, sorta per soddisfare le nuove esigenze liturgiche di accogliere in un ambiente adeguato i fedeli durante la celebrazione dei riti. La primitiva forma Evoluzione di basilica a semplice sala rettangolare allungata, con della basilica struttura muraria continua e volta a concrezione, si arricchì in seguito di colonnati paralleli all’interno (3 o 5 navate) e di absidi nelle parti terminali. La presenza del transetto, a tre quarti della lunghezza dell’edificio, portò

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Dal paleocristiano al gotico

IL simbolo per rappresentare il divino L’arte cristiana si trova a dover affrontare il problema di rappresentare la trascendenza del divino: deve in qualche modo rendere visibile l’invisibile, rendere conosciuto ciò che all’uomo non è possibile vedere se non tramite l’atto di fede. Già i greci avevano affrontato questo problema, e l’avevano risolto raffigurando le divinità con forme umane idealizzate. Ma la religione cristiana ha radici

Gli edifici a pianta centrale

Gli affreschi delle catacombe

La decorazione a mosaico

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anche nel mondo ebraico, dove la rappresentazione di Dio è vietata. La soluzione viene dando agli oggetti significati simbolici che, oltre a conferire valore ideologico, danno alle rappresentazioni un valore didattico. Tra i primi “espedienti” simbolici troviamo la luce, simbolo del bene, e la bidimensionalità, che toglie corporeità agli oggetti e ai personaggi, rendendoli puro spirito.

a una pianta a croce di chiaro significato simbolico. Tra le basiliche romane dei secoli IV e V si ricordano Santa Maria Maggiore, Santa Sabina, San Giovanni in Laterano, San Pietro, San Lorenzo, a Roma; e inoltre Sant’Apollinare in Classe e Sant’Apollinare Nuovo a Ravenna, la basilica di Aquileia e quella di Santa Tecla a Milano. Accanto alle basiliche a sviluppo longitudinale vennero costruiti edifici a pianta centrale (Santo Stefano a Roma e San Lorenzo a Milano), adibiti a battistero, a mausoleo e a martyrium (per il culto dei martiri di cui si venerava il sepolcro), con struttura interna ripresa dallo schema di architetture imperiali come il mausoleo di Santa Costanza a Roma. Costantino e sua madre, sant’Elena, e i successori promossero numerose costruzioni anche a Costantinopoli, come la primitiva Santa Sofia, in Siria e in Palestina (chiesa della Natività a Betlemme). ■ Gli affreschi e i mosaici Le più importanti testimonianze della pittura sono rintracciabili soprattutto negli affreschi delle catacombe romane: i più antichi esempi (catacombe di Domitilla, Callimaco, Pretestato, Priscilla, degli inizi del III secolo) mostrano una precisa derivazione dai moduli stilistici della pittura romana, nell’evidente tendenza alla schematizzazione delle forme, ma caratteri propri nella forte simbologia delle raffigurazioni (rappresentazione del pavone che simboleggia la Resurrezione nella catacomba di Priscilla). In seguito all’editto di Costantino, pur continuando l’uso di affrescare le catacombe, comparvero i primi cicli di decorazione a mosaico, come a Roma nella volta dell’ambulacro di Santa Costanza e in San Prudenzione. Tra le testimonianze più significative del IV secolo si annoverano i

1 - Dall’arte paleocristiana all’arte carolingia

mosaici pavimentali della basilica di Aquileia e i mosaici parietali (solo in parte conservati) della cappella di Sant’Aquilino in San Lorenzo a Milano. Del V secolo sono i mosaici di Santa Maria Maggiore a Roma; del VI quelli dei Santi Cosma e Damiano, sempre a Roma.

L’arte bizantina Il complesso delle manifestazioni artistiche della civiltà bizantina, nata dalla fusione nell’impero d’Oriente tra Stato romano e cristianesimo dopo la caduta dell’impero romano d’Occidente (476), rappresenta una continuità della tradizione romana. A partire dall’VIII secolo alla struttura basilicale iniziò ad La chiesa affiancarsi il nuovo tipo di chiesa a croce greca (o croce a croce greca iscritta), nella cui architettura venivano a fondersi i due schemi sostanziali della basilica e del martyrium. Tale fusione si realizzò in fasi successive, testimoniate per esempio (VIII sec.) dalla cattedrale di Salonicco e dalla chiesa di Sant’Irene a Costantinopoli. ■ L’età di Giustiniano

Il regno di Giustiniano (527-565) vide fiorire l’età d’oro dell’architettura bizantina. Nell’architettura delle chiese lo sviluppo della struttura a volta progressivamente sostituì la primitiva struttura ipostila (cioè sostenuta da colonne). Il monumento più significativo di questo periodo è Santa Sofia a Costantinopoli (532-537). Nel VI secolo anche in edifici italiani si rispecchiarono i tipi bizantini: a Ravenna, Sant’Apollinare in Classe è una basilica a tre navate, mentre San Vitale ha struttura accentrata ottagonale con nicchie semicircolari. In epoca giustinianea comparve inoltre l’iconostasi, il muro divisorio adorno poi di icone che separava il luogo in cui si svolgeva il culto (presbiterio) dalla navata. La scultura ornamentale fu esemplificata attraverso i capitelli, con decorazioni figurate (Museo Archeologico di Istanbul), i pulvini (cioè gli elementi a forma di tronco di piramide rovesciata, inseriti tra il capitello e l’arco sovrastante) delle chiese di San Vitale a Ravenna, dei Santi Sergio e Bacco e di Santa Sofia a Costantinopoli, e le transenne a traforo, come per esempio quella di San Vitale (Museo di San Vitale), opere in cui sono stati usati con maestria il bassorilievo, l’intaglio e il traforo.

La struttura a volta

I monumenti di Ravenna

La scultura ornamentale

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Dal paleocristiano al gotico

IL PERIODO ICONOCLASTA Nelle lotte che travagliarono la Chiesa e l’impero d’Oriente nei secoli VIII-IX, l’imperatore Leone III Isaurico ordinò (726) la distruzione di tutte le immagini sacre. Il culto loro dedicato venne invece considerato lecito dal concilio convocato a Nicea (787), dopo successive controversie, e fu infine accettato (843) dall’imperatrice Teodora. Nel periodo dell’iconoclastìa l’arte della corte escluse la rappresentazione della divinità sotto forme umane, sostituendola con simboli (soprattutto la croce) e dando sviluppo a motivi decorativi desunti dall’arte islamica. La figura umana era invece ammessa nell’arte profana, tesa soprattutto all’esaltazione del pote-

re imperiale. Una delle conseguenze delle persecuzioni del periodo iconoclasta fu l’afflusso di monaci bizantini in Occidente, dove diffusero l’arte bizantina (Roma fu uno dei centri più importanti di questa diaspora artistica). Nella pittura vennero fissati canoni relativi ai temi da rappresentare e alla loro collocazione sulle pareti della chiesa: nella cupola è raffigurato generalmente il Cristo Pantocratore (onnipotente, ritratto nell’atto di benedire), mentre la Vergine e il Bambino vengono rappresentati in maestà nell’abside principale, e gli apostoli e i patriarchi nelle volte. Caratteristiche sono la staticità delle figure e la loro disposizione severamente allineata.

■ Il mosaico fino al VII secolo Il particolare carattere dell’arte bizantina è afferrabile al meglio nel mosaico. I principali cicli musivi del periodo tra i secoli V-VII si trovano a Salonicco e a Ravenna. Dei mosaici di Costantinopoli è pervenuto solo un frammento proveniente dal peristilio del grande palazzo imperiale Salonicco (probabilmente del tempo di Giustiniano). A Salonicco, nei mosaici della chiesa di San Giorgio (fine IV sec.) le figure austere e statiche indicano il nuovo gusto astrattizRavenna zante. I mosaici di Ravenna sono da considerarsi di una scuola indipendente, legata alla tradizione paleocristiana italica esemplificata dai mosaici del mausoleo di Galla Placidia e della basilica di Sant’Apollinare in Classe . ■ L’oreficeria La tecnica predominante dell’oreficeria bizantina semLo smalto cloisonné brava essere quella dello smalto cloisonné, in cui pietre preziose e paste vitree, come almandine e granate, sono incastonate entro lamine d’oro con l’effetto finale di un disegno geometrico astratto, simile al reticolato delle celle di un alveare. Intorno al Mille, distaccandosi dalle forme naturalistiche, la decorazione si avvale soprattutto del colore (sontuosi calici d’oro e pietre dure del tesoro di San Marco a Venezia); la massima espressione dell’oreLa pala d’oro ficeria è la pala d’oro di San Marco. Più tarda la produziodi San Marco ne in filigrana in forme classicheggianti.

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1 - Dall’arte paleocristiana all’arte carolingia

L’arte longobarda La popolazione longobarda, di origine germanica, occupò parte dell’Italia settentrionale sotto la guida di Alboino (568), stabilendo a Pavia la propria capitale, e in seguito estese il dominio su altre regioni centrali e meridionali della penisola, fino all’avvento di Carlo Magno nel 774. I Longobardi erano cristiani aderenti all’eresia ariana, ma agli inizi del VII secolo si convertirono al cattolicesimo con la regina Teodolinda. Le principali testimonianze dell’arte longobarda sono affidate a una ricca serie di oggetti di metallo, spesso prezioso, che i Longobardi portarono dalla Pannonia e continuarono a produrre durante la permanenza in Italia. Questi oggetti (soprattutto else di spada, fibule, croci) sono lavorati e decorati con intrecci lineari o con motivi zoomorfi (fibule e croci nel Museo di Cividale). Non mancano figurazioni stilizzate, come nella croce del duca Gisulfo (VI-VII sec., Museo di Cividale) o nella lamina sbalzata dell’elenco di Agilulfo (VII sec., Firenze, Museo del Bargello). Spesso questi oggetti di oreficeria sono arricchiti con pietre preziose o semplicemente colorate (croce di Agilulfo, VII secolo, Monza, tesoro del duomo). Sono inoltre note alcune sculture in pietra appartenenti all’ultimo periodo della dominazione longobarda, tra le quali spiccano il sarcofago di Teodora a Pavia (720 circa), e i bassorilievi dell’ara del duca Ratchis (metà dell’VIII sec., Cividale, Museo cristiano), raffiguranti scene del Nuovo Testamento. In campo architettonico le piante di alcune chiese rivelano riferimenti classici e orientali, pur distinguendosi per l’inserimento di piante stellari e doppi ambulacri (ne è un esempio Santa Sofia di Benevento, del 762 circa).

La lavorazione dei metalli

Sculture e bassorilievi

L’architettura

L’arte carolingia Carlo Magno fu incoronato imperatore da papa Leone III nell’800 (data della nascita del Sacro Romano Impero). Il centro di irradiazione fu Aquisgrana, sede della corte, ma gli impulsi spirituali della cosiddetta Renovatio carolin- La Rinascenza gia, la “Rinascenza carolingia”, con cui Carlo Magno ra- carolingia dunò alla sua corte i maggiori intellettuali e promosse in tutto l’impero la diffusione delle scuole, trovarono terreno ideale di sviluppo nei monasteri della Francia occidentale, dell’Italia settentrionale, della Renania e della Ger43

Dal paleocristiano al gotico

mania meridionale. Di grande pregio e diffusione fu la miniatura, la cui produzione giunse ad articolarsi anche in vere e proprie scuole (Tours, Treiori, San Gallo). ■ L’architettura Le soluzioni architettoniche di maggior pregio furono ragI monasteri giunte nella costruzione dei monasteri, soprattutto di tipo basilicale: ne è un esempio il complesso di Saint-Denis, chiesa abbaziale iniziata nel VII secolo, il cui piano presenta tre navate, il transetto e l’abside con cripta anulare. Allo stesso tipo appartengono l’abbazia di Lorsch e la basilica di Ratisbona. Caratteristica dell’abbazia carolingia è la La facciata facciata detta Westwerk: il corpo occidentale della chiesa, Westwerk verso l’ingresso, presenta due torri laterali che fiancheggiano la facciata. Internamente permettevano l’accesso a un loggiato da cui l’imperatore e la sua corte assistevano alle funzioni: un esempio di questa architettura è la chiesa del monastero dei Benedettini di Corvey in Sassonia (873La Cappella Palatina 85). Un altro edificio rappresentativo è la celebre Cappella di Aquisgrana Palatina di Aquisgrana (796-805), a pianta ottagonale, che riflette il tipo di chiesa bizantina a pianta centrale esemplificato dalla chiesa di San Vitale a Ravenna. Palazzi e chiese erano adorni di mosaici, tutti andati perduti. La scultura Anche della scultura, ampiamente applicata alla decorazione architettonica, restano scarse testimonianze. Interessanti le opere in bronzo, come le quattro porte del duomo di Aquisgrana (IX sec.).

Impiego di diverse tecniche

Il capolavoro dell’oreficeria carolingia

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■ L’oreficeria La maggior parte dei lavori in metallo nobile è andata perduta; quanto è rimasto testimonia l’eccellenza raggiunta con l’impiego di diverse tecniche: sbalzo, incisione, niello, filigrana, incastonatura di pietre preziose, smalto. Si sa che nelle chiese e nei monasteri si trovava grande abbondanza di arredi preziosi, e le fonti letterarie documentano l’esistenza di magnifiche pale d’altare d’oro. Grande importanza avevano le decorazioni figurate, con immagini di santi e della Vergine. Capolavoro dell’oreficeria carolingia è l’altare laminato d’oro e d’argento di Vuolvinio (835 circa), in Sant’Ambrogio a Milano.

1 - Dall’arte paleocristiana all’arte carolingia

SCHEMA RIASSUNTIVO L’arte paleocristiana

Fino al II secolo non si presenta ancora un’arte con una precisa fisionomia “cristiana”. È invece dal IV secolo che compaiono la basilica e il martyrium, con numerosi esempi a Roma e Costantinopoli. Gli affreschi e i mosaici costituiscono le principali testimonianze figurative del periodo..

L’arte bizantina

A partire dall’VIII secolo compare un nuovo tipo di chiesa, detto a croce greca, che rappresenta la fusione della basilica e del martyrium. Con Giustiniano (527-65) fiorisce l’età d’oro dell’architettura bizantina, soprattutto nello sviluppo dell’architettura ecclesiastica e nel passaggio dalla struttura ipostila della basilica alla struttura a volta. Decorazione a mosaico e oreficeria costituiscono le caratteristiche peculiari dell’arte bizantina.

L’arte longobarda

La popolazione longobarda, di origine germanica, occupa parte dell’Italia settentrionale fino all’avvento di Carlo Magno nel 774. Le principali testimonianze artistiche riguardano oggetti in metallo (come fibule, croci ed else di spade) che i Longobardi portano dalla Pannonia e continuano a produrre in Italia. Dopo la conversione al cattolicesimo realizzano opere che raffigurano scene tratte dal Nuovo Testamento.

L’arte carolingia

Carlo Magno raccoglie alla sua corte i maggiori intellettuali e promuove in tutto l’impero la diffusione delle scuole, che trovano terreno ideale di sviluppo nei monasteri della Francia occidentale, dell’Italia settentrionale, della Renania e della Germania meridionale. Con la cosiddetta Rinascenza carolingia l’architettura conventuale del tipo basilicale raggiunge il massimo splendore (complesso di Saint-Denis), grazie anche agli elementi architettonici caratteristici come il Westwerk: il corpo occidentale della chiesa presenta due torri laterali che fiancheggiano la facciata. Un altro edificio rappresentativo è la celebre Cappella Palatina di Aquisgrana (796-805), che riflette il tipo di chiesa bizantina a pianta centrale esemplificato dalla chiesa di San Vitale a Ravenna. Nonostante la maggior parte dei lavori in metallo nobile sia andata perduta, ciò che resta testimonia l’eccellenza nell’oreficeria, raggiunta con l’impiego di diverse tecniche, come sbalzo, incisione, filigrana e altre.

DOMANDE DI VERIFICA 1 Descrivi

l’evoluzione architettonica della basilica. 39-40

4 In quale tecnica eccelle soprattutto l’arte

2 Quali sono le decorazioni più rappresentati-

5 Che cosa si intende con Rinascenza caro-

3 Quali sono le caratteristiche dell’età d’oro

6 Quali

ve dell’arte paelocristiana? 40-41 dell’architettura bizantina? 41

longobarda? 43 lingia? 43

sono gli esempi più rappresentativi dell’architettura carolingia? 44

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2 Il romanico L’arte romanica si sviluppò in Europa tra i secoli XI e XII, con prolungamenti nel XIII, e innestò il retaggio classico romano nella cultura dell’Europa postcarolingia. Manifestazione di un’epoca in cui la dimensione religiosa domina tutti gli aspetti della vita e dell’arte, il romanico ripropose una visione culturale unitaria in Europa per la prima volta dopo la fine dell’impero romano. Non fu però uno stile del tutto omogeneo: non mancano infatti scuole regionali. L’architettura riprese e sviluppò tipiche forme tardoromane e valorizzò, insieme al rilievo dei pieni e dei vuoti, la decorazione scultorea organicamente inserita nelle strutture. La pittura fu meno omogenea dell’architettura e, soprattutto in Italia, sopravvissero influssi bizantini e classicheggianti. Le arti minori attraversarono un momento di grande splendore con capolavori di miniatura, oreficeria, lavorazione dell’avorio e pittura su vetro.

Nascita e sviluppo del romanico Origine e significato del termine

La rinascita delle città

Il termine “romanico” fu usato per la prima volta dal medievalista francese Arcisse de Caumont (1824) per definire l’arte dei secoli XI e XII nell’Europa centrale: egli ne sottolineava il significato di libera rinascita delle forme dell’arte romana e l’analogia con la contemporanea formazione delle lingue romanze. L’ambito proprio dell’arte romanica copre l’arco che va dal 1000 al 1150 circa per la Francia, estendendosi ai primi decenni del 1200 per altri paesi europei. Il fenomeno più imponente del romanico fu il rinnovato ­fervore edilizio che percorse l’Europa, alla cui base vi furono la ripresa demografica ed economica posteriore al Mille, la fondazione di nuovi centri urbani, la rinascita delle città e l’intensificarsi degli scambi commerciali. In questo quadro, importanti furono i ruoli giocati dall’impero, dalla nobiltà ­feudale, dal papato e dagli ordini religiosi (principalmente benedettini e cluniacensi). ■ La cattedrale Fu proprio l’ambito cittadino a offrire la forma principe dell’architettura romanica, la chiesa o cattedrale, affacciata in genere sulla piazza, centro di vita economica e

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2 - Il romanico

a botte a crociera

a botte ogivale

a schifo (o a gavetta)

a vela

a padiglione

9 12 1 spalle o piedritti 2 corda o luce 3 intradosso 4 estradosso 5 archivolto 6 linea d’imposta 7 piano d’imposta 8 reni 9 chiave 10 freccia o monta 11 spessore 12 larghezza

5 11 1

3 6

a cupola su pennacchi

Figura 2 Sopra, tipologie di copertura a volta.

4 10 2

8 7 1

sociale. Robusta, di salde proporzioni, presenta una complessa articolazione dello spazio: è a pianta cruciforme, ha tre o cinque navate, transetto e abside. La cattedrale trova i suoi elementi caratteristici nell’uso dell’arco a tutto sesto, della copertura a volta, a crociera o a botte, dal punto di vista costruttivo, e nell’attento studio dello scarico dei pesi sui robusti pilastri, sugli archi trasversali e sui muri in funzione di contrafforte. Le prime grandi chiese con copertura a volta furono costruite pressoché contemporaneamente, agli inizi dell’XI secolo, in Lombardia e nell’area continentale di influenza normanna. Di qui il romanico si diffuse, in articolazioni estremamente ricche e dense di apporti locali, in tutta ­Europa. L’attività dei Normanni si estese dalla Normandia (Jumièges, Caen) al resto della Francia (Vézelay, Antun, St.-Étienne, Poitiers), ai paesi nordici, all’Inghilterra, fino in Palestina. Le maestranze lombarde, invece, attive in quasi tutta Europa, riportarono poi in patria esperienze diverse dalla Normandia, dalla Provenza (Arles, Saint-Gilles) e dalla ­Catalogna.

Figura 3 Struttura dell’arco a tutto sesto.

Gli elementi strutturali

La diffusione dello stile romanico

■ L’abbazia Determinante per lo sviluppo dell’architettura romanica fu la grande crescita degli ordini monastici (benedettini Il ruolo degli ordini e cluniacensi, in particolare) e la loro consuetudine di monastici edificare accanto alla chiesa gli ambienti dedicati alla preghiera e alla vita quotidiana. Questo complesso di

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Dal paleocristiano al gotico

Il complesso abbaziale

Le abbazie cluniacensi

edifici prende il nome di abbazia, perché retto da un abate. Intorno al chiostro, con pozzo centrale e giardino, si articolano la sala capitolare (ampia stanza in cui si riuniva il capitolo, cioè il collegio dei monaci), con la sovrastante abitazione dell’abate, il dormitorio, il refettorio e la cucina (talora in un corpo a sé), il noviziato e gli ambienti funzionali e rappresentativi, la portineria, l’economato, l’eventuale ospizio o foresteria. Inoltre i cluniacensi, in particolare, promossero pellegrinaggi da Santiago de Compostela a Roma e favorirono la relativa diffusione, lungo gli itinerari dei pellegrini, di chiese dalla tipica struttura con abside ad ambulacro e cappelle radiali. Importanti esempi di complessi abbaziali furono la celebre abbazia di Cluny in Borgogna, la cistercense abbazia di Fontenay (1130) e le abbazie italiane di Sant’Angelo in Formis, presso Capua, e di Chiaravalle della Colomba (1135), in Emilia.

■ La scultura La scultura romanica conobbe una grandiosa rinascita dell’uso della pietra, che svolse originalmente e su un piano monumentale modelli tratti dall’arte tardoantica (in particolare da quella romano-provinciale) e dalle arti minori come l’oreficeria e la miniatura. La decorazione scultorea, che fu sottomessa alle necessità dell’architettura, ne sottolineava i punti sensibili (capitelli, architravi, portali, pilastri ecc.). La facciata della cattedrale romanica, con il punto chiave dei grandi portali, forniva ampio L’ispirazione biblica campo alla scultura: l’illustrazione di temi dell’Antico e del Nuovo Testamento svolgeva anche una funzione didattica ed edificante nei confronti del fedele. Nelle parti decorative (capitelli, cornici ecc.) una varietà di figurazioni mostruose, libere derivazioni dall’antico e intrecci metamorfici si susseguivano con inesauribile fantasia, espressione di un gusto fantastico e grottesco. Grande diffusione ebbero anche gli arredi liturgici, le porte scolpite e gli Niccolò, Wiligelmo, oggetti in bronzo. Tra gli scultori spiccano Niccolò (attivo Benedetto Antelami tra il 1120-1150), autore del portale di San Zeno a Verona; Wiligelmo, attivo a Modena (duomo, 1100-1110); Benedetto Antelami (1150-1230 circa), attivo a Parma.

La rinascita della scultura in pietra

■ La pittura Meno unitario appare il panorama della pittura romanica. I suoi sviluppi autonomi furono più tardivi rispetto a quelli della scultura e si protrassero fino al XIII secolo,

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2 - Il romanico

articolandosi e differenziandosi anche molto nei diversi paesi. Così, in Italia la cultura bizantina fu ancora prevalente, per cui opere anche importanti (come i mosaici dell’Italia meridionale) non rientrano nell’ambito propriamente romanico. Le caratteristiche principali della pittura romanica si riscontrano innanzitutto nel grande sviluppo dell’affresco: Gli affreschi tra gli esempi migliori vi sono gli affreschi di Sant’Angelo in Formis, quelli di San Vincenzo a Galliano, presso Cantù (1006-1007), il Ciclo del libro dei Re in San Pietro al Monte (XI sec.), a Civate, e gli affreschi del battistero di Novara. Anche gli esordi della pittura su tavola, che rappresenta La pittura su tavola soprattutto il Cristo crocifisso (Cristo trionfante del maestro Guglielmo, nella cattedrale di Sarzana, La Spezia), e la splendida fioritura della miniatura, espressione più colta e La miniatura raffinata rispetto al gusto popolaresco e narrativo dell’affresco, testimoniano la grandezza della pittura romanica.

I principali cantieri romanici in Italia La più importante scuola romanica di architettura fu quella lombarda: oltre al prototipo milanese di Sant’Am- La scuola lombarda brogio, si ricordano le chiese pavesi di San Michele e San Pietro in Ciel d’Oro e quelle comasche di Sant’Abbondio e San Fedele. Alla fine del XII secolo e agli inizi del XIII le chiese cistercensi (Chiaravalle Milanese, Cerreto Lodigiano) e i broletti comunali (Milano, Pavia, Como, Brescia) posero le premesse dell’architettura gotica lombarda. ■ La basilica di Sant’Ambrogio a Milano La basilica paleocristiana, fondata da Sant’Ambrogio come martyrium nel 386, fu rimaneggiata durante i secoli VIII-IX. Tra la fine del IX e la prima metà dell’XI secolo divenne cantiere di nuove esperienze architettoniche di importanza determinante per la definizione dello stile dell’arte lombarda, grazie alla costruzione del complesso Le innovazioni delle absidi e del presbiterio, al tipico sistema strutturale stilistiche centrato sul rapporto tra pilastro (a fascio, alternato) e volta a crociera costolonata e alla singolare decorazione resa dall’alternanza di archetti e lesene. Tali esperienze architettoniche vennero poi assunte e sviluppate in altre chiese milanesi del tempo (Sant’Eustorgio, San  Calimero, San Satiro, San Celso, San Vincenzo in Prato, Sant’Eufemia, San Babila, San Nazaro Maggiore).

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Dal paleocristiano al gotico

L’apporto dell’Antelami

Le sculture di Wiligelmo

La cattedrale

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■ Il duomo di Parma Iniziato nel 1046, dopo il terremoto del 1117 il duomo venne ricostruito in pietra, in stile romanico-lombardo. Fu edificato con un solenne interno a tre navate, coperto da volte a crociera, con campate rettangolari nella navata centrale e quadrate nelle navate laterali. All’esterno, nella facciata (articolata su tre piani) e nella zona dell’abside si ripete il tipico motivo emiliano (presente anche nel duomo di Modena) delle logge transitabili. All’interno fu posta la scultura marmorea della Deposizione della Croce (1178) di Benedetto Antelami (1150-1230 circa), che realizzò anche il progetto architettonico e l’apparato scultoreo del battistero a pianta ottagonale. Quest’ultimo, iniziato nel 1196, si caratterizza esternamente per la presenza di arcate sormontate da quattro piani di corridoi percorribili. ■ Il duomo di Modena Fu costruito tra il 1099 e il 1120, sul luogo di una precedente basilica consacrata a San Geminiano, dall’architetto lombardo, forse comasco, Lanfranco, che interpretò originalmente forme lombarde (facciata a capanna, pianta a tre navate, logge ad archetti), con uno spiccato senso plastico e con un rigoroso criterio di unitarietà nella concezione architettonica. La suddivisione della facciata a salienti (a sottolineare le differenti altezze delle navate) evidenzia la ripartizione interna in tre navate; i contrafforti esterni palesano la presenza interna delle campate (divise da pilastri a fascio). Il principale artefice dell’apparato scultoreo del cantiere del duomo fu Wiligelmo (attivo tra la fine dell’XI e l’inizio del XII secolo), al quale si devono i rilievi del portale mediano, detto Porta Maggiore, quelli della facciata recanti le quattro grandi lastre con le Storie della Genesi e la decorazione con Figure e Profeti nell’intradosso del portale della facciata, con relativa lunetta. ■ La piazza dei Miracoli a Pisa A partire dall’XI secolo sulla piazza dei Miracoli di Pisa vennero edificati la cattedrale, il campanile, il battistero e il camposanto. La cattedrale, esempio di architettura romanico-pisana, fu iniziata nel 1063 dall’architetto Buscheto e completata, fra il 1150-1160, dall’architetto Rainaldo, autore dell’imponente ed elegante facciata a quattro ordini di loggette. Ca-

2 - Il romanico

ratteristiche salienti dell’edificio, che presenta una pianta a croce latina a cinque navate, sono la cupola a pianta ovale (XII sec.) e le superfici esterne scandite orizzontalmente da fasce marmoree bianche e nere, di derivazione orientale, che divennero una prerogativa dell’architettura romanica toscana. Il maestoso edificio circolare del battistero, iniziato nel Il battistero 1153 dall’architetto Diotisalvi (ma completato nel corso del ’300), è caratterizzato esternamente da una serie di arcate cieche sovrastate da un loggiato aperto. Il campanile, o Torre Pendente (inclinato a causa del cedi- La Torre Pendente mento del terreno), venne iniziato nel 1174 su progetto dell’architetto Bonanno Pisano e terminato nel corso del ’300. Il corpo cilindrico, svolto in otto ordini sovrapposti, è scandito da una serie di arcate aperte praticabili. Il romanico pisano trovò larga diffusione tra i secoli XII- Il romanico pisano XIII anche in altre città toscane quali Pistoia (duomo, chiese di San Bartolomeo in Pantano e Sant’Andrea), Lucca (chiesa di San Frediano, 1112-1147; duomo di San Martino, del XIII sec.) e Arezzo (pieve di Santa Maria). ■ San Miniato al Monte

e il battistero di San Giovanni a Firenze I massimi esempi dell’architettura romanica fiorentina sono la chiesa di San Miniato al Monte e il battistero di San Giovanni a Firenze, caratterizzati dal gusto geometrizzante nel paramento di marmi bianchi e verdi e dall’evidente derivazione paleocristiana e classica. San Miniato al Monte (XII sec.) mostra un’eccezionale San Miniato facciata ad arcate su colonne, finestra a timpano e corni- al Monte cione classico e un interno basilicale coperto a capriate. Il battistero (consacrato nel 1059) è ottagonale ad arcate Il battistero cieche e presenta citazioni classiche nei capitelli delle colonne; è celebre soprattutto per le tre porte di bronzo dorate eseguite nei secoli successivi da Andrea Pisano e Lorenzo Ghiberti. ■ La basilica di San Marco a Venezia Fu ricostruita nell’XI secolo (dopo la prima edificazione dell’828, a cui seguì un incendio nel 976) sul modello della chiesa dei Santi Apostoli di Costantinopoli (ora distrutta), quindi con derivazione bizantina nella scelta della La derivazione pianta a croce greca e delle cinque cupole poggianti su bizantina grandi arconi a botte. Ciascun braccio della croce è diviso in tre navate da colonnati che sostenevano matronei. Il

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Dal paleocristiano al gotico

I mosaici

La facciata

Le fiancate

Influssi bizantini e lombardi

presbiterio, rialzato per la presenza della cripta, è sormontato dall’altare, ornato da un ricco ciborio sorretto da colonne istoriate (forse del XIII sec.). Le cupole, la parte alta delle pareti, i sottarchi delle navate sono interamente ricoperti di mosaici (in gran parte dei secoli XII-XIII, con rifacimenti posteriori), che costituiscono una significativa sintesi dell’iconografia bizantina. Esternamente la basilica è preceduta da un atrio che circonda tutta la parte occidentale. La facciata (compiuta nel periodo gotico, XV sec.) è spartita orizzontalmente da una terrazza con balconata; nella parte inferiore sono presenti cinque profonde arcate in fondo alle quali si aprono altrettanti portali, con notevoli rilievi scultorei di gusto bizantino; sulla terrazza sono collocati i celebri quattro cavalli in rame dorato portati da Costantinopoli, ritenuti opera ellenistica (III sec. a.C.). Anche le fiancate della basilica sono ornate da preziosi rilievi e sculture, tra cui sul lato meridionale il gruppo in porfido dei Tetrarchi (IV sec.). L’atrio, diviso in campate da archi acuti, è sormontato da cupolette rivestite da splendenti mosaici di gusto veneto-bizantino (1220-1250) con Storie dell’Antico Testamento. ■ La basilica di San Nicola di Bari Importante edificio romanico, costruito a partire dal 1087 e consacrato nel 1197, la basilica di San Nicola presenta una pianta a tre navate con transetto. Vi sono confluiti influssi bizantini, per la presenza all’interno della basilica dell’iconostasi che separa il presbiterio dalle navate, influssi del romanico lombardo, nella facciata divisa a salienti e coronata dalla serie di archetti a tutto sesto, e interpretazioni romaniche proprie, come il matroneo e la realizzazione di due torri che chiudono ai lati la facciata dando alla chiesa l’aspetto di una fortezza. All’interno è conservata la Cattedra scolpita di Elia (1098), sedia del vescovo Elia. San Nicola venne assunto come prototipo di una serie di altre costruzioni pugliesi coeve come, nella stessa Bari, la cattedrale di San Sabino (1170-1178) e la cattedrale di Bitonto (1175-1200). ■ Il duomo di Monreale Sorto nei dintorni di Palermo, fondato da Guglielmo II (1174-1189), il duomo di Monreale si presenta con una caratteristica facciata ornata con motivi di archi intrec-

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2 - Il romanico

ciati nella zona superiore e fiancheggiata da due alte torri campanarie. L’interno a pianta basilicale a tre navate L’interno è decorato con cicli di mosaici (Storie dell’Antico e Nuovo Testamento) realizzati da artisti locali (XII-XIII sec.) operanti secondo modelli bizantini. Di impronta araba è invece l’annesso chiostro del monastero benedettino (XII sec.).

Il romanico in Francia Alla fine del X secolo, con il diffondersi del movimento di riforma del monachesimo, iniziò una fase di rinnovamento artistico che si concluse nei due secoli successivi con la piena maturità del romanico. Questo portò in Francia una grande varietà di caratterizzazioni regionali, di cui citiamo le più importanti. L’architettura normanna (Jumièges, Caen) è caratterizzata da matronei, copertura lignea, sistema di pilastri a fascio e colonne alternati. Nel Poitou (Saint-Savin di Poitiers) si osservano chiese a sala, senza luce diretta. Nell’Aquitania (Angoulême, Saint-Front di Périgueux) le chiese hanno una sola navata coperta da cupole, mentre in Provenza (Arles, Saint-Gilles) si hanno navate altissime voltate a botte e senza galleria. Nell’Alvernia (Clermont-Ferrand) si nota la derivazione dalle chiese di pellegrinaggio situate sulla via di Santiago de Compostela (Saint-Martial di Limoges, Saint-Sernin di Tolosa, Sainte-Foy di Conques), tutte con matronei, volte a botte e semibotte e absidi con cappelle radiali. In Borgogna si differenziarono tre gruppi: quello derivato dal complesso di Cluny III, con volte a botte acuta (Autun); quello di Vézelay, con volte a crociera, e quello delle chiese cistercensi (Fontenay), caratterizzate dall’assenza della decorazione e dalla pianta a T. Nel campo della scultura si espressero varie scuole: le principali furono quella sorta nella Linguadoca (Moissac, Souillac, Cahors, Conques) e quella borgognona (Cluny), di impronta fantastica e visionaria; fiorenti furono anche quelle del Poitou e della Saintonge (Saintes, Aulnay, Angoulême, Poitiers). Più tarda (seconda metà del XII sec.) è la scuola provenzale, di ispirazione classicheggiante (chiostro di SaintTrophime ad Arles, facciata di Saint-Gilles-du-Gard).

Le diverse caratterizzazioni regionali

La scultura

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Dal paleocristiano al gotico

Il romanico in Germania La valle del Reno

I capolavori

La scultura e la miniatura

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Il centro più vivo del romanico tedesco fu la valle del Reno, dove fiorì una scuola architettonica romanica caratterizzata da una ricca articolazione spaziale (doppi cori, doppi transetti, cripte, torri di crociera e torri scalarie, matronei), da un forte verticalismo e da una ricca decorazione architettonica di tipo lombardo (archetti, loggette, lesene). Tra i capolavori del romanico tedesco vanno ricordate le cattedrali di Spira (la più grande cattedrale romanica d’Europa, voltata nel 1080), Treviri (1080), Costanza (1089), Magonza (1081-1137 e 1209-1237), Worms (11711220) e San Michele di Hildesheim nella Bassa Sassonia (1010-1033); la chiesa abbaziale di Maria Laach presso Coblenza (1093-1230); le collegiate tardoromaniche di Colonia e Bonn. Infine, fuori della Renania, è importante il gruppo delle fondazioni di Enrico il Leone (castello di Dankwarderode, 1175; duomo di Braunschweig). Ricchissime la scultura in pietra, bronzo e legno (portali, imposte, croci trionfali, recinzioni) e la pittura a fresco. In epoca romanica inoltre continuò la fioritura dell’arte monastica, a cui si deve la rigogliosa produzione di miniature, pitture su tavola, oreficerie (per lo più altari, portali e reliquiari d’oro) e arazzi.

2 - Il romanico

SCHEMA RIASSUNTIVO Nascita e sviluppo del romanico

Il termine “romanico” identifica l’arte europea tra i secoli XI e XIII che vede nel rinnovato fervore edilizio il suo aspetto più rappresentativo. La cattedrale è la forma principe dell’architettura romanica. Caratteristiche di quest’epoca sono anche la fioritura del sistema abbaziale per opera soprattutto degli ordini monastici, la rinascita della scultura in pietra e la diffusione dell’oreficeria e della miniatura. Fenomeno assai più differenziato, la pittura ha nell’affresco e nei dipinti su tavola le sue principali manifestazioni.

Principali cantieri romanici in Italia

In Italia l’arte romanica si diffonde con caratteristiche regionali e specifici linguaggi a seconda dell’area di sviluppo. La più importante scuola romanica di architettura fu quella lombarda, con il prototipo milanese di Sant’Ambrogio. I principali cantieri romanici sono poi il duomo di Parma, che nella facciata (articolata su tre piani) e nella zona dell’abside ripete il tipico motivo emiliano delle logge transitabili presente anche nel duomo di Modena, la basilica di San Nicola di Bari, in cui confluiscono influssi bizantini, del romanico lombardo e interpretazioni romaniche proprie, e il duomo di Monreale. Esempio di architettura romanico-pisana è inoltre la piazza dei Miracoli a Pisa, con la presenza della cattedrale, del campanile (la Torre Pendente), del battistero e del camposanto. Altri importanti cantieri sono quello fiorentino della chiesa di San Miniato e del battistero, e quello veneziano della basilica di San Marco sul modello della chiesa dei Santi Apostoli di Costantinopoli.

Il romanico in Francia

Con la diffusione del movimento di riforma del monachesimo in Francia si vengono a creare una grande quantità di caratterizzazioni regionali, ciascuna con interessanti peculiarità. In Borgogna si distinguono tre gruppi: quello derivato dal complesso di Cluny III, quello di Vézelay e quello delle chiese cistercensi (Fontenay). Nella scultura le scuole principali sono quella della Linguadoca e quella borgognona; più tarda è la scuola provenzale.

Il romanico in Germania

Nella valle del Reno fiorisce un’importante scuola architettonica romanica. Le migliori testimonianze sono le cattedrali di Spira (la più grande d’Europa), Treviri, Costanza, Magonza e Worms, la chiesa abbaziale di Maria Laach, le collegiate tardoromaniche di Colonia e Bonn. Notevoli lo sviluppo della scultura, della miniatura, della pittura su tavola, dell’oreficeria e della produzione di arazzi.

DOMANDE DI VERIFICA 1 Qual

3 Quali sono i principali cantieri romanici ita-

2 Quale

4 Quali sono le più importanti caratterizzazio-

è l’edificio principe dell’architettura romanica e come si struttura? 46-47 ruolo svolgono gli ordini monastici nello sviluppo dell’architettura romanica? 47-48

liani? 49-53

ni dell’arte romanica nelle regioni della Francia e in Germania? 53-54

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3 Il gotico Il gotico fiorì tra la prima metà del XII e il XV secolo. A partire dai cantieri delle cattedrali francesi fino alle tarde manifestazioni del gotico internazionale, si estese a tutta l’Europa occidentale rappresentando l’ultima grande fase unitaria dell’arte medievale europea. In Italia si diffuse grazie agli ordini monastici (cistercensi), ma ebbe poi di fatto uno sviluppo con caratteristiche originali per la presenza di una forte tradizione romanica, di una grande varietà di apporti regionali e dell’innata tendenza al classico. In pittura largo spazio ebbero i cicli ad affresco, che raggiunsero, proprio in questi anni, i risultati più alti; non minori furono gli apporti della miniatura.

Nascita e diffusione del gotico Le origini nella Francia del Nord Rapida diffusione L’etimologia

Le origini dello stile architettonico gotico si collocano nella Francia del Nord entro la prima metà del XII secolo, quando i costruttori, coordinando elementi già presenti nel romanico e nell’architettura orientale, giunsero a soluzioni del tutto originali. Il gotico si estese rapidamente (XII-XV sec.), fino a rinnovare totalmente l’aspetto stilistico dell’arte europea in tutte le sue forme. Il termine “gotico” compare nella storiografia artistica del Rinascimento italiano applicato all’architettura, per indicare genericamente quanto avvenuto dopo la fine dell’arte antica, con il significato di “barbarico”. Questa connotazione negativa del termine venne in seguito allargata a designare un’arte arbitraria e bizzarra, fuori delle regole classiche, e permase fino alla fine del ’700, quando si ebbe una rivalutazione dell’arte medievale da parte della cultura inglese e francese. L’800 vide poi un grande sviluppo degli studi storici sul gotico.

le diverse correnti del gotico La critica d’arte ha fissato una complessa terminologia per qualificare diversi aspetti stilistici del gotico. Si hanno così: il gotico fiammeggiante (o, in Italia, fiorito), con riferimento all’architettura gotica tarda (XV - metà XVI sec.), caratterizzata da un accentuato verticalismo,

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effetti dinamici e coloristici e un’esuberante decorazione scultorea; il gotico ornato inglese (XIV sec.) e, sempre in Inghilterra, il gotico perpendicolare, ovvero il tardo gotico, in cui prevalgono le linee diritte. Nel resto d’Europa si parla invece di gotico internazionale.

3 - Il gotico

■ Le forme dell’architettura gotica L’ambito architettonico è il più vasto dell’arte gotica e ha affrontato su ampia scala i temi sia dell’edificio sacro sia del­l’edificio civile, impostando un discorso nuovo sulla dimensione urbana e sulla città adatto a una società nuova di borghesi e mercanti. Simbolo ed elemento propulsore dell’architettura gotica L’architettura fu la cattedrale, organizzata superbamente come una religiosa struttura che sfrutta appieno le possibilità dei singoli elementi che la caratterizzano. L’impiego dell’arco a sesto acuto permise di sostituire alla pesante volta a crociera romanica la volta a ogiva, agile e scattante, in cui il peso è scaricato dai costoloni, con funzione portante, sui pilastri, eliminando in tal modo il valore della massa muraria a favore dell’apertura di grandi finestre, vere pareti di vetro colorato. Le spinte laterali dei costoloni vengono equilibrate all’esterno dall’impiego dell’arco rampante in funzione di contrafforte, appoggiato a un pilastro verticale libero, coronato da guglia. La pianta prediletta fu quella basilicale, a cinque o tre navate, con o senza transetto, terminante in una vasta zona absidale a cappelle radiali.

doccione guglia costolone pilastro verticale

arco rampante

arco a sesto acuto

contrafforte pilastro

Figura 4 Principali elementi architettonici gotici.

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Dal paleocristiano al gotico

Urbanistica e architettura civile

I castelli

La scultura Iconografia meno simbolica

Umanizzazione del tema sacro

La pittura

Le arti minori

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Notevolissimi furono anche gli sviluppi dell’architettura civile: la città cinta di mura, con poderose torri, comune dall’XI secolo, si sviluppò nella città borghese, centro commerciale, per la quale dal XII secolo si elaborò una ricca tipologia di edifici (mercati, logge, ospedali), tra cui eccelse il palazzo municipale (broletto). Particolare diffusione ebbero infine i castelli, che all’originaria funzione difensiva venivano ora ad affiancare quella di dimora del signore. ■ Scultura, pittura e arti minori La cattedrale gotica, con gli ampi portali strombati, le guglie, i pinnacoli, gli sporti, offriva largo campo alla decorazione scultorea. L’iconografia dei cicli si semplificò e si chiarì, rispetto al simbolismo romanico, poiché la sua funzione era educativa, e si allargò, secondo l’enciclopedismo medievale, non solo ai soggetti della fede, ma a tutti gli aspetti della vita. Accanto alle storie dell’Antico e del Nuovo Testamento comparvero così i lavori dell’uomo, le figurazioni astrologiche, le allegorie, le scienze umane e divine. L’umanizzazione del tema sacro comportò la ricomparsa della figura umana, che, dalla rigidezza ieratica iniziale (le “statue-colonne”, ancora incorporate nell’architettura), attinse a un maggiore naturalismo, talora con accenti di schietto classicismo. Nel ’300, con la fine delle grandi imprese costruttive delle cattedrali, la scultura si limitò a statue isolate e ai sepolcri (tombe reali di Saint-Denis e dei duchi di Borgogna nella certosa di Champmol). Nell’arte gotica dei secoli XII-XIII la pittura rivestì un ruolo secondario rispetto all’architettura e alla scultura. Scomparsi i cicli ad affresco tipici della tradizione romanica, trionfarono le vetrate policrome. Nel XIV secolo, però, l’affresco tornò in auge, anche per la grande diffusione della pittura profana (in castelli e palazzi municipali), mentre contemporaneamente si affermava la pittura su tavola. Le cadenze lineari, il gusto per il colore e il fresco naturalismo appaiono ancora più esaltati nella miniatura, diffusa in tutti i paesi europei. Pregevoli l’oreficeria e la lavorazione dei metalli, dei mobili e degli oggetti in legno intagliato, rivestiti di pastiglia dorata e dipinti con scene cavalleresche, dei vetri e dei cristalli incisi, delle ceramiche. La produzione degli avori (soprattutto

3 - Il gotico

in Francia) divenne uno dei più efficaci veicoli di diffusione dei moduli stilistici gotici. Importantissima inoltre (specie in Francia e nelle Fiandre) la produzione di tessuti ricamati e di arazzi, veri e propri “muri tessuti” con I “muri tessuti” soggetti in genere profani, indispensabili complementi d’arredo di ogni castello feudale.

L’età del gotico in Francia Culla dell’arte gotica fu, verso la metà del XII secolo, l’Île-de-France, intorno a Parigi. Al 1140, infatti, risale la ricostruzione secondo le nuove forme gotiche del coro di Saint-Denis, abbazia eretta nel VII secolo e dal XII divenuta sede delle tombe dei re di Francia. Le successive cattedrali protogotiche a matronei e volte esapartite di Sens, Noyon, Senlis, Notre-Dame di Parigi e Laon segnarono altrettante tappe nello sviluppo dello stile, che risulta pienamente maturo nelle cattedrali di Chartres (dal 1194), Reims (dal 1211), Amiens (dal 1220), Bourges, e pienamente concluso nella SainteChapelle di Parigi (1242-1248), ad ambiente unico con pareti interamente vetrate, nella cattedrale di Beauvais (dal 1248) e in Saint-Urbain di Troyes (1261-1277). Lo stile dell’Île-de-France venne imitato in tutta la Francia. Dopo la guerra dei Cent’Anni, che rallentò l’attività edilizia, si affermò il gotico tardo o flamboyant (cioè fiammeggiante); gli esempi più notevoli sono quelli di Abbeville, Louviers, Rouen (Saint-Maclou), Troyes, Brou. Nell’architettura militare il periodo gotico sviluppò le premesse del romanico nei castelli e nelle città fortificate con alte cortine regolari intervallate da torri (Carcassonne, Avignone, Angers, Aigues-Mortes, Gisors, Châteaudun). Nel ’300 i castelli incominciarono a diventare vere residenze (Palazzo dei papi ad Avignone). Le città si arricchirono di cospicui esempi di architettura civile, sia pubblica, come i palazzi di città, gli ospedali (Angers, Tonnerre, Beaune), i ponti (Avignone, Cahors, Montauban), sia privata (palazzo di Jacques Cœur a Bourges). L’arte delle vetrate policrome, alle quali l’architettura gotica affidò una funzione preminente nei confronti degli elementi decorativi, fornì esempi di altissimo livello nella cattedrale di Chartres, nella Sainte-Chapelle di Parigi e in molte altre chiese, esercitando un notevole influsso sull’arte della miniatura.

L’Île-de-France

Il gotico flamboyant L’architettura militare

L’architettura civile

L’arte delle vetrate policrome

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Dal paleocristiano al gotico

Il contributo dell’Italia La particolarità del gotico in Italia

L’architettura

I palazzi comunali

La scultura

La pittura

Due chiese sovrapposte

Gli affreschi

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L’Italia occupa una posizione particolare nel contesto del gotico europeo: infatti la forte tradizione romanica, la varietà degli apporti regionali e la persistenza di un’innata tendenza al classico fecero sì che si sviluppasse un linguaggio nuovo che venne inserito nel flusso spirituale dell’arte gotica, pur superandolo. In architettura non si riscontrano corrispettivi del gotico francese se non nelle chiese dell’ordine cistercense, poiché, anche dove furono usati specifici elementi strutturali, le proporzioni dell’insieme, il ridotto verticalismo e la chiarezza organizzativa rivelano una ben diversa disposizione mentale. Con l’affermarsi dei Comuni tutte le città italiane si dotarono di un palazzo pubblico, a blocco compatto con torre o nella forma del broletto, con portico al pianterreno, ma fu soprattutto l’intera forma urbana che cambiò, dando luogo a una fisionomia tipica talora sopravvissuta nei secoli (ne è un esempio San Gimignano). In scultura la scelta classicista fu cosciente e precoce: dai maestri della corte romana e imperiale di Federico II di Svevia alla scuola dei toscani, da Nicola Pisano ad Arnolfo di Cambio, ad Andrea Pisano e, soprattutto, a Giovanni Pisano, figura di spicco del periodo. In pittura, dove si ebbe il trionfo assoluto dell’affresco, dalla fine del ’200 e per tutto il ’300 si elaborò un linguaggio nazionale che assunse accenti diversi nelle varie scuole regionali. ■ La basilica di San Francesco ad Assisi Si tratta del primo grande esempio di architettura gotica prettamente italiana. Il progetto della basilica si articola in due chiese sovrapposte: la chiesa inferiore, iniziata nel 1228, è a una navata con campate e volte a crociera, due transetti e un’abside semicircolare; le cappelle sono più tarde, della fine del secolo. La chiesa superiore, compiuta nel 1253, ha una sola navata con transetto sporgente e abside poligonale. La basilica di San Francesco conserva il più importante complesso di affreschi della pittura italiana dalla metà del ’200 al terzo decennio del ’300. Le pareti della navata nella chiesa superiore recano affreschi di scuola romana (1280 circa) nel registro superiore e la Leggenda di San Francesco di Giotto in quello inferiore (1298 circa). Il transetto e il coro hanno affreschi – gravemente

3 - Il gotico

l’architettura di federico ii di svevia Le manifestazioni architettoniche e di decorazione scultorea promosse da Federico II di Svevia (1194-1250) sono raggruppabili per comuni caratteri stilistici e tecnici. L’architettura federiciana trae la sua origine dall’ideale politico di affermazione imperiale, attuato nella volontà di un ritorno all’antico, pur con accenti bizantini (specie nella scultura), con mezzi espressivi e soluzioni tecniche gotico-cistercensi e con ricordi del mondo islamico (conosciuto da Federico nella crociata del 1227). I diversi spunti sono però unificati da un’accentuata aspirazione alla razionalità, al rigore geometrico, all’ordine strutturale. Significative testimonianze sono alcuni edifici religiosi come l’incompiuta chiesa cistercense di Mur-

go, presso Lentini (1225 circa), e imponenti residenze fortificate come Castel Maniace a Siracusa e Castel Ursino a Catania (1240 circa), i castelli di Salemi, Augusta. Ma i monumenti più rappresentativi sono la porta turrita di Capua (1234-1239, ora semidistrutta, forse progettata dallo stesso Federico), che segnava l’ingresso al dominio svevo, e Castel del Monte (presso Andria, 1240), dall’impianto geometrico (ottagonale) e strutturale rigorosissimo (i saloni hanno struttura gotica di derivazione francese-borgognona). L’architettura federiciana fu fondamentale per la formazione di Nicola Pisano e Arnolfo di Cambio, ed è pertanto ritenuta una delle matrici del rinnovamento architettonico toscano dei secoli XIII e XIV.

danneggiati – di Cimabue, fra cui la Crocifissione. Nella chiesa inferiore le pareti della navata sono decorate con le Storie di San Francesco del Maestro di San Francesco (metà XIII sec.), la Maestà della Vergine con San Francesco di Cimabue e il ciclo di affreschi di Pietro Lorenzetti con la Crocifissione e la Deposizione dalla Croce; nella cappella di San Martino vi sono affreschi con Storie di San Martino di Simone Martini. ■ Le chiese di Firenze Il duomo della città, Santa Maria del Fiore, fu iniziato da Santa Maria Arnolfo di Cambio nel 1296 e proseguito per tutto il XIV del Fiore secolo secondo il progetto originario, portato poi a compimento nel 1420-1434 da Filippo Brunelleschi con la celebre cupola. Ha un impianto a tre navate con transetto, presbiterio e cappelle radiali; in particolare queste ultime, assieme ai costoloni e agli archi a sesto acuto, sono gli elementi più rappresentativi dell’architettura gotica. La chiesa di Santa Croce dei francescani, ricostruita pro- Santa Croce babilmente da Arnolfo di Cambio, presenta tre navate divise da pilastri ottagonali. Le cappelle terminali sono affrescate con cicli trecenteschi di eccezionale importanza, tra cui quelli di Giotto, Maso di Banco, Bernardo Daddi, Taddeo Gaddi e Giovanni da Milano.

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Dal paleocristiano al gotico

I protagonisti della scultura e della pittura italiane Come abbiamo visto nel paragrafo precedente, nella scultura e nella pittura si sviluppa un linguaggio originalmente ­nazionale grazie all’operato di una serie di artisti di valore assoluto. ■ Nicola Pisano Detto anche Nicola d’Apulia perché forse di origine puLa formazione gliese, Nicola Pisano (1215-1278/1284 circa) si formò come scultore e architetto probabilmente nell’ambiente classicheggiante dell’accademia campano-pugliese di Federico II. Per primo realizzò una trasposizione delle forme classiche su di un piano umanistico e vitale, elaborandole in un linguaggio nuovo, potentemente plastico, solenne e drammatico. Il pulpito Nel 1260 eseguì il pulpito del battistero di Pisa, una codel battistero di Pisa struzione esagonale sorretta da colonne poggiate su leoni, sulle quali si impostano archi trilobati e una balaustra con cinque lastre a rilievo (con Storie dell’infanzia di Cristo, la Crocifissione, il Giudizio finale). In quest’opera assieme a spunti lombardi (osservabili nella squadrata e solida volumetria) sono evidenti i rapporti con schemi classicheggianti. Le altre opere Nicola Pisano realizzò inoltre l’arca di San Domenico nell’omonima chiesa di Bologna (1265-1267); il pulpito ottagonale del duomo di Siena (1265-1268) – in collaborazione con il figlio Giovanni Lapo e Arnolfo di Cambio –, in cui è evidente una rigorosa sensibilità gotica; la Fontana Maggiore della piazza del Comune a Perugia (1275-1278), di nuovo in collaborazione con il figlio Giovanni.

La formazione

Le opere di scultura

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■ Arnolfo di Cambio Lo scultore e architetto Arnolfo di Cambio, nato a Colle di Val d’Elsa (Siena) intorno al 1245, morì a Firenze prima del 1310. La prima documentazione della sua opera si ha a Siena (1266), dove è discepolo di Nicola Pisano e collaboratore di Giovanni Lapo Pisano al pulpito del duomo. È anche ipotizzata una sua collaborazione all’arca di San Domenico a Bologna (1265-1267). Arnolfo conobbe l’arte romana e del Meridione, come rivela la tomba (smembrata) del cardinale Annibaldi (1276) in San Giovanni in Laterano, che costituì un prototipo per le tombe romane del periodo gotico, e impo-

3 - Il gotico

stò il problema del rapporto architettura-scultura. Nel 1277, e così ancora nel 1281, fu presente a Perugia, dove eseguì tre figure di Assetati, resti di una fontanella per la piazza Maggiore, di sobrio ed efficace naturalismo. Il suo nome è legato anche al monumento al cardinale De Braye (1282), smembrato e malamente ricomposto, nella chiesa di San Domenico a Orvieto; ai cibori di San Paolo fuori le Mura (1285) e di Santa Cecilia in Trastevere (1293) a Roma; al sacello di papa Bonifacio IV (1296); a San Pietro in Vaticano, dove si qualifica architector. Nelle sculture superstiti della facciata di Santa Maria del Fiore a Firenze, tra cui spiccano una grande statua della Madonna col Bambino e la Vergine della Natività (12961302, Firenze, Museo dell’Opera del duomo), di solennità classica, la sintesi formale affianca l’autore a Giotto quale innovatore dell’arte italiana medievale. In qualità di architetto gli sono attribuiti a Firenze il pro- Le opere getto della stessa Santa Maria del Fiore (1296) e inter- architettoniche venti in Santa Croce, oltre ai meno certi Palazzo Vecchio (1299) e al rifacimento della badia. Quanto basta per rivelare la sua concezione monumentale dello spazio, ampio e classicamente scandito nelle componenti strutturali, che apre la via all’arte del ’300. ■ Giovanni Pisano Figlio e allievo di Nicola Pisano, anche Giovanni fu scultore e architetto, originale esponente del gotico italiano. Nato nel 1245 circa, iniziò la sua attività collaborando con il padre nella realizzazione del pulpito del duomo di Siena (1265-1268). Successivamente (1278) ebbe larga parte nei lavori della Fontana Maggiore a Perugia, dove si staccò dal classicismo paterno per dar vita, sotto l’influsso della scultura gotica francese, ai più drammatici sentimenti umani in uno stile impetuoso e intenso. Dal 1284 al 1296 fu impegnato nella sua prima grande realizzazione autonoma, la decorazione della facciata del duomo di Siena, dagli stipiti dei portali fino alle numerose statue (oggi in maggior parte nel Museo dell’Opera, sostituite nella facciata da copie). Nel 1297 è documentata l’attività di Giovanni a Pisa come capomastro del duomo. Dal 1298 fino al 1301 fu impegnato a Pistoia nella costruzione del pulpito nella chiesa di Sant’Andrea. Poco più tarda è la Madonna nella cappella degli Scrovegni di Padova, dove l’intensità dello sguardo lega la Madre e il Figlio. Negli anni dal 1302 al 1310 Giovan-

La collaborazione con il padre

La decorazione del duomo di Siena Le altre opere

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Dal paleocristiano al gotico

L’ultima opera

ni fu impegnato nella realizzazione del nuovo pulpito per il duomo di Pisa. L’ultima sua opera fu probabilmente la Madonna dalla cintola nel duomo di Prato (1317), nella quale riprese nuovamente il tema del colloquio tra la Vergine e il Bambino. Morì poco dopo.

Cimabue

Le opere

Il Crocifisso

Con Cenni di Pepi detto Cimabue, nato a Firenze (circa 1240) e morto a Pisa (1302), ha inizio la scuola fiorentina di pittura, che da allora in poi avrà un ruolo centrale nel panorama italiano. Il pittore si formò nell’ambito della tradizione bizantina e nel gusto dei mosaici del battistero fiorentino. La sua più antica opera conosciuta è il Crocifisso di San Domenico di Arezzo (1268-1271 circa), in cui si avverte il premere di un’intensa forza espressiva di valore drammatico nuovo. Di qualche anno più tardi è la Madonna in maestà degli Uffizi. Tra il 1280-1283 si collocano gli affreschi della basilica superiore di San Francesco ad Assisi: Evangelisti nella volta della crociera, Storie della Vergine nel coro, Scene dell’Apocalisse, Giudizio e Crocifissione nel braccio sinistro del transetto, Storie di San Pietro nel braccio destro. Anche se fortemente deteriorati, questi affreschi mostrano un senso grandioso dello spazio e la concitata drammaticità delle figure. Si giunge così al Crocifisso (1287-1288 circa, Firenze, Museo dell’Opera di Santa Croce), al quale l’utilizzo del chiaroscuro più fuso conferisce un tono di drammatica purificazione. Probabilmente è dello stesso periodo la Maestà della Vergine con San Francesco, nella basilica inferiore di San Francesco ad Assisi. Nelle ultime opere (Madonna, al Louvre; mosaico con San Giovanni Evangelista, 1302, nel duomo di Pisa) è avvertibile l’influsso delle nuove forme della scultura pisana.

Duccio di Buoninsegna Il maggiore rappresentante della pittura senese 64

Nato e morto a Siena (1255-1318 circa), fu il maggiore rappresentante della pittura senese a cavallo tra ’200 e ’300. L’abilità nella stesura del colore nelle sue opere e le rispondenze ritmiche e lineari, in cui confluiscono

3 - Il gotico

gli spunti più vitali della miniatura neoellenistica e di quella gotica francese, segnano l’inizio della raffinata pittura senese del ’300. Ricca è la documentazione sulla vita dell’artista, ma soltanto su due opere si hanno dati precisi: al 1285 risale la tavola Le opere identificata con la Madonna Rucellai (già in Santa Maria Novella, a Firenze, ora alla Galleria degli Uffizi), che per lungo tempo gli è stata attribuita, e al 1308 la commissione della grande pala della Maestà per il duomo di Siena La Maestà (ora al Museo dell’Opera del duomo), compiuta nel 1311, che rappresenta sul recto la Madonna in trono tra angeli e santi e sul verso, in 26 scomparti, Storie della Passione (parti della predella e del coronamento sono andate disperse o perdute). Gli vengono inoltre attribuite la Madonna di Crevole (1283-1284 circa, Siena, Museo dell’Opera del duomo) e la minuscola Madonna dei Francescani (1300 circa, Siena, Pinacoteca nazionale).

Il gotico internazionale Questo termine indica genericamente la produzione del gotico tardo, tra il 1370 e il 1450 circa, caratterizzato da una universalità fatta di comunanze stilistiche che non escludono episodi del tutto particolari nei singoli paesi. Si tratta quindi di un’accezione non tanto storico-cronologica (l’internazionalità è tipica di tutto il gotico), quanto stilistica, con caratteristiche peculiari quali il gusto del fantastico e l’evocazione di un mondo favoloso, quello delle corti europee della fine del ’300, ormai isolate in una società in cui l’elemento borghese aveva assunto un nuovo peso rispetto al ceto feudale. Si tratta di un’arte colta ed estetizzante, profana anche nell’interpretazione del fatto sacro, colorita e narrativa, che proprio per questo ha dato i suoi più alti frutti nell’affresco, negli arazzi e nella miniatura.

Le caratteristiche peculiari

Uno spirito più profano

■ Il gotico internazionale in Italia Anche l’Italia partecipò al rinnovamento proposto dal gotico internazionale. La pittura fu l’arte che meglio espresse questo cambiamento. Si tratta di un’arte colta, profana e d’élite che ritrae un mondo cavalleresco, incantato. Le opere prodotte mostrano particolare originalità sia per la scelta delle tecniche (affresco, miniatura,

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Dal paleocristiano al gotico

Giovannino de’ Grassi

Michelino da Besozzo

Stefano da Verona

Il Pisanello

Gentile da Fabriano

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arazzi) sia per il fascino irreale che emanano. Un centro importante del gotico internazionale fu la Milano dei Visconti, con il duomo, il cui cantiere fu aperto nel 1386. Giovannino de’ Grassi (morto nel 1398; fu architetto della fabbrica del duomo 1389-1398) rivela il suo stile elegante e fiabesco come miniatore nel Taccuino di disegni (Biblioteca di Bergamo) e nel codice dell’Offiziolo Visconti (Firenze, Biblioteca nazionale). Michelino da Besozzo, attivo tra Milano e Pavia, del quale si hanno notizie dal 1388 al 1445, fu successore del de’ Grassi come architetto del cantiere del duomo di Milano. Nella tavola dello Sposalizio di santa Caterina (Siena, Pinacoteca) rivela il suo gusto con accenti nordici. Un altro importante centro fu Verona. Stefano da Verona (1370 circa - dopo il 1438) nella sua tavola con la Madonna del Roseto (1420, Verona, Museo di Castelvecchio) ritrae un’atmosfera trasognata e irreale. Antonio Pisano, detto il Pisanello (1395-1459), che fu anche un famoso medaglista, maturò un linguaggio di tono fiabesco, raffinato e prezioso, in cui l’estrema perfezione formale e il sottile intellettualismo si evolvono, attraverso lo studio continuo dei numerosissimi disegni, fino a sfociare in un naturalismo assai prossimo alle conquiste della contemporanea rinascenza toscana. Tra le più notevoli opere del Pisanello ricordiamo la Madonna della quaglia (1420, Verona, Museo di Castelvecchio), San Giorgio e la principessa (1450, Verona, Sant’Anastasia) e Ritratto di Lionello d’Este (1441, Bergamo, Accademia Carrara). Nell’Italia centrale spiccò invece la figura di Gentile da Fabriano (1360-1428), che ebbe contatti con l’ambiente lombardo, da cui trasse ispirazione per la realizzazione della celebre Adorazione dei Magi (1423, ora conservata agli Uffizi); l’opera fu eseguita per uno dei più ricchi mercanti dell’epoca, Palla Strozzi, per la cappella nella chiesa della Basilica di Santa Trinita a Firenze.

3 - Il gotico

SCHEMA RIASSUNTIVO Origini e sviluppo del gotico

Il gotico in Francia

Il gotico in Italia

Le origini del gotico risalgono al XII secolo in Francia, dove in architettura, massima espressione del gotico stesso, vengono coordinati elementi del romanico ed elementi orientali: il risultato è del tutto originale. La cattedrale, caratterizzata dall’impiego dell’arco a tutto sesto e, all’esterno, di quello rampante in funzione di contrafforte, è prevalentemente a pianta basilicale a tre o cinque navate, con una zona absidale a pianta radiale. La città cinta di mura dell’XI secolo lascia il posto alla città borghese in cui il spicca il palazzo municipale (broletto). Importante è anche la diffusione dei castelli dei signori. La decorazione scultorea trova ampio spazio nella cattedrale sviluppando, oltre ai temi dell’Antico e Nuovo Testamento, anche temi dedicati al lavoro dell’uomo e alle scienze umane e divine. Nel XII e XIII secolo la pittura è secondaria e i cicli di affreschi lasciano il posto alle vetrate. L’affresco torna a prevalere nel XIV secolo grazie anche alla grande diffusione della pittura profana. La ricostruzione del coro di Saint-Denis, uno dei massimi esempi di arte gotica, risale al 1140. Lo stile si sviluppa poi nelle cattedrali di Sens, Noyon, Senlis, Notre Dame, Laon, è maturo in quelle di Chartres, Reims, Amiens, Bourges e pienamente concluso nella Sainte-Chapelle di Parigi, nella cattedrale di Beauvais e in Saint-Urbain di Troyes. Di grande rilievo l’arte delle vetrate policrome. La forte tradizione romanica, la varietà degli apporti regionali e un’innata tendenza al classico fanno sì che in Italia si sviluppi un linguaggio nuovo e caratteristico.La basilica di San Francesco ad Assisi costituisce il primo grande esempio di architettura gotica prettamente italiana e conserva il più importante complesso di affreschi della pittura italiana dalla metà del ’200 al terzo decennio del ’300. Nicola Pisano è scultore di grande importanza; tra le sue opere il pulpito del battistero di Pisa e la fontana di piazza del Comune a Perugia. Tra i suoi discepoli Arnolfo di Cambio, architetto e scultore, è attivo soprattutto a Perugia, Roma e Firenze. Figlio di Nicola è Giovanni Pisano: la sua prima grande realizzazione è la facciata del duomo di Siena. Con Cimabue ha inizio la scuola fiorentina di pittura, che avrà un ruolo centrale nel panorama italiano. Suoi sono il Crocifisso del duomo di Arezzo, la Madonna in maestà degli Uffizi e gli affreschi della basilica superiore di San Francesco ad Assisi. A rappresentare la pittura senese a cavallo tra ’200 e ’300 è Duccio di Boninsegna. Sue la Madonna Ruccellai e la grande pala della Maestà per il duomo di Siena. Fra gli esponenti italiani del gotico tardo spicca la figura di Gentile da Fabriano.

DOMANDE DI VERIFICA 1 Qual

3 Descrivi

2 Quali

4 Chi sono i protagonisti della scultura e della

è l’edificio simbolo dell’architettura gotica e come si struttura? 57 sono le caratteristiche del gotico francese? 59

la struttura della basilica di San Francesco ad Assisi. 60-61 pittura italiane fra ’200 e ’300? 62-65

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Dal ’300 al Rinascimento

1 Fra ’300 e ’400 2 La nuova funzione dell’arte nel Rinascimento 3 I maestri del Rinascimento maturo

Nei primi anni del ’300 si creano le premesse per la nascita dell’età umanistica; Firenze e Siena sono le protagoniste indiscusse della prima metà del secolo. Giotto viene unanimemente riconosciuto come il fondatore dell’arte figurativa moderna, nonché uno dei più autorevoli precursori del Rinascimento. L’attività dell’artista e dei suoi seguaci determina il destino della pittura nelle principali regioni d’Italia per tutto il XIV secolo. Si configura in tal modo il concetto di una scuola fiorentina portatrice di un linguaggio nuovo, volto al “naturale” nella resa plastica della figura e dello spazio. Dal ’400 alla prima metà del ’500 il panorama culturale e artistico è dominato da un fenomeno europeo, ma le cui radici sono italiane, e più precisamente fiorentine: il Rinascimento. I modelli dell’antichità e le forme dell’arte classica vengono riassimilati nei campi dell’arte e della vita intellettuale; l’uomo e la natura sono riscoperti quali luoghi primari di elaborazione del sapere. Le manifestazioni più emblematiche dell’estetica rinascimentale scaturiscono dalle arti visive e dall’architettura, rese possibili grazie al mecenatismo sia delle corti italiane sia del papato romano. La sintesi di Giotto viene recuperata e superata largamente a Firenze agli inizi del ’400 da un architetto, Filippo Brunelleschi, da uno scultore, Donatello, e da un pittore, Masaccio. Essi attuano una rivoluzionaria trasformazione della concezione e delle funzioni dell’attività artistica, che diviene una disciplina basata su precisi fondamenti teorici. Tali fondamenti sono riconoscibili per la prima volta nell’invenzione della prospettiva.

1 Fra ’300 e ’400 Con il ’300 si concluse l’età medievale e si crearono le premesse per la nascita dell’età umanistica. Come la letteratura dell’epoca visse momenti di eccelso respiro con Dante, Petrarca e Boccaccio, così anche l’arte dimostrò grande intensità con le novità pittoriche introdotte da Giotto e poi dai senesi: Firenze e Siena furono le protagoniste incontrastate della prima metà del ’300. Solo la peste del 1348 interruppe temporaneamente le ricche produzioni artistiche del tempo.

Giotto Pittore e architetto formatosi alla scuola di Cimabue, Giotto nacque a Colle di Vespignano nel 1267 circa e morì a Firenze nel 1337. A lui va il merito di aver rinnovato il lin- Un grande guaggio pittorico mediante la sintesi plastica e la chiara innovatore modulazione spaziale, ponendosi come fondatore dell’arte figurativa moderna e come uno dei più autorevoli precursori del Rinascimento. ■ La vita e le opere Scarsissime sono le sue notizie biografiche. Il problema delle prime manifestazioni dell’arte di Giotto è connesso all’individuazione della parte da lui avuta in due importanti cicli decorativi: gli affreschi alti nella navata della basilica superiore di San Francesco in Assisi (1290 circa) e l’esecuzione, almeno dei cartoni, per l’ultima zona dei mosaici della cupola del battistero di Firenze. Sembra attendibile che nelle Storie dell’Antico e del Nuovo Testamento di Assisi la mano di Giotto sia riconoscibile in quelle della prima campata verso la facciata; sull’interno di questa, le due Storie di Isacco della seconda campata sono prevalentemente riconosciute come la prima opera rivoluzionaria del giovane Giotto. Quanto ai mosaici del battistero di Firenze, l’esecuzione si addentra nel ’300. Giotto eseguì poi il Crocifisso di Santa Maria Novella a Firenze (1290-1300); dopo il 1296 diede probabilmente inizio al ciclo dei 28 riquadri con le Storie francescane, affrescato nella fascia bassa della basilica superiore di Assisi. Un frammento dell’affresco con l’Indizione del giubileo

Scarse notizie biografiche

Assisi

Firenze

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Dal ’300 al Rinascimento

Rimini e Ravenna

La cappella degli Scrovegni a Padova

Giotto architetto

da parte di Bonifacio VIII (1300, Roma, San Giovanni in Laterano) dimostrerebbe il gravitare dell’artista nell’ambito delle commissioni. A Firenze (primi del ’300) Giotto eseguì la Madonna in trono di San Giorgio alla Costa e il Polittico di Badia (Firenze, Uffizi). Con i soggiorni a Rimini (dove, scomparsi gli affreschi, rimane il Crocifisso del Tempio Malatestiano) e a Ravenna ebbe inizio l’opera di diffusione del linguaggio giottesco, che via via condizionò le diverse scuole regionali italiane. Dopo il 1304 Giotto intraprese la decorazione ad affresco della cappella di Enrico Scrovegni all’Arena di Padova. I circa 40 riquadri con le Storie di Gioacchino, Sant’Anna e la Vergine e la Storia di Cristo, più le figure decorative alle pareti, le allegorie dei Vizi e delle Virtù nello zoccolo e il Giudizio Universale sulla parete d’ingresso fanno del complesso un monumento straordinario. All’artista toscano viene attribuito anche lo stesso progetto dell’edificio: dell’attività di Giotto architetto sarebbe questa la testimonianza più completa e, con il campanile di Santa Maria del Fiore, la più significativa.

■ Il rinnovamento stilistico Dopo il 1305 lo stile di Giotto si rinnovò. Dalla grande tavola con la Maestà nella chiesa di Ognissanti a Firenze (1306-1310, ora agli Uffizi) al mosaico della Navicella in San Pietro a Roma, di cui restano due angeli (a Roma, Museo Petriano, e a Boville Ernica), agli affreschi della cappella della Maddalena nella basilica inferiore di Assisi, ai due cicli murali in Santa Croce a Firenze, nelle cappelle Peruzzi (Storie di San Giovanni Battista e di San Giovanni Evangelista, 1320 circa) e Bardi (Storie di San Spazialità Francesco, 1325 circa), la spazialità si fa meno serrata, più articolata più articolata e distesa, il colore più tenero, in una seme colori più tenui pre fresca e rinnovata sensibilità. Dalla fine del 1328 alla metà del 1333 Giotto fu a Napoli per Roberto d’Angiò e lavorò nella chiesa francescana di Santa Chiara e in Castel Nuovo. Poco o nulla rimane della sua opera, ma anche a Napoli il suo influsso fu determinante. Così anche a Milano, dove lavorò intorno al 1333 per Azzone Visconti; il suo magistero di architetto ha un’eco nel complesso di San Gottardo. Architetto Nel 1334 Giotto fu nominato architetto della città di Fidella città di Firenze renze; nella parte bassa il campanile del duomo segue il suo progetto, così come parte delle formelle scolpite che lo adornano.

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1 - Fra ’300 e ’400

■ Il linguaggio pittorico di Giotto Gli affreschi della cappella degli Scrovegni rappresentano il compimento del processo di cambiamento della Il compimento pittura in Italia. Ne sono aspetti fondamentali e perma- del processo nenti: la rappresentazione impostata secondo coordina- di cambiamento te soprattutto dirette in profondità, per cui la scena è contenuta in un preciso spazio; gli oggetti disposti secondo schemi strutturali architettonici con linee essenziali e solo con i particolari di significato generale; il chiaroscuro usato per evidenziare la plasticità e il volume dell’oggetto; l’individuazione nell’azione rappresentata di un “nodo” che ne esprima il senso drammatico e da cui partano e a cui tendano i gesti dei personaggi. Questa struttura sintetica, spaziale, plastica e drammatica non può essere intesa solo come altissimo raggiungimento di Giotto, ma come punto di arrivo, geniale sintesi di una complessa elaborazione storica che si è nutrita di classicismo bizantino, di rigore romanico e di linearità gotica.

L’influenza di Giotto in Italia Con l’attività di Giotto (la cui bottega era diventata un’impresa organizzata) e dei suoi scolari e seguaci, Firenze determinò praticamente il destino della pittura per tutto il XIV secolo nelle principali regioni d’Italia. Si configurò in tal modo il concetto di una cosiddetta “scuola fiorentina” portatrice di un linguaggio nuovo, volto al “naturale” nella resa plastica della figura e dello spazio. Della ricca scuola iniziata da Giotto a Firenze si ricordano Taddeo Gaddi, Bernardo Daddi e, soprattutto, Maso di Banco. Taddeo Gaddi (1322-1366 circa) fu collaboratore dell’ultima attività di Giotto e il più tipico rappresentante della scuola giottesca fiorentina. Con il maestro partecipò all’apprestamento del polittico della cappella Baroncelli in Santa Croce, nella quale affrescò poi le Storie della Vergine (1332-1338). Bernardo Daddi (attivo nella prima metà del ’300) fu seguace di Giotto e ne raccolse gli elementi chiaroscurali e narrativi negli affreschi della cappella dei Santi Lorenzo e Stefano in Santa Croce a Firenze e nel trittico con la Vergine e due santi (Uffizi, 1328). Maso di Banco fu tra i più valenti allievi di Giotto e forse suo collaboratore a Napoli (cappella di Castelnuovo, 13291332) e a Firenze (cappella Bardi a Santa Croce, 1325 circa).

La scuola fiorentina

Taddeo Gaddi

Bernardo Daddi

Maso di Banco

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Dal ’300 al Rinascimento

Il tabernacolo dell’Orsanmichele

Giovanni da Rimini Pietro da Rimini Giovanni Baronzio

Stefano e Giusto de’ Menabuoi

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■ Andrea di Cione detto l’Orcagna Come architetto e scultore Andrea di Cione, detto l’Orcagna, del quale si hanno notizie a Firenze dal 1343 al 1368, è noto soprattutto per il tabernacolo dell’Orsanmichele (1349-1359). Nel 1357 partecipò ai lavori per la costruzione di Santa Maria del Fiore a Firenze. Dal 1358 al 1362 fu capomastro dei lavori della cattedrale di Orvieto e prestò la sua opera di decoratore per il rosone e i mosaici della facciata. La sua attività pittorica è documentata fin dal 1346 con l’Annunciazione (già nella chiesa di San Remigio a Firenze). Del 1348 sono gli affreschi in Santa Croce a Firenze (Trionfo della morte, Giudizio finale), di cui restano solo frammenti. I caratteri salienti della sua pittura si colgono soprattutto nella pala con Cristo in trono e santi per la cappella Strozzi in Santa Maria Novella a Firenze, dove la plasticità e i severi modi giotteschi si fondono con spunti linearistici e coloristici tratti da Maso di Banco. ■ La scuola riminese Diversi furono gli artisti attivi a Rimini e in Romagna nella prima metà del XIV secolo. La loro opera fu caratterizzata dalla proposta di uno spazio dilatato, dal colore tenero e dalla patetica espressività delle immagini, che rivela la piena assimilazione del rinnovamento giottesco. L’attività e l’identificazione degli esponenti di tale scuola sono molto discusse. Giovanni da Rimini, attivo nella prima metà del ’300, è autore degli affreschi con Storie della Vergine, nella chiesa riminese di Sant’Agostino. Di Pietro da Rimini si hanno notizie tra il 1309 e il 1333 e a lui si devono i raffinati affreschi nella chiesa di Santa Chiara a Ravenna. Giovanni Baronzio, infine, fu attivo prima del 1362; alcuni critici gli attribuiscono, tra l’altro, gli affreschi della cappella di San Nicola a Tolentino (prima del 1348), notevoli per la corposità delle figure e per il forte risalto compositivo. ■ La pittura in Lombardia Nell’ambito della pittura lombarda fu decisivo il soggiorno milanese di Giotto (chiamato da Azzone Visconti) e dei giotteschi senesizzanti Stefano (attivo a Milano intorno al 1348) e Giusto de’ Menabuoi (morto nel 1393 circa). Su questi esempi si sviluppò, a partire dalla metà del secolo, una scuola lombarda di pittura, che per l’attenzione ai dati di costume, il tono descrittivo e la finezza del colore e del chiaroscuro preparò il gotico internazionale, di cui si è parlato a proposito del gotico. Gli esempi più significativi

1 - Fra ’300 e ’400

della scuola lombarda sono le opere di Giovanni da Mila- Giovanni da Milano no, attivo tra il 1346 e il 1369, autore a Firenze delle Storie di Maria nella cappella Rinuccini in Santa Croce, e i cicli anonimi di Mocchirolo, Lentate, Lodi, Viboldone, Solaro. ■ La scuola veneziana Nel ’300 la pittura veneziana acquistò autonomia specifica con l’umanizzazione in senso coloristico e narrativo della tradizione bizantina operata da Paolo e poi da Lorenzo Paolo e Lorenzo Veneziano, mentre contemporaneamente si apriva il dia- Veneziano logo alle esperienze della terraferma, con la chiamata del padovano Guariento (1365) a dipingere in Palazzo Duca- Il Guariento le. Gli interventi esterni si fecero più sostanziosi agli inizi del ’400, con i passaggi a Venezia di Gentile da Fabriano e Pisanello, che diedero stimolo alla particolare, festosa ed elegante stagione veneziana del gotico fiorito (Iacobello del Fiore, Giambono), che si concluse poi con Jacopo Bellini, primo a recepire l’umore dei tempi nuovi.

La scuola senese La prosperità economica e l’esistenza di un grandioso cantiere per il duomo, che richiamava prestigiose personalità come Nicola e Giovanni Pisano, favorirono il fiorire a Siena di una civiltà artistica che trovò più spiccata individualità (tale da autorizzare la definizione di “scuola”) tra la metà del XIII e la metà del XV secolo. In quest’arco di tempo le espressioni pittoriche senesi presentavano caratteri stilistici coerenti e originali, così da dar vita a un altro polo rispetto alla cultura fiorentina rappresentata da Giotto e dai giotteschi, per la fusione delle più alte tradizioni bizan- I tratti distintivi tine con gli eleganti modi gotici d’Occidente (Duccio di della scuola senese Buoninsegna), per il raffinatissimo gusto lineare e cromatico (Simone Martini, Niccolò di Ser Sozzo Tegliacci) e per l’interpretazione profana, “cortese”, dei temi sacri e allegorici (Ambrogio e Pietro Lorenzetti, Lippo Vanni).

Simone Martini Nulla si sa della formazione di questo pittore, nato a Siena (1284 circa) e amico di Francesco Petrarca. La sua prima opera nota è l’affresco della Maestà nella Sala del Mappa- La Maestà di Siena mondo nel Palazzo Pubblico di Siena (1315, ritoccata nel 75

Dal ’300 al Rinascimento

La cappella di San Martino ad Assisi

I dipinti su tavola

Guidoriccio da Fogliano

L’Annunciazione

Il periodo avignonese

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1321 dallo stesso Martini) che rivela una personalità artistica già matura. Nelle parti superstiti del 1315 la pittura di Simone appare ancora ispirata ai modi di Duccio (di cui fu forse allievo), ma anche rivoluzionaria nel superamento di consuetudini bizantine a favore di una concezione concreta e quasi naturalistica dello spazio, indubbiamente da ricollegarsi alla lezione innovatrice di Giotto. Sotto il baldacchino, che introduce una certa tridimensionalità, le figure, disegnate da una linea morbida e fluida, si dispongono armoniosamente. Analoghi modi si riscontrano negli affreschi della cappella di San Martino nella chiesa inferiore della basilica di San Francesco ad Assisi, eseguiti verso il 1317 (o, secondo altri studiosi, dal 1325 al 1330). L’esempio giottesco si rivela nella plasticità leggermente accentuata delle figure, ampiamente panneggiate (secondo moduli tipici di Giovanni Pisano): gli aristocratici personaggi, collocati in ambienti prospetticamente costruiti, esaltano la magnificenza degli ideali cavallereschi. Quest’ultimo tratto giunge alla sua più alta espressione nella tavola San Ludovico da Tolosa incorona il fratello Roberto d’Angiò (1317, Napoli, Gallerie nazionali di Capodimonte): la ricca decorazione e i vivaci colori si stagliano sul fondo d’oro e concorrono a creare una scena in cui il motivo religioso svanisce rispetto all’esaltazione della regalità dei personaggi. Ugualmente ricca di preziosità stilistiche è l’arte di Martini nei dipinti su tavola (polittico per i domenicani di Pisa, 1319, Pisa, Museo; Madonna col Bambino, Siena, Pinacoteca; tavola con Il beato Agostino Novello e quattro suoi miracoli, Siena, Sant’Agostino). Nel 1328 l’artista eseguì il celebre Guidoriccio da Fogliano, affrescato sulla parete che fronteggia la Maestà, nel Palazzo Pubblico di Siena; la severa e maestosa figura del condottiero e l’aspro e nudo paesaggio sono calati in un’atmosfera di lirica e malinconica contemplazione. Del 1333 è l’Annunciazione (Firenze, Uffizi), in cui prevale il gioco lineare. L’arte di Simone tuttavia non giunge mai a cristallizzarsi in soluzioni puramente grafiche o decorative; al contrario, proprio per l’intensificarsi dell’espressione lineare si arricchisce di densi significati umani. L’espressività si accentua nelle opere del periodo di Avignone, dove Simone Martini si trasferì nel 1339 alla corte papale di Benedetto e dove morì nel 1344. Ad Avignone i modi della sua pittura, più naturalistica di quella gotica francese, concorsero alla nascita del gotico internazionale.

1 - Fra ’300 e ’400

Ambrogio e Pietro Lorenzetti Ambrogio Lorenzetti (1285-1348 circa) nacque e morì a Siena. La sua opera più antica è la Madonna col Bambino firmata e datata 1319 (parrocchiale di Vico l’Abate in Val di Pesa), dove l’artista appare vicino alla lezione di Giotto, evidente nell’esaltazione dei valori plastici e nella salda strutturalità dell’immagine, espressa nei contorni che definiscono vividi piani cromatici. L’attività di Ambrogio si svolse tra Firenze e Siena fino al 1335; dopo questa data documenti e opere ne attestano la presenza pressoché ininterrotta a Siena. Qui, allontanandosi da Duccio e da Simone Martini, instaurò un linguaggio italiano e popolare, capace di esprimere una ricca gamma di sentimenti. Nelle sue celebri Madonne (dalla Madonna del Latte dell’Arcivescovado di Siena alla Madonna col Bambino di Brera, alla piccola Maestà n. 65 della Pinacoteca di Siena, alla Maestà del municipio di Massa Marittima) all’appassionata immediatezza si unisce una sottigliezza di indagini stilistiche e di ricerche formali inedite. Tra il 1337 e il 1339 eseguì il ciclo di affreschi Allegorie ed effetti del Buon e del Cattivo governo in città e nel contado nella Sala dei Nove del Palazzo Pubblico di Siena. L’opera è di grande interesse non solo artistico, ma anche iconografico e documentario, poiché Ambrogio diede per la prima volta preminenza assoluta alla rappresentazione del paesaggio, cogliendone gli aspetti più vivi e realistici e rendendolo scevro da ogni stilizzazione formale. Del 1342 è la Presentazione al Tempio (Firenze, Uffizi) e del 1344 l’Annunciazione (Siena, Pinacoteca). Ambrogio fu anche cartografo e realizzò fra l’altro il perduto Mappamondo, una mappa girevole – probabilmente su pergamena – dello Stato senese, che si conservava nella Sala Maggiore del Palazzo Pubblico di Siena. Fratello maggiore di Ambrogio, anche Pietro Lorenzetti nacque e morì a Siena (notizie dal 1306 al 1344), dove fu attivo oltre che a Firenze, Assisi e Arezzo. La sua prima opera certa è il polittico della Pieve d’Arezzo (1320), dove la visione di Pietro appare sostanziata anche dal patetismo e dalla drammaticità di Giovanni Pisano. Espressioni analoghe si ritrovano anche nella Madonna del Museo diocesano di Cortona, nel motivo del muto colloquio di sguardi tra la Madonna e il Bambino. La pala della Beata Umiltà agli Uffizi (1316 o 1341) rivela un forte ascendente giottesco. Tra il 1326 e il 1329 Pietro

Ambrogio Lorenzetti

Linguaggio popolare

Il Mappamondo Pietro Lorenzetti

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Dal ’300 al Rinascimento

eseguì gli affreschi con le Storie della Passione di Cristo nella basilica inferiore di Assisi. Più tarda è forse la Crocifissione, di maggiore distensione narrativa. Del 1329 è la pala con predella per i carmelitani di Siena. Il trittico con la Natività della Vergine al Museo dell’OpeL’evoluzione artistica ra di Siena (1335-1342) attesta l’evoluzione di Pietro verso più complessi impianti compositivi, palesati nelle salde strutture plastiche dei personaggi inserite in uno spazio prospetticamente definito.

L’architettura italiana del ’300 Firenze

Siena e Orvieto Napoli

Milano

78

Nel corso del ’300 a Firenze continuarono i lavori dei cantieri di Santa Maria del Fiore (su progetto di Giotto fu costruito il campanile) e di Santa Croce; nel 1380 il mercato del grano di Orsanmichele venne trasformato in chiesa. A Siena e Orvieto vennero completate le cattedrali delle rispettive città. Dopo la conquista angioina (1266) Napoli divenne il più importante centro artistico dell’Italia meridionale. Maestranze francesi vi importarono le forme gotiche della Francia meridionale, diffuse ben presto anche da architetti locali. Alcuni esempi sono: San Lorenzo Maggiore, iniziata nel 1267, con nave unica e abside con cappelle radiali; il duomo, dedicato a San Gennaro, 1294-1299, a tre navate con cappelle laterali; Santa Chiara, 1310-1324, con atrio e aula unica; Santa Maria Donnaregina, 13141320, ad aula unica con abside poligonale; San Pietro a Maiella, 1313-1316. Anche nella Milano viscontea si compì l’assimilazione delle forme gotiche, che trovarono ampia espressione nel duomo (fatto erigere da Gian Galeazzo Visconti nel 1386). Importanti nel XIV secolo furono la ricostruzione e il completamento delle chiese di Sant’Eustorgio (dove il pisano Giovanni di Balduccio costruì l’arca di San Pietro Martire, 1336-1339, esempio per feconde esperienze della scultura milanese del XIV secolo), di San Simpliciano e di San Marco e la costruzione dei campanili di Sant’Antonio e di San Gottardo. Nel 1316 Matteo Visconti fece costruire la loggia degli Osii (1316-1330), con statue dei Maestri Campionesi.

1 - Fra ’300 e ’400

SCHEMA RIASSUNTIVO Giotto

Pittore e architetto formatosi alla scuola di Cimabue, Giotto è considerato il fondatore dell’arte figurativa moderna, nonché uno dei più autorevoli precursori del Rinascimento. Partecipa a due importanti cicli decorativi: gli affreschi alti della navata della basilica superiore di San Francesco di Assisi e i mosaici del battistero di Firenze. Esegue inoltre il Crocifisso di Santa Maria Novella a Firenze e la decorazione ad affresco della cappella degli Scrovegni all’Arena di Padova, con cui si fa promotore di un vero e proprio cambiamento nella pittura italiana. Mentre la sua bottega diviene una vera e propria scuola, Giotto riceve commissioni a Roma, Firenze, Napoli, Milano Della sua attività di architetto i risultati più notevoli sono il progetto dell’edificio della cappella degli Scrovegni e il campanile di Santa Maria del Fiore a Firenze.

L’influenza di Giotto in Italia

Con Giotto e i suoi seguaci Firenze determina il destino della pittura italiana per tutto il XIV secolo, al punto da far nascere il concetto di “scuola fiorentina”. Dei seguaci fiorentini di Giotto si ricordano Taddeo Gaddi, Bernardo Daddi, Maso di Banco e l’Orcagna. La diffusione dei modi giotteschi penetra a Rimini e in Romagna (scuola riminese) nella prima metà del XIV secolo e gli artisti più importanti sono Pietro da Rimini, Giovanni da Rimini e Giovanni Baronzio. In Lombardia, grazie anche al soggiorno diretto di Giotto (alla corte di Azzone Visconti) e dei giotteschi, prende il via una scuola lombarda che per l’attenzione ai dati di costume, il tono descrittivo e la finezza del colore e del chiaroscuro prepara al gotico internazionale. Anche la pittura veneziana acquista autonomia; i principali esponenti sono Paolo e Lorenzo Veneziano.

La scuola senese

Tra la metà del XIII e la metà del XV secolo Siena è luogo di nascita e sviluppo di una vera e propria scuola, con caratteri stilistici coerenti e originali. Gli artisti più significativi e rappresentativi, che si pongono come altro polo rispetto alla cultura fiorentina di Giotto, sono Simone Martini e Ambrogio e Pietro Lorenzetti. In Martini si nota il superamento di consuetudini bizantine a favore di una concezione quasi naturalistica dello spazio, indubbiamente da ricollegarsi alla lezione innovatrice di Giotto. Tra i suoi capolavori il celebre Guidoriccio da Fogliano, nel Palazzo Pubblico di Siena. Ambrogio Lorenzetti, noto per le sue celebri Madonne, si fa portavoce di un linguaggio italiano e popolare, capace di esprimere una ricca gamma di sentimenti umani. Il fratello maggiore Pietro rivela un forte ascendente giottesco nella pala della Beata Umiltà agli Uffizi. Il trittico con la Natività della Vergine attesta l’evoluzione verso più complessi impianti compositivi.

DOMANDE DI VERIFICA 1 In che cosa consiste il rinnovamento stilistico che contraddistingue le opere di Giotto dopo il 1305? 72

2 Quali sono le scuole pittoriche italiane nate sulla scia dello stile giottesco? 73-75

3 Quali sono i tratti distintivi della scuola senese? 75

4 In quali lavori di Simone Martini si ravvisa maggiormente l’influenza dell’insegnamento di Giotto? 76

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2 La nuova funzione

dell’arte nel Rinascimento

Il periodo del Rinascimento (dal ’400 alla prima metà del ’500) coincise con l’instaurazione del sistema politico assolutistico dei grandi Stati nazionali che caratterizzò l’Europa moderna. Se nella vita politica si affermò l’onnipotenza della monarchia, nella storia socio-economica assunse rilievo centrale la figura del mercante, mentre l’equilibrio tra città e campagna era attraversato da forti tensioni provenienti dal mondo agrario. Il Rinascimento fu un fenomeno europeo, ma le sue radici furono italiane, più precisamente fiorentine: infatti fu l’Umanesimo fiorentino (Petrarca, Bruni, Ficino...) a promuovere inizialmente il recupero di testi latini e greci, a riassimilare per primo i modelli dell’antichità classica nei campi dell’arte e della vita intellettuale, a riscoprire il mondo, l’uomo e la natura quali luoghi primari di elaborazione del sapere. Le manifestazioni più emblematiche dell’estetica rinascimentale scaturirono dalle arti visive e dall’architettura (alle quali furono dedicati trattati normativi sulla prospettiva e la “città ideale”), resi possibili grazie al mecenatismo sia delle corti italiane sia del papato romano.

La rivoluzione fiorentina L’inizio del Rinascimento

Ripresa dell’arte classica

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Apertosi simbolicamente nel 1401 con il concorso tra Filippo Brunelleschi e Lorenzo Ghiberti per la seconda porta del battistero di Firenze, il Rinascimento si protrasse fino alla metà del XVI secolo. Si configurò come fenomeno tipicamente italiano e stimolatore di nuove energie, anche se venne a maturazione nel clima generale di rinnovato interesse naturalistico comune a tutta l’arte europea, in particolare parallelamente e in fecondo intreccio con l’Umanesimo nordico nato nelle Fiandre. ■ Il concetto di Rinascimento Il concetto di Rinascimento come ripresa degli ideali e delle forme dell’arte classica, dopo il Medioevo, trovò la sua esposizione sistematica nell’opera letteraria di Giorgio Vasari (Vite de’ più eccellenti architetti, scultori e pittori, edita a Firenze nel 1550), che individuò il germe

2 - La nuova funzione dell’arte nel Rinascimento

della rinascita nella pittura di Giotto e nella scultura di Nicola Pisano. La sintesi di Giotto fu recuperata e superata largamente a Firenze agli inizi del ’400 da un architetto, Filippo Brunelleschi, da uno scultore, Donatello, e da un pittore, Masaccio. Costoro attuarono una rivoluzionaria trasformazione della concezione e delle funzioni dell’attività artistica: nelle loro mani l’arte, non più attività meccanica ma intellettuale, diventò strumento di conoscenza e di indagine della realtà, cioè disciplina basata su precisi fondamenti teorici. Tali fondamenti sono riconoscibili per la prima volta nell’invenzione della prospettiva da parte di Brunelleschi. Le possibilità fornite dal mezzo prospettico di misurare, conoscere e ricreare uno spazio a misura umana furono espresse nella nitida scansione geometrica delle architetture di Brunelleschi e nel proporzionato ambito spaziale che accoglie le figure “eroiche” dei rilievi di Donatello e dei dipinti di Masaccio. Questo antropocentrismo, per cui l’uomo è «misura di tutte le cose», rientra nel grande programma di renovatio dell’antichità classica che gli artisti del ’400 si proposero di attuare. L’antico tuttavia non fu inteso, in questa prima fase, come un modello da imitare, bensì come coscienza storica del passato, fonte di ispirazione per elaborazioni autonome. In questa linea Donatello risuscitò il nudo classico (David bronzeo del Bargello), ricreò il ritratto romano, realistico ed eroico, e ripropose il tema del monumento equestre (Gattamelata a Padova), e su questa linea si mosse tutta la scultura fiorentina del secolo fino a Michelangelo.

L’arte strumento di conoscenza La prospettiva

L’antropocentrismo

Filippo Brunelleschi Architetto e scultore, il fiorentino Filippo Brunelleschi (1377-1446) creò un’architettura rigorosamente razionale, basata sul linearismo prospettico e sulla chiara modulazione dello spazio; fu anche il primo a rivendicare il ruolo dell’architettura come arte liberale. Il suo apprendistato di artista si svolse nella bottega di un orafo. Si mise poi in luce con il concorso per la seconda porta bronzea del battistero di Firenze, anche se alla sua formella con il Sacrificio di Isacco fu preferita quella di Lorenzo Ghiberti, al cui sereno classicismo si contrappongono la tensione drammatica e il vibrante plasticismo di Brunelleschi. L’unica altra sua scultura fu in seguito (1409-1420) il Crocifisso ligneo della cappella Gonchi in Santa Maria Novella.

Un’architettura rigorosamente razionale Gli esordi come scultore

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Dal ’300 al Rinascimento

La prima stesura delle leggi prospettiche

La cupola di Santa Maria del Fiore

Il portico dell’ospedale degli Innocenti

San Lorenzo

Palazzo Pitti

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■ Brunelleschi architetto L’interesse per l’architettura fu presto prevalente in Brunelleschi: dal 1409 sono documentati suoi interventi e pareri per i lavori in Santa Maria del Fiore e nel 1418 presentò il modello per la cupola. Frattanto compì viaggi a Roma (dal 1402), anche con Donatello, studiando con passione i monumenti antichi. Sulla base di questo studio, e tramite l’amicizia con il matematico Paolo Dal Pozzo Toscanelli, l’artista giunse a elaborare la prima formulazione delle leggi della prospettiva: le due tavolette con vedute di edifici in prospettiva (perdute ma descritte dalle fonti letterarie) dovevano essere la dimostrazione di un nuovo metodo di misurazione razionale dello spazio, fondamentale per la progettazione architettonica. Sulla base delle nuove ricerche risolse il problema della cupola di Santa Maria del Fiore e condusse l’opera con rivoluzionari sistemi costruttivi; adottando la muratura in mattoni a “spinapesce” eliminò centine e armature e creò una struttura che si autososteneva scaricando i pesi e le spinte per mezzo di una doppia calotta a sesto acuto: in tal modo il volume interno della cupola si differenziava in modo armonico da quello esterno. Nel 1432 progettò (mettendola in atto nel 1436) la lanterna della cupola, necessario punto di convergenza delle linee di forza dei costoloni. Nel 1419 iniziò il portico dell’ospedale degli Innocenti a Firenze, che concepì come corpo di collegamento tra l’ospedale stesso e lo spazio circostante (la piazza), fornendo un altro capolavoro esemplare del suo stile progettuale prospettico. Su commissione di Giovanni de’ Medici sviluppò nella chiesa di San Lorenzo due temi fondamentali: lo schema basilicale della chiesa e quello a pianta centrale della sacrestia vecchia (1428), formata dal coordinamento di due puri elementi geometrici, un vano cubico sormontato da una cupola emisferica a vele, raccordata alle pareti da pennacchi. La semplicità esemplare di queste strutture si arricchì nelle opere successive: la chiesa di Santo Spirito in Oltrarno (1440) e la cappella dei Pazzi (14301444) nel chiostro di Santa Croce. Progettò, sempre a Firenze, altri edifici civili e realizzò gli interventi al piano nobile del Palazzo di Parte Guelfa (1425) e a Palazzo Pitti (1440 circa). Quest’ultimo, imponente nella semplice massa squadrata a bugnato rustico, divenne il prototipo del palazzo signorile del Rinascimento.

2 - La nuova funzione dell’arte nel Rinascimento

Donatello Donato di Niccolò di Betto Bardi, detto Donatello (Firenze 1386 circa - 1466), fu uno dei maggiori scultori ita- Uno dei maggiori liani per l’energica struttura plastica, l’impostazione scultori italiani prospettica e la vibrante sensibilità del modellato esibite dalle sue opere. ■ Le prime opere

Donatello si formò (1403) nella bottega di Lorenzo Ghiberti e nell’ambito dei cantieri tardogotici fiorentini del battistero, del campanile e del duomo (dal 1407). Se reminiscenze tardogotiche sono evidenti nell’elegante Influssi tardogotici linearismo delle prime opere (i due Profetini per la porta della Mandorla in duomo, 1406-1408, e il David marmoreo del Museo del Bargello, 1409), già il San Giovanni Evangelista (1409, Museo dell’Opera del duomo) e il San Marco (1411-1412, Orsanmichele) esprimono un rifiuto dei moduli gotici e una nuova visione classico-realistica. Con l’amico Brunelleschi compì alcuni viaggi a Roma (1404-1408) per studiare, disegnare, misurare sculture e monumenti antichi, un processo di maturazione giunto a pieno compimento nel San Giorgio per una nicchia di Orsanmichele (1416, ora al Museo del Bargello di Firenze). La conoscenza del classico gli valse soprattutto come stimolo per un’appassionata indagine della realtà: ne sono Appassionata testimonianza le statue dei Profeti scolpite nel ventennio indagine della realtà successivo per il campanile (ora in gran parte al Museo dell’Opera del duomo di Firenze), figure la cui drammatica umanità si esprime in forme di intenso e talora spietato realismo (Geremia, 1426 circa; Abacuc, 1434-1436).

■ La collaborazione con Michelozzo Verosimilmente intorno al 1423 ebbe inizio la sua collaborazione con lo scultore e architetto Michelozzo Michelozzi (Firenze 1396-1472). Dal sodalizio nacquero il Le opere fonte battesimale del battistero di Siena (1425 circa, nel quale il rilievo bronzeo con il Convito di Erode è esempio già maturo della tecnica donatelliana dello stiacciato (bassorilievo che affiora poco dal fondo, per ottenere una perfetta graduazione prospettica dei piani); il sepolcro dell’antipapa Giovanni XXIII (1425-1427 circa, Firenze, battistero); il sepolcro del cardinale Brancacci (1427, Napoli, Sant’Angelo a Nilo), dove a Donatello spetta solo il rilievo con l’Assunzione della Vergine.

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Dal ’300 al Rinascimento

■ I capolavori Dopo il 1430 le ricerche di Donatello sull’antico si fecero più intense (al 1433 risale un altro viaggio a Roma) e ne Il David e la cantoria scaturirono opere fondamentali: il David bronzeo del del duomo Bargello (1430-1433 circa); la cantoria del duomo (14331439, Firenze, Museo dell’Opera del duomo), dove si svolge ininterrotta una sfrenata danza bacchica di putti. Lo stesso motivo è ripreso nel pulpito esterno della cattedrale di Prato (1429-1438). Tra il 1435 e il 1443 Donatello lavorò, su commissione di Cosimo de’ Medici (figlio di Giovanni de’ Medici), alla decorazione della sacrestia vecchia di San Lorenzo, eseguendo otto medaglioni in stucco dipinto (Evangelisti e Storie del Battista), tre sovrapporte, anch’esse di stucco, con figure di Santi, e due porte bronzee, scompartite in formelle con figure di MarA Padova tiri e Apostoli. Nel 1443 si trasferì a Padova, dove la sua presenza (fino al 1454) fu fattore determinante per l’evoluzione dell’intera civiltà artistica settentrionale: qui egli Il monumento creò, nel monumento equestre al Gattamelata (1447al Gattamelata 1453), una versione moderna dei monumenti romani.

Angoscia esistenziale

■ Le ultime opere Con il grande complesso dell’Altar Maggiore nella basilica di Sant’Antonio (1446-1450) iniziò l’ultima fase della sua attività. Le opere dell’ultimo periodo fiorentino sono immagini di angoscia esistenziale, di meditazione sul dolore e sulla morte: esemplari in tal senso la Maddalena lignea del battistero (1454-1455) e le figure dei due pulpiti bronzei di San Lorenzo (1460, non ultimati alla sua morte e in parte eseguiti da aiuti).

Masaccio

Un iniziatore del Rinascimento

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Tommaso di ser Giovanni Cassai, detto Masaccio, nacque a San Giovanni Valdarno nel 1401 e morì a Roma nel 1428. Nella sua pittura la severa costruzione prospettica e spaziale e il saggio uso del chiaroscuro e del colore (spesso assunto a valori altamente simbolici) ne fanno, insieme ai suoi ispiratori Brunelleschi e Donatello, uno degli iniziatori del Rinascimento. A questo stile tipicamente rinascimentale si accompagnano un profondo contenuto umano e morale espresso con intensa drammaticità, tale da trovare riscontro solo nell’opera di Michelangelo.

2 - La nuova funzione dell’arte nel Rinascimento

■ La vita e le opere Della sua vita si hanno scarse notizie: collaboratore a Fi- Collaboratore renze di Masolino da Panicale (1383-1447 circa) – le cui di Masolino opere erano intrise di ispirazione fiabesca e cortese derivata dal gotico internazionale –, il giovane Masaccio consumò in questa città tutto il suo brevissimo ma fondamentale percorso artistico, prima di essere chiamato a Roma, dove morì improvvisamente a soli 27 anni. Le sue opere non sono numerose: Sant’Anna Metterza (1424-1425, Firenze, Uffizi) in collaborazione con Masolino, Madonna in trono (1426, Londra, National Gallery), Crocifissione (Napoli, Gallerie nazionali di Capodimonte), opera facente parte, con la precedente, dello smembrato polittico eseguito nel 1426 per la chiesa del Carmine a Pisa; affreschi della cappella Brancacci al Carmine a Firenze (1424-1425), eseguiti in parte in collaborazione con Masolino e di cui sono suoi Cacciata dei progenitori, Battesimo dei neofiti, Il tributo, Distribuzione dei beni alla comunità, Morte di Anania e Resurrezione del figlio di Teofilo: opere in cui è evidente la celebrazione della monumentalità e della drammaticità umana (contrapposte alla fragilità delle figure realizzate da Masolino). Nell’affresco della Trinità (1427-1428, Firenze, Santa Ma- La Trinità ria Novella), vero e proprio itinerario visivo che ha inizio con il memento mori (lo scheletro) e culmina nella rivelazione della verità (la Trinità), Masaccio seppe fondere la drammaticità tipica di Donatello e le regole teoriche proprie di Brunelleschi.

Libertà e sperimentalismo La libertà, l’autonomia e il vivace sperimentalismo con cui vennero interpretati i termini fondamentali della cultura rinascimentale determinarono una molteplicità di Le molteplici espressioni dell’arte fiorentina, che a rigorose esperien- espressioni dell’arte ze prospettiche (Andrea del Castagno) affiancò tenden- fiorentina ze più moderate (Lorenzo Ghiberti, i Della Robbia, Michelozzo, Beato Angelico) o addirittura varianti eterodosse (Paolo Uccello). Tutte le meditazioni e le conquiste attuate dai protagonisti dell’arte fiorentina trovarono una codificazione nell’opera teorica di Leon Battista Alberti, che fu tra i maggiori promotori della prestigiosa diffusione dei modi dell’arte fiorentina in tutta Italia. 85

Dal ’300 al Rinascimento

L’esordio come scultore

Un programma artistico riformista Le porte per il battistero Le statue bronzee per Orsanmichele

Una famiglia di scultori e ceramisti

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■ Lorenzo Ghiberti Il fiorentino Lorenzo Ghiberti (1378-1455) fu scultore, orafo, architetto, pittore e scrittore d’arte. Svolse la sua attività di scultore principalmente nei cantieri artistici fiorentini, dando vita a una propria bottega; ma compì anche viaggi a Pisa (1416), Roma (1416 e 1429-1430), Venezia (14241425) ed eseguì due formelle per il fonte battesimale di Siena. Come architetto partecipò al concorso per la cupola di Santa Maria del Fiore, vinto da Brunelleschi; come pittore, secondo le fonti, eseguì cartoni per le vetrate del duomo di Firenze. Il suo esordio ufficiale come scultore avvenne al concorso per la seconda porta del battistero di Firenze, in cui riuscì vittorioso su Brunelleschi poiché il suo stile si ricollegava in parte a quello della prima porta, realizzata da Andrea Pisano. In quell’occasione il programma artistico di Ghiberti era già pienamente delineato su una linea riformista e non rivoluzionaria: il classicismo ghibertiano appare come evoluzione del naturalismo tardogotico fiorentino. Lo sviluppo è evidente nel confronto tra le sue due porte per il battistero: la prima, quella a nord (1404-1423), divisa in 28 riquadri entro formelle polilobate; la seconda, detta “del Paradiso” (1425-1452), ripartita in 10 pannelli quadrati su cui si stendono con ampiezza le narrazioni sacre. Analogamente nelle statue bronzee (San Giovanni Battista, 1412-1415; San Matteo, 1419-1422; Santo Stefano, 1425-1429) per Orsanmichele, prima espressione della rinascita della statuaria classica, si animano di nuova vita le forme più evolute del gotico internazionale. La coscienza del momento storico in cui agiva è evidentissima nella sua opera letteraria, i Commentari, iniziata nel 1447. ■ Luca Della Robbia Il nome Della Robbia è legato a una famiglia di scultori e ceramisti fiorentini alla quale appartennero Andrea (14351525), Giovanni (1469-1529) e Gerolamo (1488-1566). Ma tra loro Luca (1400-1482 circa) fu di gran lunga il più significativo. Nelle sue sculture di marmo (cantoria del duomo di Firenze, 1431-1438; Le arti liberali, rilievi alla base del campanile del duomo, 1437; tomba Federighi in Santa Trinita a Firenze, 1554) e di bronzo (portale della sagrestia vecchia del duomo, 1446-1469) e nelle raffinate terrecotte invetriate (Madonna della mela, Madonna del roseto al Bargello di Firenze) sono presenti gli stimoli più vivi dell’arte rinascimentale risolti con armoniosa e composta purezza di forme.

2 - La nuova funzione dell’arte nel Rinascimento

■ Filippo Lippi Pronunciati i voti nel convento del Carmine nel 1421, il pittore Filippo Lippi (Firenze 1406 circa - Spoleto 1469) si formò sugli esempi del plasticismo di Masaccio e della chiara luminosità cromatica di Masolino (affresco con la Conferma della regola, 1432 circa, nel chiostro del Carmine; Madonna Trivulzio, Milano, Museo del Castello Sforzesco). Dopo un soggiorno padovano (1434-1437) realizzò la Madonna di Corneto Tarquinia (1437, ora a Roma, Museo di Palazzo Barberini), che nel risalto linearistico della forma rivela l’influsso di Donatello. Dopo l’Annunciazione di San Lorenzo, che ha tocchi di fiamminga finezza, e l’Incoronazione della Vergine (1441-1447, Firenze, Uffizi), Lippi si accostò al linearismo decorativo di Beato Angelico. Questa fase matura annovera gli affreschi della cappella maggiore del duomo di Prato (1452-1464) e una serie di opere popolarissime (il tondo con la Madonna col Bambino e storie della Vergine, 1452, Firenze, Palazzo Pitti; la Madonna di Palazzo Medici; la Madonna col Bambino e angeli degli Uffizi). L’ultima sua impresa, gli affreschi nell’abside del duomo di Spoleto (1467), lo mostrano ancora capace di rinnovarsi, questa volta in direzione botticelliana.

L’influenza di Masaccio e Masolino

Gli affreschi nel duomo di Prato

■ Domenico Veneziano Domenico di Bartolomeo, detto Domenico Veneziano perché forse nato a Venezia (1405 circa), si trovò giovanissimo (1422-1425) a Firenze, dove presumibilmente co- L’influenza nobbe personalmente Masaccio e comprese la portata ri- di Masaccio voluzionaria della sua arte: lo si può notare nell’impianto prospettico e nella struttura dell’Adorazione dei Magi (1430-1435 circa, Berlino, Staatliche Museen) e della Madonna del Canto dei Carnesecchi (affresco riportato su tela, 1438 circa, Londra, National Gallery). I pochi resti degli affreschi in Sant’Egidio a Firenze (1439-1445), andati distrutti nel ’700, documentano la concezione monumentale che fu poi sviluppata da Piero della Francesca, suo aiuto nel 1439. Secondo le fonti Domenico Veneziano dipinse numerosi ritratti (l’unico forse a lui attribuibile è il Ritratto I ritratti di giovane, Monaco, Alte Pinakothek) e molti quadretti di devozione. Fra questi ultimi gli vengono attribuiti due Madonne (Firenze, collezione Berenson; Washington, National Gallery) e il dittico di Monaco (Alte Pinakothek) raffigurante San Francesco e la povertà e l’Imposizione dell’Ordine. Databile fra il 1440 e il 1450 è la pala per Santa

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Dal ’300 al Rinascimento

Lucia de’ Magnoli, con al centro la Madonna in trono con il Bambino e santi (Firenze, Uffizi). Ultima sua opera è l’affresco con i Santi Giovanni Battista e Francesco per Santa Croce (ora al Museo dell’Opera di Santa Croce).

La formazione

Una sintesi irripetibile

Le grandi opere

Carattere popolare dei suoi personaggi

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■ Paolo Uccello Paolo di Dono, detto Paolo Uccello (Pratovecchio, Casentino, 1397 - Firenze 1475) si formò nel gusto di Ghiberti e poi a Venezia nell’ambiente dell’ultimo gotico internazionale (1425-1430). Realizzò una personale interpretazione del linguaggio di Donatello, Masaccio e Brunelleschi, fondendo in una sintesi irripetibile la semplificazione geometrica delle forme, il rigore matematico delle prospettive e un gusto prezioso del colore. Nel 1425 lavorò come mosaicista in San Marco a Venezia, ma le sue opere sono perdute. Tornato a Firenze nel 1430, realizzò varie opere di valore: affreschi con Storie della Creazione (chiostro Verde di Santa Maria Novella); affresco a monocromo del Monumento equestre di Giovanni Acuto (1436, duomo), nel quale l’uso sapiente della prospettiva riesce a dare l’illusione di una statua equestre reale; San Giorgio e il drago (1456 circa, Parigi, Musée Jacquemart-André, con altra versione alla National Gallery di Londra); decorazione dell’orologio del duomo fiorentino (1443) con poderose teste di profeti; affreschi con Storie del Diluvio e di Noè (1447-1448, chiostro Verde di Santa Maria Novella); Natività di San Martino alla Scala (1446 circa) e i tre pannelli celebranti la Battaglia di San Romano (1456 circa) per Palazzo Medici (ora divisi tra gli Uffizi di Firenze, il Louvre di Parigi e la National Gallery di Londra), che rappresentano la battaglia vinta dai Fiorentini sui Senesi a San Romano. ■ Andrea del Castagno Formatosi nell’orbita di Paolo Uccello e Domenico Veneziano, Andrea del Castagno (Castagno, San Godenzo, 1421 circa - Firenze 1457) derivò molto da Donatello, accentuando nella sua pittura il plasticismo dei corpi e sottolineando il rude carattere popolare dei suoi personaggi. Documentano la sua prima attività gli affreschi del 1442 nella cappella di San Tarasio in San Zaccaria a Venezia. Tra il 1445 e il 1450 Andrea eseguì a Firenze l’affresco del refettorio del convento di Sant’Apollonia con la Crocifissione, la Resurrezione e la Deposizione di Cristo nel registro superiore e l’Ultima Cena in quello inferiore.

2 - La nuova funzione dell’arte nel Rinascimento

Dal 1450 decorò una loggia della Villa Pandolfini a Legnaia, presso Firenze, con una serie di figure di donne e uomini illustri: anche in questi affreschi, ora agli Uffizi, la geometrica spartizione cromatica del fondo fa uscire le figure, potenziandone il gesto e l’azione. L’ultima opera di Andrea è l’affresco con il monumento L’ultima opera equestre a Niccolò Tolentino (1456) in Santa Maria del Fiore, che ricorda molto quello di Giovanni Acuto trattato da Paolo Uccello e presenta un accentuato studio lineare in funzione del movimento.

Beato Angelico Fra’ Giovanni da Fiesole, al secolo Guido di Pietro detto Beato Angelico (Vicchio di Mugello 1400 circa - Roma 1455), elaborò un personale linguaggio pittorico, spiritua- Un personale lizzato ma aderente al tempo, che si rivelò poi determi- linguaggio pittorico nante nello svolgimento della pittura toscana. ■ Le suggestioni e le opere giovanili Già suggestionato dalla lineare e vibrante pittura di Loren- I maestri zo Monaco (1370-1423 circa), dal decorativismo tardogotico dei miniaturisti fiorentini e dal magistero artistico di Donatello e Ghiberti, l’Angelico recepì in particolare la lezione di Masaccio. Tra il 1418 e il 1423 entrò nell’ordine domenicano presso il convento di Fiesole, per il quale eseguì il Trittico di San Pietro Martire (1428-1429 circa, Firenze, Museo di San Marco). ■ L’adesione allo spirito rinascimentale Con la nuova strutturazione spaziale e prospettica delle Strutturazione opere successive (Incoronazione della Vergine, 1433, Pa- spaziale rigi, Louvre; Annunciazione, 1430-1435, Madrid, El Pra- e prospettica do; Giudizio Universale, Firenze, Museo di San Marco), aderì compiutamente allo spirito rinascimentale, soprattutto con il grande Tabernacolo dei linaioli (1433; Museo di San Marco), che nell’impostazione della Madonna ricorda la composizione masaccesca della tavola della Madonna con sant’Anna. Intorno al 1435 dipinse l’Annunciazione (Cortona, Museo diocesano), la Deposizione, già in Santa Trinita, e la Deposizione per la chiesa del tempio (entrambe al Museo di San Marco). Dal 1438 al 1447 l’artista lavorò al convento di San Marco, affrescando la grande Crocifissione del capitolo e numerose scene nel

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Dal ’300 al Rinascimento

L’attività romana

chiostro e nelle celle (Annunciazione, Trasfigurazione, Incoronazione della Vergine). Agli inizi del 1446 l’Angelico era a Roma, dove eseguì la decorazione di vari ambienti dei Palazzi Vaticani. Della sua attività romana rimangono oggi solo gli affreschi della cappella Niccolina con Storie dei protomartiri Stefano e Lorenzo. Morì durante un secondo soggiorno romano, dopo aver iniziato la decorazione della cappella di San Brizio nel duomo di Orvieto. ■ Il significato della sua pittura La pittura dell’Angelico, carica di senso mistico, è l’esaltazione di una bellezza pura e trascendente che si sfuma nella suggestiva luminosità cromatica e si concretizza nella quasi miniaturistica definizione delle figure e delle cose. Il tutto fondato e nutrito dalle acquisizioni culturali e artistiche più recenti.

Il mecenatismo nell’Italia settentrionale La corte signorile

Ferrara

Venezia

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La corte signorile divenne luogo privilegiato per lo sviluppo del Rinascimento italiano anche nelle città minori. Gli spostamenti di Donatello a Padova e di Alberti a Mantova avviarono le esperienze dell’Umanesimo settentrionale, dalla pittura di Andrea Mantegna a quella lombarda di Vincenzo Foppa, e fornirono stimoli a quelle più originali e autonome maturate a Ferrara e Venezia. Sotto la signoria degli Este, per volontà di Ercole I d’Este, Ferrara accolse l’esperienza urbanistica più vitale del ’400, l’“addizione erculea” progettata (a iniziare dal 1492) da Biagio Rossetti, cioè la grandiosa espansione della città verso nord basata su una rete di strade rettilinee e larghe ai cui incroci dovevano sorgere grandiosi palazzi. La contemporanea presenza a Ferrara di Piero della Francesca e del fiammingo Rogier Van der Weyden stimolò la formazione di una corrente pittorica di straordinaria raffinatezza formale – i cui maggiori rappresentanti furono Cosmè Tura, Francesco del Cossa ed Ercole de’ Roberti – che esercitò un duraturo influsso sulla cultura pittorica in Emilia. La Repubblica di Venezia, tesa ad ampliare i suoi domini nell’entroterra e venuta quindi a contatto con Padova e Verona, accolse artisti da Firenze (Paolo Uccello, Andrea del Castagno) e diede vita a una fiorente scuola pittorica il cui indiscusso capofila fu Giovanni Bellini. Sempre a

2 - La nuova funzione dell’arte nel Rinascimento

Venezia giunse a maturazione l’esperienza di Antonello da Messina, formatosi nella Napoli degli Aragonesi, aperta ad apporti spagnoli e franco-fiamminghi. ■ Vincenzo Foppa Il pittore bresciano Vincenzo Foppa (1427 o 1430-1516) fu una personalità determinante per la pittura lombarda del ’400. La sua poetica si rivela nel saldo plasticismo delle Saldo plasticismo immagini (Madonna col Bambino, Milano, Museo Poldi delle immagini Pezzoli) e nella sobria impostazione spaziale degli affreschi della cappella Portinari in Sant’Eustorgio a Milano. Fu attivo anche a Pavia, Brescia e Bergamo; in numerosi soggiorni in Liguria (dal 1461 al 1490) arricchì il suo linguaggio di spunti fiamminghi e franco-provenzali, testimoniati in opere come la Pala Fornari (1489, Savona, Pinacoteca) o il Polittico Della Rovere del 1490 (Savona, Santa Maria di Castello). ■ I pittori ferraresi Ferrara, città governata dalla signoria degli Estensi, vide fiorire nella seconda metà del ’400 una scuola di pittura, che ebbe in Cosmè Tura, Francesco del Cossa ed Ercole de’ Roberti i suoi principali esponenti. Cosmè Tura è considerato caposcuola della pittura fer- Cosmè Tura rarese. Venuto in contatto con Pisanello, Gentile da Fabriano, Rogier Van der Weyden e soprattutto con Piero della Francesca e Andrea Mantegna, riuscì a esprimere il volume delle figure e la profondità prospettica solo attraverso il linearismo, giungendo anche a forme “brutte” o deformi per sottolineare i valori espressivi (Madonna col Bambino dormiente, Venezia, Galleria dell’Accademia). La sua singolarità figurativa trova la massima espres- Singolarità figurativa sione nelle portelle d’organo per la cattedrale di Ferrara, raffiguranti l’Annunciazione e San Giorgio e la principessa (1468-1469); nella Pala Roverella (1474), ora dispersa in vari musei; nella lunetta con la Pietà (Parigi, Louvre); negli affreschi in Palazzo Schifanoia a Ferrara, di cui ideò probabilmente l’intero ciclo dei mesi e realizzò di propria mano Luglio e Agosto. Francesco del Cossa (Ferrara 1436 circa - Bologna 1478), Francesco del Cossa pittore che gravitò nell’ambito della corte ferrarese, risentì della lezione di Piero della Francesca e di Cosmè Tura. Con quest’ultimo realizzò gli affreschi del Salone dei Mesi di Palazzo Schifanoia (suoi sono Marzo, Aprile e Maggio, 1470 circa), prototipo dei cicli narrativi a soggetto profano

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Dal ’300 al Rinascimento

Ercole de’ Roberti

L’influsso di Mantegna

Liberazione del colore dal disegno

ed emblema delle concezioni astrologiche del XV secolo. L’opera mostra un’elegante fantasia decorativa e una magistrale capacità di composizione delle figure che pongono l’artista tra i maggiori esponenti della pittura ferrarese. Anche Ercole de’ Roberti, allievo di Francesco del Cossa, collaborò alla realizzazione degli affreschi di Palazzo Schifanoia, dei quali dipinse il mese di Settembre. Seguì Del Cossa a Bologna, collaborando con lui (1473-1475) alla realizzazione del magnifico polittico Griffoni per la cappella Griffoni in San Petronio. ■ Giovanni Bellini Soprannominato il Giambellino (Venezia 1430 circa 1516), fu il principale interprete del mutamento della pittura veneziana del ’400. Si formò nella bottega del padre Jacopo (inizi ’400-1470 circa), a fianco del fratello Gentile (1429-1507 circa); in seguito fu fondamentale per lui il contatto con il cognato Andrea Mantegna, dal quale tuttavia si differenziò per il maggior valore attribuito al colore, che si distende sempre più libero e intriso di luce naturale. Tale percorso stilistico è evidente passando dalla Madonna Trivulzio (1460-1464, Milano, Castello Sforzesco) all’Orazione nell’orto (1459 circa, Londra, National Gallery), alla Pietà (1460 circa, Milano, Brera). Dal 1460 in poi l’esperienza della pittura di Piero della Francesca fu fondamentale, come si può vedere nel solenne e disteso ritmo prospettico dell’Incoronazione della Vergine (1473 circa, Pesaro, Museo) o nel cromatismo della Trasfigurazione (1480 circa, Napoli, Gallerie nazionali di Capodimonte). Sulla scia di questa progressiva liberazione del colore dal disegno si pone una serie di altissime opere: l’Allegoria sacra (1490-1500, Firenze, Uffizi), le grandiose pale per le chiese veneziane di San Giobbe (1487 circa), dei Frari (1488), di San Zaccaria (1505), le Sacre Conversazioni, le Madonne. Nelle sue ultime opere Bellini si avvicinò ai nuovi indirizzi della pittura veneta rappresentati da Giorgione e Tiziano, il quale terminò il Festino degli Dei (Washington, National Gallery), lasciato incompiuto dall’artista.

Andrea Mantegna Un ruolo fondamentale nella diffusione del Rinascimento toscano nell’Italia del nord fu ricoperto da Andrea Mantegna (Isola di Carturo, Padova 1431 - Mantova 1506). 92

2 - La nuova funzione dell’arte nel Rinascimento

■ Il periodo padovano Allievo a Padova fra il 1442 circa e il 1448 presso la bottega del pittore Francesco Squarcione (1397-1468), si formò in un ambiente culturale assai fecondo per gli apporti degli artisti toscani che vi erano allora attivi. Nel 1448 gli venne commissionata la decorazione della cappella Ovetari agli Eremitani (distrutta in un bombardamento nella seconda guerra mondiale). In quest’opera Mantegna seppe fondere il gusto per l’antichità (derivato dalla bottega dello Squarcione, che era anche collezionista di marmi antichi) e l’uso della prospettiva (derivata dai toscani). Anche negli altri capolavori del periodo padovano, come il Polittico di San Luca (1453-1454, Milano, Brera), la Pala di San Zeno (1456-1459) per la chiesa veronese e l’Orazione nell’orto (1455-1460, Londra, National Gallery), Mantegna fissò il mito classico della cultura umanistica veneta.

La formazione

Gusto per l’antichità e uso della prospettiva

■ Alla corte mantovana Nel 1460 l’artista si stabilì a Mantova quale pittore di corte di Ludovico III Gonzaga. Della prima attività mantovana, la decorazione della cappella del castello di San Giorgio, rimangono oggi solo il trittico con l’Adorazione dei Magi, la Circoncisione e l’Ascensione (1460-1470 circa, Firenze, Uffizi) e la Morte della Vergine (1461, Madrid, Prado), che preannunciano l’opera più famosa: la decorazione della L’opera più famosa Camera degli Sposi, la stanza di rappresentanza di Palazzo Ducale (1471-1474), con le due scene della Famiglia di Ludovico Gonzaga radunata per una cerimonia e dell’Incontro del marchese Ludovico col figlio Francesco cardinale e col suo seguito. In questi affreschi Mantegna riesce a trasformare illusionisticamente lo spazio della camera con la decorazione pittorica. ■ Le opere della maturità La maggiore rievocazione mantegnesca del mondo classico è costituita dalle 9 tele che raffigurano su una linea continua il Trionfo di Cesare (1480-1495, Hampton Court, Royal Collection). Intorno al 1480 risale il San Sebastiano conservato al Louvre di Parigi. Negli ultimi anni la ricerca stilistica di Mantegna fu indiriz- Colorismo intenso zata sia verso un colorismo intenso (Madonna della Vitto- e scorci audaci ria, 1496, Parigi, Louvre) sia verso una ripresa degli scorci audaci, delle forme definite dal disegno (San Sebastiano, Venezia, Ca’ d’Oro; Cristo morto, Milano, Brera). Alla tarda attività dell’artista appartengono anche il Parna-

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Dal ’300 al Rinascimento

Disegni e incisioni

so e il Trionfo della Virtù, dipinti nel 1497 per lo studiolo d’Isabella d’Este a Mantova e ora al Louvre, e alcuni bellissimi monocromi (Sansone e Dalila, Il trionfo di Scipione, Londra, National Gallery). Vanno ricordati inoltre i disegni (Giuditta con la testa di Oloferne) e le incisioni di soggetto religioso e mitologico (Baccanali), conservati agli Uffizi (Gabinetto dei disegni e delle stampe).

Il mecenatismo nell’Italia centrale Rimini Urbino

Il Palazzo Ducale di Urbino

Nell’Italia centrale Rimini assurse a grande centro di cultura artistica: vi operarono l’Alberti (Tempio Malatestiano), Piero della Francesca, scultori, decoratori e medaglisti. A poca distanza, Federico II da Montefeltro fece di Urbino la sede di una corte raffinatissima, presso la quale operarono architetti come Luciano Laurana e Francesco di Giorgio Martini, pittori italiani (Piero della Francesca, Paolo Uccello) e stranieri (il fiammingo Giusto di Gand, lo spagnolo Pedro Berruguete), maestranze di scultori e decoratori; in tale clima culturale maturarono le eccelse esperienze del Bramante e di Raffaello. Il Perugino ebbe invece un ruolo fondamentale nella diffusione della scuola umbra. ■ Luciano Laurana e Francesco di Giorgio Martini L’architetto dalmata Luciano Laurana (Zara 1420 - Pesaro 1479) e l’architetto, pittore, scultore e ritrattista senese Francesco di Giorgio Martini (1439-1502) furono chiamati, a distanza di dieci anni l’uno dall’altro, alla corte urbinate di Federico da Montefeltro. Il Laurana fu autore del Palazzo Ducale (1466-1472). A partire dal 1477 Francesco di Giorgio Martini subentrò al Laurana come architetto del palazzo stesso e realizzò la chiesetta di San Bernardino, ma soprattutto fu l’artefice del piano di ristrutturazione territoriale del ducato impostato da Federico. Nel 1490, dopo aver lavorato diversi anni a Siena come architetto ufficiale della città, Martini venne chiamato in qualità di consulente e tecnico a Milano (1490), dove fu accanto a Leonardo e a Bramante per il tiburio del duomo e per il duomo di Pavia. ■ Il Perugino Pietro Vannucci, detto il Perugino (Città della Pieve 1445/1450 - Fontignano 1523), fu allievo a Firenze del Verrocchio, dal quale apprese l’arte del chiaroscuro e della

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2 - La nuova funzione dell’arte nel Rinascimento

linea. Subì l’influenza di Piero della Francesca e di Luca Signorelli, evidente nell’armoniosa solidità plastica delle sue figure, rivestite con colori morbidi e chiari e immerse in uno spazio atmosferico aperto e luminoso. Tra i dipinti giovanili le Madonne (musei di Parigi, Londra, Berlino) e alcuni pannelli con Storie di San Bernardino (Perugia, Pinacoteca). Alla corte papale a Roma fu presente dal 1478; nel 1481-1482 lavorò alla decorazione ad af- Il contributo fresco della cappella Sistina, accanto a Botticelli, a Ghir- alla cappella Sistina landaio e al fiorentino Cosimo Rosselli (1439-1507), con Storie di Mosè e Storie di Cristo, tra cui la celebre Consegna delle chiavi a San Pietro, che ebbe valore propositivo per il giovane Raffaello. Tra le altre sue opere vanno ricordate: Apollo e Marsia (Parigi, Louvre); Visione di San Bernardo (Monaco, Alte Pinakothek); gli affreschi (14961507) del Collegio del Cambio di Perugia; il pannello con la Lotta tra Amore e Castità, eseguito per lo studio di Isabella d’Este (ora al Louvre di Parigi).

Leon Battista Alberti L’architetto, letterato e poeta Leon Battista Alberti (Genova 1404 - Roma 1472) concepì l’architettura come progettazione, arte liberale e non arte meccanica. Le sue opere architettoniche rivelano la grande cultura classica e la ricerca di una bellezza fatta di armonia e geometrico equilibrio. ■ Gli studi e le opere giovanili Studiò a Padova e a Bologna, dove nel 1428 ottenne la laurea in diritto canonico. Dopo esser stato a Firenze, Bologna e Ferrara, nel 1432 ottenne l’ufficio di abbreviatore apostolico a Roma. L’interesse per l’antichità classica lo portò alla Descriptio urbis Romae (1434), il primo sistematico tentativo di messa a punto dell’aspetto di Roma antica. Descrisse per la prima volta il metodo prospettico nel De pictura (1435), dedicato a Brunelleschi, spiegan- Il trattato De pictura do la costruzione geometrica della piramide visiva costruita con punto centrico e punto di distanza. ■ L’attività presso le corti La sua cultura lo rese ricercato presso le corti del tempo: a Ferrara progettò l’Arco del Cavallo (su cui poggia la statua equestre di Nicolò III d’Este) e il campanile della cattedrale. Di nuovo a Roma con Nicolò V, fu incaricato del

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Dal ’300 al Rinascimento

riordino urbanistico della città e del restauro di Santa Maria Maggiore, Santo Stefano Rotondo, San Teodoro. A RoIl trattato ma scrisse il trattato in 10 libri De re aedificatoria (1452), De re aedificatoria in cui si occupò dell’aspetto urbanistico della città del ’400, dei suoi edifici e della loro tipologia e distribuzione, degli ordini e dei materiali da costruzione. Nel frattempo (1446-1450) per Sigismondo Malatesta progettò il rivestimento con nuove strutture della chiesa goIl Tempio Malestiano tica di San Francesco a Rimini, che divenne il Tempio Malatestiano, in cui la facciata riprende il motivo dell’arco trionfale romano a tre fornici. A Firenze e Mantova Ricevette incarichi importanti dalla famiglia fiorentina dei Rucellai: il completamento della facciata di Santa Maria Novella e il palazzo Rucellai, con facciata a ordini sovrapposti. Dal 1459 la sua attività si svolse soprattutto a Mantova, dove realizzò la chiesa a pianta centrale di San Sebastiano (dal 1460) e quella a pianta longitudinale di Sant’Andrea (dal 1470).

Piero della Francesca Una figura cardine

A Firenze

Il Polittico della Misericordia

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Figura cardine della pittura rinascimentale, Piero della Francesca (Sansepolcro 1415/1420-1492) sperimentò il rigore della stesura prospettica e la geometrica e quasi astratta perfezione dei volumi, immersi in una luminosità diffusa e sottile. Per primo in Italia utilizzò la tecnica della pittura a olio, importata dagli artisti fiamminghi. ■ Le prime opere Compì un lungo soggiorno a Firenze, dove completò la sua formazione collaborando, nel 1439, con Domenico Veneziano agli affreschi perduti del coro di Sant’Egidio. Le prime opere, collocabili prima del 1450 (San Gerolamo e un devoto, Venezia, Gallerie dell’Accademia; Battesimo di Cristo, Londra, National Gallery; i pannelli con la Crocifissione e i Santi Sebastiano e Giovanni Battista, facenti parte del Polittico della Misericordia, Sansepolcro, Pinacoteca, commissionato nel 1445, ma compiuto solo nel 1462), dimostrano da un lato l’assimilazione del plasticismo di Masaccio, del rigore prospettico di Brunelleschi e Alberti, della luminosità cromatica del Beato Angelico e di Domenico Veneziano, dall’altro l’emergere del personale modo espressivo dell’artista.

2 - La nuova funzione dell’arte nel Rinascimento

■ I soggiorni presso le corti signorili Intorno al 1450 l’attività di Piero si fece particolarmente intensa: fu prima a Ferrara, dove la sua opera, perduta, influenzò nettamente la cultura locale, poi a Rimini, dove lasciò nel Tempio Malatestiano l’affresco votivo con il ritratto di Sigismondo Pandolfo Malatesta (1451). Nel 1452 subentrò nella decorazione ad affresco del coro di San Francesco ad Arezzo, con vicende della Leggenda della vera Croce. Intorno a questi anni si collocano i rapporti di Piero con la corte di Federico da Montefeltro a Urbino, uno degli ambienti più colti e aperti d’Italia, nel quale l’artista lasciò, nel giro di un ventennio, alcune delle sue opere di maggior prestigio: la tavoletta con la Flagellazione di Cristo (1455-1460) e la più tarda Madonna di Senigallia, risalente al 1470 (ambedue conservate a Urbino, Galleria nazionale delle Marche); lo straordinario dittico con i Ritratti dei duchi di Montefeltro (1465, Firenze, Uffizi), con scene dei Trionfi dei duchi dipinte sul retro delle tavole; infine la Sacra conversazione (14721474 circa, Milano, Brera). In queste opere la straordinaria finezza della stesura pittorica e l’acutezza descrittiva dei particolari rivelano l’attenzione con cui Piero guardò alle esperienze fiamminghe, con le quali entrò in contatto alla corte di Urbino, e che più intensamente rievocò nella tarda Natività (1475 circa, Londra, National Gallery). Lungo l’arco dei soggiorni urbinati si collocano altre opere, in particolare, per la città natale, la Madonna del parto (1460 circa, Monterchi, cappella del cimitero) e la Risurrezione di Cristo (1463-1465, Sansepolcro, Pinacoteca). Svolse anche attività di teorico, scrivendo il trattato De prospectiva pingendi (1490 circa) e il libretto De quinque corporibus regularibus (dopo il 1492).

A Ferrara, Rimini e Arezzo

A Urbino

L’attenzione per i fiamminghi

L’attività di teorico

Il mecenatismo nell’Italia meridionale Nella seconda metà del ’400 Napoli non ricoprì un ruolo Napoli culturale paragonabile a quello esercitato da Firenze, Ferrara o Urbino, tuttavia diede un apporto essenziale allo sviluppo della pittura rinascimentale con l’attività di alcuni artisti, quali Colantonio e Antonello da Messina, che a Napoli appunto si formarono. Determinante per la creazione di quel clima culturale e artistico fu la diffusione di opere fiamminghe (Rogier Van der Weyden e Jan Van Eyck) raccolte dai sovrani d’Angiò e d’Aragona. 97

Dal ’300 al Rinascimento

Il Colantonio

L’influsso di Piero della Francesca

Il polittico di San Gregorio

Il Colantonio (Napoli 1420-1470 circa) ebbe un’importante collocazione nel mondo culturale napoletano, ricco di fermenti umanistici e aperto agli apporti borgognoni, iberici e soprattutto fiamminghi. Nel San Gerolamo e il leone (1445, Napoli, Gallerie nazionali di Capodimonte) l’artista ripropone infatti un ambiente tipicamente fiammingo. ■ Antonello da Messina Dopo il noviziato, probabilmente a Napoli presso il Colantonio, nel 1475 Antonello da Messina (Messina 14301479 circa) si reca a Venezia: in questo periodo si accostò a Giovanni Bellini e realizzò la Crocifissione oggi conservata a Bucarest. Nel 1476 ritornò a Messina rimanendovi fino alla morte. Nelle due tavolette (La visita dei tre angeli ad Abramo e San Girolamo penitente) di Reggio Calabria e nel San Girolamo nello studio (1475, Londra, National Gallery) si avvertono influenze fiamminghe. L’influsso di Piero della Francesca è invece rintracciabile nei dipinti successivi (le Annunziate, il Salvator Mundi), che rivelano una profonda conquista del senso dello spazio. Sintesi perfetta di particolarismo fiammingo e di impianto spaziale pierfrancescano è la Madonna col Bambino (1465-1470) della National Gallery di Washington. Il punto più alto di queste ricerche di Antonello è rappresentato dal polittico di San Gregorio (1473). A Venezia nascono, tra l’altro, il San Sebastiano e la pala di San Cassiano (1475-1476). Il particolare colorismo di queste opere sarà uno stimolo importante per gli sviluppi della pittura tonale veneta.

Firenze nella seconda metà del ’400 Nella seconda metà del ’400 Firenze era ancora la capitale incontrastata della cultura italiana e il mecenatismo dei Lorenzo il Magnifico Medici toccò il punto più alto alla corte di Lorenzo il Magnifico. Ma già prima della sua morte, l’asse delle esperienze artistiche italiane più vitali cominciò a spostarsi in altri centri, sia perché le novità proposte dagli artisti fiorentini del primo ’400 avevano fatto scuola al di fuori di Firenze, sia per la tendenza dell’arte fiorentina a Le figure chiudersi in se stessa. Le figure più rappresentative di più rappresentative questa seconda fase fiorentina furono il Pollaiolo e il Verrocchio. Emblematico fu inoltre il caso di Sandro Botticelli che, dapprima interprete delle idee neoplato98

2 - La nuova funzione dell’arte nel Rinascimento

niche circolanti alla corte di Lorenzo de’ Medici, alla morte di quest’ultimo e con la crisi seguita alla condanna della cultura neoplatonica da parte di Savonarola realizzò infine opere sempre più drammatiche. Di tale crisi risentì anche Luca Signorelli, nonostante non fosse strettamente legato all’ambiente fiorentino. ■ Il Pollaiolo Antonio Benci, detto il Pollaiolo (Firenze 1431 circa - Roma 1498), condusse una ricerca spaziale basata sul libero e dinamico sviluppo della linea, che ondulandosi e complicandosi definisce i volumi. Questa mutazione del gusto risalta fin dalle sue prime opere: dalla tavola con l’Assunzione di Santa Maria Egiziaca (1457-1459) della pieve di Staggia (Poggibonsi) alla Danza dei nudi (dopo il 1464, Arcetri, Villa della Gallina). Nel clima classicistico della corte medicea rivolse il suo interesse alla mitologia e allo studio dell’anatomia, praticato per accertare il potenziale dinamico dei corpi. Poco dopo il 1460 il Pollaiolo dipinse tre grandi tele dedicate alle Fatiche di Ercole, di cui resta il ricordo in due tavolette (Ercole e l’idra, Ercole e Anteo, Firenze, Uffizi) e in un bronzetto (Ercole e Anteo, Firenze, Museo del Bargello), e Apollo e Dafne (Londra, National Gallery). Dopo il 1475 lo stile lineare e dinamico del Pollaiolo sembra irrigidirsi nella ricerca di forme concluse, mentre acquistano importanza i valori luministici del colore (Martirio di San Sebastiano, Londra, National Gallery, in collaborazione con il fratello Pietro, 1443-1499, anch’egli pittore, scultore e orafo; Natività di San Giovanni Battista, Firenze, Museo dell’Opera del duomo). A Roma, con il fratello, si dedicò ai due monumenti funebri in bronzo per Sisto IV (1490-1493, Grotte Vaticane) e per Innocenzo VIII (1493-1496, San Pietro).

La ricerca spaziale

L’attenzione alla dinamica dei corpi

■ Il Verrocchio Andrea di Michele di Cione, detto il Verrocchio (Firenze 1435 - Venezia 1488), scultore, pittore e orafo, fu a capo di una fiorente bottega dove passò, tra gli altri, anche Leonardo. In scultura risentì degli influssi di Donatello e del Pollaiolo, che personalizzò con un tipico modulo Un tipico modulo chiaroscurale. Il monumento equestre a Bartolomeo chiaroscurale Colleoni (1479-1488, Venezia, campo dei Santi Giovanni e Paolo) è considerato il suo capolavoro per la forza eroica trasmessa nel volto del grande condottiero. Altre opere di rilievo: David (prima del 1476, Firenze, Museo

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Dal ’300 al Rinascimento

nazionale del Bargello); Dama delle primule (1480 circa); Incredulità di San Tommaso (1476-1483, Firenze, chiesa di Orsanmichele). ■ Luca Signorelli Allievo di Piero della Francesca, Luca Signorelli (Cortona 1445-1523 circa) ebbe grande influenza nell’evoluzione stilistica del ’400 fiorentino e subì a sua volta l’influsso del Verrocchio e del Pollaiolo. A Roma, nella cappella Sistina, terminò un affresco del Perugino e ne eseguì due, di cui resta La morte di Mosè (1481-1482). Tra il 1499 e il 1503 realizzò quello che si ritiene essere il suo capolavoro, ovGli affreschi vero il ciclo di affreschi nella cappella di San Brizio nel nel duomo duomo di Orvieto, con I fatti dell’Anticristo, Gli Eletti, I di Orvieto Dannati, La resurrezione della carne e il Giudizio Universale. In queste opere si notano i segni della crisi aperta dal Savonarola, che sono soprattutto evidenti nelle scene Il Giudizio Universale del Giudizio Universale, ove la drammaticità di una massa brulicante di figure, abilmente disegnate e potentemente modellate, mostra la padronanza stilistica conquistata dal pittore nell’anatomia, nel movimento, nella luce e nello spazio, in un monumentale insieme compositivo. Altre sue opere intense sono: La flagellazione (Milano, Brera) e Cristo sorretto dagli angeli (Cortona, San Girolamo).

Sandro Botticelli

Una realtà trasfigurata

Sandro Filipepi – questo il vero cognome del Botticelli – (Firenze 1445-1510), fu pittore interprete della cultura umanistica medicea: ricercò una raffinata perfezione formale e un’armonia della composizione che, insieme alla trasparenza del colore, trasfigurano la realtà e la pongono fuori del suo tempo. La sua formazione avvenne nelle botteghe di Filippo Lippi e del Verrocchio, la cui influenza, unita a quella del Pollaiolo, si fa evidente nella Fortezza (1470, Firenze, Uffizi) eseguita per il tribunale della Mercanzia.

■ I capolavori Verso il 1478 realizzò la celebre Allegoria della Primavera, eseguita per Lorenzo di Pier Francesco de’ Medici, che è l’espressione più compiuta del suo linguaggio maturo e delle sue idee umanistico-platoniche di bellezza e La Nascita di Venere amore. Della stessa atmosfera è pervasa la Nascita di Venere (Firenze, Uffizi), databile intorno al 1485. Tra i due

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2 - La nuova funzione dell’arte nel Rinascimento

capolavori è situato il soggiorno romano (1481-1482) du- A Roma rante il quale Botticelli lavorò, con Cosimo Rosselli, il Ghirlandaio e il Perugino, agli affreschi nella cappella Sistina, eseguendo i tre riquadri con la Punizione dei ribelli, le Prove di Mosè e le Prove di Cristo. Posteriori al suo ritorno a Firenze (1483-1485) sono la Madonna del Magnificat e la Madonna della melagrana, ora agli Uffizi. ■ La pittura come esaltazione mistica Intorno al 1490 Lorenzo di Pier Francesco de’ Medici affidò a Botticelli l’incarico di illustrare la Divina Commedia (94 disegni sono conservati tra la Biblioteca Vaticana e il Gabinetto delle stampe di Berlino). Botticelli appariva già volto verso una religiosità che la predicazione del Savonarola trasformerà in esaltazione mistica: la sua pittura si fece a carattere prevalentemente sacro (Crocifissione simbolica, Pietà) e di intensa drammaticità, espressa con linee spezzate e colori lividi (La calunnia), fino a toccare alta tensione spirituale in forme arcaicizzanti (Natività, Ultimi atti di San Zanobi, intorno agli inizi del XVI secolo).

Le illustrazioni della Divina Commedia

Intensa drammaticità religiosa

L’arte fiamminga Nella storia dell’arte, l’espressione “arte fiamminga” viene applicata alle manifestazioni artistiche, specialmente pittoriche, fiorite con ben definite caratteristiche storiche e stilistiche nelle Fiandre (regioni meridionali dei Paesi Bassi e regioni settentrionali del Belgio) a partire dal XV fino al XVII secolo. L’arte fiamminga ebbe le sue origini verso la metà del ’300 per il confluire di esperienze del raffinato gotico francese e di influssi senesi sul fondo del vivace naturalismo locale, ma soltanto nel secolo seguente si affermò nei suoi caratteri essenziali con Jan Van Eyck (Maaseik 1390 circa - Bruges 1441), le cui opere più celebri sono i Coniugi Arnolfini (1434, Londra, National Gallery) e la Madonna del cancelliere Rolin (1433, Parigi, Louvre), oltre a numerosi ritratti. La grande protagonista dell’Umanesimo fiammingo, che nasce parallelamente all’Umanesimo italiano, è la natura, indagata con lenticolare attenzione in tutte le sue particolarità, e di cui l’uomo è aspetto fondamentale ma non predominante. Il fattore unificante della visione non è la concezione razionale e geometrica dello spazio, ma la luce, principio stesso della visione, una luce reale e non astratta. Questa poetica

Jan Van Eyck

Protagonista la natura La luce 101

Dal ’300 al Rinascimento

Rogier Van der Weyden

Hieronymus Bosch

Giusto di Gand

venne arricchita dalle ricerche di Robert Campin (Tournai 1375 circa - 1444), identificato con il Maestro di Flémalle; dalle tendenze più drammatiche di Rogier Van der Weyden (Tournai 1400 circa - Bruxelles 1464), che si interessò al particolare realistico e all’analisi della psicologia umana unitamente alla sensibilità luministica e produsse un’importante serie di ritratti come Il Gran Bastardo Antonio di Borgogna di Bruxelles e la Giovane donna di Berlino; dall’intimismo di Petrus Christus (Baerle, Gand 1410 circa - Bruges 1472/1473); dalla severità morale e dalla luminosità di Dierik Bouts (Haarlem 1410/1420 - Lovanio 1475); dall’intenso naturalismo di Hans Memling (Mömligen 1435 circa - Bruges 1494). Un posto di rilievo trova l’eterodossa, visionaria arte di Hieronymus Bosch (1450-1516 circa), creatore di un magico e demoniaco mondo di allegorie, visto con spirito critico e moraleggiante. Intanto, nel corso del XV secolo, la pittura fiamminga aveva esteso la sua influenza a livello europeo, dalla Francia meridionale alla Spagna e al Portogallo (dove Van Eyck viaggiò nel 1428), dai paesi tedeschi alla stessa Italia dove si ricordano i viaggi di Van der Weyden a Ferrara nel 1450, di Giusto di Gand (attivo tra il 1460 e il 1475) a Urbino nel 1473-1475 e l’influsso esercitato da opere importate dalle Fiandre come il celebre Trittico Portinari (1476 circa) di Hugo Van der Goes (1435-1482) a Firenze.

SCHEMA RIASSUNTIVO La rivoluzione fiorentina

Fenomeno europeo, ma con radici fiorentine, il Rinascimento si manifesta con una ripresa ideale delle forme dell’arte classica e la trasformazione del con­cetto e della funzione di attività artistica, che trascende ormai il momento pratico e assume il significato di strumento di conoscenza e indagine della realtà. I maggiori promotori di questa nuova visione sono Brunelleschi, Donatello e Masaccio.

Filippo Brunelleschi crea un’architettura rigorosamente razionale, giungendo a • Brunelleschi, Donatello e Masaccio formulare per primo le leggi della prospettiva; il suo capolavoro è la cupola di Santa Maria del Fiore, a Firenze. Anche nella nuova visione classico-realistica del fiorentino Donatello s’impone l’impostazione prospettica, accompagnata dall’energica struttura plastica e dalla vibrante sensibilità del modellato. Una severa costruzione prospettica e spaziale emerge in Masaccio. La sua pittura esprime un profondo contenuto umano e morale con intensa drammaticità attraverso un saggio uso del chiaroscuro e del colore.

Libertà e sperimentalismo Accanto a rigorose esperienze prospettiche l’arte umanistico-rinascimentale fiorentina affianca tendenze più moderate: Lorenzo Ghiberti, nel quale il naturalismo

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2 - La nuova funzione dell’arte nel Rinascimento segue

tardogotico si evolve linearmente in un classicismo riformista; i ceramisti e scultori Andrea, Giovanni e soprattutto Luca Della Robbia. Il Beato Angelico elabora un personale linguaggio pittorico ove l’elemento della spiritualizzazione si affianca alla strutturazione spaziale e prospettica delle opere. Nella pittura di Paolo Uccello si fondono in una sintesi irripetibile la semplificazione geometrica delle forme, il rigore matematico delle prospettive e un gusto prezioso del colore. La corte signorile diviene il luogo privilegiato per lo sviluppo del Rinascimento Il mecenatismo nell’Italia settentrionale italiano anche nelle città minori. Ferrara accoglie l’esperienza urbanistica più vitale del ’400, e inoltre, per la contemporanea presenza in città di Piero della Francesca e del fiammingo Rogier Van der Weyden, vede la formazione di una corrente pittorica di straordinaria raffinatezza formale. Tra gli artisti di primo piano sono Mantegna e Bellini, il primo capace di fondere originalmente il gusto per l’antichità e l’uso della prospettiva, il secondo assai sensibile al colore, sempre più libero e intriso di luce naturale. Il mecenatismo nell’Italia meridionale

Oltre all’opera di Leon Battista Alberti, architetto e trattatista che codifica tutte le meditazioni e le conquiste attuate dai creatori dell’arte fiorentina, va ricordata l’opera di Piero della Francesca, caratterizzata dalla straordinaria finezza della materia pittorica e dall’acutezza descrittiva dei particolari, dal rigore della stesura prospettica e dalla geometrica perfezione dei volumi immersi in una luminosità diffusa e sottile. Ancora fra gli artisti dell’Italia centrale, il Perugino ritrae e dipinge le sue figure in un’armoniosa solidità plastica, rivestendole con colori morbidi e chiari e immergendole in uno spazio atmosferico aperto e luminoso. L‘opera di Antonello da Messina appare invece come una sintesi perfetta di particolarismo fiammingo e di impianto spaziale pierfrancescano.

Firenze nella seconda metà del ’400

Il Pollaiolo conduce una ricerca spaziale basata sul libero e dinamico sviluppo della linea e, per accertare proprio il potenziale dinamico dei corpi, s’interessa alla mitologia e allo studio dell’anatomia. Il Verrocchio emerge invece come scultore e orafo. Sandro Botticelli è dapprima interprete della cultura umanistica medicea ricercando una raffinata perfezione formale e un’armonia della composizione che, unite alla trasparenza del colore, trasfigurano la realtà. In un secondo tempo dà vita a una pittura fortemente mistica e intensamente drammatica.

DOMANDE DI VERIFICA 1 Come

cambia la concezione dell’arte nel Rinascimento? 81

2 Quali sono le principali opere del Brunelleschi architetto? 82

3 Con quali opere il Beato Angelico dimostra la sua adesione allo spirito rinascimentale? 89-90

4 Quali

città dell’Italia settentrionale sono protagoniste del fenomeno del mecenatismo e quali artisti ne beneficiano? 90-94

5 Quali opere di Piero della Francesca rievocano in certi aspetti l’arte fiamminga? 97

6 Descrivi i tratti salienti dell’opera botticelliana. 100

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3 I maestri

del Rinascimento maturo

Il ’500 fu un secolo caratterizzato da laceranti e drammatici contrasti: la scossa della Riforma protestante di Lutero (1517) e i successivi sviluppi della Controriforma cattolica furono tutti eventi che alterarono profondamente i termini dell’operare artistico. L’arte diventò ricerca inquieta delle ragioni dell’azione degli uomini nella storia, dell’esperienza umana del divino. Questi contrasti si rispecchiarono in modo esemplare nelle esperienze dei più grandi artisti del momento: nell’indagine sperimentale di Leonardo; nella bruciante tensione spirituale di Michelangelo; nel misurato e luminoso classicismo compositivo di Raffaello. Venezia parve vivere più a lungo una felice stagione di classicismo, nella pittura di Giorgione e del primo periodo di Tiziano. Ma la vera erede del prestigio di Firenze fu Roma, che dopo il ritorno dei papi da Avignone conobbe, grazie al mecenatismo papale, un intenso rinnovamento edilizio e culturale.

Leonardo da Vinci Tra i massimi artefici È stato uno dei massimi artefici del Rinascimento. Pittore, del Rinascimento scultore, architetto e scienziato, ma anche ingegnere e scrittore, Leonardo (Vinci, Firenze, 1452 - castello di Cloux, presso Amboise, 1519) ha testimoniato un’ampiezza di conoscenze e di interessi che ha largamente e puntualmente profuso nelle sue poliedriche attività, alla ricerca di un’armonica corrispondenza e complementarietà tra arte, natura e scienza. L’apprendistato con il Verrocchio

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■ Gli anni giovanili Stabilitosi nel 1469 a Firenze, entrò da apprendista nella bottega del Verrocchio e frequentò intanto gli ambienti umanistici e le famiglie altolocate di Firenze. Il primo sicuro intervento di Leonardo si ha nel Battesimo (14701475 circa, Uffizi). Ancora legata all’ambiente del Verrocchio è l’Annunciazione (1472-1475, Uffizi), fin troppo decorativa nell’ornamentazione dei marmi, nei panneggi elaborati, nella minuzia con cui sono dipinti i

3 - I maestri del Rinascimento maturo

fiori, ma completamente nuova nello sfondo luminosissimo e lontano che si contrappone alla fila scura di alberetti: un effetto che Leonardo riprese anche nel suo primo ritratto, ritenuto di Ginevra Benci (1474-1476, Washington, National Gallery), gravemente mutilato nella parte inferiore, dove la posizione delle mani accentuava la torsione del busto, disposto a piramide. ■ Spazialità e disegno Nel 1481, dopo aver già dipinto il San Gerolamo (Pinacoteca Vaticana), ricevette la sua prima importante commissione, l’Adorazione dei Magi per il convento di San Donato a Scoperto (non fu mai consegnata e oggi si trova agli Uffizi), in cui si ha la prima grande realizzazione della spazialità leonardesca: intorno alla Madonna, le figure si dispongono a semicerchi, ma la struttura non risulta chiusa perché i personaggi esterni e il fondo di rovine sono coordinati secondo vari e divergenti punti di fuga. Basilare nella composizione dell’opera (lasciata incompiuta alla partenza di Leonardo per Milano) è il disegno, strumento di definizione spaziale, volumetrica e anatomica, raffinato in un secondo momento dal chiaroscuro, che permette sia la resa trasparente dell’atmosfera sia la gradazione del colore e quindi della luce. La stesura del colore rappresenta un momento finale, quasi secondario, della messa in opera, secondo una poetica che è all’opposto di quella dell’ambiente veneto, dove in quegli anni il colore stava divenendo l’elemento strutturale portante della composizione. ■ Il soggiorno milanese Dal 1483 al 1499 Leonardo fu al servizio di Ludovico il Moro come pittore, scultore, architetto, costumista, regista e scenografo. Presso la sua corte trovò l’ambiente favorevole allo sviluppo dei suoi interessi scientifici nel campo sia della fisica sia delle scienze naturali. Nel 1483 approntò i disegni preparatori per il monumento equestre in bronzo a Francesco Sforza. Nella Vergine delle rocce, dipinta tra il 1483 e il 1486 (Parigi, Louvre; una seconda versione, del 1503-1506, si trova alla National Gallery di Londra), la composizione a piramide del gruppo costituito dalla Madonna, dal Bambino, da San Giovannino e dall’angelo è arricchita e movimentata dall’incrociarsi di linee convergenti indicate dai gesti. La tecnica dello sfumato (cioè del morbidissimo chiaroscuro tipico di Leonardo) si sovrappone al disegno e ne sfalda i contorni.

L’Adorazione dei Magi

L’importanza del disegno

Gli interessi scientifici La Vergine delle rocce

La tecnica dello sfumato 105

Dal ’300 al Rinascimento

L‘Ultima Cena

I ritratti

Nel 1493 Leonardo terminò il modello in creta a grandezza naturale del gran cavallo per il monumento Sforza, la cui fusione in bronzo è stata realizzata nel 1999 e collocata allo stadio milanese di San Siro. Intorno al 1495 iniziò i lavori per l’Ultima Cena nel refettorio di Santa Maria delle Grazie. Per quest’opera sperimentò una nuova tecnica che, abolendo il tradizionale strato di intonaco, gli permettesse di lavorare con la lentezza e meticolosità che gli erano proprie. Tale tecnica si rivelò nel tempo inadeguata e già alla metà del ’500 l’umidità aveva corroso quasi tutto il colore che doveva essere brillantissimo. Negli anni milanesi Leonardo ritrasse inoltre due favorite di Ludovico il Moro: Lucrezia Crivelli andrebbe identificata nella Belle Ferronière (Parigi, Louvre), Cecilia Gallerani nella Dama con l’ermellino (Cracovia, Czartoryski Muzeum); entrambi i ritratti si basano sulla raffigurazione del busto lievemente rotante.

■ I successivi soggiorni Nel 1499 la fine della signoria sforzesca costrinse Leonardo A Mantova e Firenze a lasciare Milano: dapprima fu a Mantova, dove eseguì il ritratto di Isabella d’Este. Tornato a Firenze nel 1503 dipinse la Leda, nota da copie di allievi (la più famosa è quella di Roma, già collezione Spiridion e attualmente proprieLa Gioconda tà dello Stato) e La Gioconda (Parigi, Louvre), celeberrimo ritratto di Lisa, moglie del mercante Francesco Bartolomeo del Giocondo, che stilisticamente rappresenta uno dei più alti esempi di ritrattistica rinascimentale, per l’unità di tutti gli elementi che la compongono attuata per mezzo dell’infinitesimale gradazione della luce. Ancora a Milano Nel 1506 Leonardo tornò a Milano, dove eseguì i disegni preparatori per il monumento equestre di Giangiacomo Trivulzio (1441-1518). A Roma Nel 1513 si recò a Roma dove eseguì l’ultimo suo quadro, il San Giovanni Battista (Parigi, Louvre), che nel monocromo di toni bruni e dorati ripete con maggiore raffinatezza la rappresentazione del trapassare quasi inavvertibile della luce, nell’abolizione del disegno e del contorno. In Francia Verso la fine del 1516, accogliendo un invito di Francesco I, Leonardo lasciò Roma per la Francia. Nei disegni della Fine del mondo espresse la sua convinzione sull’esistenza di un’armonia universale sicuramente presente anche nell’apparente caos della fine del mondo. I codici Di questo poliedrico artista del ’500 restano anche numerosi codici contenenti disegni e note scientifiche, solita-

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3 - I maestri del Rinascimento maturo

mente scritti a rovescio, da destra a sinistra. I maggiori sono il Codice Atlantico (Milano, Biblioteca Ambrosiana), il Codi- Il Codice Atlantico ce sul volo degli uccelli (Torino, Biblioteca Reale), i Fogli A, B, C (Biblioteca Reale del castello di Windsor) con studi anatomici, i Codici 8936 e 8937 sulle macchine e la fusione del cavallo (Biblioteca nazionale di Madrid).

Donato Bramante Donato di Pascuccio d’Antonio, noto come Donato Bramante (Monte Asdruvaldo, Fermignano 1444 - Roma 1514), architetto e pittore erede spirituale di Brunelleschi e dell’Alberti, con la sua opera architettonica, ricca di Un precursore effetti luminosi, precorse il gusto e le conquiste del ’500, del ’500 fondendo armoniosamente grandiosità strutturale e risorse prospettiche. La sua formazione si svolse nell’ambiente urbinate della corte di Federico da Montefeltro, permeato del classicismo dell’Alberti e dell’esperienza prospettica di Piero della Francesca. ■ L’attività in Lombardia L’esperienza di pittore prospettico fu fondamentale per la realizzazione della sua prima opera di architettura, la sistemazione della chiesa di Santa Maria presso San Satiro a Milano (1479-1483): risolse i condizionamenti di spazio imposti dal preesistente edificio con una falsa abside prospettica, la quale ristabilisce l’equilibrio proporzionale dell’insieme dando al ristretto spazio un’illusoria qualità monumentale e scenografica. A Milano il Bramante venne in contatto con i maggiori artisti del momento: con Leonardo fu interessato alla sistemazione della piazza e del castello ducale di Vigevano, ancora con Leonardo e con il senese Francesco di Giorgio Martini fornì consulenze per il duomo di Milano e per quello di Pavia. Condusse importanti lavori in Santa Maria delle Grazie a Milano, dove progettò, oltre al piccolo chiostro e alla sacrestia vecchia, la grandiosa tribuna. Altre attività degli anni milanesi riguardarono la parziale realizzazione della canonica e dei chiostri di Sant’Ambrogio (1492-1498) e gli interventi al Castello Sforzesco. Ultima testimonianza, pressoché certa, dell’attività lombarda del Bramante è l’arcone della chiesa di Santa Maria Nuova ad Abbiategrasso (1497). Nel 1499, alla caduta di Ludovico il Moro, anche Bramante abbandonò Milano.

L’attività di architetto

Santa Maria delle Grazie a Milano

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Dal ’300 al Rinascimento

■ L’attività romana A Roma, dove gli stimoli più vivi gli vennero dallo studio dei monumenti e dei sistemi costruttivi degli antichi, ricevette il maggiore impulso alla sua attività da papa Giulio II che gli affidò incarichi grandiosi: il rinnovamento dei Palazzi Vaticani (1503), il progetto del cortile del Belvedere (1504), interventi urbanistici con la ristrutturazione di via della Lungara, via Giulia, via dei Banchi (1505-1508) e Il progetto infine il progetto del nuovo San Pietro (1506). Purtroppo del nuovo San Pietro ben poco è rimasto integro di questa straordinaria attività. Perduti sono inoltre il monumentale Palazzo dei Tribunali (1506-1508) e il Palazzo Caprini in Borgo (1510 circa), prototipi per l’architettura civile del ’500. Integri rimangono il coro di Santa Maria del Popolo (1505-1507) e il tempietto di San Pietro in Montorio (realizzato nel 15021510 circa), vero paradigma dell’ideale pianta centrale.

Giorgione

Le prime opere

La pittura «di tono»

Le opere maggiori

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Giorgio da Castelfranco, detto Giorgione (Castelfranco Veneto 1477/1478 - Venezia 1510), nell’arco di un decennio attuò un modo di “far pittura” rivoluzionario nello stile e nei contenuti, ponendo le basi della pittura cinquecentesca veneziana e influenzando anche artisti posteriori. Le prime opere, l’Adorazione dei pastori (Washington, National Gallery), la pala di Castelfranco (1505), il ritratto di Laura (1506), si svincolano dall’impostazione spaziale quattrocentesca per istituire un nuovo rapporto fra le figure e la natura, realizzato nella pittura «di tono»: il colore, cioè, diventa l’elemento costruttivo della composizione, cogliendo direttamente «le cose vive e naturali… senza far disegno», come comprese il Vasari. Nel 1508 eseguì gli affreschi della facciata del Fondaco dei Tedeschi sul Canal Grande, di cui resta un frammento con Giovane ignuda (1508). Intorno al 1506-1511 sono datate le opere fondamentali: Venere dormiente (1508-1510); Concerto campestre (1510 circa), La tempesta (1506 circa) e I tre filosofi (1508 circa). Di queste ultime due (a carattere misterioso) rimangono ancora irrisolti i temi che l’artista volle trattare. Delle opere attribuite o attribuibili a Giorgione, una ventina in tutto, si ricordano inoltre: Cristo portacroce (Venezia, San Rocco); il Giovane con la freccia (Vienna, Kunsthistorisches Museum); Tramonto (Londra, collezione privata); Ritratto virile (1508 circa, San Diego, Fine Arts Gallery).

3 - I maestri del Rinascimento maturo

Michelangelo Buonarroti Avviato dal padre Ludovico agli studi umanistici, Michelangelo Buonarroti (Caprese, Arezzo 1475 - Roma 1564) rappresentò il punto culminante dell’arte rinascimentale e lasciò un’importante eredità che sarebbe poi sfociata nel manierismo. Nel 1488 entrò a bottega dal Ghirlandaio, a Firenze, e in seguito studiò la statuaria antica. Accolto da Lorenzo il Magnifico nella sua cerchia di artisti, letterati e filosofi, assorbì quelle dottrine neoplatoniche che costituiranno una delle componenti essenziali della sua cultura. Lo studio della grande tradizione fiorentina, da Giotto a Masaccio, e l’interesse per la classicità sono evidenti nelle sue prime opere di scultura: la Madonna della Scala, che recupera in modo originale lo stiacciato donatelliano, e la Battaglia dei Centauri, dal marcato plasticismo (ambedue 1490-1492, Firenze, Casa Buonarroti). La crisi dell’Umanesimo fiorentino, seguita alla predicazione del Savonarola e alla morte del Magnifico, turbò profondamente Michelangelo (è di questo momento il Crocifisso ligneo dal modellato delicatissimo, per il convento di Santo Spirito, ora a Casa Buonarroti), che dopo l’ingresso in città delle truppe francesi di Carlo VIII lasciò Firenze, trasferendosi nel 1494 a Bologna (dove realizzò le sculture per l’arca di San Domenico, il San Petronio, il San Patroclo e un Angelo). ■ I primi capolavori pittorici e scultorei Nel 1496 Michelangelo si trasferì a Roma e qui s’impose all’attenzione eseguendo il sensuale Bacco (Firenze, Bargello) e l’intensa Pietà in San Pietro, che costituì la prima opera su un tema, la meditazione sulla morte, che sviluppò lungo tutto l’arco della sua attività. Di poco posteriore è la Madonna con Bambino in Notre-Dame a Bruges. Nel 1501, rientrando a Firenze, Michelangelo affermò la sua personalità in una serie di opere fondamentali: la Madonna Pitti (1501, Firenze, Bargello) e il Tondo Taddei (1502, Londra, Royal Academy), libera interpretazione dei modi compositivi di Leonardo da Vinci. Il primo capolavoro pittorico di Michelangelo è la Sacra Famiglia detta Tondo Doni (1504 circa, Firenze, Uffizi). In queste opere pittoriche l’artista parve contrapporsi polemicamente a Leonardo, forzando gli schemi formali, sottolineando la linea dinamica del contorno e rinnegando il valore dello sfumato leonardesco. Ma l’opera più celebre di questo momento è il David mar-

La formazione L’adesione al neoplatonismo Le prime sculture

A Roma La Pietà in San Pietro Il ritorno a Firenze

Il Tondo Doni

Il David 109

Dal ’300 al Rinascimento

moreo (1501-1504, Firenze, Accademia), collocato davanti a Palazzo Vecchio come simbolo della libertà della Repubblica fiorentina e insieme incarnazione dell’ideale rinascimentale dell’uomo padrone del proprio destino. Sono ancora di questo periodo le statue per l’altare Piccolomini nel duomo di Siena (San Paolo, San Pietro, San Pio) e l’incompiuto San. Matteo, commissionato dall’Opera di Santa. Maria del Fiore.

Il monumento funebre per Giulio II

La volta della cappella Sistina

■ L’attività a Roma Nel 1505 papa Giulio II commissionò a Michelangelo il progetto del proprio monumento funebre da erigersi in San Pietro, per il quale vennero scolpiti le due figure di Schiavi (1513-1514, Parigi, Louvre) e il superbo Mosè (1515-1516, Roma, San Pietro in Vincoli), e più tardi i 4 Prigioni (Firenze, Accademia). Nel 1508 Michelangelo assunse un incarico di grande prestigio, quello di affrescare la volta della cappella Sistina, che fu compiuta in quattro anni di solitario lavoro. Creando una nuova struttura dipinta, inserì al centro le Storie della Genesi (1508-1512) e ai lati le poderose figure dei Profeti, delle Sibille, degli Ignudi, secondo un complesso programma iconografico che, mentre narra il più antico epos della storia dell’umanità, allude simbolicamente alla vicenda eterna dell’elevazione dello spirito dalla materia alla contemplazione del divino.

■ Architetto e scultore a Firenze Nel 1513 Michelangelo tornò a Firenze, dove esordì in campo architettonico con gli incarichi per la sacrestia nuova di San Lorenzo e per la Biblioteca Laurenziana. NelI monumenti la sacrestia i due monumenti a Giuliano e Lorenzo de’ Mea Giuliano dici (1525-1534), con le statue del Giorno e della Notte, e Lorenzo de’ Medici dell’Aurora e del Crepuscolo, e la Madonna col Bambino sull’altare esprimono compiutamente il tema michelangiolesco della riflessione dell’uomo sulla vita e sulla morte. Dopo la cacciata dei Medici, nominato «governatore e procuratore generale sopra alla fabbrica e fortificazione delle mura», Michelangelo partecipò alla difesa della Repubblica fino alla caduta della città (1530). Grazie all’appoggio di papa Clemente VII poté continuare a lavorare anche dopo la restaurazione dei Medici: Cristo risorto per la chiesa di Santa Maria sopra Minerva e la Vittoria (1532-1534) in Palazzo Vecchio furono modello per un’intera generazione di scultori manieristi.

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3 - I maestri del Rinascimento maturo

■ Il Giudizio Universale Nel 1534 Michelangelo si trasferì definitivamente a Roma e ricevette l’incarico da Clemente VII, e poi la conferma da Paolo III, di dipingere nella cappella Sistina il Giudizio Universale sulla parete dell’altare. Il grandioso affresco (1536-1541) altera l’iconografia tradizionale del tema e nell’abbandono di ogni intelaiatura architettonica Le novità sconvolge il concetto di spazio proprio del Rinascimen- iconografiche to. L’affresco rappresenta un’immane catastrofe: un Dio e stilistiche irato che travolge l’umanità spaventata di fronte a una condanna senza appello. Sulla genesi dell’opera influirono i contatti con i circoli spiritualisti romani per la riforma della Chiesa. Dopo i recenti restauri gli affreschi della Sistina hanno rivelato anche il luminoso senso cromatico abbinato alla plasticità dei volumi. ■ L’ultima produzione L’attività degli ultimi anni risultò caratterizzata dall’impegno in campo architettonico, che vide la sistemazione urbanistica e monumentale della piazza del Campidoglio (1544-1554) e altri importanti lavori. Spicca soprattutto il nuovo progetto per San Pietro (dal 1546), pensato, Il progetto riprendendo la pianta centrale di Bramante, come un co- per San Pietro lossale organismo plastico culminante nella grande cupola (terminata dopo la morte dell’artista). Il rapporto con la romanità, costante nell’architettura di Michelangelo, è presente anche nell’eroico busto del Bruto (Firenze, Bargello). Più degli ultimi affreschi – la Conversione di Saulo e il Martirio di San Pietro nella cappella Paolina in Vaticano (1542-1550) –, le ultime sculture sono tra gli esiti più alti dell’arte di Michelangelo: nella Pietà di Le ultime Pietà Palestrina (Firenze, Accademia), nella Pietà del duomo di Firenze (1550-1555) e soprattutto nell’estrema Pietà Rondanini (1552-1566, Milano, Castello Sforzesco) la liberazione sulla morte come meditazione dello spirito raggiunge il massimo dell’intensità espressiva.

Raffaello Sanzio La forte personalità di Raffaello Sanzio (Urbino 1483 - Roma 1520), pittore e architetto interprete di una forma Classicismo classica intrisa di spiritualità cristiana, concorse con Leo- e spiritualità nardo e Michelangelo a determinare il sorgere dell’ultima straordinaria stagione rinascimentale. 111

Dal ’300 al Rinascimento

Fu avviato alla pittura dal padre Giovanni Santi. L’influsso del Perugino appare determinante nel ritmo compositivo fluido e ondulato e nelle modulazioni cromatiche delle Le opere giovanili opere giovanili come l’Incoronazione della Vergine (1502-1503, Musei Vaticani) e lo Sposalizio della Vergine (1504, Milano, Brera). L’intensa luminosità del chiaroscuro e la limpida articolazione spaziale dello Stendardo di Città di Castello (1499) testimoniano invece una profonda meditazione dell’arte di Piero della Francesca. Le opere Dal 1504 al 1508 Raffaello operò a Firenze. Appartengono degli anni fiorentini a questi anni il Sogno del Cavaliere (Londra, National Gallery), il San Michele e il San Giorgio (Parigi, Louvre) e Le tre Grazie (Chantilly, Musée Condé); mirabili opere, un tempo ritenute della sua prima adolescenza, sono la Madonna Connestabile (San Pietroburgo, Ermitage), la Madonna del Granduca (Firenze, Palazzo Pitti), la Madonna del Belvedere (1506, Vienna, Kunsthistorisches Museum), la Madonna del cardellino (1507 circa, Firenze, Uffizi), la cosiddetta Belle Jardinière (1507, Parigi, Louvre). I primi ritratti Raffaello si impegnò anche nei primi ritratti: la Dama con il liocorno (Roma, Galleria Borghese), i Coniugi Doni (1506, Firenze, Palazzo Pitti) e La muta (1507 circa, Urbino, Galleria nazionale delle Marche). A Roma, dove la sua presenza è documentata per la prima La decorazione delle volta nel 1509, Raffaello iniziò per papa Giulio II la decoStanze Vaticane razione delle Stanze Vaticane eseguendo personalmente gli affreschi della stanza della Segnatura (1508-1511) e della stanza di Eliodoro (1511-1514). Assoluta originalità

Una bellezza ideale e insieme naturale

■ Il linguaggio pittorico di Raffaello Fin dalle sue prime opere Raffaello rivelò l’assoluta originalità del suo linguaggio pittorico nella tendenza a semplificare classicamente la composizione, accentuandone in modo nuovo lo spazio architettonico, nel quale si dispongono le figure umane che acquistano così nella chiara luminosità del tessuto cromatico e nell’equilibrio delle misure e dei gesti un valore di bellezza immobile, ideale e insieme naturalissima. ■ Le opere degli ultimi anni Negli ultimi anni furono affidati a Raffaello sempre più numerosi incarichi che l’artista realizzò in un alternarsi di momenti di altissima felicità creativa ad altri di crisi e stanchezza: gli affreschi della Sala di Galatea (1511), la decorazione delle Logge Vaticane (1517-1519), i cartoni delle

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3 - I maestri del Rinascimento maturo

Storie evangeliche per gli arazzi della cappella Sistina (1515-1516), la Madonna di Foligno (1511-1512, Musei Vaticani), la Madonna Sistina (1513-1514, Dresda, Gemäldegalerie), la Madonna della seggiola (1514, Firenze, Palazzo Pitti), la Trasfigurazione (1518-1520), terminata nella parte inferiore da Giulio Romano (Pinacoteca Vaticana), e i ritratti di Baldassarre Castiglione (1514-1515, Parigi, Louvre), della cosiddetta Velata (1516 circa, Firenze, Palazzo Pitti), di Leone X (1518-1519) e di Giulio II (1512), entrambi agli Uffizi di Firenze. A Raffaello, divenuto architetto della fabbrica di San Pie- L’attività tro alla morte del Bramante (1514) e poi (1515) conserva- di architetto tore delle antichità romane, spettano anche i progetti della cappella Chigi in Santa Maria del Popolo, di Villa Madama e di Sant’Eligio degli Orefici.

Tiziano Vecellio Fu una personalità fondamentale nello sviluppo della pittura veneziana ed europea. Grande colorista, Tiziano Vecellio (Pieve di Cadore 1490 circa - Venezia 1576) portò La pittura alle estreme conseguenze la pittura «tutto colore», crean- «tutto colore» do un linguaggio che influenzò Tintoretto e altri grandi maestri europei quali Rembrandt, Rubens ed El Greco. ■ Le opere giovanili Giunse a Venezia giovanissimo e svolse il suo apprendistato presso Gentile Bellini, ma divenne presto allievo e collaboratore di Giorgione. La sua prima attività sviluppò la pittura «di tono» (Noli me tangere, Londra, National Gallery; serie delle mezze figure femminili, come la Flora, 1515 circa, Firenze, Uffizi). Contemporaneamente s’interessò a Mantegna, Dürer e Raffaello, indirizzandosi verso un reali- Il realismo smo espressivo assai innovativo per la cultura veneta (affre- espressivo schi per la scuola del Santo a Padova, 1511; serie di ritratti fra cui l’Ariosto, Londra, National Gallery; le prime xilografie), che trova espressione nell’Amor Sacro e Amor Profano (1515, Roma, Galleria Borghese) e nella pala dell’Assunta (1518, Venezia, Santa Maria Gloriosa dei Frari). ■ Presso le corti italiane Negli anni seguenti iniziò a lavorare per alcune corti italiane (Ferrara, dal 1519; Mantova, dal 1523; Urbino, dal 1532) e per l’imperatore Carlo V (dal 1530), con una pro-

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Dal ’300 al Rinascimento

giorgio vasari Formatosi come pittore a Firenze e a Roma sulla base dei modelli del tardoclassicismo fiorentino e dei grandi maestri romani, Giorgio Vasari (Arezzo 1511 - Firenze 1574) elaborò una cultura figurativa eclettica, arricchita da stimoli pittorici veneziani. A Roma realizzò il suo primo grande ciclo pittorico nel palazzo della Cancelleria, si interessò all’architettura e avviò una stesura in forma letteraria degli appunti e delle notizie sugli artisti italiani che da anni andava raccogliendo nei suoi viaggi. Il suo rientro a Firenze (1550) coincise con la prima edizione delle Vite de’ più eccellenti architetti, scultori e pittori. La ristrutturazione del centro storico di

I ritratti

La Pala Pesaro

Nuovo tipo di figurazione

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Firenze ebbe in Vasari il regista: dal 1555 iniziò la risistemazione di Palazzo Vecchio, proseguendo poi con la decorazione degli interni (ciclo del Salone dei Cinquecento, dal 1563), e ancora coordinando la creazione dello studiolo di Francesco I (1570-1572). Dal 1560 realizzò il Palazzo degli Uffizi, proseguito nel 1565 con il “corridoio” che, passando sopra il ponte Vecchio, raggiunge Palazzo Pitti. Come storico, Vasari aveva coscienza di quanto i tempi fossero mutati; infatti nella seconda edizione delle Vite (1568) evidenziò la crisi dell’arte fiorentina dopo la non più ripetibile vetta dell’opera di Michelangelo.

duzione di scene mitologiche (due Baccanali, 1518-1519, Madrid, Prado; Venere di Urbino, 1538, Firenze, Uffizi). Vasta anche la sua produzione ritrattistica (serie per Carlo V; Uomo dal guanto, 1523 circa, Parigi, Louvre; La bella, 1536, Firenze, Palazzo Pitti), apprezzata soprattutto per la caratterizzazione che infondeva ai personaggi ritratti. Ricerca realistica è ravvisabile in alcune pale d’altare, tra cui la Pala Pesaro (1519-1526, Venezia, Santa Maria Gloriosa dei Frari), che costituisce il punto più alto di evidenza compositiva: Tiziano vi affronta il tema della Sacra Conversazione impostando la composizione non più secondo una visione frontale (come nella Pala di Castelfranco di Giorgione), ma secondo una visione in diagonale a più livelli, disponendo il gruppo con la Vergine e il Bambino in alto a destra, i devoti in basso a sinistra e i committenti (famiglia Pesaro) inginocchiati in primo piano. ■ La svolta drammatica ed emotiva Il periodo successivo al 1540, culminato nel soggiorno a Roma (1545-1546), rappresentò una svolta nell’opera di Tiziano verso un nuovo tipo di figurazione, altamente drammatica ed emotiva (Ecce Homo, 1543, Vienna, Kunsthistorisches Museum; Paolo III Farnese con i nipoti Alessandro e Ottavio, 1546, Napoli, Gallerie nazionali di Capodimonte). Nel 1548 fu alla dieta di Augusta al seguito di Carlo V (Carlo V alla battaglia di Mühlberg, Filippo II,

3 - I maestri del Rinascimento maturo

1548, Madrid, Prado), che gli diede il ruolo di primo pitto- Primo pittore re della corte asburgica. Molto intensa fu anche la produ- alla corte di Carlo V zione di scene erotico-mitologiche (Venere con organista, amorino e cagnolino, o la Danae, in diverse redazioni). Una maggiore penetrazione psicologica caratterizzò invece la produzione ritrattistica (Clarice Strozzi a cinque anni, 1542, Berlino, Staatliche Museen; Il giovane dagli occhi glauchi, detto anche Il giovane inglese, Firenze, Palazzo Pitti). ■ Il passaggio definitivo al manierismo Per Venezia l’attività di Tiziano fu particolarmente rivolta alla realizzazione di pale religiose come Il martirio di San Lorenzo (1559, chiesa dei Gesuiti). Tra i suoi ultimi capolavori si segnalano: L’Annunciazio- Gli ultimi capolavori ne (Venezia, San Salvatore); Tarquinio e Lucrezia (Vienna, Akademie der bildenden Künste); L’incoronazione di spine (Monaco, Bayerische Staatsgemäldesammlungen), che segnano il passaggio definitivo alla fase manieristica. Il grande colorista infatti portò alle estreme conseguenze la pittura «tutto colore», creando un linguaggio che era atto a sperimentare nuovi profondi mezzi espressivi. Come già detto, questo atteggiamento influenzò molto il Tintoretto, Rembrandt, Rubens, El Greco e alcuni altri grandi maestri del suo tempo.

Lorenzo Lotto Pittore che maturò un linguaggio originale caratterizzato da vivace cromatismo e da ricca fantasia, Lorenzo Lotto (Venezia 1480 circa - Loreto 1556) si formò tra Venezia e Treviso (1503-1506), sulla base di una cultura pittorica dominata dalla figura di Giovanni Bellini – ma sensibile anche ad Antonello da Messina e ad Albrecht Dürer – visibile nella Madonna col Bambino e santi, (1503, Napoli, Gallerie nazionali di Capodimonte), nell’Assunta della parrocchiale di Asolo (1506) e nella pala della chiesa di Santa Cristina al Tivarone (1507, Treviso). Al 1508 risale il primo lavoro per le Marche, il polittico della Pinacoteca di Recanati. Le opere successive del soggiorno marchigiano (Deposizione, 1512, Jesi, Pinacoteca; Trasfigurazione, 1513 circa, Recanati, Pinacoteca) dimostrano la capacità dell’artista di servirsi di schemi d’impianto raffaellesco per un racconto volutamente scarno.

Vivace cromatismo e ricca fantasia

Il periodo marchigiano

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Dal ’300 al Rinascimento

Albrecht Dürer Pittore, disegnatore, incisore e teorico dell’arte, Albrecht Dürer (Norimberga 1471-1528) fu un grande maestro del Rinascimento tedesco. Compì un lungo soggiorno nelle terre tedesche e a Venezia (1494-1495), con puntate a Padova e Mantova. Questo viaggio in Italia fu fondamentale per il completamento della sua formazione, che si arricchì del plasticismo monumentale del Mantegna e delle armonie classiche del Pollaiolo e di Giovanni Bellini. Aprì una fiorente bottega (1495) a Norimberga e un anno dopo ebbe inizio il lungo sodalizio con il grande elettore di Sassonia Federico il Saggio. Negli anni 1505-1507 fu ancora a Venezia: già celebre, soprattutto per le sue incisioni, fu al centro della raffinata società di nobili, artisti e umanisti della Serenissima. Nelle primissime opere di Dürer sono già pienamente realizzati quei caratteri di acuta penetrazione psicologica e di trasfigurato realismo che saranno

costanti nella sua opera. Nel 1498 illustrò l’Apocalisse con 15 xilografie, uno dei massimi capolavori dell’arte tedesca, che gli valsero una grande popolarità. Tra queste tavole: San Giovanni davanti a Dio e ai vegliardi, i Quattro Cavalieri, il San Michele. Il secondo viaggio a Venezia (1505-1507) gli pose problemi più specificatamente coloristici, stimolati dal contatto con Giorgione e Tiziano: esempio ne è la Festa del Rosario (1506, Praga, Národní Galerie). Ben presto tornò però a occuparsi di incisione e al servizio di Massimiliano I partecipò a grandi imprese decorative. L’ultimo periodo della sua vita fu caratterizzato sia dalla pubblicazione dei suoi scritti teorici arricchiti da disegni scientifici sia dalla realizzazione di opere potentemente espressive, come la cosiddetta Passione oblunga (15201524, divisa fra vari musei), influenzate dalla rigorosa esperienza religiosa del protestantesimo.

Dopo il 1513 iniziò il periodo bergamasco, in un ambiente più adatto al linguaggio sempre più antiaccademico e anticlassico di Lotto. L’artista dipinse le pale di Santo Stefano (1513-1516, ora in San Bartolomeo), di Santo Spirito (1521), di San Bernardino in Pignolo (1521); gli affreschi con Storie di Santa Barbara (1524) nella cappella Suardi a Trescore e quelli con Storie della Vergine (1525) in San Michele al Pozzo Bianco; il polittico della chiesa di Ponteranica (1527) e le tarsie lignee con Storie bibliche (1524-1532) per il coro di Santa Maria Maggiore. Molto intensa fu anche L’attività di ritrattista l’attività di ritrattista, in cui Lotto eccelse per l’acuta penetrazione psicologica del personaggio (Ritratto di Lucina Brembate, 1520 circa, Bergamo, Accademia Carrara; Ritratto di giovane, Venezia, Gallerie dell’Accademia). Un linguaggio antiaccademico e anticlassico

■ I capolavori In seguito, nonostante le importanti commissioni veneziane (Elemosina di Sant’Antonino, 1542, Santi Giovanni e Paolo), Lotto continuò a viaggiare tra Venezia, Treviso

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3 - I maestri del Rinascimento maturo

e le Marche, dove si dedicò a un’altra serie di capolavori: l’estrosa Annunciazione di Recanati (1527, Pinacoteca), la drammatica Crocifissione (1531) di Monte San Giusto, la Pala di Santa Lucia (1532, Jesi, Pinacoteca), la Madonna del Rosario e santi (1539, Cingoli, San Domenico).

Il Correggio Antonio Allegri, detto il Correggio (Correggio 1489 circa - 1534), elaborò un ricco e originale linguaggio pittorico che contribuì al rinnovamento dell’arte cinquecentesca e regalò stimoli e suggerimenti anche agli artisti più importanti del secolo successivo. Già nelle opere giovanili, ai toni mantegneschi si affiancaro- Le opere giovanili no, in una sintesi personalissima, invenzioni chiaroscurali di origine leonardesca (Sposalizio di Santa Caterina, Washington, National Gallery; Madonna col Bambino, 1524-1526, Firenze, Uffizi; Natività, 1512, e Adorazione dei Magi, 1518, Milano, Brera). ■ Dal classicismo alle soluzioni prebarocche Lo sviluppo successivo dell’arte del Correggio, caratterizzata da un cosciente classicismo, rende necessaria l’ipotesi di un suo viaggio a Roma intorno al 1518, di poco antecedente cioè alla prima grande realizzazione ad affresco dell’artista: la decorazione della volta della Camera della Badessa di San Paolo a Parma. La nuova carica vitale del Correggio continua esaltante nell’affresco della cupola di San Giovanni Evangelista a Parma (1520-1523), che anticipa le soluzioni che saranno proprie dello stile barocco. La sua ultima grande impresa è la decorazione della cupola del duomo di Parma (1526-1530), ma accanto e prima di essa si colloca una ricca serie di opere, fra cui i capolavori più celebri (Madonna di San Girolamo, 1527-1528, e Madonna della scodella, 1530, Parma, Galleria nazionale; La notte 1529-1530, Dresda, Gemäldegalerie; Noli me tangere, 1518 circa, Madrid, Prado). Dell’ultima attività del Correggio fanno parte i dipinti commissionati dal duca di Mantova e dedicati agli Amori di Giove; restano il sottile erotismo della Danae (1531-1532, Roma, Galleria Borghese), di Leda (1531 circa, Berlino, Staatliche Museen), di Io (1531) e di Ganimede (15301532, Vienna, Kunsthistorisches Museum).

Cosciente classicismo

Soluzioni prebarocche

I dipinti mitologici

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Dal ’300 al Rinascimento

SCHEMA RIASSUNTIVO Leonardo da Vinci

Tra i massimi artefici del Rinascimento, Leonardo inizialmente si dedica alla pittura maturando un’acuta sensibilità per il disegno. In seguito prevalgono i suoi interessi scientifici nel campo della fisica, delle scienze naturali e dell’invenzione di nuove macchine. Alla corte milanese degli Sforza inizia i lavori per l’Ultima Cena nel refettorio di Santa Maria delle Grazie. Il ritratto della Gioconda rappresenta uno dei più alti esempi della ritrattistica rinascimentale per l’unità di tutti gli elementi compositivi.

Donato Bramante

Si afferma soprattutto come architetto, interessandosi con Leonardo alla sistemazione della piazza e del castello ducale di Vigevano, al duomo di Milano e a quello di Pavia. I lavori più importanti sono in Santa Maria delle Grazie a Milano, dove progetta, oltre al piccolo chiostro e alla sacrestia vecchia, la grandiosa tribuna. A Roma si occupa del rinnovamento dei Palazzi Vaticani, di interventi urbanistici e infine del progetto del nuovo San Pietro.

Giorgione

È rivoluzionario nello stile e nei contenuti per la pittura «di tono», nella quale il colore diventa l’elemento costruttivo della composizione. Tra le opere: Adorazione dei pastori, Venere dormiente, La tempesta, I tre filosofi.

Michelangelo Buonarroti

Il suo primo capolavoro pittorico è la Sacra Famiglia detta Tondo Doni. L’opera più celebre del primo periodo è la statua di David collocata davanti a Palazzo Vecchio. Dal 1508 per 4 anni affresca la volta della cappella Sistina. Esordisce in campo architettonico con l’incarico per la sacrestia nuova di San Lorenzo, dove esprime il tema della riflessione dell’uomo sulla vita e sulla morte. L’affresco del Giudizio universale dietro l’altare della cappella Sistina è tra i suoi indiscussi capolavori.

Raffaello Sanzio

Con Leonardo e Michelangelo concorse a determinare il sorgere dell’ultima straordinaria stagione rinascimentale. Fin dalle prime opere rivela l’originalità del suo linguaggio pittorico nel semplificare classicamente la composizione improntandola a una nuova concezione dello spazio. Alla morte di Bramante diviene architetto della fabbrica di San Pietro.

Tiziano e Lorenzo Lotto

Tiziano sviluppa la pittura indirizzandosi verso un realismo espressivo. Tra le sueopere: Noli me tangere, Amor sacro e Amor profano. Lorenzo Lotto matura un linguaggio originale caratterizzato da vivace cromatismo e da ricca fantasia.

Il Correggio

È autore di una scelta classicista, ma che anticipa successive soluzioni del barocco. Tra le sue opere: Natività, Adorazione de Magi, affreschi nel duomo di Parma.

DOMANDE DI VERIFICA 1 Quali sono le opere ascrivibili al soggiorno

3 Per quali capolavori viene ricordato Miche-

2 Che cos’è la pittura «di tono» promossa da

4 Riassumi le esperienze artistiche di due dei

milanese di Leonardo da Vinci? 105-106 Giorgione? 108

118

langelo Buonarroti? 109-111

maggiori pittori veneti del ’500. 113-117

Manierismo, Classicismo e Caravaggismo

1 Il manierismo 2 Classicismo e caravaggismo

Tra l’apice del Rinascimento e il preannuncio del barocco l’Europa vede svilupparsi un movimento stilistico caratterizzato da un estetismo antinaturalistico in netta antitesi con la razionalità rinascimentale. Si tratta del manierismo, che segna la crisi della cultura umanistica e dei suoi ideali razionalistici, in concomitanza con il periodo storico segnato dalla Riforma luterana e dalla Controriforma cattolica, nonché dalla formazione dei grandi Stati nazionali. Da Firenze e Roma, primi due centri di elaborazione del manierismo, il movimento si diffonde poi in tutta Italia e in Europa, divenendo lo stile delle corti. I protagonisti di questa fase artistica sono, tra gli altri, il Vignola, Andrea del Sarto, Rosso Fiorentino, Agnolo Bronzino, il Giambologna e il Parmigianino, figura quest’ultima tra le più originali del manierismo italiano. Nell’ambito veneziano, dopo la morte di Giorgione è Tiziano l’indiscusso protagonista della pittura. Ispiratore dell’architettura europea è invece Palladio, che ha vasto seguito soprattutto in Francia e in Inghilterra, creando una vera e propria tendenza, detta appunto palladianesimo. Verso la fine del ’500, proprio dal centro manierista di Bologna, che aveva conosciuto l’arte del Parmigianino e di Nicolò dell’Abate, parte il movimento di reazione antimanierista. Due sono gli artisti di maggior spessore di questa fine secolo: Annibale Carracci, alla cui famiglia di pittori si deve la fioritura nel 1590 dell’Accademia degli Incamminati, e il Caravaggio.

1 Il manierismo Il termine “manierismo” viene assunto dalla critica per designare il complesso e ramificato movimento stilistico italiano ed europeo che si colloca tra il 1520 circa e l’ultimo decennio del ’500 (ovvero tra il culmine del Rinascimento e il preannuncio del barocco). Caratterizzato da un estetismo antinaturalistico lontano dalla razionalità rinascimentale, si espresse in suggestive alterazioni dei rapporti spaziali e subordinò le proporzioni naturali della figura umana al ritmo fluido ed elegante della composizione. Il manierismo va inteso come incrinatura dell’equilibrio armonico classicista e, più in generale, come crisi della cultura umanistica e dei suoi ideali razionalistici, in connessione con il travaglio storico della Riforma luterana e della Controriforma cattolica e con le drammatiche crisi che accompagnarono la formazione dei grandi Stati europei. I primi due centri di elaborazione del manierismo furono Firenze e Roma; da qui il movimento si diffuse in tutt’Italia e in Europa dando vita a esperienze locali differenziate.

Il concetto di “maniera” La denominazione “manierismo” deriva dal termine “ma- Nascita del termine niera”, usato da Giorgio Vasari sia come semplice sinonimo di stile sia per indicare il modo di comporre dei massimi artisti rinascimentali. La critica seicentesca diede invece al termine “maniera”, con riferimento allo stile dei pittori vissuti dopo Leonardo, Raffaello e Michelangelo, un significato negativo, accusandoli di inerzia creativa, di artificiosità, di virtuosismo tecnico non sostenuto dall’ispirazione. La rivalutazione critica del barocco, sul finire del XIX secolo, diede l’avvio anche a un riesame dello stile manieristico, che fu quindi valutato da un nuovo punto di vista. La definizione terminologica e concettuale di manieri- La rivalutazione smo fu però merito della storiografia tedesca del pri- nel ’900 mo ’900 (Hermann Voss, Max Dvorák) che, mettendo in luce gli aspetti eterodossi e inquietanti dell’arte del tardo ’500, ne esaltò la vitalità, in netta antitesi con la critica precedente, che aveva percepito quegli stessi aspetti come il risultato di uno svuotamento e di una degenerazione del classicismo. 121

Manierismo, classicismo e caravaggismo

Il manierismo arte di corte Lo stile delle corti

Una cultura aulica e celebrativa

A Roma

La reazione antimanierista

In Europa

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Il manierismo divenne lo stile delle corti, in Italia come in Europa: fu un’arte colta, aristocratica, basata sulle iconografie preziose, sui riferimenti dotti, sulle allegorie complicate. Ne fu un esempio alla corte medicea l’attività (1540-1570 circa) di Giorgio Vasari e dei manieristi michelangioleschi Bernardo Buontalenti (1513-1608), Bartolomeo Ammannati (1511-1592), Giambologna e Benvenuto Cellini. A Mantova il decoratore Francesco Primaticcio (Bologna 1504 - Parigi 1570) lavorò insieme ad altri artisti italiani per Francesco I al castello di Fontainebleau, dove prese vita la famosa scuola di Fontainebleau. Il manierismo fu cultura celebrativa e aulica, nell’ambito della quale l’architettura si faceva scenografia (Vasari, sistemazione degli Uffizi; Ammannati, ampliamento di Palazzo Pitti), la scultura oscillava tra gli opposti termini del gigantismo magniloquente (Ammannati, Fontana del Nettuno) e del preziosismo dell’oggetto di oreficeria (Cellini, Saliera per Francesco I, Parigi, Louvre), la pittura assumeva le diverse valenze del grande affresco celebrativo (Vasari) e del ritratto enigmatico e formale (Agnolo Bronzino). Il simbolo visivo e concettuale più evidente è il celebre studiolo di Francesco I (Fontainebleau). A Roma la parabola architettonica di Jacopo Barozzi detto il Vignola (1507-1573), dalle licenze inventive di Villa Farnese a Caprarola e di Villa Lante a Bagnaia alla nuova codificazione della chiesa del Gesù a Roma, e l’attività di pittori come Vasari, Francesco Salviati (15101563) e Daniele da Volterra aprirono la via all’accademismo eclettico dei fratelli Zuccari (Taddeo, 1529-1566, e Federico, 1540/1543-1609) e di Giuseppe Cavalier d’Arpino (1568-1640). Verso la fine del ’500, proprio dal centro manierista di Bologna, che aveva conosciuto l’arte raffinata del Parmigianino e di Nicolò dell’Abate, partì quel movimento di reazione antimanierista bandito dai Carracci che, rifluito a Roma, diede vita all’accademia. Lo stile delle corti ebbe vita più lunga in Europa, nella sua accezione più “cortigiana”: nella Praga di Rodolfo II con Bartholomeus Spranger (1546-1611) e Hans Von Aachen (1552-1616); nei Paesi Bassi, in Baviera e, in un ultimo guizzo di autentica forza di stile, in Spagna, con l’esperienza di El Greco.

1 - Il manierismo

Il manierismo a Firenze Firenze fu uno dei primi centri di elaborazione del manierismo. Nel primo decennio del ’500 si assistette ancora però, con fra’ Bartolomeo (Baccio della Porta, 1472-1517) e Andrea del Sarto, a casi di classicismo. Ma con la caduta della Repubblica fiorentina (1512) si manifestarono precocemente tendenze anticlassiche e manieristiche, i cui massimi rappresentanti furono i pittori Rosso Fiorentino e Pontormo. Negli stessi anni Michelangelo creò a Firenze opere schiettamente manieristiche (vestibolo e scalone della Biblioteca Laurenziana, 1524; sagrestia nuova a San Lorenzo con le tombe medicee, 1521-1533). Le successive fasi del manierismo si svilupparono sotto Cosimo I de’ Medici e furono rappresentate dalle pitture del Vasari, del Bronzino, di Francesco Salviati; dalle sculture di Cellini, Giovanni Angelo Montorsoli (1507-1563), Baccio Bandinelli (1488-1559), Giambologna; dalle architetture del Vasari (Palazzo degli Uffizi, iniziato nel 1560), di Ammannati (ponte Santa Trinita, 1567-1569; cortile di Palazzo Pitti, 1560), di Buontalenti (Casino Mediceo, 1574; Belvedere, 1590-1595; Giardini di Boboli, in cui ideò la grotta e la fontana dell’Oceano con le statue del Giambologna). ■ Andrea del Sarto Del pittore Andrea d’Agnolo di Francesco, detto Andrea del Sarto (Firenze 1486-1530), sono noti gli affreschi dell’atrio della Santissima Annunziata (1510 circa) con Scene della vita di San Filippo Benizzi, che rivelano l’impegno monumentale e architettonico che lo pone in rapporto con il classicismo romano e con Michelangelo e Raffaello, ma anche con lo sfumato leonardesco e il colorismo veneto. Nel 1511 nel chiostro della Santissima Annunziata affrescò il Corteo dei Magi e nel 1514 la Nascita della Vergine. Fra il 1512 e il 1526, per il chiostro degli Scalzi, compì un ciclo di affreschi con 9 Storie di San Giovanni Battista e 4 Virtù, e dipinse la Madonna delle Arpie (1517, ora custodita agli Uffizi). È noto anche come ritrattista con lo Scultore (1524, Londra, National Gallery), il Ritratto di ragazza e l’Autoritratto degli Uffizi. Fra le sue ultime opere le più importanti furono: la Sacra Conversazione di Berlino, i 4 Santi degli Uffizi (1528) e la Madonna del Sacco (1525), lunetta affrescata nel chiostro della Santissima Annunziata.

Tendenze anticlassiche Il ruolo di Michelangelo

L’impegno monumentale

Ritrattista Le ultime opere

123

Manierismo, classicismo e caravaggismo

Le opere

La dissacrazione di temi michelangioleschi

I dipinti tardi

■ Rosso Fiorentino Giovanni Battista di Iacopo, detto Rosso Firentino (Firenze 1495 - Fontainebleau 1540), si formò nella bottega di Andrea del Sarto, ma mostrò una personalità autonoma e originale fin dalla prima opera, l’Assunzione, affrescata nel chiostro della Santissima Annunziata (1517). Spirito aggressivo e iconoclasta, Rosso diede nelle opere successive un contributo fondamentale al momento più ricco e inquietante del manierismo fiorentino: dalla macabra, demoniaca evocazione del disegno degli Scheletri (1517, Firenze, Uffizi), di evidente influsso nordico, alla pala con Madonna e santi per Santa Maria Nuova (1518, Firenze, Uffizi), alla Deposizione (1521, Volterra, Pinacoteca), al Mosè e le figlie di Ietro (1523, Firenze, Uffizi), un’eccezionale esercitazione su temi michelangioleschi, dissacrati con estrema acutezza di stile. Operò infine in Francia (1530), come pittore di corte di Francesco I, lavorando insieme al Primaticcio alla reggia di Fontainebleau (Padiglione di Pomona, 1532-1535; Galleria di Francesco I, 1534-1537). Un tono più grave e contenuto distingue i dipinti tardi, come la Pietà (1537-1540, Parigi, Louvre).

il manierismo in francia: la scuola di fontainebleau Il culmine del manierismo francese fu raggiunto nel castello di Fontainebleau, luogo di soggiorno della corte francese già nel XII secolo, che nel 1526 diventò la prima corte stabile di Francesco I (1515-1547). I lavori di ricostruzione e decorazione del castello iniziarono nel 1528 a opera dell’architetto locale italianeggiante Gilles Lebreton. Nel 1530 Francesco I chiamò a lavorare alla sua corte alcuni artisti italiani: primo fra tutti giunse Rosso Fiorentino, nel 1532 il Primaticcio, che con la collaborazione del modenese Nicolò dell’Abate diresse i lavori dopo la morte del Rosso; in vari momenti operarono anche il bolognese Sebastiano Serlio, Cellini, il Vignola, contribuendo tutti a fare del castello uno dei più notevoli centri del manierismo europeo. L’attività di questi artisti creò una cultura figurativa autonoma,

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una vera e propria scuola, la cui lezione fu ripresa e sviluppata anche fuori della Francia. Lo stile della scuola di Fontainebleau, caratterizzato da una preziosa eleganza formale, è eminentemente decorativo e ornamentale. Negli affreschi e negli stucchi della galleria di Francesco I (del Rosso Fiorentino), della sala da ballo, della Galleria d’Ulisse (Primaticcio e Nicolò dell’Abate) compaiono temi mitologici e allegorici, grottesche, paesaggi popolati di figure allungate e sinuose, secondo il gusto colto e raffinato della corte. Gli stessi temi furono poi svolti, con particolari toni galanti ed erotici, dagli artisti francesi (come i due Jean Cousin, il Vecchio, 1490-1560, e il Giovane, 1520-1594 circa, e François Clouet, 1516-1572), non solo in pittura e scultura, ma anche nella realizzazione di stampe, arazzi e gioielli.

1 - Il manierismo

■ Il Pontormo Iacopo Carrucci, detto il Pontormo (Pontormo, Empoli, 1494 - Firenze 1556) fu una figura emblematica del manierismo italiano. Lavorò nella bottega di Andrea del Sarto al fianco di Rosso Fiorentino; nelle prime opere rilevanti (fino alla Visitazione affrescata nel 1516 nel chiostro della Santissima Annunziata) reagì tuttavia al misurato e dolce classicismo di Andrea con un segno nervoso e vibrante, iniziando quel processo di corrosione della dimensione classica che appare già avanzato nella Pala Pucci (1518, San Michele Visdomini). Da questo momento il percorso del Pontormo (che, salvo forse due viaggi a Roma, operò sempre a Firenze) rappresenta la fase più tormentata del manierismo fiorentino. Praticamente isolato, nonostante godesse della protezione dei Medici, continuò a sperimentare forme sempre più raffinate, in una dimensione che negli anni si fece via via più inquieta, come ci tramanda il suo Diario (1554-1556). Lungo questo percorso si collocano le Storie di Giuseppe per la Camera Borgherini (15151519, Londra, National Gallery), colme di riferimenti nordici, soprattutto a Dürer; la lunetta della villa medicea di Poggio a Caiano con Vertunno e Pomona (1521); il ciclo delle Storie della Passione, affrescato alla certosa del Galluzzo (1523-1525); Cena in Emmaus (Firenze, Uffizi); ritratti di acutissima interpretazione psicologica (Cosimo il Vecchio, Firenze, Uffizi). Nella piena maturità del suo stile le forme dei corpi si allungano e si gonfiano oltre misura, invadendo lo spazio, come nella Deposizione (1526-1528, Firenze, Santa Felicita), o nella Visitazione (1528-1530, Pieve di Carmignano), mentre l’astratto colorismo è ormai slegato da qualunque rapporto con il reale.

Corrosione della dimensione classica

Una sperimentazione raffinata e inquieta

Le opere della maturità

■ Agnolo Bronzino Allievo del Pontormo, Agnolo Bronzino (Monticelli, Firenze, 1503-1572) fuse nella sua pittura elementi del manierismo toscano e influssi michelangioleschi, raggiungendo effetti d’arte nobilissimi nella fermezza e freddezza metafisica dei suoi ritratti. Tra gli esempi migliori: Guido- I ritratti baldo d’Urbino (Firenze, Palazzo Pitti), Lucrezia Panciatichi (1540, Firenze, Uffizi), Andrea Doria (Milano, Brera) e numerosi altri, eseguiti per conto dei Medici, alla cui corte fu pittore ufficiale dal 1539. Fu autore anche di affreschi (Storie bibliche, Firenze, Palazzo Vecchio) e di cartoni per l’arazzeria medicea.

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Manierismo, classicismo e caravaggismo

Un’esistenza romanzesca

La saliera di Francesco I Il Perseo

I trattati e le Rime

Intellettualismo prebarocco

■ Benvenuto Cellini Orafo, scultore e scrittore, Benvenuto Cellini (Firenze 1500-1571) condusse un’esistenza romanzesca e densa di avventure, che lui stesso narrò in Vita (1558-1562), capolavoro del genere autobiografico. Dopo aver lavorato a Roma (papa Clemente VII, nel 1529, lo nominò incisore alla zecca romana), soggiornò in Francia (1540-1545) sotto la protezione di Francesco I per il quale realizzò la preziosa saliera in oro e smalto (1543, Vienna, Kunsthistorisches Museum), emblema dell’applicazione degli schemi propri della scultura all’oreficeria. Tornato a Firenze nel 1549 realizzò per Cosimo I il bronzo del Perseo (Firenze, Loggia dei Lanzi), la sua opera più celebre e conclusiva, il grande busto in bronzo di Cosimo I e il Narciso (Firenze, Museo nazionale); al 1556 circa risale il Crocifisso marmoreo nella sacrestia dell’Escorial. Benvenuto Cellini lasciò anche i trattati Dell’oreficeria e Della scultura (1568) e una raccolta di Rime. I suoi lavori di oreficeria sono andati quasi totalmente perduti. ■ Il Giambologna Scultore fiammingo formatosi ad Anversa, Jean Boulogne, detto il Giambologna (Douai 1529 - Firenze 1608), nel 1550 si trasferì a Firenze e vi si stabilì. La sua opera si colloca nell’ambito delle ricerche intellettualistiche del tardo manierismo fiorentino, rivelando anche contatti con l’ambiente nordico e con la scuola di Fontainebleau. Le sue statue – come Fontana del Nettuno (1563-1566, Bologna, piazza del Nettuno), Mercurio (1564, Firenze, Bargello), Ratto delle Sabine (1579-1583) ed Ercole e il centauro (entrambi a Firenze, Loggia dei Lanzi) – hanno forme ampie e rotonde che preannunciano la stagione del barocco.

Il manierismo romano e la sua diaspora

La bizzarria delle grottesche 126

A Roma, sotto il pontificato di papa Clemente VII (15231534), furono gli allievi di quest’ultimo, e in particolare Giulio Romano, seguito da Polidoro Caldara da Caravaggio (1495/1500-1546), Perin del Vaga e Giovanni da Udine (1487-1564) a stravolgerne per altri versi la “maniera”, in chiave di bizzarria e di estro fantastico, elaborando un tipo di decorazione elegante e gustosa (le grottesche). A Roma giunsero anche artisti toscani del calibro di Sansovi-

1 - Il manierismo

no, Cellini e Rosso Fiorentino, emiliani come il Parmigianino e veneti come Sebastiano del Piombo (1485-1547). Ma il sacco di Roma del 1527, compiuto dalle truppe di Carlo V nel corso della guerra con la Francia per il dominio dell’Italia, ebbe come conseguenza la diaspora degli La diaspora verso il nord artisti verso l’Italia settentrionale. L’attività artistica comunque non si arrestò; nel 1534 (anno in cui Paolo III Farnese divenne papa) Michelangelo si trasferì definitivamente a Roma e diventò l’indiscusso protagonista della scena artistica. ■ Giulio Romano Tra i più originali allievi e aiuti di Raffaello, Giulio Pippi, noto come Giulio Romano (Roma 1499 circa - Mantova 1546), fu pittore e architetto a Roma. La sua mano è presente in numerose opere del maestro, nelle Stanze Vaticane (stanza dell’Incendio di Borgo), nella Farnesina, nelle Logge Vaticane, a Villa Madama, nella parte inferiore della Trasfigurazione (Pinacoteca Vaticana). Nelle opere successive alla morte di Raffaello (Sala di Costantino in Vaticano; Madonne del Prado e di Napoli) appare una sottile divergenza dagli schemi raffaelleschi, mentre contemporaneamente la prima attività architettonica romana (Villa Lante al Gianicolo; Palazzo Maccarani) rivela un analogo atteggiamento nei confronti dei modelli bramanteschi. Ma con la diaspora degli artisti dopo il sacco di Roma i germi del manierismo si diffusero in tutt’Italia, e a Mantova il soggiorno di Giulio lasciò un emblematico esempio di manierismo in architettura e decorazione. In Palazzo Te (iniziato nel 1525) infatti si fondono architettura, decorazione e pittura: la corrosiva critica al classicismo si esprime in forme volutamente ironiche (affreschi della Sala di Psiche e della Sala dei Giganti). Gli stessi risultati di ambiguità formale si ritrovano nel cortile della cavallerizza nel Palazzo Ducale e nella ricostruzione del duomo (iniziato nel 1545).

Allievo e aiuto di Raffaello

L’allontanamento dagli schemi di Raffaello

Il Palazzo Te di Mantova

■ Il Parmigianino Figura tra le più originali del manierismo italiano, France- Una delle figure sco Mazzola, detto il Parmigianino (Parma 1503 - Casal- più originali maggiore 1540), partì da premesse stilistiche affini a quelle del Correggio, come è evidente negli affreschi (15211524) della cappella di San Giovanni Evangelista a Parma e negli affreschi con il Mito di Diana e Atteone (1523 circa, Fontanellato, Rocca Sanvitale).

127

Manierismo, classicismo e caravaggismo

Giunto nel 1524 a Roma, si inserì rapidamente nella cultura raffaellesca e michelangiolesca, fino a giungere a un antinaturalismo tutto intellettuale, basato su forme ovali, allungate, raggelate dai freddi toni cangianti del colore. Le suggestioni romane (Madonna col Bambino e San Giovannino, Napoli, Gallerie nazionali di Capodimonte; Visione di San Gerolamo, 1527 circa, Londra, National Gallery) Il periodo bolognese furono ulteriormente sviluppate nel periodo bolognese (1528-1531) con opere fondamentali per il manierismo emiliano del ’500: la Pala di San Rocco per San Petronio, la Santa Margherita (1529, Bologna, Pinacoteca), la Madonna della rosa (1531, Dresda, Gemäldegalerie). Tra le ultime opere, la Madonna dal collo lungo (1535, Firenze, Uffizi) e l’Antea (Napoli, Gallerie nazionali di Capodimonte). Antinaturalismo intellettuale

Nella cerchia di Raffaello

A Genova

I quadri

I disegni 128

■ Perin del Vaga Il pittore Pietro Bonaccorsi, detto Perin del Vaga (Firenze 1501 - Roma 1547), si formò a Firenze e nel 1515 circa si trasferì a Roma dove entrò nella cerchia di Raffaello, collaborando alla decorazione delle Logge Vaticane e rivelando fin dalle prime opere autonome (affreschi del salone di Palazzo Baldassini) una personalità estrosa e inquieta. Ebbe contatti con l’ambiente del primo manierismo fiorentino (nel 1522-1523 a Firenze conobbe Rosso Fiorentino e il Pontormo). Nel 1527, dopo il sacco di Roma, si trasferì a Genova e per il principe Andrea Doria eseguì la decorazione di Palazzo Doria, con i Trionfi, Eroi e la Caduta dei Giganti, caratterizzati da un’esecuzione antinaturalistica del tema e dei colori. Tornato a Roma nel 1538, Perin godette di notevole favore presso la corte papale per la quale realizzò gli affreschi della Sala Paolina in Castel Sant’Angelo. ■ Federico Barocci Federico Fiori, noto come Federico Barocci (Urbino 15351612 circa), fu un pittore che operò stabilmente a Urbino, dove studiò le opere di Raffaello, Correggio e dei veneti. I suoi quadri, quasi tutti di soggetto religioso, sono caratterizzati dalla presenza di numerose figure, dall’abbondanza di particolari e da effetti di colore, fantasiosi e chiari come nella Deposizione dalla Croce (1569, Perugia, duomo), nel Riposo nella fuga in Egitto (1573, Roma, Pinacoteca Vaticana), nella Madonna del popolo (1579, Firenze, Uffizi) e nel Presepio notturno (Milano, Pinacoteca Ambrosiana). Notevolissimi sono i suoi numerosi disegni

1 - Il manierismo

a gessetti colorati e i bozzetti, mentre l’acquaforte con l’Annunciazione e le incisioni in rame contribuirono all’evoluzione di queste tecniche. ■ Daniele da Volterra Daniele Ricciarelli, noto come Daniele da Volterra (Volterra 1509 - Roma 1566), fu allievo di Baldassarre Peruzzi e lavorò a Roma nell’orbita di Michelangelo, rimanendo pro- L’influenza fondamente colpito dal suo Giudizio Universale. Nell’af- di Michelangelo fresco della Deposizione (1541, Roma, Trinità dei Monti) mostra con evidenza la riflessione sulle questioni religiose e formali dell’opera michelangiolesca, oltre che una rilettura, soprattutto in chiave coloristica, di Rosso Fiorentino.

Il manierismo a Venezia e nel Veneto Nell’ambito veneziano, dopo la morte di Giorgione, fu Tiziano l’indiscusso protagonista della pittura: le sue doti ebbero subito eco nelle corti italiane, e l’artista ricevette numerose commissioni da parte dei principali ducati. Ma La diffusione tra il 1540 e il 1560 il manierismo giunse anche nel Vene- del manierismo to: gli anticipatori in pittura e in architettura furono il Pordenone e tutti gli artisti che, in seguito al sacco di Roma, si erano rifugiati in questa regione. ■ Il Pordenone Giovanni Antonio de’ Sacchis, detto il Pordenone (Pordenone 1483 circa - Ferrara 1539), elaborò il suo stile a contat- La formazione to con Giorgione (Madonna della Misericordia, 1515, Pordenone, duomo), con Palma il Vecchio e Lotto (Trasformazione, Milano, Brera). Per lui fu fondamentale il soggiorno romano del 1516, durante il quale si accostò a Raffaello e a Michelangelo. Nelle opere che seguirono, come le Storie della Passione (1521-1522, Cremona, duomo), gli affreschi nella Madonna di Campagna (1529-1531, Piacenza) e San Lorenzo Giustiniani (1532, Venezia, Gallerie dell’Accademia), dimostrò il suo graduale distacco dal classicismo veneziano, per prediligere effetti grandiosi e atteggiamenti Effetti grandiosi magniloquenti di intensa drammaticità. ■ Jacopo Bassano Figlio di Francesco il Vecchio (1470 circa - 1540), capostipite della famiglia di pittori Da Ponte, soprannominata Bassano dalla città di provenienza, Jacopo Bassano (1510/1515-

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Manierismo, classicismo e caravaggismo

1592) aprì una bottega di grande successo nella sua città d’origine. Nei primi capolavori (Fuga in Egitto, Bassano, Museo Civico; Disputa al tempio, Oxford) l’artista rivela la conoscenza del naturalismo lombardo, del romanismo del Pordenone e delle stampe di Raffaello. Negli anni a cavallo della metà del secolo la sua cultura figurativa si arricchì a contatto con le stampe tedesche e le opere manieristiche (Sansone, Dresda; Martirio di Santa Caterina, Bassano, Museo Civico; Santa Trinità, parrocchiale di Angarano; Decollazione di San Giovanni Battista, Copenaghen, Statens Museum for Kunst). Un’ulL’evoluzione stilistica teriore evoluzione stilistica lo indirizzò verso una resa dei colori in una vasta gamma di contrasti tonali (Vergine tra i Santi Martino e Antonio abate, Monaco, Alte Pinakothek; Ultima Cena e Adorazione dei pastori, Roma, L’ultimo periodo Galleria Borghese). Nell’ultimo periodo la sua bottega elaborò una serie di tipi figurativi (animali, nature morte, pose della figura umana) che costituiranno l’antecedente diretto della pittura veneta di genere seicentesca.

La centralità della luce

I ritratti

I cicli per la Scuola di San Rocco

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■ Il Tintoretto Iacopo Robusti, detto il Tintoretto (Venezia 1518-1594), visse e operò sempre a Venezia. A lui va il merito di aver inserito gli assunti estetici manieristici tosco-romani nella tradizione veneta. La sua costante ricerca della luce, intesa come prima componente ed elemento coordinatore delle scene che si risolvono in visioni, è tutta tesa a tradurre la sua spiritualità intensa e drammatica (Ultima Cena, 1547, Venezia, Santa Marcuola; Miracolo di San Marco, 1548, Venezia, Gallerie dell’Accademia). Nei ritratti si preoccupò soprattutto di mettere a fuoco l’interiorità del personaggio, come nel Ritratto della famiglia Soranzo (1550, Milano, Castello Sforzesco), nel Ritratto di gentiluomo dalla catena d’oro (1556-1560, Madrid, Prado), nel Doge Alvise Morosini (1570, Venezia, Gallerie dell’Accademia) e nell’Autoritratto (Venezia, Scuola Grande di San Rocco). La sua opera più importante furono i tre cicli per la Scuola di San Rocco, con le Storie del Vecchio e Nuovo Testamento (1564-1587, Venezia, Scuola Grande di San Rocco), costituite da una cinquantina di teleri in cui basò l’articolazione spaziale su forti scorci prospettici e figure agili e dinamiche, il tutto fuso e animato dalla forza costruttiva della luce. Le Storie rimangono il più completo ed esauriente racconto pittorico dell’arte della Riforma cattolica.

1 - Il manierismo

■ Il Veronese Paolo Caliari, detto il Veronese (Verona 1528 - Venezia 1588), si affermò giovanissimo (1553) come decoratore di altissimo livello a Venezia. Nei primi cicli veneziani (per la Sala del Consiglio dei Dieci in Palazzo Ducale, 1553; per la chiesa di San Sebastiano; per la Libreria di Sansovino, 1556) la sua cultura appare ispirata ai modelli del manierismo romano ed emiliano. La serenità olimpica e profana della sua pittura si espresse, dopo il suo viaggio a Roma del 1560, nell’assoluto capolavoro degli affreschi di Villa Barbaro a Maser: impostati sull’illusionismo architettonico di stampo manierista, mostrano anche l’interesse del Veronese per il classico, con l’inserimento di ruderi classici, figure di pura immaginazione. I valori scenografici del suo linguaggio trovarono la massima espressione nella serie delle celebri Cene, dalla Cena in Emmaus (1560 circa) e dalle Nozze di Cana (1562), ambedue ora al Louvre di Parigi, all’Ultima Cena per il convento dei Santi Giovanni e Paolo (1571-1573, ora alle Gallerie dell’Accademia di Venezia), che costituirono l’espediente per rappresentare la vita della nobiltà veneziana e che in un caso (Ultima Cena poi trasformata con il titolo di Convito in casa Levi, 1573, Venezia, Gallerie dell’Accademia) gli procurò la censura da parte dell’Inquisizione per la poca aderenza al fatto evangelico.

Decoratore di altissimo livello

Gli affreschi di Villa Barbaro

Le Cene

il misticismo di el greco in spagna Nella seconda metà del ’500 uno dei massimi pittori attivi in Spagna fu un artista di origini cretesi di nome Dominikos Theotokòpulos, meglio conosciuto con lo pseudonimo di El Greco. Nato a Candia nel 1541 e morto a Toledo nel 1614, dopo diversi soggiorni in Italia (e in particolare a Venezia nel 1560, dove rimase colpito dalla lezione di Bassano, Tintoretto e dallo stesso Tiziano, a Parma e Roma), nel 1576 si stabilì definitivamente nella Spagna controriformista. Qui i suoi colori dissonanti, le figure allungate, le luci livide e accecanti, gli spazi stravolti e lontanissimi da qualsiasi prospettiva traducono in pittura il carattere visionario della mistica spagnola del tem-

po. Di questi anni sono San Francesco che riceve le stigmate, le Maddalene e San Pietro in penitenza, che preludono al Sogno di Filippo II (1579), al Martirio della legione tebana (1580-1582) e al celebre Entierro del conde de Orgaz (“La sepoltura del conte d’Orgaz”, 15861588, Toledo, chiesa di Santo Tomé), considerato il capolavoro della pittura manierista. Con il Battesimo di Cristo (Madrid, Prado) ebbe inizio una serie di pale d’altare, eseguite tra il 1596 e il 1600, in cui El Greco portò all’estremo il verticalismo esasperato delle figure. La rappresentazione tutta spirituale del volto e della figura umana caratterizza anche i ritratti del decennio successivo.

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Manierismo, classicismo e caravaggismo

La ritrattistica L’ultima fase

Il Veronese operò anche nella ritrattistica, sia autonoma (La famiglia Cuccina, 1571, Dresda, Gemäldegalerie) sia inserita nelle sue grandi composizioni. Alla fase tarda della sua attività appartengono la decorazione del soffitto della Sala del Collegio in Palazzo Ducale (1575-1577) e le 4 Allegorie dell’amore (1580 circa), dipinte per Rodolfo II d’Asburgo e ora alla National Gallery di Londra.

■ Il Sansovino Iacopo Tatti, detto il Sansovino (Firenze 1486 - Venezia 1570), compì la sua formazione di architetto e scultore a Lo scultore Roma (1506-1511). A Firenze realizzò varie opere scultoree, tra cui il Bacco fanciullo (1514 circa, Bargello). Di importanza determinante fu il secondo soggiorno romano (1516-1527). Le opere di scultura di questo periodo mostrano una tendenza ad amplificare in chiave monumentale i suoi schemi (tombe in San Marcello al Corso, 1520) e una personale sensibilità pittorica nel modellato (Madonna del parto in Sant'Agostino). L’architetto Le prime prove come architetto rivelano l’intelligenza e l’abilità con cui il Sansovino intervenne sul linguaggio bramantesco, nonostante le alterazioni subite dai suoi edifici (palazzetti Lante e Gaddi; chiesa di San Marcello, 1519). Il periodo veneziano Con il trasferimento a Venezia dopo il sacco di Roma (1527) ebbe inizio il periodo più fecondo della sua attività. Le sue architetture (Scuola Nuova della Misericordia, dal 1532; Palazzo Corner, dal 1533; San Francesco della Vigna, dal 1534) rappresentarono l’ingresso perentorio e trionfale in Venezia del classicismo romano. Specialmente Palazzo Palazzo Corner Corner, geniale versione del tradizionale schema del palazzo veneziano in forma classicista, costituì un esempio destinato ad ampia fortuna. Ma il capolavoro massimo di SansoLa ristrutturazione vino resta la ristrutturazione di piazza San Marco, ripensata di piazza San Marco sull’evidente modello del forum degli antichi: dal 1537 terminò le Procuratie Vecchie, costruì la Libreria Marciana, la Zecca, la loggetta del campanile. L’entroterra veneto ospita un altro suo capolavoro, Villa Garzoni a Pontecasale (dal Le ultime opere 1540-1545). Tra le ultime opere spiccano la Scala d’Oro in Palazzo Ducale (1544), le Fabbriche Nuove di Rialto (1555 circa) e l’ospedale degli Incurabili (dal 1560).

La formazione 132

■ Michele Sanmicheli Architetto esponente del classicismo cinquecentesco, Michele Sanmicheli, o Sammicheli (Verona 1485-1559), completò la sua formazione a Roma con gli architetti che lavo-

1 - Il manierismo

ravano attorno al Bramante e ai Sangallo (Giuliano, 1445 circa - 1516, che nella villa medicea di Poggio a Caiano creò il prototipo della villa cinquecentesca; Antonio il Vecchio 1455 circa - 1534; Antonio il Giovane 1484-1546). Lavorò come ingegnere e architetto militare nel Veneto e Architetture in Dalmazia e come architetto civile a Verona (cappella militari e civili Pellegrini in San Bernardino; palazzi Canossa, Bevilacqua e Pompei; complesso del Lazzaretto, cupola di San Giorgio in Braida) e a Venezia (Palazzo Grimani).

Palladio Andrea di Pietro della Gondola, detto Palladio (Padova 1508 - Vicenza 1580), fu architetto e trattatista, esponente di un nitido classicismo, unito a un senso scenografico preludio del barocco, che ebbe vasto seguito soprattutto Vasto seguito in Francia e in Inghilterra creando una vera e propria ten- in Europa denza (palladianesimo). ■ La formazione e le prime opere L’incontro con il letterato umanista Giangiorgio Trissino, La formazione che lo impiegò nella costruzione della sua villa a Cricoli umanistica presso Vicenza, fu fondamentale nella formazione del giovane Palladio, prima ancora dell’esaltante scoperta del mondo classico durante il viaggio a Roma del 1541, sempre con Trissino. Già le prime opere, antecedenti al viaggio romano (Palaz- Le prime opere zo Civena a Vicenza; Villa Marcello a Bertesina; la già compiutamente originale Villa Godi a Lonedo), dimostrano l’assimilazione della lezione di Sansovino e Sanmicheli, arricchita nei successivi viaggi a Roma (1545, 1547, 1549) dallo studio delle antichità dell’epoca romana. ■ L’architetto delle ville venete La notorietà giunse nel 1549 con l’incarico, affidatogli dal Consiglio della città di Vicenza, della ricostruzione delle logge del Palazzo della Ragione. Palladio divenne l’architetto prediletto dall’aristocrazia di Vicenza, caratterizzando il volto della città con edifici di grande rilievo, come Palazzo Iseppo da Porto (1552), Palazzo Chiericati (15511552), Villa Capra, detta La Rotonda (1550-1551), opera in cui si inaugura lo schema della villa-tempio, Palazzo La villa-tempio Thiene (1556-1558). Palladio ottenne anche prestigiosi incarichi a Venezia, divenendo nel 1570, alla morte del San-

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Manierismo, classicismo e caravaggismo

Le grandi ville venete

L’architettura religiosa

Il teatro Olimpico di Vicenza Il trattato

sovino, architetto ufficiale della Serenissima. Tra la fine degli anni ’50 e il decennio successivo si colloca un’intensa attività di costruzione di ville nella campagna veneta: dalla semplicità polemica di Villa Emo a Fanzolo all’articolata complessità della Malcontenta presso Mira; dalla programmatica classicità di Villa Cornaro a Piombino Dese alle variazioni intellettualistiche di Villa Barbaro a Maser; dalla rievocazione archeologizzante di Villa Badoer a Fratta Polesine all’estroso riferimento ai modelli manieristi di Giulio Romano in Villa Sarego a Santa Sofia di Pedemonte. ■ Le opere tarde L’attività veneziana di Palladio iniziò con il completamento del refettorio del convento di San Giorgio Maggiore (1560) e proseguì negli anni successivi con il convento della Carità (1560-1561) e con le due uniche chiese palladiane, la chiesa di San Giorgio Maggiore (1566) e quella del Redentore (1576). Le opere tarde di Palladio, come Palazzo Valmarana (1566) o Palazzo Thiene Bonin Longare (dopo il 1571), indicano una complessa riflessione su temi michelangioleschi. Ultimo capolavoro di Palladio fu il teatro Olimpico di Vicenza, portato a termine da Vincenzo Scamozzi. Dell’opera, delle idealità, della cultura di Palladio è testimonianza preziosa il suo celebre trattato I quattro libri dell’architettura (1570).

Il manierismo in Lombardia I protagonisti

I principali artefici della tendenza manieristica in Lombardia furono artisti come il pittore, scultore e architetto piemontese Gaudenzio Ferrari (1475-1546 circa), che per influsso dell’arte d’Oltralpe si fece esponente di un precoce manierismo; la famiglia di pittori cremonesi Campi (Galeazzo, 1447-1536; Giulio, 1502-1572 circa; Antonio, 1524-1587 circa; Vincenzo, 1536-1591; Bernardino, 15221591); Savoldo e Moretto da Brescia. Caso particolare fu l’Arcimboldi, che, formatosi a Milano, ebbe le sue più importanti commissioni a Praga. ■ Giovan Gerolamo Savoldo Il pittore bresciano Giovan Gerolamo Savoldo (Brescia 1480/1485 - Venezia dopo il 1548), a partire dal 1508 soggiornò per alcuni anni a Firenze. Dal 1521 operò a Vene-

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1 - Il manierismo

zia, dove elaborò uno stile originale che riprendeva spunti da Giorgione, da Lotto e dai fiamminghi. Alla rigorosa costruzione spaziale e al vigoroso realismo unì un uso L’uso della luce della luce per accentuare le forme e le espressioni (Cristo morto con Giuseppe d’Arimatea, Cleveland, Museum of Art; Adorazione dei pastori, Torino, Galleria Sabauda; Madonna e santi, Milano, Pinacoteca di Brera). Fra il 1520 e il 1530 si collocano, oltre ai dipinti sacri (Natività, Brescia, Pinacoteca Tosio-Martinengo; Maddalena, Londra, National Gallery; San Girolamo, Londra, National Gallery), i ritratti migliori (Gastone di Foix, I ritratti Parigi, Louvre; Pastore con flauto, Firenze, collezione Contini-Bonacossi). ■ Moretto da Brescia Alessandro Bonvicino, detto Moretto da Brescia (Brescia 1498-1554 circa), espresse una pittura pacata e serena, ca- Una pittura pacata ratterizzata da forme ampie e raccolte e da preziose tonalità grigio argento visibili in I Santi Faustino e Giovita (1518, Lovere, Santa Maria in Valvendra); Incoronazione di Maria (Brescia, San Giovanni Evangelista); Presepio (Brescia, Pinacoteca Tosio-Martinengo). ■ Giuseppe Arcimboldi Il milanese Giuseppe Arcimboldi (1527-1593) si formò La formazione nella sua città producendo cartoni per le vetrate del duomo e poi cartoni di arazzi per il duomo di Como. Fu pittore a Praga e a Vienna alle corti degli imperatori Massimiliano II e Rodolfo II. Arcimboldi è noto soprattutto per la bizzarria delle sue Figure formate da figure allegoriche, formate da fiori, frutta, animali, e si fiori, frutta e animali pone per esasperato intellettualismo fra i rappresentanti del manierismo più fantastico e dissacrante: un manierismo evidente nell’Estate e nell’Inverno (1563, Vienna, Kunsthistorisches Museum); nell’Allegoria della primavera (Madrid, Accademia di San Fernando) e nell’Ortolano (Cremona, Pinacoteca).

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Manierismo, classicismo e caravaggismo

SCHEMA RIASSUNTIVO Il manierismo

Movimento stilistico italiano ed europeo sviluppatosi tra il 1520 circa e la fine del ’500, è caratterizzato da un antinaturalismo lontano dalla razionalità rinascimentale e dall’equilibrio armonico classicista. Il termine deriva dalla critica seicentesca, caricato di un significato negativo per indicare inerzia creativa, artificiosità, virtuosismo tecnico non sostenuto dall’ispirazione. I primi due centri di elaborazione del manierismo sono Firenze e Roma. In Italia e in Europa si afferma come lo stile delle corti, arte colta basata su iconografie preziose e allegorie complicate. Un ultimo guizzo di autentica forza lo esprime in Spagna la pittura di El Greco.

• Firenze

È tra i primi centri di elaborazione del manierismo. Nei primi decenni del ‘500 vi operano Andrea del Sarto, portatore di un misurato e dolce classicismo; Rosso Fiorentino, protagonista del momento più ricco e inquietante del manierismo fiorentino; il Pontormo, che caratterizza le sue opere con segni nervosi e vibranti. Nei decenni successivi sono attivi Agnolo Bronzino, noto per i ritratti per conto dei Medici, Benvenuto Cellini e il Giambologna, giunto a Firenze nel 1550, che rappresenta le tendenze intellettualistiche del tardo manierismo fiorentino.

• Roma

Esponenti emblematici del manierismo romano sono alcuni allievi di Raffaello: tra questi Giulio Romano dà un importante contributo in campo architettonico soprattutto durante il soggiorno mantovano. Il Parmigianino giunge a Roma nel 1524 e caratterizza la sua opera con un antinaturalismo tutto intellettuale, basato su forme ovali e allungate. Altre figure significative sono Perin del Vaga, Federico Barocci e Daniele da Volterra. Il sacco di Roma del 1527 provoca la diaspora degli artisti verso l’Italia settentrionale.

• Venezia e il Veneto

Nell’ambito veneziano, dopo la morte di Giorgione (1510), l’indiscusso protagonista della pittura è Tiziano, ma tra il 1540-1560 anche il Veneto viene raggiunto dal manierismo, il cui anticipatore in pittura è il Pordenone. Una stagione di splendore artistico annovera in pittura il Tiziano maturo, il Veronese, il Tintoretto e Bassano; in architettura Palladio, il Sansovino e Sanmicheli.

• Lombardia

I principali artefici delle tendenze manieristiche sono artisti come il Savoldo e Moretto da Brescia. Caso particolare è invece Giuseppe Arcimboldi, le cui più figure allegoriche, formate da frutta, fiori e animali, mostrano il più esasperato, fantastico e dissacrante manierismo.

DOMANDE DI VERIFICA 1 Chi

furono i protagonisti del manierismo fiorentino? 123-126

4 Quali sono i temi alla base dell’esperienza

2 Riassumi l’esperienza della scuola di Fon-

5 Con quali lavori Palladio raggiunse la noto-

3 Chi furono gli artisti protagonisti della dia-

6 Quali artisti hanno rappresentato maggior-

tainebleau. 124

spora romana? 127-129

136

artistica del Tintoretto? 130

rietà come architetto? 133-134

mente il manierismo lombardo? 134-135

2 Classicismo

e caravaggismo

Negli ultimi due decenni del ’500 si affermarono due importanti artisti: Annibale Carracci e il Caravaggio. Pur essendo stati considerati dalla critica, soprattutto seicentesca, come rivali, poiché le opere del primo erano intrise di idealismo e quelle del secondo di schietto realismo, entrambi condivisero l’opposizione all’arte manieristica, pur esprimendo caratteristiche pittoriche differenti. Il clima culturale in cui agirono era segnato dal rinnovato interesse della Chiesa post-tridentina per l’arte, che con le sue immagini sacre doveva suscitare nel fedele sentimenti di profonda devozione.

Il nuovo classicismo dei Carracci Alla famiglia di pittori bolognesi Carracci si deve la fioritura a Bologna, nel 1590, dell’Accademia degli Incamminati, un centro privato di educazione autoctono che ripropose la conoscenza dei grandi maestri del Rinascimento, meditati alla luce di una rinnovata coscienza della natura e della tradizione. L’accento venne posto sull’importanza del disegno come mezzo per indagare la realtà e la natura così da arrivare a un nuovo modo di dipingere che fosse scevro degli aspetti convenzionali del manierismo. Si voleva restituire spontaneità e immediatezza alle forme, in direzione di un nuovo classicismo. I tre fondatori furono Agostino, Annibale e Ludovico Carracci.

L’Accademia degli Incamminati L’importanza del disegno

■ Ludovico Carracci Cugino di Agostino e Annibale, Ludovico Carracci (Bologna 1555-1619) fu il direttore dell’Accademia degli Incamminati e uno dei più rappresentativi portavoce della cul- Portavoce tura della Controriforma. Tale atteggiamento è evidente della cultura nella tela che raffigura la Madonna col Bambino e i san- della Controriforma ti Francesco e Giuseppe (1591, Cento, Pinacoteca civica), in cui la funzione devozionale è sottolineata della conversazione religiosa dei personaggi, fatta di sguardi e di gesti che devono persuadere l’osservatore di fronte alla scena sacra, nel rispetto della teoria seicentesca di un’arte

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Manierismo, classicismo e caravaggismo

Le opere degli ultimi anni

mirata a coinvolgere e a emozionare il fedele. Ludovico lavorò poi (1588-1592) al ciclo di Storie di Roma per il Palazzo Magnani (ora Salem) a Bologna (Lupa allattante Romolo e Remo, Ratto delle Sabine) in collaborazione con i cugini. Con accenti personali e nuovo impegno di ricerche eseguì con collaboratori gli affreschi per il convento di San Michele in Bosco (1605 circa, Bologna). Degli anni successivi sono, tra le altre opere, il San Carlo e il Bambino (1614-1616, Forlì, Pinacoteca), l’Adorazione dei Magi (1616, Milano, Brera) il Pianto di Pietro (1617, Bologna, chiesa di San Pietro) e il vasto affresco dell’Annunciazione (1618-1619), che figura sull’arco trionfale della cattedrale di Bologna.

■ Agostino Carracci Il teorico del gruppo Considerato il teorico del gruppo, nel senso di ripresa e riesame, tramite la tecnica dell’incisione, del patrimonio artistico cinquecentesco, Agostino Carracci (Bologna 1557 - Parma 1602) dopo un soggiorno a Venezia (1582) definì i caratteri della sua pittura in opposizione al manierismo. Gli affreschi di Palazzo Fava a Bologna con le L’influsso della Storie di Giasone (1583-1584) rivelano un forte influsso pittura veneta della pittura veneta. Nel 1586 Agostino fu attivo a Parma, dove incise opere del Correggio ed eseguì la Madonna col Bambino e santi (Parma, Pinacoteca), che rivela una fusione di elementi delle culture parmense e veneziana. Gli esiti di un nuovo contatto con la pittura veneta (15881589, anni in cui l’artista incise la Crocifissione del Tintoretto) sono evidenziati nell’impianto tutto tizianesco della figura di Plutone (1592, Modena, Galleria estense) e nell’Annunciazione (Parigi, Louvre). Dopo un soggiorno a Roma (1594-1596) con il fratello Annibale per lavori a Palazzo Farnese, intorno al 1600 iniziava a Parma la decorazione di Palazzo del Giardino di Ranuccio Farnese. ■ Annibale Carracci Fratello minore di Agostino, Annibale Carracci (Bologna 1560-1609) è considerato uno dei maggiori pittori bolognesi. Nelle sue prime opere, compiute tra il 1583 e il Interesse 1585, si individua l’interesse per soggetti della vita quotiper la vita quotidiana diana e umili (Crocifisso, Bologna, chiesa di San Nicolò; Il mangiafagioli, Roma, Galleria Colonna; Bottega del macellaio, Oxford, Christ Church). Nel Battesimo di Cristo (1585, Bologna, chiesa di San Gregorio) l’artista invece lascia intravedere interesse alla lezione del Correggio.

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2 - Classicismo e caravaggismo

Tra il 1588 e il 1590 lavorò con il fratello Agostino e il cugino Ludovico agli affreschi di Palazzo Magnani (ora Salem) a Bologna. Nel 1595 fu a Roma, incaricato dal cardinale Odoardo Farnese di dipingere il Camerino Farnese, un lavoro quasi preparatorio per la decorazione della fastosa Galleria Farnese. A quest’ultima, collaborando con il fratello Agostino, si applicò dal 1597 al 1602 con una straordinaria libertà compositiva e uno stimolante approfondimento dei valori formali ed espressivi. Il programma iconografico della Galleria (fatta costruire per raccogliere le collezioni di sculture antiche del cardinale), con scene mitologiche e d’amore, venne soprattutto derivato dalle Metamorfosi di Ovidio (scene con il Trionfo di Bacco e Arianna, Paride e Mercurio e Pan e Diana). La decorazione fu caratterizzata da una particolare scelta tecnica, ovvero l’uso della quadratura e soprattutto la realizzazione delle architetture dipinte, che creano l’illusione di uno spazio tangibile. Questi affreschi sono così premessa della decorazione tipica del ’600 che insisterà molto sul concetto di illusionismo spaziale. Per Annibale dunque fu fondamentale sia la rivivificazione della cultura classica in direzione naturalistica sia l’intensità persuasiva dell’immagine. Opere significative furono anche la lunetta con la Fuga in Egitto (1604, Roma, Galleria Doria Pamphili), in cui i personaggi si fondono armoniosamente con il paesaggio, la Samaritana al pozzo e la struggente Pietà (1603 circa, Vienna, Kunsthistorisches Museum).

La Galleria Farnese

La quadratura e le architetture dipinte

Le altre opere

Il Caravaggio Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio dal nome della sua città natale (Caravaggio 1573 - Porto Ercole 1610), è uno dei pittori più significativi del ’500, creatore del cosiddetto “luminismo caravaggesco”, che definisce una Il luminismo caratteristica innovatrice della funzione della luce, che fa caravaggesco emergere le cose dall’ombra e costruisce i volumi. ■ Gli anni della formazione Il Caravaggio si formò a Milano (1584) nella bottega del pittore bergamasco Simone Peterzano (notizie fra il 1573 e il 1596) e sulle opere dei maestri cinquecenteschi bergamaschi e bresciani (Lotto, Savoldo e Moretto da Brescia), dai quali trasse l’attenzione al fatto reale, quotidiano, e

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Manierismo, classicismo e caravaggismo

una religiosità schietta e priva di enfasi. Degli anni successivi al periodo di apprendistato sono riferite alcune opere: Bacco (Firenze, Uffizi), Fanciullo morso da un ramarro (Firenze, collezione Longhi), Buona ventura (Parigi, Louvre; Roma, Musei Capitolini), il Riposo nella fuga in Egitto e la Maddalena (Roma, Galleria Borghese).

Il Bacchino malato e il Canestro di frutta

Le tele di San Luigi dei Francesi

■ Il trasferimento a Roma Intorno al 1593 il Caravaggio si trasferì a Roma, dove maturò e lavorò in aperta polemica con il gusto manieristico ufficiale. Ai primi brani di realismo quotidiano, come il Bacchino malato (Roma, Galleria Borghese), il più tardo I bari (Roma, Galleria Sciarra) e il bellissimo Canestro di frutta (Milano, Pinacoteca Ambrosiana), che apre un nuovo capitolo nella storia della natura morta, succedono composizioni più complesse che culminano nel ciclo per la cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi a Roma. Nel 1595 firmò il contratto per le tele in San Luigi dei Francesi (San Matteo e l’angelo, Vocazione e Martirio di san Matteo), che suscitarono scandalo per l’ardita interpretazione realistica degli episodi religiosi, narrati con drammatico linguaggio chiaroscurale. Così si configura il cosiddetto “luminismo caravaggesco”, basato sulla funzione espressiva e strutturante del contrasto luce-ombra. ■ La maturità artistica

Crudo realismo

Le critiche alla sua religiosità

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Forte ed essenziale si presenta l’impianto dei dipinti per Santa Maria del Popolo, eseguiti tra il 1600 e il 1601: la Crocifissione di San Pietro e la Conversione di San Paolo, che segnarono il culmine della sua maturità artistica. Le ultime opere romane, la Madonna di Loreto (Roma, Sant’Agostino), la Madonna del serpe (1603-1605, Roma, Galleria Borghese), la Cena in Emmaus (1605, Londra, National Gallery) e la Morte della Vergine (1605-1606, Parigi, Louvre, acquistata da Rubens per il duca di Mantova), furono aspramente criticate per il crudo realismo, specie l’ultima, per la quale correva voce che il Caravaggio si fosse servito come modello del corpo di una prostituta annegata nel Tevere. Del resto egli fu spesso oggetto di critiche e ritenuto un contestatore dell’ortodossia religiosa, al punto che molte sue opere non vennero accettate per motivi di decoro, poiché vi erano rappresentate figure in atteggiamenti troppo umili e spesso ritratte con mani e piedi sozzi. Coinvolto nel 1606 in una rissa mortale, ultima di una lunga serie di episodi di violenza dei quali era stato protagoni-

2 - Classicismo e caravaggismo

sta, il Caravaggio fu costretto a fuggire a Napoli. Le opere che realizzò in questa città, ovvero la Madonna del Rosa- La fuga a Napoli rio (1606-1607, Vienna, Kunsthistorisches Museum), le Sette opere della Misericordia (1607, Napoli, Pio Monte della Misericordia) e la Flagellazione, mostrano un ulteriore frantumarsi della luce e un accentuarsi del movimento delle figure. Nella sua fuga, da Napoli passò a Malta e poi in Sicilia (1608). Nelle ultime opere il suo estro divenne sempre Le ultime opere più tragico, come testimoniano il Seppellimento di Santa Lucia (1608, eseguito a Siracusa per l’omonima chiesa) e la Resurrezione di Lazzaro.

Il caravaggismo Dalla lezione di realismo e naturalismo del Caravaggio, alla cui base era lo studio diretto del vero, ma anche una profonda capacità trasfigurante, si sviluppò il filone realista di tutta l’età barocca, non solo in Italia, ma anche in Francia, Spagna e soprattutto nei paesi nordici. Nella serie di seguaci che raccolsero e interpretarono in modo differente il linguaggio del Caravaggio, si ricordano: Bartolomeo Manfredi (1580-1620 circa); i romani Ora- Gli esponenti zio Borgianni (1578-1616), Domenico Fetti (1589-1624) e Michelangelo Cerquozzi (1602-1660); il veneziano Carlo Saraceni (1579-1620); il bergamasco Viviano Codazzi (1604-1670); lo spagnolo Jusepe de Ribera (1591-1652); il tedesco Adam Elsheimer (1578-1610); i francesi Jean Valentin (1594-1632), la famiglia Le Nain e Georges de La Tour (1593-1652); gli olandesi Pieter Van Lear (15921642), Jan Vermeer e l’olandese Gerrit Van Honthorst (1590-1656); il grande fiammingo Pieter Paul Rubens. ■ Orazio Gentileschi Dopo la formazione artistica a Firenze, Orazio Gentileschi (Pisa 1565 circa - Londra 1639) nel 1585 si trasferì a Roma e qui conobbe il Caravaggio. Negli affreschi in Santa Maria Maggiore (1593) non si avverte ancora l’influenza del na- L’influenza turalismo caravaggesco, evidente invece nel Battesimo del naturalismo (1605 circa, Santa Maria della Pace). A tale naturalismo caravaggesco Gentileschi era ampiamente predisposto, come è dimostrato dai luminosi affreschi di Palazzo Pallavicini (16111612), da La Madonna pone il Bambino in braccio a Santa Francesca Romana (Urbino, Galleria nazionale

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Manierismo, classicismo e caravaggismo

delle Marche) e dai Tre santi martiri (Milano, Brera). Nel 1626 il pittore si stabilì in Inghilterra, dove dipinse in varie repliche il Riposo durante la fuga in Egitto (la copia migliore è a Vienna, al Kunsthistorisches Museum) e il Ritrovamento di Mosè (1630, Madrid, Prado). Tra i più originali

■ Giovanni Serodine Pittore e scultore tra i più originali fra i seguaci italiani del Caravaggio, Giovanni Serodine (Ascona 1594 - Roma 1630) mostra l’influsso caravaggesco già nei quadri giovanili della parrocchiale di Ascona (Chiamata dei figli di Zebedeo; Invito a Emmaus, 1623). Le successive opere eseguite per la chiesa romana di San Lorenzo fuori le Mura (Decollazione di San Giovanni, 1625, Roma, Palazzo Venezia; Elemosina di San Lorenzo, 1625, Sermoneta, abbazia di Valvisciolo) chiariscono ancor di più la sua vicinanza all’insegnamento caravaggesco.

Il classicismo del primo ’600

I principali discepoli dei Carracci

La formazione

142

La corrente pittorica che si rifaceva ai Carracci fu molto più numerosa di quella dei seguaci del Caravaggio. Rispetto ai caravaggisti, i discepoli dei Carracci dovevano tutti la propria formazione all’Accademia degli Incamminati di Bologna, e dunque costituirono una vera scuola, che poteva contare su laute committenze. Tra i primi discepoli di Annibale che giunsero a Roma si segnalano Guido Reni e il Domenichino. Anche la pittura di “paesaggio ideale” rappresentata già dall’ultima produzione di Annibale con la Fuga in Egitto si sviluppò ulteriormente con le opere di due pittori francesi come Nicolas Poussin e Claude Le Lorrain. Infine, a partire dai primi decenni del ’600, artisti come il Guercino e il parmense Giovanni Lanfranco (15821647), pur muovendo dall’educazione carraccesca, segnarono una svolta già in chiave barocca della pittura. ■ Guido Reni Dapprima allievo dell’Accademia degli Incamminati, Guido Reni (Bologna 1575-1642) aderì al recupero naturalista avviato dai Carracci. Nel decennio tra il 1598 e il 1608 rimeditò il manierismo e Raffaello (quadri per Santa Cecilia in Trastevere) arrivando a un’interpretazione in chiave classicamente naturalistica del realismo caravaggesco.

2 - Classicismo e caravaggismo

La protezione di Scipione Borghese gli procurò importanti commissioni a Roma da parte di papa Paolo V: così L’attività romana Reni decorò due sale in Vaticano (Sale delle Nozze Aldobrandini e delle Dame), le cappelle di Sant’Andrea e di Santa Silvia in San Gregorio Magno al Celio, la cappella dell’Annunciata al Quirinale e la cappella Paolina in Santa Maria Maggiore. In tutte queste opere venne chiarendosi la problematica del rapporto tra Idea e Natura che indiriz- Il rapporto zò, con alterne vicende, tutta la sua attività. Il suo classici- tra Idea e Natura smo si svolse secondo ritmi insieme monumentali e scorrevoli e aderì da un lato alle ragioni supreme dell’Idea, dall’altro a un’esigenza di concretezza (Strage degli Innocenti, 1611, Bologna, Pinacoteca nazionale; l’Aurora, 1613-1614, Roma, Palazzo Rospigliosi-Pallavicini). Ritornato a Bologna nel 1614, arricchì il proprio linguaggio di note altamente retoriche nella Gloria di San Domenico (Bologna, San Domenico) e di tonalità più calde (Assunta, 1617, Genova, Sant’Ambrogio; Fatiche di Ercole, Parigi, Louvre), mentre un’ispirazione più classica si ritrova in Atalanta e Ippomene (1615-1625 circa, Napoli, Gallerie nazionali di Capodimonte) e nel Battesimo di Cristo (Vienna, Kunsthistorisches Museum). ■ Il Domenichino Domenico Zampieri, detto il Domenichino (Bologna 1581 - Napoli 1641), fu discepolo dei Carracci e si trasferì a Roma al seguito di Annibale Carracci, con il quale lavorò per Palazzo Farnese. Fu autore di numerosi affreschi nell’oratorio di San Gregorio al Celio (Flagellazione di Sant’Andrea, 1608), in San Luigi dei Francesi (Storie di Santa Cecilia, 1611-1614), in Sant’Andrea della Valle e nell’abbazia di Grottaferrata (1608-1610). Le sue attitudini naturalistiche sono rintracciabili in dipinti quali Caccia di Diana (Roma, Galleria Borghese). Ma i risultati più alti della sua pittura si ritrovano nelle tele I risultati pittorici nelle quali domina il paesaggio: Il guado (Roma, Galle- più alti ria Doria), La fuga in Egitto (Parigi, Louvre), Paesaggio con Tobia e l’angelo (Londra, National Gallery); Paesaggio con fiume (Cambridge, Fitzwilliam Museum); Paesaggio con fortificazioni (Londra, collezione Mahon). ■ Il Guercino Le opere giovanili di Giovanni Francesco Barbieri, detto il Guercino (Cento 1591 - Bologna 1666), rivelano una sostanziale adesione alla poetica carraccesca (Madon-

143

Manierismo, classicismo e caravaggismo

A Roma

Il ripensamento

La campagna e le rovine romane

A Bologna 144

na in gloria con i Santi Pancrazio e Chiara, Madonna in trono col Bambino e santi, 1615 circa, Renazzo di Cento, parrocchiale di San Sebastiano), ma sono animate da un cromatismo e da una sensibilità ai problemi di luce unici nell’ambito della scuola bolognese (Madonna col Bambino e santi, 1616 circa, Bruxelles, Musée d’Art Ancien; Susanna e i vecchioni, 1617 circa, Madrid, Prado). Nel 1621 il Guercino venne chiamato a Roma da papa Gregorio XV. Tra le prime opere romane si annoverano l’affresco in Palazzo Costaguti e la decorazione del casino Ludovisi (L’aurora che scaccia la notte, 1621), cui seguì nel 1623 il Seppellimento di Santa Petronilla (Roma, Museo Capitolino). Il ritorno a Cento (1624) segnò l’inizio di un periodo di ripensamento che avvicinò il Guercino a Reni; l’artista si stabilì poi a Bologna nel 1642. Lo slancio di opere di modo barocco (Ercole e Anteo, 1631, Bologna, Palazzo Sampieri; Madonna del Rosario, 1631, Torino, San Domenico) andò mitigandosi in composizioni di misurato equilibrio (La Sibilla Libia, 1651, collezione della regina Elisabetta II; La Sibilla Samia, 1651, Genova, Palazzo Reale). ■ Claude Le Lorrain Claude Gellée, detto Claude Le Lorrain e in Italia noto anche come il Lorenese (Champagne 1600 - Roma 1682), è un pittore francese che visse e operò quasi esclusivamente a Roma, dove si era trasferito già nel 1613. Sensibile al fascino e all’atmosfera della campagna romana e delle sue rovine, creò un tipo di paesaggio classico in cui prevale il senso della varietà e della bellezza della natura, evocata attraverso la storia e il mito. Alcuni esempi sono la Veduta di Campo Vaccino a Roma (Parigi, Louvre), Agar e l’angelo (Londra, National Gallery), Narciso ed Eco (Londra, National Gallery), la Pastorale (Birmingham, City Art Gallery). ■ Nicolas Poussin Il pittore francese Nicolas Poussin (Villers, Normandia, 1594 - Roma 1665) fu il principale interprete del classicismo seicentesco. Dopo essere stato apprendista a Rouen e a Parigi, si interessò allo studio dei manieristi di Fontainebleau, di Raffaello e della sua scuola e approfondì la prospettiva, l’anatomia, l’architettura. Nel 1624 lasciò la Francia e raggiunse Bologna, dove conobbe il rinnovato classicismo dell’accademia dei Carracci e di Reni.

2 - Classicismo e caravaggismo

Il gusto barocco che andava maturando nella Roma di quegli anni (dove giunse nel 1625), unito all’esperienza del cromatismo di Tiziano, lo indusse a un pittoricismo che avvicina le opere del primo periodo romano (due Baccanali di putti, Roma, collezione Incisa della Rocchetta; Martirio di Sant’Erasmo, Vaticano, Pinacoteca Vaticana) a quelle di Pietro da Cortona. Il decennio tra il 1630 e il 1640 segnò il definitivo abbandono di ogni tendenza barocca per una rimeditazione attraverso la ricerca di razionale chiarezza e di archeologica precisione. I mirabili paesaggi caratterizzarono la fase estrema della sua attività con il Paesaggio con Polifemo (San Pietroburgo, Ermitage), le Quattro stagioni (1660-1664), il Paesaggio con Orfeo ed Euridice (Parigi, Louvre).

Il primo periodo romano Rimeditazione delle tendenze barocche

SCHEMA RIASSUNTIVO I Carracci

Questa famiglia di pittori bolognesi, creatori dell’Accademia degli Incamminati, ripropone la conoscenza dei maestri del Rinascimento ponendo l’accento sul disegno per arrivare a un nuovo modo di dipingere, indirizzato a un nuovo classicismo.

• Ludovico e Agostino

Ludovico è uno dei più rappresentativi portavoce della cultura controriformista e aderisce alla funzione devozionale della pittura intesa a coinvolgere l’osservatore di fronte alla scena sacra. Agostino è il teorico del gruppo.

• Annibale

Annibale è il più importante pittore bolognese del tempo: con Agostino realizza la decorazione della Galleria Farnese a Roma, con la particolare tecnica della quadratura e delle architetture dipinte per creare l’illusione dello spazio tangibile. Si interessa anche a soggetti quotidiani e alla definizione del ”paesaggio ideale”.

Caravaggio

Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, si caratterizza per l’attenzione al fatto reale, quotidiano e per una schietta religiosità. Tipica della sua pittura è la funzione della luce, che fa emergere le cose dall’ombra e costruisce i volumi. Questi elementi maturano dopo il trasferimento a Roma, dove opera in aperta polemica con il gusto ufficiale manieristico. Alle prime opere di realismo quotidiano (Bacchino malato, Roma, Galleria Borghese) seguono le composizioni più complesse del ciclo per la cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi (San Matteo e l’angelo, Vocazione e Martirio di San Matteo), che suscitano scandalo per l’ardita interpretazione realistica degli episodi religiosi, narrati con drammatico linguaggio chiaroscurale. I dipinti per Santa Maria del Popolo a Roma segnano il culmine della sua maturità. Le ultime opere romane (Madonna di Loreto, Madonna del serpe, Cena di Emmaus, Morte della Vergine) presentano un crudo realismo. Nelle ultime opere l’estro di Caravaggio diventa sempre più tragico con un ulteriore frantumarsi della luce e un accentuarsi del movimento delle figure.

• Il caravaggismo

Dal realismo e dal naturalismo del Caravaggio si sviluppa il filone realista di tutta l’età barocca, in Italia, in Francia, in Spagna e soprattutto nei paesi nordici fino a

145

Manierismo, classicismo e caravaggismo segue

tutto l’VIII secolo. Molti sono stati i seguaci che hanno raccolto e interpretato in modo differente il linguaggio caravaggesco. In Italia gli interpreti più significativi sono Orazio Gentileschi e Giovanni Serodine. Quest’ultimo è forse tra i più originali fra i seguaci italiani del Caravaggio: lo dimostrano opere quali la Decollazione di San Giovanni e l’Elemosina di San Lorenzo. Il classicismo ’600

Esponenti di questa tendenza artistica sono i pittori formatisi all’Accademia degli Incamminati, con Annibale Carracci che poi molti discepoli raggiungono a Roma.

• Guido Reni

Guido Reni svolge il suo classicismo secondo ritmi insieme monumentali e scorrevoli. Fu attivo a Roma e a Bologna.

• Il Domenichino, Poussin e Le Lorrain

Domenico Zampieri, detto il Domenichino, dà i suoi migliori risultati nelle tele nelle quali domina il paesaggio. Proprio la pittura di “paesaggio ideale” si sviluppa ulteriormente nelle opere di Nicolas Poussin e Claude Le Lorrain, noto in Italia come il Lorenese.

• Il Guercino

Nel primo ’600 il Guercino (all’anagrafe Giovanni Francesco Barbieri), pur muovendo dalla lezione carraccesca, segna una svolta già in chiave barocca della pittura. Dopo il periodo a Roma su invito di papa Gregorio XV, il ritorno a Cento segna l’inizio di un periodo di ripensamento che lo avvicina a Reni. L’iniziale slancio di opere di modo barocco (Ercole e Anteo, Madonna del Rosario) si mitiga infine in composizioni di misurato equilibrio.

del primo

DOMANDE DI VERIFICA 1 Quale

tipologia di stile contraddistingue l’esperienza dei Carracci? 137-139

4 Quali sono i temi fondanti del classicismo

2 Per quale motivo l’opera del Caravaggio è

5 Chi sono i discepoli di Annibale Carracci,

3 Chi sono i principali esponenti del caravag-

6 Riassumi l’evoluzione artistica del Guerci-

stata criticata dalla Chiesa? 140 gismo? 141-142

146

seicentesco? 142-145

esponenti del classicismo? 142-143 no. 144

glossario

Abside Struttura a pianta semicircolare di una parete, talora segmentata, posta al fondo della navata, coperta comunemente da una calotta a quarto di sfera detta catino. L’abside conosce un grandissimo sviluppo nell’architettura romana come terminazione delle celle dei templi, nelle basiliche civili ecc. Nella basilica cristiana assume un’importante funzione liturgica come luogo dove era posto l’altare. La forma semicircolare, poligonale all’esterno nelle basiliche bizantine, rimane pressoché invariata nella tradizione romanica, nella quale però le absidi aumentano di numero concludendo anche le navate minori. L’abside assume forme mistilinee nell’architettura gotica e viene usata come articolazione spaziale nelle strutture a pianta centrale (nelle chiese cristiane e nei battisteri è diffuso l’ambiente quadrangolare con abside su tre lati, definito triconco o tricoro). Sempre più largamente usata in edifici civili dal manierismo in poi, l’abside acquisisce nell’architettura barocca forme eccedenti quella semicircolare fino a sperimentare, in quella moderna, morfologie prevalentemente poligonali. Acropoli Parte alta e fortificata delle antiche città. Insieme a opere militari, l’acropoli accoglieva anche templi delle massime divinità e altri edifici pubblici. Affresco Tecnica pittorica consistente nello stendere i colori su uno strato d’intonaco ancora fresco. La preparazione del muro avviene sten-

dendovi un primo strato scabro di calce e sabbia impastate con acqua (arriccio) su cui viene fatto aderire un secondo strato liscio, composto di calce, sabbia fine e, sovente, polvere di marmo (tonachino o intonaco) destinato ad accogliere il colore. Fino a gran parte del Medioevo il pittore procedeva a stendere il colore dall’alto verso il basso, seguendo le sezioni orizzontali corrispondenti ai successivi ponteggi (pontate). La grande diffusione dell’affresco in Italia dalla seconda metà del XIII secolo porta all’utilizzazione della cosiddetta sinopia (disegno preparatorio), a completamento della prima traccia a carboncino, realizzata sull’arriccio con una terra rossa proveniente da Sinope (sul Mar Nero). Nel corso del XV secolo la sinopia è via via sostituita dalla quadrettatura e dal cartone (formato da più fogli di carta incollati tra loro) con il disegno a grandezza reale dell’affresco da eseguire. Applicato il cartone sull’intonaco fresco, il pittore riporta il disegno sulla parete da dipingere con il metodo dello spolvero (il passaggio di polvere fine di carbone attraverso forellini praticati con un ago lungo i contorni) o, in seguito, con il metodo del ricalco con un ferro dei contorni stessi. La tecnica dell’affresco presuppone una rapidità d’esecuzione che non consente pentimenti; eventuali correzioni possono soltanto venire effettuate a secco e non fanno corpo con la pittura precedentemente stesa a fresco. ancona

Pannello dipinto o scolpito, da porsi sull’altare, normalmente di grandi dimensioni. Terminante a 149

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cuspide nel ’200, nel periodo gotico si predilesse la struttura a trittico (tre scomparti di cui quello centrale maggiore dei laterali) o a polittico (più pannelli), costituita da più riquadri affiancati e uniti per mezzo di cerniere. Arco Struttura architettonica portante a linea curva che ha la funzione di scaricare su pilastri, colonne o muri il carico che deve reggere. A seconda della curvatura (detta sesto), l’arco può essere: a tutto sesto, se formato da una semicirconferenza; a sesto ribassato, se si apre su una corda inferiore al diametro della circonferenza; a sesto acuto (o ogivale), se presenta un vertice formato da due parti di cerchio; ellittico, se formato dalla metà di un’ellisse; a ferro di cavallo, se il centro della circonferenza è posto al di sopra dell’imposta e l’arco si restringe verso il basso; lobato, se formato da più lobi; inflesso, se alternativamente concavo e convesso; tudor, se a sesto acuto ribassato; rampante, cioè asimmetrico. Bassorilievo,vedi Rilievo Battistero Il luogo dove si impartisce il battesimo originariamente è un edificio autonomo dalla chiesa, è a pianta centrale e coperto a cupola, con al centro la vasca o il fonte battesimale. La pianta può essere circolare, quadrata, esagonale, ma la più frequente è quella ottagonale, che dal prototipo del battistero di San Giovanni in Laterano a Roma si diffonde in tutto il mondo cristiano. Esempi monumentali di battistero si trovano an150

cora in età romanica. È a partire dal XIV secolo che il battistero tende a scomparire come edificio, mentre il termine rimane a indicare il luogo della chiesa adibito alla stessa funzione. Bugnato Ornamento murario ottenuto facendo sporgere con regolarità dal muro pietre più o meno squadrate (bugne, o bozze). Cantoria Luogo sopraelevato, per lo più nella vicinanza dell’organo, destinato, negli edifici di culto cristiano, ai gruppi di cantori. Generalmente si trova nella zona del presbiterio, ma in epoca barocca si hanno esemplari di cantorie grandiose situate sulla parete dell’ingresso principale. Capitello Elemento caratteristico della colonna, quello in cui più vistosa è la differenza fra i diversi ordini. Il capitello dorico si compone di una modanatura (elemento sagomato di una membratura architettonica) convessa a forma di catino, detta echino, a cui è sovrapposto l’abaco, una spessa tavola quadrata che regge la trabeazione. Nel capitello ionico l’echino, adorno di ovuli, è sormontato da una sorta di fascia che forma ai lati ampie volute, l’abaco è molto più sottile che nell’ordine dorico e può essere variamente modanato. Del capitello ionico esistono due versioni principali: nell’una le volute sono visibili solo su 2 facce, nell’altra (diffusa in epoca romana) sono raddoppiate e visibili su 4 facce. Il capitello eolico si differenzia da quello ionico per-

Glossario

ché le due volute laterali nascono direttamente dal fusto della colonna. Il capitello corinzio è costituito da un corpo a tronco di cono rovesciato (calato), avvolto in foglie d’acanto stilizzate; l’abaco è sottile, modanato e con i lati concavi. Il capitello composito combina elementi ionici e corinzi. Cenotafio Monumento funebre vuoto: il cenotafio viene eretto in onore di defunti degni di memoria, le cui spoglie non sono state reperite o sono tumulate altrove. Chiaroscuro Mezzo usato in pittura per rendere illusoriamente sul piano l’immagine tridimensionale mediante la modulazione dell’intensità dei colori dal bianco al nero effettuata con le tecniche del tratteggio (successione di brevi tratti che definiscono le zone d’ombra e i volumi) e della lumeggiatura (rapido tocco di colore chiaro che rischiara una zona scura per far risaltare i colori). Ciborio Piccolo tabernacolo al centro dell’altare, all’interno del quale è riposta la pisside (vaso in cui sono contenute le ostie consacrate). So­prat­tutto in epoca romanica e in epoca gotica il ciborio è stato sviluppato come elemento architettonico a forma di baldacchino, poggiante su 4 colonne o pilastri, destinato a proteggere l’altare, accogliendo spesso importanti cicli di sculture. Colonna In architettura, sostegno di forma prevalentemente cilindrica. Vi si

possono distinguere tre parti fondamentali – la base, il fusto e il capitello – la cui struttura è fissata, negli ordini classici, da regole abbastanza rigide. Cripta Luogo parzialmente o anche interamente interrato, coperto a volta e usato dai primi cristiani per individuare gli ipogei (vani sotterranei) più vasti che si aprivano lungo le gallerie delle catacombe. Per estensione, nelle chiese è così chiamata anche la cappella sotterranea in cui vengono conservate le reliquie o la tomba stessa del martire. Deambulatorio Nelle chiese, il vano semicircolare che separa l’altare (e il coro) dall’abside e crea un prolungamento delle navate laterali (detto anche genericamente ambulacro) oltre il transetto, collegandosi spesso con una serie di cappelle radiali. Dittico Dipinto costituito da due tavole unite da una cerniera. Frontone Coronamento architettonico a forma di triangolo delimitato dai due spioventi del tetto e dalla cornice della trabeazione; la superficie triangolare interna è detta timpano. Incisione Da un punto di vista tecnico consiste nel tracciare, con strumenti appuntiti, linee decorative o disegni su una superficie dura. La tecnica incisoria, molto usata in età classica, nella ceramica greca a 151

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figure nere, nella decorazione dei metalli (specchi greci ed etruschi) e parietale (graffiti di Pompei ed Ercolano), trova largo impiego fino ai giorni nostri nella decorazione di oggetti d’arte e nell’architettura. Al fianco di queste generiche applicazioni decorative ha assunto un’importanza predominante, dal Rinascimento a oggi, l’applicazione dell’incisione alla preparazione di matrici per la stampa. • Xilografia: tecnica di incisione su legno. Le immagini sono ricavate mediante uno stampo in legno, con disegno in rilievo, colorato (o inchiostrato) e premuto contro una superficie (tessuti, cuoio, carta). • Bulino: asticciola d’acciaio, arrotata a un’estremità con taglio obliquo e diagonale formante una punta (detta becco), infissa in un manico di legno tornito. Con lavoro di bulino si possono decorare oggetti di oreficeria, rifinire piccole fusioni ed eseguire lastre calcografiche atte alla stampa a incavo. Con il termine bulino si usa designare anche le stampe tratte da una lastra calcografica elaborata a bulino. • Acquaforte: l’incisione all’acquaforte si esegue ricoprendo uniformemente con una vernice resistente agli acidi le due facce di una lastra di rame, zinco o ferro. Si disegna su di essa con punte di acciaio di varia grossezza, asportando la vernice nei tratti in cui il mordente deve far presa sul metallo e scavare il solco che riceverà poi l’inchiostro per la tiratura . Una volta eseguito il disegno, la lastra viene immersa nel bagno d’acido: l’intensità della morsura dipenderà dal tempo di 152

immersione, dal grado di concentrazione dell’acido, dalla qualità del metallo e della sua preparazione e dalla temperatura esterna. Ultimato il bagno, la lastra viene liberata dalla vernice e inchiostrata; quindi si procede alla tiratura servendosi di un torchio che comprime il foglio di carta contro la matrice. • Litografia: procedimento di stampa in cui la matrice è costituita da una pietra calcarea a grana finissima (pietra litografica). Si esegue il disegno sulla pietra con una matita grassa o su carta speciale per trasportarlo poi sulla pietra (autolitografia); l’inchiostro aderisce solo ai segni lasciati dalla matita. Matroneo Ambiente tipico delle basiliche paleocristiane e delle chiese medievali, che si ritiene fosse riservato alle donne. Negli edifici a pianta longitudinale è costituito da una galleria collocata sopra le navate minori e affacciata su quella centrale, mentre negli organismi a pianta centrale prende il nome di matroneo il loggiato di forma anulare che gira sopra l’ambulacro affacciandosi al vano della cupola. Miniatura Arte di illustrare e decorare graficamente i manoscritti. Il termine indica anche, per estensione, qualsiasi dipinto di piccolo formato eseguito con minuzia di particolari. Il termine deriva da minium (nome dato a un pigmento rossoarancione che si usava per ornare le iniziali dei manoscritti). Nel periodo medievale era detta anche alluminatura.

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Mosaico Tecnica usata per la decorazione di pavimenti e pareti tramite l’accostamento di piccole “tessere” di pietre naturali, paste vitree, terracotta, marmi, madreperla applicate sulla superficie mediante il supporto di un letto di calce, stucco, gesso e cemento, che ne garantisce la durevolezza. Navata Partizione di una chiesa in senso longitudinale, ottenuta mediante file di colonne o pilastri. Generalmente una chiesa ha 3 o 5 navate, di cui quella centrale, più spaziosa e talora anche più alta, è detta navata maggiore; quelle laterali si dicono navate minori o navatelle. Necropoli Luogo che accoglie sepolture risalenti a un periodo precristiano. Olio Tecnica pittorica che si serve di coloranti diluiti in oli, soprattutto vegetali (lino, papavero, noce, canapa) a loro volta diluiti con altre essenze (trementina). Si esegue su un sostegno di legno o di tela. Il sostegno deve essere preparato con l’imprimitura (impasto di colore neutro di gesso, polvere di marmo, colla, biacca e solventi oleosi). Sul dipinto finito si stende una vernice, a base di resine, per difenderlo da agenti atmosferici e per rendere più brillanti i colori. Pala Dipinto d’altare, per lo più su tavola o tela, costituito da una o più immagini connesse tra loro materialmente oltre che concettualmente (e coordinate attorno a

una considerata principale). Diffusa a iniziare dalla fine del XIII secolo, la pala d’altare è adorna di una ricca cornice o inserita nella struttura architettonica dell’altare stesso. La parte inferiore della pala, la predella, è generalmente suddivisa in scomparti dipinti e scolpiti con figurazioni in rapporto al soggetto principale. In generale è sinonimo di ancona. Piramide Imponente costruzione a base per lo più poligonale e facce laterali triangolari, destinata presso antiche civiltà a monumento funerario o a tempio. Eretta dai faraoni a glorificazione della regalità, la tipologia originaria della piramide deriva dalla mastaba, una costruzione adibita a tomba fin dall’Egitto predinastico. Polittico Forma particolare dell’ancona costituita da più pannelli uniti da ricca cornice a struttura architettonica. Largamente diffuso nei secoli XIV e XV, il polittico è più spesso dipinto, ma può anche essere scolpito in marmo, legno dipinto o dorato, avorio od osso. Per estensione, qualsiasi opera d’arte costituita di più elementi distinti collegati insieme. Presbiterio Nelle chiese cristiane è la parte riservata al clero, situata nella zona dell’abside e separata dal vano destinato ai fedeli per mezzo di un balaustra; solitamente contiene l’altare, la cattedra episcopale, il coro e l’ambone. Quest’ultimo è un elemento architettonico destinato a ospitare il lettore o il predicatore. Strut­tural­mente è 153

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composto da una piattaforma elevata, sorretta da colonne e cinta da parapetti che possono prolungarsi sulla scala d’accesso. Propilei Ingresso d’onore di un edificio pubblico o di un complesso monumentale. Nell’antichità i propilei introducevano a un santuario o a un’agorà (piazza), erano antistanti alla porta e connessi con un muro di chiusura (peribolo) che circondava uno spazio libero. Rilievo Nella scultura e nell’oreficeria, tecnica intesa a ottenere effetti vicini a quelli della pittura. La lastra di pietra, marmo o metallo viene trattata secondo diverse gradazioni di risalto delle figure dal fondo, in relazione agli effetti che si vogliono ottenere. Si distinguono il bassorilievo (che può giungere fino alla resa sostanzialmente pittorica dello schiacciato con pochissimo risalto delle figure dal fondo), l’altorilievo (con le figure che si staccano con un forte aggetto dal fondo) e il mezzorilievo (le figure sporgono per la metà del proprio spessore). Smalto Prezioso rivestimento vetroso applicato a manufatti ceramici o metallici. La preparazione dello smalto avviene in forni fusori in cui si caricano gli ingredienti, quali quarzo, feldspati, borace e minerali apportanti fosforo. Ha notevole rilievo in oreficeria. Tabernacolo Edicola che contiene immagini sacre nelle chiese o agli angoli delle strade. 154

Tavola Supporto pittorico in legno usato prevalentemente fino al ’400 per le opere mobili, eseguite a tempera. Il legno subiva poi trattamenti tesi a prolungare la conservazione e a compensarne le deformazioni e una preparazione consistente in strati di colla e di gesso. Tempio Spazio sacro o edificio destinato al culto o alla celebrazione di simboli o di memorie; le sue forme e funzioni sono determinate dalle diverse culture e concezioni religiose. Transetto Nella chiesa a pianta longitudinale è la navata minore che incrocia perpendicolarmente la navata principale, l’abside e il coro (per questo motivo è detta anche navata trasversale) e definisce la cosiddetta pianta a “croce latina”. Volta Elemento di un soffitto ad arco, è costituito da una superficie interna concava (intradosso) e da una esterna convessa (estradosso). La parte inferiore di appoggio è detta piano di imposta; la parte superiore è detta reni, mentre il colmo si chiama chiave o cervello. Si distinguono vari tipi di volta in funzione della geometria dell’intradosso, che può dare luogo a volte semplici o composte, nel caso di intersezione di più volte semplici. La classica volta semplice è quella a botte. Altro tipo di copertura a forma di volta è la pseudovolta, ottenuta mediante il graduale restringimento di filari di blocchi sovrapposti.

INDICE

Indice

Sono indicate in neretto le pagine in cui l’argomento è trattato in modo specifico.

A

abbazia 47-48 accadica, arte 12 addizione erculea 90 Agatarco 26 Alberti, Leon Battista 85, 90, 94, 95-96, 107 alverniate, scuola 53 Ammannati, Bartolomeo 122, 123 Antelami, Benedetto 48, 50 Antonello da Messina 91, 97, 98, 115 Apelle 26 Apollodoro 26, 34 aquitanica, scuola 53 Arcimboldi, Giuseppe 134, 135 arco a sesto acuto 57 arco a tutto sesto 47 arco rampante 57 Aristide 26 Arnolfo di Cambio 60, 61, 62-63 assira, arte 13 attico, ordine 24

B

babilonese, arte 12 Bandinelli, Baccio 123 Barocci, Federico 128-129 barocco 121, 126, 133, 145 Baronzio, Giovanni 74

Bartolomeo, fra’ 123 basilica 39-40 Bassano, Jacopo 129-130, 131 Beato Angelico 85, 89-90, 96 Bellini, Gentile 113 Bellini, Giovanni 90, 92, 115, 116 Bellini, Jacopo 75, 92 Berruguete, Pedro 94 bizantina, arte 40-43 Boedas 28 Borgianni, Orazio 141 borgognona, scuola 53 Bosch, Hieronymus 102 Botticelli, Sandro 98, 100-101 Bouts, Dierik 102 Bramante, Donato 94, 107-108, 133 broletto 58, 60 Bronzino, Agnolo 122, 123, 125 Brunelleschi, Filippo 61, 80, 81-82, 85, 86, 88, 96, 107 Buontalenti, Bernardo 122, 123 Buscheto 50

C

Caldara da Caravaggio, Polidoro 126 Callicrate 25

Callimaco 25 Campi, Antonio 134 Campi, Bernardino 134 Campi, Galeazzo 134 Campi, Giulio 134 Campi, Vincenzo 134 Campin, Robert 102 Caravaggio 139-140 caravaggismo 141-142 Carete di Lindo 28 carolingia, arte 43-44 Carracci, Agostino 138, 139 Carracci, Annibale 138-139, 142, 143 Carracci, Ludovico 137-138, 139 cattedrale 46-47, 57 Cavalier d’Arpino, Giuseppe 122 Cefisodoto 28 Cellini, Benvenuto 122, 123, 124, 126, 127 celtica, arte 17 Cerquozzi, Michelangelo 141 Christus, Petrus 102 Cimabue 61, 64 classicismo seicentesco 137-139, 142-145 cloisonné, tecnica dello smalto 42 Clouet, François 124 Codazzi, Viviano 141 Colantonio 97, 98 corinzio, ordine 22, 23, 27, 32

157

Indice

Correggio 117, 127, 128, 138 Cousin il Giovane, Jean 124 Cousin il Vecchio, Jean 124 cretese-micenea, arte 19-20

D

Daddi, Bernardo 61, 73 Daniele da Volterra 122, 129 de La Tour, Georges 141 de Ribera, Jusepe 141 de’ Grassi, Giovannino 66 de’ Menabuoi, Giusto 74 de’ Menabuoi, Stefano 74 de’ Roberti, Ercole 90, 92 dedalico, stile 23 del Castagno, Andrea 85, 88-89, 90 del Cossa, Francesco 90, 91-92 del Piombo, Sebastiano 127 del Sarto, Andrea 123, 124, 125 dell’Abate, Nicolò 122, 124 Della Robbia, Luca 86 Diotisalvi 51 Domenichino 142, 143 Donatello 81, 82, 83-84, 87, 88, 89, 90, 99 dorico, ordine 22, 24 Duccio di Buoninsegna 64-65, 75, 76 Dürer, Albrecht 113, 116, 125

E

egizia, arte 14-17 El Greco 113, 122, 131 ellenistica, arte 27-28 Elsheimer, Adam 141

158

etrusca, arte 31 Eufronio 24 Eutimide 24 Exechia 24

F

Ferrari, Gaudenzio 134 Fetti, Domenico 141 fiamminga, arte 97, 98, 101-102, 135 Fidia 25 Filocle 25 Fontainebleau, scuola di 122, 124, 126, 144 Foppa, Vincenzo 90, 91 Francesco di Giorgio Martini 94, 107

G

Gaddi, Taddeo 61, 73 Gentile da Fabriano 66, 75, 91 Gentileschi, Orazio 141-142 Ghiberti, Lorenzo 51, 80, 81, 83, 85, 86, 88, 89 Ghirlandaio 101, 109 Giambologna 122, 123, 126 Giambono 75 Giorgione 92, 108, 113, 116, 129, 135 Giotto 60, 61, 63, 71-73, 74, 76, 77, 78, 81, 109 Giovanni da Milano 61, 75 Giovanni da Rimini 74 Giovanni da Udine 126 Giovanni di Balduccio 78 Giusto di Gand 94, 102 gotico, stile 56-66 - fiammeggiante o flamboyant 56, 59 - internazionale 56, 65-66,

74, 76, 85, 86, 88 - ornato inglese 56 - perpendicolare 56 greca, arte 20-28 Guariento 75 Guercino 142, 143-144

H

Hallstatt, cultura di 17

I

Iacobello del Fiore 75 iconoclastia 42 Ictino 25 Incamminati, Accademia degli 137, 142 ionico, ordine 22, 24 ippodameo, sistema 25

K

kóre 24 kúros 24

L

La Tène, cultura di 17 Lanfranco 50 Lanfranco, Giovanni 142 Laurana, Luciano 94 Le Lorrain, Claude 142, 144 Le Nain, famiglia 141 Lebreton, Gilles 124 Leonardo da Vinci 94, 99, 104-107, 109 Linguadoca, scuola della 53 Lippi, Filippo 87, 100 Lisippo 25, 28 longobarda, arte 42-43 Lorenese vedi Le Lorrain, Claude

Indice

Lorenzetti, Ambrogio 77 Lorenzetti, Pietro 61, 77-78 Lotto, Lorenzo 115-117, 129, 135, 139 luminismo caravaggesco 139, 140

M

Maestro di San Francesco 61 Manfredi, Bartolomeo 141 manierismo 121-135, 142 Mantegna, Andrea 90, 91, 92-94, 113, 116 Martini, Simone 61, 75-76 Masaccio 81, 84-85, 87, 88, 89, 96, 107, 109 Maso di Banco 61, 73, 74 Masolino da Panicale 85, 87 mecenatismo 90-98 Memling, Hans 102 micenea, arte 19, 20 Michelangelo Buonarroti 84, 109-111, 123, 127, 129 Michelino da Besozzo 66 Michelozzi, Michelozzo 83, 85 Mnesicle 25 Monaco, Lorenzo 89 Montorsoli, Giovanni Angelo 123 Moretto da Brescia 134, 135, 139

N

Niccolò 48 Niccolò di Ser Sozzo Tegliacci 75 Nicia 26 normanna, scuola 53

O

opus caementicium 32 Orcagna, l’ 74

P

palladianesimo 133 Palladio 133-134 Palma il Vecchio 129 Parmigianino il 122, 127-128 Parrasio 26 Pausia 26 Peonio di Mende 25 Perin del Vaga 126, 128 Perugino 94-95, 101, 112 Peruzzi, Baldassarre 129 Peterzano, Simone 139 Piero della Francesca 87, 90, 91, 92, 94, 95, 96-97, 98, 100, 107, 112 Pietro da Cortona 145 Pietro da Rimini 74 piramidi 15 Pisanello 66, 75, 91 Pisano, Andrea 51, 60, 86 Pisano, Bonanno 51 Pisano, Giovanni 60, 63-64, 75, 76, 77 Pisano, Giovanni Lapo 62 Pisano, Nicola 60, 62, 63, 75, 81 pittura a olio, tecnica della 96 pittura di tono 108, 113 pittura tutto colore 113, 115 Poitou, scuola del 53 Policleto 25 Policleto il Giovane 26 Polieuktos 28 Polignoto 26 Pollaiolo 98, 99, 100, 116 Pontormo 123, 125, 128

Pordenone 129 Poussin, Nicolas 142, 144-145 Prassitele 25, 28 Primaticcio, Francesco 122, 124 prospettiva 81, 82, 88 provenzale, scuola 53

R

Raffaello Sanzio 94, 111-113, 123, 127, 128, 129, 142, 144 Rainaldo 50 Rembrandt, Harmenszoon Van Rijn 113, 115 Reni, Guido 142-143, 144 Renovatio carolingia 43 Rinascimento, arte del 80-117 romana, arte 30-35 romanico, stile 46-54 Romano, Giulio 126, 127 Rosselli, Cosimo 95, 101 Rossetti, Biagio 90 Rosso Fiorentino 123, 124, 125, 127, 128, 129 Rubens, Pieter Paul 113, 141

S

Saintonge, scuola della 53 Salviati, Francesco 122, 123 Sangallo, Giuliano da 133 Sangallo il Giovane, Antonio da 133 Sangallo il Vecchio, Antonio da 133 Sanmicheli, Michele 132-133 Sansovino 126, 132, 133, 134 Saraceni, Carlo 141

159

Indice

Savoldo, Giovan Gerolamo 134-135, 139 secondo stile 33 Serlio, Sebastiano 124 Serodine, Giovanni 142 sfumato, tecnica dello 105, 123 Signorelli, Luca 95, 99, 100 Skopas 25, 28 Spranger, Bartholomeus 122 Squarcione, Francesco 93 Stefano da Verona 66 stiacciato, tecnica dello 83 sumera, arte 11-12

T

Teodoto 27 Timarco 28 Tintoretto 113, 115, 130, 131, 138

160

Tiziano Vecellio 92, 113-115, 116, 129, 131, 145 toreutica 33 Tura, Cosmè 90, 91

U

Uccello, Paolo 85, 88

V

Valentin, Jean 141 Van der Goes, Hugo 102 Van der Weyden, Rogier 90, 91, 97, 102 Van Eyck, Jan 97, 101 Van Honthorst, Gerrit 141 Van Lear, Pieter 141 Vasari, Giorgio 80-81, 114, 121, 122, 123 Veneziano, Domenico 87-88, 96 Veneziano, Lorenzo 75

Veneziano, Paolo 75 Vermeer, Jan 141 Veronese 131-132 Verrocchio 94, 98, 99-100, 104 Vignola 122, 124 volta a ogiva 57 Von Aachen, Hans 122

W

Westwerk, facciata 44 Wiligelmo 48, 50

Z

Zeusi 26 ziqqurat 12, 13 Zuccari, Federico 122 Zuccari, Taddeo 122

Pocket · INTRODUZIONE AI CAPITOLI PER INQUADRARE I DIVERSI ARGOMENTI · NOTE A MARGINE PER L’IMMEDIATA INDIVIDUAZIONE DEI TEMI PRINCIPALI · RIQUADRI DI APPROFONDIMENTO SU ARGOMENTI COLLATERALI · SCHEMI RIASSUNTIVI PER UNA SINTESI DELLA TRATTAZIONE · TEST PER L’AUTOVERIFICA DEI LIVELLI DI APPRENDIMENTO · DISEGNI ESPLICATIVI E TABELLE · GLOSSARIO DEI TERMINI FONDAMENTALI DELLA DISCIPLINA · INDICE ANALITICO PER REPERIRE VELOCEMENTE LE INFORMAZIONI

TITOLI DELLA COLLANA · DIRITTO 1 – Diritto Civile · DIRITTO 2 – Diritto Commerciale e del Lavoro · FILOSOFIA 1 – Dalle origini alla rivoluzione scientifica · FILOSOFIA 2 – Dall’Illuminismo all’intelligenza artificiale · FISICA 1 – Meccanica e termologia · FISICA 2 – Onde, elettromagnetismo, fisica moderna · STORIA DELL’ARTE 1 – Dalle civiltà antiche al Classicismo · STORIA DELL’ARTE 2 – Dal barocco all’età contemporanea