Il vangelo di Giovanni. Esegesi ed excursus integrativi [4] 8839403884

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Il vangelo di Giovanni. Esegesi ed excursus integrativi [4]
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COMMENTARIO TEOLOGICO DEL NUOVO TESTAM E NTO Collana internazionale pubblicata in lingua italiana, francese, inglese, tedesca e spagnola A

CURA DI

Serafin de Ausejo, Lucien Cerfaux, Joseph Fitzmeyr, Béda Rigaux, Rudolf Schnackenburg, Anton Vogtle Segretari per l'Italia: G. Scarpate O. Soffritti

EDITORI

Paideia Editrice, Brescia Les Édi tions du Cerf, Paris Herder and Herder, New York Verlag Herder, Freiburg, Basel, Wien Editoria! Herder, Barcelona

COMMENTARIO TEOLOGICO DEL NUOVO TESTAMENTO

Il vangelo di Giovanni PARTE QUARTA Esegesi ed excursus integrativi diRUDOLFSCHNACKENBURG Traduzione italiana di VINCENZO GATTI Edizione italiana a cura di 0MERO SOFFRITTI

PAIDEIA EDITRICE BRESCIA

Titolo origi nale dell'opera:

Das ]ohannesevangelium. IV. Teil Erganzende Auslegungen und Excurse von Rudolf Schnackenburg Traduzione italiana di Vincenzo Gatti Revisione di Omero Soffritti

© Verlag Herder, Freiburg im Breisgau r984 © Paideia Editrice, Brescia r 987

PREMESSA

Negli ultimi decenni l'indagine scientifica sugli scritti giovannei ha su­ bito un forte processo di rafforzamento e accelerazione. Il mio com­ mentario al vangelo di Giovanni, che è apparso negli anni I965/75, si trova al centro di questo sviluppo e cerca di tener/o presente, senza sminuire la preminenza data alla teologia giovannea. Rimandiamo chi voglia essere informato in maniera più approfondita sulla bibliografia, onnai pressoché illimitata, al resoconto sull'indagine scientifica fornito nella >? Ma quali sono i metodi giusti, e qual è il modo giusto di combinarli insieme in un metodo complessivo? Esiste in generale una metodologia che sia del tutto adeguata al nostro oggetto, quasi una chiave o un mazzo di chiavi che apra tutti i cassetti segreti? Ma non vogliamo perderei in una discussione teorica, che per lo più non ha fi­ ne. Intendiamo soltanto prestare attenzione a un problema che vi è implicito e che riguarda l'insieme del nostro lavoro . Oggi non basta più presentare i singoli settori, temi e problemi dell'indagine giovan­ nea; occorre sempre collegare ad essi anche la questione del metodo, per riconoscere e giudicare gli orientamenti esegetici, i propositi e le tendenze della ricerca. È su questo che, nel nostro sguardo d'insieme, intendiamo porre l 'accento . Là dove si fa qualche osservazione . Egli intende il proce­ dimento dell'evangelista come «rilettura». Metodologicamente arriva a

questo attraverso osservazioni teologiche congiunte ad analisi lette­

raria. Il suo punto di vista un

è

stato in parte ripreso da R.E. Brown. In

altro lavoro il Boismard constata anche per le tradizioni su Giovan­

ni il Battista due strati, questa volta con ulteriori aggiunte di un re­ dattore. Da osservazioni di critica stilistica risulterebbe che questo re­ dattore è l'evangelista Luca 15• Critica: bastano gli aspetti teologici per ipotizzare due strati? Per l'ipotesi di Luca come redattore le analogie stilistiche sembrano sopravvalutate.

c) Anche

G. Richter ritiene che

il racconto della lavanda dei piedi

contenga due strati, uno con un'interpretazione teologica più profon­

(Io. I3 ,I2I7) da parte di un redattore che è vicino a I lo. o che si identifica ad­

da da parte dell'evangelista, un altro di carattere parenetico

dirittura col suo autore. Il Richter ipotizza la medesima redazione per

i due discorsi di addio (Io. 1 5- r 6) 16• In altri lavori G. Richter ha con­ tinuato a indagare su questo strato redazionale, specialmente per 6,5 I­ ,58 17• In connessione col dominante metodo critico-letterario, l'accen­ to è posto decisamente sul confronto delle concezioni teologiche e del­ le intenzioni che stanno dietro ad ogni brano. Questo ha portato G. Richter ad un'ipotesi di più ampio respiro riguardante la storia della composizione di tutto il vangelo

(cfr. sotto/).

14. L'évolution du thème eschatologique dans les traditions johanniques: RB 68 ( 196 1 ) 507-524. 15. Les traditions johanniques concernant le Baptiste: RB 70 ( 1963) 5-42 ; Saint Luc et la rédaction du Quatrième Evangile ]n, IV, 46-54: ibid. 69 ( 1 962 ) 1 85-2 1 1 . x6. Die Fusswaschung im ]ohannesevangelium. Geschichte ihrer Deutung, Re­ gensburg 1967, 301-320. 17. Die Deutung des Kreuzestodes ]esu in der Leidensgeschichte des ]ohannes­ �vangeliums (]or 3-19): BiLe 9 ( 1968) 2 1-36 ; Zur Formgeschichte und literari­ schen Einheit von ]oh 6,JI·58: ZNW 6o (1969) 21-.55 , specialm. 45-48 .

16

Gli studi su Giovanni dal

I955

d) La tesi di una redazione, che per interessi comunitari e pastorali avrebbe aggiunto ampie parti al vangelo originale, è ripresa anche da J. Becker nella sua trattazione sui discorsi d'addio 18, nonché da T. Thyen nel suo studio su Io. 13 19• Anche qui svolge un ruolo determi­ nante la critica letteraria collegata con aspetti teologici e riflessioni sul­ l'attività redazionale della cerchia giovanne a. Critica: aspetti teologici, che conducono a distinguere uno scritto «gnosticizzante» di base da un intervento redazionale con diverso indirizzo teologico (più «eccle­ siastico») ( cosl Thyen 3 56}, richiedono una verifica più accurata. e) Nuovi sforzi per individuare le fonti che starebbero alla base del

vangelo di Giovanni : R.T. Fortna si sforza di ricostruire una fonte («vangelo di segni») che starebbe alla base di tutto il vangelo di Giovanni 20• Egli svolge un lavoro di critica letteraria, esaminando anche lo stile. In parte ipotizza anche spostamenti: ad es. Io. 21,2-14 come terzo segno dopo 4,46-..54, o l� risurrezione di Lazzaro dopo il cap. 6 . Critica : quanto più compli­ cata diventa la teoria delle fonti, tanto più difficile risulta la spiegazio­ ne dell'attuale forma del vangelo. Quando si ipotizzano spostamenti, i motivi devono essere indicati in misura adeguata. È problematica anche la connessione di racconti della passione e della pasqua e di altro mate­ riale narrativo con i veri e propri racconti di miracoli. G . Reim nei suoi studi sullo sfondo veterotestamentario del vange­ lo di Giovanni 21 sviluppa una teoria delle due fonti, che presuppone, accanto a una fonte dei semeia, un vangelo analogo ai sinottici. Meto­ do : accanto all'utilizzazione critico-letteraria di osservazioni linguisti­ che, si ha anche il confronto col vangelo di Marco. Critica : sopravvalu­ tazione di osservazioni di dettaglio e non sufficiente controllo del ma­ teriale nel suo insieme. A. Dauer22 si propone lo scopo ben definito di indagare il racconto 18. Die Abschiedsreden ]esu im ]ohannesevangelium: ZNW 6r ( 1970) 2 15-246. 1 9 . ]ohannes IJ und die «kirchliche Redaktion» des vierten Evangeliums, in Tradition und Glaube (Festgabe fiir H.G. Kuhn), GOttingen 1971, 343-3.56. 20. The Gospel of Signs. A Reconstruction of the Narrative Source Underlying the Fourth Gospel (SNTS Mon. Ser. 1 1 ), Cambridge 1979. 2 r . Studien zum alttestamentlichen Hintergrund des ]ohannesevangeliums (SNTS Mon. Ser. 22), Cambridge 1974, specialm. 2o6-2 r 6; 233-246. 22. Die Passionsgeschichte im ]ohannesevangelium. Bine traditionsgeschichtliche und theologische Untersuchung zu ]oh r8,I-I9,30 ( STANT 30), Miinchen 1972 .

Problematiche e metodi in mutazione

17

giovanneo della passione per dimostrare l'esistenza di una fonte pre­ giovannea. Egli arriva al risultato che esisteva una tale fonte, che ave­ va utilizzato tradizioni (sinottiche) orali e scritte. L'autore collega la critica stilistica con la critica della tradizione, che gli permette il con­ &onto con i sinottici . Critica: a questi metodi sembra si sia già chiesto troppo perché si possa arrivare, proprio per il vangelo di Giovanni, ad una divisione chiara di tradizione e redazione. Lo stesso si deve dire dei criteri linguistici e stilistici coi quali H. M. Teeple 23 prospetta un quadro complicato, con due fonti, editore e redattore. /) Mutazione dell'orizzonte storico nei diversi strati del vangelo di Giovanni. Lo strato redazionale non solo testimonia interessi propri del rispet­ tivo redattore, ma risulta anche dalla recezione del vangelo originario e dal procedere della storia della comunità giovannea. La tendenza a mettere in relazione il processo letterario del vangelo di Giovanni con lo sviluppo storico del gruppo o della comunità che sta dietro ad esso emerge in modo particolare in recenti lavori di G. Richter 24• La sua tesi è questa : l'evangelista aveva intenzione di dimostrare, di fronte al giudaismo, la messianità e la figliolanza divina di Gesù; poiché della sua opera abusarono gruppi gnostici, una redazione vi inserl molti pas­ si antidocetici (1,14; 6,51b-58; 19,34b-35.39 s .; 20,2-12.24-29). Per quanto riguarda la critica, abbiamo già notato quanto sia problematica la valutazione di differenze linguistiche e teologiche. Ancor più discu­ tibile è il tentativo di dedurre da osservazioni singole la prova di un intervento redazionale costante. In una dissertazione ancora inedita, svolta sotto la direzione di H. Thyen a Heidelberg 25 , W. Langbrandtner, facendo riferimento ad a23. The Literary Origin of the Gospel of ]ohn, Evanston/111. 1974. 24. Blut und Wasser aus der durchbohrten Seite ]esu (]oh I9,34b): MThZ 21 ( 1970 ) 1-2 1 ; Die Fleischwerdung des Logos im ]ohannesevangelium: NT 13 ( 1971 ) 81-126 ; 14 ( 1972) 257-276. 2_5. Weltferner Gott oder Gott der Liebe. Der Ketzerstreit in der ;ohanneischen Ktrche. Eine exegetisch-religionsgeschichtliche Untersuchung mit Beriicksichti­ gung der koptisch-gnostischen Texte aus Nag-Hammadi, Heidelberg 1975. Ringra­ zio l'autore per avermi cortesemente inviato il dattiloscritto (428 pagine) (ora pubblicato: Beitr. z. bibl. Exegese u. Theol. 6 [Frankfurt a.M. - Bern 1 977 ] ) .

Gli studi su Giovanni dal I955

18 spetti analoghi, sostiene una tesi

un

po' diversa: esisteva uno scritto­

base del vangelo di Giovanni, che, per il suo carattere gnosticizzante, causò un conflitto all'interno della comunità giovannea. Un gruppo in essa divenne gnostico-eretico, come risulta dalla polemica della prima lettera di Giovanni. Quindi

una

redazione rielaborò quel vangelo ori­

ginario, soprattutto con aggiunte antignostiche e richiamandosi al «di­ scepolo che Gesù amava» (i passi relativi risalgono tutti alla redazio­ ne). Questa ipotesi, la cui forza consiste nel fatto che coinvolge nella discussione la lettera più lunga di Giovanni, abbisogna però di una ve­ rifica più accurata. Qui, infatti, come problema nuovo emerge quello del rapporto tra il vangelo di Giovanni e I

Io. L'autore cerca di sepa­

rare con precisione lo scritto fondamentale dalle parti redazionali e pre­ senta quindi una caratterizzazione della cristologia di ciascuno dei due strati. Anche qui ci troviamo di fronte agli stessi problemi metodolo­ gici sollevati dai lavori menzionati in precedenza.

g) Sulle questioni metodologiche in questi tentativi più recenti, che portano a diversi modelli ed ipotesi, va detto ancora quanto segue:

a) la nuova fiorente critica letteraria parte da abbastanza sicure os­ n suo classico mezzo di ricerca: tensioni, doppioni,

servazioni sui testi.

suture redazionali, aggiunte superflue che disturbano il filo del discor­ so nel suo insieme ecc. continuano ad avere un loro diritto e un loro pe­ so, benché in ciò resti un discreto spazio all'opinabile. In modo più accentuato di quanto accadesse nella critica letteraria precedente, si fanno osservazioni sullo stile e soprattutto si mettono in evidenza dif­ ferenze teologiche.

È anche difficile rinunciare a siffatte osservazioni

sul contenuto dell'enunciato, su differenze di significato e su finalità teologiche di chi scrive. Ma a questo riguardo si fa più grande il rischio di un giudizio soggettivo. Ad esempio,

è veramente possibile consta­

tare una differenza rilevante nell'uso eli i} àÀi)D'eta. nell'evangelista e ne­ gli autori di

2 Io. e 3 Io.? 26• L'enunciato di Io. 3,16 va inteso in modo I Io. 4,14? rr. L'ampliamento della formula cristologica

differente da

26. Così R. Bergmeier, Zum Verfas.serproblem des II. und III. ]ohannesbriefes : ZNW 57 ( I 966) 93-roo. Critico al riguardo R. Schnackenburg, Zum Begrif} der Wahrheit in den beiden kleinen Johannesbriefen : BZ, N.F. II (I967 ) 2.53-258 . 27. Cfr. L. Schottroff, Der Glaubende und die feindliche Welt, Neukirchen I 970, 286 ss.

Problematiche

e

metodi in mutazione

di reciprocità > . Occorre convenire con l'autore che in questo modo emerge, con maggior chiarezza che non nell'esegesi precedente, la peculiarità del linguaggio giovanneo, con i suoi tratti simbolici; si tratta di un «linguaggio speciale» per i credenti . Altra questione è in quale misura questo metodo linguistico, a prescindere dall'incertezza della sua applicazione, possa sostituire o integrare la trattazione storico-critica, o possa ricollegarsi ad essa. Per un altro « tipo di testo», cioè per una «disputa» giovannea, ha svolto una dissertazione H. Lona 78• Si tratta della pericope I o. 8 , 3 15 9 , che, in un ampio dibattito a forma di dialogo tra Gesù e «i Giu­ dei», conduce ad un aspro confronto anzi alla rottura del dialogo . L'au­ tore, che intende offrire un contributo alla questione di metodo, dopo un'introduzione ed una critica al procedimento combinatorio finora se­ guito dai commentari, fornisce anzitutto una trattazione secondo il me­ todo storico-critico . Ma non si tratta di un'esegesi versetto per verset­ to, bensl di diversi procedimenti in un determinato ordine : critica te­ stuale, critica letteraria, analisi linguistica, critica delle forme e dei ge­ neri, critica dei motivi e della tradizione . Quindi egli intraprende una nuova analisi della sezione, secondo modelli della semiotica letteraria, dove si rivela particolarmente utile e chiarificatore il modello lingui76. Della bibliografia che sta rapidamente aumentando menzioniamo: E . Giittge­ manns , Studia Linguistica Neotestamentica, Mi.inchen 1 971 ; U. Gerber - E. Gi.itt­ gemanns, «Linguistische» Theologie, Bonn 1 972 ; R. Kiefer, Essais de méthodolo­ gie néo-testamentaire, Lund 1972 ; A. Stock, Umgang mit theologiscben Texten, Ziirich 1974 (con ulteriore bibl.). 77· Structure and Meaning in the Fourth Gospel (Coniectanea Bibl., NT Series 6), Lund 1 974. Cfr. la ree. di B. Stolt: Linguistica Biblica 34 (Bonn 1 975) r ro-123. 78. Abraham in ]oh. 8. Ein Beitrag zur Methodenfrage, Bern - Frankfurt a.M. 1976.

Problemi particolari

35

stico della comunicazione (conforme a R. Jakobson) . Ovviamente, an­ che in questo lavoro alcune questioni restano aperte : è possibile stac­ care l'uno dall'altro i singoli procedimenti? Come possono essere uniti insieme e utilizzati in un commentario? È possibile integrare l'analisi e la trattazione linguistico-semiotica negli altri metodi? In ogni caso non è possibile negare a tali sforzi un loro diritto, e ulteriori tentati­ vi saranno da seguire con interesse. 3 · PROBLEMI PARTICOLARI

Osservando il corso dell'indagine giovannea negli ultimi due decen­ ni, mi sembra che siano degni di considerazione e meritino sforzi ulte­

riori i seguenti punti chiave : 1.

La forma letteraria e la peculiarità dell'opera

Come mostra il metodo di lavoro linguistico-semiotico, siamo anco­ ra ben lontani dall'aver esaurito tutte le possibilità di individuare con maggior precisione la forma letteraria del vangelo di Giovanni. Da questo metodo possiamo imparare anzitutto a considerare a sé il piano letterario (in maniera sincronica) . La questione dell'origine dell'opera (sguardo diacronico) non dev'essere introdotta troppo presto, per evi­ tare di proporre modelli problematici per il processo letterario di for­ mazione. I metodi impiegati sinora (critica letteraria, critica delle for­ me e dei generi, critica della tradizione ecc.) non per questo sono diven­ tati meno indispensabili, ma debbono essere utilizzati sensatamente, ciascuno al suo posto. Solo un concorrere di molti metodi, applicati pe­ rò in una determinata successione, può aiutare ad evitare inadeguatez­ ze ed errori . D'altro canto, non ci si può attendere il progresso soltan­ to da una padronanza dei metodi. L'esegesi, se deve condurre ad una interpretazione rilevante per la comprensione odierna, dev'essere più di una tecnica. Allo stato attuale dell'indagine mi sembra urgente una chiarificazione del metodo di critica letteraria, cosl come viene applica­ to oggi.

Gli studi su Giovanni dal

36 2.

I955

Collocazione storica e geografica

Gli sforzi per chiarire ancor più le condizioni e la situazione della co­ munità giovannea dalla quale il vangelo di Giovanni è sorto, per la qua­ le esso è stato scritto e sulla cui vita ha esercitato un influsso, meritano di essere portati avanti. A tal riguardo dipendiamo soprattutto dall'e­ videnza interna; ma anche il confronto con la grande lettera e con le altre due lettere minori può essere importante . Inoltre vanno utilizza­ te tutte le possibilità di rivedere la questione storica, ad esempio sul come si è sviluppato il rapporto tra giudaismo e cristianesimo negli ul­ timi decenni del sec. 1 e sul come è proseguito il dialogo religioso giu­ deo-cristiano. Va anche ricercato con maggiore impegno l'ambiente geografico in cui collocare il vangelo e la comunità giovannea 79• Una tale collocazione geografica permette di cogliere meglio i possibili in­ flussi dell'ambiente . Ovviamente, anche a questo riguardo dipendia­ mo da conclusioni tratte dal vangelo e dalle lettere, nonché da con­ fronti con altri documenti. Ma costituisce senz'altro un meritevole compito della ricerca dedicare un'attenzione ancora maggiore all'am­ biente siriaco, che per vari motivi è stato ipotizzato come patria del vangelo di Giovanni. Il confronto fenomenologico con la gnosi siriaca non basta; ma è certo che le possibilità di un'indagine storica non sono ancora esaurite (cfr., ad es., le persone che fanno spicco nel vangelo di Giovanni, tra cui Pietro e Tommaso) . Solo se si riuscirà a indicare con­ nessioni e legami storici, sarà possibile anche chiarire il problema del rapporto con la gnosi, il giudaismo eterodosso, il samaritanesimo ecc. 3 . Profilo teologico e collocazione nello sviluppo protocristiano

Merita ogni sforzo l'indicazione delle linee di sviluppo nel primo cristianesimo 80• Al riguardo l'elaborazione del profilo teologico del 79 · Cfr. R.T. Fortna, Theological Use of Locale in the Fourth Gospel, in Gospel Studies in Honor of Sh.E. ]ohnson, ed. by M.H. Sheperd }r. and E.C. Hobbs, M ilwaukee 1974, .58-95· So. Cfr. H. Koster - ].M. Robinson, Entwicklungslinien durch die Welt des fruhen Christentums, Tiibingen 1971 ; ivi : Die iohanneische Entwicklungslinie di J.M. Robinson, 216-250. Cerca di tracciare un certo bilancio dell'indagine giovannea D. Moody Smith Jr., ]ohannine Christianity: Some Reflections on its Character and Delineation : NTS 21 ( 1974-7') 222-248. ,

37

Problemi particolari

vangelo di Giovanni, confrontato con altre manifestazioni del pensie­ ro teologico e della vita cristiana nel primo cristianesimo, è indispen­ sabile. Sotto questo aspetto gli sforzi della ricerca sul piano della storia della tradizione vengono ad assumere un'importanza preminente. Quanto più è possibile mostrare in quale misura e in quale modo Gio­ vanni faccia propria la tradizione protocristiana, la trasformi, la svi­ luppi ulteriormente, o anche presenti tradizioni proprie , non reperibi­ li altrove e persino contraddittorie, tanto più chiaramente emergerà la peculiarità del cristianesimo giovanneo . Le ricerche per vedere se all'interno della stessa «cerchia giovannea» ci siano state differenze e sia possibile osservare sviluppi teologici sono del tutto giustificate . A questo riguardo però non si dovrebbe dimenticare di prendere in con­ siderazione tutta quanta la comunità e la scuola giovannea, confrontata con altri gruppi del protocristianesimo. Anche le numerose ricerche e trattazioni sulla teologia giovannea, su cui qui non possiamo soffermarci, hanno la loro importanza per preci4 sare i contorni del cristianesimo giovanneo e per tracciarne la partico­ lare linea di sviluppo . Ma una trattazione puramente descrittiva è di poco vantaggio a tal riguardo . Soltanto quando viene enucleata col metodo della storia della tradizione e col confronto con altri modelli teologici la teologia giovannea serve a rintracciare linee di sviluppo nel cristianesimo primitivo . A tal fine occorrerà fare riferimento anche agli altri documenti dei primi tempi (i cosiddetti Padri apostolici, la Dida­ ché ecc.) . Infine, per siffatta indagine sullo sviluppo storico occorre te­ ner presente anche la storia degli effetti prodotti dal vangelo eli Gio­ vanni sulla chiesa antica, specialmente l'assunzione e l'elaborazione della cristologia giovannea 81• Infatti si stenta a pensare che potesse avvenire una recezione della teologia propria di Giovanni, se questa si fosse trovata del tutto al di fuori della corrente o delle correnti di pen­ siero e di vita del protocristianesimo. Si sta sempre più imponendo l'idea

che

dobbiamo dedicare nuova­

mente le nostre attenzioni alla storia del cristianesimo primitivo , ov­ viamente sulla base dell'indagine svolta in questo secolo per giungere a una visione più precisa e differenziata . Ma ciò è particolarn1ente diffi8 1 . ar. M.F. Wiles, The Spiritual Gospel. Tbe lnterpretation of the Fourth Gos­ pel in the Early Church, Cambridge 196o; T .E. Pollard, ]ohannine Christology in the Early Church ( SNTS Monogr. Ser. 13), Cambridge 1970.

Gli studi su Giovanni dal 1955

cile per il cristianesimo giovanneo, perché molti aspetti e problemi si presentano insieme intrecciati. Non c'è quindi motivo di rammaricarsi che le tendenze della ricerca siano varie, purché non si dimentichi di acquisire una comprensione migliore non solo dell'opera letteraria, ma anche del cristianesimo giovanneo nel suo insieme.

PARTE S ECONDA

EXCURSUS INTEGRATIVI

I . LA COMUNIT À GIOVANNEA E LA S UA E S PERIENZA DE L LO S PIRITO

La questione riguardante la comunità o le comunità nel cui seno e per le quali sono sorti e so no stati stesi gli scritti giovannei - vangelo e lettere - interessa l'indagine critica in misura crescente. L'interesse per l'argomento nasce da diversi motivi. Poiché la questione dell'au­ tore dei qu attro scritti che, per linguaggio e teologia, sono strettamen­ te imparentati {pur mostrando inn egabili differenze tra loro), non sem­ bra poter trovare una soluzione 1, si vorrebbe chiarire un po' di più

il

processo letterario di formazione mediante un'indagine sulle comuni­ tà che entrano in questione a questo riguardo. All 'interesse letterario si

collega quello storico : insieme con le circos tanze della composizione di questi scritti emergono immediatamente con maggior chiarezza le con­ dizioni storiche in cui si trovavano quelle comunità.

A tale sforzo in­

coraggia anche il fatto che l'esposizione dell'evangelista presuppone una determinata situazione storica e ambientale

ed è resa trasparente

per una determinata cerchia di lettori, precisamente nel rapporto col giudaismo, e forse addirittura con una comunità giudaica limitrofa 2• Più accentuatamente teologica è la motivazione della questione riguar­ dante l'autocomprensione della « comunità giovannea». Si tratta forse di una comunità esclusivista ed elitaria, con una marcata coscienza di elezione, che si distacca

dal « mondo» per concentrarsi sulla propria

I. Cfr. W .G. Kiimmel, Einleitung in das Neue Testament, Heidelberg 1973 , 200· 2 1 1 ; A. Wikenhauser - ]. Schmid, Einleitung in das Neue Testament, Freiburg i. Br. 1 973 , 305-3 14. Sui tentativi di attenersi alla paternità letteraria del figlio di Zebedeo e apostolo Giovanni cfr. R. Schnackenburg, Das ]ohannesevangelium 1 1 1, Freiburg i .Br. 1975, 458-460 ( = ediz. it. pp. 636-639). 2 . Cosl J .L. Martyn, History 1968, passim.

and Theology of the Fourth Gospel,

New York

Excursus integrativi

vita interna e che si colloca ai margini del protocristianesimo, una co­ munità in ultima analisi «gnostica»? 3• È forse possibile individuare addirittura uno sviluppo interno ed esterno della comunità e delinear­ ne in qualche modo la «storia», distinguendo determinati strati (che si succederebbero l'uno all'altro sul piano cronologico) nel vangelo e aggiungendovi la grande lettera con le sue allusioni più chiare? 4• In questo modo si dovrebbe riuscire a trovare, all'interno del multiforme e assai movimentato protocristianesimo, una «linea di sviluppo gio­ vannea>>, che meriterebbe attenzione come tendenza ben profilata 5• Un tale «cristianesimo giovanneo», in quanto forma concretamente rea­ lizzata, o come modello o come esempio problematico, in ogni caso co­ me interrogativo critico, come stimolo a pensare ed aiuto a riflettere, avrebbe una rilevanza non trascurabile anche per la cristianità odierna . Ora, il fine della ricerca menzionato da ultimo è oberato da tanti fattori di incertezza e da problemi cosl complessi - si pensi anche sol­ tanto alla difficoltà di un'analisi degli strati nel vangelo o di una più precisa determinazione del reciproco rapporto tra gli scritti giovannei -, che i risultati restano quasi necessariamente ipotetici. Per la ricerca sul protocristianesimo tali ipotesi sono utili, mentre sono di ben poca utili­ tà immediata per le questioni vitali della chiesa odierna. A questo sco­ po serve di più rivolgere alla comunità giovannea domande finalizzate 3 · Cfr. E. Kasemann, ]esu letzter Wille nach ]ohannes I7, Tiibingen 1966, spe­ cialm. 1 17- 1 30 ; L. Schottroff, Der Glaubende und die feindliche Welt. Beobach­

tungen zum gnostichen Dualismus und seiner Bedeutung fur Paulus und das ]o­ hannesevangelium, Neukirchen 1970, 289-296. Anche M. Lattke, Einheit im Wort. Die spezifische Bedeutung von , und «filein» im ]ohannes-Evan­ gelium ( StANT 41), Miinchen 1975, va in questa direzione , cfr. specialm. 84 s.; Id., Sammlung durchs Wort: Bibel und Kirche 30 ( 1975) 1 1 8-122. 4· Cfr. G. Richter, Die Fleischwerdung des Logos im ]ohannesevangelium : NT 1 3 ( 1 97 1 ) 81-126; 1 4 ( 1 972) 2'7-276; Id., Zum sogenannten Taufetexte ]oh 3,5 : MThZ 26 ( 1 975 ) 101-1 25; Id., Zum gemeindebildenden Element i n den iohannei­ schen Schriften, in }. Hainz (ed.), Kirche in Werden. Studien zum Tbema Amt und Gemeinde im Neuen Testament, Paderborn 1976, 253-292 ; W. Langbrand­ tner, Weltferner Gott oder Gott der Liebe. Der Ketzerstreit in der iohaiZneischen Kirche (dattil.). Diss. Heidelberg 1975 ( = Beitr. z. bibl. Exegese u. Theol. 6 [Frankfurt a.M. - Bem 1 977 ] ) ; J. Becker, Beobachtungen zum Dualismus im ]o­ hannesevangelium : ZNW 6, (1974) 7 1-87 ; ancora diversamente U.B. Miiller, Die Geschichte der Cbristologie in der iohan. Gemeinde (SBS 77), Stuttgart 1975 . 5 · Cfr. J M. Robinson, Die iohanneische Entwicklungslinie, in H. Koster - ].M. Ro­ binson, Entwicklungslinien dureh die W elt des fruhen Christentum, Tiibingen 1 97 1 , 2 16-250.

La comunità giovannea e la sua esperienza dello Spirito e

apprendere dalla sua vita e dalla sua autocomprensione. Una di que­ ste domande, suggerita dall'orizzonte odierno, più precisamente dalla ricerca di un «rinnovamento carismatico», di un nuovo accesso alla realtà dello Spirito santo 6, riguarda l'esperienza e la comprensione dello Spirito proprie della comunità giovanne a. Chi non vuole porre questa comunità completamente al di fuori del restante protocristiane­ simo né metterla da parte come fenomeno marginale sospetto 7, attri­ buirà a questa domanda un peso notevole. E si può anche ammettere la possibilità di una risposta, dato che, a tale scopo , disponiamo di suffi­ cienti passi degli scritti giovannei, anche se ovviamente con diverse to­ nalità e accentuazioni. Il nostro compito consiste nel porre in rilievo questi passi, nel sondarli, nel confrontarli tra loro , nonché nel metterli in connessione con la vita e il pensiero della comunità. Anzitutto però occorre chiarire due questioni preliminari, per poter far ricorso a quei testi senza esitazione. 6. Dei carismi si è per tempo occupato H. Schiirmann: Die geistlichen Gnadenga­ ben in den paulinischen Gemeinden, Leipzig 1965 ; cfr. anche Ursprung und Ge­ stalt, Diisseldorf 1970, 236-267 (con bibl.). Sul riaccendersi del «movimento pen­ tecostale» o del «rinnovamento carismatico» (nella chiesa cattolica) cfr., tra la bi­ bliografia in rapido aumento, S. Grossmann (ed.), Der Aufbruch. Charismatische Erneuerung in der katholischen Kirche, Kassel ( senza data [ 1973 ] ) ; Wiederent­

deckung des heiligen Geistes. Der heilige Geist in der charismatischen Erfahrung und theologischen Riflexion (diversi contributi ) : Okumenische Perspektiven VI, Frankfurt a.M. 1974 ; Card. L. Suenens, Une nouvelle Pentecote?, Paris 1974; R. Laurentin, Pentecotisme chez le catholiques, Paris 1 974 ; W. Smet, Ieh mache al­ les neu. Kirchliche Erneuerung im heiligen Geist, Regensburg 1975 ; cfr. anche il fascicolo 4 di Bibel und Kirche 30 ( 1975), il fascicolo 1 25 di Lumière et Vie : Le mouvement charismatique ( 1975 ). Cfr. anche K. Rahner, Theologie aus Erfah­ rung des Geistes ( Schriften zur Theologie 12), Einsiedeln-Koln 1975 ; O. Knoch, Der Geist Gottes und der neue Mensch, Stuttgart 1975 ; C. Heitmann - H. Miihlen (edd.), Erfahrung und Theologie des heiligen Geistes, Hamburg-Miinchen 1974. 7· Cfr. J.-L. D'Aragon, Le caractère distincti/ de l'église iohonnique, in L'Eglise dans la Bible, Bruges 1962, 53-66 ; E. Schweizer, Der Kirchenbegriff im Evange­ lium und den Briefen des ]ohannes, in Id., Neotestamentica, Ziirich-Stuttgart 196 3 , 254-271 ; H. von den Bussche, Die Kirche im vierten Evangelium , in Vom Christus zur Kirche, Wien 1966, 79-107 ; K. Haacker, ]esus und die Kirche nach ]ohannes : ThL 29 ( 1 973) 1 79-201 ; R. Schnackenburg, ]ohannesevangelium III, 231-246 ( = ediz. it. pp. 324-342); E. Ruckstuhl, Zur Aussage und Botschaft von ]ohannes 2 I, in Die Kirche des Anfangs (Festschr. fiir H. Schiirmann), Leipzig 1978, 339·362.

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42 I.

Questioni preliminari

a) Una comunità o più comunità? Se possedessimo soltanto il vangelo di Giovanni e I Io. , ce la cave­ remmo forse con l'ipotesi di una sola comunità, che magari ci potrem­ mo immaginare collocata in una città ellenistica piuttosto grande, do­ ve doveva esserci anche una comunità giudaica 8• La grande «lettera» non ha di fatto alcun carattere epistolare e sembra rivolgersi ad una cerchia piuttosto ampia di destinatari Sa. Essa parla della separazione di un gruppo (intaccato dallo gnosticismo), di persone che si sono allon� tanate «da noi» ( 2 , 1 9 ) . A quanto pare, questi rinnegati avevano già fatto parte di una determinata comunità . Se si ricorre anche alle due brevi lettere di Giovanni, entrano in prospettiva due comunità con­ crete. Sorprendentemente, nella relativa bibliografia questo problema è poco trattato. H.H. Wendt ha cercato di dimostrare che tutte e tre le lettere di Giovanni sono indirizzate ad una sola e medesima comu­ nità, nel seguente ordine : 2 , 3 , I Io. 9• Ma la sua idea, che si basa, tra l'altro, su di un riferimento di 3 Io. 9 e I Io. 2,14 a 2 Io. , non ha tro­ vato - giustamente - alcun consenso 10• Anche l'opinione di R. Bult8. J.L. Martyn, History and Theology 58 pensa ( rifacendosi a Io. 4,44 ) a una città di cui i Giudei abitavano un quartiere proprio, e alla n. 94 propende per Alessan­ dria. Ma se non si segue la sua ipotesi secondo cui da numerosi passi del vangelo trapela un ambiente concreto, ciò non è necessario. Cfr., in contrario , W.G. Kiim­ mel, Einleitung 2I2 . C'erano comunità giudaiche in molte grandi città dell'impe­ ro romano. 8a. Cfr. R. Schnackenburg, Die ]ohannesbriefe, Freiburg i.Br. 5I975 , 3 e gli autori colà menzionati. W.G. Kiimmel, Einleitung 385 s . ritiene, con altri studiosi, che la grande lettera sia un «manifesto», un trattato destinato a tutta la cristianità, il che mi sembra un'esagerazione. L'autore ha di mira l'ambito d'influenza di de­ terminati maestri d'errore. 9· HH. Wendt, Die Beziehung unseres ersten ]ohannesbriefes auf den zweiten : ZNW 21 ( I922) I40-I46 ; Id., Zum zweiten und dritten ]ohannesbrief: ibid. 23 ( I 924) 1 8-27; Id., Die ]ohannesbr. und das iohann. Christentum, Halle I925, 3 ss. I O . II più recente commentario alle lettere di Giovanni, di J.L. Houlden , A Com­ mentary on the ]ohannine Epistles (Black's N.T. Comm.), London 1 973, tratta e­ saurientemente della «Situazione» ( I-22). Per la seconda lettera Houlden non ve­ de alcuna necessità di pensare ad una comunità diversa da quella della prima let­ tera (4), ma poi tiene conto di questa possibilità ( I I ) . Per la terza lettera si pro­ nuncia decisamente per una comunità diversa da quella della prima ( 8 e I I ). Ri­ guardo al «presbitero», dice che era responsabile di un numero di comunità; c'era una cerchia di comunità che egli doveva visitare ( I 8). M. De Jonge, De brieven

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mann, secondo cui la seconda lettera di Giovanni è uno scritto fittizio, il cui autore avrebbe utilizzato sia I Io. , sia 3 Io ., mi sembra errata 1 1 • Tuttavia anche il Bultmann pensa a più comunità; a suo avviso quella lettera fittizia doveva essere recapitata a tutte le comunità interessate. Di fatto i destinatari di 2 Io. , una comunità ben compatta, alla quale l'autore si rivolge con l'appellativo di «signora», non dovrebbe iden­ tificarsi con la cerchia di persone della prima lettera. Lo scritto inten­ de metterli in guardia dall 'intrusione di maestri d'errore, evidentemen­ te i medesimi che, secondo I Io. 2 , 1 9 , si sono separati «da noi» e che continuano a fare una propaganda pericolosa (cfr. 2 Io. 7- I I ) . Che i maestri d'errore di I Io. cercassero di guadagnare influenza anche sulle comunità vicine, si può desumere da I Io. 4,1 («molti falsi profeti sono comparsi nel mondo») e 4,5 («il mondo li ascolta») . Poiché la comuni­ tà presupposta nella grande lettera finora ha opposto resistenza a que­ sti influssi (cfr. 4,4) , falsi maestri cercano evidentemente di prendere piede in altre comunità. La terza lettera di Giovanni, scritta dal medesimo autore (il 1tpEa�u­ 't'Epoç) , presumibilmente si rivolge a sua volta ad un'altra comunità. L 'intento di questa lettera è diverso da quello della seconda; ed è un intento molteplice : esortazione, sostegno ai missionari itineranti (vv. 2-8), monito a Diotrefe che, con le sue idee ristrette e ambiziose, guida la comunità (o per lo meno cerca di farlo, assecondando la propria am­ bizione) ( vv. 9- I o) e raccomandazione per Demetrio ( vv. I I- I 2 ) . Non si fa parola dei maestri d'errore. All'interno di questa comunità il de­ stinatario della lettera, Gaio, fa parte di una cerchia di amici che è le­ gata all 'autore (quell '«anziano») (v. I 5 ) . Quindi, a ragione, W.G. Kiimmel dice : «La cotnunità è certamente diversa da quella di 2 Io. , al cui quadro armonioso non s'adatterebbe la figura di Diotrefe» 12 • van ]ohannes, Nijkerk 1 968, 236 s., ritiene che I Io. presenti una visione genera­ le dei pericoli dei falsi maestri, mentre 2 Io. sarebbe uno scritto esortativo ad una comunità concreta; un certo numero di copie di questa lettera potrebbe essere sta­ to inviato ad altre comunità che si trovavano nella medesima situazione. II. ar. R. Bultmann, Die drei ]ohannesbriefe (Meyer K), Gottingen 7I967, IO; E. Haenchen , in ThR 26 ( r 96o) 28 s. Da parte sua Haenchen riconosce a ciascu­ na delle due minori lettere di Giovanni la loro peculiarità e il loro specifico obiet· tivo ( 282 -288 ) . Cfr. anche R.W. Funk, The Form and Structure of II and III John : JBL 86 ( 1967) 424-43 0 . 1 2 . Einleitung 394· Similmente Wikenhauser-Schmid, Einleitung 629: «Le due lettere presuppongono situazioni del tutto diverse nelle due comunità ... Ma se

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Che cosa se ne può dedurre per le comunità che stanno dietro agli scritti giovannei? Le cose sembrano stare cosl : c'era una comunità cristiana abbastanza grande, nella quale si trovava la «cerchia giovan­ nea», quel gruppo di discepoli e amici del «discepolo amato», del qua­ le si custodivano la tradizione e le direttive (cfr. Io. 2 r ,24) e che presu­ mibilmente era vissuto anch'egli in quella comunità (cfr. Io. 2 r ,2 2 s.). Ma nelle vicinanze c'erano anche più comunità, che si trovavano sotto l'ambito d'influenza di quella «comunità giovannea» (in senso stretto) e che possono essere considerate anch'esse parte (in senso ampio) del cristianesimo giovanneo. Ne sono prova gli scritti dell'«anziano» a que­ ste comunità (2 e 3 Io. ) . Chiunque fosse questo 1tpEO"�U'tEpoc;, lo si può in ogni caso considerare, sulla base dell'affinità delle due lettere brevi con quella più ampia, un uomo autorevole della «comunità-madre», nella quale sono stati scritti il vangelo e la prima lettera di Giovanni. Quindi si spiega anche perché egli non possieda il medesimo influsso diretto su queste comunità, come lo possiede sulla comunità-madre, perché volutamente si presenti con l'autodesignazione di «anziano», che richiede rispetto, e perché cerchi di guidarle ricorrendo alla sua autorità interna più che all'autorizzazione esterna (che in 3 Io. Diotre­ fe possiede o si è attribuito) . Offrono una certa analogia, o almeno un quadro istruttivo, le mis­ sive dell'Apocalisse di Giovanni (capp . 2-3 ) . Com'è noto, esse sono dirette ad una cerchia di sette comunità cristiane dell'Asia Minore oc­ cidentale, entro un'area geografica ben definita. Si tratta di comunità che vivevano in modo relativamente autonomo, pur stando tra loro in rapporti abbastanza stretti. Mediante un confronto con le lettere di I­ gnazio, tre delle quali riguardano le stesse comunità dell'Apocalisse (E­ feso, Smirne e Filadelfia) , H. Kraft ha dimostrato che l'autore delle missive non ha un'idea immaginaria delle comunità, ma osserva con­ dizioni concrete, e che inoltre la situazione nelle varie comunità (anche delle restanti comunità alle quali Ignazio scrive) era assai disparata 13• Si comprende allora ancor meglio come la grande lettera di Giovanni (proveniente dalla (v. 27b) . Nell'esegesi protestante questa frase a volte viene addotta come prova che nella comunità giovannea non c'era alcun incaricato d'uffi­ cio 31 • Ora, l'espressione «incaricato d'ufficio» è ingannevole, perché al riguardo si pensa a uffici stabili, ad esempio come sono intesi nelle let­ tere pastorali o nelle lettere del vescovo Ignazio di Antiochia, per de­ signare i quali vengono usate già espressioni ben determinate. In realtà ci troviamo ancora in un periodo nel quale tali uffici vanno emergendo e consolidandosi un po' alla volta, in maniera diversa da regione a re­ gione, da comunità a comunità. Sicuramente esistevano strutture di30. Si sforzano di dimostrare uno spostamento della concezione del Paraclito dal discorso di congedo di Io. 14 ai detti sul Paraclito in Io. 1 5 e r6 J. Becker, Die Abschiedsreden Jesu im Johannesevangelium : ZNW 6 1 ( 1970) 215-246 ; 239 s. e U.B. Miiller Parakletenworstellung 72 . A loro avviso il vocabolo «verità» in que­ ste parti secondarie è già diventato termine tecnico della dottrina ecclesiastica , il che è difficilmente ammissibile. Cfr. invece F. Porsch , Pneuma und Wort 302 s. 3 1. E. Schweizer, Gemeide und Gemeindeordnung tm Neuen Testament, Ziirich 1959, 1 14 s . Cfr. invece R. Bultmann, Johannesbriefe 47, n. r : «Il 't't� natural­ mente si riferisce anzitutto ai maestri d'errore ... ma potrebbe riferirsi anche all'au­ tore, che in questo caso direbbe : 'Neanche io ho bisogno di ammaestrarvi '». ,

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verse, quindi certe comunità guidate da organi collegiali (presbiteriali) , altre da un vescovo ( «monarchico») (dr. le lettere di Ignazio), e altre ancora nelle quali tali uffici («gerarchici») non s'intravedono affatto. Ma anche in comunità come queste con ogni probabilità operavano per lo meno annunciatori e maestri, i quali svolgevano un determinato com­ pito di direzione soltanto mediante la loro attività. Questo potrebbe valere, ad esempio, per la comunità a cui è indirizzato il vangelo di Matteo, la quale del resto si considerava una comunità fraterna 32 • Le condizioni a Corinto indicate in I Cor. 1 2 non si possono considerare un modello (ordinamento pneumatico-carismatico) per il fatto stesso che in molte comunità non c'erano carismatici in tale abbondanza e perché l'apostolo Paolo in casi di dubbio poteva essere interpellato co­ me autorità riconosciuta, quale fondatore e padre della comunità, e, come mostra quello scritto, di fatto è stato interpellato in tale veste. In ogni caso questo modello sarebbe inutilizzabile per la comunità giovan­ nea, poiché non vi si parla mai di carismatici. Non possiamo affronta­ re nel suo complesso la difficile questione dell'ufficio 33, ma dobbiamo limitarci alla comunità giovannea. Il passo di 1 Io. 2 ,2 7 per sé ammette diverse interpretazioni. Vanno considerati pneumatici tutti i cristiani, che di fatto non hanno bisogno di alcun «ammaestramento» e guida? Si tratta di una frecciata contro i maestri d'errore, da cui i destinatari non hanno bisogno di farsi am­ maestrare? Oppure questo «non hanno bisogno» esclude un'attività di annunciatori e di maestri anche all'interno della comunità? Nel mio commentario mi sono deciso per questa terza possibilità, che qui voglio motivare con maggior precisione. È difficile che con il 't't,; si pensi ai maestri d'errore, poiché nei loro riguardi non si parla mai di «insegna­ re» . « Insegnare» è un'espressione positiva, che compare anche in 2 Io. 9 come insegnamento ( ot,Oetxi}) ortodosso. Nel vangelo si parla spesso dell'insegnamento di Gesù (7 volte) , e quindi dell'ammaestramento ad .32. Cfr. W. Trilling, Hausordnung Gottes. Bine Auslegung von Matthiius z8, Leipzig-Di.isseldorf 196o ; W. Pesch, Die sogenannte Gemeideordnung Mt z8 : BZ 7 ( 1963) 220-23 5 ; E. Schweizer, in Id., Beitriige zur Theologie des Neuen Testa­ ments, Ziirich 1970, 65-69, ampliato e alquanto mutato in Id., Matthiius und sei­ tle Gemeinde, Stuttgart 1974, I 38-170, specialm. 1 59-163. 33 · Nell'immensa bibliografia sulla questione dell'ufficio solo di rado si tratta an­ che della comunità giovannea ; ma vedi X. Léon-Dufour nella miscellanea Le mi­ nistère et les ministères selon le Nouveau Testament, Paris 1 974, 241-263 .

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opera dello Spirito ( 14,26) . A questo ammaestramento ad opera dello Spirito santo tiene molto anche l'autore della lettera ( 2 ,27c) ; la frase che precede è la formulazione negativa di questo dato (où . . . aÀÀ'w�) . Così, il 'tt.� in questo contesto dovrebbe significare la negazione di qualsiasi maestro, incluso quindi un maestro ortodosso. Ma questa non è una frecciata contro gli annunciatori e i maestri nella comunità. In effetti tutta la lettera è una testimonianza di come una determinata cerchia di annunciatori ( I ,I-4) comunichi ai membri ortodossi della comunità incoraggiamento, monito e anche dottrina (cfr. 2 ,22 s.; 4,13; 5 ,5 s . ). Si deve badare all'intenzione di chi scrive in 2,27, e a tal pro­ posito può essere d'aiuto il passo che precede in 2,2 1 . L'autore vuole rinvigorire i destinatari nella loro fede in Cristo . Per questo scrive lo­ ro. Ma vuole evitare di dare l'impressione di uno che pretende di istrui­ re delle persone ignoranti. Per questo si esprime nei seguenti termini : «Non vi scrivo che non conoscete la verità, ma che la conoscete)> . Egli intende rammentare loro che hanno accolto la giusta professione di fe­ de in Cristo (cfr. v. 2 2 ) e che, grazie al conforto dello Spirito, vi si sono attenuti. Ricorda loro anche quanto «hanno udito dall'inizio» (v. 2 3 ), quindi la predicazione degli uomini a ciò chiamati. La stessa tendenza si può riscontrare nel passo, per altri versi singolare, di 2 , I 2-14. In tre momenti egli menziona ai destinatari la loro esperienza dello Spirito, la loro conoscenza di Cristo e la loro vittoria sul male, ripetendo quin­ di la stessa cosa con variazioni. Il senso di tale modo di esprimersi è chiaramente un pressante ricordo di quanto essi, nella loro esistenza di fede, possiedono. Senza voler «ammaestrare)>, egli tuttavia istruisce i destinatari sulla loro condizione salvifica e indirettamente li esorta a perseverare in essa, come conferma anche l'esplicita esortazione che se­ gue ( 2 , I j·17). Si tratta di una specie di incoraggiamento «spirituale», che tiene presente il possesso e l'esperienza dello Spirito, ma che ha luogo per autorità propria. Si comprende bene come maestri ripieni dello Spiri­ to potessero parlare in tal modo alla comunità . Se si debba definire la loro posizione nella comunità come «ufficiale» o come «carismatica)> in ultima analisi è una questione linguistica. Questa posizione non è senza autorità, poiché questi uomini si considerano testimoni eccel­ lenti dell'evento di Cristo ( 1 ,1-3 ) e portatori della tradizione, che con­ servano ciò che è stato «annunciato dall'inizio» e lo tramandano. Di

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qui si comprende forse meglio il ruolo che tocca ai discepoli nella sala dell'ultima cena e il senso della promessa dello Spirito fatta loro nei detti sul Paraclito. Già da tempo, infatti, ci si chiede se in questo m) ( 20,3 1 ) . Tale fede viene suscitata nel tempo della compar­ sa terrena di Gesù mediante la sua parola e le sue opere (i miracoli che hanno valore di segno), le quali concorrono insieme ad esprimere una autorivelazione unitaria di Gesù stesso (cfr. 1 0,2j .37 s . ; 14,10 s.) . I discepoli sono chiamati a continuare questa autorivelazione di Ge· sù mediante la loro parola e la loro attività. Coloro che sono stati con lui sin dall'inizio devono darne testimonianza ( r j ,27) ; ma questa «te­ stimonianza» implica anche un'operare proprio, per condurre gli uo­ mini a Gesù . In questo contesto è importante il detto sulle «opere più grandi» che i discepoli sono destinati a compiere dopo la dipartita di Gesù : «Amen, amen, vi dico, chi crede in me farà anch'egli le opere che io faccio, e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre» ( 1 4 , 1 2 ) . Questo detto è di portata globale: l'attività d i Gesù non si esaurisce nel suo operato terreno, bensl prosegue in misura ancor più grande do­ po la sua esaltazione (quando va al Padre) , attraverso le opere di quan­ ti credono in lui. Certamente, tutto l'accento è posto su ciò che Gesù compie . Se le «opere più grandi>> di quanti credono in lui non fossero attribuite anzitutto all a sua potenza, l'espressione paradossale restereb­ be incomprensibile, come conferma il detto unito a questo, sull'esau­ dimento della preghiera : qualunque cosa i discepoli chiederanno nel nome di Gesù, egli la farà ( 1 4,I 3 ). Merita tuttavia la massima atten­ zione il fatto che il compiere opere, anzi opere più grandi di quelle che ha fatto Gesù stesso, viene attribuito anche al credente. Di quali opere si tratta? Si è pensato a miracoli . Ma è possibile fare miracoli superiori ai grandi «segni» compiuti da Gesù nel vangelo di Giovanni? Si può dunque trattare soltanto di ciò a cui queste «opere» dovevano servire e hanno servito : portare gli uomini alla fede e alla vita divina. L'opera 13.

Cfr. J. Riedl, Das Heilswerk ]esu nach ]oh., Freiburg i.Br. 1973 ,

s"�--:.

43-68.

Bo

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propria di Gesù è la salvezza degli uomini, e questa si attua dopo la sua «ora», quando il chicco di grano caduto in terra porta frutto ( 1 2, 24), nei credenti. Le «opere più grandi» dei discepoli credenti sono dunque da ricercare, concretamente, nella loro attività missionaria, grazie alla quale gli uomini partecipano alla salvezza di Cristo. A que­ sto proposito non c'è neanche bisogno di porre l'accento sul numero più grande. Basta trovarvi un'allusione all'abbondante dispensazione della corrente di benedizione che esce dalla croce . Ma è importante il fatto che ai discepoli è promessa una partecipazione attiva nel porre in atto l'opera redentrice di Cristo. Cosl per il vangelo di Giovanni bisogna constatare che Dio non è il della comunità giovannea Le comunità giovannee che stanno dietro al vangelo e alle lettere di

1 4. Una «moratoria» del genere fu proposta alla conferenza missionaria mondia­ le di Bangkok nel 1 973 dalla sezione In ; più precisamente, il piano prevedeva di arrestare l'invio di personale e di denaro per un detenninato periodo e in deter­ minati ambienti. Cfr. Bockmiihl, o.c. 149.

L'idea di missione

BI

Giovanni sono già da tempo comunità viventi nella fede in Cristo, le­ gate tra loro, come pare, dalla vicinanza geografica, dalla medesima tra­ dizione dottrinale e dallo stesso atteggiamento di spirito 15• Esse rap­ presentano quindi, sotto l'aspetto odierno, qualcosa di simile ad una «chiesa locale», benché le comunità ad essa appartenenti avessero cia­ scuna i propri problemi peculiari, come risulta in modo particolare dal­ la seconda e terza lettera di Giovanni. La loro situazione è, sotto certi aspetti, paragonabile alla nostra, sia per quanto si riferisce al loro cri­ stianesimo «consolidato», sia per quanto concerne il loro rapporto col mondo non cristiano. Come hanno inteso la loro «missione» in con­ formità dell 'incarico missionario di Gesù e come si sono comportate «missionariamente» ? Per rispondere a questa domanda facciamo ri­ corso non soltanto alle indicazioni e allusioni nel vangelo, ma anche ad osservazioni sulle lettere . Infatti, benché queste probabilmente non ri­ salgano allo stesso autore del vangelo, appartengono però senza dub­ bio alla medesima «cerchia giovannea» che potrebbe essere responsa­ bile anche della redazione del vangelo (cfr. 2 I ,24) .

a) Il vangelo di Giovanni è uno scritto missionario? Nell'indagine meno recente su Giovanni il vangelo di Giovanni era considerato talvolta direttamente come uno scritto di missione, sia per l'Israele chiuso alla fede in Cristo, sia per il paganesimo ellenistico 16• Nel periodo più recente la tesi di uno scritto missionario ha ripreso vi­ ta, ma in forma modificata : il vangelo sarebbe stato scritto allo scopo di condurre alla fede nella mes.sianità di Gesù i giudei ellenisti della dia­ spora 17. Partendo dal fine, espresso dall'evangelista in 20,3 I , di por­ tare i lettori a credere che «Gesù è il Messia, il Figlio di Dio», si volle­ ro intendere i «greci» di cui si parla soprattutto in 7,3 5 e r 2 ,20 come 1 5 . Cfr. R. Schnackenburg, La comunità giovannea e la sua esperienza dello Spiri­ to, in questo volume, parte seconda, 1 , specialm. sotto il punto a. 16. K. Bornhauser, Das ]ohannesevangelium. Bine Missionsschrift fur lsrael, Gii­ tersloh 1 928; W. Oehler, Das ]ohannesevangelium, eine Missionsschrift fur die W clt, Giitersloh 1936; Id., Zum Missionscharakter des ]ohannesevangeliums, Giitersloh 1 94 1 . 1 7 . W.C. van Unnik, The Purpose o f St. ]ohn's Gospel, i n Studia Evangelica, Bcrl in 1 959, 382-41 1 ; J.A.T. Robinson, The Destination and Purpose o/ St. ]ohn's Gospel: NTS 6 ( 1 959/6o) I I 7-1 3 1 .

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ebrei di lingua greca, ai quali si adatterebbe anche tutta l'argomenta­ zione sulla messianità di Gesù contenuta in questo vangelo. Benché non si sia potuta imporre 18, la tesi contiene tuttavia alcuni aspetti di veri­ tà che non sono senza importanza per l'idea di missione. Oggi si ritiene comunemente che lo scopo principale del vangelo sia un rinvigorimento e consolidamento dei lettori cristiani nella loro fe­ de in Cristo, ma non semplicemente per interessi dottrinali, bensl an­ che per respingere obiezioni provenienti dal giudaismo (farisaico) e per presentare un profilo del portatore di salvezza cristiano. Se dun­ que i destinatari sono anzitutto «interni», ciò non esclude interessi a­ pologetici e propagandistici nei confronti dell'ambiente . Nel vangelo si rispecchia continuamente il contrasto con un giudaismo rafforzato e influente, posto probabilmente nelle vicinanze. Nella comunità giovan­ nea c'erano non pochi ex giudei, che ora erano tormentati dai loro con­ nazionali non cristiani (dr. 9,r3-34; I 5,20-25 ; 1 6,1-4) e che in parte correvano anche il pericolo di perdere di nuovo la fede in Cristo (cfr. 8 ,3 I s.). Ma la comunità giovannea non ha neanche rinunciato alla sua intenzione di far propaganda nei confronti del giudaismo, come mo­ strano la presentazione di Gesù in qualità di profeta inviato nel mon­ do, simile a Mosè e a lui superiore ( 6 , 1 4 .3 2-35 ecc.), ed alcuni altri trat­ ti. Parimenti non c'è dubbio che Giovanni tiene presente anche la men­ talità e le aspirazioni dell'ambiente ellenistico non giudaico, l'interro­ gativo sul >. Supposto che la lezione della conoscenza reciproca del Padre e del Figlio ( Mt. I I ,27 l Le. I o , 2 2 ) . Ma poiché per nessun det­ to si ha la presenza simultanea delle caratteristiche, è difficile pensare ad un legame storico-tradizionale diretto. Solo lontanamente è possibi­ le collegare alla tradizione sinottica la formazione del variabile linguagSer. SNTS 22), Cambridge 1974, 1 74-176 ; F.J. Moloney, Son of Man 63 s. difficoltà dl unire l'esposizione sinottka con la teologia giovannea emerge anche dalla formulazione di 20,17; cfr. R. Schnackenburg, Das ]ohannesevange­ lium III (HThK IV/ 3 ), Freiburg-Basel-Wien 31 979, 37 7 s. ( ediz. it. 524 ss.) . 2 r . Su Io. , ,30 ; 6,38 cfr. CH. Dodd, Historical Tradition 363 s. (cfr. sopra, n. ' ; qui ripreso solo per discutere il caso); su 4,35 .38a. cfr. C.H. Dodd, ibid. 393 · Nel­ la successione dei detti di Io. 4 ,3 1 -3 8 il Dodd trova un numero ancor maggiore di reminiscenze di logia sinottici (391-405 ).

2 0 . La

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Tradizione e interpretazione

I OI

gio giovanneo, e solo nel senso che la tradizione sinottica testimonia an­ ch'essa lo stretto legame di Gesù con Dio, specialmente nell'allocuti­ vo «abba». Al dialogo di Gesù con i suoi discepoli sul raccolto missionario si può riconoscere con una maggiore probabilità un legame storico-tradi­ zionale col logion Q sulla messe abbondante e sui pochi lavoratori. Sul piano formale va notato che in entrambi i casi si parla di raccolto in senso metaforico, e, quanto al contenuto, esso s'aggira intorno alla stes­ sa idea: raccolto-missione. Per una connessione storico-tradizionale si deve peraltro presumere uno spostamento di senso ed una più lunga evoluzione, dato che è venuta a mancare la preghiera per l'invio di la­ voratori. Ma ciò è pensabile se si tiene presente la mutata situazione storica al tempo del vangelo di Giovanni . Diversamente da Q, l'evan­ gelista guarda già indietro all'abbondante raccolto missionario, con i missionari che si dànno da fare (4,38), e potrebbe aver adattato a que­ sto fatto il detto sul raccolto. Il logion sul servire e il seguire (Io. 1 2 ,26) potrebbe essere una ver­ sione giovannea del detto sinottico, tramandato da Mc. e da Q, sulla sequela della croce. A dire il vero, sul piano della terminologia, solo &.xoÀ.oui)'E�'tW coincide con la forma marciana del logion . Ma, oltre a questo, è degna di nota la somiglianza di struttura : una frase al condi­ zionale, un invi t o ed una promessa (nei sin ottici per lo meno indiretta) . Non si può ignorare la vicinanza di pensiero : dal discopolo che segue Gesù si esige molto ; persino, se occorre, il sacrificio della vita. Ma nel­ la sequela c'è anche una prospettiva piena di speranza (cfr. Mc. 1 0,2 8 ss. e par.; Mt. 1 0,28 / Le. ro,3o) . Che Io. faccia propria una tradizio­ ne risulta anche dal concetto di sequela qui utilizzato . Altrove, infat­ ti, per lui «seguire» equivale a «credere» (cfr. 8 , 1 2 ; 10,4 s .27) ; solo qui e nelle parole a Pietro ( 1 3 ,36 s . ; cfr. 2 1 , 1 9 .22) si riferisce al cam­ mino da percorrere con Gesù fino alla morte. Sul piano della storia del­ la tradizione è interessante l'uso di «servire» e di «servo», poiché an­ che in Le. 22 al detto sul (�wo1tot:i}crac; : 8 ,2 . 10). Per il giudaismo ellenistico à­ Da:vaaia. e à> {Ael ., nat. an. ,,x r ) .

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Esegesi di testi singoli

mente fa propria l'espressione di qualcuno che aveva affermato esatta­ mente ciò che si trova in Giuseppe e Asenet: che la manna rende im­ mortali. Ma - corregge Giovanni - deve trattarsi della manna giu­ sta» 38•

5· Si deve pensare a un influsso diretto delle locuzioni di Giuseppe e Asenet sul quarto vangelo? È piuttosto da escludere, in quanto in I o. non si ha la triade pane-calice-olio (neanche I I o. 5 ,7 conduce - come ritiene W. Nauck - ad un avvenimento di iniziazione confrontabile 39) e i termini ellenistici àtl'a:vaal.a e cicptl'apa�a sono estranei a Giovanni. D'altro canto, Giuseppe e Asenet presenta anche aspetti affini, special· mente le coppie di contrari tenebra-luce, errore·verità, morte-vita ( 8 , 10, vedi sopra), il che si può spiegare presupponendo un ambiente spi­ rituale analogo, in cui rientri anche una certa predilezione per espres· sioni fìgurato·simboliche. Il contatto tra Giuseppe e Asenet e il vange­ lo di Giovanni è frutto della comune tradizione giudaica sulla manna ; ma nei due scritti si è pervenuti al medesimo modo di esprimersi pro­ babilmente per via reciprocamente indipendente. La speculazione giu­ daica sulla manna andava a finire - come abbiamo visto anche da altra produzione letteraria giudaica - nell'idea che la manna concede di par­ tecipare alla vita del mondo celeste («cibo degli angeli») e - attraver­ so il legame concettuale con la torà - promette la vita del mondo fu­ turo . Quindi sarebbe bastato poco - una coincidenza o un piccolo im­ pulso - perché un giudeo ellenista, nel suo modo di pensare e di parla· re figurato, coniasse anche l'espressione «pane della vita» . Nel caso di Giovanni è lecito presupporre che egli sia stato spinto a formulare que­ sto predicato per Gesù a partire dalla stessa eredità giudaica e grazie ai suggerimenti del suo proprio pensiero . L'idea della vita (eterna) , che Gesù comunica a quanti credono in lui già ora, domina la soteriologia giovannea ( 3 ,1 6.36; 5 ,2 4 ecc.) . Ge· sù è il portatore della vita divina ( 5 ,26), dice «parole di vita eterna>> (6,6 8 , cfr. 63 ) e fa sl che chiunque lo segue abbia «la luce della vita» 38 . Ch. Burchard, o.c. 130. 39· o.c. 147-182; cfr. R. Schnackenburg, Die ]ohannesbriefe, Freiburg-Basel-Wien 31965, 26J .

Il pane della vita (lo. 6)

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(8,1 2 ) . Poiché questa vita prende corpo i n lui, egli può presentarsi come «la vita» ( 1 1 ,25 ; 14,6) . Ma, dato che nel midrash sulla man­ na che discende dal cielo, a differenza della manna nel deserto che Mo­ sè diede ai padri come dono divino, è lui stesso il vero e proprio ( CÌÀ.T)­ Dt.\lo\1) pane celeste, donato direttamente e attualmente da Dio, real­ mente proveniente «dal cielo» e che «dà la vita al mondo» (vv. 3 2 s .) , era naturale che l'identità di questo pane del cielo cosl caratterizzato si concentrasse nell'espressione «il pane della vita», riferita a Gesù me­ diante la predicazione in prima persona singolare ( « Io sono») . L'idea del nutrimento vitale, che dà vita imperitura, era già preparata dal v. 27 ; poi, con la richiesta di un segno da parte dei Giudei, lo sguardo fu orientato alla manna nel deserto ( vv. 30 s.), ed ora segue il midrash cri­ stiano, una nuova interpretazione del detto scritturistico del v. 3 1 , che presenta la funzione salvifica di Gesù sotto l'immagine e l'idea della manna che discende dal cielo. Nella spiegazione haggadica giudaica del­ la tradizione sulla manna c'è, costante, la presenza appunto del moti­ vo del «discendere» 40, oltre che l'idea della conservazione della vita. In ultima analisi, neanche a Giovanni interessa tanto l'espressione «pa­ ne della vita» in sé, quanto piuttosto la funzione vitale di colui che è disceso dal cielo, inviato da Dio. Ciò risulta chiaramente da 6,48-5 1 , dove si riprende e si interpreta la frase del v . 3 5 «lo sono il pane della vita» (v. 48) . Qui tale affermazione viene sviluppata nel suo significato : i padri, che hanno mangiato la manna nel deserto, sono morti, mentre il vero pane dal cielo dev'essere tale, che chi ne mangia non muore più (vv. 49 s.). Ciò vale solo se riferito a Gesù . Nel riprendere il discorso su colui che prima era stato «definito» il vero pane dal cielo ora però non si dice più : «lo sono il pane della vita», ma, variando : «lo sono il pane vivo (o &p't'oç o swv )» (v. 5 1a) . Caratteristica di questo «pane» è la capacità di dare, a chi ne mangia, la forza per una vita eterna (v. 5 I h) . Questa capacità è garantita da Gesù per il fatto che egli stesso è, in senso eminente, «il Vivente» , vale a dire colui che prende vita, ori­ ginariamente e in maniera imperitura, da Dio, colui che partecipa di­ rettamente alla vita del Padre (dr. 5 ,26) . Cosi l'evangelista dovrebbe essere arrivato per una via propria a for­ mulare l'espressione «il pane della vita», anche se ispirato dalla specu40. Cfr. Mekh. Ex. ' 1 6,4 (citato da P. Borgen, o.c. 7 s.) e i targumim palestincsi ; inoltre B .J. Malina, The Palestinian Manna Tradition, Leiden 1968 , '3 ss. 84. Io,.

Esegesi di testi singoli

!azione giudaica sulla manna e dai motivi che essa gli forniva. In tal modo egli si mostra un pensatore radicato profondamente nel terreno della teologia giudaica e padrone dei metodi del midrash giudaico, che sa utilizzare per il suo pensiero cristiano, concentrato in senso cristo­ logico. Ciò che riuscì all'autore di Giuseppe e Asenet per l'ellenismo giudaico della diaspora - dare espressione adeguata, in termini di pro­ paganda, a motivi giudaici, tra cui la locuzione da lui coniata del «pane benedetto della vita» -, riesce anche al nostro evangelista per il mes­ saggio cristiano, che egli intende riformulare e annunciare in un am­ biente che doveva essere analogo, per rafforzare la fede della sua comu­ nità, ma anche per fare propaganda tra gli Ebrei e i pagani, con i quali i credenti in Cristo vengono a contatto. 2 . I L DI S COR S O DEL PA S TORE

(lo. I O , I - I 8 )

In questo saggio non voglio fornire una spiegazione o un'esegesi si­ stematica e completa di Io. I O,I - I 8 , bensì esaminare il problema fon­ damentale di tutte le diverse interpretazioni di questo testo profondo, quel problema che ha suscitato, appunto, questi divergenti tentativi di interpretazione: come si può accostare e trattare metodologicamente il discorso del pastore, che è inserito nella cornice narrativa di Io. 9 e I O , I 9-2 1 .22-3 9 ? Il brano può costituire un esempio tipico delle diffi­ coltà che l'esegesi del vangelo di Giovanni incontra nell'odierna situa­ zione dell'indagine scientifica. Con ciò dovremo riprendere l'esame del metodo riguardante la «Storia della redazione» del vangelo di Giovan­ ni (v. parte seconda, 4) e illustrarlo con un esempio. Non sono in gio­ co soltanto ipotesi scientifiche, ma anche conseguenze per la predicazio­ ne odierna, che deve riagganciarsi alle intenzioni del testo espresso nel­ la situazione di allora e allo stesso tempo raggiungere l'orizzonte del lettore e dell'uditore di oggi. I . La problematica Senza dubbio, si può porre la struttura del testo di lo. I O , I- I 8 di­ rettamente nell'orizzonte di comprensione dei cristiani odierni, e chie­ dersi come si possa recepire e rendere fruttuoso per la loro fede il di­ scorso del pastore. Ma a prescindere dal fatto che già il materiale figu-

Il discorso del pastore (lo. zo,z-r8)

rato (pastore e gregge, addiaccio o pascolo, pericolo di ladri e predoni, tradimento dei mercenari, e via dicendo) è lontano dall'uomo moderno, anche i punti focali del contenuto non sono facilmente riconoscibili. Tuttavia il lettore credente capirà, soprattutto grazie al ricorrere di frasi che incominciano con «lo sono», che qui si fanno asserzioni rile­ vanti sulla persona di Gesù Cristo, in un discorso di autorivelazione di Gesù, il quale - come altri discorsi del vangelo di Giovanni - pone in risalto la sua funzione salvi6ca. Il concetto forse più frequente è : «lo sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in pienezza» ( r o,r o) . La linea cristologica fondamentale (in termini linguistici: l'isotopia do­ minante) è inconfondibile : Cristo, il portatore della vita, nel suo vin­ colo con gli uomini che gli appartengono. Ma non sono forse importan­ ti anche le opposizioni, che si estendono lungo tutto il discorso? Chi sono quei ladri e predoni, che minacciano la vita dei credenti ? Chi so­ no i mercenari, da cui il «buon» pastore (o il pastore «giusto, vero») prende le distanze? Chi erano in quel tempo e chi sono oggi? Quanto alla comunità, di cui si parla sotto l'immagine delle pecore, quale au­ tocoscienza si può cogliere di essa? Come si può definire, con maggior precisione, il suo rapporto col pastore Gesù? Quali conseguenze ne derivano per il comportamento nei confronti degli esterni, degli estra­ nei e dei nemici? È una comunità esoterica, chiusa in se stessa, o una comunità che intende guadagnare altre persone, chiamata a far questo dal suo pastore Cristo (cfr. ro,r 6)? Com'era allora il rapporto della co­ munità cristiana con il giudaismo e il paganesimo, e come dovrebbe es­ sere oggi ? Si potrebbe continuare a porre domande, che emergono ad una considerazione più attenta del testo. Anche questioni teologiche profonde, come il rapporto di Gesù col Padre, la prospettiva del dono della sua vita e della risurrezione, la sua elevata «autoconsapevolezza» (cfr. I O , I 7 s.), esigono una riflessione ulteriore, se si tiene presente che questo discorso viene posto sulla bocca del Gesù terreno-storico. Per questo si rende necessario cogliere con lo sguardo l'orizzonte storico da cui il discorso è stato formulato, in un tempo determinato, in una co­ munità con una sua fisionomia ben precisa, in una data situazione sto­ rica, con determinate intenzioni. Solo allora sarà possibile un'adeguata trasposizione e applicazione al nostro tempo, cosl diverso, con le sue problematiche e le sue prospettive. L'esegesi storico-critica considera proprio compito specifico chiari-

Esegesi di testi singoli

re questo sfondo storico, per aiutare cosl, riandando alle circostanze in cui il testo è sorto e ricercando quanto s'intendeva dire allora, il letto­ re a capire. Con l'ampliarsi e il perfezionarsi degli strumenti metodo­ logici questo compito s'è fatto sempre più difficile. La critica testuale, la critica letteraria, la critica delle forme e dei generi, la critica deila tradizione, la critica della composizione e della redazione devono es­ sere, ciascuna per sé e tutte insieme collegate, tenute nella debita con­ siderazione. Ad esse s'è unita di recente, a volte in concorrenza, la lin­ guistica moderna, la quale esige anzitutto un'analisi linguistica accura­ ta e un'indagine del testo nelle sue relazioni e funzioni interne (sul pia­ no sintattico, semantico e pragmatico) . Essa si propone come obiettivo di cogliere anzitutto un determinato testo nella sua coerenza ( «sincro­ nicamente») e sta quindi in tensione con la critica letteraria, la quale invece presta attenzione proprio alle contraddizioni, ai capovolgimen­ ti, alle ripetizioni, alle suture ecc., quindi parte piuttosto dal presuppo­ sto di un testo cresciuto un po' alla volta ( «diacronicamente») e, su questa base, ne contesta la coerenza. Tutto ciò si ripercuote inevitabil­ mente sulla spiegazione e interpretazione, ed è proprio quanto inten­ diamo studiare a riguardo di Io. I o, I- I 8 . Poiché non è possibile considerare tutti i commentari e tutti i lavori specifici riguardanti il nostro testo, devo !imitarmi ad una selezione che presenti procedimenti tipici e risultati caratteristici. Per uno sguardo d'insieme sulle tendenze e sui risultati nell'esegesi più recente del di­ scorso del pastore, rimando alla recentissima monografia di Pius-Ramon Tragan 1 • Per prospettare quella che costituisce la divergenza fonda­ mentale nelPesegesi moderna, mi limito a contrapporre due tipi di in­ terpretazione : uno che parte dall'ipotesi della coerenza del testo (pun­ to 2), e l'altro che presuppone una discontinuità, o per lo meno una successione nel tempo, del materiale confluito in Io. IO,I-I 8 {punto 3 ) . U n particolare orientamento esegetico s i può delineare sotto l'aspetto della storia della tradizione (punto 4) . Infine ci si dovrà chiedere se, di fronte ad approcci metodologici così diversi, si delinei o meno una via di soluzione (punto , ) . I . La parabole du «Pasteur» et ses explications: ]ean IO,I-I8 ( StAns 67), Roma 1 980, 53-175 ·

Il discorso del pastore (lo. IO,I·I8) 2 . Esegesi

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basata sul presupposto della coerenza del testo

Nell'esegesi anglosassone, ma non solo in essa, è tradizione, fino ad oggi, spiegare passo dopo passo il testo attuale, partendo dal tacito pre· supposto di una composizione unitaria 2• Un buon esempio, paradigma­ tico nel suo genere, è offerto dal commentario di Hoskyns-Davey (Lon­ don 21 947} . Egli parte dall'intima connessione tra la guarigione del cie­ co nato e l'opposizione dei Farisei (cap. 9) e dice : «l due capitoli stan­ no nel più stretto rapporto reciproco che sia pensabile, e l'evangeli· sta presuppone nei suoi lettori la capacità di riconoscere ciò» (366). Quindi presenta lo sfondo veterotestamentario del discorso del pasto­ re e porta a confronto la lingua «incisiva, metaforica» con altri testi del Nuovo Testamento. L'intenzione - dice - è di porre in risalto Ge­ sù come pastore fedele del popolo di Dio, in opposizione ai Farisei. La '1ta.pot.IJ.�a. viene intesa come discorso enigmatico, che richiede di es­ sere decifrato. Solo dopo questa introduzione segue l 'esegesi, distinta nel discorso enigmatico e nella sua «interpretazione», che è in funzio­ ne dell'orizzonte dei lettori credenti. Cosl si spiegano anche i singoli temi della porta, del buon pastore, della donazione della vita (che esige la medesima prontezza anche dai cristiani [ 3 76 ] ) , dell'aggiungersi dei pagani al gregge di Dio. Si tratta di un'esegesi avvincente, di fronte al­ Ia quale ci si chiede soltanto come si sia arrivati alle applicazioni spe· ciali e all'ordine di successione dei singoli temi. Fondamentalmente, anche C .K. Barrett, B. Lindars e altri seguono lo stesso principio. Una maggiore sensibilità per l 'attuale forma del testo ed uno sforzo più intenso di coglierne la struttura emergono dai lavori specifici di Odo Kiefer 3 e A.J. Simonis 4• Ambedue riconoscono, nel discorso e­ nigmatico, due parti (non due parabole originariamente a sé stanti) : vv 1-3 e vv. 4-5 . Ma nell'analisi problematica dei vv 7- x 8 percorrono strade diverse. Il Kiefer considera come principio di strutturazione le .

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2 . Cfr. i commentari di B.F. Westcott, 1 908 ; C.H.C. MacGregor, 1928 ; E.C . Hos­ kyns, 1940; 21947 ; C.K. Barrett, 195 5 ; 21978 ; RR. Lightfoot C.F. Evans, 1956 ; JN. Sanders - B .A. Mastin, 1 968 ; B. Lindars, 1972 ; L. Morris, 1972. Ma anche in Inghilterra ci sono correnti critiche ; cfr. R. Schnackenburg , Neuere englische Li· teratur zum ]ohannesevangelium : BZ, N.F. 2 ( 1 958) 144-154. 3· Die Hirtenrede. Analyse und Deutung von ]oh IO,I-I8 (SBS 23), Stuttgart 1967. Le pagine sono indicate nel testo. 4· Die Hirlenrede im ]ohannes-Evangelium (AnBib 29), Roma 1 967 . ·

Esegesi di testi singoli

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due coppie di detti inizianti con Èyw E�� t. . I due detti sulla porta si in­ tegrano a vicenda sotto un diverso aspetto e similmente fanno poi i due detti sul buon pastore. Io stesso, nel mio commentario, ho fatto notare che i due primi detti dei due gruppi inizianti con lyw ELIJ.t. con­ tengono un 'opposizione contro altri uomini, e che gli altri due detti inizianti con Èyw Et�t. pongono in risalto il rapporto positivo del cre­ dente con Cristo 5• Nel v. 1 6 si tratta, per il Kiefer, «non di un amplia­ mento che si scosta dal contesto e che denuncia una tendenza messiani­ ca, ma anzitutto di un'asserzione che si ricollega al resto e lo integra, e che è di grande importanza per tutto il discorso» (p. 24) . I vv. 1 7 s. sono collegati per associazione ai vv . 14 s . mediante il motivo del «do­ no della vita», con un accentuato crescendo : «lo do la mia vita - la do da me stesso - ho il potere di darla» (p. 7 5 ). L'analisi del Kiefer dunque si rifà sia ad elementi formali esterni, sia ad aspetti contenutistici e teologici, che si possono cogliere anche sul piano semantico (cfr. "t't.i}É'Jat. "t''Ì}'V �uxi}'V) . Il Simonis presta maggior attenzione alle figure di lingua e perviene ad una ripartizione strofìco­ ritmica . Tuttavia, là dove egli, a partire dal triplice ricorrere di un de­ terminato vocabolo, conclude per l'unità testuale, sorgono forti dubbi. Anche per quanto riguarda le inclusioni e le figure del discorso da lui constatate, conformi allo schema A-B-C-B '-A ', non tutti i particolari sono convincenti. Una siffatta analisi strutturante appare inadeguata di fronte alle conoscenze linguistiche odierne. Se si vuole riconoscere una unità testuale coerente in Io. 10,1-6 e 10 ,7- 1 8 , è necessario ricer­ carne la coerenza analizzando tutta la pericope coi metodi raffinati del­ la linguistica, cioè sotto l'aspetto sintattico, semantico e pragmatico. Ciò non era ancora possibile fino alla metà degli anni settanta; ma an­ che da allora non mi risulta che sia stato fatto alcun tentativo linguisti­ co di questo genere per il discorso del pastore . Poiché tutti gli altri commenti che intendono il discorso del pasto­ re come una composizione unitaria non vanno oltre gli esempi menzio­ nati, volgiamo ora la nostra attenzione agli sforzi della critica lettera­ ria e alle analisi degli strati . 5· Das ]ohannesevangelium ediz. it. 483 e 491 s.).

II

(HThK IV/2), Freiburg i.Br. 31980, 364

e

370 ( =

Il discorso del pastore (lo. IO,I-I8)

3 . Esegesi basata sul presupposto di una discontinuità del testo

Non intendo esaminare dappresso i meno recenti tentativi di critica letteraria che si basano su una distinzione tra uno scritto fondamenta­ le (evangelista ) e una rielaborazione (redazione) . Mi limito a menzio­ nare Emanuel Hirsch ( 1 936) come erede di questo tipo di esegesi b. Egli attribuisce il discorso del pastore all'evangelista, che l'avrebbe scritto in opposizione agli scribi farisei. Ma per lui è chiaro che il v. 9 spezza il legame tra il v. 8 e il v. IO e che quindi è un'inserzione della redazione . Il redattore avrebbe sostituito anche gli enunciati originari nel v. 7 («lo sono il pastore») con «la porta» . Se Cristo è la porta, al­ lora il pastore è il maestro apostolico, e il ladro e il predone sono i fal­ si maestri. Di qui risulterebbe chiaro anche che il v. 1 6 è stato aggiun­ to dal redattore nell'interesse della chiesa composta di ebrei e pagani. Ma anche il brano più ampio sul mercenario (vv. 1 1b-14a) è attribuito da Hirsch alla redazione, che guardava ai capi della comunità (in lot­ ta contro i falsi maestri) , i quali avrebbero dovuto essere pronti al mar­ tirio. Questa critica letteraria di un tempo intendeva dimostrare che nello scritto di base lo svolgimento del pensiero è unitario e «condotto con rigore» . Ma l'evangelista deve necessariamente aver posseduto la stessa logica nostra? In Inghilterra J.H. Bernard, nel suo commentario in due volumi ( 1 928) 7, ha espresso dubbi sulla giusta posizione del discorso del pa­ store all'interno del contesto narrativo. «La successione delle idee col­ lega i vv . 1 9-29 direttamente al cap. 9 piuttosto che a 1o,r-1 8» (n, 34) . Di conseguenza il Bernard commenta i testi nel seguente ordine : 9,41 ; 1 0,1 9-29 ; IO,I-I 8 ; 10 ,30 ss . e spiega la trasposizione ricorren­ do all'ipotesi di uno scambio di fogli ; eppure il discorso di 1 0, 1 - 1 8 è da lui letto e commentato in maniera continua. Nel frattempo le ipo­ tesi di trasposizione sono state talmente criticate, che non vogliamo trattarne più da vicino. Tuttavia, ancora di recente Joseph Blank pro­ pone una trasposizione nel seguente modo : r o , 1 9-2 I .22-26; 1 0 ,7- I O . 6. Studien zum vierten Evangelium (BHTh 1 1 ) , Tiibingen I936, 82-84.

7· A Critica/ and Exegetical Commentary on the Gospel According to St. ]ohn ( ICC), 2 voli . , Edinhurgh 1928. Cfr. 1, pp. XXIV s.

I 68

Esegesi di testi singoli

I-6 . I I-Ij . I 6- I 8 .2 7·J0 8• Secondo il Blank la trasposizione è dovuta alla redazione finale. Ciò che soprattutto non mi riesce chiaro è perché il discorso enigmatico (vv. I-6) debba venire soltanto dopo le parole sulla porta. Il Blank stesso ammette che con questa trasposizione non si eliminano tutte le asprezze del testo ( 2 r 6) . I l quadro si presenta più differenziato nella teoria critico-letteraria di M .-É . Boismard e A. Lamouille 9• La complicata teoria, che prospet­ ta una formazione del vangelo di Giovanni in tre o quattro stadi (il documento B viene suddiviso in due fasi) , che si susseguirono l'uno all 'altro ad una distanza di tempo relativamente grande (il documento C verso il 5o d.C., il documento n-A verso i1 65 d .C . , il documento n-B verso il 9.5), è stata già presentata brevemente sopra (p. r 2 I ) . Per il discorso del pastore di Io. r o , r - 1 8 l'analisi dei due studiosi francesi è la seguente : l'intero testo è entrato a far parte del vangelo nel secondo e terzo stadio ( n-A e u-B ), e la redazione finale (111) vi avrebbe ag­ giunto alcune glosse. Nel discorso enigmatico i vv. r .2a.( 3b.d) -4c ap­ partengono al documento 11-A, invece i vv. 3a.c.4a.b . .5-6 al documento 11-B . Nel v. 7b gli autori preferiscono la lezione «io sono il pastore delle pecore», ne risulta una sequenza logica dei vv . 7b . 8 . 1 o , se­ condo lo schema A B C B' A'. Il testo originario del v. 9 è ·difficile da recuperare, ma dovrebbe essere composto in rispondenza a 14,6 . La sezione sul buon pastore (vv. I r-r 8 ) si suddivide anch'essa nei tre do­ cumenti n-A, u-B e III. Qui i vv. I r a.( r 2a) . I J . I 6 appartengono solo al terzo stadio . Dietro questa suddivisione si possono riconoscere i ri­ spettivi interessi teologici e pastorali degli stadi redazionali. Mentre il documento di fondo riprende la tematica del pastore dall'Antico Te­ stamento e dai sinottici e designa Gesù come il nuovo Mosè, l'interpre­ tazione ampliata, con applicazioni, risale soltanto a n-A e n-B . Questi redattori avrebbero inteso il discorso enigmatico soprattutto come di­ scorso polemico contro i Farisei. Solo in u-B il discorso del pastore di r o, r -r 8 fu collocato nel suo posto attuale . Il redattore di n-B dà al di­ scorso parabolico un accento nuovo : i Farisei sono realmente pastori, ma non dell'unico vero gregge, che Dio ha affidato a Cristo. Ciò viene 8. Das Evangelium nach ]ohannes (Geistliche Schriftlesung 4/1b), Dii sseldorf 1 981, 21 5-253 · 9· Synopse des quatre évangiles en français, Tome III : L}Bvangile de ]ean, Éd . du Cerf, Paris 197 7, 263-271.

Il discorso del pastore (lo. I01I-I8)

detto ai giudeocristiani, i quali sono tentati di abbandonare Cristo, per rimettersi alla scuola dei Farisei. La contrapposizione di «buon pasto­ re» e wat.v . Il verbo 1twp6w ( = pietrificare, indurire), al posto del quale nei mss . appare talvolta '7t'J'}p6w, di senso affine ( = paralizzare, mutilare) 20, è raro nei LXX (solo in I ob 1 7,7B ; Prov. I 0,2oA) e non è riferito al cuore . Nel Nuovo Testamento invece viene ripetutamente usato in riguardo all 'indurimento del cuore : Mc. 6,;2; 8 , 1 7 ; (sostantivo : ) Mc. 3 ,5 ; Eph. 4,1 8 , od è usato nello stesso senso senza la menzione del cuore: Rom . 1 1 ,7 ; 2 Cor. 3 ,14; (sostanti­ vo) : Rom. 1 1 ,26. Qualunque sia il modo in cui questo termine è en­ trato a far parte della tradizione protocristiana 21, la dipendenza del quarto evangelista da questa tradizione cristiana o il suo legame con essa non possono essere messi in dubbio. Di qui, non da una versione o lezione precristiana, egli prende questo verbo . Il semplice CT't'pÉcpE­ ut}at. per l'ebraico sub, che i LXX rendono molto spesso, anche in I s. 6, 10, con E1tt.a"t'pÉq>Eaitoct., potrebbe averlo messo lui di sua iniziativa; in­ fatti, come si sa, egli è avverso ai composti ed usa quel verbo anche in alcuni altri passi ( 1 ,3 8 ; 20,14 . 1 6 ; E'ltt.a't'pÉq>Ecrt}at. soltanto in 2 1 ,20, nel capitolo supplementare che certamente non è di sua mano) . Cosl, anche in questo è riconoscibile la sua mano . Infine l'uso dell'espressione dei LXX xat l.acrof..UL t. ocv't'ouc; alla fine della citazione è chiaramente un'operazione intenzionale dell'evangeli­ sta. Il cambiamento insolito dalla terza alla prima persona singolare, che non si trova né nel T .M. né nei LXX, non è spiegabile diversamen­ te. Nei LXX l'espressione risulta comprensibile nel contesto del discor­ so di Dio al profeta. Ma in Io. non è Dio che parla, ma è l 'evangelista che parla di lui in terza persona. Il cambiamento è voluto, come emer­ ge dal commento che l'evangelista aggiunge nel v. 4 1 . A motivo di que­ sta interpretazione risulta anche impossibile intendere le ultime paro­ le della citazione diversamente da una loro dipendenza da tva IJ.'li ; al posto del congiuntivo aoristo subentra - grammaticalmente possibile 20 .

È7ti)pwCTE'V J>66 ·75 s w K n 1 079 Didymus ; 7tE'Tt'i}pWXE'V pc. 2 1 . Cfr. B. Lindars, o.c. 1 59 s. definisce il concetto una «parola chiave» e ritiene probabile che «Giovanni abbia conservato una delle forme nelle quali il testo circolava in un periodo precedente». In effetti il suo ricorrere in Paolo e Marco (al di fuori della citazione di Is. ) è sorprendente, ma resta dubbio se da ciò si debba concluderè per un testo di Is. 6,ro circolante in questa forma. Stranamente, nel ThWNT il concetto non è registrato.

r86

Esegesi di testi singoli

futuro indicativo 22• Quindi, se vogliamo comprendere pienamente l'intenzione dell'evangelista e il suo procedimento teologico, dobbiamo prestare attenzione al commento che egli fa nel v. 4I . il

3 · Il commento cristologico dell'evangelista (v. 4 I )

L'evangelista stesso si rende conto che l'espressione «ed io li guari­ sca» richiede un chiarimento e perciò a chiarificazione aggiunge : «Que­ sto disse Isaia, perché ( var.: «quando» 23} vide la sua gloria e parlò di lui». Se per il primo a.Ù"tou ci possono essere ancora dubbi se esso si riferisca a Dio o a Cristo - effettivamente un gruppo di mss . scrive itEou 24 -, tale dubbio viene eliminato con il secondo aù't'ou . L'ultima osservazione ha senso soltanto se l'intenzione è di porre in risalto il di­ scorso su Cristo, poiché nel testo originario è Dio che parla al profeta. Ma si riferirà a Cristo anche «la sua gloria», poiché non è indicato al­ cun cambiamento di persona. Dio, che acceca gli occhi e indurisce il cuore, non aveva propriamente bisogno di essere menzionato come co­ lui la cui gloria fu vista da Isaia. Ambedue i pronomi personali si rife­ riscono dunque a Gesù, del quale l'evangelista nel v. 37 aveva detto che essi - nonostante i segni - non avevano creduto in lui. Anche nel­ la prima citazione (v. 3 8a) il pronome di prima persona (al plurale: 'li(.l.Wv) si riferisce a Gesù. Ne risulta quindi una visione unitaria dell'evangelista. I Giudei, che egli ha di mira, si rifiutarono di credere in Gesù; ma secondo la Scrittu­ ra ciò doveva accadere. Essa ha predetto il fatto dell'incredulità, sco­ prendone anche il motivo profondo : l'indurimento ad opera di Dio. L'incredulità cocciuta, alla luce della Scrittura, non si trasforma in un controargomento avverso a Gesù e alla sua opera. Anzi, è una convali­ da del suo avvento. Con incisività l'evangelista pone in risalto che il profeta Isaia aveva visto la gloria di Cristo ; neanche l'incredulità può togliere a Gesù il suo onore, poiché l'onore e la gloria di Gesù proven22. Cfr. F. Blass - A. Debrunner, Grammatik des neutestamentlichen Griechisch, Gottingen 91 954, § 369,2. A questo proposito ci sono oscillazioni nei mss.; in Io. 1 2 ,40 taa'WIJ.(lt. di L pm è tardivo e secondario. 23 . La lezione O"tE di D Sf q> 565 al. Vet. Lat. (eccetto e) Vg sy e Padri della chie­ sa è la lectio facilior. 24. -tou t}Eou : 8 cp 1 (Rehdigeranus, sec. VII/VIII) sa; + (lÙ"tou : D.

Io.

I2,39-4I.

L'esegesi cristologica del quarto evangelista

gono da Dio (cfr. 8,49 s . 54) . Gesù, l'inviato di Dio, era destinato a sal­ vare il mondo (cfr. 3 , I 7 ; I 2 ,47) ; ma contro gl'increduli ostinati Dio ha emanato il suo decreto di non guarirli. Il «guarire» che l'evangelista trova nella citazione di Isaia s'adatta bene al processo di indurimento. Solo Gesù avrebbe potuto guarire «l'indurimento» interiore che Dio aveva apportato agli uomini 25, ma ciò non era nella volontà di Dio. Come s'immagina l'evangelista il «guardare la gloria» di Gesù da parte di Isaia? Ci sono due diverse spiegazioni : il profeta ha previsto la gloria di Gesù, che si manifesta nel suo operato (cfr. I ,1 4 ; 2 ,1 1 ; I I , 40) ; oppure egli già allora, nella sua visione del tempio, ha visto la glo­ ria del Cristo preesistente (cfr. I 7,5) . La prima spiegazione 26 può ri­ farsi al «vedere il giorno di Gesù» da parte di Abramo, in 8 ,5 6 ; ma nel contesto della citazione d'Isaia è preferibile la seconda spiegazione . L'evangelista riferisce la visione del profeta alla gloria di Gesù . Nel tempio celeste Isaia vide allora non Dio - nessuno ha mai visto Dio, sottolinea spesso Io. ( I ,r 8 ; 6,46; cfr. 5 , 3 7 ) -, e neanche la gloria di Pio, come dice il Targ. ]on. , bensì la gloria di Cristo . Il Preesistente è apparso ad Isaia ed ha parlato con lui. A lui si riferisce il discorso del profeta in Is. 6,9 s . ; lui ha detto al profeta : «Dio ha accecato i loro occhi e indurito i loro cuori, perché con i loro occhi non vedano e con il loro cuore non riconoscano ed io li guarisca» . Solo in questo modo il passaggio alla prima persona trova la sua completa spiegazione. La glo­ ria di Dio, che Isaia ha visto, e il discorso di Dio , del quale Isaia ha par­ lato, sono trasferiti al Cristo preesistente . Questa ardita lettura e interpretazione cristologica è possibile sol­ tanto in uno stadio avanzato dello sviluppo della dottrina cristologica. Ma già Paolo in I Cor. Io,4, ha riferito al Cristo la roccia dispensatrice d'acqua, che accompagnava gli Israeliti nel deserto . Per Io. il Logos è già all'inizio presso Dio e già nel tempo anteriore all'incarnazione è la 2 5 . Secondo questo testo Gesù appare nel ruolo del medico divino. K.H. Rengs­ torf, Die Anfange der Auseinandersetzung zwischen Christusglaube und Askle­ piosfrommigkeit, Mii ns ter i.W. 1 95 3 , pensa ad un influsso più forte del culto di Asclepio sul vangelo di Io. , ma per dimostrarlo non s'avvale, a ragione, di 1 2 ,40. L'espressione si s piega come attinta dai LXX. 26. ]. Dupont, Essais sur la christologie de saint ]ean, Bruges 195 1 , 269-273 ; C. Traets, Voir ]éstfs et le Père en lui selon l'évangile de saint ]ean, Roma 1967, 92 s. Contrari la maggior parte dei commentari più recenti; anche W. Thiising, o.c. 2 1 8 s.

1 88

Esegesi di testi singolz

luce degli uomini ( 1 ,4) . Giustino quindi fa parlare Cristo, il Logos, dal roveto ardente (apol. 62,3 s.; 63,10) e lo fa apparire a Mosè e agli altri profeti in forma di fuoco e in un'immagine incorporea (63,1 6). Cosl la cristologia giovannea si colloca nel modo di trattare la .Scrittura e nel movimento di pensiero del protocristianesimo. Se il nostro passo non si pone esattamente sullo stesso piano di 8 ,5 6 (Abramo che vede in anti­ cipo il giorno di Gesù), ciò avviene perché l'evangelista per Abramo si ricollega a determinate concezioni giudaiche ; ma poi le supera imme­ diatamente. Gesù non solo ha visto Abramo (cfr. v. 57), non solo nella sua preesistenza gli è contemporaneo , ma gli è assolutamente superio­ re : «Prima che Abramo fosse, io sono» (v. 5 8 ) . Quando il Gesù giovan­ neo parla ai Giudei, l'evangelista si riallaccia a concezioni giudaiche (co­ sì anche in 6,3 1 ss.) ; ma in r 2 ,39-4 1 egli si volge sin dall'inizio ai suoi lettori cristiani e si serve di un'interpretazione cristologica della Scrit­ tura che è comprensibile solo a quanti credono in Cristo. Ciò può spie­ gare la differenza rispetto a 8,5 6 . . Oggi si presta maggior attenzione alla componente giudaica del pen­ siero giovanneo, ed in effetti ci sarà ancora qualcosa da imparare per quanto concerne la ripresa di metodi giudaici da parte del quarto evan­ gelista . Ma egli utilizza tali metodi soltanto come strumento e ausilio per la sua cristologia, trasformandosi cosl in un autonomo interprete cristiano della Scrittura. La sua interpretazione originale della citazio­ ne sull 'indurimento non ha modelli né nell'esegesi giudaica né nell'e­ segesi protocristiana precedente. Nei confronti dei sinottici Io. pre­ senta un'interpretazione cristologica coerente e, accanto a Marco, è co­ lui che fa l'affermazione più aspra sul decreto di indurimento emanato da Dio . Ma la citazione va letta nel contesto del brano 1 2 ,37-43 e di tutto il vangelo, il quale contiene più bagliori e prospettive di speran­ za di quanto sulle prime possa apparire. Nonostante tutte le espe­ rienze deprimenti, sotto la croce l'evangelista acquista la certezza che tutti gli uomini «guarderanno a colui che hanno trafitto» ( 1 9,37 ), un passo che è del pari una testimonianza della sua profonda meditazio­ ne della Scrittura e che forse intende controbilanciare in certo modo l'oscura visione di 1 2 ,3 7-43 rr. 27. Cfr. il mio studio La citazione scritturistica in Io.

19}37,

in questo volume.

Struttura e senso del discorso in Io. I5



S TRUTTURA E S EN S O DEL DI S COR S O IN

lo. 1 5

Io. 1 5 è adatto a farci affrontare alcune questioni che svolgono un ruolo nella ricerca odierna sul vangelo di Giovanni. Da sempre ha sor­ preso che immediatamente dopo l'invito di Gesù ai suoi discepoli : «Alzatevi, andiamo ! » , alla fine del discorso di congedo del cap. 1 4 , in­ cominci un nuovo discorso. Esso s'inizia con le immagini della vite e dei tralci e arriva, se si guarda soltanto ai dati concernenti la situazio­ ne esterna, sino alla fine del cap . I 6 . Ma in questa lunga sezione, in cui Gesù rivolge molte parole ai discepoli, vengono trattati diversi temi, che si compongono in unità minori, sicché ne viene un problema: co­ me si debba suddividere la lunga sezione. Si tratta sostanzialmente di un unico discorso compatto, che viene interrotto soltanto una volta al cap . I 6 da riflessioni dei discepoli ( I 6, r 8) e che alla fine riporta ancora un'osservazione incidentale dei discepoli ( r 6,2 9 s . ), oppure occorre di­ stinguere più discorsi? Quali sono le sottosezioni e le unità minori che andrebbero individuate secondo i metodi odierni? 1 • Solo dopo che ci si è fatti un'idea chiara sulla struttura, sia nel complesso sia nei detta­ gli, si può esprimere anche, con maggior sicurezza, un giudizio sul sen­ so delle singole parti del discorso . Una ricerca del senso da attribuire a queste parole di Gesù nella sa­ la dell'ultima cena è un compito che s'impone sotto diversi aspetti . Perché il discorso di congedo del cap. 1 4 , che in quanto tale sembra del tutto sufficiente e che trova la sua prosecuzione spontanea al cap. _1 8 , è integrato da altri discorsi e anche dalla «preghiera sacerdotale» del cap. I 7 ? Questi discorsi si pongono sullo stesso piano del cap. 14, oppure tradiscono altri e nuovi interessi di natura teologica e pastora­ le? È questo il problema dei diversi «strati», su cui oggi si è riacceso un vivace dibattito 2• I discorsi provengono dal medesimo autore de] I.

Di recente si sono intensificati gli sforzi

per

avvicinare resegesi biblica ai meto­

di della scienza letteraria moderna. Si adotta anche il metodo linguistico-struttura­ listico, che nei dettagli è applicato ancora in maniere diverse. Cfr. tra gli altri L.

Alonso-Schokel, La Palabra Inspirada. La Biblia a la luz de la ciencia del lengua;e, Barcelona 1966 ( traduz. ted. Dlisseldorf 1968) ; W. Richter, Exegese als Litera­ turwissenschaft, GOttingen 1 97 1 ; R . Barthes e altri, Exégèse et Herméneutiques, Paris 1 97 1 ; R. Kieffer , Essais de méthodologie néo-testamentaire, Lund 1 97 2 ; M. van Esbroeck, Hermeneutik, Strukturalismus und Exegese, Miinchen 1 97 2 . 2. Cfr. G. Richtèr, Die Deutung des Kreuzestodes ]esu in der Leidensgeschichte des ]ohannesevangeliums (]o IJ-I9) : BiLe 9 ( 1 968) 2 1-36 ; Id., Die Fusswaschung

r 90

Esegesi di testi singoli

discorso di congedo del cap. 14, quindi dall'evangelista, a cui non si contesta questo discorso, o, ad es., da una redazione, sulla cui esisten­ za secondo 2 1 ,24, non c'è alcun dubbio ? È il caso forse di parlare ad­ dirittura di diverse persone della «scuola giovannea» , responsabili dei vari discorsi da individuare nei capp. 1 5- 1 7 ? Per altro, non si dovreb­ be considerare troppo impellente la questione dell'autore : anzitutto si devono studiare i limiti, la struttura e il senso di queste sottosezioni. Per la maggior parte gli studiosi oggi sono d'accordo nel dire che c'è stato bisogno di un lungo processo prima che il vangelo di Giovanni raggiungesse la forma che ci sta davanti 3 • Chiarire meglio questo pro­ cesso non solo è importante per la comprensione letteraria del vangelo, ma ha anche una rilevanza storica e teologica. Dietro a tutti e quattro i vangeli canonici si trovano delle comunità, dalle cui tradizioni gli e­ vangelisti attinsero e per la cui vita composero la loro esposizione . Partendo dall'opera tardiva del vangelo di Giovanni, peculiare e cosl chiaramente distinta dai sinottici, si può gettare uno sguardo su quelle comunità cristiane che erano caratterizzate da tradizioni proprie , so­ prattutto dal «discepolo che Gesù amava» (cfr. 2 1 ,20·2·3 ) . La partico­ lare teologia «giovannea» merita attenzione non soltanto in quanto creazione del suo autore, ma anche per il suo influsso sulla di lui co­ munità. Anche per le nostre comunità odierne può essere istruttivo vedere come i primi uditori e lettori di questa predicazione di Cristo fossero mossi dalle idee di quell'autore. Ci limitiamo al discorso che incomincia col cap. r 5 . Cercheremo di definirne i limiti e quindi indagheremo sulla sua struttura, il suo sen­ so, il suo contesto vitale e infine anche sulla sua possibile provenienza. I.

I o. I 5 nel quadro dei discorsi di congedo Il discorso di Gesù nel cap. 1 5 , che s'inizia con l'accentuato Èyw EL-

im ]ohannesevangelium, Regensburg 1967 ; J. Becker, Die Abschiedsreden ]esu im ]ohannesevangelium : ZNW 61 ( 1 970) 2 1 5-246 ; R.E. Brown, The Gospel Ac· cording to ]ohn n (chap. XIII-XXI), Garden City l N.Y. 1970, .581-6o4; H. Thyen, ]ohannes IJ und die «Kirchliche Tradition» des vierten Evangeliums, in Tradition und Glaube (Festgabe fur K.G. Kuhn), Gottingen 1971, 343-356. 3· Cfr. R. Schnackenburg, Das ]ohannesevangeliums I, Freiburg-Basel-Wien 21 966, 46-6o ( ediz. it. 72-92) ; R.E. Brown, The Gospel According to ]ohn I (chap. I· XII), Garden City l N.Y. 1 966, XXXIV-XXXIX. =

Struttura e senso del discorso in lo. I5

191

lJ.L giovanneo, non tratta più formalmente della dipartita di Gesù, come

il discorso del cap. 14 4, bensì la presuppone già. Si tratta di un discor­ so che risponde molto più nettamente alla situazione dei discepoli do­ po la dipartita di Gesù, che non all'ora del congedo . I discepoli vengo­ no invitati a rimanere in Gesù, affinché Gesù rimanga in loro (v. 3 ) , a rimanere nel suo amore e ad osservare i suoi comandamenti, così co­ me egli stesso ha osservato i comandamenti del Padre suo e resta nel suo amore (vv. 9-10) . Egli li ha eletti e destinati a portare frutto, ad amarsi l 'un l'altro (vv. 1 6- 1 7) . Così, nella sezione costituita dai vv. I­ I] si pensa già alla loro futura comunione con lui e tra di loro . Una seconda sezione tratta quindi dell'odio del mondo e delle persecuzio­ ni che essi si devono attendere in quanto discepoli ( vv . 1 8-25 ), e dopo un detto sul Paraclito, che tratta della comune testimonianza dei di­ scepoli e dello Spirito (vv. 26 s.) questa predizione viene ripresa in da­ ti concreti ( 1 6,r-4a) . Anche questa sezione dunque guarda alla loro esistenza futura e al loro operato nel mondo. Ma a partire da 1 6,5 si ha di nuovo un discorso sulla dipartita di Gesù, e anche sulla «tristezza» che adesso (nell'ora del congedo) riem­ pie i discepoli . Questa situazione viene mantenuta in tutto il cap. r 6 . Una chiave per intendere questo discorso e i suoi motivi è l'espressio­ ne del v. 7: «Vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada». Con essa si motiva la venuta e l'azione del Paraclito (vv. 8-1 5 ) . Dopo un breve periodo di separazione, Gesù promette ai suoi una gioia perma­ nente (vv. r 6-2 2 ) , l'esaudimento delle loro preghiere (vv. 25-2 8 ) . Que­ sto è ancora il tempo del parlare enigmatico ( v . 2 5 ) , dell'incompren­ sione dei discepoli, e ben presto anche della loro dispersione (v. 3 2 ) . . In una parola : qui si ritorna alla situazione di congedo del cap . 1 4 . Tra questo discorso del cap. r 6 e quello del cap. 14 ci sono senz'altro stret­ ti rapporti 5• Dobbiamo concludere che il discorso del cap. 1 5 arriva fi­ no a r 6 ,4a e che di qui ha inizio un nuovo discorso . In favore di questa delimitazione c'è anche un elemento formale : l'e­ spressione che ricorre spesso 'ttx.U"t'a À.EÀ,ti)..,T)Xtx. VIJ.LV 6• Essa si trova in 4· Sul discorso di congedo del cap. 14 dr. il mio saggio Das Anliegen der Ab­ schiedsrede in ]oh I4, in Wort Gottes in der Zeit (Festschr. fiir K.H. Schelkle), Dii sseldorf 1973 , 89-104. ,. Cfr. R.E. Brown Gospel n, 588-597, che fornisce un'istruttiva raccolta e trat­ tazione dei dati. · 6. L'osservazione è già s tata fatta in precedenza cfr. E. Lohmeyer, V ber Aufbau ,

,

Esegesi di testi singoli

14,2.5 ; 1 .5 , 1 1 ; r 6, 1 .4.6 .2.5 (con l'aggiunta Év 1tCX.POLIJ.LCX.Lc;) .3 3 · Benché non necessariamente richiami l'attenzione sulla fine di un discorso più ampio, essa segna tuttavia la conclusione di una unità del discorso (cfr. 1 4 ,2 .5 ; I ,5 ,r r ; r 6,2 .5 ) . Sorprende il suo rapido succedersi in r6,r .4.6. Sembra che r6,r concluda l'intera sezione di I 5 ,r 8-27. Poi però viene ripreso quell'annuncio chiarificatore della persecuzione dei discepoli ad opera della sinagoga ( r 6,2-3 ), finché infine si fa ancora punto con la stessa espressione (v. r 6 ,4a) . r 6 ,6a è una ripresa, una specie di aggan­ cio alla sezione precedente , cosl come r 6,4b è chiaramente costruito co­ me passaggio . È chiaro : con 16,5 ha inizio un nuovo discorso di con­ gedo, che tratta della dipartita di Gesù e di ciò che questa dipartita de­ ve comportare, in bene, per i discepoli. In quanto segue ci occupiamo della sezione sin qui delimitata : 1 5 ,r - r 6,4a. 2.

La struttu ra del discorso di I5, I-I6,4a

Ci chiediamo anzitutto : le due parti, I ) , I - I 7 e I ) ,r8-r6,4a, appar­ tengono ad un unico discorso , oppure la seconda va considerata a sua volta un discorso a sé? 7• Ci sono rapporti e agganci tra le due parti, che suffragano l'ipotesi che l'intera sezione sia concepita come un di­ scorso unitario, la cui prima parte pone in risalto, positivamente, il le­ game dei discepoli con Gesù e tra di loro, e la seconda mette in luce, negativamente, il loro destino nel mondo : a ) la coppia di contrari 'amare-odiare' è caratteristica del pensiero giovanneo ; per il vangelo cfr. 3 ,1 9 e 20, per la grande lettera 2 ,9-r r ; 3 , 1 3- 1 .5 ; 4, 19-2 1 . Questo dualismo, specialmente sotto il contrasto del­ la luce e delle tenebre, in I Io. è collegato al comandamento dell'amo­ re fraterno, che anche in Io. I j , I 2 . I 7 viene inculcato come ordine di Gesù ai suoi discepoli. und Gliederung des vierten Evangeliums : ZNW 27 ( 1 928) 1 1-36, specialm. 29; J. Schneider, Die Abschiedsrede ]esu, in Gott und die Gotter (Festgabe fiir E. Fascher), Berlin 1958, 103-1 1 2 , specialm. 108 ; R. Borig, Der wahre Weinstock. Untersuchungen zu ]o IJ1I-ro, Miinchen 1 967, 19. 7· ]. Becker, o.c. (vedi n . 2) ritiene di poter individuare i seguenti discorsi: Io. I J ,J I -14,JI ; 15,1-1 7 ; 1 5 ,18-16,1 5 ; 16,16-3 3 · R .E. Brown , Gospel n, 586-588 con­ sidera Io. 15-16 come un secondo discorso accanto a Io. 14 e lo suddivide in tre parti: 15,1-1 7 ; 1 5 ,18-164a; 164h-33· Neanche in questo modo è sufficientemente espressa la posizione peculiare di 15,I-I6,4a.

Struttura e senso del discorso in Io. IJ

193

h) Similmente stanno le cose per quanto riguarda il contrasto tra la comunione o comunità dei discepoli e il mondo . Nel vangelo questo contrasto riguarda dapprima Gesù stesso e i Giudei increduli (8,2 3 ; cfr. I 2 ,4.5�48 ; I 3 ,I ) , mentre dal discorso di congedo in poi ( I 4, I 7 .2 2 . 2 7 ) riguarda anche la comunione dei discepoli ( I 6 ,8 .20.3 3 ; I7,6 .9.14. z 6), e nella grande lettera la comunità ( 2 , 1 .5· 1 7 ; 3,th.13 s . ; 4,4 s.; ; , .5 · 1 9 ) . In questo scritto alla comunità la comunione dei fratelli, che si fonda su Cristo, è posta in netto contrasto con la realtà completamente diversa del mondo, e ciò in espressioni strettamente collegate tra loro. c) L'idea dell'elezione dei discepoli («dal mondo») costituisce un le­ game tra la prima parte del discorso (v. I 6) e la seconda (v. 1 9 ) . d) Altre espressioni che fanno d a legame, anche se non i n modo cosl chiaro, sono : 't1)pE�V "t'tX� EV"t'OÀ.ac; (v. IO), o 'tÒV À.oyov (v. 20) e oou­ À.Ot. ( vv . I .5 e 20) . e) Le due parti sono legate tra di loro anche internamente, perché Gesù è in tu tti e due i casi il fondamento interno della comunione dei discepoli e della loro separazione dal mondo . La comunione dei disce� poli si realizza mediante il loro «rimanere in Cristo» e il loro «rima­ nere nel suo amore», e l'odio del mondo li colpisce a motivo del loro legame con Gesù, a causa del suo nome (v. 2 1 ) . Le cose stanno in mo­ do analogo al discorso del pastore, dove le pecore che prestano ascol­ to al pastore non seguono la voce di un estraneo ( I o,,) e le immagini della porta ( 1 0,7 .9) e del buon pastore ( I o,9. I4) anzitutto rappresen­ tano ciascuna una barriera contro quanti stanno al di fuori e poi de­ scrivono il legame interno dei credenti con Cristo . Quindi noi consideriamo l 'intera sezione come un discorso conce­ pito unitariamente, che tratta il tema : l'unione dei discepoli con Ge­ sù e la loro separazione dal mondo . Ma com'è costruita ciascuna di queste due parti? La suddivisione di Io. 1 .5 ,1 - I 7 è controversa. Non pochi studiosi vorrebbero porre una cesura dopo il v . 8 , perché dopo di esso l'immagine della vite e dei tralci viene abbandonata e il discor­ so passa all 'esortazione : «Rimanete nel mio amore!» 8• Ma abbiamo già preso in considerazione l'elemento esterno di struttura -tt.X.U"t'a. À€8. Tra gli altri, iniziano una nuova sezione con il v. 9 i seguenti commentari : M .-J. Lagrange, Paris 71948 ; E.C. Hoskyns - F.N. Davey, London 21947 ; R. Bultmann, Gottingen 81963 ; ·H. Strathmann, Gottingen 195 1 ; A. Wikenhauser, Regensburg 219.57; H. van den Bussche, Den Haag 1 957.

I 94

Esegesi di testi singolt

À.ciÀ1'}xa. UIJ.L'V (v. I I ) ; inoltre viene ancora mantenuto il p.ÉV Et.V

E'V dei

primi versetti, ma scompare dopo il v. I O. Infine l'idea che la gioia dei discepoli è destinata a diventare piena (v. I I ) costituisce una specie di conclusione 9• La cesura dopo il v . I I trova conferma nella successiva unità del di­ scorso, che è contrassegnata dal comandamento di Gesù di amarsi a vi­ cenda. Il v. I 7 riprende ancora questo comandamento enunciato ali 'i­ nizio (v. I2 ) (inclusione) . Ad ogni modo questo breve brano prende spunto dalla menzione dei «comandamenti>> di Gesù nel v . IO. È que­ sto un modo di procedere che si può osservare di frequente in I lo. : al­ la fine di una sezione si menziona una parola chiave o un argomen­ to, che poi, in seguito, viene trattato più da vicino (associazione) 10• All'interno di queste unità ( vv . I-I I e vv. I 2- I 7) lo svolgimento del pensiero procede secondo norme di lingua e di stile che si possono ri­ scontrare anche altrove nei discorsi giovannei. L'immagine introdotta con lyw EtiJ." (v. I ) viene ripetuta nel v . 5 , ma a motivo della conside­ razione esposta nel v. 4, viene continuata con l'aggiunta «voi siete i tralci>> . Ora lo sguardo si volge ancor più intensamente al «portare frutti» (vv. 5b-6), che costituisce in assoluto l'idea dominante 11 • Al di­ scepolo che rimane in Gesù e nelle sue parole viene promesso anche l'esaudimento della preghiera (v. 7), cosi che grazie ali' abbondanza di frutti è glorificato il Padre (v. 8 ) . L'espressione che si trova alla fine del v. 8 («cosi che diventiate miei discepoli») diviene il punto d'aggancio per l'esortazione a rimanere nell'amore di Gesù, osservando i suoi co­ mandamenti ( vv . 9- I o). Le frasi conclusive si sviluppano quindi per associazione. Nel corso dello svolgimento del pensiero orientato al «portare frut­ ti» ( vv . 3-4-5-8) solo il v . 3 resta fuori quadro. Esso suona come una osservazione incidentale, che s'aggancia al termine xa.i)'a�pEt. : «Voi sie­ te già puri a motivo della parola che io vi ho detta» . Va considerata la possibilità che si tratti di una glossa redazionale (cfr. anche 1 3 , I ob). 9 · Anche i n 16,24 l'idea che l a gioia dei discepoli sarà piena costituisce una con­ clusione; cfr. inoltre I Io. I ,4. Pongono una cesura dopo il v. I I anche J.H. Ber­ nard, Edinburgh 1928 ; F. Tillmann, Bonn 4193 I ; B. Lindars, London I 972 . R.E. Brown suddivide nel seguente modo: vv . I-6 ; vv . 7-1 7 (7-IO.I I .I2-17). Altri ri­ nunciano ad una suddivisione. IO. Cfr. R. Schnackenburg, Die ]ohannesbriefe, Freiburg-Basel-Wien 41970, 6. I I . Cfr. R. Borig, Der wahre Weinstock 74-76; 237-246.

Struttura e senso del discorso in I o.

I5

I95

Veniamo quindi ad avere la seguente struttura: Vite e vignaioli (vv. I-2 ) (glossa v. 3) Esortazione a rimanere in Gesù, per portare frutto (v. 4) Vite e tralci (vv. 5-6) con una rinnovata esortazione a rimanere in Gesù. Promessa di esaudimento della preghiera (v. 7) e glorificazione del Padre grazie al portare frutto in abbondanza (v. 8 , cfr. v. r ) Esortazione a rimanere neli 'amore di Gesù osservando i suoi co­ mandamenti (vv. 9- I o) Conclusione: la gioia comunicata ai discepoli (v. I I ) . Anche nell'unità costituita dai vv . 1 2-1 7 lo svolgimento del pensie­ ro procede per associazione. Il v . I 2 si riaggancia, come s'è detto, a "tà.� Év.,;oÀ.ci� del v. I O e articola il comandamento dell'amore recipro­ co. Per quanto segue è sufficiente che menzioniamo le seguenti associa­ zioni di parole : V . I 2 i)ya1t1)CTa. � v. 1 3 aya1t1}�; v. 1 3 "tWV q>LÀWV � v. 14 cp(Ào�; (contrasto : ) v. I 5 oovÀ.ou�-q>LÀ.ouç ; v. I 5 Èyvwpt,CT(t. � v. 1 6 ( associazione d'idee) Éçe}.. e�ci�J,1)V. Nel v. 1 6 Eth}xa. induce a ri­ pensare al portare frutto, e viene ripresa anche la promessa dell'esau­ dimento della preghiera. Infine, la ripetizione del comandamento di Gesù nel v. I 7 produce l 'inclusione 12• Nell'insieme in I 5, I-I 7 si manifesta lo stesso pensiero circolare e slittante che è tipico di I Io. Dovremo anche sottoporre a verifica quel­ la maggiore vicinanza del nostro brano a I Io. che è stata recentemen­ te sostenuta da vari studiosi 13 • La seconda parte del discorso contrappone la comunione dei disce­ poli al mondo col suo modo di comportarsi del tutto diverso e colla sua inimicizia contro i discepoli. La struttura fino al v. 2 5 è chiara : odio del mondo, vv. I 8- r 9 ; suo motivo : il legame dei discepoli con Ge­ sù ( vv. 20-2 I ) ; il peccato inescusabile degli uomini che rappresentano «il mondo», i quali odiano Gesù nonostante la sua rivelazione in paro­ le ed azioni, vv. 2 1-25 . Il seguente detto sul Paraclito sembra interrom· pere il contesto e alcuni esegeti lo considerano un'inserzione 14 • Ora, è 12. R.E.

Brown, Gospel II, 667 trova nei vv. 7-1 7 una forma chiastica : nei vv. 7una linea discendente, nel v. I I la svolta e nei vv, 1 2-17 una linea ascendente, di modo che sono contrapposte idee simili . Lo schema mi sembra troppo artificioso. 1 3 . Cfr. G. Richter : BiLe 9 ( 1 968) 35 s.; più ampiamente ]. Becker: ZNW 61 ( 1970) 233-235; cfr. anche H. Thyen, o.c. 355 s. 14. Cosl già J. Wellhausen, Das Evangelium ]ohannis, Berlin 1908, 70 s.; F. Spit· IO

Esegesi di testi singoli

vero che in 1 6,2-3 si porta avanti il tema della persecuzione ; ma il da­ to si può giudicare anche diversamente. Infatti che cosa afferma il det­ to sul Paraclito, stando al suo contenuto ? Lo Spirito della verità ren­ derà testimonianza a Gesù, e cosl faranno i discepoli. La testimonian­ za che Gesù è inviato dal Padre non è stata accolta dagli uomini anima­ ti da un sentimento avverso, né quella delle sue parole, né quella del­ le sue azioni : ora il Paraclito riprende tale testimonianza e la prose­ gue insieme coi discepoli . Lo sguardo al Paraclito è inteso a rafforzare i discepoli e ad incoraggiarli . Nel discorso, a partire dal v. x 8 , si trovano vari motivi di tal genere : i discepoli devono rendersi conto che il mon­ do, prima di loro, ha già odiato Gesù (v. x 8 ) ; devono ricordarsi della sua parola: il servo non è da più del suo padrone (v. 2o) ; l'odio sen­ za motivi di quegli uomini e stato predetto nella Scrittura (v. 2 5 ) . Ora viene detto loro che anche lo Spirito renderà testimonianza a Gesù. Anche per quanto riguarda i discepoli, tutto ciò che fanno è un rende­ re testimonianza a Gesù. Nel contesto dell'annuncio di persecuzioni questo IJ,a.p'tupet:v (che non ricorre negli altri detti sul Paraclito) ha il suo buon significato . Ciò per altro diventa ancor più chiaro se si ripen­ sa al logion simile che si trova nei sinottici, il quale tratta dell'assi­ stenza dello Spirito santo nei tribunali (Mc. 1 3 , 1 I parr.), un detto an­ tico, in cui lo Spirito santo appare nella sua funzione di Paraclito, ad­ dirittura l'unico detto della tradizione più antica nel quale Gesù pro­ mette ai discepoli lo Spirito. Probabilmente c'è un legame storico-tra­ dizionale tra questo logion sinottico e quello giovanneo 15• Anche in Io. 15 ,26 s. ai discepoli viene detto che nella loro testimonianza a Gesù è all 'opera lo Spirito . Cosl il detto sul Paraclito si trova in tutto e per tutto al posto giusto, per incoraggiare i discepoli nel loro operato, di fronte all'odio del mondo. Ad esso s'aggiunge appropriatamente l'e· spressione conclusiva di 1 6,1 : «Questo vi ho detto, affinché non tro­ viate inciampi (nella fede)». Le altre parole sull'esclusione dei discepoli dalla sinagoga e sulla lota,

Das ]ohannes-Evangelium als Quelle der Geschichte ]esu, GOttingen 1 910, inoltre W. Bauer, Das ]ohannesevangelium, Tiibingen 31933 , 1 9 5 ; ]. Bek­ ker: ZNW 6r ( 1 970) 237. I5. Nel logion sinottico si parla anche della «testimonianza» (p.ap'tvpr.ov) dei di­ scepoli, precisamente in Mc. 1 3 ,9 (che si collega a 1 3 ,1 1 ) . Cfr. anche R.E. Brown, Gospel n, 699 s . 3 I4 s.;

Struttura e senso del discorso in Io.

IJ

197

ro uccisione per convinzione religiosa ( 1 6,2-3) s i riferiscono a condi­ zioni contemporanee alla composizione del vangelo, quando le autori­ tà giudaiche erano passate a misure severe contro gli apostati (cfr. an­ che 9 ,2 2 ; 1 2 ,42) 16• Questi versetti dànno piuttosto l'impressione di un'appendice. Non si può dire con certezza da chi provengano. In ogni caso, la seconda osservazione conclusiva, 1 6 ,4a, è una formazione se­ condaria rispetto a 1 6 ,1 17• Probabilmente il discorso originario si chiu­ deva con 1 6,1 .

3 · Senso, contesto vitale e provenienza del discorso Cosl precisate l'estensione e la struttura del discorso di Io. 1 5 , è fa­ cile riconoscere il senso che esso ha per la sua cerchia di lettori , la posteriore comunità giovannea : esortare la comunità, rappresentata dalla cerchia dei discepoli, a rimanere in Gesù e nel suo amore, alla comunione fraterna, a portare frutto grazie al legame con Gesù e con i fratelli ; e in pari tempo, incoraggiarla di fronte all'odio del mondo e alle persecuzioni di persone avverse. Un tal discorso è rapportato al­ la situazione della comunità più che non sia il vero e proprio discorso di congedo del cap. 14, ha un carattere più pastorale che teologico, ap­ partiene non tanto all'esposizione del vangelo, che è protesa verso la passione e la risurrezione di Gesù (capp. 1 8-20), quanto alla successi­ va predicazione comunitaria. Ci si può chiedere se il suo contesto vitale non sia l'assemblea comunitaria, più precisamente la celebrazione eu­ caristica (vedi sotto) . È dunque giustificato chiedersi se esso faccia par­ te del progetto originario dell'evangelista, una domanda che siamo sta­ ti costretti a porci già a motivo del suo inizio improvviso, dopo l'invi­ to rivolto da Gesù ai suoi discepoli ad uscire dalla sala dell'ultima ce­ na ( 14,3 1 ) . Tentativi di attribuirlo, nonostante ciò, al 'progetto ' dell 'e­ vangelista, non possono convincere 18 • 16. Cfr. J.L. Martyn, History and Theology in the Fourth Gospel, New York ­ Evanston 1968, 18-41 . 17. Sorprende O.ì..ì.. ' nel v. 2, qui in un crescendo retorico che non ha riscontro nel vangelo di Giovanni, dr. F. Blass - A. Debrunner, Grammatik des neutestament­ lichen Griechisch, Gottingen 91954, § 448,6; e anche 1) wpa tttrtw-v (incerto sul piano della critica testuale, insolito per i copisti). II motivo che Gesù lo ha loro predetto ha una formulazione diversa da quella che si trova in 13,9 e 14,9 . 18. P . Gachter, Der formale Aufbau der Abschiedsrede ]esu : ZThK 5 8 ( 1 934)

Esegesi di testi singoli

Per chiarire l'assunzione del discorso nel vangelo di Giovanni e la sua collocazione proprio a questo punto è apportuno un confronto più accurato col discorso di congedo del cap. r 4 . Ci dovrebbero pur esse­ re stati dei motivi per indurre la redazione conclusiva ad inserire a que­ sto punto (dopo I4,J I ), esteriormente inadatto, il discorso di cui ci stiamo occupando, senza osservazioni che facessero da passaggio e sen­ za altri ritocchi. Alcune riflessioni sul testo inducono a ritenere che la redazione abbia considerato questo discorso come una prosecuzione a­ deguata del discorso di congedo, e ciò a motivo delle idee esposte nel cap. 1 4 . a) In Io. I4,20 Gesù aveva parlato dell'intima comunione che, do­ po la pasqua (dr. v. I 9), si sarebbe instaurata tra lui e i suoi disce­ poli : UJ.LEL� Èv Èp,ot xàyw Èv Ù(.li:v. Riagganciandosi a questa idea, nel discorso di Io. 1 5 si può dire : (.lE!'Va'tE E'J È(.lOL, xà.yw E'V ÙIJ..L'J (v. 4) . Quanto promette Gesù nel discorso di congedo è presupposto come compimento nel discorso che segue ; ma in pari tempo ne deriva l'esor­ tazione a rimanere in questa comunione e a portare frutto (cfr. v . 5h) . b) In connessione con la promessa, Gesù parla in I4,2 1 dell'osser­ vanza dei suoi comandamenti : chi li osserva lo ama. Questa constata­ zione, che contiene un'esortazione, viene ripetuta nel v. 2 3 . Inoltre, in ambedue i passi Gesù dice che un tale discepolo sarà amato anche dal Padre suo . Non dovrebbe essere un caso il fatto che questa esortazio­ ne ad osservare i comandamenti di Gesù riemerga quindi in I 5 ,9 s. An­ che il Padre viene menzionato di nuovo : egli è glorificato per il fatto che i discepoli portano molto frutto (v. 8 ). Come Gesù osservando i comandamenti del Padre resta nel suo amore, cosl i discepoli devono restare nell'amore di Gesù osservando i suoi comandamenti (v. ro) . Qui l'idea è sviluppata più intensamente come motivo dell'esortazio­ ne. Non si parla direttamente dell'amore del Padre per i discepoli; ma 1 55-207 riteneva che il discorso di congedo fosse composto di singole istruzioni dell'apostolo Giovanni, raccolte in due gruppi e assunte o nella forma originaria del vangelo o come aggiunta. H. Zimmermann, Struktur und Aussageabsicht der iohanneischen Abschiedsreden (]o 13-17 ) : BiLe 8 ( 1967) 279-290 ritiene che l'e­ sortazione ad «alzarsi» appartenga alle espressioni con doppio senso e pensa che si tratti di un invito rivolto a coloro che sono risorti a nuova vita e si trovano nella obc�a. "tOV 1tiX"tp6ç ( 289 s.). Nel mio Kommentar zum ]ohannesevangelium I, 1 96.5, 3 4 ( ediz. it. 55) ero ancora del parere che i discorsi aggiunti in un secon­ do momento nei capp. 1 5-17 provenissero dall'evangelista stesso. =

Struttura e senso del discorso in Io.

I5

1 99

amando i discepoli, come il Padre ama lui, Gesù diventa anche media­ tore dell'amore del Padre per i discepoli : essi vengono inseriti in que­ sto cerchio d'amore. Lo spostamento d'accento dipende anche dal fatto Che il Padre, nell'immagine della vite e dei tralci, viene introdotto co­ me agricoltore (v. I ), il cui sforzo è tutto orientato ad ottenere frutti abbondanti (v. 2 , cfr. v. 8 ) . c ) Anche la promessa dell'esaudimento della preghiera, espressa già in 1 4,13 s. (riferita a Gesù) , si ritrova in 1 5 ,7 e 1 5 ,1 6 (riferita al Pa­ dre) 19• In questo secondo discorso l'esaudimento viene garantito a co­ lui che rimane in Gesù e porta frutto. Anche qui sorprende una mag­ giore accentuazione della prova morale, data soprattutto amando i fra­ telli, senza che essa venga trasformata in un precetto moralistico. In­ fatti, il fondamento dello sforzo morale dei discepoli è e resta la comu­ nione con Gesù loro donata, il loro essere innestati nella vite. d) In r 4,2 3 si parla del "t1)pE�v -tòv À.oyov di Gesù, qui solo come va­ riazione di "t> - singolare, in ·questa forma, nel Nuovo Testamento - richiama l'atten­ zione sul significato del singolo detto, che pure si trova all'interno di

204

Esegesi di testi singoli

tutta la Sacra Scrittura (il ypa.qn)) e che partecipa della sua forza pro­ fetica 1 • Negli scritti tardivi del Nuovo Testamento (come in I Petr. H ebr. , Apoc. ) si possono osservare raccolte sempre più ricche di passi scritturistici. A tal proposito i singoli autori percorrono ciascuno una propria strada nel modo di utilizzare la Scrittura. Il quarto evangeli­ sta non cita molti passi biblici, ma quelli che cita hanno un peso teolo­ gico non irrilevante. Sia che ne sia debitore alla tradizione del cristia­ nesimo primitivo o che li abbia rintracciati egli stesso, da essi trapela sempre una riflessione propria e un inserimento logico nell'insieme del­ la sua teologia. Perciò dobbiamo da un lato prestare attenzione alla preistoria della citazione e dall 'altro esaminarne l'utilizzazione in altre parti del Nuovo Testamento, per cogliere l'aspetto specifico della com­ prensione giovannea, che rappresenta un punto culminante nell'inter­ pretazione cristologica e soteriologica. L'antica frase scritturistica di Zach. 1 2 , 10, nella sua formulazione giovannea «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto» , con la sua brevità e pregnanza, il suo adat­ tamento cristologico e la sua profonda dimensione teologica, è diventa.. ta un'asserzione di fede insuperata e sempre attuale. Essa pone l'esege­ ta di fronte a diverse questioni: la forma esterna del testo, il rapporto con la tradizione, il contenuto teologico in prospettiva giovannea. I.

La forma del testo e la sua storia

Tradotto alla lettera, il T.M. di Zach. 1 2 ,ro suona : «Volgeranno lo sguardo a me, che hanno trafitto» . Molti traduttori ed esegeti del­ l'Antico Testamento pensano ad una corruzione del testo e aggiungono allo ;od un waw : «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto» 2• I . Nel vangelo di Giovanni sorprende che la Sacra Scrittura sia citata per lo più ( tranne che in 5 ,39 ) al singolare (-l) ypaq>11 ) e costantemente come Io scritto che rimanda profeticamente a Cristo. Di solito sl fa riferimento ad un determinato passo ; si può dubitare nel caso di 2,22 e 20,9. Del resto l'uso di i) ypa.qni nel sen­ so di «il passo scritturistico» è documentato a sufficienza; «un altro (f"t'Epoc;, solo qui nel vangelo di Giovanni) passo scrttturistico dice» è documentato come mo­ do di esprimersi dei rabbini, cfr. P. Billerbeck, Kommentar zum Neuen Testament aus Talmud und Midrasch n, Miinchen 1 924, 583 ; A. Schlatter, Der Evangelist ]ohannes, Stuttgart 21948, 355· 2. Questa lezione ( 'elàw) si trova in oltre 50 mss. ebraici e nel Talmud babilonese, Sukkà 5 2a, ma probabilmente è secondaria, > del­ la profezia di Zaccaria, per altro in una «trasposizione di motivo» :

La citazione scritturistica in lo. I9,J7

209

Mt. 24,30 : "t6"tE x6�o'J"tat. 7téiO"at. a� in Apoc. 1 ,7, mediante il quale il misterioso «trafitto» della profezia di Zaccaria viene a trovarsi in corrispondenza col Figlio dell'uomo di Dan. , può essere stato an­ ch'esso occasionato già da quel testimonium messianico (forse trasmes­ so solo oralmente) . In Giustino questo modo di vedere è fortemen­ te sviluppato . Rifacendosi alla profezia di Zach. egli non si stanca di prospettare ai Giudei che un giorno (alla parusia) tra di loro ci sarà un grande lamento, perché hanno trafitto Gesù 17 • Giustino si pone quin­ di nella medesima tradizione di Apoc. I ,7 , a meno che non dipenda to ­ talmente da questo passo, visto che era a conoscenza di questo libro (cfr. dial. 8 1 ,4) 1 8 • Nell'allusione al > secondo il vangelo di Giovanni

Il termine greco o6;a, che noi qui rendiamo con «gloria», per sé può assumere vari significati. Non di rado, anche nel vangelo di Giovanni, significa semplicemente «onore» . Pensiamo al 'Gloria', il canto di lode degli angeli alla nascita di Gesù, che possiamo tradurre : «Onore spet­ ta a Dio nell'alto dei cieli, e pace viene concessa agli uomini a cui egli dona la sua grazia, il suo amore» . Do xa è qualcosa che spetta a Dio, ed è anche qualcosa che gli è proprio. Lodando Dio noi ricordiamo il suo essere-dio, la sua natura e il suo operato, tutto quello che gli è pro­ prio. Così già nel 'Gloria' viene inclusa nella lode a Dio la sua azione benevola verso di noi. Secondo il termine ebraico che ne è alla base, possiamo determinare la gloria di Dio come splendore della sua divini­ tà e potenza del suo operato, quale si manifesta nella creazione e nella storia. «l cieli esaltano la gloria di Dio, il :firmamento annuncia l'opera delle sue mani», si dice nel salmo che Ludwig van Beethoven ha mu­ sicato in maniera indimenticabile. Ma, secondo la convinzione dell'An­ tico Testamento, Dio manifesta il suo essere divino nella sua potente azione storica: «Rendete grazie al Signore, invocate il suo nome ! An­ nunciate tra i popoli le sue gesta ! ... Egli, il Signore, è nostro Dio, il suo dominio abbraccia la terra» (Ps. Io;, I -7) . La gloria di Dio è dunque connessa anche alla sua sovranità, che è potente, incomprensibile, ma anche buona e misericordiosa. Il dominio di Dio è qualcosa di diverso dal dominio umano che, sulla base di ogni esperienza che abbiamo fat­ to, ha per noi un accento negativo . «Jahvé è un Dio misericordioso e pietoso, longanime, ricco di grazia e di fedeltà. Egli conserva il suo fa­ vore per mille generazioni, perdona la colpa, la trasgressione e il pec­ cato, ma non lascia senza punizione i peccatori. Egli castiga la colpa dei padri nei figli e nei nipoti, fino alla terza e alla quarta generazione» (Ex. 24,6 s.) . In queste fondamentali parole che Dio ha rivolto a Mosè riconosciamo qualcosa dell'essere diverso di Dio, del suo mistero per­ sonale, che si sottrae ad ogni comprensione umana. Tutti questi motivi sono presupposti nel vangelo di Giovanni . Ma

Gloria

e

unità (Io. I7,22-24)

2I7

la rivelazione veterotestamentaria di Dio è- proseguita ora nella rivela2ione neotestamentaria di Cristo. Nel 'prologo' essa viene riepilogata in una frase fondamentale: «E il Verbo si è fatto 'Carne ed ha abitato tra noi, e noi abbiamo visto la sua gloria, gloria dell'Unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità» ( I ,I 4) . In Ges·ù Cristo Dio è uscito dal suo nascondimento e nel Figlio suo ci ha disvelato qualcosa della sua essen­ za e realtà. Non comprendiamo H vangelo di Giovanni se non presuppo­ niamo la confessione di fede della comunità: dalla sua pienezza noi tut­ ti abbiamo ricevuto, grazia su grazia. In Gesù Cristo Dio ci si è avvici­ nato tanto quanto è possibile, come colui che è misericordioso e interes­ sato, definitivamente, alla nostra salvezza . In quest'uomo Gesù Cristo Dio ha fatto risplendere la sua luce nell'oscurità del nostro mondo. Egli, come spiega la prima lettera di Giovanni , si è fatto visibile ai no­ stri occhi, udibile ai nostri orecchi, afferrabile alle nostre mani. «Par­ liamo della Parola della vita. Infatti è apparsa la vita. Noi abbiamo vi­ sto e vi testimoniamo e vi annunciamo la vita che era presso il Padre e che è apparsa a noi» . Possiamo dire anche : la gloria di Dio, la pienezza della sua vita, la sua verità, bontà, bellezza, ed anche il suo potere e la sua grandezza, con la quale egli supera ogni umana piccolezza, bassez­ za e cattiveria, si sono resi accessibili in Gesù Cristo. Tutto questo dovremmo tener presente in dettaglio, soprattutto l'ap­ parente controsenso del fatto che nell'uomo storico e mortale Gesù Cristo di Nazaret era presente e operante il Dio eterno e immortale . Egli infatti non era - come preferivano immaginarselo gli uomini del tempo - un Dio librantesi al di sopra della terra, ma un Dio che è pe­ netrato nell'umanità, nella carne, nella dura realtà di questo mondo. Si , egli si è immerso negli abissi più terribili della sofferenza e della morte umana, nella morte in croce. Ma Giovanni vede questo termine profondo del cammino di Gesù proprio come il punto culminante del­ la rivelazione divina. «Innalzato» sulla croce, Gesù raggiunge la sua gloria celeste, vale a dire il possesso pieno della vita divina e della po­ tenza divina . Chiamiamo tutto questo il paradosso dell'agire divino, che si dischiude soltanto allo sguardo di fede. Colui che, esternamente, e condannato ad una morte infame sulla croce, disvela la vita divina, l'amministra potentemente come glorificato e la dona ai credenti. È questa la «glor;.a» di cui parla questo evangelista : Dio glorifica il pro­ prio Figlio e nel Figlio se stesso, risuscitando il Crocifisso alla vita e

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Esegesi di testi singoli

concedendogli il potere di donare questa vita anche a coloro che cre­ dono in lui, l'Inviato di Dio. La comunicazione della vita divina ai credenti costituisce anche il tema dominante della preghiera di Gesù al Padre. «Padre, glorifica il Figlio tuo, affinché il Figlio glorifichi te, come tu gli hai dato potere so­ pra ogni carne, affinché egli doni vita eterna a tutti coloro che gli hai dato» (vv. 1 s.) . Che cosa significa, dunque, nel nostro testo l'espressio­ ne di Gesù «la gloria, che tu mi hai dato, l'ho data loro»? Qui gli ese­ geti hanno proposto varie interpretazioni specifiche. Gesù si riferirebbe alle parole che ha detto loro, o alle opere che ha compiuto, vale a di­ re all a forza di operare miracoli, o alla bellezza e forza interiore della vita divina, che noi chiamiamo anche grazia o Spirito santo. Ma io cre­ do che non s'intenda nulla di particolare, bensl tutto questo insieme, vale a dire la partecipazione aUa gloria propria di Gesù, cosl come si è rivelata sulla terra: il suo legame col Padre e tutto ciò che ne deriva. Soffermiamoci ancora per un istante e chiediamoci, guardando a Ge­ sù, che cosa significhi tale legame con Dio , tale vita da Dio e con Dio . Non può significare in nessun caso che noi siamo sottratti alla vita uma­ na con tutte le sue implicazioni terrene. Anche Gesù ha condiviso la gioia e il dolore degli uomini. Lo troviamo alle nozze di Cana, in ban­ chetti, nella cerchia dei suoi fidati, nella solitudine dei monti e presso il lago di Genezaret. Egli è pressato dagli uomini e si concede loro dal mattino alla sera ; si rivolge in particolare ai malati, agli handicappati e ai disprezzati, guarendone e consolandone molti. Ha compassione dei poveri ed è egli stesso un povero tra di loro : spesso non ha dove posa­ re il capo . Di frequente è fatto oggetto di attacchi da parte dei capi e dei potenti, e affronta dispute. Instancabilmente istruisce le folle che accorrono a lui . Proprio da questo annuncio e da questo insegnamento risulta visibile l'intimo fondamento vitale, da cui egli attinge il suo operare e il suo donarsi agli uomini. I discepoli, che vivono nella più stretta comunione con lui, lo avvertono chiaramete: la fonte della sua forza, la certezza del suo parlare, la potenza delle sue guarigioni pro­ vengono dal suo rapporto speciale con Dio, che egli chiama Padre. Non si manifesta forse già nella vita terrena di Gesù qualcosa di ciò che noi chiamiamo la gloria divina? Giovanni ne convinto, ma vede la gloria divina, ancora nascosta sotto la carne, manifestarsi soltanto ai credenti. Cosl non possiamo neanche cercare la «gloria», che Gesù - secondo

Gloria

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unità (lo. I7,22-24)

il nostro testo - ha dato ai discepoli, in u n ambito umano esterno.

2!9 I di­

scepoli erano uomini semplici, lenti a capire, incapaci di penetrare più fondo nel mistero del loro Maestro. E tuttavia Gesù nella preghiera al Padre dice : «lo ho manifestato il tuo nome agli uomini che tu mi hai dato dal mondo . . . Essi hanno riconosciuto che tutto ciò che mi hai dato proviene da te . . . Essi hanno veramente riconosciuto che io sono uscito da te>> (vv. 6-8 ) . I discepoli sono dunque arrivati a capire che tut­ ta l'opera di Gesù sta sotto la guida di Dio. Il che non è poco, poiché è la cosa più importante di cui avessero bisogno per la loro vita e la lo­ ro azione. Il senso dell'essere e dell'agire umani scaturisce dal primo fondamento che noi chiamiamo Dio, e noi comprendiamo questo fon­ damento quando accogliamo le parole di Gesù e riflettiamo su di esse. In lui noi riconosciamo l'immagine visibile del Padre invisibile: «Chi vede me, vede il Padre» , aveva detto Gesti poco prima a Filippo ( 1 4, 9). Ciò dà all'intera nostra enigmatica e spesso torbida esistenza luce e splendore. Mediante Gesù riacquistiamo il contatto con Dio Padre, il quale altrimenti ci appare lontano ed estraneo, incomprensibile, ad­ dirittura irreale . Nella fede nel Logos fattosi carne noi incontriamo il Dio umano che allo stesso tempo ci libera dal nostro modo di essere uomini. Non è questa una gloria, che Gesù ci dona? Ma volgiamo ora la nostra attenzione all'idea di unità. a

2.

Unità

Secondo il nostro testo, lo scopo che Gesù persegue nel comunica­ re la sua gloria è l'unità. Ma che cosa s'intende con questa unità? È l'armonia dei discepoli tra di loro o l'unità dei credenti che verranno in seguito? È l'unità nella dottrina, nella mentalità, nelle decisioni richie­ ste da una vita comune? È l'unità interna di fronte ad un mondo di­ verso, una unità che esclude tutte le tensioni? Anche qui vorrei dire che vi è incluso tutto questo. Ma ciò non è ancora la realtà più peculia­ re, più profonda, a cui Gesù aspira per i suoi discepoli . A che cosa pen­ si Gesù risulta dall'aggiunta alla richiesta dell'unità: «affinché siano una cosa sola, come noi siamo una cosa sola» . L'unità tra Dio Padre e il Figlio suo è il prototipo, il fondamento originario, e allo stesso tem­ po il modello, . dell'unità dei discepoli. Perché questo risulti con ogni chiarezza, Gesù aggiunge : «lo in essi e tu in me, affinché siano perfet-

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Esegesi di testi singoli

tamente una cosa sola» . Mediante Gesù i discepoli sono destinati ad essere inseriti in quell'unità che sussiste tra Gesù e Dio . Il rapporto Padre-Figlio tra Gesù e Dio non abolisce l'unità e l'unicità di Dio, anzi la fa comparire completamente . Gesù sa di essere talmente unito al Pa­ dre suo, che tutto ciò che vuole il Padre lo vuole anche il Figlio, e che tutto quello che il Padre desidera sia compiuto sulla terra, il Figlio lo compie. Gesù è venuto soltanto per assolvere l'incarico datogli dal Pa� dre . A Filippo egli dice : «Le parole che vi dico non le dico da me stes� so ; il Padre, che rimane in me, porta a compimento le sue opere» ( 14, 1 o) . A sua volta Gesù s'attende dai discepoli che accolgano le sue pa­ role, le conservino e le traducano in atto : «Se osservate i miei coman­ damenti, rimanete nel mio amore, come io ho osservato i comandamen­ ti del Padre mio e rimango nel suo amore» ( 1.5 , 1 0) . In ultima analisi, si tratta di una unità d'amore, che però deve manifestarsi nell'azione. Ora Gesù prega il Padre, affinché i suoi discepoli accolgano le sue pa­ role e, grazie al legarne col loro Maestro, le mettano in pratica, allo stesso modo in cui egli stesso ha assolto l'incarico del Padre suo. Il Padre stesso li accoglierà nella sua comunione e darà loro la forza per essere uniti. Abbandonati a se stessi, nella loro debolezza umana, i di­ scepoli non sono in grado di mettere in pratica ciò di cui Gesù li ha in­ caricati. Egli li invia nel mondo, che è pieno di odio e di lacerazioni. Per questo prega il Padre di fornire loro la forza di quell'unità che sus­ siste tra lui e il Padre stesso e grazie alla quale egli ha vinto l'odio e l'ostilità del mondo. Soffermiamoci un momento anche qui e domandiamoci che cosa tutto ciò significhi in concreto per il nostro essere cristiani. Anzitutto que­ sto : tra gli uomini non c'è mai unità completa. Lasciati a noi stessi, noi continueremo a seguire i nostri pensieri e a perseguire i nostri interes­ si propri, che urtano contro i desideri e gli sforzi di altri uomini e grup­ pi. Perciò vi saranno sempre differenze di opinioni e contese, anche quando non esplodono apertamente. In secondo luogo, si dà unità vera e perfetta soltanto in Dio. Sl, è una peculiarità di Dio il fatto di essere uno, mentre nel mondo domina la divisione. La creazione è de­ caduta dalla comunione con Dio, e l'umanità, a quanto risulta dall'e­ sperienza storica, s'è frazionata in tribù e popoli. La storia del mondo è prevalentemente una storia della dissociazione, della rottura di una unità e totalità originaria. La fede vede il motivo profondo di ciò nel-

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unità (lo. I7,22-24)

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l'allontanamento d a Dio, nella potenza del male, che distrugge l'uni­ tà voluta da Dio. Certo, ci sono anche tendenze intramondane verso una nuova associazione, verso l'unificazione di settori separati, verso la ricomposizione in unità di gruppi contrapposti. Tali tendenze sono an­ che alla base del movin1ento per la pace e non è certo nostra intenzio· ne disprezzare questi sforzi o non riconoscerne il giusto valore . Ma dobbiamo ammettere anche che l'unità definitiva non è raggiungibile con le sole forze umane. L'unità perfetta si ha solo in Dio e mediante Dio. E dalla preghiera di Gesù dobbiamo apprendere anche questo: Dio stesso deve portare a compimento l'opera dell'unificazione . Ciò vale anche per la comunità dei discepoli di Gesù. Quindi Gesù prega il Padre di rafforzare i suoi discepoli nell'unità che promana da Dio e che è resa possibile da lui. Lo scopo del piano divino, di ricondurre al­ l'unità originaria l'universo, tutti gli ambiti dell'essere, è delineato in maniera impressionante nella lettera agli Efesini : Dio ha deciso di in­ trodurre la pienezza dei tempi, per riunificare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo e ·quelle della terra ( r ,Io) . Vedremo più avanti come questa profonda idea dell'unità sia connessa con l'idea della pace. Se da un lato la richiesta di Gesù è concentrata sulla comunità dei suoi discepoli, dall'altro essa va ben al di là di essa e si riferisce al mon­ do intero: «Cosi che il mondo creda che tu mi hai mandato» . Chiara­ mente, si pensa agli uomini che stanno al di fuori, al mondo umano in· credulo. In nessun modo la comunità dei discepoli, in sé compatta e unita con Dio mediante Gesù, deve chiudersi di fronte al mondo . Spes· so s'è attribuito a Giovanni un atteggiamento esoterico, interessato so­ lo alla vita della comunità dei credenti. Il «mondo», è vero, :figura nel vangelo di Giovanni per lo più come l'ambito che si è allontanato da Dio, tenebroso, in cui dominano il peccato e la morte, e non di rado anche come una potenza nemica, che perseguita la comunità di Cristo. Ciò dipende dalle condizioni storiche, dalla situazione di oppressione in cui si trovava la comunità giovannea, ed è comprensibile. Né si può negare che in tale situazione ci sia il pericolo di ritirarsi nello spazio interno della comunità. Ma proprio il nostro passo mostra che l'inten­ zione di produrre effetti sul mondo continua ad essere presente, come compito costante posto davanti agli occhi della comunità. Poco prima Gesù dice al Padre : «Come tu hai mandato me nel mondo, cosl anch'io li ho mandati nel mondo» (v. 1 8 ) . Non c'è da dubitare dunque per

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Esegesi di testi singoli

quanto riguarda il riconoscimento del dovere di andare incontro al mondo per portargli il messaggio di Cristo . Solo che la comunità di Gio­ vanni, secondo la sua autocomprensione propria, vede questo suo com­ pito in un modo particolare. Essa si sente chiamata non all'evangeliz­ zazione e missione diretta, bensl soprattutto alla testimonianza di una vita improntata alla fede in Cristo e ad un amore fattivo. Nella sua uni­ tà con Dio essa diventa un modello visibile ed un segno stimolante di comunione veramente umana, che realizza ciò che Dio desidera e s'at­ tende da tutta l'umanità. Nella riflessione su quello che la cristianità og­ gi, all'interno di una società orientata puramente a questa vita, si è parlato di una «contro-società» o di una «società di contrasto», desti­ nata a mostrare al mondo, con la propria esistenza e il proprio modo di essere, che cos'è la vera comunione. Noi tutti sappiamo quanto siamo lontani da un tale ideale. La divisione in molte chiese e gruppi, la man­ canza di solidarietà tra i cristiani, la fossilizzazione di molti cristiani in un cristianesimo tradizionale, imborghesito, la mancanza di disponibi­ lità a condividere i beni di questo mondo con i più poveri, con i popo­ li bisognosi e affamati, la formazione di gruppi di potere economico e politico, il rifiuto di mutamenti profondi : tutto questo toglie credibi­ lità all'immagine di una società migliore, che superi tutte le attuali for­ me di società . Ma proprio questa immagine di una società formata gra­ zie allo Spirito di Cristo, che dà prova di sé nella forza dello Spirito santo, mi sembra stia dietro alla preghiera che il Redentore rivolge al Padre per la sua comunità nel momento di separarsi da essa . Dio si serve degli uomini per i suoi fini . Questa economia di Dio si manifesta nell'invio e nell'incarnazione del Figlio suo, come pure nel­ la creazione della comunità che Gesù suscita con la sua parola e il suo operato. La comunione dei credenti, la chiesa, è prevista nel piano di Dio ed è inserita in esso. Ma non possiamo trarre da ciò l'errata con­ clusione che gli uomini chiamati da Dio realizzino i suoi progetti gra­ zie alle proprie forze. Dio opera attraverso di loro, ma in modo tale che solo grazie alla sua forza possono compiere l'opera loro affida ta. Nei discorsi di congedo ricorre l 'immagine della vite e dei tralci . Il Pa­ dre è il vignaiolo, che taglia ogni tralcio che non porta frutto e che pu­ rifica i tralci che portano frutto, affinché ne portino ancor di più . Que­ sta immagine è la più adatta a farci comprendere attraverso quale pro­ cesso di purificazione Dio conduca oggi la cristianità. Molti rami sec-

Gloria

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unità (lo. z7,22-24)

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chi e morti devono essere ancora eliminati; quelli deboli, m a disposti a portar frutto, richiedono di essere rinvigoriti e rafforzati . Gesù di­ ce : «Senza di me non potete far nulla» ; ma ai suoi discepoli rivolge an­ che l'appello a diventare, mediante la fede e l'amore, veramente suoi discepoli. «lo vi ho costituiti affinché andiate e portiate frutto e il vo­ stro frutto rimanga» . Cosl egli unisce l'azione divina con lo sforzo uma­ no, e per questo prega perché la sua comunità assuma quella forma che può convincere della sua missione anche il mondo lontano . Questa forma della comunità di Cristo comporta una unità profon­ damente radicata : una unità interiore, basata sulla vita divina donata a tutti, ed una unità esteriore, nella quale si manifesti lo stile di Dio, soprattutto l'amore. Come spiega la prima lettera di Giovanni, l'amore che viene da Dio deve tradursi in fattivo amore fraterno. «Chi dice di amare Dio e odia il suo fra tello è un menti tore. Infatti chi non ama il fratello che vede, non può amare Dio che non vede» (4,20 ) . «Se uno ha ricchezze di questo mondo e vedendo il suo fratello in necessità gli chiude il proprio cuore, come può dimorare in lui l'amore di Dio? » ( 3 , 1 7 ). Quest'immagine, chiarita anche con altre parole, di una vera co­ munità di Gesù Cristo, che viene chiaramente contrapposta all'atteg­ giamento dei falsi maestri gnostici, sta anche dietro alla preghiera per l 'unità che Gesù rivolge al Padre. Una tale comunità deve convincere il mondo che Gesù è uscito da Dio e che ha portato al mondo l'unica conoscenza salvifica. Ma essa è, allo stesso tempo, anche uno specchio costante per la coscienza della cristianità odierna, che si deve chiedere se ha trasformato quell'unità e comunione, di cui Dio le ha fatto dono, in una convincente testimonianza per il mondo. In questa testimonian­ za va inserita ora l'idea di pace .

3 · Unità e pace Che la pace presupponga l'accordo e in questo senso l'unità, ci risul­ ta chiaro nell'odierna discussione sulla pace. Ma l'idea di unità rico­ noscibile nel vangelo di Giovanni ha che fare anche con la pace? La pace non è ridotta qui alla pace interna con Dio? Che vuoi dire Gesù, quando afferma : «Vi ho detto queste cose perché abbiate pace in me . Nel mondo avrete tribolazione . Ma fatevi coraggio : io ho vinto il mon­ do» ( 16 ,3 3 ) ? ·Nella preghiera al Padre il termine 'pace' non ricorre. Ma che la gloria e l'unità che Gesù chiede per i suoi discepoli siano im-

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Esegesi di testi singoli

parentate con la pace, risulta dal fatto che egli, in un altro passo, indi­ ca la pace come un dono che viene comunicato ai discepoli : «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. lo ve la do non come la dà il mondo», si dice alla :fine del primo discorso di congedo. Come l'unità e l'amore appar­ tengono alla natura di Dio, cosl anche la pace. Ancora una volta siamo invitati a pensare al 'Gloria', dove lodando Dio si menziona anche la pace sulla terra. Ma evidentemente non si pensa, per lo meno anzitut­ to, alla pace tra i popoli. Anche qui si tratta di un'idea di pace più pr� fonda, la quale descrive globalmente un evento che procede da Dio, ma che impegna anche gli uomini. Possiamo sviluppare in tre momenti quest'idea di pace. Il primo è che ogni pace proviene da Dio. La profonda discordia nell'umanità ha le sue radici nella lontananza da Dio, nella potenza del male. Prima di tutto è Dio che deve fare opera di riconciliazione, tra sé e l'umanità, per ricondurre poi anche gli uni agli altri i gruppi dell'umanità allonta· natisi l'uno dall'altro, e unirli tra loro. È questo il messaggio di Paolo, che però Giovanni fa proprio, alla sua maniera. Paolo dice : «Dio ci ha riconciliati con lui mediante Cristo e ci ha affidato il servizio della ri­ conciliazione» (2 Cor. 5 , 1 8 ) . Giovanni pone l'accento sulla precisazio­ ne «mediante Cristo» . Il Battista testimonia : «Ecco l'agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo» (Io. 1 ,29) . Gesù è il buon pastore che dà la sua vita e muore per tutti, «per raccogliere in unità i figli di Dio», come si dice in un altro passo ( 1 1 ,52). Una volta innalzato sulla croce, attirerà tutti a sé ( 1 2 ,3 2 ) . I l movimento suscitato da Gesù verso l'unità e la pace deve manife­ starsi nella sua comunità. Questo è il secondo passo previsto da Gio­ vanni. Come abbiamo visto, nella comunità dei discepoli deve rifletter­ si l'unità proveniente da Dio. Per questo l'evangelista vede la pace di Cristo realizzata anzitutto nella comunità dei credenti. Essa riceve la pace di Cristo, che il mondo non ha, né può dare . In questo modo la comunità è interpellata nella sua totalità. Neanche in Giovanni la pace è, in primo luogo, un dono al singolo, non è la pace del cuore, che il pio orante cerca, ma il legame che unisce fratelli e sorelle in Cristo, in cui tutti sono ripieni dell'amore di Dio e dell'amore reciproco. È quan­ to vuoi dire l'espressione di Gesù: «In me avete pace, nel mondo inve­ ce tribolazione». La comunità unita nella fede e nell'amore è una cit­ tadella di pace.

Gloria

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unità (lo. I7,22-24)

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Ma se riflettiamo sull a testimonianza che la comunità deve dare al resto del mondo, entra in gioco anche la pace nell'umanità intera. Che la pace universale sia assunta nella prospettiva giovannea mi sembra derivare dall'indicazione del :fine : affinché il mondo riconosca l'amore di Dio. Sin dall'eternità Dio non ha amato soltanto il Figlio suo, ma nel suo amore ha incluso anche il mondo degli uomini. Non è un caso che nella preghiera di Gesù al Padre risuoni spesso il motivo della creazio­ ne. Il Cristo glorificato possiede di nuovo quella gloria che aveva pres­ so il Padre prima della creazione del mondo. Scopo del piano salvifìco divino è di far partecipare tutti gli uomini alla gloria del Figlio . Crea­ zione-redenzione-compimento : si tratta di un'unica linea nei pensieri di Dio . Il mondo umano, che nella discordia e nella lacerazione si è allon­ tanato da Dio, deve tornare all'unità originaria e in questo modo alla pace. Questo fine ultimo è previsto anche nella preghiera di Gesù al Padre, benché Gesù tenga presente anzitutto la comunità dei discepoli e la sua unità. L'invio dei discepoli nel mondo implica anche il compi­ to dj diffondere la pace di Cristo. Riepiloghiamo. Il nostro testo, che parla della gloria che Gesù con­ cede ai credenti e che vede brillare questa gloria nell'unità della comu­ nità, non contribuisce direttamente, è vero, all'idea della pace e agli sforzi per la pace che oggi ci muovono, ma scopre le radici dalle quali spuntano la vera unità e la vera pace. Inducendo la comunità credente a considerare che essa deve realizzare in sé l'unità e la pace, le dà anche un'indicazione, che è un invito a prendersi a cuore l'unità e la pace nel mondo. Mediante la propria testimonianza essa deve mostrare come si configura la vera unità. È un appello rivolto a noi - e non possiamo fin­ gere di non sentirlo - a svolgere con tutte le nostre forze il compito e­ cumenico dell'unificazione della cristianità. Una cristianità unita nella fede e nell'azione può diventare un modello anche per i popoli del mon­ do, un appello costante a superare le loro lacerazioni, l'odio e la discor­ dia. Gesù prega perché tutti siano una cosa sola, come egli e il Padre sono una cosa sola; e noi quindi dobbiamo sforzarci per raggiungere questa unità definitiva. Solo così possiamo unire efficacemente e frut­ tuosamente il nostro impegno cristiano agli sforzi che si compiono og­ gi per la pace. .

PARTE QUARTA

APPENDICE . AGGIUNTE AI VOLUMI DEL COMMENTARIO

I . S ECONDA AGGIUNTA AL VOL. I

Per le fonti e la bibliografia generale sul vangelo di Giovanni si ri­ manda anche al vol. III del Commentario ( 1 975 , 21 976) e all'aggiunta al vol. Il e1977) .

Resoconti sull }indagine: H . Thyen, Aus der Literatur zum ]ohannesevangelium : ThR 39 ( 1 974)

1-69 ; 222-25 2 ; 2 89-3 30; 42 ( 1977) 2 1 1-270 .

R. Schnackenburg, Entwicklung und Stand der johanneischen For­

schung seit I955 , in M. de Jonge (éd.), L }Évangile de ]ean. Sources, rédaction, théologie, Gembloux-Louvain 1 977 , 19-44. J. Giblet, Développements dans la théologie ;ohannique, ibid. 4.5-72 . Cfr. inoltre le monogra:fie:

R. Kysar, The Fourth Evangelist and His Gospel. An examination o/ contemporary scholarship, Minneapolis 1 97.5. S.S. Smalley, ]ohn: Evangelist and Interpreter, Exeter 1978. Testi (originali e traduzioni) : ]iidische Schri/ten aus hellenistisch-romischer Zeit, hrsg. v . W.G . Kiimmel : Bd. v , Lief. 2 : Holm-Nielsen, Die Psalmen Salomos, Gii­ tersloh 1 977. Bibliothèque Copte de Nag-Hammadi, editore principale J.É. Ménard, Les presses de l'Université Lavai Québec, Canada : J.É. Ménard, La Lettre de Pierre à Philippe, 1977; Id., L }Authentikos Logos, 1 977. Texts and Translations, Graeco-Roman Religion Series I , Society of Biblical Literatur, Scholars Press Missoula/Montana: Nr. r H.W. Attridge and R.A. Oden, The Syrian Goddess (De Dea

Syria), 1 976.

·

N r . 2 M.W. Meyer, The «Mithras Liturgy» , 1 976. Nr. 3 E.N. O'Neil, Teles (The Cynic Teacher), 1977.

Aggiunte ai volumi del commentario

Sussidi generali: Biblia Patristica. Index des citations et allusions bibliques dans la lit­ térature patristique 11 : Le troisième siècle (Origène excepté), Paris 1 977 · St.B . Marrow, Basic Tools o/ Biblical Exegesis, Pontificio Istituto Biblico, Roma 19 76 (rassegna dei vari sussidi) .

Commentari: ]. Schneider, Das Evangelium nach ]ohannes (Theol. Handkommentar zum N.T., Sonderband) , Berlin 1 976 . M.-É . Boismard et A. Lamouille, L'Évangile de ]ean (Synopse des qua­ tre évangiles en français, tome III) , Paris 1 977. Quest'opera non è un commentario continuo, ma è orientata soprattutto in senso criti­ co letterario, con una determinata teoria sulla formazione e sugli strati di I o. Peraltro, nelle singole pericopi, dopo la critica testuale e l'analisi letteraria, vengono offerte anche, di volta in volta, delle spiegazioni («il senso dell'esposizione») . J. Blank, Das Evangelium nach ]ohannes 2 (Kap. I 3-17) e 3 (Kap. I 82 I) ( Geistl. Schriftlesung), Diisseldorf 1 9 77.

Bibliografia scelta sul vangelo di Giovanni (continuazione di Io. n, ediz. it. 1977, 7 1 9-727) C.K. Barrett, The Prologue of St. ]ohn's Gospel, London 1 97 1 . F.-M. Braun, La réduction du pluriel au singulier dans l' évangile et la première lettre de ]ean : NTS 24 ( 1 977 /78) 40-67. ].-A . Biihner, Der Gesandte und sein Weg im 4· Evangelium, Tiibin­ gen 1 978 . M . de Jonge, ]esus: Stranger /rom Heaven and Son of God. ]esus Christ and the Christians in ]ohannine Perspective, Missoula, Mon­ tana 1 977. I. de la Potterie, XapLc; paulinienne et XapLc; johannique, in ]esus und Paulus (Fs . fiir W.G. Kiimmel) Gottingen 1 975 , 256-2 8 2 . -, La vérité dans saint Jean I : Le Christ et la vérité. L'Esprit e t la vérité; n : Le croyant et la vérité, Roma 1 977. G . Ferraro, L'«ora>> di Cristo nel quarto vangelo, Roma 1 974 . G . Gaeta, Il dialogo con Nicodemo, Brescia 1 974 . F. Hahn, Die ]ungerberufung ]oh I,JJ-5I, in Neues Testament und Kirche (Fs . fiir R. Schnackenburg) , Freiburg i.Br. 1 974, 1 72- 1 90. A.T . Hanson, Grace and Truth: a study in the doctrine of the incarna­ tion, London 1 975 . A .E. Harvey, ]esus on Trial: a study in the Fourth Gospel, London 1 976.

Seconda aggiunta al vol. I

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W. Langbrandtner, Weltferner Gott oder Gott der Liebe. Der Ketzer­ streit in der johanneischen Kirche, Frankfurt a.M. - Bern 1 977 . M. Lattke, Einheit im Wort. Die spezifische Bedeutung von «agape», «agapan» und «filein» im ]on-Ev, Miinchen 1 97 5 . R. Leistner, Antijudaismus im ]ohannesevangelium?, Bem - Frankfurt a.M. 1 974. M . Lowe, Who were the 'Iovoa!ot.? : NT r 8 ( 1 9 7 6 ) r o r -13 0 . E. Lussier, God is Love. According to Saint ]ohn, New York 1 977. E . Malatesta, Interiority and Covenant. A Study of EL'VCXt tv and (.J.É'VEt.'V E'V in the First Letter of Saint fohn, Roma 1 97 8 . U.B . Miiller, Die Geschichte der Christologie in der johanneischen Ge­ meinde, Stuttgart 1 975 . B. Olsson, Structure and Meaning in the Fourth Gospel: a textlinguistic analysis of ]ohn 2 : I-I I and 4: I-42 , Lund 1 974. S.A . Panimolle, Il dono della Legge e la Grazia della Verità, Roma 1 97 3 · ].D. Purvis, The Fourth Gospel and the Samaritans: NT 1 7 ( 1 975) 1 6 1- 1 9 8 . G. Richter, Studien zum ]ohannesevangelium , hrsg . von J . Hainz, Regensburg r 9 7 7 . G. Segalla, Volontà di Dio e dell'uomo in Giovanni, Brescia 1974 . S.S. Smalley, ]ohn: Evangelist and Interpreter, Exeter 1978 . Ch.H . Talbert, Tbe Myth of a Descending-Ascending Redeemer in Me­ diterranean Antiquity : NTS 22 ( 1 975/76) 4 1 8-439. M.J. Taylor (ed.), A Companion to fohn. Readings in ]ohannine The­ ology, New York 1977. J.O.T. Vancells, La Verdad os bara libres (]n 8,32), Barcelona 1 973 . M. Vellanickal, Tbe Divine Sonship of Christians in tbe Johannine Writings, Roma 1977. Indichiamo le pagine dell'edizione italiana a cui si riferiscono le an­ notazioni e indicazioni bibliografiche che seguono . pp. 1 2-29

(il vangelo di Giovanni come vangelo scritto) : cfr. S .S . Smal­

ley, fohn 1 50- 1 90.

(rapporto con i sinottici) : F. Neirynck, ]ohn and the Synop­ tics, in M. de Jonge (éd.), L'Évangile de ]ean 73-106, sostiene una di­ pendenza letteraria diretta di Io. dai sinottici. Discute in modo parti­ pp. 29-.52

colare i risultati di M.-É . Boismard e A. Dauer e nella seconda parte svolge un'argomentazione per la sua tesi seguendo Io. 20,1-1 8 . La sua penetrante ricerca merita grande attenzione, ma a mio parere non ri­ solve ancora tutti i problemi. pp. 52-72 (critita letteraria) : delle ipotesi di critica letteraria di G. Richter, purtroppo deceduto il 29 .8 .1 975 , si può ora prendere cono-

2 30

Aggiunte ai volumi del commentario

scenza nella raccolta Studien zum ]ohannesevangelium (vedi bibl.) . A lui s'accosta H. Thyen, nel suo resoconto sull 'indagine, pur divergendo in alcuni punti; cfr. Id., Entwicklungen innerhalb der johanneischen Theologie und Kirche im Spiegel von ]oh 2I und der Lieblingsjunger­ texte des Evangeliums, in de Jonge, L'Év. de Jean 259-299 . Una so­ luzione, nel senso di più strati che si chiarirebbero con la storia del vangelo originario nella comunità giovannea, è ricercata anche da al­ tri autori: U.B. Mi.iller, Geschichte der Christologie ; W . Langbrand­ tner, Weltferner Gott ; con altri presupposti (rapporto con il giudai­ smo) J.L. Martyn, Glimpses into the History of the Johannine Com­ munity, in de Jonge, L'Év. de Jean 1 49- 1 7 5 · L'ipotesi critico-lettera­ ria di M.-É . Boismard e A. Lamouille, che è sviluppata nel terzo volu­ me della Synopse des quatre évangiles en français, Paris 1 977, prospet­ ta quattro tappe, l'una susseguente all'altra : Jean I (vangelo origina­ rio, con 5 miracoli, senza i grandi discorsi) ; Jean n-A (alcuni amplia­ menti, tra cui la chiamata di Andrea e Pietro, due miracoli sinottici, al­ cuni discorsi) ; Jean n-B (ampliamenti nell'ambiente dell'Asia Minore, cornice delle feste giudaiche, diversa disposizione del materiale) , Jean III (inversione dei capp . 5-6, diverse glosse, specialmente sulrescatolo­ gia futura) . Il periodo di composizione va dal 50 (circa) d.C . (Je an I) ai primi anni del sec. II (Jean III) . Una dettagliata critica a questa teo­ ria, interessante ma complicata, è stata scritta da F. Neirynck con alcu­ ni collaboratori in EThL 53 ( 1 977) 363-478 . Sulle teorie delle fonti cfr. D.M. Smith, Tbe Setting and Shape of a Johannine Narrative Source: JBL 9 5 ( 1 976) 23 1 -24 1 . pp. 92- 1 3 1 (il problema dell'autore; il discepolo che Gesù amava) . Cfr. il mio excursus nel comm . III, 62 3-644. Inoltre H. Thyen, in de Jonge, L'Év. de Jean 2 59-299 ; Id., in ThR 42 ( 1 9 77) 2 1 3-26 1 . Nel resocon­ to sull 'indagine, dove discute le più recenti teorie, l'A. delinea nei se­ guenti termini la sua opinione che tutti i passi che trattano del disce­ polo amato siano stati inseriti dalla redazione del cap . 2 r : «Egli reste­ rebbe quindi un maestro della comunità giovannea ispirato dallo Spi­ rito-Paraclito, chiaramente caratterizzato secondo il modello della pro­ messa del Paraclito, e in quanto tale allo stesso tempo l'ideale del vero discepolo e testimone». In quanto tale gli si volle fare un monumento letterario nel vangelo della sua cerchia, e a questo scopo si presentò come forma di rappresentazione «soltanto la sua immagine in scene ideali della storia evangelica» ( 24 3 ) . In questo modo però la questio­ ne dell'autore del vangelo resta avvolta nell'oscurità e il dato di 2 r , 24 senza alcun riferimento alla realtà. Non si deve forse considerare que­ sto discepolo come portatore della tradizione (non semplicemente come «maestro ispirato») , da cui proviene il vangelo ? Cfr. D.J. Hawkin, The Function of the Beloved Disciple Moti/ in the ]oh. Redaction : LTP (Québec) 33 ( 1 977) 1 3 5-150 (analogo alla mia posizione) ; P.S. Minear,

Seconda aggiunta al vol. I

23 1

The Beloved Disciple in the Gospel of fohn : NT 1 9 ( 1 977 ) I05 - I 2 3 (descrizione del discepolo secondo la benedizione a Beniamino, Deut. 3 3 , 1 2 ; è un vero testimone) . pp. 131-143 (la lingua del vangelo di Giovanni) : F.-M. Braun, La ré­ duction du pluriel. . . (il passaggio dal plurale al singolare è un procedi­ mento linguistico ben ponderato in I o.) ; E . Ruckstuhl, ]ohanni ne Lan­ guage and St·yle. The Question of Their Unity, in de Jonge, L'Év. de ]ean 1 2 5-147 (difesa della sua tesi, critica della fonte dei semeia com'è presentata da R. Fortna e W. Nicol) ; M.-É. Boismard, Un procédé ré­ dactionel dans le quatrième évangile: la Wiederaufnahme, ibid. 2 3 524 1 ; T .E. Pollard, Tbe Father-Sohn and God-Believer Relationship ace. to St. ]ohn: A Brief Study of ]ohn's Use of Prepositions, ibid. 3 63369.

pp. 1 5 7 ss .

(targumim) ; cfr. R. Le Déaut , The Current State o/ Targumic Studies: BTB (Biblica! Theology Bulletin) 4 ( I 974) 3-3 2 ; 243289, specialm . 265-283 . pp. 1 60 s. (giudaismo eterodosso) : sui Samaritani dr. rappendice a ]oh n su 8,48 (pp . 553 s . = sotto, p. 2 5 3 ) ; inoltre W. Beltz, Samari­ tanertum und Gnosis, in K.-W. Troger (Hrsg.), Gnosis und Neues Te­ stament, Giitersloh 1 973, 89-95 ; K. Beyschlag, Simon Magus und die christliche Gnosis, Tiibingen I 97 4 . pp. 16 1-169 (Qumran) : J.H. Charlesworth (ed .) , fohn and Qumran, London 1 972 . pp. 169 s. (gnosticismo) : importante è soprattutto la miscellanea di K ... W. Troger (Hrsg.) , Gnosis und Neues Testament, Giitersloh I 973 ; in essa : K.M . Fischer, Der johanneische Christus un der gnostische Er­ loser 245-266; W. Schmithals, Die gnostischen Elemente im Neuen Testament als hermeneutisches Problem 3 5 9-3 8 1 . Inoltre cfr. K. Ru­ dolph (Hrsg.) , Gnosis u. Gnosticismus (Wege der Forschung CCLXII) , Darmstadt I 9 7 5 . Sostengono una forte influenza della gnosi sul van­ gelo di Giovanni E. Kasemann, ]esu letzter Wille nach ]ohannes Il, Tiibingen I 97 1 ; L. Schottroff, Der Glaubende und die feindliche Welt, Neukirchen I97o ; M . Lattke, Einheit im Wort, Miinchen I975 ; inol­ tre dr. i lavori di G. Richter, U .B . Miiller e W. Langbrandtner sopra sulle pp. 52-72 . Per la critica alla valutazione «gnostica» del vangelo di Giovanni cfr. L.-W. Troger, Ja oder Nein zur Welt. War der Evan­ gelist ]ohannes Christ oder Gnostiker?, in Theol. Versuchen VII, Ber­ lin I 976, 6 I -8o. pp. 1 70-1 7 3 (ermetismo) : K .-W . Troger, Die hermetische Gnosis, in Id ., Gnosis und N. T. 97-I 1 9 . pp. 1 73-1 7 8 (letteratura mandaica) : K. Rudolph, Zum gegenwiirtigen Stand der mandiiischen Religionsgeschichte, in K.-W. Troger, Gnosis und N. T. I 2 1- :r.48 ; E. Lépez, Mandeismo y Nuevo Testamento : Stu­ dium Ovetense 2 ( r 974 ) I 79-28 9 (su Io. : 268-2 79 ) .

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Aggiunte ai volumi del commentario

(Odi di Salomone) : dr. J.H . Charlesworth and R.A. Cul­ pepper, The Odes of Solomon and the Gospel of fohn : JBQ 3 5 ( 1 973 ) 298-323 ; W. Langbrandtner, Weltferner Gott 1 .56- 1 68 ; X . Alegre, El concepto de salvaci6n en las Odas de Salom6n (Diss . dattil.) , Mtinster 1 97 7 , qui 4.5 1-472 sul possibile rapporto tra le Odi e il quarto vangelo (sottolinea, accanto a somiglianze, anche la differenza fondamentale nella soteriologia) . pp. 182-187 (Scritti di Nag-Hammadi) : rassegna nel saggio del «Ber­ liner Arbeitskreis fiir koptisch-gnostischen Schriften» : Die Bedeu­ tung der Texte von Nag Hammadi fiir die moderne Gnosisforschung, in Troger, Gnosis und N. T. 1 3-76 . C. Colpe, Heidnische, ;udische und christliche Oberlieferung in den Schriften aus Nag-Hammadi I : JAC 1 5 ( 1 972) .5-1 8 esamina gli scritti del cod . VI . W. Langbrandtner, Weltferner Gott, confronta «L'ipostasi degli Arconti» ( r 68-179), il «Vangelo di Filippo» ( 1 94-23 1 ) e altri scritti (2 36-263 e passim ) col vangelo di Giovanni . A suo parere lo scritto fondamentale di Io. rien­ tra «molto probabilmente nell'ambito della teologia gnostica», ma in un precedente stadio dello sviluppo della gnosi ; lo scritto fondamen­ tale farebbe proprie tradizioni cristiane in una misura tale , quale non appare in nessun altro scritto gnostico ( 3 72 ) . L'autore è dunque uno gnostico? Cfr., di contro, gli articoli di K.-W. Troger, menzionati per le pp. 1 69 s. pp. 193-196 (cristologia) : cfr. C.K. Barrett, «The Father is Greater than l» (]o 14,28): Subordinationist Christology in the New Testa­ meni, in N. T. und Kirche (Fs. R. Schnackenburg) , Freiburg i.Br. 1 974, 1 44- 1 .5 9 ; B.A. Mastin, A Neglected Feature of the Christology of the Fourth Gospel: NTS 22 ( 1 97.5/76) 3 2-52 (l'uso di DE6� come predica­ to) ; F. Mussner, Urspriinge und Entfaltung der neutestamentlichen Sohneschristologie. Versuch einer Rekonstruktion, in L. Scheffczyk (Hrsg.), Grundfragen der Christologie beute, Freiburg i.Br. 1 975, 7 71 1 3 ; vedi anche R. Schnackenburg, Der 1nassgebliche Glaube an ]esus, den Christus und Gottessohn , in Id., Massstab des Glaubens, Freiburg i.Br. 1 978, 62-87. pp. 201-203 (rimanere in Cristo) ; dr. ]oh. III, r o8 r 23 == ediz. it. r 571 7 7 (sul discorso della vite) ; E. Malatesta, Interiority and Covenant, Roma 1978 . Quest'opera enuclea intensivamente la corrente di pensie­ ro ( specialmente per I Io. ) , ma con una tale accentuazione dell'idea del patto, quale io non riesco a cogliere nel testo . pp . 203-206 (la chiesa) : cfr. l'excursus in ]oh. 111, 237-245 = ediz. it. 3 3 2-342 . pp. 207-209 (posizione di fronte al giudaismo): la posizione di Io . nei confronti del giudaismo, che si rispecchia anche nell'uso di ot 'Iouoa.iot., di recente è stata spesso oggetto di trattazione, con valutazioni dispara­ te, cfr. E. Grasser, Die anti;udische Polemik im Johannesevangelium : pp. 1 7 9-182

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Seconda aggiunta al vol. I

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NTS 1 1 ( 1 964/65 ) 74-90 ; C .K. Barrett, Das ]ohannesevangelium und das ]udentum, Stuttgart 1 9 70 ; R. Leistner, Antiiudaismus im ]ohan­ nesevangelium? , Bern - Frankfurt a.M. 1 974 (tratta anche della più re­ cente storia dell'esegesi) ; C.J.A. Hickling, Attitudes to ]udaism in the Fourth Gospel, in de Jonge, L'Év. de ]ean 347-3 54. L'articolo di M. Lowe, Who were the 'Iouoa.t:ot? : NT 1 8 ( 1 976) IOI-1 30, secondo cui il termine si riferirebbe ai Giudei in senso geografico, non mi ha con­ vinto . pp. 2 1 6-226 (tradizione e critica del testo) : una buona rassegna è pre­ sentata da V. Salmon, Quatrième Évangile, histoire de la tradition tex­ tuelle, Paris 1 970, trad. ingl. Collegeville , MN 1 976 . Su P75 cfr. E.A. Edwards, P 75 under the Magnifying Glass: NT 18 ( 1 976) 1 90-2 1 2 (una serie di correzioni del testo) . pp. 248 s. (Giustino) : cfr. E.F. Osbom, ]ustin Martyr, Ti.ibingen 1 973 ; P.J. Donahue, ]ewish-Christian Controversy in the Second Century: A Study in the Dialogue of ]ustin Martyr (Diss.) , Yale Univ. 1 973 . pp. 265-272 (tendenze esegetiche odierne) : cfr. la bibliografia indicata sotto «Resoconti sull'indagine» ; inoltre J. Painter, ]ohn: Witness and Theologian, London 1 975. pp. 275-289 (prologo e inno al Logos) : Pindagine sul prologo conti� nua instancabile; dr. H. Thyen in ThR 39 ( 1 974) 5 3-69 ; 222-252 . Tra gli studiosi ce ne sono di quelli che pensano ad una piena unità lette­ raria : oltre a C.K. Barrett, The Prologue of St. ]ohn's Gospel, London 1 97 1 , anche discepoli di I . de la Potterie, del Pontificio Istituto bibli� co , precisamente S.A. Panimolle, Il dono (vedi sopra) ; M. Vellanickal, Divine Sonship 1 3 2- 1 36 (a p . 1 3 3, n. 198 sono menzionati precedenti tentativi in questa direzione) . J. Irigoin, La composition rythmique du prologue de ]ean (l,I-I8) : RB 78 ( 1 9 7 1 ) 501-5 14 cerca di dimo­ strare, sulla base del numero delle sillabe e del ritmo, che si tratta di una composizione unitaria. Non mi sembra che tali tentativi risolvano le difficoltà del testo (cfr. BZ 1974 , 283 s.), sicché occorre cercare una soluzione letteraria. Cfr. anche Schneider, Ev. nach ]oh. 5 1 -5 3 . A partire da E . Kasemann, Aufbau und Anliegen des ;ohanneischen Prologs, in Id., Exegetische Versuche und Besinnungen 11 , Gottingen 1 55- 1 8o, si nota la tendenza a considerare i vv . 1 4- 1 8 come nuovo ini­ zio, sia esso dell'evangelista (Kasemann, Demke) o di una redazione posteriore (G. Richter, M.-É . Boismard, T. Thyen e altri) , e quindi non più come continuazione della fonte (dell' «inno al Logos» ) . Ci si rifà alla «tradizione sul Sinai» rielaborata in questi versetti e alla tenden­ za antignostica inserita al v. 14a . Ma mi sembra che l'adozione, ben vi­ sibile nell'inno al Logos, di idee sulla sapienza eserciti il suo influsso sull'espressione , non può convincere, poiché nei tempi precedenti il giorno delle nozze era il mercoledl (per vergini) e solo a partire dalla persecuzione di Adriano anche il martedl, vedi Billerbeck II, 3 98 s. Hanno portato al· la giusta comprensione J. Potin, La fete juive de la Pentecote, Paris 1 97 1 , 3 14 ss. e A.M. Serra, Le tradizioni della teofania sinaitica nel Targum dello pseudo-]onathan Es. I9.25 e in Giov. I,I9-2 . r2 : Maria­ num 3 3 ( 1 97 1 ) 1-39 : l'espressione allude simbolicamente al terzo gior­ no, nel quale Dio è sceso sul Sinai (Ex. 1 9 , I 1 . 1 6 ) . Vedi ora B. Olsson, Structure and Meaning 2 3-2 5 ; 102 ss . pp. 461 ss. (su Io. 2,4) : A . Vanhoye, Interrogation johannique et exé­ gèse de Cana (]n 2,4) : Bib 55 ( 1 974) 1 5 7- 1 6 7 (la frasetta è intesa co­ me domanda) ; J. McHugh, The Mother of ]esus in the New Testament, London 1 975, 462-466 (inserzione dell'evangelista) ; R.E. Brown, The «Mother of ]esus» in the Fourth Gospel, in de Jonge, L'Év. de ]ean 307-3 1 0 . pp. 475 s . (rapporto con Dioniso) : E . Linnemann, Die Hochzeit zu Kana und Dionysos oder das Unzureichende der Kategorien : NTS 20 ( 1 974) 408-418 (critica a H. Noetzel ; nessuna assimilazione al culto di Dioniso, ma cosciente controstesura di una comunità che si trovava in contrasto con devoti adoratori di Dioniso) . pp. 476-493 (excursus 4) : dopo la prima appendice è apparsa la mono­ grafia di W. Nicol, The Sémeia in the Fourth Gospel. Tradition and Redaction, Leiden 1972. Cfr. anche P. Achtemeier, Gospel Miracle Tradition and the Divine Man : Interp. 26 ( 1 97 2 ) I 74-197; G. Theis­ sen, Urchristliche Wundergeschichten, Giitersloh 1 974 (ma riguarda

pp. 441-445

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soltanto i passi sinottici) ; W .D. Dennison, Miracles as «Signs». Their Significance for Apologetics: BTB 6 ( 1 976) 1 90-202 . Sulle > de Jean 6 : Bib 5 1 ( 1 970) 8o�83 . pp. 1 1 1 ss. (su 6145 ) : sulla citazione cfr. G . Reim, Studien r 6 - r 8 ; G. Richter, in Schriftauslegung (vedi sopra, su pp. 8o s .) 25 1-27 1 ; S. Pan� caro, Law in the F.G. 28 1 -287. pp. 1 1 9 ss. (su 61JIC-J8) : la maggior parte degli esegeti separa la sezio­ ne («eucaristica») dal precedente discorso del pane già a partire dal v. 51 c. Ma J .D.G. Dunn (vedi sopra, su pp. 63 ss.) non vi trova nessun significato eucaristico. Una terminologia sacrificate è riconosciuta da A. Skrinjar, De terminologia sacrificali in ] 6J JI�J6 : DT 74 ( 1 97 1 ) 1 891 97 . Un considerevole tentativo di dimostrare l'unitarietà di tutto il discorso (vv . 32 - 5 8 ) sulla base della struttura (A. «pane dal cielo», vv. 3 2-47 ; B . «diede da mangiare», vv. 48-58, con struttura parallela) e quindi con i vv . 5 1c-5 8 come originaria parte costitutiva, è stato intra­ preso da U. \Vilckens, Der eucharistische Abschnitt der ;ohanneischen Rede vom Lebensbrot (]oh 61JIC-J8) , in Neues Testament und Kirche (Fs. R. Schnackenburg) , Freiburg 1 974 , 220-248 . «L'evangelista ha fatto propria una tradizione eucaristica e l'ha interpretata secondo i suoi intendimenti . . . », vale a dire «nel senso che l 'ingerire realmente la carne e il sangue del Figlio dell'uomo produce un legame essenziale, personale, con lui, un legame che - poiché Gesù è colui che vive in eter­ no - procura ai cristiani vita eterna» . Perciò l'importante sarebbe da un lato la fede in Gesù, mediatore salvifìco inviato da Dio, dall'altro che i credenti «rimangano» con lui: «L'eucarestia è il compimento concre­ to di tale rimanere» (247 s.). p . 1 3 9 : per la storia della comprensione giovannea dell'ultima cena ha una grande importanza anche Erasmo da Rotterdam (t 1 5 3 6) . Egli si rifà a Io. 6,63a e pone ogni accento sulla manducatio spiritualis. S'at­ tiene fermamente alla presenza reale, ma la lascia nel mistero (ineffabi­ li modo) . Cfr. la diss . di G . Krodel, Die Abendmahlslehre des Erasmus von Rotterdam und seine Stellung am Anfang des Abendmahlsstreites der Reformatoren , Erlangen r 9 5 5 . Inoltre cfr. H. Feld, Das Verstand­ nis des Abendmahls (Ertrage der Forschung 50) , Darmstadt 1 976, 1 07 ss. : l'autore presenta una rassegna dello sviluppo della comprensione dell'ultima cena nella tradizione teologica ed ecclesiastica (77- 1 2 2 ) . pp. 146 s. (su 61 62 ) : sulla questione se il v. 62 serva ad aggravare lo scandalo o ad eliminarlo F. Porsch, Pneuma und Wort, Frankfurt/M. 1 974, 205-208 arriva alla medesima spiegazione : la formulazione resta aperta ad ambedue le interpretazioni. Diversamente F .J. Moloney, Joh. Son of Man 1 20- 1 2 3 : la domanda nega assolutamente una «ascesa» di Gesù ; la sua origine da Dio garantisce la verità della sua rivelazione. Ma in questo caso la domanda dovrebbe essere formulata diversamente.

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(su 6,63 ) : trattazione ampia e accurata in F. Porsch, Pneu­ ma und Wort 1 8 5-2 1 0. A suo avviso il v. 63 si riferisce alla possibilità per gli uomini di accogliere nella fede lo scandaloso discorso di Gesù dei vv. 32-47 o di rifiutarlo nell'incredulità. La sezione conclusiva 6, 6o-65 appare come una ripresa del tema della fede di 6,36-47 . L'asser­ zione generale del v. 63a ha il suo parallelo più prossimo in 3 ,6 . Il v. 63b spiega ciò per il contesto : lo �W07tOLE�v del 'TtVEUIJ.a. va inteso come risveglio della fede . Similmente intendono anche B. Lindars, L . Mor­ ris, ad l. ; cfr. inoltre W. Stenger, > (]n. I 2,27) , in H. Baltensweiler - B. Reik­ ke, N. T. und Geschichte (0. Cullmann zum 70. Geburtstag) , Tiibin­ gen 1 972, 1 5 6- 1 65 . pp. 648-6.58 (su I2,JI-J6) : cfr. I . de la Potterie, L'exaltation du Fils de l'hontme (]n. I2,JI·J6) : Gr. 49 ( 1 968) 460-478 ; F.J. Moloney, ]oh. Son of Man r 8 I-I8'J (specialmente sul v. 34) . pp. 654 ss. (su r2,34) : G. Reim, Studien 3 2-34 ritiene che sia piutto­ sto 2 Sam. 7 , 1 6 il punto di riferimento della citazione, un passo che sta alla base di Ps. 88(89) ,37. Anch'egli vede sullo sfondo la discussione di cristiani con Giudei al tempo dell'evangelista . pp. 658-6 7 6 (su excursus I 3 ) : cfr. J .T. Forestell, Word of the Cross 58-74 ; M . Mees, Erhohung und Verherrlichung ]esu im ]oh-Ev nach

Aggiunte ai volumi del commentario

2.5 8

dem Zeugnis ntl. Papyri : BZ 1 8 ( 1 9 74) 32-44; F.J. Moloney, ]oh. Son of Man, passim. Cfr. anche U.B. Miiller, Die Bedeutung des Kreuzes­ todes ]esu im ]ohannesevangelium: KuD 2 1 ( 1 9 75) 49-7 1 ; P. von der Osten-Sacken, Leistung und Grenze der ;oh. Kreuzestheologie: EvTh 36 ( 1 976) 1.54- 1 76 . pp. 6 81-686 (su 1 2,38-40) : sulle citazioni cfr. G. Reim, Studien 3 4 42 . pp. 691-693 (su 1 2,44-50) : sulle varie ipotesi di critica letteraria cfr. anche F.J . Moloney, ]oh. Son of Man 1 60-1 64 (s'attiene all'originarie­ tà della sezione come «riepilogo di tutto ciò che è accaduto nei primi dodici capitoli») . pp. 699-7 1 7 (su excursus 14) : cfr. H. Conzelmann, Grundriss der Theo­ logie des Neuen Testaments, Miinchen 1 967, 3 8 8 : «Naturalmente Gio­ vanni conosce l'attesa della parusia (come l'attesa della risurrezione e del giudizio) . Egli non la separa, bensl la integra nel concetto attuale di salvezza. L'opera salvifica è compiuta. Ma la salvezza realizzata deve ora restare presente nel mondo, deve accadere sempre di nuovo, dal­ l'alto». Inoltre cfr. E. Lohse, Grundriss der neutestamentlichen Theo­ logie, Stuttgart 1 974, 1 36 s.; L. Goppelt, Theologie des Neuen Testa­ ments n, Gottingen 1 976, 640-643 ; K.H. Schelkle, Theologie des Neuen Testaments IV , I : Vollendung von Schopfung und Erlosung, Diisseldorf 1974, 67 s . 89 s.; P.F. Ramos, Escatologia existencial (El Cuarto Evangelio) : Salm. 23 ( 1 976) 163-2 1 6 . -

3 . AGGIUNTA A L

VOL. III

Bibliografia: G. Wagner, An Exegetical Bibliography on the Gospel of fohn, Ri.isch­ likon-Ziirich I975 · Storia dell'indagine: H. Thyen, Aus der Literatur zum ]ohannesevangelium : ThR 43 ( 1 978) 3 2 8-359 ; 44 ( 1 979) 97-134 (i due articoli riguardano la Cena, il Bat­ tesimo e i sacramenti in genere) . X. Léon-Dufour, Bulletin de littérature ;ohannique : RSR 68 ( 1980) 271-3 1 6. Testi (originali e traduzioni) Nestle-Aland, Novum Testamentum Graece, 26. neu bearbeitet AuBa­ ge, Stuttgart 1 979 . ]udische Schriften aus hellenistisch-romischer Zeit, hrsg. v. W.G . Kiim­ mel :

Aggiunta

al vol. III

259

Bel. 1, Lief. 4 : K.-D. Schunck, I . Makkabiierbuch, Giitersloh 1 980. Bd. 1 , Lief. 5: K.-F. Pohlmann, J. Esra·Buch, Giitersloh 1 980. Bd. n, Lief. 2: Ch. Dietzfelbinger, Pseudo-Philo: Antiquitates Biblicae, Giitersloh 1 975 . Bd. n, Lief. 3 : K. Berger, Das Buch der ]ubiliien, Giitersloh 1 980. Bd. III, Lief. 4 : D . Georgi, Weisheit Salomos, Giitersloh 1 980 . Bd. III, Lief. 5 : G. Sauer, ]esus Sirach, Giitersloh 1 98 1 . Bd. v, Lief. 3 : W . Schrage, Die Elia-Apokalypse, Giitersloh 1980. Bd . v, Lief. 4 : J. Schreiner, Das 4· Buch Esra, Giitersloh 1 9 8 1 . Bibliothèque Copte de Nag Hammadi, Québe-Louvain: Nr. 3 J.-P. Mahé, Hermès en 1-Iaute-Egypte I, 1 978 . Nr . 4 Y. Janssens, La Protennoia Trimorphe, 1 978 . Nr. 5 Bare, L'Hypostase des Archontes : M. Roberge, Noréa, 1 980.

Sussidi generali: J.A. Fitzmyer, An Introductory Bibliography for the Study of Scrip­ ture, Revised Edition, Roma 198 1 . R . Pesch, Synopse nach ]ohannes (Synopt. Arbeitsbuch zu den Evange­ lien, Bd. 5 ) , Ziirich-Giitersloh 1 98 1 . H.G . Kippenberg - G.A. Wewers, Textbuch zur neutestamentlichen Zeitgeschichte, Gottingen 1 979 . H. Conzelmann - A. Lindemann, Arbeitsbuch zum Neuen Testament (UTB 5 2 ) Tiibingen 1 975 , su Io. : 276-29 1 . J. Roloff, Neues Testament (Neukirchener Arbeitsbiicher) 1 977, su Io. : 1 3 7- 1 52 . H . Merkel, Bibelkunde des Neuen Testaments, Giitersloh 1 978, su Io. : 83-99 · H.-M. Schenke - K.M. Fischer, Einleitung in die Schriften des Neuen Testaments n: Die Evangelien und die anderen neutestamentlichen Schriften, Gi.itersloh 19 79 (su Io. : r 68-2o6) . H. Koster, Einfuhrung in das Neue Testament im Rahmen der Reli­ gionsgeschichte und Kulturgeschichte der hellenistischen und romi­ schen Zeit, Berlin - New York 1 980. Okumenisches Verzeichnis der biblischen Eigennamen nach den Loc­ cumer Richtlinien, 2 . Aufl., neu bearbeitet von J. Lange, Stuttgart 1 98 1 . Commentari: W. Barcley, The Gospel of fohn, 2 vols ., revised ed., Philadelphia 1 975 · F. Gryglewicz, Egzegesa Ewangelii Iw . ]ana, Lublin 1976. C .F. Molla, Le Quatrième Évangile, Genève 1977.

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2 60

Aggiunte ai volumi del commentario

J. Blank, Das Evangelium nach ]ohannes (Geistliche Schriftlesung 4), quattro volumi, Diisseldorf 1 977/8 1 . C.K . Barrett, The Gospel According to St. ]ohn (revised) , London 21 978 . G .W. MacRae, Invitation to ]ohn. A Commentary on the Gospel of fohn, New York 1 978 . P. Perkins , The Gospel according to St. ]ohn. A Theological Commen­ tary, Chicago 1 97 8 . J. Becker, Das Evangelium des ]ohannes ( Oku men . Taschenbuch-Kom­ mentar zum N.T . 4) , zwei Bande, Giitersloh-Wiirzburg 1 979/8 1 . J. Mateos e J. Barreto , El Evangelio de ]uan, Madrid 1 979. E. Haenchen, Das ]ohannesevangelium, aus den nachgelassenen Ma­ nuskripten herausgegeben von U. Busse, Tiibingen 1 980. Bibliografia scelta sul vangelo di Giovanni: R. Bergmeier, Glaube als Gabe nach ]ohannes. Religions- und theolo­ giegeschichtliche Studien zum pradestinatianischen Dualismus im vierten Evangelium, Stuttgart 1 980 . ]. Beu tler, Psalm 42/43 im ]ohannesevangelium : NTS 25 ( 1 9 79) 3 357· R.E. Brown, The Community of the Beloved Disciple, London 1 979 . D.A. Carson, Current Source Criticism of the Fourth Gospel: Some Methodological Questions : JBL 9 7 ( 1978) 4 1 1-429. G .D . Cloete, Hemelse solidariteit. 'n Weg in die relasie tussen christologie en soteriologie in die Vierde Evangelie, Kampen senza data. W.R. Cook, The Theology of fohn, Chicago 1 979 . B. De Solages, ]ean et les Synoptiques, Leiden I9 79 · F. Hahn, Die Worte vom lebendigen Wasser im ]ohannesevangelium, in God's Christ and His People (Festschr . N.A. Dahl) , Osio 1 977, 7 1 -86. A.E. Harvey, ]esus on Trial. A Study in the Fourth Gospel, London 1 9 7 6. H. Klein, Die lukanisch-iohanneische Passionstradition : ZNW 67 ( 1 976) 1 5 5-1 86 . B. Lindars, The Passion in the Fourth Gospel, i n God's Christ and His People, Festschr. N.A. Dahl, Osio 19 77, 7 1 - 86. A. Lindemann, Gemeinde und Welt im ]ohannesevangelium, in Kirche (Festschr. G. Bornkamm) , Tiibingen 19 80, 1 3 3-1 6 1 . F. Manns , L'Évangile de ]ean, réponse chrétienne aux décisions de ]ab­ ne: SBFLA 30 ( 1 980) 47-92 . J.L. Marty, History and Theology in the Fourth Gospel, revised edi­ tion, Nashville 1 979. -, The Gospel of ]ohn in Christian History, New York 1 978.

Aggiunta al vol. III

D. Marzotto, L'unità degli uomini nel vangelo di Giovanni, Brescia 1 977· D.L. Mealand, The Christology of the Fourth Gospel: SJTh 3 1 ( 1 978) 449-467 . J .P. Miranda, Being and the Messiah. Tb e Message of St. ]ohn, Maryknoll, NY 1 977. D. Mollat, Études johanniques, Paris 1 979 . A.Q. Morton - ] . McLeman, The Genesis of fohn, Edinburgh 1 980. B.M. Newman - E.A. Nida, A Translator's Handbook on the Gospel of fohn, London - New York - Stuttgart 1 9 80. J.F. O'Grady, Individuai and Community in fohn, Roma 1978. T. Onuki, Die johanneischen Abschiedsreden und die synoptische Tra­ dition : Annual of the Japanese Biblical Institute 3 ( 1 977) 1 57-208 . J.J. O'Rourke, Asides in the Gospel of fohn : NT 2 1 ( 1 979) 2 10-2 19. F.F. Ramos, Escatologia existencial (El Cuarto Evangelio) : Salm. 23 ( 1 976) 1 63-2 1 6 . H . Ritt , Das Gebet zum Vater. Zur Interpretation von ]oh I l , Wiirz­ burg 1 979 . V. Salmon, The Fourth Gospel. A History of the Textual Tradition of the Originai Greek Gospel, Collegeville, MN 1 976 . B .E. Schein, Following the Way. The Setting of ]ohn's Gospel, Min­ neapolis 1 980. H.-M. Schenke - K .M. Fischer, Einleitung (vedi sussidi generali) 1 68206 . R. Schnackenburg, Die johanneische Gemeinde und ihre Geisterfah­ rung, in Die Kirche des Anfangs (Festschr. H . Schiirmann) , Freiburg i.Br. 1 978, 277-306 . D. Moody Smith, fohn and the Synoptics: Some Dimensions of the Problem: NTS 26 ( r 98o) 425-444 . C. Spicq, L'amour de Dieu révélé aux hommes dans les écrits de saint ]ean, Paris 1 978. S. Talavero Tovar, Pasi6n y Resurrecci6n en el IV Evangelio. Inter­ pretaci6n de un cristiano de primera bora, Salamanca 1 976 . S . Tempie, The Core of the Fourth Gospel, London-Oxford 1 975. H . Thyen, >) . Sull'«opera» di Ge­ sù cfr. Riedl, Das Heilswerk ]esu (vedi su pp. I 1 8 ss .) 69-1 8 6 . p . 278 s. (su I7,5) : P. van Boxe!, Die priiexistente Doxa Jesu im Jo­ hannesevangelium : Bijdr. 34 ( 1973 ) 2 68- 2 8 1 . pp. 293-29.5 (su I7,I4-I6) : cfr. B.M. Newman, The Case of the Eclec­ tic and the Neglected tx of fohn r1 : BiTr 2 9 ( 1 97 8 ) 3 3 9 34 1 . pp. 29.5-301 (su I7, I7-I9) : I . de la Potterie, La Vérité dans saint ]ean II, Roma 1 977, 706-783 sostiene con abbondanza di argomenti che si tratta della santificazione dei discepoli, della loro vita immersa nella comunione col Padre mediante il Figlio. L'idea di missione si avverti­ rebbe solo secondariamente nel v. I 8 (cfr. 775 -78 1 ) pp. 302 s. (critica letteraria a I7,20 s. ) : Ritt, Gebet zum Vater (vedi bibl.) 2 5 1-256, partendo da un esame linguistico del testo, s'attiene fermamente alla coerenza testuale dei vv. 2 I-26, e quindi considera i vv. 2 o s. come parte costitu tiva (in «progressione tema tica») . Ritiene secondario, nel cap. I 7, soltanto il v. 3 (glossa) e il v. I 6 (ripetizione, ampliamento) (dr. p. 1 87) . pp. 309 s. (idea dell'unità) : sul carattere teologico cfr. Appold, One­ ness Moti/ I 6 I-294· pp. 3 1 7-320 (genere letterario della preghiera in Io. I7) : merita mag­ giore attenzione il genere del testamento letterario ; cfr l' excu rsus in J. Becker, ]oh. I I , 440-446, con abbondante materiale ed altra bibl . ; sulla critica del genere cfr. Ritt, Gebet zum Vater 3 8 1 -426 ; sulla compara­ zione storico-religiosa per il motivo dell'unità Appold, Oneness Moti/ -

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.

1 63-1 93 .

(excursus discepoli, comunità, chiesa) : cfr. i lavori, citati nella bibl., di R.E. Brown, A . Lindemann, J.L. Martyn, J.F. O'Grady, R . Schnackenburg, K. Wengst, W. Wiefel. Sono importanti gli sforzi per precisare meglio il luogo e le circostanze in cui si è formato il van­ gelo di Io . ; cfr. i continui tentativi di utilizzare vari strati per la storia del cristianesimo giovanneo. R.E. Brown, The Community of the Be­ loved Disciple, 1 979 , distingue quattro fasi di sviluppo : inizi della pp. 324-342

268

Aggiunte ai volumi del commentario

comunità giovannea prima del vangelo, rapporti con gli estranei se­ condo il vangelo (vengono tenuti presenti diversi gruppi) , lotte inter­ ne secondo le lettere, scioglimento del cristianesimo giovanneo dopo le lettere; in appendice, polemica con nuove teorie (J .L. Martyn, G. Rich­ ter, O . Cullmann, M .-É. Boismard, W. Langbrandtner) . Molta attenzio­ ne ha suscitato anche O. Cullmann, Der iohanneische Kreis, Tiibingen 1 965 . K. Wengst tenta di precisare storicamente il luogo : la comunità giovannea visse nella parte meridionale del regno di Agrippa n (Gau­ lanitide e Batanea nella Transgiordania settentrionale), dove il vange­ lo di Giovanni sorse verso gli anni 80-90 in contrasto con una consi­ stente parte giudaica della popolazione : una tesi degna di considerazio­ ne, che però richiede ulteriore verifica (specialmente per quanto riguar­ da l'ambiente spirituale) . Sulla concezione della chiesa in Io. cfr. inoltre: R.A. Culpepper, The ]ohannine School, Missoula 1 975 ; K .H. Schelkle, Kirche im Johannes­ evangelium : ThQ 1 5 6 ( 1 976) 277-283 ; J .F. O'Grady, Johannine Ec­ clesiology: a Critical Evaluation: Biblica! Theology Bulletin 7 ( 1 977) 3 6-44 ; Id. , Individua! and Community in ]ohn, Roma 1978 ; J. Pain­ ter, The Church and Israel in the Gospel of John: a Response : NTS 75 ( 1 979) ro3-1 I 2 (su S . Pancaro) . Cfr. anche la bibl. di U. Busse, in Haenchen, Joh-Ev. 484-486. pp. 343-347 (racconto giovanneo della passione) : dr. i lavori , citati nella bibl., di J. Beutler, A.E. Harvey, H . Klein, B. Lindars, S . Tala­ vero Tovar, P. von der Osten-Sacken . Nella sua ricerca sulla tradizione della passione lucano-giovannea H. Klein arriva al risultato che i due evangelisti utilizzano ciascuno un proprio resoconto della passione e questi due resoconti dipendono da uno strato fondamentale comune. L'opera di A. Dauer, Die Passionsgeschichte im ]ohannesevangelium, Miinchen 1 972 non è tenuta presente da Klein . L'opera di Talavero Tovar ricerca, nella seconda parte (85-1 7 1 ) , la «tradizione e redazio­ ne» per tutte le pericopi di I o. r 8-2 0 . Il resoconto sulla tradizione, che non fa uso dei sinottici (cfr. prima parte) , presentato alle pp. 1 5 21 54 , riconduce a Giovanni figlio di Zebedeo. Altra bibl . : R . Leistner, Antiiudaismus im ]ohannesevangelium? , Frankfurt/M. - Bern 1 974 ; U.B. Miiller, Die Bedeutung des Kreizesto­ des ]esu im ]ohannesevangelium : KuD 2 1 ( 1 975) 49-7 1 ; C.F. Evans, The Passion of Christ, London 1977; T. Baumeister, Der Tod ]esu und die Leidensnachfolge des J ungers nach dem Johannesevangelium und dem I . ]ohannesbrief: WiWei 40 ( r 977) 8 1 -99 ; G. Kretschmar, Kreuz und Auferstehung Jesu Christi. Das Zeugnis der heiligen Stiitten : EuA 54 ( 1 978) 423-43 1 ; A. Strobel, Die Stunde der Wahrheit. Untersu­ chungen zum Strafverfahren gegen Jesus, Tiibingen r9 8o; J. Becker, ]oh-Ev. n, 5 3 1-539 (excursus : Der ioh. Passionsbericht) . pp . 348-358 (su r8,I-I I ) : M. Sabbe, The Arrest of ]esus in ]n I8,I-II

Aggiunta al vol. III

and Its Relation to the Synoptic Gospels, in M. de Jonge (éd.), L'E v. de ]ean, 1 977 , 203-234 per quanto riguarda la differenza di durata ar­

riva al risultato che l'evangelista in parte dipende dai sinottici e in par­ te compone con intenzioni proprie. pp. 36 1-380 (su z8, r 2-27) : M.A. Chevallier, La comparution de ]ésus devant Hanne et devant Ca"iphe (Jean z8, I2-I4 et z9,24), in Neues Testament und Geschichte (Fs. O. Cullmann) , Tiibingen 1 97 2 , 1 791 85 pone in risalto la tendenza teologica dell'evangelista nel comporre le scene. R.T. Fortna, Jesus and Peter at the High Priest's House: A test case for the question of the relation between Mark's and John's Gospel: NTS 74 ( 1 978) 3 7 1 -383 constata la reciproca indipendenza dei due evangelista e fa risalire i tratti comuni ad una fonte presinotti­ ca . Strobel, Stunde der Wahrheit (vedi su pp . 343-347) r 6 s . ritiene che

la presentazione giovannea con l'interrogatorio da parte di Anna sia storicamente attendibile, forse sulla base di una «tradizione orale rela­ tivamente fidata». Alla n. 3 8 egli osserva : «Interrogatorio e detenzione preventiva nel palazzo del sommo sacerdote sono assai verosimili, poi­ ché la legge comandava di procedere con durezza e di vagliare accurata­ mente il caso». pp. 370 s s . (su I 8,I 5) : per l'identificaione dell' «altro discepolo» col di­ scepolo che Gesù amava vedi ora anche J. Becker, Joh-Ev. n, 546 , che attribuisce alla redazione ecclesiastica l'inserimento di quel discepolo (cfr. il suo sguardo d'insieme sullo sviluppo del testo, p. 5 50) . pp. 379 s. (sulla storiciìà del racconto del rinnegamento) : cfr. Haen� chen, Joh-Ev. 524-5 3 1 , il quale, dopo uno sguardo d'insieme sulla ri­ cerca recente , ritiene persona1mente che il racconto non sia storico; ma neanche lui riesce a spiegare convincentemente come e perché si sia formato. Cfr. invece R. Pesch, Die Verleugnung des Petrus, in Neues Testament und Kirche (Fs . R . Schnackenburg) , Freiburg i.Br. 1 974, 43-62 ; Id . , Das Markusevangelium II, Freiburg i.Br. 1 977, 45 r s.; J. Ernst, Noch einmal: Die Verleugnung Jesu durch Petrus (Mk I4,54· 66-72) , in A. Brandenburg - H.J. Urban (Hrsg.) , Petrus und Papst, 1vliinster i .W. I 977, 4 3-62 ; Strobel, Stunde der Wahrheit 8 («il nucleo della storia del rinnegamento è senza dubbio autentico») . pp. 387 s. (su Ponzio Pilato) : cfr. Strobel, Stunde der Wahrheit 99· . , � ,. ] I06. pp. 389 s. (su r8,3 r ) : sulla questione del potere del sinedrio di emet­ tere sentenze di morte vedi le accurate indagini di Strobel, Stunde der Wahrheit 1 8-45 , con le quali egli trova confermati i dati di lo. pp. 394 s. (su r8,35) : W.A. Meeks, 1Am I a Jew?' ]ohannine Christia­ nity and Judaism, in Studies in Judaism and Late Antiquity 1 2 , 1 (Fs. Smith) , Leiden 1 975 , 1 63-1 8 6 . pp. 397 ss . (sù r8,37) : cfr. Ibuki, Die Wahrheit (vedi su pp. ro8-I I I ) I 39- 1 7 5 ; de la Potterie, La Vérité I , r oo-r r 6 .

Aggiunte ai volumi del commentario pp. 401 s.

(su I8,39) : sull'amnistia pasquale cfr. Strobel, Stunde der Wahrheit 1 1 8-1 3 1 , il quale, nonostante alcune insolute questioni sul­ la struttura giuridica del procedimento, ritiene attendibile la tradizione dei vangeli. Diversamente J. Gnilka, Das Evangelium nach Markus n, Ziirich-Neukirchen 1 979, 304 s. pp. 422-429 (su I9, IJ-I6a) : Strobel, Stunde der Wahrheit 1 3 2- 1 3 7, per l'emissione del verdetto prende sul serio anche «le indicazioni di dettaglio» di I o. Egli respinge la tesi che si tratti solo dell'esecuzione di una sentenza giudaica; si ha invece una formale sentenza di condanna da parte di Pilato. pp. 436 s. (su I9,I8) : sulla crocifissione cfr. M. Hengel, Mors turpissi­ ma crucis, in Rechtfertigung (Fs. E. Kasemann) , Tiibingen 1 976, 1 251 84 ; Id., Crucifixion, London 1 977; Id., La crucifixion, Paris 1 9 8 1 (ogni volta ampliato) . Sul rinvenimento della tomba del crocifisso nel­ la prima metà del sec. 1 d.C. vedi H.-W. Kuhn, Der Gekreuzigte von Givcat ha-Mivtar, in Theologia Crucis - Signum Crucis (Fs . E. Dink­ ler) , Tiibingen 1 979 , 303-334. pp. 441 ss. (su I9,24) : I . de la Potterie, La tunique sans couture sym­ bole du Christ grand-pretre? : Bib 6o ( 1 979) 25 5-269 risponde negati­ vamente alla domanda e si pronuncia per il simbolo dell'unità. pp. 449-456 (su I9,26 s. ) : N.M. Flanagan, Mary in the Theology of ]ohn's Gospel: Mar. 40 ( 1 978) 1 10- 1 20 interpreta: il discepolo che Gesù amava simboleggia tutti i discepoli amati, Maria la chiesa che ac­ coglie questi discepoli . Inoltre egli vuole trovare anche un riferimen­ to a Gen. J, IJ, nel senso della donna vittoriosa (il che mi risulta dub­ bio) . Il lavoro in comune di studiosi protestanti e cattolici Mary in the New Testament, ed. by R.E. Brown, K.P. Donfried, J.A. Fitzmyer, J. Reumann, Philadelphia - New York 1 97 8 , 206-2 1 8 , fa riferimento alla nuova famiglia di discepoli, a cui si allude mediante il rapporto reci­ proco di Maria e del discepolo che Gesù amava, ma è cauto nel giudi­ care. pp. 452 (su I9,27) : F. Neirynck, Etc; "t'à tot.a: ]n I9,27 (et I6,32) : EThL 5 5 ( 1 979) 3 5 7-365 si oppone all'interpretazione di I . de la Pot­ terie e sostiene l'interpretazione : «nella propria casa». pp. 458-460 (su I9,28) : Beutler, Psalm 42 /43 (vedi bibl.) 54-56 dà notizia di un contributo di I. de la Potterie, che vuole collegare la fra­ se con l'Va a quanto precede, e ne distacca l'espressione «Ho sete» . Egli stesso ritiene che la frase con L'Vtx. resti sospesa. La citazione scritturisti­ ca è da lui fatta risalire (con C.H. Dodd) a Ps. 42/ 43 · Egli scorge il senso oiù profondo nel desiderio di Gesù di tornare alla casa del Pa­ dre, nPr orenararvi un'abitazione per i suoi e inviare di là lo Spirito . pp. 4 (, 1. ss. (su I 9,30) : un'interpretazione che parla della «consegna dello Snirito» alla chiesa rappresentata da Maria (Beutler, o.c. 56, che si rif?t a l . de la Potterie) continua a risultarmi problematica. Ma cfr.

Aggiunta al vol. lII

27 1

l 'estesa discussione in F. Porsch, Pneuma und Wort 327-3 3 2 . 3 77 . pp. 469-474 (su I9 } 34 s. ) : J. Wilkinson, The Incident of the Blood and Water in fohn I9.34 : SJTh 28 ( 1 97.5) 1 49- 1 72 ritiene che l'evangelista volesse descrivere un fatto esteriore, che egli riteneva una conferma del­ la morte reale di Gesù ; J. Becker, ]oh-Ev. II, .598-6oo perviene ad un risultato analogo e rifiuta ogni tipo di interpretazione simbolica. Se­ condo lui, col v. 3 .5 si vuoi solo rafforzare l'autorità del discepolo ama­ to. H.-J. Venetz, Zeuge des Erhohten. Ein exegetischer Beitrag zu Joh I9} 3I-37 : FZPhTH 23 ( 1 976) BI-I I I vede nel «sangue» un riferimen· to al Crocifisso, nell' «acqua» un riferimento alla rivelazione e alla sal� vazione; il testimone del v . 3.5 esprimerebbe un'esperienza del Signore crocifisso ed innalzato, come la fa chi crede. pp. 486 s. (su I9} 4o) : W. Bulst, Das Grabtuch von Turin, Karlsruhe 1 978, 89-I03 pensa che la sepoltura di Gesù sia stata una inumazione provvisoria in un lenzuolo di lino e che sia possibile far concordare i dati sinottici con quelli di Io. : le «fasce» avrebbero avuto soltanto lo scopo di legare insieme mani e piedi, il fazzoletto quello di legare il mento per sostener!o . Solo il grande lenzuolo di lino non sarebbe men­ zionato. (Bulst ritiene autentica la sindone di Torino) . Cfr. anche A. Feuillet, La découverte du tombeau vide en ]ean 20} 3-IO et la foi au Christ ressuscité: EeV 8 7 ( 1 977) 2.5 7-2 66; Id., Le Saint Suaire de Tu­ rin et les Évangiles: EeV 8 9 ( 1 979) 40 1-406 (possibile concordanza con i vangeli) . pp. 487 ss. (su I9 } 4I s.) : cfr. Kretschmar, Kreuz (vedi su pp . 343-347), che ritiene attendibili le indicazioni topografiche di Io. I9,41-2o- I 8 . La tradizione giovannea risalirebbe presumibilmente ad una antica vene­ razione dei luoghi santi, cosi come certi Giudei veneravano luoghi do­ v 'erano accaduti miracoli. p. 49 1 n. 1 (bibl. sui racconti di pasqua) : cfr. l'ampia trattazione e ras­ segna bibliografica in P. Hoffmann, art. Auferstehung: TRE 4 ( 1 979) 4.5 0-467 ; Auferstehung ]esu Christi: ibid. 478-.5 1 3 (su Io. : jOj-.509) . pp. 494-.502 (critica letteraria a Io. 2 o } r-r8) : J. Becker, ]oh-Ev. II, 6oj-6 I 2 distingue tre modelli fondamentali . La sua analisi s'avvicina a quella menzionata sopra; egli ritiene che in sostanza la crescita a stadi della tradizione vada attribuita già al racconto tradizionale pregiovan­ neo; la figura del discepolo che Gesù amava sarebbe stata introdotta soltanto dalla redazione ecclesiastica dopo l'evangelista. pp .502-554 (su 2o} r-2 9) : cfr. A. Nicacci, La fede nel Gesù storico e la fede nel Cristo risorto (Gv I } I9-5I / 20, I-2 9) : An ton . 53 ( 1 978) 42 3442 (confronto dei due brani, che si corrisponderebbero anche nella struttura di quattro sequenze ; essi dimostrano come si perviene alla fede nel Cristo storico e nel Cristo risorto) . pp . .50.5-507 (su 2 0}2) : cfr. P.S. Minear, 'We don }t know where . . . ' John 20:2 : lnterp. 30 ( 1 9 76) 12,5 - 1 3 9 (ii problema del «dove» nel.

Aggiunte ai volumi del commentario

l'orizzonte contemporaneo e nella concezione teologica dell'evangeli­ sta) . p . .509 (su 20,J) : cfr. F. Neirynck, Ilapa.xu�ac; aÀ.É1tEt . Le 24,I 2 et ]n 2 0,5 : EThL 5 3 ( 1 977) 1 1 3- 1 52 (1ta.pa.xu1t'tEl.V secondo certi paral­ leli non significa «chinarsi in avanti», bensl «scrutare») . pp .509 ss. (su 20,7) : F. Salvoni, The So-Called Jesus Resurrection Proof (fohn 20:7 ) : RestQ 22 ( 1 979) 7 2-76 traduce : «Il sudario ... stava ripiegato nello stesso posto in cui era prima» . Secondo i lavori di Bulst e Feuillet (vedi su pp . 486 s.) è probabile che il sudario servisse a so­ stenere il mento. pp .5 1 1 s. (su 20,8) : cfr. A. Feuillet, La découverte du tombeau vide en ]ean 20,J-IO et la foi au Christ ressuscité : EeV 87 ( 1 977) 2 73-284 . pp . .5 1 2 ss. (su 20,9) : K. Zelzer, OùoÉ1tw yàp UOEl.t:rav «denn bisher hatten sie nicht verstanden». Philologisches zu Obersetzung und Kon­ texbezug von ]o. 20,9 : Wiener Studien 1 4 ( 1 980) 5 6-74 (motiva la tra­ duzione : «infatti finora non avevano capito») . p . .5 1 4 (su 2o,zo) : cfr. F. Neirynck, 'A�fiÀ.i}Ev 1tpò� Èau'tov Le 24, I2 et ]n 2o,zo: EThL 54 ( 1 978) 104-1 1 8 (passi paralleli confermano la traduzione «tornò a casa» ) . pp .5 1 6-528 (su 2o, z I-I B) : cfr. A . Feuillet, L'apparition du Christ à Afarie-Madeleine ]ean 2o, zz-z8. Comparaison avec l'apparition aux disciples d'Emmaus Luc 24, 13-35 : EeV 8 8 ( 1 978) 1 93-204 .209-2 2 3 . pp . .522 ss. (su 20, z7) : D.C. Fowler, The Meaning of (Touch Me Not' in fohn 20: I7 : EvQ 47 ( 1 975) 1 6-25 (sostiene la traduzione «Non toccarmi») . A. Charbel, Giov. 2o,z7a: «Nondum enim ascendi ad Pa­ trem ?»: BeO 2 1 ( 1 979) 79-8 3 , rifacendosi ad un saggio precedente di F. Stein, vuole intendere la frasetta come domanda: Gesù verrebbe già dal Padre. Ma anche in questo caso resta una tensione con l'ava�a�'JW che segue. pp . .529-.554 (su 20, I9-29) : J. Suggit, The Eucharistic Significance o/ fohn 20, 19-24 : Journal of Theology for Southern Africa r 6 ( 1 976) 5259 (rapporto con la celebrazione eucaristica domenicale della comuni­ tà) . W. Langbrandtner, Weltferner Gott oder Gott der Liebe, Frank­ furt/M. - Bern 1 977, 35-38 vuole assegnare Io. 20,1 9-29 alla redazione ecclesiastica; cfr. anche H. Thyen : ThR, N.F. 42 ( 1 977) 26 1-268 ; R. Hoffmann, in TRE I V , 507 s . Ma la concezione teologica ritenuta diver­ sa da quella dell'evangelista (specialmente per quanto riguarda il «cre­ dere») non dà diritto a ciò; anche l'evangelista può accentuare la spe­ ciale fede pasquale. La presenza di una tendenza antidocetica nella pe­ ricope è negata da J. Becker, ]oh-Ev. II , 620 s. pp .549-.552 (su 20,28) : P. Hoffmann, o.c. 508 interpreta in questo modo la professione di fede di Tommaso : «' Signore mio', in quanto appellativo corrente che i discepoli usavano per rivolgersi al Maestro, costituisce il riconoscimento della vera umanità di Gesù, 'Dio mio' e•







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sprime la fede nella sua divinità» . Ma la dichiarazione o xupt.6c; IJ.OU è qualcosa di diverso dall'allocutivo kyrie. Cfr. anche J. Becker, ]oh-Ev. II, 630. pp. 556 ss. (su 20,30) : cfr. A . Feuillet, Les christophanies pascales du quatrième évangile sont-elles des signes? : NRTh 97 ( 1 975) 5 77-592 (riconosce la differenza tra i semeia terreni operati da Gesù e le appa­ rizioni pasquali) . L'ipotesi di Langbrandtner (vedi su pp . 529-554) e Thyen (ibid. ) 269 che i vv. 30 s. provengano dalla redazione (ricolle­ gandosi al v. 29) , è improbabile . pp. 559-563 (su 20,3 1) : cfr. Th.C. de Kruif, «Hold the Faith» or «Co­ me to Belief»? A Note on ]ohn 20,3I: Bijdr. 3 6 ( 1 97.5) 439-449 (arri­ va ad un risultato analogo a quello sopra, nel testo) . pp. 56.5-580 (sul cap. 21 ) : cfr. G. Reim, ]ohannes 2 1 - ein Anhang?, in Studies in New Testament Language and Text (Fs. G.D. Kilpatrick) , Leiden 1 976, 330-3 3 7 ; B . de Solages - J.-M . Vacherot, Le chapitre XXI de ]ean est-il de la meme plume que le reste de l'Évangile? : BLE So ( 1 979) 96-101 (rispondono positivamente alla domanda, sulla base di un conteggio statistico di parole ; ma il metodo è contestabile) . Per H. Thyen cfr. il suo lavoro menzionato a proposito delle pp . .56 ss. pp. 582-596 (su 2 I, I-I4) : cfr . J.D.M. Derrett, "'Ha-et'V yà.p ttÀ.t,E�c; (Mk I,I6) : NT 22 ( 1 980) 108-1 3 7 (su Io. : 1 3 1- 1 3 5 ) . p . .592 ss. (su 2I, I I ) : N.J . M cEleney , 153 Great Fishes (]ohn 2 I,II) - Gematriacal Atbash : Bib . .58 ( 1 977) 4 1 1-4 1 7 (tenta una soluzione con le lettere greche iota ( 70) , chi (3), theta (So) = 'l110'0uc; Xpt.O'"t'Òc; 8E6c;) ; J.A. Romeo, Gematria and ]ohn 2 I,I I - Tbe Children of God: JBL 97 ( 1 978) 263-264 (si rifà a H. Kruse, ma preferisce «figli di Dio» con riferimento a Io. I 1 , .52 e altri passi) . pp. 606 s., n. 67 (su 2 1,I7) : cfr. inoltre J. Ratzinger (Hrsg.) , Dienst an der Einheit, Diisseldorf 1 978 ; E. Grasser, Neutestamentliche Grund­ lagen des Papsttum?, in Papsttum als okumenische Frage, Miinchen­ Mainz 1 979, 33-5 8 ; R. Pesch, Simon-Petrus. Geschichte und geschicht­ liche Bedeutung des ersten ]iingers ]esu Christi, Stuttgart 1 980 . pp. 623-644 (excursus: Il discepolo che Gesù amava) : C. Hudry-Cler­ geon, Le quatrième évangile indique-t-il le nome de son auteur? : Bib 56 ( 1 975) .545-549 (da una certa analogia con Giovanni il Battista ar­ riva al nome di «Giovanni» : è fuori strada) ; P .S. Minear, Tbe Beloved Disciple in the Gospel of ]ohn : NT 1 9 ( 1 977) 105-1 23 (l'immagine di un discepolo prediletto è formata su quella di Beniamino secondo Deut. 3 3 , 1 2 ) ; D.J. Hawkin , Tbe Function of the Beloved Disciple Moti/ in the ]ohannine Redaction : LPT 33 ( 1 977) 1 3 5-1 .50 (come nell'excursus , menzionato sopra) ; J.F. O Grady, Tbe Role of the Beloved Disciple : Biblica! Theology Bulletin 9 ( 1 979) 58-6.5 (analogo) . Cfr. il resoconto di H. Thyen stilla ricerca : ThR, N.F. 42 ( 1 977) 2 1 3-26 1 , inoltre l'ex­ cursus : Die Gestalt des Lieblings;ungers, in J. Becker, ]oh-Ev. n, 434-

2 74

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43 9 ; R.E. Brown, Community (vedi bibl.) 3 1-34. In genere oggi ci si è scostati da un'interpretazione puramente simbolica del discepolo ama­ to ; un'eccezione è costituita da U. Wilckens, Der Paraklet (vedi bibl.) 1 99-203 , per il quale il discepolo innominato «secondo la sua funzione non è altro che il discepolo del periodo postpasquale già presente nella cerchia prepasquale dei Dodici», e quindi è una figura simbolica (201 ) . Egli non viene più identificato con l'evangelista (diversamente O . Cull­ mann) . Predomina l'idea che il discepolo amato «nella coscienza del gruppo di comunità giovannee sia il fondatore e/o il garante personale della scuola e teologia giovannea» (J. Becker 4 3 8 ) . Che poi a introdur­ lo nel vangelo sia stato l'evangelista o la redazione ecclesiastica (cosi H. Thyen, J . Becker e altri) , è meno importante.

RINVII BIBLIOGRAFICI

I. GLI S TUDI SU GIOVANNI DAL

1 955

M. de Jonge (éd.), L'Évangile de ]ean. Sources, rédaction, théologie (EThL. B XLIV), Gembloux-Louvain 1 977, 19-44. II. EXCUR S U S INTEGRATIVI

comunità giovannea e la sua esperienza dello Spirito : R. Schnak­ kenburg - J. Ernst - J. Wanke (Hrsg.) , Die Kirche des Anfangs (Fest. fiir H. Schiirmann) , Leipzig - Freiburg i.Br. 1 978, 277-304.

r . La

2.

L'idea di missione del vangelo di Giovanni nell'orizzonte attuale : H . Waldenfels (Hrsg.) , « . denn Ich bin bei Euch» (Festgabe fiir J. Glazik und B. Willeke), Ziirich-Einsiedeln-Koln 1 978, 5 3 -65 . ..

3 · Tradizione

e interpretazione nei detti del vangelo di Giovanni: J. Zmijewski - E. Nellessen (Hrsg.) , Begegnung mit dem Wort (Fest. fiir H. Zimmermann) (BBB 5 3 ) , Bonn 1 980, 141-159· storia della redazione del vangelo di Giovanni : pubblicato qui per la prima volta.

4 · La

, . Cristologia paolina e cristologia giovannea. Un confronto : U. Luz ­ H . Weder (Hrsg.) , Die Mitte des Neuen Testaments. Einheit und Vielfalt neutestamentlicher Theologie (Festschr. fiir E . Schweizer) , Gottingen 1 9 8 3 , 22 r-2 3 7 · III . E S EGE S I D I TE S TI S INGOLI

I.

Il pane della vita (lo. 6) : G. Jeremias - H.-W. Kuhn - H. Stegemann (Hrsg.) , Tradition und Glaube. Das fruhe Christentum in seiner Um­ welt (Festgabe fiir K.G. Kuhn) , GOttingen 1 97 1 , 3 28-342 .

2.

Il discorso 'del pastore, Io . zo, z-z8 : pubblicato qui per la prima vol­ ta.

Rinvii bibliografici 3·

lo. I2,39-4I. L'esegesi cristologica del quarto evangelista: H. Bal­ tensweiler - B. Reicke (Hrsg.), Neues Testament und Geschichte. Historisches Geschehen u. Deutung im Neuen Testament (Festschr . fiir O. Cullmann), Zlirich-Tiibingen 1 972 , 1 67- 1 77.

4· Struttura

e senso del discorso in Io. I 5 : L. Alvarez Verdes - E.J. A­ lonso Hernandes ( edd.) , Homenaje a ] uan Prad o. Mis celanea de estu­ dios biblicos y hebraicos, Madrid 1975 , 405-420.

,. La citazione scritturistica in lo. I9,37 : J. Schreiner (Hrsg.), Wort, Lied und Gottesspruch ( Festschr. fiir J. Ziegler ) (Forsch. zur Bibel

2 ) , Wlirzburg 1 972 , 239-247.

6.

Gloria e unità (lo. I7,22-24) : Kehrt um und glaubt - erneuert die Welt. 87 . Deutscher Katholikentag in Diisseldorf 1982 , Paderbom 1982, 371-378.

IV . A PPENDICE. AGGIUNTE AI VOLUMI D E L COMMENTARIO I.

Seconda aggiunta al vol . I: HThK IV/ r , 537-548.

2 . Aggiunta al vol. n : ibid. IV/2, 545-5 5 7 . 3 · Aggiunta al vol. III : ibid. IV/3, 471-484.

INDICE GENERALE

Premessa

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PARTE PRIMA

Gli studi su Giovanni dal I 9 55 I . Nuovi 2.

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commentari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Sviluppi secondo problematiche e metodi in mutazione . . . . . . I . La questione della storia dell'origine del vangelo di Giovanni e i metodi utilizzati per rispondervi . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 . La questione delle circostanze storiche ( situazione della co­ munità) nella loro rilevanza rispetto alla nascita e alla forma del vangelo di Giovanni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 . Il problema storico-religioso e la sua trattazione . . . . . . . 4 · Critica della tradizione e tentativi di critica delle forme e dei generi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 . Analisi strutturale, linguistica del testo, sem.iotica . . . . . . . .

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3 . Problemi particolari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I . La forma letteraria e la peculiarità dell'opera . . . . . . . . . . . 2 . Collocazione storica e geografica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.

II 13 14 20 22 29 32

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PARTE SECONDA

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la sua esperienza dello Spirito . . . . . . . Ques ttoru prelimtnart . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

1 . La comunità giovannea e

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2 . Ricezione dello Spirito, permanente possesso dello Spirito, esperienza dello Spirito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

3 · Funzioni dello Spirito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4·

9

Profilo teologico e collocazione nello sviluppo protocristiano

Excursus integrativi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I.

7

Lo Spirito santo come Paraclito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

5 . Portatori .dello Spirito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6. Il contesto vitale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7. Profezia e profeti .

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Indice generale 2.

L'idea di missione del vangelo di Giovanni nell'orizzonte attuale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I . L'invio dei discepoli conforme all'invio di Gesù . . . . . . . . . 2 . Comportamento «missionario» della comunità giovannea . .

7I 73 Bo

3 · Tradizione e interpretazione nei detti del vangelo di Giovanni 87 I . Logia sinottici nel vangelo di Giovanni . . . . . . . . . . . . . . . . 8 9 95 2 . Logia giovannei che s i rifanno alla tradizione sinottica . . . . 3 . Logia giovannei senza appiglio nella tradizione sinottica . . . I o 3 4 · La storia della redazione del vangelo di Giovanni . . . . . . . . . . I . I metodi adottati per indagare sulla storia della redazione del vangelo di Giovanni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 . Alcuni modelli proposti per la storia della redazione del vangelo di Giovanni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 . Valore e limiti dell'indagine storico-redazionale sul vangelo di Giovanni (riepilogo ) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

I09 I I2 I I9 1 23

.5 · Cristologia paolina e cristologia giovannea . Un confronto . . . . I 2) I . Punti di contatto tra la cristologia paolina e quella giovannea I 27 2 . Punti focali e prospettive divergenti nella cristologia paolina e giovannea I36 .

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PARTE TERZA

Esegesi di testi singoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I 47 I . Il pane della vita (I o. 6) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I 47 2 . Il discorso del pastore (Io. IO,I-I 8 ) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I . La problematica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 . Esegesi basata sul presupposto della coerenza del testo . . . . 3 . Esegesi basata sul presupposto di una discontinuità del testo 4· Approcci storico-tradizionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 · Verso una soluzione dell'enigma di Io. IO,I-I 8? . . . . . . . . . .

I 62 I 62 I 65 I 67 I72 I 7.5

3 · Io. I 2 ,39-41 . L'esegesi cristologica del quarto evangelista . . . . r . La forma giovannea della citazione scritturistica e la sua provenienza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2. L'intenzione che ha guidato Pevangelista nel dare forma alla citazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3· Il commento cristologico dell'evangelista (v. 4I ) . . . . . . . .

I 77 I 79

4 · Struttura e senso del discorso in Io. I ) . . . . . . I . Io. I 5 nel quadro dei discorsi di congedo . . . . . . 2 . La struttura del discorso di I j , r - r 6 ,4a . . . . . . . . 3 . Senso, contesto vitale e provenienza del discorso

I 89 190 192 I 97

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I 82 I 86

Indice generale

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, . La citazione scritturistica in Io. 1 9 ,37 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I . La forma del testo e la sua storia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 . La tradizione protocristiana della citazione . . . . . . . . . . . . 3 · Per l'interpretazione di Io 1 9 ,37 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

203 204 20 7 21 I

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6 . Gloria e unità (Io. 1 7 ,22-24) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 1 4 I . «Gloria» secondo il vangelo di Giovanni . . . . . . . . . . . . . . 2 r 6 2 . Unità 219 3 · Unità e pace . . . 223 .

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PARTE QUARTA

Appendice. Aggiunte ai volumi del commentario

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227

I . Seconda aggiunta al vol. I 227 2 . Aggiunta al vol. I I . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 242 3· Aggiunta al vol. I I I . . . . . 258 .

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Rinvii bibliografici

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