Geremia. Capitoli 1-25, 14. Traduzione e commento 8839403965, 9788839403964

La vita e l'attività del profeta Geremia sono strettamente collegate con la sorte della sua patria destinata alla d

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Geremia. Capitoli 1-25, 14. Traduzione e commento
 8839403965, 9788839403964

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ANTICO TESTAMENTO COLLABORATORI

Walter Beyerlin, Walther Eichrodt, Karl Elliger, Erhard Gerstenberger, Siegfrid Herrmann, Hans Wilhelm Hertzberg, Jorg J eremias, Martin Metzger, Siegfried Mi ttmann, Hans-Peter Miiller, Martin Noth, Norman W. Porteous, Gerhard von Rad, Helmer Ringgren, Werner H. Schmidt, Fritz Stolz, Timo Veijola, Artur Weiser, Peter Welten, Claus Westermann, Ernst Wiirthwein, Walther Zimmerli a cura

di Orro KA.ISER e Lo1HAR PEilLITT

VOLUME20 GEREMIA

(capp. 1 2,,14) ..

PAIDEIA EDITRICE BRESCIA

DALLA PREMESSA ALLA PRIMA EDIZIONE

Per desiderio di molti, in specie della cerchia dei miei allievi, ho lasciato che in questo commento la discussione scientifica fosse presente più dell'usuale, affinché il libro possa venir uti­ lizzato anche con intenti di studio. Le linee fondamentali del commentario non ne hanno tuttavia risentito: le discussioni scientifiche sono collocate soprattutto in nota, cosicché il te­ sto nel suo complesso resti come sempre facilmente accessibi­ le anche al lettore colto non teologo. ARTUR WEISER

Tiibingen, febbraio 1952.

PREMESSA ALLA QUINTA EDIZIONE

Oltre alla necessaria disamina delle nuove posizioni dei pro­ blemi emerse negli ultimi anni a proposito dell'esegesi del li­ bro di Geremia, la nuova edizione comporta anche un indice analitico, a facilitare l'uso del volume. Per l'aiuto prestato nel­ la compilazione dell'indice e nella correzione, ringrazio il mio assistente, signor stud. theol. G. Semmler.

ARTUR WEISER

Tiibingen, autunno 1965.

PREMESSA ALLA SETTIMA EDIZIONE

Per l'aiuto prestato nella correzione, ringrazio il mio assisten­ te, signor vicario Walther Strohal. Tiibingen, maggio 1976.

·

ARTUR WEISER

BIBLIOGRAFIA

Commentari (citati nel commento con il solo nome dell'autore): Hit­ 21866; Keil 1872 ; Duhm 1901; Orelli 31905; Siesebrecht 21907; Binns 1919; Rothstein (in Kautzsch) 41922; Hans Schmidt 21923; Volz 21928; von Ravensteijn I 1925. II 192 7; Notscher 1934; Conda­ min 31936; Rudolph 1947. 31968; Cornill 1905; Ricciotti 192 3; Freedman 1949; Bewer I 1951. II 1952; Gelin 1951; Steinmann 1952; Penna 1952; Laetch 1952; Vaccari 1953; Hyatt e Hopper 1956; Wambacq 1957; Aeschimann 1959; Scharbert, Die Propheten Israels

zig

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proposito di questo tono personale che assume la fede veterotestamentaria nella creazione, vedi ad es. Ps. 22,10 s.; 139,13 ss.; Iob 10,8 ss. Io. II verbo iada' ( conoscere ) non include soltanto l'aspetto intellettuale, ma indica quella relazione vitale complessiva, caratteristica, personale, in cui rientra­ no anche sentimento (l'amore) e volontà (l'atto della segregazione). Questo con­ cetto ebraico ha un significato essenzialmente più ampio che il termine greco «idea» (diversamente da quanto pensa Duhm). Come termine tecnico riferito al­ l'elezione ;ada' si trova usato ad es. in Am. 3,2. 1 1 . Quanto abbia sofferto per questo motivo, Geremia lo dice con espressioni commoventi in 15,17; 16,1 ss. =

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con Dio. Inoltre, in questo passo perlomeno , non si intende uno status qualitativo di inviolabilità, come se fosse un cari­ sma applicato meccanicamente una volta per tutte, qual era ad es . la sacrosanta inviolabilità del re unto da Dio (I Sam . 2 6 ,9 ; 2 Sam I , I 6 ) ; si tratta piuttosto di una funzione dina­ mica, di un'attività da compiere per incarico di Dio, la quale viene descritta più specificamente nel v. 5c. Effettivamente Geremia non riceve alcuna garanzia previa contro il pericolo di attacchi e persecuzioni ( I ,8 . 1 9 ) , anzi egli avrà costantemente bisogno dell'aiuto divino e proprio questo conferisce al­ la sua vocazione una drammaticità che fa di Geremia un per­ sonaggio umanamente vicino a noi, un compagno della nostra sofferenza. La n1issione a cui Dio ha preordinato Geremia è quella di essere profeta per i popoli (v. 5c) . Sarebbe errato ritenere l'e­ spressione di una temeraria presunzione ed eliminarla come interpolazione tardiva . Infatti prescindendo dal fatto che già i profeti del sec. IX (Elia ed Eliseo) , Amos (Am. I ,3 ss .) e Isa­ ia (vedi ls. r o ,5 ss . e gli oracoli per i popoli in ls. I 3 -2 3 ) ave­ vano annunciato la parola di Dio ai popoli, il concetto del giu­ dizio di Jahvé sui popoli è già ancorato nella tradizione del culto dell'alleanza (si veda A. Weiser, Salmi, 3 2 . 5 r ss . ) .1 2 È naturale che anche Geremia ( 2 8 ,8) ritenesse questo com­ pito parte inerente della missione profetica. Se Giuda, sta­ to vassallo dell'Assiria, e il suo destino non potevano es­ sere isolati dalla storia delle grandi potenze che sorgevano attorno all'Eufrate e al Nilo , necessariamente anche queste nazioni dovevano essere coinvolte in qualche modo nelle pa­ role che il profeta rivolgeva al suo popolo (cfr. ad es . 2 7 , I ss.) . Il motivo più profondo, però , della missione universale del profeta consiste nella sovrana potenza con cui Dio, in quanto signore di tutto il mondo, dirige la storia così che, nel momento in cui Dio chiama il profeta al proprio servizio, .

1 2 . Circa l'origine cultuale del discorso profetico sul giudizio, vedi Wiirthwein, ZlbK 49 ( 1 9)2) I ss .

Ier.

I.

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questi deve affrontare in luogo di Dio l'intero mondo dei po­ poli (cfr. 2 5 , 15 ss .) .

6. Quanto poco sia legittimo cercare nelle parole della sua vocazione una temeraria presunzione, lo dimostra il modo con cui Geremia vi reagisce immediatamente come è riferi.. to al v. 6 . Un profeta presuntuoso non avrebbe scritto questo versetto, che non ha nulla di artefatto, anzi è caratterizzato dalla sincerità più assoluta. Solo chi proviene dalla verità a­ scolta la voce di Dio. Che si sia trattato realmente della voce di Dio e che Geremia non sia stato vittima di un'autosugge­ stione originata dalle proprie immaginazioni, lo dimostra il fatto che la parola della vocazione ha incontrato il rifiuto . I pensieri di Geremia vanno in una direzione del tutto diversa : la parola del Signore gli risulta come un peso insopportabile; un grido d'angoscia si sprigiona dal suo animo e il desiderio di sottrarsi alla missione divina è la prima reazione di Gere.. mia, che in questo rassomiglia al suo grande predecessore Mosè (Ex. 4 , r o) . Geremia conosce il difficile con1pito del profeta di annun­ ciare la parola di Dio con franchezza e senza timore; egli i­ noltre conosce anche a sufficienza il destino del profeta per capire che non può ritirarsi, col pretesto della sua giovane età/3 davanti alla richiesta divina che lo coglie così all'improv.. viso . Non solo in questo momento, ma anche in seguito Gere­ mia è l'esempio classico di come Dio introduce subito in dure lotte l'uomo destinato ad essere suo strumento, al fine di pre­ pararlo, con la vittoria su se stesso mediante l'obbedienza , alla lotta per la quale è stato scelto. Viste umanamente, le obie­ zioni di Geremia non sono ingiustificate; questo giovane ti­ mido, delicato, non ha la tempra forte di un Elia, personalità focosa e battagliera , né la figura regale di un Isaia, il quale con risoluto coraggio accetta spontaneamente l'incarico del ·

13. na'ar ( = ragazzo) può essere riferito anche ad un giovane, ad es. lo troviamo applicato al giovane re Salomone (I Reg. 3 ,7).

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suo Dio (ls. 6,8). A Geremia manca tutto ciò che occorrereb­ be per il successo di un profeta; non ha l'esperienza di discor­ si proclamati in pubblico ; essendo un giovane, a cui si addice .piuttosto una rispettosa riservatezza (cfr. ls. 3 ,5 ; Iob 3 2 ,6 .s s .), le sue parole non hanno l'autorità e il credito di un'ade­ guata posizione sociale. Risulta perciò del tutto comprensibi­ le che egli non si senta alla portata di una simile missione , che .dalla tranquilla sicurezza della casa paterna lo chiama lancian­ .dolo nella lotta. Ma proprio per questo la stessa figura del no­ �stro profeta diventa una prova vivente di come Dio può lavo­ ·rare e trasformare quest'uomo chiuso in se stesso: apparen­ 'temente non adatto, diventa ora lo strumento idoneo della .sua volontà che egli ha scelto per le ore più difficili della sto­ ria del suo popolo. · 7 . 8 . Già i versetti successivi mostrano il modo di procedere di

Dio nei confronti di Geremia. Egli non riconosce valido il ·pretesto, umanamente comprensibile, di Geremia e lo respin­ ge categoricamente senza darne spiegazioni . Davanti a Dio ·vige una logica diversa da quella del successo e della idonei­ tà umana. Con una risolutezza, che stronca ogni ulteriore o­ biezione (si noti l'indicativo «tu andrai», «dirai») , Dio, senza neppure indugiare in opera di convincimento (contro ·Volz ), pone il profeta, che gli si vuole sottrarre, soltanto da­ vanti alla realtà della sua autorità divina e sotto il peso del suo comando, davanti ai quali si infrangono tutte le ragioni e le obiezioni umane, alla cui presenza non rimane per Gere­ mia altra possibilità che obbedire. Dio supera l'opposizione del profeta obbligandolo ali 'obbedienza e per mezzo dell'ob­ bedienza gli fa superare la sua angoscia . La strada che condu­ ce dalla prigione alla libertà da s� stessi e dagli uomini non passa attraverso la riflessione (Geremia non sa ancora a qua­ le missione Dio lo manderà e che cosa gli ordinerà di dire), ma a t traverso l'atto dell'obbedienza (cfr. I 5 , I 9). Questa è la strada sulla quale apparirà chiaramente quello che era latente

Ier.

I.

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nella predestinazione divina. Ma Dio non chiede senza dare nello stesso tempo. Egli esige una cieca fiducia e obbedien­ za, ma chi si abbandona interamente a Dio non viene da lui ab­ bandonato. Certo egli non nasconde al profeta titubante i pe­ ricoli ai quali va incontro . Al contrario, la forte espressione «per liberarti» non lascia alcun dubbio che sarà questione di vita o di morte (cfr. vv. 1 7 ss.) . Dio però non lo lascerà solo nel pericolo; gli promette la sua vicinanza e il suo aiuto e in questo modo gli toglie la paura che lo paralizzava. 9 . 1 0 . La scena che segue, malgrado tutta la discrezione del

racconto, lascia intravedere che anche la vocazione di Gere­ mia avviene in un inconir.o con Dio, paragonabile alla teofa­ nia durante la vocazione di Isaia o di Ezechiele (cfr. anche Am. 9 , 1 ; Abac. 3 ,3 ss .) . Il v. 9 non è un puro rivestimento letterario di «una determinata teologia, che si nasconde nel mantello del profeta » (così Duhm) , ma il riflesso di un in­ contro con Dio che investe anche la sfera delle reazioni sensi­ bili-corporee, anche se l'espressione «mi toccò la bocca» tra­ disce lo sforzo di lasciare l'avvenimento nel mistero, in so­ speso tra il sensibile e il sovrasensibile . Che cosa si intenda con questa azione di valore simbolico lo dice l'enunciato che segue in 9 b : Dio pone le sue parole sulla bocca del profeta. Si tratta del concetto di ispirazione che viene in questo modo ad affiorare.14 Il profeta non deve annunciare le proprie parole né il proprio pensiero, bensì la parola di Dio . Ciò gli darà so­ stegno e forza, quando lo assaliranno il dubbio e l'incertezza. La grande promessa che viene fatta al momento della chiama­ ta consiste nel fatto che il profeta è sequestrato per la parola di Dio. Solo su questo si fonda la sua autorità , qui risiede la pienezza di poteri che Dio gli conferisce. Infatti la parola di Jahvé è forza operante, «come fuoco che incendia, come un I4. Cfr. Deut. r8,r8 ; sostanzialmente più drastica è la stessa immagine in Eze­ chiele, dove viene rappresentata con l'atto di mangiare un volume (Ez. 2,8 s s ; 3, I

ss.).

.

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martello che spacca le rocce» ( 2 3 , 2 9 ; cfr. 5 , 1 4 ; Os. 6 ,5 ; Is. 5 5 , 1 0) , essa configura la storia e crea il futuro. In questo mo­ do al termine della vocazione ancora una voita si impedisce che essa sia fraintesa, come se il mandato del profeta verso gli altri popoli e regni provenisse da una presunzione umana. La pienezza di poteri del profeta non è altro che la potenza operante nella storia - della parola di Dio, che egli deve an­ nunciare ai popoli e ai regni. La parola di Dio diventerà operante in duplice modo, de­ terminando, di conseguenza, lo scopo della missione profeti­ ca di Geremia : come sventura e come salvezza. È quanto af­ fermano le due coppie di metafore, unite tra loro in forma chiastica, che si riferiscono alle case (abbattere-costruire) e al­ le piante (sradicare-piantare) . Il piano di Dio riunisce ciò che l'uomo può cogliere soltanto come opposto . Sarebbe errato voler comprendere l'attività del profeta dentro l'alternativa « annuncio di sventura o di salvezza» . Ma l'interpretazione generalmente sostenuta del v. Iob , secondo cui il messaggio di Geremia fu «prima predicazione di sventura e poi promes­ sa di salvezza» , dovrebbe considerarsi troppo esteriore . In ogni caso il testo non parla di una successione cronologica , ma di una giustapposizione. Proprio in questo consiste l'opera meravigliosa di Dio: nel giudizio opera la grazia, che costrui.. sce distruggendo e in mezzo allo sfacelo crea una nuova vita. E per questo, che è il primo e il più profondo mistero della provvidenza divina, Geremia è scelto da Dio per testimoniare la sua prodigiosa potenza. Se Geremia più tardi, per farla conoscere ad altri , ha messo per iscritto questa esperienza del tutto personale, che conteneva per lui l'autorizzazione decisi­ va del suo compito profetico, ciò, nel contesto del capitolo, 1'

1 5 . Non mi sembra attinente il tentativo di Bach, Bauen und Pflanzen. Studien %Ut' Theologie det' alttestamentlichen 'Obet'lieferungen, 1961, 7 ss., il quale, sulla base di un'analisi artificiosa (praticata coi criteri della Formgeschichte) dell'e­ spressione «COstruire e piantare» riconduce rorigine della doppia metafora alla riflessione condotta da Geremia dopo il 6o9 e ne deduce il concetto, alquanto problematico e teologicamente forzato, di «fine della storia della salvezza• .

I�.

I.

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doveva servire anche rispetto ai suoi uditori coine legittima­ zione che lo accredita quale autentico profeta di Jahvé e con· ferisce alle sue parole la forza deli' autorità divina.16

I , I I-I 6. La visione del ramo di mandorlo e della caldaia bollente Le due pericopi successive ( vv .

I

I- I 6 e vv . I 7- I 9) sono in

stretto rapporto fra loro sia per la forma che per il contenu­ to, di conseguenza anche letterariamente vanno considerate come un'unità. Esiste, però, anche una connessione con la vo· cazione divina, anche se gli episodi , che qui sono considerati insieme, possono essere avvenuti in tempi diversi. Tuttavia questi si possono comprendere soprattutto in rapporto con gli inizi del profeta, quando nella sua preparazione in teriore al suo compito profetico era tutto preso da ciò che era sorto in lui con la vocazione. Anche nella descrizione delle due vi­ sioni le circostanze esterne passano in secondo piano, a tal punto che non si può dire con certezza se si tratti di una vi­ sione reale o di un'apparizione che interessa soltanto la sfera della fantasia ; la seconda ipotesi potrebbe essere più verosi· mile. Che la visione sia unicamente un rivestimento lettera­ rio ad imitazione dello stile profetico, è una supposizione che da Am. 8 ,I s. risulta più smentita che confermata .

I 1 - 1 2 . Come Amos, anche Geremia vede un oggetto assolu· tamente insignificante, un ramo di mandorlo (ebr. sd.qèd colui che veglia) . 1 7 Immerso nell'osservazione, sente che Dio lo chiama e lo invita a riflettere su ciò che sta vedendo in quell'istante. E mentre egli pronuncia la parola saqèd, l'og· getto contingente diventa per lui simbolo di quel Dio che per=

16. Analogamente anche Paolo all'inizio delle sue lettere attribuisce particolare valore alla sua vocazione apostolica (cfr. Gal. 1 ,1 ; Ram. 1 ,1 ; I Cor. 1 ,1 ; ecc.). 17. Chiamato cosl appunto perché il mandorlo in gennaio mette gemme e fiori, quando gli altri alberi sembrano ancora c dormire».

Durante il regno di Giosia

Bo

vade i suoi pensieri : «colui che veglia» è la parola appropria· ta in questo momento in cui il profeta è travagliato dalla do­ manda se Jahvé porterà a compimento le sue parole che gli pone in bocca (v. 9) . Dio gli conferma che ha visto «bene» e il suono della parola saqed rappresenta il ponte per la spiega· zione data da Dio, che egli stesso «veglia>> ( ebr. soqed ; da notare che l'assonanza era quasi perfetta nella pronuncia an­ tica dell'ebraico tendente a offuscare il suono «a») sull'adem­ pimento delle sue parole. All'incirca in questo modo possiamo immaginarci l'episodio. Esso presenta, da una parte, il profeta che lotta per conseguire la certezza assoluta, che Dio gli raf­ forza per mezzo di un segno sensibile ed è in questo modo che addestra il suo profeta. D 'altra parte quell'oggetto quo­ tidiano, a cui gli altri passano accanto senza farci caso, non sarebbe diventato per Geremia un simile segno se questi non fosse stato tutto preso dai pensieri che la chiamata divina gli aveva messo nel cuore ! Soltanto in questo modo ciò che ap­ parentemente è insignificante diventa per lui una parola di Dio estremamente espressiva. Non a tutti si manifestano si­ mili rivelazioni che Dio mette a disposizione nella vita quo­ tidiana. Solo a partire dal dialogo perseverante con Dio una simile esperienza del profeta diventa possibile e comprensi­ bile. Per Geremia l'ispirazione della parola di Dio non è più, come avveniva nella concezione diffusa anticamente, un even­ to unico di una oggettività magico-cosificata, ma si fonda su una relazione vitale con Dio che «veglia» personalmente sul­ le sue parole , vi conferisce cioè efficacia anzitutto mediante la sua persona. I

3·16. Soltanto con la seconda visione incominciano a deli­

nearsi i primi contorni di ciò che Geremia dovrà annunciare come parola di Dio. Anche qui le circostanze esterne non so­ no chiaramente riconoscibili : probabilmente Geremia è a ca­ sa e sta osservando una caldaia che bolle sopra il fuoco «at­ tizzato>> ; il suo «orlo» ( panzm, che qui significa l'aperto=

Ier.

I.

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ra, «rivolta» verso chi osserva) è inclinata dal nord, cosl che il contenuto della caldaia minaccia di traboccare da nord ver­ so sud. Dio parla al profeta, immerso nei suoi pensieri, an­ che attraverso questo fenomeno quotidiano, che diventa per lui un segno simbolico di ciò che Dio ha in animo di fare. «Dal nord» si «verserà» la sventura e traboccherà sugli abitan­ ti del paese (si intende Giuda, come ri sulta dal v. I 5 ) . 18 L'e­ pisodio presuppone che Geremia già si fosse familiarizzato al pensiero della imminente calamità ; in tal modo la visione della caldaia che sta per traboccare si condensa per lui in una mi­ naccia divina . Questa minaccia prosegue nel v. 1 5 dove si ab­ bandona l'immagine. Dio stesso chiama alla guerra i regni del nord così che essi verranno a collocare i loro troni, simbolo della loro potenza , « ali'ingresso delle porte di Gerusalem­ me>> e assedieranno la capitale, sede del re, insieme con le cit­ tà di provincia del regno di Giuda . È inutile chiedersi se Ge­ remia pensi ad una potenza determinata ; l'espressione «regni del nord» (cfr. 3 4 , I ), volutamente generica, depone in senso con trario alla pari della situazione poli tica internazionale del momento, che non offriva ancora ness un motivo per una si­ mile minaccia del paese. Il pensiero del profeta non parte dal­ la politica, ma da Dio ; questi è il vero autore anche di quan­ to accade sul piano politico. D'altronde l'idea teocentrica di un assalto di popoli divampante contro Gerusalemme appar­ teneva alla tradizione storico-sa]vifica propria del culto del­ l'alleanza (cfr. Ps. 4 6 , 5 ss . ; 8 3 ,3 ss . ; e cc. ) e tale tradizione era stata accolta dai profeti (cfr., ad es . , Is. I 7 , I 2 ss.) . Ciò che a grandi linee si annuncia a Geremia si è compiu­ to 40 anni più tardi con la caduta di Giuda - della quale in questo momento non si parla ancora - ad opera di Nabuco­ donosor (cfr. a 2 5 , I - I 3 ) . Al v. I 6 la minaccia si trasforma in rampogna . La minacciata sventura non è lo sfogo di un arbitrio 18 . Altri, seguendo i LXX, in luogo di «si aprirà» leggono tuppap = verrà acce� sa ; ma è superfluo all'unico perno del paragone ( «dal nord») aggiungerne un se­ condo meno adatto all 'immagine.

Durante il regno di Giosi4

incomprensibile della sovrappotenza divina, ma è il giudizio

di Dio che, come Signore dell'alleanza, ha il diritto di chia­

mare il suo popolo alla resa dei conti . Questo ordinamento di Dio , che egli non si lascia sfuggire di mano, si manifesta nella storia come giudizio. La motivazione contenuta nella rampo­ gna si richiama al dovere del popolo alla fedeltà assoluta ; con­ danna l'infedeltà dell'apostasia da Jahvé e il culto degli dèi e delle immagini nel senso del primo e secondo comandamento, come peccato fondamentale del popolo, peccato che distrugge i rapporti dell'alleanza e provoca il giudizio. Geremia riprende ciò che, già più di 1 00 anni prima, Osea aveva riconosciuto chiaramente, e mette il dito sul punto nel quale diventa sem­ pre visibile la perversità fondamentale dell'uomo che, non a­ vendo più Dio, si fabbrica lui stesso i suoi dèi secondo la pro­ pria immagine e i propri concetti e si prostra davanti all'ope­ ra delle sue mani. I

, 1 7- 1 9 . La missione

7-19. La pericope conclusiva del capitolo si trova diretta­ mente connessa con quanto precede : ora Geremia sa quali sono le intenzioni di Dio ; tocca a lui annunciarle al popolo. Egli riceve l'ordine di partenza, che lo chiama all'azione sul campo di battaglia. Come il soldato si arma per la lotta (cfr. I Reg� 20,1 1 ) , così Geremia deve prepararsi per affrontare, quale guerriero di Dio, la lotta . Ora lo raggiunge il comando che Dio gli aveva prospettato al momento della sua vocazio­ ne (dr. v. 7 ) . Ancora una volta Dio con una frase incisi va toc­ ca il tema della debolezza del profeta : «Non aver paura di loro, se non vuoi che ti faccia spaventare io davanti a loro» . Il timore degli uomini significa mancanza di timore di Dio, che Dio non lascia impunito. Solo il timore di Dio supera l'angoscia che sorge nell'affrontare gli uomini (cfr . Is. 8 , 1 3 ) . Per tale motivo ali' inizio della carriera profetica di Geremia c'è questo severo avvertimento quasi a titolo di minaccia . Si I

Ier.

I.

Vocaz.ione e missione

tratta del difficile afferrare quella mano forte che sarà capace di sostenere la fragilità dell'uomo proprio nel momento in cui questi si troverà nel pericolo. Nessuna prospettiva allettante di ricompensa o di successo facilita il difficile inizio della sua strada. L'esclusiva e incondizionata dedizione a Dio solo , nel timore, nell'obbedienza e nella fiducia, è il legame con cui Dio stringe a sé il suo messaggero . Quanto Geremia sia lontano da qualunque genere di autoesaltazione lo dimostra il fatto che egli stesso ha registrato anche questo ammonimento rivolto contro di lui. È questa la chiave con cui si devono compren­ dere gli ultimi due versetti del capitolo . Dio conosce il profe­ ta che si è scelto; di conseguenza non lo lascia solo nella peri­ , colosa missione, ma fin d ora gli assicura l'appoggio da parte sua. Al comando segue la promessa, una specie di salvagente che Dio fa indossare per il momento del pericolo . Dio esige il coraggio di una fiducia illimitata nella sua potenza miracolosa, quando promette ciò che sembra impossibile : fare di un uomo fragile «una città sicura» , «una colonna di ferro» , «un muro di bronzo» , così che questi possa ergersi da solo contro tutto il paese e contro i detentori del potere , come una fortezza vi­ va, eretta da Dio , sulla quale si infrangono le onde delle pas­ sioni umane. Dio non dice di più : anche dopo la sua promessa rimane la prospettiva di un futuro tenebroso e denso di lotte che il profeta deve affrontare . L'inviolabilità dell'uomo « santi­ ficato» da Dio (vedi sopra) non lo premunisce dagli attacchi degli avversari ; per dargli più slancio non gli viene promessa alcuna vittoria o qualche trionfo strepitoso, ma unicamente la vicinanza di Dio che lo «salva» , di modo che i nemici non prevarranno contro di lui (cfr. Mt. 1 6 , 1 8 ) . Soltanto attraverso lotte interiori ed esterne, attraverso la persecuzione, la prigio­ nia, la tortura e la minaccia di morte, Geremia ha compreso che cosa significhi abbandonarsi a questa grazia di Dio e pos­ sedere in essa l'unica e, quindi, l'intera forza che salva, regge e sostiene in qualunque necessità.

·8 4 2.

Durante il regno di Giosia

L'abbandono di Jahvé da parte del popolo

1 Mi fu rivolta la parola di J ahvé :

2 «Va e grida agli orecchi di Gerusalemme: Cosl ha detto Jahvé:

Io ti ho ricordato nella fedeltà della tua giovinezza, nell 'amore del tuo fidanzamento, come mi seguivi nel deserto, in una terra non seminata. 3 Israele era santo per Jahvé, era la sua primizia al momento del raccolto (1); coloro che ne mangiavano erano colpevoli, si abbatteva su di loro la sventura>> - oracolo di Jahvé. • Ascoltate

la parola di Jahvé, casa di Giacobbe, e tutte le famiglie della casa d'Israele:

' Cosl ha parlato Jahvé : «Che cosa trovarono in me di ingiusto i vostri padri per allontanarsi da me, per correre dietro al nulla e diventare nullità loro stessi ? 6 Non si domandarono: Dov'è Jahvé che ci ha fatto uscire dal paese d 'Egitto, che ci ha guidati nel deserto, in una terra di steppe e di burroni, in una terra arida e assetata, in una terra che nessuno attraversa e nessun uomo abita? 7 Poi vi portai in una terra da giardino, a goderne i frutti e i prodotti . M a voi veniste e contaminaste la mia terra, della mia proprietà avete fatto un orrore. 8 I sacerdoti non si domandarono : Dov'è Jahvé? i custodi della legge non mi hanno conosciuto, i pastori mi hanno abbandonato, i profeti hanno predetto in nome di Baal, cosl hanno seguito esseri inutili . s- Perciò litigherò ancora con voi - parola di Jahvé e litigherò con i figli dei vostri figli .

1 0 Su, andate nelle isole dei Kitdm e osservate, 1.

Lett . : del suo provento.

ler. 2. L'abbandono di ]ahvé da parte del popolo

mandate a Kedar e considerate attentamente, vedete se accade mai qualcosa di simile : 1 1 ha mai un popolo cambiato i suoi dèi ? eppure quelli non sono dèi ! Ma il mio popolo ha cambiato la sua «gloria» con uno che non serve . 12 Stupitevi di ciò, o cieli, meravigliatevi 'immensamente' ( 2 ) - parola di Jahvé. 1-' Due iniquità ha commesso il mio popolo : hanno abbandonato me, fonte di acqua viva, per scavarsi cisterne, cisterne screpolate, incapaci di tenere l'acqua. 14 Israele è forse uno schiavo o un servo nato in casa (3)? Perché è diventato una preda, 1' contro cui i leoni 'ruggirono' e fecero udire la loro voce? Essi hanno fatto del suo territorio un deserto, le sue città sono devastate ( 4 ) , disabitate. 1 6 Anche i figli di Nof e di Tafni (' ) ti raderanno la testa . 17 Tutto ciò non dipende forse dal fatto che tu hai abbandonato Jahvé tuo Dio ' ' ( 2)? 18 E ora perché corri verso l'Egitto a bere le acque del Nilo ? ( 6 ) Perché corri verso Assur a bere le acque deli 'Eufrate? ( 7 ) 1 9 Ti castiga la tua stessa malvagità e la tua ribellione ti punisce . Riconosci dunque e vedi quanto è cattivo e amaro che tu abbia abbandonato Jahvé tuo Dio e che tu non abbia più alcun timore di me - parola di Jahvé ' ' ( 2) delle schieré. 2. Vedi Biblia Hebraica. 3· Il quale doveva rimanere schiavo per tutta la vita. �- Il qere suggerisce «incendiate».

,. Nof-Menfi, capitale dell'Egitto meridionale ; Tafni (vedi Biblia Hebraica), una roccaforte egiziana sul confine, ad est del delta.

6. sipor, nome di un affluente di destra del Nilo ; qui, come in Is. 23 ,3 , è usato per indicare il Nilo stesso. ·

7.

nahar come nome proprio qui indica l'Eufrate.

Durante il regno di Giosia

86

20 Infatti

già da tempo hai infranto il tuo giogo, hai spezzato i tuoi legami ( 2 ), e hai detto : Non servirò. Su ogni collina alta e sotto ogni albero verde si sei prostituita. 2 1 Io ti avevo piantata come vite pregiata, tralcio di qualità perfettamente genuina. Ma come ti sei mutata in una vite marcia, in una vi te degenere? 22 Anche se ti lavassi con la soda, e usassi molta potassa davanti a me rimarrebbe la macchia della tua colpa - parola del [ Signore Jahvé. 23 Come osi dire : lo non mi sono contaminata, non ho seguito i Baal? guarda pure la tua condotta nella valle, riconosci quello che hai fatto, rapida, spedita ( 8 ) cammella, 24 'che fugge nel deserto' ( 2 ); ansima nella sua avidità, la sua brama chi la può frenare? chiunque la cerchi , la troverà facilmente nei suoi calori ( 9 ) . 2' Bada che il tuo piede non resti scalzo e che la tua gola non si inaridisca. Ma tu dicesti : «Non c'è motivo, no ! Perché io amo gli stranieri e corro dietro a loro».

26 Come un ladro resta svergognato se viene còlto sul fatto, cosl la casa d 'Israele è coperta di vergogna, essi , i loro re, i loro capi, i loro sacerdoti e i loro profeti ( 10 ), 27 i quali dicono all'albero : «Tu sei mio padre» e alla pietra : «Tu mi hai generato » . Essi mi hanno voltato le spalle e non la fronte, ma quando si trovano nel momento della sventura, dicono : «Sorgi, salvaci ! » 28 Dove sono i tuoi dèi, quelli che ti sei costruita?

si alzino, se ti possono aiutare nel tempo della sventura !

8. Lett. : che intreccia i suoi sentieri. 10.



Lett. : nel suo mese.

Questa enumerazione è sicuramente un ampliamento posteriore.

Ier. 2. L'abbandono di ]ahvé da parte del popolo

Numerosi come le tue città sono diventati i tuoi dèi, o Giuda. 29 Perché dunque vi lamentate con me voi che mi avete tutti abbandonato? - parola di Jahvé ! ( 11 ) ; 30 Invano ho colpito i vostri figli essi non ne trassero insegnamento. La vostra spada divorò i vostri profeti come un leone feroce. 3I O generazione, prestate ascolto alla parola di Jahvé ! Sono stato per Israele un deserto o un paese 'tenebroso' ( 12 )? Per quale motivo il mio popolo disse : «Siamo liberi (!'), non veniamo più da te» ? 32 Si dimentica forse una vergine dei suoi ornamenti, una fidanzata della sua cintura? Ma il mio popolo mi ha dimenticato per giorni innumerevoli! 3.3 Come sai fare bene nel cercare amore ! Per questo tu ( 2 ) hai assuefatto persino al delitto la tua condotta: 34 fin negli orli dei tuoi vestiti si trova il sangue di persone uccise ingiustamente ' ' (2), che non hai sorpreso durante uno scasso . E nonostante tutto questo ( 14 ) " tu prentendi di affermare : «lo sono innocente, la sua ira si è sicuramente allontanata da me» . Ecco, io ti faccio causa, poiché tu dici : «Non ho fatto niente di male». 3 6 Come sei facile a cambiare la tua strada! Anche dall 'Egitto sarai delusa, come rimanesti delusa da Assur. 37 Anche di là tornerai con le mani sul capo, perché Jahvé respinge coloro in cui confidi, da loro non avrai alcun vantaggio! II.

Si allude ai membri del popolo come nell 'espressione bend ;iirii'el. Leggi ma'pelijja (Stade, Ewald e altri). 1 3 . Lett. : andiamo in giro (senza briglie). I4. Probabilmente il testo è manomesso; si potrebbe anche leggere: «bensl causa di tutto ciò», ossia di quanto Geremia ha ricordato finora. I2.

a

Durante il. regno di Giosia

88

I capp. 2-6 contengono delle parole profetiche risalenti al tempo della prima attività di Geremia sotto il re Giosia. Esse appartenevano precisamente alla raccolta che in un primo mo­ mento era destinata alla lettura pubblica davanti a tutta la comunità dell'alleanza nel tempio di Gerusalemme ( 3 6,5 ss . ) . Tale finalità pubblica, rilevabile nel prologo ( 2 , 1 s .4 ), spiega anche la tendenza all'invito penitenziale (36,7), che risuona continuamente in questa raccolta . In questo modo la raccolta dà l 'impressione di una predica anche se poco concatenata. Probabilmente la compilazione risale ad appunti scritti prece­ dentemente da Geremia, sui quali non è possibile sapere nul­ la di sicuro ; anche dei singoli detti, sicuramente pronunciati in circostanze diverse, è andata perduta la stesura primitiva. Il fatto che questi discorsi anteriori del profeta siano stati poi attualizzati per la situazione storica del 604 costituisce un in­ dizio significativo della permanente validità che possiedono le parole di Dio, come pure del vero motivo che ha portato alla loro raccolta e conservazione nella comunità. La parola di Dio non invecchia; nel corso della storia essa diventa sempre nuovamente efficace. Le condizioni esterne ed interne pre­ supposte in questo capitolo (secondo 2 , I 8 Assur esiste anco­ ra come regno; non ci sono tracce della riforma deu terono­ mica) collocano l'origine dei singoli detti sostanzialmente nel periodo fra il 6 2 6 e il 6 2 I Non è possibile dire con certez­ za se il cap . 2 contenga la prima predicazione di Geremia ; tut­ tavia il tema predominante di questo capitolo («l'apostasia da Jahvé>> ) , che si ricollega a I ,1 6 , sembra alludere al periodo i­ niziale di Geremia . •

2 , 1- 19 . La storia dell'apostasia Alla base della prima pericope ( 2 , I - 1 9) c'è una «trattazio­ ne storica» di notevole interesse; essa è caratteristica non so­ .lo dei profeti (cfr . 3 , 6 ss . ; Os. 2 ; I I , I ss. ), ma la si incon­ tra tanto nella letteratura deuteronomica, come nella poesia

Ier. 2. L'abbandono di ]ahvé da parte del popolo

cultica dei salmi (ad es . Ps. 8 r ; 7 8 ; r o6 ) . Non si tratta come si è pensato, di dipendenza letteraria di un autore da un al­ tro, di Geremia da Osea, ma di quella prospettiva storico-sal­ vifìca propria di tutto l'Antico Testamento, che ebbe la sua sede originaria nella tradizione storico-salvifica del culto del­ l'alleanza e che da questa fonte comune sfociò nei diversi ge­ neri letterari. Sia per la forma che per il contenuto, Geremia si pone nell'ambito di questa tradizione dell'alleanza . Egli ne presuppone la conoscenza nel popolo e il suo carattere vinco­ lante costituisce l'interiore punto di partenza dei suoi detti. 2 , 1 - 3 . Il

«fidanzamento» d'Israele

1 -3 . Il punto di avvio e di orientamento per quanto segue è

l'epoca della storia della salvezza compresa tra l'uscita dal­ l'Egitto e il patto del Sinai, epoca decisiva per la configura­ zione e per l'avvenire del popolo di Dio, che Geremia con espressione delicata e felice designa come «fidanzamento» di Israele (cfr. Os. 2 ,2 r s .) . La descrizione dell'alleanza con Jah­ vé come alleanza nuziale (Os. 2 ,4 ss . ecc. ; Ez. r 6 ,8 ss .) sot­ tolinea l'intimità d'un rapporto immediato tra Dio e il suo popolo, rapporto che alla sua origine era fondato sul recipro­ co amore e fedeltà. Dio si è « ricordato»1' del primo amore d'I­ sraele : ciò si riferisce anzitutto al periodo delle origini di I­ sraele, allorché il popolo nel deserto, «nella terra non semi­ nata>> , rivolto unicamente a Dio, e interamente abbandonato a lui, viveva della grazia della sua straordinaria guida . Al tem­ po stesso, però, è coinvolto l'Israele attuale. Questo rapporto infatti, per Dio rappresenta non solo un ricordo del buon tempo antico, ma l'inizio della storia della salvezza che ha un significato immediatamente attuale di presenza per il fatto stesso che Dio se ne « ricorda>> . Che cosa significhi questo rapporto tra Dio e il popolo è detto nel v. 3 . L'assioma fon15. zakar qui è in rapporto con la celebrazione liturgica in cui veniva ricordata l'aldeanza e la relativa prosperità (dr. Ps. 98,3 ; I I I ,4 ; Ex. 2,24) .

Durante il regno di Giosill

damentale della fede dell'A.T. è che Dio ha acquistato per se stesso Israele come un popolo «santo» (cfr. Ex. I 9 ,5 s . ; Deut. 2 6 , I 9) e fa valere il suo diritto come per le primizie del rac­ colto, che egli si riserva (Ex. 2 3 ,I 9a) e che nessun estraneo può toccare (Lev. 2 2 , r o ss. ). Da questo dato fondamentale dell 'elezione del popolo, all'inizio della storia salvifica, deriva tutto il resto; per tale motivo questo detto si trova all'inizio della predica di Geremia. L'elezione di Israele come è origina­ ta dall'amore di Dio, così si dimostra feconda nella risposta d'amore da parte del popolo . Finché questi rimase fedele al­ l'impegno dell'alleanza, godette della protezione di Dio e qua­ lunque popolo lo avesse attaccato, come fecero per es. gli A­ maleciti, i Cananei e i Filistei, sottostava al giudizio divino (v. 3 b) . Dio pronuncia l'assioma fondamentale dell'elezione d 'Israele come un assioma tuttora valido ; la portata salvifica dell 'elezione non è per nulla abolita, anche se il popolo ha di­ ,menticato il suo dovere di fedeltà . Essa opera soltanto in altra .maniera . Ne parla l'oracolo successivo .

2 ,4-9 . L'apostasia 4-9 . Se nel v. 4 ci si rivolge direttamente alla comunità dell'al­ leanza (cfr. Mieh. 3 , I ·9 ) , vuoi dire che siamo di fronte a una assemblea indetta per la festa dell'alleanza nella quale si ri­ trovavano «tutte le famiglie della casa d'Israele>> ( « Israele>> è il nome proprio della federazione cultica delle tribù ). In questo contesto si chiariscono anche le allusioni alla tradizio­ ne storico-salvifica dell'alleanza e la concezione tipica che con­ centra il passato e il presente nella categoria del giudizio, co­ sì che la storia dell'apostasia presenta un reale significato di attualità in modo identico alla storia della salvezza. Il discor­ so giunge alla conclusione che Dio chiama il suo popolo alla 1esa dei conti (v. 9) , poiché questi si è ribellato a lui fin dal tempo dei padri. Dio ne ha il diritto perché da parte sua il rapporto di alleanza è intatto. Egli non ha da temere - ed è

Ier. 2. L'4bbandono di ]ahvé da parte del popolo

91

un segno della sua condiscendenza - la verifica della sua con­ dotta (v . .5a) . Se i padri si sono allontanati da lui, il motivo risiede unicamente in loro. Insomma, in evidente contrasto con l'epoca ideale del deserto si delineano la colpa e il destino del popolo : «Corsero dietro al nulla e diventarono nullità lo­ ro stessi>> . Il termine hebel ( = soffio) è usato di frequente da Geremia per designare le divinità straniere ( 8 , I 9 ; I 4, 2 2 ; I 6 , I 9 s . ) . Con ciò non è espressa ancora la negazione metafisica dell'esistenza di tali divinità, ma è affermata la loro impoten­ za operativa, contro la quale emerge, in assoluto contrasto, la natura di Jahvé . La sua potenza assoluta è messa in rilievo nel v. 6 . Seguendo anche qui la tradizione dell'alleanza, che esor­ tava a conoscere gl'interventi di Dio16 e a tenere davanti alla mente le grandi imprese compiute da lui nel corso della storia salvifìca, è messa in risalto la prodigiosa potenza di Dio al mo­ mento dell'uscita dall'Egitto e durante la pericolosa peregri­ nazione nel deserto (cfr. Deut. 8 , I ) ; I s. 3 0 ,6 ) . L'esistenza d 'I­ sraele si fonda tanto sulla potenza miracolosa di Dio come sul suo amore premuroso, che trovò la sua espressione visibile nel­ l'assegnazione della fertile terra di Canaan (v. 7) . Quando il popolo non vede più le basi della sua esistenza nella ricerca di Dio, allora perde il terreno sotto i propri piedi e diventa «nul­ lità» (v . .5) . Il fatto che Israele abbia dimenticato la sua spe­ ciale consacrazione, che per lui era connessa con l 'insediamen­ to nella «terra santa» , l' «eredità» di J ahvé, e si sia abbassato al livello degli altri popoli e della loro religione della fecondi­ tà, tutto ciò , nel contesto della religione dell'alleanza, rappre­ senta la contaminazione del paese, la profanazione di un san­ tuario, che per Jahvé è diventato un «orrore» . 1 7 Il v. 8 denun­ cia i principali responsabili . I sacerdoti, cui è affidato il comx6. La domanda «dov'è Jahvé?» è sicuramente una formula liturgica legata alla presenza di Dio nella teofania. Forse va unita all'espressione «cercare Jahvé», usata per designare il pellegrinaggio al tempio (cfr. Am. 5 A ss . ; Deut. 1 2,.5 ; ecc.). 17. Il termine t�' eba designa per lo più la «contaminazione» compiuta dal culto 'osceno' degli dèi stranieri (Os. 5,3; 6 ,r o ; Is. 1 ,13).

92

Durante il regno di Giosia

pito di custodire la tradizione nell'ambito del culto e della mo­ ralità, non si interessano di Dio e quindi non hanno più alcuna conoscenza della sua natura e della sua volontà (cfr. Os. 4,6 ss . ; 5 , 1 ; 6 ,9 ; Is. 2 8 ,7 ss. ; Mich. 3 , 1 1 ) . I «pastori » (metafora frequente nell'antichità - anche in Omero - per indicare il re, i principi e i membri della classe dirigente , cfr . 2 3 , 1 ss .), anzi­ ché essere modello di fedeltà (dr . Ps. 1 o z ) , istigano all'«infe­ deltà» . I profeti , che dovrebbero essere messaggeri di Dio, so­ no al servizio di Baal (dr. 2 3 , 1 0 ss . ) .18 Nessuna meraviglia, quindi, se la massa del popolo pratica l'apostasia rivolgendosi alle divinità impotenti - Geremia le definisce sarcasticamente come «esseri inutili» -. E poiché Jahvé si attiene all'alleanza, la storia dell'apostasia si conclude con il giudizio del popolo di Dio. Non è un 'impresa facile mandare a spasso Dio; il po­ polo è caduto in una grande illusione ; perciò Dio lo invita a prendere coscienza della propria apostasia. 2 , I O-I J . Il

duplice peccato

I o-1 3 . Appare perciò chiaro che il giudizio di Dio non ha co..

me meta il naufragio del popolo , ma la sua conversione . An­ che nel giudizio Jahvé cerca il suo popolo con lo stesso amo­ re con cui lo ha scelto: egli conduce il popolo nella via della conoscenza di se stesso. Chiedendogli di paragonare la propria condotta con quella delle nazioni pagane occidentali e orien­ tali, 19 Dio guida il popolo a rendersi conto che dietro il pecca­ to dell'apostasia non c'è soltanto la trasgressione dell'ordina­ mento dell'alleanza, ma soprattutto l'inaudito misconoscimen­ to del rapporto fondamentale tra Dio e l'uomo, che non tro­ va riscontro neppure tra i pagani, i quali non conoscono mini.. x8. B presumibile che questo passo alluda all'esaltazione estatica delle comunitl dervistiche dei profeti , come sono descritte in I Reg. 18. 1 9 . I Kittlm sono gli abitanti della città fenicia di Kition, sull'isola di Cipro; in questo contesto rappresentano i Greci e le popolazioni occidentali in genere, come d'altronde Kedar, tribù del deserto arabo (Gen. 25,13), designa gli orientali.

Ier.

2.

L'abbandono di ]ahvé da parte del popolo

93

mamente la natura di Dio. Geremia approva il rispetto che i pagani hanno per i loro dèi, anche se non riconosce loro nes­ sun carattere divino ; tale valutazione fa onore al profeta e di­ mostra che egli possiede una visione chiara sull'essenza sia della religione straniera come della propria . Solo la fede mo­ noteistica, che qui Geremia difende con coraggiosa coerenza (cfr. 5 ,7 ; 1 6 , 1 9 s . ; Os. 8 ,6 ), consente di prendere sul serio il messaggio di Dio , in quanto essa sola riconosce come un as­ soluto la distinzione tra Dio e il mondo dell'uomo; tale di stinzione viene espressa ribadendo che Dio è «santo al di so­ pra di tutto» e che non può essere paragonato né scambiato con nessun altro essere. Se quindi gli dèi stranieri e i rispetti­ vi riti sono penetrati nel culto jahvista fino al punto che que­ sto ha assimilato le caratteristiche del culto di Baal, ciò rap­ presenta una IJ.E'ta(3acrtç, E� Ioakin, il sovrano deportato, «come senza figli» , ciò non significa na­ turalmente che egli non avrà discendenti,' bensl che i suoi discendenti non saranno iscritti nella lista del regno di Da­ vide (cfr. v . 3ob ). Questa profezia si è adempiuta; infatti nel­ l'albero genealogico di Davide, Ioakin fu l'ultimo rampollo che salì sul trono di Giuda.6 Con Ioakin è Dio stesso che chiude la lista dei sovrani di stirpe davidica : essi hanno or­ mai terminato la loro funzione. La vicenda di Dio col suo popolo d'ora in poi correrà su un nuovo cammino. A dir vero Ezechiele ( r 7 ,2 2 ss . ) ha legato la speranza messianica alla per­ sona di Ioakin. Ma falli sia questa speranza come pure l'ana­ logo tentativo compiuto da Aggeo (2 ,2 3 ) nel designare Zoro­ babele, nipote di Ioakin , come colui che verrà scelto da Jahvé quale suo « sigillo » (è chiara l'allusione a Ier. 2 2 ,24) destina5· Stando a I Chron . 3,17 s. e ai suddetti documenti kin ebbe più tardi diversi figli.

in

caratteri cuneiformi, Ioa·

6. Il successore di Ioakin fu lo zio Sedecia, figlio di Giosia, che apparteneva quindi alla generazione anteriore; vedi anche più avanti il comm. a 23,5 .

. Re e profeti

to, secondo Zach . 6 ,9-14, a ripristinare il regno davidico? L'attesa messianica dell'Antico Testamento, che non ha mai perso il tradizionale legame con il regno davidico , si è attuata storicamente in tutt'altra maniera e su un piano completa­ mente diverso . Per questo il messaggio che qui Geremia an­ nuncia con tanta forza è d'importanza capitale per il corso della storia della salvezza nell'arco dell'Antico Testamento. 2 3 , 1 -8 .

La salvezza e il messia

1 Guai ai pastori che fanno perire e disperdere le 'loro' { I ) pecore oracolo di Jahvé. 2 Perciò cosl ha parlato Jahvé, Dio d'Israele, contro i pastori che pascolano il mio popolo : Voi avete disperso e scacciato le mie pecore e non ve ne siete curati. Ecco, io punirò la malvagità delle vostre azioni - oracolo di Jahvé . .3 lo stesso radunerò il resto delle mie pecore da tutti i paesi dove le ho cacciate e le farò tornare ai loro pascoli ; ed esse saranno feconde e si moltiplicheranno. 4 Co­ stituirò sopra di esse pastori che le pascoleranno, cosl che non dovran­ no più temere, né spaventarsi e nessuna di loro verrà perduta - ora­ colo di Jahvé . ' Ecco, verranno giorni - oracolo di Jahvé -, quando io farò sorgere a Davide un germoglio giusto, che dominerà come re e agirà da saggio, ed eserciterà nel paese il diritto e la giustizia. 6 Nei suoi giorni Giuda sarà salvato e Israele dimorerà nella sicurezza. Il nome con cui lo si 'chiamerà' ( 2 ) sarà questo: «Jahvé nostra giustizia».

7

Pertanto ecco, verranno giorni - oracolo di Jahvé - in cui non si di­ rà più : > condannando chi deride la parola divina predicata dai profeti. Il brano in se stesso non è unitario, anche se si muove attorno ad un unico perno. Tale perno è la bivalenza del termine maisa', che significa sia «sentenza» (di Jahvé ) , sia «carico» . Il v . 3 3 , sicuramente autentico, gioca su questo doppio senso, che ovviamente in italiano non è possibile riprodurre. J ahvé indica al profeta la risposta da dare quando la gente2 chiede qual è la «sentenza» (massa') di Jahvé . Volz avanza l'ipotesi, sicuramente molto attendibile, che il discorso sia da colloca­ re col periodo dell 'assedio, quando la popolazione si rivolge­ va ansiosa a Geremia, il quale godeva in quel momento di maggior credito sia presso il re che nel paese, dato che gli eventi andavano confermando le sue predizioni (cfr. 2 I , 1 ss . ). In questo contesto storico si spiega come mai il profeta sia incaricato di opporre alla domanda un rifiuto così secco : siete voi il «carico» (massa') che Jahvé si è stancato ormai di sop­ portare (cfr. Ps. 2 8 ,9 ; Is. 46,3 ) . Ora la pazienza di Dio è al li­ mite; egli sta per «gettare» il fastidioso carico . Ma dietro questo gioco linguistico compare una realtà grave e inesora­ bile : Dio respinge chi tenti di avvicinarsi a lui con fiducia. Geremia tocca con mano questa inaccessibile maestà divina, che anche in Amos e Isaia è stata resa con espressioni para­ dossali analoghe al linguaggio di questo versetto. 34-40. Quanto segue si muove su un altro piano e rivela una

mente del tutto diversa. L'autore trova che nel v. 3 3 la mi­ naccia non sarebbe giustificata e quindi tenta di motivarla a modo suo, e cosi egli finisce per traviare la parola di Geremia e il suo sfondo teologico . Educato nel rabbinismo tardogiu2. Il testo masoretico ha in più «oppure il profeta o il sacerdote»; ma si tratta indubbiamente di un'aggiunta posteriore modellata sul v. 34·

Ier. 24. La visione delle due ceste di fichi

391

daico, egli crede che la minaccia sia dovuta all'abuso della pa­ rola massà'' il che è poco credibile sia per quanto riguarda Geremia che per i profeti posteriori, visto che tale termine è usato tranquillamente in Nah. 1 , 1 ; Abac. I , I ; Zach. 9 , 1 2 ; Mal. 1 , 1 ; Is. 1 3 ss . ; ecc . Siamo di fronte ad una erudita tro­ vata personale di stampo rabbinico e probabilmente molto tardiva. Anche lo stile, straordinariamente prolis so , che riu­ nisce in modo affatto agile la forma dell'annuncio della torà, della disposizione della legge e dei motivi profetici, fa ritene­ re il brano un'aggiunta alla parola originaria del profeta, ag­ giunta che sa di erudizione scribale . Traspare una religiosità meschina , cristallizzata in quella casistica esteriore che trovia­ mo negli avversari di Gesù, i dottori della legge. Questa scuola ebraica ritiene che per rispettare la parola di Dio ba­ sti guardarsi premurosamente dall'uso del termine equivoco maJsà' , perché - sorprendentemente - ciò cos t i tuirebbe una distorsione della parola di Dio ! Il rispetto per la parola divina, che è un atteggiamento religioso autentico, difeso da Geremia con estrema fermezza nelle lotte contro i falsi profeti ( 2 3 ,2 33 2 ) , viene ora, ad opera di una teologia cavillosa , esasperato fino al punto da diventare la caricatura dell 'atteggiamento re­ ligioso, caricatura sulla quale Gesù pronuncerà la meritata con­ danna . 24 .

La visione delle due ceste di 6chi

1 Jahvé mi fece guardare : ecco c'erano due ceste di fichi collocate davanti al tempio di Jahvé - dopo che N abucodonosor, re di Babilo­ nia, aveva deportato da Gerusalemme e condotto a Babilonia Iekonia, figlio di loaqim, re di Giuda, e i principi di Giuda insieme con i fab­ bri e i magnani { I ). 2 La prima cesta conteneva fichi ottimi come quel­ li primaticci, l'altra era piena di fichi pessimi, tali che non si potevano mangiare. ' Allora Jahvé mi parlò : Che cosa vedi, Geremia? ; e io risposi : Fichi;

I. Il significato

del termine ebraico

è

incerto.

Re e ptofeti i buoni sono molto buoni e i cattivi molto cattivi, cosl cattivi che non si possono mangiare. ' ( 2) . Come si guarda • Qujndi mi fu rivolta la parola di Jahvé : ' c :a questi :fichi buoni, cosl io guardo con amore ai prigionieri di Giuda che ho spedito da questo luogo .nel paese dei Caldei . 6 Io rivolgo il -mio sguardo su di essi per il loro bene e li farò tornare in questo ter­ ,ritorio, ve li stabilirò senza più abbatterli, ve li pianterò senza più sra­ .dicarli. 7 Darò loro un cuore perché conoscano che io sono Jahvé ; essi saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio, perché torneranno a me con tutto il cuore. 8 Ma come ( si gettano) i fichi cattivi, che sono ·cosl cattivi da non poterli mangiare, ' ' ( 2 ) abbandonerò alla sventu­ ra Sedecia, re di Giuda, i suoi ministri e il resto di Gerusalemme, Ruanti sono rimasti in questo territorio e coloro che si sono stabiliti nel paese d'Egitto . 9 E li renderò un orrore per tutti i regni della ter­ ra, obbrobrio (') e favola, zimbello e maledizione c ' ( 4 ) . 10 Manderò contro di loro la spada, la fame e la peste, finché non siano scomparsi dalla terra che io diedi a loro e ai loro padri».

Questo racconto in prima persona della visione delle due ceste di fichi risale alla penna di Geremia stesso. Esso non appartiene né alla raccolta dei detti sui profeti né a quella sui re. L'indicazione cronologica del v. I , aggiunta successi­ vamente ispirandosi a 2 Reg. 2 4 , 1 4 ss . , è esatta e serve a dare risalto al contesto storico : questa visione di Geremia dà per scontata la prima deportazione ( 5 9 7 ) che aveva colpito il re loakin e le classi dirigenti . Inoltre è più probabile che essa si sia verificata verso la fine del regno di Sedecia, quando ri­ sultava ormai chiaro che gli abitanti di Gerusalemme, scam­ pati a1la prigionia, non vedevano certo nella loro fortuna un motivo di ravvedimento. Grazie ad Ezechiele (cap. I I ) sap­ piamo quale stato di cose ha davanti agli occhi il profeta Ge­ remia in questo momento. La gente rimasta a Gerusalemme considerava l 'altrui deportazione come il giusto e meritato 2.

Vedi Biblia Hebraica.

J . lera'a del v. 9 va collegato con 'etten del v. 8 (vedi Volz ). 4· Vedi Biblia Hebraica; l'aggiunta del testo masoretico «in tutti i luoghi dove io li avrò dispersi)) è in contraddizione col v. 10 e va considerata come un am­ pliamento tardivo ricalcato su Deut. 28,37.

Ier. 24. La visione delle due ceste di fichi

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castigo di Dio - e sotto questo aspetto poteva anche appel­ larsi alle profezie di Geremia -. Essere stati preservati era quindi un segno della benevolenza di Jahvé e, protetti dal suo favore, si credeva di poter vivere tranquilli nella città san­ ta. La visione delle due ceste di fichi porta Geremia a com­ prendere che il giudizio di Dio è diverso : il suo favore è ri­ volto non ai rimasti in Gerusalemme, ma ai deportati . Rispet­ to all 'allegoria riportata in 1 3 , 1 - 1 1 la sentenza divina si è dunque modificata; nel frattempo, infatti, la situazione si è andata evolvendo in modo diverso da ciò che uno avrebbe po­ tuto credere in un primo momento. Tra gli esuli c'erano uo­ mini pii - si pensi ai ministri di Ioaqim (3 6 ,2 5 ) - e anche l'o­ pera di Ezechiele non dev'essere rimasta senza frutti; Gere­ mia quindi, come mostra la sua lettera ai deportati (29 , 1 ss. ) , poteva giustamente sperare che quella comunità sarebbe di­ ventata il punto di partenza per una rinascita del popolo di Dio . Al contrario coloro che erano rimasti in patria si anda­ vano arricchendo con i beni dei deporta ti e prestavano fede ai profeti di salvezza, i quali col loro nazionalismo fanatico ali­ mentavano in essi la presunzione religiosa e politica. Il qua­ dro tracciato da Ezechiele nei capp . 8 ; 2 2 ; 2 3 (cfr. Ez. 1 2 ,2 ; 1 4 , 3 ) , circa il crollo de1la moralità e il dilagare dell'idolatria nella capitale, ci spiega come mai in quel momento storico Geremia non riuscisse più a scorgervi nessun punto di aggan­ cio per la speranza nel futuro del popolo di Dio. Come nel caso della cintura ( I 3 , I - I I ) , anche nell' espe­ rienza raccontata nel cap . 24 si tratta di una visione soltanto interiore, di carattere simbolico-allegorico. Il profeta vede davanti al tempio due ceste di fichi; quelli della prima cesta sqno ottimi, come i fichi primaticci che si mangiano per golo­ sità (cfr. Is. 2 8 ,4 ; Os. 9 , I o ; Nah. 3 , 1 2 ) , gli altri sono talmen­ te cattivi, che neppure si possono assaggiare . Hans Schmidt ritiene che sia stata la visione fisica e concreta di due ceste di fichi, portati nel tempio come offerta delle primizie, a dare r -7 .

3 94

Re e profeti

l'avvio al discorso allegorico; l'ipotesi però cade anzitutto perché dei frutti guasti non possono essere oggetto di offerta, inoltre per il paragone con i fichi primaticci. Inoltre le caratte­ ristiche dell'oggetto che appare inducono a qualificare questa come una visione unicamente interiore, diversa da quelle rac­ contate in I ,I I ss . , a meno che, tenuto conto dell'affinità di stile (cfr. Am. 8 , I ss . ) , non si pensi a un puro rivestimento letterario di una riflessione . Ciò che il profeta vede con gli oc­ chi dello spirito viene da Dio; egli percepisce che tale espe­ rienza interiore non è una riflessione elaborata da lui personal­ mente, ma è una sentenza divina che egli dovrà annunciare - lo conferma il fatto che le ceste, rappresentanti i due tronchi della nazione, sono «collocate davanti al tempio» .' La risposta del profeta alla domanda «Che cosa vedi Geremia ? » dichiara semplicemente la percezione dell 'oggetto, ma al tempo stesso prelude alla successiva interpretazione simbolica, evocando ed esprimendo quei due opposti stati d'animo che caratteriz­ zano la sentenza pronunciata da Dio sui due gruppi . Infatti l'a­ nalogia non si instaura fra la condizione dei fichi nelle due ce­ ste e la condizione dei gruppi umani, bensì tra l'atteggiamento di Dio verso l 'una o l'altra parte di Giuda e le sensazioni che Geremia prova davanti ai due canestri : desiderio per uno, di­ sgusto per l'altro. Il tertium comparationis sta proprio in que­ sto, come è confermato dal richiamo tob-letobd (v. 5 ) e ra�­ lera'd (v . 9 ; vedi ivi) . Come il profeta guarda con piacere i fi­ chi buoni, così Dio guarda «per il bene» i deportati : li ricon­ durrà nella loro patria, per stabilirli qui definitivamente e fare di essi il nuovo popolo di Dio. Il richiamo di espressioni già ri­ correnti nel racconto della vocazione (cfr. I , I o ; I 8 ,7 ·9) di­ mostra quale importanza pratica abbia avuto per Geremia quel primo e decisivo incontro con Dio. D'altra parte il ri­ corso alla «formula dell'alleanza» (v . 7) lascia intendere che Geremia vede il nuovo futuro del popolo di Dio dal punto di ,. L'espressione ebraica mu'adzm sottintende l'incontro con Dio presente nel tem­ pio e non c'è quindi bisogno di modificarla.

Ier. 2j,I-I4. Babilonia, il nemico che viene dal nord

3 95

vista del rinnovamento dell'alleanza; anche qui, in definiti­ va, egli si richiama alla tradizione liturgica . Da notare che non si parla di rinnovamento delle istituzioni politiche ; qui Geremia pensa esclusivamente con categorie religiose . La con­ dizione perché si compia la promessa salvifìca è «il ritorno a Jahvé con tutto cuore» , la stessa condizione prevista dall'al­ leanza antica. Ma anche l 'adesione religiosa e morale del nuo­ vo popolo di Dio a Jahvé non è il risultato e il merito di uno sforzo umano, ma, in ultima analisi , è il dono della grazia di­ vina che guida il popolo alla penitenza dotandolo di un «cuo­ re» capace di conoscere la vera natura di Dio.

8- I o. Se sugli esuli si concentra tutta la premura di Dio, per quanti sono rimasti in patria avviene esattamente il contra­ rio . La loro sorte rassomiglia a quella dei fichi cattivi che è impossibile mangiare : sono destinati alla rovina. E come il profeta guarda con disgusto i frutti putrefatti, cosl la sorte del re Sedecia, dei suoi ministri e dei cittadini scampati alla prigionia, compresi quelli che - aderendo al parti to filoegi­ ziano - all'avvicinarsi di Nabucodonosor erano tempestiva­ mente emigrati in Egitto (cfr. 2 1 ,8 ss . ) , diventerà per il mon.. do intero un orrore, una esecrazione proverbiale da augura­ re alla persona che si vuole maledire (dr. Deut. 2 8 ,3 7) . Tan­ to questa tetra descrizione, come la minaccia conclusiva , si muovono nell'ambito e nelle concezioni tradizionali proprie dell'alleanza, che qui è intesa nella sua dimensione negativa . Neppure con la catastrofe del popolo Jahvé ha abbandonato l'alleanza, egli continua a valeria e la metterà in atto, sia pu­ re in una forma diversa da quella che vorrebbero gli abitanti di Gerusalemme. �_5 ,1-1 4 . Babilonia, n

nemico che viene

dal nord

1 La parola che fu rivolta a ( I ) Geremia per tutto il popolo di Giuda 1.

Vedi Biblia Hebraica.

Re e profeti

nel quarto anno di loaqim, figlio di Giosia, re di Giuda - cioè il primo anno di Nabucodonosor re di Babilonia - 2 e che il profeta Geremia annunciò all 'intero popolo di Giuda e a tutti gli abitanti di Gerusa­ lemme dicendo : ' Dal tredicesimo anno di Giosia, :figlio di Amon, re di Giuda, fino ad oggi - un periodo di 2 3 anni - mi è stata rivolta la parola di Jahvé e io ho parlato a voi instancabilmente ( I ), ( ma voi non avete ascoltato. 4 E Jahvé vi mandò tutti i suoi servi, i profeti, inces­ santemente, ma voi non avete udito e non avete prestato orecchio per ascoltare) (2) ' e ho detto : Convertitevi dunque ciascuno dalla sua condotta cattiva e dalla malvagità delle sue azioni ; cosl continuere­ te ad abitare nel paese che Jahvé ha dato a voi e ai vostri padri dai tempi antichi per sempre 6 (e non seguite altri dèi per servirli e ado­ rarli e non provocatemi con l'opera delle vostre mani affinché io non vi faccia del male) ( 3 ) . 7 Ma voi non mi avete ascoltato (- oracolo di Jahvé - e mi avete provocato con l'opera delle vostre mani a danno di voi stessi) (4). 8 Perciò cosl ha parlato Jahvé delle schiere : «Poiché non avete prestato ascolto alle mie parole , 9 ecco, mando a prendere tutte le tribù del nord ' ' { I ) e le faccio venire contro questo paese e i suoi abitanti ' ' ( I ), metto in atto contro di loro l'interdetto e li faccio diventare un orrore, uno scherno e un 'obbrobrio' ( 1 ) per sem­ pre. Io Faccio scomparire di mezzo a loro il suono della gioia e il suo­ no dell ' allegria, il canto dello sposo e il canto della sposa, il rumore della macina e il lume della lampada. 11 Tutto questo paese diventerà ' (') essi serviranno al re di Babi­ un deserto e una desolazione, ed ' lonia per 70 anni . ( I2 Quando, però, si saranno compiuti i 70 anni, allora io punirò per la loro colpa il re di Babilonia e quel popolo e il paese dei Caldei e farò di lui (6) una 'desolazione' (I ) ) (7). I3 Adempirò quindi contro 'questo' ( I ) paese tutte le mie parole che ho detto su di lui, quanto sta scritto in questo libro ' ' (8) . ( I 4 Infatti saranno (I) 2. L a frase (cfr. 7,25 s.; 1 1 ,7 s.) disturba sia per l a forma che per il contenuto del di­ scorso ; per questo è generalmente considerata come un'aggiunta posteriore. 3 · L'ammonizione stona con il contesto, forse è stata aggiunta successivamente per denunciare l'idolatria come la colpa principale della nazione.

4· Ripetizione del v. 6b inserita tardivamente. ,. Cancella «questi popoli»; vedi comm. al v. 9·

6. Meglio sarebbe leggere «esso»: '�tilh.

7. Il versetto non è qui nella sua collocazione originaria, ma proviene sostanzial.. mente da 29,10 (dr. 51,26 .62 ); lo stesso vale per il v. 14. 8. L'inserimento del v. 14 nel testo masoretico ha staccato clalla sua originaria collocazione il prologo ai vv. 15 ss. : «Ciò che Geremia predisse per tutte le na­ zioni» (vedi i LXX) .

ler.

25�I-I4.

Babilonia1 il nemico che viene dal nord

anche loro sottomessi a nazioni potenti e a

397 re

grandi; e cosl li ripa­

gherò secondo la loro condotta e secondo l'opera delle loro mani) (9). Il cap. 2 5 si compone di due sezioni. La prima ( vv . I -I 4) parla in sostanza dell 'adempimento delle predizioni commi­ nate contro Giuda e contro Gerusalemme (vv. 2 . I 3 ) ; e ini­ zialmente essa doveva costituire la conclusione del «rotolo originale» del libro di Geremia (vedi al cap . 3 6 ). La seconda sezione (vv. I 5 ss .) tratta del giudizio di Jahvé su tutti i po­ poli (cfr. al v. I 3 ) e sia per il contenuto come per la forma ap­ partiene agli oracoli sulle nazioni , attualmente raccolti nei capp . 46-5 I . Nei LXX questi oracoli seguono immediatamen.. te dopo 2 5 , I 3 e ciò documenta la reciproca indipendenza del· le due sezioni del capit olo 2 5 . Nei vv . I - I 4 , oltre a diversi ri­ maneggiamenti, in alcuni punti sono state inserite delle ag­ giunte per legare questa sezione ai vv. I 5 ss . (v. 9 : «e su tut­ ti questi popoli circostanti>> ; v. I I : «questi popoli>> ; v. I 3 : « ciò che Geremia ha predetto per tutti i popoli» ) ; ma si trat­ ta di interpolazioni che sono facilmente riconoscibili in quan­ to escono da un contesto imperniato su Giuda e Gerusalem.. me . La precisa datazione, lo stile ( «Geremia, il profeta» , vv. 2 . 1 3 ; cfr. 2 0 , 2 ) e la menzione del primitivo rotolo, scritto da Baruk , fanno pensare che la redazione del discorso profetico da noi posseduta sia da ricondurre alla mano di Baruk. Fu probabilmente lui a collocare questo discorso alla fine del pri­ mitivo volume .10 La datazione dell 'oracolo al quarto anno del re loaqim ci riporta al 6o5 /6o4 , momento in cui la supremazia nel Me9. � la continuazione del v. 12 (vedi nota 7) ; si tratta quindi di posteriore che non ha nulla a che vedere col contesto.

un

ampliamento

ro. Hans Schmidt, Rothstein, Volz e Mowinckel ritengono che questo passo ser­ visse da introduzione al rotolo primitivo. Rudolph, che lo assegna alla sua pre­ sunta fonte deuteronomistica, nega che il brano sia da mettere in rapporto con il rotolo primitivo e attribuisce la menzione del «libro» ( v. 13) ad un redattore che avrebbe con tale termine indicato o i capp. 1-24 oppure la suddetta fonte; si tratta però, a mio avviso, di un'ipotesi priva di fondamento. Vedi Vogt, in : V.T. Suppl. 4 ( 1957) 85 nota r .

Re e profeti

-dio Oriente passò dall'Egitto a Babilonia : il principe eredita­ ·rio babilonese Nabucodonosor, salito al trono nel 604 dopo la morte del padre Nabopolassar, sconfisse l'esercito faraoni­ ·co a Karkemishl! e da allora pretese l'egemonia sulla Siria e Palestina (dr. 2 Reg. 24, 7 ) Era iniziata sul fronte interna­ zionale una nuova epoca storica : la minaccia straniera prove­ niva non più dal sud, ma dal nord . Questo rivestiva una par­ .ticolare importanza per la predicazione di Geremia, in quan­ to il nemico preannunciato da tanto tempo come proveniente dal nord ( 1 , 1 4 ss .; 6 , 2 2 ss . ; ecc.) prendeva finalmente un vol­ to preciso nella persona di Nabucodonosor e nelle popolazio­ ·n i da lui capeggiate (v. 9 ) ; in altre parole le predizioni di Ge­ remia, che fino a quel momento si erano scontrate con una indifferenza generale, trovano ora il loro storico compimen­ to. Ciò significava per il profeta la convalida del suo messag­ gio e la risoluzione finale di un'ansia sopportata per quasi un · quarto di secolo (v . 3 ) . Tale adempimento diede nuovo im­ pulso al suo lavoro . In una circostanza simile era ovvio che egli ripensasse all'attività svolta fino allora e tentasse una sin­ tesi di ciò che aveva predica to al suo popolo dal giorno della ·vocazione (v . 3 ) in poi, per far sentire ancora una volta, in un 'ora decisiva per la storia del mondo e per la storia della sal­ vezza, tutta l'importanza del suo messaggio . Questa è la situa­ zione esterna e al tempo stesso interna da cui proviene il brano 2 5 , 1 - 1 4 , come anche 3 6 , 1 ss . È quindi legittimo stabilire un rapporto (vedi sopra) tra 2 5 , 1 - 1 4 e la registrazione scritta dei detti di Geremia nel «rotolo primitivo» (cap. 3 6 ; cfr. 2 5 , 1 3 ). .

1 - 7 . Intenzionalmente il detto è datato nell'introduzione in

· modo preciso perché il contenuto prende l'avvio dall'evento decisivo di quell'anno. Anche l'accenno dell'inizio del regno � .Ir . L'odierna Gerablus sull'Eufrate; dr. 46,2. La vittoria di Nabucodonosor a Karkemish, :finora ricordata soltanto da Flavio Giuseppe (Ant. ro,6,1 }, è stata confermata recentemente dai frammenti della Cronaca Reale neobabilonese ritro­ vati dal Wiseman; cfr. Wiseman, op. cit., 66-68 righe 1-8.

ler.

2511-14.

Babilonia) il nemico che viene dal nord

399

Nabucodonosoru è in funzione del tema generale dell'oraco­ lo : lo spostamento dell 'asse politico nel Medio Oriente. Il momento storico è momento di Dio e ciò convince il profeta ad annunciare in quest'ora (v . 2 ) la parola di Dio. Visto che l'uditorio è formato da « tutto il popolo di Giuda» e da « tut­ ti gli abitanti di Gerusalemme» , la prima proclamazione ora­ le di questo oracolo dovette aver luogo in una circostanza particolare (festa) in cui tutto il popolo si era riunito. 1 3 Gere­ mia incomincia il discorso con un sintetico sguardo retrospet­ tivo alla sua attività profetica, iniziata nel tredicesimo anno del re Giosia (6 2 7 ) ; in realtà dopo ventitré anni di instancabi­ le lavoro al servizio di Dio per il suo popolo, ora comincia ad attuarsi quella sventura che il profeta aveva continuato ad annunciare fin dal primo giorno, tentando sempre di allonta­ narla. Nessuna meraviglia, quindi , se l'angoscia drammatica che ha pesato tanto sul lavoro profetico di Geremia venga in primo piano, nel momento in cui essa si dilegua per il corso che stanno prendendo gli eventi . La prematura conclusione contenuta nel v. 3 e l'intero v. 4 interrompono la connessio­ ne stilistica ; anche l'accenno ai profeti anteriori, in questo sguardo retrospettivo di Geremia alla propria attività, è fuori luogo . Il testo autentico continua invece nel v. 5 . È caratteri­ stico il punto di vista con cui Geremia riassume qui il signifi­ cato e lo scopo di tutta la sua predicazione . Nel richiamo alla penitenza, rivolto simultaneamente al popolo e ai singoli, e nella conseguente assicurazione che Dio intende mantenere l'antica promessa dell 'alleanza secondo la quale il popolo po12. Il primo anno del regno di Nabucodonosor cominciò ufficialmente il primo di

Nisan del 6o4; però è comprensibile anche la lieve inesattezza del nostro autore, in quanto per lui la comparsa di Nabucodonosor in Siria ( 6o5 ) segnava l'inizio di una nuova epoca storica. 13 . Questa proclamazione orale del messaggio va distinta dalla successiva reda­ zione scritta - quella che noi oggi possediamo, dovuta alla penna di Baruk -; sul­ la base di calcoli cronologici la proclamazione dev'essere avvenuta il giorno del digiuno nel dicembre 604 (36,9 ss.). Quanto poi il testo scritto risponda alla pri­ mitiva redazione orale, ovviamente non è possibile dirlo.

Re e profeti

.j.OO

trà abitare nel paese concesso ai padri, Geremia vede il tema fondamentale del suo annuncio che egli formula ancora una volta in modo impressivo con un gioco di parole (subu - sebu) . Egli si trova con ciò nella stessa linea dei suoi grandi predeces­ sori e successori nel ministero profetico, linea che arriva fino alla predicazione di Gesù. Dopo il richiamo alla conversione (v . 5 ) redatto nella sua forma più comune, richiamo qui solle­ citato dal ricordo dell'attività svolta, l 'ammonizione contro il culto idolatrico del v. 6 rompe lo sviluppo del discorso - tanto più che arriva un po' tardi collocata dopo la promessa - e po­ trebbe essere considerata come un'aggiunta posteriore (vedi nota 3 ) che ha dato origine anche all'analogo ampliamento del v. 7 . In tal modo, come parte autentica del v . 7 , resta soltanto quella constatazione tanto amara per un predicatore di peni­ tenza :