Osea. Introduzione, traduzione e commento 8892215132, 9788892215139

Il libro di Osea si colloca fra il 786 e il 724 a.C. circa, e con 8 citazioni, è il terzo profeta più citato nel Nuovo T

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Osea. Introduzione, traduzione e commento
 8892215132, 9788892215139

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GUIDO BENZI, sacerdote della Chiesa di Rimini, è licenziato in Scienze Bibliche e dottore in Teologia Biblica. Professore di Antico Testamento presso l'Università Pontificia Salesiana (Roma), insegna anche all'Istituto Superiore di Scienze Religiose "Alberto Marvelli" di Rimini. Oltre a diversi articoli scientifici, ha pubblicato: Ci è stato dato un Figlio. Esegesi retorico e interpretazione teologico del Libro defi'Emmanuefe (fs 6, l -9,6) (Bologna 2007); La profezia deff'Emmonue/e. l testi di Isaia 6-9 tra attesa e awento della salvezza (Bologna 20 14); Quindici passi nello Dei Verbum. Guida alfa lettura dello costituzione dogmatico sulfa divina rivelazione (Bologna 20 15). Ha curato, con M. Bonarini e D. Scaiola, La profezia tra l'uno e l'altro Testamento, Miscellanea in onore del prof. Pietro Bovati nel suo 75° compleanno (Roma 2015).

Copertina: Progetto grafico di Angelo Zenzalari

NUOVA VERSIONE DELLA BIBBIA DAI TESTI ANTICHI

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Presentazione ~lO\.\ \LH.~IO\lcDI·I

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a Nuova versione della Bibbia dai testi antichi si pone sulla , scia di una Serie inaugurata dall'editore a margine dei lavori conciliari (la Nuovissima versione della Bibbia dai testi originali), il cui primo volume fu pubblicato nel 1967. La nuova Serie ne riprende, almeno in parte, gli obiettivi, arricchendoli alla luce della ricerca e della sensibilità contemporanee. l volunù vogliono offrire anzitutto la possibilità di leggere le Scritture in una versione italiana che assicuri la fedeltà alla lingua originale, senza tuttavia rinunciare a una buona qualità letteraria. La compresenza di questi due aspetti dovrebbe da un lato rendere conto dell'andamento del testo e, dall'altro, soddisfare le esigenze del lettore contemporaneo. L'aspetto più innovativo, che balza subito agli occhi, è la scelta di pubblicare non solo la versione italiana, ma anche il testo ebraico, aramaico o greco a fronte. Tale scelta cerca di venire incontro all'interesse, sempre più diffuso e ampio, per una conoscenza approfondita delle Scritture che comporta, necessariamente, anche la possibilità di accostarsi più direttamente a esse. Il commento al testo si svolge su due livelli. Un primo livello, dedicato alle note filologico-testuali-lessicografiehe, offre informazioni e spiegazioni che d.guardano le varianti presenti nei diversi manoscritti antichi, l'uso e il significato dei tennini., i casi in cui sono possibili diverse traduzioni, le ragioni che spingono a preferime una e altre questioni analoghe. Un secondo livello, dedicato al commento esegetico-teologico, presenta le unità letterarie nella loro articolazione, evidenziandone gli aspetti teologiei e mettendo in rilievo, là dove pare opportuno, il nesso tra Antico e Nuovo Testamento, rispettandone lo statuto dialogico: Particolare cura è dedicata all'introduzione dei singoli libri, dove vengono illustrati l 'importanza e la posizione de Il'opera nel canone, la sti'uttura e gli aspetti letterari, le linee teologiche fondamentali, le questioni inerenti alla composizione e, infme, la storia della sua trasmissione.

PRESENTAZIONE

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Un approfondimento, posto in appendice, affronta la presenza del libro biblico nel ciclo dell'anno liturgico e nella vita del popolo di Dio; ciò permette di comprendere il testo non solo nella sua collocazione "originaria", ma anche nella dinamica interpretativa costituita dalla prassi ecclesiale, di cui la celebrazione liturgica costituisce l'ambito privilegiato. I direttori della Serie Massimo Grilli Giacomo Perego Filippo Serafini

Annotazioni di carattere tecnico :-ILO\\ \'LBSI0\1· Ul-.11.\ BJBBI\ 1).\1 Il '-'TI \'\'Jillll

Il testo in lingua antica U testo ebraico stampato in questo volume è quello della Biblia Hebraica Stuttgartensia (BHS), quinta edizione. Le correzioni alla lettura di alcuni termini, indicate dai masoreti (qerè l ketib), sono segnalate da parentesi quadre, con il segt1ente ordine: nel testo compare la forma "mista" che si trova nel manoscritto, nelle parentesi si ha prima la forma presupposta dalle consonanti scritte (ketìb) e poi quella suggerita per la lettura dai masoreti (qerè).

La traduzione italiana Quando l'autore ha ritenuto di doversi discostare in modo significativo dal testo stampato a fronte, sono stati adottati i seguenti accorgimenti: . ,. . i segni • ' indicano che si adotta una lezione differente da quella riportata in ebraico, ma presente in altri manoscritti o versioni, o comunque ritenuta probabile; - le parentesi tonde indicano l'aggiunta di vocaboli che appaiono necessari in italiano per esplicitare il senso della frase ebraica. Per i nomi propri si è cereato di avere una resa che non si allontanasse troppo dall'originale ebraico o greco, tenendo però conto dei casi in cui un certo uso italiano può considerarsi diffuso e abbastanza affermato.

I testi paralleli Se presenti, vengono indicati nelle note i paralleli al passo commentato con il simbolo l l ; i passi che invece hanno vicinanza di contenuto o di tema, ma non sono classificabili come veri e propri paralleli, sono indicati come testi affini, con il simbolo •:•.

La traslitterazione La traslitterazione dei termini ebraici e greci è stata fatta con criteri adottati in ambito accademico e quindi non con riferimento alla pronuncia del vocabolo, ma all'equivalenza formale fra car~tteri ebraici o greci e caratteri latini.

ANNOTAZIONI

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IJapprofondimento liturgico Redatto sempre da Matteo Ferrari, monaco di Camaldoli, rimanda ai testi biblici come proposti nei Lezionari italiani, quindi nella versione CEI del2008.

OSEA Introduzione, traduzione e commento

a cura di Guido Benzi

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SAN PAOLO

Biblia Hebraica Stuttgartensia, edited by Karl Elliger and Wilhelm Rudolph, Fifth Revised Edition, edited by Adrian Schenker, © 1977 and 1997 Deutsche Bibelgesellschaft, Stuttgart. Used by permission.

©EDIZIONI SAN PAOLO s.r.l., 2018 Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (Milano) www.edizionisanpaolo.it Distribuzione: Diffusione San Paolo s.r.l. Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (Milano) ISBN 978-88-922-1513-9

INTRODUZIONE

TITOLO E POSIZIONE NEL CANONE

Il libro di Osea è considerato dalla maggioranza degli studiosi il più antico- dopo quello di Amos- dei cosiddetti «profeti posteriori» (o «profeti scrittori»). In tutti i testimoni antichi, esso appare come il testo di apertura del rotolo dei Dodici o «profeti minori» 1• Nella struttura del rotolo dei Dodici è ravvisabile un certo principio cronologico (dall'VIII sec. in avanti) e un principio geogrqfico (da Nord a Sud): Osea, sia nel Testo Masoretico, sia nella Settanta, occupa il primo posto2 • Non può inoltre sfuggire che Isaia e Osea -rispettivamente i primi libri delle raccolte dei profeti «maggiori» e «minori» -portano nel loro nome la radice ebraica ys' «salvare»; inoltre Os l, l e Is l, l citano gli stessi re di Giuda: Uzziya, Yotam, Al)az, I:Iizqiya3 • Questa particolare posizione di Osea, non può non avere un influsso anche sulla sua interpretazione, sia che si segua una metodologia di analisi diacronica (lo sviluppo redazionale del libro - e del rotolo dei Dodici) sia che si segua una metodologia sincronica (analisi dello stadio finale del libro e del rotolo). Il Siracide, redatto nel II secolo a.C., cita i dodici profeti dandone una chiave ermeneutica interessante, nella linea della consolazione: «Le ossa dei dodici profeti l fioriscano dalle loro tombe l poiché 1 Solo l'apocrifo Martirio e ascensione di Isaia 4,22 cita Osea al secondo posto dopo Amos; cfr. D. Scaiola, I Dodici Profeti: perché «Minori»? Esegesi e teologia, Dehoniane, Bologna 2011, p. 17. 2 J.D. Nogalski, «The Book ofthe Twelve Is Nota Hypotesis)), in E. Di Pede- D. Scaiola (eds.), The Bookofthe Twelve- One Bookor Many?, Mohr Siebeck, TUbingen 2016, pp. 37-59. 3 D. Scaiola, I Dodici Profeti, cit., pp. 30-31. Cfr. anche G. Benzi, «Rhetorical Analysis, lnterpretation, and Location ofHosea 1-3 in its Relation to the Twelve Prophets Serali», in E. Di Pede- D. Scaiola (ed.), The Book ofthe Twelve, cit., pp. 97-106.

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consolarono Giacobbe l e lo riscattarono con una fede piena di speranza» (Sir 49, l 0). Di fatto numerosi autori 4 hanno notato come Os 1-3 e Malachia (ultimo libro del rotolo) presentino molti richiami sul tema dell'amore di Dio per il popolo nonostante la minaccia di divorzio (Os 1-3; Ml2,16), in entrambi inoltre sarebbe presente il tema della terra (Os l ,2; Ml 3,24) 5• In tal modo Os 1-3 non sarebbe solo la prima sezione del libro di Osea, ma fungerebbe da ouverture a tutto il rotolo dei Dodici, offrendo così una chiave ermeneutica fondamentale: il tema dell'alleanza tradita alla quale Dio risponde in modo passionale e con una salvezza gratuita e imprevedibile. Il nome Osea, «Egli [YHWH] salva» è posto come titolo allibro. Anche questa è una preziosa chiave interpretativa: nel testo di Osea la denuncia del peccato di tradimento da parte di Israele occupa una sezione considerevole. La storia stessa di Israele (i racconti patriarcali, l 'esodo, la monarchia) viene riletta in chiave di peccato con la conseguente minaccia del castigo divino; eppure a questa esigenza di giustizia retributiva il testo oppone una promessa di perdono e di salvezza unilaterale da parte di Dio, mettendo a nudo una tenerezza e un atteggiamento di misericordia di fronte alla pertinace incapacità di Israele a convertirsi (si vedano soprattutto 2,16-25; 11,8-11; 14,5-9).

ASPETTILETTERAJU Linguaggio e stile Osea è un libro difficile, sia per la conservazione del testo ebraico, sia per lo stile repentino e sfuggente, sia per l'utilizzo di molteplici immagini e metafore, indubbiamente affascinanti, ma che non sempre permettono di mettere a fuoco un contesto più ampio. Per esempio, YHWH è rappresentato come marito (2,4-25) e come padre ( 11, 1-11 ), ma poi è anche medico (5, 13; 6, l; 7, l; 11 ,3; 14,5); alle4 Y. Zakovitch, «Do the Last Verses ofMalachi (Ma13:22-24) have a Canonical Function? A Biblical Puzzle», in E. Di Pede- D. Scaiola (eds.), The Book ofthe Twelve, cit., pp. 60-81; l. Himbaza, «Les thèmes théologiques de Malachie et le concept du livre des XII Prophètes», in E. Di Pede- D. Scaiola (eds.), The Book ofthe Twelve, cit., pp. 82-96. 5 D. Scaiola, I Dodici Projèti, cit., p. 29.

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vatore (4,16; 11,4); cacciatore (7,12); leone, leopardo, orsa (5,14; 13,7; 13,8); pioggia (6,3). In modo corrispondente Israele è moglie (2,4-25) e figlio (11,1), quindi persona ammalata (5,13; 6,1; 7,1.9; 14,5) e madre in travaglio (13, 13); gregge, giovenca ribelle, animale domestico, preda(4,16; 5,14; 10~11; 11,4; 13,5-8) nonché pula (13,3), uva e fichi (9,10); arco con la corda allentata (7,16); colomba e altri uccelli (7,11-12; 9,11); rugiada (6,4; 13,3)6 • Il genere letterario della controversia giuridica detta rib («accusare»; il termine appare in 2,4 [2x]; 4, 1.4; 12,3) trova, nel libro, una parte rilevante. Si tratta di un procedimento giuridico di accusa bilaterale che ha come finalità il perdono (e non la punizione) attraverso l'ammissione della colpa e il ravvedimento del reo 7 • Nel corso del nostro commento affronteremo più specificamente questa tematica. Articolazione del testo Anche se il testo di Osea non può essere ritenuto omogeneo, nel senso che sia frutto di un'unica mano in un'unica epoca, nondimeno esso si presenta con elementi assai peculiari, tali da metteme in luce una sostanziale unità. In particolare, oltre alla polemica contro l'idolatria, sono interessanti i chiari riferimenti storico-letterari che affiorano lungo i testi di Osea: il ciclo narrativo dell'Esodo e poi del deserto (2,16-17; 9,10; 11,1; 12,10; 13,4); le narrazioni delle origini e i riferimenti ai cicli narrativi patriarcali (Adamo: 6,7 8; Giacobbe: 12,3-5.13; Mosè: 12,14); infine fatti storici oppure fatti di cronaca contemporanea (p. es., i riferimenti- polemici- alla monarchia in 8,4 o ai «profeti» in 12,11), alcuni dei quali neppure riusciamo a ricostruire, spesso citati attraverso l'uso di toponimi (Yizre'el: 1,45; 2,2; 2,24-25; Mizpa, Tabor, Shittim: 5,1-2; Ghil'ad e Shekem: 6 H.W. Wolff, Hosea. A Commentary on the Book ofthe Prophet Hosea, Fortress Press, Philadelphia 1974, p. XXIV; V. Bulgarelli, L 'immagine della rugiada ne/libro di Osea. Uso molteplice di una .figura nella Bibbia ebraica e nella Settanta, Dehoniane, Bologna 2002, p.179, organizza queste metafore in un'interessante tabella. 7 P. Bovati, Prefazione, in M. Cucca - B. Rossi - S.M. Sessa, «Quelli che amo li accuso». Il rib come chiave di lettura unitaria della Scrittura. Alcuni esempi, Cittadella, Assisi 2012, pp. 9-13. 8 Come si vedrà nel commento, questo riferimento è quanto meno problematico.

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6,8-9; Ba'al-Pe'or: 9,10; Ghib'a: 9,9; Ghilgal: 9,15; Ghib'a: 10,9; Bet-Arbel: 10,14; Admà e Zeboim: 11,8; Ghil'ad: 12,12; Ghilgal: 12,12). Questi riferimenti sono interessanti perché mostrano come in un testo profetico assai antico affiorino elementi che ci è dato di conoscere attraverso cicli narrativi redatti molto probabilmente in epoche successive9 • La struttura letteraria del libro di Osea, malgrado un testo così complesso, risulta in realtà assai semplice. Mentre tutti gli autori concordano nel considerare i primi tre capitoli di Osea un 'unità autonoma assai ben costruita intorno alla metafora dell'amore tradito, troviamo molteplici proposte su come organizzare il rimanente testo. Esse possono essere sintetizzate in due indirizzi fondamentali: 4, 1-14,1 O è una sezione sostanzialmente unitaria, oppure è divisibile in due (qualcuno suggerisce anche tre) sottosezioni. Il primo indirizzo - che ci trova concordi -è rappresentato dal commentario di Andersen e Freedmann10 : pur non considerando i testi di 4,1-14,10 un solido blocco, vi vedono una sostanziale continuità nell'alternanza tra oracoli di giudizio e oracoli di salvezza e il reiterato tema del tradimento idolatrico. Il secondo indirizzo è rappresentato dal commentario di Alonso Schokel e Sicre Diaz e da quello di Ben Zvi 11 : essi vedono una fondamentale cesura al capitolo 11, il cui messaggio di salvezza, unito a un recupero più evidente delle immagini provenienti dalla storia passata di Israele e ad alcuni elementi di carattere liturgico, presenta di certo un cambiamento nel procedere del testo. Un aiuto, nel considerare questa problematica letteraria, può venire da una diversa impostazione della medesima, cercando di considerare la peculiare posizione del testo di Osea nell'ambito del canone, che lo vede come il primo del rotolo dei dodici profeti 12 , e 9 Si veda B. Marconcini, «Osea», in B. Marconcini e Collaboratori, Profeti e Apocalìtticì, Elledici, Leumann 20022, pp. 78-79. 10 F.l. Andersen- D.N. Freedman, Hosea. A new translatìon with introductìon and commentary, Doubleday, Garden City (NY) 1980, p. 58. 11 L. Alonso Schtlkel- J.L. Sicre Diaz, I Profeti, Boria, Roma 1984, p. 977; E. Ben Zvi, Hosea, Eerdmans, Grand Rapids (MI) 2005, p. 4. Si veda anche B. Marconcini, «Osea», cit., p. 79. 12 Su questo si veda D. Scaiola, I Dodici Profeti, cit., pp. 15-32.

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ponendo attenzione ad alcuni elementi retorici 13 nella scansione del testo. Pensare che il flusso plurisecolare della redazione di questi testi ci abbia consegnato un tutto disorganico, spesso incoerente se non addirittura mutilo di qualche elemento, non è congruo alla più elementare legge di conservazione e di trasmissione dei testi. Anzi, un'attenta lettura dei testi stessi mostra, assai spesso, una loro minuziosa composizione. Questo, se non nega che essi siano stati teatro di plurimi interventi anche in epoche successive, mostra anzi come tali interventi - spesso - siano volti a rendere il testo finale ancora più omogeneo. Nella fattispecie possiamo subito elencare due questioni che ci hanno fatto decidere per una scansione bipartita del testo di Osea. La prima riguarda i capitoli 1-3: tutti gli autori sono convinti che questa sezione sia autonoma rispetto agli altri testi. Essa infatti porta un titolo proprio (1,2a) e si struttura in quattro passi con al 13 Ovviamente non potremo proporre, in questa sede, una vera e propria strutturazione retorica dei testi di Osea; ci sarà di aiuto assumere il linguaggio dell'analisi retorica nella scansione delle varie unità, nonché indicare, almeno nella strutturazione e nel commento di sequenze, passi, parti e brani (questa la scansione gerarchizzata in senso discendente), alcuni rimandi di carattere retorico. L'analisi retorica pone al centro lo scritto nella constatazione che i testi biblici possiedono una loro organizzazione intrinseca, non solo con fini estetici, ma anche con il fine di indicare l'articolazione e l'organizzazione delle parti in vista del significato del testo. Ogni parola ottiene il suo significato non solo dalla sua funzione grammaticale o sintattica, ma anche da una collocazione scelta per metterla in rapporto con altre in un dispositivo d'insieme. Cosi, p. es., ogni termine che si trovi all'inizio e alla fine (o nel centro) di un testo diventa rilevante per l'interpretazione. Si tratta dunque, nell'analisi dei testi di Osea, di eseguire due operazioni: la prima è la delimiìazione di una unità e delle sue parti; la seconda è quella di determinare i rapporti di somiglianza o di differenza fra le parti anche in vista di una loro organizzazione in unità più ampie. Si cercherà dunque di interpretare gli elementi correlati, stabilendo cosi la figura di composizione (struttura), affidandosi sia a indizi formali, sia a indizi di natura contenutistica. Gli indizi/orma/i si avvalgono della individuazione di termini o sintagmi che hanno una funzione strutturante: si tratta di termini o sintagmi, identici o simili, che indicano l'inizio, lafine, il centro di unità testuali simmetriche. Si possono inoltre rilevare termini o sintagmi estremi, che indicano l'inizio e la fine di un'unità letteraria, nonché dei termini medi che indicano la fine e l'inizio di un'unità letteraria successiva e correlata. Si possono anche accostare tra di loro termini, sintagmi ed espressioni che non siano in posizione strategica, ma che abbiano una certa rilevanza all'interno dell'assunto, oppure che abbiano un valore omologo o antinomico. Anche gli indizi di natura contenutistica, che emergono ovviamente dalla lettura di un testo, possono essere fattori che indicano la sua strutturazione. Essi vanno ricavati dall'esame del campo semantico, dallo studio del lessico specifico, dall'analisi di temi e motivi letterari; tuttavia essi devono essere subordinati, quanto più possibile, a quelli di natura formale. Per il metodo de li' analisi retorica e i suoi presupposti, cfr. R. Meynet, L 'Analisi Retorica, Queriniana, Brescia 1992 (con Prefazione di P. Beauchamp); Id., Trattato di retorica biblica, Dehoniane, Bologna 2008.

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centro un dittico (2,4-15 + 2, 16-25), che presenta l' «accusa» (rfb) rivolta a Israele/sposa infedele, e agli estremi due unità (l ,2b-2,3 e 3, 1-5), che narrano- sotto profili diversi -la vicenda del profeta. Una nuova titolazione in 4, l (che peraltro richiama, attraverso il vocabolo rfb, da rendere in questo contesto con «lite», il procedimento sviluppato nella sezione precedente) dà inizio a un'altra sezione. Viene da chiedersi se una costruzione così congeniata non voglia mettere in evidenza- al di là dello filo narrativo dell'intero testo di Osea- i capitoli 1-3. Risulta così evidente che, appartenendo il testo di Osea al rotolo dei Dodici, i testi di 1,1-3,5 non siano solo l'inizio del profeta, ma l'ouverture, nella chiave di una metafora straordinariamente riassuntiva, dell'intero Rotolo 14 • Per quanto riguarda la seconda sezione contenente i testi che vanno da 4, l a 14, l O- che costituiscono il corpus delle profezie di Osea (fatto salvo il valore di colophon finale in chiave sapienziale di 14, lO)- può essere suddivisa in sette sequenze: 4,1-5,7; 5,8-7,16; 8,1-14; 9,1-10,15; 11,1-11; 12,1-14,1; 14,2-10 15 • Tale scansione non solo mette l'accento sulla settima sequenza (14,2-10), come sequenza conclusiva, dato anche il suo tono liturgico penitenziale, ma mette anche in risalto la quarta sequenza (9, 1-1 O, 15), quella centrale, che - come si vedrà dal commento -ha una struttura fortemente concentrica. Tale sequenza segna il passaggio tra una parte della sezione maggiormente volta alla considerazione dei peccati di Israele e al tradimento dell'alleanza (sequenze prima, seconda e terza: cc. 4-8) a una seconda parte dove emerge con più forza il ricordo della vicenda storica tra Dio e Israele, segnata essa stessa dalla continua offerta dell'alleanza e della gratuita salvezza da parte di Dio e dal continuo tradimento di Israele (sequenze quinta, sesta e settima: cc. 11-14). 14 Per questa questione, che comporta anche il confronto con i testi di Malachia, ultimo dei dodici profeti, si veda D. Scaiola, l Dodici Profeti, cit., pp. 29-30; J.D.W. Watts, «A frame forthe Book ofthe Twelve: Hosea 1-3 and Malachi», in J.D. Nogalski- M.A. Sweeney (eds.), Reading and Hearing the Book ofthe TWelve, SBL Symposium Series 15, Atlanta 2000, pp. 209-217; l. Himbaza, «Le thèmes théologiques de Malachie», cit, pp. 82-96. 15 La delimitazione delle singole sequenze verrà argomentata nel commento.

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LINEE TEOLOGICHE FONDAMENTALI

L'alleanza in termini di nozze e di famiglia La simbologia famigliare (marito, sposa, padre, figli) è largamente presente nel libro di Osea 1 ~. Uno degli aspetti salienti di questo libro profetico è la metafora (ampiamente sviluppata nei cc. 1-3, ma ripresa anche nei successivi capitoli) dell'amore coniugale tradito. Il testo è molto provocatorio, oggi come allora, malgrado il cambiamento delle epoche e delle sensibilità: Osea deve sposare, per comando divino, una donna pubblicamente adultera (forse una prostituta) e avere con lei «figli di prostituzione». Discuteremo a suo luogo il valore storico o meno di questa metafora. Qui vogliamo solo indicare come tale figura letteraria ci permetta di vedere immediatamente una delle caratteristiche della profezia biblica: essa non consiste in dotte riflessioni di carattere religioso, il profeta è coinvolto totalmente nel suo messaggio. Osea profetizza, prima che con le parole, con la sua stessa vita, con il suo corpo, con la sua vicenda segnata dali' amore tradito. Tale vicenda, metafora del tradimento del popolo nei confronti dell'alleanza con Dio, diviene così matrice per tutte le riflessioni che coinvolgono la storia lontana e recente di Israele nel suo rapporto con YHWH. Dio è marito tradito e padre rifiutato, e, come un uomo ferito nei suoi affetti più profondi, è capace di gelosia e furore, ma come marito è anche capace di tenerezza e come padre può divenire dolcissimo. Significativo è il contesto esistenziale in cui viene sviluppata tale metafora: il profeta è chiamato a «vivere» il dramma di YHWH tradito e abbandonato dalla sposa (c. 2). La metafora utilizzata getta una luce importante sul tema (altrettanto caro a Osea) dell'«alleanza»: più che di un trattato giuridico-politico essa, paragonata al legame sponsale, diviene una relazione di promessa, di scambio e di riconoscimento. Se la passione fedele e l'attrazione vicendevole sono il presupposto fondante, tuttavia esse esigono «conoscenza» personale e insieme gratitudine per i beni ricevuti, ulteriori elementi, questi, del legame amoroso, ma che ad esso non 16 G. Bernini, Osea - Michea - Nahum -Abacuc. Versione introduzione note, Paoline, Roma 1983, pp. 26-27.

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possono essere sostituiti. Simile anche la relazione di figliolanza, che imporrebbe al figlio, uscito dalla fanciullezza, di riconoscere la sollecitudine del padre che lo ha allevato e amorosamente educato. Ovviamente queste due immagini mettono in risalto il tradimento della sposa/Israele e l'allontanamento ingrato del figlio/Israele, nonché la passionalità con cui Dio stesso manifesta la ferita inflitta da questo rifiuto. Esso presenta due aspetti, relazionati ma distinti: quello religioso e quello più esplicitamente politico. La colpa di Israele in chiave religiosa Il primo aspetto si presenta come una perversione del culto di Dio, perché Israele celebra YHWH «come» Ba'al. Ovviamente sullo sfondo sta lo scisma perpetrato da Geroboamo per il regno del Nord: alla divisione politica il re fece seguire, nel 931 a.C., una vera e propria distinzione religiosa dal tempio di Gerusalemme (cfr. l Re 12,26-30), facendo erigere due vitelli d'oro (uno collocato a Bet-e], l'altro collocato a Dan), dando origine così a un culto con risvolti pericolosamente idolatrici: «Israele, ecco i tuoi dèi che ti hanno fatto uscire dalla terra d'Egitto!» (IRe 12,28). La Bibbia ha, ovviamente, un giudizio negativo senza appello su questa distinzione 17 : essa contravviene al secondo comandamento del decalogo che vieta di fabbricare immagini della divinità e ricorda da vicino l'episodio dell'adorazione del vitello d'oro narrato nel libro dell'Esodo (Es 32) 18 • Osea stesso, tuttavia, ha parole di fuoco nei confronti del «vitellastro di Bet-Aven» (Os 10,5; cfr. pure 8,4b-6), arrivando a storpiare in Bet-Aven («Casa del misfatto» ) 19 il nome Bet-el («Casa di Dio»), né manca di sottolineare con sarcasmo il traviamento di popolo e sacerdoti: «quelli che offrono loro sacrifici, e sono uomini, 17 A onor del vero bisogna dire che i due vitelli fatti erigere da Geroboamo si configuravano non come idoli ma più probabilmente come «sgabello» del trono di Dio. Questo è il motivo per il quale non troviamo traccia di polemiche contro di essi né nel ciclo di Elia ed Eliseo, né in Amos. Tuttavia il passo verso l'idolatria - come testimonia Osea - con l'aggravante dell'assimilazione con il dio Ba' al, fu assai breve. 18 La sensibilità giudaita potrebbe addirittura aver «retrodatato» al tempo dell'Esodo le forme dello scisma del regno del Nord. 19 Cfr. G. Deiana, «Bet 'iiwen nel libro di Osea», in M. Milani - M. Zappella (eds.), ((Ricercare la sapienza di tutti gli antichi» (Sir 39,1). Miscellanea in onore di Gianluigi Prato, Dehoniane, Bologna 2013, pp. 349-354.

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bacino i vitelli!» (13,2). Di fatto Israele, confondendo YHWH con il toro, ha confuso la teologia del Dio creatore con il culto naturistico del dio cananeo della pioggia e delle stagioni che favorisce la fecondità e il benessere, un dio «ciclico» (la cui manifestazione, cioè, si rinnova con il ciclo stagionale), la benevolenza del quale va continuamente perseguita e guadagnata. Ba'al, secondo la teologia popolare, è colui che concede i beni di sussistenza (2, 7). Il «Dio del bene» viene confuso e celebrato come il «Dio dei beni»: della fertilità, della pioggia, dei raccolti, della fecondità di animali e uomini. Israele adora la prosperità al posto di Colui che Io rende prospero. Si associa ai culti di Ba'al il tema della prostituzione sacra, sulla quale il dibattito tra gli studiosi è molto acceso. È dimostrato che pratiche di divinazione sessuale fossero usuali nel contesto del Vicino Oriente antico; tuttavia non si sa quanto effettivamente esse fossero presenti nèl mondo israelitico. Neppure è chiara la forma di queste pratiche, cioè se si trattasse di persone dedite stabilmente alla divinità, oppure persone che si prostituivano per donare il provento al dio, o ancora persone occasionalmente dedite a culti orgiasticF 0 • In tutto questo contesto di problematicità religiosa, troviamo, nel libro di Osea, anche l'aspra critica volta a un culto formale (5,6; 6,4-6; 8, 11.13) e alla classe sacerdotale (4,4-8) che spesso si macchia anche di misfatti politici e sociali (5, 1-2). Si può a ragione dire che Osea presenta forti accenti contro il potere clericale, inteso come gestione e regolamentazione istituzionalizzata e formale della dimensione religiosa. La colpa di Israele in chiave politica Il secondo aspetto della colpa di Israele, fortemente collegato al primo, ha una chiara natura politica: nessuno, se non YHWH può donare quella dimensione di salvezza che Israele va cercando attraverso vicende politiche interne e attraverso trattati e alleanze ora con l'Assiria ora con l 'Egitto, e nelle trame che culminano con tradimenti, uccisioni e violenza. Tale sviamento politico di Israele 20

J.L. Sicre Diaz, Introduccion al profetismo biblico, Verbo Divino, Estella 2011, p. 202.

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assume, agli occhi del profeta, una dimensione anch'essa idolatrica (5,13-15; 8,8-10; 12,1-2) in quanto tradisce l'alleanza con Dio, vero e umco sovrano. Il tempo cui fanno riferimento gran parte degli oracoli di Osea è un tempo funestato dali 'uccisione di quattro re (Zaccaria, Shallum, PeqaQ.ya, PeqaQ.). Da qui, probabilmente, l'immagine della corte reale come un «forno ardente» (7 ,3-7). Le riflessioni sulla natura infida del potere politico, si allargano a una considerazione negativa dell'istituzione monarchica: «Hanno intronizzato re ma non secondo il mio volere, hanno costituito dei principi ma a mia insaputa» (8,4). La monarchia non è garanzia di salvezza; anzi, quando Israele non vive l'alleanza, la monarchia stessa diventa una sciagura: «Dove è dunque il tuo re perché ti salvi in tutte le tue città? E dove sono i tuoi capi ai quali dicevi: "Dammi re e principi"? Ti ho dato un re nella mia ira e lo riprendo nel mio sdegno» ( 13, l 0-11 ). A questo fosco quadro si aggiungono le guerre fratricide tra Israele e Giuda. Particolarmente in 5,8-15 troviamo la condanna delle rivalità che dilaniano i due regni ed è interessante comprendere (al contrario di Is 7,1-8,23) come la questione sia guardata dal punto di vista di un abitante della Samaria, che addossa le colpe a Giuda: «l capi di Giuda sono come coloro che spostano i confini, riverserò la mia ira su di loro come acqua» (Os 5, l 0). Tali tradimenti (il ricorso al sostegno degli stranieri, la perversione della politica, in particolare dell'istituto monarchico, la lotta tra i due regni) vengono infine guardati dal profeta attraverso una specie di retrospettiva storica2I, fin dai cicli patriarcali, dali 'esodo, dall'insediamento in Canaan. Ne esce, soprattutto dal capitolo 9 in poi, una sorta di «riflessione storica» sulla dialettica tra castigo e salvezza, anzi sull'agire di Dio nei confronti del suo popolo e il continuo tradimento del popolo stesso. Questo, se da un lato tinge di pessimismo la memoria delle vicende di Israele, dall'altro mostra la presenza e l'azione continua di Dio. Infatti Dio rimane in Osea un Dio pervaso da un misterioso, passionale attaccamento a Israele. Da qui scaturisce un'accusa continua: Israele non gli permette di 21

L. Alonso ScMkel- J.L. Sicre Diaz, l Profeti, cit., p. 974.

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amarlo, accudirlo, salvario, circondarlo di donF 2• In questo contrasto estenuante, se Israele non può convincersi e convertirsi, sarà Dio stesso che capovolgerà la sua volontà e si convertirà (11 ,8-11 ). In una coerenza che nasce solo dall'amore, il giudizio di Dio appare così come veicolo di salvezza.

L'agire divino tra castigo e misericordia In questa linea, emergono alcuni elementi importanti. Anzitutto l'ambiguità dell'agire umano: da Adamo in poi (6,7) l'agire dell'uomo è segnato da una sorta di incapacità a compiere il bene; la stessa figura patriarcale di Giacobbe (12,3-5 .13) manifesta questa ambiguità dell'uomo, e persino il tempo (epico) dell'esodo manifesta il doppio aspetto di tempo della liberazione e della prova (12, 10; 13,5). Verso tale ambiguità la risposta di Dio si muove su più registrF3 : le tre forme, attraverso cui si esprime la reazione divina nei confronti della moglie infedele al capitolo 2, esprimono tre modalità della reazione di YHWH. Anzitutto egli pone degli ostacoli (castighi) perché la sposa smetta di correre dietro agli amanti e ritorni al marito (2,8-9); quindi punisce la sposa con durezza (2, l 0-15); oppure la perdona, per puro amore, rinnovando il legame sponsale (2, 16-25). «Nessun altro profeta dell'Antico Testamento mette in relazione così diretta la colpa d 'Israele col rapporto con Dio, nessuno la descrive, come appunto fa Osea, come violazione del primo comandamentm> 24 • La colpa, il tradimento ingiusto richiede di essere risarcito: abbiamo così, ovviamente, tutto il vocabolario della punizione. Dio viene presentato come una belva feroce, un leone, un leopardo o un'orsa, che si avventa sulla preda (5,14-15; 13,7-8). Non basta un «ritorno» formale e superficiale (6,1-3); è ne~essaria una conversione interiore: «amore voglio e non sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocausti» (6,6). In questa prospettiva Dio è colui che svela la radicale ignoranza di J. Jeremias,. Osea, cit., p. 17. L. Alonso SchOkel- J.L Sicre Dfaz, I Profeti, cit., p. 975. 24 J. Jeremias, Osea, cit., p. 16. 22 23

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Israele: «Ella non capiva ... » (2,10); «Va in rovina il mio popolo per mancanza di conoscenza» (4,6); «Un popolo, che non capisce, va in rovina>> (4,14). Tale ignoranza non è solo una mancanza di conoscenza intellettuale, essa è piuttosto un'incapacità fondamentale di conoscere il bene e aderirvi; anzi, è insieme stoltezza e tragica stupidità (4,12) resa ancora più acuta dall'irresponsabile e colpevole inadeguatezza delle guide spirituali del popolo: sacerdoti e profeti (4,5)25 • È proprio in questo quadro che emerge l'opzione del perdono incondizionato e gratuito. Esso fa appello non a una qualche attenuante nell'agire di Israele, ma solo e unicamente alla coerenza dell'agire di Dio: come egli in passato lo ha generato e salvato, lo ha allevato ed educato, così vuole e può - in forza di una sua libera scelta di misericordia - perdonarlo, «Perché io sono Dio e non uomo, sono il Santo in mezzo a te» (11 ,9): «La nostra logica religiosa segue questi passi: peccato-conversione-perdono. La gran novità di Osea, che lo pone su di un piano differente e lo trasforma in precursore del Nuovo Testamento, è che ha invertito l'ordine: il perdono precede la conversione. Dio perdona prima che il popolo si converta, benché non si sia convertito» 26 • La recezione biblica di Osea Il messaggio di Osea ha certamente avuto un influsso sulla susseguente letteratura biblica27 • La metafora nuziale per esprimere il rapporto tra Dio e il popolo, già presente nella seconda parte di Isaia, sarà ripresa in Geremia e in Ezechiele, fino al Nuovo Testamento in cui Gesù stesso assume tale metafora per presentarsi come «lo sposo» (Mc 2, 19-20) in un definitivo legame tra Dio e il popolo, mentre la Chiesa è presentata da Paolo come «la sposa>> purificata e pronta alle nozze (Ef 5,25-26). Anzi, tutta la storia con la sua drammaticità trova in questa immagine, nel libro dell'Apocalisse, il suo culmine (Ap 21 ,2.9; 22, 17). Un altro aspetto dell'influenza di Osea sui testi biblici è l 'immagine patema di Os 11 in cui il perdono e la misericordia ol25 Su questo importante tema si veda R. Torti Mazzi, «Conoscenza e amore nel libro del profeta Osea», in M.P. Scanu (ed.), Alla luce delle Scritture. Studi in onore di Giovanni Odasso, Paideia, Brescia 2013, pp. 41-75. 26 J.L. Sicre Diaz, Introducci6n al profetismo biblico, cit., p. 209. 27 lvi, p. 211.

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trepassano la semplice giustizia retributiva: Geremia raccoglie questa immagine (Ger 31, 18-20) che sarà poi definitivamente consacrata nella parabola del padre misericordioso di Le 15,11-32. Infine, la lapidaria espressione usata da Osea per esprimere il culto interiore e autentico («amore voglio e non sacrificio»: Os 6,6) viene ripetuta da Gesù stesso in Mt 9,13 e 12,728 • A questi tre punti capitali possiamo aggiungere anche altre citazioni dirette e indirette di Osea da parte del Nuovo Testamento: Mt 2,15 (Os 11,1: «dall'Egitto ho chiamato mio figlio»); Rm 9,25-26 cita Os 2,2 e l, l O; similmente fa l Pt 2, l O; l Cor 15,55 cita Os 13, 14; infine Le 23,30 e Ap 6,16 citano Os l 0,8. Queste citazioni mostrano anche come al tempo della prima Chiesa il libro del profeta fosse conosciuto e letto.

AUTORE, DATAZIONE E DESTINATARI

Il quadro storico ha nei libri profetici una grande importanza e, per quanto riguarda il libro di Osea, essa è forse addirittura maggiore. Il teatro degli eventi è infatti determinante per delineare alcuni tratti del profeta e delle successive redazioni, nonché per conoscere l'identità dei destinatari. Il profeta

L'attività di Osea copre verosimilmente il periodo compreso tra il 755 a.C. (ultimi anni del regno di Geroboamo Il) e il 724 a.C., fino cioè alla vigilia dell'assedio di Samaria da parte di Shalmanassar V che terminerà con la sua distruzione nel 722 a.C., segnando la fine del regno del Nord. Ovviamente il libro presenta allusioni anche a situazioni successive, e tali allusioni mostrano anche alcuni possibili passaggi redazionali. Os l, l apre il testo con una contestualizzazione assai ampia: «Parola di YHWH, che fu rivolta a Osea, figlio di Beeri, al tempo di Uzziya, Yotam, Al)az, l:lizqiya, re di Giuda e al tempo di Yorob'am, figlio di Yoash, re di Israele». Il quadro cronologico29 è dunque compreso tra il 762 e il 698 a.C. Tuttavia in questo qua28 29

L. Alonso SchBkel- J.L Sicre Diaz, I Profeti, cit., pp. 978-979. J.L. Siere Dfaz, Introducci6n al profetismo biblico, ci t., pp. 201-202.

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dro manca la citazione di almeno sei re israeliti: Zaccaria, Shallum, Menachem, Peqa}Jya, Peqal), Osea ben Eia. Quattro di loro muoiono assassinati e l 'ultimo è deportato, questo dato basti per capire a quale tumultuoso periodo si fa riferimento. Nulla di più possiamo arguire sulla persona del profeta: di lui conosciamo solo il nome del padre (Beeri), sappiamo che trovò opposizione (9, 7) e che la sua attività si svolse completamente nel regno del Nord. Dai testi possiamo arguire una buona conoscenza dell'ambiente sacerdotale nonché anche una certa dimestichezza con le tradizioni patriarcali e dell'esodo 30 • Sulla complessa vicenda matrimoniale del profeta è difficile comprendere quanto si tratti solo di una metafora letteraria oppure di una vicenda con un radicamento storico nella biografia del profeta31 • Il teatro storico La predicazione di Osea dovette iniziare con gli ultimi anni del regno di Geroboamo II (782-753 a.C.), un lungo periodo di pace e prosperità dopo le logoranti guerre con gli Aramei. Forse rientrano in questo quadro 2,4-15 e 4,4-5,7. Nel 753, Zaccaria, figlio di Geroboamo II, dopo soli sei mesi di regno viene massacrato da Shallum, che a sua volta viene assassinato il mese dopo da Menachem (2Re 15,8-16) in un clima di guerra civile (2Re 15, 16). Nel 746 sale al trono assiro Tiglat-Pileser III. Nel 742 Menachem deve pagare ali' Assiria un tributo di mille talenti d'argento, tassando tutti i ricchi del paese (2Re 15, 19-20)32 • A Menachem succede Peqal)ya, che dopo due anni di regno è assassinato dallo scudiero Peqa}:t. Durante questo periodo, nel regno di Giuda abbiamo il lungo e prospero regno del re Uzzia33 (o Azaria; 787-736 a.C.) al quale segue la reggenza e poi il regno del figlio Iotam. A costui succeB. Marconcini, «Osea», cit., p. 76. L. Alonso Sch~kel- J.L Sicre Diaz, I Profeti, cit., p. 973. 32 La data è discussa. Per alcuni autori saremmo nel 738 a C.: cfr. L. Alonso Sch~kel­ J.L. Sicre Diaz, I Profeti, cit., p. 971. 11 La Bibbia ci infonna che questo re fu colpito da una forma di «lebbra>> (2Re 15,5; 2Cr 26,16-21 ): molto probabilmente si trattava di un'infezione cutanea grave ma non mortale. Tale fatto fu interpretato da 2 Cronache e da Giuseppe Flavio come punizione di un sacrilegio commesso dal re. La malattia pose il re in una situazione di impurità rituale, per cui egli fu messo in isolamento e il figlio Iotam assunse probabilmente la reggenza fino alla morte del re (avvenuta intorno al 740 a.C.). 30

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dette il re Acaz, e si verificano gli eventi della cosiddetta guerra siro-efraimita34 • Essi accadono nel contesto delle invasioni assire 35 dell'VIII secolo a.C. Per lo studio di questo periodo, tra le fonti bibliche, abbiamo non solo i testi dei libri storici (2Re 15,27-17,5 e 2Cr 27, 1-28,27) ma anche quelli dei libri profetici, in particolare i testi di Is 7,1-8,23 e Os 5,1-6,1!36 • Conosciamo anche fonti extrabibliche, si tratta di documenti assiri (Liste degli Eponimi; Liste dei Tributari; Annali di Tiglat-Pileser JI/)37 : essi ci forniscono un inquadramento cronologico dello svolgimento dei fattP 8• Nell'ultimo anno del regno di Menachem di Israele, Tiglat-Pileser III muove guerra contro il territorio siro-palestinese (2Re 15, 18b-20), i vari re (Menachem, Rezin di Damasco, e altri) si affrettano a inviare dei tributi adempiendo così a un primo stadio del processo di sottomissione. Nel 734 gli Assiri ricompariranno nella regione. In Israele regna il caos politico: Peqabya, figlio di Menachem, è ucciso da Peqab (2Re 15,23-31 ), il «figlio di Romelia» citato in Is 7. È in questo contesto che i regni di Damasco (Aram) e di Samaria (Efrayim) con altri staterelli (Tiro, Gaza, e forse Edom) decidono di costituire una lega antiassira e pretendono che Giuda entri a far parte di questa coalizione. Siamo negli anni 735-734. Giuda si rifiuta di partecipare alla lega, data la sua 34 La bibliografia è abbondantissima. Oltre al lavoro di J. Asurmendi, La Guerra SiroEfraimita. H/storia y Profetas, Soler, Valencia- Jerusalén 1982, si può vedere: P. Machinist, «Assyria and its Image in the First Isaiah», Journal of the American Orienta/ Society 103 (1983) 719-737; A.-M. Pelletier, «Le Livre d'Isaì'e et !es temps de l'histoire», Nouvelle Revue Théo/ogique 112 ( 1990) 30-43. 35 J.A. Soggin, Storia d 'Israele. Dalle origini a Bar Kochbà, Paideia, Brescia 1984, pp. 338-339, seguendo gli studi di Donner, indica tre fasi attraverso le quali gli Assiri assoggettavano un territorio: vassallaggio con riscossione di tributi annui; colonizzazione con l'insediamento di un re favorevole agli Assiri e più ingenti tasse; infine, occupazione e deportazione. 36 Per alcuni autori anche Is 8,24-9,6 e Is 10,27-34 (cfr. J. Asurmendi, La Guerra SiroE.fraimita, cit., pp. 17-18) fanno riferimento alla situazione di disastro e salvezza seguita alla guerra siro-efraimita. Altri testi profetici, non senza discussione (cfr. J. Asurmendi, La Guerra Siro-Efraìmita, cit., pp. 18-19), sono Os 2,1-3.18-25; 5,8-6,6; 6,7-7,16; 7,3-16; 8,1-14; 9,10-17;10,1-8 eAm 1,9-10. 37 Nelle Liste degli eponimi viene registrata per il 734 (anno di Asur-shallimanì) la campagna contro la Filistea e nel733 (anno di Asur-daninani) la campagna contro Damasco. Le Liste dei tributari elencano i tributi ricevuti da Tiglat-Pileser. Abbiamo una lista dell'anno 728 nella quale è espressamente citata Giuda (cfr. J. Asurmendi, La Guerra Siro-Efraimita, cit., pp. 34-35). 38 Per una rassegna delle ipotesi cfr. J. Asurmendi, La Guerra Siro-Efraimita, cit., pp. 37-50. Cfr. anche J.A. Soggin, Storia di Israele, cit., pp. 340-345.

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relativa indipendenza. Gli altri Stati giudicano questo rifiuto come un tradimento, e attaccano Giuda per forzarlo alla partecipazione: essi pensano di rovesciare Acaz e mettere al suo posto il «figlio di Tabeel», un re fantoccio (Is 7,5). In tale contesto il re di Giuda, per uscire dalla morsa, chiama in suo aiuto proprio il re assiro Tiglat-Pileser III, inviando un tributo (2Re 16,7) e introducendo nel Tempio di Gerusalemme un altare sul modello di quello assiro visto a Damasco (2Re 16, l 0). Tali atti avranno conseguenze gravi per Israele e Giuda: il primo verrà occupato, il secondo diventerà vassallo dell'Assiria fino alla caduta di questo impero. La coalizione è infatti sconfitta dall'avanzata assira proveniente da nord-ovest. Il regno di Damasco scompare dalla scena politica nel 732. Le zone più fertili del regno di Israele (la piana di Yizre'el, la Galilea, le pianure costiere e la Transgiordania) sono conquistate e trasformate in province assire. Anche la sorte di Samaria è segnata. Nel 734 il suo territorio è invaso, re Peqal} è ucciso (il quarto regicidio in quindici anni) e re Osea ben Eia è reso vassallo degli Assiri: lo stato del Nord (si vedano gli oracoli di Os 5,8-9,9) si riduce alla sola montagna di Efrayim. Questo periodo di colonizzazione assira termina con la morte di Tiglat-Pileser III, nel 727, quando Osea ben Eia per scrollarsi di dosso il pesante fardello assiro prepara una rivolta, allacciando rapporti con l 'Egitto, storico nemico degli Assiri. Nel 724 il re Osea cessa di versare il tributo, un esercito assiro cinge d'assedio Samaria (alcuni intravedono dei riferimenti in Os 2, 16-25; 3, 1-4 e 9,10-14,1) 39 fino al 722, anno della conquista totale da parte di Shalmanassar V. La parte più rappresentativa della popolazione della capitale, formata dalla classe colta e dal ceto artigiano, fu deportata; molti andarono profughi nel regno di Giuda come si evince anche dagli scavi e dalle ricerche archeologiche40 • Insieme con i profughi del regno del Nord giunsero probabilmente anche gli scritti di Osea. Rimasto superstite solo il regno di Giuda, sotto il re Ezechia (715686 o 728-700)41 ci furono due importanti avvenimenti: una riforma 39

J. Jeremias, Osea, cit., p. 12.

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lvi, p. 13.

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Per le complesse questioni cronologiche cfr. A. Laato, «Hezekiah and the Assyrian

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religiosa e la rivolta anti-assira. Entrambi questi eventi furono destinati ad avere scarso successo. A questo giudizio storico e politico si contrappone quello religioso di 2 Re e 2 Cronache: Ezechia è considerato, insieme a Giosia, uno dei migliori monarchi di Giuda. Secondo 2Re 18,3-4 e 2Cr 29,1-31,21 Ezechia incominciò una riforma religiosa nella linea dell'eliminazione dei culti pagani. Nel 705, morto Sargon II, l'erede al trono Sennacherib subi una rivolta generale e dovette faticare non poco a ristabilire l'ordine nel suo impero. Nonostante il parere contrario di Isaia (ls 30,1-5 e 31, 1-3) Ezechia si alleerà ali 'Egitto, che però non presterà il suo appoggio. Anzi 2Cr 32,31 ci riferisce che Ezechia cercherà alleanza anche con Merodak Baladan di Babilonia42 il quale, ribellatosi all'Assiria, aveva proclamato la sua indipendenza. Sennacherib, domata quasi subito la rivolta babilonese, investì Giuda da sud, occupandone il territorio: solo Lachis e Gerusalemme scamparono. La prima però fu ben presto distrutta. Gerusalemme invece resistette in quanto Ezechia aveva provveduto alla sua dotazione idrica costruendo la condotta che portava l 'acqua dalla sorgente del Ghicon nella stessa città43 • In 2Re 18,13-19,36 abbiamo l'attribuzione della fine dell'assedio con la fuga del nemico a un intervento divino straordinario44 • La composizione del libro Il quadro storico delineato ci fa comprendere come il testo di Osea possa aver avuto, in origine, come destinatari, i re, la classe sacerdotale, i politici e, insieme, l'intero popolo del regno di Samaria. Con la distruzione della città e il presumibile passaggio degli scritti di Osea nel regno di Giuda, possiamo supporre una Crisis in 701 B.C.», Scandinavian Journal ofthe 0/d Testament 2 (1987) 49-68. 42 Cfr. pure 2Re 20,12-19 = Is 39,1-8 = 2Cr 32,25-39. 43 2Re 20,20; 2Cr 32,1-4.30; Is 22,9b. 44 Cfr. anche i paralleli in Is 36-39 e 2Cr 32,1-19. Negli annali assiri leggiamo (traduzione di Soggin, Storia, 356-357): «Per quanto riguarda Ezechia, il Giudaita, egli non si sottomise al mio giogo. Quarantasei delle sue piazzeforti ed innumerevoli località nelle vicinanze ho assediato e conquistato, costruendo terrapieni, usando macchine d'assedio, con l'aiuto di truppe d'assalto, mediante brecce nelle mura, mine sotto i bastioni [sic], attacchi con l'ariete. Lui in persona ho imprigionato in Gerusalemme, sua residenza, come un uccello nella sua gabbia)). Ma sulla conquista della città neanche una parola. Si parla bensl di un pesante tributo inviato da Ezechia a Sennacherib, citato anche da 2Re 18,13-16.

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redazione «giudaita» di queste, applicate non più solo al popolo del regno del Nord, ma anche a quello del regno del Sud. Ne fanno fede alcuni passaggi come il titolo del libro (l, l) che reca i nomi dei re di Giuda, la chiusa finale di carattere sapienziale (14, l 0), e alcuni nferimenti espliciti al regno di Giuda (1,7; 4,15; 12,1). Già il profeta Geremia sembra avere familiarità con i testi di Osea (si veda, p. es, Ger 2,1-4,31; 30,1-31 ,40). Sicre Diaz afferma che Osea si presenta, a prima vista, come una «mescolanza incomprensibile di oracoli assai diversi» 45 • Lo stesso redattore finale del libro afferma: «Chi è saggio faccia attenzione a queste cose. Chi ha intendimento le comprenda» (14,10a); probabilmente anche lui riteneva il testo di Osea alquanto complesso! Wolff46 immagina il testo di Osea come un insieme poco organico di unità kerigmatiche intorno alle quali i redattori hanno cercato di ricostruire un messaggio profetico. Jeremias47 pensa di poter ordinare gli oracoli in senso cronologico, intravedendo tre fasi nella profezia di Osea: prima della guerra siro-efraimita (oracoli contro l 'idolatria), durante la guerra siro-efraimita (oracoli sulla guerra fratricida tra Israele e Giuda) e dopo la crisi assira (oracoli contro la ricerca di alleanze). Tuttavia lo stesso Jeremias è costretto ad ammettere che i singoli oracoli «non hanno che una funzione ausiliaria ali' interno della presentazione complessiva del messaggio» 48 • Insomma il libro di Osea sarebbe, secondo questi autori, una collezione redazionale di profezie antiche, della quale è però assai difficile recuperare un principio organizzativo che non sia quello tematico. Ìn realtà questa constatazione, invece di frustrare una lettura organica di questi testi, pone proprio la questione sul loro «montaggio» e sulla loro unità redazionale. Come abbiamo già accennato, una risposta può venire dalla considerazione più ampia dell'inserimento di Osea nel rotolo dei Dodici. La quasi totalità degli studiosi, che si sono occupati della redazione del rotolo dei dodici profeti, annovera Osea (con Amos, J.L. Sicre Diaz, Introduccion al profetismo biblico, cit., p. 210. H. W. Wolff, Hosea, cit., pp. XXIII-XXV. 47 J. Jeremias, Osea, cit., pp. 13-16. 48 lvi, p. 14. 45

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Michea e Sofonia) nel primissimo strato redazionale del rotolo49 , il quale costituisce, secondo J.D. Nogalski50 , il nucleo dal quale si sarebbe sviluppato l'intero rotolo 51 che, a livello di redazione finale, porta molti segnali di «collegamenti testuali» 52 , come ha minutamente segnalato dallo stesso Nogalski53 • Sotto il profilo di una lettura sincronica (condotta cioè sulla forma finale) del rotolo dei Dodici, si sottolinea come alcune tematiche teologiche - soprattutto il tema dell'alternanza peccato-castigo-salvezza e quello della misericordia divina54 - siano fondamentali per la comprensione dell'organizzazione e dello sviluppo dei testi: sotto questo profilo non può sfuggire come il testo di Osea, in rapporto con gli altri testi dei Dodici, rappresenti senz'altro un ampio e autorevole campo di indagine tuttora aperto 55 •

TESTO E TRASMISSIONE DEL TESTO

Si è già detto come il testo ebraico di Osea sia un testo difficile, discontinuo, con termini difficili e arcaici e a tratti non ben conservato. Questi elementi depongono per la sua antichità. Rimane da segnalare come le principali versioni antiche (la Settanta e la Vulgata) abbiano tutto sommato fatto riferimento a un testo ebraico non troppo dissimile dal Testo Masoretico. Come nota A. Passoni Dell'Acqua: «Il libro ali' epoca della traduzione era già antico e trasmetteva un messaggio sorto in un contesto sparito da parecchi secoli: le allusioni del testo erano a fatti storici il cui ricordo era 49 D. Scaiola, l Dodici Profoti, cit., pp. 19-22. I quattro profeti sarebbero contemporanei (VIII sec. a.C.), Amos e Osea avrebbero profetato nel Nord, gli altri due nel Sud di Israele. 50 J.D. Nogalski, Redactional Process in the Book ofTwelve, de Gruyter, Berlin- New York 1993, pp. 274-280. 51 Per un'ampia bibliografia su questi aspetti redazionali del rotolo dei Dodici si veda D. Scaiola, l Dodici Profeti, cit., pp. 22-24. 52 lvi, p. 23. 53 J.D. Nogalski, Literary Precursors to the Book ofthe Twelve, de Gruyter, Berlin- New York 1993; più recentemente J.D. Nogalski, «The Book ofthe Twelve Is Nota Hypotesis», in E. Di Pede- D. Scaiola (eds.), The Book ofthe Twelve, cit., pp. 37-59. 54 Cfr. D. Scaiola, I Dodici Profeti, cit., p. 26, con bibliografia. 55 D. Scaiola, «The Twelve, one or many Books? A Theological Proposal», in E. Di Pede- D. Scaiola (eds.), The Book ofthe TWelve, cit., pp. 180-193.

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mal conservato se non completamente cancellato. La lingua era arcaica, espressa con uno stile poetico denso e pieno di sottintesi e non c'erano strumenti lessicali per aiutare i traduttori» 56 • È molto interessante notare come la Settanta accentui la tripartizione del libro (1,2-3,5; 4,1-11,11; 12,1-14,10) utilizzando espressioni simili: l6gos kyriou in l ,2; 4, l e la chiusura della prima e seconda parte con l'idea di un «ritorno» e con un senso di stupore (verbo existemi «essere stupefatto», che traduce in 3,5 e 11, l due differenti verbi ebraici); le medesime idee di «ritorno» e «stupore» sono implicite nella conclusione della terza parte (14,2-10) 57 • I manoscritti di Qumran mostrano, in molti casi, consonanze con l'ipotetico testo ebraico tradotto dalla Settanta58 • Per quanto riguarda Girolamo, pur prendendo le mosse dal testo ebraico, non disdegna- occasionalmente- di appoggiarsi alla Settanta59 •

Elenco dei manoscritti citati nel commento Codice di Leningrado o Firkovich B J9A (L), datato al l 008/1009 d.C.; è conservato presso la biblioteca nazionale russa di San Pietroburgo (già Leningrado ). 4QProfeti Minoric (4Qxuc o 4Q78) datato intorno al 75 a.C. e pubblicato in E. Ulrich et al (ed.), Qumran Cave 4. X The Prophets, Discoveries in the Judean Desert 15, Clarendon Press, Oxford 1997. 4QProfeti Minorig (4Qxug o 4Q82) datato alla seconda metà del I secolo a.C. e pubblicato in E. Ulrich et al (ed.), Qumran Cave 4. X The Prophets, Discoveries in the Judean Desert 15, Clarendon Press, Oxford 1997.

56 A. Passoni Dell'Acqua, «L'edizione della versione greca- LXX- del libro di Osea}), Rivista Biblica 51 (2003) 321. 57 lvi, p. 320. 58 fvi, p. 321. 59 Girolamo, Commento a Osea, introduzione, traduzione e note a cura di Marco Tullio Messina, Città Nuova, Roma 2006, pp. 14-15.

BIBLIOGRAFIA

Commenti

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1,1 Osea (lll!.iiiT)- Il nome del profeta (che si trova scritto anche in forma più estesa, iT~~~iiT) potrebbe essere tradotto «YHWH ha prestato soccorsa>>: si tratta di un nome abbastanza comune: Nm 13,8; 2Re 15,30; 2Re 17,1.3; ICr 27,20; Ne 10,24; Sal 86,2; Ger 31, 7; (forma lunga) Ger 42,1; 43, l; Ne 12,32. Beeri (",N.~)- Il padre di Osea non è altrimenti identificabile, il nome rimanda all'immagine del pozzo (in ebraico ,N.~) e si potrebbe tradurre «mia sorgente». ·

•:• 1,1 Testi affini: Ger 1,1-2; Ez 1,3; Gll,l; Mi 1,1; Sof 1,1; Ag 1,1; Mali, l 1,2 Inizio della vicenda tra YHWH e Osea (.l1.W.ii!~ i'T1il~-,~"! n~r:tt;1)- Il termine i'T~r:tl;1 «inizio» è, in modo inusuale, in stato costrutto con una forma verbale (alla lettera: «inizio del parlare di Dio»). Il termine presenta così una sfumatura di carattere qualitativo nel senso di «origine)). In secondo luogo la preposizione :l ha sollevato discussione: essa potrebbe significare che YHWH parli «COn>> o «nel» (cfr. il greco

TITOLO GENERALE (1,1) Il libro di Osea incomincia con una titolazione generale comune (in forma simile o leggermente variata) nei testi profetici: «Parola di YHWH, che fu rivolta a ... », segue il nome del profeta, talvolta con indicazioni sulla sua famiglia, sul luogo e il tempo in cui ha esercitato il ministero. Questo attacco si trova uguale in Gl 1, l; Mi l, l; Sof 1,1 e in Gio 1,1. Il termine diibiir «parola» (ma anche «fatto»l«evento») connesso con l'attività profetica (cfr. Ger 18,18) indica sia un discorso che un'azione. Con questo termine si esprime la relazione di Dio con l'uomo, neli' ottica della rivelazione della sua volontà. Questa dimensione dinamica e relazionale, espressa anche dalla preposizione 'él («verso») seguita dal nome dell'interlocutore, indica l'agire di Dio nella storia e nella vita del profeta, e (tramite lui) nella vita del popolo. Ancora possiamo notare come il termine ebraico diibiir («parola») si trovi qui al singolare (abbiamo il plurale in Ger l, 1 e Am 1,1): viene sottolineata così l'unità dell'intero messaggio profetico e la sua autorevolezza, fondata sulla speciale relazione tra Dio e il profeta, prima ancora dei singoli oracoli pronunciati da Osea e delle sue vicende personali. Tutto ciò che egli dice e fa si inquadra in un atto di parola, che è insieme parola di Dio e parola del profeta. Va notato come la stessa radice ebraica (yiisa' che significa «salvezza») da cui proviene «Osea» sia la medesima che si trova nei nomi di Isaia e Giosuè: il rotolo dei Dodici Profeti incomincia con un nome proprio che indica «salvezza», così come la raccolta dei «profeti maggiori» (Isaia), e la serie dei libri cosiddetti storici (Giosuè), che nel canone ebraico sono denominati «profeti anteriori». La profezia di Osea porta un doppia datazione: quella che riguarda i re di Giuda

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OSEA1,2

Parola di YHWH, che fu rivolta a Osea, figlio di Beeri, al -· . tempo di Uzziya, Yotam, Al}az, I:Iizqiya, re di Giuda e al tempo di Yorob'am, figlio di Yoash, re di Israele. 1

lnizio della vicenda tra YHWH e Osea.

2

YHWH disse a Osea: «Va' a sposarti con una donna infedele e rrp6ç) o «attraverso» Osea: cadere però in una rigida interpretazione strumentale («attraverso») del rapporto tra Dio e il profeta contraddice il dialogo che si sviluppa nella narrazione successiva. La terza questione riguarda il fatto che nel Testo Masoretico, il v. l ,2a è separato dal resto del testo con un segno El (pasuq): molti studiosi ignorano questo segno e connettono 1,2a con 1,2b. Le tre questioni, prese insieme, denotano come in questa frase si ponga l'accento sul parlare di Dio «con» Osea. Per questo

motivo nella traduzione abbiamo deciso di sottolineare la relazione (di parola e di vita) tra Dio e il profeta: l'intera «vicenda» (dialogo, comando, esecuzione, conseguenze, giudizio ... ) è annunciata da una titolatura quanto mai importante. Va' a sposar ti (n~~ 'Ù"Mj? 'Ù) - Il comando divino viene espresso con due imperativi (alla lettera: «va', prendi in moglie per te>>); il verbo Mi'~ «prendere» con la preposizione~ assume proprio il significato matrimoniale.

(Uzziya, Yotam, Al;taz, l;lizqiya), che situerebbe la sua azione profetica nello stesso tempo di Isaia(Is 1,1), e il riferimento a Yorob'am Il (figlio di Yoash; cfr. 2Re 14,2329) della dinastia del regno del Nord, che sembra, proprio perché particolare, la datazione più appropriata. Dunque, Osea avrebbe incominciato il suo ministero alcuni anni prima di Isaia. Yorob'am Il era conosciuto ai lettori della Bibbia anche per l'episodio riportato in Aro 7, l O. Questo ha probabilmente indotto il redattore ebraico- mettendo in parallelo, per la datazione, i re di Giuda e il re di Israele (unico altro caso in Aro l, l)a fornire maggiori dettagli storici, ed è il segnale che il titolo pensa necessariamente a lettori di Giuda. La datazione in riferimento ai re di Giuda potrebbe anche indicare il tempo della ricezione degli oracoli di Osea nel regno del Sud. Tutte queste riflessioni sui tempi e sui luoghi suggerite dal «titolo» ci portano a enucleare un concetto teologico basilare per la letteratura profeti ca e per la lettura della Bibbia in generale: la parola di Dio è tale in quanto è parola datata e localizzata. Essa non si manifesta al di fuori del tempo e dello spazio, ed è valida (anche quando inserita in una tradizione credente che la trascrive e la rilegge) proprio perché rimane ancorata a una sua specificità spazio-temporale. Questo fa sl che l'intera vicenda personale (e paradossale) di Osea, narrata nei versetti seguenti, possa diventare una vicenda paradigmatica, valida in ogni tempo. INFEDELTÀ E PERDONO: LA RELAZIONE TRA DIO E ISRAELE (1,2-3,5) La prima sezione del libro di Osea- che è anche la prima sezione dell'intero rotolo dei dodici profeti minori - si apre con la narrazione della vicenda del profeta, al quale Dio ordina di sposare una donna palesemente infedele, e avere da lei

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OSEA 1,3

:il},; ''J.t1~9.fl.~v h~rn i1~r'f.

=1~ i?-,7~1 1iJtl1 o;~:rrn~ ,~~-n~ n~~1 ~7~1 3 Infedele ... figli del/ 'ariulterio - In ebraico si usa lo stesso tennine C'l~lT; la radice rm «prostituzione» indica sia· l~ meretrice sia la situazione di adulterio (cfr. Tamar in Gen 38,24) e, in senso metaforico, l'infedeltà politica o idolatrica (cfr. quanto si dice della regina Izebel in 2Re 9,22).

Paragonabile ali 'espressione C'lm ,,", («figli de li' adulterio») è quella che 'si Ù~~ va in Os 5,7 C'!\ c·~~ («figli bastardi»). Il paese infatti continua a prostituirsi, lontano da (•,.r:r~~ n~::r i1l),l} i1lr·~) - Osea ama queste forme abbreviate con l'elisione del verbo di moto (cfr. 2,17 .20;

«figli dell'adulterio», metafora, questa, lancinante dell'allontanamento di Israele dall'alleanza con Dio. La sezione si sviluppa come una sequenza ben congeniata (segno di un'attenta redazione finale) che, dopo un titolo specifico (1,2a), vede alle estremità due passi (1,2b-2,3; 3, 1-5) che narrano la vicenda di Osea sposo di Gomer, l'infedele, che gli partorisce «figli dell'adulterio». Al centro della sequenza troviamo invece due passi (2,4-15 e 2, 16-25) che segnano i due momenti di una controversia giuridica (in ebraico rfb ), anzi di una vera e propria requisitoria volta a mostrare le infedeltà di Gomer e a otteneme una ravveduta consapevolezza, momento necessario per il ristabilimento dell'alleanza. Il passaggio tra l'uno e l'altro momento della controversia è marcato in 2,15-16, dall'affermazione conclusiva «oracolo di YHWH» (v. 15) e dall'espressione «Perciò, certo ... » (laken hinneh, v. 16), chiara formula che spesso negli oracoli profetici introduce il giudizio o la punizione. A lungo gli studiosi hanno discusso sul valore storico o metaforico (letterario) della vicenda di Osea: bisogna ammettere che la vicenda dell' «amore tradito» è, di fatto, talmente universale, che la portata simbolica e metaforica dell'episodio è di gran lunga prevalente, anche se questa constatazione non esclude a priori una valenza storico-biografica. Si devono inoltre aggiungere due considerazioni. In primo luogo va considerata la posizione di questa vicenda, che apre l'intero rotolo dei dodici profeti, quasi a indicare il leitmotiv della predicazione profetica proprio nei binomi amore/tradimento, alleanzal(in)fedeltà. Tale posizione ha fatto anche supporre a taluni che i primi tre capitoli di Osea fossero in realtà una composizione autonoma rispetto al testo seguente, appoggiandosi sia sulla titolazione di l ,2a, sia sul nuovo inizio in 4, l. La seconda considerazione (espressa da Alonso SchOkel- Sicre Diaz) riguarda il fatto che tale vicenda matrimoniale occupa, nel libro di Osea, il posto che in altri libri profetici hanno i racconti di vocazione, e che essa, sia dal punto di vista simbolico e antropologico, sia dal punto di vista teologico, struttura il messaggio di questi testi, sotto il profilo delle tematiche amore-fecondità, alleanza-tradimento, castigo-salvezza, tematiche che poi si ritrovano nell'intero libro. Gli studi recenti sul rib profetico hanno ulteriormente contribuito a spiegare questi testi così importanti, mettendo in evidenza la valenza giuridica della requisitoria bilaterale, che (a differenza del ricorso al giudizio forense, che culmina nella

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OSEA 1,3

(abbi) figli dell'adulterio; il paese infatti continua a prostituirsi, lontano da YHWID>. 3 Allora andò a sposare Gomer, figlia di Diblayim. 3,5; 12,7), che risultano più intense. 1,3 Gomer,figlia di Diblayim (Cl,'{~'1"M!ll ,1.?~) - La radice ebraica ,~~. che soggiace al nome «Gomer;;, è interessante perché rimanda al tema del «colmare», «completare>> (cosi fa notare Girolamo nel suo commento: consummata in fornicatione,

«esperta nel fornicare»). Il nome Diblayim (con un'inusuale fonna duale) rimane misterioso; rimanda a un dolce, la «schiacciata di fichi» (lSam 25,18; 1Cr 12,41). Forse il nome presenta un'allusione erotica: Gomer è «dolce» come una schiacciata di fichi (Gruber).

sentenza) non mira in primo luogo alla condanna del colpevole, quanto piuttosto al suo ravvedimento e dunque alla riconciliazione e al perdono. 1,2a Titolo Dopo il titolo generale di l,l, in cui si esplicita come la «Parola di YHWH» (d'bar YHWH) fu rivolta a Osea, subito nel versetto seguente si utilizza la medesima radice diibar: «Inizio del parlare di YHWH con Osea». L'ampio spettro semantico della radice ebraica, che indica sia la parola ma anche l'agire ad essa collegato, ci permette di interpretare questo versetto come indicativo non solo del dialogo tra YHWH e Osea, ma dell'intera vicenda (singolare e, per questo, emblematica) del profeta scaturita da un comando divino, e dunque della relazione tra Osea e Dio. Molti autori traducono con una frase temporale «Quando YHWH incominciò a parlare a Osea ... », ma ci sembra che questa titolatura abbia un valore molto più forte neli' introdurre la (paradossale) richiesta divina. Essa pone davanti agli occhi del lettore- subito- quell'intreccio tra parola e vita, comando divino e risposta dell'uomo, che caratterizza la vicenda profetica in quanto tale. 1,2b-2,3 Matrimonio di Osea e figli di Gomer l'infedele In questo passo, introdotto dal comando paradossale di Dio al profeta, si narra, in forma di prosa narrativa, la vicenda del profeta che sposa una prostituta che gli genera «figli dell'adulteriO>>, cioè figli la cui paternità è dubbia o sconosciuta. Il valore paradigmatico della vicenda è espresso già a conclusione del v. 2, introdotto da un ki esplicativo «infatti» e dalla ripetizione in forma enfatica (infinito assoluto +forma verbale) della medesima radice zana, «prostituirsi». Il passo può essere suddiviso in quattro parti (1,2b-5; 1,6-7; l ,8-9; 2, 1-3) che corrispondono ai tre figli di Osea e a un oracolo finale di salvezza. Subito notiamo che 2,1-3 ha certamente un tono letterario diverso rispetto ai restanti testi, quasi anticipando la soluzione della disputa giuridica che si trova nei passi seguenti. 1,2b-5 Matrimonio con Gomer l 'infedele e nascita di Yìzre 'el La prima parte contiene il comando divino di sposare Gomer, con la sua giustificazione, l'esecuzione del comando da parte del profeta, e la nascita del primo figlio. Il comando divino («Va' a sposarti») viene espresso con due imperativi che

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OSEA 1,4

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Rimase incinta e gli partorì un .figlio (,lJI:11 ;"-,~J:'I1)- I due verbi femminili (tipici per descrivere la generazione di un figlio: cfr. Is 8,3), senza menzionare l'unione sessuale (cosi anche in 1,6.8), rafforzano l'idea che i figli non siano biologicamente del profeta. Gli- Il pronome ebraico e il corrispettivo greco aim;; mancano in molti manoscritti,

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probabilmente per assimilazione ai vv. 6 e 8. 1,4 Al projèta- L'ebraico,,~~ andrebbe reso «a luh>: nel corso della traduzione si è scelto di sostituire i pronomi con il nome proprio o il sostantivo corrispondente (così anche al v. 6 e al v. 9). Yizre 'el !:l~ .,,~!:l t •

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2,13 Le sue feste (i1~1j)- La Settanta (Éoptàç aòtftç) e la versione siriaca traducono al plurale tutti i tennini del v. 13 che in ebraico sono al singolare. Probabilmente i vocaboli ebraici vanno intesi con senso collettivo. 2,15 La punirò (;;t·~~ '1'1\i?~~)- Alla lettera: «Visiterò lei». Ba 'al (c•7~~iJ) - La fonna plurale del nome della divinità cananea usata dalla Bibbia può avere due motivi: il fatto che si indichi

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tutto il suo variopinto pantheon, oppure che si indichino le divinità (idoli) venerati in vari santuari (Ba'al di Pe'or, Ba'al di I:Iermon, Ba'al di I:Iazor ... ). Di fatto si ritiene vi fosse una sola divinità chiamata Ba' al. Del resto, la molteplicità applicata alla divinità, può essere essa stessa, in questo caso, motivo di ironia. 2,16 Perciò, certo (m ;:t 1::l7)- Tali particelle introducono la sanzione (cfr. anche 2,8)

2,13-15 Culti idolatrici N eli 'ultima parte di 2,4-15 viene ulteriormente svelato il tema dell'idolatria: YHWH farà cessare le feste pagane, ridurrà a sterpaglia le piante che danno i frutti (uva, fichi) con cui forse si confezionavano bevande e dolci rituali, soprattutto punirà la sposa per «i giorni dei Ba'al». Il verbo «visitare» (ebraico,paqad)- che nel contesto esodico ha un significato senz'altro positivo (cfr., per esempio, Es 3, 16; 4,31; 13, 19) mentre qui è decisamente punitivo - è il vertice di un climax ascendente: YHWH «prende»; «strappa via» (vv. 11.12); «fa cessare» (in ebraico abbiamo il verbo sabat: un'assonanza significativa con il termine «sabato» sabat, v. 13); «devasta» (v. 14). Si può notare come i primi tre verbi, che talora si presentano con un significato positivo di liberazione e rivelazione (Es 6,6-7; Rut 4,4 ), siano qui verbi chiaramente punitivi. La parte finisce con una descrizione quasi sarcastica della sposa ancora agghindata per la festa idolatrica che «corre dietro» (cfr. v. 7) agli «amanti» e si «dimentica» di YHWH. L'espressione finale «oracolo di YHWH» sancisce la cesura tra 2,4-15 e il passo seguente.

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OSEA2,16

Farò cessare ogni suo divertimento, l le sue feste della nuova luna, del sabato e ogni sua solennità. 14Devasterò la sua vite, il suo fico, di cui diceva: «Questo è il regalo l che mi hanno fatto i miei amanti!»; li renderò come sterpaglia l e li mangeranno gli animali selvatici. l 5La punirò per i giorni dei Ba'al, l quando sacrificava loro l'incenso, indossava anello e collana l correndo dietro ai suoi amanti, mentre si dimenticava di me. l Oracolo di YHWH. 13

Perciò, certo, io la sedurrò, l la condurrò nel deserto, parlerò al suo cuore. 16

che ha come teatro il deserto che dunque è, come in 2,5.14, luogo di privazione in cui si manifesta la rivelazione della potenza di Dio (Wolfl). La sedurrò (~'\;lçlf?)- Il verbo i1Mil «sedurre» (qui un participio pie[) ha un significato ambivalente con una connotazione prevalente di inganno (cfr. per esempio 2Sam 3,25; lRe 22,20-22; Ger 20,10; Ez 14,9). Probabilmente qui si vuole indicare un prevalere amoroso

(con ogni arte) di Dio sulla donna. Bovati (l rib profetici) fa notare come in tale contesto parola e azione si armonizzino: Dio seduce (parola), porta nel deserto (azione), parla al cuore (parola) e dona le vi~e (azione). Parlerò al suo cuore (i1~~-.,~ 't;\\~!1) L'espressione indica una persuasione profonda: il cuore è luogo dell'intelligenza sostenuta dall'esperienza, senz'altro dura, del deserto.

2,16-25 Un'alleanza rinnovata nella misericordia e nel perdono In questo terzo passo abbiamo un vero e proprio cambiamento di prospettiva, per certi versi gratuito e inatteso. Anche se nel passo precedente si poteva supporre un certo cammino di espiazione da parte della sposa, qui in modo repentino abbiamo piuttosto l'annuncio di un mutamento neli' agire di Dio che manifesta misericordia e amore. Anche questo passo può essere suddiviso in quattro parti ritmate dall'espressione «(E sarà) in quel giorno» (2,18.20.23; si noti come il termine «giorni» ricorra al plurale due volte anche al v. 17). La presenza cadenzata di queste espressioni stereotipate suggerisce una diversa paternità letteraria e permette di pensare a diversi strati redazionali, segno inequivocabile dell'importanza di questo testo. Così possiamo scandire il passo in quattro parti: 2,16-17; 2,18-19; 2,20-22; 2,23-25. Le quattro parti potrebbero essere organizzate tematicamente in due sottopassi segnati dal tema della parola(v. 16) e dal tema del dono (annunciato al v. 17 dal verbo «donerò>>): in 2,16-19 troviamo infatti i verbi «parlare», «cantare», «chiamare»; in 2,20-25 ritorna il linguaggio deli' alleanza connessa al dono della terra e della fertilità del suolo.

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OSEA2,17

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- La nuova alleanza prospettata da Osea pone Israele come referente primario (cry7 «per loro»).

che si scioglie nel canto della sposa, un canto che rimanda a un imeneo nuziale, forse anche al «cantico» intonato dalle fanciulle d'Israele dopo il passaggio delle acque del mare, un canto che glorifica l'azione misericordiosa di Dio (Es 15). Si noterà così come la risposta della sposa si sostanzia in un tripudio di stupore e di gioia piuttosto che in un'azione concreta. 2,18-19 Un marito invece di un padrone È YHWH infatti che opera un mutamento sulla bocca della sposa togliendo i nomi dei Ba'al; e, se prima (v. 15) ella era dimentica di Dio, ora sono i Ba'al ad essere dimenticati, a tal punto che neppure sarà usato il comune termine ba 'lf «mio signore» per chiamare il marito. Al v. 18 abbiamo quindi una rinnovata dichiarazione sponsale che si oppone all'adulterio e all'idolatria. 2,20-22 Una nuova alleanza nella fedeltà La terza parte si apre così con una promessa. YHWH rinnova l'alleanza originaria riproponendo un contesto di creazione: l'alleanza infatti coinvolge ogni specie di animali, ma ha come centro Israele («per loro», v. 20) e rimanda al patto stipulato con Noè dopo il diluvio (Geo 9, 1-3 ), un'alleanza di pace dove la benedizione sull'umanità

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OSEA2,21

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4,8 Desiderano (i~!?~ ~N~')- Alla lettera: «levano in alto l'animo»; i'espressione ha il significato di «desiderare». La sua iniquità (C~i;r)- Il pronome (al plurale in ebraico) si riferisce a «popolo». 4,9 Sua condotta ... sue azioni 0'77~~~ L'ebraico porta un possessivo di terza persona singolare evidentemente riferito al popolo. •:• 4,9 Testi affini: Os 2, 15; Os 12,3

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o alimenti fatte (e accettate) con animo sconveniente. Il sacerdote e il profeta «inciampano» sia nell'esercizio diurno delle loro funzioni, sia nelle visioni notturne. Essi hanno «dimenticato» la legge (tora) di Dio (v. 6), cioè quell'insieme di norme e di prescrizioni che sanciscono il cammino di santità. Il v. 6 richiama nel linguaggio il rifiuto da parte di Dio del re Saul (ISam 15,23.26). Con ritmo battente, alla colpa corrisponde (con i medesimi verbi) il castigo: «tu rifiuti ... io ti rifiuterò ... ; hai dimenticato ... anch'io dimenticherò». Il v. 7- in corrispondenza del passaggio stilistico dal singolare al plurale- afferma che al crescere del numero dei sacerdoti (e dei santuari, cfr. Os 8, 11; l O, l) non corrisponde una crescita dello spirito religioso; anzi, Dio stesso opera uno scambio obbrobrioso: la «loro gloria» (Dio stesso; cfr. Ger 2,11 e Sal l 06,20) si muta in «vergogna» (o «obbrobrio»), termine con il quale si allude alla religione cananea. La constatazione del peccato idolatrico («si prostituiranno»; «hanno lasciato YHWH») culmina nel versetto finale con alcune maledizioni e con la constatazione del traviamento totale della classe sacerdotale attraverso l'uso del verbo ebraico

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OSEA4,10

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(sa/:tar): sia la conoscenza, sia la ricerca di YHWH (prerogative denunciate come mancanti) vengono invece date per scontate e banalizzate dal popolo. I w. 4-6 esprimono così il giudizio profetico e l'accusa nei confronti del pensiero del popolo. Dopo due domande retoriche che esprimono una sorta di lamento divino sull'impossibilità del popolo di aprirsi alla salvezza, viene pronunciata la sentenza con la ripresa dell'immagine naturale: alla pioggia fecondante si sostituisce una rugiada evanescente; alla metafora dell'aurora, l'alba quotidiana. Ci sarà sì un giudizio divino che «sorgerà come luce», ma per ferire e uccidere! La finale lapidaria del v. 6 (cfr. lSam 15,22) «scava un fossato tra due maniere di raggiungere Dio» (Jeremias). Il profeta concentra sul termine ebraico /:lesed una serie di significati: «amore», ma anche «affetto leale», «relazione di fedeltà amorosa» (in tale linea lo legge Mt 9,13, applicandolo all'accoglienza dei peccatori). Il rapporto con Dio non è meccanico, né scontato, né banalmente rituale; è aperto a una conoscenza amorosa che desidera sempre di più entrare in relazione con lui.

73

OSEA6,10

farò per te Efrayim, l che farò per te Giuda? Il vostro amore è come nebbia mattutina, l come rugiada che svanisce al primo levarsi del sole. 5Per questo (li) ho feriti per mezzo dei profeti, l li ho uccisi per mezzo dei detti della mia bocca, e il *mio* giudizio sorge come luce: 6perché amore voglio e non sacrificio, l la conoscenza di Dio più degli olocausti. 7Ma essi come Adamo hanno violato l'alleanza, l si mi hanno tradito. 8Ghil 'ad è una città di malfattori, l macchiata di sangue. 9Tali e quali ai banditi che aspettano qualcuno, una brigata di sacerdoti l assale sulla strada di Shekem, perché hanno ordito un misfatto. 1D"Nella casa di Israele l ho visto una cosa orrenda: (proprio) là c'è la prostituzione di Efrayim, l Israele diviene impuro.

4Che

rando il sostantivo un toponimo: «inAdam»; tale lettura sarebbe rafforzata dal successivo c~ letto come avverbio di luogo «là» (una località di nome Adam è citata in Gs 3, 16). 6,8 Ghi/'ad (,li~~.) - Normalmente si indica cosi la iona montuosa della Tansgiordania a nord del Mar Morto, ma potrebbe essere anche una città vicina al

guado dello Yabbok (cfr. anche Os 12,12). 6,9 Shekem (C~t!i)- Secondo Gs 20,7 è una delle sei città di rifugio, località nelle quali si poteva rifugiare per un giusto giudizio chi si era macchiato di omicidio involontario. Ovviamente la macchinazione di un delitto (oltretutto da parte di sacerdoti) vicino a questa città ne ingrandisce l'efferatezza.

6.7-7.7 Tradimento e crimini in Efrayim Con il teno passo passiamo alla seconda unità (6,7-7, 16) deli' intera sequenza in cui si illustrano i «crimini» che motivano la mancanza di «amore» (/:lesed), rendendo impossibile il pentimento e il perdono. Il testo è reso difficile da questioni lessicali, ma ancor di più dal fatto che non riusciamo a ricostruire il contesto storico dei misfatti denunciati. Piuttosto che pensare a crimini di un passato remoto, è affascinante pensare che il profeta entri in questioni concrete probabilmente contemporanee e ben conosciute ai suoi uditori. La collocazione del v. 7 (alla fine del passo precedente o all'inizio di questo) è controversa. Preferiamo leggere qui piuttosto una dichiarazione di principio iniziale: «come Adamo» - colui che per primo, trasgredendo al comando divino, ha infranto la relazione con lui - oppure, traducendo in modo più generico (come preferiscono alcuni autori), «come fanno gli uomini», Israele ha infranto !'«alleanza>>. Il fatto che mai nell'Antico Testamento Adamo sia messo in collegamento con il termine b•rit «alleanza>> rimane, per molti commentatori, problematico. Seguono nel testo alcuni esempi concreti di questo «tradimento» del patto con Dio. A Ghil'ad si registrano crimini di sangue premeditati. Shekem da città di rifugio si trasforma per i pellegrini e coloro che chiedono asilo in una città infida a opera di «sacerdoti». Nel v. l Ol' espressione «nella casa di Israele» (b"bét yiSrii 'el) designa, probabilmente in modo allusivo il tempio o la città di Betel. Il secondo stico è una ripresa di 5,3 e allude all'idolatria. Il

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7 11irl~ \~TÌ' 0~~ . . . . . . ,, > sembra avere una valenza Ìdiomatica nel senso di «ribaltare la sorte». Risuona

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I.ITI

dunque nella frase un senso di ambiguità. 7,4 Bruciano per l'adulterio (C'f;l~~t?)- Mettiamo in risalto il valore intensivo del pie! di ~Mj, anche con una connotazione idolatrica e fedifraga della malvagità dei cortigiani. 7,5 Nel giorno (Ci')- Diamo all'espressione una connotazione temporale; i vv. 5-6 riferiscono un episodio di tradimento a noi sconosciuto.

v. 11 potrebbe essere un'aggiunta di epoca giudaita con la quale si applicano al regno del Sud le minacce rivolte a Israele: è l'unico riferimento a Giuda in questa unità 7, 1-2, riprendendo il linguaggio di 6, 7-9, mostra come i crimini riportati sopra non siano fatti isolati; essi coinvolgono l'intero paese (Efrayim) e la capitale (Samaria): la guarigione non è più possibile, se non con lo svelamento della colpa. Dio vede e tiene conto dei crimini. l vv. 3-7 sono davvero difficili, non solo sotto il profilo termino logico, ma anche per le immagini che vengono evocate. Ritorna il termine «malvagità» (7,1-2) che qualifica questi versetti. Si intrecciano la denuncia di una congiura di palazzo

75 n Anche a Giuda l

OSEA 7,7

è riservata una mietitura,

quando volgerò la sorte del mio_popolo. 1Mentre sto per guarire Israele, l si scopre l'iniquità di Efrayim e la malvagità di Samaria, perché praticano la falsità: un ladro entra, l mentre una banda di briganti saccheggia fuori. 2Non considerano l che ricordo tutte le loro malvagità. Ecco le loro azioni li circondano, l sono davanti al mio volto. 3Con la loro malvagità rallegrano il re, l con le loro falsità i principi. 4Tutti quanti bruciano per l'adulterio, l proprio come un forno ardente, senza che il fornaio cessi di attizzare l mentre la pasta sta lievitando. 5Nel giorno in cui i principi l hanno fiaccato il nostro re con il calore del vino: egli tese la sua mano agli scellerati, 6perché, come in un forno, hanno messo il loro cuore nelle loro trame - tutta la notte rimase assopito il loro fornaio al mattino il cuore divampò come fuoco ardente. 7Tutti ardono come un forno: l sì divorarono i loro giudici, tutti i loro re caddero, l ma nessuno mi invoca.

7

I principi hanno .fiaccato il nostro re (u~7~ - Leggiamo C'")~. «principi», come soggetto e~~~'?~. «il nostro re», come complemento oggetto; la Settanta e la Vulgata portano: «(nei) giorni del re». 7,6 Hanno messo il loro cuore nelle loro trame (C~ì~~ C~~ ... ~:jp)- L'espressione è di difficile traduzione. Accogliamo la proposta di Barthélemy che vi vede il pie/ di :ip, se-

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guito da un accusativo (C~~ «il loro cuore») e da un complemento introdotto da: «nelle». Il sintagma c~1~~ va inteso come formato dal sostantivo :ik «imboscata», attestato anche in Ger 9,7 (dove peraltro compare il medesimo gioco di parole tra :ip e :iN). Il cuore divampò (il!~ N~n)- Riferiamo a C~~ («loro cuore»; si veda sopra) il pronome N~n, «essO>).

ordita, con scaltrezza e pazienza, ai danni del re e l'immagine del forno, scaldato la sera per favorire la fermentazione della pasta e poi attizzato al mattino. Benché il testo sia difficile le immagini sono efficaci e di rara bellezza letteraria neli' unire un evento così eccezionale a uno più quotidiano: esse, con il lento e sapiente lavoro del fornaio e l'ardore del forno (in cui sarà inserito il pane da cuocere), descrivono le trame astute e prudenti dei congiurati che, nel loro ardente desiderio di tradire il re, preparano il misfatto, circuendo con vino e blandizie il re medesimo. Con il v. 7 si mostra come l'incendio, una volta divampato, pervade l'intera compagine sociale, senza più alcun riferimento a Dio.

76

OSEA 7,8

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•:• 7,10a Testi affini: Os 5,5; Am 6,8 •:• 7,10b Testi affini: Am 4,6.11 •:• 7,10c Testi affini: 9,12 7,12 Come si è udito (.ll~W!;l)- Il tennine .ll~lli «notizia» ha, come in 23,5, il senso di un annuncio anche di carattere oracolare.

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7,14 Dali 'intimo (c:.~:.)- Alla lettera: «nel loro cuore». ' .' Si fanno incisioni (~,1i~l;l') - Preferiamo mantenere il contesto rituale idolatrico correggendo in ~11i~l;l' dalla radice ,,,, «tagliare», fonna che si trova in alcuni mano-

7,8-16 Stolte alleanze Da esemplificazioni attraverso crimini locali si passa alla politica estera. Il passo finale della sequenza denuncia l'atteggiamento ondivago nell'intrecciare alleanze di convenienza con le superpotenze del tempo: l'Egitto (più sul piano culturale ed economico, che bellico) e la temibile Assiria. Il v. 8 con il tema dell'impasto e della focaccia riprende l'immagine del fornaio. Ma Efrayim è qui una focaccia che non è stata girata sulla pietra e si annerisce, divenendo immangiabile. La «malattia» di Israele- gli stranieri (Assiri) che divorano il suo vigore -lo porta alla consunzione (i «capelli bianchi» del v. 9). Il ritorno a YHWH è offuscato

77

OSEA 7,15

Efrayim, proprio lui, si mescola ai popoli, Efrayim è come una focaccia non rivoltata. 9Gli stranieri divorano il suo vigore, l ma non se ne accorge, anche i capelli bianchi gli sono spuntati, l ma non se ne accorge! 10L'orgoglio di Israele testimonia contro lui stesso, ma non tornano a YHWH loro Dio l e non lo ricercarono, malgrado tutto questo. 11 Efrayim è l come colomba instupidita, non ha senno, chiamarono l 'Egitto, l si recarono in Asshur. 12 Appena si muoveranno, l stenderò su di loro la mia rete, come un uccello dei cieli li farò cadere, li punirò, come si è udito nella loro assemblea. 13 Guai a loro perché fuggirono da me! l Distruzione per loro perché si sono ribellati a me! Io li liberavo, l ma essi proferirono menzogne contro di me, 14e non gridarono dall'intimo verso di me, l benché si lamentassero sui loro giacigli. *Si fanno incisioni* per il grano e il mosto, l ma si allontanano dame. 15E io che allenavo, l fortificavo le loro braccia, mentre contro di me tramavano il male.

8

scritti ebraici ed è presupposta dalla Settanta (KatEtÉfl.OVto, «si fanno tagli»). Il testo del codice di Leningrado, qui riprodotto, ha una forma del verbo :'li~ «ruminare», cosi anche la Vulgata (ruminabant, «ruminavano»). 7,15 Allenavo,fortificavo ('1;1i?!r:t '1;1")~:)- A

differenza della versione CEI 2008, scegliamo di mantenere i due verbi con 4QProfeti Minorig (4Qxng o 4Q82), diversamente dalla Settanta che traduce solo il secondo (Kat(axuaa); cfr. anche Gb 4,3 dove compaiono entrambi i verbi.

da un orgoglio (cfr. 5,5) che rende Efrayim come un uccello ebete, egli si muove senza un piano preciso, cadendo nella rete a lui tesa da Dio stesso. Con il v. 13, attraverso il genere letterario della lamentazione e dell'accusa, abbiamo una sintesi di tutta la sequenza: le parole di 6,1-3 erano «bugie», perché non c'è un'invocazione che sale «dall'intimo» (v. 14). Al v. 14 vengono ricordate le incisioni rituali dei culti cananei per implorare dal dio i beni del suolo, piuttosto che dal sodo lavoro di braccia fortificate da Dio. Al v. 15 ritorna la radice r' «male», già presente in 7,1-3 con la forma r 'h «malvagità»; essa caratterizza l'atteggiamento fondamentale del popolo «contro» Dio. La loro conversione (il

78

OSEA 7,16

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7,16 Verso l'Alto - Prendiamo il termine '?~ nel suo significato avverbiale che allude all'attributo divino 11·~~, «l'Altissimo». Per la stoltezza (t:l.lll~) - Il termine t:l.\,H: è raro, difficile e probabilmente dialettale: indica (anche in modo onomatopeico) una

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Nt,i b.,t,~;, Ci1>, per cui Israele cancella a ritroso tutta la propria storia: non abita più nella terra promessa, la «terra di YHWH>>, ma in terra di Egitto (o Assiria); i cibi sono impuri perché presi in terra straniera; libagioni e sacrifici a YHWH non saranno più validi, invece di gioia porteranno lutto e tristezza, come si deduce dalla citazione del «pane dei giorni di lutto» (9,4c), il cibo offerto alla persona che aveva subito la perdita di un congiunto (cfr. Ger 16,7; Ez 24,17.22). La domanda retorica al v. 5, segna come ogni festa, ogni solennità sia cessata: non c'è più motivo di gioire. Si prospetta, invece,

85

OSEA9,9

e torchio non li nutriranno l e il mosto li deluderà. Non abiteranno nella terra di YHWH, ma Efrayim tornerà in Egitto l e in Asshur mangeranno cibi impuri. 4Non faranno a YHWH libagioni di vino l e a lui non piaceranno: i loro sacrifici diventeranno come il pane l dei giorni di lutto, chiunque ne mangerà si contaminerà, perché il loro pane sarà per il loro appetito l e non entrerà nella casa di YHWH. 5Cosa farete nel giorno di solennità, l nel giorno di festa per YHwH? 6Perché, ecco, fuggirono dalla devastazione, l l 'Egitto li radunerà, l Mof li seppellirà, il loro tesoro d'argento l finirà alle ortiche, l nelle loro tende (cresceranno) spine. 7 Sono arrivati i giorni della punizione, l sono arrivati i giorni della retribuzione, l se ne accorge Israele: «Il profeta è stolto, l l'uomo ispirato farnetica», per la grandezza della tua colpa l e l'esagerata avversione. 8Efrayim si comporta da spia, con il mio Dio, il profeta è un laccio da uccellatore lungo tutte le sue vie, ostilità nella casa del suo Dio. 9Essi si sono pienamente corrotti come nei giorni di Ghib'a: ricorderà la loro colpa, l punirà i loro peccati.

2aia 3

le Mit Rahina, a sud de Il Cairo), capitale dell'antico Egitto, già famosa, al tempo di Osea, per le sue tombe (piramidi).

9,8 Si comporta da spia (ilç~) - Il comportamento di Efrayim è ambiguo nei confronti di Dio; cfr. Sal37,32; Pr 31,27.

un esilio ben più amaro della lontananza dalla terra: c'è una separazione da Dio stesso, lontano dal suo culto, addirittura con sepolture estranee e con la perdita di tutti i beni. È geniale come il testo di Osea mescoli il tema di un ritorno in Egitto (anche reale via di fuga dall'oppressione assira) con quello della deportazione in Assiria. Il verbo piiqad («controllare», «punire») crea una inclusione tra il v. 7 e il v. 9. Mentre Osea denuncia il peccato, il popolo lo insulta, accecato dalla propria colpa, e si comporta come uno che «spia>> l'agire del profeta e quello di Dio (fin dentro il tempio, «casa di Dio») quasi fossero dei malfattori. È illuminante il riferimento alla narrazione deli'efferato crimine dei «giorni di Ghib'a>> (cfr. Gdc 19): mancanza di ospitalità, perversione, mancanza di rispetto della donna, violenza e barbara uccisione, efferata reazione del !evita per richiedere vendetta, e, infine (Gdc 20), guerra fratricida tra le tribù di Israele e Beniamino, con ripetuti bagni di sangue dall'una e dall'altra parte.

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OSEA9,10

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:13~o il?r':::~ i1i:J::~-?v l'o' • JTT l' l l .. 10,1 Tutto il versetto in ebraico spicca per le numerose assonanze con un particolare gioco di parole tra nin:.~ m («altari») e ni::l~~ («steli»). ' '·

10,5/l vite/lastra (nil;l~p~)- Il Testo Masoretico porta un plurale. femminile «giovenche», ma con la Settanta (t f.LOOX~) e la versione di Teodozione traduciamo un singolare

In questi versetti è presente un intricato gioco di parole nel testo ebraico: i «loro principi» (.SCirehem) sono «ribelli» (sor•rim, v. 15); «Efrayim» ( 'epraim) è come un «frutto» (p•ri, v. 16); Dio «li rigetterà» (yim 'iisem), perche «non ascoltarono» (lo' sam• 'u, v. 17). N eli' espressione «li scaccerò dalla mia casa» (v. 15) si può cogliere anche un riferimento al ripudio matrimoniale (cfr. Gen 21,10; Lv 21,7.14; 22,13). 10,1-8 Un cuore diviso Il terzo passo della sequenza- come si è visto - ha molteplici connessioni con il precedente. Tuttavia la riflessione storica si fa qui più contemporanea a Osea. L'immagine di Israele come vigna è molto presente nella letteratura profetica e sapienziale (cfr. Is 5,1-7; Ez 15,1-8; Sal 80). Al v. l la vite è mostrata non più come pianta selvatica nel deserto (cfr. Os 9, 10), ma prosperosa e ben piantata in buona terra (si potrebbe cogliere un riferimento al regno

89

OSEA 10,5

colpito Efrayim, l si seccò la loro radice, l non daranno più frutto, se facessero nascere figli, l farei morire i frutti desiderati dei loro grembi». 17Li rigetterà il mio Dio l perché non lo ascoltarono, e vagheranno tra le nazioni. 1Israele era una vite rigogliosa, l che portava a lui frutti, . più cresceva il suo frutto, l più moltiplicavano gli altari, più fertile era la terra, l tanto più belle costruivano le steli. 2Si divise il loro cuore: l ora sono colpevoli! Egli abbatterà i loro altari, l devasterà le loro steli. 3Allora diranno: l «Non abbiamo un re, perché non abbiamo avuto timore di YHwH; l ma il re cosa potrebbe fare per noi?». 4Hanno proferito parole blasfeme, l la loro alleanza è menzogna, il giudizio fiorisce come cicuta l nei solchi del campo. 5Per il *vitellastro* di Bet-Aven l trepida chi abita in Samaria, perché il suo popolo ha fatto lutto su di lui l e la sua pretaglia ha fatto danze deliranti, sulla sua gloria, perché si è allontanata da lui. 16Fu

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concordando con il suffisso («su di lui») di 10,5b. Il tennine ha un senso dispregiativo. La sua pretaglia ha fatto danze deliranti (~':!·~~ ,.~~ ,.i~!?~) -Diamo un senso

dispregiativo e ironico al termine ,~~. «sacerdote paganm>, e interpretiamo nel senso di danze rituali il verbo ~'='·~· (cfr. ·' l Re 18,26-29).

di Yorob'am Il, 782-753 a.C.), ma tale ricchezza serve a far crescere i culti idolatrici. Ali' inizio del v. 2 abbiamo una sentenza terribile: come è cresciuto il numero dei luoghi di culto così si è diviso (in ebraico, balaq, alla lettera «lottizzare») il cuore degli Israeliti. Sono quindi colpevoli e la pena sarà la distruzione non solo dei luoghi di culto, ma anche della compagine sociale: senza re e- terribile bestemmia- senza timore per YHWH (vv. 3-4). Da parte loro l'alleanza con Dio viene pervertita: la situazione è infida come cicuta che cresce nei solchi al posto del buon frumento. Forse i vv. 5-7 fanno riferimento a un evento di cronaca che ovviamente a noi sfugge. Il senso è comunque chiaro: il «vitellastro» di Bet-Aven, è l'immagine del dio in forma di toro eretta da Yorob'am I (IRe 12,26-33), essa è la «gloria» di Samaria. Attorno ad essa fioriscono le pratiche idolatriche, probabilmente anche riti per la morte (e il risveglio) della divinità legata ai cicli naturali. Tuttavia il

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OSEA 10,6

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(v. 12) Israele ha «confidato» nella politica e nella forza militare. Un oracolo di giudizio è posto alla fine del passo, con il riferimento a un fatto storico a noi ignoto (non sappiamo né chi sia Shalman né conosciamo una battaglia in Bet-Arbel). Ci è noto, però, con quale crudeltà venivano compiuti questi massacri (cfr. 2Re 8,12). Il v. 15 sentenzia come all'alba (quando la battaglia ha inizio) il re sarà ucciso. Forse il riferimento è all'ultimo re di Israele, Osea ben Eia, che fu catturato da Shalmanassar V, prima dell'inizio dell'assedio di Samaria. 11,1-11 Misericordia e compassione di Dio

Se la sequenza precedente si concludeva con l'immagine di un efferato massacro e la morte del re, in questa sequenza, con un effetto di chiaro contrasto, abbiamo un attacco lirico, nella linea di un commosso ricordo, da parte di Dio, dei primi passi del bambino/Israele. Dopo i capitoli 1-3, si tratta del testo più celebre di Osea. Quasi tutti i commentatori riconoscono in questo testo un 'unità, addirittu-

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OSEA 11,1

una misura di misericordia, l dissodate per voi stessi un campo nuovo, perché è tempo di cercare YHWH, l finché lui arrivi l e faccia piovere giustizia su di voi». 13 Avete arato malvagità, l iniquità avete raccolto; l avete mangiato il frutto della menzogna, perché hai confidato nelle tue politiche l e nella moltitudine dei tuoi guerrieri. 14 Un tumulto si alzerà contro le tue popolazioni l e ogni tua fortezza sarà devastata, come Shalman devastò Bet-Arbel nel giorno della battaglia, quando la madre fu sfracellata sui figli. 15 Così toccherà anche a te, Bet-el, l a causa delle vostre innumerevoli malvagità. All'alba certamente perirà il re di Israele.

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Quando Israele era un giovinetto io l'amai l e fin dall'Egitto . . lo chiamai «Figlio mio»: 1

tagma «dali 'Egitto» debba essere interpretato con un significato locativo e non temporale («dai giorni dell'Egitto»). Inoltre, diamo qui alla radice lot,i' il significato dell'atto di nomi-

nazione di Israele come «figlio» (Es 4,22-23). «Figlio mio» ('~:;1~)- Il plurale della Settanta «i suoi figli» (tcYtÉKva autoiì) armonizza con «essi» (cry7) del v. 2.

ra facendone alcuni la «conclusione e acme della seconda parte del libro di Osea» (Jeremias) oppure l'inizio della terza parte. Del resto la sequenza è chiaramente delimitata dall'immagine del giovinetto Israele al v. l e dalla finale «oracolo di YHWH» al v. l l. Notiamo anche che all'inizio ritorna il nome Israele (cosi come nelle sequenze precedenti) e che l'espressione «dali 'Egitto» (mimmi$raim) ricorre al v. l e al v. 11 come termine estremo per tutta la sequenza. Essa, che si compone di un unico passo, può essere suddivisa in quattro parti, che commenteremo distinte (vv. 1-4; vv. 5-6; vv. 7-9; vv. l 0-11 ). La prima persona singolare caratterizza infatti i vv. 1-4 e, dopo un'interruzione ai vv. 5-6, ritorna al v. 7 e alla fine del v. 11. La menzione dell'Egitto ritorna ai vv. 1.5 e 11 (alla fine della quarta parte). Il verbo qiirii '«chiamare», con diverso valore semantico, ricorre al v. l e al v. 7. Al v. 8 ricorre nuovamente il nome «Israele». Anche le espressioni «mio figlio» (libni) al v. l e «popolo mio» ( 'ammi) al v. 7 costituiscono un rimando significativo. 11,1-4 Legami d'affetto Dopo 9,10-17 ritornano sia il motivo del ricordo con accenti lirici (segnato anche dal riferimento all'Egitto), sia la metafora dell'affetto tradito, con riferimento alla dimensione patema (vv. 1-3) e alla relazione tra uomo e animale domestico (v. 4). Si deve notare come la radice 'iihab «amare» (v. l) ritorni al v. 4 con 'ahaba, «affetto». La parte è ritmata da un frequente passaggio stilistico tra l'«io» di YHwH e l'«essi» del popolo (1-2a /2b; 3a /3b; 4); tale alternanza sottolinea maggiormente la logica

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OSEA 11,2

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11,2 Ma più li chiamavo (cry7 ,N'lP,)- Il Testo Masoretico. con «chiamavano loro» non ha un chiaro soggetto. Accogliamo il suggerimento che, sulla base della Settanta (Ka9wç iJ.EtmxÀ.Eaa), legge l'ebraico 'l:t'"1i?:1?· Da me (t:l;::t'l.l;l~)- Anche qui, seguendo la Settanta (~K irpoawnou IJ.OU, «da davanti a me»), emendiamo il pronome plurale del Testo Masoretico in un singolare. 11,3 Sostenendo/o (CQP,)- L'espressione è

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alquanto difficile. La maggior parte delle versioni antiche leggono un verbo di prima persona singolare, che in ebraico sarebbe C!Ji?~1 «li sostenevo». Seguiamo la Settanta che porta un pronome di terza singolare come oggetto del verbo (àvÉÀ.apov aòt6v, «lo sostenevo»). Possiamo anche considerare come il pronome plurale ebraico si accordi con il nome collettivo Efrayim. Per le braccia (,'l;lili,r'='ll) - Contro le

di contrasto tra l'amore divino e il rifiuto del popolo. Abbiamo una scansione di tre immagini di affetto, alle prime due viene accostata la denuncia di tradimento. La prima immagine (vv. 1-2) vede Israele come un «giovinetto» (in ebraico na 'ar), cioè un ragazzino (non necessariamente ancora bambino) che non ha già raggiunto l'autonomia e la maturità; egli è oggetto dell'amore e della predilezione divina. Il verbo qara' «chiamare», «convocare», «dare il nome>> (come ha acutamente dimostrato B. Rossi) appare solo qui- nell'intera Bibbia ebraica- riferito all'evento fondatore della storia di Israele -l 'uscita dali 'Egitto- con una chiara connotazione di «elezione>>. Dio chiama il popolo e lo riconosce, cioè lo costituisce, «figlio sum>. L'intensità dell'immagine è immediatamente contraddetta da un verbo di moto opposto al senso di tale elezione: «si allontanavano» (alla lettera: «se ne andavano dal mio volto») verso gli idoli (v. 2). La seconda immagine riguarda la dinamica educativa: Israele al v. 3 è raffigurato come un bimbo piccolo che muove i primi passi e viene tenuto per le braccia. L'avversativa («ma non si rendevano conto», ebraico we'lo 'yad• 'iì) nega al bimbo-Israele consapevolezza concreta della cura esercitata da Dio: il tema della «non conoscenza» di Dio (2,10; 4,1.6.14; 5,4) o di una sua «conoscenza» ambigua (6,3; 8,2) si svela qui come atteggiamento primordiale di Israele. Il campo

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OSEA 11,5

*più* li *chiamavo*, più essi si allontanavano *da me*, l sacrificavano ai Ba'al l e incensavano gli idoli. 3lo a Efrayim insegnavo a camminare, l *sostenendolo* per le braccia, ma non si rendevano conto che io avevo cura di loro. 4Li attraevo con relazioni di intimità e con legami d'affetto, diventai per loro come chi solleva il giogo dal collo, chinandomi su di lui per farlo mangiare. 5Non tornerà in terra di Egitto! l Asshur sarà il suo re, perché rifiutarono di convertirsi. 2ma

versioni antiche che portano un pronome di prima singolare («mie braccia») lasciamo il pronome di terza persona singolare del Testo Masoretico: l'immagine è del padre che sostiene per le braccia il bimbo che muove i primi passi. 11,4 Relazioni di intimità (Cl~ ·~~r:t~)- Alla lettera: «corde di umanità». Come chi solleva il giogo (~l! '~'"11?~) Molti autori correggono (armonizzando

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con il contesto) ~l! «giogo» con l "~l.l, «lattante»; tuttavia Is 5,18 («Guai a coloro che si tirano addosso il castigo con corde da tori e il peccato con funi da carro») dimostra come il verbo 1rD~, «(at)tirare», e il sostantivo C'~:;llj, «corde», si associano immediatamente all'idea di un carro trainato da buoi. Dal collo (Ci:!'l::t~ '~)-Alla lettera: «mascelle»; «guance»: l'ànimale aggiogato non può muovere le testa per mangiare.

semantico del verbo «curare» (in ebraico rlipa ') è generalmente quello medico; dunque qui si pensa a un Israele già ferito, sanguinante, forse per le cadute, fuor di metafora, per le sue colpe. La terza immagine -la più discussa- riguarda (secondo la nostra interpretazione) un altro legame: quello tra il padrone e l'animale da traino. L'immagine era già apparsa in l O, 11-13. Qui l'espressione «legami di affetto» - che rimanda alle corde con cui si legavano gli animali- introduce l'immagine del padrone che conduce dolcemente l'animale ignaro alla greppia e gli toglie il giogo o il basto perché possa mangiare. In conclusione, possiamo notare come le tre immagini affettuose segnino un climax discendente: da un ragazzino recalcitrante si passa a un bambino incosciente, fino a un animale inconsapevole. Resta così in risalto l 'agire amoroso di Dio che, benché rifiutato, si piega sulla pochezza della sua creatura. 11,5-6 Il castigo Il ritorno del termine «Egitto» in 11,5 dopo 11, l ha un forte senso di contrapposizione: i tempi ricordati con commozione nella parte precedente non potranno tornare, né si potrà realizzare una nuova (salutare) liberazione dali 'Egitto. Il v. 5 è racchiuso stilisticamente da due negazioni del verbo sub nelle sue due accezioni di «tornare» e «convertirsi»: non è possibile il ritorno ai legami di un tempo, perché

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OSEA 11,6

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11~~ f1!$~ il:li'~1 11,6 Suoi indovini (1'"1;1)- Con riferimento a Is 44,25 e Ger 50,36 ci'sembm questa la giusta interpretazione di un termine (1;) che presenta molti significati diversi tra loro (tra questi «sbarra)), «nastro», «millanteria))); la versione CEI 2008 traduce «spranga di difesa».

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11,7 Vt!rso l'Alto (S~-S~m- Cfr. nota a 7,16. Invocano si eleva (l:l~iì; ·. :, ~ii~,_)- I due verbi (uno al plurale, l'altro al smgolare) hanno il medesimo soggetto (collettivo) «popolo». 11,8 S'accende la mia compassione (~i~:;;~ -~~n~)- Il Testo Masoretico porta un plurale:

Israele non è tornato (non si è convertito) a Dio. Il popolo muove invece verso un nuovo padrone (l'Assiria: v. 6) con funeste conseguenze di guerra (l'immagine della spada) contro le quali né la politica né il vaticinio possono nulla. 11,7-9 Io sono Dio e non un uomo Come in 2,16-25, nella terza parte abbiamo un vero e proprio cambiamento di prospettiva, per certi. versi gratuito e inatteso. Anche qui in modo repentino compare l'annuncio di un mutamento nell'agire di Dio che manifesta misericordia e amore. La parte comincia al v. 7 con una constatazione piena di accorato dolore: «Jl mio popolo!» essi, inclini al male, anche se levano in alto le loro preghiere, non ce la fanno a ritornare sui loro passi. Il v. 8 con due domande retoriche esprime alloradinnanzi ali 'impossibile conversione del popolo- una sorta di «conversione» divina: come fa Dio a distruggere completamente Israele al pari di Admà e Zeboim, due città nei pressi del Mar Morto che seguirono la sorte di Sodoma e Gomorra? La decisione ha in Dio un riverbero fisico: il cuore è in movimento, una compàssione che mostra la sua carica emotiva. Siamo assai lontani dalle divinità asettiche dei filosofi antichi, ma anche dai grossolani moti sessuali delle divinità cananee. Il v.

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OSEA 11,11

Allora s'aggirerà la spada nelle sue città, l porrà fine ai suoi indovini e divorerà per i loro intrighi. 7Il mio popolo! È incline ad abbandonarmi; anche se verso l'Alto invocano l insieme, non si eleva. 8Come faccio a !asciarti Efrayim, l ad abbandonarti Israele? In che modo ti lascerò come Admà, l renderò te come Zeboim? Si rivolta dentro me il mio cuore l e insieme s'accende la mia compassione. 9Non darò sfogo alla mia ira ardente, l non tornerò a distruggere Efrayim, perché io sono Dio e non un uomo, l sono il Santo in mezzo a te, e non giungerò al (punto di incutere) terrore. 10 Seguiranno YHWH, l (che) ruggirà come un leone, sì lui ruggirà l e tremeranno i figli da occidente, li tremeranno come un uccello dali 'Egitto, l come colomba dalla terra di Asshur, e li farò abitare nelle loro case. l Oracolo di YHWH.

6

«le mie compassioni». Non c'è motivo di mutare, come fanno alcuni commentatori, ·~~n~ con '9J:!'1, «viscere», anche se quest'ultimo termine è spesso in parallelo con «cuore». 11,9 Non giungerò al punto di incutere terrore (,·~ Ni::IN N'ii)- Traduciamo ,,.11 come in Ger 'l

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15,8. La Settanta e la Vulgata traducono «non entrerò in città>>, il che è formalmente possibile, da-

to che la parola ebraica,.~. «città>>, è omografa. 11,1 ODa occidente (c~~)- Alla lettera: «dal mare»; nell'uso dell'ebraico biblico, il termine può indicare anche il punto cardinale.

9, lapidario come un giudizio, dice la scelta divina per la salvezza, sancita da una dichiarazione di identità che insieme avvicina Dio all'uomo ma ne dice anche la totale diversità soprattutto nella possibilità di trattenersi dal furore distruttivo. 11,10-11 //ruggito del/eone Ritorna, dopo 5,14, l'immagine di YHWH-leone, ma invece di essere una immagine minacciosa è qui un'immagine piena di forza e di salvezza. Il suo ruggito scuoterà tutti gli Israeliti, in Occidente, in Egitto e in Assiria; essi come uccelli frementi verranno richiamati ed egli li ristabilirà nelle proprie case. Piuttosto che un riferimento storico alla deportazione assira che colpi il regno del Nord nel 722 a. C (sotto Sargon II) o al doppio esilio di Giuda verso Babilonia (587 a.C) e verso l'Egitto (dopo la morte di Godolia nel586 a.C- cfr. 2Re 25,26; Ger 41--44) si può qui pensare a un ritorno dalle umilianti ambascerie in Assiria e in Egitto già denunciate da Osea in 5,13; 7,11 (dove torna l'immagine della colomba); 8,9; 9,3; 10,6; 12,2. L'immagine di YHwH-leone è cosi l'immagine di un condottiero che convoca con autorevolezza, e quella di un affidabile protettore. L'oracolo viene così sancito dalla caratteristica clausola profetica «oracolo di YHWH» già presente in Os 2,15.18.23.

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OSEA 12,1

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12,1 Giuda è ancora errabondo nei confronti di Dio, e del Santo che è fedele

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- Lo stico è estremamente complesso. Si può suggerire per il participio ,, il significato (attestato nell'arabo) di T«errare» senza meta. La duplice preposizione Cl,l ha, come in 9,8, un senso ostile. Il c·~;, p sarebbe un plurale intensivo traducibilè

«il SantO>) (così anche in Pr 9,10). Possibile anche un 'interpretazione positiva dello stico, come fa la versione CEI 2008: «ma Giuda è ancora con Dio e resta fedele al SantO)). In tal caso il versetto è pensato come un inserimento giudaita, ma che contrasta con il seguente v. 3. Le versioni antiche aiutano poco perché portano diverse formulazioni: la Settanta

12,1-14,1 Solo Ynwn è il salvatore La sesta sequenza riprende il tema della punizione del peccato attraverso l'invasione assira identificata con un «vento orientale» (12,2; 13, 15) orchestrata da YHWH stesso. Questa espressione funge da sintagma estremo per l'intera sequenza. Essa è strutturata in quattro passi (12,1-6; 12,7-15; 13,1-8; 13,9-14,1). Il primo, il terzo e il quarto passo portano come termine iniziale il nome «Israele» (12,1; 13, l; 13,9); similmente, il primo, il secondo e il terzo passo portano il nome «Efrayim» (12, l; 12,9; 13,1). Il toponimo «Egitto» ritorna nei primi tre passi (12,2; 12,10.14; 13,4). Molti segnali indicano una costruzione speculare dei quattro passi (AB B' A'), in particolare il duplice rimando al «vento orientale» che caratterizza i passi estremi e l'espressione di autoidentificazione divina «lo sono YHWH, tuo Dio, dalla terra di Egittm> posta in mezzo ai due passi centrali (12,10; 13,4). Due ulteriori richiami sono il riferimento al «grembo» materno in 12,4 e in 13,13 e quello al tempo del deserto in 12,10 e in 13,5. Tuttavia possiamo vedere anche uno sviluppo lineare, in chiave storica, dei quattro passi: il primo e il secondo sono percorsi in 12,3-6 e in 12,13 dal riferimento a Giacobbe e poi a Mosè (12,14-15). Al terzo passo prosegue il ricordo storico e, sullo sfondo del peccato idolatrico di Efrayim (13,1-2), riaffi.ora l'affermazione del decalogo (13,4) e il ricordo del deserto (13,5). Tale sviluppo conferma l'unità della sequenza.

OSEA 12,6

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-1. 2

Efrayim mi circonda con menzogne, l la casa di Israele con frodi; Giuda è ancora errabondo nei confronti di Dio, l e del Santo che è fedele. 2Efrayim si pasce di vento, l insegue il vento orientale: ogni giorno moltiplica bugie e violenza, fa trattati con Asshur l e porta olio in Egitto. 3YHWH è in lite con Giuda: punirà Giacobbe per la sua condotta, l Io ripagherà secondo le sue macchinazioni: 4nel grembo soppiantò il suo fratello l e nel suo vigore lottò con Dio; 5lottò con un angelo e prevalse; l pianse e gli fu fatta grazia. A Bet-el egli lo trovò, l là dove (Dio) parlò con lui. 6«YHWH è il Dio degli eserciti, l YHwH, così va invocato». 1

legge Kat Iou&a viìv (suppone 1'1.\1 invece di ,iJ) ~yvw aùtouç (suppone l:ll!Ì' invece di Q;',,) ò 9E6ç Kal À.aÒç èiywç KE,KÀtlOEtaL 9EOiì (suppone ':!~~ ,~~~ l:l'~i,i'"C.\11: «ma Giuda, ora Dio fi ha· conosciuti ed essi sono chiamati popolo santo di Dio»); la Vulgata ha ludas autem testis (suppone ,.\1 invece di ,iJ) descendit (suppone ,,, invece di ,1) cum Deo et cum sanctis fidelis: «Ma

Giuda, come testimone, cammina ancora con Dio e con i santi fedeli». 12,5 Con lui(~~~;')- La forma ebraica porta una prima pèrsona plurale «con noi»: il senso è che nel patriarca è compreso tutto il popolo. · 12,6 Così va invocato (i,!;IT) -Alla lettera: «il suo ricordo», l'espressione presuppone un contesto liturgico.

12.1-6 E.frayim si pasce di vento

Il primo passo della sequenza riprende il tema della falsità di Efrayim l Israele e dell'atteggiamento ondivago di Giuda, soprattutto con una politica dissennata che cerca di tenersi buone le potenze Assiria ed Egitto con trattati e tributi. Al v. 3 ritorna il vocabolario della lite giuridica, in ebraico rfb (cfr. Introduzione, pp. 13-14). Il termine «Giuda» è probabilmente un'inserzione attualizzante del periodo giudaita, quando - dopo la sconfitta di Samaria nel 722 a.C. - gli oracoli furono ripresi nel contesto della situazione storica di Giuda. Anche se la «lite)> (rfb) è in realtà contro Efrayim l Israele, il riferimento al comune patriarca Giacobbe permette la sostituzione con Giuda. Giacobbe è fraudolento fin dalla nascita e traditore. Lo stesso nome Giacobbe/Israele, secondo l'etimologia popolare, svela la sua natura: egli è colui che nasce con l'inganno, afferrando il fratello Esaù per il «tallone» (in ebraico 'iiqeb: Gen 25,26); egli è colui che ha «soppiantatm> (o «ingannato», in ebraico 'iiqab) Esaù per estorcere la benedizione patema (Gen 27 ,36). Infine Giacobbe è colui che «lottò» (in ebraico siiriih) con Dio (Gen 32,23-31 ), che poi si mostrò clemente con lui. Il particolare del pianto (v. 5) è certamente un invito paradigmatico alla conversione; infatti il nome Bet-el viene qui riportato senza la storpiatura Bet-Aven. Il v. 6 è un'affermazione ionica di carattere kerigmatico (cioè una professione di fede). Alcuni commentatori hanno pensato qui ali' inserzione di una sorta di responsorio di un'assemblea liturgica. Di fatto, dal punto di vista retorico, il versetto si riallaccia all'affermazione di Dio ('el) «Santo che è fedele» del v. l.

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OSEA 12,7

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13,1 Tremore (nlj i) - Nella Bibbia ebraica il termine coinpare solo qui, ma è attestato da JQHodayot• (lQH o IQH") 12,33 [= 4,33], ed è tradotto dalla Vulgata horror. Primeggiava (l•mi N~~) - Diamo un valore intransitivo al verbo.' 13,2 Quelli che offrono loro sacrifici, e sono uomini (C1~ 'r.t=ilr)- Le versioni antiche

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preferiscono leggere «uomini» (in ebraico il termine C,N è un singolare con senso collettivo) comèèomplemento oggetto: «coloro che sacrificano uomini, bacino ... »; tuttavia qui si può leggere anche un nominativo. La nostra scelta si basa sul fatto che in Osea non si parla altrove di sacrifici umani. La versione CEI 2008 segue la Nova Vulgata: His - ipsi dicunt - immolate! Homines vi-

13,1-8 Ti conobbi nel deserto Il terzo passo della sequenza passa dalla retrospettiva storico-biblica alla storia recente di Efrayim. Tuttavia questo avviene lasciando in controluce gli eventi nodali del ciclo del Sinay: la rivelazione di Dio, la consegna del decalogo, il tradimento dell'alleanza attraverso l'adorazione del vitello d'oro (cfr. Es 19-20; 24; 32) si tratta di una sorta di registro sul quale il profeta intesse la sua condanna di Efrayim. Mostrando come Efrayim, attraverso Yorob'am, primeggiasse su Israele (13,1), Osea rammenta subito (con chiaro rimando al tema del vitello d'oro) il «peccato» di idolatria, e ci fa udire - con sarcasmo -anche le voci dei maestri di cerimonia che ingiungono il bacio all'idolo (v. 2). Al giudizio di vacuità espresso al v. 3 (Israele è «nebbia», «rugiada» evanescente, «pula», «fumo») si contrappone, con la forza

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OSEA 13,8

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1Quando Efrayim parlava, c'era tremore, 1 egli primeggiava in Israele; ma quando peccò con Ba'al, morì. 2E ora continuano a peccare, si sono fatti una statua fusa con il loro argento, idoli secondo la loro invenzione, tutti opera di artigiani. Essi dicono: l «Quelli che offrono loro sacrifici, e sono uomini, l bacino i vitelli!». 3Perciò saranno come nebbia al mattino l e come rugiada che evapora, come pula spazzata via (lontano) dali' aia, l come il fumo dal camino. 4«1o sono YHWH, tuo Dio, dalla terra di Egitto, non conosci altro Dio eccetto me, l non c'è salvatore all'infuori di me. 5Mi presi cura di te nel deserto, l in terra arida». 6Nei loro pascoli si saziarono; l si saziarono e si insuperbirono, perciò mi dimenticarono. 7 Sarò per loro come un leone, l come un leopardo li spierò lungo il cammino. 8Li assalterò come un'arsa privata dei piccoli l e squarcerò la custodia del loro cuore e li divorerò sul posto, come una leonessa; l la fiera selvaggia li sbranerà.

tulos osculantur («"A costoro- essi dicono -sacrificate!" Gli uomini bacino i vitelli»). 13,5 Mi presi cura di te (j'l"1~i~)- La Settanta, armonizzando con li seguente v. 6a, legge Èno(f.LaLv6v ae, «ti ho pascolato» (supporrebbe l'ebraico 1'1"1'~!). Traducendo il Testo Masoretico, consideriamo la sfumatura affettiva che in ebraico possiede il verbo «conoscere» (cfr. Ger 1,5; Am 3,2).

13,6 Loro pascoli - Si tratta degli Israeliti una volta giunti nella terra promessa. 13,7 Li spierò lungo il cammino (,~w~ '1'11" ';lp) - li suono del verbo ,,w~ crea evtdentemente un gioco di parole con 11w~ («Asshur» ); di qui la lezione della Settanta Katìx r~v ooòv 'Aooup(wv, «sulla strada degli Assiri». 13,8 La custodia de/loro cuore - Si tratta della cassa toracica.

della prima persona divina, un'autopresentazione di Dio che esplicitamente rimanda ali 'inizio del decalogo (Es 20,3; Dt 5,6-7): dopo il richiamo storico della liberazione dall'Egitto, si proclama da un lato la conoscenza da parte di Israele dell'unicità di Dio e della sua salvezza (Os 2,22; 6,6), dall'altro la conoscenza di Israele stesso da parte di Dio «nel deserto». Tale reciprocità- che appare chiaramente sarcasticamette in risalto ancora di più il percorso del tradimento del popolo (13,6): sazietà, superbia e dimenticanza (cosi anche Dt 8,1-20 e Dt 32, 15). Ritorna al v. 7l'immagine minacciosa di YHWH-leone come in 5,14: egli non smette di inseguire il suo popolo, lo spia come un animale predatore, lo assale come un'arsa inferocita, lo squarta e lo divora come una leonessa. Anche questo passo culmina cosi - come il precedente- con un'immagine di totale condanna del popolo.

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OSEA 13,9

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13,9 Perché solo io posso aiutarti- Alla lettera: «solo in me c'è il tuo aiutm) (il.\~~ ':;!"':!;) ).

13,13 Dal grembo materno

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L'espressione ebraica ha una connotazione fisiologica; alla lettera: «sulla breccia dei figli)). 13,14 La tua peste ('l'l.:rp- Il codice di

13,9-14,1 Un .figlio stolto Il quarto passo della sequenza sigilla definitivamente il giudizio di condanna per Israele (v. 12). Il passo parte con l'affermazione perentoria (che rimanda a 13,4) «solo io posso aiutarti», il re non può salvare (potrebbe essere un sarcastico riferimento ali 'ultimo re di Israele, Osea ben Eia, ricordando che il nome Osea significa «Egli [YHwH] salva»), né le roccaforti né i capi militari. Il v. 11 richiama in generale il fatto che la monarchia fu istituita in Israele per sua richiesta e non per volere di Dio. Misconoscere che la salvezza viene da Dio è una colpa che taglia alla radice ogni speranza: come un neonato che non esce al momento del parto

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OSEA 14,1

Tu sei distrutto, Israele, l perché solo io posso aiutarti. Dov'è dunque il tuo re l perché ti salvi in tutte le tue città? E dove sono i tuoi capi, ai quali dicevi: l «Dammi re e principi»? 11 Ti ho dato un re nella mia ira l e lo riprendo nel mio sdegno. 12 Sigillata è la colpa di Efrayim, l nascosto è il suo peccato. 13 Le doglie della partoriente lo raggiungeranno, egli è un figlio stolto perché al suo tempo non era pronto a uscire dal grembo materno. 14Li strapperò di mano agli inferi, l li riscatterò dalla morte. Dove è, o morte, *la tua peste*? l Dove è, o inferi, la vostra distruzione? La compassione è nascosta ai miei occhi. 15 Sì, lui fruttifichi tra i fratelli! Verrà un vento orientale, un vento di YHwH l si alzerà dal deserto e asciugherà la sua sorgente, l prosciugherà la sua fonte, lui saccheggerà l i tesori di ogni vaso prezioso. 1Samaria pagherà il fio l perché si è ribellata al suo Dio: _ . di spada cadranno, l i loro bambini saranno sfracellati l e le donne incinte saranno sventrate.

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10

14.

Leningrado (L) porta. un plurale («pestilenze»). Altri manoscritti ebraici leggono il singolare, lettura che seguiamo nella traduzione.

14,1 Pagherà il fio (CtQ~l')) - La Settanta legge «sarà distrutta» (&~av we~aet(tt) che suppone l'ebraico CtQI:\, «sarà desolata», come fa anche in 5,15; 10,2.

(e muore). Una serie di domande retoriche (parallele a quelle sul re del v. l O) mette Israele, l 'uditore e il lettore di fronte alla soluzione finale. Dio, che può salvare dalla morte, né teme la sua forza distruttiva come la peste, definitiva come gli inferi, non vuole avere compassione alcuna. Israele si sente florido: la forma verbale, del v. 15, «fruttifichi» (in ebraico yapri ')rimanda al nome «Efrayim» (cfr. Gen 41 ,52; ci si riallaccia così al v. l in cui si diceva che Efrayim «primeggiava in Israele»). Il popolo ha tuttavia liberamente scatenato con la sua colpa eventi il cui sviluppo porterà inevitabilmente al dramma: il vento dell'Assiria (vento permesso da Dio) salirà, inaridirà, saccheggerà. Samaria sarà distrutta con una carneficina.

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OSEA 14,2

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14,3 Come sacrifici di tori (1:1',9)- Traduciamo il Testo Masoretico servendoci dell'appoggio della Vulgata, del Targum

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) l'opera delle nostre mani, perché in te trova misericordia l'orfano». 5Guarirò il loro sviamento, l li amerò spontaneamente, perché la mia ira si è allontanata da lui. 6 Sarò come rugiada per Israele, l fiorirà come il giglio e metterà radici come il cedro del Libano. 7Fioriranno i suoi germogli, l il suo splendore sarà come quello dell'olivo e il suo odore come quello del cedro del Libano. 8Quelli che abitano alla sua ombra ritorneranno, l germineranno come il grano l e fioriranno come vite, il cui ricordo è come il vino del Libano. 9Efrayim dirà: «Che ho più a che fare con gli idoli?>>.

2

frutto (legge l'ebraico '"'1~ "frutto") delle nostre labbra», probabilmente rifacendosi al testo di Pr 18,20 ove la me-

desima espressione greca traduce l'ebraico ,,~~~ n~~:ll;1, «prodotto delle sue labbra».

come pioggia benefica) qui viene affermato da Dio (v. 6- seconda parte) come dono per la conversione. L'unica condizione richiesta è quella della supplica confidente con le labbra, sostitutiva di offerte e sacrifici, con la confessione del peccato (v. 4ab) e l'affermazione della misericordia di Dio. Al v. 9a si riprende la denuncia, da parte di Efrayim, dell'idolatria, cui corrisponde la promessa affettuosa di una speciale cura da parte di Dio (il verbo sur «vedere», «guardare con attenzione» ha un valore semantico opposto alla ricorrenza in 13,7). Le due parti centrali (5-6; 7-8) presentano una promessa divina (Dio riprenderà la parola anche al v. 9bc) di guarigione e di rifioritura di Israele, una fioritura propiziata dalla rugiada, qui metafora di Dio. I versi prendono una scansione poetica che- alla maniera orientale- rievoca una natura lussureggiante, allegoria di Israele stesso: il giglio, il cedro del Libano, l'olivo, il frumento e, infine, il frutto della vite che si trasforma in vino. In qualche modo riecheggia 2,24 della prima sezione del libro.

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OSEA 14,10

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La sequenza è veramente una sequenza conclusiva che, con delicatezza, suggerisce il possibile ritorno del figlio Israele al padre YHWH, un ritorno pieno di dolorosa e penitente consapevolezza, ma che trova in Dio stesso una risposta di grazia oltre il semplice riscatto della colpa: «guarirò», «amerò spontaneamente» (v. 5); «sarò come rugiada» (v. 6); «esaudirò», «mi prenderò cura»; infine, «viene da me il tuo frutto» (v. 9). Alla religione spersonalizzata e idolatrica del ciclo naturale dell'eterno

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OSEA 14,10

Io lo esaudirò e mi prenderò cura di lui. l Io sono come un verdeggiante cipresso; viene da me il tuo frutto. 10Chi è saggio faccia attenzione a queste cose, l chi ha intendimento le comprenda; perché le vie di YHWH sono diritte, l i giusti cammineranno per esse, ma i trasgressori vi inciamperanno.

ritorno il libro di Osea risponde con la fede nella possibilità del ritorno del figlio al genitore, della sposa al marito tradito, del peccatore all'amore misericordioso. Il v. lO, finale- che può essere senz'altro una chiusa di carattere redazionale - non va però distinto dal passo: esso conclude con linguaggio sapienziale richiamando il valore di «camminare» per le strade di YHWH, cioè di mantenere una vita conforme ai suoi insegnamenti.

IL LIBRO DI OSEA NELL'ODIERNA LITURGIA

Il libro del profeta Osea viene ripreso tre volte nel Lezionario domenicale e festivo, mentre in quello feriale è scelto per la lettura semicontinua nella XIV settimana del Tempo Ordinario (anni pari) e nel sabato della III settimana di Quaresima. Uno dei brani più ricorrenti è quello di Os 2, 16b.l7b.21-22 che appare per ben tre volte nel Santorale. Potremmo quindi dire che il Lezionario, in genere, non offre molto spazio alla proclamazione di questo libro profeti co.

Il Dio sposo Nel Lezionario domenicale e festivo incontriamo Osea nell'VIII domenica del Tempo Ordinario, anno B. La scelta del brano (Os 2, 16b.l7b.21-22) è condizionata dal testo di Marco (Mc 2, 18-22) che riporta un passaggio delle dispute galilaiche nel quale si affronta il tema dell'osservanza del digiuno da parte dei discepoli di Gesù. Gli interlocutori interrogano il Maestro di Galilea circa il comportamento dei suoi discepoli, meno "zelante" rispetto a quello dei discepoli di Giovanni e dei farisei. Gesù risponde alla provocazione, richiamando alcune immagini: quella degli invitati alle nozze (Mc 2, 19-20), quella del rattoppo nuovo sul vestito vecchio (Mc 2,21 ), quella del vino e degli otri (Mc 2,22). Tali immagini annunciano il tempo nuovo inaugurato da Gesù e le esigenze del Regno che si è fatto vicino. Gesù è lo sposo e i suoi discepoli gli invitati alle nozze: a una festa di nozze non si digiuna, ma si gioisce e ci si coinvolge! Il testo di Osea, tratto dalla prima parte del libro profetico de-

IL TESTO DI OSEA NELL'ODIERNA LITURGIA

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dicata alla vicenda matrimoniale del profeta, è molto rimaneggiato dalla versione liturgica, con numerosi tagli, per far emergere proprio il tema della sponsalità. Il tempo di Gesù è quindi riletto dalla liturgia a partire dall'oracolo profetico nel quale il Signore afferma di voler ricondurre il popolo infedele nel deserto per farlo «sua sposa». La seconda lettura (2Cor 3, l b-6), che pure non ha un collegamento diretto con le altre, in quanto propone la lettura semicontinua della 2Corinzi, sembra applicare all'oggi della Chiesa e dei singoli credenti quando viene affermato nel Vangelo. I credenti infatti sono «una lettera di Cristo, scritta con lo Spirito del Dio vivente», mentre l'Apostolo si qualifica insieme ai suoi collaboratori come «ministro degno di una nuova alleanza». Un'immagine che può rimandare facilmente all'azione del Dio-sposo descritta nel testo di Osea. La misericordia di Dio La seconda ricorrenza di Osea nel Lezionario festivo la troviamo nella X domenica del Tempo Ordinario, anno A. La prima lettura (Os 6,3-6) viene scelta in riferimento al brano evangelico (Mt 9,913), dove incontriamo la chiamata di Matteo il pubblicano. Mt 9,13 cita esplicitamente il testo di Os 6,6: «Misericordia io voglio e non sacrifici». Si tratta di una citazione importante per Matteo che lariprende per ben due volte: nel nostro brano e in Mt 12,7. Nel racconto della chiamata di Matteo la citazione di Osea viene utilizzata da Gesù in una disputa con i farisei che si meravigliano del suo comportamento, condividendo questi la mensa dei pubblicani e dei pubblici peccatori. Gesù, citando Osea e invitando i suoi interlocutori ad «andare a imparare che cosa vuoi dire» l'espressione profetica, afferma che la sua azione è in continuità con l'insegnamento delle Scritture e che egli, in questo modo, rivela la misericordia di Dio. La chiamata di Matteo è inserita, non a caso, nella sezione dedicata alle opere del Messia (Mt 8-9). Anche la chiamata di un peccatore pubblico alla conversione e alla sequela è quindi uno dei "miracoli" che rivelano il modo con cui Gesù manifesta il volto di Dio e interpreta le Scritture. Il tema principale della Liturgia della Parola, in questo modo, non è tanto la vocazione, ma la misericordia.

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IL TESTO DI OSEA NELL'ODIERNA LITURGIA

La seconda lettura, che propone in lettura semicontinua la Lettera ai Romani, può avere un aggancio con il resto della Liturgia della Parola soprattutto per il suo finale, quando si afferma che Gesù «è stato consegnato alla morte a causa delle nostre colpe ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione» (Rm 4,25). Ciò rilegge in chiave pasquale il rapporto tra Gesù e i peccatori descritto dal Vangelo. Ogni credente è un peccatore con il quale Gesù siede a mensa e per il quale «è stato consegnato alla morte». L'amore donato L'ultima ricorrenza di un testo di Osea nel Lezionario festivo la troviamo nella Solennità del Sacro Cuore di Gesù, anno B. Il brano di Osea (Os 11, 1.3-4.8c-9) è un testo molto bello che conclude la seconda parte del libro. Viene scelto per questa solennità certamente per l'immagine del cuore che ricorre in Os 11,8, dove si afferma che il cuore di Dio si commuove e il suo intimo freme, non di sdegno, ma di compassione davanti al peccato e all'infedeltà del popolo. Il testo, sebbene molto mutilato nella versione liturgica, evoca un grande processo che si conclude non con la condanna del popolo, ma con la misericordia del Dio. Dio viene presentato come un Padre che si prende cura del proprio figlio. Se nella prima parte del Libro (Os 1-3) l'immagine prevalente è quella sponsale, qui compare quella patema: Dio è un Padre che si prende cura di suo figlio, anche se ribelle. Il cuore di Dio che si commuove lascia pensare a un processo di "conversione" in Dio, che conduce al perdono e alla misericordia. Il brano del Vangelo (Gv 19,31-37) descrive l 'azione dei soldati che trafiggono il costato di Gesù dal quale scaturiscono sangue e acqua. La prima lettura invita a leggere questo episodio come segno dell'amore fedele di Dio, che giunge alle estreme conseguenze nel dono della vita. Gli stessi Padri della Chiesa vedono nel sangue e nell'acqua il rimando ai sacramenti del battesimo e dell'eucaristia, attraverso i quali l'amore misericordioso di Dio giunge a toccare e trasformare l'esistenza di ogni credente. Nella seconda lettura (Ef3,8-12.14-19) l'amore di Dio, che si è manifestato pienamente in Cristo Gesù e nella sua Pasqua, diviene

IL TESTO DI OSEA NELL'ODIERNA LITURGIA

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vita nuova per i credenti, «radicati e fondati nella carità». L'amore di Cristo, che supera ogni conoscenza, ricolma la vita dei credenti «di tutta la pienezza di Dio». Farisei o pubblicani? Nel Lezionario feriale troviamo un brano di Osea nel sabato della III settimana di Quaresima. Il brano (Os 6,1-6) lo abbiamo già parzialmente incontrato nella X domenica del Tempo Ordinario. Se, in quel contesto, l'abbinamento al Vangelo era dovuto alla citazione di Os 6,6 presente nel testo matteano, nel caso di cui ci stiamo occupando la pericope di Osea compare accanto alla parabola lucana del fariseo e del pubblicano saliti al tempio a pregare (Le 18,9-14). Viene toccato uno dei temi quaresimali per eccellenza: la preghiera. I due personaggi che salgono al tempio evocano due modelli che interpellano i credenti. Il testo di Osea guida la lettura del Vangelo, sottolineando il fondamento del giusto atteggiamento da avere davanti a Dio. La prima lettura spinge a interpretare l'atteggiamento del fariseo come quello di chi viene rimproverato e considera scontata e automatica la benevolenza di Dio, in forza delle opere meritevoli e dell'osservanza esteriore. L'atteggiamento invece del pubblicano è fondato unicamente sulla misericordia di Dio e sulla gratuità del suo amore. Osea in una settimana Il libro del profeta Osea viene anche letto, in modo molto frammentario e parziale, secondo il criterio della lettura semicontinua, nella XIV settimana del Tempo Ordinario (anni pari). Il lunedì troviamo un passaggio della prima parte del Libro di Osea, dedicata alle vicende matrimoniali del profeta, rilette alla luce del rapporto tra il Signore e il suo popolo. Si tratta solo di alcuni versetti (Os 2, 16.17b-18.21-22), già incontrati nel ciclo festivo, che parlano dell'azione di Dio che rinnova il popolo, sua sposa. Il brano evangelico (Mt 9, 18-26), seguendo la lettura semicontinua del Vangelo, riporta il brano della risurrezione della figlia di uno dei capi e della guarigione dell'emorroissa. Si potrebbe fare un parallelo tra l'opera di trasformazione e di rinnovamento

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IL TESTO DI OSEA NELL'ODIERNA LITURGIA

che Dio promette di realizzare in favore del suo popolo infedele («ti farò mia sposa ... ») e l'azione di Gesù di guarire e di ridonare la vita. L'azione di Dio è come una nuova creazione. Il martedì la prima lettura (Os 8,4-7 .11-13) riporta parti di oracoli che riguardano l'infedeltà del popolo e l'idolatria. Un testo di condanna del peccato del popolo che tocca sia la dimensione politica sia quella cultuale. Il popolo ha rifiutato Dio come suo Signore. Nel brano evangelico (Mt 9,32-38), sempre tratto da Matteo, troviamo la guarigione di un muto indemoniato. Il brano termina con la compassione di Gesù, davanti alle folle che sono «come pecore senza pastore». Il mercoledì la prima lettura (Os 10,1-3.7-8.12) propone un oracolo di condanna per le infedeltà di Israele che termina indicando nel ritorno al Signore l 'unica possibilità di vita: «Seminate per voi secondo giustizia e mieterete secondo bontà; dissodatevi un campo nuovo, perché è tempo di cercare il Signore, finché egli venga e diffonda su di voi la giustizia». Le colpe di Israele possono diventare occasione di rinnovamento e di conversione. Il Vangelo propone l 'invio dei Dodici (Mt l O, 1-7), mandati ad annunciare che «il regno dei cieli è vicino». Un invito alla conversione e l'annuncio di un tempo nuovo, che potrebbe essere letto in parallelo al «tempo di cercare il Signore» di cui parla Osea. Il giovedì la prima lettura propone alcuni passaggi (Os 11,1.34.8c-9) che ripercorrono la storia di Israele per mettere in rilievo da una parte l'infedeltà del popolo, dall'altra la misericordia di Dio che si comporta come un padre che non può fare a meno di prendersi cura dei suoi figli: «Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione». Nel brano evangelico (Mt l O, 7-15) i discepoli di Gesù, che gratuitamente hanno ricevuto misericordia, sono inviati a dare gratuitamente e ad essere manifestazione dell'amore di Dio per l'umanità. La loro missione è un prolungamento della missione stessa del loro Maestro. Infine il venerdì la prima lettura (Os 14,2-1 O) presenta una liturgia penitenziale nella quale il popolo confessa il proprio peccato e il Signore dichiara la sua volontà di perdono e di rinnovamento del popolo. È la conclusione del Libro di Osea che si apre alla

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speranza del perdono. La conversione del popolo è opera di Dio: «il tuo frutto è opera mia». Dopo tanti oracoli di condanna, ecco la speranza di una nuova creazione. Nel brano evangelico (Mt l O, 1623) troviamo alcuni passaggi del discorso missionario. Un punto di contatto potrebbe essere l'affermazione dell'opera di Dio nei credenti. Mentre Osea afferma che la conversione è opera di Dio (Os 14,9), in Matteo Gesù dice ai suoi discepoli che, quando essi saranno condotti davanti a governatori e re per causa sua, sarà lo Spirito del padre a parlare ed essi non si dovranno preoccupare di che cosa dovranno dire (Mt l 0,20). Il Santorale Un testo di Osea ritorna con una certa frequenza: si tratta di Os 2, 16b.l 7b.21-22. Nel Proprio dei Santi compare nella festa di santa Teresa Benedetta della Croce, l' 8 agosto, e nella memoria di Santa Cecilia, il 22 novembre. Nel Comune compare nelle letture possibili proposte per le sante vergini. Il testo è sempre abbinato alla parabola matteana delle dieci vergini (Mt 25, 1-13). La scelta del testo di Osea per le sante vergini, accolto soprattutto a motivo dell'immagine sponsale, sembra non rispettare il senso che il brano ha nel contesto più ampio del libro profetico. Cosa che si ripete nell'uso della medesima pericope per la liturgia delle professioni religiose femminili. Anche in questo caso il significato del testo biblico nel suo contesto, non sembra così rispettato dall'uso liturgico che ne viene fatto.

In conclusione, possiamo dire che la liturgia ha scelto di presentare solo una piccola parte del libro di Osea, privilegiando i testi più noti e segnati dall'annuncio della misericordia di Dio che rinnova la vita del popolo. Sebbene limitata, la lettura liturgica offre una panoramica sulle varie parti del libro. Il limite più vistoso è il possibile "tradimento di significato" dovuto al contesto di utilizzo e ai vistosi tagli operati sul testo. Matteo Ferrari, monaco di Camaldoli

INDICE

Presentazione

pag.

3

Annotazioni di carattere tecnico

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5

Introduzione

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Titolo e posizione nel canone Aspetti letterari Linee teologiche fondamentali Autore, datazione e destinatari Testo e trasmissione del testo Bibliografia

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9 9 IO 15 21 27 29

OSEA

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33

Titolo generale (1,1) Infedeltà e perdono: la relazione tra Dio e Israele (1,2-3,5)

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34 35 37 37 44

»

51

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55

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58 58

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68 78 82

1,2a Titolo 1,2b-2,3 Matrimonio di Osea e figli di Gomer l'infedele 2,3-15 Controversia contro Gomer l'infedele 2,16-25 Un'alleanza rinnovata nella misericordia e nel perdono 3,1-5 Ancora una metafora dell'amore tradito e della conversione d'Israele Il presente e il passato di Israele nella sua relazione

con Dio (4,1-14,10) 4, 1-5,7 Dio è in lite con il suo popolo 5,8-7,16 Faide interne e alleanze con stranieri non salveranno Israele 8, 1-14 La punizione del peccato attraverso l'invasione assira 9,1-1 O, 15 Denuncia della «duplice colpa>> di Israele

» ))

118

INDICE

11,1-11 Misericordia e compassione di Dio 12,1-14,1 Solo YHWH è il salvatore 14,2-10 Ritorno a YHWH e fioritura della vigna d'Israele

Il libro di Osea nell'odierna liturgia Il Dio sposo La misericordia di Dio L'amore donato Farisei o pubblicani? Osea in una settimana Il Santorale

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