Levitico. Traduzione e commento 9788839404213, 883940421X

Il Levitico appartiene al grande tema del Penta­teuco della «teofania del Sinai». Il Pentateuco è nell'insieme un&#

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Levitico. Traduzione e commento
 9788839404213, 883940421X

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ANTICO TESTAMENTO COLLABORATORI Otto Kaiser, Lothar Perlitt, Walter Beyerlin, Walther Eichrodt, Karl Elliger, Kurt Galling, Erhard Gerstenberger, Siegfried Hermann, H.W. Hertzberg, Jorg Jeremias, Martin Metzger, Siegfried Mittmann, Hans-Peter Miiller, Martin Noth, Norman W. Porteous, Gerhard von Rad, Helmer Ringgren, Fritz Stolz, Peter Welten, Claus Westermann, Ernst Wiirthwein, Walther Zimmerli a

cura di ARTUR WEISER.

VOLUME6

LEVITICO

PAIDEIA EDITRICE BRESCIA

LEVITICO Traduzione e commento di MARTIN NoTH Traduzione italiana di ANTONIO DAL BIANCO Edizione italiana a cura di ToMMASO FEDERICI

PAIDEIA EDITRICE BRESCIA

Titolo originale dell'opera:

Das dritte Buch Mose. Leviticus

Vbersetz und erklart von MARTIN No111 4., unveranderte Auflage Traduzione italiana di Antonio Dal Bianco Revisione di Tommaso Federici

© Vandenhoeck & Ruprecht, GOttingen 1962,41978 © Paideia Editrice, Brescia 1989

.ISBN

88.394.042I.X

PIANO DELL'OPERA in 25 volumi

1. Walter Beyerlin, Introduzione all'Antico Testamento 2 /4. Gerhard

von Rad, Genesi

5· Martin Noth, Esodo 6. Martin Noth, Levitico 7. Martin Noth, Numeri 8. Gerhard von Rad, Deuteronomio 9· Hans Wilhelm Hertzberg, Giosuè, Giudici, Rut 1 0. Hans Wilhelm Hertzberg, Samuele 1 1 . Ernst Wiirthwein, I re 1 2. Kurt Galling, Cronache, Esdra, Neemia 13. Artur Weiser, Giobbe 14. Artur Weiser, I salmi (1-6o) 15. Artur Weiser, I salmi (61-150) 1 6. Helmer Ringgren, Proverbi; Walther Zimmerli, Ecclesiaste; Helmer Ringgren, Il cantico dei cantici; Artur Weiser, Le lamentazioni; Helmer Ringgren, Ester 17. Otto Kaiser, Isaia ( I·I2 ) 18. Otto Kaiser, Isaia ( 13-39) 19. Claus Westermann, Isaia (4o-66) 20. Artur Weiser, Geremia (1-25,14) 21. Artur Weiser, Geremia (25,15·52,34) 22. Walther Eichrodt, Ezechiele ( r-r8); Walther Eichrodt, Ezechiele ( 19-48) 2 3. Norman W. Porteous, Daniele 24. Artur Weiser, I dodici profeti minori (I): Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea 25. Karl Elliger, I dodici profeti minori (II): Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia

INTRODUZIONE

I.

Titolo e struttura del libro

Nella tradizione del testo ebraico sinagogale, il «terzo libro di Mosè» , secondo una diffusa usanza dell'Oriente antico (cfr. AT 5 , p. I r ) , si intitola dalle sue prime parole waiiiqra', «e chiamò» . Nei Settanta, la più antica traduzione dell'Antico Te­ stamento in greco, esso ha ricevuto il titolo di Leuitik6n e nella Vulgata latina quindi quello di Liber Leviticus, e dunque «il (libro) Levitico» da cui il titolo «Levitico» (abbreviato Lev. ) , corrente nel linguaggio scientifico. Qui la nozione di «leviti­ co» è intesa in senso lato, per indicare quanto attiene alla ce­ lebrazione cultuale, poiché nel periodo postesilico i «leviti» come clerus minor avevano una posizione importante tra il ·personale del culto, ed anche i sacerdoti traevano origine da «Levi>> . Il «libro del Levitico» però non è «levitico» in senso stretto. Infatti in questo libro non si parla quasi mai di Levi e dei leviti, e comunque meno che in qualsiasi altro libro del Pentateuco ; i leviti sono nominati solo nell'unico passo 2 5, 3 2- 3 4 però non in relazione alle loro funzioni cultuali, ma al­ la loro particolarità nei rapporti di proprietà. Il libro del Le­ vitico si occupa tuttavia molto della celebrazione cultuale; con i suoi molti riti e con le sue norme destinate al personale del culto e agli Israeliti , essa costituisce il tema principale del li­ bro. Perciò il libro in certo modo è unitario. Il Levitico appartiene al complesso del Pentateuco, i «cin­ que libri di Mosè» , e specialmente al grande tema del Penta­ teuco, la « teofania del Sinai» . Il Pentateuco è nell'insieme

IO

Introduzione

un'opera narrativa; e cosi anche il libro del Levitico ha un quadro narrativo , qui molto semplice, perché in tutto il libro Israele è visto sempre nella stessa sosta presso il Sinai . Perciò il quadro narrativo compare per lo più solo nelle brevissime formule stereotipe introduttive (e conclusive) , dove si afferma che «Jahvé (sul Sinai) parlava a Mosè » . In specie qui Mosè ha la funzione di mediatore (cfr . Ex. 2 0 , 1 8-2 1 ) , con l'incarico di ricevere le prescrizioni divine, per trasmetterle, come di volta in volta gli è espressamente ordinato, al gruppo di persone, cui sono dirette : Aronne (e i suoi figli) , in quanto sacerdote, o la totalità degli Israeliti . La maggior parte delle sezioni del libro del Levitico sono introdotte in questi modi . Perciò il libro consiste per lo più di un grande numero di prescrizioni divine di varia ampiezza , poste semplicemente in serie una do� po l'altra con una formula introduttiva sempre ripetuta. Per­ ciò, se si considera anzitutto solo questa disposizione, il libro si presenta in sé poco articolato. Solo pochi brani abbandona­ no questo schema comune. Ciò vale anzitutto per il complesso dei capp. 8- r o . In 8 , 1 si comincia naturalmente con la solita formula introduttiva ; tuttavia, subito dopo al v. 2 è detto che in questo caso Mosè non deve trasmettere una norma, ma egli stesso deve compiere un'azione, nel seguito si narra ciò che Mosè fece allora per incarico divino (si tratta dell'insediamen­ to nell'ufficio sacerdotale di Aronne e dei suoi figli ). A questo si collega nel cap . 9 la narrazione dell'offerta dei primi grandi sacrifici di Israele, compiuta da Aronne coll'assistenza dei suoi figli . Nel cap . 1 0 , infine , si narra un incidente cultuale , con­ nesso con questi primi sacrifici, che diventa poi motivo di alcu­ ne norme speciali, emanate in parte da Mosè, e in parte da Dio stesso. In seguito lo schema di norme descritto e interrotto an­ cora una sola volta da un brano narrativo, e cioè in 24, 1 0-2 3 . Qui però la narrazione costituisce solo l'occasione e il quadro per le norme divine, che, al di là del caso concreto, debbono valere in generale; e per il resto in 24 , 1 0-23 si tratta di un brano speciale di natura particolare (dr. su questo p. 2 2 5 ) ,

Critica letteraria e storia delle tradizioni

II

senza importanza nell'impostazione del libro. In pratica quin­ di solo il complesso dei capp . 8- r o può essere considerato se­ zione narrativa all'interno del libro. 2.

Critica letteraria e storia delle tradizioni

Se si passa da una considerazoine sulla struttura formale ad una analisi del suo contenuto del libro, si nota subito, nel quadro di una apparente monotonia , una chiara articolazione interna dell'insieme . I primi 7 capitoli formano una unità in quanto trattano in modo specifico norme sui sacrifici che entra­ no molto nei particolari . Prescrizioni sacrificati possono esse­ re date con prospettive diverse ; e in effetti in Lev. 1 -7 emergo­ no diversi punti di vista . Da un lato si può comporre insieme quanto devono sapere i «laici» , che offrono sacrifici (è il caso dei capp. 1 -5 ) , e dall'altro si possono formulare quelle nozioni professionali dei sacerdoti, necessarie per l'offerta dei sacrifici (capp . 6 . 7); può essere semplicemente fissato lo svolgimento delle azioni cultuali nei rituali (così i capp. 1-3), oppure evi­ denziare la questione del motivo di determinati sacrifici (capp. 4.5 ) . Ne deriva una suddivisione come quella che è chiaramen­ te visibile in Lev. 1 -7 . Insieme, sotto il comune tema generale, questi capitoli costituiscono un tutto relativamente conchiuso. Segue nei capp. 8- r o la parte narrativa già accennata , che come sezione narra tiva non solo è precisamente un complesso a sé ma anche per il contenuto ruota attorno ad un tema preci­ so , cioè sui primi sacrifici in grande stile offerti sul Sinai (nel­ la narrazione globale del Pentateuco, essi erano stati preceduti solo dai sacrifici dell'alleanza di Ex. 24 ,5-8 , come dai fatali sa­ ·Crifici per il «vitello d'oro» di Ex. 3 2 ,6 ) . Il tema del sacrificio collega questa sezione con la precedente, solo che nei capp. 1 -7 sono prescritte norme comprensive e per lo più generali, e valide in modo permanente, nei capp . 8-r o invece è narrata un'unica solenne azione sacrificale, a cui appartiene la narra­ zione dell'insediamento dei sacerdoti nel loro ufficio, perché

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lntroduzion�

senza questo atto i sacerdoti (Aronne e i suoi figli) non avreb­ bero potuto svolgere la loro funzione durante il sacrificio, e ad esso fu aggiunto l 'episodio del cap . I o per illustrare con un esempio storico la necessità dell 'esatta osservanza delle norme sacrificali divine. Di nuovo i capp . I I-I 5 costituiscono un grande contesto, in cui si tratta il tema della «purità» oppure dell' «impuri­ tà» cultuale . Anche questo tema ha aspetti diversi ; può ri-· guardare la «purità» , e quindi l'idoneità cultuale delle per­ sone, che può essere minacciata o perduta a causa di determi­ nate condizioni e fenomeni corporali, o a causa del contatto con qualcosa di «impuro» , e può riguardare anche la «purità» e quindi la commestibilità e sacrificabilità degli animali . In questo settore si sviluppa necessariamente una complicata ca­ suistica per stabilire la «purità» oppure l' «impurità» , e le nor­ me per purificare di nuovo quanto è impuro . Quindi anche la sezione dei capp. I I-I 5 è articolata in alcune sottosezioni , con­ testualizzate e in sé conchiuse dalla tematica generale . Un certo rapporto con questo tema della «purità» ha anche il cap . I 6 , che contiene un'importante norma per la «espia­ zione» del santuario, del sacerdote e dell'intero popolo, e quin­ di riguarda anche esso il ristabilimento dell'idoneità cultuale in senso lato. In modo sorprendente esso si ricollega espressa­ mente con il v . I alla narrazione del cap . I o , scavalcando la sezione della purità. Quanto segue dal cap. I7, non può essere compreso per il contenuto in grandi e definiti complessi tematici, come è il ca­ so della prima parte del libro . Qui in genere i singoli capitoli costituiscono gruppi di norme a sé stanti, collegati tra loro in qualche modo, che a loro volta trattano temi assai diversi, co­ me il culto sacrificale, i requisiti per l 'ufficio sacerdotale, le of­ ferte cultuali , le feste cultuali da celebrare annualmente, l'an­ no sabatico e giubilare , il comportamento della comunità, il rapporto sessuale, e simili, tutto in una sequela in apparenza poco sistematica.

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La grande proclamazione del premio e della punizione del .cap. 2 6 deve manifestamente riassumere e concludere le nor­ me divine impartite precedentemente. Da essa però non si può dedurre quanto qui si sia tenuto conto dei capitoli precedenti, poiché l'alternativa dell 'obbedienza o della disobbedienza ai divini precetti si pone solo in termini generali . Il capitolo con­ clusivo sulle offerte votive è un'aggiunta isolata. Da tutto questo deriva che il Levitico, nonostante l'unità -della supposta situazione storica e la grande concentrazione su .norme prevalentemente cultuali e su azioni cultuali, può diffi­ cilmente essere sta to seri tto tutto in una val t a, cosl che il libro :ha avuto una preistoria di formazione successiva . Necessariamente quindi è posta anche per questo libro la questione criti­ -co-letteraria. Poiché esso appartiene al Pentateuco come glo­ balità, divisa più tardi in «libri», la questione critico-letteraria non può avere risposta senza riferimento a questo vasto com_-plesso . Siccome l'intero Pentateuco è un'opera narrativa, e poi­ ·ché nel Levitico ci si riferisce continuamente, benché con ri­ -chiami solo a Mosè; ad Aronne ed al Sinai, a un luogo preciso .all'interno dello svolgimento della narrazione, il libro nella sua forma tramandata non può mai essere esistito di per sé fuori .del quadro narrativo del Pentateuco. Allora però è senz'altro _probabile che le parti narrative all'interno del libro, cioè i -capp. 8- 1 0, debba essere considerata primaria dal punto di · vista letterario. Di qui però emerge subito chiaramente a quali :strati delle narrazioni del Pentateuco appartenga il libro. Può trattarsi solo della «fonte sacerdotale» (P) . Infatti Lev. 8- 1 0 in modo indiretto o diretto - è chiaramente > (J) o «Elohista» (E), non si trova né in .questi capitoli né altrove nell'intero libro la più piccola traccia. Anche se visto all'interno del contesto più ampio, tutto il Le­ ·vitico va collocato nella grande narrazione della sosta d'Israe­ · le al Sinai ; infatti, sia gli ultimi capitoli del precedente libro .dell'Esodo, sia i primi del seguente libro dei Numeri, appar-

l ntroduzione

tengono esclusivamente a P. Però P non è una grandezza uni­ taria, ma una composizione ampliata da un'originaria compo­ nente fondamentale attraverso una crescita secondaria. Que­ sto vale anche per Lev. 8- 1 0 , come si può vedere soprattutto dai rapporti di questa sezione con Ex. 2 5- 3 1 ; 3 5-40 . All'origi­ naria narrazione P va ascritta solo la storia dei primi grandi sa­ crifici del cap. 9 , mentre deve essere considerato un elemento secondario di P il resoconto dell 'insediamento dei sacerdoti nel loro ufficio nel cap . 8 in quanto tale, ma inoltre in quanto antitesi di Ex. 2 9 , che riguarda appunto la norma di questo insediamento. Lo stesso vale però per il cap. I o , che si ricolle­ ga evidentemente al secondario ultimo versetto del capitolo precedente. Se bisogna considerare Lev. 8- 1 0 come il fulcro letterario di tutto il libro , bisogna stabilire che questo fulcro è formato da un brano della narrazione P, già ampliata da un'aggiunta tardiva . Il resto del contenuto del libro evidentemente non apparte­ neva alla narrazione P - originaria o ampliata. È chiaro che tut­ to il libro è dominato da un interesse prevalentemente cultua­ le, come lo è anche nella sezione sinai tica della narrazione P. Ma in numerosi particolari, come mostra l'esegesi , si trovano divergenze dalle concezioni di P cosl vistose, soprattutto per ciò che riguarda la strutturazione del personale del culto, ma anche differenze cosl notevoli nell'uso della lingua , che si è portati a concludere che le parti non narrative del libro siano state inglobate solo successivamente nel quadro narrativo; anche esse hanno una loro propria origine autonoma . Perciò bisogna anche lasciare aperto il problema se esse siano state inserite nella narrazione P, già ampliata, ma ancora indipen­ dente, oppure se la composizione delle narrazioni , sorta dalla combinazione di P con le «fonti antiche» esisteva già; questo problema non può avere una risposta univoca perché, o forse anche perché, tra Ex. 3 5 e Num. I O , delle «fonti del Pentateu­ co» già di per sé è questione solo di P. Dai capp. 8 - 1 0 si può ricostruire con una certa probabilità

Critica letteraria e storia delle tradizioni

fino a un certo punto il processo letterario del libro. L'unico collegamento letterario di tutto il libro è l'aggancio, espresso in I 6 , I , tra il grande rituale purificatorio del cap . I 6 e la sto­ ria di I O , I ss ., e quindi con l'insieme narrativo dei capp . 8- I o . Perciò un tempo questo rituale potrebbe essere stato collegato non certo impropriamente, alla narrazione dei primi grandi sa­ crifici, in quanto il rituale, se si doveva inserire nel quadro del Pentateuco, si agganciava meglio di tutto all'inaugurazione del santuario e delle sue istituzioni, assicurando così la continuità di funzionamento del culto attraverso le disposizioni per la grande «espiazione» del santuario e dei suoi accessori. Il posto adatto per l'ampia raccolta delle prescrizioni sacrificali (capp . I-7) però era quello che precedeva immediatamente la narra­ zione dei primi grandi sacrifici , perché proprio per questi sa­ crifici si richiedeva la conoscenza delle disposizioni sul loro svolgimento . Qui la narrazione dell 'insediamento in ufficio dei sacerdoti (cap . 8 ) , rimase legato alla narrazione del sacri­ ficio (cap . 9 ) , perché ad esso oggettivamente e strettamente unito, in quanto lo stesso insediamento era già accompagnato da sacrifici e azioni analoghe. Tuttavia la collezione delle pre­ scrizioni sulla «purità-impurità» (capp . I I - I 5 ) fu inserita pri­ ma del grande rituale purificatorio del cap. r 6 , perché cosl dal punto di vista della «purifìcazione» ne derivava una progres­ sione, dalle prescrizioni sulle singole persone alla grande espia­ zione generale. I capp. 1 7-2 5 , che inizialmente sembrano posti svincolati l 'uno accanto all'altro, con la grande proclamazione del premio e della sanzione nel cap. 2 6 , avevano formato, pri­ ma dell 'inserimento nella raccolta narrativa, un codice giuridi­ co indipendente, la cosiddetta «legge di santità>> (cfr. pp . r 6o s.). Poiché conteneva norme cultuali , ma anche più generali , non stava male se posta dopo tutti i particolari sull'erezione del santuario e l'inizio del servizio cultuale, ed i provvedimen­ ti per il suo successivo funzionamento . Naturalmente non si può dire con certezza in quale ordine queste sezioni fossero in­ serite nel quadro narrativo del Pentateuco. Per quanto riguar-

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Introduzione

da il capitolo aggiuntivo sulle offerte votive (cap . 27), si può supporre che la suddivisone del Pentateuco in «libri>> fosse già presupposta, e questo capitolo sia stato collocato alla fine di un «libro» come un semplice brano isolato. Per i brani non narrativi del Levitico è perciò emersa un'i­ potesi almeno verosimile, sul processo del loro inserimento nella narrazione P, rispettivamente nella narrazione del Pen­ tateuco. Però tutti questi brani, insieme e singoli, non sono stati composti o messi per iscritto solo in vista di questo inse� rimento, ma sono esistiti a sé già prima. Con le «fonti antiche» essi non hanno comunque un legame. Ma anche riguardo a P, essi hanno una posizione così indipendente, sia per l'uso pr� prio della lingua, sia per molteplici concezioni divergenti, che non è lecito supporre siano stati concepiti e formulati allo sco­ po di completare P. Per essi sorge quindi il problema della storia delle tradizioni, sui presupposti e circostanze della loro formazione, e sul tempo e luogo della loro origine. Bisogna porre questo interrogativo per ciascuno dei brani trattati . Que­ sto vale anche se si tiene conto che in tutti - astraendo forse dalla «legge di santità» - si nota una certa situazione cultuale uniforme, se non altro perché proprio su questo si discostano da P. Per i testi che consistono soprattutto in disposizioni e prescrizioni cultuali e rituali, è quindi molto difficile risponde­ re alla questione della loro provenienza, poiché di regola esisto­ no solo pochi punti concreti di contatto; di solito le norme cultuali-rituali tendono a restare costanti ; dipendono relativa­ mente poco dalle vicissitudini degli eventi politici e storici . Inoltre è molto probabile che dietro simili raccolte vi fosse an­ zitutto una trasmissione orale di tali norme attraverso le gene­ razioni ; nel corso di questa trasmissione nuovi elementi erano naturalmente aggiunti a quelli antichi. Anche nello stadio del­ la redazione, esisteva sempre anche la possibilità di aggiunte e di novità. Perciò si può solo tentare di datare in qualche modo la forma definitiva tramandata, sempre con la riserva, che vi può essere contenuto il più antico e l'antichissimo. Almeno

Contenuto del libro

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altrettanto importante della datazione è la determinazione del­ Ia provenienza locale. Infatti le tradizioni cultuali-rituali non vivono nel vuoto, né sono formulate teoricamente per poi esse­ re attuate qua e là, ma crescono dalla vita cultuale di un deter­ minato santuario. Per ciò che ora riguarda anzitutto l'ultimo punto, alcuni particolari che tratterà l'esegesi specifica orientano a consi­ derare grosso modo che disposizioni sacrificali dei capp. 1-7, e anche probabilmente delle norme di purità dei capp. I 1-15, derivino da una tradizione gerosolimitana (cfr. ad es. il «Sa­ cerdote che è stato consacrato» di 4,3 ss.). Se questo valga an­ che per il rituale del cap. 16, non può essere affermato con maggior certezza. Invece nella «legge di santità» alcuni parti­ colari depongono di nuovo a favore della provenienza dell'am­ biente gerosolimitano (così il riferimento a culti locali del ter­ ritorio di Gerusalemme in 17 ,7; 20,2 ss., ed inoltre dei nume­ rosi contatti con il libro di Ezechiele, che a sua volta ha come sfondo la tradizione sacerdotale di Gerusalemme). Cronologi­ camente per lo stadio finale delle parti non-narrative del Levi-. tico, in quanto offrono possibilità di datazione si ipotizza con una certa sicurezza la fine dello stato giudaico e l'inizio del co­ siddetto periodo deli'esilio. Però questo significa che tali brani non-narrativi (astraendo naturalmente dalle formule stereoti­ pe di introduzione e di conclusione, e da qualsiasi modifica re­ dazionale) erano essenzialmente già pronti nel loro stato at­ tuale prima che si formasse il quadro narrativo (P), nel quale sono stati inseriti più tardi. Tutto questo va detto solo con molte riserve, poiché l'irta materia difficilmente permette affermazioni sicure sulla for­ mazione del Levitico e dei singoli elementi che lo compongono. 3. Contenuto del libro Nel Levitico si tratta quasi esclusivamente di questioni cul­ tuali e rituali. Solo il cap. 19, nell'ambito della «legge di santi-

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l ntroduzione

tà» , per alcuni dei suoi aspetti specifici trascende questo tema, giunge a toccare il settore dei rapporti interpersonali in ge­ nere, e, nel contesto dei comandamenti sul comportamento che Dio esige dalla comunità di diritto, riporta il principio del­ l' «amore del prossimo» ( r 9 , I 8), e come richiesta isolata, la massima dell'« alzarsi in presenza di una testa canuta» (I 9 , 3 2 ) . Per l'Antico Testamento qui non si tratta affatto - lo di­ mostra appunto anche la raccolta di Lev. I 9- di diverse cate­ gorie di precetti , ma della volontà di Dio che vige nei confron­ ti d 'Israele, e che si esprime in una grande molteplicità di ri­ chieste concrete . Questa volontà divina comprende anche l'in­ tera realtà cultuale-rituale, che domina così fortemente le di­ verse parti del Levitico . Per vasti settori dell 'Antico Testamento il culto divino, con tutti i suoi sacrifici , celebrazioni e riti , costituiva una forma di adorazione esigita da Dio . Esso nell'Israele antico non differi­ va dalle religioni dell'ambiente e dell'intero vasto campo della storia delle religioni ; è pacifico che non solo il culto divino in sé, ma anche i particolari della sua attuazione, giungano in Israele dalla tradizione cultuale orientale antica, e che Israele abbia compreso questa forma di adozione di Dio come ovvia, e ·come voluta dal suo Dio. Solo che per Israele vigeva l 'esi­ genza della rigorosa esclusività della sua adorazione a Dio. L'intera essenza del culto poteva esistere solo per l'unico Dio, Jahvé; e anche nel Levitico si dice spesso espressamente che Israele deve offrire i suoi sacrifici «per Jahvé>> . Insieme, que­ sto significa che diverse azioni e usanze cultuali erano vietate in Israele, perché considerate specifiche di culti stranieri . Na­ turalmente era difficile che esistesse un sistema per distingue­ re il richiesto e il vietato; piuttosto era supposto che fosse proibito nelle sue particolarità quanto esisteva nelle imme­ diate vicinanze dell'Israele antico come scandaloso culto stra­ niero, che perciò poteva diventare tentazione di «apostasia» verso «altre divinità» . Nell'intero Levitico non si parla mai di qualche dubbio sul e

Contenuto del libro

gradimento di Dio per il culto; al contrario tutto è ricondotto alla espressa richiesta divina, come era stata data - almeno nel quadro tramandato del libro - sul Sinai per la mediazione di Mosè . Della critica al culto divino, come è stata espressa dai profeti preesilici , da prendere con molte sfumature, non si tro­ va traccia, sebbene il libro nella sua forma attuale sia più re­ cente di questi profeti. Da questo punto di vista esso è ogget­ tivamente «preprofetico» ; inoltre contraddice decisamente le affermazioni profetiche che negano che Dio abbia mai chiesto a Israele sacrifici o realtà analoghe (cfr. soprattutto Ier. 7 , 2 2 e ancheAm. 5 ,25 ). Se però il culto è considerato una forma legittima di adora­ zione a Dio, è importante che tutto si esegua in modo corretto e conforme ai precetti divini. Se l 'azione cultuale deve essere «gradita» - e questo è il suo scopo -, deve anche svolgersi nel rispetto di tutte le regole e disposizioni che vigano per essa. E per le numerose celebrazioni e per le diverse occasioni, in cui erano previste azioni cultuali , esisteva di necessità una quanti­ tà di regole e disposizioni, che dovevano entrare fino nei parti­ colari, se si voleva che tutto andasse per la via giusta. All'ob­ bedienza richiesta poi non apparteneva solo l'azione cultuale in sé, ma anche la scrupolosa osservanza di tutti i particolari. Da questo si deve comprendere che nel Levitico, che parte dall'in­ discusso presupposto dell'esigenza divina dell'azione cultuale, siano regolate in modo a prima vista strano per un occidentale, anche i fatti piccoli e minimi.

ALTRI ORDINAMENTI DI DIO AL SINAI (I, I-27,34)

x.

Disposizioni pe r i sacrifici ( I,I-7,38 )

Narrata l'esecuzione degli ordinamenti divini per la prepa­ razione del santuario col richiesto inventario cultuale (Ex. 3 539) , e l'erezione del santuario (Ex. 40) , prima del discorso sull'insediamento dei sacerdoti e al compimento dei primi sa­ crifici (Lev. 8 .9 ) , in Lev. 1-7 sono riportate norme sacrificali specifiche sotto forma di disposizioni divine a Mosè. Il com­ plesso di Lev. 1 -7 è inserito quindi nel grande contesto dell'o­ pera narrativa sacerdotale al posto giusto, non appartiene pe­ rò alla sua componente originale; esso separa Lev. 8 .9 , dove si tratta ancora deli ' esecuzione delle prescrizioni divine date in Ex. 25-3 1 , dai relativi resoconti corrispondenti di Ex. 35 -3 9 . E poiché già questi ampi resoconti dell'esecuzione si mostra­ no letterariamente secondari, Lev. 1 -7 potrebbe giustamente essere considerata un 'aggiunta letteraria, come lo rivela nei particolari il suo contenuto. Il testo attraverso il suo tema rappresenta in sé un complesso compatto, che, come chiarirà la specifica esegesi, ha avuto una sua preistoria. Nonostante la sua compattezza esso però è in sé articolato ; questo si deduce non solo dal contenuto e dalla struttura, ma anche dalle formu­ le introduttive, che compaiono in diversi punti e caratterizza­ no l'inizio delle suddivisioni o delle sezioni speciali ; alla for­ mula introduttiva principale ( 1 , I .2acx.) secondo cui Mosè rice­ ve ordinamenti «per gli Israeliti» , si contrappone la formula introduttiva di 6 , 1 .2acx., secondo cui Mosè deve trasmettere �li ordinamenti divini a «Aronne e i suoi figli» , e così è già in-

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Disposizioni per i sacrifici

dicata la più importante suddivisione, che a sua volta è ulte­ riormente specificata dalle formule introduttive, variamente comprensive e variamente formulate, in 4 ,1; 5 , 1 4; 5 ,2o ; 6 , 1 2 ; 6 , 1 7 ; 7,2 2 e 7 , 28 . a) L'olocausto ( I,I-17) 1 Il Signore chiamò Mosè, e dall a tenda del convegno parlò a lui: 2 Par­ la agli Israeliti e di' ad essi : Se un uomo (tra voi) vuole offrire un'offer­ ta a Jahvé (animali, bovi, e pecore potrete offrire come vostra offer­ ta), 3 se olocausto è la sua offerta di un bue, lo offra maschio senza difet­ to, (all'ingresso della tenda del convegno lo offra per il suo gradimento) alla presenza di Jahvé; 4 ed egli imporrà la sua mano sulla testa del­ l'olocausto, in gradimento per lui, in espiazione per lui . ' Ed egli sgoz­ zerà il manzo davanti a Jahvé, e i figli di Aronne, il sacerdote offriranno il sangue, e spruzzeranno il sangue intorno all'altare, che sta all'ingresso della tenda del convegno. 6 Ed egli scoierà l'olocausto e lo dividerà in pezzi . 7 Ed i figli di Aronne, cioè il sacerdote, porranno fuoco sull'alta­ re e sul fuoco accatasteranno legna. 8 E i figli di Aronne, i sacerdoti, dovranno disporre a strati i pezzi, la testa e il grasso sulle legna che stanno sul fuoco, che si trova sull'altare. 9 E le sue interiora e le sue zampe laverà con acqua, e il sacerdote farà salire tutto il fumo sull'al­ tare, olocausto, un sacrificio col fuoco, dall'odore gradito a Jahvé . Io Se però la sua offerta è dal gregge minuto, di pecore o di capre come olo­ causto, egli dovrà offrire un animale maschio senza difetto . II Ed egli lo sgozzerà presso il lato settentrionale dell'altare, davanti a Jahvé, e i figli di Aronne, i sacerdoti, spruzzeranno il suo sangue intorno all'altare . 12 Ed egli lo dividerà nei suoi pezzi, e la sua testa e il suo grasso, e il sacerdote li disporrà a strati sulle legna che stanno sul fuoco, che si trova sull'altare. IJ Egli però laverà con acqua le interiora e le zampe, e il sa­ cerdote offrirà tutto e lo farà salire come fumo dell'altare, è olocausto, sacrificio di fuoco, odore gradito a Jahvé. I4 E se la sua offerta per Jah­ vé è di uccelli, allora offirirà come sua offerta tortore o colombi . I' E il sacerdote lo offrirà sull'altare e troncherà la sua testa e farà salire come fumo sull'altare, e il suo sangue sarà spalmato sulla parete dell'altare. 16 Ed egli staccherà l 'esofago con gli escrementi e li getterà accanto al­ l'altare verso oriente, nel luogo delle ceneri del grasso . 17 Ed egli lo spezzerà con le sue ali , non le separerà, e il sacerdote lo farà salire come fumo sull'altare sulle legna, che stanno sul fuoco : è olocausto un sacri­ ficio con il fuoco, odore gradito a Jahvé.

L'olocausto ( I,I""Il)

2.3

·L'istruzione sull'olocausto, qui trattata , affine alla formula­ zione e al contenuto dell 'istruzione sul sacrificio cruento di comunione del cap . 3 , in una sequenza semplice, e quasi mo­ notona, di disposizioni, dà le informazioni ritenute necessarie per compiere l 'azione sacrificai e, senza nulla di essenziale sul carattere speciale, sul senso, scopo o possibili motivi del sacri­ ficio. Lo stile è oggettivo; eccetto il caso in cui assai sporadi­ camente non sia scelta una forma verbale passiva, colui che agi­ sce di voi ta in volta appare come soggetto in terza persona sin­ golare (i discorsi in seconda persona plurale nel v . 2 apparten­ gono alle aggiunte secondarie) . In definitiva si prevede il sem­ plice caso in cui una persona qualsiasi - sempre per qualsiasi motivo - voglia un olocausto; qui resta fuori considerazione l'offerta di un gruppo o di una persona o comunità più o meno ufficiale, poiché in questi casi bisognerebbe agire certamente in modo consequente. Anche tutta l 'istruzione è destinata al singolo offerente; egli deve sapere che deve fare e quali azioni particolari del sacrificio deve lasciare al sacerdote. Ci si trova quindi di fronte a un rituale dei sacrifici. Come va pensata la formazione della sua relazione? Poiché nell'Israele antico, per la scoperta della scrittura alfabetica consonantica, leggere e scrivere non era più un'arte dotta riservata ad esperti, sembra non impossibile che presso il santuario ci fosse un simile ritua­ le fissato per iscritto e che poteva essere consultato da quanti volevano offrire un sacrificio. È anche possibile che in occa­ sioni in cui si radunavano presso il santuario numerosi visita­ tori, un sacerdote presentasse oralmente il rituale per la istru­ zione generale degli offerenti naturalmente prima che questi fosse messo per iscritto. È difficile determinare l'età del rituale, poiché gli ordina­ menti cultuali erano soliti conservarsi molto costantemente invariati per lunghi periodi , e solo in questo o quel particola­ re sono legate al loro tempo. Nella forma attuale il rituale del­ )'olocausto di Lev. 1 appartiene allo sviluppo letterario secon­ dario dello scritto sacerdotale (P) ; questo appare nella formu·

Disposizioni per i sacrifici

la introduttiva (cfr . v. I), come anche nella redazione nel sen­ so di P, presente, ma non espressa conseguentemente, che so­ prattutto ha inserito i «figli di Aronne» al posto del «sacerdo­ te» , nominato originariamente in forma semplice e generale, e probabilmente ha inserito anche la « tenda del convegno» . I «figli di Aronne» non compaiono mai nel cap . I da soli, ma sempre con la non necessaria aggiunta de «i sacerdoti» (vv. 5 . 8 . I I); e in questo plurale «i sacerdoti» si nasconde manifesta­ mente il singolare originario «il sacerdote» , che nel v . 7 è ri­ masto ancora, perfino accanto ai «figli di Aronne» , e del resto ha conservato la sua originaria indipendenza nei vv. 9 . 1 2 . I 3 . 1 5 . I 7 . Una rielaborazione così imperfetta di un testo più anti­ co può essere ascritta difficilmente alla fonte P, ma solo ad un redattore posteriore, che successivamente ha voluto inserire tutto in P. Il contenuto stesso però mostra altresì che il rituale stesso è senza dubbio più antico di P , nonostante la tardiva ac­ coglienza nel quadro letterario di P, oppure perfino in quella di P+ ]E. Su questo depone anche il fatto che secondo Ez . 44 , 1 I lo sgozzamento dell 'olocausto e il sacrificio cruento, erano compiti dei Leviti, «in servizio» , che dovevano svolgere que­ sto compito «per il popolo» , mentre secondo il rituale di Lev. I è ancora lo stesso «laico» offerente che esegue lo sgozza­ mento (v. 5 ) . Solo secondo l'opera del Cronista sono trasferiti al personale cultuale i singoli atti dell'azione sacrificale, che nel rituale di Lev. I spettano ancora al «laico» (per es . lo scoia­ mento degli animali da olocausto, che secondo 2 Chron. 29,34 dovrebbe di per sé essere curato dai sacerdoti e solo eccezio­ nalmente, in forma sostitutiva, anche dai leviti ; cfr. invece Lev. I ,6 ) . Perciò il rituale di Lev. I (anteriore alla redazione P) deve essere considerato preesilico. Naturalmente esso non può essere considerato neppure molto antico, poiché probabil­ mente rivela tracce di un vicendevole influsso con diverse altre forme sacrificali (cfr. v. 4a) . Preferibilmente viene in conside­ razione il tardo periodo preesilico. Come ambiente si pensa a un determinato santuario , poiché è difficile pensare che gli

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stessi rituali fossero vincolanti per tutti i santuari, in un perio­ in cui in Israele esistevano numerosi santuari legittimi. La tardiva accoglienza nel Pentateuco suggerisce che il tempio di Gerusalemme, vigente come l'unico santuario legittimo da Giosia in poi, fosse il luogo cultuale del rituale di Lev. 1 ss ., e al di là dell'esilio fosse restato fino ai tempi postesilici . do,

1·9· La strana posizione del soggetto nella formula introdutti­ va (v. 1 ) , dimostra che essa non è di getto; nel v . rh sta, sem­ pre ripetuta in modo stereotipo da Ex. 2 5 , 1 , l 'introduzione agli ordinamenti divini come essi sono dati a Mosè inizialmen­ te sul Sinai e poi da Ex. 4 0 , 1 nei pressi del Sinai. La «chiama­ ta» di Mosè nel v. r a, dal canto suo, sembra un'aggiunta secon­ daria, che scavalcando Ex. 40 , 3 6-3 8 , dovrebbe collegarsi con Ex. 40 ,34.35· Con il v. 2a gli ordinamenti che seguono sono oggettivamente caratterizzati dalla loro destinazione a tutti gli israeliti ( «laici>> ) . Con il v. 2b comincia il testo del rituale pro­ prio. Qui come concetto guida generico per ogni «presenta­ zione» (di sacrifici) , appare il termine qorbiin, che è usato spesso in Lev. 1 -7 e anche in seguito in Levitico e Numeri , il quale però è con tutta probabilità estraneo alla componente originaria di P (cfr. xop�éiv in Mc. 7 , 1 1 , ed anche Mt. 2 7 ,6 ) ; poi una proposizione secondaria-chiave introdotta da kz, è po­ sto anzitutto il caso generale di una persona qualsiasi (si ha il termine assai generico di «uomo», che però certo va inteso li­ mitatamente ad Israele) , che si propone di fare una « offerta»,. e questo caso generale è poi specificato da brevissime proposi­ zioni secondarie subordinate riassuntive introdotte da 'im (per questa sequenza di kz e 'im, cfr. AT 5 , p. 2 1 9 ) , prima dal punto di vista dei diversi possibili tipi di sacrifici, alle prime parole del v. 3 corrispondono [ 2 , 1 arx.] ; 3, r a) , e poi ancora all'interno delle rispettive forme di sacrifici, secondo le diver­ se possibili materie sacrificali. Nel v. 3arx., a motivo delle fre­ quenti profasi, sta una formulazione alquanto abbreviata; es­ sa significa : « Se la sua offerta deve essere un olocausto; se

Disposizioni per i sacrifici

(allora ) la sua offerta è di bovini» , e alla frase condizionale su­ bordinata corrispondono poi le introduzioni ai vv. 1 0 . I 4 . In Lev. I , trattato quindi come prima sottospecie di una «offer­ ta» , l'olocausto, in ebraico cola, di per sé «il (sacrificio) salente (nel fuoco, rispettivamente nel fumo) » , che, come dimostra anche il rituale attuale, è una offerta di animali che deve essere bruciata per intero, e come tale rappresenta probabilmente un antico modo di «dono» sacrificale di proprietari di mandrie (cfr. Gen. 4,4a ). In Lev. I però il manzo occupa il primo posto tra gli animali da olocausto, per cui evidentemente si presup­ pongono situazioni di una terra di cultura. Per l'olocausto so­ no richiesti animali maschi (a differenza di Le v. 3 ) , certo come gli animali sacrificali più degni nel quadro di una generale pre­ ferenza del maschio. Che un animale da sacrificio debba essere da parte del «compiacimento» divi­ no. Lo «sgozzare» l'animale da sacrificio «davanti a Jahvé» , cioè nel santuario, è notato solo i n breve (v. 5a) , evidentemen-

L'olocausto ( I,I-I7)

te presupponendo che ognuno sappia come questo vada esegui­ to; dal seguito emerge solo che il sangue che sgorga dallo sgoz­ zamento, deve essere raccolto in un recipiente, per preparare il successivo rito del sangue, la cui esecuzione doveva essere la­ sciata al sacerdote (il v. 5b senza dubbio era stato formulato inizialmente al singolare con come soggetto. La «suddivisione>> in «parti» della vittima scoiata, a sua volta è ricordata così in breve, che evidentemente si sup­ pone che l'offerente abbia informazione sui particolari. Poi so­ no ricordate come > compare nell'Antico Testa­ mento solo in questo passo (cfr . anche sopra, p. 30, a propo­ sito di I , I 6) . Resta problematico chi sia alluso come soggetto al v. I 2a; probabilmente però è l'offerente espiatore, poiché il sacerdote non viene espressamente nominato. .

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II secondo sottoparagrafo ( vv . I 3-2 I ) ricopia il primo, quindi ne dipende ed è secondario rispetto ad esso; per non dover ripetere tutti i particolari, esso si serve di formulazioni abbreviate (così tra l'altro nel breve riferimento a «tutto il grasso>> al posto della lunga enumerazione nei vv . 8- roa), op­ pure sostituisce spiegazioni più precise con referenze espresse al primo sottoparagrafo (vv. 20a. 2 r a) . La dipendenza arriva al 1 3-2 I .

Disposizioni per i sacrifici

punto che all 'inizio del rito del sangue ricompare ancora una volta il « sacerdote consacrato» , qui del tutto fuori posto (v. 1 6 ) , e anche qui poi la seguente esecuzione del rito del sangue è lasciata «al sacerdote» . Il caso previsto in questo paragrafo è quello di una prevaricazione contro ordini, e rispettivamente proibizioni divine, da parte di una persona sconosciuta , che non confessa la sua mancanza, e quindi non vuole o non può offrire il sacrificio richiesto (in quanto si tratta soprattutto di una mancanza «inavvertita>> e quindi espiabile cultualmente ). In tal modo tutta la comunità è gravata di colpa e deve darsi cura della sua espiazione; essa può farlo anche perché per la co­ munità si tratta comunque di una mancanza «inavvertita» . L 'inizio del paragrafo non è unitar io per le modifiche secon­ darie. La non chiar a sequenza dei due concetti di ; questo si vede nel singolare del verbo nel v. I 5b. Chi questo potesse essere, non può più essere de­ dotto dal testo attuale; infatti il riferimento a lui è stato sacri­ ficato nel v. I 5 a a favore dell'aggiunta secondaria degli «an­ ziani della comunità>> . La continuazione dell'azione sacrificale corrisponde esattamente a quella del primo sottoparagrafo . Nei vv. 2 ob e 2 I h stanno due formule conclusive . Questo dif­ ficilmente può essere originario. Se si suppone, ed è il fatto '

�Wotivi dei sacrifici espiatori (4,I-5,26)

più ovvio, che le frasi dai vv. 20.2 1 siano state aggiunte un po' alla volta nella sequenza tramandataci, bisognerebbe vedere nel v. 2ob la originale frase conclusiva (che ritorna letteral­ mente nei vv. 2 6b. 3 1 b. 3 5 h) ; e per la dipendenza, del resto ve­ ramente totale, del secondo sottoparagrafo dal primo, sarebbe da supporre che la frase conclusiva un tempo si sia trovata an­ che essa alla fine del primo sottoparagrafo, e che finalmente sia ivi venuta a mancare solo per una svista . Questo sottopa­ ragrafo presenta l'effetto espiatorio del sacrificio per il pecca­ to, ed è qui notevole che « il sacerdote» appare come soggetto dell'azione espiatrice e Dio non è espressamente nominato , ma appare solo indirettamente alla fine come soggetto logico del­ l'affermazione passiva, in cui si può supporre che rispecchi una spiegazione conclusiva del sacerdote. Questo contenuto indica che nel sacrificio per il peccato si è conservato in modo abba­ stanza marcato , almeno nella formulazione, il pensiero di un effetto ex opere operato. Se il v . 2ob rappresenta la frase con­ clusiva originale , il v . 2 I a è stato aggiunto tardivamente da uno che voleva chiarire di più nel v. 2oa il riferimento al primo sottoparagrafo , e da questo derivava la necessità di un'altra formula conclusiva (v. 2 1b) , che però è penetrata prima della redazione nel senso di P, e contiene quindi il termine chiave qahal (e non c eda) . 2 2 -26 . Nel

terzo sottoparagrafo (vv. 2 2-26) è posto il caso di un nait' che pecchi . Resta incerto chi sia inteso con questo ti­ tolo. Poiché questo titolo appare indeterminato, senza artico­ lo, non si è certamente pensato al «principe» , come futuro sostituto dell'antico re davidico nel programma futuro del li­ bro di Ezechiele (Ez. 44 ,3 ecc.) , o al «principe di Giuda» del­ la narrazione del Cronista riferita agli inizi del periodo postesi­ lico (Esdr. I ,8), dato che il nasi' in Lev. 4 , appare molto de­ classato dietro al «sacerdote consacrato» per la posizione che ricopre nel sottoparagrafo che lo riguarda, e anche per la vitti­ ma prevista per lui, ma si è invece pensato a uno di quei «por-

Disposizioni per i sacrifici

tavoce» della tribù del tempo antico (dr. Ex. 2 2 ,2 7 ; e a tale proposito, AT 5 , pp. 2 3 2 s . ) , che ricompaiono nella narrazione di P (Ex. 1 6 ,2 2 , ecc.). Il problema è solo se nel tempo consi­ derato per Lev. 4, esistesse ancora uno simile, oppure esistesse di nuovo, oppure se si contasse solo teoricamente su una strut­ turazione tribale ideale da ripristinarsi, nella quale il nasi' a­ vesse il suo posto. Il paragrafo dei vv. 2 2-2 6 , introdotto già di per sé con una congiunzione insolita, è stato adattato al caso del nasi' in base alla prescrizione del sacrificio per il peccato che fa da fondamento . L'unica sua particolarità è che per que­ sto caso si prescrive un capro come vittima per il peccato; per il resto, nei particolari , è molto vicino al sottoparagrafo se­ guente. Nell'insieme di protasi, la formula we'asem 'o hoda'" 'elaw ( vv. 2 2 l 2 3 ) crea delle difficoltà ; essa ritorna letteralmen­ te nei vv. 2 7 l 2 8 e già per questo non può essere « migliorata>> con i vv. I 3 l I 4 attraverso un « alleggerimento» di critica te­ stuale; piuttosto la formulazione deve essere ascritta all'anti­ ca base comune, e sarebbe stata semplificata nel secondo sot­ toparagrafo, molto secondario, e omessa successivamen te dopo il v . 3a del primo sottoparagrafo. Con il termine 'o «oppu­ re» , la formula pone due possibilità per conoscere la mancan­ za commessa inizialmente «per inavvertenza» . La seconda pos­ sibilità è che «qualcuno» (nonostante il cambiamento di sog­ getto , il nuovo soggetto indefinito non è espresso, come in ebraico è permesso ) informi l'interessato della sua mancanza ; allora nel termine we'asem può stare non solo il senso deli,og­ gettivo rendersi colpevole, ma anche quello della (successiva) presa di coscienza della colpa. Nel versetto seguente è notevole la precisazione del luogo dello sgozzamento della vittima per il peccato: «nel luogo dove si usa sgozzare l'olocausto davanti a Jahvé» (v. 24) . Questa formulazione suona originale, e ricorda in modo sorprendente quel passo dell'editto di Ciro , nel quale il luogo previsto per la ricostruzione del tempio, invece di quello salomonico di un tempo, si indica con le parole : «Il luogo nel quale si sgozza il sacrificio cruento e si offre il sacri=

Motivi dei sacrifici espiatori (4,1-.5,26)

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ficio col fuoco» (Esdr. 6 , 3 ) . È possibile perciò che la situazio­ ne fondamentale supposta dalle norme per il sacrificio del pec­ cato, come pure dall'editto di Ciro, fosse quella che va dalla di­ struzione dell'antico tempio alla ricostruzione del nuovo ? Nei vv. 2 5 . 2 6 , a differenza dei due primi sottoparagrafi, si suppone solo un altare, che al v. 2 5 , dopo avere già parlato di due alta­ ri, è indicato come «altare dell'olocausto» , inizialmente però di sicuro si chiamava semplicen1ente «l 'altare» (v. 26) . Nel v . 25 manca l'atto dell' del sangue sacrificale (cfr . sopra, p. 4 8 , a proposito del v . 6 ) . Questo atto era forse fuori posto nei sacrifici di bestiame minuto? È poco probabile. Esso manca, perché nel paragrafo , strutturato già di per sé abba­ stanza brevemente, non bisognava ripetere quanto si era già detto nei primi paragrafi ? Anche questo è poco probabile va­ lutando la peculiarità di questo atto . Oppure colui che ha ela­ borato il testo voleva forse con questa omissione collocare die­ tro i primi due i casi trattati in questi due paragrafi, in quanto meno importanti? Comunque questo atto dovrebbe far parte dell'antica base delle disposizioni per il sacrificio per il pecca­ to, e non essere stato inserito solo successivamente nei due primi sottoparagrafi. La mancanza di un'osservazione sul com­ portamento verso i resti della vittima, come si trova nei vv . I I . I 2 e come si fa loro riferimento nei vv. 2oa.( 2 1 a) , si spie­ ga senza difficoltà con la tendenza di evitare, per amore di bre­ vità, ripetizioni che non apparivano necessarie . '

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2 7-3 .5 . Nei vv. 27- 3 5 è trattato il caso fondamentale di una mancanza inavvertita da parte di un «semplice laico» . Perciò in linea con i paragrafi precedenti qui si parla di una «singola» persona (a differenza del collettivo dei vv. 1 3- 2 1 ) , e più preci­ samente di una persona «del popolo del paese» (questa espres­ sione indica qui la differenza che le persone, gli ufficiali o con persone preminenti) . In questo caso, per il sacrificio bastava un animale femmina di bestiame minuto, probabilmente per­ ché si trattava in genere di gente poco doviziosa, e, come è ri-

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Disposizioni per i sacrifiCi

cordato in due passi paralleli (vv. 2 8b-3 1 e 3 2-35), veniva in considerazione una capra o una pecora. In entrambi i casi è presupposto ancora una volta solo un altare , e manca anche l'atto dell' «aspersione» del sangue sacrificale, come altresl la distruzione dei resti della vittima (cfr . su questo le spiegazio­ ni al terzo sottoparagrafo, p. 5 3 ) . Nel seguito predomina di nuovo una (inconseguente) tendenza alla brevità. Essenzial­ mente non viene nulla di nuovo. Nelle protasi (vv. 2 7 / 2 8 ) sta la medesima formula dei vv. 2 2 / 2 3 (v. sopra) . L'indicazione del luogo dello sgozzamento appare nel v. 29h nella formula abbreviata : «Nel luogo dell'olocausto>>, nel v . 3 3b invece nel­ la frase secondaria completa, come nel v. 2 4 . L'unico altare è nominato di nuovo nei vv. 30a.34a come «altare dell'olocau­ sto>> chiamato però nei vv. 3oh.34b semplicemente «l'altare» . Nel v. 3 I a compare del tutto isolata, in nesso con l'azione sa­ crificale, l'espressione «in gradito odore per Jahvé» (dr. so­ pra, p. 2 8 ) . Secondo il v. 3 5 il sacrificio per il peccato fu offer­ to «sul sacrificio di fuoco di Jahvé>> , cioè dopo gli altri sacrifi­ ci precedenti, ancora una annotazione del tutto isolata . ,; , I - 1 3 . In j , I - 1 3 - chiaramente in aggiunta al cap . 4 - è trat­ tato il caso particolare di una mancanza, la violazione di un av­ vertimento . Questo caso è collegato con la frase introduttiva generale del v . 1 aa , descritto sotto diversi punti di vista in un insieme di protasi straordinariamente complicate e poco chia­ re, formulate in modo infelice e ambigue ( vv . 1 a�b-4) , infine è riassunto ancora una volta nel v. 5a. Appare subito chiaro il carattere specifico di questo caso. Inizialmente (v. 1 aBb) si tratta di qualcuno che - nonostante il divieto - proferisce una bestemmia e un altro (con wehu' ora il femminile nefes = «persona» , prosegue nella forma maschile; cfr. 2 , 1 ; 4,2) è pre­ $ente (ra'a) oppure ne viene a conoscenza (jad� ) e poi omette di riferire il fatto rendendosene cosl colpevole (il wenasa' �awono alla fine del' V . I ha lo steSSO significato del Weasem alla fine dei vv. 2 .3 .4 ; il cambiamento dell'espressione sta però a ·

. Hotivi dei sacrifici espiatori (4,1-5,26)

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indicare una mancata unità letteraria nell 'insieme della prota­ si ) . Nei vv. 2 . 3 si tratta della contaminazione cultuale di una persona (qui nefes indica, a differenza del v . 1 aa., la persona, che costituisce solo l'occasione della mancanza) per l 'inavverti­ to toccamento di un oggetto impuro sia animale sia umano , che un altro nota (con wehu' nei vv . 2b� e 3h� cambia inavvertita­ mente il soggetto, e questo termine ha di nuovo lo stesso rife­ rimento del wehu' del v. 1 ), senza farlo notare alla persona in­ teressata (quest'ultima non è nemmeno nominata espressa­ nlente, ma è supposta tacitamente) , rendendosene quindi col­ pevole lui. Nel v . 4 finalmente si pone il caso in cui qualcuno ( nefes di nuovo, come nel v . 2 ) senza volerlo o supporlo, pro­ ferisce una formula di giuramento , che, come parola efficace, ,tnche indipendentemente da colui che la proferisce, porta con sé «male o bene » , e un altro, che sente la non intenzionale for­ mula di giuramento, o ne viene a sapere, ma non la rende no­ ta. In tutti questi casi non interessa quindi la persona che ne è stata l 'occasione prima, ma solo il connivente che - qualun­ que sia il motivo, in primo posto però, per pigrizia - omette di rivelare il fatto all'interessato oppure anche in pubblico, impedendo così che il bestemmiatore sia sottoposto alla sua punizione, o colui che si contamina prenda la necessaria ini­ ziativa per la sua purificazione cultuale, oppure impedisce che possa essere presa qualsiasi contromisura nei confronti dell 'ef­ fetto della formula inavvertita di giuramento . Questa man­ canza , che non era certo un'azione «inconsapevole>>, ma sem­ pre solo un 'omissione, poteva essere cultualmente espiata con un sacrificio per il peccato; e nei vv. 5b- 1 3 è perciò trattato il sacrificio per il peccato da offrirsi ed è diviso in tre parti secon­ do la materia sacrificale da offrire. Si prende in considerazione gente poco doviziosa e perfino povera, che può essersi resa colpevole di violazione di un avvertimento, e ora deve pre­ sentarsi per un sacrificio. Secondo il suo avere si gradua il tipo ed il valore del sacrificio, per cui all'azione sacrificale stessa si attribuisce sempre lo stesso effetto espiatorio pienamente va-

Disposizioni per i sacrifici

lido, come affermato espressamente ogni volta nella formula conclusiva stereotipa, ben nota dal cap. 4 (vv. 6b . 1 ob. 1 3a) . La serie comincia semplicemente con un animale minuto fem­ mina, che già nel cap . 4 rappresenta il gradimento più basso delle possibili vittime per il peccato (v. 6 ) . Dopo che colui che è divenuto colpevole ha ammesso la sua omissione, che di so­ lito non poteva essere un fatto risaputo e accertabile (v. 5b) , quindi aveva spontaneamente confessato la sua mancanza, era offerto un sacrificio per il peccato, della cui esecuzione, nel caso di un animale 1ninuto femmina secondo il cap. 4 non oc­ correva dire più nulla di specifico; così emerge subito chiara­ mente che nel paragrafo presente è presupposto il cap . 4 ; quin­ di il v. 6 consta solo di una frase introduttiva e di una formu­ la conclusiva (qui incompleta) . Notevole nel v . 6 è solo la prima comparizione del termine asam' che significa di per sé «colpa» , e qui sta nel senso di «espiazione della colpa>> , «pe­ na>> ; qui non è un termine sacrificale del «sacrificio per la col­ pa» , poiché il sacrificio in 5 , I- I 3 di volta in volta è espressa­ mente caratterizzato come «sacrificio per il peccato» (/;Ja!tilt) . Secondo i vv . 7- 1 0 la gente povera poteva limitarsi ad un sa­ crificio di una coppia di tortore comuni (cfr. I , 1 4- I 7) . Su que­ sto occorreva dire qualcosa di più preciso, perché sacrifici per il peccato di colombe non erano previsti nel cap. 4 · Strana­ mente solo una delle due colombe doveva essere offerta come sacrificio per il peccato, l'altra invece doveva essere offerta co­ me olocausto (apparteneva forse già di per sé al sacrificio del peccato anche un olocausto, senza che dovesse essere ricordato espressamente - perché regola comune e quindi scontata -? ) . Mentre dunque la colomba per l 'olocausto doveva essere offer­ ta (v. Ioa) secondo il rituale dell'olocausto ( I ,I 4-I 7 ), la co­ lomba per il sacrificio del peccato richiedeva un procedimen­ to alquanto diverso . La differenza consisteva nel fatto che al­ la colomba del sacrificio per il peccato non si staccava la testa, ma si cominciava con lo strappare solo il collo alla bestia e con il sangue, che scorreva, si eseguiva l'atto dell' «aspersione» , ti,

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pico del sacrificio per il peccato (cfr. 4,6 , e inoltre sopra, p. 47 ), e più precisamente «contro la parete dell'altare» (nel pa� ragrafo presente si parla solo e semplicemente di un «altare» ), mentre il sangue residuo si spremeva contro la base dell'altare (alquanto diversamente dal rituale dell'olocausto in I ,I 5b) . Il corpo del volatile , del quale non si dice altro, doveva essere trattato probabilmente secondo 4 , r I . I 2 . Chi era così povero che non poteva permettersi neppure un sacrificio di colombi, poteva soddisfare l 'obbligo del sacrificio per il peccato con un'offerta di vegetali ( vv . I 1 - I 3 ) , e più precisamente con un decimo di efa di farina (di grano o di orzo) . L ' e/a è una misura di capacità a secco soprattutto per il grano , frequente nell'An­ tico Testamento; la sua quantità non può definirsi con certez� za , i calcoli oscillano circa tra 2 3 e 40 litri. In ogni caso un de­ cimo di efa rappresentava una quantità molto limitata. L'of� ferta di farina ricorda il sacrificio di cibi ( cap . 2 ) , e quindi si incontrano anche in questo paragrafo alcuni termini tecnici del rituale per il sacrificio di cibi . Insieme, però, non si trattava di un sacrificio di cibi , ma come espressamente si annota anche qui ( vv . I I b�- I 2 b) , di un sacrificio per il peccato, solo che ap­ punto di materia sacrificale vegetale. Perciò in questo caso do­ veva omettersi la preparazione di un cibo con aggiunta di olio, come pure la consacrazione con l'aggiunta di incenso (v. 1 I ba) , e così restava solo l'offerta di semplice farina. Questo pe­ rò era trattato secondo le regole del rituale del sacrificio di ci­ bi con il sacerdote che ne prelevava una «manciata» , e con la distruzione sull'altare come 'azkara (cfr. sopra, pp. 33 s.) . La questione su che fare della farina rimasta trova risposta in una annotazione posta dopo la formula conclusiva, e quindi sicu­ ramente aggiunta in un secondo tempo, nel senso che essa do­ veva toccare «al sacerdote» , «come nel sacrificio di cibi» (cfr. 2 ,3 . 1 0) . 1 4-26 . I l resto del cap. 5 (vv. 1 4�2 6 ) s i rivela come un ulterio­

re aggiunta a quanto precede, con una nuova, ma molto breve,

Disposizioni per i sacrifici

formula introduttiva del v . 1 4 . Che non sia in sé un paragra� fo unitario, lo rivela non solo il contenuto delle sue tre suddi� visioni (vv. 1 4- 1 6 ; 1 7- 1 9 ; 20-2 6 ) , ma anche la comparsa di un'altra formula introduttiva nel v. 20, anch'essa breve . Es� so è stato quindi certamente inserito in stadi diversi, rappre� senta però una unità relativamente completa in quanto il mo� do di espiazione è chiaramente lo stesso in tutti i casi ivi pre­ senti, e su questo richiamano già certe espressioni che ritor� nano regolarmente . Il problema di questo paragrafo comun� que sta nel sapere in che consistesse questa azione espiatrice . È notevole in ogni modo che in tutto il paragrafo niente è det­ to, o anche solo accennato, di un'azione sacrificale propria. Nel v. 1 5 come poi anche nell'introduzione al terzo sottoparagrafo nel v. 20 , si parte da una «appropriazione indebita» (in ebrai­ co ma«al) come oggetto della mancanza, e più precisamente nei confronti «dei santuari di Jahvé, cioè dei beni che spetta­ vano a Jahvé» , o concretamente al suo santuario, rispettiva� mente ai suoi sacerdoti . In pratica in corrispondenza con il con­ cetto di «appropriazione indebita» (come esempio di un caso particolare, dr. Ios. 7 , 1 ) , bisogna pensare soprattutto a offerte, che o potevano essere scadenti , o secondo le circostanze pote­ vano essere usate in modo difforme dal rituale, oppure anche trattenute. Presupposto per poter espiare era comunque che il fatto fosse accaduto «inconsapevolmente» (bisgaga ) ; per un'azione premeditata di questo genere esisteva la pena di morte (cfr. Num. 1 5 ,30) . L'espiazione di una tale mancanza è constatata finalmente (v. r 6b) di nuovo nella formula conclu­ siva con la solita espressione (cfr. 4 ,2ob, ecc.) . Essa in base al v . r 6a, esigeva non solo un rimborso del bene «indebitamente sottratto» , da presentare al «sacerdote» con l'aggiunta di un quinto del valore, intesa certo come punizione (secondo questa norma si può pensare solo ad una restituzione in denaro), ma anche una esecuzione cuituale in senso stretto, che nel v. r 5 si indica come 'asam (cfr. v . 6 , e inoltre sopra, p. 5 6 ) , e dove­ va consistere in un «ariete senza difetto» . Ora però, sorprende

Motivi dei sacrifici espiatori (4,I-5,26)

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il fatto che nel contesto del discorso sull'ariete non si parli di un'offerta, ma di un 'estinzione del valore monetario . Come poi anche nei vv. 1 8a.25b, qui si incontra la precisa espressione be' erkeka, difficilmente traducibile, che significa all'incirca «nella misura del tuo confronto» , cioè « a tua stima» , dove il pronome possessivo, come in alcune altre espressioni ebraiche formali , va inteso nel senso di un riflessivo impersonale « Si», quindi all 'incirca : «Se si stima>> . Qui manifestamente gli og­ getti del confronto sono il valore materiale e quello moneta­ rio . A che scopo però bisognava stabilire in questo caso il va­ lore monetario dell'ariete ? La restituzione in denaro del bene sottratto indebitamente era un fatto a sé, e secondo l'espres­ sione qui usata non si può dire ad esempio che il valore mone­ tario dell'ariete vi dovesse essere computato . Anche il suppor­ re che l'ariete da offrire dovesse avere un valore minimo deter­ minato (secondo il computo ufficiale) , non si può fondare sul testo attuale. Qui la menzione dell' «argento di siclo» (letteral­ mente « argento in unità di peso ») è un'apposizione ad > (Ex. 3 9 , 30) , e quindi in Lev. 8 ,9 si parla «del fiore d'oro, la sacra consacrazione» . Che più tardi tra Ex. 3 9 e Lev. 8 sia subentrato il complesso delle di­ sposizioni rituali di Lev. 1 -7 e poi anche la conclusione secon­ daria dell'Esodo, era un fatto oggettivo, in quanto Lev. 8 era

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L'inizio del culto al Sinai

orientato verso l 'inizio della narrazione dell'inizio del culto sa­ crificale di Lev. 9 , ed era così scontato che, tenendo conto di questo nesso, già la narrazione dell'attuazione di Lev. 8 era sta­ to dotato di una nuova introduzione (vv. I-j ) . 1 -3 6 . L'introduzione di Lev. 8 riassume le disposizioni di Ex. 2 9 , Ib-3 .5aa..7a e presenta Mosè che riunisce > oltre ai pezzi da bruciare bisognava aggiungere alle restanti parti grasse del sacrificio non solo un altro sacrificio di cibi , come nel sacrificio di ringraziamento (cfr. 7 , 1 2 ) , ma anche la coscia destra (posteriore), che nei nor­ mali sacrifici doveva toccare come parte sacrificale al sacerdote officiante; qui però nel caso di un sacrificio per i sacerdoti do­ veva essere bruciata sull 'altare con tutto il resto. Con Panno­ tazione del v. 2 9 , che Mosè adesso - ad azione sacrificale già conclusa (v. 2 8a�b) - «prendeva» il petto dell'animale sacri­ ficato come porzione a lui spettante (cfr . 7,3 I h) , Lev. 8 segue il modello originale di Ex. 29 ,26 ; ma questo modello qui già presentava un'aggiunta secondaria, cui più tardi in Ex. 2 9 ,2 7 . 2 8 e in 2 9 .30 si abbinarono altre aggiunte (cfr. AT 5 , pp. 2 8 8 s.), non ancora però presupposte da Lev. 8 . Per il v. 3 0 , vedi sopra . Terminata l'azione sacrifìcale, secondo il rituale del sacrificio cruento doveva seguire il convito sacrificale dei partecipanti al sacrificio , in questo caso quindi di Aronne e dei suoi figli ; di questo si parla poi anche nei vv. 3 I . 3 2 sulla base di Ex. 29,3 I . 3 2 . 3 4 (il v. 3 3 è evidentemente un'aggiunta po­ steriore) . La differenza principale tra questo e il modello origi­ nale sta nel fatto che non Mosè, ma Aronne e i suoi figli stessi devono pensare a preparare il convito sacrificale cuocendo la carne, il che corrispondeva di certo alla normale consuetudine dei sacrifici, secondo cui il sacerdote officiante non aveva più nulla a che fare con il convito sacrificale dei partecipanti al sa­ crificio . Nel caso presente Mosè svolgeva ancora una sola fun­ zione in quanto, richiamandosi a un esplicito ordine divino, impartiva ad Aronne e ai suoi figli la disposizione corrispon­ dente. La carne sacrifìcale da mangiare doveva essere cotta (non arrostita) (cfr. 6 2 I , in riferimento alla porzione sacerdo­ tale del sacrificio per il peccato, che corrisponde alla parte del ,

L'insediamento di Aronne e dei suoi figli (8,I-J6)

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sacrificio da mangiare) , e doveva essere mangiata nello stesso giorno insieme al resto non offerto (v. 2 6a) del previsto con­ torno di pane; comunque il residuo della carne e del pane do­ veva essere distrutto con il fuoco (cfr. 7 , 1 7 ) . A motivo della breve annotazione di Ex. 2 9 ,35b, alla fine si riporta ancora in modo sommario nei vv . 3 3-36 che tutta la celebrazione del «riempitnento della mani» doveva durare sette giorni, e che durante questi sette giorni Aronne e i suoi figli, sotto minac­ cia della pena di morte in caso di trasgressione , dovevano re­ stare nel santuario e non potevano allontanarsi dal posto all'in­ gresso della tenda del convegno, cioè dai dintorni dell'altare dove si era svolta tutta l 'azione dell 'insediamento . Nel v . 34 poi si prescrive che in ciascuno di questi sette giorni doveva ri­ petersi l 'azione del «riempimento delle mani» del primo gior­ no, minuziosamente descritta. Comunque il paragrafo mostra evidenti scabrosità nella formulazione. Secondo il v . 3 5 b, la disposizione di Mosè nei confronti di Aronne e dei suoi figli, comincia con il v. 3 I , arriva fino al v. 3 5a, e nel v. 3 6 segue in modo molto logico una notizia sull'attuazione di questa dispo­ sizione. Ora però nel v. 3 3b appare un'affermazione sul «riem­ pimento delle mani» in terza persona singolare, in cui non è su­ bito chiaro chi sia alluso come soggetto. Nel caso presente si può difficilmente pensare a un soggetto impersonale («Si») ; Jahvé avrebbe potuto difficilmente restare un soggetto non nominato, ed inoltre la continuazione del v. 34 lo esclude co­ me soggetto. In Ex. 2 9 , 3 5b Mosè appare come soggetto del «riempimento delle mani» (nella funzione di plenipotenzia­ rio di Jahvé) , e questo dovrebbe essere anche il pensiero ori­ ginario di Lev. 8 ,3 3b.34· Quindi questo passo con la sua terza persona singolare non fa parte del contesto di un discorso di Mosè, ma rappresenta un'aggiunta, che non tenne conto di questo contesto e lascia inoltre completamente aperta la que­ stione di chi qui propriamente doveva parlare. Ne segue che la richiesta della ripetizione per sette giorni di tutta l 'azione del «riempimento delle mani» è stata aggiunta solo secondaria-

L'inizio del culto al Sinai

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mente. Quindi la disposizione di Mosè ad Aronne e ai suoi. figli riguardava originariamente solo il cibarsi delle parti del­ l'ariete del «riempimento delle mani» , con il contorno di pane e la permanenza nel santuario per sette giorni . A ciò corrispon­ de anche la frase conclusiva del v. 3 6 , che indica che il compi.. to di Mosè era adempiuto al primo giorno, e terminava con la disposizione conclusiva ad Aronne e ai suoi figli (vv. 3 1 -3 3 a), e che questi adesso dovevano ancora mettere in atto solo que­ st'ultima disposizione data loro, e questo essi fecero . b ) I primi sacrifici pubblici d,Israele ( 9 ,1-24 ) 1 All'ottavo giorno Mosè chiamò Aronne e i suoi figli e gli anziani d'I­ sraele, 2 e disse ad Aronne : Prendi per te un giovane vitello, della spe­ cie bovina, per il sacrificio per il peccato, e un ariete per l'olocausto, senza difetti, e portali davanti a Jahvé. ' E agli Israeliti parla, dicendo : Prendete un capro per il sacrificio per il peccato, e un vitello e una pe­ cora di un anno, senza difetti , per l'olocausto, 4 e inoltre un toro e un ariete per il sacrificio di comunione, da sgozzare davanti a Jahvé, e un sacrificio di cibi, mescolato con olio. Infatti oggi Jahvé > (v. 2 2 ) . Quanto segue nei vv. 2 3 .24, è stato manifestamente ampliato da aggiunte secondarie . Ciò si vede già dal v. 2 3 a, nella ripe­ tuta benedizione del popolo , adesso di Mosè e di Aronne, do­ po che entrambi erano entrati e poi usciti dalla tenda del con­ vegno. Questa seconda benedizione non è motivata, perché quella di Aronne al popolo nel v. 22a era stata perfettamente valida, ed era difficile che necessitasse di conferma o di aggiun­ ta. Anche immotivata appare l'entrata di Mosè con Aronne nella tenda del convegno ; nulla si dice per spiegarla, e si può solo supporre che più tardi qualcuno abbia voluto vedere Aronne introdotto nel santuario vero e proprio da Mosè quale grande plenipotenziario di Jahvé, e quindi autorizzato a mette­ re piede nel santuario . Invece la notizia della teofania della «gloria di Jahvé» davanti «a tutto il popolo>> (v. 23b) , già an­ nunciata da Mosè (v. 6b) , deve essere ascritta allo stadio origi­ nale della narrazione P del cap . 9 · Secondo P si trattava di cer­ to della prima manifestazione della gloria di Jahvé, nel santua­ rio nuovo, con la quale Jahvé aveva riconosciuto come gradito il santuario stesso e i primi sacrifici offerti sul suo spazio in­ terno (anche da qui Ex. 40 ,3 4 . 3 5 si mostra come anticipazione secondaria) . Non si parla del modo di manifestarsi di questa gloria , che poteva essere «vista» dal popolo ; certo si deve 2 2- 2 4 .

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L'inizio del culto al Sinai

pensare alla nube con il fuoco divoratore, in cui secondo P la gloria di Jahvé era apparsa per la prima volta sul Sinai «da­ vanti agli occhi degli Israeliti» (Ex. 24, 1 5b- I 7 ) . Da adesso questa gloria doveva cominciare a manifestarsi in mezzo a Israele nel legittimo santuario, eretto secondo l'ordine di Jah­ vé, e condotto al suo scopo in forza dei primi sacrifici, e attra­ verso altre apparizioni essa avrebbe continuato ad accompa­ ·gnare sulla loro via gli Israeliti . L'interno della « tenda del convegno» , con l 'arca nello spazio più interno (Ex. 25 , 1 0-2 2 ) e con la tavola per «il pane del volto» (Ex. 25 ,2 3-3 0) e il can­ delabro (Ex. 2 5 , 3 1 -40 ) nel vestibolo, per P non ricopre sor­ prendentemente nessuna funzione. Questo arredamento inter· no, secondo il modello del tempio di Gerusalemme, apparte­ ·neva dunque alla struttura del santuario ; ma per P era solo del luogo dell'eventuale teofania, e il luogo in cui «davanti a Jah­ vé» si offrivano i sacrifici. La notizia del v. 24a, secondo cui dalla teofania di Jahvé sarebbe uscito fuoco, che avrebbe bru­ ciato i sacrifici e le parti sacrificate sull'altare, va considerata un 'aggiunta posteriore, che proviene dall'elemento fuoco nel­ la teofania di Jahvé (cfr. Ex. 2 4 , 1 7a) , e che voleva anche pre­ sentare in modo drastico e prodigioso che Jahvé riconosceva i sacrifici offerti, forse, anche in analogia a paralleli storico-reli­ giosi, intendeva motivare in modo totale la provenienza del fuoco dell'altare che da adesso doveva ardere perennemente (cfr. 6 ,2-6 ) , senza tener conto che Israele avrebbe ancora dovu­ to camminare nel deserto con il santuario . Comunque l'affer­ nlazione del v. 24a non può essere fatta armonizzare con la narrazione precedente , secondo cui i sacrifici, compreso l'ab­ bruciamento , erano completi sull'altare, neppure con l'aiuto della supposizione che i sacrifici erano solo preparati per l'ab­ bruciamento sull'altare (cfr. contro il testo dei vv . Ioa. 1 3b. 1 4b . I 7aa .2ob) , oppure supponendo che il fuoco divino avreb­ be accelerato e completato l'abbruciamento già in atto (questa sarebbe stata una funzione troppo modesta per il fuoco divi­ no) . La narrazione avrebbe dovuto essere impostata in modo

Un e"ore sacerdotale (Io,I-20)

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diverso, se in origine avesse voluto condurre allo scopo v. 24a. Solo colui che ha completato il v. 2 4a, che già aveva davanti la precedente narrazione e non poteva né voleva più modificar­ lo, avrebbe potuto accontentarsi di uno di questi espedienti. Il v. 24b, che deve avere appartenuto alla narrazione originale, non riguardava anzitutto il fuoco divino, ma l'apparizione del­ la gloria di Jahvé, e anche con questo riferimento esso ha un significato valido e comprensibile . c ) Un errore sacerdotale e successive ammonizioni ai sacerdoti

( I O,I-20 )

1 Allora i figli di Aronne Nadab e Abihu presero ciascuno il loro brade· re e vi posero il fuoco e su di esso posero l 'incenso e offrirono davanti a Jahvé, fuoco estraneo, che ad essi non era stato ordinato. 2 E da da­ vanti Jahvé uscì fuoco e li divorò, ed essi morirono davanti a Jahvé. 3 E Mosè disse ad Aronne : Questo è quanto ha detto Jahvé dicendo : Io mi santifico in coloro che stanno vicino a me, e mi glorifico davanti a tutto il popolo. E Aronne rimase in silenzio. 4 E Mosè chiamò Mi­ sael ed Elsafan figli di Uzziel, zio di Aronne, e disse loro : Venite qui e portate i vostri fratelli via dal santuario, fuori dall 'accampamento . ' Ed essi si avvicinarono e li portarono via con le loro tuniche fuori d eli'ac· campamento, come aveva detto Mosè. 6 E Mosè disse ad Aronne e ad Eleazaro e a Itamar suoi figli : Non lasciate in disordine il vostro capo e non stracciate le vostre vesti, affinché non moriate e su tutta la comuni­ tà non cada l'ira ; e i vostri fratelli, tutta la casa di Israele, possono fare lutto sugli arsi vivi che Jahvé ha bruciato. 7 E non uscite dall'ingresso della tenda del convegno, altrimenti morirete. Infatti su di voi sta l'olio dell'unzione di Jahvé. Ed essi fecero come disse Mosè. 8 E Jahvé parlò ad Aronne dicendo : 9 Non bere vino e bevande ine­ brianti tu e i tuoi figli con te, quando entrate nella tenda del convegno, affinché non moriate . Decreto eterno per le vostre generazioni , ro per distinguere tra il santo e il quotidiano e tra l 'impuro e il puro, n e per istruire i figli di Israele in tutti i decreti che Jahvé ha detto loro me­ diante Mosè. 1 2 Mosè disse ad Aronne e ad Eleazaro e a Itamar, suoi figli restanti : Prendete l'offerta di cibo rimasto dai sacrifici di fuoco di Jahvé e man­ giatela azima presso l'altare, poiché è santissima. I3 E la mangerete in luogo puro, poiché è la tua porzione e la porzione dei figli tuoi dai sa­ crifici di fuoco di Jahvé. Cosi infat ti mi è stato ordinato. I4 Ed anche

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L'inizio del culto al Sinai

. il petto dell'«agitazione» e la coscia dell' «elevazione» voi mangerete in luogo puro, tu i tuoi figli e le tue figlie con te, poiché sono state date a te e ai tuoi figli come porzione dei sacrifici di comunione dei figli di I s raeliti . 1' La coscia dell' «elevazione» e il petto dell' «agitazione» de·vono essere portati dentro insieme ai sacrifici di fuoco composti di parti grasse, per compiere davanti a Jahvé una «agitazione», e saranno per . te e per i tuoi figli con te come po rzione fissa in perpetuo, come Jahvé ha ordin ato. 1 6 Mosè però chiese con insistenza del capro del sacrificio per il peccato, ed ecco era stato completamente bruciato. E si adirò con Eleazaro e I tamar, figli di Aronne sopravvissuti, dicendo : I7 Perché non avete m angiato in luogo sacro il sacrificio per il peccato, poiché è san­ tissimo, e (Jahvé) dette a voi affinché voi vi addossiate la colpa della comunità, per fare su di essi espiazione davanti a Jahvé 18 Infat ti il sangue di esso non è stato portato nel santuario. Avreste dovuto ve r a mente mangiarlo nel santuario, come mi fu prescritto. 19 Aronne disse a Mosè : Oggi essi hanno offerto davanti a Jahvé il lo ro sacrificio per il peccato e il loro olocausto, e poi mi sono accaduti i fatti di questo ge­ nere ! Sarebbe stato buono agli occhi di Jahvé se io oggi avessi mangiato il sacrificio per il peccato? 20 E Mosè ascoltò e fu buono ai suoi occhi . .

­

Il capitolo narra anzitutto (vv. 1 -7) un incidente cultuale, che secondo l'opinione dell'autore si ebbe subito dopo l'azio­ ne sacrificale del cap. 9 e la teofania della «gloria» divina che veniva a confermare queste azioni ; ad esso si aggancia una se­ rie di disposizioni per i sacerdoti ( vv . 8-20) , che, in parte completando e correggendo -, si rifanno alle azioni cultuali del cap. 9 · Nella seconda parte è evidente che si tratta di elabora­ zioni successive al cap. 9 ; ma anche la prima parte non è col­ legata alla seconda troppo strettamente, e difficilmente appar­ teneva alla narrazione originaria P, se non altro perché si riag­ gancia manifestamente alla menzione del fuoco emanante dal­ la gloria divina, che nel cap . 9 è già secondaria (cfr. sopra, pp. 1 03 s.). 1 -7 . Dietro la narrazione della prima parte come sfondo lon­ tano esistevano conflitti interni tra diversi gruppi sacerdotali, di cui però non si sa naturalmente altro . Al gruppo di Nadab e Abihu (v. 1 ) si contrappone quello di Misael ed Elsafan (vv. 4 .5 ) . Nabal e Abihu appaiono nella forma posteriore tipizzata

Un e"ore sacerdotale (IO,I-2o)

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della genealogia dei levi ti come due più anziani figli di Aronne (Ex. 6 ,2 3 ; 2 8 , 1 ; I Chron. 5 ,2 9 , e con riferimento alla narra2ione presente, Num. 3 ,2-4 ; 2 6 ,6o s . ; I Chron . 24 , 1 s . ), men­ tre Misael ed Elsafan nella stessa genealogia sono nipoti di A­ ronne (Ex. 6 ,2 2 ) , cioè figli di Uzziel, fratello più giovane di suo padre (Ex. 6 , I 8 ) . Mentre dunque per il resto non si sa altro dei due ultimi e dalla narrazione precedente emerge appunto che essi rappresentano un gruppo sacerdotale , che una volta ha svolto una funzione nei conflitti cultuali , i nomi di Nadab e Abihu invece appaiono anche in Ex. 2 4 , 1 ·9 nel contesto di una tradizione molto antica sulla stipulazione dell'alleanza al Sinai, e più precisamente accanto ad Aronne, ma senza essere posti in un particolare rapporto (di parentela) con lui ; e sem­ bra che ambedue , la cui menzione non è motivata da nessun pretesto plausibile, qui appartengano ad uno stadio abbastan­ za antico della tradizione (cfr. AT 5 , pp. 242 s.) . Ma poiché in Ex. 24 la loro immagine è evanescente, anche da qui non è più possibile ottenere alcuna informazione sulla collocazione storica del gruppo da essi rappresentato . Almeno è chiaro che la tradizione, che collegò entrambi con l'evento del Sinai, nul­ la poteva ancora sapere della diffamazione che sta sullo sfon­ do di Lev. r o , r -7 , così che Nadab e Abihu inizialmente hanno avuto una funzione positiva nell'ambito delle categorie sacer­ dotali israelitiche - poiché fin dall'inizio deve essersi trattato di sacerdoti oppure di rappresentanti di una determinata cate­ goria sacerdotale o di determinate categorie sacerdotali . Natu­ ralmente non si dà più la possibilità di stabilire, anche solo ap·­ prossimativamente, tempo e luogo di questa loro funzione, e nemmeno le circostanze della successiva diffamazione; né è più possibile comprendere chiaramente il motivo reale della suc­ cessiva esclusione di Nadab e Abihu . Da Lev. I O , I -7 può esse­ re solo trattata la conclusione che un tempo esisteva il gruppo rappresentato da Nabad e Abihu, ma esso mancò nello stadio del successivo sacerdozio e forse era stato anche sostituito o estromesso dal gruppo di Misael ed Elsafan.

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L'inizio del culto al Sinai

Dal v. 1 non è chiaro in che consisteva la colpa di Nadab e Abihu, che attirò su di loro il terribile giudizio punitivo di Dio . Essi avevano agito arbitrariamente (v. rb� ) , e questo era vietato in ogni caso nell 'ambito cultuale. Essi avevano offer­ to davanti a Jahvé un «fuoco estraneo» (v. 1ba.) . Essi dunque· certamente avevano preso il fuoco per i loro bracieri «da qual­ che parte, ma non certo dal fuoco dell'altare, l'unico legitti­ mo ; qui è probabilmente già presupposta l'aggiunta seconda­ ria di 9 ,24a, presupposta nel senso di una provenienza celeste del fuoco dell'altare. Si può anche chiedere se , oltre a questo,. anche il bruciare profumi non fosse stato considerato forse in­ giustificato abuso da parte dei due. La narrazione originaria di P non sapeva nulla di un altare dell 'incenso, e forse neppure voleva sapere di una possibile incensazione con bracieri di pro­ fumi senza l'altare, come avvenne nel caso di Nadab e Abihu (cfr. AT 5 , pp. 2 9 1 s.), anche se bruciare profumi fu e restò an­ che in Israele un antico uso cultuale. È possibile che la legit­ timità dell' «incensazione» per un certo tempo fosse stata con­ testata nel culto israelitico - il che potrebbe comunque dedur­ si dalla narrazione presente -, e condannata dagli avversari di questo uso come offerta arbitraria di «fuoco estraneo» (nel caso di un fondamentale riconoscimento dell'incensazione co­ me tale, proprio la dipendenza dell 'offerta dell 'incenso da in­ flussi «stranieri» emerge chiara anche nell 'espresso ammoni­ mento contro l ' «incensazione estranea» di Ex. 30,9 , aggiunta alla narrazione P) . Alla trasgressione segue subito e sul posto la punizione divina dei due (v. 2 ) ; in tal modo essi sono elimi­ nati subito dal Sinai, sul quale secondo un'antica tradizione, un tempo, aveva svolto una funzione positiva (vedi sopra) . Ma il loro padre Aronne, al quale spettava la supervisione dei sa­ crifici, poté reagire solo con un imbarazzato silenzio (v. 3 ) a Mosè che gli osservava in modo requisitorio che Jahvé sarebbe particolarmente severo con coloro «che gli stanno vicino» . Nel contesto attuale la parola Jahvé citata da Mosè, con l'espres­ sione «coloro che gli stanno vicino» , voleva riferirsi ai sacerdo-

Un errore sacerdotale (zo,I-20)

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ti particolarmente distinti e quindi insigniti di speciale respon­ .sabilità e presumibilmente era diventato un detto tradiziona­ le, da intendersi genericamente, per cui la «santità» e la «glo­ ria» di Jahvé inizialmente non erano prese nel senso del suo zelo punitivo, ma del suo «santo e glorioso» attaccamento . In­ fatti il parallelismo della frase, espressa in forma poetica, de­ pone a favore del fatto che «coloro che stanno vicino» , ed del sangue all'interno del santuario durante il sacrificio per il peccato sacerdotale di 9 ,8- 1 I , richiesta da 4 ,5 .6, nei confronti della quale si prende posizione nel v. 1 8a, sulla ba­ se di 6 ,2 3 . Si tratta appunto in 1 o ,8-2o di aggiunte inserite in modo non rigoroso né sistematico, che probabilmente sono state introdotte via via una dopo l 'altra in una serie ormai non più determinabile. 3 · Leggi di purità ( I I ,I·I,,33 ) a ) Animali puri e impuri ( I 1 ,x -47 )

1 E Jahvé parlò a Mosè e ad Aronne dicendo loro : 2 Parlate ai figli di Israele dicendo : Questi sono gli animali che mangerete : degli animali grossi che stanno sulla terra . 3 Mangerete tutto quello di unghia divisa e con divisione completa all'unghia ; l'animale che rumina quanto ha masticato. 4 Non mangerete quello tra i ruminanti il masticato e che hanno l 'unghia divisa: il cammello, perché rumina, ma non ha l'unghia divisa. È im p uro per voi. ' E l'irace, perché rumina, ma non ha l'un­ ghia divisa . E impuro per voi . 6 E la lepre, perché rumina, ma non ha l'unghia divisa. È impura per voi. 7 E il maiale, perché ha l'unghia di­ visa e mostra una divisione completa all'unghia, ma non rumina. È im­ puro per voi . 8 Della loro carne non mangerete né toccherete la loro carogna. Sono impuri per voi. 9 Questo mangerete di quanto vive nel­ l'acqua, tutto ciò che ha pinna e squama nell'acqua, nei mari e nei fiu­ mi. Questi mangerete. 10 Ma quanto non ha pinna né squama nei mari e nei fiumi, di tutti i rettili dell'acqua e di tutti gli esseri viventi che stanno nell'acqua, essi sono abominio per voi. 11 Abominio saranno per voi . Non mangerete la loro carne e la loro carogna abbiate in abo­ minio. u Tutto ciò che nell'acqua non ha pinna né squama, è abominio per voi . 1' E abominerete questi tra i volatili , non saranno n1angiati, sono abominio: l'aquila, l'avvoltoio nero e l'avvoltoio degli agnelli, 14 e il nibbio e il falco nelle sue specie, 1 ' e tutti i corvi nelle loro specie, 16 e lo struzzo e la civetta e il gabbiano e lo sparviero in tutte le sue spe­ cie, 17 e il gufo e lo smergo e l'ibis , 1 8 e il cigno e il pellicano e la fola­ ga, 1 9 e la cicogna e l'airone nelle sue specie e l'upupa e il pipistrello. 20 Ogni insetto volante, che cammina su quattro (piedi) , sono abominio per voi. 21 Di tutti gli insetti volanti però questo mangerete, tutto ciò

Leggi di purità

che cammina con quattro (piedi) : tutti quelli che «hanno» (I) al di so-­ pra dei loro piedi zampe per saltare con esse sulla terra . 22 Di essi que­ sti mangerete : la locusta in tutte le specie, le cavallette nelle sue spe� cie, e l'acridio nelle sue specie e il grillo nelle sue specie . 23 Tutti gli insetti volanti che hanno quattro zampe sono abominio per voi. 24 Da questi sarete impuri ; ognuno che tocca la loro carogna, sarà impuro fino alla sera, 2' e ognuno che porta qualche pezzo della loro carogna, lave­ rà le sue vesti e sarà impuro fino alla sera . 26 E tutti gli animali grossi, che hanno l'unghia divisa, ma non una divisione completa e non rumi­ nano, sono impuri per voi. Ognuno che li tocca è impuro. 27 E quanto cammina sulle palme e gli animali che si muovono su quattro (piedi)", sono impuri per voi. Ognuno che tocca la loro carogna, è impuro fino alla sera. 28 E chi porta la loro carogna, deve lavare le sue vesti e sarà impuro fino alla sera. Essi per voi sono impuri. 29 E questi i rettili che strisciano sulla terra, saranno impuri per voi: la donnola e il topo e la lucertola nelle sue specie, 3o e il toporagno e il camaleonte e il ramarro e la tartaruga e la talpa . 31 Questi tra tutti i rettili sono impuri per voi . Ognuno che li tocca quando sono morti, è impuro fino alla sera . 32 E qualunque oggetto su cui cade uno di essi quando sono morti, sarà im­ puro : ogni oggetto di legno o di stoffa o di pelle o di crine, ogni oggetto con cui si compie un lavoro, saranno immersi nell'acqua e sono impuri fino alla sera, e poi saranno puri. 33 E di tutti i recipienti di creta, den­ tro i quali cadesse qualche cosa di essi, quanto sta dentro di esso è inl­ puro e lo infrangerete. 34 Di ogni cibo che si mangia sul quale di essi cade l'acqua, è impuro. E ogni bevanda, che si beve è impura a causa di ogni recipiente. 3' E tutto quello su cui cade una parte della loro caro­ gna, è impuro. Forno e focolare saranno abbattuti. Essi sono impuri, e lo sono per voi. 36 Solo una fonte e una cisterna con raccolta di acqua è pura. Ma chi tocca la loro carogna è impuro. 37 E se una parte della loro carogna cade su qualche seme che deve essere seminato, esso è puro . 38 Ma se è versata acqua sul seme e cade su di esso una parte della loro carogna, esso è impuro per voi . 39 E se muore uno degli animali grossi, che per voi sono da mangiare, chi ne tocca la carogna è impuro fino al­ la sera. 40 E chi mangia un pezzo della sua carogna laverà le sue vesti ed è impuro fino alla sera . E chi trasporta la sua carogna, laverà le sue ve­ sti ed è impuro fino alla sera. 4r E tutti i rettili che strisciano sulla ter­ ra, sono un abominio. Non si può mangiare. 41 Tutto quello che cam­ mina sul ventre, e tutto quello che cammina su quattro (zampe) , fino a quello che ha più zampe, di tutti i rettili che strisciano sulla terra , non ne mangerete . Poiché essi sono abominio. 43 Non vi farete abominio I.

Cfr. Biblia Hebraica.

Animali puri e impuri ( r I,I-47)

II5

con nessun rettile che striscia, e non vi contaminerete con essi, e sarete impuri per essi. 44 Poiché io sono Jahvé il Dio vostro, e voi dovete san­ tifìcarvi ed essere santi : poiché santo sono io. E non contaminerete le vostre persone con nessun rettile che striscia sulla terra . 4' Poiché io sono Jahvé, che vi ha fatto salire dal paese dell 'Egitto per essere il Dio vostro. E voi sarete santi, poiché santo sono io. 46 Questa è la legge su­ gli animali grossi e i volatili e tutti gli esseri viventi , che guizzano nel­ l'acqua , e su tutti gli esseri che strisciano sull a terra, 47 per distinguere tra impuro e puro, e tra gli animali da mangiare e gli animali da non mangiare.

Il capitolo tratta estesamente l'argomento della purità, o dell'impurità cultuale degli animali, e come unico confronto nell'Antico Testamento ha il paragrafo di Deut. 1 4 , 3 - 2 I , nel quale si parla dello stesso argomento in modo sostanzialmente più breve. Il nesso letterario tra i due brani non può essere messo in discussione, come risulta dalla parziale coincidenza letteraria . Comunque è difficile stabilire il tipo di nesso lette­ rario, perché ambo i pezzi non sono tutti di un getto - e que­ sto vale soprattutto per Lev. I I . Nell'insieme, Deut. 1 4 ,3 - 2 r si presenta più unitario e originale per la concentrazione sulla questione della commestibilità o della non commestibilità; d'al tra parte la sequenza disarmonica di precise elencazioni e brevi raccolte sommarie del Deu t. r 4 sembra suggerire che es­ so abbia mutato singoli brani da Lev. r I , del resto è probabile non nello stadio finale del capitolo attuale, ma da una forma precedente più antica . Il brano di Deut. I 4 , 3 - 2 I - come in gran parte anche Le v. I I - è formulato al plurale, e appartiene quindi agli elementi accolti succesivamente nella legge deute­ ronomica ; per questo potrebbe risalire circa al tempo deli 'esi... lio. Il capitolo di Lev. r I è passato attraverso la lunga storia di una lenta formazione, e, dopo quanto detto, nelle sue parti più antiche è presumibilmente anteriore, e in quelle più recen­ ti, presumibilmente posteriore a Deut. 1 4 ,3-2 I . Di fronte alla completa assenza di punti di sostegno cronologico, non è pos­ sibile dire nulla di più preciso . In base all'argomento esso con­ tiene certo norme antiche, e forse perfino antichissime che -

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Leggi di purità

forse in occasione della fine del culto di Gerusalemme con la sua precedente prassi del periodo monarchico - si è comincia­ to a mettere per iscritto e poi si è continuato per un certo tem­ po a completare con ulteriori singole prescrizioni . La mancata unità di Lev. I I si rivela anche nei cambiamenti di formulazione; predomina il discorso didattico in 2 persona plurale, quindi lo stile dell 'introduzione sacerdotale (la tora) , che in tal modo forma il fondamento del capitolo ; accanto si trovano frasi nella forma impersonale oggettiva (ad es ., vv . 24h.25 ), che sembrano fissazioni di nozioni professionali dei sacerdoti . Ora comunque, anche nel caso di frasi formula te con un discorso diretto, non si potrebbe pensare a pezzi scritti di insegnamenti effettivamente impartiti, a motivo delle molte e spesso lunghe elencazioni , ma solo a raccolte di materiali de­ stinati ai sacerdoti incaricati di tale insegnamento; e in queste raccolte sono penetrate anche frasi di nozioni professionali dei sacerdoti . Ma la mancata unità di Lev. I r si rileva anche dal seguito non sistematico di diversi punti di vista; prima si trat­ ta nella distinzione tra animali puri ed impuri quanto alla commestibilità della loro carne, poi presto si mischia l'aspet­ to della contaminazione per contatto, e infine si aggiunge an­ che la questione della contatninazione derivante da animali morti. Questi punti di vista non sono tra loro chiaramente di­ stinti , ma si confondono. Perciò il complesso nella sua forma attuale è divenuto una saldatura non rigida di quanto importa­ va sapere prima da parte del sacerdote (per lui stesso e per l 'in­ segnamento che doveva impartire) , poi anche da parte del «lai­ co» , sulla purità e impurità degli animali . La distinzione tra animali puri e impuri avviene (ad eccezio­ ne degli uccelli) secondo determinate caratteristiche esterne del loro corpo, in parte anche secondo peculiarità del loro mo­ do di vita e di comportamento. Non si può però supporre che il fondamento proprio della distinzione sia dato da tali esterio­ rità ; queste servivano piuttosto solo a una classificazione in definitiva semplice e chiara. La vera ragione sta nell'ambito a

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cultuale ; infatti si tratta prevalentemente di concetti di «cul­ tualmente puro» e «cultualmente impuro» . Il punto di parten­ za della distinzione era certo la dichiarazione di «impurità» di certi animali ; quello che perciò non era «impuro» , poteva es­ sere considerato «puro» . Ma « impuro» era quello che non si conciliava con il legittimo culto d'Israele e quello che anche al­ l'infuori dello stretto ambito cultuale era vietato agli Israeliti vincolati al loro Dio dal servizio cultuale, non si poteva man­ giare. Questo punto di vista riguardava soprattutto quegli ani­ mali, che in certi culti stranieri dell'ambiente svolgevano una funzione come animali «sacri» e come vittime, oppure perché erano importanti per le pratiche idolatriche (divinazione e ma­ gia) , o perché sembrano essere connessi in modo particolare con potenze anti-divine (il caos) . Mangiare tali animali , per gli Israeliti anche quando in essi non si aveva nessuna azione cul­ tuale o magica o simile, avrebbe significato un rapporto con culti, pratiche e potenze illegittimi (cfr. I Cor. I 0 ,2 8 ) . Proba­ bilmente questo punto di partenza per la distinzione non era più conosciuto nel periodo posteriore ; e perciò ci si atteneva semplicemente alle precise classificazioni tradizionali degli ani­ mali «puri» e «impuri» , perché così un tempo era usuale e così prescritto . Dopo che Aronne era stato insediato nel suo ufficio sacer­ dotale, la parola gli fu rivolta da Jahvé insieme a Mosè, diret­ tamente e non più con la mediazione di Mosè (v . I ; cfr . I 3 , I ; I 5 , I ) . Entrambi ricevettero disposizioni da trasmettere inse­ gnando agli Israeliti . Esse riguardavano soprattutto la comme­ stibilità di determinati animali , ed anzi tutto sono considerati in paragrafi paralleli i due gruppi di animali di grossa taglia che vivono sulla terra (vv. 2b-8 ) e degli animali acquatici (vv. 9I 2 ) (la frase introduttiva del v. 2 h è ripresa con una formula­ zione analoga nel v. 9a) . Prima di tutto di volta in volta è pre­ sentata la parte positiva dell 'oggetto, e poi quella negativa. l grossi animali terrestri permessi da mangiare sono indicati con 1 -1 2 .

xr8

Leggi di pqriJà

classificazione sommaria secondo caratteri esterni (v. 3 a) . Non ne dà l'elencazione particolare , quale si trova invece in Deu t. 14,4b .5 ove precede una sommaria destinazione (v. 6a = Lev. I 1 ,3a) . In base ad essa, e in corrispondenza con i caratteri della classificazione, erano concessi da mangiare i bovini e gli ani­ mali da gregge, come anche la selvaggina da cacciare. Per esclu­ dere eventuali dubbi, nei vv. 4-7 si aggiunge poi una lista di quegli animali che presentano uno ma non l 'altro dei caratteri indicati, e perciò non potevano essere mangiati . In tale conte­ sto, nell'ambito di una formula conclusiva stereotipa, ricorre di volta in volta l'espressione della solenne dichiarazione di «impurità» ( vv . 4b� .5b.6b.7b); e qui nel divieto di mangiare , nella raccolta del v . 8 , si inserisce subito la proibizione di toc­ care la loro carogna, il che causava che un animale > morto, dovunque fosse, doveva essere semplicemente lasciato stare come preda per le fiere e i volatili divoratori di cadaveri . Il paragrafo sugli animali acquatici è formulato in senso posi­ tivo (v. 9b) e negativo (vv . I O- I 2 ) , ma solo in breve e in som­ mario ; esso si riferisce espressamente a tutti gli animali acqua­ tici «dei mari» , con cui si intende sia il Mediterraneo, sia i la­ ghi interni, come > . Esso antepone il proibito (vv. 1 3-20) al permesso (vv. 2 I .2 2 ), e per gli uccelli proibiti non dà una classificazione secondo caratteri precisi, ma un elenco minuto ( vv. 1 3 h- I 9 ) con ricchezza di nomi di uccelli, che in buona parte appaiono solo in questo passo (e nel passo parallelo e quasi letterale di D eu t. r 4, r 2 h- I 8 ) , e il cui signifi­ cato specifico può essere determinato solo ipoteticamente. Nel v . 20, agli uccelli sono abbinati nella proibizione anch'essa sommaria, animali alati con quattro zampe , cioè insetti . Nei vv . 2 I . 2 2 si elencano le eccezioni all'ultimo gruppo , cioè ani­ mali alati che potevano essere mangiati; qui si fa anche il tenta­ tivo di classificazione secondo caratteri esterni, citando come caratteristica la presenza di «zampe per saltare» (v. 2 I h) . L'e­ numerazione che segue nel v . 2 2 mostra che questa caratteriz­ zazione si riferisce alla specie delle cavallette, per le cui diverse specie e stadi il linguaggio veterotestamen tario conosceva e­ spressioni speciali , che vengono nel v. 2 2 , e che non sono più definibili nel loro significato specifico. Per gli uccelli mancava un esplicito riferimento agli animali che si concedevano da mangiare; naturalmente vi appartenevano tutti quelli che non si trovavano nella lista proibita, come ad esempio le colombe, che avevano una funzione perfino come animali da sacrificio (cfr. I , I 4 ; 5 , 7) . Anche nel caso dei volatili minuti in origine n o n era previsto un accenno ad un contenuto positivo . La coin­ cidenza letterale dei vv. 2 3 e 20 suggerisce che il brano inter­ medio ( vv . 2 1 .2 2 ) è stato inserito solo successivamente e ha favorito la ripetizione letterale nel v. 2 3 del testo più antico del v. 2 0 . All'inizio in base ad esso tutti i volatili minuti con quattro zampe erano stati sommariamente proibiti, e solo in seguito fu inserito il passo sulle cavallette da mangiare. 24-2 8 . Con il v. 24 stile e tema cambiano per breve tratto . Do-

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Leggi di purità

-po l'annotazione transitoria del v . 24a, formulata ancora in di­ scorso diretto, che richiamava l'attenzione solo in forma ge­ nerica sul fatto che anche nella frase seguente per gli Israeli­ ti si trattava di importanti questioni di contaminazione cultua­ le da parte di animali, si considerano in frasi formulate ogget­ tivamente (terza pers . ) possibili casi di contaminazione e ri­ spettive conseguenze . Qui non si tratta più del mangiare la car­ ne di animali, ma della contaminazione per contatto o simili ; anzitutto si dice, anche se inizialmente in forma del tutto im­ precisata, a quali animali si debba pensare, comunque non più solo né anzitutto ai volatili trattati per ultimi , ma soprattutto ai tipi di animali menzionati in precedenza e, come mostra il contenuto delle frasi, agli animali terrestri di grande taglia. Nei vv. 24b.25 e poi anche in seguito sono distinti i due casi di «contatto» di una carogna, che poteva essere anche inavver­ tito, e del «trasporto», oppure « sollevamento» della carogna o di una sua parte. In entrambi i casi segue una «impuri­ tà fino alla sera» , cioè per il giorno rispettivo, e sembra si pensi che questa impurità scompaia nel corso del giorno stesso - anche senza qualche procedimento «purificatorio» -. Solo nel caso del «trasporto» o del « sollevamento» sembra fosse ri­ chiesto un immediato lavaggio delle vesti. Da tutto questo passo sembra che indirettamente derivi che il contatto o il tra­ sporto della carogna di animali «puri» (astraendo comunque dalle vittime sgozzate) non avesse alcun effetto «contaminan­ te» (cfr. però vv . 3 9 .40) . Nel v. 2 6a, per animali simili ma non del tutto identici , a quelli elencati nei vv. 4-7 , è ripresa la di­ chiarazione di impurità come presupposto per la frase anche qui susseguente che riguarda il contatto, ma che in modo sor­ prendente non parla del contatto di una carogna, ma semplice­ mente del contatto (v. 26b) . Una aggiunta, che utilizza a senso la regola principale del v. 3 in sé superflua, dichiara impuri gli animali che camminano «sulle loro zampe», cioè le specie dei cani, gatti e orsi (v. 2 7a) , e vi abbina di nuovo le frasi sul «con­ tatto» e il «trasporto» della carogna (vv. 2 7h.28 ). In queste

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Animali puri e impuri (I I,I-47)

aggiunte, alle frasi formulate oggettivamente si mischiano spiegazioni d'impurità con discorso diretto in seconda pers . plur . (vv. 26a� .2 7a� .2 8b) . 29-3 8 . Il paragrafo dei vv. 29-3 8 parla degli animali minuti . In un discorso didascalico, ma perché qui praticamente non era più in questione la commestibilità, si elencano anzitutto animali dichiarati impuri (vv. 29h 3o ) , con fomulazione che si discosta dai vv. 4aa. I 0 . 1 3a. Poi dal v. 3 1b fino al 3 8 , segue un'esposizione di nozioni professionali per i sacerdoti, espres­ sa in generale con frasi oggettive, sugli effetti contaminanti che possono essere causati da animali morti di questo tipo . Qui non si considera solo il contatto da parte di persone (v. 3 1 h) , ma in base alla natura degli oggetti anche il contatto con sup­ pellettili domestiche e altri arredamenti della casa e dell'aria. Se erano stati contaminati dal contatto con un animale minuto morto, per esempio un topo morto, gli utensili domestici dove­ vano essere immersi nell'acqua restando tuttavia impuri, cioè inutilizzabili, fino alla sera (v . 3 2 ) . Recipienti di creta, soprat­ tutto quelli per l'acqua o per i prodotti del grano, dovevano essere infranti e il loro contenuto - questa volta chiaramente per sempre - doveva essere sottratto ali 'uso (v. 3 3) . Cibi e be­ vande che - naturalmente prima che si notasse la contamina­ zione del recipiente - erano preparati con acqua attinta da uno di questi recipienti contaminati , non potevano più essere as­ saggiati (v. 34) . Perfino forni e focolari di pietra, mattoni e fango, dovevano essere distrutti (e poi ricostruiti ) (v. 3 5 ) . Una eccezione veniva fatta solo per le fonti e le cisterne (v. 3 6 ) , come per le sementi ammucchiate per la semina, in casa o sul­ l' aia o anche sul campo (v. 3 7) . Bisogna apertamente notare che le norme purità/impurità avevano una limitata conseguen­ za di fronte alle più elementari esigenze della vita pratica; il necessario approvvigionamento di acqua e l'indispensabile col­ tivazione del campo per il sostentamento di tutto un anno, non potevano certo essere messe in pericolo dalle dichiarazioni di .

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Leggi di purità

impurità. Recipienti di creta poco costosi e piccole provviste in casa, come anche costruzioni di forni e cucine fatte senza spese potevano essere dichiarati impuri; ma già per gli utensili domestici non facilmente sostituibili, era prevista un'impuri­ tà di breve durata e la possibilità di una «purificazione» , e giu­ stamente l'acqua e le sementi non potevano essere rese inuti­ lizzabili da un contatto con un piccolo animale morto , partico­ larmente facile in questi casi. Non è affatto chiaro il motivo per l'eccezione fatta a questa eccezione nel v. 3 8 ; la semente resa tenera dall'acqua era contagiata di impurità in modo cosi in­ tenso da parte di un piccolo animale morto, che in questo caso non si potesse astrarre da una dichiarazione di impurità? 39-42 . In una aggiunta (vv. 3 9 .40 ) - di nuovo con formulazio­

ne mista - si stabilisce adesso (cfr. vv. 24-2 8 , e inoltre sopra, p. 1 20), che anche nel caso di animali . Nei vv. 4 1 .42 è aggiunto il divieto di commestione finora mancan­ te ai vv. 2 9 .30, e inoltre una lista che classifica i caratteri ester­ ni dell 'animale minuto impuro , forse per includere espressa­ mente anche gli animali che «camminano sul ventre» cioè i serpenti (cfr. la formulazione quasi letteralmente identica in Gen. 3 , r 4) . 43-47. Nel paragrafo conclusivo (vv. 43 -47) la prima parte

(vv. 43-45) si riferisce in modo speciale al bestiame minuto ; esso mette in guardia dalla contaminazione con questo bestia­ me, facendo riferimento alla santità di Jahvé, che esige dagli Israeliti che si comportino in modo « santo» ; questo avviene con espressioni tipiche di certe parti della «legge di santità» . Questa parte è un'aggiunta, come risulta già dalla limitazione al bestiame minuto e dalla mancanza di paragrafi corrispon­ denti per altre classi di animali, e inoltre da particolarità della formulazione. Anche il passo dei vv . 4 6 .47, che chiude e rias­ sume tutto il capitolo, è stato aggiunto successivamente, come

Impurità conseguita da parto ( I2,r-8)

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mostrano nuovamente le formulazioni che si discostano dal discorso precedente ; è notevole che esso consideri la questio­ ne della commestibilità, rispettivamente della non commesti­ bilità dei diversi animali , come tema principale del capitolo. b ) Impurità conseguita da parto ( 1 2 , 1-8 )

1 ·E J ahvé parlò a Mosè dicendo : 2 Parla ai figli di Israele dicendo : Quando una donna è fecondata e partorisce un maschio, è impura per sette giorni, è impura come nei giorni di contaminazione ricorrente dal suo malessere. 3 E l 'ottavo giorno deve essere circoncisa la carne del suo prepuzio. 4 Ed ella resterà a casa con il sangue di purificazione per trentatré giorni ; non toccherà nulla di sacro e non entrerà nel santuario finché siano compiuti i giorni della sua purificazione. ' Se partorisce una femmina, è impura per due settimane come nella sua ricorrente contaminazione, e resterà a casa sessantasei giorni a motivo del sangue della purificazione . 6 Quando saranno compiuti i giorni della sua puri· :ficazione per un figlio o per una figlia, porterà una pecora di un anno per l'olocausto e una colomba o una tortora per il sacrificio per il pec­ cato all'ingresso della tenda del convegno al sacerdote, 7 e questo li of· frirà davanti a Jahvé e farà per lei l'espiazione, e lei sarà purificata dal flusso del suo sangue. Questa è la legge per la partoriente, per un ma· schio o per una femmina. 8 E se non può sostenere la spesa di un ani­ �e minuto, prenderà due tortore o due colombi, uno per l'olocausto e uno per il sacrificio per il peccato, e il sacerdote farà per lei l'espiazio· ne, ed ella sarà pura.

. . Il discor so rivolto solo a Mosè nella formula introduttiva

{vv. 1 .2aa) suggerisce forse che questo breve cap i tolo è stato aggiunto solo più tardi al complesso delle norme di purità (cfr. sopra, p. 1 1 7 , su r r , r ) . In formulazione oggett iva di norme professionali di sacerdoti , esso tratta dell'impurità cultuale dall'evento del parto , ed è suddiviso nei due sottocasi della na­ scita di un bambino (vv. 2a�b-4 ) e di una bambina (v. 5 ) . Poi aggiunge un'indicazione del sacrificio da offrire per la purifica­ zione, che riassume nuovamente entrambi i sottocasi (vv. 6 .7) ; ad essa, dopo la formula conclusiva del v . 7h, si aggiunge nel v,. 8 un'appendice chiaramente riconoscibile. I .fatti sessuali,

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Leggi di purità

soprattutto il parto, anche fuori d'Israele erano considerati per lo più come «impuri» , perché in essi si vedeva l'azione di misteriose forze che non avevano nulla a che fare con i culti più o meno ufficiali. Non è più possibile sapere quanto Israele avesse coscienza dei motivi di fondo, e quanto si seguissero ancora semplicemente usi tradizionali. Non è possibile dire quanto antica sia la redazione delle frasi di Lev. 1 2 . Che esse debbano essere considerate «pre-P» risulta dalla presenza og­ gettiva «del sacerdote» nei vv . 6 .( 8 ) dalla redazione di P certo posteriore, che compare nella aggiunta, incompleta anche per sintassi, della «tenda del convegno>> al v. 6 . Da notare la diver­ sa stima dell ' «impurità» per la nascita di un bambino e di una bambina. La svalutazione cultuale del sesso femminile è espres­ sa nel fatto che la nascita di una bambina aveva un doppio ef­ fetto di «contaminazione» , come risulta dal doppio tempo, previsto in questo caso , perché la partoriente tornasse di nuo­ vo «pura» (cfr. vv. 2b.4a con 5aBb) . Alla nascita seguiva ogni volta un breve tempo di «impuri­ tà» della madre, equiparato a quello che seguiva i corsi mensi­ li (vv. 2b� .5a�) . Seguiva ogni volta un tempo più lungo (nel caso della nascita di un bambino, la circoncisione del bambino l'ottavo giorno dopo la nascita lo divide dal tempo che prece­ de, come si nota nell'aggiunta formalmente e oggettivamente infelice del v. 3 ) , intermezzo tra l 'impurità e la purità , nel qua­ le la madre, a motivo «del sangue della sua purificazione» , cioè dei fatti che portavano al suo lento ristabilimento e quindi alla purificazione, doveva ancora astenersi dal contatto con il « sacro» (v. 4 e abbreviato, ma stesso significato il v . 5b) . Un modesto sacrificio per l'olocausto e per il peccato doveva ri­ stabilire la piena purità cultuale al termine di questo periodo (vv. 6.7a) ; al discorso, è comunque degno di nota, che in que­ sto caso la donna stessa appaia come offerente, e non suo mari­ to, e qui naturalmente erano riservate al sacerdote le normali funzioni di ogni sacrificio d'olocausto e di peccato dei «laici» (cfr. capp. 1 4 ) L'aggiunta del v. 8 riduce, nel caso di partico.

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Impurità conseguita da «lebbra» ( I],I-I4,55)

lare povertà, la richiesta dell'olocausto, senza che questo dan­ neggi il pieno effetto dell 'azione sacrificale (cfr. 5 , 7- 1 3 ) . c ) Impurità conseguita da «lebbra)) ( Ij,I·I 4,55 ) 2' '1

E Jahvé parlò a Mosè e ad Aronne dicendo = 2 Se ad un uomo com­ pare sulla pelle della sua carne un gonfiore o un'incrostazione o una macchia, e questa si sviluppa in piaga di «lebbra» sulla pelle della sua carne, l 'interessato sarà portato da Aronne, il sacerdote, o da uno dei suoi figli, i sacerdoti . 3 E il sacerdote guarderà la piaga sulla pelle della carne; se nella piaga il pelo è diventato bianco, e la chiazza si mostra più bassa della pelle della sua carne, è piaga di «lebbra» . Il sacerdote l'ha guardata, lo dichiarerà impuro . 4 Se essa è piaga bianca sulla pelle della sua carne e non si mostra più bassa della pelle e il pelo non diven­ ta bianco, il sacerdote isolerà la piaga per sette giorni. ' E il sacerdote lo guarderà al settimo giorno , e se ai suoi occhi resta la piaga, e non si è estesa la piaga sulla pelle, il sacerdote lo isolerà per altri sette giorni. -6 E il sacerdote lo guarderà all'altro settimo giorno , e se la piaga è sva­ nita e non si è estesa la piaga sulla pelle, il sacerdote lo dichiarerà puro . È una pustola. E quello laverà le sue vesti e sarà puro . 7 E se la pusto­ la si allarga sulla pelle dopo che si è fatto vedere dal sacerdote per constatare la sua purità, si dovrà far vedere un'altra volta dal sacerdote . . 8 E il sacerdote lo guarderà, e se la pustola si è estesa sulla pelle, il sa­ cerdote lo dichiarerà impuro. È lebbra. 9 Se su un uomo sta la piaga di lebbra, questi sarà condotto dal sacerdote. 10 E il sacerdote guarderà. Se sulla pelle sta una crosta chiara ed ha reso chiaro il pelo e sulla crosta un resto di carne viva , I I è lebbra inveterata sulla pelle deiJa sua carne . Il sacerdote lo dichiarerà impuro, non lo segregherà . Poiché è impuro. 1 2 Se lebbra si diffonde molto sulla pelle e ricopre la lebbra tutta la pelle , piaga che copre dal suo capo ai suoi piedi allo sguardo de­ gli occhi del sacerdote, r3 il sacerdote guarda e la lebbra ha coperto tutta la sua carne, lo dichiarerà puro. La piaga è diventata tutta bianca . È puro . r4 Nel giorno in cui si vede in lui la carne viva , è impuro. 1' E il sacerdote guarderà la carne viva, e lo dichiarerà impuro. La carne viva è impura . È. lebbra . 1 6 Oppure, se la carne viva scompare e diventa chiara, egli entrerà dal sacerdote . 1 7 E il sacerdote lo guarderà. Se si nota che la piaga è diventata chiara, il sacerdote dichiarerà puro chi è affetto da piaga . È puro. 1 8 Se in una carne, nella sua pelle si trova un'ulcera ed è guarito, 19 ma al posto dell'ulcera si trova una crosta chiara o una macchia chia­ ra rossiccia, si mostrerà al sacerdote. 20 E il sacerdote guarderà . Se alla

Leggi di puritll

vista è più bassa della pelle e il pelo è diventato chiaro, il sacerdote :lo dichiara impuro . È piaga di lebbra comparsa sull'ulcera. 21 Se il sac�r� dote la esamina e in essa non v'è pelo bianco e non è più bassa del la pelle e ha un colore chiaro, il sacerdote lo segregherà per sette giorni. 22 Se si diffonde molto sulla pelle, il sacerdote lo dichiarerà impuro . È piaga. 23 Se la chiazza resta in quella parte, non si è estesa, è cicatrice dell'ulcera. E il sacerdote lo dichiarerà puro. 24 Oppure se in una carne nella sua pelle vi è una scottatura e la cica­ trice della scottatura è come una macchia biancorossiccia o bianca , 25 ii sacerdote la guarderà. Se il pelo nella macchia è bianco e alla vista è più basso della pelle, è lebbra scoppiata nella ferita . Il sacerdote lo dichia­ rerà impuro. È piaga di lebbra. 26 E se il sacerdote la guarda, e sulla macchia non v'è pelo bianco e non è più basso della pelle ed è di co­ lore pallido, il sacerdote lo segregherà per sette giorni. 27 E il sacerdote lo guarderà al settimo giorno. Se si è molto estesa sulla pelle, il sacerdò­ te lo dichiarerà impuro. È piaga di lebbra. 28 Se la macchia resta al suo posto, non si estende sulla pelle, ed è pallida, è crosta di scottatura . E il sacerdote lo dichiarerà puro. È cicatrice di scottatura . 2.9 Se su un uomo o una donna sta una piaga sulla testa o sulla barba,. 3o il sacerdote guarderà la piaga. E se alla vista è più basso della pelle vi sta pelo fino e rosso lucido, il sacerdote dichiarerà impura la persona È scabbia . È lebbra della testa o della barba. 3I E se il sacerdote guarda la piaga della scabbia e alla vista non è più bassa della pelle e non v'è pelo scuro, il sacerdote segregherà per sette giorni la piaga della scab­ bia. 32 E al settimo giorno il sacerdote guarderà la piaga . Se la scabbia non si è estesa e non vi è pelo rosso lucido, e alla vista la scabbia non si presenta più bassa della pelle, 33 quello si raderà, e non raderà · la scabbia, e il sacerdote segregherà per i secondi sette giorni la scabbia . ,.. E il sacerdote guarderà la scabbia al settimo giorno. E se alla vista la scabbia non si è all argata sulla pelle e se alla vista non è più fonda del­ la pelle, il sacerdote dichiarerà quello puro . E questi laverà le sue ve­ sti e sarà puro. 31 E se la scabbia si estende molto sulla pelle dopo la sua purità, 36 il sacerdote lo guarderà. E se la scabbia si è estesa sulla pelle, il sacerdote non cercherà il pelo rosso lucente. Egli è in1puro. '7 Se ai suoi occhi la scabbia sia rimasta e in essa sia spuntato pelo nero, la scabbia è guarita . Egli è puro e il sacerdote lo dichiarerà puro. ,s Se a un uomo o a una donna compaiono macchie sulla pelle della lo­ ro carne, macchie bianche, 39 il sacerdote guarderà. E se si nota che sulla pelle della loro carne stanno solo macchie chiaro-pallide , è ero� zione sulla pelle . 40 Se a un uomo si decalva la sua testa, è calvo. È puro. 4 I E se si decalva la sua testa all 'orlo del viso, è calvo davanti. È puro. 42 Se però spunta p

Impurità conseguita da «lebbra» ( IJ,I·I4,55)

una piaga bianco-rossiccia sulla calvizie posteriore o anteriore, è lebbra sbocciata sulla sua calvizie posteriore o anteriore. 43 E il sacerdote lo guarderà. Se la crosta della piaga sulla calvizie posteriore o anteriore è bianco-rossiccia, alla vista lebbra della pelle della carne, 44 è uomo lebbroso . È impuro. Il sacerdote lo deve dichiarare impuro. Sulla sua testa sta la sua piaga . 4' Il lebbroso che ha la piaga, le sue vesti saranno strappate, la sua testa sarà scoperta, e si velerà fino ai baffi, e griderà : « Impuro ! Impuro ! >> . 46 Egli tutti i giorni che ha la piaga è impuro. È impuro. E abiterà isola­ to, la sua dimora è fuori dell'accampamento. -o Se un segno di lebbra sta su una veste, su una veste di lana o di lino, 48 o su un tessuto o una maglia di lino e di lana, o sua una pelle o su qualsiasi oggetto di pelle, 49 e il segno sulla veste o sulla pelle o sul tessuto o sulla maglia o su qualsiasi oggetto di pelle cuoio è giallastro o rossastro, è segno di lebbra. E si mostrerà al sacerdote. 50 E il sacer­ dote guarderà il segno e segregherà per sette giorni il segno. ' 1 E al settimo giorno il sacerdote guarderà il segno. E se il segno sul vestito, sul tessuto o sulla maglia o sulla pelle, su qualsiasi articolo fatto di pelle si è allargato, è lebbra che produce il segno del male . È impuro. '2 E brucerà la veste o il tessuto o la maglia di lana o di lino, o ogni og­ getto di pelle con il segno. È lebbra che produce il segno del male . Sa­ rà bruciato con fuoco. .n E se il sacerdote guarderà, il segno sulla ve­ ste o sul tessuto o sulla maglia o su ogni oggetto di pelle non si è este­ so, '4 il sacerdote ordinerà e laveranno l'oggetto su cui sta il segno , e lo segregherà per i secondi sette giorni . " E il sacerdote guarderà il segno dopo lavato. E se il segno non ha modificato la sua apparenza e il segno non si è esteso, è impuro. Lo dovete bruciare con il fuoco. È corrosione davanti e al rovescio. '6 E se il sacerdote lo guarda e il se­ gno è sbiadito dopo lavato, lo strapperà via dal vestito o dalla pelle o dal tessuto o dalla maglia. '7 E se si vede ancora sulla veste o sul tes­ suto o sulla maglia o su qualsiasi oggetto di pelle, si riproduce . Bruce­ rete con fuoco quello su cui sta il segno . '8 La veste o il tessuto o la maglia o qualunque articolo di pelle, dal quale dopo lavato è sc-ompar­ so il segno, sarà lavato un'altra volta, e sarà puro. '9 Questa è la legge sul segno di lebbra su una veste di lana o di lino, o su un tessuto o una maglia, o su un qualunque articolo di pelle perché sia dichiarato puro o impuro. x4,x Jahvé parlò a Mosè dicendo : 2 Questa sarà la legge sul lebbroso il giorno in cui è dichiarato puro. Egli sarà introdotto dal sacerdote, 3 e il sacerdote uscirà fuori dall'accampamento , e il sacerdote guarderà, e se la piaga della lebbra è guarita nel lebbroso, 4 il sacerdote ordinerà, e per il purificando prenderà due uccelli vivi e puri e legno di cedro e la-

Leggi di purità

na scarlatta e issopo per colui che si purifica. ' E il sacerdote ordinerà e sgozzerà uno dei due uccelli su acqua viva in un recipiente di creta. 6 Ed egli prenderà l'uccello vivo e il legno di cedro e lana scarlatta e l'issopo e li immergerà insieme con l'uccello vivo nel sangue dell 'uccel­ lo sgozzato sopra l'acqua viva, 7 e spruzzerà sette volte su colui che si purifica dalla lebbra e lo purificherà e lascerà l'uccello vivo che voli sulla superficie del campo. 8 E colui che si puri.fìca laverà le sue vesti, si ra­ derà tutti i suoi peli e si laverà con acqua. È puro . E dopo entrerà nel­ l'accampamento, e resterà ancora sette giorni fuori della sua tenda. 9 E al settimo giorno si raderà tutti i suoi peli, la sua testa e la sua barba e le ciglia dei suoi occhi, e tutti i suoi peli si raderà, e laverà le sue vesti e laverà la sua carne con acqua. È puro. 1 0 E l'ottavo giorno prenderà due montoni senza difetto e una pecora di un anno senza difetto, e tre decimi di farina come offerta di cibo mischiata con olio e un log di olio. n E il sacerdote che purificante presenterà l'uomo purificando e le of­ ferte davanti a Jahvé all'ingresso della tenda del convegno . 1 2 E il sa­ cerdote prenderà uno dei montoni e lo offrirà come sacrificio per la colpa assieme al log di olio, e li agiterà, agitazione davanti a Jahvé . IJ E sgozzerà il montone nel luogo nel quale si sgozza il sacrificio per il peccato e l'olocausto nel luogo sacro, poiché come il sacrificio per il peccato è quello per la colpa . È per il sacerdote. È la realtà più santa . �4 E il sacerdote prenderà il sangue del sacrificio per la colpa, e il sacer­ dote lo applicherà sul lobo dell'orecchio destro e sul pollice della mano destra e sull'alluce del piede destro del purificando. 1 ' E il sacerdote prenderà olio dal log e verserà sulla palma sinistra del sacerdote. 16 E il sacerdote immergerà il suo dito destro nell'olio che sta nella sua pal­ ma sinistra e spruzzerà con il suo dito olio davanti a Jahvé per sette volte. 17 E il residuo dell'olio che sta nella sua palma il sacerdote ap· plicherà sul lobo dell'orecchio destro e sul pollice della mano destra e sull'alluce del piede destro del purificando, oltre il sangue del sacrificio per la colpa. 18 E il residuo dell'olio che sta nella palma, il sacerdote verserà sul capo del purificando, e il sacerdote espierà per lui davanti a Jahvé. 19 E il sacerdote eseguirà il sacrificio per il peccato ed espierà la sua impurità per il purificando, e dopo sgozzerà l'olocausto . 20 E il sa­ cerdote farà salire sull'altare l'olocausto e l'offerta di cibo. E il sacerdote espierà per lui. È puro . 21 Se egli è povero e il suo avere non è sufficiente, egli prenderà solo un montone in sacrificio per la colpa come agitazione, per espiare per lui, e inoltre un decimo di farina mischiata con olio come offerta di cibo, e un log di olio, 22 e due tortore o due colombe che il suo avere gli per­ mette; una di esse sarà in sacrificio per il peccato e una in olocausto . .23 E le porterà al sacerdote all'ingresso della tenda del convegno �avan-

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ti a Jahvé l'ottavo giorno per la purificazione . 24 E il sacerdote pren· derà il montone del sacrificio per il peccato e il log di olio, e li agiterà il sacerdote, agitazione davanti a Jahvé. 2' E sgozzerà il montone del sa· crificio per la colpa, e il sacerdote prenderà il sangue del sacrificio per la colpa e lo applicherà sul lobo deli'orecchio destro e sul pollice della mano destra e sull'alluce del piede destro del purificando. 26 E i sacer­ dote verserà olio sulla mano sinistra del sacerdote, 27 e il sacerdote con il suo dito destro spruzzerà per sette volte davanti a Jahvé l'olio che sta nella sua palma sinistra. 28 E il sacerdote applicherà l'olio che sta nella sua palma sul lobo dell'orecchio destro e sul pollice della 1nano destra e sull'alluce del piede destro del purificando, posto del sangue del sacrificio per la colpa. 29 Il residuo dell'olio che sta nella palma, il sacerdote verserà sul capo di colui del purificando per espiare per lui davanti a Jahvé. '0 E una delle tortore o delle colombe che il suo avere gli permette, 3I ( 1 ) quello che il suo avere gli permette, di una farà il sa· crificio per il peccato e di una l'olocausto, oltre l'offerta di cibo. E il sa­ cerdote espierà per il purificando davanti a Jahvé. 32. Questa è la legge per colui che ha piaga di lebbra, e il cui avere non gli permette la sua purificazione. 3� E Jahvé parlò a Mosè e ad Aronne dicendo : 34 Quando entrerete nel paese di Canaan, che io dono a voi in possesso, e porrò segno di lebbra in una casa nel paese del vostro possesso, 3' il proprietario della casa verrà e lo comunicherà al sacerdote dicendo : Ho notato come un segno in casa . 36 E il sacerdote ordinerà, e svuoteranno la casa, prima che il sacerdote vi entri per ispezionare il segno, affinché non diventi impuro tutto quello che si trova nella casa . Solo dopo il sacerdote entrerà per ispezionare la casa. 37 Ed egli esaminerà il segno . E se il segno sulle pa­ reti della casa si presenta in forma di affossamenti giallastri o rossastri , e il loro aspetto è più incavato della parete, 38 il sacerdote uscirà dalla casa verso l'ingresso e segregherà la casa per sette giorni. 39 E il sacer­ dote tornerà il settimo giorno e la guarderà. E se il segno sulle pareti della casa si è esteso, 4o il sacerdote ordinerà e toglieranno le pietre s�lle quali sta il segno , e le invieranno in un luogo impuro fuori città . 4I E la casa farà raschiare, (2) dalla casa all'interno e l'argilla , che si è ra­ schiata via, getteranno in un luogo impuro fuori città. 4l E prenderanno altre pietre e le collocheranno al posto delle prime, e si prenderà al tra argilla e si intonacherà la casa . 43 E se ricompaia il segno e si propaghi nella casa , dopo che le pietre sono state estratte e dopo che la casa è sta­ ta raschiata e intonacata, 44 il sacerdote verrà e guarderà. E se il segno r . Le prime sei parole del v. 31 dipendono forse da una doppia tradizione avvenuta inavvertitamente. 2. Leggi iaqfu.

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Leggi di purità

si è esteso nella casa, è lebbra che provoca il male nella casa. i;: impura . E si demolirà la casa, le sue pietre e le sue travi e tutta l'argilla della casa, e sarà portato in un luogo impuro fuori città . 46 E chi è entrato nella casa nei giorni in cui l'aveva segregata, è impuro fino a sera . 47 E chi ha dormito nella casa laverà le sue vesti, e chi ha mangiato nella casa laverà le sue vesti. 48 E se il sacerdote entra e guarda, e il segno nella casa non si è allargato dopo che la casa è stata raschiata , il sacerdo­ te dichiarerà pura la casa , perché il segno si è sanato. 49 E per purificare la casa egli prenderà due uccelli e legno di cedro e lana scarlatta e isso­ po '0 e sgozzerà un uccello su acqua viva in un recipiente di creta , �� e prenderà il legno di cedro e l'issopo e la lana scarlatta e l'uccello vivo e li immergerà nel sangue dell'uccello sgozzato e nell'acqua viva, e spruz­ zerà sette volte sulla casa. '2 E purificherà la casa con il sangue dell'uc­ cello e con le acque vive e con l'uccello vivo e con legno di cedro e con issopo e con lana scarlatta , .53 liberando l 'uccello vivo fuori della città verso la superficie del campo ed espierà per la casa. È pura. '4 Questa è la legge per ogni segno di lebbra e la scabbia, '' e la lebbra delle vesti e della casa, '6 e le croste e la pustola e la macchia, '7 per insegnare quan­ do è impuro e quando è puro. Questa è la legge sulla lebbra. 4'

Nell'ampia sezione dei capp. 1 3 e 1 4 appare raccolto quello che dal punto di vista della purità, o dell'impurità cultuale , rientra nel campo del concetto molto ampio di «lebbra» . Una approssimativa suddivisione globale, come è indicata anche dalla nuova introduzione in 1 4 , 1 .2a, è data dal fatto che nel cap. I 3 si tratta prevalentemente di constatare la purità, o l'im­ purità sulla base di segni precisi, e nel cap. 1 4 di dare disposi­ zioni per eliminare la constatata impurità e ripristinare la puri­ tà. Constatare la purità o l'impurità era competenza del sa­ cerdote, e quindi in questo settore si tratta la fissazione scritta di nozioni professionali dei sacerdoti (cfr. l'appropriata for­ mulazione dell'introduzione in 1 3 , 1 ) , ed esattamente in stile impersonale casistica, nel quale la protasi riporta i segni, e l'apodosi stabilisce le conseguenze . Le indicazioni per le misu­ re da prendere, importanti per il «laico», oltre che per il sacer­ dote (cfr. l'assenza di Aronne nella formula introduttiva di 1 4 , 1 ) , sono presentate in genere, come si addice all 'argomento, in stile rituale impersonale. Comunque lo stile adottato non è mantenuto in conseguenza, e anche la separazione tra consta-

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I3I

tazione e misura non è sistematica nei particolari . Questo mo­ stra che il complesso nel suo insieme non è di getto . Si potreb­ be cercare il nucleo nelle spiegazioni riguardanti la «lebbra» umana, cioè ogni sorta di affezioni cutanee umane, che, anche dal punto di vista dell'ampiezza, occupano di gran lunga il pri­ mo posto ; all'interno di questo nucleo è espressa abbastanza chiaramente anche la suddivisione in base alla constatazione dei segni ( 1 3 , 2-46 ) e delle misure per la purificazione ( 1 4 ,23 2 ) . Invece i paragrafi sulla «lebbra » dei tessuti ( 1 3 ,47- 5 9 ) e delle cause ( 1 4 ,34-5 3 , con un nuovo titolo in 1 4 , 3 3 ) appaio­ no come secondari ; in questi ultimi paragrafi anche la constata­ zione dell'impurità è strettamente connessa con le conseguen­ ze che ne derivano , e sempre in questi paragrafi si incontrano le più evidenti contraddizioni stilistiche, come i discorsi in seconda pers . sing. in 1 3 ,.5 5 · 5 7 .) 8 , e il discorso di Dio in pri­ ma pers . e quello in seconda pers . plur . in 1 4 ,34. Comunque anche quello indicato come il nucleo non è stato affatto un'o­ pera unitaria fin dall'inizio , ma, come si mostra dai partico­ lari, è il risultato di un processo di crescita, nel corso del quale è stato messo per iscritto quello che sembrava importante sul tema dell 'impurità per malattie cutanee e sulle norme di puri­ ficazione richieste, poi completato da altre particolarità . Quando il complesso fu inserito nel contesto attuale, passò attraverso una leggera redazione nel senso di P. Quasi dovun­ que si parla semplicemente «del sacerdote» , che deve esegui­ re le necessarie constatazioni e agire durante i riti cultuali di purificazione; solo alla prima menzione «del sacerdote» in I 3 , 2 è stato aggiunto un accenno ad Aronne e ai suoi figli sacerdo­ ti. E in 1 4 , 1 1 .2 3 dove compare per la prima volta la formula «davanti a Jahvé», si ricorda anche «l 'ingresso della tenda del convegno» . Quindi almeno il nucleo dei due capitoli deve essere dichiarato «presacerdotale» ; una più esatta datazione della prima messa per iscritto e delle sue successive aggiunte non è più possibile . Un rimando alle disposizioni sacrificali dei capp . I -7 , chiaramente secondario e quindi difficilmente inse-

Leggi di purità

ribile, si trova in 1 4 , 1 3 (cfr. su questo 6 , r 8b . r 9 ; ],2a.6b.7) . Il contenuto riguarda l'effetto cultualmente contaminante, dovuto ad affezioni cutanee dell'uomo; l'uomo interessato non era più intatto, dunque non più idoneo al culto, la sua apparen .. za esterna era alterata . In linea di massima ogni malattia, nella misura in cui era visibile sul corpo, escludeva dalla comunità cultuale finché esisteva . In pratica le malattie cutanee svolge­ vano una funzione particolarmente grande, perché colpivano con notevole frequenza, e perché impedivano alle persone af­ fette la partecipazione non solo fisica alle azioni cultuali. Inol­ tre in questo settore bisognava valutare con cura particolare quanto doveva essere considerato malato e quindi contaminan­ te, oppure no . Con il tempo su questo era stata sviluppata una complicata casistica . La questione di una qualche possibile te­ rapia per guarire la malattia era completamente estranea qui all'ottica delle nozioni professionali dei sacerdoti ; il sacerdote aveva il compito di constatare l'esistenza o l'assenza o la scom­ parsa dei segni di una anomalia fisica qualificabile come malat­ tia, e di prescrivere nel caso le misure cultuali e rituali . Anche la segregazione dei malati ( r 3 ,46 ) non aveva tanto motiva­ zioni igieniche, ma - sebbene in base all'esperienza dell'azio­ ne contaminante di determinate malattie - serviva a impedire il diffondersi dell'impurità cultuale. Il limitarsi ad osservare certi segni esterni - senza tenere conto di cause più profonde ­ ha reso possibil e lo strano trasferimento del concetto di « leb­ bra» a certi fenomeni dei tessuti e delle case ; il valore secon­ dario di questo trasferimento si manifesta in modo chiarissimo nel fatto che concetti fisici , come ad esempio «risanare» ( 1 4 , 4 8 ) , si applichino a oggetti materiali . L'inclusione di tessuti e case, come già detto, va considerata secondaria non solo let­ terariamente, come nei capp. r 3 . r 4, ma anche oggettivamente. 2-46 . In 1 3 ,2-4 6 si sviluppa una molto difficile casuistica sa­ cerdotale per valutare sospette anomalie cutanee, che doveva permettere al sacerdote in casi concreti di dichiarare : « È pu-

Impurità conseguita da «lebbra» ( IJ,I-I4,J5)

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ro» , oppure: « È impuro» . In certi casi non si poteva decide­ re subito, e bisognava attendere come si sarebbe sviluppato il sintomo in questione; poi bisognava decretare per la perso­ na interessata una specie di «quarantena» di sette giorni ( vv . 4.2 1 .2 6 .3 1 ) e a volte perfino replicarla (vv. 5 ·3 3 ) , e allora egli doveva essere «rinchiuso» , cioè escluso dal rapporto con gli altri per il sospetto di una contagiosa «impurità» ; qui pur­ troppo non si dice come e dove dovesse avvenire questa «te­ elusione» . In tutto il paragrafo si incontra una quantità di ter­ mini speciali, in gran parte documentati solo qui, ed è quasi impossibile coglierne l'esatto significato; la loro traduzione può essere considerata probabile solo in modo approssima tivo . Tutto è raccolto sotto il concetto di �arata! (con alcune altre de­ rivazioni della medesima radice) , che si è soliti tradurre con «lebbra» . È difficile però che si tratti dell'inguaribile morbo della lebbra, in quanto si tiene conto della possibilità della scomparsa e della guarigione dei sintomi del morbo; i sintomi caratteristici dello stadio avanzato della lebbra vera e propria non sono neppure nominati . Invece sono manifestamente con­ siderate diverse affezioni cutanee maligne e non, con effetto cultuale «contaminante» , i cui sintomi citati non sono però sufficienti per una loro più esatta definizione. I segni per la definizione sacerdotale della purità o dell'impurità si limitano a fenomeni in prevalenza semplici, stereotipi, esterni e a vol te al loro sviluppo nell'arco di un tempo limitato . Con la con­ statazione della purità o dell'impurità è assolto anzitutto il compito sacerdotale. Inizialmente non sono previste misure cultuali . Solo nel caso di una «purità» finalmente constatata al­ la fine di un'osservazione bisettin1anale, si richiede comunque di lavare i vestiti (vv. 6 . 3 4 ) , poiché si era avuto il non infon· dato sospetto di una impurità. Tuttavia a colui che è stato di­ chiarato definitivamente «impuro» si ordina infine nei vv. 4 5 . 46, di modificare il suo aspetto esteriore, come si usava duran­ te il lutto (allo stracciarsi le vesti e all'omissione della cura dei capelli, già ricordati in 1 0 ,6 , si aggiunge qui il coprirsi la bar-

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Leggi di purità

ba; cfr. Ez. 24 , 1 7 2 2 ) , forse per rendersi irriconoscibili a forze occulte, aleggianti attorno a lui come a coloro che sono in lut­ to, di proferire ad alta voce la parola «impuro» , come monito per gli altri , anche dopo essere stato dichiarato impuro; di do­ ver «stare per terra» - fino all 'eventuale dichiarazione di puri­ tà - isolato , lontano dalla comunità degli altri - che probabil­ mente lo sostengono portandogli cibo e bevande (il riferimen­ to all 'accampamento» nel v. 46 è forse un'aggiunta posteriore in vista della situazione del deserto , presupposta dalla narra­ zione P). .

Nel caso della «lebbra» di tessuti e cuoio, trattata nel paragrafo I 3 ,47-5 9 aggiunto successivamente, si potrebbe pensare a macchie d'umidità e simili. Una certa analogia ester­ na con affezioni cutanee umane era l'occasione di constatare anche qui, in presenza di precisi analoghi segni , un'impurità cultuale e qualificarla «lebbra maligna» (è oggi impossibile determinare con certezza il significato speciale della «lebbra» , che compare solo qui e in 1 4 ,44 in riferimento alla «lebbra» di una casa) . Alla constatazione della purità o impurità biso­ gnava agire in modo analogo al caso della «lebbra» umana ; è manifesto che si tratta di un trasferimento secondario del con­ cetto di «lebbra» umana a oggetti materiali (cfr. soprattutto la formulazione del v. 5 5 h) . In questo paragrafo l'ordine per il trattamento susseguente venne abbinato subito alla constata­ zione del dato di fatto. Una dichiarazione d'impurità compor­ tava la distruzione con il fuoco di tutto l'oggetto in questione (v. 5 2 ) . Nei vv . 5 3-5 8 sono poi trattati alcuni sottocasi dai se­ gni dubbi o meno aggravanti ; di conseguenza anche il tratta­ mento degli oggetti in questione appare differenziato . In que­ sto sottoparagrafo non tutto è letterariamente liscio . Il v . 54b sembra un 'aggiunta che male si inserisce tra il v. 5 4a e il v . 5 5 ; e nei vv. 5 5 .5 7 . 5 8 si incontra un discorso in seconda pers . sing. , che esce dallo schema . 47-5 9 .

bnpurità conseguita da «lebbra» ( IJ}I-I4,55)

1 4, 1 -9 . In 1 4,2-3 2 si tratta nuovamente della «lebbra» uma­ na, e più precisamente dei riti purificatori da compiersi da par­ te di colui che era guarito dal segno della «lebbra» , e perciò po­ teva essere nuovamente dichiarato puro. Per la «guarigione» non si era fatto nulla ; era qualcosa che bisognava attendere e il sacerdote doveva solo constatarla . La situazione qui presup­ posta secondo 1 3 ,45 .46 è quella di uno escluso dalla convi­ venza con gli altri . In riferimento a questa situazione appaiono nei vv. 2b e 3a due affermazioni tra loro contrastanti. Più ori­ ginale potrebbe essere stata la norma del v . 2h secondo cui l'interessato doveva essere l'aspetto primario, e nell'addossare le colpe d'Israele al capro 1m aspetto già secondario, anche se pur sempre molto antico. Comunque la presenza di Azazel, se ha fatto parte della com­ ponente originaria del rito, suggerisce un significato locale,. inizialmente limitato. Infatti è difficile che il nome di Azazet che si incon tra solo qui, fosse una designazione generica per qualsiasi «demone del deserto» , ma era piuttosto l'appellativo di un essere demoniaco che si pensava vagasse in un «deserto>> preciso, e provocasse disgrazia . Tuttavia in questa limitazione locale il rituale del «capro per il peccato» deve essere stato di tutt'altro genere di quello del rito pasquale, con il quale può però essere paragonato per l'intenzione apotropaica, anche se nell'esecuzione dei particolari differiva fortemente. 2 3-2 8 . Il paragrafo dei

2 3 -28 - forse letterariamente se­ condario in punti essenziali - aggiunge alcune disposizioni particolari a conclusione del complicato rituale. Nel passo dei vv. 2 3 . 24a esso ignora l'intermezzo del «capro del peccato» ; esso quindi risale forse a uno stadio prima dell'inserimento dei paragrafi riguardanti i due capri . Concluse le azioni purificato­ rie, che alla fine avevano condotto Aronne presso l 'altare da­ vanti alla tenda del convegno (v. 2oa) , questo doveva togliersi e deporre i suoi paramenti in questa tenda (cfr. v. 4a) , e dopo una abluzione indossare nuovamente le sue vesti quotidiane. Ma con la posteriore aggiunta del v. 24b il signicato dell'ulti­ ma annotazione fu modificato nel senso che Aronne secondo P (Ex. 2 8 ) doveva sostituire i paramenti speciali, previsti nel v. 4 per il grande rituale purificatore, con il suo paramento normale, per compiere a questo punto con il solito rituale l'o­ locausto, che secondo i vv . 3bf3 e 5b restava ancora da compie­ re. Una notizia sull'olocausto secondo il v. 3bf3 , che si suppo­ ne originaria, è caduta vittima delle aggiunte seguenti ; la suevv .

Il grande rituale della purificazione ( r6,1-34)

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cessiva combinazione della purifìcazione dei sacerdoti e del santuario nel v. 24h è già supposta dai vv . 5 ·7 ss. (qui, come nel v. r 5 , di nuovo «popolo» invece della «comunità» del v. 5). Nel v . 25 si aggiunge una annotazione sul sacrificio per il peccato dei vv. 3ba .6 . r r -1 4 , precedentemente dimenticata; poiché qui si parla solo di un sacrificio per il peccato, è chiaro che si ignora il capro del sacrificio per il peccato dei vv. 9 . r 5 . Diverso è il discorso nei vv . 2 7 . 2 8 , dove è prescritto ancora qualcosa per le parti residue delle due vittime per il peccato. Il v. 2 6 è un'aggiunta al rituale del «capro del peccato» . 29-34. Nel paragrafo conclusivo (vv. 29-34) è stabilita anzi­ tutto ( vv. 2 9-3 1 ) la data del decimo giorno del settimo mese per l'annuale effettuazione del grande rituale di purificazione, e questo con formule che somigliano molto al passo della «leg­ ge di santità» sullo jom ha-kippur'ìm ( 2 3 ,2 7-3 2a) . La posizio­ ne alla fine mostra il carattere aggiuntivo di questa fissazione calendariale ; allo stesso si arriva per il fatto che il concreto ele­ mento dell 'espiazione dei sacerdoti e del santuario è completa� mente omesso ed è presa in considerazione solo l'espiazione generale d'Israele, al quale è rivolta la parola in seconda pers . plur. (cosi anche nel v. 3 4a) . Sotto quest'ultimo aspetto il pas­ so dei vv. 3 2 .3 3 si rivela evidentemente più antico, comun­ que non originario ; infatti esso si interessa a sua volta in modo speciale solo dell'elemento già secondario della espiazione del santuario dei vv. * r 6-2oa (kipper con l 'accusativo, come nel v. 2 oa) , e solo l'aggiunta del v. 33h (kipper con tal) ricorda successivamente che sono l'oggetto della purificazione «i sacer­ doti» e « tutto il popolo dell'assemblea» . Degna di nota è la formulazione sul rispettivo sommo sacerdote nel v. 3 2a, che presuppone la fine della monarchia giudaica, come anche l'e­ spressione miqdas ha- qodes per il «Santo dei santi» nel v . 3 3 a, del. tutto singolare.

r6o

La «legge di santità»

Con I 7 , I comincia una serie di paragrafi, introdotti tutti nella forma già comune ai capitoli precedenti, che consiste in un discorso di Jahvé rivolto a Mosè (sul Sinai ) e dell'ordine di trasmettere certe richieste «giuridiche» ad Aronne e ai suoi fi­ gli, o agli Israeliti. Sul quadro referente, il discorso continua semplicemente come prima. Ma in 2 6 ,3-45 si incontra un gran­ de annuncio di benedizione e di maledizione se si obbedisce o si disobbedisce ai comandamenti divini. Questa parenesi di be­ nedizione e maledizione, che ha in Deut. 2 8 , 1 -6 8 la sua vicina controparte, può essere intesa solo come conclusione di una raccolta di > , nel v. 7 , di nuovo con un aggancio slegato da quanto precede, sono proibiti sacri5-7 .

Sacrifici e carne da mangiare ( I7,I-I6)

fici idolatrici ai «capri» (alla lettera : ai «barbuti»). Occasione di questo divieto era il fatto che nell 'ultimo periodo preesilico, secondo 2 Reg. 2 3 ,8 (textus emendatus) nelle vicinanze di una delle porte di Gerusalemme stava un luogo di culto per i «ca­ pri» (forse demoni raffigurati in sembianze di capri) , eliminato dal re Giosia ; in questo luogo però , dopo la catastrofe del 5 8 7 a .C. il culto proibito forse riviveva, per cui nel periodo seguente si pensava che tali «demoni-capri» dimorassero in modo speciale tra le rovine di città distrutte (cfr. Is. 1 3 ,2 1 ; 34, 1 4 ) . In ogni caso l 'aggiunta del v. 7 alle norme generali dei vv. 3 ss. suggerisce che esisteva un motivo per inculcare questo divieto speciale . La prospettiva sembra quella dell'am­ biente gerosolimitano al tempo della catastrofe del 587 a .C. 8-1 6 . Con nuovo titolo dal v. 8 sono aggiunte alcune altre pre­ scrizioni . Il passo dei vv. 8 ·9 oltrepassa la norma dei vv. 3 ·4 solo in quanto al sacrificio dello sgozzamento ora anche l'olo­ causto è espressamente collegato, nel precetto dell'esclusiva offerta davanti alla tenda del convegno, affinché nessuno pen­ sasse che il non aver nominato l'olocausto nei vv. 3 ss . signi­ ficasse il permesso di offrire un olocausto (a differenza di un sacrificio di sgozzamento) in un posto qualsiasi (ma questo non è certo sottinteso nei vv. 3 ss .) . Inoltre nei vv. 8 ·9 accanto al­ la popolazione sedentaria è espressamente collocato anche il gruppo degli «ospiti» , cioè il gruppo di coloro che - Israeliti o no - senza partecipazione terri era vivevano in mezzo alla po­ polazione sedentaria, ne godevano protezione ed erano stati ac­ colti nella comunità di culto , per cui dovevano anche osserva­ re le norme cultuali . La loro particolare ci tazione era sempre giustificata, poiché nell'ambito d'Israele c'erano sempre stati «ospiti » ; ma dopo il rovescia1nento dei rapporti per il crollo dello stato di Giuda si aveva certo una ragione speciale per far­ lo. Nei vv . 1 0- 1 4 è formulato a motivo in modo assai ampio il divieto di qualunque versamento di sangue. Questo divieto stesso in concreto è senza dubbio molto antico; ma qui com-

La «legge di santità»

1 66

pare in una aggiunta ai vv. 3 ·4 · Naturalmente il nucleo dei vv . I o ss . potrebbe inizialmente avere appartenuto a quello dei vv. 3 ss . , ma è evidente che nella presente forma è stato -molto elaborato. Già nella prima frase principale (v. I oa) oltre il v. 3 - compaiono di nuovo gli «ospiti» accanto ai nati­ vi ; ma poi si ha soprattutto l'antistilistica I 8 persona di Jah­ vé, di certo conseguenza di elaborazione secondaria (il v. I oh . avrebbe potuto originariamente suonare come il v. 4b� ). La motivazione del v. I I aa. si basa sull'antica concezione che la .'« vita>> (nefes) , cioè la «vitalità>> (degli animali, ma anche de­ :gli uomini) ha la sua sede concreta nel sangue, e che questa «vita» appartiene a Dio, per cui l'uomo da parte sua non se ne può appropriare a nessuna condizione ; l'elaborazione di que­ sta motivazione nel v. I I a�b (di nuovo Jahvé) in prima pers . restringe questa concezione generale nel senso che il sangue (della vittima) è stato > ; damaw bo , conclude il v . 9b� (più avanti al plurale, nei vv. r r b� . 1 2b�. I 3 b� . I 6b� . 7-2 1 .

1 88

La «legge di santità»

2 7b�) . Questa formula (non del tutto identica alla formula « il suo sangue venga sulla nostra testa», ad es . Ios. 2 , 1 9 ) ser­ viva in origine a fissare la prova della colpa nei casi dell'ucci­ sione di un uomo : «Il suo sangue (cioè la traccia di sangue da lui versato) sta (ancora) su di lui (ancora come prova visibile dell 'azione commessa) » . Più tardi la formula è stata trasferi­ ta a prova anche di altri delitti considerati capitali, e infine (è il caso di Lev. 20) ha assunto il significato abbastanza comu­ ne : «Egli è stato convinto di un delitto capitale» . Con il v. I O comincia la serie dei misfatti sessuali capitali . Il v. I O riguarda l'adulterio (cfr . I 8 ,2o) . La formula mot jumat al singolare si riferisce all'uomo adultero ; solo successivamente nel v. I oh� è stata coinvolta anche la donna in questione, certo a motivo della più recente concezione che essa deve essere considerata non solo come oggetto, ma anche come soggetto dell'azione adulterina . Nel v . I I (sull'argomento vedi I 8 ,8 ) , a motivo della stessa concezione, la formula mot jumat , nella quale è stata già inserita la «formula della constatazione», sta al plu.. rale (più esattamente al duale) , sebbene la frase secondaria sia ancora al singolare. Lo stesso vale per il v. I 2 (cfr. I 8 , I 5 ) e per il v. I 3 (cfr. I 8 , 2 2 ); in ambo i versetti (come poi anche nei vv. I 4 . I 7) la concreta «formula di constatazione» è sostituita da un'affermazione generale sull'«infamia» , «atrocità>> , ecc., della rispettiva azione. Sembra che il v. I4 (cfr . I 8 , I 7a) abbia in mente la stipulazione di matrimonio (lqp) ; e anche sosti­ tuendo la formula mot jumat con la richiesta del rogo, e anche se alla fine del discorso compare la seconda pers . plur. , il ver­ setto è fuori tema. Di conseguenza esso non dovrebbe aver fatto parte del nucleo della presente «lista di delitti capitali» . Nel v . 1 5 (cfr . I 8 ,2 3a) è un'aggiunta secondaria solo la frase conclusiva (di nuovo in seconda pers . plur.), che considera an­ che l'animale «oggettivamente» colpevole. La stessa concezio­ ne fa da fondamento all 'attuale struttura del v. I 6 (cfr. I 8 , 2 3b) ; evidentemente però a motivo di una modifica seconda­ ria sulla base del v. I 5 , dove però l'oggettiva applicazione dei

Pena di morte per misfatti sessuali e altri ( 20,I-27)

·concetti «punire con la morte» e «uccidere>> all'uomo o all'a­ nimale del v. I 5 , è abbandonata, ed entrambi i concetti sono applicati indistintamente alla donna e all'animale. Ciò potreb­ be essere dovuto a una frase, corrispondente al v. I .5a, in tal caso riguardante la donna . I l v. 1 7 deve essere abbinato al v. I4 (vedi sopra) , in quanto anche qui sembra si parli nuovamente di stipulazione di matrimonio (lqp) (non così I 8 ,9 ) , e manca la formula mot jumat, sostituita questa volta dalla «for­ mula del tagliare via>> . Del resto questo versetto esce dallo schema anche a causa di non equilibrate formulazioni al singo­ lare e al plurale, un'ampiezza di elaborazione e un ammassa­ mento più o meno stereotipi . Lo stesso vale per il v. I 8 (sul­ l 'argomento, vedi I 8 , I 9 ) , dove va notato che l'inizio è riferi­ to all'uomo , e la continuazione ad entrambi i partecipanti . Il v . I 9 (cfr. I 8 , I 3 . I 2 ) con la sua formula « tu devi» corrisponde al paragrafo I 8 ,7 ss . , e si trova in questo contesto come un cor­ po estraneo; solo la frase motivante passa alla terza pers . e più precisamente al singolare riferita all'uomo, e poi al plurale a tutti due. Nei vv. 2 0 .2 I un'altra appendice non tratta più di «delitti capitali >> , ma di colpe, che dovrebbero essere punite (da Dio ) con la mancanza di figli. Secondo il testo del v . 20 si fa riferimento a rapporti sessuali, e nel v. 2 I alla stipulazione di matrimonio (lq/p); perciò dovrebbe essere rifiutato nel v . 2 I (a differenza di r 8 , r 6 ) il «matrimonio del levirato» (Deut. 2 5 , 5-I o ) , e poiché consisteva appunto nella generazione di figli , essergli tolto ogni significato ? Dopo tutto nel paragrafo dei vv . 1 0-2 I , a un nucleo non proprio ben definito nel suo con­ tenuto , si sono affiancate diverse aggiunte secondarie. 2 2-2 6 . Per la parenesi conclusiva dei vv . 2 2 - 2 6 , cfr. I 8 ,24-30 . È difficile che questo passo sia di getto . Questo si mostra so­ prattutto nel v. 25 ; dopo che nel v. 24b si è detto che Jahvé �ha separato» il suo popolo dalla cerchia degli altri popoli, e quindi esso non si può comportare come gli altri popoli, so­ prattutto non come i precedenti abitanti del paese, anche qui

La «legge di santità>>-

nuovamente considerati particolarmente lascivi in campo ses­ suale, nel v. 2 5 il tema della «separazione» subisce libere va­ riazioni, riferendosi alla «separazione» tra animali puri e im-· puri, richiesta a Israele, ma non trattata in questo capitolo; poi si fa ancora notare che Jahvé ha « separato» gli animali impuri. L'aggiunta del v. 2 7 ritorna ancora ali' oggetto del v . 6 che però, a differenza del v. 6 , lo riferisce con una formula mot jumat, anche se con una costruzione al plurale, che si di­ stacca dallo stile originale . Inoltre secondo il testo attuale qui si parla in modo straordinario del rapporto con gli «spiriti dei morti» e con i «sapienti» ; esso sembra dare per scontata la possibilità che le persone possano avere «dentro di sé» esseri demoniaci di questo genere, e quindi essere da essi «possedu­ ti» ; qui però resta aperto se si tratti o meno di una colpa sog­ gettivamente responsabile, o di una «colpa oggettiva» . In tut­ ti i casi persone del genere dovevano essere eliminate dalla co­ munità d'Israele con la lapidazione. 27.



e ) La santità dei sacerdoti ( 2 I , I -24 )

E Jahvé disse a Mosè : Parla ai sacerdoti, figli di Aronne, e di' loro : Solo per la sua carne vicina a lui, per sua madre e suo padre e suo fi­ glio e sua figlia e suo fratello, 3 e per sua sorella vergine vicina a lui, che non è ancora di un uomo, ' ' ( 1 ) egli si contaminerà. 4 Non si con­ taminerà 'per una donna' del suo popolo 'appartenente' (2) a un uo­ mo sposato, profanando se stesso. ' Essi non dovranno radersi com­ pletamente la testa, e tagliare l'orlo della loro barba, né farsi incisioni sulla loro carne. 6 Essi saranno santi per il loro Dio, e non profaneran­ no il Nome del loro Dio. Poiché essi offrono i sacrifici di fuoco di Jahvé, cibo del loro Dio. E saranno santità . 7 Una prostituta e una disonorata essi prenderanno, e una donna cacciata da suo marito non prenderanno. Poiché egli è santo per il suo Dio, 8 e tu devi considerarlo santo. Poiché egli offre il cibo del tuo Dio. Sarà santo per te. Poiché sono santo io Jahvé che vi santifico . 9 �e una figlia di sacerdote profana per prostitu1

2

I . Il termine 2.

Bisogna

lih dovrebbe essere un'aggiunta.

aggiungere lib'ulat (dr. Biblia Hebraica).

La santità dei sacerdoti ( 2r,I-24)

zione suo padre, è profanata. Sarà bruciata con il fuoco. ro E il sacerdo­ te il più anziano tra i suoi fratelli, sul cui capo è versato l'olio dell'unzione, la cui mano viene riempita, facendogli indossare le vesti, non la­ scerà incolto il suo capo, né straccerà le sue vesti. rx E non si accosterà a nessuna anima dei morti . Non si contaminerà per suo padre e sua madre. 12 E non si allontanerà dal santuario e non sconsacrerà il santuario del suo Dio. Poiché su di lui sta l'olio dell'unzione del suo Dio. Io sono Jahvé. IJ Ed egli prenderà una donna nella sua verginità . l4 Una vedova e una cacciata via e una disonorata 'e' (3) una prostituta, esse non prenderà . Solo una vergine dal suo popolo prenderà in sposa. 1' E non profanerà il suo seme nel suo popolo. Poiché io sono Jahvé, che lo santifica. 16 E Jahvé parlò a Mosè dicendo : 17 Parla ad Aronne dicendo: Nelle vostre generazioni tmo dei vostri discendenti, che abbia un difetto, non si accosterà per offrire cibo del suo Dio. 18 Infatti chiunque abbia un difetto non si accosterà, un uomo cieco o zoppo o dal naso mutilato o col padiglione dell'orecchio fesso, 19 o un uomo che ha gamba o mano spezzati, 20 o un gobbo o un tisico o uno che abbia un difetto al suo oc­ chio o uno con la scabbia o con un eczema della pelle o con un'ernia scrotale. 21 Ogni discendente del sacerdote Aronne, che abbia un di­ fetto (fisico) , non si accosterà per offrire i sacrifici con il fuoco di Jahvé. Ha un difetto. Per offrire il cibo del suo Dio non si accosterà . 22 Il cibo del suo Dio, sta tra le realtà sante delle sante . Egli mangerà. 2' Ma non. entrerà verso il velo, e non si accosterà all'altare. Poiché ha un difetto e non sconsacrerà i miei luoghi santi . Infatti io sono Jahvé che li san tifi­ ca. 24 E Mosè parlò ad Aronne, ai suoi figli e a tutti i figli di Israele .

Questo capitolo, che garantisce la «santità» dei sacerdoti con tutta una serie di norme negative nello stile impersonale delle prescrizioni cultuali, è articolato in due parti dai titoli del v. I aba e dei vv. 1 6 . 1 7a; e questa strutturazione esteriore corrisponde al contenuto . Nella prima parte ( vv. I ha- I 5 ) vi so­ no alcuni divieti, che limitano o impediscono al sacerdote offi­ ciante certe contaminazioni rituali nell'ambito familiare . Da un lato cioè si tratta del contatto contaminante con defunti, non vietato al «laico» , ma che rende anche lui temporaneamen­ te «impuro» ; dall 'altro limita le possibilità di matrimonio ai sacerdoti, ma questo non vale per i «laici» . Quindi per il sacer3·

A zòn4 bisogna probabilmente premettere

w• (cfr. Biblia Hebraica).

La «legge di santità»

dote si ha una maggiore esigenza «di santità» ; e questa gradua­ zione di «santità» si ripete ancora nell'ambito dello stesso sa­ cerdozio, in quanto , secondo il paragrafo dei vv . 1 0- 1 5 sul sa­ cerdote-capo, gli sono formulate nei predetti settori esigenze di «santità» ancora più severe che per gli altri sacerdoti. La se­ conda parte (vv. r 7h-2 3 ) richiede l'integrità fisica per l'eser­ cizio della funzione sacerdotale, e presenta un catalogo di di­ fetti fisici che vietano questo sacerdozio. Tutto sommato si tratta di norme interne del sacerdozio, cioè di argomenti che riguardano in modo speciale le nozioni dei sacerdoti . Vi corri­ sponde la formulazione dei titoli. A motivo perciò della situa­ zione sinaitica qui presupposta, Mosè come mediatore conse­ gna queste disposizioni ai «figli di Aronne» (v. 1 aba) , o ad «Aronne» (vv. r 6 . 1 7a) come sacerdote-capo, responsabile che nessuna persona inidonea svolga il servizio sacerdotale . Solo la postilla posteriore del v. 24 afferma che Mosè ha trasmesso queste disposizioni, oltre ad Aronne e ai suoi figli, anche a «tutti gli Israeliti» ; questo perché anche tutto Israele è apo­ strofato secondariamente in questo capitolo, nel senso che de­ ve rispettare la particolare «santità» dei sacerdoti (v. 8 ) , e co­ me tale il discorso lo riguarda direttamente. Il capitolo offre alcuni punti d'aggancio per una approssi­ mativa datazione. Di per sé l'argomento della particolare «san­ tità>> (rituale) dei sacerdoti è certo molto antico e in un certo senso « atemporale » ; e si potrebbe anche pensare che norme di questo genere siano non solo state tramandate oralmente nelle generazioni dentro la cerchia sacerdotale, ma fossero anche già ben formulate e messe per iscritto . Nel periodo precedente al­ la formulazione dello stato esisteva già in Israele anche la pre­ messa, contenuta soprattutto nella seconda parte (vv. 1 6-2 3 ) , dell'ereditarietà deli 'ufficio sacerdotale in una famiglia ; in ba­ se a essa per chi apparteneva alla famiglia , esisteva i l diritto all 'esercizio di questo ufficio, che però nel caso di difetti fisici non poteva essere esercitato (cfr. Iud. 1 8 ,3ob; I Sam. 1 ,3b ecc. ). Ma la raccolta delle norme , come compare in Lev. 2 1 , ,

La santità dei sacerdoti ( 2I,I-24)

1 93

anche nel nucleo, non può essere fatta risalire e datata prima del primo periodo dell'esilio . A suo favore depone anzitutto l'accordo quasi letterale con le norme per il personale del cul­ to contenute nel programma futuro del libro di Ezechiele (cfr . v. 2b con Ez. 44 ,25b, e il v . 1 4 con Ez. 44 ,22aba) , che però nella disposizione e formulazione a sua voi t a non è tale da po­ ter far supporre una dipendenza letteraria di una delle due par­ ti ; perciò bisogna supporre che sia qui sia là si tratti di indi­ pendenti raccolte ed elaborazioni di norme vigenti. A suo fa­ vore depone soprattutto la presenza di un sacerdote-capo nei vv . 1 0- 1 5 , e il modo di designarlo. Questo dato di fatto indica anzitutto che si suppone un sacerdozio unitario con un capo gerarchico, collocandolo così nel periodo post-deuteronomico . Ma d'altro lato l'ufficio del sacerdote-capo è definito in modo così circostanziato nel v. I oa, da dover dedurre che non fosse ancora diventata d'uso corrente una precisa terminologia per l 'ufficio del sacerdote-capo, come poi compare, forse per la pri­ ma volta, in Aggeo ( I , I , ecc.) e Zaccaria ( 3 , 1 , ecc.) nel titolo ha-kohen ha-gadol. L'espressione di Lev. 2 1 , I oa è una forma preparatoria di questo titolo; infatti anche qui sta già l'agget­ tivo qualificante giidol = grande, non però ancora come com­ ponente di un termine tecnico, come sarà invece più tardi, ma di una descrizione, che richiedeva altri dati caratteristici . Non è possibile tradurre l'esatto significato che gadol ha in questo contesto ; il termine letterale, che pone gadol in rapporto ai «suoi fratelli», fa pensare all'età ; ma questo termine assai ge­ nerico potrebbe indicare anche posizione e rango . In ogni caso la caratterizzazione «il più anziano tra i suoi fratelli» non ba­ stava per non richiedere o almeno invocare la presenza delle al­ tre precisazioni, che seguono neli' annessa frase relativa. Que­ sta ultima perciò non può essere considerata un'aggiunta po­ steriore; essa definisce il sacerdote-capo come «unto» , e re­ stringe quindi l'unzione, contro usanze posteriori, appunto solo al sacerdote-capo (cfr. il sacerdote consacrato» in 4 ,3 ss . , e quindi p . 46), e riferisce anche il «riempimento delle ma-

La «legge di santità»

1 94

ni» (cfr . AT 5 , p. 2 8 8 ) in modo speciale all'insediamento in ufficio del sacerdote-capo, e fa consistere l'atto dell'insedia­ mento soprattutto nella vestizione con «le vesti» , cioè con de­ terminati paramenti qui meglio definiti . Con tale frase relativa si dà un terminus a quo; infatti in Gerusalemme l'unzione del sacerdote-capo fu trasferita dal re al più importante sacerdote del santuario gerosolimitano solo dopo la caduta della monar­ chia davidica, e così il sacerdote-capo subentrava al re nelle funzioni cultuali . Perciò il nucleo di Lev. 2 1 è stato forse com­ posto durante l'esilio . Il riferimento ad Aronne (e ai suoi figli) e quindi alla situazione sinaitica si trova solo nell'opera qua­ dro (e in un'evidente aggiunta del v . 2 I ) ; nel nucleo si parla so­ lo del «sacerdote» , o del «sacerdote»-capo, come pure solo «del santuario» (v. 1 2 ) , e quindi non della « tenda del conve­ gno» . Anche il nucleo non è stato composto di getto, ma con spezzoni di norme formulati in precedenza, come mostra so­ prattutto il passaggio di frasi dal singolare al plurale (cfr . vv. 1b � . 2 .3 .4 con il v. 5 ecc.) .

rb � -4 è vietata al (semplice) sacerdote la «cont�­ ,minazione» con un' «anima» , cioè con un morto, la cui «ani­ ma» , secondo una diffusa concezione, dopo la morte era attiva nelle vicinanze del cadavere. In pratica si tratta della cura del cadavere durante la tumulazione, oppure anche solo dell'in­ gresso in una stanza o in una casa nella quale era morto qualcu­ no, e dove stava il cadavere prima della tumulazione. La pre­ messa maggiore del v. 1b � non ha soggetto. Secondo il conte­ sto è sottinteso «il sacerdote» ; la mancanza del soggetto mo­ stra che il passo dei vv. rh � ss . è stato tolto da una raccolta più antica e più vasta di regole sacerdotali, al cui inizio era stato nominato il soggetto . Nei vv. 2-4 sono permesse eccezioni alla regola principale; esse riguardano i consaguinei, appartenenti alla stretta cerchia familiare e dimoranti insieme ( quest'ulti­ mo concetto è espresso da qarob «vicino» , «che sta nelle vicinanze» ; dr. v . 3 , dove non si tratta della

materiale con il v. 7 ; essa consiste nella supposizione del caso di un comportamento lascivo della figlia di un sacerdote (se praticamente qui si sia pensato a una ripercussione del costu­ me «cananeo» della «prostituzione cultuale» , non può più essere dedotto) ; contiene inoltre la constatazione dell'effetto «dissacrante» per il padre sacerdote, e la formulazione della pena . 1 0- 1 5 . Per il sacerdote-capo (v. I oa; cfr. sopra, pp . 1 9 2 s.) nei vv. I oh- I 5 sono stabilite analoghe ma più severe disposizioni di santità. Nel v. r ob - inasprendo le norme del v . 5 - gli sono proibite anche le usanze funebri, apparentemente «più inno­ cue» (cfr . il I o ,6 , che coincide alla lettera) . A lui sono inter­ dette anche le eccezioni concesse nei vv . 2 . 3 .(4) . Il fatto che non potesse affatto abbandonare «il santuario » (v. 1 2 ) , il che presuppone che avesse la sua abitazione all'interno del sacro recinto, significava per lui - più che gli altri sacerdoti - una esigenza «di santità» particolarmente drastica, che non solo gli vietava ogni possibile incontro con «le anime (dei morti) » , m a perfino il contatto con oggetti impuri . Nelle norme matri­ moniali per il sacerdote-capo (in aggiunta a quelle del v.7 ) , è proibito anche il matrimonio con una vedova (posizione inter­ media tra le norme di Lev. 2 1 ,7 e I J . I 4 , in Ez. 44 ,2 2 , dove è proibito a tutti i sacerdoti di sposare una vedova, ad eccezione della vedova di un sacerdote ). I 7-2 3. Il nucleo del paragrafo dei vv . I 6-2 3 è costituito dai di­ fetti fisici che escludono dali' esercizio dell'ufficio sacerdotale (vv. r 8b-2o); questa lista contiene una serie di termini rari o perfino singolari, di cui non è più possibile dare con sicurezza l'esatto significato , per cui la traduzione è solo ipotetica . Nei vv. 1 7h. r 8a.2 1 , che fanno da cornice, la frase principale è in­ sistentemente ripetuta, per cui forse non è originale . Il diritto a essere considerata primaria spetta alla formulazione più sem­ plice e breve; questa si trova nel v. 1 8 a (senza il kz, che all'i-

La santità delle offerte e dei sacrifici ( 22,I-JJ)

197

nizio fa da collegamento) . Le frasi più elaborate dei vv. 1 7b (con un discorso rivoi to ad Aronne, che s'aggancia alla for­ mula introduttiva dei vv. 1 6 , 1 7a e 2 1 ) , dove colpisce ancora una volta la qualifica dei sacrifici come «cibi di Dio», non con­ tengono nulla che oggettivamente vada al di là del v. 1 8a . For­ se è un'aggiunta anche il passo dei vv. 2 2 .2 3 , che comincia an­ cora una volta subito con l'espressione «cibo di Dio» . In es­ so a coloro che per la loro appartenenza familiare erano prede­ stinati all'ufficio sacerdotale, ma erano stati impediti di eser­ citare questa funzione per un difetto fisico , è concesso di par­ tecipare alla consumazione delle parti dei doni sacrificali spet­ tanti ai sacerdoti ; tutto questo però non senza avere prima in­ culcato ancora una volta la norma negativa del v. 2 3 . Nel v. 2 3 colpisce l'espressione «entrare nei pressi del velo» , che non sembra si riferisca al «velo» della «tenda del convegno» che separa dal «santo dei santi» nella concezione di P (cfr . Ex. 2 6 , 3 1 -3 3 ) , s i ha questa impressione soprattutto quando parla del­ l' «accostarsi all'altare» . Se si prende il v. 2 3 da solo, bisogna piuttosto pensare a una tenda all'ingresso di un sacro recin�o interno . Degno di nota è anche nel v. 2 3 il plurale «i miei san­ tuari >> , che non può essere inteso se non nel senso di

per ogni impurità in lui . 6 Una persona che tocchi questo è impura fino a sera, e non mangerà questi sacri doni, se non si è lavata la sua carne con acqua. 7 E se il sole è tramontato, egli è puro, e poi mangerà i sacri doni, poiché sono il cibo per lui. 8 E non mangerà una carogna né (un animale) sbranato per contaminarsene. Io sono Jahvé. 9 E osserveranno le mie osservanze, affinché per esso non portino il peccato e per esso non muoiano, perché esso li dissacra. Io sono Jahvé che li santificò. 1 0 Nessun estraneo mangerà cibi sacri, il residente del sacerdote e il sala­ riato non mangerà cibi sacri. u Se un sacerdote acquista una persona che è proprietà acquisita con denaro, questa mangerà di essi. E il nato in casa sua mangerà il suo pane . u Se la figlia di un sacerdote diventa di uno straniero, non mangerà della «elevazione» dei sacri doni . 1.3 Se la figlia di un sacerdote resta o è cacciata e non ha discendenza, e ritorna nella casa di suo padre, come nella sua gioventù mangerà il cibo di suo padre. Nessuno straniero ne mangerà . 1 4 Se una persona mangia innav­ vertitamente cibo sacro, vi aggiungerà il quinto e darà al sacerdote il cibo sacro. IJ Essi non profaneranno i doni sacri dei figli di Israele che questi innalzano a Jahvé, 1 6 e ad essi porrebbero sopra la colpa con la pena mangiando i loro doni sacri . Poiché io sono Jahvé, che li san tifica . 1 8 Parla ad Aronne e ai suoi figli e a 17 E Jahvé parlò a Mosè dicendo : tutti i figli di Israele e di' loro: Ogni persona della casa d'Israele e degli ospiti in Israele, che presenta la sua offerta per tutti i loro voti e per tutti le loro devozioni volontarie, che offrono a Jahvé in olocausto, 19 in gradimento per voi, questi saranno pedetti, un maschio del bue, delle pecore e delle capre. 20 Qualunque animale che abbia un difetto non lo offrirete, poiché in esso non sta procura . 21 E se uno offre a Jahvé un sacrificio di comunione per adempiere un voto, o con1e sacri­ ficio volontario, bovini e animali minuti, saranno perfetti per aversi gradimento. Non stia in esso alcun difetto. 22 Un animale cieco o con un arto spezzato o con un'incisione o uno che abbia una verruca o con la scabbia o uno con l'eczema, non li offrirete a Jahvé, ed essi non li metterete come sacrificio di fuoco per Jahvé sull'altare . 2' E un toro o un montone dall'orecchio fesso o rattrappito lo offrirai come sacrifi­ cio volontario, e come sacrificio votivo non trova compiacimento . 24 Un animale con i testicoli schiacciati e ammaccati e strappati e tagliati via non lo offrirete a Jahvé. Nella vostra terra non li offrirete. 25 E neppu­ re da uno straniero offrirete di tutte queste bestie come cibo al vostro Dio. Poiché la loro deturpazione sta in essi, hanno in sé un difetto . Non sta compiacimento in essi. 26 E Jahvé parlò a Mosè dicendo: 27 Se nasce un toro o un montone o un capro, resterà per sette giorni sotto sua madre. Dall'ottavo giorno in

La santità delle offerte e dei sacrifici ( 22,I-JJ)

poi trova gradimento come offerta, sacrificio di fuoco per Jahvé. 28 Un toro o un animale minuto non lo sgozzerete nello stesso giorno con il suo piccolo. 29 Se sgozzate per Jahvé un sacrificio di ringraziamento, sgozzerete per il compimento. 3o Sarà mangiato il giorno stesso. Non ne lascerete nulla fino al mattino. Io sono Jahvé. 31 E osserverete i miei precetti e li metterete in pratica. Io sono Jahvé . 3l E non dissa­ crerete il mio santo Nome, e sarò santificato in mezzo ai figli di Israele . Io sono Jahvé, che vi santifica, 33 che vi ha condotto fuori dalla terra d'Egitto per essere Dio per voi . Io sono Jahvé.

Questo capitolo ha una chiara struttura e ognuna delle par­ ti, in cui si suddivide , ha contenuti facilmente riconoscibili; ma all'interno delle singole suddivisioni è in grande misura privo di concisione nella costruzione e nella formulazione . Vi predomina lo stile impersonale del rituale ; questo però viene continuamente interrotto da altre forme stilistiche . Ne sono nate frasi e sequenze particolarmente prive di forma , di cui la presente traduzione, senza troppo levigare, ha tentato solo di dare un'idea . Si ha l'impressione che sotto certi punti di vista le frasi siano state messe insieme, interpretate e poi ulterior.. mente elaborate e completate con ogni sorta di norme di di­ versa provenienza. Nel complesso si tratta di ordinamenti cul­ tuali, che nella sostanza sono poco legati a un determinato pe­ riodo ; ma con nutnerose formule conclusive stereotipe sono stati inseriti nel quadro della «legge di santità» , e anche nei particolari rivelano numerosi legami con altre parti della stessa legge, soprattutto con i capp . I 7 e 2 I . La strutturazione inter.. na è contrassegnata dai titoli dei vv. I . 2aa ; I 7 . I 8 a; 2 6 , il pri­ mo dei quali fa notare che con la mediazione di Mosè si parla ai sacerdoti, il secondo ai sacerdoti e agli Israeliti abbinati, mentre il terzo non nomina i destinatari . La prima suddivisione ha a che fare con le «cose sacre» (ebr. qoda.szm) . Questo concetto per sé generico si riferisce praticamente in questo contesto (come già in 2 I ,2 2) alle par­ ti delle offerte spettanti ai sacerdoti portate nel santuario (per questo qodaszm è stato qui tradotto con «offerte sacre») , cioè 1 -9 .

200

La «legge di santità»

soprattutto ai resti dei cibi sacrificati non bruciati sull'altare (dr. soprattutto 7 ,9 . 1 0, e sopra, pp . 68 s. 77) e alle parti dei sacrifici spetta nti ai sacerdoti (cfr. 7 , 3 I - 3 4, e sopra, pp. 8 2 s .) . In 2 2 , I - I 6 sono trattate le due questioni delle condizioni in base alle quali i sacerdoti potevano o meno > ; e solo la collocazione della festa nel primo giorno del mese era certamente una concessione al nuovo ca­ lendario. Questo giorno, nel quale erano di nuovo previsti «proclama» e riposo dal lavoro e inoltre un non meglio preci­ sato «sacrificio di fuoco per Jahvé», era caratterizzato secon­ do il v. 24 da un solenne «frastuono» (�ruca) , cioè da un po .. tente suono dei corni (di ariete ) (sofar; cfr . 2 5 ,9) come stru­ menti a fiato ; esso in origine aveva certamente significato apo­ tropaico, ma più tardi fu inteso solo come solenne introduzio­ ne di un nuovo spazio di tempo . Purtroppo dalla concisa e­ spressione «ricordare, ricordo mediante (suoni ) rumori», al singolare, del v. 2 4 , non si può più dedurre a che si dovesse «pensare» ; non si può più stabilire con certezza neppure il soggetto logico del concetto «ricordare» : la musica rumorosa doveva «ricordare» a Jahvé il suo popolo, oppure Israele do­ veva «ricordarsi» del suo Dio e dei suoi benefici?

218

·

La «legge di santità»

2 6 -3 2 . Secondo i vv. 27-32 il dieci del settimo mese c'era il «giorno della espiazione» (io m ha-kippur'ìm) , caratterizzato n eli 'Antico Testamento da questo termine tecnico solo in que­ sto paragrafo e in 2 5 ,9 . Secondo 2 5 ,9 , dove è datato al die­ ci del settimo mese, è stato considerato come l 'inizio crono­ logico dell'anno. In base al nome era il giorno di una grande e generale «espiazione» ; e secondo r 6 ,29 (ma qui non si cita la definizione «giorno dell'espiazione» bensl la data del dieci del settimo mese) il grande e antico rituale di purificazione di Lev. 1 6 a un certo punto è stato destinato e predisposto per questo giorno. Il collegamento con l'inizio dell'anno potrebbe essere originario, poiché appunto in occasione del passaggio stagio­ nale era prevista una grande espiazione. Non è più possibile stabilire perché questa espiazione sia stata divisa e resa indi­ pendente dalla grande festa autunnale all'inizio dell'anno e collocata proprio cinque giorni prima dell'inizio di questa fe­ sta. Il distaccare e il rendere indipendente la festa di capo­ danno (vv. 24.2 5 ) , andando cosi oltre 2 5 ,9, potrebbe rap­ presentare un ulteriore passo nella scomposizione dell'origi­ naria festa d'autunno e di capodanno. Sul «giorno di espiazio­ ne» , oltre la datazione, la titolazione , il precetto sommario di offrire un «sacrificio di fuoco per Jahvé» (v. 27h come v. 8a) , il riposo dal lavoro, si cita soprattutto l'ordine di «umiliare se stessi» (v. 2 7aa) . Il termine tecnico in questione significa let­ teralmente «abbassare la propria anima ( se stesso) , chinar­ si» . È sicuro che si riferiva a qualcosa di concreto. Per lo più lo si traduce con «mortificazioni» e si pensa soprattutto al di­ giuno, sebbene in ebraico ci sia un termine chiaro e speciale per «digiunare» (�om) . La questione non può essere più ri­ solta con sicurezza; forse sono sottintese certe astensioni nel senso di una «penitenza» come presupposto per l ' «espiazio­ ne» . Non esiste nemmeno un accenno ad un nesso con il con­ tenuto del rituale di Lev. r 6 , mentre il passo aggiunto di 1 6 , 29-3 1 si rifà chiaramente a 2 3 ,2 6-3 2 . L'«umiliarsi » partico­ larmente inculcato dali 'uso della «formula del tagliare via» =

Cillendario festivo (2J,I-44)

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nel v . 2 9 , ma potrebbe essere un'elaborazione successi va; a maggior ragione questo vale per la minaccia di punizione nel .caso dell'inosservanza del precetto di riposo dal lavoro del v . 3 0 , in cui il discorso di Jahvé in prima persona è fuori quadro . Dopo la formula conclusiva del v. 3 1b , anche il v. 3 2 si rivela un'aggiunta, ma per il contenuto merita attenzione perché sta­ .bilisce che il «giorno (dell'espiazione) » si estenda da sera a se­ ra (dr . Ex. 1 2 , 1 8 ) , e tiene conto di un'antica suddivisione del _giorno. Questo mette in risalto la discrepanza tra il nuovo ca­ lendario «moderno>> , che enumera mesi e giorni e fa evidente­ mente cominciare i giorni al mattino , e l'antico ordinamento, ancora conservato nel culto , che estende i giorni da sera a sera. 3 3-36 . Sulla «festa delle capanne (di frasche) » nei vv. 34h-3 6 , parallelamente alla festa della pasqua-azimi ( vv . 5-8 ), sono notati in breve solo i dati più importanti , perché i particolari dell'evento cultuale sono supposti manifestamente . Particola­ re è solo l'ottavo giorno (v. 36b ), aggiunto ai sette giorni di festa (cosi espressamente nei vv. 34h.3 6a) . Il confronto con il v� 8 mostra che si tratta di un ottavo giorno di festa aggiunto agli altri sette, e non solo dell'ultimo giorno della settimana festiva di sette giorni, cosi chiamato sulla base di qualche spe­ ciale modo di conteggio (cfr. anche Num . 2 9 , 3 5-3 8 , dove in dipendenza da Lev. 2 3 si tiene realmente conto di un ottavo giorno) . Lo strano accostamento del periodo di sette giorni (vv . 3 4h.36b) con quello di otto (v. 3 6b) può essere spiegato solo col fatto che per questa festa principale dell'anno, all'anti­ co uso di un tempo festivo di sette giorni (in questo senso an­ cora Deut. r 6 , r 5 ) , a sua volta forse strutturato sul tradiziona­ le pasto di sette giorni con azimi, più tardi si aggiunse un ot­ tavo giorno festivo, che per la prima volta compare in Lev. 2 3 , e forse è stato introdotto solo dalla «legge di santità» . A questo punto su esso fu trasferito il particolare risalto dato all'ultimo giorno festivo (cfr. il v. 8b) . Inoltre esso si caratte­ rizza da uno speciale termine tecnico, l'espressione ca�eret, ter-

220

La «legge di santità»

mine per lo più tradotto con «assemblea festiva» ; ma né l'uso fatto altrove di questa parola né la sua etimologia portano a questo significato . D'altra parte, benché segua il precetto del riposo lavorativo, esso indica manifestamente altro da miqra'· qodes; infatti quest'ultimo termine nel v. 3 6b sta nel quadro di una formulazione diversa. Il verbo (�r significa «trattenere , tenere stretto, rinchiudere», dunque si può pensare che con 'a�eret si intenda quello che nella scienza delle religioni sareb­ be qualificato come un «giorno tabù» (per questo sopra si è tentato di tradurre con «giorno festivo speciale»), che richie­ deva quindi particolari astensioni , di cui purtroppo il v. 3 6b nulla dice in concreto. Il passo conclusivo dei vv . 3 7 .3 8 allude al fatto che in precedenza sono state trattate solo le grandi feste annuali e i sacrifici in quelle occasioni, così che la mancata citazione dei sabati come anche di altri sacrifici, non significa che essi non devono più essere osservati e praticati .

37·38.

3 9-4 3 . Dopo

questo passo conclusivo quindi il paragrafo dei vv . 3 9 -4 3 va inteso come un'aggiunta letteraria, anche se per forma e contenuto si avvicina al paragrafo dei vv. 9-2 1 . Ambo questi paragrafi, a differenza delle altre parti del capitolo, dan­ no disposizioni particolari per celebrazioni cultuali, e colle­ gano le celebrazioni festive cultuali con il corso naturale del­ l 'anno , e continuano così antiche tradizioni del ciclo ternario di feste (vedi sopra) . L'aggiunta dei vv. 3 9-43 vuole quindi por­ tare avanti antichi usi cultuali nella festa autunnale o anche reintrodurli . Alla datazione nel v . 3 9 si aggiunge l'accenno al­ la stagione naturale, e la festa si indica semplicemente come «la festa di Jahvé» , la festa principale vera e propria (cfr. Ez. 45 ,2 5 ) , come è probabile che effettivamente fosse dall'inizio } e cioè una festa di sette giorni , alla quale però (v . 3 9b) sembra sia stato aggiunto anche qui un ottavo grande giorno festivo . Ma I 'uso festivo citato dal v. 40 è di nuovo limitato agli origi-

Calendario festivo (23,1-44)

221

nari sette giorni festivi ; in sé esso è descritto solo in modo imperfetto e allusivo, dicendo che gli Israeliti dovevano «pren­ dere» ogni specie di frutti e rami e «rallegrarsi davanti a Jah­ vé» . Si pensa a un camminare festante per il santuario oppure intorno a esso, portando e agitando i frutti e i rami. Si trattava senza dubbio di un antico uso, anche se è ricordato solo in que­ sto paragrafo aggiuntivo della «legge di santità» ; con esso si celebrava festosamente la fine dell'anno del raccolto, dopo avere messo al riparo anche i frutti degli alberi. Dopo la fra­ se conclusiva del v. 4 r appare nei vv. 42 .43 un'altra aggiunta, .che prescrive di dimorare in «capanne>> i sette antichi giorni .della festa a tutti i «nativi» in Israele (senza gli ospiti e gli stranieri), e di questo precetto offre una motivazione «stori­ ca » . Il precetto stesso si basa su un uso certo antico, al quale a sua volta risale il nome «festa delle capanne (di foglie )» , già noto alla legge deuteronomica ( r 6 , r 3 ) . L'uso risale all'origi­ naria situazione naturale della festa, al dimorare in «capanne» in mezzo ai frutteti e alle vigne al tempo del raccolto e della vendemmia . In Le v. 2 3 il pensiero risale forse già a una suc­ cessiva e artificiosa trasposizione di tale situazione naturale nel recinto dell'unico santuario o nello spazio circostante . La motivazione «storica» è secondaria rispetto all 'uso stesso, se­ condo il quale le generazioni future degli Israeliti dovrebbero essere continuamente «istituite» sul fatto che Jahvé (nel v. 4 3 in prima persona) durante la più importante azione salvifica della liberazione dall'Egitto, «aveva fatto dimorare in capan­ ne» gli Israeliti, dopo che avevano lasciato il paese civilizzato degli Egiziani . Perciò le «capanne» , che si trovano di solito nel paese civilizzato , fatte abitualmente di rami d'albero e di stuoie, sono identificate con le capanne di frasche ricoperte di tele, tipiche dei pastori . Questa equiparazione non è del tutto illogica, perché nei due casi si tratta della contrapposizione al­ Ia dimora in solide case. L' «insegnamento» per gli Israeliti consisteva quindi in una «attualizzazione» vivente della pas­ sata situazione nel deserto . È strano che i tratti antichi e origi-

222

La «legge di santità»·

nali della festa autunnale siano ricordati solo in un brano nel­ l'Antico Testamento letterariamente abbastanza tardivo, che tuttavia manifestamente vuole far sapere che antichi usi festivi ancora si conservano in età recente. h ) Particolari sul regolare servizio nel santuario ( 24,1-9 ) 1 E Jahvé parlò a Mosè dicendo : 2 Ordina ai figli di Israele ed essi pren­ dano per te olio d'oliva puro spremuto per il candelabro, per innalzare la lampada permanente . 3 Aronne la dovrà preparare dalla sera fino alla. mattina davanti a Jahvé, permanente, fuori dal velo davanti alla testi­ monianza nella tenda del convegno. È decreto eterno per le vostre gene­ razioni . 4 Sul candelabro, puro, egli preparerà le lampade davanti a Jahvé, permanentemente . 5 E prenderai la farina e la cuocerai in dodici focacce di pane, ogni pane sarà di due decimi. 6 E li porrai davanti a Jahvé sul tavolo puro in due strati, sei per ogni strato, 7 e sullo strato metterai incenso puro, e sarà per il pane come 'azkarah, sacrificio · di fuoco per Jahvé. 8 Di giorno di sabato in giorno di sabato e gli lo pre­ parerà perpetuamente davanti a Jahvé per i figli di Israele . E alleanza eterna. 9 E sarà per Aronne e per i suoi figli, e lo mangeranno nel luogo santo. Poiché è santissitno per lui tra i sacrifici di fuoco per Jahvé . È decreto eterno.

Questo paragrafo si discosta abbastanza dal contenuto resi­ duo della «legge di santità» . Esso tratta alcuni regolari doveri giornalieri o settimanali dei sacerdoti nel santuario . Qui ci so­ no evidenti accenni all'arredamento interno del santuario se­ condo P come Ex. 2 5 ss . ; come sacerdote è menzionato Aron­ ne. Ma accanto a lui Mosè svolge una funzione, perché secondo il testo attuale lui prende in consegna l 'olio per il candelabro che poi Aronne dovrà curare, e anche cuocere i pani che poi toccheranno ad Aronne (e ai suoi figli) e collocarli sul tavolo come offerta (qui è dubbio chi sia il soggetto della frase del v. Sa) . Non è ben chiaro quale persona o gruppo stia dietro la figura di Mosè. Se poi si aggiunge che la formula introduttiva del v. 2a si presenta con una forma inconsueta per la «legge di santità» , si deve concludere che qui si ha un'aggiunta poste­ riore alla «legge di santità» , che in modo inconsueto per que-

Particolari sul regolare servizio nel santuario ( 24,1-9)

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sto presuppone la narrazione P con la sua concezione del san­ tuario, e vuole stabilire alcuni ordinamenti che sembrano im­ portanti per il culto della Gerusalemme postesilica. Il primo paragrafo (vv. 2-4) parla della lampada, che deve ardere tutta la notte sul candelabro nel « santo» davanti la cor­ tina nel santuario (tenda) di P, dove Aronne la doveva curare regolarmente . L'olio necessario glielo dovevano procurare «gli Israeliti » . I vv. 2 .3 sono identici quasi alla lettera con Ex. 2 7 , 2 0 .2 I , un passo che in quel contesto è senza dubbio seconda­ rio (dr. AT j , p. 270) ; e il v . 4 offre una concordanza tra questo passo e il paragrafo P sul candelabro di Ex. 2 5 , 3 I ss ., in cui senza alcun nuovo contenuto oggettivo al posto del termine «lanterna» (ma'or) sta «candelabro» (menora ) , e invece di «lampada» (ner) un numero imprecisato di «lampade» . 2-4 .

Nei vv. 5-9 senza il termine tecnico, si parla «del pane del volto», dei «pani dell 'esposizione» (cfr. AT 5 , p. 2 5 6 ) . In base al contesto il «tu» cui è rivolta la parola può essere solo Mosè; e per la formulazione non è neppure possibile astrarre dal contesto attuale, e pensare che in origine sia stato parlato a un sacerdote, poiché le norme per l 'attività professionale dei sacerdoti di solito non si davano in forma diretta , ma nello stile oggettivo. Poi , come già osservato, resta la questione di chi in questo periodo del postesilio, l 'unico che possa venire in questione, dovesse svolgere il compito del Mosè del periodo sinaitico. L'azione della preparazione e dell 'offerta dei «pani» è descritta abbastanza minuziosamente nei vv. 5-7 . Solo qui è detto che si deve trattare di dodici pani, di notevole quanti­ tà (l'unità di peso sottintesa per i «due decimi» è certamente l 'e/a ; cfr. sopra, p. 5 7 ) . Da notare nel v. 7 l'ordine di aggiun­ gere incenso . La formulazione del v. 7a abbinato al v . 6 infor­ ma che le dodici piatte focacce di pane dovevano essere am­ mucchiate in pile di sei pezzi l'una, e sopra entrambe le pile bisognava porre l'incenso, che si bruciava durante l'offerta di5-9 .

224

La «legge di santità»

ventando così una 'azkara (su questo termine tecnico che non si può chiaramente tradurre, e con il quale di solito si indicava la parte di sacrificio di cibo che doveva essere bruciata, cfr . so­ pra, pp . 3 3 s . ) , un «sacrificio di fuoco per Jahvé>> . Nel caso del v. 8 , con la forma verbale in terza pers . che nel contesto at­ tuale non ha riferimento, sorge la questione di un'aggiunta po­ ·s teriore; in ogni caso in questo versetto è prevista un'offerta del «pane del volto», da compiere non ogni giorno, ma solo ogni sabato; per lo meno si può chiedere se, confrontato con la norma di Ex. 2 5 ,30, non si tratti di una regola posteriore, in cui il non meglio precisato tamzd fa pensare piuttosto a una presentazione quotidiana (cfr. AT 5 , p. 2 5 6 ) . La questione deli' originalità sorge anche per il v. 9 , poiché il soggetto fem­ .minile del primo verbo (deve riferirsi al «pane») non ha nel v. 7 né 8 un corretto riferimento, e inoltre poi è inconseguen­ temente ripreso dal suffisso del secondo verbo. Comunque questa frase così male formulata ascrive i pani, che dovevano comunque essere tolti prima della successiva offerta, ai sacer­ doti (nel v . 9a sono nominati Aronne e i suoi figli , nel v. 9b si fa riferimento solo ad Aronne) come cibo «santissimo» . i ) Un esempio della validità del diritto divino per gli stranieri ( 24,1 0•23 ) 10

E

I.

Cfr. Biblia Hebraica.

il figlio di una donna israelita che era figlio di un uomo egiziano, uscì in mezzo ai figli di Israele e il figlio della israelita e 'un' ( 1 ) uomo israelita presero a litigare nell'accampamento. 1 1 Il figlio della donna israelita bestemmiò il Nome. E lo portarono da Mosè. Sua madre si chia­ mava Scelomit, figlia di Dibri, della tribù di Dan. 12 E lo posero sotto custodia, per decidere sulla bocca di Jahvé. 13 E Jahvé parlò a Mosè di­ cendo : I 4 Conduci fuori dall'accampamento il bestemmiatore, e tutti coloro che hanno ascoltato stenderanno le loro mani sulla testa di lui e tutta la comunità lo lapiderà . x.s E ai figli di Israele dirai parlando : Ogni uomo che bestemmia il suo Dio, porterà il suo peccato. 16 E chi bestem­ .mia il Nome di Jahvé morirà. Tutta la comunità lo lapiderà. Come l'o­ spite il nativo, se bestemmia il Nome morirà. 17 Se un uomo colpisce

Validità del diritto divino per gli stranieri (24�Io-2 J)

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qualunque persona umana morirà. 18 Chi colpisce un capo di bestiame, deve risarcire . Vita per vita. l9 E se un uomo reca danno al suo compa­ gno, come ha fatto sarà fatto . 2° Frattura per frattura, occhio per oc­ chio, dente per dente. Come egli ha recato danno a un uomo, cosl sarà arrecato a lui. 21 E chi colpisce un animale, lo risarcirà. E chi colpisce un uomo, morirà . 22 Un unico diritto sarà per voi sarà per l'ospite come per il nativo . Poiché io sono Jahvé Dio vostro. 23 E Mosè parlò ai figli di Israele, e questi condussero il bestemmiatore fuori dell'accampamen­ to e lo lapidarono con pietre. E i figli di Israele agirono come Jahvé ave­ va ordinato a Mosè.

Il brano consta di un quadro «narrativo» , nell'ambito del quale nei vv. 1 5b-2 2 appare una serie di sentenze giuridiche . La frase con il quadro «narrativo» occupa una posizione unica nella «legge di santità» . Questo quadro «narrativo» ha tutta­ via un passo parallelo molto simile in Num . 1 5 , 3 2-3 6 , che coincide alla lettera. Ora in entrambi i casi non si tratta di ve­ re «narrazioni» e nemmeno di sparsi elementi della narrazio­ ne P. Infatti la narrazione serve di volta in volta solo per arri­ vare a una sentenza giuridica per un preciso caso penale. Si hanno testi «giuridici» ; solo che il relativo ordinamento giu­ ridico è dato in forma di un precedente «narrativo» , in base al quale in seguito si agirà analogamente. Si presuppone che si tratti di casi speciali , per la cui soluzione non esisteva indica­ zione orale o scritta nelle collezioni di ordinamenti giuridici, per cui bisognava giungere ad una sentenza ad hoc ; a questa decisione si arriva in entrambi i casi con un «discorso» diretto di Jahvé a Mosè. Il procedimento cosl è fatto risalire al perio­ do archetipico di Mosè e del Sinai, sebbene i rispettivi passi in Lev. 2 4 e Num. 1 5 derivino senza dubbio solo da un periodo molto posteriore. Allora sorge la questione su chi in questo periodo posteriore potesse rappresentare l'archetipico Mosè. Poiché ciò che importa in questo contesto è l'immediatezza con cui la decisione di J ahvé è trasmessa , non può trattarsi di altri che di un «carismatico» . Si tratta quindi di un «arrivo alla sentenza carismatica» , con la quale si decide, che da quel mo­ mento resterà come modello per casi analoghi. La peculiarità

226

La «legge di santità»

del caso di Lev. 2 4 , 1 0 ss . sta nel fatto che uno , anche se ha una madre israelita, la quale serve solo per da­ re motivo di vivere in mezzo agli Israeliti. Nel periodo del­ l'esilio e del postesilio devono esserci stati diversi casi del ge­ nere, i presupposti e le circostanze dell'accaduto sono appena accennate, e insufficientemente, nei vv . r ob . r r aa., perché do­ po tutto interessa il fatto che uno straniero ha maledetto e be­ stemmiato «il Nome» . L'espressione «il Nome» (in tutti i casi confrontare Deut. 2 8 ,5 8 ) indica naturalmente il Nome divino , che appunto in tale contesto per rispetto non doveva essere nominato (diversamente dalla formulazione del v. r 6aa, forse più antica) . La giustapposizione dei vv . I r a� e 1 2 (l'infrappo­ sta menzione del nome della madre nel v. I I h, la cui condizio­ ne resta oscura, disturba il contesto ed è forse un'aggiunta po­ steriore) mostra che anche Mosè inizialmente non sa enlet­ tere una sentenza, ma deve attendere quella divina , di cui egli diventa poi il mediatore. Questa sentenza è per la lapidazione (v. 1 4) , prima di cui quanti hanno sentito la bestemmia devo­ no «stendere» le loro mani sul capo del malfattore, per tra­ smettere su di lui la «colpa» oggettiva in cui sono stati coin­ volti dall'ascolto . L'esecuzione della pena capitale è narrata in chiusura nel v. 2 3 . 1 0- 1 4 .

x _;-22. In mezzo, nei vv. 1 5-2 2 , e con una speciale formula in­ troduttiva (v. I ja) , sta una serie di proposizioni giuridiche, il

Validità del diritto divino per gli stranieri ( 24,10-23)

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cui nucleo è certo un antico materiale tramandato. Qui è citato a causa della sua prima frase (v. I 6aa ), che nell'originaria for­ mulazione participiale (cfr . AT 5 , p. 2 2 2 ) annovera tra i «delitti capitali» il bestemmiare il Nome divino . Questa frase fondamentale è citata, perché la sentenza «carismatica>> del presente caso offre ad essa la norma dell'esecuzione, che va estesa anche allo straniero , come è espressamente detto nel v . I 6b (il v . I 6a� con l'ordine della lapidazione, rappresenta un'elaborazione forse già tradizionale dell'antica formula mot jumat del v. I 6aa) . Nel v. I 5b si premette il principio generale per cui «ognuno» , quindi anche lo straniero, porterà le conse­ guenze di una «bestemmia a Dio» . Nei vv. I 7-2 1 si citano al­ cune altre proposizioni della tradizione, dalla quale deriva il v. I 6aa, perché anche nel loro caso valeva il principio dell'ap­ plicazione non solo ai «nativi» , ma in modo analogo anche agli «stranieri» , come è espressamente stabilito nel riassunto del v . 2 2 . Si tratta della formula mot ;umat per omicidio (v. 1 7), qui preceduta da una proposizione secondaria sulla forma più antica e sull 'argomento, cfr . Ex. 2 I , I 2 ) . Accanto ad essa nel v. I 8a sta una proposizione sul dovere di restituire nel ca­ so dell' «uccisione» di un animale (di un animale domestico o da armento di proprietà altrui) . Tale giustapposizione è tanto più strana, in quanto la citazione del primo elemento della «formula del taglione» (dr. Ex. 2 I ,23b-2 5 ; Deut. I 9 ,2 1b; e AT 5 , p. 2 2 5 ) nel v . I 8b può solo riferirsi al v. I 7 , scaval­ cando il v . I 8a. Altri articoli della «formula del taglione» se­ guono nel v. 2oa, riferiti a offese inflitte fisicamente : essi sono incorniciati nei vv. I 9 e 2ob da proposizioni generali , che for­ mulano il principio del taglio ne (per 'amit del v . I 9, cfr . sopra, p� 6 I ) . Stranamente nel v. 2 I si ripetono in forme abbrevia­ te le proposizioni dei vv. I 8a e I 7 ; che forse si sia voluto met­ tere in risalto ancora una volta espressamente la diversità dei casi deli 'uccisione di un animale e dell'omicidio ?

228

La «legge di santità»

k ) Anno sabbatico e anno giubilare ( 2_s,x-26,2 ) E Jahvé parlò a Mosè sul monte Sinai dicendo : 2 Parla ai figli di Israele e di' loro : Quando entrate nella terra, che io vi do, la terra farà un sabato per Jahvé. ' Per sei anni seminerai il tuo campo, e per sei anni diraderai la tua vigna e ne ammucchierai il raccolto. 4 Ma il setti­ mo anno sarà sabato di sabati per la terra, sabato per Jahvé. Non semi­ nerai il tuo campo e non diraderai la tua vigna, ' non raccoglierai ciò che cresce da solo dopo la tua raccolta, e non vendemmierai l'uva della tua vite non potata. È un anno di festa sabbatica per la terra . 6 Il sabato della terra sarà per vostro nutrimento, per te e per il tuo schiavo e per la tua schiava e per il tuo salariato e per il tuo colono ospiti presso di te, 7 e per il tuo bestiame e per gli animali selvatici che vivono nella tua terra. Tutto il suo raccolto sarà come cibo. 8 E conterai per te sette sabati di anni, sette volte sette anni, e per te i giorni di sette sabati di anni saranno quarantanove anni. 9 Nel settimo mese il dieci del mese farai risuonare il corno rumoroso . Nel giorno del:. l 'espiazione farete risuonare il corno in tutta la vostra terra , 10 E santi­ ficherete l'anno di cinquanta anni . E proclamerete nella terra la libera­ zione per tutti i suoi abitanti. È giubileo per voi. Ognuno di voi tornerà all a sua proprietà, e ognuno alla sua famiglia tornerà . 11 È giubileo. L 'anno di ci nquanta anni sarà per voi . Non seminerete e non raccoglie­ rete il suo prodotto e non vendemmierete le sue viti non potate . 12 Poi­ ché è giubileo. Santo sarà per voi. Mangerete il suo raccolto dal campo . 13 Nell'anno di questo giubileo ognuno di voi tornerà alla sua proprietà . I4 E se co tntnerciate una merce al tuo compagno, o un acquisto da parte del tuo compagno, non opprimerete ciascuno il fratello suo. 1' Secondo la misura degli anni dopo il giubileo tu compererai dal tuo compagno. Secondo la misura degli anni del raccolto venderà a te. 16 Alzerai il prez­ zo di compera secondo il numero degli anni, e abbasserai il prezzo da pa­ gare secondo il numero degli anni. Poiché egli ti vende il numero dei raccolti. 17 E non opprimerete ciascuno il fratello suo. E temerai il Dio tuo. Poiché io sono Jahvé Dio vostro. 18 Metterete in pratica i miei de­ creti e osserverete i miei giudizi e li metterete in pratica. E abiterete sulla terra con sicurezza. 19 E la terra darà il suo frutto, e mangerete a sazietà, e abiterete in essa con s icurezza . 20 Se penserete : che mangere­ mo il settilno anno? Non seminammo e non raccogliemmo il nostro rac­ colto, 21 io ordinerò la mia benedizione per voi nel sesto anno, ed essa produrrà il raccolto per tre anni . 22 Voi seminerete nell'ottavo anno, e mangerete il vecchio raccolto fino al nono anno, finché entrerà il suo rac­ colto mangerete il vecchio. 23 E la terra non sarà venduta definitiva­ mente. Poiché la terra è mia. Poiché voi siete ospiti e coloni davanti a me.

2' · 1

Anno sabbatico e anno giubilare (25,I-26,2)

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In tutta la terra vostra proprietà darete per riscatto della terra. 2' Se tuo fratello si è impoverito e vende dalla sua proprietà, e viene come suo riscattante il suo vicino, riscatta ciò che suo fratello ha venduto. 26 Se un uomo non ha il riscattante, ma il suo avere può riscattare, 27 conterà gli anni dalla sua vendita e restituirà ciò che eccede all'uomo al quale ha venduto, e ritornerà in possesso della sua proprietà . 28 Se il . suo avere non restituirà, l'oggetto della sua vendità resterà in mano del­ l'acquirente fino all'anno del giubileo. E nel giubileo sarà libera e torne­ rà al suo possesso. 29 E se un uomo vende una casa abitabile in città re­ cintata, sussisterà il riscatto fino alla fine dell'anno della sua vendita . È il tempo del suo riscatto. JO E se non è riscattata fino al compiersi di un anno intero, la casa che sta in una città 'provvista' ( 1 ) di mura, resterà . per sempre al suo acquirente per le sue generazioni . Non tornerà libera nel giubileo . .3r Ma le case dentro i villaggi che non hanno intorno mura, devono essere contate con la campagna della terra. Per essa esiste il riscatto e nel giubileo diventa libera . .32 E le città dei leviti , le case nelle città, di loro possesso, per i levi ti esisterà riscatto per sempre. 33 Quan­ to è riscattato da un !evita, che la casa venduta di suo possesso 'in' (2) una città , diventa libera nel giubileo. Poiché le case nelle città dei !eviti sono loro proprietà in tnezzo ai figli di Israele. 34 Il territorio intorno le loro città non si venderà. Poiché è loro proprietà per sempre. 3.5 Se tuo fratello s 'impoverisce e vicino a te la sua forza s 'indebolisce, tu lo so­ sterrai, affinché come ospite e come colono viva accanto a te . 36 Da lui non prenderai interessi, né soprattassa . E temerai il Dio tuo, e tuo fra­ tello viva accanto a te . 37 Non darai a lui il tuo denaro a interesse. Non darai a lui il tuo cibo a usura e maggiorazione . 38 Io sono Jahvé Dio vo­ stro, che vi ha condotto fuori dal paese d'Egitto per darvi la terra di ·Canaan, per essere per voi Dio . 39 E se tuo fratello vicino a te s 'impove­ . risce e si vende a te, non ti servirai di lui per lavori da schiavo . 4o Come .salariato, come colono starà presso di te. Fino all'anno del giubileo lavo­ rerà presso di te. 41 Egli uscirà da te libero, lui e i suoi figli con lui , e tornerà alla sua famiglia, e alla proprietà dei suoi padri tornerà . 42 Poi­ ché essi sono i miei schiavi, che io ho condotti fuori dalla terra d'Egitto. , ·Essi non saranno venduti come vendita di schiavo . 4 3 Non l opprimerai con lavori forzati . E temerai il Dio tuo . 44 E il tuo schiavo e la tua schia­ va che ti appartengono, dai popoli che esistono intorno a voi comprere­ te schiavo e schiava . 4' E anche tra i figli dei coloni, ospiti presso di voi, da essi li comprerete, anche dalla loro discendenza che dimora pres­ so di voi, che essi hanno generato nella vostra terra . E saranno proprietà 24

I.

Cfr. Biblia Hebraica.

2.

Leggi bet-'ir al posto di baiit ur'1r (Biblia Hebraica).

La «legge di santità»

per voi. 46 E li darete in eredità ai vostri figli dopo di voi. Come pos­ sesso perpetuo; possono servirsi di essi. E tra i figli di Israele vostri . fratelli uno non opprimerà suo fratello con lavoro forzato. 47 Se la pro­ prietà di un ospite e di un colono presso di te è sufficiente, e vicino a te tuo fratello si è impoverito si vende a un ospite 'o' (3) a un colono che abita presso di te, o a un discendente della famiglia di un ospite, 48 dopo .che si è venduto, esiste il diritto di riscatto per lui. Lo riscatterà uno dei suoi fratelli, 49 o suo zio o il figlio di suo zio lo riscatteranno, o della parentela della sua carne, della sua famiglia lo riscatteranno, o, se il suo avere è sufficiente, si riscatterà da sé '0 E con il suo compratore conterà dall'anno della sua vendita fino all'anno del giubileo, e il prezzo della sua vendita sarà calcolato in base al numero di anni, come il tempo di un salariato sarà per lui . '1 Se resta un grande numero di anni, in corri­ spondenza deve diminuire il riscatto dall'importo del suo acquisto. '2 E se pochi sono gli anni rimasti fino all'anno del giubileo, egli la deve ver­ sare a lui, in proporzione dei suoi anni diminuirà il suo riscatto H Co­ me un salariato starà anno per anno presso di lui . Non lo opprimerà con lavori forzati davanti ai tuoi occhi . 54 E se non è riscattato cosl egli di­ venterà libero nell'anno del giubileo, lui e i suoi figli con lui. '' Poiché miei sono i figli di Israele come schiavi. Miei schiavi sono essi, che, io ho condotto fuori della terra d'Egitto . lo sono Jahvé Dio vostro. 26 '1 Non vi farete idoli, e non esigerete per voi immagine scolpita e stele, e non ponete nel vostro paese pietra scolpita per prostarvi ad essa. Poi­ ché io sono Jahvé Dio vostro. 2 I miei sabati voi osserverete e il mio santuario temerete. Io sono Jahvé. .

.

L'anno sabbatico e l'anno del giubileo ciascuno a modo suo hanno come contenuto una restitutio in integrum, un ripristi­ no della condizione originaria. L'osservanza del settimo anno come «anno sabbatico>> è già esigita in Ex. 2 3 , I o s., precisan­ dosi che in questo anno il raccolto del paese non poteva essere accumulato (cfr . AT 5 , pp . 2 3 5 s.) ; e da Neh. 1 0 ,32 (cfr . I Mach. 6,49 .5 3 ) emerge che questo precetto si osserva nel periodo postesilico . Ad esso corrispondono le norme di Lev. 2 5 ,2a�-7 ; qui nel v. 5b si trova anche l'espressa denominazio­ ne «anno sabbatico» ( senat sabbaton) , che manca negli altri passi veterotestamentari, dove si parla solo del rispettivo «set3· Sembra che sia caduto un '6 ( oppure un w•).

Anno sabbatico e anno giubilare ( 25,1-26,2)

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timo anno» . Diversa è la situazione dell'« anno del giubileo» , trattato solo in Lev . 2 5 , e che trova un breve cenno solo in Num. 3 6 ,4. Esso che era anche un «anno sabbatico» , dunque · valevano anche per esso le norme dell'anno sabbatico ; per di più per l 'anno del giubileo si esige il ripristino dei rapporti di possesso, e precisamente della terra e di quello delle persone (schiavi) . È un fatto particolare e unico . Ma in ogni caso · esistono nella «legge» veterotestamentaria alcuni paragrafi , che hanno un lontano rapporto oggettivo, anche se non del ·tu tto trasparente, con questo precetto di ripristino delle pre­ scrizioni per l'anno del giubileo. Si tratta da un lato della «legge sugli schiavi» «di Ex. 2 1 , 1 - 1 1 (con una nuova formu­ lazione in Deut. I 5 , I 2 - I 8 ), secondo la quale uno «schiavo ebreo» nel rispettivo settimo anno doveva essere liberato, e .così della «legge della remissione» di Deut. I 5 , I - r I , secondo la quale ogni settimo anno doveva avere luogo una > . deror è un termine preso a prestito dall 'accadico (an) duriiru, > del paese, superando così la «motivazione sociale» dell'anno sabbatico ( vv. 6 . 7 ) ; così forse è conservato uno stadio più antico delle norme dell'anno sabbatico, che ol­ tre alla >-

poiché in Israele di fatto si comprava o si vendeva terreno, il v . 2 3aa è formulato in modo che un acquisto o una vendita non poteva avvenire escludendo il diritto di opposizione (!emi­ tut da !mt, per sé > israeliti (a vol­ te con la loro famiglia) nell 'anno giubilare e il loro ritorno nella condizione originaria (annullando così anche i loro de­ biti ), dà l'impressione di essere un corpo estraneo ; e si può almeno chiedere se non sia stato abbinato alle disposizioni per l'anno giubilare a motivo del legame con la serie riguardante il «fratello impoverito» . Anche dal punto. di vista oggettivo c'è una notevole tensione con le «leggi sugli schiavi» di Ex. 2 r , r - I I e Deut. r ; , r 2- r 8 , secondo le quali uno schiavo «e­ .breo» doveva tornare in libertà dopo sei anni di servitù . Una .generale liberazione degli schiavi n eli ' anno del giubileo , su­ perando queste leggi sugli schiavi certamente più antiche, e sulla scia della tendenza dell'Antico Testamento, poteva signi­ ficare un progresso neli ' alleggerimento della sorte degli schia­ vi israeliti solo in quei pochi casi in cui tra la riduzione in schia­ vitù e il prossimo anno giubilare si aveva meno di sei anni; e in molti casi non poteva avere un reale significato pratico . Potreb­ .be darsi che nel nucleo dei vv. 39 ss . (senza i vv. 4ob.4 1 ) si

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tenesse conto implicitamente della validità di quelle leggi su­ gli schiavi, per cui non si parlò della geulla e dell'anno del giubileo, ma solo del trattamento degli schiavi, e poi nel con­ testo di Lev. 2 5 sia stato inserito in modo quasi meccanico l'accenno all'anno del giubileo, che sembra ignorare le più an­ tiche leggi sugli schiavi . 47-5 5 . Diversa è la situazione per i vv. 47-5 5 . Qui si tratta del caso pratico , certamente reale, in cui un israelita impoveri­ to si vendeva a uno straniero arricchitosi che viveva in Israele. A costui non si poteva forse imporre l'osservanza del precet­ to di affrancare gli schiavi dopo sei anni di servitù ; si poteva però prendere in considerazione la possibilità del «riscatto» (('ulla), che dopo tutto era un «affare» e si poteva fare in mo­ do che il parente più stretto dell'interessato tenuto al riscat­ to (vv. 48b.49a) prendesse a cuore il fatto, e incoraggiare l'in­ teressato stesso, in caso di necessità, a cercare di procurarsi in qualche modo i mezzi per il suo riscatto (v. 49b) . Nel passo se­ guente poi, nel caso in cui il riscatto non dovesse aver luogo, è richiesta la liberazione dello schiavo in questione durante l'anno giubilare (v. 54) , e così almeno in teoria si raggiunge­ va lo scopo di ottenere anche dagli stranieri viventi in Israele, se non l 'osservanza delle antiche leggi sugli schiavi, almeno l'osservanza della norma dell'anno del giubileo . Con questi presupposti nei vv. 5o-5 2 , in modo analogo alle norme dei vv. 1 6 . 1 7 e 27 e riguardanti la vendita del terreno in vista del­ l'anno del giubileo, è trattato l'argomento della valutazione del prezzo del riscatto degli schiavi in base al numero di anni che ancora mancavano al giubileo; più esattamente, secondo il v. 5 0b il valore del lavoro degli schiavi doveva corrisponde­ re alla paga normale di un salariato (questa disposizione po­ trebbe significare un venire incontro all'acquirente straniero) . La formulazione dei vv. 5 I b. 5 2b si basa forse sul fatto che co­ munque la somma del riscatto doveva essere inferi ore a quel­ la dell 'acquisto, poiché doveva calcolarsi il lavoro che il ri-

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La «legge di santità»

scattando aveva prestato nel frattempo. Del resto nel v. 5 3 anche in questo caso è richiesto un trattamento umano dello schiavo (analogo a quello di un «salariato» ) , e vietato di «cal­ pestarlo » con «maltrattamenti» (cfr . 40a.4 3a .46b) , questo in riferimento al fatto che il cattivo trattamento di uno schiavo israelita da parte di uno straniero avveniva «sotto gli occhi» d'Israele, per cui sarebbe stato particolarmente offensivo. Per la frase parenetica del v. 5 5 , cfr. v . 42 . 26,1 . 2 . L'appendice con il divieto del culto agli idoli e di im­ magini idolatriche e l'ingiunzione del precetto del sabato ( 2 6 , I 2 ) è di carattere generale , e priva di qualsiasi rapporto spe­ ciale con quanto precede . .

l ) Annuncio di premio e di punizione ( 26,3-46 ) 3 Se camminerete secondo i miei precetti e osserverete i miei comanda­

menti e li metterete in pratica, 4 io darò la vostra pioggia invernale al tempo giusto, e il paese vi darà il suo raccolto e gli alberi del campo da­ ranno il loro frutto, ' e la mietitura arriverà per voi fino alla vendem­ mia e la vendemmia arriverà fino alla semina, e voi mangerete il vostro pane a sazietà . E potrete dimorare in sicurezza nella vostra terra. 6 E nel paese io darò la pace. E dormirete e nessuno porterà spavento. E farò sparire le bestie selvagge dalla terra. E nessuna spada passerà per la vostra terra . 7 E voi inseguirete i vostri nemici ed essi cadranno davanti a voi per la spada . 8 Cinque di voi inseguiranno cento, e cento di voi inseguiranno dieci mila . E i vostri nemici cadranno davanti a voi per la spada. 9 E io mi volgerò a voi e vi renderò fecondi e vi farò numerosi e metterò in atto con voi la mia alleanza . Io Voi mangerete il vecchio ·stravecchio, e getterete fuori quello vecchio davanti al nuovo. 11 E io porrò la mia dimora in mezzo a voi, e non proverò avversione contro di voi . 1 2 Verrò in mezzo a voi e sarò per voi Dio, e voi sarete per me po­ polo. IJ Io sono Jahvé Dio vostro che vi ha condotto fuori dal paese d'Egitto, dal vostro essere schiavi, che ha spezzato le braccia del vostro giogo e vi ha fatto camminare dritti. I4 Se non mi obbedirete e non metterete in pratica tutti questi precetti, I' se rigetterete i miei decreti e se proverete avversione per i miei giu­ dizi, e non metterete in pratica tutti i miei precetti per rompere la mia alleanza, 16 anche io farò questo a voi, e farò che s'impadronisca. di voi

Annuncio di premio e di punizion� ( 26,3-46)

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lo spavento, la tisi e la lebbra, che fanno spegnere gli occhi e consuma­ re la vita . E seminerete invano il vostro seme, e i vostri nemici mange­ ranno il vostro seme . 17 E io volgerò il mio volto contro di voi, e voi sa­ rete colpiti di fronte ai vostri nemici e i vostri avversari vi calpesteran­ no, e voi fuggirete anche se nessuno vi insegue. 18 E se a quel punto non mi ascolterete, io continuerò a punirvi sette volte a causa dei vostri peccati , 19 e spezzerò la vostra grande alterigia e su di voi farò diventa­ re come ferro il cielo e come bronzo la vostra terra, 20 e la vostra forza si esaurirà per niente, e la vostra terra non darà il suo raccolto e gli al­ beri della terra non daranno il loro frutto. 21 E se arriverete a un in­ contro ostile con me e non vorrete obbedirmi, farò piombare su voi col­ pi per sette volte i vostri peccati. 22 E lascerò libere contro di voi le be­ stie selvagge della campagna, esse vi lasceranno senza figli e anniente­ ranno il vostro bestiame e vi ridurranno di numero, e le vostre strade sa­ ranno desolate . 23 E se con questo non vi correggerete per me e vorrete un incontro ostile con me, 24 anche io verrò a un incontro ostile con voi e anche io vi colpirò per sette volte per i vostri peccati. 2' Farò venire su di voi la spada, che farà vendetta per l'alleanza, e vi ritirerete nelle vostre città, e io manderò in mezzo a voi la peste, e sarete dati in potere dei nemici. 26 Quando io spezzerò il bastone del pane dieci donne cuo­ ceranno il vostro pane in un unico forno, e vi restituiranno il vostro pa­ ne pesato, e voi lo mangerete senza saziarvi . 27 Se con questo non mi ascolterete, e vi lascerete andare a un incontro ostile con me, 28 allora io mi lascerò andare allo sfogo iroso di un incontro ostile, e anche io vi punirò per sette volte per i vostri peccati . .29 E mangerete la carne dei vostri .figli e mangerete la carne delle vostre figlie. 3o E io annienterò le vostre alture, e distruggerò i vostri altari dei profumi, e getterò i vo­ stri cadaveri ai cadaveri dei vostri idoli e proverò avversione per voi . '1 E farò rovine delle vostre città e devasterò i vostri santuari e non aspirerò il vostro odore gradito. 12 Io stesso devasterò la terra e i yostri nemici che vi abiteranno, inorridiranno di essa . 33 Io vi disperderò tra i popoli e anche dietro di voi sguainerò la spada, e la vostra terra di­ venterà desolazione e le vostre città saranno rovina . 34 Poi la terra sa­ rà ripagata dei suoi sabati durante tutto il tempo della devastazione , e voi starete nel paese dei vostri nemici. E la terrà avrà pace e sarà ripa­ gata dei suoi sabati. .u Durante tutto il tempo della devastazione avrà riposo, che non ha avuto nei vostri sabati , quando abitavate in essa. 36 E i vostri sopravvissuti, farò venire scoraggiamento nel loro cuore nel­ le terre dei loro nemici, per cui il fruscio di foglie mosse li inseguirà e fuggiranno come si fugge davanti alla spada , ed essi stramazzeranno senza che nessuno li insegua . .37 Essi finiranno per cadere uno sull'altro come davanti alla spada, senza che nessuno li insegua . E per voi non ci

La «legge di santità»

sarà resistenza eli fronte ai vostri nemici. 38 E cosl scomparirete tra i popoli, e la terra dei vostri nemici vi divorerà. 39 E i rimasti tra voi mar· ciranno nelle terre dei vostri nemici a causa della loro colpa, e anche per le colpe dei loro padri marciranno con essi. 4o Essi confesseranno la colpa loro e la colpa dei loro padri, per loro infedeltà commessa contro di me e anche perché si sono lasciati andare a un incontro ostile con me . ·4 1 Anche io sono passato a un incontro ostile con loro, e li ho portati nel paese dei loro nemici . Oppure anche il loro cuore incirconciso si u­ milierà e pagheranno la loro colpa . 42 Poi mi ricorderò della mia allean­ za con Giacobbe e anche della mia alleanza con !sacco, e anche della mia alleanza con Abramo mi ricorderò, e della terra mi ricorderò . 43 E la terra sarà da essi abbandonata, e paghi i suoi sabati nella desolazione di essi. Ed essi pagheranno la loro colpa, perché hanno rigettato i miei giudizi e hanno provato avversione per i miei decreti. 44 E anche quan­ do staranno nella terra dei loro nemici, io non li rigetterò e non li abor· rirò per mettere fine a essi, per annullare la mia alleanza con essi. Poiché io sono Jahvé Dio vostro. 4.5 Per loro mi ricorderò dell'alleanza con quelli di un tempo, che davanti agli occhi dei popoli ho condotto fuori dal paese d'Egitto per essere Dio per loro. Io sono Jahvé. 46 Questi sono i decreti e i giudizi e le leggi che Jahvé diede sul monte Sinai per la mediazione di Mosè tra sé e i figli di Israele.

Con il grande annuncio del premio o della punizione per l'obbedienza o la disobbedienza, il codice della «legge di san­ tità» si chiude come la legge deuteronomica termina con il ca­ pitolo della «benedizione» e della «maledizione» in Deut. 2 8 . Ambo questi passi sono affini per funzione, costruzione e con­ tenuto. Nonostante una saltuaria concordanza letterale, non è però possibile supporre una dipendenza letteraria tra loro in una direzione o l'altra . Inoltre in definitiva, nell'ambito di un quadro comune ognuno percorre la sua vita, anche astraendo da alcune differenze più che altro formali, come l'uso ( Dcut. · 2 8 ) o la non utilizzazione (Lev. 2 6 ) dei concetti di «benedi­ zione» e «maledizione» , o del discorso al singolare (Deut . 2 8 nel suo nucleo ) o al plurale (Lev. 2 6 ) . Questo fatto mostra che entrambi i passi seguono una tradizione più antica, che ciascu­ no modella in modo particolare . In realtà in entrambi sono penetrati perfino alcuni elementi di tradizione tra loro diversi, che non possono più semplicemente separarsi, pur �ssendo an-

Annuncio di premio e di punizione ( 26,3-46)

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cora tra loro chiaramente distinguibili . Nell'Oriente �ntico era consuetudine terminare testi di tratta ti con formule di maledizioni contro i violatori del patto ; i trattati erano cosl posti sotto la protezione delle divinità, note esecutrici delle maledizioni e anche sotto l'efficace potenza delle maledizioni. Questo uso delle maledizioni condizionali non era estraneo neppure all'Antico Testamento , come mostra soprattutto la se­ rie delle dodici maledizioni di D eu t. 2 7 , I 5-2 6, forse molto antica , in cui ciascuno dei potenziali trasgressori di uno dei divieti è posto sotto l'azione di una maledizione espressa in forma generica. Il peso particolare che in questo contesto de­ tiene la maledizione si mostra ancora nel fatto che sia in Deut. 2 8 , sia in Le v . 2 6, e quindi anche nella presupposta tradizione antica, il settore che annuncia la maledizione o la punizione è notevolmente più ampio di quello precedente che annuncia la benedizione o il premio; infatti questo squilibrio può difficil­ mente essere fatto risalire solo a una aggiunta secondaria al precedente, anche se bisogna tener conto che in tempi di cre­ scente angoscia e di incombenti catastrofi nella storia d'Israe­ le, il tema della maledizione divina si caricava di elaborazioni secondarie . Ora la parte negativa più ampia è preceduta da una più breve componente positiva. Dovrebbe naturalmente veni­ re spontaneo contrapporre all'annuncio della punizione un an­ nuncio del premio, anche se i trattati e le leggi non avevano bi­ sogno di una tale propaganda per la loro entrata in vigore e per la loro osservanza, ma potevano richiedere osservanza e ri­ spetto indipendentemente da una ricompensa espressa a que­ sto proposito . Già il celebre codice antico babilonese di Ham­ murabi nel suo lungo paragrafo conclusivo, prima dell' annun­ cio assai esteso della maledizione per futuri spregiatori della legge , riporta un augurio anche se breve di benedizione per una fu tura osservanza. Neli 'An tico Testamento il passo di D eu t. 2 7 , I 1 - I 3 , purtroppo non più determinabile nella sua provenienza, contiene un rito di benedizioni e di maledizioni celebrato in Sichem (anche Ios. 8 ,30-3 5 ) , in cui le «due vie»

La «legge di santità»

·.della benedizione e della maledizione sono presentate a Israele in modo che al «popolo» raccolto, nel caso di fedeltà o infedel­ tà al suo Dio , è mostrata la prospettiva della «benedizione» e della «maledizione» con annunci concreti proclamati pubbli­ camente. Forse si sono usate determinate formule, precise e .sempre abituali ; e in Deut. 2 8 e Lev. 26 esiste un nucleo co­ stituito da proposizioni che danno l'impressione di essere for­ mule fisse tramandate da molto tempo. Naturalmente questa .5erie di annunci di benedizioni e di maledizioni sta in conflit­ to con l'affermazione veterotestamentaria, che la benedizione del suo Dio era donata gratuitamente a Israele, senza farla prima dipendere dal buon comportamento del popolo ; per questo ad es . il dono della terra, che per i suoi contributi agli annunci di benedizione e di maledizione svolge una funzione rilevante, era il compimento di una divina promessa incon­ dizionata, e non doveva essere precedentemente meritata da Israele come «ricompensa» , ma poteva essere messa in perico­ lo solo con I 'infedeltà. La notevole accentuazione del para­ grafo sull 'annuncio della maledizione o della punizione da importanza a tale aspetto . In esso, che così acquista peso spe­ ciale, appare un ulteriore elemento tradizionale : lo schema di una sequenza di piaghe mandate da Dio (cfr. le frasi formali iniziali dei vv. I 8 .2 I . 2 3 / 24a.27 / 2 8 ; anche i vv. 3 6aa.3 9aa) . Questo schema appare in contesti diversi dell'Antico Testa­ mento. Da un lato vi appartengono le «piaghe d'Egitto» di Ex. 7- I I , di cui si parla nel quadro di una narrazione storica; dall'altro i profeti in retrospettiva verso la storia d'Israele han­ no talvolta parlato di serie di piaghe manda te da Dio, che do­ vevano ricondurre all 'obbedienza Israele, il quale però non le ha usate come occasione di conversione (Am. 4,6 ss . ; Is. 9 ,7 ss . + 5 ,2 5 ss .) . In Lev. 2 6 la serie di piaghe appare nel contesto della minaccia di punizioni per il futuro (cf. Ezech . 5 , I o- I 7 ecc., con una concordanza a tra t ti letterale) . Un a si­ mile serie di piaghe, da qualsiasi punto di vista presentata, doveva suggerire l'idea di una crescente recrudescenza nella

Annuncio di premio e di punizione (26,3-46)

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gravità delle piaghe ; un'acutizzazione del genere si può rico­ noscere a tratti verso la fine della serie. Va notato però che in tutti i casi citati il motivo dell'acutizzazione non appare espresso conseguentemente dall 'inizio . Formalmente Lev. 2 6 non è del tutto unitario . Soprattutto il paragrafo conclusivo dei vv. 40-4 5 , che anche per il conte­ nuto fa da ponte a un nuovo tema , si discosta da quanto pre­ cede per la caduta del discorso (in seconda pers . plur.) , e il pas­ saggio all 'argomento dei « sopravvissuti>> (in terza pers . plur .) . Ma nella parte principale del capitolo tra le parti formulate personalmente (Jahvé in prima pers ., Israele in seconda pers . plur.) appaiono formulazioni impersonali, il cui soggetto è una realtà efficace o inefficace per la «benedizione» o per la «male­ dizione» (un esempio nel v. 4b , con una controparte negativa nel v. 2ob, dove il discorso in seconda pers . plur . è stato inse­ rito solo mediante un suffisso) . È molto probabile che queste frasi impersonali contengano i più antichi elementi storico-tra­ dizionali, cioè formule tramandate e definite di