Liuto, chitarra e vihuela. Storia e letteratura

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GIUSEPPE RADOLE

Liuto, chitarra e vihuela storia e letteratura

NUOVA EDIZIONE a cura di Franco Pavan e Stefano Russoinanno

EDIZIONI SUVINI ZERBONI - MILANO

GIUSEPPE RADOLE

Liuto, chitarra e vihuela Storia e letteratura

Nuova edizione a cura di Franco Pavan e Stefano Russomanno

EDIZIONI SUVINI ZERBONI - MILANO

air amico Bruno Tonazzi

© 1979, 1986 e 1997 Edizioni Suvini Zerboni - Milano Terza edizione corretta e aggiornata All rights reserved Tutti i diritti riservati Printed in Italy

Sommario

Introduzione di Ruggero Chiesa

1

Prefazione alla seconda edizione

4

Prefazione alla terza edizione

5

Il liuto Le origini Descrizione Corde, accordatura Intavolatura italiana Battuta. Valori di durata e disilenzio Trascrizione integrale e interpretativa Le “scordature” Abbellimenti Intavolatura francese Accordatura barocca Segni tecnici particolari Intavolatura barocca per liuto a 13 cori Intavolatura tedesca

7 8 9 10 12 13 15 15 17 18 19 20 22

Gli arciliuti Arciliuto. Liuto tiorbato Chitarrone e tiorba Intavolatura

25 26 27

Letteratura liutistica Letteratura liutistica italiana nel Cinquecento Letteratura liutistica italiana nel Seicento Letteratura liutistica italiana nel Settecento Letteratura liutistica francese nel Cinquecento Letteratura liutistica francese nel Seicento

29 30 44 47 48 50

Letteratura liutistica tedesca nel Cinquecento Letteratura liutistica tedesca nel Seicento Letteratura liutistica tedesca nel Settecento Letteratura liutistica ungherese e polacca nel Cinquecento Letteratura liutistica cinquecentesca nei Paesi Bassi Letteratura liutistica seicentesca nei Paesi Bassi Letteratura liutistica inglese nel Cinque e Seicento

53 56 58 64 65 66 68

Il colascione

75

Angelica

77

Mandora o

mandola e calichon

79

Mandolino

81

La cetra

83 86

Letteratura per cetra La vihuela

Descrizione Intavolatura spagnola Letteratura per vihuela

96

La chitarra

La

La

90 91 93

chitarra rinascimentale

Intavolatura Intavolatura italiana Intavolatura spagnola Intavolatura francese Letteratura chitarristica rinascimentale

98 99 99 100 102

chitarra barocca

105 106 112

Intavolatura italiana e spagnola perchitarra a 5 ordini Intavolatura francese per chitarra a 5 ordini Letteratura chitarristica barocca. Italia Francia Spagna La chitarra

115 122 123

moderna

Gli albori della chitarra moderna

127

Francia Inghilterra Germania Spagna Letteratura chitarristica neirOttocento Italia I paesi di lingua tedesca Spagna Francia Letteratura chitarristica nel Novecento Spagna La chitarra con Segovia e dopo Segovia America Latina Italia Gran Bretagna Germania Austria Francia Svizzera Paesi Bassi Paesi Scandinavi Est Europeo Stati Uniti Toru Takemitsu

128 130 131 131

Bibliografia

191

Indice

197

dei nomi

133 143 150 154

156 158 162 168 175 178 180 181 184 185 186 186 188 190

Introduzione

La letteratura dedicata al liuto e alla chitarra, per citare due fra i più famosi strumenti a corde pizzicate, è talmente vasta da mettere a dura prova chi voglia approfondirne la storia anche solo in parte. Oggi, malgrado gli encomiabili progressi avvenuti di recente, ci troviamo ancora lontani da una completa valutazione critica delle opere esistenti, e addirittura fino a poco tempo fa non eravamo neppure in grado di conoscere, con sufficiente esattez­ za, il nome di tutti gli autori e l’importanza dei loro lavori. Eppure, negli ultimi anni dell’ottocento e nei primi decenni del Novecento alcuni illustri musicologi, tra i quali Oscar Chilesotti e Johannes Wolf, avevano compiuto accurati studi critici e bibliografici sui periodi rinascimentali e barocchi. Ad essi si erano aggiunti Philip J. Bone, e più tardi Josef Zuth, che esplorarono in special modo il repertorio della chitarra ottocentesca. Sembrava quindi non dovessero mancare successivi e rapidi approfondimenti, ma invece, per varie cause, le loro realizzazioni rimasero senza seguito e per lunghi anni nulla si aggiunse a queste encomiabili, seppure incomplete, ricerche. Cosa era avvenuto? Innanzi tutto mancava una sufficiente preparazione da parte degli strumentisti che avrebbero dovuto, attraverso l’azione pratica, farsi promotori delle iniziative compiute dai musicologi. La scuola del liuto, sopravvissuta sin quasi alla fine del Settecento soprattutto in Germania, era rimasta completamente inattiva durante il secolo successivo, e di conseguen­ za non poteva formare nessun esecutore in grado di far rivivere le composi­ zioni più significative. La chitarra nel primo Novecento si trovava anch’essa in preda ad una profonda crisi. Non era bastata certamente la figura di Francisco Tàrrega, scomparso nel 1909, a farle riscoprire il suo glorioso pas­ sato, anzi, proprio questo celebre interprete, il solo ad emergere in un perio­ do di grave decadenza, fu in un certo senso responsabile della sterile attività che seguì gli studi sulla letteratura originale. Tàrrega infatti aveva pensato che il nuovo inserimento della chitarra nel novero degli strumenti colti dovesse avvenire tramite la trascrizione delle opere concepite per violino, violoncello o pianoforte dei grandi classici (Bach, Mozart, Beethoven, Chopin), con la sola eccezione delle proprie composizioni. Conseguentemente i suoi discepoli, i quali avrebbero condizionato in gran

1

parte l’estetica musicale dei decenni successivi, dimenticarono quasi total­ mente i maestri del passato, rivolgendosi anch’essi alle trascrizioni, oppure invitando a scrivere per chitarra gli autori contemporanei. La nuova genera­ zione, spinta dalla certezza di non aver nulla di pregevole alle proprie spalle, non pensò neppure di approfittare della scomparsa del liuto per rivalutare e interpretare tante mirabili pagine che potevano adattarsi benissimo alla chi­ tarra, specie in un’epoca in cui l’esigenza filologica non era troppo sentita. Si preferì, molto più spesso, trascrivere dal clavicembalo piuttosto che dal liuto, e sebbene alcuni studiosi (particolarmente Emilio Pujol) iniziassero l’analisi delle opere per chitarra barocca e per vihuela, gran parte del repertorio origi­ nale non si staccò da scelte quasi obbligate. Tra gli autori dell’ottocento ci si ricordò soltanto di Sor (ma le sue composizioni più significative vennero spes­ so ignorate), mentre si diede impulso alle creazioni neoclassiche e postimpres­ sionistiche di Castelnuovo-Tedesco, di Turina, di Ponce e di altri musicisti appartenenti in genere alla cultura latino-sudamericana. Questi compositori, tramite la stimolante attività di Segovia, ci hanno dato il frutto, a volte il più genuino, della loro personalità, ma purtroppo rimasero i soli a scrivere con impegno per la chitarra. I nomi che “contano” nel panorama europeo dei primi cinquant’anni del nostro secolo non si sono mai avvicinati in modo impegnativo al nostro strumento. Ravel, Bartók, Prokofiev, Stravinsky, Schonberg, sono purtroppo irrimediabilmente perduti, e ci rimane solo il rimpianto che nessun interprete abbia saputo, o potuto, comunicare a questi maestri il desiderio di affidare alle sei corde un piccolo lembo della loro arte. Finché la scena concertistica venne dominata dalla scuola spagnola e dai suoi proseliti non ci si accorse che la chitarra aveva invece un passato tutt’altro che trascurabile. Soltanto quando cominciarono a cadere assurde barriere quasi ideologiche si sentì la necessità di esplorare maggiormente un mondo che, dal secolo XVI alla prima metà del XIX, aveva visto la chitarra perfettamente inserita nel linguaggio rinascimentale, barocco e classico. Accanto a Le Roy, Sanz, Corbetta, De Visée, Santiago De Murcia, Giuliani, Paganini, vennero alla luce altre figure di eccellenti autori, artefici di una eccezionale varietà di composizioni solistiche e da camera, attraverso le quali si comprese quante possibilità di rinnovamento esistessero negli ormai stantii programmi dei concertisti, condannati alla passiva ripetizione di un troppo esiguo repertorio. Oltre a questa scoperta ne era avvenuta un’altra ancor più straordinaria, riguardante le opere, numerosissime e di splendida qualità, scritte per il liuto, per simili strumenti che presentavano un manico tastato e le corde piz­ zicate con le dita, come la cetra, l’orpharion, la mandora, l’angelica e il cola­ scione. Parte della loro letteratura venne eseguita inizialmente sulla chitarra (così come avviene ancor oggi), ma in seguito nacque sempre più forte il desiderio di affidarla agli strumenti originali. Negli anni recenti, assieme allo sviluppo ormai dilagante dei cultori della chitarra, stiamo assistendo all’interesse verso il liuto rinascimentale e barocco, ed in parte nei confronti

2

degli altri strumenti (la vihuela ad esempio), che ha formato in breve un gruppo esiguo, ma ottimamente preparato e destinato ad una rapida espan­ sione, di entusiasti e colti esecutori. Giunti a tal punto era inevitabile che il desiderio di conoscere il materiale ancora non catalogato si facesse impellente. Le fonti in possesso degli inter­ preti erano rimaste immutate da troppo tempo, cioè da quando Chilesotti, Wolf, Bone e Zuth (per ricordare i nomi già citati precedentemente) avevano compiuto le loro rocerche. Si potevano contare nel frattempo due sole ecce­ zioni, dovute a Wolfgang Boetticher e a David Lumsden, autori rispettiva­ mente nel 1943 e nel 1955, di pregevoli studi. Ma si trattava di tesi mano­ scritte, a riprova di quanto ancor poco sentito fosse il problema negli ambienti non legati strettamente alla scienza musicologica. I tempi però incalzavano, e a partire dal periodo immediatamente successivo sono stati compiuti, parallelamente allo sviluppo strumentale, ulteriori studi pubblica­ ti sulle varie riviste internazionali, mentre apparivano approfonditi testi sto­ rici e bio-bibliografici sul liuto e sulla chitarra, insieme alle edizioni moder­ ne delle opere di alcuni fondamentali autori. Tuttavia queste realizzazioni illustravano soltanto aspetti parziali dei diversi argomenti, e mancava invece un’esposizione sintetica ma esauriente di un ben più vasto panorama. Alcuni tentativi compiuti non sono riusciti ad assolvere in modo soddisfacente un compito così difficile: sono state trattate a fondo le origini e le modifiche degli strumenti, ma quando si cominciava ad esaminare la loro letteratura, cioè la parte veramente viva, le notizie diventavano scarse, imprecise, e le valutazioni critiche rivelavano profonde incertezze. Oggi sono convinto che, per la prima volta, questa lacuna sia stata colma­ ta attraverso il libro di Giuseppe Radole, il quale ha saputo condensare nel suo lavoro tutti gli elementi indispensabili per ottenere una chiara visione sulla nascita, l’evoluzione, la scrittura e la letteratura del liuto, della chitarra e della vihuela, non dimenticando neppure gli strumenti minori, ma non meno significativi. Come si può comprendere, ciascun argomento esposto si presta ad essere dilatato enormemente, ma ciò potrà avvenire soltanto tra molto tempo, quando sarà possibile riunire tutti gli studi specifici che si stanno compiendo. Lo scopo di Radole consiste invece nel porre la prima pie­ tra di una più vasta e futura costruzione musicologica, e nel rispondere con esattezza alle immediate domande che da troppo tempo, invano, si pongono liutisti e chitarristi. Ecco quindi una guida sicura che, attraverso notizie pre­ cise, capacità di acuti giudizi e conoscenza dei reali problemi storici, diven­ terà indispensabile per tutti coloro i quali, ad iniziare dagli studenti dei con­ servatori, vorranno informazioni complete su strumenti dai nomi celebri ma così poco conosciuti sotto il profilo dell’esattezza storica. Milano, 1 maggio 1977

Ruggero Chiesa 3

Prefazione alla seconda edizione

A pochi anni di distanza dalla prima, onorata da una dotta e lusinghiera presentazione di Ruggero Chiesa, e apparsa poi a cura di B. Echamendi in traduzione spagnola (Barcellona 1982), vede ora la luce questa seconda edi­ zione, corretta, riveduta ed aumentata. Corretta, perché gli errori rientrano nella economia delle cose umane. Si scrive “merito” e poi salta fuori “marito”; si numera “6” e poi si legge “0”; riveduta, perché le continue riedizioni di musiche antiche (ma quante lacune ci sono ancora da colmare!), affiancate dalla pubblicazione di nuovi studi monografici, porta a rivedere posizioni e giudizi che si ritenevano intoccabili e definitivi; aumentata, perché gli autori contemporanei, grazie al cielo, con­ tinuano a scrivere per chitarra e bisogna con piacere prenderne atto. Dispiace soltanto che non tutto della produzione attuale, specie delle opere prime, è stato qui registrato. Alle volte si conosce il nome del compositore c non si conoscono le sue opere, oppure si conoscono le musiche e non si sa nulla deifautore, né i dati anagrafici, né la nazionalità. Enciclopedie, dizionari, riviste e cataloghi di una nota casa editrice, dove tra le note si trova anche questa: «Degli autori contemporanei e viventi non è stata indicata la data di nasci­ ta», mentre il Grove, ediz. 1980, ignora molti nomi di giovani compositori inglesi. Ed allora ecco perché i più colpiti risultano quei musicisti nati dopo la seconda guerra mondiale, con i quali ci scusiamo vivamente. Dovranno attendere una terza edizione. Ma diciamo francamente la verità: tutto questo lavoro di aggiornamento è stato in gran parte possibile grazie alla rivista «il Fronimo», che ha portato una ventata di salute nella musicologia italiana con oggetto il liuto e la chi­ tarra. Quando noi si chiudeva il manoscritto della prima edizione, «il Fronimo» non contava neanche un lustro, ma da allora (notare la bibliogra­ fìa), se n’è fatta della strada. Un cordiale grazie all’editore, che in tempi così poco leggiadri, trova il coraggio di ristampare questa nostra fatica, dedicata specialmente alle classi di chitarra dei nostri Conservatori.

Trieste, settembre 1984 Giuseppe Radole

Prefazione alla terza edizione

Nel presentare la HI edizione del volume Liuto} Chitarra e Nihuela di Giuseppe Radole, vogliamo chiarire alcuni criteri seguiti nella revisione del testo. I dieci anni trascorsi dalla seconda edizione hanno reso necessario un aggiornamento nei contenuti e nell’impostazione metodologica. Il fiorire di numerosi e importanti contributi musicologici sull’argomento ha permesso di delineare con maggiore precisione la prospettiva storica e il ruolo svolto dai compositori. Grazie ai progressi dell’organologia è stato possibile definire con chiarezza la morfologia degli strumenti affini al liuto come, ad esempio, il chitarrone e il colascione. Le edizioni critiche e gli studi specifici dedicati al liuto e alla sua letteratura hanno rivalutato appieno compositori in passa­ to altrimenti negletti. Anche per quanto riguarda la letteratura moderna i contributi critici più recenti hanno reso necessaria una revisione di alcuni luoghi comuni finora accettati. Abbiamo cercato di approntare un’opera che fosse di reale praticità per lo studente di chitarra dei Conservatori. A tal scopo, pur senza stravolgere rim­ pianto originario, abbiamo preferito snellire le parti più compilative, mentre abbiamo integrato nella misura del possibile quelle riguardanti gli autori che hanno lasciato una traccia significativa nel repertorio. Anche per quanto riguarda la bibliografia si è seguito un criterio di essenzialità. Abbiamo eli­ minato i contributi ormai superati e cercato di indirizzare lo studente verso lavori che fossero di facile reperibilità. Sono stati privilegiati gli studi mono­ grafici in grado di offrire una visione generale degli argomenti affrontati. Non sono stati presi in considerazione gli articoli troppo specialistici o di ormai impossibile reperibilità. Ci auguriamo che questo libro possa continuare ad essere un utile stru­ mento di consultazione e che possa servire al lettore come punto di partenza per uno studio ancor più approfondito della materia.

Milano, gennaio 1997 Franco, Pavan Stefano Russomanno 5

IL LIUTO

l crescente interesse, sempre più attento ed esteso, per le antiche musiche strumentali, presentate all’audizione con strumenti moderni, molte volte in trascrizioni lontane dall’originale, soltanto in tempi più recenti ha fatto nascere, negli artisti più sensibili e negli ascoltatori più attenti, il desiderio prima e l’esigenza poi di risentire quelle pagine nella loro veste originale e su strumenti dell’epoca, o almeno costruiti sui modelli del passato. È sorto così l’amore per il clavicembalo, per l’organo classico e barocco e, da ultimo, quello per il liuto. Quel liuto che, se Dante usò come termine di paragone alla vista del volgare rigonfiamento dei panciuti falsificatori di monete, «lo vidi un fatto a guisa di leuto» (Inf., XXX, 19), Melozzo da Forlì, Giovanni Bellini e Vittorio Carpaccio posero invece in mano ai loro elegantissimi angeli, quasi rapiti in estasi dal miracolo del suo suono.

I

Sulle origini del nome di questo strumento, gli studiosi sono praticamente concordi: lo derivano dal termine arabo al'ud, che significa il legno o meglio il ramo. E da al'ud i portoghesi hanno tradotto alaude, gli spagnoli laud, i francesi luth, i tedeschi Laute, gli inglesi Iute e gli italiani lauto, leuto, liuto. ...

Le origini

Liuto, da Marin Mersenne, Harmonie Universelle (1636)

7

Il discorso si fa invece più complicato quando si cercano gli antenati dello strumento. Forse la tesi più vicina al vero potrebbe essere quella della etnomusicologia, che ha creduto di trovarli, questi antenati, nella pratica primiti­ va di infilzare un ramo, a guisa di manico, in una zucca o di tirare semplicemente delle corde su di un ramo, privo di qualsiasi cassa di risonanza. Altri, alla ricerca di fonti storiche, letterarie ed iconografiche, ha portato a sostegno della propria tesi i geroglifici egiziani, e quindi andiamo a qualche secolo prima dell’era cristiana, nei quali si sono trovate realmente delle raffi­ gurazioni di uno strumento, a manico lungo però, che ha delle parentele col liuto. Altri ancora, e forse con maggiore ragione, è ricorso agli assiro-babilonesi, agli indiani ed ai persiani, tra i quali certamente fu in uso uno strumento a manico corto, assai vicino al liuto rinascimentale. Questo modello, a manico corto, sarebbe stato col tempo portato verso occidente dalle grandi migrazio­ ni medioevali arabe e, attraverso la mediazione spagnola, si sarebbe poi diffu­ so in Europa, sino a diventare quello strumento che conosciamo. Questo a grandi linee e molto sinteticamente.

Pur essendo piuttosto scarse le notizie iniziali sulla presenza del liuto in Europa, le più antiche raffigu­ razioni risalgono addirittura al IX see. e si trovano in alcuni Salteri (di Lotario e di Utrecht del IX see., d’Ivrea e di Stoccarda del X see.). Già allora il nostro strumento risulta munito di più corde. Tuttavia apparirà nettamente individualizzato, con tutte le caratteristiche sue proprie, appena agli inizi del Trecento. Sono di questo periodo infatti alcune documentazioni letterarie che provano quanto fosse diffuso nella società di allora. E sufficiente ricordare il romanzo di Tristano ed Isotta ed il Decamerone, dove si fa esplicito riferimento al liuto, per non dire della pre­ senza dei menestrelli. Ha una cassa armonica, semisferica prima, e a pera poi, con un fondo di tante listarelle a spicchio di legno ben stagionato, dette doghe, disposte lon­ gitudinalmente. La cassa è chiusa superiormente dalla tavola armonica, orna­ ta al centro da una rosa intagliata, che permette al suono di uscire libero, dopo essersi rinforzato nell’interno della cassa di risonanza. Sulla parte infe­ riore della tavola, vicino al bordo esterno, è fissato un regolo di legno (cordiere), dove si saldano le corde e che con una sua leggera prominenza fa anche da ponticello o cavalletto. Il manico, dall’aspetto di un semicilindro, è relativamente corto, senza essere tanto grosso. Vi è disposta, sulla parte piana, la tastiera, di solito di ebano o di altro legno duro, divisa in tante sezioni semitonali da tacche costruite da legature di budello. Caratteristico, all’estremità del manico, è il cavigliere, una paletta cioè, piegata quasi ad angolo retto, su cui sono dispo­ ste le chiavi per regolare la tensione delle corde e quindi l’intonazione. .

.

Descrizione

8

Se il liutista rinascimentale montava il suo strumento con corde di budello di anima­ le, quello moderno utilizza anche le corde di nailon, perché più resistenti all’uso e più stabili nel mantenere l’intonazio­ ne. La croce del liutista antico era proprio la fragilità delle corde e la loro estrema sensibilità ad ogni variazione del tasso di umidità atmosferica e di temperatura, per cui, con una punta di ironia, si diceva che la maggior parte del suo tempo l’esecutore l’impiegava nel cambiare corde e nel regolarne l’in­ tonazione. Eppure, nonostante questa difficoltà, l’evoluzione del liuto non portò alla riduzione delle sue corde, ma ad un arricchimento e ciò per rendere lo strumento sempre più corrispondente alle esigenze musicali. Quando infatti fu importato in Europa non aveva più di quattro corde semplici, che poi, ad eccezione del canto, furono presto raddoppiate e da allora fùrono deno­ minate cori. Nel corso del Trecento fù aggiunto un quinto coro grave e, verso la fine del Quattrocento, un sesto. Lo strumento aveva così raggiunto la sua forma definitiva: sei cori, di cui il primo a corda semplice, e gli altri cinque raddoppiati all’ottava o all’unisono, accordati secondo il seguente schema: 1

1

Corde, accordatura

Er. 1. Accordatura di liuto a sei cori

1° coro canto

2° coro sottana

3° coro mezzana

4° coro tenore

5° coro bordone

6° coro basso

Abbiamo detto secondo il seguente schema, perché, mantenendo inaltera­ ti gli intervalli tra i diversi cori, l’accordatura variava non solo con il variare delle dimensioni dello strumento, che poteva essere liuto basso, chiamato anche grosso, o liuto tenore, ma pure, ed in maniera determinante, dalla qua­ lità delle corde, in riferimento alla tensione che potevano superare, tensione che doveva essere sempre elevata, senza essere sforzata. Perciò il liuto basso poteva avere due diverse accordature: in Re e in Mi. Dall’acuto al grave così: re1, la-la, mi-mi, do-do1, Sol-sol, Re-re mi1, si-si, fa#-fa#, re-re1, La-la, Mi-mi

E due accordature poteva avere anche il liuto tenore: in Sol e in La. Dall’acuto al grave così: sol1, re^re1, la-la, fa-fa1, do-do1, Sol-sol la1, mP-mi1, si-si, sol-sol1, re-re1, La-la

9

Di queste accordature nelle trascrizioni moderne per chitarra, per ragioni di praticità, viene preferita quella per liuto basso in Mi, essendo essa realizza­ bile anche sulla chitarra moderna, se si ha l’avvertenza di accordare la terza corda in Fa diesis. Nelle trascrizioni per liuto si preferisce adottare l’accorda­ tura in Sol, per evitare di porre troppi accidenti in chiave, che sarebbero in palese contrasto con la sensibilità dei modi cinqucenteschi. Corde vuote

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6° Mi

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4° re 1° si mi 2° 3° fa#

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Es. 2. Intavolatura italiana. Liuto in Mi

Giova però ricordare che l’altezza, in riferimento al corista, era sempre alquanto empirica, tant’è vero che l’intavolatura poteva essere realizzata sopra qualsiasi liuto. Non così però quando l’intavolatura è per canto e liuto, poiché il canto, segnato in scrittura mensurale, ha una sua altezza determina­ ta, che va rispettata. Vedremo avanti negli esempi. Intanto bisogna spiegare che cosa è una intavolatura.

Intavolatura italiana Il termine intavolatura (fr. e ingl. tablature\ ted. Tabulatur) sta ad indicare un tipo di scrittura musicale destinata ad un solo esecutore (organista, liuti­ sta, ecc.), nella quale le parti di una composizione polifonica sono disposte verticalmente su di un’unica tavola o pagina, con la divisione per mezzo di stanghette di battuta. È una scrittura così particolare che rinvia l’interprete 10

direttamente al suo strumento, indicandogli, momento per momento, il posto che le dita devono occupare sulla tastiera. Si differenzia questa scrittura da quella destinata ad esecuzioni collettive, dove ogni singola voce aveva il suo fascicolo a parte, o dove, come nei grandi libroni corali, le voci, pur essendo scritte nella stessa pagina (o meglio coppia di pagine), venivano affiancate fra loro: il canto ed il tenore, sopra; Paltò ed il basso, sotto. L’arte di intavolare, usata contemporaneamente in tutta l’Europa, si mani­ festò tuttavia con diverse particolarità in Italia, in Francia ed in Germania. Il primo esempio di intavolatura a stampa che si conosca è del 1507, opera del tipografo italiano Ottaviano Petrucci (1466-1539). È importante notare che nei due primi libri pubblicati (Spinacino) è contenuta una «Regola per quelli che non sanno cantare», cioè leggere l’intavolatura. Il che fa pensare che c’erano quelli che sapevano cantare e quindi interpretare un sistema di scrittura già in uso. Sulla tavola (noi si direbbe pagina) vengono proiettate le sei corde del liuto: l’esagramma che ne deriva, dal francese portée. è chiamato portata. Pensando poi alla posizione dello strumento in mano all’esecutore, l’intavola­ tura italiana rappresenta la corda più acuta sulla linea inferiore. L’inta­ volatura francese, come si vedrà più avanti, farà il contrario. I tasti sono numerati in ordine di semitono a partire dal capotasto, che è segnato con uno zero. Queste cifre indicano all’esecutore il punto esatto da premere sulla tastiera con le dita della mano sinistra. Così, se lo zero sta ad indicare la corda vuota, 1’1 indica il primo semitono o tasto, il 2 il secondo e così via sino al tasto 9. Per i tasti dal 10 al 12 si usano i segni X, X’, X”, o anche X, V,d. Un esempio di melodia, trascritta per liuto basso in mi, su un solo rigo in chiave di violino, ma con effetto all’ottava inferiore, chiarirà meglio la cosa. Da notare che non vengono presi in considerazione i raddoppi e che l’arco delle due linee, quella dell’intavolatura e quella della trascrizione, è in oppo­ sizione. 1° 6° 2° 3° 4°

Ì

mi------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Mi si ------------------------------------------------------------------- - ---------------■ ■ ------ ---- . fa# 1----- 3--------------------------------------------re -------------------------------------- 9----- 0----- 2----- 3-----------------6-----3----- 2----- 0----------- 9-----

Es. 3. Melodia per liuto in Mi

11

__

Ed ecco un esempio di accordi intavolati e trascritti: 6° 5° 4° Cori 3» 2° 1°

Mi La re fa# si mi

-------------------------1------------- 1----------------------------------------------------- 3--------------------------------------------------------- 0-------------1---------------------------------------- 3------------- e------------------------- !------------- 3---------------------------- 3------------- 3----------------------- j------------ 1--------------1--------------3------------ 2--------------I 1 ------------ 1--------------5------------- 1------------- e---------------

1 ]

---- g

Es. 4. Accordi

Per indicare il tempo, che però non viene sempre segnato, nelle intavolature si trovano gli stessi segni di battuta in uso nella musica mensurale del tempo.

Battuta. Valori di durata e di silenzio Riportiamo qui i ritmi più comuni:

per i tempi binari semplici:

C > (Jj

e per i ternari semplici o binari composti:

3 9 C3j

3

Questi segni tuttavia non sono usati sempre con la dovuta proprietà, per cui può succedere di trovarne segnato uno per l’altro. I valori di durata e di silenzio (graficamente uguali) vengono collocati sopra l’esagramma (raramente nell’esagramma), perpendicolarmente alle cifre cui si riferiscono. Essi si presentano così:

Es. 5. Valori di durata e di silenzio

Le varianti grafiche introdotte da qualche editore non presentano proble­ mi. Da notare poi che il valore ritmico, una volta fissato, di solito non viene ripetuto finché non ci sia un cambiamento, almeno nell’ambito della stessa battuta. Un esempio: 12

6° 5° 4° 1° 2°

Ì

Mi La re mi si

Es. 6. Melodia intavolata e trascritta

Come si può vedere, la grafìa risulta relativamente chiara e semplice. Le cose si complicano quando la pagina intavolata diventa polifonica, perchè non è più possibile indicare con chiarezza i valori esatti delle diverse voci.

Trascrizione integrale trascrittori perciò hanno adottato , , due diversi sistemi: l’integrale e e interpretativa l’interpretativo. Nel primo la versione in grafìa mo­ derna ci dà la pagina com’è nell’intavolatura, che rappresenta, come abbiamo già detto, il momento dell’esecuzione. Nel sistema interpretativo invece il trascrittore interpreta i valori che nell’intavolatura sono appena adombrati. Trascrizione integrale

Trascrizione interpretativa

Es, 7. Gorzanis, Ricercare secondo, dal Terzo Libro (1564)

Dei due sistemi, per significare la continuità delle diverse linee del con­ trappunto, è superiore il secondo, che richiede però, in chi lo realizza, cogni­ zioni sicure di composizione. Il problema di tenere le parti non è di oggi, non per niente alcuni liutisti antichi, quando volevano che nell’esecuzione certi suoni venissero tenuti, apponevano accanto alle cifre delle croci semplici o doppie, con il fine di 13

avvertire l’esecutore di non stac­ care le dita della mano sinistra da quelle determinate note. Più frequenti invece, tra i segni particolari, i punti collocati sotto le cifre: indicano all’esecutore di pizzicare il coro dal basso verso l’alto, coll’indice o col medio. Nei passi melodici poi, le cifre senza il punto vogliono signifi­ care che il coro va pizzicato con il pollice, la cui presenza coinci­ de, di regola, con il tempo forte o con la parte forte del tempo; com’è del resto nel movimento naturale, di indicare il battere dall’alto in basso.

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Es. 9- Antonio Rotta, Gentil Madonna, da Intabolatura de lauto... Libro Primo, Venezia 1546

I primi esempi di discordare il liuto risalgono ai primi anni del Cinquecento e si trovano nelle intavolature di Spinacino (1507) e di Dalza (1508). Generalmente, senza escludere altre combinazioni, si tratta del sesto coro, che viene abbassato di un tono. È questo anche il primo passo verso l’applicazione di bordoni aggiunti, fuori tastiera ed intonati diatonica­ mente, che porterà ad una dilatazione dello strumento verso il grave.

Le “scordature”

. . .

.

Si è sempre scritto che l’uso degli abbellimenti nella grafia musicale sia entrato nella pratica ese­ cutiva soltanto agli inizi dei Seicento, anche per­ ché tutte le intavolature cinquecentesche per liuto riportano le ornamenta­ zioni per esteso: segni particolari di abbreviazione sono totalmente ignorati. La pubblicazione e lo studio dell’intavolatura manoscritta del nobile bre­ sciano Vincenzo Capitola, di proprietà ora della Newberry Library di Chicago, prova invece che, grosso modo, già alla fine del primo ventennio del Cinquecento (epoca nella quale viene collocata la stesura del manoscritto) i compositori ricorrevano a delle abbreviazioni per gli abbellimenti da realiz­ zare con la mano sinistra. Così i tremoli (mordente e trillo) sono segnati con numeri rossi punteggiati. Mentre due punti rossi sopra la nota indicano che l’ornamento è rovesciato, senza però chiarire se va suonato alla distanza di tono o semitono. Ma il manoscritto del Capitola conosce anche altri segni grafici: la trattina trasversale accanto ad un numero per indicare di tenir saldo col deo quella

...

Abbellimenti

15

corda, zoe quella bota', i simboli kD e per significare, il primo l’inizio ed il secondo la fine di note e di passaggi tenuti. Si trovano pure esempi di scordature (abbassamento di un tono del sesto coro) e l’impiego delle due corde della mezzana (terzo coro) al fine di ottenere due suoni diversi. E più che ovvia l’importanza del manoscritto, che pur restando un fatto isolato, mette in discussione certi canoni sull’interpretazione della musica liutistica cinquecentesca, fin’ora ritenuti fuori causa. Tuttavia è con il Seicento che gli abbellimenti diventeranno abituali nelle intavolature: usati sempre più frequentemente, verranno lasciati, per la loro realizzazione, al gusto estroso dell’interprete. Così per il tremolo (trillo) il Piccinini (1623) dirà di eseguirlo in tutti li luoghi dove deve fermare assai, con l’avvertenza però di non esagerare, perché il suonare ne risulterebbe affaticato e stentato. Uno dei segni più comuni è quello dello strascino, ossia il legato tecnico ascendente o discendente: graficamente una legatura di portamento che si estende alle cifre da legare. Veramente di questo tipo di legato, nella forma discendente, ci sono degli esempi anche nel Cinquecento e precisamente nella Intarlatura de lauto. Libro II (Milano 1548), dove, in alcune danze del Borrono, due cifre poste tra parentesi stanno ad indicare lo strascino inferiore per l’appoggiatura discendente, il mordente e persino il trillo. Il trillo a sua volta è indicato da due punti collocati sotto la cifra, se deve essere ricavato sullo stesso coro (Kapsberger), mentre il Piccinini distingue fra tremolo longo (trillo lungo), secondo tremolo (mordente inferiore) e terzo tremo­ lo (vibrato). Giova però ricordare che le indicazioni possono variare da autore ad autore, che normalmente nella prefazione di ogni opera fornisce gli avver­ timenti necessari alla retta interpretazione degli abbellimenti. Il segno del ritornello infine, è fondamentalmente uguale a quello che usia­ mo nella nostra grafia. ,

TntabolatvM

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Frontespizio di Intarlatura de lento..., Marcolini, Venezia, 1536

16

Intavolatura francese L’intavolatura francese, di cui il primo esemplare a stampa è del 1529, fu usato anche nelle Fiandre ed in Inghilterra e, dal principio del Seicento, anche in Germania. Le linee in numero di sei (cinque quasi sino alla fine del Cinquecento) rappresentano i vari cori. Inversamente però al sistema italiano, la corda più acuta, detta chanterelle^ è rappresentata dalla linea superiore. Inoltre i tasti non vengono segnati con cifre, ma con le prime lettere alfabetiche minuscole, dove la a corrisponde alla corda vuota. In certe intavolature per liuto a sei cori, quando la portata è di cinque linee soltanto, il sesto coro viene indicato da lettere, con o senza taglio, poste sotto il pentagramma. Corde vuote

Tasti

Er. 10. Intavolatura francese. Liuto in Mi

Per la segnatura dei valori ritmici, l’intavolatura francese non si discosta da quella italiana, anche se inizialmente le stanghette di divisione della bat­ tuta e le indicazioni del tempo non venivano affatto segnate (edizioni Attaingnant). In una sequenza di valori, viene segnato soltanto il primo della serie. Le pause qualche volta sono poste fra le linee. Quando un suono doveva essere tenuto, veniva seguito da una linea obliqua. . ■■ Per il ritornello doppio si usava il segno: Segue un esempio di trascrizione interpretativa per liuto tenore a sei cori, su portata di cinque linee. 17

Con il Seicento, per vari motivi, si accentua tra i liutisti l’esigenza dell’au­ mento progressivo dei bordoni supple­ mentari. Non solo, ma dopo che già erano stati eliminati alla fine del Cinquecento i raddoppi all’ottava superiore degli ultimi cori, continuano i tentativi di pervenire a nuovi rapporti ed equilibri di distanza tra i cori più acuti (accords nouveaux)y pur rimanendo fondamentalmente ancorati all’accor­ datura rinascimentale. Ciò è largamente testimoniato dalla letteratura francese specialmente. Così il liutista Dufaut (in Ballard 1631 e 1638) adotta i seguenti rapporti mP-doMa-fa-do-sol, dove, rispetto alla tradizione, sono variati gli intervalli tra i primi tre cori, oppure: mib^doMab-fa-do-sol, con varianti tra i primi quattro cori. Bouvier e Dubut, a loro volta (sempre in Ballard 1638) propongono quel­ la che sarà chiamata l’accordatura barocca in re minore: fa^re^sib-sol-re-La, rimasta poi nella pratica sino alla fine del Settecento, anche se ci fu qualche eccezione, come in T. Mace, che preferirà: fa^re^sib-sol-re-La (Flat-PrenchTuningy 1676). Bisogna notare che l’altezza dei suoni qui è fissata e che il I e II coro sono semplici. .

1

1

Accordatura barocca

18

Per quanto riguarda i bordoni (da 5 a 7 nel corso del tempo), questi pos­ sono essere tesi tutti o in parte sulla tastiera, anche se usati unicamente a vuoto, distanziati tra loro ad intervalli diatonici variabili. I cori utilizzati sulla tastiera vanno da 8 a 11. L’intavolatura resta fedele all’esagramma e per i cori supplementari, molto ingegnosamente, ricorre, meno che per il primo, a dei tagli in testa o in collo, come si usa per le note sopra o totto il rigo, così: opp: ;a ' a,

a “a" oppia ^_opp:

Qualcuno trovò più comodo per l’occhio sostituire le lettere con delle cifre, corrispondenti queste al numero dei tagli, a partire da =■ . CL

I bordoni, per esigenze di tonalità in cui era montato il pezzo, pur rima­ nendo sempre accordati ad intervalli congiunti diatonici, potevano presenta­ re delle varianti, che venivano però segnate. Ad esempio: La-Sib-Do-Re-MiFa-Sol oppure La-Si-Do diesis-Re-Mi-Fa diesis-Sol ecc. Nella pagina seguente diamo una tavola interpretativa di come si presen­ tava un’intavolatura barocca.

Una difficoltà non indifferente nelle intavolature francesi viene dall’interpretazione degli abbelli­ menti. E uno studio riservato agli specialisti, anche perché gli stessi segni possono significare cose diverse. Riportiamo qui alcuni fra i più comuni, ricavati dalle intavolature e dai trattati dell’epoca, avvertendo che molto era lasciato alla tradizione e al buon gusto dell’esecutore.

.

.

,

.

1

Segni tecnici particolari

Diteggiatura

per la mano destra

Un trattino verticale sotto la lettera:

CL l

suonare con il pollice.

Un punto sotto la lettera:

a

suonare con l’indice.

Due punti sotto la lettera:

a

suonare col medio.

Un triangolo di punti sotto la lettera:

ft

suonare con l’anulare.

Un punto a destra di una o più lettere di un accordo: arpeggio rapido discen­ dente, con l’indice. a a arpeggio rapido ascendente, con il pollice a a

oppure

arpeggio largo

19

Intavolatura barocca per liuto a 13 cori Es. 12. Intavolatura barocca con tavola interpretativa

---------- - : a a ---------— — a ------------------------- --------------------------- £f.------------------------------------------------------------------- :--------------------- G-------------

5

6



= (4)à

=

75



a

12»

11°

tì!



a

BORDONI AGGIUNTI Cori Z13«

Z7

u

10»

ACCORDATURA BAROCCA

9“

Altezza dei suoni BORDONI Tastiera del liuto

a

Corde 0 a vuoto

b

1" Tasto

c

2° Tasto

d

3° Tasto

e

4° Tasto

f

5° Tasto

g

6° Tasto

h

7° Tasto

i

8° Tasto

k

9° Tasto

1 10° Tasto m 11° Tasto n 12° Tasto

20

Notiamo che la trascrizione degli esempi seguenti è realizzata pensando al liuto barocco con accordatura in re minore.

l’indice e il medio scivolano melodicamente.

accordi consecutivi su più cori da realizzare con il pollice, ad eccezione del più acuto che è riser­ vato all’indice.

i due suoni gravi, disposti su cori consecutivi, vengono realizzati con il pollice, mentre quello acuto con il medio.

barre (capotasto); l’indice disteso preme più cori.

Altri segni quando un coro ha due corde accordate aH'ottava, nel primo caso

A ; ---- -

A a . si suona soltanto la corda grave e nel secondo prima la grave e - ----" ' poi l’acuta.

legatura di valore

ci

legatura di portamento

C

Cl

b

S

oppure ò

c

legatura ascendente

Cl legatura discendente

21

Abbellimenti oppure

( C - CL C

appoggiatura discendente

C, = b C

appoggiatura ascendente

C’

trillo (D. Gaultier, Gallot, Radolt ed altri)

appoggiatura ascendente e discendente (Gallot)

a V/\

9 • S t* >' li ’

acciaccatura o appoggiatura breve ascendenti (D. Gaultier) mordente inferiore di un semitono (Mouton)

°ppure

S X

vibrat0

gruppetto nelle ultime intavolature

()

In quanto a segni di abbellimento la maggiore libertà si riscontra nelle intavolature dei compositori inglesi, per cui in pratica si cerca di uniformarsi allo stile generale dell’epoca e della composizione. a .

appoggiatura discendente o trillo.

appoggiatura ascendente o mordente inferiore, ma anche abbellimento diatonico che sale da una terza sotto.

Ma sia l’uno che l’altro di questi due segni potevano venire usati per qual­ siasi abbellimento in genere.

Intavolatura tedesca I liutisti tedeschi usarono per i vari tipi di strumenti le stesse accordature degli italiani e dei francesi. Si distinsero invece molto per il modo di intavo­ lare: essi infatti, omesse le linee, si servirono soltanto di cifre e di lettere. Questo loro sistema, al dire di Sebastian Virdung, autore di Musica getutsch...

22

(Basilea 1511), un trattato dove vengono descritti gli strumenti del tempo e le loro intavolature, sarebbe stato escogitato dall’organista cieco Conrad Paumann, quando in Germania si usava il liuto a cinque cori, così numerati dal grave all’acuto: Es. 13. Schema dì accordatura di liuto a cinque cori

5

4

3

2

1

Se le cifre indicavano i cori a vuoto, le lettere dell’alfabeto, nella grafia gotica, indicavano i vari tasti, con questa avvertenza, che le prime cinque let­ tere si riferiscono al primo tasto dei cinque primi cori, dal grave all’acuto. Perciò se la lettera a-Sib è sulla quinta corda, sarà la lettera/che indicherà il successivo Si naturale. Esaurite le 23 lettere dell’alfabeto di allora, si usarono due segni analoghi al 7 e al 9, i così detti et e con, per finire la serie dei suoni, riprendendo le let­ tere sormontate da una trattina orizzontale. Per il sesto coro, quando fu introdotto, essendo già di uso comune la divi­ sione delle lettere ora descritta, furono escogitati vari sistemi (se ne contano una ventina), tra i quali trovò maggior fortuna quello di indicare la corda vuota con -Led i tasti successivi con lettere maiuscole (H. Newsidler, 1536). L’intavolatura tedesca insomma, applica un segno diverso per ogni punto della tastiera, così: Es. 14. Intavolatura tedesca

23

I valori ritmici, graficamente molto simili a quelli italiani, vengono segnati sopra le lettere. Più valori uguali vengono raggruppati da lineette orizzontali. Le battute sono divise dalle stanghette. Per la tenuta dei suoni, i liutisti tedeschi usano chi una crocetta e chi una stella. Un punto sopra il segno sta ad indicare che è l’indice della mano destra che deve pizzicare il coro. Judenkùnig vuole la stessa cosa, aggiungendo una trattina girata in su al segno ritmico, così: Es.. 15. H. Newsidler, Kunt ich schòn reines werdes weyb (1536)

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A P ARIS. De riaprimene de Robert Granlon & Michel Fczaadat,au Mone ' S. HylairCjÀ l*Epfeigne des Grandz Ions.

Auecpriuilege duRoy.

Guillaume Nlorlay, Le premier livre..frontespizio, Parigi 1552

104

LA CHITARRA BAROCCA

a chitarra rinascimentale a quattro cori subì una prima trasformazione proprio in Spagna, dov’era stata appena avviata, verso la fine del Cinquecento. Sull’esempio del liuto, che allargava la sua estensione verso il grave, anche la chitarra si diede un quinto coro. La trovata viene solitamente attribuita al poeta Vicente Espinel, ma erroneamente, perché, anteriormente a lui, risulta già descritta da Juan Bermudo, Declaration de instruments musicales, Ossuna 1555. Ad ogni modo, la cosa più importante, a prescindere da chi operò il cambiamento, è che questo tipo di chitarra rimarrà in uso in tutta l’Europa sino alla fine del Settecento, con la qualifica di chitarra spa­ gnola.

L

L’aggiunta del quinto coro portò a delle modifiche anche nell’aspetto este­ riore dello strumento, ormai vicino al modello attuale. La cassa di risonanza diventa più voluminosa, la lavorazione più raffinata, soprattutto nelle decora­ zioni. Il foro praticato nella tavola armonica assume la forma elegante di una rosa, o anche, nella chitarra battente, quella di un imbuto. L’accordatura più comune è la seguente, con varianti per il quarto e quinto coro. Ej. 29. Accordatura di chitarra barocca

Per la musica battente in Ispagna era preferita la variante A. La variante D la si trova in Corbetta e de Visée, mentre Sanz usa la B, preferita nello stile punteado. Naturalmente il trascrittore deve essere molto attento all’accordatura usata, poiché se la variante A e C non creano problemi in quanto altezza dei suoni, le altre invece hanno il quinto coro più acuto del terzo. 105

Intavolatura italiana e spagnola per chitarra a 5 ordini Nel vastissimo repertorio musicale per chitarra barocca ci si trova davanti a due tipi di composizioni: di quelle che seguono la scrittura contrappunti­ stica del liuto (ertilo punteadó) e di altre, abbandonato il sistema di pizzicare singolarmente i cori, prevalgono batterie ritmiche di accordi, detti hotter dove le corde vengono percosse tutte insieme (estilo rasgueadò). Perciò accanto al vecchio sistema di intavolatura per chitarra rinascimentale fu escogitato anche un nuovo tipo di scrittura, nella quale, in una sorta di stenografia musicale, gli accordi vengono rappresentati da lettere o cifre. Ma ci sono moltissimi esempi, lo rileveremo nella letteratura, in cui i due sistemi convi­ vono insieme. Per quanto riguarda il sistema tradizionale, diremo che il primo coro è rappresentato dalla linea inferiore del pentagramma, come nelle intavolature liutistiche. I tasti usati sono 12, di cui i primi, dallo zero (corda vuota) al nono, sono indicati in cifre arabiche, il decimo è segnato con X, l’undicesimo con u oppure y e il dodicesimo, 12. Es. 30. Intavolatura per chitarra a cinque ordini

Corde a vuoto

Cori:











Da notare che i segni ritmici sono uguali a quelli in uso ai nostri giorni, non esclusa la legatura di valore. Inoltre vengono indicati con segni speciali gli abbellimenti, tanto in auge nel periodo barocco, ma sono fondamental­ mente gli stessi che venivano praticati sul liuto. Ecco qui i più comuni: 106

(

: appoggiatura ascendente o mordente

)

: appoggiatura discendente o mordente inferiore —


: appoggiatura ascendente : mordente superiore, se sopra la cifra : mordente inferiore, se sotto la cifra

"

’Z

: trillo

T

: trillo

ff

: vibrato

: vibrato

: vibrato

# •

*

: arpeggio doppio, ascendente e discendente

: mantenere i suoni negli arpeggi (Sanz) : legatura di portamento ascendente

: legatura di portamento discendente

suave

: piano (Sanz)

fuerte

: forte (Sanz)

Qualche volta, oltre all’indicazione del trillo, sopra o sotto la portata c’è pure la cifra della nota ausiliaria (Santiago de Murcia). Inoltre, accanto alle cifre si possono trovare da uno a quattro punti che, nell’ordine, segnano l’in­ dice, il medio, l’anulare ed il migliolo della mano sinistra.

107

Il principio sul quale si basa il secondo sistema, in cui gli accordi vengono segnati con le lettere maiuscole dell’alfabeto {abecedario\ è assai semplice, anche perché era riservato ai dilettanti che non sempre sapevano di musica. Di solito, nella prefazione di queste raccolte chitarristiche, viene pubblicata una tavola con l’abecedario degli accordi maggiori e minori, facilmente rea­ lizzabili. A ciascun accordo, comprendente tutti i cinque cori, corrisponde una lettera, che nel corso della composizione rappresenta quel dato accordo da percuotere. Le prime intavolature di questo tipo sono basate quasi esclusi­ vamente sull’alfabeto introdotto da Girolamo Montesardo e divulgato con 108

la pubblicazione Nuova inventione d'intavolatura per sonare li balletti sopra la chitarra spugninola, senza numeri e senza note, Firenze 1606. Abbiamo detto che il sistema fu introdotto e non inventato dal Mon­ tesardo, perché era stato in antecedenza ideato in Ispagna da Juan Carlos y Amat (1572 ca.-1642) Guitarra espanola de cinco ordenes, la qual ensena de tem­ plar, y tdner rasgado, todos los puntos naturales y b, mollados con ostilo maravilloso, Barcellona 1596. L’opera, che ci è pervenuta nella edizione del 1627, essen­ do andata perduta la prima, ha avuto molte ristampe, sino a tutto il Settecento. L’espressione taner rasgado o rasgueadò si riferisce alla tecnica esecutiva di strappare gli accordi, colpendo le corde a botte, per segnare il movimento rit­ mico della danza o per sostenere il ritmo e l’armonia in composizioni vocali o strumentali. Ma ecco l’alfabeto del Montesardo (accordatura: mP-si-sol-reLa), che finì coll’imporsi anche in Ispagna.

Es. 32. Alfabeto del Montesardo

Montesardo nelle sue intavolature non segna i valori ritmici, che sono suggeriti dalle stesse lettere: se minuscole infatti valgono la metà di quelle maiuscole. Altri autori, dopo di lui, si servirono unicamente di lettere maiu­ scole poste sopra o sotto una linea unica orizzontale, con l’indicazione metri­ ca iniziale, le stanghette di divisione, i valori ritmici, le trattine verso l’alto e il basso, partendo dalla linea stessa, per significare rispettivamente l’accordo strappato dal grave all’acuto e viceversa, e le pause. Altri ancora riducono la serie di indicazioni ad una linea in cui alle botte, segnate dalle lettere maiu­ scole, vengon empiricamente attribuiti valori ritmici, direttamente propor­ zionali alle distanze che intercorrono fra una trattina e l’altra, che a loro volta vanno verso l’alto o il basso, sempre con le stesse finzioni nei confronti delle botte. Questo però avveniva quasi sempre in composizioni destinate alla danza, e perciò la comprensione e la realizzazione di questi segni era meno difficile di quanto si possa credere. Gli esempi che qui diamo serviranno cer­ tamente a chiarire la cosa.

109

Es. 33. Scrittura alfabetica

Gli autori ancora trovarono il modo di ricorrere ad un minor numero di lettere, alleggerendo così la fatica mnemonica dell’esecutore, liberandolo dalla preoccupazione di ricordare tante combinazioni. Così se N indica l’ac­ cordo di Lab in forma di primo rivolto, N3 indicherà lo stesso accordo un tono sopra, cioè l’accordo di Sib in forma di primo rivolto. L’esponente 3, evi­ dentemente indica due tasti sopra, includendo nella conta anche la nota di partenza.

Es. 34. Semplificazione della scrittura alfabetica

Questo tipo di notazione, valido per composizioni senza grandi pretese, subì una evoluzione in meglio, quando i compositori lo trovarono insuffi­ ciente a registrare il loro pensiero musicale. Fu allora introdotta una scrittura di tipo misto, in cui le lettere maiuscole degli accordi e le trattine per scan­ dire il ritmo vennero innestate nel pentagramma dell’intavolatura, portante una notazione analoga a quella per liuto (lettere e intavolatura).

110

La trovata viene attribuita a l’Academico Caliginoso detto il Furioso cioè Giovanni Paolo Foscarini, autore di Intavolatura dì chitarra spagnola, Libro 2°, Macerata 1629- Ma forse ai nostri fini è più importante una sua seconda pub­ blicazione s.l. e a., in cui vengono inclusi alcuni passi nota per nota (picicate al modo del lento), intitolata: Il 1°, 2° e 3° Libro della Chitarra Spagnola, netti quali si contengono tutte le sonate ordinarie semplici, e passeggiate... con alcune sonate picicate al modo del leuto con le regole per imparare a sonarle facilissimamente. Con lo stesso titolo, ma arricchita di un 4° lib. e di un’ incisione con il ritratto dell’autore, l’opera fu ristampata, ancora s.l. e a., I Quattro libri detta Chitarra Spagnola... Un’ulteriore edizione intitolata Li cinque libri...ed Inventarne dì toccate risalgono al 1640. Ma si rimane sempre alla dilettantesca moda delle “botte”. Come generi trattati vi figurano danze di varia e fantasiosa denomi­ nazione, e toccate. La letteratura chitarristica conta anche altre pubblicazioni con il basso continuo segnato sul rigo musicale, le lettere per le botte ed il canto o le voci segnate regolarmente su altri righi (G. Kapsberger, 1610; R. Rontani, 1621). Altri alfabeti furono proposti da Francesco Corbetta (1639), da Giovanni Battista Granata (1646), da Gaspar Sanz (1647), ma non si scosta­ no molto da quello del Montesardo. Tutto questo, detto per linee generali, crediamo sia più che sufficiente per avere un’idea abbastanza precisa su que­ sto sistema di scrittura.

Giovanni Paolo POscarini, Accademico Caliginoso, Li cinque libri..., Poma 1640

111

Intavolatura francese per chitarra a 5 ordini L’intavolatura francese per chitarra a cinque cori usa la portata pentagram­ mata. La linea superiore rappresenta sempre il coro più acuto e le lettere del­ l’alfabeto, come per il liuto, indicano i tasti da premere, dove la lettera a si riferisce alla corda vuota. Le strappate di accordi {batteries) non sono segnate da un qualche abecedario, ma dalle lettere dell’accordo, affiancate dai valori ritmici, che vengono così a trovarsi nel pentagramma ed il gambo rivolto verso l’alto indica che la strappata avviene dall’acuto al grave, ed al contrario se il gambo è rivolto verso il basso. Da notare ancora che nelle strappate i cori a vuoto sono gene­ ralmente sottintesi, mentre vengono segnati con dei punti quei cori che non vanno toccati. L’intavolatura di questo tipo sarà usata in Francia sino ai primi anni del Settecento, quando verrà introdotta la scrittura normale. Diamo qui una tavola dei segni più comuni dell’intavolatura francese: /

: i suoni vanno arpeggiati (de Visée)

V

■------------- -—: legatura di portamento ascendente ----------------- : legatura di portamento discendente : tenuta dei suoni gravi (Campion)

: tenuta dei suoni acuti (Campion) ---------------- : tenuta dei suoni gravi (de Visée)

: vibrato (Corbetta, Campion, de Visée)

J (

: mantenere i suoni consonanti (Corbetta) )

: le parentesi indicano il barré (indice sinistro disteso su più corde) (Campion)

: barré, se sotto la portata (indice sinistro disteso su più corde) (Corbetta) : segno di ripetizione

: i suoni sopra e sotto la linea verticale vanno suonati contemporaneamente (de Visée) : indice destro (de Visée)

112

: medio destro (de Visée)

: i suoni vanno emessi dal pollice destro, se sotto due o più lettere (de Visée)

: i cori con i punti non vanno suonati : la legatura tra le lettere di una botta e il relativo valore, indicano un’appoggiatura ascendente, normalmente verso la caratteri­ stica (Corbetta) : simile all’indicazione precedente, in più c’è il segno che segue le lettere dell’accordo (botta) e che indica la doppia appoggiatura (Corbetta) X

: appoggiatura superiore, quando il segno è riferito a crome e semicrome (Corbetta)

X

: trillo (Campion); in Corbetta al segno è abbinata la lettera indicante la nota ausiliaria

: se segue una lettera: appoggiatura ascendente (de Visée, Campion) )

: mordente inferiore (Campion, Corbetta)

)

: trillo (de Visée) : mordente (de Visée)

Antoine Watteau, Svaghi di comici italiani (dettaglio)

113

Es. 35. E Corbetta, Sarabanda, da “La Guitarre Eoyalle” pag. 75 (1674)

Antoine Watteau, L’incantatore (dettaglio)

114

Letteratura chitarristica barocca Se la produzione liutistica secentesca conobbe una evoluzione senza soluzione di continuità, non così quella chitarristica, che si presenta in due gruppi ben distinti, ognuno dei quali, grosso modo, occupa mezzo secolo. La prima metà del Seicento infatti segna una certa decadenza nella qualità della musica composta: alla ricercatezza dei movimenti contrappuntistici cinquecenteschi, subentra l’uso spagnolo di battere gli accordi {faner rasgueadò), provocato certamente e facilitato dalla nuova concezione dell’accordo, studiato e goduto come entità autonoma. Il chitarrista non cerca più trascrizioni di polifonia, ma si accontenta di ritmare la danza o di accompagnare il cantore con semplici sottolineature armoniche. Anche la scrittura, come abbiamo visto, diventa elementare e le lettere indi­ cano gli accordi già belli e pronti. Tutto ciò è provato da un repertorio per chitarra spagnola particolarmente nutrito, con l’uso esclusivo della notazione con lettere nei vari tipi, con o senza valori ritmici e indicazioni sulla direzio­ ne delle strappate, con righi aggiunti per il basso continuo o le voci, con let­ tere e cifre. Questa trovata di indicare gli accordi con lettere dovuta allo spagnolo Juan Carlos y Amat, che teorizzò il sistema in Guitarra espanola..., Barcellona 1596, prescrivendo l’accordatura del tipo A, soprariportata, ebbe poi maggiori fortune per merito di Girolamo Montesardo autore di: Nuova inventions d'intavolatura per sonare li balletti sopra la chitarra spugninola, senza numeri e note, Firenze 1606. Fu il fiorentino Montesardo un buon compositore di musiche sacre e profane, cantore e chitarrista. Alcuni suoi spostamenti sono segnalati al principio del Seicento, ma viaggiò anche in gran parte dell’Europa. La fama maggiore gli è venuta dalle opere che ha dedicato alla chitarra. Oltre al volume ricordato compose: I lieti giorni di Napoli, concertini italiani in aria spagnuola a 2 e 3 v. con le lettere dell'alfabeto per la chitarra. M^adrigaletti... per cantare alla tiorba, gravicembalo, arpa doppia, et altri istrumenti..., op. XI, Napoli 1612. Degni di nota il dialogo Aim'afflitta e tre arie di soggetto umoristico. Da intendimenti pratici è dettata l’opera di Anonimo, Il primo libro d'intavo­ latura della chitarra spagnuola con una regola facilissima per poter'imparare à sona­ re, accordare e far le lettere di detta chitarra da se medesimo... si contengono anco molte sonate passeggiate..., Roma, Catalani, 1618. Giovanni Girolamo Kapsberger, di cui abbiamo già detto nella lettera­ tura liutistica, è autore di: Libro 1° (1610); 2° e 3° (1619); 4° (1623) di Villanella a 1, 2 e 3 v. con l'intavolatura del chitarrone et alfabeto per la chitarra spagnola, dove il libro 4° è indirizzato, per il suo contenuto, agli ambienti religiosi. Molto curata la scrittura. In queste opere del Kapsberger ci sono le lettere maiuscole per gli accor­ 1.

Italia

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di, ma senza le lineette verticali per le botte', il ritmo è indicato nelle parti vocali. Lo stesso sistema è usato da Giovanni Stefani autore non unico di: Affetti amorosi. Canzonette ad una voce sola... con la parte del basso e le lettere del­ l’alfabeto per la chitarra alla spagnola, Venezia 1618. L’opera ebbe tre altre ristampe. Seguirono: Scherzi amorosi. Canzonette ad 1 v. sola... con la parte del Basso e le lettere dell’alfabeto per la chitarra alla spagnola, Venezia 1620. Giovanni Ambrosio Colonna detto Stamperino, perché probabilmente figlio dello stampatore milanese Giovanni Battista, fu un valente liutista e chitarrista. Pubblicò tre libri di Intavolature di chitarra, alla Spagnuola dove si contengono Passacalli, Polite, et altre arie alla spagnuola, Pass’emezzi Gagliardi, Correnti et arie diverse all’italiana, Milano, 1° e 2° 1620; 3° 1623, ristampati assieme a un 4° libro nel 1637. Anche Benedetto Sanseverino sembra sia milanese. Pubblicò: Il primo libro d’intavolatura per la Chitarra alla Spagnuola de Passacalli, Ciaccone, Saravande... op. 3, Milano 1622. Questo autore usa una intavolatura nella quale sulla linea orizzontale sono delimitate le battute, sono segnate le dire­ zioni delle strappate ed in più il valore ritmico di ogni singola strappata. Ultima pubblicazione chitarristica napoletana del Seicento sembra essere Nuevo modo de cifra para taner la guitarra con variedady perfection, Napoli 1640, opera dello spagnolo Nicolas Diaz (Doizi) de Velasco (sec. XVII), chitarrista al servizio di Filippo IV, re di Spagna. Consistente risulta la produzione del compositore romano Pietro Mil­ lion!, che ha scritto anche per chitarra sola, Corona del primo, secondo e terzo libro d’intavolatura di Chitarra Spagnola, Roma 1627, seguita da altre quattro edizioni, di cui l’ultima del 1676. Il volume è importante perché riporta un alfabeto per chitarra italiana o chitarrino. Dello stesso anno: Intavolatura di chitarra spagnola, 4° libro; Prima impressione del Quinto Libro d’intavolatura di Chitarra Spagnola e Prima scelta di Villanelle accomodate con l’intavolatura per cantare sopra la Chitarra alla spagnola. In società con Lodovico Monte scrisse anche un metodo: Vero e fatil modo d’imparrare a sonare et accordare da se medesimo la Chitarra Spagnola... non solo con l’Alfabetto et accordatura ordinarji ma anco con un altro Alfabetto, et Accordatura straordinarijo nuovamente inventati da Pietro Milione e Lodovico Monte, Roma 1637. Il metodo ebbe molte ristampe. Per l’alfabeto ordinario i due autori intendono quello del Montesardo con leggere modifiche, mentre per alfabeto straordinario uno di loro invenzione basato sulle scordature e riportato nel volume. Il chitarrista bolognese Lodovico Monte da solo curò la raccolta: Vago fior di virtù dove si contiene il vero modo per sonare la Chitarriglia spagnola..., Venezia s.a., ma 1625 ca. Giovanni Battista Abbatessa Bitontino, chitarrista nato a Bitonto (Bari) è autore di: Corona di vaghi fiori overo nuova intavolatura di Chitarra alla

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spagnuola, Venezia 1627; Cespuglio di varii fiori, onero intavolatura di Chitarra Spagnola, Orvieto 1635; Ghirlanda di varii fiori, overo intavolatura di Chitarra Spagnuola, Milano s.a.; Intessitura di vari fiori..., Roma e Lucca 1652. Floriano Pico ha pubblicato: Nuova Scelta di Sonate per la Chitarra Spagnola... Napoli 1608. Il chitarrista e cantante bolognese Agostino Trombetti ha scritto: Intavolatura di sonate nuovamente tradotte sopra la Chitarra Spagnuola, Lib. 1° e 2°, 1639. Angiolo Michele Bartolotti, celebre tiorbista e chitarrista bolognese, fu prima a Roma al servizio della regina Cristina di Svezia (1633) e poi del Principe di Condé (1660). Pubblicò: Intavolatura di sonate nuovamente tradotte sopra la Chitarra Spagnuola. Lib. 1° e 2°, 1639; Libro 1° di chitarra spagnola, Firenze 1640. Fabrizio Costanzi, napoletano, è autore di un volume con pagine anche per quattro chitarre: Fior Novello, Libro lo di concerti di diverse Sonate, Sinfonie e Correnti da sonare con una, con due, con tre e con quattro chitarre alla spagnuola, con l'alfabeto e dichiarazioni da poterle accordare e sonare, Bologna 1627. De l’Academico Caliginoso detto il Furioso (cioè Giovanni Paolo Foscarini) abbiamo detto nella parte generale. Qui aggiungiamo che nella pubblicazione del 1629 sono incluse alcune Sonate a 2 e 3 chitarre differenti. Il chitarrista fiorentino Antonio Carbonchi è noto per aver pubblicato un sistema di scordature in dodici diverse maniere, al fine di ricavare effetti particolari e ricercati. La trovata è contenuta in: Le dodici Chitarre spostate inventate dal Cavaliere Antonio Carbonchi, Firenze 1639, ristampato col titolo Libro Secondo di Chitarra Spagnuola con due alfabeti uno alla francese e l'altro alla spagnola..., ivi 1643. Ricordiamo ancora Sonate di chitarra spagnuola con intavolatura franzese, ivi 1640, dove pur non figurando più l’alfabeto, la scrittura è tutt’altro che raffi­ nata. La maggior parte delle “sonate” è costituita da danze con accordi strap­ pati. Delle istruzioni incluse una ne riportiamo che può essere utile agli ese­ cutori delle musiche chitarristiche dell’epoca: Le ciaccone vanno sonate un poco più allegre de Passacagli', se bene è il medesimo tempo, e le Sonate alla Franzese vanno sonate più allegre, che le Sonate alla Spagnola. Carlo Calvi, Intavolatura di Chitarra e Chitarriglia con le più necessarie e faci­ li suonate a chi si diletta di tal professione havute da duo eccellenti professori e dedica­ te all'ili.mo signore il Sig. Bartolomeo Bolognini. Bologna, Monti, 1646. Dal titolo appare chiaro che il volume si deve a duo eccellenti professori non meglio identificati, tuttavia si suole attribuirne la paternità a Carlo Calvi, che sottoscrive la dedica. Qualche catalogo, imbrogliando di più il problema, ne fa autore il Bolognini, che è invece il dedicatario. Il lavoro, che inizia con una istruzione riguardante la sola chitarriglia, consta di due parti: una comprendente danze per chitarriglia, ritmate, col solito alfabeto maiuscolo; e l’altra costituita da danze ed arie musicalmente interessanti, che hanno anche il pregio di essere presentate col sistema di 117

intavolatura, analogo a quello coevo del liuto, in cui cioè non appare l’alfabe­ to. In questa seconda parte il Calvi riporta delle gustose e delicate versioni di musiche allora tradizionali e di larga diffusione, apparse già alla fine del Cinquecento (Caroso). Francesco Corbetta (1615 ca.-1681) è certamente uno dei chitarristi più noti del suo secolo. Pavese di nascita, nella sua vita movimentata percor­ se l’Italia, la Spagna e la Germania, facendosi ovunque ammirare come com­ positore e come esecutore. Si fermò più tempo alla corte del Duca di Mantova, che lo inviò nel 1656 a quella di Luigi XIV di Francia. Questi aveva mostrato tanto interesse per la chitarra, da creare un nuovo incarico di corte, quello di maitre de guitare du Roy. Prima della venuta del Corbetta il posto era stato occupato da Bernard Jourdan de La Salle (?-1695) e poi da suo figlio Louis. Sull’esempio del re, suonavano la chitarra principi e principesse, e a loro i compositori dedicavano rispettosamente le loro opere. Su questa mania della corte reale Voltaire ebbe a dire sarcasticamente che lì non si sapeva far altro che danzare e suonare la chitarra. Il Corbetta giunto in que­ sto ambiente, fu accolto con grande stima e fù molto ammirato per la sua arte. Passò quindi (1660) alla corte inglese di Carlo II che lo trattò con gran­ de munificenza, onorandolo con il titolo di gentiluomo di camera della regi­ na. Fece in seguito la spola tra queste due capitali per morire a Parigi nel 1681. Pubblicò a Bologna nel 1639 una raccolta intitolata Scherzi armonici trovati e facilitati in alcune curiosissime suonate sopra la chitarra spagnola, dove i passi di danza sono presentati prevalentemente in veste ritmico-armonica, da eseguir­ si con le botte. Invece nell’opera Narii capricii per la ghittara spagnuola, Milano 1643, le musiche intavolate hanno una più larga parte, senza escludere le botte d’uso, e viene pure presentato un metodo per realizzare sulla chitarra il basso conti­ nuo. A Bruxelles a sua volta, nel 1648, fu pubblicato il volume: De gli varii scherzi di sonate per chitarra spagnuola. Come egli stesso avvertì, compose in tutti e tre gli stili: a sole botte, a intavolatura redatta nota per nota, come nel liuto, e coi due modi assieme. Quest’ultima maniera è presente nei due volu­ mi a intavolatura francese La Guitarre royalle, Parigi 1671 e 1674. Il primo contiene dodici suites, ciascuna col suo preludio, mentre il secondo, scritto a «la manière qui plait le mieux à Sa Majesté... le plus delicate, et le moins embarrassante» contiene molti brani per due chitarre. Questi due volumi però richie­ derebbero uno studio critico: sembra infatti che i revisori moderni siano stati fin troppo generosi nei tagli correttivi delle armonie, per non dire dei troppi luoghi comuni sul contenuto musicale. Ricordiamo che le pagine galanti, ricche di abbellimenti, sostengono agevolmente il paragone con quelle dei migliori compositori del tempo, non escluso Lully. Di particolare bellezza ed interesse strumentale la Passacaglia in Re min. dai Narii Capricii.

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Il bolognese Domenico Pellegrini, vissuto sempre nella sua città natale, fu assai ricercato come esecutore ed apprezzato come compositore. Ha pub­ blicato Armoniosi concerti sopra la chitarra spagnuola, Bologna 1650, l’unica sua opera che si conosca. Contiene molte danze dell’epoca, condotte con elegan­ za, piacevolezza e cura di effetti strumentali. L’intavolatura è liutistica con e senza lettere. Interessante la «Regola agli studiosi della chitarra spagnola» dove tra le altre cose il Pellegrini avverte: «Ne' Passacaglia che va' osservato assai il suonar piano, e delicato... nelle correnti, sarabande, & altre suonate, si ricer­ ca il suonar' allegro, ma non crudo & aspro». Per chitarriglia a sole botte, invece, ha scritto Stefano Pesori: Galleria musi­ cale, Verona 1648; Picreationi armoniche overo Toccate di Chitarriglia, s.l. e a.; Lo Scrigno armonico, op. 2, s.l. e a.; Toccate di chitariglia, Parte terza, Verona, s.a.; I concerti armonici di chitarriglia, ibid. Molto fecondo è il famoso chitarrista torinese Giovanni Battista Granata, allievo del Corbetta, vissuto per lunghi anni (1650-1684) a Bologna, dove esercitava l’arte del barbiere chirurgo. Il tipo di scrittura che egli usa è mista: alfabeto per gli accordi e intavolatura liutistica italiana mista alle botte. Sette sono le sue pubblicazioni: Capricci armonici sopra la chi­ tarriglia spagnuola, Bologna 1646; Nuova sciolta di capricci armonici e Suonate musicali in vari tuoni, op. 3, Bologna 1651; Soavi Concenti di Sonate musicali per la Chitarra Spagnuola, op. 4, ivi 1659; Novi capricci armonici musicali in varj toni per chitarra spagnuola, violino e viola concertati et altre Sonate per la Chitarra sola, op. 5, ivi 1674; Nuovi sovavi Concenti di Suonate musicali in varii Toni per la Chittara Spagnola et altre Suonate concertate a 2 violini e Basso, op. 6, ivi 1680; Armoniosi toni di varie. Suonate concertate a 2 violini e Basso con la chitarra spagnola, op. 7, ivi 1684; Nuove Suonate di chitarriglia spagnuola piccicate e bat­ tute, s.l. e a., probabile op. 2, 1650 ca. Da segnalare nei Soavi Concenti la pre­ senza di una sonata per violino, e chitarra, di istruzioni per realizzare il basso continuo e l’impiego della chitarra tiorbata, nella quale, oltre alla serie di cinque ordini di corde, more barocco, figurano altre sette corde gravi, into­ nate per intervalli congiunti. Tomaso Marchetti è autore de 11 Primo Libro d'intavolatura... Roma, 1660 mentre Giovanni Pietro Ricci pubblica un metodo: Scuola d'intavolatura con la quale ciascuno senza Maestro puote imparare a suonare la Chitarra Spagnuola accordare, fare il trillo, il repicco, trasmutar da una lettera all'altra corrispondenti, Roma 1677. Numerosissime furono le edizioni di musica vocale comprendenti l’alfabe­ to per la chitarra al fine di agevolare la lettura del basso per musicisti non avvezzi a leggere la notazione, o semplicemente facilitarli nell’esecuzione. Si evita in questa sede di riportarne i titoli, facilmente reperibili nei repertori principali. Si tenga comunque conto che in questa densa selva di titoli, dove sulle composizioni puramente strumentali prevalgono quelle per voce e chi­ tarriglia, ci sono delle costanti che vogliamo sottolineare.

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Il repertorio è largamente aperto verso la canzone strofica profana (villa­ nelle, canzoni, arie) e sacra, tanto che in quest’ultima si può vedere una diretta continuazione della laudistica filippina. Ma accanto a queste espressioni, ecco convivere forme più dotte, come il madrigale, il mottetto e la cantata, con arie, recitativi e cori, per cui, sfo­ gliando queste raccolte, ci si trova davanti a una sorprendente commistione di stili. Ad un livello più basso le pubblicazioni di danze alla moda, di arie stereo­ tipate con alternanze di ritmi semplici e composti, di pezzi limitati al solo testo poetico e al supporto armonico, fortemente avviato verso il tonale, in notazione alfabetica, dove la voce declama dei recitativi alla maniera dei cantimpanchi. Normalmente però le pubblicazioni sono dotate di notazione figurata per la voce e per il basso continuo, e di lettere per la chitarra. Nel Seicento operò anche Lelio Colista (Calista o Costa) (1629-1680), buon compositore, liutista e chitarrista romano al servizio presso il Vaticano, non solo con mansioni musicali, e presso varie chiese ed istituzioni romane. Compose cantate e musica da camera di alto livello, tanto da essere paragona­ to ad Alessandro Stradella e Bernardo Pasquini ed essere considerato dalla critica come il precursore di Corelli e di Purcell. Nelle sue 6 sinfonie include liuti, chitarra e tiorba. Alcune sue composizioni per chitarra ci sono pervenute in manoscritto (Cons, di Bruxelles, Ms. S.5615), mentre sei pezzi (2 allemande, 2 sarabande, 1 corrente e 1 passacaglia) sono inclusi, a modo di esempio, in Musurgia di Athanasius Kircher (Roma 1560), che lo chiama «Romanae Urbis Orpheus». E conosciuto anche per essere stato maestro dello spagnolo Gaspar Sanz, di cui più avanti. Verso la fine del secolo operò anche il sacerdote mantovano Giovanni Bottazzari, autore di Sonate nuove per la Chitarra spagnuola, Venezia 1663. Chiudiamo la serie di questi compositori con il nobile bergamasco Ludovico Roncalli. Di lui sappiamo che visse a Bologna contemporanea­ mente al Granata. Pubblicò un’unica opera: Capricci Armonici sopra la Chitarra Spagnola, op. 1, Bergamo 1692. Se il nome del Roncalli è assai noto lo si deve al fatto che già alla fine dell’ottocento il suo volume fu trascritto da Oscar Chilesotti e che Ottorino Respighi diede veste orchestrale alla famosa Passacaglia. Tuttavia anche se non tutte le sue pagine sono di levatura così nobile, non bisogna sottovalutare la Passacaglia in La minore, il Preludio e la Giga in Fa maggiore e la fresca e bellissima Giga in Do maggiore.

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Es. 36, L. Roncalli) Gavotta, dalla «Sonata sull’ottavo tuono» (1692)

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-a fi-t--&7-0—7, ,7 con prefazione di Manuel de Falla. Sempre nel campo didattico vanno collocati anche gli Estudios (1946). Egli ha pure curato numerose raccolte di musica antica per case editrici europee e americane. Nel 1927 ha dato inizio alla pubblicazione della “Bibliothèque de musique ancienne et moderne pour guitare” presso le Edizioni Max Eschig di

Miguel Llobet con la chitarra. Seduto alla sua destra il giovane Andrés Segovia.

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Parigi. Tra i molti lavori di trascrizione un posto eminente va all’edizione moderna di musiche per vihuela (strumento che egli dominava perfettamen­ te) di Luys de Narvaez, Alonso Mudarra e Enrique de Valderràbano. Ha infi­ ne firmato saggi e scritti su riviste ed enciclopedie. Come compositore, oltre alle citate opere didattiche, che si raccomandano per serietà di intenti, ci ha lasciato pagine concertistiche piuttosto di maniera, specie quelle ispirate al folclore. Ne ricordiamo qui alcune: El Abejorro, Ondina, Salve, Seguidilla, Trois morceaux espagnols, Impromptu, Canción de Cuna, Homenaje a Tarrega. Nello stesso periodo operarono anche: Regino Sainz de la Maza (1897-1986), fondatore della cattedra di chi­ tarra nel Conservatorio di Madrid. Autore di gusto tardoromantico lasciò brani per la maggior parte ispirati al folclore spagnolo (E/ vito, Andalusa, Rondena, Estudio-Scherzo, Meditation ecc.). Fu il dedicatario e il primo esecuto­ re del Concierto de Aranjuez di Joaquin Rodrigo e ha il merito di aver compiu­ to ricerche sulla musica per vihuela. Compose per chitarra anche il fratello, Eduardo Sainz de la Maza, per lo più brani di colore tra i quali Campanas del Alba che riscosse un discreto successo per un certo periodo. Bartolome Calatayud (1883-1973) di Mallorca, fu legato al folclore della sua isola. Angel Barrios (1882-1964), amico di Manuel de Falla, fondò nel 1900 il “Trio Iberia” (chitarra, liuto, bandurria), con il quale diede numerosi concerti in patria e all’estero. La sua produzione comprende opere liriche, orchestrali e pianistiche. Per chitarra ha scritto pezzi caratteristici ispirati al folclore anda­ luso. 1 .

.La chitarra dopo la prima guerra

La chitarra con Segovia mondiale, incominciò a essere , guardata dai compositori con una e dopo Segovia nuova attenzione: non più come

strumento di ruolo popolare, ma come strumento nobile, dalle molte possibilità espressive. A questo movi­ mento, preparato anche dagli studi musicologici, diede un moto progressiva­ mente accelerato il grande chitarrista spagnolo Andrés Segovia (Linares 1893-Madrid 1987), per il quale scrissero, come vedremo, moltissimi compo­ sitori, senza però che egli andasse, nelle proprie scelte, oltre i tardo-romantici. Segovia esordì come autodidatta, dando già nel 1913 a Madrid il suo primo applaudito concerto di chitarra. Da quel giorno, ogni nuova apparizio­ ne concertistica ha segnato un crescente successo di critica e di pubblico. Le sue personalissime interpretazioni, sostenute da una profonda aspirazione di perfezione in ogni particolare, hanno portato la chitarra nelle sale da concerto di tutto il mondo, come strumento solista e concertante. Per arricchire il repertorio ha curato trascrizioni e pubblicazioni, anche di alto virtuosismo strumentale, di musiche di autori antichi e contemporanei (Bach, Brahms, 158

Grieg..Ha pure al suo atti­ vo alcune brevi pagine: Remembranza, Estudio sin luz, Oración, 5 Anecdotas ecc. Lo sforzo di diffondere la chitarra nel mondo lo ha por­ tato a intraprendere un’inten­ sa attività pedagogica, cui hanno attinto giovani di ogni paese (ha insegnato per molti anni anche all’Accademia Chigiana di Siena). Ma il grande Accademia Chigiana di Siena, 1956. Andrés Segovia, merito di Segovia gli viene dal Alirio Diaz (destra), Ruggero Chiesa (in fondo) fatto di avere sollecitato molti compositori a scrivere per la chitarra. In un’epoca in cui gli ambienti colti snobbavano se non addirittura disprezzavano la chitarra in quanto strumento popolare, Segovia si valse della sua maestria di esecutore e del suo carisma per ribaltare questa situazione. Così già nel 1918 Federico Moreno Torroba (1891-1982) compo­ neva per Segovia alcuni pezzi legati alla scuola nazionale spagnola: il primo brano conosciuto è Danza (1919) poi confluita nella Suite castellana (in 3 movimenti, 1926). Seguono: Nocturno (1923); Burgalesa (1928); Preludio (1928); Serenata burlesca (1929). Ma è nella Sonatina (1924) e nelle Piezas caractensticas, in 2 voli. (1931) che la sua ispirazione, inclinante a un bozzet­ tismo colorito ed estroverso, raggiunge i risultati migliori. La produzione successiva denuncia una tendenza alla ripetitività. Si tratta in genere di pagine di scarso interesse compositivo, dove un compiaciuto spagnolismo sembra essere fine a sé stesso: Puertas de Madrid] Madronos; Castillos de Espana] Aires de la Mancha. Ha anche scritto per quartetto di chi­ tarre: Estampas e Rafagas. In Concierto de Castilla e in ELomenaje a la Seguidilla ha affrontato positivamente il non facile rapporto tra chitarra e orchestra. Ricordiamo inoltre che della Sonatina esiste anche una versione per chitarra e orchestra. Nel 1920 Manuel de Falla (1876-1946) compose il notissimo tìomenaje pour le Tombeau de Claude Debussy (soddisfacendo Llobet che gli aveva richiesto una pagina), una delle opere più belle della letteratura chitar­ ristica moderna. Ponendosi alla confluenza tra memorie popolari (il cante jondo andaluso) e reminiscenze impressionistiche (alla fine si innesta un ele­ mento tematico apparso nella debussiana Soirée dans Grenade), Falla dà vita a un brano austero basato su una timbrica essenziale e prosciugata. Qui più che altrove si coglie l’atto di nascita della chitarra moderna, la ricerca di un’idiomaticità propria dello strumento capace di tagliare i ponti con un retaggio fatto di compiacenze salottiere ed esteriore pittoricismo. 159

Joaquin Ttorina (1882-1949) si perfezionò a Parigi alla Schola cantorum. Nel suo linguaggio, tra romantico ed impressionista, confluiscono ele­ menti ritmici e melodici del folclore spagnolo. Nella sua notevole produzio­ ne, dove prevale l’interesse per il pianoforte (egli era un ottimo pianista), figurano cinque pezzi per chitarra di buon livello, stilisticamente omogenei ed equilibrati. Sevillana op.29 (1929); Fandanguillo op.36 (1926), il cui andalusismo appare interiorizzato e sublimato; Rafaga op.53 (1930); Sonata op.61 (1931); Homenaje a Tarrega (Garrotin, Soleares. 1935). Joan Manén (1883-1971), celebre violinista e compositore di zarzuelas, di musica sinfonica e da camera, ha scritto per chitarra un solo lavoro, la Fantasia-Sonata op. 22. Si tratta di una composizione solistica di grande respiro costruita secondo il modello ciclico della sonata tardoromantica. Più avanzato risulta il linguaggio di Federico Mompou (1893-1987), il quale si è formato ed è vissuto tra la natia Barcellona e Parigi, aderendo alFmpressionismo debussiano, che egli inserì nel mondo iberico, com’è evi­ dente nell’impegnata Suite Compostelana (Preludio-Coral-Cuna-RecitativoCanción-Muneira) (1958) e nella Canción y Danza XIII (1972). Alla chitarra si volsero nel 1933 alcuni esponenti della cosiddetta “Gene­ razione del 27”: Julian Bautista (1901-1961) con Preludio y danzai Gustavo Pittaluga (1906-1975) con Homenaje a Mateo Albeniz ed Elegia. Homenaje para la tumba de Murnau. Solo nel 1980 è stata riportata alla luce la Sonata per chitarra (1933) di Antonio José (1902-1936), dimenticata per quasi cinquant’anni così come il suo autore, morto per mano delle truppe falangiste durante la guerra civile spagnola. Per dimensioni e qualità, la composizione si pone tra i brani più rilevanti della letteratura chitarristica del primo Novecento. Nei quattro movimenti che la compongono (Allegro moderato-Minueto-Pavana tristeFinal) affiora la lezione di Ravel, ma ripensata con originalità e acuta flessibiltà ritmica. Di José si conosce per chitarra anche il Romancillo infantila pagina minore. Meno originale, anche se più abbondante, appare la produzione chitarri­ stica di Joaquin Rodrigo (1902). Allievo di Dukas a Parigi, vive a Madrid dove ha insegnato storia della musica presso l’Università. I primi lavori per chitarra sono Sarabanda lejana (1926); En los trigales (1938) e Entre olivares. Nel 1939 scrive il Concierto de Aranjuez per chitarra e orchestra, a cui resta tutt’ora legata la sua fama: un’opera di grande effetto e sagacia melodica, che ha il suo limite in uno spagnolismo di maniera e non di sostanza. Ma per Fimmenso successo riscosso, il Concierto de Aranjuez rientra forse più nella categoria del fenomeno di costume; non stupisce dunque che taluni l’abbiano preso a bersaglio come simbolo di quel gusto reazionario e nazionalista voluto dalla politica culturale franchista. Osservato oggi con occhi scevri da pregiu­ dizi, il Concierto de Aranjuez appare un’opera dal fascino astuto, ma sincero. 160

Rodrigo continuerà a scrivere molto per la chitarra, ma, ad eccezione dei Tre pezzi spagnoli (1953) e di Invocación y Danza (1964), il filone folclorico, inserito in un linguaggio legato al passato, si rivela perdente. Elenchiamo comunque: Tiento antiguo; Elogio de la guitarra; Sonata a la espanola; Sonata gio­ cosa; Bajando de la meseta; Tonadilla per 2 chitarre. Nel campo dei concerti per chitarra e orchestra ha cercato di replicare la formula del Concierto de Aranjuez, senza però mai raggiungere esiti altrettanto felici: Fantasia para un gentilhombre (1954), basata su temi di Gaspar Sanz e dedicata a Segovia; Concierto andaluz per 4 chitarre (1967); Concierto madrigai per 2 chitarre (1965-68); Concierto para una fiesta (1982). Su questa linea, più o meno, si sono tenuti decine di altri compositori, le cui opere, dignitose ed anche piacevoli, risultano troppo conservatrici e ripe­ titive. Tra questi: Vincente Asencio (1908-1979) che ha scritto Suite Nalenciana, tre Homenajes e Suite mistica', Manuel Palau (1893-1967), di cui si ricorda il Concerto Levantino; ed altri. Ha nuociuto forse a questi musicisti Tessere tagliati fuori, per le condizio­ ni politiche del loro paese, dalle correnti più evolute. Tant’è vero che quando aperture ci sono state (Falla, Turina, Gerhard) il livello si fa europeo, senza rinnegare la originale impronta nazionale. È il caso di Roberto Gerhard (1896-1970), il primo compositore spa­ gnolo (ma era di origine franco-svizzera) ad avvicinarsi alla dodecafonia. Allievo di Felipe Pedrell a Barcellona, e di Arnold Schoenberg a Vienna, insegnò in patria fino al 1938, quando, esule, si stabilì in Inghilterra. Alla chitarra ha dedicato Fantasia (1958), pagina deliziosa cui non è estranea la citazione folclorica, mentre come strumento accompagnatore l’ha usata in Cantares per voce e chitarra (1957). La chitarra compare anche nell’organico cameristico di Libra, per sei strumenti (1968). In un linguaggio post-impressionistico si è espresso Antonio Ruiz-Pipó (1934), componenedo Cancion y danza nn.1-4; Estancias (3 pezzi); Canto libre y fioreo; FLommage à Cabezon, pezzo non facile; 8 Preludios; Nenia; Tiento por tiento; Canto a la noche per voce e chitarra; farcias per flauto e chitarra. Da citare infine Tablas e Tres in raya per chitarra e orchestra Salvador Bacarisse (1898-1963) è stato autore di un Concertino per chitarra e orchestra (1957) che a suo tempo conobbe una certa notorietà. Un temperato modernismo è alla base dei due concerti per chitarra e orchestra di Antonio Garcia Abril (1933): Concierto Aguediano e Concierto Mudejar. Però dopo gli anni Sessanta, la letteratura chitarristica spagnola appare segnata e influenzata dall’avanguardia e gli autori sono: Cristobai Halffter (1930) con Codex I (1963); Joseph Mestres-Quadreny (1929) con Preludi; Xavier Benguerel (1931) con Versus e Konzert con orche­ stra; Tomàs Marco (1942) con Albayade; Naturaleza Ntuerta con guitarra, Paysaje grana, due Concerti, Duo concertante per due chitarre; Carlos Cruz de

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Castro (1941) con Algo (1972), Caminos per due chitarre (1974) e Manierista (1979); Claudio Prieto (1934) con Solo a solo per flauto e chitarra (1973); Joan Guinjoan (1931) con Phrase (1979); Francisco Guerrero (1951) con Erotica per voce e chitarra (1978-81); Luis de Pablo (1930) con Fabula (1991); Felix Ibarrondo (1943) con Cristal y piedra (1978) e Pakoruntz per due chitarre (1979); José Ramon Encinar (1954) con Abhava per chitarra e nastro magnetico; El aire de saber cerrar los ojos per chitarra a 10 corde, Estudio de alturas. Un lucido confronto con la tradizione è alla base della recente produzione chitarristica di Gabriel Fernandez Alvez (1943): Fantasia, Sonata poetica, Sonata virtual e l’espressiva Liturgia de Cristal (12 preludi). Dei maestri portoghesi citiamo soltanto Fernando Lopes-Gra^a (1906), autore di musiche concepite nell’ambito del folclore iberico e di fattura neo­ classica: Preludio e baileto (1968); Partita in sei movimenti (1970-71).

A differenza di quanto accade in Europa, nell’America latina la chitarra non ha mai dovuto soffrire complessi d’inferiorità. I com­ positori sudamericani hanno sentito l’approdo alla chitarra come una conse­ guenza naturale. D’altra parte, la commistione tra popolare e colto è uno degli aspetti più tipici della cultura sudamericana a tutti i livelli. Anche nell’accogliere le formulazioni più radicali dell’avanguardia, i musicisti hanno sempre ricercato una connessione col substrato autoctono, prescindendo dai cerebralismi che hanno accompagnato i colleghi d’oltreoceano. Non si può cominciare questo capitolo senza menzionare il paraguayano Augustin Barrios detto Mangoré (1885-1944), esecutore meraviglioso, della classe di Segovia, che non seppe affrontare i grandi pubblici internazionali e rimase confinato nel suo mondo sudamericano, dove rac­ colse soddisfazioni in veste di esecu­ tore e compositore. Le sue musiche riflettono una grande capacità di assimilazione sti­ listica; si va dall’imitazione barocca (Gavota al ostilo antiguo, Gavota madrigal), a quella classica ^Preludi, Studi), dalla romantica (Confesión, Julia Florida, Mazurka apasionata, Un suono en la floresta) al pezzo de­ scrittivo (Las Abejas, Pals de abanicò) e folclorico (Danza Paraguaya, Ma­ xime, Caazapa). Augustin Barrios .

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America Latina

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Un ruolo di incalcolabile portata ha avuto Heitor Villa-Lobos (18871959), per l’ajDporto notevole di musiche e per il suggestivo trattamento della chitarra. È considerato il maggiore compositore brasiliano. Autodidatta di gran talento, fu colpito ancora giovane dalla belezza e dalle forza ritmica del folclore patrio. Per questo intraprese viaggi di ricerca, pubblicando un’importante raccolta di canti popolari: Canto orfconico, 2 voli. (1940 e 1950). Il suo linguaggio composito e personale nello stesso tempo, fa appello a molteplici suggestioni: la polifonia bachiana, l’armonia impressionista e la metrica stravinskiana. Per chitarra scrisse opere impegnative e di grande spontaneità. Egli stesso del resto maneggiava con proprietà lo strumento, avendone da un lato appre­ so i rudimenti sui metodi per chitarra dell’ottocento (Carulli, Sor, Aguado, Carcassi), dall’altro avendolo suonato nei chóros, piccoli complessi che ese­ guivano il repertorio folclorico cittadino. Nella prima opera per chitarra a noi pervenuta, la Suite populaire bresilienne (1908-1912), l’eclettismo dell’ispirazione è ricondotto al comune deno­ minatore del folclore brasiliano, come dimostra l’uso dei doppi titoli: Mazurka-Choro, Schottisch-Choro, Valsa-Choro, Gavota-Choro (un quinto movi­ mento, Chorinho, venne inse­ rito nel 1923). Segue il fresco Choros n.l (1920), dopodiché Villa-Lobos parte alla volta di Parigi (1923). Là avviene l’incontro con Segovia, per il quale verranno scritti i Dodici Studi (1929), opera importan­ te di avviamento alle diffi­ coltà della musica moderna, che ben figura, per ricchezza d’espressione anche nei pro­ grammi concertistici. Negli Studi., la scrittura per chitarra fa un deciso balzo in avanti: non è più derivata, come nell’Ottocento, da modelli piani­ stici e orchestrali, ma è mo­ dellata sulle caratteristiche dello strumento. Sul piano espressivo il richiamo al fol­ clore brucia ogni residuo di compiacimento salottiero e si sfoga in un vitalismo ora bar­ barico ora incantarorio. Heitor Villa Lobos 163

I Cinque Preludi (1940) scritti dopo il rientro in Brasile, mettono in secon­ do piano l’aspetto tecnico e ripiegano su un equilibrato, e a tratti ma­ linconico, lirismo. Risale al 1951 il Concerto per chitarra e piccola orchestra, ulteriore tentati­ vo di inquadrare il folclore in una cornice di distesa classicità. Da ricordare ancora Sextetto mistico per flauto, oboe, saxofono, chitarra, arpa e celesta (1917), Distribuito de flores per flauto e chitarra, e la trascrizione per voce e chitarra della Bachianas Brasileiras n.5. Rimanendo nel Brasile, troviamo Mozart Camargo Guarnieri (1907), il quale si avvale di un linguaggio ispirato al folclore, amalgamato però con tecniche armoniche moderne. Per chitarra ha composto: 3 Estudos, Ponteio, Valsa Choro. Di buon impegno è pure la produzione di Radamés Gnattali (19061988), compositore autodidatta, pianista e direttore d’orchestra, che per chi­ tarra sola ha scritto: Danza Brasdeira, Saudade, Toccata em ritmo de samba nn. 1 e 2, e 10 Studies (1976) di elegante e piacevole fattura. Per violoncello e chi­ tarra è Sonata, per due chitarra la suite Retratos, mentre Concerto carioca è per chitarra e pianoforte. Più aderente al folclore, ma di ispirazione generosa ci sembrano i piacevo­ li Valsa (12 pezzi) di Francisco Mignone (1897-1986), che ha studiato a Milano. E autore anche di Twelve Etudes. Un gruppo di giovani compositori brasiliani, liberandosi da uno stagnan­ te passato, scrive ormai in uno stile più internazionale, proprio dei postweberniani: Jorge Antunes y Freitas (1942), autore di Sighs', Edino Krieger (1928) di Ritmata', Marlos Nobre (1939) di Momentos I-TV, Ciclos nordestinos e Yanomami per coro, tenore e chitarra. Venendo al Messico, va ricordato innanzi tutto Manuel Maria Ponce (1882-1948). Compiuti gli studi in patria, nel 1903 venne in Europa per migliorare la sua formazione, studiando a Bologna e a Berlino. Rientrato in patria nel 1908, fu molto attivo nella organizzazione della vita musicale. Nel 1923 incontrò Segovia per il quale scrisse Miegretto quasi una serenata, confluito poi nella Sonata mexicana. Si trasferì a Parigi (1925-32), perfezionandosi con Paul Dukas e vivendo un periodo di intensa attività compositiva. Rientrò a Città del Messico divenendo direttore del Con­ servatorio e rallentando l’attività creativa. Nella sua copiosa produzione passò attraverso varie esperienze: da un linguaggio folcloristico a quello impressionista e poi neo-classico. Il talento di Ponce si esercita tanto nella grande forma che sul pezzo breve. All’inizio si rivela molto abile nell’imitazione stilistica {Sonata Romantica “omaggio a Seubert” del 1928, Sonata classica “omaggio a Sor” del 1930, Suite in Ea magg. nello stile di Weiss), ma risultati ancor migliori ottiene nelle composizioni originali, sia sonate (fonata III del 1927; Sonatina meridional del 1932) che variazioni Variations sur “Polia de Espana” et Fugue 164

del 1929). I 24 Preludi (1929) sono opera di buon valore artistico e didattico. Per chitarra sola ha anche scritto: Thème varie et Pinate (1926), Variations on a theme of Cabezon (1948), Seis preludios cortos, Tre pezzi, Valse, 2 Vinetas, Alborada, Balletto (attribuito a Weiss), Estudio. Di grande impegno è il Concierto del Sur (1941), eseguito per la prima volta da Andrés Segovia a Montevideo. Ma sono buone pagine anche Sonata per chitarra e clavicembalo, Suite in 5 movimenti e Preludio per chitarra e clavi­ cembalo. Anche Carlos Chavez (1899-1978), allievo di Ponce, tra i maggiori com­ positori messicani, ha scritto per chitarra una interessante raccolta di Tre pezzi. Il linguaggio basato su schemi ritmico-melodici del patrimonio folclo­ rico azteca è arditamente moderno. Interesse per la chitarra ha dimostrato l’argentino Julio Salvador Sagreras (1879-1942), noto per aver pubblicato nel 1922 un metodo artico­ lato in vari volumi: Las lecciones de guitarra. Si tratta di una raccolta di studi suddivisa in sei livelli di progressiva difficoltà. È anche autore di altre pagine tra cui è celebre Colibrì. Al folclore si sono ispirati pure gli argentini: Carlos Guastavino (1914) che è stato molto generoso verso la chitarra scrivendo 3 Sonate, Cantilenas, Bailecito, La tarde en Eincón e Jeromita Linares per chitarra e quartetto d’archi; Angel basala cui si devono Preludios Americanos, Homenaje a L. Gianneo, Homenajes (Bach, Debussy, Falla). Siamo in piena modernità con Alberto Ginastera (1916-1983), composi­ tore d’avanguardia, spentosi a Ginevra dove viveva, il quale ha saputo inne­ stare il folclore nella impegnata Sonata op. 47 (1976) che si articola in quat­ tro elaborati movimenti (Esordio, Scherzo, Canto, Finale). Astor Piazzolla (1921-1992) ha scritto Cinco Piezas per chitarra, dove convivono nel linguaggio romantico il folclore e il jazz. Ha scritto inoltre Tango Suite per due chitarre, Histoire du tango per flauto e chitarra, e Double Concerto per chitarra, bandoneon e orchestra d’archi. Alfonso Broqua (1876-1946), nacque a Montevideo e studiò con d’Indy a Parigi, dove poi visse. Egli appartiene a quel gruppo di compositori sudame­ ricani idealmente legati alla scuola spagnola e all’impressionismo. Scrisse molta musica per chitarra, che deriva la sua forza dal folclore uruguayano. Nella revisione di Pujol, sotto il titolo Evocaciones criollas, figurano sette numeri. Scrisse anche Sept Etudes Créolles e, per due chitarre, El Tango. Uruguayano è anche Carlos Pedrell (1878-1941). Studiò con lo zio, il musicologo Felipe Pedrell, e con d’Indy a Parigi dove si stabilì dopo il 1921. Nella sua produzione utilizza molto gli elementi folcloristici. Di effetto sicu­ ro sono Danzas de las tres princesas cautivas e Trois pièces di cui il terzo, Guitarreo, è uno strappa applausi. Il gusto del chitarrismo iberico rivive nella produzione di Guido Santorsola (1904-1994). Nato in Italia, si trasferì ancora bambino con la fami­

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glia nel Brasile, ma svolse la sua attività a Montevideo (Uruguay). Per chitar­ ra ha scritto: Sonata, Cinco Preludios (1959), Cuatro tientos dove approda alla dodecafonia, Nals romantico (1944), Sonata n, 2 (Hispanica), Sonata n. 3 (1971), Sonata n. 4 (Italiana), Tre capricci, Seis bagatelas, Suite antigua, 3 Airs of court, Cinco canciones, Sonata per due chitarre (1962). È anche autore di un Concertino per chitarra (1942), di un Concerto per due chitarre e di Sonoridades 1973, doppio concerto per chitarra e clavicembalo. Sarebbe ingiusto non citare Abel Carievaro (1918), noto didatta e con­ certista, ma anche compositore di merito: 5 Preludios americanos, Cronomias I, 5 Estudios. Nell’Ecuador si è fatto notare Carlos Bonilla Chavez scrivendo Elegia y Danza e Preludio y Yumbo, mentre a Cuba bisogna registrare un Preludio y Danza di Julian Orbón (1925-1991) (ma qui siamo poco più su della musica leggera). Lo stesso discorso vale per la Sonata di José Ardevol (1911-1981); Canción triste e Preludio di Carlos Farinas (1934); Fantasia e Pequena Suite di Harold Gramatges (1918); 6 Variaciones sobre un tema de Milan di Joaquin Nin-Culmell (1908). Il portoricano Roberto Sierra (1953) è autore di un interessante Triptico per chitarra e quartetto d’archi (1990) nel quale mescola modernismo e rit­ mica caraibica (la salsa). Ha anche scritto una sorta di omaggio a VillaLobos, Toccata y lamento (1993), e 3 Cronicas del descubrimiento per flauto e chitarra Una menzione a parte merita il compositore-chitarrista cubano Leo Brouwer (1939) di cui è particolarmente noto Elogio de la danza (1968). In precedenza aveva scritto: Danza caracteristica (1958); Tres apuntes (1959); Estudios sencillos (1961). Il suo linguaggio si manifesta in un’ottima scrittura strumentale. Influenzato da matrici popolari, da riminiscenze bartokiane, arriva a comprendere l’avanguardia in: Canticum (1968); La espirai eterna (1970), dalla scrittura interessantissima, alla Ligeti; Tarantos (1973-74) e Parabola (1974), dove arriva all’aleatorio. Però, a partire da Decameron Negro (1981) in tre parti (El harpa del guerrero, La huida de los amantes por el valle de los Ecos, Ballada de la doncella enamorada), c’è il ritorno ad un’im­ mediatezza folclorica, senza rinunciare al cromatismo. Paisaje cubano con campanas (1986) e Sonata (1990) confermano la svolta stilistica. Per chitarra e orchestra ha scritto: Tres danzas concertantes (1958), Concerto (1972), Concerto de Liège (1980), Retrats Catalans (1983), Concerto elegiaco (1986), The Toronto con­ certo (1987). Nel Cile segnaliamo soltanto Juan Orrego-Salas (1919), autore molto fecondo e noto musicologo. Per chitarra ha scritto Esquinas, composizione degna di rispetto. Quasi tutti questi compositori del Sud America si sono resi attivi (eccetto Ponce e Villa Lobos) soltanto dopo la seconda guerra mondiale: prima siamo nel campo dilettantistico. Al cambiamento di indirizzo in meglio hanno con­ 166

tribui to numerosi concertisti , tra i quali spicca il venezuelano Alirio Diaz (1923), allievo di Sojo e poi di Segovia. Diaz ha arrangiato per chitarra molte musiche folcloriche, tra cui quelle del suo maestro e conterraneo Vicente Emilio Sojo (5 Pieces from Venezuela) e ha curato la raccolta Pezzi popolari lati­ no-americani. Più noto come compositore che come esecutore è l’altro vene­ zuelano Antonio Lauro (1917-1987), cui si devono alcuni simpatici brani ispirati al folclore patrio: 4 Valses Venezolanos, Suite Venezolana, Sonata para guitarra, Six Venezuelan Pieces e inoltre il Concierto per chitarra e orchestra. Altri esecutori-compositori da ricordare sono Maria Luisa Anido (19071996), legata alla maniera di Llobet di cui era stata allieva, e Jorge Labrouve (1948) autore di 12 Etudes, di Sintesis II (1969) per due chitarre, Nucleos (1972) e Disenos (1973). Il suo stile risente della scuola di Darmstadt.

Da sinistra'. Emilio Pujol Domingo Prat, Juan Carlos Anido, Maria Luisa Anido, Miguel Llobet

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1.

Anche in Italia, prima che si facesse sentire l’influenza di Segovia, il campo della composizione chitarristica era in mano unicamente ai compositori chitarristi, legati al passato otto­ centesco, ma che tuttavia tennero accesa la fiamma del chitarrismo italiano, mai dimentico completamente del suo passato. Le loro composizioni, pur di maniera e decandenti, sono aderenti sempre alle possibilità dello strumento. Li ricordiamo brevemente. Luigi Mozzani (1869-1943), la cui posizione storica è stata paragonata a quella di Llobet per la Spagna, ma con meno grinta innovatrice. Le sue com­ posizioni ricordano un po’ il mondo martucciano e si presentano in forme brevi e caratterizzate: Peste tarlane (1906), Sei capricci (1908), Coup de vent (1908), Par le sentier fleury, Pecueillement, Preghiera. Giovanni Murtula (1881-1965) non solo compositore, ma anche giurista ed insegnante di storia ed estetica musicale a Rovigo, segue Mozzani, dal quale non si discosta molto come livello. Delle sue circa cento composizioni per chitarra ricordiamo: Studio e Pondo fantasioso, Serenata spagnola, Studi, Trittico ecc. Benvenuto Terzi (1892-1980) fu buon concertista. Fondò e diresse la rivista “La chitarra” (Bologna 1934-43), pubblicando pure Dizionario dei chi­ tarristi e liutai italiani, (Bologna 1937). Nelle sue composizioni rivela unica­ mente una buona fantasia nelle trovate strumentali: Sera di maggio, Barcarola, Pastorale ecc. La musica chitarristica italiana fece un notevole balzo in avanti quando entrò in scena Castelnuovo-Tedesco, sollecitato dalla presenza di Segovia e de Falla al Festival di Musica Contemporanea di Venezia. Mario Castelnuovo-Tedesco (1895-1968), musicista fecondo e versatile, rimase sempre fedele a sé stesso e al suo linguaggio di partenza, di scuola pizzettiana, per cui col passare degli anni, l’interesse per la sua musica andò lentamente scemando. Nessun compositore moderno ha dedicato tanta assiduità, sino all’ultimo, alla composizione chitarristica e con risultati assai notevoli: circa 200 opere. Le prime composizioni per chitarra rivelano una gioia per la scoperta di sonorità nuove, che si traduce in musiche assai piacevoli, con uno sguardo anche al passato strumentale italiano: Variazioni attraverso i secoli op. 71 (1932), Sonata “omaggio a Boccherini” op. 77 (1934), Capriccio diabolico op. 85 (1935), Tarantella (1936), Concerto in Re maggiore per chitarra e orchestra op. 99 (1939). Intanto la persecuzione razziale contro gli ebrei si faceva sempre più pres­ sante e il compositore, abbandonata Firenze, cercò rifugio negli U.S.A., dove, alla fine, approdò in California. La sua musica, perduto l’ottimismo di prima si fa più “oggettiva”. Ricordiamo: Pondo op. 124 (1946), Suite op. 133 (1947); una serie di 50 pezzi vari {Aria da Chiesa, Ballatella, Canzone ca­ labrese) con la quale il compositore riallaccia i rapporti con l’Italia (1954-

Italia

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1967); 3 Preludi mediterranei op. 176 (1955), Escarraman op. 177 (1955), Passacaglia op. 180 (1956), 3 Preludi del Circeo op. 194 (1961), 24 Caprichos de Goya op. 195 (1961) a modo di brevi didascalie sonore sulle celebri acqueforti di Goya, cui non è estraneo un certo autobiografismo di amaro dolore; Sonatina canonica per due chitarre op. 196 (1961); Les guitares bien tempérées op. 199 (1962) dove sono raccolti 24 preludi e fughe per due chitar­ re; Fuga elegiaca (1967), Appunti op. 210 (1967-68) in 4 volumi postumi, una raccolta di pezzi con finalità didattiche, rimasta però incompiuta. Importante è il contributo cameristico di Castelnuovo-Tedesco con Quintetto per chitarra e archi (1950); Sonata op. 205 per flauto e chitarra (1965); Fantasia op. 145 per pianoforte e chitarra (1950). Ma ci sono anche opere per voce e chitarra: Ballata dall"esilio (1956); Die Nogelweide Lieder op. 186 (1959) per voce di baritono; Fiaterò y yo op. 190 (I960) di complessivi 28 pezzi per narratore e chitarra su testo di Juan Ramon Jiménez, di cui è possibile l’esecuzione anche senza recitante; The Divan of Moses-ibn-Ezra op. 207 (1966); Romancero gitano op. 152 (1966) per coro e chitarra su testi di Garcia Lorca. Tra le opere per chitarra e orchestra da segnalare ancora Serenade op. 118, Concerto in Do maggiore op. 160 (1953); Concerto op. 201 per due chitarre (1962) dedicato, come la già menzionata Sonatina canonica al famoso duo Presti-Lagoya. Ricordiamo ancora che del Capriccio diabolico esiste anche una versione con orchestra, op. 85b (1945). A questo punto il via era ormai dato e nuove energie entrarono in campo. Se la strada indicata da Pujol (tendente a rivalutare il patrimonio antico) e da Segovia era certamente giusta, e il ricorso al folclorismo spagnolo e latino­ americano dava dei risultati assai felici, questa stessa strada conduceva anche ad un vicolo cieco. La chitarra cioè correva il rischio di venir esiliata, come scrive Giulio Confalonieri, “in una determinata zona del passato” e confinata “fra le strutture del folclorismo e del pittoresco quasi oleografico”. A reagire per prima a questa tendenza e a gettare una pietra nello stagno fu Casa Ricordi, commissionando ad alcuni compositori moderni, non necessa­ riamente chitarristi, dei pezzi per chitarra. Nacque così quell’album intitolato Antologia per chitarra (1961) a cura di Miguel Abloniz, con nove composizioni di musicisti di diversa tendenza: Georges Auric, Mozart Camargo Guarnieri, Giorgio Federico Ghedi'ni, Gianfrancesco Malipiero, Goffredo Petrassi, Francis Poulenc, Joaquin Rodrigo, Henri Sauguet, Carlos Surinach. Gian Francesco Malipiero (1882-1973) ha pagato il suo tributo scriven­ do un Preludio. Giorgio Federico Ghedini (1892-1965) si è pure limitato ad uno Studio da concerto, di solida forma tripartita. Anche se alcuni di questi autori si fermarono qui, senza più scrivere per chitarra, altri continuarono, come Goffredo Petrassi (1904), uno dei più grandi compositori del nostro tempo. Nella sua vasta produzione, vocale 169

e strumentale, che sempre mantiene il passo con l’avanguardia, il cui lin­ guaggio è libero e personalissimo, anche la chitarra trova una sua collocazio­ ne. Si è sentito attratto da questo strumento “per la sua intimità, il suo mistero e il suo timbro” e le ha dedicato alcuni significativi componimenti: Suoni notturni (1959), un brano molto suggestivo fu il contributo di Petrassi alla sopra menzionata Antologia'^ Nunc, in un solo movimento articolato in

Prima pagina del manoscritto di Nunc di Goffredo Petrassi

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varie sezioni, presentato in prima assoluta al Festival di musica contempora­ nea di Venezia nel 1972. La scrittura chitarristica a prescindere dai valori poetici di grande qualità, si fa notare per la flessuosità del fraseggio, per la varietà timbrica, per le preziosità contrappuntistiche e ritmiche. Petrassi, poi, sposa la chitarra con il clavicembalo in Alias (1977), con Tarpa e il mandolino in Seconda Serenata-Trio (1963). Essa entra in dialogo con una famiglia più numerosa in Grand Septuor avec clarinetto concertante (1978), nella Sestina d'autunno (1981-82) ed è infine inserita nell’organico orchestrale del Concerto per flauto (I960). Altri autori italiani, di cui la maggior parte è nota per altre musiche di collocazione estetica già definita, vengono qui brevemente citati: Riccardo Malipiero (1914), compositore dodecafonico, ha scritto: Aria variata sulla Follia (1979); 2 Ballate per voce e chitarra (1965) e Liebesspiel per flauto e chitarra (1982). A sua volta Roman Vlad (1919), figura eminente nella vita musicale italia­ na, ha pubblicato Ode super “Chrysea Phorminx” per chitarra e orchestra (1964). Ricordiamo ancora che Ennio Portino (1910-1959) ha incluso la chitarra nell’opera Organo di bambìA nel balletto Mondo tondo e nel Concerto dell'Argentarola per chitarra e orchestra (1953), dove il nostro strumento, senza spingersi in esplorazioni virtuosistiche, svolge un importante ruolo concer­ tante. Giulio Viozzi (1912-1984), fecondo compositore triestino, il cui lin­ guaggio si distingue per un personale eclettismo di ambito mitteleuropeo, è stato ancora più generoso pubblicando: Fantasia (1964), Racconto (1974), Suite variata (1978), Studio cromatico (1982), Sonata (1984), mentre sono ine­ dite altre pagine. Ettore Desderi (1892-1974) oltre ad un trittico, Serenata-ImprovvisoTarantella, ha scritto Toccata e Fuga. Di tendenza conservatrice è Giuseppe Rosetta (1900-1985), autore di una forunata serie di pezzi assai piacevoli: Preludi per Gilardino; PreludioBarcarola e Scherzo; Sonatina; Weissiana; Canti della pianura; Canzoni dell'Alta Italia; Mirage; Sei poemi brevi; Fantasia. Franco Margola (1908-1992), nella cui abbondante produzione trovia­ mo: Ballata da concerto; Otto studi da concerto; Dieci composizioni; Notturno; Leggenda; varie Sonate^ di cui tre per flauto e chitarra; Trittico; Otto pezzi; 2 Preludi; Quattro episodi per flauto e chitarra e Concerto breve per chitarra e orchestra d’archi. Lo stesso linguaggio, ma un po’ più sul sentimentale, si trova anche nella graziosa serie “La serra" (7 Preludi) di Mario Barbieri (1888-1968). Tra i compositori del primo Novecento troviamo ancora: Virgilio Mortati (1902) autore di un Omaggio ad Andrés Segovia; Ballata e Sonatina miniature^ pagine di un linguaggio post-pizzettiano; Piccolo concerto per chitarra e archi. 171

Di un linguaggio più avanzato (fu allievo di Dallapiccola) si è servito Bruno Bartolozzi (1911-1980) in Tre pezzi; Adles; Omaggio a Gaetano Azzolina e in Memorie, per tre chitarre e orchestra Un libero metodizzare, esteso al totale cromatico e incastonato in una timbrica distillata quanto allusiva, è alla base del lessico di Bruno Bettinelli (1913), che, per la consistenza e la qualità delle sue pagine, è ormai un classi­ co della chitarra. Ha composto: Improvvisazione (1970), in forma di una fanta­ stica cadenza; Cinque preludi da concerto (1971); Quattro pezzi (1972); Sonata breve (1976); Dodici Studi (1978-79), di grande rilevanza e attualità; Come una cadenza. A queste opere bisogna aggiungere: Musica a due per flauto e chitar­ ra (1982); Divertimento per due chitarre (1982); Concerto per chitarra e archi (1981) e Due liriche per voce e chitarra (1977). Citiamo ancora Felice Quaranta (1910) che, in Divagazioni, non disdegna la modernità; e Ruggero Maghini (1913-1977), autore di From Fantasy e Umbra. Della generazione degli Anni Venti ci sembra di dover cominciare con Luciano Chailly (1920), il cui rigore contrappuntistico è presente in In­ venzione su quattro note, pagina atonale e di raffinata interiorità; Sonata; Recitativo e Fuga per chitarra, violino, viola e violoncello Neoclassico risulta il linguaggio di Carlo Prosperi (1921), autore di Canto dell*arpeggiane. Egli ha però tentato con successo anche la musica da camera con chitarra: In nocte, per violino e chitarra; In noctesecunda per chitarra, clav. e archi. Due raccolte si devono ad Aurelio Peruzzi (1921) e precisamente: Quattro pezzi, Soledades, Due studi da concerto e Sei canzoni d’amore, mentre Commentare è per tre chitarre e Concerto per quattro. Sergio Marciano (1922), buon autore di musiche organistiche e sacre, ha abbordato anche quelle chitarristiche in Partite e Ricordanze, entrambe pub­ blicate nel 1971. Degna di rilevo, per i risultati raggiunti, 1’opera di Wolfango Dalla Vecchia (1923), dotto autore di Variati amorosi momenti. Nell’ambito della dodecafonia si inseriscono gli esordi chitarristici di Ennio Morricone (1923) con i Quattro pezzi (1957), mentre tutt’altra atmo­ sfera domina il Terzo Concerto per chitarra, marimba e orchestra d’archi (1991). Eclettico è il discorso di Franco Mannino (1924), che ha composto Sonata breve (1967) e Notturno incantato (1993). Giorgio Ferrari (1925) ha pubblicato Divertimento (5 pezzi, 1968), 7 In­ venzioni (1977) e Introduzione e Danza (1993). Dei chitarristi-compositori di questa generazione citiamo Mario Gangi (1923), con le sue composizioni comprese nel Metodo per chitarra. Carlo Mosso (1931-1995), autore legato alla modalità, con Quattro danze nello stile modale; Forskalia; Tre canzoni piemontesi; Omaggio a Manuel de Falla, Quaderno I, II e III, dove convivono diatonismo arcaico e dodecafonia; Canzoni per strumenti e chitarra 172

Sergio Chiereghin (1933) con Passacaglia; Planh e Giga; Trois chansons jouées, di calda ispirazione; invenzioni Lied e Studio; Sotto tenera erba; Simmetrie per 2 chitarre; Dialoghi per violino e chitarra e Quattro tempi. La musica di altri autori riflette le maniere apprese più o meno direttamente dalla Scuola di Darmstadt. Ci sentiamo di dover incominciare con il chitarrista Alvaro Company (1931), che, pubblicando Las seis cuerdas (1963), ha offerto ai compositori come un prontuario di quanto si può tentare sulla chitarra, usando una scrit­ tura d’avanguardia. Di recente ha composto Leos pas de deux per due chitarre e Qneiron. Camillo Togni (1922-1993) ha dedicato alla chitarra Quasi una serenata (1979) e l’ha impiegata assieme al flauto in Cinque pezzi, entrambi interes­ santi lavori dodecafonici. Ha scritto anche Fantasia (So manche nacht e In alter Zeit, 1988-1989), e Der Doppelganger per quattro chitarre. Aldo Clementi (1925) è ritornato al liuto scrivendo nel 1978 Fantasia, brano aleatorio su frammenti di Michelangelo Galilei, inserendolo lo stesso anno anche nell’organico di Otto frammenti, mentre alla chitarra ha dedicato Dodici variazioni (1980) e Reticolo: 3 (B.A.C.H.). Assai avanzata risulta naturalmente la musica di Franco Donatoni # Ru-fFpru Chiesa.

Frammento della prima pagina di Algo di Franco Donatoni

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(1927) in Algo - Due pezzi per chitarra (1979) e in kse (Algo II) per voce e chi­ tarra (1990), come pure quella di Bruno Maderna (1920-1973) in Aulodia per Lothar per oboe d’amore e chitarra (1965) e in Y después, per chitarra a 10 corde (1972). Luciano Berio (1925) aveva inserito la chitarra (anche elettrica) negli organici orchestrali di Nones, Alleluja II e Divertimento, Nel 1988 la gratifica di un importante pezzo solistico, Sequenza XI, nel quale tecniche che fanno parte della storia dello strumento (rasgueados, tremoli, ecc.) servono da stimo­ lo per una condotta altamente virtuosistica. Ricordiamo pure che Sylvano Bussotti (1931), uno degli esponenti più in vista della musica odierna, ha incluso la chitarra in Rara Requiem per 7 voci miste, chitarra e orchestra (1969); in Rara, per quintetto e archi (con lo stesso titolo anche per chitarra sola); in Ultima rara per chitarra e voce reci­ tante (con lo stesso titolo per 3 chitarre e chitarra sola); Mobile-Stabile per chitarra, canto e pianoforte, e infine nell’organico di Manifesto per Kalinowski e nella Lorenzaccio Symphony, Ci vengono poi incontro Girolamo Arrigo (1930), con Serenata (1962); Giacomo Manzoni (1932) con Echi (1984); Armando Gentilucci (19391989) con Nei quieti silenzi (1983); Paolo Castaldi (1930) con Battente (1976-77); Azio Gorghi (1937) con Consonancias y redobles per chitarra e nastro magnetico (1973). Una posizione isolata ha assunto Giacinto Scelsi (1905-1988) che in KoTha (1967) tratta la chitarra come uno strumento a percussione. Venendo agli autori nati negli anni Quaranta troviamo: Gilberto Bosco (1946), autore di Rifrazioni (1977), Melisma per flauto e chitarra (1981); Berceuse per flauto, chitarra e pianoforte (1981); A due, d'im­ provviso per chitarra e clavicembalo (1994). Adriano Guarnieri (1947) ha scritto Ber Armando (1990) e Infinite riso­ nanze... inquiete (1992), dove il suono della chitarra è manipolato al computer. Nel variegato panorama dell’ultima generazione si segnalano: Variazioni sulla notte e Onde di Lorenzo Ferrero (1951); Alborada di Luca Francesconi (1956); Tre pezzi, Concerto per chitarra e orchestra e Chanson d'aube per chitarra e flauto di Alessandro Solbiati (1956). Tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta si registra una crescita qualitativa del movimento chitarristico. Uno dei maggiori artefici di questo balzo in avanti è Ruggero Chiesa (1933-1993), il quale con le sue numerose pubblicazioni diede il via all’adozione di un criterio di scrupolosa fedeltà critica al testo e contribuì come pochi alle riscoperta e rivalutazione del repertorio antico e ottocentesco. Un vasto movimento di opinione si è formato intorno alla rivista “il Fronimo” da lui fondata nel 1972. Esemplare la sua Storia della letteratura del liuto pubblicata a puntate sulle pagine de “il Fronimo”, interrotta però nel 1987. Ruggero Chiesa, alla preminente attività di trascrittore e musicologo, aggiunse la pubblicazione di opere didattiche: 174

Tecnica fondamentale della chitarra., 3 voli., e Guitar Gradus: Metodo elementare per chitarra. Un ruolo primario svolge pure il chitarrista-compositore Angelo Gi­ lardino (1941), la cui attività è maggiormente ancorata alle problematiche contemporanee e si concretizza nella “Collezione di Musiche Contemporànee per chitarra” (1968) da lui diretta. Gilardino ha composto in un linguaggio assai aggiornato: Abreuana, Qcram, Estrellas para Estarellas, Appaloosa, Tre­ pidazioni per Thebit, 60 Studi di virtuosità e trascendenza (5 volumi) 2 Sonate, Variazioni sulla follia, e alcuni concerti per chitarra solista e varie formazioni chitarristiche. È autore del trattato La tecnica della chitarra (fondamenti mecca­ nici) e di un importante volume sulla storia della chitarra nel Novecento (vedi Bibliografia). Nel giusto rilievo va anche posta fattività musicologica (senza dimentica­ re quella di trascrittore e di didatta) di Bruno Tonazzi (1924-1988) che con il suo volume Liuto, vihuela, chitarra..., per primo ha dato agli allievi dei conservatori italiani la chiave per trascrivere in notazione moderna le antiche intavolature. Lodevole pure, per sicurezza e precisione di informazione, la pubblicisti­ ca di Danilo Prefùmo, Mario DelfAra, Francesco Gorio (con approfondite monografie su Molitor e Matiegha), Marco Riboni, Mario Torta (importan­ tissime le tesi di laurea degli ultimi due su Giuliani e Carulli rispettiva­ mente) ed altri, come si può vedere nella bibliografia a cui si rimanda.

Nel campo della letteratura chitarristica moderna, una menzione particolare va alla scuola ingle­ se, la quale soltanto in ordine temporale viene dopo quella spagnola e italiana. Al suo fiorire ha contribuito una bella schiera di esecutori, aperti al mondo contemporaneo, quali Julian Bream (1933), John Williams (1941) e altri. Venendo ai compositori troviamo Reginald Smith-Brindle (1917) che è vissuto a lungo in Italia dove si è perfezionato con Pizzetti e Daliapiccola, due maestri notevolmente diversi. Per questo, dopo un’iniziale tendenza italo-ispanica, è approdato alla dodecafonia. L’elenco delle sue composizioni, dov’è notevole il contributo alla didattica con i tre volumi di Guitarcosmos (80 pezzi con implicazioni stilistiche da Rameau a Stockhausen), comprende: Nocturne (1947), Danza pagana (1948), Fuego fatuo (1948), Sonatina fiorentina (1949), Vita senese (1949), LI Polifemo de oro (1956, nuova versione rivista e ampliata 1981), November memories (1976), Do not go gentle... (1976), Memento (1975), Pour poems of Gama Lorca. Scrisse inoltre Chant du monde (1983) per orchestra di chitarre, percussioni e narrato­ re, Concerto lirico per chitarra e tastiera elettronica, Music for three guitars per tre chitarre. Anche Stephen Dodgson (1924) ha dedicato molta attenzione alla chitar­

Gran Bretagna

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ra, di cui conosce le possibilità polifoniche ed espressive. Usando un linguag­ gio prossimo alla atonalità, ha prodotto delle ottime pagine quali le tre Partite (1963, 1976, 1982), Fantasy-Divisions, Legend, Saraband, Serenade, Duo concer­ tante per chitarra e clavicembalo (1968), Follow the Star per tre chitarre, due Concerti per chitarra e orchestra (1956, 1972), Sonata for Three per chitarra, flau­ to e viola. Ma Dodgson ha rivolto la sua attenzione anche alla didattica, pub­ blicando [20] Studies in due volumi e Progressive reading for guitarists. I 20 Studi, aumentando la capacità di lettura e la curiosità tecnica verso forme ritmiche e sonore non prevedibili, aiutano il chitarrista a capire il linguaggio moderno. Lennox Berkeley (1903-1989) un artista più anziano di una generazio­ ne, sollecitato (come Dodgson) dall’attività concertistica di Bream, dedicava alla chitarra Sonatina op. 51 (1958) e più recentemente, Theme and variations (1970) pagine di nobile fattura neoclassica e di alto valore estetico. Notevoli gli effetti chitarristici. Da citare ancora la raccolta per canto e chitarra Songs of the Half-Light op. 65 e il Concerto op. 88 per chitarra e orchestra dedicato a Julian Bream dal quale è stato anche tenuto a battesimo. Bream ha pure il merito di aver tenuto a battesimo il Nocturnal op.60 (1963) di Benjamin Britten (1913-1976), uno dei pezzi più autorevoli composti per chitarra negli ultimi decenni. Si tratta di otto variazioni e Pas­ sacaglia su un tema di Dowland {Come, heavy sleep dal 1° libro dei Songs'). L’esposizione del tema, con effetto catartico, avviene alla fine, cosicché le variazioni assumono il carattere di fantasmagorie, trasognamenti. Altrettanto determinante è stato il contributo di Britten al repertorio per voce e chitarra con gli ironici Songs from the Chinese op. 58 (1957) e con i deliziosi Folk Song Arrangements. Michael Tippett (1905) ha confermato nella Sonata The Blue Guitar (1983) una notevole predisposizione per lo strumento già messa in luce nei teatrali Songs for Achilles per voce e chitarra del 1961. Malcolm Arnold (1921) è autore di Fantasy op. 107 (1970), pagina solida in sette episodi ricchi di idee; Concerto op. 67 con orche­ stra (1958), dove il lento centrale è un blues elegiaco di nobile fattura; e Serenata per chitarra e archi (1955). Un lessico dodecafonico altamente lirico contraddi­ stingue Richard Rodney Bennet (1936), allievo di Julian Bream Berkeley e Boulez, autore 176

di Concerto per chitarra e orchestra da camera (1970); di [5] Impromptus (1968), di grande rilevanza per il repertorio moderno; e della Sonata (1983). Alan Rawsthorne (1905-1971) ha lasciato incompiuta alla sua morte una bella Elegy. Tom Eastwood (1922) ha pubblicato in Italia tre pezzi di un linguaggio piuttosto vicino al post-romanticismo: Amphora; Ballade; Romance et Plainte. William Walton (1902-1983), il grande musicista innamorato dell’Italia, ha composto nel 1971 Five Bagatelles, pagine molto eseguite, di un bel calore post-romantico e ricche di suggestioni mediterranee. Ma egli è anche autore di Anon in Love per voce e chitarra Con linguaggio post-weberniano si è espresso l’irlandese Denis Apivor (1916), affermato operista e sinfonista. Per chitarra ha composto: Concertino (1954); Ten string design per violino e chitarra; Variations op. 29 (1958); Discanti op. 48 (1970); Saeta op. 53 (1972), mentre Sen Canciones de Federico Garcia Lorca op. 8 sono per voce e chitarra (1946). Humphrey Searle (1915), ha scritto un pezzo dodecafonico, Five op. 61. Peter Racine Fricker (1920) è autore di Pasco (1971), un pezzo da concer­ to di eccellente fattura. Particolarmente riuscita è la Ballad op. 45 (1971) di Bernard Stevens (1916), autore pure di Autumn Sequence op. 52 per chitarra e cembalo, e tutte le composizioni di Thomas Wilson: Three pieces (1961), disposti alla maniera di una sonata, allegro-lento-allegro; Canción (1971); Coplas del ruisenor (1971); Dreammusic; Soliloquy (1969), pagina di un linguaggio molto evoluto ed esteticamente molto valida. Lo stesso si può dire del pezzo Swan Song di David Dorward, della ispirata pagina Music for guitar(s) di Edward McGuire (1936), e di Canto di John McCabe. Una miscela di elementi seriali e modali caratterizza lo stile di Peter Maxwell-Davies (1934), allievo di Petrassi, che ha scritto Lullaby for Ilian Rainbow (1972), l’evocativo Hill Runes (1981) e la Sonata (1983/84). David Bedford (1937), allievo di Lennox Berkeley e di Luigi Nono, ha dedicato alla chitarra sola Vou asked for it (1969); ha impiegato ben 10 chitarre in Nurse’s Song with elephants (1971). Due chitarre elettriche infine sono l’organico di 18 Bricks Left on April 21st (1968). John Williams

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Nell’alveo della “nuova complessità” rientrano Brian Ferneyough (1943) con l’intricatissimo Kurze Schatten (1984-87), di matrice post-seriale; e lo scozzese James Dillon (1950) con Shrouded Mirrors. In Gran Bretagna c’è anche un buon numero di chitarristi-compositori con una produzione di buon livello. Tra questi il primato va a John W. Duarte (1919) con oltre 80 numeri d’opera. Con una certa spregiudicatezza e non senza una vena di umorismo ha tratto motivo di composizione da diversi tipi di folclore: Variations on a Catalan Polk Song op. 25 (1956), English Suite op. 31 (1963-65), Suite piemontese op. T1 (1958), Sonatina lirica (1971). Ha tentato anche la dodecafonia in A// in a Row op. 51 (1972), e il linguag­ gio d’avanguardia in Night Music op. 65 (1976). Buone alcune sue pubblica­ zioni didattiche, frutto di una lunga esperienza in materia, quali Foundation Studies in Classic Guitar Technique e il trattato Melody and Harmony for Guitarists (1980). Vasta anche la sua attività di trascrittore e revisore. Di Oliver Hunt (1934), didatta di valore e compositore che sa esprimersi in tante maniere stilistiche, ricordiamo Garuda, composizione a programma di raffinati effetti ritmici e di colore. Accanto ai chitarristi-compositori inglesi si può collocare anche Gilbert Biberian (1944), nato ad Istambul (Turchia) ma cresciuto in Inghilterra. Autore di tendenza eclettica, domina bene i vari linguaggi moderni. Tra le sue opere Sonata n. 3, Monogram, Greek Suite, Prelude & Fugue.

I compositori tedeschi hanno aperto alla chitarra soltanto recentemente, dopo la seconda guerra mondiale, pur avendo accolto con entusiasmo, negli anni Venti, le ese­ cuzioni concertistiche di Llobet e Mozzani, e dato spazio all’editoria (“Gitarren Archiv” della Schott-Mainz) grazie all’interesse del chitarrista Heinrich Albert e del musicologo Fritz Buek. Non è un elenco sovraccarico quello delle composizioni chitarristiche apparse in Germania, però è di buon livello. Forse perché la chitarra viene ancora vista come strumento appartenente ad altre culture, pur avendo avuto questo paese esecutori della levatura di un Heinrich Albert (1870-1950) autore non solo della raccolta didattica Gitarre. Etùden-WerV in sei volumi, che si riallaccia al romanticismo di Mertz, ma anche di buone composizioni come Capriccio^*raeludium, Unruhe ecc.; e di Siegfried Behrend (1933-1990) autore di Movimenti e trascrittore dei famosi 6 Kleinen Klavierstilcke op. 19 di Arnold Schonberg. Ultimamente comunque si nota un grande fermento nel movimento chitarristico. Tra i maestri legati alla conservazione, ma moderni a loro modo, ricordia­ mo Friedrich Karl Grimm (1902) autore che ha manifestato interessi in tutti i campi della composizione, affermandosi come pianista, insegnante e musi­ cologo. Alla chitarra ha dedicato Due pezzi op. 150 di cui il primo, Movimento spagnolo, vuole essere un omaggio a de Falla.

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Germania

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Sono pagine di buona fattura e piacevoli i Drei Stiicke e Gitarresolo (1958) di Heinz Friedrich Hartig (1907-1969), presente nella musica da camera con Reflexe op. 52 per chitarra e clavicembalo, Stiicke per flauto dolce e chitarra, Concertante Suite op. 19 con orchestra e Perchéop. 28 per coro e chitarra (1958). Il mondo onirico e agreste è invece espresso in Impressionen; Passacaglia und Puge e Vier Suiten di Hermann Ambrosius (1897) autore anche di una Suite per tre mandolini. Dignitose le pagine di Rudolf Wagner-Régeny (1903-1969) autore di Fìinf Miniaturen e Sonatina. Di alto valore artistico è il contributo di Paul Hindemith (1895-1963) che ha scritto un Rondò per tre chitarre (1925), rielaborato anche per due chitarre. Ancor più consistente per qualità e ampiezza è rapporto di Hans Werner Henze (1926), che è considerato tra i più significativi maestri della musica moderna e nel cui linguaggio, con ampio eclettismo, conflui­ scono elementi che vanno dalla tonalità al folclore e alla dodecafonia. Per chitarra sola ha composto i molto noti Drei Tentos (1958), tratti dalla “Kammermusik 1958”, che contiene pure i Drei Fragmente nach Holderlin per tenore e chitarra. Henze ha di nuovo usato la chitarra in combinazione con voce, flauto e percussione in El Cimarrón (1970), e insieme a mandolino e arpa in Camion, Récitatif et Masque (1974). Dopo le poderose (per ampiezza) sonate Royal Winter Music I e II per chitarra (1976, 1979), ispirate a perso­ naggi shakespeariani, ha scritto nel 1986 An Eolische Arphe, per chitarra e orchestra Un posto particolare lo detengono anche i Drei Studien (1967) di Gottfried Von Einem (1918) di solida impostazione. Herbert Baumann (1925) ha scritto un Konzert per chitarra e orchestra e Toccata, Elegia e Danza. Accanto a questi autori troviamo i seguaci della dodecafonia, come Jurg Baur (1918) autore di Drei Fantasien di sicuro effetto, e quelli ancora più avanzati, fino all’aleatorio, come Giinther Becker (1924) autore di Metathesis (1965); Peter Michael Braun (1936) autore di Monophonie; Georg Kroll (1934) autore di Estampida (1968); Bertold Hummel (1925) autore di Metamorphosen (1969). Ricordiamo infine che Spirai di Karlheinz Stockhausen (1928) è eseguibile anche su chitarra. Nell’opera di Mauricio Kagel (1931), argentino di nascita, ma tedesco d’adozione (vive a Colonia), l’indagine si fissa sulla gestualità dell’esecutore e la chitarra è colta in un’ottica di straniamento: Sonant per chitarra, arpa, con­ trabbasso e timpani (I960); Musi per 12 mandolini, 12 chitarre, violoncello e contrabbassi (1971); Mare nostrum per baritono, contratenore, flauto, oboe e chitarra (anche mandolino e liuto) (1975). Helmut Lachenmann (1935), pur partendo da premesse diverse (è stato allievo di Nono), investe problematiche simili nel pezzo Salut fur Caudwell per due chitarre (1977). 179

Nel Novecento austriaco, molto più. che altrove, la chitarra compare in un elevato numero di musiche cameristiche. In questo si può scorgere una linea di continuità con il secolo precedente, nel quale lo strumento era legato alla dimensione del far musica insieme {Biedermeier e Hausmusiìz). Alcuni compositori rivolgono la loro attenzione alla chitarra nell’insieme della famiglia orchestrale, più come strumento di colore che solistico. Ad esempio Gustav Mahler (1860-1911) nel Nachtmusik (3° movimento) della Sinfonia n. 7 usa la chitarra in maniera impressionistica; Anton Webern (1883-1945) la impiega a sua volta nei Cinque pezzi per orchestra op.10 (1911-13). In Drei Lieder op. 18 per voce, clarinetto e chitarra (1925), il compositore ricava dagli strumenti un sottofondo dalle sonorità magiche, sulla quale la voce disegna le sue linee. Anche in 7/wei Lieder op. 19 per coro misto, celesta, chitarra, violino, clarinetto e clarinetto basso (1926), la chitar­ ra ha una parte di rilievo. Arnold Schonberg (1874-1951) nella Serenata op. 24 (1923) per barito­ no e sette strumenti, include la chitarra, usata in funzione timbrica. La lezione di Ernst Krenek (1900-1991) non ha avuto molti seguaci. Questo compositore austriaco, naturalizzato americano dal 1945, è passato attraverso varie esperienze di linguaggio: espressionismo, folclorismo e neo­ classicismo. Per chitarra ha scritto con grande eleganza formale Suite (1958), pagina dodecafonica di non facile esecuzione, ma di fondamentale importanza. La tecnica seriale è presente anche in Seeks Musìken (1955) di Hans Erich Apostel (1901-1972), pagine riuscitissime, cui seguono per quattro chitarre Es waren zwei Konigskinder e Hbhe des Jahres\ Studio op. 29 per flauto, viola e chitarra (1958) e Kleine Kammermusik op. 38 per flauto, viola e chitarra (1964). Lavori vicini alla dodecafonia e strumentalmente ben congegnati sono quelli di Heinz Kratochwil (1933), Triptychon', Erick Opitz, Tre pezzi; Hans Stadlmair (1929), 5 Stilcke; Marcel Rubin (1905), Petite Serenade. Jenò Takàks (1902), ungherese che vive in Austria, ha scritto Dialogue op. 77 e Spate Gedanken per violino e chitarra (1963), Divertimento op. 61 per flauto o violi­ no e chitarra, Werwehte Blatter op. 113 per flauto, viola (o violino) e chitarra, Partita per chitarra e orchestra e, per sola chitarra, Meditation und Reige (1956). Roman Haubenstock-Ramati (1919), polacco di origine, è approdato alla musica concreta durante gli studi a Parigi e si è stabilito a Vienna dopo il 1957. Alla chitarra ha dedicato Hexachord 1 e 2, anche per due chitarre, appartenenti alla cosiddetta “nuova musica’. Egli ha inserito la chitarra in Les Symphonies de Timbres (1957). Tutti gli altri compositori che seguono sono più o meno legati al passato, però con perfetta aderenza strumentale. Li citiamo in ordine alfabetico: Cesar Bregsen (1913-1988) ha pubblicato una serie di brani di elegante fattura, raccolti in Malinconia (1968) e in Kammerkonzert. Franz Burkhard (1902) è

Austria

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autore di una buona Passacaglia. Per due chitarre ha scritto Suite, Toccata, Tema con variazioni, Duo, per voce, oboe e chitarra: Von guter Art e Drei Adventlieder. Johann Nepomuk David (1895-1977) è autore di una Sonata op. 31/5, scritta originariamente per liuto in Sol, ma di cui esiste anche la ver­ sione per chitarra approvata dall’autore. Per quattro chitarre sono Drei Volksliedsatze, mentre è in trio la Sonata op. 26 per flauto, viola e chitarra. Citiamo infine Nariationen ùber ein eigenes Thema. Anche suo figlio Thomas Christian David (1925), ha prestato attenzione alla chitarra pubblicando in un linguaggio neoclassico 3 Kanzonen per tre chitarre e Konzert con orchestra da camera. Franz Hasenòhrl (1885-1970) ha scritto Suite in quattro tempi e 4 Kleine Stucke di gusto post-romantico. Armin Kaufmann (1902-1980) è autore di Rhapsodie op. 97, brano ricco di colori, e di Zehn Stucke. Augustin Kubizek (1918) ha pubblicato una Sonata op. 13a di notevoli proporzioni e Quartetto da camera per oboe, clarinetto, fagotto e chitarra. Joseph Lechthaler (1891-1948) ha scritto Suite per due chitarre op. 49 n. 1 e Nariationen-Suite op. 49 n. 2. Arthur Johannes Scholz ha scritto una Sonata in Mi minore. Norbert Sprongl (1892-1983) è autore di 6 Stucke, Suite op. 80 per flauto e chitarra, Konzert per flauto, chitarra e archi. Alfred Uhi (1909) ha pubblicato Zehn Stucke, Sonata classica per chitarra sola. Per violino, viola e chitarra ha scritto Trio e Kleine Suite. Un linguaggio più avanzato si trova in Drei Stucke di Gerard Lamperberg (1928), che include la chitarra anche in Sinfonia per orchestra da camera. Lo stesso vale per lAetamorphosen und Fugue di Dietmar Polaczek (1942). Anche Karl Heinz Fiissl (1924) ha sfruttato con arditezza le qualità della chitarra in Dialogue per tenore e sette strumenti. Caratteristico della tradizione austriaca il fatto che gran parte del reperto­ rio nato in Austria è cameristico. La divulgazione e la diffusione della chitar­ ra e del suo repertorio in Austria si deve ad alcuni importanti strumentisti e didatti: Luise Walker (1910), Karl Scheit (1909-1993), Konrad Ragossnig (1932). Alla generazione più giovane appartengono Friedrich Fischer (1942) e Leo Witoszinsky (1941).

,

A cavallo tra i due secoli è stato attivo Jacques Tessa-

Fr ancia rech (1862-1929), un corso vissuto a Parigi. Le sue compo­ sizioni, raccolte in forma di trattato, si trovano in Evolution de la guitare (1923) e La guitare polyphonique (1929). Dall’analisi della sua opera, emerge una figura interessante e contradditoria: per un verso Tessarech appare un attardato discepolo di Coste, per un altro anticipa certi modelli avanzati di scrittura polifonica. Il contributo francese alla letteratura chitarristica del Novecento è estre­ mamente elegante e misurato, all’insegna del razionale. Anche qui lo stimolo è venuto da Segovia, che a Parigi negli anni Venti richiamò con i suoi con­ certi l’attenzione dei musicisti.

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Così Albert Roussel (1869-1937), il personalissimo compositore francese ha composto un brano dedicato al grande interprete e intitolato Segovia (1926). L’esempio fu seguito da Gustave Samazeuilh (1877-1967) che com­ pose una simpatica pagina impressionistica, Serenade (1926). Minor fortuna ebbe l’impressionistico Pour un hommage à Debussy (1924) di Georges Migot (1891-1976), rimasto ineseguito. Migot sarebbe tornato alla chitarra negli anni Sessanta: Sonata (I960); Sonata per due chitarre; 2 Preludi per due chitarre; Sonata per flauto e chitarra (1965). Dedicato a Pujol è invece il pregevole Nocturne (1928) di Raymond Petit (1893). Pure Alexandre Tansman (1897-1986), compositore, pianista e direttore d’orchestra polacco naturalizzato francese, ha portato il suo contri­ buto alla chitarra con parecchie composizioni. Nella sua vasta produzione che va dall’impressionismo al neoclassicismo, con elementi del folclore polacco figurano opere teatrali, musica sinfonica e da camera. Per chitarra ha scritto più di ogni altro autore francese, com’è evidenziato da questo elenco: la prima composizione è una Mazurka (1928). Bisognerà aspettare il 1951 per vedere la cosa sua più notevole, Cavatina (PreludioSarabanda-Scherzino-Barcarola, cui fu aggiunta in seguito Danza pomposa). In queste opere, dedicate a Segovia, siamo dentro al modalismo, ma formal­ mente rivive il barocco, cui non è estraneo l’elemento contrappuntistico. Seguono Pre pezzi (1962-64) e Suite in modo polonico (1962). È del 1969 Hommage à Chopin (Preludio-Notturno-Valzer romantico) dove Tansman cerca di rivivere lo spirito dell’irripetibile arte chopiniana. Da registrare ancora Pezzo in modo antico (1970), Variations sur un thème de Skriabin (1973), Deux chansons populaires (1978), 24 Pièces faciles (2 voli.), 24 Morceaux très faciles (2 voli.) e Hommage à Lech Walesa (1982). Buon risultato ha avuto anche il Concertino pour guitare (1946) e il concerto con orchestra Musique de Cour (1968 ca.). Jacques Ibert (1890-1962), compositore post-impressionista, nel quale eccelle il gusto del timbro, ha incluso la chitarra nel balletto Le chevalier errant (1950), affindandole un intero episodio, mentre per chitarra sola ha scritto la vivace Fran^aise (1926); Ariette (yplV) e, per 2 chitarre, Paraboles (2 pezzi, 1973). Infine il duo Entr'acte per flauto e chitarra (1937). Lo stesso spirito ludico ed elegante ricorre in Jean Frangaix (1912), auto­ re di Passacaille (1974), Serenata (1978), di 2 Chansons per voce e chitarra (1950) e di un Concerto per chitarra e orchestra d’archi (1982-83). Darius Milhaud (1892-1974) si è rifatto allo spirito segoviano scrivendo Segoviana (1957). Più consistente l’opera di Henri Sauguet (1901) discepolo di Satie, di cui condivise l’estetica della semplicità espressiva e della libera invenzione melodica. Istituì l’“Ecole d’Arcueil”, di cui è prestigioso rappresentante. Alla chitarra dedicò: Trois Préludes (1970); Musiques pour Claudel in 2 voli. 182

(1975), una serie di undici pezzi di scrittura modale semplice, ideati per contrappuntare i dialoghi della pièce teatrale di Paul Claudel, Conversation dans le Loir-et-Cher. Invece Soliloque era apparso nella storica antologia curata da Miguel Abloniz (Ricordi, Milano 1961) accanto agli altri francesi: Georges Auric (1899-1983), autore di Hommage à Alonso Mudarra. e Francis Poulenc (1899-1963) autore di una graziosa Sarabanda, dedicata a Ida Presti. Raffinata è la scrittura nei lavori di André Jolivet (1905-1974), Deux Ètudes de concert (1965); Tombeau de Robert de Visée (1972) e, per due chitarre, Serenade (1958). La maggior parte dei brani per chitarra sola degli autori francesi, che a questo strumento hanno dedicato la loro attenzione, sono pagine general­ mente brevi e non impegnate, ora inclini al neoclassicismo e ora al descritti­ vismo e alfimpressione. Ecco qui un elenco: Thème et variations, Mouvement perpétuel e Concerto per 2 chitarre e orchestra di Pierre Petit (1922); Swing n. 2, Trois Nocturnes e Concerto de Mars per chitarra e orchestra di Jacques Bondon (1927); Deux impressions andalouses, Trois préludes e, per flauto e chi­ tarra, Berceuse et Serenade, Polydiaphone, Trois pièces di Eugène Bozza (1905); Hidalgoyas di Tony Aubin (1907); Suite (Tiento-Sarabande-Diferencias) di André-Charles Ameller (1912); Le muletier des Andes, Le petit chevrier corse per flauto e chitarra, A la mémoire d'un poète assassiné per chitarra e orchestra, e Concerto per due chitarre e orchestra di Henri Tornasi (1901-1971); Cinq Ballades d*Antan, Deux Sequences, Sonatine e Arabesques (6 pezzi) di JeanJacques Werner (1935); Suite latine e Petit livre pour la guitare di Guy Morangon (1927). Più attuale ed importante l’opera del francese di origine spagnola Maurice Ohana (1914-1992), compositore e pianista di educazione parigina e romana (Casella). In Tiento (1957) e in Trois Graphiques per chitarra e orche­ stra (1954) gli archetipi del cante jondo sono rifusi in un linguaggio secco e aspro, che non disdegna l’uso di microintervalli. Le opere successive sono scritte per chitarra a 10 corde: i cicli Si le jour paraìt (7 pezzi, 1963-64) e Cadran lunaire (4 pezzi, 1981). Rilevante è la funzione strumentale e coloristica che Pierre Boulez (1925), musicista d’avanguardia di primo piano, insegnante dal 1955 ai corsi estivi di Darmstadt, ha assegnato alla chitarra in Le marteau sans maitre (1954), su testo di René Char, per voce e sei strumenti, in quattro numeri di Pii selon Pii per soprano e orchestra (1962), e nella composizione orchestrale Eclat (1965). A sua volta Francis Miroglio (1924), allievo di Milhaud, in un linguag­ gio d’avanguardia ha scritto Coreiques (1958), brano difficile, ma di nobile invenzione. Più avanti ancora siamo con Solfeggietto n. 6 (1977) di Claude Ballif (1924); con Spirale e Triangles di Jean Bizet; con Tellur (\STTS) di Tristan 183

Murai! (1947); con Sonata Pian e Forte (1974) per due voci e dodici esecutori di Gilbert Amy (1936); con Etude (1974) e Concerto per chitarra e archi (1971) di Jacques Charpentier (1933). Fra gli esecutori, il posto d’onore va a Ida Presti (1924-1967) una delle più grandi concertiste del secolo troppo presto scomparsa dalla scena del mondo, che suonò anche in duo con il marito Alexandre Lagoya. Ha lasciato alcuni esercizi: 6 Etudes, Etude du matin, Etude fantasque. Altri compositori-chitarri­ Ida Presti sti sono Roland Dyens (1955), autore di una vasta produzione nella quale l’impegno tecnico si unisce ad un sound di facile e talora superficiale effetto: Libra Sonatine, Tango en Skat, ecc.; come pure Francis Kleynjans (1951), cui si deve, tra le altre cose, A Vaube du dernier jour composizione a programma che racconta le ultime ore di un condannato a morte.

Attorno alla metà dell’ottocento, con la costituzione della Confederazione Elvetica, sorge una chiara tendenza alla for­ mazione di una scuola nazionale (ne è segno il grande inte­ resse per il canto popolare), che però risulta orientata verso il romanticismo tedesco. Il che si palesa anche nelle composizioni per chitarra. Così risulta brahmsiano il linguaggio di Hans Haug (1900-1967), autore di Prelude, Tiento e Toccata un trittico di esaltante forza espressiva, mentre Alba e Preludio sono permeati di dolcezza. Capriccio è per flauto e chitarra; il Concertino richiede l’orchestra, mentre il Doppelkonzert (1966), gli strumenti solisti sono il flauto e la chitarra. Da non dimenticare le qualità strumentali della Partita (1970) di Pierre Wissmer (1915) che vive però in Francia. A lui si devono inoltre Barbaresque e Prestilagoyana per due chitarre; Sonatina per flauto e chitarra, Concerto per chitarra e orchestra (1954). La composizione più interessante per valore artistico la si deve a Frank Martin (1890-1974), il quale è approdato alla dodecafonia, rivissuta però in ,

Svizzera

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un travaglio personale, dopo essere passato per il romanticismo e l’impressio­ nismo. Nella sua vasta produzione non ha dimenticato la chitarra, per la quale ha composto nel 1933 Quatre pièces brèves (Prelude-Air-Plainte-Comme une Gigue), un lavoro di alto livello compositivo, valido in assoluto. Rielaborati per pianoforte, questi pezzi hanno per titolo Guitare, All’ultima fase della sua carriera risalgono i Poèmes de la mort per tre voci maschili e 3 chitarre elettriche (1971). Citiamo infine: Henri Gagnebin (1886-1977) con Trois pièces\ Julien Francois Zbinden (1917), noto pianista jazz, autore di Quatre Miniatures op. 15 (1950/55) per flauto e chitarra; Jost Meier (1939) autore di Trois reflets. Rudolf Kelterborn (1931) ha composto Musik per violino e chitarra (1963) e 5 Monologes per chitarra sola (1986).

Del Belgio ricordiamo Jean Absil (1893-1974), uno dei maggiori compositori di quel paese, promo­ tore della musica novecentesca. Per chitarra ha com­ posto con generosità, preferendo però il pezzo breve (come del resto i france­ si) e descrittivo, che poi riunisce in raccolte organiche: Dix pièces op. Ili, Suite op. 114, Trois pièces op. 119 per due chitarre, Dix pièces caractéristiques op. 123, Suite per due chitarre op. 135, Contrastes per due chitarre op. 143, Sur un paravent chinois op. 147 (quattro schizzi), 4 Pièces op. 150, Petit bestiaire op. 151, Concerto per chitarra e orchestra. Il suo linguaggio è di gusto raveliano e la chitarra viene esaltata in tutte le sue possibilità descrit­ tive e coloristiche. AH’impressionismo può essere aggregata anche la Petite Suite di Jacques Leduc (1932), allievo di Absil, buon compositore di pagine strumentali. All’area belga appartiene pure Arthur Boesmans cui si deve una Suite di cinque pezzi intitolata Brasileiras, con evidente richiamo a Villa-Lobos. La personalità più illustre in Olanda è certamente Henk Badings (1907). Di professione ingegnere minerario, studiò anche musica, rivelandosi presto un forte compositore. Nel suo linguaggio convivono il romanticismo e la politonalità. Alla chitarra ha dedicato 12 Preludes nei quali rivive la grande lezione polifonica olandese. Collochiamo qui Johan Franco (1908), anche se dal 1936 vive in America. La sua scrittura è prevalentemente contrappuntistica, polimodale e di sapore antico (canto gregoriano e polifonia fiamminga). Ispirandosi al paese di ado­ zione ha composto Suite of American folk songs di grande effetto, mentre Three prayers (1959), per l’asciuttezza delle linee, ricordano il gregoriano e la musi­ ca medioevale. Citiamo inoltre Four pieces. Della validità della scuola chitarristica olandese testimoniano anche le opere didattiche di Guido Topper e Pieter van der Staak. .

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Paesi Bassi

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Nei paesi scandinavi la chitarra, strumento tradizionalmente mediterraneo, è entrata in ritardo. Dalla Danimarca citiamo quindi solamente il decano dei compositori danesi Vagn Holmboe (1909) che ha scritto due Sonate opp. 141 e 142 (1979) e 5 Intermezzi op. 149 (1981), e Axel Borup-Jórgensen (1924) auto­ re di Praludien fùr Gitarre op. 76 (1976) e di Filr Gitarre op. 86 (1979) di moderna scrittura. Poche sono le pagine pervenute dalla Svezia: Aspekter e Suit di Maurice Karkoff (1927); Surrounded, Away from, Lonesome di Sven-David Sandstrom (1942); Monolog 10 di Erland von Koch (1910); Sma Fotter di Mikael Edlund (1950). In Norvegia è attivo il compositore istriano Antonio Bibalo (1922), il quale dopo aver studiato a Trieste (con Viozzi) e a Londra si stabilì in Norvegia. Per chitarra ha scritto delle buone pagine. Destano interesse i brevi pezzi della suite Butterflies del finlandese Pehr Henrik Nordgren (1944). Non va dimenticato poi che anche il grande patriarca della musica finlan­ dese Jan Sibelius (1865-1957) ha composto due liriche op. 60 per canto e chitarra: 1. Come away death, 2. When I was a little hoy, su testi di William Shakespeare, dove 1’accompagnamento chitarristico è molto sobrio, come per un’esecuzione famigliare. ,

1,

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Paesi Scandinavi

In genere tutti i paesi dell’Est europeo, non hanno dato molto alla chitarra: altre direzioni ha preso lì l’amore per il folclore patrio. Tra gli autori che hanno dedicato un po’ di attenzione alla chitarra troviamo l’ungherese Ferenc Farkas (1905), compositore neoclassico. Sull’esempio di Bartók e Kodàly, anch’egli attinge al folclore, come nelle Six pièces brèves (1970); Exercitium Tonale (24 Preludi) (1982); Sonata (1980) e Cinque canzoni dei tro­ vatori per canto e chitarra. Nel Cantus pannonicus (1959) invece la chitarra fa parte dell’organico orchestrale. Infine Citharoedia Strigoniensis, sopra motivi ungherese di Esztergom è per tre chitarre. In un linguaggio decisamente più avanzato si esprime Gyòrgy Kurtag (1926), autore di Le Petit emharras per ottavino, trombone e chitarra op. 15b e di Grabstein fur Stephan per chitarra e orchestra. Altri autori ungheresi: Pài Kadosa (1903), compositore allievo di Kodàly e pianista, ha scritto per chitarra 11 Easy Pieces; Elek Huzella (1915-1971), allievo di Bartók e studioso di estetica, è autore di 3 Dances; Ivan Patachich (1922), compositore fecondo in tutti i generi, ha scritto due volumi di Children's Songs; Laslo Kalmàr (1931) ha pubblicato Monologo. Buon compositore si è rivelato il chitarrista Barna Kovats (1920), che vive però in Austria. Ha pubblicato Petite Suite, 3 Mouvements, Minutenstucke, Six Fragments ecc.

Est Europeo

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Dalla Cecoslovacchia, nel passato è venuto un buon contributo alla lette­ ratura chitarristica, che però viene considerata viennese, avendo i compositori operato nella capitale dell’impero austriaco. Basti ricordare Matiegka. Venendo ai nostri tempi troviamo soltanto pochi nomi. Jarmil Burghauser (1921), compositore, direttore d’orchestra e musicologo, ha dedicato alla chi­ tarra: Rain Trio per chitarra, flauto e viola (1933); Pive pensive modes per chi­ tarra e viola; Tesknice, cinque brani dell’ansietà su testo del poeta Peter Suk, dove si descrive il dramma di un artista praghese dinanzi all’immagine di una torcia. Per sola chitarra è la Sonata del 1943. La linea melodica è privilegiata nello stile di Jan Novak (1921-1984), compositore cèco che visse da esule in Italia. Per chitarra scrisse Rosarium, dieci divertimenti per due chitarre; Concerto per Euridice-Sette tempi per chitar­ ra e archi; per voce e chitarra: Apicius modulatus e Cantiones latinae medii et recentioris aevi. Vaclav Kucera (1929), compositore molto affermato nel suo paese, ha scritto per chitarra e flauto, Aquarelles; per chitarra violino, Capricci; la sua composizione più nota per chitarra sola è Diario-Omaggio a Che Guevara. Della compositrice Jana Obrovska (1930-1987) è noto in particolare X Hommage à Bela Bartók mentre Petr Eben (1929) ha dedicato alla chitarra Tabulatura nova (1979)Tra i chitarristi-compositori citiamo: Stepan Urban (1913-1974) insegnò a Praga dal 1940 e dalla sua scuola uscirono molti buoni chitarristi. La scuo­ la chitarristica di Praga è infatti tutt’ora particolarmente attiva. Tra le com­ posizioni di Urban troviamo: Peuilles d'Espagne (1963), Miniaturen, Kolynda Melodia, Metodo per chitarra. Stepan Rak (1945) sta conoscendo molto successo tra i chitarristi euro­ pei con la sua produzione di composizioni improntate al virtuosismo e allo spirito di intrattenimento. Tra i suoi brani più eseguiti Rumba per quattro chitarre. Una forza emergente si sta rivelando il croato Dusan Bogdanovic (1955), ora cittadino statunitense. Oltre che ottimo esecutore (1° premio al Concorso di Ginevra) egli si è affermato presto anche come compositore pre­ parato e attento. Se in 5 Miniatures printanières (1980) si sente qualcosa della Sagra di Stravisnskij, nella Sonata (1983) il suo linguaggio è più personale. Sono pre­ cedenti Sept Etudes (1978), Lento-Toccata e Six pièces enfantines. Il soggiorno statunitense è determinante per l’assimilazione di elementi jazzistici, perce­ pibili nella Sonata n. 2, nella Jazz Sonata e in Two Legends per voce e chitarra. Una vena eclettica lo conduce all’orientaleggiante Introduction, passacaglia and fugue for the golden flower (1987). L’intento didattico si riaffaccia nei Polyrythmic and polymetric studies (1990). In Russia, il panorama del primo Novecento è dominato da Boris Asafiev (1884-1949), compositore, musicologo e critico. Si avvicinò alla 187

chitarra sull’impressione ricevuta da un concerto di Segovia (1926) e scrisse: 6 Romanze; 12 Preludi e un Concerto per chitarra e orchestra (1939). L’interesse per la chitarra si farà più consistente per merito di Piotr Afagoscin (1874-1950) e Piotr Isakov (1896-1958). Il più importante chitarrista sovietico è stato Aleksandr Ivanov-Kramskoi (1912-1973), allievo di Afagoscin e autore di due Concerti per chitarra e orchestra, nonché di molti arrangiamenti di canti popolari. Tra i chitarristi compositori della nuova generazione citiamo Nikita Koshkin (1956) e Piotr Panin. Per quanto riguarda la produzione recente vanno ricordati Sofia Gubaidulina (1931) con Serenade (1989) e soprattutto Edison Denisov (1926) con la Sonata per chitarra sola (1981) e la Sonata per flauto e chitarra

La seconda metà del Novecento ha visto negli Stati Uniti una larga diffusione della chitarra. Il repertorio si è arricchito in maniera considerevole, anche se solo una piccola parte ha varcato i confini nazionali ed è conosciuto in Europa. La vasta fioritura di musiche per chitarra nell’ultimo ventennio non sarebbe stata possibile senza il ruolo attivo di strumentisti come David Starobin (1949), David Tanenbaum (1956), Elliot Fisk (1954), particolarmente sensi­ bili alla diffusione del repertorio contemporaneo: la loro stretta collaborazio­ ne con i compositori ha facilitato un contatto diretto con lo strumento e con le sue problematiche. I compositori statunitensi mostrano un grande eclettismo, un’apertura alle più svariate sperimentazioni e una visione della chitarra non convenzio­ nale. Eliott Carter (1908) ha assegnato alla chitarra un ruolo significativo in Syringa per mezzosoprano eli strumenti (1975) e le ha poi dedicato un importante brano solistico, Changes (1983). Di lui ricordiamo anche Teli me where is fancy bredl, per contralto e chitarra (1938). Vincent Persichetti (1915-1987) è autore di Parable for solo guitar. Nella produzione per chitarra di Lou Harrison (1917) rivive il fascino per 1’Oriente: Serenade (1951), Sonata in Ishartum, Air, Serenade for guitar with a percussion player ecc. Ned Rorem (1923) ha scritto Romeo andJuliet per flauto e chitarra e Suite for solo guitar (1980). La Monte Young (1935) si è soffermato sui fenomeni di risonanza delle corde in Por Guitar (1958). Milton Babbit (1916) si è valso della chitarra nelle combinazioni cameri­ stiche di Soli e Duettini, un ciclo di tre composizioni (per due chitarre, per flauto e chitarra, per violino e chitarra). Lukas Foss (1922), dopo Fragments of Archilochos per contratenore, coro, mandolino, chitarra e percussione (1965) e Orpheus per violino, violoncello e . ,

Stati Uniti

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orchestra (1974), ha scritto di recente American Landscapes per chitarra e orchestra (1989): un rarefatto concerto su frammenti di melodie popolari americane. Steve Reich (1936) ha sondato le possibilità della chitarra elettrica in Electric Counterpoint. Non sorprenda di trovare citato in questo capitolo il nome di Igor Stravinskij (1882-1971), che proprio negli anni del suo soggiorno america­ no utilizzò la chitarra nella rielaborazione di opere risalenti a molti anni prima: le Quattro canzoni popolari russe e il Tango.

David Starobin con chitarra Staufer

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Una figura a parte, non inquadrabile in nessun capitolo, è quella del giap­ ponese Toru Takemitsu (1930-1996), autore di una significativa produ­ zione caratterizzata da notevolissima sensibilità timbrica. Inizialmente la chitarra compare soprattutto all’interno di organici cameristici: Ring (1961); Sacrifice (1962); Naieria (1965-69). Del 1981 è Toward the Sea, per flauto con­ tralto e chitarra Per chitarra sola: ai Folios (3 pezzi, 1974), di scrittura speri­ mentale, segue All in Twilight (4 pezzi, 1988); quindi Equinox (1994) e \n the woods (ò pezzi, 1995). Ricordiamo pure le trascrizioni di 12 Songs for guitar (1977) e nell’ambito del concerto: To the Edge of Dream per chitarra e orche­ stra (1983); Ners l’arc-en-ciel, Palma per chitarra, oboe d’amore e orchestra (1984); Spectral canticle per violino chitarra e orchestra (1995).

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Bibliografia

GLI STRUMENTI ANTICHI 1) Testi bibliografici riguardanti le fonti e la notazione della musica per liuto, arciliuto, chitarrone, chitarra rinascimentale e barocca: Apel Willi, La notazione della musica polifonica dal X al XVII secolo, trad. it. a cura di Piero Neonato, Sansoni, Firenze, 1984 Boetticher Wolfgang, Handschriftlich iiberlieferte lauten- und Gitarrentabulaturen des 15. Bis 18. Jahrbunderts, RISM B VII, G. Henle, Miinchen, 1978 Brown Howard Mayer, Instrumental Music Printed Before 1600, terza edizione, Harvard University Press, Cambridge, Mass., 1979 COELHO Victor, The Manuscript Sources of Seventeenth-Century Italian Lute Music, Garland, New York, 1995 Fabris Dinko, “Prime aggiunte italiane al volume RISM B/VII - Intavolature mss. per liuto e chitarra”, Fontes Artis Musicae, 29/3, July-September 1982, pp. 103-121 Kirsch Dieter e Meierott Lenz, Berliner Lautentabulaturen in Krakau [...], Schott, Mainz, 1992 Meyer Christian, ed., Sources manuscrites en tablature: Luth et théorbe (c. 1500-c. 1800). Catalogue déscriptif Vol. I: Confoederatio Helvetica (CH), France (F), Valentin Koerner, Baden-Baden, 1994 Meyer Christian, ed., Sources manuscrites en tablature: Luth et théorbe (c. 1500-c. 1800). Catalogue déscriptif Vol. II: Bundesrepublik Deutschland (D). Valentin Koerner, BadenBaden, 1994 Ness Arthur J., Sources of Lute Music, in The New Grove Dictionary of Music and Musicians, MacMillan, New York, 1980, vol 17, pp. 733-753 Pohlmann Ernst , Laute, Theorbe Chitarrone: Die Instrumente, ihre Musik und Literature von 1500 bis zur Gegenwart, quinta edizione, Eres, Brema, 1982 RISM, Kecueils imprimés XVIe-XVIIe siècles, Henle, Munchen, I960 RISM, Kecueils imprimés XVIII siècles, Henle, Munchen, 1964

2) Edizioni moderne: Non è possibile fornire un elenco esauriente delle edizioni moderne della musica per liuto; si segnala però che il Centre National de la Recherche Scientifìque ha pubblicato nella collana Corpus des Luthistes Francis la quasi totalità degli opera omnia dei liutisti

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francesi e anche dei liutisti nati altrove ma vissuti per lungo tempo sul suolo oltremonta­ no, come ad esempio Albert de Rippe. Inoltre alcune case specializzate hanno dato vita a collane di facsimili di grande interesse: si vedano, ad esempio, i cataloghi degli editori SPES di Firenze, Minkoff di Ginevra, Boethius Press e Alamire di Bruxelles. Fra altri editori che si sono dedicati e si dedicano al liuto si possono segnalare la Harvard University Press, le Edizioni Suvini Zerboni, le Editions Orphée, Ut Orpheus, Bàrenreiter, Schott. 3) Scritti di interesse vario Chiesa Ruggero, Storia della letteratura del liuto e della chitarra, “il Fronimo”, nn. 1-61, 1972-1987 Coelho Victor ed., Early Performance on the Lute, Vihuela and Guitar: Historical Practice and Modern Interpretation, Cambridge University Press, Cambridge, in corso di stampa Coelho Victor, G. G. Kapsberger in Rome, 1604-1645, New Biographical Data, “Journal of the Lute Society of America”, 16, 1983, pp. 103-133 Fabris Dinko, Andrea Falconieri Napoletano: un liutista-compositore del Seicento, Torre d’Orfeo, Roma, 1987 Fabris Dinko, Nita e opere di Fabrizio Dentice, nobile napoletano, compositore del secondo Cinquecento, “Studi Musicali", 21, 1992, pp. 35-60 Homolya Istvan, Nalentine Bakfark Lutenist from Transilvania, s.l., Corvina, 1984 JACQUOT Jean ed., Le luth et sa musique, Centre National de la Recherche Scientifique, seconda edizione, Paris, 1980 Osthoff Helmuth, Der Lautenist Santino Garsi da Parma, Leipzig, 1926, ristampa Breitkopf und Hàrtel, Wiesbaden, 1973 PAVAN Franco, Ex pauperate evasit: Francesco da Milano et sa famille, in Le concert des voix et des instruments à la Renaissance, a cura di Jean-Michel Vaccaro, Centre National de la Recherche Scientifique, Paris, 1994 POULTON Diana, John Dowland, Faber and Faber, seconda edizione, London, 1982 Vaccaro Jean-Michel, La musique de luth en France au XVIe siede, Centre National de la Recherche Scientifique, Paris, 1981 VACCARO Jean-Michel, ed., Le luth et sa musique II, Centre National de la Recherche Scientifique, Paris, 1984

4) Periodici Sono di specifico interesse le pubblicazioni contenute nei periodici legati alle società del liuto di diversi paesi : The Lute, pubblicato annualmente dalla Lute Society The Journal of the Lute Society of America, pubblicato annualmente dalla Lute Society of America Bollettino della Società Italiana del Liuto, pubblicato ogni tre mesi dalla Società Italiana del Liuto De Tabulatuur, espressione della Società Olandese del Liuto Tablature, espressione della Società Francese del Liuto

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LA CHITARRA 1) Testi bibliografici, manuali, dizionari, cataloghi: Bone Philip J., The Guitar and Mandolin. Biographies of Celebrated Players and Composers, Schott & Co Ltd., London, 19723 CHIESA Ruggero (a cura di), La chitarra (con scritti di Enrico Allotto, R. Chiesa, Mario Dell’Ara, Angelo Gilardino), EDT, Torino, 1990 Dell’Ara Mario, La chitarra antica, classica e romantica, Bèrben, Ancona 1988 FÉTIS F.J., Biographic universelie des musiciens et bibliographic generale de la musique, Parigi 1877 Gilardino Angelo, La chitarra contemporanea, Bèrben, Ancona 19922 Jape Mijndert, Classical Guitar Music in Print, Musicdata ine., Philadelphia, 1989 McCutcheon Meredith Alice, Guitar and Vihuela. An Annotated Bibliography, rilm Retrospectives n. 3, Prendragon Press, New York, 1985 Moretti M.R.-Sorrento A., Catalogo tematico delle musiche di Niccolò Paganini, Comune di Genova, Genova, 1982 Moser Wolf, Giterre-Musik. Ein internazionaler Katalog, Trekel, Hamburg, 1985 Prat Domingo, Diccionario Biografico-Bibliografico-Historico-Critico de Guitarra, (reprint dell’originale del 1934), Editions Orphée, Columbus, 1986 Schwarz W, Guitar bibliography, K.G. Saur, Munchen, 1984 Summerfield Maurice, The Classical Guitar. Its Evolution, Players and Personalities since 1800, Ashley Mark Publishing Company, Newcastle, 19963 Tonazzi Bruno, Liuto, vihuela, chitarra e strumenti similari nelle loro intavolature, con cenno sulle loro letterature, Ancona, 19833 Torta Mario, Catalogo Tematico delle opere di Eerdinando Carulli (2 voli.), LIM, Lucca, 1993 (corrisponde al 2° voi. della tesi) Turnbull H, The guitar from the Renaissance to the Present Day, London 1974 (trad. it. di Francesco Rizzoli, La chitarra dal Rinascimento ai nostri giorni, Milano 1976) 2) Trattati: Bogdanovic Dusan, Counterpoint for Guitar, Bèrben, Ancona, 1996. Duarte John W, Melody and Harmony for Guitarists, Universal Edition, Australia, 1980 GILARDINO Angelo, Nuovo trattato di tecnica chitarristica. Princìpi e fondamenti, Bèrben, Ancona, 1993 Storti Mauro, Trattato di chitarra, Carisch, Milano, 1994 3) Biografie e scritti di interesse vario: Alcazar Miguel (a cura di), The Segovia-Ponce Letters, Editions Orphée, Columbus, 1989 Amisich Boris, Giulio Regondi, compositore e concertista, “il Fronimo”, n. 62, 1988 Bellow Alexander, The Illustrated History of the Guitar, F. Colombo Publications, New York, 1970 CHIESA Ruggero, Il repertorio chitarristico. Un punto sulla situazione, “il Fronimo”, nn. 68, 69, 75, 79, 82

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Compagnoni Anna, “L’arte chitaristica”, rivista del dopoguerra italiano, “il Fronimo”, n. 48,1984 Cox Paul, Considerazioni sui primi metodi per chitarra, “il Fronimo”, n. 34, 1981 Dell’Ara Mario, Luigi, Valentino e Francesco Molino, “il Fronimo”, n. 50, 1985 Duarte John W., La notazione della musica per chitarra, “il Fronimo”, n.14, 1976 Guardino Angelo, La “Sonata para guitarra” di Antonio José, “il Fronimo”, n. 72, 1990 Gorio Francesco, Simon Molitor, “il Fronimo”, n. 46, 1984 Gorio Francesco, Wenzeslaus Thomas Matiegka, “il Fronimo”, nn. 52 e 53, 1984; 54 e 55,1986 Grunfeld Frederic V., The Art and Times of the Guitar. An illustrated history of guitar and guitarists, Macmillan, New York, 19746 Heck Thomas, Mauro Giuliani: Virtuoso Guitarist and Composer, Editions Orphée, Co­ lumbus, 1995 Huck Oliver, Carl Maria von Weber e la chitarra, “il Fronimo” nn. 90, 91, 93, 1995 INTELISANO Giovanni, Mawwz, un liutaio e la sua arte, Arts&Crafts, Cento, 1990 Jeffery Brian, Fernando Sor, Composer and Guitarist, Tecla 19942 Ophee Matanya, La chitarra in Russia - osservazioni dall’occidente, “il Fronimo” n. 58, 1987 Ophee Matanya, Luigi Boccherini’s Guitar Quintets. New Evidence, Editions Orphée, Boston 1981 Otero Corazon, Manuel M. Ponce y la guitarra, Fondo Nacional para Actividades Sociales, Città del Messico, 1981 Otero Corazón, Mario Castelnuovo-Tedesco, su vida y su obra para guitarra, Yolotl, Lomas de Bezares, 1987 Otero Corazon, Alexandre Tansman, su vida y su obra para guitarra, Yolotl, Lomas de Bezares, 1993 Palmer Tony, Bream. A Life on the Road, Macdonald & Co, Londra 1982 Poselli E, Federico Moretti e il suo ruolo nella storia della chitarra, “il Fronimo”, n. 4, 1973 Prefumo Danilo, Inattività concertistica di Luigi Legnani nei resoconti dei giornali dell’epoca, “il Fronimo”, n. 41, 1982 Prefumo Danilo, Aspetti formali dei trii e dei quartetti con chitarra di Paganini, “il Fronimo”, n. 39, 1982 Prefumo Danilo, Il concerto per chitarra e orchestra di Francesco Molino preceduto da alcune precisazioni biografiche sull’autore e da un catalogo delle opere, “il Fronimo”, n. 46, 1984 Prefumo Danilo, Marc’Aurelio Zani de Ferranti, “il Fronimo”, n. 51, 1985 PujOL Emilio, Tdrrega. Ensayo biografico, Lisbona I960 Riboni Marco, Mauro Giuliani (1781-1829): profilo biografico-critico e analisi delle trascri­ zioni per chitarra, (Tesi di laurea, Univ. degli studi di Milano, Facoltà di lettere e filo­ sofìa, an. acc. 1990-91), UMI Publications, Ann Arbor (Michigan), 1994 Rogers Douglas, Giulio Regondi. Guitarist, Concertinist or Melophonist?, “Guitar Review”, nn. 91 (1992), 92 (1993), 97 (1994) Romanillos José L., Antonio de Torres. Guitar Maker. His Life and Work, Element Books, Shaftesbury-Dorset, 1987

194

ROSSATO Daniela, Luigi Rinaldo Legnani, “il Fronimo”, n. 27, 1979 Andres, An autobiography of the years 1893-1920, Macmillan, New York 19772 SEGOVIA Andres, The Segovia-Ponce Letters (a cura di Miguel Alcazar), Editions Orphée, Columbus, 1989 STOVER Richard, Agustin Barrios Mangoré, un genio della chitarra dimenticato, “il Fronimo”, n. 20, 1977 Stover Richard, Agustin Barrios Mangoré. His life and music, “Guitar Review” nn. 98-99 (1994), 100-101 (1995) TONAZZI Bruno, Miguel Llobet chitarrista dell’impressionismo, Ancona 1966 Tonazzi Bruno, L’arte di suonare la chitarra o cetra di Francesco Geminiani, “il Fronimo”, n. 1, 1972 Torta Mario, Ferdinando Carulli 1770-184L Profilo biografico-critico e catalo tematico delle opere con numero, Tesi di laurea, Univ. degli studi di Roma “La Sapienza”, Facoltà di lettere e filosofìa, anno acc. 1988-89 Wade Graham, Segovia. A Celebration of the Man and his Music, Allison & Busby, Londra, 1983 Wade Graham, Joaquin Rodrigo. Concierto de Aranjuez, Mayflower, Leeds, 1985

SEGOVIA

4) Riviste “La chitarra”, Bologna 1934-43 “The Guitar Review”, New York 1946 “L’arte chitarristica”, Modena 1947-57 “Strumenti e Musica”, Ancona 1947 “The Gendai Guitar”, Tokyo 1966 “il Fronimo”, Milano 1972 “The Soundboard”, California 1974 “Guitar & Lute”, Honolulu 1978-83 “Gitarre & Laute”, 1979 “Les Cahiers de la Guitare”, Boissy St. Leger, 1981 “The Classical Guitar”, Londra 1982 “Nova Giulianiad”, Freiburg, 1983-88 “L’Ateneo della Chitarra”, Milano 1986-1991 “Seicorde”, Milano 1991-95 “Guitart”, Avellino 1996

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Indice dei nomi

Abbatessa Bi tonti no Giovanni Battista, 116-117 Abloniz Miguel, 169, 183 Abondante (Abundante) Giulio, 38-39 Abreu Antonio, 131 Absil Jean, 185 Adriaensen Emanuel, 66 Agafoshin Piotr, 188 Agricola Martinus, 96 Aguado Dionisio, 132, 150, 152, 154, 163 Alba duchessa d’, 151 Albeniz Isaac, 153, 156, 157 Albert Heinrich, 178 Alberti Francois, 129 Alberto da Mantova (da Ripa, de Rippe), 35,49, 54 Albrechtsberger Johann Georg, 79, 147 Albuzio (Albutio) Giacomo, 35, 36-37, 65,66 Alemanno Giovan Maria, 30 Alighieri Dante, 7 Allison Richard, 87 Aloysen, 57 Amat, vedi Carlos y Amat Ambrosius Hermann, 179 Améller André-Charles, 183 Amy Gilbert, 184 Anelli Giuseppe, 140 Anido Maria Luisa, 167 Antunes y Freitas Jorge, 164 Apivor Denis, 177 Apostel Hans Erich, 180

Arcadelt Jacques, 37, 39,42, 49, 56, 64 Areas Julian, 152 Ardevoljosé, 166 Arnold Johann Gottfried, 131 Arnold Malcolm, 176 Arrigo Girolamo, 174 Artaria editore, 148 Asafiev Boris, 187-188 Asencio Vicente, 161 Attaignant Pierre, 48 Attey John, 71 Aubin Tony, 183 Auric Georges, 169, 183 Babbit Milton, 188 Bacarisse Salvador, 161 Bach Johann Christian, 130 Bach Johann Sebastian, 1, 59, 60-61, 158, 165 Badings Henk, 185 Bailleux Antoine, 129 Bakfark Jànos, 64 Bakfark Michele, 64 Bakfark Valentin, 64 Ballard Pierre, 48, 50, 57 Ballard Robert, 50 Ballesteros Antonio, 131 Ballet William, 70 Balletti Bernardino, 39 Ballif Claude, 183 Barberis Melchiorre de, 38, 65, 66, 102 Barbetta Giulio Cesare, 41, 42, 66

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Barbieri Mario, 171 Barley William, 68, 70, 84 Baron Gottlieb, 59, 62 Barrios Angel, 158 Barrios Augustin detto Mangoré, 162 Bartlet John, 71 Bartok Bela, 2, 186 Bartolotti (Bartolomi) Angiolo Michele, 27,117 Bartolozzi Bruno, 172 Basilio padre, 150 Bates William, 131 Baumann Herbert, 179 Bautista Julian, 160 Baur Jiirg, 179 Becchi M. Antonio, 39 Becker Gunther, 179 Bedford David, 177 Beethoven Ludvig van, 1, 133, 144, 145, 148, 153 Behrend Siegfried, 178 Belin Jules, 49 Bellère Jean, 65, 86 Belleville Jacques,51 Bellini Giovanni, 7 Bellini Vincenzo, 150 Benavent Osuna famiglia, 132 Bennett Richard Rodney, 176-177 Berchem Jacquet, 39, 42 Benguerrel Xavier, 161 Berio Luciano, 174 Berkeley Lennox, 176, 177 Berlioz Hector, 139, 154, 155 Bermudojuan, 105 Besard Jean-Baptiste, 39, 40, 43, 45, 50, 64, 69 Bethune Michel de, detto le Cadet, 78 Bettinelli Bruno, 172 Bevilacqua Matteo, 145 Bianchini Domenico detto Rossetto, 38 Bianchini Francesco, 48 Bibalo Antonio, 186 Biberian Gilbert, 178

Bittner (Biittner) Jacob, 58 Bizet Jean, 182 Blondeau Pierre, 48 Bobrowicz Jean Nepomucen, 146 Boccherini Luigi, 132, 152 Bocquet Charles, 57, 65 Boesmans Arthur, 185 Boetticher Wolfgang, 3 Bogdanovic Dusan, 187 Bohr von Bohrenfels Andreas, 58, 60 Bondon Jacques, 183 Bone Philip J., 1, 3 Bonilla Chavez Carlos, 166 Borrono Pietro Paolo, 35, 36, 54, 65, 66 Bortolazzi Bartolomeo, 82 Borup-Jorgensen Axel, 186 Bosco Gilberto, 174 Bossinensis Franciscus, 31,53 Bottegari Cosimo, 44 Boulez Pierre, 176, 183 Bouvier, 18, 51 Bozza Eugène, 183 Brahms Johannes, 158 Braun Peter Michael, 179 Brayssing Gregoire, 103, 104 Bream Julian, 175, 176 Brescianello Giuseppe Antonio, 79 Bresgen Cesar, 180 Briceno Luis de, 123, 124 Britten Benjamin, 176 Broqua Alfonso, 165 Brouwer Leo, 166 Buck Fritz, 178 Bunsold J.W., 88 Burghauser Jarmil, 187 Burkhard Franz, 180-181 Bussotti Sylvano, 174 Buxtehude Dietrich, 60 Cabezon Antonio de, 95 Caccini Giulio, 44, 69 Calatayud Bartolomé, 158 Calegari Francesco, 134

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Call Leonhard de, 82, 144 Calvi Carlo, 117-118 Camargo Guarnieri Mozart, 164, 169 Campion Francois, 112, 113, 122-123, 123 Campion Thomas, 70 Cano Antonio, 152 Canobbio (Cannobbio) Carlo, 141 Canova Francesco da Milano, 34-35, 36, 37,39,44, 54, 55,65,66 Capitola Vincenzo, 15, 33, 34 Carbonchi Antonio, 117 Carcassi Matteo, 137-138, 154, 163 Cardon Jean-Guillain, 129 Carievaro Abel, 166 Carlo II d’Inghilterra, 118 Carlo II di Spagna, 124 Carlos y Amat Juan, 109, 115, 124 Caroso Fabrizio da Sermoneta, 44, 118 Carpaccio Vittorio, 7 Carpentier Joseph, 89 Carré Antoine sieur de la Grange, 123 Carter Eliott, 188 Carulli Ferdinando, 136-137, 139, 154, 163,175 Carulli Gustavo, 137 Casella Alfredo, 183 Castaldi Bellerophon, 46 Castaldi Paolo, 174 Casteliono Giovanni Antonio, 34, 36, 49 Castelnuovo-Tedesco Mario, 2, 168-169 Castellacci Luigi, 140 Cato Diomedes, 64, 66 Cavalcanti Guido Cavalcanti Raffaello, 44 Cavendish Michael, 71 Certon Pierre, 49 Chailly Luciano, 172 Chaney, 51 Char René, 182 Charpentier Jacques, 184 Chavez Carlos, 165 Chevalier Nicolas, 51

Chiabrano Carlo Francesco, 130 Chiereghin Sergio, 173 Chiesa Ruggero, 4, 174-175 Chilesotti Oscar, 1, 3, 120 Chopin Fryderyk, 1,153 Claudel Paul, 183 Clemente VII papa, 34 Clementi Aldo, 173 Colista (Calista, Costa) Lelio, 120, 123 Colla Domenico, 75 Colonna Giovanni Ambrosio detto Stamperino, 116 Colonna Giovanni Battista, 116 Company Alvaro, 173 Condé Principe di, 117 Confalonieri Giulio, 169 Cooper (Coperario) John, 71 Corbetta Francesco, 2, 105, 111, 112, 113, 118,122,124 Corelli Arcangelo, 46-47,120, 124 Corghi Azio, 174 Corkine William, 71 Corradi Flaminio, 45 Corrette Michel, 81, 129-130 Costanzi Fabrizio, 117 Coste Napoléon, 154-155, 181 Cramer Johann Baptist, 153 Cristina di Svezia, 117 Cristina di Lorena, 26 Cruz de Castro Carlos, 161 Cutting Francis, 70 Dalla Casa Filippo, 47 Dalia Gostena Giovanni Battista, 40 Dallapiccola Luigi, 172, 175 Dalla Vecchia Wolfango, 172 Dalza Joan Ambrosio, 15, 30, 31, 34, 48 Dancery, 78 Danis Delair Etienne, 28 Danss Adrianus, 56 Danyel John, 70 Daube Friedrich, 62 David Johann Nepomuk, 181

199

David Thomas Christian, 181 Davies Peter Maxwell, 177 Daza Esteban, 94 Debussy Claude, 156, 165 Dell’Ara Mario, 175 Demillac, v. Djemil Denis Pierre, 82 Denisov Edison, 188 Dentice Fabrizio, 35, 39-40, 44, 57 De Pablo Luis, 162 Derosier Nicolas, 123 Desderi Ettore, 171 Des Prez Josquin, 33, 34 Diabelli Anton, 133, 144-145, 147 Diaz Alirio, 167 Diaz (Doizi) De Velasco Nicolas, 116 Dillon James, 178 Dlugorai (DIugoraj) Adalbert, 64 Dodgson Stephen, 175-176 Dòremberg Johann Caspar von, 123 Domeniche Giovanni Battista Donatoni Franco, 173-174 Donizetti Gaetano, 149 Dorico Valerio, 66 Dorward David, 177 Dowland John, 57, 66, 67, 68-69, 176 Dowland Robert, 40, 50, 64, 69 Drusina Benedictus de, 54, 55 Duarte John W., 178 Du Buisson, 51 Dubut (Du But) padre e figlio, 18, 51, 52, 78 Dukas Paul, 160, 164 Dufault (Du Fault, Du Faux), 51, 52 Dufaut, 18 Durant Paul-Charles, 62 Dyens Roland, 184

East wood Tom, 177 Eben Petr, 187 Eckstein, 58 Edlund Mikael, 186 Einem Gottfried von, 179

Encinar José Ramon, 162 Enrico II Re di Francia, 49 Espinel Vicente, 105 Eugenio di Savoia, 58 Fabbricatore Giovanni Battista, 127 Falckenhagen Adam, 59 Falconieri Andrea, 45 Falla Manuel de, 82, 156, 158, 159, 161, 165,167,178 Farinas Carlos, 166 Farkas Ferenc, 186 Farnese Alessandro, 34 Fasch Johann Friedrich, 59, 62 Ferandiere Fernando, 132 Fernandez Alvez Gabriel, 162 Ferneyough Brian, 178 Ferrabosco Alfonso I, 57, 70 Ferrabosco Alfonso II, 70-71 Ferrari Giorgio, 172 Ferrero Lorenzo, 174 Fétis Frangois-Joseph, 89, 129, 140, 155 Fezandat Michel, 48, 49 Fichtel Ferdinand Friedrich, 60 Fischer Friedrich, 181 Fisk Eliot, 188 Fleury Francis Nicolas, 27, 52 Fontanelli, 47 Ford Thomas, 71 Forkel Johann Nikolaus, 61 Fortea Daniel, 157 Foscarini Giovani Paolo Accademico Caliginoso detto il Furioso, 111, 117 Foss Lucas, 188-189 Fossa Francois de, 154 Frangaix Jean, 182 Francesco da Milano, v. Canova Francesco I, Re di Francia, 49 Francesconi Luca, 174 Francisque Antoine, 50, 57 Franco Johan, 185 Franzoni Amante, 46 Frescobaldi Girolamo, 46

200

Fricker Peter Racine, 177 Fuenllana Miguel de, 94, 102 Furhmann Georg Leopold, 40, 43, 57, 64, 65,69 Fussl Karl Heinz, 181

Gintzler Simon, 55, 65, 66 Gioberti Vincenzo, 140 Giovanni d’Austria, 123 Giovanni III del Portogallo, 93 Giuliani Benedetto, 102 Giuliani Mauro, 2, 133-135, 143, 144, 145, 146,147,175 Giuliani Michele, 135 Giuliani-Guglielmi Emilia, 135 Giunta, 102 Giunta Luca Antonio, 32 Glachant Jean-Pierre, 129 Gnattali Radames, 164 Goethe Johann Wolfgang von, 145 Gombert, 64 Gorio Francesco, 175 Gorlier Simon, 103 Gorzanis Giacomo, 41-42, 43 Goya Francisco, 169 Graeffer Anton, 145 Gragnani Filippo, 139-140 Gramatges Harold, 166 Granados Enrique, 157 Granata Giovanni Battista, 111, 119 Granjon, 48 Greaves Thomas, 71 Greff Bakfark, v. Bekfark Grenerin Henry, 28, 52, 123 Grieg Edvard Hagerrup, 159 Grimm Friedrich Karl, 178 Gruber Franz, 143 Guarnieri Adriano, 174 Guastavi no Carlos, 165 Gubaidulina Sofia, 188 Guerau Francisco, 124 Guerrero Francisco, 162 Guichard Francois, 128 Guinjoan Joan, 162 Gumbrecht Johann, 78

Gabrielli Andrea, 41 Gabrielli Giovanni, 41 Gagnebin Henri, 185 Galilei Galileo, 43 Galilei Michelangelo, 43, 173 Galilei Vincenzo, 35, 41, 42-43, 86-87 Galliani Pasquale, 140 Gallot Alessandro, 52 Gallot Jacques detto Vieux Gallot, 22, 52, Gallot Pierre, 52 Gallus (Petelin o Handl) Jacobus, 56 Gangi Mario, 172 Garcia Abril Antonio, 161 Garcia Miguel, v. Basilio Garcia Lorca Federico, 169 Gardane (Gardano) Antonio, 41 Garsi Santino da Parma, 40, 41, 57 Gastoldi Giovanni, 43, 46 Gatayes Guillaume-Pierre-Antoine, 129 Gaultier Denis, 22, 51-52, Gaultier Ennemond detto il Vecchio, 51, 52,78 Gaultier Jacques, 52 Gaultier Pierre, 52 Geminiani Francesco, 88, 130 Gentian, 49 Gentilucci Armando, 174 Gerhard Roberto, 161 Gerle Hans, 36, 37,53-54,55 Ghedini Giorgio Federico, 169 Ghelen Jan van, 65 Gianoncelli Bernardo detto Bernardello, 46 Giardini Felice, 88, 130 Gilardino Angelo, 175 Ginastera Alberto, 165 Ginter, 58

Haffner Johann Ulrich, 59 Hagen Joachim Bernhard, 59-60 Hainhofer Philip, 40, 57, 64, 69

201

Jelinek Joseph, 144 Jimenez Juan Ramon, 169 Joan Maria da Crema, 37, 38, 66 Jobin Bernard, 55, 86 Johnson John, 70 Johnson Robert, 70 Jolivet André, 183 Jones Robert, 71-72 José Antonio, 160 Judenkunig Hans, 24, 53

Hallfter Cristobal, 161 Handford George, 71 Handl, v. Gallus Hartig Heinz Friedrich, 179 Harrison Lou, 188 Hasenhohrl Franz, 181 Hasse Johann Adolph, 82 Haubenstock-Ramati Roman, 180 Haug Hans, 184 Haydn Franz Joseph, 63, 143, 147, 152 Haydn Michael, 144, 149 Heberle Cristoforo, 25 Heckel Wolff, 55 Henze Hans Werner, 179 Hept install J., 72 Herbert Lord Edward, 40 Herold Johann Theodor, 60 Hertzogk zu Sachssen Johannes Georgius, 88 Himmel Friedrich, 145 Hindemith Paul, 179 Hindmarsh Joseph, 73 Hinterleitner Ferdinad Ignaz, 58 Hoffmann Ernst Theodor Amadeus, 131 Holborne Anthony, 66, 69-70, 87 Holborne William, 70 Holmboe Vagn, 186 Horetzky Felix, 146 Hove Joachim van der, 64, 65, 66, 69, 70 Huerta Trinidad, 152 Hume Thobias, 71 Hummel Bertold, 179 Hummel Johann Nepomuk, 82, 133, 135, 147,148 Hunt Oliver, 178 HuzellaElek, 186

Kadosa Pal, 186 Kagel Mauricio, 179 Kalmar Làszló, 186 Kapsberger Giovanni Girolamo, 16, 27, 40,44-45, 56, 111, 115-116 Kargel Sixtus, 56, 66, 86 Karkoff Maurice, 186 Kaufmann Armin, 181 Keller Karl, 147 Kellner David, 60 Kelterborn Rudolf, 185 Kircher Athanasius, 85, 120 Kleynjans Francis, 184 Klingenbrunner Wilhelm, 143 Knecht Justin Heinrich, 131 Koch Erland von, 186 Kodaly Zoltan, 186 Kohaut Karl von, 62 Kohaut Joseph, 59, 63 Koshkin Nikita, 188 Kovats Barna, 186 Kramskoi Aleksandr Ivanov, 188 Kratochwil Heinz, 180 Krebs Johann Ludwig, 61 Kremberg Jacob, 58, 77, 123 Krenek Ernst, 180 Krengel Gregorius, 55 Krieger Edino, 164 Kroll Georg, 179 Kropffganss Johann, 62 Kubizek Augustin, 181 Kucera Vaclav, 187

Ibarrondo Felix, 162 Ibert Jacques, 182 Indy Vincent d’, 165 Isakov Piotr, 188 Janequin Clement, 34

202

Kiiffner Joseph, 147 Kunhel, 59 Kurtag Gyòrgy, 186 Labrouve Jorge, 167 Lachenmann Helmut, 179 Laelius Daniel, 57 Lagarde Pierre, 129 Lagoya Alexandre, 169, 184 Lais Johan Dominicus, 86 Lamperberg Gerhard, 181 Lampugnani Giovanni Battista, 47 Lanfranco Giovan Maria, 83, 84 Lasala Angel, 165 La Salle Bernard Jourdan de, 118 Lasso Orlando di, 41, 42, 44, 56 Lauffensteiner Wolf Jacob, 58, 59 Lauro Antonio, 167 Lechtaler Joseph, 181 Le Cocq, 124 Leduc Jacques, 185 Legnani Luigi, 138-139, 155 Leite Antonio Da Silva, 125 Lemoine Antoine-Marcel, 129 Leo Leonardo, 47 Leonardo Maria dal Liuto, 44 Leone Pietro, 82 Leone X papa, 34 Le Roy Adrian, 2, 48-49, 68, 86, 103 Lesure Francois, 78 L’Hoyer Antoine de, 154 Lichtenthal Pietro, 85 Lickl Cari, 147 Ligeti Gyòrgy, 166 Lippi Pietro, 127 Liszt Ferenc, 139 Llobet Miguel, 153, 156-157, 159,167, 168,178 Lobkowitz Philipp Hyacint von, 58 Lopes-Gra^a Fernando, 162 Lopez, 95 Lorencini (Laurencinus, Cavalier Romano, Lorencini da Liuto), 40, 50, 57, 64

Losy (Logi) von Losinthal Johann Anton, 58,59 Luigi XIV di Francia, 118 Luisa Gabriella di Savoia, 124 Lully Jean Baptiste, 118, 122 Lumsden David, 3 Mace Thomas, 72 Maderna Bruno, 174 Maghini Ruggero, 172 Mahler Gustav, 82, 180 Malipiero Gian Francesco, 169 Malipiero Riccardo, 171 Mallarmé Stéphane Malvezzi, 44 Manénjoan, 160 Manjón Antonio Jimenez, 152 Mannino Franco, 172 Manzoni Alessandro, 57 Manzoni Giacomo, 174 Marc’Antoine, v. Marcantonio Marcantonio (Marc’Antoine) dal Pifaro, 39, 66 Marchetti Tomaso, 119 Marciano Sergio, 172 Marco da L’Aquila, 35-36, 54, 65 Marco Tomàs, 161 Marcolini Francesco 34 Marella Giovanni Battista, 130 Marenzio Luca, 41, 42 Marescot Charles de, 154 Margola Franco, 171 Marschner Heinrich, 145 Martin Frank, 184-185 Martin y Coll Antonio, 124 Martin y Soler Vicente, 130 Matelart Jean, 35, 66 Matiegka Wenzeslaus, 134, 144, 148, 175, 187 Matteis Nicola, 130 Maxwell-Davies Peter, 177 Maynard John, 72 Mayseder Joseph, 133, 147

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McCabe John, 177 McGuire Edward, 177 Medici Ferdinando de’, 26 Medici Ippolito de’, 34 Medici Maria de’, 51 Mediolanensis Petrus Paulus v. Borrono Meier Jost, 185 Meili (Melii) Pietro Paolo, 45-46, 69 Melozzo da Forlì, 7 Mendelssohn Felix, 147, 153 Mendoza, 95 Merchi Giuseppe Bernardo, 129 Merino Io., 102 Merk Joseph, 147 Mersenne Marin, 75, 79, 83, 86, 102 Mertel Elias, 57 Mertz Johann Kaspar, 145-146, 155, 178 Merulo Claudio, 41 Mestres-Quaderny Joseph, 161 Methfessel Friedrich, 131 Mézangeau René, 51 Michelspacherus Stephanus, 50 Mignone Francisco, 164 Migot Georges, 182 Milan Luys, 91, 93 Milhaud Darius, 182, 183 Millioni Pietro, 116 Minguet y Yrol Pablo, 124, 125 Miroglio Francis, 183 Moderno da Pinguente Giacomo (Jacques Moderne de Pinguento), 48 Molinaro Simone, 40, Molino Francesco, 137, 154 Molitor Simon, 143, 175 Mompou Federico, 160 Monin Marguerite, 78 Monson T., 69 Monte Lodovico, 116 Montesardo Girolamo, 108-109, 111, 115, 116 Monteverdi Claudio, 46 Moore Thomas, 72 Morales Cristobal de, 66

Moran^on Guy, 183 Moreno Torroba Federico, 159 Moretti Federico, 131-132, 143, 150 Moretti Luigi, 140 Moretti Maria Rosa, 141 Morlay Guillaume de, 49, 66, 86, 103 Morley Thomas 70, 84, 87 Morricone Ennio, 172 Mortati Virgilio, 171 Moscheles Ignaz, 133, 135, 147-148 Mosso Carlo, 172 Mouton Charles, 22, 52, 78 Mozart Worland Amadeus, 1, 82, 130, 134,144,147,148, 152 Mezzani Luigi, 168, 178 Mudarra Alonso de, 94, 102, 104, 158 Murail Tristan, 183-184 Murcia Santiago de, 2, 107, 124 Mur tula Giovanni, 168 Mylius Johann Daniel, 57 Narvaez Luis de, 66, 93, 158 Neuclerus Johannes, 87 Naumann, 127 Nauwach Johann, 57, 57 Nava Antonio, 140 Negri Cesare detto il Trombone, 44 Newsidler Hans, 23, 54 Newsidler Konrad, 55, 57 Newsidler Melchior, 39, 54, 57, 66 Nin-Culmell Joaquin, 166 Nivers Guillaume-Gabriel, 123 Nobre Marlos, 164 Noferi Giovanni Battista, 130 Nono Luigi, 177, 179 Nordgren Pehr Henrik, 186 Novak Jan, 187 NuskeJ.A., 134

Obrovska Jana, 187 Ochsenkun Sebastian, 55 Ohana Maurice, 183 Opitz Erick, 180

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Orbón Julian, 166 Orrego-Salas Juan, 166 Padovec Ivan, 146 Paez Francisco, 95 Paganini Nicolò, 2, 138, 140, 141-142, 150 Paisiello Giovanni, 82, 134 Paixao Ribeiro Manoel de. 125 Paladino Giovanni Paolo, 37, 66 Palau Manuel, 161 Palestrina Giovanni Pierluigi da, 41, 42, 44 Panin Piotr, 188 Paolo III papa, 34, 37 Parry John, 131 Pasquini Bernardo, 120 Patachich Ivan, 186 Paumann Konrad, 23, 53 Pedrell Carlos, 165 Pedrell Felipe, 161, 165 Pellegrini Domenico, 119 Pelzer Ferdinand, 134 Perichon Jean, 57 Perino Fiorentino, 35, 37, Perrine, 52 Persichetti Vincent, 188 Peruzzi Aurelio, 172 Pesori Stefano, 119 Petelin v. Gallus Petit Pierre, 183 Petit Raymond, 182 Petrassi Goffredo, 169" 171 Petrucci Ottaviano, 11, 30, 43, 65 Phalèse Pierre, 36, 37, 55, 64, 65, 86 Piazzolla Astor, 165 Piccinini Alessandro, 16, 25, 27, 44 Piccinini Leonardo Maria dal Liuto, 44 Pickering Jane, 70 Pico Floriano, 117 Pilkington Francis, 72 Pinel Francois, 52 Pisador Diego, 94 Pittaluga Gustavo, 160

Pittoni Giovanni, 46 Pizzetti Ildebrando, 175 Playford Henry, 72 Playford John, 72, 87 Pleyel Ignaz, 143 Polaczek Dietmar, 181 Polak (Poloniensis) Jakub (Jacques Reys le Polonais), 64 Pollet Charles Francois detto Pollet ainé, 89 Pollet Jean-Joseph-Benoit, 89 Pollet L.M., 89 Ponce Manuel Maria, 2, 164-165, 166 Portino Ennio, 171 Porro Pierre. 129 Porter Walter, 72 Poulenc Francis, 169, 183, 184 Praetorius Michael, 83, 84, 96 Prat Domingo, 157 Prefumo Danilo, 175 Presti Ida, 169, 183 Prieto Claudio, 162 Prokofiev Sergei, 2 Prosperi Carlo, 172 Pujol Emilio, 2, 153, 157-158, 165, 169, 182 Purcell Henry, 68, 72, 120 Quaranta Felice, 172

Radole Giuseppe, 3, 5 Radolt Wenzel Ludwig von, 22, 58, 59 Ragossnig Konrad, 181 Rak Stepan, 187 Rameau Jean-Philippe, 175 Ravel Maurice, 2, 160 Rawsthorne Alan, 177 Regondi Giulio, 139, 155 Reich Steve, 189 Respighi Ottorino, 120 Reusner Esaias figlio, 58 Reusner Esaias padre, 57 Reymann Matthaeus, 56

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Reys Jacques, v. Polak Jakub Riboni Marco, 175 Ricci Giovanni Pietro, 119 Robinson Thomas, 68, 87 Roch Pascual, 153 Rodrigo Joaquin, 123, 158, 160-161, 169 Rogier Philippe, 49 Rolla Alessandro, 140-141 Rolla Carlo Francesco, 140 Roncalli Ludovico, 120 Rontani Raffaele (Raffaello), 111 Rore Cipriano de, 44 Rorem Ned, 188 Rosetta Giuseppe, 171 Rosseter Philip, 70, 87 Rossi Salomone, 45 Rossetto v. Bianchini Domenico Rossini Gioacchino, 128, 134, 140, 149, 150 Rotta Antonio, 65, 66 Roussel Albert, 182 Rubin Marcel, 180 Rubio Juan Manuel Garcia, 132 Rude Johannes, 56, 69 Ruiz De Ribayaz Lucas, 123, 124 Rufz-Pipo Antonio, 161 Rush George, 131 Rust Friedrich Wilhelm, 59, 62

Sauguet Henri, 169, 182-183 Scelsi Giacinto, 174 Scheele Ernst, 57 Scheidler Christian Gottlieb, 59, 63, 131 Scheit Karl, 181 Schew Georg, 57 Schlick Arnold, 53 Schnabel Joseph, 147 Scholz Arthur Johannes, 181 Schonberg Arnold, 2, 82, 161, 180 Schubert Franz, 134, 143, 144, 148, Schulz (Schultz) Leonhard, 147 Schumann Robert, 131, 153 Searle Humphrey, 177 Segni Giulio, 37, 38 Segovia Andres, 2, 158-159, 161, 162, 164, 165, 167, 168, 181, 182 Severino Giulio e Gianantonio, 35 Shakespeare William, 186 Sibelius Jan, 186 Sierra Roberto, 166 Smith-Brindle Reginald, 175 Sojo Vicente Emilio, 167 Sokolowski Marek Konrad, 146 Solbiati Alessandro, 174 Solié Jean Pierre, 129 Somis G.B., 130 Sor Fernando, 2, 132, 134, 150, 151-152, 154, 155, 162 Sorrento Anna, 141 Sotos Andres de, 124 Spinacino Francesco, 11, 15, 30, 31, 33, 39 Spohr Louis, 149 Sprongl Norbert, 181 Staak Pieter van der, 185 Staadlmair Hans, 180 Stadlmann Michael Ignatius, 127 Stamperino, v. Colonna Giovanni Ambrosio Starobin David, 188 Stauffer Georg, 138 Stefani Giovanni, 116

Sagreras Julio Salvador, 165 Saint Luc, 58 Sainz de la Maza Eduardo, 158 Sainz de la Maza Regino, 158 Salieri Antonio, 147 Samazeuilh Gustave, 182 Sammeenhammer David, 87 Sandrin, 49 Sandstrom Sven-David, 186 Santa Maria Tomas de, 95 Santorsola Guido, 165-166 Santucci Pitio, 41 Sanz Gaspar, 2, 105, 111, 120, 123, 161 Satie Erik, 182

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Stevens Bernard, 177 Stockhausen Karlheinz, 175, 179 Stradella Alessandro, 47, 120 Straube Rudolph, 60, 130-131 Stravinskij Igor, 2, 187, 189 Striggio Alessandro, 44 Strobel Valentin II, 78 Sussmayr Franz Xaver, 148 Suk Peter, 187 Sultzbach G. , 34 Surinach Carlos, 169 Sweeninck Jan Pieterszoon, 67 Sychra Andrei, 146 Szczepanowski Stanislaw, 146 TakaksJeno, 180 Takemitsu Toru, 190 Tanenbaum David, 188 Tansman Alexandre, 182 Tàrrega Francisco, 1, 152, 153, 156, 157 Teghi Pietro (Pierre de Teghi), 39, 65 Telemann Georg Philipp, 62, 80 Terzi Benvenuto, 168 Terzi Giovanni Antonio, 40-41 Tessarech Jacques, 181 Thysius Johann, 67 Tippett Michael, 176 Togni Camillo, 173 Tomasi Henri, 183 Tonazzi Bruno, 104, 175 Topper Guido, 185 Torres Antonio, 152 Torta Mario, 175 Trezier Bernardina Charlotta, 78 Trombetti Agostino, 117 Tromboncino Ippolito, 44 Tucek Franz, 147 Turina Joaquin, 2, 160, 161

Valentini Pier Francesco, 45 Valerius Adrien, 67, 86 Vallet Nicolas, 67 Vecchi Orazio, 43,44 Vengas De Henestrosa Luys, 94 Verdelot Philippe, 64 Verdi Giuseppe, 82, 149 Verovio Simone, 43 Viaera Federico, 86 Vidal B., 129 Vignon, 78 Villa-Lobos Heitor, 163-164, 166, 185 Vincenti Giacomo, 102 Vindella Francesco, 39 Viozzi Giulio, 171, 186 Virchi Paolo, 102 Virdung Sebastian, 22, 53, 65, 96 Visée Robert de, 2, 105, 112, 113, 122, 124 Vivaldi Antonio, 47, 82 Vlad Roman, 171 Voltaire Frangois-Marie Arouet, 118 Vorstermann Guillaume, 65 Vreedman Sebastian, 86

Wagner-Régeny Rudolf, 179 Waissel Mattheus, 56, 64 Walker Luise, 181 Walton William, 177 Wanczura Josef, 147 Wanhall Johann Baptist, 143, 147 Weber Carl Maria voh, 145, 147, 149 Webern Anton, 180 Wecker Hans Jacob, 55 Weichenberger Johann Georg, 58, 59 Weiss Johann Adolf, 131 Weiss Johann Sigmund, 61 Weiss Sylvius Leopold, 59, 61, 62, 131, 164,165 Werner Jean-Jacques ,183 Wert Giaches de, 44 Wesper Georg, 57 Willaert Adriano, 41

Uhl Alfred, 181 Urban Stepan, 187 Valderràbano Enrique de, 65, 94, 158

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Williams John, 175 Wilson Thomas, 177 Wissmer Pierre, 184 Witoszinsky Leo, 181 Wolf Johannes, 1, 3 Wyssenbach Rudolf, 36, 55

Young La Monte, 188 Zamboni Giovanni, 47 Zani de Ferranti Marc’Aurelio, 140 Zbinden Julien-Fran^ois, 185 Zuth Josef, 1, 3

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[email protected] La letteratura dedicata al liuto e alla chitarra è talmente vasta da mettere a dura prova chi volesse approfondirne la storia anche solo in parte. Oggi, malgrado recenti encomiabili progressi, ci troviamo an­ cora lontani da una completa valutazione critica delle opere esistenti, e addirittura fino a poco tempo fa non eravamo neppure in grado di conoscere, con sufficiente esattezza, il nome di tutti gli autori e l’impor­ tanza dei loro lavori. Un’esposizione sintetica ma esauriente di quel vasto panorama che abbraccia cinque secoli di storia della musica man­ cava. Il libro di Giuseppe Radole viene a colmare questa lacuna. È un manuale prezioso, ad uso degli studiosi e degli allievi del conservatorio, che anzitutto libera il campo da equivoci incresciosi sedimentati col tempo, fornisce bio-bibliografie esatte, cita i lavori più important' za omissioni, dà insomma un quadro riassuntivo esauriente che fa da guida sicura per gli studenti ed apre il mondo della chitarra a futuri lavori di musicologi e studiosi. Radole insomma ha saputo condensare nel suo lavoro tutti gli elementi indispensabili per ottenere una chiara visione sulla nascita, l’evoluzione, la scrittura e la letteratura del liuto, della chitarra e della vihuela, non dimenticando neppure gli strumen­ ti minori. Ha posto la prima pietra di una più vasta e futura costru­ zione musicologica rispondendo con esattezza alle domande che da troppo tempo, invano, si pongono liutisti e chitarristi. Ecco quindi una guida sicura che, attraverso notizie precise, capacità di acuti giudizi e conoscenza dei reali problemi storici, diventerà indispensabile per tutti coloro i quali, ad iniziare dagli studenti dei conservatori, vorranno in­ formazioni complete su strumenti dai nomi celebri ma cosi poco cono­ sciuti sotto il profilo dell’esattezza storica.