Priapo e il culto degli organi generatori
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I Polifemi Collana di Studi Tradizionali xv

Jules Lacour

PR1APO E IL CULTO

Df:6U OR6ANI6ENERATORI nei reperti pompeiani del Museo Archeologico Nazionale di Napoli

STAMPERIA

DEL

VALENTINO

In copertina: Priapo, inc. al rame tratta da: L'anti­ chità spiegata e rappresentata in cifre, di Bernard de Montfauçon. Parigi, 1719.

Il volume che proponiamo, ha visto la luce nel 1914 a Bruges, per i tipi della Imprimerie Centrale.

Tutti i diritti riservati 2020 Stamperia del Valentino via Raffaele Tarantino, 4- 80128 Napoli Tel. e Fax 0815787569 www. stamperiadelvalentino.it ISBN 978-88-99937-50-8 ©

IL MUSEO SEGRETO DI NAPOLI

e il Culto degli organi generatori

Prefazione In ciò che concerne l'unione dei sessi, gli antichi vedevano uno dei principali inte­ ressi della vita umana; essi lo hanno colle­ gato a tutte le operazioni misteriche del meccanismo del mondo , questi esseri su­ periori che il sentimento delle forze segrete della natura aveva posto in gran numero tra l'ordinatore supremo e l'uomo . L'atto della generazione , difficile da spiegare , è molto propenso a suscitare ammirazione ; svariate divinità presiedevano a queste funzioni indispensabili all'esistenza del­ l'uomo , necessarie ai suoi desideri e cu­ riose per la sua avida intelligenza. Il compito delle Dee Prenoe, Pertunda, Li­ bera, Volupia, è appartenuto a questa grande legge di conservazione presieduta da Venere . I popoli del tempo non conoscevano gli scrupoli e la bizzarra decenza che l'in­ fluenza delle massime cenobitiche ha fatto 5

transitare nei nostri costumi, senza con ciò renderli migliori. Questa ostentazione nell'eliminare dalla vita che noi conosciamo , tutto ciò che ri­ guarda l'atto più essenziale della vita na­ turale , ha potuto promettere degli speciali vantaggi; è dubbio ciò che essa abbia pro­ dotto in uomini veri. Ma una moralità da schiavi non è molto male per il popolo che noi vogliamo avere , per gli animi d ormienti, per i cuori ciechi, per gli abbrutiti cervelli delle masse! Era un'idea elevata quella del dogma delle due cause prime . In una manifesta­ zione di questo grande sistema, si sono cercati degli emblemi della forza attiva e della forza passiva, la cui doppia azione ge­ nera e conserva il mondo . Le cose sono state considerate per se stesse e non se­ condo quell 'ironica intelligenza che mo­ strano solo le cose piacevoli o sfavorevoli. L'organo generatore , lungi dall'essere fonte di vergogna, fu un segno venerato, consa­ crato ; esso fu quasi divinizzato ; lo si era scelto come emblema della natura, come la principale espressione della natura è la po6

tenza che feconda e la sua forza riprodut­ trice . Il Lingam negli Indù , il Fallo nel culto isiaco , Priapo presso i Greci, erano rappre­ sentati e venerati nei templi. Quando si in­ contrano , in certe piccole stanze appartate del museo , questi piccoli idoli, notevoli per l'atteggiamento e anche per la plasticità che ne esprime l'atteggiamento , sorridiamo con una risata occidentale . È possibile che si sia fatto abuso di questo emblema così come si abusa di tutto , ma è stato molto semplice che lo si sia preso per una rap­ presentazione della forza universale o di Dio , il che rende con qualche esattezza un'idea delle forze impenetrabili della na­ tura. Alcuni sciocchi ridono di questo stupido riso, o lo ripetono ogni giorno ; ma quelli che ridono , con quale fantasia veramente moderna sostituiscono questi simulacri? E allora, come osano ridere? Il membro virile in tal modo considerato , non è più lo strumento di un piacere ani­ male , è l'espressione figurata delle forze produttive , dei desideri, dei divertimenti, 7

del movimento riparatore, è il primo organo delle passioni espansive . Lo si è scelto tra le cose terrestri, come si era scelto il sole nell'universo visibile, e le due figure erano indicate per la stessa ragione . È la natura che ha detto all'essere vi­ vente di guardare come alla cosa più bella e possente delle sue leggi, le emozioni più deliziose che egli possa conoscere , e le più intense che egli possa provare senza sof­ frire . "Tutto il movimento del mondo - dice Montaigne - si risolve e traduce in questo abbinamento ; si trova che dopo tutto l'amore altro non è se non la sete di questo godimento verso un oggetto desiderato . Ve­ nere non è altro che il piacere di scaricare i propri vasi, come il piacere , che la natura ci dona, di scaricare altre parti del corpo . . . attività talmente necessarie , che vi ab­ biamo riposto insieme e alla rinfusa le no­ stre delizie e le nostre lordure . Siamo abbastanza grossolani se definiamo brutale l'azione che ci ha creato . . . che creatura mostruosa è chi non prova orrore per se stesso , chi è avvelenato dai suoi stessi pia­ ceri! Eh! Pover'uomo! Possiedi a sufficienza 8

laidezze reali ed essenziali per creartene di nuove con la fantasia . . . " Non curiamoci dunque del cattivo ridere di una folla tumultuosa, le loro lepidezze si sviliscono da sole e non possono mutare lo stato delle cose. Alla sua bassa immagina­ zione è piaciuto trasformare in oscenità, ciò che il genio aveva individuato nella gra­ ziosa Venere . Molto sfortunatamente , si­ mili inezie, che non hanno trovato ostacoli nella nostra morale , vi si sono radicate nel tempo, hanno finito per riempirla di incer­ tezza e l 'hanno resa meschina come i nostri costumi. È necessario giudicare le usanze e i co­ stumi nei loro rapporti con le cause che li hanno generati e non secondo i pregiudizi di un 'altra epoca e di altri paesi. La regolare e moderna soddisfazione degli appetiti sessuali non rappresenta né impurità né licenza; la depravazione e l 'ec­ cesso costituiscono solo turpitudine. Del pari, l 'organo di un piacere speciale non è più oggetto di vergogna in sé, quanto quello di un altro piacere; l 'uno non deve essere maggiormente nascosto o esposto dell 'altro. 9

La natura non risiede per niente nelle raffi­

natezze dei costumi moderni, ma nell 'atteg­ giamento acquisito. È dunque naturale, in un 'epoca in cui non esiste alcun pregiudizio di posticcia de­ cenza, che il potere di procreare, di moltipli­ care il proprio simile, fu rappresentato dall 'organo stesso con l 'aiuto del quale ciò poteva essere trasmesso di generazione in generazione. (Ripetuto infra, cfr. p . . . . ) Gli Antichi avevano ancora un'opinione che può apparire strana, sui mezzi per ac­ cordare la virtù procreatrice e fecondante dell'organo che ne era il simbolo . Essi rite­ nevano che , più le scene nelle quali lo rap­ presentavano , in pittura e in scultura, erano vive , che quanto più offrissero raffi­ natezza ed eccessi di dissolutezza, più la divinità ne sarebbe stata lusingata e mag­ giormente avrebbe prestato la propria at­ tenzione , si sarebbe determinata la sua benevolenza e la si sarebbe resa disponi­ bile agli auspici dei mortali. Le più spinte indecenze , erano solo prova della più fer­ vente devozione . Una simile opinione , che appare così ri10

voltante , rappresenta nel contempo la na­ turale conseguenza dell'altra, che attri­ buiva a ciascuna divinità delle particolari propensioni, e che consisteva nel credere che ognuna di esse dispensasse i suoi be­ nefici in misura maggiore o minore , a se­ conda che si lusingassero più o meno i gusti preferiti da quella divinità. Le primizie dei più bei fiori, della più bella frutta, erano offerte alle divinità che presiedevano a que­ sta produzione della natura. Gli dei crudeli volevano del sangue; a loro s 'immolavano animali ed anche uomini, e per soddisfare maggiormente i loro gusti sanguinari, si moltiplicavano le vittime . In tal modo si era persuasi che più si versava sangue , più la divinità era soddisfatta; che più si era cru­ deli, più si era religiosi. Se dunque applichiamo questa dottrina dell'opinione pubblica ad altre divinità, ad altri oggetti religiosi, al culto di Venere, a quello di Priapo , si giunge alle medesime conseguenze . Queste divinità che presiedevano alla diffusione della specie umana, alla genera­ zione degli esseri viventi, al particolare atto Il

cui è legata questa propagazione e questa stessa generazione , dovevano ricevere , dai loro più zelanti adoratori, delle testimo­ nianze esclusive della loro devozione . Se le raffigurazioni della voluttà, se le scene libidinose avessero lusingato le divi­ nità che vi erano preposte, essendo credute necessarie per renderle favorevoli, per con­ seguenza, al fine di ottenere con maggior certezza questo obiettivo , attrarre i loro fa­ vori in modo più copioso e forzarli infine a elargire nuovi benefici, bisognava eccedere la misura delle offerte che loro solitamente si tributavano , ed offrire ai loro gusti sen­ suali le svariate immagini della più raffi­ nata voluttà. Ecco perché i luoghi consacrati per la religione a Fallo e a Priapo mostravano , nei loro bassorilievi, dipinti e statue , numerose testimonianze di questo modo d 'intendere il rapporto col divino . I Greci e i Romani spinsero all'eccesso questo genere di devozione . I monumenti che restano dei loro Baccanali, delle loro Priapee , sono tali che di primo acchito si è tentati di attribuire queste produzioni al de12

lirio di un'immaginazione corrotta, all'inten­ zione di risvegliare i desideri, d'influenzare i sensi, mentre si tratta di testimonianze di pietà, o della riproduzione fedele di ciò che si praticava durante le feste e le cerimonie religiose di questo culto. "Se ci si meraviglia di meno - dice Du­ laure - di quello che la religione degli Anti­ chi ha comandato in termini di sacrifici umani, il più grande attentato contro la so­ cietà, che di quello che ha consacrato la ri­ produzione degli esseri, atto conservatore della specie umana; se a noi sembra meno strano vedere l'uomo abusare per pietà della sua propensione alla crudeltà, piut­ tosto che di vedere abusare , per lo stesso motivo , della sua propensione naturale ai piaceri dell'amore , faremo a noi stessi la satira delle nostre stesse opinioni e confes­ seremo la nostra preferenza per un culto che distrugge e semina la morte, piuttosto che per quello che preserva e dona la vita!"

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I

PRIAPO, PAN E IL BECCO La tradizione ha fatto nascere Priapo a Lampsaco; era figlio di Venere , e Giunone , per odio verso questa Dea, lo aveva afflitto con una deformità talmente terribile , che questo povero dio era stato abbandonato e rifiutato da sua madre . Fu a causa di questa deformità che si consacrò a Priapo l'asino , essendone que­ sto animale parimenti afflitto ; cosa che gli valse , nel secolo della decadenza, il mo­ struoso favore delle dame romane. Abbandonato in tal modo da sua madre , il Dio fu raccolto dai pastori di Lampsaco . Per lo più è stato rappresentato come una stele a cui veniva aggiunto un enorme fallo, la sua testa era ornata da corna e orecchie caprine ; se aveva delle braccia, gli si faceva tenere in una mano la sua falce e nell'altra il simbolo fecondo della sua divinità. Que­ sto Priapo era colossale , aveva aspetto mi­ naccioso ed era normalmente dipinto di rosso; dei pampini o dell'alloro cingevano 15

la sua testa e portava una grande barba. Questo idolo, molto semplicemente si in­ tagliava in un legno di fico o di salice, spesso nient'altro che un tronco d'albero , in cui il membro era grossolanamente rap­ presentato da un ramo . A volte , al posto della falce, Priapo aveva nella mano destra una cornucopia piena di fiori per simboleg­ giare l'abbondanza; infatti presenziava alla fecondità dei giardini. Catullo così descrive i poteri di Priapo , dio dei giardini: "Giovani , sono io quello di cui vedete l'immagine , grossolanamente modellata dalla roncola del villano , sono io che ho reso fertile questo recinto , che ho fatto fruttificare ogni anno sempre di più questa rustica dimora, coperta di gladioli e di giunchi intrecciati. I padroni di questa po­ vera capanna, il padre come il figlio , mi onorano di un culto assiduo, mi riveri­ scono come loro nume tutelare , l'uno ha cura di strappare costantemente gli sterpi spinosi che vorrebbero invadere il mio san­ tuario , l'altro mi porta senza sosta abbon­ danti offerte ; le sue giovani mani ornano il mio simulacro a volte con una corona 16

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smaltata di fiori, primizie primaverili, a volte di verdi, svettanti spighe , a volte di brune violette o di dorati papaveri, di zuc­ che di un verde pallido o di mele dal soave profumo, talvolta di grappoli d'uva di colore viola, sotto la vite che funge da riparo . Alle volte anche (ma guardatevi dal parlarne) hanno arrossato quest'altare il sangue di un giovane becco con la barba appena spuntata, o quello di una capra. Per ricam­ biare gli onori che mi rendono, io devo pro­ teggere i padroni di questo recinto , e la loro vigna e il loro piccolo giardino . Guardatevi dunque , ragazzi, dall'allun­ garvi una mano furtiva; qui da presso abita un vicino ricco, il cui Priapo è negligente ; è lì che dovete andare ; seguite questo sen­ tiero , vi porterà lì. " Le feste d i Priapo , o Priapee , erano an­ cora più sfrenate dei Baccanali . Erano le donne ad amministrare questo culto e a condurre le cerimonie . Una di esse annaf­ fiava il fallo , le altre gli offrivano composi­ zioni di frutta e coppe ricolme di vino ; musici e danzatori si agitavano tutt'in­ torno . 18

Divinità campestri come Priapo , sono state comuni a tutti i popoli dediti alla pa­ storizia e all'agricoltura. Una divinità che servisse da spaventapasseri nei giardini, come il Priapo greco, fu adorato in Palestina col nome di Miphileseth. Se ne parla in di­ versi passaggi delle Scritture 1 , dove si dice che anche le donne di Gerusalemme ama­ vano offrirgli dei sacrifici. Maacha, madre di Asa, re di Juda, fu la grande sacerdo­ tessa di questo dio estimato tra le signore ; ma il principe, avendo bruciato l'infame statua della divinità e demolito il suo tem­ pio, costrinse la madre a rinunziare a que­ sto culto ultra idolatrico . "Cercando - dice Creuzon - d i liberare l'idea primaria del culto dell'Amore dagli sviluppi successivi che quella aveva preso , ci ritroviamo, come più basso grado, la dei­ ficazione dell'amore fisico, dove Eros non è altro che la naturale propensione che uni­ sce il corpo al corpo, e, in questo modo , di­ viene il principio della propagazione delle creature viventi. Si è visto paragonare Priapo e tutto il suo seguito a quello di 1

Re, III-XV. 19

Bacco , ai Satiri, ai Sileni, ai Pani, geni che hanno dell'animalesco e in cui si personifi­ cano i ciechi istinti, i disordinati moti della natura. " È certo che Priapo venne onorato so­ prattutto come modello di dissolutezza, come divinità preposta ai piaceri di Venere , e che le sue effigi si sono moltiplicate sotto le forme e con gli attributi più diversi. Esse erano posizionate per lo più nelle rien­ tranze più in ombra dei giardini, nei p iù misteriosi recessi dei boschetti; i libertini di entrambi i sessi le adornavano con ghir­ lande di fiori e frutti e sospendevano alla colonna che le sorreggevano o agli alberi che le erano intorno , scritte impudiche, composizioni di versi osceni che vennero chiamate Priapee. Alcune statue di Priapo , lo rappresen­ tano mentre sorregge una borsa nella mano destra, una campanella nella sini­ stra e con una cresta come quella di un gallo sulla testa, e i bargigli sul mento . La campanella può rappresentare lo scampa­ nio che si faceva durante le orge Bacchi­ che , e la borsa il denaro che corrompe il 20

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bello . Gli si è attribuita una cresta di gallo perché questo animale è molto reattivo in amore . I Greci, sotto il nome di Pan, di Fauno , Silvano, Satiro, adoravano divinità campe­ stri, i cui simulacri rappresentavano di volta in volta le forme del becco e l'attributo più caratteristico di Priapo. Esse avevano delle corna, alle volte orecchie e sempre cosce , gambe e piedi di questo animale , ed anche un fallo in permanente stato di erezione . "Sono stati loro eretti dei templi", dice Dio­ doro Siculo parlando delle divinità campe­ stri; esse vi sono rappresentate in uno stato di energia e di lubricità, affinché sembrino simulare la naturale lascivia del becco." Ecco perché Priapo ha sovente le par­ venze di un becco . "Le donne si scoprivano in modo molto indecente dinanzi al Becco di Mendes - dice Dulaure2 - e spingevano 2

Dulaure, Les Divinités créatrices. 1825. Mendes era il nome col quale i Greci chiamarono l'antico Ba-Neb-Ze-det, •l'Ariete signore di Zedet•, dio della Fortuna, nel Basso Egitto. Gli Egizi lo adoravano sotto forma di un ariete, simbolo del principio della Fe­ condità della natura, nel tempio dell'Ariete. In una ta­ vola isiaca Mendes è rappresentato con corna di caprone poste sopra quelle dell'ariete; in altre immagini

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ancora molto oltre la loro strana devozione. Con l'intenzione di distruggere la presunta fascinazione che le manteneva in uno stato di sterilità, esse si offrivano al becco sacro e si abbandonavano al suo bestiale ar­ dore . " Erodoto dice anche che "Nulla (vi è) di più certo che la famigerata usanza di rinchiudere delle donne con il becco di Mendes". Ma, è opportuno dire che non sempre il becco era disposto a soddisfa,re quelle che a lui si offrivano ; Plutarco in ef­ fetti disse che "Il becco Mendes , in Egitto , rinchiuso con molte belle donne , non di­ mostra alcun desiderio per quelle e si ec­ cita solo con delle capre . " I l becco fu adorato in Grecia e in Etruria; ha quattro teste. Nella città di Mendes, dove il dio era particolarmente venerato, non si immolavano mai ca­ proni o arieti per timore che il dio si celasse sotto le forme di questi animali. Se per cause naturali una di queste bestie moriva, i mendesi le prodigavano onori funebri e il lutto era generale. Secondo Erodoto, la parola mendete nell'antica lingua egiziana equivaleva a •becco•. Secondo Strabone, Mendes era simboleggiato dal fallo: le donne egiziane, aUo scopo di divenire feconde, si abbandona­ vano a riti licenziosi praticati presso il becco sacro ono­ rato come dio della Fecondità. (Contr. On-line: http : / l ilcrepuscolo.altervista. org/ php5 l index. php?title=Men des_ %281%29

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i Romani modificarono il suo culto e ridus­ sero di molto quel ch'egli aveva di brutale. Ovidio racconta che i Romani, arrabbiati nel vedere le Sabine che avevano rapito rima­ nere sterili, si recarono a invocare Giunone nella foresta sacra del Monte Esquilino . Avevano appena terminato le loro preghiere, quando videro le cime degli alberi agitarsi e intesero questo oracolo: "Che le donne d 'Ita­ lia siano fecondate da un becco . " Ciò per prescrivere ai Romani la rivoltante pratica del culto di Mendes ; ma essi parvero poco inclini ad obbedire all 'oracolo . Allora un in­ dovino dell'Etruria lo interpretò addolcen­ done il rigore : propose alle donne sterili di farsi fustigare dorso e ventre con degli staf­ fùi di pelle di becco . È quello che si prati­ cava in occasione delle feste dei Lupercali. 11 23 febbraio , giorno destinato a questa solennità, giovani nudi percorrevano la città, armati con i coltelli utilizzati per im­ molare dei becchi, e di una frusta, compo­ sta da stringhe tratte dalla pelle di questi animali . Con queste frustavano quelli in cui si imbattevano . Le donne , lungi dal fug­ gire , correvano avanti e offrivano il loro 25

ventre nudo ai colpi dei fustigatori, nella speranza di ricavame la fertilità.

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II IL CULTO DELLE POTENZE GENERATRICI

Fu soprattutto il culto di Priapo a rice­ vere gli attacchi che gli apostoli del cristia­ nesimo sferrarono ai riti del paganesimo ; nessun altro è stato perseguito con tanta violenza; le sue cerimonie apparivano loro non solo contrarie alla gravità e santità della nuova religione, ma ancora sovvertitrici dei principi elementari della decenza e della morale . Ad essi sembrava anche che la forma sotto la quale il dio veniva rappresentato , costituisse una derisione a tutta la devo­ zione , e che una tale immagine era molto più conveniente a un lupanare che a un tempio . Ne frattempo , bisogna osservare che il cerimoniale di una religione, non più che le sue forme esteriori, non sempre è creato per essere compreso nel suo senso diretto ed evidente ; forme e cerimoniale sono le rap­ presentazioni più ordinariamente simboli­ che di qualche signifi.cazione nascosta, che 27

molto spesso è saggia e giusta, sebbene i simboli possano apparire assurdi e strava­ ganti a coloro che non ne colgono il vero senso. Tuttavia è certo che, avendo la cupidigia sacerdotale e la superstizione perpetuato queste rappresentazioni simboliche per molti secoli dopo che il loro significato si era perduto e il loro scopo primigenio dimenti­ cato, esse dovettero apparire insensate e ri­ dicole , e parimenti empie . Il culto di Priapo , se colto nella sua gros­ solana e volgare rappresentazione , si mani­ festa mostruoso e indecente ; ma se lo si considera nel senso e per gli scopi originali, si rivela come simbolo naturale di una reli­ gione eminentemente fùosofica. Quale che sia il senso che gli antichi at­ tribuirono al simbolo in questione , è co­ munque certo che questo non fu né burlesco, né licenzioso. Il culto priapico fu trasmesso ai Greci dagli Egiziani, i quali l'onoravano in memo­ ria di Iside; la favola racconta che , essendo stato Osiride ridotto in pezzi da Tifone, lside ritrovò tutte le membra del suo sposo 28

tranne uno , cioè l'organo generatore; essa compose un simulacro del membro assente ed espose tale simbolo alla pubblica vene­ razione. Gli Egiziani stessi avevano ricevuto tale culto dagli Indù , che adoravano lo stesso oggetto sotto il nome di Lingam, e l'idea fon­ damentale di tutte queste pratiche religiose, fu la venerazione che ha ispirato, soprat­ tutto all'uomo, lo spettacolo misterioso delle forze riproduttive della natura. Il Fallo , in India chiamato Lingam, è rap­ presentato sotto più forme; può essere iso­ lato o combinato con la figura del sesso femminile . Gli Indù della setta di Shiva, una delle tre principali divinità, hanno una grande venerazione per il Lingam; è sotto tale forma che il dio viene adorato nelle pa­ gode. L'interno degli edifici religiosi, ed anche le parti esteme, propongono dipinti e sculture rappresentanti scene estrema­ mente licenziose . Sulla porta di accesso di una città nel Si­ supatnam, si vede una statua di Sita, moglie del dio Visnù, incarnata sotto il nome di Ram; la statua, a grandezza naturale, è af29

fiancata da sei fachiri; questi penitenti raffi­ gurati in ginocchio, completamente nudi, gli occhi levati verso la sposa del dio, tengono tra le mani il loro fallo, del quale sembrano fare offerta alla divinità. Nella pagoda di Tri­ coulour, presso Madras , il culto del fallo si vede espresso con la più straordinaria raffi­ natezza. Vi si distingue una figura d'uomo dotato di un lingam di dimensioni prodi­ giose, che , ripiegandosi come un serpente, avvolge nelle spire le membra nude di più donne . Treviscore è il nome di una pagoda con­ sacrata a Shiva; su un piedistallo di granito, una colonna sorregge un bacino centrale , dal quale si eleva verticalmente un colossale Lingam; al di sotto, e sulla pietra stessa che forma l'invaso, c'è un ampio incavo che rap­ presenta gli organi femminili; sono questi i simboli della trinità induista. È sulla pietra consacrata - che serve loro da appoggio che i sacerdoti di Shiva iniziano ai Misteri dell'amore le giovani baiadere da essi con­ sacrate anche al culto e al pubblico piacere . Le parti genitali dei due sessi, riunite, co­ stituiscono in India il Pullèiar, emblema della 30

fecondità; i fedeli di Shiva portano il simula­ cro sospeso al collo. Sotto forma di gioiello d'oro o d'argento, il Pullèiar, chiamato Taly, viene offerto alle donne, nel giorno delle nozze, dai mariti. A tal proposito , Sonnerat3 riporta il se­ guente aneddoto: "Un missionario Cappuccino ebbe con i Gesuiti di Pondichéry una gran disputa, portata dinanzi ai tribunali. I Gesuiti - molto tolleranti quando la tolleranza asseconda i loro ambiziosi disegni - non posero divieti sull'utilizzo di questo amuleto. Monsignor de Touron, Legato Apostolico, che su tali argo­ menti non scherzava e che poco amava i Ge­ suiti, proibì rigorosamente il Taly e prescrisse ai cristiani dell'India di sostituirlo con una croce o una medaglia della Vergine. Gli Indiani, attaccati alle proprie antiche tra­ dizioni, rifiutarono il cambiamento. I missio­ nari, temendo di perdere i frutti del loro zelo e di veder diminuire il numero dei neofiti, proposero una mediazione e adottarono, nei confronti dei cristiani, una via di mezzo . Fu convenuto che sul Taly si incidesse una ·1

Sonnerat, Voyage aux Indes. 31

croce. In base a questo accordo, il segno dei cristiani fu aggiunto al simulacro delle parti generatrici dei due sessi." Vi è in India una particolare setta di ado­ ratori di Shiva; questi fanatici si chiamano Laris; li si vede tutti nudi, coperti di cenere, chiedere l'elemosina con in mano il lingam . Il Lingam che esce dalle mani dell'arti­ giano è senza virtù : deve essere consacrato da un Brahma. Le donne sterili mettono a contatto una certa parte del loro corpo con l'estremità del Lingam consacrato; a tale ef­ fetto vi si conducono anche gli animali, af­ finché divengano più fecondi. Duquesne4 dice di aver visto , nei dintorni di Pondi­ chéry, le giovani spose venire a prestare a questo idolo di legno il sacrificio della loro verginità. A Goa, il Lingam è di ferro , e a questo dio si fà giocare il ruolo di sacrifica­ tore . In qualche paese dell'India, i sacerdoti più scaltri, detti Dulaure, hanno sottratto a questo dio una così preziosa funzione . Que­ sto sacrificio, ben preferibile al primo, è senza dubbio parso più santo ai sacrifica­ tori e più lieve alle vittime . '1

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Duquesne, Voyages dans l'Inde.

A Jagrena, sostiene Bernier5, una ra­ gazza introdotta durante la notte in una pa­ goda deve sposare la divinità; un sacerdote, col favore delle tenebre, si impossessa delle primizie che quella crede di offrire al dio . In Egitto, durante le feste falliche, veniva esposta una statua dotata di tre membri vi­ rili. Essendo Osiride e Bacco, per i loro attri­ buti, un'unica divinità, nella pompa del Bacco dei Greci celebrata da Tolomeo Fila­ delfo, veniva portato in giro un fallo dorato dell'altezza di centoventi cubiti. Osiride altro non era che il primordiale modello di generazione, il dio dell'amore per eccellenza. Ora, questa divinità era celebrata dai poeti come il creatore di tutte le cose, il padre degli dei e degli uomini e il dogma della generazione era il simbolo delle sue più caratteristiche attribuzioni. C'è da sot­ tolineare che questo è in perfetto accordo con un uso generale degli artisti greci, i quali hanno uniformemente rappresentato 5

Bemier, Voyages dans le Mongol et en Hindous­ tan. 33

gli attributi di una divinità, in base alle pro­ prietà di questa, corrispondenti all'oggetto che essa persegue. L'organo genitale ha rap­ presentato l'attributo generatore o creatore e nel linguaggio della pittura aveva il mede­ simo significato dell'epiteto che ad esso si attribuiva negli scritti. È necessario giudicare le usanze e i co­ stumi nei loro rapporti con le cause che li hanno generati e non secondo i pregiudizi di un'altra epoca e di altri paesi. La regolare e moderna soddisfazione degli appetiti sessuali, non rappresenta né impurità né licenza; la depravazione e l'ec­ cesso costituiscono solo turpitudine . Del pari, l'organo preposto a un piacere speciale non è più oggetto di vergogna in sé, ma in quanto portatore di un altro piacere; l'uno non deve essere maggiormente nascosto o esposto dell'altro . La natura non risiede per niente nelle raffinatezze dei costumi mo­ derni, ma nelle abitudini acquisite . È dunque naturale , in un 'epoca in cui non esiste alcun pregiudizio di falsa de­ cenza, che il potere di procreare , di molti­ plicare il proprio simile, fosse rappresentato 34

da quell'organo stesso con il cui aiuto ciò poteva essere trasmesso da generazione in generazione . Nel frattempo il venerando Priapo primi­ tivo fu declassato, più tardi, dal rango di dio della natura a quello di divinità subalterna; e lo vediamo , allora - presunto figlio del Bacco asiatico - vivere tra le Ninfe , presi­ diare alla fertilità dei giardini. Il suo degrado si accentuò ulteriormente in un'epoca più corrotta: divenne oggetto di derisione e d'in­ sulto, buono tutt'al più per servire da spau­ racchio agli uccelli e ai ladri per la sua rubiconda proboscide . In tal modo fu pro­ stituito il principio generatore , il simbolo più elevato del principio d'Amore . Malgrado questo infortunio, Priapo con­ tinuò ad avere un tempio e dei sacerdoti, a lui si facevano sempre le più raffinate of­ ferte . È così che , prima della celebrazione del matrimonio, si poneva la fidanzata sulla statua del dio per essere appositamente de­ florata con l'ausilio del fittizio membro . Questo in modo che, dalla sua comunione col principio divino, la donna potesse adem­ piere fruttuosamente ai doveri del suo 35

nuovo stato; vale a dire ricevere il dono della fecondità. Si invocava anche la divinità per­ ché secondasse desideri lubrichi; è così che in un antico poema si può vedere una si­ gnora che presenta a Priapo le illustrazioni tratte dall'Elephantis e gli chiede , in modo grave, di poter godere dei piaceri ai quali egli presiede, in tutte le posizioni e attitudini de­ scritte dal celebre trattato . Il poeta non dice se la preghiera fu esaudita, ma c'è da cre­ dere che la dama non si fosse limitata alla sola preghiera, e che, contrariamente a quel che fanno molti devoti, l'avesse affiancata a pratiche utili a renderla efficace! Il dio fu ringraziato , dalla vittima passiva del sacrificio, con doni consistenti in piccole effigi, rappresentanti l'attributo caratteri­ stico del dio , e in numero pari ai sacerdoti officianti. Un dipinto mostra una di queste vittime che offre un tal numero di queste fi­ gurine , che è lecito credere che , dopo ciò , ella non fu mai più trascurata! Erodoto dice che le devozioni a Priapo avevano luogo di notte e che i sacerdoti, as­ sorti nella contemplazione del creatore , si esercitavano ad imitarlo nell'azione caratte37

ristica del suo grande attributo . Per aumen­ tare ancora questo entusiasmo , dice lo scrittore, i santi dei due sessi si rinchiusero nel tempio e vissero nella promiscuità, ono­ rando il Signore con un grande spiegamento della sua potenza e con la naturale comu­ nicazione che essi si scambiavano della sua bontà! Le immagini tramandate dagli Antichi, ci lasciano del resto senza dubbio circa la pro­ stituzione sacra esercitata nei templi di Priapo . L'atto generatore era così una sorta di sa­ cramento sull'isola di Lesbo, le medaglie ri­ trovate sono assolutamente caratteristiche . Vi erano a Lesbo e altrove, un po ' dapper­ tutto, dei ritiri per l'educazione femminile; non c'è nulla di sorprendente nel fatto che le donne dell'antichità fossero state molto ben istruite nella pratica di tutti i doveri della loro religione. La storia di Giulia e di Messalina prova che le signore romane non erano manchevoli in nessun punto , e nel contempo andavano altrettanto nominate per la loro gravità e decoro , al punto che de donne di Corinto le avevano adottate come 38

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riferimento nel sottostare a tutti i dettami ideati dall'immaginazione delle sacerdo­ tesse, nell'esercizio del culto della loro dea tutelare . Se l'atto della generazione era onorato come religioso, i membri sessuali, principali cooperatori di questo atto, dovevano godere almeno delle stesse prerogative; così gli or­ gani generatori, lungi dall 'essere oggetto di ridicolo , erano onorevolmente considerati e qualificati. La loro esposizione ai pubblici sguardi non procurava scandalo né offen­ deva costumi o convenienze . Tali oggetti erano, del pari, religiosamente invocati nei più solenni giuramenti. Giurare portandovi la mano , era una pratica altrettanto santa che giurare poggiando la mano sull'altare . Serviva a dare la massima garanzia sull'in­ violabilità di una promessa. Diodoro Siculo racconta che Psammetico, re d 'Egitto, volendo trattenere nel paese dei soldati egiziani che, scontenti, si ritiravano in Etiopia, parlò loro della loro patria, delle loro donne, dei loro figli. Questi soldati al­ lora, sfùandosi le tuniche e mostrando il segno della virilità, risposero che con ciò non 40

avrebbero perso né donne né bambini. Gli Ebrei portavano la mano sui genitali per prestare un giuramento. Tale uso, in queste contrade si è conser­ vato fmo ai tempi moderni. Gli Arabi, sia per salutare che per effettuare le loro promesse nella forma più solenne , portano la mano ai genitali. L'Aiutante Generale Julien, in una lettera scritta a Geoffroy, membro de111stituto, lo attesta in questi termini: "Quando i Mamelucchi per la prima volta comparvero a Rahmanyeh, i nostri avampo­ sti trassero in arresto un abitante del paese che stava attraversando la pianura. I volon­ tari che lo condussero, pretendevano di averlo visto uscire dai ranghi nemici e lo trat­ tavano assai duramente, ritenendolo una spia. Trovandomi sul suo tragitto, ordinai che fosse condotto al quartier generale e che non gli fosse fatto alcun male. Questo infe­ lice, rassicurato dalla maniera in cui mi vide parlare, tentò di dimostrarmi che non era tra i partigiani dei Mamelucchi. Vide bene che io non potevo comprenderlo; allora tolse la sua camicia blu e, stringendo il proprio fallo in 41

pugno, si fermò per un attimo nell'atteggia­ mento teatrale di un dio che giura sullo Stige . La sua fisionomia sembrava dirmi: "Dopo il terribile giuramento che faccio per provarvi la mia innocenza, osereste voi du­ bitarne?" Il suo gesto mi ricordò che, dal tempo di Abramo , si giurava la verità por­ tando la mano agli organi genitali." Sembra che in precedenza, nel Galles in­ glese, una legge di Hoel-le-Bon (X secolo) or­ dinò che , se una donna violata intendeva perseguire attraverso la Giustizia colui che le aveva arrecato oltraggio, ella doveva, pre­ stando il giuramento di verità sul crimine, poggiare la sua mano destra sulle reliquie dei santi e la sinistra sul membro virile dell'accusato .

42

III IL CULTO DI PRIAPO NEL MEDIOEVO L'austera legislazione dei primi Cristiani, annientò gli osceni riti priapici; ma nel frat­ tempo , in molte occasioni si concesse mo­ menti di lassismo rispetto al proprio rigore e concesse via libera alle feste e alla gioia, senza tuttavia distaccarsi da un'apparenza di santità e di solenne decoro . È così che in una festa religiosa fu stabilito il santo bacio che i fedeli si scambiavano tra di loro al ter­ mine di certe preghiere , felicitandosi in tal modo per questo gesto d'amore . "È in que­ ste occasioni - dice Martini Kenipii (?) che essi raggiunsero un livello di estasi che li fece precipitare verso la morte , conferendo loro il desiderio intenso di ottenere la co­ rona del martirio ; il parossismo dell'amore e l'ardente devozione , in certi casi si con­ fondono talmente bene , che le persone che le subiscono non ne hanno coscienza. Que­ sto è quanto si è spesso verificato per i cri­ stiani della chiesa delle origini. " -

43

Le feste gratulatorie e di amore, le agapi e le veglie notturne, sebbene religiose e pure, hanno nel contempo offerto troppe occasioni agli appetiti e alle passioni umane per rima­ nere tali a lungo . Il puro incanto e le divine estasi furono spesso estasi di altra natura, ma dissimulate sotto il manto della devo­ zione, da cui derivarono delle gravi irregola­ rità; ecco perché i concilii le soppressero . È da sottolineare che la memoria degli antichi riti è dovuta sussistere nella cristia­ nità per molto tempo dopo la loro abolizione ufficiale, se lo si giudica dalle figure oscene che decorano le cattedrali gotiche, gargolle , chiavi di volta, ornamenti di portici, etc . , cosa che s i può vedere un po' dappertutto in Europa. In effetti, il culto reso alle po­ tenze generatrici rappresentato dagli organi sessuali proveniva da Roma, che apportò alle provincie che aveva conquistato le sue istituzioni e le forme del suo culto, che vi aveva stabilito in modo permanente . Si trovano un po ' dappertutto in Francia, in Inghilterra, in Germania, delle quantità di monumenti del culto di Priapo; si tratta di altari, figurine , medaglie , statuette ad 44

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esso dedicate, e dove il fallo o organo virile, figura in diverse forme , come un potere protettore contro gli influssi malvagi .

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A seguito di questa idea, il ben cono­ sciuto modello era scolpito sulle pareti dei pubblici monumenti posizionati nei luoghi più in vista, all'interno delle abitazioni, uti­ lizzato come ornamento per le donne, so­ speso come amuleto al collo dei bambini.

Scene più erotiche coprivano i vasi di me­ tallo e di terraglia, destinati senza dubbio a festini e ad utilizzi aventi più o meno rap­ porti con il culto di Priapo e della fecondità. Sembra che a Nimes il culto priapico sia stato tenuto in grande onore ; si trovano numerosi simboli nell'anfiteatro e su altri edifici: si tratta di una quantità di piccoli 47

bronzi che parrebbero essere serviti da amuleti, rappresentanti un doppio o triplo fallo. Ve ne sono alcuni che raffigurano un corpo di cane, con le zampe di questo ani­ male e la testa di fallo; un secondo organo occupa il suo posto abituale e un terzo funge da coda. Su un pilastro dell'anfitea­ tro, si distingue un triplo fallo con delle zampe di cane; una campanella è sospesa a un piccolo

membro posto davanti a

quello grande, che funge da corpo a delle ali; tre uccelli, due dei quali beccano il glande scoperto del fallo principale, mentre il terzo abbassa la coda con la sua zampa.

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Nel Museo segreto di Napoli, esistono più esemplari di questo triplo simbolo.

Al

museo di Nimes, si vede un masso di

pietra quadrato i cui quattro lati sono co­ perti di rappresentazioni sessuali femminili disposte e ordinate; si tratta molto proba­ bilmente di una pietra servita da base a un altare di Priapo. Un fallo è guidato da una donna, le zampe sono quelle di un uccello ed esso appoggia su tre uova in forma di mela, rappresentanti organi femminili. In Germania, in Gran Bretagna, esistono numerosi esemplari di fallo; ovunque, in­ somma, dove si è fatta sentire la domina­ zione romana.

50

Nel XIV secolo, ancora sussisteva il culto pubblico degli organi generatori; se ne ha prova grazie al sinodo di Tours, tenuto nel

1396,

che dispose pene severe contro chi

"Opera delle fascinazioni (Priapo) o pratica sortilegi estranei al credo. . . " Uno dei principali scopi di queste ceri­ monie priapiche, era ottenere la fertilità della terra e quella degli animali, essendo Priapo il dio degli agronomi. Sant'Agostino scagliò fulmini contro le feste romane dei

Liberalia;

"Un enorme

Fallo - dice - era portato, su un magnifico carro, al centro delle pubbliche piazze, con

51

un grande spiegamento di cerimonie e le donne più oneste andavano a depositare ghirlande di fiori sull'oscena immagine, al fine di compiacere il dio , ottenere un ab­ bondante raccolto ed allontanare dalla terra i malefici." Ora, nel 1268 - dice la Cronaca di Laner­ cost - una epizoozia decimò il bestiame del distretto di Lothian in Scozia; per combat­ terla, alcuni cristiani insegnarono ai locali ad accendere un fuoco con l'attrito del legno e ad innalzare l'immagine di Priapo , come mezzo per salvare il loro bestiame : "Allora un membro secolare dei Cistercensi di Fenton lo ha fatto dinanzi alla porta della sala, poi ha asperso il bestiame con testicoli di cane immersi nell'acqua benedetta." Poi ancora, nella contea di Eife in Sco­ zia, "Nel 1282, il 29 marzo e il 5 aprile, un prete della parrocchia d 'Inverkeithing cele­ brò i riti di Priapo radunando le giovani ra­ gazze della città e, senza riguardo per il loro sesso né per l'età, le fece danzare at­ torno alla statua del dio , e, portando in giro durante la danza un'immagine in legno dell'organo virile , cantava e danzava lui 52

stesso , accompagnando il canto con gesta e atteggiamenti consoni alla circostanza e indusse ad atti licenziosi con parole non meno licenziose . Convocato davanti all'Ar­ civescovo, si scusò per quella che era una abituale consuetudine del paese, e gli fu accordato di conservare il suo privilegio . " I n Irlanda, tra le rovine d i diverse chiese, sono state trovate pietre incise rappresen­ tanti donne che ostentavano i propri organi sessuali; queste figure, scolpite sulla pietra di volta all'entrata della chiesa, erano poste a protezione contro il malocchio . La fac­ cenda sembra provata dalla favola rappre­ sentata nei Misteri di Eleusi e raccontata dal padre Arnold : "Cerere , vagando sulla terra alla ricerca di sua figlia Proserpina e sopraffatta dal dolore che le aveva causato la fuga di quella, giunse alla capanna di una contadina ateniese di nome Baubo , che le offri ospitalità e le dette da bere una miscela rinfrescante , che i Greci chiama­ vano Cyceon. La dea respinse la benevola offerta e rifiutò ogni consolazione . Baubo , con la sua scaltrezza, si avvalse di un altro espediente per alleviare il dolore della sua 53

ospite . Sgombrò le sue parti sessuali dai segni esteriori della pubertà e le mostrò in questo stato a Cerere , che se la prese a ri­ dere dimenticando il suo dolore e bevve il Ciceone6. " I l Medioevo raccolse dai Romani la con­ suetudine di ornare le mura degli edifici con la figura di Priapo ; più comunemente , gli edifici più particolarmente sottoposti all 'influenza di questo simbolo furono le chiese, dove era ammesso contro gli incan­ tesimi, sotto il cui terrore le popolazioni di quell'epoca costantemente vivevano; que­ sto dio propizio aveva non solo il dono di proteggere il luogo dove veniva rappresen­ tato , ma anche coloro che verso di lui lan­ ciavano uno sguardo . Si sono viste ancora, verso la fine del XVIII secolo , numerose chiese il cui portico 6 In realtà la figura mitologica di Baubo risulta leg­ germente più complessa. Era infatti considerata "dea dell'oscenità" e il suo aspetto era davvero singolare: senza testa, aveva gli occhi al posto dei capezzoli e la bocca al posto del sesso, per cui le storielle licen­ ziose raccontate a Cerere-Demetra vennero profferite attraverso questa strana "bocca alternativa." Si com­ prende come una simile scena potesse muovere al riso la pur disperata Dea-Madre! (n.d.c.).

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era sormontato dall 'immagine di Priapo; ma - dice Dulaure - esse sono state distrutte sotto la Rivoluzione, avendovi il popolo visto un segno della depravazione del clero . L'antichità aveva fatto di Priapo un dio , il Medioevo ne fece un santo con più deno­ minazioni. Nel Mezzogiorno della Francia ci assicura l'Autore - era adorato come san Foutin, corruzione del nome di un vescovo di Lione , Photius. Comunque si era tra­ smesso a questo santo l'attributo distintivo di Priapo, sotto forma di un grande fallo di legno , oggetto di venerazione femminile , principalmente delle donne sterili. Esse ra­ schiavano il membro di legno , creando un infuso con la segatura, e bevevano questa singolare tisana o la somministravano ai propri mariti per fortificarli. Nella confessione del Sancy, nel XVII se­ colo, il culto di san Foutin7 è descritto così come lo praticavano in Francia. Vi è detto che a Versailles, in Provenza, "delle immagini in cera degli organi dei due sessi, dedicati a san Foutin, sono sospesi al soffitto della sua cap­ pella, in modo che, se il vento li agita, essi si 7

56

Joumal de Henri III, vol. V.

scontrano e producono un effetto che turba un po' la tranquillità delle anime devote." A Embrun, nelle Alte Alpi, il fallo del Santo era venerato in un altro modo ; le donne compivano una libagione di vino sulla testa del membro , e questo vino era raccolto in un vaso, per essere poi conser­ vato finché non divenisse acido ; questo li­ quido veniva chiamato "Il santo aceto". A Saint-Eutorpe, in Provenza, un enorme fallo era oggetto di un ardente culto; lo stesso a Porigny, a Cives, a Viviers, a Vendres, ecc. e al convento di Girouet, presso Bruges, in­ fine in Anjou, in Bretagna e nel Berry, dei falli erano ancora venerati nel XVIII secolo. Sempre questi membri di legno subivano la raschiatura, in modo da ridursi rapidamente di grandezza, ma, per un miracolo inaudito, essi subivano incessantemente una reinte­ grazione del materiale asportato. Presso gli antichi le fidanzate , prima della cerimonia nuziale offrivano a Priapo la propria verginità. Questo uso religioso è rappresentato, come vedremo più avanti, da un bassorilievo del museo segreto . In tal modo la donna intendeva evitare la sterilità. 57

Nel Medioevo non si osava abbandonarsi apertamente a tale pratica, dal momento che appariva troppo indecente . Le donne semplicemente si coricavano sul corpo del santo o su una pietra simbolica. Così nella chiesa di Saint Fiacre a Monceau, c'è una pietra che trasmette la fecondità alle donne che vi si siedono sopra, con le parti intime denudate. Ad Orcival, in Auvergne, vi è, in una chiesa, un pilastro che le donne sterili baciano con rispetto . Dulaure8 racconta che un giorno una sposa del villaggio entrò in questa chiesa e , trovandovi soltanto un grosso canonico, gli domandò: "Dov'è il pi­ lastro che rende feconde le donne?" - "Sono io il pilastro", rispose lui. Si pretende che sia stata questa supersti­ zione a far nascere nelle donne il desiderio di usare un fallo artificiale , consuetudine molto frequente in certe riunioni femminili. Quest'uso , che sembra dovere la sua ori­ gine a una qualche pratica religiosa, esi­ steva già in un periodo molto risalente ; infatti se ne fa allusione nelle Sacre Scrit­ ture . Lo si trova, all 'inizio del Medioevo, de8

58

Dulaure, Hist. eccles.

scritto nei penitenziali. Il vescovo di Worm descrive lo strumento e il suo impiego nei più grandi dettagli9• L'uso di portare figurine di Priapo contro il malocchio , tratto dai Romani, è perdu­ rato durante il Medioevo e anche oltre. I Romani designavano questi amuleti col nome di Fascinum. Nella Senna sono state rinvenute numerose medaglie di piombo , rappresentanti da un lato un fallo e dall'al-

tro una croce . Quasi tutte queste immagini falliche hanno delle ali, altre sono montate da una donna. Un altro emblema priapico, è la mano 9 Burchardt. Penot. , lib. XIX. 60

detta fallica. Gli Antichi avevano due figure emblematiche di questa mano oscena: nel­ l'una, il dito medio era teso, il pollice e le altre dita ripiegati su se stessi; nell'altra, tutta la mano era chiusa, ma il pollice era inserito tra l'indice e il medio. Così, nella prima il medio rappresenta il membro virile e le dita ripie­ gate da ogni lato sono i testicoli. Era quello il digitus impudicus; mostrare la mano in que-

sta posizione, costituiva presso i Romani uno sprezzante insulto, poiché designava la per­ sona alla quale questo segno si indirizzava come dedita ai vizi contro natura. 61

D 'altra parte , questo gesto della mano era, in un 'epoca molto remota, un tali­ smano contro le cattive influenze e questa forma serviva da ornamento come il Fallo . L'altra forma, il cui senso era chiara­ mente indicato dal pollice , che raffigura il Fallo, era riprodotta in diversi metalli . Nel museo segreto di Napoli vi sono numerosi esemplari di simili amuleti, sotto la forma di due braccia unite per il gomito , uno di essi termina con un fallo , l'altro con la mano che presenta la forma sopra descritta. Accanto alle invocazioni individual­ mente indirizzate a Priapo o alla potenza generatrice , gli Antichi avevano stabilito delle feste in suo onore , in cui regnava la gioia più licenziosa e nelle quali l'immagine del dio era portata in trionfo. Tali cerimonie avevano luogo principalmente tra le popo­ lazioni rurali e solamente in estate . I Baccanali avevano luogo al termine delle vendemmie , e durante la notte. Nella misura in cui i celebranti progredivano nella loro ebbrezza, queste feste degenera­ vano in un 'estrema libertà, durante la quale il popolo si abbandonava senza ver62

gogna ai più ignobili vizi; un bassorilievo di Pompei ce ne fornisce un'esatta immagine . La festa di Venere si celebrava in aprile . Erano delle donne a condurre il fallo al tempio, per presentarlo alle parti sessuali della dea. Alla fine del mese di maggio si tenevano le Floreali, che quanto a licenziosità sor­ passavano di gran lunga le altre feste . Le donne di malavita, accorse da ogni dove, si confondevano tra la moltitudine completa­ mente nude ed eccitavano le passioni con atteggiamenti e parole oscene , fino a che la festa degenerava in una folle scena orgia­ stica, dove comparivano anche dei becchi per partecipare a dei mostruosi accoppia­ menti. I Teutoni e i Franchi imitarono tali feste falliche , con non minore licenza. Più tardi, nel Medioevo , l'usanza dei dolci priapici (in forma di sesso, maschile o femminile, n. d. c.) derivante da feste campagnole , si mostra un po ' ovunque; se ne ricavava un tali­ smano contro le influenze maligne . Nella Saintonge , si vedevano delle gallette a forma di fallo , portate di casa in casa in oc63

casione della festa dei Rami. Queste forme di pane, infilzate con rami di verdura, erano consacrate all'ufficio divino. Ancora oggi, in Limousin , alla festa dei Rami, le genti di campagna hanno la tradizione di far con­ sacrare delle forme di pane tricorni; è evi­ dente che tali corna avessero in origine una forma fallica. In alcuni manoscritti francesi si propone la ricetta per confezionare questi dolci. Contégius ne descrive le diverse forme ed elenca quelli delle parti sessuali di en­ trambi i sessi; prova, dice egli, "della deca­ denza dei costumi, mentre i cristiani stessi promuovono a loro delizia oscenità e cose impudiche finanche nella roba da man­ giare. " Aggiunge egli, che qualcuno di que­ sti commestibili era stato consacrato. In una lettera che Sir Hamilton, mini­ stro plenipotenziario inglese a Napoli, indi­ rizzò nel 1 78 1 al presidente della Royal Society di Londra, si trovano dettagli molto curiosi sulle permanenze del culto di Priapo a Isernia. Ecco qui di seguito la tra­ duzione di questa lettera, datata 30 dicem­ bre 178 1 : 64

"Avendo scoperto , lo scorso anno , che in una provincia distante meno di cinquanta miglia dalla capitale si questo regno , si rende ancora (sebbene sotto diversa deno­ minazione) una sorta di culto a Priapo , di­ vinità oscena degli Antichi, ho ritenuto che fosse circostanza degna di essere menzio­ nata e che presenta una nuova prova della somiglianza della religione papale con il paganesimo , similitudine già così ben di­ mostrata dal dottor Middleton nella sua lettera su Roma. . . H o evidenziato da lungo tempo che donne e bambini delle classi basse spesso si ornavano con delle sorte di amuleti (con­ tro il malocchio) esattamente come quelli che gli antichi abitanti di questi luoghi in­ dossavano per lo stesso motivo; in esse si presenta una mano chiusa. La punta del pollice è serrata tra l'indice e il medio . L'in­ dice è una valva e il terzo dito una mezza luna. Questi amuleti sono fatti (ad ecce­ zione della valva che è naturale) in argento, avorio , corallo, ambra, cristallo o altre pie­ tre preziose, e anche in pietra. Abbiamo la prova che la mano qui sopra descritta ha 65

rapporti

con

Priapo,

attraverso un'ele­

gante, piccola figurina di bronzo del Museo reale di Portici.

È stata trovata tra le rovine

di Ercolano. Il dio è (!) un enorme fallo, e con uno sguardo, un gesto maligno, pro­ tende la sua mano destra piegata nella pa­ stura qui sotto descritta; cosa che significa senza dubbio la consumazione dell'atto sessuale. Una prova a sostegno di ciò, è che l'amuleto con il solo fallo che si trova più frequentemente presso gli Antichi, è una mano che sembra congiunta al fallo. . . l a mezza luna è , senza dubbio, un'allu-

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67

sione al mestruo femminile . La valva, o Concha Veneris (conchiglia di Venere) , è con ogni evidenza l'emblema dell'organo sessuale femminile. È cosa certa che gli amuleti, se veramente indecenti, con il solo fallo, sono da molto tempo in uso nella civilizzata capitale del regno; mi è stato però assicurato che solo da pochissimo tempo hanno potuto vietare l'esportazione di questi amuleti verso la Ca­ labria e le altre provincie distanti dal centro. È stato tracciato un nuovo percorso, l'ul­ timo anno, che va da Napoli alla provincia degli Abruzzi e passa attraverso la città d 'Isernia, in precedenza appartenuta ai Sanniti e molto popolata. Un individuo di estrazione liberale , impegnato in questo la­ voro , era presente ad Isernia nel momento in cui si celebrava la festa del moderno Priapo , san Como (Cosma). Egli fu colpito dalla singolarità della cerimonia, in tutto si­ mile a quella in uso nell'antico culto del dio dei giardini, e, conoscendo la mia passione per le cose antiche , mi mise a parte di al­ cune sue osservazioni. È dal racconto di questo gentiluomo e da ciò che ho appreso, 68

nei suoi luoghi, dal governatore d 'Isernia in persona - essendo stato in quella città nel mese di febbraio - che ho scritto il resoconto di cui sopra, racconto fedelmente riportato. "Il 27 settembre a Isernia ha luogo una fiera annuale . L'allocazione di tale fiera è in un 'altura posta tra due fiumi, situata presso la città, e nella parte più alta della quale si trova un'antica chiesa. L'architet­ tura di questa chiesa è in stile Basso Im­ pero; essa apparteneva, si dice, ai monaci Benedettini, ed è dedicata ai santi Cosma e Damiano . In uno dei giorni della fiera, vengono esposte le reliquie di questi santi. In città e nella fiera, vengono venduti ex­ voto in cera che rappresentano le parti geni­ tali maschili, di ogni dimensione, qualcuno anche della grandezza di un palmo, mischiati ad altri simulacri in cera rappresentanti altre parti del corpo; ma queste ultime sono meno numerose rispetto ai falli . I devoti dispensa­ tori di questi voti, portano in una mano un cestino che ne è pieno, e con l'altra tendono un piatto per ricevere denaro. Essi vanno gri­ dando "San Cosma e Damiano!" Se chiedete il prezzo di uno di questi voti, vi rispondono: 69

Più ci metti, più meriti." Due tavole poste nel vestibolo della chlesa sono presidiate da ca­ nonici. Uno grida "Qui si raccolgono offerte per le messe e le litanie!", l'altro "Qui si rice­ vono i voti!" Il prezzo di una messa è di quin­ dici grani, quello di una litania di cinque grani. I voti sono principalmente offerti da donne, e quelli rappresentanti l'organo geni­ tale maschlle prevalgono quantitativamente sugli altri.

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Il gentiluomo presente a questa festa nel 1780 e la cui testimonianza mi è stata con­ fermata dal governatore di Isernia, mi ha riportato di aver inteso una donna dire , nel momento in cui presentava il voto in forma di fallo, "Santo Cosimo benedetto, così lo vo­ gliof', e un'altra, " Santo Cosimo, a te mi rac­ comandar' E una terza: " Santo Cosimo, ti ringrazio. " Il voto non è mai presentato senza es­ sere accompagnato da un'offerta in denaro, ed è baciato dal devoto al momento della presentazione . All'altare maggiore , in chiesa, un cano­ nico dà la santa unzione con l'olio di san Cosma. Coloro che hanno un membro del corpo malato, si presentano a questo altare e lo denudano (senza fare eccezione per quello più frequentemente rappresentato dagli ex­ voto) . Il canonico l'unge e dice: "Per inter­ cessionem beati Cosmi, liberet te ab omni malo, amen. " L'olio di san Cosma gode di una grande reputazione per le sue qualità fortificanti. Viene utilizzato per effettuare frizioni sulle 71

reni e sulle parti adiacenti. Presso l'altare maggiore, durante la festa del 1780 non se ne sono consumate meno di millequattro­ cento bottiglie , per unzioni e distribuzioni gratuite ; e poiché è d'uso che , chiunque utilizzi quest'olio presso l'altare e ne porti via una bottiglia, lasci un 'elemosina per san Cosma, per i canonici della chiesa la cerimonia dell'olio è molto lucrativa. " Quando è stato scoperto il Messico, nella città di Panuco si è trovato ben radicato il culto privato del Fallo. La sua immagine era adorata in templi; nelle pubbliche piazze si vedevano bassorilievi che sotto diversi aspetti raffiguravano l'unione dei due sessi 1 0 • A San Domingo sono stati rinvenuti dei Falli. "Uno di essi - dice M. Arthaud - è rap­ presentato a grandezza naturale , la forma è regolare , il glande è perforato ; è adagiato sulla propria base per ricevere una sorta di cerniera forata. Vi si applica un cordone che serve a sospenderlo .

10

72

Garcilosa de la Vega, lib . 2.

IV POMPEI E

IL

MUSEO SEGRETO

Fu nel 79 che il Vesuvio apri improvvisa­

mente i suoi abissi, vomitò torrenti di fiamme, lanciò enormi pezzi di roccia sulle campagne vicine e seppellì nel contempo sotto masse di lava e cenere, Resina, Stabia, Pompei, Ercolano ed altre località meno im­ portanti. Plinio il Giovane, in due lettere a Tacito racconta questo spaventoso disastro: "Già dice egli - la cenere iniziava a cadere su di noi, anche se in piccola quantità; giro la testa e vedo dietro di me una spessa cortina di fumo che ci insegue, diffondendosi come un torrente sulla terra. Si udivano solo i lamenti delle donne, i gemiti dei bambini, le grida degli uomini. Uno chiamava suo padre, un altro i suoi figli o sua moglie; non si distin­ gueva che la voce. Gli uni imploravano il soc­ corso degli dei; gli altri credevano che fosse tutto fmito e guardavano a quella notte come all'ultima, come la notte eterna che doveva ingoiare l'universo!" L'eruzione durò tre 73

giorni. Alla fme dell'incendio, le cui ceneri sostengono gli storici contemporanei - furono portate fmo in Egitto e in Siria, si vide che tutta la vicina costa era scomparsa. C'è da presumere che le terribili minacce del Vesuvio siano continuate ancora molto a lungo dopo il seppellimento di Pompei, dal momento che gli abitanti dei paesi vicini no si sono avvici­ nati più, se non con grande timore, al luogo su cui sorgeva la sfortunata città; a distanza di alcuni anni , essi ne avevano dimenticato fi­ nanche l'esatta ubicazione. Pompei era stata del tutto dimenticata, quando , alla fme del XVI secolo, l'architetto Fontana costruì un canale sotterraneo per portare le acque del Samo a Torre Annun­ ziata; il canale attraversò il sottosuolo della città e crepò le antiche mura, senza che nes­ suno sospettasse che passava attraverso Pompei. Nel 1 7 48, avendo dei vignaiuoli urtato con la punta del loro piccone delle costruzioni, il colonnello del Genio don Rocco Alcubierre chiese il permesso di compiere ricerche in questo luogo con l'aiuto di dodici forzati. In questo modo fu scoperta l'antica città. Le ri74

cerche furono mal condotte e spesso so­ spese . Fu solo ai tempi dell'occupazione francese, nel 1 799, che i lavori furono ripresi attivamente, e nel 1 8 1 2- 1 8 1 4 tornarono alla luce i bastioni dell'antica città. Pompei, così come la si può vedere al giorno d'oggi, non presenta un ammasso di rovine informi e mutilate; è un'intera città che, sebbene i suoi edifici siano storpiati e corrosi, mostra in tutti i dettagli le sue strade, le piazze pubbliche, i teatri e fmo al più insignificante utensile della vita dome­ stica. Tutto li parla vivamente all'immagina­ zione, che crede di veder vagare le ombre degli abitanti di un tempo . Le case dei ricchi possiedono numerosi di­ pinti, affreschi, statue mirabilmente conser­ vate; tutti i capolavori sono oggi al museo di Napoli. Ma quel che è più curioso da vedere ai nostri giorni, è la strada; i marciapiedi sono stretti e pittorescamente lastricati, se­ condo la fantasia dei proprietari. La pavi­ mentazione è formata da grossi blocchi di lava. Come erano millenovecento anni fa, così sono oggi. Sulla via si aprivano dei ne­ gozietti, ci sono ancora le insegne. Un mulino 75

annunzia un mugnaio; una capra una latte­ ria. Il venditore di vino ha per insegna un enorme grappolo d 'uva, trasportato - sospeso ad una pertica - da due uomini che cammi­ nano in fila, l 'uno davanti all'altro, etc. I caffè erano molto numerosi (sic!); vi erano delle ta­ verne , poi delle case consacrate agli amori venali. Le mura sono coperte di iscrizioni un po' azzardate. Una mano ha scritto delle pa­ role di cui diamo qui la traduzione : "Una donna bianca mi ha insegnato ad odiare le giovani ragazze brune." Al di sotto vi è scritto: "Tu le odii ma ci torni . . . Niente male." Poi, ancora più sotto : "Scritto per la Venere fisica pompeiana." Si trova una iscrizione bizzarra , o piuttosto una locandina così congegnata: "Giulia Felice, figlia di Spurius , offre in af­ fitto, dal i o al go delle idi di agosto, un bagno degno di Venere e delle alte magistrature, ne­ gozi e mezzanini per cinque anni di seguito, alla condizione che se vi si stabilirà un luogo di prostituzione , il contratto di locazione verrà rescisso 1 1 • 11

76

Il tenore reale di questa citazione è il seguente : "In

77

In un lupanare frequentato da gladiatori, leggiamo questa iscrizione: "Lei ha vinto i vincitori!" La donna che aveva sconfitto i vincitori, si era preparato un piatto di fagioli che è rima­ sto tra le rovine . In una villa sepolta sono stati trovati un gran numero di resti umani, nell'atteggiamento di chi fugge. Come abbiamo detto, dipinti, bassorilievi e statue sono stati trasportati a Napoli, dove costituiscono un museo unico al mondo; i di­ segni, gli affreschi e le figurine, rappresen­ tando scene erotiche , hanno costituito l'oggetto di una selezione particolare e sono racchiusi in una parte del museo accurata­ mente interdetta. Si tratta del gabinetto sepraedis Iuliae Sp(uri) f(iliae) Felìcis locantur balneum Venerium et nongentum, tabemae, pergulae, cena­ cula ex Idibus Aug(ustis) primis in Idus Aug(ustas) sextas annos continuos quinque. S(i) q(uis) d(esidera­ bit}, l(ocatricem) e(o) n(omine) c(onvenitof : Nel fondo di Giulia Felice, figlia di Spurio, affittansi bagno elegante degno di Venere, ad uso della gente perbene, botteghe con abitazioni soprastanti, ammez­ zati di deposito e cenacoli, dalle prossime Idi d 'agosto fino alle Idi d 'agosto del sesto anno, per cinque anni continui. Se qualcuno desidera (affittare) , si rivolga a tale riguardo alla locatrice" . In: Mare Monnier, Pom­ pei e i Pompeian� 1 8 64. 78

greto del museo reale, che è aperto soltanto ad uomini di età matura muniti di un'auto­ rizzazione ministeriale.

79

Questo gabinetto

è

la sola galleria al

mondo dove si sia proposto di riunire tutti i capolavori impudichi. L'arte antica non si curava di un pudore troppo discreto; esso si compiaceva di rappresentare oggetti che

ai

nostri giorni appena si osa nominare. Sotto Luigi Filippo, si ottenne dal governo Napoletano un'autorizzazione a riprodurre per

la stampa i bronzi e i dipinti erotici; oggi questi disegni si trovano solo presso ricchi amatori o in certe biblioteche e dal pubblico possono es­ sere visti solo con grande difficoltà. Noi ab­ biamo potuto far riprodurre questi magnifici disegni per ornare questa pubblicazione, il cui modico prezzo

80

è alla portata di tutti.

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ANDROGINI, FAUNI E 8ATIRI DEL GABINETTO SEGRETO I Fauni e i Satiri che si sono visti accanto ad Androgini o Ermafroditi, rappresentati nei dipinti e nelle sculture rinvenute a Pompei e ad Ercolano , caratterizzano , per l'azione dei loro attributi, la procreazione stessa, come pure le Ninfe, esseri passivi di questo mistero . Intanto molti di questi gruppi di esseri misti sono in pasture che esprimono piut­ tosto appetiti sessuali perversi che l'azione generatrice . Ma scorrendo attentamente gli antichi testi, ci si può convincere che que­ ste pasture , che a prima vista appaiono di un sensualismo estremo , in realtà non sono che comandati dal desiderio di ren­ dere più intimo il contatto degli organi in­ terni, e in tal modo raggiungere con maggior certezza la conclusione della co­ pulazione, vale a dire il concepimento . In effetti, Lucrezio si esprime cosP 2 : 12

Lucrezio, De Rerum Nat. , IV. 83

84

"Bisogna del pari tener presente come tu organizzi la dolce voluttà. Si crede general­ mente che gli animali, i quadrupedi, ci offrano il modello degli atteggiamenti più fecondi; per­ ché una volta che il seno è piatto e le reni inarcate, i canali pompano facilmente la linfa. Venere non chiede alle donne un movimento elastico, no, questi prevengono e ostacolano il concepimento, se il loro gioioso sobbalzare corrisponde ai colpi dell'uomo, se, con tutta la forza del loro petto reso morbido dall 'amore, esse aspirano il fiotto che le rende feconde . Esse cavano via il vomere smarrito dal solco, allontanano dal bersaglio il getto creatore. In questo modo le nostre cortigiane sfruttano questi movimenti agitati, sia per evitare il dolce fardello e non restare incinte, sia per in­ saporire la loro Venere infame. Si trovano diversi dipinti o affreschi che rappresentano queste posizioni magnificate dai poeti, come quella di una donna coricata su un letto, con le gambe alzate sulle spalle di un uomo posto in piedi davanti a lei; o an­ cora quella di una donna in ginocchio su un tavolo, dove si appoggia sulle mani e l'uomo le è in piedi di dietro. 85

In quest'ultimo dipinto , si vede il cubicu­ lario che porta una cassettina contenente senza dubbio del grasso lubrificante aro­ matizzato , in uso presso i Romani. Il cubiculario era lo schiavo incaricato della cura della camera da letto ; ritrove­ remo ancora questo personaggio nelle sue diverse funzioni, rappresentate in nume­ rosi dipinti. È dunque certo che gli artisti antichi , lungi dal voler rappresentare delle posi­ zioni erotiche , hanno spesso cercato di mo­ strare satiri e ninfe nell'adempimento di un dovere , nel modo più conforme alle leggi della procreazione . Come fu generato l'androgine? "Non è un qualche terribile prodigio inviato dal de­ stino?" diceva Cicerone . È certo che un Er­ mafrodita non costituisca sempre un capolavoro , un essere superiore per gli An­ tichi. Essi non sempre vedevano questi es­ seri ibridi come compendio di ogni voluttà e di ogni grazia; erano anche dei mostri re­ pellenti. Marziale pretendeva che le acque della fonte Salmacide avessero la proprietà di 86

rendere ermafroditi coloro che vi si immer­ gevano . "Al momento di calarsi in quest 'acqua era uomo ; egli ne uscì fornito di due sessi e assomigliava a suo padre in un punto , e a sua madre in tutto il resto del corpo . " U n fabulista latino 1 3 h a ideato un 'altra origine, alla quale egli rapporta gli istinti di questo uomo-donna e di questa donna vi­ rile, esseri così comuni in ogni tempo . Egli suppone che Prometeo, avendo fabbricato dei corpi umani, si occupò di determinarne il sesso una sera, tornando dall'aver cenato con Bacco , e commise così molti errori. Gli ermafroditi erano presi spesso per dei mostri; ne è testimone quel dipinto del gabinetto segreto , che rappresenta un sa­ tiro , il quale sorprende una ninfa addor­ mentata su delle rocce . Il dio campestre è già in preda a una violenta erezione , sol­ leva il velo che copre la bella dormiente e tutto a un tratto si rende conto di non aver incontrato un essere femminile , bensì uno di quegli esseri che offrono l'apparenza dei due sessi, pur non appartenendo ad al13

Fedro, Fab. Esop. , IV, 1 4 . 87

cuno di essi. Il satiro , contrariato , si ritrae con disgusto e si dispone a fuggire , ma l'androgine si è svegliato e lo trattiene; sembra sia egli stesso a rimproverarlo . Il dipinto ha conferito all'ermafrodito le forme arrotondate e graziose del torso fem­ minile, ma con qualcosa di muscoloso che emerge dalla struttura ossea maschile . Si può vedere , vicino a questo gruppo , una statuetta del dio Priapo, che mette bene in evidenza il suo mostruoso attributo. Uno dei pezzi più curiosi di questo gabi­ netto segreto , è un grande bassorilievo marmoreo in cui è rappresentata una festa Baccanale . Una folla di fanatici, presi il costume e gli emblemi delle divinità campestri, si è fermata in una radura della foresta in cui si trova una statua di Priapo . Al centro di questo bassorilievo , si trova un gruppo formato da vecchi sileni che supportano due giovani; a sinistra c'è una Baccante che suona il cembalo , poi un ra­ gazzo che porta strumenti sacrificali (c'era l'usanza, in queste feste , d 'immolare un porcello) . Un altro gruppo , piazzato un po' 88

in disparte , mostra una giovinetta trave­ stita da femmina di satiro ; si è inginoc­ chiata ai piedi di una statua di Bacco ; dietro di lei si piazza un satiro , in un atteg­ giamento che non consente equivoci. Dietro di loro si vede un amorino armato del suo arco e delle frecce , che sembra incoraggiare i due amanti. Più distante, una baccante , in una posizione che rivela una voluttuosa rilassatezza, dorme su delle pelli animali. In un angolo si svolge una scena singolare . Una giovane donna, Baccante ebbra, in sembianze di satiro , completamente nuda, porge la schiena a Priapo, dotato del carat­ teristico attributo : la bella è leggerm ente curvata in avanti; con il suo braccio sini­ stro passato dietro la schiena di lui, afferra con mano delicata il membro di pietra, pre­ parandosi a sedersi nel posto giusto !

§ Un dipinto estratto dagli scavi di Resina, rappresenta un robusto fauno che , in una grotta, tenta di attirare a sé una giovane ninfa, la quale gli resiste con una accen90

91

tuata espressione di disgusto . Il fauno cerca di rassicurarla sussurrandole qual­ che parola sottovoce e quasi all'orecchio . I due personaggi sono completamente nudi. La lubricità del fauno è espressa in modo rimarchevole , come altrettanto i timori della ninfa, il cui corpo è ammirevole . Un dipinto che si rapporta ai costumi delle Bacanti, rappresentato dal poeta tra­ gico Euripide : "Fuggendo qui e là nel deserto, per scap­ pare al letto di un marito , si direbbero delle menadi furiose; ma quelle celebrano Mro­ dite molto più che Bacco . " Un giovane fauno sorprende una baccante in un luogo selvaggio e deserto; egli ha affer­ rato la giovane donna per la testa e sotto le spalle, mentre scivola dietro le rocce sulle quali lei è seduta; poi, avendola fatta ruotare su se stessa, l'attira a sé. Il corpo della ninfa risplende di grazia, la sua bionda testa si uni­ sce amorevolmente al volto rude, ma animato e lascivo del dio campestre. Le loro labbra fre­ menti si uniscono e le braccia graziosamente arrotondate della folle creatura, attirano con forza a sé la testa di colui che la soggioga. 92

Un bel dipinto rappresenta una giovane donna inginocchiata davanti a una statua di Minerva; sembra resistere con arrende­ volezza agli assalti di un fauno . Un pan­ neggio le copre appena le gambe , la sua rotonda coppa si presenta al maschio , ar­ mato per la circostanza. Si dice che questo dipinto rappresenti l'aneddoto raccontato da Apuleio . "La bella Chromis, figlia del pastore Chra­ sias, il giorno precedente al suo imeneo con il giovane Alcimede si recò nel bosco ad im­ plorare Minerva, chiedendo che le concedesse la saggezza. Fu però sorpresa da Myrtil, del quale aveva respinto i desideri, il quale la sa­ crificò senza pietà ai piedi della dea. Per consumare questo sacrilegio , Myrtil aveva assunto le sembianze di un fauno . Il crimine non restò impunito . Myrtil non uscì più dal bosco sacro e Minerva restituì a Chromis la sua verginità.

§ Un mosaico proveniente da Noja, ci mo­ stra una ninfa completamente nuda, in una 94

pastura tra le più graziose. È in piedi; le sue gambe, incrociate l'una sull'altra, sembrano fuoriuscire da un ciuffo d 'erba che le na­ sconde i piedi; le sue braccia, che si inar­ cano al di sotto della sua testa, sostengono dei pampini e dei grappoli. Questo bel corpo di donna racchiude in sé ogni attrattiva della giovinezza, la sua plastica bellezza non lascia nulla al desiderio, il suo viso, dolce e sorridente, è incantevole . Tanta grazia e bel­ lezza, suscitano l'ardente eccitazione di un satiro che si avvicina con il membro virile rigido, le braccia protese come per stringere l'adorabile ninfa sul suo seno .

95

§ Un magnifico marmo paria, rappresenta un satira che si accoppia con la sua capra. L'animale è coricato .sul dorso;

il

dio cam­

pestre, inginocchiato tra le zampe poste­ riori, con una mano le mantiene la barba e con l'altra le zampe divaricate.

96

98

VI DIVERSI SOGGETII DIPINTI E BRONZI Ovidio ha fornito il seguente soggetto : La ninfa Lotis durante il sonno è sorpresa da Priapo , ma, al momento in cui il dio si ac­ cingeva a consumare l'assalto , fu distur­ bato nella sua impresa dalla cavalcatura di Sileno , che fece sentire il suo raglio toni­ truante e risvegliò la ninfa. A punizione di tale misfatto , venne sacrificato ad Amore un asino : "Era notte , il vino aveva secondato il ri­ poso e qui e là giacevano corpi vinti dal sonno . Lotis riposava in disparte, tra l'erba folta e sotto i rami di un acero, nello stesso luogo in cui, dopo i suoi giochi, era crollata dalla stanchezza. Il dio che la ama si alza, trattenendo il respiro e , sospeso sulla punta dei piedi, avanza con passo furtivo e silenzioso . Non appena giunge all 'isolato ri­ tiro dove stava dormendo la ninfa, bianca come la neve , egli trema al pensiero che che il solo soffio del suo respiro possa tradirlo . 99

Già si avanza incerto fin sul prato , vicino alla ninfa, eppure lei è ancora immersa nel sonno . Felice solleva i veli che la coprono, e s 'inoltra sul gioioso cammino che conduce alla realizzazione dei suoi desideri. Ma, fa­ tale contrattempo , ecco che l'asino, caval­ catura di Sileno, fa sentire la sua rauca voce . La ninfa si sveglia spaventata. " Il fauno solleva la cortina, il suo priape­ sco attributo è in posizione da combatti­ mento; la sua figura esprime l'ammirazione nel vedere le incantevoli forme della ninfa! . . . Marte e Venere sono i soggetti di un bel dipinto . Marte è nudo , un elmo d 'acciaio orna la sua testa, la sua mano destra pog­ gia sul seno di Venere , il cui superbo busto si mostra allo scoperto . Alla sinistra del di­ segno, si evidenzia un amorino con arco e frecce , ma sembra che il suo gesto di­ stragga la dea. Un altro amore è carico delle armi del disarmato dio . Il primo sembra in­ dicare ciò che ha così bene descritto Ovidio : "Chiamatela violenza, questa violenza è dolce alle donne! " I l secondo: "Venere ama i rifiuti, i rifiuti sono i grandi seduttori! 100

101

§ Un affresco di Portici mostra una scena coniugale : Due sposi si stanno infilando nel letto; una suonatrice di cetra, prima di uscire dalla camera dove ha condotto gli sposi, intona l'inno nuziale . Essa deve can­ tare gli ardenti versi di Claudiano : "Sospirate con tutti i vostri sospiri a una nuova alleanza, recate in tutti i vostri sensi la fiamma di un eterno ardore . Che le vostre mani congiunte vi incatenino in un abbrac­ cio indissolubile , come l'edera abbraccia la verdeggiante quercia, come la flessuosa vigna si avvinghia al pioppo; e che le vostre bocche infiammate facciano rimbalzare , l'una all'altra, un mormorio più dolce del tubare della colomba."

§ Un'altra composizione dello stesso genere della precedente, rappresenta il primo collo­ quio intimo di due giovani sposi nel mo­ mento in cui lo schiavo cubiculario ha appena lasciato la stanza nuziale. La donna, 1 02

a torso nudo, tiene in mano una foglia di co­ togno. Ora, presso i Romani, al frutto di que­ st'albero si attribuiva una virtù afrodisiaca. Ecco perché, entrando nella camera nuziale, si offriva alla sposa una mela cotogna. La conoscenza di quest'uso romano è in­ teressante dal punto di vista del matrimo­ nio. Vi erano tre tipi di cerimonie : la prima, chiamata Confarreatio, era considerata la più solenne ; essa stabiliva tra gli sposi la più perfetta comunione . Tali cerimonie si celebravano alla presenza di dieci testimoni, al cospetto del gran sacerdote di Giove , che consacrava, secondo il rito, un dolce di fior di farina offerto dalla fidanzata. Questo dolce, appena assaggiato dal marito, era poi offerto al dio assieme ad un agnello .

104

In tal modo sposati, la donna si ritrovava in potere dello sposo , e , se questi moriva senza fare testamento, lei ne ereditava tutte le sostanze ; se il defunto aveva dei figli, questi dividevano l'eredità con la madre . La moglie che aveva commesso colpe, veniva giudicata dal marito alla presenza dei parenti di lei; nel caso delle colpe più gravi, come quelle commesse dopo aver be­ vuto vino , la donna poteva essere punita con la morte . Quest'ultima disposizione di legge sul matrimonio , rimase in vigore fin­ tanto che i costumi si conservarono nella loro primitiva purezza. Tra i bambini nati da queste unioni, sarebbero stati scelti i futuri sacerdoti e le vestali. Il secondo genere di unione era la Coem­ ptio; i due fidanzati effettuavano il mutuo ac­ quisto, offrendosi reciprocamente una somma di denaro . L'uomo domandava alla donna se acconsentisse a diventare per lui una madre di famiglia; la donna chiedeva al­ l'uomo se volesse essere per lei un padre di famiglia. Il mutuo consenso attestava che l'unione matrimoniale aveva avuto luogo. La donna diventava così Mater familias. 1 05

Il matrimonio per coabitazione era quello nel quale una donna, dopo aver ricevuto il consenso dei suoi genitori, viveva con un uomo per un anno , senza assentarsi per più di tre notti consecutive . I matrimoni si contraevano all'età di 1 4 anni per i ragazzi e di 1 2 anni per le ra­ gazze . Una unione poteva essere legale solo tra cittadini romani, a meno di un'autoriz­ zazione speciale rilasciata dai poteri supe­ riori . In origine un Romano non poteva sposare una liberta; la legge Poppea modi­ ficò questo divieto ; i senatori, i loro figli e i nipoti, vivono da soli sotto il colpo di que­ sta interdizione . Prima di Caracalla, che accordò il diritto di cittadinanza a tutti gli stranieri che abita­ vano nell'Impero, i matrimoni con uno stra­ niero non erano consentiti; i bambini nati da queste unioni erano ritenuti illegittimi. Il giorno delle nozze , la sposa era petti­ nata in modo del tutto speciale ; ripartiva i suoi capelli in sei boccoli, adagiava sulla testa una corona di verbena da lei stessa colta. Aveva calzature rosse e la tunica bianca guarnita con frange purpuree ; una 107

cintura di lana trattenuta da un nodo (il nodo verginale) la serrava in vita; questa cinta doveva essere slacciata dal solo sposo, una volta entrati nella camera nu­ ziale . Un velo di color zafferano ricopriva la testa, la figura e il collo della giovane sposa, per coprire il suo rossore . Nei primi tempi di Roma, i fidanzati dovevano curvare la testa sotto un giogo da aratro; è da qui che deriva la parola coniugale: conjugium (cum­ jugum, con il giogo) . Dopo le cerimonie , la sera, la novella sposa era condotta alla dimora coniugale . Tre giovani accompagnavano la giovane donna, due le porgevano il braccio, la terza la precedeva reggendo in mano una torcia. Delle donne seguivano portando una conoc­ chia, un fuso e della lana, simbolo dei lavori domestici. I congiunti e gli amici degli sposi accom­ pagnavano il corteo nuziale e delle giovani in­ dirizzavano alla sposa ogni genere di facezie. La sposa sospendeva alla porta della lana e ne ungeva l'arnia con del grasso di lupo , al fine di allontanare i sortilegi, poi superava con un piccolo salto la soglia, 1 08

poiché toccarla col piede era di cattivo au­ spicio . I due sposi toccavano insieme l'acqua e il fuoco , principii della generazione univer­ sale . Poi aveva luogo un pasto . Infine la sposa veniva condotta alla camera nuziale, il marito si appartava per un istante e lan­ ciava noci ai bambini, il che significava che avrebbe ormai abbandonato i divertimenti puerili. Parimenti, la sposa aveva offerto a Venere i suoi giochi e le sue bambole . La sposa rimaneva sola con il marito e lo schiavo cubiculario , il quale presto si riti­ rava, portando via le calzature della novella sposa chiuse in una cassetta, vegliando per tutta la notte alla porta della camera. L'indomani si teneva ancora un ban­ chetto , offerto a quelli che avevano assi­ stito alle nozze . La sposa riceveva regali ed iniziava ad adempiere ai suoi doveri di pa­ drona di casa, servendo in tavola e com­ piendo i sacri riti . L'epitalamo che Catullo consacra a Giu­ lia e Manlio , canta le dolcezze dell'imeneo : Alla sposa: "Dinanzi a te si schiude la fe­ lice e possente casa del tuo sposo; consen109

tigli di anticipare tutti i tuoi desideri; viva per sempre Imene , dio dell'imeneo! Attraversa sotto felici auspici la porta della tua novella dimora e che i tuoi piedi non sfiorino il suolo ; viva, viva sempre Imene , dio dell'imeneo! Vedi, nella stanza nuziale , il tuo sposo , che dall'alto del suo letto di porpora pro­ tende verso te le sue carezzevoli braccia . . . Simile al tuo , e ancora più ardente , è il fuoco che arde nel fondo della sua anima . . . Giovane guida della sposa, congeda le sue bianche e levigate braccia, che ella si avvicini senza di te al letto dello sposo . . . E voi, caste matrone , le cui lodi sono sulla bocca di tutti gli anziani, adagiate la giovane sposa nel talamo nuziale . . . Chi potrà contare tutte le vostre ca­ rezze? Si conteranno piuttosto i granelli di sabbia del mare d 'Eritrea, dove gli astri che brillano nella volta stellata . . . Giovani ragazze, richiudete la camera nu­ ziale; i vostri canti devono cessare. E voi, no­ bili sposi, vivete felici; che la vostra vigorosa giovinezza si conceda implacabilmente ai la­ vori di Venere. Viva Imene, dio dell'imeneo . " 1 10

Un piccolo dipinto rappresenta una scena secondo Marziale 1 \ scena designata con la parola Libidines. La donna è a ca­ vallo sull'uomo , che la tiene strettamente avvinta. È l'Equus Hectoreus del poeta. "Vattene da qui donna mia, o adeguati ai miei gusti. . . Da te mai un gesto, mai una pa­ rola, mai una mano compiacente per ani­ mare la bisogna. . . Gli schiavi Frigi si sollazzavano (nell'originale masturbavano. N. d. c.) dietro la porta quando la sposa di Et­ tore montava suo marito; e anche quando Ulisse russava, la pudica Penelope non mancava mai di tenere la mano lì. Tu rifiuti di avere rapporti; ma Cornelia lo concedeva a Gracco , Giulia a Pompeo, Porcia a te, o Bruto; quando il Dardanio non ancora ver­ sava dolci coppe, Giunone fece per Giove le veci di Ganimede. Se tu ti compiaci della se­ verità, puoi ben essere una Lucrezia durante il giorno; ma di notte mi occorre una Lais . " L'ultima parte d i questo epigramma ha potuto ispirare il seguente dipinto : Si tratta di un affresco che rappresenta un combattimento clinopale, ossia una lotta 14

Marziale ,

112

Xl , 1 04.

da alcova, che il lubrico Domiziano desi­ gnò, secondo Svetonio 1 5, col nome di

nastica da letto,

gin­

come se fosse stato una

sorta di esercizio. Una donna sta per rovesciare

il

suo an­

tagonista con uno sgambetto. Il disegno, di una esecuzione perfetta, fa vedere in modo ammirevole la disposizione delle gambe, di queste braccia che s'intrecciano con un'arte infinita.

Le

evoluzioni che compiono su se

stessi i due soggetti, 15

è

facilmente dimostrata

Svetonio, Domiziano. 113

dalla situazione resa dal disegno; vi si vede chiaramente quale sia la loro posizione in relazione alla lotta e lo sforzo che è stato compiuto per rovesciare il personaggio più robusto ma meno abile . La donna è in ginocchio e tra le gambe dell'uomo, al quale volta la schiena. Quello, coricato sul dorso, si trova immediatamente in grado di soddisfare la giovane donna che gli si offre di terga.

§ La favola di Nonno su Mercurio e lftima costituisce il soggetto di un disegno pom­ peiana . Mercurio usa violenza a Iftima, te­ nendola vigorosamente bloccata per le reni; lei, fortemente curvata all'indietro , sembra volersi lasciar cadere , le sue brac­ cia sono sollevate al di sopra della testa. È da questa unione che nacquero i satiri, come Pan era nato da questo stesso dio Mercurio , trasformatosi in becco per se­ durre la virtuosa Penelope . U n affresco rappresenta u n uomo e una donna completamente nudi, seduti l'uno di 114

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faccia all'altro in un esercizio che non la­ scia spazio a dubbi, sebbene l'atto non sia assolutamente visibile . La natura della posa in nulla cede al vigore del colore, che fa abilmente contrastare la carnagione bronzea dell'uomo con quella delicata della donna. È al museo di Napoli che si trova la famosa Venere Callipigia, vale a dire " dalle belle natiche" . È sotto questo titolo che Venere è stata adorata a Siracusa, nel tempio innalzato dalla riconoscente pietà di due ricchissime 1 15

ragazze di quei luoghi. La celebre statua antica di questa Venere , è stata rinvenuta nella Domus Aurea di Nerone . La dea, in piedi, solleva la sua tunica per ammirare la bellezza dei suoi contorni posteriori, che sono , in effetti, tra i meglio riusciti in que­ sta statua, poiché la testa è piuttosto ordi­ naria. L'idea di mostrare Venere in questa singolare pastura, deve essere stata senza dubbio suggerita allo scultore dal seguente aneddoto , raccontato da Ateneo . "In questi secoli, eravamo talmente dediti ai piaceri dei sensi che si costruì un tempio alla Venere Callipigia; ecco l'occasione : un contadino aveva due belle figlie , le quali un giorno disputarono sulla bellezza delle loro natiche, ognuna pretendendo di averle più belle ; quindi si recarono sulla strada mae­ stra; videro passare un giovane uomo, il cui padre era già vecchio, e subito si sottopo­ sero al giudizio dei suoi occhi; egli si pro­ nuncia in favore della più grande, ma nello stesso tempo se ne innamora al punto che appena giunto in città cade malato , si mette a letto e racconta a suo fratello quel che gli era capitato. Quest'ultimo vola giù al campo 116

per contemplare queste due ragazze e viene colto d'amore per la più giovane . Il padre in­ vano vuole indurii ad unirsi con famiglie mi­ gliori; costretto a cedere, ottiene il consenso del padre delle due sorelle, che fa subito ve­ nire dai campi per maritarle ai suoi figli. Quest'avvenimento fece sì che le spose ven­ nero chiamate, tra i loro concittadini, Calli­ pige. Le due donne, divenute ricche , fecero innalzare un tempio a Venere, che chiama­ rono "dea callipige. " Le bellezze "callipige" erano in grande onore in Grecia; se ne discute in molti brani di antichi autori. Nella storia delle etere si trova questo passaggio relativo a Mepia: De­ metrio Doliocrete le chiede un giorno di poter giudicare con i suoi stessi occhi le se­ grete bellezze che essa possedeva della Ve­ nere Callipige e che avrebbe potuto mostrare al pastore Paris , se fosse stata ammessa a competere con le tre dee ; quella tornò sul campo con una incantevole grazia, paro­ diando questi due versi di Sofocle : "Contempla, superbo figlio d'Agamen­ none , questi oggetti per i quali hai sempre un'ammirazione così pronunciata. " 117

Alcifrone, nelle sue lettere, parla della fa­ mosa epistola che Megara indirizza a Bacco, per raccontargli di una festa alla quale aveva assistito con i suoi amici Tesseba, Ty(r)allis , Mirrino, Filamene, Crysis ed Eu­ xippe . "Che delizioso banchetto ! Vedo che il solo richiamarlo alla mente ti riempie di rimpianti. Che bei canti! Quali arguzie! Si sono svuotate coppe fino al levar dell'au­ rora. C 'erano profumi, corone , il vino più squisito , i piatti più delicati. La sala del fe­ stino è stata un ombroso boschetto di al­ loro . Null'altro mancava, tranne te . Presto viene sollevata una disputa che si aggiunge ai nostri diletti: quella di decidere quale , tra Tyrallis e Mirina, fosse la più do­ tata in quel genere di bellezza che fece at­ tribuire a Venere il nome di Callipige ; Mirina lascia cadere la sua cintura, la sua tunica è trasparente ! Si alza; si pensa di ve­ dere i gigli attraverso il cristallo, lei imprime alle reni un movimento precipitoso, e, vol­ gendo lo sguardo all'indietro, sorride al mo­ vimento di quelle forme voluttuose che sta agitando . Poi, come se Venere in persona 119

avesse ricevuto il suo omaggio , si mette a sussurrare non so quale dolce gemito, che ancora mi emoziona. Nel frattempo Tyrallis non si dà per vinta, si avanza, e senza ritegno: "Io non combatto dietro un velo, voglio apparire qui come in un esercizio ginnico , questa disputa non ammette travestimenti!", dice; lascia cadere la sua tunica e, inclinando il suo fascino ri­ vale : "Contempla - dice - o Mirrina! , il fondo schiena, questa pelle bianca e levigata, queste foglie di rosa sparse su questi gra­ ziosi contorni, disegnati senza parsimonia e senza esagerazione , nel loro gioco veloce , nella loro amabile correttezza, le sfere non hanno i tremolii di quelle di Mirina. Il loro movimento ricorda il dolce gemito del­ l'onda. " Non appena raddoppia le tensioni lascive con così tanta agilità, un applauso corale la premia con l'onore del trionfo . S i è passati quindi ad altri confronti; si è disputato della bellezza, ma nessuno di noi ha osato gareggiare contro il ventre compatto , uniforme e levigato di Filomene , che ignora l'opera di Lucina ( la dea del parto presso i Romani, n. d. r.) . 121

La notte trascorse tra questi piaceri, noi la chiudemmo con delle imprecazioni con­ tro i nostri amanti, e con una preghiera a Venere , che evochiamo, di procurarci ogni giorno dei nuovi adoratori; perché la novità è il fascino più piccante dell'amore. Quando ci siamo separati eravamo tutti ubbriachi. "

§ Un dipinto notevole per delicatezza di esecuzione , mostra in modo suggestivo i segni distintivi della doppia sessualità. L'er­ mafroditismo si presenta a torso nudo, con una mano solleva un leggero drappeggio e con l'altra tiene una foglia di ninfea, della quale si serve come ventilabro . L'ermafrodito sembra uscire dal bagno, circostanza che si può rapportare a un epi­ gramma greco : "Per gli uomini sono Hermes, ma le donne mi scambiano per Cypris, per­ ché io porto riuniti gli attributi dei due autori dei nostri giorni. Non è dunque senza motivo che mi son posto in questi bagni androgini, io, l'ermafrodita, l 'ambigua creatura. " Platone ha detto che la personificazione 1 22

dell'ermafrodito era stata ideata per ren­ dere ragione di tre differenti inclinazioni amorose dei due sessi, sia per un sesso di­ verso secondo la natura, sia per il loro stesso sesso, secondo una perversione co­ mune presso gli Antichi.

123

§ In un affresco è rappresentata una scena molto curiosa: si tratta di una rap­ presentazione tenuta da istrioni davanti a dei ricchi voluttuosi, durante un festino . Gli acrobati, su due corde tese, si lan­ ciano in un singolare esercizio : la donna, completamente nuda, tiene il dorso ri­ curvo , rivolto verso l'uomo ; questi, elegan­ temente nudo , si appresta a mostrare agli spettatori un nuovo modo di sacrificare a Venere , e tutto questo sulla corda tesa. I due personaggi sostengono ciascuno un bicchiere colmo di vino , posto in equilibrio sulle loro mani.

§ Un altro affresco di Pompei mostra, in una stanza privata, un giovane uomo nudo, con l'organo virile in erezione , inse­ guire una donna mezzo vestita. Costei sembra resistergli in modo energico , l'af­ ferra alla gola con una mano e si sforza di respingerlo ; sembra anche voler spaccare 124

sulla testa del suo corruttore, un vaso che tiene nell'altra mano.

§ In un dipinto murale,

è

rappresentata la

favola di Dafne mutata in alloro. Apollo stringe tra le sue braccia una ninfa nuda e prosperosa; l'ha appena sorpresa in un luogo deserto. La giovane donna si

è

la125

sciata cadere in ginocchio ed alza la mano verso il cielo , come per chiedere aiuto . Un lauro s 'innalza dietro al gruppo . Dafne resistette ad Apollo e per questo motivo fu tramutata in alloro .

§ Un bel dipinto di Ercolano rappresenta una donna che riceve le carezze del cigno, è nuda e all 'impiedi. Dietro di lei c'è un letto dove sembra volersi lasciar andare . L'uc­ cello appoggia le sue zampe sul ventre della dea, e le accarezza amorevolmente i seni. È Leda che subisce Giove; amori in seguito dei quali la giovane vergine mette al mondo un uovo , da cui fuoriescono Elena e Polluce .

§ In un dipinto murale sono rappresentati due amanti completamente nudi; si tro­ vano su di un letto; l'uomo è coricato sul dorso, la donna lo cavalca e con la sua mano destra conduce Priapo alla sua de­ stinazione . Si vede ai piedi del letto 1 26

lo schiavo cubiculario, che si affretta ad uscire mentre guarda la sua padrona, e porta un vassoio sul quale ha appena ser­ vito loro un piatto afrodisiaco . Il cubiculario era uno schiavo le cui fun­ zioni consistevano nel servire i padroni a letto; poi sostava fuori della porta e lavigi­ lava quando non erano più richiesti i suoi delicati servigi.

§ Un altro dipinto dello stesso genere , mo­ stra su un letto un uomo coricato , la donna è accovacciata sulla sua virilità e gli volge il dorso, il cubiculario osserva con molta tranquillità i personaggi in azione , come s e assistesse ad u n normale spetta­ colo . Una lampada rischiara la scena. "La lampada è la complice dei dolci mi­ steri della tua alcova; fai quel che vuoi, essa sarà discreta 1 6 . "

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Marziale, Epigrammi.

1 28

§ Uno tra i riti più osceni dell'antichità, è rappresentato in un superbo bassorilievo e conferma pienamente il racconto di san­ t'Agostino , conferendogli ancora di più la

sua reale significazione . Il sacro scrittore positivamente non dice che le fidanzate fanno a Priapo il sacrificio completo del simbolo fisico della loro verginità, vale a 129

dire che non fanno lacerare la membrana imenea dal membro artificiale del dio, ma soltanto si prestavano a un cerimoniale preordinato a colpire profondamente il loro senso del pudore . Si vede, in questo bassorilievo del Museo di Napoli, la vittima completamente nuda, piangente e confusa, appoggiarsi a sua madre e apprestarsi ad accovacciarsi sul­ l'organo mostruoso e rigido di una statua di Priapo . Più lontano, una giovane donna soffia in un doppio flauto , come per soffo1 30

care le grida della vittima e , nell'angolo , un'anziana donna seduta sembra spazien­ tirsi per i ritardi nel compimento del sacri­ ficio .

§ Nel gabinetto segreto , esistono nume­ rose opere allegoriche delle quali non si può determinare il senso, se non con molta approssimazione ; tra queste si notano due superbi bassorilievi che ornano una tomba; uno rappresenta il simbolo della vita: la meditazione assisa davanti a una maschera maschile ; dietro di questa, in parte coperti da un masso , due giovani sposi si abbracciano. Il secondo bassorilievo mostra una ini­ ziazione di due giovani fidanzati ai misteri della vita. Lo ierofante che li guida, sembra mostrare loro da lontano gli umani destini. La statua di Priapo , alla quale essi volgono le spalle , indica molto probabilmente il di­ sprezzo che si deve nutrire per i rozzi pia­ ceri.

1 32

§ Una statuetta in bronzo rappresenta un vecchio dall'espressione severa, barba e ca­ pelli accuratamente pettinati. Un drappeg­ gio in forma di mantello , corto sul davanti e i cui lembi posteriori sono sollevati sul braccio sinistro , lascia il corpo completa­ mente nudo dalla cintola. I genitali sono scoperti e in uno stato di semi eccitazione ; il vecchio sembra voler fare evolvere questo turgore in rigidità, versandoci sopra un li­ quido afrodisiaco contenuto in un piccolo bicchiere che tiene nella mano destra. I Romani, è noto , prestavano grande at­ tenzione e facevano frequente uso di ecci­ tanti. Dioscoride insegna (a confezionare) dei succhi adatti a sostenere e rianimare le fa­ coltà virili. Molti autori hanno riportato meravigliosi esempi della virtù di certe erbe, i cui effetti si manifestavano al solo contatto . Si sono rinvenute molte figurine rappresentanti vecchi in diversi atteggia­ menti, sempre collegati a questa occupa­ zione . 133

Marziale si rivolge a costoro (nel suo epi­ gramma a Luperco) : "Da molto tempo , Luperco , il pene ha smesso di drizzartisi; tuttavia tu, demente, fai di tutto per eccitarlo . Nulla possono le ruchette e le lascive cipolle , né ti giovano le santoregge cattive . Iniziasti a corrompere con denaro pure bocche . Anche in questo modo Venere , sebbene sollecitata, non torna in vita. Non sarebbe sorprendente , non è incredibile , o Luperco , che hai speso così tanto per rimanere impotente?"

§ Un mosaico dipinge in modo ammirevole l'espressione della potenza universale del principio generatore . Ci si vede un gallo la cui testa emerge da una guaina, da cui fuoriesce un organo virile completo in ere­ zione . Un'oca, un 'anitra e una gallina sono in adorazione dinanzi all'emblema priapico .

1 34

§ Un sannio, o giullare, è rappresentato in bronzo . Il sannio era un individuo che cer­ cava di divertire gli uomini imitando e ridi­ colizzando azioni e atteggiamenti di certi individui. Il buffone in bronzo di Pompei è provvisto di una barba cespugliosa, pro­ tende il braccio destro facendo un gesto osceno; in effetti unisce il pollice e il dito medio, mentre l'indice è curvato verso que­ sta apertura. Le proporzioni del suo membro virile sono considerevoli, la qual cosa fa sup­ porre che questa appendice sia posticcia.

§ Una figurina propone un incantevole busto di donna. I tratti sono fini e delicati, l'acconciatura elegante , i contorni del seno e delle spalle sono netti e deliziosi; ma quello che è soprattutto rimarchevole , è la collana alla quale sono attaccati otto falli ben conformati. Nel gabinetto segreto si vedono nume­ rose figurine di donne con simili ornamenti; 1 36

li portano per ottenere che cessi la propria sterilità. Ma c'è da sottolineare anche che molte cortigiane non provavano ritegno ad utilizzarli per rendere pubblicamente noto quante volte, nell'arco della notte, avevano sostenuto gli assalti dei loro amanti; Mes­ salina comparve un giorno con ventuno di questi emblemi, contemporaneamente!

§ In un bronzo è rappresentato un mae­ stoso vecchio; è coperto da un abito lungo , serrato in vita; questa tunica è sollevata dall 'organo virile , che appare fortemente ri­ levato e di smisurata grandezza. Il soggetto ha in mano un astuccio di cuoio o di legno che certi attori portano alla cintola, con il quale simulano un membro più grosso di quanto non sia in natura.

§ Un piccolo bronzo è composto da un fallo in forma di cavallo alato, le cui zampe po­ steriori terminano con dei falli , e in più ha 1 39

un membro al di sotto del ventre, che sem­ bra essere quello dello stesso animale. Un bambino a cavallo sul glande del fallo, pone alla sua estremità una sorta di corona "en rosette", richiamando il gusto infame tanto in voga presso gli antichi. Una catena fis­ sata alle due estremità, sul collo del corsiero e sulla testa del bambino, serviva a sospen­ dere questo oggetto al collo, a mo' di amu­ leto .

§ Un altro piccolo bronzo rappresenta una caricatura di Mercurio , che indossa l'elmo alato . Il dio è a cavallo su un enorme fallo , culminante con una testa di ariete . Questo macchiettistico personaggio , porta un'ap­ pendice caudale che forma tre rami di fico , albero che simbolizza la generazione; il frutto di fico spaccato rappresenta l'organo genitale femminile. Dai piedi di Mercurio e da altri posti, pendono sette piccole cam­ panelle . Il tutto è sospeso a una catena di ferro e a un anello .

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§ Il disegno che rappresenta il satiro Marsia e Olimpo, deve essere stato ispirato non come lezione di musica ma come scena di seduzione; la posizione del dio campestre e la fisionomia spaventosa delle sue pupille, lo rilevano in modo sufficientemente evidente .

§ Due dipinti estratti dalle rovine di Pom­ pei, hanno per soggetto un satiro che, con le mani dietro la schiena, danza con un becco, con il quale ha ingaggiato una lotta in cui la testa ne sopporta tutte le conseguenze. Gli Egizi consideravano i satiri come il simbolo della generazione , e rendevano a questi esseri lascivi degli onori divini. Nei templi si vedevano immagini di satiri rappresentati in modo tale, che nella parte inferiore del loro corpo e soprattutto nei ge­ nitali somigliavano completamente a dei becchi. Esiste una medaglia in cui Pan e un becco sono rappresentati nella medesima 143

postura di cui parliamo , e compiono gli stessi atti che sono familiari ai maschi delle capre e che consistono nel dar di cozzo con le loro teste . A Roma vi erano delle scene di teatro, in cui uomini calvi danzavano cozzando le loro teste con dei becchi preparati a questo esercizio . Sembra che i guardiani delle greggi fos­ sero soliti difendersi in questo modo . Nella storia antica, Eliano racconta che un giovane pastore di nome Crates, avendo mostrato soverchia tenerezza nei confronti di una capra, eccitò la gelosia di un becco che giunse ad attaccarlo a testate , lo fece rovesciare e gli ruppe il cranio .

§ Amuleti. Il museo segreto possiede molti Priapi in bronzo, con caratteristiche essen­ zialmente licenziose . Uno dei più notevoli è descritto da Winckelmann . "È solo della larghezza di un dito , ma è eseguito con tanta arte che lo si può considerare come un capolavoro di studio anatomico. Questo 146

Priapo sembra fare una sorta di gesto molto comune per gli Italiani ma ignoto agli stra­ nieri; si abbassa la palpebra inferiore con l'indice della mano destra premuta sullo zi­ gomo dello stesso lato : si ritiene che questo gesto sia stato impiegato nelle pantomime degli Antichi e che abbia avuto differenti si­ gnificati espressivi: chi lo faceva restava in silenzio e sembrava voler dire : - "La so più lunga di te , stai in campana"; o ancora: "Sei capitato bene! Hai trovato l'uomo giu­ sto per te!" Con la mano sinistra, la stessa figura fa quel che gli Italiani chiamano "Fare la fica", gesto osceno che consiste nel posizionare il pollice tra l'indice e il medio; questa disposizione del dito si chiama Far la castagna, alludendo alla fessura che di pratica sulle castagne prima di arrostirle .

§ Sulla copertura di un vaso , che sembra essere stato impiegato per un utilizzo sacro , si vede un enorme fallo che una donna stringe con le sue braccia e gambe . È stato pubblicato il disegno dei dipinti 149

dei due vasi greci del Museo segreto; ci si vede un mercante di falli che ne offre un cesto pieno a una donna, la quale è estasiata alla vista delle loro straordinarie proporzioni. Un'altra donna è in ammirazione davanti a un giovane uomo nudo, che si mostra ad essa nello stato più energico ed indecente . Un altro soggetto rappresenta un uomo vi­ goroso, impegnato in quell'atto di cui si in­ colpa Onan. Questi vasi erano oggetti religiosi e sono stati ritrovati nelle tombe di Nola, e si sa che presso gli antichi le tombe erano sacre come i santuari. Un colto autore ha detto che "i Priapi, rappresentati come oggetto

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religioso, sono in grandissimo numero . . . Qualunque congettura si faccia a tal ri­ guardo , bisogna sempre ritornare a que­ st'idea principale , cioè che gli antichi vi vedono unicamente un simbolo della na­ tura fecondante e della riproduzione degli esseri che servono alla composizione e alla perpetuazione dell'universo. È a tale idea che dobbiamo questi Priapi di ogni forma, che si incontrano nelle stanze dei musei, e queste offerte di ogni specie che richia­ mano il culto del dio di Lampsaco . Questo stesso autore cita le pietre incise e anche le medaglie dette Spintrie, che rap­ presentano le dissolutezze di Tiberio a Capri e i bizzarri accoppiamenti ai quali dette il nome di Spintriae. Il gruppo di satiri e di capre del Museo segreto di Napoli, si pone nel rango delle più celebri produzioni antiche di questo genere . Un altro gruppo molto simile (proviene?) dal Museo di Dresda; il Priapo del Museo Albani con l'iscrizione "Salvatore del mondo" (sic.� . Egli termina dicendo "che i due vasi greci sopra descritti, essendo stati rinvenuti in delle tombe, provano che le 153

stesse rappresentazioni licenziose pote­ vano essere applicate alla religione , dal momento che si è visto che il segno della forza fecondante e riproduttiva, rappre­ senta in qualche modo ciò che è stato . Nelle Baccanali, nelle iniziazioni, molte ce­ rimonie erano in rapporto con quest'idea; così non deve meravigliare se si trovano dei Priapi nelle tombe degli antichi, come ac­ cade nei Baccanali.

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Finito di stampare nel mese di maggio presso la Creative 3. 0 S. r. l. via Antonio Scopelliti snc Località Arghillà 89 1 3 5 Reggio Calabria -

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