Il taurobolio e il culto di Bellona

Table of contents :
Franz Cumont Il taurobolio e il culto di Bellona
Introduzione di Giovanni Balducci
Il taurobolio e il culto di Bellona
Le taurobole et le culte de Bellone
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BIBUOTECA ARAGNO

Franz Cumont

IL TAUROBOLIO E IL CULTO DI BELLONA

a cura di Giovanni Balducci

nino aragno editore

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Introduzione

di Giovanni Balducci

Franz Cumont, n ato il 3 gennaio 1868 ad Aalst, nelle Fi andre Orientali, fu arche­ ologo e filologo fra i più insigni del suo tempo, capace di esercitare un a influen­ za determin ante sull a modern a scuol a di storia delle religioni attraverso studi fon­ damentali, in specie quelli dedicati all a diffusione dei culti orientali nell 'impero rom ano. Studente di filologi a classic a a Gand, dove conseguì il titolo di laure a nel 1887, Cumont perfezion a i suoi studi in ambito germanico, a Bonn, Berlino e Vienna; sa­ rà poi a Parigi presso l ' École Pratique des Hautes Études, accedendo in tal modo al contesto culturale francese . Dal 1892 al 1910 Cumont fu pro fes­ sore all 'Università di Gand e dal 1899 al 1912 curatore del Musées royaux d'Art et d 'Histoire di Bruxelles . Le sue spedizio­ ni in Siri a e Turchia, Ponto ed Armeni a per ricerche sulle credenze astrologiche dell ' antichità, di cui ampio resoconto det­ te nel monumen tale Catalogus Codicum

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Astrologorum Graecorum, 1 porteranno all a scoperta di documenti c h e riveleranno un a significativa relazione tra il culto di Mithra diffusosi a Rom a in età imperiale e il m azdeismo zoroastriano, come illustra­ to nei paradigm atici Textes et monuments .figurés relatifs aux mystères de Mithra (18941901 ) e Les mystères de Mithra (1913 ) . Grande storico dell ' antichità, i suoi interessi spaziarono in m aniera interdi­ sciplin are dalla stori a delle religioni all a filologi a classica, d alla epigrafi a greca e l atina al i' archeologi a, dalla storia d el i' ar­ te funeraria rom an a all a museog rafia. Cumont fu studioso brillante m a pon­ derato, e ancora oggi le sue opere risul­ tano fondamentali per la comprensione delle antiche religioni e dei culti misterici medi o -orientali, pur differendo parzi al­ mente gli esiti della ricerc a odiern a su vari aspetti. 1 Raccolta d i tutte l e opere pervenute degli astrologi greci ed ellenistici, il Catalogu.s Codicum Astrologurum Graecurum si presenta come una imponente opera in venti volumi, di cui alcuni pubblicati solo dopo la morte del filologo belga, curati da Cumont in cooperazione con Franz Boli tra il 1 898 e il 1953. Oltre alla sua attività di studioso, in questa opera capitale Cumont non disdegnò di investi­ re anche del denaro, pagando ricercatori per effettuare collazioni di manoscritti, dedicando anche parte del Prix Francqui ricevuto nel 1936 a finanziare il progetto.

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Laico e fortemente scettico riguardo le credenze convenzio n ali, 2 il 19 m arzo 1911, durante il periodo p asquale, ac­ cingendosi a partire da Bruxelles per un ciclo di conferenze in suolo scandinavo, scriverà all ' amica m archesa M arie-Louise Arcon ati Visconti3: « Offro loro il Giovedì Santo. Non so se i loro scrupoli luterani gli permetteranno di ascoltare un oratore pagano il giorno dell a Cena. >> 4 Proprio a 2 Ciò non gli impedì di interessarsi, da un punto di vi­ sta scientifico, all'astrologia, dalla predominante cultura positivista del tempo ritenuta niente più che una aber­ razione infantile non degna di analisi, mettendo in luce attraverso i suoi studi quanto essa avesse invece molto a che vedere con la scienza e fosse alla base di molta parte della letteratura greco-romana, in alcuni casi inintelligibi­ le senza fare ricorso alle sue concezioni. ' Marie-Louise jeanne Peyrat ( 1 840-1923) , figlia del gior­ nalista e politico francese Alphonse Peyrat, il quale si batté per la causa risorgimentale italiana, sposò il marchese Giu­ seppe Arconati Visconti, patriota poi deputato e senatore del Regno d'Italia, che durante il suo soggiorno in Belgio, tramite Victor Cousin, era venuto a contatto con gli am­ bienti del liberalismo francese. Dimostrò presto interesse per gli ideali socialisti e repubblicani, tanto da meritarsi il soprannome di "marchesa rossa". Cultrice di storia, filoso­ fia e scienze politiche, frequenta assiduamente l'ambiente degli esuli italiani in Francia. Fu animatrice di un salone letterario e mecenate di numerosi progetti culturali, come la creazione dell'Istituto d'Arte e di Archeologia di Parigi, noto anche col nome di Centro Michelet. Alla sua memo­ ria è dedicata una sala al museo del Louvre. 4 Da una lettera conservata presso la biblioteca "Victor Cousin" della Sorbona di Parigi, lascito Arconati Visconti.

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causa delle poco ortodosse idee in mate­ ria religiosa, che spassionatamente lo por­ tavano ad equiparare la di ffusione del cri­ stianesimo nell 'impero romano a quella dei culti orientali che prescelse quale ma­ teria di studio, nel 191O si vide respingere la candidatura alla cattedra di storia ro­ mana dell 'Università di Gand dall 'allora Ministro delle Scienze e delle Arti belga, il cattolico barone Édouard Descamps.5 L ' e pisodio non mancò di suscitare proteste nella comunità universitaria, in quanto ritenuto una vera e propria in­ gerenza religiosa nel libero svolgimento delle attività della stessa, fungendo non­ dimeno da spartiacque nel percorso, non solo accademico, di Cumont, che scelse di abbandonare l'università, dove da an­ ni ormai occupava la cattedra di filologia classica, e il Museo Reale di Bruxelles.

5Édouard Eugène François Descamps ( 1 847-1 933) , poli­ tico e giurista belga, dette un importante contributo agli studi sul diritto internazionale. Fu professore di Legge all'Università di Lovanio, e fu tra i propositori dell'isti­ tuzione di una corte di giustizia internazionale presso la Lega delle Nazioni. Tra il 1 901 e il 1 907 e tra il 1 9 1 1 e il 1 9 1 4 fu Presidente del Senato belga e dal 1 910 Ministro delle Scienze e delle Arti.

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Cumont nella cultura internazionale "entre­ deux-guerres" Lasciato il Belgio, Cumont alterna sog­ giorni tra Roma e Parigi, contribuisce alla redazione di numerosi studi di carattere enciclopedico e, nella difficile congerie politica e culturale entre-deux-guerres, non mancherà di condurre una delle più im­ portanti spedizioni archeologiche della storia, sulle rive dell 'Eufrate, nel sito di Dura-Europos; i cui risultati pubblicherà in Fouilles de Doura-Europos nel 1926.6 Fu nel 1921, durante un giro di conferen­ ze negli Stati Uniti, che Cumont, ispira­ to dall 'incontro a Chicago con il famoso egittologo James H. Breasted,7 di ritor­ no da una spedizione in Siria al seguito dell 'esercito britannico, 8 maturerà la scel-

6 Anche se la prima pubblicazione in merito, in cui Cu­

mont identificava effettivamente il sito con Dura-Euro­ pos, risale al 1 922-23. 7James Henry Breasted ( 1 865-1935) è stato un archeolo­ go e storico statunitense, nonché primo cittadino ameri­ cano ad ottenere un PhD in egittologia. Breasted parte­ cipò alla spedizione Carter-Camarvon in Egitto, che nel 1 922 scopri, nella Valle dei Re, la tomba di Tutankhamon. "Malgrado l'esistenza dell'insediamento di Dura-Europos fosse nota da tempo attraverso le fonti letterarie, furono solo le truppe britanniche del capitano Murphy ad effet­ tuare la scoperta del sito durante la sedazione della rivo!-

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ta di recarsi a Dura-Europos sotto l 'egida dell 'Académie des Inscriptions et Belles­ Lettres9; così, a partire dal 1922, lo trovia­ mo a dirigere i lavori in quel sito che il suo amico e collega Rostovtzeffl0 non esiterà a definire una "Pompei del deserto" _Il Uomo di profonde letture ma anche grande "studioso sul campo", oltre all 'im­ presa di Dura-Europos, numerosi furono i viaggi affrontati da Cumont nella sua

ta araba, poco dopo la fine della prima guerra mondiale. Il 30 marzo del 1 920, infatti, un soldato, intento a scava­ re una trincea, scopri casualmente delle pitture murali. Del rinvenimento fu subito reso al corrente l'archeologo americano James Henry Breasted, che eseguì un sopral­ luogo. 9 L'accademia, fondata da Jean-Baptiste Colbert nel 1 663 col nome di Académie royale des inscriptions et médail­ les, fu dal 1 8 1 6 rinominata Académie des Inscriptions et Belles-Lettres. Il compito con cui questa accademia nacque fu inizialmente quello di stabilire le iscrizioni e gli emblemi da porre nei monumenti e nelle medaglie in onore di Luigi XIV. All'Académie spettava inoltre stu­ diare le medaglie e altre rarità, antiche e moderne, del gabinetto del re e gli antichi monumenti francesi. Ben presto, tuttavia, l'accademia prese ad occuparsi di storia e archeologia in senso più ampio. 10 Michael Rostovtzeff ( 1 870- 1 952) storico russo, fu uno degli studiosi più autorevoli del suo tempo circa la storia greca, romana e persiana. Subentrò a Cumont nella con­ duzione delle campagne di scavo di Dura-Europos. 11 Gli imponenti resti, nonché il loro ottimo stato di con­ servazione, rendono in effetti l'antica città siriana uno dei si ti più suggestivi di tutto il Vicino Oriente.

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attività di reperimento di documenti di prima m ano, iscrizioni, statue, m anoscrit­ ti: di cui quelli nel Ponto e nella Piccola Armenia del 1900 e in Siria del 1907 e del 1922 sono i più noti. Per l a rilevanza dei suoi studi e per il prestigio acquisito nella "Repubblica del­ le Lettere", s arà insignito d al governo francese del titolo di Officier de la Légion d ' honneur, riceverà il prestigioso Prix Francqui per le scienze um ane in suolo patrio, e verrà nomi n ato membro delle m aggiori acc ademie europee. Nel 1913 sarà eletto associé étranger dell a francese Ac adémie des Inscriptions et Belles-Let­ tres, s arà inoltre membro del Deutsches Archaologisches Institut di Berlino e della Òsterreichische Gesellsch aft fii r Archao­ logie di Vienna, entrerà a far parte della Académie royale des Sciences, des Lettres et des Be aux-arts de Belgique,I2 dell'Acca­ demia n azion ale dei Lincei, della Ponti­ ficia Acc ademi a rom an a di Archeologi a, della British Academy, della Royal D anish

12 Detta "Teresiana" ( la Thérésienne) , in onore dell'impe­ ratrice Maria Teresa d'Austria, al tempo della fondazione sovrana del Belgio, è la più antica delle accademie reali belghe; attualmente è l 'Accademia delle scienze della co­ munità francofona del Belgio.

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Ac ademy of Sciences and Letters e dell a Royal Netherlands Academy of Arts and Sciences. Gli saranno conferite lauree ad honorem dalla Sorbon a e dalle Università di Bruxelles, Lovanio ed Oxford. Da belga, avvertì sempre un a n aturale fascinazione tanto per la cultura france­ se che per quella germ anica. Dopo aver frequentato i corsi dell ' École Pratique des Hautes Etudes, che sanciranno la sua "inizi azione" al vivace mondo culturale francese, si inserirà a pieno titolo nell 'Al­ tertumswissenschaft, ossi a nella gloriosa tra­ dizione dell' antichistica tedesca: prova ne sono il peculiare impianto13 del Catalog;us Codicum Astrologorum Graecorum, alla reda­ zione del quale collaboreranno peraltro i tedeschi Franz Boll14 e Wilhelm KrolP5, e in

" Si pensi in tal senso anche alla sua partecipazione ai grandi progetti scientifici tedeschi della Realenzyklopadie di August Friedrich von Pauly e Georg Wissowa e del u xikon der Mythologie di Wilhelm Heinrich Roscher. 14 Franzjohann Boli ( 1 867-1 924) è stato un filologo classi­ co tedesco. Archivista alla Staatsbibliothek e docente uni­ versitario, ebbe ad occuparsi del!'astrologia greco-antica. Oltre ad aver tradotto e curato assieme a Cumont le ope­ re degli astrologi greci nel Catalogus Codicum Astrologorum Graecorum, degna di nota è la sua teoria che vede nel testo biblico del!'Apocalisserappresentata la fine di un eone. 1 5 Wilhelm Kroll ( 1 869- 1 939) è stato un filologo classico tedesco e professore universitario. Importanti i suoi studi

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generale quel gusto schiettamente teuto­ nico per il corposo apparato bibliografico che caratterizza la sua produzione. Eppure, anche se lo stesso Hermann Diels16 cercherà a più riprese di portarlo a scegliere la Germania come sua definitiva patria professionale, Cumont ebbe deci­ samente a respingere il ruolo di "assisten­ te" che il grande studioso dei "presocra­ tici" andava preparandogli, nonostante la profonda stima che sempre serberà nei suoi riguardi.17 Figlio della tedesca Altertumswissen­ schaft tanto quanto della soverchiamente francese «civiltà della conversazione», 18 Cumont seppe anche creare una rete di contatti non indifferente , che continuò su Catullo, Vettio Valente, e sul filosofo bizantino Damascio. 16 Si tratta del celebre Herrnann Diels ( 1 848-1922) , filo­ logo classico, storico della filosofia e storico delle religio­ ni tedesco, che assieme al collega Walther Kranz ( 1 8841 960) fu autore della monumentale raccolta e cataloga­ zione dei "frammenti" concernenti il pensiero dei filosofi greci presocratici, confluiti nella pubblicazione Die Frag­ mente der Vorsokratiker ( 1 903) . 1 7 Prova ne è la corrispondenza pluritrentennale tra i due ( dal 1 890 al 1922, anno della morte di Diels) , di cui si conservano 1 5 1 lettere. 18 In merito al concetto rimandiamo al compìto saggio Civiltà della conversazione di Benedetta Craveri, Adelphi, Milano 2001 .

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a crescere sino alle soglie del primo con­ flitto mondiale. Segnatamente questa at­ tenzione alla socialità e la propensione agli scambi tra studiosi lasciano traspari­ re nella personalità di Cumont un atteg­ giamento volto alla cooperazione e alla concordia, qualità non sempre riscontra­ bili in uno studioso di chiara fama, severa autorità e così rilevanti interessi. Egli non si farà remore nel far circolare gli impor­ tanti documenti di studio rinvenuti nelle sue ricerche da un capo all 'altro d'Euro­ pa, creando una fitta e articolata rete di corrispondenze, nutrita sia in attivo che in passivo. Nei secoli è stata certo la fi tta trama delle reti intellettuali, soprattutto di ca­ rattere epistolare , alimentata da figure consimili, eruditi e uomini di scienza interessati a comunicare le proprie sco­ perte e lavori o a divenire partecipi de­ gli altrui, a dar vita a quella "Repubbli­ ca delle Lettere" definita dal Fumarolil9 come una in grado «de sa­ voir vivre sur deux étages du temps, l'un se réfléchissant dans l'autre , l'un hors du temps parce que fruit mur du temps, l'Antiquité gréco-romaine, et l'autre dans un tout autre temps historique, en voie à son tour de murissement>> , « d'une solida­ rité encyclopédique des lettrés où l'anti­ quariat, la numismatique, l'épigraphie, l'archéologie tiennent le plus haut rang>> , dando vita forse all'unico organismo so­ vranazionale di compiuta aspirazione, «Cette République invisible, mais pas du tout clandestine>> .20 Di questa "società ide­ ale" di "spiriti eletti", diremmo con enfasi dannunziana, Cumont si può affermare essere stato senza tema di smentita fra i più grandi, degni e forse ultimi rappre­ sentanti. Al tempo di Cumont, in assenza di al­ tri e più potenti mezzi di comunicazione, che se certamente hanno molto aiutato la . .

20 M. Fumaroli, La Ripublique des Lettres, Gallimard, Paris 201 5, pp. 9-1 1 , 13.

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diffusione delle idee nondimeno hanno sottratto fascino alle stesse, 21 alle missive al massimo suppliva il telegrafo: fu in tal modo che - correva l ' anno 1911 - "Herr Doktor' Diels annunciava in questi termi­ ni al diletto filologo belga la sua elezione all 'Accademia di Berli no: «Correspon­ dent unsrer Akademie gewehlt gratuliere Diels . >> Altro importante telegramma fu quello che Cumont ricevette il 10 feb­ braio 19 34, proprio da D ora-Europos. Mittenti il già citato Mikhail Rostovtzeff e Clark Hopkins,22 che gli annunciavano la scoperta di un mitreo: « Mithrée peint découvert près vòtre tent. Venez. >> Non certo trascurabili i rapporti che Cumont i ntrattenne anche in Italia. A partire dal 1892 entra in contatto con il grecista Alessandro Olivieri, 23 impegnato 21

A prender per buona la tesi che «The medium is the message». " Clark Hopkins ( 1 895-1 976) fu un filologo americano, professore all'Università del Michigan. "Alessandro Olivieri ( 1 872- 1 950) fu professore univer­ sitario prima a Catania, poi a Napoli e Socio nazionale dei Lincei . Fra le sue opere si ricordano in particolare lnscriptiones Graecae Siciliae et injimae Italiae ad ius pertinen­ tes ( 1 925 ) , scritto in collaborazione con il grande giurista Vincenzo Arangio-Ruiz ( 1 884- 1 964 ) , e I frammenti della commedia greca e del mimo nella Sicilia e nella Magna Grecia ( 1 930) .

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a Firenze presso la Biblioteca Medicea Lauren ziana nello studio di manoscri t­ ti astrologici. Seguiranno i rapporti di stima e collaborazione con Domenico Bassi, 24 Emidio Martini25 e Carlo Oreste Zuretti26; i quattro autori i taliani citati collabore rann o con lui alla ponderosa opera del Catalogus; ma Cumont si strin­ gerà in comunanza di intenti anche con Ersilia Gaetani Lovatelli, 27 prima donna 24 Domenico Bassi ( 1 859- 1 943 ) , fi lologo, bibliotecario presso la Biblioteca Braidense di Milano, e papirologo. Divenuto direttore dell'Officina dei papiri ercolanensi di Napoli, ne effettuò la catalogazione di tutti i frammenti, pubblicando poi il saggio Catalogo descrittivo dei papiri erco­ lanensi ( 1 908) . 25 Emidio Martini ( 1 853-1940 ) , grecista, filologo classico e bibliotecario italiano, fu traduttore di gran parte dei Dialoghi platonici. 26 Carlo Oreste Zuretti ( 1 865-1 931 ) fu filologo classico e professore presso l'Accademia scientifico-letteraria di Mi­ lano. 27 Ersilia Caetani ( 1840-1925) nacque da una famiglia di nobili origini, sposò Giacomo Lovatelli ( 1 832-1 879) , di­ scendente di una famiglia patrizia. Si interessò di studi di carattere archeologico e, per iniziativa di Theodor Mommsen ( 1 8 1 7- 1 903) , fu nominata membro onorario dell'Istituto di corrispondenza archeologica di Roma, pubblicando nel 1 878 il suo primo saggio dal titolo La iscrizione di Crescente, auriga circense, inerente l'illustrazio­ ne di un'ara funeraria scoperta a Rorna. Di idee modera­ tamente progressiste, dopo la presa di Roma, ospitò nel suo salotto numerosi personaggi della politica e della cultura del tempo, dallo stesso Cumont a Carducci ( 1 8351907) , dal filologo Domenico Comparetti ( 1 835-1 927)

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ad essere amm essa all 'Accademia dei Lincei, e con il marito di questa, il pa­ trizio Giacomo Lovatelli, 28 animatori en­ trambi di un frequentatissimo e vivace salotto culturale presso palazzo Lovatel­ li a Roma. Nota è anche l ' amicizia fra Cumont e la principessa Marie:José del Belgio, futura regina d'Italia, che amava accompagnarsi allo studioso suo conna­ zionale nelle sue frequenti passeggiate fra le rovine romane. Lo scoppio della prima guerra mondia­ le giunse a rompere molti degli equilibri di questa epoca di pace relativa, di gran­ di scoperte e di colta mondanità. Questa guerra fratricida fra i popoli europei, che vedeva contrapporsi la nuova e la vecchia Europa, incarnate rispettivamente pro­ prio dalla Francia e dagli Imperi centrali germanici, rappresenterà una catastrofe a D 'Annunzio ( 1 863-1936) . Nel 1 879 divenne membro dell'Accademia dei Lincei, fece inoltre parte dell'Acca­ demia Pontaniana di Napoli, della Reale accademia di scienze, della Societé nationale des antiquaires de France e dell'Accademia della Crusca; ricevette la laurea honuris causa dall'Università di Halle, e fu socia dell 'Alterthums Gesellschaft di Konigsberg e dell' Òsterreichisches Ar­ chaologisches Institut di Vienna. 28 Giacomo Lovatelli ( 1 832-1879 ) , politico e mecenate, compì studi eruditi, e fu assieme alla moglie Ersilia ani­ matore del salotto letterario di palazzo Lovatelli.

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anche per la cooperazione scientifica. Il rombo dell 'obice mise a tacere molte del­ le corrispondenze tedesche di Cumont, rendendo più vicine le francesi e le ingle­ si; alcune corrispondenze non ripresero mai più come quelle con l ' archeologo connazionale J ean de Mot29 e con il fi­ lologo francese Pierre Boudreaux, 30 che dismessi i consueti strumenti di lavoro e imbracciati i fucili, perderanno la vita in combattimento. La ripresa dei contatti con i corrispon­ denti tedeschi non avvenne che nella decade successiva, ma il precipitare de­ gli eventi farà sì che nulla potesse essere più come prima.31 Nell 'agosto 1920 Franz Boll, che assieme a Cumont aveva colla­ borato all ' immane fatica del Catalog;us, cercando di mettere nero su bianco le sue posizioni politiche con il filologo belga, ricevette una risposta che, letta col sen-

29Jean de Mot ( 1 876-191 8) , filologo e archeologo belga, compì importanti studi sulle ceramiche greche. Fu fra i più assidui collaboratori di Cumont. '" Pierre Boudreaux ( 1 882-1 9 1 4 ) , filologo classico, fu maitre de conference presso l' École Pratique des Hautes É tu­ des di Parigi. '1 Nell'epistolario lasciato da Cumont, le lettere in tede­ sco sono 1 .652, di cui il 64% scritte fino al 1 9 1 8, e solo il 36% dopo la guerra.

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no di poi, risulta tanto predittiva quanto tragica: «perché tornare a un passato che appartiene alla storia. Gli eventi si stanno muovendo così velocemente che sono già altre preoccupazioni ad assillarci. La follia criminale di questa guerra è stata il suicidio della vecchia Europa. [ . . ] Nella crisi che stiamo attraversando, cerchiamo di salvare quello che possiamo dei nostri studi.»32 Riprenderà anche il dialogo con l ' an­ tico maestro Hermann Diels, che quei tempi torm e n tati vedran n o invecchia­ re, diventare vedovo e morire due anni dopo la fine del conflitto. Vieppiù, Cu­ mon t e J oseph Bidez, 33 il suo collabo­ ratore tedesco , a guerra appena finita, scrivono all ' editore Teubne r i n merito .

" Da una lettera presente nel lascito Boli deli'Univeristà di Heidelberg. "Joseph Marie Auguste Bidez ( 1 867-1 945) , filologo clas­ sico belga, fu docente di filologia classica a Gand. Stu­ dioso delle religioni dell'età tardo-antica, si interessò alla storia della Chiesa, e nell'ultimo periodo della sua vita si dedicò allo studio scientifico della magia e dell'alchimia, pubblicando nel 1 928 un Catawgo dei manoscritti alchemici greci e, nel 1 938, assieme a Cumont, Les Mages hellénisés. Zoroastre, Ostanès et Hystasp; riprese, corredandolo di nuo­ ve osservazioni, il tema platonico dell 'Atlantide in uno studio pubblicato in "Bulletins de l'Academie Royale de Bel­ giquè' .

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alla loro edizione dell 'opera di Giuliano lmperatore, 34 ritenendo ormai impossi­ bile pubblicare in Germania il testo, che vedrà invece la luce in Francia per i tipi di Belles Lettres. Se la Grande Guerra era giunta a mina­ re equilibri collaudati e a dare un repen­ tino colpo mortale alla situazione sociale politica e culturale della vecchia Europa, e ci volle qualche anno di assestamento per far sì che la situazione potesse conso­ lidarsi su nuovi paradigmi, che in parte riprendevano e in parte sostanzialmen­ te modificavano il vecchio stato di cose, i primi segnali d'allarme di una seconda possibilità di conflitto bellico a grandi li­ velli era già sorta l ' indomani dei trattati di pace . I motivi che caratterizzeran no l 'Europa dei lustri successivi traspaiono dall ' epistolario cumontiano, nel quale a fianco a temi routinari quali la scelta dei collaboratori, la progettazione stessa dei volumi, le collazioni e le revisioni dei ma­ noscritti, si possono rinvenire interessan­ ti considerazioni sulla situazione politica del tempo. "]. Bidez, F. Cumont, Iuliani lmperatoris. Epistulae, leges, poematia, fragmenta varia, Société d' É dition Les Belles Lettres, Paris 1922.

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Di idee liberali, lo vediamo interessarsi alle notizie sulla situazione sociale e po­ litica che lo raggiungono dal Belgio in uno dei suoi molti e lunghi soggiorni in terra straniera; alle scintille postbelliche tra Francia e Germania; all'avvento del fa­ scismo e alla preminente figura di quegli anni: Benito Mussolini; al pericolo bolsce­ vico. Seguono poi le missive che sconvolti gli scrivono i colleghi ebrei Elias Bicker­ man35 e Stefan Weinstock36 i n procinto di abbandonare la Germania: il primo chiederà a Cumont di aprirgli un varco nel contesto accademico francese; l'altro riparerà ad Oxford grazie all'aiuto econo­ mico offertogli dal filologo belga.

" Eliasjoseph Bickennan ( 1 897-198 1 ) , storico e grecista moldavo naturalizzato statunitense. Nato in una famiglia di tradizione israelita, fu fra i più grandi studiosi della cultura giudeo-ellenistica. Nel 1933, quando si instaurò il regime nazista, riparò a Parigi, dove insegnò all' École des Hautes Études fino all'arrivo delle truppe tedesche duran­ te la seconda guerra mondiale; fuggito a Marsiglia, riuscì a raggiungere gli Stati Uniti, dove ebbe l 'opportunità di insegnare presso la New Schoolfor Social Research di New York, I'American]ewish University di Los Angeles, e la Co­ lumbia University. ""Stefan Weinstock ( 1901-197 1 ) , filologo classico e studio­ so di storia delle religioni britannico, è noto per l'opera monografica Divusjulius ( 1971) , incentrata sulla figura di Caio Giulio Cesare.

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La realtà sociale si inasprisce sempre più sia all ' esterno che all 'interno degli stati: sono gli anni della propaganda in Francia contro l' étranger de l'intérieur, con­ tro il nemico interno, quell'"ebreo inter­ nazionale" accusato di vilipendere e di minare le basi della cultura tradizionale. In cui in Germania studiosi di levatura, sti­ mati professori universitari sono costretti dalle circostanze a giurare fedeltà al Fiih­ rer per poter preservare le loro cattedre o peggio per non vedersi privati della li­ bertà e della stessa vita; altri aderiranno al nazionalsocialismo, abbagliati dalla fosca luce emanata da quello strambo "messia" coi baffi e dai modi decisi . Da un simile stato di cose, la comunità scientifica subisce, come è logico che sia, forti ripercussioni; si cerca di difendere il difendibile dalle pressanti ingerenze di una politica impazzita che giorno dopo giorno mostra sempre più il baratro in cui l 'Europa va precipitando. Lo si evince dagli stessi testi di Cumont, introduzioni, prefazioni, che dovrebbe ro in linea di principio occuparsi di cultura, di scoper­ te, di progressi nella ricerca scientifica, ma che - non può fare altrimenti - è co­ stretto a riempire di riferimenti e preci-

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sazioni circa i gravi e tragici avvenimenti che catalizzano le coscienze. Quella della Seconda Guerra Mondiale è la congerie in cui matura la sua ultima opera, dall 'esplicito ed esplicativo titolo Lux perpetua, redatta nella città francese di Chatel-Guyon, nella zona del Rodano, terra ricca di mitrei e luoghi d ' insedia­ mento gallo-romani.37 Edita postuma nel 1949 , è l'opera testamento di una vita spe­ sa ad indagare gli arcani della vita e della m orte attraverso la testimonianza degli antichi, in un ' epoca tragica e terribile, dove alle brutture della società di massa si assommano quelle dell 'intolleranza e della indiscriminata violenza dei totalita­ nsmi. Di Cumont va soprattutto ricordata la sua capacità di conciliare la ricerca an­ tiquaria con la storia della scienza, co­ me nel caso dei suoi studi sull 'astrologia

" Nel 1 704, proprio nella stessa area del Rodano, preci­ samente nella città di Lione, fu rinvenuto un altare tau­ robolico, databile al 1 60 d.C., che presenta scolpite una testa di toro, decorata con la classica benda che ornava gli animali sacrificati ( infula) , e una testa di ariete, anch'essa con infula, entrambe corredate da esplicite iscrizioni fa­ centi riferimento ad un taurobolio celebrato nel contesto del culto di Cibele per la salute dell'imperatore Antonino Pio, e l'immagine del tipico coltello sacrificale.

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antica. Autore di un ' opera corposa, co­ erente e originale, tra i suoi scritti più rappresentativi, oltre ai succitati capitali studi sul mitraismo e al Catalogus, vanno annoverati testi quali : Les religions orien­ tales dans le paganisme roma in (1906 ) , Astrologie et religion chez les Grecs et les Ro­ mains (1912 ) , Études Syriennes (1917) , Fouilles de Doura-Europos (1926) , L'Égypte des Astrologues, (1937) , Recherches sur le symbolisme Junéraire des Romains (1942 ) , Lux perpetua (1949 , postumo ) . Ad egli si deve la creazione dell 'Academia Belgi­ ca di Roma, che negli anni si è occupa­ ta della ristampa critica delle sue opere, in collaborazione con l ' Istituto Storico Belga di Roma e con l ' editore Aragno, e di cui fu primo presidente del Consi­ glio di amministrazione, dall ' anno della sua fondazione, avvenuta nel 1939 , fino al 1947, anno in cui, dopo aver donato la sua biblioteca oltre a un lascito di lette­ re, documenti fotografici, schede biblio­ grafic h e , manoscritti , bozze , fascicoli, morirà, il 2 5 agosto a Bruxelles. Nel 1997, la Biblioteca Reale di Bru­ xelles ha celebrato il cinquantesimo an­ niversario della morte di Cumont con un convegno sui culti sincretici del Mediter­ raneo antico. E nel 2007 Corinne Bon-

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net38 ha pubblicato un resoconto del suo epistolario. Si tratta di un corpus com­ prendente più di dodicimila documenti, risale n ti al periodo tra il 1887 e il 1947. Quattro le lingue utilizzate nella loro re­ dazione, il francese, il tedesco, l 'italiano e l'inglese·39 Le lettere, per la maggior parte manoscritte, hanno per mittenti e desti­ natari centinaia di corrispondenti privati e istituzioni. La frequenza annuale delle lettere e i corrispondenti variano a secon­ da delle situazioni di vita, viaggi, ruoli ac­ cademici ricoperti, oggetti di studio del momento di Cumont e alle circostanze storiche, permettendo così di ricostruire i tratti salienti della vita personale e intel­ lettuale dell ' autore oltre che quella del

""Corinne Bonnet ( 1963) è docente di storia greca all'U­ niversità di Tolosa; nota per i suoi studi sulla storia e le religioni del Mediterraneo antico, ha ricevuto molti im­ portanti premi deli 'Académie royale des Sciences, des Lettres et des Beaux-arts de Belgique, tra cui il Prix Henri Pirenne per le ricerche sugli archivi di Franz Cumont, e il Prix Franz Cumont per la storia delle religioni. Nel 201 1 , è stata eletta membro della francese Académie des Inscriptions et Belles-Lettres. ""Le lettere in tedesco raggiungono le 1 .652 unità; più di 10.000 quelle in francese; la quota in lingua belga non è lontana dall'eguagliare quella francese: in queste lettere prevale la corrispondenza conjoseph Bidez; 1 .000 lettere inviate da Roma. Il mondo anglosassone, isole britanni­ che e Stati Uniti, vi presenzia con 1 . 1 1 8 lettere.

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mondo intellettuale tra fine Ottocento e prima metà del Novecento, con le sue convenzioni, logiche e procedure scienti­ fiche e sociali: come nel caso del carteg­ gio tra Cumont e Boll, in cui è possibile seguire la genesi e l ' evoluzione del pro­ getto del Catalogus Codicum Astrologorum Graecorum, la scelta circa gli estratti da pubblicare e la meticolosa rilettura delle bozze, ma anche le vicende della guerra che sospesero il progetto senza tuttavia farlo naufragare. Si può dire che dopo l ' abbandono precoce dell ' Un iversi tà di Gan d , Cu­ mont non ebbe allievi , ma ciò non gli precluse di diventare uno dei maestri in­ discussi di una intera generazione di stu­ diosi dell ' Istituto storico belga di Roma quali, tra gli altri, De Ruyt40 e Lameere,41 e del Collège de France come Gagé ,42

"' Franz De Ruyt ( 1 907-1 992) è stato un etruscologo, ar­ cheologo e filologo classico belga. 4 1 Williarn Larneere ( 1904-1982) , belga, fu un insigne stu­ dioso dell'antichità, professore dell'Università di Bruxel­ les, e Direttore dell'Accademia Belgica di Roma. 42Jean Gagé ( 1 902-1 986) fu uno storico francese specia­ lizzato nella storia dell'antica Roma, studiò all' É cole nor­ male supérieure di Parigi e ivi ottenne la sua agrégation de lettres. Fu membro dell'Ecole française de Rome.

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Marrou,43 Boyancé,44 Seston,45 per dirne solo alcuni. In ultimo, a Cumont si deve un inesti­ mabile contributo negli studi sull'emer­ gere di nuove forme di spiritualità nell'al­ veo del contesto religioso della tarda età imperiale, forme che andranno a sostitui­ re il paganesimo romano e a preparare il terreno per l'ascesa e l'affermazione del cristianesimo; sull'incontro tra la civiltà classica e quella orientale in età ellenisti­ ca; nonché sulle concezioni pre-scientifi­ che circa i culti astrali delle antiche civiltà umane, come nei suoi studi sull'astrolo­ gia; sulle concezioni dei destini oltremon­ dani delle civiltà del Mediterraneo. ***

Fra i riti della tarda antichità di cui Cumont dette un dettagliato resoconto, " Henri·lrénée Marrou ( 1 904- 1 977) è stato uno storico francese, specialista in storia del cristianesimo antico. 14 Pierre Boyancé ( 1 900·1 976) fu un antichista, profes­ sore dell'Università di Bordeaux, e Direttore dell'É cole française de Rome. 45 Wiliam Seston ( 1 900-1983) è stato uno storico ed epi­ grafo francese, specialista della storia dell'Impero Roma­ no. Fu professore alla Sorbona e membro dell'Académie des Inscriptions et Belles-Lettres, nonché membro dell'École française de Rome.

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certamente uno dei più singolari risul­ ta quello, diffusosi a partire dal II seco­ lo d.C. a Roma, del taurobolium; ritenuto dal filologo belga connesso al culto della dèa Bellona, divinità che nella mitologia romana incarnava la guerra nella sua più elementare, basica realtà.46 La parola greca composta da 't'IXOpoç " toro" e ��ÀÀw "colpire " , da cui la pa­ rola tardo-latina taurobolium, indicò nel mondo greco-romano un rito originario dell 'Asia Minore,47 in cui un devoto veni­ va introdotto in una sorta di cella sotter­ ranea (fossa), coperta da un pavimento di legno a graticcio, mentre un sacerdo­ te sacrificava un toro proprio al di sopra del graticciato, in modo tale che il sangue della vittima scorresse sul devoto, che sot46 Assimilata la sua iconografia dal genio dei poeti anti­ chi a quella delle Furie, è stata usualmente rappresentata come armata di elmo e di corazza, coi capelli sparsi, e re­ cante in mano un'asta o una torcia. Talvolta impugna una sferza, in atto di aizzare i guerrieri alla battaglia. «Bellona macchiò gli dèi penati con un fiume di sangue e rinnovò scene di battaglia.• riporta Ovidio (Le metamorfos� V. l 55) . 47 Cfr. ]. B. Rutter, The Three Phases of the Taurobolium, "Phoenix", Vol. 22, W 3 (Autumn, 1 968 ) , p. 227: «There can be no doubt that the taurobolium originated in Asia Minor• . Le iscrizioni più antiche rinvenute in Asia Mino­ re indicano una caccia al toro in cui l'animale veniva so­ praffatto, legato, infine sacrificato in onore di una o più divinità, e la sua carne distribuita tra i presenti al rito.

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to attendeva di essere irrorato da quella pioggia di sangue cui si attribuivano vir­ tù purificatrici, redentrici, rivitalizzanti . I l devoto, una volta risalito i n superficie, veniva acclamato dalla folla dei fedeli co­ me "rinato in eterno".48 In questi termi­ ni, almeno, lo scrittore cristiano del IV secolo Prudenzio49 descrive questo rito . Talune immagini rinvenute su altari con­ nessi al taurobolium, pur senza darci una chiara rappresentazione dell ' atto del sa­ crificio o del "battesimo", ci forniscono alcune informazioni riguardanti l 'appara­ to cerimoniale utilizzato . Apprendiamo, ad esempio, come l ' arma impiegata per immolare la vittima fosse una spada cor­ ta e appuntita, a doppio taglio, con una pun ta ritorta ad uncino. Tale particolare conformazione permetteva che una volta conficcata nel petto della vittima, la ma­ novra che il victimarius doveva praticare per estrarla, andasse ad allargare la ferita, determinando così una più veloce e vio­ lenta fuoriuscita di sangue.

aetemum renatus", questa la formula pronunciata. 4 9Prudenzio, Peristephanon, X, 1011 segg. ••· In

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Origine e sig;nificato di un rito "bestiale" Molte soluzioni sono state avanzate riguardo l ' origine del taurobolium, che larga diffusione ebbe, una volta giunto in Occidente, soprattutto nelle Gallie .50 Alcuni studiosi sono giunti a ritenere in taluni casi come la stessa formula descrit­ ta da Prudenzio sarebbe stata inventata di sana pianta dall'autore cristiano, al fi­ ne di accentuare i tratti cruenti del rito per ragioni di mera propaganda, dunque per gettare discredito sui culti pagani . Altri studiosi hanno parlato d i un ' evolu­ zione del rito, soprattutto nel suo passag­ gio dall ' Oriente alle regioni occidentali dell ' Impero romano; altri ancora hanno negato qualsiasi sorta di modifica, soste­ nendo una sostanziale conti nuità nelle sue modalità di esecuzione. Dibattuta resta anche la questione se il taurobolium sia nato nell'ambito del culto di Cibele o sia stato assimilato in esso da un altro contesto cultuale. Studiosi qua­ li il Moore e il Rummens, basandosi su testi che menzionano il sacrificio di tori

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Esempio lampante l'altare taurobolico di Lione rinve­ nuto nel 1 704.

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nel culto di Cibele , giungono alla con­ clusione che il taurobolium sia sorto all'in­ terno di questo culto. Il classicista Grant Showerman ha sostenuto come il taurobo­ lium consistesse con molta probabilità in una drammatizzazione51 della primavera, nella sua realtà sia fisica che spiri tuale, dunque in una rappresentazione sacra della relazione tra la Magna Mater e Attis, paredro della dèa. In tal senso, la disce­ sa nella fossa sacrificale simboleggiava la morte di Attis, l'apparente morte autun­ nale della vegetazione; il bagno di sangue e la riemersione la resurrezione di Attis,

51 Interessante è quanto posto in evidenza daj. G. Frazer, nel suo Ramo d 'oro, circa l'origine della tragedia greca, attribuita al culto di un eroe defunto ( tràgos) . Si è visto come la nascita della tragedia abbia avuto luogo nella Grecia arcaica, nel contesto sacrale di quella civiltà di ti­ po matriarcale e tellurico propria al popolo dei Pelasgi; in cui i cicli delle stagioni erano inaugurati e si chiudeva­ no con rituali religiosi che avevano come protagonista il cosiddetto •re sacro• o •dio del grano•, il quale era con­ nesso alla fertilità della terra e degli armenti e veniva sa­ crificato annualmente quando si riteneva avesse portato a termine il suo compito. Questo culto fu sempre associato a quello di una dèa, in cui è possibile riconoscere l'anti­ chissima divinità mediterranea della Grande Madre, nei confronti della quale il ·dio del grano• aveva una posizio­ ne subordinata. Il •re sacro• o •dio del grano• è dunque da identificarsi come il paredro della Grande Madre, il cui destino è quello di morire e ripullulare annualmente, rappresentando il ciclo naturale di vita-morte-rinascita.

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la rinascita primaverile della vegetazione. Una spiritualizzazione, questa, della pri­ mitiva pratica di bere o venire irrorati dal sangue di un animale, basata sulla con­ vinzione che la forza dello stesso potesse essere acquisita con il consumo della sua carne o il contatto con il suo sangue. Ad avvalorare questa tesi il ritrovamen­ to a Novaesium , sulle rive del Reno in Germania, di una fossa in quello che pro­ babilmente era un metroon,52 come, osservato da J eremy Rutter. 53 Se tra II e III secolo d . C . si eseguiro­ no taurobolia solitamente quali riti atti a garantire la salute fisica e spirituale (sa­ lus) dell'imperatore54 -pro salute, reditu et victoria imperatoris -, della comunità e dell'Impero ( noto esempio in tal senso è quello fornitoci dall'iscrizione rinvenu­ ta sull'altare taurobolico di Lione che fa riferimento ad un rito svolto per la salu­ te dell'imperatore Antonino Pio e per la 52 Tipico luogo di culto della Magna Mater. "Jeremy Bentham Rutter ( 1 946) , archeologo, professore di discipline umanistiche presso l'Università della Cali­ fornia di Los Angeles e il Dartmouth College. 54 È d'uopo notare come il taurobolio e altri riti annessi fossero svolti anche per interposta persona, appunto an­ che per i sovrani la cui buona sorte si voleva propiziare presso la divinità.

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conservazione della colonia di Lugdu­ num, da parte di Lucio Emilio Carpo, se­ viro augustale55 e dendroforo,56 che ivi ha trasportato il cranio e i testicoli del toro immolato sul Vaticano ed ha consacrato a sue spese l 'altare) 57 tra la fine del III e il IV secolo il tauroboliumfunse da rito di pu­ rificazione e rigenerazione individuale di privati, al di là di limiti di censo e sesso, o come adempimento di un voto. Al sangue 55 Magistratura minore dell 'antica Roma a carattere pre­ valentemente onorario, solitamente riservata ai liberti arricchitisi, cui era demandata l'organizzazione di giochi e spettacoli, tra cui i combattimenti gladiatorii. 56 l dendrofori, riuniti in una confraternita religiosa ( Col­ legium dendropharum Matris deum ma{!;Tiae et Attidis) , pren­ devano parte a cerimonie sacre dette dendrofllria, dove ve­ nivano portate in processione piante o tronchi d'albero. Queste feste si celebravano nel mondo greco soprattutto in onore di Dioniso e Demetra e nel mondo romano era­ no connesse al culto di Cibele e Attis. 57 Taurobolio ( m ) Matris D (eum) M (agnae ) Id(aeae) l quod factum est ex imperio Matris d (ivae) l deum pro salute imperatoris Caes (aris) T(iti) Aeli (i) Hadriani An­ tonini Aug(usti ) Pii p (atris) p (atriae ) l liberorumque eius l et status coloniae Lugdun (ensium ) l L ( ucius) Aemilius Carpus (se) uir Aug(ustalis) item l dendropho­ rus l uires excepit et a Vaticano trans l tulit ara ( m ) et bucranium l suo inpendio consacrauit l Sacerdote l Q(uinto) Sammio Secundo ab XV uiris l occabo et coro­ na exornato l cui sanctissimus ordo Lugudunens(ium) l perpetuitatem sacerdoti decreuit l App (io) Annio Atilio Bradua T( ito ) Clod (io) Vibio l Varo c o ( n ) s (ulibus) l L(oco) d(ato) d (ecreto) d (ecurionum ) ( C/L XIII, 1 75 1 ILS 4 1 3 1 ) =

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sparso dai sacerdoti di Cibele si attribuiva dunque un potere salvifico simile a quello che i cristiani attribuivano nella loro esca­ tologia al sangue dell'Agnello, immolato per la redenzione dei peccati. Nella ceri­ monia del taurobolio era dunque implici­ to un potere di risurrezione e di immorta­ lità attribuito all'atto purificatorio. Tanto la discesa nella fossa somiglia alla discesa nel sepolcro, e tanto colui che la folla ac­ clamava come "rinato" somigliava a un dio risorto, come nella grande tradizione delle divinità mediterranee che muoiono e risorgono.58

Il taurobolium a Roma e nella ''pars occiden­ tis" Originario dell'Asia Minore, la sua pri­ ma celebrazione in suolo italico è da da58 Nei grandi culti delle "madri" della civiltà mediterra­ nea, frequente era il motivo della morte e resurrezione di un dio. E il taurobolium cibelico non faceva altro che perpetuare gli antichi riti in onore di Ishtar e del suo pa­ redro Tammuz, quelli di Mrodite e di Adone, quelli di Ar­ temide e del suo casto sacerdote-amante, ma anche quelli di Iside e Osiride. Era il 28 marzo che si svolgevano i "mi­ steri" di Cibele, cerimonie in cui si iniziavano i neofiti del culto. In questi contesti, il neofita si identificava con il dio Attis, nella speranza di partecipare alla sua resurrezione.

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tarsi al 134 d.C., quando un taurobolium fu compiuto a Puteoli59 in onore di Venus Caelestis60• Dopo il 158-159 d.C. i taurob� Zia andranno sempre più ad associarsi al culto della Magna Mater; infatti a partire dalla seconda metà del II secolo tutte le iscrizioni tauroboliche menzionano la Magna Mater. L'aggiunta del taurobolium e l'istituzione di un archigallus61 furono innovazioni apportate nel culto della Ma­ gna Mater dall'imperatore Antonino Pio durante le celebrazioni del ven tennale del suo regno ( vicennalia62), tenutesi pro-

59 L'odierna Pozzuoli. 50 Nell'antichità si distinse una Venere "urania" o "cele­ ste", in grado di sublimare la sensualità amorosa in senso anagogico, da una Venere "pandèmia", che presiedeva all'amore terreno e alla sessualità profana. Marsilio Fici­ no, sulla scorta dei classici, parlerà di una "Venere cele­ ste" e di una "Venere volgare". 61 Traducibile come "capo dei galli", laddove i "galli" era­ no i sacerdoti eunuchi della dèa frigia Cibele ( Magna Ma­ ter a Roma) e del suo consorte Attis. 62 La celebrazione, che prevedeva l'organizzazione di giochi, ebbe origine nel 27 a.C. con Augusto, il quale, quando gli furono offerti i poteri di imperatore, rifiutò di tenerli a vita, promettendo che li avrebbe lasciati dopo dieci anni. Trascorsi i dieci anni, Augusto organizzò una celebrazione, i decennalia, durante la quale si dimise dalla carica; ma il popolo romano, durante la festa, gli rinno­ vò i poteri. Secondo questa tradizione, il senato romano votava periodicamente la celebrazione di sacrifici e di gio­ chi per domandare agli dèi la conservazione della salute

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prio nel 158- 159 d.C. Il primo riferimento alla Magna Mater in un'iscrizione tauro­ bolica risale al 160, all'altare rinvenuto presso Lione cui si è fatto cenno. La nuo­ va formula del rito prevedeva che il taglio dei testicoli del toro immolato sostituisse l'evirazione dei sacerdoti di Cibele, che l'etica romana, a differenza della orienta­ le, rigettava.63 Il rito del taurobolium, con il quale si impetrava la grazia della Magna Matera che la potente divinità garantisse la salute pubblica e quella dell'imperatore, diven­ ne consuetudine in Italia e nelle province occidentali di Gallia, Hispania e Mrica. Rinvenimenti effettuati a partire dal XVII

degli imperatori. Ciò poteva avvenire al quinto anno di regno ( vota quinquennalia) , al decimo ( decennalia) , al ven­ tesimo ( vicennalia) o al trentesimo ( tricennalia) . 63 C'è da dire, tuttavia, che per quanto cruento e bizzarro fosse il rito dell'evirazione, connettendosi al mito di Ci­ bele e Attis, nasconda, come spesso accade in questi casi di sedimentazione di tradizioni rituali e filosofiche, un si­ gnificato metafisico di indubbia rilevanza. Essenzialmen­ te, l'evirazione di Attis, imitata dai sacerdoti della Grande Madre Cibele, sarebbe da vedere, come insegna l'impe­ ratore Giuliano, quale «freno posto alla spinta illimitata• alla generazione, nonché come simbolo della purificazio­ ne dalla degradazione materiale, e di risalita verso l'alto, ossia verso •ciò che è definito e uniforme, possibilmente all'Uno stesso. • Cfr. F. C. Giuliano, Inno alla Madre degli dèi, 1 69 d.

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secolo hanno permesso di individuare un luogo di celebrazione di epoca severia­ na che ebbe a realizzarsi a Roma sul col­ le Vaticano, il quale dovette costituire o l'ampliamento o l'integrazione di un pre­ esistente santuario di Cibele: un grande Phrygianum64, dove si vennero a celebrare taurobolia, proprio nel sito dove ora sorge la basilica di San Pietro.65 Talvolta in que­ sti riti si sostituiva all 'uccisione di un toro quella di un ariete ( criobolium), o un tau­ robolium e un criobolium vi erano praticati contestualmente.66 Al tempo di Eliogabalo, il quale si era fatto iniziare al culto di Cibele, pare giun­ gendo persino a legarsi i genitali in osse­ quio all ' uso dei sacerdoti eunuchi della dea frigia, e che dove tte certam ente es-

.. Luogo di culto della dèa frigia Cibele, funse a partire dal II secolo e durante tutta l'età severiana quale tempio del culto imperiale, come rivelerebbero analogie con il "Tempio Rotondo" di Ostia. 65 Nel 1 609, sotto l 'angolo sud della facciata della ba­ silica di San Pietro, furono ritrovati resti del Frigiano vaticano, in particolare are tauroboliche dedicate alla Magna Mater. 66 Poiché il taurobolio si riferisce direttamente al culto della dea Cibele, e poiché questo culto fa anche un certo posto al giovinetto Attis al fianco di Cibele, così è opi­ nione che il sacrificio del montone awenisse appunto in onore di Attis.

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sere awezzo alla pratica del taurobolium, a Ostia non vi era ancora un luogo in cui potessero celebrarsi in tutta pompa tauro­ balia in onore degli imperatori, ritenen­ dosi il campo della Magna Mater presso porta Laurentina, dove pure si svolgeva­ no taurobolia, piuttosto periferico. Si per­ venne così alla costruzione del cosiddetto "Tempio Rotondo", che fu preposto tanto a luogo di culto della nuova dinastia im­ periale severiana quan to delle divinità orientali El-Gabal e Cibele (divenuti una volta giunti a Roma Deus Sol Invictus e Ma­ gna Mater). 67 Ispirato nella sua stessa struttura al Fri­ giano vaticano, la sua volta a cupola tanto risentiva del modello del Pantheon,68 ma ancor più di architetture orientali come quella del Tempio di Venere a Baalbek, rappresentando uno dei molti esempi ar­ chitettonici ispirati dal gusto sincretico di questa particolare figura di imperatore; com 'è anche il caso del Tempio del Sole, più noto come Elgabalium, fatto erigere

67 Divinità cui, più tardi, un altro imperatore, Flavio Clau­ dio Giuliano, dedicherà l'Inno a Elio Re e l'Inno alla Madre degli dèi. 68 Guarda caso volgarmente chiamato dai romani moder­ ni "la Rotonda".

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da Eliogabalo sul Palatino, laddove l 'im­ peratore nato in Siria,69 assieme alla pie­ tra nera di Emesa, fece trasportare anche il betilo di Cibele proveniente da Pessi­ nunte e sino allora70 custodito nel Tem­ pio della Vittoria. L' ultimo taurobolium pubblico di cui sia stata rinven uta un ' iscrizione fu ese­ guito per Diocleziano e Massimiano a Mactar in Numidia alla fine del III seco­ lo. Nel IV secolo, quale culto concorren­ te del cristianesimo, nei circoli pagani il taurobolium divenne un simbolo della re­ sistenza del paganesimo . In quanto rito ufficialmente proibito dagli imperatori cristiani, fu dunque segno distintivo del­ la nobiltà pagana nella sua ultima, stre­ nua lotta contro il cristianesimo e gli im­ peratori cristiani. 71

6 9 Siriano, nato a d Emesa, Eliogabalo era, per diritto ere­ ditario, l ' alto sacerdote del dio sole El-Gabal, patrono de Ila città. 70 Precisamente dal l O aprile del l91 a.C., data dell'arrivo a Roma della pietra nera di Pessinunte e della contestua­ le consacrazione del tempio della Magna Mater. 7 1 Cfr. J. B. Rutter, The Three Phases of the Taurobolium, cit. p. 242.

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Le tesi di Cumont sull'origine del taurobolium Anche Cumont dette il suo importan­ te contribuito alla vexata quaestio circa la genesi del taurobolium nell 'alveo del culto di Cibele, giungendo a conclusione che il rito fosse stato adottato da un altro con­ testo cultuale. Principale argomentazione a sostegno della sua tesi la grande diffe­ renza intercorsa tra la data della prima menzione del culto di Cibele e la prima testimonianza di un taurobolio; ma an­ che, in modo uguale e contrario, il fatto che le più antiche iscrizioni tauroboliche non facessero alcun riferimento alla dèa frigia. Nell 'intento di identificare il culto da cui il rito era stato assimilato, Cumont se­ guì vari percorsi filologici. Sulla scorta di Plutarco / 2 pervenne dapprima alla con­ clusione che dovette trattarsi del culto di Anahita, in quanto a questa Artemide per­ siana l'autore delle Vite parallele connette­ va un usuale sacrificio di "giovenche"; ma tale ipotesi, data la non trascurabile in­ congruenza sul sesso degli animali, risul­ tava certo opinabile. In seguito, Cumont

72 Plutarco, Vita di Lucullo, 24.6.

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ritenne che si potesse rintracciare nell' e­ timo della parola taurobolium -ritenendo peraltro questa forma una corruzione del termine tauropolium -un 'ascendenza dal nome dell 'Artemide Tauropola. Per ulti­ mo, awalendosi delle due iscrizioni di Ka­ stel, effettuate da hastife:ri del culto di Bel­ lona - la prima delle quali è una dedica alla domus divina e al Numen Augusti data­ ta 24 marzo, giorno del dies sanguinis73 -, Cumont giunse a supporre che il rito del taurobolium fosse connesso al culto della dèa Bellona; e la seconda iscrizione, che commemora il restauro di un locale sul colle Vaticano da parte degli hastife:ri, sem­ brava dar man forte alla prima.

Il taurobolium e i misteri di Mithra Nel mithraismo, cui Cumont dedicò i fondanti studi Textes et monuments figurés

"' Il dies sanguinis era una ricorrenza sacra del calendario romano, che rientrava nel periodo compreso tra il 15 e il 28 marzo, periodo del Sanguem, cioè di un insieme di festività di origine frigia connesse al culto di Cibele e del paredro di questa, Attis. Era anche noto come "giorno di Bellona". Nel dies sanguinis i devoti romani della dèa Bellona si tagliavano e bevevano il sangue per ottenere l'ausilio della divinità.

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Introduzione relatijs aux mystères de Mithra (1894-190 l ) e Les mystères de Mithra (1913) , la figura di Mithra è rappresentata mentre uccide un toro, dalla cui gola squarciata esce un fiotto di sangue74 che scorrendo sul suo­ lo fa germinare grano, fiori e vegetazio­ ne. In base a questa iconografia e per il fatto che il culto mitraico fosse celebrato in caverne o grotte sotterranee, si è giunti a confondere il taurobolium con i riti del culto mitraico. Ma, tra le due forme ritua­ li ci sono sostanziali differenze: in realtà, nel mitraismo, la tauroctonia, cioè l'ucci­ sione del toro cosmico, consisteva in una mera rappresen tazione iconografica, af­ frescata in ogni mitreo; il taurobolio, in­ vece, era un rito sacrificale reale, in cui un toro in carne ed ossa veniva sacrificato alla Magna Mater. Inoltre, il rito mitraico non fu mai un rito pubblico, ma iniziati­ co, per adepti. Si è anche ritenuto che sacerdotesse del culto della Magna Mater compissero il sacrificio del taurobolium per iniziare i nuovi membri al culto mitraico, ma è sta­ to ampiamente dimostrato come il sacri-

74 Talvolta chicchi di grano sostituiscono le gocce di san­ gue.

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fido in questione fosse eseguito soltanto da un archigallo di sesso maschile e da nessun altro. Inoltre, l ' idea stessa che delle donne potessero effettuare un sacrificio in ambi­ to mitraico deve ritenersi errata, in quan­ to il mitraismo era un culto meramente maschile.

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IL TAUROBOLIO E IL CULTO DI BELLONA

Tutti gli scrittori che si sono occupati degli ultimi secoli del paganesimo hanno descritto la cerimonia del taurobolio e insistito sull 'analogia delle idee mistiche annesse con certe dottrine del cristiane­ simo.1 Tutti hanno ricordato questo sorpren­ dente passaggio, dove Prudenzio2 raffigu­ ra il sacerdote che giace in una fossa e ri­ ceve attraverso un pavimento a graticcio il sangue di un toro immolato sopra di lui.

44 Per ragioni facilmente intuibili, gli incivili in tutte le parti del mondo hanno spesso considerato il sangue come la se­ de dell 'anima, o, per usare un ' espressio­ ne più adeguata, dell 'energia vitale.45 Di qui, tra i vari riti che mirano a trasfondere nei fedeli le qualità dell'animale sacrifica­ to - uso di rivestirsi delle spoglie dell'ani­ male, unzioni con grasso, contatto con i resti della cremazione - la frequenza di 44 Robertson-Smith , op. cit. , p. 3 1 3 . Cfr. Frazer, Le to­ témisrM, p. 64 s. - Nella stessa Grecia, questa usanza si è perpetuata nelle omofagie dei misteri di Dioniso, il dio -rcxup6f.Lopqmc; . I fedeli divorano la carne cruda di un toro (Firm. Mat. 6, 5, cfr. Preller-Robert, Griech. Myth., p. 693, 695 ) . « Ce n'était pas seulement une allusion à la passion de Zagreus et à son démembrement par les Titans ; com­ me le taureau est une des formes de Dionysos, c'était le corps du dieu dont se repaissaient symboliquement les initiés, c 'était son sang don t ils s'abreuvaient dans ce ban­ quet mystique. Ils croyaient ainsi faire descendre en eux Dionysos et remplir son ame de sa divinité Decharme, Mythologie de la Grèce, p. 438. 45 Frazer, Golden Bough, 2• ed., 1 900, t. I, p. 353. Il ca­ ne di Mithra lecca il sangue del toro immolato perché deve assorbirne l'anima; cfr. i miei Mon. de Mithra, t. I, p. 1 9 1 . - Il sangue, principio di vita, è utilizzato per com­ battere la sterilità; cfr. Sidney-Hartland, op. cit , t. l, p. 1 62. ».

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Il taurobolio e il culto di Bellona

quelli in cui l ' officiante beve, o versa su di lui il sangue della vittima.46 Proprio que­ sto aweniva nel taurobolio, dove l'iniziato non solo riceveva la doccia vivificante sul proprio corpo, ma assorbiva avidamente il liquore rigenerante. Una prova molto convincente dell 'anti­ chità di questo rito, che risale certamente ad epoche preistoriche, è che lo si ritro­ va pressoché immutato in luoghi molto distanti . A Roma, durante i Saturnali, si svolgeva nel foro un combattimento di gladiatori, e il sangue del campione vin­ to scorreva attraverso lastre forate su una figura nascosta sotto terra, che si sottopo­ neva all ' aspersione "a bocca aperta" Y Curiosam ente, una c e ri m o n i a simile persiste ai nostri giorni tra gli indigeni del Congo. La descrive un viaggiatore, la cui testimonianza ha tanto più peso, in quan to non aveva certo mai sentito par­ lare del taurobolio. Un capo di Bamfumu «pretendeva di sottomettere tutti i villag-

46 Hubert e Mauss, Essai sur la nature du sacrifice. ( Estr. deli'Année sociologique, 1 898) , p. 76, p. 83. 47 Cyrill., Contr. Iulian. IV, p. 1 28 D : xÉxpu1t1:-o Sé nç \mò

yiìv Kp6voç ÀL&mç 't"E't" P7J !J.Év o�ç U7tOXEX7J VWç !:vot •ci> 't"OU 7te:cr6v•oç Xot'totfL�otLvo�•o M&p'lJ . Cfr. Revue de Philologie, t. XXI, 1 897, p. 1 5 1 .

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gi vicini al suo dispotismo; si fece porta­ re vittime umane a cui fu tagliata la testa. L'esecuzione avveniva su un soppalco e il capo, seduto al di sotto, riceveva la piog­ gia di sangue su tutto il corpo: doveva in tal modo acquistare maggiore forza fisica e morale.48>> Se ci è dato credere all 'autore di questa storia, anche tra i negri d'Mrica, vediamo certe idee morali connesse al bagno di sangue. Non c ' è dubbio che le virtù parti­ colari e, per così dire, magiche attribuite al liquido che sostiene la vita, ne resero frequente l ' utilizzo n elle cerimonie di purificazione pagane . 49 Ma la rigenera­ zione attesa dal taurobolio ha un carat­ tere del tutto nuovo, e la trasformazione che ha subito, se non il sacrificio stesso, almeno la concezione che se ne è avuta, si può spiegare solo con l 'influsso di una religione straniera. Si potrebbe supporre che questo cambiamento sia avvenuto in Occidente attraverso il contatto con il cri48 Léopold Courouble, En plein Soleil, Bruxelles, 1 900, p. 1 05. - Devo questa interessante indicazione a M. Jean Capart. Mi si consenta di esprimergli qui i miei sinceri ringraziamenti. 49 Frazer, Pausanias, t. III, p . 278, p . 593 ( 1 6, 8 ) ; Ro­ bertson-Smith, op. cit., p. 35 pass.; Maury, Relig. Grèce, t. II, p. 1 46, n. 7.

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stianesimo. Sembra più probabile che ab­ bia avuto luogo in età molto più risalente in Asia Minore prima della sua in trodu­ zione nell 'Impero romano. La pratica del taurobolio si diffuse molto rapidamente nel II secolo nelle province latine; sembra che al momento del suo arrivo in questo nuovo mondo, i suoi caratteri fossero già fissati, e non si potrebbe spiegare il suc­ cesso che ottenne questa ripugnante im­ molazione, se non si fosse supposto in es­ sa un potere straordinario. Per lunghi se­ coli, i Magi persiani insegnarono in Asia Minore la risurrezione dei morti e fecero sperare i giusti in una immortalità beata. È molto probabile che sotto l ' azione di queste dottrine mazdee l'antico sacrificio barbaro assunse un significato più pro­ fondo nei templi della Cappadocia. Non si pensava più, sottoponendosi ad esso, di acquisire il vigore del toro, non era più il rinnovamento delle forze fisiche che il sangue, principio di vita, doveva comuni­ care, ma una rinascita, temporanea, o pu­ re, eterna, dell'anima. La cerimonia del taurobolio, che go­ dette di così sorprendente seguito duran­ te il declino del paganesimo, non è degna di nota solo per la somiglianza delle spe­ ranze che suscitava con certe credenze

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Franz Cumont cristiane . È un prodotto molto caratte­ ristico di quelle religioni orientali, dove le rozze tradizioni, sopravvivenze di un barbaro passato, erano poste al servizio di una teologia molto avanzata. L'atto in sé è un bagno di sangue che ricorda un 'or­ gia di cannibali; la sua presunta efficacia risponde alle più alte aspirazioni dell 'uo­ mo verso la purificazione spirituale e l'im­ mortalità. Franz CUMONT.

Gand.

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Tous les écrivains qui se sont occupés des derniers siècles du paganisme, ont décrit la cérémonie du taurobole et in­ sisté sur 1 'analogie des idées mystiques qu'on y attachait, avec certaines doc­ trines du christianisme.1 Tous ont rap­ pelé ce passage saisissant, où Prudence2 nous dépeint le prêtre couché dans une fosse et recevant à travers un plancher à claire-voie le sang d'un taureau égorgé au-dessus de lui. «A travers les mille fentes du bois, la rosée sanglante coule dans la fosse. L'initié présente la tête à toutes les gouttes qui tombent, il y expose ses ha­ bits et tout son corps, qu'elles souillent. Il se renverse en arrière pour qu'elles ar­ rosent ses joues, ses oreilles, ses lèvres, ses 1 Il suffira de citer ici le plus récent d'entre eux, Paul Allard, Julien l'Apostat, t. I, 1900, p. 32 s.- Les dernières études spéciales sur le taurobole sont celles de M. Espe­ randieu, Inscriptions de Lectoure, 1892, p. 94 s. et de Zippe! dans la Festschrift zum Doctorjubilaeum Ludw. Friedliinder, 1895, p. 489 s. 2 Prudence. llept cr-recp. x. 1011 s.

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narines, il inonde ses yeux du liquide ; il n'épargne même pas son palais, mais humecte sa langue et boit avidement le sang noir. 3 >> Après s'être soumis à cette répugnante aspersion, le célébrant ou plutôt le patient s'offrait à la vénération de la foule. On le croyait purifié de ses fautes par ce baptême, qui lui conférait pour vingt ans une vie nouvelle ou même le faisait , mais ��ÀÀe�v ne se dit que d'une arme de jet (cf. EXYJ�OÀoç, xeplluvo�oÀoç), et un dérivé de la même racine caractérise fort mal l'action d'égor­ ger une victime à l'aide d'un couteau de sacrificeYNous n'en sommes pas réduits, comme dans la plupart des cas, à retrou­ ver par conjecture le mot primitif sous l'altération vulgaire ; il nous est fourni par les textes eux-mêmes. Tauropolium est la forme qui apparaît dans la majori-

27 j'ai déjà insisté sur t. XVII, 1893, p. 195.

ce fait dans la Revue de Philologie,

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té des inscriptions les plus anciennes.28 Qu'est-ce qu'un -rcx.upo7toÀt.av ? C'est sim­ plement un sacrifice offert à l'Artémis -rcx.u po7toÀoç ou taurique, 29 qui avait de nombreux adorateurs dans le monde hel­ lénique et qu'on appelait par abréviation � Tcx.upo7toÀoç, « le Tauropole. 30» Or, plusieurs divinités honorées dans l'est de l'Asie Mineure étaient identi­ fiées à cette Artémis, dont le culte pré­ tendait-on, avait été introduit dans le pays par Oreste, lorsque, après avoir failli être immolé en Tauride par Iphigénie, il s'était enfui avec sa sœur en apportant la statue de la déesse. On a voulu voir dans cette tradition souvent répétée la preuve d'antiques rapports entre la Cherson­ nèse et la Cappadoce. 31 Vraisemblable-

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Elle est constante dans la série des inscriptions de Lectoure, CIL, XIII, 5 05 s. Cfr. aussi CIL XII, index p. 926. - Le criobolium, l'acmobolium sont des créations ré­ centes imaginées à l'imitation du taurobolium. Le premier a pour but d'établir dans le rite le dualisme qui existait dans le mythe de Cybèle et d'Attis. 29 Hesychius s. v. Ta:upo7t6À�a:· ii dç top"�v &youa�v �pdp�llL. Cfr. Lebas-Waddington, no 741.- Son temple est aussi un "a:upo7t6À�ov. Cfr. Strabon, 639, C, cf. 766, C. "' CIG, 3 137 =Michel, Recueil, 19, 1. 62 et 71 ; CIG, 2699 ; Inschr. von Pergamon, 13 =Michel, 13,1. 25 et 5 3. "Cfr. Maury, Religions de la Grèce, t. III, p. 173 s. et surtout Drexler dans Roscher, Lexikon s. v. Mâ, p. 2219 s.

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ment l'origine de la légende ne doit être cherchée que dans le désir de rattacher à la mythologie hellénique l'te:pàç Myoç des temples asiatiques, et quelques res­ semblances extérieures de leurs rites sanguinaires avec ceux qui auraient été pratiqués chez les Scythes, pouvaient suf­ fire à des théologiens grecs pour procla­ mer l'identité des deux religions. Quoi qu'il en soit, il est certain qu'à Comane de Cappadoce on racontait, au temps de Strabon, qu'Oreste et Iphigénie avaient apporté de Scythie le culte de l'Artémis tauropole, et l'on ajoutait que les fugi­ tifs avaient offert à la déesse leur longue chevelure (XOf.LY)) et que le nom de la cité était venu de là.32 Cette ville sainte-aussi bien que son homonyme du Pont-pré­ tendait même posséder la vieille statue de bois de l'Artémis taurique et le glaive d'Iphigénie.33 Mâ, lorsqu'elle fut adorée à Rome s'y confondit avec Bellone, mais le tauropolium, pratiqué dans le culte natu­ ralisé latin, perpétua le souvenir du nom

32 Strab., XII, 2, 3, p. 5 35 C. Cfr. Hôfer dans Roscher Lexik., s v. Orestes, col. 999. " Dion Cass., XXXVI, 11 éd. Boissevain. - Cfr. aussi Pro­ cope Bell. Pers., l, 17, p. 83 Dindorf.

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que les Grecs donnaient à la déesse de Comane. Toutefois, nous ne soutenons point que le taurobole ait été propagé en Occident uniquement par les sectateurs de Bellone. Mâ n'était point seule en Asie Mineure à être appelée la Tauropole. L'Artemis Péra­ sia de Castabala, au sud du Taurus, préten­ dait au même titre, et son sanctuaire pas­ sait également pour avoir été fondé par Oreste, venu d'au delà du Pont-Euxin.g4 Anahîta ou Anaïtis, la déesse perse des eaux fécondantes, fut identifiée réguliè­ rement à Artémis et en particulier à l'Ar­ témis tauropole, sans doute parce que le taureau lui était spécialement consacré.g5 Ce fut le cas à la fois en Lydie, où elle était très populaire, en Cappadoce et même en Arménie, dans l'Acisilène. Son nom même d'Anaïtis fut transformé en Tanaï­ tis ou Tanaïs afin de le mettre en relation avec la ville et le fleuve ainsi appelés. g6 L'Anahîta iranienne était certainement une divinité fort différente de la Mâ cap-

" Strab., XII, 2, 7, p. 5 37 C: TLvÈ:t; TI)v ocÙ't"�V �puÀoûow tcr•opLocv 1te:pt 't"OÛ 'Optcr"t"ou xoct rijc; Tocupo7t6Àou.

" Plut. Vita Lucull., 24: B6e:c; te:poct VÉ!J.OV't"OCL Tie:pcrLocc; �p't"É!J.Liloc; ... Xp6iv't"ocL ilè: •oc 'Le; �ovcrL 7tpàc; �ucrLocv 1.1.6vov. '"Cfr. Pauly-Wissowa s. v. Anai1is, t. I, p. 2031.

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padocienne, mais son introduction en Asie Mineure remontait à l'époque des Achéménides ; elle y était établie depuis si longtemps qu'on la considérait presque comme indigène, et durant les siècles qu'elle avait vécu au milieu de peuples étrangers, elle avait fait plus d'un em­ prunt à leurs pratiques religieuses. Le tau­ robole devait être un usage très répandu dans ces contrées,37 et il est plus que pro­ bable que cette déesse tauropole l'avait, aussi bien que Mâ, admis dans sa liturgie. Un fait indubitable c'est que cette céré­ monie se répandit rapidement en Occi­ dent au début du Ile siècle, après l'an­ nexion à l'empire de la Cappadoce et des autres provinces voisines. La nature de la religion composite qui s'était formée dans ces contrées, permet d'expliquer, en en faisant saisir l'origine, les caractères étranges et presque contra­ dictoires du taurobole romain. Cette ré­ gion reculée, où la civilisation grecque ne pénétra que tardivement, conserva plus fidèlement que les pays hellénisés la bar-

37 M. Kôrte a cru retrouver jusqu'en Phrygie des fosses creusées dans le roc qui auraient servi à des sacrifices de ce genre, mais l'explication est très hypothétique. Cfr. Athen. Mitth., XXIII, p. 102.

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barie primitive de ses cultes autochtones. Les prêtresses de Castabala prétendaient pouvoir impunément marcher pieds nus sur des charbons ardents:38 c'était une vé­ ritable épreuve par le feu analogue aux ordalies sacrées qu'on trouve dans les ci­ vilisations les moins avancées. 39 Même à Rome, les serviteurs de Bellone, dans les transports de leur enthousiasme, se per­ çaient les membres, aspergeaient de leur sang la statue de la déesse et, le recueillant dans la paume de la main, le donnaient à boire aux initiés. 4° Ces rites féroces per­ pétuaient la tradition de l'échange du sang, qui renouvelait l'alliance des divers membres du clan entre eux et leur com­ munion avec le totem qu'ils vénéraientY

""Strab. XII, 2, 7, p. 537 C. Cfr. Jamblique, De myst. Aeg., Ill, 4. '9Robertson Smith, Religion of the Semites, 2e éd., p. 17 q. ss. Frazer, Le totémisme, p. 30. Cfr. A. J. Wauters, L'État du Congo, 1899, p. 305. «>Tibull. 1, 6, 45 ; Tertull. ApoL 9; Minut. Felix, 30, 5. Cfr. Aust dans Pauly-Wissowa s. v. Bellona, 256. 4 1 Jevons, Introd. to the history of Religion, pp. 97 s. 170 s. Robertson-Smith, op. cit., p. 314 et surtout Sidney-Hart­ land, The legend of Perseus, t. Il, 1895, p. 240 s.- Un autre usage, extrêmement ancien, qui subsistait dans le culte de Cybèle et probablement aussi de Bellone, c'était celui de s'émasculer avec un tesson de poterie ou un couteau de pierre. Il remonte à l'époque où l'usage d'instruments

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Mais à côté des lieux sacrés où les tri­ bus du Taurus célébraient leurs orgies, les mages perses, disséminés dans tout le pays depuis une haute antiquité, avaient dressé leurs pyrées, sur lesquels brûlait un feu perpétuel, et élevé des temples aux divinités iraniennes. 42 Ils avaient répandu, dans des régions d'une culture encore arriérée, les préceptes et les conceptions incontestablement supérieurs du mazdé­ isme. Les mystères de Mithra, qui étaient originaires de cette même contrée, gar­ dèrent toujours la trace de cette double influence. À côté de dogmes très élevés et d'une morale très pure, ils conservent dans leur liturgie des cérémonies odieuses ou ridicules : déguisements en animaux, simulacres de meurtres rituels, adoration d'une idole à tête de lion. 43 Ils devaient leur théologie aux sectateurs de Zo­ roastre, tandis que ces pratiques étranges étaient un héritage des peuplades d'Asie Mineure. Il en est de même du taurobole. L'acte

de métal était inconnu (cf. Juvénal, VI, 314 et la note de Friedlânder). 42 Sur l'histoire de ces colonies de mages, cf. mes Mon. re­ lat. aux myst. de Mithra, t. 1, p. 9 ss. et p. 431 ss. "Cfr. Ibid., p. 239 s., 315 ss.

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hideux de l'immolation du taureau au-dessus d'une fosse où s'étend le fidèle, nous reporte à un niveau de civilisation extrêmement bas. « L'idée qu'en man­ geant la chair et spécialement en buvant le sang d'un autre être vivant, un homme absorbe sa nature ou sa vie et la fait pé­ nétrer dans la sienne, est une conception qui apparaît sous des formes très diverses chez les peuples primitifs. C'est d'elle que dérive la coutume très répandue de boire le sang encore chaud de son en­ nemi mort, et aussi l'habitude, observée par beaucoup de chasseurs sauvages, de manger quelque partie (par exemple le foie) de carnivores dangereux afin de faire passer en eux-mêmes le courage de l'animal.44» Pour des motifs aisés à conce­ voir, les non-civilisés de toutes les parties 44 Robertson-Smith,

op. cit., p. 313. Cfr. Frazer, Le toté­ misme, p. 64 s.- En Grèce même, cet usage s'est perpétué dans les homophagies des mystères de Dionysos, le dieu -rocup6f.Lop