Il culto del capitale. Walter Benjamin: capitalismo e religione

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Il culto del capitale. Walter Benjamin: capitalismo e religione

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Il culto del capitale Walter Benjamin: capitalismo e religione A cura di Dario Gentili, Mauro Ponzi e Elettra Stimilli Quodlibet Studio

Indice

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Prefazione

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Walter Bcnjamin

Capitalismo come religione

I. Kapitalismus als Religion 15

Elettra Stimilli

Il potere economico: violenza di un culto indebitante 29

Mauro Ponzi

L'ospite inquietante. Nihilismo, materialismo e messianesimo in Walter Benjamin 45

Massimiliano Tomba

Capitalismo, religione e la fine della teologia politica 57

Dario Gentili

Vie d'uscita dal capitalismo 71

Bruno Moroncini

La religione nei limiti della sola disperazione 89

Clcmcns-Carl Ha.rie

Religione senza religione II.Soglie 107

Paolo Napoli

Il «deposito». Genealogia di un archetipo amministrativo

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INDICE

125

Massimo De Carolis

«Non salvateci più». Sulla vocazione rituale dei mercati finanziari 143

Roberto Ciccarelli

Benjamin flaneur. Per una genealogia del Quinto Stato 161

Alessandra Campo

Culto e riproduzione. Walter Benjamin tra capitalismo ed estetica III. Benjaminiana 175

Luca Viglialoro

Kapitalismus als Religion come studio di forme: da Benjamin a Pasolini 189

Sarah Scheibcnbcrger

Frammenti di capitale. Benjamin, Hamann e la forma frammento 201

Gabriele Guerra

Kapitalismus als Sozialismus? Walter Benjamin lettore di Gustav Landauer (e di Erich Unger e Georges Sorel) 215

Tamara Tag)iacoi.zo

La «costellazione» del capitalismo tra Walter Benjamin e MaxWeber 231

Massimo Palma

Capitale labirinto. Note su Benjamin e Bataille 24 5

Giuseppe Massara

A tempo debito. Funzioni della memoria in Eliot e Benjamin 259

Indice dei nomi

Prefazione

Il Seminario permanente di Studi benjaminiani è stato istituito dalla Associazione Italiana Walter Benjamin (AWB) come occasione di ricerca sui testi del filosofo tedesco non limitata a un dialogo tra specialisti. L'intento del Seminario è piuttosto quello di creare una rete che, a partire dalle tematiche benjaminiane, crei l'opportunità di un fruttuoso confronto anche tra studiosi di ambiti differenti. Il primo Seminario è stato dedicato alla lettura e al commento del frammento Capitalismo come religione del 1921. Questo libro raccoglie i testi degli studiosi che sono intervenuti nel corso del Seminario e quelli di altri che hanno animato le varie sedute. La redazione finale dei saggi risente della discussione approfondita, franca e vivace che si è svolta presso le sale dell'Istituto Italiano di Studi Germanici, dove ha sede l'Associazione. In questo frammento Benjamin sostiene che il capitalismo è una religione cultuale, che tende a reiterare all'infinito un meccanismo di indebitamento e di colpevolizzazione senza salvezza né vie d'uscita. È proprio l'attualità della tesi e la sua presenza ormai d'obbligo nei dibattiti più recenti sulla natura del capitalismo e sulla declinazione economica della teologia politica ad aver suggerito la scelta di questo testo per inaugurare il Seminario. La scommessa è stata quella di analizzare il frammento, di per sé molto denso, attraverso approcci metodologici diversi - da quelli più «filologici» ad altri che ne sviluppano le suggestioni - che consentissero di affrontare da punti di vista differenti le molteplici implicazioni politiche e filosofiche in esso contenute. Il libro si divide in tre parti. Nella prima sono raccolti gli interventi direttamente dedicati alla lettura e al commento di Capitalismo come religione. Nella seconda parte sono contenuti i testi che, partendo o

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PREFAZIONI!

meno esplicitamente dallo scritto del 1921, tentano un'esplorazione autonoma delle questioni in esso affrontate. Nella terza parte sono infine collocati i contributi su determinati aspetti che emergono nel frammento e che costituiscono costellazioni di senso dove il pensiero benjaminiano entra in relazione con autori e tematiche affini. In apertura del libro si trova una traduzione italiana di Capitalismo come religione redatta dai curatori, ma frutto anche di un confronto tra i partecipanti al seminario e di un lavoro comune. Per questo ringraziamo Antonella Moscati per il suo personale contributo. Abbreviazioni

GS Walter Benjamin, Gesammelte Schriften, a cura di Rolf Tiedemann e Hermann Schweppenhauser, 7 voll., Frankfurt a.M. 1972-1989.

Walter Benjamin

Capitalismo come religione

Nel capitalismo va individuata una religione; il capitalismo, cioè, serve essenzialmente all'appagamento delle stesse preoccupazioni, tormenti, inquietudini a cui in passato davano risposta le cosiddette religioni. Dimostrare tale struttura religiosa del capitalismo - e non solo, come ritiene Weber, in quanto costruzione determinata in senso religioso, bensì in quanto fenomeno essenzialmente religioso - condurrebbe ancora oggi nella direzione sbagliata di una smisurata polemica universale. Non possiamo sbrogliare la rete in cui ci troviamo. In seguito, tuttavia, ne avremo una visione d'insieme. Tre tratti di questa struttura religiosa del capitalismo sono però riconoscibili già nel presente. In primo luogo, il capitalismo è una religione puramente cultuale, la più estrema forse che mai si sia data. Tutto, in esso, ha significato soltanto in rapporto immediato con il culto; non conosce nessuna particolare dogmatica, nessuna teologia. L'utilitarismo acquisisce, da questo punto di vista, la sua coloritura religiosa. A questa concretizzazione del culto è connesso un secondo tratto del capitalismo: la durata permanente del culto. Il capitalismo è la celebrazione di un culto sans [t]reve et sans merci [«senza tregua e senza pietà»]. Non ci sono «giorni feriali»; non c'è giorno che non sia festivo, nel senso spaventoso del dispiegamento di ogni pompa sacrale, dello sforzo estremo del venerante. Questo culto è in terzo luogo, al contempo, colpevolizzante e indebitante (verschuldend). Il capitalismo è presumibilmente il primo caso di un culto che non consente espiazione, bensì produce colpa e debito (verschuldend). Ed è qui che questo sistema religioso precipita in un movimento immane. Una terribile coscienza della colpa (Schuldbewu{Jtsein), che non sa purificarsi, ricorre al culto non per espiare in esso questa colpa, bensì per renderla universale, per conficcarla nella coscienza

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WALTER Bl!NJAMIN

e, infine e soprattutto, per coinvolgere in questa colpa il dio stesso e alla fine rendere lui stesso interessato all'espiazione. Espiazione che tuttavia non va attesa dal culto stesso, e nemmeno dalla riforma di questa religione - che dovrebbe potersi reggere su qualcosa di saldo in essa - e neanche dal rinnegarla. È nell'essenza di questo movimento religioso - che è il capitalismo - resistere fino alla fine, fino alla finale e completa colpevolizzazione di Dio, al suo indebitamento, fino al raggiungimento dello stato di disperazione del mondo, in cui si arriva persino a sperare. In questo consiste l'aspetto storicamente inaudito del capitalismo: la religione non è più riforma dell'essere, bensì la sua frantumazione. L'estensione della disperazione a stato religioso del mondo è ciò da cui si attende la salvezza. La trascendenza di Dio è caduta. Ma egli non è morto, è incluso nel destino umano. Questo transito del pianeta Uomo per la casa della disperazione, nell'assoluta solitudine della sua orbita, è l'ethos che Nietzsche determina. Questo uomo è l'Obermensch, il primo che comincia consapevolmente a compiere la religione capitalistica. Il cui quarto tratto è che il suo Dio deve restare nascosto ed è permesso invocarlo soltanto allo Zenit della sua colpevolizzazione, del suo indebitamento. Il culto è celebrato al cospetto di una divinità immatura - ogni rappresentazione, ogni pensiero rivolto a essa viola il segreto della sua maturità. Anche la teoria freudiana appartiene al dominio sacerdotale di questo culto. Essa è concepita interamente in modo capitalistico. Il rimosso, la rappresentazione peccaminosa, è - per una profonda analogia ancora da esaminare - il capitale, che grava di interessi l'inferno dell'inconscio. Il tipo di pensiero religioso capitalistico si trova espresso grandiosamente nella filosofia di Nietzsche. L'idea dell'Ubermensch disloca il «balzo» apocalittico non nell'inversione (Umkehr), nell'espiazione, nella purificazione, nella penitenza, bensì in un potenziamento apparentemente costante, ma che nell'ultimo tratto è dirompente e discontinuo. Pertanto, potenziamento e sviluppo nel senso del «non facit saltum» sono incompatibili. L' Obermensch è l'uomo storico giunto alla sua condizione senza inversione di rotta, cresciuto fino ad attraversare il cielo. Nietzsche ha anticipato questa deflagrazione del cielo per mezzo di un elemento umano potenziato, che (anche per Nietzsche) è e resta in termini religiosi colpevolizzazione. E più

CAPITALISMO COMI! RELIGIONI!

II

o meno lo stesso vale per Marx: il capitalismo che non si inverte diviene - con interessi e interessi composti che sono funzioni del debito (notare l'ambiguità demoniaca di questo concetto) - Socialismo. Il capitalismo è una religione di mero culto, senza dogma. Il capitalismo si è sviluppato in Occidente - come va dimostrato non soltanto per il calvinismo, ma anche per le altre correnti cristiane ortodosse - in modo parassitario sul cristianesimo, in modo tale che, alla fine, la storia di quest'ultimo è essenzialmente quella del suo parassita, il capitalismo. Paragone tra, da un lato, le immagini sacre delle diverse religioni e, dall'altro, le banconote dei diversi Stati. Lo spirito che parla dall'ornamento delle banconote. Capitalismo e diritto. Carattere pagano del diritto: Sorel, Réfl.exions sur la violence, p. 262. Superamento del capitalismo mediante la migrazione: Unger, Politik und Metaphysik, p. 44. Fuchs, Struktur der kapitalistischen Gesel/schaft (o qualcosa di simile). Max Weber, Ges. Aufsi:itze zur Religionssozio/ogie, 2 voll., 19191920.

Ernst Troeltsch, Die Sozial/ehren der chr. Kirchen und Gruppen ( Ges. W. I, 1912). Si vedano le indicazioni bibliografiche di Schonberg II. Landauer, Aufruf zum Sozialismus, p. 144. Le preoccupazioni: una malattia dello spirito propria dell'epoca capitalistica. Assenza spirituale (e non materiale) di via d'uscita nella povertà e nel monachesimo di vaganti e mendicanti. Una condizione che è talmente senza via d'uscita da essere colpevolizzante e indebitante. Le «preoccupazioni» sono l'indice di tale coscienza della colpa per l'assenza di via d'uscita. Le «preoccupazioni» sorgono dall'angoscia per l'assenza di una via d'uscita che sia comunitaria e non individuale-materiale. Il cristianesimo nell'epoca della Riforma non ha favorito l'avvento del capitalismo, ma si è trasformato in capitalismo. Sul piano metodologico si dovrebbe indagare innanzitutto quali legami il denaro abbia stretto con il mito nel corso della storia, finché non ha potuto trarre dal cristianesimo così tanti elementi mitici da costituire un proprio mito.

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WALTER BENJAMIN

Guidrigildo / thesaurus delle buone opere / compenso dovuto al sacerdote. Pluto come dio della ricchezza. Adam Miiller, Reden uber die Beredsamkeit, 1816, pp. 56 sgg. Connessione con il capitalismo del dogma della natura dissolutrice del sapere, che ha la capacità al contempo di redimerci e di ucciderci: il bilancio in quanto sapere che redime e che liquida. Contribuisce a riconoscere che il capitalismo è una religione rammentare che il paganesimo originario ha dapprima compreso la religione non come un interesse «superiore» e «morale», bensì come il più immediato interesse pratico; in altre parole, non aveva affatto chiaro, come il capitalismo odierno, la sua natura «ideale» o «trascendente», ma vedeva piuttosto nell'individuo irreligioso o di altra confessione della sua comunità un membro indubitabile di essa, proprio nel senso in cui la borghesia di oggi considera i suoi membri che non guadagnano. [GS, VI, pp. rno-103; fr. 74; Ms 700-702; metà 1921].

I Kapitalismus als Religion

Elettra Stimilli

Il potere economico: violenza di un culto indebitante

Capitalismo come religione è uno dei tanti testi brevi di Walter Benjamin, denso, in vari passaggi oscuro. Più di una volta è stato oggetto di riflessione nella critica benjaminiana x. Ma solo negli ultimi tempi viene letto e citato anche in discussioni pubbliche tutt'altro che specialistiche, rivelandosi in tutta la sua potenza profetica. Cos'è che, oggi, appare chiaro in uno scritto di per sé niente affatto trasparente? In che senso è possibile affermare che sia giunta I' «ora della sua leggibilità»? Un primo sobrio lavoro da svolgere nella direzione aperta da questi interrogativi è quello di mettere a fuoco alcune coordinate cronologiche relative all'epoca della sua stesura. Il frammento sul capitalismo risale presumibilmente alla seconda metà del 1921. Nella stessa epoca Benjamin aveva messo mano ad altri due saggi e a un frammento strettamente collegati fra loro e connessi allo scritto di cui ci 1 Cfr. almeno U. Steiner, Kapitalismusals Religion-Anmerku11ge11 zu ei11em Fragmetit Walter Betijami11, in «Deutsche Vierteljahrsschrift fiir Literaturwissenschaft und Geistesgeschichte», 72, 1998, pp. 147-171; M. Ll>wy, Le capitalisme comme religiom Walter Benjamin et Max Weber, in «Raisons politiques», 23, 2006, pp. 203-219; i saggi raccolti nel volume a cura di D. Baecker, Kapitalismus als Religion, Kulturverlag Kadmos, Bcrlin 2003, in particolare W. Hamacher, Schuldgeschichte: Betijami11s Skizze «Kapitalismus als Religion•, ivi, pp. 77-119; e quelli che fanno parte del volume a cura di M. Jongen, Der gmtliche Kapitalismus - Ein Gesprach iiber Geld, Konsum, Ku11st u11d Zerstc;rung, Fink Verlag, Miinchen 2007; trad. it. Il capitalismo divi110. Colloquio su denaro, consumo arte e distruzione, ed. it. a cura di S. Franchini, Mimesis, Milano-Udine 2011; S. Weber, Closi11g the Net: «Capitalismus als Religio11» (Benjamiti), in Id., Benjamin-abilities, Harvard University Press, Cambridge (MA) 2008, pp. 250-280; C. Salzani, Politica profana, o de/l'attualità di Capitalismo come religione, Introduzione a W. Benjamin, Qzpitalismo come religione, trad. di C. Salzani, Il Melangolo, Genova 2013, pp. 7-37; e M. Pezzella, La teologia del denaro di Walter Beniami11: il debito, in «Consecutio temporum. Rivista critica della postmodemità», 201 3: http://www.consecutio.org/2013/I o/la-teologia-.B 1!. nota infatti la posizione assai critica che il giovane Benjamin assume nei confronti del sionismo con il coetaneo Ludwig Strau8, che lo interroga al riguardo; anche per le personalità convocate nel frammento a corroborare la critica al capitalismo - sostanzialmente Unger e Landauer - non si può consentire con quanto affermato da Salzani nella sua introduzione al frammento, secondo cui «L' Umkehr [di Unger] assume qui connotazioni spaziali/territoriali e vi è forse possibile scorgere allusioni al sionismo» (C. Salzani, Introduvo11e, cit., p. 29 ); se vi sono allusioni al sionismo - come in effetti è -, queste sono critiche: non è interesse né di Unger, né di Benjamin, né di Landauer, procedere a una costruzione politica (o anche «solo» culturale) del sionismo, quanto piuttosto esercitare appunto una critica radicale ai suoi fondamenti ideologici. '-9 Cfr. le preziose informa1foni contenute in H. Delf, Als Zeichen der Getrentztheit oder Eit,e Fettsterscheibena11gelege11heit. Gustav Latulauer u11d Hans Bliiher, in L. Heid, J.H. Knoll (Hg.), Deutsch-Judische Ceschichte im 19. und 20. Jahrhutulert, Burg Veri., Stuttgart-Bonn 1992, pp. 323-335. 3o M. Li>wy, Rede11zione e utopia. Figure della cultura ebraica mitteleuropea, Bollati Boringhieri, Torino 1992., pp. 137 e sgg. Su Landauer in generale cfr. Eugene Lunn, Prophet o{ Community. The romantic socia/ism o{ Custav Landauer, Universty of California Prcss, Bcrkeley-London 1973; S. Wolf, Custav Landauer zur Ei11{uhrung, Junius, Ham-

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GABRIELE GUERRA

scaglia contro la fede positivistica nella Fortschrittsentwicklung, presente sia nel pensiero capitalistico che in quello marxista rivoluzionario; mentre nella sua produzione più intellettuale Landauer si dedica a una rivitalizzazione del concetto filosofico di individuo, che passa attraverso l'interesse per la mistica eckhartiana (di alcuni scritti del teologo tedesco medievale Landauer aveva curato una resa in tedesco moderno )31, o per quello per Goethe, per Shakespeare, per Spinoza, per Platone o Holderlin- insomma per una Weltliteratur intesa in senso lettera)e3 2 • Insomma, Landauer si presenta come un pensatore a tutto tondo, non solo come un rivoluzionario, o tantomeno come un lucido e coerente esponente dell'ebraismo tedesco, che si segnala per la multiformità di interessi e la posizione assolutamente eccentrica sia in termini politici che letterari, sia rispetto al coevo panorama ideologico anarchico che a quello culturale ebraico-tedesco. La specificità della prestazione intellettuale landaueriana, in altri termini, consiste nella sua capacità di pensare culturalmente il «politico» e politicamente il fatto culturale: come cioè due momenti indistinti e indistinguibili sull'accidentato percorso che porta a una Selbstbestimmung dell'umano. Inevitabile che, date queste premesse, un pensatore di tal fatta non potesse non incontrare l'interesse di un outsider per definizione quale è Walter Benjamin; il quale, particolarmente in questi anni giovanili, si mostra attratto da tutto quello che porta a una rivalutazione - a una Umwertung - di tutti quei valori al centro dei quali ritrovare il Geist. Proprio a quest'altezza della riflessione Benjamin incontra Landauer, il quale incardina il suo pensiero politico proprio burg 1988; H. Delf, G. Mattenklott (Hg.), Gustav 1.Atulauer im Gespracb. Symposion zum 125. Geburtstag, Niemeyer, Tiibingen 1997. In ambito italiano, oltre al saggio di Siegbert Wolf, Il vero luogo è la comu11ità. Buber e IA11dauer, in A. Bertolo (a cura di), L'a11archico e l'ebreo. Storia di u11 i11contro, elèuthera, Milano 2001, pp. 77-96, dr. soprattutto gli

scritti di Gianfranco Ragona, che si è occupato estesamente dell'anarchico ebreo-tedesco: G. Ragona, Socialismo e anarchismo 11el/a Germa11ia guglielmitza. Il pensiero politico di Gustav 1.Andauer, Trauben, Torino 2003; Id., Atzarchismo. Le idee e il movime11to, Laterza, Roma-Bari 2013, pp. 94-100. Lo studioso torinese ha anche curato una raccolta di scritti di Landauer, in cui sono tradotte anche alcune pagine dell'Aufruf. G. Landauer, I.A comunità a11archica, eléuthera, Milano 2013. 3 • Su questo specifico aspetto del pensiero landaueriano cfr. T. Hin1., Mystik und A11archie. Meister Eckhart und seh,e Bedeutu11g hn De11ken Gustav I..otulauers, Kramer, Berlin 2000. 31 « Wie kein anderer deutschsprachiger Autor seit Luther hat er das corpus des Deutschen in die Breiter und Tiefe ausgebaut und individualisiert, zugleich aber dcr dcutschen Literatur die Biirgerrechte in der literarischen Welt verschafft» (G. Mattenklott, Landauers Goethe-Lekture, in Gustav Landauer im Gespriich, cit., pp. 60-61 ).

KAPITALISMUS ALS SOZIALISMUS?

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intorno a questo concetto, e alla sua articolazione sociale: «Bisher war Geist und Voll< in dem ewigen, unverbriichlichen Gegensatz; jetzt soli der Gegensatz, der Schnitt zwischen Geistigem und Voll< tatsachlich gemacht werden. Ein Volk ohne "Vollç 8étOU:pOV'tt KaÌ. à.n:aeiçt