Niccolò V nel sesto centenario della nascita. Atti del Convegno internazionale di studi (Sarzana, 8-10 ottobre 1998) 8821007057, 9788821007057

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Niccolò V nel sesto centenario della nascita. Atti del Convegno internazionale di studi (Sarzana, 8-10 ottobre 1998)
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EDIZIONE ANASTATICA Anno 2010

Tip. Cardoni s.a.s. - Roma

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Vat. lat. 541, f. 75r: miniatore di Niccolò V, ritratto del pontefice nelle vesti di s. Leone Magno (vedi tav. xn).

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STUDI E TESTI 397

NICCOLÒ V NEL SESTO CENTENARIO DELLA NASCITA

ATTI DEL CONVEGNO INTERNAZIONALE DI STUDI SARZANA. 8-10 OTTOBRE 1998

A CURA DI FRANCO BONATTI E ANTONIO MANFREDI

CITTÀ DEL VATICANO Biblioteca Apostolica Vaticana 2000

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ISBN 88-210-0705-7 Proprietà letteraria riservata Biblioteca Apostolica Vaticana, 2000

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SOMMARIO

Lettera di Sua Santità Giovanni Paolo II per le celebrazioni centenarie

VI!

Premessa

XI

I.

Niccolò V e la biblioteca papale del sec. XV L. E. BOYLE (f), Niccolò V fondatore della Biblioteca Vaticana .

3

L. CARGAN, Biblioteche pubbliche in Italia nel secolo XV ...

9

G. M. MONTI, Seneca nella Biblioteca Vaticana di Niccolò V . .

21

A. MANFREDI, Note preliminari sulla sezione greca nella Biblioteca Vaticana di Niccolò V

49

E. Gai dei t t - E. PASUT, Copisti e miniatori per Niccolò V 1. E. CALDELLI, Copisti alla corte di Niccolò V. . IL E. PASUT, Per la miniatura a Roma alla metà del Quattrocento: il «Miniatore di Niccolò V» . . . . . . . . .. P. CHERUBINI, Cultura grafica a Roma all'epoca di Niccolò V II.

71 103 157

Il Papa tra gli umanisti del suo tempo C. GRIGGIO - M. VENIER, Petrarca, Monaci, Barbaro, Niccolò V I. C. GRICCIO, La lettera di E. Barbaro a L. Monaci. Prodromi del progetto di traduzioni dal greco di Niccolò V

199

IL E. BARBARO, Lettera a Lorenzo Monaci [Venezia, 1415], a c. di C. Griggio

203

IH. M. VENIER, L'apologia dei greci di Francesco Barbaro: un episodio della varia fortuna di Petrarca nella cultura veneziana .

215

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IV

SOMMARIO S. GENTILE, Parentucelli e Tamhiente fiorentino: Niccoli e Traversari . .

237

M. PADE, La fortuna della traduzione di Tucidide di Lorenzo Valla con una edizione delle postille al testo. ........

255

T. LORINI, «Pontificis Nicolai tempore aggressus»: nuove committenze crisostomiche di Niccolò V 295 P. SVERZELLATI, Niccolò V visto da un umanista pontremolese: i dispacci di Nicodemo Tranchedini a Milano 329 P. DE CORSO, Niccolò V «litterarum et religiosorum parens» nell'opera di Timoteo Maffei

^

m Arte fra Roma e la lunigiana durante il pontificato A. CAVALLARO, Aspetti della pittura a Roma al tempo di Niccolò V

369

A. ClANFARINI, Riflessi del soggiorno romano sotto Niccolò V nell'arte di Jean Fouquet e dei suoi seguaci . . ...... 383 F. CANTATORE, Niccolò V e il Palazzo vaticano

399

M. G. AuriGEMMA, Committenze non romane di Niccolò V . . 411 P. DONATI, La scultura in marmo nella Lunigiana del Quattrocento: tessuto connettivo ed emergenze . ... . .... 441 G. ROSSINI, Realizzazioni architettoniche in Liguria e nel Mediterraneo orientale connesse con l'attività di Niccolò V . . 451 IV. LA DIOCESI, LA CITTÀ, LA FAMIGLIA G. PETTI Balbi, L'ambiente culturale a Sarzana

473

F. BONATTI, La diocesi di Luni-Sarzana nel XV secolo . . . : . 493 E. M. VECCHI, Lettere e brevi di Niccolò V per il Capitolo Túnense ........

539

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SOMMARIO

V

C. Artizzu - C. Baldacci - N. Pizzuto - A. Manfredi - M. Marchini - G. RANÇON!, Indagini documentarie sui Parentucelli e sui Calandrini I.

II.

m.

N. PIZZUTO - M. Marchini, Le famiglie Parentucelli, Calandrini e Tomeo della Verrucola Bosi a Sarzana fra il XIV e il XV secolo

595

A. MANFREDI, Proposte per la licenza in medicina di Bartolomeo di Parentucello e per la biografia sarzanese del figlio Tommaso

611

C. Artizzu - C. Baldacci - G. Rangoni, Filippo Calandrini e le sue lettere al Capitolo di Luni-Sarzana . . .

623

Indici Nomi e luoghi

639

Manoscritti e documenti d'archivio

685

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Venerato Fratello Mons. GIULIO SANGUINETI Vescovo di La Spezia - Sarzana - Brugnatc Ho appreso con vivo compiacimento che codesta diocesi di La Spezia - Sarzana - Brugnato sta commemorando con opportune iniziative il VI centenario della nascita del Papa Niccolò V. Per tale circostanza, mi è gradito inviare a Lei, all'intera comunità diocesana e a tutti coloro che prendono parte alla celebrazione dell'anno Niccolino il mio cordiale e beneaugurante saluto, lieto che sia ricordata la figura e l'opera di questo grande Pontefice. Nato a Sarzana il 15 novembre 1397, Tommaso Parentucelli seppe porre a servizio del ministero sacerdotale le qualità ereditate dalla sua terra ligure al confine con la Toscana, insieme con la preparazione acquisita con tenace sforzo, preghiera e studio durante gli anni della formazione. Ordinato sacerdote nel 1421, egli fu dapprima per vent'anni segretario del Cardinale e Vescovo di Bologna, il beato Niccolò Albergati, e divenne poi maestro in teologia all'Università bolognese, prendendo parte attivamente a due Concilii, quello di Basilea nel 1433 e quello di Ferrara-Firenze per l'unione con le Chiese orientali dal 1438 al 1443. La divina Provvidenza lo volle in seguito Vescovo di Bologna e Cardinale. Nel marzo 1447 il Signore lo chiamò a guidare la Chiesa universale, quale Successore dell'apostolo Pietro.

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Vili Durante gli anni del suo Pontificato, ebbe modo di far fruttificare a vasto raggio ed in maniera incisiva i preziosi talenti di natura e di grazia, di cui Iddio l'aveva dotato: un profondo spirito di umiltà e mitezza, una pietà ardente, uno straordinario amore per la pace, una singolare passione per la cultura letteraria e per l'arte, una fine abilità diplomatica. Egli dispiegò fino alla morte, avvenuta nell'anno 1455, una multiforme attività, incidendo in maniera notevole nella Chiesa e nella società. Fu Vescovo di Roma in un periodo storico caratterizzato da avvenimenti cruciali: la chiusura definitiva dello scisma d'Occidente, la pace di Lodi che pose fine ad un lungo periodo di guerre in Italia, il grande Giubileo del 1450, "anno d'oro" della cristianità quattrocentesca, la caduta di Costantinopoli. Niccolò V ebbe piena consapevolezza del tempo in cui si trovò a vivere, segnato dal passaggio fra il medioevo e l'epoca moderna. Si adoperò perché i credenti accettassero con coraggio tale mutamento epocale, preparandosi ad affrontare anche sul piano culturale l'età nuova, l'Umanesimo. Le sue iniziative apostoliche possono essere lette in tale prospettiva: dalla spiccata attenzione alla cultura umanistica, alla fondazione del primo nucleo della Biblioteca Apostolica Vaticana, testimonianza di un vivo interesse per il valore del libro, "medium" culturale per eccellenza dell'età moderna. Un posto speciale occupa nel suo Pontificato l'evento giubilare del 1450, che costituì una singolare occasione di rinnovamento della Chiesa, protesa verso la nuova epoca. Egli colse nel Giubileo il momento propizio per riaffermare in maniera forte l'unità della Chiesa e per rinnovare l'invito ecumenico, rivolto soprattutto alla Chiesa d'Oriente. Si adoperò con tutte le forze perché in quell'Anno Santo la Chiesa potesse presentarsi unita e riconciliata. Il ricordo di tale Giubileo richiama alla mente con significativi suggerimenti quello dell'Anno 2000. Come allora, anche adesso è quanto mai ardente l'anelito all'unità, il desiderio di un auten-

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IX tico rinnovamento religioso che abbracci i cristiani del mondo intero. Come allora, anche adesso occorre che i credenti assumano matura e responsabile consapevolezza del ruolo che sono chiamati a svolgere in questa fase cruciale del nostro tempo, che segna il passaggio fra il secondo ed il terzo millennio. Auspico di cuore che il ricordo di questo mio venerato Predecessore consenta a tutti di conoscere meglio il messaggio, la sapienza e l'audacia pastorale che lo contraddistinsero. La sua vita e il suo ministero offrono anche agli uomini del nostro tempo preziose indicazioni circa l'impegno necessario per la nuova evangelizzazione. Oggi, come ai tempi in cui visse Niccolò V, urgono infatti una coerente testimonianza evangelica, un coraggioso cammino ecumenico, un serio dialogo con le diverse culture e religioni per affrontare con serietà le sfide del terzo millennio. Chiedo al Signore che ricolmi quest'anno commemorativo di abbondanti frutti spirituali per codesta comunità diocesana e, mentre invoco la protezione di Maria, Madre della Chiesa, invio di cuore a Lei, venerato Fratello, ed a quanti sono affidati alle sue cure pastorali una speciale Benedizione Apostolica. Da Castel Gandolfo, 2 settembre 1998. Ioaimes Paulus II

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PREMESSA

La proposta di celebrare, con una serie di manifestazioni culturali e religiose, il centenario della nascita di Niccolò V (Tommaso Parentucelli, nato a Sarzana nel 1397) giunse alla Biblioteca Vaticana alla fine del 1995, da parte di s.e. mons. Giulio Sanguine ti, vescovo di La Spezia-Sarzana-Brugnato e su suggerimento del preside della facoltà di Lettere dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, prof. Giorgio Picasso, O SB Oliv. L'allora prefetto, P. Leonard E. Boyle OP, sostenitore degli studi su Niccolò V fondatore della Biblioteca Apostolica, l'accolse di buon grado: la stessa prospettiva giubilare bimillenaria, ormai prossima, si mostrò propizia a favorire l'attenzione per questo personaggio, noto per l'importante giubileo del 1450. S'instaurò dunque da subito una proficua collaborazione tra la diocesi di La Spezia-SarzanaBrugnato, la Biblioteca della Sede Apostolica e l'Università Cattolica, sia attraverso il dipartimento che si occupa di Medioevo e Umanesimo, e sia attraverso l'Istituto «Giovanni Tomolo». Con decreto vescovile n0 328/96 fu nominato un comitato organizzatore, presieduto dall'ordinario diocesano e composto da mons. Piero Barbieri, parroco della Cattedrale di Sarzana e presidente del Capitolo, i canonici mons. Enzo Freggia e don Gianni Crovara, i professori Augusto Ambrosi e Franco Bonatti e l'ing. Ferdinando Carrozzi dell'Accademia Lunigianese di Scienze «G. Capellini», l'aw. Franco Franchini, i dottori Egidio Banfi, Assessore alla Regione Liguria, Emilio Doni e Antonio Manfredi della Biblioteca Apostolica Vaticana. Al comitato ha aderito anche la diocesi di Massa Carrara-Pontremoli nella persona del vescovo s.e. mons. Eugenio Binini, delegando il vicario generale mons. Alberto Silvani, subito accolto tra i membri effettivi. Il prof. Bonatti fu eletto segretario, il can. Gianni Crovara rappresentante ufficiale. Il comitato - riunendosi anche in forma allargata alla presenza di rappresentanti istituzionali, che hanno fornito aiuti e suggerimenti - ha redatto un calendario di manifestazioni incentrate su tre aspetti: celebrazione liturgica, approfondimento scientifico della figura del pontefice e divulgazione alle realtà cittadine e diocesane. Fu quindi elaborato un piano di studi preparatori alle manifestazioni. Le ricerche allora in corso in Vaticana - in particolare, completato il catalogo dei codici latini, la ricostruzione della biblioteca greca voluta dal pontefice e una serie di indagini sul rapporto tra papa e bibliotecario Giovanni Tortelli - procedettero dunque in parallelo con quelle avviate in Sarzana sulla figura del papa e sulla sua diocesi di origine. Quattro le piste di indagine prese in esame con attenzione: Niccolò V e l'Umanesimo, la storia diocesana e familiare del papa, arte a Sarzana nel Quattrocento, Conciliarismo e primi se-

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XII

PREMESSA

gni di ecumenismo nel sec. XV; per ognuna fu allestito un gruppo di studio locale tra gli Amici dell'Università Cattolica: ai gruppi furono forniti strumenti di lavoro e indicazioni bibliografiche e documentarie. Il coordinamento, organizzato in riunioni periodiche, fu affidato a Franco Bonatti, per la parte di storia e storia locale, e ad Antonio Manfredi per i rapporti con l'Umanesimo e la Vaticana. Riunioni e lavori hanno sempre goduto dell'ospitalità del Seminario Vescovile di Sarzana e della sua ricca struttura di Archivio-Biblioteca, guidata egregiamente da mons. Enzo Freggia. Un altro gruppo di studio scientifico è stato avviato dalle Sovrintendenze competenti per la Liguria in collaborazione con la cattedra di Storia dell'Arte moderna dell'Università «La Sapienza» di Roma. Nel frattempo, in Vaticana è stata portata a termine una revisione completa della biblioteca greca e avviato lo studio sui manoscritti postillati dal papa e dal bibliotecario, di cui si è potuto dar conto già durante le giornate divulgative sarzanesi e in più di una sede scientifica: è infatti ormai prossimo l'allestimento dell'inventario greco, parallelo a quello dei codici latini ora in Studi e testi 359. Dopo due anni di impegno, le manifestazioni pubbliche, aperte presso la sala maggiore del Palazzo comunale di Sarzana il 2 dicembre 1997 da un incontro con l'em.mo card. Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Genova e da una conferenza stampa presso la Sala Stampa Vaticana (21 novembre 1997), presero avvio ufficialmente l'S dicembre 1997, a pochi giorni di distanza dal centenario della nascita (15 novembre), con una celebrazione liturgica teletrasmessa da Sarzana su RAI 1, presieduta da s.e. Sanguineti e concelebrata dal prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana, don Raffalele Farina SDB, nel frattempo succeduto a p. Boyle, dando subito pieno assenso e attiva collaborazione alle manifestazioni. Seguirono altre due celebrazioni di rilievo: il 4 luglio 1998 di fronte all'antica cattedrale di Luni fu organizzata in prossimità della festività liturgica di san Tommaso, onomastica di Niccolò V, una concelebrazione presieduta dall'em.mo card. Silvano Piovanelli, arcivescovo di Firenze, alla quale hanno partecipato in particolare vescovi, clero e fedeli del territorio dell'antica diocesi lunense. Pochi giorni prima, la Cattedrale sarzanese aveva accolto con entusiasmo una riflessione religiosa, in forma di concerto, della Cappella Musicale Pontificia sotto la direzione di mons. Giuseppe Liberto. La celebrazione conclusiva si tenne di nuovo a Sarzana il 15 novembre 1998 e fu concelebrata dai vescovi della Conferenza Episcopale Ligure, presieduti dall'em.mo card. Tettamanzi. In collaborazione con il Comitato sono state organizzate due giornate celebrative: una, il 7 febbraio 1998, a Pontremoli, presieduta da s.e. Binini, vescovo di Massa Carrara-Pontremoli, e un'altra, il 18 aprile 1998, alla Spezia, alla presenza dell'em.mo card. Camillo Ruini; si tenne infine un pellegrinaggio diocesano sulla tomba del papa, cui è seguito un incontro con l'em.mo card. Virgilio Noè. Nel settembre nel 1997 il Santo Padre ha inviato al

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PREMESSA

XIII

vescovo diocesano la lettera sul centenario di Niccolò V, qui pubblicata in apertura degli atti. La divulgazione sul territorio è stata sollecitata nei primi quattro mesi del 1998 da un ciclo di quattro conferenze divulgative, tenute a Sarzana dai gruppi di studio e chiuse da concerti di musica polifonica. In queste occasioni, largamente partecipate, sono stati resi noti i dati emersi dalle linee di studio proposte dal comitato: due incontri sono stati poi replicati a Pon tremoli e ad Aulla. All'approfondimento scientifico è stato dedicato in particolare il convegno. Il comitato organizzatore ha invitato con lettera del vescovo a far parte del comitato scientifico p. Leonard E. Boyle della Commissione Leonina per l'edizione di S. Tommaso, quale presidente, e i professori E. Castelnuovo della Scuola Normale Superiore di Pisa, Michele Ciliberto dell'Istituto nazionale di Studi sul Rinâscimeilto di Firenze, Mirella Ferrari dell'Università Cattolica di Milano, Tiziano Mannoni, Geo Pistarino e Massimo Quaini dell'Università di Genova, Cesare Vasoli dell'Accademia dei Lincei e dell'Istituto di studi sul Rinascimento di Firenze, Cinzio Violante dell'Università di Pisa. A Franco Bonatti e ad Antonio Manfredi è stata affidata la segreteria scientifica. Le tematiche del convegno sono state scelte in continuità con le ricerche avviate in Vaticana (storia della biblioteca pontificia e interessi umanistici di Niccolò V) e a Sarzana (Niccolò V e l'Umanesimo, Niccolò V e l'arte, Niccolò V e la sua città), lasciando da parte molti altri aspetti che avrebbero reso necessaria una più complessa organizzazione. Il convegno si è svolto a Sarzana nei giorni 8-10 ottobre 1998, sotto il patrocinio dalla Biblioteca Apostolica Vaticana - il Bibliotecario, s.e. mons. Jorge María Mejía, ha inviato un messaggio augurale, letto ad apertura dei lavori -, dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, dell'Istituto nazionale di studi sul Rinascimento di Firenze e delle Soprintendenze per i beni ambientali e architettonici e per i beni artistici e storici della Liguria, e con il sostegno economico della Regione Liguria, del Comune di Sarzana, del Rotary Club di SarzanaLerici e del Lions Club di Sarzana. Un contributo all'organizzazione è venuto dalla parrocchia di Santa Maria Assunta in Sarzana e dagli Amici sarzanesi dell'Università Cattolica, in particolare da Arianna Ratti, Veronica Ferrillo, Anna Maria Grasso Peroni. Il prof. Giorgio Grasso Peroni di Sarzana ha collaborato all'allestimento delle sale. La seduta inaugurale si è tenuta giovedì 8 ottobre 1998 nella Cattedrale di Santa Maria Assunta, ed è stata presieduta dal vescovo diocesano, che ha dato lettura ufficiale della lettera dal Santo Padre: sono quindi intervenuti p. Boyle e la prof. G. Petti Balbi dell'Università di Genova; il prof. Bonatti ha quindi letto un breve indirizzo del prof. C. Strinati, soprintendente ai beni artistici e storici di Roma.

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XIV

PREMESSA

La seconda giornata di studi si è tenuta venerdì 9 ottobre presso il Teatro Impavidi di Sarzana. La seduta mattutina (Niccolò V e la fondazione della Biblioteca Vaticana) è stata presieduta da p. Boyle, su delega dell'attuale prefetto della Vaticana; vi hanno partecipato il prof. L. Gargan dell'Università di Pavia, il dott. Manfredi della Biblioteca Apostolica Vaticana, e le dottoresse C. M. Monti dell'Università Cattolica di Milano e Brescia, E. Caldelli dell'Università di Cassino, F. Pasut della Fondazione Longhi, Firenze, e il prof. P. Cherubini dell'Archivio di Stato di Roma. Alla seduta pomeridiana (Niccolò V e gli umanisti del suo tempo), con presidenza alla prof. M. Ferrari, sono intervenuti il prof. S. Gentile dell'Università dell'Aquila, il prof. C. Griggio dell'Università di Udine, anche a nome del dott. M. Venier, la prof. M. Pade dell'Università di Copenhagen, la dott. P. Sverzellati dell'Università Cattolica di Milano, e il prof. C. Vasoli, che ha proposto le conclusioni riferite alla giornata di studi. La terza giornata (sabato, 10 ottobre 1998) si è invece articolata in tre sedute, due delle quali durante la mattina, entrambe presiedute dalla prof. G. Petti Balbi. Alla prima (Le arti in Lunigiana ai tempi di Niccolò V) hanno partecipato l'arch. G. Rossini della Soprintendenza dei beni ambientali e architettonici della Liguria, e il dott. P. Donati della Soprintendenza dei beni artistici e storici della Liguria; alla seconda (Le arti a Roma durante il pontificato di Niccolò V) le dott. A. Cavallaro, A. Cianfanini e F. Cantatore dell'Università di Roma «La Sapienza», e il prof. G. Bonsanti, soprintendente all'Opificio delle pietre dure di Firenze; alla seduta pomeridiana (Niccolò V, la sua diocesi e la sua famiglia) presieduta dal prof. G. Chittolini dell'Università degli Studi di Milano, hanno preso parte il prof. G. Benelli dell'Università di Genova, il prof. F. Bonatti e la dott. E. Vecchi dell'Accademia Capellini della Spezia, la prof. N. Pizzuto e il dott. C. Artizzu degli Amici di Sarzana dell'Università Cattolica. Le conclusioni sono state proposte dallo stesso prof. Chittolini. La sera di venerdì 9 ottobre la cappella musicale «F. Maberini» della Cattedrale di Sarzana ha offerto un concerto vocale ai convegnisti. Gli atti escono ora grazie alla Regione Liguria, al Comune di Sarzana e all'ospitalità nella collana di Studi e testi. Pochi mesi dopo la conclusione delle manifestazioni, il Santo Padre ha disposto il trasferimento di s.e. mons. Sanguineti nella sede di Brescia, e di s.e. mons. Bassano Staffieri dalla diocesi di Carpi a quella di La Spezia-Sarzana-Brugnato: i due vescovi hanno entrambi benevolmente seguito il cammino della pubblicazione. Un ringraziamento va anche ai relatori che hanno corrisposto con sollecitudine alle richieste dei curatori. Nella preparazione del volume si è deciso di accogliere, come ulteriori frutti del convegno, alcuni contributi, opera di studiosi solo presenti alle sedute. La dott. Paola Trinca ha inoltre collaborato all'allestimento delle seconde bozze e degli indici. La serie dei contributi è stata disposta in ordine tematico secondo quattro sezioni: Niccolò V e la biblioteca papale del sec. XV, Niccolò V tra gli umanisti del suo

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PREMESSA

XV

tempo, Aspetti dell'arte tra Roma e la Lunigiana durante il pontificato niccolino. La diocesi, la città, la famiglia di Niccolò V. Si è cercato così di seguire da vicino lo svolgimento della manifestazione, articolato in modo non distante dai temi di tre dei quattro gruppi e dalle giornate divulgative sarzanesi, che sono state utile prodromo al convegno, perché hanno favorito la presenza di un pubblico composto non solo da addetti ai lavori. Niccolò V è ovviamente il dedicatario di questo convegno. Ci auguriamo che, oltre ad un panorama di notizie e di approcci diversi, i testi qui pubblicati possano offrire punti di partenza per ulteriori approfondimenti sull'ambiente di origine (diocesi, città, formazione culturale) e soprattutto su una figura che riacquista, ormai da un decennio, maggiore peso nel panorama dell'Umanesimo italiano. E ciò perché dall'attenzione al mecenatismo niccolino ci si sta spostando verso una migliore conoscenza della personalità del pontefice, dei suoi interessi di uomo dotto e delle sue scelte di uomo di Chiesa. Franco Bonatti, Antonio Manfredi

Sarzana - Città del Vaticano 2 maggio 2000 memoria di sant'Atanasio, vescovo e dottore nell'anno ventunesimo del pontificato di Giovanni Paolo II nel bimillenario della nascita del Signore Gesù Cristo.

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I

NICCOLÒ V E LA BIBLIOTECA PAPALE DEL SECOLO XY

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Leonard E. Boyle O.P.

LA BIBLIOTECA DI NICCOLÒ V

Il 15 novembre 1397 nasceva qui a Sarzana, allora in diocesi di Luni, tra Liguria e Toscana, Tommaso di Bartolomeo Parentucelli, eletto Papa nel 1447 con il nome di Niccolò V. Dottore in teologia dell'Università di Bologna, partecipò attivamente a due Concili, a quello di Basilea nel 1433 e soprattutto a quello di Ferrara-Firenze (1438-1443) per l'unione con la chiesa greca, dove il

Leonard E. Boyle si è spento il 25 ottobre 1999, dopo aver lavorato fin quasi all'ultimo giorno della sua vita terrena, per cercare di tener fede agli impegni scientifici concordati. Per gli atti di Sarzana egli ha deliberatamente lasciato il testo e il corredo di illustrazioni, che qui si propongono, anche grazie alla disponibilità della dott. Maria Elena Bertoldi e di p. William Sheehan. I curatori, dopo aver ricontrollato il testo sulla registrazione video, sono intervenuti solo con minime modifiche testuali e qualche nota redazionale per una piena comprensione del testo, comunque hanno cercato di attenersi allo stile concreto e sobrio nei rimandi, proprio dell?autore. E parso anche opportuno ripetere qui di seguito, al completo, la bibliografia di p. Boyle sull'argomento, per facilitare il reperimento di ulteriori rimandi e per mostrare il procedere delle ricerche sulla nascita della Vaticana, che l'autore avviò, come ci disse, solo poco dopo la nomina alla Prefettura della Biblioteca Apostolica, per conoscerne meglio le vicende fondamentali, ma, aggiungiamo, con la consapevolezza e l'esperienza di uno studioso del Medioevo che si accostava alla più importante biblioteca dell'Umanesimo. L. E. Boyle, The Future of Old Libraries: The Vatican Library, «Liber», 8 (1986), 42-45; Sixtus IV and the Vatican Library, in Romae: Tradition, Innovation, and Renewal, a Canadian International Art History Conference, 8-19 June 1987, Rome, Victoria, B.C., 1991, 65-73; The Vatican Library, in Rome Reborn. The Vatican Library and Renaissance Culture, ed. by A. Grafton, Washington-Vatican City 1993, XI-XVÏ; Per la fondazione della Biblioteca Vaticana, in A. Manfredi, / codici latini di Niccolò V, Città del Vaticano 1994 (Studi e testi 359), XIII-XXII. Fu soprattutto l'intervento del 1987 edito nel 1991 ad incidere su una lettura solamente Sistina della fondazione della Vaticana, come rilevò pressoché subito C. Bianca, nella scheda per «RR. Roma nel Rinascimento», 1992, 17071. L'ultimo intervento di p. Boyle su Sisto IV fu proposto nel convegno Della Rovere nell'Italia delle corti. Urbania 16-19 settembre 1999, di prossima pubblicazione con titolo Sisto TV e la Biblioteca Vaticana-, là stessa conferenza egli si era offerto di ripetere à\Y American Academy of Rome, il 9 novembre 1999: non ci è stato possibile ascoltarlo anche in questa occasione.

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LEONARD E. BOYLE, O.P.

4

ben noto decreto Pro Armeni¿ è in gran parte dovuto alla sua opera di mediazione e saggezza teologica. Su un papa di levatura eccezionale gli storici della Chiesa e della cultura hanno già detto molto, e lo diranno di più in questi tre giorni a Sarzana, perché nel suo pontificato si colloca una serie di avvenimenti cruciali: per esempio la chiusura definitiva dello scisma d'Occidente, la pace di Lodi del 1455, poco prima della morte, che pose fine ad un lungo periodo di guerre in Italia, la riforma della curia con l'apporto della fiorente cultura umanistica, l'apertura di tanti cantieri in Roma per il ricupero della città (sempre meno dei settecento odierni cantieri giubilari), l'avvio di un nuovo palazzo papale nei pressi della basilica di S. Pietro, il grande giubileo del 1450 e l'infausta caduta di Costantinopoli in mano ai Turchi nel 1453. Ma è soprattutto nel dialogo con la cultura che si manifesta il segno più marcato dell'attività del pontefice. In un momento decisivo per l'Occidente, quando si incamminava dal Medioevo verso una nuova tappa della sua storia, Niccolò V emerge come il più generoso e disinteressato mecenate della cultura umanistica. Si parlerà molto in questo convegno dei suoi rapporti con l'Umanesimo e gli umanisti dell'epoca, ma io mi restringo qui ad un aspetto più o meno materiale della sua attività culturale, e cioè quello della fondazione materiale della Biblioteca Apostolica Vaticana, ove alla sua morte si conservavano ben ottocento manoscritti latini e quattrocento greci. Per merito suo la Biblioteca nacque ricca in tutte le discipline, e fu subito bilingue, latina e greca. A disposizione degli studiosi c'era già nel 1455 forse la più grande collezione allora presente nell'Italia dell'Umanesimo. Così la Vaticana nel suo nucleo iniziale è l'unica grande biblioteca umanistica giunta pressoché integra fino a noi, dopo cinquecento e più anni di storia. Un patrimonio ingente anche nel suo insieme, dovuto a Tommaso Parentucelli. Fin dall'inizio del suo pontificato, spinto, oserei dire, dalla fondazione di una biblioteca a Firenze, a San Marco promossa dal suo amico Cosimo Medici, Niccolò V ebbe l'idea di fondare una biblioteca che

1

Si veda Enchiridion symbolorum definitionum et declarationum de rebus fidei et morum, ed. H. Denzinger - A. Schónmetzer, Barcinonae - Friburgi Brisgoviae - Romae - Neo Eboraci 1963, 332-37.

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NICCOLÒ V FONDATORE DELLA VATICANA

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sarebbe stata ben più di una biblioteca papale 'vecchio stile', paragonabile invece alla biblioteca principesca e pubblica ideata a Firenze da Cosimo, con interventi dello stesso Niccolò. Quello che egli aveva in mente è chiaro dalla sua celebre lettera per Enoch d'Ascoli del 14512: voleva una biblioteca «per la comune convenienza dei dotti, una biblioteca fornita di libri in latino e greco che sarà degna del Papa e della Sede Apostolica»3. E come sappiamo dal suo contemporaneo Vespasiano da Bisticci, non voleva solo raccogliere libri in Vaticano, ma addirittura costruire un edificio per ospitarli, un progetto che è stato interrotto dalla morte nel 1455 dopo una lunga malattia, che lo ha costretto a mesi di letto4. Anche se il progetto rimase incompiuto, è certo che prima della morte nel 1455 Niccolò V aveva a disposizione una biblioteca ben strutturata, e non una confusa farragine di codici greci e latini. Enea Silvio Piccolomini, divenuto successore di Niccolò V e di Callisto III con il nome di Pio II, dice chiaramente nei suoi Commentaria che Niccolò «fece costruire una biblioteca riccamente decorata di codici vecchi e nuovi, nella quale dispose circa tremila volumi»5. Bartolomeo Platina, il bibliotecario di Sisto IV dal 1475 al 1481, quando parla di Niccolò V nel suo De vitis pontificum (dedicato a Sisto IV che ne aveva commissionato la composizione) è altrettanto esplicito nell'affermare che, per apprezzare l'amore di Niccolò per i libri, «è sufficiente osservare quanto la biblioteca dei papi sia stata mirabilmente accresciuta dal suo impegno e dalla sua generosità»6. 2

E. MÜNTZ - P. Fabre, La bibliothèque du Vatican au XVe siècle d'après des documents inédits, Parigi 1887 (Bibliothèque des Écoles françaises d'Athènes et de Rome 48), 4748. Anche su suggerimento di p. Boyle questo importante breve è stato ripreso nella documentazione ufficiale della Vaticana: Statuto della Biblioteca Apostolica Vaticana, approvato in data 15 maggio 1995, art. 1. 3 MÛNTZ-Fabre, La bibliothèque, 47: «ut pro cummuni doctorum virorum comodo habeamus librorum omnium turn latinorum turn grecorum bibliothecam condecentem pontificis et sedis apostolicae dignitati». 4 Vespasiano da Bisticci, Le vite, a c. di A. Greco, I, Firenze 1970, 65. 5 Aeneae Sylvii Piccolomini Opera omnia, Basilea 1571, 459: «Caeterum Nicolaus et veteribus et novis codicibus ornatissimam bibliothecam instruxit, in qua circiter tria millia librorum volumina condidit». 6 Historia B. Platinae de vitis pontijicum romanorum, ed. O. Panvinio, Colonia Agrippina 1568, 316: «Licet inspicere bibliothecam pontificiam sua industria et munifìcentia mirifice auctam».

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LEONARD E. BOYLE, O.P.

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Come ho tentato di stabilire qualche anno fa, la biblioteca che è stata ideata da Niccolò aveva tre stanze, ed è stata collocata nella nuova ala del palazzo apostolico che il pontefice stava portando a termine allo stesso livello del Cortile del pappagallo (tav. I). Alla morte di Niccolò, però, solo la sala centrale - detta la bibliotheca graeca - era totalmente pronta. Ma dalla sua morte, quando fu fatto un inventario dei beni e dei libri di Niccolò, non sappiamo nulla della biblioteca fino al pontificato di Sisto IV nel 14717. In quell'anno, su consiglio e incitamento del suo bibliotecario Giovanni Andrea Bussi, Sisto IV si è deciso di ripristinare il lavoro incominciato da Niccolò V e totalmente negletto nei tre pontificati tra Niccolò e Sisto, una decisione rimasta senza esito fino all'anno 1475, quando alla morte di Bussi è stato nominato bibliotecario Bartolomeo Sacchi detto il Platina. Sebbene non vi sia alcun documento riguardante i lavori prima del 1475, è chiaro dai conti redatti con cura meticolosa dal Platina che già esisteva una biblioteca avente tre sale distinte. In tutte e tre vi erano dei bei pavimenti a mosaico ed in una almeno (la camera mediana o bibliotheca graeca) le pareti erano già dipinte ed il soffitto decorato. Nella prima delle tre stanze, la più grande nota in seguito come bibliotheca latina o bibliotheca communis, forse esisteva un affresco sulla parete nord. Dai libri di conti del Platina dal 1475 fino alla sua morte nel 1481, risulta chiaramente che fu la biblioteca «riccamente decorata di codici» di Niccolò ad essere stata ereditata e organizzata da Sisto IV nella biblioteca pubblica che Niccolò stesso aveva avuto in mente di realizzare. È ugualmente chiaro dai conti che delle tre sale o biblioteche l'unica che era attrezzata e funzionava nel 1475 era quella centrale ossia la bibliotheca graeca (tav. II) . Così, mentre le altre due stanze o biblioteche avevano bisogno di lavori essenziali che durarono per tre anni dal 1475 al 1478, la biblioteca greca viene menzionata per la prima volta solo nel marzo del 1478, quando due pittori vennero incaricati di restaurarne i dipinti, ormai non c'era ovviamente altro da sistemare.

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In realtà p. Boyle ha recuperato un documento finora inedito riguardante la Biblioteca e riferito agli anni di Callisto III, documento che egli non ha fatto in tempo a pubblicare, ma che si spera presto di riproporre non passibus aequis.

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NICCOLÒ V FONDATORE DELLA VATICANA

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Dopo tutto ciò, non ci sorprende più constatare che questa bibliotheca graeca è in realtà l'unica sala delle tre a portare tracce dello stesso Niccolò V (tav. III). Nella volta centrale vi sono, chiari ed evidenti, il suo stemma e il suo monogramma, ed è da notare che il suo stemma non è personale o familiare, come per molti altri papi, ma riporta semplicemente le chiavi di san Pietro (tav. IV). Redig de Campos, nel suo resoconto delle ristrutturazioni dell'antica biblioteca di papa Niccolò (ma detta a quei tempi di Sisto IV) ristrutturazioni effettuate nel 1965-66 per predisporre la nuova Sala del Sinodo dei vescovi - afferma (seguito da altri) che la presenza dello stemma e del monogramma di Niccolò V costituisce una testimonianza della magnanimità di Sisto IV. E un fatto, questo, del tutto improbabile, dato che papa Sisto, mentre si richiama chiaramente a Niccolò V quanto allo scopo della Biblioteca nella sua bolla Ad decorem del 1475, non parla mai di lui o della sua notevole collezione di manoscritti, tutti già disposti ordinatamente in armadi nella Bibliotheca graeca (tav. V), come conferma l'inventario del 1455 e il commentario esauriente di Antonio Manfredi tre o quattro anni or sono8. E interessante notare come il de Campos, dopo aver sostenuto che la decorazione della bibliotheca graeca sia stata eseguita sotto Sisto IV, sia rimasto sorpreso (come ho detto sopra) quando vide che le due volte della stanza non portavano lo stemma di Sisto IV come nelle altre stanze ma quello di Niccolò V, e ne abbia dedotto che si trattava «di un insolito tributo al defunto fondatore della Biblioteca Vaticana»9. Al contrario, lo stemma e il monogramma sono lì perché sono stati messi da Niccolò stesso. Nonostante nei libri di conti non vi sia la minima menzione di pittura o decorazione a fresco in questa biblioteca greca, Redig de Campos attribuisce con grande sicurezza i disegni floreali ed architettonici ivi esistenti al tempo di Sisto IV e di Platina - e addirittura alla bottega dei fratelli Ghirlandaio che indubbiamente hanno lavorato altrove nella biblioteca, ma non qui. E verosimile che la biblioteca greca sia

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Manfredi, / codici latini. D. Redig de Campos, Testimonianze del primo nucleo edilizio dei palazzi vaticani e restauro delle pitture delle stanze della "Bibliotheca latina " e della "Bibliotheca Graeca in II restauro delle aule di Niccolò V e di Sisto TV nel Palazzo Apostolico Vaticano, Città del Vaticano 1967, 8; ripreso in Redig de Campos, IPalazzi Vaticani (Bologna 1967), 61. 9

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LEONARD E. BOYLE, O.P.

stata dipinta prima della morte di Niccolò nel marzo del 1455, e forse principalmente dal pittore fiorentino Andrea del Castagno, che è stato pagato nell'ottobre 1454 per opere fatte in Vaticano un mese prima. Può darsi pure che egli sia stato aiutato addirittura dallo stesso Leon Battista Alberti - che, si sa, era allora a Roma - per le prospettive architettoniche (tav. VI). Invece le due sale dipinte sotto la direzione di Platina sono di un gusto del tutto diverso da quello della biblioteca greca (tav. VII). Dal punto di vista stilistico, la classica ed austera semplicità della biblioteca greca è in evidente contrasto con la decorazione e le pitture più esuberanti che sappiamo per certo dai conti del Platina essere state commissionate da Sisto IV ai fratelli Ghirlandaio o a Melozzo da Forlì per le altre stanze. Nella bibliotheca latina ad esempio, vi è una bella serie di lunette dipinte dai fratelli Ghirlandaio, e, sopra, lo stemma esuberante di Sisto IV e i racemi rampicanti della quercia, simbolo della sua famiglia, Della Rovere. Anche nella quarta sala o bibliotheca nova, aggiunta nel 1480 da Sisto IV alle tre stanze di Niccolò V, vi era e c'è ancora un'abbondante decorazione, ma lo stemma di papa Sisto fu cancellato più tardi - quasi due secoli dopo - per sovrapporvi quello di Paolo V (tav. Vili). Per essere caritatevoli, possiamo quindi concludere che Sisto IV fu più sensibile di fronte allo stemma di Niccolò V nella biblioteca greca. Invece di cancellarlo o sovrapporre il suo, si limitò ad aggiungere i racemi o viticci dei Della Rovere, rampanti secondo il solito, allo stemma, come ad altre pitture o decorazioni presenti già nella biblioteca greca dal tempo di Niccolò V. Questa è l'unica occasione nella quale Sisto IV riconosce il suo debito con Niccolò: giustamente è nell'unica parte della Biblioteca che Niccolò V aveva avuto il tempo di finire.

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Tav. m: Palazzo vaticano, piano terreno dell'ala nord: sala della bibliotheca graeca di Sisto IV, soffitto con stemma e monogramma di Niccolò V.

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Tav. iv: Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 171, f. Ir: stemma di Niccolò V con tiara e monogramma.

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Tav. v: Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 3952, f. 3r: incipit della copia definitiva dell'inventario latino del 1455 annotazione topografica libri repostiti in primo armario a dextera versus fenestram.

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Tav. vili: Palazzo vaticano, piano terreno dell'ala nord: sala della bibliotheca pontificia di Sisto IV, soffitto con stemma di Paolo V: emergono dal fondo tracce dei nastri decorativi dello stemma sistino, eliminato per fare posto a quello paolino.

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Luciano Cargan BIBLIOTECHE PUBBLICHE IN ITALIA NEL SECOLO XV*

Bibliofilo appassionato e possessore della più copiosa e scelta biblioteca che fosse mai stata costituita da un privato in Europa, sappiamo che Francesco Petrarca faceva circolare liberamente i propri libri tra i suoi amici e ammiratori e criticava duramente gli avidi e fatui

Come dirò subito nel testo, il presente intervento ripropone in gran parte il mio precedente contributo Gli umanisti e la biblioteca pubblica, in Le biblioteche nel mondo antico e medievale, a cura di G. CAVALLO, Bari 1988, 165-86. Mi limito perciò a fornire la bibliografia relativa ad alcuni punti che lì non venivano trattati. Per la biblioteca pubblica di S. Maria del Fiore a Firenze vedi L. FABBRI, «Sapientia aedificavit sibi domum»: una biblioteca pubblica nella Canonica di Santa Maria del Fiore, in / libri del Duomo di Firenze. Codia liturgici e Biblioteca di Santa Maria del Fiore (secoli XI-XVT), a c. di L. Fabbri e M. Tacconi, Firenze 1997, 33-56 e la scheda a p. 99; e anche C. Bianca, Una postilla per Aristea, «Roma nel Rinascimento», 1998, 105-109, che offre buoni argomenti per attribuire a Giannozzo Manetti il proemio degli statuti del 1451. Per la Biblioteca Malatestiana di Cesena basterà invece rinviare ai contributi di P. G. Fabbri, G. Conti e L. Baldacchini, in La Biblioteca Malatestiana di Cesena, a c. di BALDACCHINI, Roma 1992, e a A. Manfron, La biblioteca di Giovanni di Marco da Rimini, in La biblioteca di un medico del Quattrocento: i codici di Giovanni di Marco da Rimini nella Biblioteca Malatestiana, a c. di Manfron, Torino 1998, 69-96. Per la proposta del generale dell'ordine domenicano Gioacchino Torriani relativa alla possibile sistemazione della biblioteca del Bessarione nel convento veneziano dei SS. Giovanni e Paolo vedi Gargan, Lo Studio teologico e la biblioteca dei domenicani a Padova nel Tre e Quattrocento, Padova 1971 (Contributi alla storia dell'Università di Padova, 6), 104-105. Per la Biblioteca Capitolare di Cremona e la sua trasformazione in biblioteca pubblica vedi G. Mainardi, La Biblioteca Capitolare di Cremona e il lascito di Giovanni Stabili (f 1486), «Italia medioevale e umanistica», 4 (1961), 253-86, e D. VECCHIA, Nuove ricerche sulla Biblioteca Capitolare di Cremona (secoli IX-XVI), tesi di laurea dell'Università degli studi di Parma, anno accad. 1997/98, relatore A. Bellone Infine, per Niccolò V e la fondazione della Biblioteca Vaticana, oltre al volume di A. Manfredi, I codici latini di Niccolò V. Edizione degli inventari e identificazione dei manoscritti, Città del Vaticano 1994 (Studi e testi, 359) e ai contributi dello stesso Manfredi, e di C. M. Monti, E. Caldelli, F. Pasut e P. Cherubini pubblicati nel presente volume, si può ora rinviare anche a G. Manetti, Vita di Nicolò V, traduzione italiana, introduzione e commento a c. di A. Modigliani, con una premessa di M. Miglio, Roma 1999, 21-22, 27, 31, 33, 55, 90, 119-21. Sul canone; bibliografico del Parentucelli è intervenuta da ultimo M. Ferrari, Il rilando dei classici e dà padri, in Lo spazio letterario del medioevo. 1.11 medioevo latino. III. La ricezione del testo, Roma 1995, 435.

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collezionisti del suo tempo che «tenevano prigionieri» gelosamente i loro preziosi manoscritti, sottraendoli all'uso delle persone colte. Non fa quindi meraviglia che egli sia stato il primo dei moderni ad avere l'idea di trasformare la propria raccolta libraria privata in una biblioteca pubblica che, a suo dire, se opportunamente incrementata, avrebbe potuto pareggiare le celebri biblioteche pubbliche del mondo antico. Come si sa, il progetto non andò in porto. Ma il seme ormai era stato gettato e nel corso del secolo XV, con l'affermarsi del movimento umanistico, vennero effettuati numerosi altri tentativi, che il più delle volte ebbero esito positivo: come nel caso della Biblioteca Vaticana, fondata da papa Niccolò V, che costituisce uno dei centri di interesse del presente convegno. Utilizzando e in parte ampliando un mio contributo di una decina di anni or sono, che ha avuto una certa fortuna tra gli studiosi, qui cercherò di tracciare brevemente la storia di alcuni di questi progetti, alla cui origine, oltre al desiderio dei singoli collezionisti di lasciare al servizio dei futuri studiosi biblioteche messe insieme con impegno e fatica e secondo canoni del tutto rinnovati rispetto a quelli del tempo, dovette continuare ad esserci sempre, viva e operante, la suggestione degli antichi modelli.

A offrire al Petrarca l'opportunità di pensare al destino della propria biblioteca fu una lettera del Boccaccio, che nei primi giorni di maggio del 1362, in un momento di particolare turbamento, gli aveva manifestato il proposito di abbandonare gli studi letterari e di disfarsi dei propri libri, che offriva in vendita all'amico e maestro. Il Petrarca si trovava allora a Padova, dove abitava da circa un anno, ed era reduce da un breve soggiorno a Milano, che ormai aveva deciso di lasciare definitivamente, dopo avervi trascorso otto lunghi anni, ospite dei Visconti. Era stato proprio a Milano che egli aveva riunito per la prima volta i due nuclei principali della propria biblioteca che teneva al di qua e al di là delle Alpi - à Parma e a Valchiusa - e il Boccaccio era stato uno dei primi ad avere la fortuna di consultare l'intera collezione, di cui aveva poi parlato con ammirazione agli amici fiorentini. Ora la biblioteca era da poco stata trasportata a Padova e al Petrarca si presentava la singolare opportunità di aggiungere ai propri libri quelli del Boccaccio, che egli conosceva già molto bene tanto da considerarli in qualche modo cosa sua. Nel rispondere all'amico il 28 maggio (Sen. I,

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BIBLIOTECHE PUBBLICHE IN ITALIA NEL SECOLO XV

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5) il poeta non declinava perciò la sua offerta ma, come alternativa, gli rinnovava l'invito a venire ad abitare stabilmente insieme a lui portando con sé tutti i suoi libri. In questo modo, egli aggiungeva, le loro due raccolte si sarebbero riunite in un unico corpo senza spesa alcuna e con vantaggio di entrambi; e alla loro morte esse avrebbero potuto confluire insieme in qualche istituzione religiosa che avrebbe tramandato ai posteri la loro memoria. Il rifiuto del Boccaccio di abbandonare la sua Certaldo fece però sfumare subito l'ipotesi di riunire le due collezioni librarie e fu in quel momento che il Petrarca concepì il progetto ambizioso di lasciare in eredità i propri libri alla Repubblica Veneta perché costituissero il primo nucleo di una vera e propria biblioteca pubblica, chiedendo in cambio una abitazione «non magna sed honesta» nella città lagunare, dove intendeva stabilirsi definitivamente. Nel rivolgere la sua richiesta ufficiale al Senato Veneto il poeta si diceva intenzionato a nominare erede di tutti i suoi libri «il beato Marco evangelista» (vale a dire lo Stato veneziano, essendo S. Marco, o la chiesa di S. Marco, come egli dirà subito dopo, l'espressione religiosa della Repubblica), a condizione che essi non fossero venduti o dispersi ma venissero conservati per sempre in un luogo da stabilirsi, ben protetto da incendi e piogge, ad onore del Santo, a propria gloria e a conforto e vantaggio di quanti, letterati e nobili della città, ne avessero voluto trarre diletto. E si dichiarava convinto che se la propria collezione fosse stata incrementata attraverso acquisti compiuti periodicamente dalla stessa Repubblica e altri lasciti di privati cittadini, in breve tempo si sarebbe arrivati a costituire una biblioteca importante e rinomata, da potersi pareggiare a quelle del mondo antico. Il 4 settembre 1362 il Maggior Consiglio accettava di buon grado la proposta del Petrarca e gli metteva subito a disposizione una abitazione in Riva degli Schiavoni, dove il poeta si trasferì qualche giorno più tardi, pensando di trascorrervi il resto della sua vita. Ma la morte di amici cari e influenti come il doge Lorenzo Gelsi e il cancelliere Benintendi Ravignani (luglio 1365) e il finto processo dei falsi 'averroisti' (1365 - 1366) lo costrinsero sei anni dopo ad abbandonare la sua dimora veneziana e ad accettare l'ospitalità di Francesco il Vecchio da Carrara. Venuta così meno la clausola della residenza, il Petrarca dovette ritenere scaduto l'accordo fatto a suo tempo con la Repubblica Veneta e, anche se nel suo testamento del 1370 non si trova alcuna de-

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cisione in proposito, subito dopo la sua morte la parte più ampia e qualificata della sua raccolta confluì nella biblioteca dei principi padovani, mentre i duplicati e gli originali delle sue opere rimasero al genero Francescuolo da Brossano e ai suoi figli. Dal canto suo il Boccaccio, facendo testamento a poco più di un mese dalla morte del Petrarca, preferì attenersi al proposito iniziale dell'amico di donare le loro due raccolte a una istituzione religiosa e dispose perciò che i propri libri rimanessero in uso di fra' Martino da Signa per tutto il tempo della sua vita e venissero quindi consegnati al convento agostiniano di S. Spirito di Firenze e collocati «in quodam armario dicti loci» e lì rimanere in perpetuo «ad hoc ut quilibet de dicto conventu possit legere et studere super dictis libris». Morto Martino da Signa (1387) i libri del Boccaccio furono assegnati effettivamente al convento fiorentino ma trovarono una degna sistemazione solo nei primi anni del Quattrocento in un locale che il Niccoli fece costruire appositamente a proprie spese, Y armarium previsto dal testamento, ottenendo che fosse accessibile anche a studiosi esterni, e che il convento utilizzerà in seguito come libraria minor o parva, destinata a raccogliere i volumi di uso meno frequente rispetto a quelli conservati nella grande biblioteca di consultazione {libraria maior). Come vedremo, il Niccoli volle che dopo la sua morte anche la propria biblioteca rimanesse a servizio di «tutti i cittadini studiosi», ma il principio, già sostenuto dal Petrarca, che i libri si dovessero considerare un bene pubblico e non una proprietà privata, essendo la cultura patrimonio comune, si era già affermato da tempo negli ambienti umanistici fiorentini soprattutto per merito di Coluccio Salutati, che in un celebre passo del De fato et fortuna, compósto poco prima del 1400, era giunto perfino a vagheggiare l'apertura di biblioteche pubbliche che, sull'esempio di quelle antiche, oltre a raccogliere e a mettere a disposizione degli studiosi il maggior numero di opere possibili, avrebbero dovuto assicurarne anche la correttezza del testo attraverso l'opera di collazione e revisione di esperti bibliotecari; anche se poi dubitava che simili istituzioni si potessero realizzare ai suoi tempi sia per rassoluta mancanza di persone che fossero all'altezza di svolgere un lavoro tanto impegnativo che per il diffuso disinteresse nei confronti degli studi letterari.

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Ciò nondimeno, anche se non nei termini proposti dal Salutati, l'esigenza di una biblioteca pubblica doveva essere abbastanza sentita nella Firenze umanistica dei primi decenni del Quattrocento. Ed è perciò naturale che se ne siano fatte interpreti le personalità più significative delle due famiglie che in quel tempo si contendevano la supremazia politica e culturale della città: Palla Strozzi e Cosimo de' Medici; anche se il prevalere della parte medicea consentirà soltanto al secondo di portare a compimento il proprio progetto, dando munifica esecuzione alle illuminate disposizioni testamentarie del Niccoli. Nato nel 1372, Palla Strozzi, seguendo la propria inclinazione per gli studi letterari, era entrato molto presto nella cerchia umanistica del Salutati e, grazie anche al proprio censo e al prestigio politico della sua famiglia, era divenuto uno dei più attivi e convinti promotori di iniziative a sostegno della cultura. Ma più di ogni altra cosa doveva stargli a cuore la fondazióne di una biblioteca pubblica, che egli avrebbe voluto aprire presso la chiesa di S. Trinità, dei benedettini Vallombrosani, posta accanto al quartiere posseduto dal suo casato. Del progetto ci informa, con dovizia di particolari, Vespasiano da Bisticci: Sendo afetionatissimo alle lettere, sempre tenne iscrittori in casa et fuori di casa, de' più begli che fussino in Firenze, così in latino come in greco, et quanti libri poteva avere tutti li comperava in ogni facultà con intentione di fare una degnissima libreria in Sancta Trinità, et murarvi uno bellissimo sito; et volea ch'ella fussi publica, che ognuno ne potessi avere comodità, et facevaia in Sancta Trinità perché è nel mezzo di Firenze, luogo molto accomodato a ognuno, et in questa libreria sarebono istati libri d'ogni facultà, così sacri come gentili, et non solo in latino, ma in greco. Venono i casi sua et non potè seguitare quello aveva disegnato. «I casi sua» e cioè il fiero contrasto con i Medici e il conseguente confino che, iniziato nel 1434, da temporaneo divenne presto perpetuo, privarono dunque lo Strozzi della soddisfazione di veder compiuta quella che egli doveva considerare la più ambiziosa delle sue imprese culturali. E che avesse lavorato assai attivamente in tale direzione ci viene attestato, oltre che da Vespasiano, da un Inventario de' libri di messer Palla di Nofri Strozzi, latini, grechi et volgari dell'agosto 1431, che elenca 242 codici latini, 27 greci e 8 volgari e ne segnala un'altra ottantina senza precisarne i titoli.

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Se l'amore per i libri, e in modo particolare per i testi classici che venivano via via ritrovati, e il desiderio di costruirsi una biblioteca personale quanto più possibile ricca e completa dopo Petrarca furono comuni a tutti gli umanisti, ih Niccolò Niccoli lo furono al sommo grado: tanto che, raccogliendo o scrivendo personalmente manoscritti per tutta la vita «senza risparmiare spese e fatiche di nessun genere», come si legge nei suoi due testamenti, egli riuscì a formarsi «la più importante raccolta privata del secolo in senso assoluto e la più ricca in quanto a testi greci» (F. Di Benedetto). E tuttavia, seguendo l'esempio del Salutati, egli non considerò mai l propri libri di uso esclusivamente personale ma li mise sempre a disposizione di chiunque li volesse consultare o ricavarne delle copie; cosicché, come dirà Poggio nel commemorare l'amico scomparso, la sua casa ricolma di libri, si poteva reputare «publica quaedam bibliotheca et ingeniorum sustentaculum». Ma, prosegue Poggio, rispetto ad altri celebri collezionisti come il Petrarca, il Boccaccio, Luigi Marsili e lo stesso Salutati che, pur generosi nel prestare i loro manoscritti, li avevano poi lasciati ai propri eredi o donati a biblioteche di conventi, badando più al «privatum commodum» che alla «communis utilitas», il Niccoli aveva avuto il merito particolare di aver disposto che dopo la sua morte i suoi libri restassero «in communem utilitatem, in publicum munus, in locum omnibus patenlem» e cioè in una biblioteca pubblica, aperta a tutti gli studiosi. In effetti il Niccoli nel suo primo testamento del 1430 aveva deciso di lasciare i propri libri ai camaldolesi di S. Maria degli Angeli, predisponendo un legato di 300 fiorini col quale si sarebbe dovuto provvedere a far costruire in quel monastero una sede idonea alla sistemazione e alla conservazione della raccolta, che, oltre ad essere a disposizione dei monaci, avrebbe dovuto rimanere accessibile a «tutti i cittadini studiosi»; ma sette anni dopo, dettando nuovamente le proprie volontà a pochi giorni dàlia morte, aveva preferito affidare al folto gruppo di amici che aveva nominato suoi esecutori testamentari il compito di scégliere la sede adatta dove collocare la sua biblioteca che naturalmente avrebbe dovuto essere aperta al pubblico. La soluzione venne trovata qualche anno più tardi (1441), quando, dopo alcuni tentativi andati a vuoto, gli esecutori testamentari del Niccoli accettarono di buon grado la proposta del più autorevole di tutti loro, Cosimo de'

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Medici, che suggeriva di affidare i volumi ai domenicani di S. Marco, per i quali proprio in quegli anni egli stava facendo costruire da Michelozzo un nuovo convento con relativa libreria. La decisione di collocare nella biblioteca di S. Marco la raccolta del Niccoli garantendone Tuso pubblico fu presa fondamentalmente da Cosimo, che provvide a incrementarla in seguito con nuovi acquisti, e determinò, almeno inizialmente, il carattere del tutto particolare di questa istituzione rispetto alle altre biblioteche conventuali o monastiche. La novità venne colta immediatamente da Poggio che, facendo testamento nell'ottobre del 1443, poco prima che i manoscritti del Niccoli venissero sistemati nella libreria di Michelozzo, stabiliva a sua volta di lasciare a S. Marco una parte dei propri libri. Ma dal dicembre del 1451, oltre a quella di S. Marco, gli studiosi di Firenze ebbero a disposizione anche un'altra biblioteca pubblica, che era stata istituita presso la cattedrale di S. Maria del Fiore. L'iniziativa era partita dalla Signoria e dall'Arte della Lana, che, una volta ottenuto l'assenso di papa Niccolò V e dell'arcivescovo di Firenze Antonino Pierozzi, avevano adattato al nuovo uso la chiesa di S. Pietro in Celoro, collocandovi per il momento i libri già posseduti dai canonici. In realtà la biblioteca ebbe una vita molto stentata, anche se per alcuni decenni venne fatta oggetto di lasciti abbastanza significativi; ma che all'inizio se ne volesse fare una istituzione pubblica di grande prestigio lo si deduce dal solenne proemio dei suoi statuti, dove ci si richiama esplicitamente all'antica biblioteca di Alessandria e alle due realizzazioni moderne che in qualche modo ne avevano riproposto il modello: la biblioteca che Cosimo de' Medici aveva appena fondato nel convento fiorentino di S. Marco e quella che papa Niccolò V stava costituendo in quegli anni a Roma. Si è potuto accertare che alla stesura degli statuti avevano dato il proprio contributo Giannozzo Manetti e Carlo Marsuppini, che all'epoca era il primo cancelliere della Repubblica, e ci sono buoni motivi per ritenere che il proemio, dove si esaltano le biblioteche pubbliche antiche e moderne, vada attribuito al Manetti, che nella sua Vita Nicolai quinti celebrando l'impresa di papa Parentucelli, fondatore della Biblioteca Vaticana, la paragona a quella di Tolomeo Filadelfo. È assai probabile che le biblioteche istituite da Cosimo de' Medici a Firenze e da papa Niccolò V a Roma, oltre che per i fondatori della nuova biblioteca di S. Maria del Fiore, abbiano costituito dei precisi

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punti di riferimento anche per coloro che nei decenni successivi continuarono a dar vita a biblioteche pubbliche in varie altre località italiane. Figlia primogenita della biblioteca di S. Marco, per usare le parole di Augusto Campana, può ben essere considerata la Biblioteca Malatestiana di Cesena, che continua ad attirare Vinteresse degli studiosi, anche perché è l'unica ad èssere arrivata intatta fino a noi. Se infatti Cosimo de' Medici aveva scelto il convento dei domenicani di Firenze per mettere a disposizione degli studiosi, nella biblioteca che aveva fatto costruire da Michelozzo, la preziosa raccolta del Niccoli, provvedendo poi ad incrementarla, Malatesta Novello, signore di Cesena e buon cultore di studi umanistici, intorno alla metà del secolo fece edificare a sua volta nel locale convento di S. Francesco dei frati minori una splendida libreria che riprendeva lo schema architettonico di quella fiorentina per potervi collocare la ricca collezione di codici che in massima parte aveva fatto eseguire egli stesso da un folto gruppo di copisti e miniatori; e prima di morire ne assicurò l'uso pubblico, affidandone la gestione alle autorità municipali. Forti analogie con l'impresa di papa Niccolò V si possono invece cogliere nella decisione del cardinal Bessarione di donare la sua ingente raccolta libraria alla città di Venezia perché costituisse il primo fondo di biblioteca pubblica: che riprendeva a un secolo di distanza l'analogo progetto del Petrarca. Le motivazioni dell'iniziativa sono esposte molto lucidamente dallo stesso prelato nella lettera inviata al doge Cristoforo Moro il 31 maggio 1468 insieme all? atto ufficiale della donazione e si riferiscono in modo particolare ai codici greci che egli afferma di aver cominciato a raccogliere con passione sin dalla sua prima giovinezza, intensificando i propri sforzi dopo la caduta di Costantinopoli, nel tentativo di recuperare quanto più gli era possibile del patrimonio culturale di quella civiltà. Perché un tesoro così prezioso non andasse nuovamente disperso ma continuasse ad essere a disposizione degli studiosi greci e latini («ad communem hominum tam graecorum quam latinorum utilitatem») egli aveva deciso di farlo conservare in una località italiana che fosse ad un tempo sicura e di facile accesso. Di qui là decisione di donare tutti i suoi manoscritti, sia greci che latini, a Venezia, governata nel rispetto delle leggi e punto d'arrivo per uomini provenienti dai paesi più diversi, e in modo parti-

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BIBLIOTECHE PUBBLICHE IN ITALIA NEL SECOLO XV

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colare per i profughi greci, ehe la consideravano quasi una seconda Bisanzio. Nell'atto di donazione il Bessarione chiedeva espressamente che i libri venissero collocati presso la basilica di S. Marco «in ipsa ecclesia seu apud ipsam ecclesiam» (e si noti la perfetta corrispondenza con la volontà espressa a suo tempo da Francesco Petrarca) «in aliqua condecenti et convenienti libraria», che avrebbe dovuto essere aperta «cunctis ad ipsam librariam accedere et legere ac studere volentibus» e richiamava che proprio perché i volumi fossero accessibili più facilmente agli studiosi egli aveva revocato un suo precedente atto di donazione dei codici greci al monastero benedettino di S. Giorgio Maggiore, che, trovandosi in un'isola, poteva essere raggiunto con maggiore difficoltà. I libri del Bessarione giunsero a Venezia nel giro di pochi anni e in buona parte mentre il donatore era ancora in vita, ma, nonostante le assicurazioni del doge che la collezione sarebbe stata sistemata «in pulcherrimo et nobilissimo loco, hoc est in ipsius palatii nostri opportunissima regione ita ut merito bibliotheca aedis Sancti Marci appellari poterit», dovettero trascorrere quasi cento anni prima che essa potesse trovare degna e stabile sede nell'attuale Biblioteca Marciana, fatta costruire dal Sansovino. Ma si potrà ricordare che nel giugno del 1494 sembrò che la preziosa raccolta potesse essere collocata in una nuova biblioteca che il generale dell'ordine domenicano Gioacchino Torriani si era offerto di costruire all'interno del convento veneziano dei SS. Giovanni e Paolo, dove avrebbero trovato posto anche i moltissimi codici greci e latini da lui recuperati «ingenti studio et impensis». Anche se il progetto per motivi che ci sfuggono venne subito abbandonato, là notizia è infatti di un certo rilievo, perché, come si è visto, erano per lo più proprio le vecchie biblioteche di istituzioni ecclesiastiche e in particolare quelle di capitoli di Cattedrale o di conventi di ordini mendicanti che in determinate circostanze, e quasi sempre ottemperando alla volontà di un donatore, venivano trasformate in biblioteche pubbliche. Ai casi già ricordati (biblioteca dei domenicani di S. Marco di Firenze, biblioteca di S. Francesco di Cesena, biblioteca di S. Maria del Fiore di Firenze) ne possiamo aggiungere qualche altro. Con testamento del 3 maggio 1475 il riminese Roberto Valturio affidava al convento di S. Francesco della sua città «omnes libros cuiuscumque facul-

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tàtis ut perpetuo stent in libreraria dicti conventus ad usum studentium et aliorum fratrum et hominum civitatis Arimini», disponendo che venisse costruita una nuova sede per la biblioteca al piano superiore del convento, che risulta già completata nel 1490. Nell'ottobre del 1482 il vescovo padovano Pietro Foscari, interpretando fedelmente la volontà del suo predecessore Iacopo Zeno, che durante tutta la sua vita aveva messo insieme una enorme quantità di libri «in omni doctrine genere» «qui turn ornatu turn emendatione et voluptad et usui omnibus esse potuissent», faceva inventariare la raccolta, che in gran parte era già andata dispersa, e la donava al Capitolo perché la collocasse nella biblioteca che egli aveva deciso di far costruire presso la cattedrale e di aprire a tutti gli studiosi, ecclesiastici e laici, della città. Meno note ma altrettanto interessanti sono le circostanze in cui sul finire del secolo anche la Biblioteca Capitolare di Cremona si trasformò in biblioteca pubblica. Il 4 novembre 1486, poco prima di morire, Giovanni Stabili, arcidiacono di Fermo e vicario generale del carvdinale Ascanio Maria Sforza, allora amministratore della diocesi di Cremona, dettava il proprio testamento lasciando al Capitolo della Cattedrale «omnes libros ipsius testatoris tam iuris civilis quam iuris canonici, qui sunt numero centum quindecim ... et edam alios libros ecclesiasticos ad stampam ... qui sunt numero vigintiunus» con l'obbligo che essi venissero collocati «in liberaría dictorum dominorum canonicorum et capituli ad hoc ut omnes qui super eos legere et studerò voluerint possint et valeant super eis legere et studerò ad eorum beneplacitum». A questa data la biblioteca dei canonici, oltre che dal Capitolo, dipendeva anche dalla Fabbrica del Duomo e cioè dalla comunità laica alla quale spettava l'amministrazione della Cattedrale, ed è proprio quest'ultima che, dando immediatamente esecuzione alla volontà dello Stabili, l'anno successivo fece costruire nell'area del Camposanto dei canonici una nuova libreria «ad utilitatem publicam», provvedendo a collocarvi subito, insieme ai libri del recente lascito, quanto rimaneva dell'antico fondo dei canonici, scorporandolo dai libri liturgici che continuarono ad essere conservati in sacrestia, e incrementando quindi in manièra assai consistente la raccolta, come si può ricavare dagli inventari del 1503 e del 1522, nel secondo dei quali si parla di «bibliotheca seu libraria publica Communis Cremonae» e si afferma che i libri erano di proprietà della Fabbrica del Duomo.

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BIBLIOTECHE PUBBLICHE IN ITALIA NEL SECOLO XV

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Naturalmente ognuna di queste biblioteche pubbliche, che in genere ebbero vita molto breve, aveva una propria fisionomia, quasi sempre legata al lascito del suo fondatore. E ciò vale anche per la biblioteca pubblica di Cremona dove, se venne incrementato in modo particolare il ricco fondo giuridico ereditato dallo Stabili, ci si impegnò a mettere a disposizione degli studiosi, ecclesiastici e laici, anche una serie abbondante di testi di teologia, filosofia e medicina e un'ampia sezione letteraria provvista di un gran numero di testi classici e di alcuni testi umanistici. Ma la novità stava proprio nell'idea di biblioteca pubblica che vediamo percorrere l'intero secolo e che, comunque venisse realizzata, comportava sempre un profondo rinnovamento dei modelli di biblioteca tradizionali. Ed è in questo senso che io continuo a ritenere vada interpretato anche un documento controverso come il canone bibliografico di Tommaso Parentucelli, da lui compilato poco dopo il 1440 su richiesta di Cosimo de' Medici. I fatti sono noti. Quando Cosimo volle 'ordinare' la biblioteca pubblica che stava per costituire nel convento fiorentino di S. Marco, cercando di integrare con l'acquisto di nuove opere il fondo primitivo formato dai libri del Niccoli, pensò che la persona più adatta a venirgli in soccorso fosse proprio il futuro fondatore della Biblioteca Vaticana, il quale, su sua precisa richiesta, gli fornì una «nota» - come la definisce Vespasiano da Bisticci - «su come avesse a stare una libreria» e cioè una lista di libri che egli riteneva indispensabili alla costituzione di una biblioteca. Nel compilare il proprio canone bibliografico il Paren tucelli tenne certamente presente che, per quanto accessibile agli studiosi esterni, la biblioteca da 'ordinare' era pur sempre inserita in un convento e in uno Studio domenicano e perciò, valendosi della propria competenza di teologo, riservò largo spazio alle opere religiose, alla letteratura patristica e ai testi della scolastica medioevale. Degli autori classici si limitò invece a fornire un elenco abbastanza ristretto di opere, che in buona parte dovevano essere già in suo possesso, ma lasciò aperta la via ad ogni acquisizione successiva con l'essenziale precisazione: De studiis autem humanitatis, quantum ad grammaticam, rhetoricam, hystoricam et poeticam spectat, ac moralem, que auctoritate digna sunt, vobis

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LUCIANO CARGAN

credo esse notissima. Ego autem, si bibliothecam conditurus essem, cum omnia a me haberi non possent, velini ista precipue non deesse. Non si trattava dunque, almeno per questa parte, di un canone assoluto ma di una sorta di lista di libri preferiti, suscettibile di modifiche e ampliamenti, analoga a quella compilata un secolo prima dal Petrarca. Lo si vide quando, una volta divenuto papa, il Parentucelli progettò di creare a sua vòlta una biblioteca presso la corte pontificia «pro communi doctorum virorum commodo», facendo acquistare e trascrivere a tal fine un gran numero di codici latini e greci, che andarono ad aggiungersi ai molti che già possedeva, e impegnando in un vasto piano di traduzioni dal greco i numerosi letterati che aveva voluto come suoi collaboratori in curia. I risultati ottenuti sono ora sotto i nostri occhi grazie soprattutto alle assidue e intelligenti ricerche compiute sul campo da Antonio Manfredi; e sono tali da giustificare chi allora osò paragonare la nuova grande biblioteca che stava per nascere a Roma alle mitiche raccolte di Pergamo o di Alessandria.

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Carla Maria Monti SENECA NELLA BIBLIOTECA VATICANA DI NICCOLÒ V

1. «Omne opus Senece quia vir doctissimus fuit» Con queste parole rivolgendosi a Cosimo de' Medici nel famoso canone bibliografico Tommaso Parentucelli indicava l'assoluto rilievo che doveva avere l'opera di Seneca all'interno della biblioteca1. Questa situazione si ritrova puntualmente nell'inventario della biblioteca che egli stesso allestì divenuto papa, dove i classici sono ampiamente rappresentati2 e Seneca ha un'incidenza superiore a quella di Cicerone, se si considera non solo il numero di manoscritti ma anche la quantità e la completezza delle opere rappresentate3. Nessuno dei codici di Seneca attualmente conservati alla Biblioteca Vaticana fu fatto allestire appositamente per Tommaso da Sarzana. È noto per altro che nel primo Quattrocento continuavano a circolare ottimi codici di Seneca preparati nel secolo precedente, che vide la massima fortuna di questo autore. Il mercato era dunque saturo e of-

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M. G. Biasio - C. Lelj - G. Roselo, Un contributo alla lettura del canone bibliografico di Tommaso Parentucelli, in Le chiavi della memoria, Città del Vaticano 1984, 154 n0 74.0; L. Gargan, Gli umanisti e la biblioteca pubblica, in Le biblioteche nel mondo antico e medievale, a c. di G. Cavallo, Bari 1988,174-76. 2 Dagli indici di A. Manfredi, I codici latini di Niccolò V. Edizione degli inventari e ide ntificazione dei manoscritti, Città del Vaticano 1994 (Studi e testi, 359), si ricava la presenza dei seguenti classici latini: Aelius Donatus, Ammianus Marcellinus, Apuleius, ps. Asclepius, Ausonius, Boetius, Calcidius, Cassiodorus, Catullus, Cicero, Claudianus, Columella, Curtius Rufus, Dictis Cretensis, Esopus, Eutropius, Excidium Troiae, Florus, Frontinus, Horatius, Hyginus, losephus Flavius, lulius Parides, lustinus, luvenalis, Livius, Macrobius, Orosius, Ovidius, Palladius, Panegyrici latini minores, Persius, Plinius sen., Plinius iun., Quintilianus, Sallustius, Scriptores historiae augustae, Seneca, Sidonius Apollinaris, Silius Italicus, Solinus, Statius, Svetonius, Terentius, Valerius Maximus, Vegetius, Vergilius, 3 J. Fohlen, Les manuscrits classiques dans le fonds Vatican latin d Eugène IV (1443) à Jules III (1550), «Humanistica Lovaniensia», 34a (1985), 6-7.

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friva già ciò che il Parentucelli desiderava: codici latori àe\Y opera omnia degli autori classici e dei padri. Nel fondo antico della Biblioteca Apostolica Vaticana sono conservati otto codici di Seneca, che erano presenti in biblioteca fin dalla fondazione, tra i numeri 2201 e 2214, a cui si aggiunge il Vat. lat. 4245, che è un po' eccentrico rispetto al resto del corpus, perché conserva il De remediis e i Proverbia Senece all'interno di una miscellanea teologica tardo scolastica. L'inventario inoltre segnala la presenza di altri tre codici senecani ora perduti: uno con le tragedie, l'altro con le tragedie dotate dell'esposizione e infine un terzo, che si apre con le Ad Lucilium, ed era appartenuto a Eugenio IV4. Dei sette manoscritti che qui prèndo in considerazione due erano già in possesso di EugenioTV, si tratta del Vat. lat. 2209 e del Vat. lat. 2211. Il primo è un codicetto, mm 267 x 203, di ff. 58, su due colonne, con cinque dialoghi senecani: De ira, De tranquillitate animi, De brevitate vitae è le due Consolationes ad Helviam e ad Polybium. Sopra il titolo rubricato è stato aggiunto da una mano successiva il termine phylosophus, quale attributo di Seneca: esso è frutto delle discussioni sull'identità del Seneca filosofo e del Seneca tragediografo, sorte a partire da metà Trecento. Fu vergato in gotica rotonda a metà del sec. XIV in Italia settentrionale. Il bifolio finale 57-58 è di recupero: in origine era un foglio di libro di conti del sec. XIV, forse bolognese, che, ripiegato a metà, così che la scrittura inferior si trova sul lato lungo, è stato coperto da scritte di varie mani tra fine Trecento e inizio Quattrocento. Il Vat. lat. 2209 è coperto da postille trecentesche5, ne ricordo una sola posta alle parole «Licet dubitare cum Garneade» del De brevitate vitae, f. 39r: «Santa {sic) Senece oppinio de anime perpetuitate», che sottolinea l'omogeneità del pensiero di Seneca con quello cristiano. Il codice fu portato da Roma al Concilio di Firenze nel 1439, come inaspettatamente rivela la scritta de Roma che, secondo l'intuizione di Augusto

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Manfredi, / codici, s.v. ad indicem, dove per errore si segnala a p.743 un codice senecano inesistente. Sui codici di Seneca in Vaticana ora M. BUONOGORE, Seneca nei manoscritti vaticani, in Seneca. Mostra bibliografica. Roma 19 gennaio - 24 febbraio 1999, a c. di F. Niutta- G. Santucci, Roma 1999,195-220. 5 Les manuscrits classiques latins de la bibliothèque Vaticane, Catalogue établi par E. Pellegrin - F. Dolbeau - Fohlen - J. Y. Tilliette, avec la collaboration de A. Marucchi et P. Sgargia Piacentini, III 1, Paris 1991, 530-31 con bibliografìa; Manfredi, I codia, 488 n0 783.

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SENECA NELLA VATICANA DI NICCOLÒ V

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Campana, indica la provenienza dei codici portati al Concilio6, venendo così ad aggiungersi ai pochi altri noti con queste indicazioni. De Roma non indica però la biblioteca papale, per cui viene usata la formula de domo, de domo pape:probabilmente si riferisce ad una biblioteca ecclesiastica romana. Anche Seneca, letto nella prospettiva dell'umanesimo cristiano, poteva venire utile nelle discussioni conciliari. Il codice era dunque presente nella biblioteca papale prima dell'ascesa al soglio pontificio di Niccolò V. Il Vat. lat. 2211 è un brutto codice trecentesco, mm 302 x 212, ff. 116, vergato in Italia settentrionale da più mani gotiche su pergamena di cattiva qualità, molto scura dal lato pelo, sènza alcuna decorazione. Contiene i Dialogi inframmezzati dal De beneficiis e dal De dementia1 e seguiti dalle Tusculanaeài Cicerone. Fu acquistato da Eugenio IV8; non mostra alcun segno di lettura. Questi due codici danno l'idea di cosa dovette trovare al suo arrivo Tommaso da Sarzana nella biblioteca papale: manoscritti di non grandi dimensioni, senza decorazioni né nitidezza di scrittura, con testi in tradizioni poco accurate. Su entrambi non c'è traccia della penna di Parentucelli. Altri due codici della raccolta sono stati acquisiti da Tommaso da Sarzana, non so precisare se durante il pontificato o prima. I Vat. lat. 2201 e 2204 furono allestiti nel primo Quattrocento da ignoti committenti (non emerge alcuna nota di possesso o stemma), non hanno una raccolta senecana completa, sono di aspetto modesto, ma trasmettono un gruppo di testi di buon livello. Anche su di essi non è rilevabile la mano di Parentucelli. Il Vat. lat. 2201 ha la tipica impostazione dei codici con l'epistolario senecano: contiene nell'ordine la tavola delle rubriche alle Ad Lucilium, la Vita Senecaedi s. Girolamo, l'apocrifo epistolario tra Seneca e s. Paolo, l'epitafio di Seneca, le Ad Lucilium (epistole 1-58, 75, 59-74, 76-1219; l'epistola 48 è qui divisa in due) precedute dalle 6

MANFREDI, La Capitolare di Verona e il Concilio di Ferrara-Firenze, in Petrarca, Verona e l'Europa, Padova 1997 (Studi sul Petrarca, 26), 492 n.72: «il prof. Campana ha individuato un'altra indicazione di prdvenienza De domo, che a suo avviso andrebbe letta De domo pape, sul Vat. lat. 1351; ho ritrovato questa stessa dicitura in un altro manoscritto, l'attuale Vat. lat. 4166, codice cartaceo con gli atti di Calcedonia». 7 G. Mazzoli, Ricerche sulla tradizione medievale del De beneficiis e del De dementia di Seneca, III Storia della tradizione manoscritta, «Bollettino dei classici», 3 (1982), 182, 194, 196. 8 Les manuscrits classiques, III 1, 532-33; Manfredi, I codici, 490 n0 786. 9 Les manuscrits classiques, III 1, 521-22; Manfredi, I codici, 489-90 n0 785.

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singole rubriche e infine il Ludus de morte Claudii Si tratta di un codice pergamenaceo di metà Trecento, mm 307 x 222, ff. IV+116, quasi interamente palinsesto su fogli di contenuto giuridico del secolo precedente. I fogli 57-64 - si tratta di un fascicolo 4+4 in parte anch'esso palinsesto ma su pergamena di origine diversa - sono stati scritti da una mano successiva in umanistica primitiva da collocare nel primo quarto del Quattrocento. Questo copista, probabilmente attivo nell'Italia centrale, cura di accordare l'attacco dei fogli da lui copiati con 1'explicit del foglio precedente, che è stato eraso e riscritto nell''ultima riga. Chi compie questa operazione di restauro è tutt'uno con lo straordinario postillatore che in una bellissima notulare annota con estrema costanza le Ad Lucilium, ma ignora il Ludus, mostrando un bagaglio di cultura di grande interesse, utilizza: Virgilio, Ovidio Metamorfosi, Lucano, Sallustio, Boezio, Cassiodoro De anima, ma anche i 'moderni' Dante e Petrarca10: f. 33r: Sen. Ep. 56,10 Et Dan tes cantica II sic dicit (Purg. 29,1-3) : «Cantando come donna inamorata, continuò col fin de sue parole: 'Beati quorum tecta sunt peccata'» f. 71 r: Sen. Ep. 90, 15-16 Et Dan tes sic dicit (Purg. 22, 148-150): «El secul primo, che quanto oru fu bello, fé saporoso con fame le giande et neptare con sete ogne rosello» f. 73v: Sen. Ep. 91, 5-6 Unde Florentinus vates in suis sonitiis (/2+7^269, 12-14): «Ay vita nostra ch'ei sì bella in vista Co' ligiermente perdi in un mai tino Ciò che ad gran pena in multi anni s'acquista» f. 73v: Sen. Ep. 91,7 Ad quod facit Dan tes {Par. 16, 76-78): «Udir come le schiatte se disfanno Non ti parrà nova cosa né forte, poscia che le ciptadi termine hanno».

10 II riferimento al codice è seguito dal passo di Seneca relativo alle postille; tra parentesi il riferimento alle opere citate nelle postille.

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SENECA NELLA VATICANA DI NICCOLÒ V

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Mentre le citazioni dantesche non hanno significative varianti, il sonetto petrarchesco nella redazione definitiva suona invece così: O nostra vita eh'è sì bella in vista, com perde agevolmente in un matino quel che 'n molti anni a gran pena s'acquista! Anche se non è possibile affermare di trovarsi di fronte a una redazione anteriore11. L'interesse per il volgare non si limita ai poeti sommi, ma almeno in un caso si estende ai proverbi: Nota proverbium sic dicens videlicet «tre anni sepe, tre sepe cani, tre cani cavallo, tre cavallo {sic) homo»(f. 35v)12. Il Vat. lat. 2204 è un codice pergamenaceo di inizio Quattrocento, mm 228 x 152, ff. III+158. Trasmette una buona raccolta senecana, aperta dalle Ad Lucilium corredate da tavola delle rubriche e prologo Mentis cplonus13, cui seguono le Dedamationes, i Proverbia, la Formula vitae honestae, il De remediis, il De moribus, gli Aenigmata dello ps. Aristotele14, che accompagnano spesso l'opera morale di Seneca, e infine tre Dialogi: De tranquillitate animi, Ad Helviam de consolatione, De providentiel}5. Sul codice non compare la mano di Tommaso da Sarzana, ma è presente un postillatore successivo rimasto ignoto.

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Esito negativo ha dato il controllo sul codice degli abbozzi Vat. lat. 3196, dove questo sonetto non compare, e su II codice Chigtano L.V.176 autografo di Giovanni Boccaccio, Edizione fototipica, intr. a c. di D. De Robertis, Roma - Firenze 1974, dove esso non presenta alcuna variante. 12 G. Giusti - G. Capponi, Dizionario dei proverbi italiani, Milano 1956 (=1871), 343: «Tre anni dura una siepe, tre siepi dura un cane, tre cani dura un cavallo, tre cavalli dura un uomo, e tre uomini un corvo». 13 Si tratta di rubriche che sintetizzano il contenuto morale della lettera e sono di origine medioevale (sec. XIII), così come il prologo, che nell'incipit riecheggia il verso deìYAnticlaudianus, I 123 dove Seneca è definito «Optimus excultor morum mentisque colonus» (PL 210, 491). Ho parlato di questi testi nella relazione Seneca morale e Seneca orìstiano fra XIII e XIV secolo, del convegno Seneca e i cristiani, Milano 11-13 ottobre 1999. 14 Con questo titolo gira una raccolta di estratti dell' Apologia adversus Rufinum di s. Girolamo che, come in questo caso, viene spesso copiata dopo il De moribus (vedi Les manuscrits classiques, I 32). 15 Les manuscrits classiques. III 1, 524-26; Manfredi, I codia, ASI np 771.

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Il panorama cambia radicalmente con i restanti tre codici presenti in Vaticana: i Vat. lat. 2212, 2213, 2214. I primi due sono manufatti di gran lusso per formato, decorazione e completezza. Entrambi i volumi riportano l'opera omnia di Seneca, seppur con leggere differenze d'impostazione. Il Vat. lat. 2214 è invece più modesto e manca delle tragedie. Sono stati tutti e tre allestiti da un precedente ma diverso proprietario e acquisiti da Niccolò V, che certamente in essi trovava caratteristiche per lui ottimali: in primis la raccolta completa delle opere di un autore, il nitore della scrittura e la qualità di pergamena e decorazione, il grande formato a lui gradito per i codici di quella che doveva essere una sala pubblica della biblioteca che andava progettando. Il Vat. lat. 2213 non ha ricevuto glosse di Tommaso da Sarzana, mentre il 2212 e il 2214 sono stati toccati dalla sua mano. Questi tre codici vanno affìancati ad analoghi prodotti fatti allestire dagli alti prelati, penso ad esempio al Seneca del cardinale Domenico Capranica, ora Vat. lat. 7319: di inizio Quattrocento, ampio formato con splendida decorazione e vasta raccolta senecana, pensata in due volumi/con le Tragoediae e le Ad Lucilium16. Questo tipo di còdici con l'opera omnia di Seneca cominciano a diffondersi a partire dal Trecento17: tra i primi esempi vanno ricordati il Vat. lat. 1769 di Rolando da Piazzola e il codice Padova, Biblioteca Antoniana, I 918, che però non hanno l'imponenza e la bellezza formale degli esemplari successivi. Il Vat. lat. 2213 è un bel codice trecentesco di grande formato, mm 450 x 280 , ff. 181, su due colonne, come per lo più i codici del Trecento di questo autore, con miniatura a grandi foglie colorate e

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Scheda a cura di C. M. Monti e F. Stok in Vedere i classici, a c. di Buonocore, Roma 1996, 341-49, n0 82, Figi 310-339, dóve per la prima volta si connette questo codice con il cardinale Capranica; BUONOCORE, Seneca, 210-215; BUONOCORE, / «Seneca Vaticani» della biblioteca del collegio Capranica, «RR. Roma nel Rinascimento», 1998, 279-96: alle pp. 289-93 riprende alla lettera la descrizione del Vat. lat. 7319 offerta in Vedere i classici, senza dare alcun riferimento bibliografico o rinvio agli autori. Egli identifica altri due codici della raccolta senecana del Capranica: i Ross. 559 e 604. 17 Uri controllo su B. MuNK Olsen, L'étude des auteurs classiques latins aux XI et XII siècle, I-IIÏ, Paris 1982-1989, rivela l'assenza di codici con l'opera omnia. 18 Les manuscrits classiques. III 1 383-87; G. Abate - G. Luisetto, Codici e manoscritti della Biblioteca Antoniana, Vicenza 1975, 9-14. Il codice padovano è da datare però alla seconda e non alla prima metà del Trecento.

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SENECA NELLA VATICANA DI NICCOLÒ V

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bottoni d'oro di tipo settentrionale. È una tipica edizione dell' opera omnia di Seneca allestita per un ricco proprietario, il cui stemma è stato eraso ed è ora irriconoscibile. Si conservano invece due angeli reggi stemma in bianco e nero di ottima fattura. A f. 46r alla fine delle Ad Lucilium la seguente nota del copista: «lovii piissimas laudes ago», seguita dal distico: «Qui servare libris pretiosis nescit honorem / Illius a manibus sit procul iste liber»: evidentemente qui finiva una sezione, tanto è vero che con il foglio successivo comincia un nuovo fascicolo di dieci fogli, secondo lo schema normale di fascicolatura di questo codice, e quattro fogli rimasti bianchi del fascicolo iniziato a f. 41 sono stati rimossi: 1-410, 510 ("70'80'90'10O), 6-1710. Il distico si ritrova poi a f. 105v, tra gli estratti dalle Tusculanae e l'epistola 88 di Seneca e a f. 121r, seguito da Laus tibi Christe, alla fine del blocco del Seneca «morale» prima delle Naturales quaestiones e delle Tragoediae. A f. 104v dopo i Proverbia è posta un'altra indicazione di copista: Benedicamus Domino Deo gratias Amen. Apre il codice il Seneca epistolare secondo la consueta impostazione: Vita Senecae, epistolario apocrifo con s. Paolo, Ad Lucilium con rubriche, tavola delle rubriche e prologo Mentis colonus, seguono Dialogi, De beneficiis e De dementia19, De remediis, Formula vitae honestae, Proverbia Senecae estratti dalle Tusculanae ài Cicerone e l'epistola 88 di Seneca, quella sulle arti liberali, che a volte ha circolazione autonoma fuori dall'epistolario, De moribus, ps. Aristotele Aenigmata, Controversiae di Seneca padre, Naturales quaestiones, Tragoediaè19. Il Vat. lat. 2214 è un bel codice pergamenaceo di 267 fogli, su due colonne in gotica rotonda, di medie dimensioni, mm 340 x 240 , con ampi margini, parrebbe originario dell'Italia centro settentrionale, fu forse fatto nel pieno Trecento a Bologna o a Padova, come indicherebbe la miniatura, che prevede iniziali istoriate su fondo oro all'inizio di ogni opera o di ogni libro di una stessa opera. Trasmette Y opera omnia di Seneca secondo lo schema che abbiamo già

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Mazzoli, Ricerche, 180,187. Les manuscrits classiques, III 1, 538-41; MANFREDI, I codici, 454-55 n0 730; A. P. McGregor, The Manuscripts of Seneca's Tragedies: A Handlist, in Aufstieg und Niedergang derròmische Welt, hrsg. von H. Temporini-W. Haase, 32/2, Berlin-New York 1985, 1175 e 1208 ove si ipotizza che le armi, ora erase, siano le stesse del Vat. lat. 2212, l'autore ritiene anche che entrambi i codici siano di origine padovana, avvalendosi però di elementi che, come si vedrà, per il Vat. lat. 2212, non hanno fondamento. 20

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verificato per codici di questo tipo, mancano però le tragedie21. Il Vat. lat. 2214 è uno dei soli quattro codici che, secondo Reynolds, contengono un testo y puro dei^ Dialogi, cioè deriverebbe dal perduto archetipo cassinese, a monte del codice Ambrosiano C 90 sup. del sec. XI22. Va notato che esso è chiuso da un commento alla prima epistola delle Ad Lucilium: «Ita fac mi Lucili, scilicet sicut tibi scribo. Vendica te tibi, id est acquire... quia in nobis et in nostri arbitrii facúltate esse exercere vel non exercere actiones morales in tempore»23. Trasmette il De benefiàis e il De clementia accoppiati secondo il testo y24. Appartenne a Pietro di Andrea de' Pazzi25 - che non era però l'originario committente trecentesco, la cui nota di possesso è stata erasa - e giunse a Parentucelli, che intervenne sul codice con una glossa alle parole del De clementia «hec est Cesar clementia vera»: «O magnum adulatorem» (f. lOOrb). In precedenza il codice era stato abbondantemente postillato da almeno due lettori, uno dei quali, di estremo interesse, è molto attivo nei primi 58 fogli e poi da 241 a 260 e offre ampie glosse con notizie di storia contemporanea, di antichità e citazioni da Ovidio Tristia e In Ponto, Virgilio Aends, Giovenale, Orazio Sermones e Lucano. Trascrivo alcune tra le più significative postille alle Ad Lucilium: f. 7ra Fidias (Ep. 9,5) ] Statuarius optimus cuius opus egregium equus marmo reus hodieque Rome cernitur; f. 9rb sed trepidamus et vertimur terga sic quemadmodum itti quos pulveri (ed. pulvis) motus fuga pecorum (Ep. 13,8) ] Sicut temporibus nostris contigit Venetis civitatem Tergestinam obsidentibus, qui viso procul in montibus pulvere errantium pecorum grege commoto, hostes adventare rati, dimisso omni expugnande civitatis apparatu, refugerunt ad

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Les manuscrits classiques, III 1, 541-44; MANFREDI, I codici, 451-52 n0 726; BuoNOCORE, Seneca, 219-20. 22 L. D. Reynolds, The Medieval Tradition of Seneca's «Dialogues», «Classical Quarterly», 18(1968), 366. È utilizzato neH'edizione L. Annali Senecae Dialogorum libri duodecim, ed. Reynolds, Oxonii 1977, xvi-xvii. 23 Vedi L. A. Panizza, Textual Interpretation in Italy, 1350-1450: Seneca's letter I to Lucilius, «Journal of Warburg and Courtauld Institutes», 46 (1983), 40-62: il più antico intervento su questa lettera citato dalla Panizza è quello del Salutati. 24 Mazzoli, Ricerche, 180. 25 Vespasiano da Bisticci, Le vite, a e. di A. Greco, II, Firenze 1976, 316, dice di lui: «Fece fare moltissimi begli libri, et sempre aveva iscrittori, dove ispese molti danari in libri et di scrittura et di miniatura».

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classem et a Tergestinis subita eruptione in eos facta fede fugati sunt26; f. 25vb vocare ad pilleum servos (Ep. 47,18)] Id est libertatem, pilleus enim servis imponi solebat cum libértate donaban tur, nam quam din servi erant capite nudo incidebant; f. 47ra navis bona dicitur. . .nec cuius tutela ebore celata est {Ep. 76,13)] Tutela navis dici tur alicuius dei imago cuius tutele navis ipsa emendata est, ut Ovidius in libro Tristium (I 10,1): «Est michi sitque precor flave tutela Minerve», de nave loquens que ipsum in exilium vehebat; f. 51rb sparomachiam {Ep. 80,1, ed. sphaeromachian) ] Sparomachia pugna seu ludus est que committebatur sparis, spari autem sunt tela rusticana videlicet sudés cuspidibus preustis, unde Virgilius in VII0 Eneidos (XI 682) : «Agrestisque fnanus armât spams». Hunc ludum usque ad tempora nostra exercere solebant rustici Terre laboris; f. 54rb Non trecentis {Ep. 82,23)] Trecenti Fabii fuerunt qui contra Veientes bellum susceperunt et omnes interfecti sunt. Unde Ovidius In Ponto (I 2, 3-4) ad Maximum Fabium loquens: «Qui nasci ut posses, quamvis cecidere trecenti, non omnes Fabios abstulit una dies»; f. 57v ipse vector {Ep. 85,35)] Vector hie dici turque vehitur, sicut Lucanus in 1111° (IV 133): «vectoris patiens tumidum super enatat amnem» de navicula ex solicibus contexta loquens; f. bSrres quadrantaria {Ep. 86,9)] In quam pretio unius quadrantis ingredi ac lavari licebat ut luvenallis (VI 447) : «Cedere silvano porcum, quadrante lavari». Et Horatius in Io Sermonum (13, 137-138) : «Dum tu quadrante lavatum Rex ibis».

2. Il Vat. lat. 2212 Tra i Seneca recuperati da Niccolò V spicca sugli altri il Vat. lat. 221227. Il codice, scritto in una splendida littera bononiensis di più copisti, è databile alla fine del Trecento. Si tratta di un prodotto di bottega, allestito da copisti di alto livello, così che il cambio di mano risulta quasi impercettibile. A f. 109r si rileva il colophon del primo di essi che conclude il suo lavoro, cioè la copia del Seneca epistolare: «Hoc nunc sed nunc sit secum / dabo meo et ipse michi dominus mecum./Hoc dedi dedit atque hie/nunc ipsoque dabit et in evo». La pergamena di altissima qualità, di ottima consistenza e concia, di grandi dimensioni, mm 418 x 270 28, è stata coperta con 26

A. Tamaro, Storia di Trieste, I, Roma 1924 (= Bologna 1989), 235-45, segnala che nel 1369 Trieste venne lungamente assediata dai Veneziani. 27 Ampia descrizione in Les manuscrits classiques, III 1, 533-38 e Manfredi, I codici, 453-54. 28 Secondo le categorie di formato il Vat. lat. 2212 è da definire regalis (Fohlen, Les manuscrits classiques, 3).

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CARLA MARIA MONTI

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estrema regolarità da capolettera filigranati per ogni inizio di lettera o di capitolo29. I fascicoli sono dei quinterni regolari, con parola d'ordine nel Verso dell'ultimo'foglio. Nel primo foglio la decorazione a grandi elementi di tipo vegetale dipinti a vivaci colori e arricchiti cón bottoni d'oro denuncia l'origine lombarda, forse addirittura milanese, del manufatto. Sulla lettera / iniziale delle Ad Lucìlium si avvolge un cartiglio con una scritta in gotica: litera pule., da completare come litera pulchra, forse con allusione alla regolare bellezza della scrittura o al contenuto della lettera di Seneca. Non sono in grado di ricollegare questa scritta con nient'altro di simile. A piè di pagina lo stemma dell'antico proprietario è ora coperto da un'arme di rosso a croce d'argento, identificabile con quella del cardinale Albergati30, e così è avvenuto anche a f. 11 Ir, dove con l'inizio della nuova sezione lo stemma era stato ripetuto. Ma la decifrazione sicura del primitivo proprietario è possibile grazie alla ripetizione, in formato ridottissimo, e in più copie, di questo stesso stemma, che non è stato ritoccato, a f. 390v. Si tratta di quattro bande oro e blu, sulla banda blu superiore è stata miniata una C in oro31. Queste copie plurime dello stemma accompagnano la scritta filigranata, disposta a forma di L: dominus lohanes de Crespis. Il codice fu dunque fatto preparare con grande munificenza da Giovanni Crespi32.

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Queste iniziali filigranate sono molto simili, se non identiche, a quelle segnalate da Avril in codici, petrarcheschi e non, miniati a Milano: F. Avril, Mediolani illumìnatus: Pétrarque et Uenluminature milanaise, in Quaderno di Studi sull'Arte Lombarda dai Visconti agli Sforza per gli 80 anni di Gian Alberto Dell'Acqua, a e. di M. T. Balboni BRIZZA, Milano 1990, 13-14, fìgg. 13 e 14. 30 L'identificazione dello stemma Albergati per la prima volta in Manfredi, / codici, 454. Il Vat. lat. 2212 passò all'Albergati dopo il 1426, anno della sua nomina cardinalizia con il titolo di S. Croce in Gerusalemme, da cui gli derivò lo stemma (A. Chacon, Vitae et res gestae pontificum romanorum et S.R.E. cardinalium, II, Romae 1677, 849), e prima del 1443, anno della sua morte (C. Eubel, Hierarchia catholica Medii Aevi, I, Monasterii 1913, 34). Prima di divenire cardinale l'Albergati aveva un altro stemma, quello di famiglia, che si può vedere in F. UGHELLI, Italia sacra, II, Venetiis 1717, 31-33. Su questi diversi stemmi ha attirato l'attenzione Manfredi, Per la biblioteca di Tommaso Parentucelli negli anni del Concilio fiorentino, in Firenze e il Concilio del 1439, a e. di P. Viti, Firenze 1994, 684. 31 Per Les manuscrits classiques, III 1, 537 si tratta di uno stemma fasciato di blu e d'argento con la lettera A o U. 32 Come già chiarisce C. Villa, La tradizione delle «Ad Lucilium» e la cultura di Brescia dall'età carolingia ad Albertano, «Italia medioevale e umanistica», 12 (1969), 21-23. Va se-

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SENECA NELLA VATICANA DI NICCOLÒ V

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Entriamo dunque all'interno di questo codice: si apre con il prologo Mentis colonus et cultor morum e la Vita Senecae tratta dal De viris illustribus di s. Girolamo, seguono le Ad Lucilium chiuse dall'epistolario apocrifo con s. Paolo. Quest'ultimo non è nella posizione più consueta, prima dell'epistolario autentico, ed è preceduto dal titolo: Epistole Senece Neronis imperatoris magistri ad Paulum apostolum et Pauli apostoli ad Senecam33. Chiude questa sezione (f. 109r) l'epitafio «Clara (sic) labor» (AL 667), seguito dal colophon: abbiamo di fronte un blocco autonomo, tanto è vero che l'ultimo foglio del fascicolo (f. 110) è rimasto bianco. Dal f. lllr si apre una nuova sezione con il De beneficiis e il De dementia, deve la tradizione medioevale tramanda accoppiati34, seguiti dal Seneca medioevale, cioè quello più amato e diffuso nel Medioevo, in gran parte spurio: De moribus, De remediis, la Formula vitae honestae di Martino di Braga qui con il titolo, altrettanto vulgato, De quatuor virtutibus cardinalibus, chiusa da una seconda copia dell'epitafio di Seneca. Mi pare che questo confermi che per il secondo blocco di testi l'allestitore del codice si sia servito di uno o più antigrafi diversi. Dopo l'epitafio vi è il carme misogino e leonino «Cum sine doctrina» (21 w.), attestato a partire dal sec. XII35, i Proverbia di Publilio Siro, qui attribuiti a Seneca, e lo spurio De paupertate56. Senza soluzione di continuità con ciò che precede a f. 168v cominciano i Dialogi, divisi in due blocchi dall'intrusione delle Naturales quaestiones: questa sequenza testuale mi risulta peculiare. Quanto ai Dialogi va qui segnalato che il De otio segue senza interruzione e senza titolo il De vita beata, come accade in tutta la tradizione, poiché la di-

gnalato che questa scritta non si trova alla fine del codice ma all'interno delle Controversiae. Tracce dello stemma Crespi anche a f.lOv e 58v. 33 La presenza del termine magister ha la sua più antica attestazione nel codice Mùnich, StaatsbibL, Clm 14436 del sec. X-XI e si ritrova in molti manoscritti tardi: Villa, La tradizione, 22 n.6. 34 Mazzoli, Ricerche, 180 e 203 n.176 segnala che si trovano ài ff.lllr-150r, 150r-157r e trasmettono un testo y, e che ai ff.282r-284r il codice tramanda, dopo le Sententiae di Publilio Siro, un breve florilegio senecano concluso da excerpta g2 del De dementia. 35 H. WALTHER, Initia carminum ac versuum Medii Aevi posterions latinorum, 1/1, Gòttingen 1969, n0 3772. Come è segnalato in Les manuscrits classiques, III 1, 535, i w. 1-3 e 7-8 sono estratti di Marbodo, Carmen 49, w. 1-3 e 4, e Carmen 50, w. 1-2. 36 Queste opere pseudo senecane si leggono in L. Annaei Senecae Opera quae supersunt, ree. F. HAASE, III, Lipsiae 1878, 446-75.

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stinzione tra i due Dialogi è stata ripristinata dagli editori a partire da J. Muret. Così la Consolatio ad Polybium segue il De brevitate vitae senza soluzione di continuità e senza titolo, come nel ramo y della tradizione, dove manca la subscriptio57. La Consolatio ad Marciam e il De brevitate vitae sono preceduti da un prologo di tipo scolastico. Esso si trova anche nel codice Padova, Biblioteca Antoniana, I 9, che ha analoga ampia raccolta senecana databile alla seconda metà del Trecento e che, a differenza del Vaticano, prevede analogo prologo anche per gli altri Dialogi. Non pare ci sia rapporto diretto tra i due manoscritti, entrambi piuttosto sono testimoni di una vera e propria editio tardo medioevale dei Dialogi senecani. Quanto al primo dei Dialogi, il De providentia, va segnalato che il codice Vaticano è latore di un testo di buon livello, derivato dal ramo indipendente rispetto all'Ambrosiano C 90 sup.38. Il Vaticano continua con i Proverbia Senecae, il Ludus de morte Claudii, 10 spurio De copia verborum e nuovamente le Sentenze di Publilio Siro, ma ora accompagnate dal commento, diffuso in tradizione trecentesca. 11 codice si chiude con le Tragoediae e il libro decimo delle Controversiae. Si tratta di un organismo complesso, costruito attingendo evidentemente ad antigrafi diversi, come prova la presenza di opere copiate due volte: l'epitafio a f. 109r e 162r, i Proverbia «Non quid sed quemadmodum» a ff. 165v-167v e 282v-284v, le Sentenze di Publilio Siro, attribuite a Seneca: una copia a ff. 163r-165v e un'altra con commento a ff. 293r-314v39. Questi antigrafi diversi sono stati composti senza soluzione di continuità nella seconda parte del codice, mentre la prima, fino a f. 110, è marcata, come si è detto, da una forte cesura rispetto al resto. Siamo dunque di fronte ad una completissima silloge senecana, collettore del lavoro di organizzazione e sistemazione di questo autore compiuto tra Due e Trecento; inoltre va sottolineato che essa già rece-

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Per la tradizione dei Dialogi: Reynolds, The Medieval tradition, 355-72; Senecae Dialogorum, ed. Reynolds, 197 e 265-66; Reynolds, The Younger Seneca Dialogues, in Texts and Trasmission, ed. by Reynolds, Oxford 1983, 366-69. 38 B. L. Hijmans - M. P. Forder, De XXXII codicibus recentioribus L. A. Senecae libellum «De providentia» continentibus, «Mnemosyne», s. IV, 13 (1960), 39-62 che disegnano uno stemma in quattro rami, dove il nostro codice si collocherebbe nel ramo indipendente dall'Ambrosiano (y per Reynolds), ma non in rapporto con il Vat. lat. 2214, che per Reynolds è uno dei pochi codici y puro. 39 Come segnala E. Pellegrin, Notes sur un commentaire médiéval des Sententiae de Publilius Syrus, «Revue d'histoire des textes», 6 (1976) , 311.

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SENECA NELLA VATICANA DI NICCOLÒ V

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pisce i materiali di corredo, commenti e accessus, che a cavallo di questi due secoli si erano venuti allestendo per inserire Seneca nel sistema di lettura scolastico e universitario. Abbiamo dunque un codice di fattura elegantissima e di straordinario nitore, una raccolta che probabilmente non ha eguali per la completezza e la qualità dei testi di un unico autore e che nello stesso tempo è fornita di quegli elementi che ne facilitano l'uso scolastico sentenzioso e morale. L'analisi dei testi più significativi trasmessi dal codice vaticano ci consentirà di mettere in luce il lavoro filologico compiuto per allestire una raccolta di alta qualità. Per la tradizione delle Ad Lucilium è stato autorevolmente affermato che il Vat. lat. 2212 (=T), insieme al più recente Vaticano Urbinate 219(= U), deriverebbe attraverso un intermediario, dal Queriniano (= Q), il più antico codice giunto a noi che conservi l'epistolario completo e non diviso in due tronconi40. L'affermazione è sorretta dalla presenza nel Vaticano di alcune minute caratteristiche testuali che sarebbero tipiche del Queriniano41. Va però osservato che le caratteristiche macrostrutturali di T sono totalmente diverse da quelle di Q. Faccio alcuni esempi: le rubriche che scandiscono la divisione in libri sono diverse, così come la consistenza dei libri stessi; in T ogni lettera è preceduta dalla rubrica tematica di origine tardo medioevale, mentre Q riporta le rubriche antiche42; in Q l'epistola 48 è divisa in due, in T no; in Q c'è un profondo turbamento del testo nella zona di giunzione dei due blocchi epistolari 1-88/89-124 che non si ritrova in T; in T la lacuna di 88.4 è sanata con un complemento Videndum tipico dei codici dei secoli XII e XIII, assente in Q43. Inoltre andrà riesaminato a

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Contributo fondamentale sul codice Brescia, Biblioteca Queriniana, B II 6 è: Villa, La tradizione, 9-51. 41 Reynolds, The Medieval Tradition of Seneca's Letters, Oxford 1965, 35-39. 42 Le rubriche tematiche alle epistole di Seneca cominciano a diffondersi a partire dal secolo XIII e sono assai frequenti nei manoscritti dei secoli XIV è XV, così come nelle prime stampe. Come esempio riporto la rubrica della lettera 1 quale compare nel Vat. lat. 2212: «De colligenda et sistenda (ms. colligenda) fuga temporis et non esse pauperem cui etiam modicum satis est». 43 L. Annaei Senecae Ad Lucilium epistulae morales, ree. Reynolds, I, Oxonii 1965, 313 dove l'apparato nel punto della lacuna segnala che si tratta di un complemento di ç, sigla posta ad indicare «correcturae vel coniecturae in uno vel pluribus codicibus saeculo XI inferioribus inventae» (p. XX).

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CARLA MARIA MONTI

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fondo il rapporto tra il Vaticano e l'Urbinate che a loro volta hanno significative differenze reciproche, già in parte segnalate da Maddalena Spallone44. Si può aggiungere che mentre in T si ha la sequenza anomala: prologo Mentis colonus, vita geronimiana, Ad Lucilium e pseudo epistolario tra Seneca e s. Paolo, chiuso dall'epitafio Cura labor, U ha la disposizione dei testi consueta secondo la tradizione medioevale: vita geronimiana, epitafio, pseudo epistolario, tavola delle rubriche, prologo Mentis colonus e le Ad Lucilium. Inoltre bisogna rivedere la datazione del codice Urbinate, generalmente ritenuto posteriore al Vaticano e collocato nel secolo XV45. In realtà il codice fu scritto in semigotica con ben pochi elementi umanistici tra fine Trecento e inizio Quattrocento, sicuramente in area lombarda, dunque è temporalmente e spazialmente più vicino al codice del Crespi di quanto finora ritenuto46 e presenta fitte note di un lettore coevo. Questo basti ad indicare che il rapporto tra T e Q è complesso, e non è forse sufficiente ipotizzare un intermediario per giustificare le profonde differenze che separano T da Q e da U. Ai ff. 213r-255v del Vat. lat. 2212 sono trascritte le Naturales quaestiones. Secondo Hine, il Vaticano è da porsi in un piccolo raggruppamento formato da soli tre codici che completano la lacuna tipica del

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M. Spallone, Edizioni ' tardoantiche e tradizione medievale dei testi: il caso delle «Ep istulae ad Lucilium» di Seneca, in Formative Stages of Classical Traditions: Latin Texts from Antiquity to the Renaissance, ed. by O. Pecere and M. D. Reeve, Spoleto 1995, 152-55 mette in luce che le indicazioni sulla divisione in libri non coincidono tra Q da una parte e T e U dall'altra, mentre apparentano strettamente questi ultimi con il codice Avranches, Bibliothèque Municipale, 239, francese sec. XII ex. Inoltre la Spallone afferma a 184 n. 90 che: «La comune discendenza di T ed U da Q tramite l'apografo [Q], sostenuta dal Reynolds, andrebbe verificata alla luce di talune discordanze tra i due manoscritti umanistici. Penso soprattutto alla sopravvivenza nell'Urbinate dell'inversione di testo (ep. 86,5 laboribus rusticis - 87,25 nascitur itaque è spostato dopo ep. 88,4 ad musicen) presente nel Queriniano e al ripristino dell'esatta sequenza nell'altro manoscritto vaticano. Un altro elemento di perplessità nasce dall'epistola 48, la quale è divisa in due parti sia in U che in Q, mentre appare unitaria in T». A 194 n. 118 sottolinea inoltre che T e U hanno una differente numerazione delle lettere: 124 nel primo e 127 nel secondo. 45 Les manuscrits classiques, 11 2,525-26. 46 II codice è stato esaminato da Antonio Manfredi, secondo il quale lo stemma Montefeltro è stato miniato più tardi, in uno stile che non ha nulla a che fare con la decorazione originaria a grandi foglie di tipo lombardo.

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SENECA NELLA VATICANA DI NICCOLÒ V

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gruppo 8 con il ricorso a un codice del gruppo p47. Il codice più antico dei tre è ritenuto il Cesena, Biblioteca Malatestiana, S. XX. 1 del sec. XIII/XIV, segue il nostro Vaticano, mentre nel pieno Quattrocento va collocato Krakow, Bibl. Jagellonska, 536. Andrà dunque valutato se vi sia un rapporto diretto tra il codice di Cesena e il Vaticano o se ci si trovi di fronte, come è più probabile, anche perché la datazione del Cesenate andrà controllatala una comune discendenza. Il codice vaticano non reca alcuna traccia nel punto della lacuna di 8: Tintegrazione era stata dunque fatta a livello dell'antigrafo. È evidente che anche in questo caso il codice vaticano presenta il testo più completo possibile, facendo ricorso ad una tradizione contaminata. Si tratta dell'opera su cui si è maggiormente concentrato l'interesse di Parentucelli, che è intervenuto con postille, correzioni su rasura, lezioni alternative sui margini. Qualche esempio48: f. 233rb et quecumque in radicibus arbor lapidum stetit (III 27, 5)] aliter «et quecumque in arduis arbor commissura astricta lapidum stetit»49; f. 233va pro magnitudine Tei dixit: «Omnia pontus erat» (III 27,13)] Ovidius50; f. 245va Ego quidem centuriones duo quos Nero Cesar, ut aliarum virtutum ita veritatis in primis amantissimus, ad investigandum caput Nili miserai (VI 8,3)] Duo centuriones missi a Nerone ad inquirendum de ortu Nili; Adularis Seneca. UApocolocyntosis si trova ai ff. 284v-287v, il titolo è stato apposto in seguito (sec. XVII) nella ^Torma Deludis Senece.Non c'è distinzione tra prosa e versi, il greco è imitato in lettere latine. In base all'analisi della tradizione compiuta da Eden51 emerge che su 41 codici censiti tre sono i manoscritti fondamentali: Sankt Gallen, Stifsbibl., 569 (=S) (sec. IX ex.); Valenciennes, Bibl. Municipale, 411 (=V) (sec. IX-X); London, British Library, Add. 11983 (=L) (sec. XI-XII). V e L sono tra loro 47

H. M. Hine, The Manuscript Tradition of Seneca's Natural Questions, «Classical Quarterly», 30 (1980), 183-217; voce in Texts and Trasmission, a c. di HlNE, 376-78; L. ANNAEUS SENECA, Naturalium quaestionum libros, ree. HlNE, Lipsiae 1996, XVI. 48 Rimando all'edizione L. Annali Senecae Naturalium quaestionum libros VIII, ed. A. Gercke, Lipsiae 1907. 49 Questa variante testuale corrisponde alla lezione dell'edizione critica; non ho invece rinvenuto negli apparati la lezione trovata da Parentucelli nel manoscritto. 50 Si tratta in effetti di un verso ovidiano: Mel i 292. 51 P. T. Eden, The Manuscript Tradition of Seneca's «Apocolocyntosis », «The Classical Quarterly», 29 (1979), 149-61.

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imparentati contro S, mentre dall'analisi di Eden sembra difficile collocare in uno stemma i restanti manoscritti. Si può solo dire che nessuno di essi conserva ciascuna delle peculiari lezioni di V, mentre è assai difficilmente verificabile la loro fedeltà a un ramo o all'altro della tradizione. Questa situazione è senza dubbio applicabile al Vat. lat. 2212, le cui lezioni oscillano tra un ramo e l'altro della tradizione, ma con maggiore vicinanza ad L piuttosto che ad S (sette contro due in base alle lezioni distintive di Eden a p. 153), più di quanto indicato da Eden, che invece colloca il Vaticano nel gruppo del Sangallensis, pur riconoscendo la presenza di contaminazione52. Si conferma dunque che i codici più recenti non sono assimilabili ad alcun ramo di tradizione e nello stesso tempo che il Vaticano trasmette un buon testo. Alla fine del Ludus, senza soluzione di continuità (f. 287va) è riportato 1'epitafio Ule ego Pannoniis (AL 660), come nell'antico codice di Valenciennes, e così nel Par. lat. 6630 (sec. XII-XIII), nel Par. lat. 8717 (sec. XIV) e nel più tardo codice di Tours, Bibl. Municipale, 693 (sec. XV)53. Ai ff. 287v-292v del Vat. lat. 2212 è contenuta l'operetta ps. seneoana De copia verborum,^ priva di titolo; una mano successiva ha aggiunto De quatuor virtutibus, mentre 1'explicit suona Explicit liber Senece de copia verborum. Gome ha indicato la Fohlen, si tratta della cosiddetta recensione «bastarda C» di quest'opera, che è condivisa da quattro manoscritti, il nostro Vaticano, il Par. lat. 8544, scritto da due studenti fiamminghi a Pavia e datato 1389, di proprietà di Agostino Fazzardi, appartenente ad una famiglia pavese, di cui diversi membri furono studenti all'Università di Pavia, e poi dei Visconti54, il Par. lat. 8717 (sec. XIV) e

52 Seneca, Apocolocyntosis, ed. Eden, Cambridge 1984, 23-26 dove è ipotizzata l'origine tedesca del Vaticano e la sua appartenenza ad una tradizione contaminata. Si veda anche L. A. Senecae Divi Claudii Apokolokyntosis, ed. C. F. Russo, Firenze 1948, dove il nostro codice è citato a p. 23. La voce di Reynolds in Texts and Trasmission, Oxford 1983, 361-62 sottolinea che i manoscritti derivati da S sono in minor numero e che i più tardi sono prevalentemente italiani. 53 Eden, The Manuscript, 151. Dalla descrizione di questi quattro manoscritti offerta da Russo nella sua edizione alle pagine 21-25, si evince un più stretto legame tra il codice di Tours e il Par. lat. 8717, che chiudono il Ludus con la sequenza: Marziale V 42, satira Factum fuit in coelo, AL 660 e la subscriptio. 54 Pellegrin, La bibliothèque des Visconti et des Sforza ducs de Milan, au XV e siècle, Paris 1955, 260-61.

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Tours, Bibl. Municipale, 693 (sec. XV) copia del precedente55. Andrà verificato il rapporto tra il codice del Crespi e quello visconteo. Inoltre il Vaticano è l'unico codice finora noto che trasmetta, ai ff. 282v-284v, una raccolta di sentenze tratte dai Dialogi e dal De dementia con incipit «Numquid sed quemadmodum» e il titolo Sequitur de copia verborum, aggiunto dalla stessa mano (secc. XVI-XVII) che appone il titolo al Ludus56. Le tragedie nel Vat. lat. 2212, sono poste ai ff. 314v-371r, cioè a conclusione del codice, come normalmente accade nei manoscritti latori degli opera omnia. Hanno l'ordine e i titoli propri della tradizione A, ma qui con alcune peculiari caratteristiche. Infatti le tragedie sono disposte secondo una sequenza anomala: dopo il Tieste vi è Y Edipo seguito dall' Ippolito e poi dalla Thebais, normalmente invece il posto àeXVEdipo è occupato dalla Thebais e viceversa; inoltre i titoli sono in alcuni casi in forma di aggettivo di un sottinteso tragedia: Thiestea, Edipa, Ypolita, Agamenonia. Nel Vat. lat. 2212 la rubrica ad ogni tragedia contiene in sé Texplicit della precedente, l'incipit della successiva e i nomi dei primi interlocutori: «Marci Anei Senece Hercules furens explicit. Incipit Thiestea et umbra Tantali loquitur et furia». La rubrica iniziale manca, una mano successiva ha aggiunto in inchiostro nero: «L. A. Senece Tragedie» (f. 314v). Va infine segnalata la presenza di un attento revisore coevo. Il testo ha le lezioni e le lacune proprie di A, che sono state in parte colmate, così che esso è da considerarsi un codice AE57. Questa impostazione dell'opera, quanto a testo e rubriche, non è diffusa e si ritrova nel Vat. lat. 1647 del sec. XIV di probabile origine veronese58, a sua volta imparentato con il codice veronese Laurenziano 37,6 di Antonio del Gaio da Legnago, datato 1368. Il rapporto

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Fohlen, Un apocryphe de Sénèque mal connu: le De verborum copia, «Mediaeval Studies», 42 (1980), 147, 161 e 182. Il rapporto esistente tra il codice di Tours e il Par. lat. 8717 per i\ De copia verborum conferma Pipòtesi di parentela da me avanzata per il Ludus. 56 Fohlen, Un apocryphe, 170, che segnala altri due codici con questa raccolta, il Laurenziano 76,38 e il Par. lat. 6379, ma senza il titolo De copia verborum. 57 Sulla situazione testuale di alcuni codici trecenteschi delle tragedie di Seneca: Monti, Un'edizione tardo trecentesca delle tragedie di Seneca, «Aevum», 73 (1999), 513-34. 58 Vedere i classici, a c. di Buonocore, 299-301, scheda n0 62, a cura di Monti, dove è indicato il rapporto esistente tra questo codice e il Laur. 37,6.

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tra questi due codici è già stato istituito dal Düring e dal Leo59, il Tarrant li mette inoltre in relazione con London, British Library, Harley 2484; Cambridge, Univ. Library, Nn II 35 e con lo stesso Vat. lat. 221260. Una mano successiva interviene in tutta l'opera correggendo gli errori del copista e formulando interventi di lettura di tipo esplicativo. Dall'analisi delle principali opere trasmesse dal Vat. lat. 2212 emergono i criteri che hanno guidato il raccoglitore della raccolta: accorpare il maggior numero possibile di opere di Seneca; offrire di ciascuna di esse un testo completo, anche correndo il rischio della contaminazione; accompagnare ogni opera, ove possibile, con il corredo introduttivo e esplicativo approntato a partire dal XIII secolo: rubriche, prologhi, commenti, glosse. Si tratta dunque di una 'edizione' che offre quanto di meglio possa desiderare lo studioso, ivi compreso il nitore della scrittura, non mancano invece le mende di copista. Di fronte a questa splendida, accuratissima opera omnia di Seneca come ha reagito Tommaso da Sarzana? Egli è intervenuto in più punti del manoscritto, applicando al testo un severo lavoro di revisione: riscritture su rasura per correggere errori del copista e varianti alternative sui margini si applicano ad alcune opere soltanto e sono intense solo per una pagina o due, come se il lettore non avesse più tempo per continuare o perdesse interesse. Parentucelli compie essenzialmente un lavoro filologico finalizzato all'assestamento del testo, non un lavoro di commento o di riflessione personale, e anche questo tipo di operazione è estremamente intermittente: si applica a pagine delle Epistole, al De ira, alle Naturales quaestiones. Anche per Parentucelli il Ludus non suscita alcun interesse. Solo a f. 245v emerge una postilla, come ho già segnalato, che pare manifestare un'opinione: Adularis Seneca. Essa si ritrova identica, e sempre autografa di Parentucelli, anche nel Vat. lat. 221461. Siamo di fronte al nodo che già aveva tormentato i precedenti lettori di Seneca e che Petrarca aveva affrontato con la consueta lucidità nella Familiare XXIV 5: l'amatissimo Seneca è il maestro di vita morale che abbassandosi ad adulare il tiranno non sa ac-

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Guido Billanovich, Appunti per la diffusione di Seneca tragico e di Catullo, in Tra latino e volgare per Carlo Dionisotti, Padova 1974 (Medioevo e Umanesimo, 17), 147-55. 60 McGregor, The Manuscripts, 1175 e 1207, 1153 e 1189-90; Seneca, Agamemnon, with commentary by R.J. Tarrant, Cambridge 1976, 71, 79, 85 n. 2. 61 Sulle postille di Niccolò V: Manfredi, I codia, lxxvii-lxxxiv.

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cordare oratio e vita. Questa sfida culturale e morale non poteva lasciare indifferente Tommaso da Sarzana. Come ho già segnalato per la sezione che trasmette le tragedie, la mano di altri annotatori è rilevabile nel codice. Alcuni anonimi, come colui che pone delle postille in rosso ai ff. lllv e 112v, che riprendono termini del De beneficiis, quali Kalendarium e fidila, di cui viene fornita anche la spiegazione: pauper vidima ut quidam putant. Si tratta evidentemente di persona dell'ambito di Niccolò V con forti interessi lessicali. Non si tratta però del Tortelli, la cui mano si rileva altrove nel codice, a f. 116r ad esempio, come è già stato segnalato62.

3. Giovanni Capitani Crespi Giovanni Capitani Crespi definisce se stesso firmando le sue opere «utriusque iuris et rethoricorum professor minimus», ma è difficile individuare la sua presenza in Università come Padova e Pavia cercando di evitare le facili omonimie, come purtroppo avviene nella voce a lui dedicata del Dizionario biografico degli italiani63. Sulla base della data di morte, da fissarsi come si vedrà al 1447, è possibile escludere una sua attività di professore a Padova e a Pavia negli anni settanta del '300 e dunque una sua nascita nella prima metà del secolo. Gli indici del Malocchi rimandano a un lohannes de Crispís e a un Johannes de CapitaneisM. Il primo non è sicuramente il nostro: si tratta di uno dei più vecchi professori dello Studio pavese, già importante nel 1374, che morì nel 1401 ed è anche detto da Besate65. Del secondo invece sono segnalate tre presenze: una nel 1374 e due nel 1383, in queste ultime com62

Manfredi, I codici, 454. DBI, 18, Roma 1975, 545-46, a c. di M. Tocci sub voce Capitani Giovanni. 64 R. Mai OCCHI, Codice diplomatico delVUniversità di Pavia, I, Pavia 1905, sub voce A. GLORIA, Monumenti della Università di Padova (1318-1405), I, Padova 1888, 169-70, 319. 65 Mai OCCHI, Codice diplomatico, II/1, Pavia 1913, 6: il 21 gennaio 1401 il notaio Griffi dice di aver steso, nel luogo di Besate, il testamento di Giovanni Crespi, uno dei più vecchi professori dell'Università; 148: nel 1415 Bartolomeo Crespi è detto filius quondam decretorum doctoris domini lohannis; Memorie e documenti per la storia delVUniversità di Pavia e degli uomini più illustri che v'insegnarono, I, Pavia 1878, 26; in Z. Volta, La facoltà teologica ne' primordi dello studio generale di Pavia, «Archivio storico lombardo», s. Ili, a. 25, IX (1898), 305, lohannes de Crispis Papiensis è elencato «Ad lecturam iuris Canonici ante annum 1374». 63

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pare insieme a lohannes de Crispís: si tratta dunque di due persone diverse. Anche in questo caso fa difficoltà la cronologia e quindi andrà tenuta sospesa Tidentificazione. Giovanni Capitani Crespi fu probabilmente legato ai Visconti se è il nostro il Giovanni Crespi che operò come diplomatico nel 139266 e nel 1398, in questo secondo caso insieme al Filargo67, nel 1395 assunse la prestigiosa carica di prevosto di S. Ambrogio, che resse per un decennio68. Poi con conversione che a noi appare repentina si fece monaco cistercense a Chiaravalle, ricevendo l'abito dal vescovo di Piacenza Branda Castiglioni e subito nel 1406 divenne abate del monastero di Monteoliveto dell'Acquafredda, sul lago di Como69. Vi rimase abate per quarant'anni: i regesti delle pergamene del monastero conservate alla Biblioteca Ambrosiana di Milano lo danno come abate fino al 144770. Insieme a molti alti prelati lombardi partecipò al Concilio di Basilea. Sue presenze sono registrate in luglio e novembre del 1432, nel luglio del 1434, nel dicembre del 1436 quando si votò la nuova sede per il Concilio71.

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G. Galli, La dominazione viscontea a Verona (1387-1404), «Archivio storico lombardo», s. VI, 54 (1927), 497-98: è detto Giovanni de' Crespi, consigliere. 67 G. Romano, Regesto degli atti notarili di C. Cristiani, «Archivio storico lombardo», s. Ili, 21(1894), 295: è detto Giovanni Crespi, dottor di decreti. 68 Maiocchi, Codice diplomatico, 4: l'I luglio 1401 a Piacenza nella casa del giurista Raffaele Fulgosio il venerabilïs vir dominas lohannes de Crispis prepositus ecclesie sancii  mbroxii Mediolani si fa garante per un debito del fratello, di cui non è indicato il nome. 69 Archivio di Stato di Milano, Archivio diplomatico, Pergamene per fondi, cart. 345, t. 34, c. 2, n0 42; G. Tizzoni, Serie degli abati e superiori del monastero di S. Maña delVAquafredda, ff. 215r-216r, ms. Milano, Bibl. Braidense, AE XV 15, che fornisce notizie sul suo abaziato e segnala che fu nominato abate benché insignito solo degli ordini minori. 70 Milano, Biblioteca Ambrosiana, Pergamene pagensi, n0 3179, 3242, 3243, 3245, 3263, 3265, 3270-3272, 3285, 3294, 3340-3342, 3356, 3372-3273, 3379-3383, 3396-3399, 3439, 3446-3449, 3461, 3466-3467, 3988bis (degli anni 1411-1447), 3998 (dell'anno 1446), 4000 (dell'anno 1445) , 4192 (dell'anno 1443) . Non ho consultato gli originali ma solo i regesti in microfiches. Dal 1448 è abate Antonio de Isolanis (3988). Sul Crespi e gli abati dell'Acquafredda: J. Leclercq, Manosaritti cistercensi italiani ora negli Stati Uniti , in Momenti e figure di stona monastica italiana, a c. di V. Cattana, Cesena 1993, 472, 475. 71 Concilium Basiliense, hrsg. J. Haller, II (1431-1433), Basel 1897, 177, 267, 268; III (1434-1435), Basel 1900, 160, 268 dove si fa riferimento al monaco Benedictus de Luponibus che accompagnava l'abate; IV (1436), Basel 1903, 349.

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Si conoscono alcuni suoi scritti, il più antico a me noto è una lunga lettera in forma di trattato a Innocenzo VII, a nome del vescovo di Milano Pietro Filargo ed è datata 1 marzo 140572. E trasmessa solo dal codice Firenze, Biblioteca Riccardiana, 784, latore anche di un altro testo del Crespi, tra materiale relativo allo scisma73. In esso è posta come allegato ad una lettera del Crespi al cardinale di Ravenna Gian Nicola Migliorati, nipote di papa Innocenzo VII, in data 1 febbraio 1410, quando il Filargo era ormai il papa «pisano» con il nome di Alessandro V. In quest'ultima si firma: Verierabilis pater devotus orator et filius Abbas monasterii de Oliveto, mentre in quella del 1405: Devotus orator et familiaris et filius lohannes de Capitaneis de Crispís prepositus ecclesie sancii Ambrosii Mediolanensis, utriusque iuris et rethoricorum professor minimus. Il testo è costruito con una fitta trama di citazioni bibliche con qualche emergenza classica: Ovid. Heroides V 96 «Consule, quis etas longa magistra fuit». Significativa una ripresa petrarchesca: «Sed ut ego cum poeta laureato Francisco Petrarcha in epistola ad senescalcum regni Hyerusalem et Cicilie dico nulla sit mutatio, non enim mutât sed ostendit». Si riferisce evidentemente alla Familiare XII 2, 10 suW institutio regia a Niccolò Acciaioli: «et honores non mutant mores atque animum sed ostendunt». Rapidi accenni ad Agostino, Gregorio Regula pastoralis, Ambrogio definito patronus meus. Il 29 giugno 1408, ormai abate all'Acquafredda, scrisse una lettera a papa Gregorio XII (Angelo Correr eletto il 30 novembre 1406) per perorare la causa dell'unità della Chiesa74, dove si firma: Devotus orator et filius lohannes de Capitaneis de Crispís, abbas monasterii sánete Marie de Oliveto, cisterciensis ordinis, Cumane diócesis utriusque iuris et rethoricorum professor minimus. Il testo è tutto in tessuto di citazioni bibliche che si susseguono una dopo l'altra senza che si intraveda la trama di discorso che le sostiene. Emerge un discreto interesse per l'astrologia: «Audivisti in quo concordati sunt moderni astrologi in suis iudiciis de unione ecclesie per 72

Ne parla il DBI, 545-46 che cita da G. M. Mazzuchelli, Gli scrittori d'Italia, ff. 168v169v del Vat. lat. 9265. 73 P. O. Kristeller, Iter Italicum, London - Leiden 1963 - 1997, I 202; G. Lami, Catalogo dei cdd. Mss. della Bibl Riccardiana, Liburni 1756, 2. 74 Non è segnalata in DBI. L'ho letta nel Vat. lat. 4000, ff. 74vb-85va (Kristeller, Iter, VI 321a). È trasmessa anche nei codici: Vat lat. 4192, ff. 87v-100r e Vat. lat. 7305, ff. 100v-115v (Kristeller, Iter, VI 321b e 323a).

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costellationes anno presenti significata. Sed alii aliter sentientes aliter dicunt in contrarium perspicatius revolutionem anni presentís a deo malum statum ecclesie demonstrare ut priorem quasi non potuisset...(f. 82rb)», con citazioni anche da Àlbumasar e Tolomeo/ Cultore della scienza astrologica fu anche il padre del Crespi («cuius excellentissime memorie genitor non in hac astrorum facúltate tantum...»). Da questo mare magnum biblico ho estratto una sola citazione classica ed è proprio del Seneca epistolare: «Eo enim usque perventum est de quo sentit Seneca libro tercio epistola ultima: 'Desinit esse remedio locus ubi que fuerunt vicia mores sunt' (Sen. Epist. 39, 6). 'O tempora o mores'75 nostri temporis quo tandem versa retrorsum ire parant undique bella fremunt». Chiude la serie delle opere sicure l'epistola de morte Alfonsi de Carillo al vescovo di Novara Bartolomeo Visconti76. Il cardinale Carrillo morì a Basilea il 14 marzo 1434. Il testo è trasmesso dal codice Basel, Universitátsbibliothek, AII 34, ff. 273r-286v77. L'ampia laudatio di Alfonso Carrillo si articola in capitoli introdotti da rubriche ed è inserita nel contesto del Concilio, cui è dedicato un ampio spazio e una forte passione. Esso è stato convocato pro generali et reali reformatione ipsius universalis ecclesìe militantis in capite et in aliis menbris (sic) et pro extirpatione heresum, at pro pace christianorum necnon pro pertinentibus adea (sic)... in Pisano Constanciense Papiense et Senense generalibus conàliis. Il Carrillo morì durante il Concilio come era successo al cardinale Francesco Zabarella al tempo del Concilio di Costanza78; 75 Cic., 2 Verr. IV 25, 56, ma l'espressione era ormai proverbiale: Walther, Initia, n0 19586a. 76 Eubel, Hierarchia catholica, I 372 e II 205. DEI, 1, Roma 1960, voce Aicardi Bartolomeo, a c. di G. Martini, 513-14. L'Aicardi, nato nel 1402, fu un fedelissimo dei Visconti, da cui la famiglia ottenne di poter associare al proprio cognome quello dei Visconti, partecipò al Concilio di Basilea, dove ebbe l'incarico di rappresentante ufficiale del duca Filippo Maria nel 1432. 77 L'opera non è segnalata nel DEI; Kristeller, Iter, V 41; M. Steinmann, Die Handschriften der Universitàtsbibliothek Basel, Register zu den Abteilungen A I - A XI und O, Basel 1982, 352, 365, 451. 78 Eubel, Hierarchia catholica, I 33 e 251. Un'informazione generale su di lui in Dictionnaire d'histoire et de géographie ecclésiastiques, IX, Paris 1949, 1133-34, voce di M. Alamo. Il Carrillo, eletto cardinale da Benedetto XIII, con cui era imparentato, fu poi confermato da Martino V. Egli era comunque l'uomo chiave della politica francese-castigliana e milanese nella prima fase del Concilio di Basilea: J. Helmrath, Das Easier Kon-

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inoltre Necfuit mors illa sola nec ipse solus aut in comitatus obiit honorantissime et solempnissime associatus morte reverendissimi in Christo patris domini domini Vitalis patriarche Alexandrini, cioè Vitale de Monléon le cui esequie furono celebrate a Basilea il 19 marzo 143479, pochi giorni dopo la morte del Carrillo. Uno dei meriti del Carrillo sarebbe, secondo il Crespi, l'essersi prodigato per l'elezione al cardinalato dei due uomini chiave del Concilio, cioè i presidenti dell'assemblea nominati dal papa: Niccolò Albergati e Juan Cervantes80. Come nelle altre opere del Crespi così in questa il ricorso alla citazione biblica è preponderante, anche se è dato maggior spazio che altrove alle vicende biografiche e ecclesiali del personaggio oggetto di questa lunga laudatio. Ho isolato tre citazioni classiche: Quoniam secundum poetam Senecam81 : «desinit remedio locus esse ubi que fuere vicia mores sunt», libro 3o epistola ultima (Sen. Epist. 39,6)82. «O tempora o mores» nostri temp oris, quo tandem versa retrorsum83 ; Symonia committitur que etiam per sordidum obsequium committitur: «Muñera, crede michi - ut inquit poeta rapiunt homines» (Ovid., Ars aman. Ill 653) et «exenia et dona excecant oculos iudicum» Ecclesiaste 20 capitulo (Sir. 20,31); Et secundum poetam «ipse licet veniat Musis et virtutibus comitatus Homerus / Si nichil attulerit ibit

zil 1431-1449, Kòln - Wien 1987, 117-19. Si capisce dunque perché il Crespi ne tessa le lodi proprio all'Aicardi. 79 Concilium Basiliense, III 49. 80 Furono eletti insieme cardinali da Martino V il 26 maggio 1426 (Eubel, Hierarchia catholica, I 34). Un'informazione generale su di loro in Dictionnaire d'histoire et de géographie ecclésiastiques, I (1912), 1396-97, voce di S. AUTORE; XII (1953), 179-80, voce di F. Perez; L. von Pastor, Storia dei papi dalla fine del Medio Evo, trad. it. di A. Mercati, I, Roma 1925, s.v. 81 Va notato che il Seneca morale è qui detto poeta, quindi viene implicitamente accettato che egli sia anche l'autore delle tragedie. 82 In questa citazione il Crespi fa riferimento ad una divisione in libri dell'epistolario di Seneca che non corrisponde a quella tradita dal Vat. lat. 2212, il quale chiude il terzo libro con la lettera 30. Trovo la stessa citazione in una postilla di Ildebrandinó Conti: M. C. Billanovich, Il vescovo Ildebrandinó Conti e il «De civitate Dei» della Biblioteca universitaria di Padova. Nuova attribuzione, «Studi petrarcheschi», 11 (1994) , 122. Non pare però che la frase fosse passata in proverbio. 83 La stessa citazione ricorre nell'epistola a Gregorio XII di trent'anni prima. Anche nel 1408 dunque non sembra citare Seneca dal Vat. Lat. 2212.

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Homerus foras» (Ovid., Ars aman. II 279-280)84. Interessante notare Fuso morale dell'Ars amandi posta addirittura in parallelo con il Siracide. Nel codice Oxford, Bodleian Library, Laud misc. 96 sono conservati sermones varii in concilo Basileensi habiti, tra cui, ai ff. 169r-l75r, uno In festo s. Augustini per P. abbatem de Aquafrigida a. D. 143785. Il codice di medie dimensioni, mm 285 x 205, è stato scritto da più mani di origine tedesca: f. 169r, Sermo sacro in Concilio Basiliensi in festo sancii Augustini per reverendum dominum p abbatem de Aqua frigida a. d. 1437, «Reverendissimi benedicendique patres et domini coniugi (?) michi veneratione colendissimi divini muneris aspiracione nostris coram dignissimis aspee tibus de sane to eximio doctore Angustino sermona (sic) facturus...», f. 175r «...ut singula premissa per hoc sacrum concilium pro dei laude et animarum salute debitum sorciantur effectum quod nobis concedere dignetur altissimus qui est in sécula seculomm benedictus amen»86. Non c'è dubbio che si tratti del Crespi, anche se l'ultima presenza segnalata in Mailer è del 5 dicembre 1436. La festa di s. Agostino è il 28 agosto. In queste opere il Crespi mostra una solida cultura biblica di impianto scolastico, non disgiunta da conoscenze classiche e umanistiche, che sono messe al servizio della complessa problematica relativa alla risoluzione dello scisma e alla composizione della frattura tra papa e Concilio. Il DBI segnala un'opera di carattere giuridico da attribuire al Crespi: la Repetitio in lege «Si quis sub conditione» {Digesto 26,2), trasmessa dal codice Vat. lat. 2638, ff. 155v-160r, con la seguente sottoscrizione: Composita fuit hec repetitio per me Ioannem Capitaneum de Mediolano legum doctorem minimum anno domini MCCCLXXV die lovis nono mensis Decembris tune legentem Infortiatum in felici Studio Paduano87. Il fatto che si de-

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«ipse licet venias Musis comitatus, Homere,/nihil attuleris, ibis, Homere, foras». Bodleian Library Quarto Catalogues. II. Laudian Manuscripts, by H. O. Coxe, Reprinted from the Edition of 1858-1885 with Corrections by R. W. Hunt, Oxford 1973, 102. Segnalato in Leclercq, Manoscritti cistercensi, 472 n. 5, che tratto in inganno dalla P., che io credo stia per patrem, e non conoscendo le pergamene conservate all'Ambrosiana, ha creduto di trovarsi davanti a un ignoto abate dell'Acquafredda. 86 Devo alla gentilezza di Fabio Forner la ricognizione diretta del manoscritto. 87 DBI 18, 546; G. DOLEZALEK, Verzeichnis der Handschriften zum rómischen Rechi bis 1600, Frankfurt a. M. 1972, ad indicem. Il DBI segnala anche la presenza, in un codice 85

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signi professor minimus, come fa il Crespi nelle sue opere certe, porta a ritenere che si tratti del nostro autore, mentre il cognome Capitaneus al singolare va contro i dati in nostro possesso, così una sua docenza padovana nel 1375 cozza con la sua morte probabile nel 1447. Questo interessante personaggio è dunque il committente del Vat. lat. 2212. Ma non solo. Il suo stemma compare almeno su un altro codice. Si tratta del manoscritto M 37 dell'Archivio di S. Ambrogio a Milano: è l'unico codice classico ora conservato in questa raccolta; contiene: Vegezio, Epitoma institutorum rei militaris (ff. 4ra-16va); Frontino, Strategematicon (ff. 16va-29vb); Seneca retore, Declamationes (ff 30ra45rb) ; il blocco dello pseudo Seneca: De moribus. De paupertàte, De remediis fortuitorum (ma con il titolo De convitacione et impetu fortune), Proverbia alfabetici, Formula honestae vitae (ff. 46ra-50vb); il De dementia (ff. 50vb-54va) , tre Dialogi, De vita beata, De providentia, De tranquillitate animi (ff. 54vb-78ra), inframmezzati da una nuova copia del De remediis e dal Debeneficiism. Si tratta di un manoscritto membranaceo, ff. II (I moderno)+78+1, mm. 450 x 280 su due colonne, vergato in bella scrittura gotica del sec. XIV ex. su fascicoli formati da quinterni. Varie iniziali miniate di tipo decorativo, rossi e blu per le rubriche. Legatura in assi ricoperte di pelle con borchie del 1700. A f. 4r, secondo la numerazione moderna, nel pie di pagina, vi è uno stemma circondato da grandi foglie colorate e bottoni d'oro di tipo lombardo. In uno scudo si alternano quattro bande oro e blu, nella banda blu superiore vi è una C gotica in oro. Si tratta dunque dello stemma Crespi. A f. 49rb alla fine di una sequenza alfabetica di sentenze si trova il distico leonino: «Lector sepe legas hec et mortalia serva/ Seneca que scripsit, scriptis plaudente Minerva». Segue 1'explicit e il colophon: Explicit liber Senece deo gracias Amen Amen Amen. Qui scripsit scribat semper cum domino vivat. Amen Amen Amen. E probabile quindi che qui si concludesse uno degli antigrafi utilizzati. A f. 78r il copista non ha apposto

non precisato, contenente i Consilia di Baldo della sottoscrizione Ioannes de Crispis de Cre{...) e Ioannes Capitaneus de Molino, che senz'altro non è da attribuire al nostro. 88 Descrizione sommaria del contenuto del codice in R. Sabbadini, Spogli ambrosiani latini, «Studi italiani di filologia classica», 11 (1903), 377, ora ristampato in Opere minori, a c. di T. Foffano, I, Padova 1995 (Medioevo e Umanesimo, 87), 227.

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CARIA MARIA MONTI

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alcun colophon, ma una mano in caratteri minuti ha vergato la seguente nota: Explicit liber Annei Senece de tranquillitate animi ad Serenum et est unaa cum precedentibus [rasura] decretorum doctoris. Sotto la rasura si celava probabilmente il nome del Crespi stesso. È inoltre da tenere in conto che la nota possa essere autografa, ma andranno compiuti ulteriori approfondimenti. Quanto a Seneca il codice contiene dunque una raccolta delle opere sentenziose per lo più spurie, tre Dialogi, il De benejìciis e il De dementia. Posso dire che questi ultimi, sulla base dell'analisi di Mazzoli, non hanno lo stesso tipo di testo offerto dal Vat. lat. 221289. Per costruire questi suoi due codici senecani il Crespi si servì dunque di una vasta gamma di antigrafi. Ho buona probabilità di credere che I'M 37 sia stato allestito nel decennio in cui il Crespi fu prevosto di S. Ambrogio, quando poteva disporre di ricche prebende, e che a S. Ambrogio il codice sia rimasto dopo il passaggio del Crespi all'Acquafredda. La vicinanza tra il codice di S. Ambrogio e il Vaticano mi pare consenta di avanzare l'ipotesi - sostenuta da ragioni paleografiche — che anche il Vaticano sia dello stesso periodo, cioè quello ambrosiano del Crespi. Più complessa è invece la ricostruzione del periodo successivo, cioè il passaggio del codice all'Albergati. Il cardinale morì prima del Crespi, nel 1443, dunque dovette acquisirlo lui vivo. I due sicuramente ebbero la possibilità di conoscersi a Basilea, come prova tra l'altro la Laudatio del Crespi in morte del cardinale Carrillo. L'Albergati era stato nominato presidente del Concilio nel gennaio 1433, ma giunse a Basilea solo all'inizio di settembre e vi rimase fino all'anno successivo. E con lui il suo segretario, Tommaso Parentucelli, che nel luglio del 1434 fece parte della commissione teologica incaricata di esaminare la materia Graecorum90. Non si può escludere però che il Crespi e l'Albergati si fossero incontrati in precedenza a Milano, dove il cardinale svolse una legazione tra il 1426 e il 1428 e dove il Crespi continuava ad essere presente come uomo dei Visconti, anche dopo l'elezione ad abate dell'Acquafredda, 8,1

Mazzoli, Ricerche, 182, 194, 196 n. 146, 220. Manfredi, Un ' e di tio umanistica dei «Panegirici latini minores»: il codice Vaticano lat. 2775 (W) e il suo correttore (w)^ in Studia classica lohanni Tarditi oblata, a e, di L. BELLONI G. Milanese - A. Porro, II, Milano 1995,1322-23. 90

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SENECA NELLA VATICANA DI NICCOLÒ V

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poiché sia la lettera a papa Gregorio XII del 1408 sia quella a Gian Nicola Migliorati del 1410 furono scritte a Milano: Datum Mediolani II cardinale Albergati ebbe dunque la possibilità, in più di un occasione, di entrare in contatto con il Crespi, da cui poté ottenere la splendida edizione senecana, che poi il suo segretario recuperò perché entrasse a far parte della biblioteca papale91.

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Manfredi, I codici, 225 n0 360 segnala che il Vat. lat. 1997 con le Antiquitates iudaicae di Giuseppe Flavio, francese del sec. XII med., donato dall'Albergati alla certosa di S. Girolamo a Casara presso Bologna, passò a Niccolò V. Altro codice dell'Albergati entrato nella biblioteca di Niccolò V è il Chig. A V 235 con Agostino, De civitate Dei: Manfredi, L'«Orthographia» di Giovanni Tortelli nella Biblioteca Vaticana, in Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae. VI. Collectanea in honorem Rev. mi Patris Leonardi E. Boyle septuagesimum quintum annum féliciter complentis, Città del Vaticano 1998 (Studi e testi, 385),268.

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Antonio Manfredi

NOTE PRELIMINARI SULLA SEZIONE GRECA NELLA VATICANA DI NICCOLÒ V

2. Niccolò Vela cultura greca: ricerche di codici e sostegno alle traduzioni «Papa Niccolò riunì nella biblioteca pontificia anche alcune centinaia di codici greci: stelle della nuova età»1. L'efficace metafora di Giuseppe Billanovich sintetizza con forza uno tra gli aspetti più significativi negli inizi della Biblioteca Vaticana2: la notevole presenza della cultura e di manoscritti greci3. Voluto espres-

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Gius. Billanovich, I libri dei papi, «Italia medioevale e umanistica», 37 (1994), 191. Inizio qui a corrispondere all'auspicio espresso in quell'intervento, di «pubblicare l'inventario dei codici greci di Niccolò V e di indicarne i superstiti». Ün auspicio condiviso da p. Leonard E. Boyle, già Prefetto della Vaticana, deceduto proprio mentre completavo la stesura scritta di questo lavoro: ad entrambi va la mia profonda gratitudine per avermi collocato su questa strada, è a don Raffaele Farina, attuale Prefetto della Vaticana, per avermici mantenuto. Un ringraziamento e quasi una dedica va anche a mons. Piero Barbieri e con lui ai gruppi di studio di Sarzana, cui devo accoglienza, amicizia, pazienza. 2 I. B. DE Rossi, De origine historia indicibus scrinii et bibliothecae Sedis Apostolicae, in H. Stevenson - de Rossi, Codices Palatini Latini, I, Romae, 1886, CVTII-CIX; E. Müntz - P. Fabre, La bibliothèque du Vatican au XVe siècle d'après des documents inédits, Paris 1887 (Bibliothèque des Écoles françaises d'Athènes et de Rome, 48), 34-46; R. Devreesse, Le fonds grec de la Bibliothèque Vaticane des origines à Paul F, Città del Vaticano 1965 (Studi e testi, 244), 9-11; J. BlGNAMl Odïer, La Bibliothèque Vaticane de Sixte IV à Pie XI, Città del Vaticano 1973 (Studi e testi, 272), 9-11, che rimanda agli studi di Ruysschaert, e L. E. Boyle, Per la fondazione della Biblioteca Vaticana, in Manfredi, I codici di Niccolò V, Città del Vaticano 1994 (Studi e testi, 359), XIII-XXII. 3 Un aspetto, questo, ben noto agli studi sulla cultura umanistica: da ultimo M. CORTESI, Umanesimo greco, in Lo spazio letterario del Medioevo, 1, Il Medioevo latino, dir. G. Cavallo - C. Leonardi - E. Menestò, III, Roma 1995, 50, ripreso in Cortesi, Umanisti alla ricerca dei Padri greci, in Umanesimo e Padri della Chiesa. Manoscritti e incunaboli di testi patristici da Francesco Petrarca al primo Cinquecento, a c. di S. Gentile, [Roma] 1997, 72; e E. Niutta, Da Crisolora a Nicolò V: greco e greci alla curia romana, «Roma nel Rinascimento» (1990), 31-36. Il primo studioso moderno a mettere in evidenza, pur con qualche ingenuità, questa prospettiva fu G. VoiGT, Il risorgimento dell'antichità classica ovvero

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ANTONIO MANFREDI

sámente da Niccolò V, questo carattere proprio segnò in modo indelebile la storia successiva della Biblioteca Apostolica, che ancor oggi è tra i più ricchi giacimenti di codici greci in Occidente e nei secoli è stata centro importante di studi orientali. L'interesse che Niccolò V accordò alla cultura greca risale addietro negli anni. Su di esso influirono - sicuramente più di altri - due principali fattori: la consuetudine con Niccolò Niccoli e Ambrogio Traversari, per lui maestri negli studi umanistici, e l'impegno diplomatico ed ecclesiale per l'unione con l'Oriente, dalla lunga preparazione al Concilio di Firenze in poi4. L'epistolario del Traversari mostra da dove il futuro papa ha appreso la duplice linea di intervento rispetto al greco da lui applicata costantemente durante il pontificato: la ricerca dei manoscritti, cui si dedicò intensamente proprio il Niccoli5, e l'attenzione alle traduzioni in latino, che furono impegno primario del Traversari6. La prima sicura attestazione di questo doppio interesse da parte di Parentucelli è nella lettera al Niccoli del 1428, laddove Tommaso accenna a ricerche da lui condotte per conto dello stesso Niccoli e in particolare di un il primo secolo delVUmanesimo, trad. it. di D. Vale USA, II, Firenze 1890, 194; più equilibrata e concreta la presentazione di R. Sabbadini, Le scoperte dei codici latini e greci ne' secoli XIV e XV, I, Firenze 1914, riedita a c. di E. Garin, Firenze 19672, 57. 4 Sugli interessi culturali di Parentucelli durante il Concilio rimando a Manfredi, Per la biblioteca di Tommaso Parentucelli da Sarzana negli anni del Concilio Fiorentino , in Firenze e il Concilio del 1439. Convegno di studi, Firenze 29 novembre - 2 dicembre 1989, a c. di P. Viti, Firenze 1994 (Biblioteca storica toscana, 29), 649-712. Un accenno ai rapporti problematici del papa con l'Oriente in V. Peri, Orientalis varietas: Roma e le Chiese d'Oriente: storia e diritto canonico, Roma 1994 (Kanonika, 4), e anche G. Bianca, Il pontificato di Niccolò Ve i Padri della Chiesa, in Umanesimo e Padri, 85-87. 5 Sul Niccoli cercatore di manoscritti greci e sulla sua biblioteca greca: B. L. Human - Ph. A. Stadter, The public Library of Renaissance Florence, Padova 1972 (Medioevo e Umanesimo, 10), 77-85, cui va affiancato Sabbadini, Le scoperte, I, 53-55, che definisce il Niccoli «il grande, l'appassionato ricercatore, il raccoglitore geniale» (p. 53). 6 Sul Traversari traduttore, oltre ai due interventi di A. Sottili, Autografi e traduzioni di Ambrogio Traversari, «Rinascimento», s. II, 5 (1965), 3-13, e II Laerzio latino e greco e altri autografi di Ambrogio Traversari, in Vestigia, Studi in onore di Giuseppe Billanovich, a c. di R. Avesani - M. Ferrari - T. Foffano - G. Frasso - Sottili, Roma 1984 (Storia e letteratura, 163) , 699-745, si vedano anche le prospettive emerse nel recente convegno Ambrogio Traversari nel VI centenario della nascita, a c. di G. G. Garfagnini, Firenze 1988.

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manoscritto egregium... &, mihi quantum datur intueri, diligenter, magnificeque conscriptum7. Il codice conteneva opere di Gregorio di Nazianzo ed era allora nelle mani dell'Aurispa8. Ma sulla ricerca dei codici greci Parentucelli fu ampiamente coinvolto già nei primi anni Venti, quando Niccoli e Traversaci tentarono di avere da Giovanni Aurispa un codice con opere di Archimede9. Così, anche se dalle annotazioni autografe sui manoscritti per ora non risulta che Tommaso conoscesse o usasse la scrittura greca10, ancora nel 1441 Tommaso fece acquistare per sé manoscritti greci dall'Aurispa, che gli ricordò l'episodio pochi anni dopo, dedicandogli una versione11. Nella stessa lettera al Niccoli del 1428 Parentucelli domanda notizie sulle traduzioni in corso presso il Traversari12, delle quali aspettava le copie: Rogo me optimo illi & literatissimo viro, & religiosissimo Patri meo fratri Ambrosio commendatum reddas, Se ei dicito quod expecto in reditu meo habere Homilias illas Chrysostomi ab ipso traductas, Se reliqua, quae nomine I

Traversarii... Latinae epistolae..., a P. Canneto, II, Florentiae 1759, 1046; su di essa si veda qui anche Sebastiano Gentile alle pp. 246-48. 8 Gentile, Umanesimo fiorentino e riscoperta dei Padri, in Umanesimo e Padri, 55, lo individua nel «volume con duecento lettere del Cappadoce di cui è notizia nella lettera dello stesso Aurispa del 27 agosto 1424», per la quale rimanda a Carteggio di Giovanni Aurispa, a c. di Sabbadini, Roma 1931 (Fonti per la Storia d'Italia, 70), 10-15. I rapporti di Parentucelli con l'Aurispa, che furono intensi per i comuni interessi in fatto di libri, e che finora emergono solo dal carteggio dell'umanista siciliano, andranno ancora approfonditi, soprattutto per gli anni del papato. Una traccia di assidua collaborazione emerge dal Carteggio di Giovanni Aurispa, 128, in una lettera in cui Iacopo da San Cassiano, anch'egli impegnato nella versione da opere greche, chiede un rapido ritorno, «admodum nobis necessarium», dell'umanista siciliano in curia. Qualche altro cenno sul Cassiano nella scheda n0 105 in Vedere i classici. L'illustrazione libraria dei testi antichi dall'età romana al tardo Medioevo, a c. di M. Buonocore, Roma 1996, 398-401. 9 Ne parla Sebastiano Gentile in questo volume alle pp. 239-42. 10 Neppure dall'esame dei manoscritti greci appartenuti alla Vaticana di Niccolò V e identificati con certezza tramite gli inventari, risultano postille marginali del papa: diversamente da qualto accade per la sezione latina, assiduamente postillata da Parentucelli (Manfredi, I codici, LXXVII-LXXXIV). II Carteggio di Giovanni Aurispa, 176. L'Aurispa pare essere stato anche tra i principali collaboratori della nuova biblioteca papale, come sembra emergere da un'altra lettera, questa volta a lui diretta da Iacopo da San Cassiano: Carteggio di Giovanni Aurispa, 128-29. 12 Traversarii Latinae epistolae, 1047 (lib. XXV, n0 3).

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meo scribi mandavit. Sique Laertium ad integrum convertit in latinum, oro fac, ut habere possim. Praeterea & in manibus habebat Athanasii Alexandrini plura, quae traducturus erat. Ea omnino habere gestio, ut moram tantam aegre iam feram. In seguito fu lo stesso Traversari a coinvolgere Parentucelli nel suo lavoro di traduzione, dandogli in lettura nel marzo 1431 la nuova versione del De divinis nominibus dallo pseudo Dionigi13: Ostendi ilium (sài De divinis nominibus librum) Thomae ipsi non ut blanditiis deliniret caput meum ... sed ut libere de eo iudicaret. E in effetti anche durante il pontificato Niccolò V mostrò grande interesse per questa versione, nella quale era stato coinvolto di persona e il problema dell'autenticità dionisiana di questo testo famoso fu sollevato in termini assai decisi da uno dei principali collaboratori del papa: Lorenzo Valla14, Anche dal Canone (1441 circa) si percepisce un'attenzione specifica di Tommaso per le versioni dal greco allora conosciute. Esso è infatti un elenco di sole opere in lingua latina e quindi tutte le segnalazioni di scritti patristici greci, collocati prima di quelli latini e dopo la Bibbia, a partire dallo ps. Dionigi fino a Giovanni Damasceno, si riferiscono soltanto a traduzioni. L'elenco fornito da Parentucelli è preciso, piuttosto ampio e finora poco considerato: le versioni antiche e medioevali sono di solito distinte da quelle condotte ab Ambrosio Camaldulensi, e per le prime viene indicato in molti casi l'autore15: un vero e proprio prontuario di verifica su un terreno di lavoro che il pontefice avrebbe contribuito ad allargare e completare. Tra quelle del Traversari naturalmente tornano nel Canone le versioni dal Criso-

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Traversarii Latinae epistolae, 396 (Uh. VIH, n0 36); F. P. LuiSO, Riordinamento dell'epistolario di A. Traversari con lettere inedite e note storico-critiche, II, Firenze 1899, 9; si veda anche Gentile, Umanesimo fiorentino, 55. 14 Manfredi, Per la storia dà Vaticani lat. 171 e 7637, in Manfredi - A. Melograni, Due nuovi codici del Magister Vitae imperatorum, «Aevum», 69 ( 1996), 285-94. 15 M. G. Blasio - C. Lelj - G. Roselli, Un contributo alla lettura del canone bibliografico di Tommaso Parentucelli, in Le chiavi della memoria. Miscellanea in occasione del I cen tenario della Scuola vaticana di paleografia, diplomatica e archivistica. Città del Vaticano 1984 (Littera antiqua, 4), 132-34.

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stomo, da Dionigi e da Atanasio citate nella lettera del 1428, ma Fattenzione per i testi orientali tradotti, greci e anche arabi, continua anche nelle sezioni riguardanti la scolastica e la filosofia, e nel più breve elenco di classici pagani, dove spiccano la versione da Diogene Laerzio e le Vitae illustrium virorum ex Plutarco traductaè6: del resto Plutarco è l'autore greco di cui nei primi anni Quaranta vi era già notevole disponibilità di traduzioni latine17.

Questa doppia linea di lavoro - recupero di originali e sostegno alle traduzioni - divenne quindi, durante il pontificato, il metodo d'approccio alla cultura greca praticato nell'allestimento della biblioteca. Così, se nel Canone, che Fotografa lo stato dei suoi studi all'inizio degli anni '40, Tommaso aveva compilato non solo un elenco di opere rare in latino, ma anche una lista di versioni dal greco, divenuto papa, egli prese, credo per primo, l'iniziativa di affidare l'incarico ad alcuni umanisti di preparare una serie di traduzioni che colmassero i tanti vuoti e permettessero l'accesso in latino alle opere che emergevano via via dalle ricerche in Oriente, con il risultato di arricchire nello stesso tempo la collezione greca e quella latina, F una con originali, l'altra con versioni inedite. Queste commissioni furono affidate a umanisti latini e greci, tra cui spiccano Valla, Poggio, Guarino, Decembrio, Perotti, Gaza, Trapezunzio18, e sancite da una serie di brevi pontifici, documenti ufficiali, dunque, che dimostrano l'importanza ricono16

Biasio - Lelj - Roselli, Un contributo, 155. Si vedano V. R. Giustiniani, Sulle traduzioni latine delle Vite di Plutarco nel Quattrocento, «Rinascimento», s. II, 2 (1961), 3-62; M. Pade, The Latin Translations of Plutarch's Lives in Fifteenth - century in Italy and their Manuscript Diffusion, in The Classical Tradition in the Middle Ages and the Renaissance. Proceedings of the first European Science Foundation Workshop on The Reception of Classical Texts, ed. by Leonardi - B. Munk Olsen, Spoleto 1995,169-83. 18 Sulle versioni rapidamente NlUTTA, Da Crìsolora, 31-32; sui problemi connessi con le versioni si veda da ultimo Cortesi, La tecnica del tradurre presso gli umanisti, in The Classical Tradition, 143-68. Sulla collocazione delle versioni nella biblioteca latina si veda Manfredi, I codici, ad indices. 17

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scinta dal papa anche legalmente per quest'opera19. Molte di queste traduzioni giunsero a conclusione prima della fine del pontificato e gli esemplari di dedica trovarono posto nella nuova biblioteca, dopo essere stati affidati a copisti e miniatori prediletti20. E questi manoscritti sonò chiusi da sottoscrizioni che indicano solennemente la committenza specifica con la formula iussu papae. Si tratta spesso di opere importanti per la diffusione della conoscenza dei testi greci in Occidente: il caso esemplare è quello del Valla, la cui versione tucididea, pur criticata, divenne punto di riferimento per l'approccio al testo dello storico ellenico21. Anche le lettere dedicatorie di questi lavori contengono dati pressoché coevi sul progetto del papa e sull'impostazione della biblioteca, affidata in cura, come è ben noto, ad un bravo grecista, Giovanni Tortelli22. In questo modo il pontefice seppe coinvolgere un mondo culturale in fermento, che si schierò subito dalla sua parte e prontamente lo celebrò nel mito del nuovo Tolomeo, che a Roma rinverdiva la

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Oltre al già citato breve per Enoch d'Ascoli, sono finora emersi infatti altri documenti riguardanti la biblioteca e in particolare i libri greci. Il breve del papa a Cosimo de' Medici con la richiesta di un codice greco di Appiano da far utilizzare a Pier Candido Decembrio è segnalato in Ullman-Stadter, The Public Library, 262 al n0 1193; un altro, ancora a Cosimo (1454), riguarda Giovanni Scutariota, per il quale si chiede il permesso di poter copiare a nome del papa libri greci a San Marco, è segnalato in G. M. Cagni, Agnolo Marietti e Vespasiano da Bisticci, «Italia medioevale e umanistica», 14 (1971), 295-96, è stato pubblicato da A. Fabroni, Magni Cosimi vita, Pisa 1788, 222; due al Perotti si riferiscono alla versione da Polibio e sono stati trascritti dal destinatario sul Vat. lat. 1808, f. Iv, come segnala anche B. Nogara, Codices Vaticani latini, codd. 14612059, Romae 1912, 279, ma li ha pubblicati per primo D. Giorgi, Vita Nicolai V, Romae 1742, 206-207; altri due sulla versione da Omero condotta dal C. Marsuppini sono citati in Sabbadini, Briciole umanistiche, «Giornale storico della letteratura italiana», 17 (1891), 218 n. 1, e pubblicati da A. Mai, Spicilegium Romanum, I, Romae 1839, 574; nel Vat. lat. 3993, £ 20rv, è contenuto un altro breve, finora inedito, riguardante un copista Ludovicus de Alamania, «satis literatum idoneum et bonum scriptorem», cui si concede una dispensa per l'ingresso nel monastero di San Mattia di Murano; il breve è diretto al patriarca di Venezia, Lorenzo Giustiniani. 20 Si vedano qui i contributi di E. Caldelli e E. Pasut; sul Vat. lat. 1801 le precisazioni di P. Cherubini qui a p. 192 n. 132. 21 Si veda qui il contributo di M. Pade. 22 G. MANCINI, Giovanni Tortelli cooperatore di Niccolò V nel fondare la Biblioteca Vaticana, «Archivio storico italiano», 57 (1920), 208-22; M. Regoliosi, Nuove ricerche su Giovanni Tortelli, II, «Italia medioevale e umanistica», 12 (1969), 172-74.

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grande e plurilingue biblioteca di Alessandria23. Ma ciò che importa qui sottolineare è che essi ebbero chiara la prospettiva di metodo adottata da Niccolò V per la biblioteca e in particolare per i libri greci. E, ad esempio, quanto emerge nella dedica di Teodoro Gaza alla versione dal Deplantis di Teofrasto (1451), la prima, a quanto risulta, che fa esplicito riferimento alla biblioteca alessandrina24: Qua in re peculiarem profecto laudem illam quoque tibi reddere licet, quod non solum volumina omnia quae lingua latina praebere possit, summa cum diligentia colligenda et usque a barbaris ultra aquilonem degentibus conquirenda magno cum sumptu curas, sed etiam Graecorum numerosa opera convertenda in latinum sermonem percenses. Idque tanto cum desiderio agis, ut brevi pauci vix libri insignes restent linguae illius qui latine legi non possunt. O rem perutilem et summo pontifice dignam! Hec enim ut homines eruditos omnesque1 barbarie propurgatos reddere potest, ita etiam2 humaniores iustioresque reddat necesse est. Haec tuas bibliothecas, summe princeps, non paucis quibusdam ludeorum libellis, ut de Ptolomeo Philadelpho scribitur, sed plurimis amplissimisque graecorum codicibus gentis nobilissimae omnique litterarum genere praestantissime facit pleniores. Quocirca ratione optima bibliothecas istas, quae tantum luminis afferant linguae latinae tantum que utilitatis praestent hominibus, thesauros longe meliores illis extimari oportet, quos pontificis quosdam semper custodisse modoque Colchici illius draconis absque ulla utilitate super eis assidue invigilasse accepimus. 1. omnique ed; 2. ita etiam ed, etiam om. Urb. lat. 250. Il brano qui riportato mostra che l'autore è al corrente della strategia adottata dal pontefice per gli studi greci, in piena consonanza con le prospettive enunciate dall'amico Tortelli nella dedica al papa 23 NlUTTA, Da Crisolora, 31; S. Rizzo, Per una tipologia delle tradizioni manoscritte di classici latini in età umanistica, in Formative Stages of Classical Traditions: Latin Texts from Antiquity to the Renaissance, by O. Pecere and M. D. Reeve, Spoleto 1995, 389-90; L. Canfora, Il viaggio di Aristea, Bari 1996, 61-70; BIANCA, Il soggiorno romano di Aristea, «Roma nel Rinascimento», (1996), 36-41, e Una postilla ad Aristea, «Roma nel Rinascimento», (1998), 105-109. 24 MANFREDI, The Vatican Library ofPope Nicholas V: The Project of a Universal Library in the Age of Humanism, «Library History», 14 (1998), 105; BIANCA, Una postilla, 106-107 e n. 6. Ho verificato il testo sull'Urb. lat. 250, ff. 2r-3r. Sul Gaza di recente si veda l'ampia e dettagliata voce a firma di Bianca, in DBL 52, 1998, 737-46, e in particolare per il periodo presso Niccolò V alle pp. 739-40. Del De plantis del Gaza si occupa Daniela Gionta che con la sua consueta gentilezza mi ha aiutato a verificare i dati che qui propongo.

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della sua opera maggiore, Y Orthographia, anch'essa al confine tra il latino e il greco, anch'essa compiuta per essere collocata nella nuova raccolta papale25: ...in tua illa bibliotheca quam omnium quae fuerunt praestantissima comparas ... Video enim quantis impensis et sumptibus quantaque diligentia Graeca oratorum volumina historicorumque et philosophorum atque summorum theologorum in latinam linguam traduci procuras; video quantam adhibes curam in antiquorum nostromm operibus exquirendis quae deperdita credebantur, ita ut nonnullos ad diversas extremasque mundi partes pro re hac multis cum diffìcultatibus et impensis destinaveris.

* Niccolò V, esperto ricercatore di codici e possessore di una raccolta libraria personale già avanti l'elezione, abbandonò dunque definitivamente non solo i libri, ma anche la concezione monolingue della biblioteca papale avignonese, invecchiata ormai e deturpata dalla fine dello scisma26: infatti dalla sede in terra di Francia fece giungere a Roma solo alcuni manoscritti27. Nel contempo egli decise ex auctoritate 25

Un'edizione della dedica in Rizzo, Per una tipologia, 402-407: il brano qui citato è a p. 403, per la datazione si veda a p. 402 n. 120. Sulla dedica dell' Orthographia e sui suoi rapporti con la biblioteca papale mi permetto di rimandare a Manfredi, L'Orthographia di Giovanni Tortelli nella Biblioteca Vaticana, in Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, VI, Collectanea in honorem Rev.mi Patris Leonardi Boyle septuagesimum quintum annum feliciter complentis, Città del Vaticano 1998 (Studi e testi, 385), 265-98. 26 M.-H. Jullien DE POMMEROL - J. Monfrin, La bibliothèque pontificale à Avignon et à Peñiscola pendant le grand schisme d'Occident et sa dispersion, Rome 1991 (Collection de l'École française de Rome, 141). 27 Prima presso Martino V: Manfredi, Per la ricostruzione della biblioteca di Martino V, in Alle origini della nuova Roma: Martino V (1417-1431). Atti del convegno, Roma 2-3 marzo 1992, a c. di M. Chiabò - G. D'Alessandro - P. Piacentini - C. Ranieri, Roma 1992 (Nuovi studi storici, 20), 163-86, poi con lo stesso Niccolò V, come segnalato in Manfredi, I codici, ad indices sub voce 'Avignone' (ma spero di ritornare altrove sull'argomento); a Niccolò V furono inviati da Avignone anche manoscritti liturgici: Manfredi, Da Avignone a Roma. Codici liturgici per la cappella papale, e F. Manzari, Da Avignone a Roma. Committenza e decorazione di alcuni codici liturgici, entrambi in Liturgia in figura. Codici liturgici rinascimentali della Biblioteca Apostolica Vaticana, a c. di G. Morello e S. Maddalo, Roma - Città del Vaticano 1995, 51-58, 59-65.

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che la nuova biblioteca fosse bilingue già prima della caduta di Costantinopoli, come emerge dal breve a Enoch del 1451: «lamdiu decrevimus... ut habeamus librorum omnium tum latinorum turn graecorum bibliothecam»?8 e il risultato, seppur parziale, di questo decretum si legge nella sintesi biografica offerta nel De viris illustribus dal ligure Bartolomeo Facio alla voce Thomas Sarzanensis, redatta poco dopo la morte del pontefice29: Innumerabiles prope e Graecia theologomm ac philosophomm caeterarum quoque honestissimamm facultatum libros nobis antea incognitos ad se afferiri curavit... Bibliothecam condidit innumerabilium prope librorum tum graecorum tum latinorum, ingenti sump tu missis in Graeciam Germaniam Galliam viris doctis qui amissos bellomm casibus auctores conquirerent Il Facio sembra riecheggiare il breve ad Enoch, quasi verbum de verbo, laddove afferma Bibliothecam condidit innumerabilium prope librorum tum graecorum tum latinorum.: sembra confermarlo anche il riferimento alle spedizioni all'estero per le ricerche dei codici, secondo tre direzioni, Grecia, Germania, Francia. Questa fonte umanistica, così a ridosso del pontificato, è finora sfuggita agli storici della Vaticana ed è sicuramente tra le prime a dar conto del lavoro promosso dal papa; del resto la ricchezza della raccolta greca viene ribadita dai due principali biografi Giannozzo Manetti e Vespasiano da Bisticci30.

2. La collezione greca dentro la Vaticana di Niccolò V La consistenza globale della Vaticana di Niccolò V è ancora oggi misurabile procedendo da tre inventari indipendenti tra loro, ma tutti compilati sotto la guida di Cosimo di Montserrat, che fu datario e bi28

MÙNTZ-Fabre, La bibliothèque, 47. Cortesi, Il codice Vaticano lat. 13650 e il «De vins illustribus» di Bartolomeo Facio, «Italia medioevale e umanistica», 31 (1988), 409-18: in particolare si vedano le pp. 41112 con gli elementi per la datazione dello scritto tra la fine del 1455 e l'inizio del 1457. Utilizzo, come la Cortesi, il Vat. lat. 13650, f. 64v. Ringrazio la prof. Mariangela Regoliosi che ha attirato la mia attenzione su questa fonte. 30 G. Manetti, Vita Nicolai V summi pontificis, in Rerum Italicarum Scriptores, III, 2, Mediolani 1734, 926-27, e Vespasiano da Bisticci, Le vite, a c. di A. Greco, I, Firenze 1970, 63-69. 29

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bliotecario di Callisto IH, subito dopo l'elezione di quest'ultimo31. Delle tre liste una si riferisce ai codici latini presenti nel cubi cu lu m alla morte di Niccolò V (MS)32; le altre due riguardano la biblioteca: una elenca i codici latini (Mi)33, l'altra quelli greci (M2); entrambe sono generali, ma non complete, essendo emersi altri codici rimasti fuori dall'elenco, o perché in prestito o perché sfuggiti34. I codici inventariati nel cubiculum compaiono tutti, con le stesse voci, nell'elenco generale. La prima è, dunque, una probabile lista di sgombero: i codici elencati sono tutti latini e non vi compaiono libri greci, a conferma di quanto si accennava sopra riguardo alla conoscenza non diretta dei testi greci da parte del papa; sono presenti però molte delle versioni fatte eseguire da lui, testimonianza dell'attenzione costante del papa verso le opere che egli direttamente sostenne: fra questi libri spiccano la versione da Tucidide del Valla, quella da Diodoro di Poggio, collocate una di seguito all'altra (n' 2-3), e poi al n° 6 la versione da Appiano, al n0 38 quella della Cyropedia di Senofonte e al n0 50 un volume di traductìones Homeri. La descrizione della raccolta intera, latina e greca, fu condotta quindi in più fasi, ma a ridosso della morte di Niccolò V35: forse nella primavera del 1455, come si può supporre tenendo conto delle due liste di prestito a Isidoro di Kiev, datate 10 e 15 maggio 1455 e poste alla fine dell'inventario dei codici greci36, e di una nota di pagamento sulla copia definitiva dell'inventario dei codici latini (Vat. lat. 3959) che rimanda al 25 ottobre . Queste date potrebbero indicare un terminus ante appunto nell'estate del 1455, tenendo conto anche che i libri del cubiculum sono tutti nella biblioteca descritta nell'inventario

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A. Albareda, Il bibliotecario di Callisto III, in Miscellanea G. Mercati, IV, Città del Vaticano 1946 (Studi e testi, 124), 178-208, e BlGNAMl Odier, La Bibliothèque Vaticane, 12. 32 Per essa Manfredi, I codici, XC-XCII, 509-14. 33 Manfredi, I codici, XLV-LVIII. 34 II lavoro è tuttavia ordinato e abbastanza preciso, a quanto si è potuto verificare confrontando le voci con i codici: Manfredi, I codici, LXIII-LXVI. 35 II papa sarzanese morì il 24 marzo e Callisto III fu eletto in Vaticano 1'8 aprile 1455: morì dopo soli tre anni di pontificato il 6 agosto 1458, era nato infatti nel 1378 e fu incoronato a 77 anni: C. Eubel, Hierarchia Catholica Medii Aevi, II, Monasterii 1914, 10-12; L. von Pastor, Storia dei papi, I, vers. it. di A. Mercati, Roma 1958, 656. 36 La doppia serie di voci si riferisce a codici greci non presenti in biblioteca, come tra poco vedremo; dunque le le date delle due liste sembrano chiudere la revisione.

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generale dei codici latini: e ciò presuppone che MS, che è parziale, sia stato dunque redatto prima di MI37. L'inventario dei manoscritti greci fu pubblicato per la prima volta senza identificazioni nel 188738, poi solo parzialmente (le liste dei prestiti a Isidoro), ma con molte identificazioni, da Giovanni Mercati39. Una nuova edizione, completa e corredata da proposte di identificazione, è stata pubblicata da Robert Devreesse nel 1965 in testa alla serie dei cataloghi vaticani antichi fino al passaggio della collezione nel Salone sistino40. Il Devreesse, pubblicando gli inventari nella prospettiva aperta dal Mercati, condusse una ricognizione sistematica dell'antico fondo librario greco, individuando i tratti essenziali della complessa stratificazione; ma gli studi successivi di Aubrey Diller hanno mostrato i limiti di questa ricognizione, soprattutto riguardo all'identificazione dei manoscritti indicati nei cataloghi41. Le incertezze sul lavoro del Devreesse aumentano per le liste cronologicamente più alte: in particolare per Niccolò V sono 165 le proposte incerte e 72 le voci non identificate, che sommate corrispondono a 237 item: ben oltre la metà rispetto al totale di 423 unità di cui si compone l'elenco. Così, pur disponendo già delle prime correzioni e dei recuperi di Diller - circa una decina di segnalazioni - si constata che, nonostante una notorietà ribadita di frequente, la conoscenza della raccolta libraria greca di Niccolò V si riduce per ora a pochi dati certi, a molte identificazioni incerte e parecchi dispersi42. 37

Manfredi, I codici, XLIX, LUI, LVI-LVIL MÙNTZ-Fabré, La bibliothèque, 315-43; i due autori ne parlano anche alle pp. 62-63. 39 G. Mercati, Scritti di Isidoro il cardinale Ruteno e codici a lui appartenuti che si conservano nella Biblioteca Apostolica Vaticana, Roma 1926 (Studi e testi, 46), 79-89. 40 Devreesse, Le fonds grec, 9-42. 41 Librorum Graecorum Bibliothecae Vaticanae Index a Nicolao De Maioranis compositus et Fausto Saboeo collatus Anno MDXXXIII, cur. M. R. Diets - M. L. Sosower - Manfredi, Città del Vaticano 1998 (Studi e testi, 384), IX-XVIII. Diller non ha potuto terminare il suo lavoro, ma ha offerto un primo saggio di correzioni e di dispersi recuperati in A. Diller, Greek Codices Strayed from the Vatican Library, «Italia medioevale e umanistica», 26 (1983), 383-88; Billanovich accolse la pubblicazione e perciò ritenne opportuna la revisione di quanto rimaneva di Niccolò V nel fondo greco antico della Biblioteca Apostolica. 42 II che sarebbe un vero disastro per la Vaticana delle origini, soprattutto se lo si raffronta con quanto emerge da ricerche più recenti circa la buona media di conservazione dei codici latini di Niccolò V e con i dati risultanti dall'ultima revisione del 38

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Un'altra spia di questa incertezza è la valutazione che emerge dalla bibliografia sul numero esatto delle voci d'inventario. Il Devreesse43 e la Bignami Odier44 ritengono che la raccolta si componesse di 353 volumi, la Cortesi ne conta 42345. In realtà una revisione del manoscritto contenente l'inventario del Montserrat (Vich, MuseU Episcopal, 201 = A46) mostra una situazione più complessa. Le voci in totale sono realmente 42347, ma si suddividono in quattro liste: la prima conta 353 libri presenti in biblioteca48, la seconda e la terza, in tutto 51 volumi, riguardano i codici dati in prestito a Isidoro di Kiev49, la quarta enumera 10 codici prestati al Bessarione50, e con questo ultimo e breve elenco si conclude l'inventariazione. Una quinta breve lista, aggiunta in un secondo tempo davanti all'inventario (A, f. Ir), ma pubblicata ed enumerata dal Devreesse alla fine della serie51, descrive brevemente nove codici concessi a Francesco Griffolini in tre tranches, due delle quali datate al 1455 e una al 1457. Si tratta di una lista molto sommaria e del tutto diversa dalle altre: contiene infatti libri già descritti nella prima delle quattro liste, tra quelli presenti in biblioteca. Quindi la catalogazione del Montserrat contiene la descrizione in tutto di 414 codici, e questo è probabilmente il numero che si avvicina di più al totale dei libri greci posseduti dalla Vaticana sotto Niccolò V, anche se si dovrà tenere conto di un certo margine di libri per varie ragioni sfuggiti al catalogatore e quindi per noi difficili da individuare. L'unico testimone dell'elenco è quindi frutto di un lavoro abbastanza preciso, redatto da due sole mani: quella di un copista vicino, ma distinto dagli altri che lavorarono nelle due redazioni dell'inventario latino (MI). Al copista si sostituisce il Montserrat solo per cercatalogo del 1533, da cui si evince che il novanta per cento dei codici allora censiti è tuttora presente nel fondo antico vaticano: Index, XXII. 43 Devreesse, Le fonds grec, 10. 44 Bignami Odier, La Bibliothèque Vaticane, 11. 45 CORTESI, Umanesimo greco, 50, e Umanisti olla ricerca, 72. 46 Su questo testimone MANFREDI, I codici, XLVII-XLV1II. 47 Devreesse, Le fonds grec, 10-42. 48 Devreesse, Le fonds grec, 11-36, che corrisponde ad A, ff. 3r-18r. 49 Devreesse, Le fonds grec, 37-40; A, ff. 19r-20v. 50 Devreesse, Le fonds grec, 40-41; A, ff. 21r. 51 Devreesse, Le fonds grec, 41-42.

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tificare i prestiti a Bessarione e a Isidoro52; infine un'altra mano italiana aggiunge rubriche in nero. Sicuramente autografo del Griffolini— va quindi aggiunto ad altre testimonianze emerse di recente53 è l'elenco dei prestiti a lui: l'umanista aretino vi si presenta in prima persona, a confermare anche qui un rapporto diretto sia con la Vaticana di Niccolò V, sia con il Montserrat54. La scrittura con cui il Griffolini ha redatto la propria lista dei prestiti è ricca di tratti corsivi e molto sbrigativa; tuttavia è ben riconoscibile, ad esempio, dalla s alta con tratto superiore prolungato verso l'alto e dalla a con occhiello minuto e tratto finale allungato, oltreché dall'andamento generale e dall'uso delle abbreviazioni.

L'inventariazione greca risulta parallela a quella latina e la presenza di due liste separate marca ancor di più il ruolo autonomo e idealmente paritetico delle due prime collezioni vaticane affiancate nella nuova biblioteca. Questo ruolo sembra confermato dalla testimonianza sopra citata del Gaza, che descrive la nuova istituzione al plurale (tuas bibliothecas), forse proprio per mostrarne la complessità55. La stessa tradizione manoscritta delle due liste sembra confermare l'autonomia dell'elenco dei libri greci. L'inventario latino ci è giunto in due copie, quella Vaticana (Vat. lat. 3159 = B) e quella, in prima 52

A, ff. 19r e 2Ir; sulla mano del Montserrat si veda Manfredi, I codici, XLIX-LII. Sulla mano del Griffolini ha lavorato, ma senza ricordare questo pur breve esempio, R. Cappelletto, Attribuzione di un Ammiano e di altri manoscritti a Francesco Griffolini Aretino, «Studi Urbinati», 59 (1986), 85-103, identificando alcuni codici a lui appartenuti. A questo studio si sono aggiunti da ultimo R. Fabbri, Ancora su Francesco Griffolini e sugli esperimenti di traduzione da Omero, in Studi latini in ricordo di Rita Cappelletto, Urbino 1996 (Ludus philologiae, 7), 195-206, e i riferimenti, con tavole, in Umanesimo e Padri, 285, 294-96, 306, 308. 54 II Griffolini dedica un manoscritto greco a Niccolò V, il Vat. gr. 534: Mercati, Scritti di Isidoro, 128-32; sul Griffolini e il Montserrat si veda il contributo di Teodoro Torini su questo volume. 55 In effetti anche qualche anno dopo, nell'inventariazione del Platina per la Vaticana di Sisto IV, si parla di bibliothecae latina, graeca, secreta, pontificia, per indicare le diverse sale in cui la collezione era suddivisa: Antonio de Thomeis, Rime - Convivium scientiarum - In laudem Sixti quarti pontificis maximi, a c. di F. Carboni e Manfredi, Città del Vaticano 1999 (Studi e testi, 394), LIV n. 51. 53

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stesura, contenuta nel già citato Vich, Museu Episcopal 201 (= A). La lista riferita ai libri greci è conservata nel solo testimone di Vich, che rimase nelle mani del Montserrat. Si tratta dunque di due elencazioni nate separatamente e mai confluite in una copia unica e definitiva. E ciò potrebbe essere semplicemente l'effetto di una stesura incompiuta, comunque conferma che i due elenchi nacquero separatamente da due sezioni distinte e, come vedremo, ordinate in modo autonomo. Quella di Niccolò V è, a quanto finora risulta, la prima lista di soli libri greci a noi nota per l'Occidente latino, siccome negli inventari coevi i codici greci costituiscono di solito una sezione speciale solo se il possessore giunge ad averne un numero che non si riduca a poche unità56. La ricchezza di tutta la raccolta niccolina, per gran parte riunita in sette soli anni, e il peso che in essa giocava la sezione greca si traggono in evidenza dal confronto tra le voci dei due inventari, quelle latine sono 824, quelle greche 414, in tutto 1238; i codici greci costituivano dunque un terzo dell'intera collezione: proporzione notevole per i tempi, come dimostra il raffronto con altre istituzioni occidentali vaste e in qualche modo paradigmatiche57:

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Una lista significativa, precedente a questa, di 23 libri greci all'interno una raccolta interamente latina è contenuta nella cosiddetta recensio perusina, l'inventario dei codici sotto Bonifacio Vili: F. Ehrle, Historia bibliothecae romanorum pontificum tum bonifatianae turn avenionensis, I, Romàe 1890, 93-99; Devreesse, Le fonds grec, 3; A. Paravicini Bagliani, La provenienza 'angioina' dei codici greci della biblioteca di Bonifacio Vili. Una revisione critica, «Italia medioevale e umanistica», 26 (1983), 27-69. 57 Si cerca qui di approfondire riflessioni in parte proposte in Manfredi, The Vatican Library, 103-10; la raccolta avignonese del 1375 è descritta nell'inventario di Gregorio XI (recensio gregoriana: Ehrle, Historia Bibliothecae, 451-574), nella quale naturalmente non compaiono più i volumi greci della recensio perusina; per l'inventario del 1475 è stata utilizzata la conta di Demetrio Guazzelli sul Vat. lat. 3954, f. 75v in basso all'estrema destra, che riporta le somme parziali indicate foglio per foglio, e costituita da tre cifre (codici latini, greci, totale); per San Marco si è preferito utilizzare il termine più generico libri, e non manoscritti (mss.), perché, seppure in minima misura, vi compaiono anche incunaboli. Per la storia di questa biblioteca, che avremo modo di citare frequentemente, resta fondamentale: Ullman-Stadter, The public Library, a cui vanno aggiunti il contributo di L. Gargan in questo volume e Rizzo, Per una tipologia, 377-80, e, recentemente riedito, E. Garin, La biblioteca di San Marco, Firenze 1999.

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Biblioteca papale di Avignone (1375)

Vaticana sotto Niccolò V (1455)

Vaticana sotto Sisto IV (1475)

Bibl. di S. Marco a Firenze (1499)

1677 mss. in totale 1677 mss. latini 0 mss. greci

1238 mss. in totale 824 mss. latini 414 mss. greci

2545 mss. in totale 1775 mss. latini 870 mss. greci

1232 libri in totale 1053 libri latini 178 libri greci

Se nessun manoscritto greco è presente nella biblioteca papale di Avignone del 1375, in quella pubblica di S. Marco a Firenze, basata sull'eredità del Niccoli e catalogata solo nel 1499, ma ancora in gran parte fondata, all'epoca, sul nucleo costituitosi alla metà del secolo58, la sezione greca costituiva poco più di un settimo del totale, mentre la prospettiva inaugurata da Niccolò V condizionò la nuova Vaticana al punto che nel 1475, venti anni dopo la morte di papa Parentucelli, i libri greci erano saliti a circa ottocento su 2600 unità circa in totale, mantenendosi di poco sotto il terzo59. La collezione greca di Niccolò V era certo tra le più vaste allora disponibili in Italia, quindi in Europa Occidentale, addirittura superiore alla biblioteca pubblica di Firenze, che conteneva il già ricco patrimonio del Niccoli. La situazione era anche più difficile a Roma prima di Niccolò V, dove solo dai testamenti di Giordano Orsini abbiamo notizia per circa una decina di codici greci60. Del resto - ne è una controprova - il Traversar! in visita

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Dunque in contemporanea con Niccolò V e per opera di Cosimo il Vecchio: Ullman-Stadter, The public Library, 3-44; un'impronta decisiva diede alla sezione greca il nucleo del Niccoli (di nuovo Ullman-Stadter, The public Library, 59-104), gli interventi di Cosimo, durante gli anni 1445-1464 sembra abbiano inciso soprattutto sul settore latino (pp. 15-27), più scarse le aggiunte posteriori (pp. 15-27), proprio mentre la Vaticana conosceva la favorevole stagione di Sisto IV: ma, dopo i benefici di Cosimo, anche in rapporto al Canone di Parentucelli, l'attenzione dei Medici si spostò sulla biblioteca di famiglia, primo nucleo di un'istituzione altrettanto importante, ma più recente, per la quale si veda da ultimo M. Martelli, Formazione e significato della Biblioteca Medicea, in I luoghi della memoria scritta, a c. di Cavallo, Roma 1994, 107-13. 59 Oltre alla raccolta niccolina va dato merito, per un accrescimento così cospicuo e stabile, all'arrivo, sotto Paolo II, della biblioteca greca di Isidoro di Kiev: Devreesse, Le fonds grec, 42-43, i cui volumi sinora riconosciuti potrebbero costituire solo una parte (e bisognerebbe stabilire quanta parte) di tutto il donativo. 60 Sulla biblioteca dell'Orsini in generale G. Lombardi - F. Onofri, La biblioteca di Giordano Orsini, in Scrittura, biblioteche e stampa a Roma nel Quattrocento, aspetti e pro blemi, a e. di Bianca - P. Farenga - Lombardi - A. G. Luciani - M. Miglio, Città del Vaticano 1980 (Littera antiqua 1,1), 371-82; della sezione greca e dell'identificazione dei codici si

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nell'Urbe nel 1432, quindici anni prima del pontificato di Niccolò V, per vedere codici greci dovette farsi portare a Grottaferrata, dopo aver constatato, con una certa delusione, la scarsità di libri importanti allora conservati nella biblioteca di Eugenio IV61. Dunque la raccolta greca di Niccolò V è assai vasta per i tempi, anche solo a livello numerico. Il papa riuscì infatti a radunare in soli sette anni di pontificato un numero di volumi veramente notevole, partendo praticamente da zero: il catalogo di Eugenio IV del 1443, steso quattro anni prima del pontificato di Niccolò V e alla fine del Concilio di Firenze, indica, confusi tra gli altri libri latini, due soli codici greci, uno dei quali è un salterio bilingue, quindi adatto alla lettura di un modesto fruitore di greco, l'altro una traduzione da Boezio dovuta alla penna del Planude62. Altri manoscritti greci sicuramente passati nella raccolta di Eugenio IV finora non sono emersi dagli spogli del fondo antico63 e nessuna notizia si ha più del nucleo di codici da lui posseduti prima della fuga da Roma e visti dal Traversar! nel 143264: né

è occupato P. Canart, Catalogue des manuscrits grecs de VArchivio di San Pietro, Città del Vaticano 1966 (Studi e testi, 246); sulla documentazione riguardante la biblioteca dell'Orsini è tornato con dati nuovi - l'edizione di un documento ritenuto finora perduto - e una sintesi del dibattito precedente, Ch. S. Cedenza, The Will of cardinal Giordano Orsini (oh. 1438), «Traditio», 51 (1996), 257-86. Su questo intervento si veda la scheda di Bianca, «RR. Roma nel Rinascimento» (1998), 145-46. 61 Devreesse, Le fonds grec, 7; sulla visita di Traversari a Roma qualche nota in Manfredi, Ricerche di codici del medioevo romano per la nuova biblioteca papale del Quattrocento, «RR. Roma nel Rinascimento» (1994), 45-55. 62 Bibliothecae Vaticanae Index, XX, n. 4 con ulteriori rimandi. 63 Di un Tetraevangelo appartenuto a Eugenio IV, ora Vat. lat. 358, parla il Devreessë, Le fonds grec, 7-8. Lo studioso suppone il passaggio del codice da Niccolò Cusano, che l'avrebbe comperato a Costantinopoli, per il papa veneto durante il Concilio di Firenze; tale passaggio non sembra suffragato da alcun dato finora emerso dallo studio del codice, che oltretutto ha perduto, come m'informa il collega Francesco D'Aiuto, anche la nota di passaggio nelle mani del Cusano riportata da A. Birch, Variae lectiones ad textum TVEvangeliorum, Hauniae 1801, p. VI, e ripetuta da Bianca, La biblioteca romana di Niccolò Cusano, in Scrittura biblioteche e stampa a Roma nel Quattrocento. Atti del II seminario, a c. di Miglio - Farenga - A. Modigliani, Città del Vaticano 1983 (Littera antiqua, 3), 678 n. 26. La nota sembra attestasse solo l'acquisto del Cusano, non il passaggio alla biblioteca del papa, nella quale esso per altro non figura. 64 Si veda anche Devreesse, Pour l'histoire du fonds Vatican grec, in Miscellanea Vaticana in honorem Anselmi M. card. Albareda a Bibliotheca Apostolica edita, I, Città del Vaticano 1962 (Studi e testi, 219), 320-21.

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mi pare che questi libri siano giunti a Firenze a servizio del Concilio per l'unione, dove l'impegno per il recupero di codici fu massiccio anche perché la biblioteca papale non possedeva materiale sufficiente a sostenere il dibattito con i rappresentanti della chiesa greca. L'esperienza compiuta da Parentucelli durante il Concilio per l'unione potrebbe aver dunque ulteriormente convinto Niccolò V della necessità di riorganizzare completamente la raccolta papale in senso umanistico e bilingue, abbandonando del tutto la collezione avignonese e ampliando verso Oriente la raccolta pontificia. * Il confronto tra le due sezioni - latina e greca - della nuova biblioteca mostra anche che la sezione latina, alla morte del papa, era ordinata solo parzialmente e in modo grossolano. La raccolta è infatti organizzata per materie e per autori e soltanto nei primi tre armadi a sinistra, che contenevano manoscritti, testi e commenti, riferiti alla Bibbia, i quattro principali Padri della Chiesa e la Scolastica. Negli altri armadi i libri erano ordinati in modo via via più generico: il quarto armadio conteneva senz'ordine soprattutto scritti teologici, nel quinto si conservavano in prevalenza opere di diritto canonico e civile, insieme a qualche classico e ad altri testi teologici; ancora al diritto era riservato, quasi esclusivamente, il sesto armadio; filosofi e testi classici prevalgono nel primo armadio a destra, mentre il secondo era utilizzato come deposito provvisorio di materiale vario, genericamente radunato in blocchi e in attesa di una più adatta collocazione. Infine nell'inventario si dice che i libri di medicina erano custoditi (provvisoriamente?) a parte e non ancora inseriti negli armadi: mancano quindi nell'elenco a nostra disposizione. Il catalogo dei libri greci, in particolare la prima lista di quelli presenti in biblioteca, mostra una situazione del tutto diversa. La raccolta era ordinata in due grandi sezioni, ripartite a loro volta per materie: la prima inizia con i Padri della Chiesa, disposti per autori e aperti dal Crisostomo, continua con gli evangeliari, le vite dei santi, i testi e i commenti biblici, le collezioni canonistiche e le regole monastiche,

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infine con gli scritti teologici65. Una forte cesura apre la seconda parte del documento66, in cui sono catalogati gli scritti filosofici, di diritto, di medicina, di storia, di retorica, di grammatica e di matematica, astrologia, astronomia67. Sembra quindi di doverne concludere che il progetto della biblioteca greca - suddivisa in sacra e e profana - fosse se non proprio tutto compiuto, già largamente avanzato. Purtroppo l'elenco non fornisce indicazioni topografiche che aiutino a comprendere come e dove i codici fossero allora conservati. In quest'ordine si individua un ampio panorama di interessi culturali, come mostra un sommario e approssimato conteggio dei volumi per materie in raffronto con la raccolta di San Marco a Firenze, la più adatta, anche per legami diretti, a costituire un termine di paragone68: Sezione greca di Niccolò V (1455)

Sezione greca di S. Marco, Firenze (1499)

Sacra scrittura, Patristica, Teologia: 237 mss. Filosofia: 36 mss. Matematica-astronomia: 17 mss. Medicina: 8 mss.

Sacra scrittura, Patristica, Teologia: 62 volumi Filosofia, Matematica, Astronomia, Medicina: 29 volumi

Diritto: 9 mss. Storia: 25 mss. Retorica: 38 mss. Grammatica-Poesia: 37 mss.

Diritto: nessun volume Storia: 25 volumi Retorica: 17 volumi Grammatica-Poesia: 37 volumi

La biblioteca papale greca è più articolata di quella fiorentina. Ovviamente a Roma prevalgono i testi di quella categoria in cui abbiamo

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Questa prima sezione si chiude con il n0 220 in Devreesse, Le fonds grec, 28. Nel manoscritto la sezione iniziale è talvolta divisa, con rubriche in nero, in sottosezioni corrispondenti normalmente agli autori. Tali rubriche sono state aggiunte, come già accennato, alla fine della trascrizione da almeno una mano diversa da quella che verga tutto il catalogo: queste aggiunte sono in gran parte in una maiuscola dì tipo umanistico, in forte contrasto con la semicorsiva gotica usata dal copista. Questa seconda mano utilizza anche una minuscola umanistica e piuttosto vicina a quella del Tortelli. 66 In A il f. 13r, dove si chiude la prima ampia sezione dell'inventario, è per metà bianco; al f. 13v la voce che apre la seconda sezione inizia con Primo e non con Item, come ad indicare l'apertura di una serie distinta dalla precedente. 67 Fino al n0 381 in DEVREESSE, Le fonds grec, 40. 68 Di nuovo si tenga conto che a San Marco compare anche qualche incunabolo.

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LA SEZIONE GRECA NELLA VATICANA DI NICCOLÒ V

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incluso tutto ciò che riguarda Sacra Scrittura, Patristica, testi teologici bizantini, materiale agiografico e liturgico: tale materia copre più della metà dei volumi e costituisce la sezione più ampia della raccolta. La preminenza è per la Patristica, a conferma degli interessi personali del papa. All'interno della Patristica largo spazio è concesso al Crisostomo, che apre l'elenco con una lunga sezione a sé stante69. Non mancano però opere di teologi bizantini soprattutto di quelli che nel Trecento si opposero al Palamismo70. Nella biblioteca profana, ben in evidenza sono retorica (38 volumi), grammatica e poesia (37 volumi), storia (29 codici), e quelle discipline definibili come scientifiche, per altro largamente rappresentate (25 volumi)71. E invece più modesta a San Marco la presenza di codici teologici72; tra i testi profani invece la proporzione delle due biblioteche è pressoché analoga. Un confronto sui classici evidenzia che quella papale è di poco superiore a livello numerico, ma con differenze significative, che emergono analizzando i risultati sin qui ottenuti per la collezione dei testi storici, che erano anche nel versante latino una lettura prediletta di Niccolò V. Nutrita a Roma la presenza degli autori principali73: Dio-

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A ff. 3r-4r; il f. 4v è vuoto; al f. 5r inizia la sezione dedicata a s. Basilio, chiusa al f. 5v, copiato solo per metà; al f. 6r inizia la sezione dedicata al Nazianzeno, chiusa anch'essa al f. 6r, copiato solo in parte. 70 Ad esempio al n0 198 (Devreesse, Le fonds grec, 26) che corrisponde al Vat gr. 1113 con opere di Teodoro Lascaris; poi i testi del Calecas (n0 192, Vat. lat. 1092, non Vat. gr. 486, come indicava seppur dubitativamente Devreesse, Le fonds grec, 26, e n0 359), e poi ancora i codici con opere di Procoro e Demetrio Cidone (n0 205, ora Vat. gr. 673) e di Barlaam (n0 166, ora Vat. gr. 860). 71 La matematica ha anche una sezione a parte nell'inventario (A f. 18r), che conclude sia la biblioteca profana che l'intero elenco dei libri presenti in biblioteca; il f. 18v in A è vuoto, al f. 19r inizia l'elenco dei prestiti ad Isidoro Ruteno. 72 Nella sezione teologica greca di San Marco prevalgono i testi patristici, ma in proporzioni decisamente inferiori rispetto a quelli posseduti da Niccolò V: ad esempio ai 17 codici crisostomici presenti a Firenze fanno riscontro 48 voci dello stesso autore a Roma; a Firenze Basilio è rappresentato in 5 voci, a Roma in 19; e solo una voce sembra rimandare a testi teologici moderni, il n0 1115 (Auctoritates de processione Spiritus Sancii), evidentemente collegato con le ricerche traversariane per il dibattito con i Greci. 73 I numeri rimandano all'edizione del Devreesse, pur con qualche differenza nelle identificazione; per i manoscritti si rimanda ai cataloghi del fondo antico greco e, per la bibliografia, ai repertori Canart-Peri, Sussidi bibliografici per i manoscritti greci della Biblioteca Vaticana, Città del Vaticano 1970 (Studi e testi, 261); Buonocore, Bi-

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ANTONIO MANFREDI

doro (tre codici: n0 388, Vat. gr. 131; n0 390, ora Laurenziano 70, 34; n0 411, Vat. gr. 995), Polibio (un codice: n0 389, Vat. gr. 124), Tucidide (due codici: n0 262, Vat. gr. 127, che passò in prestito al Griffolini nel novembre del 1455, n0 415; n0 371, Vat. gr. 126, in prestito ad Isidoro Ruteno nel maggio del 1455), Erodoto (un codice: n0 356, Vat. gr. 123), Dionigi di Alicarnasso (un codice: n0 397, Vat. gr. 133), Senofonte (due codici: n0 368, forse Vat. gr. 990; n0 376, Ghig. gr. 33, ex R VI 41), Plutarco (quattro codici: n0 269, forse ora Laurenziano 69, 1; n0 363, Vat. gr. 137; n0 369, Vat. gr. 1007, n0 384, finora non identificato): in tutto 14 volumi, alcuni dei quali di alto valore, come il manoscritto di Polibio, il ben noto Vat. gr. 124, fondamentale per tutta la tradizione, o i due esemplari di Tucidide, Vat. gr. 126 e 127. Sono però ben rappresentati anche i cronisti e gli storici bizantini, in 11 volumi, tra cui alcuni di importanza capitale per la trasmissione dei testi. Segnalo tra gli altri i n1 263 (Vat. gr. 980), 264, finora non identificato, 266 (Vat. gr. 166: silloge aperta da Niceforo Callisto), 267 (Vat. gr. 155: due cronografie di Giorgio Sincello e Teofane), 268 (Vat. gr. 153: il Chronicon di Giorgio monaco), 362 (Vat. gr. 164: Niceforo Gregora), 372 (Vat. gr. 161: un compendio storico anonimo), 373 (Vat. gr. 163: una serie di Chronica e compendi, tra cui quello di Costantino Manasse, le storie di Niceta Coniata e di Giorgio Acropoli ta), 378, finora non identificato. A San Marco, sempre grazie alla collezione di Niccolò Niccoli, la serie degli storici classici è più completa e comprende anche Appiano e Arriano, ma nessuno storico bizantino vi compare74. Ecco dunque un raffronto per i testi classici:

bliograjia dei fondi manoscritti della Biblioteca Vaticana (1968-1980) , Città del Vaticano 1986 (Studi e testi, 318); M. Ceresa, Bibliografia dà fondi manoscritti della Biblioteca Vaticana (1981-1985) Città del Vaticano 1991 (Studi e testi, 342); Ceresa, Bibliografia dei fondi manoscritti della Biblioteca Vaticana (1986-1990), Città del Vaticano 1998 (Studi e testi, 379). 74 I manoscritti di argomento storico risultano secondo l'inventario del 1499 nel quarto e quinto banco ex parte onentis: Ullman-Stadter, The Public Library, 260-63.

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LA SEZIONE GRECA NELLA VATICANA DI NICCOLÒ V Sezione greca di Niccolò V (1455) Erodoto: 1 ms. n0 356, Vat. gr. 123 Tucidide: 2 mss. n0 262, Vat. gr. 127 n0 371, Vat. gr. 126 Senofonte: 2 mss. n0 368, Vat. gr. 990 n0 376, Chig. gr. 33 Polibio: 1 ms. n0 389, Vat. gr. 124 Diodoro: 3 mss. n0 388, Vat. gr. 131 n0 390, Laur. 70, 34 n0 411, Vat. gr. 995 Dionigi di Alicarnasso: 1 ms. n0 376, Vat. gr. 133 Plutarco: 4 mss. n0 269, Laur. 69,1 ? n0 363, Vat. gr. 137 n0 369, Vat. gr. 1007 n0 384, ?

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Sezione greca di S. Marco, Firenze (1499) Erodoto: 2 mss. n0 1183, Laur. 70, 32 n01180 ? Tucidide: 2 mss. n0 1171, Laur. 69, 30 n0 1176, Laur. 69, 2 Senofonte: 2 mss. n0 1185, Laur. 80, 14 n0 1190, Laur. S. Marco 330 Diodoro: 1 ms. n0 1178, Laur. 70, 16 Dionigi di Alicarnasso: 1 ms. n0 1180? Plutarco: 5 mss. n0 1172, Laur. 69, 34 n0 1173, Laur. 69, 31 n0 1174, Laur. 69, 32 n0 1175, Laur. 69, 6 n0 1184, Laur. 80, 30 Arriano: 1 ms. n0T 182, Laur. 70, 9 75 Appiano : 2 mss. n0 1193, Breslau, Rehdinger 14 n01194, Laur. 70, 33

Da un primo sguardo generale suirinventario emerge dunque l'intenzione del papa di radunare due grandi sezioni di biblioteca paritetiche idealmente, se non di numero, una latina e una greca, con una chiara distinzione tra opere sacre e opere profane, che però rappresentassero nel modo più completo possibile la produzione libraria delle due civiltà, non solo quindi rispetto alla classicità, ma anche alle due età di mezzo, sia per i latini che per i greci. Ad esempio nella raccolta sacra, accanto alla Patristica, patrimonio comune delle due chiese, figurano, per la parte greca i testi teologici vicini alla corte impe75

È noto che proprio a questi due codici di Appiano fa riferimento un breve di Niccolò V che ne chiede un prestito nel 1450 a Cosimo de' Medici dalla biblioteca pubblica: Ullman-Stadter, The Public Library, 262.

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ANTONIO MANFREDI

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ríale trecentesca e non distanti dai latini76, e per l'Occidente una completa sezione scolastica, che raccoglieva non solo i testi dell'aureo Duecento, ma anche opere più recenti, addirittura coeve al papa. I dati qui raccolti sembrano confermare in concreto quanto si dice nel breve ad Enoch riguardo alla costruzione della biblioteca e alla maggior completezza possibile nelle discipline di studio: libromm tum latinorum tum grecomm bibliothecam ... et iam ex iis qui reperiuntur omnis generis scriptomm maiorem partem habemus. Né mancano nella sezione greca versioni da opere latine77, le prime di una serie che all'interno della collezione Sistina avrebbe avuto poi una collocazione autonoma78. Niccolò V dunque non solo favorì la divulgazione di testi greci in Occidente, ma non disprezzò neppure le traduzioni greche di testi latini, probabilmente con lo stesso fine divulgativo verso Oriente. In effetti il pontefice mostrò più volte di sentirsi, in ragione della sua piena adesione ai decreti fiorentini, pontefice dell'Oriente e dell'Occidente, e fu grave per lui il colpo della caduta di Costantinopoli. Probabilmente egli volle testimoniarlo anche con l'allestimento di una biblioteca in cui tutta la cultura della cristianità fosse rappresentata. Terminati dunque l'esame dell'inventario e lo spoglio dei manoscritti, e riordinate le identificazioni attraverso criteri solidi, resta ora da affrontare una nuova edizione del testo sul modello di quella proposta per i libri latini. Spero di poter condurre a termine questo lavoro, già avviato, in tempi ragionevoli.

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Si veda su questo tema quanto dice il recente lavoro di C. Delacroix-Besnier, Les dominicains et la chrétienté grecque aux XIVe et XVe siècles, Rome 1997 (Collection de l'École Française de Rome, 237), 277-86. 77 Si vedano i n1 216 (Vat. gr. 1122), 391 (Vat. gr. 616), 392 (Vat. gr. 612), 393 (Vat. gr. 611), tutti con opere di Tommaso d'Aquino, contro una sola versione agostiniana registrata a Firenze al n0 1102. 78 Si veda nel catalogo del 1475 la serie delle versioni dal latino al greco ai n1 399411 (Devreesse, Le fonds grec, 62) ; a queste traduzioni a Bisanzio in ambiente antipalamitico e in rapporto con i Domenicani nel sec. XIV fa di nuovo riferimento Delacroix-Besnier, Les dominicains, 281-82.

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Elisabetta Caldelli e Francesca Pasut

COPISTI E MINIATORI PER NICCOLÒ V

V 1 ■ Elisabetta Caldelli COPISTI ALLA CORTE DI NICCOLÒ V*

Cercare di ripercorrere, come questo contributo tenta di fare, il curriculum vitae di copisti noti quasi esclusivamente attraverso i pochi manoscritti da essi siglati potrebbe apparire uno sforzo infruttuoso, se il personaggio al servizio del quale lavorarono non fosse stato un committente d'eccezione, Tommaso Parentucelli, divenuto papa con il nome di Niccolò V: a lui infatti, dotto e stimato umanista1, spetta il merito di aver costituito il nucleo originario della Biblioteca Vaticana2, tanto da apparire agli occhi dei suoi contemporanei come un novello Tolomeo II3. Perciò proprio il suo rinomato amore per i libri, in sintonia con la politica di promozione culturale da lui svolta, giustifica l'attenzione qui rivolta ai copisti e ai prodotti usciti dalle loro mani,

Desidero ringraziare tutti coloro che, con enorme pazienza, hanno seguito questo lavoro, permettendomi, con le loro preziose e puntuali indicazioni, di arricchirlo e di perfezionarlo. Una menzione speciale per la generosa attenzione prestatami deve essere rivolta al prof. Armando Petrucci, al prof. Marco Palma, al dott. Antonio Manfredi e alla dott. Francesca Pasut. 1 C. VASOLI, Profilo di un papa umanista: Tommaso Parentucelli, in Studi sulla cultura del Rinascimento, Manduria 1968 (Biblioteca di studi moderni, 5), 69-121. 2 Per la rivalutazione del molo di Niccolò V come fondatore della Vaticana si veda L. E. Boyle, Sixtus TV and the Vatican Library, in Rome. Tradition, Innovation and Renewal A Canadian International Art History Conference, [Victoria (B.C.) 1991], 65-73, The Vatican Library, in Rome Reborn: The Vatican Library and Renaissance Culture, a c. di A. GRAFTON, Washington 1993; A. MANFREDI, I codici latini di Niccolò V. Edizione degli inventari e identificazione dà manoscritti, Città del Vaticano 1994 (Studi e testi, 359), XLII, e qui alle pp. 49-70. 3 L. Canfora, Il viaggio di Aristea, Roma-Bari 1996 (Quadrante, 83), 61-70.

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ELISABETTA CALDELLI

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dal momento che questa prospettiva di ricerca può contribuire a gettare luce sulla figura di Niccolò V come committente di codici e può forse, al tempo stesso, aggiungere qualche tassello allo studio delle dinamiche che presiedevano alla produzione libraria nel XV secolo. La ricerca tuttavia è solo agli inizi: il suo punto di partenza, e il suo limite, consiste nei codici datati e/o sottoscritti risultati dallo spoglio sistematico dei primi 3500 codici del fondo Vaticano latino4, parte notevole del cosiddetto fondo antico, e dal confronto dei dati emersi con la ricostruzione che, in tempi recenti, è stata fatta della biblioteca di Niccolò V da Antonio Manfredi5: ciò significa che resta ancora da fare il lavoro sui manoscritti sicuramente commissionati da Niccolò V ma sprovvisti di colophon, tra i quali tuttavia non dispero di poter identificare mani già conosciute. I risultati della ricerca pertanto sono, allo stato attuale, parziali e del tutto suscettibili di ulteriori modifiche alla luce degli apporti provenienti dal materiale non ancora indagato. * Uno degli aspetti più interessanti della figura di Niccolò V, nell'ambito specifico di cui ci stiamo occupando, risulta dal fatto che la sua passione per i libri può essere seguita e ricostruita fin dagli albori, già molti anni prima della sua assunzione al soglio papale: è stata infatti avanzata di recente, dal Manfredi, un'ipotesi secondo la quale lo stemma detto 'delle quattro barbe'6, collocabile nella prima metà del sec. XV e presente in molti manoscritti ma sinora mai identificato7, sarebbe appartenuto al Parentucelli prima di essere eletto papa8. 4

Questo spoglio è stato propedeutico alla realizzazione di un catalogo di manoscritti datati tra i Vat. lat. 1-3500 che sto portando a compimento. 5 Manfredi, Codici latini. 6 Esso rappresenta il profilo di un uomo barbuto ripetuto per quattro volte e orientato secondo i quattro punti cardinali. 7 M. Levi d'Ancona, Battista di Biagio Sanguigni (1392/3-1451), «La Bibliofilia», 72 (1970), 29-30 e n. 29 ha offerto un primo elenco di codici recanti questo stemma che dichiara essere «unable to identify». 8 Manfredi, Per la biblioteca dì Tommaso Parentucelli negli anni del Concilio fiorentino, in Firenze e il Concilio del 1439. Convegno di studi. Firenze, 29 novembre - 2 dicembre 1989, a e. di P. Viti (Biblioteca storica toscana, 29), 649-712. Sebbene non vi siano prove positive a

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COPISTI ALLA CORTE DI NICCOLÒ V

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Diventa così possibile stilare l'elenco dei codici contrassegnati da questo stemma e descriverli: alcuni di essi, precedenti all'epoca in cui è stato apposto lo stemma, furono acquistati, altri invece furono realizzati per il titolare dello stemma, che ne fu il committente. Se dunque accettiamo che lo stemma 'delle quattro barbe' sia effettivamente riferibile al Parentucelli, si viene a disporre di un vasto nucleo di codici, alcuni dei quali datati e sottoscritti, commissionati da lui in prossimità o durante il Concilio di Firenze. Di questo nucleo risultano provvisti di sottoscrizione datata il Vat. lat. 8379, terminato da Petrus de Caster il giorno 11 gennaio 1438 e il Vat. lat. 44610, finito il 9 agosto 1438 da Johannes Werneri de Hassya (che tuttavia esegue soltanto i ff. 112V-116V)11. All'attività del primo copista, Petrus de Caster,; è inoltre da aggiungere il Vat. lat. 711, sottoscritto ma non datato; a quella del secondo i Vat. lat. 48712 e 49013, entrambi sot-

suffragio di questa tesi, mancando una documentazione esplicita coeva che colleghi lo stemma a Tommaso Parentucelli, le argomentazioni addotte da Manfredi a sostegno della sua ipotesi hanno, a mio avviso, basi piuttosto solide e sono quindi pienamente condivisibili. 9 F. 383v: Petrus de Caster scripsit anno Domini millesimo quadringentesimo trigesimo octavo, die vero undecima lanuarii complevit. Deo gratias amen. Per il codice si veda A. Pelzer, Codices Vaticani Latini, II, Codices 679-1134, Città del Vaticano 1931, 204-205; Manfredi, Perla biblioteca, 705; Manfredi, Codici latini, 175 n0 273. 10 F. 116v: Expliciunt epistolae beati Augustini scriptae per manus lohannis Werneri de Hassya 1438 in vigilia sancii Laurentii et cetera. Per il codice si veda M. Vattasso - P. Franchi de' Cavalieri, Codices Vaticani Latini, I, Codices 1-678, Romae 1902, 335; Manfredi, Per la biblioteca, 664-68, 675, 700; Manfredi, Codici latini, 78 n0 125. 11 Ho escluso il Vat. lat. 2168, finito di copiare a Nürnberg il 29 maggio 1439 da Johannes Rosengart de Slesia (f. 250r), perché si tratta di un prodotto locale, in minuscola bastarda, che verosimilmente il Parentucelli acquistò già pronto, apponendovi lo stemma 'delle quattro barbe', sebbene non si possa escludere che lo avesse commissionato l'anno precedente, quando doveva aver accompagnato il cardinale Albergati alla dieta di Norimberga: vd. J. Gill, Il Concilio di Firenze, Firenze 1967. In ogni caso, se si accetta l'ipotesi che il Parentucelli avesse lasciato la commissione a Johannes Rosengart, non portò con sé il copista, che infatti, stando alla sottoscrizione, ultimò il codice a Nürnberg l'anno successivo. 12 A f. 120v: Finito libro sit laus et gloria Christo / qui me scrìbebat Johannes nomen habebat. Sul ms. Vattasso-Franchi de' Cavalieri, Codices, 369; Manfredi, Codici latini, 97 n0149. 13 II Vat. lat. 490 non reca lo stemma 'delle quattro barbe' ma il suo aspetto complessivo, compresa la decorazione, è identico al Vat. lat. 487, come si dirà più oltre e reca pochi marginalia ài mano del Parentucelli. A f. 232r: Finito libro, sit laus et gloria

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ELISABETTA CALDELLI

toscritti ma non datati e il Vat. lat. 49914, dove è ravvisabile la mano di lohannes Wemeri-ài ff. lr-171v. Il ms. Chig. A V 135, invece, scritto da lohannes Werneri de Hassya e datato 24 settembre 1437, appartenne originariamente al cardinale Albergati e solo successivamente passò nelle mani di Tommaso Parentuoelli che lo postillò15. In questo stesso periodo deve infine collocarsi il Vat. lat. 280, non datato ma firmato dal copista, Henri eus de Kunsteleer de Confluentia, che esegue i ff. lr-93v16. A questo gruppo di codici vanno inoltre aggiunti i Vat. lat. 26917 e 31418, dove è riconoscibile la mano di Niccolò di Domenico Pollini rispettivamente ai ff. Ir-l76r e ai ff. lr-197v, sebbene questo non si nomini esplicitamente, e che recano il primo la data 12 marzo 1439 (f. 76v), il secondo la data 12 dicembre 1439 (f. 197v)19. Christo amen. Qui me scribebat lohannes nomen habebat. Per il codice si veda VATTASSOFranchide' Cavalieri, Codices, 371; Manfredi, Codici latini, 97-98 n0 150. 14 Per il codice si veda Vattasso-Franchi de' Cavalieri, Codices, 379-82; Manfredi, Codici latini, 94-95 n0 146. 15 Manfredi, Codici latini, 114-115, n0 179; Manfredi, L'Ortographia di Giovanni Tortelli nella Biblioteca Apostolica Vaticana , in Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, IV, Collectanea in honorem rev.mi patris Leonardi E. Boyle O.P. septuagesimum quintum annum féliciter complentis, Città del Vaticano 1998 (Studi e testi, 385), 267-98. Sulla scrittura di Niccolò V si veda Manfredi, Codici latini, LXXVII-LXXXIV. 16 A f. 71rb: Finit tractatus sancii Ambrosii archiepiscopi in psalmo [segue, espunto, xl ] Ixi per me Henricum de Kunsteleer de Confluentia Deo gratias. Al codice lavorano altre due mani anonime, una che copia i ff. 94r-131v e l'altra che scrive i ff. 132r-147r. Per il codice si veda Vattasso-Franchi de' Cavalieri, Codices, 201-202; Manfredi, Per la biblioteca, 698 (non lo segnala come firmato) ; Manfredi, Codici latini, 122-23 n0 192. Sul copista si veda Repertorium Germanicum. Verzeichnis der in den pàpstlichen Registem und Kameralakten vorkommenden Personen, Kirchen und Onte des Deutschen Reiches, seiner Diôzesen und Territorien vom Beginn des Schismas bis zur Reformation. 6. Nikolaus V. 1447-1455, I, hrsg. von J. F. Abert und W. Deeters, Tubingen 1985, n0 1815. 17 A f. 76r: Beate memoriae confessons Ambrosii et episcopi Exameron de principio rerum explicitféliciter Deo gratias amen. Anno Domini M0 CCC CXXXVIIII0 die XII martii. 18 A f. 197v: Explicit beati Ambrosii de sacramentis liber sextus. Explicit die Xll decenbris (sic) m cccco xxxoviiir. 19 MANFREDI, Per la biblioteca, 669, 697, 699, 707 indica i Vat. lat. 170, 387, 2099 come scritti da lohannes Baptista de Francia ma non mi è stato possibile verificare tale informazione sui codici stessi, che non sono sottoscritti, né è stato possibile operare un confronto grafico con i manoscritti realizzati da questo copista per Niccolò V dal momento che in questi ultimi, come si dirà più oltre, è stata utilizzata una textualis abbastanza formale mentre nei Vat. lat. 170, 387, 2099 è stata usata una minuscola umanistica dal tratteggio piuttosto pesante. Inoltre Manfredi, Codici latini, 43 n0 70, 339

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COPISTI ALLA CORTE DI NICCOLÒ V

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Dei copisti appena elencati il più conservativo è senz'altro Henricus de Kunsteleer de Confluentia che nel Vat. lat. 28020 (Ambrosius, Explanatio super Psalmos XII ) adopera una textualis di modulo medio piccolo, chiara e leggibile, molto regolare: alla a di forma corsiva si alterna la a di tipo carolino, la d ha l'asta piegata verso sinistra molto poco pronunciata, la ra forma di due è usata anche dopo lettere prive di pancia a destra, costante è l'uso della nota tachigrafica per et. Al conservatorismo grafico fa riscontro la decorazione di tipo moderno a bianchi girari. Meno conservativo è Petrus de Caster, sia il Vat. lat. 83721 (Aegidius Romanus, Super librum secundum Sententiarurri) sia il Vat. lat. 71122 (Albertus Magnus, Summa de creaturis) si presentano come manoscritti di grande formato, con impaginazione su due colonne e un alto numero di righe per pagina e vi è utilizzata una minuscola di modulo piccolo, fitta, un po' stentata nell'esecuzione, una di quelle minuscole in riferimento alle quali Emanuele Casamassima e Cristina Guasti non avevano nascosto un certo imbarazzo nel definirle, in quanto mescolano elementi della littera moderna e della littera antiquez23 e che vengono sommariamente e impropriamente chiamate gotiche-umanistiche: nel caso particolare di Petrus de Caster, egli adotta una minuscola che è di base sostanzialmente semigotica (tav. IX) ma nella quale hanno trovato posto alcuni elementi della nuova minuscola umanistica come la a di tipo carolino che si alterna alla a di tipo corsivo e il nesso et, piuttosto compresso verso il basso, usato regolarmente. D'altro canto, la d ha sempre l'asta incurvata a sinistra e la 5 finale di parola è generalmente maiuscola, assumendo spesso una forma schiacciata e discendente sotto il rigo di scrittura. L'apparato decorativo si regge n0 546, 342 n0 549, 459-460 n0 738, nel descrivere questi codici, non ripete l'informazione del suo precedente saggio: ho ritenuto pertanto opportuno scartarli. 20 Membr., ff. 151, 381 x 262, specchio scrittorio 239 x 153, 2 coll., rigatura a colore, rr. 57, iniziali d'oro su fondo a bianchi girari, stemma a f. Ir e f. 72r. 21 Membr., ff. 388, 398 x 282, specchio scrittorio 285 x 172, 2 coll., rigatura a colore, rr. 67, decorato con iniziali ornate e iniziali filigranate. 22 Membr., ff. 184, 399 x 279, specchio scrittorio 276 x 170, 2 coll., rigatura a colore, rr. 67, decorato da iniziali ornate a foglie su fondo oro e da iniziali fìligrante. Per il ms. Pelzer, Codices, 32; Manfredi, Perla biblioteca, 703; Manfredi, Codici latini, 158-59 n0 248. 23 E. Casamassima - C. Guasti, La Biblioteca Malatestiana: le scritture e i copisti, «Scrittura e civiltà», 16 (1992), 236-39.

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assai semplicemente sulle tradizionali iniziali filigranate: le iniziali ornate, tuttavia, soprattutto nel Vat. lat. 837 (iniziali d'oro su fondo bicromo con prolungamenti a volute floreali e bullae d'oro) rivelano un gusto più moderno, anche se non proprio all'avanguardia. lohannes Werneri de Hassya utilizza al contrario un'elegante minuscola umanistica caratterizzata da un delicato chiaroscuro, forse retaggio dell'origine nordica del copista. Suo elemento caratteristico sembra essere la fórcellatura delle aste verticali ascendenti sul rigo, cui non sfugge l'estremità del tratto ascendente dell'elegantissimo nesso àf. Si può notare, inoltre, la persistenza della ra forma di due, dopo le lettere con pancia a destra. Tutti i codici da lui copiati contengono opere di s. Agostino e il ripetersi costante di questa circostanza spinge a ipotizzare che lohannes si fosse «specializzato» nella trascrizione di questo autore tanto caro al dotto Tommaso. Tra i codici sopra elencati scritti da questo copista il Vat. lat. 44624 (tav. X) si presenta come un'opera di collaborazione nella quale sono ravvisabili cinque mani25, sebbene soltanto quella di lohannes Werneri esca dall'anonimato : l' alternarsi delle mani determina alcune varianti dal punto di vista codicologico come, ad esempio, la posizione dei richiami che, fino al fase. 8, sono disposti orizzontalmente al centro del margine inferiore mentre dal fase. 9 si spostano verso destra; ugualmente la rigatura è eseguita a secco tranne che per le prime 80 carte, dove è a colore, anche se appena visibile. L'impaginazione è su due colonne e la decorazione a bianchi girari. I Vat. lat. 48726 e 49027, come si è detto, solo sottoscritti da lohannes Werneri ma non datati, sebbene non costituiscano un set (il primo, infatti, contiene il De consensu evange24

Membr., ff. 131, 424 x 285, specchio scrittorio 262 x 177, 2 coll., rigatura a secco, rr. 54, iniziali d'oro su fondo a bianchi girari. Per i testi di Agostino qui tradite M. Oberleitner, Die handschrijtliche Uberliefemng der Werke des heiligen Augustinus, «Sitzungsberichte des Osterr. Akad. der Wissenschaften. Phil. -hist. Klasse», 267 (1970), 258. 25 Mano a: ff. lra-55vb; mano b: ff. 55vb-79vb; mano c: f. 79vb; mano d: ff. 81ra-110vb, a 116v -131vb; mano di lohannes Werneri: ff. 112^-116^. 26 Membr., ff. 120, 273 x 190, specchio scrittorio 177 x 112, piena pagina, rigatura a secco, rr. 33, iniziale d'oro su fondo a bianchi girari a f. Ir e piccole iniziali decorate blu riquadrate su fondo oro o d'oro riquadrate su fondo blu. 27 Membr., ff. 232, 278 x 199, specchio scrittorio 181 x 127, piena pagina, rigatura a secco, rr. 31, iniziali d'oro su fondo a bianchi girari e piccole iniziali decorate, uguali a quelle del Vat. lat. 487.

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listarum di s. Agostino, il secondo le Locutiones in Heptateuchum e le Quaestiones in Heptateuchum sempre di Agostino), sembrano essere due codici gemelli: uniformità nelle dimensioni, disposizione della scrittura a piena pagina, tecnica di rigatura a secco28, disposizione dei richiami a destra nel margine inferiore, decorazione a bianchi girari del medesimo stile, stessa formula nella sottoscrizione. Il Vat. lat. 49929 (Augustinus, Epistulae), infine, nonostante il testo sia disposto su due colonne, ripete da un punto di vista codicologico le caratteristiche già ravvisate nei Vat. lat. 487 e 490, che sembrano pertanto rientrare in una scelta consapevole e costante da parte del copista. Certamente, come si è visto, lohannes Werneri de lega la sua attività di copista ad un tipo di libro nuovo, 'umanistico' e di lusso, e la sua perizia calligrafica dovette essere apprezzata dal Parentucelli, se realizzò per lui più di un codice: tuttavia che «fosse la guida di tutto il gruppo»30 di copisti, per la gran parte anonimi, le cui mani ritornano in più codici realizzati per Tommaso Parentucelli e che essi abbiano lavorato insieme «forse nella stessa bottega», come supposto da Antonio Manfredi, rimane per ora un'ipotesi, poiché assai sfuggenti restano i processi di produzione in questo periodo né, d'altro canto, è stata ancora accertata l'esistenza di botteghe di copisti31. Certamente, però, lohannes Werneri de Hassia continuò a rimanere legato al Parentucelli se, all'inizio del suo pontificato, lo ritroviamo tra i suoi familiares02. 28

Per quanto riguarda il tipo di rigatura è da notare che in entrambi il tipo di base, secondo gli schemi forniti da Derolez, è il n0 13 anche se nel Vat. lat. 490 la rettrice maggiore inferiore è doppia. 29 Membr. ff. 267, 320 x 281, specchio serittorio 267 x 186, 2 coli, rigatura a secco, rr. 54, iniziali d'oro su fondo a bianchi girari. Il manoscritto risulta annotato, oltre che dal Parentucelli, anche da Giovanni Tortelli: si veda Manfredi, Orthographia, 278-79. 30 Manfredi, Per la biblioteca, 663 e 666. 31 A. Derolez, Codicologie des manuscrits en écriture humanistique sur parchemin, II, Catalogue, Turnhout 1984 (Bibliologia, 6), 15-16 definisce il copista un «artisan indépendant» nel sistema socio-economico del Quattrocento. Tale status di indipendenza del copista emerge anche dalle analisi di A. C. DE LA Mare, New Research on Humanistic Scribes in Florence, in Miniatura fiorentina del Rinascimento, 1440-1525. Un primo censimento, a c. di A. Garzelli, Firenze 1985 (Inventari e cataloghi, 18), 492-93, per Firenze e di O. Marinelli Marcacci, Codici e copisti a Perugia nel secolo XV, in Xenia Medii Aevi historiam illustrantia oblata Tomae Kaeppeli O. P., II, Roma 1978 (Storia e letteratura, 142), 547-66 per Perugia. 32 Repertorium Germanicum, n0 3768.

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L'unico copista fiorentino a comparire nel nostro elenco è Niccolò di Domenico Pollini, la cui attività di scriba si concentrò a Firenze nel decennio 1430-40, come ha dimostrato Albinia de la Mare nel redigere l'elenco dei codici da lui realizzati33: dal loro esame la studiosa ha potuto dedurre che Niccolò copiò soprattutto per se stesso è solo occasionalmente per altri. I due codici con stemma 'delle quattro barbe' in cui è presente la sua mano, i Vat. lat. 269 e 314, sono stati ultimati nel medesimo anno e sono entrambi frutto di collaborazione: al Vat. lat. 26934 hanno lavorato due copisti, Niccolò di Domenico Pollini dò ff. lr-176r contenenti VExameron di Ambrogio e un anonimo scriptor che esegue i ff. 176v-382r nelle quali si raccolgono opuscoli ambrosiani e pseudoambrosiani35. Il manoscritto è nel complesso di grande formato, con scrittura disposta a piena pagina, ampi margini, rigatura a secco, richiami collocati al centro del margine inferiore e una decorazione a bianchi girari che Mirella Levi D'Ancona ha attribuito al miniatore Battista di Biagio Sanguigni36. La scrittura del Pollini è una minuscola umanistica di buon livello, assai regolare, riconoscibile a colpo d'occhio, tra altri elementi, per la forma caratteristica della M maiuscola. Il Vat. lat. 31437, un testimone importante per la tradizione perché

33

DE LA Mare, New Research, 492-93.

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Membr., ff. 392, 378 x 262, specchio scrittorio 240 x 146, piena pagina, rigatura a secco, rr. 37, iniziali d'oro su fondo a bianchi girari. Per il Vat. lat. 269 si veda Vattasso-Franchide' Cavalieri, Codices, 196-97; Manfredi, Perla biblioteca, 662-63, 673, 668-90, 697-98; MANFREDI, Codici latini, 121-22 n0 191. 35

Le opere di s. Ambrogio presenti nel manoscritto sono: De paradiso, De Cayn et Abel, De Noe et arca, De Abraam, De Isaac vel anima, De bono mortis, De Esau et fuga sae culi, De lacob et vita beata, De Joseph, De patriarchis, De apologia prophetae David, De Nabuthae, De Helia et ieiunio, De virginibus, Exhortatio virginitatis, De institutione virginis ; quelle pseudoambrosiane: De lapsu virginis consecratae, De Salomone, De poenitentia (quest'ultimo scritto in realtà da Victor Gartennensis). 36

Levi d'Ancona, Battista di Biagio Sanguigni, 31, 35.

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II ms. contiene: Didymus, De Spiritu Sancto; Ambrosius, De fide ad Gratianus, De incarnatione, De Spiritu Sancto; Paschasius, De Spiritu Sancto; Nice tas Remesianensis, De ratione fida, De Spiritus Sancii potentia, De diversis appellationibus domino nostro Ihesu Christo convenientibus; Ambrosius, De misteriis initiandis; De sacramentis.

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apografo di un manoscritto di Pomposa, è stato eseguito nella prima parte da Niccolò di Domenico Pollini (ff. lr-197v) 38, mentre nella seconda parte (ff. 198v-248v) Albinia de la Mare ha ravvisato la mano di lohannes Lamperti de Rodenberg59, di cui si tornerà a parlare a proposito del Vat. lat. 1801: basti per ora dire che la sua minuscola umanistica, piuttosto fluida e dalle forme rotondeggianti, è di ottimo livello qualitativo. Anche questo manoscritto è di dimensioni medio-grandi, con scrittura a piena pagina, rigatura a secco (il tipo di rigatura è il n0 32 secondo Derolez) e richiami disposti orizzontalmente al centro del margine inferiore. La decorazione, con iniziali a bianchi girari cui si affiancano piccole iniziali d'oro o blu riquadrate rispettivamente di blu o d'oro, è stata attribuita da Albinia de la Mare a Bartolomeo Varnucci40. Molto interessanti le rubriche, alcune delle quali, eseguite su rasura, di mano del Parentucelli. Nel complesso, anche tenendo conto dell'aspetto generale dei codici realizzati da mani anonime, si può dire che Tommaso Parentucelli prima di divenire papa (e in modo particolare, stando alle sottoscrizioni datate, nel periodo fiorentino) sembra accordare una certa preferenza a quei codici che ubbidivano al nuovo gusto grafico ed estetico inaugurato da Poggio Bracciolini. Grazie ai prolungati soggiorni a Firenze e ai contatti che Tommaso vi allacciò con gli esponenti di spicco della nuova cultura, egli sembra essersi lasciato conquistare dal fascino del modello «alla fiorentina», anche se, tra i codici confezionati per lui, a quelli pienamente umanistici si affianca un nucleo non irrilevante di codici con scritture ibride, nella sostanza già umanistiche ma nell'aspetto e in alcuni singoli elementi ancora semi-

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Membr., ff. 247, 368 x 255, specchio scrittorio 238 x 148, piena pagina, rigatura a secco, rr. 37, iniziali d'oro su fondo a bianchi girari e iniziali ornate più piccole. Per il Vat. lat. 314 si veda Vattasso-Franchi de' Cavalieri, Codices, 229-30; Manfredi, Dispersione dei codici e visite di umanisti a Pomposa tra Quattro e Cinquecento, in Pomposia monasterium in Italia modo primum. La biblioteca di Pomposa, a c. di G. BlLLANOVICH, Padova 1994 (Medioevo e Umanesimo, 86), 336-40; Manfredi, Per la biblioteca, 662-64; Manfredi, Codici latini, 107 n0167. 39 DE LA Mare, Vespasiano da Bisticci as Producer of Classical Manuscripts in Fifteenth Century Florence, in Medieval Manuscripts of the Latin Classics: Production and Use. Proceedings of the Seminar in the History of the Book to 1500, Leiden 1993, ed. by C. A. ChavanneMazel and M. M. Smith, Los Altos Hills-London 1996, 174 n. 20. 40 DE LA Mare, Vespasiano da Bisticci, 174 n. 20.

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gotiche. In ogni caso, è importante rilevare, ai fini di ciò che verrà detto più oltre, che il contenuto sembra prescindere dalla veste grafica scelta e che tutti i manoscritti appartenuti a Tommaso, contenenti prevalentemente opere patristiche o teologiche (di cui si servì durante il Concilio), mostra indifferentemente la littem antiqua e la littera moderna, in tutte le loro varietà. Tornando ai copisti, è interessante notare come la gran parte di essi denunci un'origine non italiana41. A questo proposito possiamo allegare una preziosa informazione fornitaci da Vespasiano da Bisticci circa i criteri seguiti da Tommaso Parentucelli nella scelta dei suoi collaboratori: «I famigli aveva al suo servigio, non aveva ignuno taliano, tutti erano o tedeschi o franciosi. Sendo un dì domandato perché non teneva taliani, rispose, perché gli hanno l'animo troppo grande, et tuttavia vorebono andare più alti, 'el francioso o il tedesco, a ogni esercitio che tu lo metti, pure che gli abia il suo bisogno, istà contento, et non vuole andare più alto si sia, et metilo a che vile exercitio tu vogli, ché sono fedelissimi»42. Questa notizia sembra adattarsi assai bene alla scelta dei copisti, anche perché, se non leggo male, non era solo l'altezzosità degli italiani ad irritare il Parentucelli ma anche le loro pretese sul piano economico. Non è dunque da scartare l'ipotesi che Tommaso preferisse copisti stranieri perché meno costosi e ciò si accorda con quanto ci racconta Vespasiano sull'amore del Parentucelli per i libri e sulle difficoltà economiche da lui affrontate per procurarseli43. D'altro canto, non va dimenticato che la presenza massiccia di copisti stranieri in Italia a partire dalla prima metà del XV secolo è un fenomeno già denunciato da Paul Liebaert all'inizio di questo

41 Non è possibile stimare con certezza l'origine di Petrus de Caster ma non è improbabile una provenienza fuori dai confini italiani. 42 Vespasiano da Bisticci, Le Vite, a. c. di A. Greco, 1, Firenze 1970, 49. Non mi sembra fuori luogo ricordare che la Vita di Niccolò V di Vespasiano da Bisticci ricalca, talora alla lettera, la biografia scritta da Giannozzo Manetti e se ne discosta solo in quei punti in cui Vespasiano introduce ricordi personali, quasi tutti legati al periodo fiorentino di papa Parentucelli, ai suoi rapporti con Cosimo de' Medici e alla sua passione per i libri: in questi brani la sua testimonianza sembra essere assai attendibile e trova conferme in fatti concreti, come dimostrerò nel corso della trattazione. 43 Vespasiano da Bisticci, Vite, 45,47.

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secolo44, ma da allora sono stati ben pochi, che mi risulti, i tentativi di chiarire meglio i meccanismi che hanno determinato questa vera e propria migrazione45 e soprattutto restano ancora affatto ignoti i processi di apprendimento grafico da parte di questi copisti che abbandonavano, di regola, le scritture in uso oltralpe per adottare o la nuova minuscola umanistica o una gotica di tipo italiano46. Limitandoci all'argomento trattato, è impossibile dunque acclarare la prassi di reclutamento dei copisti, seguita dal Parentucelli: dove aveva avuto modo di conoscerli? E ancora: li aveva contattati personalmente o si era servito, come sembra più probabile, di un tramite, forse di quel Vespasiano con il quale fu sicuramente in commercio, sebbene non si conservi nessun codice prodotto nella sua bottega per il Parentucelli47? Certamente la Firenze del Concilio potrebbe aver svolto un'im-

44 P. Liebaert, Miniatori e scribi tedeschi in Italia (Studio sull'arte del libro nel Quattrocento),, in Atti del X Congresso intemazionale di storia dell'arte in Roma, Roma 1922, 200-14. 45 P. Sgargia Piacentini, in P. Cherubini - A. Esposito - A. Modigliani - Sgargia Piacentini, Il costo del libro, in Scrittura, biblioteche e stampa a Roma nel Quattrocento (Littera antiqua, 3) Città del Vaticano 1983, 373-74 e n. 138. Si veda anche: Cherubini, Note sul commercio librario a Roma nel '400, «Studi romani», 33 (1985), 212 n. 1. Assai interessante la spiegazione del fenomeno data da A. Petrucci, Pouvoir de l'écriture, pouvoir sur l'écriture dans la Renaissance italienne, «Annales. Economies, sociétés, civilisations», 43 (1988), 827-28, il quale interpreta la mobilità dei copisti di professione con la necessità di spostarsi laddove vi fosse committenza, in un rapporto di totale "sudditanza" economica a quest'ultima. Più in generale, c'è da chiedersi se il fenomeno della migrazione non debba essere retrodatato e collegato con i sistemi di produzione libraria bassomedievali: a tale proposito riguardo alla presenza di copisti stranieri alla corte angioina si vedano le indicazioni fornite da P. Supino Martini, Linee metodologiche per lo studio dei manoscritti in litterae textuales prodotti in Italia nei secoli XIIIXIV, «Scrittura e civiltà», 17 (1993), 67 e n. 76, 74 e n. 104. « P. J. H. Vermeeren, Le codex Vaticanas latinus 2191, fruit d'une collaboration néerlando-italienne du milieu du quinzième siècle, in Mélanges Eugène Tisserant, VU, Bibliothèque Vaticane, II, Città del Vaticano 1964 (Studi e testi, 237), 365 n. 10. 47 de LA Mare, New Research, 565-67 ha raccolto i codici sicuramente usciti dalla bottega di Vespasiano ma nessuno di essi fu commissiònato dal Parentucelli né i copisti che li hanno realizzati sono i medesimi che hanno lavorato anche per lui. Tommaso Parentucelli, invece, figura tra gli acquirenti di libri "usati" venduti da Vespasiano. Si veda anche Manfredi, Per la biblioteca, 655-60. Secondo Manfredi, Codici latini, 427-28 n0 684 fu forse realizzato da Vespasiano per Niccolò V il ms. Venezia, Biblioteca Marciana XII, 68 (4519) ma non trovo confermata tale notizia in un recente saggio dedicato a questo codice: A. Frangi - M. Ceccanti, Le miniature del Silio Italico e la formazione di Pesellino, «Miniatura», 5-6 (1993-1996) 83-88.

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portante funzione di collettore per gli stranieri: un recente spoglio del fondo Mediceo avanti il principato ha rilevato, ad esempio, che molti notai stranieri si riversarono in città ed alcuni dovettero stabilirvisi dopo la fine del Concilio48. Per quanto riguarda specificamente i copisti sopra menzionati, purtroppo, non sappiamo nulla prima del momento in cui si firmano nei codici dallo stemma 'delle quattro barbe', in quanto non sono note sottoscrizioni precedenti né si conoscono altre notizie sui loro spostamenti o sul loro rapporto con altri committenti: soltanto per lohannes Werneri de Hassya si può ipotizzare, sulla base del ms. Chigi A V 135, che egli fosse stato chiamato dapprima dall'Albergati e, tramite lui, fosse entrato in contatto con Tommaso; ma, considerato il ruolo di segretario e collaboratore che Tommaso rivestì presso l'Albergati, si può anche pensare il contrario, che fosse cioè lui ad occuparsi della committenza dei codici per il cardinale. D'altro canto, anche la stringatezza dei dati forniti nelle sottoscrizioni non ci permette di avanzare alcuna ipotesi sulla condizione sociale di questi copisti (studenti, monaci, laici?): l'unica eccezione, come si è detto, è quella di Niccolò di Domenico Pollini che però è anche l'unico copista italiano a comparire tra i codici del Parentucelli. *

Dopo aver cercato di identificare i copisti che hanno lavorato per Tommaso e, di conseguenza, aver cercato di delineare la sua figura di committente, è ora opportuno vedere cosa accade nel momento in cui egli viene eletto papa. Ho selezionato, a questo fine, i codici datati e sottoscritti di sicura committenza papale, deducibile dal fatto che si tratta di codici di dedica di traduzioni da lui commissionate oppure di codici realizzati durante il suo pontificato e provvisti del suo stemma o di codici fatti esplicitamente, come recita il colophon, su sua richiesta. Comincerei da due manoscritti che si collocano cronologicamente all'inizio del suo pontificato: il Vat. lat. 48949, le cui prime 98 carte fu48

R. M. ZACCARIA, Documenti e testimonianze inedite sul Concilio: linee per una ricerca, in Firenze e il Concilio, 104 e n. 44. 49 Membr., ff. 149, 242 x 163, specchio scrittorio 152 x 163, 2 coll., rigatura a colore, rr. 36, iniziali ornate. F. 96v: Expliciunt sermones sanctissimi Augustini episcopi exìmii sanctae Ecclesiae doctoris ad heremitas per me presbiterum Valerianum de Tauxignano Imolensis dyocesìs

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rono ultimate a Ferrara il 3 ottobre 1447 da Yalerianus de Tauxignano e il Vat. lat. 559, iniziato nel 1447 da un copista anonimo, la cui mano mi sembra tuttavia possa essere identificata con quella di Andreas de Senis che firma a Firenze nel 1435 il manoscritto Vat. lat. 1214 per il patriarca di Gerusalemme Biagio Molin e vi figura come suo cappellano. Questa stessa mano, come già sostenuto da Antonio Manfredi, ha copiato anche il Vat. lat. 188. Il primo codice, contenente alcune opere di s. Agostino50, è un manoscritto di piccolo formato con scrittura disposta su due colonne: è in una minuscola sostanzialmente umanistica, che utilizza la a di tipo carolino, la d minuscola diritta (sebbene compaia la d con asta incurvata a sinistra, specie se seguita dalla o), la s minuscola in fine di parola, quest'ultima poggiante sul rigo a differenza del resto della scrittura che tende a rimanere sospesa tra la riga superiore e quella inferiore; si possono ancora notare l'uso dei nessi et e ci, la caratteristica g con occhiello inferiore aperto a forma di piccolo gancio e la tendenza a sostituire la m finale di parola con il segno abbreviativo a forma di 3. Nel complesso la scrittura si presenta chiara e ben spaziata sebbene pervasa da quel gusto 'tardo-gotico'51, ben riscontrabile nell'area nord-orientale in cui opera il copista, di cui sono noti altri codici sottoscritti52: da essi apprendiamo che il prete Yalerianus quondam Pauli de Zanellis de Tauxignano, rettore ecclesiae Villae Vigoventiae nel 1442, figura nel 1456 come plebanus della pieve di S. Maria di Tossignano. La sua attività, comunque, sembra essersi profilata interamente nella diocesi di Ferrara e ciò spinge pertanto a in Ferrariensi dyocesi commorantem die 3 mensis octobris 1447 sub Sanctis simo in Christo patre et domino domino Nicolao divina providentia papa V. Sul codice si veda VattASSO-Franchi de' Cavalieri, Codices, 370-71. Non sembra presente nell'inventario. 50 Augustinus, De opere monachorum, De spiritu et littera, Sermones ad fratres in eremo. 51 A tale proposito si osservi la r generalmente a forma di 2 (anche dopo lettere come c, e, f) e le maiuscole più vicine ad un modello gotico semplificato piuttosto che a un modello capitale. 52 È stato possibile reperire i seguenti manoscritti: Imola, Biblioteca Comunale 27, datato Ferrara 1 agosto 1442 (si veda Colophons de manuscrits occidentaux des origines au XVIe siècle, ed. par BÉNÉDICTINS DU BOUVERET, Fribourg 1965-1982, Spicilegii Friburgensis Subsidia, 2-8, V, n0 18357); Bologna, Biblioteca Universitaria 2592, datato Villa Vigoventia presso Ferrara il 5 aprile 1445 (si veda Colophons, V, n0 18358; Derolez, Codicologie, n0 43); Dresden, Sâchsische Landesbibliothek De 173, datato in Compiono (presso Tossignano) 30 dicembre 1456 (si veda Colophons, V, n0 18360). Su questo copista si veda Derolez, Codicologie, I, 163 n0 402.

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pensare che il codice possa essere stato commissionato dal Parentucelli poco prima di divenire papa, quando era ancora vescovo di Bologna o essere stato comprato già pronto o, ancora, essere un codice offerto in dono al neo-pontefice. In questi ultimi due casi però il Vat. lat. 489 non costituirebbe un esempio valido di committenza niccolina. Quanto al Vat. lat. 55953 (tav. XVIII), contenente il De vita contemplativa di Giuliano Pomerio e opere autentiche e spurie di Prospero d'Aquitania54, esso è scritto ugualmente in una minuscola umanistica dal tracciato leggermente chiaroscurato con aste che tendono ad assottigliarsi alle estremità, fino a divenire sottili filetti in lettere che scendono sotto il rigo come y, x, o in segni abbreviativi come quello per -rum. La scrittura è alta, slanciata, con alcune movenze cancelleresche: la a è di tipo carolino, la 5-finale di parola è minuscola, il secondo tratto della lettera h piega verso l'interno ma non scende sotto il rigo di scritturarla rminuscola tende ad assumere forma di 2 anche dopo la i o la e. Le iniziali ornate sono riempite all'interno da motivi geometrici e arricchite da prolungamenti a foglie o bullae raggiate e fiori mentre le iniziali più piccole sono filigranate55: lo stile della miniatura sembra indicare un ambiente diverso da Roma, probabilmente

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Membr., ff. 122, 367 x 257, specchio scrittorio 236 x 181, 2 coll., rigatura a colore, rr. 40, iniziali ornate e filigranate. F. 2r: Anni Yhesus 1447. Per il codice si veda Vattasso-Franchi de' Cavalieri, Codices, 419-20; Manfredi, Primo Umanesimo e teologi antichi. Dalla Grande Chartreuse alla biblioteca papale, «Italia medievale e umanistica», 32 (1989) 201-202; MANFREDI, Codici latini, 460-61 n0 739. 54 Le opere di Prospero e dello Pseudo-Prospero contenute sono nell'ordine: Prosper, Pro Angustino responsiones ad capitula obiectionum Gallorum calumniantium, Pro Angustino responsiones ad capitula obiectionum Vincentianarum, Pro Angustino responsiones ad excerpta Genuensium, Epigrammata ex sententiis s. Augustini; Ps. Prosper, Poema coniugis ad uxorem; Prosper, Epistula ad Rufinum de gratia et libero arbitrio; Ps. Prosper, Confessio; Prosper, Sententiae ex operìbus s. Augustini, De vocatione omnium gentium, De gratia Dà et libero arbitrio contra collatorem. 55

II codice presenta un problema che ancora non mi è stato possibile chiarire: a f. Ir il copista comincia a copiare la praefatio a Pomerius che esegue sino alla fine del foglio (o, più esattamente, fino alla 1. 4 del f. Iv, sebbene le quattro righe siano state erase in un secondo tempo) ; quindi, a f. 2r, ricomincia a copiare da capo la praefatio. Si noti che la mano è la stessa, che i ff, 1 e 2 sono le carte iniziali di un regolare quinione e che il f. Ir reca un'iniziale istoriata e lo stemma del papa. Mi è impossibile, per ora, spiegare il motivo di tale ripetizione.

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COPISTI ALLA CORTE DI NICCOLÒ V

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Firenze56, ed è dunque lecito chiedersi se il manoscritto fosse stato commissionato da Niccolò V prima di divenire papa e prima deirinsediamento nell'Urbe. Se comunque è esatta la mia identificazione della mano con quella di Andreas de Senis57, abbiamo a che fare questa volta con un copista italiano, familiaris, almeno nel 1435, del patriarca di Gerusalemme, sebbene non sia da escludersi che possa aver in seguito prestato servizio anche per altri. Quanto al Vat. lat. 18858 (Irenaeus, Contra hereses), privo di datazione ma eseguito sicuramente dal medesimo copista del Vat. lat. 559, fu realizzato, secondo Antonio Manfredi, a non grande distanza da quest'ultimo a Roma per volontà di Niccolò V che desiderava avere copia di un manoscritto riportato dalla Grande Chartreuse, il Vat. lat. 187, e che vi fece apporre il proprio stemma in più punti con l'iscrizione, a lettere d'oro, «Nicolaus papa V»: questo codice presenta una scrittura di modulo leggermente più grande rispetto a quella del Vat. lat. 559 e le iniziali filigranate sono state interamente sostituite da piccole iniziali miniate. Ma è soprattutto lo stile decorativo delle pagine ornate (ff. Iv, 34r, 78r, 118r, 166v) a discostarsi da quello del Vat. lat. 559 e ad orientare verso un miniatore di cultura settentrionale59. C'è pertanto da chiedersi se il manoscritto sia stato effettivamente eseguito a Roma: se si accetta tale ipotesi, come pure le prove addotte da Antonio Manfredi indurrebbero a credere, occorrerebbe altresì ipotizzare che il codice sia stato decorato a Roma

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Francesca Pasut mi conferma che lo stile della decoratzione può essere ricondotto ad ambiente fiorentino, dato che sarebbe in sintonia con l'identificazione del copista in Andreas de Senis che, stando al Vat. lat. 1214, operava appunto a Firenze. 57 Su di lui si veda anche Derolez, Codicologie, I, 126 n0 22. Sebbene sia piuttosto sicura della identità tra la mano del Vat. lat. 559 e quella del Vat. lat. 1214, anche per ragioni codicologiche, non si può tacere il fatto che la forma della g minuscola nel primo, con occhiello chiuso e immediatamente attaccato a quello superiore senza alcun trattino di collegamento, differisca da quella del secondo, con occhiello inferiore aperto a forma di gancio: è tuttavia assai probabile che nel periodo intercorso tra la realizzazione dei due codici il copista abbia modificato la forma di alcune lettere. 58 Membr., ff. 192, 314 x 232, specchio serittorio 218 x 175, 2 coll., rigatura a colore, rr. 30, pagine ed iniziali ornate. Si veda Vattasso-Franchi de' Cavalieri, Codices, 148; Manfredi, Primo Umanesimo, 188-89; Manfredi, Codici latini, 164-65 n0 258. 59

La probabile origine settentrionale del miniatore mi è stata suggerita da Francesca Pasut.

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ELISABETTA CALDELLI

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da maestranze non romane e che il copista abbia abbandonato Firenze per seguire il neo-eletto papa e mettersi al suo servizio. Negli anni 1449-50 si collocano due codici, i Vat. lat. 16960 e 19861, entrambi sottoscritti dall'olivetano lohannes Baptista de Francia, originario di Trochères e contenenti il primo le opere dello Pseudo Dionigi l'Aeropagi ta nella traduzione di Ambrogio Traversari, il secondo le opere di Cipriano: i due codici furono sicuramente commissionati dal papa, come si evince dalla dichiarazione esplicita contenuta nel colophon del primo e dal ripetersi in più punti dello stemma papale in entrambi. Si tratta di due codici di lusso62 in pergamena, di dimensioni medio-grandi, con un medesimo tipo di decorazione a foglie su fondo oro, che José Ruysschaert definisce propria dei manoscritti in «humanistique gothique» e che si contrapporrebbe ai bianchi girari sempre abbinati a manoscritti schiettamente umanistici63. La scrittura, nel codice più antico, il Vat. lat. 198 (tav. XIV), è una textualis formalizzata con concessioni alla minuscola umanistica, come l'uso dei nessi et e et c'è da chiedersi se la presenza di tali elementi non

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Membr., ff. 134, 393 x 264, specchio scrittorio 240 x 159, piena pagina, rigatura a secco, rr. 30, iniziali istoriate ai ff. Ir, 31r, 67r, 115r e iniziali foliate. F. 118r: Et frater lohannes Baptista de Frantia (sic) pauper et ìndìgnus monachus Montis Oliveti scripsit hoc opus pro beatissimo ac glorioso domino suo domino Nicolao divina providentia pape quinto, anno Dominice incarnationis M0 CCCC0L0 existente Jubileo sancto. Per il codice si veda Vattasso-Franchide' Cavalieri, Codices, 131-32; Manfredi, Codici latini, 467 n0 750. 61

Membr., ff. 165, 355 x 255, specchio scrittorio 229 x 174, 2 coll., rigatura a secco, rr. 43, una iniziale istoriata a f. Ir e iniziali foliate. F. 163v: Explicit vita et martirium beati martiris Cipriani Carthaginensis episcopi viri catholici et eloquentissimi ipse digne tur exorare benignissimum dominum Ihesum Christum pro scriptore huius opens cuius nomen est frater lohannes Baptista de Francia, civitatis Trecasine, indigni monachi sancii Benedicti Montis Oliveti 1449. Per il codice si veda Vattasso-Franchi de' Cavalieri, Codices, 154-55; Manfredi, Codici latini, 465 n0 746. 62

Si noti che il Vat. lat. 169 ha impaginazione a piena pagina mentre il Vat. lat. 198 su due colonne. 63

J. Ruysschaert, Miniaturistes "romains" sous Pie II, in Enea Silvio Piccolomini-Papa Pio II, Siena 1968, 247: «[...] en principe, le premier type de décoration -[sài à légers feuillages et à fleurs] accompagne des textes écrits en humanistique gothique et la plupart du temps ce seront des oeuvres patristiques, tandis que les deux autres [scil bianchi girari o intrecci colorati] ornent des manuscrits copiés en humanistique ronde contenant le plus souvent des textes classiques ou humanistiques».

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COPISTI ALLA CORTE DI NICCOLÒ V

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denunci un processo di imitazione da parte dello scriba, abituato ad usare Tumanistica. Ammesso che questo sia vero, è comunque interessante notare che ad un anno di distanza egli aveva superato ogni incertezza, dal momento che nel Vat. lat. 169 (tav. XV) utilizza una textualis rigorosamente formalizzata di tipo italiano, di modulo grande, chiaroscurata, rispettosa delle leggi di Meyer (se si eccettua l'uso indiscriminato della d con asta incurvata a sinistra o della d con asta dritta a prescindere dalla lettera che segue), assai povera di abbreviazioni: nel complesso ci si trova di fronte ad una textualis che nel XV secolo è prevalentemente relegata, almeno in Italia, «in ambiti ristretti: qualche testo filosofico o letterario, di norma in latino, talora nei volgari nazionali ma essenzialmente opere liturgiche, libri per la preghiera personale o comunitaria, testi di edificazione destinati al clero, agli ordini religiosi, al laicato devoto»64. All'anno 1452 si data, invece, il Vat. lat. 50165 (tav. XI), una raccolta di opere agostiniane e pseudoagostiniane copiata da Bartholomaeus de Medemblic: anche in questo caso, ci troviamo di fronte ad un manoscritto di lusso, di grande formato, in una textualis analoga a quella usata da lohannes Baptista de Francia nel Vat. lat. 198, disposta su due colonne e con una decorazione ugualmente assai vicina a quella dei Vat. lat. 169 e 19866. Datati ma purtroppo non sottoscritti sono i Vat. lat. 541 (tav. XII) e Vat. lat. 447 dell'anno 145167, e il Vat. lat. 658 (tav. XVI), completato a 64

S. Zamponi, Elisione e sovrapposizione nella littera textualis, «Scrittura e civiltà», 12 (1988),169. 65 Membr., ff. 309, 444 x 314, specchio scrittorio 306 x 193, 2 coll., rigatura a colore, rr. 47, numerose iniziali istoriate, iniziali decorate. F. 305r: Bartholomeus de Medemblic scripsit. La data è contenuta nella legenda che circonda lo stemma a f. Ir. Per il codice si veda Vattasso-Franchi de' Cavalieri, Codices, 383-84; Manfredi, Primo Umanesimo, 201; Manfredi, Codici latini, 68-69 n0 112. 66 Sul presunto stile umbro di questa miniatura si veda A. Serafini, Ricerche sulla miniatura umbra (secoli XTV-XVI), «L'arte», 15 (1912), 66 e fìg. 16; E. Longhi, Per la miniatura umbra del '400, «Atti dell'Accademia properziana del Subasio», n.s., 8 (1984), 46 n. 46 smentisce invece ogni legame tra questo codice e la produzione umbra. Vedi in merito anche Pasut, qui a p. Ili n.37. 67 Vat. lat. 541: membr., ff. 173, 478 x 330, specchio scrittorio 302 x 209, 2 coll., rigatura a secco, rr. 40, due iniziali istoriate a f. Ir, iniziali foliate. F. 173r: Explicit liber sermonum beati Leonis pape viri catholici et eloquentissimi scriptus pro beatissimo et glorioso

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ELISABETTA GALDELLI

Roma tra il 28 maggio 1451, epoca in cui fu terminata la copia del primo trattato, e il 145268: essi tramandano nell'ordine le Epistulae e i Sermones di papa Leone Magno il primo, opere varie di s. Agostino il secondo e due trattati di Bernardo da Chiaravalle più un terzo trattato di Gaufrìdus, il De colloquio Simonis et lesu, attribuito sempre a Bernardo, il terzo. Tutti e tre questi codici ripetono le caratteristiche già segnalate per i Vat. lat. 169, 198 e 501: di lusso, pergamenacei, di grandi dimensioni - ad eccezione del Vat. lat. 447 di dimensioni più modeste -, in textualis altamente formalizzata di modulo grande (specie nel Vat. lat. 447), con una decorazione che sia per tipologia sia per stile si avvicina moltissimo a quella del Vat. lat. 501. Soprattutto l'estrema formalità della scrittura rende assai difficile dire se i tre codici siano stati vergati dal medesimo copista (e inoltre se ciascun codice sia stato realizzato da una sola mano) : graficamente unitario sembra essere il Vat. lat. 447 (tav. XIX), caratterizzato da una g con occhiello superiore molto grande e dalla forcellatura delle aste verticali ascendenti e discendenti e delle basi di f, r, s ed m (primi due tratti); inoltre la scrittura è sospesa rispetto al rigo di scrittura. Nel complesso non mi summo pontífice domino Nicolao quinto, quem dominus noster Ihesus Christus custodiat, protegat et ad vitam perducat etemam amen. 1451. Per il codice si veda Vattasso-Franchi de' Cavalieri, Codices, 406-407, S. Kuttner, A Catalogue of Canon and Roman Law Manuscripts in the Vatican Library, I, Codices Vaticani Latini 541-2299, Città del Vaticano 1986 (Studi e Testi, 322), 1-2; Manfredi, Codici latini, 463 n0 743. Vat. lat. 447: membr., ff. 148, 349 x 244, specchio scrittorio 230 x 155, 2 coll., rigatura a colore, rr. 33, iniziale istoriata a f. Ir, iniziali foliate. F. Ir (nella cornice che circonda lo stemma pontifìcio): NICOLAUS PAPA QUINTUS MCCCLI. Per il codice si veda Vattasso-Franchi de' Cavalieri, Codices, 335-36; Oberleitner, Überlieferung, 258-59. Non è stato identificato negli inventari antichi della biblioteca di Niccolò V da Manfredi, Codici latini, che infatti non lo cita. 68 Membr., ff. 128, 373 x 263, specchio scrittorio 250 x 155, piena pagina, rigatura a secco, rr. 28, numerose iniziali istoriate, iniziali foliate. F. 70r: Explicit liber quintus et ultimus beati Bernardi abbatis De consideratione ad Eugenium papam tertium completas et scriptus in Urbe die xxviij madii anno Domini millesimo quadringentesimo quinquagesimo primo pro glorioso ac beatissimo summo pontífice domino Nicolao papa quinto quem Dominus protegat, conservet, regat et ad vitam etemam perducat. Amen-, f. 112v: Explicit liber beati Bernardi abbatis De colloquio Symonis et Ihesu feliciter 1451; f. 128r: Explicit tractatus apologéticas eiusdem beati Bernardi claravallensis abbatis 1451. Nella legenda intorno allo stemma a f. Ir compare la data MCCCLII. Per il codice si veda Vattasso-Franchi de' Cavalieri, Codices, 514-15; Manfredi, Codia latini, 476 n0 763.

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COPISTI ALLA CORTE DI NICCOLÒ V

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sembra che si possa ricondurre questo codice ad una mano già nota del corpus niccolino. Per quanto riguarda, invece, i Vat. lat. 541 e Vat. lat. 658 si può notare come le formule di sottoscrizione usate nei due codici siano assai simili; inoltre entrambi i manoscritti69, nonostante la diversa impaginazione, sono sprovvisti di richiami ma ogni fascicolo è contraddistinto da una lettera maiuscola apposta nel margine inferiore interno dell'ultimo foglio verso. E ben vero, al contrario, che il copista del Vat. lat. 541 scrive la congiunzione ^per esteso, mentre quello del Vat. lat. 658 alterna ad esso la nota tachigrafica 7; inoltre il primo usa, all'interno del testo, maiuscole di tipo capitale dal tratteggio molto pesante mentre il secondo preferisce maiuscole di tipo gotico. Risulta ugualmente difficoltosa, per le stesse ragioni, l'attribuzione ad un preciso copista: si può però osservare che nei due codici, come anche nel Vat. lat. 169, siano assenti i richiami sostituiti da lettere maiuscole alla fine del fascicolo; inoltre nella sottoscrizione di quest'ultimo è presente la formula, anche se invertita, pro beatissimo ac glorioso domino, usata nei Vat. lat. 541 e 658; e ancora, sebbene il modulo della scrittura nel Vat. lat. 658 sia più grande rispetto al Vat. lat. 169 e la scrittura appaia ancor più d'apparato, il tipo di rigatura è il medesimo, il 33, secondo la classificazione di Derolez. Va altresì notato che nel Vat. lat. 541 sono usate maiuscole di tipo capitale dal tratteggio pesante assai simili a quelle attestate nel Vat. lat. 169 e che, come in questo, la congiunzione et è sempre scritta in esteso. Sarei dunque propensa a ritenere almeno il Vat. lat. 541 copiato da Johannes Baptista de Francia, mentre mantengo ancora alcune riserve intorno al Vat. lat. 658 che preferisco solo dubitativamente attribuire alla mano di questo copista. Per riassumere ci troviamo di fronte ad un corpus di manoscritti, tutti contenenti opere patristiche o teologiche70, che, nonostante siano stati vergati da copisti diversi e, da notare, tutti non italiani, presentano strette analogie sia nell'aspetto complessivo dei codici, sia nell'assetto decorativo e nel tipo di scrittura adottati. Ciò significa che dovevano essere impartite ai copisti indicazioni di uniformità anche se sarei

69

II Vat. lat. 541 è su due colonne mentre il Vat. lat. 658 e a piena pagina.

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Non si trascuri che alcuni di questi codici sono il risultato di ricerche svolte dal Parentucelli per le biblioteche d'Europa a caccia di testi filologicamente corretti e affidabili e dell'acribia critica da lui esercitata, nel corso degli anni: su di essi: Manfredi, Primo Umanesimo, 188-203; Manfredi, Dispersione dei codici, 319-49.

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ELISABETTA CALDELLI

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piuttosto cauta nel postulare l'esistenza di uno scriptorium o, se si preferisce, di un atelier papale in senso proprio, come sembra suggerire Antonio Manfredi a proposito del Vat. lat. 50171, mentre sarei piuttosto propensa a credere che Niccolò V si rivolgesse direttamente a copisti di provata fiducia operanti fuori della Curia o che mantenesse al proprio servizio persone che rivestivano più mansioni, tra cui quella di copista, come fu il caso già citato di lohannes Werneri de Hassya: sembra esserne una prova ulteriore il caso di lohannes Lamperti de Rodenberg72, che ha sottoscritto e datato a Roma il 13 luglio 1452, iussu Nicolai papae, l'assai noto Vat. lat. 180173 e firmato il Vat. lat. 181274, oltre ad aver aggiunto i ff. lr-28v al Vat. lat. 500, un codice già realizzato per il titolare dello stemma 'delle quattro barbe', che compare infatti a f. 29r, elemento questo che sembra confermare ulteriormente come tale titolare debba identificarsi col Parentucelli75. Questo stesso scriptor aveva già copiato per il Parentucelli, come si è detto, la seconda parte del Vat. lat. 314: egli sembra dunque rientrare in quella categoria di scrittori che vengono invitati a Roma da Niccolò V una volta divenuto papa, come ci testimonia Vespasiano da Bisticci: «Condussi moltissimi scrittori, de' più degni poteva avere, a' quali dava a scrivere di continovo»76. Questo copista figura nella documentazione in qualità di

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Manfredi, Primo Umanesimo, 201. Sgargia Piacentini, Costo del libro, 384, affrontando tale problema, preferisce parlare di artigiani di fiducia a cui la curia si rivolgeva solitamente per la produzione di codici. 72 Per questo copista, di cui sono noti anche altri codici oltre a quelli citati, si veda Colophons, III n1 10215-10216; Derolez, Codicologie, I, 145 n0 221 e II, n0 1048; DE LA Mare, Vespasiano da Bisticci, 174 n. 20. 73

F. 184r: Iussu pontificis maximi Nicolai pape quinti, ego Ioannes Lamperti de Roden berg posteaquam translatum est hoc opus primus transcripsi M0 CCCC0 LII0, pontificatus prefati domini nostri anno VIo, mensis iulii, die XIII Rome. La sottoscrizione è disposta a cui de lampe. La bibliografia relativa a questo manoscritto è assai ampia: si rimanda pertanto a Manfredi, Codici latini, 243-44. 74

F. 194v: Sextus et ultimus finit, iussu Nicolai pape V, lohannes Rodenbergh transcrip sit. Per il codice si veda B. Nogara, Codices Vaticani Latini, III, Codices 1461-2059, Romae 1912, 281; Manfredi, Codici latini, 244-45 n0 386. 75 Per il Vat. lat. 500 si veda Vattasso-Franchi de' Cavalieri, Codices, 382-83; Manfredi, Per la biblioteca, 702. 76 Vespasiano da Bisticci, Vite, 63.

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COPISTI ALLA CORTE DI NICCOLÒ V

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familiaris papae fin dall'inizio del pontificato di Niccolò77 e certamente doveva godere di un prestigio e di un'affidabilità notevoli se lo stesso Lorenzo Valla lo elogia e se ne serve per rivedere la sua 'edizione' ufficiale della traduzione delle Historiae di Tucidide, commissionatagli da Niccolò V, come egli stesso dichiara nel celeberrimo 'chirografo' che chiude il Vat. lat. 180178. Il codice stesso si presenta come un perfetto esemplare di libro umanistico, nonostante le due colonne in cui si dispone la scrittura: è un codice membranaceo, di grandi dimensioni, in una minuscola umanistica dal tratteggio un po' pesante ma dall'andamento estremamente fluido e disinvolto, ritmato dalle aste discendenti sotto il rigo di x, y (sormontato dal punto) e del segno abbreviativo per -rum che piegano marcatamente verso sinistra (tav. XII). Anche questo codice presenta un tipo di decorazione molto simile a quello già riscontrato nei Vat. lat. 169, 198, 501, 541 e 658, e, secondo Ruysschaert, come sopra ricordato, proprio dei manoscritti in «humanistique gothique»79. Il Vat. lat. 1801, inoltre, riveste quel carattere di «esemplare normativo»80, dal punto di vista testuale, che mette ben in luce la passione filologica, tutta umanistica, del papa. Di impianto estremamente simile è il Vat. lat. 1812, contenente la Bibliotheca histórica di Diodoro Siculo nella traduzione di Poggio Bracciolini. Sempre legato al libro di tipo umanistico è anche il copista Alphonsus che firma, a lettere d'oro, il Vat. lat. 1766, contenente la Institutio oratoria di Quintiliano, un codice di lusso con decorazione analoga a quella del Vat. lat. 1801 e 1812: questo copista adopera una minuscola umanistica dalle lettere sviluppate in altezza e compresse lateralmente

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Si veda Repertorium Germanicum, n0 3136.

78

F. 184r: Hunc Thucydidis codicem qualis nullus ut opinar unquam apud ipsos Grecos vel scriptus vel omatus est magnificentius idem ego Laurentius, iussu sanctissimi domini nostri domini Nicolai divina providentia pape quinti, recognovi cum ipso Ioanne, qui eum tam egrese scripsit. Ideoque hec meo chirographo subscripsi ut esset hic codex mee translationis ar chetypus unde cetera passent exemplaria emendaci. 79

Si veda supra n. 63. S. Rizzo, Per una tipologia delle tradizioni manoscritte di classici latini in età umanistica, in The Classical Tradition in the Middle Ages and the Renaissance. Proceedings of the First European Science Foundation Workshop on "The Reception of Classical Texts"Florence, Certosa del Galluzzo, 26-27 June 1992, ed. by C. Leonardi e B. Munk Olsen, Spoleto 1995 (Biblioteca di Medioevo latino, 15), 386 (e vedi più in generale le pp. 386-93). 80

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ELISABETTA CALDELLI

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e non dimostra una particolare abilità esecutiva, giustapponendo i tratti costitutivi delle lettere piuttosto che fonderli in un insieme organico81 (vedi tav. XVII). Caratteristica di questo scriba è l'uso, in fine riga, di riempitivi82 a forma di piccolo ovale tagliato trasversalmente da un tratto con un punto sottostante. Sarebbe assai interessante identificare questo Alphonsus con YAlphonsus de Molina, che copia il ms. Chig. H Vili 262 per Pio II83, come già è stato dubitativamente proposto da Derolez84, perché in questo modo sarebbe possibile documentare il protrarsi dell'attività di almeno un copista dal pontificato di Niccolò V a quello di Pio II: tuttavia, il confronto grafico tra il manoscritto Chigiano e il Vat. lat. 1766 sembrerebbe escludere tale identificazione, oltre che per singoli elementi come il differente disegno della g, soprattutto per l'aspetto complessivo della scrittura che appare, nel Chigiano, assai più fluida e dal tratteggio più pesante rispetto al manoscritto vaticano. D'altro canto, la presenza di elementi comuni come il tipo di rigatura e l'uso del medesimo riempitivo a fine rigo, devono indurre ad una certa cautela prima di pronunciare un verdetto definitivo, dal momento che l'arco di tempo trascorso tra i due manufatti potrebbe giustificare un cambiamento nello stile del copista e, al contempo, una sua maturazione. Per quanto il campione selezionato, rappresentato dai codici sottoscritti o solo datati ma riconducibili ad una mano identificabile, sia piuttosto esiguo, emerge, come primo dato, una notevole omogeneità formale dei codici commissionati da Niccolò V: tale omogeneità spinge ad ipotizzare uno stretto controllo non solo sulla correttezza testuale ma anche sull'aspetto estetico dei codici. L'elemento che contribuisce più di ogni altro a dare una facies uniforme a questi ma-

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Membr., ff. 286, 346 x 243, specchio scrittorio 216 x 125, piena pagina, rigatura a secco, rr. 34, iniziali grandi istoriate e iniziali piccole decorate. Per il codice si veda Nogara, Codices Vaticani, 227-28; Manfredi, Codici latini, n0 646. 82 M. Maniaci, Terminologia del libro manoscritto, prefazione di D. Muzerelle, Roma 1996 (Addenda, 3), 197 fìg. 141. 83 Ruysschaert, Miniaturistes "romains", 254 n. 48: Alphonsus de Molina compare nei documenti come familiaris del papa Pio II. Per il Chig. H Vili 262 si veda Derolez, Codicologie, II, 124 n0 854. Per gli aspetti codicologici del Vat. lat. 1766 si veda di nuovo Derolez, Codicologie, 145 n0 1042. 84

Derolez, Codicologie, 1,126 n011.

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COPISTI ALLA CORTE DI NICCOLÒ V

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noscritti è senz'altro l'apparato decorativo tipologicamente e strutturalmente - nel rapporto con la pagina scritta - affine in tutti i codici: le ricche cornici fogliacee impreziosite da bullae d'oro che si dispongono lungo i margini della pagina e che scandiscono il testo assecondandone la ripartizione interna e i prolungamenti del medesimo stile, le iniziali ornate o figurate presentano, in questi codici di lusso, una uniformità che non può passare inosservata. Soprattutto questo stile decorativo abbinato, in molti manoscritti, ad una textualis rigorosamente formalizzata propone un tipo di libro che non corrisponde affatto a quel modello «alla fiorentina» cui il Parentucelli, come si è visto, aveva accordato la propria preferenza negli anni precedenti il pontificato e tale circostanza, piuttosto sorprendente, non sembra affatto casuale: nulla infatti, impediva a Niccolò V di condurre con sé a Roma, come aveva fatto con alcuni copisti di fiducia, maestranze fiorentine disposte a impiantare nell'Urbe il nuovo modello di libro, così come avevano fatto altri signori italiani85 né, in alternativa, avrebbe incontrato grandi difficoltà nel continuare a commissionare codici a Firenze, tanto più che la prolungata assenza dei papi da Roma e la conseguente depressione economica86 avrebbero potuto pienamente giustificare l'esigenza di ordinare altrove prodotti librari di alta qualità. Allo stato attuale delle ricerche, inoltre, mi è sembrato di poter rilevare, dal punto di vista strettamente grafico, il delinearsi di una dicotomia tra manoscritti di argomento sacro (Padri della Chiesa, testi teologici ecc.), in textualis, e manoscritti di argomento profano, in umanistica, dicotomia affatto inesistente, come si è visto, nei codici commissionati dal Parentucelli prima dell'elezione a pontefice. Tale dicotomia può destare una certa meraviglia soprattutto se si considera che essa investe i testi patristici che hanno svolto un ruolo importantissimo, e recentemente rivalutato a pieno, nel dipanarsi della cultura umanistica e principalmente nella formazione di papa Niccolò V87.

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A questo proposito PETRUCCI, Biblioteca, libri, scritture nella Napoli aragonese, in Le biblioteche nel mondo antico e medievale, a c. di G. CAVALLO, Bari 1988, 189-202, rileva il passaggio ad una produzione di libri «alla fiorentina» nella corte aragonese. 86 Ma, al riguardo, si veda più oltre a n. 103. 87

Si veda C. Bianca, Il pontificato di Niccolò V e i Padri della Chiesa , in Umanesimo e Padri della Chiesa: manoscritti e incunaboli di testi patristici da Francesco Petrarca al primo Cinquecento, a c. di S. Gentile, [Roma] 1997, 85-92.

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Inoltre, se si osserva più attentamente, non può sfuggire come i manoscritti in textualis non rientrino pienamente nella vecchia tipologia libraria del libro 'da banco'88 e questo a partire proprio dalla scelta di adottare una scrittura d'apparato quale una gotica libraria formalizzata e di grande modulo: si potrebbe dire che essi si avvicinano molto di più ai contemporanei codici liturgici piuttosto che a qualsiasi altra tipologia libraria. Quindi per definire con maggiore esattezza la atipicità o meno di questa situazione mi è sembrato necessario operare un rapido confronto con le biblioteche che, contemporaneamente a quella papale, si venivano costituendo intorno alla metà del secolo XV e che vedevano un medesimo sforzo, da parte dei loro realizzatori, di raccogliere manoscritti del passato e di commissionarne di nuovi. Mi sono orientata soprattutto nella direzione delle biblioteche cardinalizie, dal momento che, per meglio comprendere la figura di Niccolò V, è, a mio avviso, necessario rifarsi proprio a quella cultura 'cardinalizia' che trova, soprattutto a Roma, una lunga tradizione e che svolge un ruolo notevole nella nascita e nella diffusione dell'umanesimo89. In modo particolare, mi interessava cogliere il rapporto tra questi committenti, i copisti che per loro hanno lavorato e i prodotti usciti dalle loro mani, soprattutto dal punto di vista delle caratteristiche grafiche e codicologiche90. 88

Si veda Petrucci, Alle origini del libro moderno. Libro da banco, libri da bisaccia, libretti da mano, «Italia medievale e umanistica», 12 (1969), 295-313. 89 A. Paravicini Bagliani, Le biblioteche cardinalizie (secc. XIII-XV) , in / luoghi della memoria scritta, a c. di CAVALLO, Roma 1994, 295-301. 90 Com'è noto, la vastità degli studi in questo settore (si ricordino le ricerche promosse da M. Miglio negli anni '80, i cui risultati sono stati pubblicati nella serie Pitterà antiqua), ma anche la loro asistematicità e le differenti prospettive da cui si è di volta in volta partiti (molti di questi contributi, infatti, hanno accentrato la loro attenzione quasi esclusivamente sui contenuti delle biblioteche cardinalizie, al fine di ricostruire il clima intellettuale e gli interessi culturali dei loro possessori) non possono garantire strumenti esaustivi per il confronto. A questo riguardo, anche se con grande rammarico, è stato necessario escludere la biblioteca del cardinal Capranica, dal momento che l'importante contributo di V. A. Antonovics, The Library of Cardinal Domenico Capranica , in Cultural Aspects of the Italian Renaissance. Essays in Honour of P. O. Kristeller, a c. di C. H. Clough, New York 1976, 141-59, si interessa della biblioteca

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Per quanto riguarda, dunque, le biblioteche cardinalizie91 mi è sembrato di poter rilevare una situazione simile anche se non propriamente assimilabile a quella sopra delineata di una differenza tra produzione 'sacra' e produzione 'profana'. E vero, come afferma Susy Marcon a proposito della biblioteca del cardinale Bessarione, che in essa si distingue un nucleo di «codici nei quali il contenuto di opere non classiche, bensì patristiche, filosofiche o scientifiche, richiede la grafia gotica o meglio la scrittura umanistica-gotica [...]. Alla diversa soltanto per i suoi contenuti e la sua struttura. Inoltre sono state escluse quelle biblioteche che per il taglio eminentemente "professionale", come quella del Torquemada (si veda T. IZBICKI, Notes on the Manuscript Library of Cardinal Johannes de Turrecremata, «Scriptorium», 35, 1981, 306-11) o dell'Estouteville (si veda A. ESPOSITO Aliano, Testamento e inventari per la ricostruzione della biblioteca del cardinale Guglielmo d Estouteville, in Scrittura, biblioteche e stampa a Roma nel Quattrocento. Aspetti e problemi. Atti del Seminario 1-2 giugno 1979, Città del Vaticano 1980, 309-42) venivano ad essere sprovviste di una varietà tipologica paragonabile a quella offerta dalla biblioteca papale. 91

Mi sono soffermata soprattutto sulle biblioteche del Bessarione, di Jean Jouffroy e di Guarnerio d'Artegna. Per quanto riguarda il cardinale Bessarione, mi sono concentrata soprattutto sul periodo in cui fu legato a Bologna (1450-1455), perché contemporaneo al pontificato di Niccolò V e perché, a quell'epoca, egli si dedicò intensamente all'acquisto e alla commissione di codici: si veda Bianca, La formazione della biblioteca latina del Bessarione, in Scrittura, biblioteche e stampa, 103-65 (Littera antiqua, 1) e S. Marcon, La miniatura nei manoscritti latini commissionati dal cardinal Bessarione, in Bessarione e VUmanesimo. Catalogo della mostra a c. di G. FlACCADORl, Napoli 1994, 17194. Per la biblioteca di Jean Jouffroy si veda A. Lanconelli, La biblioteca romana di Jean Jouffroy, in Scrittura, biblioteche e stampa, 275-94. Quanto a Guarnerio d'Artegna, sebbene la sua biblioteca non possa essere qualificata, a rigore, come "cardinalizia", dal momento che Guarnerio non fu mai cardinale, ma soltanto vicario di Biagio Molin, patriarca di Aquileia (1446-1454), è pur sempre espressione degli interessi culturali e della passione bibliofilia di un'esponente delle alte gerarchie ecclesiastiche; inoltre, l'estrema perifericità di questa biblioteca che conosce il momento del suo massimo splendore proprio nello stesso periodo in cui Niccolò V era papa e, d'altro canto, il suo carattere così spiccatamente umanistico mi hanno indotto a prenderla in considerazione. Su questa biblioteca si veda: L. Casarsa- M. D'Angelo - C. Scalon, La librerìa di Guarnerio d'Artegna, Udine 1991. Assai interessante risulta soprattutto il rapporto instauratosi tra Guarnerio e i suoi copisti, tutti italiani e tutti suoi familiares, che lo seguirono durante molti dei suoi spostamenti, realizzando per lui codici in itinere, a tale proposito si veda il saggio di SCALON, Guarnerio e la formazione della sua biblioteca, in Casarsa-D'Angelo-Scalon, Librerìa, 3-47, soprattutto alle pp. 22-37.

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scrittura si accompagna la stesura su due colonne invece che su specchio unico [...]. Si tratta di un'abitudine accettata in questi anni nel mondo latino e dallo stesso Bessarione che sembra non intervenire con particolari scelte negli aspetti formali dei manoscritti: è una regola normalmente accettata [,..]»92. Effettivamente la produzione contemporanea di opere non classiche e, aggiungerei, non umanistiche contempla spesso una tipologia nella quale si potrebbero far rientrare anche i codici 'sacri' di Niccolò V, sebbene in questi ultimi sia riscontrabile una sorta di esasperazione delle caratteristiche di questa stessa tipologia che si attua principalmente nell'adozione di una gotica 'pura' invece delle scritture ibride indicate dalla Marcon e che finisce per conferire a questi codici, come si è già detto, l'aspetto di codici liturgici. D'altro canto, altri bibliofili contemporanei di Niccolò V sembrano accordare una spiccata preferenza a codici in umanistica, a prescindere dal loro contenuto, come Jean Jouffroy che, come noto, fu un assiduo cliente di Vespasiano da Bisticci93 o Guarnerio d'Artegna, per la cui biblioteca furono realizzati quasi esclusivamente manoscritti in umanistica e di tipo umanistico (nell'impaginazione, nella decorazione ecc.). Anche dando un rapido sguardo a biblioteche non cardinalizie e non ecclesiastiche, ad esclusione di Firenze, mi sembra di poter rilevare le medesime considerazioni: stando, ad esempio, alla ricostruzione, fatta da Albinia de la Mare, dello scriptorium che cooperò alla realizzazione della Biblioteca Malatestiana, allestita per volontà di Malatesta Novello negli anni 1450-65 circa94, i copisti in «grafia gotica», in

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Marcon, La miniatura né manoscritti, 184. Si leggano, al riguardo, G. Mercati, Una lettera di Vespasiano da Bisticci a Jean Jouffroi vescovo di Arras e la biblioteca romana del Jouffroi, in Mélanges dédiés à la mémoire de Félix Grat, \, Paris 1946, 357-66, ora riedito in Opere minori, VI, Città del Vaticano 1984 (Studi e Testi, 296), 189-98, e DE LA Mare, New Research, 571. Alcuni codici furono realizzati sicuramente per lui anche a Roma: il Vat. lat. 396, scritto da Johannes Pottere de Zierixee e datato all'anno 1454 e il Vat. lat. 2062, in cui sono riconoscibili le mani di Theodericus Buchinck (ff. lr-61v) e Johannes Pottere (ff. 136v-140r) datato 9 maggio 1453. 94 DE LA Mare, Lo scriptorium di Malatesta Novello, in Libraria Domini. I manoscritti della Biblioteca Malatestiana: testi e decorazioni, a c. di F. Lollini - P. Lucchi, Bologna 1995, 35-93. Sui copisti di Malatesta Novello si veda anche Casamassima-Guasti, La Biblioteca Malatestiana, 229-55. 93

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netta minoranza rispetto a quelli in grafia umanistica95, scrivono esclusivamente manoscritti scolastico-filosofici, lasciando la tradizione patristica all' antiqua. Inoltre nella Malatestiana la gran parte dei manoscritti in gotica presentano la medesima decorazione a bianchi girari dei manoscritti in umanistica: sembra cioè verificarsi un capovolgimento della situazione registrata nella produzione manoscritta commissionata da Niccolò V, nella quale sono i codici in antiqua ad adottare una decorazione fogliacea comune ai codici in textualis. ❖ Sebbene sia incauto tirare affrettate conclusioni dal materiale finora studiato, solo parte del ricco corredo di codici confezionati per Tommaso Parentucelli nel corso della lunga carriera che lo vide giungere al soglio pontificio, mi sembra di poter rilevare abbastanza distintamente un cambiamento nel suo rapporto con il libro nel corso del tempo, soprattutto dopo la sua elezione a pontefice. L'impressione generale ricavabile dall'esame dei codici da lui commissionati sembra essere quella di un abbandono del modello «alla fiorentina» tout court a favore di una maggiore diversificazione tipologica per contenuti e di una certa predilezione per un tipo di libro d'apparato che ricorda nelle fattezze, più d'ogni altro, i contemporanei libri liturgici, soprattutto per l'uso di una textualis rigorosamente formalizzata96. Questa prima constatazione spinge a domandarsi se tali linee di tendenza partissero direttamente dal pontefice oppure siano da attribuirsi al suo entourage o magari ad una ben determinata personalità 95

È opportuno precisare che nella definizione di "grafìa gotica" sono genericamente comprese la semigotica e tutte le scritture informali, talora corsiveggianti, che hanno come base la textualis. 96 Non occorre, tuttavia, estremizzare il ruolo che la textualis rigidamente formalizzata ha giocato nella committenza di codici da parte di Niccolò V in rapporto alla contemporanea produzione libraria. B. BlSCHOFF, Paleografia latina. Antichità e medioevo, edizione italiana a c. di G. P. Mantovani - S. Zamponi, Padova 1992 (Medioevo e Umanesimo, 81), 190 e n. 30, ad esempio, segnala un copista della corte aragonese, Venceslao Crispo che, specializzatosi nelle opere di s. Tommaso, firmò tra 1480 e 1506 numerosi codici in una textualis che, solo per comodità, potremmo qui definire "liturgica". Su di lui si veda T. De Marinis, La biblioteca napoletana dei re d'Aragona, I, Milano 1952, 63-64.

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della sua corte. Tra i copisti non mi sembra di avere rilevato alcuna figura dominante rispetto alle altre, capace di passare con virtuosistica disinvoltura dalla textualis più formalizzata all'umanistica più fluida ed elegante97e tale dunque da configurarsi con un ruolo di guida. Per diverse ragioni mi sembra ugualmente improbabile attribuire un'iniziativa di così evidente controtendenza a Giovanni Tortelli98, figura d'umanista a tutto tondo, cui Niccolò V affidò la direzione della nuova biblioteca e che avrebbe potuto assai efficacemente svolgere il ruolo di coordinatore dei copisti al servizio del pontefice. Soprattutto se si considera l'elegante, nitida umanistica corsiva propria del Tortelli, sembra ancor più strano attribuire a lui la scelta di dar vita ad una produzione di codici d'apparato in textualis. Stando dunque alle nostre attuali conoscenze, si sarebbe spinti a pensare che fosse lo stesso Niccolò V a indicare ai suoi collaboratori le linee guida da seguire nella produzione libraria, intesa a rivestire una funzione altamente rappresentativa dell'autorità papale. Resta pressoché irrisolto invece il problema relativo alla valutazione del significato e dell'entità stessa del cambiamento rilevato: l'abbandono del modello «alla fiorentina» che, per la metà del secolo, è ritenuto normalmente il modello librario all'avanguardia99, potrebbe infatti suggerire un ritorno indietro nel tempo, se il modello abbracciato da papa Parentucelli fosse pienamente inquadrabile nelle vecchie tipologie librarie; a ben guardare, però, le caratteristiche proprie dei codici niccolini sfuggono ad una classificazione perentoria, trovando,

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Lo stesso lohannes Lamperti de Rodenberg, a quanto ne sappiamo, esegue soltanto manoscritti in umanistica: tuttavia, una quasi completa perdita della documentazione relativa agli anni del pontificato di Niccolò V rende assai lacunosa la conoscenza dei curricula di questi copisti. 98 Su Giovanni Tortelli si veda M. Regoliosi, Nuove ricerche intomo a Giovanni Tortelli. IL La vita di Giovanni Tortelli, «Italia medievale e umanistica», 12 (1969), 129-96. Da ultimo si veda Manfredi, Ortographia, 265-98, in cui è messa in luce la stretta opera di collaborazione filologica tra il pontefice e il suo bibliotecario. 99 Sulla novità rappresentata dal libro umanistico, nei suoi aspetti grafici e codicologici, si veda, tra gli altri, Petrucci, Anticamente moderni e modernamente antichi, in Libri, scrittura e pubblico nel rinascimento, Bari 1979, 21-36, «L'antiche e le moderne carte»: imitatio e renovatio nella riforma grafica umanistica, in Renaissance-und Humanistenhandschriften, hrsg. von J. Autenriet - U. Eigler, Munchen 1988 (Schriften des historischen Kollegs. Kolloquien, 13), 1-12.

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d'altro canto, affinità (più che vere e proprie somiglianze) nella coeva produzione italiana, cardinalizia e non. Occorrerebbe dunque chiarire se nel cambiamento registrato sia da ravvisare un atteggiamento di retroguardia o meno o se piuttosto non sia da ricercare un tentativo di promuoverere un tipo di libro alternativo, nuovo e tradizionale al tempo stesso, moderno ma ancora profondamente radicato nel retaggio culturale medievale. Purtroppo a questo quesito è impossibile per ora dare una risposta, sia per la scarsezza dei dati, sia per l'esiguità dei confronti: certo è che se questo tentativo fu consapevolmente fatto, esso era destinato al fallimento, dal momento che i successori di Niccolò V non seguirono la strada del loro predecessore, decretando il trionfo del libro «umanistico». Quest'ultima considerazione sembra dunque restituirci, attraverso le sue scelte librarie, l'immagine, quella di Niccolò V, di una personalità in bilico tra passato e presente, ancora condizionata da ciò che lo aveva preceduto ma anche capace di incidere con apporti nuovi ed originali nella realtà contemporanea. Tale ambiguità, d'altro canto, sembra emergere anche dal modello ideale che era alle spalle della nuova Biblioteca Vaticana, il Canone, che egli stesso aveva dettato, su richiesta di Cosimo de' Medici, riguardo ai criteri da seguire nella creazione di una nuova biblioteca100. Scrive Armando Petrucci: «Si trattava dunque, almeno nelle intenzioni del Parentucelli, più che di un canone assoluto, dell'espressione di una volontà di integrazione e di contemperamento; che però nell'ordine stesso dell'enunciazione e nella minuziosa elencazione dello scibile tradizionale finì per costituire in sé e per sé un implicito programma di egemonia ideologica a favore del repertorio librario - e perciò della cultura - scolastico-universitario proprio ai due secoli precedenti»101. Se dunque il Canone

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Sull'episodio si veda Vespasiano da Bisticci, Vite, 46-47. L'edizione più recente del Canone è in M. G. Blasio - C. Lelj - G. Roselli, Un contributo alla lettura del canone bibliografico di Tommaso Parentucelli, in Le chiavi della memoria. Miscellanea in occasione del I centenario della Scuola Vaticana di paleografia, diplomatica e archivistica, Città del Vaticano 1984 (Littera antiqua, 4), 125-65. 101 PETRUCCI, Le biblioteche antiche, in Letteratura italiana. II, Produzione e consumo, a c. di A. AsorRosa, Torino 1983, 548-49. L. CARGAN, Gli umanisti e la biblioteca pubblica, in Le biblioteche del mondo antico e medievale, a c. di CAVALLO, Bari 1988, 174-75, ripreso in questo volume alle pp. 9-20, preferisce interpretare i consigli di Tommaso Parentucelli a Cosimo de' Medici come una studiata ed appropriata selezione di libri in vista della

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mirava ad una sintesi tra cultura tradizionale e cultura umanistica, non riuscì a raggiungere questo obiettivo, dando vita ad esiti più conservativi probabilmente di quelli che Niccolò V si era prefissato, esiti che, se si riflettono nella struttura organizzativa del sapere della biblioteca che stava allestendo, non trovano però riscontro nello spirito, questo propriamente umanistico, che l'aveva ispirata: una biblioteca aperta a tutti gli studiosi, una raccolta di edizioni esemplari e «normative», un'offerta per gli interessi bilingui (greco-latini) degli umanisti. Più in generale, a Niccolò V spetta il merito di aver dato forte impulso in Roma alla produzione libraria che dai tempi di Martino V era in lenta ripresa102, invitando copisti a Roma ma soprattutto promuoloro futura collocazione in un convento domenicano: «Nel compilare il proprio canone bibliografico il Parentucelli tenne certamente presente che, per quanto accessibile agli esterni, la biblioteca da 'ordinare' era pur sempre inserita in un convento domenicano e perciò [...] riservò largo spazio alle opere di carattere religioso, alla letteratura patristica e ai testi della scolastica medievale». Per un diverso modello di biblioteca da mettere a confronto con il nostro si veda Grafton, Comment créer une bibliothèque humaniste: le cas de Ferrare, in Le pouvoir des bibliothèques. La mémoire des livre en Occident, sous la direction de M. Baratin et C.Jacob, Paris 1996,189-203. 102

Sulla biblioteca papale di Martino V si veda Manfredi, Per la ricostruzione della biblioteca di Martino V, in Alle origini della nuova Roma: Martino V (1417-1431). Atti del convegno. Roma 2-5 marzo 1992, a c. di M. Chiabò - G. D'ALESSANDRO - PIACENTINI - C. Ranieri, Roma 1992, 163-85. L'assenza dei papi da Roma e i problemi affrontati dal papato a ridosso della soluzione del grande scisma devono avere senz'altro frenato la ripresa piena della vita culturale della città, che sino alla metà del secolo riveste un ruolo secondario rispetto ad altre città italiane: si veda J. F. D'Amico, Humanism in Rome, in Renaissance Humanism: Foundations, Forms amd Legacy. I, Humanism in Rome, ed. by A. Rabil, Philadelphia 1988, 264-95. Non bisogna tuttavia pensare ad un panorama più fosco di quanto non fosse in realtà: ne è un esempio la biblioteca di Juan de Mella, alla cui ricostruzione mi sto dedicando, che negli anni 1423-1430 riveste a Roma la carica di uditore della Rota e che, proprio in questo periodo, fa eseguire a Roma un cospicuo numero di codici affidandosi ad un gruppo di copisti di fiducia, tra i quali spicca lohannes Vlessentop, che esegue per lui otto codici. Per quanto gli aspetti estrinseci di questi libri si connettano ad una tradizione integralmente legata al passato (si tratta di manoscritti giuridici, cartacei, di grande formato, in semigotiche più o meno corsiveggianti disposte su due colonne, privi di decorazione), il processo produttivo innescato dallo stretto rapporto tra copisti e committente è analogo a quello messo in funzione dal Parentucelli. È inoltre interessante notare come Juan de Mella, al pari del Parentucelli nel periodo fiorentino, commissionasse i suoi codici

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vendo una intensa attività di studio che sola poteva garantire un sicuro mercato del libro103. Tale constatazione tende perciò a retrodatare un fenomeno che José Ruysschaert preferiva attribuire ai tempi di Pio II104. Certamente Ruysschaert ha potuto disporre, per l'epoca di Pio II, di una quantità di materiale pressoché assente o solo frammentario per il periodo relativo a Niccolò V: non mi sembra tuttavia verosimile postulare una brusca interruzione, alla morte di Niccolò V, del fervore d'opere da lui inaugurato, anche perché Roma, in quanto sede ormai stabile dei pontefici, aveva spinto alti prelati ed uomini di curia a fissarvi la propria dimora e quella delle loro biblioteche. Se della sorte toccata ai copisti che lavorarono per papa Parentucelli non è possibile dire nulla, giacché non si conoscono codici da loro sottoscritti posteriori al suo pontificato, ciò non autorizza, a mio avviso, a postulare la loro diaspora105 e una conseguente cessazione delle attività, anche perché non si esclude la possibilità futura di ritrovare le loro mani in codici sprovvisti di colophon. D'altro canto non mi sembra azzardato dire che, se l'età di Niccolò V apre, più precocemente di quanto finora sostenuto, una nuova stagione per Roma e i pontefici che si dipanerà pressoché inalterata fino al sacco del 1527, essa non può essere affatto assimilata all'epoca destinata immediatamente a succederle: da questo punto di vista, l'età di Niccolò V si colloca in quel momento di snodo che ben giustifica la complessità, almeno apparente, di un personaggio come papa Parentucelli. Proprio sulla base di quest'ultima considerazione, vorrei concludere richiamandomi a quanto scritto da André Chastel a proposito del

sulla spinta di esigenze di studio, confermate dalla presenza di fitte note marginali, anche se per discipline totalmente differenti. 103 M. Armellini, Le chiese di Roma dal sec. TV al XIX, nuova ed. a c. di C. Ceccrelli, Roma 1942, 472, a proposito della chiesa di S. Tommaso in Parione, sede della Compagnia degli scrittori e copisti, ricorda i privilegi concessi da Niccolò V con motu proprio del 13 aprile 1449. Tra di essi assai interessante l'esenzione "da andare in tempo di guerra o peste alle porte e ronde di notte" che sembra fare dei copisti una categoria particolarmente protetta. 104

Si veda l'intero articolo di Ruysschaert, Miniaturistes "romains ", 245-82, soprattutto alle pp. 245-46. 105 Alcuni copisti sono attivi a Roma negli anni immediatamente successivi alla morte di Niccolò V come, ad esempio, Johannes Pottere de Zierixee che aveva già lavorato, negli anni 1453-1454 per Jean Jouffroy.

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giudizio negativo formulato da Vespasiano da Bisticci106, nella Vita di Niccolò V, nei riguardi dei successori di questo papa: «Fu lume et l'ornamento papa Nicola delle lettere et de' literati, et se veniva uno altro pontefice dopo lui che avessi seguitato, le lettere andavano a uno degnissimo grado; di poi sempre sono andate di male in peggio, non avendo premio le virtù». Scrive lo Chastel107: «Cette conclusion désabusée est bien surprenante si l'on songe que Vespasiano écrit au moment où un autre pontife, Sixte IV, reprenant et amplifiant de manière décisive les projets de Nicolas V, faisait enfin de Rome le centre de la nouvelle culture». E ancora: «Vespasiano ignore donc ou feint d'ignorer tout ce qui a suivi les réussites de sa propre génération». Vespasiano dunque marca una profonda distanza tra i protagonisti della sua giovinezza, che egli mira ad immortalare nelle Vite, e la generazione che gli ha fatto seguito: ed è proprio tenendo presente questa distanza tra l'età di Niccolò V e quella di Sisto IV, registrata da un contemporaneo, che occorrerebbe riesaminare, senza preconcetti, la cronologia interna e le tappe della storia di Roma nel secolo XV.

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Vespasiano da Bisticci, Vite, 69-70.

107

A. Chastel, Les souvenirs d'un librane florentin: Vespasiano da Bisticci, in Humanisme actif. Mélanges d'art et de littérature offerts àfulien Cain, [Paris] 1968, 37-43.

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II Francesca Pasut PER LA MINIATURA A ROMA ALLA METÀ DEL QUATTROCENTO: IL «MINIATORE DI NICCOLÒ V»*

La prolungata lontananza dall'Urbe del papato e dell' entourage curiale e, di conseguenza, l'assenza di una cerchia elitaria di raffinati committenti in grado di apprezzare sontuosi libri, non agevolarono certo lo sviluppo della scuola miniaturistica romana1. Pochi, per esempio, fino al Quattrocento inoltrato, i manoscritti liturgici miniati che siano, rispetto all'ornamentazione, di sicura pertinenza romana2. Gli stessi pontefici, una volta rientrati in Roma dopo la conclusione dello scisma, preferirono reimpiegare per le solenni celebrazioni della Cappella papale alcuni lussuosi volumi fatti preparare dai predecessori ad Avignone e riportati in Italia in quanto «segni liturgici della podestà pontificia»3. Su volontà di Niccolò V fu inviato a Roma un grande

Questo articolo raccoglie i primi risultati di una più vasta indagine che sto conducendo sulla biblioteca niccolina. L'occasione per avviare e proseguire tale lavoro mi è stata offerta da una borsa di studio biennale (1997-99), assegnatami dalla «Fondazione di studi di Storia dell'Arte Roberto Longhi» di Firenze, che qui desidero ringraziare. Sono particolarmente riconoscente al prof. Miklós Boskovits, per aver sempre seguito con interesse e con importanti suggerimenti il procedere della ricerca e ad Antonio Manfredi, guida alle mie perlustrazioni vaticane. Un grazie sincero a Carla Maria Monti, per i continui incoraggiamenti, ma anche a Daniele Benati, Elisabetta Caldelli e Paolo Cherubini. Per il completamento del materiale illustrativo ho usufruito anche di fondi C. N. R. 1 S. Maddalo, «Sacrorum cura» e libro miniato a Roma nel primo Rinascimento, in Liturgia in figura. Codici liturgici e rinascimentali della Biblioteca Apostolica Vaticana, Biblioteca Apostolica Vaticana-Salone Sistino, 29 marzo-10 novembre 1995, a c. di G. Morello Maddalo, Roma 1995, 68. 2 Maddalo, «Sacrorum cura», 67-73. 3 A. Manfredi, Da Avignone a Roma. Codici liturgici per la cappella papale, in Liturgia in figura, 51-58; F. Manzari, Da Avignone a Roma. Committenza e decorazione di alcuni codici liturgici, in Liturgia in figura, 59-65.

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FRANCESCA PASUT

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Messale tardo trecentesco, appartenuto a Clemente VII e decorato nella bottega di Giovanni di Tolosa, in più volumi di cui restano tre parti: Ottob. lat. 62, Vat. lat. 4766, Vat. lat. 4767, che i papi mantennero in uso senz'altro fino al primo Cinquecento4. Agli anni del pontificato niccolino si datano tuttavia i primi non trascurabili esempi di una pur debole ripresa nell'ambito della produzione e decorazione di codici liturgici in Roma. Mi riferisco ad opere già additate dalla critica, quali i due messali che Niccolò V nel 1454 fece acquistare in Firenze e miniare nell'Urbe, per le cappellette erette al ponte di Castel S. Angelo, documentati solo dalle fonti5, ma in particolare al Messale Arch. S. Pietro E 4, la cui commissione è da ricondurre verosimilmente al Capitolo di San Pietro6. Serve richiamare qui l'attenzione sul piccolo codice, poiché nella Crocifissione tabellare che apre il Canone (f. 139r) Silvia Maddalo ha giustamente riconosciuto la mano di un miniatore anonimo, di indubbia cultura locale, annotando nel contempo la profonda parentela di stile tra questa immagine e l'ornato dei libri realizzati in città per lo stesso Niccolò V. L'impulso dato da Parentucelli all'attività letteraria, la sua continua richiesta agli umanisti di nuove e corrette traduzioni latine delle antiche opere greche, l'avvio di una nuova biblioteca nel Palazzo vaticano, favorirono anch'esse la rinascita dell'industria libraria romana, poco fiorente nei primi cinquant'anni del secolo. Alla morte di Niccolò V, nel 1455, la biblioteca papale poteva contare, nella sola sezione latina,

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Manfredi, Da Avignone, 53-54; Manzari, Schede 2-4, in Liturgia in figura, 89-97. Come il Parentucelli, anche Paolo II Barbo recuperò da Avignone due sezioni di un messale, di cui due parti sono ora Vat. lat. 4764 e 4765, commissionato in origine da Pedro de Luna, papa di obbedienza avignonese con il nome di Benedetto XIII (Manfredi, Da Avignone, 54; Manzari, Schede 6-7, in Liturgia in figura, 98-101). 5 E. MÜNTZ - P. Fabre, La bibliothèque du Vatican au XVe siècle d'après des documents inêdits. Contributions pour servir à l'histoire de l'humanisme, Paris 1887 (Bibliothèque des Écoles françaises d'Athènes et de Rome 48), 47. Sul miniatore di queste opere, Simone Honorato, si veda oltre nel testo. 6 Maddalo, Scheda 13, in Liturgia in figura, 118-21 fig. 35 e «Sacrorum cura», 69. Vanno infine ricordati i quattuor missalia nova che i canonici lateranensi fecero approntare, secondo una cronaca di fine Quattrocento, nel corso dei lavori di rinnovamento della basilica di S. Giovanni, iniziati con un finanziamento concesso da Niccolò V nel 1452: A. M. Cerioni, Censimento delle operazioni architettoniche in occasione del Giubileo del 1450, in Roma 1300-1875. La città degli anni santi. Atlante, a c. di M. Fagiolo - M. L. Madonna, Roma, Palazzo Venezia, marzo-maggio 1985, Milano 1985, 93.

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Tav. xi: Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 501 f. Ir.

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Tav. xviii: Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 559, f. Ir.

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Tav. xix: Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 447, f. Ir.

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ful ; qui lim ucn a ai fttixi: iurta luunnoCim e lïDifllinàqî ci li guiar rriiri^riA rimi rvi Tav. XX: Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 169, f. 115r.

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Tav. xxi: Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 658, f. Ir.

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Tav. xxii: Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 501, f. 256v.

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Tav. xxiii: Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Reg. lat. 1879, f. Ir.

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Tav. xxiv: Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 1812, f. Ir.

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Tav. xxv: Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 2191, f. 317r.

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Tav. xxvi: Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Barb. lat. 562, f. 384v.

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Tav. xxvii: Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 658, f. 73r.

Tav. xxviii: Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 501, f. 268v.

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IL « MINIATORE DI NICCOLÒ V »

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ben 824 voci7: dal lascito di Eugenio IV pervennero circa trecento codici8, la maggior parte dei manoscritti fu ricuperata da altri illustri fondi librari e non pochi vi confluirono dalla consistente collezione personale del Parentucelli9. Molti però furono appositamente allestiti ex novo per la biblioteca, su espresso volere del pontefice, al cui servizio lavorarono in Roma numerosi copisti, alcuni identificati altri ancora anonimi10. Altrettanto varie furono le maestranze incaricate in tempi diversi dal papa di eseguire la decorazione dei suoi codici e su questo aspetto, di cui manca nel complesso un'accurata valutazione critica, è incentrato il presente studio. Finora è stato possibile rintracciare nel fondo antico della Biblioteca Vaticana trentacinque manoscritti vergati e miniati su commissione di Niccolò V, che sulla prima pagina esibiscono lo stemma petrino delle due chiavi incrociate e sormontate dalla tiara bianca, adottato dal papa come blasone personale; a questi si devono sommare tre codici conservati presso la Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze e qui giunti in seguito a vicende non chiarite11. È facile intuire il costo elevato di questi libri12, dal medio-grande formato e racchiusi in origine entro preziose legature, su cui faceva

7 Manfredi, / codici latini di Niccolò V. Edizione degli inventari e identificazione dei manoscritti, Città del Vaticano 1994 (Studi e testi, 359); The Vatican Library of Pope Nicholas V. The project of a Universal Library in the age of humanism, in The Universal Library From Alexandria to the Internet, Second Anglo-German Seminar on Library History, Londra 19-20 settembre 1996, «Library History», 14 (1998), 104-110. Sulla consistenza della biblioteca papale ai tempi di Martino V: Manfredi, Per la ricostruzione della biblioteca di Martino V, in Alle origini della nuova Roma. Martino V (1417-1431). Atti del convegno, Roma 2-5 marzo 1992, a c. di M. Chiabò - G. D'Alessandro - P. Piacentini - C. Ranieri, Roma 1992 (Istituto storico italiano per il Medioevo, Nuovi studi storici, 20), 163-85. 8 Manfredi, Icodici, LXIX-LXX. Per i libri di Eugenio IV: J. Monfrin, Apropos de la Bibliothèque dEugène TV, «Mélanges de l'École française de Rome», 99 (1987), 101-21. 9 Manfredi, Per la biblioteca di Tommaso Parentucelli negli anni del Concilio fiorentino, in Firenze e il Concilio del 1439. Convegno di studi, Firenze 29 novembre-2 dicembre 1989, a c. di P. Viti, Firenze 1994 (Biblioteca storica toscana, 29), 649-712. 10 Sui copisti operosi per il Parentucelli, prima e dopo la sua elezione al soglio papale, si faccia riferimento al saggio pubblicato qui da Elisabetta Caldelli. 11 Altri due codici quasi certamente miniati, di sicura committenza papale e citati negli inventari, attendono ancora di essere identificati: Manfredi, Icodici, n1108, 111. 12 Su questi aspetti: P. Cherubini - A. Esposito - A. Modigliani - Sgargia Piacentini, Il costo del libro, in Scrittura, biblioteche e stampa a Roma nel Quattrocento. Atti del secondo semi-

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spicco lo stemma papale, completate da finiture lavorate in argento e serami smaltati o niellati, realizzati dagli orafi di corte13. A ciò si aggiunga un ornato particolarmente appariscente, con vistosa profusione di oro in foglia nei fregi marginali, che si contano quasi ad ogni carta, e nelle iniziali a decoro fogliaceo, alle quali si alternano grandi e belle litterae de figura o de hystoria. Si tratta per lo più di vaste sillogi di testi patristici e di contenuto teologico, ma non mancano i classici come Tucidide, Diodoro Siculo, Quintiliano o Aristotele, tramandati nelle versioni latine richieste dal papa ad umanisti di vaglia tra cui Lorenzo Valla e Poggio Bracciolini, Giorgio da Trebisonda e Teodoro Gaza. Come ha proposto Antonio Manfredi, la redazione di queste copie, esemplate il più delle volte su antigrafi a lungo studiati e postillati dal Parentucelli e preparate sotto la vigile attenzione del committente e del bibliotecario Giovanni Tortelli, rientra nell'attento progetto del pontefice finalizzato all'organizzazione della sala «magna» della nuova biblioteca14. Qui i volumi sarebbero stati collocati a disposizione degli studiosi, «per comune uso di tutta la corte di Roma»15, e non stupisce quindi che il papa decidesse di predisporre per questa sede sontuosi esemplari di pregio, di cui in prima persona sorvegliava con cura estrema e nei dettagli perfino gli aspetti materiali.

nano, 6-8 maggio 1982, a c. di M. Miglio - P. Farenga- Modigliani, Città del Vaticano 1983 (Pitterà antiqua, 3), 323-553. 13 Dall'esame delle note di pagamento si evincono i nomi degli orafi Rigno d'Alberto da Fabriano, del francese Orlando di Carlo e del fiorentino Simone di Giovanni (MÜNTZ-FABRE, La bibliothèque, 44, 46-47; SGARGIA PIACENTINI, Il costo del libro, 39899). Sulle legature dei codici niccolini, raramente sopravvissute agli invasivi interventi di restauro di epoca moderna: Legature papali da Eugenio IV a Paolo VI Catalogo della Mostra, a c. di L. MlCHELlNl Tocci, Biblioteca Apostolica Vaticana 1977, 4-6 n* 4-7; Manfredi, / codici, LXV; Antichi inventari e legature di manoscritti. Una linea di ricerca, «Gazette du livre médiéval», 29 (1996), 7-11. 14 Manfredi, 5. Cipriano: da Pomposa alla biblioteca papale del secolo XV, in Pomposa Monasterium modo in Italia primum. La biblioteca di Pomposa, a c. di G. Billanovich, Padova 1994, 286-89; L'Ortographia di Giovanni Tortelli nella Biblioteca Vaticana, in Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, VI, Collectanea in honorem Rev.mi Patris Leonardi Boyle O.P. septuagesimum quintum annum féliciter complentis, Città del Vaticano 1998, 265-98 (in particolare le pp. 294-95). 15 Vespasiano da Bisticci, Le vite, a c. di A. Greco, I, Firenze 1970, 65.

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IL « MINIATORE DI NICCOLÒ V »

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Tale constatazione permette innanzi tutto di affiancare Niccolò V a bibliofili come il cardinale Bessarione o il principe Novello Malatesta, dei quali è risaputa la predilezione per libri dal fastoso ornato. Ma se, negli ultimi tempi, la raccolta malatestiana e quella del cardinale niceno sono state scandagliate dagli studiosi, rischiarando così uno dei più affascinanti capitoli della storia della decorazione libraria di committenza umanistica16, sono al contrario affatto oscure e ancora tutte da indagare le scelte di gusto espresse da Niccolò V nelle illustrazioni dei suoi codici, così come sfuggono a una puntuale individuazione le fisionomie dei miniatori attivi per il papa umanista. Occorre precisare che, ancor prima dell'investitura alla somma dignità apostolica, Tommaso Parentucelli ebbe occasione di servirsi con una certa frequenza dell'opera di maestranze specializzate nell'illustrazione libraria. Ricorda Vespasiano da Bisticci, legato da rapporti di amicizia al futuro pontefice, che «intervenne più volte a maestro Tomaso, non avendo danari comperare libri a credenza, et per pagare iscrittori o miniatori, gli acatava tanto che di poi poteva sopperire»17. Parlando del Parentucelli, Vespasiano dice inoltre: «et bene che in questo tempo egli fussi povero, niente di meno e' libri che faceva fare, tutti voleva fussino bellissimi in tutte le conditioni»18 e si avvicina forse al vero ritenere che, per Tommaso, non ultima tra «tutte le conditioni» fosse anche la buona riuscita del lavoro dei miniatori impegnati nella decorazione dei testi. I manoscritti che il giovane ecclesiastico si sarebbe fatto approntare prima del 1447 rivelano la particolare sensibilità del Parentucelli per libri dall'elegante facies esteriore19. Codici di studio, ma anche codici di

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G. Mariani Canova, La miniatura nella Biblioteca Malatestiana, in Libraria Domini. I manoscritti della Biblioteca Malatestiana: testi e decorazioni, a c. di F. Lollini - P. LUCCHI, Bologna 1995, 155-87; S. Marcon, La miniatura nei manoscritti latini commissionati dal cardinal Bessarione, in Bessarione e VUmanesimo. Catalogo della mostra, Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, 27 aprile-31 maggio 1994, a c. di G. FlACCADORl, Napoli 1994, 171-95; La miniatura nei codici del cardinale Bessarione, in I luoghi della memoria scritta. Manoscritti, incunaboli, libri a stampa di Biblioteche Statali Italiane, a c. di G. CAVALLO, Roma 1994, 411-25. 17 Vespasiano da Bisticci, Le vite, 47. 18 Vespasiano da Bisticci, Le vite, 45. 19 Per i codici attribuibili alla raccolta personale del Parentucelli: Manfredi, Per la biblioteca, 660-87 e 697-709. In questi anni, Tommaso fregiò i propri volumi con uno

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lusso, accomunati dall'impiego di pergamena pregiata e dall'accurata e moderna veste grafica; alla correttezza testuale sembra fare eco il sobrio e misurato decoro a bianchi girari o a tralci fioriti - solo raramente compaiono iniziali istoriate -, l'eleganza contenuta della veste ornamentale, affidata il più delle volte ad artisti fiorentini. Uno di questi sarebbe identificabile con Bartolomeo Varnucci, autore secondo Albinia de la Mare di fregi e iniziali a bianchi girari in un gruppetto di manoscritti20, alcuni dei quali già riferiti in passato a Battista di Biagio Sanguigni21. Restano avvolti nell'anonimato gli altri miniatori: una schiera di decoratori decisamente di buon livello, alcuni forse di cultura settentrionale, tra i quali tuttavia non sembrano emergere, per ora, personalità artistiche di spicco22. Come ho in parte anticipato, all'infuori di qualche segnalazione, i codici che Niccolò V fece miniare durante il suo pontificato non hanno suscitato grande interesse negli studi storico artistici23. Grazie alle ricerche condotte anni fa da José Ruysschaert e alla vasta documentazione da lui raccolta24, è meglio noto il percorso dei miniatori presenti

stemma detto "delle quattro barbe", in quanto racchiude quattro profili maschili barbati disposti in cerchio. 20 A. C. DE LA Mare, Vespasiano da Bisticci as Producer of Classical Manuscripts in Fifteenth-Century Florence, in Medieval Manuscripts of the Latin Classics: Production and Use. Proceedings of The Seminar in the History of the Book to 1500. Leiden 1993, ed. by C. A. ChavanNes-Mazel - M. M. Smith, Los Altos Hills-London 1996, 174 n. 19 e n. 20 (per altre precisazioni sul catalogo del Varnucci si vedano anche le pp. 169-70 n. 10, 175 n. 24, 176 n. 27 e 178 n. 34). Su Bartolomeo Varnucci: M. Ceccanti, Proposte per la storia dei primi codici umanistici a bianchi girari, «Miniatura», 5-6 (1993-1996), 11-16, e, nella stessa sede, A. de Floriani, Per Bartolomeo Varnucci: un Messale e alcune precisazioni, 49-60. 21 M. Levi D'Ancona, Battista di Biagio Sanguigni (1392/3-1451), «La Bibliofilia», 72 (1970), 29-32, 34-35. 22 Sull'ornato dei codici 'delle quattro barbe' rinvio da ultimo alle considerazioni di Manfredi, Scheda 12, in Diventare santo. Itinerari e riconoscimenti della santità tra libri, documenti e immagini, Biblioteca Apostolica Vaticana, Salone Sistino, 21 dicembre 1998-16 marzo 1999, a c. di Morello - A. M. PiAZZONl - P. ViAN, Città del Vaticano 1998,118-20. 23 Mi risulta che, recentemente, abbia richiamato l'attenzione su queste opere solo Maddalo, «Quasi preclarissima supellectile». Corte papale e libro miniato nella Roma di primo rinascimento, «Studi romani», 42 (1994), 18; «Sacrorum cura», 69. Dell'esistenza di bei codici miniati per Niccolò V si era accorto già L. VON PASTOR, Storia dei papi, vers. it. di A. Mercati, I, Roma 1958, 559. 24 J. Ruysschaert, Miniaturistes «romains» sous Pie II, in Enea Silvio Piccobmini. Papa Pio IL Atti del convegno per il quinto centenario della morte e altri scritti, a c. di D. Maffei,

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in Roma negli anni di Pio II Piccolomini, epoca in cui è accertato che la corte pontificia fosse «divenuta centro di produzione libraria»25: Iacopo da Fabriano, Gioacchino de' Gigantibus (attivi forse in città già durante il pontificato del Parentucelli), Andrea di Paolo di Giovanni da Firenze, il così detto «Miniatore dei Piccolomini»26 o Giuliano Amadei27, per citare i più conosciuti. La fortuna di questi artisti, ad esclusione quasi unicamente dell'Amadei che lavorò anche per Innocenzo Vili Cybo, durò in realtà solo una breve stagione, anche perché dopo la salita al soglio papale di Paolo II Barbo e poi di Sisto IV Della Rovere, eletto nel 1471, una nuova generazione di miniatori fece la sua comparsa sulla scena artistica dell'Urbe28. Ma è ben prima, con i codici decorati per Niccolò V tra il 1447 e il 1455 che, a mio avviso, si inaugura la vicenda della miniatura rinascimentale a Roma.

Siena 1968, 245-82; Miniaturistes «romains» à Naples, in T. De Marinis, La Biblioteca napoletana dei Re d'Aragona. Supplemento, I, Verona 1969, 268-74. Utile anche la sezione Manuscrits du XVe siècle en rapport avec le milieu romain, nel catalogo Survie des classiques latins. Exposition de manuscrits Vaticans du IVe au XVe siècle, a c. di Ruysschaert, Bibliothèque Apostolique Vaticane, 14 avril-31 decémbre 1973, 59-88. 25 Maddalo, «Quasi preclarissima», 19. Vedi anche: Ruysschaert, Miniaturistes «romains» sous Pie II, 245-46; SGARGIA PIACENTINI, Il costo del libro, 364. 26 Sotto questo pseudonimo coniato da S. Pettenati, La biblioteca di Domenico della Rovere, in Domenico della Rovere e il Duomo Nuovo di Torino. Rinascimento a Roma e in Piemonte, a c. di G. Romano, Torino 1990, 48-49, è confluito il corpus di opere attribuite dal Ruysschaert a Giuliano Amadei. Sarei propensa ad accludere nel catalogo del «Miniatore dei Piccolomini» anche la decorazione del lohannes de Turrecremata, Expositio super Psalterium, Chig. A V 123, con due iniziali istoriate (ff. Ir, 2v) e otto litterae maximae'à. decoro fogliaceo (ff. 29r, 47r, 66r, 86v, 99r, 107v, 126r, 143r), donato dallo stesso Torquemada a papa Pio II. Devo la conoscenza del codice ad Antonio Manfredi. 27 A. De Marchi, Identità di Giuliano Amadei miniatore, «Bollettino d'Arte», 80, s. vi, 93-94 (1995), 119-58; S. PETROCCHI, La pittura a Roma all'epoca di Paolo II Barbo. Giuliano Amidei Papae Familiari, in Le due Rome del Quattrocento. Melozzo, Antoniazzo e la cultura artistica del '400 romano. Atti del convegno Intemazionale di studi, Università di Roma «La Sapienza», Roma 21-24 febbraio 1996, a c. di S. ROSSI e S. VALERI, Roma 1997, 225-35; PETROCCHI, Ancora su Giuliano Amadei, artista della corte di Paolo II, «Roma nel Rinascimento», (1998),95-103. 28 A. Quazza, La committenza di Domenico della Rovere nella Roma di Sisto TV, in Domenico della Rovere, 13-40; De Marchi, Identità, 119-58; G. Toscano, Gaspare da Padova e la diffusione della miniatura «all'antica» tra Roma e Napoli, in Parole dipinte. La miniatura a Padova dal Medioevo al Settecento, Padova, Palazzo della Ragione-Palazzo del Monte, RovigoAccademia dei Concordi, 21 marzo-27 giugno 1999, a c. di G. Baldissin Molli - Mariani Canova - F. Tomolo, Modena 1999, 523-31.

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Purtroppo, dispersa parte di registri contabili di Introitus ed Exitus relativa agli anni del pontificato niccolino29, non è possibile precisare su base documentaria l'identità anagrafica di tutti i miniatori che operarono per il Parentucelli: il materiale d'archivio superstite e edito ha carattere generico30 e non rimangono opere certe dei due soli miniatori citati nei libri di conto papali, Simone Honorato francioso e Giuliano di lachomo da Temi. Il 2 aprile del 1454, Simone Honorato viene retribuito per le ameniature di due Messali destinati alle Cappelle di S. Maria Maddalena e dei Santi Innocenti, site al Ponte di Castel S. Angelo31; sfortunatamente la perdita di questi manoscritti ostacola l'individuazione dello stile dell'artista di origine francese. Stabilitosi in Roma, Simone Honorato è ricordato a distanza di venti anni, nel 1465, con l'appellativo di ussier de la prima porta32, titolo che conserva ancora nel 1477, quando il Platina lo interpella per la decorazione di un volume, disperso, con le lettere di s. Girolamo33; l'artista non compare invece

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Manfredi, S. Cipriano, 287 n. 118. Sgargia Piacentini, Il costo del libro, 363. Basti citare, ad esempio: «Spese che si fanno questo anno (1453) in cholori e oro batutto e altre chose apartenenti ala dipintura deno dare adi 24 d'Aprile d. 6 di papa cont. a ser Francesco di Marcho da Vinesa per one. 3 d'azuro oltramarino o auto da lui per li miniatori e altri bisogni» (pubblicato in MÜNTZ, Les Arts à la cour des papes pendant le XVe et le XVIe siècle. Recueil de documents inédits tirés des archives et des bibliothèques romaines, I, Paris 1878 [=Hildesheim-Zürich-New York 1983], 131). 31 «A Simone Honorato francioso ... duc. tre di Camera cont. allui per ameniature di dui mesali per le cápele di ponte a Chastelo» (citato in MÙNTZ-Fabre, La bibliothèque, 38, 47; Sgargia Piacentini, Il costo del libro, 361 n. 113). Come emerge dai documenti elencati nel testo di Müntz-Fabre, i due Messali furono acquistati in Firenze da Tommaso Spinelli, al quale è versato un pagamento il 5 marzo 1454, e dopo l'intervento del miniatore vennero rilegati, entro il 25 aprile, dal cartolaio Francesco Fini. Per valutare l'entità del pagamento sborsato a Simone Honorato: Cherubini-Esposito-ModiglianiScarcla Piacentini, Il costo del libro, 330-42, 384-401. 32 «Adi ultimo di marzo 1465. Spexi per colori rossi, verde et azuro da depengere alcuni scabelli per consistorio dati a Simone Honorato ussier de la prima porta = due. 0, boi. 70» (si veda Müntz-Fabre, La bibliothèque, 346). 33 «Simon Honorati custos prime porte habuit de bibliotheca quinterniones triginta tres ex membranis qui sunt Epistole Hieronymi ad iminiandum, ex mandato domini Platyne, die XVIIII novembris 1477»: M. BertòLA, I due primi registri di prestito della Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1942, 12. Allo stesso incarico è stato ricollegato un secondo pagamento del 20 dicembre 1477: «Expendi pro miniatura epistolarum Hieronymi car. XV» (Sgargia Piacentini, Il costo del libro, 388-89 e n. 158). 30

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tra i firmatari degli Statuta artis picturae emanati in Roma nel 147834. Di ser Giuliano di lachomo da Terni sappiamo solo che alla data del 30 marzo 1452 gli venne saldato l'acquisto di minio da utilizzare per libri del papa; al suo nome si accompagna la qualifica di miniatore in chasa, esplicito indizio di una più stabile attività svolta dall'artigiano umbro presso il pontefice35. Nel 1452 si trovava a Roma anche Iacopo da Fabriano36: qui l'artista decorò per Jean Jouffroy il Tucidide, De Bello Peloponnesiaco, Vat. lat. 1799, una copia della versione latina ordinata al Valla da Niccolò V e pubblicata a Roma nello stesso anno. Forse in occasione dei ripetuti soggiorni fabrianesi di Niccolò V e della sua corte, nel 1449-50, Iacopo ebbe modo di legarsi a importanti membri della Curia romana, tanto che nei decenni seguenti insigni ecclesiastici lo reclutarono per prestigiose commissioni37. Tra questi mi chiedo se non possa essere annoverato anche il cardinale Antonio de la Cerda, dal momento che mi pare prossimo ai modi del miniatore marchigiano il fregio in apertura dell'Aristotele, De animalibus, Çhig. E Vili 250, scritto nel 1452 da lohannes Caldarifex per il prelato spagnolo38.

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Quazza, La committenza, 32-33 n. 76. «A ser Giuliano di Jachomo da Terni miniatore in chasa a di XXX di marzo b. vinti quatro d. Camera cont. per minio compero per libri di N. S. b. XXIIII» ( MÜNTZFabre, La bibliothèque, 38, 47). Su di lui: A. Rossi, Spogli vaticani, «Giornale di Erudizione artistica», 6 (1877), 269; MÜNTZ, Les arts, 131; A. Bertolotti, Artisti bolognesi, ferraresi ed alcuni altri del già stato pontificio in Roma nei secoli XV, XVI e XVIL Studi e ricerche negli archivi romani, Bologna 1885, 9; A. SERAFINI, Ricerche sulla miniatura umbra (secoli XIVXVI). I miniatori umbri e le influenze senesi, «L'arte», 15 (1912), 41 n. 3; U. Gnoli, Pittori e miniatori nelVUmbria, Spoleto 1923, 170; U. Thieme - F. Becker, Allgemeines Lexikon der Bildenden Künstler, XIV, Leipzig 1921, 210; R. VAN Marle, The Development of the Italian Schools of Painting, VIII, The Hague 1927, 434; P. D'ANCONA - E. Aeschlimann, Dictionnaire des miniaturistes du Moyen Age et de la Renaissance dans les différentes contrées de l'Europe, Milano 1949, 95. 36 RUYSSCHAERT, Miniaturistes «romains», 246-51; G. M. Fachechi, Proposte per lo studio della miniatura «marchigiana», in II Maestro di Campodonico. Rapporti Artistici fra Umbria e Marche nel Trecento, a c. di F. Marcelli, Fabriano 1998, 110, e Iacopo da Fabriano miniatore di sua santità, Fabriano 1999. 37 Avanza questa ipotesi: R. Sassi, Documenti di pittori fabrianesi, Pesaro 1925, 24-26. Sul soggiorno di Niccolò V a Fabriano: Sassi, Documenti sul soggiorno a Fabriano di Nicolò V e della sua corte nel 1449 e nel 1450, Ancona 1955 (Deputazione di storia patria per le Marche, Fonti per la storia delle Marche, 7). 38 Cat. 23. 35

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Inoltre, su parere di José Ruysschaert, con il quale concordano gli studi odierni, entro il 1455 giunse a Roma, da Firenze, il miniatore bavarese Gioacchino de' Gigantibus, al quale Niccolò V chiese di decorare a bianchi girari la silloge con traduzioni umanistiche di opere aristoteliche (e pseudo aristoteliche), Vat. lat. 209639. Al contrario, non sono stati finora ritrovati i «libri... bellissimi» che, secondo l'autorevole testimonianza del Vasari, Beato Angelico avrebbe miniato sempre per il pontefice40. Alla luce dei primi dati qui elencati, evidente è la varietà, sia per area geografica di provenienza che per ambito di formazione, dei miniatori operosi in città alla metà del secolo, una circostanza che trova la sua ragione nell'assenza di una illustre e forte tradizione locale e che sembra per altro destinata a riproporsi invariata nei decenni successivi, condizionando lo svolgimento della miniatura romana quasi «fino alla vigilia della società delle grottesche»41. Alla biblioteca di Niccolò V appartenne in origine il noto Silio Italico, De Bello punico, smembrato tra la Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia (Ms. XII, 68 [4519]) e l'Ermitage di San Pietroburgo42: in una delle carte del manoscritto, frequentemente citato dagli storici dell'arte a partire dal Vasari, che ne attribuì erroneamente le miniature al fiorentino Attavante43, compare a piena pagina il ritratto del pontefice (San Pietroburgo, Museo dell'Ermitage, Gabinetto dei disegni, cat. 1791, 50r). Hanno destato più volte l'ammirazione della critica le illustrazioni, nate dalla collaborazione di Zanobi Strozzi, responsabile del fregio sul primo foglio, e del giovane Pesellino; quest'ultimo, ispirandosi alla pittura del Beato Angelico, dipinse le splendide miniature ta-

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Ruysschaert, Miniaturistes «romains», 269; Maddalo, «Quasi preclarissima», 21-22, tav. I fig. 1; Manfredi, I codici, 277-78 n0 440. Sull'attività romana di Gioacchino vedi inoltre Ruysschaert, Une Annonciation inspirée de Roger de la Pasture dans un manuscrit romain de 1459, in Mélanges d'archéologie et d'histoire de l'art offerts au professeur Jacques Lavalleye, Louvain 1970, 255-58. La mano dell'artista tedesco è stata riconosciuta in un altro codice commissionato da Niccolò V, il s. Aurelius Augustinus, De àvitate Dà, Vat. lat. 435 (Manfredi, I codici, 64 n0106). 40 G. Vasari, Le vite de'più eccellenti pittori scultori ed architetti, ed. a c. di G. Milanesi, II, Firenze 1878, 516, 531. 41 Demarchi, Identità, 139; considerazioni analoghe in Quazza, La committenza, 30. 42 Manfredi, / codici, 427-28 n0 684. 43 Vasari, Le vite, 523-26.

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bellari in cui campeggiano, sullo sfondo di vasti paesaggi inondati di luce, elegantissime personificazioni che alludono alla storia romana44. Recentemente poi Anna Melograni ha precisato che per Niccolò V lavorò il così detto «Magister Vitae Imperatomm», riconosciuto dalla studiosa nelle cinque iniziali miniate del Corpus Dyonisianum, Vat. lat. 17145. È probabile che il codice fosse decorato su richiesta del pontefice a Milano e da qui spedito al committente46, anche se l'eventualità di una trasferta romana dell'artista lombardo va presa in seria considerazione47; non sembra tuttavia che la sua mano ricorra negli altri volumi commissionati dal Parentucelli. Già all'inizio del nostro secolo, Paolo D'Ancona esortò a catalogare i codici di Niccolò V, pur dubitando della possibilità di scoprire «qualche cimelio il quale si allontanasse, per ciò che riguarda la decorazio-

44 A. Angelini, Francesco Pesellino, e M. Ferro, Schede 20-22, in Pittura di luce. Giovanni di Francesco e Varie fiorentina di metà Quattrocento. Firenze, Casa Buonarroti, 16 maggio-20 agosto 1990, a c. di L. Bellosi, Milano 1990, 125, 128-33; A. Franci-Ceccanti, Le miniature del Silio Italico e la formazione di Pesellino, «Miniatura», 5-6 (1993-96), 83-88, dove si riferisce l'opinione di Susy Marcon, che ritiene le tavole riapparse presso l'Ermitage copie ottocentesche degli originali. Non è possibile chiarire se il codice, destinato quasi certamente a Niccolò V, fosse stato anche commissionato dal pontefice. 45 A. Melograni, Il miniatore dei due manoscritti vaticani, in Manfredi-Melograni, Due nuovi codici del Magister Vitae Imperatomm, «Aevum», 70 (1996), 297-301. In precedenza le iniziali del Vat. lat. 171 erano state assegnate all'ambito di un altro anonimo miniatore lombardo, il «Maestro dell'Antifonario di Budapest»: S. Bandera Bistoletti, Gli affreschi quattrocenteschi di San Siro alla Vepra, «Arte Cristiana», 75 (1987), 44 fig. 16. 46 Come suggerisce la Melograni, non è escluso che il tramite per questo incarico al miniatore sia stato il Decembrio, allora a Roma. In ogni caso, il pontefice ebbe modo di vedere personalmente un lavoro del «Magister Vitae Imperatomm», cioè quel volume delle Satyrae (Valencia, Bibl. General de la Universidad, M-398) che nel 1453 Francesco Fidelfo recava in dono ad Alfonso d'Aragona (G. TOSCANO, In margine al Maestro delle «Vitae Imperatomm» e al Maestro di Ippolita Sforza: codici lombardi nelle collezioni aragonesi, in II codice miniato laico: rapporto tra testo e immagine, Atti del TV convegno di Storia della miniatura, Cortona, Sala dei Convegni di S. Agostino, 12-14 novembre 1992, a c. di Ceccanti, «Rivista di storia della miniatura», 1-2 (1996-97), 172; Toscano, La formazione della biblioteca di Alfonso il Magnanimo: documenti, fonti, inventari, in La Biblioteca Reale di Napoli al tempo della dinastia aragonese, a c. di TOSCANO, Napoli 1998, 195-97). Diretto a Napoli, l'umanista si fermò alcuni giorni a Roma e in quell'occasione incontrò Niccolò V, a cui forse potè anche mostrare il prezioso manoscritto destinato al Magnanimo. 47 Non parrebbe milanese la bottega di legatura ed anche il copista è tra quelli «normalmente al servizio del papa» (Manfredi, Per la storia dei Vaticani lat. 171 e 7636, in Manfredi-Melograni, Due nuovi, 291, 294).

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ne, dai comuni prodotti della miniatura umanistica»48. Se con questa affermazione D'Ancona intendeva alludere all'eventuale predilezione del pontefice per la tipologia decorativa a bianchi girari, proprio l'indagine auspicata dallo studioso ha mostrato una realtà diversa e più articolata, in cui i codici a bianchi girari non sembrano emergere né per numero né per importanza: si tratta prevalentemente di testi classici scritti in umanistica tonda49, solo rare volte di opere di contenuto teologico50, secondo uno schema che con il proseguire del tempo diV •V • • 51 verra sempre più canonico e rigoroso . Non appena eletto pontefice, Niccolò V si rivolse a un miniatore fiorentino per la decorazione del Vat. lat. 559, una raccolta con il De vita contemplativa ài Giuliano Pomerio, testi di Prospero e dello Pseudo Prospero, datata 1447 e trascritta da un copista che Elisabetta Caldelli ha identificato in Andrea de Senis (tav. XVII)52. Le colorate lettere d'incipit (ff. Ir, 2r, 3r, lOrv, 19v, 35r, 40r, 43v, 48r, 57v, 58v, 62r, 65r, 80v, 81r, 93r, 105r), al cui interno sono dipinti racemi, cespi fioriti, originali fantasie geometriche ed anche simboli araldici, come le chiavi decussate (f. Ir) o la tiara di s. Silvestro (f. 40r), sono affiancate da sottili tralci a penna, dal disegno molto regolare, affollati di piccoli fiorellini in colori tenui e minuti grappoli di sferette dorate e raggiate; a f. Ir compaiono inoltre animaletti e figure di putti53. Quindi, per l'ornato del Vat. lat. 559, che risale al primo anno di pontificato, Parentucelli fece riferimento ancora una volta a quegli ambiti di produzione che nel

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D'Ancona, La miniatura fiorentina (secoli XI-XVI), I, Firenze 1914, 43. Tertullianus, Apologeticus, Vat. lat. 194; C. Claudianus, Carmina, Vat. lat. 1660; Ps. Aristóteles, Problemata, Alexander Aphrodisius, Problemata, vers. lat. di Teodoro Gaza, Vat. lat. 2111; Miscellanea di testi di Aristotele e dello pseudo Aristotele, nelle versioni di L. Bruni e G. Tifernate con premessa la Vita Aristotelis del Bruni, Vat. lat. 2096; Xenophon, Oeconomicus, vers. lat. di Lampugnino Birago, Firenze, Bibl. Medicea Laurenziana, Strozzi 51. 50 s. Aurelius Augustinus, De civitate Dei, Vat. lat. 435, f. Ir; s. Aurelius Augustinus, Opera, Vat. lat. 500, ff. l-28v; Passiones et Legendae sanctorum, Vat. lat. 1188. 51 Ruysschaert, Miniaturistes «romains», 246-48. 52 Manfredi, / codici, 460-61 n0 739. 53 II confronto più pertinente è con il fregio della Bolla della ratifica del Concilio di Firenze, emessa da papa Eugenio IV a Firenze, il 4 febbraio del 1441, e miniata nella città toscana (Dijon, Archives Départementales, B. 11617: Y. Zaluska, Manuscrits enluminés de Dijon, Paris 1991, 307 n0 338, pl. CXL). Per la decorazione di questo foglio sono stati proposti sia Battista di Biagio Sanguigni che Bartolomeo Varnucci. 49

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decennio precedente gli avevano fornito molti codici, prima di indirizzare la sua preferenza verso artisti presenti in Roma. Non conosco difatti altre opere, tra quelle miniate per il papa dopo il 1447, che mostrino una decorazione raffrontabile a quella del Vat. lat. 559. * Negli anni successivi, Niccolò V commissionò a una bottega di fiducia, quasi certamente localizzata in Roma, l'ornamentazione di ben ventuno manoscritti, copiati da scriptores affidabili, chiamati a lavorare nell'Urbe. Sono codici di dedica delle più importanti traduzioni richieste dal pontefice agli umanisti che allora risiedevano in città oppure lussuose versioni di ampie sillogi, curate filologicamente dallo stesso Parentucelli con il prezioso contributo del Tortelli. La fondazione della biblioteca papale procedeva di pari passo con l'allestimento degli ambienti designati ad ospitare i libri54 e con la preparazione di questi volumi, nella cui realizzazione Niccolò V era personalmente coinvolto, non solo con un attento lavoro di studio, ma anche soprintendendo all'opera dei copisti55 come a quella dei decoratori. In tal senso, proprio la scelta del Parentucelli di affidare la maggior parte dei suoi libri a una sola équipe di miniatori offre una valida conferma della profonda coerenza del suo disegno. In primo luogo, le manifeste analogie riscontrabili tra gli schemi decorativi delle pagine iniziali palesano l'intervento nei manoscritti dello stesso atelier ài illustratori (taw. XI, XII, XIII). Tutt'intorno al testo si svolge un'elegante bordura di variopinte foglie dal profilo frastagliato, che si intrecciano flessuose, disponendosi lungo un cordone policromo, mentre tralci fioriti e costellati di bullae dorate, nastri intrecciati in varie forme, medaglioni o fantasiose grottesche contribuiscono ad accrescere la preziosità dell'insieme; a fondo pagina è sempre riservato grande spazio allo stemma papale delle chiavi incrociate, sorretto in genere da una coppia di angeli e corredato da iscrizioni in caratteri capitali con il nome del pontefice. Ricchi fregi si ripropongono sulla pagina di esordio dei singoli libri, abbinati a grandi lettere d'incipit

54

L. E. Boyle, Per la fondazione della Biblioteca Vaticana, in Manfredi, / codici, XIII-

XXIL 55

A tale proposito rinvio alle osservazioni di Elisabetta Caldelli, qui alle pp. 72-73.

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campite su un riquadro a lamina oro, in cui trovano posto elaborati decori fogliacei o vivaci e intense raffigurazioni, che affascinano per la felicità delle invenzioni compositive e la raffinata condotta pittorica, svelando la mano di un artista di notevole livello. L'anonimo maestro, che non era passato inosservato ai curatori della mostra Quinto centenario della Biblioteca Apostolica Vaticana56, potrebbe essere provvisoriamente segnalato con il nome di «Miniatore di Niccolò V», giacché finora è rintracciabile solo la sua attività romana, svolta soprattutto per il Parentucelli. All'interno della serie, sei manoscritti furono completati sicuramente tra il 1450 e il 1452, come attestano le date riportate nei colophons e ripetute a volte anche tra i fregi della decorazione. In questi anni il papa, in parte grazie alle ingenti entrate finanziarie del Giubileo, intensificò notevolmente le acquisizioni librarie57 e non perse occasione di commissionare diverse imprese decorative monumentali58. Perduti i più importanti cicli pittorici dell'epoca niccolina, in cui erano stati impegnati oltre al Beato Angelico, anche artisti umbri come Bartolomeo di Tommaso e Benedetto Bonfigli, sopravvivono ora solo pochi dipinti o affreschi di area romana risalenti al quinto-sesto decennio del Quattrocento59. In questo contesto, la riscoperta del corpus cospicuo e unita-

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Quinto centenario della Biblioteca Apostolica Vaticana, 1475-1975, Catalogo della mostra, a c. di MICHELIN! Tocci, Città del Vaticano 1975, 10 n119-20, 13 n0 27, dove si legge che questo miniatore «forse bolognese, del quale ci sfugge ancora l'identità, compare in molti manoscritti di Niccolò V>>. All'artista era riferita, nel catalogo, la decorazione dei Vat lat. 234, 501 e 658. A partire dal Vat. lat. 658, ricollega allo stesso ambito le miniature dei Vat. lat. 169 e 541 Maddalo, Momenti delViconografia di Bernardo, «Arte Medievale», S. II, 8, fase. 2 (1994), 134 n. 65. 57 Vespasiano, Le vite, 63. Sul Giubileo del 1450: Miglio, Il giubileo di Nicolò V (1450), in La storia dei Giubilei, II, 1450-1575, a c. di FAGIOLO-MADONNA, Prato 1998, 56-73. 58 Indaga attentamente le scelte di Niccolò V in questo campo B. TOSCANO, Oscillazioni della committenza religiosa a metà Quattrocento, in La pittura in Italia. Il Quattrocento, a c. di F. Zeri, II, Milano 1987, 507-13; Confini amministrativi e confini culturali, in Dall'Albornoz all'età dei Borgia. Questioni di cultura figurativa nell'Umbria meridionale. Atti del convegno di Amelia, 1-3 ottobre 1987, Todi 1990, 366-68. Sulle imprese architettoniche promosse dal papa: C. W. Wfstfat.l, L'invenzione della città. La strategia urbana di Niccolò Ve Alberti nella Roma del '400, Roma 1984. 59 A. CAVALLARO, Aspetti e protagonisti della pittura del Quattrocento romano in coincidenza dei giubilei, in Roma 1300-1875. L'arte degli anni santi, Roma, Palazzo Venezia, 20 dicembre 1984-5 aprile 1985, a c. di FAGIOLO-MADONNA, Milano 1984, 338-40; A. PlNELLl, La pittura a

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IL « MINIATORE DI NICCOLÒ V »

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rio di miniature vaticane mi pare un'acquisizione da non trascurare, nell'intento di far luce sul capitolo della cultura figurativa dell'Urbe alla metà del secolo. Apre il catalogo del «Miniatore di Niccolò V» il Corpus dyonisianum, Vat. lat. 169, nella versione curata da Ambrogio Traversari, che Giovanni Battista di Francia terminò di scrivere nel 145060. L'esame delle cinque litterae maximae, dalla pregevole fattura, consente di decifrare i caratteri peculiari dello stile dell'anonimo maestro: interni raccolti, scranni scorciati in modo empirico o semplici pedane sporgenti con effetto illusionistico, ospitano in chiare anche se elementari ambientazioni i personaggi, sui quali l'artista ama concentrare la propria attenzione con fine spirito descrittivo. Figure dal saldo impianto formale si accampano con disinvoltura in ribalte articolate su pochi piani, cosicché acquista maggior risalto l'acuta caratterizzazione dei personaggi, affidata a notazioni naturalistiche registrate con scrupolo. Nell'iniziale con il Vescovo Dionigi (f. 31r), ad esempio, è apprezzabile la verosimiglianza di certi dettagli, quali i tratti fisionomici del santo o le preziose guarnizioni della dalmatica indossata dall'ecclesiastico. Sorprende per il respiro monumentale della composizione il riquadro a f. 115r, dove è miniato Cristo assiso in trono (tav. XX). La solenne figura del Salvatore, quasi scultorea nella sua salda volumetria, domina una scena chiusa in primo piano da un esuberante motivo fogliaceo e si staglia con fermezza sullo sfondo a foglia oro, affollato da complessi grafismi. Il modellato è costruito con graduali trapassi chiaroscurali, l'occhio dell'artista divaga compiaciuto sulla rigogliosa erba del prato e segue il lento gonfiarsi del manto fluente. Esiti di estrema finitezza si colgono nella definizione lenticolare della capigliatura, della barba o

Roma e nel Lazio nel Quattrocento, in La pittura in Italia, 422-25; Cavallaro, L'ambiente romano da Nicolò V a Pio II, in Antoniazzo Romano e gli antoniazzeschi. Una generazione di pittori nella Roma del Quattrocento, Udine 1992, 13-22; si veda anche qui il saggio di A. Cavallaro. 60 Cat. 2. Non sono del tutto convinta che vada riferita alla bottega del «Miniatore di Niccolò V» la decorazione del s. Cipriano, Opera, Vat. lat. 198 (Cat. 4). Il codice fu scritto per il pontefice da Giovanni Battista di Francia nel 1449 e l'attribuzione delle miniature all' entourage dell'anonimo maestro servirebbe per anticipare con sicurezza a quell'anno la sua presenza in Roma. Tuttavia, se la tipologia decorativa di fregi e iniziali fogliacee non si discosta dalla serie di codici usciti dalla bottega dell'artista, va d'altro canto notato come l'iniziale con san Cipriano (f. Ir), di qualità deludente, non rispecchi affatto i modelli ricorrenti nei lavori del «Miniatore di Niccolò V».

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degli incarnati, ottenuti attraverso una tessitura di minute pennellate e tenui passaggi tonali61. La raffigurazione di Quintiliano, al f. 220r de\Y Institutio Oratoria, Vat. lat. 1766, è condotta con altrettanta sicurezza e dovrà essere attribuita alla stessa mano (tav. XVII)62. Affascina la maestria del miniatore nel!'annotare l'effetto della luce che inonda e rileva le forme, rischiarando le brillanti tonalità dei colori. Il ritratto dello scrittore latino è un'immagine dal vivo naturalismo: intento nella redazione del testo, Quintiliano solleva il calamo dalle pagine aperte del libro e atteggia il volto, dallo sguardo assorto, la bocca serrata, le guance arrossate, a severa concentrazione. La formazione dell'anonimo maestro potrebbe precedere di svariati anni queste opere, che tradiscono un linguaggio già maturo e personale. La qualità delle idee, espresse con immediatezza realistica, ma soprattutto la sapiente esecuzione, che si avvale di un disegno tracciato senza esitazioni e di una stesura pittorica ricca di sottigliezze, sono elementi che inducono a ritenere che l'artista non fosse agli esordi. Del resto, dubito che il papa decidesse di affidare l'incarico di decorare i suoi volumi ad un giovane ancora inesperto; l'analisi dei codici indica piuttosto che il ruolo svolto dal maestro fu quello di un valente capobottega, in grado di aggregare attorno a sé e coordinare varie maestranze, reclutate forse anche in loco. Le sigle tipiche del «Miniatore di Niccolò V» si ritrovano nella serie di vivaci ritratti maschili che illustrano i Vat. lat. 228 e 234, due codici di lusso con la Praeparatio Evangelica di Eusebio di Cesarea, nella versione latina che Giorgio Trapezunzio avrebbe concluso tra il febbraio e il marzo del 144863. Qui il maestro è vistosamente coadiuvato da colla-

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Niccolò V possedeva diverse copie della versione traversariana del Corpus dyonisianum. Tra queste è stato identificato anche il Vat. lat. 172, con stemma del pontefice in più fogli (Cat. 3). Le cinque iniziali figurate, in cattivo stato di conservazione, sono sicuramente attribuibili alla bottega del «Miniatore di Niccolò V». 62 Cat. 18. Non raggiungono la bellezza di quest'immagine le altre miniature del manoscritto; molto danneggiate, per l'annerimento del colore, sono poi le iniziali ai ff. 3Ir, 99v, 128v, 168v, 189v, 239r. 63 Cat. 5,-7. Per la data della versione: J. Monfasani, George of Trebisond: a Biography and a Study of his Rethoric and Logic, Leiden 1976, 72-73, 78; MONFASANI, Collectanea Trapezuntiana: Texts, Documents and Bibliography of Georg of Trebisond, New York 1984, 60-61, 291-93, 724-26. Nel Vat. lat. 228 spettano a un collaboratore le miniature ai ff. 31r, 48v,

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boratori, che in alcuni casi traducono con forte impaccio le sue invenzioni; nelle miniature autografe riemerge la consueta e inconfondibile capacità di indagare con spontanea efficacia il carattere delle figure e il risultato appare difficilmente monotono, anche quando i soggetti seguono iconografie meno originali. Nel 1451 furono vergati il Vat. lat. 447, una silloge di opere di s. Agostino64, su cui compare al foglio iniziale il ritratto del vescovo di Ippona, sicuramente di mano del «Miniatore di Niccolò V», benché mal conservato (tav. XIX); e la raccolta con Epistulae e Sermones di Leone Magno, Vat. lat. 54165, dove nella scena miniata al f. 75r, si scopre un dichiarato omaggio al committente nella figura di papa Leone Magno, che rivela la fisionomia del Parentucelli (tav. XII)66. Alla precisa individuazione psicologica dei personaggi, evidente nell'animata fila dei cardinali tesi ad ascoltare il pontefice, si contrappongono tuttavia brani modesti: l'ingenuo assetto della composizione, alcune incertezze nelle soluzioni delle vesti palesano una certa fretta esecutiva e, forse, l'intervento nella decorazione del codice di aiuti di bottega. Non vi è dubbio invece che siano opera autografa del «Miniatore di Niccolò V» le otto iniziali del bel volume con scritti di san Bernardo, Vat. lat. 65867. Nel grande riquadro a f. Ir, il monaco cistercense offre il De consideratione ad Eugenio III, al cospetto di una curiosa folla di diaconi (tav. XXI): anche qui mancano vasti scenari, ma i protagonisti, ribaltati in primo piano sullo sfondo dorato, trovano una collocazione spaziale del tutto credibile all'interno dell'iniziale. Sullo stretto proscenio, santo e pontefice recitano un intenso colloquio; il lume diffuso, di ascendenza toscana, dà risalto pieno alle figure, schiarisce gli incarnati e accentua il rilievo plastico dei panneggi, solcati da pieghe profonde. Sembrano invece riaffiorare cadenze di eredità gotica nei

135v, 164r, 200v, 216v; la stessa mano interviene nelle iniziali ai ff: 2v, 35v, 78r, 183v, 247v, del Vat. lat. 234, in alcuni casi non ben conservate. Il frontespizio del Vat. lat. 234 è riprodotto in Miglio, Il giubileo, 68 fìg. 12. 64 Cat. 9. 65 Cat. 14. 66 Non è questo un caso isolato: anche nel Vat. lat. 169 (f. 31r), sotto le vesti del Vescovo Dionigi, si nasconde un bel ritratto del pontefice. 67 Cat. 15. Diverse miniature del manoscritto sono illustrate in Maddalo, Momenti, 127-29, figg. 5-7, 9-10.

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mossi ricaschi del piviale di Eugenio III e nell'espressione icastica del personaggio, dal volto accigliato. lì colophon dello scriptor, che qui Elisabetta Caldelli ritiene di poter identificare con Giovanni Battista di Francia, attesta esplicitamente che il lavoro di copia del testo fit condotto tra il 1451 e il 1452 «in Urbe», un dato utile per ribadire la localizzazione in città della bottega dell'artista. Lo conferma anche la sottoscrizione del Vat. lat. 1801, celebre copia di dedica del Tucidide, De Bello Peloponnesiaco, nella versione curata da Lorenzo Valla su richiesta di Niccolò V, vergato da lohannes Lamperti de Rodenberg in Roma, nel 145268: nelle illustrazioni ricompare la mano del miniatore caro al Parentucelli, che sul primo foglio raffigura, con puntuale spirito di osservazione, il Valla mentre porge al papa il manoscritto della traduzione (tav. XIII). Sicuramente presente in Roma tra il 1450 e il 1452, il «Miniatore di Niccolò V» giunse forse nell'Urbe dopo aver compiuto altrove il suo apprendistato, che potrebbe risalire almeno al decennio precedente se non prima. È difficile immaginare che il maestro trovasse nel panorama artistico romano degli anni quaranta gli stimoli per l'elaborazione del suo stile, che approda ad esiti non propriamente sovrapponibili a quelli dei pittori locali, come può esemplificare il confronto con il Trittico in Santa Maria delle Grazie a Capena, dipinto da Antonio da Viterbo nel 1451-5269. La sicura impostazione spaziale delle scene, costruite con fare misurato, e le ferme sagome delle figure sembrano riflettere le novità della «rinnovata» pittura toscana, che probabilmente non lasciarono indifferente l'artista. La spiccata sensibilità per i valori luministici, largamente diffusa in Italia centrale a metà secolo, conduce il miniatore a risultati di particolare acume ottico; in Roma, esempi ben più autorevoli di simili propensioni erano offerti dagli affreschi vaticani di Beato Angelico, che il maestro non avrà ignorato70, come dalle opere del

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Cat. 19. Su Antonio da Viterbo: C. VOLPE, Una ricerca su Antonio da Viterbo, «Paragone», 22, 253 (1971), 44-52; S. Macioce, Antonio da Viterbo, in II Quattrocento a Viterbo. Viterbo, Museo Civico, 11 giugno-10settembre 1983, Roma 1983, 155-58; CAVALLARO, L'ambiente, 17-18. 70 C. Gilbert, Fra Angelico 's Fresco Cycles in Rome: their Number and Dates, «Zeitschrift für Kunstgeschichte», 38, 3-4 (1975), 245-65; M. BOSKOVITS, Attorno al Tondo Cook: precisazioni sul Beato Angelico, su Filippo Lippi e altri, «Mitteilungen des Kunsthistorischen In69

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giovane Benozzo Gozzoli, consotio del frate domenicano e attivo a queste date tra Umbria e Lazio71. Più del solenne classicismo dell'Angelico, il tono colloquiale delle miniature potrebbe ricordare proprio l'accostante narratività del Gozzoli. Il gusto per la pittura ornata, l'accesa fantasia decorativa, che trova felice espressione nelle divertite grottesche dei fregi marginali, di sapore ancora gotico, l'inclinazione per un decorativismo di superficie, che non impedisce visioni intimistiche e garbate, riportano invece il «Miniatore di Niccolò V» nell'orbita del «rinascimento umbratile»72. La destinazione illustre delle sue opere avrà verosimilmente facilitato l'inserimento dell'anonimo maestro nella contemporanea realtà artistica dell'Urbe, e in particolare nella cerchia interregionale di pittori, al lavoro per il papa nel Palazzo vaticano, negli stessi anni. I più noti

stitutes in Florenz», 39 (1995), 34, 58 n. 17 e n. 18. Sugli affreschi della Cappella niccolina, in attesa del volume di studi a conclusione del recente restauro: Greco, La Cappella di Niccolò V del Beato Angelico, Roma 1980; per il coevo intervento di Angelico nella volta della Cappella di San Brizio, nel Duomo di Orvieto: G. Testa, Et vocatur dictus magister pictor fraterJohannes, in La Cappella Nova o di San Brizio nel Duomo di Orvieto, a c. di Testa, Milano 1996, 77-85. Negli anni del pontificato niccolino, l'Angelico avrebbe dipinto anche il noto Polittico Guidalotti, ora alla Pinacoteca Nazionale di Perugia: De MARCHI, Perla cronologia dell'Angelico: il Trittico di Perugia, «Prospettiva», 42 (1985), 53-57; V. Garibaldi, «Quando verrai... portami anche i libri, specialmente le pergamene». Il Polittico Guidalotti del Beato Angelico, in Beato Angelico e Benozzo Gozzoli. Artisti del Rinascimento a Perugia. Itinerari d'arte in Umbria, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria, 13 dicembre 1998-11 aprile 1999, a c. di Garibaldi, Cinisello Balsamo 1998, 17-41. 71 D. Cole Ahl, Benozzo Gozzoli, New Haven-London 1996, 22-79; A. Padoa Rizzo, Benozzo Gozzoli in Umbria, Firenze 1997; ma si veda anche R. Mencarelli, Opus Benotiide Florentia. La pala della Sapienza Nuova di Benozzo Gozzoli, in Beato Angelico e Benozzo Gozzoli, 63-79. Sugli esordi di Gozzoli e sull'intricato problema della sua partecipazione agli affreschi romani e orvietani dell'Angelico non si tralascino le indicazioni di Boskovits, Attorno, 34-36, 57, n. 8 e n. 9; una sintesi della vicenda critica è in: M. Minardi, Benozzo Gozzoli giovane e gli studi recenti, «Arte cristiana», 86 (1998), 237-40. Tra le opere giovanili del pittore, spiccano le illustrazioni del Gioacchino da Fiore, Vaticinia Pontificum, London, British Library, Harley 1340, concluse prima della scomparsa di papa Eugenio IV, nel febbraio 1447 (Cole Ahl, Benozzo, 22-24, 223-24 cat. 24). Al Gozzoli esordiente va forse attribuita anche la splendida miniatura tabellare con Lorenzo da Pisa che offre la propria opera a Niccolò V, nel Dialogas Humilitatis, Vat. lat. 961, f. IIv (Miglio, Il giubileo, 56 fig. 1), un codice di dedica donato a papa Niccolò V e riconoscibile negli inventari della sua biblioteca (Manfredi, I codici, 461 n0 740), su cui tornerò altrove. 72 La definizione fu coniata da R. LONGHI, Primizie di Lorenzo da Viterbo, in Edizione delle Opere Complete di R. Longhi, II, Saggi e ricerche (1925-28), I, Firenze 1967, 61.

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sono il folignate Bartolomeo di Tommaso73 e il perugino Benedetto Bonfìgli74, affiancati dai maestri stranieri Luca di Lorenzo d'Alemagna e Salvatore da Valencia75 e da una schiera di artigiani locali76. Tra i pochi lacerti di queste imprese è il fregio, alquanto rovinato, con figure di putti, virtù cardinali e stemma di Niccolò V, affrescato sulle pareti della Sala vecchia degli svizzeri77; il suo autore, suggestionato dalla «parlata forte» di Bartolomeo di Tommaso, del quale fu forse collaboratore, rivela anche qualche consonanza stilistica con le illustrazioni dei codici papali. Rimane purtroppo oscuro il percorso del «Miniatore», destinato per ora a restare nell'anonimato, prima del soggiorno romano, ma è probabile che all'inizio della sua carriera egli si esprimesse con modi più apertamente legati alla tradizione di ascendenza tardogotica, anche se non dovettero mancare al giovane artista molteplici sollecitazioni78.

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Sul percorso del pittore umbro: Zeri, Bartolomeo di Tommaso da Foligno, «Bollettino d'Arte», s. IV, 46 (1961), 41-64; ZERI, Tre argomenti umbri, «Bollettino d'Arte», S. IV, 48 (196S), 36-39; Toscano, Bartolomeo di Tommaso e Nicola da Siena, «Commentari», 15 (1964), 37-51, e A proposito di Bartolomeo di Tommaso, «Paragone», 28, 325 (1977), 80-85; R. Cordella, Un sodalizio tra Bartolomeo di Tommaso, Nicola da Siena, Andrea Delitio, «Paragone», 38, 451 (1987), 89-122; M. SENSI, Bartolomeo di Tommaso e Girolamo di Matteo da Gualdo: due note d'archivio, «Paragone», 43, 505-507 (1992), 79-91. 74 F. F. Mancini, Benedetto Bonfìgli, Perugia 1992, 38, 151. In relazione alla perduta attività romana del Bonfìgli, qualche spunto si trova in De Marchi, Gentile da Fabriano. Un viaggio nella pittura italiana alla fine del gotico, Milano 1992, 213 n. 64. 75 R. Torlontano, Luca di Lorenzo dAlemagna, e A. Sbrilli, Salvatore da Valencia, entrambi in La pittura in Italia, 671, 750. 76 Ricevono compensi per lavori nel Palazzo vaticano, Simone e Taddeo da Roma, Simone da Viterbo, Antonio da Orte e Carlo di ser Lazzaro da Narni: CAVALLARO, L'ambiente, 14, 151 n. 8 e n. 9. 77 TOSCANO, La pittura in Umbria nel Quattrocento, in La pittura in Italia, 362; G. Cornini - A. M. DE Strobel - M. Serlupi Crescenzi, La Sala vecchia degli Svizzeri e la Sala dei Chiaroscuri, in Raffaello nell'appartamento di Giulio II e Leone X, Milano 1993, 81-90; Cavallaro, L'ambiente, 16-17. Per una possibile identificazione con Antonio da Orte: F. Todini, La pittura umbra dal Duecento al primo Cinquecento, I, Milano 1989, 29; Andrea de Marchi prospetta l'eventualità che negli affreschi sia intervenuto l'abruzzese Andrea Delitio: De Marchi, Gentile, 213 n. 64. 78 Colpisce, per esempio, l'aria di affinità che sembra legare le illustrazioni dipinte dal «Miniatore di Niccolò V» alle miniature di due codici, che Miklós Boskovits ha recentemente scorporato dal catalogo di Nicola di Ulisse da Siena e radunato sotto lo

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Avvicinate in passato all'ambito umbro, rientrano senz'altro nel catalogo del «Miniatore di Niccolò V» anche le miniature del Vat. lat. 501, che lasciano nuovamente verificare l'originalità del maestro79. Tra i volumi più belli della biblioteca papale, per quanto riguarda la decorazione, questa silloge di testi agostiniani fu trascritta da Bartholomeus de Medemblich nel 1452. Sulla prima pagina del codice, incorniciata da un ricco fregio, la lettera d'incipit accoglie s. Agostino, intento a scrivere nel suo studio (tav. XI). Del tutto a proprio agio nell'interno raccolto, l'affabile ritratto del vescovo si accampa in primo piano; l'ampia dalmatica accentua la volumetria della figura e offre all'artista il pretesto per sottolineare abilmente, a lumeggiature dorate, i riflessi di luce sulla stoffa serica, mentre la presenza di due giovani chierici sorpresi a sbirciare con discrezione il santo ravviva la scena80. Ma è nella piccola iniziale a f. 256v che la capacità di mimesi dell'artista raggiunge vertici altissimi: apre il De correptione et gratia, su uno sfondo blu impreziosito da racemi dorati, la figura seminuda di un flagellante (tav. XXII). Qualche imprecisione anatomica nella resa un po' impacciata delle braccia passa quasi inosservata di fronte alla meticolosa indagine sul corpo ossuto del penitente. La veridicità della raffigurazione è affidata a numerosi dettagli: il volto contratto in una smorfia di dolore, l'angolosa articolazione della spalla, le costole sporgenti o il ventre rigonfio. Ciò che colpisce maggiormente è però il ductus sottilissimo con cui il miniatore è in grado di imitare la naturale trasparenza dell'epidermide, in alcuni punti illividita dal freddo.

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pseudonimo di «Maestro della Divina Commedia Yates Thompson»: Boskovits, Il gotico senese rivisitato: proposte e commenti su una mostra, «Arte cristiana», 71 (1983), 268-69 fìgg. 21-22. 79 Serafini, Ricerche, 65-66 fig. 16. Secondo il Serafini, lo stemma di Niccolò V ricopre il blasone del committente originario, ma la verifica diretta sul manoscritto smentisce l'asserzione dello studioso. Rifiuta l'accostamento delle miniature alla cultura umbra E. Lunghi, Per la miniatura umbra del '400, «Atti dell'Accademia properziana del Subasio», S. VI, 8 (1984), 158 n. 46. Si veda Cat. 11. 80 Di qualità meno alta sono le miniature ai ff. 22r, 35r, 133v, 166r, I78r, 183v, 199r, 205r, 213r, 219r, 268v, 28Ir, 298r, che si presentano danneggiate.

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Sempre su incarico del pontefice il valente maestro decorò l'opera di Giovanni Cassiano, Vat. lat. 540, con quaranta miniature che offrirono l'occasione all'artista per inventare scene dalla scorrevole narratività, sempre di grande piacevolezza81, e corredò il Vat. lat. 101, una Biblia vulgata di provenienza francese databile al XIII-XIV secolo, ricuperata dal papa, con cinque litterae maximae, di cui quella in apertura ospita un interessante ritratto di Re Salomone82. Allo stesso gruppo di lavoro coordinato dal «Miniatore», Niccolò V affidò altri manoscritti, ugualmente destinati alla biblioteca papale. L'ornato è meno ricercato, non privo però di eleganza, anche in assenza di riquadri illustrati: lo stemma del papa è dipinto in bella evidenza sulla pagina d'esordio, dove i margini sono occupati da un fregio a foglie colorate, con molte inserzioni a lamina oro, che spesso corre attorno a un cordone policromo; simili bordure e iniziali a motivi vegetali si ripetono a volte nelle pagine interne. E il caso della silloge di epistole agostiniane, ora Vat. lat. 49883 e del s. Cyrillus Alexandrinus, Super Evangelium lohannis, Vat. lat. 526, tradotto da Giorgio Trapezunzio84, e ancora del Thomas Aquinas O.P., Postilla in Evangelium lohannis collecta a Raynaldus de Piperno, Vat. lat. 103085 o delle anonime Quaestiones in TV Sententiarum, Vat. lat. 1120, che si distingue all'interno del gruppo per il risultato meno felice della veste decorativa86. Infine, dell'Aristotele, De animalibus, Firenze, Bibl. Medicea Laurenziana, 84, 9, in cui si deve riconoscere il codice di dedica della versione latina compiuta dal Trebisonda per il papa, e, pur con qualche riserva, della raccolta di opere patristiche Vat. lat. 37487.

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Cat 13. Cat. 1. 83 Cat. 10. 84 Cat. 12. Trapezunzio si dedicò alla traduzione, pervenuta in versione autografa nel Vat. lat. 525, tra il 1448 e il 1449 (Monfasani, George of Trebisond, 72-73; Collectanea, 62, 293, 715); Niccolò V ne possedeva una seconda copia, miniata da un bravo artista dell'Italia settentrionale e identificabile nel Vat. lat. 528 ( Quinto Centenario, 11 n0 21). 85 Cat. 16. 86 Cat. 17. 87 Bibl. Medicea Laurenziana, 84, 9: Cat. 26. Sembra che Giorgio Trapezunzio fosse riuscito a completare il lavoro della versione entro il febbraio del 1450 (Monfasani, George of Trebisond, 72-73; Collectanea, 16-17, 298-300, 706). Vat. lat. 374: Cat. 8. 82

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Anche di fronte alle non scarse notizie ora disponibili, giudico prematuro tentare in questa sede una più dettagliata ricostruzione della struttura dell' atelier diretto dal «Miniatore di Niccolò V», se cioè vi fossero criteri nella ripartizione del lavoro o, altresì, se e in quali termini fosse nato un sodalizio tra l'artista e i copisti impegnati nella redazione dei codici. Sicuramente il «Miniatore» potè avvalersi dell'aiuto di vari collaboratori, non sempre ben distinguibili l'uno dall'altro, per affrontare le molte e impegnative imprese commissionate dal pontefice, come si percepisce chiaramente scorrendo le nutrite sequenze di fregi ornamentali e di iniziali, nelle vistose oscillazioni di stile e nell'esito non sempre sostenuto delle raffigurazioni. La decorazione della piccola Pharsalia cartacea Reg. lat. 1879, studiataci recente da Maria Chiabò88, suggerisce significativamente che il miniatore «ufficiale» del papa fu apprezzato anche fuori del Palazzo apostolico. Il colophon a f. 143v è datato 1441, ma da una sottoscrizione autografa (f. 146r) si apprende che nel 1453 il proprietario Giovanni di Matteo Salvetti, notaio della Curia Capitolina, decise di donare il manoscritto all'amico Niccolò di Giordano de Buccabellis. A tale scopo, fece rinnovare ed abbellire il volumetto, con la sostituzione del primo fascicolo (ff. l-18v) e l'aggiunta sul f. Ir di due lettere a decoro fogliaceo e di un'iniziale con la figura di Lucano a mezzo busto, in cui non mi pare difficile riconoscere la mano del «Miniatore di Niccolò V» o di qualche suo valente aiuto (tav. XXIII). Il lavoro di per sé è dì importanza modesta e certo non si presta al raffronto con i più sontuosi volumi papali, anche se non può non colpire il forte realismo con cui è tratteggiato il personaggio, tale da far sorgere il sospetto che nelle vesti del poeta latino sia adombrato un ritratto dello stesso Salvetti. Intepretazioni molto simili si ritrovano di frequente nel corpus delle miniature niccoline: la stessa scrupolosa attenzione nello scrutare i dettagli fisionomici informa il ritratto di Poggio Bracciolini (tav. XXIV), colto di profilo, atteggiato in una posa praticamente identica a quella del protagonista della Pharsalia reginense, nel Diodoro Siculo, Bibliotheca Histórica,, Vat. lat. 1812, f. Ir89. Si potrebbe inoltre citare l'im-

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CHIABÒ, lohannes Matthei de Salvectis, in Scrittura, 601-10 taw. 43-46. Cat. 24. Cat. 20. La versione, richiesta da Niccolò V a Poggio poco dopo il 1447, fu probabilmente conclusa entro la fine del 1449. In una lettera del febbraio 1450, il Braccio89

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magine di Teodoro Gaza, serio e concentrato, sulla prima pagina del Teophrastus, De plantis, Firenze, Bibl. Medicea Laurenziana, 82, 1690. Nell'opera del «Miniatore di Niccolò V», tale fedeltà al vero non compare solo nelle raffigurazioni di personaggi viventi, dove per altro costituirebbe una scelta quasi obbligata, ma distingue anche anonime personificazioni. Lo si coglie bene nel codice di contenuto filosofico Vat. lat. 219191, dove l'artista propone nelle iniziali una carrellata di figure maschili, tutte variate nella posa e nella mimica: tra esse spicca quella a f. 317r, che si staglia nel campo della lettera ostentando un profilo fortemente caratterizzato nella mascella squadrata, il naso aquilino, il mento aguzzo e sporgente (tav. XXV)92. Se il codice reginense venne decorato nella bottega del «Miniatore di Niccolò V», come pare dimostrare la serie di confronti proposti, ne consegue la certezza della presenza in Roma, ancora nel 1453, dell'artista e dei suoi collaboratori; dubito infatti che il Salvetti, che tra l'altro rivestiva una carica di rilievo all'interno della municipalità cittadina, non si rivolgesse per un'opera di non eccessivo impegno a maestranze del luogo, in grado comunque di soddisfare appieno le sue esigenze. E assai verosimile che a tale data, grazie soprattutto alla preferenza accordatale dal pontefice, la bottega del «Miniatore di Niccolò V» godesse di prestigio nella realtà libraria romana, raccogliendo incarichi da più parti. Ho già avuto occasione di fare cenno alla Crocefissione del Messale Yzit. Arch. S. Pietro E 4, ordinato probabilmente dai canonici della basilica, in cui si coglie la stessa temperie delle miniature niccoline. Segnalo qui altri tre manoscritti, allestiti a Roma su commissione di noti personaggi dell' entourage curiale, decorati con un ornato a fregi e iniziali fogliacee che rinvia palesemente, nello schema generale e negli aspetti formali, ai volumi papali e che induce a ravvisare in queste opere, seppur con prudenza, la presenza degli stessi miniatori: YExhortatio ad recuperandam lerusalem di Giorgio Trapezunzio, Vat. lat.

lini ringrazia infatti il Trapezunzio, cui si era rivolto per completare il lavoro (MonfaSANI, George of Trebisond, 70). 90 Cat. 25. Si tratta del codice di dedica della nuova traduzione latina preparata dal letterato greco per Niccolò V. 91 Cat. 21. 92 Un collaboratore meno abile è intervenuto nelle miniature ai ff. 91v, 176r, 183v, 216r, 240r, 301 r.

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3580, donata dal greco a Niccolò V93, il Corpus Dyonisianum, Kues, Bibl. des St. Nikolaus Hospital, Cod. 44, con lo stemma del cardinale Niccolò Cusano ai ff. 4r e 141r94 e l'Eusebio di Cesarea, De praeparatio Evangelica, Vat. lat. 231, una copia della versione latina di Giorgio Trapezunzio, ultimata dal copista Johannes Caldarifex il 12 giugno 1451, forse su richiesta del cardinale Antonio de la Cerda95. Aggiungerei, benché dubitativamente, anche l'Aristotele, De animalibus, Chig. E Vili 250, scritto per il Cerda nel 1452, altrettanto prossimo, almeno per la tipologia decorativa delle numerose lettere interne, al gruppo di codici ora elencati96. ❖ Riunito un corpus di opere attribuibili al «Miniatore di Niccolò V», resta da chiarire se l'operosità della ben affermata bottega proseguisse anche dopo la scomparsa del papa, avvenuta nel 1455. La morte del Parentucelli causò la brusca interruzione dell'impresa di allestimento della Biblioteca, ma non è detto che venuto a mancare l'importante

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Cat. 22. Il piccolo ms., con stemma di Niccolò V sul frontespizio, è copia, databile tra il '47 e il '52, di un'opera scritta dal Trapezunzio nel 1443 e dedicata ad Alfonso d'Aragona: MONFASANI, George of Trebisond, 128-30; MONFASANI, Collectanea, 67, 422-33. 94 Non ho avuto occasione di consultare direttamente il manoscritto e ne conosco le miniature solo attraverso la pubblicazione di F. Ronig, Illuminierte Buchseiten aus den Handschriften der Bibliothek des St. Nikolaus-Hospital, in Zugànge zu Nikolaus von Kues. Festschrift zum 25-jàhringen Bestehen der Cusanus-Gesellschaft, [1986]. Secondo C. BIANCA, La biblioteca romana di Niccolò Cusano, in Scrittura, 706, il Cusano, trasferitosi a Roma nel 1458, avrebbe potuto far allestire qui il codice, che a f. 237v riporta il giuramento pronunciato da Iacopo da Lusignano in città nel 1460. Come mi fa notare Antonio Manfredi, l'ornato sul primo foglio non sembrerebbe previsto ab origine. 95 Cat. 6. Lo stemma eraso del committente è ora ricoperto dal blasone di papa Pio II Piccolomini. L'unica iniziale figurata presente nel codice, a f. 104v, rappresenta forse il Trapezunzio e va ascritta a un modesto artefice. 96 Cat. 23. Come già detto, non escluderei la presenza di Iacopo da Fabriano nel fregio del frontespizio. Si possono forse ricollegare all'ambito del «Miniatore di Niccolò V» anche il lohannes de Turrecremata, De poenitentia, Vat. lat. 2569, con un ritratto del Parentucelli, di buona qualità, a f. Ir (S. Kuttner - R. Elze, A Catalogue of Canon and Roman Law Manuscripts in the Vatican Library, II, Città del Vaticano 1987 [Studi e testi, 328], 138) e il Prisciano, Grammatica, Vat. lat. 1483 (B. NOGARA, Codices Vaticani Latini, III, Codd. 1461-2059, Romae 1912, 15-16), che presenta due iniziali a decoro fogliaceo a f. Ir/v.

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sostegno delle commissioni papali, l'artista e i suoi collaboratori scegliessero di allontanarsi da Roma. Infatti, la fama acquisita negli anni precedenti poteva loro assicurare una posizione non appartata nella realtà libraria romana, al fianco di altri miniatori, anche durante il breve pontificato di Callisto III Borgia(1455-58)97. Un indizio della permanenza in città dell' atelier del «Miniatore di Niccolò V», dopo il 1455, si trova forse nel Messale appartenuto al cardinale Bessarione, Barb. lat. 562. Ragioni liturgiche assicurano che il niceno fece concludere la decorazione del codice a Roma, all'epoca di papa Callisto III, tra il 1455 e il 145898. La critica si è varie volte soffermata sulle componenti stilistiche della Crocefissione all'esordio del Canone (f. 170v), concorde nel riconoscervi l'intervento di un anonimo artista romano, affiancato da collaboratori nelle iniziali a soggetto sacro, nelle lettere a decoro fogliaceo, nonché nei fregi ornamentali99.

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Mi pare interessante ricordare qui almeno alcuni codici sicuramente decorati in Roma negli anni del pontificato di Callisto III. Nel 1456 è attestato nell'Urbe il miniatore Giovanni da Milano, che collabora con Iacopo da Fabriano eseguendo molti fregi del s. Agostino, De civitateDei, Reg. lat. 1882, per Guglielmo Forte dei Buonconti di Pisa (Ruysschaert, Miniaturistes «romains», 250). Dello stesso anno sono il Domenico Dominici, De potestate papae ad Callistum III, Vat. lat. 4123 e il Giuseppe Flavio, Chig. A Vili 232, appartenuti al cardinale Antonio de la Cerda e miniati da Gioacchino de' Gigantibus, che partecipò forse anche all'illustrazione della Postilla super Bibliam di Niccolò da Lyra, Vat. lat. 4215, scritto nel 1457 per lo stesso prelato (Ruvsschaert, Miniaturistes «romains», 269-70). A Roma furono inoltre vergati alcuni manoscritti di Francesco di Benedetto da Borgo San Sepolcro, già noti per la ricca ornamentazione (A. Bartola G. Stabile, Schede 97, 104, 109, in Vedere i classici. L'illustrazione libraria dà testi antichi dall'età romana al tardo Medioevo, Città del Vaticano, Salone Sistino-Musei Vaticani, 9 ottobre 1996-19 aprile 1997, a c. di M. BUONOCORE, Roma 1996, 380-82, 394-98, 408-13). Resta a mio parere di problematica comprensione l'Aristotele, Opera varia, Vienna, Osterreich. Nat. Bibl., Cod. Philos. Gr. 64, copiato solo in parte a Roma, nel 1457, con una miniatura tabellare a f. 8v, che spetta ad un artista ignoto (P. Eleuteri, Scheda 63, in Bessarione e l'Umanesimo, 446-47; anche citato da Maddalo, Scheda 18, in Liturgia in figura,,135). 98 MADDALO, Scheda 18, in Liturgia in figura, 133-36 figg. 47-48, e «Sacrorum cura», 70. Il manoscritto fu forse vergato a Bologna, dove fu anche eseguita la miniatura dell'mcipit e parte del fregio del primo foglio. 99 Pensa a un artista romano aggiornato sull'opera dell'Angelico Pollini, La Cappella di Bessarione ai Santi Apostoli: una riconsiderazione, «Arte Cristiana», 79 (1991), 15-16, 22; accenna invece al riferimento ad «un pittore benozzesco del tipo di Antonio da Viterbo», Anna Cavallaro, recensendo il saggio di Lollini, «Roma nel Rinascimento» (1991), 159-60.

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Individuati i libri illustrati per Parentucelli sorprende meno la presenza di maestri «locali» nelle miniature del noto Messale, anzi sorge il sospetto che la decorazione del codice sia stata guidata nuovamente dal «Miniatore di Niccolò V», ili un momento più avanzato della sua carriera. Lo stato di conservazione non buono delle iniziali e il loro livello non sempre elevato suggeriscono però di affrontare la questione con una certa cautela. Qualche perplessità, riguardo all'intervento dell'artista in queste illustrazioni, nasce anche da considerazioni di carattere stilistico. Le ambientazioni, inscenate con debole disegno, si popolano di figure dalle proporzioni minute, la linea segue andamenti mossi e fluenti, le descrizioni divengono estremamente dettagliate e sembrano tradire una fantasia maggiormente intrisa di spirito gotico. I confronti più calzanti per le miniature del Messale Bessarione restano tuttavia in pagine decorate, secondo la ricostruzione qui tentata, dal «Miniatore di Niccolò V» e credo che non possa sfuggire l'aria di familiarità che consente di avvicinare riquadri quali la Comunione degli Apostoli,, al f. 384v del Barb. lat. 562 (tav. XXVI), ad alcuni brani miniati nei codici del papa, ad esempio San Pietro supplice di fronte a Cristo; al f. 73r del Vat. lat. 658 (tav. XXVII), oppure Cristo tra gli apostoli, nel Vat. lat. 501, f. 268v (tav. XXVIII). La conoscenza dei volumi miniati per papa Parentucelli aiuta, in ogni caso, a sottrarre il Messale Bessarione dal suo isolamento e a considerarlo come esito di una vicenda artistica che nella figura del «Miniatore di Niccolò V» ebbe uno dei suoi più affascinanti interpreti. In quest'ottica, al Messale Bessarione accosterei il volume lohannes Cassianus, Liber collationum sanctorum patrum, De institutione coenobiorum, ora Manchester, John Rylands Library, Lat. 49, di provenienza ignota100. Le miniature del manoscritto, sfuggite all'attenzione della critica, benché degne di nota, potrebbero forse trovare una giusta collocazione in ambito romano, ad una data che non superi la fine degli anni cinquanta del Quattrocento. Le pregevoli illustrazioni, accompagnate da bei fregi marginali, mi pare che riecheggino a distanza ma con evidenza sti-

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J. R. Montague, A Descriptive Catalogue of the Latin Manuscripts in the John Rylands Library at Manchester, I, Manchester 1921, 108-10 n0 49; II, Manchester 1921, pi. 103. I redattori definiscono il copista come «beautiful Roman hand». I monogrammi ridipinti in epoca moderna nei medaglioni di f. Ir non forniscono indicazioni di sorta sulla provenienza o sul committente del manoscritto.

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lemi ricorrenti nelle opere del «Miniatore di Niccolò V» e sembrano discendere schiettamente dall'esperienza che l'anonimo maestro e i suoi collaboratori avviarono nell'Urbe, grazie al patrocinio di Parentucelli. Ulteriori ricerche nei fondi delle biblioteche permetteranno di ricostruire con maggior puntualità il contesto dell'illustrazione libraria a Roma nel sesto decennio del Quattrocento, ma già ora è possibile indicare nel «Miniatore di Niccolò V» un protagonista di primo piano sulla scena artistica dell'Urbe a fianco di illustri forestieri quali l'Angelico, il Gozzoli, il Fouquet e forse anche il Pisanello101. Il ruolo di «miniatore ufficiale» del papa ha contribuito ad attirare l'attenzione sulla sua opera da parte dei contemporanei, e a noi oggi rivela un panorama più ricco e articolato della vita artistica romana, negli anni del pontificato di Parentucelli, di quanto finora creduto.

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Sulla possibile attività di Pisanello per Niccolò V: D. CORDELLIER, Scheda 320, in Pisanello. Le peintre aux sept vertus. Paris> Musée du Louvre, 6 mai-5 août 1996, a c. di CORDELLIER et al., Paris 1996, 453-56.

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Catalogo

L'intento delle schede seguenti è di presentare una dettagliata descrizione della decorazione dei manoscritti riferiti nel testo all'attività del «Miniatore di Niccolò V» e della sua bottega. Per ogni codice sono anche elencate, laddove possibile, le informazioni di luogo e data (tra virgolette se tratta direttamente dal manoscritto) nonché committente. Notizie più dettagliate sui copisti di alcuni manoscritti in catalogo si possono trovare nel saggio di Elisabetta Caldelli, in questa stessa sede. Per i dati codicologici e la bibliografìa completa si rimanda, con il numero indicato tra parentesi tonde dopo la collocazione, al catalogo di A. MANFREDI, I codici latini di Niccolò V. Edizione degli inventari e identificazione dei manoscritti (Studi e testi, 359), Città del Vaticano 1994. In questo caso, si è scelto di aggiornare la bibliografìa ai più importanti studi successivi al 1994, segnalando però eventuali pubblicazioni storico artistiche anteriori a quella data e non contemplate nel repertorio di Manfredi.

Biblioteca Apostolica Vaticana 1. Vat. lat. 101 (n0 35): Biblia vulgata con glossa ordinaria. Francia, sec. XIII-XIV. Decorazione: Tornato del manoscritto fu eseguito alla metà del XV secolo, su volere di papa Niccolò V. All'inizio dei libri, iscritte in un campo esterno dorato, cinque litterae maximae dal corpo rosa filettato a biacca, che termina in palmette verdi o grigie, e con campo interno blu, profilato di oro a missione. Al f. Ir P(ara/bo/le /latine, mm 50 x 40) a mezzo busto, l'anziano Re Salomone indica il testo; f. 69v V{ erba/ ecclesi/astes, mm 40 x 40) mazzo di foglie chiuse a calice da cui spunta una gemma dorata; V(/anitas vanitatum, mm 40 x 50) al cui centro è un fiore verde aperto con bottone dorato; f. 90v 0{/sculetur, mm 32 x 37) due foglie che si intersecano alle estremità; f. 116r D(/iligite iustitiam, mm 35 x 49) nodo fogliaceo che racchiude una gemma rossa. Iniziali de penna blu con decori a filigrana in rosso e viceversa, coeve all'epoca del codice. 2. Vat. lat. 169 (n0 750): Corpus dyonisianum, vers. lat. di A. Traversari. Roma, «1450». Committente: Niccolò V. Decorazione: una ricca sequenza di fogli presenta bei fregi ornamentali, su più lati, nei colori verde, blu, grigio, lilla, rosa, oro. Il testo è incorniciato da un sottile listello lungo il quale, congiunte a nodi, sferette o motivi geometrici a

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nastri intrecciati, si dispongono specularmente foglie lobate flessuose, tralci a penna con infiorescenze, bullae dorate, melegrane e more; litterae maiores negli stessi colori del fregio, su campo esterno dorato, con iscritti variopinti viluppi di foglie frastagliate adorne di gemme e pignette: ff. 2r, 6v, 8r, lOrv, llv, 14v, 16v, 19r, 20rv, 21r, 24v, 25r, 32r, 34rv, 36r, 39r, 40rv, 45v, 46v, 48r, 52v, 54r, 55v, 56r, 58r, 59rv, 60r, 61r, 62rv, 71v, 75v, 76v, 78v, 86r, 94r, 98r, 99r, 102r, 104v, 107v, 108v, lllv, 112v, 116rv, 11 Tv, 119v, 120rv, 122v, 129r, 133v. Sei grandi iniziali istoriate incorniciate su fondo oro, con il campo interno dorato o blu; il corpo della lettera, blu, è solcato da grafismi rilevati a biacca, mentre sul profilo esterno, strette ad anelli, si avvolgono delle fogliolone che si prolungano fino al fregio marginale, abitato da drôleries in forma di mascheroni umani o animali. Al f. Ir fregiò su quattro lati; nel margine inferiore stemma papale clipeato (d'argento alle due chiavi incrociate sormontate dalla tiara bianca), corredato sul bordo dall'iscrizione: NICOLAUS PAPA QUINTUS; iniziale 0(mne datum optimum,, mm 72 x 80) San Dionigi vescovo in cattedra si rivolge a un gruppo di sei uditores; f. 31r fregio su quattro lati; in calce scudo con le chiavi petrine incrociate su fondo rosso, in alto al centro, iniziali N/PAPA/V, incise su oro, all'interno di una losanga; nell'angolo sinistro, in una voluta, un fanciullo colto mentre sta per portare alla bocca un frutto; iniziale S(acerdotii quidem nostri, mm 60 x 65) su una pedana in primo piano, un Pontefice (Niccolò Vi), che indossa la tiara e un piviale rosso, è seduto su un seggio intento a leggere, alla presenza di un giovane chierico; f. 67r fregio su quattro lati; in alto medaglione con la sigla N/PAPA/V, in basso stemma petrino; lettera N(unc iam vir, mm 63 x 60) su un piedistallo rosa sporgente, a figura intera, il Vescovo Dionigi discorre con Timoteo; f. 115r fregio su quattro lati; T(rinitas supersubstantialis, mm 80 x 60) sullo sfondo di un giardino fiorito, Cristo assiso in trono, con veste rossa e manto blu, in atto di benedire e mostrare un libro aperto, su cui si legge: Ego su(m)/ alpha /et o(mega)/ via ve/ritas/ et vi/ta p(rincipiu)m/ et fin(em); f. 119r fregio su tre lati; T(enebre luce vanescunt, mm 60 x 55) raffigurato a mezzo busto, il Vescovo Dionigi con pastorale e libro in mano; Q/uoniam modo, mm 35 x 35) ritratto di giovane tonsurato. BibL: M. Levi D'Ancona, Battista di Biagio Sanguigni (1392-3- 1451), «La Bibliofilia», 71 (1970), 29 n. 27; S. Maddalo, Momenti delViconografia di Bernardo, «Arte Medievale», s. li, 8, fase. 2 (1994), 134 n. 65. 3. Vat. lat. 172 (rf 546, 769): Corpus dyonisìanum, vers. lat. di A. Traversari. Roma, 1447-55. Committente: Niccolò V. Decorazione: litterae maiores, nei colori verde, blu, rosso, rosa, ocra, riquadrate su foglia oro e ornate lungo il profilo nonché all'interno da motivi fogliacei

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che si estendono al fregio marginale, ricco di tralci a penna fioriti e carichi di fogliette e tondini dorati: ff. 2v, 7v, 9r, llv, 12v, 13r, 16v, 19r, 21v, 22v, 23v, 24r, 28rv, 38v, 39v, 41v, 45r, 46rv, 56rv, 62r, 63v, 66r, 68v, 70r, 72r, 73v, 74r, 85v, 90v, 92r, 94v, 103v, 104r, 114r, 118v, 120r, 124r, 127v, 131r, 132r, 136r, 137r, 141v, 142r, 143r, 144v, 145v, 146r, 148v, 159r, 162v. Su campo esterno dorato, cinque litterae maximae istoriate, su fondo blu o a lamina oro; il testo è attorniato da una fascia decorativa attraversata da una barra interrotta da nastri incrociati su cui si dispiegano foglie frastagliate (verdi, blu, rosa, grigie, oro), racemi carichi di fiorellini e tondini dorati, mascheroni umani e drôleries. Al f. Ir fregio su quattro lati; a piè di pagina, due angeli sorreggono uno scudo rotondo con stemma papale al centro (di rosso alle chiavi dorate e decussate) e sul bordo scritta NICOLAUS PAPA QUINTUS; lettera 0(mne datum et/omne donum, mm 52 x 53), su uno sfondo blu, il Vescovo Dionigi intento a scrivere nel suo studio, che si apre su una radura boschiva; f. 35r fregio su quattro lati, stemma di Niccolò V nel margine destro; iniziale S(acerdotii quidem nostri, mm 56 x 52) a mezzo busto il Vescovo Dionigi, con una dalmatica rosa, la mitria in capo e il pastorale in mano; f. 79v fregio su quattro lati; N(unc iamvir, mm 54 x 53) ritratto di uomo barbato (Timoteo?) che indossa una veste rosa sormontata da una mezzetta azzurra e regge un libro in mano; f. 140r fregio su quattro lati; T(rinitatis supersubstantialis, mm 45 x 42) a mezzo busto, un uomo, con berretto rosa orlato di pelliccia e vestito di blu, in atto di parlare; f. 144r fregio su quattro lati, con lo stemma papale in calce; iniziale T(enebre luce vanescunt, mm 50 x 47) il Santo vescovo Dionigi, che indossa un manto verde, con un libro e il pastorale in mano. Bibl : Levi D'Ancona, Battista, 29 n. 27. 4. Vat. lat. 198 (n* 551, 746) : S. CIPRIANO, Opera. Roma, «1449». Committente: Niccolò V. Decorazione: in molte carte, una cornice a fogliami (nei colori verde, blu, grigio, rosso, rosa, oro) e rami fioriti, arricciati ad un'asta che agli angoli si conclude in un quadratino dorato in un fiore; su lamina oro, variopinte litterae maiores ornate da palmette alle estremità, in cui sono iscritte policrome foglie ondulate: ff. 3v, 7v, 13v, 18r, 24v, 28v, 33v, 38v, 43r, 46r, 52v, 53r, 57r, 64v, 65v, 81r, 86r, 87r, 92r, 119r, 142r, 159r. Ai ff. 81r e 92r parte del fregio è a bianchi girari. Ai ff. 18r, 33v, 38v, 86r, 159r è dipinto nei margini lo stemma di Niccolò V (due chiavi incrociate, sormontate dalla tiara di San Silvestro), circondato dalla frase NICOLAUS PAPA QUINTUS. Al f. Ir fregio su quattro lati e tra le colonne; al centro del margine superiore e inferiore, scudo con lo stemma di Niccolò V corredato in basso dall'iscrizione NICOLAUS PAPA QUINTUS; su sfondo dorato, iniziale B{ene

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admo/des Donate, mm 49 x 49) blu, rossa, verde, con la raffigurazione, mal conservata, del Vescovo Cipriano, vestito di una dalmatica grigia, che regge tra le mani un libro e il pastorale. Piccole iniziali dorate su fondo verde, blu e rosa con decori a filigrana. 5. Vat. lat. 228 (n1 387, 395): S. EUSEBIO DI CESAREA, Praeparatio Evangelica, vers. lat. di G. Trapezunzio. Roma, 1448-55. Committente: Niccolò V. Decorazione: quindici iniziali figurate, su campo esterno dorato, nei colori blu, azzurro, lilla, rosa, ornate da arabeschi geometrici a rilievo; su tre-quattro lati della pagina, lungo una barra interrotta da nastri annodati, si svolge una bordura (verde, azzurra, grigia, lilla, rosa, oro) a larghe volute fogliacee e gambi reggenti ghiande, fiori e uccellini. Al f. Ir fregio su quattro lati e tra le colonne; in calce medaglione con lo stemma di Niccolò V sostenuto da due angeli inginocchiati; iniziale E{usebium/ Pamphili, mm 31 x 35) Ritratto di Giorgio Trapezunzio a mezzo busto, con berretto e veste rosa bordata di pelliccia, raffigurato mentre regge in mano un libro e un calamo; f. 3r fregio su tre lati e tra le colonne: in basso, affiancato da due angeli in volo che estendono un cartiglio, uno scudo che reca al centro le chiavi dorate incrociate su fondo rosso, sormontate dal triregno; lettera C(um quid/ sit chri/stianis, mm 30 x 30) il Vescovo Eusebio barbato, a mezzo busto, con libro e pastorale in mano; f. 19r fregio su tre lati; S(ed pheni/cum theologi/am, mm 25 x 30) un uomo barbato, che indossa una veste blu coperta da un mantello giallo, con il capo velato e un libro in mano; f. 31r fregio su tre lati; H(ec/ quidem/ et philosophorum, mm 45 x 30) ritratto di figura maschile, in abiti lilla, con un rotolo spiegato tra le mani; f. 48v fregio su tre lati; H(is ita dic/tis iam, mm 50 x 35) al cui interno è il mezzo busto di un uomo barbato, vestito di blu, che srotola un papiro; f. 65r fregio su tre lati; D(einde qui/nam sint, mm 28 x 30) un giovane uomo, con indumenti azzurri, intento a leggere; f. 79r fregio su tre lati; une in/ hoc sexto, mm 28 x 35) un uomo barbato e ammantato di lilla mostra un libro; f. 99v fregio su tre lati; H(is ergo i/ta dictis, mm 45 x 32) il busto di un uomo stempiato e con barba, che indossa una veste rosa e lilla, in atto di parlare; f. 115v fregio su tre lati; N(unc ordi/ne progredi/entes, mm 25 x 30) al cui interno è ritratto un giovane uomo con copricapo grecanico blu e un manto giallo, che afferra con le mani un rotolo; f. 135v fregio su tre lati; N(unc autem/ testimonia, mm 25 x 30) profilo di giovane dalla corta zazzera, vestito di rosa, colto nell'atto di indicare il testo; f. 149r fregio su tre lati; H(ec losepus/ et alia, mm 50 x 32) una figura maschile, in abiti azzurri e rosa, con in mano un libro chiuso; f. 164r fregio su tre lati; Q(uare cum/ nonnulla, min 28 x 35) giovane uomo di profilo, con la veste rosa e verde, rivolto verso il testo;

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f. 187r fregio su tre lati; V(erum quo/niam hoc, mm 24 x 32) un anziano, in abiti verdi e lilla, barbato, addita il testo; f. 200v fregio su tre lati; S( ed abun/de iam, mm 30 x 32) un giovane uomo, vestito di rosa, pettinato con una corta zazzera, guarda verso l'alto e richiama l'attenzione sul testo; P(nmun igitur, mm 15 x 19) a decoro fogliaceo; f. 216v fregio su tre lati; N(unc alio/rum quo/que, mm 28 x 35) ritratto a mezza figura di un uomo inturbantato, in abiti azzurri, che indica il testo. Litterae minores, vergate in oro, su campo blu e verde, filettato di bianco. Bibl : A. Manfredi, Per la storia dei Vaticani lat. 171 e 7636, in Manfredi - A. Melograni, Due nuovi codici del Magister Vitae Imperatorum, «Aevum», 70 (1996), 294. 6. Vat. lat. 231: S. EUSEBIO DI CESAREA, Praeparatio Evangelica, vers. lat. di G. Trapezunzio Roma, «1451». Committente: Antonio de la Cerda? Decorazione: all' incipit dei libri, iniziali in vari colori, su campo esterno in lamina oro, con bei motivi fogliacei o floreali lungo il profilo e all'interno dell'occhiello, che si allungano nei margini, dove trovano posto grafismi a penna con fiorellini, fogliette e sferette dorate: ff. Iv, 12f, 20r, 32r, 43v, 53r, 68v, 80r, 95r, 115v, 132v, 142r, 153r. Al f. Ir l'intera pagina è incorniciata da una bordura decorativa: lungo un listello con cappi intrecciati e quadratini dorati ai quattro angoli, poggia un tralcio fogliaceo (nei colori verde, azzurro, grigio, rosa, ocra, oro), costellato di rameggi a penna carichi di infiorescenze e bullae dorate. Al centro del margine inferiore, una ghirlanda di lauro al cui interno è lo stemma di papa Pio II Piccolomini (su fondo rosso, d'argento alla croce piena di blu caricata da cinque crescenti d'oro), dipinto sullo stemma originale eraso; iniziale E{usebium Pamphili, mm 73 x 68), su campo dorato, corpo blu e rosa, ornata con una fantasia di foglie frastagliate e gambi carichi di pigne. A f. 104v iniziale H(ec losepus (sic) et alia, mm 65 x 50) rosa su campo dorato scorniciato di blu, da cui si dipartono lungo il testo motivi fogliacei variopinti e tralci fioriti; all'interno, sullo sfondo dorato arricchito di un cespo fiorito, una figura maschile (Giorgio Trapezunzio?), avvolta in un manto verde che ricade sulla veste rosa, con un libro in mano. Litterae minores, a decoro vegetale: ff. 2v, 5v, 6v, 8r, 12v, 14v, 16r, I7v, 18rv, 21v, 24r, 30r, 32r, 34rv, 35r, 36r, 37v, 40r, 41rv, 42r, 43r, 44rv, 45r, 46rv, 48rv, 49v, 51v53v, 57r, 58v, 60r, 61v, 64r, 69rv, 71v, 73r, 74v, 75v, 76r, 77v, 82r, 86r, 88r, 90r, 96rv, 97v, 104v, 106r, 109v, llOr, 113v, 116rv, ll7r, 118r, 119v, 120r, 121r, 122rv, 125v, 127r, 128r, 129v, 130v, 131r, 133r, 134rv, 135v, 136v, 137v, 139v, 141r, 142v, 143r, 144v, 145v, 150r, 151v, 154v, 157rv, 158v, 160r, 161r.

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Bibl : M. Vattasso - P. Franchi de' Cavalieri, Codices Vaticani Latini, I, (Codices 1-678), Romae 1902, 173-74 ; J. RUYSSCHAERT, Une Annonciation inspirée de Roger de la Pasture dans un manuscrit romain de 1459, in Mélanges d'archéologie et d'histoire de l'art offerts au professeur Jacques Lavalleye, Louvain 1970, 250-51, 253; J. MONFASANI, George of Trebisond: a Biography and a Study of his Rethoric and Logic, Leiden 1976, 234; MONFASANI, Collectanea Trapezuntiana: Texts, Documents and Bibliography of Georg of Trebisond, New York 1984, 61, 722; P. Sgargia Piacentini, Il costo del libro, in Scrittura, biblioteche e stampa a Roma nel Quattrocento. Atti del secondo seminario, 6-8 maggio 1982, a c. di M. Miglio - P. Farenga - A. Modigliani, Città del Vaticano 1983 (Littera antiqua, 3), 365, 453 n0 8; Manfredi, Per la biblioteca di Tommaso Parentucellì negli anni del Concilio florentino, in Firenze e il Concilio del 1439. Convegno di studi, Firenze 29 novembre-2 dicembre 1989, a c. di P. Viti, Firenze 1994, 679 n. 87. 7. Vat. lat. 234 (rP 387, 395): S. EUSEBIO DI CESAREA, Praeparatio evangelica, vers. lat. di G. Trapezunzio Roma, 1448-55. Committente: Niccolò V. Decorazione: quindici iniziali istoriate, su riquadri dorati, azzurre, grigie, rosa, decorate a filetti bianchi e contornate di foglie ricche di bacche e gemme, con campo interno in lamina oro, profilato di giallo; sulla stessa pagina, attorno a un sottile nastro, interrotto da intrecci geometrici policromi e con quadratini o rombi dorati ai quattro angoli, sono dipinte grosse foglie lobate flessuose (verdi, azzurre, rosa, gialle, oro), da cui spuntano, su lunghi gambi e tralci de penna, pigne, fiori, sferette dorate cigliate e fantasiosi motivi zoomorfi. Al f. Ir fregio su quattro lati; in alto un clipeo che reca lungo il profilo l'iscrizione dorata NICOLAUS PAPA V, nel margine inferiore stemma di Niccolò V, in uno scudo retto da due figure angeliche; iniziale E(usebium Pamphili, mm 40 x 46) in primo piano, seduto ad una scrivania, è raffigurato Giorgio Trapezunzio, con veste e copricapo rosa bordati di pelliccia, mentre traduce l'opera di Eusebio; f. 2v fregio su quattro lati, nel margine superiore, un clipeo rosa, al cui centro è raffigurata la tiara papale, sorretto da due angeli in volo; lettera C(um quid sit christianismus, mm 32 x 45) s. Eusebio vescovo, dalla barba bianca, indossa un piviale rosa e regge tra le mani un libro; f. 21r fregio su tre lati; S(ed phenicum theologiam, mm 27 x 30) un uomo, dai corti capelli ricci, avvolto in un manto verde che ricade sulla veste rossa, gesticola nell'esporre il proprio pensiero; f. 35v fregio su due lati; H(ec quidem et philosophorum, mm 60 x 37) un filosofo, abbigliato secondo la moda greca, addita il testo; f. 57r fregio su tre lati; H(is ita dictis iam, mm 45 x 34) un giovane, vestito di blu, con un libro in mano, indica il testo dedicato alla teologia dei gentili; f. 78r fregio su tre lati; D(einde quinam sint, mm 30 x 32) la figura di un uomo, dalla lunga capigliatura, in abiti verdi, che gesticola animatamente; f. 95r fregio su tre lati; N(unc in hoc sexto, mm 40 x 40) mezza figura maschile, con berretto frigio e indumenti rosa, che sfoglia un libro

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aperto su un banco posto in tralìce; f. 122v fregio su tre lati; H(is ergo ita dictis, mm 45 x 44) un giovane, a mezza figura, con una giubba azzurra, indica un libro chiuso collocato su un banco rosa; f. 143r fregio su tre lati; N{unc ordine progredien/tes, mm 31 x 36) di sbieco, poggiato ad un bancone, un uomo, vestito di rosa, con cappello grecanico ed un papiro in mano, indica il testo dedicato alla disciplina di Mosè; f. 167v fregio su tre lati; N(unc autem testimo/nia, mm 37 x 44) un giovane, che indossa un ampio mantello verde su una veste azzurra, gesticola mentre regge un libro; f. 183v fregio su tre lati; H(aec losephus et alia, mm 42 x 38) un uomo anziano e barbato, con un copricapo frigio, fa cenno al testo; f. 202v fregio su tre lati; Q^uare cum nonnulla mm 35 x 45) ritratto di giovane che stringe tra le mani un manoscritto; f. 231 r fregio su tre lati; V(erum quoniam hoc, mm 34x45) figura maschile assorta nella lettura di un libro appoggiato su di un banco; f. 247v fregio su tre lati; S{ed abunde iam, mm 34x43) un uomo barbato, con cappello frigio, si trattiene il manto e punta l'indice in alto; f. 266v fregio su tre lati; N(unc aliorum quoque, mm 31 x 34) ritratto di un uomo con barba assorto nella lettura di un testo collocato su una cattedra in scorcio. Litterae minimae dorate su sfondo verde e blu, filigranato di bianco e giallo. Quinto centenario della Biblioteca Apostolica Vaticana, 1475-1975, a c. di L. MICHELIN! Tocci, Città del Vaticano 1975, 13 n0 27; Miglio, Il giubileo di Niccolò V (1450), in La storia dei Giubilei, II, 1450-1575, a c. di M. FAGIOLO - M. L. MADONNA, Prato 1998, 68 fìg.12. 8. Vat. lat. 374 (n0 422): S. HlERONYMUS, Vita s. Pauli Eremitae (f. Ir); S. Athanasius, Vita s. Antoni abbatis, versione latina di Evagrio (f. 9r); S. HlERONYMUS, Vita s. Hilarionis (f. 52r); Vita s. Pachomii, versione latina di Dionigi il Piccolo (f. 82v); Vita s. Postumii (f. 128v); PAPHNUTIUS, Vita s. Onufrii, (f. 136r); S. Ephrem SYRUS, Vita Abraham et Mariae (f. 144v); RUFINO, Historiae monachorum, cap. I (f. 163r). Roma, 1447-55. Committente: Niccolò V. Decorazione: litterae maiores campite su fondo oro, nei colori verde, blu, rosa e giallo, con inserti di fogliette lobate frastagliate o arricciate, motivi vegetali e geometrici, all'interno su oro o blu; nei margini corrono grafismi a inchiostro colmi di fiorellini, fogliette colorate e bullae dorate: ff. 8r, 9r, 52rv, 71r, 79r, 80r, 127r, 128v, 135v, 136r, 144r, 161r, 163r. Al f. Ir fregio nei colori verde, blu, rosa, giallo, oro, su quattro lati, lungo un'asta intervallata da fiorellini a quattro petali blu e rosa e ornata di foglie frastagliate che ricascano su oro e tralci carichi di tondini dorati raggiati. Sul lato destro, dentro una corona di foglie di quercia, costellata da puntini dorati, uno scudo con le due chiavi decussate sormontate dalla tiara papale e da una colomba aureolata, più in basso un cartiglio blu con la dicitura: LAUS/

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NIGO(LAUS)/ PA(PA); iniziale I(nter multos, mm 35 x 19) a decoro fogliaceo su oro. 9. Vat. lat. 447: S. AURELIUS AUGUSTINUS, Opera complura: De fide rerum invisibilium (f. Ir); De praedestinatione et gratia (f. 7v); Tractatus adversas ludaeos (f. 18r); De continentia (f. 26r); De patientia (f. 40v); Liber de poenitentia (f. 49v) ; De urbis excidio (f. 60r) ; Sermones (f. 79v) ; De anima et eius origine, liber I (f. 102v). Roma, «1451». Committente: Niccolò V. Decorazione: tralci marginali, adorni di variopinte fogliette e volute a penna sature di fiorellini e sferette dorate o multicolori; litterae maiores, verdi, blu, rosa, su campo dorato, al cui interno spiccano motivi fogliacei e gemme: ff. 7v, 18r, 26r, 40v, 49v, 50v, 51r, 54v, 60r, 65r, 79v, 83v, 87v, 88v, 92r, 96v, 98r, 99r, 102v, 103r, 106r, 107v, llOr, 112r, 114r, 121v, 123r, 124v, 128r, 129r, 131v, 132r, 134r, 136v, 138v, 142r, 145r. Al f. Ir fregio su tre lati e tra le colonne: attorno a un nastro, spezzato da nodi multiformi, si distendono larghi racemi ondulati, verdi, blu, rosa, oro, con grosse more; il fondo pagina è occupato da un medaglione mistilineo retto dalle figure di due angeli. Sul bordo corre l'iscrizione NICOLAUS PAPA QUINTUS MCCCCLI, in caratteri dorati, mentre all'interno si vedono le due chiavi d'argento incrociate e sormontate dalla tiara, su fondo rosa a ramages', iniziale unt qui pu/tant, mm 35 x 45) blu, verde, rosa, al cui interno è rappresentato a mezzo busto, Y anziano santo vescovo Agostino, con una lunga barba e vestito con piviale grigio, intento a leggere un libro. Bibl: Vattasso-Franchide' Cavalieri, Codices, 335-36; Manfredi, Perla storia, 294. 10. Vat. lat. 498 (n0 113): S. AURELIUS AUGUSTINUS, Epistulae. Roma, 1447-55. Committente: Niccolò V. Decorazione: al f. Ir il testo è circondato su tre lati da una bordura a foglie (verdi, blu, grigie, rosa, oro) che si flettono, a partire da sferette e nodi variopinti, lungo un'asta verticale conclusa agli angoli da quadratini dorati; a piè di pagina, al centro di un clipeo, le due chiavi decussate sormontate dalla tiara, su base rossa, racchiuse da una fascia con la scritta: NICOLAUS PAPA QUINTUS; iniziali, su campo dorato, D(omino illustri, mm 30 x 32) e D(omino vere, mm 12 x 14), dal corpo azzurro attraversato orizzontalmente da una serie di anelli, al cui interno sono dipinte volute di foglie intrecciate su oro. Litterae de penna, blu con filettature in rosso e lilla, e viceversa.

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11. Vat. lat 501 (n0 112): S. AURELIUS AUGUSTINUS, Contra lulianum pelagianum (f. Ir), Contra duas epistulaspelagianorum (f. 83v), De nuptiis et concupiscentia (f. lllv), De diversis quaestionibus ad Simplicianum LXXXIII (f. 134r), De peccatorum mentis et remissione et de baptismo parvulorum ad Marcellinum (f. 150v) , De spiritu et littera (f. 183v), Epp. 199 (f. 199r), 157 (f. 205v), 186 (f. 213r), De perfectione iustitiae hominis (f. 219r), De natura et gratia (f. 228v), De gratia et libero arbitrio (f. 244v), De correptione et gratia (f. 256v), De praedestinatione sanctorum (f. 268v), De dono perseverantiae (f. 281r); S. PROSPER AQUITANUS, Pro Angustino responsiones ad capitula obiectionum Vincentianarum (f. 298r) ; PS. AUGUSTINUS, Hypomnesticon (f. 301r). Roma, «1452». Committente: Niccolò V. Decorazione: trentaquattro iniziali istoriate, azzurre, grigie o rosa, iscritte in riquadri dorati e decorate a grafismi, losanghe o nastri spiraliformi, con campo interno blu o in lamina oro, ornato da filamenti in punta di pennello; al corpo della lettera sono avvolti sinuosi riccioli fogliacei (nei colori verde, blu, grigio, rosso, rosa, senape e oro) e fusti verdi con pigne e fiori apicali che, seguendo una barra sottile, si allungano nei margini lasciando lo spazio a pro tomi umane, putti e uccellini. Al f. Ir fregio su quattro lati e tra le colonne; al centro del margine inferiore, medaglione sorretto da due figure angeliche: nel bordo corre l'iscrizione NICOLAUS PAPA QUINTUS MILLESIMO LII, al centro, su fondo rosso, le due chiavi incrociate con il triregno sovrapposto; nel margine destro, clipeo scorniciato di lilla, con la raffigurazione di un uomo, che indossa un abito verde e un copricapo rosso, con un libro chiuso in mano; sul lato sinistro, tra le foglie, si vedono dall'alto verso il basso, un muso di leone con le fauci spalancate, un'aquila nera, un clipeo scorniciato di lilla che contiene una figura maschile intenta a leggere, un mascherone umano; a sinistra, in alto, iniziale Beatissimo fratri, mm 57 x 65), alla presenza di due giovani tonsurati, nel chiuso del suo studiolo, s. Agostino in sontuosi abiti ecclesiastici è intento alla stesura della sua opera dottrinale, ispirato dalla grazia divina che gli infonde Dio Padre benedicente, raffigurato nel margine superiore, al centro di un medaglione sostenuto da tre serafini e adorato da quattro angeli; a destra, iniziale C(ontumelias tuas, mm 45 x 50) 5. Agostino a. mezzo busto, vestito di lilla, con un libro aperto tra le mani; f. 1 Iv fregio su tre lati; N{ unciam mihi aggre/diendum, mm 50 x 65) il vescovo Agostino, con un manto lilla e un codice in mano, ritratto mentre addita il testo; f. 22r fregio su tre lati I(am nunc quia sine du/bio, mm 37 x 37) s. Agostino, vestito di rosa, accenna al testo con un libro in mano; f. 35r fregio su tre lati; I{am nunc ad alterius, mm 52 x 55) s. Agostino, ritratto di fronte, con una dalmatica rosa, stringe tra le mani un manoscritto e il pastorale; f. 51r fregio su tre lati; 0{rdo

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ipse postulat, mm 45 x 50) 5. Agostino, dallo sguardo contrariato, colto mentre si trattiene il piviale lilla; f. 64v fregio su tre lati; R(esponsumm est iam, mm 45 x 50) figura di 5. Agostino ritratto con una dalmatica lilla e le insegne vescovili; f. 83v fregio su tre lati; N( overam te qui/dem fama, mm 50 x 50) di tre quarti, 5. Agostino, che indossa una rossa dalmatica, sorregge un libro e il pastorale; f. 90v fregio su tre lati; iniziale I{am nunc aliam, mm 55 x 45) in forma di un drago rosa dalle cui fauci azzurre esce il fregio laterale; all'interno, profilo di 5. Agostino in abiti vescovili color glicine; f. 96v fregio su tre lati; A{d hue ea secun/tur, mm 45 x 60) a mezzo busto, il vescovo Agostino, con un manto lilla, intento a leggere; f. 103r fregio su tre lati; P(ost hec que trac/tavimus, mm 105 x 60) 5. Agostino regge un libro mentre tiene con la mano la dalmatica lilla; f. lllv fregio su tre lati; H{ereti ci novi di/lectissime, mm 75 x 62) Sposalizio di due giovani', S(equntur libri, mm 30 x 40) con decoro fogliaceo; f. 119v fregio su tre lati; I{nter militie tue/ curas, mm 52 x 50) profilo del vescovo Agostino, vestito di lilla, con le insegne episcopali, rivolto verso il testo; f. 133v fregio su tre lati e tra le colonne; lettera L(ibrorum quos/ episcopus, mm 70 x 55) 5. Agostino con un manto rosa, il pastorale in mano, ritratto di tre quarti; D{omino beatissimo, mm 40 x 42) il vescovo Agostino vestito di azzurro, rivolge lo sguardo verso l'alto; f. 134r fregio su tre lati; G{ratissimampia/ne, mm 45 x 52) a mezzo busto, 5. Agostino con un piviale azzurro e un libro tra le mani; f. 144r fregio su tre lati; S{atis iam de a/postolo, mm 54 x 56) mezza figura di Agostino, con un libro aperto in mano mentre si trattiene l'ampio manto rosso; f. 150v fregio su tre lati; V{enit etiam ne/cessitas, mm 52 x 52) 5. Agostino, a figura intera con la dalmatica lilla, assorto nella lettura; f. 151r fregio su tre lati; Q/uamvis in mag/nis, mm 52 x 63) Battesimo di un neonato, da parte di un sacerdote assistito da un giovane chierico e da due levatrici; f. 166r fregio su tre lati; D{e baptismo par/vulorum, mm 50 x 58) mezza figura di s. Agostino, vestito di lilla, che tiene tra le mani un libro e un pastorale; f. 178r fregio su tre lati; K{ arissime filio/ Marcellino, mm 60 x 50) busto di s. Agostino, con una dalmatica rossa e un codice in mano; f. 183v fregio su tre lati; A{d quem scripse/ram, mm 50 x 55) figura del vescovo Agostino, vestito di rosso, colto nell'atto di parlare; L{ectis opuscolis, mm 60 x 50) piccola raffigurazione di 5. Agostino seduto allo scrittoio; f. 199r fregio su tre lati; D{omino in domino, mm 50 x 60) a mezzo busto, 5. Agostino, con la dalmatica lilla, regge un libro e il bastone vescovile; f. 205v fregio su tre lati; A(ugustinus episcopus, mm 50 x 60) il vescovo Agostino, di profilo, con una dalmatica rossa ricamata in oro, indica il testo; f. 213r fregio su tre lati; D(omino beatissimo, mm 45 x 50) busto di 5. Agostino, vestito di rosso, che accenna al testo con la mano; f 219r fregio su tre lati; S{anctis fratribus, mm 50 x 60) a figura intera, il vescovo Agostino si rivolge a Eutropio e Paolo', f. 228v fregio su tre lati; L{ibrum quem/ misistis, mm 100 x 60) un uomo barbato, che indossa una veste lilla e un copricapo rosso e regge con la mano destra uno stiletto, illuminato dai raggi della grazia divina; f. 244v

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IL « MINIATORE DI NICCOLÒ V »

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fregio su tre lati; P(ropter eos, mm 120 x 55) ritratto di un chierico orante, vestito di lilla e con le mani guantate; f. 256v fregio su tre lati; L(ectis litteris, mm 70 x 47) un penitente seminudo si fustiga con un flagelletto; f. 268v fregio su tre lati; jD(m55£ quidem/ apostolum, mm 50 x 55) Cristo benedicente circondato dagli apostoli, tra i quali si riconoscono s. Pietro, a sinistra, e s. Paolo, a destra; f. 281r fregio su tre lati; I(am de perseveran/tia, mm 68 x 42) alla quale si aggrappa una figura femminile (la perseveranza?) con una veste rossa e un ampio manto lilla svolazzante; f. 298r fregio su tre lati; Qfuidam Christiane/ ac fraterne, mm 53 x 55) mezza figura di uomo barbuto, con un abito azzurro, un copricapo rosso e un libro in mano, colto mentre indica il testo; f. 301r fregio su tre lati; A(dere etiam hoc, mm 50 x 55) un uomo barbato, vestito di rosso alla moda quattrocentesca, tenendo il calamo sollevato legge con attenzione un libro. Litterae minores, a decoro fogliaceo, ai ff. 298v-300v. Bibl: A. Serafini, Ricerche sulla miniatura umbra (secoli XTV-XV). I miniatori umbri e le influenze senesi, «L'Arte», 15 (1912), 65-66 fig. 16; Quinto centenario, 10 n0 20; E. Lunghi, Per la miniatura umbra del '400, «Atti dell'Accademia properziana del Subasio», s. vi, 8 (1984), 158 n. 46. 12. Vat. lat. 526 (n0 447): S. CYRILLUS AlexandrinuS, Super Evangelium lohannis, vers. lat. di G. Trapezunzio. Roma, 1448-55. Committente: Niccolò V. Decorazione: numerose carte sono abbellite da fregi a fogliami, generalmente su un margine della pagina, nei colori verde, blu, viola, lilla, ocra, oro; vi è dipinto spesso lo stemma papale: ff. 2rv, 4r, 5v, 9v, 14v, 17r, 18v, 22v, 25v, 39r, 41v, 42v, 43r, 48v, 49r-61v, 63rv, 64v, 65rv, 67r-68v, 69v-7lv, 74r-76r, 77r-83r, 86r87v, 90v-92r, 94v, 95r, 97v, 98r, 100v-102r, 103rv, 105r, 106r-107r, 108r-109r, llOrv, lllv-113v, 114v, 115v, 118v-120r, 123v, 124r, 125r, 126rv, 131rv, 132r, 133r-136r, 138r, 139r, 140v, 141rv, 144r-146v, 147v-148v, 152rv, 153r, 154rv, 155r, 156r, 157r159r, 160r-162v, I70v-l73r, I74rv, I75v, I76r, I77rv, I78v-180r, 181rv, 182v, 184r, 185r-187r, 188rv, 189v, 190v, 19Ïr, 192r, 194rv, 195r, 201r, 202rv, 203v, 204v, 2Q5v, 206r, 210rv, 211v, 212v, 213v, 214r, 215r, 219r-220v, 223r, 224v, 225v, 226r, 227rv, 228v, 229r, 230r, 231v, 232r, 233r, 234v, 235r-236v, 237v, 238rv, 239r, 240r, 241v, 243r-248r, 249v, 250v, 251v, 253v, 254v, 256v, 257v, 259r, 260r, 261r, 262r, 265v, 267v, 268v, 269v, 270v, 27lr-273r, 274r-277r, 278v-283v, 284v, 285r-287r, 288v-290v, 292r-295v, 296v, 297v, 298v, 299rv, 302r, 303r, 304r, 305rv, 306r, 307r, 308rv, 309rv. All'esordio di ciascun libro, iscritte su lamina oro, campeggiano policrome litterae maximae, ornate sul profilo esterno da fogliette incurvate e al cui interno sono inserite volute intrecciate con escrescenze gemmate; su più lati, una bordura percorsa da un'asta, che termina in quadratini dorati ed è costellata di foglie, fiori, campanule, sferette. Nel mezzo compaiono vivaci grottesche e lo stemma papale (due chiavi incrociate sormontate dalla tiara di

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s. Silvestro) accompagnato dalla scritta NICOLAUS PAPA QUINTUS o dalla sigla N PP V: ff. Ir, 42r, 95v, 127r, 169r, 209v, 242v, 277v. 13. Vat. lat. 540 (n0 406): lOHANNES CASSIANUS, De institutione coenobiorum (f. Ir); Conlationes (f. 91v). Roma, 1447-55. Committente: Niccolò V. Decorazione: litterae maiores su campo dorato, nei colori verde, blu, grigio, rosa, ocra, giallo, oro, ornate all'interno da decori vegetali e congiunte ai ricchi fregi marginali: ff. 3v, 4r-5v, 7v, 8v, 9r-llv, 12r, 15rv, 16r, I7rv, 19v-27v, 28v-31v, 33r-46r, 47r-51v, 53rv, 54v-56v, 57r-60r, 61r, 62r-66r, 67r-68r, 70rv, 72r-75r, 76rv, 77v-80v, 82r-85r, 86r-88r, 89r-90r, 93rv, 94v, 95v-97r, 98r, 99v-101r, 102v, 103r, 105r, 106r-108v, 11 Or, 112r-114v, 116r-ll7v, 118v, 120r-121r, 122r-125v, 127rv, 128v-130r, 131r-132v, 133v, 134r, 135v, 136v, 137v-139r, 140r, 141r, 142rv, 143v-146r, 147v, 148v-150v, 152r, 154r-155v, 157r-158v, 160r-163v, 165r-168v, 169v, I7lv-l72v, 173vI77r, 178v-180r, 182r-183r, 184r-187v, 188v, 189r, 190r-191r, 192rv, 194rv, 195v-199r, 201v, 202v, 203r, 205r-207v, 208v, 209r, 210r, 211r, 213r-214v, 216rv, 2l7v-219r, 220r-221r, 222v-225r, 226r-227v, 229v, 230r, 231v, 232v, 233r, 234r, 235r-237r, 238r, 239v-241r, 242rv, 243v, 244v, 245v-248r, 250r, 251r, 252r-255r, 256r-258v, 260r-263r, 264r-265v, 266v, 268v, 269r, 272r-273r, 275r-277r, 278v-279v, 280v, 281v, 282v, 285v289r, 290r, 291r, 293r-295r, 296v, 297v, 299v, 300r, 301rv, 303r-304r, 305r-307r, 308r-309r, 310r-312r, 313rv, 316rv, 318v-320v, 321v, 322r, 323v, 324r, 325r-326v, 327v, 328v-329v, 330v, 331r, 332rv, 333v-334v, 336r-340v, 341v-342v, 343v-345v, 346v347r. Quaranta iniziali istoriate rosa, blu, grigie, modanate da bande a greche geometriche e fasce sagomate, filettature rilevate a biacca e grottesche, iscritte su riquadri dorati e con campo interno blu o in lamina oro; le pagine sono abbellite da complesse cornici a foglioloni verdi, blu, rosa, grigi, ocra, oro, e tralci fioriti che seguono un listello annodato in più punti e su cui poggiano anche putti, protomi leonine e mascheroni. Al f. Ir fregio su tre lati e tra le colonne, dove su un piedistallo è dipinto un fanciullo nudo che sorregge con la schiena il peso dell'asta della bordura; in calce, due angeli tengono uno scudo rotondo con lo stemma di Niccolò V corredato dall'iscrizione: NICOLAUS PAPA QUINTUS; in alto a sinistra, su lamina oro, lettera I(n nomine patris, mm 45 x 18) in forma di un angelo dalla veste rosa e il manto blu, a figura intera, di profilo in atto di benedire; più in basso, iniziale V(eteris/ instrumenti, mm 44 x 50) un vescovo con la dalmatica rosa, intento a scrivere in compagnia di un anziano monaco eremita, sullo sfondo di un paesaggio; alle spalle del vescovo si intravede in lontananza una cittadina, dietro al monaco, una radura boschiva e una capanna; f. 2v fregio su tre lati; D{e instituais ac regulis, mm 45 x 50) su sfondo collinare, un vescovo intento a comporre il testo

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dell'opera, seguendo i suggerimenti di un monaco eremita; f. 6v fregio su tre lati e tra le colonne; D(uplici igitur, mm 40 x40) su fondo rosso, la mezza figura di un monaco con abito nero immerso nella lettura di un libro; f. 13r fregio su tre lati e tra le colonne; D(e noctur/no orationum, mm 40x42) di fronte a un leggio, un gruppo di canonici, in abito grigio, recita le orazioni notturne; f. 19r fregio su tre lati; D{e canoni/co modo orati/onum, mm 37 x 40) sullo sfondo di un casamento rosa, un canonico ritratto a mezza figura con un libro socchiuso tra le mani; f. 32v fregio su tre lati; Q/uintus no/bis, mm 37 x 40) un canonico vestito di grigio assorto nella preghiera; f. 46v fregio su tre lati; S(ecundum no/bis, mm 37 x 38) profilo di un monaco, in abito bianco, che scongiura con la preghiera la tentazione della fornicazione; f. 52v fregio su quattro lati; T(ertius/ nobis conflictus, mm 37 x 40) un monaco, con una tunica nera, è tentato dalla cupidigia di una cassa stracolma d'oro; f. 60v fregio su quattro lati; Q/uarto quoque cer/tamine, mm 38 x 45) due uomini, uno dei quali armato di pugnale, litigano animosamente; f. 66v fregio su tre lati; Q/uinto nobis cer/tamine, mm 30 x 40) un giovane monaco vestito di nero, ritratto a mezzo busto nell'atto di indicare il testo; f. 69r fregio su tre lati e tra le colonne; S(extum nobis cer/tamen, mm 37 x 45) a mezzo busto, Y abate Mose, dalla folta barba, che indossa un abito marrone e regge un libro chiuso tra le mani; f. 77r fregio su tre lati e tra le colonne; S(eptimum/ nobis certamen, mm 38 x 45) un monaco, in indumenti neri, stringe in mano un manoscritto e una penna; f. 81v fregio su tre lati; 0{ctavum quod est, mm 43 x 48) figura di un monaco, vestito di nero, che tiene in mano un rotolo e un calamo; f. 91r all'inizio delle dieci Collationes patrum, fregio su tre lati e tra le colonne, dove si arrampica al nastro un putto nudo; in alto, agli angoli, spuntano tra le foglie due putti nudi che suonano le tube, al centro un clipeo in cui è iscritto lo stemma papale delle chiavi d'argento sormontate dalla tiara, mentre nel bordo blu si legge NICOLAUS PAPA QUINTUS; nel margine inferiore medaglione con lo stemma di Niccolò V, sorretto da due angeli e affiancato da due putti che soffiano nelle tube; iniziale D(ebitum quod/ beatissimo, mm 50 x 60) sullo sfondo di un paesaggio boschivo contro un cielo dorato, è raffigurato l'anziano monaco Giovanni Cassiano intento a scrivere su un rotolo, in compagnia di un giovane converso; f. 92v fregio su tre lati e tra le colonne; C(um in her/mo schiti, mm 45 x 57) seduto a terra Y abate Mosè discorre con due monaci; f. 104v fregio su tre lati; D{e gusta/to itaque ma/tutino sopo.re, mm 43 x 60) un anziano monaco barbato, che veste di bianco e si appoggia a un bastone, addita il testo; f. 115v fregio su tre lati; I(n ilio saneto/rum choro, mm 70 x 37) sullo sfondo di un vasto paesaggio, Y abate Panunzio esce da una chiesa portando sulla testa un vaso d'acqua; f. 126v fregio su tre lati e tra le colonne; I(nter ce/teros Christiane, mm 78 x 43) sullo sfondo di una nicchia, Y abate Daniello, in abito nero, sfoglia un libro; f. 135r fregio su due lati; I(n ilio, mm 52 x 40) in forma di un angelo che regge, come fosse un leggio, il libro su cui sta scrivendo Y abate Serapione,

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seduto di spalle su un seggio rosa in scorcio; f. 147r fregio su tre lati; I(n Palestine, mm 75 x 40) con il tratto superiore a forma di drago, in cui si vede a figura intera Y abate Teodoro, in abito grigio, in piedi su una pedana rosa scorciata, con un libro chiuso in mano; £ 156v fregio su tre lati; S(umme sanctitatis, mm 45 x 45) figura dell'anziano abate Sereno barbato, con un libro e un bastone in mano; £ I70v fregio su tre lati e tra le colonne; C(onsuma/tis que diei, mm 45 x 55) su uno sfondo collinare, l'abate Sereno colloquia con un giovane monaco; £ 181v fregio su tre lati; D{e perpe/tua omtionis, mm 45 x 50) profilo dell'anziano abate Isacco, assorto nella preghiera; £ 195r fregio su tre lati e tra le colonne; I{nter hec/ anachoritarum, mm 69 x 38) Y abate Isacco, seduto su uno scranno ligneo, regge un libro aperto volgendosi verso il testo; £ 203v fregio su un lato, che si estende nei margini superiore e inferiore; C(um virtutem perfe/ctionis, mm 32 x 40) busto di Giovanni Tassiano, che indica il testo con un manoscritto in mano; £ 204v fregio su tre lati; in basso retto da due angeli, medaglione mistilineo, in cui sono iscritte le due chiavi d'argento decussate e la tiara bianca, contornato dalla dicitura NICOLAUS PAPA QUINTUS; iniziale C(um in ce/nobio, mm 45 x 51) Giovanni Cassiano diretto verso l'Egitto, in compagnia di un confratello; £ 212r fregio su due lati e tra le colonne; R(efectio est/ transacta, mm 55 x 55) in una radura Y abate Cerìmone istruisce due giovani conversi; £ 222r fregio su tre lati; C{um ad sina/xim, mm 47 x 48) in un paesaggio roccioso, Y abate Cerimone, seduto, scrive su un rotolo che tiene poggiato sulle ginocchia; £ 234v fregio su tre lati; S{ponsi.onis nostrae, mm 50 x 58) a mezzo busto, Y abate Nestore, attira l'attenzione sul libro che regge tra le mani; £ 245r fregio su tre lati; P{ost sina/xim, mm 87 x 55) Y abate Nestore, accovacciato su un prato legge un rotolo srotolato sulle ginocchia; £ 249v fregio su tre lati e tra le colonne; B(eatus/ loseph, mm 53 x 55) sullo sfondo di un paesaggio impervio, Y abate Giuseppe seduto parla a due giovani professi; £ 259v fregio su tre lati; P(receden/te igitur, mm 97 x 53) due monaci eremiti discorrono seduti in un paesaggio selvaggio; £ 273v fregio su tre lati; E(missis, mm 36 x 42) il monaco Tassiano, a mezzo busto, con in mano un libro squadernato; £ 274v fregio su tre lati; P(ost cons/pectum, mm 80 x 57) Y abate Piamone, seduto, si appoggia alle ginocchia per scrivere su un rotolo di papiro; £ 285r fregio su tre lati; P{ost dies/ admodum, mm 87 x 52) mezza figura à^ìY abate Giovanni, che sorreggendosi ad un bastone indica li testo; £ 292r fregio su tre lati; P(reclari/ ac singularis, mm 97 x 52) mezza figura àcìYabate Pinufio che, tenendo un libro in mano, si sostiene col bastone; £ 299r fregio su tre lati e tra le colonne; P(riusquam/ verba collationis, mm 100 x 52) a mezzo busto Y abate Teona, con un libro e una penna tra le mani; £ 314v fregio su tre lati e tra le colonne; P(ost dies/ferme, mm 95 x 55) l'anziano abate Teona assorto nella lettura; £ 323r fregio su tre lati; R(eversa i/gitur, mm 45 x 52) figura deìY abate Teona rivolto a destra, con un libro e il bastone in mano; £ 335v

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IL « MINIATORE DI NICCOLÒ V »

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fregio su tre lati e tra le colonne; Q{uarta atque/ vicésima, mm 45 x 55) busto dell' abate Abramo che stringe un libro al petto e indica il testo. Bibl: Manfredi, Per la stona, 294. 14. Vat. lat. 541 (n0 743): S. LEO MAGNUS, Epistulae (f. Ir); Sermones (f. 75r). Roma, «1451». Committente: Niccolò V. Decorazione: numerosi fogli presentano sui margini bei fregi decorativi, a larghe foglie arcuate dal bordo seghettato, fiori, tralci a penna con infiorescenze, corde intrecciate, nei colori verde, blu, grigio, rosa, oro, e iniziali ad ornato vegetale: ff. Iv, 2rv, 3v, 4v, 5rv, 6r, 7rv, 9rv, llv, 12r, 13rv, 14v, 15r, 16rv, I7rv, 18v, 19rv, 20v, 22r, 23v, 24v, 25r, 26r, 27r-29r, 32rv, 33v, 34r, 35r, 37rv, 38rv, 40v, 41 v, 43rv, 45v, 46r, 47rv, 48r, 50r, 5Ir, 52rv, 53rv, 54v-57r, 59rv, 60rv, 61v, 62rv, 63v, 64rv, 67r, 68r-70r, 7lv, 75v, 76v, 78rv, 80r, 81r, 82rv, 83r, 84v, 85v, 86v, 87r, 88r, 89v, 91r, 92v, 94r, 95v, 97r, 98v, 99v, lOlv, 102r, 103r, 104v, 106r, 107v, 108v, 109ÍV, UOv, lllv, 113r, 114r, 115v, 116v, ll7v, 119r, 120r, 121r, 122r, 123v, 124v, 126r, 127r, 128r, 129r, 130r, 131r, 132r, 133v, 135r, 136v, 137v, 138v, 139v, 141r, 142v, 143v, 144v, 146r, 147r, 148v, 150r, 155r, 156v, 161rv, 162r, 163rv, 164rv, 165v, 166v, 167v, 168v, 169r, 170rv, 172v. Lo stemma petrino accompagnato dalla sigla NPPV compare ai ff. 5r, 13r, 29r, 60v, 63v, 135r. Al f. 56r affiancano verticalmente il testo due enormi chiavi d'argento, con la mappa rivolta in alto, sormontata dalle lettere «N», a sinistra, «PP», a destra; tra le due mappe è dipinta la tiara bianca di s. Silvestro; in basso l'iniziale «V». Litterae a decoro fogliaceo ai ff. 39rv, 40r, 42rv, 44rv, 48v, 49rv, 50v, 61r, 72r-73r, 151v, 152v, 153v, 158r-159v; iniziali ornate a bianchi girari su fondo blu, ai ff. 13r e 25r. Al f. Ir fregio su quattro lati e tra le colonne; in calce un medaglione, con il bordo occupato dalla dicitura NICOLAUS PAPA QUINTUS, al cui interno spiccano le due chiavi d'argento incrociate sormontate dalla tiara; iniziale D(ilectissimo fi/Ho, mm 62 x 62) s. Leone Magno, che indossa un piviale rosso e porta in capo la tiara papale, raffigurato all'interno del suo studio alla presenza di un prelato, mentre scrive una lettera; f. 75r fregio su tre lati e tra le colonne; a sinistra, tra le foglie, dall'alto verso il basso, un'aquila ed un fanciullo che afferra con le mani le due estremità del gambo del fregio; nel margine inferiore due angeli reggono uno scudo con lo stemma papale circondato dall'iscrizione: NICOLAUS PAPA QUINTUS; iniziale L(audem Domini, mm 70 x 62) che in basso assume la forma di un pellicano; all'interno, su fondo blu a ramages bianchi, assiso in trono, il Pontefice Leone Magno, avvolto in un piviale rosso e con un libro chiuso in mano, si rivolge a tre cardinali che siedono di fronte a lui; al centro del margine superiore, in un clipeo

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affiancato da due angeli con le braccia conserte, Cristo Pantocratore, a mezzo busto. Bibl. : Maddalo, Momenti, 134 n. 65. 15. Vat. lat. 658 (n0 763): S. BERNARDUS ClARAEVALLENSIS, De consideratione (f. Ir); GAUFRIDUS, De colloquio Symonis cum lesu (f. 71r); BERNARDUS, Apologia ad Guillelmum (f. 113r). Roma, «1451-52». Committente: Niccolò V. Decorazione: variopinte litterae, verdi, blu, rosse, ocra, su campo dorato, arricchite da bei motivi fogliacei e, nel margine della pagina, da tralci a penna colmi di fogliette, fiorellini e sferette dorate: ff. 2r, 3r, 5r, 6r, 7r, 8r, 9v, lOrv, 13r, 14r, 15rv, I7v, 18rv, 20r, 21r, 22r, 23r, 24r, 26r, 27v, 28r, 29v, 30v, 31v, 32v, 34rv, 36r, 39r, 40v, 41v, 42v, 44r, 46r, 47rv, 49v, 50r, 53r, 54r, 56r, 57v, 58v, 59v, 61v, 62r, 63r, 65r, 67r, 68v, 73v, 74r, 75v, 76rv, 77v, 78rv, 79r, 80v, 81v, 82v, 83r, 84v, 85r, 86r-87v, 88v, 89r, 90r, 91rv, 92v-94r, 95rv, 96r, 97rv, 98r, 99r-101v, 102v, 103r, 104rv, 105v-107v, 108v, 109v-lllr, ll7v, 120rv, 122rv, 123rv, 125rv, 126v, 127v. Otto iniziali istoriate blu, su lamina oro, ornate da nastri spiraliformi, fasce a motivi geometrici e riccioli fogliacei che seguono anche il profilo esterno della lettera, unendosi al fregio marginale. Quest'ultimo incornicia la pagina con un'asta diritta che termina agli angoli formando un quadratino, attorniata da steli e foglie lobate flessuose, nei colori verde, blu, rosa, grigio, ocra, oro, da cui spuntano numerose protuberanze fiorite. Al f. Ir fregio su quattro lati; al centro del margine inferiore, un quadrilobo afferrato da due angeli, con bordo blu dove si legge NICOLAUS PAPA QUINTUS MCCCCLII, al cui interno sono dipinte due chiavi incrociate sormontate dal triregno, su fondo rosso; lettera S(ubiit animum dictare, mm 70 x 70) San Bernardo inginocchiato offre l'opera da lui scritta a Papa Eugenio III che, seduto in trono, lo benedice alla presenza di numerosi chierici; f. llv fregio su tre lati; M( emor promissi nostri, mm 60 x 58) Eugenio III si rivolge a s. Bernardo che gli mostra un libro aperto su cui si legge: me/mor/ pro/mis/si no/stri /quo/ ecce, f. 25r fregio su tre lati; F( inis superioris libri, mm 90 x 60) s. Bernardo seduto allo scrittoio affila la punta di un calamo; f. 38r fregio su tre lati; S{i mihi plenius, mm 48 x 48) mezza figura di 5. Bernardo, a capo scoperto e con un volume in mano; f. 51r fregio su tre lati; L(ilm superiores etsi, mm 70 x 53) 5. Bernardo, ritratto in posa frontale, con un libro stretto al petto e il cappuccio alzato sul capo; f. 7lr fregio su tre lati; U{t Ubi dilectissime, mm 47 x 50) 5. Bernardo, reggendo un libro, indica con la mano il testo; f. 73r fregio su tre lati; D( ixit Symon Petrus ad Ihesum, mm 47 x 59) s. Pietro si rivolge supplice a Cristo benedicente, f. 113r fregio su tre lati; V{ enerabili patri, mm 54 x 45) a mezzo busto, 5. Bernardo col cappuccio alzato ed in mano un libro aperto, sulle cui

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pagine è scritto: Vene/rabili/ patri/ venerabili a/bbati/ de clu/nia/co frater/ Bern/ardus. Bibl: Quinto centenario, 10 n0 19; XV Centenario della nascita di s. Benedetto, 480-1980, «Ora et labora». Testimonianze benedettine nella Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1980, 41 n0 61; Maddalo, Momenti, 127-29 fìgg. 5-7, 9-10. 16. Vat. lat. 1030 (n0 52): S. THOMAS AQUINAS O.P., Postilla in Evangelium lohannis collecta a Raynaldus de Piperno. Roma, 1447-55. Committente: Niccolò V. Decorazione: al f. Ir il testo è attorniato su tre lati da una fascia ornamentale, nei colori verde, blu, grigio, rosa, ocra, oro, al cui centro corre un'asta inframmezzata da tondini colorati e conclusa agli angoli da quadratini dorati, incorniciata da brevi fogliette frastagliate e flessuose, da cui spuntano infiorescenze dorate; nel mezzo del margine inferiore, uno scudo rotondo con al centro lo stemma papale e sul bordo l'iscrizione: NICOLAUS PAPA QUINTOS; iniziale V(idi, mm 37 x 42), decorata a volute fogliacee su oro. Litterae de penna blu e rosse, con ornato a filigrana. 17. Vat. lat. 1120 (n0 282): Quaestiones in P/ sententiarum, scritte da un allievo di Petrus de Pulka. Roma, 1447-55. Committente: Niccolò V. Decorazione: a f. Ir su tre lati, una ricca bordura carica di fogliami policromi che racchiudono grosse more e si arricciano su un nastro rosso, viola, verde, blu, intervallato da anelli e nodi multicolori e costellato da grappoli di tondini dorati cigliati; a fondo pagina, un medaglione rotondo con al centro lo stemma di Niccolò V, circondato dalla scritta: NICOLAUS PAPA QUINTUS; iniziale C(irca principium, mm 45 x 50) blu su oro, che contiene un grappolo vegetale verde, rosso, senape. Litterae de penna, rosse con filigrane blu e viceversa. 18. Vat. lat. 1766 (n0 646): M. FABIUS QUINTILIANUS, Institutio oratoria. Roma, 1447-55. Committente: Niccolò V. Decorazione: tredici grandi iniziali figurate, su campo esterno a foglia oro, in vari colori, rifinite da fantasie geometriche a rilievo e nastri spiraliformi e adorne lungo il profilo di volute sinuose e frastagliate; le lettere si raccordano ai fregi laterali, su tre-quattro lati del foglio, composti da foglioloni lobati (verdi, blu, ocra, grigio, lilla, rosso, rosa, oro), gambi flessuosi e racemi fioriti, che si arricciano anche lungo un nastro sottile, inframmezzato da nodi. Al

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f. Ir fregio su quattro lati; in basso, al centro, due angeli inginocchiati su cirri mostrano un medaglione con lo stemma di Niccolò V, profilato sul bordo dalle iscrizioni: NICOLAUS PAPA QUINTUS e Quem deus vivificet et (con)se(r)vet, iniziale M(arcus Fabius Quintilianus, mm 39x46) Quintiliano ritratto a mezzo busto, con una sopraveste e un copricapo di colore rosso, rivolto verso il testo, sullo sfondo di una nicchia architettonica scanalata viola; lettera P{ ost impetratam studiis, mm 52 x 45) Quintiliano vestito di lilla seduto allo scrittoio; f. 9v iniziale P{rimis in eo, mm 44 x 20), con decoro fogliaceo; f. Sir fregio su tre lati; G(enuit consuetudo, mm 46 x 50) Quintiliano in abito rosa, coperto da un mantello rosso, declama la sua opera; f. 55r fregio su tre lati; Q{uoniam in libro, mm 39 x 45) Quintiliano, che indossa una veste lilla e un manto rosso, regge un libro chiuso in mano; f. 79v fregio su tre lati; P(erfecto Marcelle Victori, mm 100 x 47) a mezzo busto, Quintiliano di profilo, vestito di rosa, stringe al petto un libro e indica il testo; f. 99v fregio su tre lati; F(uerunt et davi, mm 80 x 57) mezza figura di Quintiliano, in abiti lilla e blu, che parla con enfasi reggendo un codice in mano; f. 128v fregio su tre lati; H(ec M. Victori, mm 75 x 53) rivolto verso il testo, Quintiliano, a mezzo busto, in un abito verde coperto da un manto giallo, tiene un libro in mano; f. 148r fregio su tre lati; D{e inventione, mm 52 x 55) mezza figura di Quintiliano, vestito di rosso e lilla, intento a spiegare l'opera, che tiene tra le mani; f. 168v fregio su tre lati; H(is fere quae, mm 84 x 60) Quintiliano, abbigliato con una veste lilla, intento a leggere; f. 189v fregio su tre lati; C(um sit proximo, mm 53 x 57) sullo sfondo di una nicchia lilla, Quintiliano, vestito con un abito rosa e verde, scrive su un rotolo seduto ad un banco ligneo; f. 220r fregio su tre lati; S(ed hec eloquendi, mm 59 x 60) di fronte a una cattedra Quintiliano, con una sopraveste azzurra e un berretto rosso, intento alla stesura della sua opera letteraria, con la penna in mano; f. 239r fregio su tre lati; P{arata sicut superiore, mm 82 x 55) profilo di Quintiliano, in abiti azzurri e rossi, che regge tra le mani un libro; f. 250r P{ronuntiatio, mm 45 x 24) ornata a fogliami arricciati; f. 263v fregio su tre lati; V(entum est ad partem, mm 60 x 60) figura di Quintiliano, in abito blu ricoperto da un manto rosa e beige, intento a leggere con la penna sollevata in mano. Piccole lettere vergate in oro su sfondo blu, verde, rosso, con filettature bianche e gialle. Bibl\ M. Accame Lanzillotta, Scheda 95, in Vedere i classici. L'illustrazione libraria dei testi antichi dall'età romana al tardo Medioevo. Città del Vaticano, Salone Sistino-Musei Vaticani, 9 ottobre 1996-19 aprile 1997, a c. di M. BuONOCORE, Roma 1996, 378-79 fìgg. 371-72; Manfredi, L'Ortographia di Giovanni Tortelli nella Biblioteca Vaticana, in Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, VI, Collectanea in honorem Rev.mi Patris Leonardi Boyle O.P. septuagesimum quintum annum féliciter complentis, Città del Vaticano 1998, 295.

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19. Vat. lat. 1801 (n0 384): ThucYDIDES, De bello peloponnesiaco, vers. lat. di L. Valla. Roma, «1452». Committente: Niccolò V. Decorazione: riquadrate su lamina oro, nove iniziali figurate su fondo oro o blu; al corpo della lettera, blu o rosa, filettato in bianco, sono legati variopinti motivi fogliacei che si estendono al fregio marginale, nei colori verde, azzurro, grigio, rosa, ocra, oro, ricco di intrecci fogliacei, grafismi a penna, infiorescenze dorate, drôleries, nastri annodati. Al f. Ir fregio su tre lati e tra le colonne; in calce, un clipeo retto da due angeli, con al centro lo stemma papale e sul bordo l'iscrizione: NICOLA US PAPA QUINTUS; iniziale 0( uod Eneas apud/ Virgilium, mm 45 x 45) Lorenzo Valla, ritratto a mezzo busto, con una corta barba, una veste azzurra e una sopraveste rosa, si rivolge, porgendo un libro, a papa Niccolò V, raffigurato di profilo, in atto di benedire il letterato, in uno scudo, nel mezzo del margine superiore; f. 2r fregio su tre lati; T(hucydides/ Atheniensis bellum, mm 50 x 47) seduto a un banco, l'anziano Tucidide barbato, con veste e berretto azzurri, scrive su un rotolo di papiro; f. 29v fregio su tre lati; H(inc iam initium, mm 52 x 42) mezzo busto di Tucidide, con abito verde e mantellina rosa, che tiene un libro in mano; f. 51 v fregio su tre lati; I(neunte estate, mm 55 x 37) Tucidide, a figura intera, con una veste verde e una sopraveste rosa, regge un libro in mano; f. 73r fregio su tre lati; I(neunte estate, mm 52 x 35) a figura intera, Tucidide, vestito di blu e grigio, seduto su una panca assorto nella lettura di un cartiglio; f. 99r fregio su tre lati; /( nsequenti estate, mm 56 x 33) Tucidide raffigurato in piedi con un libro in mano, vestito di grigio e rosso; f. 118v fregio su tre lati; E(adem Meme, verni 50 x 45) ritratto dell'anziano Tucidide, in abito verde, con una mantella rosa e un libro in mano; f. 141v fregio su tre lati; G(ylippus autem, mm 45 x48) Tucidide con barba e lunghi capelli, vestito in abiti dottorali rossi e grigi, con un codice in mano; f. 161v fregio su tre lati; A(thenis posteaquam, mm 50 x 50) l'autore Tucidide, vestito alla moda greca, nei colori grigio e rosso, sventola tra le mani un cartiglio. Litterae minores in oro e colori, con decori fogliacei: ff. 8r, 9r, 14v, 15r, 16v, 18r, 23v, 28r, 31v, 36r, 40v, 43v, 44r, 47rv, 52v, 56r, 57r, 59r, 61r, 62v, 74v, 76r, 83v, 89r, 90r, 91r, 97r, lOOv, 102v, 120v, 122v, 123v, 125v, 127r, 128r, 133r, 134v, 136r, 137v, 154v, 155v, 158v. Bibl\ A. Haidacher, GescMcthe der Pàpste in Bildem. Mit einem geschichtlichen Uberblick von J. Wodka, Heidelberg 1965, 168-69; Rome Reborn. The Vatican Library and Renaissance Culture. Washington, Library of Congress, January 6-April 30, 1993, ed. by A. Grafton, New Haven-London 1993, 35 pl. 29; Maddalo, «Sacrorum cura» e libro miniato a Roma nel primo Rinascimento, in Liturgia in figura. Codici liturgici e rinascimentali della Biblioteca Apostolica Vaticana. Biblioteca Apostolica Vaticana-Salone Sistino, 29 marzo-10 novembre 1995, a c. di G. Morello - Maddalo, Roma 1995, 69; S. Rizzo, Per una tipologia delle tradizioni manoscritte

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di classici latini in età umanistica, in Formative stages of Classical Traditions: Latin textes from Antiquity to the Renaissance, ed. by O. Pecere - M. D. Reeve, Spoleto 1995, 386-87; Manfredi, Z/Ortographia, 295; M. Fade, qui a p. 264-66. 20. Vat. lat. 1812 (n0 386): DlODORUS SlCULUS, Bibliotheca histórica, vers, lat. di P. Bracciolini. Roma, 1449-55. Committente: Niccolò V. Decorazione: su campo esterno dorato, sei iniziali figurate, dal corpo rosa o azzurro, con motivi vegetali legati a nodi, che si prolungano ai lati; i margini delle pagine sono adorni di cornici lineari intervallate da intrecci nastriformi e attorniate da grappoli di fogliette tondeggianti, tralci a penna, infiorescenze dorate, fiori con corolla caliciforme e lunghi pistilli, melegrane, nei colori verde, azzurro, lilla, rosso, rosa, ocra. Al f. Ir fregio su quattro lati; in basso al centro, in un grande medaglione esagonale spicca lo stemma di papa Niccolò V e l'iscrizione in caratteri dorati NICOLAUS PAPA QUINTUS; iniziale N(ullus antea quantumvis, mm 40 x 45) ritratto di Poggio Bracciolini, di profilo, rivolto verso destra, con veste e cappuccio rossi orlati di ermellino e un libro in mano; f. 2v fregio su tre lati; M(agnas merito gratias, mm 50 x 46) contro una nicchia blu, si staglia il mezzo busto di Diodoro Siculo barbato, vestito di lilla, con cappello grecanico, libro e calamo in mano; f. 25r fregio su tre lati; C{um primus liber; mm 40 x 40) in un vano blu, Diodoro Siculo, con barba, in abiti rosa e rossi, si rivolge al lettore con il dito alzato e un libro in mano; f. 54r fregio su tre lati; S(uperiori libro Usque, mm 45 x 46) volto a destra, Diodoro Siculo vestito di lilla e azzurro, con una mezzetta rossa rifinita in pelliccia, tiene un libro in mano; f. 82v fregio su tre lati; P( osteaquam superius, mm 170 x 48) a decoro fogliaceo; f. 118v fregio su tre lati; H(aud sane nos, mm 60 x 47) al di qua di una nicchia lilla, profilo di Diodoro Siculo, vestito di azzurro, dai lunghi capelli coperti da una berretta rossa, fa cenno al testo; f. 161r fregio su tre lati; C(um omnia., mm 45 x 47) da una nicchia sporge il ritratto di Diodoro Siculo, con capelli e barba biondi, in abiti rosa e azzurri, che sorregge tra le mani un libro. BibL: Manfredi, Z/Ortographia, 295. 21. Vat. lat. 2191 (n0 450): HenricUS BATE, Speculum divinorum et naturalium. Roma, 1447-55. Committente: Niccolò V. Decorazione: sontuose bordure affiancano il testo su più lati seguendo un listello colorato, al quale si aggrappano figure di putti, uccellini, mascheroni e che in più punti lascia posto a sequenze di pallini, nastri intrecciati in forme

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geometriche, losanghe o medaglioni; seguono il nastro, sinuose foglie lobate o lanceolate e intrecciate (nei colori verde, azzurro, lilla, rosa, ocra, oro), da cui spuntano more, gambi vegetali ricurvi, campanule, violette; nei margini si allungano regolari volute, a penna, che accolgono fiorellini; su lamina oro, ven ti tre litterae maximae figurate, rosa, lilla o azzurre, graffite da motivi decorativi rilevati a biacca, con palmette e sferette variopinte o nastri spiraliformi lungo il profilo; le raffigurazioni si stagliano su fondo oro o blu. Al f. Ir iniziale T(abula capitolorum, mm 49 x 47) a decoro fogliaceo. Al f. 6r fregio su quattro lati e tra le colonne; in alto, agli angoli della pagina, si affrontano due medaglioni in cui si legge a sinistra NI/COLA/US e a destra PAPA/ QU/INT/US, in caratteri oro su fondo rosso; identici medaglioni sono ripetuti a metà pagina e nel margine inferiore; in calce e nel mezzo del margine superiore, lo stemma papale dentro un clipeo; iniziale H(onorabilium honorum, mm 80x 51) ritratto dell'autore, Henricus Bate, a mezzo busto, in veste azzurra, mezzetta e berretto rosa, con il codice della propria opera in mano; f. 23v fregio su tre lati; D(e intellectualibus, mm 42 x 47) ritratto a mezzo busto con la mano alzata, un filosofo barbato, che indossa una veste rosa, un manto lilla e giallo e un berretto rosso; f. 39v fregio su tre lati; P(ertractatis igitur, mm 58 x 40) un uomo assorto nella lettura, vestito di una tunica blu su cui ricade una sopraveste rosa con mantellina di vaio; f. 53v fregio su due lati; D(icit igitur, mm 42 x 60) un uomo barbato in abito azzurro, si appoggia al corpo della lettera; f. 69r fregio su un lato; I(n hodie, mm 46 x 23) a decoro fogliaceo; f. 80r fregio su quattro lati; Q/uerendum autem, mm 53 x 53) profilo di un uomo barbato, con ampia veste rosa, che accenna al testo reggendo un libro; f. 91 v fregio su tre lati; D(einceps per alias, mm 40 x 41) una figura maschile, con la veste rosa ricoperta da un manto verde, sfoglia un libro; f. 102v fregio su tre lati; D(ualiter autem, mm 42 x 44) una figura maschile vestita di blu, fa cenno al testo poggiandosi al corpo dell'iniziale; f. Il7r fregio su tre lati; Q/uoniam autem, mm 39 x 44) un uomo barbuto con indumento rosa e copricapo blu orlato di pelliccia, indica il testo; f. 130v fregio tra le colonne del testo, che termina in alto in un medaglione rotondo con la sigla di Christus ed in basso in un clipeo in cui è dipinta una figura maschile, con turbante bianco e tunica rossa, che leva la mano verso l'alto; iniziale R(evertamur itaque, mm 45 x 43) con decoro fogliaceo; f. 141r fregio su tre lati; A(d propositum, mm 44 x 48) un uomo, dalla tunica azzurra e con in capo una cuffietta rossa, accenna al testo con un libro in mano; f. 159v fregio su due lati; U(t autem, mm 42 x 41) un personaggio maschile, con indumenti rossi e berretta rosa, indica il testo; f. 176r fregio su tre lati; l'asta si conclude in alto con un clipeo in cui si legge il numero del paragrafo «XIII», in basso con uno scudo che ospita un mezzo busto femminile, su fondo blu; iniziale C(onsequenter circa, mm 45 x 47) a mezzo busto, un uomo, con manto rosa e berretta lilla, acenna al lettore mentre regge un libro; f. 183v fregio su tre lati; H(iis igitur, mm 46 x 41) figura

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maschile con veste lilla drappeggiata, mentre solleva lo sguardo verso l'alto; f. 191v fregio su tre lati; D(e potentia, mm 43 x 45) ritratto di giovane, con veste verde, manto lilla e cuffietta rosa, in atto di parlare animatamente; f. 201r fregio su tre lati; U(trum autem, mm 42 x44) figura maschile, dalla veste e cuffietta rosa e una sopraveste lilla, colto mentre richiama l'attenzione sul testo; f. 216r fregio su tre lati; P(otentiam autem, mm 50 x 47) giovane uomo ricciuto, con la tunica rosa, indica il testo; f. 228r fregio su tre lati; D(einceps ut circa, mm 40 x 48) a mezzo busto, un uomo con una sopraveste lilla da cui si scorge l'abito rosa, addita il testo; f. 240r fregio su tre lati; C{irca reales, mm 41 x 44) un giovane, ritratto a mezzo busto con un abito rosso, addita il testo; f. 264r fregio su tre lati; iniziale D(e reliquis, mm 40 x 44) a decoro fogliaceo; f. 289v fregio su tre lati; C(onsequntur autem, mm 41 x 47) un uomo di mezza età, barbuto, vestito di azzurro con il capo reclinato, in atto di parlare; f. 301r fregio su tre lati; C(irca numerum, mm 42 x 45) figura maschile a mezzo busto, in abiti rossi, che con una mano indica il testo e con l'altra si afferra alla lettera; f. 317r fregio su tre lati; P(ostremo quidem, mm 95 x 50) profilo di uomo rivolto a destra, vestito con abiti color lilla e con una berretta rossa, attira l'attenzione sul testo. Piccole iniziali a decoro fogliaceo ai ff. 5v, 8r; litterae minimae vergate in oro, su campo blu e verde, affiancate da eleganti fregi a penna che ospitano fogliette e fiori colorati. 22. Vat. lat. 3580: G. TraPEZUNZIO, Exhortatio ad recuperandam lerusalem. Roma, 1447-52. Committente: Giorgio Trapezunzio. Decorazione: al f. Ir corre su quattro lati una cornice dorata, costellata da mazzi di foglie annodate nei colori verde, azzurro, rosa, oro, da cui si staccano tralci a penna con infiorescenze; in calce stemma di papa Niccolò V; iniziale Cogitanti mihi, mm 28 x 30) su campo dorato, azzurra, al cui interno sono due attorti gambi vegetali che reggono fogliette rosse, azzurre, verdi, su fondo oro. Bibl: MONFASANI, Collectanea, 67, 422-33. 23. Chig. E Vili 250: ARISTOTELE, De animalìbus, vers. lat. di G. Trapezunzio. Roma, «1452». Commitente: Antonio de la Cerda. Decorazione: litterae maximae, campite su oro, da cui si dipartono tralci a penna pieni di tondini dorati e foglie carnose nei colori blu, rosa, verde, ricche di escrescenze gemmate, che si prolungano all'interno dell'iniziale, su oro; il corpo della lettera è sagomato da cornici geometriche a rilievo o drôleries: ff.

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IL « MINIATORE DI NICCOLÒ V »

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16r, 25v, 36r, 47v, 61v, 69v? 94r, 114r, 119v? 124v, 130v, 142r, 153v, I70v, 184r, 198v? 21 Or, 222v. Al f. 7r: sui quattro lati della pagina, un fregio ornamentale attraversato da un sottile nastro (nei colori verde, azzurro, rosa), che si gonfia in nodi multiformi ed è circondato su entrambi i lati da motivi vegetali verdi, blu, ocra, rosa e oro; gli angoli sono occupati da grandi medaglioni rotondi, dove su fondo oro sono raffigurati, in sequenza, un cigno, un putto munito di arco e faretra, una scimmia, un cerbiatto, una lepre. Nel mezzo del fondo pagina, in una ghirlanda, lo stemma di papa Pio II Piccolomini, dipinto su quello originale eraso; iniziale A(nimalium partes quaedam sunt, mm 60 x 70) rosa su oro, dove nella zona superiore è raffigurato il mezzo busto di Dio Padre benedicente, sullo sfondo di un drappo, mentre in basso, tra viticci arricciati sono seduti due putti nudi. Litterae minimae, a decoro fogliaceo: ff. 7v, 9r, lOv, llr, 14r, 16v, 17v, 18rv, 19v, 20rv, 21v, 22v, 24v, 25r, 26v, 27r, 28v, 30rv, 31v, 33rv, 34r, 35r, 36v, 37v, 39r, 42v, 43r, 45r, 46rv, 48r, 50r, 51v, 52r, 53r, 54rv, 55r, 56r, 57v, 59r, 60r, 61r, 62rv, 63v, 64v, 66r, 67rv, 68v, 70v, 71r, 72r, 73v, 74r, 75v, 76r-78v, 80v, 81v, 82v, 83rv, 84v, 85r, 86v, 87r, 88v, 89r, 90v, 92rv, 93v, 94v, 96v, 97v, 98r, 104r, 105v, 106r, 109v, HOv, 112v, 113r, 115r-118v, 120v, 121r, 122r, 123rv, 125r, 127r, 128v, 129r, 132r, 133v, 134v, 135v, 136v, 138r, 140v, 141r, 142v, 143r, 144r, 145r, 147r, 148rv, 149v, 151rv, 152r, 153r, 154r, 155rv, 156v, 157v, 158rv, 159v, 160v, 161v, 162v, 163r, 164r, 165r, 166v, 168v, 169v, I7lr, I72rv, I73r, 174rv, I75v, I77v, I78r, I79v, 180r, 181r, 182r, 183r, 184v, 185v, 186v, 187r, 188rv, 189r, 190r, 192r-194r, 195r, 196rv, 197r, 198r, 199v, 200v, 201rv, 202v, 203v, 204v-206v, 208r, 211v, 213r, 214v, 215r, 216rv, 2l7rv, 218v, 219r, 220rv, 221v, 223rv, 224v, 225rv, 227rv, 228v, 229r, 230v. Bïbl\ Ruvsschaert, Une Annonciation, 250-52; MONFASANI, Collectanea, 55, 706; SGARGIA Piacentini, Il costo del libro, 365, 450-51 n0 3. 24. Reg. lat. 1879: M. AlNNAEUS LucANUS, De Bello Pharsalico. Roma, «1453». Committente: Giovanni di Matteo Salvetti. Decorazione: al f. Ir iniziale C( orduba me genuit, mm 41 x 44) lilla con foglie tte colorate agli angoli, su campo esterno dorato, al cui interno è ritratta di profilo una figura maschile a mezzo busto (Lucano7), con la veste azzurra, berretto e mezzetta rosa; iniziale B(ella per Emathios, mm 39 x 33) rosa, su oro, con decoro fogliaceo; iniziale Qj^uis furor, mm 31 x 30) azzurra su oro, con una campanula al centro. Sul lato sinistro, un breve tralcio a penna, adorno di fiorellini e sferette dorate. Bibl. : M. CHIABÒ, lohannes Matthei de Salvectis, in Scrittura, 601-10 taw. 43-46; P. Cherubini, qui a p. 191 e n. 129.

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FRANCESCA PASUT Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana

25. 82,16: TEOPHRASTUS, De historia plantamm, vers. lat. di T. Gaza. Roma, 1447-55. Committente: Niccolò V. Decorazione: il primo foglio di ciascun libro è racchiuso da bordure ornamentali a foglie frastagliate nei colori verde, azzurro, rosa, lilla, oro, al cui centro corre un'asta che termina agli angoli in un quadratino dorato e si apre in nodi geometrici, attorniata da escrescenze e infiorescenze su tralci a inchiostro; unite al fregio, iniziali a decoro fogliaceo su oro: ff. 2v, 7r (al cui interno è rappresentato un prato fiorito e tre alberelli carichi di frutti), 27v, 38r, 63r, 89r, lOlv, 112r, 128r, 142r, 163r, 166r (raffigurante un prato con alberi fioriti), 194r, 221r, 246v, 268r, 294r. Al f. Ir fregio su quattro lati, interrotto al centro del margine inferiore dallo stemma di Niccolò V, in un medaglione rotondo, sul cui bordo corre la scritta NICOLAUS PAPA QUINTUS; iniziale Q^uam magna, mm 47 x 55) rosa su oro, in un interno architettonico, il ritratto a mezzo busto di Teodoro Gaza, dalla barba e capelli biondi, che indossa un ampio manto azzurro foderato di verde e un copricapo grecanico, con un libro e la penna in mano. Bibl\ A. M. Bandini, Catalogas codicum latinorum Bibliothecae Mediceae Laurentianae, III, Florentiae 1776, 197-98; P. D'Ancona, La miniatura fiorentina (secoli XI-XVI), II, Catalogo descrittivo, Firenze 1914, 174-75 n0 195. 26. 84, 9: ARISTOTELE, Liber de animalibus, vers. lat. di G. Trapezunzio. Roma, 1450-55. Committente: Niccolò V. Decorazione: in corrispondenza della prima pagina di ciascun libro, fregi ornamentali su tre-quattro lati, nei colori verde, azzurro, rosa, oro, lungo un nastro che si apre formando figure geometriche e termina agli angoli con un quadratino dorato; dall'asta si avviano foglie lobate, pigne, lunghi gambi flessuosi, fiori, bullae dorate; su lamina oro punzonata, litterae maximae, verdi, blu, grigie, rosa, spezzate da nodi avvolti a fogliette e decorate nel corpo con sagome geometriche rilevate a biacca, mentre al centro spiccano complessi motivi floreali, su fondo oro e blu: ff. Ir, 3r, 15v, 28v, 43v, 59v, 79v, 102v, 123v, 151v, 159v, 167r, 175v, 190v, 215r, 234v, 255v, 288r. In molte carte, all'interno del fregio è racchiuso in una corona di foglie di quercia un medaglione con lo stemma di Niccolò V (chiavi incrociate su fondo rosso con la tiara bianca in alto), profilato dalla frase NICOLAUS PAPA QUINTUS: ff. Ir, 3r, 59v, 79v, 102v, 167r, 215r, 234v, 255v, 27lv, 288r.

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IL « MINIATORE DI NICCOLÒ V »

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Iniziali vergate in oro, decorate a bianchi girari su sfondo blu, verde, rosa ai ff. 79v, 102v, 167r; lettera e fregio marginale a bianchi girari a f. 271 v; litterae minimae dorate su fondo bipartito blu, verde. Bìbl.: Bandini, Catalogas, 243-44; E. MÜNTZ - P. Fabre, La Bibliothèque du Vatican au XVe siècle d'après des documents inédits. Contributions pour servir à l'histoire de l'humanisme, Paris 1887 (Bibliothèque des Écoles françaises d'Athènes et de Rome, 48), 45-46; D'Ancona, La miniatura, 175 n0 196; L. VON PASTOR, Storia dei papi, vers. it. di A. MERCATI, I, Roma 1958, 549 n. 1; MONFASANI, George of Trebisond, 73; MONFASANI, Collectanea, 16-17, 298-300; S. Perfetti, «Cultius atque integàus». Teodoro Gaza, traduttore umanistico del De partibus animalium, «Rinascimento», S. Il, 35 (1995), 256 n. 13.

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Paolo Cherubini CULTURA GRAFICA A ROMA ALL'EPOCA DI NICCOLÒ Vs

i. Introduzione Tra le poche testimonianze letterarie relative alla produzione e al mercato di libri a Roma alla metà del Quattrocento alcune hanno un dato in comune. La nota lettera di Carlo de' Medici al fratello Giovanni del 14551 e le due di Giannozzo Manetti a Vespasiano da Bisticci, rispettivamente della fine del 1454 e dell'inizio del 14562 - scritte da Roma dunque subito prima e subito dopo la morte di Niccolò V contengono infatti tutte e tre un implicito e tacito confronto tra la situazione romana e quella fiorentina: l'epistola del Medici nel lamentare la «gran carestie degli iscriptori» i quali a Roma, se si escludeva l'attività di professionisti soprattutto «tedeschi o franciosi», erano in numero ridottissimo; quelle del Manetti nel far riferimento, per l'acquisto di codici già confezionati, a quella «bottega di Giovanni et di Francesco cartolai» che sono senz'altro da identificare con i due fiorentini Giovanni e Francesco Fini3.

Ringrazio Alessandro Pratesi, Armando Petmcci e Paola Supino Martini per i suggerimenti e le indicazioni che mi hanno fornito, come sempre, con grande generosità. Le fotografìe sono pubblicate con l'autorizzazione n0 32/99 dell'Archivio di Stato di Roma. 1 Edita in Carteggio inedito d'artisti dei secoli XIV, XV, XVI, pubblicato ed illustrato con documenti pure inediti da G. Gaye, Firenze 1839, I. 1326-1500, 163-164 n0 LXI e citata da E. MÜNTZ - P. Fabre, La bibliothèque du Vatican au XVe siècle, Paris 1887 (Bibliothèque des Écoles françaises d'Athènes et de Rome, 48), 38. 2 G. M. Cagni, Vespasiano da Bisticci e il suo epistolario, Roma 1969 (Storia e Letteratura. Temi e testi, 15), rispettivamente 131-133 n. 11, e 133-135 n. 12. La seconda è stata di recente per buona parte riprodotta ed ampiamente utilizzata in M. Martelli, Formazione e significato della Biblioteca Medicea, in I luoghi della memoria scritta. Manoscritti, incunaboli, libri a stampa di Biblioteche Statali Italiane, direzione scientifica di G. Cavallo, Roma 1994, 107-113: 109. 3 Sui due cartolai si veda in particolare Vindice dei cartolai attivi a Roma, in P. CHERUBINI - A. Esposito - A. Modigliani - P. Sgargia Piacentini, Il costo del libro, in Scrittura,

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PAOLO CHERUBINI

Quest'osservazione non può prescindere dal fatto che a Roma, comunque, le sempre crescenti esigenze dello scrivere quotidiano, a livello sia usuale che professionale, e la presenza di una letteratura vivace anche se di modeste dimensioni, dovevano di necessità poggiare su un insegnamento grafico relativamente diffuso e - a giudicare dalle testimonianze rimasteci - alquanto uniforme, di certo affidato innanzi tutto (ma probabilmente non solo) alle tredici scuole di grammatica, una per ciascun rione della città. Purtroppo sappiamo ben poco su queste scuole. Dei maestri - soggetti all'autorità del rettore e dei conservatori dello Studium Urbis e stipendiati con i proventi della gabella dello Studio - conosciamo, dalle liste di pagamento, soltanto i nominativi per gli anni 1473-1474, 1481-1484, 1494 e 14964. Ad essi, oltre a Simone Tebaldi della prima metà del secolo - di cui si dirà in seguito - e forse qualche altro nome, raro ed incerto, anche di umanisti (come nel caso di Pietro Odo da Montopoli, il cui insegnamento a Roma prima e immediatamente a ridosso della metà del secolo in una scuola rionale di grammatica resta a tutt'oggi dubbio)5, posso agbiblioteche e stampa a Roma nel Quattrocento. Atti del 2° seminario, 6-8 maggio 1982, a c. di M. Miglio con la collaborazione di P. Farenga e Modigliani, Città del Vaticano 1983 (Littera antiqua, 3), 431-45: 437 (per Francesco) e 438-39 (per Giovanni), nonché Cherubini, Note sul commercio librario a Roma nel '400, «Studi Romani», 33 (1985), 212-21: 216-17. Avverto fin d'ora che, nel prosieguo del lavoro, le indicazioni bibliografiche relative ai personaggi citati nel testo (anche là dove si tratta di personalità di rilievo) sono ridotte all'indispensabile corredo necessario alla loro eventuale identificazione o ad illustrare particolari aspetti collegati alla loro attività di scriventi. 4 Sui quali vedi D. S. Chambers, Studium Urbis and Gabella Studii: the University of Rome in the Fifteenth Century, in Cultural Aspects of the Italian Renaissance. Essays in Honor ofP. O. Kristeller, ed. by C. H. Clough, Manchester-New York 1976, 68-110; e soprattutto M. C. Dorati da Empoli, I lettori dello Studio e i maestri di grammatica a Roma da Sisto IV ad Alessandro VI, «Rassegna degli Archivi di Stato», 40 (1980), 98-147, in particolare le pp. 142-45; qualche osservazione al proposito anche in Cherubini, Studenti universitari romani nel secondo Quattrocento a Roma e altrove, in Roma e lo Studium Urbis. Spazio urbano e cultura dal Quattro al Seicento. Atti del convegno. Roma, 7-10 giugno 1989, a c. di Cherubini, Roma 1992 (Pubblicazioni degli Archivi di Stato. Saggi, 22), 101-32. La situazione noti cambia che verso la fine del '500 e gli inizi del '600: si veda L. Antonucci, L'insegnamento elementare a Roma nel XVI secolo, in Roma e lo Studium Urbis. Spazio urbano e cultura dal quattro al seicento [catalogo della mostra], a c. di Cherubini, Roma 1989, 69-73. 5 Sull'insegnamento romano di Pietro Odo, dapprima in una scuola poi, dal 1451 al 1463, allo Studium, si veda da ultimo S. Rizzo, Per una tipologia delle tradizioni manoscritte di classici latini in età umanistica, in Formative Stages of Classical Traditions: Latin texts from

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CULTURA GRAFICA A ROMA

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giungere al momento soltanto un «Seraphinus Angeli de Gallio magister discipulorum» che compare come testimone in un documento dell'11 aprile 1475. Costui è forse l'unico a potersi considerare a pieno titolo maestro di una scuola 'elementare', grazie alla specificazione che lo contraddistingue (magister discipulorum), e dunque con il compito primario di insegnare a leggere e a scrivere6. E, d'altro canto, non abbiamo al momento testimonianze autografe di nemmeno uno di essi, dalle quali conoscere la scrittura, nella eventuale presunzione che quella insegnata a scuola fosse proprio del tipo praticato dal maestro7. Per conoscere quali fossero le tipologie insegnate a Roma non resta quindi che applicare il metodo deduttivo attraverso un esame diretto delle testimonianze rimaste. Ho condotto quest'indagine principalmente sulle scritture professionali - documentazione burocratica e contabile delle principali strutture pùbbliche economico-finanziarie8 ed atti notarili, originali e protocolli della città e della zona circostante - che ho poi messo a confronto con qualche nota sparsa su prodotti librari che si conoscono senza dubbio come romani, tra i quali alcuni databili con certezza al pontificato niccolino9. Oltre ad ogni forma di Antiquity to the Renaissance. Proceedings of a conference held at Erice, 16-22 October 1993, as the 6th Course of International School for the Study of Written Records, ed. by O. Pecere and M. D. Reeve, Spoleto 1995 (Biblioteca del «Centro per il collegamento degli studi medievali e umanistici in Umbria» 15), 371-407, in particolare p. 384. 6 Roma, Archivio di Stato (d'ora in avanti ASR), Collegio dà notai capitolini, prot. 470, ff. 214r-232r. 7 Nessuno dei nominativi presenti nei tre elenchi dei maestri rionali forniti da Maria Cristina Dorati da Empoli (si veda la nota 4), ad esempio, compare in BÉNÉDICTINS DU Bouveret, Colophons de manuscrits occidentaux des origines au XVIe siècle, voli. 6, Fribourg, Suisse 1965-1982 (Spicilegii Friburgensis Subsidia, 2-7). 8 Sulla quasi totale inesistenza di archivi contabili d'imprese private romane, in particolare per la prima metà del secolo XV, mi permetto di rinviare a Cherubini, Mercantesca romana/mercantesca a Roma?, «Bullettino dell'Istituto Storico Italiano per il Medio Evo», 101 (1998), 333-87, in particolare alle pp. 343-44, ma tenendo presenti le osservazioni di Isa Lori Sanfilippo riferite in Cherubini, Mercantesca romana, 344 n. 31. 9 A questo proposito è solo il caso di osservare come il recente contributo di A. M. Adorisio, Nuovi codici per la storia dell'Umanesimo a Roma, «R. R. Roma nel Rinascimento», 1994, 297-305, tocchi solo incidentalmente la realtà grafica romana, essendo tutto incentrato sull'osservazione di fenomeni legati a committenze papali e cardinalizie, sia quando, nella prima parte del saggio, si occupa della produzione manoscritta di Francesco Tiano copista di origine pistoiese, sia quando, nella seconda, appunta la sua attenzione sull'attività bibliofìla di Enoch d'Ascoli a Roma per Niccolò V e su

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scrittura epigrafica o comunque variamente esposta10, ho lasciato fuori da quest'indagine anche tutte le scritture prodotte nella cancelleria e nella segreteria dei brevi - già esaminate con attenzione, più di venticinque anni or sono, da Thomas Frenz - da un lato perché la loro natura è spesso determinata dalla tipologia documentaria alla quale esse si associano e dall'altro in considerazione del fatto che per la stragrande maggioranza gli scrittori ivi operanti non sono quasi mai romani e in gran parte neppure italiani: lo studio dei loro prodotti non investe pertanto il problema dell'insegnamento scolastico della scrittura che, sebbene difficilmente documentabile, a mio giudizio, resta centrale11.

2. Premessa termino-metodologica E ovvio che un fenomeno di media durata, qual è l'evoluzione della scrittura - scandita per sua natura dall'avvicendarsi delle progressive ondate generazionali - non può cogliersi isolando un frammento di soli otto anni (tanti ne corrono dall'elezione del Parentucelli alla data

quella del copista (e bibliofilo anch'egli) Stefano Guarnieri da Osimo al tempo di Pio II e di Paolo II (su quest'ultimo si veda comunque ancora U. Nicolini, Stefano Guarnieri da Osimo, cancelliere a Perugia dal 1466 al 1488, in L'Umanesimo umbro. Atti del nono convegno di studi umbri. Gubbio, 22-25 settembre 1974, Perugia 1977, 307-29). 10 Per questi generi di scritture si tengano presenti: a livello generale, ma con numerose osservazioni anche sulla situazione romana dell'età umanistica, A. PETRUCCI, La scrittura. Ideologia e rappresentazione, Torino 1986; più specificamente su Roma, per l'ultima parte del periodo qui considerato, D. Porro, La restituzione della capitale epigrafica nella scrittura monumentale: epitafi ed iscrizioni celebrative, in Un pontificato ed una città: Sisto IV. Atti del convegno, Roma 3-7 dicembre 1984, a c. di MIGLIO - F. NlUTTA - D. Quaglioni - C. Ranieri, Città del Vaticano 1986 (Pitterà antiqua, 5), 409-27; per il periodo immediatamente successivo, Antonucci, L'alfabetismo colpevole. Scrittura criminale esposta nella Roma del '500 e '600, in Roma e lo Studium Urbis, 277-88 (ma un cartello infamante di notevole effetto è pubblicato anche in Antonucci, L'alfabetizzazione a Roma fra XVI e XVII secolo, in Roma e lo Studium Urbis, [mostra], 65-68). 11 Si veda Th. Frenz, Das Eindringen humanistischer Schriftformen in die Urkunden und Akten derpàpstlichen Kurie im 15. Jahrhundert, «Archiv fur Diplomatik», 19 (1973), 287-418, 20 (1974), 384-506. Per un quadro generale delle fonti, che anche per Roma dovrebbero essere utilizzate per la ricerca sulle scritture dell'età umanistica, è ancora valido F. R. HAUSMANN, Individualschriften und ihre Bedeutung fiìr die Erforschung des italienischen Humanismus, «Scriptorium», 31 (1971), 267-77.

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della sua morte). Mi sembra perciò indispensabile tracciare piuttosto (e preliminarmente) un quadro della situazione grafica romana dell'intero secolo XV, nel quale individuare i momenti di passaggio e le linee di continuità nonché verificare, eventualmente, la portata effettiva delle novità, che si affacciano in quel breve periodo di anni (1447-1455), sull'evoluzione della storia della scrittura a Roma nell'età immediatamente successiva12. * Prima di procedere a delineare un tale panorama è indispensabile chiarire alcune definizioni delle quali farò uso nel corso della seguente trattazione, nella piena coscienza di come, in ambito paleografico, la questione terminologica, ad ogni epoca e a qualsiasi fenomeno grafico essa si riferisca (e prima di tutto al filone corsivo), non è mai stata soltanto meramente tale, ma sempre ha avuto ed ha anche il significato di una riflessione sulla natura stessa delle scritture di volta in volta prese in considerazione13. Com'è noto, infatti, agli inizi degli anni '50 Giorgio Cencetti, in un passo assai citato nonostante la sua brevità (dovuta, credo, alla immediatezza dell'esigenza didattica, poiché le corsive tardomedievali non costituirono, a quanto mi risulta, oggetto di sue specifiche indagini), proponeva di accomunare nell'unica categoria delle «semigotiche delle carte» l'enorme ventaglio delle corsive quattrocentesche (caratterizzate dalla presenza di «lettere maiuscole di tipo gotico senza raddoppiamenti, con tratteggio piuttosto pesante ma nitido, senza

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Riconosco che per questo sarebbe stato forse più appropriato intitolare il presente contributo L'importanza del pontificato di Niccolò Vper la storia della scrittura a Roma in età umanistica (con particolare riguardo al filone corsivo: scritture notarili, burocratiche e contabili), ma ho preferito mantenere il titolo che esso ha avuto come relazione al convegno. 13 L'argomento ha goduto di ampia trattazione già in passato; si veda F. Bartoloni, La nomenclatura delle scritture documentarie, in Relazioni del X Congresso internazionale di scienze storiche, a c. della Giunta centrale per gli studi storici, I, Firenze 1955, 434-43, ristampato in Bartoloni, Scritti, a c. di V. de Donato e A. Pratesi, Spoleto 1995 (Collectanea, 6), 478-87, e la recensione di Pratesi - apparsa su «La Bibliofilia», 58 (1956), 44-47 - a Nomenclature des écritures livresques du IXe au XVIe siècle. Premier colloque international de paléographie latine. Paris, 28-30 avril 1953, Paris 1954; ma vedi soprattutto Petrucci, Funzione della scrittura e terminologia paleografica, in Palaeographica diplomatica et archivistica. Studi in onore di Giulio Battelli, I, Roma 1979, (Storia e Letteratura, 139), 3-30.

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svolazzi e senza apprezzabili spezzature di tratti; con d onciali senza occhiello superiore e 5 finali chiuse o a forma di 6\ lettere relativamente larghe, segni abbreviativi sottili ma ben caratterizzati»), delle quali riteneva di poter individuare un esempio in qualche modo 'rappresentativo' nella scrittura di Giovanni da Montepulciano nel breve di Gregorio XII del 18 maggio 1414 pubblicato da Giulio Battelli14. Ma tornava poi a ricondurre le «varietà anche notevoli» riscontrabili all'interno di questa categoria unicamente alla «mano» e all'«arbitrio dei singoli scribi»15. D'altro canto, lo stesso Cencetti, che, nel trattare della scrittura di Francesco Petrarca, per primo aveva adottato il termine di 'semigotica'16, aveva dato a sua volta della 'semigotica italiana', che a suo giudizio si sarebbe formata e diffusa in Italia settentrionale soltanto alla fine del secolo XIV, la seguente definizione: «una scrittura gotica semplificata, caratterizzata per lo più dalla a corsiva chiusa [minuscola], dalla 5finale chiusa ['a sigma'], dall'uso della ra uncino [in forma di piccolo 2] e da qualche legatura, ma anche da un tracciato rotondeggiante, semplice e chiaro, che l'accosta alle scritture umanistiche»; ed aggiungeva che, non essendo una scrittura canonizzata, essa «ammette diverse gradazioni di tracciato e varietà di forme»17. Ora noi sappiamo, da un recentissimo studio di Paola Supino Martini, che la semigotica - nata dal medesimo ceppo (di scrittura usuale) da cui si formò la cancelleresca - ha origini assai più lontane di quelle fino ad oggi ipotizzate e quindi non consiste in una sorta di forma intermedia tra littera moderna e littera antiqua renovata18. Si scardina così uno dei presupposti più controversi (in quanto portatore di una profonda ambiguità, più volte riconosciuta) che consiste nell'assegna-

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Acta Pontificum, collegit I. Battelli, Città del Vaticano 19652 (Exempla scripturarum, III), tav. 28c. 15 G. Cencetti, Lineamenti di Storia della scrittura latina. Dalle lezioni di paleografia (Bologna, a. a. 1953-1954), ristampa a e. di G. Guerrini Ferri con indici e aggiornamento bibliografico, Bologna 1997, 256. 16 Cencetti, Lineamenti, 232-35. Ma su questo tema vedi Petrucci, La scrittura di Francesco Petrarca, Città del Vaticano 1967 (Studi e testi, 248). 17 Cencetti, Lineamenti, 233. 18 P. Supino Martini, Per la sterna della \semigotica', «Scrittura e civiltà», 22 (1998), 24964; il più antico manoscritto datato nel quale viene riconosciuta la semigotica ben definita è il Vat. lat. 11559 vergato dal curiale Bartolomeo da Fratte nel 1305: 251-52.

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re alla semigotica il ruolo di una gotica non ancora umanistica (gothicoantiqua) o, viceversa, di una umanistica non ancora del tutto liberatasi dalla gotica {fere humanisticà). E tale presupposto restava ancora molto forte, nonostante tutto, anche nelle parole di Cencetti, il quale non a caso indicava tra le scritture semigotiche quelle di Guarino Guarini e di Flavio Biondo e in genere degli umanisti dell'area padano-settentrionale di quella generazione19, che Emanuele Casamassima ha invece ricondotto giustamente anch'esse ad un fenomeno 'imitativo' dell'antica carolina, che trovava però i suoi modelli in manoscritti più antichi di quelli (dei secoli XI ex.-XII) che erano alla base della riforma operata a Firenze20. Non mi sembra azzardato pertanto, alla luce di queste considerazioni, assegnare anche all'altra definizione cencettiana, di 'semigotica delle carte', un valore leggermente diverso da quello assegnatole dal suo creatore, ed anzi tentare di riconoscere, all'interno del variegato mondo delle corsive quattrocentesche italiane, quelle 'dominanti formali' (volendo intendere con questo termine qualcosa di simile a quanto proponeva Franco Bartoloni per le scritture documentarie fino al secolo XII)21 che di volta in volta agiscono all'interno della scrittura e le conferiscono un aspetto piuttosto che un altro, certamente grazie, prima di tutto, ad un insegnamento grafico elementare che lentamente muta nel tempo, acquistando sia pure con il ritardo quasi costante

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Cenceìti, Lineamenti, 234: tra gli specimina da lui citati a questo proposito, infatti, a quelli in semigotica {Monumenta palaeographica sacra. Atlante paleografico-artistico compilato sui manoscritti esposti in Torino alla Mostra d'arte sacra del 1898, a c. di F. CARTA C. Cipolla - C. Frati, Torino 1899, tav. 76; G. Vitelli - C. Paoli, Collezione fiorentina di facsimili paleografici greci e latini, 4 voli., Firenze 1884-1897, tav. 10, e E. CHATELAIN, Paléographie des classiques latins, Parigi 1884-1900, tav. XXIV) e ad altri in vera e propria gotica ma di modulo piuttosto piccolo {The Palaeographical Society. Facsimiles of Manuscripts and Inscriptions, I series, ed. by E. A. Bond and E. M. Thompson, Londra, 1873-1883, tav. 250, e Archivio Paleografico Italiano, III, Roma 1892-1910, taw. 40-42) sono accostate le umanistiche di Biondo Flavio e di Francesco Ardizzi (CHATELAIN, Paléographie, tav. XX a-b). 20 E. Casamassima, Literulae Latinae. Nota paleografica, in S. Caroti - S. Zamponi, Lo scrittoio di Bartolomeo Ponzio umanista fiorentino, Milano 1974 (Documenti sulle arti del libro, X), ix-xxxm. 21 Bartoloni, La nomenclatura, 442 [486] proponeva infatti, al punto c) del suo denso prospetto, di inserire, tra gli elementi che a giusto titolo dovrebbero figurare in una corretta definizione delle scritture documentarie la «"usuale" che è alla base di quella attestata dal documento».

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che accompagna il passaggio da una generazione all'altra, quelle novità che andavano maturando negli ambienti graficamente più progrediti. In alcune mani, soprattutto notarili, si riconosce infatti ancora agli inizi del secolo XV un coerente 'sostrato cancelleresco' nelle ampie volute alla sommità delle aste di b, h, l e del tratto di sinistra della v iniziale, nel prolungamento curvilineo al di sotto del rigo del tratto finale di h, m, n, nell'apertura costante della grande ansa inferiore della g, nel doppio movimento con cui può essere eseguito l'occhiello della d, ma anche nei segni abbreviativi soprascritti sempre molto allungati, nell'aggiunta frequente di segni ornamentali, per lo più verticali o obliqui, alle maiuscole e nella esecuzione della nota tironiana per et in forma di un piccolo 2 molto rotondeggiante, infine, in generale quel chiaroscuro verticale più o meno accentuato che segnala l'uso di una penna relativamente morbida. Per questo tipo di scrittura (che cessa di essere usata dopo i primi decenni del secolo XV) ho continuato ad usare l'aggettivo 'cancelleresco'. Le cose cambiano nel periodo immediatamente successivo, quando scompaiono del tutto le volute alla terminazione dei tratti ascendenti e discendenti (tende a restare più a lungo soltanto quella che viene eseguita a prolungamento del tratto finale di h), la g ha per lo più, ma non sempre, l'occhiello inferiore chiuso, le maiuscole non presentano più i tipici trattini ornamentali della cancelleresca, la nota tironiana (ancora in forma di piccolo 2) è sempre più spesso sostituita dalla congiunzione scritta per esteso. Questa corsiva presenta però ancora la a chiusa di origine corsiva, è complessivamente inclinata verso destra, inoltre la d ha l'asta ripiegata verso sinistra e, quando è seguita dalla e, le curve contrapposte delle due lettere si sovrappongono quasi sempre, la 5 finale (ma spesso anche iniziale) è tracciata 'a sigma', e via dicendo. Il chiaroscuro non è costante, anzi spesso il tracciato si presenta molto sottile, perché evidentemente sono ormai molti coloro che adottano una penna più rigida, se addirittura non sono passati all'uso del calamo22. Per questo gruppo di scritture ho parlato di 'semigotica corsiva'o di'corsiva a base semigotica'. 22

Una testimonianza relativa al ritorno al calamo, che a Roma poteva essere d'importazione (e quelli provenienti da Creta dovevano risultare i migliori, riconoscibili per l'aspetto esteriore e per la qualità della temperatura), è in una lettera inviata il 24 settembre 1472 dal cardinale Iacopo Ammannati al nipote Cristoforo Am-

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Ho invece usato l'espressione 'corsive bastarde' per indicare quelle grafie che risentono in maniera evidente seppure con diversa intensità, o di una formazione dello scriba alla bastarda d'oltralpe o anche soltanto dell'influsso dovuto a qualche contatto certamente continuativo e non soltanto occasionale con ambienti o persone per i quali la bastarda transalpina era la scrittura d'uso: il primo caso è facilmente riconducibile alle numerose mani 'straniere' particolarmente attive in curia in determinati momenti del Quattrocento, il secondo soprattutto a quegli scrittori, in gran parte anche italiani, che vissero di persona l'esperienza conciliare di Costanza e di Basilea. Devo fare una precisazione, infine, anche a proposito delle scritture che generalmente vengono accomunate nell'unico tipo delle corsive umanistiche, per le quali preferisco operare la seguente differenziazione: indico come vere e proprie 'corsive umanistiche' quelle che, pur adottando nell'insieme la morfologia della antiqua renovate¡P (ma mantenendo una naturale predilezione per la a corsiva piuttosto che onciale, come d'altra parte già nella scrittura del Niccoli), presentano una spiccata propensione alle legature, una pronunciata inclinazione verso destra ed una tendenza a prolungare le aste di/e s al di sotto del rigo; mi sembra più opportuno parlare invece di 'cancelleresca all'antica' a proposito di quelle grafie, dal tracciato legato ma tendenzialmente diritto, che mostrano ancora il tipico gusto per la rotondità che caratterizza la cancelleresca del secolo precedente24, accompamannati, dove si legge: «Mitto tibi calamos decern Venetiis nuper allatos, puto Cretenses esse: color et magnitudo internodiomm et temptata temperatorio duritas ita indicant mihi»: IACOPO Ammannati Piccolomini, Lettere (1444-1479), a c. di CHERUBINI, Roma 1997 (Pubblicazioni degli Archivi di Stato. Fonti, XXV), III, 1617 lett. n0 596. 23 A questo proposito mi permetto di sottolineare la grande consapevolezza mo^ strata da Iacopo Ammannati verso le innovazioni grafiche dell'ambiente fiorentino d'inizio secolo, che certamente egli conobbe attraverso i suoi diretti maestri, com'è provato dall'esempio seguente: nello specimen da me offerto nella tav. 1 di Cherubini, Littera fusa et velox: riflessioni di un contemporaneo sulle corsive del periodo umani stico, «Scrittura e civiltà», 22 (1998), 295-317, al terzo rigo dell'annotazione da lui aggiunta con la sua caratteristica corsiva umanistica, veloce e sicura, l'Ammannati per ben due volte (nelle parole vis e ddneeps) corregge se stesso tracciando la 5 alta in fine di parola su precedente s'a sigma' in legamento, quest'ultima evidentemente per lui più spontanea. 24 Non mi sembra di essere in questo molto distante da quanto affermava Alessandro Pratesi recensendo (p. 47 della recensione) la sezione dedicata da Giulio Battelli alle scritture umanistiche in Nomenclature: «Infine egli [il Battelli] introduce opportunamente il termine di "umanistica di cancelleria" per denotare quella scrittura

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gnato spesso ad un ricorso piuttosto limitato alle abbreviazioni, e con nuclei relativamente piccoli in rapporto alle aste delle lettere; possono essere esemplificativi di questo genere (per restare nel campo del materiale pubblicato) le scritture di Cosimo Ferrini e di Iacopo Gherardi da Volterra per il cardinale Iacopo Ammannati25. Riservo invece, in accordo con quanto ormai sistematizzato da Armando Petrucci anche a livello manualistico, la definizione di 'italica' per le manifestazioni tardo-quattrocentesche e d'inizio Cinquecento che presentino almeno alcuni degli elementi che erano stati caratteristici della produzione di Antonio Sinibaldi, Bartolomeo Sanvito o Bartolomeo Scala e che verranno ripresi da Francesco Griffo per disegnare l'omonimo carattere a stampa per Aldo Manuzio26.

3. Fino al 1440 circa Pur tenendo presente, dunque, la grande difficoltà nel distinguere - e, di conseguenza, nel definire - le scritture corsive di ambito notarile e burocratico, è indubbio che, dal punto di vista grafico, a Roma il secolo XV si apre ereditando dal precedente forti reminiscenze cancelleresche; per il primo quarto di secolo si può parlare anzi di vera e propria 'cancelleresca'. È infatti ancora frequente la presenza delle tipiche bandiere alle aste di b, d, h, l e di entrambi i movimenti, destrogiro e sinistrógiro, per eseguire la parte superiore della d, ma all'interno di scritture caratterizzate, oltre che da a sempre del tipo corsivo, da r in due o in tre tratti, spesso anche dalla saldatura delle curve contrapposte, frequente in alcuni scriventi soprattutto - come si è detto - tra la d (sempre con asta inclinata) e la e (tav. XXIX)27. Aste

che, discendendo dalla gotica cancelleresca, mostra una semplificazione dei suoi elementi sul modello del tratteggio proprio della scrittura umanistica»; ma riconosco, come ho già fatto altrove, d'essere in questo caso debitore soprattutto nei confronti degli studi di Emanuele Casamassima. 25 Iacopo Ammannati Piccolomini, Lettere, I, taw. 8 e 11. 26 Petrucci, Breve storia della scrittura latina, Roma 1989,195-96; Petrucci, Breve sterna, Roma 1992", 194-96. 27 Si confronti ad esempio Archivio Segreto Vaticano (d'ora in avanti ASV), Camera apostolica, Introitus et Exitus, reg. 401: a r. 1 di f. 249v sono evidenti, ed immediatamente

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'a bandiera' si trovano (ma forse è uno degli ultimi casi) in un registro di conti delle genti d'arme degli anni 1437-38 e, d'altro canto, un certo gusto cancelleresco s'incontrerà ancora episodicamente in scritture non professionali d'epoca posteriore28. Il mondo degli scriventi romani è interamente dominato nel primo periodo da queste due scritture: la cancelleresca29, che in ambito librario è presente, almeno come confrontabili, i due diversi tratteggi della d\ è inoltre di gusto concelleresco il tratto orizzontale leggermente ondulato con cui inizia l'asta della lettera p. 28 Si veda quanto da me già osservato in Cherubini, Mercantesca romana, 378. 29 Corsive di tipo cancelleresco sono utilizzate a Roma naturalmente in maniera massiccia nella seconda metà del Trecento, ad esempio dai notai Francesco di Stefano Capogalli (ASR, Collegio dei notai capitolini, prot. n0 475: 1370) e Giovanni Paolo di Antonio Goyoli (ASR, Collegio dà notai capitolini, prot. n0 849: 1397). Su entrambi vedi I. Lori Sanfilippo, I protocolli notarili romani del Tronío, «Archivio della Società romana di storia patria», 110 (1987), 99-150; qui (115 e 117) e altrove - Il protocollo notarile di Lorenzo Staglia (1372), a e. di Lori Sanfilippo, Roma 1986 (Codice diplomatico di Roma e della regione romana, 3), XVII - analoga scrittura è variamente definita «goticheggiante» (quella di Paolo Serromanni in un protocollo del 1355), «una gotica minuscola [che] diventa man mano più corsiva e di modulo più piccolo» (di Antonio di Lorenzo di Stefanello de Scambiis) o «una comune minuscola notarile goticheggiante» (la scrittura di Lorenzo Staglia). Per i primi anni del secolo XV vedi, sempre a titolo meramente esemplificativo, le scritture di: Giovanni Paolo di Antonio Goioli (o Goyoli) nel protocollo del 1407 (ASR, Collego dei notai capitolini, prot. n0 848), ma anche nei due originali pergamenacei rispettivamente del 24 dicembre 1402 e del 28 agosto 1414 (ASR, Collezione delle pergamene, Roma - Olivetani in S. Maria Nova, cass. 30 n0 40, e ASR, Collezione delle pergamene, Roma - Ospedale della Consolazione, serie C, cass. 49 n0 26) ; Colutia Rentii lo(hannis) Cencii de Tybure in un documento del 23 gennio 1402 (ASR, Collezione delle pergamene, Roma - Clarisse in SS. Cosma e Damiano, cass. 19 n0 368); Petrus Nicolai Andree Signorilis in uno del 3 maggio 1400 (ASR, Collezione delle pergamene, Roma Olivetani in S. Maria Nova, cass. 30 n0 10); Antonias Laurentii Stephanelli de Scambiis in uno del 15 giugno 1400 (ASR, Collezione delle pergamene, Roma - Olivetani in S. Maria Nova, cass. 30 n0 17; su di lui vedi ancora Lori Sanfilippo, Iprotocolli)', Nicolaus Cole lohannis lordani in uno del 27 giugno 1400 e un altro del 13 gennaio 1403 (ASR, Collezione delle pergamene, Roma - Olivetani in S. Maria Nova, cass. 30 ni 18 e 44); Antonias magistri Pauli Angeli in tre documenti, del 7 luglio 1400, del 12 marzo 1402 e del 10 marzo 1408 (ASR, Collezione delle pergamene, Roma - Olivetani in S. Maria Nova, cass. 30 n1 20 e 31, cass. 30 bis n0 80); Nardus quondam Dominici lohannis Bonianni in uno del 27 maggio 1401 (ibid., cass. 30 n0 26); Dominicas Vannis Mathey de Viterbio in uno del 6 novembre 1401 (ibid., cass. 30 n0 28); Cecchus Natii Carli in uno del 10 marzo 1400 (ibid., cass. 30 n0 30); Salvatas Nicolai dello Mastro de Urbe in uno del 13 dicembre 1403 (ibid., cass. 30 bis n0 50); Petrus domini Iambi de Tybure in uno del 10 febbraio 1405 (ibid., cass. 30 bis n0 55); Petrus Paulus de Montanariis dell'll agosto 1406 (ibid., cass. 30 bis, n0 68); Quiricus quondam Roberti Gemini de Viterbio in uno del 27 agosto 1407 (ibid., cass. 30 bis n0 78); Laurentius quondam Nicolai Processi in uno del 29 novembre 1408 (ibid., cass. 30

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reminiscenza di un insegnamento neanche troppo lontano, nella corsiva semigotica di Stefano Baroncelli, esponente della piccola nobiltà romana autore della parte più consistente del Reg. lat. 352 (di sua mano sono circa i due terzi del manoscritto), soprattutto per la presenza delle aste a bandiera di A,-A ed l (eseguite però in maniera disarticolata, con stacco di penna) e per il modo tutto particolare di legare la doppia II che ricorda molto da vicino un analogo stilema presente nella mercantesca delle origini30, una scrittura che è però bis n0 86); Petrudus Matheuli Petri Petri in uno del 16 febbraio 1404 (ASR, Collezione delle pergamene, Roma - Ospedale della Consolazione, serie C, cass. 49 n0 23). Su Giovanni Paolo Goioli vedi anche Lori Sanfilippo, Notai e protocolli, in Alle origini della nuova Roma. Martino V (1417-1431). Atti del convegno, Roma 2-5 marzo 1992, a c. di M. ChiabÒ - G. D'Alessandro - Piacentini - Ranieri, Roma 1992 (Nuovi studi storici, 20), 413-453, passim. Ma si può dire che scrivono ancora in vera e propria cancelleresca i notai: Paolo di Pietro Francini (ASR, Collezione delle pergamene, Roma - Olivetani in S. Maria Nova, C2LSS. 30 n0 25, del 15 aprile 1401), Domenico di Vanni Matteo da Viterbo (ibid., n0 28, del 6 novembre 1401), Pietro Scriniari (ibid., n0 38, del 5 settembre 1402) e Giovanni Riccardini (ASR, Collezione delle pergamene, Roma - Umiliati e Benedettine in S. Cecilia in Trastevere, cass. 9 n0 8, del 22 settembre 1404, e n0 9, del 10 giugno 1425). Sui notai di questo periodo, più in generale, alcune brevi informazioni e un elenco sono in A. M. Gorbo, Relazione descrittiva degli archivi notarili romani, dei secoli XTV-XV nell'Archivio di Stato e nelVArchivio Capitolino, in Gli atti privati nel tardo Medioevo. Atti del convegno promosso dall'Istituto di Studi romani, dall'Università di Calgary e dal Centro accademico canadese in Italia. Roma, 16-18 giugno 1980, a c. di P. Brezzi e E. Lee, Roma 1984, 63-67; qualche cenno ora anche in Modigliani, I protocolli notarili per la storia di Roma del secondo Trecento, «R. R. Roma nel Rinascimento», (1995), 151-58. 30 Oltre alla mano del Baroncelli (per la quale vedi PETRUCCI, Storia e geografia delle culture scritte (dal secolo XI al secolo XVIII), in Letteratura italiana. Storia e geografia, vol. IL L'età moderna, II, Torino 1988, 1195-1292: 1249-50, e tav. 30; che aveva ricordato poco prima un altro scrivente romano del medesimo periodo trasferitosi a Figline Valdarno, tal Meo Ceffoni, cui si deve «una impacciata ed elementare corsiva schiacciata, che è assai difficile da classificare»: p. 1249), se ne riconoscono nel codice Reginense almeno altre due, che scrivono rispettivamente una gotica alquanto scoordinata nelle prime carte ed un'ordinata semigotica ai ff. llr-12v dove sono copiate alcune terzine della Commedia dantesca. Sull'opera del Baroncelli, oltre a P. D'Achille - C. Giovanardi, La letteratura volgare e i dialetti di Roma e del Lazio. Bibliografia dei testi e degli studi. I. Dalle origini al 1550, prefazione di G. PETROCCHI e F. Sabatini, Roma 1984, 36-37 n1 38-40, e 3840 n1 43-52, vedi anche G. Ersnt, Un ricettario di medicina popolare in romanesco del Quattrocento, «Studi Linguistici Italiani», 6 (1966), 139-48. Sulla figura del Baroncelli vedi Miglio, Cortesia romana, in Alle origini della nuova Roma, 311-28 (rist. in Miglio, Scritture, scrittori e storia. Città e corte a Roma nel Quattrocento, Roma 1993, 37-57): 314-15. Ho conservato la grafia «Baroncelli» invce di «Barocelli», come proposto da B. Miani, Sul testo del «Ricettario di medicina popolare in romanesco del Quattrocento, «Studi Linguistici Italiani», 10, n. s., 3 (1984), 247-50 (seguito in questo da C. COSTA, Rassegna di testi e studi

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ormai in via di estinzione durante il secondo quarto del secolo, e la semigotica corsiva - di cui un bell'esempio è nel Lamento che compose «Pa(o)lo de Petrone de Roma in carcere in Viterbo, 1420 del mese di maio e di giugno» (conservato nel codice Vat. lat. 4807)31 - che si osserva in gran parte delle scritture notarili32. Accanto a queste, sul romanesco antico dal 1984 al 1995, «R. R. Roma nel Rinascimento», 1995, 119-50: 132), perché la sua osservazione non mi pare probante: se è vero infatti che Stefano scrive sempre «Barocello» ai ff. 52v, 57v e 76v .(Miami, Sul testo, 247 nota 2) , è però anche vero che egli scrive regolarmente «Sigiore» con evidente omissione del segno abbreviativo per la nasale in luogo di «Sig(n)iore» (si veda ff. 76v, 77r e 80r), e allo stesso modo «In sigio s(an)c(t)i crucis» (f. 78r), oppure «benigia» per «benig(n)ia» (f. 80v) e «Ave croce vera sancta, lengio che sostenesti» (f. 77r). 31 La semigotica del Petrone (per il quale vedi, oltre, il testo relativo alla n. 39) è qui del tutto priva di elementi cancellereschi, se si fa eccezione per qualche rara d avente l'asta ripiegata a frusta con movimento sinistrógiro. Per il Lamento, edito con introduzione storica da C. CORVISIERI, Varietà, «Archivio della Società romana di storia patria», II (1879), 491-97, e successivamente anche da A. Medin - L. Frati, Lamenti storici dei secoli XIV, XV e XVI, II, Bologna, 1888, 1-12, vedi D'ACHILLE - GlOVANARDl, La letteratura volgare, 42 n0 58. 32 Presentano una corsiva su base semigotica, priva degli elementi tipici della cancelleresca, i due protocolli, del 1425 e del 1431, di Giacomello di Stefano Capogalli, fratello probabilmente più giovane di Francesco Capogalli, dal quale la sua scrittura si differenzia notevolmente (ASR, Collegio dà notai capitolini, prott. n1 478 e 480; anche su di lui vedi Lori Sanfilippo, I protocolli, 111-12, nonché, per entrambi, Lori Sanfilippo, Notai e protocolli, passim, in particolare p. 442, dove, a proposito proprio del prot. n0 478, viene messa in evidenza la notevole diversità della grafia di un altro componente della famiglia, Pietro Capogalli, che è «una scrittura corsiva e disordinata, modulo piccolo, ben differente da quella di Giacomello posata e ancora con qualche elemento goticheggiante»). Ma si potrebbero aggiungere gli originali pergamenacei vergati da: Petrus Paulus Martini Cyncii il 5 giugno 1400 (ASR, Collezione delle pergamene, Roma - Olivetani in S. Maria Nova, cass. 30 n0 16); Paulus Nicolai domini Andree de Indice il 23 marzo 1402 {ibid., cass. 30 n0 33); Leonardus lotii Lelli Mastri il 13 agosto 1403 {ibid., cass. 30 bis n0 47); Petrus Paulus Tucii il 20 settembre 1403 {ibid., cass. 30 bis n0 48); Egidius Sanse il 14 marzo 1406 {ibid., cass. 30 bis, n0 63); Leonardus Nicolai de Buchamatiis il 22 settembre 1406 {ibid., cass. 30 bis n0 70; anche su di lui vedi Lori Sanfilippo, Notai e protocolli, passim), forse anche Laurentius Staxii de Urbe il 12 giugno 1407 {ibid., cass. 30 bis n1 74-75: vedi Lori Sanfilippo, Notai e protocolli, passim); Stephanus Pauli Agneli scriniarii il 29 aprile 1416 (ASR, Collezione delle pergamene, Roma - Ospedale di S. Giacomo, cass. 43 n0 34); Nicolaus quondam Nudi Petri magistri Ray(mun)di il 15 febbraio 1429 (ASR, Collezione delle pergamene, Roma - Arciospedale del S. Spirito in Saxia, coll. B, cass. 64 n0 256); e inoltre lo scrit-tore che verga per conto di Petrus Paulus Lelli Pauli il 27 febbraio 1429 e il 16 giugno 1432 {ibid., cass. 64 n1 257 e 263); Matzeus magistri Franàsci il 26 agosto 1432 a Nerola pur dichiarandosi «civis Romanus» (ASR, Collezione delle pergamene, Roma Ospedale di S, Giacomo, cass. 43 n0 35); Antonius Pauli Nardi il 2 giugno 1438 {ibid., cass.

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l'anonimo notaio che esegue il 25 maggio 1406 la copia di un documento del Io giugno 1400 per il monastero di S. Maria Nova adopera una regolarissima semigotica di tipo sostanzialmente librario33 ed in elegante semigotica libraria - ma con alcuni elementi tipicamente cancellereschi (¿Z, h ed / con aste 'a bandiera') e, soprattutto con il primo rigo tutto in caratteri esageratamente allungati - è un decretum emptionis ab omnibus gabellis emesso da «Lellus Alerii de Cinciis, Gualterius domini Tadei legum doctor, Petrus Bascaglerii de Thedalinis, Nardus spetiarius, Diotaiuti Stephanacii, Johannes Petrucii Vulgaminis, Petrus Tartaro, lohanes Gnafri et Catagna de Calvis gubernatores libertatis et rei publice Romanorum» in favore dello stesso monastero, decreto vergato da Nicola Signorili il 25 dicembre del 140434. La scrittura più in uso già in questo periodo, ma che perdura fin oltre la metà del secolo, da identificare quasi di certo con la grafia che veniva presumibilmente insegnata a livello poco più che elementare, è dunque una semigotica diritta, eseguita con penna a punta rigida e quindi con assenza pressoché totale di chiaroscuro, con aste di/ed 5 discendenti sotto il rigo quasi mai raddoppiate, d sempre con asta obliqua ma priva ora dell'occhiello superiore, -s maiuscola in fine di parola eseguita preferibilmente in legatura e in forma di sigma (tav. XXX). Così scrivono il notaio capitolino Nicolò degli Scriniari che roga due documenti il 23 e il 25 gennaio 140035, il chierico della Camera apostolica Niccolò Della Valle attivo per quasi quarantanni, 43 n0 36); Marianus lohannis Sancii Sanctoli Petri Berte il 19 novembre 1438 (ASR, Collezione delle pergamene, Roma - Arciospedale del S. Spirito in Saxia, coll. B, cass. 64 n0 271; ma lo ritroveremo in seguito come scrittore di molti registri delle dogane nei conti della Camera Urbis); Antonias Pauli Nardi il 2 giugno 1438 (ASR, Collezione delle pergamene; Roma - Ospedale di S. Giacomo, cass. 43 n0 36). 33 ASR, Collezione delle pergamene, Roma - Olivetani in S. Maria Nova, cass. 30 n0 13. 34 ASR, Collezione delle pergamene, Roma - Olivetani in S. Maria Nova, cass. 30 bis n0 61; una copia meno calligrafica del medesimo documento, anch'essa di mano del Signorili, è ASR, Collezione delle pergamene, Roma - Olivetani in S. Maria Nova, cass. 30 bis n0 60. È interessante anche il caso di un documento rogato il 23 settembre 1403 a Tivoli da Andreas Simonis di Tybure il quale inizia a scrivere in una semigotica posata, di un tipo che si potrebbe tranquillamente definire librario, con cui arriva fino alla metà del rigo 11, dopo di che la sua scrittura (non sembra esserci cambio di mano) diventa sempre più veloce e fluente per apparire in tutto, alla fine del documento, una semigotica corsiva (ASR, Collezione delle pergamene, Roma - Olivetani in S. Maria Nova, cass. 30 bis, cass. 30 bis n0 49). 35 ASR, Collezione delle pergamene, Roma - Olivetani in S. Maria Nova, cass. 30 n1 3 e 5.

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dal 1418 al 145636, ed il notaio e copista Giovanni di Matteo Salvetti del quale si dirà più avanti. In alcuni casi sembra di poter indovinare, dietro le scritture quasi identiche dei documenti, un insegnamento grafico effettuato forse a livello 'familiare', come nel caso dei notai Antonio di Francesco e Paolo di Antonio Musciani, plausibilmente padre e figlio, entrambi attivi tra la fine degli anni '30 e la fine degli anni '40 e quindi proiettati già verso il pontificato di Niccolò V37. Notevole in questo ambito è l'uso di una E maiuscola in forma di epsilon nell'autentica di un documento del 27 novembre 1418 effettuata dal notaio Antonio Sinibaldi il 29 novembre 144538, che, al pari di quanto si rileva in un altro documento rogato da Paolo di Lello Pe-

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Di lui restano soprattutto numerosi giudizi contabili autografi posti alla fine di registri (o di singole parti di registri) presentati in Camera apostolica alla scadenza del rispettivo esercizio finanziario (ASV, Camera apostolica, Introitus et Exitus, regg. 379, passim; 381, ff. 145r e 179v-180r; 382, passim, ecc., ma molti anche i registri da lui presi in esame oggi conservati nelle serie camerali dell'Archivio di Stato di Roma). Sulla scrittura di Niccolò Della Valle si veda Frenz, Das Eindringen, 19 (1973), 392, e Cherubini, Mercantesca romana, 347. 37 Testimonianze grafiche di Antonias Francisci e di Paulus Antonii de Muscianis sono rispettivamente in ASR, Collezione delle pergamene, Roma - Ospedale della Consolazione, serie C, cass. 49 n0 39 (1445 ottobre 17), per quanto riguarda Antonio, e ASR, Collezione delle pergamene, Roma - Arciospedale del S. Spirito in Saxia, coll. B, cass. 64 n1 270 (1438 giugno 7) e 272-75 (tre documenti del 15 e uno del 16 dicembre 1438), per Paolo. Un documento di quest'ultimo, del 13 settembre 1447, è segnalato da G. Barone - A. Piazzoni, Le più antiche carte delVArchivio del Gonfalone (1267-1486), in Le chiavi della memoria. Miscellanea in occasione del I centenario della Scuola vaticana di pa leografia diplomatica e archivistica, Città del Vaticano 1984 (Ditterà antiqua, 3), 17-105: in particolare alle pp. 62-63 n0 94. Per quanto riguarda il tema della professione 'familiare' di molti notai, sul quale si tornerà in seguito, per la situazione tardo trecentesca vedi Lori Sanfilippo, I protocolli, 132. 38 ASR, Collezione delle pergamene, Roma - Ospedale della Consolazione, serie C, cass. 49 n0 28: «Et ego Antonius de Sinibaldis civis Romanus Dey [sic] gratia imperiali auctoritate notarius predictum scriptum exemplatum fìdeliter sumpsi et exemplavi de libris et protocollis I dicti quondam Pauli Laurentii publici notarii prout in dictis libris et protocollis inveni nil addito vel minuto, quod substantiam mutet vel variet intellectum, nisi forte litteram vel I silabam [¿¿c] que substantiam mutare non habent. et ad fidem et roborat(ionem) predictorum me hic subscripsi signumque meum apposui consuetum. Sub annis Domini millesimo CCCC0 XLV, indictione VIIIP, I die *** [la data 29 novembre si ricava dalle autentiche dei tre notai che precedono la presente ], tempore pontifìcatus sanctissimi in Christo patris domini, domini Eugenii divina providentia papae quarti, anno eius quintodecimo».

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PAOLO CHERUBINI

troni il 26 ottobre 144839, non può ancora essere ricondotto al più generale recupero delle lettere maiuscole cosiddette 'alla greca' come avverrà solo più tardi e dapprima soltanto nell'Italia padana40; è, questo, uno stilema noto anche in curia dove s'incontra in un registro di Eugenio IV del 1443-1444 tenuto da Bartolomeo Roverella41, ma che in città ho rinvenuto finora soltanto nella scrittura di tre notai romani, l'ultimo dei quali è Pacifico Pacifici che ne fa sfoggio nella sottoscrizione a un documento del 16 aprile 149342. Una scrittura d'impianto genericamente semigotico occupa anche gran parte dei volumi della contabilità camerale43, accanto a bastarde corsive dovute certamente a scriventi transalpini, le più numerose eseguite ancora in Avignone44, le altre a Roma, le quali in ogni caso 39

ASR, Collezione delle pergamene, Roma - Arciospedale del S. Spirito in Saxia, coll. B, cass. 64 n0 294. Sul Petroni vedi Lori Sanfilippo, Notai e protocolli, passim, in particolare a p. 444, dove, a proposito di ASR, Collegio dei notai capitolini, prot. n0 938 da lui vergato, osserva che «da f. 48r la scrittura cambia, diventa più corsiva e meno legata a canoni tradizionali». 40 Si veda PETRUCCI, Scrivere alla greca nelVIialia del Quattrocento, in Scritture, libri e testi nelle aree provinciali di Bisanzio, a c. di G. Cavallo - G. De Gregorio - M. Maniaci, II, Spoleto 1991 (Biblioteca del Centro per il collegamento degli studi medievali e umanistici dell'Università di Perugia, 5), 499-517, e, per la diffusione di questo tipo di lettere, in particolare proprio della e in forma di epsilon, nel tardo umanesimo italiano e specificatamente nella scrittura del Poliziano, Supino Martini, La scrittura di Angelo Poliziano, in Agnolo Poliziano poeta scrittore filologo. Atti del conve gno Intemazionale di Studi. Montepulciano 3-6 novembre 1994, a c. di V. Fera e M. Martelli, Firenze, 1998, 223-44: 232; più in generale vedi A. Fontani, Le maiuscole greche antiquarie di Giano Lascaris. Per la storia delValfabeto greco in Italia nel '400, «Scrittura e civiltà», 16 (1992), 77-227, in particolare le pp. 79-80 per il loro uso all'interno della scrittura latina. 41 Uno specimen in Frenz, Das Eindringen, 19 (1973), tav. III/3, da ASV, Registri vaticani 361, f. 224r. 42 ASR, Collezione delle pergamene, Roma - Umiliati e Benedettine in S. Cecilia in Trastevere, cass. 9, n0 19. 43 Si vedano, ad esempio, ASV, Camera apostolica, regg. 379, 381 e 390; ASR, Camerale I, Mandati, regg. 824-834, 835 (solo parzialmente), 836 ecc.; ASR, CameraleI, Spese minute di Palazzo, reg. 1468 (di Francesco da Padova cubiculario di Eugenio IV: 1433-1435); ASR, Camerale I, Fabbriche, reg. 1501 (mano di Domenico di Francesco da Perugia: 14371439); ASR, Camerale I, Conti della depositeria generale, reg. 1752, ecc. 44 Sono certo scritti ad Avignone i due registri ASV, Camera apostolica, Introi tus et Exitus, 387-388, degli anni 1413-1416 e 1417. Si osservi a questo proposito che per Frenz, Das Eindringen, 19 (1973), 397, la scrittura degli Introitus et Exitus resta interamente gotica: ciò naturalmente perché l'analisi dello studioso austriaco si fonda sulla mera contrapposizione, a mio giudizio un po' troppo riduttiva, tra gotica e umanistica.

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CULTURA GRAFICA A ROMA

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non si spingono troppo oltre i primi anni del terzo decennio45 (forse l'ultima vera e propria bastarda è quella del notaio camerale Mileto Thenini agli inizi degli anni '40)46. È interessante notare, in alcuni dei registri in semigotica e bastarda di questo periodo, la presenza di titoli in gotica testuale di grande formato e dal tratto pesante insieme a maiuscole di tipo gotico-cancelleresco47. Non vi è traccia, in questo primo periodo - fino all'incirca al 1440 di umanistica nei registri d'ufficio né tanto meno nelle carte notarili, a conferma di quanto già affermato dal Cencetti48 e ribadito dal Frenz (per il quale però le prime avvisaglie della penetrazione dell'umanistica in curia, e segnatamente nella scrittura dei brevi, si avvertono già negli ultimi anni di permanenza della corte pontificia a Firenze con Eugenio IV)49, per cui è veramente da considerare un'isolata eccezione la padronanza della nuova scrittura (ma ancora con un notevole uso di abbreviazioni) da parte di Cencio Rustici nel secondo decennio

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Bastarde quasi certamente di mano italiana occupano, ad esempio, gran parte dei registri ASR, Camerale 7, Quietanze per minuti servizi, 1113 (1417-1421), 1114 (1423-1426), 1115 (1428-1430), 1116 (1428-1431), 1117 (1430-1433), 1118 (1431-1434); negli ultimi due è sempre maggiore però la prevalenza di semigotiche corsive italiane con elementi di bastarda sulle vere e proprie bastarde d'oltralpe. Semigotiche corsive con gusto bastardeggiante sono inoltre in ASR, Camerale Iy Ufficiali camerali, regg. 1712 (1431-1432) e 1713 (1440-1447). 46 Vedi il reg. 1120 (1437-1441) e la prima parte del reg. 1121 (1443) di ASR, Camerale I, Quietanze per minuti servizi. 47 E quanto si osserva nel reg. 388 di ASV, Camera apostolica, Introitus et Exitus, contenente i «Computa guerrae Bononiae» del 1429, di cui non si conosce l'estensore materiale nonostante la lunga titolazione in volgare presente a f. 6r che ricorda nel dettato quelle tipiche dei libri di mercatura: «Al nome dell'onnipotente Dio et de la sua gloriosa madre madonna sancta Maria et de li beati appostoli misser s (aneto) Pietro et de misser s(ancto) Paulo et de tucta la corte cellestiale, qui in questo libro rosso scriverò tucti li saldi in somma di zaschuno homo d'arme et fante a pe' levato dal libro del conto di soldati, e similmente tucte le intrate pervenute in le mane del nostro reverendissimo monsignore lo governadore levate dal dicto libro del conto, comenzato a dì primo de luglo per la guerra di Bologna». 48 Cencetti, Lineamenti, 249-250. 49 Frenz, Das Eindringen, 20 (1974), 448: il cambiamento si noterebbe soprattutto nelle mani dei collaboratori di Flavio Biondo e di Bartolomeo Roverella. Più avanti, trattando della scrittura di Johannes Cosida (p. 456), il Frenz osserva poi che, al tempo di Callisto III, si cominciano a trovare a Roma scrittori che padroneggiano la corsiva umanistica del tipo del Niccoli: l'osservazione necessita però, a mio giudizio, di un'approfondita verifica.

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del secolo50. Fa invece ora la sua comparsa la mercantesca51, le cui prime testimonianze risalgono alla fine degli anni venti, ma sono tutte in registri di compagnie fiorentine che operano in qualità di depositari per Martino V ed Eugenio IV. Come di recente ho avuto modo di mostrare, la mercantesca viene usata da personale interno alla curia soltanto dopo la creazione della computisteria generale della Camera apostolica, avvenuta al tempo dell'esilio fiorentino di Eugenio IV52, un ufficio che sarà sempre saldamente in mano a personale dapprima soltanto fiorentino, poi anche umbro, emiliano e marchigiano, ma mai romano53. A Roma la mercantesca fu usata da scriventi romani soltanto sporadicamente; è il caso del mercante Paolo de' Massimi che peraltro ebbe con ogni probabilità l'occasione di apprendere tale scrittura in Toscana nell'ambito di un insegnamento specializzato comprensivo delle più moderne tecniche di contabilità aziendale54.

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Vedi G. Lombardi, Note su Cencio dei Rustia, in Scrittura, biblioteche e stampa ... 1982, 23-35: 31-32 e tav. 1. 51 Un quadro generale della presenza a Roma nel '400 della mercantesca e del suo uso da parte di scriventi romani è in Cherubini, Mercantesca romana, citato. 52 Vedi: ASV, Camera apostolica, Introitus et Exitus, reg. 384 (1426-1428): « Dalla Camera appostolica a dì 1111° di settembre ebbi io Antonio da Pescia per nome di Bartolomeo de' Bardi depoxitario ...» (f. Ir); reg. 391 (1431-1433); reg. 392 (1431-1433): «In questo libro scriberemo noi Chosimo e Lorenzo de' Medici e chompagnia di chorte di Roma tutti i denari riceveremo per la Chamera appostolica di nostro signore papa Eugenio Quarto chominciando questo dì X di giugno 1431 in defalchagione di denari abiamo prestati a detta Chamera, chôme appare a sengnamento ...» (f. Ir); reg. 394r (1436) ancora della compagnia dei Medici; ASR, Camerale I, Conti della depositeria generale, reg. 1753 (1428), di nuovo i conti di Antonio da Pescia per Bartolomeo de' Bardi depositario generale. Noto per inciso che la contabilità relativa al comune di Borgo San Sepolcro del medesimo torno di anni è scritta in una semigotica molto diritta ed ordinata, invece che in mercantesca come ci si aspetterebbe trattandosi in pieno d'area toscana, probabilmente perché dovuta alla mano di un notaio (ASV, Camera apostolica, Introitus et Exitus, reg. 394a, degli anni 1431-1433, «... scriptus, editus et compositus per me Michelangelum luliani de dicto Burgo ... notarium», f. Ir). Il fatto mi sembra degno di essere considerato perché, in un tempo di poco successivo, a Firenze, troveremo invece addirittura un notaio, il fiorentino Antonio di ser Pietro Guidoni, che scrive in mercantesca per completare (a cominciare da f. 83r) un registro di conti camerali del 1443, tenuto in precedenza, in una splendida mercantesca pura, da «Antonias lohannis canonica Florentinas ac prior Sánete Marie Maioris de Florentia» (ASR, Camerale I, Collettorie, Toscana, b. 1226, reg. 171.15). 53 Cherubini, Mercantesca romana, 364-72. 54 Cherubini, Mercantesca romana, 353-60.

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CULTURA GRAFICA A ROMA

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4. Dai primi anni 540 alla fine del pontificato di Pio li Il periodo che va dairinizio degli anni '40 all'incirca alla fine del pontificato di Pio II è regno quasi incontrastato, in ambito burocratico e notarile, della semigotica corsiva formatasi nel periodo precedente (tav. XXXI), di cui un bell'esempio è fornito dal Registro degli Officiali del Comune di Roma (Roma, Biblioteca Angelica, 308) scritto dallo scribasenato Marco Guidi durante il pontificato di Niccolò V, ma proseguito durante quello di Callisto III55. All'interno di tale tipo di scrittura si affacciano soluzioni particolarissime nelle quali si riconosce una formazione del tutto estranea alla tradizione italiana, spesso dichiaratamente iberica come nei registri tenuti da Luis de Garsiis56, Juan Cosida57 o da Pietro Clementi (o di Clemente), segretari ed ufficiali di Callisto IH58, ma anche in alcuni registri della contabilità capitolina, come quelli tenuti da lohannes Cathala per il 1456-145759 e in altri anonimi libri di conti delle soldatesche per i medesimi anni60. Tende invece a scomparire la corsiva con impronta della bastarda transalpina, 55

M. P. Critelli, Modelli ed invenzione nella scrittura di Marco Guidi, in Scrittura, biblioteche e stampa a Roma nel Quattrocento. Aspetti e problemi. Atti del seminario 1-2 giugno 1979, a c. di C. Bianca - Farenga - Lombardi - A. G. Luciani - Miglio, Città del Vaticano 1980 (Littera antiqua, 1/1), 65-72 e taw. 6-8. 56 Si veda ASV, Camera apostolica, Introitus et exitus, reg. 413. Si tratta di conti tenuti dal tesoriere generale Francesco da Padova insieme con Tommaso Spinelli, ma scritti materialmente dal notaio Pietro Parviiohannis; la scrittura del de Garsiis è presente in numerosi 'visti' apposti accanto alle partite contabili ed è caratterizzata da frequenti g 'ad alambicco' e d in un solo tempo in forma di 0 spesso con tratto finale discendente sotto il rigo di base e ripiegato verso sinistra con valore di d(e). 57 I conti del Cosida sono in ASV, Camera apostolica, Introitus et exitus, regg. 432d, 433435 e 437-438. La scrittura degli ultimi due registri è probabilmente dovuta a due mani diverse (le stesse che si ritrovano nei registri 441 e 440, il primo contenente conti di Ambrogio Spannocchi), ma è comunque caratterizzata dalla presenza di numerose d in forma di 0 che legano regolarmente a destra e dal segno abbreviativo per la desinenza -us in forma di 9. Per il Cosida vedi Frenz, Das Eindringen, 20 (1974), 384, dove l'A. ritiene di riconoscere già nella scrittura del Registro Vaticano 463, che è per l'appunto un registro camerale del Cosida, una scrittura umanistica o comunque una scrittura fortemente influenzata dalla umanistica, e p. 456. 58 I registri ASR, Camerale I, Conti della depositeria generale, 1758-1759 sono due libri extraordinarii, relativi agli anni 1455-1457, dei conti dello Spannocchi, ma sembrerebbero di mano del Clementi, che è detto qui 'soldano pontificio'. 59 ASR, Camerale I, Camera Urbis, regg. 335-336. 60 ASR, Conti delle soldatesche e galere, Conti straordinarii, b. 385, regg. 1-3.

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PAOLO CHERUBINI

che era stata fortement^ rappresentata negli anni successivi allo scisma e al concilio di Basilea61. Per quanto riguarda la semigotica corsiva, essa svolge a Roma, tra l'altro, il ruolo che in Toscana è affidato di solito alla mercantesca: abbiamo, perciò, libri di conti impostati 'alla mercantesca' con la tipica impaginazione e il frontespizio con invocazione in volgare, ma scritti interamente in semigotica corsiva62; è significativo inoltre che per i titoli - nel caso, ad esempio, in cui si presenti la necessità di scrivere i nomi dei rioni della città o delle rocche dello Stato - venga usata in questi casi ancora la gotica libraria63. La gotica e la semigotica sono ancora, d'altronde, le scritture maggiormente presenti anche in ambito librario: potrebbe bastare per tutti il caso della Summa di Raimondo di Peñafort che tal Giovanni da Sutri 'minorista', un francescano dunque, nel 1453 terminò di scrivere in Orte, dov'era stato costretto a rifugiarsi perché perseguitato da Niccolò V64; ma non riesce a staccarsi del tutto dalla semigotica neppure quel lohannes lacobi da Civita Castellana che tra il 3 agosto ed

61

Una vera e propria bastarda, ma molto corsiva, si trova ancora, in questo periodo, soltanto nella prima parte (fino a f. 51r) di ASV, Camera apostolica, Introitus etExitus, 432 (il volume è costituito da più registri riuniti insieme). 62 Vedi ASR, Conti delle soldatesche e galere, Conti straordinari, b. 384 reg. 1, che è un libro mastro delle galere dell'anno 1455 «... scritto per me lo(anni) laco de Roma [...], per me Io (anni) Iacopo ... di comandamenti del nobile homo [Io (anni) Coppone]» (f. 2r, mutilo e lacerato in più punti; il nome integrato nella lacuna si ricava dal foglio precedente). 63 E quanto si osserva, ad esempio, nel foglio di guardia di ASR, Camerale I, Camera Urbis, reg. 81 (che però è scritto in mercantesca). Particolare è invece il caso di due registri delle soldatesche (ASR, Conti delle soldatesche e galere, Conti straordinari, b. 81 reg. 5 e b. 82 reg. 1), vergati in un'ordinatissima semigotica dal notaio Antonio Ponziani (suo è il signum apposto a f. 9r del reg. 5 di b. 81 e a f. 314v del reg, 1 di b. 82), che si aprono entrambi con un bifoglio pergamenaceo recante i titoli delle singole partite in elegante textualis e con grandi iniziali a colori alternati rosso e blu, secondo un gusto tipicamente gotico. 64 Chig. E VI 181, scritto in gotica di piccolo formato, molto regolare. A f. 205v è la lunga sottoscrizione con il riferimento ai fatti: «Scriptum Orti hoc opus per me lohannem minoristam ohm Sutrinum nunc vero exulem per sanctissimum dominum nostrum Nicolaum papam Quintum et sub nimia persecutione, die sexta mensis octobris, completum annis 1453. Cuius est opus, sit particeps celi totus. Amen. Laus Deo, Marie Virginis, Francisco Seraphico. Deo gratias. Amen» (si veda BÉNÉDICTINS DU BOUVERET, Colophons, III, 513 n0 11595).

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Tav. XXXIII: Roma, Archivio di Stato, Camerale I, Fabbriche, registro 1506, f. 93r: scrittura di Niccolò Giganti (1475).

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Tav. xxxiv: Roma, Archivio di Stato, Camerale /, Tesoreria provinciale di Campagna. Lazio Marittima, busta 3, registro 12, f. 247v: scrittura di Falcone Sinibaldi (1478-1480).

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II giudizio dello storico Accinelli è citato da Musso, La cultura genovese, 52-55. Per la benevolenza papale verso i Campofregoso, Pastor, Storia dà papi, 331. Sul loro breve e travagliato dominio sull'isola F. Perasso, Genova e la Corsica nella II metà del

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L'AMBIENTE CULTURALE A SARZANA

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realtà il conferimento del possesso feudale dell'isola a Ludovico, diventato nel frattempo doge, avviene nel gennaio 1450, scatenando le proteste di Alfonso d'Aragona e della stessa Genova, che si rifiutano di subire le trame ordite dal papa e dal Campofregoso alle loro spalle46. E forse proprio la consonanza d'interessi con Niccolò V, da taluni interpretata come succube acquiescenza alla politica papale, è una delle cause che contribuiscono ad alienargli le simpatie dei genovesi e a privarlo del dogato in questo stesso anno47. Ma ritorniamo all'ambiente sarzanese che la signoria dei Campofregoso, più o meno palesemente sostenuta dal pontefice, apre a prospettive culturali e politiche più ambiziose ed innovative, valorizzando le potenzialità locali48, inserendo la città in una fitta rete di rapporti politico-culturali e circondandosi di persone abili e colte, in grado di avviare alle lettere, al diritto, al notariato, alle carriere amministrative altri giovani, coloro che potremmo definire la seconda generazione di sarzanesi, sui quali ebbero presa anche l'umanesimo cristiano e altre iniziative di Niccolò V e dei suoi congiunti. A parte Niccolò Campofregoso, esperto nelle lettere e protettore di letterati, celebrato per la cultura e la munificenza dal Bracelli, dall'Astesano, dal Filelfo, dal Piccolomini49, o gli esperti di diritto Giovanni Oddone vicario di Tommaso nel 1422 ed Emanuele Scarampi, ricordati per il loro amore per le lettere, che al pari di Niccolò si trasferirono a Genova50, si possono ricordare altre persone rimaste a Sarzana, espressione della crescita e

Quattrocento, in Genova, la Liguria e VOltremare tra medioevo ed età moderna. Studi e ricerche d'archivio, I, Genova 1974,^1-120. 46 Su queste trame tra il pontefice ed il Campofregoso G. Zippel, Ludovico Foscarini ambasciatore a Genova nella crisi dell'espansione veneziana sulla terraferma (1449-1450) , in «Bullettino dell'Istituto storico italiano per il medioevo», 71 (1959), 187, 201-202. 47 Sulle circostanze della deposizione A. Giustiniani, Annali della Repubblica di Genova, Genova 18542, 380. Si veda anche A. BORLANDI, Ragione politica e ragione di famiglia nel dogato di Pietro Fregoso, in La storia dei genovesi, IV, Genova 1984, 353-74. 48 F. Poggi, Nota circa il dominio dei Campofregoso a Carrara, «Atti della Società Ligure di Storia Patria», 54 (1926), 141-64; F. Sassi, Signorie liguri: I Campofregoso in Lunigiana, «Giornale storico e letterario della Liguria», n.s. 4 (1928), 210-21. 49 G. Balbi, L'epistolario di Iacopo Bracelli, Genova 1969, lett. 28, 73-74 con bibliografìa. 50 P. Vayra, Epistole di Antonio Astesano a genovesi, «Giornale ligustico», 17 (1890), lett. XVII, 286-87, a Giovanni; lett. XXVI, 295-96, ad Emanuele.

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GIOVANNA PETTI BALBI

dell'autocoscienza di una classe borghese sulla quale continuano ad avere presa la professione notarile ed il diritto più che le humanae litterae. Si segnala in particolare il notaio Iacopino di Andrea Griffi, legato ai Campofregoso ed ai Parentucelli, il quale ha un importante ruolo nella vita culturale della città. In possesso di un cospicuo patrimonio di libri di uso professionale, ma anche di autori classici, tra i quali Ovidio e Lucano custoditi in studiolo, nel 1466 lega al convento di San Francesco di Sarzana omnes textos suos et omnes alios libros legales pro inceptione librarie dicti conventus, oltre un organo51. È questa una chiara manifestazione di mecenatismo, la volontà di partecipare ad altri la scienza consegnando i propri libri ad un'istituzione cittadina impegnata sul territorio nel settore scolastico52. Si ricordano anche Giovanni della Porta, nel 1429 podestà di Trebbiano, sempre alla ricerca di nuovi testi attraverso il prestito degli amici; Antonio Villa, assoldato nel '38 come maestro e cancelliere, amante delle lettere53; il dottore in legge Bartolo di Godano, anziano del Comune che nel 1467 oltre i soliti libri legali possiede un Senofonte ovviamente tradotto ed un liber habens in se multas epístolas54; Cesare Bonaparte che nel '33 si trova in studiolo castri Sarzanelli di Tommaso, poi giudice, anziano del Comune, impegnato nel '65 nel sostenere la nomina di Sarzana a città, in rapporti epistolari con l'Ivani, nel '73 riformatore della matricola dei notai locali insieme a Giovanni Antonio Griffi e ad Antonio Ivani55; lo stesso Giovanni Antonio Griffi, vir eruditus a detta dell'Ivani, cancelliere del comune e del cardinale Calandrini nella marca d'Ancona56 o ancora Giovanni Meduseo, in possesso di una fornita biblioteca, dal '57, salvo qualche pausa all'è-

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Neri, Intorno ai protocolli, 24, 28-36. Si può ricordare che all'inizio del secolo erano stati i francescani a cedere in affitto a maestro Ugolino la casa da lui trasformata in scuola convitto: vedi qui an. 11. 53 Mannucci, L'operosità umanistica, 166-67. 54 Neri, Note sarzanesi, 62. 55 Neri, Note sarzanesi, 167; R. Fubini, Antonio Ivani da Sarzana: un teorizzatore del declino delle autonomie comunali, in Egemonia fiorentina ed autonomie locali nella Toscana nordoccidentale del primo Rinascimento, Pistoia 1978, ora in Italia quattrocentesca. Politica e diplomazia nell'età di Lorenzo il Magnifico, Milano 1994, 150. 56 Neri, Intorno ai protocolli, 25-26. 52

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L'AMBIENTE CULTURALE A SARZANA

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stero, maestro nella natia Sarzana ove, coadiuvato da un ripetitore per i principianti, tenta d'impartire un insegnamento più completo che esula dalle semplici nozioni elementari di base57. L'Ivani ed il Meduseo sono i più celebri tra questi sarzanesi, anche per la complessità delle vicende biografiche e per la molteplicità dei loro impegni: esulano però dal nostro quadro e l'Ivani in particolare, cresciuto all'ombra del cardinale Calandrini, si inserisce in una diversa temperie culturale in cui le lettere, l'umanesimo, i classici diventano vero patrimonio di vita, modello di elevazione non solo culturale, opportunità per aspirare a posizioni sociali, politiche e culturali sempre più prestigiose non solo in ambito municipale. Tuttavia proprio le loro biografie rivelano che la circolazione dei libri e delle idee, la partecipazione alla nuova vita culturale, rimangono a Sarzana, come altrove, un fenomeno elitario, limitato alle poche persone ammesse alla corte signorile dei Campofregoso, senza che si producano sostanziali mutamenti nelle condizioni spirituali e nella situazione culturale della collettività. Nella città continua tra molte difficoltà ad insegnare un «maistro de scola» pagato sulle entrate pubbliche, confermato nel 1448 da Giano Campofregoso, doge di Genova e signore di Sarzana a seguito della vendita in suo favore della signoria da parte dello zio Tommaso, mentre per l'anno seguente il doge impone come maestro ser Antonio di Castiglione del Terziere58, prima che dal '57 venga assoldato Giovanni Meduseo che con qualche pausa esercita fino al '72, senza però che il suo insegnamento innovatore che mira alla formazione morale e civica dei giovani attraverso la consuetudine con i classici venga adeguatamente apprezzato: infatti in luogo dell'aumento di stipendio da lui richiesto, vengono «condotti» due maestri a totale carico della città i quali tengono scolas publicas gratuite ovviamente solo di grammatica59 . Non pare quindi ancora soddisfacente, rispondente ai nuovi canoni dell'umanesimo o accessibile alla collettività l'insegnamento impartito nella città, soprattutto a causa dell'esodo dei più validi intelletti che nutrono un'alta considerazione di sé e cercano di soddisfare altrove le loro ambizioni. L'Ivani peritiae litterarum avidior factus nel 1448 si trasfe57 58 59

Mannucci, Iprimordi, 164-71, 179-80; Petti Balbi, L'insegnamento, 121-22. I documenti sono pubblicati in POGGI, Lerici, II, 295-96. Mannucci, Iprimardi, 167-70.

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GIOVANNA PETTI BALBI

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risce a Narni presso il cardinale Filippo Calandrini, cum in patria exercendi ingenii facultas non adesset60, mentre il più modesto e privo di entrature Antonio de Faie, ancora analfabeta, si sistema per quattro mesi a Lucca presso un altro Calandrini, Federico al servizio dei Guinigi, perché gli insegni «a farne le spexe», a far di conto, in cambio di servizi domestici61. Ancora una volta una diaspora; ancora una volta la disseminazione di maestri, notai, copisti, come il notaio Bartolomeo de Frevante che, dopo aver lavorato a Sarzana per i Campofregoso li segue a Genova62; ancora una volta in primo piano il Calandrini al quale il pontefice delega non solo la gestione delle cariche canonicali e delle nomine ecclesiastiche in loco63, ma anche la cura degli interessi familiari. La stessa cattedrale sarzanese, che all'inizio del secolo già possedeva un'ottantina di testi di uso liturgico64 pare percorsa da un soffio di rinnovamento sul piano liturgico e culturale. I canonici vogliono nuovi testi e l'arcidiacono viene inviato a Roma per acquistare testi per il canto: non avendoli trovati scrive ai confratelli di estendere le ricerche a Genova, Pisa, Lucca e Firenze per reperire libri di canto e messali, senza badare a spese65. Mi pare si possa concludere affermando che nella prima metà del Quattrocento, durante l'arco di vita di Tommaso Parentucelli, in un panorama istituzionale ancora fluido e magmatico, interessato comunque al generale processo di ricomposizione politica, Sarzana si

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Sforza, La patria, 77; Mannucci, L'operosità umanistica, 169-70. G. A. DA Faie, Libro de croniche e memoria e amaystramento per lavenire, La Spezia 1997, w. 7v-ll, 54-61, ove sono ricordati anche i precedenti e vani tentativi per trovare un maestro speziaio che, oltre a tenerlo a bottega e ad insegnargli l'arte, lo mandasse a scuola. 62 G. Pezzi, Codici sarzanesi del Quattrocento nella biblioteca universitaria di Genova, «Giornale storico della Lunigiana», 9 (1958), 82-84; PETTI BALBI, Libri greci a Genova a metà del Quattrocento, «Italia medievale e umanistica», 20 (1977), 277-302. 63 Polonio, Luni-Sarzana, 128. 64 Neri, La cattedrale di Sarzana, «Giornale ligustico», 17 (1890), 41-61. Sull'inventario Petti Balbi, Libri e biblioteche in Liguria (sec. XII-XV): ricognizione delle fonti e tipologia, di prossima pubblicazione negli atti del convegno Libri, lettori e biblioteche dell'Italia medievale (secoli IX-XV). Fonti, testi, utilizzazione del libro, Roma, 7-8 maggio 1997. 65 Archivio capitolare lunense, A/33, lettera dell'arcidiacono ai canonici, Roma, 23 novembre 1452, segnalata anche in POLONIO, Luni-Sarzana, 129. 61

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L'AMBIENTE CULTURALE A SARZANA

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propone come residenza di una dinastìa, legata a Genova ed ai Parentucelli, che fa della località la sede della loro corte, il centro d'attrazione per dotti e letterati itineranti che amano approdare in questi luoghi 'chiusi' e privilegiati del potere. Certamente questo patronato culturale può apparire inesistente o di poco conto a fronte della formidabile fioritura delle coeve corti padovane-lombarde o dell'ambiente fiorentino66; ma è in conseguenza di questi stimoli che Sarzana viene inserita in un sistema di circolazione culturale che ha la sua polarità sulla Toscana, mentre politicamente gravita su Genova, perché i Campofregoso, a titolo personale ed ereditario signori di Sarzana, sono spesso temporaneamente eletti dogi di Genova, sempre allineati con il pontefice67. Nel 1437 i sarzanesi si erano però dati a Niccolò Piccinino che, a nome dei Visconti, devasta la Lunigiana, operazione che lo stesso Ivani, sempre filo-Fregoso, giudica «il minor male da quelli ch'amavano la salute di la propria patria»68; ma la moglie di Tommaso ed il nipote Spinetta avevano resistito nella ben munita rocca di Sarzanello, appoggiati dai genovesi e dai fiorentini che riconquistarono la città e la riconsegnarono a Tommaso69. Non è questa la sede per seguire le intricate vicende politico-istituzionali della città, rimasta dominio di Tommaso anche dopo la sua deposizione dal dogato nel 1442 e l'esilio savonese fino al suo ritorno nel 1447, quando viene ceduta per danaro al nipote Giano doge di Genova, per passare nel '50, alla morte del doge, al fratello Ludovico nuovo doge e signore70. Proprio Ludovico, che soggiornò a lungo a Sarzana nell'attesa di assurgere al dogato e

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G, M. Anselmi, La storiografia delle corti padovane, in La storiografia umanistica, Messina 1992, 205-32; Fubini, Cultura umanistica e tradizione cittadina nella storiogafia fiorentina, in La storiografia, 399-443. 67 Zippel, Ludovico Foscarini, 187. A proposito della signoria del Campofregoso è stato recentemente scritto: «Epoca d'oro è questa in Val di Magra, per potenza e sagacia di Tommaso e per l'anticipazione di governo autarchico e di conduzione democratica della cosa pubblica, che non si vedrà per qualche secolo, perché Sarzana sarà asservita a Genova fino alla metà del Settecento»: G. L. COLUCCIA, Niccolò V umanista: papa e riformatore, Venezia 1998, 35. 68 Neri, Niccolò e Francesco Piccinino a Sarzana, «Giornale ligustico», 15 (1888), 173. 69 IVALDI, La signoria, 107-108. 70 IVALDI, La signoria, 11-120. Si veda anche R. Musso, Lo «stato cappellazzo». Genova tra Adomo eFregoso (1436-1464), «Studi di storia medievale e diplomatica», 17 (1998), 223-88.

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GIOVANNA PETTI BALBI

cinse di mura il forte di Sarzanello, mostra di apprezzare gli autori classici e le lettere, si diletta di passeggiate archeologiche ed affida l'educazione del figlio Agostino all'Ivani. Ora costui, nonostante incomprensioni e risentimenti nei confronti del Campofregoso, è costretto ad ammettere che, a differenza di tanti principi dimentichi delle lettere e dediti solo alla guerra, Ludovico vel in militia vel in negociis vel in odo et civile conversatione numquam litteras contempsit71. Un riconoscimento questo che rivela come i comportamenti di Tommaso e la sua passione per le lettere hanno agito positivamente su altri familiari residenti a Sarzana. Dal pieno Quattrocento le intricate vicende politiche di Sarzana sono condizionate dalle faide interne e dalla debolezza dei discendenti di Tommaso privi di qualsiasi carisma, dal contrasto tra le sperimentazioni locali e le innovazioni territoriali, dalla rapida trasformazione degli assetti locali in un quadro politico regionale più ampio. Tuttavia proprio in questo periodo e a seguito di questi eventi Sarzana acquisisce maggior coscienza della propria identità storica e culturale e delle proprie potenzialità conseguendo traguardi prestigiosi anche grazie a Niccolò V: giungerà infatti presto il definitivo trasferimento della diocesi Lunense in Sarzana, ad opera del successore Paolo II (1465), tramite anche le pressioni del cardinale Calandrini72. E queste concessioni servono ad esaltare l'origine sarzanese ed i legami che Niccolò V e la sua famiglia mantennero con la terra natia. A loro volta i Campofregoso si propongono non solo come mecenati, promotori di una circolazione culturale propiziata dall'avvento al soglio papale di Niccolò V, ma cooperano personalmente ad attivare una vera e propria cultura del potere attraverso l'antiquaria e l'erudizione, compenetrando l'impegno nell'agone politico con l'amore per le humanae litterae, con la coltivazione di quei classici dai quali pensano di poter trarre ammestramenti per la loro azione di governo e fondamenti di legittimazione per il loro potere. Al pari di altri domini personali Sarzana non può sfuggire a questa politica dinasticosignorile, non può sfuggire al pragmatismo politico e alla cultura di

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Mannucci, L'operosità umanistica, 173-74. G. Volpe, Lunigiana medievale, Firenze 1928, rist. in Toscana medievale. Massa Marittima, Volterra, Sarzana, Firenze 1964, 370; Polonio, Luni-Sarzana, 128. Per il trasferimento della diocesi si veda quanto ricostruisce Franco Bonatti in questa sede. 72

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L'AMBIENTE CULTURALE A SARZANA

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governo dei Campofregoso ai quali in definitiva appare come un momento, un tassello di un più vasto ed ambizioso progetto politicoculturale che mira sempre ed ha i suoi esiti finali a Genova, in consonanza con quanto sostenevano altri contemporanei i quali volevano far apparire Sarzana già in origine come colonia genovese per la presenza nella metropoli del quartiere Sarzano73. E non per nulla il profilo più nettamente celebrativo ed encomiastico di Tommaso Campofregoso, dovuto a Giannozzo Manetti, ne esalta i fasti familiari, le imprese, le qualità, il valore, non però come signore di Sarzana, ma come doge di Genova, ai suoi occhi dal 1436 campione delle libertà repubblicane soffocate dalla signoria viscontea74.

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È questa la convinzione che un ambasciatore genovese esprime nel '76 all'Ivani: Mannucci, L'operosità umanistica, 196. 74 Manetti, Elogi dà genovesi, 89-172. L'idealizzazione di Tommaso come campione delle libertà repubblicane è comune a tutto l'ambiente fiorentino dell'epoca, come rivela una lettera che il 13 aprile 1436 il Bruni indirizza al doge per esprimere il suo compiacimento: P. Viti, Leonardo Bruni e Firenze. Studi sulle lettere pubbliche e private, Roma 1992, 25-26. Si veda anche G. Ponte, Un grammatico del primo Quattrocento tra i Visconti e gli Adomo: politica, morale e letteratura nelVOgdoas di Alberto Alfieri, in Filologia umanistica per Gianvito Resta, 1485-1500.

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Franco Bonatti LA DIOCESI DI LUNI-SARZANA NEL SECOLO XV

1. Le istituzioni ecclesiastiche Quando il 15 novembre 1397 Tommaso di Bartolomeo Parentucelli nacque in Sarzana, la diocesi di Luni stava attraversando uno dei momenti più difficili e travagliati della sua storia millenaria. Il territorio della vasta circoscrizione diocesana era alla fine del secolo XIV ancora quello delineato dalle bolle dei pontefici Eugenio III, Anastasio IV e di Innocenzo III1, si estendeva lungo la costa tirrenica: dal territorio di Levanto alla Versiglia, si inoltrava nella valle del Magra superando lo spartiacque appenninico tosco-emiliano per raggiungere la Val di Taro, da un lato, la Garfagnana dall'altro2. Il territorio diocesano aveva da tempo perduto la sua unità politicoistituzionale che si richiamava al comitato lunense3; era ora diviso tra

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Dalle bolle pontificie di Eugenio III dell'11 novembre 1148, di Anastasio IV del 18 marzo 1154 e di Innocenzo III del 7 marzo 1203 si evincono i confini della diocesi di Luni. Tali bolle sono state edite più volte, l'ultima e più corretta edizione si deve a G. PiSTARlNO, Le pievi della diocesi di Luni, Bordighera - La Spezia 1961, 11-18. 2 Lo storico spezzino U. Mazzini, Per i confini della Lunigiana, «Giornale storico della Lunigiana» (d'ora in poi GSL), 1 (1909), 15-17, considerando il territorio delle trentacinque pievi rurali in cui si articolava secondo le succitate bolle pontificie il territorio diocesano, ricostruisce i confini della Lunigiana. Recentemente Romeo Pavoni in un suo interessante ed approfondito saggio rivede i confini delle tre diocesi di Brugnato, Genova e Luni apportando modifiche in alcuni casi significative ai confini della diocesi lunense tracciati dal Mazzini e seguiti da altri studiosi. R. Pavoni, Brugnato e i confini fra Genova e Luni, «Memorie dell'Accademia Lunigianese di scienze "Giovanni Capellini" (d'ora in poi MALS)», 60-61 (1990-91), 88-100. 3 Sul comitato lunense si vedano: l'ancora insuperato volume di G. VOLPE, Lunigiana medievale, Firenze 1923, riedito in seguito in Toscana medievale, Firenze 1961, e il contributo di P. M. Conti, Ricerche sulla organizzazione sociale e giuridica della Lunigiana

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FRANCO BONATTI

le Repubbliche di Genova e Lucca, i feudi imperiali dei marchesi Malaspina e il ducato di Milano, quest'ultimo alla fine del Trecento, nel complesso scacchiere politico lunigianese, svolgeva un ruolo determinante, poiché da Pontremoli, suo caposaldo, controllava la media ed alta valle del Magra, avendo attirato nella propria orbita come aderenti i Malaspina4. I Visconti avevano ottenuto nel 1394 dal pontefice Bonifacio IX la nomina a titolare della diocesi lunense del milanese Giovanni Montini, i cui primi anni di episcopato furono caratterizzati da «diuturna litigia cum canonicis circa turnum electionum canonicarum», come asserisce efficacemente il Catalogas chronologicus praesulum Lunensis ecclesie5. Il tema del contendere era in verità non nuovo: vescovo e canonici si erano trovati spesso in disaccordo per la nomina dei titolari delle prebende canonicali, tuttavia tali dissidi dovevano essersi acuiti negli ultimi anni per il perdurare dello scisma. A seguito di laboriose trattative, un accordo tra il vescovo Montini ed i canonici fu trovato e sanzionato nel febbraio 1406, in forma ufficiale, attraverso una revisione degli statuti capitolari. Questa riforma, come ha avvertito giustamente Valeria Polonio non introduceva nulla di nuovo6, venivano richiamate alcune norme fondamentali per una istituzione collegiale, quali la partecipazione quotidiana agli uffici divini almeno per sei mesi, al fine di percepire la prebenda e la consegna al massaro di qualunque provento comune. La necessità di richiamare un simile programma di minima è eloquente di per sé ed è nord-occidentale nelValto medioevo, MALS 31 (1970), 125-38, e il recente saggio di A. Baldini, Il potere comitale dei vescovi di Luni, MALS 58 (1988), 90-97. 4 Sull'assetto politico istituzionale della Lunigiana nel primo Quattrocento si veda F. Bonatti, La Lunigiana nel secolo XV attraverso i protocolli del notaio Baldassarre Nobili, Pisa 1977, 13-27. 5 II Catalogas chronologicus praesulum Lunensis ecclesie manoscritto presso l'Archivio Capitolare Lunense Sarzanese (ACLS, ms. A/5) venne pubblicato come introduzione a Synodus diocesana Lunensis-Sarzanensis et Brugnatensis, Bologna 1887, 247-48. Tale dissidio dovette superare i normali contrasti tra vescovo e Capitolo se lo stesso duca di Milano con propria missiva inviata dal castello di Pavia il 3 giugno 1402 invita il Capitolo a trovare l'accordo con il vescovo Montini: ACLS, F. A/26, regesto in / documenti dell'Archivio Capitolare di Sanana 1095-1776, a c. di E. FRECCIA (Studi e documenti di Lunigiana, 11) La Spezia 1989, 5. 6 V. Polonio, Legislazione e vita dà capitoli cattedrali nel medioevo: il caso lunense , MALS, 60-61 (1990-91)127-29.

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LA DIOCESI DI LUNI-SARZANA NEL XV SECOLO

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una spia della grave crisi che aveva attraversato il Capitolo lunense, «propter mortalitates hominum ac guerras, que in preteritis temporibus fuerunt maxime partibus lunensibus», come affermano gli stessi estensori della riforma statutaria7. Alcuni mesi dopo la promulgazione della riforma degli statuti capitolari moriva il vescovo Montini, colpito da una grave malattia. La nomina del nuovo titolare si presentò subito assai complessa ed irta di insidie, sia per il perdurare dello scisma che per l'instabilità politica in cui la Lunigiana era caduta, dopo la morte di Gian Galeazzo Visconti. Di questa incerta congiuntura politico-istituzionale approfittarono le limitrofe Repubbliche di Lucca, Firenze e Genova per instaurare il loro diretto dominio in centri strategici dell'ampia diocesi. La stessa Sarzana passerà sotto il dominio genovese nell'agosto del 14078. In questo clima quanto mai instabile, i vari signori di Lunigiana si sentirono in dovere di presentare al pontefice romano Innocenzo VII o al pontefice di obbedienza avignonese Benedetto XIII, l'aragonese Pedro de Luna, i propri candidati per la successione alla cattedra lunense. I marchesi Malaspina di Fosdinovo, in accordo con la Signoria di Firenze, proposero al papa di Roma l'elezione del loro congiunto Antonio, canonico di Verona. I signori di Castiglione del Terziefe, con l'appoggio determinante della corona di Francia che governava attraverso il maresciallo Boucicault la Repubblica di Genova e quindi Sarzana, ottennero da Benedetto XIII la nomina a titolare della cattedra lunense del loro congiunto Aragone, anche egli canonico di Verona9.

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ACLS, Statuti del Capitolo, ms. A/16, f. XXV, edito in Polonio, Legislazione, 154-56. I patti di dedizione del Comune di Sarzana alla Repubblica di Genova stipulati il 23 novembre 1407 sono stati editi più volte; si rimanda all'edizione critica in PlSTARlNO, Il Registrum Vetus del Comune di Sarzana, Sarzana 1965, 222-33. 9 G. B. Semeria, Secoli cristiani della Liguria, Torino 1843, 84-86. A. lANDl, Il papa deposto (Pisa 1409) Videa conciliare nel grande scisma, Torino 1985, 286, sostiene che per ricompensare il pontefice scismatico Benedetto XIII dell'elezione del loro congiunto Aragone a vescovo di Luni, i marchesi Malaspina di Castiglione del Terziere tesero nell'aprile 1409 un agguato ai delegati imperiali che si recavano al Concilio di Pisa; era dovuto intervenire per liberarli addirittura lo stesso governatore di Genova Boucicault, fedele all'impegno preso di proteggere i partecipanti al Concilio; tanto erano partigiani di Pietro de Luna i Malaspina del Terziere. A tale proposito si veda anche E. 8

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FRANCO BONATTI

Innocenzo VII nominò invece il dotto frate domenicano Andrea da Siena, scontentando in questo modo tutti i signori di Lunigiana, in primo luogo i Malaspina. Si apriva così uno dei periodi più difficili e tormentati per le già precarie istituzioni ecclesiastiche lunensi. Il vescovo Aragone con l'appoggio della Repubblica di Genova e della sua potente famiglia si contrappose al mite Andrea tanto da rendergli la vita assai difficile; il buon presule morirà alcuni anni più tardi nel 141210. Neppure la morte del vescovo senese portò la pace nella travagliata Chiesa lunense, poiché il pontefice di obbedienza pisana Giovanni XXIII nominò quale suo successore il veronese Giacomo Rossi, che continuò ad essere contrastato da Aragone Malaspina, tuttavia una soluzione che consentiva di riportare pace e sicurezza alla sconvolta Chiesa lunense ormai si imponeva; da più parti si avanzava al pontefice la richiesta di porre fine a questo scisma, Giovanni XXIII la accolse escogitando una soluzione a tutti gradita. Poiché intratteneva da un lato rapporti di amicizia con il re di Napoli Ladislao e dall'altro con il signore di Lucca Paolo Guinigi, promosse, il 28 gennaio 1415, Aragone alla sede arcivescovile di Brindisi, il 6 marzo trasferì alla chiesa metropolitana di Napoli Giacomo Rossi, nello stesso giorno veniva nominato vescovo di Luni il canonico lucchese Francesco Manfredi da Pietrasanta11. Aveva così inizio il lungo episcopato di monsignor Francesco che resse la diocesi per oltre cinquant'anni. Egli, persona abile e navigata a destreggiarsi abilmente nelle complesse vicende del suo tempo, restituì alla travagliata diocesi lunense sicurezza economica e prestigio, promuovendo una capillare diffusione delle istituzioni ecclesiastiche nella sua vasta circoscrizione diocesana. Il vescovo Francesco discendeva dall'illustre famiglia Manfredi, originaria di Pietrasanta, allora cospicuo borgo del contado lucchese. Suo padre Guido, attuario nel Comune natio sino dal 1377, venne chiamato nel 1396 a ricoprire l'importante ufficio di primo cancelliere del

Branchi, Storia della Lunigiana feudale, Pistoia 1897-98 (ora in edizione anastatica Bologna 1971) II, 143-46. 10 Per questo travagliato periodo della chiesa lunense la fonte più accreditata per seguire la successione dei vescovi è il Catalogas cronologicus, 248. 11 F. UGHELLI, Italia sacra, Roma 1644, I 923, e C. Eubel, Hierarchia catholica medii aevi, I, Monasterii 1913, 318, e Catalogas cronologicus, 248.

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LA DIOCESI DI LUNI-SARZANA NEL XV SECOLO

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Comune di Lucca, incarico che mantenne anche durante la signoria di Paolo Guinigi sino al 1420, quando cadde in disgrazia del suo signore12. La madre Margherita apparteneva alla famiglia dei Buzolini, che svolse un ruolo non secondario nella Lucca del suo tempo. Dal matrimonio nacquero ben sette tra figli e figlie; tra questi ricordiamo oltre al nostro Francesco, Agostino che, come il fratello, abbracciò la carriera ecclesiastica prima come sacerdote secolare poi religioso tra gli Umiliati13, e la sorella Maddalena che si unì in matrimonio con il notaio Giovanni, esponente di rilievo della facoltosa famiglia lucchese dei Turchi14.

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Sul vescovo Francesco Manfredi si veda l'ancor utile saggio di G. Sforza, Francesco da Pietrasanta vescovo di Funi, «Giornale Ligustico», 12 (1892), 33-52. Lo storico lunigianese nel delineare un breve profilo del vescovo Francesco per primo confutò sulla base di inoppugnabili fonti documentarie l'origine del prelato considerato milanese dall'erudito 1. Landinelli, Origine dell''antichissima città di Funi e sua distruzione della città di Sarzana e di tutte le cose più notabili appartenute alla detta città a tutta la Provincia di Funi, alla Chiesa Funense ed ai suoi Vescovi, manoscritto in Archivio storico del Comune di Sarzana, c 47; lo Sforza per primo individuò in ser Guido Manfredi da Pietrasanta il padre del vescovo Francesco. Interessanti informazioni sulla vita del nostro prelato si evincono dal Carteggio di Guido Manfredi cancelliere della Repubblica di Fucca, segretario della Signoria di Paolo Guinigi a c. di E. Lazzareschi, (Regesti del R. Archivio di Stato di Lucca, III), Pescia 1933; lo storico lucchese premette al Carteggio di ser Guido una biografìa, assai documentata dello stesso cancelliere. Dalle numerose lettere conservate in ASL Governo di Paolo Guinigi n1 19-29 (1397-1421) si traggono utili informazioni sia sulle frequentazioni culturali della famiglia che sui primi anni (1416-1420) di episcopato di monsignor Francesco, il figlio a scadenza quasi quindicinale scriveva infatti al padre informandolo soprattutto della diffìcile situazione economica della sua sede vescovile. 13 Quando divenne vescovo di Luni monsignor Francesco, il fratello Agostino subentrò al suo posto quale canonico della cattedrale di San Martino di Lucca, beneficio che mantenne sino all'11 maggio 1418, quando abbracciò la vita religiosa nell'ordine degli Umiliati: G. Benedetto, Potere dei chierici e potere dei laici nella Fucca del quattrocento al tempo della signoria di Paolo Guinigi una simbiosi, «Annuario della Biblioteca Civica di Massa» (1981) 27 e nn. 34, 38. 14 II vescovo Francesco continuò ad intrattenere cordiali rapporti con la sorella Maddalena come si evince dal suo epistolario, in particolare in una lettera inviata alla madre da Sarzana il 28 febbraio 1419 si mostra assai preoccupato per la salute della sorella; afferma infatti «A questi dì ò sentito in quanto pericholo è stata Madalena nostra; della qual cosa, oltre li grandi affanni e malinchonie che io ò, n'ò preso grandissimo dispiacere in fino a questo dì, da poi è tornato lo mio famiglio, che mi à tucto confortato, dicendomi come ella è fuori di pericolo e che pure è guarita; così

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Il vescovo Francesco si era formato in un ambiente dotto e aperto alla nuova cultura umanistica e alle istanze riformatrici della Chiesa; suo padre e il fratello Agostino avevano intrattenuto stretti legami di amicizia con quella schiera di umanisti della prima ora quali il fiorentino Coluccio Salutati, e con ecclesiastici fautori della riforma quali l'arcivescovo di Candia, Pietro Donato ed il veneto Francesco Barbo15. Intrapresa la carriera ecclesiastica, il giovanissimo Manfredi viene nominato nel 1401 canonico della cattedrale di Lucca per il fattivo intervento di Paolo Guinigi, signore della città che intendeva controllare il Capitolo attraverso chierici di sua fiducia16. Ordinato sacerdote nel 1404 è investito della cappellania dei Santi Antonio e Lucia, di giuspatronato comunitativo nel duomo di Pietrasanta, mantenendo pur sempre la prebenda canohicale. Alcuni anni dopo nel dicembre del 1410 il clero dell'importante pieve di Santa Felicita in Pietrasanta elesse come pievano il canonico Francesco17, la cui nomina venne confermata dal vescovo di Lucca Niccolò Guinigi. Soltanto cinque anni più tardi Fancor giovane Manfredi, legato da rapporti di amicizia con il pontefice Baldassarre Cossa di cui era cubiculario, venne da questi nominato vescovo di Luni, come si è detto. Questa elezione era il frutto dell'accorta politica del signore di Lucca Paolo, che aveva consolidato nel frattempo i suoi domini in Lunigiana. Il Guinigi, come ha osservato giustamente in un suo saggio Giuseppe Benedetto, «perseguì una politica giurisdizionalistica in tutti i territori dello stato sia che essi si trovassero sotto la direzione spirituale del vescovo lucchese sia che dipendessero dalla giurisdizione diocesana dell'ordinario lunense. Per la prima volta nella storia dello stato territoriale lucchese, dunque la società civile e quella ecclesiastica, tradizionalmente rivali vennero a fondersi quasi completamente superando l'antica dicotomia; per la prima volta nella storia del Dio li presti grazia». La lettera conservata nell'Archivio di Stato di Lucca, Governo Guinigi, F. n 12/55, è stata edita la prima volta da Sforza, Francesco, 4L 15 Carteggio, n* 123, 147, 423, 540. 16 Benedetto, Potere, 27 e n. 30. Lo studioso sostiene giustamente che la nomina a canonico di Francesco avvenne per interessamento diretto del signore di Lucca Paolo Guinigi essendo questi il figlio del suo fidato cancelliere ser Guido e non su proposta del pontefice Giovanni XXIII, di cui il Manfredi era cubiculario, come sostenuto in Carteggio, XXIV. 17 V. Santini, Commentari storici della Versigila centrale, Pisa 1861, VI, 12.

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Comune di Lucca due vescovi graditi al palazzo ed espressione della classe dirigente, un Guinigi, cugino del signore, un Manfredi figlio del cancelliere si trovavano contemporaneamente alla guida delle diocesi di Lucca e di Luni... »18. Il padre del vescovo Francesco, ser Guido, versò alla camera apostolica la tassa d'ingresso che per la diocesi lunense era di duemila fiorini19; l'esborso di tale somma costituì un autentico salasso per le non floride finanze del cancelliere che si vide costretto a richiedere al genero ser Giovanni Turchi un prestito, tuttavia grazie a questa nomina episcopale la famiglia Manfredi assurgeva al rango comitale. Inoltre riscuotendo i redditi della mensa vescovile, si illudeva ser Guido, il figlio presto avrebbe potuto risarcire la famiglia restituendo, magari con il dovuto interesse, la somma versata alla camera apostolica. L'elezione di monsignor Francesco venne accolta favorevolmente nella tormentata diocesi lunense che ritrovava finalmente la sua unità, essendo guidata da un unico pastore, che poteva garantire per gli illustri natali e per le sue autorevoli amicizie con Giovanni XXIII e con il signore di Lucca, Paolo, una certa stabilità politica; i Malaspina non avrebbero osato sfidare una personalità così eminente. L'avveduto prelato compì subito due gesti di stima nei confronti del clero capitolare e del borgo di Sarzana nominando suo procuratore per la presa di possesso della diocesi il canonico Giacomo da Sarzanello, membro anziano e tra i più rappresentativi del collegio, e cancelliere della curia il notaio sarzanese Andrea Griffi. Il canonico Giacomo, dopo aver presentato il giorno precedente le lettere credenziali del vescovo Francesco al Capitolo, il 29 aprile 1415 prenderà possesso della diocesi a nome dell'eletto nella cattedrale di Santa Ma-

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Benedetto, Potere, 26, sostiene che gli interventi dei signori e dei governi cittadini nelle aree di competenza delle autorità ecclesiastiche costituirono un fenomeno generale al tempo dello scisma. In verità, la decadenza e la crisi del papato aveva già osservato il Prosdocimi - permisero anzi obbligarono i principi ad intervenire direttamente nelle faccende ecclesiastiche dei propri stati imponendo con la loro autorità l'ordine che i pontefici non erano più in grado di mantenere e li indusse a favorire con ogni mezzo l'attuazione di quella riforma della vita e della disciplina ecclesiastica che i concili di Costanza e Basilea andavano predicando. L. PROSDOCIMI, Il diritto ecclesiastico dello Stato di Milano dalV inizio della signoria viscontea al periodo tridentino, Milano 1941, 15. 19 Eubel, Hierarchia, 318.

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ria di Luni «coram cleri et populi moltitudine copiosa», come tiene a precisare il cancelliere Griffi20. Il vescovo non tardò a raggiungere la sua sede: prese dimora in Sarzana affittando il palazzo signorile dei Buonaparte posta di fronte alla pieve di Sant'Andrea. Questa decisione di prendere casa in affitto la dice lunga sulle disastrose condizioni finanziarie in cui versava in quel momento l'episcopato lunense. Negli anni difficili e turbolenti dello scisma, i redditi della mensa vescovile, ancora cospicui a metà del Trecento, si erano notevolmente ridotti tanto che il prelato, perduti uno dopo l'altro i suoi castelli e palazzi, era ridotto ad affittare casa. Data la disastrosa situazione economica in cui versava l'episcopato, non deve meravigliare se la prima preoccupazione del vescovo Francesco fu di recuperare la maggior parte possibile dei beni perduti; operando in questa direzione una serie di scelte indovinate, ispirate ad un sano realismo, cercò in primo luogo un accordo con le comunità locali al fine di riottenere almeno una parte degli antichi proventi. Soltanto alcuni mesi dopo la sua nomina vediamo il vescovo in azione, il 18 agosto 1415, insieme con il suo vicario Antonio Machiavelli, incarica Arsenio de' Ferrari di Milano perché compia una ricognizione sui redditi della dogana del sale spettanti alla sua mensa21. Questo tributo era stata una delle entrate più cospicue dell'episcopato; pertanto dovette apparire necessaria all'ordinario diocesano questa

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Lo SFORZA, Francesco, 34, poté consultare questi documenti nei protocolli del notaio Andrea del fu Iacopino Griffi, protocolli andati irrimediabilmente perduti per lo scoppio di una bomba che colpì durante l'ultimo conflitto mondiale l'Archivio notarile sarzanese. La famiglia Griffi di antica nobiltà feudale {ex nobilibus deFosdinovo) si inurbò in Sarzana nel corso del XIII secolo, ove svolse un ruolo dirigente, mentre alcuni della famiglia li troviamo tra i notai cancellieri del Comune, del vescovo e del Capitolo, altri intrapresero la carriera ecclesiastica divenendo canonici lunensi; tra questi si distinse Bernabò che fu vescovo di Luni dal 1363 al 1378 quindi titolare della cattedra primaziale di Pisa dal 1378 alla morte 1381. L. Podestà, Del Vescovo Bernabò Griffi, in Statuti di Sarzana delVanno MCCLXIX, Modena 1893 (Monumenti di Storia patria delle Provincie Modenesi, IV) Ap. II, 126-31. Sulla famiglia si vedano i contributi di A. Neri, Intorno ai protocolli dei Griffi, GSL 5 (1913), 25-26, e F. L. Mannucci, Iprimordi del pubblico insegnamento in Sarzana, GSL 2 (1910), 161, e il saggio del presente volume di G. Petti Balbi, L'ambiente culturale a Sarzana. 21 L'atto è rogato dal cancelliere vescovile Andrea Griffi nella residenza del vescovo posta in Sarzana nella casa di ser Giovanni de' Buonaparte. Sforza, Francesco, 36.

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indagine preliminare prima di affrontare la difficoltosa azione di recupero di tali proventi. Sulla base della documentazione pervenutaci, il primo risultato significativo, ottenuto da monsignor Francesco in questa azione volta al recupero dei suoi redditi, è sicuramente l'accordo raggiunto il 14 gennaio 1419 con i consoli del Comune di Ceserano sui diritti di pedaggio da riscuotersi su di un importante tratto della via collinare che univa Sarzana attraverso Fosdinovo con la valle dell'Aullela; da qui la strada dopo essersi diretta su Fivizzano raggiungeva la Padania, avendo attraversato il valico del Cerretto. Questo accordo è vantaggioso per entrambe le parti, la comunità di Ceserano si incarica di esigere il pedaggio che verserà per metà alla mensa vescovile22. Il vescovo Francesco in questa sua azione di recupero si avvale anche dell'autorità del padre cancelliere del Comune di Lucca, a cui indirizza una accorata lettera il 3 maggio 1420 affinché lo aiuti a ripristinare i diritti del suo episcopato nel territorio carrarese23. Nonostante la buona accoglienza in diocesi, i primi anni di episcopato del Manfredi furono contraddistinti da gravi difficoltà soprattutto economiche. La sua famiglia che si era indebitata, come si è detto, oltre misura in occasione della nomina del figlio a vescovo di Luni, si era illusa di poter riavere in tempi brevi la restituzione di quanto anticipato. Data l'esiguità dei redditi della mensa vescovile, monsignor Francesco non solo non poté restituire alcunché, ma era costretto alcune volte a chiedere aiuti economici alla famiglia stessa. Pertanto gli ultimi anni di vita di ser Guido furono assai tristi sia per essere caduto in disgrazia del suo signore Paolo Guinigi, sia per i debiti contratti per la nomina episcopale del figlio che non riusciva a saldare. Fu costretto persino a cedere al genero Giovanni come restituzione per il prestito ricevuto - possiamo immaginare con quanto dispiacere - la propria biblioteca in cui erano presenti in discreto numero codici di autori classici latini e di padri della Chiesa24.

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Roga la transazione il cancelliere vescovile Andrea Griffi: Sforza, Francesco, 44. Carteggio, n0 582. 24 Tra le carte di ser Manfredi conservate nelle filze del Governo di Paolo Guinigi lo Sforza rinvenne un interessante documento la «Nota de' libri che io Guido da Pietrasanta assegnai a ser Johanni Turchi, mio genero, a di primo octobre 1420 per li fiorini dugento d'oro, li quali io li debbo dare, che me ne servine lui et messer Urba23

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Ma un'altra tegola ben più pesante stava per abbattersi su monsignor Francesco; egli era stato elevato alla cattedra episcopale lunense da Baldassarre Cossa (Giovanni XXIII); deposto quest'ultimo dal Concilio di Costanza, si pose il problema della legittimità della sua nomina. Nell'incertezza degli eventi il Manfredi rimase al suo posto cercando, per quanto gli era possibile, di mediare tra il nuovo papa Martino V e il suo protettore, il deposto Giovanni XXIII, confidando che l'auspicata riconciliazione tra il papa e l'antipapa a cui lavorava da tempo Cosimo de' Medici ottenesse al più presto concreti risultati25. Come si evince da una lettera di Stefano da Pietrasanta al nostro del 29 maggio 1419 fu lo stesso vescovo Francesco a favorire l'incontro di Baldassarre Cossa con il pontefice Martino V. Giovanni XXIII, dopo la sua liberazione, si trovava ospite del conte Pietro de Rossi nel castello di Felino nel territorio parmense, dovendo raggiungere Firenze senza passare per domini ostili, fu ricevuto dal prelato lunense ai confini settentrionali della diocesi presso il passo del Cerretto26. Da lì il nostro accompagnò il Cossa a Sarzana, da qui, attraverso i territori lucchesi e del dominio fiorentino, raggiunsero Firenze, ove Giovanni XXIII abdicò in favore di Martino V, che, a sua volta, lo nominò cardinale sanzionando così l'avvenuta riconciliazione. Il cardinale Cossa vivrà ancora soltanto alcuni mesi: la morte lo colse infatti il 22 novembre 141927. Il vescovo Francesco che tanto si era adoperato per favorire la riconciliazione rimaneva così senza protettori, essendo deceduto anche il cardinale fiorentino Giovanni Dominici, con cui aveva intrattenuto buoni rapporti tanto da sperare di entrare nella sua famiglia cardinalizia. Subito dopo la morte del Dominici i suoi eredi rivendicarono la

no, suo fratello, quando messer Francesco, mio figliolo, fu fatto vescovo di Luni, che li depuoseno in sul Banco de' Guinigi», segue l'elenco dei 43 codici di autori classici, di testi patristici di opere di Petrarca e Boccaccio. Sforza, Francesco, 38-40. 25 Dei tentativi di riconciliazione tra papa ed antipapa se ne era già occupato ampiamente nella sua, ancor utile, opera Bartolomeo Platina, De vitiis pontificum romanorum, ed. O. Panvino, Venezia 1730, 398-401. Tuttavia in questa sede si è preferito seguire anche per i suoi riflessi locali la vicenda anche attraverso il Carteggio, in particolare i n1 399, 400, 513, 522, 559, 579, 618, 622, 1258. 26 Carteggio, n0 475. 27 Landi, Il papa deposto, 223-30, 312.

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parte della somma, in verità cospicua, non ancora versata loro dal Manfredi per la sua nomina episcopale, infatti il collegio cardinalizio, riunito a Costanza aveva assegnato dalla tassa d'ingresso del prelato lunense duecento fiorini al cardinale. I cui eredi, non avendo ottenuto quanto loro assegnato, convinsero il pontefice Martino V nel gennaio 1420 a comminare addirittura la scomunica a monsignor Francesco se non avesse prontamente pagato il suo debito. Queste richieste e la minacciata scomunica, data la precaria situazione finanziaria dell'episcopato e della famiglia Manfredi, resero il vescovo «quasi amens», come egli stesso scrisse nelle accorate lettere al padre, tuttavia non si perse d'animo e ottenne un'equa riduzione dell'imposta e facilitazioni nei pagamenti28; questa disavventura gli diede ancora maggior forza e vigore nel rivendicare i redditi della propria mensa. Negli anni venti del Quattrocento la Lunigiana conosce finalmente una certa stabilità politica. I Visconti, signori di Milano, tengono saldamente in mano l'alta Val di Magra che controllano da Pontremoli loro baluardo29, mentre l'illustre famiglia genovese dei Campofregoso dal 1421 ha costituito nella bassa Val di Magra, con capoluogo Sarzana, un proprio principato30. Il vescovo Francesco sembra destreggiarsi bene nelle complesse vicende politiche del suo tempo; sono apprezzate soprattutto le sue doti di abile diplomatico dai signori locali, che a lui si rivolgono per ottenere favori: così è il caso del marchese Moroello Malaspina di Mulazzo, il quale insieme con il governatore ducale di Pontremoli chiede al prelato di sostenere la candidatura del pontremolese ser Corrado a vicario del podestà di Lucca. Il Manfredi accoglie questa richiesta e ottiene grazie al fattivo interessamento di suo padre, l'ambita nomina per ser Corrado, rafforzando così il pro-

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Si è ricostruita questa vicenda attraverso dodici lettere in Carteggio, n1 559, 770, 793, 795, 846, 847, 849, 872, 975, 1051, 1124, 1170, inviate dal figlio Francesco al padre ser Guido. Il vescovo Manfredi cercò di ingraziarsi il Dominici attraverso i buoni uffici del signore di Lucca Paolo Guinigi, riuscendo ad entrare, anche se per un breve periodo, nella famiglia cardinalizia del Dominici (lett. n0 559, 770) con la speranza di dilazionare il più a lungo possibile il saldo del suo debito. Tali speranze andarono completamente deluse alla morte del cardinale, avvenuta il 10 giugno 1419. 29 SFORZA, Memorie e documenti per servire alla storia di Potremoli, Firenze 1904,1, 127-45. 30 A. IvALDl, La signoria dei Campofregoso a Sarzana, «Atti della Società Ligure di Storia Patria» (d'ora in poi ASLSP), 81, n.s. 7 (1967), 87-146.

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prio prestigio31. Anche nella scelta del vicario generale il vescovo cerca di accondiscendere alle istanze locali, in questa direzione vanno sicuramente le nomine del canonico Francesco da Giovagallo che intratteneva stretti rapporti di amicizia con i Campofregoso tanto che in una lettera di Ludovico al cugino Galeazzo, governatore della Corsica può dire di lui «esser tutto de caxa nostra et sempre bene afectionato ale nostre cosse»32; mentre il vicario per l'alta Val di Magra, Cremona de Tibaldi, era assai vicino al governatore ducale di Pontremoli. Se l'impegno maggiore di monsignor Francesco nei suoi primi anni di episcopato fu principalmente rivolto ad assicurare alla Chiesa lunense una solida base economica, il vescovo non trascurò tuttavia iniziative pastorali volte ad assicurare una liturgia più decorosa, per esempio richiamando severamente in più occasioni canonici e cappellani del Capitolo lunense ad essere più presenti all'ufficiatura corale nella chiesa maggiore di Santa Maria a Sarzana33. In quegli anni l'Opera sarzanese commissionò agli abili scultori della famiglia Riccomanni di Pietrasanta, città di origine del vescovo, la grandiosa ancona marmorea dell' Incoronazione della Vergine destinata ad ornare l'altare principale della chiesa di Santa Maria, segno evidente da un lato del ruolo preminente che svolgeva questa pieve rispetto alle altre chiese cittadine e dall'altro di maggiore attenzione al decoro degli edifici sacri34.

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Carteggio, n1 582, 622. 32 La missiva conservata nell'Archivio di Stato di Genova, Litterarum 15, lett. 767, è stata pubblicata integralmente dall'originale da F. POGGI, Lerià e il suo castello, Genova 1909, II, 317 en. 32. 33 Con una modifica statutaria rogata dal cancelliere Andrea Griffi il 25 giugno 1417, il vescovo Francesco porta il limite della residenza dei canonici per ottenere l'intera prebenda a otto mesi, con un successivo provvedimento del 30 giugno 1440 richiama canonici e cappellani ad una più assidua presenza all'ufficiatura corale. Le due riforme statutarie del Pietrasanta sono edite da Polonio, Legislazione, 156-59. Il vescovo Francesco dovette ritornare sull'argomento alcuni anni dopo (4 luglio 1453) ammonendo ufficialmente i cappellani ad essere presenti all'ufficiatura corale nella chiesa maggiore di Santa Maria; altrimenti sarebbero stati privati dei redditi del loro benefìcio: ACLS F. A/33, regesto in / documenti, 6. 34 L'elevata qualità del grande dossale marmoreo di Leonardo Riccomanni da Pietrasanta ha suscitato l'interesse degli storici dell'arte: da ultimo C. Rapetti, Storie di marmo, Milano 1998, 85-93, e l'intervento di P. Donati su questo volume.

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Tuttavia una svolta decisiva all'azione di riforma del vescovo venne impressa dall'elezione alla cattedra di San Pietro del sarzanese Tommaso Parentucelli che assunse il nome di Niccolò V. L'entusiasmo dei lunigianesi per questa inaspettata elezione è bene espresso dal cronista bagnonese Giovanni Antonio da Faie «Piaque a Dio che Lunisana avesse tanto bene e tanto honore che fo fatto papa uno Zarzanese ... aveva nome Tommaso e in suo papado a nome Nicolao»35. Soltanto alcuni mesi dopo l'elezione pontificia di Niccolò V, il vescovo Francesco ottiene un consistente successo nella sua opera volta al recupero dei beni della propria mensa; il 4 febbraio 1448 stipula infatti con la comunità di Castelnuovo, già castello e borgo tra i più cospicui e meglio fortificati del comitato episcopale, un vantaggioso accordo. Nella convenzione stipulata tra le parti e rogata dal cancelliere vescovile, il notaio pon tremólese Bartolomeo Barborini, il rappresentante del Comune, Bertono del fu Andrucelli, riconosce alla mensa episcopale il possesso di sette case poste nel borgo di Castelnuovo e di ben diciassette appezzamenti terrieri a varia cultura, posti in tutto il territorio comunale dalla collina alla fascia pedemontana sino alle paludi di Luni. Il vescovo da parte sua, con il consenso del Capitolo lunense «pro bono pacis et concordie et ut scandala in futurum tollantur», accetta il versamento di fiorini centocinquanta effettuato dal rappresentante del Comune, quale indennizzo dei debiti pregressi impegnandosi a fare approvare questa convenzione dal pontefice Niccolò V, in quanto la materia trattata esigeva il consenso dell'autorità apostolica36. Questa convenzione segna, dunque, una ripresa non solo economica ma anche di credibilità dell'episcopato lunense a cui sono riconosciuti anche i diritti pregressi; tale successo, impensabile alcuni anni prima, era ora possibile grazie al prestigio personale del vescovo che poteva contare su di un potente alleato quale il pontefice sarzanese Niccolò V, cui la camera apostolica non poteva frapporre difficoltà di sorta.

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G. A. Da Faie, Libro di cronache e memoria e amaystramento per lavenire. La Spezia 1997, 141. 36 II testo delle convenzioni e transazioni tra il Comune di Castelnuovo e il vescovo Francesco sono editi dallo Sforza, Francesco, 46-51.

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Le doti di realismo e di mediazione del vescovo Francesco dovevano essere apprezzate dal Capitolo lunense che lo nomina proprio arbitro in una controversia con il Comune di Nicola, relativa alla riscossione di alcune decime spettanti alla mensa canonicale introitate invece dalla comunità37. Lo stesso pontefice Niccolò V nominerà il Manfredi esecutore della propria bolla «pro recuperandis bonis Lunensis Capituli» datata 5 maggio 144838. Il prelato si adopererà fattivamente perché i canonici tornino in possesso dei loro beni; non ascoltato dovrà ritornare sull'argomento alcuni anni più tardi (15 dicembre 1454) promulgando un particolareggiato decreto con cui inviterà istituzioni pubbliche e privati cittadini a restituire quanto dovuto al collegio canonicale39; segno da un lato di quanto difficile e complessa fosse quest'opera di recupero dei redditi della mensa capitolare che molti consideravano ormai prescritti, ma dall'altro dell'impegno del vescovo di dotare il Capitolo di congrui redditi in modo che i canonici potessero assolvere dignitosamente i loro uffici. Non meno problematica dovette essere la concreta attuazione della bolla pontificia di Niccolò V del 19 giugno 1453 con cui venivano trasferiti i beni del monastero del Corvo, nel territorio della podesteria di Ameglia, dominio del ducato di Milano, alla mensa capitolare40. Anche in questa delicata e controversa questione il prelato si schiera dalla parte dei canonici e non cede neppure alle pressioni dello stesso duca di Milano Francesco Sforza che, con una propria missiva del 26 luglio 1463, gli proponeva di investire del pingue beneficio un sacerdote pontremolese, don Giorgio della nobile famiglia Enrighini; il vescovo rimette invece la nomina del titolare al Capitolo, secondo le disposizioni della bolla di Niccolò V41. L'azione di recupero dei diritti vescovili fu coronata da un buon successo; alla fine del suo lungo episcopato il Manfredi riuscì a porre sotto la sua diretta dipendenza ben trentatre istituzioni ecclesiastiche, quando nelle decime bonifaciane di inizio Trecento erano soltanto otto. Gli stessi lusinghieri risultati non riuscì ad ottenere, nonostante il

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ACLS F. A/28 regesto in I documenti, 5. ACLS F. A/31 regesto in I documenti, 5. ACLS F. A/37 regesto in I documenti, 6. ACLS F. T/10 regesto in I documenti, 304. ACLS F. T/20 regesto in I documenti, 306.

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fattivo appoggio del pontefice Niccolò V e l'azione del vescovo, il Capitolo lunense che riuscirà a recuperare soltanto tre benefici passando da tredici delle decime bonifaciane a sedici42. Animato da spirito riformatore, il vescovo Francesco interviene con una certa fermezza per richiamare ai loro doveri ecclesiastici sia sacerdoti inadempienti che le pubbliche autorità, a questo proposito citiamo alcuni esempi significativi. Il 25 aprile 1418 monsignor Francesco rivolge un risentito richiamo a Bartolomeo del fu ser Francesco titolare della pieve di Massa, intimandogli «abiecisse a se Mariam mulierem suspectam et concubinam eius infra XX dies próximos futuros». Il personaggio in questione è di tutto rispetto: non solo è titolare di una delle pievi più importanti della diocesi ma è il fratello di ser Leonardo, cancelliere ed uomo di fiducia del signore di Lucca Paolo Guinigi, fu infatti quest'ultimo ad adoperarsi attraverso il proprio residente a Roma Iacopo Fatinelli perché don Bartolomeo ricevesse questa lucrosa prebenda. Pur di ripristinare la disciplina ecclesiastica il vescovo non esita ad ammonire un protetto del signore di Lucca, di cui suo padre ser Guido era primo cancelliere43. Monsignor Francesco si mostra intransigente nel condannare chi pratica l'usura e i magistrati che la tollerano. Con vibrate missive del 9 febbraio 1448 e del 16 settembre 1449 si rivolge ai podestà del dominio genovese operanti nel suo territorio diocesano (La Spezia, Areola, Manarola e Levanto) invitandoli al rispetto della normativa canonica in relazione ai reati di usura44. Il vescovo ammonisce severamente, intimando persino la scomunica, i rettori delle chiese che non compiono i loro doveri pastorali, non risiedendo in parrocchia e non amministrando i sacramenti45.

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PlSTARlNO, Le pievi, 148-49, ci presenta un quadro comparativo delle cappelle dipendenti dalle trentacinque pievi lunensi mettendo a confronto i dati delle decime bonifaciane e l'estimo della diocesi di Luni-Sarzana del 1471. 43 Benedetto, Potere, 34. 44 Presso la Sezione di Pontremoli dell'Archivio di Stato di Massa (AS sez Pontr), si conservano i protocolli delle imbreviature dei notai del collegio cittadino a partire dal 1417, tra questi abbiamo due registri dei notai Bartolomeo e Ludovico Barborini, che nella loro qualità di cancellieri vescovili documentano l'attività di monsignor Manfredi dal 1417 al 1466, anche se in modo frammentario. 45 AS sez Pontr, Bartolomeo Borborini, b. 1, ff. 35 e 66.

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Dagli atti della cancelleria del vescovo si evince chiaramente la sua attività pastorale. Egli ha in mano saldamente il governo di tutta l'ampia diocesi, non vi è zona che sfugga al suo controllo dalla Garfagnana alla riviera ligure, spesso richiama i rettori delle chiese all'osservanza delle norme canoniche, giunge a minacciare la scomunica nei confronti dei parroci che trascurano i loro doveri pastorali non risiedendo in sede. Attraverso la fitta rete di pievi e parrocchie l'amministrazione dei sacramenti è assicurata a tutto il popolo affidato alla sua cura pastorale. Nei lunghi anni dell'episcopato di monsignor Francesco sono ben 128 le istituzioni ecclesiastiche di nuova istituzione. Secondo i dati dell'estimo della Chiesa lunense redatto a poco più di un anno dalla morte del prelato, il numero delle parrocchie ammonta a ben 293 a cui si devono aggiungere le trentacinque pievi e ventidue enti esenti cioè monasteri, conventi degli ordini mendicanti, istituzioni ospedaliere. Se resta invariato, il numero delle pievi è trentacinque, le stesse della bolla pontificia di Eugenio III dell'11 novembre 1148, di contro si ha un aumento significativo delle chiese parrocchiali diffuse capillarmente nel territorio dell'ampia diocesi. Come aveva già osservato Geo Pistarino, se tra la fine del Trecento e la seconda metà del secolo successivo si assiste ad un considerevole aumento degli enti ecclesiastici, esso non appare egualmente distribuito fra le varie pievi. Se la situazione è rimasta pressoché stazionaria nella parte meridionale della diocesi, notevole è invece l'incremento delle parrocchie lungo le valli del Magra e dei suoi affluenti e nella fascia costiera tra il Golfo della Spezia e le Cinque Terre. In particolare nel territorio pontremolese, dominio dal primo Trecento del ducato di Milano, si verifica nel corso del Quattrocento un considerevole aumento demografico che porta come conseguenza l'istituzione in numero rilevante di cappelle dipendenti dalla pieve di San Cassiano di Saliceto che in meno di un secolo passano da sedici a ventiquattro, altrettanto avviene per la pieve suburbana di Vignola le cui cappelle passano da cinque a nove nello stesso arco di tempo. Anche nel territorio fivizzanese il considerevole aumento della popolazione porta all'istituzione di parrocchie nei villaggi, pertanto le cappelle dipendenti dalla pieve di San Paolo passano da sei a quattordici. Analogo fenomeno si riscontra nell'alta valle del torrente Aulella, dove le cappelle dipendenti dalla pieve di Codiponte passano da

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cinque a dodici. Anche gli abitanti nel Golfo della Spezia e nelle limitrofe Cinque Terre aumentano in modo consistente, grazie allo sviluppo del porto spezzino, in conseguenza di ciò dall'antica pieve di Marinasco ora dipendono ben diciannove cappelle contro le cinque di inizio secolo; tra queste sta assumendo un ruolo sempre più importante la chiesa urbana di Santa Maria della Spezia46. Come in altre diocesi dell'Italia centro-settentrionale fra Tre e Quattrocento, le parrocchie tendono a rendersi sempre più autonome rispetto alla loro chiesa matrice. Secondo le costituzioni sinodali trecentesche, che resteranno in vigore nella diocesi lunense sino al Concilio Tridentino, le cappelle erano legate tra loro e la pieve da vincoli che contribuivano a far emergere in maniera netta l'importanza della sede plebana. La costituzione sinodale nona prevede che i rettori delle cappelle devono partecipare alla festa del santo patrono della pieve, per l'inadempiente è prevista la pena di dieci soldi d'imperiali; devono pure recarsi nella loro chiesa matrice altre quattro volte durante l'anno per essere istruiti sulle costituzioni sinodali. Alla pieve è ancora riservato il ruolo di chiesa battesimale, i parroci per amministrare il battesimo devono infatti essere autorizzati dal proprio pievano47. Normalmente questo sacramento era amministrato nella pieve stessa, tuttavia a partire dal secolo XV non sono infrequenti le richieste al vescovo di dotare le chiese parrocchiali del fonte battesimale, segno che il ruolo di preminenza della pieve sta ormai incrinandosi. Anche nella diocesi di Luni erano osservati puntualmente i decreti pontifici sui benefici ecclesiastici, in particolare il provvedimento del papa Bonifacio IX del 9 novembre 1389 con il quale si stabiliva che i titolari di benefici, per collazione apostolica, le cui entrate annue eccedessero i 24 fiorini di Camera, dovevano versare annualmente una imposta fissata nella metà del reddito48. Tale sistema da allora in poi

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In relazione all'aumento e alla distribuzione delle parrocchie si veda il quadro comparativo in PlSTARlNO, Le pievi, 148-149. 47 La costituzione nona del sinodo lunense specifica gli obblighi dei sacerdoti titolari di chiese curate nei confronti della loro pieve. Dei testi sinodali trecenteschi abbiamo l'edizione critica curata da L. ZANCHETTA, / sinodi della diocesi di Luni, GSL, n.s. 34 (1983), 20-21. 48 ZANCHETTA, I sinodi, cost. 73, 74.

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definito talvolta annata bonifaciana rimase in vigore per tutto il quattrocento senza correzioni sostanziali. Da una disamina delle tasse imposte si evince che la quasi totalità delle pievi lunensi era assoggettata a questo tributo, la chiesa plebana più ricca risulta essere quella di San Siro di Montale presso Levanto che ha un reddito annuo di cento fiorini49, seguono le pievi massesi di San Pietro50 e di San Vitale51, quella fivizzanese di San Paolo52 che godono rispettivamente di un reddito di sessanta fiorini. La maggior parte delle chiese plebane hanno un reddito annuo che varia dai cinquanta ai quaranta fiorini; soltanto la pieve di Santo Stefano di Sorano presso Filattiera ha un censo inferiore a 29 fiorini53. Dotate di un discreto patrimonio risultano essere alcune chiese parrocchiali, tra queste in primo luogo San Niccolò di Areola cui è unita la cappellania di San Giovanni Battista54 e i benefici riuniti di San Martino e San Leonardo di Follo che raggiungono il cospicuo reddito di settanta fiorini ciascuno55, ben maggiore di molte pievi. Altri indizi eloquenti della diminuita importanza delle pievi si riscontrano nella pratica religiosa dei fedeli documentata soprattutto nei testamenti. Gli abitanti delle parrocchie nel dettare le loro ultime volontà stabiliscono normalmente di essere sepolti nella propria chiesa parrocchiale sia essa pieve o cappella. I testatori lasciano, sotto forma di pii legati, spesso somme di denaro alle proprie chiese parrocchiali o ai conventi degli ordini mendicanti situati nei borghi di Sarzana, Massa, Pontremoli e Fivizzano, da utilizzarsi per le spese di culto o per il restauro degli edifici sacri, raramente si trovano nelle ultime volontà dei lunigianesi donazioni alla pieve se questa non è la chiesa parrocchiale del testatore. Pertanto nella considerazione dei fedeli i conventi degli ordini mendicanti 49 Camera Apostolica documenti relativi alle diocesi del Ducato di Milano, a c. di G. Battioni, Milano 1997, II, 112, 233. 50 Camera, II 804. 51 Camera, II 539. 52 Camera, II 605. 53 Camera Apostolica documenti relativi alle diocesi del Ducato di Milano, a c. di M. Ansami, Milano 1994,1 29, 39. 54 Camera, I 67. 55 Camera, I 266.

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hanno preso il posto durante il secolo XV delle antiche pievi a cui non ci si sente più legati56. Tra i ventidue enti esenti dalla giurisdizione dell'ordinario diocesano troviamo i monasteri e le chiese da essi dipendenti, i conventi agostiniani, domenicani e francescani ed alcune istituzioni ospedaliere57. Agli inizi del secolo XV la condizione dei principali monasteri benedettini della diocesi rispecchia la crisi strutturale dell'antico ordine, le abbazie che non hanno aderito alle nuove istanze riformatrici della vita monastica sono spesso cadute in mano di avidi commendatari, ciò è avvenuto anche in Lunigiana. Nel XV secolo il monastero di San Michele di Monte dei Bianchi, importante dipendenza lunigianese dell'abbazia di Canossa, è secolarizzato, divenendo semplice beneficio di collazione pontificia, mentre le cappelle da esso dipendenti di San Biagio di Viano, San Prospero di Monzone e Santa Giulia di Noceto passano sotto la giurisdizione della pieve di Codiponte58. I pochi monaci rimasti a Santa Croce del Corvo si trasferiscono a metà Trecento in Sarzana59, neppure questo trasferimento riesce ad arginare la crisi di vocazioni che ha investito l'abbazia che, secolarizzata, passerà sotto la giurisdizione del Capitolo lunense, con bolla del pontefice Niccolò V del 19 giugno 145360. Agli inizi del Quattrocento sono presenti in numero assai ridotto monaci benedettini nell'abbazia di San Bartolomeo di Linari presso l'importante valico appenninico del Lagastrello. Il cenobio dotato di molti beni immobili svolse per tutto il Medioevo funzioni ospitaliere, tuttavia nel secolo XV conosce la sua più grave crisi che lo porterà alla

56 Bonatti, Pro anima sua: aspetti di vita religiosa nelle diocesi di Luni-Sanana nel basso medioevo, in Lunigiana nel secolo XV attraverso i protocolli del notaio Baldassarre Nobili, Pisa 1984, IX-XXXVL 57 Per l'elenco degli Enti esenti dalla giurisdizione dell'ordinario diocesano si veda Pistarino, Le pievi, 148-49. 58 E. Cerulli, Il regesto delle carte del monastero di San Michele de' Bianchi, GSL, n.s. 5 (1954),33-38. 59 L. PODESTÀ, Il monastero di Santa Croce del Corvo, «Atti e Memorie della R. Deputazione di Storia Patria per le Provincie Modenesi», s. IV, 6 (1894), 124-26. 60 ACLS E. T/10 regesto in / documenti, 304. Sull'argomento si veda in particolare il contributo di E. M. Vecchi nel presente volume.

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rovina. Abbandonato dai monaci, come si evince da una carta del 9 settembre 1466, il monastero è scoperchiato in più punti, le sue mura forniscono non più alloggio ai pellegrini, ma ad «animalia bruta»61. Segni invece di ripresa si hanno nel golfo della Spezia e nel territorio mulazzese. Il monastero di San Venerio del Tino è in piena decadenza agli inizi del secolo XV; abbandonato dai monaci è preda di avidi commendatari che vendono persino i calici e le tovaglie dell'altare. La vita monastica non più al Tino ma nel golfo delle Grazie, sarà ripristinata dal pontefice Eugenio IV che nel 1432 trasferisce ai monaci di Monte Oliveto, già presenti a Genova a San Girolamo di Quarto dal 1388, gli ancora cospicui beni del cenobio isolano62. Come sostenne in un suo interessante saggio Giorgio Picasso, «Se Eugenio IV intimo del Barbaro chiamò i monaci di Monte Oliveto nell'abbazia del Tino ciò fu un evidente segno di stima da parte del circolo riformatore veneto per l'opera della congregazione di Monte Oliveto»63. Sarà invece Niccolò V a favorire il risveglio della vita monastica benedettina nell'importante santuario lunigianese di Santa Maria del Monte sopra Mulazzo. Seguendo la propria linea di favorire le istanze riformatrici locali, Niccolò V incoraggia Antonio Uggeri, titolare della cattedra brugnatese, a ripristinare la vita monastica a S. Maria del Monte, chiamando i benedettini dell'abbazia di Sant'Andrea di Borzone l'S dicembre 1450. Il vescovo Uggeri immette nel possesso canonico del santuario mulazzese come priore il monaco Lancellotto Marcheselli64. La scelta del

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L. Giambutti, L'abbazia di S. Bartolomeo di Linari dalle origini alla soppressione, in Società Civile e religiosa in Lunigiana e nel vicino Appennino dal IX al XV secolo , Aulla 1986, 86-89. 62 II monastero di San Venerio del Tino, trasferitosi agli inizi del secolo XV nel golfo delle Grazie, ha destato l'interesse degli studiosi già dal Settecento. Si rimanda qui, anche per l'ampia bibliografia riportata, al recente studio di P. E. Faggioni, Il monastero di San Venerio del Tino alle Grazie, in Sessantanni di istruzione postelementare alle Grazie diPorto Venere, a c. di Faggioni, La Spezia 1998, 133-68. 63 G. PICASSO, / monaci di Monte Oliveto in Liguria, in Liguria Olivetana, II, Genova 1983, 12. 64 II cancelliere del vescovo di Brugnato Uggeri, Gio. Lorenzo Villani, nel rogito relativo alla presa di possesso canonico da parte del monaco Lancilotto del priorato di

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nuovo superiore risponde alle istanze riformatrici del pontefice sarzanese che si avvale di personalità locali influenti. La famiglia Marcheselli, abitante nel borgo di Mulazzo, dove possedeva una casa dall'aspetto signorile, era legata da vincoli di fedeltà con i signori del luogo, i Malaspina. I fratelli Oppicino e Gregorio Marcheselli entrambi notai svolsero in quel tempo funzioni di podestà per i marchesi di Mulazzo in luoghi strategici dell'ampio feudo65. Il monaco Lancellotto, avvalendosi dell'aiuto dei congiunti e potendo contare sul favore dei signori del luogo, sicuramente meglio di altri avrebbe potuto riscattare dalla rovina un importante santuario, che in effetti rifiorì. La riforma dei due monasteri benedettini riguardò istituzioni lunigianesi appartenenti all'archidiocesi di Genova (S. Venerio del Tino) e alla sua sede suffraganea di Brugnato (S. Maria del Monte), in entrambi i casi ci si avvalse dell'opera di monaci provenienti da abbazie dell'archidiocesi genovese, i cui presuli Pileo de Marini66 prima e Giacomo Imperiale67 poi favorirono la riforma delle istituzioni monastiche. All'intraprendenza delle comunità e dei signori di Lunigiana si devono la fondazione o la ristrutturazione dei conventi degli ordini mendicanti piuttosto che all'azione pastorale del vescovo che si preoccupò invece di diffondere capillarmente, come si è visto, le chiese parrocchiali nella vasta circoscrizione diocesana. I Campofregoso, signori di Sarzana, in accordo con la comunità promuovono il trasferimento dei frati predicatori dal loro vetusto convento, posto fuori delle mura in luogo più sicuro all'interno della città, ove viene edificato nello spazio rimasto libero tra la chiesa maggiore di Santa Maria e la fortezza di Firmafede, il nuovo ampio complesso conventuale con annessa chiesa e cimitero, che verranno con-

Santa Maria del Monte fa esplicito riferimento nella narratio all'intervento di Niccolò: V. AS sez. Pontr, Gio. Lorenzo Villani alla data. 65 Sugli stretti legami tra famiglia Marcheselli e i marchesi di Mulazzo si veda Bonatti, / Malaspina di Mulazzo nella seconda metà del '400, attraverso i protocolli dei notai Marcheselli, «Annuario Biblioteca Civica di Massa» (1979), 45-60. 66 L'attività riformatrice delle istituzioni monastiche promossa dall'arcivescovo Pileo de Marini ben si ricostruisce attraverso il suo epistolario Carteggio di Pileo de Marini Arcivescovo di Genova (1400-1429), a c. di D. PUNCUH, ASLPS, n.s. 9 (1971). 67 POLONIO, Crisi e riforma nella chiesa genovese ai tempi dell'arcivescovo Giacomo Imperiale (1439-1452), in Miscellanea di Studi Storici, I, Genova 1969, 264-363.

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sacrati dal vescovo diocesano il 12 agosto 144268. Significativi lavori di ristrutturazione e restauro saranno eseguiti in quegli anni, grazie alla munificenza di alcune famiglie illustri sarzanesi tra cui gli stessi Parentucelli, nel convento dei frati minori di San Francesco, che minacciava rovina69. L'istituzione del convento francescano dell'Annunziata di Levanto si deve ad un personaggio di spicco della nobiltà locale, Giovanni Battista Tagliacarne, protagonista insieme a Giovanni da Capestrano dell'osservanza francescana. Egli a fabbrica già iniziata ottenne da Niccolò V la bolla Pia fidelìum del 5 giugno 1453 con la quale il pontefice sarzanese concedeva alla comunità di Levanto l'autorizzazione alla costruzione del nuovo convento, la cui chiesa, ultimata in tempi brevi, venne consacrata li 20 maggio 1463 non dal vescovo diocesano Manfredi, ma dall'ordinario di Nebbio, il levántese mons. Oberto Penello. Nell'altare maggiore furono poste tra le altre le reliquie del francescano osservante Bernardino da Siena, canonizzato pochi anni prima da Niccolò V70. Nel 1460 per iniziativa del nuovo marchese di Massa Iacopo Malaspina e della sua consorte Taddea Picco fu fondato il convento francescano di Massa71. Il modesto convento agostiniano sulla collina del Poggio della Spezia fu radicalmente trasformato ed ingrandito nella seconda metà del secolo XV, grazie al contributo risultato determinante del Comune

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Sul convento domenicano di Sarzana e sul suo trasferimento si vedano i contributi di C. Cotto FAVI, Del Convento di San Domenico in Sarzana, Sarzana 1892, ancora utile perché condotto su fonti notarili oggi non più accessibili, perché andate distrutte nell'ultimo conflitto mondiale, e il più recente studio di C. Bonfigli, La Chiesa e il Convento di San Domenico a Sarzana, MALS 64-65 (1994-95), 140-53. 69 La chiesa e il convento di San Francesco di Sarzana si riscattarono dalla rovina tra la prima e la seconda metà del Quattrocento, a tal proposito si vedano i contributi di G. ROSSINI, L'architettura degli ordini mendicanti in Liguria, Bordighera 1981, 87-89, e il suo saggio nel presente volume. 70 Sul ruolo decisivo svolto dal francescano osservante Giovanni Battista Tagliacarne nell'edificazione del convento dell'Annunziata si veda il saggio di A. Casini, Più di mille anni di stona di Levanto, Rapallo 1973, 95-127. Invece sull'architettura del complesso conventuale si rimanda al recente contributo di G. ROSSINI, Levanto nel Rinascimento e il convento della Santissima Annunziata Architettura e restauro, Genova 1993. 71 Bonatti, Pro anima sua, XXI.

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spezzino, che con propria deliberazione del 2 febbraio 1475, stabilì di attribuire ai frati agostiniani le avarie «causa edificandi eorum conventum»72.

2. Trasferimento della sede vescovile da Luni a Sanana La bolla del pontefice Paolo II Cai super omnes orbis del 21 luglio 146573, impetrata dal cardinale Filippo Calandrini, sanzionava il definitivo trasferimento della sede vescovile da Luni a Sarzana iniziato nel lontano 1201, con l'accordo tra il vescovo, la comunità di Sarzana ed il Capitolo lunense. Per comprendere l'importanza di questa traslazione, destinata a mutare in profondo la storia sarzanese, che da borgo assumerà le funzioni di città sede della vasta circoscrizione diocesana, è necessario a questo punto ripercorrere le fasi salienti di tutta questa lunga vicenda. L'antica basilica di S. Maria di Luni era ancora nella prima metà del secolo XV la cattedrale della diocesi. Tuttavia l'antica città romana, più volte saccheggiata, era stata abbandonata dai suoi abitanti per l'imperversare della malaria, causata dagli acquitrini prodotti dopo l'insabbiamento del suo porto74. Pertanto la cattedrale risultava essere ormai troppo lontana per i fedeli, ma soprattutto per i canonici che dovevano officiarla. Il Capitolo desiderava più di altri il trasferimento a Sarzana, poiché, in ottemperanza alle disposizioni del pontefice Gregorio Vili del 14 dicembre 1187, doveva quotidianamente celebrare l'ufficiatura completa e la messa conventuale cantata nella basilica lunense. La normativa prevedeva nella fattispecie che tutti i canonici in buona salute e che non 72

P. F. Ferro, La chiesa e il monastero di Sant'Agostino a La Spezia, «Rivista del Comune della Spezia», 12 (1934), 15. 73 Nell'Archivio storico del Comune di Sarzana è conservata la bolla di Paolo II in originale su pergamena (mm 570 x 350) con il suo sigillo plumbeo. Il contenuto, data la sua rilevanza, venne trascritto nel Registrum Vetus, che costituisce il Liber iurium della comunità sarzanese (doc. 98). Al PlSTARlNO, Registrum Vetus del Comune di Sarzana, Sarzana 1965, 292-95, si deve l'edizione critica della bolla emendata sull'originale. 74 Sforza, Mughaid e le sue imprese contro la Sardegna e Luni (1015-1016), «Giornale Ligustico», 20 (1893), 134-56.

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abbiano giustificazioni giuridicamente accettabili devono essere presenti ed ufficiare la cattedrale nel periodo che va da S. Martino a S. Giovanni Evangelista (11 novembre-27 dicembre) e dall'inizio della Quaresima al martedì dopo Pasqua; in totale circa sei mesi. Per i periodi rimanenti i canonici troveranno un accordo tra loro in modo tale che ne restino in sede sempre almeno sei, altrimenti non avrebbero ricevuto per intero la prebenda75. Adempiere queste disposizioni nella cattedrale di una città di fatto abbandonata dai suoi abitanti e circondata da paludi, non era certo cosa agevole tanto più che i canonici risiedevano nelle dimore agiate delle loro famiglie in Sarzana o nei castelli limitrofi. Per questi motivi i canonici si fanno promotori del trasferimento della sede vescovile da Luni a Sarzana ove possono più agevolmente adempiere agli obblighi capitolari nelle due pievi cittadine. Le trattative, in verità lunghe e laboriose, si concretizzeranno negli anni che vanno dal 1201 al 1204. Il 4 giugno 1201 i canonici «cum auctoritate domini Innocentii pape tercii pro comuni utilitate tocius cleri et populi episcopatus»76 si accordano con il vescovo per il trasferimento del capitolo in questi termini; il presule cede ai canonici le due pievi sarzanesi di Sant'Andrea e San Basilio con le loro cappelle i loro beni mobili ed immobili; il Capitolo da parte sua concede al vescovo i suoi diritti sul «burgum de Aventiam cum cappellis et aliis pertinentiis suis» e nel contempo si impegna «ad costruertdam cathedralem ecclesiam». L'accordo è solennemente ratificato dal pontefice Innocenzo III con la bolla In eminenti Sedis Apostolice specula, data in Laterano il 7 marzo 120377. Ottenuta l'approvazione pontificia, i canonici si trasferiscono a Sarzana ove iniziano ad officiare le due pievi del borgo e ad assicurare la cura pastorale del popoloso insediamento. In questa occasione furono trasferiti da Luni 75

Nel 1187 il pontefice Gregorio Vili con bolla, edita in regesto da C. Desimoni, Regesti delle lettere pontificie riguardanti la Liguria dai più antichi tempi fino alVavvenimento d'Innocenzo III, ASLPS, 19 (1878), doc. 31, richiamando un accordo intercorso tra vescovo e canonici, fissa la normativa sulla presenza di questi nella città di Luni ove celebreranno in modo completo l'ufficiatura almeno per sei mesi l'anno. 76 A. PoTTHAST, Regesta Pontificum Romanorum, Berlino 1874, n0 2853. 77 II privilegio maggiore sottoscritto dal pontefice e da quindici cardinali, segno di rilevanza dell'atto, è edito più volte a partire dall'UGHELLI, Italia, 845-46 fino al più corretto PlSTARlNO, Le pievi, 15-18.

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nell'antica pieve di San Basilio «li Sacri Depositi de SS. Vescovi Lunensi il Sacrosanto Sangue del Redentore e altre tutte Reliquie», come ci riferisce il Lamorati; nell'occasione la chiesa plebana assumerà il titolo della cattedrale lunense di Santa Maria, divenendo di fatto la chiesa maggiore della diocesi78. Espletate tutte le formalità, la traslazione del capitolo a Sarzana sarà ufficialmente ratificata dal pontefice Innocenzo III con propria bolla del 25 marzo 120479. I canonici lunensi avevano quindi ottenuto con l'approvazione apostolica e con il consenso del vescovo Gualtiero il sospirato trasferimento a Sarzana dove la maggior parte di essi dimorava. Molti esponenti del clero capitolare provenivano infatti dalle nobili famiglie di Trebiano, Vezzano e Fosdinovo che avevano interessi e diritti nel borgo di Sarzana, pertanto essi non solo potevano adempiere più agevolmente i loro doveri capitolari e ricevere quindi per intero la prebenda, ma in caso di attriti con il vescovo avrebbero potuto contare sul sicuro appoggio delle famiglie di provenienza ora dimoranti nel borgo. Soltanto apparentemente più agevole fu la trattativa per il trasferimento della sede episcopale tra vescovo, consoli del borgo e Capitolo. Il 23 aprile 1201 si elegge da parte degli organi comunali la commissione delegata a trattare concretamente i termini di detta traslazione, con l'esplicitazione dei diritti e doveri delle parti. Essa risulta essere composta dal console Carenzio e da cinque burgensi, il 24 giugno l'accordo è raggiunto e sottoscritto dalle parti80. Pur di vedere in-

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G. Lamorati, Historie di Lunigiana, Massa 1685, 50. Sulla diffusione del culto al Sangue di Cristo in Lunigiana si veda l'interessante studio di P. Barbieri, La devozione al Sangue di Cristo nella Diocesi di Luni-Sarzana, Sarzana 1982. Nelle varie disposizioni contenute negli statuti del Capitolo lunense le chiese sarzanesi di Sant'Andrea e Santa Maria sono poste sullo stesso piano, entrambe debbono essere officiate dai canonici, anche se la celebrazione della messa conventuale si terrà in Santa Maria. POLONIO, Legislazione, 138. In un rogito del 18 agosto 1318 la chiesa di Santa Maria è definita invece chiesa maggiore: «Actum Sarzane in sacrestia ecclesie maioris Sánete Marie», PlSTARlNO, Registrum, 117; segno che con il passare del tempo la chiesa di Santa Maria aveva assunto un ruolo di maggiore importanza rispetto alla pieve di Sant'Andrea. 79 Desimoni, Regesti, doc. 38. 80 L'accordo stipulato tra il vescovo, il Capitolo ed i rappresentanti del Comune di Sarzana è significativamente riportato nella forma del breve memoriae nel Codice

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nalzato il popolato borgo alla dignità di città, sede dell'ampia diocesi lunense, i rappresentanti del Comune concedono al vescovo molti dei loro diritti accettando di fatto la sua signoria sul borgo. In particolare i consoli saranno eletti solo con il consenso del vescovo, tra i suoi fedeli e dovranno prestargli il giuramento di fedeltà e difenderne le ragioni e i diritti «per totam suam terram et per to turn episcopatum». Solo al vescovo compete l'amministrazione della giustizia penale; tuttavia la capitolazione più vistosa da parte dei burgensi si avverte laddove essi cedono quasi completamente al vescovo i diritti sul mercato che avevano ottenuto dall'imperatore Federico I con diploma del 4 novembre 116381. In particolare il presule stabilirà i pesi e le misure di tutte le merci vendute, riscuoterà i dazi e le imposte sulla via romea, concederà soltanto ai consoli di poter amministrare la giustizia civile, riservandosi il giudizio di appello, infine verserà al Comune la metà dei proventi derivanti dalle pene comminate ai falsari. A fronte di tutte queste concessioni il vescovo si impegna ad edificare il palazzo per la sua residenza in Sarzana e ad «acquirire totum territorium loci, quod custudiendum est ad proprietatem lunensis ecclesie et sui». Questa resa quasi totale da parte dei rappresentanti comunali alle pretese vescovili è spiegabile soltanto se si tiene conto dei vantaggi che dalla traslazione della sede vescovile da Luni a Sarzana avrebbero ricavato soprattutto le consorterie nobiliari inurbate. Queste, che esprimevano anche la maggior parte dei canonici, potevano controllare e contrastare il vescovo, residente ora nel borgo, mentre il clero capitolare avrebbe officiato più comodamente le pievi sarzanesi di Sant'Andrea e San Basilio della disagiata cattedrale di Luni, ed insieme assicurato la cura d'anime di uno degli insediamenti più popolati della diocesi. Pelavicino, doc. 64, si veda II regesto del Codice Pelavicino, a c. di M. Lupo Gentile, ASLPS, 44 (1912), n0 64; non venne invece trascritto nel Registmm Vetus del Comune. 81 II diploma di Federico Barbarossa, data la sua grande rilevanza, venne conservato gelosamente dalla comunità sarzanese nel proprio Archivio. Per questo, cosa assai rara, ci è pervenuto in originale con il suo sigillo in cera bruna con impressa l'effigie dell'imperatore. Dall'originale sono state estratte molte copie, alcune anche coeve. Nell'ultima e più accurata edizione del diploma, curata da Geo Pistarino, lo studioso dà conto nella nota bibliografica di tutte le trascrizioni precedenti. Pistarino, Il Registmm, 5-7.

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Questi patti sottoscritti sono invece del tutto a svantaggio del ceto dei mercanti e degli artigiani che in quel momento erano esclusi con ogni probabilità dal governo comunale; gli antichi diritti di cui godeva il mercato sarzanese sanzionati solennemente nel diploma imperiale di Federico I di fatto passano dal Comune al vescovo. E questa una grave ferita che la classe nobiliare aveva assestato al ceto mercantile. Non passano molti anni e al governo del Comune torna la classe dei mercanti che per prima cosa denuncia i patti sottoscritti con il vescovo ed i canonici nel giugno 1201, ritenendoli non validi per gravi vizi di natura giuridica, infatti soltanto uno dei consoli aveva sottoscritto l'accordo e per di più in pregiudizio dei diritti della comunità sanzionati nel diploma imperiale di Federico 1. Le parti, come in altre occasioni, per sanare i contrasti adirono la via dell'arbitrato eleggendo di comune accordo quale giudice delegato il podestà dei signori di Vallecchia e Corvaia. Nel marzo del 1219 presso Brancaliano in Versiglia, gli avvocati Maisnero per il Comune di Sarzana, Assalito per il vescovo, esposero le loro ragioni al giudice e ad un esperto giurista pisano82. Il rappresentante del Comune sarzanese più che disquisire su fini questioni di diritto sostenne che i patti sottoscritti nel 1201 dovevano considerarsi non più in vigore per una serie di motivi. In particolare il patrocinatore del Comune sostenne che il primo a disattendere questi patti era stato proprio il vescovo che non aveva edificato nel borgo il proprio palazzo e non aveva messo a disposizione le aree per la costruzione di nuove case da dare in locazione; passa quindi a dimostrare con fatti alla mano che il vescovo «ex quo burgus fuit», cioè fin dalla sua fondazione non ha esercitato giurisdizione signorile sul borgo ed in particolare sul mercato; i consoli invece hanno da sempre «scientibus episcopis» regolamentato l'emporio commerciale, mettendo a disposizione l'area presso il torrente Calcandola; hanno fissato i pesi e le misure, hanno pure esercitato funzioni giudiziarie, tanto è vero che la forca a cui impiccare i malfattori è ancora innalzata nella

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II dibattimento nelle sue linee essenziali è riportato nel lodo arbitrale che venne significativamente inserito nel Codice Pelavicino. Di esso abbiamo l'edizione integrale a cura di L. Podestà, Statuti di Sarzana dell'anno MCCLXIX, in Monumenti di Storia patria delle Provincie Modenesi, IV, 1, Modena 1893, 78-95, l'ampio regesto in Lupo Gentile, Il Regesto, 112. Dell'argomento ha trattato diffusamente G. Volpe, Lunigiana medievale Firenze 1923,134-52 (testo), e 296-300 (note).

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piazza del mercato. Il rappresentante del vescovo, Assalito, insiste nella tesi secondo cui il borgo deve considerarsi come la naturale espansione del castello di Sarzanello su cui esercita piena giurisdizione signorile il vescovo, secondo quanto sanzionato da diplomi imperiali antichi e recenti83. La sentenza arbitrale fu pronunciata l'S marzo 1219 nella chiesa di S. Bartolomeo di Brancaliano e fu favorevole al vescovo più nella forma che nella sostanza; al prelato era riconosciuta la potestà di esercitare la giurisdizione signorile sul borgo di Sarzana, tuttavia egli doveva rispettare i patti sottoscritti nel 1201, in particolare laddove si era impegnato ad acquisire l'area da fornire ai nuovi abitanti; invece i proventi derivanti dalle varie imposizioni fiscali dovevano essere divisi a metà tra il Comune ed il vescovo. Per l'amministrazione della giustizia l'arbitro adottò una soluzione di compromesso: i consoli potevano dirimere le cause in primo grado, al vescovo erano riservati i giudizi di appello. La sentenza arbitrale venne accettata dalle parti, il 28 aprile giurarono di osservarla oltre 250 sarzanesi riuniti nella chiesa di Santa Maria84. Per i burgensi questa sentenza non può essere certo considerata una vittoria, ma un ragionevole compromesso in attesa di tempi migliori, per potersi affrancare definitivamente dal potere comitale del vescovo; questi tempi non tardarono. Nel trentennio 1220-1250, la Lunigiana divenne uno dei centri dell'attività riorganizzatrice delle forze imperiali ad opera soprattutto dell'imperatore Federico II, che aspirava a sottomettere la Sardegna ed a estendere la sua effettiva signoria sulla Toscana e le isole. Per realizzare questo suo progetto era necessario controllare le principali vie di comunicazione tra Liguria, Emilia e Toscana, scoraggiando sul nascere ogni tentativo di rivalsa da parte delle città guelfe di Genova e 83 II rappresentante del vescovo può esibire ben tre diplomi imperiali su cui si fonda il comitato episcopale, tali diplomi erano stati elargiti da Ottone I nel 963 e da Federico I nel 1181 e nel 1183. Questi privilegi imperiali aprono il Liber iurium della chiesa lunense, detto Codice Pelavicino. Lupo Gentile, Il Regesto, n1 3, 6,7. 84 II giuramento con cui i burgensi sarzanesi si impegnano ad osservare il dispositivo del lodo arbitrale venne trascritto nel Codice Pelavicino, di esso abbiamo l'ampio regesto in Lupo Gentile, Il Regesto, n0 54. Il Volpe, Lunigiana, 159 e 301, corregge la data del giuramento, che, secondo il suo autorevole parere, si tenne il 28 aprile e non il 1 maggio, come proposto da Lupo Gentile.

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Lucca. In questo quadro il controllo della Lunigiana, stretta tra l'Appennino tosco emiliano ed il mare Tirreno ed attraversata da importanti vie di comunicazione terrestri e marittime, diviene essenziale per la strategia imperiale. Federico II, a capo del suo esercito, presidia nell'estate del 1226 la Val di Magra ed il mare, avendo posto il suo accampamento in Sarzana. L'imperatore svevo dovette accogliere volentieri i burgensi sarzanesi che nell'agosto si erano recati presso il suo accampamento per chiedere la conferma dei loro diritti sanzionati dal suo avo Federico I con solenne diploma. Lo Svevo concede quanto richiesto, fa ritrascrivere per intero il diploma del suo predecessore, e lo riconferma «in omnibus et singulis suis articulis», ponendo di nuovo il borgo sotto la diretta protezione dell'impero. Perché non vi siano dubbi al riguardo i sarzanesi ottengono dall'imperatore che venga ben specificato che cosa si debba intendere per protezione diretta dell'impero: il borgo sarà esente in perpetuo «ab omni alterius iurisdictione, potestate et dominio», nessun signore potrà esercitare diritti signorili nel borgo e amministrare giustizia civile e criminale. Tutte le convenzioni stipulate «in preiuditium imperii» con qualsiasi persona ecclesiastica o secolare sono da considerarsi per autorità imperiale revocate. In altre parole anche se non è detto esplicitamente, con questo privilegio i sarzanesi ottengono l'annullamento delle convenzioni tra vescovo, canonici e rappresentanti comunali stipulate del 1201, il borgo torna ad essere libero, sottoposto soltanto all'autorità imperiale e dei suoi legali rappresentanti85. Le vittoriose imprese di Federico II, che consolidò il potere imperiale in Toscana, ebbero come conseguenza in Lunigiana l'allontanamento del vescovo Guglielmo che dovette riparare prima nella guelfa Lucca per poi essere catturato nel 1243 alla Meloria dai Pisani ed 85

II diploma imperiale di Federico II è conservato tuttora in originale su pergamena (mm 530 x 490) con sigillo pendente in cera bruna, ove è effigiato l'imperatore, nell'Archivio storico del Comune di Sarzana. Data la sua importanza la comunità incaricò alcuni notai di farne copie autentiche, alcune delle quali sono tutt'oggi conservate nell'Archivio storico comunale. Questo diploma costituisce significativamente il secondo documento del Registrum Vetus, segue cioè il diploma di Federico I; l'intento degli estensori trecenteschi del Registrum è quello di dimostrare che i privilegi di cui gode Sarzana hanno un solido fondamento giuridico. Il diploma pubblicato da Pistarino, Registrum, 8-13, è collazionato sull'originale.

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essere successivamente imprigionato, e la nomina di un vicario imperiale nella persona del marchese Uberto Pelavicino86. Questi con l'aiuto delle forze ghibelline, i Malaspina e Pisa, conquistò nel 1241 il borgo di Lerici che sarebbe divenuto la punta avanzata dei ghibellini contro la guelfa Genova87 che aveva il proprio estremo baluardo in Portovenere, l'antica «colonia lanuensis»88. Il marchese Pelavicino insediò funzionari dell'impero nei principali castelli e terre lunigianesi89, i sarzanesi, temendo di perdere la libertà appena conquistata, passando dalla signoria vescovile a quella più temibile dei Malaspina o di altri signori della parte ghibellina, si affrettano a raggiungere nell'agosto del 1244 l'imperatore Federico che stava assediando la guelfa Lucca. Lo Svevo, accondiscendendo alle richieste dei rappresentanti del Comune di Sarzana, considerando la loro sincera devozione manifestata anche in situazioni difficili, riconferma i privilegi antichi ponendo direttamente il borgo sotto la protezione dell'impero, «in manibus nostri et imperii, ita quod nobis erunt immediate subiecti nostrisque vicariis et eorumdem vicariorum officialibus»; con queste solenni espressioni l'imperatore si fa garante che il Comune di Sarzana non potrà essere infeudato ma governato direttamente dal vicario imperiale e dai suoi funzionari90. Durante il lungo periodo di predominio delle forze ghibelline in Lunigiana, Sarzana consolida il suo ruolo egemonico nella media Val di Magra, non solo i borghi limitrofi di Santo Stefano ed Areola ormai sono entrati pienamente nella sua orbita, ma anche gli stessi castelli vescovili, tra questi Sarzanello, ora che il prelato è in esilio, guardano con rinnovato interesse Sarzana.

86 II molo strategico della Lunigiana nel quadro della politica espansionistica di Federico II è bene illustrato da Sforza, Memorie e documenti per servire alla storia di Pontremoli, Firenze 1904,1, 127-45. 87 POGGI, Storia di Lerici e del suo castello, Lerici 1907,138-47. 88 Petti Balbi, Tino e Portovenere tra feudalità e Comune, in S. Venerio del Tino: vita religiosa e civile tra isole e terraferma in età medievale, Sarzana 1986, 106 e 107. 89 Poggi, Stona, 149-52. 90 Anche questo secondo diploma di Federico II è conservato in originale su pergamena (mm 310 x 200) con il suo sigillo pendente in cera bruna nell'Archivio storico del Comune di Sarzana. Il documento collazionato con l'originale venne trascritto dal PlSTARlNO, Il Registrum, 13-15.

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Con la morte di Federico II è mutato il clima politico che ora è favorevole alle forze guelfe. Il vescovo Guglielmo fece ritorno dalla prigionia e dall'esilio, ma dovette ben presto rendersi conto che la sua signoria temporale era gravemente compromessa. Egli sapeva di dover contrastare i tradizionali suoi oppositori, il Comune di Sarzana ed i Malaspina; non si aspettava invece che le insidie più pericolose sarebbero venute proprio dalla sua parte politica. Niccolò Fieschi, nipote del pontefice Innocenzo IV, con l'appoggio determinante dello zio, stava infatti costituendosi uno stato signorile autonomo che dai possessi aviti nella valle del Lavagna doveva includere, secondo le sue intenzioni, le valli del Magra e del Vara erodendo il potere comitale del vescovo91. Nel frattempo i sarzanesi, che non rinunciano alla loro autonomia, sanzionata dagli imperatori, intraprendono la via legale, chiedendo un parere ai giuristi Bernardo e Odofredo sulla validità dei diplomi imperiali concessi al borgo e se il vescovo può esercitare la giurisdizione signorile sul borgo stesso. I giuristi, visti i diplomi imperiali concessi sia al borgo che al vescovo, esaminati i testi dottrinali più accreditati, in particolare le Decretali di Gregorio IX e il Digesto, concludono che il vescovo non può esercitare alcuna «iurisdictionem temporalem in ipsam terram Sarzane» poiché l'imperatore «in se retenuisse omnem temporalem iurisdictionem» ed ha posto Sarzana direttamente sotto il proprio potere92.

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Petti Balbi, l'conti' e la 'contea' di Lavagna, Genova 1984.

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II parere legale è riportato nel Registrum Vetus ed edito da PlSTARlNO, Registrum, 59-63, senza alcuna indicazione di data. Nel documento si accenna ad una controversia tra il vescovo ed il Comune «super questione vertenti inter Lunensem episcopum ex una parte et comune Sarzane ex altera», non meglio identificata. Gli studiosi che se ne sono occupati avanzano differenti ipotesi di datazione del documento: il Volpe, Lunigiana, 209-11, lo fa risalire all'anno 1257, non si sa su quale preciso fondamento, mentre PlSTARlNO, Registrum, 59-60, propone più genericamente il decennio 1250-60, cioè tra la morte di Federico II di Svevia ed il lodo arbitrale pronunciato dal cardinale Ottobono Fieschi. Il Volpe, Lunigiana, 319, n0 370, tenta di identificare il dottor Bernardo con l'insigne giurista bolognese Bernardo Bottone, autore di una Glossa ordinaria alle Decretali, o con Bernardo da Cornazzano, le cui dispute sono riportate da Alberico da Rosciate. Data l'indicazione del solo nome nel nostro documento non ci pare possibile una identificazione precisa del personaggio, si è dato conto, tuttavia, di queste suggestive ipotesi.

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Ottenuto questo favorevole parere giuridico, allentata la pressione delle forze guelfe, il Comune di Sarzana trova con il vescovo Guglielmo, anch'egli desideroso di scollarsi il duplice peso dell'ingerenza lucchese e di Niccolò Fieschi, un accordo per esercitare insieme la giurisdizione signorile sul borgo e dividersene i proventi. L'accordo raggiunto costituì per le parti, dopo tante lotte e discordie, un compromesso accettabile, tanto che venne stipulato nella forma di statuto e promulgato insieme dal vescovo e dai rappresentanti del Comune il 5 novembre 126993. Secondo queste disposizioni statutarie il potere era gestito pariteticamente tra le due istituzioni: lo stesso podestà, massimo organo del governo comunale, era nominato in accordo tra vescovo ed il Comune. Questi patti, sottoscritti nella formula solenne dello statuto, non ebbero vita lunga; ben presto vennero disattesi sia dal vescovo che dal Comune. Nel 1273 successe al vescovo Guglielmo Enrico da Fucecchio, nominato direttamente dal pontefice Gregorio XI94. Questi si preoccupò, appena raggiunta la sua sede, di rivendicare i diritti comitali del suo episcopato. L'intrepido Enrico dette inizio a questo suo programma rivendicando in primo luogo i borghi e i castelli che Niccolò Fieschi aveva venduto alla Repubblica di Genova ed affrontò persino un viaggio a Roma per definire con la curia papale l'atteggiamento che avrebbe dovuto tenere con il potente conte. Durante la sua assenza i sarzanesi si procurarono direttamente il sale non pagando più la dogana al vescovo, elessero senza il suo consenso gli organi comunali, giunsero addirittura ad oltraggiare i vicari episcopali che pretendevano il rispetto dei patti giurati, tanto era il desiderio dei 93

II testo degli statuti del 1269 è stato pubblicato integralmente da Podestà, Statuti, 2-110, che lo ha trascritto dal Codice Pelavicino, doc. 60; il testo dello statuto è stato inserito nel Corpus Statutorum Lunigianensium, a c. di N. M. Conti, La Spezia 1979 (Studi e Documenti di Lunigiana, V), 127-78. 94 Eubel, Hierarchia, 318, e Catalogas cronologicus, 248. Il nome di Enrico da Fucecchio, oltre che per la sua proficua attività svolta nel recuperare i diritti comitali dell'episcopato lunense, è legato alla redazione del Codice Pelavicino manoscritto membranaceo conservato nell'Archivio Capitolare, ove sono trascritte le testimonianze storico-giuridiche della Chiesa Lunense a partire dai diplomi degli imperatori carolingi per giungere all'autobiografia dello stesso Enrico. Del codice denominato Pelavicino si sono occupati molti studiosi, si rimanda qui per l'ampia bibliografìa sull'argomento al volume degli Atti del Convegno di Studi nel VII centenario della redazione del Codice Pelavicino, MALS 57 (1989).

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sarzanesi, ormai da troppo tempo sopito, di riprendersi la piena autonomia . Al suo ritorno da Roma, sul finire del 1276, il vescovo Enrico intimò al Comune di rimuovere gli amministratori eletti arbitrariamente96; ma i burgensi non gli obbedirono; ne scaturì un'altra vertenza giudiziaria che durò a lungo: fu portata persino innanzi alla Santa Sede. Lo stesso Enrico nel redigere una sorta di autobiografia, posta all'inizio del Liber iurium della Chiesa lunense, mentre può vantarsi di aver riportato notevoli successi acquisendo al suo dominio vari borghi e castelli di Lunigiana, deve registrare invece il proprio insuccesso nei confronti di Sarzana, pensa persino di rifondare, con l'aiuto della grazia divina, Luni, ove può esercitare liberamente i propri diritti temporali e spirituali, amministrare giustizia nel campo civile e criminale attribuendo le giuste sanzioni secondo le prescrizioni canoniche e civili97. Lo stesso Enri-

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Volpe, Lunigiana, 244-45. L'8 agosto 1275 con proprio decreto emanato nella chiesa di Sant'Andrea «cassati fuerunt omnes consiliarii et offìciales Comunis Sarzane ad quorum omnium electionem debeat vel sit solitus interesse venerabilis pater dom. Henricus lunensis episcopus vel alius de suo mandato», il documento venne trascritto nel Codice Pelavicino, doc. 41. Lupo Gentile, Il Regesto, 62-63. 97 II vescovo Enrico, inquisita ventate presso i membri più anziani del Capitolo e presso aliis antiquoribus fidelibus episcopatus, ricostruisce la cerimonia con cui i vescovi lunensi prendono possesso della diocesi. Il prelato si recherà dapprima a Luni dove sarà accolto dai canonici e dal clero e processionalmente farà il suo ingresso in cattedrale ed ivi verrà insediato sulla cattedra episcopale dal prepósito, dall'arcidiacono e dagli altri canonici, recitata l'orazione della Beata Vergine Maria benedirà il popolo. Da Luni su di un cavallo si recherà a Sarzana, dove, accolto processionalmente, si recherà nella chiesa di San Basilio e sarà insediato in cattedra dai canonici come a Luni. Rivestito della «capam de serico cum báculo et mittra», si recherà processionalmente alla chiesa di Sant'Andrea, ove recitata l'orazione di sant'Andrea, darà la benedizione al popolo, ritornato nella chiesa di San Basilio ripeterà la cerimonia. Passati alcuni giorni, riceverà il giuramento di fedeltà da parte degli uomini di Sarzana e degli abitanti «castrorum et villarum ipsius», quindi riceverà il giuramento dei suoi vassalli. Sino a questo punto il vescovo ha ricostruito il cerimoniale d'ingresso; quindi aggiunge il seguente suo commento: «Et si contigeret quod civitas Lunensis reficeretur, divina gratia favente, omnia ista predicta ibi facere, in qua civitate habet totum dominium temporale et spirituale, merum e mixtum imperium et omnimodam iurisdictionem omnium causarum, civilium, criminalium et spiritualium et omnia banna, furta forefacta et homicidia et alia crimina punire debet secundum legitimas sanctiones canónicas et civiles». Con queste significative parole l'intrepido Enrico richiama il pieno dominio spirituale e temporale che il vescovo esercitava a Luni senza l'opposizione degli 96

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co sa che questo è un sogno irrealizzabile, preferisce allora fortificare borghi e castelli intorno a Luni: spende una somma di denaro ragguardevole - oltre mille lire d'imperiali - per «hedificari castrum S. Mauricii de novo» alla foce del Magra, da cui spera di ottenere «magna utilitas» riscuotendo i proventi del pedaggio e del ripatico; a Ponzanello edificherà un «palatium magnum», mentre a Castelnuovo innalzerà il «palacium et turrim magnam et claustrum vinee»98. Da allora e per un non breve tempo Castelnuovo sarà la residenza preferita del vescovo che non intende trasferirsi a Sarzana, poiché non vi può esercitare i propri diritti signorili, al massimo, quando le condizioni lo permettono, può dividerli con il Comune. Il successore del vescovo Enrico Antonio Nuvolone da Camilla, nominato dal pontefice Bonifacio Vili, V8 maggio 1297 vorrebbe governare l'ampia diocesi in modo autorevole e deciso come il suo predecessore, ma contro di lui si coalizzarono i marchesi Malaspina, la feudalità intermedia, il Comune di Sarzana e lo stesso Capitolo lunense, che dovette subire ancora una volta questa nomina99. Il vescovo Antonio cercò di riportare all'obbedienza i ribelli chiedendo il diretto intervento dello stesso pontefice Bonifacio Vili; questi incaricò Guidotto da Milano di andare personalmente in Lunigiana ed imporre ai sarzanesi il rispetto delle prerogative episcopali. Tuttavia, pochi anni dopo, il nuovo prelato doveva subire «multa iniuria et damna» dai marchesi Malaspina di Olivóla e Mulazzo che insieme con i Comuni di Sarzana, Sarzanello, Carrara, Bibola, Santo Stefano e Bolano volevano privare il vescovo della sua giurisdizione comitale sui rispettivi borghi100.

ostinati burgensi sarzanesi. Il documento venne pubblicato integralmente dal Podestà, Statuti, 112-113, ed in regesto da Lupo Gentile, Il Regesto, 652 (Addenda). 98 L'autobiografìa di Enrico da Fucecchio contenuta nel Codice Pelavicino ha attirato l'interesse degli storici ed è stata più volte pubblicata integralmente: Podestà, Statuti, 89-90, Lupo Gentile, Il Regesto, 642-44 (Addenda). 99 Sul vescovo Antonio Nuvolone da Camilla, cugino del cardinale Luca Fieschi nominato dal pontefice Bonifacio Vili alla cattedra lunense F8 maggio 1297, si veda l'introd. in A. Ferretto, Codice diplomatico delle relazioni tra la Liguria la Toscana e la Lunigiana ai tempi di Dante, ASLPS, 31/1 (1901), XXXII-XXXV. 100 Sulla complessa situazione politica della Lunigiana agli inizi del Trecento si vedano Volpe, Lunigiana, 253-67, e Bonatti, Castruccio Castracani degli Antelminelli in Lunigiana, Pisa 1981, 33-38.

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Dopo una lunga guerriglia durata circa sette anni con angherie e saccheggi perpetrati dal vescovo ed i suoi alleati (i nobili di Fosdinovo e di Falcinello) da una parte, dai Malaspina e i loro consorti dall'altra, si addivenne alla pace; il marchese Franceschino di Mulazzo per concluderla nominava suo procuratore, il mattino del 6 ottobre 1306, l'esule Dante Alighieri. Questi saliva nella stessa giornata a Castelnuovo ove nel palazzo episcopale sanciva la sospirata pace con il prelato lunense Antonio101. La lotta secolare tra i marchesi Malaspina e i vescovi-conti poteva considerarsi terminata; l'amicizia contratta si rivelò così salda che il vescovo Antonio nominò l'ex nemico Franceschino suo esecutore testamentario. La pace con i marchesi di Lunigiana era dunque assicurata, ma ormai le risorse economiche e le possibilità politico-militari del comitato episcopale erano ridotte a poca cosa. Il trattato di Castelnuovo sanciva, in un certo senso, la fine della potenza politica dei vescoviconti e inaugurava l'egemonia dei Malaspina in Lunigiana. Subito dopo la morte del vescovo Antonio da Camilla, avvenuta nel 1307, si fa evidente la crisi dell'episcopato lunense. Una parte dei canonici, riuniti nella sacrestia della chiesa di S. Maria e San Basilio di Sarzana, scelgono come vescovo Gherardino di Alberto dei marchesi Malaspina, che ricopriva in quel momento la carica di pievano di S. Pietro in Campo presso Lucca. Altri canonici si raccolgono nella chiesa del castello di Ponzanello e nominano vescovo Guglielmo, appartenente all'ordine dei frati minori. Dietro questo scisma capitolare si celavano profonde divisioni politiche; il Capitolo dei canonici della chiesa di Luni è in quel momento in gran parte sotto l'influenza dei Malaspina, che hanno provveduto a far investire di benefici canonicali ecclesiastici a loro fedeli, alcuni dei quali appartenevano a consorterie nobiliari tradizionalmente loro alleate. Negli anni avvenire l'influenza malaspiniana sul Capitolo sarà destinata a crescere; oltre a Gherardino i marchesi riusciranno a far eleggere i vescovi Bernabò e Gabriele della stessa famiglia102. Lo scisma capitolare è altresì segno degli umori

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L'originale, edito più volte, della pace stipulata da Dante, su procura di Franceschino Malaspina, con il vescovo Antonio da Camilla è conservato nell'Archivio Notarile della Spezia; ampia anche bibliografìa in merito: Bianchi, Lotte feudali in Lunigiana e il trattato di Castelnuovo del 6 ottobre 1306, «Studi Lunigianesi», 7 (1975), 158-79. 102 U. Dorini, Spinetta Malaspina un grandefeudatario del Trecento, Firenze 1940, 87-93.

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contrastanti tra guelfi e ghibellini neri e bianchi, presenti in Lunigiana, Gherardino era legato infatti a guelfi neri, mentre Guglielmo parteggiava per la parte imperiale. La parte guelfa nel Capitolo lunense doveva avere la maggioranza, come dimostra il fatto che nell'ottobre 1307, in sede vacante, il visconte «pro Lunensi capitulo» era Maghinardo degli Obizzi della guelfa Lucca. Nonostante le più svariate pressioni esercitate su papa Clemente V, perché nominasse frate Guglielmo alla cattedra lunense, il pontefice decide di confermare l'elezione di Gherardino e lo stesso privilegio di nomina non tace le motivazioni che hanno consigliato tale scelta. Il pontefice è preoccupato delle sorti della dominazione temporale della Chiesa lunense che si vede contestare sistematicamente i propri diritti dai Comuni e dai potentati limitrofi, ma intrawede in Gherardino l'accorto difensore dei propri diritti, il quale dovrà, come afferma il privilegio di nomina «per tuam industriam et providentiam consanguineorum (Malaspina) et amicorum tuorum (consorterie nobiliari legate ai Malaspina) prefata bona ed iura recuperan». Tanta fiducia era in verità mal risposta perché i vescovi lunensi provenienti dalla famiglia Malaspina usarono il loro potere per consolidare gli interessi della casata103. Passano alcuni anni e il quadro politico generale volge tutto a svantaggio dell'episcopato; già il 16 dicembre 1312 troviamo nei documenti ufficiali un «vicario di tutta la riviera orientale», nonché «capitano generale della diocesi e dell'episcopato lunense per l'imperatore» nella persona di Guido Novello, conte palatino di Toscana. Siamo dunque a sette mesi soltanto dalla conferma di Gherardino a vescovo lunense che già troviamo seriamente compromessa la sua signoria temporale104. Ma il peggio doveva ancora venire; l'imperatore Arrigo VII dai propri accampamenti posti a Poggibonsi, alla presenza dei nobili del suo seguito, tra cui il marchese Spinetta Malaspina della Verrucola, priva Gherardino della signoria temporale e lo mette al

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Lo storico Giovanni Sforza ben delinea il quadro storico istituzionale di Sarzana e dell'episcopato lunense in questo tormentato periodo in Sforza, Della Signorìa di Castruccio e de' Pisani sul borgo e forte di Sarzanello in Lunìgìana, «Atti e Memorie della R. Deputazione di Storia Patria per le Provincie Modenesi e Parmensi», 5 (1870), 323-65. 104 Volpe, Lunigiana, 253-67.

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bando dell'impero; stessa sorte è riservata al vescovo di Firenze105, in quanto i due prelati si erano rifiutati di prestare ad Arrigo l'aiuto militare che avrebbero invece dovuto fornirgli in quanto feudatari imperiali. Gherardino, colpito dal bando il 23 febbraio 1313, prese la via dell'esilio e corse a rifugiarsi a Fucecchio, divenuto asilo dei guelfi. Neppure l'improvvisa morte dell'imperatore fece evolvere la situazione politica a favore del vescovo Gherardino; degli antichi diritti feudali, tenacemente rivendicati soltanto alcuni decenni prima da Enrico da Fucecchio, non rimaneva che un pallido ricordo: i possessi fondiari vescovili di Ameglia erano tenuti da Brancaleone Doria, il castello di Bolano dai marchesi Gorradino, Moroello e Franceschino Malaspina, mentre il Comune di Sarzana non poteva trovare congiuntura più favorevole per liberarsi dai gravami fiscali e dai diritti di signoria imposti dal prelato sul borgo e sul castello. Il vescovo Gherardino non poteva certo riporre la propria fiducia nei Comuni di Pisa e Lucca sempre pronti ad erodere l'autorità del suo potere comitale. In questa diffìcile congiuntura il 4 luglio 1314, venti giorni dopo la caduta di Lucca, Castruccio Castracani tramite un suo procuratore otteneva dal vescovo Gherardino la nomina a visconte del comitato di Luni106, il prelato per dirla con lo Sforza aveva affidato il suo gregge ad un lupo rapace (Castruccio), in altre parole il condottiero, divenuto signore di Lucca rivendicò a quella città i borghi e i castelli già appartenuti al comitato episcopale107. La Repubblica lucchese, anche

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La sentenza del 13 febbraio 1313 con cui l'imperatore Enrico VII destituisce dal feudo i vassalli dell'impero tra cui i vescovi di Firenze e Funi che non avevano ottemperato ai mandati imperiali del 13 febbraio 1313 venne significativamente trascritta nel Registrum Vetus, doc. n0 51, edito da PlSTARlNO, IlRegistrum, 145-50. 106 Si veda la voce M. Luzzati, Castracani degli Antelminelli Castruccio, in DÈI, 22, 1979, 200-213; il testo è stato ripubblicato dall'autore in Castruccio Castracani degli Antelminelli in Lunigiana, Pisa 1981, 15-29. 107 Sforza, Della Signoria, 356. Il vescovo Gherardino in esilio presso la parrocchia di San Giacomo ultra Amum per raggranellare qualche soldo nomina il 9 agosto 1319 suo procuratore il canonico Enrico al fine di cedere in perpetuo la saltaría della Chiesa lunense nel territorio sarzanese al Comune. Fatto ritorno a Sarzana, alcuni giorni dopo (il 18 agosto), il canonico Enrico, dopo aver ricevuto il consenso del Capitolo lunense, cede la saltaría al rappresentante del Comune di Sarzana Corrado del fu Pesleri. I due atti trascritti nel Registrum Vetus docc. 37 e 38 sono editi da PlSTARlNO, Il Registrum, 111-117; riferendo questi fatti il Volpe, Lunigiana, 260, acutamente commenta: «le parole dell'atto di cessione suonano pur sempre come ricono-

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dopo la breve signoria deirAntelminelli, riuscì a mantenere il possesso di un rilevante numero di borghi e castelli già appartenuti al comitato lunense, mentre altri passarono sotto il dominio della Repubblica di Genova. Alla fine del secolo XIV del potere comitale dei vescovi era, dunque, rimasto un pallido ricordo108. Negli anni travagliati dello scisma le divisioni all'interno del Capitolo lunense portarono addirittura alla contemporanea nomina di due prelati che si contendevano la cattedra episcopale, come si è detto all'inizio di questo lavoro. In questa precaria situazione non era possibile adempiere alle due condizioni, ritenute necessarie per il trasferimento della sede vescovile da Luni a Sarzana: l'edificazione della cattedrale e del palazzo episcopale. Il procuratore del vescovo Francesco Manfredi da Pietrasanta, il canonico Giacomo, prese possesso della diocesi ancora nella cattedrale di Santa Maria di Luni il 29 aprile 1415, secondo l'antico cerimoniale che ci era stato descritto nella sua autobiografia dal vescovo Enrico. Il nuovo prelato non avendo più dimore signorili ove risiedere dovette prendere casa in affitto a Sarzana dai Buonaparte, ove abitò per alcuni anni istituendovi anche la propria cancelleria, affidata ad una illustre dinastia di nobili inurbati, i notai Griffi. Lasciata Sarzana intorno al 1422 il vescovo Francesco, dopo aver alternato la sua residenza in alcuni borghi e castelli di Lunigiana, Villafranca, Pontremoli, Vezzano, Fivizzano, prenderà stabile dimora dal 1437 sino alla morte (1469) a Pontremoli nella vicinia di San Giovanni in una casa signorile, ove pose la propria cancelleria affidata ai notai del locale collegio Bartolomeo e Ludovico Barborini109. I motivi che indussero monsignor Francesco a lasciare Sarzana e trasferirsi nella media e nell'alta Val di Magra possono essere in verità molti, alcuni anche di tipo personale che è difficile documentare. Vi sono, tuttavia, alcune coincidenze che fanno riflettere. Il vescovo abscimento della impotenza e miseria presente della chiesa episcopale di Luni, della vanità e passività economica di certi diritti». Si deve notare che il vescovo nella procura si qualifica come episcopus et comes, mentre nell'atto di vendita rogato a Sarzana Gherardino è appellato semplicemente come Lunensis episcopi; il titolo di comes è stato volutamente omesso, ciò sta a significare che i sarzanesi consideravano decaduto il potere temporale dell'episcopato, come aveva sanzionato l'imperatore Enrico VII. 108 BONATTI, Lunigiana, 15-32. 109 AS sez Pontr, b. 1, Bartolomeo e Ludovico Borborini.

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bandona Sarzana probabilmente nel 1422, periodo per lui assai diffìcile; nel maggio di quell'anno venne reso infatti operativo il decreto di confisca dei beni di suo padre ser Guido e dei suoi congiunti da parte del Comune di Lucca, essendo i suoi famigliari accusati di cospirazione110. Nello stesso arco di tempo a Sarzana si attua un cambiamento dell'assetto politico con l'instaurarsi della signoria dei Campofregoso111. Monsignor Francesco, amareggiato per le gravi accuse rivolte al padre, a cui si era più volte rivolto, dato il suo alto ufficio, per risolvere complessi problemi, decise di abbandonare Sarzana per stabilirsi nell'alta Val di Magra, più lontana dai domini lucchesi di Lunigiana, ove poteva contare sull'amicizia dei marchesi Malaspina e dei duchi di Milano. Inoltre l'alta Val di Magra aveva conosciuto già dal secondo Trecento un significativo sviluppo economico con il conseguente aumento del numero degli abitanti, confermato dall'istituzione di un elevato numero di nuove parrocchie. Pontremoli poi era considerato un baluardo strategico avanzato del ducato di Milano verso la Toscana quindi ben difeso con un articolato sistema di fortificazioni. Nel borgo era attivo un collegio di dottori e notai, da cui trarre il personale qualificato per le cancellerie. Gli stessi signori di Milano in più occasioni avevano chiesto alla Sede Apostolica di elevare il borgo dell'alta Lunigiana a città sede di diocesi112. Tutte queste ragioni ed altre di carattere personale dovettero convincere il vescovo Francesco a prendere stabile dimora in Pontremoli. Con la signoria dei Campofregoso iniziava per la bassa Val di Magra un periodo di oltre cinquant'anni, caratterizzato dallo sviluppo urbanistico sociale ed ecomonico di Sarzana che, da popoloso borgo diventerà, rinnovata nell'aspetto urbanistico, capitale del piccolo principato11*. Sembravano finalmente maturi i tempi per portare a termine, con la traslazione 110

Sulla vicenda si veda Carteggio, XXII-XXV. Iraldi, La Signoria, 77. 112 Sforza, Memorie e documenti, I, 386-94 ci informa puntualmente dell'azione svolta dai duchi di Milano per elevare Pontremoli a sede vescovile. Sull'importante ruolo svolto nella vita cittadina dal Collegio dei dottori e dei notai Bonatti, De rogiti bus et instrumentis notariorum, L'Archivio di stato di Massa ed il suo patrimonio documentario ad un secolo dalla sua fondazione, Sarzana 1987, 41-47. 113 Sulle rilevanti trasformazioni urbanistiche della città di Sarzana nel periodo della signoria dei Campofregoso si veda l'approfondito contributo di M. Ratti, Lo sviluppo urbano, in Sarzana, Genova 1991, 34-42. 111

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della sede vescovile da Luni a Sarzana, quella fase storica iniziata nel lontano 1201 con il trasferimento del capitolo lunense. In verità dovevano ancora attuarsi due delle condizioni allora richieste: la costruzione da parte del Capitolo della nuova cattedrale e l'edificazione del palazzo vescovile. Appena venne elevato al soglio pontificio il sarzanese Niccolò V, quindi già dal 1447, i Campofregoso, signori sulla città, ed il Comune iniziarono le trattative con la Sede Apostolica per il sospirato trasferimento della sede vescovile. Anche questa volta l'impresa risultava difficoltosa; a questa traslazione si opponevano apertamente i duchi di Milano che desideravano elevare Pon tremoli, dove risiedeva il vescovo Francesco, a sede episcopale. Quindi i tempi di questo trasferimento, data anche la complessa situazione politica della Penisola, vennero di nuovo differiti114. Chi non si scoraggiò e perseguì, nonostante i molti ostacoli frapposti nell'impresa, fu Filippo Calandrini, nominato cardinale dal fratello uterino di Niccolò V. Questi continuò anche dopo la morte del fratello a svolgere un ruolo di primo piano nella curia romana, ove ricoprì prestigiosi incarichi. Benché lontano non dimenticava Sarzana, patria dei suoi avi, ove edificò il proprio palazzo nella centrale piazza Calcandola115. Come testimonia il suo nutrito carteggio con il Capitolo egli si interessa direttamente della diocesi, nulla di rilevante gli sfugge; interviene spesso direttamente nelle nomine dei capitolari116. Promuove ingenti lavori di ristrutturazione della chiesa

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La difficile congiuntura politica in cui si dibattevano gli Stati italiani del tempo si ripercuoteva all'interno dei feudi dei Malaspina di Lunigiana che si alleavano con il ducato che offriva loro maggiori vantaggi, creando in questo modo una situazione del tutto ingovernabile per il territorio, in queste condizioni era ben difficile attuare la traslazione della sede vescovile. Sull'argomento si veda Branchi, Stona, III, 668-90. 115 Sulla personalità e il ruolo svolto dal cardinale Calandrini in Lunigiana si veda l'ancora utile contributo di Sforza, La patria la famiglia e la giovinezza di Niccolò V, Lucca 1884, 205-75. Delle difficoltà incontrate dal cardinale nell'edificazione del suo palazzo in Sarzana siamo informati da alcune lettere inviate da Genova da Ludovico Campofregoso ad alcuni notabili sarzanesi (il dottore in legge «Bartolo de Goano, Maistro Nicolao Scalabrino ... affinché lo Reverendissimo Monsignore lo Cardinale possa costuere bello edificio in quella terra che sera grande ornamento di quella»). Le missive tutte datate 14 dicembre 1462 sono conservate nell'Archivio di Stato di Genova, Litterarum 23, lett. 181-184, e sono state edite da POGGI, Lerici, II, 408-409. 116 ACLS F A/44/45, 72, 73, 78, 80, 83, 86, 89, 94, K/124. Il carteggio tra cardinale e Capitolo è presentato da C. Artizzu, C. Baldacci, G. Rangone in questo stesso voluine.

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maggiore di Santa Maria perché diventi degna cattedrale, realizzando così uno dei punti chiave per il trasferimento della sede vescovile117. Il Calandrini, con l'appoggio dei fiorentini che tentano di sottrarre agli Sforza l'egemonia della Lunigiana e destreggiandosi abilmente nella complessa congiuntura politica, ottiene il 21 luglio 1465 dal pontefice Paolo II, creato cardinale da Eugenio TV, la sospirata bolla Cui super ommes orbis con cui è trasferito il titolo della sede episcopale da Luni a Sarzana, la chiesa maggiore della città intitolata a Maria Assunta è eretta in cattedrale; la diocesi assumerà la denominazione lunensesarzanese118. Lo stesso Calandrini sarà l'esecutore della bolla pontificia; la città tributò grandi onori al suo autorevole protettore. Il cardinale tra il tripudio della folla fece il suo ingresso in Sarzana, il 25 settembre, ove promulgò nella nuova cattedrale la bolla pontificia, perché ne fosse eternata la memoria la comunità con propria deliberazione affidò a Stefano Gambarotta, non oscuro poeta latino di Cassine di Monferrato, la composizione di ben 120 carmi commemorativi dell'evento119. Non sappiamo perché le fonti al proposito tacciono se il vescovo Francesco fosse presente alla cerimonia. Sta di fatto che egli non abbandonò la sua residenza pontremolese, da dove continuò a governare la diocesi, potendo sempre addurre il valido motivo che a Sarzana mancava il palazzo vescovile, che sarà invece edificato dal suo successore Antonio Maria Parentucelli, legato da vincoli di parentela con la famiglia del pontefice Niccolò V e con la famiglia Calandrini. Tutta la carriera ecclesiastica di Antonio Maria si svolge all'ombra del cardinale Calandrini, lo troviamo a Bologna, alla fine degli anni 117

Sul contributo determinante del cardinale Calandrini per il restauro della cattedrale di Santa Maria si veda Neri, La Cattedrale di Sarzana, Sarzana 1910, 41-53. L'erudito sarzanese degli inizi del secolo XVIII Bonaventura De Rossi nella sua Vita di Niccolò V, Massa 1716, ci informa della donazione dei preziosi codici liturgici alla biblioteca capitolare da parte del cardinale Filippo Calandrini. Tali codici, oggi irrimediabilmente perduti, con ogni probabilità dovevano essere ancora conservati nella sacrestia capitolare, quando scriveva il De Rossi. 118 PlSTARlNO, Registrum, 292-95. Con proprio diploma del 4 gennaio 1469 l'imperatore Federico III concede a Sarzana il titolo di città, in quanto sede della diocesi di Luni. Il diploma venne trascritto nel Registrum Vetus, doc. 99. PlSTARlNO, Registrum, 295300, ne ha data l'edizione collazionata con l'originale conservato in ASCS Diplomatico, 7. 119 ASCS, Deliberazioni, A/6.

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Cinquanta studente di diritto dove si addottora nel '57; ottenne il 5 gennaio 1465 la prestigiosa nomina a canonico della cattedrale di Bologna, l'anno seguente e per i tre anni successivi (1466-68) ricopre l'ambito incarico di lettore di diritto canonico nell'insigne Ateneo bolognese120. È superfluo ricordare che il cardinale Calandrini in quegli anni era il vescovo della città emiliana. Al giurista Parentucelli, per il prestigio del nome e per le sue indubbie capacità di mediazione politica, fu affidato dalla Comunità di Sarzana nel febbraio 1468 il prestigioso ma insieme delicato incarico di trattare insieme con il sarzanese Conte dei Mercanti i capitoli di dedizione con la Signoria fiorentina121. L'anno successivo veniva a mancare in Pontremoli il più che ottantenne Francesco da Pietrasanta che aveva retto la cattedra episcopale lunense per oltre cinquant'anni122. Si poneva il problema della successione; il candidato naturale, appoggiato dalla comunità sarzanese e dalla signoria di Firenze, era Antonio Maria Parentucelli, questi però era inviso al duca di Milano per essere stato

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Sulla figura e l'opera del vescovo Antonio Maria Parentucelli si vedano SFORZA, La patria, 309-11, e I documenti, 8, 9, 370, ove sono riportati in regesto i documenti conservati nell'Archivio Capitolare di Sarzana relativi alla sua missione episcopale. Sull'attività accademica di Antonio Maria Parentucelli nell'Ateneo bolognese C. Piana, Nuovi documenti sulVUniversità di Bologna e sul collegio di Spagna, Bologna 1976, ad indices. 121 II documento originale su pergamena delle convenzioni stipulate tra il Comune di Sarzana e la Repubblica di Firenze, ratificate dai Dieci di Balia il 12 marzo 1468, è conservato nell'Archivio di Stato di Firenze (Riformagioni, Atti pubblici). Il testo delle convenzioni venne trascritto nel Registrum Vetus, doc. 96. Al PlSTARlNO II Registrum, 27189, si deve l'edizione critica riscontrata sull'originale. 122 Da Faie, Libro di cronache, 144. Secondo la testimonianza del cronista lunigianese monsignor Francesco morì in Pontremoli il 25 agosto 1469. Tuttavia tale data è contraddetta dalle fonti documentarie; infatti l'ultimo documento conservato nell'Archivio Capitolare del vescovo Manfredi è una sua lettera inviata ai canonici da Pontremoli il 25 gennaio 1469 con cui rimette loro pro iustitia la nomina del rettore della chiesa di Fon fia. ACSL F X/164; regesto in I documenti, 366. Lo storico Neri, Di papa Niccolò V e dà più chiari uomini della famiglia Parentucelli di Sarzana, «Giornale ligustico di archeologia, storia e belle arti», 2 (1875), 460-61, trascrive la lettera della Signoria di Firenze del 6 febbraio 1468 (stile fiorentino 1469) con cui si chiede al pontefice Paolo II di nominare vescovo di Luni Antonio Maria Parentucelli: «Episcopus lunensis, quantum audimus, vita functus est, nos in eius locum subrogari Antonium Mariam, civem sarzanesem, virum relligiosum et gravem et bene eruditum, cupimus». Pertanto la morte di Francesco deve essere avvenuta tra il 25 gennaio ed il 6 febbraio 1469.

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in prima persona tra i fautori della dedizione di Sarzana a Firenze. Dato che una parte cospicua e tra le più popolate del territorio della diocesi di Luni-Sarzana era sotto il dominio milanese, il duca si adoperò presso la Sede Apostolica affinché si soprassedesse alla nomina di Antonio Maria; queste pressioni non sortirono però alcun effetto, la nomina giunse 1*8 settembre 1469123. Lo stesso eletto nella sua lettera al Capitolo dell'11 settembre non fa mistero che l'artefice della sua nomina è stato il cardinale Calandrini il quale viene ringraziato nella missiva subito dopo l'Onnipotente Dio124. L'eletto non prese immediatamente possesso della sua sede vescovile: si trovava in quel tempo a Roma presso il congiunto cardinale. Con propria lettera del 30 ottobre il Calandrini informa il Capitolo che il vescovo eletto Antonio Maria Parentucelli aveva nominato come suo vicario generale Bernardo della famiglia Parenti di Parma, suo uditore e commensale, una sorta di segretario personale del cardinale stesso. Il fatto che sia il Calandrini e non il vescovo eletto a notificare al Capitolo la nomina del proprio vicario, attesta con tutta evidenza che lo stesso porporato, attraverso il suo segretario ora vicario generale, governa di fatto la diocesi come conferma del resto il nutrito carteggio con il Capitolo125. Il duca di Milano avversò la nomina del Parentucelli al punto che giunse, tramite il suo commissario pontremolese, ad intimare agli ecclesiastici e agli abitanti delle terre della diocesi di Luni-Sarzana, sottoposte al suo dominio, di non prestare obbedienza al nuovo vescovo né riconoscere il suo vicario per l'alta valle del Magra, tuttavia il dottore in diritto Niccolò de' Mercanti poté comunque prendere dimora a Pontremoli nella vicinia di San Colombano affittando la casa di ser

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ACSL F A/51. Il pontefice Paolo II comunica al Capitolo della cattedrale di Luni-Sarzana l'elezione a loro vescovo di Antonio Maria Prentucelli PS settembre 1469; regesto in I documenti, 8. La lettera pontificia al Capitolo venne pubblicata da Neri, Di papa Niccolò V, 461. 124 ACSL F A/52. Con propria missiva dell'11 settembre 1469 Antonio Maria Parentucelli comunica al Capitolo della cattedrale di Luni-Sarzana la sua elezione a loro vescovo; regesto in / documenti, 8. 125 ACSL F A/5. Con propria lettera del 30 ottobre 1469 il cardinale Filippo Calandrini comunica al Capitolo della cattedrale di Luni-Sarzana la nomina di Bernardo Parenti suum auditorem a vicario generale della diocesi per conto del vescovo eletto Antonio Maria Parentucelli; regesto in I documenti, 8.

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Simone degli Orsi, segno che il provvedimento ducale dovette sortire pochi effetti pratici126. Galeazzo Maria Sforza non si dette per vinto; avviò concrete trattative con la Sede Apostolica per smembrare l'ampia diocesi di LuniSarzana, con l'intento di costituire una nuova circoscrizione ecclesiastica, formata dai territori milanesi di Lunigiana con sede a Pontremoli. Le trattative dovettero giungere a buon punto se nel dicembre del 1475 la Signoria fiorentina inviava un'allarmata missiva al suo residente a Roma Alamanno Rinuccini al fine di far fallire questa iniziativa «che nuocerebbe alla dignità della nostra città» (Sarzana) . Il pronto intervento presso il pontefice della Signoria e del cardinale Calandrini resero vano questo tentativo127. Il vescovo Parentucelli, raggiunta Sarzana, prese dimora nel palazzo del cardinale Calandrini, tuttavia pensò subito ad edificare il nuovo palazzo episcopale. Nella primavera dell'anno 1470 indisse il sinodo diocesano, al quale vennero invitati tutti gli ecclesiastici titolari di benefici nella diocesi; risposero all'appello oltre duecento ecclesiastici. Il sinodo si aprì solennemente alla presenza del vescovo il 24 maggio nella cattedrale di Sarzana128. L'assise riconfermò alcune norme sulla disciplina ecclesiastica ed approvò l'imposizione di un sussidio a favore dell'episcopato; fu decisa una sorta di tassa proporzionale su tutti i benefici. Il ricavato di questa imposizione straordinaria doveva servire sia per concludere la ristrutturazione della cattedrale di Santa Maria, già iniziata dal cardinale Calandrini, che per edificare finalmente il palazzo vescovile a Sarzana. L'area su cui innalzare l'episcopio fu individuata in uno spazio nella centrale via Larga (l'attuale via Mazzini) poco distante dalla cattedrale. 126

B. Campi, Memorie storiche della città di Pontremoli, Pontremoli 1975, 117.

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Sforza, Memorie e documenti, I, 448-49, trattando del tentativo del duca Galeazzo Maria di elevare Pontremoli a sede vescovile riporta il testo della lettera del 12 dicembre 1475 inviata dalla Signoria fiorentina al proprio residente a Roma Alamanno Rinuccini con la quale lo esorta a prendere immediatamente contatto con il cardinale Calandrini e con il vescovo Antonio Maria Parentucelli «avendo tucti e due proprio interesse in questa causa t'aiuteranno assai e a te resterà minor fatica»; in effetti il tentativo, grazie all'azione congiunta dalla Signoria fiorentina del cardinale Calandrini e del vescovo Antonio Maria, fallì. 128

PlSTARlNO, Le pievi, 131-54, ove riporta i dati dell'estimo e le varianti rispetto alle decime bonifaciane.

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I lavori per la costruzione del nuovo palazzo durarono alcuni anni, tanto che l'edificio poté essere inaugurato soltanto il 24 luglio 1476, come attesta l'epigrafe che fa ancora bella mostra di sé nella cancellata d'ingresso129. Antonio Maria Parentucelli poté così trasferirsi dalla dimora sarzanese del cardinale Calandrini nel nuovo episcopio. Aveva così termine finalmente quella lunga vicenda storica, iniziata nel lontano 1201, per il trasferimento della sede vescovile da Luni a Sarzana. Tutte le disposizioni concordate tra la Sede Apostolica, il vescovo, il Capitolo ed il Comune erano ora adempiute. Il prelato aveva a Sarzana la sua confortevole residenza e la sua bella cattedrale, appena rivestita nella facciata dal candido marmo di Carrara su cui spiccano l'elegante rosone e due stemmi del cardinale Calandrini, vero artefice di questa traslazione. Nei primi anni di episcopato del Parentucelli l'ospedale di antica fondazione di San Bartolomeo, già gestito dal Capitolo, venne affidato ad una comunità di agostiniani eremitani130. Pertanto questo ordine riformato sostituì i canonici nella gestione dell'ospizio assicurando l'assistenza ai poveri ed ai pellegrini. Questa sostituzione è indice di un cambiamento di funzioni. Il Capitolo di Luni-Sarzana ha mutato nel tempo la sua composizione; non vi siedono infatti più i rappresentanti delle famiglie della nobiltà feudale ma ecclesiastici provvisti di titoli accademici che preferiscono dedicarsi agli studi, spesso lontano dalla patria o intraprendere la carriera in Curia, piuttosto che gestire un ricovero per pellegrini. Sempre più spesso saranno i cappellani a sostituire i canonici nell'ufficiatura e nella cura d'anime della città, mentre i religiosi si occupano delle opere caritative.

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La lapide commemorativa dell'edificazione, nell'arco d'ingresso del palazzo vescovile, recita: DOMUS EPISCOPATUS LUN (ensis) ET SARZAN (ensis) A. 1476. 24 lULll. 130 Archivio storico del Comune di Santo Stefano Magra, Famiglia Taddei, Diplomatico, 1. Nel proprio testamento rogato dal notaio Antonio de Landinellis del 22 aprile 1472 maestro Tommaso di Bibola residente a Santo Stefano lascia una «salma» di vino al convento agostiniano di Sarzana «noviter facto in hospédale sancti Bartolomei de Sarzana sub vocabulo Sánete Marie Gratiarum». Bonatti, Istituzioni civili e religiose nella Lunigiana del secolo XV, in Nicolò Corso un pittore per gli Olivetani. Arte in Liguria alla fine del Quattrocento, a c. di G. Rotondi Terminiello, Genova 1986, 191.

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Antonio Maria Parentucelli resse la diocesi lunense-sarzanense per poco più di quindici anni, alternando la presenza in sede con missioni diplomatiche per conto della Curia Pontificia131. I suoi immediati successori, Tommaso Benetti, che resse la diocesi dal 1486 al 1497, e suo nipote Silvestro, che fu vescovo dal 1497 al 1537, provenivano dal Capitolo della cattedrale di Sarzana, erano legati entrambi da vincoli di parentela con le famiglie Parentucelli e Calandrini132. Tommaso compirà due gesti simbolici di alto significato per rimarcare la continuità della nuova diocesi di Luni-Sarzana con l'antica Chiesa lunense: fece in primo luogo autenticare in modo solenne il Codice Pelavicino, il Liber ¿unum della Chiesa lunense, redatto al tempo di Enrico da Fucecchio, in secondo luogo fece stampare a Pisa nel 1494 dalla prestigiosa tipografia Ranieri le costituzioni trecentesche della Chiesa lunense richiamandole in vigore133.

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Neri, Di papa Niccolò V, 462. Tommaso Benetti già canonico nel 1461, l'anno successivo è eletto arcidiacono del Capitolo lunense, nel 1472 elevato alla dignità di protonotario apostolico, pur ricoprendo la carica di castellano di Spoleto mantiene il suo posto di prestigio nel Capitolo della cattedrale di Luni-Sarzana, di cui è preposto, successe al parente Antonio Maria Parentucelli nel 1486, rinunciò alla diocesi nel 1497 a favore del nipote Silvestro, come afferma il Catalogas chronologicus, 248: «Episcopatum anno 1497 Silvestro Nepoti suo renunciavit». Sul ruolo svolto da Tommaso e Silvestro Benetti nel Capitolo lunense si veda ASCL, per Tommaso FA/43, 45, 47, 54, 67, G/22, 23, regesto I documenti, 7, 8,105, per Silvestro F. A/91,1/101, L/4, N/53, regesto I documenti, 14,143,169,197. 133 Le costituzioni sinodali trecentesche sono state collazionate con l'incunabolo stampato a Pisa da Ranieri nel 1494 da Zanchetta, I sinodi. 132

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Eliana M. Vecchi LETTERE E BREVI DI NICCOLÒ V PER IL CAPITOLO LUNENSE

2. L'Archivio Capitolare Lunense e Lunense-Sarzanese Nel 1776 un anonimo canonico del capitolo di Luni-Sarzana integrava e portava a compimento un primo paziente lavoro di organizzazione del patrimonio archivistico capitolare, iniziato fra il 1617 e il 16221. Ordinati il diplomatico, le carte sciolte, i fascicoli ed i frammenti di cartulari notarili - allora conservati senza una regola organica nella sacrestia e locali annessi della cattedrale di Santa Maria - in 23 filze (chiamate volumina), distinte per materia (iuxta res particulares distincte divisa), secondo il criterio dell'epoca che privilegiava la comunanza di contenuti, dopo averli posti in sequenza cronologica, e talvolta topografica per le sottoserie interne, e averli regestati (inscriptionibus explicata), ne stese il repertorio2. Dobbiamo alla solerzia degli antichi archivisti se - con il trasporto nel 1960 nella nuova sede della biblioteca del Seminario di Sarzana intitolata dal 1984 a Niccolò V - la" raccolta

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D'ora in poi abbreviato ACL. Per la storia dell'archivio, dei diversi fondi e serie, dei repertori del sec. XVII, relativi specialmente a 18 volumina (16 registri cartacei, un codice membranaceo e una filza, contrassegnati A-T) cfr. E. Freccia, I fondi dell'Archivio Capitolare di Sarzana, in Alle origini della Lunigiana moderna. Settimo centenario della redazione del Codice Pelavicino (1287-1987). Atti del convegno, Lerici settembre 1987, La Spezia 1990, 103-15, d'ora in poi Atti Pelavicino, ristampato, con altri contributi, in Freccia, Foglie sparse, Note di storia diocesana lunense, Sarzana 1997, 15-26; inoltre P. VlASCO, Saggio di inventario degli atti del capitolo di Sarzana (secc. XTV-XVIII) , tesi Università agli Studi di Pisa, aa. 1989-90, relatore prof. S. P. P. ScALFATl; il volume S, considerato in precedenza non reperibile, è stato recentemente dall'archivista mons. Freggia riconosciuto nel codice S, contenente la cronaca di Martin Polono, per cui Appendice I. 2 II repertorio del 1776 è conosciuto da P. F. Kehr, Italia Pontificia, VI/2, Berlin 1914, 382; G. SFORZA, La patria, la famiglia e la giovinezza di papa Niccolò V, Lucca 1884, (trad, tedesca Innsbruk 1887), non aveva potuto utilizzare i fondi capitolari o vescovili; più tardi pubblicò un ampio stralcio del citato repertorio settecentesco: Sforza, L'archivio capitolare di Sarzana, «Giornale Storico della Lunigiana» (d'ora in poi abbreviato G.S.L.), 13/2 (1923), 122-39.

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documentaria è stata non solo ordinata, ma anche resa nota attraverso l'edizione, altrettanto solerte, dei regesti3, che ha messo in rilievo la quasi totale integrità rispetto ai secc. XVII-XVIII, offrendo il materiale alla valorizzazione degli studi storici4. Principalmente su tale fondo, per buona parte inedito, correlato alla restante documentazione capitolare e vescovile quattrocentesca, si è basato questo contributo. Se si considera la presenza di carte e fascicoli, relativi ai primi settantacinque anni del '400, presenti in 13 delle 23 filze ordinate nel 17765, le serie delle Massariae6 e Punctationes1, i registri8 eie annotazioni

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Per l'Archivio Vescovile Lunense in Sarzana (abbreviato AVL), conservato nella medesima sede, Archivio diocesano di Luni-Sarzana , a c. di Freccia, in Guida degli Archivi diocesani di Italia, I, «Archiva Ecclesiae», 32-33 (1989-90), 182-86, specie VI fondo: il sec. XV è purtroppo assai povero di documentazione. I fondi e serie vescovili, custoditi nella curia di Sarzana fino all'ultima guerra mondiale, erano stati riorganizzati nella seconda metà dell'Ottocento, cioè circa un secolo dopo quelli del Capitolare, dopo esser stati distinti per materia in classi, come viene illustrato nella parte introduttiva di un repertorio manoscritto anonimo di 159 pagine, titolato Repertorio della Cuna e Segreteria vescovile di Sarzana, sulla base del quale è stato impostato un ben più analitico strumento di corredo, per cui Uarchivio vescovile di Luni Sarzana (1465-1929), a ç. di Freccia, in corso di stampa nella serie Studi e Documenti di Lunigiana, 14, presso l'Accademia 'Capellini' della Spezia. Devo questa, come molte altre informazioni, alla cortesia dell'archivista mons. Enzo Freggia, che ha in ogni modo agevolato, come è del resto Sua generosa e comune consuetudine, il mio lavoro; sono inoltre debitrice di preziosi consigli a Valeria Polonio, Giovanna Petti Balbi, Antonio Manfredi. 4 I documenti delVArchivio Capitolare di Sarzana dal 1095 al 1776, a c. di Freccia, La Spezia 1989 (Studi e Documenti di Lunigiana, 11), pubblicazione dei regesti integrali posti sui documenti, presenti in forma abbreviata nel repertorio steso nel sec. XVIII, riscontrato con i materiali e aggiornato con note e indici dall'A., limitatamente alle 23 filze (contrassegnate A-Z). Occorre inoltre aggiungere la busta Pergamene sciolte (11871877), non riportata nel repertorio e non conosciuta dal Kehr; di questo materiale ha dato sintetiche notizie Freccia, Ifondi, 107, 111-12. 5 Si tratta delle filze A, F, G, I, K, L, M, N, T, V, X, Y, Z. 6 Al fine di alleggerire l'apparato di note, si rimanda per una più puntuale descrizione di questo e dell'altro materiale archivistico, citato nelle note seguenti, all'Appendice I. Vedi inoltre E. M. Vecchi, Gio, Lorenzo Villani: un notaio di curia alla corte pontificia nella metà del '400, «Archivio Storico per le Provincie Parmensi», s. IV 50 (1998),59-86. 7 Per la registrazione delle 'appuntature', presenze giornaliere dei canonici agli offici, ai fini delle distribuzioni quotidiane, previste dal cap. II degli statuti, cfr. Appendice 1. Per la normativa statutaria V. POLONIO, Legislazione e vita dei capitoli cattedrali nel Medioevo: il caso lunense, «Memorie dell'Accademia Lunigianese di Scienze "Giovanni Capellini"», 60-61 (1990-1991), 101-30, con appendice, Gli statuti del capitolo cattedrale di

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su più antichi codici9, ci si rende conto di quanto, dalla metà circa del secolo, in coincidenza quindi col pontificato del Parentucelli, alla posteriore erezione di Sarzana in sede diocesana (1465), si riveli nei canonici lunensi una maggiore maturità archivistica10. La custodia assai più attenta che nell'immediato passato di onori e grazie, a cominciare dalle stesse lettere apostoliche niccoline, di carteggi, testamenti e donazioni, locazioni e permute, collazioni di chiese dipendenti, ma anche e soprattutto la produzione di documentazione, come, oltre le citate registrazioni delle distribuzioni quotidiane e dei proventi delle prebende canonicali, la stesura di obituari e libri baptizatorum11, nonché l'ambizioso progetto di una catalogazione organica degli atti relativi a proprietà e proventi e al governo capitolare12, indicano una puntigliosa attenzione alla propria situazione giuridico-amministrativo-economica, che si fa consapevolezza e autocoscienza istituzionale13, nonché rispetLuni del 1368 (con aggiunte del 1389, 1406, 1417, 1440), 131-59, d'ora in poi Statuti. Erano affidate per la redazione al prepósito o al massario (Statuti, cap. II). 8 Per i volumina relativi al sec. XV, in particolare il Libro M, detto il Gandolfo, vedi Appendice I. Per le caratteristiche dei possessi capitolari, rilevabili dal registro, cfr. la tesi di laurea di P. Cervia, Il libro M dell'Archivio Capitolare Lunense, detto il Gandolfo, Università agli Studi di Pisa, aa. 1991-92, relatore M. L. Ceccarelli Lemut. 9 I canonici intervengono soprattutto su un codice membranaceo composito, con rilegatura di restauro, oggi detto Codice S, e su un messale, senza titolatura e collocazione, per i quali cfr. Appendice I. 10 La creazione di un conservatore archivista era del resto prevista dal 1368, a norma del cap. XXIII degli Statuti. Sul Capitolo Lunense U. FORMENTINI, La 'plebs civitatis'e il Capitolo dà canonici della Cattedrale di Luni, «G.S.L.», n.s. 4/1-2 (1953), 1-9; G. PlSTARINO, Le pievi della diocesi di Luni, La Spezia - Bordighera 1961; Polonio, Luni Sarzana, in Polonio - J. Costa Restagno, Chiesa e città nel basso Medioevo: vescovi e capitoli cattedrali in Liguria, «Atti della Società Ligure di Storia Patria (d'ora in poi: Atti Soc. Lig. Stor. Patr.)», n.s. 29 (1989) , 109-34; per la problematica generale POLONIO, Vescovi e capitoli cattedrali in Liguria, Albenga, Genova, Luni Sarzana, in Vescovi e diocesi in Italia dal XLV alla metà del XVI secolo. Atti del VII convegno di Storia della Chiesa in Ita lia, a c. di G. De Sandre Gasparini - A. Rigon - F. Trolese - G. M. Varanini, Roma 1990 (Italia Sacra, 4344),1,139-47. 11 ACL, F. 1/40, per il quale cfr. Appendice 1. 12 Per il volume N, detto Libro lungo per le sue dimensioni, cfr. Appendice 1. Vedi inoltre la tesi di laurea di R. Bertolini, Il libro N dell'Archivio Capitolare Lunense, cc. 1-42 (1381-1441), Università agli Studi di Pisa, aa. 1991-92, relatore CECCARELLI Lemut. 13 Non pare un caso che i principali artefici della produzione documentaria siano Andrea di Giovanni Andrea de Gandulfis, prima canonico e poi dal 1429 prepósito del capitolo, e quindi competente per la parte economico-amministrativa, attivo fra il 1423 (ACL, Massariae, F. 1, Ma/25) e il 1475 (ACL, F. 1/85; vol. B, f. 31r; inoltre n. 127), e del

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to della normativa statutaria capitolare e volontà di conservazione dei documenti con valore giuridico che sono anche memoria storica, tanto più preziosa, quanto oggi prevalente nel contesto documentario diocesano quattrocentesco. È infatti attualmente non reperibile il ricco patrimonio del Notarile sarzanese con protocolli contenenti negozi civili, ma anche acta curie, a cui poté largamente attingere lo Sforza per estrapolarne notizie relative alla famiglia e alla vita del futuro pontefice14; è spaventosamente mutilo e diviso fra diversi archivi italiani quello dei principali enti regolari15; è frammentario, perché disperso già in antico, quello della curia vescovile, non tanto per la mancanza di un'accorta cancelleria, quanto anche per la residenzialità itinerante del presule lunense Francesco da Pie trasanta, che col suo lungo episcopato (1415-1469) copre quasi tutto il periodo preso in considerazione16. canonico Crisolo, che sembrerebbe avere i compiti archivistici e/o funzioni di massaro, per la sua carriera cfr. nn. 116-118 e Appendice I. Proprio la morte di entrambi (quella di Andrea nel gennaio 1475, quella di Crisolo nella primavera del 1476) mise fine alla metodica tenuta archivistica. 14 SFORZA, La patria, passim. L'archivio notarile di Sarzana è andato disperso a seguito della seconda guerra mondiale, pochi frammenti di protocolli del sec. XIV, conservati all'epoca fuori città, sono ora al notarile distrettuale della Spezia, qualche registro è forse da riconoscersi fra quelli conservati nell'Archivio Storico Comunale di Sarzana (ASCSr). 15 Per i fondi dei principali enti monastici della Lunigiana ora ligure si rimanda alle schede di POLONIO, Repertorio dei monasteri liguri. Diocesi della Spezia-Sarzana-Brugnato, in Liguria Monastica, Cesena 1979 (Italia benedettina, 2), 37-52, schede n1 53-63 con accurata bibliografìa. 16 La data di inizio del governo vescovile di questo lucchese (ca 1388-1469), divenuto canonico di San Martino giovanissimo (1400 o 1401), figlio di Guido di Manfredi, segretario e cancelliere di Paolo Guinigi, viene data, sulla base dei registri vaticani, anche nella più recente cronotassi tradizionale (per la quale C. Eubel, Hierarchia catholica, I, Monasterii 19132, 318; II, 19142, 182, vedi poi F. Ughelli, Italia Sacra, I, Venezia 17172, 855; P. B. Gams, Series episcoporum ecclesiae catholicae, Ratisbona 1873, I, 817), al 6 marzo 1415, documenti notarili visti dallo SFORZA, Francesco da Pietrasanta, vescovo di Luni, «Giornale Ligustico», 19 (1892), 32-56, specie 33-36, pongono inoltre la presa di possesso della diocesi il 29 aprile, cioè nel periodo immediatamente seguente la resignazione di Giovanni XXIII, di cui fu cubiculario, e con cui mantenne buoni rapporti anche in seguito, per cui Carteggio di Guido Manfredi, cancelliere della Repubblica di Lucca, segretario della signoria di Paolo Guinigi, a c. di E. Lazzareschi, in Regesti del R. Archivio di Stato in Lucca, III/II, Pescia 1893, XXIII-XXV. Relativamente alla data della morte, lo Sforza è il primo a tener conto in Memorie e Documenti per servire alla stona di Pontremoli, I/I, Firenze 1904, 412-13, n. 55, lavoro più recente degli altri suoi sull'argo-

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A ben guardare potremmo anzi vedere nella situazione dei rispettivi archivi, quello capitolare e il vescovile, una rappresentazione concreta del diverso rapporto alla metà del '400 delle due rispettive istituzioni con Y oppidum e la comunità di Sarzana, che si presentava come un capoluogo diocesano un po' anomalo: era sede dai primi anni del XIII secolo della ecclesia maior della chiesa lunense col suo capitolo, non ancora giuridicamente però cattedrale, nonostante una concessione di traslazione e l'approvazione di quanto fosse stato a tal fine fatto da parte di Innocenzo III nel 120417; era un oppidum che strenuamente mento, delle informazioni date da G. Antonio da Faie sul decesso del vescovo, definito «vechio de otan ta ani o più», che il cronachista lunigianese dice esser avvenuto il 25 agosto 1469, data contraddetta dalla documentazione di cancelleria esistente così come dai documenti pontifici (ACL, F. A/51, litterae exsecutoriae di collazione del successore da parte di Paolo II, dell'S settembre 1469) e dal carteggio del Parentucelli e del Calandrini col capitolo cattedrale (ACL, F. A/52, 53 rispettivamente dell'11 settembre e 30 ottobre) che informano della successione di Antonio M. Parentucelli, su cui A. Neri, Di papa Nicolò V e dei più chiari uomini della famiglia Parentucelli di Sarzana , «Giornale Ligustico», 2 (1875), 445-62, doce. I e II, e il contributo di F. Bonatti in questo volume. L'informazione data dal Faie non è stata recepita da buona parte della bibliografia posteriore; per la citazione si rimanda all'ultima edizione: G. A. da Faie, Libro de croniche e memorie e amaystramento per lavenire, La Spezia 1997, 144 (f. 67r). Per un ritratto della figura del presule Bonatti, Istituzioni civili e religiose nella Lunigiana del secolo XV, in Niccolò Corso, un pittore per gli Olivetani. Arte in Liguria alla fine del Quattrocento, Catalogo della mostra, a c. di G. Rotondi Terminiello, Genova 1986, 177-93. Sulla chiesa e società lucchese del sec. XV, con notizie anche sul canonicato del futuro vescovo di Luni, l'ampio, attento saggio di G. Benedetto, Potere dei chierici e potere dei laici nella Lucca del Quattrocento al tempo della signoria di Paolo Guinigi (1400-1430): una simbiosi, «Biblioteca Civica di Massa, Annuario», 1984, 1-54, più recentemente la sintetica scheda in U. Bittins, Das Domkapitel von Lucca im 13. und 16. Jahrhundert, Frankfurt a. M. 1992, 272. 17 Innocenzo III il 25 marzo del 1204, su supplica del vescovo (Gualterio) e dei canonici lunensi, sancisce la traslazione della sede episcopale in Sarzana, riassumendo nella narratio lo stato della questione: la città di Luni, in qua sedes dignoscitur cathedralis, non consente ai suoi abitanti di dimorarvi (per la malaria) e non vi è perciò un populus qui iura et libertates ecclesie vestre protegat et defendat, il progetto di trasferimento della cattedra episcopale nel luogo più popoloso di Sarzana aveva già avuto la licenza di Gregorio Vili (1187-88), in viaggio per quei posti, che aveva anche concesso la pietra benedetta per la costruzione della nuova cattedrale, ma la morte del pontefice, avvenuta pochi giorni dopo, bloccò il progetto, poiché si credette mandatum dus in ipsius obitu expirasse. Con la nuova petizione presso la S. Sede si richiede al nuovo pontefice Innocenzo la facoltà di trasferire la sede episcopale, ed essendo progredita l'esecuzione del progetto, si ottiene quod auctoritate nostra factum fuerat de traslatione predicta, apostolico dignaremur munimine roborare (in ep. 24 del 1204, in PL, CCXV, 306307; A. POTTHAST, Regesta Pontificum Romanorum, I, Berlin 1874, n0 2161; Kehr, Italia,

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ambiva a divenire città vescovile a tutti gli effetti, ma che mancava del suo vescovo. Dopo i primi anni di episcopato infatti vissuti nella comunità sarzanese, Francesco da Pietrasanta aveva cominciato le sue peregrinazioni forse già dal 1422, apparentemente in concomitanza con il sopravvenire della signoria dei Campofregoso, scegliendo come sede della sua curia prima Villafranca, spostandosi poi a Pontremoli, a Vezzano e a Fivizzano, per fermarsi quindi stabilmente a Pontremoli dall'aprile del 1437. Si è spesso rimarcato, nella crisi generale degli episcopati di epoca preriformista, il problema della vacanza dei titolari dalle loro sedi, il caso lunense è però sostanzialmente diverso: il vescovo era in curia ed esplicava, se non con ampio disegno, almeno con diligenza^ il suo impegno pastorale, solo era 'altrove' rispetto al suo capitolo e alla chiesa ad esso affidata. Pur rimanendo il dovuto rispetto, il legame gerarchico si allentava, i rapporti si tessevano con oligarchie diverse, così che il manipolo di canonici, attivi, intraprendenti e generalmente dotati di discreta cultura, talvolta fortemente coinvolti, per vincoli familiari o amicizia, negli interessi o partigianerie locali18, così come legati a famiglie influenti lunigianesi, pure 383, n0 9). In effetti già nel 1201 il vescovo Gualterio aveva lavorato, ai fini della realizzazione del progetto, a convenzioni con i canonici per un nuovo assetto delle dipendenze capitolari e con i consoli sarzanesi per il governo del borgo: Il regesto del CodicePelavicino, a c. di M. Lupo Gentile, «Atti Soc. Lig. Stor. Patr.», 44 (1912), d'ora in poi C.P., 92-93, doc. 56 (1201 giugno 4), 100-106, doc. 64 (1201 aprile 22). Eppure ancora nella seconda metà del XIII secolo, il vescovo Enrico, che rimette in vigore con gran pompa E insediamento vescovile nella cattedrale di Luni (C.P., Addenda, doc. 9), edifìcio peraltro rifatto nel XII secolo in forme romaniche, manifestando l'intenzione di ricostruire la città, qualora sia possibile, mostra di aver piena coscienza che è essa, anche se minata, il fulcro del potere giurisdizionale, di totum dominium temporale et spirituale, merum et mixtum imperium et omnimodam iurisdictionem , poiché «come spiega Baldo nel commento alla pace di Costanza, quando una città è desolata, i privilegi vengono rimossi, ma si spes est reparationis, i privilegi non scompaiono»: A. Baldini, Il titolo comitale dei vescovi di Luni, in Atti Pelavicino, 92-93, cfr. inoltre le nn. 53-56. Il problema dell'incompiuta traslazione era stato già correttamente impostato da Polonio, Luni, 114-15, e Legislazione, 121 n. 55. 18 La venuta del Campofregoso a Sarzana produsse senz'altro summovimenti anche nel capitolo, tanto che l'arcidiacono Blaxius dè Mercatoribus fu il 14 dicembre 1422 privato di dignità e canonicato cum ... ob certa demerita ordinata, commissa et perpetrata per ipsum contra statum et honorem magnifici et excelsi domini nostri domini Thome de Campofregoso irregularis factus sit, per mortem hominum proinde subsecutus , su esplicita richiesta del signore davanti al capitolo (ACL, Libro B, f. lOr). Se non si tratta di un omonimo, dal 1423 l'ex canonico avrà la carica di podestà del castello di Vezzano,

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di origine pisana e lucchese, erano il punto di riferimento e l'immagine della chiesa e della cura d'anime soprattutto nella comunità sarzanese e nella bassa Val di Magra. Il presule aveva assegnato la produzione di ufiEicio alla prassi di redazione e conservazione di notai di curia prima sarzanesi19, poi inderogabilmente pontremolesi20, prassi regolata da consuetudini e statuti diversi. Tale scelta di residenza diversa rispetto al capitolo lunense sembra porsi in concomitanza con avvenimenti personali e politici di più ampassato con le terre genovesi sotto il dominio di Milano. Il nuovo eletto come successore, per l'insistenza determinante del Campofregoso, con la presenza testimoniale del visconte di Sarzana Matteo da Rapallo, sarà Lazzarino de Molinello de Clavaro (ACL, F. 1/57), che intratterrà rapporti così confidenziali con i signori da confinare con lo spionaggio: F. POGGI, Lerici e il suo castello, II, Genova 1909, 226 en. 13, 244 e n. 23; A. Ivaldi, La signoria dei Campofregoso in Sarzana (1421-1484) , «Atti Soc. Lig. Stor. Patr.», n. s. 7 (1979), 105 en. 18. 19 Ci sono pervenuti, a mia conoscenza, tre registri e un frammento di acta curie di questo vescovo, con lunghi intervalli di anni fra l'uno e l'altro, che testimoniano praticamente un'attività pastorale quasi quotidiana, affiancata, specie negli ultimi anni della sua vita, da quella del vicario dominus Cremona Martini Anselmini de Thedaldis, rettore della parrocchiale di San Colombano di Pontremoli. Essi indicano l'evolversi delle sue preferenze per funzionari di curia, notai e cancellieri dapprima sarzanesi, poi pontremolesi, provenienti dalle famiglie più ragguardevoli, con solida tradizione di studi giuridici; naturalmente gli atti, con la loro data topica, mostrano anche dove risiedesse la curia vescovile. I primi funzionari impiegati provengono dalla 'dinastia notarile' dei Griffi di Sarzana, annoverante nel proprio albero genealogico un vescovo e vari rappresentanti comunitativi, su cui Neri, Intorno ai protocolli dei Griffi, «G.S.L.», 5/1 (1913), 15-37, in particolare ser Ettore e ser Andrea, cfr. Sforza, La patria, passim; Francesco, 33, 44; L'archivio, 123. Del registro di curia di Ettore Griffi, che ci risulta quondam nel 1425 (cfr. ACL, F. A/30, Anno 1424 ad annum 1426. Instrumenta a ser lohanne Griffi recepta pro variis personis, f. 3v), registro menzionato dallo Sforza, ma oggi non reperibile, così come un altro di Acta ecclesiarum et beneficiorum (1423-28), rimane forse un frammento di titolatura fatta dagli archivisti del sec. XVII, da cui si ricava che gli atti furono rogati in Villafranca e Pontremoli, dal 1422 al 1424, estremi cronologici non coincidenti però - se non si tratta di computo diverso - con quelli dati dallo Sforza medesimo (23 febbraio 1423 - 14 marzo 1424). Il frammento, erratico, è nel registro segnato AVL, Acta curie episcopalis Lunensis. Quest'ultimo, attualmente, è il più antico registro superstite di atti curiali di Francesco da Pietrasanta, cfr. Appendice I. 20 L'ulteriore documentazione per cui si rimanda a VECCHI, Ciò. Lorenzo, specie Appendice, è conservata nella Sezione di Pontremoli dell'Archivio di Stato di Massa (d'ora in poi A.S. sez. Pontr.), a seguito di versamento dell'Archivio storico notarile, e riguarda i notai di curia Bartolomeo Francesco di ser Giovanni Barborini e il figlio Ludovico, entrambi pontremolesi: A.S. sez. Pontr., Notarile di Pontremoli, b.l (1417-1466), Bartolomeo Barborini; b.l, Ludovico Borborini; Notai ignoti, b.2, .

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pio raggio. Dovettero certo preoccupare un figlio che aveva sempre contato sul padre la caduta in disgrazia dell'ex segretario del Guinigi (maggio 1422), la conseguente notifica di confisca dei beni personali e familiari, e la pubblicazione da parte del podestà di Lucca (28 settembre 1422) della sentenza capitale per cospirazione contro Guido Manfredi, esule già dal novembre del 1420, il genero, e i discendenti21. Il vescovo e il suo entourage furono quindi costretti a proteggere carriera ecclesiastica, organizzazione della vita, e ruolo istituzionale dalle dure vicende familiari dei Manfredi. Nel contempo, l'instaurarsi in Sarzana e bassa Val di Magra della signoria dei Campofregoso22 che entrava in concorrenza anche con il potere comitale del presule, portava con sé necessari cambiamenti istituzionali, nel quadro di forti tensioni politiche fra i grandi stati regionali che sfoceranno nei decenni seguenti in continue sortite e operazioni belliche, c'era perciò forse anche un desiderio da parte del vescovo di porsi, per così dire, al riparo . E perciò evidente che i rapporti della diocesi lunense con la Santa Sede sono rappresentati allo stato attuale soprattutto dalla documen-

21 Lazzareschi, Carteggio, XX-XXIV; Tommasi, Sommario della storia di Lucca dalVanno MTV ali 'anno MDCC, risi. an. Lucca 1969. Mancini, Storia di Lucca, Firenze 1950,192-93. 22 Se non è possibile, a questo stadio di conoscenza della documentazione, altro che fare ipotesi sul motivo che indusse il vescovo Francesco a lasciare Sarzana, la concomitanza di alcune date e i luoghi dove egli pose la residenza parrebbero indicare un certo interesse a dimorare in terre genovesi, allora sotto il dominio visconteo (Vezzano) o in altre fedeli da tempo a Milano (Pontremoli), evitando peraltro, durante le incursioni del Piccinino (1436-37), le aree a rischio. La stabilizzazione della residenza in terre ducali sembra coincidere con il ritorno del capitano in alta Italia e con le convenzioni firmate da Tommaso poco più tardi con i Sarzanesi, per le quali IVALDI, La signoria, 107. Sul periodo cfr. inoltre F. Sassi, Signorie liguri. I Campofregoso in Lunigiana, «Giornale Storico e Letterario della Liguria», 4/3-4 (1928), 210-21; POGGI, Nota circa il dominio dei Campofregoso in Carrara a commento degli Statuti di Carrara , «Atti Soc. Lig. Stor. Patr.», 54/2 (1926), 143-61; M. G. Tamborini, Ricerche sulla politica sforzesca in Lunigiana nel secondo Quattrocento, «Biblioteca civica di Massa, Annuario», 1981, 23-96; R. Musso, Le istituzioni ducali dello 'Stato di Genova' durante la signoria di Filippo Maria Visconti, in L'età dei Visconti. Il dominio di Milano fra XIII e XV secolo, a c. di L. Chiappa Mauri - L. De Angelis Cappabianca - P. Mainoni, Milano 1993, 65-112. 23 Nel 1436 manda a dire al rettore di San Colombano in Pontremoli di amministrare in sua vece giustizia perché è presentemente occupato e vi sono perìcula viarum (AVL, Acta curie, f. 64v).

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tazione capitolare, che per la sua conservatività e la particolare attenzione che si dovette avere verso questo genere di materiale, ci fa sperare in una non troppo mutila e selettiva trasmissione. In sei filze e nella busta Pergamene sciolte24 sono dunque presenti 13 documenti apostolici di papa Niccolò V, a cui si aggiunge una lettera cardinalizia di indulgenza in forma di bolla, del cardinale Domenico Capranica, legato a latere della Santa Sede, che, per quanto non proveniente direttamente dalla segreteria e quindi dalla persona del papa, riteniamo di dover considerare complementare alle altre25. Poiché tutti o sono indirizzati al capitolo o sono comunque a suo favore26, generano una prima suggestione, a cui è difficile sottrarsi, che gli interventi pontifici siano volti a sostegno in particolare, se non esclusivamente, dell'istituzione capitolare. Soltanto uno spoglio dei Registri Vaticani e

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Si tratta di ACL, FF. A (Diversomm pro episcopis et canonicis 1149 ad 1565), docc. 31, 32, 35, 36; F {Acta inter capitulum, antianos et operarios), doc. 13; I {Ecclesiae Cathedra lis Sanctae Manae et eius beneficiorum), docc. 13, 64, 65, 66, 68, 69; T (De Sancta Cruce Corvi, Amelia, Monte Marcello, Telarlo et Tozzolo), doc. 10; V {De ecclesiis in fendis Vallis Macrae), doc. 126; e Pergamene sciolte (1187-1887), doc. 2. Per i regesti vedasi Appendice II. 25 ACL, F. K {De ecclesia Sancii Andrene aliisque ecclesiis et oratoriis Sarzanae ), doc. 2. Per le caratteristiche diplomatiche delle litterae, che sembrano 'citare' la precedente concessione pontifìcia, per la coincidenza di emissione con il soggiorno del cardinale nella città natale del pontefice durante una missione di legazione, per essere «le lettere del Penitenziere Maggiore ... una forma del tutto particolare di espressione della volontà papale» (cfr. F. TAMBURINI, Note diplomatiche alle 'litterae' del cardinale Penitenziere, secoli XIV-XV, «Annali della Scuola Speciale per Archivisti e Bibliotecari dell'Università di Roma», 11/1-2, 1971, 122-31) riteniamo di poter legittimamente inserire questo documento fra i pontifici. L'assenza delle usuali note di cancelleria almeno di quelle di correzione e registrazione, se non di tassazione - potrebbe forse suggerire che la lettera non sia stata preparata in Curia Romana. 26 Appaiono conosciuti e citati dalla storiografìa, spesso dipendente dagli eruditi lunigianesi del '600-'700 e non dallo specifico testuale, soprattutto i docc. 1, 6, 10, 11 dell'Appendice II; soltanto del doc. 6 abbiamo una parziale trascrizione in A. Centi, Vezzano Ligure e il santuario del Molinello, Sarzana 1911, 52-53; Bonatti, Istituzioni, 188-92, traccia un ampio quadro del problema sulla base degli elementi noti. La pubblicazione del repertorio settecentesco ha permesso la conoscenza della maggior parte dei regesti, si citano solo le opere recenti che vi fanno riferimento: Polonio, Luni, 128 e n. 31 che traccia le linee interpretative della vita capitolare nel XV secolo; Bonatti - M. Ratti, Sarzana, Genova 1991, 80-81; G. L. Coluccia, Niccolò V umanista: papa e riformatore, Renovatio politica e morale, Venezia 1998, 355-60.

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Lateranensi del pontificato27, che si rimanda ad altra occasione, potrebbe offrire più ampie e integrate ottiche di lettura della visione, della politica e azione papale verso la sua diocesi di origine, mentre, per adesso, la voce narrante rimane quella canonicale. Alcune brevi note di diplomatica per illustrare le caratteristiche dei 14 documenti: 12 sono originali membranacei, in buone condizioni di conservazione28. Dal punto di vista formale abbiamo 11 lettere apostoliche (di cui 4 solemnes, 2 gratiosae e 5 exsecutoriae), due brevieP e la citata lettera di indulgenza cardinalizia. Rispettano il formulario e le regole della cancelleria apostolica senza discostarsi dalla produzione dei tempi di Eugenio IV, dal punto di vista dei caratteri estrinseci si possono caso mai notare protocolli particolarmente ornati anche nelle litterae exsecutoriae50 e supporti pergamenacei generalmente di medie-grandi

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Per i registri del pontificato, oltre gli indispensabili sussidi con rimando agli strumenti di corredo, cfr. Repertorium Germanicum, Sechster band, Nikolaus V. 1447 -1455, a c. di J. F. Abert- W. Deeters, Tubingen 1985. 28 I documenti non hanno subito danni da umidità o rosure, le lacune testuali sono di piccole dimensioni, causate dalla conservazione in filza o da lacerazioni lungo le pieghe, poche le pergamene in cui l'inchiostro è sbiadito nel recto, più problematica la lettura delle note di cancelleria nel verso, talvolta non rilevabili neppure con luce di Wòod. Nove su undici conservano il sigillo plumbeo, tutte il filo; la lettera cardinalizia ha il sigillo pendente cereo, non integro, ma leggibile. 29 Sono pervenuti in copia semplice, cfr. Appendice II, n1 7 e 8. 30 Nelle litterae cum filo canapis, verosimilmente perché vertono su materia graziosa, se la N della intitulatio, di grande modulo, è annerita secondo l'uso, le lettere astate sono però molto allungate, anche con giochi grafici e talvolta l'iniziale della inscriptio, ornata e fiorita, per quanto in tratteggio più leggero, è della stessa altezza di quella dell' intitulatio, per svolazzi che evadono dalle linee guida (es. F. A/31), la lettera iniziale dell'arenga è annerita, della stessa altezza delle astate (es. F. 1/64); questo indipendentemente dallo scrittore. Gli scrittori apostolici, come è verificabile dall'Appendice, variano secondo coordinate che sono il tempo e il luogo del datum, nel caso dei brema anche la classe di documenti. Riferimenti biografici su scriptores bullarum, di brevi e funzionari di curia presenti nelle note di cancelleria, riportate in Appendice II, sono rintracciabili in M. Tangl, Die pàpstlichen Kanzleiordnungen von 1200-1500, Innsbruck 1894, 179, 184, 185, 193; W. VON HOFMANN, Forschungen zur Geschichte der kurialen Behôrden vom Schisma bis zur Reformation, Rom 1914,1 46, 51, 64, 91, 147, 216 n. 5, 239, 309; II 10, 38, 77, 79, 96, 113, 114, 115 n. 113, 122, 123, 153, 186, 212, 230, 256; E. PlTZ, Supplikensignatur und Briefexpedition an der rômischen Kurie im Pontifi kat Papst Kalists III., Tubingen 1972, rè 5, 19, lista VI 21, 28, 31, 32; VII 4; Vili 5; X 24, 30, 49, 56, 111, XII 12; Th. Frenz, Die Kanzlei derPàpste der Hochrenaissance (1471-1527), Tùbingen 1986, n1 348, 502, 598, 865, 1024, 1380, 1501, 1738, 1896; P. PARTNER, The Pope's Men, The Papal Civil Service in the Renaissance, Oxford 1990, Appendix, 217-55, ad vocem; Camera Apostolica, Documenti relativi

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dimensioni31. Le lettere sono spedite con Viter per Carrieram e sottoscritte dal segretario domestico della Camera papale, Petrus de Noxeto32, registrate per lo più nella Camera Apostolica o presso di lui medesimo33, risultano senza tasse per i destinatari dell'intervento in tutti i casi meno uno, un mandatum provisionis con relativa lettera graziosa34. In due occasioni, per interventi inerenti a problemi amministrativi interni della diocesi e al governo spirituale, si sceglie la forma del breve, sottoscritto da Pietro Lunense35. La lettera cardinalizia è redatta dal segretario del Capranica, lacobus Lucensis, l'Ammannati36.

alle diocesi del ducato di Milano (1458-1471), Itlibri annatarum 'di Pio II e Paolo II, a c. di M. Ansani, Milano 1994, 45. 31 Circa mm 350 x 530 (h x 1), indipendentemente dal genere di lettera, le pliche sono piuttosto grandi, mediamente mm 80. Per le considerazioni sulle note di cancelleria cfr. Schedario Baumgarten. Descrizione diplomatica di bolle e brevi originali da Innocenzo III a Pio IX, a c. di S. PAGANO, III, Città del Vaticano 1983, XIX; Frenz, I documenti pontifici nel medioevo e nell'età moderna, ed. it. a c. di PAGANO, Città del Vaticano 1989, 8283, d'ora in poi Frenz. 32 In un solo caso (doc. 2) il segretario è Poggius (Bracciolini), il nome di Pietro compare, con abbreviatura diversa dal solito, più piccolo, sul margine interno destro della plica, posizione Frenz 16 dei sollecitatori. Sulla firma K. A. Fink, Poggio-Autographen kurialer Herkunft, in Miscellanea archivistica Angelo Mercati, Città del Vaticano 1952 (Studi e testi, 165), 129-33; A. C. DE LA Mare, The Handwriting of Italian Humanists, 1/1, Oxford 1973, 62-84. 33 Doc. 9. 34 Vedi docc. 12 e 13 della Appendice II, negli altri casi in posizione Frenz 7: gratis de mandato domini nostri pape. 35 Pietro Lunense sottoscrive anche l'unico altro breve, del 1451 maggio 14, esemplato con alcune bolle in un registro del vescovo di Brugnato, delegato pontificio, dopo esser stato presentato, per mandato dell'arcidiacono di Luni, al tribunale di curia, cfr. n. 83. Per la sua vita L. Gualdo Rosa, Pietro Putomorsi da Fivizzano, detto Pietro Lunense: un corrispondente di Leonardo Bruni a Viterbo, in Filologia umanistica per Gianvito Resta, a c. di V. Fera-G. Ferrali, Padova 1997 (Medioevo e Umanesimo, 94-96), II, 105774. La segreteria dei brevi sembrerebbe divisa, come è normale in quest'epoca, dall'attività del primo segretario Noceto, suppliscono però i rapporti interpersonali, cementati anche da legami familiari. Per le problematiche relative ai registri dei segretari G. GUALDO, Il 'Liber brevium de curia anni septimi ' di Paolo II, Contributo allo studio del breve pontificio, in Mélanges Eugène Tisserant, IV, Città del Vaticano 1964 (Studi e testi, 234), specie 301-304. 36 Sull'Ammannati si rimanda a E. Pazstor, in DBI, II, 1960, 802-803, e Iacopo Ammannati Piccolomini, Lettere (1444-1479), 'I/HI, a c. di P. CHERUBINI, Roma 1997, specie I, 121-75; per il viaggio del Capranica in Sarzana cfr. nn. 46-47.

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Dal punto di vista cronologico i documenti vanno dal 1 maggio 1447 (data topica Roma) al 30 novembre 1453 (lettera cardinalizia con data topica Sarzana), addensandosi nella primavera del 1448 (2, data topica Roma), nell'autunno 1449 (6, con data topica Fabriano e Rieti) e nell'estate del 1453 (4, data topica Roma). Sembrano pertanto più che interventi occasionali, determinati dalle necessità via via presentatesi, nuclei documentari organizzati, espressione di una visione pastorale coerente e in qualche modo sistematicizzata.

2. Gli interventi papali verso Santa Maria di Sarzana Il Semeria ci narra che, appena assunto al pontificato, Niccolò V inviasse ai canonici di Sarzana una «lettera officiosissima ... dando loro la notizia della sua promozione e protestando loro i più dolci sensi di sua grafia e paterna benevolenza... corrispose di poi con le opere»37. In realtà non vi è traccia nella filza Z (Litterae officiosae) del Capitolare di questa pur importante e personale missiva. Ma poco dopo la elezione, nel maggio 1447, il Parentucelli compie il primo atto ufficiale per la sua patria con l'invio di una lettera di indulgenza, del genere ad manus adiutrices, in favore dell' ecclesia Beate Marie de Sarzana, la chiesa del capitolo38. Dopo l'arenga che esalta la Vergine assunta in cielo come mediatrice di intercessioni per il genere umano, utilizzata comunemente in documenti apostolici a favore di enti sub vocabulo S. Marie39, la narratio contiene precisi riferimenti anche alla venerazione nella medesima chiesa di Sarzana della reliquia del Preziosissimo Sangue attestata nei documenti diocesani già dal secolo XII, che una tradizione riferisce

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G. B. Semeria, Secoli cristiani della Liguria, II, Torino 1843, 136. ACL, F. 1/13,1447 maggio 1, Roma, cfr. Appendice II, doc. 1. 39 Cfr. Bullarium Franciscanum, a c. di U. Huntermann, n.s., I, Ad Claras Aquas 1929, passim. Vedi anche la lettera di indulgenza concessa in Sarzana dal card. Calandrini in ACL, F. K/126 (1474 ottobre 3, Sarzana) in favore della chiesa della Annunciazione della B. Vergine Maria de Gropulo, distretto di Sarzana, a seguito di supplica di prete Giovanni Bertoni de Yvanis, cappellano e fondatore, stesa in bella umanistica libraria e sottoscritta dal suo segretario Io. Antonius Lunensis (Bertoni da Panicale) . Per le arenghe degli altri documenti cfr. anche Fink, Arengen Spatmittelalterlicher Papsturkunden, in Mélanges Eugène Tisserant, IV, 205, 206, 218, 221. 38

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esser giunta a Luni in epoca altomedievale40. Niccolò V si fa perciò sostenitore di una devotio con radici antiche, posizione che anticipa quella espressa nell'agosto del 1449 per il culto del Preziosissimo Sangue alla Rochelle41; concede quindi un'indulgenza abbastanza generosa di sette anni e sette quarantene, valida in perpetuo, a quanti nella festa della Santissima Trinità, fatta contrizione e penitenza, visitino la chiesa e concorrano alla conservazione e ripristino dell'edificio. Si pongono così attraverso questo genere di indulgenza che è stata definita «educativa»42, perché segnala alle coscienze e raccomanda alla generosità dei fedeli le opere di carità più conformi allo spirito cristiano, i principi del primo intervento pontificio in diocesi, che potremmo definire, con pregnanza moderna, 'istituzionale', non nepotistico: è sostegno alla chiesa di Santa Maria di Sarzana come centro propulsore diocesano, è riconoscimento di una tradizione devozionalereliquiaria, verso cui si stimolano i pellegrinaggi, che mostra la continuità della chiesa sarzanese con l'antico centro episcopale di Luni, 40

La devozione al Preziosissimo Sangue, collegata a quella del Volto Santo di Lucca e alla legenda di Nicodemo è analizzata in P. Barbieri, La devozione al Sangue di Cristo in diocesi di Luni - Sarzana, Sarzana 1982, con rinvio a documenti che mostrano almeno dal XII secolo, ma con riferimenti a più antiche consuetudini, la continuità della festa e di celebrazioni liturgiche. L'A. analizza anche una tradizione, forse locale, riportata in due carte di mano del sec. XVII (oggi collocate ACL, F. F/21), che data al 740 l'arrivo a Luni del simulacro del Cristo, opera di Nicodemo condotta sull'icona del sudario, contenente all'interno l'ampolla del Preziosissimo Sangue. Oltre ad una forma più stringata, la versione presenta sostanziali differenze dalla più nota, detta del diacono Leobino, per la quale si rimanda a C. FRUGONI, Una proposta per il Volto Santo, in II Volto Santo, Storia e culto, Catalogo della Mostra, a c. di C. BARACCHINI - M. T. FlLlERl, Lucca 1982, 15-48. La notazione posta in alto a sinistra della prima carta capitolare Anno Mundi 6646/anno Christi 1447, a cui segue una breve biografia in latino del pontefice, conclusa dal testo dell'epitafio, potrebbe esser in relazione con la bolla. La devozione al Preziosissimo Sangue è inoltre dal Barbieri collegata alla fondazione del monastero di S. Croce e del Beato Nicodemo confessore presso Luni, anche sulla base di documenti settecenteschi inviati alla Congregazione dei Riti. Per il monastero vedi nn. 87-89. 41 M.-D. CHENU, Sang du Christ, in Dictionnaire de Théologie Catholique, XIV/1, Paris 1939, 1096. Per le posizioni di pontefici davanti alle accese dispute teologiche sul cultus latriae E. Lee, Sixtus IV and Men of Letters, Roma 1978, 19, 24, e C. VASOLI, Sisto IV professore di teologia e teologo, in L'età dà Della Rovere, V Convegno Storico Savonese, Savona 1985,1, Savona 1988, 177-207. 42 E. Delaruelle - E. R. Labande - P. Ourliac, L'Eglise au temps de Grand Schisme et de la crise conciliaire (1378-1449), in A. PLICHE - V. Martin, Histoire de l'Eglise, XIV, Paris 1962, 817-18.

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giacché, pur nel quadro di una spiritualità tipica dell'epoca volta al Cristo Salvatore e ai simboli della Passione, associati all'intercessione mariana, si accoglie la più venerata delle tradizioni dell'antica cattedrale, è infine promozione di restauri o ampliamenti dell'edificio ecclesiale, che aprono ideologicamente la strada al rinnovamento edilizio promosso dalla stessa famiglia del papa, dalla madre e soprattutto dal fratello Filippo43. Il tenor della lettera di indulgenza, con le opportune variazioni per il diverso destinatario, è richiamato in un'altra lettera pontificia del maggio 1448, edita già nel XVIII secolo, oggi conservata presso l'Archivio di Stato di Firenze, a favore della chiesa di San Giovanni Battista di Fivizzano dell'ordine dei frati Eremitani di sant'Agostino, che viene riconosciuta come fondazione dei progenitori di Andreola, madre del medesimo pontefice44. Se le arenghe, le parte strutturali dei dispositivi, le clausole delle lettere apostoliche sono ormai codificate dai manuali di cancelleria pontificia, strumenti pronti alla bisogna, pure le note specifiche, personalizzanti, che vi sono aggiunte rimandano ad un pensiero teologico e pastorale che le sottende, venato anche di un umano affetto e partecipazione per le emergenze del proprio passato. Di una bolla emessa nel 1451 per la chiesa di Santa Maria de Votula (in Bagnone, terra dei Noceto), e probabilmente connessa con interventi edilizi, si ha soltanto notizia45.

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Per la costruzione della cappella di S. Tommaso e gli altri interventi nella chiesa poi cattedrale di S. Maria, nonché i doni di arredi liturgici Neri, La cattedrale di Sanana, «Giornale Ligustico», 17 (1890), 41-65; Sforza, La patria, passim; si rimanda per la restante bibliografia e per valutazioni artistico-architettoniche legate alla committenza al contributo di P. Donati in questi atti e al recente volume C. Rapetti, Storie di marmo. Sculture del Rinascimento fra Liguria e Toscana, Milano 1998. 44 Firenze, Archivio di Stato, Diplomatico, Pergamene di S. Giovanni Battista di Fivizzano (1207-1720), n0 38, 1448 maggio 11. Il testo, già in G. Targioni-Tozzetti, Relazione di alcuni viaggi fatti in diverse parti della Toscana, XI, Firenze 1777, 444-45, è poi stato trascritto con più accuratezza, specie il datum, da SFORZA, La patria, 66, n. 33. Sul fondatore della ecclesia, Puccio di Duccio, bisavolo di Andreola, commemorato in due epigrafi coeve, Sforza, La patria, 53-56 e nn. 24-33. L'arenga esalta, oltre in generale il Precursore, la sua festività. 45 DaFaie, Libro, 110 (f. 44r): «e del mexe d'agosto del dito mileximo vene a j bola de indulgencia, ciò fu sete ani e sete quarantine de perdonanza ...». Nel proseguo egli dà notizie di lavori all'edifìcio sacro e del conseguente concorso di pellegrini.

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L'altra chiesa locale officiata dai canonici, Sant'Andrea di Sarzana, è oggetto della già citata lettera di indulgenza del Capranica del novembre 1453, stesa nella forma delle litterae pontificie, con sigillo pendente46, che concede cento giorni di indulgenza, valida in perpetuo. Il cardinale di Santa Croce e Penitenziere maggiore, legato a latere della Sede apostolica per Genova, distretto e pertinenze, transitò per Sarzana nel corso dell'importante legazione, che è stata vista come la premessa della pace di Lodi, che lo conduceva a Genova all'epoca in guerra con Napoli. Oltre che nel diario del suo segretario Iacopo Ammannati, della presenza del prelato rimane traccia nei registri di Massariae dei canonici, con sapide note che illustrano l'eccezionalità dell'occasione e la parsimoniosa ospitalità sarzanese47. È questo l'unico intervento per la diocesi proveniente dalla Curia Romana che durante il papato di Niccolò V non sia direttamente emanato dal pontefice, ma dobbiamo pensare che la presenza in loco del cardinale autorizzasse questo prolungamento dell'interessamento del Parentucelli, gravato in Roma da problemi ben più pressanti, per quanto l'indulgenza, secondo la prassi, appaia più limitata nelle concessioni della papale. L'attenzione per la chiesa di Santa Maria è ribadito anche in un breve, pervenuto in copia semplice, indirizzato al vescovo di Luni da Fabriano nel novembre del 144948, parte di un nutrito pacchetto di interventi che configurano la politica pontificia nei confronti del capitolo.

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ACL, F. K/2, 1453 novembre 30, Sarzana, Appendice II, doc. 14. Nella data è usato lo stile della natività, ma deve correggersi l'anno riportato nel documento (millesimo quadringentesimo quinquagesimo quarto) in contrasto con l'anno del pontificato (anno séptimo): del resto il Capranica risulta nel novembre 1454 impegnato nella legazione presso il re di Napoli, era invece passato per Sarzana l'anno precedente; della concessione d'indulgenza rimane notizia peraltro in data 1453, novembre 29, cfr. n. seguente. 47 A. A. Strnad, in DBI, XIX, 1976, 147-53: anche relativamente al Vat. lat. 5622, ff. 130-143; ACL, Massariae, F. 1, Ma/6 (1453-54), f. Iv (1453 novembre 28): «Item spendi quando vene lo cardenale de Fermo, legato del Santo Padre, chi andava a Zenova stare duo de formento, uno paro de galline. Item per fare sonare le campane a S. Maria e S. Andrea, per fare lavare 38 tovagie de altaro, item in quatro pinte e mezo de vino rocexe me de te Luixe per apresentare alo cardinale, soldi 4 denari 6». 48 ACL, F. F/13, 1449 novembre 12, Fabriano, Appendice, doc. 7. La copia, pressoché coeva, dovette esser fatta per uso del capitolo, come il doc. 8.

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Avendo appreso che la fabbrica della chiesa male gabernari negligentia operariorum e che questo ingenera tensioni e contrasti con i canonici, il papa commette al vescovo, soprattutto allo scopo di consentire al capitolo un corretto servizio liturgico, l'incarico di por fine alle discordie fra operarii e canonici, e quindi l'osservazione degli statuti sinodali. All'epoca erano ancora in vigore quelli emanati dal vescovo Bernabò Griffi circa nel 136549, nei quali norme di diritto particolare erano state emesse specialmente per regolamentare le nomine degli amministratori laici e la correttezza della loro gestione dei beni ecclesiastici. Circa dalla metà del XIV secolo infatti si fa evidente nella diocesi la crescita, anche sotto il profilo sociale, della figura dell'amministratore laico, soprattutto nell'ambito delle neo parrocchie, a Sarzana riconosciuto e definito dagli Statuti del 1330 come figura rappresentativa nelle due chiese locali, nelle quali il Comune si identifica e alla cui costruzione vuole direttamente cooperare50. E possibile che i contrasti fra operarii e canonici derivino dai lavori strutturali e di arredo alla chiesa maggiore e in cui saranno impegnati, tanto laici che religiosi, in un progetto che parte dagli anni '30 e troverà la sua conclusione nella Cappella di San Tommaso, voluta dal Calandrini e da sua madre51. La tradizione erudita lunigianese, filtrata pari pari nell'Ughelli52 e quindi nella moderna bibliografia, attribuisce al Parentucelli il trasferimento del titolo diocesano da Luni a Sarzana; di tale atto non c'è traccia nella documentazione pontificia dell'epoca qui conservata: la diocesi è sempre appellata Lunense, così come il suo vescovo e il capi49

Per l'edizione L. Zanchetta, I sinodi della diocesi di Luni nel XIV secolo, «G.S.L.», n. s. 34 (1983), 7-134. 50 Per l'edizione statutaria I. GlANFRANCESCHl, Gli Statuti di Sarzana del 1330, Bordighera 1965. Anche un'altra fonte (le epigrafi dedicatorie o commemorative nelle chiese costruite nel periodo) indica quanto i massarii, termine in certe aree lunigianesi preferito ad operarii, espressione dell'universitas locale, godano di un prestigio pari o superiore a quello degli ecclesiastici nella costruzione degli edifìci sacri, cfr. Vecchi, 'Literae marmoreae insculptae". Problematiche dellepigrafia medievale in Luni giana dalUXI al XIV secolo, in Niveo de Marmore, L'uso artistico del marmo di Carrara dall' XI al XIV secolo, Catalogo della Mostra, Sarzana 1992, a c. di E. CASTELNUOVO, Milano 1992, 296-98. 51 Sforza, La patria, 246-48, 286; Donati-Bonatti, Le arti a Sarzana, Cinisello B. 1999, 35-46. Nei registri di Punctationes (regg. I e II, aa. 1452-54) è ricordata la costruzione della sacrestia e spese per le opere di maestri e manovali. 52 Ughelli, Italia Sacra, I, 855, n0 53.

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tolo, Santa Maria di Sarzana è definita ecclesia o ecclesia maior53, nelle litterae solemnes (1465 luglio 21, Roma) con cui Paolo II trasferisce la sede episcopale, che potremmo certo pensare ispirate dal card. Filippo Calandrini, ben consapevole quindi della situazione giuridico-istituzionale, si dice testualmente ecclesia seculans et collegiata Beate Marie oppidi Sanane54, parole che riecheggiano anche nel privilegio di Federico III che conferisce a Sarzana il titolo di città da parte imperiale55. Ora fortuna ha voluto che dell'atto pontificio si siano conservati tanto l'originale membranaceo quanto la copia autentica nel Registrum vetus, sorta di Liber lurium (1163-1592) del Comune Sarzanese, custoditi attualmente nel locale Archivio Storico Comunale56. Nella copia, esem-

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Negli atti privati, specie quelli capitolari, è invece appellata quasi sempre cathedralis. 54 ASCSr, Pergamene, 15/27. Il papa erige in cattedrale la chiesa di S. Maria di Sarzana, insignisce Sarzana civitatis decore et titulo, stabilisce che la civitas sia appellata Sarzanensis e che i vescovi, a cominciare dal modemus episcopus, abbiano il titolo di Lunenses et Sarzanenses, così come il capitolo. Riportiamo parte del testo della narratio, perché offre una chiave di lettura della situazione, di cui evidenziamo in tondo la parte più significativa per il nostro discorso: Cum itaque sicut rei evidentia manifestai nosque fide digna relatione plenius informati sumus, civitas Lunensis, que antiquitus insigáis et famosa fuisse perhibetur, cum (su rasura fino a consistentibus, con scrittura di corpo minore) cathedrali Sedi Apostolice immediate subiecta et aliis in ea consistentibus, ecclesiis habitationibus et edificiis, temporum causante malitia, du dum eversa a tanto tempore citra, cuius initii memoria hominum non existit, penitus inhabi tata remanserit, neque ulla spes de eius reedificatione sit, nec non archidiaconus et capitulum ipsius ecclesie Lunensis post eversionem predictam etiam a tanto tempore, cuius initii memoria non existit, in ecclesia seculari et collegiata Beate Marie oppidi Sarçane, Lunensis diócesis, a vestigiis diete civitatis non longe remoti, de cuius territorio locus ubi civitas ipsa fait fore dinoscitur, suam mansionem et capitulares actus nomine capituli Lunensis fecerint et divina etiam officia hactenus celebraverint ... Per il concetto di riedificazione possibile cfr. n. 17. 55 PlSTARlNO, Il 'Registrum Vetus' del Comune di Sarzana, Sarzana 1965, 295-99, n0 99, copia autentica del privilegio di Federico III imperatore (1469 gennaio 4, Roma), l'originale con sigillo pendente in cera bruna è anch'esso conservato nel medesimo archivio. Il testo appare condotto se non sopra, almeno in parallelo alla lettera apostolica: Et insuper attendentes quod prefata olim civitas nostra Lunensis cum omnibus edifi dis dudum eversa et funditus desolata a tanto tempore citra cuius initii memoria hominum non existit, et penitus inhabitata remansit nec ulla spes de eius reedificatione habetur, et prop terea ecclesia Beate Marie Sarzanensis, dudum collegiata, nuper in cathedralem erecta et ad il lam sedes episcopalis Lunensis translata exstitit nuper apostolica auctoritate ... Da rilevare il nuper più volte ripetuto. 56 PlSTARlNO, Il 'Registrum', 292-95, n0 98, copia autentica di Antonio Ivani fu Niccolò, cittadino e notaio sarzanese, con signum tabellionatus, ma senza data. Relati-

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plata da Antonio Ivani, sulla cui professionalità e cultura non possiamo nutrire dubbiala frase citata, che si inserisce nel più ampio inciso volto a ricordare l'eversione di Luni e il trasferimento del capitolo nella chiesa Sarzanese, è espunta con astuzia57, quasi a voler obliare l'ambigua situazione istituzionale che certo pesava sulle velleità canonicali e locali - e mai come in questi anni capitolo e città si identificano - per cominciare a riscrivere la propria storia. Se Niccolò V non compie dunque il trasferimento della sede vescovile, dà però inizio, forse con prospettive pastorali più ampie e meno utilitaristiche, a quel processo che creerà le premesse della piena affermazione sarzanese, culminata soprattutto con il radicamento a Roma e nel Lazio, insieme con la sudi familia, del fratello Filippo, divenuto dal 1448 cardinale e, soprattutto, dal 1458 Penitenziere maggiore58.

3. Una linea interpretativa degli atti pontifici per il capitolo Nonostante che la sua vita si fosse, fino al pontificato, svolta soprattutto a Bologna e Firenze, il Parentucelli aveva di sicuro diretta conoscenza dei problemi e della situazione capitolare, non tanto per esser stato beneficiario di un canonicato lunense, che non ha lasciato tracce, soprattutto di residenzialità, nell'Archivio Capitolare, quanto vamente alla trascrizione dei documenti quattrocenteschi il Pistarino (Pistarino, Il 'Registrum', XXVII-VIII) osserva che l'Ivani fu presente saltuariamente a Sarzana fra il 1450-66 e il 1471-76. 57 La frase a cui ci riferiamo è quella sottolineata an. 54: si noti l'accorta scelta dei termini da espungere senza modificare la sintassi del periodo. Vi sono anche altre parti, che danno ulteriori motivi per supporre alterazioni testuali non casuali. Il titolo anteposto nel registro all' intitulatio della bolla: Bulla civilitatis Bauli pon tificis maximì, sembra avere un tentativo di correzione di nobilitatis su civilitatis, presente del resto anche nella dispositio dell'originale (cum iure nobilitatis corretto su civilitatis), occorrerebbe una verifica sui Registri Vaticani. Durante una controversia fra il card. Lomellini e il Capitolo, questi invia una memoria difensiva che elenca i privilegi concessi alla chiesa di Luni dai papi Eugenio III, Anastasio IV, Innocenzo III e Paolo II: ACL, F. B/103, 1571 ottobre 14, Sarzana, senza menzione di interventi di Niccolò V. 58 Per i dati essenziali sul Calandrini si rimanda a C. Gennaro, in DBI, XVI, 1973, 50-52; Bittins, Das DomKapitel, 185-86; si può precisare il periodo di godimento del canonicato lunense, detenuto secondo le fonti capitolari dal 1434 al 1447. Nello stesso anno 1434, il 16 febbraio, il vescovo di Luni concede licenza al suddiacono Filippo da Sarzana di ricevere il diaconato da qualsiasi autorità religiosa (AVL, Acta curie, f. 15v).

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per la nomina avuta nel marzo del 1441 dal capitolo stesso di sindicum, procuratorem et nuncium specialem... in omnibus causis, litibus et quistionibus ... tam motis quam movendis, anche al fine di impetrare dal papa Eugenio IV, presso la cui curia magister Thomas allora risiedeva, ogni possibile indulgenza a favore della chiesa di Santa Maria e benefici relativi a chiese curate o no59. Era una storia già vecchia di quaranta anni. Agli inizi del secolo infatti, per la tenuità dei loro redditi (200 fiorini annui in totale) e per lo stato di gravi tensioni con il vescovo, i canonici avevano rivolto supplica al duca di Milano di aver licenza per lettere patenti ducali di impetrare dal papa benefici anche fuori del dominio visconteo, inoltre di avere conferma delle esenzioni concesse dalla Sede Apostolica e di averne di nuove, anche in deroga ai decreti e ordini ducali; la richiesta, accolta, nel rispetto però dell'autorità vescovile, aveva allargato alle diocesi di Lucca, Savona e Genova il loro campo di caccia ai benefici60. 59

L'appartenenza di Tommaso Parentueelli al capitolo della sua diocesi natale è dedotta dalla qualifica di canonico lunense datagli dal suo procuratore Federico Calandrini in un instrumentum del 14 febbraio 1426, registrato nei protocolli di Andrea Griffi, così come in una lettera apostolica di Eugenio IV del 1442 marzo 18, Siena (ridotto al 1443 s. c.), esibita al capitolo e registrata dal medesimo notaio, con cui vengono conferiti dalla S. Sede a Francesco da Giovagallo il canonicato e prebenda resignati dal Parentucelli, entrambi i protocolli, visti dallo Sforza, oggi non sono più reperibili; nel 1441 marzo 1, ormai suddiacono apostolico, è nominato procuratore del capitolo presso la curia papale in Firenze, documento riportato anch'esso ivi (Sforza, La patria, 69, 132, 207-209 nn. 14-17), che risulta inoltre confermato da una memoria instrumentorum del 1494 nelle carte capitolari (ACL, Massariae, F. 1, Ma/25). Il Parentucelli però non compare negli elenchi di collazioni capitolari né in quelli di prebenda, che probabilmente non avrebbe potuto comunque godere per le assenze continuative dalla sede, è inoltre lacunosa la documentazione degli anni Venti. E invece ben documentata la presenza di Filippo Calandrini, tanto nella descrizione delle divisioni di prebende assegnate ai residenti per gli anni 1444, 1445: ibid. Ma/5 (144152), ff. 18r/v, 17r/v, e nel 1435, 1436, 1439, 1440: ACL, Libro N, ff. 42r, 43r, 50v, quanto nelle riunioni collegiali per il conferimento di canonicati: ACL, Libro B, f. 14r (1434 luglio 11), f. 16r (1435 febbraio 29), f. 18r (1437 agosto 29), f. 20r (1439 aprile 8). Vi rinuncerà in occasione della consacrazione a vescovo nel 1447, cfr. n. 112. La provvigione del suo canonicato non risulta di pertinenza capitolare. 60 ACL, Libro N, f. 13rv (1402 marzo). È riportata di seguito anche la positiva lettera di risposta del 21 marzo di Francesco de Barbavariis, primo camerario ducale, indirizzata da Pavia al visconte Lunesane, Nicolino de Tomellis. Nei mesi seguenti si registra l'invio di più procuratori in corte papale. Il divieto di impetrare uffici e benefici in Curia senza preventiva autorizzazione ducale era stato formulato da Gian Galeazzo Visconti nel novembre del 1381: L. Prosdocimi, Il diritto ecclesiastico dello stato di Milano dall'inizio della signoria viscontea al periodo tridentino (secc. XIII-XVI) , Milano 1941

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Non è inoltre da sottovalutare, nella conoscenza dei singoli problemi capitolari, il ruolo della familia cardinalizia, dando a tale termine un valore più ampio del dovuto e del consentito61. Dopo l'assunzione di Tommaso al pontificato, un nucleo di chierici e laici di origine lunigianese risulta presente nella capitale e nei dominii pontifici: dalla seconda metà degli anni '40 in poi alcuni di essi trovarono impiego nella cancelleria e nella camera del papa, guadagnandosi in tal modo una 'promozione' sociale. Alla morte di Niccolò V oltre ai lunigianesi già inseriti in curia, altri se ne aggiunsero tra i familiares et continui commensales del cardinale Calandrini o - per sua raccomandazione - di altre famiglie cardinalizie, come quella dell'Ammannati. Qui tutti svolsero anche attività di procuratori per gli interessi lunensi e mantennero stretti contatti con l'entourage pontificio e con la famiglia naturale del Parentucelli. Oltre Sarzana sono da considerarsi poli di provenienza soprattutto il feudo marchionale malaspiniano di Fivizzano, origine della stirpe materna del papa, e la Terra di Pontremoli, ducato di Milano, residenza nel Quattrocento tanto del vescovo lunense quanto di quello di Brugnato, già dal pontificato di Eugenio IV stimatissimo giudice e delegato papale62. Le due curie, particolarmente (ristampa Milano 1973), 59-60. Per il problema della continuità del rapporto fra politica ducale, benefici e piacitazione si veda PROSDOCIMI, Lo Stato sforzesco di fronte alla Chiesa milanese e al Papato, in Gli Sforza a Milano e in Lombardia e i loro rapporti con gli Stati italiani ed europei (1450-1535). Atti del convegno intemazionale, Milano 1981, San Donato M. 1982, 147-64; ANSAMI, La provvista dei benefici. Stmmenti e limiti delVintervento ducale (14501466), in Gli Sforza, la Chiesa lombarda, la corte di Roma. Stmtture e pratiche beneficiarie nel ducato di Milano (1450-1535), a c. di CfflTTOLlNl, Napoli 1989,1-113. 61 Per il concetto talvolta solamente onorifico di familiaris, la continuità fra la familia cardinalizia e Y entourage stretto del cardinale divenuto papa, che rispecchia le preferenze familiari, conterranee, nazionali Ch. Schuchard, I tedeschi nella Curia pontificia nella seconda metà del '400, in Roma Capitale (1447-1527), a c. di S. Gensini, Pisa-San Miniato 1994, 51-69. Le lettere dei canonici lunensi residenti in curia mostrano la stretta osmosi fra la familia calandriniana, composta di numerosi conterranei dell'alta Lunigiana, e la camera segreta papale, per esempio cfr. ACL, FF. A/33, F/14, documenti citati in n. 66. 62 Antonius de Raygafarás, con traduzione italiana Vergafalce, chiamato anche nella documentazione pontremolese Uggeri, di famiglia considerata originaria della Valdantena, distretto di Pontremoli, e già rettore della parrocchiale di Pracchiola. Ughelli, Italia Sacra, IV, 987, dà gli estremi del suo governo episcopale dal 19 febbraio 1438 a circa il 1467, quando sarebbe subentrato il successore Bartolomeo, anch'egli un Uggeri, cfr. inoltre Gams, Series, II, 818, Eubel, Hierarchia, 313. Le più complete indicazioni biografiche però in P. Bologna, I vescovi appartenenti a famiglie di Pontremoli e del

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la brugnatese, in una terra quale quella di Pontremoli che contava su un forte notariato, sostenuto e stimolato dalla fine del Trecento dalla politica viscontea63, erano un punto di passaggio considerato estremamente utile verso l'ingresso nel capitolo lunense e magari il raggiungimento della corte romana. Oltre ai ben conosciuti Noceto e Pietro Putomorsi, detto Pietro Lunense, affinis della madre del papa64, si possono in questo periodo segnalare in Roma altri nomi minori. Francesco fu Taddeo de Durellis di Giovagallo, dal marzo 1443, per nomina pontificia, canonico lunense per la resignazione del Parentucelli, quindi vicario vescovile ed arcidiacono fino alla morte avvenuta nel settembre del 1453, mentre era familiare del Calandrini, ben introdotto anche coi signori di Sar-

suo territorio, Modena 1903, 26-34, che precisa le notizie date da E. Cerini, Memorie storiche di illustri scrittori e di uomini insigni delVantica e moderna Luni giana, II, Massa 1829, 233-39. Notizie della sua attività, desunte dai Registri Vaticani e Lateranensi relativamente agli anni 1458-64, in Ansani, Camera, passim: si fa riferimento a vari mandata apostolici di collazione di benefici in diocesi di Luni. Per il suo registro di atti di curia e tribunale VECCHI, Gio. Lorenzo, specie Appendice. 63 La matricola pon tremólese è fortemente dipendente dalla volontà statutaria ducale: negli statuti del 1388 numerosi capitoli sono dedicati ai requisiti necessari per l'esercizio del notariato nel territorio; nel testo dell'edizione a stampa Pontremuli Statutorum et Decretorum Volumen, Parmae 1571, specie Lib. VI, ma anche nei capp. 52-53, 55-56, 58-59 del Lib. II e capp. 68-71 del Lib. Ili si fa riferimento a norme attinenti, stratificazioni forse del più antico Constitutum Communis: cfr. Sforza, Memorie e Documenti, I/I, 293-96, 304-307 nn. 58-67; P. Lari, La stampa degli 'Statuti' e dei Decreta' di Pontremoli nel 1571, «Archivio Storico per le Provincie Parmensi», s. IV, 49 (1997), 315-30. 64 Sui Noceto rimandiamo a J. Bicchierai, Antonio da Noceto. Cenno storico, «Archivio Storico Italiano», s. V, 4 (1889), 34-49; P. Ferrari, La chiesa e il convento di San Francesco in Pontremoli, Pontremoli 1926 (= Parma 1974) 138-43; N. MlCHELOTTl, Un lunigianese alla corte di Francia nel sec. XVI: il conte Pier Francesco Noceti, «Archivio Storico per le Provincie Parmensi», s. IV, 46 (1994), 67-86; PARTNER, The Pope's, 242-43; Uffido famiglia stato, contrasti nella Curia Romana, in Roma, 39-50; Ansani, Camera, passim-. Camera apostolica. Documenti relativi alle diocesi del ducato di Milano, II, I 'libri annatarum ' di Sisto IV (1471-1484), a c. di G. Battioni, Abbiategrasso 1997, passim-, M. Harms, La sepoltura di Pietro da Noceto nel Duomo di Lucca opera di Matteo Civitali, e L. J. Bononi, Profilo di Pietro da Noceto, Celebrazioni del VI centenario della nascita del papa Niccolò V, Castiglione del Terziere-Bagnone 1997; puntuali ed utili precisazioni, anche sulla base dei materiali degli Archivi Vaticani, nella relazione di Gualdo, Pietro ed Antonio da Noceto nella Curia pontificia fra Eugenio IV e Sisto IV, presentata in Niccolò V e il primo Rinascimento, Giornata di Studi, Castello Noceti in Bagnone 16 gennaio 1999, di cui si spera la prossima pubblicazione. In tale occasione sono state per la prima volta esposte alcune pergamene dell'archivio familiare Noceti, ordinato dal Bicchierai nel 1893.

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zana, i Campofregoso, appare il consigliere del capitolo sarzanese e contemporaneamente il mediatore di molti interventi della Curia Romana, come risulta dalle lettere scambiate col capitolo. Se in una del 1452 assicura gli ansiosi confratelli privilegium vestrum fiet novum et melius quam prius esset et illa unio fiet, e in effetti le promesse bolle papali saranno inviate a Sarzana pochi mesi dopo65, il suo operato viene in un'altra minutamente descritto come quello di assiduo uomo di fiducia del Calandrini, incaricato di prender nota e di curare l'avvio delle pratiche sarzanesi66. Al catalogo di uomini entrati in Curia Romana per (o anche per) legami di origine geografica, di parentela o consortile, si può aggiungere un altro esempio col successore di Francesco, Antonio degli lacopetti di Fivizzano67, non a caso forse i parenti stretti del papa, soprattutto la madre di Niccolò V, Andreola, risultano ormai installati nelle terre del patrimonio di Pietro. La sua morte nel 1458, abbastanza pre-

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ACL, F. A/33, 1452 novembre 23; per la renovatio Appendice II, doc. 11 (1453 luglio 6, Roma), l'unione nel doc. 10. Il canonicato del Durelli deriverebbe dalla resignazione in curia del Parentucelli nel 1443, egli ha parte alle prebende in qualità di arcidiacono dal 1449 al 1452 (ACL, Massariae, F. 1, passim), risulta dal 1447 vicario generale del vescovo lunense, la sua morte dovrebbe porsi fra il giugno e il settembre 1453, quando il suo canonicato è collato dal papa a Giorgio da Fivizzano, per cui più avanti. La prebenda del 1452-53 viene comunque registrata e l'importo aggiunto ad un prestito su pegno ai francescani di Sarzana (ACL, Punctationes, reg. 2, 1453 dicembre 22). 66 ACL, F. F/14, 1453 febbraio 8, Foligno. Giovanni Antonio Griffi, inviato dei canonici, oltre che darci un piccolo affresco storico della congiura del Porcari, racconta minutamente quanto ha fatto per l'incarico rimessogli, illustrandoci la 'procedura' dell'udienza con il cardinale Calandrini, a cui ha consegnato una lettera del capitolo, presente anche d. Francesco; con soddisfazione rileva che, grazie a lui e all'arcidiacono, fuemnt multa ... que omnia in mente domini bene cadere novi, non solum pro facto sa-cristie sed etiam pro re capitali recitata. Il cardinale ordina quindi a Francesco di prender nota di ogni cosa e illamque sepe Rome sibi immemoriam adducerei, per poter intervenire sulle cose più pressanti. L'inviato conclude il resoconto definendo il Calandrini così ben disposto che unum onus vobis inesse video quodpetendi labor incombat. 67 La sua nomina figura tuttavia per elezione capitolare, per successione di Antonio da Viano, nel 1449 (ACL, Codice S, f. 2r; Libro B, ff. 22r-23r, elezione del 20 ottobre), fra i testimoni Corradino di Baliante Parentucelli, presente anche ad altri atti per canonici provenienti dal marchesato di Fivizzano. I Parentucelli e i Calandrini agiscono^sempre in sinergia.

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coce, aprirà le porte alla successione di Tommaso Benetti, futuro vescovo di Luni-Sarzana, di famiglia anche questa legata ai Calandrini68. Un altro canonico, appena designato per nomina pontificia, Gio. Lorenzo Villani, pontremolese, decretorum doctore già notaio della curia vescovile di Brugnato, che aveva iniziato la carriera religiosa col pontificato del Parentucelli, ma la coronerà negli anni '58-'62, si farà carico invece di sostenere nei tribunali di Curia Romana, r«alto grado di litigiosità» dei canonici lunensi, impegnati nella puntigliosa rivendicazione giudiziaria dei loro diritti69. Dopo la sua morte precoce, sarà sostituito da Gio. Antonio da Panicale, anch'egli familiare e protetto del Calandrini70. Sono anni questi di grande impegno per costruire e ricostruire l'immagine e l'impegno capitolare sul territorio: alcuni confratelli hanno il compito di studiare fuori, le sedi preferite sono Bologna e Siena, e di

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Le uniche notizie sulla sua attività ci risultano da tre lettere del gennaio 1458 del Calandrini (ACL, FF. 1/72, 73; A/40) che annunciano la sua morte e l'assegnazione del canonicato a Giovanni da Bagnone (n. 112) e dell'arcidiaconato al Benetti. Data la velocità con cui solitamente si dispone a Roma delle rendite e cariche dei morti, riteniamo di dover ridurre al 1458 la data della prima riportata nel repertorio come 1457 gennaio 13 (F. 1/72). L'anno è infatti confermato dalla presenza del Benetti, dal febbraio, nei registri di Massariae. Inoltre un monitorio del 20 febbraio 1458 di Francesco da Pie trasanta al pievano di Codiponte, in esecuzione di un breve pontifìcio del 13 gennaio, intima al suddetto di pagare sulle rendite della pieve di Codiponte la pensione, con arretrati di due anni, già assegnata all'arcidiacono Antonio e ora concessa al Calandrini (A.S. sez. Pontr., Notarile di Pontremoli, b.l, Ludovico Borborini, f. 14v). Per il Benetti si veda in questo stesso volume BONATTI, La diocesi di Luni-Sarzana nel secolo XV. 69 Di notabile famiglia pontremolese con origini di signoria rurale e in seguito lunga tradizione di notariato e di professionisti in legge e medicina, dopo un apprendistato nella apotheca del padre e presso la curia brugnatese (ca 1446-51), ricevuti gli ordini minori dal vescovo Francesco (1453), acquisisce il titolo nello Studio Senese. Dal 1458 canonico lunense per bolla pontifìcia e detentore di diversi benefìci in diocesi, è procuratore del capitolo dal 1461 (ACL, Massariae, F. 1, Ma/10) e familiare dell'Ammannati, in quegli anni molto legato al Calandrini, in seguito auditor e familiaris di quest'ultimo. Morirà in Curia Romana forse a seguito della epidemia del settembre 1464: cfr. VECCHI, Gio. Lorenzo, e n. 120. Non compare nelle liste dei familiari dell'Ammannati, perché essendo la più vecchia del 1468 (CHERUBINI, 172-76), risulta all'epoca già morto; per le affettuose relazioni fra i due cardinali e i reciproci favori ibid., specie 800 e lett. 111. 70 Subentra per bolla papale dell'8 ottobre 1464 al canonicato e a due dei benefìci del Villani (ACL, F. 1/80; codice S, f. 2r, Ansani, Camera, 228 n0 163). Potrebbe essere l'A. de Panigaliis, non identificato da PlTZ, Supplikensignatur, 167, lista X n0 7.

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impiegare poi la cultura giuridico-canonistica raggiunta a vantaggio delle rivendicazioni del capitolo, altri rimangono in sede, aderenti ai propri doveri di ufficio, talvolta fin troppo fiscali nell'organizzare e presidiare la quotidianità dell'officiatura e dell'amministrazione economica. Per quanto ogni intervento provenga dall'autorità pontificia, il tessitore, colui che dai carteggi emerge, in un modo quasi incombente, come il vero mediatore e peroratore, manifestando il persistere dei legami con le famiglie sarzanesi e della sua consorteria, è infatti il Calandrini, dapprima figura defilata sullo sfondo, poi esplicitamente attore e responsabile.

4. Il riconoscimento e rafforzamento dei possessi e diritti capitolari Dopo gli atti a favore della ecclesia maior, la linea papale si articola su due altre direttive di interventi che, se letti in chiave diacronica, appaiono graduarsi in una vera e propria progressione fra il 1448 e il 1453, e dai quali si desume che il clero secolare e soprattutto capitolare viene visto come la base della vita religiosa nel cuore della diocesi, identificabile con la bassa Val di Magra; se letti con un taglio sincrono per i diversi settori, evidenziano il tardo autunno del 1449 come punto di determinazione e assestamento del programma papale verso la sua chiesa di origine. Le due direttive esprimono: - volontà di rafforzamento sotto il profilo amministrativo giurisdizionale ed economico del capitolo dei canonici, attraverso il recupero e consolidamento di possessi, anche tramite annessioni di enti regolari usurpati o comunque decaduti, senza tuttavia stravolgimenti traumatici della struttura ecclesiastica; infine rinnovo e conferma di tutti i beni, possessi, diritti del capitolo; - interferenza con una tendenza sempre più accentratrice nella prassi beneficiaria, soprattutto riguardo alle nomine canonicali. Alcuni elementi mostrano sullo sfondo il desiderio di riqualificare la vita e soprattutto il magistero e servizio liturgico del clero secolare sarzanese, in particolare a favore degli oriundi della diocesi. Tutto questo emerge, senza alcuna opera di repressione delle irregolarità

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che pure esistevano, dai dispositivi emessi dal 1447 all'autunno del 1449, che sono da considerarsi in qualche modo pilastri istituzionali. La prima concreta e coerente azione di riacquisto dei beni del capitolo ad opera del pontefice, è un mandato del maggio 1448 per i vescovi di Lucca, Luni e Brugnato per il recupero dei beni e diritti canonicali usurpati, principalmente quelli di tipo giurisdizionale, anche di natura feudale71. Le ampie clausole derogative alle costituzioni bonifaciane su conservatores et indices, soprattutto quelle relative al restringimento del potere di coercizione giudiziale dei vescovi, nei limiti della propria diocesi o aree deputate e alla validità cronologica del mandato, offrono un agile strumento di intervento ai tribunali, una sorta di carta bianca, con cui possono attivarsi tempestivamente su richiesta dei canonici72. Le travagliate vicende politiche degli anni '20-'40 avevano certo eroso e complicato la situazione patrimoniale e giuridica del capitolo per i cambiamenti istituzionali in Genova, lo scontro dei Campofregoso coi Visconti, le campagne di Niccolò e Francesco Piccinino in Lunigiana (1436-37, 1446), ma anche le razzie di Spinetta Campofregoso e delle milizie mercenarie genovesi (1445). I possessi canonicali, specie quelli in Ameglia e bassa Val di Magra, si erano trovati nell'occhio del ciclone. Il doge di Giano Campofregoso (1447-48) solo sei giorni dopo il datum del mandato pontificio, emanò ordini per la restituzione di possessi e il rispetto dei diritti ecclesiastici, ponendo così un punto fermo nei variegati eventi politici e mostrando coesione tra la politica signorile e le direttive della Santa Sede73. Lo stesso Tommaso coadiuva la linea di governo del nipote intervenendo fra il 1448 e il '51 da Savona a vantaggio di Sarzana e anche degli ecclesiastici74.

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Appendice II, doc. 2 (1448 maggio 5, Roma). Per i possessi capitolari cfr. n. 106. II mandato è inserto per esempio in un monitorio del vescovo di Luni del dicembre del 1454 (ACL, F. A/37). 73 A.S.C.Srz, Registro dei privilegi, indulti, immunità, 21, f. 27r, 1448 maggio 11, Sarzana, lettera con cui si ingiunge la restituzione dei beni di proprietà di chiese, ospedali e conventi e il pagamento da parte del Comune delle decime dovute ai canonici. Negli anni seguenti si farà premura di pagare la decima, annualmente, domina Caterina Campofregoso, madre di Ludovico (ACL, Massariae, FF. 1, Ma/6, f. 3v,1454 giugno 6; Ma/7, f. 4v, 1455 febbraio 7). 74 TvAT.ru, La signorìa, 121 n. 19; A.S.C. Srz, Registro dd privilegi, f. 13r (1451 luglio 12, Savona), invito rivolto agli Anziani di Sarzana a pagare la decima dovuta ai canonici. 72

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Nello stesso giorno si situa un mandato75, anch'esso al vescovo di Lucca, l'appena nominato Stefano de Trenti^69 per il recupero dei diritti capitolari sulla chiesa ospitaliera di San Lazzaro de Silvaricia e suoi beni, sulla Francigena77 in prossimità di un importante incrocio viario con la strada per il marchesato di Fosdinovo, istituzione amministrata da massari che, in accordo con gli infermi, non vogliono riconoscere il pagamento dovuto ai canonici per la locazione. I passi seguenti dell'intervento pontificio conducono all'annessione, a favore rispettivamente dell'arcidiaconato e della mensa capitolare, di due priorati, quello di Santa Maria di Vezzano, dei canonici regolari di Sant'Agostino, nel novembre del 1449 e quello di Santa Croce del Corvo, o della Melia, di regola benedettina, nel giugno del 145378. Si tratta di due vicende parallele, condotte con fini analoghi, e non meramente economici, per quanto questi vengano richiamati come consuetudine nel tenor, le rendite annue dichiarate appaiono del resto abbastanza modeste: dieci e ventiquattro fiorini d'oro di camera. L'unione di Santa Maria, un ente di origine altomedievale, con la stessa antica dedicazione della cattedrale lunense79, dalla seconda metà

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Appendice II, doc. 3. Il datum è lacunoso, lo proponiamo con le seguenti integrazioni: Dat. Rome, apud Safnctum Petrum], anno incamationis dominice millesimo quadringentesimoquadragesimooctavo, tertio Nonas Ma [ii] / />o[ntifica] tus [nostri] anno [secundo] , ma la lacuna consentirebbe anche la lettura Martii, nel qual caso, secondo lo stile dell'Incarnazione con corso fiorentino saremmo nel 1449 marzo 5. Si è preferito la prima datazione per la coincidenza di data e scrittore con il doc. 2. 76 Ughelli, Italia Sacra, I, 826. 77 Pistarino, Pievi, 133. Nel 1470 sarà unito alla fabbrica della cattedrale di Santa Maria da Paolo II: ACL, F. F/15, 1470 gennaio 20, copia semplice di lettere solenni; Ansami, Camera, 391, doc. 439 (1470 marzo 10): la bolla di Paolo II fu trascritta in un registro oggi deperdito, ma di cui rimane notizia; trasmessa alla Camera il 9 marzo, venne restituita perché l'unione era stata fatta iuxta formam Clementin. 78 Appendice II, docc. 6 (1449 novembre 5, Fabriano), e 10 (1453 giugno 19, Roma). 79 I recenti scavi archeologici, nel corso dei restauri architettonici, hanno consentito F identificazione di un piccolo edifìcio ecclesiastico absidato, anteriore al Mille, su cui venne impostato nel corso del XII secolo il presbiterio della costruzione romanica, nel cui altare fu inserito un sarcofago ricavato da un architrave di marmo romano monoblocco, che parrebbe suggerire la presenza di un corpo santo: A. Frondoni, Le ricerche archeologiche nella chiesa di Santa Maria, e L. Gervasini, Un architrave romano riutilizzato, in La chiesa di Santa Maria a Vezzano Ligure, Studi e restauri, a c. di G. ROSSINI, Venezia 1996, 60-71, 72-79. Anche se non si ha notizia di culti reliquiarii, è

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del XII secolo canonicale con cura di anime, esente e dipendente direttamente dalla Santa Sede80, è tecnicamente una necessaria conferma, richiesta da Francesco da Giovagallo, di un'annessione già decretata dal vescovo lunense, come testimoniato dalla nanratio delle litterae solemnes. Il presule doveva avere conoscenza diretta della situazione locale, perché non solo aveva tenuto curia in Vezzano, avendo spesso presente come testimone agli atti di ufficio l'ultimo priore, Manfredo di Burgo Vallistari,, ma anche numerosi prelati vezzanesi lo avevano seguito nella curia di Pontremoli81. Dal 1434 il precedente priore Benedetto era stato spogliato del possesso di Santa Maria dal prete Lorenzo de Torracca di Follo82, piuttosto attivo e intrigante, e non molto disposto a recedere dalle sue azioni se nel 1451 si trascinava ancora la causa dell'arcidiacono contro di lui, pendente presso il delegato apostolico, il già ricordato vescovo di Brugnato, Antonio Uggeri; essa verrà bruscamente avocata, per lettere esecutorie pontificie, in Curia Romana83, ma Santa Maria non comparirà nelle litterae soverosimile una devozione particolare, appoggiata anche dalla stessa struttura canonicale, che esercitava probabilmente funzioni ospitaliere. 80 Kehr, Italia, 384, che ne menziona la presenza nel Liber Censuum (1,70), ma non avendone precisa notizia da altri documenti pubblici, la identifica con la pieve de Veczano; Pistarino, Le pievi, 63, n. 2. Lavila canonicale si sviluppò compiutamente, con il favore dei signori ed homines vezzanesi, nel complesso periodo che vede in Lunigiana le lotte pro e contro Federico Barbarossa e lo scisma sulla cattedra vescovile lunense, quasi contemporaneamente e nella stessa temperie politico-religiosa della fondazione del monastero del Corvo: Vecchi, Note sulla documentazione scritta della chiesa, in La chiesa romanica di Santa Maria: un edificio ritrovato. (Convegno di Studi, Vezzano L. ottobre 1996, «G.S.L.», 67-68 (1996-97), in corso di stampa. 81 AVL, Acta curie, ff. 76r, 77r, 79v etc. Il vescovo prova a valersi in questi anni anche dei suoi diritti di collazione di canonicati a favore di persone provenienti dai castra dove ha tenuto curia: 1434, dicembre 4 investe del canonicato del fu Giuliano de Benedicitis di Pisa Benedetto fq Anthonii da Vezzano, nomina che, nonostante l'invio di una lettera ai canonici per appoggiarne l'accettazione, non sembra andar a buon fine, perché quattro giorni dopo fa subentrare nello stesso canonicato il già citato Lazzaro da Chiavari, bene accetto ai Campofregoso (AVL, Acta curie, ff. 83v-85v). 82 AVL, Acta curie, ff. 72rv, 73r: 1434 aprile, lettera vescovile con minaccia di scomunica ai parrocchiani di Santa Maria; 1437 settembre 27, monitorio del vescovo al prete Lorenzo per turbativa di possessione, con ordine di comparizione in curia. 83 A S. sez. Pontr., Notante di Pontremoli, b.l, G. L. Villani, f. 32v, copia autentica di breve del papa Niccolò V, del 1451 maggio 14, sottoscritto da P. Lunensis, presentato in curia da ser Simone de Ursis de Pontremulo, procuratore del prete Francesco da Giovagallo il 7 giugno, cfr. VECCHI, Gio. Lorenzo, doc. 10.

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lemnes di rinnovo e conferma dei possessi capitolari del 145384. Lorenzo di contro risulta ancora attivo al tempo di Sisto IV, con la resignazione di alcuni benefici in Val Durasca annotata nei Libri Annatamm della Camera Apostolica85. Con l'unione, che doveva far salvi il rispetto del priorato e la conservazione della cura di anime, la S. Sede procedeva, sia pure in apparenza a danno di un'istituzione regolare, alla salvaguardia del prestigio di un ente antico, collegato a culti reliquiari e a percorsi viarii di pellegrinaggio, che era stato usurpato da un ecclesiastico: non conosciamo i veri retroscena della vicenda, che si muove sul solito sfondo di prevaricazioni in materia beneficiale, ma anche di risentimenti verso istituzioni non più in grado di rispondere ai bisogni religiosi delle popolazioni, nel quadro di una crisi comune tanto ad enti regolari di antica origine, quanto agli istituti pievani, divenuti territori di conquista beneficiale e spesso, per la loro posizione isolata nella campagna, non più collegati alle nuove situazioni insediative86. Il priorato di Santa Croce del Corvo, che aveva nel secolo XII anche la titolazione al beato Nicodemo, nel distretto giurisdizionale di Ameglia87, ente esente, nel XV secolo senza cura di anime e carente di monaci, posto in una posizione strategica ma isolata alla foce della Magra, al termine della dorsale del monte Caprione, era invece una fondazione vescovile, anch'essa dell'epoca del Barbarossa e del pre-

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Appendice II, doc. 11. Battioni, Camera, 233, doc. 266 (1478 giugno 12). Il benefìcio di 60 fiorini dalle parrocchiali di San Leonardo e San Martino di Follo, canonicamente unite, già da lui detenute, è concesso al chierico Gio. Antonio di Follo, familiare del papa Sisto IV. 86 Chittolini, Note sui benefici rurali nellltalia padana alla fine del Medioevo (secc. XIIIXV), in Pievi e parrocchie in Italia nel basso Medioevo. Atti del VI convegno di Storia della Chiesa in Italia, Firenze 1981, I, Roma 1984, 415-68; fra le molte relazioni regionali che affrontano l'argomento PlSTARiNO, Diocesi, pievi e parrocchie nella Liguria medievale (secc. XII- XV), II, 625-76. 87 *G. Volpe, Lunigiana medievale, Firenze 1923, ried. in Toscana medievale, Firenze 1964; POGGI, Lend, passim; A. BORLANDI, Per la storia del dominio sforzesco sulla riviera ligure: il caso di Ameglia, «Archivio Storico Lombardo», 104 (1978), 1-66 dell'estratto; E. Silvestri, Ameglia nella storia della Lunigiana, Sarzana 1982; R. Pavoni, La signoria del vescovo di Luni, in Atti Pelavicino, 29-59, ed ora il saggio estremamente analitico, che segue le vicende di Ameglia dal XII al secondo decennio del XV secolo di Pavoni, Ameglia, i vescovi di Luni, i vicedomini, i Doria e il Comune di Genova, «G.S.L.», 43-44 (1992-94), ma 1999, 9-170. 85

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sunto scisma vescovile lunense88, non sappiamo se, come avviene per altri enti religiosi lunigianesi, rivitalizzante una vita comunitaria legata ad una chiesa di origine altomedievale89. Era stato poi affidato al monastero di San Michele in Orticaria di Pisa, detto degli Scalzi, ma almeno dal 1342 i monaci ebbero edifici conventuali e chiesa sotto lo stesso titolo in Sarzana (ACL, F. T/4, 5, 6), i quali surrogarono infine le funzioni religiose del monastero del Corvo, radicando nel contempo nel borgo sarzanese la devozione alla Santa Croce. Al tempo di Eugenio IV risultava esser stato dato in commenda: prima al vescovo di Syra Antonio Munnoz O.P. e, dopo la sua morte, nel 1443 allo stesso Francesco Taddei da Giovagallo. Il notaio rogatore della provvisione al canonico lunense, di cui è esecutore deputato il vescovo savonese Valerio, residente a Roma, è Pietro da Noceto90. Il possesso era stato 88

L. Podestà, Il monastero di Santa Croce del Corvo, «Monumenti di Storia Patria delle Provincie Modenesi», s. IV, 4 (1894), 46-47, 117-26; U. Mazzini, Il monastero del Corvo, in Dante e la Lunigiana, Milano 1909; PlSTARlNO, Pievi, 65, n. 1 e passim; POLONIO, Diocesi, 52-54, scheda n0 1; Bonatti, Gli ordini religiosi nella diocesi di Luni tra Due e Trecento, Atti Pelavicino, 120-21. Fondato per volontà del vescovo Pipino, probabilmente nel 1176 (C.P., doc. 542), dieci anni dopo passò ai monaci della Congregazione Pulsanese di San Michele in Orticaria di Pisa, ma il vescovo lunense ne riaffermò alla metà del XIII secolo la proprietà e il governo in spiritualibus. Sui vescovi scismatici dell'epoca federiciana, negati da Podestà, accettati, ma non indicati da Gams, Series, 817, cfr. F. Opll, Stadi und Reich im 12. Jahrhundert (1125-1190), Vienna - Colonia - Graz 1986, 397, 402-405; per la ricontestualizzazione lunigianese la lunghissima n. 28 in Pavoni, Ameglia. 89 In C.P. doc. 542 il vescovo affida ad un monaco la costruzione del nuovo monastero, su un pezzo di terra appositamente donato, non si fa cenno a enti precedenti, magari decaduti. Ritiene invece che esistesse una chiesa già in epoca altomedievale collegata al culto del Sangue. Podestà, Il monastero, 117-18. 90 ACL, F. T/9, 1444 gennaio 8, Roma, pergamena; si tratta di litterae provisionis, di notifica al vescovo lunense e al suo vicario a seguito della conclusione di un processo, di cui non abbiamo altra notizia, da parte del vescovo di Savona Valerius cValeriano Calderini>, giudice ed esecutore deputato di Eugenio IV, a favore del canonico lunense Francesco Tadei, con inserte le litterae exsecutoriae pontificie del 13 novembre 1443 ai vescovi di Modena, Savona e Luni. Con esse, poiché la commenda del priorato risultava vacare per la morte del precedente commendatario, il vescovo di Syra Antonio, essa veniva data a Francesco, che aveva dichiarato un valore di 50 fiorini annui e la natura di luogo campestre e carente di monaci del priorato. La subscriptio è di Petrus f domini lohannis de Noxeto, clericus placentinae diócesis, publica apostolica et imperiali auctoritate notarius et prefati domini episcopi iudicis et commissarii in hac causa specialiter deputatus. E indubbio che i legami fra il capitolo e Pietro da Noceto erano già stretti prima del pontificato del Parentucelli. Il vescovo Antonio, su cui Eubel,

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però usurpato da un Campofregoso, Galeazzo di Prospero, nel 1449 dominus Amelie91. Dieci anni dopo, negoziato con Eugenio IV lo smembramento dal monastero pisano e la soppressione della regola benedettina, Francesco, resignándolo in Curia Romana, ne otterrà pochi mesi prima della propria morte l'annessione alla mensa capitolare92. Le litterae solemnes di Niccolò V fanno riferimento alla collazione riservata al pontefice dei priorati e benefici vacanti presso la Sede Apostolica e giustificano l'annessione con il desiderio pastorale, motu proprio et ex certa nostra scientia, senza alcuna presentazione di petizioni, di incrementare il culto divino, specialmente nella chiesa di Luni, con un intervento che sollevi dalle preoccupazioni finanziarie i canonici, di modo che possano più agevolmente svolgere il loro servizio e si applichino più fervidamente agli uffici liturgici, diurni e notturni. Ma talvolta in quest'epoca anche gli interventi pontifici sono soltanto virtuali, non riescono a prevalere nel complesso meccanismo della provvista beneficiaria, perciò, nonostante la corporalis possessio da parte del procuratore del capitolo93, un'ininterrotta serie di contrasti e compromessi con le autorità laiche94 e con religiosi segnerà la storia Hierarchia, l, 467, era stato commendatario fino all'aprile del 1441 anche dell'abbazia di San Venanzio di Ceparana, che venne poi annessa per mandato papale dall'arcivescovo di Genova Giacomo Imperiale al monastero di San Venerio dell'ordine benedettino di Monte Oliveto (PiSTARiNO, Le carte del monastero di San Venanzio di Ceparana (1185-1441), «G.S.L.», n.s. 4 (1953), 3-4, docc. 28, 29). 91 POGGI, Lerici, 307 e n. 32, 317. Cfr. inoltre n. 94. 92 ACL, F. T/10, 1453 giugno 19, Roma, per cui Appendice II, doc. 10. 93 ACL, F. T/12, 1453 dicembre 27, Ameglia, pergamena (il 1454 dell'originale deve esser ridotto a 1453, essendo impiegato dai notai sarzanesi lo stile della Natività). Il canonico Grisolo, procuratore del capitolo, alla presenza di testimoni e del notaio Giovanni Carzola q. Andree de Ponzanello, habitator Sarzane,... ad presens notarius et seriba predicò capituli presenta il rescritto papale e prende corporale possesso della chiesa e annessi. In ACL, Massariae, F. 1, Ma/6, f. Iv, 1453 (dopo il 28 novembre) la notazione delle spese: «Item quando andaj a entrare in possessione a Santa Croce per la guida e per mangiare e bere a lo andare e tornare. Item per apresentare a lo signore messere Ludovico due pare di galline». La seconda frase trova la sua logica in quanto si dirà nella nota di seguito. 94 ACL, F. T/13, 1455 luglio 20, Roma. Si tratta di un breve di Callisto III a Ludovico di Campofregoso, con sottoscrizione la. Lucensis (I. Ammannati), di cui riportiamo il testo, omettendo il ' datumDilecte fili, nobilis vir, salutem et apostolicam benedictionem. Relatum est nobis quod felicis recordationis Nicolaus pape . V, predecessor noster, sepe litteris suis monuit dilectum filium Galeatium de / Campofregoso, consanguineum tuum, ut

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del possedimento, importante per la posizione e la fertilità delle terre da esso dipendenti di cui viene spesso richiesto l'affitto, e oggetto di contese giurisdizionali, spesso pretestuose, con la pieve di Ameglia, contese per di più alimentate dal potere politico a presidio del distretto di Ameglia95. prioratus Sánete Crucis de Corvo in eiusdem dominio positus, liberam possessionem capitulo ecclesie Lunensis relinqueret, quem ad modum / ad ipsum de iure spedare asseritur; verum Ule, qua causa motus nescimus, usque in hanc diem, ut accepimus, dictum prioratum dimitiere noluit, quin immo / in grave damnum capituli prefati, redditus et proventus dicti prioratus sibi vindicans, mandatis apostolicis numquam parendum putavit. Quare ne videamur ecclesiarum iura negligere, nobilitatem tuam hortamur in Domino et stricte requirimus ut dicto Galeatio, apud quem auctoñtate plurimum vales, ita restitutionem dicti prioratus / persuádeos quod absque alio precepto nostro, capitulo prefacio satisfadum esse noscamus. Alias ex debito pastoralis officii huius rd oportunis remediis pro/videre cogemur ... Deve probabilmente essersi attuato un compromesso, specie dopo che il 1 di agosto 1457, alla presenza di Ludovico e Galeazzo Campofregoso, alcuni testimoni precisano i confini delle possessioni capitolari sulla riva sinistra della Magra, appoggiati da un ricognizione in loco (memoria sulla coperta di Massariae, F. I, Ma/8). Alcuni anni più tardi Galeazzo scriverà al capitolo rallegrandosi che le terre del Corvo, di cui dà preciso elenco, siano state affittate ad Antonio fq. lacobi de Vallesturla e che il locatario possa così obbligarsi a pagargli ogni anno lire 10 di Genova, somma che va a defalcarsi da quanto gli doveva per l'affìtto delle terre di Santa Croce: ACL, F. T/14, 1459 febbraio 25, Ameglia. Nel 1461 (ACL, F. M/94) il vescovo lunense darà l'assenso alla permuta di terre fra il capitolo e Galeazzo stesso. 95 ACL, F. T/14, 1461 novembre, Roma: il Villani, auditor neMa. curia cardinalizia e procuratore del capitolo, è stato informato dai canonici che il prete Benedetto è intruso nella pieve di Ameglia e domanda ai confratelli i dati necessari per promuovere la causa; ACL, F. T/17, 1462 gennaio 27, Milano: Francesco Sforza chiede ai canonici la chiesa e terre di S. Croce per Benedetto de Ponzolo, rettore della chiesa nella sua terra della Melia. Nel 1463 è lo stesso Calandrini che scrive ai duchi di Milano per interventi a favore dei diritti capitolari, ma i processi in Curia Romana andranno avanti fino agli inizi del secolo seguente (ACL, F. T/19-38). ACL, F. T/20, 1463 luglio 26, Pontremoli. Il vescovo lunense informa il capitolo di aver ricevuto raccomandazioni dal duca di Milano a favore di dom. Giorgio degli Enrighini di Pontremoli, a cui non ha voluto accedere per rispetto dei diritti capitolari; la situazione è chiara: gli Enrighini sono un'importante famiglia di una terra ducale con incarichi di ufficio, legata per di più alle due curie vescovili in Pontremoli, perciò mentre si ottiene il documento di provvigione in Curia Romana si opera sul vescovo per ottenerne l'assenso, ma - come è sua consuetudine - Francesco non interviene contro i diritti del capitolo. Tuttavia nel 1463 agosto 18, Enrico degli Enrighini di Pontremoli si obbliga al pagamento della annata camerale, a nome di Giorgio, per la pieve di San Vincenzo di Ameglia e la cappellania di Santa Croce del Corvo, per un valore di 40 fiorini, ambedue vacanti per la morte di Benedetto, a seguito di mandatum collationis indirizzato al canonico genovese Bartolomeo Vernazza (Ansani, Camera, 210, doc. 132

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Il papa con questo atto di unione intendeva quindi sostenere espressamente le distribuzioni quotidiane ai canonici residenti, al fine di rendere più agevole il culto divino e forse più desiderabile il servizio liturgico nella Ecclesia Lunensis, problema - quello della residenza dei canonici, dei cappellani, e del servizio in chiesa - annoso, più volte materia di intervento negli statuti capitolari e nei loro aggiornamenti96 e ben presente nei carteggi fra i canonici residenti in loco e quelli presso la corte pontificia97, nonché nei monitori vescovili98. Non appare chiaro invece il problema della pretesa annessione alla mensa capitolare del monastero benedettino di San Bartolomeo di Linari, presso il passo del Lagastrello sulla strada di Parma, che sembrerebbe esser stata sancita dal papa in quegli stessi anni99. Le cedole

del 1463 luglio 24). Le seguenti fasi processuali per ottenere la libera disponibilità del benefìcio da parte dei canonici in ACL, F. T/21-34. 96 L'ultimo degli addenda statutari (POLONIO, Legislazione, 158-59), dal titolo De residentia capellanorum, è una approvazione e conferma vescovile, in forma di lettera, da Pon tremoli, in data 1440 giugno 30, con inserto di deliberazioni del collegio capitolare, congregatosi in Sarzana, che risulta all'epoca di 10 membri di cui 6 presenti, copiate e trasmesse dal notaio Andrea Griffi, che ha poi nell'escatocollo, dopo il cancelliere vescovile, registrato la lettera e sottoscritto in fidem et testimonium premissorum. E evidente che la ratificazione del presule, da lontano, è soltanto una garanzia istituzionale che ciò che è stato deliberato è ad comodum, utilitatem et honorem diete nostre Lunensis ecclesie, e che quindi la volontà riorganizzatrice del servizio è quella del capitolo. Si ribadisce quanto era stato prescritto riguardo alla residenza e ufficiatura già nel 1417, quando i cappellani erano stati affiancati istituzionalmente ai canonici, quasi in un 'passaggio di mano', pur nei termini di 'un programma di minima' per la vita comunitaria, come ha rimarcato Valeria Polonio (Legislazione, 128-29), con in più la volontà che la norma sia effettivamente osservata e che le multe comminabili siano pagate davvero. I registri delle Punctationes sono la concretizzazione di questo pensiero. Vedi inoltre ACL, F. A/16. 97 Tommaso Benetti, lamentando il mancato pagamento di due stai di grano dovutigli a norma di statuto, allega il parere di un famoso giurista, messer Arcangelo (ACL, F. A/54), che non risulta purtroppo allegato alla lettera. 98 ACL, F. A/34, 1453 luglio 4, Pontremoli, monitorio del vescovo lunense contro i cappellani che non servono in chiesa. 99 Nel libro di spese del canonico Crisolo (ACL, Massariae, F. 1, Ma/6, ff. 2v-3r) compare quanto pagato il 26 maggio 1454 per la ricompensa a chi portò da Fivizzano la notizia della morte di messer l'abate, per il viaggio a Roma di un messo «per lo facto de la badia de Linario» e per il viaggio di Crisolo stesso fino all'abazia il 23 agosto, forse per il corporale possesso. Evidentemente la velocità della notizia relativa alla dipartita del titolare che aveva consentito ai canonici un altrettanto celere ricorso a Roma, permetteva loro di considerarsi, ancora vivo il papa, tranquilli sull'unione. L'ul-

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supplicationis dei canonici lunensi inserte in un mandato di Agapito de Rusticis, canonico della basilica Principis Apostolorum, cappellano e auditor pontificio, contro gli illeciti detentori, Pietro arciprete di San Crespiano, pieve competente territorialmente, e Matteo, rettore di San Michele di Cornano, diocesi di Luni, farebbero risalire proprio a Niccolò V l'unione100. E possibile che, anche per la morte del papa, non sia stata perfezionata la pratica con l'emissione della bolla o che il documento di possesso fosse presto smarrito, poiché la causa per intromissione in beneficio promossa in Curia Romana dal capitolo lunense già nel 1455101, sembra nel 1464 volgere decisamente al peggio proprio per la mancanza di un titolo idoneo, invece prodotto dagli avversari102. Nel 1466 comunque ne è in possesso l'anconitano Angelo della Scala, vicario del vescovo di Parma, più tardi sarà in commenda

timo abate noto risulterebbe essere Gregorio de Verucula Bosorum che il 12 marzo 1447 conferisce al chierico Matteo Domenico Parmerio la parrocchiale di Cornano; per il problema dell'identificazione L. Giambutti, L'abbazia di S. Bartolomeo di Linari dalle origini alla soppressione, in Società civile e società religiosa in Lunigiana e nel vicino Appennino dal IX al XVsecolo. Atti del convegno, Aulla ottobre 1984, Aulla di Lunigiana 1986, 81-85. 100 ACL, F. V/108 (1455 dicembre 11, Roma). 101 ACL, F. V/107 (1455 maggio 5), pergamena, copia autentica di instrumentum venditionis di un pezzo di terra al Fundamento da parte dei canonici al prepósito Andrea, non videntes nec habentes modum providendi pecuniis pro obtinendis confirmationem dictorum beneficiorum ..., cioè il priorato di Santa Croce del Corvo e Yabbatia Sancii Bartholomei de Linario districtus d. marchionis de Fivizano, beneficia temporibus f r. Nicolai pape . V. unita. La copia è sul verso di due atti di notifica a presunti usurpatori, Luca de Tarigiis di Genova, priore di S. Giacomo de Podio di Pisa, per Santa Croce e Matteo, rettore di San Michele di Cornano, per Linari, in data 4 e 8 febbraio 1456. 102 La morte improvvisa del canonico Villani, auditor del Calandrini, che seguiva la causa giunta in appello, mettendo all'occorrenza in campo anche i suoi rapporti con i duchi di Milano (ACL, F. V/109, 1459 marzo 2, Milano: lettera di risposta di Bianca Maria Sforza al di lui fratello Giuliano Villani, che sarà fatto nel 1461 visconte di Sarzana), aveva forse prodotto disordine fra la documentazione. Giovanni Antonio Bertoni da Panicale, segretario del Calandrini e nuovo intermediario con il capitolo, dapprima informa i canonici di avere de scripturis capituli iura abbatie de Linario, alcuni anni più tardi la causa pare derelictam ne dixerim deperditam omnino esse anche per la negligenza dei canonici, la documentazione prodotta, a parere del cardinale, non risulta adeguata. Il capitolo lunense può contare solo su vestram copiam unionis et instrumenti possessionis adepte, gli avversari su una supplicationem per Callistum signatam, occorrono perciò altre attestazioni di diritti (ACL, F. V/110, 1464 dicembre 18; 110 bis, 1468 gennaio 31).

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ELIANAM. VECCHI

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prima a quel Sebastiano da Samino, familiare del papa Della Rovere, che godrà di numerosi benefici e di un canonicato lunense, poi al rettore di Cornano103. L'ultimo atto di questo genere di interventi pontifici è la già citata conferma e rinnovo dei possessi e diritti del capitolo nel luglio del 1453104, esso capovolge la caratteristica dei rapporti fra la Santa Sede e la Chiesa Lunense. Nei secoli precedenti gli atti pontifici di concessione erano stati prevalentemente se non del tutto a sostegno del vescovo, lasciando il capitolo gerarchicamente sottoposto all'autorità epicopale e, di riflesso, in posizione marginale. Con il papa Niccolò V la situazione appare sotto certi aspetti ribaltata, poiché pur se è piena la conferma dell'autorità dell'ordinario, è il capitolo a beneficiare di un filo diretto con la Santa Sede da cui riceve ascolto e appoggio. Le litterae solemnes del papa sarzanese possono dividersi in due parti: con l'inserto del privilegio solenne di Gregorio Vili per il capitolo, quasi totalmente e fedelmente riportato, si conferma lo status quo del XII secolo sia per la situazione giurisdizionale e patrimoniale, senza tener conto quindi delle variazioni avvenute nel XIII secolo dopo l'abbandono di Luni, a seguito dell'accordo col vescovo relativamente al governo e ufficio delle pievi sarzanesi in funzione della costruzione della nuova cattedrale105, sia per i reciproci rapporti fra i canonici e l'ordinario: la motivazione, esposta nella richiesta di rinnovazione, della vetustà del documento originario, che ne inficierebbe la legittimità, addotta usualmente e impiegata anche in questo caso, non corrisponde al reale, infatti ancor oggi il privilegio è in ottime condizioni di conservazione. La seconda parte innova riconoscendo con grande precisione di informazioni, fino alle ultime annessioni, i beni, possessi, decime e

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Giambutti, L'abbazia, 85-87; Battioni, Camera, 106 doc. 86; sul canonicato ACL, Codice S, f. 3r. 104 Appendice II, doc n0 11, 1453 luglio 6; per l'inserto privilegio del 14 dicembre 1187 di Gregorio Vili al capitolo (in ACL, Pergamene sciolte, doc. 1), collazionato sul relativo Registro Vaticano {Reg. Vat. 426, f. 120) e non sull'originale, non conosciuto: Kehr, Italia, 383 doc. 10; edizione del privilegio in L. De Simoni, Ai regesti delle lettere pontificie riguardanti la Liguria nuove giunte e correzioni, «Atti Soc. Lig. Stor. Patr.», 19 (1878), n0 31, 482; un'analisi dei possessi capitolari e dei rapporti fra vescovo e capitolo PlSTARlNO, Le pievi, 48-54, e POLONIO, Luni, 110-13. 105 Polonio, Luni, 113-20.

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diritti anche di governo ecclesiastico ottenuti dopo quella data106, alcuni dei quali appaiono al centro di controversie per nomina o conferma di rettori con lo stesso ordinario, ma anche con il potere laico e comunitativo o con i massari, come nel caso citato dell'ospedale lebbrosario di Silvaricia. Quindi dobbiamo supporre nei canonici non solo un'ansia di vedere ribaditi da un papa a loro favorevole, stante la complessa situazione politica, i diritti per così dire storicizzati, compresi quelli desueti, ma soprattutto i recentiores, di cui non sussiste probabilmente un'adeguata documentazione di pertinenza, consolidando la presenza del capitolo e la sua capacità di governo in chiese con cura di anime sia nell'area suburbana e collinare dell'antica plebs urbana di Luni sia nella sarzanese e nella pontremolese, e munendo di un valido strumento giuridico le proprie rivendicazioni su terreni e diritti contestati o usurpati dalle comunità e dalle diverse giurisdizioni civili.

5. La politica beneficiaria Il terzo punto nel piano pastorale pontificio è quello dell'ingerenza in materia beneficiaria, che appare un coerente sviluppo delle tendenze della Sede Apostolica, già evidenziatesi dal periodo avignonese e ampiamente delineate dalla bibliografia per il XV secolo, ma che, se osservata nei singoli casi particolari, mostra alla metà circa del secolo 106

Si dà l'elenco degli enti ecclesiastici, tutti in diocesi lunense, e dei vari diritti elencati nella parte innovativa, detenuti dal capitolo in: Sant'Andrea di Sarzana e in San Bartolomeo fuori e presso le mura di Sarzana, San Lazzaro di Silvaricia, San Pietro di Torsana, Santi Fabiano e Sebastiano di Falcinello, San Martino di Ponzanello, San Biagio della Brina, Santi Fabiano e Sebastiano di Giucaro, San Giovanni di Pulica, San Remigio di Fosdinovo, San Lorenzo di Paghezzana, San Martino di Sarzanello, Santa Maria Maddalena di Castelnuovo, San Martino di Ortonovo, Santi Giacomo e Filippo di Nicola, Santa Croce del Corvo, San Michele de Monte Armico, San Nicola in Fontia e loro cappelle; decime dalle comunità di Sarzana, Nicola, Ortonovo, Tendola, Ponzanello, Falcinello, diritti in Monte Verde di Carrara e in Castrum Maiani. Dei diciannove enti citati, due compaiono già anche nel privilegio del 1187, otto negli elenchi di decime del XlII-inizi XIV secolo, nove sono diritti recentiores, compreso il recente priorato del Corvo. Per l'estimo dei beni del capitolo nella seconda metà del secolo XV, mutilo, ACL, Y/2, f. 27r, per le collazioni, ACL, Libro B.

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interventi differenziati nelle diverse realtà diocesane che sembrano consapevoli di situazioni variegate107. Per capire su quale realtà locale essi abbiano inciso, è parso utile ricostruire la composizione capitolare dagli inizi del 1400, con l'incrocio delle diverse fonti documentarie, nei limiti del credito concesso alla loro disorganicità, prendendo poi come punti di osservazione, per cogliere le mutazioni organiche verificatisi con il pontificato, gli anni Quaranta e Sessanta del secolo. Nel 1440, allorché si redige un'addizione statutaria proprio in materia di residenza, occasione perciò importante di partecipazione, risultano in capitolo 10 canonici, ivi comprese le due dignità, di cui 6 effettivamente in sede in quel momento; almeno sette sono di nomina collegiale108. Riguardo alla provenienza, tre sono di famiglie di notabili burgensi, cinque vengono dalla diocesi lunense, specie dalle aree malaspiniane, e appartengono anche a famiglie di aristocrazia feudale, due da fuori

'07 Cfr. Polonio, Genova, in Chiesa e citici, 92-96, 103-105, e Crisi e riforma nella Chiesa genovese ai tempi dell'arcivescovo Giacomo Imperiale, in Miscellanea di Studi storici, I, Genova 1969, 263-363. Per il ducato di Milano Ansami, La provvista, e i contributi sui capitoli cattedrali in I canonici al servizio dello stato in Europa, secoli XIII-XVI, sous la direction de H. Millet, Modena 1993, con rimando alla specifica bibliografìa; sulla Toscana R. Bizzocchi, Chiesa e potere nella Toscana del Quattrocento, Bologna 1987. 108 Statuti, 1440 giugno 30 (in Polonio, Legislazione, 158-59): presenti Riccardino fu Antonio da Fivizzano arcidiacono e canonico, Andrea di Giovanni Andrea Gandolfì da Sarzana, prepósito e canonico, Antonio fu ser Iacopo de nobilibus de Viano, Giovanni fu Paolino de Pentariis da Sarzana, Nicola fu Paolo da Marola, Guido fu Giovanni da Sarzana, avvisati Baldassare da Moncigoli, Iacopo dei Nigrini da Valdettaro, Antonio da Casabassana, Azzolino fu Iacopo dei Malaspina di Verrucola (si sono aggiunti, se sicuri, i patronimici pur ricavati da altri documenti). Non risultano di nomina capitolare sia l'arcidiacono, che compare peraltro nella cerchia di curia vescovile in Fivizzano, sia Baldassarre da Moncigoli (già citato dal 1406, ma sempre assente, Statuti e ACL, F. 1/62) e Iacopo da Valdettaro. Dovrebbero inoltre far parte del capitolo sicuramente il Calandrini, e forse anche il Parentucelli. In ACL, F. 1/56, 57 il lungo elenco di «collationes in mensibus preservatis a capitulo », che dal 1396 giunge fino al 1493, con l'indicazione del canonico morto e della data di successione del nuovo, non ci garantisce che la nomina sia veramente esecutiva e sia stata manifestazione di una libera scelta, molto più ricchi di particolari significativi i fascicoli raccolti nel Libro B, per cui cfr. Appendice I. Quivi la coesione con la volontà delle autorità civili, dapprima deducibile indirettamente dalla presenza dei testimoni, nel settimo decennio del '400 si fa più scoperta anche testualmente: habentes etiam respectum ad preces reverendi militis etpotentis domini Ludovici de Campofregoso ... (f. 30r).

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diocesi109. Per quanto rimangano in capitolo due membri seniores del periodo dello scisma, non è forse un caso che un agguerrito manipolo di cinque canonici abbia avuto la sua nomina negli anni seguenti l'affermarsi in Sarzana dei Campofregoso e l'allontanarsi del vescovo110, e sono anche quelli di cui è verificabile la residenza, che riduce della metà il numero degli effettivi111. Alcuni mesi dopo l'ascesa al pontificato il papa concede una grazia aspettativa a Taddeo da Noceto112, fratello di Pietro, sul canonicato 109

Val di Taro e Casabassana, quest'ultima in diocesi di Lucca. II Gandolfi ha nel 1423 il canonicato vacante per la morte di Taddeo Peroni, fratello di Gottardo, cancelliere dei Campofregoso, su cui G. Petti Balbi, L'insegnamento a Genova e in Liguria, Libri maestri scuole, Genova 1979. Ben quattro nomine vanno dal 1434 al 1439, questo dipende ovviamente anche dal meccanismo del normale ricambio generazionale. Molti canonicati durano circa un trentennio e si hanno esempi di grande longevità, oltre lo stesso Gandolfi (canonicato 1423-75), Antonio da Viano (1397-1449), personaggio autorevole ed esemplare di un certo tipo di vita: residente da tempo in Sarzana, convive ufficialmente con domina Margarita q. Matioli de Balachis de Furlivio, socia sua, in una domus affittatagli dal capitolo di cui viene riconosciuto alla donna l'usufrutto, previo testamento di cessione di metà dei suoi beni; si evidenziano vincoli con quella famiglia degli lacopetti di Fivizzano (ACL, Libro N, ff. 45v, 55v; F. G/19), un membro della quale, Antonio, succederà alla morte del suo omonimo nel canonicato, svolgendo anche attività in Curia Romana al seguito del Calandrini e per gli interessi del capitolo. 111 ACL, Libro N, ff. 50v-52r (aa. 1440-41): Andrea Gandolfi, Antonio da Viano, Giovanni Pentari, Guidone da Sarzana, a cui si aggiunge Filippo Calandrini: compaiono e in atti di locazione e nella distribuzione delle prebende. 112 Archivio Domestico Noceti, Pergamene, n0 9 e n0 10, 1447 dicembre 18, Roma, litterae gratiosae ed exsecutoriae ai vescovi di Segorbe, Piacenza e Brugnato, di riserva a favore di Taddeo di Giovanni de Noxeto, plebano dei SS. Ippolito e Cassiano di Bagnone, sottoscritte dal di lui fratello Pietro. Il 29 maggio 1456 Callisto III, riferendosi al diritto di provvisione su benefici, curati o no, di cappellani apostolici conferisce la plebania summenzionata, del valore di 40 fiorini annui, al prete Giovanni da Bagnone per la morte del titolare Taddeo, accolito apostolico e cappellano, dopo la resignazione in curia del chierico novarese Giovanni de Baliotis e l'ingresso nell'ordine regolare di Giovanni Andrea Bussi, della famiglia papale (Archivio Domestico Noceti, Pergamene, n0 14). Il valore addirittura inferiore della prebenda canonicale, 10 fiorini d'oro annui, e il meccanismo di controllo capitolare delle residenze fanno pensare più ad un atto politico che per vantaggio economico. Per altri benefici di Taddeo Battioni, Il capitolo cattedrale di Parma, in I canonici, 61-72. La data della morte, a trentadue anni (24 settembre 1455), è in Da Faie, Libro, 124. Giovanni da Bagnone, già canonico per provvigione papale nel maggio del 1451 in San Martino di Lucca (Bittins, Das Domkapitel, 132), è probabilmente quel Giovanni Amadei che subentrerà nel canonicato di Antonio da Fivizzano per bolla papale, dietro intervento anche del 110

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lunense che verrà a vacare per la consacrazione di Filippo a vescovo di Bologna, secondo una prassi comune nella riserva, poi con una politica sempre più accentratrice, da dominus beneficioruid1*, avoca a sé tre canonicati nel giro di quattro anni esatti, ma esiste una precisa distinzione fra il primo e gli altri: Grisolo di Domenico da Sarzana, all'epoca giovane cappellano perpetuo di un benefìcio in Santa Maria, è già stato eletto dal capitolo114, l'intervento viene così presentato come una conferma, che pare anche basata soprattutto sulla caratteristica di oriundo della diocesi. Se la civitas di diritto è un mero fantasma, la diocesi diviene il territorio unificatore, la patria comune115. Di costui è stato possibile ricostruire per intero la carriera ecclesiastica e l'opera, ambedue svoltesi a Sarzana, con una totale residen-

Calandrini (ACL, F. 1/73, 1458 gennaio 17), mentre il canonicato di Taddeo sarà dato da Roma a Giovanni di Novara. Il relativo pagamento, fatto dal suo procuratore, il priore di San Lazzaro di Parma, è registrato dal prepósito Gandolfì in Massariae, F. 1, Ma/8, f. Iv. Se Giovanni da Novara è correttamente identificabile col Baliotti, lo cederà per resignazione nel 1460 (ACL, Codice S, f. 3v/ Su di lui cfr. Ansani, Camera, 160, docc. 51, 54, 293, 368; per l'Amadei, Ansani, Camera, 216, doc. 143, 304 doc. 297. Devo la consultazione delle pergamene Noceti alla cortesia della contessa M. Luisa Noceti Fontana, che ringrazio vivamente per la disponibilità, e a Francesca Guastalli. 113 A. Prosperi, "Dominus beneficiorum": il conferimento dei benefici ecclesiastici fra prassi curiale e ragioni politiche negli stati italiani tra '400 e '500, in Strutture ecclesiastiche in Italia e Germania prima della Riforma, a c. di P. Prodi -P.Johanek, Bologna 1984, 51-58; Prodi, Il sovrano pontefice, Un corpo e due anime: la monarchia papale nella prima età moderna, Bologna 1982; G. Mollat, Lettres communes de Jean XXII (1316-1334). Introduction. La collation des bénéfices ecclésiastiques a Vépoque des papes d'Avignon (1305-78), Paris 1921, 1152; Mollat, Les grâces expectatives du XIIe au XIVe siècle, «Revue d'histoire ecclésiastique», 45 (1950), 81-102. 114 Appendice II, doc. 4 (1449 settembre 16, Fabriano). La provvisione del canonicato, che ha una rendita di 20 fiorini d'oro annui, di valore medio-basso, è affidata al vicario del vescovo lunense, dal 1447 l'arcidiacono Francesco da Giovagallo. In realtà le fonti canonicali, per cui nn. 108 e 125, non annoverano questa fra le elezioni capitolari, come invece era avvenuto per il predecessore Antonio de Casabassana, entrato nel 1434. 115

L'attributo geografico Lunensis, che è comune nel mondo degli scrittori e funzionari apostolici e riecheggia anche in una nota lettera di Tommaso Parentucelli, poggia su molte valenze, certamente su un voluto rimando alla classicità perché la civitas è l'antica colonia romana di Luna, ma anche sulla riaffermazione del centro giurisdizionale e politico della diocesi, una diocesi antica, che nella frammentizzazione politica della Lunigiana rimane l'unità geografica di cui esser oriundi, trasformandosi in un topos che mantiene valore fino ai nostri giorni.

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zialità116, qui importa sottolinearne il forte radicamento locale, suo e della famiglia - espressione dei ceti medi sarzanesi legati alle famiglie emergenti e interessati anche nell'affitto di possessi terrieri capitolari117 - la discreta cultura, l'alacre operatività amministrativa e liturgica in seno al capitolo, dunque un buon investimento per l'istituzione, e probabilmente anche per la fede118. Poco dopo, nel novembre del 1449, rendendo normativa esplicita una prassi già consolidata, il papa, tramite breve al vescovo Francesco

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Nato probabilmente nel terzo decennio del secolo, dal 1439 frequenta il mondo dei canonici come teste alla stesura di atti, ed è affettuosamente appellato Grisolinus, nel 1440 è divenuto diacono (ASCS, Notai, not. Antonio da Villa (1439-48), ff. 10r-llr, 17r; ACL, Libro N, ff. 50r, 52r), anche per contingenze familiari appare legato alla famiglia dei Calandrini; nel 1447 risulta cappellano in Santa Maria, avendo avuto però gli ordini prima dell'età canonica di 20 anni se avrà necessità nel 1458 di una dispensa super defectu aetatis dal cardinale, divenuto Penitenziere maggiore (ACL, F. A/41). L'immediata esecuzione della bolla pontificia di provvigione del canonicato del 1449 è confermata dalla sua presenza nella divisione delle prebende del 1450 e anni seguenti, fatta solitamente a luglio {ibid., Massarie, F. 1, Ma/5, 7, 9, 10) . Molto attivo, si occupa di buona parte della documentazione finanziaria capitolare (cff. Appendice I) e delle spese straordinarie per la venuta a Sarzana di personaggi, quali il Capranica e il Calandrini ormai cardinale {ibid., Ma/8). Nel 1455 saranno affidate a lui le onoranze per il papa defunto da parte del suo capitolo, che - stando alle spese registrate furono di 4 soldi per far suonare a morto le campane delle due chiese officiate dal capitolo! Nel 1475 è decano del collegio canonicale, il 13 aprile dell'anno dopo il suo canonicato è conferito dal capitolo a Tommaso q. Mathei Manechie {ibid., F. 1/85; Codice S, f. 3r). Oltre a casa e un casamentum nel borgo, sono nove gli appezzamenti del capitolo da lui detenuti, dietro pagamento di affìtto in stai di grano, in totale 14 (litri 304,04), per circa 18 ettari di terre di varia natura (ACL, Libro M, ff. 4r-22r). 117 II padre Domenichinus f. q. Cechinelli prenominati Gnsoli è iscritto nell'Estimo di Sarzana (ASCSr, Diversorum, 1/ 345, ff. 161v-162r) per 11 appezzamenti di terreno e per una casa nel borgo, vicino al notaio Antonio da Villa, imparentato per matrimonio con i Griffi e la famiglia Calandrini, e di cui è spesso teste (ASCSr, Notai, Antonio da Villa, ff. llr-13r). Nel 1425 presenzia alla rinuncia all'eredità del padre Leonardo, defunto, da parte di Margherita Calandrini a favore dello zio Tommaso, il patrigno del Parentucelli, che si impegna a prenderla con sé nella casa dove egli abita, casa del di lei nonno, e a provvedere ai suoi bisogni (ACL, F. A/30, frammento di cartulario di Iacopo Griffi, 1424 agosto 10 - 1426 novembre 12, ff. 6v-7r). Risulta quondam nel 1440. Per gli affìtti dal capitolo cfr. ACL, Libro M, passim e specie f. 4v, da cui si ricavano i vicinati terrieri dei Villa, Calandrini, Parentucelli e Peroni. 118 ACL, F. K/102, 1453 pentecoste. Fra' Marcialis Auribelli, professore di sacra teologia e generale dell'ordine domenicano, concede a lui e a donna Antonia, sua madre, la partecipazione in vita e in morte alle messe, predicazioni, opere pie dell'ordine di San Domenico per la grande devozione che hanno manifestato all'ordine.

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da Pietrasanta e al capitolo, dispone che siano riservati alla collazione apostolica tutti i canonicati che si renderanno vacanti, al fine di reformari immelius la Chiesa Lunense, che gli è cara ex corde et ex nostro debito, sostenendone il culto nonché la venerabilità dei suoi ministri con nomine a persone degne, cosa che non sempre è avvenuta in passato119. E chiaro che con tale disposizione si consolida un'autorità pontificia centralistica che va del tutto a cassare il diritto dell'ordinario, a cui compete un terzo delle nomine, così come le consuetudini della chiesa locale, ma la voce canonicale giunge lo stesso a Roma attraverso la familia cardinalizia e viene ascoltata quando gli interessi di entrambe siano convergenti, tuttavia la provvigione pontificia e la nomina ottenuta tramite bolle apostoliche saranno i soli modi di conseguimento del canonicato, se si proverà ad eleggere direttamente i confratelli, questi non verranno confermati dalla Santa Sede120. La riserva pontificia è ribadita pochi giorni dopo il breve in occasione del conferimento di una gratia expectativa del canonicato a Taddeo Levantini, la lettera apostolica prende la forma di litterae solemnes, probabilmente in quanto travalica il singolo caso per una trattazione anche giuridica e con prolungata validità della materia prebendale121. Taddeo si può identificare con l'omonimo Taddeo da Sarzana, già oggetto un mese prima di una lettera graziosa di provvigione di una contestata cappellania di giuspatronato laico in una chiesa del capitolo, San Remigio di Fosdinovo, che sarebbe stata usurpata dal defunto

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Doc. 8 (1449 novembre 12, Fabriano). Vi è un sovrapporsi di nomine soprattutto nei pontificati seguenti quello del Parentucelli, indice di contrasti, forse anche col cardinale penitenziere, sulle priorità, pur se talvolta la nomina del candidato capitolare è solo posposta. È il caso p.e. di Gio. Lorenzo Villani, eletto già dai canonici alla successione di Giovanni Pentari nel 1452, maggio 10 (ACL, Libro B, ff. 24r-25r) anche alla presenza di Guglielmo di Giovanni Brocadi, accolito del papa, potrà entrare in capitolo solo con bolla di Callisto III nel maggio 1458 (ACL, F. 1/74). Per compensazione avrà nel 1453 la cappellania dell'altare di S. Giovanni nella chiesa di S. Michele di Ponzano, vacante per la resignazione di Rolando dei Marchesi Malaspina, ingresso nella domum O.F.M. per mandatum provisionis di Niccolò V (Bullarium Franàscanum, 822, n0 1650, Gio. Lorenzo è indicato come clericus Lun. dioc., in Universitate Studii Senensis studens in iure canonico ). Di contro non tutti i candidati papali hanno la meglio, specie quelli non oriundi. 121 L'incipit è incentrato sul concetto della plenaria disposicio da parte del Romano Pontefice di canonicati, prebende, dignità e benefici, la riserva dei quali prima della vacazione si presenta come una variabile aggiunta. 120

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Ugone della precettoria di Sant'Antonino di Firenze122. La grazia aspettativa non sembra abbia dato esiti favorevoli al candidato papale, che non compare nella documentazione capitolare. Le ultime due bolle, un mandato e una lettera graziosa, conferiscono il canonicato già del Giovagallo a Giorgio Marci di Fivizzano, chierico savonese, residente a Roma e parte dell9entourage del Calandrini123, sempre pronto a ben amministrare le cariche vacanti in curia della propria familia, Giorgio di Marco è il rappresentante di una diversa categoria di canonici, quelli che hanno iniziato il loro cursus ecclesiastico anche lontano, che perché oriundi della diocesi lunense, specie delle aree di origine della famiglia naturale, sono oggetto del favore papale e quindi agevolati nel ritorno per così dire in patria, ma che per studi o carriera a Roma non saranno quasi mai residenti124. Negli anni '60, nonostante l'attenta cura con cui il Calandrini ha avocato a sé le nomine del capitolo cattedrale125, il tasso di presenze

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Appendice, doc. 9 (1449 novembre 22, Rieti); per la cappellania doc. 5 (1449 ottobre 15, Fabriano). Il patronimico rimanda forse al Levantinus de Sarzana fu Giovanni de Belinzona, affittuario di terre capitolari destinate alla prebenda di Andrea Gandolfi (ACL, Libro N, ff. 41v, 47r, 49v). 123 Docc. 12 e 13 (1453 settembre 9, Roma). Il 25 febbraio 1454 dal palazzo di San Lorenzo in Lucina il neo canonico e arciprete savonese nomina suoi procuratori per il corporale possesso della carica il canonico Giovanni de Elice, magistrum Silvestrum ciroicum e Corradino di Baliante Parentucelli (ACL, F. 1/70). Il mandatum provisionis è eseguito dal vescovo di Ventimiglia (ACL, F. 1/71). Il Parentucelli si occupa frequentemente dei problemi del capitolo (ACL, F. A/40). 124 Terrà il canonicato fino al 1485, gli subentrerà Iacopo Parentucelli (ACL, codice S, f. 3r). Risulta presente solo nell'ottobre 1465, in occasione di una venuta a Sarzana del cardinale per dirimere una controversia del capitolo col comune di Sarzana (ACL, F. 1/41). 125 Cfr. ACL, F. 1/73. Nelle collazioni presenti nelle otto carte del codice S (per cui Appendice I), la mano più antica, che opera fino a circa il 1475, elenca avendo, a nostro avviso, come probabile orizzonte cronologico il 1460, i 12 canonici previsti statutariamente nel collegio, specificando il modo di elezione e la successione; la distinzione nei tre ordini (preti 6, diaconi 3, suddiaconi 3), evidenziata con nota numerale a margine, e la precedenza per anzianità nell'elenco sottolineano la voluta aderenza a quanto indicato dagli Statuti. La lettura dei dati è illuminante: dei 12 canonici otto sono stati nominati per bolle apostoliche, uno dal vescovo, i tre del capitolo sono tutti antecedenti il 1447, e sono già menzionati in n. 108. Le addizioni seguenti, a seguito del ricambio canonicale, aumenteranno la sproporzione, aprendo la strada a notazioni su resignazioni a favore, compromessi in tribunale, permute, privazioni. Si elencano i

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effettive si mantiene uguale a quello degli anni precedenti, intorno a cinque canonici126, dieci anni dopo, scomparsi i più vecchi confratelli, si riduce a due127. * Saremmo tentati di scorgere nei diversi punti del progetto pontificio, come in filigrana, l'esperienza maturata negli anni dell'apprendistato presso l'Albergati dal giovane Tommaso, nutrito non solo dall'esempio, tenace e insieme moderato, di riforma condotta dal vescovo e dall'assimilazione dei suoi principi, ma anche dalla conoscenza diretta, acquisita sul campo, dei problemi del capitolo e di quelli della diocesi, così come dell'auspicabile prassi di intervento128. Pregnanti parallelismi si potrebbero allora tracciare tra il quadro che delinea il De Tòth, gli atti della sinodo del 1418 e quello che si desume dai documenti capitolari lunensi, in particolare la pretesa di qualità quali decenza personale e cultura per i canonici, il sostegno alle dignità effettivamente parte del collegio capitolare, la richiesta di decoro dell'officiatura divina in cattedrale, l'unione di benefici soppressi ai fini di rendite adeguate ad una vita clericale conveniente e perciò motivata, con il contemporaneo sradicamento del cumulo di benefici personali, 12 del 1460; presbiteri: Andrea (Gandolfì) da Sarzana, Guidone (Bertini) da Sarzana, Giovanni Lorenzo (Villani) da Pontremoli, Manfredo (Campofregoso ?), Tommaso de Benedictis da Sarzana, Giovanni (Baliotti ?) da Novara; diaconi: Nicola da Marola, Grisolo Domenichini da Sarzana, Antonio (lacopetti) da Fivizzano; suddiaconi: Giovanni Terenzio de Socinis da Sarzana, Giorgio Marci da Fivizzano, Iacopo da Gragnola. 126 AGL, Punctationes, regg. 8-13 (1462-70): Tommaso Benetti arcidiacono, Andrea Gandolfì prepósito, Guido, Grisolo, Tommaso; sono coadiuvati da cinque cappellani. 127 ACL, Punctationes, regg. 16-17 (1473-76): Andrea prepósito, Grisolo, Tommaso; (ACL, Libro B, f. 31r, copia, in F. 1/85, 1475 gennaio 25, hora prima conferimento del canonicato vacante per morte di Andrea Gandolfì, avvenuta la notte fra il 24 e 25, a Iacopo fu Giovanni di Pietro Parentucelli, sono presenti solo due canonici, d. Grisorius q. Dominichini, antiquior canonicus, d. Thomas q. mag. Dominici de Sarzana; la nomina non avrà esito. In A/57, 1475 giugno 6, Perugia Iambus de Ivanis de Suvero, eletto canonico, chiede che gli sia data la sua parte perché assente per studio. Sono presenti gli stessi Grisolo e Tommaso de Crovaria. 128 P. DE Tòth, Il beato Niccolò Albergati e i suoi tempi (1377-1444), Acquapendente 1934, I, specie 190-97, 170-90, 223-31, 275-78. C. Piana, Visite alle chiese parrocchiali della diocesi di Bologna sotto il cardinale Albergati, «Rivista di Storia della Chiesa in Italia», 40 (1986),26-54.

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la promozione di devozioni nel rispetto delle matrici culturali popolari, perfino una più ordinata registrazione delle pratiche correnti. Vi sono però differenze essenziali con quella temperie bolognese, oltre la contingenza sociale e storico-temporale, la lontananza. Gli occhi e orecchie di un pontefice romano non potevano esser altro che quelli dei collaboratori e intercessori, spesso consanguinei o conterranei, e non possiamo non chiederci quanto abbia inciso sulla concretizzazione del progetto del Parentucelli una mediazione eventuale con i loro interessi e richieste, ed anche se il tardo - rispetto ad altri centri diocesani - sostanziarsi del capitolo cattedrale con la città e con un gruppo familiare, che darà in seguito alla chiesa locale canonici e vescovi, reso solido più da Filippo che da Tommaso, nonché le possibilità di carriera in Curia Romana abbiano veramente prodotto alla vigilia della Riforma luterana quei benefici effetti per gli offici liturgici e la cura delle anime che Niccolò V aveva divisato.

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APPENDICE I REGISTRI E CODICI DELL'ARCHIVIO CAPITOLARE DI LUNI - SARZANA

1. «Massariae» Delle otto buste di Massariae (1335-1714), si sono prese in esame 23 unità, fra le 75 comprese nella filza 1 (1335-1571): registri, fascicoli, ma anche carte singole, tutti cartacei, parzialmente ordinati dagli archivisti settecenteschi, segnate Ma/3 (1418-20) - Ma/25 (1494). Il materiale, organizzato per materia, è costituito da registri, spesso lacunosi, stesi da diverse mani, che si fanno più meticolosi a partire dal 1440 (Ma/4), quando subentra nella tenuta dei medesimi al canonico Antonio da Viano il giovane chierico Crisolo, nonché da quanto sia stato dall'ordinatore ritenuto di materia economica attinente. Ma /14 e Ma /15 sono per esempio lettere che seguono cronologicamente e logicamente una lettera in F. V, doc. 110, tutte e tre relative alla scomparsa del denaro da usarsi per una causa del capitolo in curia romana, dopo la morte del canonico Gio. Lorenzo Villani, procuratore del medesimo, su cui a n. 6 del testo. Ma /13 è un lista delle somme di denaro, stesa dal prepósito Gandolfi nel novembre 1465, che il capitolo deve rimborsare, con interessi, al cardinale Calandrini, che le ha anticipate soprattutto per spese di commissioni, suppliche, cause in Curia. Nei registri sono compilati principalmente gli elenchi dei redditi, in stai di grano, provenienti dai locatari e debitori del capitolo, che sostentano il pagamento delle prebende canonicali ai canonici residenti, a norma di statuto, gerarchizzati per dignità ed anzianità, a cui si aggiungono in seguito il cancelliere e il procuratore in curia romana. Le prebende sono quelle relative agli anni 1418-20; 1429-34; 1440-45; 1448-52; 1458-62, con lacune; sono integrate dalle registrazioni nel Libro N (1432-40, con lacune), per il quale cfr. infra. La misura media delle distribuzioni è di 22/26 stai di grano per le dignità, 12-15 per i semplici canonici, 10 per gli altri. Sono anche registrate decime pagate da personaggi di rilevanza pubblica, rendite derivanti dalla collazione di enti di diritto canonicale, come pure spese sostenute per festività, viaggi di servizio, occasioni straordinarie, soprattutto visite di ecclesiastici romani (Ma/ 6) e prestiti su pegno, nel caso un messale impegnato dagli operarii di San Francesco di Sarzana dietro anticipo del denaro necessario per il rifacimento del tetto della chiesa conventuale, e seguito dal magister Stefano da Canobio (Ma/ 6, F. 6r, 1453 dicembre 12). Il pegno viene subitamente tra-

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sferito al cappellano di Santa Maria, Giovanni di Bertone. Se ne ha memoria anche nel registro II delle Punctationes.

2. «Punctationes» Delle nove filze contenute nelle sei buste della serie Punctationes (14521776), parzialmente ordinate, si è presa in esame la F. I (1452-1475), annoverante 16 registri cartacei, parzialmente ordinati, di cui uno scempiato in due, la seconda ha infatti inizio con il 1530. I registri misurano mediamente mm 300 x 120 (h x 1), fascicolatura unica, legatura in corda, copertura in carta più spessa con titolatura abbastanza ripetitiva. Si riporta quella del primo (aa. 1452-53): IHS/1452. die p(rim)o iunij. /Liber in q(uo) e(st) descripta residentia canonico(rum) /et capellano(rum) des(er)vie(n)tiu(m) i(n) ecclex(iis) S(an)cte/Marie et Sa(n)c(t)i Andree de S(ar)zan(a) script (us) p(er) me Grisolu(m) canon(icum). Incipie(n)do in /kale(n) dis iunij. 1452. Nella sequenza cronologica mancano registri per gli anni 1455-56, 1460-62, 1467-69, 1471-72, 1474-75. Contengono le registrazioni, a partire dal mese di giugno, delle presenze giornaliere dei canonici alla messe, ai vespri e agli uffici previsti dagli statuti capitolari (Statuti, cap. II), per aver diritto alle distribuzioni quotidiane, ordinatamente distinte con una pagina di resoconto mensile per ogni ecclesiastico e un totale finanziario nelle ultime pagine del registro. Sono estremamente utili perciò per ricostruire la residenza effettiva e la partecipazione agli uffici liturgici nel corso dell'intero anno dei canonici, elencati in sequenza di dignità e anzianità, la presenza di sostituti, nonché la proporzione fra canonici e cappellani, e per la valutazione della contabilità capitolare. Le presenze consentivano ai canonici, a norma di statuto, il pagamento di un gettone per l'officiatura di messa e vespri, con un sovrappiù per le feste solenni, di qui la cura attenta nella redazione dei registri, che si rivolge negli ultimi anni soprattutto alle assenze dei cappellani e alle relative condemnationes. Mediamente la cifra accreditata ai canonici è di lire 15 annue per gli assidui al dovere. Sono di mano prevalentemente di Crisolo Domenichini Grixoli e di Andrea di Giovanni Andrea de Gandulfis, per i quali nn. 13, 110, 116-8. Nella coperta anteriore dei volumetti è in alcuni casi indicato il calendario liturgico delle feste mobili dell'anno e nella posteriore o nelle prime o ultime carte sono registrate note memoriali, talvolta veramente interessanti, cfr. reg. 16 (1475-76) in cui si elencano le spese del settembre 1475 per «fare acumdare» messali, salteri, antifonari e acquistare registri.

3. «Volumina» Fra i 18 volumina ordinati nel sec. XVII (vedi n.l), particolarmente interessante quello detto Libro M o il Gandolfo (ca 1456-69), registro cartaceo (mm

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340 x 260, h x 1) con rilegatura membranacea provvista di laccio coeva, che reca sul piatto anteriore la seguente titolatura, in scrittura gotica del sec. XV: M0CCCCLVI / Liber in quo des cripte s(un)t possessiones et / bona / pertine(n)cia capit(u)lo Lunen(si) [ in ] dist(ri)ctu S(ar)zan(e) de q(ui)bus h(abe)re potui noticia(m) in Sarzana similiter [...] p(er) me Andream cano(n)icu(m) et prepositu(m) Lunen(sem). Al di sotto uno scudo araldico palato, dei Gandolfì, sopra il titolo una M maiuscola (sec. XVII), da cui il nome. Dei ff. 145 (fasce. 6), scritti sono solo 40, per buona parte di mano di Andrea Gandolfì. Vi sono poi aggiunte cinquecentesche e indici seicenteschi. La raccolta di documentazione, coerente con le funzioni prepositurali, appare nascere da un bisogno di sintesi organica rispetto al Libro N, cronologicamente precedente, a cui però si aggiungono notazioni determinate anche dal momento; oltre infatti dar l'elenco dei beni nel distretto sarzanese (ff. lr-23r) e di quelli rilevati dall'estimo Communis Masse (ff. 90r-91v) , da cui si ricavano anche i possessi del monastero di S. Croce (f. 98r), in particolari occasioni si ritiene utile esemplare documenti (ff. 114r117v) per ragioni talvolta fortuite:... post combustionem sacristie, me habente librum Pelavicinum in manibusy reperi iura infrascripta capitulo pertinencia, de quibus facere volui mentionem de verbo ad verbum ... Il volume N, detto Libro lungo per le sue dimensioni (mm 380 x 140, h x 1), registro cartaceo con rilegatura di restauro (1381-1501), di ff. 108 (scritti 104, di cui 10 di repertorio del sec. XVIII, fasce. 5), con l'incipit XII februarii MCCCCXXII/De actis et scripturis spectantibus ad ipsum Mi chelem prepositum et /capitulum et canónicos eiusdem, fu impiantato per registrare, a partire dalla fine del XIV secolo, importanti atti capitolari e quindi atti amministrativi di diversa natura (lasciti testamentari, locazioni e decime dovute dai tenutari di terre capitolari, permute, collazioni di benefici, inventari di libri e beni mobili, prebende dei canonici, a complemento delle Massariae). La maggior parte venne stesa fra gli anni quaranta e sessanta del Quattrocento, principalmente da Andrea Gandolfì (la sua mano compare da f. 29v, 1425), nel quadro di una progettazione assai più completa, anche se inorganica, di quella del Libro M. Il Libro B, recante la titolatura Collazioni di chiese dipendenti dal capitolo (13371537) e di canonicati (1382-1535) è un insieme di fascicoli (ff. 327), generalmente di due fogli, raccolti e rilegati durante l'ordinamento seicentesco, copie autentiche notarili di collazioni di canonicati (1411-91) e di benefici, di nomine di cappellani (1382-1567), esemplati dai protocolli dei notai capitolari a partire dal 1558, in occasione di una durissima controversia di carattere giurisdizionale che oppose i canonici al vescovo e che si trascinò per tutta la seconda metà del sec. XVI, con diversi ordinari. Parallelo ad esso l'elenco di collationes in mensibus preseroatis a capitulo (f. 1/56, 57) negli anni dal 1396 fino al 1493, con l'indicazione del canonico morto e della data di successione del nuovo.

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Nella stessa serie, sui beni e diritti del capitolo, anche reg. A: Estimo dei possessi del Capitolo redatto dal notaio Giovanni Carzolla (1482); K: Libro di collazioni di benefizi e chiese parrocchiali (1499-1510).

4. Codici I canonici intervengono soprattutto su un codice membranaceo composito, con rilegatura di restauro, oggi detto Codice S per la titolatura Libro S, posta da mano del XVII secolo sul primo foglio di guardia, preparato con tetragramma (vedi n. 1). I primi 24 ff. (fasce. 2, mm 289 x 195, h x 1, scritti 18) contengono la cronotassi di Martin Polono, di mano del secolo XIII; nei seguenti 36 ff. (fase. 1, mm 320 x 228) un calendario alla romana preparato ma non eseguito, negli ultimi 6 ff. (fase. 1, scritti tutti), le nomine canonicali, distinte per ordini, dal sec. XV al 1705, di mano e inchiostri diversi a partire da quelle del 1518, con l'indicazione assai preziosa dell'autorità che ha fatto la collazione, cfr. n. 108. In un altro codice membranaceo non cartulato (mm 219 x 157, h x 1, ff.119, scritti tutti), rilegatura sec. XIX, senza specifica segnatura archivistica, iniziali filigranate, rubriche con maiuscole in rosso e blu, databile sec. XIV in., messale secondo la liturgia romana e offici, contenente fra l'altro un calendario giuliano con martirologio (ff. 5r-16v), negli unici spazi scrittori disponibili, nel verso della carta di guardia e in una di divisione, evidentemente all'epoca rimaste bianche, sono riportate da mani del sec. XV la formula del giuramento dei canonici e cappellani lunensi (f. Iv), completa, con invocazione ceterata e quella dei lunensi-sarzanesi, parziale, con invocazione completa (f. 3r). Rimangono allegate note descrittive e critiche del sarzanese Antonio Bertoloni (1775-1862), che ebbe in mano il codice per studio.

5. «Liber mortuorum ac baptizatorum» Si tratta di un registro di ff. 28 (mm 305 x 105, fase. 1 e un foglio sciolto, scritti ff. 14), con coperta coeva cartonata recante, oltre la titolatura di mano del sec. XVIII, in due inchiostri diversi: [Pr]o cura animarum Sarzane /Liber mortuorum anni 1458 et ultra/ac baptizatorum 1465 et ultra e note memoriali di mano dell'estensore, il canonico Crisolo (f. 2r), contenuto nella filza I, doc. 40. Steso parte in volgare, parte in latino, si divide in due parti, non espressamente distinte: nella prima (ff. lv-10v, dal 1458 settembre 18 al 1465 novembre 26) memorie obituarie e sepoltuarie, annotate oltre che per l'ufficio dell'anniversario del defunto con intenti anche economici, relativi alla quarta funeralium e a lasciti; nella seconda, registrazione dei nomi dei battezzati e del genitore (ff. 26v-28v, f. 14r, dal 1461 gennaio al 1464 gennaio). Interessante ol-

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tre che per uno studio socio-economico della popolazione sarzanese dell'epoca, anche per le notizie sulla data di morte di personaggi rilevanti o di loro familiari o di persone del loro staff, per esempio domina Thomaxia de Campofregoso (1463 gennaio 9, f. 6r); palafrenerius Rev.mi d.d. cardinalis Bononiensis (1463 settembre 30, f. 7r); d. lohannes Petrus de Parentucellis (1463 dicembre 30, f. 7v) e sua figlia (1463 luglio 4, f. 6v), di quest'ultimo è conservata la lapide funebre in San Francesco, con uguale data. Le numerose pagine bianche suggeriscono che la stesura del registro venisse interrotta. Che anche precedentemente il canonico fosse il fin troppo puntiglioso responsabile di simili registrazioni è provato da una memoria nel Libro N (f. 80v, 1455 settembre 25) relativa ad un litigio fra i canonici e la famiglia Parentucelli per gli accessori personali del defunto, una fanciulla figlia del fu Corradino di Baliante, sequestrati da Crisolo e restituiti solo dopo l'intervento di due cappellani, un frate e Iacopo Benetti, a pro del tutore Giovanni Pietro Parentucelli. Lo libro de batezate e de li sacramenti è computato per un costo di lire 1 e soldi 6, nel quadro di un inventario di spese per il restauro di libri nel 1475 settembre 3, in Massarie, F. 1, Ma/17 (1475-77), ma tale registro o non ci è pervenuto o non fu mai steso, essendo l'incaricato morto poco dopo.

6. Acta curie episcopalis Lunensis Il registro conservato presso l'Archivio Vescovile Lunense è, attualmente, il più antico superstite di atti curiali di Francesco da Pie trasanta, rogati da Antonias de Pontremulo (sottoscrizioni a ff. 26r, 42r) . Cartaceo (ff. 116, scritti ff. 115, fasce. 6), con coperta membranacea dai rinforzi in cuoio sul dorso e cuciture sui piatti, per la quale è utilizzato un mundum dello stesso notaio, di cui è leggibile la subscriptio, riusato nel verso, ripiegato e raddoppiato, va dal 1433 luglio 8 al 1438 settembre 6. Considerando soltanto le residenze superiori a sei mesi, poiché vi sono spostamenti di sede per qualche mese o per qualche giorno, la curia vescovile è stabilita: dal 1433 luglio 8 al 1436 febbraio 17 in Vezzano; dal 1436 febbraio 17 al 1437 marzo 17 in Fivizzano; dal 1437 aprile 7, in Pontremoli. Sia a Vezzano che a Pontremoli la curia è presso case di privati, rispettivamente la casa di Giovanni q. Boneli, in burgo castri superioris di Vezzano e nella domus già di Antonio di Oliviero Fieschi, conte di Lavagna, podestà di Pontremoli negli anni 1417-19. In Fivizzano il vescovo abita la torre del castello di Verrucola Bosi e poi nel castrum inferiore di Fivizzano stesso. Il cancelliere Antonio dovette seguire il suo vescovo anche a Pontremoli, dove risulta attivo nel giugno del 1440, allorché sottoscrive un'aggiunta statutaria, inviata dai canonici e approvata dal presule: POLONIO, Legislazione, 159.

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APPENDICE II REGESTI DI DOCUMENTI PONTIFICI DI NICCOLÒ V PER IL CAPITOLO LUNENSE NELL'ARCHIVIO CAPITOLARE DI LUNI - SARZANA*

1 1447 maggio 1, Roma Papa Niccolò V concede l'indulgenza valida in perpetuo di sette anni e sette quarantene a favore della chiesa di Santa Maria di Sarzana, in diocesi di Luni, dove si conserva e venera anche il Sangue di Gesù Cristo, per i fedeli che annualmente, nella festa della SS. Trinità, la visiteranno e concorreranno alla sua conservazione e restauro. Originale: Sarzana, ACL, F. I, n0 13, [A]; copia semplice: Biblioteca Castiglione del Terziere, ms sec. XVIII, 39-40, [B]; regesto [A]: Freccia, Documenti, 131. Pergamena di mm 282 (h) x 484 (1), plica di mm 98. «Dum precelsa meritorum insignia quibus regina celorum» ; litterae cum serico, sigillo pendente deperdito. Sulla plica, a destra, relativamente alla nota tasse: Gratis de man(da)to d(orni)ni n(ost)ri p(a)p(e); sotto, la signatura dello scrittore: A. de Tuscanis; sotto la plica, quella del segretario: Pe(trus) de Noxeto; sul verso, al centro, R(egistra)ta [in Camer]# Ap(osto)lica, con A.L [...] fra le aste della R di grande corpo; in margine a sinistra, capovolto / Lunen(sis), al di sotto R/, di fianco coli, con abbreviazione per lineetta trasversa. 2 1448 maggio 5, Roma Papa Niccolò V incarica i vescovi di Lucca, Luni e Brugnato di intervenire per il recupero dei beni, possessi, decime e redditi, diritti spirituali e tempoNon potendo, per ovvi motivi editoriali, dare in questa sede l'edizione dei documenti, si sono aggiunti al regesto alcuni dati (incipit, scrittore, segretario, note di cancelleria, regesti e/o note del sec. XV) che pensiamo possano risultare utili; sono stati invece tralasciati, oltre la maggior parte dei caratteri estrinseci, i regesti dei secc. XVII-XVIII e le segnature di archivio.

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rali spettanti al capitolo lunense, al suo arcidiacono e prepósito, usurpati o fatti usurpare e illegalmente detenuti da ecclesiastici e laici, sottoponendo quanti facciano loro torti e ingiurie a indagine giudiziaria e colpendo i renitenti con censura ecclesiastica, anche con l'aiuto del braccio secolare, senza limiti territoriali di giurisdizione e cronologici di durata del mandato. Originale: Sarzana, ACL, F. A, n0 31 (conservato fuori filza), [A]; copia autentica del 1453 dicembre 15, Sarzana, ACL, F. A, n0 37, [B]; regesti: Freccia, Documenti, 5, 6. Pergamena di mm 423 (h) x 556 (1), plica di mm 60. «Militanti ecclesie licet immeriti disponente Domino presidentes»; litterae cum filo cana pis, con sigillo plumbeo. Sulla plica, a destra: Gratis de man(da)to d(omi)ni n(ost)ri p(a)p(e); sotto, la signatura dello scrittore: A. de Tuscanis. Sotto la plica: Poggius, sul margine inferiore destro della plica aperta: P. Nox. Sul verso, al centro, Registra)ta, piuttosto sbiadito, a destra [...] ataña cap(itu)lo Lunen(si), mano sec. XV.

3 1448 maggio 5 (?), Roma Papa Niccolò V dà mandato al vescovo di Lucca di esaminare, esercitando il potere giudiziario anche verso appartenenti a diverse diocesi, la causa sorta fra il capitolo lunense e i massari ed infermi della chiesa di San Lazzaro in Silvaricia in diocesi di Luni, i quali non riconoscono di dovere una pensione annua, già pagata in passato, per la locazione della chiesa e suoi possessi, e lo incarica, appurato lo stato della questione, di restituire il legittimo possesso dell'ente e i beni ad esso pertinenti al capitolò. Originale: Sarzana, ACL, Pergamene sciolte (1187-1877), n0 2, [A]; regesto: Pergamena di mm 304 (h) x 450 (1), con plica di mm 85. «Humilibus supplicum votis libenter annuimus» ; litterae cum filo canapis, con sigillo plumbeo. Sulla plica, a destra: Gratis de man(da)to d(omi)ni n(ost)ri p(a)p(e) , sotto: A. de Tuscanis; sotto la plica, a destra: Pe(trus) de Noxeto; verso, al centro, R(egistra)ta, in fondo a sinistra, capovolto: R/.

4 1449 settembre 16, Fabriano Il papa Niccolò V incarica il vicario generale in spiritualibus del vescovo di Luni di conferire, qualora risulti idoneo, al prete Grisolo di Sarzana, cappellano perpetuo dell'altare di San Niccolò della Chiesa Lunense, già eletto dal capitolo, il canonicato e prebenda vacanti per la morte del canonico Antonio de Casabassana, del valore di venti fiorini d'oro di camera annui e, fatti i debiti accertamenti, di immetterlo nel possesso, revocando ogni grazia aspettativa

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che sia stata fatta in qualsiasi forma a qualsiasi persona non oriunda della civitas o della diocesi lunense. Originale: Sarzana, ACL, F. I, n0 64, [A]; regesto: Freccia, Documenti, 138. Pergamena di mm 350 (h) x 530 (1), plica di mm 60. «Dignum arbitramur et congruum ut illis se reddat sedes apostolica gratiosam» ; litterae cum filo canapis, con sigillo plumbeo. Sulla plica, a destra: Gratis de man(da)to d(omi)ni n(ostri), sotto: Gabriel, sotto la plica, a destra: Pe(trus) de Noxeto; verso, R(egistra)ta (con S nell'occhiello e all'interno Cousin) in Camera Ap(osto)lica; nell'angolo sinistro, di lato, Ri; di mano sec. XV: p(ro) p(res)b(iie)ro Crisolo canonico Lun(ensi).

5 1449 ottobre 15, Fabriano Papa Niccolò V incarica l'arcidiacono del capitolo di Luni di conferire a Taddeo da Sarzana, chierico lunense, la cappellania dell'altare di Sant'Antonio in San Remigio di Fosdinovo, di giuspatronato laico, i cui frutti, redditi e proventi non oltrepassano un valore annuo di dieci fiorini d'oro di camera, indebitamente occupata, fino alla morte, da Ugone della precettoria di Sant'Antonino Fiorentino, dell'ordine di Sant'Agostino. Originale: Sarzana, ACL, F. V, n0 126, [A]; regesto: Freccia, Documenti, 335. Pergamena di mm 313 (h) x 538 (1), plica di mm 92. «Dignum arbitramur et congruum ut illis se reddat sedes apostolica gratiosam» ; litterae cum filo canapis, con sigillo plumbeo. Sulla plica, a destra: Gratis de man(da)to d(omini) n(ostri) p(a)p(e); sotto: Gabriel; sub plica, a destra: Pe(trus) de Noxeto; nel verso, al centro R(egistra)ta (nell'occhiello S e all'interno Cousin) in Camera Ap(osto)lica. Sul margine inferiore sinistro, capovolta, R/.

6 1449 novembre 5, Fabriano Niccolò V papa, su richiesta dell'arcidiacono Francesco da Giovagallo, approva e conferma l'annessione all'arcidiaconato del capitolo lunense del priorato di Santa Maria di Vezzano, dell'ordine di sant'Agostino, i cui redditi frutti e proventi non superano il valore annuo di dieci fiorini d'oro di camera, già disposta dal vescovo di Luni Francesco. Originale: Sarzana, ACL, F. A, n0 32, [A]; regesto: Freccia, Documenti, 6. Pergamena di mm 334 (h) x 546 (1), plica di mm 62. «Universalis ecclesie regimini licet immeriti disponente Dominò presidentes» ; litterae solemnes, con sigillo plumbeo; in plica, a destra: Gratis de man(da)to d(omini) n(ostri)

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ELIANAM. VECCHI p(a)p(e); sotto: Gabriel; sub plica, a destra: Pe(trus) de Noxeto; nel verso, al centro R(egistra) [ta in Ca] mera Ap(osto)lica, con S nell'occhiello e Cousin in mezzo alla R.

7 1449 novembre 12, Fabriano Niccolò V papa rimette al vescovo di Limi, Francesco, la risoluzione delle controversie intercorrenti fra i canonici del capitolo e gli operarii della fabbriceria di Santa Maria, nonché l'applicazione degli statuti sinodali, sotto pena di scomunica agli inadempienti. Originale: [A] manca; copia semplice cartacea sec. XV: Sarzana, ACL F. F, n0 13, [B]; copia semplice cartacea sec. XV: Sarzana, ACL, F. I, n0 65 p, [B']; regesto [B]: Freccia, Documenti, 84. Foglio cartaceo a vergelle di mm 155 (h) x 215 (1). «Non absque mentis nostre molestia» ; breve sub annulo piscatoris; sul recto, in basso a destra: P(etrus) Lune (n) sis, al di sotto, al centro, l'inscriptio, di solito posta sul verso: Venerabili fratri Francesco) ep(iscop)o Lun(ensi).

8 1449 novembre 12, Fabriano Niccolò V papa, intendendo riformare la Chiesa Lunense, dispone che siano riservati alla collazione apostolica i canonicati e le prebende che si renderanno a qualsiasi titolo vacanti. Originale: [A] manca; copia semplice cartacea sec. XV: Sarzana, ACL F. I, n0 65 a, [B]; regesto: Freccia, Documenti, 138. Foglio cartaceo a vergelle di mm 220 (h) x 160 (1) . «Ecclesiam Lunensem ex corde et ex nostro ex (sic) debite inter ceteras cure nostre»; breve sub annulo piscatoris, sul recto, in basso a destra: P(etrus) Lune(n)sis. A tergo, in alto a sinistra, mano sec. XV: Noveritis. 9 1449 novembre 22, Rieti Niccolò V papa ribadisce la riserva di canonicati, prebende, dignità, uffici e benefìci, anche con cura di anime, della chiesa di Santa Maria di Sarzana, in diocesi di Luni, comprendendo pure quelli per consuetudine di nomina vescovile o capitolare, rimette pertanto ai vescovi di Spoleto, Camerino e Piacenza il conferimento del canonicato e prebenda, dignità e ufficio, che vengano a vacare, a Taddeo Levantini, chierico della diocesi lunense.

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Originale: Sarzana, ACL, F. I, n0 66, [A] ; inserto in lettera vescovile: Sarzana, ACL, F. I, n0 67, [B]; regesti: Freccia, Documenti, 139. Pergamena di mm 358 (h)x 580 (1), plica di mm 50. «Licet canonicatuum et prebendarum ac dignitatum aliorumque beneficiorum» ; litterae solemnes, con sigillo plumbeo; sulla plica, a destra: Gratis de man(dat)o d(omini) n(ostri) p(a)p(e); sotto: K Bourdonis (con nodi cancellereschi sulla R e con una U (?) nella pancia di B); sub plica, a destra, il segretario: Pe(trus) de Noxeto; sul verso, al centro R(egistra)ta (-ta nell'occhiello di R) apud me P(etrum) de Noxeto.

10 1453 giugno 19, Roma Niccolò V papa decreta lo smembramento dal monastero degli Scalzi di Pisa del priorato di Santa Croce del Corvo, dell'ordine benedettino, campestre e senza cura di anime, già in commenda a Francesco di Taddeo de Durellis di Giovagallo, i cui redditi frutti e proventi non superano il valore annuo di ventiquattro fiorini d'oro di camera, la soppressione dell'ordine regolare e l'annessione alla mensa del capitolo lunense, a favore delle distribuzioni quotidiane dei canonici. Originale: Sarzana, ACL, F. T, n0 10, [A]; inserto in instrumentum, ACL, F. T. n0 12, [B]; copia semplice cartacea, sec. XV: Sarzana, ACL, F. T, n0 11, [C]; regesti: Freccia, Documenti, 304, 305. Pergamena di mm 285 (h) x 470 (1), plica di mm 78. «Ad exequendum pastoralis officii debitum vigilantibus studiis intendentes» ; litterae solemnes, con sigillo plumbeo, inserto di privilegio; sulla plica, a destra Gratis de man(dat)o d(omini) n(ostri) p(a)p(e), sotto: D. de Luca', sotto la plica: Pe(trus) de Noxeto. Sul verso: R(egistra)ta (dentro R Phy e R/ di piccolo corpo) in Cam (er)a Apo(sto)lica. Sul lato destro Lunen. S(an)cte ++, mano sec. XV; al di sotto Die ven(eris) XIIIJ martii Rober/tus Brunecti cl(er)ic(us) Gebenuen(sis) /pro conpulsu(s) [. ] /LXVI/Anastasius notarius subscripsit/R/, di altra mano e inchiostro. A sinistra Bulla unionis S(an)cte/Crucis de Corvo cap(itu)lo /Lunensi/Visa A. V [...].

11 1453 luglio 6, Roma Niccolò V papa, su richiesta dell'arcidiacono e dei canonici lunensi, conferma la protezione apostolica alla chiesa di Luni, in cui essi prestano il servizio divino, rinnova, ratifica, approva i possessi e proventi del capitolo, nonché i diritti e doveri del vescovo e del capitolo medesimo sulla base delle concessioni del suo predecessore, il pontefice Gregorio Vili, riconosce e conferma inoltre con dettagliata enumerazione tutte le libertà, immunità, esenzioni, di-

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ELIANA M. VECCHI

ritti posteriormente conferiti da pontefici o da autorità laiche e fedeli, le decime, i beni e possessi in diverse comunità spettanti al capitolo. Originale: Sarzana, ACL, F. A, n0 35, [A]; copia semplice cartacea mutila, sec. XV: Sarzana, ACL, F. A, n0 36, [B]; regesti: Freccia, Documenti, 6. Pergamena di mm 372 (h) x 600 (1), con plica di mm 80. «Divina miseratio ad hoc nos licet immeritos supreme potestatis ecclesiastice» ; litterae solemnes, bulla deperdita\ in plica, a destra: Gratis de man(da)to d(omini) n(ostri); sotto: D. de Luca; sub plica a destra: Pe(trus) de Noxeto; a tergo, al centro R(egistra)ta in Cam(er)a Ap(osto)lica. In alto a destra note non leggibili.

12 1453 settembre 9, Roma Papa Niccolò V conferisce, per intercessione del cardinale di San Lorenzo in Lucina, Filippo, al canonico e prete Giorgio Mam, della famiglia cardinalizia, il canonicato e prebenda in diocesi di Luni, con annessi diritti e spettanze, i cui proventi non oltrepassano un valore annuo di sedici fiorini d'oro di camera, riservati alla collazione papale, già appartenuti al fu Francesco de lugavallo, anch'egli familiare e commensale del cardinale. Originale: Sarzana, ACL, F. I, n0 68, [A]; regesto: Freccia, Documenti, 139. Pergamena di mm 290 (h) x 475 (1), con plica di mm 52. «Vitae ac morum honestas aliaque laudabilia probitatis et virtutuum menta» ; litterae cum serico, con sigillo plumbeo; sulla plica, a destra: L. Bussa; sotto la plica a sinistra, annotazione per le tasse: fe /x/M. Amici/P. de Spinosis, al centro expedit(a) nono k(a)l(endas) ma(r)tii /anno séptimo. A de Comitib(us). Sul verso, a sinistra Anno incama(tio)nis d(o)m(ini)ce 1453 ind(ictione) s(e)c(un)da die vero XXIa febrnarii / reve(rendissi) mus d(omi)n(u)s car(dina) lis retro [...] tus consiliaru(m) exped. /Sixtus. Al di sotto, sbiadito R/ th. o. (?) di altro inchiostro. Al centro Registrata) con P nell'occhiello, sotto, capovolto Bigneti, nel margine sinistro, capovolto, G. de Puteo.

13 1453 settembre 9, Roma Papa Niccolò V incarica i vescovi di Ventimiglia, Penne e Lucca di immettere il canonico Giorgio Marci di Fivizzano, familiare e commensale del cardinale di San Lorenzo in Lucina Filippo, nel corporale possesso del canonicato e prebenda in diocesi di Luni, con annessi diritti e spettanze, di provvista papale, già appartenuti al fu Francesco de lugavallo (sic), anch'egli familiare e commensale del cardinale.

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NICCOLÒ V E IL CAPITOLO LUNENSE

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Originale: Sarzana, ACL, F. I, n0 69, [A]; copia autentica, inserta in lettere vescovili: ACL, F. I, n0 71 [B]; regesti: Freccia, Documenti, 139. Pergamena di mm 234 (h) x 447 (1), con plica di mm 80. «Hodie dilecto filio Georgio Marci»; litterae cum filo canapis, con sigillo plumbeo; sulla plica, a destra: L. Bussa; a sinistra fe/ X/M. Amici/ P. de Spinosis; a tergo R di grande modulo, con P in occhiello e al di sotto de Varris, sotto, capovolto h. Mascherin; margine inferiore sinistro P. de Godis.

14** 1453 novembre 30, Sarzana Domenico, cardinale di Santa Croce, penitenziere maggiore, legato a latere della Sede Apostolica per Genova, il distretto e pertinenze, concede l'indulgenza perpetua di 100 giorni a coloro che visiteranno nelle feste dei santi apostoli Pietro, Paolo, Andrea e Giacomo la chiesa parrocchiale di Sant'Andrea di Sarzana, si confesseranno e faranno elemosine per la conservazione e l'ampliamento della chiesa medesima. Originale: Sarzana, ACL, F. K, n0 2, [A]; regesto: Freccia, Documenti, 149. Pergamena di mm 224 (h) x 485 (1), con doppia plica di mm 90. «Splendor paterne glorie qui sua mundum illuminât ineffabili ciarliate»; lettera cardinalizia di indulgenza, con sigillo cereo rosso pendente da cordicella di seta rubra intrecciata; sulla plica, a destra: Gratis de man(dat)o d(omini) n(ostri) p(a)p(e); sub plica, a destra: Iambus Lucensis secretarius /de mandato d(omi)ni ordinarli /et suprascripti. Nessun segno di cancelleria sul verso.

Per i motivi che hanno consigliato l'inserimento della lettera cardinalizia cfr. nn. 25 e 46.

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C. Artizzu - C. Baldacci - A. Manfredi - M. Marchini N. Pizzuto - G. Rangoni INDAGINI DOCUMENTARIE SUI PARENTUCELLI E SUI CALANDRINI

I Maurizio Marchini - Nuncia Pizzuto LE FAMIGLIE PARENTUCELLI, CALANDRINI E TOMEO DELLA VERRUCOLA BOSI A SARZANA FRA IL XIV E IL XV SECOLO

Il lavoro, di cui qui si presentano alcuni frutti, è stato avviato in Sarzana con lo scopo modesto di preparare una revisione e insieme un censimento del materiale documentario conservato negli archivi locali di Sarzana e dei dintorni sulle famiglie di cui fece parte il papa Niccolò V. Necessaria base di partenza sarà e dovrà comunque sempre essere il ben noto volume di Giovanni Sforza, La patria, la famiglia e la giovinezza di Niccolò V: e ciò per la serietà oggettiva delle ricerche dello storico lucchese, assai agile nel muoversi dentro la complessa situazione degli archivi del suo tempo tra Lucca e Sarzana1; inoltre il volume dello Sforza, che dal punto di vista documentario locale superò tutti i lavori precedenti, a lui noti e da lui attentamente spogliati2, è relatore ormai 1

Per una bibliografia di base su questo studioso si vedano tra gli altri Giovanni Sforza: la bibliografia dei suoi scritti e quattro discorsi commemorativi, pubblicati a cura del municipio di Montignoso di Lunigiana, Lucca 1923; e soprattutto la Miscellanea di studi storici in onore di Giovanni Sforza, Torino 1923, con la biografia (pp. 3-15) e la bibliografia (pp. III-LXIX). Il volume su Niccolò V vi è registrato con le recensioni al n0 108; al n0 109 la versione tedesca condotta da Hugo Th. Honk, Innsbruck 1887, con la precisazione che essa «fu condotta sopra un esemplare corretto e ampliato dall'autore; e appunto per le aggiunte notevoli si avvantaggia sul testo italiano». 2 Per questa parte della vita del papa il lavoro dello Sforza è divenuto da subito fondamentale senza che finora siano emersi nuovi dati; e questo non solo per la pre-

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NUNCIA PIZZUTO - MAURIZIO MARCHINI

unico di fonti oggi del tutto perdute. In particolare egli ebbe modo di consultare l'Archivio notarile di Sarzana, danneggiato e disperso nella quasi totalità durante il secondo conflitto mondiale. Dunque la situazione archivistica, già da sé modificata in Italia a causa delle soppressioni, si è fatta più debole per la città di origine del pontefice3. Si imponeva perciò la compilazione di un censimento di quanto rimane oggi e una sorta di verifica sui dati dello Sforza, verifica che ha portato però al recupero di fonti forse meno note nel secolo scorso e non sempre utilizzate dallo storico lucchese, primo tra tutti il Catasto del Comune di Sarzana (Archivio Storico del comune di Sarzana, serie 2, Inv. 346)4. Altre fonti spogliate - o in via di spoglio - sono le seguenti: il Registrum novum del comune (Archivio Storico del comune di Sarzana, serie 2, Inv. 2) e gli atti del notaio Antonio da Villa (Archivio Storico del comune di Sarzana, serie 2-3, inv. 53-54); oltre che sulle fonti cartacee, una parte del lavoro è stata dedicata ad un censimento delle epigrafi e dei manufatti lapidari in gran parte inediti e tuttora conservati, alcuni dei quali attinenti o vicini alle vicende che qui si prendono in considerazione: per quest'altro genere di materiale si prevede una pubblicazione in altra sede. Sono stati infine tenuti presenti i Registri dell'opera della Cattedrale. Ripercorriamo quindi, dopo queste verifiche, le vicende della famiglia del papa, tenendo appunto conto dei dati pubblicati dallo Sforza e della documentazione che riemerge dalle revisioni.

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senza di una traduzione tedesca, ma anche perché la «principale fonte moderna» sulle vicende del pontificato niccolino, L. VON PASTOR, Stona dei Papi, trad. it. a c. di A. Mercati, Roma 1958, lo usa come riferimento fondamentale (p. 374 n. 4) e ancora a lui si appella per le vicende iniziali anche C. Vasoli, Profilo di un Papa Umanista: Tommaso Parentucelli, in Studi sulla cultura del Rinascimento, Manduria 1968, 70 n. 4. 3 Anche se si è arricchita di un nuovo e ampio giacimento, quello del riunifìcato archivio storico diocesano, affiancato dall'importantissimo archivio capitolare poco noto allo Sforza, per il quale - su questi temi - si veda il contributo di E. M. Vecchi, 539-40. 4 Da cui, proprio con l'occasione di Niccolò V, è partita un'indagine importante che vorremmo estendere ad altre e più opportune sedi. Se ne veda una descrizione in appendice.

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PARENTUCELLI, CALANDRIMI E TOMEO DELLA VERRUCOLA BOSI

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La famiglia Parentucelli alla fine del XIV secolo è saldamente radicata nella realtà della piccola e media borghesia sarzanese5. Parentucello, nonno del pontefice, è Camerarius (Camerlengo) del Comune di Sarzana, per conto del quale svolge attività già nel 13666, e possiede una terra al Chiasso di Areola7; ha sei figli, cinque maschi: Iacopo, Giambono, Bartolomeo, Pietro, Baliantino, e una femmina, lacopinella. Due dei figli migliorano la loro condizione, nei primi anni del secolo XV, soprattutto dal punto di vista sociale: Pietro e Bartolomeo esercitano Parte medica e a questa professione può essere collegato il possesso di una farmacia, che sarà gestita da Iacopo, morto nel 1424, come risulta in numerosi atti rogati nella farmacia degli eredi di Iacopo8. Entrambi sono citati normalmente con i titoli di magister, quindi dovrebbero aver frequentato, anche solo in parte, corsi universitari, magari giungendo in fine al corso di arti e avviando, senza concluderlo, un corso di medicina. Iacopo è anche citato nei documenti del Comune di Sarzana (2 agosto 1407) fra i consiglieri anziani, sindaci, procuratori9; Giambono, che diventerà governatore di Narni10, si occupa dei beni della famiglia dopo la morte prematura degli altri fratelli. Dell'unica figlia, lacopinella, non si sa nulla; di Baliantino invece i documenti ci lasciano il ritratto di un uomo poco affidabile11, vera pecora nera della famiglia, sempre in lite con i parenti per questioni

5

Si veda F. Bonatti - M. Ratti, Sarzana, Genova 1991, 77-79. G. SFORZA (d'ora in poi Sforza), La patria, la famiglia e la giovinezza di Niccolò V, Lucca 1884. 7 SFORZA, 28. Sottolineiamo, come già fece lo Sforza, che l'atto più antico noto per lui è del 1364 e lo vede quale testimone di un contratto allodiale stipulato da Iacopo del fu Federico Calandrini. Evidentemente le due famiglie erano già legate in consorteria: Iacopo di Filippo Calandrini è infatti il secondo marito di Andreola, la nuora di Parentucello (Sforza, tav. I). 8 Atti del notaio Antonio da Villa, ove figura spesso la formula Actum Sarzanae, in apotheca speciaria heredum quondam Jacobi Parentucelli. Tali atti si conservano senza numerazione di pagine in Sarzana, Archivio Storico Comunale, Inv. 53 - 54. 9 Sarzana, ASCS, Diversorum, f. 5r, 2 agosto 1407: fra i Consiglieri anziani nominati dal Parlamento del Comune figura uno Jacobus quondam Parentucelli. G. PlSTARlNO, Il Registrum Vetus del Comune di Sarzana, Sarzana 1965, 225. 10 Sforza, 33. 11 Una lite fra gli eredi fu composta il 24 maggio del 1395, con atto di ser Iacopino Griffi che registrava la composizione amichevole tra i litiganti Pietro, Iacopo, Bartolomeo e Giambono contro Baliantino. Sforza, 42 n. 29. 6

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NUNCIA PIZZUTO - MAURIZIO MARCHINI

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ereditarie; non diversa sembra essere l'immagine del figlio di lui Corradino, che esercita il mestiere di barbiere e viene coinvolto in un processo, per aver percosso «nella faccia, con effusione di sangue», una donna di Santo Stefano di Magra12. È forse per questa fama di violento, che Gorradino è l'unico parente di cui Niccolò V non si sia mai occupato, come affermato dallo Sforza che però in merito non cita alcuna fonte specifica13. Non altrettanto solida sembra essere la posizione economica e finanziaria della famiglia: nel 1392 Iacopo, Pietro, Bartolomeo e Giambono devono contrarre un prestito di 100 fiorini d'oro, nonostante abbiano incamerato le doti delle rispettive mogli o future mogli14; Iacopo nel 1404 è condannato a pagare 1000 fiorini d'oro di multa, per colpa di Iacopino Griffi. Quest'ultimo, notaio sarzanese, era stato condannato al confino dai Visconti e Iacopo aveva dato la sua parola che l'amico vi si sarebbe recato, ma il Griffi fugge e Iacopo ne subisce le conseguenze15. Bartolomeo, padre del pontefice, licenziato in medicina16, accetta di svolgere la sua professione a Lucca in condizioni di emergenza, forse per migliorare la sua situazione finanziaria, dato che possedeva solo alcune briciole dell'eredità della nonna paterna Bilia, la quale aveva diviso i suoi beni fra i nipoti e la figlia Bella, madre di Andreola - a sua volta sposa di Bartolomeo e madre di Tommaso ■- e dato che nel frattempo era diventato padre e i proventi della farmacia non bastavano al sostentamento dei vari membri delle famiglie. A Lucca nel 1400 - durante il giubileo vissuto dalla Chiesa in piena divisione - era scoppiata una delle tante e frequenti ondate di peste, succedutesi ciclicamente per quasi un secolo, dopo la ben nota peste nera della metà del sec. XIV; tutti i medici della città erano morti o fuggiti; pertanto gli Anziani decidono di invitare per un anno Bartolomeo Parentucelli di Sarzana, da loro definito probus et expertus cirusicus con lo stipendio di 12

L'atto di violenza è registrato nell'Archivio notarile di Sarzana, Acta criminalia tempore officii domini Georgii de Via, spectabilis Sarzanae Vicarii, per cui Sforza, 47 n. 33. 13 Sforza, 31. 14 La registrazione del prestito contratto dai fratelli Parentucelli è registrata dal notaio Jacopino Griffi il 22 luglio 1392: Sforza, 41 n. 28. 15 La vicenda è narrata dallo Sforza, 32 n. 35, che l'avrebbe scoperta negli atti di ser Giovanni filius quondam magistri Petri physici de Mercatoribus, conservati alla fine dell'Ottocento presso gli eredi Bernucci a Sarzana. 16 Si veda qui alle pp. 611-21.

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PARENTUCELLI, CALANDRINI E TOMEO DELLA VERRUCOLA BOSI

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100 fiorini d'oro, purché si presenti entro 20 giorni dalla data della lettera di nomina. Bartolomeo accetta e a Lucca muore, pochi mesi dopo, mentre svolge la sua professione17. Così nel 1401, mentre Tommaso ha solo tre anni di vita, Andreola risulta vedova, uxor relicta: si risposerà nel successivo 1402 con Tommaso Calandrini18. Dopo questa serie di notizie, già in gran parte note allo Sforza, altre non se ne ritrovano per questo periodo riguardanti la famiglia di Andreola, vedova di Bartolomeo Parentucelli e sposa di Tommaso Calandrini. Ciò fino al 1424, anno in cui muoiono Iacopo e Baliantino19; essendo morti in precedenza Pietro e Bartolomeo, tutto l'asse ereditario, costituito soprattutto da terre, passa a Giambono, a Tommaso di Bartolomeo, il futuro papa Niccolò V, ai tre figli di Iacopo - Antonio, Caterina e Giovampietro - e a Corradino di Baliantino. Baliantino muore nel maggio del '2420: aveva fatto testamento nel marzo precedente21; in quest'atto compare anche Tommaso con il solo titolo di dominus. La situazione si complica ulteriormente intorno agli anni '40, a causa della morte di Antonio; infatti in un atto, finora inedito, del notaio Antonio da Villa (2 settembre 1440)22 si contendono l'eredità di Iacopo i due figli minorenni di Antonio, Leonardo e Niccolò, e lo zio Giovampietro; la lite è composta davanti a Giambono, il vecchio di famiglia, che fa da arbitro insieme a un non meglio precisato Silvestro medico: e aggiungiamo anche che fra i testimoni c'era Filippo Calandrini, con il titolo di canonico lunense. Questo atto notarile permette qualche ipotesi sull'atteggiamento contraddittorio di Giambono in questa complicata vertenza, atteggia-

17

La nomina è contenuta nell'Archivio di Stato di Lucca, Consiglio Generale 13, II, 68, per cui SFORZA, 83-84 n. 2. 18 Andreola è citata come vedova in un atto di ser Andrea Griffi, in cui ricorre come confinante in un contratto di vendita del 1 novembre 1401 (uxorem relictam magistri Bartolomei physici quondam Parentucelli de Sarzana). SFORZA, 103 n. 1. 19 Sforza, 32. 20 Sforza, 47 n. 38. 21 Sforza, 46 n. 31. 22 Nell'atto si dà notizia di un arbitrato per la divisione dei beni fra Giovampietro, erede di un terzo dei beni, e Niccolò e Leonardo (figli minorenni di Antonio) per i restanti due terzi; arbitratores et divisores sono nominati appunto Giambono del fu Parentucello e il medico Silvestro del fu Giovanni; l'atto è rogato neìY apotheca speciaria di Sarzana, degli eredi di Iacopo. Sarzana, ASCS, Serie 2-3, Inv. 53\ 54.

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NUNCIA PIZZUTO - MAURIZIO MARCHINI

mento che ha suscitato alcune perplessità tra gli studiosi: in un primo testamento del 1435 Giambono nomina eredi universali tutti i suoi nipoti, fra cui anche Tommaso23; successivamente, forse amareggiato dalle liti a cui aveva assistito, e forse per le pressioni dei litiganti, risolve la questione sacrificando Tommaso; infatti nel successivo testamento dell'S gennaio 1443 praticamente disereda il nipote, perché gli impone di non alienare la propria quota; inoltre Giambono dichiara di far subentrare quali eredi della parte di Tommaso i succitati, nel caso che Tommaso non torni a risiedere a Sarzana o muoia senza figli24. Questa posizione, apparentemente contradditoria e poco onorevole per Giambono, si può comprendere pensando che ormai Tommaso non aveva forse più bisogno di questi beni, poiché era già ben avviato alla carriera ecclesiastica25. Tommaso mostra di non nutrire alcun rancore verso lo zio, poiché - appena eletto pontefice - lo nomina governatore di Narni26.

*

La famiglia Parentucelli ricava un discreto avanzamento - in termini di immagine e prestigio sociale - dall'elezione di Tommaso al soglio pontificio, anche se a godere di questi benefici sono solo i figli e i nipoti di Iacopo, mentre il ramo di Baliantino viene escluso, come già detto; infatti Giovampietro subentra allo zio Giambono nella carica di governatore di Narni27 e viene nominato da Federico III conte palatino

23

Giambono nel suo testamento dà facoltà al nipote Tommaso di vendere dictam partem sibi tangentem... si foret expediens pro necessitatibus suis, cfr. SFORZA, 48 n. 40, che ricorda che il testamento (perduto insieme ad altri atti all'inizio del secolo XIX) fu rogato dal notaio Pietro Figaseca. 24 Sforza, 48 n. 41; l'atto cui lo Sforza fa riferimento era conservato nell'Archivio notarile di Sarzana, fra gli atti di ser Andrea Griffi. 25 La data del testamento ci porta infatti in un anno critico per il futuro papa: nel marzo 1443 sarebbe morto il suo"patronus" Niccolò Albergati, di cui egli allora era vicario a Bologna, segretario e canonico. Inoltre il papa Eugenio IV lo aveva già nominato suddiacono apostolico: si veda qui più avanti a p. 610. 26 Sforza, 33 e 229. 27 Sforza, 229.

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PARENTUCELLI, CALANDRINI E TOMEO PET T A VERRI TOOT A BOSI

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per interessamento del papa, insieme a Giovanni Leonardo e a Niccolò nel 1452. Meglio di tutti viene trattato Niccolò, che - oltre al titolo di conte palatino - riceve anche le insegne di cavaliere Gerosolimitano e il governatorato di Civitavecchia28. Alla morte del pontefice i Parentucelli possiedono uno stemma come indice di nobiltà, che la famiglia prima non possedeva; come è testimoniato dal fatto che, al momento dell'elezione a pontefice, lo stesso Tommaso Parentucelli deve scegliersi un'arme insieme con il nome29. La famiglia, forse di origini modeste, migliora alla fine del sec. XIV la propria posizione sociale, ma non quella economica; riceve però un indubbio miglioramento dall'elezione di Tommaso al soglio pontificio, dato che viene annoverata tra le famiglie nobili di Sarzana e può contare sulla presenza di un vescovo, Antonio Maria Parentucelli, secondo cugino di Niccolò V, vescovo con il doppio titolo di LuniSarzana dal 1469 al 1485, anno della sua morte30. La famiglia ha realizzato dunque un indubbio miglioramento, soprattutto in termini di prestigio sociale, dato che ora può essere annoverata tra le famiglie nobili di Sarzana.

1. La famiglia di ser Tomeo della Verrucola Bosi L'origine di quest'altra famiglia imparentata con i Parentucelli viene fatta risalire a Duccio di Verrucola Bosi, frazione del comune di Fivizzano in Lunigiana. Il figlio Puccio fu al servizio di Castruccio Ca28

Sforza, 229. Lo Sforza, 199, cita un passo tratto dalle Vite degli uomini illustri di Vespasiano da Bisticci, che ricorda queste parole del pontefice: «io prego Dio che mi dia grazia di poter mettere in opera quello che ho nella mia mente ... e di non usare altra arme nel mio pontificato, che quella che mi ha data Cristo per mia difesa, che è la croce sua». Lo stemma di Niccolò V ha le Chiavi di San Pietro incrociate, simbolo identico a quello della Chiesa stessa, ma su questa scelta si veda anche, con altre indicazioni, Manfredi, Per la biblioteca di Tommaso Parentucelli da Sarzana negli anni del Concilio fiorentino, in Firenze e il Concilio del 1439 : Convegno di studi, Firenze, 29 novembre -2 dicembre 1989, a c. di P. Viti, Firenze 1990 (Biblioteca storica toscana, 29), 684-86. 30 Cfr. Sforza, 333 n. 12, ove si fa riferimento al Breve di papa Paolo II, che annunciaci Capitolo di Luni-Sarzana la nomina del Parentucelli a vescovo di quella diocesi. Su di lui e sui rapporti con il Calandrini, ormai alleato della famiglia papale, si veda qui BONATTI, 533-38. 29

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NUNCIA PIZZUTO - MAURIZIO MARCHIMI

stracani con il ruolo di funzionario amministrativo di un vasto territorio fra Fosdinovo e Fivizzano, e di ufficiale generale, governatore della dogana del sale nella provincia di Luni e infine sovrintendente alle gabelle31. Dopo i rendiconti fatti nelle mani del vicario imperiale bínense alla morte di Castruccio nel 1328, Puccio diviene uomo di fiducia del marchese Spinetta Malaspina di Fosdinovo32 e promuove la costruzione della chiesa di San Giovanni Battista a Fivizzano nel 133633, evento da ricordare poiché Niccolò V, appena eletto papa, concede a questa Chiesa particolari privilegi e - in seguito - ricchi doni, tra cui l'apparato liturgico della cerimonia di canonizzazione di s. Bernardino da Siena, dichiarando espressamente di voler con ciò onorare la famiglia della madre34. La famiglia si radica a Sarzana solo a partire dal 1331, quando Tomeo, figlio di Puccio, a nome del padre compra una casa in località al Pozollo per 100 lire imperiali e 4 iugeri di terra in località Quarantola nelle vicinanze di Sarzana, per 91 lire35. L'inserimento nel tessuto economico e sociale della città è rapido, ma sempre tra la piccola borghesia: ser Tomeo si sposa due volte36 e ha quattro figli, Franceschino

31 Per queste notizie SFORZA, 52; ma su questa scelta si veda anche, con altre indicazioni, A. Manfredi, Per la biblioteca di Tommaso Parentucelli da Sarzana negli anni del Concilio fiorentino, in Firenze e il Concilio del 1439. Convegno di studi, Firenze 29 novembre - 2 dicembre 1989, a c. di P. Viti (Firenze 1994, Biblioteca storica toscana 29), 685-86. 32 Sforza, 63 n. 22; U. Dorimi, Spinetta Malaspina un grande feudatario del Trecento, Firenze 1940. 33 La consacrazione della chiesa è documentata da un'iscrizione collocata nell'edificio, a sinistra dell'aitar maggiore, ripresa dallo SFORZA, 53-54, che ne dà anche la trascrizione. 34 Niccolò V dichiara espressamente, con Lettera apostolica del 1448, di voler onorare la chiesa: «cupientes igitur ut ecclesia ... quam per progenitores dilecte in Christo filie Andreole, genitricis nostre, fundatam fuisse percepimus, congruis honoribus frequentetur ac decenter conserve tur et repare tur ...», trascritta per la prima volta da A. Neri, Di papa Niccolò V e dei più chiari uomini della famiglia Parentucelli di Sarzana , «Giornale ligustico di archeologia, storia e belle arti», 2 (1875), 460-62, doc. II. Per essa si veda Sforza, 66 n. 33. Sul parato per la canonizzazione di s. Bernardino, ora a Firenze, si veda qui il saggio di Aurigemma, alle pp. 430-31. 35 Sforza, 50, che rimanda agli atti relativi, rogati dal notaio Tommasino Bonaccorsi, allora conservati nell'Archivio notarile di Sarzana. 36 Tomeo sposò in prime nozze Marcuccia, di Fivizzano, e ne ebbe tre figli: Franceschino, Iacopo e Giampaolo (Sforza, 50). In seconde nozze sposò Bella, del fu Iacopo Bartolomeo, che gli generò Andreola, futura madre del pontefice (SFORZA, 50).

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PARENTUCELLI, CALANDRIMI E TOMEO DELLA VERRUCOLA BOSI

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che esercita la professione di notaio37 probabilmente ereditandola dal padre; Iacopo, che è farmacista a Fivizzano38; Giovanni Paolo che si imparenta con Iacopo, il primogenito di Parentucello, tramite la figlia Pantasilea39; Andreola che sposa in prime nozze intorno al 1393 Bartolomeo di Parentucello40. Si impone una prima considerazione: la famiglia di ser Tomeo mira a inurbarsi in un territorio ricco di maggiori potenzialità, come mostra innanzitutto l'acquisto di casa e terreno, e quindi l'avvio di un'accorta politica matrimoniale con una famiglia di livello simile o di poco superiore. Ulteriore conferma a questa ipotesi l'abbiamo dal fatto che uno dei figli di ser Tomeo, Iacopo, trasferisce l'attività di farmacista da Fivizzano a Sarzana grazie all'aiuto di Bella, la sua matrigna, che gli mette a disposizione una casa per collocarla41: così un atto di Giovanni Antonio Griffi del 1386 risulta rogato in Sarzana nella farmacia di Iacopo del fu Tomeo di Verrucola42. Iacopo muore nel 1398 e la matrigna Bella nello stesso anno affitta la farmacia al Cantone per 4 anni, su consiglio del genero Bartolomeo Parentucelli43. Bella, mamma di Andreola, risulta l'anima economica e finan-

37 Lo SFORZA, 58 n. 5, ricorda l'esistenza del Liber contractuum meiFranceschini filii Ser Thomey quondam discreti et sapientis viri ser Pucii de Verrucola Bosorum nell'Archivio notarile di Sarzana. 38 Lo SFORZA, 58 n. 6, cita due atti rogati uno a Fivizzano da Franceschino in apotheca Jacobi fratris mei, e uno a Sarzana da ser Giovanni Antonio Griffi, actum Sanane in apotheca speciariaJacobi qm. ser Thomey de Verrucola. 39 Lo Sforza, 59 n. 11, riporta la scritta matrimoniale rogata da Iacopino Griffi e custodita un tempo nell'Archivio notarile di Sarzana. 40 La scritta relativa al contratto nuziale è articolata in due atti successivi: uno del 1388, in cui le parti si impegnano con reciproci vincoli a concludere le nozze (Sforza, 35 n. 1) e uno del 1393 in cui si precisano i dettagli della dote e la relativa consegna in solido a Bartolomeo di un campo, un casamento con aia, un prato e 277 lire e 10 soldi a titolo di dote; Bartolomeo a sua volta dà ad Andreola 200 lire imperiali (Sforza, 37 n. 3). 41 Lo Sforza, 51, si riferisce genericamente a una bottega, ma l'atto a cui fa riferimento (61 n. 18) parla espressamente di apothecam unam, positam in Sanana, loco dicto al Cantone; l'atto fu rogato in casa di Bella e di Andreola sua sorella in domo habitationis ipsius domine Belle et domine Andreole sororis eius. 42 Sforza, 58, n. 7. 43 Sforza, 61 n. 18: l'affittuario è un certo Longino fu Giampaolo di Fivizzano e Bella indica appunto come suoi consiglieri nel contratto (definendoli parenti e fedeli consiglieri) due medici: Bartolomeo fu Parentucello e Luigi di Giacomo Pietro di Sarzana (Predicta omnia ... fecit ipsa domina Bella cum et de Consilio, presentía et volúntate

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NUNCIA PIZZUTO - MAURIZIO MARCHINI

ziaria della famiglia, come si vede chiaramente dalle minute e puntigliose disposizioni testamentarie, tra le quali figura anche una cintura d'argento, che la figlia dovrà riscattare per farne due calici d'argento, uno per la Chiesa di S. Giovanni Battista a Fivizzano, e l'altro per la chiesa di S. Maria a Sarzana44. La famiglia di ser Tomeo, inseritasi quindi piuttosto tardi nella vita cittadina, confluisce nelle famiglie Parentucelli e Calandrini e se ne perdono le tracce con la morte di Andreola, la sua rappresentante più dinamica.

2. La famiglia Calandrini La famiglia Calandrini si presenta con una maggiore visibilità sociale, rispetto a quella di Parentucello e di ser Tomeo, dato che possiede uno stemma, la calandra che sormonta una croce d'oro di s. Andrea in campo azzurro. La presenza di questo volatile è significativa per la ricerca di una immagine rara e insolita, e quindi di una certa originalità45. Il rappresentante più antico della famiglia, di cui si ha ricordo in loco, è un Calandrino - podestà di Castelnuovo Magra nel XIII secolo46 - che quindi svolge già un ruolo pubblico nella vita locale: nel 1278 partecipa a una seduta del Parlamento del Comune, di cui entra a far parte nel 128847 e nel 1297 viene nominato dai Sarzanesi podestà di

magistri Bartolomei fisici quondam Parentucelli, et magistri Loysii cirusici fiilii serJacobi Petri de Sanana). 44 Lo Sforza, 61 n. 19, segnala che il testamento di Bella è di diffìcile lettura e impossibile datazione, dato che i due fogli relativi (archivio di ser Iacopino Griffi) sono assai malridotti: si ricavano comunque numerose notizie, tra cui appunto la prescrizione alla figlia Andreola di riscattare per 9 fiorini d'oro dalla zia Andreola la cintura d'argento per ricavarne due calici: mandavit quod Andriola, filia eius, luere debeat zonam eius argenti, quam habet in pignore perflorenos novem domina Andriola, soror sua . 45 Sforza, 103 n. 2. Ricordiamo, per curiosità, che lo Sforza riporta un'ipotesi secondo cui l'origine della famiglia risalirebbe a un Enrico Calandrini, famoso guerriero del secolo XII, e ciò spiegherebbe l'uso della calandra, che per sua natura sfida le tempeste e le avversità. 46 Sforza, 103 n. 5. 47 Sforza, 103 nn. 3 e 4.

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Castelnuovo Magra. Calandrino si sposa due volte; nel 1293 risulta vedovo della prima moglie48 e muore intorno al 1306, lasciando sei figli, quattro di primo letto e due di secondo, di cui non si hanno molte notizie. Le tre femmine non fanno matrimoni molto significativi; di Giovannellino e Guiscardo non si sa nulla; qualche notizia in più si ha di Federico, l'erede della famiglia, che esercita la mercatura49 e il cambio e che probabilmente non rifugge dalla pratica dell'usura, come si evince dal testamento, in cui destina numerosi legati in beneficenza, «per l'anima sua e di quelli da cui aveva ricevuto illecitamente dei beni»50. Risulta morto nel 1369; dalle sue nozze con una certa Franceschina51 nascono cinque figli, tre femmine e due maschi52, che spostano, almeno due di loro, decisamente più in alto il livello sociale della famiglia: ci riferiamo a Giacomina, che sposa un nobile pontremolese, Giovanni de' Pellizzari53 (questa coppia, non avendo figli, trasferirà tutta la quota ereditaria della moglie nel 1384 ai nipoti Federico

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Lo Sforza, 90, ricorda che Calandrino dalla prima moglie lacopina di Mercadante ebbe Giovanni, Federico, Bona e Chesina; dalla seconda, Beatrice Mascardi de' Nobili di Trebiano, ebbe Guiscardo e Orietta; la famiglia proseguì nella persona di Federico, essendo gli altri figli morti senza prole o almeno con figli di cui si sono perse le tracce. 49 Lo Sforza, 105 n. 10, cita un documento, già nell'Archivio notarile di Sarzana, in cui Federico è chiamato mercator publicus de Sanana. 50 Nel testamento rogato presso il notaio ser Giovanni di Parente Stupio, Federico lascia all'Opera della chiesa di Santa Maria a Sarzana 10 lire imperiali, pro anima sua et eorum a quibus aliquid illicite attendere habuisset (SFORZA, 105 n. 13). Ancora, in un atto dello stesso notaio, nel 1312, Federico presta a Beltrame di Villella, conestabile catalano, a Pietro Giordani e Arnaldo di Roccaforte 60 fiorini d'oro da restituire entro un mese (Sforza, 105 n. 11). 51 La moglie è ricordata nel testamento del 1321, con cui Federico la nomina usufruttuaria ed amministratrice dei suoi beni, di cui potrà però mantenere solo la dote, nel caso che si risposi (Sforza, 106 n. 11). 52 I figli sono lacopinella (Giacomina), Vannuccella, Framuccio, lacopuccio, diminutivo di Iacopo, tutti ricordati nel testamento (Sforza, 107 n. 11), e una certa Tommasa, che non è citata nel testamento, ma è ricordata in un documento del notaio Franchino Vandi, in cui le monache del monastero di Santa Chiara a Sarzana, tra cui Tommasa (soror Tommaxia quondam Federici Calandrimi, davano in affìtto un terreno di proprietà del monastero stesso (Sforza, 108 n. 17). 53 Queste notizie si ricavano da un testamento del notaio Tommasino de Filippi di Pontremoli, in cui lacopinella istituiva erede dei suoi beni per un terzo i nipoti, figli del fratello Iacopo, e per due terzi il marito (Sforza, 108 n. 16).

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e Leonardo Calandrini, figli del cognato54); e a Iacopo, che nel Comune di Sarzana continua la tradizione del nonno Calandrino, svolgendo però incarichi ben più importanti: infatti è ricordato come notaio e cancelliere del Comune di Sarzana, castaido del vescovo di Luni e podestà del Castello di Brina55; non solo, si imparenta con una famiglia nobile di Massa56, consolidando ulteriormente la posizione della famiglia nella nobiltà cittadina e migliorandone la condizione economica con una accorta rete di matrimoni. Con Iacopo siamo alla fine del '300; da lui nascono quattro figli: Tommaso, che nel 1402 sposerà Andreola, vedova di Bartolomeo Parentucelli; Leonardo e Federico che si imparentano con la nobile e antica famiglia sarzanese dei Griffi57 e Gabriella che nel 1367 si imparenta con i Parentucelli, sposando Pietro, fratello di Bartolomeo e zio del pontefice58. Con questo matrimonio le famiglie Parentucelli e Calandrini sono già unite da uno stretto vincolo di parentela. Tra l'altro proprio Federico, che soggiornerà a Lucca come ufficiale della porta S. Donato59, porrà le basi degli stretti contatti fra i Calandrini e la città di Lucca, e inoltre si imparenterà con la famiglia Buonaparte attraverso il matrimonio della figlia60.

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Sforza, 108 n. 16. A queste cariche si fa riferimento in un atto del 1369, del notaio Franchino Vandi (Sforza, 108 n. 18), con cui il podestà di Sarzana conferisce al notaio Iacopo Calandrini la facoltà di convalidare ufficialmente ogni atto pubblico o privato contenuto nella cancelleria del Comune di Sarzana: concessit... plenam et liberam auctoritatem et bayliam posse reducere in publicam formam omnes scripturas et actus tam privatas quam non privatas existentes ...in Cancelleria Comunis Sanane suprascripte. 56 II contratto di nozze fu rogato dal notaio Franchino Vandi nel 1370: Iacopo dichiara di aver ricevuto 140 fiorini d'oro da Francesco e Antonio Faccioli dei nobili di Massa, a titolo di dote di Franceschina, loro sorella (Sforza, 109 n. 19). 57 Nel 1395 è registrato il contratto nuziale (rogato dal notaio Iacopino Griffi) con cui Leonardo Calandrini riceve 200 fiorini d'oro da Ettore di Corrado Griffi, a titolo di dote per la sorella Corradina (Sforza, 109 n. 21). Federico invece si lega nel 1393 con Maddalena del fu Ettore Giudici de Griffi (SFORZA, 109 n. 23). 58 Sforza, 40 n. 21: nel 1388 Federico, Leonardo e Tommaso Calandrini si impegnano a consegnare al medico Pietro Parentucelli 500 lire imperiali a titolo di dote per la sorella Gabriella, nel momento in cui Gabriella lo impalmerà. 59 Sforza, 109 n. 22. 60 Sforza, 95: si tratta di Isabella, che sposa Giovanni di ser Niccolosio Buonaparte. 55

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PARENTUCELLI, CALANDRINI E TOMEO DELLA VERRUCOLA BOSI

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Dell'attività di Tommaso, l'erede diretto della famiglia, non si ha alcuna notizia: probabilmente riusciva a vivere di rendita, perché negli atti che lo riguardano è presentato senza alcuna qualifica professionale. Dalla prima moglie egli ha tre figli, due maschi e una femmina61, che estendono la rete di collegamenti con le famiglie nobili: Pietro sposa una Elena Malaspina, marchesa di Mulazzo, ma non ha fama di individuo raccomandabile, visto che prende a nolo un cavallo, per un viaggio a Firenze; appena arrivato in città lo rivende e sparisce dalla circolazione, creando nella famiglia una grande imbarazzo, che sarà risolto dalla generosità del fratellastro Federico, speziale, che pagherà debito e spese relative62. Nel 1402 Tommaso, rimasto vedovo, si risposa con Andreola anch'essa recente vedova: non era passato neppure un anno dalla morte del primo marito Bartolomeo, ed essa aveva un bambino di appena 5 anni. Al momento della morte del primo marito Andreola possiede quello che le rimane dell'eredità della madre Bella, tra cui la farmacia della famiglia materna, e la dote restituita dai parenti del primo marito al cinquanta per cento63; si trova dunque nella necessità di fare un matrimonio sicuro e ed economicamente stabile. Non è una vedova molto giovane: ha circa 32 anni quando si risposa, ma ha una posizione sociale discreta da offrire ad eventuali pretendenti; il suo matrimonio con Tommaso, a sua volta vedovo, è una scelta logica e naturale per motivi sia umani, sia sociali, tra cui la necessità di non sciogliere i legami che già esistevano fra le famiglie dei Parentucelli e dei Calandrini, entrambe ben radicate nell'ambiente che legava medici e speziali. 61

Sforza, 96: la prima moglie era una certa Elisabetta figlia di Leona Malaspina della Verrucola. Elisabetta gli partorì Iacopo, Dorotea e Pietro; la seconda moglie era Andreola di ser Tomeo, sposata nel 1402. 62 L'episodio avviene nel 1433 ed è ricordato in un documento di ser Andrea Griffi, già conservato nell'Archivio notarile di Sarzana (SFORZA, 112 n. 30): Federico, che al momento dell'episodio è ancora minorenne, si impegna a risarcire il creditore Pietro Magnani cedendogli delle terre, duas segas prati, a titolo di rimborso. 63 Le notizie sulle proprietà di Andreola si ricavano dalla scritta matrimoniale del 1393 (Sforza, 23), in cui Andreola porta come dote un campo di due iugeri, con casamento e aia, in località al Corso; un prato in località al Fondamento nel distretto di Sarzana e 277 lire e 10 soldi. Tali notizie sono confermate dall'estimo del Comune di Sarzana, inv. 346, f. 60v, in cui vengono citate come appartenenti ad Andreola le terre al Fondamento, la casa al Corso. Gli altri beni le verranno dall'eredità del secondo marito Tommaso Calan drini.

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NUNCIA PIZZUTO - MAURIZIO MARCHINI

La nuova famiglia impegna subito Andreola in modo gravoso; infatti, oltre a doversi occupare di Tommaso (figlio di primo letto) e dei tre figli del nuovo marito (Iacopo, Dorotea e Pietro, che dovevano essere poco più che adolescenti), partorisce dopo appena un anno dalle nozze Filippo, il futuro cardinale, e in successione Federico e Caterina; deve accudire dunque a una prole di ben sette tra figli e figliastri; possiamo immaginare che in questa famiglia Tommaso si senta quasi estraneo e maturi in lui il desiderio di realizzare con le proprie forze una nascente passione per gli studi. Dalla famiglia paterna Tommaso non ha ricevuto quasi nulla, salvo alcune terre di non grande valore. I beni di Tommaso Parentucelli, come risulta dall'estimo del Comune, f. 18r, sono registrati sotto la voce heredes magistri Bartolomei Parentucelli de Sanana. Si intendano qui come eredi lui stesso e la madre Andreola, non solo Tommaso Parentucelli: infatti all'Estimo di Sarzana Andreola uxor relicta è registrata a parte con i suoi beni in quanto erede di Tommaso Calandrini64. I beni comprendono: una capanna presso il fossato del Comune, un campo di 4 iugeri a Bolesio nel distretto di Sarzana, tre quarti di prato al Fondamento nel distretto di Sarzana, un prato di due iugeri nella stessa località, mezzo iugero di prato nella stessa località, mezzo iugero di prato in Camponesto, un quarto di orto fuori porta San Francesco. Quest'ultimo terreno, secondo quanto risulta dall'estimo, viene poi venduto dalla madre Andreola a ser Leonardo Parentucelli. Così egli deve svolgere per alcuni anni l'attività di precettore in Firenze65, ricavandone appena di che vivere, e nel 1424, quando era già al seguito dell'Albergati, si trova costretto a vendere un pezzo di terra: un altro segno dell'allentarsi e del logorarsi dei suoi legami con la famiglia è rappresentato dalla vicenda dell'eredità dello zio Giambono, che abbiamo ricordato sopra66. All'interno della famiglia Calandrini saranno la madre Andreola e il fratellastro Filippo (anch'egli avviato alla carriera ecclesiastica) a volgere a proprio vantaggio il prestigio derivante alla famiglia dall'elezione di Tommaso a pontefice. Infatti la madre Andreola, pochi mesi dopo avere ricevuta la grande notizia, comincerà a viaggiare per l'Italia,

64 65 66

Estimo del Comune, f. 60v. Per il suo primo periodo fiorentino si veda qui Gentile, pp. 237-38. Per questi fatti si veda anche alle pp. 618-19.

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PARENTUCELLI, CALANDRINI E TOMEO DELLA VERRUCOLA BOSI

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accompagnata dalla figlia Caterina e dal genero Cesare de Nobili67, governatore di Spoleto68, da Lucca a Perugia, a Firenze, a Siena e infine a Spoleto, accolta dovunque con onore69. È in questo clima, che matura nella madre ormai anziana l'idea di legare a un monumento perenne il proprio nome e quello del figlio: ci riferiamo alla Cappella di s. Tommaso della Cattedrale di S. Maria a Sarzana70. Si può quindi concludere che la famiglia Calandrini, già di livello superiore alle altre due, riceve dall'elezione di Niccolò V un'ulteriore spinta alla scalata sociale, quasi che il papa fosse un membro della loro famiglia. Così essa diviene una delle più potenti della città nella seconda metà del '400, con ramificazioni presenti anche in altri centri, fra cui in particolare Lucca.

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Cesare de' Nobili apparteneva alla famiglia dei Nobili di Dallo, che, pur dimorando in Garfagnana, avevano la cittadinanza lucchese, come afferma lo Sforza, 100. E lui, probabilmente, che fa da intermediario con il Consiglio degli Anziani di Lucca, che, riunitosi il 12 dicembre 1447, nel contesto delle onoranze da rendere al nuovo Papa, decide di conferire la cittadinanza lucchese a Filippo Calandrini, de ornando reverendo... domino Filippo de Sarzana... civilitate nostra originaria et nativa (Sforza, 277 n. 10) nonché di acquistare una casa e donarla ad Andreola e Caterina, per ospitarle degnamente: unam domum in civitate lucana congruam et dignam ... qua sic empta donetur solempniter illustri et magnifice matrone et domine, domine Andriole ...et magnifice domine Caterine (Sforza, 278). 68 Cesare sembra essere stato uno dei primi beneficiari - sia pure indirettamente della nomina di Niccolò V; infatti già nell'aprile del 1447 viene nominato tesoriere di Perugia e del ducato di Spoleto, come afferma nel Diario il Oraziani, che - poco più oltre - sottolinea che «a questi dì de luglio (1447) venne la nuova come la Santità de nostro Signore, cioè papa Niccolò V, aveva au ta la tenuta del cassaro de Spoleto, nel quale poi se mise per castellano el nostro tesauriere, cioè messer Cesare suo cugnato» (Sforza, 280 n. 14). 69 Sforza, 281 n. 18. 70 Le notizie relative al progetto di ristrutturazione della Cappella di s. Tommaso nella Cattedrale di Sarzana si trovano nello Sforza, 246-48.

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II Antonio Manfredi PROPOSTE PER LA LICENZA IN MEDICINA DI BARTOLOMEO DI PARENTUCELLO E PER LA BIOGRAFIA SARZANESE DEL FIGLIO TOMMASO

La revisione dei documenti sulle origini sarzanesi e sulla famiglia di Niccolò V prevede anche il confronto con altre fonti coeve. Forniamo qui l'esempio di una pista emersa inaspettatamente. Bartolomeo di Parentucello in tutti gli atti a noi finora noti e ripresi nelle pagine precedenti, compare sempre accompagnato dal titolo dottorale di magister e dalla qualifica di physicus o cerusicus. Dunque egli non solo esercitò la professione medica, ma potrebbe aver seguito, seppure parzialmente, qualche corso di studi. Stessa condizione si rileva anche per il fratello Pietro, lo zio paterno del papa, presente nei documenti con titoli e appellativi analoghi. Un periodo di formazione potrebbe essersi svolto per Bartolomeo presumibilmente a ridosso del matrimonio con Andreola di ser Tomeo della Verrucola Bosi, sancito dai due atti del 1388 e del 1393; ma la precoce morte a Lucca nel 1401, durante l'epidemia di peste, collegata all'anno centenario, non aiuta a chiarire il breve corso di una vita situata - specie negli ultimi anni, quelli in cui vide la luce Tommaso in tempi sicuramente non facili: ce ne offre un'immagine non distante, per cultura e area geografica, da quella che potrebbe averne avuto Bartolomeo, il cronista lucchese Giovanni Sercambi, che già nel 1397 descrive la morid. Il Sercambi segue minuziosamente le vicende delle guerre locali, le tensioni create dallo scisma e le sconcertanti processioni di stampo millenaristico dei bianchi2 e permette di cogliere il disagio della piccola e media borghesia comunale alla chiusura tragica

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Le chronache di Giovanni Sercambi lucchese, II, a c. di S. Bongi, Lucca 1892 (1st. Storico Italiano, Fonti per la storia d'Italia, 20), 64-65. 2 Le chronache di Giovanni Sercambi, 290-370.

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ANTONIO MANFREDI

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di un secolo, fino al giubileo mancato del 14003. La stessa impressione, pur da un osservatorio culturalmente assai diverso, si ricava nelle lettere del cancelliere fiorentino Coluccio Salutati, che nella peste del 1400 perse dolorosamente un figlio4. Così i pellegrini penitenti e girovaghi dell'anno centenario furono falcidiati tra il 1399 e il 1401, ma contribuirono anche a propagare la peste che pesantemente subirono. Questo -in sintesi rapida - è dunque il clima, criticó e confuso, entro cui si situa la parte finale della vita e la morte di Bartolomeo di Parentucello, che appartenne ad una famiglia della borghesia sarzanese collegata, vedremo, alla professione medica, concretamente e intensamente attiva alla fine di un secolo spossato da pestilenze e morbi.

*

Una prima ipotesi che spieghi il titolo magistrale assegnato dai documenti a Bartolomeo potrebbe venire da una attribuzione coram populo, normale allora per chi aveva comunque iniziato gli studi universitari, anche senza condurli a termine5. Ben due dei quattro figli di Parentucello sono citati nei documenti in nostro possesso con titolo dottorale in medicina: Bartolomeo e Pietro. Da questi stessi documenti essi risultano orfani: il padre Parentucello sarebbe scomparso addirittura prima dell'atto del 1388, in cui figura li solo fratello maggiore, Iacopo. In questa condizione, dunque, l'ipotesi più semplice che spieghi un titolo dottorale del padre di Niccolò V porta a proporre l'avvio a studi in seguito troncati per ragioni familiari (la morte del padre) ed economiche (la scarsa disponibilità di beni in famiglia). La

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F. Melis, Movimento dì popoli e motivi economici nel giubileo del 1400, in Miscellanea Gilles Gerard Meersseman, Padova 1970 (Italia sacra, 15-16), 343-67; L. Palermo, L'anno santo dei mercanti: dibattito storiografico e documenti economici sul cosiddetto giubileo del 1400 , in Cultura e società nell'Italia medioevale. Studi per Paolo Brezzi, Roma 1988 (Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, Studi Storici, 188-192), II, 605-18. 4 Si veda soprattutto il secondo volume dell' Epistolario di Coluccio Salutati, a c. di F. Novali, Roma 1893 (1st. Storico Italiano, Fonti per la storia d'Italia, 16). 5 Si veda per la carriera medica di quel tempo e per i rapporti sociali il volume su Firenze, ma con molti paralleli per quanto diremo poi, K. Park, Doctors and Medicine in Early ReinassanceFlorence, Princeton 1985, soprattutto alle pp. 118-50.

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LA LICENZA IN MEDICINA DI BARTOLOMEO DI PARENTUCELLO

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preparazione ricevuta, anche se non completa, e quindi senza tracce documentarie nelle raccolte di acta graduum notarili dell'università frequentata, sarebbe dunque bastata, come per la maggior parte dei casi, ad esercitare una professione a livello locale dentro una famiglia in cui erano presenti altri membri che esercitavano la stessa arte. Un caso parallelo, pur in discipline diverse, può essere fornito da Giovanni Manzini della Motta - coetaneo e conterraneo di Bartolomeo, cioè fivizzanese e nato attorno al 1360 - che fu studente di diritto a Bologna, ma nel 1387, quindi in questi stessi anni, abbandonò gli studi per seguire Spinetta Malaspina, protettore della sua famiglia, al servizio di Gian Galeazzo Visconti6. Così il Manzini si inserì in quel gruppo «di personaggi minori, ma decisivi nella ricostruzione dell'ambiente politico e culturale milanese», cui fa capo anche una produzione epistolare tra pubblica e privata, confluita in sillogi ricche di spunti e notizie7. Ma per Bartolomeo si può proporre, pur con le dovute cautele, un'altra ipotesi che leghi al padre di Tommaso un documento finora mai preso in considerazione in tal senso. Si tratta di un diploma di licenza in medicina, datato al 26 luglio 1390 e conservato tra le minute notarili degli atti accademici di Pavia e quindi pubblicato ormai da quasi un secolo nel codice diplomatico di quell'università8: Die xxvj lulli. D. Henricus vicarius domini Episcopi in remotis agentis, licentiavit in medicina magistmm Bertholomeum de Sarzana, presentatum per magistros lohannem de Vitudono, Silanum de Nigris, et Petrum de Sarzana, doctores, suis nominibus et nomine magistri Petri de Tusignano doctoris etc. et examinatum per magistros Antonium de Cusano et Marsilium de Sancta Sophia, Zaninum de Sartirana, Antonium de Bremide, Augustinum de Calzacarariis, Cristoforum de Placentia, Francischum de Strazapatis, Martinum de

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Su di lui almeno Gius. Billanovich, Terenzio, Ildemaro, Petrarca, e Petrarca, Pietro da Moglio, Pietro da Parma, «Italia medioevale e umanistica», 17 (1974), 29-34, 22 (1979), 383, e poi Nella tradizione dei «Commentarii» di Cesare. Roma, Petrarca, i Visconti, «Studi petrarcheschi», 7 (1990), 307-10, e infine Petrarca e il primo Umanesimo, Padova 1996 (Studi sul Petrarca, 25), 108, 448, 491. Ma si veda anche quanto qui scrive G. Petti Balbi a p. 475. 7 G. M. Monti, Una raccolta di 'Exempla epistolarum IL Lettere pubbliche e private di ambiente cancelleresco visconteo, «Italia medioevale e umanistica», 31 (1988), 151-203, in part. 152-53. 8 R. MaiOCCHI, Codice diplomatico dell' università di Pavia, I, (1361-1400), Pavia 1905, 179-80, n0 356.

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Viqueria, Antonium de Gradi, Beltraminum de Morigiis et Gristoforum de Guastonibus doctores etc. Et iuravit Actum in ecclesia papiensi, etc. Nell'imbreviatura non figurano i testes, tra cui saranno da annoverare i bideli (sic) generales, citati negli atti precedenti, Giovannolo Ronfigli e il più noto Ambrogino Monti, recentemente riemerso per valutazioni di manoscritti fornite in questi stessi anni per nomi che ricorrono in altri documenti contigui9. Quali sono le probabilità di riconoscere in questo personaggio finora del tutto sconosciuto il padre dèi futuro papa? La difficoltà maggiore che si incontra nel far coincidere le due figure è costituita senz'altro dal cognome: il documento non riporta per il magister licenziato alcun patronimico, ma solo l'indicazione della provenienza. Tuttavia tale difficoltà potrebbe venir superata constatando che in tali documenti era prassi normale citare le persone coinvolte ricordando quasi solo la città di provenienza10; si tenga inoltre conto che il padre di Bartolomeo, Parentucello, era già defunto nell'anno in cui fu rogato l'atto che stiamo esaminando. Nella medesima situazione ci si imbatte esaminando, pochi decenni dopo, la documentazione bolognese più remota riferita al figlio Tommaso. Egli normalmente viene definito magister Thomas de Sarzana e solo in un atto, ma non riguardante l'università, egli compare come Thomas Bartholomaei de Sarzana (24 febbraio 1421)11^ proprio la formula con la città di origine è quella da lui costantemente usata nelle note di possesso sui volumi12. Il cognome Parentucelli infine sembra imporsi più tardi nella storia di famiglia: quando cioè essa viene nobilitata dalla elezione papale di Niccolò V. La proposta di identificare nel padre del futuro Niccolò V il titolare del documento pavese si rafforza se da un lato constatiamo che finora

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Su di lui BlLLANOVTCH, Il testo di Livio. Da Roma, a Padova, a Avignone, a Oxford, «Italia medioevale e umanistica», 32 (1989), 80-82. 10 Lo dimostrano a sufficienza lo stesso indice del Maiocchi, Codice diplomatico, e l'ampia messe di nomi riportata da C. Piana, Ricerche su le università di Bologna e di Parma nel sec. XV, Quaracchi 1963 (Spicilegium Bonaventurianum 1), e Nuove ricerche su le università di Bologna e di Parma nel sec. XV, Quaracchi 1966 (Spicilegium Bonaventurianum, 2), Nuovi documenti sull'Università di Bologna e sul collegio di Spagna, Bologna 1976. 11 Piana, Nuovi documenti, 529. 12 A. Manfredi, / codici latini di Niccolò V, Città del Vaticano 1994 (Studi e Testi, 359), LXXVII n. 145.

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non risulta in Sarzana altro medico coevo con il medesimo nome, e se dall'altro collochiamo la licenza dentro la cronologia che emerge dalle altre notizie riguardanti Bartolomeo e la sua famiglia. Bartolomeo infatti non compare nel rogito del 1380 relativo alla promessa di matrimonio del fratello Iacopo, ma la sua presenza avrebbe potuto risultare inutile, essendo Iacopo il primogenito; e forse era dispensato dalla maturità legale non ancora raggiunta. Bartolomeo è invece parte in causa nella propria promessa di matrimonio del 1388 già con titolo di magister physicus, probabilmente secondo la prassi, più sopra ricordata, che ne voleva l'attribuzione anche agli studenti in corso. L'atto di matrimonio con Andreola è rogato solo nel 139313, quindi dopo la licenza, che si collocherebbe tra la promessa e la conclusione del contratto di nozze. Inoltre nell'S? Bartolomeo non è presente in un atto di famiglia, mentre compare nella stipula di un prestito datata al 1392. Conseguita la licenza universitaria del secondogenito, la famiglia potrebbe essersi trovata sfornita di soldi, dovendosi tener fede a patti matrimoniali piuttosto gravosi e mentre uno dei fratelli, Pietro, anch'egli indicato come magister physicus, era forse ancora in corso di studi14, e in effetti il primo a comparire nell'atto del prestito è precisamente Pietro. Assenze, presenze e impegni economici del medico Bartolomeo risultanti dalla documentazione oggi disponibile non contraddicono quindi il documento pavese, anzi sembrano assecondarlo, delineando una sequenza normale: i primi studi, l'impegno matrimoniale, la conclusione della licenza, il ritorno alla professione ordinaria e infine, dopo aver acquisito maggiore tranquillità economica, l'adempimento della promessa coniugale; qualche anno dopo (1397) seguirà la nascita del primo e unico figlio. Gli anni conclusivi del secolo XIV, segnati, come si accennava, dal grande scisma e da ondate di malattie e tensioni millenaristiche, chiuderanno anche la breve esistenza del nostro personaggio, la cui nascita andrà forse collocata negli anni Sessanta del Trecento. Anche le condizioni politiche coeve offrono un'altra conferma ad un probabile ciclo di studi pavesi di Bartolomeo. L'alleanza dei Ma-

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Si veda alla p. 603. Purtroppo per lui non è emerso finora alcun documento che segni la conclusione della preparazione universitaria. 14

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laspina con Gian Galeazzo Visconti, abilissimo nel destreggiarsi tra le due obbedienze dello scisma in corso, portò la Lunigiana sotto l'influenza del Conte di Virtù, che avrebbe messo le mani anche su Pisa. Le vicende biografiche, appena citate, del Manzini indicano in un altro personaggio di ambiente colto lunigianese lo spostamento di interessi verso l'asse visconteo; così potrebbe essere avvenuto per uno studente di poco più giovane, quale fu probabilmente Bartolomeo. La recente università pavese, sostenuta dal signore lombardo, costituiva in quel momento la meta più ovvia, anche per la presenza in Pavia di altri conterranei. Del tutto diversa la strada percorsa qualche decennio dopo dal figlio Tommaso negli anni successivi al 1410, che videro il declino dell'espansionismo visconteo. Così Tommaso, mostrando da subito la stessa concretezza del padre, si collocò dapprima a Firenze, nel 1417-18, centro vivacissimo di studi e di interessi proprio negli anni del concilio di Costanza, poi definitivamente a Bologna, ridivenuta, al ritorno del papa in Italia e poi a Roma, sede principale per gli studi degli ecclesiastici rivolti verso la curia. Cerchiamo dunque di conoscere meglio i personaggi in gioco nel documento che sembra vedere implicato il padre di Tommaso, nomi la cui biografia può essere meglio delineata dopo cento anni di studi sull'università di Pavia. La licenza è conferita a Bartolomeo da Sarzana dal vicario del vescovo di allora, dichiarato assente perchè agens in remotis. In effetti il teologo francescano Guglielmo Centueri, che fu titolare della diocesi pavese dal 1386 al 1402 e per conseguenza cancelliere dello Studio15, e che fu autore fra l'altro di un noto libello contro la Monarchia dantesca, ebbe grande parte nello sviluppo e nel riconoscimento da parte della Santa Sede di obbedienza romana delle prerogative dell'università di Pavia e questo accadde proprio nel 1389, presumibilmente intanto che il futuro licenziato percorreva il suo cammino di studi. Ma che il vescovo fosse assente dalla diocesi si sa da altri e ben più importanti documenti: nel gennaio del 1389 era stato inviato dal duca a Padova insieme ai consiglieri di Gian Galeazzo Visconti, Andreasio 15

Guglielmo Centueri da Cremona, Trattato "De iure monarchiae", a cura di C. Cenci, Verona 1967, 12-38; M. Palma, Guglielmo Centueri, in DB1, 23, 1979, 611-14, e Monti, Una raccolta di Exempla epistolarum Il, Lettere pubbliche e private di ambiente cancelleresco visconteo, «Italia medioevale e umanistica», 31 (1988), 201; G. BlLLANOVTCH, Iprimi umanisti italiani nello scontro tra papa Giovanni XXII e Ludovico il Bavaro, «Italia medioevale e umanistica», 37 (1994), 180-81.

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Cavalcabò e Niccolò Spinelli, per definire le questioni riguardanti i beni dei Carraresi vinti, tra cui la biblioteca del Petrarca16, trasportata in seguito nel castello di Pavia. Così ancora nello stesso 1390 il Centueri risiede a Milano, in modo stabile e nel pieno dell'attività diplomatica a favore della corte. Nel documento lo sostituisce Enrico Dina, vicario episcopale e vicecancelliere17. L'elenco dei professori relatori e esaminatori permette di conoscere le linee di fondo seguite nei suoi studi da Bartolomeo. Secondo gli statuti del collegio dei medici di Pavia, approvati nel 1409, ma probabilmente in uso già prima, gli esami prevedevano due relatori. Qui ne compaiono tre. Il primo è il conterraneo sarzanese Pietro Pazzi, professore ad legendum in scientia philosophie moralis et astrologie dal 1387, quando compare come doctor deputatus, fino almeno al 1391: a Pavia egli si era licenziato nel 138318. Probabilmente proprio la presenza di questo professore attirò a Pavia Bartolomeo e altri studenti di Sarzana: il Pazzi infatti è normalmente presente nel collegio giudicante delle lauree in medicina, meno di frequente è però tra i relatori. Qui è affiancato da due professori entrambi docenti di medicina pratica: il più noto Giovanni Capitani da Vittuone e, accanto a lui, Sfilano Negri. Il Capitani insegnò per un trentennio (1374-1404) a Pavia pratica ordinaria: autore di Consilia e almeno di un trattato, sembra rivolgere la sua attenzione di insegnante soprattutto alla preparazione degli studenti nei campi della patologia e della terapia. Allo stesso indirizzo sembrano rivolti gli studi di Sfilano Negri, che possedette un commento al Liber novum ad Almasorem di Rhazes, opera dedicata all'elencazione delle malattie e alle relative cure. Gli insegnanti di medicina teorica figurano invece tra gli esaminatori: il ben noto Marsilio Santasofia, spostatosi pochi anni prima da Padova a Pavia: nei libri da lui posseduti e tuttora conservati, in particolare negli esemplari àe\YArticella, si trova ampia traccia dei suoi interessi e dell'impostazione da lui data all'insegnamento durante il periodo pavese19; poi Giovanni/Zanino da

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R. Zucchi, Ottonello Descalzi e la fortuna del «De viris illustribus», «Italia medioevale e umanistica», 17 (1974), 474-75. 17 Maiocchi, Codice diplomatico, pp. 448-49, ad indices. 18 Maiocchi, Codice diplomatico, p. 460, ad indices. 19 T. Pesenti, Le «Articelle» di Daniele e di Marsilio Santasofia (f 1410), professore di medicina, «Studi petrarcheschi», 7 (1990), 79-92, e The Articella Commentaries by Marsilio

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Sartirana, principale allievo di quello che si potrebbe ritenere il fondatore della cattedra di medicina teorica ordinaria a Pavia, Albertino da Salso. Zanino insegnò tra il 1374 e il 1404, seguendo l'impostazione bolognese avviata dal maestro20. Dunque sembra di percepire che nel curriculum Bartolomeo abbia privilegiato l'aspetto della medicina pratica, quasi sostituendo la medicina teorica con la filosofia logica e l'astrologia. Anche questo dato sembra confermare la sovrapposizione tra lo studente pavese e il padre del futuro pontefice: Bartolomeo di Parentucello aveva evidentemente programmato di fare ritorno alla città di origine dove la famiglia possedeva una farmacia, gestita dal fratello maggiore, Iacopo e dove un'altra farmacia possedeva la mauigna di Andreola, Bella, e a cui Bartolomeo fece giungere le proprie cure21. Cresciuta rapidamente all'ombra dell'avo Parentucello, la famiglia del futuro papa si colloca dunque, sia a livello professionale che matrimoniale, tra la piccola nobiltà e l'alta borghesia locale: nella stessa linea di molti medici professionisti coevi in Firenze22. E si tenga conto che questo interesse per gli studi medici in Sarzana non nasceva dal nulla: alla generazione di Parentucello appartiene infatti Benedetto da Sarzana23, collega di Giovanni Santasofia a Padova e allievo del ben noto Giovanni Dondi. A lui si attribuiscono, pur con qualche incertezza proprio rispetto a Giovanni Santasofia, Receptae e commenti tra cui uno al De passionibus oculorum del libro III del Canone di Avicenna24. Benedetto, promosso al dottorato dal Dondi, insieme al fratello Giovanni, attorno al 1369 appartenne al collegio dei professori di medicina a Padova dal 1370, e nel 1378 ne fu preposto, nel 1380 risulta presso i Carraresi. Dal suo testamento, redatto nel 1383, emerge il suo ininterrotto legame con la città natale: dispose infatti che gli venisse eretto

Santasofia ofPadua, in Articella Studies. Papers of the Articeüa Project Meeting. Cambridge, December 1995, Cambridge-Barcelona 1998,1-9. 20 Per tutte queste notìzie si veda diffusamente T. Pesenti, Le origini dell'insegnamento medico a Pavia, in Storia di Pavia, III, Milano 1990, 466-74. 21 Si veda qui a p. 602-603. 22 Park, Doctors, 158-87. 23 A. Gloria, Monumenti dell'Università di Padova (1318-1405), Padova 1888, 403-404 n" 763. 24 Devo alla premura di Tiziana Pesenti anche la verifica di queste notizie.

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un monumento funebre, in abiti dottorali, nella chiesa di San Francesco, luogo di sepoltura prediletto anche della famiglia Parentucelli. Il documento pavese apre dunque uno squarcio inatteso sugli ascendenti sociali e familiari e sul futuro di Tommaso: lo zio Iacopo, capofamiglia e farmacista, si impegnò a far studiare in medicina i due nipoti dopo la morte del padre; in tre avrebbero dovuto quindi strutturarsi in una vera consorteria, che si apparentò con due famiglie potenti ed economicamente meglio dotate: la famiglia di ser Tomeo della Verrucola Bosi, le cui figlie sposarono il farmacista Iacopo e il medico Bartolomeo, e di Iacopo Calandrini, la cui figlia sposò l'altro physicus, Pietro. Purtroppo la morte precoce di Bartolomeo fece venir meno uno dei pilastri di questo progetto, ma la strategia famigliare continuò. Andreola, legata da un lato ai Parentucelli nel nome del piccolo Tommaso, si risposò con Tommaso di Iacopo Calandrini, mantenendosi nella linea delle scelte compiute dalle tre famiglie (Parentucelli, della Verrucola, Calandrini) tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90 del Trecento. In questa stessa linea si chiarisce anche il curriculum universitario dell'orfano Tommaso: dopo il periodo fiorentino, nel 1420 il futuro papa si laurea in arti, seguendo quindi dapprima gli interessi di famiglia25. Ma l'assunzione presso Niccolò Albergati e la permanenza all'università bolognese sembrano mutare il rapporto con l'ambiente di origine: nel 1423 egli risulta infatti studens in sacra pagina, quindi si è già indirizzato alla teologia e compare già come commensale del vescovo bolognese26. In questo stesso anno gli vengono assegnate, su sua richiesta, le prime prebende ecclesiastiche, segno evidente di un passaggio completo allo stato clericale, che egli per primo assume all'interno della sua famiglia. Ma è nei due anni successivi che sembra consumarsi una sorta di distacco tra Tommaso e gli altri Parentucelli. Nel 1424 muoiono i due zii Pietro e Baliantino; nel testamento di Baliantino Tommaso figura tra gli eredi dell'asse principale, quale figlio unico di Bartolomeo: il titolo con cui egli appare nel documento è però piuttosto modesto («domino Tomaxio ... nepoti et filio quondam magistri Bartholomei cerusici»27) ; nel settembre nel 1424 lo stesso 25 26 27

Piana, Nuove ricerche, 118-19. PIANA, Nuovi documenti, 203. Sforza, 46.

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Tommaso incarica, con procura notarile da Bologna, il fratellastro Federico, fratello di Filippo Calandrini, di vendere a proprio nome alcuni appezzamenti di terra collocati loco dicto ad Fundamentum, forse tali beni sono parte dell'eredità paterna toccata a lui direttamente28. La compravendita è rogata nel febbraio 1425 e l'acquirente è nientemeno che Tommaso Campofregoso signore della città. Del tutto diversi dall'anno precedente e ben più solenni i titoli che per Tommaso risultano dall'atto notarile: «egregii artium doctoris domini Magistri Thome, Canonici Lunensis, filii quondam magistri Bartholomei physici quondam Parentucelli de Sarzana». Tommaso è ormai distante non tanto da Sarzana, quanto dalla consorteria paterna e avviato a ben altra carriera. E infatti nel 1443 Tommaso risulta ancora tra gli eredi dell'ultimo suo zio, Giambono, ma potrà avere la sua parte solo se tornerà a Sarzana ad habitandum o in caso di figli legittimi. Due condizioni - possiamo concludere - pressoché impossibili a verificarsi. E infatti solo qualche anno prima, nel 1441, tutti i canonici singolarmente elencati29 del Capitolo di Luni con atto pubblico («ex hoc publico instrumento sit omnibus manifestum») e ovviamente senza alcuna opposizione interna («nemine discrepante») gli fanno giungere la nomina a «procuratorem ... licet absentem, scilicet tamquam presentera, specialiter et expresse, in omnibus et singulis ... causis, litibus et questionibus presentibus et futuris ... actorem, factorera et ceterum nuncium specialem». Il rango ormai assunto dal giovane prelato di curia è ben in evidenza nei titoli assegnati: «reverendissimum in Christo patrem dominum magistrum Thomam de Parentucellis de Sarzana, in artibus doctorem famosissimum, subdiaconum apostolicum, et nunc in Curia Romana Florentie residentem». Da poco concluso il Concilio di Firenze, che lo vide tra i segretari più attivi, Tommaso è ormai inserito in curia non più solo all'ombra dell'Albergati, ma con una propria indipendenza che lo avvicina notevolmente ad Eugenio IV. La procura offerta dal Capitolo

28

Sforza, 207; A. Sorbelli, La biblioteca capitolare della Cattedrale di Bologna nel sec. XV, «Atti e memorie della Deputazione di storia patria per la Romagna», s. Ili, 21 (1903), 62. In effetti nell'atto di matrimonio del padre (Sforza, 37) figurano beni collocati nella stessa località. 29 Sforza, 207 n. 15: putroppo la trascrizione fornita non è completa, mancano appunto i nomi dei canonici.

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LA LICENZA IN MEDICINA DI BARTOLOMEO DI PARENTUCELLO

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límense avrebbe dato frutti notevoli di lì a pochi anni nelle tante bolle concesse da Niccolò V ai canonici30. Se altri documenti non verranno a smentire l'attribuzione a Bartolomeo della licenza pavese, gli studi in filosofia e medicina del padre dentro le strategie locali di una consorteria familiare sono l'evidente e non certo sprovveduto retroterra culturale entro cui nacque Tommaso e che certamente influì sulla sua formazione iniziale e sulle sue prime scelte. Ma altre vicende e altri incontri, a Firenze e Bologna, avrebbero spostato il figlio dell'allievo pavese di Marsilio Santasofìa verso ben altre prospettive universitarie, ecclesiastiche e umanistiche. Così nulla delle probabili letture paterne è emerso finora dalla biblioteca papale: i libri di Bartolomeo probabilmente rimasero in famiglia. Forse - ma senza legame diretto - solo un bel codice del continens di Rhazes, in due tomi ora Vat. lat. 2398 e 239931, pare un ricordo pallido, nella biblioteca del papa, della formazione eminentemente pratica cercata a Pavia da Bartolomeo di Parentucello.

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Si aggiunga anche, come mi suggerisce mons. Freggia, che in un elenco, pu troppo frammentario, di pagamenti per il 1441 risulta che un Thomas, non meglio specificato, è titolare dell'arcidiaconato lunense: sarà da identificare nel futuro papa? Sarzana, Archivio Capitolare, Filza Massariae, 5, f. Iv. 31 Manfredi, I codici, 313-14.

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Ill Cristiano Artizzu - Chiara Baldacci - Giulia Rangoni FILIPPO CALANDRIMI E LE SUE LETTERE AL CAPITOLO DI LUNI-SARZANA

Filippo Calandrini nacque a Sarzana nel 1403 dalla stessa madre di Tommaso Parentucelli, Andreola della Verrucola Bosi, sposata dapprima a Bartolomeo di Parentucello, dal cui matrimonio nel 1397 era nato il futuro pontefice. Rimasta vedova nel 1401, Andreola si risposò dunque assai presto con Tommaso Calandrini, il padre del primogenito Filippo1. Tommaso Paren tucelli e Filippo Calandrini, i due fratellastri primogeniti, scelsero entrambi, primi nelle due famiglie rispettive, lo status ecclesiastico, che abbracciarono però da vie piuttosto diverse. Tommaso, passato presto a Firenze nel pieno clima umanistico del secondo decennio del secolo XV2, fu assunto all'inizio degli anni Venti da Niccolò Albergati a Bologna dove frequentò, eccezionalmente per i tempi, prima la facoltà di Arti e poi quella di Teologia, incardinandosi nella diocesi felsinea3. Filippo rimase in più stretto contatto con la sua città e la sua terra e divenne prima canonico di Luni4, poi di

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Si veda per questi dati qui a p. 607. C. VÀSOLI, Profilo di un papa umanista: Tommaso Parentucelli, in Studi sulla cultura del Rinascimento, [Manduria] 1968, 71-76; ma si veda anche S. Gentile, qui alle pp. 237-38. 3 VÀSOLI, Profilo, 76; C. Piana, Nuove ricerche su le università di Bologna e di Parma, Quaracchi 1966 (Spicilegium Bonaventurianum, 2), 112, 118-19, 137, 147, 193, 196, 260, 312-15, 321, 325, 367-68; e Nuovi documenti sull'Università di Bologna e sul Collegio di Spagna, Bolonia 1976 (Studia Albornotiana, 26), 189, 203, 212-13, 529, 586, 724-25, 730, 733, 736, 743-44, 746, 759, 780-81, 788, 812, 817, 819, 832, 835-39, 848, e ancora, da ultimo, Visita pastorale alle chiese parrocchiali della città di Bologna sotto il cardinal Albergati nel 1437, «Rivista di storia della Chiesa in Italia», 40 (1986), 32 e n. 2, che supera nettamente e largamente quanto già in parte intuito e raccolto da P. deTÓTH, Il beato cardinale Nicolò Albergati e i suoi tempi, 1375-1444, Acquapendente 1934, I 281, II 460-62. Sulla scorta di queste ricerche A. Manfredi, / codici latini di Niccolò V, Città del Vaticano 1994 (Studi e testi, 359), XXXV-XXXVII, e Vicende umanistiche di codici vaticani con opere di sant'Ambrogio, «Aevum», 72 (1998), 575-79. 4 Vedi qui a p. 634 per un atto del 1438. 2

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CRISTIANO ARTIZZU - CHIARA BALDACCI - GIULIA RANGONI

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Lucca (1440). Finora non risultano documentati né da atti accademici né da titoli i suoi studi, che andranno forse collegati ad un più normale curriculum di ecclesiastico secolare, cioè all'amministrazione e al diritto civile e canonico5. Scarse sono dunque le notizie su di lui fino al dicembre 1447, quando il Calandrini fu nominato vescovo di Bologna. Lo Sforza6 ha recuperato e pubblicato due documenti del 1440, nei quali Filippus de Sarezanaè ammesso all'arcidiaconato vacante nel Capitolo di Lucca: i canonici lucchesi accettarono di buon grado la nomina presentata con lettera di Eugenio IV. Il personaggio in questione non compare con titoli dottorali ed è lo stesso Sforza a proporre l'identificazione con il Calandrini, che aveva allora trentasette anni. In questo periodo Tommaso Parentucelli risiedeva presso la curia papale a Firenze con un ruolo, ancora legato all'Albergati, ma già largamente autonomo: il suo nome compare tra quelli dei delegati latini che il 26 giugno 1439 ebbero dal papa l'incarico di concludere i patti con la parte greca7, nell'autunno del 1439 egli si impegnò anche per la riconciliazione con la Chiesa armena8 e in questi stessi anni fu nominato suddiacono apostolico: è dunque lecito domandarsi se egli abbia avuto influenza nella nomina del fratellastro a Lucca. La bolla con cui Niccolò V elegge il Calandrini a vescovo di Bologna (1447)9, conferma l'intuizione dello Sforza: Filippo vi compare infatti tunc Archidiaconum Ecclesiae Lucensis, ma anche con un titolo curiale, acquisito nel frattempo (Notarium Nostrum), in cui troviamo traccia di studi giuridici e

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Alla maggior parte dei sacerdoti secolari il diritto apriva i gradi superiori della gerarchia e dell'amministrazione ecclesiastica: «Specialmente agli scolari di diritto canonico si presentavano prospettive lusinghiere, spesso realizzate con rapide carriere ecclesiastiche», quindi «pochissimi gli studenti di teologia appartenenti al clero secolare», a differenza degli ordini mendicanti che si occupavano prevalentemente di studi teologici, predicazione e catechesi. Piana, Nuovi documenti, 199, 203. 6 G. Sforza, La patria, la famiglia e la giovinezza di papa Niccolò V, Lucca 1884, 1884, 98-122 n. 40. 7 A. Santacroce, Acta latina concila fiorentini, ed. G. Hofmann, Roma 1955 (Concilium Florentinum documenta et scriptores, B, 6), 252-53. 8 Manfredi, Per la biblioteca di Tommaso Parentucelli da Sarzana negli anni del Concilio fiorentino, in Firenze e il Concilio del 1439. Convegno di studi, Firenze, 29 novembre - 2 dicembre 1989, a c. di P. Viti, Firenze 1994 (Biblioteca storica toscana, 29), 650 e n. 3. 9 Pubblicata in Vitae et res gesta pontificum romanorum et S.R.E. cardinalium, ab initio nascentis Ecclesiae, usque ad Clementem IX..., A. ClACONll & aliorum opera descriptae, II, Romae 1677, 973.

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LETTERE DEL CALANDRIMI

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della già avvenuta consacrazione presbiterale {in Sacerdotium constitutum). Sulla cattedra episcopale — va sottolineato - il Calandrini non successe direttamente a Parentucelli, ma sostituì Giovanni da Poggio, che di Niccolò V fu vicario e amico: nominato subito dopo l'elezione papale, egli morì poco tempo dopo, proprio al ritorno da una visita al papa10. A questa nomina seguirono per il Calandrini incarichi di natura soprattutto amministrativa: negli anni immediatamente successivi fu governatore di Spoleto e legato nella Marca d'Ancona. A Spoleto si trasferì con la madre, che morì nel 145111. Alla fine del 1448, poco dopo l'elezione vescovile^ Niccolò V lo nominò cardinale, ma, a quanto pare, su pressione del sacro collegio12. Il Calandrini servì cinque pontefici e solo durante il breve pontificato di Callisto III sembra porsi, come molti cardinali vicini a Niccolò V, in ombra: giunse tuttavia presto ad una delle massime cariche curiali, quella di penitenziere maggiore, che esercitò per quasi un ventennio13. Una vita, 10

Si rimanda rapidamente a Piana, Nuovi documenti, 212 e 854-55 n0 2135. 11 Una sintesi biografica, attenta soprattutto agli impegni curiali, in C. Gennaro, Calandrini, Filippo, in DEL, XVI, Roma 1973, 450-52. Ad essa si aggiungano le indicazioni ricavabili dagli spogli bolognesi in Piana, Ricerche su le università di Bologna e di Parma nel secolo XV, Quaracchi 1963, 49, 72, 75, 92, 94, 104, 110; Nuove ricerche, 118, 271, 288, 290, 370, 377, 425, 480, 482, 485; Nuovi documenti, 212-13, 857, 864, 883, 889-90, 923; Il «Liber secretus iuris caesarei» dell'Università di Bologna, 1451-1500, Milano 1984, 8, 48; Il «Liber secretus pontificii» dell'Università di Bologna, 1451-1500, Milano 1989 (Orbis academicus, saggi e documenti di storia delle università, 2), 54 n. 293, da cui risulta che egli era normalmente sostituito da vicari. Risulta anche la presenza di sarzanesi tra i suoi collaboratori diretti, in particolare del suo chierico Giovanni Antonio Martini da San Vererio o da Sarzana, presente in atti dal 1462 al 1477: Piana, Nuove ricerche, 79, 82, 92, 95, 99-101, 103-104, 106-12, 114, 117, 119, 121, 123, 133, 136, 140. Qualche notizia si ricava anche per il nipote chierico Giuliano, che dallo Sforza, La patria, tav. II, risulta canonico di Bologna dal 1473 al 1476. In Piana, Ricerche, ITI, e Nuove ricerche, 485, risulta ordinato diacono nel 1479 da Bartolomeo Uggeri da Pontremoli, vescovo di Brugnato e promosso al presbiterato da Achille Calvi, vescovo di Cervia, ma già nel 1470 studiava diritto canonico a Bologna e abitava in casa del cardinale. Sull'Uggeri, vescovo di Brugnato, P. Tomaini, Brugnato città abbaziale e vescovile. Documenti e notizie, Città di Castello 1957, 250-51. 12 L'insistenza del collegio cardinalizio per la nomina del Calandrini, giunta per altro dopo la nomine a vescovo di Bologna, è ricordata da Vespasiano da Bisticci, Le vite, ed, critica con introd. e commento di A. Greco, I, Firenze 1970, 61; non ne parla invece il Manetti, per cui da ultimo si veda: G. Manetti, Vita di Nicolò V, trad, it., introd. e commento a c. di A. Modigliani, premessa di M. Miglio, Roma 1999, 88,113. 13 Compare frequentemente anche negli atti pubblicati da F. Tamburini, Santi e peccatori. Confessioni e suppliche dai Registri della penitezieria dell'Archivio Segreto Vaticano

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la sua, trascorsa pressoché sempre neH'orbita della curia pontifi-cia: le incombenze che egli ricevette fino quasi all'anno della morte furono sempre in collegamento con gli uffici papali e lo costrinsero a lasciare con frequenza Roma: morì a Bagnoregio, vicino a Viterbo, nel 1476. Questa trafila ecclesiastica fu costante, lunga e centrale nella curia del secondo Quattrocento, il Calandrini seppe destreggiarvisi as-sai bene, rischiando l'elezione al Soglio di Pietro dopo la morte di Callisto III, con sette voti ottenuti nel primo scrutinio e poi dirottati su Pio II; si alleò anche con Paolo II, da cui ebbe grande stima, e con Si-sto IV, che lo nominò vescovo di Porto, la prima diocesi suburbicaria. Calandrini fu dunque personaggio di spicco nel panorama quattrocentesco^ italiano, anche se finora non ha avuto tutta l'attenzione che meriterebbe. Emergono tuttavia dagli studi più recenti corpi di documentazione e piste di ricerca che promettono frutti ulteriori: fitte, ad esempio, sono le tracce di lui nel carteggio, appena edito del confratello cardinale Iacopo Ammannati Piccolomini, anch'egli potente e coltissimo curiale14; di non minore importanza per definire la sua personalità culturale sono le indicazioni ricavabili dai cataloghi vaticani sulla sua passione per i libri, che evidentemente condivise con il fratellastro papa15. Anche dal Fondo mediceo avanti il principato dell'Archivio di Stato di Firenze emergono atti che lo riguardano e che lo collegano quindi direttamente con la potente casta familiare di banchieri e signori toscani, soprattutto con Lorenzo di Piero di Cosimo16. Un'altra (1451-1586), presentazione di A. Agnoletto, Milano 1995, 128, 129, 134, 140, 142, 143, a p. 75 indicazioni generali sugli estremi cronologici del suo mandato. Si veda anche Tamburini, Note diplomatiche intomo a suppliche e lettere di Penitenzieria, «Archivum historiae pontifìciae», 11 (1973), 175 e n. 2. 14 I. Ammannati Piccolomini, Lettere (1444-1479), a c. di P. Cherubini, Roma 1997 (Pubblicazioni degli archivi di Stato, Fonti, 25), 156, 348, 451, 459, 462, 478, 497, 579, 627, 655, 702, 718, 742, 763, 985-86, 1001, 1012, 1013, 1014.15, 1019, 1106, 1107, 1156, 1157, 1314, 1321, 1410-11, 1760, 1801, 1947, 255-57, 2063-64, 2067, 2075-76. 15 MANFREDI, Traversari, Parentucelli e Pomposa: ricerche di codici al servizio del Conàlio fiorentino, in Ambrogio Traversavi nel VI centenario della nascita. Atti del convegno, a c. di G. C. Garfagnini, Firenze 1988, 176 n. 41, e I codia, LXXXVI, p. 73 n0 118 con bibliografìa sulla biblioteca finora nota, poi anche alle pp. 123 n0 193, e 219-20 n0 350. 16 Archivio di Stato di Firenze, Archivio mediceo avanti il principato. Inventario, II, Roma 1955 (Pubblicazioni degli archivi di Stato, 18), 64: filza XXIV, n1 107, 189, 362, lettere a Lorenzo di Piero di Cosimo, tutte da Roma 1472; 276: filza XXIV, n0 31, a Lorenzo di Piero, Roma 1476; 455: filza XLVI n0 16, Siena 1459, n0 36, Roma 1462, entrambe a Giovanni di Cosimo; 460: filza XLVI n1 90, 99, 114, Roma 1471, n0 119, Bagnoregio 1471,

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LETTERE DEL CALANDRINI

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serie di documenti epistolari del Calandrini emerge anche dalla collezione Litterarum dell'Archivio di Stato di Genova17.

Un'altra linea di ricerca documentaria, scarsamente presa in considerazione nel profilo biografico apparso sul Dizionario biografico degli italiani, è emersa dagli archivi sarzanesi. I rapporti del cardinale con la città di origine sono già noti e densi, soprattutto sotto l'aspetto della promozione delle arti: sono opera sua il completamento della facciata della Cattedrale e, nel transetto di destra, la costruzione della cappella dedicata a s. Tommaso patrono del fratello papa, il conseguente spostamento della grande ancona marmorea originariamente nell'altare maggiore e la committenza, sempre dovuta al Calandrini, di una parallela struttura collocata nel transetto di sinistra18. Un dono del Calandrini alla Cattedrale è anche lo splendido parato in broccato rosso, tra i meglio conservati in Italia per questo periodo19. Tali rapporti sono testimoniati anche da un gruppo di lettere inviate al Capitolo di Sarzana dalla segreteria del cardinale. Consultate solo in minima parte dallo Sforza, le lettere sono riemerse dalla fondamentale pubblicazione delle inscriptiones integrali settecentesche dei documenti dell'archivio capitolare lunense e lunense-sarzanese, munite di data e luogo di emissione20. Si tratta di trentanove missive individun0 141 Roma 1471, n0 220 Roma 1473, n1 247 e 284 Roma 1473, n0 347 Lucca 1474, n0 354 Sarzana 1474, n0 544 Lucca 1474, tutte a Lorenzo di Piero di Cosimo; Archivio di Stato di Firenze, Archivio mediceo avanti il principato. Inventario, IV, Roma 1964 (Pubblicazioni degli archivi di Stato, 50), filza CLXIII f. 20 a Piero di Cosimo, Roma 1464. 17 Vedi quanto già edito da F. POGGI, Lerici e il suo castello, Genova 1909, II 378-80. 18 Bastino qui i rimandi a F. Bonatti - M. Ratti, Sarzana, Genova 1991 (Le città della Liguria, 7), 37 n. 55, 80 e n. 96, 81, 82, 83, 90, 141, e C. Rapetti, Storie di marmo. Sculture del Rinascimento fra Liguria e Toscana, Milano 1998. Si veda anche il saggio di Donati, su questo stesso volume. 19 Su di esso si veda P. Peri, Il parato di Niccolò V, Firenze 1981. 20 I documenti dell Archivio Capitolare di Sarzana dal 1095 al 177(5, a c. di E. FREGOLA, La Spezia 1989 (Accademia lunigianese di scienze «G. Capellini», Studi e documenti di Lunigiana, 11), ad indices alla voce Calandrini, Filippo i riferimenti ai regesti, a cui vanno aggiunti N/22 e T/22.

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ate, in gran parte inedite21, il corpus più vasto finora noto per il cardinale sarzanese, contro le diciassette finora segnalate dall'Archivio di Stato fiorentino22: A/38 A/39 A/40 A/41 A/42 A/48 A/49 A/53 A/55 1/15 1/41 1/72 1/73 1/75 1/78 1/79 1/80 1/83 1/86 1/89 K/124 K/126 M/42 M/93 N/22 T/19 T/22 T/24 T/27 T/32 T/33 Y/8 V/ 63

1456, Dicembre, 4 non datata 1458, Gennaio, 22 1458, Aprile, 16 1458, Dicembre, 1 1464, Settembre, 19 1465, Aprile, 5 1469, Ottobre, 30 1473, Maggio 1472, Luglio, 20 1465, Ottobre, 17 1457, Gennaio, 13 1458, Gennaio, 17 1459, Gennaio, 22 1460, Giugno, 8 1461, Gennaio, 19 1464, Ottobre, 19 1468, Ottobre, 21 1475, Febbraio, 18 1475, Aprile, 21 1453, Ottobre, 3 1474, Ottobre, 3 1463, Ottobre, 18 1461, Aprile, 11 1465, Marzo, 31 1463, Luglio, 26 1465, Maggio, 24 1466, Aprile, 8 1467, Gennaio, 11 1467, Maggio, 31 1467, Giugno, 5 1472, Luglio, 15 1464, Ottobre, 29

21 Se si esclude una tesi di laurea che tratta della filza M, che cita solo sei lettere dell'epistolario: P. Cervia, Il libro M dell'Archivio Capitolare Lunense, detto il Gandolfo, Università agli Studi di Pisa, aa. 1991-92, relatore M. L. Ceccarelli Lemut. 22 Vedi alla n. 16.

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LETTERE DEL CALANDRINI V/65 V/136 Z/5 Z/8 Z/9 Z/12 Z/14

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1467, Maggio, 18 1467, Gennaio, 7 1463, Gennaio, 27 1465, Aprile, 3 1465, Maggio, 31 1467, Maggio, 3 1471, Luglio, 14

Ad esse va annessa - o per riferimenti interni o perché il Calandrini vi è chiamato in causa - un'altra serie, piuttosto affollata, di documenti, tra cui, ad esempio, quelli riguardanti la nomina del nuovo vescovo Antonio Maria Parentucelli, preconizzata dal cardinale e accolta favorevolmente dal Capitolo, oppure l'attuale Z/8, una lettera del sarzanese Giovanni Antonio Griffi, referente di Calandrini presso il Capitolo, ai canonici, che contiene una testimonianza sulla morte di Stefano Porcari dopo la ben nota congiura. Sarà interessante confrontare questa testimonianza con quella inviata dallo stesso cardinale da Roma nel 1453 ai magistrati di Lucca23. L'ultimo documento coevo che riferisce del Calandrini è poi la lettera, ora A/62, datata all'ottobre 1479, quindi dopo la morte del cardinale ed è scritta dal vescovo di Luni-Sarzana Antonio Maria Parentucelli e fa menzione di Giovanni Antonio da Panigale, familiaris e segretario del Calandrini, di cui compaiono almeno altri tre documenti, da connettere alle lettere cardinalizie: T/23, T/33, Z/13. Particolarmente significativo è anche l'atto G/18, dove il cardinale è citato tra i firmatari dell'atto di vendita di alcuni terreni appartenenti al Capitolo, mentre 1/94 riguarda piuttosto la famiglia e non direttamente il prelato. Dall'archivio emerge dunque una rete di documenti annessi o collegabili alle missive cardinalizie, a testimonianza di una costante e attiva presenza del porporato nelle vicende, grandi o minute, del Capitolo di cui insieme al fratellastro aveva fatto parte: anzi si può dire che quanto resta dell'archivio del secondo Quattrocento, tolte naturalmente le bolle niccoline, si plasma attorno alla fitta corrispondenza calandriniana e al rapporto del cardinale con la sua città: ne è un esempio la serie di documenti papali soprattutto di Paolo II, ottenuti certamente su istanza del potente porporato: A/48,

23

Citata da Gennaro, Calandrini, Filippo, 451; né l'ima né l'altra sembrano presenti in MODIGLIANI, I Porcari. Storie di una famiglia romana tra Medioevo e Rinascimento, Roma 1994 (R.R. Inedita, 10).

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A/51, B/103, F/15, F/16, M/92, V/l, Z/7, tra cui figura la fusione degli ospedali nelf istituzione di San Lazzaro. Le lettere calandriniane abbracciano un arco cronologico piuttosto ampio: la prima è dell'ottobre 1453, dall'anno in cui termina la sequenza delle bolle niccoline24, l'ultima è del 21 aprile 1475, ad un anno circa dalla morte. K/124 1453, Ottobre, 3 1456, Dicembre, 4 A/38 1457, Gennaio, 13 1/72 1458, Aprile, 16 A/41 1458, Dicembre, 1 A/42 1458, Gennaio, 17 1/73 1458, Gennaio, 22 A/40 1459, Gennaio, 22 1/75 1460, Giugno, 8 1/78 1461, Aprile, 11 M/93 1461, Gennaio, 19 1/79 1463, Gennaio, 27 Z/5 T/19 1463, Luglio, 26 1463, Ottobre, 18 M/42 1464, Ottobre, 19 1/80 1464, Ottobre, 29 V/ 63 1464, Settembre, 19 A/48 1465, Aprile, 3 Z/8 A/49 1465, Aprile, 5 1465, Maggio, 24 T/22 1465, Maggio, 31 Z/9 1465, Marzo, 31 N/22 1465, Ottobre, 17 1/41 T/24 1466, Aprile, 8 1467, Gennaio, 11 T/27 1467, Gennaio, 7 V/136 1467, Giugno, 5 T/33 1467, Maggio, 18 V/ 65 1467, Maggio, 3 Z/12 1467, Maggio, 31 T/32 1468, Ottobre, 21 1/83 1469, Ottobre, 30 A/53

24 Se ne vedano qui i registri in ordine cronologico in appendice all'articolo di Vecchi, 587-93.

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LETTERE DEL CALANDRINI Z/14 Y/8 1/15 A/55 K/126 1/89 1/86 A/39

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1471, Luglio, 14 1472, Luglio, 15 1472, Luglio, 20 1473, Maggio 1474, Ottobre, 3 1475, Aprile, 21 1475, Febbraio, 18 non datata

La serie copre quasi ogni anno spesso con più di una missiva:

anni 1453 1456 1457 1458 1459 1460 1461 1463 1464 1465 1466 1467 1468 1469 1471 1472 1473 1474 1475

n0 lettere 1 1 1 4 1 2 2 3 3 6 1 6 1 1 1 2 1 1 2

Segnatura attuale K/124 A/38 1/72 A/40, A/41, A/42,1/73 1/75 1/78 1/79, M/93 M/42, T/19, Z/5 A/48,1/80, V/63 A/49,1/41, N/22, T/22, Z/8, Z/9 T/24 T/27, T/32, T/33, V/65, V/136, Z/12 1/83 A/53 Z/14 1/15, Y/8 A/55 K/126 1/86,1/89

Gli anni più affollati sono il 1458, il 1465 e il 1467. La maggior parte delle lettere proviene da Roma, tranne ad esempio K/124, emessa nel 1453 da Foligno durante il pontificato di Niccolò V, A/38 da Montefiorino (1456), A/41 da Siena (145825); A/39 non reca datazione esplicita.

25

Un'altra lettera da Siena del 1459 è presente, come si è visto, nell'Archivio mediceo avanti il principato (vedi qui a n. 16). La sua presenza a Siena nel 1459 con la

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Quasi tutte le missive sono scritte su carta e solo tre su pergamena: A/41, 1/41, K/126; compaiono inscriptio cardinalizia e indirizzo a tergo, tracce di sigillo e segni di piegatura: si tratta quindi di una raccolta pressoché completa di originali. La lingua usata è normalmente il latino: in volgare è redatta ad esempio la lettera T/24. Data l'estensione cronologica dei documenti e la schiacciante presenza di originali, la raccolta, affiancata ad altre testimonianze coeve, permetterà approfondimenti su una segreteria cardinalizia durante circa un ventennio. Intanto annotiamo che il Calandrini non usava apporre firma autografa sui documenti, Y inscriptio è normalmente della stessa mano che redige il testo; pressoché costante è anche l'uso da parte dei copisti di corsive umanistiche di buona qualità. Gli scribi non sono molti: alcuni anzi ricorrono con una certa frequenza, uno in particolare, a cui il cardinale sembra si sia affidato per le questioni inerenti la sua città d'origine. Per quanto riguarda il contenuto, la dispersione dentro le suddivisioni archivistiche settecentesche permette di cogliere rapidamente il tenore degli interventi calandriniani, senza addentrarci in questioni minute di gestione del Capitolo. In generale va notato che le lettere contengono principalmente indicazioni di tipo amministrativo, in prevalenza riferite al recupero e al riordino delle proprietà, oppure alla sostituzione di posti vacanti. Sono quindi molti i nomi che compaiono nei testi: canonici, arcidiaconi e uomini di chiesa della Lunigiana, amici e parenti del mittente, tutti strettamente legati alla diocesi. Quindi nell'attuale ordinamento dell'archivio, le lettere del cardinale si trovano solo in alcune delle filze26.

corte di Pio II è testimoniata dalla bolla di infeudamento di Radicofani, citata da Gennaro, Calandrini, Filippo, 451. 26 Si fa qui riferimento costante, pur senza farne continua citazione, anche al volume di mons. Freggia citato a n. 20, e ordinato appunto per filze secondo le segnature attuali. L'ordine dell'archivio è quello del 1776, anno in cui furono suddivisi i documenti e redatto un repertorio di regesti. I documenti sono collocati in 23 filze o volumina, contrassegnate ciascuna da una lettera dell'alfabeto. Le prime quattro filze (A, B, C, D) si riferiscono ai rapporti tra vescovi e Capitolo dal 1225 al 1769. Le filze E ed H contengono i documenti inerenti ai contenziosi, mentre la filza F riguarda i rapporti con il Comune di Sarzana e con l'opera laicale che amministrava le chiese e gli ospedali sarzanesi. Gli altri volumina riguardano gli aspetti giuridici che gravitavano attorno al Capitolo, lo status degli ordini religiosi della città e i rapporti tra la Chiesa locale, enti ecclesiastici e istituzioni civili. L'ultima filza è dedicata alle Litterae officiosae. Ma si veda anche quanto dice qui Vecchi alle pp. 539-42.

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LETTERE DEL CALANDRIMI

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Nella filza A (Diversomm pro Episcopis et Canonicis Lunen. Sarzanen. 1149 ad 1565) compaiono lettere riguardanti nomine di canonici (A/38, A/39, A/42, A/49) o rapporti con i vescovi (A/41, spedita nelle funzioni di penitenziere maggiore). Di particolare importanza sono poi le lettere riguardanti le nomine vescovili o i rapporti in generale con la Sede Apostolica: in A/48 il Calandrini segnala l'elezione di Paolo II, da cui molto egli spera per la diocesi; e in effetti papa Barbo pochi anni dopo concederà il titolo Lunensis Sarzanensis ad Antonio Maria Parentucelli (A/52), nomina sostenuta dallo stesso Calandrini in A/53, ove si fa anche il nome del vicario Bernardo Parenti da Parma. Accanto alla figura del Calandrini e del vescovo Parentucelli emergono anche altri personaggi, in particolare Tommaso Benedetti, sostenuto dal porporato già nel 1456 (A/38), protagonista di tre altri documenti (A/43, A/45, A/47), prima come canonico poi come arcidiacono: da una lettera del Calandrini (A/49) apprendiamo che ancora nel 1465 egli era assente per motivi di studio. Nel 1485, alla morte di Antonio Maria Parentucelli, il Benedetti sarà eletto vescovo27: il Calandrini poté quindi controllare la formazione dei due ordinari diocesani, succeduti a Francesco Manfredi da Pietrasanta. Nelle filze immediatamente successive (B-C), riguardanti i Diversa pro episcopis et canonicis fino al 1772, non si trovano ovviamente tracce calandriniane, che emergono invece nella filza F ove sono contenuti i dispositivi di Paolo II per l'unione dell'ospedale di San Lazzaro alla fabbrica della chiesa di Sarzana (F/15 e 16). Le lettere ritornano nella filza I, riguardante l'amministrazione del Capitolo e la provvista delle cariche vacanti: accanto al cardinale agiscono i rappresentanti, Tommaso Benedetti (1/87) e Antonio da Panigale (1/86-89), citati nuovamente in atti analoghi ora nella filza Z. Amministrazioni ecclesiastiche e territoriali riguardano le lettere delle filze K e M, che contengono esortazioni del cardinale al Capitolo, tra cui quella riguardante il trasferimento di pietre da Luni (M/93) da annettere ad un documento papale di Paolo II (M/92). Particolare attenzione è data anche al trasferimento ai canonici di Sarzana delle pro27

G. Eubel, Hierarchia catholica medii aevi sive Summorum Pontificum, S. R. E. cardinalium, ecclesiarum antistitum series ab anno 1198 ... perducta e documenta tabularti praesertim Vaticani collecta, Monasterii 1913-1923, II 182: da cui risulta che il Benedetti era anche protonotario apostolico e titolare della commenda di un monastero in diocesi di Modena.

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prietà di Santa Croce del Corvo (filza T), mentre ad altri benefici si riferiscono le missive della filza V. Segnaliamo infine che alla filza G ( Contracta et iura capitulì) appartiene ora il più antico documento riguardante la carriera ecclesiastica del Calandrini. Il futuro cardinale compare come canonico in rappresentanza del Capitolo (Philippus q.d. Thomae de Calandrimi} in un atto di permuta (G/18): siamo nel 1438, due anni prima della nomina a Lucca.

Le lettere calandriniane, pur attente prevalentemente ad aspetti amministrativi, si inquadrano in un periodo decisivo per la storia diocesana. Assieme alle pergamene di Niccolò V28, esse costituiscono una sorta di dittico nella riforma di Capitolo e diocesi, avviata dal papa e continuata, pur in termini diversi, dal cardinale, riforma che si concluse con l'insediamento in Sarzana dell'antica sede Luni, già trasferita all'inizio del XIII, e con il mutamento del titolo episcopale da Lunensis a Lunensis Sarzanensis, per segnare anche esteriormente la nuova condizione giuridica29.

28

Sulle lettere papali si veda qui quanto scrive VECCHI, in part, alle pp. 550-556, 58793, ove sono prese in considerazione anche alcune lettere calandriniane. 29 Francesco da Pietrasanta, eletto del primo Quattrocento con il titolo di Lunensis episcopus, rimase tale fino al 1465, quando, il 21 luglio Paolo II pubblicò la bolla maggiore, conservata in originale presso l'Archivio storico del Comune di Sarzana, che provvide a mutare non solo la sede, ma anche la denominazione diocesana: G. PlSTARINO, Il Registrum Vetus del Comune di Sarzana, Sarzana 1965, 292-95. Non c'è dubbio che in tale atto sia intervenuto il cardinale, nominato esecutore del dispositivo papale. Il Manfredi, nipote di Niccolò V e stretto collaboratore del Calandrini, Antonio Maria Parentucelli, fu eletto quindi come episcopus Lunensis et Sazanensis. Si veda per le vicende di questo lungo processo quanto dimostra in modo convincente qui BONATTI, alle pp. 513-38. Il doppio titolo Lunensis et Sarzanensis, attibuito, a quanto sembra per la prima volta, ad Antonio Maria Parentucelli, rimase inalterato fino al 1819. Dal 1820 la sede fu unita a Brugnato e all'elezione (2 ottobre 1820) Pio Luigi Scarabelli assunse anche questo terzo titolo, come risulta da Notizie per Vanno MDCCCXXI..., Roma 1821, 296. Tale denominazione continuò fino al 1926 (Annuario Pontificio per Vanno 7927, Roma 1927, 161: Luni è datata al sec. V, Brugnato al sec. XII, con titolare Bernardo Pizzorno); Pizzorno il 6 agosto 1926 («Acta Apostolicae Sedis», 18, 1926, 368); la sede rimase vacante dal 1927 al 1929, ma dal '28 con amministratore apostolico mons. Giovanni Costantini ( Annuario Pontificio per Vanno 1928, Roma 1927, 161; Annuario Pontificio per Vanno 1928, Roma 1928, 163; Annuario Pontificio per Vanno 1929, Roma 1929, 169); dal 2 giugno del 1927 fu aggregata a Genova («Acta Apostolicae Sedis», 19, 1927, 201-202);

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LETTERE DEL CALANDRINI

635

Dall'Archivio Capitolare emergono però anche molti dati nuovi sulla figura del Calandrini e sulla sua attenzione alla città: le lettere in particolare mostrano l'aspetto concreto dell'intervento e della cura amministrativa, se vogliamo, gestionale, che si affianca alla promozione artistica e culturale. Questa doppia serie di attenzioni trova corrispondenza in altre attività già note del cardinale sarzanese: ad esempio nella cura delle registrazioni del suo ufficio di penitenziere oppure, sull'altro versante, il restauro e gli abbellimenti procurati alla chiesa romana di cui egli ebbe per lungo tempo il titolo, San Lorenzo in Lucina30, oppure, sempre in parallelo con l'opera promossa a Sarzana, la costruzione del monumento funebre al fratellastro papa. Sono tutte tracce, queste, di una linea di intervento di stampo umanistico, condotta dal porporato con la volontà di mostrarsi nella scia di Niccolò V, della cui immagine egli si fece, tra i primi, promotore. E pur vero che l'intervento calandriniano sulla città d'origine mostra molte affinità con quello di Pio II per Corsignano-Pienza: del resto è proprio con questo pontefice, con la cui corte il Calandrini mostra maggiore sintonia, che inizia la brillante e costante ascesa del porporato sarzanese, ascesa che procede in piena continuità durante il pontificato di Paolo II. In questa linea di interventi l'interessamento per la diocesi originaria e per la città sembra muoversi secondo lo stile di altri prelati coevi, che attuarono un mecenatismo assai concreto con sfoggio di ricchezza e potenza curiale, ma anche nel tentativo, in qualche caso riuscito, di incidere sulla cultura e sulla vita pastorale delle città, a cui erano legati. Queste operazioni, se esaminate non solo sotto l'aspetto di storia economica o sociale, ma anche rispetto alla vita della chiesa locale, rivelano ben altre attenzioni. La cura del Calandrini per le nomine del dal 12 gennaio 1929 fu mutata in «Lunensis o Spedienis, Sarzansis, Brugnatensis» con una bolla di erezione e aggregazione e eletto vescovo il Giovanni Costantini («Acta Apostolicae Sedis», 21, 1929, 144-146, 151, 462). L'Annuario Pontificio per Vanno 1930, Città del Vaticano 1930, 175, dà infatti queste indicazioni cronologiche «Luni o La Spezia (12 gennaio 1929), Sarzana (1829) e Brugnato (sec. XII) - s. u. 1820», con un curioso errore per Sarzana, mutato solo nel 1942 (Annuario Pontificio per Vanno 1942, Roma 1942, 190): qui il titolo sarzanese viene datato al 1447, forse per errore su quanto dice Eubel, Hierarchia catholica, II, 182 n. 1, che invece indica il 1437. 30 M. E. Bertoldi, 5. Lorenzo in Lucina, Roma 1994 (Le Chiese di Roma illustrate, Nuova serie, 28) ,39.

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CRISTIANO ARTIZZU - CHIARA BALDACCI - GIULIA RANGONI

clero maggiore risponde anche al desiderio di riqualificare il presbiterio diocesano; allo stesso modo egli si impegnò a valorizzare la pratica liturgica e gli ambienti ad essa dedicati, e lo fece completando la sistemazione della Cattedrale; sostenne infine la formazione di due vescovi, il Parentucelli e il Benetti, che, pur originari dalla città divenuta nuovo centro diocesano, passarono comunque sotto la sua tutela. Il sostegno al riordino delle proprietà capitolari va infine ascritto in un quadro di riforma per enti ecclesiastici slabbrati da amministrazioni precarie o, come nel caso del monastero di Santa Croce del Corvo, ormai ripiegati su una decadenza irreversibile. Si intravedono così in questi interventi alcuni segnali di quella riforma che convergerà, ma un secolo dopo, nei canoni del Concilio Tridentino. Le lettere cardinalizie ne sono significativa testimonianza e meritano un'edizione che le apra a studi e confronti precisi con altre realtà parallele.

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INDICI

A CURA DI Paola Trinca e Antonio Manfredi

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NOMI E LUOGHI

Sono indicati - con riferimenti alle pagine e quindi al numero degli eventuali rimandi in nota - nomi di persone, luoghi e autori moderni, questi ultimi per cognome e con la sola iniziale del nome di battesimo; in generale la norma seguita è quella di far prevalere, quando però del tutto evidente, il cognome rispetto al nome. I nomi di personaggi antichi e medievali, autori o no, sono riportati in italiano, anche se nel testo compaiono in latino o greco; in latino, e quindi in corsivo, sono riportari solo nomi, normalmente tratti da documenti, la cui trasposizione in italiano può dare incertezze. Non è stata compilata la voce riferita a Tommaso Parentucelli o a Niccolò V.

Abate G., 26 n. 18 Abbamonte G., 419 n. 29 AbertJ. F., 74 n. 16,192 n. 133, 548 n. 27 Accame Lanzillotta M., 148 Acciaioli Donato, 355 n. 30 Acciaioli Niccolò, 41 Acquafredda, S. Maria di Monte Oliveto, monastero, (dioc. Como), 40-41 e n. 70, 44 n. 85, 46 Adorisio A. M., 159 n. 9 Adorno F., 260 n. 20 Aeschlimann E., Ili n. 35, 396 n. 47 Africani P., 221 Agide, 280 Agnesi Astorgio, card., 343 n. 37 Agnoletto A., 526 n. 13 Agostino dTppona, s., 41, 44, 47 n. 91, 76-77, 82 n. 49, 83 e n. 50, 88, 112 n. 39, 114 n. 50, 119, 128 n. 97, 138, 139, 219, 241 n. 14, 244, 252, 297 nn. 5, 9, 298 n. 11,316, 353, 362 n. 58 -, ps., 139 Agostino di Duccio, 418 n. 28 Aicardi Bartolomeo (Visconti Bartolomeo), 42 e n. 76, 43 n. 78, 331 e n. 6, 334 n. 13, 347 e n. 47, 348 e n. 50 Aikema B., 415 n. 17 Alamo M., 42 n. 78 Albanzani Donato, 234 e n. 28 Albareda A., 58 n. 31, 311 nn. 53, 54, 315 n. 68, 316 e n. 72 Albarello C., 182 n. 97

Albergati Niccolò, card., vesc. di Bologna, Vili, 30 e n. 30, 43, 46-47, 73 n. 11, 74, 82, 199, 238-239, 245 e nn. 25, 26, 246 e n. 31, 247 n. 34, 248, 411-415 e nn. 3, 7, 14, 416 n. 21, 418 n. 28, 422 n. 42, 423 n. 45, 424 nn. 50, 51, 434 n. 86, 435 n. 88, 447 n. 13, 553, 580, 600 n. 25, 608, 619, 620, 623-624 -, stemma, 30 n. 30 Alberico da Rosciate, 523 n. 92 Alberti G. B., 259 en. 17, 261 en. 21, 270 n. 61, 273 n. 65, 292 n. 83 Alberti Leon Battista, 8, 371, 383-384 e n. 1, 400, 411 n. 1, 427 n. 61, 428, 459 n. 21 Albertino da Salso, 618 Alberto da Sarteano, 250 e n. 44, 353 e n. 13, 451 Alberto Magno s., 75 Albizi (degli) Rinaldo, 237 Albumasar, 42 Alce V., 391 n. 30 Alcibiade, 280, 288-289, 291, 392 Aldama (de) J. A., 298 nn. 11, 15, 300 nn. 22, 25, 301 nn. 30, 31, 32, 303 nn. 36, 37, 307 nn. 40, 41, 309 nn. 42, 43, 45, 46, 310 nn. 47, 49 Alessandria (Egitto), biblioteca, 15, 20, 55, 251 Alessandria (Piemonte), diocesi, 342 n. 33 Alessandro di Afrodisia, 114 n. 49 Alessandro Magno, 235 n. 29, 355

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640 Alessandro V, papa, 41 Alessandro VI, papa, 188,407,438 n. 102 Algeri G., 444 n. 7 Alicarnasso, castello di S. Pietro, 467 e n. 45, 468 e n. 47, 469 Alighieri Dante, 24, 409, 527 e n. 101 Alos (d') R., 295 n. 1 Alphonsus, copista, 91-92 Alphonsus de Molina, copista, 92 e n. 83 Altaner B., 301 n. 31 Amadei Giovanni da Bagnone, 561 n. 68, 575 n. 112 Amadei Giuliano, 109 e n. 26 Amadeo Giovanni Antonio, 446 Amayden T., 379 n. 28 Ambrogio s., 74 nn. 16, 17, 18, 75, 78 e nn. 35, 37, 41, 244, 246 e n. 30, 251, 316 Ambrosi A., XI Ameglia, 506, 529, 563, 568-569 -, Pieve di S. Vincenzo, 569 n. 95 Ames-Lewis F., 325 n. 95 Amidani Niccolò, 342, 357 Ammannati Cristoforo, 164 n. 22 Ammannati Piccolomini Iacopo, 164 n. 22, 165 n. 23, 166 e n. 25, 186-187 n. 110, 314 n. 60, 361 n. 56, 526 n. 14, 549, 553, 558, 561 n. 69, 568 n. 94, 626 Ammiano Marcellino, 21 n. 2, 240, 241 n. 13, 252 Anacarsi, 355, 356 n. 30 Anastasio IV, papa, 493 e n. 1, 556 n. 57 Ancona, 418 n. 26, 432, 452 -, Monte di Pietà, 452 Andrea da Rimini, vesc. di Luni, 241 Andrea da Siena, vesc. di Luni, 496 Andrea del Castagno, 8 Andrea di Paolo di Giovanni da Firenze, 109 Andreas de Senis, copista, 83,85 e n. 56,114 Andreas Simonis di Tybure, 170 n. 34 Andrei P., 447 n. 11 Andreola, madre di Niccolò V, vedi Verrucola Bosi (della) Andreola di ser Tomeo Andreola, sorella di Bella, madre di Andreola della Verrucola Bosi, 603 n. 41, 604 n. 44

INDICE Andrucelli Bertono, 505 Angeli D., 379 n. 30 Angeli Iacopo da Scarperia, 355 n. 30 Angelini A., 113 n. 44 Angelo da Nepi, 177 Angelo di Giovanni di Romano Casale, 186 n. 110 Angiò (d') Renato, re di Napoli, 413 n. 9 Aniano da Celeda, 324 Anna di Bretagna, 395 n. 45 Ansani M., 335 e n. 15, 343 n. 36, 510 n. 53, 549 n. 30, 558 n. 60, 559 nn. 62, 64, 561 n. 70, 564 n. 77, 569 n. 95, 574 n. 107,576 n. 112 Antioco, 391 n. 30 Antonello, pittore a Genova, 433 n. 82 Antoniazzo Romano, 373, 376 e n. 22 Antonino Pio, imp., 291 n. 82 Antonio, arcidiacono del capitolo di Luni-Sarzana, 561 n. 68 Antonio da Casabassana, 574 n. 108, 576 n. 114, 588 Antonio da Fabriano, 433 Antonio da Fivizzano, 575 n. 112 Antonio da Orte, 122 nn. 76, 77, 373 Antonio da Panigale, 633 Antonio da Pescia, 174 n. 52 Antonio da Toffia, 184 Antonio da Villa, notaio, 577 n. 117, 596,597 n. 8, 599 Antonio da Viterbo, 120 e n. 69, 128 n. 99, 377 e n. 24 Antonio del Gaio da Legnago, 37 Antonio di Francesco da Firenze, 401 Antonio di Francesco, architetto, 466 n. 42 Antonio di ser Iacopo da Viano de nobilibus de Viano, 560 n. 67, 574 n. 108, 575 nn. 110, 111, 582 Antonio lacobi de Vallesturla, 569 n. 94 Antonias deBremide, 613 Antonias de Cusano, 613 Antonias de Pontremulo, cancelliere del vesc. Francesco Manfredi, 586 Antonias de Urbe, 191, 192 n. 131 Antonias lohannis, canonico Fiorentino, 174 n. 52

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NOMI E LUOGHI Antonius magistri Pauli Angeli, 167 n. 29 Antonius Pauli Nardi, 169 n. 32 Antonovics V. A., 94 n. 90 Antonucci L., 158 n. 4,160 n. 10,185 n. 109 Apollonio Rodio, 207, 225-226 Appiano, 54 n. 19, 58, 68-69 e n. 75, 276 Apuleio, 21 n. 2 Aquileia, patriarca, vedi Molin Biagio Aragona (d') Alfonso I, 113 n. 46, 127 n. 93, 255-256, 340, 386-387 e n. 12, 431, 433 n. 82, 435 n. 91, 553 n. 46 Aragona (d') Ferdinando 1,269 n. 48,397 Aragone, vesc. di Luni, vedi Malaspina Aragone, vesc. di Luni Arato di Soli, 211 Arbesmann R., 364 n. 67 Arcangelo, giurista, 570 n. 97 Archidamo, 284-285 Archimede, 51, 178 n. 71, 208, 239 e n. 7, 240-243, 253 e n. 57 Archita di Taranto, 208 Arcimboldi Niccolò, 331 e n. 6 Areola, 507, 522 -, S. Niccolò, 510 Ardizzi Francesco, 163 n. 19 Arezzo, 317 n. 73, 431 Argan G. C., 371 n. 8 Aristogitone, 280 Aristotele, 106, 111, 114 n. 49, 124, 127, 128 n. 97, 152, 154, 208, 217, 226, 274 -, ps., 27, 114 n. 49 Armellini M., 101 n. 103 Armodio, 280 Arnaldi G., 215 n. 1 Arnaldo di Roccaforte, 605 n. 50 Arras, 411, 414-416. -, St. Vaast, 415 -, -, Cappella della Madonna, 415 Arriano, 68-69 Arrigo VII, imp., 528-529 Artaserse, 284 Artista di Poitiers 30, 395 n. 43 Artizzu G., XIV, 532 n. 116 Asburgo (d') Carlo V, imp., 422 n. 42 Asburgo (d') Leopoldo Guglielmo, arciduca d'Austria, 412 n. 7 Asclepio, ps., 21 n. 2

641

Ascoli Piceno, 452 Asinio Pollione, 207 Asor Rosa A., 99 n. 101 Assalito, avvocato, 519-520 Assisi, 394 n. 43, 433 Astimaco, 286 Atanasio s., 52, 53, 137 Atenagora, 289 Atene, 259, 275 Attavanti (degli) Attavante, 112, 397 Aubineau M., 307 n. 41 Aubusson (d') Pierre, 466 -, stemma, 467 Augusto, imp., 291 n. 82, 391 n. 30, 426 n. 56 Aulla, XV Aulo Albino, 207 Aurigemma M.G., 602 n. 34 Aurispa Giovanni, 51 e nn. 8, 11, 239241, 246, 249 Ausonio, 21 n. 2 Autenriet J., 98 n. 99 Autore S., 43 n. 80 Avenza, 516 Averlino Antonio detto il Filarete, 383386 e n. 10, 389 n. 22, 391, 434 n. 86 Avesani R., 50 n. 7, 241 n. 13, 352 n. 8, 361 n. 56 Avicenna, 618 Avignone, 56 n. 27, 103, 104 n. 4, 172 e n. 44, 408 -, Biblioteca papale, 63 -, Palazzo papale, 404, 410 Avril F., 30 n. 29, 394 n. 43 Babcock R. G., 192 n. 132 Bacci P., 444 n. 7 Backus I., 366 n. 79 Baco Jacomart Jaime, 387 n. 12 Bagnone, Archivio Noceti, 559 n. 64 -, S. Maria de Votula, 552 -, Ss. Ippolito e Cassiano, 575 n. 112 Bagnoregio, 626 Balard M., 462 n. 28 Balbi Pietro, 308, 311, 313, 316-317 Balboni Brizza M. T., 30 n. 29 Baldacchini L., 9

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642 Baldacci C., 532 n. 116 Baldass L., 412 n. 8 Baldassare da Moncigoli, 574 n. 108 Baldini A., 494 n. 3, 544 n. 17 Baldissin Molli G., 109 n. 28 Baldovinetti Agnolo, 190 n. 125 Baldovinotti Costanza, 190 n. 125 Baldovinetti Francesco, 190 n. 125 Baliotti Giovanni, 575-576 n. 112,580 n. 125 Baltimora, 415 Bandera Bistoletti S., 113 n. 45 Bandini A. M., 154-155, 269 nn. 51, 52, 314 n. 62, 364 n. 67 Banti Egidio, XI Bar (de) Jean, 395 Baracchini C., 551 n. 40 Baratin M., 100 n. 101 Baraut C., 295 n. 1, 311 n. 53, 312 n. 56, 316 e nn. 70, 71 Barbalarga D., 410 n. 41 Barbaro Ermolao, 200, 360 e nn. 51, 53 Barbaro Francesco, 199-236, 241, 270, 355 n. 30, 512 Barbaro Lucrezia, 200 Barbavariis (de) Francesco, 557 n. 60 Barberini, famiglia, 379 Barberini Francesco, 378-379 Barberini Francesco, card., 436 Barbier de Montault X., 429 n. 65, 437 n. 99, 437 Barbieri Piero, XI, 49 n. 1, 517 n. 78, 551 n. 40 Barbo Francesco, 498 Barborini Bartolomeo, cancelliere del vesc. Francesco Manfredi, 505, 507 n. 44, 530, 545 n. 20 Barborini Ludovico, cancelliere del vesc. Francesco Manfredi, 507 n. 44, 530, 545 n. 20 Barcellona, Biblioteca Dalmases, 296 -, Biblioteca de Catalunya, 296 Bardi (de') Bartolomeo, 174 n. 52 Bargellini P., 356 n. 32 Bargemont (de) V., 465 n. 42, 467 n. 44 Barile E., 315 n. 69 Barlaam Calabro, 67 n. 70 Barocchi P., 370 n. 4

INDICE Baron H., 200 Baroncelli Stefano, 168 e n. 30 Barone G., 171 n. 37,186 n. 110,187 n. 113 Baroni Bernardino, 314 n. 63 Bartalini R., 370 n. 4, 376 n. 22, 445 n. 8 Bartalomeo d(e) Domenico da Siena, 189 Bartholomaeus de Medemblic, copista, 87 e n. 65, 123 Bartola A., 128 n. 97 Bartoli (di) Bartolomeo, 375 n. 19 Bartoli Langeli A., 187 n. 110 Bartolo de Goano, 532 n. 115 Bartolo di Sassoferrato, 427 n. 61 Bartolomeo da Bologna, 421 n. 36 Bartolomeo da Fratte, 162 n. 18 Bartolomeo da Lendinara, 360 Bartolomeo di ser Francesco, titolare della pieve di Massa, 507 Bartolomeo di Tommaso, 116, 122, 369, 373, 434-435 Bartoloni F., 161 n. 13, 163 e n. 21 Bascaglerii Petrus de Thedalinis, 170 Basilea, 42 e n. 76, 43 e n. 78, 46, 249 -, Certosa, 423 n. 45 -, Concilio, X, 3, 40, 44, 165, 176, 372, 411 n. 3, 423 n. 45, 499 n. 18 Basilio s., 67 n. 69, 72, 246, 300 n. 27, 325 Bassi D., 270 n. 59 Bate Henricus, 150 Battelli G., 162 e nn. 14, 24 Battioni G., 510 nn. 49, 50, 51, 52, 53, 54, 55, 559 n. 64, 566 n. 85, 572 n. 103, 575 n. 112 Baur C., 295 n. 2, 326 n. 100 Baxadall M., 416 n. 22 Beato Angelico, 112, 116, 120, 121 e nn. 70, 71, 128 n. 99, 130, 369-371 e n. 8, 373, 376, 379, 384, 386, 391 n. 30, 392, 405, 414, 420, 424 e n. 47, 430 e n. 71, 434-436 e nn. 85, 86, 88, 89, 466 n. 42 Beccaria Antonio, 360 Becker F., Ili n. 35 Begeer R. J. M., 383 n. 1 Belgrano L. T., 462 nn. 28, 30 Bella, madre di Andreola della Verrucola Bosi, 598, 602 n. 36, 603, 607, 618

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NOMI E LUOGHI Bellini Jacopo, 384 n. 1, 388 Belloni A., 9 Belloni L., 46 n. 90, 113 n. 44, 249 n. 43 Bellosi L., 376 n. 22, 386 n. 9, 445 n. 8 Beltrame di Villella, 605 n. 50 Senati D., 384 n. 1, 420 n. 36 Benedetto XII, papa, 495 n. 9 Benedetto XIII, papa di obbedienza avignonese (Pedro de Luna), 42 n. 78, 104 n. 4, 495 e n. 9 Benedetto XIV, papa, 422 n. 42 Benedetto, pittore a Roma, 378 Benedetto, prete, 569 n. 95 Benedetto, priore di S. Maria di Vezzano, 565 Benedetto Anthonii da Vezzano, 565 n. 81 Benedetto Beltrame da Campione, 455 n. 8 Benedetto D., 425 n. 53 Benedetto da Perugia, 435 n. 89 Benedetto da Sarzana, 618 Benedetto de Ponzolo, 569 n. 95 Benedetto G., 497 n. 13, 498 e n. 16, 499 n. 18, 507 n. 43, 543 n. 16 Benediàtis (de) Giuliano di Pisa, 565 n. 81 Benedict F., 309 n. 44 Benelli G., XIV Benetti Iacopo, 586 Benetti Silvestro, vesc. di Luni Sarzana, 538 e n. 132 Benetti Tommaso, canonico, arcidiacono e vesc. di Luni-Sarzana, 538 e n. 132, 561 e n. 68, 570 n. 97, 580 nn. 125, 126, 127, 633 e n. 27, 636 Bentivoglio, famiglia, 418 n. 26 Bentivoglio Luigi, 428 n. 63 Bentivoglio Sante, 418 n. 27 Berdini Alberto, 352 n. 13 Bergamo, 247 n. 34 BernardJean, vesc. di Tours, 385 n. 4,389 Bernardino da Siena s., 356, 418 n. 26, 422 n. 41, 430-431 e n. 70, 451-452, 459, 514, 602 e n. 34 Bernardo s., 88 e n. 68, 119,146,248 Bernardo da Cornazzano, giurista, 523 e n. 92 Bernucci, famiglia, 598 n. 15

643

Bernuzo Antonio da Parma, 350 n. 56 Berra L., 312 n. 56 Bersuire Pierre, 393 n. 41 Bertalot L., 315 n. 68, 350 n. 55 Bertelli S., 427 n. 61 Berti E., 215 n. 1, 236 n. 30 Bertini C. A., 379 n. 28 Bertini Guidone da Sarzana, 580 n. 125 Bertòla M., 110 n. 33 Bertoldi M. E., 3, 635 n. 30 Bertolini R., 541 n. 12 Bertoloni A., 585 Bertolotti A., Ili n. 35, 385 n. 5 Bertoni Giovanni Antonio da Panicale, 550 n. 39, 571 n. 102, 629 Bertoni Giovanni de Yvanis, prete, 550 n. 39 Besate, 39 e n. 65 Besomi O., 255 n. 1, 256 nn. 3, 4, 262 Bessarione, card., 16-17, 60-61, 91, 95 e n. 96,107,128, 253, 255, 256 e n. 6, 417 e n. 25, 418 n. 26, 419 e n. 29,421, 428 n. 62 -, stemma, 419 n. 30 Beverino, 448 Biadego G., 365 n. 78 BialostockyJ. V., 390 n. 29 Bianca C., 3, 9, 50 n. 4, 55 nn. 23, 24, 63 n. 60, 64 n. 63, 93 n. 87, 95 n. 91, 127 n. 94, 175 n. 55, 183 nn. 98, 100, 101, 215 n. 1, 251 n. 50, 263 nn. 29, 31, 315 n. 66, 351 n. 2, 352 n. 5, 353 e n. 14, 356 n. 33, 426 n. 46, 428 n. 62 Bianchi V., 527 n. 101 Bibola, 526 Bicchierai J., 559 n. 64 Bignami Odier J., 49 n. 2, 58 n. 31, 60 e n. 44, 353 n. 16, 364 n. 66 Bilia, nonna paterna di Bartolomeo di Parentucello, 598 Billanovich Giuseppe, 49 e n. 1, 59 n. 41, 79 n. 38, 106 n. 14, 226 n. 11, 228 n. 13, 613 n. 6, 614 n. 9, 616 n. 15 Billanovich Guido, 38 n. 59 Billanovich M. C., 43 n. 82 Billinge R., 412 n. 5 Binini Eugenio, vesc. di Massa CarraraPontremoli, XI-XII

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644 Biondo Flavio, 163 e n. 19, 173 n. 49, 384 n. 1 Biondo Francesco, 187 n. 110 Biondo Gaspare, 187 n. 110 Birago Lampugnino, 114 n. 49 Birch A., 64 n. 63 Bisanzio, 17, 70 n. 78, 429 n. 66 Bischoff B., 97 n. 96 Bittins U., 543 n. 16, 556 n. 58,575 n. 112 Bizzocchi R., 574 n. 107 Biasio M. G., 21 n. 1, 52 n. 15, 53 n. 16, 99 n. 100, 251 n. 49 Blaxius de Mercatoribus, 544 n. 18 Boccaccio Giovanni, 10-12, 202 e n. 8, 215, 227, 231 n. 16, 235 n. 30, 391 n. 30, 502 n. 24 Boccamazzi Gianluca, 181 e n. 92, 185 n. 110 Bodrum, vedi Alicarnasso Boezio, Severino, 21 n. 2, 24, 64,362 n. 60 Bolano, 526 -, castello, 529 Bolesio, 608 Bologna, 27, 95 n. 91, 128 n. 98, 173 n. 47, 237-238, 240, 241 n. 14, 242, 245 n. 27, 246, 352, 359, 411 n. 3, 416-424, 430, 431, 447 n. 13, 533, 556, 561, 600 n. 25, 613, 616, 621, 623, 625 n. 11 -, Cattedrale, 534 -, Certosa di S. Girolamo a Casara, 47 n. 91, 245 n. 27, 414 n. 14, 416, 420422 e nn. 37, 40, 41, 42, 43 -, Palazzo d'Accursio, 419 n. 30 -, Palazzo del legato, 418 n. 28,419 n. 30 -, Palazzo del Podestà, 418 n. 28 -, Pinacoteca Nazionale, 416 n. 22 -, S. Agata, 418 n. 29 -, S. Giacomo Maggiore, 447 n. 13 -, S. Maria in Monte, 417 m 25 -, S. Martino, 417 n. 25 -, S. Petronio, 411 n. 3, 418 n. 28, 419 n. 29, 420 n. 35, 421 n. 37, 422 -, S. Pietro, 416, 424 -, S. Stefano, 425 n. 52 -, Università, X, 3,419 n. 29,534 e n. 120 -, vesc., 624, 625 n. 12

INDICE Bologna F., 387 n. 14, 431 n. 74, 433 n. 82, 435 nn. 91, 92 Bologna P., 558 n. 62 Bonatti F., XI-XIII, 453 n. 5, 455 n. 8, 494 n. 4, 511 n. 56, 513 n. 65, 514 n. 71, 526 n. 100, 530 n. 108, 531 n. 112, 537 n. 130, 543 n. 16, 547 n. 26, 554 n. 51, 561 n. 68, 567 n. 88, 596 n. 5, 601 n. 30, 627 n. 18, 634 n. 29 Bond E. A., 163 n. 19 Bonfigli Benedetto, 116, 122 e n. 74, 369, 373, 434 n. 85, 435 n. 89 Bonfigli C., 329 n. 1, 514 n. 68 Bonfigli Giovannolo, 614 Bongi S., 611 n. 1 Bonifacio Vili, papa, 62 n. 56, 386, 403, 425 n. 55, 427, 436 n. 93, 526 n. 99 Bonifacio IX, papa, 494, 509, 526 Bonito Fanelli R., 430 n. 71 Bonomi E., 40 n. 69 Bononi L. J., 559 n. 64 Bonsanti G., XIV Bordona D., 295 n. 1 Borgia, famiglia, 309 n. 44, 311 Borgo San Sepolcro, 390 Borlandi A., 566 n. 87 Borromeo Federico, card, arciv. di Milano, 422 n. 42 Borromeo Giacomo, vesc. di Pavia, 344 e n. 39, 345 e n. 42 Borsi S., 401 n. 8 Borzone, S. Andrea, abbazia, 512 Bosco U., 224-225 Bosio G., 460 n. 24, 463 n. 32, 464 n. 34 Boskovits M., 103, 120 n. 70, 121 n. 71, 122 n. 78, 435 n. 88 Bottaro S., 404 n. 16 Botte B., 298 n. 13 Botticelli Alessandro, 413 n. 11 Bottone Bernardo, 523 n. 92 Boucicault, maresciallo, vedi Jean de Meingre, detto il maresciallo Bucigault Bouhot J.-P., 295 n. 2, 302 e n. 35, 310 n. 51, 311 n. 52 Bourbon (de) Louis de Batard, 394 n. 43

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NOMI E LUOGHI Bourdichon Jean, 395-396 e n. 50, 397 n. 56 Bourdonis R., 591 Bourges, cappella de l'Hotel Jacques Coeur, 394 n. 43 Boyle L. E., XI-XIV, 3, 5 n. 2, 6 n. 7, 49 nn. 1, 2, 71 n. 2, 115 n. 54, 189 e n. 120, 404 e n. 17 Braccio da Montone, 238 Bracciolini Poggio, 14-15, 53, 58, 79, 91, 106, 125 e n. 89, 150, 193, 248, 323 n. 90, 366, 549 n. 32, 588 Bracke W., 183 e n. 102 Bragantini R., 231 n. 16 Bramante Donato, 403 n. 14, 406 n. 28 Branca V., 202 n. 8, 225 n. 9, 226 n. 11, 235 n. 30 Brancaliano, 519 -, S. Bartolomeo, 520 Branchi E., 496 n. 9, 532 n. 114 Brasida, 286-288 Brescia, Università Cattolica, XVI Brezzi P., 168 n. 29 Brina, S. Biagio, 573 n. 106 Brindisi, 496 Brivio Giuseppe, 350 e n. 56 Brocadi Guglielmo di Giovanni, 578 n. 120 Brosius D., 193 n. 133 Brossano (da) Francescuolo, 12 Brown B. L., 415 n. 17 Bruges, 412 n. 7, 413, 415 Brugnato, 493 n. 2, 513, 558, 561, 563, 634 n. 29 -, vesc., 549 n. 35, 575 n. 112, 587 Brugnoli M. V, 378 n. 27 Brunelleschi Filippo, 240, 383 Bruni Leonardo, 114 n. 49, 200 e n. 5, 212, 215, 216 n. 2, 355 n. 30, 430 n. 72 Bruschi A., 404 n. 20 Bruto, Giugno, 207, 222 Bruxelles, 412 n. 7 Buccabellis (de) Niccolò di Giordano, 125 Buchamatiis (de) Leonardus Nicolai, 169 n. 32 Buck A, 361 n. 55 Bufano A, 235 n. 29 Bulgari C. G., 430 n. 69

645

Buonaparte, famiglia, 530, 606 Buonaparte Giovanni di ser Niccolosio, 606 n. 60 Buonaparte Giovanni, 500 n. 21 Buonconti Guglielmo Forte di Pisa, 128 n. 97 Buonocore M., 22 n. 4, 26 n. 16, 28 n. 21, 37 n. 58, 51 n. 8, 68 n. 73, 128 n. 97, 148, 178 n. 71, 354 n. 16, 364 n. 66 Burckhardt J., 431 Burgundione da Pisa, 323 Burns H., 400 n. 7 Burroughs C., 400 n. 7, 411 n. 3, 427 n. 60, 429 n. 68, 432 nn. 76, 77, 78 Busiride, 206 Bussa L., 592-593 Bussi Giovanni Andrea, 6, 575 n. 112 Buzolini Margherita, 497 Cagni G. M., 4 n. 19, 157 n. 25 Calabi D., 418 n. 28 Calandrini (di Calandrino) Bona 605 n. 48 Calandrini (di Calandrino) Chesina, 605 n. 48 Calandrini (di Calandrino) Federico, 605 nn. 48, 49, 50, 51, 53; vedi anche Franceschina, moglie di Federico di Calandrino Calandrini (di Calandrino) Giovanni (Giovannellino), 605 e n. 48 Calandrini (di Calandrino) Guiscado, 605 en. 48 Calandrini (di Calandrino) Orietta, 605 n. 48 Calandrini Caterina, 445 n. 10, 608-609 e n. 67 Calandrini Dorotea, 607 n. 61, 608 Calandrini Enrico, 604 n. 45 Calandrini Federico di Iacopo, 557 n. 59, 605, 606 e nn. 57, 58, 607 e n. 62, 608 Calandrini Federico di Tommaso, 620 Calandrini Filippo, card., vesc. di Bologna, 338, 432 e n. 75, 443-444, 447, 455 n. 8, 457-458, 515, 532-537, 543 n. 16, 550 n. 39, 552, 554, 555-556 e n. 58, 557 n. 59, 558, 559-562 e nn. 66, 68,

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646 69, 571 n. 102, 574 n. 108, 575 nn. 110, 111, 112, 576, 577 n. 116, 579, 581, 582, 586, 592, 599, 601 n. 30, 609 n. 67, 620, 623-636,608 Calandrini Framuccio, figlio di Federico, 605 n. 52 Calandrini Gabriella, 606 n. 58 Calandrini lacopinella (Giacomina) di Federico, 605 e nn. 52-53 Calandrini Iacopo (lacopuccio) di Federico, 597 n. 7, 605 nn. 52, 53, 606 nn. 55, 56, 607 n. 61,608 Calandrini Isabella, 606 n. 60 Calandrini Leonardo di Iacopo, 577 n. 117, 606 e nn. 57, 58 Calandrini Margherita, 577 n. 117 Calandrini Pietro di Tommaso, 607-608 e n. 61 Calandrini Tommasa di Federico, 605 n. 52 Calandrini Tommaso di Iacopo, 577 n. 117, 599, 606 e n. 58, 607 e nn. 61, 63, 608, 619, 623 Calandrini Vannuccella di Federico, 605 n. 52 Calandrini, famiglia, 443 n. 5, 533, 538, 560 n. 67, 561, 569 n. 95, 577 e n. 117, 604-609 Calandrino, 604, 605 n. 48 Calcagni Niccolò, 181 n. 89 Calcedonia, Concilio, 23 n. 6 Calcidio, 21 n. 2 Caldelli E., XIV, 9, 54 n. 20, 103, 105 n. 10, 114, 115 n. 55, 120, 131,192 n. 132 Calderini Valeriano, vesc. di Savona, 567 n. 90 Callisto III, papa, 5, 6 n. 7, 58 e n. 35, 128 e n. 97, 175, 264 e n. 34, 311, 313, 316, 407, 438, 568 n. 94, 571 n. 102, 575 n. 112, 578 n. 120, 625-626 Calvesi M., 371 n. 8, 384 n. 2, 431 e n. 73 Calvi Achille, vesc. di Cervia, 625 n. 11 Calvis (de) Catagna, 170 Calzacarariis (de) Augustinus, 613 Calzolari M., 185 n. 109 Cambiano G., 222 n. 7 Camerino, 380

INDICE -, vesc., 590 Camillo, 291 Cammarota G. P., 422 n. 43 Cammarota Paolo, 416 n. 22 Campana A., 16, 23 e n. 6 Campano Angelo, 265 Campano Giovanni Antonio, 265 Campbell L., 412 n. 6 Campi B., 536 n. 126 Campiono (presso Tossignano), 83 n. 52 Campofregoso, famiglia, 441, 503-504, 513, 531-532 e n. 113, 544, 546, 560, 563, 565 n. 81, 575 e n. 110 Campofregoso Caterina, madre di Ludovico, 563 n. 73 Campofregoso Galeazzo di Prospero, 504, 568 e n. 94 Campofregoso Giano, 563 Campofregoso Ludovico, 457, 504, 532 n. 115, 568 n. 94, 574 n. 108 Caippofregoso Pietro, 462 e n. 30 Campofregoso Spinetta, 563 Campofregoso Tommasina, 586 Campofregoso Tommaso, 444, 457, 544 n. 18, 546 n. 22, 620 Camponesto, 608 Canart P., 64 n. 60, 68 n. 73, 323 n. 89 Candes, 385 n. 4 Canensi Michele, 184 Canetta Carlo, 333, 334 n. 12 Canfora L., 55 n. 23, 71 n. 2, 222 n. 7, 251 n. 50 Cannati R., 377 n. 24 Canneto P., 51 n. 7, 239 n. 6, 355 n. 29 Canossa, abbazia, 511 Cantatore F., XIV, 434 n. 84 Capena, S. Maria delle Grazie, 120, 377 Capitani da Vittuone Giovanni, 613, 617 Capogalli, famiglia, 187 n. Ili Capogalli Francesco di Stefano, 167 n. 29, 169 n. 32, 186 Capogalli Giacomello (lacobello) di Stefano, 186, 169 n. 32 Capogalli Pietro di lacobello, 187 Capogalli Pietro, 169 n. 32 Cappelletto R., 61 n. 53, 241 n. 13, 249 n. 39, 314 n. 60, 325 n. 95

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NOMI E LUOGHI Capponi G., 25 n. 12 Capra Bartolomeo, arcivesc. di Milano, 247 e n. 34 Capranica Angelo, card., 265 Capranica Domenico, card., 26 e n. 16, 94 n. 90, 553 e nn. 46, 47, 547, 549 n. 36, 553, 577 n. 116, 593 Caprara O., 416 n. 22 Caprioli A., 357 n. 40 Carboni F., 61 n. 55, 182 n. 97 Cardini F., 409 nn. 39, 40 Cardini R., 259 n. 17 Carenzio, console di Sarzana, 517 Carlo di ser Lazzaro da Narni, 122 n. 76, 373 Cameade, 22 Caroti S., 163 n. 20 Carpani D., 351 n. 2 Carpi, XVI Carpinati, 220 Carracci Agostino, 421 n. 38 Carrara (da) Francesco il Vecchio, 11 Carrara (da), famiglia, 617, 618 Carrara, 526 -, Duomo di S. Andrea, 446 -, -, Cappella di s. Girolamo, 447 n. 11 Carrara, Monte Verde, 573 n. 106 Carretto (del) Fabrizio, 467-468 Carrillo Alonso, card., 42 e n. 78, 43, 46 Carrozzi Ferdinando, XI Carta F., 163 n. 19 Carzola Giovanni, notaio, 568 n. 93 Casabassana, 575 n. 109 Casamassima E., 75 e n. 23, 96 n. 94, 163 e n. 20,166 n. 24, 268 n. 43, 364 n. 71 Casarsa L., 95 n. 91, 265 n. 36, 268 n. 43, 275 n. 66, 364 n. 71 Caselius J., 260 n. 20 Caselli G., 364 n. 63 Casini A., 451 n. 1, 452 n. 3, 453 n. 5, 457 nn. 13, 14, 514 n. 70 Casnati G., 185 n. 109 Cassine di Monferrato, 533 Cassino, Università, XVI Cassiodoro, Magno Aurelio, 21 n. 2, 24 Castelfranchi Vegas L., 370 n. 5, 387 n. 13, 423 n. 46, 434 n. 86

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Castelnuovo, 505 e n. 36, 526-527 -, Cappella di S. Barbara in, 431 -, S. Maria Maddalena, 573 n. 106 Castelnuovo E., XIII, 384 n. 1, 386 nn. 11, 12, 387 n. 13, 442 n. 4, 554 n. 50 Castiglione del Terziere, 495 Castiglione Vara, 448 -, S. Remigio, 447, 448 Castiglioni Branda, card., vesc. di Piacenza, 40 Castiglioni Giovanni, vesc. di Coutances, vesc. di Pavia, 344 e nn. 39, 40, 345 n. 42, 349-350. Castiglioni Guarnerio, 344, 349 Castracani degli Antelminelli Castruccio, 529, 530, 602 Castro S. Pietro, Cappella di S. Biagio, 419 n. 29 Castrum Maiani, 573 n. 106 Castrum S. Mauricii, 526 Catalano F., 330 n. 2, 334, 335 n. 14 Catellini Giovanni, 378-379 Catellinis (de) alias de Barberinis, famiglia, 379 Cathala lohannes, 175 Catone, M. Porcio, 207, 219, 221 Cattana V., 40 n. 70 Cattaneo Mallone di Novi C., 465 n. 39 Catullo, Gaio Valerio, 21 n. 2 Causa R., 387 n. 12 Cavalca Domenico, 183 Cavalcabò Andreasio, 617 Cavallaro A., XIV, 116 n. 59, 120 n. 69, 122 nn. 76, 77, 128 n. 99, 376 n. 21, 378 n. 27, 387 n. 12, 391 n. 32 Cavallo A. S., 437 n. 100 Cavallo G., 9, 21 n. 1, 49 n. 3, 63 n. 58, 93 n. 85, 94 n. 89, 99 n. 101, 107 n. 16, 157 n. 2, 172 n. 40, 315 n. 69 Ceccanti M., 81 n. 47, 108 n. 20, 113 nn. 44 e 46 Ceccarelli Lemut M. L., 541 nn. 8 e 12, 628 n. 21 Cecchelli C., 101 n. 103 CecchusNutii Carli, 167 n. 29 Cecilio Stazio, 210 Ceffoni Meo, 168 n. 30

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648 Celenza Ch. S., 64 n. 60 Gelsi Lorenzo, doge, 11 Cencetti G., 161, 162 e nn. 15, 16, 17, 163 e n. 19, 173 e n. 48 Cenci C, 364 n. 69, 616 n. 15 Centi A., 547 n. 26 Centueri Guglielmo, vesc. di Pavia, 616-617 e n. 15 Ceparana, abbazia di S. Venanzio, 568 n. 90 Cerda (de la) Antonio, card., Ili, 127, 128 n. 97, 135, 152 Ceresa M., 68 n. 73 Cerioni A. M., 104 n. 6 Cerioni L., 335 n. 15 Cerretano Mario, 180 n. 81 Certaldo, 11 Cernili E., 353 n. 13, 511 n. 58 Cervantes Juan, card., 43 Cervia P., 541 n. 8 Cesare, Caio Giulio, 28 Cesarini Martinelli L., 263 n. 29 Cesena, 428 n. 62 -, Biblioteca Malatestiana, 9, 16-17, 96-97, 428 n. 62 -, Convento di S. Francesco, 16-17 Ceserano, 501 Chacon A., 30 n. 30, 624 n. 9 Chambers D. S., 158 n. 4 Chantilly, Musée Condé, 390 n. 27 Chardella Simon Nicolai, 280 n. 75 Charles de France, 394 n. 43 Chastel A., 101, 102 e n. 107, 384 n. 2 Châtelain É., 163 n. 19 Chatelet A., 388 n. 15, 389-390 e nn. 20, 21, 26, 394 n. 43 Chavanne-Mazel C. A, 79 n. 39,108 n. 20 Chemello A., 225 n. 10 Chenu M.-D., 551 n. 41 Cherubini P., XIV, 9, 54 n. 20, 81 n. 45, 103, 105 n. 12, 110 n. 31, 153, 157 n. 3, 158 n. 4, 159 n. 8, 165 nn. 22, 23, 167 n. 27, 171 n. 36, 174 nn. 51, 53, 54, 179 nn. 76, 80, 180 nn. 80, 85, 86, 181 nn. 87, 90, 184 n. 103, 187 n. 114, 189 n. 122, 314 n. 60, 315 n. 69, 361 n. 56, 410 n. 41, 526 n. 14, 549 n. 36, 561 n. 69

INDICE Chevalier, 388, 390, 393, 395 Chiabò M., 56 n. 27, 100 n. 102, 105 n. 7, 125 e n. 88, 130, 153, 168 n. 29, 191 nn. 129, 384 n. 2 Chiappa Mauri L., 546 n. 22 Chiaravalle della Colomba, Monastero, 343, 344 n. 38 Chiaravalle Milanese, Monastero, 40 Chiasso di Areola, 597 Chiavelli, famiglia, 432 n. 78 Chiesa Giovanni, 187 n. 110 Chittolini G., XIV, 335 e n. 15, 558 n. 60,566 n. 86 Cholino francioso, 428 n. 63 Cianfarini A., XIV, 384 n. 1, 388 nn. 18, 19, 391 n. 32, 392 n. 33, 434 n. 86, 438 n. 106 Ciardi R. P., 444 n. 7 Cicala Campagna F., 387 n. 14 Cicala Meliaduce, 181 n. 89 Cicerone, Marco Tullio, 21 e n. 2, 23, 27, 42 n. 75, 201, 202 n. 8, 207-208, 211, 214, 216-236, 240, 276 Ciliberto M., XIII Cipolla C., 163 n. 19 Cipriano s., 86 e n. 61,117 n. 60,133, 208 Cipro, 461 e n. 27 Ciriaco d'Ancona, 423 n. 45 Cirillo d'Alexandria s., 124, 141 Città di Castello, 325 Civitavecchia, 601 Clagett M., 253 n. 57 Clancy S. C., 394 n. 43, 395 n. 44 Classen P., 324 n. 90 Claudiano C., 21 n. 2, 114 n. 49 Clemente V, papa, 528 Clemente VI, papa, 408 Clemente VII, papa, 104 Clementi P., 175 n. 58 Cleonis, 285 Clerc (le) Jean, 415 n. 18 Cleri B., 433 n. 81 Clough C. H., 94 n. 90,158 n. 4, 269 n. 51 Codiponte, pieve, 508, 511, 561 n. 68 Coetivy (de) Alain, 438 Coeur Jean, 389 Coke Thomas, conte di Leicester, 269 n. 50

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NOMI E LUOGHI Cola lacobelli Colecte, 177 n. 66 Colanionio, 384 n. 1, 386 n. 12 Cole Ahi D., 121 n. 71, 370 n. 5, 373 n. 10, 376 n. 20, 377 n. 22, 436 e nn. 93, 94 Collachio, 467 Colombe Jean, 395 e n. 45 Colonna Prospero, card., 347 Coluccia G. L., 245 nn. 26 e 27, 329 n. 1, 547 n. 26 Columella, L. Giugno Moderato, 21 n. 2 Colutia Rentii lo(hannis) Cencii de Tybure, 167 n. 29 Cornano, Chiesa parrocchiale, 571 n. 99 Como, 342 e n. 33 Concilio, vedi Basilea, Calcedonia, Costanza, Ferrara-Firenze, Pisa, Trento Condulmer, famiglia, 385-386 Condulmer Francesco, card., 349 Contamine G., 295 n. 2 Conte dei Mercanti, 534 Conte G. B., 230 n. 14 Conti G., 9 Conti Ildebrandino, 43 n. 82 Conti N. M., 524 n. 93 Conti P. M., 493 n. 3 Copenhagen, Università, XVI Coppone Io (anni), 176 n. 62 Corbo A. M., 168 n. 29, 406 n. 25 Cordella R., 122 n. 73 Cordellier D., 130 n. 101 Gordewener E.J.L.L.E., 260 n. 20 Corinto, 282 Corio Bernardino, 437 Cornelio Nepote, 207 Corner FI., 231 n. 16 Cornini G., 122 n. 77, 374 nn. 17, 18, 405 nn. 21-23 Corrado da Pontremoli, podestà di Lucca, 503 Corrado Pesleri, 529 n. 107 Correr Angelo, vedi Gregorio XII Corsignano-Pienza, 635 Cortesi M., 49 n. 3, 53 n. 18, 57 n. 29, 60 e n. 45, 238 n. 5, 312 n. 57 Cortesi Paolo, card., 314 n. 60 Corvisieri C., 169 n. 31

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Cosida Juan, 173 n. 49, 175 e n. 57 Costa C., 168 n. 30, 180 n. 80, 182 n. 96, 183 n. 102 Costa Restagno J., 465 n. 39, 541 n. 10 Costantini Giovanni, vesc. di Luni, ovvero La Spezia, Sarzana, Brugnato, 634 n. 29 Costantino Manasse, 68 Costantinopoli, Vili 4, 16, 57, 64 n. 63, 70, 301, 324, 428 n. 62, 461-462, 463, 465 Costanza, 544 n. 17 Costanza, Concilio, 42, 165, 499 n. 18, 502-503, 616 Cottafavi C., 448 n. 16, 514 n. 68 Cox T., 385 n. 4 Coxe H. O., 44 n. 85 Cozza Bartolomeo, 355 Cranz F. E., 252 n. 51 Crasso, Lucio, 211 Crema, Convento di S. Bernardino, 459 n. 20 Cremona, 18 -, Biblioteca Capitolare 9, 18, 19 -, Capitolo della Cattedrale, 18 Crespi Bartolomeo, 39 n. 65 Crespi Giovanni de' Capitani {Johannes de Capitanas de Crispís), 30, 34, 37, 3947 e nn. 40, 41, 44, 65 -, stemma, 31 n. 32 Creta, 164 n. 22 Crevalcore, 419 n. 29 Creytens R., 352 n. 7 Crisippo, 208 Crisolora Manuele, 201, 215 n. 1, 236 n. 30 Cristofori Giovanni Iacopo, 443 n. 5 Cristoforo da Ferrara, 421 n. 36 Cristoforus de Placentia, 613 Critelli M. P., 175 n. 55 Crivelli Lodrisio, 308, 311, 312 e n. 58 Crovara Gianni, XI Croy (de) Diane, 394 n. 43 Ctesifonte, 211 Cuccini Mariano, 183 Curcio G., 410 n. 41 Curzio Rufo, 21 n. 2

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650 Cusano Niccolò, card., vesc. di Brixen, 64 n. 63, 127 e n. 94, 434 n. 86 Cusin Fabio, 335 e n. 14 Cybei Giovanni Antonio, 446 Cybo Leonardo, 188 n. 117 D. de Luca, 591-592 D'Achille P., 168 n. 30, 169 n. 31, 182 n. 96, 183 n. 99, 187 n. 110 D'Aiuto F., 64 n. 63 D'Alessandro G., 56 n. 27, 100 n. 102, 105 n. 7, 168 n. 29, 384 n. 2 D'Amico J. F., 100 n. 102 D'Amico R., 412 n. 9, 422 n. 40 D'Ancona P., Ill n. 35, 113, 114 e n. 48, 154-155, 396 n. 47 D'Angelo M., 95 n. 91, 364 n. 71 d'Aria Giovanni, 445 d'Aria Michele, 454, 445 D'Estaing, 438 Dagnino A., 404 n. 16 dal Poggetto P., 380 n. 32 Dal Pozzo (de Podio) Donato, 190 Dalla Sagrestia (?), 422 n. 43 Dalli Regoli G., 442 n. 4 Daneloni A., 247 n. 32, 249 n. 43, 314 n. 60, 325 n. 95 Danesi Squarzina S., 384 n. 2, 401 n. 8, 407 n. 30, 434 n. 86 Darceli A., 437 n. 100 Dario, re, 291 Daverio M., 335 n. 14 Davidson B., 406 n. 26 De Ange lis Cappabianca L., 546 n. 22 De Angelis P., 429 n. 66 De Benedictis C., 413 n. 12 De Collibus Nicolò, 275 De Corso P., 343 n. 35, 352 n. 11 de Donato V., 161 n. 13 de Floriani A., 108 n. 20 De Gregorio G., 172 n. 40, 315 n. 69 De Hamel C., 390 n. 25 De Launays M., 461 n. 28, 462 n. 30 De Marchi A., 109 nn. 27, 28, 112 n. 41, 121 n. 70, 122 nn. 74, 77, 435 n. 88 De Marinis Cristoforo vedi Marini (o De Marinis) Cristoforo

INDICE De Marinis T., 97 n. 96, 109 n. 24, 269 n. 48, 270 n. 56 De Meo A., 184 n. 104 De Raulin Y., 384 n. 3, 385 n. 4 De Ricci S., 269 n. 50 De Robertis D., 25 n. 11 De Rossi Bonaventura, 533 n. 117 de Rossi G. B., 49 n. 2 De Sandre Gasparini G., 541 n. 10 De Simoni L., 572 n. 104 de Strobel A. M., 122 n. 77, 370 n. 5, 374 nn. 17, 18, 405 nn. 21, 22, 23 De Tòth P., 245 nn. 26, 27, 246 n. 31, 247 n. 34, 249 nn. 40, 42, 250 n. 46, 411 n. 3, 420 n. 34, 580 e n. 128, 623 n. 3 Decembrio Pier Candido, 53, 54 n. 19, 113 n. 46, 312 Decio, 371 Deeters W., 74 n. 16,192 n. 133, 548 n. 27 Degli Agostini Giovanni, 199 n. 2 Degli Esposti C., 416 n. 21 Degrassi Maltese L., 459 n. 21 Dekkers E., 297 nn. 5, 6, 9, 298 nn. 12,13, 14, 299 nn. 16, 19, 300 nn. 23, 27, 28, 301 n. 29, 302 n. 34, 307 n. 39, 311 n. 52 Delacroix-Besnier C., 70 nn. 76, 78 Delaruelle E., 551 n. 42 Della Robbia, famiglia, 389 Della Rovere, famiglia, 8, 445 n. 9 Della Rovere Leonardo, 445 Della Rovere Luchina, 445 Della Valle Niccolò, 170-171 e n. 36, 177 Delle Piane G. M., 464 n. 35 Delli Dello, 387 n. 12 Dello Mastro Mariano vedi Mariano de Magistris Demetrio Cidone, 67 n. 70 Demostene, 207, 211, 212, 213, 225-226, 286 Denker Nesselrath G., 405 nn. 21,22, 23 Denzinger H., 4 n. 1 Derolez A., 77 nn. 28, 31, 79, 83 n. 52, 85 n. 57, 89, 90 n. 72, 92 e nn. 83, 84, 269 n. 50 Desimoni C., 516 n. 75, 517 n. 79 Detroit, 413 Devreesse R., 49 n. 2, 59-60, 62 n. 56, 63 n. 59, 64 nn. 61, 63, 64, 66 nn. 65, 67,

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NOMI E LUOGHI 67 nn. 70, 73, 70 n. 78, 323 e nn. 87, 88, 89, 326 n. 99 Di Benedetto F., 14, 218 n. 5 Di Bernardo F., 313 n. 60 Di Ponzio L., 451 n. 1 Di Legge A., 436 n. 94 Didimo il Cieco, 78 n. 37 Digione, Certosa, 411 n. 3 Diller A., 59 e n. 41 Dillon Bussi A., 314 n. 60, 325 n. 94 Dilts M. R., 59 n. 41 Dina Enrico, 617 Diodoro Siculo, 58, 68-69, 91, 106, 125, 150, 193 Diodoto, 277, 285 Diogene Laerzio, 52, 53, 355 e n. 30, 363 Dionigi Areopagita, ps., 52, 53, 86, 113, 117, 118 n. 61, 119 n. 66, 127 Dionigi di Alicarnasso, 68-69 Dionigi il Piccolo, 137 Dionisio da Genova, 452 n. 4, 458 n. 18 Dionisotti C., 215 Ditti Cretese, 21 n. 2 Dolbeau F., 22 n. 5 Dolezalek G., 44 n. 87 Domenichinus Cechinelli Grisoli, 577 n. 117 Domenico di Francesco da Perugia, 172 n. 43 Domenico di Vanni Matteo da Viterbo (Dominicus Vannis Mathey de Viterbio), 167 n. 29, 168 n. 29 Dominici Domenico, vesc. di Torcello, vesc. di Brescia, 128 n. 97 Dominici Giovanni, card., 351 n. 2, 502 e n. 28 Donatello, 389 Donati G., 252 e n. 52 Donati P., 454 Donati P., XIV, 453 n. 4, 454 nn. 6, 7, 504 n. 34, 552 n. 43, 554 n. 51, 627 n. 18 Donato Pietro, arcivesc. di Candia, 200, 498 Donato, Elio, 21 n. 2 Dondi dall'Orologio Giovanni, 226 e n. 11,618

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Doni Emilio, XI Dorati da Empoli M. C., 158 n. 4,159 n. 7 Doria Brancaleone, 529 Dorini U., 527 n. 102 Dotti U., 235 n. 29 Dresda, 412 -, Kupferstichkabinett, 412 n. 7 Duker C. A., 259 n. 12 Dumortier J., 300 Dunaisjean, 393 n. 41 Durand U., 239 n. 6 Durelli Francesco di Giovagallo, canonico e vicario di Francesco Manfredi, 504, 557 n. 59, 559, 560 nn. 65, 66, 565 n. 83, 567-568 e n. 90, 576 n. 114, 579, 589, 591, 592 Duret Jacques, 415 Dûring Th., 38 Durrieu P., 385 n. 4 Eden P. T., 35 e n. 51, 36 e nn. 52, 53 Efrem Siro s., 137, 300 n. 27 Egidio Romano, 75 Egidius Sanse, 169 n. 32 Ehrle E., 62 n. 56, 407 e n. 30 Eigler U., 98 n. 99 Eleuteri P., 128 n. 97, 253 n. 56 Elia, profeta, 308 Elm IL, 361 n. 56 Ely, vesc., vedi Gray William Elze R., 127 n. 96 Emanuele Caleca, 67 n. 70 Emiliani A., 422 n. 40 Emilio Paolo, 207, 219 Engel A., 400 n. 7 Enlart C., 461 n. 27 Ennio, Quinto, 210, 216-217 Enoch d'Ascoli, 5, 54 n. 19, 57, 70, 159 n. 9 Enrico VII, imp., 529 n. 105, 530 n.107 Enrico, canonico di Luni-Sarzana, 529 n. 107 Enrico da Fucecchio, vesc. di Luni, 524-525 e nn. 94, 96, 97, 526 n. 98, 529530, 538, 544 n. 17 Enrighini, famiglia, 569 n. 95 Enrighini (degli) Enrico, 569 n. 95

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652 Enrighini (degli) Giorgio, 506, 569 n. 95 Epicuro, 219, 241 n. 14 Epidamno, 276, 282 Eraclide, 274 Erasmo da Rotterdam, 297-298 e n. 11, 302, 362 n. 60 Erice, 252 Ermes, 274 Ermocrate, 286, 289-290 Erodoto, 68-69, 255, 264, 272 e n. 64, 276 e n. 67, 278 Ersnt G., 168 n. 30 Eschine, 211 Esiodo, 207, 225-226 Esopo, 21 n. 2 Esposito A., 81 n. 45, 95 n. 90, 105 n. 12, 110 n. 31, 157 n. 3, 410 n. 41 Esposito Frank M., 360 n. 51 Este (d') Francesco, 383 n. 1 Este (d') Leonello, 383 e n. 1, 385 Estouteville (d') Guillaume, card., 95 n. 90, 385 n. 4 Eubel C., 30 n. 30, 42 nn. 76, 78, 43 n. 80, 58 n. 35, 311 n. 54, 312 n. 56, 329 n. 1, 342 n. 33, 343 nn. 36, 37, 345 n. 42, 348 n. 50, 357 n. 35, 496 n. 11, 499 n. 19, 524 n. 94, 542 n. 16, 558 n. 62, 567 n. 90, 633 n. 27, 635 n. 29 Euclide, 178 n. 71, 208 Eufemio Ateniese, 289 Eugenio III, papa, 88 n. 68, 119-120, 323, 493 en. 1,508, 556 n. 57 Eugenio IV, papa, 22-23, 64 e n. 63, 105 e n. 8, 114 n. 53, 121 n. 71, 171 n. 38, 172-174 e nn. 43, 52, 248 n. 37, 255, 323, 361, 370 n. 2, 372, 383, 390, 391 n. 30, 392, 411, 425 n. 55, 426 n. 56, 427428, 434 e n. 86, 435 n. 88, 436 e n. 93, 451-452, 457, 512, 533, 548, 557-558 e n. 59, 567 e n. 90, 568, 600 n. 25, 620, 624 Euripide, 210, 216 Eusebio di Cesarea, 118,134-136,127, 248 Eutropio, 21 n. 2, 300 Evagrio, 137 Evans M. L., 391 n. 30 Excidium Troiae, 21 n. 2

INDICE Eyck (d') Barthélémy, 386 n. 12, 387 n. 14, 397 Eyck (van) Jan, 411, 412 n. 7, 413-414 e n. 9, 431 Fabbri L., 9, 428 n. 62 Fabbri P. G., 9 Fabbri R., 61 n. 53, 314 n. 60, 321 n. 82, 325 n. 95, Fabio Massimo, Q., 29 Fabio Paulino, 259 Fabjan B., 415 n. 19 Fabre P., 5 nn. 2, 3, 49 n. 2, 57 n. 27, 59 n. 38, 104 n. 5, 106 n. 13, 110 nn. 31, 32, 111 n. 35, 155, 157 n. 1, 189 n. 121, 190 nn. 126, 127, 322 n. 87, 326 n. 99, 364 n. 65 Fabriano, 111 n. 37, 380, 431-434 e nn. 77, 78, 550, 553, 588-590 -, Capitolo della Cattedrale, 433 -, Pinacoteca, 433 -, S. Francesco, 432 e n. 77 Fabroni A., 54 n. 19 Faccioli Antonio, 606 n. 56 Faccioli Franceschina, 606 n. 56 Faccioli Francesco, 606 n. 56 Fachechi G. M., Ili n. 36 Facio Bartolomeo, 57, 384 n. 1, 433 n. 82 Faggioni P. E., 512 n. 62 Fagiolo M., 104 n. 6, 116 nn. 57, 59, 137, 369 n. 1, 378 n. 27 Faie (da) Giovanni Antonio, 505 e n. 35, 534 n. 122, 543 n. 16, 552 n. 45, 575 n. 112 FairbankA., 184 n. 105 Falcinello, 527, 573 n. 106 -, Chiesa dei Ss. Fabiano e Sebastiano, 573 n. 106 Faldi I., 377 n. 24 Fanti M., 416 n. 21 Fantoni A. R., 314 nn. 60, 62, 63, 315 n. 66, 325 nn. 94, 96 Farenga P., 63 n. 60, 64 n. 63, 106 n. 12, 136, 157 n. 3, 175 n. 55, 315 n. 66 Farina Raffaele, XII, 49 n. 1 Fatinelli Iacopo, 507 Favorino, 208

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NOMI E LUOGHI Fazzardi Agostino, 36 Fedeli Bernardini F., 409 n. 38 Fedeli P., 230 n. 14 Federico I Barbarossa, imp., 518-519 e n. 81, 520 n. 83, 521 e n. 85, 565 n. 80, 566 Federico II, imp., 520-523 e nn. 85, 86, 90, 92 Federico III, imp., 340, 464, 533 n. 118, 555 e n. 55, 600 Federighi Antonio, 445 Fedro, 362 n. 60 Fedwick P. J., 300 n. 27 Felice V, antipapa, vedi Savoia (di) Amedeo Felino, castello, 502 Fenzi E., 235 n. 29 Feo M., 226 n. 11, 354 n. 18 Fera V., 172 n. 40, 215 n. 1, 218 n. 5, 549 n. 35 Feriamo F., 259 e n. 18, 260 n. 19 Ferrantini Antonio, 243-245 Ferrara, 83-84, 247 n. 34, 250, 349, 383, 384 n. 1,388 Ferrara-Firenze, Concilio, X, 3, 22, 50, 64-65, 73, 80-82, 114 n. 53, 250, 253, 411 n. 3, 413 n. 9, 424, 620 Ferrari (de') Arsenio da Milano, 500 Ferrari M., XIII, XIV, 9, 50 n. 6, 241 n. 13 Ferrari P., 559 n. 64 Ferrari Pietro, 330 e nn. 3, 4, 348 n. 51 Ferraù G., 215 n. 1, 218 n. 5, 256 n. 4, 314 n. 60, 549 n. 35 Ferrer Miguel, 264 e n. 34, 266 Ferretto A., 526 n. 99 Ferri A., 418 n. 27 Ferrillo Veronica, XIII Ferrini Cosimo, 166 Ferro M., 113 n. 44 Ferro P. F., 515 n. 72 Fiaccadori G., 95 n. 91,107 n. 16,253 n. 56 Fidia, 28, 211, 220 Fieschi Antonio di Oliviero di Lavagna, 586 Fieschi Federico, 457 n. 16 Fieschi Giorgio, card., 347 Fieschi Luca, card., 526 n. 99

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Fieschi Niccolò, 523-524 Fieschi Ottobono, card., 523 n. 92 Figaseca Pietro, 600 n. 23 Figline Valdarno, 168 n. 30 Filarete vedi Averlino Antonio Filargo Pietro da Candia, arcivesc. di Milano, 40, 41 Filattiera, pieve di S. Stefano di Sorano, 510 Filelfo Francesco, 113 n. 46, 355 n. 30 Filieri M. T., 441 n. 2, 551 n. 40 Filippi (de) Tommasino di Pontremoli, 605 n. 53 Filippo il Buono, duca di Borgogna, 411,412, 414 en. 14 Filone d'Alessandria, 325 Fini Francesco, 110 n. 31, 157 e n. 3 Fini Giovanni, 157 e n. 3 Fink K A., 549 n. 32, 550 n. 39 Pinoli A. M., 386 n. 10 Fioravanti Aristotele, 418 n. 28 Fioravanti Fieravante, 418 n. 28 Fiore F. P., 400 n. 7, 420 n. 35 Firenze, 13, 15, 77 n. 31, 79, 83, 85 e n. 56, 93, 96, 104, 110 n. 31, 112, 163, 173, 174 n. 52, 215 n. 1, 237-254, 346 nn. 44, 45, 359, 373, 388-389, 391 n. 30, 413414, 422 n. 41, 424, 425 n. 52, 430, 437, 443 n. 5, 495, 502, 529 n. 105, 534 e nn. 121, 122, 535, 556, 557 n. 59, 602 n. 34, 607, 608, 609, 612 n. 5, 616, 618, 621, 623-624 -, Archivio di Stato, 552, 628 -, -, Archivio mediceo avanti il principato, 626, 631 n. 25 -, Biblioteca Medicea Laurenziana, 63 n. 32, 269, 271-274, 276-280, 282-290, 292, 293, 105 -, Cappella dei Pazzi, 393 -, Carmine, Cappella Brancacci, 371-372 -, Certosa, 244-245, 424 n. 51 -, Concilio, vedi Ferrara-Firenze, Concilio -, Fondazione Longhi, XVI -, Museo del Bargello, 430 e n. 70 -, Opificio delle pietre dure, XVI -, Orsanmichele, 446

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654 S. Croce, 459 , S. Marco, convento OP, 371, 459 -, -, biblioteca, 4, 5, 15-17, 19, 54 n. 19, 62 n. 57, 63, 66-69, 428 n. 62, 250-251 , S. Maria degli Angeli, 14, 200, 237 S. Maria del Fiore, 389 -, biblioteca, 9, 15,17, 428 n. 62 S. Pietro in Celoro, 15 S. Spirito, convento OSA, 12 , S. Trinità, 13 -, vesc., 529 Fivizzano, 501, 510, 530, 544, 558, 560 n. 67, 571 n. 101, 574 n. 108, 586, 602, 603 e n. 38 -, S. Giovanni Battista, convento OSA, 552, 602, 604 -, S. Paolo, pieve, 508, 510 Flandin E., 467 n. 45 Flavio Giuseppe, 21 n. 2, 47 n. 91, 128 n. 97, 390 n. 28, 414 n. 14 Flecchia M., 323 n. 90 Pliche A., 551 n. 42 Florentinus L., 355 n. 30 Floro, L. Anneo, 21 n. 2, 232 Fluvian Antonio, 463, 466 Focillon H., 386 n. 11 Focione, 355 Foffano T., 45 n. 88, 50 n. 6, 241 n. 13 Fohlen J., 21 n. 3, 22 n. 5, 29 n. 28, 36, 37 nn. 55, 56 Fois M., 451 n. 1 Foix (de) Pierre, card., 429 n. 65 Polena Gianfranco, 201 e n. 6 Foligno, 631 Follo, S. Leonardo e S. Martino, 510, 566 n. 85 Fonti, S. Nicola, 573 n. 106 Fontia, 534 n. 122 Forcella V., 379 n. 29 Forder M. P., 32 n. 38 Formentini U., 457 n. 13, 458 n. 16, 541 n. 10 Formione, 285 Forner F., 44 n. 86 Forni P. M., 231 n. 16 Forteguerri Vittoria, 445 Foscari Pietro, vesc. di Padova, 18

INDICE Foschini Claudia, 354 n. 22 Fosdinovo, 448 e n. 14, 501, 517, 527, 564, 602 -, S. Remigio, 573 n. 106, 578, 589 Fossier F., 314 n. 64 Fouquetjean, 130, 383-398, 434 n. 86, 438 Fournier P., 243 e n. 22 Franceschina, moglie di Federico Calandrini, 605 n. 51 Franceschino di Mulazzo, 527 Franceschino di Tomeo, 602 n. 36, 603 e n. 38 Francesco da Giovagallo, vedi Durelli Francesco da Giovagallo Francesco da Padova, 172 n. 43,175 n. 56 Francesco da Pietrasanta, vedi Manfredi Francesco, vesc. di Luni Francesco d'Assisi s., 452 Francesco de Theolo, 181 n. 93 Francesco del Borgo, 178 Francesco di Benedetto da Borgo San Sepolcro, 128 n. 97, 178 n. 73 Francesco di Giovanni, 190 n. 125 Francesco di Marcho da Vinesa, 110 n. 30 Franchi Bartolomeo, 182 Franchi de' Cavalieri P., 73 nn. 10, 12, 74 nn. 13, 14, 16, 78 n. 34, 79 n. 38, 83 n. 49, 84 n. 53, 85 n. 58, 86 nn. 60, 61, 87 n. 65, 88 nn. 67, 68, 90 n. 75, 136, 138, 314 n. 66 Franchini Franco, XI Franchini Guelfi F., 447 n. 13 Franci A., 81 n. 47, 113 n. 44 Franci Giuliano, 188 n. 118 Fran ciotti, famiglia, 181 n. 89 Franciotti Giovan Francesco, 181 n. 89 Francucci R., 406 nn. 26, 27 Frasso G., 50 n. 6, 241 n. 13 Frati C., 163 n. 19 Frati L., 169 n. 31 Fredouille J.-C., 281 n. 78 Freggia E., XI-XII, 494 n. 5, 539 n. 1, 540 nn. 3, 4, 587-593, 627 n. 20, 632 n. 26 Frenz Th., 160 e n. 11, 171 n. 36, 172 e nn. 41, 44, 173 e n. 49, 175 n. 57, 548 n. 30, 549 nn. 31, 32, 34

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NOMI E LUOGHI Friedlander M. J., 397 n. 57 Frommel C. L., 178 e n. 72, 402 n. 12, 403 nn. 13,15, 404 n. 20, 406 nn. 26, 29 Frondoni A., 564 n. 79 Frontino, Sesto Giulio, 21 n. 2, 45 Frugoni C., 551 n. 40 Fryde E. B., 260 n. 20, 272 n. 64, 279 e n. 73, 280 n. 76 Fucecchio, 529 Fulchini Ludovico, 342-343 e n. 36, 349 e n. 53 Fulgosio Raffaele, 40 n. 68 FumiL., 333, 334 n. 12 Fusaro Gabriele, 188 n. 118 Gaar A., 297 nn. 5, 6, 9, 298 nn. 12, 13, 14, 299 nn. 16, 17, 18, 19, 300 nn. 23, 27, 28, 301 n. 29, 302 n. 34, 307 n. 39, 311 n. 52 Gabriel A., 467 n. 44, 469 n. 49 Gaeta F., 233 n. 21 Gain B., 239 n. 6, 247 n. 33 Galasso di Matteo Piva, 417 n. 25 Calata, colonia genovese a Cipro, 461 e n. 28 -, torre Cristea, 461-462 Galeno, 208 Galli G., 40 n. 66 Gambarotta Stefano, 533 Cambino L., 185 n. 109 Gams P. B., 542 n. 16, 558 n. 62, 567 n. 88 Gand, 412 e n. 7 Gandolfi Andrea di Giovanni Andrea, prepósito dei capitolo di Luni-Sarzana, 541 n. 13, 571 n. 101, 574 n. 108, 575 nn. 110, 111, 576 n. 112, 579 n. 122, 580 e nn. 125, 126, 127, 582, 583, 584 Garfagnini G. C., 50 n. 6, 239 n. 7, 324 n. 91, 526 n. 15 Cargan L., XIV, 21 n. 1, 62 n. 57, 99 n. 101, 251 n. 50 Garibaldi V., 121 n. 70 Garimberti Alberico, abate di Chiaravalle della Colomba, 343-344 e n. 38 Garin E., 50 n. 3, 62 n. 57, 248 n. 36, 351 n. 2

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Garsiis (de) Luis, 175 e n. 56 Garzelli A. 77 n. 31, 314 n. 62, 354 n. 18, 413 n. 12 Gaspar Petri Antonii, 177 Gaspare da Sant'Angelo, 192 n. 133 Gaufridus monacus, 88, 146 Gaye G., 157 n. 1 Gaza Teodoro, 53, 55 e n. 24, 61, 106, 114 n. 49, 126, 154, 251-253 Geerard M., 296 nn. 3, 4, 297 nn. 7, 10, 298 nn. 11, 15, 299 nn. 20, 21, 300 nn. 22, 24, 25, 26, 27, 301 nn. 30, 31, 32, 302 nn. 33, 35, 303 nn. 36, 37, 307 nn. 40, 41, 313 n. 59, 314 n. 61, 326 n. 98 Gellio, Aulo, 208, 221, 362 n. 60 Gemisto Pie tone Giorgio, 253 Gennaro C., 432 n. 75, 556 n. 58, 625 n. 11,629 n. 23, 632 n. 25 Genova, 247 e n. 34, 433 e n. 82, 443 n. 6, 452, 454, 463, 464, 493 n. 2, 494, 495 e nn. 8, 9, 496, 513, 520, 522, 524, 530, 532 n. 115, 553 e n. 47, 557, 563, 569 n. 94, 593, 634 n. 29 -, Ss. Annunziata di Portoria, 455 n. 9, 456 -, S. Francesco di Castelletto, 444 -, S. Giovanni di Pré, 464, 465 n. 39 -, S. Girolamo di Quarto, 512 -, stemma, 462 -, Università, XV, XVI Gensini S., 558 n. 61 Gentile da Fabriano, 423 Gentile della Mollara, 342 Gentile S., XIV, 49 n. 3, 51 nn. 7, 8, 9, 52 n. 13, 93 n. 87, 238 n. 5, 243 n. 19, 244 n. 22, 251 n. 50, 252 n. 52, 253 nn. 54, 55, 254 n. 58, 312 n. 57, 314 n. 60, 315 n. 66, 324 n. 93, 326 e n. 97, 351 n. 2, 426 n. 46, 608 n. 65, 623 n. 2 Gercke A., 35 n. 48 Cerini E., 559 n. 62 Gerola G., 466 n. 43, 467 n. 44 Gerusalemme, 41, 370-372 Gervasini L., 564 n. 79 Gherardi Iacopo da Volterra, 166 Gherardino, vesc. di Luni, vedi Malaspina Gherardino, vesc. di Luni

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656 Chinato A., 452 n. 2 Ghirlandaio Davide, 7-8 Ghirlandaio Domenico, 7-8, 406,413 n. 11 Ghiron I., 335 n. 14 Giachetto di Benedetto, tessitore francese a Siena, 436 Giacomo da Sarzanello, 499, 530 Giacomo della Marca s., 451-452 Giambutti L., 512 n. 61,571 n. 99,572 n. 103 Gianfranceschi L, 554 n. 50 Giangrande G., 230 n. 14 Giano Pannonio, vedi Kesincei János Giganti Girolamo da Fossombrone, 180 en. 85 Giganti Niccolò, 180 Gigantibus (de') Gioacchino, miniatore, 109, 112,128 n. 97 Gilbert C., 120 n. 70, 370 n. 2, 391 n. 30, 434 n. 86 Gilippo, 290 GillJ., 73 n. 11, 361 n. 54 Gilson J. P., 315 n. 67 Gini Bionda, 190 n. 125 Gini Filippo, 190 n. 125 Gini Francesco, figlio di Filippo e Bionda, 190 n. 125 Ginzburg C., 383 n. 1 Gioacchino da Fiore, 121 n. 71 Giona, profeta, 302 Gionta D., 55 n. 24 Giordani Pietro, 605 n. 50 Giorgi D., 54 n. 19 Giorgio Acropolita, 68 Giorgio di Alemagna, 428 n. 62 Giorgio di Marco di Fivizzano, 560 n. 65, 579, 580 n. 125, 592-593 Giorgio monaco, 68 Giovanardi C., 168 n. 30, 169 n. 31, 182 n. 96, 183 n. 99,187 n. 110 Giovanni s., evangelista, 325, 326 Giovanni XXIII (Baldassarre Cossa), papa di obbedienza pisana, 430, 496, 498-499 e n. 16, 502, 542 n. 16 Giovanni (da Sarzana?), 618 Giovanni Antonio da Panicale, 561 Giovanni Antonio di Follo, familiare di Sisto IV, 566 n. 85

INDICE Giovanni Boneli, 586 Giovanni Cassiano, 124,129,142 Giovanni Crisostomo s., 51, 55-53, 65, 67, 194 n. 137, 246, 295-327 Giovanni d'Alemagna, 388, 418 n. 29 Giovanni da Bagnone, vedi Amadei Giovanni da Bagnone Giovanni da Capestrano s., 451,460,514 Giovanni da Fiesole b., vedi Beato Angelico Giovanni da Itri, 184 Giovanni da Milano, 128 n. 97 Giovanni da Montepulciano, 162 Giovanni da Napoli, 458 Giovanni da Novara, 576 n. 112 Giovanni da Sartirana (Zaninus de Sartirana), 613, 617-618 Giovanni da Sutri, 176 e n. 64 Giovanni Damasceno s., 52 Giovanni di Bertone, 583 Giovanni di Giovanni de Alemagna, 418 n. 29 Giovanni di Tolosa, 104 Giovanni Paolo II, papa, XII, XVII Giovanni tedesco, ricamatore, 429 n. 66 Giovenale, Decimo Giunio, 21 n. 2, 28 Girgensohn D., 247 n. 34 Girolamo s., 23, 25 n. 14, 31, 110 e n. 33, 137, 192, 211, 221, 244, 248 e n. 36, 251, 298 e n. 12, 299 n. 16, 316, 362 nn. 57, 58, 60, 414 Girolamo da Sassoferrato, 180 Giucaro, Ss. Fabiano e Sebastiano, 573 n. 106 Giuliano di Giovanni, 448 Giuliano di lachomo da Terni, miniatore, 110-111 e n. 35 Giuliano di Janni Paolo, 378 Giuliano di Manfredo da Areola, 448 Giuliano Pomerio, 84 e n. 55, 114 Giuliari G. C., 355 n. 26, 365 nn. 76, 77 Giulio II, papa, 406 n. 28 Giulio III, papa, 429 n. 65 Giulio Paride, 21 n. 2 Giunta Giuliano, 378 Giusti G., 25 n. 12 Giustiniani L., 355 n. 30

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NOMI E LUOGHI Giustiniani Lorenzo s., patr. di Venezia, 54 n. 19, 419 Giustiniani V. R., 53 n. 17, 240 n. 12 Giustino, M. Giuniano, 21 n. 2 Gloria A., 39 n. 64, 618 n. 23 Gnafri Johannes, 110 Gnoli U., Ili n. 35 Godis (de) R, 593 Goioli Antonio, 186 n. 110 Goioli/Goyoli Giovanni Paolo di Antonio, 167 n. 29, 186 n. 110 Golish E. J., 259 e n. 16, 261 e n. 22 Golzio V., 384 n. 2, 391 n. 30 Gombrich E. H., 424 n. 48 Gonce L., 437 n. 100 Gonella, buffone, 383 Gosenbruch M., 388 n. 15 Gothein P.,'233 e nn. 22, 23 Gozzoli Benozzo, 121 e n. 71, 130, 369, 373 e n. 10, 376, 377 n. 22, 379, 435-436 nn. 89, 91 Gradi (de) Antonius, 614 Graesse J. H. T., 309 n. 44 Grafton A. 3, 71 n. 2, 100 n. 101, 149, 192 n. 132 Grandi R., 412 n. 9 Grane L., 366 n. 79 Grassi L., 386 n. 10 Grassi P., 387 n. 12 Grasso Peroni Anna Maria, XIII Grasso Peroni Giorgio, XIII Gray William, 263, 266 Graziano, giurista, 366 n. 79 Greco A, 5 n. 4, 28 n. 25, 57 n. 30, 80 n. 42, 106 n. 15, 121 n. 70, 237 n. 1, 316 n. 71, 370 nn. 5, 6, 400 n. 6,425 n. 54, 625 n. 12 Grégoire R., 298 n. 11, 409 n. 38 Gregori M., 406 n. 27 Gregorio Magno s., papa, 41, 183, 193, 241 e n. 14, 244, 400 Gregorio Vili, papa, 515, 516 n. 75, 543 n. 17, 572 e n. 104, 591 Gregorio IX, papa, 523-524 Gregorio XI, papa, 62 n. 57 Gregorio XII, papa, 41, 43 n. 83, 47, 162 Gregorio XIII, papa, 430 n. 70

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Gregorio di Nazianzo s., 51, 67 n. 69, 246, 247 n. 32, 325 Grenoble, Grande Chartreuse, 85, 243 e n. 18, 244-247, 250 Gribomont J., 300 n. 27 Griffi, famiglia, 500 n. 20, 530, 545 n. 19, 577 n. 117, 606 Griffi, notaio da Besate, 39 n. 65 Griffi Andrea di Iacopino, notaio e cancelliere del vesc. di Luni, 499-500 e nn. 20, 21, 501 n. 22, 504 n. 33, 545 n. 19, 557 n. 59, 570 n. 96, 599 n. 18, 600 n. 24, 607 n. 62 Griffi Bernabò, vesc. di Luni e arcivesc. di Pisa, 500 n. 20, 554 Griffi Corradina di Corrado, 606 n. 57 Griffi Ettore, notaio, 545 n. 19 Griffi Ettore di Corrado, 606 n. 57 Griffi Giovanni Antonio, 179 n. 77, 560 n. 66, 603 e n. 38, 629 Griffi Iacopino, 597 n. 11, 598 n. 14, 603 n. 39, 604 n. 44, 606 n. 57 Griffi Giudici Ettore, 606 n. 57 Griffi Giudici Maddalena di Ettore, 606 n. 57 Griffo Francesco, 166 Griffolini Francesco di Mariotto, 60-61, 68, 308-311, 313, 314 e n. 63, 315-323, 325 e nn. 95, 96, 326 Griffolini Mariotto, 317 n. 73 Grifonibus (de) Ioannes, 419 n. 29 Griggio C., XIV, 199 nn. 2, 3, 216 n. 2, 224 n. 8, 225 n. 10, 227, 235 nn. 29, 30, 239 n. 7, 240 n. 10, 247 e n. 36, 354 n. 23 Crisolo di Domenico (Domenichini Grixoli), chierico e canonico di LuniSarzana, 542 n. 13, 568 n. 93, 576, 577 n. 116, 580 nn. 125, 126, 127, 582, 583, 585-586, 588-589 Gronchi M., 356 n. 32 Grottaferrata, 64 Gruyer E. A., 390 e nn. 27, 29 Gualdo G., 549 n. 35, 559 n. 64 Gualdo Rosa L., 356 n. 62, 549 n. 35 Gualdo Tadino, 425 n. 55, 433 Gualitieri francioso, 429 n. 66

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658 Gualterio/Gualtiero, vesc. di Luni, 517, 543 n. 17 Gualterius domini Tadei, 170 Guarino Veronese, 53, 163, 201, 212, 216 n. 2, 240 e n. 12, 252, 253, 352, 355 n. 30, 384 n. 1 Guamerio d'Artegna, 95 n. 91,96,265, 275 Guarnieri Stefano da Osimo, 160 n. 9 Guastalli F., 576 n. 112 Guasti Cristina, 75 e n. 23, 96 n. 94 Guastonibus (de) Cristoforo, 614 Guazzelli Demetrio da Lucca, 62 n. 57 Guell Petro, 436 n. 96 Guerrini Ferri G., 162 n. 15 Guglielmo, vesc. di Luni, 521, 523-524, 527-528 Guglielmo di Fiandra, 420 n. 34 Guglielmotti A., 462 nn. 29, 30 Guidi Marco, 175 Guidi R. L., 351 n. 2, 353 n. 12, 356 n. 32, 357 n. 35, 362 n. 57 Guido, canonico di Luni-Sarzana, 580 n. 126 Guido Novello, conte palatino di Toscana, 528 Guido/Guidone di Giovanni da Sarzana, 574 n. 108, 575 n. Ili Guidoni Antonio di ser Pietro, 174 n. 52 Guidotto da Milano, 526 Guinigi Niccolò, vesc. di Lucca, 498 Guinigi Paolo, 496, 497, 498-499 e n. 16, 501 e n. 24, 503 n. 28, 507, 542 n. 16, 546 Guy Bernard, 385 Haase F., 31 n. 36, 259 n. 12, 271 Haase W., 27 n. 20 Haidacher A., 149 Hall E. C., 414-415 e nn. 14, 15, 16, 435 n. 88, 436 nn. 96, 97, 437 nn. 98, 101, 438 n. 102 Haller J., 40 n. 71, 44 Hankins J., 354 nn. 18, 19, 20, 22, 23, 363 n. 62, 365 nn. 72, 73 HanshawJ., 415 n. 16 Harbison C., 413 n. 9 Harecourt (d') Guillaume, conte di Tancarville, 393 n. 41

INDICE Haroldo F., 250 n. 44 Harth H., 324 n. 90 Hasluck F. W., 468 n. 47 Hausmann F. R., 160 n. 11 Heck (van) A., 311 n. 55 Heidelberg, Università, 421 n. 38 Hélion de Villeneuve, 467 n. 45, 469 Heller B., 415 n. 16 HelmrathJ., 43 n. 78 Hemmerdinger B., 260 n. 20 Henderson J., 361 n. 56 Henricus, vicarius Episcopi Papiensis, 613 Henricus de Kunsteleer de Confluentia, copista, 74 e n. 16, 75 Heydenreich L. H., 432 n. 78 Hijmans B. L., 32 n. 38 Hine H. M., 34, 35 n. 47 Hofmann (von) W., 311 n. 53, 548 n. 30 Hofmann G., 524 n. 7 Honk H. Th., 595 n. 1. Horsfall N., 222 n. 7 Hubert H., 419 n. 30 Hubertus, copista, 314 n. 62 Hude K., 261 e n. 23, 267, 270 n. 61, 271, 273 n. 65, 275, 281, 284, 292 Hudson John, 259 n. 12 HuizingaJ., 431 Humfrey P., 421 n. 37, 422 n. 39 Hunt R. W., 44 n. 85 Huntermann U., 550 n. 39 Iambus Lucensis, 593 lacopetti da Fivizzano, famiglia, 575 n. 110 lacopetti Antonio da Fivizzano, 560, 575 n. 110, 580 n. 125 lacopina di Mercadante, prima moglie di Calandrino, 605 n. 48 Iacopo, castaido del vesc. di Luni e podestà del Castello di Brina, 606 Iacopo da Fabriano, miniatore, 109, 111, 127 n. 96, 128 n. 97, 268 n. 40 Iacopo da Gragnola, 580 n. 125 Iacopo da Lusignano, 127 n. 94 Iacopo da San Cassiano, 51 nn. 8, 11, 252-253, 254 n. 57 Iacopo da Valdettaro, 574 n. 108 Iacopo della Lana, 177

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NOMI E LUOGHI Iacopo della Quercia, 411 n. 2, 441 Iacopo di Biagio, 443 n. 5 Iacopo di Paolo, 421 n. 37 Iacopo di Tomeo, 603 lanicolis (de) Mario, 188 Igino, C. Giulio, 21 n. 2 Ignazio di Antiochia s., 243-247, 250-251 Ilario di Poiters s., 247-249, 362 Illice (de) Giovanni, 579 n. 123 Imperiale Giacomo, arcivesc. di Genova, 513, 568 n. 90 Innocenzo III, papa, 493 e n. 1, 516517, 543 e n. 17, 556 n. 57 Innocenzo IV, papa, 495, 496, 523 Innocenzo VII, papa, 41 Innocenzo Vili, papa, 109 Io (anni) laco de Roma, 176 n. 62 Ioannes Antonius Lunensis, vedi Bertoni Giovanni Antonio da Panicale Johannes Baptista de Francia, copista, 74 n. 19, 86 e nn. 60, 61, 89,117 e n. 60,120 Johannes Caldarifex, copista, 111, 127 Johannes Jacobi da Civita Castellana, 177 Johannes de Grifonibus, 418 n. 29 Johannes Lamperti de Rodemberg, copista, 79, 90, 98 n. 97, 120, 191, 257 e n. 7, 262, 266 Johannes Pottere de Ziericœe, copista, 96 n. 93,101 n. 105,193-194 e nn. 134,136 Johannes Rosengart de Slesia, copista, 73 n. 11 Johannes Sutrinus, 176 n. 64 Johannes Wemeri de JJassya, copista, 73 e n. 10, 74, 76 e n. 25, 77, 82, 90 Jordani Nicolaus Cole Johannis, 167 n. 29 Ipparco, 280 Ippocrate, 208, 287 Iraldi G., 531 n. Ili Ireneo di Lione s., 85, 243, 245, 247, 250-251 Isaia, profeta, 303-307 Isidoro di Kiev, card. Ruteno, 58-61, 63 n. 59, 67 n. 71, 68, 462 Isidoro di Siviglia s., 247 Isocrate, 207, 220, 225-226 Isolanis (de) Antonio, 40 n. 70 Isoldi F., 377 n. 23

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Ivaldi A., 503 n. 30, 545 n. 18, 546 n. 22, 563 n. 74 Ivani Antonio di Niccolò, 555 n. 56, 556 Ivanis (de) Jacobus de Suvero, 580 n. 127 Izbicki T., 95 n. 90 Jacheto magistro farariae, 436 n. 97 Jacky P., 394 n. 43 Jacob C., 100 n. 101 Jacob E. F., 424 n. 48 Jaitner-Hahner U., 315 n. 68, 325 n. 94, 350 n. 55 Jean, padre di Fouquet, prete, 384 Jean de Meingre, detto il Maresciallo Bucigault, 495 Jeannine de Bruges, 414 Johanek P., 576 n. 113 Jolly P. H., 424 n. 47 Jones P. J., 432 n. 76 Jones P., 422 n. 42 Josi E., 316 n. 71 Jouffroy Jean, card., vesc. di Arras, 95 n. 91, 96, 101 n. 105, 111, 193-194 e nn. 135, 137, 263, 266, 268 n. 44, 325 e nn. 95, 96, 326, 438 Jullien de Pommerol M.-H., 56 n. 26 Kaeppeli T., 352 n. 7 Kehr P. F., 539 n. 2, 540 n. 4, 543 n. 17, 565 n. 80, 572 n. 104 Kesincei János, 351 e n. 1 Kibre P., 353 n. 16, 364 n. 66 Klee IL, 260 n. 20 Kleinlogel, 261 Kollias, 467 n. 44 Konig, 395 n. 43 Kos, 467 Krautheimer R., 408 n. 34 Kristeller P. O., 41 n. 73, 74, 42 n. 77, 235 n. 29, 252 n. 51, 265 n. 37, 269 nn. 47, 48, 49, 50, 54, 55, 270 nn. 56, 58, 295 n. 1, 312 n. 58, 314 nn. 63, 64, 315 n. 67, 316 n. 70, 350 n. 55, 352 n. 7, 353 nn. 15, 16, 354 nn. 17, 18, 19, 20, 21, 23, 24, 355 nn. 25, 363 n. 62, 364 nn. 63, 65, 66, 68, 69, 70, 365 nn. 73, 75, 76, 77, 78

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660 Kuttner S., 88 n. 67, 127 n. 96 L'Aquila, 430 e n. 70 -, Università, XVI La Rochelle, 551 La Spezia, XIV, 452, 507, 508, 512, 514, 635 n. 29 -, Accademia Lunigianese di Scienze «G. Capellini», XIII, XVI -, Archivio Notarile, 527 n. 101, 542 n. 14 -, Convento degli agostiniani, 514 -, Museo Tecnico Navale, 447 -, S. Maria, 509 Labande E. R., 551 n. 42 Labardi L., 249 n. 39 Labowsky L., 418 n. 26 Laclotte M., 390 n. 25 Lacone di Platea, 286 Ladislao, re di Napoli, 444 n. 7, 496 Lafenestre G., 395 n. 44, 396 e n. 46 Lagastrello, Abbazia di S. Bartolomeo di Linari, 511, 570 e n. 99, 571 nn. 101,102 Lambot C., 297 n. 9 Lami G., 41 n. 73 Lamola Giovanni, 247 Lamorati G., 517 n. 78 Lanconelli A., 95 n. 91, 194 n. 137, 263 n. 31, 314 n. 66, 325 n. 96, 326 e n. 97 Landi A., 495 n. 9, 502 n. 27 Landinelli Antonio, notaio, 537 n. 130 Landinelli L, 497 n. 12 Lando Vitale, 231 n. 16 Lanza D., 222 n. 7 Lapi P., 559 n. 63 Lapo da Castiglionchio il giovane, 270 Lascaris Teodoro, 67 n. 70 Lastic (de) Jean, 463, 465 e n. 42, 466-467 -, stemma, 468 Lattanzio Firmiano, 208, 228, 246 e n. 32, 249 Lauer Georg, 314 n. 63 Laurens Girard, 392 n. 34 Laurentius quondam Nicolai Processi, 168 n. 29

INDICE Laurentius Staxii de Urbe, 169 n. 32 Lamento, 256 n. 6 Lavai (de) Jean, 394 n. 43 Lazzareschi E., 497 n. 12, 498 n. 15, 501 n. 23, 502 nn. 25, 26, 503 n. 28, 504 n. 31, 531 n. 110, 542 n. 16, 546 n. 21 Lazzarini L., 234 e n. 26 Lazzarino de Molinello de Clavaro, 545 n. 18 Lazzaro da Chiavari, 565 n. 81 Lazzeroni Enrico, 330 n. 3 Leclercq J., 40 n. 70, 44 n. 85, 168 n. 29, 351 n. 2 Lee E., 551 n. 41 Lelj C. , 21 n. 1, 52 n. 15, 53 n. 16, 99 n. 100, 251 n. 49 Lellus Alerii de Ciñáis, 170 Leo F., 38 Leobino, diacono, 551 n. 40 Leonardi C., 49 n. 3, 53 n. 17, 91 n. 80, 238 n. 5 Leonardo, cancelliere di Paolo Guinigi, 507 Leonardo da Besozzo, 386 n. 12, 431 Leonardo da Roma vedi Leonardus pintor de Roma Leonardo di Nicola, 185 n. 110 Leonardus lotii Lelli Mastri, 169 n. 32 Leonardus pintor de Roma, (Leonardo da Roma), 378, 380 Leone Magno s., papa, 88 e n. 67,119,145 Leone X, papa, 429 n. 66,437,438 n. 102 Leone De Castris P., 431 n.74 Leontini, 273, 279-280 Leprieur P., 385 nn. 6, 8, 389 n. 24 Lerici, 522 Leto Giulio Pomponio, 180 e n. 86, 188 Levantini Taddeo, da Sarzana, 578, 590 Levantinas de Sarzana di Giovanni de Belinzona, 579 n. 122 Levanto, 493, 507, 514 -, Convento dell'Annunziata, 452 e n. 4, 453, 454 n. 6, 455 e n. 9, 456, 460 e n. 22, 514 e n. 70 -, S. Siro di Montale, 510 Leverotti E., 312 n. 58, 329 n. 1, 341 n. 31

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NOMI E LUOGHI Levi D'Ancona M., 72 n. 7, 78 e n. 36, 108 n. 21, 132, 133 Lewis D., 260 n. 19 Ley K., 361 n. 55 Liberto Giuseppe, XII Licurgo, 273 Liebaert P., 80, 81 n. 44 Lilla, 412 n. 7 Limousine R., 396 n. 50 Liotta F., 323 n. 90 Lippi Filippo, 431 LittaP;, 189 n. 125 Livio, Tito, 21 n. 2, 191 e n. 131, 221, 226, 278-279 Lodi, 247 -, pace di, XI, 4, 346 n. 45, 553 Lohr C. H., 365 n. 73 Lollini F., 96 n. 94, 107 n. 16, 128 n. 99, 428 n. 62 Lombardi G., 63 n. 60, 174 n. 50, 175 n. 55, 315 n. 66, 383 n. 1, 384 n. 2, 386 n. 10, 387 n. 13, 388 nn. 15, 16, 18, 389 e n. 22, 390 nn. 25, 27, 28, 391 n. 30 Lomellini Angelo Giovanni, 462 e n. 30 Lomellini Benedetto, card., vesc. di Luni-Sarzana, 556 n. 57 Lomellino Giovanbattista, 433 n. 82 Londra, British Museum, 390 n. 27 -, Collezione Bearstedt, 390 n. 27 -, Kress Collection, 435 n. 91 Longhi E., 87 n. 66 Longhi R., 121 n. 72, 433 n. 82,435 n. 91 Lope de Olmedo, 247 e n. 36 Lorenzo da Pisa, 121 n. 71 Lorenzo de Torracca di Follo, 565-566, e n. 82 Lorenzo e Pietro di Giovanni Petrone (?) Clodii, 186 n. 110 Lorenzo Francisci de Alemania, 418 n. 29 Lorenzo Monaco, 423 Lorenzo s., 427 n. 60 Lori Sanfilippo I., 159 n. 8, 167 n. 29, 169 n. 32,171 n. 37,172 n. 39,191 n. 130 Lorini T., 312 n. 57, 326 n. 100 LosskyB., 391 n. 30 Luca di Lorenzo d'Alemagna, 122 Luca di Niccolò da Siena, 179 e n. 76

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Luca tedesco, 373 e n. 13 Luca tedesco, 435 Lucano, M. Anneo, 24, 28, 29, 125, 153, . 191 Lucca, 432 n. 75, 443 n. 5, 494, 495, 497, 499, 501, 503, 507, 521-522, 528-529, 531, 546, 551 n. 40, 557, 563, 575 n. 110, 596, 598, 606, 609 e n. 67, 611, 624, 629, 634 -, Capitolo della Cattedrale, 624 -, Cattedrale, 498 -, porta S. Donato, 606 -, S. Martino, 575 n. 112 -, S. Pietro in Campo, 527 -, vesc., 587-588, 592 Lucchesini G., 416 n. 22 Lucchi P., 96 n. 94, 107 n. 16, 428 n. 62 Lucco M., 417 n. 25 Luciani A. G., 63 n. 60,175 n. 55, 315 n. 66 Luciano, 212 Lucilio, 220 Lucullo, 208 Ludovico XI, re di Francia, 263 Ludovico da Narni, 186 n. 110 Luigi di Giacomo Pietro di Sarzana, 603 n. 43 Luisetto G., 26 n. 18 Luiso F. P., 52 n. 13, 239 n. 8, 242, 246, 248 n. 36, 324 n. 91 Luna (de) Pedro vedi Benedetto XIII, papa di obbedienza avignonese Lunense Pietro, 341 n. 32 Lunghi E., 123 n. 79 Luni, 3, 493-538, 525 n. 97, 529 e n. 105, 530 n. 107, 533 n. 118, 543 n. 17, 551-552, 554, 556, 559 n. 62, 563, 568, 572-573, 576 n. 115, 591-592, 602, 623, 634 e n. 29 -, Cattedrale di S. Maria, XII, 499, 515, 517, 530, 544 n. 17 -, -, altare di S. Niccolò, 588 -, S. Croce e B. Nicodemo confessore, monastero, 551 n. 40 -, vesc., 553, 563 n. 72, 567 n. 90, 569 n. 95, 587 Lupo Gentile M., 457 n. 16, 518 n. 80, 519 n. 82, 520 nn. 83, 84, 525 nn. 96, 526 nn. 97, 98, 544 n. 17

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€62 Luponibus (de) Benedictus, monaco, 40 n. 71 Luschnat O., 271 n. 62 Lusignano (di) Giacomo, re di Cipro, 461 Lusignano (di) Ugo, card., 411 n. 1 Luxeil, 263 Luzzati M., 529 n. 106 Machiavelli Antonio, 500 Machiavellis (de) Francisconus de Florentia, 189 e n. 123 Macioce S., 120 n. 69, 377 n. 24 Mack, 432 n. 78 Macrobio Teodosio, 21 n. 2 Maddalo S., 56 n. 27, 103 nn. 1, 2, 104 e n. 6, 108 n. 23, 109 n. 25, 116 n. 56, 119 n. 67, 128 nn. 97, 98, 132, 146, 147, 149, 427 n. 59 Madonna M. L., 104 n. 6, 116 nn. 57, 59, 137, 369 n. 1, 378 n. 27 Madrid Castro M., 351 n. 2 Madrignano, Ss. Nicolò e Margherita, 448 Maestro dell'Antifonario di Budapest, 113 n. 45 Maestro della Divina Commedia Yates Thompson, 123 n. 78 Maestro delle Vitae Imperatorum, 113 e n. 46 Maestro di Aix, 386 n. 12 Maestro di Moulins, 395, 397 Maestro di Pere Ruiz de Corella, 387 n. 14 Maffei Celso, 361 Maffei D., 108 n. 24, 178 n. 71, 268 n. 40 Maffei Guglielmo, 352 Maffei Niccolò Giacomo, 352 Maffei Paolo, 353 en. 12, 361 Maffei Timoteo, arcivesc. di Ragusa, 351-366 Maffioli Antonio da Carrara, 443 n. 5, 455 n. 8 Maggi A., 459 n. 20 Maggiorotti L. A., 461 n. 27, 462 n. 28 Magnani Pietro, 607 n. 62 Magnuson T., 372 n. 9, 384 n. 2, 402 n. 12, 403 n. 13, 404 n. 18, 407 n. 32, 408 n. 37 Mai A., 298 n. 11,54 n. 19

INDICE Mainardi G., 9 Maincourt (de) Renaud, 437 Mainoni P., 546 n. 22 Maiocchi R., 39 e nn. 64, 65, 40 n. 68, 613 n. 8, 614 n. 10, 617 nn. 17, 18 Maisnero avvocato, 519 Maître de Dunais, 394 n. 43 Maiuri A., 468 n. 46, 469 n. 48 Majorana Cristofora, 269 n. 48 Malandrà G., 445 n. 9 Malaspina, famiglia, 448, 494, 495, 496, 499, 513, 522-523, 52&-528, 532 n. 114, 616 Malaspina Antonio, canonico di Verona, 495 Malaspina Aragone, canonico di Verona, vesc. di Luni, 495 e n. 9, 496 Malaspina Bernabò, vesc. di Luni, 527 Malaspina Corradino, 529 Malaspina Franceschino, 527 n. 101,529 Malaspina Gabriele, vesc. di Luni, 527 Malaspina Gherardino di Alberto, vesc. di Luni, 527-529 en. 107 Malaspina Iacopo, 514 Malaspina Rolando, 578 n. 120 Malaspina di Castiglione del Terziere, famiglia, 495 n. 9 Malaspina di Fosdinovo Spinetta, 602,613 Malaspina di Mulazzo, famiglia, 513 n. 65 Malaspina di Mulazzo Elena, 607 Malaspina di Mulazzo Moroello, 503,529 Malaspina della Verrucola Azzolino di Iacopo, 574 n. 108 Malaspina della Verrucola Elisabetta figlia di Leona, 607 n. 61 Malaspina della Verrucola Leona, 607 n. 61 Malaspina della Verrucola Spinetta, 528 Malatesta Domenico Novello, 428 n. 62 Malatesta Novello, 16, 96 e n. 94, 107 Malatesta Sigismondo, 432 Male E., 396 nn. 47, 48, 49, 50, 51, 397 nn. 53, 54, 55, 56, 396 Maltese C., 459 n. 21 Manarola, 507 Mancinelli F., 370 n. 5, 374 n. 16, 402 n. 12, 403 nn. 13, 15, 405 nn. 22, 23, 408 n. 33, 433 nn. 80, 81

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NOMI E LUOGHI Mancini F. F., 122 n. 74, 373 n. 11, 435 n. 89 Mancini G., 54 n. 22, 313 n. 60, 317 n. 73, 321 n. 82, 325 n. 95, 411 n. 1, 546 n. 21 Manetti Giannozzo, 9, 15, 57 e n. 30, 80 n. 42, 157, 346 e n. 44, 372, 400 e nn. 5, 6, 401, 402 n. 11, 403-404, 407-408, 410 e n. 41, 416, 417 n. 24, 425-426 e nn. 54, 55, 56, 427 n. 59, 428, 432-434 e n. 77, 438 n. 104, 625 n. 12 Manfredi A., XI-XVII, 3, 7 e n. 8,.9, 20, 21 n. 2, 22 nn. 4, 5, 23 nn. 6, 8, 9, 25 n. 15, 27 n. 20, 28 n. 21, 29 n. 27, 30 n. 30, 34 n. 46, 38 n. 61, 39 n. 62, 46 n. 90, 47 n. 91, 71 n. 2, 72 e nn. 5, 8, 73 nn. 8, 9, 10, 12, 74 nn. 13, 14, 15, 16, 19, 77 e nn. 29, 30, 78 n. 34, 79 n. 38, 81 n. 47, 83, 84 n. 53, 85 e n. 58, 86 nn. 60, 61, 87 n. 65, 88 nn. 67, 68, 89 n. 70, 90 e nn. 71, 73, 74, 75, 92 n. 81, 98 n. 98, 100 n. 102, 103 e n. 3, 104 n. 4, 105 nn. 7, 8, 9 11, 106 e nn. 13, 14, 107 n. 19, 108 n. 22, 109 n. 26, 110 n. 29, 112 nn. 39, 42, 113 nn. 45, 47, 114 n. 52, 121 n. 71, 127 n. 94, 131, 135, 136, 138, 145, 148-150, 182 n. 97, 189 e n. 120, 192 nn. 131, 132, 133, 238 n. 3, 246 e nn. 30, 31, 247 nn. 34, 35, 248 n. 38, 249 nn. 40, 43, 250 e n. 47, 251 n. 50, 257 n. 8, 262 n. 24, 311 n. 53, 312 n. 56, 323 n. 87, 324 n. 93, 329 n. 1, 360 n. 50, 364 n. 65, 404 n. 17, 414 n. 14, 424 e n. 49, 540 n. 3, 601 n. 29, 602 n. 31, 614 n. 12, 621 n. 30, 623 n. 3, 624 n. 8 Manfredi, famiglia, 499, 501, 503 Manfredi Agostino, canonico della Cattedrale di S. Martino di Lucca, 497-498 e n. 13 Manfredi Francesco di Guido, da Pietrasanta, vesc. di Luni, 496-508, 514, 530-532, 534 e n. 122, 542 e n. 16, 544, 545 n. 19, 546 n. 22, 560, 561 nn. 68, 69, 577, 586, 589-590, 633, 634 n. 29 Manfredi Guido, cancelliere di Paolo Guinigi, 496, 497 n. 12, 498-499 e n.

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16, 501 e n. 24, 502 n. 28, 531, 542 n. 16, 546 Manfredi Maddalena di Guido, 497 e n. 14 Manfredo (Campofregoso ?), 580 n. 125 Manfredo di Burgo Vallistari, priore di S. Maria di Vezzano, 565 Manfron A., 9 Maniaci M., 92 n. 82, 172 n. 40, 315 n. 69 Mann N., 234 e n. 26, 354 n. 19 Mannoni Tiziano, XIII Mannucci F. L., 500 n. 20 Mantegna Andrea, 384 n. 1 Mantelluzzo Paolo, 188 n. 117 Mantovani G. P., 97 n. 96 Manuzio Aldo, 166 Manzari F., 56 n. 27, 103 n. 3, 104 n. 4 Manzini Giovanni della Motta, 613, 616 Marabottini A., 433 n. 80 Marani P., 433 n. 82 Marbodo di Reims, 31 n. 35 Marcatellis (de) Raphael, 269 n. 50 Marcelli F., Ili n. 36 Marcellino, 279 Marcheselli, famiglia, 513 e n. 65 Marcheselli Gregorio, notaio, 513 Marcheselli Lancellotto, priore di S. Maria del Monte, 512-513 e n. 64 Marcheselli Oppicino, notaio, 513 Marchesi Bernardo di Giovanni Antonio, 186 n. 110 Marchesi P., 461 n. 27 Marchi G. P., 360 n. 52 Marcialis Auribelli, frate, 577 n. 118 Marcillat (de) Guillaume, 406 n. 28 Marco Claudio Marcello, 240 Marcon S., 95 e n. 91, 96 e n. 92, 107 n. 16, 113 n. 44 Marcora C., 343 n. 36, 357 e n. 35 Marcuccia di Fivizzano, moglie di Tomeo della VerrucolaBosi, 602 n. 36 Mare (de la) A. C., 77 n. 31, 78 e n. 33, 79 e nn. 39, 40, 81 n. 47, 90 n. 72, 96 e nn. 93, 94, 108 e n. 20, 269 n. 51, 314 n. 62, 325 n. 95, 354 n. 18, 549 n. 32 Margarita Matioli de Balachis de Furlivio, 575 n. 110

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664 Margaroli Paolo, 335 e n. 15, 341 n. 31, 343 n. 36, 344 n. 39, 346 n. 45, 348 n. 50 Mariani Canova G., 107 n. 16, 109 n, 28, 428 n. 62 Mariano de Magistris o Dello Mastro, 183 Marianus lohannis Sancii Sanctoli Petri Berte, 170 n. 32 Marichal R., 268 n. 44 Marinasco, pieve, 509 Marinelli M. E., 185 n. 109 Marinelli Marcacci O., 77 n. 31 Marini (de) Pileo, 513 e n. 66 Marini (o De Marinis) Cristoforo, 420421 e n. 34 Marini Gaetano, 360 Marie (Van) R., Ill n. 35 Marola, S. Vito, 447 Marrow J. H., 394 n. 43 Marsili Luigi, 14, 237 Marsuppini Carlo, 15, 54 n. 19, 237 Martelli M., 63 n. 58, 157 n. 2, 172 n. 40, 190 n. 125 Martelli Roberto, 178 e n. 75 Martellotti G., 226 n. 11, 235 n. 29 Martène E., 239 n. 6 Martin H., 390 n. 27 Martin V., 551 n. 42 Martinelli L., 364 n. 71 Martini A., 270 n. 59 Martini G., 42 n. 76 Martini Giovanni Antonio, 625 n. 11 Martini Giuliano da Sarzana, 625 n. 11 Martino V, papa, 43 nn. 78, 80, 56 n. 27, 100 e n. 102, 105 n. 7, 174, 383, 391 n. 30, 400, 411 n. 3, 502-503 Martino da Signa, frate OSA, 12 Martino di Braga, 31 Martino di Romano, 186 n. 110 Martino Polono, 539 n. 1, 585 -, stemma, 469 Martinus de Viqueria, 613 Marti C., 194 n. 137 Marucchi A, 22 n. 5, 264 n. 32, 268 n. 40 Marziano Capella, 362 n. 60 Masaccio, 371-372 Mascardi Beatrice di Trebiano, 605 n. 48 Masolino da Panicale, 392

INDICE Massa, 510, 584, 606 -, S. Francesco, 514 -, S. Pietro, 510 -, S. Vitale, 510 Massimi (de') Paolo, 174, 181 Matheus (sic) magistri Francisa, 169 n. 32 Matteo s., evangelista, 323 Matteo, rettore di S. Michele di Comano, 571-572 n. 101 Matteo da Rapallo, 545 n. 18 Matteo Guidone, 308, 312 Matteucci A. M., 420 n. 36 Mattiotti Giovanni, 182 Maurer K., 260 n. 20 Mauro Lucco, 417 Mazzatinti G., 331 n. 5, 350 n. 55, 353 n. 15, 354 nn. 22, 23, 364 n. 71 Mazzinghi Ugholino de luliano, 188 n. 118 Mazzini U., 493 n. 2, 567 n. 88 Mazzoli G., 23 n. 7, 27 n. 19, 28 n. 24, 31 n. 34, 46 e n. 89 Mazzuchelli G. M., 41 n. 72 McGregor A. P., 27 n. 20, 38 n. 60 Medea, 221 Medica M., 420 nn. 33, 36, 422 nn. 40, 42, 424 n. 50 Medica Massimo, 420 Medici, compagnia, 181 n. 89 Medici, (de') famiglia, 13, 63 n. 58, 178 e n. 75 Medici (de') Carlo, 157, 190 Medici (de') Cosimo, 4, 5, 13, 15-16, 19, 21, 54 n. 19, 63 n. 58, 69 n. 75, 80 n. 42, 99 e n. 101, 174 n. 52, 237-238, 245, 250-251, 307 n. 41, 324 n. 91, 325, 391 n. 30, 413, 428 n. 62, 431, 502 Medici (de') Giovanni di Cosimo, 157, 626 n. 16 Medici (de') Lorenzo di Piero di Cosimo, il Magnifico, 174 n. 52, 237, 413, 626 e n. 16, 627 n. 16 Medici (de') Piero di Cosimo, 413 n. 12 Medin A., 169 n. 31 Mehus L., 239 n. 6,324 n. 91,355 e n. 29 Meijery B. M., 411 n. 3 Meiss M., 412 nn. 7, 8

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NOMI E LUOGHI Mejía Jorge María, arciv. Bibl. di S.R.C., XIII Melchiorri G., 379 n. 30 Melis F., 612 n. 3 Mella (de) Juan, card., 100 n. 102 Melograni A., 52 n. 14, 113 e nn. 45, 46, 47, 135, 378 n. 27 Meloria, 521 Melozzo da Forlì, 8, 372 Melun, 389, 392 Meluzzi L., 411 n. 3 Menandro, 210 Mencarelli R., 121 n. 71 Menestò E., 49 n. 3 Mennio loan Rinaldo, 269 n. 48 Mercanti (de) Niccolò, 535 Mercati A., 43 n. 80, 58 n. 35, 61 n. 54, 108 n. 23, 155, 312 n. 56, 314 n. 66, 323 e n. 89, 325 n. 96, 326 n. 99, 330 n. 2, 460 n. 24, 596 n. 2 Mercati G., 59 e n. 39, 96 n. 93, 239 n. 6 Mercatoribus (de) Giovanni magistri Petri physici, 598 n. 15 Mercurio, 274 Messalla Corvino, 211 Mesturino V., 467 n. 44 Metello, Quinto Celere, 207 Meyer, 87 Miani B., 168 n. 30 Michaelibus (de) Antonius Senensis; 192 n. 131 Michel K., 352 n. 7 Michel prepositus, 584 Michelangelus luliani, 174 n. 52 Michele s., 379 Michele Dionigi chierico e notaio, 177 Michele monaco, 250 Micheli Francesco, 352 Micheli Giovanni, 192 n. 131 Michelini Tocci L., 106 n. 13,116 n. 56,137 Michelotti N., 559 n. 64 Michelozzo, 15-16 Middelburg, 192 n. 133 Middeldorf U., 442 n. 4 Miglio M.,-9, 63 n. 60, 64 n. 63, 94 n. 90, 106 n. 12, 116 n. 57, 119 n. 63, 121 n. 71, 136, 137, 158 n. 3, 160 n. 10, 168 n.

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30, 175 n. 55, 184 n. 105, 315 n. 66, 350 n. 56, 369 n. 1, 402 n. 11, 409 n. 38, 410 n. 41, 425 n. 54, 426 n. 56, 427 e n. 59, 435 n. 88, 625 n. 12 Migliorati Gian Nicola, card., 41, 47 Milanese G., 46 n. 90, 249 n. 43 Milanesi G., 112 nn. 40, 43, 386 n. 9, 401 n. 10, 417 n. 25, 436 n. 97, 444 n. 7 Milano, 10, 30 n. 29, 46-47, 113, 247 e n. 34, 330, 338, 341, 343 n. 36, 347, 350, 353, 357, 389, 395, 417 n. 25, 494, 506, 508, 531-532 e n. 112, 545 n. 18, 546 n. 22, 558, 569 n. 95, 571 n. 102, 574 n. 107, 617 -, Bibl. Ambrosiana, 40, 44 n. 85, 422 n. 42 -, S. Ambrogio, 40 e n. 68, 41, 46, 247 -, Università Cattolica del S. Cuore, XIII-XVI, XVI -, Università degli Studi, XVI Millet H., 574 n. 107 Milly (de) Jacques, 464, 466 Minardi M., 121 n. 71 Miner D., 413 n. 10 Minerva, 29, 45, 211, 220 Miniatore dei Piccolomini, 109 e n. 26 Miniatore di Niccolò V, 116-131 Miraballi Piccolomini Alessandro, 178 n. 75 Mittman L., 388 n. 15 Mityleneorum, 285 Mode R.L., 386 n. 12 Modena, 633 n. 27 -, vesc., 567 n. 90 Modigliani A., 9, 64 n. 63, 81 n. 45, 105 n. 12, 110 n. 31, 136, 157 n. 3, 168 n. 29, 180 nn. 80, 85, 400 n. 3, 402 n. 11, 410 n. 41, 427 n. 59, 625 n. 12, 629 n. 23 Modrussa Niccolò, vesc. di Modone, 184 Moehler L., 435 n. 87 Molin Biagio, patr. di Aquileia, patr. di Gerusalemme, 83, 85, 95 n. 91 Mollat G., 576 n. 113 Monaci Lorenzo, 200, 205, 206, 211, 214, 216 e n. 2, 220, 227, 229, 231 n. 16, 232, 233 n. 23, 234 e nn. 25, 28 Monaco, 392

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666 -, Alte Pinakothek, 392 n. 37 Monfasani J., 118 n. 63, 124 nn. 84, 87, 126 n. 89, 127 n. 93, 136, 153, 155, 252 n. 53, 324 n. 93 Monfrin J., 56 n. 26, 105 n. 8 Mons Sancii Egidii, 408 Montague J. R., 129 n. 100 Montanariis (de) Petrus Paulus, 167 n. 29 Monte dei Bianchi, S. Michele, monastero, 511 Monte Oliveto Maggiore, monastero, 512 Montefeltro (stemma), 34 n. 46 Montefiorino, 631 Montegiordano, Palazzo Orsini, 386 n. 12 Monterchi, 387 Montfaucon (de) B., 301 n. 33, 353 n. 16, 364 nn. 65, 66 Monti Ambrogino, 614 Monti C. M., XIV, 9, 26 n. 16, 37 nn. 57, 58, 103, 613 n. 7, 616 n. 15 Montini Giovanni, vesc. di Luni, 494 e n. 5, 495 Montserrat (di) Cosimo, 57, 60-62, 308, 309 e n. 44, 310, 311 e n. 53, 312-313, 315-323, 325 e m 95, 326 Montserrat, Monastero di S. Maria, 296, 316 Monzone San Prospero, 511 Morelli G., 379 n. 30 Morello G., 56 n. 27, 103 n. 1, 108 n. 22, 149, 427 n. 59 Morigiis (de) Beltraminus, 614 Morimondo, abbazia di S. Maria, 343 n. 37 Morin G., 298 n. 12, 299, 311 e n. 52 Moro Cristoforo, 16 Moroni G., 379 n. 30 Muckle J. T., 295 n. 2, 326 n. 100 Mulazzo, 512-513, 526 -, S. Maria del Monte, 512-513 Munk Olsen B., 26 n. 17, 53 n. 17,91 n. 80 Munnoz Antonio, vesc. di Syra, abate di S. Venanzio di Ceparana, 567 e n. 90 Münster, 426 n. 58 Müntz E., 5 nn. 2, 3, 49 n. 2, 57 n. 27, 59 n. 38, 104 n. 5, 106 n. 13, 110 nn. 30,

INDICE 31, 32, 111 n. 35, 155, 157 n. 1, 189 e n. 121, 190 nn. 126, 127, 322 n. 87, 326 n. 99, 364 n. 65, 370 n. 3, 373 nn. 11, 12, 13, 378 n. 26, 401 n. 8, 405 e nn. 22, 24, 414 n. 13, 428 e n. 63, 429 e nn. 64, 66, 67, 430 n. 70, 432 e n. 79, 437, 465 n. 41, 466 n. 42 Murano, S. Mattia, monastero, 54 n. 19 Muratori L. A., 400 n. 5, 417 n. 24 Muret J., 32 Musciani Antonio di Francesco, 171 n. 37, 186 n. 110 Musciani Paolo di Antonio, 171 e nn. 36, 37, 186 n. 110 Musso R., 546 n. 22 Mutschmann H., 281 n. 78 Muzerelle D., 92 n. 82 Muziano, 326 Mynors R. A. B., 268 n. 41 Naillac (de) Philibert, 467 n. 45, 468 Naillac (de), stemma, 469 Nanni di Banco, 388 Napoli, 113 n. 46, 255, 264, 338, 346 nn. 44, 45, 386 e n. 12, 387 n. 13, 388, 397, 431, 433 e n. 82, 444, 463, 496, 553 -, biblioteca degli Aragonesi, 270 n. 56 Nardus Dominici lohannis Bonianni, 167 n. 29 Nardus spetiarius, 170 Navarro E., 387 nn. 12, 13,14 Negri Sillano, 613, 617 Nello di Bartolomeo da Bologna, 178 n. 73,179 e n. 76, 429-430 e n. 68, 437 Nepote, Cornelio, 355 n. 30 Neri A., 445 n. 10, 455 n. 8, 500 n. 20, 533 n. 117, 534 n. 122, 535 n. 123, 538 n. 131, 543 n. 16, 545 n. 19, 552 n. 43 Neri B., 353 n. 13 Nerola, 170 n. 32 Nerone, Tiberio CI., imp., 35, 392 Neroni Giovanni Maria da Firenze, 188 n. 117 Nesselrath A., 405 n. 23 New York, Collezione Lehman, 390 n. 27 -, Metropolitan Museum, 437 Niccolò III, papa, 408, 427 n. 60

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NOMI E LUOGHI Niccoli Niccolò, 12-16, 19, 50-51, 63, 68, 165, 173 n. 49, 237-254, 323 n. 90 Niccolò da Cortona, priore della Certosa di Firenze, 244-245 Niccolò da Fabriano, 432 n. 78 Niccolò da Lira, 128 n. 97 Niceforo Callisto, 68 Niceforo Gregora, 68 Niceta Coniata, 68 Niceta di Remesiana, 78 n. 37 Nicia, 289-290, 292 Nicodemo b., 551 n. 40, 566 Nicola di Paolo da Marola, 574 n. 108, 580 n. 125 Nicola di Ulisse da Siena, 123 n. 78 Nicola, 573 n. 106 -, Ss. Giacomo e Filippo, 573 n. 106 Nicolaus Nudi Petri magistri Ray(mun)di, 169 n. 32 Nicolaus Picardo Hordensius (Nicolinus scutifer), 181 Nicolaus Romanus, 184 Nicolini U., 160 n. 9 Nicosia, 461 Nigrini (dei) Iacopo da Valdettaro, 574 n. 108 Niutta F., 22 n. 4, 49 n. 3, 53 n. 18, 55 n. 23, 160 n. 10, 410 n. 41 Nobili (de') Cesare, 445 n. 10, 609 e nn. 67, 68 Nobili di Dallo, famiglia, 609 n. 67 Noceti, famiglia, 552, 559 n. 64 Noceti Pietro (Pietro da Noceto), segretario di Niccolò V, 340, 347, 549, 559, 567 e n. 90, 575 e n. 112, 587-588, 589, 591-592 Noceti Fontana M. Luisa, 576 n. 112 Noceto, 549 n. 35 -, S. Giulia, 511 Noè Virgilio, card., XII Nogara B., 54 n. 19, 90 n. 74, 92 n. 81, 127 n. 96, 268 n. 40, 270 n. 60 Nonantola, abbazia, 243, 246, 419 n. 29 Nonfarmale O., 416 n. 22 Nonio Marcello, 276 Norimberga, 423 n. 45 -, dieta, 73 n. 11

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Novati F., 215 n. 1, 612 n. 4 Nuvolone Antonio da Camilla, vesc. di Luni, 526 n. 99, 527 n. 101, 526-527 Oberleitner M., 76 n. 24, 88 n. 67 Obizzi (degli) Maghinardo, 528 Odo Pietro da Montopoli, 158 e n. 5, 252 e n. 52 Odofredo, giurista, 523 Olimpiade, 307, 312 Oliver R. P., 365 n. 78 Olivóla, 526 Omero, 43, 44 e n. 84, 54 n. 19, 58, 202 n. 8, 20, 215, 225, 226, 286 Onesti (degli) Nastagio, 230 n. 15 Onofri F., 63 n. 60 Onofri L., 438 n. 105 Opll F., 567 n. 88 Orazio Fiacco, Q., 21 n. 2, 28, 29, 207, 209,210,221,225-226 O'Reilly M. V., 297 n. 5 Origene, 316 Orlandi G., 459 n. 21 Orlando di Carlo, 106 n. 13 Orosio, Paolo, 21 n. 2 Orsini, famiglia, 386 n. 12 -, stemma, 467 Orsini Giordano, card., 63 e n. 60, 249 Orsini Giovanni Battista, 466, 468 Orsini Latino, card., 349 Orsolina di Paola, 352 Orte, 176 Ortensio, 207, 208, 214, 221 Ortonovo, 573 n. 106 -, S. Martino, 573 n. 106 Orvieto, 373 -, Duomo, 121 n. 70 -, -, Cappella Brizio, 121 n. 70, 373 Otto A., 362 n. 60 Ottone I, imp., 520 n. 83 Ourliac P., 551 n. 42 Ovidio Nasone, P., 21 n. 2, 24, 28, 29, 41, 43, 221, 281 PâchtO., 383 n. 1,388 n. 17 Pacifici Pacifico, 172 Pacioli Luca, 417 n. 25

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668 Pacuvio, 210, 216-217 Pade M., XIV, 53 n. 17, 54 n. 21, 150, 192 n. 132 Padoa Rizzo A., 121 n. 71, 373 n. 10, 376 nn. 20, 22 Padoan G., 234 n. 26, 240 n. 11 Padova, 10, 27, 39, 200, 228, 388-389, 420, 421 n. 36, 616, 617-618 -, Basilica del Santo, 421 n. 36 -, Certosa, 420 -, Duomo, 421 n. 36 -, S. Francesco, 421 n. 36 Pagano S., 549 n. 31 Paghezzana, S. Lorenzo di, 573 n. 106 Pagnani G., 452 n. 2 Pagno di Lapo, 418 n. 28 Pagnotta L., 406 n. 27 Pagonda, 287 Palermo L., 612 n. 3 Palladio Rutilio, 21 n. 2 Pallucchini R., 422 n. 40 Palma M., 71, 616 n. 15 Pane R., 387 n. 12 Panegirici latini minores, 21 n. 2 Panigaliis (de) A., 561 n. 70 Panizza L. A., 28 n. 23 Panofsky E., 412 n. 4, 413 e nn. 10, 11, 12, 423 n. 44 Panvino O., 5 n. 6, 502 n. 25 Paoli C., 163 n. 19 Paolino da Venezia, 408 n. 34 Paolo s., 23, 27, 31, 34, 370 Paolo II, papa, 63 n. 59, 104 n. 4, 109, 160 n. 9, 180-181, 184, 188, 190 n. 126, 192 n. 131, 352 n. 9, 356 n. 34, 360, 427, 458 e n. 19, 515 e n. 73, 533, 534 n. 122, 535 n. 123, 543 n. 16, 555, 556 n. 57, 564 n. 7, 601 n. 30, 626, 629, 633, 634 n. 29, 635 Paolo V, papa, 8 Pa(o)lo de Petrone de Roma, 171 Paolo di Benedetto di Cola dello Mastro, 377 e n. 23 Paolo di Giovanni Antonio, 186 n. 110 Paolo di Lello Petroni, 172, 377 n. 23 Paolo di Pietro Francini, 168 n. 29 Paolo Diacono, 307 n. 39

INDICE Paolo Festo, 279 Paoluzi S., 185 n. 109 Papadopulos Kerameus A., 299 n. 21 Paphnutius, 137 Papini R., 436 n. 95 Paravicini Bagliani A., 62 n. 56, 94 n. 89, 408 n. 34 Parenti Bernardo da Parma, 535 e n. 125, 633 Parentucelli, famiglia, 538, 560 n. 67, 577 n. 117, 586, 596-609, 619 -, stemma, 601 Parentucelli (di Parentucello) Bartolomeo, padre di Niccolò V, 597 n. 11, 12, 597-599, 603 e nn. 40, 43, 611-621, 623; vedi anche Bilia, nonna paterna di Bartolomeo di Parentucello Parentucelli (di Parentucello) Giambono, governatore di Narni, 597-600 enn. 11, 12,22,23,608,620 Parentucelli (di Parentucello) lacopinella, 597 Parentucelli (di Parentucello) Iacopo, 597-599 e nn. 11, 12, 22, 603, 612, 615, 619 Parentucelli (di Parentucello) Pietro, 597 nn. 11, 12, 597-599, 606 n. 58, 611612, 615, 619 Parentucelli Antonio di Iacopo, 599 Parentucelli Antonio Maria, vesc. di Luni-Sarzana, 533-538, 543 n. 16, 601 n. 30, 629, 633, 636, 634 n. 29 Parentucelli Baliantino, 597 e n. 11, 599-600, 619 Parentucelli Caterina di Iacopo, 599 Parentucelli Corradino di Baliante, 560 n. 67, 579 n., 586, 598, 599 Parentucelli Gabriella, 606 Parentucelli Giovampietro (Giovanni Pietro) di Iacopo, 458, 586, 599-600 e n. 22 Parentucelli Iacopo, 597 Parentucelli Iacopo di Giovanni, 579 n. 124, 580 n. 127, 597 nn. 9, 8 Parentucelli Leonardo di Antonio di Iacopo, 599 e n. 22, 601, 608 Parentucelli Niccolò di Antonio, 464 e n. 36, 599 e n. 22, 601

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NOMI E LUOGHI Parentucello, 597, 614, 618 Parigi, 190 e n. 126, 300, 437 n. 100 -, Bibliothèque Nationale de France, 390 n. 27 -, Musée du Louvre, 385 n. 8, 389, 390 n. 27 Park K., 612 n. 5, 618 n. 22 Parlato E., 387 n. 12 Parma Armani E., 445 n. 9 Parma, 10, 570 -, S. Lazzaro, 576 n. 112 Parmerio Matteo Domenico, 571 n. 99 Parodi Piero, 330 n. 3 Partner P., 548 n. 30, 559 n. 64 Pascasio Diacono, ps., 78 n. 37 Paschini P., 344 n. 39 Pascucci L, 375 n. 19 Passiones et Legendae sanctorum, 114 n. 50 Pasti S., 376 n. 20 Pastor (von) L., 43 n. 80, 58 n. 35, 108 n. 23, 155, 311 n. 54, 330 n. 2, 334 e n. 13, 384 n. 2, 356 n. 34, 360, 460 n. 24, 461 nn. 25, 26, 462 n. 29, 463 nn. 31, 32, 465 n. 40, 596 n. 2 Pastore Stocchi M., 215 n. 1 Pasut F., XIV, 9, 54 n. 20, 71, 85 nn. 56, 59, 87 n. 66, 191 n. 129 Pauli S., 467 n. 45 Paulus Laurentii, 171 n. 38 Paulus Nicolai domini Andree de Indice, 169 n. 32 Pausania, 284 Pavanello Placido, 324 n. 91 Pavia, 36, 39, 263, 452, 494 n. 5, 557 n. 60, 613, 616, 617, 618, 621 -, Castello, 617 -, Università, XVI, 36 Pavoni R. , 493 n. 2, 566 n. 87 Pazstor E., 549 n. 36 Pazzi Pietro, 617 Pazzi (de') Pietro di Andrea, 28 Pecere O., 34 n. 44, 56 n. 25,150,159 n. 5 Pedro de Luna vedi Benedetto XIII Pelavicino Uberto, 522 Pellegrin E., 22 n. 5, 32 n. 39, 36 n. 54, 268 n. 42

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Pellizzari Giovanni, 605 Pelzer A., 73 n. 9, 75 n. 22, 312 n. 56 Penco G., 351 n. 2 Pendio Oberto, vesc. di Nebbio, 514 Penne, vesc., 592 Pentari Giovanni, 574 n. 108, 575 n. Ili, 578 n. 120 Perasso N., 464 n. 35 Perasso F, 484 n. 45 Perbellini G., 461 n. 27 Pere Jehan, 387 n. 12 Pere Ruiz de Corella, 387 Perez F., 43 n. 80 Perfetti S., 155 Pergamo, 20 Peri A., 255 Peri P., 430 e nn. 70, 71, 72, 627 n. 19 Peri V., 50 n. 4, 68 n. 73, 323 n. 89 Pericle, 278, 284 Perls K. G., 385 nn. 3, 4, 386 n. 9 Peroni, famiglia, 577 m 117 Peroni Gottardo, 575 n. 110 Peroni Taddeo, 575 n. 110 Perosa A., 263 nn. 28, 29, 264 n. 33 Perotti Niccolò, 53, 54 n. 19, 256, 418, 419 n. 29 Perrealjean, 395 Persius, 21 n. 2 Persoglio V., 464 nn. 35, 37, 465 n. 38 Pertusi A., 215 n. 1, 232 e nn. 17, 19, 20, 233 e n. 24 Perugia, 77 n. 31, 435 nn. 88, 89, 443 n. 5, 609 e n. 68 -, Pinacoteca Nazionale, 121 n. 70 Perugino, Alessandro detto, 397 Peruzzi Filippo d'Ugolino, 237, 241 Peruzzi L., 420 n. 36 Peschiera, 249 n. 42 Pesci G., 420 n. 33 Pesellino, 112 Pesenti T., 226 n. 11, 617 n. 19, 618 nn. 20, 24 Peters Bernard, 269 n. 49 Petitmengin P., 281 n. 78 Petrarca Francesco, 9-20, 24, 38, 41, 162, 215-236, 240, 366, 502 n. 24 Petrocchi G., 168 n. 30

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670 Petrocchi M., 353 n. 12 Petrocchi S., 109 n. 27 Petrone, 169 n. 31 Petroni, 172 n. 39 Petrucci A., 71, 81 n. 45, 93 n. 85, 94 n. 88, 98 n. 99, 99 e n. 101, 157, 160 n. 10, 161 n. 13, 162 n. 16, 166 e n. 26, 168 n. 30, 172 n. 40, 185 n. 109 Petrucci F., 312 n. 58, 315 n. 69, 344 n. 39 Petrucii lohannes Vulgaminis, 170 Petra dus Matheuli Petri Petri, 168 n. 29 Petrus Christus, 413, 415 Petrus de Caster, copista, 73 e n. 9, 75, 80 n. 41 Petrus de Middelburch, copista, 192 Petrus de Sarzana, 613 Petrus de Tusignano, copista, 613 Petrus domini lacobi de Tybure, 167 n. 29 Petrus Paulus Letti Pauli, 169 n. 32 Petrus Paulus Martini Cyncii, 169 n. 32 Petrus Paulus Tucii, 169 n. 32 Petrus Tartaro, 170 Pettenati S., 109 n. 26 Petti Balbi G., XII, XIV, 500 n. 20, 522 n. 88, 523 n. 91, 540 n. 3, 575 n. 110, 613 n. 6 Piacentini P., 22 n. 5, 56 n. 27, 81 n. 45, 90 n. 71, 100 n. 102, 105 nn. 7, 12, 106 n. 13, 109 n. 25, 110 nn. 30, 31, 33, 136, 153, 157 n. 3, 168 n. 29, 180 n. 86, 184 n. 105, 189 e n. 122, 190 n. 126, 384 n. 2 Piacenza, 40 n. 68 -, vesc., 575 n. 112,590 Piaggio D., 464 e nn. 36, 37 Piana C., 352 n. 6, 534 n. 120, 580 n. 128, 614 nn. 10, 11, 619 nn. 25, 26, 623 n. 3, 624 n. 5, 625 nn. 10, 11 Piazzoni A. M., 108 n. 22, 171 n. 37, 186 n.110,187 n. 113 Picasso G., XI, 512 n. 63 Piccinino Francesco, 546 n. 22, 563 Piccinino Niccolò, 563 Picco Taddea, 514 Piccolomini Enea Silvio, vedi Pio II papa

INDICE Piccolomini Niccolò di Piccoluomo, 178 n. 70,179 n. 76 Pienza, Cattedrale, 438 Piero della Francesca, 369, 390 n. 25, 392, 397, 405, 417 n. 25, 430, 431, 434 n. 85 Piero di Cosimo, 627 n. 16 Pierozzi Antonino, arciv. di Firenze, 15, 422 n. 41 Pieruzzi Filippo di Ugolino, 243 n. 20 Pietrangeli C., 370 n. 5, 374 n. 16, 402 n. 12 Pietrasanta, 496 -, Chiesa degli Agostiniani, 444 n. 7 -, Duomo, 498 -, pieve di S. Felicita, 498 Pietro s., 370-371, 373 n. 13, 374 n. 15 Pietro, abate del monastero di S. Maria di Middlebruch, 192 n. 133 Pietro, arciprete di S. Crespiano, 571 Pietro Clementi (o di Clemente), 175 Pietro di Pulka, 147 Pietro Parviiohannis, 175 n. 56 Pilo, 276 Pindaro, 207, 225-226 Pinelli A., 116 n. 59, 384 n. 2, 434 n. 85 Pintaudi R., 269 n. 53 Pintor F., 350 n. 55 Pio II, 92 e n. 83, 101, 109 e n. 26, 127 n. 95, 135, 153, 160 n. 9, 175, 178, 179 n. 75, 184,188, 263, 311, 313 e n. 58, 407, 411 n. 3, 426 n. 56, 428, 435 e n. 91, 436 n. 97, 438, 445, 457, 626, 632 n. 25, 635 -, stemma, 469 Piovanelli Silvano, card., arciv. di Firenze, XII Pipino, vesc. di Luni, 567 n. 88 Pisa, 388, 447 n. 11, 522, 529, 538 e n. 133, 591 -, Concilio, 495 n. 9 -, S. Francesco, 459 -, S. Giacomo de Podio, 571 n. 101 -, S. Michele in Orticaria, 567 e n. 88 -, Scuola Normale Superiore, XV -, Università, XV Pisanello, 130 e n. 101, 384 n. 1, 387 n. 12 Pisani L., 441 n. 2

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NOMI E LUOGHI Pisistrato, 279 Pistarino G., XIII, 493 n. 1, 495 n. 8, 507 n. 42, 508, 509 n. 46, 511 n. 57, 515 n. 73, 516 n. 77, 517 n. 78, 518 n. 81, 521 n. 85, 522 n. 90, 523 n. 92, 529 nn. 105, 107, 533 n. 118, 534 n. 121, 536 n. 128, 541 n. 10, 555 nn. 55, 56, 564 n. 77, 565 n. 80, 566 n. 86, 567 n. 88, 568 n. 90, 572 n. 104, 597 n. 9, 634 n. 29 Pitagora, 208, 355, 356 n. 30, 362 Pitane, 272 Pittarello L., 453 n. 4 Pitti lohannozo, 346 n. 44 Pitz E., 193 n. 133, 548 n. 30, 561 n. 70 Pizzorno Bernardo, vesc. di Luni-Sarzana e Brugnato, 634 n. 29 Pizzuto N., XIV Planude, 64 Platea, 276 Platina Bartolomeo, 5-8, 61 n. 55, 110 e n. 33, 502 n. 25 Platone, 207, 208, 211, 212, 217, 219, 225, 226, 362 e n. 59 Plauto, Tito Maccio, 184, 210, 249 e n. 39,252 Picchi H., 309 n. 44 Plinio il vecchio, 21 n. 2, 208, 280 Plinio il giovane, 21 n. 2, 208 Plutarco, 53, 68-69, 212, 240 e n. 12, 241 n. 14, 280, 355 e n. 30 Podestà F., 442 n. 4 Podestà L., 500 n. 20, 511 n. 59, 519 n. 82, 524 n. 93, 526 nn. 97, 98, 567 nn. 88,89 Poeschke J., 426 n. 58 Poggi F., 504 n. 32, 522 nn. 87, 89, 532 n. 115, 545 n. 18, 546 n. 22, 566 n. 87, 568 n. 91, 627 n. 17 Poggibonsi, 528 Poggio (da) Giovanni, 625 Poitiers, 395 n. 43 Polibio, 54 n. 19, 68-69 Policrate, 206 Pollini Niccolò di Domenico, copista, 74, 78-79, 82 Polonio V., 494 e n. 6, 495 n. 7, 504 n. 33, 513 n. 67, 517 n. 78, 540 nn. 3, 7,

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541 n. 10, 542 n. 15, 544 n. 17, 547 n. 26, 567 n. 88, 570 n. 96, 572 nn. 104, 105, 574 nn. 107, 108, 586 Pomposa, monastero, 79, 243, 247, 249 Fontani A., 172 n. 40 Pon tremoli, XIV-XV, 494, 503, 504, 510, 530-532 e n. 112, 534 n. 122, 536 e n. 127, 544, 545 n. 19, 546 n. 22 e n. 62, 558-559, 565, 569 n. 95, 570 n. 96, 586 -, S. Colombano, 535, 546 n. 23 -, S. Giovanni, 530 Ponzanello, 526, 573 n. 106 -, chiesa del castello, 527 -, S. Martino, 573 n. 106 Ponzano, S. Michele, 578 n. 120 Ponziani, famiglia, 185 n. 110 Ponziani Antonio, 176 n. 63,187 e n. 112 Ponziani Lelio di Paolo, 187 e n. 112 Ponziani Nicola, 187 e n. 112 Ponziani Paolo, 179, 187 e n. 112 Pope HennessyJ., 370 n. 5, 385 n. 8 Poppi M., 231 n. 16, 234 nn. 25, 27 Poppo F. E., 259 e n. 15, 260 Porcari, famiglia, 417 n. 23, 418 n. 26, 427, 429 n. 66, 432 n. 75, 433, 560 n. 66 Porcari Stefano, 399, 400 n. 3, 629 Porcher J., 396 n. 50 Porretta, 418 n. 26 -, Cappella della Madonna di S. Luca, 418 n. 26 Porro A., 46 n. 90, 249 n. 43 Porro D., 160 n. 10 Porto Emilio, 258 n. 12 Porto Francisco, 258 n. 12 Portoghesi P., 459 n. 21 Portovenere, 522-523 Post C. R., 435 n. 92 Posteria F., 379 n. 31 Potamio di Lisbona, 298 n. 14 Potthast A., 516 n. 76, 543 n. 17 Powell J. U., 260 n. 20 Pozollo, 602 Pracchiola, 558 n. 62 Pradel, 395 nn. 44, 45, 397 n. 57 Pratesi A., 157, 161 n. 13, 165 n. 24 Pratesi R., 352 n. 6 Premierfait Laurent, 392 n. 34

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672 Priamo della Quercia, 441 Prisciano, 127 n. 96 Priverno (Piperno), 436 n. 94 -, S. Benedetto, 436 -, S. Chiara, 435 Procaccia M., 177 n. 65, 410 n. 41 Proclo, 298 n. 11 Procoro, 67 n. 70 Prodi P., 576 n. 113 Promis V., 462 n. 28 Prosdocimi L., 499 n. 18, 557 n. 60 Prosperi A., 576 n. 113 Prospero d'Aquitania, 84 e n. 54,114,139 -, ps., 84 n. 54, 114 Publilio Siro, 31 e n. 34, 32 Puccio di Duccio, 552 n. 44, 602 Pulica, S. Giovanni, 573 n. 106 Puncuh D., 513 n. 66 PunziA., 192 n. 132 Pusterla Antonio, 342 e n. 33 Puteo (de) G., 592 Putomorsi Pietro Lunense, 549 e nn. 32, 35, 559, 565 n. 83, 590 Quaglioni D., 160 n. 10, 410 n. 41 Quaini M., XIII Quasten J., 326 n. 100 Quazza A, 109 n. 28, 111 n. 34,112 n. 41 Quinterio F., 401 n. 8 Quintiliano, M. Fabio, 21 n. 2, 91, 106, 118, 147, 209, 210, 212, 221, 226-227, 263 e n. 29, 264, 272, 276, 278 e n. 70, 281, 286, 291 Quiricos Roberti Gemini de Viterbio, 167 n. 29 Quirini A. M., 199 e n. 4 Rabil A., 100 n. 102 Radicofani, 632 n. 25 Raffaele da Pornassio, 352 Ragionieri G., 409 n. 38 Ragusa, 352 n. 9, 464 Raimondo di Peñafort s., 176 Rainerius Casictus (?) da San Gimignano, 188 n. 117 Rampini Enrico, card., arciv. di Milano, 357 Ranaldi Alessandro, 355 n. 27

INDICE Rangone G., 532 n. 116 Ranieri C., 56 n. 27,100 n. 102,105 n. 7, 160 n. 10, 168 n. 29, 384 n. 2, 410 n. 41 Rapetti C., 441 e n. 1, 442 n. 4, 448 nn. 14, 15, 504 n. 34, 552 n. 43, 627 n. 18 Ratisbona, Dieta, 350 Ratti Arianna, XIII Ratti M., 455 n. 8, 531 n. 113, 547 n. 26, 597 n. 5, 627 n. 18 Ravagnani Benin tendi, 11, 234 e n. 26 Ray S., 406 n. 26 Redig de Campos D., 7 e n. 9, 370 n. 5, 374 nn. 16, 17, 18, 402 n. 12, 403 nn. 13, 15, 404 e n. 16, 405 nn. 21, 22, 24, 407 e n. 30 Reeve M. D., 34 n. 44, 56 n. 25, 150, 159 n. 5 Regiomontano Giovanni, 253, 254 n. 57 Regoliosi M., 54 n. 22, 57 n. 29, 98 n. 98, 192 n. 132, 255 nn. 1, 2, 256 n. 4, 260 n. 20, 263 n. 30, 264 n. 32, 307 n. 41 Renato, copista, 386 e n. 12 Rener F. M., 201 e n. 7 Renzi L., 201 e n. 7 Reynaud N., 385 n. 4, 387 nn. 12, 14, 388 n. 15, 390 n. 27 Reynolds L. D., 28 e n. 22, 32 nn. 37, 38, 33 nn. 41, 43 Rhazes, 617, 621 Rhetorica ad Herennium, 221 Rhodes D. E., 257 n. 9, 280 n. 74 Riccardini Giovanni, 168 n. 29 Riccardino di Antonio da Fivizzano, 574 n. 108 Ricci P. G., 312 n. 57, 324 n. 92 Riccomanni, famiglia, 504 Riccomanni Francesco, 444 e n. 7,446,449 Riccomanni Leonardo, 441, 443 n. 6, 444 e n. 7, 446, 449, 504 n. 34 Riccomanno di Guido, 444 n. 7 Rico F., 351 n. 2 Rieti, 550, 590 Rigno d'Alberto da Fabriano, 106 n. 13 Rigon A., 541 n. 10 Rimini, 241, 389 -, S. Francesco, 17 Rimoldi A., 357 n. 40

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NOMI E LUOGHI Rinuccini Alamanno, 536 en. 127 Rinuccio Aretino, 239 e n. 7, 240-243, 253, 256 en. 6 Rizzo S., 55 n. 23, 56 n. 25, 62 n. 57, 91 n. 80, 149, 158 n. 5, 191 n. 132, 226 n. 11, 262 n. 25, 263 n. 30, 264 e n. 35, 351 n. 4 Robertus Brunecti, 591 Robinson P. R., 268 n. 41 Rodi, 463, 465-466, 467 n. 44, 469 -, Chiesetta della Trinità (Aghia Triada) , 469 -, Torre dei Mulini, 467 -, Torre del baluardo di S. Giorgio, 466,469 -, Torre della porta S. Paolo sul porto, 469 -, Torre di S. Nicolò, 467 -, Torrione di S. Pietro, 469 Roeder H., 391 n. 32 Rolando da Piazzola, 26 Rolin Jean, 394 n. 43, 412 n. 7, 438 Rolin Nicolas, 411, 438 Roma, XV 54, 56, 63, 64 e n. 61, 67 e n. 72, 84-85, 87, 90, 93-94, 96 n. 93, 100106, 109, 111-112, 113 n. 46, 115, 117 n. 60, 120, 126, 127 n. 94,128 e n. 97, 130, 195, 225-256, 263, 265, 291, 314 n. 63, 317, 324, 325, 329, 330, 334, 335 n. 14, 340, 346 e n. 45, 349, 350, 358, 360 e n. 49, 369-381, 383-386, 388-390, 391 n. 30, 393, 395 n. 44, 398, 399-410, nn. 4, 8, 15, 20, 28, 22-23, 411 n. 3, 416 n. 23, 430 e n. 68, 432, 434-435 e n. 86, 437438 e n. 102, 443 n. 5, 464, 466 n. 42, 495, 507, 524-525, 535-536 e n. 127, 550, 553, 555-556 e n. 55, 559, 561 n. 68, 564 n. 75, 567, 570 n. 99, 576 n. 112, 578579, 616, 626, 629, 631 -, Accademia dei Lincei, XV -, Acqua Vergine, 430 n. 68 -, Archivi Vaticani, 559 n. 64 -, Archivio di Stato, XVI, 438 n. 402 -, Biblioteca Hertziana, 427 n. 59 -, Biblioteca Vaticana, Vili, XI-XIV, 4, 7, 10, 15, 19, 21, 22 e n. 4, 49-50, 51 n. 10, 57, 59 e nn. 41, 42, 60-63, 71, 99,

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105, 127, 189, 191, 193, 192 n. 131, 251, 257, 261, 263, 322, 355 n. 27, 404, 424 e n. 50 -, Borgo, 433 -, Camera apostolica, 171 en. 36, 174 e n. 52 -, Camera capitolina, 181,187 n. 112 -, Campidoglio, 430 n. 68, 435 -, Cappella dei Ss. Innocenti, 110 -, Cappella di S. Maria Maddalena, 110 -, Castel S. Angelo, 104, 347, 393 -, Colonna Antonina, 393 -, Colonna Traiana, 393 -, Laterano, 404, 408 e n. 36, 410, 427, 516 -, Mons Saccorum, 409 -, Museo di Palazzo Venezia, 435 -, Palazzi vaticani, 104, 121, 122 n. 76, 125, 399-410, 427 n. 60, 430, 461, 465, 466 n. 42 -, -, Appartamento Borgia, 404, 407 -, -, Appartamento di Giulio II, 406 -, -, Aulae pontificum, 403 -, -, ballatoi di Giulio II, 406 -, -, ballatoi di Leone X, 406 -, -, ballatoi di Pio IV, 406 -, -, Camera dei paramenti, 402 -, -, Camera del fuoco, 406 n. 28 -, -, Camera del pappagallo, 402, 405 -, -, Cappella di S. Nicola o del Sacramento (Cappella parva), 370 n. 2, 402, 405, 434 n. 86 -, -, Cappella niccolina, 121 n. 70, 370 n. 3, 373 e n. 10, 405, 418 n. 26, 427 n. 60, 434 e n. 85 -, -, Cappella palatina, 402 -, -, Casino di Pio IV, 406 -, -, Cortile del belvedere, 403 e n. 14, 406, 408 -, -, Cortile del pappagallo, 6,369,403 -, -, Cortile di S. Damaso, 407 n. 32,408 -, -, Cubicolo di Niccolò V, 374 e n. 16, 402, 405 -, -, Curia inferior, 403 -, -, Curia superior, 403 -, -, Galleriola, 402 -, -, Logge di Raffaello, 402, 406

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674 -, -, Sala dei chiaroscuri, 374 e n. 17, 403, 405 434 -, -, Sala del concistoro (attuale Sala dei Pontefici), 374 e n. 14 -, -, Sala del Sinodo dei vescovi, 7 -, -, Sala ducale ( Aula tertio), 402 -, -, Sala regia (Aula prima), 402, 406 n. 28 -, -, Sala vecchia degli svizzeri, 122, 374 e n. 18, 403, 405, 434 -, -, sale conciliari, 402 -, -, Stanza della Falda, 374 e n. 15,402 -, -, Stanza di Eliodoro, 405 -, -, Stanze di Raffaello, 404 -, -, Studiolo di Niccolò V, 405, 434 e n. 86, 435 n. 89 -, -, Torre Borgia, 406, 407 -, -, Torre di Innocenzo IH, 402, 405 -, Palazzo della Zecca, 373 n. 13 -, Palazzo di S. Lorenzo in Lucina, 579 n. 123 -, Palazzo Fiano, 432 n. 75, 435 n. 91 -, Palazzo Lateranese, Cappella del Sancta Sanctorum, 427 n. 60 -, Palazzo Laterano, 427 nn. 60, 61 -, Palazzo S. Marco, 178 -, Palazzo Venezia, 404, 410 -, Piramide Cestia, 392 -, Ponte di Castel S. Angelo, 110 -, S. Barbara dei Librai, 378-380 -, S. Cecilia in Trastevere, 380,418 n. 29 -, S. Cecilia in Trastervere, Cappella del Crocefisso, 380 -, S. Clemente, 392 -, -, Cappella Branda, 392 -, Ss. Cosma e Damiano, 177 -, S. Croce in Gerusalemme, 30 n. 30 -, Ss. Domenico e Sisto, 376 -, S. Eusebio, 314 n. 63 -, S. Giovanni in Laterano, 104 n. 6, 359, 379 e n. 30, 386, 426 n. 58 -, S. Lorenzo in Lucina, 432 n. 75, 635 -, S. Maria del Popolo, 406 n. 28 -, S. Maria Maggiore, 429 e n. 66 -, S. Maria Nova, 170, 387 n. 14 -, S. Maria sopra Minerva, 376, 386, 434 n. 86

INDICE -, S. Pantaleone, 388 -, S. Paolo fuori le mura, 426 n. 58 -, S. Pietro in Vaticano, 377, 379, 381, 393, 402, 403, 407 e n. 32, 418 n. 29, 426 e n. 58, 432 n. 75, 434, 436, 438 n. 104, 465 -, -, biblioteca, 428 n. 62 -, -, Capitolo, 104 -, -, Cappella di s. Pietro o Cappella Maior, 370 n. 2, 434 n. 86 -, -, Cattedra, 505 -, -, Grotte, 427 -, S. Pudenziana, 411 n. 3 -, S. Spirito in Sassia, ospedale, 177 -, S. Tommaso in Parione, 101 n. 103 -, Sepolcro di Remo, 392 -, Tor de' Specchi, 182 n. 96 -, Università «La Sapienza», XIV, XVI -, Vaticano, 369, 370 n. 2, 373 n. 13, 385 n. 8, 434 n. 85, 435 -, -, ingresso di S. Anna, 401 Romano G., 40 n. 67,109 n. 26 Ronconi G., 351 n. 2, 360 e nn. 51, 52 Ronig F., 127 n. 94 Rose P. L., 240 n. 10 Roselli G., 21 n. 1, 52 n. 15, 53 n. 16, 99 n. 100, 251 n. 49 Rossellino Antonio, 389, 401, 419 n. 32, 430 n. 72 Rossellino Bernardo, 419 n. 32, 431 n. 72, 432 n. 77, 466 n. 42 Rossi (de) Pietro, 502 Rossi A., Ili n. 35, 386 n. 9 Rossi Giacomo, 496 Rossi Luigi, 333, 334 n. 12 Rossi S., 109 n. 27, 433 n. 83 Rossi V., 224 n. 8, 352 n. 7 Rossini G., XIV, 453 n. 4, 455 n. 8, 455 n. 9, 456 nn. 10,11, 457 nn. 12, 13, 458 n. 17, 460 nn. 22, 23, 465 n. 39, 514 nn. 69, 70, 564 n. 79 Rossini P., 379 n. 30 Rotondi Terminiello G., 404 n. 16, 537 n. 130, 543 n. 16 Rotscild (de) Edmond, 396, 397 n. 53 Rottiers B. E. A., 467 n. 44

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NOMI E LUOGHI Roulin (de) Yves, 384 Roverella Bartolomeo, 172, 173 n. 49 Roversi G., 418 n. 27 Rubeis (de) Francesco di Nicola, 186 n. 110 Rubeis (de) Lorenzo di Paluzzello, 186 n. 110 Rubeis (de) Luca, 186 n. 110 Rubeis (de) Roberto de Babo, 186 n. 110 Rüben H., 352 N. 8 Rucellai lacomo, 188 n. 118 Rufino d'Aquileia, 137, 246 Ruini card. Camillo, XII Rusk Shaply F., 435 n. 91 Russo C. F., 36 nn. 52, 53 Rustici Agapito, 571 Rustici Cencio, 173 Rutherford D., 366 n. 79 RuysschaertJ., 49 n. 2, 86 e n. 63, 91, 92 n. 83, 101 e n. 104, 108 e n. 24, 109 nn. 25, 26, 111 n. 36, 112 e n. 39, 114 n. 51, 128 n. 97, 136, 153, 178 n. 71, 182 n. 97, 184 n. 105, 268 n. 40, 404 e n. 16 Rykwert J., 400 ri. 7 Sabatini F., 168 n. 30 Sabbadini R., 45 n. 88, 50 nn. 3, 5, 51 n. 8, 54 n. 19, 204, 216 nn. 2, 3, 222 n. 6, 240 n. 8, 243, 246, 247 n. 32, 248 n. 36, 353 nn. 12,16, 364 n. 66, 365 nn. 76, 78 Sabellico Marcantonio, 259 Sacchi Bartolomeo, vedi Platina Bartolomeo Sagrerà Guillermo, 387 n. 12 Salatino K, 391 n. 30, 427 n. 60, 434 n. 86 Saliceto, pieve di S. Cassiano, 508 Sallustio, C. Crispo, 21 n. 2, 24, 207, 225, 226, 278 e n. 70 Salmi M., 384 n. 2 Salutati Coluccio, 12-14, 28 n. 23, 215 e n. 1, 236 n. 30, 237, 424, 498 Salvador de Valencia, 122, 373 en. 13, 435 en. 91 Salvagnis (de) Stefano, 188 n. 117 Salvatus Nicolai dello Mastro de Urbe, 167 n. 29

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Salvetti Giovanni di Matteo, 125, 126, 153, 171 e n. 66,177,191 e n. 129 Samaran Ch., 268 n. 44 S. Martino de' Bocci, abbazia, 342-343, 349 S. Michele de Monte Armico, 573 n. 106 S. Pietro in Cerreto, monastero in diocesi di Lodi, 343 n. 37 S. Croce del Corvo, monastero, 431 n. 72, 506, 511, 564, 565 n. 80, 566, 567, 568 n. 93, 569 n. 95, 571 n. 101, 573 n. 106, 584, 591, 634, 636 S. Giustina, monastero in diocesi di Castello, 200 San Daniele del Friuli, Biblioteca Civica, 265 n. 36 San Giovanni d'Acri, 463 Sandstròm E., 351 n. 3 Sanguigni Battista di Biagio, 78, 108, 114 n. 53 Sanguineti Giulio, vesc. di La Spezia Sarzana - Brugnato, Vili, XI-XIV Sansovino Francesco, 17 Santacroce A., 524 n. 7 Santasofia Giovanni, 618 Santasofia Girolamo, 352 n. 11 Santasofia Marsilio, 613, 617, 621 Santini V., 498 n. 17 Santo Stefano di Magra, 522, 526, 537 n. 130, 598 -, pieve di S. Stefano, 449 e n. 17 Santucci C., 22 n. 4 Sanvenanzio Valerio, 360 n. 49 Sanvito Bartolomeo, 166 Sanz Arnaldo, 387 Saraceni Giovanni, 178 n. 75 Saraceni Nastoccio, 178 n. 70 Saraceni Orlando da Siena, 179 n. 75 Sarzana, X, XIII-XVII 49 nn. 1,-3, 4, 431, 441-444, 452, 457 n. 16, 462, 493, 495, 500-503, 510, 513, 515-526, 529-538, 539-593, 595-609, 615, 623, 625 n. 11, 632 n. 26, 633, 634, 635 e n. 29 -, Archivio Capitolare Lunense-Sarzanense, 524 n. 94, 534 nn. 120, 122, 539-593, 627, 635

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676 -, Archivio Notarile, 542 en. 14, 596, 600 n. 24, 602 n. 35, 603 nn. 37, 38, 605 n. 49, 607 n. 62 -, Archivio Storico Comunale, 515 n. 73, 521 n. 85, 522 n. 90, 542 n. 14, 555, 634 n. 29 -, Archivio Vescovile Lunense, 586 -, Biblioteca del Seminario, 539 -, Capitolo di Luni-Sarzana, XIII, 494 e n. 5, 499, 500 n. 20, 504-506, 511, 515517 e nn. 78, 80, 525 n. 97, 527, 529 n. 107, 530, 532 n. 116, 535 e nn. 123, 124, 125, 537, 538 e n. 132, 601 m 30, 620,627-636 -, Cattedrale di S. Maria Assunta, XIII-XVI, 442, 445 n. 10, 447, 448, 504 e n. 33, 513, 517 n. 78, 520, 527, 533 e n. 117, 536, 539, 550-557 e nn. 47, 54, 55, 564 n. 77, 576, 577 n. 116, 583, 587588, 590-591, 604, 627, 636 -, -, Cappella di s. Tommaso, 432 n. 75, 441-442 e n. 4, 443 n. 5 444-445 e n. 10, 454-455 e n. 8, 552 n. 43, 554, 609 e n. 70, 627 -, -, Fabbrica, 633 -, -, Opera, 444, 605 n. 50 -, Chiesa dell'Annunciazione della Vergine, de Gropulo, 550 n. 9 -, Fortezza di Firmàfede, 513 -, Ospedale di S. Bartolomeo, 447, 537 e n. 130, 573 n. 106 -, Ospedale di S. Lazzaro de Silvariàa, 564, 573 n. 106, 588, 630, 633, -, Palazzo Buonaparte, 500 -, Palazzo comunale, XIV -, Palazzo vescovile, 532 e n. 115,533,536 -, porta S. Francesco, 608 -, S. Andrea, pieve, 500, 516, 517 n. 78, 518, 525 nn. 96, 97, 553 e n. 47, 573 n. 106, 583, 593 -, S. Basilio, pieve, 516-518, 525 n. 97, 527 -, S. Chiara, monastero, 457,605 n. 52 -, S. Domenico, convento, 448 e n. 16 -, S. Francesco, convento, 441, 456, 458, 460, 514 e n. 69, 582, 586, 619 -, Seminario, XTV

INDICE -, Teatro Impavidi, XVI Sarzanello, 522, 526 -, castello, 520 -, S. Martino, 573 n. 106 Sassetti, famiglia, 269 n. 51 Sassi G. A., 355 e n. 28, 357 e n. 36 Sassi R., Ili n. 37 Satzinger G., 426 n. 58 Sauli L., 461 n. 28, 462 n. 29 Savignano sul Rubicone, Biblioteca dell'Accademia Rubiconia dei Filopatridi, 75, 354 Savoia (di) Amedeo, Felice V, antipapa, 438 Savona, 557, 563 -, Cappella Sistina, 445 -, vesc., 567 n. 90 Sbardella L., 185 n. 109 Sbrilli A., 122 n. 75 Scala (della) Angelo, vicario del vesc. di Parma, 571 Scala Bartolomeo, 166 Scalabrino Niccolò, 532 n. 115 Scalabroni L., 387 n. 12 Scalfati S. P. P., 539 n. 1 Scalon G, 95 n. 91, 364 n. 71 Scambiis (de) Antonio di Lorenzo di Stefanello, 167 n. 29 Scarabelli Pio Luigi, vesc. di LuniSarzana e Brugnato, 634 n. 29 Sceva da Corte, 331 e n. 6, 332 n. 8, 338, 346 n. 44 Scevola, Muzio, 207 Schaefer C., 384 nr 3, 385 nn. 4, 7, 387 n. 13, 388 nn. 15,16, 389 n. 23, 390 n. 25 Scheschkewitz U., 193 n. 133 Schiaparelli A., 406 n. 27 Schindler A., 366 n. 79 Schmitt Ch. B., 252 n. 51 Schmitt CI., 451 n. 1, 458 n. 19 Schneiders H. W., 201 e n. 7 Schònmetzer, A., 4 n. 1 Schrader L., 361 n. 55 Schucan L., 365 n. 72 Schuchard Ch., 558 n. 61 Schùtz, 412 n. 7 Schwager K, 388 n. 15, 434 n. 86

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NOMI E LUOGHI Sciolla G. C., 415 n. 19 Scipiones, 207, 219 Scriniari (degli) Nicolò, 170 Scrinìarii, famiglia, 186 n. 110 Scriniari Pietro, 168 n. 29 Scriptores historiae augustae, 21 n. 2 Scutariota Giovanni, 54 n. 19 Sebastiano da Samino, 572 Segorbe, vesc., 575 n. 112 Seleuco, 391 n. 30 Semeria G. B., 495 n. 9, 550 e n. 37 Senatore F., 332 nn. 8, 9, 333 n. 11, 345 n. 40, 348 n. 50 Seneca, Lucio Anneo, il Vecchio, 27, 45, 221, 224-225 Seneca, Lucio Anneo, 21-38, 42-43, 4546,207,221 Seneca, ps., 45 Senofonte, 58, 68-69 Sensi M., 122 n. 73 Serafini A., 87 n. 66, 111 n. 35,123 n. 79 Seraphinus Angeli de Gallio magister discipulorum, 159 Sercambi Giovanni, 611 Sergio Bertelli, 427 Serlupi Crescenzi M., 122 n. 77, 374 nn. 17, 18, 405 nn. 21,22 Serromanni Paolo, 167 n. 29 Serse, 392 Servilio Q., 207 Servio Onorato, Mauro, 208, 279 Severiano di Gabala, 298 n. 11, 299 e n. 21 Seyssel (de) Claude, 258 e n. 11 Sfacteria, 275 Sforza, famiglia, 356, 418 n. 26, 533 Sforza Ascanio Maria, card., 18 Sforza Bianca Maria, 571 n. 102 Sforza Francesco, 329, 330 n. 2, 331 n. 5, 333, 334 n. 13, 336-338, 341 e n. 32, 344-346 e n. 45, 349, 350, 358 e n. 41, 359, 506, 534-535, 557, 569 n. 95 Sforza G., 441, 442 nn. 3, 4, 443 n. 5, 445 n. 10, 455 n. 8, 464 n. 35, 497 n. 12, 498 n. 14, 500 nn. 20, 21, 501 nn. 22, 24, 503 n. 29, 505 n. 36, 515 n. 74,,522 n. 86, 528 n. 103, 529 e n, 107, 531 n. 112, 532 n. 115, 534 n. 120, 536 n. 127,

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539 n. 2, 542 e nn. 14, 16, 545 n. 19, 552 nn. 43, 44, 554 n, 51, 557 n. 59, 559 n. 63, 595 n. 2, 596 e n. 3, 597 nn. 6, 7, 9, 10, 11, 598 e nn. 12, 13, 14, 15, 599 nn. 17, 18, 19, 20, 21, 22, 600 nn. 23, 24, 26, 27, 601 nn. 28, 29, 30, 602 nn. 31, 32, 33, 34, 35, 36, 603 nn. 37, 38, 39, 40, 40, 41, 42, 43, 604 nn. 44, 45, 46, 47, 605 nn. 48, 49, 50, 51, 52, 53, 606 nn. 54, 55, 56, 57, 58, 59, 60, 607 nn. 61, 62, 63, 608 n. 64, 609 nn. 67, 68, 69, 70, 619 n. 27, 620 nn. 28, 29, 624 e n. 6, 627 Sforza Gabriele, arciv. di Milano, 343 e n. 36, 357 e n. 35, 358 Sforza Galeazzo Maria, 536 e n. 127 Sframeli M., 406 n. 27 Sheehan W., 3 Sidonio Apollinare, 21 n. 2, 225 e n. 10 Siena, 411 n. 3, 413, 430 e n. 70, 436, 443 n, 5, 561, 609, 631 e n. 25 -, Duomo, 444 n. 7 -, S. Francesco, 445 n. 8 Signorili, famiglia, 186 n. 110 Signorili Nicola, 170 e n. 34,187 n. 110 Signorilis Petrus Nicolai Andree, 167 n. 29 Signorini M., 181 n. 91,185 n. 109 Sigonio Carlo, 411 n. 3, 424 n. 50 Silio Italico, 21 n. 2, 112 Silvani Alberto, XI Silvestri E., 566 n. 87 Silvestro da Ortovero, 453 n. 4 Silvestro di Giovanni, medico, 599 e n. 22 Simoncini S., 433 n. 83 Simone da Firenze, 428, 430 n. 70 Simone da Roma, 122 n. 76 Simone da Roma, 374 e n. 14 Simone da Viterbo, 122 n. 76, 373 Simone di Giovanni, 106 n. 13 Simone Honorato, miniatore, 104 n. 5, 110 e nn. 31,32, 33 Simonetta Cicco, 331 n. 5 Sincello Giorgio, 68 Sinibaldi Antonio, 166, 171 e n. 38, 186 n. 110 Sinibaldi Falcone, 186 n. 110 Sinibaldi Francesco, 186 n. 110

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678 Sinibaldi Gabriele, 186 n. 110 Sinisi D., 179 n. 80, 180 n. 85 Siracusa, 240, 280 Sisenna, 208 Sisto IV, papa, 5-8, 61 n. 55, 63 n. 58, 102, 109, 182, 404, 426, 428 n. 62, 445, 566,626 -, stemma, 469 Sisto A., 457 n. 16 Smirne, 467 e n. 45, 468 Smith M. M., 79 n. 39, 108 n. 20 Socinis (de) Giovanni Terenzio da Sarzana, 580 n. 125 Socrate, 206, 212, 213, 221 Sofocle, 207, 225-226 Solari, 455 n. 9 Soldi Rondinini, 335 Solino, C. Giulio, 21 n. 2 Sorbelli A., 620 n. 28 Sosower M. L., 59 n. 41, 192 n. 132 Sottili A., 50 n. 6, 234 n. 28, 241 n. 13, 312 n. 57, 324 n. 91 SoudekJ., 354 n. 23, 365 n. 73 Spallone M., 34 e n. 44 Spannocchi Ambrogio, 175 nn. 57 58, 178 n. 75 Sparta, 277 Speranza Giovanni, 386 n. 10 Spike T., 370 nn. 5, 6, 371 n. 7 Spinelli Niccolò, 617 Spinelli Tommaso, 110 n. 31, 175 n. 56 Spinosis (de) P., 592-593 Spoleto, 443, 538 n. 132, 609 e n. 68, 625 -, vesc., 590 Spotti Tan tillo A., 178 n. 72 Squarcione, 417 n. 25 Stabile G., 128 n. 97 Stabili Giovanni, 18-19 Stadter Ph. A., 50 n. 5, 54 n. 19, 62 n. 57, 63 n. 58, 68 n. 74, 69 n. 75, 241 n. 13, 248 n. 37, 268 n. 42, 325 n. 94 Staffieri Passano, vesc. di La Spezia Sarzana Brugnato, XIV Stagi Lorenzo, 442 n. 4 Staglia Lorenzo, 167 n. 29 Stammerjohann H., 201 n. 7 Staubach N., 426 n. 58

INDICE Stazio, P. Papinio, 21 n. 2 Steccatis (de) Giacomo, 341 n. 32 Stefaneschi Giacomo, card., 386 Stefano, 260 Stefano da Canobio, 582 Stefano da Pietrasanta, 502 Steinmann M., 42 n. 77 Stella Gottardo, 464 n. 36 Stephanacii Diotaiuti, 170 Stephanus Henricus, 258 e n. 11, 259 n. 12, 261, 277, 282 e n. 79 Stephanus Pauli Agneli, 169 n. 32 Sterling C., 385 n. 3, 387 n. 13, 388 nn. 15,16, 389 nn. 23, 24, 391 n. 30, 395 n. 44 Stevenson H., 49 n. 2, 407 e n. 30 Stinger Ch. L., 248 n. 37, 312 n. 57, 314 n. 62, 324 n. 92 Stodulsky C. P., 415 n. 16 Stok F., 26 n. 16 Stornajolo C., 270 n. 57, 314 n. 65, 364 n. 64 Strabene, Pompeo, 253 Strazapatis (de) Francischinus, 613 Strinati C., XIII, 377 n. 24 Strnad A. A., 553 n. 47 Strozzi Palla di Nofri, 13, 237, 270 Strozzi Zanobi, 112 Stupio Giovanni di Parente, 605 n. 50 Sulpicio, 211 Summon te, 386 n. 12 Supino I. B., 418 n. 28 Supino Martini P., 81 n. 45, 157, 162 e n. 18, 172 n. 40, 180 n. 86 Suvero, S. Giovanni Battista, 448 e n. 14 Sverzellati P., XIV, 329 n. 1, 330 nn. 3, 4, 342 n. 33, 343 n. 36, 346 n. 45, 349 nn. 52, 53, 54,357 n. 35, 358 e n. 41 Svetonio Tranquillo, 21 n. 2, 208 Tacchella L., 465 n. 38 Tacconi M., 9, 428 n. 62 Tacito, Cornelio, 208 Taddeo da Roma, 122 n. 76, 374 e n. 15 Taddeo da Sarzana, 589 Taddeo di Giovanni da Noceto, 575 e n. 12

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NOMI E LUOGHI Taddeo di Janni, 378 Tafuri M., 429 n. 68 Tafuri Manfredo, 399 e nn. 1, 2, 400 nn. 4, 7, 406 n. 26 Tagliacarne Battista, beato OFM, 453, 460, 514 e n. 70 Taglienti Domenico di Pietro, 187 n. 110 Taglienti Giovani Mattia di Pietro, 187 n. 110 Tamaro A., 29 n. 27 Tamborini M. G., 546 n. 22 Tamburini F., 547 n. 25, 625 n. 13 Tamburrino R., 418 n. 28 Tamerlano, 467 n. 47 Tangí M., 548 n. 30 Targioni-Tozzetti G., 552 n. 44 Tarigiis (de) Luca, 571 n. 101 Tarlati, 386 Tarragona, arcidiocesi, 311-312 Tarrant R. J., 38 e n. 60 Tateo F., 361 n. 55 Taverne (de la) A., 411 n. 1, 415 n. 18 Tebaldi Antonio (o de Oleariis), 191 e n. 130 Tebaldi Massimo, 191 n. 130 Tebaldi Simone, 158, 191 Tebalducci Iacopino, 249 Temistocle, 284 Temporini H., 27 n. 20 Tendola, 573 n. 106 Teocrito, 207, 225-226 Teodoreto, 307 n. 41 Teodoro monaco, 300 Teofane, 68 Teofilo d'Alessandria, 250 Teofrasto, 55, 126, 154, 251-253 Terenzio Afro, P. 21 n. 2, 210 Tertulliano, Q. Settimio Fiorente, 114 n. 49, 208, 249 e n. 39 Tesi M., 269 n. 53 Tessalonica, 273 Tessari A. S., 442 n. 4, 444 n. 7 Testa G., 121 n. 70 Tettamanzi Dionigi, card., arcivesc. di Genova, XII Texier Bartolomeo, 386 Thedaldis (de) Cremona Martini Anselmim, 545 n. 19

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Thenini Mile to, 174 Theodericus Buchinck, 96 n. 93 Theodericus Rover Alamanus, 264-265 e n. 34 Thieme U., Ili n. 35 Thomas de Roma, 183 Thomas mag. Dominid de Somma, 580 n. 127 Thomeis (de) Antonio, 61 n. 55, 182 e n. 97 Thompson E. M., 163 n. 19 Thornton P., 406 n. 27 Thovais Francois, 385 n. 4 Tiano Francesco, 159 n. 9 Tibaldi (de) Cremona, 504 Tifernate Gregorio, 114 n. 49, 252, 253 Tifernate Lilio Egidio, 324-325 Tilliette J. Y., 22 n. 5 Tino, monastero di S. Venerio, 512-513 en. 62, 568 n. 90 Tissaferne, 291 Tivoli, 170 n. 34 Tocci M., 39 n. 63 Todeschini Piccolomini Francesco, 269 n. 49 Todini F., 122 n. 77 Toesca I., 387 n. 14 Tolomeo, 178 n. 71 Tolomeo Filadelfo, 15, 42, 54-55, 71, 208, 251-252 e n. 51 Tornami P., 625 n. 11 Tornei P., 401 n. 8, 403 n. 13, 407 e n. 31, 410 n. 41 Tomeo, figlio di Puccio, 602 Tomiello A., 182 n. 97 Tommasi, 546 n. 21 Tommasino Bonaccorsi, 602 n. 35 Tommaso d'Aquino s., 70 n. 77, 97 n. 96, 124, 147, 427 n. 61 Tommaso de Crovaria, 580 n. 127 Tommaso di Bibola, 537 n. 130 Tommaso Mathá Manechie, 577 n. 116 Tongino di Giampaolo di Fivizzano, 603 n. 43 Tomolo F., 109 n. 28 Torino, 452 Torlontano R., 122 n. 75 Tornabuoni Giovanni, 178 n. 75 Tornellis (de) Nicolino, 557 n. 60

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680 Torquemada (de) Juan, card., 95 n. 90, 109 n. 26,127 n. 96, 372, 386,434 n. 86 Torriani Gioacchino, 9, 17 Torsana, S. Pietro, 573 n. 106 Tortelli Giovanni, XI, 39, 54-55, 66 n. 65, 77 n. 29, 98 e n. 98, 106, 115, 252, 255-256, 279-280, 307 n. 41 Toscanelli Paolo dal Pozzo, 237, 240, 253 e n. 57 Toscani X., 187 n. 110 Toscano B., 116 n. 58, 122 nn. 73, 77, 373 n. 13, 391 n. 30, 419 e nn. 31, 32, 423, 435 nn. 88, 90, 92 Toscano G., 109 n. 28,113 nn. 45,46 Tossignano, S. Maria, 83 Tours, 383-384, 395 e n. 44, 396 Traina A., 217 n. 4 Tranchedini F., 335 n. 15 Tranchedini Nicodemo, 329-350, 358 e n. 41, 359 Trapezunzio G., 53, 106, 118, 124 e nn. 84, 87, 126 e n. 89, 127 e nn. 93, 95, 134-136, 141, 152, 154, 252-253, 256 e n. 6, 323, 324 n. 93 Traversari Ambrogio, 50-53, 63-64, 86, 117, 131, 132, 237-254, 308, 311-312, 324 n. 91, 326, 355 e nn. 28, 30, 357, 363, 428 n. 62 Trebiano, 517 Trecasine, 86 n. 61 Trenta Stefano, vesc. di Lucca, 564 Trento D., 412 n. 8, 416 n. 20, 421 n. 36, 424 n. 51, 425 nn. 52, 53, 430 n. 69 Trento, Concilio, 636 Trieste, 28, 29 n. 27 Trinca Paola, XIV Tripps Johannes, 421 n. 38 Trivulzio Giacomo, 331 e n. 6, 332 n. 8, 334 n. 12, 336 e n. 17, 338, 341 e n. 31, 346 n. 44 Trochères, 86 Trolese F., 541 n. 10 Tucidide, 58, 68-69, 91 e n. 78, 106, 111, 120, 149, 192, 207, 225-226, 255-293 Tucker M., 424 n. 47 Tudertinus A., 355 n. 30 Turchi Giovanni, 497, 499, 501 e n. 24

INDICE Turchi Urbano, 502 n. 24 Tuscanis (de) A., 587-588 Tuttle R., 418 n. 28, 420 n. 35 Ubaldi (degli) Baldo, 45 n. 87,544 n. 17 Uccello Paolo, 389, 417 n. 25 Udalricus Gallus vedi Ulrich Han Udine, Università, XVI Uggeri Antonio, vesc. di Brugnato, 512 e n. 64, 558 n. 62, 565 Uggeri Bartolomeo, vesc. di Brugnato, 558 n. 62, 625 n. 11 Ughelli F., 30 n. 30, 355 e n. 27, 356 nn. 31, 34, 357 nn. 38, 39, 359 nn. 43, 45, 47, 362 n. 59, 496 n. 11, 516 n. 77, 542 n. 16, 554 e n. 52, 558 n. 62, 564 n. 76 Ugone della precettoria di S. Antonino di Firenze, 579, 589 Ullman B. L., 50 n. 5, 54 n. 19, 62 n. 57, 63 n. 58, 68 n. 74, 69 n. 75, 248 n. 37, 268 n. 42, 325 n. 94 Ulrich Han ( Udalricus Gallus), 280 n. 75 Urbino, 390, 434 n. 85 Ursins (des) Jean Jouvenal, 385 n. 4, 389 n. 24, 395 Ursis (de) Simone da Pontremoli, 536, 565 n. 83 Vaas s., 415 n. 18 Vaccaro L., 357 n. 40 Vahlen J., 313 n. 60 Valbusa D., 50 n. 3 Valchiusa, 10 Valencia, 309 e n. 44 Valen tinelli L, 365 nn. 75, 76 Valeri S., 109 n. 27, 433 n. 83 Valerianus de Tauxignano, copista, 82 n. 49, 83 Valerio, vesc. di Savona, 567 Valerio Massimo, 21 n. 2 Valla Lorenzo, 52-54, 58, 91 e n. 78, 106, 111, 120, 149, 191, 192 n. 132, 255-293, 351 e nn. 3, 4, 366, 371 Vallati, famiglia, 187 n. 110 Vallati Angelo, 188 Vallati Giovanni di Angelo, 187 Vallati Girolamo, 188

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NOMI E LUOGHI Vallecchia e Corvaia, podestà dei signori, 519 Valois (di) Carlo VII, 385, 389, 394 n. 43 Valois (di) Francesco I, 385 n. 8 Valois (di) Luigi XI, re di Francia, 268 n. 44, 394 n. 43, 395 n. 45 Valtieri S., 407 n. 30 Valturio Roberto, 17 Vancelle E. R., 384 n. 3 Vandi Franchino, 605 n. 52, 606 nn. 55, 56 Vandini R., 354 n. 21 Varnucci Bartolomeo, 79, 108 e n. 20, 114 n. 53 Varanini G. M., 541 n. 10 Varie (de) Guillaume, 394 n. 43 Varris (de) Oddo, 593 Varrone M. Porcio, 208, 210, 226, 227 e n. 12, 229, 279, 280, 362 n. 60 Vasari G., 112 e n. 40, 370 e n. 4, 373 n. 11, 386 e nn. 9, 10, 401 e n. 10, 405 e n. 23, 406 n. 28, 417 n. 25, 419 n. 32, 432 e n. 77 Vasic Vatovec C., 401 n. 8 Vasoli G., XIII, XIV, 71 n. 1, 425 n. 54, 551 n. 41, 596 n. 2, 623 nn. 2, 3 Vattasso M., 73 nn. 10, 12, 74 nn. 13, 14, 16, 78 n. 34, 79 n. 38, 83 n. 49, 84 n. 53, 85 n. 58, 86 nn. 60, 61, 87 n. 65, 88 nn. 67, 68, 90 n. 75, 136, 138, 183 n. 99, 314 n. 66, 325 nn. 94, 96 Vecchi E. M. XIV, 511 n. 60, 540 n. 6, 545 n. 20, 554 n. 50, 559 n. 62, 561 n. 69, 565 nn. 80, 83, 596 n. 3, 630 n. 24, 632 n. 26 Vecchia D., 9 Vegezio Renato, 21 n. 2, 45 Velli G., 230 e n. 15, 231 n. 16 Venceslao Crispo, 97 n. 96 VeneriusFranciscas de Venetiis, 179 n. 75 Venezia, 16-17, 199 n. 1, 214, 228, 231 n. 16, 233-234, 338, 346 n. 45, 355, 388, 417 n. 25, 428 n. 63, 431, 432, 433 n. 79, 437 n. 98, 419, 421, 432-433, 463 -, Biblioteca Marciana, 17,112,419 -, S. Giorgio Maggiore, monastero OSB, 17 -, S. Marco, 11, 17

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-, S. Niccolò di Murano, 200 -, S. Zanipolo (SS. Giovanni e Paolo), 17 -, -, biblioteca del Bessarione 9 Venier Francesco, 199 Venier Jacopo, arcivesc. di Ragusa, 463 Venier M., XIV, 201, 202 e n. 8 Ventimiglia, vesc., 579 n. 123, 592 Verdi O., 179 n. 80, 180 n. 85 Verdón, 361 n. 56 Vergafalce Antonio (de Raygafurcis), vedi Uggeri Antonio Vermeeren P. J. H., 81 n. 46 Vernazza Bartolomeo, 570 n. 95 Verona, 352, 360, 495 Verrucola Bosi (della), castello, 586 -, famiglia, 601-604, 619 Verrucola Bosi (della) Andreola di ser Tomeo, madre di Niccolò V, 336, 443 e n. 5, 455 n. 8, 552 e n. 44, 554, 560, 597 n. 7, 599 e n. 18, 602 e n. 34, 603604 e nn. 40, 44, 607 e n. 63, 608 e n. 61, 609 n. 67, 611, 615, 619, 623, vedi anche Bella, madre di Andreola Verrucola Bosi (della) Bella, sorella di Andreola, 603 nn. 41, 43, 604 n. 44 Verrucola Bosi (della) Duccio, 602 Verrucola Bosi (della) Giampaolo (Giovanni Paolo) di Tomeo, 602 n. 36, 603 Verrucola Bosi (della) Gregorio, 571 n. 99 Verrucola Bosi (della) Jacopo di Tomeo, 602 n. 36, 603 n. 38 Verrucola Bosi (della) Tomeo, 601-604 e n. 36, 619 Vespasiano da Bisticci, 5 e n. 4, 13, 19, 28 n. 25, 57 e n. 30, 80-81, 90 e n. 76, 96, 99 n. 100, 102 e n. 106, 106 n. 15, 107 e nn. 17, 18, 116 n. 57, 157, 237 e nn. 1, 2, 238 e n. 4, 251 e n. 48, 268 n. 44, 314 n. 62, 316 ni 71, 400 n. 6, 424 n. 51, 425 n. 54, 601 n. 29, 625 n. 12 Vezzano, 517, 530, 544,546 n. 22,565, 586 -, castello, 544 n. 18 -, S. Maria, pieve, 564-565 e nn. 80, 82, 589 Vian P., 108 n. 22 Viano, S. Biagio, 511

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682 Viasco P., 539 n. 1 Vicenza, 200 Vich, 316 e n. 72 -, vesc., 311, 316 Victor Cartennensis, 78 n. 35 Vienna, 412-413 e n. 7, 415 e n. 19 -, Kunsthistoriches Museum, 383 n. 1 Vigna P. A., 461 n. 28 Vigorito C., 442 n. 4 Villa C., 30 n. 32, 31 n. 33, 33 n. 40 Villa Vigoni, 421 n. 38 Villafranca, 530, 544, 545 n. 19 -, S. Francesco, 446 Villani Giovanni Lorenzo da Pontremoli, notaio, 512 n. 64, 561 e n. 70, 569 n. 95, 571 n. 102, 578 n. 120, 580 n. 125, 582 Villani Giuliano, 571 n. 102 Vincenzo di Beauvois, 230 n. 15 Violante C., XIII Virgilio Marone P., 21 n. 2, 24, 28, 29, 207, 209, 210, 221, 225, 226, 356 Visconti, famiglia, 10, 36, 40, 42 n. 76, 46, 462, 494, 503, 563, 598 Visconti Bartolomeo vedi Aicardi Bartolomeo Visconti Filippo Maria, 42 n. 76 Visconti Gian Galeazzo, 494 n. 5, 495, 557 n. 60, 613, 616 Vita s. Postumii, 137 Vitale de Monléon, 43 Vitali G., 452 n. 2 Vitalini Sacconi G., 380 n. 32 Vitelli G., 163 n. 19 Viterbo, 626 Viti P., 30 n. 30, 50 n. 4, 72 n. 8, 105 n. 9, 136, 200 n. 5, 253 n. 55, 424 n. 49, 602 n. 31, 624 n. 8 Vitry P., 389 n. 24, 395 n. 45 Vivaldi Clemente, 181 n. 89 Vivarini, fratelli, 418 n. 29, 421 n. 36, 431 n. 37 Vivarini Antonio, 388,416417,419,422 n. 43 Vivarini Bartolomeo, 415417,419,422 n. 43 Vlessentop lohannes, 100 n. 102 Voci A. M., 407 n. 32 Voicu S. J., 295 n. 2, 297 n. 7, 298 n. 15, 303 n. 37, 310 n. 51, 314 n. 61

INDICE Voigt G., 49 n. 3 Volbach W. F., 377 n. 25 Volpe C., 120 n. 69,417 n. 25, 420 n. 36 Volpe G., 493 n. 3, 519 n. 82, 520 n. 84, 523 n. 92, 525 n. 95, 526 n. 100, 528 n. 104, 529 n. 107, 566 n. 87 Volta Z., 39 n. 65 Wackenagel R., 423 n. 45 Wadding L., 353 n. 13, 453 nn. 4, 5, 457 n. 15 Walther H., 31 n. 35, 42 n. 75 Warner G. F., 315 n. 67 Wasse J., 259 n. 12 Weale W. H. J., 412 n. 7 Wehle W., 361 n. 55 Weiss R., 412 n. 6 Wenger A., 298, 301 e nn. 30, 32 Wenk W., 295 n. 2, 296 nn. 3, 4, 297 e nn. 5, 6, 7, 8, 9, 10, 298 nn. 11, 12, 14, 15, 299 nn. 16, 17, 18, 19, 20, 21, 300301 e nn. 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 302 nn. 33, 34, 303 nn. 36, 37, 307 nn. 40, 41, 310 n. 51 Wescher P., 385 n. 4, 389 n. 24, 390 n. 27, 393 n. 41 Westfall C. W., 116 n. 58, 369 n. 1, 374 n. 18, 384 n. 2, 399 e n. 1, 402 n. 12, 403 nn. 13, 14, 404 n. 19, 405 n. 21, 407 n. 30, 408 nn. 35, 36, 37, 416 n. 23, 426 n. 57, 432 n. 77 Westgate R. I. W., 257 e n. 10, 259 Weyden (van der) Roger, 383 n. 1, 391 n. 30, 424 n. 47, 431, 438 Widloecher N., 353 n. 12, 355 n. 26, 365 n. 77 Wieselgren O., 264 n. 34 Wildenstein G., 390 n. 27 Wilmart A., 295 n. 2, 296-303, 307, 310 e n. 50 Wriedt M., 366 n. 79 Xenophon, 114 n. 49, 208, 211, 212 Yale, Beinecke Lib., 407, 424 Zabarella Francesco, arciv. di Firenze, 42

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NOMI E LUOGHI Zaccaria, profeta, 304 Zaccaria R. M., 82 n. 48 Zaccaria V., 202 n. 8, 312 n. 58 Zacosta Antonio, 466 Zaluska Y, 114 n. 53 Zampa P., 409 n. 38 Zampetti P., 380 n. 32 Zamponi S., 87 n. 64, 97 n. 96, 163 n. 20,182 n. 97 Zanchetta L., 509 nn. 47, 48, 538 n. 133, 554 n. 49 Zander G., 384 n. 2, 391 n. 30 Zamboni C., 421 nn. 37, 38, 422 n. 42

683

Zaninus de Sartirana, vedi Giovanni da Sartirana Zanotti, 414 Zazzeri R., 268 n. 45 Zeno Iacopo, 18 Zenone, 219, 208 Zeri F., 116 n. 58, 122 n. 73, 373 n. 13, 417 n. 25, 433 n. 82, 435 n. 90 Zippel G., 255 n. 2, 360 e n. 53 Zivelongi G., 182 n. 97 Zoppo Marco, 417 n. 25 Zorzanello P., 354 n. 24 Zucchi R., 617 n. 16

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MANOSCRITTI E DOCUMENTI D ARCHIVIO

AMSTERDAM, Pretenkabinet 1943 392 n. 35

BRESCIA, Biblioteca Queriniana B II 6 33-34 e nn. 40, 44

AVRANCHES, Bibl. Municipale 239 34 n. 44

BRESLAU (Wroclaw) , Biblioteka Uniwersytecka 69 Rehdinger 14

BAGNONE, Archivio Noceti Pergamene 575 n. 112 9 575 n. 112 10 575 n. 112 14 BARCELLONA, Bibl. de Catalunya 553 296, 310, 313, 315-318, 326 554 316-317 563 316-317 BASEL, Universitàtsbibliothek AII 34 42 BELLUNO, Bibl. Vesc. Lolliniana 10 353, 363 BERGAMO, Bibl. Civica «A. Mai» MA 266 (già D IV 30) 355 BERLIN, Staatsbibliothek lat. 4° 469

363

CASTIGLIONE DEL TERZIERE, Bibl. Bononi ms. senza segnatura 587 BOLOGNA, Bibl. Universitaria 246 701 83 n. 52 2592

BUDAPEST, Országos Kònyvtàr, 210 Quart, lat. 132

Széchényi 350 n. 55 270

CAMBRIDGE, University Library Nn II 35 38 Kk 4. 2 263, 268, 272-275, 277-280, 282-287, 290, 292-293 CARCASSONNE, Bibl. Publique 35 (2706-28) 263 CESENA, Bibl. Malatestiana Malatestiani S XIV 2 268,271-274, 276-280, 282-293 S XX 1 35 CHANTILLY, Musée Condé Heures d'Adelaide 76 395 n. 43 Heures d'Etienne Chevalier 390 en. 27, 391 n. 30, 391 n. 31, 392 n.38, 393 n. 42 CHICAGO, University Library 10 184 n. 103

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686 CITTA DEL VATICANO, Archivio Segreto Vaticano Archivum Arcis Arm. I-XVIII, 3350 182 n. 96 Camera apostolica, Introitus et Exitus 379 171 n. 36, 72 n. 43 381 171 n. 36, 72 n. 43 71 n. 36 382 384 74 n. 52 387 172 n. 44, 73 n. 47 390 172 n. 43 174 n. 52 391 174 n. 52 392 174 n. 52 394 a 174 n. 52 394 c 166 n. 27 401 175 n. 56 413 178 n. 75 416 178 n. 75 423 178 n. 73 426 178 n. 75 428 176 n. 61 432 175 n. 57 432 d 175 n. 57 433 175 n. 57 434 175 n. 57 435 175 n. 57 437 175 n. 57 438 175 n. 57 440 175 n. 57 441 178 n. 75 442 178 n. 75 445 178 n. 75 451 178 n. 75 457 178 n. 75 459 177 n. 70 460 179 n. 78 463 179 n. 78 465 181 n. 88 485 181 n. 88 486 179 n. 78 489 186n. 110 497 181 n. 88 499 185 n. 108 511 185 n. 108 512 185 n. 108 513

INDICE Registra latina 352 168 Registra Vaticana 361 172 n. 41 426 572 n. 104 463 175 n. 57 Segreteria di Stato, Legazione di Bologna 1 418 n. 29 CITTÀ DEL VATICANO, Biblioteca Apostolica Vaticana Arch. S. Pietro E4 104, 126 Barberiniani greci 95 271 Barberiniani latini 562 128-129 Chigiani AV 123 109 n. 26 A V 135 74,82 A V 235 47 n. 91 A Vili 232 128 n. 97 E Vili 250 111, 127, 152 E VI 181 176 n. 64 F IV103 346 n. 45 H Vili 262 92 e n. 83 I Vili 276 269, 282, 283, 292, 293 RVI 41 (greco 33) 68-69 Ottoboniani latini 62 104 1982 183 2863 177 n. 65 Palatini greci 29 271,284,285 84 271,282,283 133 271 185 271 305 271,275,283-287 Palatini latini 876 192 n. 133 1364 216 n. 2 Reginensi latini 1879 125, 153, 191 e n. 130 1882 128 n. 97

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MANOSCRITTI E DOCUMENTI Rossiani 685 1028 Urbinati greci 89 90 92 131 Urbinati latini 36 219 250 261 429 1201 1329 Vaticani greci 123 124 126 127 131 133 137 153 155 161 163 164 166 486 534 584 611 612 616 673 860 938 980 990 991 992 995 1007 1113

363 183 e n. 100 270 270 270 270, 282-286, 290 314, 315 n. 68, 317-318 33-34 e n. 44 55 n. 24 178n. 71 270, 283, 293 364 178 n. 71 68-69 68-69 68-69 68-69,270 68-69 68-69 68-69 68 68 68 68 68 68 67 n. 70 61 n. 54 323 70 n. 77 70 n. 77 70 n. 77 67 n. 70 67 n. 70 271, 282-290, 292 68 68-69 271 271,282,283 68 68-69 67 n. 70

687

1122 1292 1293 2188 2203 Vaticani latini 101 169 170 171 172 187 188 194 198 228 231 234 239 269 280 314 358 358 370 374 377 385 387 390 392 396 396 406 409 410 435 446 447 487 489 490 498 499 500

70 n. 77 271,282 271 271,284 271, 282, 283

124,131 86-89, 91, 116 n. 56, 117, 119 n. 66, 131-132 74 n. 19 113 en. 45 118 n. 61,132 85,250 83,85 114 n. 49 86-88,91, 117 n. 60, 133 118 e n. 63, 134 127 116 n. 56, 118, 119 n. 63, 136 248 n. 38 74, 78 e n. 34 74-75 74, 78, 79 n. 38, 90 192 n. 133 64 n. 63 414 n. 14 124 e n. 87, 137 414 n. 14 324 n. 93 74 n. 19 314, 315 n. 68, 317-318 325 n. 96 193-194 96 n. 93, 194 n. 135 325 n. 94 194 n. 137, 325 313 112 n. 39, 114 n. 50 73,76 87-88, 119, 138 73 e n. 13, 76 e n. 27, 77 83-84 73 e n. 13, 76, 77 e n. 28 124, 138 74,77 90 en. 75,114 n. 50

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INDICE 501 525 526 528 540 541 559 658 711 837 961 1030 1092 1120 1188 1214 1351 1483 1532 1539 1647 1660 1742 1752 1756 1762 1766 1769 1793 1799 1800 1801 1808 1812 1814 1850 1997 2062 2096 2099 2111 2168

87-88, 90-91, 116 n. 56,123, 129, 139 124 n.84 124, 141 124 n.84 124, 142 87, 89 e n. 69, 91, 116 n. 56, 119, 145 83-85, 114-115 87, 89 e n. 69, 91, 116 n. 56, 119, 129, 146 73, 75 73, 75-76 121 n. 71 124, 147 67 n. 70 124, 147 114 n. 50 83, 85 nn. 56, 57 23 n. 6 127 n. 96 184 n. 103 184 n. 103 37 114 n. 49 192 n. 133 184 n. 103 184 n. 103 184 n. 103 91, 92 en. 83, 118, 147 26 239 n. 6 111, 263, 268, 271-274, 276-280, 282-293 270, 279, 284-286, 293 54 n. 20, 79, 90-91, 120, 149, 191 n. 132, 257, 261, 262 e n. 24, 264-265, 268, 271, 282, 285, 292 54 n. 19 90-91, 125, 150 193 191 en. 131 47 n. 91, 414 n. 14 96 n. 93 112, 114 n. 49 74 n. 19 114 n. 49 73 n. 11

2191 2201 2204 2209 2211 2213 2214 2224 2372 2398 2399 2569 2638 3159 3196 3580 3629 3908 3911 3954 3959 3993 4000 4123 4166 4192 4215 4245 4764 4765 4766 4767 4832 5076 5622 5881 5911 7305 7319 7654 7806a 9265 9835 10804 11559 13650

126, 150 23 23,25 22 22-23, 26, 27 n. 20, 29-39, 43 n. 82, 45, 46 26 26-28, 32 n. 38, 38 178 n. 71 184 n. 103 621 621 127 n. 96 44 61 25 n. 11 126, 152 184 n. 104 360 n. 49 239 n. 6 62 n. 57 58 54 n. 19 41 n. 74 128 n. 97 23 n. 6 41 n. 74 128 n. 97 22 104 n. 4 104 n. 4 104 104, 169 182 n. 97 364 553 n. 47 353,364 204 41 n. 74 26 e n. 16 183 e n. 99 269 41 n. 72 186 n. 110 193 162 n. 18 57 n. 29

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MANOSCRITTI E DOCUMENTI COLOGNY, Bibl. Bodmeriana 162 268,276,279,284 DIJON, Archives Départementales B. 11617 114 n. 53 DRESDEN, Sâchsische Landesbibl. De 173 83 n. 52 ESCORIAL, Bibl. del Monasterio R. I. 13 264 FIRENZE, Archivio di Stato Riformagioni, Atti pubblici 534 n. 121 Archivio mediceo avanti il principato 626 n. 16 XXIV 31 XXIV 107 626 n. 16 XXIV 189 626 n. 16 626 n. 16 XXIV 362 626 n. 16 XLVI16 626 n. 16 XLVI36 626 n. 16 XLVI90 XLVI99 626 n. 16 626 n. 16 XLVI 114 626 n. 16 XLVI119 626 n. 16 XLVI 141 626 n. 16 XLVI 220 626 n. 16 XLVI 247 626 n. 16 XLVI 284 626 n. 16 XLVI 347 626 n. 16 XLVI 354 626 n. 16 XLVI 544 627 n. 16 CLXIII Diplomatico, Pergamene di S. Giovanni Battista di Fivizzano (1207-1720) n0 38 552 n. 44 FIRENZE, Bibl. Medicea Laurenziana 37,6 37 en. 58 63, 32 269, 271-274, 276-280, 282-290, 292,293 69, 1 68-69 69,2 69 69,6 69

69, 16 69, 30 69, 31 69, 32 69, 34 70,9 70, 16 70, 32 70, 33 70, 34 76, 38 80, 14 80, 30 82, 16 84,9 85, 22 89 inf. 6 90 sup. 48 Acquisti e doni 712 Ashbumham 690 Fiesole 41 C^addi 89 sup. 16 S. Marco 330 333 Strozzi 51

689 270 69 69 69 69 69 69 69 69 68-69 37 n. 56 69 69 126,154 124 e n. 87,154 253 269 364 269 354, 357 n. 37 314, 315 n. 68, 317-318 313 69 268 n. 42 114 n. 49

FIRENZE, Bibl. Naz. Centrale Conventi soppressi I 2, 25 248 n.37 I 4, 7 325 n. 95 I 6, 9 249 Magliabechi VII, 1095 354, 357 n. 37 Nazionali 11X31 350 e nn. 55, 56 FIRENZE, Bibl. Riccardiana 784

41

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INDICE

690 827 312 n. 58 834 342 n. 33, 343 n. 36, 349 n. 53, 350 n. 54

2484 3436 Royal 6 AX

38 354 315

FIRENZE, Famiglia Ferrari Ms. senza segnatura

330 n. 4, 348 n. 51

LONDON, Coll. Rothschild Ms. Rotschild 396 e n. 50, 397 n. 53

GENOVA, Archivio di Stato Litterarum 15, lett. 767 504 n. 32 23, lett. 181-184 532 n. 115 Ms. 836 464 n. 35

LUCCA, Archivio di Stato Governo Guinigi 498 n. 14 12/55 497 n. 12 19-29 Consiglio Generale 13, II, 68 599 n. 17

GENOVA, Civica Bibl. «Berio» 5. 4. 3 464 nn. 36, 37

LUCCA, Bibl. Capitolare Feruniana 50 314

HAARLEM, Stads- bibliotheek en Leeszal 187 C 8 269, 285, 286

MADRID, Bibl. Nacional 8232 (x 115) 269, 272-274, 276-280, 282-293

HAYE, Bibl. Royale 74 G 37a

MANCHESTER, John Rylands Library Lai 49 129

394 n. 43

IMOLA, Biblioteca Comunale 27 83 n. 52 KRAKOW, Bibl. Jagiellonska 536

35

KUES, Handschriftensammlung des Hospital 44 127 LONDON, British Library Additional 11983 35 Egerton 2624 270, 272, 273, 282-284 Harley 1340 121 n. 71, 436 n. 93

MASSA, Archivio di Stato, Sezione PONTREMOLI, 507 n. 44, 545 n. 20 Notarile di Pontremoli b 1, notai B. e L. Borborini 507 n. 45, 530 n. 109, 561 n. 68 b.l, notaio G. L.Villani 513 n. 64, 565 n. 83 b.2, notai ignoti, 545 n. 20 MILANO, Archivio di S. Ambrogio M 37 45-46 MILANO, Archivio di Stato Archivio Sforzesco - Registri ducali 18 330, 331 n. 5,334 n. 25 335 n. 35 330, 331 n. 5, 334 n. 51 341 n.

12 14 12 32

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MANOSCRITTI E DOCUMENTI Archivio Sforzesco - Potenze Estere cart. 40 330, 331 nn. 5, 6, 332 n. 9, 333 e nn. 10, 11, 334 n. 12, 335 e n. 14, 336 n. 17, 337 nn. 18, 19, 20, 338 nn. 23, 24, 339 nn. 25, 26, 27, 340 nn. 28, 29, 30, 341 nn. 31, 32, 342 nn. 33, 34, 343 n. 37, 344 nn. 38, 39, 40, 345 n. 41, 346 nn. 43, 44, 349 n. 53, 350 n. 56, 358 n. 42 cart. 41 330, 331 nn. 5, 6, 334 nn. 12, 13, 335, 336 n. 16, 337 n. 20, 338 nn. 21, 22, 339 n. 27, 343 nn. 35, 36, 346 n. 44, 347 nn. 46, 47, 48, 49, 348 n. 50, 358 n. 41, 359 nn. 44, 46 MILANO, Bibl. Ambrosiana B 160 sup. 270 C 90 sup. 28, 32 N 173 sup. 354 Z 219 sup. 330-331 e n. 5, 333 e n. 10, 335 n. 14, 337 nn. 18, 20, 340 n. 30, 341 n. 32, 344 n. 38, 345 n. 42, 346 n. 44 Pergamene pagensi 3179 40 n. 70 3242 40 n. 70 3243 40 n. 70 3245 40 n. 70 3263 40 n. 70 3265 40 n. 70 3270-3272 40 n. 70 3285 40 n. 70 3294 40 n. 70 3340-3342 40 n. 70 3356 40 n. 70 3372-3273 40 n. 70 3379-3383 40 n. 70 3396-3399 40 n. 70 3439 40 n. 70 3446-3449 40 n. 70

3461 3466-3467 3988bis 3998 4000 4192 MILANO, Bibl. Braidense AE XV 15 AF XI 15-20* MODENA, Bibl. Estense lai 1117 (= a G 7 28) Campori 1378 (g S 6 43)

691 40 n. 70 40 n. 70 40 n. 70 40 n. 70 40 n. 70 40 n. 70 40 n. 69 335 n. 14

364 354

MÜNCHEN, Staatsbibliothek gali 369 391 n. 30, 392 nn. 34, 36, 395 n. 43 Ms. XII, 68 [=4519] 112 lai (Clm) 14436 31 n. 33 NAPOLI, Archivio di Stato Museo Storico 99 CI 387 e n. 14 NAPOLI, Bibl. Nazionale VI.D.2 XIII.H.ll

314 364

NORFOLK, Holkham Hall 443

269

OXFORD, Bodleian Library Canonici class, lai 15 184 n. 103 Laudian Mise. 96 44 PADOVA, Bibl. Antoniana I9 PARIS, Bibl. de l'Arsenal 417

26, 32

396 n. 50

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INDICE

692 437 1193 1245 1246 PARIS, Bibl. Mazarine 420 473 507

396 n. 50 396 n. 50 396 n. 50 396 n. 50

396 n. 50 394 n. 43 396 n. 50

PARIS, Bibl. Nationale de France francesi 247 394 n. 43 6465 393 n. 39 20071 393 n. 41 20072 393 n. 41 21013 393 n. 40 italiani 1585 331 e n. 5 1586 331 e n. 5 1596 331 e n. 5 latini 886 396 e n. 50 1370 396 e n. 50 1374 396 n. 50 5713 263,268 5714 268,282-290 6379 37 n. 56 6630 36 7723 263 8544 36 8717 36 e n. 53, 37 n. 55 9474 396 e n. 50, 397 nn. 52, 54, 56 10532 396 e n. 50 PARMA, Bibl. Palatina Palatini 79

234 n. 28

PIACENZA, Bibl. Comunale «Passerini-Landi» 325 364 RAVENNA, Bibl. Classense 182

354

ROMA, Archivio di Stato Camerale I, Camera Urbis, reg. 5 191 n. 130 reg. 10 191 n. 130 reg. 11 191 n. 130 reg. 12 191 n. 130 reg. 37 179 n. 77 reg. 38 179 n. 77 reg. 42 181 n. 92, 185 n. 110 reg. 45 185 n. 110 reg. 52 186 n. 110 reg. 57 181 n. 92,185 n. 110 reg. 58 181 n. 92,185 n. 110 reg. 81 176 n. 63 reg. 127 182 n. 94 reg. 132 178 n. 74 reg. 163 188 n. 117 reg. 164 188 n. 117 reg. 174 188 n. 118 reg. 192 186 n. 110 reg. 205 188 n. 118 reg. 206 188 n. 118 reg. 207 188 n. 118 reg. 245 188 n. 118 reg. 246 188 n. 118 reg. 247 188 n. 118 reg. 277 181 n. 89 reg. 278 181 n. 89 reg. 279 181 n. 89 reg. 280 188 n. 118 reg. 281 188 n. 118 reg. 284 187 n. 112 reg. 303 187 n. 112 reg. 304 187 n. 112 reg. 309 188 n. 117 reg. 310 188 n. 117 reg. 335 175 n. 59 reg. 336 175 n. 59 reg. 338 181 n. 89 reg. 340 181 n. 89 reg. 341 188 n. 117 reg. 342 188n. 117 reg. 344 188 n. 118 reg. 345 188 n. 117

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MANOSCRITTI E DOCUMENTI Camerale I, Collettorie - Roma b. 1189, reg. 122.2 180 n. 85 Camerale I, Collettorie - Romagna b. 1193, reg. 126.1 180 n. 84 b. 1193, reg. 126.2 180 n. 84 Camerale I, Collettorie, Toscana b. 1226, reg. 171.15 174 n. 52 Camerale I, Conti della depositeria generale reg. 1752 172 n. 43 reg. 1753 174 n. 52 reg. 1754 178 n. 75 reg. 1755 178 n. 75 reg.1756 178 n. 75 reg. 1757 178 n. 75 reg.1758 175 n. 58 reg. 1759 175 n. 58 reg. 1760 178 n. 75 reg. 1761 178 n. 75 reg. 1768 181 n. 89 Camerale I, Depositeria della Crociata reg. 1234 180 n. 82 reg.1235 180 n. 82 Camerale I, Fabbriche reg. 1501 172 n. 43 reg. 1506 180 n. 83 Camerale /, Mandati reg. 824 172 n. 43 reg. 825 172 n. 43 reg. 826 172 n. 43 reg. 827 172 n. 43 reg. 828 172 n. 43 reg. 829 172 n. 43 reg. 830 172 n. 43 reg. 831 172 n. 43,190 nn. 125,127-128 reg. 832 172 n. 43 reg. 833 172 n. 43 reg. 834 172 n. 43 reg. 835 172 n. 43, 177 n. 70 reg. 836 172 n. 43 reg.852 185 n. 108 reg. 853 185 n. 108 reg. 854 185 n. 108 reg. 855 185 n. 108

693

Camerale I, Quietanze per minuti servizi reg.1113 173 n. 45 reg. 1114 173 n. 45 reg.1115 173 n. 45 reg. 1116 173 n. 45 reg. 1117 173 n. 45 reg. 1118 173 n. 45 reg. 1120 173 n. 46 reg. 1121 173 n. 46 reg.1129 180 n. 82 reg.1132 180 n. 82 reg. 1141 188 n. 119 reg. 1142 188 n. 119 reg. 1348 178 n. 75 Camerale I, Spese minute di Palazzo reg. 1468 172 n. 43 reg. 1469 179 n. 76 reg. 1472 178 n. 75 reg. 1473 178 n. 75 reg. 1474 178 n. 75 reg. 1475 178 n. 75 reg. 1476 178 n. 70 reg. 1477 178 n. 75 reg. 1478 178 n. 75 reg. 1479 181 n. 87 reg. 1480 181 n. 87 reg. 1482 180 n. 82 reg. 1483 181 n. 88 reg. 1484 185 n. 107 reg. 1486 185 n. 107 reg. 1488 185 n. 107 Camerale I, Tesoreria provinciale del Patrimonio b. 20 reg. 66 182 n. 95 b. 22 reg. 73 181 n. 93 b. 22 reg. 74 181 n. 93 Camerale I, Tesoreria segreta reg. 1283 179 n. 76,189 n. 123 reg. 1284 179 n. 76,190 n. 124 reg. 1285 179 n. 76 reg. 1286 179 n. 76 reg. 1287 179 n. 76 reg. 1288 178 n. 70 reg.1289 178 n. 70

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694 reg. 1290 178 n. 70 reg. 1291 178 n. 70 reg. 1292 178 n. 70 reg. 1293 178 n. 70 reg. 1294 178 n. 70 reg. 1295 178 n. 70 reg. 1296 178 n. 70 reg. 1297 178 n. 70 reg. 1298 178 n. 70 reg. 1299 178 n. 70 Camerale I, Ufficiali camerali reg. 1712 173 n. 45 reg. 1713 173 n. 45 reg. 1717 185 n. 108 Collegio dei notai capitolini 1725 187 n. 110 269 185 n. 110 470 159 n. 6 475 167 n. 29 478 169 n. 32 480 169 n. 32 848 167 n. 29 849 167 n. 29, 186 n. 110 938 172 n. 39 Collezione delle pergamene Roma - Arciospedale del S. Spirito in Sana coll. B, cass. 64 n" 256 169 n. 32 n" 257 169 n. 32 n" 263 169 n. 32 n" 270 170 n. 32, 186 n. 110 n° 271 170 n. 32 n° 272 170 n. 32 n0 273 170 n. 32 n" 274 170 n. 32 n° 275 171 n. 37 n0 294 172 n. 39 n" 305 186 n. 110 n° 310 177 n. 67 n° 328 177 n. 68 n" 342 179 n. 79

INDICE Roma - Clarisse in SS. Cosma e Damiano cass. 19 n° 368 167 n. 29 n0 374 177 n. 69 n" 385 180 n. 81 n0 372 186 n. 110 n0 389 188 n. 115 n" 391 188 n. 116 Roma - Famiglia Anguillara cass. 71, n" 3 187 n. 114 Roma - Olivetani in S. Maria Nova cass. 30 n° 3 171 n. 35 n0 5 171 n. 35 n° 10 167 n. 29 n" 13 170 n. 33 n0 16 169 n. 32 n° 17 167 n. 29 n" 18 167 n. 29 n0 20 167 n. 29 n° 25 168 n. 29 n0 26 167 n. 29 n" 28 167-168 n. 29 n0 30 167 n. 29 n0 31 167 n. 29 n° 33 169 n. 32 n0 38 168 n. 29 n" 40 167 n. 29, 170 n. 30 n° 44 167 n. 29 n0 70 185-186 n. 110 cass. 30 bis n° 47 169 n. 32 n° 48 169 n. 32 n° 49 170 n. 34 n" 50 167 n. 29 n0 55 167 n. 29 n° 60 170 n. 34 n° 61 170 n. 34 n" 63 169 n. 32 n" 68 167 n. 29 n0 70 169 n. 32 n0 74 169 n. 32

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MANOSCRITTI E DOCUMENTI 169 n. 32 n0 75 167 n. 29 n0 78 167 n. 29 n0 80 168 n. 29 n0 86 Roma, Ospedale della Consolazione serie C, cass. 49 n0 23 168 n. 29 n0 26 167 n. 29 n0 28 171 n. 38, 186 n. 110 n0 34 186 n. 110 n0 39 171 n. 37, 186 n. 110 n0 43 177 n. 66 n0 56 177 n. 66 n0 65 187 n. 110 Roma - Ospedale di S. Giacomo cass. 43 n0 34 169 n. 32 n0 35 170 n. 32 n0 36 170 n. 32 n0 46 177 n. 66 n0 53 191 n. 130 Roma - Umiliati e Benedettine in S. Cecilia in Trastevere cass. 9 n0 8 168 n. 29 n0 9 168 n. 29 n019 172 n. 42 n016 186 n. 110 n0 17 186 n. 110 Conti delle soldatesche e galere, Conti straordinari b. 81, reg. 1 187 n. 112 b. 81,reg. 2 187 n. 112 b. 81, reg. 5 176 n. 63, 187 n. 112 b. 82, reg. 1 176 n. 63, 187 n. 112 b. 384 reg. 1 176 n. 62 b. 385, reg.1 175 n. 60 b. 385, reg.2 175 n. 60 b. 385,reg. 3 175 n. 60 Depositeria della Crociata reg. 1237, 185 n. 108 Presidenza delle Strade reg. 2 179 n. 80

ROMA, Bibl. Angelica 577 1037 1396 ROMA, Bibl. Casanatense u XXI, 6

695

184 n. 103 184 n. 104 184 n. 106

411 n. 1

ROMA, Bibl. Gorsiniana 1372 (43 E 23) 265, 269, 271-280, 282293 ROMA, Bibl. Naz. «Vittorio Emanuele II» S. Francesco a Ripa 6 183 e n. 98 SAN DANIELE DEL FRIULI, Bibl. Guarneriana 114 265, 268, 271-280, 282-290, 292, 293 135 364 SAN PIETROBURGO, Museo dell'Ermitage Gabinetto dei disegni cat. 1791 112 SANKT GALLEN, Stifsbibliothek 569 35, 36 e n. 52 SANTO STEFANO MAGRA, Archivio storico del Comune Famiglia Taddei, Diplomatico 1 537 n. 130 SARZANA, Archivio storico del Comune Acta criminalia tempore officii domini Georgii de Via, Sarzanae Vicarii 598 n. 12 Catasto (serie 2, Inv. 346) 577 n. 117, 596, 608 Deliberazioni, A/6 533 n. 119 Diplomatico, 7 533 n. 118

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696 Diversorum 345, 577 n. 117, 597 n. 9 Pergamene, 15/27 555 n. 54 Registro dei privilegi, indulti, immunità, 563 nn. 73, 74 Registrum novum (serie 2, Inv. 2) 596 Registrum vetus 515 n. 73, 521 n. 85, 523 n. 92, 529 nn. 105,107, 533 n. 118, 534 n. 121, 555 Serie 2-3, Inv. 53\54 596, 597 n. 8, 599 n. 22 Ms. c 47 497 n. 12 Archivio Notarile Notaio Antonio da Villa 577 nn. 116117

SARZANA, Archivi Lunensi Archivio Capitolare Lunense-Sarzanense Codice Pelavicino 517 n. 80, 519 n. 82, 520 nn. 83-84, 524 e nn. 93-94, 525 n. 96, 526 n. 98, 538 Filze A/5 494 n. 5, 535 n. 125 A/16 495 n. 7, 570 n. 96 A/26 494 n. 5 A/28 506 n. 37 A/30 545 n. 19, 577 n. 117 A/31 506 n. 38, 547 n. 24, 548 n. 30, 588 A/32 547 n. 24, 589 A/33 504 n. 33, 558 n. 61, 560 n. 65, 588 A/34 570 n. 98 A/35 547 n. 24, 592 A/36 547 n. 24, 592 A/37 506 n. 39, 563 n. 72, 588 A/38 628, 630, 632, 633 A/39 628, 631, 633 A/40 561 n. 68, 628 n. 22, 630, 579 n. 123 A/41 577 n. 116, 628, 630, 632, 633 A/42 628, 630, 633 A/43 538 n. 132, 633 A/44 532 n. 116 A/45 532 n. 116, 538 n. 132, 633

INDICE A/47 A/48 A/49 A/51 A/52 A/53 A/54 A/55 A/57 A/62 A/67 A/72 A/73 A/78 A/80 A/83 A/86 A/89 A/91 A/94 B/103 F/13 F/14 F/15 F/16 F/21 G/18 G/19 G/22 G/23 1/13 1/15 1/40 1/41 1/56 1/57 1/62 1/64 1/65 a e p 1/65 1/66 1/67 1/68

538 n. 132, 633 628, 629, 633 628, 630, 633 535 n. 123, 543 n. 16, 630 535 n. 124, 543 n. 16, 633 543 n. 16, 628, 630, 633 538 n. 132, 570 n. 97 628,631 580 n. 127 629 538 n. 132 532 n. 116 532 n. 116 532 n. 116 532 n. 116 532 n. 116 532 n. 116 532 n. 116 538 n. 132 532 n. 116 556 n. 57, 630 547 n. 24, 553 n. 48, 590 558 n. 61, 560 n. 66 564 n. 77, 630, 633 630,633 551 n. 40 629,634 575 n. 110 538 n. 132 538 n. 132 547 n. 24, 550 n. 38, 587 20, 628, 631 541 n. 11 579 n. 124, 628, 630, 632 574 n. 108 545 n. 18, 574 n. 108 574 n. 108 547 n. 24, 548 n. 30, 589 590 547 n. 24 547 n. 24, 591 590 547 n. 24, 592

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MANOSCRITTI E DOCUMENTI 1/69 1/70 1/71 1/72 1/73 1/74 1/75 1/78 1/79 1/80 1/83 1/85 1/86 1/87 1/88 1/89 1/94 1/101 K K/2 K/102 K/124 K/126 L/4 M/42 M/92 M/93 M/94 N/22 N/53 T/4 T/5 T/6 T/9 T/10 T/ll T/12 T/13 T/14 T/17

547 n. 24, 593 579 n. 123 579 n. 123, 592 561 n. 68, 628, 630 561 n. 68, 576n. 112, 579 n. 125, 628, 630 578 n. 120 628,630 628,630 628,630 561 n. 70, 628, 630 628,630 541 n. 13, 577 n. 116, 580 n. 127 628, 631, 633 633 633 628, 631, 633 629 538 n. 132 585 547 n. 25, 553 n. 46, 593 577 n. 118 532 n. 116, 628, 630, 631 550 n. 39, 628, 631, 632 538 n. 132 628,630 630,634 628, 630, 634 569 n. 94 628, 630, 627 n. 20 538 n. 132 567 567 567 567 n. 90 506 n. 40, 511 n. 60, 547 n. 24, 568 n. 92, 591 591 568 n. 93,591 568 n. 94 569 n. 94, 569 n. 95 569 n. 95

T/19 T/20 T/21 T/22 T/23 T/24 T/25 T/26 T/27 T/29 T/30 T/31 T/32 T/33 T/34 T/35 T/36 T/37 T/38 V/l V/63 V/65 V/l 07 V/108 V/109 V/l 10 V/126 V/l36 X/164 Y/2 Y/8 Z/5 Z/7 Z/8 Z/9 Z/12 Z/13 Z/14

697 569 n. 95, 628, 630 506 n. 41, 569 n. 95 569 n. 95, 570 n. 95 569 n. 95, 570 n. 95, 628, 630, 627 n. 20 569 n. 95, 570 n. 95, 629 569 n. 95, 570 n. 95, 628, 630, 632 569 n. 95, 570 n. 95 569 n. 95, 570 n. 95 569 n. 95, 570 n. 95, 628, 630 569 n. 95, 570 n. 95 569 n. 95, 570 n. 95 569 n. 95, 570 n. 95 569 n. 95, 570 n. 95, 628, 630 569 n. 95, 570 n. 95, 628, 630, 629 569 n. 95, 570 n. 95 569 n. 95 569 n. 95 569 n. 95 569 n. 95 630 628,630 629,630 571 n. 101 571 n. 100 571 n. 102 571 n. 102 547 n. 24, 589 629, 630 534 n. 122 573 n. 106 628,631 629,630 630 629, 630, 629 629,630 629,630 629 629,631

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INDICE

698 Massariae 1 560 n. 65, 582-583 1, Ma/5 557 n. 59, 577 n. 116 1, Ma/6 553 n. 47, 568 n. 93, 563 n. 73 1, Ma/7 563 n. 73, 577 n. 116 1, Ma/8 576 n. 112, 577 n. 116, 569 n. 94 1, Ma/9 577 n. 116 1, Ma/10 561 n. 69, 577 n. 116 1, Ma/17 586 1, Ma/25 541 n. 13, 542 n. 13, 557 n. 59

SEMUR-EN-AUXOIS, Bibl. Municipale 39 (40) 365 SEVILLA, Bibl. Capitular y Colombina 7-4-20 312 n. 58 5-3-13 365 STOCKHOLM, Kungliga BibliotheKET V. a. 17 264 e n. 34, 268, 273, 274, 277280, 282-292

Pergamene sciolte 1 2

TOURS, Bibl. Municipale 693 36 e n. 53, 37 e n. 55

Punctationes reg. 2 regg. 8-13 regg. 16-17

572 n. 104 547 n. 24, 588 560 n. 65 580 n. 126 580 n. 127

Volumina A {Estimo dei beni del Capitolo redatto dal notaio Giovanni Carzolla, 1482) 585 B (Collazioni di chiese dipendenti e di canonicati) 544 n. 18, 557 n. 59, 560 n. 67, 573 n. 106, 574 n. 108, 578 n. 120, 580 n. 127, 584 M («Gandolfo») 541 n. 8, 577 nn. 116117, 583-584 N {«Libro lungo») 541 n. 12, 557 nn. 59, 60, 575 nn. 110, 111, 116, 579 n. 122, 582, 584, 586 S 539 n. 1, 541 n. 9, 560 n. 67, 572 n. 103, 576 n. 112, 577 n. 116, 579 n. 124, 579 n. 125,585 Acta curie episcopalis Lunensis 586, 545 n. 19, 546 n. 23, 556 n. 58, 565 n. 81, 565 n. 82 Liber mortuorum ac baptizatorum

585

TROYES, Bibl. Municipale 1561

365

VALENCIA, Bibl. de la Universidad M-379 269 M-392 269, 279, 283-288, 293 M-398 113 n. 46 VALENCIENNES, Bibl. Municipale 411 35,36 VALLADOLID, Bibl. Universitaria, 325 312 n. 58 VENEZIA, Bibl. Naz. Marciana greci Z.274 (625) 253 n. 56 VII 5 270, 285 VII 50 270, 276 latini III, 169 (2784) 365 X, 147 a(3785) 270, 273-275, 277-280, 284, 287-288, 292-293 XI, 20 (3925) 354 XI, 64 (4358) 365 XII, 68 (4519) 81 n. 47 XII, 139 (4452) 216 XIII, 70 (4309) 224 n. 8

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MANOSCRITTI E DOCUMENTI XIII, 71 (4142) XIII, 72 (4109)

204 204

VERONA, Archivio di Stato Archivio Pompd-Maffei 820 352 n. 10 VERONA, Bibl. Capitolare CCLVIII (230) 355, 357 n. 37, 365

VERONA, Bibl. Comunale 1357

699

365

VICH, Museu Episcopal 201 60, 62,322,323 n. 87 WIEN, Osterr. Nationalbibliothek 2398 335 n. 15 Philos. Or. 64 128 n. 97

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Stampa: Tipografia Vaticana

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