La legge in Paolo. Contributo allo sviluppo della teologia paolina 8839405232, 9788839405234

Grazie ad un'analisi minuziosa del mutamento che il concetto di legge subisce nel passaggio dalla lettera ai Galati

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La legge in Paolo. Contributo allo sviluppo della teologia paolina
 8839405232, 9788839405234

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HANS HOBNER

La legge in Paolo Contributo allo sviluppo .della teologia paolina

PAIDEIA EDITRICE

Opera pubblicata con il contributo della fondazione Inter N ationes, Bonn Titolo originale dell'opera: Hans Hiibner Das Gesetz bei Paulus Ein Beitrag zum Werden der paulinischen Theologie Traduzione italiana di Roberto Favero © Vandenhoeck & Ruprecht, Gottingen 1982 ISBN 88.394.0 5 23.2 © Paideia Editrice, Brescia 1995

INDICE

Premessa all'edizione italiana. . . ....... .... . . . .....

9

Premessa .. ..... .. . . ..... . ....... . ..... . ....... Alla seconda edizione ....... .. ............ . . . .... Alla terza edizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Introduzione .. .. . . . ....... .. .. . . . . . . . ...... . . .

17

Capitolo primo:

Nomos nella lettera ai Galati. . .

1.1. Prima induzione. Abramo . . . . . . . . 1.2. Seconda induzione. Il sinodo della equivoco di Paolo? . . . . . . . . . . . . . . 1. 3 . La funzione del nomos . . . . . . . . . . . 1.4. L'adempimento di «tutta» la legge . . Capitolo secondo:

. .. .. ..

31

................... missione ai pagani: un

31

. . . . .. . . . . . . . . . . . . .

43

................... ...................

52 76

Nomos nella lettera ai Romani. ......

89

2. 1. Abramo e la circoncisione in Rom. 4. . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.1.1. «Storia d'Israele» e legge . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.2. Il sinodo della missione ai pagani. Un malinteso corretto? . 2.2.1. Excursus. La questione dell'integrità della lettera Romani 2.3. La nuova funzione del nomos . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.4. L'adempimento della torà . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Capitolo terzo:

13 14

Approfondimento . ... ..... . .

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Appendice alle note .. . . . ....... .

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. . ... . ... 167

3.1. Vantarsi e rinuncia al vanto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.1.1. Vantarsi nella lettera ai Galati . . . . . . . . . . . . . . 3.1.2. Vantarsi nella prima e seconda lettera ai Corinti 3·1.3. Vantarsi nella lettera ai Romani . . . . . . . . . . . . 3.2. Giustizia di Dio e giustizia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3·3· Legem statuimus (Rom. 3,31) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Appendice alla seconda edizione .... .

. . 89 . . 101 . . 107 ai 119 . . 127 . . 1.57

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167 168 18 7 190 212 239

.. . .. . . ...... 26 1

. ...... .. .. .. 2 75 .

aihliografia . . .... . . . . .... .. ........ ............ 2 79

Indice dei passi citati . .... ... . ... . ............... 293 Indice degli autori .... .......... .. ... . . ....... . . 298 7

PREMESSA ALL'EDIZIONE ITALIANA

In traduzione italiana vengono pubblicate dalla Paideia Editrice la mia monografia La legge in Paolo. Contributo allo sviluppo della teologia paolina e la mia Teologia bi­ blica del Nuovo Testamento in tre volumi. Ringrazio molto cordialmente la casa editrice per aver preso questa decisione e soprattutto per la fiducia che l'Editore ha ma­ nz/estata nei miei confronti per essersi risolto alla tradu­ zione della Teologia già quando nell'originale tedesco non ne era apparso che il primo volume. La mia gratitudi­ ne nasce dalla proficua collaborazione sia col dr. Marco Scarpat sia col traduttore, pro/ Roberto Favero, che ha pienamente inteso nel suo contenuto lo sviluppo concet­ tuale del saggio e - per quanto io, non native speacker, posso giudicare-in un'eccellente forma italiana. È poi per me motivo di gioia che l'Editore pubblichi anzitutto la monografia sulla legge in Paolo, perché in questo studio ho cercato di addurre in tutti i particolari la prova esegetica per le parti essenziali della teologia di Paolo, che nel secondo volume della Teologia biblica del Nuovo Testamento viene presentata in modo più siste­ matico e viene integrata nel complesso della teologia neo­ testamentaria. L'argomentazione esegetica qui presentata funge dunque da fondazione e premessa esegetica all'ap­ profondimento teologico che si troverà nell'esposizione della teologia paolina nella Teologia biblica del N.T. La traduzione italiana si attiene al testo della 3 a edizio­ ne tedesca ( 1982), la quale non è che la riedizione immu­ tata della 2a edizione (1980). Anche solo per ragioni di tempo, un lavoro di rz/acimento avrebbe notevolmente ri9

tardato la pubblicazione dell'edizione italiana, ma ancor più ne sono stato dissuaso dal fatto che questo mio studio sulla legge in Paolo è, in lingua tedesca e inglese, il più di/fuso dei miei librt� e precisamente in questa /orma te­ stuale è stato ed è alla base della discussione internazio­ nale sulla mia opinione su Paolo. Una modifica del testo nell'edizione italiana, anche soltanto in misura ridotta, sarebbe già inopportuna solo per questo motivo, senza dire che non mi vedo costretto a modificare il contenuto della mia tesi di fondo. Essa è stata accettata da molti colleghz� quantomeno nella sostanza, e gli argomenti di coloro che per ragioni diverse la rifiutano non mi hanno convinto. Per cercar di chiarire un equivoco più rilevante, che di quando in quando si è presentato nonostante una chiara affermazione da parte mia, qui vorrei ribadire ancora una volta con molta decisione che, stando alla mia opinione, nel corso del suo sviluppo teologico Paolo non ha certo cambiato nulla circa la sua convinzione religiosa fonda­ mentale della giustificazione soltanto in virtù della fede. Ciò che indubbiamente egli ha fatto è questo: l'avere esposto in modo nuovo questa convinzione di fede in un sistema di coordinate teologiche secondo i casi nuovo e con riflessioni nuove. È senz'altro vero che dalla lettera ai Ga­ lati alla lettera ai Romani il concetto di legge ha subito una mutazione sensibile, tanto che solo in quest'ultima il concetto della giustizia di Dio, oexat0(7UYY) �eou, è diven­ tato il principio teologico principale, mentre nella lettera ai Galati esso era ancora del tutto assente. Se nella lettera ai Romani l'apostolo valuta la legge mosaica in modo con­ siderevolmente più positivo, ciò non deve essere spiegato univocamente. Piuttosto, la sua nuova valutazione teolo­ gica è derivata da un complesso insieme di cose, ossia dalla situazione di Paolo, anche in rapporto a Gerusalemme, nonché dalla situazione dei cristiani di Roma e infine an­ che dai rapporti - certo ricostruibili solo ipoteticamente­ fra la comunità romana e quella gerosolimitana. IO

Un ulteriore motivo perché la traduzione italiana non si allontanasse dal testo tedesco di anni prima, è che an­ che modifiche di poco conto avrebbero compromesso l'u­ nitarietà del saggio. Per questo motivo ho anche rinuncia­ to a inserire nel corpus del testo il supplemento aggiunto dalla 2° edizione tedesca in poz� /asciandolo invariato. Ul­ teriori complementi non dovrebbero essere necessari. Ciò che eventualmente si potrebbe ancora aggiungere in pro­ spettiva teologica lo si può trovare nel secondo volume della Teologia biblica del N uovo Testamento. Soltanto la bibliografia è stata aumentata di qualche titolo. Confido d'altronde che l'accoglienza già così positiva che in Italia è stata riservata alle mie idee teologiche soltanto a titolo d'esempio ricordo qui i colleghi Prosper Grech e Giuseppe Sega/la -, grazie a questa traduzione della mia monografia sulla legge in Paolo possa condurre a un dialogo ancora più intenso basato sulla discussione critica degli argomenti. Proprio l'alto livello della rifles­ sione ermeneutica sui testi neotestamentari condotta da­ gli autori italiani mi con/erma in questa speranza. Chi ha già oltrepassato i sessant'anni sente con dolore continuo la scomparsa di colleghi quasi coetanei ai quali era unito da stretta amicizia. L'edizione tedesca del secon­ do volume della mia Teologia biblica del N. T. è dedicata alla memoria del mio amico inglese Anthony T. Hanson; poche settimane prima, una morte improvvisa e imprevi­ sta aveva strappato al suo prediletto lavoro sul Nuovo Te­ stamento uno dei miei più intimi amicz� l'esegeta neote­ stamentario cattolico pro/ dr. Otto Knoch, di 67 anni. Un nuovo doloroso in memoriam. Questo libro sia dedi­ cato a Otto Knoch in riconoscente ricordo. L'edizione tedesca è dedicata al pro/ dr. Heinrich Gree­ ven D. D., che allora era ancora tra i vivi. Nel frattempo Dio ha chiamato anche lui nel suo regno eterno. Hermannrode-Gottingen, gennaio 1994.

Hans Hiibner II

PREMESSA

Lo studio qui presentato venne concluso all'inizio del 1976. Di conseguenza è stata presa in considerazione ed è stata diScussa, nella misura in cui era utile al tema, la let­ teratura fino allora disponibile. Tuttavia era ancora pos­ sibile interessarsi marginalmente ad alcuni importanti sag­ gi apparsi nella miscellanea in onore di E. Kasemann, pub­ blicata ne/ luglio 1976. La tesi sostenuta in questa monografia di uno sviluppo della concezione paolina della legge e, conseguentemente, di uno sviluppo della teologia paolina si /onda soprattutto - come potrebbe essere diversamente in un lavoro esegeti­ co! - sull'interpretazione delle asserzioni dell'apostolo ri­ levanti per questo tema. Che quindi per l'autore di questo lavoro l'argomentazione filologica e quella teologica che su di essa si /onda (ad es. per Gal. 5, 14) rivesta il più alto va­ lore, e non già, ad esempio, l'interesse per le ricostruzioni storiche semplicemente dedotte da questa argomentazio­ ne, dovrebbe andare da sé! I tentativi di ricostruzione sto­ rica, specialmente nelle sezioni 1.2 e 2.2, sono natural­ mente le parti ipotetiche del saggio. Essi non pretendono di avere nessuna funzione portante per la struttura del­ l'intera esposizione. Prego quindi il lettore critico di leg­ gere il libro con la consapevolezza che per l'autore il senso vero e proprio delle esposizioni non è la ricostruzione sto­ rica della congettura, perché Paolo abbia adottato proprio questo e non un altro sviluppo teologico. A me interessa che il lettore riconosca come anzitutto nell'argomentazio­ ne di 1.4 si trovi un cardine della dissertazione. Il mio cordiale ringraziamento va agli editori delle 13

per aver accolto il libro in questa col­ lana, alla studentessa in teologia sig.na Hannelore Holl­ stein e allo studente in teologia sig. Reinhard Gorskz� per il loro aiuto nel riscontro delle correzionz� ancora alla sig.na Hollstein per la stesura dell'elenco delle opere cita­ te e degli india� e infine las t no t least ! a mia moglie per la preparazione del manoscritto. A dir il vero, già nell'ottobre 1976 il libro doveva essere un augurio per il 70° compleanno del pro/ D. Heinrich Greeven D.D., ma, come per lo più avviene per la nascita dei figli spiritualz� anche qui la scadenza non poté essere mantenuta. Così il libro sia dedicato al collega Greeven sia pure con ritardo. -

N atale 1997.

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Hans Hiibner

ALLA SECONDA EDIZIONE

La prima edizione è andata esaurita prima di due anni probabilmente un gradito indizio del fatto che attualmen­ te la questione della legge viene intesa come un tema teo­ logico importante. La seconda edizione riporta sostanzial­ mente il testo della prima: sono stati soltanto corretti er­ rori di stampa o sviste evidenti. In appendice viene esami­ nata la letteratura significativa più recente che non poté essere presa in considerazione nella prima edizione, anzi­ tutto anche anglosassone. Sono grato per le recensioni quasi senza eccezione bene­ vole, per una simpatia che si dimostra anche quando i re­ censori sono di diversa opinione. Essi mi stimolano a con­ tinuare il lavoro secondo la posizione sostenuta in questo libro, che in ogni caso contrasta in parte con le interpreta­ zioni consuete di Paolo. In questa seconda edizione non ho ancora affrontato le questioni sollevate nelle recensio-

ni, ma spero di poter fornire qualche chiarimento su alcu­ ni degli argomenti rimasti in sospeso nel primo volume della mia Teologia biblica del N uovo Testamento, che tratta dei rapporti teologici di Paolo con l'Antico Testa­ mento. Per le integrazioni bibliografiche e la revisione dei due indici vorrei ringraziare ancora la studentessa in teologia sig.ra Hannelore Hollstein. Anche qui ella ha lavorato con l'accuratezza e la precisione tutte sue. Anche nella sua seconda edizione il libro rimane dedi­ cato al pro/ D. Heinrich Greeven D. D. , ma al tempo stes­ so vorrei porgere un augurio riconoscente anche al pro/ dr. Werner Georg Kummel per il suo 75° compleanno, che ricorre il I 6 maggio di quest'anno. Diisseldorf-Bochum, 30 aprile 1980.

Hans Hiibner

ALLA TERZA EDIZIONE Per non rincarare inutilmente questa terza edizione ora resasi necessaria, essa rimane invariata rispetto alla secon­ da edizione, già ampliata. È vero che volentieri avrei ap­ profondito certe considerazioni critiche di alcuni recenso­ rt� ma, per quanto riguarda l'abbiezione a mio parere più rilevante-sollevata da F. T. Fallon in CBQ 41 (1979) 652 sulla mia interpretazione di Gal. J, 19 -, per ora può ba­ stare il rinvio alla voce vop.oç che nel frattempo ho steso per /'Exegetisches Worterbuch zum N euen Testament (II, r 158-1 I72). Qui (col. I I69) rispondo in breve a que­ sta obbiezione. In questa voce, del resto, ho tentato di esporre concisamente, nella cornice di tutte le asserzioni neotestamentarie sulla legge, la concezione che Paolo ha della legge. Diisseldorf-Gottingen, aprile 1982.

Hans Hiibner

INTRODUZIONE

Se la comprensione della legge in Paolo sia andata sog­ getta a uno sviluppo teologico non è questione nuova. Che le due concezioni della legge in Gal. e Rom. non siano del tutto conciliabili fra loro, non siano completa­ mente concordanti nel loro rapporto reciproco, è stato messo in evidenza da Albrecht Ritschl già nel r85o nella prima 1 e poi un po' più chiaramente nel 1857 nella se­ conda edizione della sua monografia Die Entstehung der altkatholischen Kirche (L'origine della antica chiesa cat­ tolica). In Gal. Paolo avrebbe equiparato elementi della

legge al paganesimo, condizionato com'era dall'interesse primario per le prescrizioni cerimoniali. Nelle spiegazio­ ni di Rom. prevarrebbe invece il riguardo per l'aspetto morale della legge, tanto che la legge cerimoniale sem­ bra essere qui trascurata. 2 Ritschl sostiene la medesima opinione fino nella seconda edizione ( 1882) del suo ca­ polavoro dogmatico Die christliche Lehre von der Recht­ /ertigung und Versohnung (La dottrina cristiana della giustificazione e riconciliazione).� Un excursus su Gal.

3 , 1 3 «serve inoltre al riconoscimento di come variamente Paolo in tempi diversi ha espresso il suo giudizio sulla legge mosaica»; egli infatti ha «giudicato la legge mosai­ ca nel suo insieme nelle lettere ai Galati e ai Colossesi sotto l'impressione predominante dei precetti cerimo­ niali come un tema incongruente col cristianesimo; nella I.

Ritschl, Altkath. Kirche1, 76 s. 2. Ritschl, Altkath. Kirche\ 73· 3· Successivamente Ritschl ha ampiamente ripreso questa opinione nella 38 edizione (1889) . 17

lettera ai Romani, invece, secondo rimpressione preva­ lente della sostanza etica».4 Là Paolo spiega la legge mo­ saica come in se stessa discordante col fine salvifìco della vita ( Gal. 3,21 ) , qui egli riconosce che essa è fornita in se stessa di questa destinazione (Rom. 7, 10) . 5 In Rom., dove dunque viene preso in considerazione prevalentemente il contenuto morale della legge, non vi è alcun presenti­ mento del fatto «che Paolo prima e dopo ha fatto deri­ vare la legge dagli angeli e ha negato la sua solidarietà con Dio». 6 Così Ritschl può parlare delle due « due serie di concetti inconciliabili sulla legge mosaica».7 Tutt'e due poggiano sulle esperienze personali di Paolo. In primo luogo si pensa alle esperienze estenuanti con la legge, che l'apostolo descrive in Rom. 7 (inteso da Ritschl co­ me esposizione autobiografica) : l'ideale morale è irrag­ giungibile; ma poi egli si è trovato irreprensibile nell'e­ sercizio farisaico della legge. 8 «La duplice serie di giudi­ zi sulla legge, nei quali l'apostolo cristiano si comporta alternativamente, dimostra quanto personali, anzi quan­ to patologiche siano le sue opinioni in questo campo>>.9 Tuttavia, se Ritschl non ammise nessuno sviluppo nel4· Recht/ertigung und Versohnung n\ 2.52; tuttavia in n\ 2.5.5: « . cosl sembra (!) che egli abbia giudicato ... la legge mosaica)>; tipico n\ 314: «Ebbene, le dichiarazioni sulla legge sono letteralmente sempre (!) riferite .

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all 'intera consistenza della medesima, senza che sia anche solo accennata una differenza fra i contenuti morali e quelli cerimoniali della stessa. E non si può provare che le frasi in una lettera mettono in risalto di più quei materiali, mentre nell'altra di più questi materiali)> (qui tuttavia si tiene conto di Fil. e Rom.) . .5· Op. cit. n, 2.54; leggermente modificato in 113, 2.5.5: «qui si riconosce che la legge è prowista in se stessa di questa destinazione. .. » .. 6. Op. cit. 112, 313; non più in II 3• 7· Op. cit. nZ, 313 (corsivo mio) ; non più in n'. Ora Ritschl tenta invece di armonizzare Gal. e Rom. a riguardo delle dichiarazioni sulla legge: v. so­ prattutto n\ 312 s. ' 8. Op. dt. II \ 313; v. anche n\ 314-316. 9· Op. cit. , 320; fortemente attenuato in n\ 321: «l giudizi divergenti sulla legge, nei quali l'apostolo cristiano si dibatte, dimostrano quanto perso­ nali siano le sue opinioni in questo campo». I8

la teologia paolina della legge, probabilmente ciò dipen­ de non da ultimo dalla circostanza che egli considerava Col. come lettera autentica di Paolo. Così egli poté af­ fermare che Paolo si condusse «alternativamente» fra la duplice serie di giudizi, per cui in Col. riprenderebbe nuovamente ciò che prima aveva detto in Gal., anche se nel frattempo - ossia in Rom. - non riuscì a fare la stessa cosa a motivo di un'altra prospettiva. Di «evolu­ zione organica e avanzamento vivace» del paolinismo, di «sviluppo della dottrina paolina» parla però poi Fried­ rich Sieffert nella sua lezione di abilitazione dal titolo Benzerkungen zum paulinischen Lehrbegrzft namentlich uber das Verhaltniss des Galaterbrie/s zum Romerbrief (Osservazioni sul concetto paolina di dottrina, special­ mente sul rapporto fra la lettera ai Galati e la lettera ai .. Ro man i ) : 10 In Gal. viene espresso quel pensiero che dovette im­

padronirsi con tutta la sua forza dell'apostolo dopo la sua così improvvisa conversione: l'indipendenza dalla legge mosaica. Questo pensiero è «ancor ora la base e l'origine di tutte le sue convinzioni». Perciò Paolo vuole condurre anche i suoi lettori a questo fine; anch'essi de­ vono arrivare «al riconoscimento della totale ( ! ) assenza di rapporti fra la legge mosaica e la vita cristiana».11 Quindi in Gal. «il concetto che domina l'intera argo. ' l " . o 12 In Rom:, Invece, e « � otmentazione» e' l' «E'À EUvEptcx». xcx toauvlj -8Eou, lo stato di rettitudine dell'uomo realizz·a ­ to da Dio, l'idea che prevale su tutto nei rapporti con lui».13 Ma allora ne risulta la seguente situazione crono­ logica: «Se teniamo anzitutto presente che secondo la dottrina paolina l'eÀEu.SEp icx è soltanto conseguenza del'

10. Pubblicata in JDTh 14 (1869) 250-275: 257. 11. Art. cit. , 262. 12. Art. cit. , 263. 13. Art. cit. , 264. 19

la Òtx.a toa-UvY} .Seou, noi troveremo senz'altro comprensi­ bile che l'esposizione dottrinale che parte dalla ÈÀeu.Se­ pta come suo concetto fondamentale è la più antica>>. 14 Ciò significa che la priorità temporale spetta a Gal. Conseguentemente, il concetto di Òtx.a tocruv'Y) .Seou si trova «soltanto sulla via dell'oggettività etica del cristia­ nesimo»; «rispetto alla religione veterotestamentaria esso sta quindi in un rapporto molto più positivo che non quello della è:) eu.Septa cristiana», nel senso che quel concetto sta a indicare «una relazione oggettiva dell'uo­ mo con Dio, e precisamente un rapporto che già all'in­ terno della religione veterotestamentaria si era cercato di raggiungere come il fine più alto della vita etica e reli­ giosa, anche se soltanto su una strada sbagliata e quindi inutilmente». 15 In questo contesto Sieffert si richiama a Ritschl, il quale, come già si è visto, in Gal. vedeva la legge trattata soprattutto in considerazione dei suoi canoni cerimonia­ li e in Rom. anzitutto per quel che concerne il suo aspet­ to etico. Da ciò Sieffert conclude: «Ma allora la questio­ ne sta davvero propriamente in questi termini, che Paolo giudica diversamente la legge mosaica nella sua totalità, 6 e l'ha considerata da diversi punti di vista . . . ». 1 Proprio questa prospettiva differenziata è ciò che ha poi indotto l'apostolo ad ampliare in Rom. il concetto di giustizia secondo l'aspetto dell'elemento positivo e al tempo stes­ so dell'elemento etico. Ecco perché in Rom. c'è anche «una Òtx.awcruvl) reale, cristiana, che esprime una con­ dotta, non un rapporto, ed è il frutto etico della Òtx.aw' 17 (l 01JV1) 'IJ'EOU». Certamente Sieffert non intende affatto sostenere che ..

-

14.

Art. cit., 267. 15. lbidem. r6. Art. cit. , 268. 17. Art. cit., 273 (corsivo mio). 20

vi sia incongruenza tra le affermazioni delle due lettere. A lui interesserebbe soltanto accennare la direzione in cui si è sviluppato l'interesse teologico dell'apostolo. Egli non vorrebbe affatto interpretare tutti quei concet­ ti, presenti in Rom., che non si trovano in Gal. come se essi fossero stati ancora estranei all'apostolo, quando at­ tendeva alla lettera ai Galati. 1 8 Questa conseguenza sor­ prende un poco. Ad ogni modo, molte formulazioni di Sieffert si possono intendere meglio, se èsse non sup­ pongono soltanto un processo di semplice spiegazione nello sviluppo teologico di Paolo, quindi se considerano lo sviluppo non soltanto dal punto di vista della conti­ nuità, ma anche da quello della discontinuità. All a fine del suo saggio, ci si domanda se Sieffert non tolga alle sue argomentazioni il loro vero e proprio vertice affer­ mativo, vedendosi costretto a fare una dichiarazione tal­ mente armonizzante, quali che siano stati i motivi che ve lo abbiano indotto. Sulla posizione opposta si trova Cari Clemen, che cronologicamente colloca Rom. prima di Gal. Afferma­ zioni come 2 Cor. 5,16 o Gal. 5,11 rimandano a un pe­ riodo giudaistico di Paolo posteriore alla sua conversio­ ne, caratterizzato da un modo di vedere apparentato piuttosto ai protoapostoli. Di qui si sarebbe anzitutto sviluppato il paolinismo da noi conosciuto. 183 Se Sieffert ha supposto uno sviluppo di Paolo verso un apprezza­ mento più positivo della torà, Clemen invece prende in esame una tendenza da una valutazione più benevola a una più intransigente della legge. Per lui il risultato fina­ le della sua ricerca consiste in questo, «che soprattutto nella questione della legge effettivamente è innegabile la riconosciuta dipendenza della lettera ai Galati da quella ai Romani», 19 ai suoi tempi sostenuta da Bruno Bauer (! ) 18. Art. cit. , 274· 18a. Clemen, Chronologie, 49 ss. 19. Op. cit. , 263 (corsivo mio) ; v. anche Clemen, Die Reihen/olge der pau21

e

poi da Steck. Di questa opinione, successivamente ri­ presa dallo stesso Clemen,20 Sieffert si è occupato criti­ camente in un suo altro saggio .21 Anch'esso potrebbe es­ sere di così grande importanza per la nostra tematica, che è opportuno soffermarvisi un poco. È vero che Sieffert dichiara che il suo primo saggio non è andato del tutto esente dall'esagerazione dell'idea di un avanzamento ed evoluzione della dottrina paolina nelle quattro lettere principali; tuttavia questa idea gli si sarebbe dimostrata sempre più sicura. Di conseguenza egli accoglie con favore il fatto che Clemen si sia interes­ sato a questa tematica «con grande sicurezza e rara per­ spicacia», tanto più che gli altri suoi colleghi specialisti «solo con tutta riservatezza avrebbero accettato la tesi di tracce di tale sviluppo . . . ».22 Ma forse non è soltanto la tematica che induce Sieffert a discutere con Clemen, bensì anche l'affinità di pensiero di entrambi, una men... talità che li rende particolarmente sensibili ai processi concettuali. Così è dawero significativo che Sieffert, benché Clemen sia giunto a un risultato esattamente op­ posto al suo, caratterizzi l'ipotesi del collega sicuramen­ te non nel senso di un'impostazione soltanto garbata della critica. Questa opinione «non è meno seducente» per essere una «costr':Jzione incantevole la cui applica­ zione penetrante è senz' altro estremamente suggesti­ va».23 Ma ciononostante perché «non è sostenibile»?24

/inischen Hauptbrie/e: ThStKr 70, 219-270. Più tardi, tuttavia, Clemen ammise che gli argomenti da lui addotti per la datazione di Gal. e Rom. non erano cogenti: ThLZ 27 ( 1902) 233. In epoca più recente Foerster ha nuovamente sostenuto la tesi della priorità cronologica di Rom. rispetto a Gal. : Ab/assungszeit und Zie/ des Galaterbriefs, in Apophoreta, 135-141. 20. V. nota precedente. 21. Sieffert, Die Entwick/ungslinie der paulinischen Gesetzeslehre nach den vier Hauptschnften des Aposte/s, in Theologische Studien, 3 32-357. 22. Op. cit. , 334· 23. Op. cit. , 340. 24· Ibidem. 22

Perché da Gal. 5 ,11 non si può dedurre nessuna predi­ cazione iniziale giudeocristiana di Paolo sulla legge, 25 di­ ce la sua risposta; infatti - e con ciò Sieffert esprime un'idea quasi ovvia nella ricerca attuale su Paolo - la sua conversione al cristianesimo lo condusse più di altri a un taglio netto con ogni forma di legalismo.26 Gal. si trova quindi sulla linea dell'evento di Damasco. Ma allo­ ra per il rapporto Gal. -Rom. si deve dire: «Piuttosto, poiché la lettera ai Galati porta di per se stessa ancor più distintamente all'esposizione di quella serie di pensieri che si collegano alla libertà dalla legge, mentre nella let­ tera ai Romani s'incontra quell'intreccio dei due punti di vista, 27 diventa con ciò probabile che, anzitutto dopo che la lotta impostasi all'apostolo contro il giudaismo interno al cristianesimo aveva provocato nella lettera ai Galati la precisa fissazione dialettica della sua dottrina della libertà dalla legge, a ciò nella lettera ai Romani ha poi fatto seguito uno sviluppo più ampio e approfondito, ma al tempo stesso anche moderato, della medesima».28 Le mutazioni che Sieffert crede di riconoscere in Rom. rispetto a Gal. non possono qui essere tutte enumerate. Ma si faranno notare i seguenti punti da lui menzionati : di un'origine subdivina della legge (Gal. 3, I 9) in Rom. non si fa più menzione. E l'aspra espressione di Gal. 3, 19, secondo cui la legge ha lo scopo di provocare le trasgressioni, in Rom. non viene più ripetuta. D'altra parte in Rom. si trovano i principali pensieri di Gal. sul­ la legge. 29 La differenza delle due lettere si rivela anche 25. Op. cit. , 341, dove per due volte ricorre erroneamente Gal. 5,1, anzi­ ché 5, 1r. 26. Op. cit. , 342; certamente noi oggi preferiremmo una formulazione un po' più precisa: la conversione di Paolo è il suo taglio netto con la legge. 27. Ossia la proclamazione del cristianesimo tra i pagani, che appare in I e 2 Tess., e la questione della legge. 28. Op. cit , 343 (corsivi miei). 29. Op. cit. , 34'· .

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nel fatto che secondo Rom. 7,10 il fine della legg e come fine in se stesso è l'istituzione della vita, mentre Gal. 3,21 nega esplicitamente che la legge abbia lo scopo di creare la vita. 30 Sieffert spiega le differenze tra le due lettere come «contraddizione apparente» : in Gal. prevale una serie di idee, ossia la legge secondo la sua espressione esterna nazionale, mentre in Rom. predomina l'altra, cioè la leg­ ge in base al suo contenuto interno etico.31 «Ma, poiché esiste questa diversità e non si giunge alla soluzione delle contraddizioni indicate, così si manifesta chiaramente anche la differenza fra la lettera ai Galati e quella ai Ro­ mani con i loro diversi e prevalenti modi d'interpreta­ zione».32 Insomma, le differenti situazioni, non il cam­ biamento di umori momentanei in Paolo, «hanno dato motivo a un reale sviluppo concettuale della dottrina paolina della legge in una determinata direzione>>. 33 In concreto ciò significa la formazione «di un atteggiamen­ to che anche con la sua [proclamazione della salvezza] lascia alla legge e al giudaismo il suo diritto, acconsen­ tendovi per questo aspetto».34 Un ultimo esempio dell'epoca precedente la prima guerra mondiale. Nella sua monografia sulla cultura el­ lenistico-romana (2 ed. 1912), Paul Wendland scrive che «nella lettera ai Romani, la conoscenza naturale di Dio equivale al possesso della legge da parte dei giudei, ma in Gal. 4,8- 10 l'ardore della polemica spinge l' apo­ stolo ad istituire un confronto tra la religione mosaica ed il culto idolatrico (che tuttavia è inteso soltanto come il risultato del pervertimento della conoscenza di Dio) ed a a

30. Op. cit., 346 s. 31. Op. cit. , 347· 32. Op. cit., 348. 33· Op. cit. , 356 (corsivo mio). 34· Ibidem.

considerare genericamente entrambi come culti degli elementi».3' Quindi anche Wendland constata una diffe­ renza tra le due lettere, ma la spiega non con uno svi­ luppo nel pensiero di Paolo bensì psicologicamente. N ella letteratura odierna le riflessioni di Ritschl e Sieffert non svolgono più un grande ruolo. Oggi Gal. viene spiegata con Rom. e Rom. con Gal. In alcuni com­ menti e monografie, tuttavia, marginalmente si parla an­ cor sempre di differenze tra Gal. e Rom. 36 Ma solo po­ chi autori si occupano più da vicino della questione. Tra questi Ulrich Luz, il quale, come risultato di esegesi ap­ profondite, afferma: «Il contrasto fra Gal. 3 s. e Rom. 9, 1-5 e II,16-32 sembra essere insuperabile».37 Ma da che cosa è provocato questo contrasto ? si deve pensare a un cambiamento fondamentale del pensiero paolino? Luz risponde negativamente alla domanda. Secondo lui, Rom. e Gal. non sono cronologicamente tanto lontane da doversi prendere una soluzione così radicale. Egli spiega la differenza nell'argomentazione delle due lette­ re con la diversità della situazione momentanea entro la quale le due lettere parlano.3 8 Ne conseguirebbe che «noi abbiamo visto quanto le dichiarazioni di Paolo vo­ gliano essere intese a partire dalla situazione in cui sono espresse, oppure quanto le lettere paoline si debbano spiegare non come esposizioni di situazioni di fatto in sé 35 · Wendland, La cultura ellenistico-romana, 317. 36. Ad es . Eichholz, La teologia di Paolo, 267: .40 Se si dà uno sguardo retrospettivo agli esegeti delle due lettere paoline menzionati sporadicamente, 41 sor­ prende che essi non abbiano tratto una conseguenza, ossia che Paolo in Rom. non vuole più dire ciò che un tempo ha detto in Gal. Ritschl spiega questo strano fatto della differenza con la situazione psicologica dell' apo­ stolo, Sieffert con la categoria dello sviluppo (sviluppo certamente inteso come semplice spiegazione), Luz con la diversa situazione in cui Paolo si trovava a scrivere. Ma si ha l'impressione di un passo indietro di fronte al tentativo di soluzione, preso in considerazione da tutti e tre gli autori, di separare quanto a contenuto Rom. da Gal. n tentativo qui proposto riguarda la questione se tra Gal. e Rom. non si dia appunto una differenza tanto no­ tevole circa le affermazioni sulla legge, che per risolverla non è sufficiente la semplice supposizione di una spie­ gazione fondata soltanto sulla continuità o sulla situa­ zione ogni volta diversa dei destinatari - a prescindere affatto una volta per sempre dall'interpretazione psico­ logizzante di Ritschl e altri. È ad ogni modo chiaro che 39· Op. cit. , 286.

40· Ibidem.

41. Una buona rassegna storica dei lavori esegetici sulla questione della

legge in Paolo più o meno dall'inizio dell'ultimo terzo del XIX secolo è of­ ferta da Otto Kuss nel suo studio Nomos bei Paulus (MThZ q, 177 ss.), che prescinde dalla questione qui trattata e può quindi ottimamente com­ pletare la retrospettiva qui diretta da un'intenzione ben precisa. Quanto il XIX secolo minacci talvolta di sfuggire al nostro campo visivo è dimo­ strato ad esempio dalla recentissima ricerca su Paolo e le sue lettere di Alfred Suhl (1975). Per quel che riguarda questa tematica in particolare, non vi vengono presi in considerazione Clemen e Sieffert, per non men­ zionare che questi due!

la discordanza delle due lettere riguardo alle prescizioni della legge è evidente e ha bisogno di una risposta ese­ getica. E chiaro dovrebbe essere anche che la questione apertasi nel XIX secolo non si è ancora fatta sentire con chiarezza nel secolo xx e tanto meno è stata approfondi­ ta tanto quanto avrebbe meritato. La nostra ricerca è stata scritta con l'intento di riprendere proprio questa questione. Volutamente si è detto: riprendere la que­ stione. Tenuto conto del «sonno di Rosaspina» della questione per decenni è difficile che un breve albeg­ giare abbia interrotto il sonno . . . - si mostrerebbe pre­ suntuoso l'esegeta che volesse presentare una risposta definitiva (a prescindere una buona volta e per sempre dal fatto che ogni affermazione storica implicita in un enunciato esegetico in tanto significa presunzione, in quanto viene detto: così era allora ! Chiunque dovrebbe in se stesso un po' spaventarsi, se - pur per buoni moti­ vi ! - dice del passato: era così! ) . Anche qui, dunque, si tratta anzitutto di spostare nuovamente la questione nel­ la debole coscienza della ricerca neotestamentaria. Quando si leggano Gal. o Rom. per la loro problema­ tica predominante, chiedendosi che cosa essa abbia da dire come sua propria particolarità, allora forse non è tanto inverisimile che possa sorgere anzitutto un vago ma sempre più forte disagio nel constatare in quale mi­ sura una lettera sia spiegata dall'altra e l'altra dalla pri­ ma.42 Non come se questo modo di procedere in base a premesse da determinarsi con precisione non abbia an­ che una sua giustificazione, ma in alcun caso può certo costituire un a priori metodologico ! Lo storico non deve -

42. Mi limito a citare uno degli esempi caratteristici dei tempi più recenti:

MacGormann, Problem Panages in Galatians: SWJT 1 5 , 43 : «lt (scii. la traduzione di Gal. 3,19b nella RSV) sounds as through the law they carne into a situation in wich there were transgressions, to hold them in check. But this seems to ignare some of the insights of the Roman letter, ever the best commentary o/ Galatians» (corsivo mio) .

trascurare che la figura storica da lui trattata non dice la stessa cosa in tutt'i tempi. Ma far dire a ciascuna delle due lettere di Paolo ciò che essa rispettivamente ha di proprio significa anche ascoltare esattamente questa par­ ticolarità specifica. «Ascoltare» è qui preso nel senso più letterale possibile. Paolo ha proprio dettato le sue lette­ re, e le ha dettate con l'intenzione che esse venissero let­ te ad alta voce, ossia udite. L'esegeta, quindi, ha anche il dovere di ascoltare i testi del Nuovo Testamento se non vuole prenderne conoscenza soltanto in un modo di esprimersi fortemente estraniato . Chi dunque ascolta Gal. e chi ascolta Rom. percepirà qualcosa di detto, di volta in volta, indipendentemente dall'altra lettera. 43 È per noi certamente problematico poter ancora udire co­ si, perché purtroppo in qualche modo noi associamo sempre una lettera all'altra. E che in definitiva in una ri­ cerca scientifica venga tuttavia nuovamente fissato solo qualcosa di scritto su ciò che si deve leggere oralmente e che viene letto ad alta voce, non mostra che l'inevitabile insufficienza fondamentale di una tale impresa. Non si trascuri, d'altra parte, che in questo studio l' «ascolto>> delle lettere paoline non poteva ovviamente costituire il principio di metodo. Lo studio porta il titolo: La legge in Paolo. Contributo allo sviluppo della teologia paolina. Nella stesura di que­ sto lavoro si trattava di evitare due possibili pericoli. Il primo era il pericolo di uscire dall'argomento. Chi at­ tenda a una monografia inerente alla teologia di Paolo deve aver presente il dibattito serrato ad esempio sulla dottrina della giustificazione, sulla cristologia o sul pro­ blema della storia e storia della salvezza in Paolo. Ma poiché qui non si tratta dell'esposizione della teologia 43· Deissmann, Paulus, ro n. 1: «Che queste lettere siano lettere parlate, è un punto di vista non ancora abbastanza tenuto in considerazione nell'e­ segesi». Questo ammonimento vale ancor oggi, nonostante l'eccessiva psi­ cologizzazione di Deissmann.

paolina in quanto tale, bensì di un determinato punto di vista sotto il quale questa teologia viene presa in esame, era necessario porsi dei limiti. Certe questioni che vo­ lentieri l'autore si sarebbe posto, dovettero essere esclu­ se. Il tema era proprio soltanto quello di far rilevare l'apporto che la variabile «legge» fornisce alla proble­ matica qui in discussione. È per questo che si è adottata la formulazione «Contributo allo sviluppo della teologia paolina». Se poi nel titolo si fa parola della teologia pao­ lina, ciò consegue dalla convizione che la dottrina della giustificazione quale si manifesta in Rom. costituisce di fatto il centro della teologia di Paolo. Nel pensiero teo­ logico dell'apostolo la giustificazione non è certo un to­ pos accanto ad altri. «Giustificazione per la fede» proprio questo è ciò che a Paolo preme assolutamente dire. Ma allora nell'elaborazione concettuale di questo motivo, ossia nella sua teologia della giustificazione, si deve vedere il proprium della sua teologia ! Essa non è si­ curamente un «cratere secondario» ! Ma proprio qui si tratta di vedere in che senso queste sue elaborazioni concettuali ci si presentano come un processo, e un pro­ cesso nel quale Paolo combatte anche e proprio per il senso e il significato della legge mosaica. L'opinione se­ condo cui gli sforzi di comprensione della legge che in definitiva giungono a conclusione in Rom. hanno contri­ buito a parte fortiori a dare una forma definitiva alla dottrina della giustificazione, ha determinato il procedi­ mento metodico largamente seguito di confrontare tra loro Gal. e Rom. in ogni determinato punto (per questo nella nostra ricerca si corrispondono di volta in volta le sezioni 1.1-2.1; 1.2-2.2; 1.3-2.3 e 1.4-2.4. Soltanto occa­ sionalmente si sono prese in considerazione 1 e 2 Cor. , ad es. in 3.2). Ma nell'ambito di questa ricerca è stato poi sufficiente aver mostrato come - mediante la com­ prensione definitiva della legge - la dottrina definitiva dell'apostolo sulla giustificazione abbia trovato la sua 29

forma, senza che l'intera problematica teologica della giustizia di Dio o la questione della storia e storia della salvezza in Paolo venissero esposte in extenso. Ancora una volta: il divenire della teologia paolina, non il suo essere definitivo è il tema di questo studio. 44 L'altro pericolo consisteva in questo, che, concen­ trandosi sulla prospettiva che all'autore si mostrava co­ me quella conveniente, si evitasse di discutere la lettera­ tura quando la prospettiva in questione potesse aver im­ pedito la vista della necessità di una tale discussione. D'altra parte una prospettiva adottata consapevolmente significa certo anche l'oscuramento consapevolmente voluto. Tuttavia soltanto nel metodo dell'esposizione si può concretamente dimostrare se questo deliberato oscuramento fosse giustificato, vale a dire se di fatto non andò perduto dal campo visivo nulla di essenziale. 44· Di recente si è mirato allo sviluppo della teologia paolina anche da una prospettiva completamente diversa. Secondo Georg Strecker l'an­ nuncio di Paolo all'epoca della composizione di 1 Tess. non si può identi­ ficare col successivo messaggio della giustificazione (Das Evangelium ]esu Christi, in ]esus Christus in Historie und Geschichte, 525). Solo in Gal. Paolo esibisce il suo «vangelo» come messaggio della giustificazione (op. cit., 528). Il rapporto presentato in Gal. tra vangelo e messaggio della giu­ stificazione viene elaborato più estesamente in Rom. (op. cit. , 529). Strek­ ker sviluppa ulteriormente questa concezione in Be/reiung und Rechtfer­ tigung. Zur Stellung der Recht/ertigungslehre in der Theologie des Paulus, in Recht/ertigung, 479-508. Ma non è questo il luogo in cui occuparsi di questa concezione. Qui vorremmo porre soltanto quest'unica domanda: che cosa significa sviluppo del vangelo come messaggio della giustificazio­ ne? Su questo punto, a mio parere, si dovrebbe avere un dialogo con Strecker.

CAPITOLO PRIMO

NOMOS NELLA LETTERA AI GALATI

1.1. Prima induzione. Abramo In Gal. Paolo rimprovera alle comunità galatiche di essere sul punto di mettersi sotto il dominio e la schiavi­ tù della legge; più precisamente, di mettersi nuovamente sotto una tale schiavitù. Egli vede i galati nel pericolo di voler essere giustificati dalle opere della legge. Poiché probabilmente suppone o forse anche era stato informa­ to che in Galazia per l'atteggiamento da tenere nei con­ fronti della legge vengono addotti anche la condotta e il contegno di Pietro, Paolo riferisce tra l'altro sulla con­ troversia che con lui ebbe ad Antiochia, durante la quale in presenza di tutti gli avversari egli dovette far ricordare la base comune: si viene giustificati non dalle opere della legge, ma soltanto dalla fede in Cristo Gesù. Ogni e qualsiasi dissidio per Paolo si dà su: nessuna giustifica­ zione in base alle opere della legge ! Neppure un solo uomo viene giustificato per le opere della legge ! (Gal. 2,16: è� €�;-ywv VO(J-OU où Òtxatw.S+,ae:�cu 1t�aa acip� (scii. iàv (J-� òtà 7tta'te:w� Xp ta'tou 'lr,crou) . Questa era e da ciò tutto dipende per Paolo - la premessa comune per lui come per Pietro (per entrambi in quanto giudei! ) per giungere alla fede nel messia Gesù: «Noi siamo certa­ mente (1'-fj[J.e:t� è sottolineato) quelli che vennero alla fe­ de in Cristo Gesù, per ('tv a ! ) venire giustificati dalla fe­ de in Cristo, ma non - con ogni probabilità si dovrebbe completare: perché noi avevamo intuito la strada sba­ gliata della giustificazione mediante la legge - dalle opere della legge» (2,16). È vero che l'inadeguatezza -

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della legge per la giustificazione qui non è espressa di­ rettamente, tuttavia vi è chiaramente presupposta: me­ diante le opere della legge non si viene giustificati, per il semplice fatto che la legge non è in grado di giustificare. In Gal. 3 viene addotta la prova scritturistica di come nessuno è giustificato dalla legge. Ma questa argomenta­ zione non viene immediatamente dopo la tesi program­ matica esposta in 2,16 ss. sulla giustificazione soltanto mediante la fede e non grazie alle opere della legge. Piuttosto essa è inserita nell'argomentazione principale secondo cui i credenti sono figli di Abramo. Lo si deve formulare ancor più precisamente: lo sono soltanto i credenti, i quali si possono intendere come figli di Abra­ mo. Si presti attenzione all'ordinamento sintattico della ' ' ( 3,7 ) S e tJtJaa(Jfrase: Ot EX 7ttO''tEW�, OU'tOt UtOt' EtO't'V 'AR poi il cap. 3 termina con la conclusione «Se voi appa'rte­ nete a Cristo, dunque (ar;a ) siete davvero discendenti di Abramo, allora voi siete veramente eredi secondo la pro­ messa ! » (3,29 ) , così potrebbe qui manifestarsi quale sia stato l'intento dei galati. A loro interessava - così lascia supporre il senso dell'argomentazione di Paolo -, assi­ curarsi la figliolanza di Abramo. Ma allora si può sup­ porre che coloro che facevano propaganda nelle comu­ nità galatiche fossero avversari di Paolo che nella loro polemica contro l'apostolo e la sua predicazione avevano ingenerato nei galati uno stato d'ansia: noi non diverre­ mo partecipi della figliolanza di Abramo se non prati­ chiamo la circoncisione. Ma chi non ha partecipazione alla figliolanza di Abramo perde la salvezza donata in Cristo. Dunque la fede in Gesù Cristo giova soltanto se il fondamento di questa fede è la circoncisione.1 L'indi(

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r. Jewett, The Agitators and the Galatian Congregation : NTS 17, 208 ten­ de a smorzare i toni quando fa parlare gli avversari di Paolo secondo la loro «tattica astutamente escogitata)): «Nella sua opera in quanto esempio tipico di 'pilastro' per i Gentili ( 1,12. 15-19) , egli (scii. Paolo) semplice­ mente iniziò un'opera che noi dobbiamo riuscire a condurre a termine

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rizzo delr argomentazione di Paolo suggerisce quindi di supporre che i suoi awersari in Galazia affermassero che figlio di Abramo può essere soltanto colui che come Abramo è circonciso, colui che è circonciso con Abra­ mo. Costoro potevano pur sempre richiamarsi a Gen. 17,9 ss. : «E Dio disse ad Abramo: Così osservate dun­ que la mia alleanza, tu e i tuoi discendenti di generazio­ ne in generazione. Ma questa è la mia alleanza, che voi dovete osservare tra me e voi e la tua discendenza dopo di te: Tutto ciò che è maschile, dev'essere circonciso . . . Questo dev'essere il segno dell'alleanza tra m e e voi». Ma così dicendo si dichiara chiaramente che la circonci­ sione appartiene costitutivamente alla figliolanza di Abramo. Richiamandosi a questo passo, gli awersari di Paolo avevano quindi un compito facile. Ma se l'Antico Testamento è la base comune di Paolo, dei suoi awersa­ ri e delle comunità di Galazia, gli avversari avevano in effetti gioco facile: non avevano che da rinviare a Gen. 17 e dire: «Così sta scritto - nella Scrittura che anche Paolo cita ! ». Molto dunque fa pensare che Paolo non abbia tra­ smesso la tematica di Abramo di propria iniziativa, ma l'abbia ripresa come p regnante formulazione della pro­ blematica. 2 In effetti non era necessaria una fervida fan(3,3). Ma per non offendervi quando eravate ancora pagani (r,ro), Paolo attenuò alcuni dei tratti più difficili e più avanzati della fede». Che gli av­ versari di Paolo si siano serviti di questa tattica, dal testo non risulta. Il ri­ corso all'b:t'!e)�et7.St di Gal. 3,3 (art. cit., ro7) non può far da supporto a una tale costruzione. 2. Questa è l'opinione pressoché comune; cfr. ad es. Burton, Gal. , 153159; Oepke, Gal. , 69; Foerster, Ab/assungszeit und Zie/ des Gal, in Apo­ phoreta, 1 39; Luz, Geschichtsverstandnis, 280 n. 56; Eckert, Verkundi­ gung, 75 s.; Jewett, The Agitators and the Galatian Congregation: NTS 17, 200 ; Mussner, Gal. , 22r n. 46, tuttavia p. 2r6! ; incerto Schlier, Gal. , 127; in proposito cfr. Schmithals, ThLZ 98, 749 (recensione di Eckert, Wer­ kundigung): « . . tuttavia il testo stesso consente certamente soltanto ( ?) d'interpretare Gal. 3-4 come riferito alla tradizione, ma Gal. 5-6 come connesso alla situazione». .

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tasia per immaginarsi come il rinvio a Gen. 1 7 3 potesse turbare i galati (-tapciaae: w, 1, 7 ) . Qui, dove si tratta della salvezza eterna, dov'è in gioco il definitivamente decisi­ vo, qui una simile allusione poteva venire intesa come accusa contro Paolo: egli ci ha ingannati sull'essenziale. A ragione Jost Eckert rimanda, con Cari Holsten, al­ l' «interesse per la felicità» dei galati. 4 Paolo, quindi, riconosce che la figliolanza di Abramo è d'importanza decisiva. Egli non nega affatto che la continuità di Abramo, sostenuta dai suoi avversari, sia decisiva. Non una parola con cui in certo qual modo an­ che solo l'importanza di Abramo verrebbe sminuita. Soltanto tutto dipende da questo: in che cosa allora con­ sista veramente la figliolanza di Abramo. Paolo ora rin­ via - come, a quanto sembra, prima di lui fecero i suoi avversari - a Gen. ; ma non a Gen. 17, bensì a Gen. 15 : Abramo credette a Dio, e ciò gli fu accreditato come giustizia (Gen. 15,6 Gal. 3,6). 5 Da ciò egli conclude: riconoscete dunque (&pa) : o­ �ou[J-evo t '!Òv ,Seov , 29 potevano considerare gli etnicocri­ stiani non circoncisi come cristiani ae�o(J-evot, come �o­ �u(J-evo t '!Ò'V xup tO'V 'I Y)aOU'V Xp tO"tO'V . 3° Ciò che va bene per la missione giudaica dev'essere accettabile anche per la missione cristiana ! Ma Paolo, che vede ogni questione particolare nella sua sostanza, che prende ogni singola decisione come sintomo di una decisione fondamentale/1 se ne fa un'i­ dea diversa (sempre presupponendo che le autorità ge28. Cfr. R. Meyer, r.epc-:ép.vcu, GLNT x, 75: «Certamente Gal. 2,7 ci fa in­ travedere che a Gerusalemme ci si limitò, in fondo, soltanto a prendere atto della libertà dallo 'louòcuar-u)� e che in realtà i fronti rimasero immu­ tati, nonostante la reciproca lealtà». 29. K.G. Kuhn, npof.TY}J.r.r.oç, GLNT XI, 307 s. ; cfr. Bornkamm, Paulus, B ; Lohse, Mission, 11. ]udische Mission, RGG3 IV, 972. ) O . Non proprio così lontano va Wilckens, «Aus Werken des Gesetzes » , in Recht/ertigung als Freiheit, 87; Ab/assungszweck des Rom. , in op. dt. , 131; per l'ipotesi che gli agitatori galatici, m a non i dirigenti giudeocristia­ ni, avrebbero inteso le comunità paoline etnicocristiane solo come «timo­ rate di Dio>> e quindi avrebbero preteso con forza lo status di proseliti, v. ancora Christologie und Anthropologie: ZNW 67, 68. J I . V. anche Eckert, Verkundigung, 24 s. ...

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rosolimitane forse non intendevano il sinodo come Pao­ lo) : se si ammette la libertà dalla circoncisione, la si può intendere soltanto come libertà essenziale dalla torà. (A questo punto delle nostre riflessioni lasciamo ancora da parte la questione se, nonostante la libertà dalla torà e la libertà dall'adempimento della torà considerata come via di salvezza, appunto questa torà continui a rimanere norma obbligante della condotta etica. Se a Rom. può addirsi quanto Schrage3 2 dice genericamente di Paolo ­ «la libertà dalla legge come via di salvezza è al tempo stesso una libertà per la legge come precetto contenuti­ stico» -, viene tuttavia proprio da chiedersi se questa differenziazione colga il senso dell'argomentazione di Gal. ) . In ogni caso la circoncisione fa parte delle esigen­ ze più importanti della torà. È appunto la circoncisione che implica l'obbligo della completa obbedienza alla to­ rà. Ma se viene a mancare l'obbligo a quella norma lega­ le, allora viene a mancare proprio anche lo scopo per il dovere di adempiere la torà ! Con l'esenzione dalla cir­ concisione è la torà stessa che ora rimane priva di fon­ damento. E viceversa: chi, ciononostante, continua an­ cor sempre a considerare la circoncisione come di per se stessa vincolante, è obbligato a osservare tutta la legge. Perciò Paolo può dire ai galati perfino con un giura­ mento: «lo attesto ancora a ciascuno di voi che si fa cir­ concidere; egli è obbligato ad adempiere tutta la legge, oÀov -ròv VO!J.OV 7tOtijO'CXt» (5,J). Se Paolo - prima della sua vocazione a missionario dei pagani - fosse effettiva­ mente appartenuto alla scuola farisaica di Shammai, di stretta osservanza, allora si potrebbe benissimo attrk_ buirgli l'opinione: chi dice circoncisione, dice al tempo stesso tutta la legge.33 La legge è proprio indivisibil�. "'-..

32. Schrage, Die konkreten Einz.elgebote, 238; v. anche 232. 33· Hi.ibner, Herkun/t des Paulus: KuD 19, 222 ss. : fosse pure anche stato un giudeo nativo della diaspora, fosse anche stato in quanto tale un «giu­ deo dei Settanta» (Deissmann, Paulus, 71), prima della sua conversione,

Chi ne elimina anche solo qualcosa, la annienta comple­ tamente. Ebbene, al sinodo si è tolto dalla legge non qualcosa di soltanto ben poco, bensì proprio molto, qualcosa di assai decisivo. Dunque Paolo, l'ex-sham­ maita d'un tempo, doveva arguire che la legge era pro­ prio stata lasciata cadere dai suoi interlocutori. Perché chi stacca dall'edificio della torà addirittura la pietra an­ golare della circoncisione, fa crollare l'intero edificio. Ma i giudeocristiani del sinodo ancora per lungo tempo non devono aver preso le mosse da simili premesse con­ cettuali. Anche per il Giacomo stretto nomista 34 non c'è bisogno di supporre che vivesse nella sfera degli indiriz­ zi e delle logiche shammaitiche. 35 Quale valore possono avere queste riflessioni? Non si trattava di dimostrare che Paolo e le autorità gerosolimi­ tane hanno parlato ognuno per conto proprio nel modo tuttavia, Paolo non potrebbe aver conformato la sua presa di posizione sulla missione ai giudei con quella liberale del gi udaismo della diaspora. A ragione H.-W. Kuhn, ]esus als Gekreuzigter: ZThK 72, 32 n. 140, con ri­ ferimento a K.G. Kuhn H. Stegemann, Proselyten, PW Suppl. Ix, 1259 s., fa osservare che il giudaismo ellenistico della diaspora non attribuiva un'importanza decisiva all' incorporamento totale dei pagani al giudaismo mediante la circoncisione (contro Kasting, Die An/iinge der christlichen Mission, 22 ss. ). Ma se Paolo, forse perfino come missionario giudeo in origine aveva sostenuto il punto di vista di stretta osservanza, ossia il pre­ tendere per principio nella missione giudaica l esigenza della circoncisio­ ne come obbligo dell'obbedienza totale alla torà, allora si dovrebbe sup­ porre che egli per il suo così rigoroso atteggiamento fondamentale giudai­ co di un tempo (Gal. 1,14) fosse obbligato non proprio al suo giudaismo della diaspora, ma alla sua adesione alla corrente farisaica di stretta osser vanza della scuola di Shammai (v. sopra, n. 16). 34· Nonostante Munck, Paulus und die Heilsgeschichte, 103 ss , Giacomo potrebbe essere stato sostenitore di una rigorosa osservanza della torà. Munck ha sicuramente ragione quando considera il resoconto di Egesip­ po sulla morte di Giacomo (Eus. , hist. ecci. 2,23,4-18) come > (4,3) . Agli elementi del mondo dovrebbe appartenere - nonostante Delling70 il carat­ tere di potenze demoniaco-pagane.7 1 Per la nostr� que-

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68. Ma se si può parlare di un simile livellamento dell'essere-giudeo ed

essere-pagano, se quindi essere-sotto-la-legge ed essere-sotto-gli-ele­ menti-del-mondo si corrispondono, allora non si può più dire con M. Barth, Die Einheit des Galater- und Epheserbrie/s ( ree. di Mussner, Gal. ) , ThZ 32: « . . . la maledizione (sci/. di Deut. 27,26 = Gal. 3,10) è mi­ nacciata solo al popolo dell'alleanza - e a questo popolo soltanto se esso viola l'alleanza e trasgredisce le leggi; alla conclusione dell'alleanza appar­ tiene la legislazione e la minaccia della maledizione» . Ma la qualità teolo­ gica della maledizione di Deut. 27,26 nella tendenza dell'argomentazione di Gal è spiegata a partire dall'infelicità dell'esserci pagano ! M. Barth misconosce la direzione dell'argomentazione di Paolo. 69. Schlier, Gal. , 173 ss. ; Mussner, Gal. , 399 ss. descrive il 1tcxtòcxywyo> dei galati: costoro si concepivano come avviati alla salvezza. Questo interesse è quindi da presupporre, se deve diventare comprensibile che la predicazione di Paolo fu accolta favorevolmente e che anche i suoi av­ versari con le loro parole d'ordine quantomeno fecero impressione. In 1 ,4, «Cristo ci ha strappati dal presente mondo cattivo», forse riecheggia quel motivo che una volta aveva fatto riscuotere successo alla predicazione missionaria paolina in Galazia. Perché chi avesse inteso il proprio esserci come esserci in un mondo integro, non sarebbe stato accessibile alla predicazione paolina. Paolo quindi ricorda ai galati che prima della loro conversione a Cristo essi avevano subito il dominio dei deboli ele­ menti del mondo. Essi stessi lo avevano sperimentato: fintantoché ci si sottomette loro, essi riescono veramente a domirlare, a soggiogare l'uomo. Anche se non si sa di 76. Su Gal. 4,2 1-31 v. i commentari; non posso qui addentrarmi nello stu­ dio di Barrett su questa pericope: The Allegory o/ Abraham, Sarah, and Hagar in the Arguments o/ Galatians, in Recht/ertigung, 1-16. Sul rappor­ to di Gal. 4,21 ss. con Gal. 3,6 ss. v. Dietzfelbinger, Heilsgeschichte bei Paulus?, 14 ss . 73

preciso quale aspetto aveva avuto il culto degli elementi in Galazia, è lecito tuttavia supporre che il successo del­ la predicazione missionaria paolina fu dovuto in partico­ lare al fatto che i galati vennero affrontati ne/ loro timore per gli elementi del mondo; che effettivamente su questo argomento essi erano avvicinabili; che essi intesero l'an­ nuncio di Cristo come liberazione dalla paura degli ele­ menti del mondo.77 Se per Paolo la conversione era un distacco dalla legge verso Cristo, così per i galati la con­ versione era un allontanamento dagli elementi del mon­ do verso Cristo . Per entrambi, quindi, la medesima con­ versio con una differente aversio (che tuttavia, come si è mostrato, viene da Paolo interpretata come analoga) . Se ora Paolo qualifica il reale o presunto interesse dei gala­ ti per la legge come ricaduta sotto il dominio degli ele­ menti del mondo, egli spera di poterli toccare proprio su quel punto in cui già una volta li aveva attratti. Egli era certo a conoscenza dell'antico timore dei galati per gli elementi del mondo, ma sapeva come un tempo essi ave­ vano inteso la loro vita proprio come un' esistenz � da schiavi rispetto a queste potenze. Così egli fa appèllo all' autocomprensione dei galati. Il suo rimprovero im­ plica la domanda : La vostra esistenza dev'essere di nuo­ vo caratterizzata dal timore? Che ora i galati non volessero proprio questo, è evi­ dente. Piuttosto, essi volevano anzitutto garantirsi davve­ ro la libertà dalle potenze di una volta. Ma proprio que­ sto garantirsi con segni esterni, con pratiche esteriori, con la fiducia in dati di fatto visibili è ciò che secondo Paolo costituisce l'essenza dell'incredulità. Si vive ancora delle opere della legge, di ciò che si pone in atti quanti­ tativamente determinabili - con intenzione magica, per 77. Che Paolo per primo abbia introdotto questo concetto, come suppone Vielhauer, Gesetzesdienst und Stoicheiadienst im Gal, in Recht/ertigung, '52 s., è a mio parere inverisimile. ·

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rendere tangibile la grazia divina. Ne viene che la fede non è più fede ! Al fidarsi dell'azione di Dio in Cristo Ge­ sù subentra il fidarsi di ciò che si può compiere esterior­ mente. I galati vogliono quindi dissipare il loro timore per le potenze demoniache proprio tradendo la loro libertà, che essi non intendono in quanto libertà. Detto altri­ menti: i galati hanno inteso il loro può essere tutelato solo come interesse per la libertà. Se essi cercano di raggiungere la libertà - e an­ che e precisamente la libertà dalla legge mosaica - allo­ ra avranno anche tutto il resto. Probabilmente i galati avrebbero potuto dire - e forse anche dissero -: Sì, noi vogliamo proprio la libertà dagli elementi del mondo. Paolo però avrebbe replicato: Ma voi non avete ancora valutato la profondità di ciò che costituisce la libertà. .

stificato mediante la legge ! Di conseguenza entrambe le cose sono evidentemente introdotte da Paolo nella sua argomentazione: : I . L'autorità della Scrittura, che in definitiva è l'autori­ tà di Dio stesso, mette dalla parte del torto la legge con la sua giustizia ottenuta dall'adempimento quantitativa­ mente completo di tutte le prescrizioni della legge. 2. L'autorità della legge è tanto grande che essa non solo è in grado di mettere tutti gli uomini sotto la male­ dizione e di promettere la vera vita, ma anche d'indurre Dio stesso a reagire alle prescrizioni della legge. In Gal. 3 questi due ragionamenti s'incrociano senza che siano stati portati a un vero accordo concettuale. Le tendenze argomentative dei due elementi dimostrativi vanno semplicemente in una direzione di volta in volta diversa. Difficilmente, quindi , si potrà dire con Luz che a Paolo probabilmente è sfuggito che la citazione di Lev. 18,5 vale tanto quanto la citazione di Ab. 2,4.97 Piut­ tosto si deve certo pensare che due validi principi di vita vengono tra loro confrontati e può così trovare espres­ sione il fatto che il nomos, se il suo principio viene inte­ ramente mantenuto, garantisce la vita in tutto e per tut­ to. Ma Luz ha ragione nella misura in cui Paolo ragiona 8 a partire dalla fede attualmente giustificante.9 Da questa prospettiva , a dire il vero, il principio del nomos ha per­ so la su a validità. Si tratta per così dire di una validità perduta. L'intenzione vitale inerente al nomos in sé (per impiegare ancora una volta quella concettualità che già precedentemente si è dimostrata utile) vale dove esso so­ lo è pertinente oppure potrebbe esserlo. Ma l'intenzione di Dio è diretta alla giustificazione per la fede. Come stanno allora le cose col rapporto fra l'intenzione insita nella legge in quanto tale e l'intenzione di Dio , entram97· Luz, Geschichtsverstandnis, 150 s.

98. Op. cit. , 151.

be viste sotto la prospettiva della vita da raggiungersi per l'uomo ? (In 1 . 3 - lo si vorrebbe ancora una volta ricor­ dare - si è affrontato il rapporto dell'intenzione dei le­ gislatori con l'intenzione di Dio). Anche qui risponde al vero che il rapporto fra le due intenzioni non viene esplicitamente trattato da Paolo in quanto tale e che quindi da parte nostra si può argomentare soltanto per deduzioni. Al riguardo si devono prendere le mosse dal dato di fatto che anzitutto a un certo punto le due in­ tenzioni si contraddicono. Ma anche non si deve dimen­ ticare che Paolo, come Luz giustamente ha visto, pensa in base alla fede attualmente giustificante. Chiedersi perché chi adempie la legge in tutte le sue parti ora non deve vivere, è quindi una domanda squalificata che pen­ sa a partire dali' irrealtà. N ella sua argomentazione, quindi, Paolo può portare anche due elementi dimostra­ tivi divergenti, perché in fin dei conti essi non divergono affatto . Ossia non si contraddicono per il motivo che valgono di volta in volta in un 'altra realtà esistenziale. Perciò vale anche soltanto a prima vista che per Gal. Cristo non è che una > legge che impegna il cristiano è pur sempre un'esi­ genza della torà. L'uomo presupposto da Gal. 3,10 cre­ de n�lla sua sarx di poter