La torà. Teologia e storia sociale della legge nell’Antico Testamento

Giunta in pochi anni alla terza edizione, La torà fornisce una presentazione approfondita del diritto veterotestamentari

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La torà. Teologia e storia sociale della legge nell’Antico Testamento

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Introduzione allo studio della Bibbia Supplementi Frank Crtisemann La torà

Paideia Editril:c

La torà Teologia e storia sociale della legge nell1\ntico Testamento Frank Cri.isemann

Paideia Editrice

Opera pubblicata con il contributo del Goethe-Institut, Miinchen ISBN 978.88.394.0 74 6. 7 Titolo originale dell'opera: Frank Crtisemann

Die Tora Theologie und Sozialgeschichte des alttestament/ichen Gesetzes

Traduzione italiana di Franco Ronchi

© Chr. Kaiser - Giitersloher Verlagshaus, Giitersloh r99�, '�oos aideia Editrice, Brescia 2008

Sommario

9

Premessa

II

Capitolo I La torà nel Pentateuco. Intenti e problematica

3 2.

Capitolo 2. Il quadro storico. La critica profetica del diritto scritto

44

Capitolo 3 Monte di Dio e diritto di Dio. La via della torà al Sinai

83

Capitolo 4 Mosè come istituzione? L'ordinamento del diritto in Israele

I43

Capitolo 5 Il libro del patto. La base portante

2.51

Capitolo 6 Il Deuteronomio. L'evoluzione decisiva

343

Capitolo 7 Lo scritto sacerdotale. La trasformazione necessaria

4 04

Capitolo 8 Il Pentateuco in quanto torà. Il cammino, parte della meta

451

Bibliografia

52.3

Indice dei passi biblici

535

Indice del volume

Premessa

La stesura di questo libro è iniziata nel semestre invernale 1989/90 ed è stata condotta a termine durante le ferie del semestre successivo. Gli even­ ti storici che in questo periodo hanno interessato il mondo intero e la Ger­ mania non sempre hanno contribuito a tenermi legato alla scrivania. Ma i problemi che mi s'imponevano sempre più chiaramente mi hanno piena­ mente confermato l'importanza di lavorare sui fondamenti dell'etica bi­ blica. A un'ultima revisione, con aggiunte e integrazioni, mi sono dedica­ to durante le vacanze natalizie del 1991/92, e questo spiega come non mi sia stato possibile inserire che parzialmente la bibliografia più recente nel­ le parti de/ libro pronte da tempo né prestare sempre l'attenzione dovuta alle ultime pubblicazioni. Quando più di due lustri orsono ho iniziato a lavorare sui testi giuridi­ ci veterotestamentari, sembrava verisimile e sufficiente non troppo tempo per condurre a termine l'impresa. Ma la combinazione di prospettive di storia sociale e questioni teologiche fondamentali sullo sfondo sia della necessità di un nuovo rapporto con l'ebraismo sia dell'urgenza delle que­ stioni etiche dei giorni nostri mi hanno spinto ad andare sempre più in là. Qualche fondamento che in un primo momento pareva solido ha dovuto essere gettato di nuovo, e la tendenza a una sempre maggiore specializza­ zione della ricerca, come quella che negli ultimi anni si è largamente im­ posta per il diritto veterotestamentario, si è dimostrata ambivalente e talo­ ra controproducente. Compiti centrali che s'impongono a chiunque e che sono di primaria importanza per qualsiasi concezione di una storia del di­ ritto dell'Israele biblico, vengono sempre più demandati a manuali e com­ pendi divulgativi, il che spesso significa non affrontarli affatto. Non si è quindi potuto evitare di riconsiderare il tutto e di tentare di scrivere in modo tale che coloro che coltivano interessi teologici al di fuori delle mu­ ra della ricerca specialistica non si trovino scoraggiati fin dall'inizio. Per questo motivo era da accettare di non poter seguire tutte le diramazioni della discussione più approfondita, ma ciò può trovar forse compenso nei richiami alla gran quantità dei lavori di ricerca. Di molto devo essere grato, ma non a molti. I/ lavoro è stato portato QI!IJIIIi in tempi e circostanze in cui semestri sahbatici e altri momenti di li­ bertà non erano che SCJKni. i:. stato impor/alite che la maggior parte del-

IO

Premessa

l'opera abbia potuto essere elaborata e discussa in corsi e seminari alla Kirchliche Hochschule di Bethel. In forma diversa molto è stato presenta­ to e offerto al dibattito anche altrove. Matthias Millard, mio assistente supplente, ha riveduto il manoscritto e letto le bozze. Trascurando il pro­ prio lavoro, Marlene Criisemann ha digitato al computer tutto il testo e lo ha più volte rivisto e corretto. Le sue opinioni teologiche e i suoi inco­ raggiamenti più vari si sono rivelati vitali, anche per il libro. Bielefeld, giugno 199:1..

Frank Criisemann

Capitolo

r

La torà nel Pentateuco. Intenti e problematica La manna, questo è il problema, tuni chiedono: Che cos'è? M.-A. Ouaknin 1 riguardo a Es. r6,rs.

Torà: la parola ebraica è un termine biblico centrale che la teologia cri­ stiana ha appena iniziato a recepire. Questo lavoro intende contribuire a tale intento così da facilitarlo nel modo migliore e mostrare come esso sia teologicamente ineludibile. A questo scopo si propone un'interpretazione dei più importanti testi giuridici veterotestamentari nel loro contesto sto­ rico sociale. Quest'opera è un tentativo di ricalcare o di ricostruire le li­ nee principali di una storia del diritto nell'Antico Testamento a partire dai primi e solo a mala pena discernibili inizi in età prestatale fino alla con­ clusione del Pentateuco: in sostanza il cammino d'Israele verso la torà. La sfida insita in questi testi, le questioni maggiori che essi pongono, do­ vranno essere introdotte già all'inizio, sullo sfondo dello status quaestio­ nis attuale.' A questo scopo si può e si deve partire sempre dai tratti fon­ damentali della torà stessa. I. TORÀ E TEOLOGIA CRISTIANA

La torà è stata recepita tradizionalmente in senso cristiano nel significato di « legge•• , trovandosi così contrapposta, nei modi più svariati, a «vange­ lo». Tuttavia è noto da tempo, in prospettiva sia storica sia teologica, che questa opposizione è stata resa possibile solo travisando la nozione bibli­ ca di torà. Nel linguaggio corrente dei tempi veterotestamentari la parola t6ra3 de­ nota i consigli e gli insegnamenti della madre (Prov. r ,8; 6,2.0; cf. 3 r,2.6) e del padre (Prov. 4,1 s.) ai figli per istruirli sulle faccende della vita e met­ terli in guardia dalle trappole della morte. Il termine abbraccia quindi, co­ me in tutti i suoi usi, informazione e insegnamento, istruzione e norme, quindi incoraggiamento e imperativo, tanto il comandamento quanto la storia della sollecitudine amorevole dalla quale proviene la parola torà. La parola tora diventa quindi, per questo suo uso e contenuto, termine tecnico che denota l'ammaestramento impartito dal sacerdote ai profani r

Ouaknin, Das verbrannte Buch, 2 3 1. Per una rassegna v. Boecker, Recht und Gesetz; Patrick, Law; Crtisemann, Recht und Theo­ logir. Per le- questioni controverse cf. Knierim, Problem. ' c.-. Spl'C.:. l.icdkc-l'etcrsen, t6rQ. Ra ssegna in Cazclk·s. Torah et Loi. z.

I 2.

La torà nel Pentateuco

(Ger. r8,r8; Ez. 7,2.6), ma non solo: denota anche le parole del maestro di sapienza (Prov. 7,2.; IJ ,I4) o del profeta (Is. 8,r6.2.0; 30,9) ai loro di­ scepoli. Nel Deuteronomio, infine, torà diventa il termine più importante per indicare l'unica volontà di Dio, completa e fissata per iscritto (ad es. Deut. 4,44 s.; 3o,ro; 3 1 ,9).' Già qui la parola > (Mt. 5 , 1 7 ss.) e i discepoli di Gesù dovranno osservarla completamente (ad es. Mt. 2.J,2.), ma anche Paolo,' per il quale la rorà è (Rom. 7,12.) e non è minimamente in contraddizione con il vangelo che gli è stato affidato: • al contrario, con la sua proclamazione la rorà viene finalmente confermata (Rom. 3,3 1 ) e il suo compimento nell'amore reso possibile (Rom. I J , I O). D'altra parte la fede nel Dio di Israele non rende affatto ebrei i pagani, e l'osservanza della circoncisione che integrerebbe i gentili nel popolo ebraico addirittura vanificherebbe il vangelo (lettera ai Galati ). Qualsiasi richiamo cristiano alla rorà ha perciò sempre avuto, e ha an­ cora di fatto, tratti eclettici. Vale e non vale. È una costante che alcune par­ ti della rorà siano state recepite e altre no e ciò ha comportato una gran­ de e soprattutto incontrollabile misura di arbitrarietà. Che lo stesso M. Noth, proprio lui che ha scoperto come la rorà sia una componente del patto, consideri una •falsa strada••, un rinnegamento della vera fede il modo in cui il giudaismo postesilico ha trattato la torà,' fa ricordare con terrore il diffuso antisemitismo protestante ( 1 940! ). Se anche questo fos­ se scomparso per sempre,• certo non lo è il problema di fondo. Esempi classici ne sono i tentativi di distinguere nella torà, ad esempio, una legge cerimoniale e una legge morale.s Ma soprattutto si è creduto di avere nel­ la vera legge di Dio, il diritto naturale, un metro per giudicare ciò che nel­ la rorà valesse e ciò che non valesse, un criterio per separare il vero co­ mandamento di Dio dallo specchio dei principi degli ebrei." Da parte cri­ stiana fu quindi recepito soprattutto l'inizio della torà, il decalogo, che venne staccato dal resto, pratica che a l giudaismo apparve ben presto pro­ blematica 7 e che ha condotto alle più grossolane estrapolazioni dalla tra­ dizione etica della Bibbia che siano state compiute nella storia della chie� r Tra la bibliografia sterminata sono a mio parere particolarmente importanti E. Stegemann, Der eine Gott; Idem, Umgekehrte Tora; P. von den Osten-Sacken, Evangelium und Tora e, dello stesso, Heiligkeit der Tora. Per il N.T. nel suo insieme cf. la rassegna in Kertelge (ed . ), Gesetz. • Così spec. P. von den Osten-Sacken, Befreiung. 3M. Noth, Gesetze, 140; cf. 111 ss.: la legge come •qualcosa di asso l uto in età tarda• . 4 Tuttavia cf. Kutsch, Menschliche Weisung; KO4L Per la struttura e la srratigrafia cf. spec. Jeremias, Hosea, ro2. ss., il quale considera secondari i vv. 1b.6a. 14 (p. 104; per il v. 14 cf. spec. Emmerson, Hosea, 74 ss.); cf. anche Gnuse, (4/(

z.

Disposizio ni cultuali scritte da Dio ne l regno del nord (Os. 8,12.)

33

ché «è u n grido senza cuore » ' (v. 2); l'accusa principale . È dato per acquisito che il versetto appartenga all'antica tradizione di Osea. Il passo mostrerebbe quindi che Osea conosce istruzioni scritte che provengono da Dio, anzi che, a quanto pare, sono ritenute scritte di pro­ prio pugno da Dio, idea che certamente non esclude a priori una media­ zione umana, ma resta tuttavia molto singolare. Poiché grammaticalmen­ te si deve escludere un'ipotetica dell'irrealtà," queste istruzioni scritte esi­ stono realmente. Ma Osea non solo le conosce, bensì anche le riconosce senza tentennamenti, tuttavia - come tutte le altre attenzioni di Dio - es­ se sono invano. Efraim considera le istruzioni di Dio come qualcosa di estraneo (zar). Con la medesima parola vengono denotati al v. 7 gli stra· 1 Jeremlas, Hosea, 103. Cf. ad esempio i commenti di Robinson, Wolff, Rudolph, Mays, Deissler, Jeremias, ad loc. V. spec. anche Ny berg Problem, � S I ss. Idem, Studien, 65 ss. Fanno eccezione, oltre a Neef, Heils· tradition., 1 60 (v. qui sorro, n. 4), di fatto solo Andersen-Freedman, Hosea, so9; tuttavia i loro interventi sul testo basati unicamente sul contenuto sono insufficienti. 3 Oltre a LXX, Vg., Syr., cf. in particolare Aquila (1tÀT)'8uvoiJ-E"O� vq non si tratta di correggere il testo. Si può trattare, ad esempio, di un'iperbole voluta, ma �i puù anche immaginare che molti santuari ne avessero una copia (cf. Mays, Hosea, 1 z.2.). K Cf. (;K S 1 59 h; Mcycr, Grammatik, § 1 u. 1

,

34

n quadro storico

nieri che ingoiano Israele. Le istruzioni scritte di Dio vengono ignorate al pari di quelle proclamate mediante il profeta. Non con la medesima certezza, ma pur sempre con ragionevole sicurez­ za, è possibile trovare risposta anche ad altri dubbi sollevati dal v. 1 2. Dan­ dolo quasi per scontato, ancor oggi la ricerca parte dal presupposto che Osea si riferisca qui a un antico diritto divino ' per il quale si dovrebbe pensare anzitutto al decalogo, forse anche a qualcosa come il Sinai o Mo­ sè. Tuttavia nel testo non c'è niente di tutto ciò ed è molto improbabile che il profeta si sarebbe espresso in questi termini se avesse conosciuto tradi­ zioni d i tal genere. Manca qualsiasi legame con le altre tradizioni storiche che sono documentate in Osea. Le forme verbali usate nel versetto prece­ dente e in quello seguente devono essere intese anzitutto nel senso della > . Per Israele, inoltre, non ci sono testimonianze di sentenze scritte, e in ogni caso l'aspetto specifico di questi giudizi non è costituito mai dall'essere messi per iscritto. Si potreb­ be trattare di sentenze tutt'al più in quanto stabilivano un precedente che poteva influenzare verdetti futuri. In 1 Sam. 30, ad esempio, si parla della sentenza di Davide dicendo che il re la rese legge e diritto W�oq iWmispat) (v. 2 5 ) . Anche in questo caso si tratterebbe soltanto della questione se­ condaria di come nascano precisamente leggi durature. Non resta quindi che continuare a sostenere, come un tempo, la vecchia opinione2 secondo cui si è in presenza di una sorta di legislazione. Per quanto attiene al testo in sé questa lettura non pone alcun problema, ma diventa problematica soltanto perché entra immediatamente in conflitto con la concezione abituale di un antico diritto divino scritto. Se si pone questo diritto divino a fondamento di tutto il diritto d'Israele, allora si deve davvero dire: « È impensabile che il gruppo contestato da Isaia fosse responsabile di simili cambiamenti nella legislazione».3 Poiché non può essere ciò che non dice di essere, questa ammissione viene subito molto mitigata anche dagli esegeti che danno per scontata la legislazione. Diet­ rich,< ad esempio, pensa che debba trattarsi di > dell'esodo (o anche da prima, come in Ez. 20) fi­ no alla conclusione della conquista del paese. L'esempio di gran lunga più importante è la collocazione della comunicazione del Deuteronomio in Moab, con metà della conquista del paese già alle spalle; l'ampliamento posteriore del Deuteronomio in Deut. 5 e 9 s. rappre­ senta una reazione correttiva alla presentazione di Es. 3 2-34 e forse già all'aggregazione di questi capitoli ai testi sacerdotali. Qui il decalogo vie­ ne messo al posto di Es. 34,I I ss. collegandolo così con le tavole di pie­ tra e con il monte di Dio. Al tempo stesso il discorso di Mosè in Moab vie­ ne fatto risalire a una rivelazione sul Horeb e messo in risalto come unica legittima prosecuzione del discorso di Dio su questo monte; la pericope del Sinai trovò la sua forma definitiva con gli strati deute­ ronomistici di Es. I 9-24. In un processo che storicamente si sviluppò sen­ z'altro soltanto nel contesto dell'unificazione di tetrateuco e Deuterono­ mio, formando così la sola base giuridica del giudaismo di età persiana, questi capitoli vengono collocati, con l'ausilio dei testi più antichi preesi­ stenti, decalogo e libro del patto, in modo da fungere da segnale interpre­ tativo e da contrappeso alla massa delle leggi sacerdotali. Soltanto una si­ stemazione avvenuta tanto tardi è in grado di spiegare l'assenza di una le­ gislazione del Sinai ancora in testi postesilici recenti del > (per es. Am. 5, I I )/ aspetto che renderebbe manifesto > . Qui, dove il di­ ritto e la giustizia dovrebbero scorrere come acqua (Am. 5,2.4) e si do­ vrebbe stabilire saldamente il diritto ( 5 , 1 5 ), viene odiato colui che vuole portare giustizia (5, 10) e gettato a terra il povero (5,12.; cf. 2.,7). I potenti sfruttatori fanno il bello e cattivo tempo nella porta, il luogo del diritto. E ciò che accade nei palazzi della capitale ( 3 , r o; 6,1 ss.), e quindi anche alla corte del re, è indissolubilmente legato a tutto ciò. I ricchi ceti supe­ riori attaccati da Amos, che hanno i poveri in proprio potere, controlla­ no le procedure giudiziarie alla porta. Essi non esercitano alcuna opposi· zione visibile all'ordinamento dello stato e a questo sono chiaramente le­ gati a doppio filo (spec. 5,ro s.).' La situazione dipinta dai profeti di Giuda non è sostanzialmente diver­ sa. Per Michea «i capi di Giacobbe» (n3'Se ja'iiqrlb) e « le guide della casa d'Israele>> (q'?ine bet jisrii'el) sono competenti per il diritto (Mich. 3,1; cf. 3,9). Questi due gruppi edificano Gerusalemme col sangue e in giudizio le loro sentenze sono frutto di corruzione, privilegiano cioè chi paga e chi ha influenza. I termini usati qui da Michea non permettono altra lettura: i «capi » esercitano la loro funzione nelle grandi famiglie, le «guide» eser­ citano la loro funzione nello stato.• E per il profeta i due gruppi sono in ottimi rapporti. Lo stesso si può osservare, e ancor più chiaramente, in Isaia. Qui ci sono da un lato «giudici>> (sof'rim) e «funzionari>> (sarim) competenti per la legge e la giustizia, come mostra con particolare chia­ rezza /s. 1 ,2. 1 -26. I funzionari (siirim ) amano però la corruzione e inse­ guono regalie (v. 2.3 ) . Ma dopo il giudizio di pu rificazione in Gerusalem­ me ci saranno di nuovo «giudici>> e «consiglieri» (io 'e?, v. 2.6), proprio (�ari.S) che avviene dopo la festa d'autunno, soprattutto nei mesi di novembre e dicembre.' La cessazione del lavoro a intervalli rego­ lari di sette giorni è una parte centrale del rapporto della fede in jhwh con la realtà agricola della Palestina. Ancor più ciò si esprime nella questione delle primizie, ossia dell'offer­ ta del meglio (rcsit) dei frutti della campagna raccolti per primi. Appartie­ ne al carattere simbolico di questo avvenimento • che le primizie vengano date alla divinità che si vuole ringraziare per la loro crescita. L'accosta­ mento tra primizie e jhwh è strettamente congiunto col problema a chi si debba la fertilità della terra. Una pretesa monolatrica si deciderà subito e sempre esattamente davanti a questo problema. Il nostro testo sottolinea con forza che il dono delle primizie della terra spetta solo al ('im) (22,22.24.25) mentre si riserva > (ki) alla pro­ posizione causale (22,20.22.26a.b). Lo stile del discorso diretto in prima persona ( ) predominante nella sezione ( 22,22.23.24 . 26), che una cri­ tica letteraria potrebbe risolvere soltanto con sistemi discutibili,' non si adatta allo svolgimento fondamentale del discorso seguito da 2 1 ,2 ss. in poi. Si dovrà quindi continuare a pensare che i mishpatim terminino in 22, 16 o 191 Nella tavola di Osumi, Kompositionsgeschichte, 134 risulta facile inserire i testi di 2.1,1.2. ss. relativi alla schiavitù. 1 La corrispondenza strutturale del ritmo 6/7 di 1.1,1 ss. e di Z. J , I O ss. non può essere decisiva. La composizione del libro del patto può utilizzare, qui come altrove, materiale preesistenre. In nessun caso si può ricondurre alla medesima situazione costitutiva l'uso affarto diverso delle unità di tempo del culto (individuale nelle norme sugli schiavi, collettivo per l'anno sabbatico). Cf. anche Lemche, Manumission, 4 5 . 3 Per Otto, Wande/, 38 s. l'introduzione del discorso di jhwh va ricondotta al •redattore• . Per «redanore•• s'intende evidentemente la figura che anche altrove ha raccolco materiali più anri­ chi per formare il complesso di �� .�-u.�6. Ma perché allora una tale teologizzazione manca del runo altrove?

Le fomi. Il doppio inizio del diritto scritto

I 89

Il problema della stratificazione letteraria all'interno dei mishpatim in sostanza è costituito quindi dalla legge del taglione di 21,(2.3 .)2.4 s. e dal­ la sua posizione nel contesto. Mentre da tempo l'esegesi critica ha visto in questa legge un'aggiunta e si trattava quindi soltanto di stabilire se an­ che il v. 2.3 o una sua parte le appartenesse,' alcuni lavori più recenti ri­ prendono l'interpretazione ebraica tradizionale della rivalsa proporziona­ ta: nell'ipotesi che questo ne fosse già il senso anche in tempi veterotesta­ mentari e ne fosse il significato originario nel libro del patto. 3 Se si guar­ da alla corposa documentazione orientale antica di un principio del ta­ glione inteso alla lettera,4 e se si considera il caso, in sé già molto diffici­ le, del ferimento di una gestante ai vv. 2.2. s.,5 al quale la formula del taglio­ ne segue così sorprendentemente, si crea tutta una matassa di problemi da dipanare.6 Qui non si può che limitarsi ad affrontare il problema let­ terario/ Se si prendono le formulazioni dei vv. 2.4 s. alla lettera ( «occhio per occhio, dente per dente, ecc. » ) esse contraddicono nella maniera più palese i principi giuridici fondamentali del resto del libro del patto secon­ do i quali le lesioni fisiche vanno compensate con risarcimenti pecuniari e non con una rivalsa fisica sul colpevole ( 2.1 , I 8 s.2.2..2.9) e, inoltre, in tali ' Così Wagner, Rechtssiitze, 3 s. e Alt, Talionsformel, 303 s. supposero che già il v. 13 segnasse l'inizio dell 'aggiunta; di parere opposto, ad esempio, jackson, The Problem, 94; jiingling, Auge (Ur Auge; cf. anche CrUsemann, Auge um Auge, 4 r 3 ss. 1 Cf. spec. mB.Q. 8,1; bB.Q. 8 3 b·8 4a ; Mek. Es. :u,:.3 s. ecc. Sulla questione d. Mikliszanski, Law of Retalìation. Per l'interpretazione tradizionale giudaica cf. anche Amram, Retaliation; Horovitz, Auge um Auge; Norden, Auge um Auge; jacob, Auge um Auge; Finkelstein, A" Eye; anche Kaatz, Maimonides. J Cf. Otto, Wande/, 2.5 ss. Otto considera la formula del taglione il centro capitale e il principio informatore di tutto il complesso sulle lesioni fisiche di 2.1,18-:.r: cf. Otto, Geschichte der Ta· lion. Il conresto escluderebbe in linea di principio la pena del raglione (Geschichte, u8) e ne •abrogherebbe efficacemente" il senso che aveva nell'Oriente antico (p. 12.8); tutto ciò sarebbe già presente nello strato letterario più antico. Schwienhorst-SchOnberger, Bundesbuch, 99 ss. (cf. Idem, Auge um Auge) scorge nei vv. ua�.b�.2.3 s. un'interpretazione unitaria della più an· tica legge del v. uaa.b:t (il v. 15 sarebbe deuteronomistico). Per questo autore è determinante che già la formulazione «darai vita per vita» al v. 2.3 non pouebbe essere intesa nel senso di pe­ na di morte (v. sotto, p. 190 n. 4). Per una rassegna degli studi più recenti d. Manin·Achard, R é·

cents travaux.

� Cf. spec. Cardascia, Piace du Talion; jiingling, Auge um Auge, 5 ss.; Frymer-Kenski, Tit far Tat; Otto, Geschichte der Talion, 107 ss. Particolarmente chiari sono CH S§ 195 ss. In un pa·

rallelo greco molto stretto si esclude senz'altro la possibilità di un risarcimento in denaro: «Se qualcuno cava un occhio dovrà patire l'estrazione dell'occhio e non ci dovrà essere alcuna pos· sibilicà di un risarcimento materiale)> (Zaleuco, secondo Demostene, Or. 2.4 § 140; cf. Miihl, Gesetze des Zaleukos); per un paragone con Israele cf. Criisemann, Auge um Auge, 417 ss. s Cf. ad esempio jackson, The Problem; Isser, Two TraditioPis. 6 Oltre alle opere già indicate cf. Daube, Lex talionis; Doron, New Look; Loewenstamm, Exo· dus xxi; Kugelmass, Lex Talionis; Weinfeld, Concepts. L'interpretazione di Wesrbrook, Lex tcdimris si hasa, era l'a lrro, sull'incerprecazione del termine 'QsOn come denotazione di un reo a�nuro c: quindi non pl•nihile, un'accezione che non può essere fana collimare con l'occorrenza snlit:l dl'l tt·rmim·. 7 Pl'r il t.'Untl·nuro v. �otro, pp. z.oç �s.

1 90

Il libro del patto

questioni vige una doppia legislazione, una per i liberi e una per gli schia­ vi (vv. 20 s.26 s.). Con riguardo all'unità letteraria della rorà e del conte­ sto immediato, sembrerebbe ovvio che la formula possa quindi essere in­ tesa solamente nel senso di un risarcimento pecuniario adeguato e ciò è quanto è effettivamente avvenuto nel giudaismo. Tuttavia si deve consi­ derare del tutto improbabile che la formula possa essere stata formulata così come recita se avesse dovuto esprimere sin dall'inizio un risarcimen­ to di questo tipo. Sia le varianti della formula in I Re 20,39 ; ' 1 0,24 sia il suo uso in Deut. 1 9 , 2 1 (cf. v. 1 9 ) ' e Lev. 24,1 7 ss.3 conducono a un si­ gnificato letterale. Se i criteri della critica letteraria sono minimamente va­ lidi, eccoli qua tutti quanti: per stile, linguaggio e contenuto 2 1,24 s. con­ traddice sia il contesto stretto sia il contesto lato! Si deve partire da un'interpolazione con la quale si protesterebbe contro il contesto e le sue conseguenze giuridiche.5 Questa interpolazione è stata inserita in un pun­ to del testo dove c'era già una formulazione analoga, «vita per vita» (v. 23), che viene estesa a qualsiasi danno fisico. Allo stesso tempo si crea uno stretto rapporto con i vv. 26 s., dove si tratta delle conseguenze di gravi lesioni fisiche provocate agli schiavi, più specificamente proprio con gli esempi dell'occhio e del dente, dunque dei primi due elementi dei vv. 24 s. Osumi ritiene di scorgere qui un'unica interpolazione coesa nel conte­ sto la quale includerebbe i vv. 24-27.6 La ragione principale di ciò è che, secondo Osumi, in tutta la sezione 2 1 , 1 2-36 non si tratterebbe, come so1 1

Lo fa capire molto chiaramente l'alternativa esplicita «oppure pagherai un ralento d'argento• .

Il Deuteronomio limita l a formula del raglione alla rivalsa sul testimone reo di falsa resrimo· nianza. L�espressione (•non avrai pietà» sottolinea la severità della sanzione richiesta. L'inter­ pretazione di Otto, Geschichte der Talion, 1 2.1 ss. presuppone, con un circolo vizioso, la sua concezione del libro del patto. 3 Per questo passo cf. spec. Jiingling, Auge {ur Auge, 34· 4 Al riguardo è anche imporrante il brusco passaggio dal caso specifico della gestante alle for­ mule, sostanzialmente scollegate dalla fattispecie precedente e di valore generale, dei vv. 1.4 s. Gli esperti giuristi autori dei mishpatim non scrivono mai altrove in maniera così confusa. - Gli aspetti menzionati da Schwienhorst-Schonberger, Bundesbuch, spec. 99 ss. non possono certo tener testa a questi argomenti cennali. L'autore indica giustamente i problemi posti dall'espres­ sione «darai . . . al v. 23 e alle sue differenze rispetto alle altre formulazioni usare nel libro del patto per la pena di morte. Tunavia, qualunque cosa si voglia dire, non può trattarsi della stes­ sa cosa del v. 22 dove non c'è stato alcun 'Qs6n. Se al v. 2.z. si trana di un risarcimento pecunia­ rio, qui deve trattarsi appunto di altro. E la contraddizione di un'eventuale pena capitale per una violazione inintenzionale delle norme di 2 1 , 1 3 s. (p. roz.) sussiste per lui soltanto perché attri­ buisce entrambi i verseni a un unico medesimo strato, proprio ciò che si deve contestare. 5 Che autori come Otto e Schwienhorsr-Schonberger che di solito non hanno cerro la mano leg­ gera quando si tratta di applicare la critica letteraria e non usano le cesoie con esagerata pro· denza per spuntare contrasti ben più tenui e presunte contraddizioni si rifiutino di riconoscere il caso classico di stratificazione letteraria, è davvero singolare. Questa posizione ha forse a che fare con le conseguenze per la spiegazione dei mishpatim, alle quali non ci si potrebbe sottrarre se 2 1 ,24 s. dovesse essere formulato contro il di ritto di questi ultimi? ,; Osumi. Kompositionsgeschichte. r 1 9 ss. r � 2 ss. •

Le

fonti. Il doppio inizio del diritto scritto

I 9I

stiene l'interpretazione comune, di lesioni fisiche, bensì esclusivamente del problema della responsabilità o non responsabilità in casi di omicidio. In discussione ci sarebbero quindi i limiti del principio formulato in 2.1 , 12.: in quali casi quel principio va applicato e in quali no? In questo tipo di discorso non rientrano i vv. 2.6 s. perché qui vengono indubbiamente trattati danni fisici per i quali non si tratta di vita o di morte. Definire il tema dei vv. IB ss. in questi termini a mio parere risponde al vero soltan­ to in parte. Nei vv. r 8 s. si contempla inconfutabilmente un problema di non uccisione con le sue conseguenze. Nel caso di un ferimento di questo tipo non si ricorre alla vendetta di sangue, bensì si devono concordare o stabilire misure risarcitorie. E anche nel caso della gestante colpita si trat­ ta sia il >) al rapporto esistente tra Davide e Saul. Secondo i testi veterotestamentari, in età premonarchica non vi sono quindi «schiavi>> nel senso del libro del patto. Forse sono esistiti casi iso­ lati di schiavi appartenenti a stranieri ( I Sam. 30,1 3 ) oppure di prigionie­ ri di guerra, ma in ogni caso non li si può certo considerare un elemento tipico della società israelitica prestatale e ancor meno un problema socia­ le primario.5 Ciò è vero anche per la prima età monarchica e per i conflit­ ti di cui in questa si ha testimonianza. Nell'enunciazione dei diritti del re in I Sam. 8 si parla sì di «schiavi>> ('abiidim) degli israeliti (v. 1 6 ), ma non è questo il problema del testo, bensì che israeliti liberi sarebbero divenuti «schiavi•• ('abiidim) del re, ossia sudditi (v. 17 ). I conflitti della prima età monarchica sono tra re e popolo, non tra liberi e schiavi nel popolo. La schiavitù acquista una dimensione rilevante e importante solo in età mo­ narchica come si rispecchia in un racconto come quello di 2 Re 4,1-7, quando con un miracolo Elia evita che i figli di una vedova siano fatti schiavi per pagare i debiti del padre defunto, e come si rispecchia natural­ mente soprattutto nella profezia di Amos (Am. 2.,6; 8,6). La totale univo-

ven; de Vaux, Lebensordnungen 1, 1 3 1 ss.; van der Ploeg, Slavery; Fontala, Esclavitud; jack· son, Laws of Slavery. 1 Cf. Schafer-Lichtenberger, Eidgenossenschaft, 3 1 0 ss. 3 J Sam. 2.j,8 . t 4. 1 9. • Stahli, Knabe, 179. 4 Sono chiamari ne•arim in I Sam. 2.5,5·8-9. 1 2..2.5.2.7 e 'Qbàdim in I Sam. z.s,xo.J9 · 40-4I; inol­ tre al v. B come appellativo di cortesia. s in Thiel, Soziale Entwicklung, 1 5 6 ss. l'esistenza della schiavitù nell'Israele premonarchicn viene dedona pressoché esclusivamente dai passi pertinenti del libro del patto.

Le fonti. Il doppio inizio del diritto scritto

19 5

cità dei dati registrati nelle concordanze trova piena conferma in tutto ciò che si sa sia dell'Israele prestatale sia delle forme affini di società tribali non centralizzate. La produzione agricola non si basava sul lavoro dipen­ dente.' Ed evidentemente c'era sufficiente terra libera a disposizione. Te­ sti come Giud. 9,4; 1 1,3; I Sam. :z.:z.,:z. fanno capire che in caso di necessi­ tà economiche e di indebitamente la conseguenza abituale e attesa era la fuga e non la schiavitù. Tutte le condizioni necessarie per una comparsa generalizzata del fenomeno della schiavitù non si ebbero mai prima della monarchia! E i problemi assumono proporzioni decisamente preoccupan­ ti, almeno a giudicare dalla letteratura veterotestamentaria, all'epoca dei profeti scrittori. 3 Gli interessi che si scontravano nella questione degli schiavi e che ogni legislazione sul tema doveva avere il compito di regolare, si mostrano in maniera particolarmente rozza e aperta nelle leggi sul ferimento e l'ucci­ sione di schiavi (Es. :z. r ,:z.o s.): :t. o u

E se un uomo colpisce col bastone i l suo schiavo o la sua schiava così che gli muoia sotto le mani, questi dovrà essere senz'altro vendicato. Tuttavia in caso che possa stare in piedi uno o due giorni, non sarà vendicato. Perché è denaro suo.

La prima norma corrisponde anzitutto al principio fondamentale di Es. :z.r,n. Anche qui si tratta di percosse che risultano letali, tuttavia la vit­

tima è un uomo libero ('i.S).4 E ciò che viene formulato esplicitamente al v. :z.o, cioè che l'uccisione dell'omicida avverrà mediante la vendetta di sangue (nqm),5 è previsto anche in :Z. I , T :Z. come caso ordinario. Le cose stanno ancora così anche nella legge postesilica di Num. 3 5 (v. 1 9 ) ! Tut­ tavia la formulazione più generale > . La morte dello schiavo significa un danno per il padrone. Questi si è tolto da solo il denaro investito nell'ac­ quisto dello schiavo e per questa ragione si vieta la vendetta di sangue. Tradizionalmente la vendetta di sangue veniva compiuta anche nel caso di lesioni gravi e per questi casi i mishpatim stabiliscono risarcimenti in de­ naro. Lo mostra in particolare Es. 2 1 , 1 8 s., dove parimenti non si esclu­ de una morte che sopraggiunga più tardi.• È un'analogia con, anzi una conseguenza dei risarcimenti in denaro nel caso di lesioni fisiche che gli schiavi riacquistino in tal caso la libertà ( 2 1 ,26 s.) e il padrone dello schia­ vo subisca un danno economico. I regolamenti finanziari di 2 1 , 2 1 e 2 1 , 26 s . sono del tutto i n linea con l'impostazione generale del pensiero giu­ ridico dei mishpatim, così che non c'è da tener conto di aggiunte succes­ sive, ad esempio nel senso della legge del taglione.3 In 2.1 ,20 s. si scontra­ no due principi del pensiero giuridico dei mishpatim: l'omicidio va vendi­ cato con la vendetta di sangue, ma gli schiavi rappresentano un capitale del padrone. Il compromesso è pronto e chiaro: se gli schiavi percossi muo­ iono solo un paio di giorni più tardi, si prende in considerazione solo la perdita di denaro. Qui viene chiaramente tutelato il diritto del padrone sul corpo dello schiavo anche nel caso di maltrattamenti gravi e gravissimi. La tutela della vita dello schiavo viene limitata al caso particolare della morte immediata. Ma trattandosi di schiavi, proprio questo caso partico­ lare dovrebbe rappresentare l'eccezione: raramente tra padrone e schiavo si arriverà all'omicidio premeditato o preterintenzionale in senso corren­ te. Il problema è piuttosto quello della consueta e diffusa pena corporale: «Uno schiavo non si corregge a parole», recita Prov. 29,1 9.4 I maltrat• Schwienhorst-SchOnberger, Bundesbuch, 78 pensa che questa interpretazione sia «assurda», cf. spec. 63 ss. Il padrone verrebbe invece proteno qui •dall'accusa ingiustificara mossagli dalla famiglia dello schiavo per debiti di aver causato la morte naturale dello schiavo debitorio• (ana· logamente al disposto di CH § 1 I s s.). In questa lettura, tanto per cominciare, s'ignora l'analo­ gia con u , r 8 s. (cf. Jackson, Laws o{Slavery, 95) dal quale non è lecito separare per morivi di critica letteraria i vv. 2.0 s. Inoltre ciò che è decisivo non è l'intenzione (presunta), ma solo la let­ tera della norma: se lo schiavo ce la fa a girare zoppicando ancora un giorno (v. 19!), non c'è alcuna sanzione, non imporra quale sia srara la causa della morte. La tendenza a negare la bru· talità del v. 2. 1 è ancora più fone in Schenker, VersOhnung, 57 ss. 2 Cf. sorto, pp. �o� ss. 3 Osumi, Kompositionsgeschichte, 1 16 ss. 1 5 3 s . .J Per il ruolo dei maltrattamenti fisici v. sono. pp. 2.05 s.

Le fonti . Il

197

doppio inizio del diritto scritto

tamenti corporali degli schiavi sono presupposti nei mishpatim e non ven­ gono sanzionati. Gli schiavi diventano liberi solo in caso di lesioni gravi e permanenti, così che il padrone subisce una perdita economica. Anche in caso di morte la consueta vendetta di sangue può essere compiuta solo se la morte è immediata. La conseguenza, certamente più frequente, di basto­ nature a morte, una morte graduale che subentra solo alcuni giorni dopo la punizione, non ha altre conseguenze che la perdita economica che il padrone si è causata con le proprie mani. Formalmente in queste norme è presente un diritto che tiene conto delle due parti, schiavo e padrone, e dei rispettivi contrastanti interessi; ma è una legge che non poteva né vo­ leva i mpedire anche i maltrattamenti più duri. Similmente si dovranno ora giudicare anche le regole fondamentali a riguardo della durata della schiavitù (Es. 2 1 ,2-6):

1 Se compri uno schiavo ebreo egli servirà sei anni, ma il settimo se ne andrà via come un affrancato, senza indennizzo. In caso che venga da solo, se ne andrà da solo. In caso che sia marito della moglie, allora anche la moglie se ne andrà con lui. 4 In caso che il padrone gli dia una moglie e lei gli generi figli e figlie, la mo­ glie e i figli apparteranno al padrone ed egli se ne andrà da solo. Ma in caso che lo schiavo dica chiaramente: Amo il mio padrone, mia moglie e i miei figli; non voglio andarmene come un affrancato, 6 allora il padrone lo porterà alla presenza di Dio e lo farà avvicinare alla por­ ta o allo stipite e il suo padrone gli forerà l'orecchio con una lesina. Ed egli lo servirà per sempre.

All'inizio ' c'è la regola fondamentale che uno schiavo per debiti ebraico comprato ' dev'essere lasciato libero il settimo anno. Purtroppo non si sa r In sé la legge è costruita con grande precisione, cf. Osumi, Kompositionsgeschichte, 104 ss. Già per questa ragione l'ampia analisi della stratificazione, per esempio, di Cardellini, Skla­ ven�·Gesetze, 2.47 ss., è decisamente improbabile; cf. anche Ono, Wande/, 36 s. 1 Qui non è possibile affrontare i considerevoli problemi celati nell'espressione •schiavo ebrai­ co• ('ebed 'ibri). Non si potrà certo far dipendere l'interpretazione della legge soltanto o prima­ riamente da questo difficile problema. Il punto più controverso è se ��ebraico» sia qui da inten­ dersi primariamente in senso sociologico, come nei testi oriemali antichi del 11 millennio a.C. (così ad es. Lemche, Hebrew Slave) oppure già in senso nazionale, come in seguito (cf. ad es. Lipinski, L'esclave hébreu). Per il dibattito più recente d. Loretz, Hebraer; Cardellini, •Skla­ ven»-Gesetze, 148 ss.; Freedman-Willoughby, 'ibri (tutti con bibl.). Per l'epoca della formula­ zione del libro del pano, a mio parere si dovrebbe pensare piuuosto all'uso della parola «ebreo» nell' A.T., la quale denoterebbe una cerchia più ampia di popoli affini e vicini a Israele (d. ad es. Koch, Hebriier). Ma indipendentemente da questa posizione, mi sembra che si trarti chiara­ mente di uno schiavo per debiti (d. anche jackson, Laws of Slavery, 91 s.; Schwienhorst-Schon­ berger, Bundesbuch, 303 ss.). Lo mostrano soprattutto i tesri profetici e i paralleli della schia­ va, ma anche l'accento che cade su quel «gratuitamente», cioè senza il pagamento di indenniz­ zo. La schiavitù per debiti è un'usanza tanto largamente diffusa nell'antichità (v. ad es. Finley, Schuldknechtschaft; Kippenberg, Typik, 39 ss.), anche e proprio nell'Oriente antico comprese le regole �.:orrispondenti per la manomissione (d. Cardellini, «Sklaven»-Gesetze, 2.46 n. 2.5), 'hl· lil resi Ji Cardellini che sra all;t hasl' Jella sua inrerpretazione di Es. 2. 1 �z. ss. mi pare presso•

I 98

Il libro del

parto

se questa regola fosse nuova in Israele oppure abbia modificato o fissato per iscritto un'usanza più antica. ' Il codice di Hammurabi prevede per casi analoghi di schiavi per debiti un periodo di servizio di soli tre anni ( § 1 1 7). Se questa fosse stata l'usanza anche in Israele o in ambito cananeo, il pas­ saggio al settimo anno, anche se venisse giustificato con un ritmo sacro, sarebbe stato un notevole peggioramento per lo schiavo. Come che sia, la regola della manomissione limita il diritto di chi compra lo schiavo: egli deve lasciar andare via (�innam), senza alcun riscatto o indennizzo, ciò che è di sua proprietà. Qualunque fosse l'entità del debi­ to, grande o piccola, che aveva portato alla vendita in schiavitù, il debito stesso è estinto: potrebbe trattarsi dei sandali di Amos (2,6), ma anche del­ l'esorbitante, impagabile debito di cinque mucche del ladro di Es. 21,37. Molto spesso l'esegesi ha dato la massima importanza al regolamento della manomissione interpretandola come una norma di tutela degli schia­ vi! Ma la parte sensibilmente più lunga della legge non tratta della mano­ missione, bensì delle modalità che rendono possibile il passaggio alla schiavitù perpetua. Se lo schiavo dichiara davanti alla divinità (ha 'ilohim): allora egli diventa schiavo per sempre W'olam) e gli vie­ ne fatto un marchio indelebile nell'orecchio.3 Si deve partire dal presupposto che il padrone aveva tutto l'interesse a provocare una transizione del genere e il testo menziona esplicitamente il problema del matrimonio. Se lo schiavo ha ricevuto dal padrone una don­ na in moglie, questa resta per principio in schiavitù, giusta la norma sulle schiave di 2I,7 ss. Il che significa, però, che ogni matrimonio tra schiavi e schiave portava alla schiavitù perpetua con un automatismo non giuridi­ co, bensì sociale.� All'inizio, nella maggior parte dei casi gli schiavi per debiti saranno stati bambini o giovani (ad es. 2 Re 4 , I ss.; Neem . 5,2. 5 ) . Se, a d esempio, avevano 8 -I 2. anni, basta aggiungere alla loro età i sei an­ ni di servizio e tutto fa supporre che nel frattempo molti si sarebbero anché incomprensibile: � Nessuno comprerebbe uno schiavo se sapesse che dopo un certo tempo lo deve lasciar andare libero senza riscatto)> («Sklaven»-Gesetze, 2.45). Deut. I 5,18 mostra che si guadagna di più con lui, cioè il suo lavoro costa meno di quello dei salariati (che inoltre a quei tempi non dovrebbero esistere ancora). Avere per sei anni manodopera che è costata un paio di sandali (Am. 2,6; 8,6), che ci dovrebbe essere di difficile? r Al riguardo si è pensato ad esempio a Gen. 29,r8.27. 1 Cf. sopra, p. I 84 n. 2; inoltre spec. Phillips, Laws of S/avery, 62. J Qui si dovrà pensare piuttosto alle divinità domestiche e agli stipiti e porte della casa padro­ nale; cf. ad esempio Paul, Studies, 50. Per i paralleli orientali antichi e per la discussione al ri­ guardo cf. Draffkorn, l/ani; Falk, Exodus 21,6; Fensham, New Light; Idem, Role o( the Lord; Vannoy, Use; Loretz, Ex 21,6; Robinson, Sabbath, 133. 337 ss.; Otto, Wandel, 36 e altri. 4 jackson, Literary Features, 236; idem, Laws of Slavery, 93 s. fa notare giustamente che quin­ di anche lo schiavo maschio veniva utilizzato sessualmente, «in effetti per procreare schiavi per­ manenti per il padrone• (Features, 236).

Le

fonti. Il doppio inizio del diritto scritto

199

che sposati. E che un adulto resti per tutti questi anni senza sposarsi è al­ trettanto impensabile. Dunque, soltanto nel primo caso contemplato, che uno schiavo sposato inizi il periodo di servizio insieme con la moglie (che evidentemente non è considerata una schiava), ci si deve aspettare che, scaduto il tempo, lasci il servizio da affrancato, senza problemi. In caso contrario egli sarà trattenuto dai vincoli familiari. Egli ha anche ben po­ che probabilità, ad esempio, di mettere insieme, secondo la consuetudine, la somma della dote, a prescindere del tutto dai problemi di riuscire a ca­ varsela da solo. Tutto dipende allora dai parenti che però sarebbero po­ tuti intervenire anche prima, quando si era presentato il problema della sua insolvenza. E al tempo non esisteva ancora il lavoro salariato. Se si legge la normativa in questo modo, tenendo conto delle realtà so­ ciali a noi note, allora 2 1 ,2-6 non può definirsi affatto una legge a tutela degli schiavi, bensì una regolamentazione del diritto di schiavitù che nella maggior parte dei casi avrà costretto gli schiavi maschi a diventare schia­ vi perpetui. Certo, la legge mira formalmente alla conciliazione degli in­ teressi delle due parti e può essere benissimo che rispetto a una preceden­ te situazione non regolamentata abbia garantito anche agli schiavi dei di­ ritti. Tuttavia è certo che essa ha favorito il sorgere della schiavitù perpe­ tua e quindi escluso per sempre un certo numero di persone dalla possibi­ lità di far valere i propri diritti. Es. 2 1 ,2-6 potrebbe esser benissimo una di quelle norme aspramente criticate in Is. 10,1 s. La situazione è ancora peggiore nella legge che riguarda le schiave (Es.

2.1,7-1 T ): '

E se uno vende la figli a come schiava, lei non se ne andrà come se ne vanno gli schiavi. 8 In caso che non piaccia al padrone, che non ha (ancora) deciso che farne,' egli deve permettere che sia riscattata. Non ha la potestà di venderla a un popolo straniero; in questo modo egli compirebbe un inganno nei suoi confronti. 9 E in caso che la destini al figlio, dovrà comportarsi con lei secondo la legge sulle figlie. 10 In caso che egli si prenda un'altra, non le toglierà la carne, l'abbigliamento e l'abitazione.' n E in caso che non le conceda queste tre cose, lei se ne andrà via senza inden­ nizzo, senza denaro. 7

1 Per l'interpretazione oltre ai commenti cf. Mendelsohn, Conditional Sale; de Boer, Remarks; Cardellini, •Sklaven• -Gesetze, � 5 1 ss. (bibl.); Schenker, A{franchissement. z. Così il ketib del testo masoretico, cf. sono, pp. 2.00 s. J L'interpretazione corrente di •onO come «rapporti sessuali, coabitazione» (KBLl s.v.; cf. Ca­ zelles, É tudes, 49; North, Flesh; Boecker, Recht, 1 3 8 s. e altri) è dubbia. Neanche dal punto di visra morale il padrone potrebbe esser costretto a tale bisogna. Più convincente dell'interpreta­ zione di Paul. Studi'5, 57 ss. (•e l'olio•) è quella di von Soden, Worterbuch, 198 s. che suggeri­ ICe il signitil·arn «abitazione" ; cf. anche Stendebach, 'tinO 1, 246.

2.00

Il libro

del patto

Mentre per gli schiavi maschi la questione del motivo e dell'occasione del­ la vendita in schiavitù resta senza risposta, nel caso in esame la situazio­ ne è diversa: si tratta della vendita di figlie. Sullo sfondo della struttura del­ la famiglia, dove il possesso della terra e quindi la libertà dipendono dai figli, in una situazione di necessità le figlie erano le prime a essere vendu­ te.' E anche per chi aveva schiavi le figlie avranno avuto la loro attrattiva come forza lavoro e inoltre per le loro possibilità sessuali. Figlie sottopo­ ste all'autorità paterna erano sicuramente anche le vedove! L'accusa pro­ fetica di « fare delle vedove la loro preda» (ls. 10,2.) potrebbe essere stata provocata anche da uno sfruttamento della situazione in questo senso. Le schiave non tornano in libertà il settimo anno, al contrario degli schiavi. Di solito il loro destino era definitivo e deciso ormai per il resto della vita. L'unica eccezione contemplata dalla legge è, secondo i vv. 10 s., la privazione delle necessità elementari per vivere: vitto, abbigliamento e a lloggio. Non è del tutto chiaro se il testo parli anche della nel tempio di un repertorio di leggi lascia aperta appunto la questione della sua da­ tazione; il racconto concilia narrativamente l'origine mosaica con l'entra­ ta in vigore sotto Giosia. E ci sono tentativi diversi altrettanto numerosi per spiegare l'età e la provenienza del documento ufficiale adottato da Gio­ sia,3 dall'ipotesi di un testo antico composto in età prestatale o nella pri­ ma età monarchica a quella di una sua origine nel regno del nord 4 o ai tempi d i Ezechia fino alla tesi che il documento sia stato composto sol­ tanto poco prima della riforma o addirittura che sia stato concepito pro­ prio per questa. 5 Non è tuttavia inutile, neppure considerando la maggio­ re antichità del libro del patto, ripetere ciò che da tempo si sa: le concezio­ ni centrali fondamentali del Deuteronomio erano sconosciute ai profeti del­ l'viii secolo così come lo erano alle epoche precedenti. Se si deve dunque continuare a presumere che esista una connessione tra 1

Lohfink, Cult Reform; Idem, Gattung. Per tali addentellati cf. spec. Hoffmann, Reform, r 69 ss. 3 Per una rassegna v. Preuss, Deuteronomium, 2.6 ss. 4 Sempre attuale: Alt, Heimat; più recentemente Lubszyk, Bundesurkunde. s Oppure si pensa. con Braulik e Lohfì.nk, a un'opera formatsti pniodi. 1

L'elaborazione della catastrofe. La nascita del libro del patto

2.6 5

la legge deuteronomica e i provvedimenti di riforma ordinati da Giosia, si dovrà anche basare l'indagine sul legame di questi fatti con i cambia­ menti a livello di politica mondiale provocati dal crollo dell'impero assi­ ro.' Dopo la morte di Assurbanipal nel 630 a.C., anzi ancor prima di que­ sto evento, l'immenso impero comincia a sgretolarsi rapidamente e consi­ stentemente. Purtroppo non si hanno informazioni chiare su quando la Palestina abbia sentito l'effetto di questi cambiamenti, quando cioè le trup­ pe assire e i funzionari dell'amministrazione imperiale abbiano comincia­ to a ritirarsi da quei territori occupati. Tuttavia le rivolte che cominciano a scoppiare nel 62.6 a.C. e negli anni successivi, in occasione delle quali Nabopolassar assume il potere a Babilonia nominandosi re non più vas­ sallo, avranno sicuramente avuto un ruolo anche per quel che riguarda la Palestina. In ogni caso l'impegno preso e messo in atto da Giosia col nuo­ vo repertorio di leggi va considerato un patto pubblicamente proclamato e concluso col Dio d ' Is rae le , un patto che sostituiva quello di vassallaggio stretto con l'imperatore assiro.' Tutto ciò è chiara espressione della nuo­ va costellazione. Ma la legge deuteronomica è stata concepita soltanto e specificamente per quest'ora storica? Molte delle tesi che sono state for­ mulate presuppongono apparentemente - e in maniera relativamente non meditata - proprio questo. Ma allora il Deuteronomio avrebbe dovuto anche essere stato composto specificamente per questo (grande) re Giosia e certo tenendo conto della sua volontà. Ma se si guarda ai contenuti del Deuteronomio proprio questo è molto poco probabile. d) Il potere del 'am hà'àre� giudaita alla base della nuova codificazione In quanto segue ci si dilunga sulla tesi secondo cui la stesura della legge deuteronomica è connessa alle circostanze dell'inizio del regno di Giosia e che le molte ed evidenti tracce di una sua crescita letteraria possono e de­ vono essere ricondotte non soltanto alla cesura dell'esilio ma agli sviluppi storici precedenti. Dopo la morte di Manasse, il re per decenni vassallo degli assiri, verso il 642./641 a.C. diventa re il figlio Amon. Subito dopo, in 2 Re 2. 1 ,2.3 si leg­ ge la frase lapidaria: «l servitori di Amon organizzarono una congiura con­ tro di lui e lo uccisero nella sua reggia » . Si tratta di un colpo di stato or­ dito proprio dai «servitori•• del nuovo re ('abde 'àm6n), cioè proprio da o

Cf. Donner, Geschichte n, 3 3 9 ss.

.z.

Qui non è possibile che rimandare al dibattutissimo tema dei rapporti tra il Deuteronomio e i pani di vassallaggio assiri, quindi a un «modello concettuale e rituale della cultura dominante» l l .ohtìnk, Deuterunomium, 4 17), problemarica che rende questo contesto particolarmente scot­

r;lntt· ,

266

Il Deuteronomio

quegli ambienti di corte particolarmente devoti al re e alla sua famiglia. Questi « servitori>> sono da distinguere dai funzionari (siirim) con mansioni esterne alla corte.' Il colpo di stato avvenne molto presto dopo la salita al trono di Amon poiché i due anni di regno di cui si parla (v. 1 9 ) si riduco­ no probabilmente, come si sa, a pochi mesi che includono un capodanno. Il testo tace completamente su motivo e occasione della rivolta di palaz­ zo. Le fonti disponibili non avallano minimamente l'ipotesi che Amon vo­ lesse portare avanti, al contrario del padre, una politica antiassira in con­ comitanza con altri movimenti insurrezionali dell'epoca.' Perlomeno si ri­ esce a capire che i congiurati volevano ottenere a ogni costo un cambio di dinastia. Infatti al v. 24 il testo continua: ••Ma il popolo del paese uc­ cise tutti quelli che avevano congiurato contro il re Amon e il popolo del paese fece re, al suo posto, Giosia, suo figlio». Com'era avvenuto anche in altri casi (spec. 2 Re u,I4. 1 8 ), il 'am ha'are� giudaita, che denota certa­ mente i liberi proprietari terrieri di Giuda,' assicura la continuità della ca­ sa di Davide della quale esso era stretto alleato politico. Questo elemento interviene quindi assicurando il potere alla dinastia tradizionale. Giosia, che viene messo così sul trono, non è però che un fanciullo di ot­ to anni (2 Re 22,1 ), quindi tutto il potere resta per anni nelle mani del 'am hii'iire� o di suoi rappresentanti. Oltre trent'anni più tardi, quando Giosia muore improvvisamente sul campo di battaglia presso Megiddo, lo stesso 'am hii 'iire� giudaita ha sempre - o di nuovo - il potere nelle proprie mani. Secondo 2 Re 23,30 è ancora questo che, da solo, regola la successione facendo re loacaz. Questi tuttavia non è il figlio maggiore di Giosia e quindi neanche il normale erede al trono di Giosia. jojaqim è più grande di due anni (cf. 2 Re 23,3 1 e 3 6) e viene messo da parre per moti­ vi chiaramente politici. Quando più tardi diventerà re di Giuda per gra­ zia dell'Egitto, jojaqim praticherà una politica notevolmente lontana da quella del padre. Geremia, ad esempio, lo critica per gli edifici lussuosi eret­ ti con le corvè (Ger. 22,1 3 ss.) contrapponendolo esplicitamente al padre Giosia ( 22,1 5). E jojaqim invece di pagare il tributo necessario, come d'uso, prelevandolo dalle casse dello stato o del tempio, lo gira al 'am hii­ 'iire� tassandolo pesantemente (2 Re 23,3 5 ). Il programma politico di jo­ jaqim risulta chiaramente da questo conflitto: la popolazione rurale giu­ daita non lo aveva quindi saltato affatto per caso quando ne aveva favo­ rito il fratello. Tutte queste informazioni sono fornite dalle laconiche notizie in margi1 3

Cf. Kessler, Staat und Gesellscha{t, I 69 ss.



Malamat, Historical Background.

Cf. spec. Wurrhwein, 'amm ha'arez, e anche Kessler, Staat und Gesellschaft, > anche se, dopo aver perso le lo­ ro terre, dipendono dalle possibilità di lavoro presso altri. E qui costoro vengono inclusi nelle leggi di tutela sociale indipendentemente da chi sia­ no, se fratelli, cioè israeliti affini, o stranieri (ger). La descrizione della si­ tuazione di una di queste persone al v. I 5 è precisa: tutta la sua vita (ne­ fes), la sua anima, è orientata sulla paga, ne dipende, l'aspetta. Accanto agli operai salariati ci sono, come in passato, i gruppi tradizio­ nalmente privi di terre proprie: gli stranieri, le vedove e gli orfani ai quali nel Deuteronomio viene aggiunto costantemente il levita, anche lui un sen­ zaterra. In molti passi del repertorio di leggi questi gruppi sociali partico­ larmente deboli sono associati ai liberi possidenti terrieri come clienti e de­ vono partecipare con loro a tutti i pasti sacrifica li e ai banchetti delle feste (Deut. I 6, I I .I4; cf. r 2, r 2.. r 8). Per costoro viene costituita una base eco­ nomica sicura con la decima del terzo anno ( 14,28 s.; 26, 1 2. ss. ). Nume­ rose altre regole indicano come essi debbano partecipare di tutte le forme di feracità della terra. Nei campi, nelle vigne e negli oliveti si dovrà lascia­ re, al raccolto, una parte dei prodotti per loro (24, 1 9 ss.). Inoltre spetta a loro, come a ogni israelita, il diritto di mangiare dappertutto a piacimen­ to nei campi di grano e nei vigneti, ma solo in loco: non useranno né fal­ ce per mietere né contenitori di alcun genere per portarsi via i prodotti (2.3, 25 s.). La ricchezza della terra donata è aperta a tutti. La fame non do­ vrebbe esistere. Anche se si tiene conto di una tradizione piuttosto lunga dell'usanza, lo sfondo attuale è costituito dal fatto concreto che per la pri­ ma volta nei testi della tarda età monarchica appare il fenomeno della mi­ seria più nera: • ci sono dunque persone che sono tagliate fuori da tutte le possibilità della vita. Costoro devono poter mangiare. Tutto questo sistema di leggi armonicamente interrelate che mirano a istituire una sicurezza sociale nasce dall'idea di fondo del Deuteronomio: la libertà provata, rappresentata teologicamente dall'esodo e dal dono del­ la terra promessa e concretamente visibile nella libertà della popolazione agricola, include la libertà dal gravarne fiscale (statale) e dall'imposizione (statale) delle corvè. Questa libertà ha un unico limite: il suo duplice vin­ colo da un lato col datore della libertà e, dall'altro, con coloro che non ne partecipano in pari misura. Questo principio informa la sicurezza sociale e le garanzie di sopravvivenza per tutti i gruppi problernatici e per coloro che sono minacciati dall'ascesa sociale. E si noti bene: tutto questo com­ plesso organico di principi e di misure non si presenta come un appello 1

Cf.

sopro1� pp. z : n s... .

Il Deuteronomio

2.92.

morale o come una mentalità da benefattori, bensì come legge, come di­ ritto. Soltanto trasmettere ad altri la libertà e la ricchezza può assicurare i doni della benedizione.



AUTORITÀ MOSAICA E SOVRANITÀ POPOLARE. LA COSTITUZIONE POLITICA

L'innovazione più radicale rispetto al libro del patto sono i regolamenti del Deuteronomio che si riferiscono alle istituzioni. Nella ricerca è inval­ sa l'abitudine di parlare di «costituzione» o di «disegno costituzionale».' Il termine moderno risulta sia inevitabile sia sostanzialmente adeguato giacché nelle leggi dell'Oriente antico non c'è nulla di analogo, mentre si hanno essenzialmente analogie solo con le costituzioni moderne.' Lo sta­ to stesso diventa oggetto di regolamentazioni giuridiche. Il Mosè che par­ la nel Deuteronomio ripone nella potestà del «tu» o del > (so(rim). A questo punto ci si sarebbe aspettati i so­ liti funzionari (sar o sòfer), ma il Deuteronomio evita accuratamente il termine, usando invece una parola che indica un'attività scrittoria e non ha alle spalle una storia compromessa. Si tratta di una funzione che de­ nota semplicemente l'attività che le figure in questione dovrebbero svol­ gere per il popolo. Sono funzionari amministrativi che vengono nominati dal basso, dal popolo, proprio come i giudici, e hanno parre, ad esempio, anche nell'organizzazione dell'esercito ( 2.0,5 ss.). Immediatamente dopo si formulano (Deut. r 6, 1 9 s.) le regole fonda­ mentali su come comportarsi in un processo. Qui le norme corrisponden­ ti del libro del patto (Es. 2. 3 , 1 ss.) vengono variate e integrate con la seve­ ra formulazione del v. ro. La ripetizione «giustizia, giustizia» al v. 2.0 (�e­ deq �edeq) indica il fine ultimo al quale tendono tutte le norme della legge. Analogamente il richiamo all'obiettivo della giustizia in 6,25 e 24,13 3 in­ cornicia pressoché tutta la legge deuteronomica. Mettere in relazione no­ mina dei giudici e avvertimento a giudicare tutti con giustizia mostra che con questo ordinamento giudiziario la responsabilità della giustizia - e L

1 Cf. spec. Macholz, justizorganisatimr, 3 3 5 · Per Suzuki, Reformation, 34 il «tu• sarehbe •una organizzazione governativa visto che questa autorità può nominare un giudice ufficiale e un funzionario in ogni comuriirà locale». Dal punto di visla del metodo si è in presenza di un cir­ colo vizioso che però viene sviluppam in argomento per trovare una strati6cazione nella legge deuteronomica (cf. Walkenhorst, Deuteronomiumsforschung). L Per il verbo 5!r v. KBL', 1 3 68. È più che dubbio che sia possibile dedurre l'esistenza di un'an· tica carica prestatale dalle poche occorrenze predeuteronomiche (spec. Es. 5,6 ss.). Cf. Ri.iterswOrUcn. Beamte, J 09- 1 1 1 . 3 In entrambi i casi è usato il termine �"d.iqG.

2.9 8

Il Deuteronomio

quindi dell'applicazione pratica della torà stessa - non è demandata ai giu­ dici. Essa continua a essere del popolo nel suo complesso. Non contrasta affatto con la legge che nel Deuteronomio si menzionino costantemente anziani con funzioni giuridiche insieme ai giudici. Entrambi costituiscono insieme i due pilastri dell'amministrazione della giustizia e non vi sono ragioni di sorta, neppure sulla base di paralleli interni ed esterni all'A.T., per separarli (ad esempio per ragioni di critica letteraria).' La responsabilità che continua a pesare sulle spalle del «tu» a cui ci si rivolge per tutto ciò che attiene all'amministrazione della giustizia determi­ na anche le altre norme relative all'ordinamento giuridico, alle quali qui è possibile accennare soltanto molto sommariamente. In Deut. 19,1-1 3 si dispone la creazione di città d'asilo nelle quali persone coinvolte in un omi­ cidio colposo possono rifugiarsi. Queste città sono ora necessarie (questa sembra la spiegazione più verisimile) perché tutti i luoghi sacri e gli altari, salvo il luogo centrale di culto, sono aboliti da Deut. u ..' La distinzione cui si è arrivati col libro del patto tra omicidio doloso e morti provocate in altra maniera '· dipende dalla vicinanza raggiungibile di questi luoghi d'asilo. L'individuazione dei luoghi d'asilo (Deut. 1 9, 1 ss.) e anche la pro­ cedura alla quale attenersi nella pratica in questi casi ( r 9 , 1 2 s.) vengono la­ sciate senza riserve alla sovranità popolare. Al contrario, l'esecuzione di al­ tre norme viene affidata a un giudice: la regola ripetuta dei due testimoni ( 1 7,6 s.; 19,1 5 ss.); l'applicazione della legge del taglione al reato del fal­ so testimone e soltanto a questo ( 1 9 , 1 9 s.); la limitazione delle pene corpo­ rali a quaranta colpi ( 2 5 , 1 -3 ). Al contrario, il tribunale centrale descritto in Deut. 17,8 - 1 3 è sottratto chiaramente alla competenza del popolo e anche a quella dei giudici da esso nominati e, naturalmente, anche a quella del re. Il tribunale centrale è un'istanza distinta e autonoma da popolo, giudici e re. Non è necessa­ rio ripetere qui quanto è già stato detto altrove • riguardo alla struttura e all'importanza di questa corte di giustizia che decide soltanto nei casi in­ solubili rimessi al suo giudizio dai singoli tribunali del paese e impartisce istruzioni giuridiche alle quali i tribunali locali dovranno attenersi in pro­ cedimenti ulteriori. La corte è quindi fondamentalmente un organo depu­ tato all'evoluzione del diritto; si pronuncia con l'autorità di Mosè stesso; non ci si dovrà discostare dal suo giudizio né a destra né a sinistra 5 e co1 A meno che non se ne faccia, come Rofé, Organization of}ustice, un principio di crilica lette­ raria in base al quale anribuire a una tradizione predeureronomic.:a la menzione degli anziani. Ma si dà il caso che sia in Israele sia nel mondo dell'epoca l'associazione di giudici e anziani rap­ presenti la prassi abituale. Cf. sopra, pp. 107-I IO. L'inammissibilità metodologica di un modo di procedere che fa delle proprie idee sul contenuto di un testo il principio con cui condurre operazioni di critica letceraria viene dimosuata positivamente nel caso in questione. 1 Cf. spec. Rofé, Cities o{ Refuge; inoltre v. sopra, pp. 2.2.3 s. 3 Cf. sopra, pp. UO-UJ. 4 v_ sopra, pp. 1 1 8 ss. l Deut. S,Jl.; 1 7,>0; •H· ' 4·

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Autorità mosaica e sovranità popola re La costiruzione politica

2.99

sì si sradicherà il male da Israele.' Le sue sentenze hanno la stessa autori­ tà di Mosè o del repertorio di leggi mosaico esistente. Il Mosè che parla nella legge deuteronomica, che appartiene all'epoca precedente la conquista del paese, ha una rappresentanza nell'Israele del­ la tarda età monarchica. Le sentenze del tribunale centrale aggiornano la torà di Mosè. Se ne deve trarre la conclusione inevitabile che questa isti­ tuzione deve avere avuto qualcosa a che fare con la composizione del re­ pertorio di leggi stesso, ma detto questo non è possibile precisare meglio questa formulazione volutamente vaga. Tuttavia questa corte di giustizia non è l 'unica istituzione che possegga una simile autorità. c) L'autorità controllabile. La legge sul profetismo In Deut. 1 8 , 1 5 si annuncia a Israele che «per te Jhwh tuo Dio farà sorge­ re (sem p re di nuovo) da mezzo a te, di tra i tuoi fratelli, un profeta come me. Gli darete ascolto », Anche questa figura profetica parla dunque con l'autorità di Mosè, è «come lui>>, Dove s'intenda arrivare nella costitu­ zione del popolo di Dio che viene qui disegnata si capirà chiaramente sol­ tanto dal complesso di tutte le norme di Deut. 1 8,9-2.2.. La legge inizia ai vv. 9-14 • con un minuzioso divieto delle pratiche reli­ giose della popolazione preesistente: 9 Se entrerai nel paese che Jhwh, tuo Dio, ti dà, allora non imparerai a praticare le abominazioni di quelle popolazioni. 1 o Presso di te non sarà trovato nessuno che fa passare per il fuoco il figlio o la figlia ...

Qui si mostra con una chiarezza unica che la finzione della conquista fu­ tura del paese può essere capita soltanto nella prospettiva di un'epoca che presuppone il possesso illimitato, anche se minacciato, della terra promes­ sa. La proibizione ai vv. 1 0- 1 3 di tutte le pratiche divinatorie conosciu­ te 3 deve valere, a giudizio degli autori, in ogni situazione e non può esse­ re abrogato dalla perdita del paese (con l'esilio). Tutte le pratiche divina­ torie conosciute, e quindi tutte le possibili tecniche per influire sul futuro, sono vietate a Israele. Molte di queste arti sono state praticate in Israele e ai suoi margini. Nei tempi incerti dell'ultima età monarchica, con il rapi­ do mutare delle costellazioni politiche universali i dubbi sul futuro possi­ bile erano più diffusi che mai. Ma per la concezione deuteronomica com­ plessiva vale ciò che viene formulato in Deut. 2.9,2.8: «Le cose occulte (del futuro) sono presso Jhwh, nostro Dio; ma le cose rivelate sono con noi e r

Deut. 1 3 ,6; 17,7; 19,19; 2.1,2.I; 2.2.,2.1 s.; 2.4,7· Come mostra a ragione RiiterswOrden, Gemeinschaft, 85 i vv. 9-15 non offrono alcun appiglio 1 operazioni di critica letteraria. Per l'intera legge cf. anche Ha bel, Prophet; Chiesa, Promessa. 1 Cf. spec Riitersworden, Gemeinschaft, 78 ss. (bibl.). a.

JOO

Il Deuteronomio

con i nostri figli, per sempre: per mettere in pratica tutte le parole di que­ sta torà " . La torà stessa e le conseguenze delle benedizioni e maledizioni a essa connesse assumono la funzione che è generalmente assolta da altre possibilità di influenzare il futuro. Ma ecco qui l'unica grande eccezione: il profeta promesso. In generale si conviene che la forma del verbo usato nella formulazione della promes­ sa sia un iterativo: un profeta di questo tipo ci sarà sempre e poi sempre. La sua parola è come quella di Mosè. Il che significa sicuramente che la pa­ rola profetica non può essere in contraddizione con quella che Mosè pro­ nuncia altrove, cioè nel libro della sua torà. Ma è una parola che riguar­ da il futuro ancora aperto e allora, accanto alla parola della corte centra­ le, ecco questo profeta, la figura nella quale Israele potrà ascoltare anche i n futuro la parola di Mosè - e quindi di Dio. La stratificazione letteraria è evidente soprattutto nei versetti che seguo­ no ( 1 8, r 6 ss.). Al v. 16 ìl Mosè che parla si richiama alla situazione pres­ so il Horeb, al «giorno dell'assemblea» (jom haqqiihiil), quando Israele non fu più in grado di sopportare la voce di Dio, alla situazione, quindi, descritta in Deut. 5· E diversamente da quanto avviene comunemente nel­ la legge deuteronomica ai vv. 17-2.0 si cita per esteso un discorso di Dio relativamente lungo. Mosè riprende a parlare a Israele solo ai vv. 2 1 s. Si è già detto più volte che Deut. 6 con la sua associazione di proclamazio­ ne del decalogo al Horeb e discorso di Mosè in Transgiordania chiara­ mente non appartiene agli strati più antichi del Deuteronomio.' Anche in 1 8, r 6-2o si dovrà tener conto di un aggiornamento più recente! Quello con Deut. 5 non è ugualmente un rapporto semplice. Infatti in Deut. 5 è appunto Mosè stesso che deve ascoltare, in luogo del popolo, tut­ ta la legge per ripeterla poi in Moab a Israele. In Deut. 5 si tratta del rap­ porto tra decalogo e il resto della legge. Qui, però, in Deut. r 8,16 ss. vie­ ne preannunciato un futuro profeta «come Mosè» che comunicherà la pa­ rola insostenibile di Dio con l'autorità del Horeb. Ciò che si legge in r 8, 1 6 ss. non collima completamente con Deut. 5· Si dovrà considerare r 8,r6 ss. piuttosto un parallelo indipendente, così che anche una datazione, ad esempio, in epoca esilica non può richiamarsi semplicemente a Deut. 5 · Si deve inoltre considerare che l'ipotetica individuazione al v. 2. 1 , col ri­ torno a l discorso di Mosè, di una fase di accrescimento ancora più recen­ te rispetto ai vv. 16-2.0, non è affatto cogente. È molto più naturale vede­ re nei vv. 2 1 s. (in origine formulati forse in maniera un po' diversa) un aggancio al v. 1 5.3 Cf. sopra, pp. 64 ss. e passim. Cf. (includendo perlopiù anche i vv. 2.1 s.) Preuss, Deuteronomium, 5 5 ; Seitz, Studien, 24.�• Mayes, Deuteronomy, 282 s.; Hossfeld-Meyer, Prophet, I 50 ss. 3 Così Garda Lòpez, Profeta, 302 s.; Suzuki, secondo Walkenhnrst. neutrronomiumslorsclmiiK. 1

2.

Autorità mosaica e sovranità popolare. La costituzione politica

301

Ma, come sempre, il problema che viene trattato specialmente nei vv. 11 s. ha caratterizzato in maniera particolare l'ultima età preesilica. In più occasioni si hanno oracoli profetici diametralmente opposti che si affron­ tano con la medesima pretesa di verità. Si ha notizia di situazioni di que­ sto genere soprattutto dalla tradizione di Geremia (Ger. 27-28; 23 ecc.) e negli strati deuteronomistici la figura dello stesso Geremia è stata palese­ mente plasmata (per es. in Ger. 1 ,4 ss.) sul modello di Deut. 1 8: egli è il profeta cui Dio stesso mette in bocca la propria parola.' Ma la procedu­ ra prevista ai vv. 21 s. è del tutto non profetica: u E se nel tuo cuore dirai: Come riconosceremo la parola che Jhwh non ha det­ ta? 2.1 Quello che il profeta dice in nome di Jhwh e l'oracolo non accade e non si avvera, questa è la parola che Jhwh non ha detta. Il profeta l'ha detta in sacri­ legio. Non temerla.

Si può davvero sostenere e consigliare tale attesa di una parola profetica che si avvera in futuro, nell'urgenza di problemi importanti e ricordando la pretesa formulata ai vv. 1 8 s.? Qualsiasi conferma storica è allora sem­ plicemente una legittimazione successiva della parola profetica come pa­ rola di Dio (cf. Deut. I 3,2 s.)? Il richiamo di Geremia alla forza dirom­ pente della vera parola (Ger. 23,29) parla una lingua diversa. Ma porre domande di questo tipo significa porre domande profetiche. La sapienza del legislatore è un'altra. Per capire questa legge la si deve certamente leg­ gere come tutte le altre, come norma, come regola procedurale., La legge non è certo formulata dal punto di vista di un vero profeta o neanche di un profeta perseguitato e contestato, ma essa rappresenta ancor molto me­ no il punto di vista di coloro che hanno perseguitato ed eliminato i profe­ ti sgraditi. Ad esempio la distruzione della parola di Geremia disponibile in forma scritta ordinata dal re, di cui si narra in Ger. 3 6; la minacciosa carcerazione e condanna raccontata in Ger. 26; l'uccisione di altri profeti di Jhwh riferita in Ger. 26,20 ss. mostrano il modo in cui si era soliti pro­ cedere. La legge va letta sullo sfondo di conflitti di questo tipo e si mo­ strerà allora una legge estremamente liberale. Quando si ha parola con­ tro parola, quando è dubbio quale sia la vera parola di Dio, si dovrà at­ tendere, dice la regola, e quindi non perseguitare nessuno, non vietare né accusare né addirittura condannare a morte. Nessuna legge può stabilire dove stia la parola di Dio al di là del metro di «Mosè•• (cf. Deut. 1 3 ), co­ me farebbe anch'essa. La legge può e deve tenere il giudizio in sospeso ed è proprio ciò che avviene qui. I funzionari che in Ger. 26 e 36 sentono il profeta Geremia/ lo porta1

Cf. ora Herrmann, Jeremia, ad loc., spec. so. Quindi senz'alrro no come pura promessa, come suggerisce Preuss, Deuteronomium, 1 3 8. An­ 'he Hossfeld-Meyer, Prophet, 1 53 parlano di fallimento degli ordinamenti giuridici. 1 Cf. Kq�lt· r, Pmphetisches Reden; Hardmeier, Micha und jesa;a. a

302

Il Deuteronomio

no davanti al re per l'audizione, lo salvano infine dall'intervento dello sta­ to portandolo al sicuro (Ger. 36, I 9 ) agiscono esattamente come si sareb­ be dovuto procedere secondo Deut. r 8 . Questi funzionari non s'identifi­ cano col profeta e col suo messaggio, non ne diventano semplicemente se­ guaci, ma tengono la porta aperta nel caso che la sua parola, e non quel­ la di un altro, sia la vera parola di Dio. Una neutralità come quella che parla dalle righe di Deut. I 8,2.1 s. Anzi si tratta anche di membri delle me­ desime famiglie che ebbero a che fare, sotto Giosia, col ritrovamento nel tempio del libro della torà e la sua adozione.' Certamente è lecito chiede­ re chi sia venuto prima, se tale legge o tale comportamento, ma è la do­ manda dell'uovo e della gallina. Questo testo e il criterio dei vv. 2. I s. so­ no veramente immaginabili come un testo dell'epoca esilica quando tutto era già successo e tale domanda non si poneva affatto più in questi termi­ n i ? Naturalmente questo principio si affermò allora e contribuì alla cre­ scente importanza degli scritti e delle tradizioni profetiche. Tuttavia l'ele­ mento tipico è proprio allora l'inizio di una profezia di natura escatologica che annunciava qualcosa di radicalmente nuovo. Le predizioni di un nuo­ vo patto con la torà incisa nel cuore (Ger. 3 1,3 I ss.) o quelle del cammino di tutti gli uomini verso il Dio d'Israele ( ls. 45 ,8 ss.): nell'ottica di Deut. 1 8 ancora oggi resta aperta la questione se si tratti di vera profezia. La pro­ fezia escatologica in senso stretto non rientra palesemente nell'orizzonte della legge deuteronomica sul profetismo. d ) Il diritto in tempo di gue"a. La legge di gue"a La legge deuteronomica sulla guerra (Deut. 2.0) è perlopiù considerata un testo particolarmente utopico che con le sue norme irreali potrebbe esse­ re stato composto soltanto in tempi in cui non si era più responsabili del proprio stato e della propria politica.' Viceversa, a confronto con le imma­ gini escatologiche della pace e con un'etica pacifista fondata su quelle im­ magini idilliache, lo stesso testo appare, allora come oggi, poco critico ri­ spetto a una realtà funesta. Infatti la legge si aspetta la guerra e la sotto­ missione dei nemici. Quest'antitesi può guidare a una ricezione adeguata? Si deve affrontare per primo un problema particolare. In 2.0, 1 5- r 8 si parla delle città dei popoli che Israele incontrerà e annienterà in Cisgior­ dania durante la futura conquista del paese. Per questi popoli non dovrà valere la procedura prevista ai vv. r o-14. Nei vv. 1 5- 1 8 si ha quindi un 1

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Cf. sopra, pp 3 31 ss. Cf. Wellhausen, Composition, 192; Hiilscher, Komposition, 2 5 3 e passim; von Rad, Das (unf­ te Buch, 94; Preuss, Deuteronomium, 140; v. anche Rofé, Laws o( Warfare, 3 6 s. che tra l'alrro fa osservare come anche l'interpretazione rabbinica consentisse di ahhanere �li a l ht.·ri da frutta (bB.Q. 9 r b; Si(re § 204). 1

Autorità mosaica e sovranità popolare. La costituzione politica

303

compromesso con la classica tradizione della conquista del paese di Es. 34 e 23, così come viene formulata in Deut. 7.' Si deve ricordare che nel­ l'Israele della tarda età monarchica i popoli nominati in Deut. 20, 17 non hanno alcun riscontro nella realtà! Il comandamento vale soltanto per quell'evento storico straordinario che però al tempo della stesura del te­ sto appartiene ormai a un'epoca più che remota. La pericope dei vv. 1 5 I 8 è un avvertimento, non un ordine da essere eseguito. Se si chiede qua­ le sia allora la legge di guerra che il Deuteronomio voglia far valere ai suoi giorni, ci si deve attenere al resto del capitolo. Un effetto di questo compro­ messo con l'ipotesi della conquista del paese è che tutte le altre località cui si pensa debbano essere considerate «molto lontane» (v. I 5 ) Ma non si potrà rendere ciò la chiave interpretativa, come se si trattasse di operazio­ ni belliche condotte molto lontano dal territorio dei propri insediamenti. Ma di quali guerre si tratta allora in questa legge? 3 Manca qualsiasi in­ dizio in questo senso. Non si riflette mai sulle condizioni alle quali le guer­ re sono possibili, consentite o comandate. Si tratta soltanto di regole per ogni guerra immaginabile. Da un punto di vista storico le guerre condot­ te da Giosia nella situazione caratterizzata dallo sgretolamento dell'impe­ ro assiro furono le uniche a essere condotte indipendentemente dalla pe­ sante influenza delle grandi potenze. Si è generalmente pronti a ricono­ scere che le possibilità di una rinascita nazionale abbiano avuto conse­ guenze anche per i progetti militari.• Alcuni tratti del capitolo, ad esem­ pio la riflessione a partire dal v. IO sulla questione delle città da conqui­ stare, potrebbero essere legati a questi progetti. Ma non va neppure tra­ scurata l'importanza del richiamo all'esodo in 20,1. Israele viene indivi­ duato qui con le medesime coordinate teologiche usate nel resto del Deu­ teronomio: esso è determinato dall'esodo (e dal dono del paese, qui non esplicitamente menzionato). Qualunque sia la natura e lo scopo delle guer­ re di Deut. 20, l'unica cosa certa è che non si tratta di guerre condotte per fondare un impero d'Israele. Quanto alle regole su come procedere nella conduzione della guerra, su quale legge debba valere, vanno ricordate le seguenti: autonomia del popolo. In questa legge tale autonomia è tanto importan­ te quanto lo è nelle altre questioni fondamentali che riguardano il diritto e lo stato. «Se andrai in guerra . . ••, recita così ( 2.o,I ) l'inizio della legge. Qui, come nel resto che segue, non c'è alcun altro soggetto che potrebbe .

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> Cf. sopra, pp. 167 s. Anche qui si possono ricoiloscere chiari indizi di stratificazione: a i vv. 2. s. si ha la seconda per­ sona plurale (invece della seconda singolare) e i vv. 5 ss. parlano una lingua tutta loro. Cf. Ro­ fé, l.aws of Warfare, ; ; s . Il parallelo a Deut. �4.5 m ostra che tutto il cap. �o o Deut. �0,5-7 appartengono a uno strato più recente. Ma ancora una volta ciò non significa niente per una da­ louiont" assoluta. In rurro il periodo, guerre mosse da Israele come quelle che qui si presupponKno >, come si legge in molte traduzioni della Bibbia. Decisivo è che secondo Deut. 1 6, 1 8 anche questi «cancellieri>> vengono nominati dal popolo e stando al termine che li denota hanno mansioni operative limitate. Anche i vertici militari sono quindi sottoposti, sia pure indirettamente, all'autodeterminazione del popolo; oltre la paura. La preparazione alla guerra comincia determinando co­ loro che non debbono combattere e non bisogna che combattano. Ai vv. 5-7 vengono rimandati a casa tutti coloro che hanno costruito una nuova casa, hanno impiantato una nuova vigna o non hanno ancora sposato la fidanzata. Nessun altro dovrà «inaugurare» ciò che essi hanno comincia­ to, perché questa sarebbe una maledizione (cf. 2.8,30). L'ipotesi che que­ ste misure abbiano a che fare con antiche regole di tabù predeuteronomi­ che la cui violazione potrebbe pregiudicare l'impresa bellica 1 è, molto pro­ babilmente, nel giusto. Nondimeno questi tre casi non dovrebbero avere rappresentato una rarità tra i più giovani, così che parti non indifferenti dell'organico militare devono essere venute a mancare all'esercito popo­ lare. Molto più generale e fondamentale è invece la regola del v. 8 che vie­ ne chiaramente distinta dalle precedenti: «chi ha paura ed è di cuore sfi­ duciato>> (haijtire' w•rak hallebab) è esentato dal servizio militare. Quin­ di tutti coloro che hanno paura e potrebbero di conseguenza contagiare gli altri, restano a casa. La paura come motivo di esenzione dal servizio mili­ tare: che saggezza la torà! • Come per altre leggi, ci si dovrà chiedere qua­ le sia propriamente l'intenzione del legislatore. Nonostante all'inizio (v. 1 ) e a i vv. 3 s. si sottolinei i n particolar modo la partecipazione divina, al v. 8 la paura non viene né criticata né bandita. Se si esamina a fondo il pro­ blema per un concreto caso di guerra, è a questo punto che si scoprirà l'ef­ fettivo grado di pericolo che si sta correndo. Quando si tratta della soprav­ vivenza fisica, quando la minaccia nemica sembra più pericolosa di una possibile guerra, la paura scompare dalle persone coinvolte. Ma le guerre di aggressione, anche fuori dei confini del proprio territorio, possono es­ sere condotte, se vige questa regola, solo scaldando gli animi con una po1 Cf. ad esempio von Rad, Das fun(te Buch, 94; anche Rofé, Laws o( Warfare, 34 > della legge deve far partecipare alle sue feste annua­ li e sacrificati: «figlio e figlia, schiavo e schiava, !evita e straniero, orfano e vedova•• (Deut. I 6,I I cf. v. 14; 1 2., 1 2.. 1 8). La menzione di figlia, schia­ va e vedove non consente di mettere in dubbio che anche le mogli dei le­ viti, anche le donne straniere e anche le orfane siano incluse. E di ciò, d'al­ tra parte, non si è mai seriamente dubitato. Ma strana è ora l'assenza del­ la moglie del «tu•• a cui la legge si rivolge: proprio lei non sarebbe stata presa in considerazione, proprio lei non potrebbe partecipare alle feste? Lo si deve escludere nel modo più categorico. Non è pensa bile che questa avesse meno diritto di partecipare alle celebrazioni familiari della schia­ va, ad esempio, o della profuga straniera. Ma ciò può significare soltanto .

1

1 }

Daube, Das Selbstverstandliche. Ma cf. Bird, Translating Sexisl Language e ora anche Braulik, Haben. . . Frauen genp{ert? Cf. sopra, pp. 202·205.

Patriarcato e potere pubblico. Le leggi sulla famiglia

3 I3

che qui la moglie è inclusa nel > (n'f) si avanza talvolta l'ipotesi che questo sia usato per indicare il rapporto con altre divinità, ossia che non sempre denoti l'adulterio in senso stretto.3 Quest'uso traslato d'altra parte non può essere dimostrato tanto diretta­ mente né risulta plausibile. Quantomeno per Geremia è molto più proba­ bile che l'adulterio sia la forma concreta di ciò che egli lamenta costante­ mente per la tarda età preesilica: in Israele l' > (seqer), per usare il termine che attraversa tutto il suo libro, regna sovrano su tutto.• Tra­ dimento e inganno, illusione e imbroglio coinvolgono largamente anche la sfera familiare. La messa in dubbio delle regole di condotta tradizionali sembra essere stata profonda e molto diffusa. Mentre Osea denuncia i .:omportamenti sessuali connessi con i riti religiosi, per Geremia si tratta evidentemente di trasgressioni sessuali che hanno valore religioso in quan­ to tali. La politica assira avrà contribuito al dissolvimento delle forme sociali e delle usanze tradizionali, ma un ruolo particolare avranno avuto soprat1

Cf. inoltre anche Ez. I 8,6.1 5; 12.,10 s. Così spec Williams, Examination. 1 Cf. aJ esempio l'reedman·Willoughby, n Come presuppone la teoria classica delle fonti. Cf. spe c Wellhausen, Composition e la ma�­ gior pane delle introduzioni all'A.T. Alcuni lavori più recenti contestano che P sia uno srraro fruno di una revisione redazionale: Lohfi.nk� Priesterschri{t, 2. 2 1 ss.; Zenger, RoJ{Pn, 11. Sll..; Km.·h. Krìn Redaktor, Emerron, Priestly Writer.

Struttura letteraria e collocazione storica

3 47

terpretare i testi più antichi o una composizione maggiore preesistente,' oppure è riuscito il tentativo di Blum< di superare in linea di principio que­ st'alternativa in realtà inesistente? Questo problema di fondo può essere saltato a piè pari nei paragrafi che seguono perché la questione di quale e come fosse il materiale testuale presupposto e integrato dallo scritto sacer­ dotale non è direttamente rilevante per la linea d'indagine che qui si segue. Le poche motivazioni eziologiche delle tradizioni giuridiche israelitiche presenti nel materiale narrativo solitamente considerato presacerdotale3 non toccano affatto le questioni fondamentali. Le disposizioni legali dello scritto sacerdotale che le affiancano nel contesto dell'esposizione sacerdo­ tale della storia fanno capire in maniera oltremodo chiara ciò che si vuoi dire; • l'unica grande eccezione è naturalmente la questione della pericope del Sinai e dei testi giuridici presacerdotali che ora vi sono saldamente inseri­ ti. È del tutto improbabile che i testi sacerdotali presuppongano una peri­ cupe del Sinai completa di decalogo, libro del patto e anche della conclu­ sione del patto.1 Per collegare il Sinai alla legislazione lo scritto sacerdo­ tale ha davanti a sé soltanto - a prescindere per il momento dal problema di Es. 1 8 - i capitoli di Es. 3 2-34! La struttura delle leggi sacerdotali sul santuario (Es. 2.5-3 1.3 5-40) indurrebbe ad aspettarsi una composizione letteraria disposta attorno a questo complesso. La continuità intrinseca è palese: al Sinai si tratta della questione del culto corretto, dunque del pro­ blema della presenza costante di Dio presso il proprio popolo nonostante l'apostasia e il peccato. Al contrario si può in sostanza escludere che lo scritto sacerdotale includa letterariamente il Deuteronomio nella sua com­ posizione generale.7 l pochi passi di presunta matrice sacerdotale nel Deu­ teronomio, particolarmente nella parte finale, non possono minimamente dimostrarlo; 8 i testi sacerdotali costituiscono indiscutibilmente lo strato del Pentateu­ co che può essere individuato con un alto grado di sicurezza e sul quale vi è, tranne poche eccezioni, largo consenso. • Al contrario, oltre alla loro r Così Cross, Myth, 2.93 ss.; van Seters, Abrabam, 2.79 ss.; Rendtorff, Pentateuch, 112. ss.; Utzschneider, Heiligtum; Vervenne, •P• Tradition. Ulteriore bibliografia in Blum, Pentateuch, 2.29 n. 2.. 2 Blum, Pentateuch, 2.2.9 ss. J Si pensi spec. a Gen. 32,33; Es. 4,24 s.; forse anche a Gen. u. 6 Cf. sopra, pp. 72-7 5. 4 Cf. sotto, pp. 3 58 ss. 1 Cf. sopra, pp. fq-70. 7 Tuttavia il Deuteronomio stesso si vede attribuito in strati relativamente recenti un avancorpo narrativo che risale ai tempi del Horeb (Deut. I-}; 4; cf. anche 5 e 9 s.). Ciò dimostra tuttavia �..: he al momenro di questa aggiunta non esisteva alcun legame letterario con gli aspetti analoghi

nd tetrareuco.

H

l'er questi testi (Deut. I,}; 32,48-52; J4,Ia.7-9) v. ora Perlin, Priesterschrift. Secondo Perlin si tratterebbe affatto di veri testi sacerdotali (P). • Elenchi dei testi in Eissfeldt, Einleitung, 265; Smend, Entstehung, 47 ss.; Noth, Oberliefe­ ""'gsgest·hit"hte. 17 ss.; Elli�er. Geschichtserziihlung, 1 74 s. mm

348

Lo scritto sacerdotale

indole è estremamente controversa la stratifìcazione letteraria interna di questi testi.' È indubbio che in molti passi vi siano tracce evidenti di un lavorio considerevole sui testi. In particolare si riscontrano materiali più antichi e parecchie integrazioni. Per l'interpretazione e la spiegazione dei testi, dal punto di vista metodologico sono estremamente importanti quan­ tomeno i tre aspetti che seguono; il problema dell'unità interna dei testi va costantemente posto almeno con la medesima serietà di quello che riguarda la loro possibile stratifica­ zione. È una stupidaggine metodologica dare per principio a operazioni di critica letteraria la precedenza automatica sulle analisi della struttura e sull'esegesi del contenuto. Il dibattito su Gen. 1 in particolare ha mostra­ to come le scomposizioni letterarie abbiano ignorato e distrutto la studia­ ta unità del testo; • similmente, come si è osservato per la legge deuteronomica, aggiunte in­ tegrative, nuovi aspetti, sfumature amplificative mostrano di non essere ge­ neralmente in contraddizione con altri elementi. Chiari aggiornamenti let­ terari da un lato, la meticolosa coesione interna di un sistema di regole dal­ l'altro, non vanno considerati per principio antitetici. Se i testi dello scrit­ to sacerdotale sono, come quelli deuteronomico-deuteronomistici, un'uni­ tà dinamica che è cresciuta, coltivata e plasmata da una scuola, per un lun­ go periodo di tempo, gli ampliamenti possono anche significare una cre­ scente chiarezza. Le tracce letterarie di una crescita non vanno perciò con­ siderate isolate e messe in rapporto primario con le contraddizioni, bensì costantemente riferite anche al tutto; ' la tesi più importante riguardo alla stratifìcazione letteraria all' interno del materiale sacerdotale è quella tra uno scritto base di genere narrativo e il m ateriale legislativo che vi è stato aggiunto.� Si deve tuttavia partire dal fatto che già a iniziare da Gen. 2.,1 ss., ossia fin dal principio, lo scrit­ to sacerdotale è connesso col tema della rorà che è intessuto inestricabil1 Mentre von Rad, Priesterschrift, immaginava una generale doppia stratificazione, senza tro­ vare molto seguito, si è largamente imposta la tesi di uno scritto base di tipo narrativo che ven­ ne più tardi rimpolpato con materiali giuridici. Cf. Wellhausen, Prolegomena, 3 84; Idem, Com­ position, t 84; Noth, Pentateuch, 7 ss.; Ell iger, Geschichtserziihlung; Lohfink, Priesterschrift; e ultimamente Weimar, Struktur e Sinai (particolarmente radicale). z. Dimostrandone la coesione e coerenza interna Steck, SchOpfungsbericht, ha confutato in ma­ niera convincente le tesi diffuse di una stratificazione letteraria di Gen. r (cf. spec. Schmidt, Schopfungsgeschichte). J Per un esempio si può prendere KO

Cf. sotto, pp. 417-420.





Erloser. 3 Cholewir\ski,

Heiligkeitsgesetz,

343 ·

Per questa lettura di Lev. 17 nel quadro di P cf. sotto, pp. 361 ss. Pl·r il signihL·aro di Es. 19,6 in questo contesto cf. sotto, p. 44z..

6

Cf. sotto. pp. 3 8 2 ss.

3 54

Lo scritto sacerdotale

del Deuteronomio - e per quanto se ne sappia poco, la cosa è storicamen­ te del tutto probabile - non è in quegli ambienti che vanno cercati i padri dei sacerdoti cui si deve lo scritto sacerdotale. È molto più plausibile l'ipo­ tesi che lo scritto sacerdotale sia il prodotto di una rottura dell'unità tra ambienti sacerdotali e profani che si può osservare sin dal libro del patto. Lo scritto sacerdotale non è contrario alle posizioni del Deuteronomio in materia di culto, ma sposta gli accenti quasi interamente in favore di una prevalenza di questo tipo di tematica, riducendo notevolmente lo spazio concesso ai temi politici e sociali. Dal punto di vista negativo ciò è un ar­ gomento favorevole alla tesi che nello scritto sacerdotale si esprimano le posizioni delle cerchie sacerdotali che fino all'esilio avevano collaborato con altri gruppi nella corte suprema gerosolimitana e nel suo ambiente, le quali ora si liberano da questa coalizione (obbligata ?) e sviluppano la pro­ pria tradizione. In termini positivi, da ciò si deve dedurre che essi e solo essi fossero in posizione di reagire adeguatamente alle sfide dell'esilio. Es­ si sottoposero la tradizione a una trasformazione che sola avrebbe potu­ to rendere possibile un futuro. 2. L'ESILIO COME SFIDA STORICA GIURI DICA

Lo scritto sacerdotale è la risposta della storia del diritto d 'Israele alla mes­ sa in discussione di tutti i principi fondamentali del passato, delle fonda­ menta stesse su cui la tradizione della torà aveva costruito. Lo scritto sa­ cerdotale è tutto ciò nel suo complesso generale, comprese le ampie se­ zioni legislative. Esso ha gettato così nuove fondamenta, le uniche sulle quali la stesura definitiva della torà avrebbe potuto prendere forma in età postesilica. Che cosa esso abbia significato - e quindi anche la sua teolo­ gia in generale - può essere afferrato appieno soltanto se si comprende la sfida che l'esilio aveva comportato per la storia del diritto. Sorprende co­ me gli aspetti specificamente giuridici di quest'epoca siano stati tanto ne­ gletti dalla ricerca a differenza di quelli religiosi e teologici, politici e so­ ciali.' Ma le basi sulle quali si fondava il diritto precedente, nella misura in cui era registrato per iscritto nei corpora giuridici preesilici, vengono davvero a mancare tutte oppure se ne mettono in dubbio i principi. Va da sé che gli aspetti religiosi che si conoscono dell'esilio, riguarda­ no direttamente anche il diritto. Tutti i testi giuridici preesilici esistenti so­ no strettamente connessi alla monolatria del Dio d'Israele. Questa è chia­ ramente il nucleo attorno al quale si è aggregata tutta l'ampia gamma di tradizioni giuridiche e cultuali corrispondenti a questa unità. Ma proprio 1 Cf. spec. gli accenni in janssen,Juda, 48 s. So ss.; Niehr, Rechtsprechung, 101 �- Per b situ;t· zione nell'esilio v. Ackroyd, Exile; Idem, lsrael; Oded, judah. 476 ss.; Donnt"r, (;esdJith h• 11. J8I ss. 1 Oltre al materiale raccolto in Janssen, .Juda, d. otJ l'scmpio Pl·rlitt, Ani.: l"��·.

L'esilio come sfida storica giuridica

3 55

il potere di questo Dio si trovava a essere messo fondamentalmente in que­ stione, anzi, del tutto imprevedibilmente ci si chiedeva se non fosse stato proprio questo concentrarsi sull'unico Dio che aveva indotto a trascurare i doveri verso altre divinità, dèi e dee ( Ger. 44!), e che aveva anche reso possibile la catastrofe. Al di là di queste e di altre questioni generali che hanno a che fare con l'esilio e che andarono anche a toccare la tradizione della rorà, è possibile selezionare una serie di questioni specifiche che sorgono nell'ambito del diritto: l'ordinamento giuridico preesilico preesistente non c'è più. Con la sovra­ nità nazionale cadono anche tutti gli ordinamenti giuridici connessi con quello, per esempio quelli monarchici. I funzionari che nell'ordinamento giudiziario operavano insieme e a fianco degli anziani' non ci sono più indipendentemente dalla loro nomina, se regia o popolare (secondo Deut. 16, I 8) -, e viene così a cadere anche la figura comune del diritto tipico del­ l'età monarchica. Ma non per questo ci si deve aspettare che la giustizia ve­ nisse amministrata dai soli anziani. Secondo Lam. 5,14 gli anziani se ne stanno lontani dalla porta della città, luogo delle assemblee e dell'ammi­ nistrazione della giustizia . Come dice Lam. 2., 10, essi siedono per terra sconsolati e muti. Come i prigionieri vengono battuti e calpestati arbitra­ riamente (Lam. 3,34), così avviene comunemente anche che - al cospetto di Dio! - il diritto venga travisato e le ingiustizie trionfino (Lam. 3,3 5 s.). Si dovrà pensare che anche la corte centrale gerosolimitana, l'istituzione più importante, legata alla corte e al tempio, sia naturalmente scomparsa; quando in Lam. 5,8 si dice che «schiavi dominano su di noi» ciò tocca in profondità la questione dell'ordinamento giuridico. Il lamento indigna­ to si riferirà sicuramente a funzionari babilonesi. • Giuda è diventato ora parte di una provincia babilonese nella quale l'intera amministrazione sot­ tostà, direttamente o indirettamente, agli occupanti. L'affermazione se­ condo cui «in queste località si trovavano naturalmente commissari babi­ lonesi e vigeva la giustizia babilonese» 3 non può certo rinviare a fonti di­ rette, ma da un punto di vista storico è del tutto plausibile. Questo quadro della situazione non è certo contraddetto, per esempio, da alcuni testi di Ezechiele secondo i quali anche nella gola sarebbe esistita una sorta di am­ ministrazione autonoma nella quale gli anziani fungevano da organi de­ cisionali (Ez. 8,1; 14,1; 2.0,1 s.; cf. Ger. 2.9,1 ). Infatti è molto dubbio che gli anziani di cui parla Ezechiele potessero esercitare funzioni giuridiche; con le sue norme costituzionali in particolare, il Deuteronomio aveva posto la torà sopra il re e lo stato.4 Sebbene fosse stato messo in discussioo

Cf. sopra , pp. 109 ss. i commenri di Kraus, Rudolph, Kaiser, Boecker, Gross, ad loc. 'h>hn·r, (;cschichte, 192; cf. anche Niehr, Rechtsprechunfl, tol s.

1 Cf.

4

Cf. sorra, pr. 292 ss.

3 56

Lo scritto sacerdotale

ne sin dal regno di Jojaqim, questo sistema continuava a essere un coman­ damento del proprio Dio e quindi parte dell'identità degli ambienti legati al Deuteronomio. Tuttavia non era programmato né poteva valere per la potenza occupante straniera, per l'impero dei neobabilonesi. Anche se non si volesse credere alla superiorità degli dèi stranieri, veniva messa severa­ mente in dubbio la superiorità della propria divinità, nella misura in cui questa era indissolubilmente legata a una determinata prassi giuridica e sociale. Si poteva restare fedeli al proprio Dio se la tradizione della rorà, che era parte costitutiva di questa fedeltà, non poteva essere messa in pra­ tica ? ciò che era vero in generale, lo era ancor più nella questione del posses­ so del paese. Il Deuteronomio aveva vincolato la validità delle istruzioni di­ vine alla conquista del paese e al dimorarvi.' La realtà attuale era invece diversa: «La nostra eredità è toccata a stranieri, le nostre case apparten­ gono a estranei>> (Lam. 5,2). Molti erano esuli e vivevano lontano nella gola, ma anche in Giuda la situazione delle proprietà si era ribaltata: • am­ pie parti delle terre coltivabili erano passate ad altri, alla parte più bassa (da/lat) del 'am hii'iire� (2 Re 2.4,1 4; d. 25, 1 2; Ger. 39,10; 40,7; 52.,1 5 s.). Al riguardo è da ricordare il fatto storico giuridico fondamentale che i l soggetto delle norme di tutti i corpora preesilici, che colui cui Dio si ri­ volgeva nei testi giuridici e al quale era affidato il diritto, era comunemen­ te l'israelita libero e, soprattutto, possidente terriero. Indipendentemente da tutte le specifiche regolamentazioni giuridiche babilonesi, era manife­ sto come in larga parte questo presupposto non esistesse ormai più. Israe­ le aveva perso il proprio paese, la propria terra. Già per questo solo mo­ tivo era impossibile che i corpora giuridici in vigore fino alla catastrofe e all'esilio continuassero a essere in vigore; insieme e prima del possesso della terra, il presupposto primo delle nor­ me giuridiche era costituito dalla condizione di libertà espressa con il sim­ bolo del l'esodo. Coloro a cui le leggi si rivolgevano, grazie all'esodo era­ no liberati, e leggi e regole del Dio liberatore servivano sostanzialmente al mantenimento di questa libertà. Soprattutto nel Deuteronomio e nel de­ calogo che gli è affine, questa è la struttura fondamentale secondo cui le leggi si concepiscono/ e ciò inizia già nel libro del patto. Ma ora è venu­ ta a mancare la base stessa di questa costruzione, e Israele si ritrova al pun­ to in cui era prima dell'esodo, sotto dominazione straniera e - con la sua élite - in una casa di schiavitù straniera. Ciò valeva per il popolo e valeva per ogni singolo individuo d'Israele. Concludendo la sua storia col com­ mento che tutto il popolo, grandi e piccoli, si ritirava in Egitto (2 Re 2.5, 2.6) l'opera storica deuteronomistica segnala di fatto la cancellazione Jel­ l'evento della liberazione che stava all'inizio della storia di questo popolo; r

Cf.

sop ra, pp.

26.1

s.

1

Cf. Jonssen,fuda, 49 -JH5. � Cf. Sf'\'l". Frymcr·Kl·nsky, Pullution; Mil�rom. System; Idem, Rationale. Inoltre cf. anche Pa-

3 So

Lo scritto sacerdotale

sto campo si sono dimostrati estremamente utili per una migliore com­ prensione della problematica ampi paralleli storici religiosi ed etnologi­ ci.' Nel lessico sacerdotale la coppia di termini puro-impuro non ha nien­ te a che vedere con l'etica o il diritto! Per molti aspetti condizioni impu­ re non soltanto sono inevitabili, ma anche comandate da Dio. Dove tutto ciò che ha a che fare con secrezioni genitali, polluzione, sangue, mestrua­ zione, parto rende impuri, ma ancor più contaminante è il contatto con cadaveri - gli agenti più contaminanti sono ciò che è morto e il sangue -, condizioni di questo tipo non sono naturalmente vietate né discriminanti.' In definitiva ci si trova in generale davanti all'intento di formulare norme che dovrebbero rendere possibile una vita vissuta pienamente e senza no­ cumento.4 L'impurità rituale diventa Cf. sotto, pp. 43 1-434 e spec. 43 9-44�. Per quanto segue cf. Crusemann, Pentateuch als Tora.

1 Cf. sopra, pp. 67-70.

3

4

V. Lohfink, Priesterschri(t, > I ) ; cf. de Pury - Romer, Pentateuque, 67 ss.; Amsler, Les docu· ments, Z. 3 S ss.; per l'intero problema d. an...: h e Cazellc!!.. Pentateuque. �

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407

Il Pentateuco come produzione d'età persiana

grandemente l'accesso alla concezione che il Pentateuco aveva di sé, met­ tendo in gioco termini che al tempo non esistevano in questi modi. Co­ m'è noto, tora non indica soltanto qualcosa di diverso dalla storia, bensì appunto anche qualcosa di diverso dalla legge. La o una nozione di torà è diventata soltanto in un secondo tempo il termine per indicare l'opera intera, oppure si trova già alla base della sua costituzione? Al riguardo si devono prendere in considerazione vari aspetti. Che il Pentateuco nella sua interezza, comprese quindi le parti narrati­ ve, si chiami torà è documentato chiaramente, a quanto mi risulta, non prima del II sec. a.C. In lub. 30, 1 2. il racconto di Gen. 34 viene conside­ rato parte della «legge», mentre nel prologo del Siracide la legge è la pri­ ma parte del canone. Per i tempi precedenti, per gli strati più recenti del­ l'Antico Testamento stesso, in particolare per i dati contenuti nei libri di Cronache, Esdra e Neemia,' continuano a valere le parole di O. Eissfeldt: •Non si può dire con certezza se questa applicazione più comprensiva del­ la parola compaia già nell'Antico Testamento, dal momento che i passi in cui ricorre possono essere interpretati tutti in riferimento alle sole parti legali ( Esd. ro,3; 2 Cron. 3o, r 6; Neem. 8,3; 2 Re 14,6)».' Lo stesso vale per espressioni analoghe come «libro di Mosè ». Com'è noto la parola tora è diventata, sullo sfondo dei significati più antichi e soprattutto del suo uso come termine tecnico per denotare l'in­ segnamento sacerdotale, la più importante per il Deuteronomio e per la volontà di Dio qui formulata (Deut. 4,8 .44 ecc.).3 Naturalmente anche questo .3 I due aspetti sarebbero stati poi riuniti soprattutto in Esd. 7,6 soltanto nel corso di interventi redazionali posteriori. Rendtorff ha sicuramente ragio­ ne quando dice che in Esd. 7,12. ss. e Neem. 8 si parlino lingue diverse, ci siano prospettive diverse e anche documenti letterari diversi che sono sta­ ti «cuciti» insieme solo in un secondo momento. Ugualmente però, se ben capisco, anche per Rendtorff essi sono saldati insieme nel quadro attuale ad esempio determinato da Esd. 7,6.' Tuttavia le considerazioni di Rendt­ orff su dat non convincono pienamente.' Certo dat non è affatto «una denominazione specifica per la religione giudaica o la 'legge' giudaica»," ma non si può negare lo sia diventato e sia usato proprio in questa acce­ zione in passi importanti. Quando in Est. 3 , 8 , parlando di Israele, si dice: «Le loro leggi (datéhem) sono diverse da quelle di qualsiasi altro popolo e non osservano le leggi del re (daté hammelek) ••, con diitéhem si può in­ dicare soltanto la legge d'Israele, cioè la torà, e ciò avviene in un passo nel quale viene messa in questione proprio quell'identità tra legge di Dio e legge del re attorno alla quale ruota Esd. 7· E in Dan. 6,6 ••la legge di Dio» (diit 'e/iiheh) in realtà può indicare soltanto la torà. Oltre a ciò ci si deve chiedere quale termine aramaico migliore di diit potrebbe esser pre­ so in considerazione come equivalente di tora. L'alternativa si limiterebbe a din.7 Più tardi, nel linguaggio giuridico aramaico, vengono usate espres­ sioni sia con diit sia con din, per esempio ••della legge di Mosè e Israele>> in contratti matrimoniali." Sul versante linguistico niente quindi impedisce che in Esd. 7 , 1 2 ss. con diit si possa anche indicare la torà. Ma i casi analoghi di autorizzazioni imperiali nell'impero persiano non si riferiscono affatto a pratiche giuridiche in senso stretto. Quantomeno rientrano chiaramente nella materia questioni attinenti al culto, quindi re­ ligiose. E qualsiasi cosa s'intenda immaginare che fosse la legge di Esdra, trattandosi sicuramente di un diritto d'Israele abbastanza antico, ormai (dat) e ciò che in Neem.

r

Esra, 1 8 3 riepilogando gli argomenti esposti alle pp. 1 69·173. J Rendtorff, Esra, 18 3 . 4 /bidem. s Per la critica seguente cf. anche Williamson, Eua, 92. s.; Kratz, Translatio imperii, 12.8 ss. 6 Rendtorff, Esra, r68. 7 1l termine usato abitualmente nel Targum, 'ora;età (e simili, cf. Jastrow, Dictionary, 34) è at· •

Rendrorff,

Cf. ora anche Wahi, Grundelemente.

restato solo molto più tardi. H

Per dcit d. tKl't. 4,9; v. Beyer, Die aramiiischen Texte, 3 2.5; per niale rinvenuto �� Wadi Murahha•;u in Reyer. _l 09 .

din cf. il contrano matrimo­

4I 6

Il

Pentareuco in quanto rorà

tradizionale - e questo è uno dei pochi punti incontestabili - essa non può aver contenuto soltanto materiali giuridici in senso stretto. Già nel libro del patto accanto alle norme giuridiche vere e proprie ci sono comanda­ menti che riguardano il culto, la religione, la teologia e l'etica insieme con le loro motivazioni. Ciò vale in misura ancora maggiore per i repertori giu­ ridici israelitici successivi fino al Pentateuco stesso. È una contraddizione clamorosa di tutta la storia del diritto d'Israele supporre che dietro alla legge di Esdra ci fosse un documento composto, ad esempio, alla maniera dei libri di leggi orientali antichi. Proprio nel decreto di Artaserse di Esd. 7 c'è al centro la preoccupazione per il tempio e per il culto di Gerusalem­ me, un tema che sicuramente aveva a che fare col contenuto della diit. Da tutto ciò consegue: data la situazione delle fonti si deve certo lascia­ re aperte sia la forma della legge di Esdra, in quanto indeducibile, sia la da­ ta dell'attività di Esdra e quindi dell'entrata in vigore della legge. Ma qual­ siasi aspetto questa legge abbia avuto, quanto grande sia stata la sua vici­ nanza al Pentateuco definitivo, certo è che entro la fine dell'epoca persia­ na questa legge è diventata ciò che oggi chiamiamo Pentateuco. Questo e già le sue possibili forme originarie costituirono, in quanto legge del Dio d'Israele, al contempo la legge fatta entrare in vigore dal re persiano: «ciò che secondo il diritto materiale . . è diritto di Dio, nel diritto formale ha il valore di diritto politico».' Senza prendere posizioni, in fondo non giu­ stificabili, nelle molte questioni controverse che riguardano Esdra e la sua legge, penso che a questo punto sia possibile giungere a un principio incon­ futabile per la comprensione della torà. Da questo principio si dovranno ora trarre conclusioni per l'interpretazione seguente del Pentateuco nella sua interezza. .

2.

IL PENTATEUCO NEL CAMPO DI FORZE POLITICHE E SOCIALI. GRUPPI SOSTENITORI E TENDENZE

Nelle pagine che seguono si cercherà d'illustrare il contesto sociale nel qua­ le il Pentateuco ha acquisito la sua forma definitiva. Già a motivo della co­ noscenza limitata dei rapporti storici dovrà trattarsi soprattutto di osser­ vazioni e considerazioni elementari riguardo al ruolo e alla funzione del Pentateuco nel campo di forze politiche e sociali di età persiana che do­ vrebbero integrare ciò che già si è detto a proposito di Mosè e della sua importanza.' Quanto al metodo, si dovrà mettere la forma finale del Pen­ tateuco in rapporto con le realtà politiche e sociali più importanti e chia­ ramente individuabili. Qui la situazione sta in termini diversi rispetto a 1

Gunneweg, Esra, 1 3 8 . Per questo primo passo della formazione del canone d. anchl· Kra 11., Translatio imperii, 23.1 ss.; Steck, Kanon, 2. 3 6 ss.; Idem, Abschluss der Propht!lie, 1 j ss. z. \.f. sopra, pp. 1 _\6- 1 .� 9-

Il Pentateuco nel campo di forze politiche e sociali

417

quella del corso storico degli eventi, perché è disponibile una fonte affat­ to attendibile, il memoriale di Neemia. A parere pressoché unanime, in Ne­ em. r,I-7,saba. I 2. * . 1 3 * si è davanti a un autentico «diario» di Neemia.' Non vi è dubbio che il testo fornisce anzitutto un'istantanea della situa­ zione alla fine del secondo terzo del v secolo, ovviamente da una prospet­ tiva soggettiva,• ma in ogni caso la costellazione storica fondamentale ri­ sulta abbastanza leggibile e certo non ha conosciuto cambiamenti burra­ scosi prima della svolta dell'ellenismo. a ) Sopraindebitati e sacerdoti. La coalizione sociale Secondo gli appunti di Neemia e altre fonti contemporanee, ad esempio il libro di Malachia, nella popolazione della piccola provincia di Giuda, una regione secondaria della satrapia del Transeufrate/ si possono osservare soprattutto due conflitti fondamentali. Uno è un fenomeno comune a tut­ ta l'antichità, già tanto importante prima dell'esilio: il contrasto tra i pic­ coli agricoltori sovraccarichi di debiti e i loro ben più ricchi creditori. In Neem. 5 , davanti alla costruzione forzata delle mura, i contrasti esplodo­ no su tutti i fronti e apertamente.< In quest'occasione Neemia riuscì a im­ porre la remissione totale dei debiti in un primo momento irripetibile. Dal testo si capisce chiaramente che solo un concorso di circostanze partico­ lari riuscì a far compiere ai notabili questo passo: la necessità politica di completare la ricostruzione delle mura, la pressione delle masse popolari e il loro ricorso allo sciopero, l'influenza di Neemia nella sua qualità di go­ vernatore (pe/:Ja) persiano. Sull'altro versante vi sono gli interessi molto diversi della gente comu­ ne, soprattutto della popolazione dei piccoli coltivatori e del personale di culto, sacerdoti e !eviti, del tempio di Gerusalemme. La loro base ma­ teriale, che dipendeva soprattutto dalla consegna delle decime, era sem­ pre aleatoria (Neem. 1 3 , 1 0 ss.; Mal. 3,8). In una condizione simile versa­ va anche il tempio con le difficoltà di procurarsi il necessario per il man1 Cf. spec. Kellermann, Nehemia, il quale attribuisce allo scritto originario di Neemia quanto segue (riepilogo alle pp. 5 5 s.) : r , I ·7,53ba; r 2.,27a�.p s.3 7·40; I J ,4·5a�.6a.7aba.8 - I ob�. I I2. I . 2 2.b. 1.j3.2.4a.z.s·J l . Gli studi successivi si sono basati su questa analisi di Kellermann limi­ tandosi spesso a criiiche di dettaglio. Cf. ad esempio Williamson, Ezra/Nehemiah, XXIV ss.; Blenkinsopp, Ezra, 46 ecc. Cf. anche Kaiser, E inleitung, 1 8 2 n. 15 (con una «analisi capillare• merodologicamente insostenibile). Anche Gunneweg (Nehemia, 176) parla di «annotazioni in­ dubbiamente autentiche di Neemia», la cui base non è tuttavia più rilevabile nei particolari (pp. 178 s . ) a causa della rielaborazione cronistica. Allo stato attuale della discussione, la tesi generica che il testo non sia in alcun caso autentico e vada attribuito tutto quanto al Cronista stesso (Becker, Esra/Nehemia, 8) non è sostenibile. 1

Come Clines, Nehemiah Memoir, 1 2.5 fa osservare espressamente (« Neemia è un bugiardo�).

3 Per la delimitazione e la storia v, sotto, pp. 42.7 s.

4 Cf.

spec. Kippenher�.

Reli!(ion und Klassenbildung, 55 ss.

418

ll Pentateuco in quanto rorà

tenimento costante di tutto il culto e di reperire i fondi per far fronte alle spese connesse. La mancanza di legna per mantenere sempre acceso il fuo­ co per i sacrifici (Lev. 6,5) è un chiaro esempio di difficoltà (Neem. 10,3 5; I 3 ,3 1 ). La provincia estremamente povera con i suoi grandi problemi eco­ nomici era al limite delle sue capacità. Con riguardo a questi due conflitti fondamentali il Pentateuco e le sue leggi mostrano una tendenza chiarissima e indiscutibile. Da un lato sta la gran quantità delle leggi sacerdotali che rendono obbligatorio per tutti gli israeliti il culto del tempio nella sua totalità, incluso il pagamento regola­ re delle decime a sacerdoti e profani ( Num. I 8 ), ma anche la consegna di primizie, primi parti, ecc. Dall'altro ci sono le leggi sociali del libro del pat­ to e del Deuteronomio con il divieto degli interessi (Es. 2.2.,24; Deut. 23, 20; d. Lev. 2 5 ,36 ss.), la remissione periodica dei debiti ( Deut. 1 5,I ss.), la liberazione degli schiavi (Es. 2I,2 ss.; Deut. I 5 , 1 2 ss.), l'asilo per lo schiavo fuggito ( Deut. 1.3,16 s.), in generale la protezione per tutti i so­ cialmente deboli. È specialmente l'unione delle leggi preesiliche più anti­ che con quelle sacerdotali che rende possibile un chiaro riferimento alla costellazione sociale nella provincia di Giuda dell'epoca persiana. In que­ sto periodo non predominano soltanto le leggi sacerdotali, come di fatto si è a lungo supposto al seguito di Wellhausen. Il significato dell'accosta­ mento e della coesistenza delle diverse tradizioni può essere capito proprio a questo punto. C'è un documento che sottolinea chiaramente questa tendenza. È l'im­ pegno a osservare una serie di leggi attuali e importanti tratte dalla torà che si può leggere in Neem. IO. Secondo questo testo ci si impegna per iscritto ( Io,I ) a osservare i seguenti dieci requisiti della legge: 1 . niente matrimoni misti (v. 3 1 ); 2. sabato (v. 3 2a); 3· anno sabbatico con la remissione dei debiti (v. 3 2b); 4· pagamento di un terzo di siclo come tassa annuale per il tempio de­ stinata a finanziare i pani della presentazione e i regolari sacrifici pubblici, inclusi i sacrifici per il peccato (�a(rd 'ot) in favore del popolo (vv. 3 3-34); 5· rifornire regolarmente il tempio di legna (v. 3 5 ); 6. primizie (v. 36); 7· primi parti (v. 37); 8. tributo di farina, frutta, mosto e olio per i sacerdoti (v. 3 Sa); 9· decima (vv. 38b-4oa); IO. darsi cura del tempio (v. 4ob). Si tratta del più antico documento pervenuto di un'esposizione appro­ fondita della torà. Vari indizi fanno pensare che esso provenga da un'epo­ ca in cui il testo del Pentateuco non aveva ancora ricevuto la sua forma ca­ nonica definitiva. La richiesta di una tassa regolare di un terzo di sido in

D Pentateuco nel campo di forze politiche e sociali

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favore del tempio è attestata soltanto qui. In Es. 30,n ss.; 3 8,25 s. si par­ la invece di mezzo siclo e su questa menzione di una tassa che in origine veniva pagata una volta soltanto si baserà più tardi la tassa giudaica per il tempio.' Considerazioni di tipo generale suggeriscono anche che la tas­ sa più alta rappresenti anche la versione più recente. È controverso se in Neem. IO si tratti di un documento precronistico, ad esempio del tempo di Neemia,3 oppure no.4 Poiché il testo ha chiare allusioni a problemi ri­ correnti nel memoriale di Neemia, specialmente a Neem. I 3 , ma presenta d'altra parte anche altri temi,l molti lo ritengono un documento di età più recente.6 Nel libro di Neemia la menzione della remissione dei debiti il set­ timo anno ( 1 0,3 2b) ha un riscontro soltanto in Neem. 5, ma prevede una remissione a scadenze regolari e non solo una tantum. Particolarmente sin­ golare è la modalità dell'impegno personale messo per iscritto in forma so­ lenne ( I o, 1. 3 1 F che corrisponde allo stile col > (nrs), certo non da Lev. 2.5,I-7 bensì da Es. 2.3,u, quindi dal libro del patto. E il problema dei matrimo­ ni misti, tema tanto rovente e combattuto ai tempi di Esdra-Neemia, che al v. 3 I forma segnatamente il culmine dell'impegno, è un'attualizzazione di Es. 34,I6; Deut. 7,3 ' resa necessaria dall'esilio e non ha, in questa ra­ dicalità, base alcuna nei testi sacerdotali. • Libro del patto, Deuteronomio e legge sacerdotale: tutti e tre i grandi codici costituiscono la base di Ne­ em. Io: la componente giuridica del Pentateuco è presente al completo. Neem. IO è al tempo stesso un'attestazione rimarchevole degli inizi del­ l'interpretazione legale, come Clines ha mostrato efficacemente.3 Il modo in cui i testi biblici vengono recepiti e applicati è per certi versi analogo ai principi metodologici della futura ermeneutica rabbinica. La norma in sé, ad esempio, viene sostituita da una procedura per la sua applicazione pra­ tica, per esempio quando si ottempera alla disposizione di tenere peren­ nemente acceso il fuoco per gli olocausti ( Lev. 6,5 s.) mediante l'impegno meticolosamente regolamentato di procurare la legna necessaria. Oppure quando il meccanismo della consegna delle decime che s'inceppa di conti­ nuo ( Neem. I J ,IO ss.; Mal. 3,8) viene fatto funzionare mandando coloro che ne fruiscono, i !eviti, a raccoglierle - sotto il controllo di un sacerdote - all'origine, cioè presso i contribuenti (vv. 3 8b s.). Qui viene messo in pra­ tica quello che poi il trattato mishnico A bot chiamerà fare «un recinto at­ torno alla torà » (Ab. r , r ) 4 e collega i commentatori rabbinici agli uomi­ n i della grande assemblea, dunque all'epoca dopo Esdra. Neem. IO dimostra ciò che è anche altrimenti chiaro: con la nascita del Pentateuco sorge l'esigenza della sua interpretazione. Quali leggi debba­ no valere nella prassi, come possano integrarsi nell'unità dell'azione le diverse formulazioni: tutto ciò ha non solo bisogno, come ogni legge, di un'interpretazione continua mediante la prassi e nella prassi, ma ne ha un bisogno assoluto perché il fatto che il Pentateuco sia composto proprio di corpora diversi e non armonizzati, rende l'interpretazione indispensabile in misura infinitamente superiore. La compilazione di leggi radicate in ambiti sociali dagli interessi molto diversi e il modo in cui queste vengono connesse già in Neemia stesso, ma soprattutto in Neem. r o, consentono di pervenire a conclusioni piut­ tosto certe riguardo alle forze che stanno dietro al documento di Neem. IO o quantomeno alla sua applicazione nella provincia di Giuda. Deter­ minante è la convergenza degli interessi dei liberi agricoltori col persona­ le addetto al culto.s La grande importanza della tematica dell'indebitar Cf. sopra, pp. r 6 s · r 68 . 3 Clines, Nehemiah ro.

4

2 Cf. sopra, pp. 365 ss. Cf. Zeitlin, Halaka, I7; Patte, Early Jewish

Hermeneutics, o 07 ss.

s Blum Pentateuch, 3 59 critica le mie precedenti (in Perserz.eit, 1. 1 4 s.) affermazioni in l'ui p:u­ lavo di «compromesso» e di ·�coalizione . . . l .a prima espressione pntrehhe sil.·uramc.·ntc.· pn•,tar'l

Il Pentateuco nel campo di forze politiche e soc iali

42. I

mento in tutte le società antiche comparabili in generale conferisce all'ac­ cettazione ufficiale di Deut. I 5, I ss. un peso tale da compensare eviden­ temente, nell'ottica degli interessati, il peso delle molte tasse e diritti di cul­ to.' Questa Q uesta è tuttavia evidentemente l'opinione di Schmitt, Plagenerziih/ung, 199 s. quando critica le mie tesi (Perserzeit). A suo parere vi furono «ambienti profetici che collaborarono alla stesu­ ra del Pentateuco» (p. 101). Tuttavia né la ricezione, senz'alrro non discussa, di tradizioni pro� fetiche né l'indicazione che «l'imponente opera dei libri profetici veniva portata a termine in questo stesso periodo" (p. 101 ) possono confutare che il tratto decisivo sia del profetismo con­ temporaneo sia delle redazioni profetiche, cioè un orienramenro escatologico generale� nel Pen­ tateuco proprio non c'è affatto. Ciò che impronra tanto figure come Esdra e Neemia quanro le affermazioni centrali del Pentateuco non è la speranza in un intervento di Dio che sovvenirà il mondo, bensì la messa in pratica della torà nel presente e l'apertura politica di uno spazio per questa possibilità. All'epoca della composizione del Pentateuco questa è un'antitesi (e lo fu an­ cora, ad esempio, per i sadducei). Che si tranasse di un'antitesi non assoluta, bensì che consen­ tiva una complementarità, è giusto; ma dal punto di vista della storia del canone resta il predo­ minio della rorà. Per il rapporto cf. ad esempio anche W.H. Schmidt, Pentateuch und Prophe­ tie. Quando critico le tesi di Ploger (Theokratie, r 29 ss.; per il dialogo cf. Schmitt, Plagenerziih­ lung, 202.) il punco sul quale insisto è che nel giudaismo postesilico esistono chiaramente alme­ no tre correnti principali (e l 'ipotesi di �forme di mediazione» non corrisponde ai dati, contro Schmitt 202 n. 3 5 ) . Molte confusioni nel dibattito sono dovute proprio e solo al tentativo di ri­ durre le tre correnti a due soltanto. 3 Per il ruolo ambivalente dell'Egitto in tale contesro cf. sopra, pp. 423 s. 4

Contro Schmirt, Plagenerziihlung, si deve ricordare che decisivo è solo l'effetto linale, non la J"'TOvenienza di esprrssioni lingu istiche. morivi, en:. c;.e'-·ondo b sror ia dcllt.• rradi:tioni.

Il Pentateuco nel campo di forze politiche e sociali

42. 7

tratti effettivamente in Num. 2.4,2.4 e a chi si riferiscano le navi dei kittim non è appurabile con certezza. ' Potrebbe trattarsi ugualmente di un'allu­ sione criptata ad Alessandro Magno e alla fine del dominio persiano. In Deut. 3 2.,43 si hanno poi differenze testuali notevoli tra il testo masoreti­ co, Qumran e i LXX, così che è quasi impossibile stabilire con una qual­ che certezza il testo originario.' A prescindere da questi due passi margi­ nali, il Pentateuco non contiene niente che potrebbe essere considerato un pericolo per la potenza persiana. d) Le province limitrofe. La promessa aperta Neemia, forse anche Esdra,3 ha operato da governatore (pe�a) della pro­ vincia di Giuda, che era la parte autonoma della satrapia e indipendente dalla Samaria.' Giuda 5 è una creazione di modeste proporzioni: da Bet­ Zur a Bete) il territorio si estende da nord a sud per circa 50 km. D al libro di Neemia si capisce chiaramente che le province confinanti mirano a im­ pedire a ogni costo la ricostruzione delle mura (Neem. :z., 1 9 s.; 3,33 ss. ecc.), come già lascia intendere anche la cronaca aramaica (Esd. 4,8 ss.). l conflitti arrivano al limite dello scontro armato (Neem. 4,1 ss., spec. v. 10). Per scoprire quanto il Pentateuco afferma di fondamentale riguardo al tempo in cui ricevette la sua forma definitiva basta solo confrontare una cartina della provincia d i Giuda comprendente anche le regioni circostan­ ti: Samaria, Ashdod, ldumea, Moab e Ammon," con i luoghi e i territori promessi di volta in volta ai patriarchi. Questi vengono nominati anzitut­ to in Gen. 12. in occasione del viaggio di Abramo attraverso il territorio promesso. Egli arriva in primo luogo a Sichem, riceve la promessa «darò questo paese ai tuoi discendenti» e costruisce un altare (Gen. 1 2.,6 s.). Poi si accampa tra Betel e Ai, edifica un altare, per spostarsi subito dopo nel Negeb {vv. 8 s.). E così come in questa fase iniziale la narrazione continua, e l'itinerario con essa, attraverso tutti i numerosi testi contenenti la pro­ messa, fino alla grande conclusione in Deut. 3 4 · Secondo l'ultimo capito­ lo del Pentateuco, dall'alto del monte Nebo jhwh mostra a Mosè, poco pri­ ma della morte, tutto il paese che si stende ai suoi piedi e che viene descrit­ to con precisione topografica: «tutto quanto il paese, Galaad fino a Dan, r Le interpretazioni dell'oracolo oscuro spaziano dai popoli del mare (Vetter, Seherspruch, s s s.) 6no al regno dei Seleucidi (Noth, Numeri, 169). 1

Cf. ad esempio Bogaert,

Trois rédactions; Luyten, Overtones. Role.

3 Così ad esempio Margalith, Politica/ 4

Per il problema della data d'inizio di tale autonomia cf. sopra, p. 414 n. 1.

s Per le questioni relative alla provincia di Giuda v. Stern, Province; McEvenue, ture; cf. anche Betlyon, Provincia/ Govemmetll. 6

Cf. ad esempio Alt, ]udas p. 74).

no a

Politica/ Struc­

Nachbarn e ora spec. Lemaire, Populations et territoires (con carri·

428

Il Pemateuco in quamo rorà

tutto Neftali, il paese di Efraim e di Manasse, tutto il paese di Giuda fino al mare occidentale e i l Negeb e il bacino del Giordano, la pianura di Ge­ rico, la città delle palme, fino a Soar» ( 3 4,1-3). Tutto ••questo è il paese ri­ guardo al quale feci ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe questo giuramen­ to: lo darò ai tuoi discendenti» (v. 4). A Mosè non è concesso porvi piede, ma anche il giudaismo dell'epoca persiana ne possedeva solo una minima parte: di tutti i territori elencati in Deut. 34 si tratta solo di Giuda, appunto, ma non fino al mare, e della re­ gione di Gerico. Tutto il resto che era stato promesso e giurato si trova nelle province limitrofe così ostili. Le località importanti delle promesse e delle tradizioni patriarcali come Beersheba, Hebron, Mamre, Sichem, Ma­ hanaim, per citarne solo alcune, si trovano fuori dei confini di Giuda. Betel e Ai sono località di frontiera contese. ' Soltanto una piccola parte delle promesse è dunque adempiuta, per il resto si deve ancora aspettare. Come i conflitti tra le province della regione descritti da Neemia erano possibili sotto la dominazione persiana, così era evidentemente possibile mantenere in questa maniera una rivendicazione di zone notevoli delle province limi­ trofe in quanto oggetto delle promesse del proprio Dio. Ma la promessa deve restare una promessa. Per la conquista del paese con le campagne militari di Giosuè e la sua distribuzione alle tribù d 'Israele non vale lo stesso principio. La torà finisce con Deut. 34, con la morte di Mosè e il rinnovo della promessa. Certo si sono scoperti, o supposti, in molti passi fili letterari che escono dal Pentateuco e continuano nel libro di Giosuè e anche oltre. Ecco sorgere quindi l'idea di un esateuco originario, ecco i legami tra il Deuteronomio e l'opera storica deuteronomistica, e altri fili e nodi ancora si potrebbero nominare. Il problema dibattutissimo di perché il Pentateuco abbia costituito un'entità a sé stante, separato da tutti gli altri scritti con i quali esso o sue parti avrebbero potuto essere collegate appartiene al novero di quei problemi ai quali non è possibile dare una ri­ sposta soltanto con i metodi della critica letteraria. La chiave per capire il fenomeno si trova nel particolare valore del Pentateuco: in quanto torà di Israele il Pentateuco ha ricevuto il riconoscimento e la validità di legge im­ periale persiana. In nessun caso un racconto della conquista manu militari delle più importanti province limitrofe e della loro distribuzione a Israele avrebbe trovato posto in un documento giuridico ufficiale con una validità di questo genere. Ciò vale a maggior ragione per le tradizioni dei libri di Samuele che mirano alla creazione di un proprio stato nazionale. Soltanto in un'epoca diversa, e anche allora con una dignità minore, questi «profeti anteriori •• poterono diventare, insieme con i «profeti posteriori •• , parte del canone.2 1

2

Welten,

Geschichte,

1 1.3 ss., spec. 1 28.

Per il canone dei proferi cf. ora S[eck.

Kanon:,

Idem, AbsdJ/uss du l'ropln•tù•.

3 · ASPETII D ELLA COMPOSIZIONE E SUA TEOLOGIA

a) Lo sfondo: un principio giuridico persiano? Il tentativo che segue di ricercare il senso teologico interno della composi­ zione del Pentateuco dovrà limitarsi ad alcuni pochi aspetti particolarmen­ te vistosi e importanti. Non solo una creazione così corposa e complessa rende in ogni caso difficile la ricerca del suo senso storico, ma alcune delle sue caratteristiche strutturali non fanno affatto sperare di poter arrivare a un risultato chiaro, bensì faranno sempre apparire, in ogni caso, il suo sen­ so incompiuto. In questo quadro rientrano la contiguità tra narrazione e legge, ' vi rientra però anche la caratteristica tipica di combinare insieme in un'unità più leggi di età diversa che si contraddicono. Dal punto di vista della storia del diritto ciò è un fatto estremamente singolare che ha contri­ buito in misura fondamentale alla potenza della torà di generare da sé as­ sociazioni attuali sempre nuove. Per le esigenze dell'autorizzazione imperiale vi sarà stata una qualche necessità di presentare un'unica legge, un unico documento come legge divina del proprio Dio alla quale Israele sapeva d'essere sottoposto e che sarebbe dovuta entrare in vigore come legge del re. Un accostamento di te­ sti diversi e contraddittori era fuori discussione già per la natura stessa del­ l'impresa. Ma con ciò non si spiega affatto perché nella torà i più antichi codici giuridici d'Israele si trovino fianco a fianco senza la minima armo­ nizzazione. In linea di principio sarebbe stato facile comporre con loro un quadro unico, in sé armonico e coerente, della volontà di Dio già pre­ sente nella tradizione. Proprio ciò avrebbe dovuto fare, dal momento del­ l'entrata in vigore del documento, qualunque interpretazione giuridica­ mente vincolante. Qualcosa d'analogo si può osservare nel caso di ciascu­ no dei repertori giuridici più antichi, per quel che riguarda lo scritto sa­ cerdotale fino in età postesilica. Se le nostre analisi letterarie vedono giu­ sto, ciascuno di questi corpora ha conglobato materiali più antichi, picco­ le raccolte di norme precedenti, creando con questa materia una nuova unità relativamente omogenea. Perché mai ora non si è proceduto alla stes­ sa identica maniera? Perché invece di questa prassi venne scelto un prin­ cipio additivo che portò a tante ripetizioni e a contraddizioni tanto palesi? Per spiegare questo enigma non basta ricordare l'intangibile dignità dei testi più antichi. Infatti la questione è proprio questa, come mai e perché nel tempo relativamente breve trascorso a partire dall'esilio o dalla com­ posizione dello scritto sacerdotale l'atteggiamento verso la propria tradi­ zione sia mutato tanto. Perché questi testi sono considerati adesso più o meno sacrosanti nel tenore e nella lettera, tanto che neanche ciò che chia­ ramente non era più praticabile non poteva né doveva essere più cancella­ ' Cf. ad L''l'llll"io N;.t suti, ldc·ntity.

4 30

Il Pentateuco in quanto rorà

to e ciò che era diverso poteva e doveva essere mantenuto fianco a fianco? Nell'Antico Testamento si trova un parallelo a una simile idea d'immu­ tabilità del diritto scritto, che propongo tentativamente di utilizzare per giungere a una spiegazione. In Est. 8 la regina Ester prega il re di annul­ lare l'editto scritto che aveva inviato precedentemente in tutte le province con l'o rdine di procedere allo sterminio dei giudei (v. 5 ) . Il re, che nel frat­ tempo ha cambiato totalmente parere, risponde: • propria dei persiani. Purtroppo mancano attestazioni; per la documen­ tazione veterotestamentaria v. p. I I 8 .

3 Talora (ad es. Porteous, Daniel, 7Z s.) si rimanda impropriamente a Diodoro Siculo 1 7,30 do· ve l'irrevocabilità riguarda un'esecuzione preceden[e (cf. Frei, Zentralgewalt, 36 n. 64).

4 Frei, Zentralgewalt, 2 3 ss.

s Nell' iscrizione alla l. 19 si legge: •questa legge egli l'ha scritta• (dth dk kth), con n�unrdo o l· la delihera della comunità di Xanro (Il. 6 s.). V. Dupont-Sommer in Mrrzger, Xantlws VI, r \6 '·

Aspetti della composizione e sua teologia

43I

che che in questa pratica si possa ••vedere l'origine dell'autorizzazione im­ periale ».' Quando determinate norme ad esempio di istituzioni locali ven­ gono sottoposte agli organi imperiali e sono da questi messe per iscritto, esse acquistano con ciò stesso forza giuridica a tempo indeterminato. Desidero ora sottoporre alla discussione se non si possa e non si debba supporre un nesso tra questo principio del diritto persiano e le caratteri­ stiche suddette della rorà.' Se Esdra o altri, prima o dopo di lui, avessero nuovamente utilizzato il proprio più antico diritto scritto nell'impero per­ siano e fossero ricorsi a esso per ottenere l'autorizzazione imperiale, sa­ rebbe stato naturale, e forse inevitabile, considerare la propria tradizione in ma niera analoga a quella persiana e quindi il modo di agire di Jhwh in analogia con quello del gran re di Persia. Quel diritto scritto più antico che Israele possedeva e che era stato emanato in nome di Dio, non poteva es­ sere annullato e avrebbe avuto validità eterna: restava in vigore a tempo in­ determinato perché era stato messo per iscritto. Aspetti diversi e contrad­ dittori potevano, anzi dovevano essere fatti convivere senza alcuna armo­ nizzazione. L'obbligo dell'armonizzazione concreta, il principio secondo cui di volta in volta procedere nella realtà venne quindi delegata agli esper­ ti della Scrittura e del diritto. Con questo procedimento, la cui logica interna non può essere deriva­ ta dalla storia precedente del diritto d'Israele, si creò qualcosa di fonda­ mentale per il canone biblico. La contiguità e compresenza di testi che, pur essendo tutti parti dell'unico documento ufficiale canonico, si contraddi­ cevano direttamente a vicenda su punti anche non marginali, conduce a qualcosa che si potrebbe definire ••tolleranza••. La volontà di Dio non è un sistema più o meno coeso, non è un principio d'integrazione di molte ve­ rità in un'unità. Essa abbraccia cose che si escludono vicendevolmente. E ciò non solo nella contiguità del presente, bensì in essa è contemporanea­ mente valido ciò che proviene da tempi e periodi del tutto diversi. Il cano­ ne che nasce con la torà funge nelle diverse epoche da base stabile e per­ manente soltanto perché chiarisce continuamente il significato delle situa­ zioni e delle sfide più diverse e aiuta a capirle. Questa qualità dipende tut­ tavia dalla struttura interna del testo canonico stesso e le corrisponde. È questo tratto della composizione del Pentateuco che aggiunge ai corpora preesistenti ciò che è veramente nuovo. In verità la sua forza diventa viPunroppo il seguito, decisivo per una spiegazione adeguata, è corrotto. Il testo affatto incom­ prensibile (mhssn) va certo. leno secondo la congettura di Dupont-Sommer (mhhsn). Frei inter­ preta il testo accogliendo una possibilità di lettura prospettata da Dupont-Sommer: •a ffinché si osservi• (Zentralgewalt, 24 s. spec. n. 73) così che la validità gi u ridica sarebbe legata specificamente al fatto della messa per iscritto. 1 Frei, Zentralgewa/t, 2 5 . • Ci. llardrke, Esther, 368 n. 3 ch e, d a un altro punto d i vista, paragona questa •crudeltà delle ���i umane rigide e irrevocabili., con le caratteristiche, presumibilmente analoghe, della legge t•hroli,:a.

Il Pentateuco in quanto rorà

4 3 :z.

sibile solo nell'intera storia della sua ricezione, ma in questa sede non si può far altro che attirare l'attenzione su alcuni caratteri di questa rorà. b) «Che Dio non ci parli» (Es. 2.0, I9). La funzione del decalogo

Il decalogo (Es. :z.o; Deut. 5) riveste un ruolo non certo secondario nella composizione del Pentateuco. In quanto prologo della legge centrale del Si­ nai in Es. :z.o esso si distingue dalla massa restante delle leggi per essere, esso solo, proclamato al popolo come diretta parola di Dio. Si arriva alla posizione di mediatore di Mosè solo in seguito alla reazione del popolo terrorizzato che non riesce a sostenere il discorso diretto rivoltogli da Dio ( 20, 1 9 ) . La funzione letteraria di legamento svolta da questo testo appare chiaramente in maniera esemplare quando in Es. :z.o,I 1 la motivazione del comandamento del sabato - diversa dal passo parallelo di Deut. 5 - si richiama a Gen. 2.,1-3 e quindi all'inizio dell'opera gigantesca, mentre, d'altro canto, il decalogo e la sua proclamazione vengono ripetuti in Deut. 5 e quindi esso diventa uno dei mezzi per legare il Deuteronomio all'ope­ ra altrimenti tanto diversa del tetrateuco. Questa funzione letteraria di ri­ mando corrisponde alla posizione del decalogo secondo la storia delle tra­ dizioni. Nel complesso il decalogo è innegabilmente molto vicino al Deute­ ronomio e alla sua teologia, ma la versione di Es. 2.0 è stata chiaramente ampliata e rielaborata nello scritto sacerdotale. L'unità della caleidosco­ pica pericope del Sinai con i suoi molti diversi materiali deve la sua forma al decalogo. Questa posizione particolare del decalogo nell'unirà compositiva della legge veterotestamentaria dovrà essere trattata nelle pagine che seguono.' Nella sua forma attuale essa si è senza dubbio consolidata nelle ultime fa­ si della storia della redazione, avendo come modello immediato per Es. 2.0 l'esposizione molto più stringente di Deut. 5! Che cosa comporta il risal­ to dato a questo testo rispetto al resto della rorà ? x Per il decalogo stesso cf. Crtisemann, Dekalog. Tutto sembra indicar< che esso è da collocare nelle immediate vicinanze del Deuteronomio e quindi dipenda già dalle strutture fondamentali della rorà che sono nate col libro del patto e le espliciti in breve. Il suo contributo alla storia ve­ terotestamentaria del dirino consiste, prima e oltre la suc•k.1/og; Ni�.:hoi'Oon. lkc.lloguc. Cf. or;l otndu· l .oh

Pcrlirr.

Aspetti della composizione e sua teologia

43 3

Dal punto di vista teologico il problema riguarda una questione certo non di poco conto: il valore del decalogo nella teologia cristiana, nella sua etica e in particolare nella sua catechetica. Sin dai tempi della chiesa anti­ ca il decalogo vi ha avuto un ruolo particolare molto più delineato e im­ portante rispetto al resto della torà. 1 Il decalogo viene considerato un rie­ pilogo della volontà divina che non conosce età, essenza del diritto natu­ rale e dell'etica biblica. Mentre da tutto il resto del contenuto della torà vennero ripresi, in maniera più casuale ed eclettica, solo pochi elementi che vennero arrivati in un'ottica cristiana, la storia cristiana del decalogo è stata sin dall'inizio ben diversa. L'esegesi e la tradizione giudaiche hanno sempre guardato con occhio molto critico a questo ruolo particolare del decalogo cercando di evitare che esso venga a occupare una posizione ana­ loga nel proprio ambito! A ben guardare risulta ben presto evidente che un ruolo particolare di tanto spicco del decalogo non può giustificarsi col suo contenuto. Il decalogo non può essere considerato una sorta di riepi­ logo o di essenza della torà né evidentemente intese mai esserlo: vi man­ cano del tutto troppi temi centrali della torà che vi possono essere letti o in­ travisti solo forzando il testo con mano più o meno pesante, come mostra la storia della sua interpretazione.·' Ponendo la questione del significato, del ruolo e della funzione della po­ sizione di spicco data al decalogo nella forma canonica del Pentateuco e della pericope del Sinai, ciò cui si vuole arrivare è questo: se il tradiziona­ le ruolo particolare del decalogo possa essere legittimato esegeticamente. Il decalogo vuole e deve ergersi in qualche maniera sul resto della torà ed essere considerato somma e ricapitolazione della volontà divina? Si può giustificare col decalogo l'oblio negligente in cui è caduta la torà nella tradi­ zione e nell 'etica cristiana? Nel ricerca veterotestamentaria, dopo alcuni pochi pionieri la funzione canonica peculiare del decalogo è stata ultimamente messa in chiaro effica­ cemente da Norbert Lohfink,< il quale affronta il problema in modo nuo­ vo dopo aver convincentemente bocciato tentativi anteriori servendosi co­ me esempio della concezione di Claus Westermann.5 Questi crede di po­ ter rilevare una distinzione fondamentale tra comandamento e legge, la cui importanza andrebbe rintracciata fin nel cuore della teologia della legge di Paolo, e a questo scopo ha richiamato l'attenzione sia sulla terminolo­ gia giuridica ebraica sia sull'età e la provenienza delle tradizioni stabilite link, Unterschied, 76 s. Naturalmente ciò non significa che sia stato del tutto chiarito il rapporto tra le versioni del resro. Cf. il recente studio di Graupner, Dekalogfassungen; Hossfeld, Deka·

Unterschied, 7 5 · Qui questo aspetto dev'essere lasciato del tutto aperto. Décalogue; Rothlisberger, Kirche am Sinai. • Cf. Sremberger, Dekalog, 99 ss.; cf. anche Vermes, Decalogue; Vokes, Ten Commandments; Schrciner, Dekalog. 4 l .nhlink, llnterschied.

log{assungen; 1

Lohlink,

Cf. Bourgeault,

4 34

Il Pentateuco in quanto torà

da Albrecht Alt. Tutto ciò non sta in piedi non potendosi fondare né sui dati testuali né sul dibattito nella ricerca più recente. In particolare, sot­ tolinea Lohfink, il decalogo è parola di Dio non diversamente da come lo sia anche il resto della torà, e non consente d'essere distinto da questa. La posizione teologica particolare del decalogo, che in ultima analisi vie­ ne a coincidere con la visione di Westermann e della teologia cristiana in generale,' a detta di Lohfink si deve piuttosto e soltanto alla funzione che la composizione canonica attuale attribuisce a questo testo. Sia l'esposizio­ ne di Deut. 5 , più antica, sia quella di Es. 20 farebbe riconoscere una «dif­ ferenza» d'importanza fondamentale tra il decalogo e il resto della torà, differenza che sarebbe della massima rilevanza per l'intero A.T. e dalla quale sarebbe senz'altro impossibile prescindere! In virtù della sua posi­ zione nella composizione canonica gli spetterebbe che si riferi­ sca «in qualche modo>> ai contenuti del decalogo stesso. Anzitutto l'affermazione del testo biblico stesso si muove tuttavia in en­ trambi i passi (Es. 2.0 e Deut. 5 ) in una direzione affatto diversa. La dif­ ferenza tra il decalogo e tutto ciò che segue consiste unicamente e soltan­ to nell'essere un discorso diretto di Dio. La differenza sta nel modo non nel contenuto. Da nessuna parte si accenna mai che in questa maniera sia stato comunicato qualcosa di intrinsecamente diverso e particolare rispet­ to al resto della torà. E per ciascuna delle leggi del decalogo vi sono come si sa riscontri più o meno precisi in altre parti della torà. Certo le formu­ lazioni del decalogo sono spesso più generiche e coprono più possibilità di trasgressione: ma tutto ciò non ha niente a che vedere con l'atempo­ ralità. Non si può contestare che per una raccolta di leggi l'inizio formuli sempre qualcosa di particolarmente importante per tutto il testo in que­ stione come indicano gli inizi di tutte le raccolte bibliche di leggi e come indica anche l'apertura del decalogo stesso. Tuttavia non si dà mai l'im­ pressione che il cappello di un discorso potrebbe riepilogare tutto il resto, avere maggiore dignità del resto o che tutto il resto non ne sarebbe che uno sviluppo. In particolare non si può affatto presupporre storicamente, per quel che riguarda i redattori, l'idea che le singole raccolte di leggi, tal­ mente concrete, che il libro del patto, il Deuteronomio e la legge sacerdo­ tale così legati al loro tempo con i loro rimandi puntuali e concreti, quin­ di la volontà di Dio espressa in essi, cambiasse con le circostanze e potes­ se addirittura decadere del tutto. Questa idea non è forse, in fondo, un pro­ dotto della coscienza storica moderna, un'idea ancora impensabile in buo­ na parte del XVIII secolo? Proprio il processo d'integrazione nell'unica ro­ rà di leggi di età molto diversa con regole minuziose molto differenti fa chiaramente capire che non si pensasse in questi termini. E lo stesso fa capire anche tutta l'ulteriore storia del diritto ebraico. Certamente, nuove situazioni possono rendere di fatto inapplicabili, del tutto o in parte, leg­ gi antiche ed è dimostrabile che ciò sia vero per la legge sulla monarchia, le lem�i sui sacrifici c alcune leggi sociali. Tuttavia la volontà di Dio espres1

l uhlink. llnlf'r!ifhw�l.

H 1.

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Il Pentateuco in quanto torà

sa in loro continua a sussistere e non viene affatto relativizzata storicamen­ te. E non è affatto necessario far notare che, d'altra parte, per la coscien­ za storica moderna anche il decalogo sia sottoposto, come tutto ciò che è umano, alla legge della mutevolezza. No, per quel che riguarda la posizione particolare del decalogo il testo di Es. 20 afferma, come quello di Deut. 5 , qualcosa di ben diverso di ciò che intende Lohfìnk. È giunto il momento di chiarire questo punto. La po­ sizione particolare del decalogo non è dovuta a un suo qualche contenu­ to, bensì solo al modo della comunicazione, il discorso diretto di Dio. Si tratta di un problema di comunicazione. Il desiderio del popolo d'inter­ rompere la comunicazione diretta con Dio dopo questo atto iniziale rap­ presenta l'eziologia per la mediazione di Mosè nella comunicazione di tut­ ti gli altri comandamenti. È documentato che l'autorità di Mosè non an­ dava indenne da critiche. In Num. 1 2,2 Miriam e Aronne chiedono: «]hwh ha ora parlato unicamente col solo Mosè e non anche con noi?» (cf. an­ che Num. 1 6 s.). Ma in Es. 20 / Deut. 5 non si tratta di una tale discutibi­ lità dell'autorità di Mosè. Non è in gioco un'alternativa a Mosè e Deut. s, il documento primario che ha improntato la forma del decalogo, lascia inoltre che il tutto venga ricapitolato, e quindi formulato da Mosè stesso nel suo discorso. Qui Mosè non è quindi messo affatto in discussione. Per poter rintracciare il significato di questa posizione particolare del decalogo si dovrà partire da Deut. 5 in quanto documento base di Es. 20: «Poiché il decalogo si trovava in Deut. 5 la redazione del Pentateuco do­ vette più tardi inserirla anche nella pericope del Sinai contenuta nel libro dell'Esodo>>, un'affermazione di Lohfink senz'altro condivisibile.' Soltan­ to in questo modo fu possibile collegare letterariamente tetrateuco e Deu­ teronomio. Qui si deve ricordare:• che Deut. 5 è una nuova versione della tradizione delle tavole di Es. 34, che con una trasformazione critica sostituì il testo cultuale di Es. 3 4, 1 1 ss. con il decalogo in una formulazione d'ispirazione deuteronomica; che questa è probabilmente già una reazione all'inserimento di Es. 3234 nello scritto sacerdotale e che in questa maniera la legge deuteronomica viene parimenti legata in­ direttamente anch'essa al Sinai, il luogo della legislazione dall'importan­ za sempre più crescente (Deut. s,J I). In breve, l'ampliamento della legge deuteronomica più antica con Deut. 5 e con il decalogo in esso riportato ha soprattutto la funzione di collega­ re la legge proclamata in Moab col nuovo luogo del dono della legge. Il di­ segno che era stato concepito in primo luogo come contromossa per neu­ tralizzare la concezione sacerdotale si dimostra valido e diviene ancor più 1 •

Lohfink, Unterschied, 76; cf. sopra, p. 4 3 2 e K o ss.

Cf. sopra, pp. n7·70

n.

2.

Aspeni della composizione e sua teologia

43 7

significativo con la composizione del Pentateuco canonico. Se Es. 20 è sta­ to configurato secondo il modello di Deut. 5 ed è al tempo stesso espres­ sione della stretta affinità tra strati deuteronomici e sacerdotali, basta que­ sto per capire il significato della posizione particolare del decalogo. La rivelazione di Dio al Sinai si apre con il decalogo nella sua concisa ed efficace formulazione. Il decalogo è l'importante proemio, non certo la summa di tutto il resto. Poiché il popolo non è in grado di sostenere il di­ scorso diretto di Dio, Mosè assume la posizione di mediatore. Tutte le al­ tre leggi vengono emanate nell'incontro a due tra Mosè e Dio sul monte per venire poi comunicate al popolo solo più tardi. In questo modo que­ ste leggi vengono a trovarsi tutte sullo stesso piano, a essere tutte uguali e nessuna ha la precedenza o vantaggi sulle altre. Lo scritto sacerdotale è emanato come discorso di Dio a Mosè sul monte. Le sue leggi sono tutte introdotte in maniera stereotipata con variante della frase ••Jhwh parlò a Mosè: Di' agli israeliti . . . ,, . Soltanto in rari casi si racconta l'esecuzione dell'ordine divino e le sue conseguenze.' Viceversa, la legge deuteronomi­ ca viene comunicata oralmente da Mosè al popolo radunato in Moab nel­ la pianura di fronte a Gerico. Non si apprende mai quando dove e come Dio gliel'abbia comunicata. Per quel che riguarda queste circostanze c'è soltanto la breve dichiarazione sommaria di Deu t. 5.3 1. Come il libro del patto, entrambe le leggi provengono dall'incontro a due tra Dio e Mosè sul Sinai. Il Deuteronomio non è così una ••seconda legge », lo scritto sa­ cerdotale non può vantare alcuna superiorità per la sua origine sinaitica. È qui che si colloca la vera importante funzione della posizione partico­ lare del decalogo, più esattamente della interruzione di questo inizio della comunicazione della legge e dell'introduzione della funzione di mediatore di Mosè. La posizione particolare del decalogo consegue la pari dignità, di principio teologica e sostanziale, di tutte le leggi che, tutte insieme, costi­ tuiscono il Pentateuco. La formulazione di Lohfink secondo cui col deca­ logo e la sua posizione ••si ottenne in Israele una relatività storica di tutte le altre tradizioni giuridiche>> • mi trova quindi totalmente consenziente, se essa volesse tuttavia significare qualcosa di diverso da ciò che intende in­ vece l'autore. Il decalogo non rivendica alcuna dignità superiore a quella delle altre leggi, in nessun passo si trova alcuna sia pur minima allusione a un'idea del genere. Tutto quanto è parola di Dio e tutto quanto è sua per­ durante volontà. Ma poiché tutto il resto viene comunicato unicamente a Mosè, le differenze tra le leggi si relativizzano e non ha più alcuna impor­ tanza se la legge è formulata come discorso d i Dio al Sinai o come discor­ so di Mosè in Moab. 1 Così le istruzioni di Es. l.S ss. vengono eseguite in Es. 35 ss., Aronne viene consacrato sacer­ dote. ecc. Ma in panicolare i comandamenti a pani re da Lev. 1 I sono esclusivamente discorso di Dio e manca l'indicazione che essi vengano riferiti al popolo. Lohfink, Unterschied. R 1 .



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ll Pentateuco in quanto torà

La posizione particolare occupata fin qui dal decalogo nell'etica cristia­ na dev'essere considerata una strada esegeticamente sbagliata. Né l'esege­ si del decalogo né quella delle altre leggi né quella del racconto delle dif­ ferenze nelle rispettive comunicazioni è in grado di giustificare questa po­ sizione particolare. Secondo il testo canonico deii'A.T. il decalogo è vo­ lontà di Dio nello stesso medesimo senso in cui lo è tutto il resto della to­ rà. Il decalogo non ne è la ricapitolazione, come non lo è dei suoi principi eterni. I molti tentativi di ricavare solo dal decalogo l'unica completa vo­ lontà di Dio finirono in una problematica riduzione e sono collegati in ma­ niera evidente con gravi travia menti della storia della chiesa e del compor­ tamento cristiano in essa. La differenza nei riguardi del resto della rorà si limita al modo della comunicazione e che cosa ciò significhi si desume dal­ la storia della composizione. Il decalogo, più precisamente il cambiamen­ to che gli ha fatto seguito nei modi della comunicazione, funge da rad­ drizzatore dei corpora tanto diversi che convivono nella pericope canoni­ ca del Sinai e nel Deuteronomio. Essi sono tutti parola di Dio e tutti han­ no pari dignità. I tentativi, duri a morire, di distinguere intrinsecamente il decalogo dal resto ed elevando esso soltanto a base dell'etica cristiana han­ no reciso il cristianesimo dalla torà d'Israele. Questi tentativi sono esegeti­ camente insostenibili e teologicamente da sospendere. c) «Tutta la comunità è santa» (Num. I6,J). Il conflitto aperto

Per l'occhio educato da duecent'anni di critica del Pentateuco l'opera gi­ gantesca sembra disgregarsi, quasi in ogni passo, in una miriade di ma­ teriali, strati e complessi eterogenei. Tuttavia la maggior parte delle ipo­ tetiche antitesi e incoerenze non sono state avvertite come tali da molte generazioni di lettori, non certo acritici, della Bibbia. E non pochi di que­ sti supposti contrasti, alla luce di una diversa prospettiva appaiono come quelle sottili crepe che si scorgono solitamente nella crosta dei dipinti an­ tichi. Fermarsi a guardare queste crepe può significare non scorgere nep­ pure il quadro del tutto armonioso. In molte, forse addirittura nella mag­ gior parte delle sezioni, tradizioni e testi affatto diversi si sono trasforma­ ti in unità sorprendentemente concise e certo né casuali né insignificanti bensì sensate, strutturate ad arte e consapevolmente. Tutto sommato ciò è vero anche per la pericope del Sinai e per i testi giuridici che vi trovano posto. Il testo attuale si presenta del tutto sensato ed espressivo soprattutto quando lo si prenda sul serio sia letterariamente sia teologicamente. Per la storia dell'interpretazione iniziata con la messa in canone, anche i chiari contrasti tra i vari corpora giuridici non costi­ tuirono evidentemente un grande prohlema. Molti di questi risultarono

Aspetti della composizione e sua teologia

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conciliabili applicando semplicemente il principio additivo a norme con­ correnti, come mostrano ad esempio le leggi sulla decima.' Su questo sfon­ do diventano allora tanto più importanti i casi nei quali un'armonizza­ zione siffatta non solo non è stata nemmeno tentata dalle redazioni ulti­ me, ma anche dove i contrasti sono più volte e chiaramente lasciati piena­ mente visibili con una onestà financo eccessiva. Al riguardo l'ambito te­ matico più importante dovrebbe essere al tempo stesso quello nel quale si trovano i contrasti più insormontabili tra le due correnti teologiche che in­ sieme hanno dato forma al Pentateuco. In questa arena avviene lo scon­ tro tra i sostenitori di una data concezione della santità del popolo e quelli dei privilegi sacerdotali. Su questo punto non c'è consenso, più precisa­ mente: il consenso riguarda unicamente il fatto di non essere d'accordo e di non cercare nemmeno di mascherare questo disaccordo. Per esaminare a fondo questo conflitto la cosa migliore è iniziare dal rac­ conto sacerdotale di Num. 1 6 che ruota tutto attorno a questo problema. Nessuno contesta che il testo attuale incorpori materiale più antico e pre­ senti visibilmente una stratificazione multipla anche all'interno del mate­ riale sacerdotale.' Ciononostante non solo è possibile, ma è anche meto­ do logicamente e concretamente appropriato leggere Num. 1 6 come unità intenzionalmente tale.1 Il capitolo si apre con Core, Datan e Abiram che insieme a duecentocinquanta rappresentanti autorevoli del popolo lancia­ no accuse pesanti contro Mosè e Aronne: « Adesso basta con voi! Tutta la comunità, tutti dal primo all'ultimo, sono santi e Jhwh è in mezzo a loro. Perché dunque vi mettete al di sopra dell'assemblea di Jhwh ? » (v. 3). Il racconto che segue, estremamente complesso, fa capire che nella scena ini­ ziale sono stati messi insieme gruppi diversi con pretese o accuse differen­ ti che troveranno anche una fine diversa. Da un lato ci sono Datan e Ahi­ ram che sostanzialmente contestano i diritti di Mosè a comandare, si dis­ sociano da lui rifiutandosi di seguirlo oltre e gli muovono accuse pesanti (vv. 1 2-q). Costoro vengono ingoiati dalla terra. Insieme con loro viene ingoiato anche Core, che qui sembra il capo di un gruppo di !eviti che ri1

Cf. sopra, pp. 176 s.

l

Cf. Magonet,

• Salvo qualche lieve differenza, l'episodio di Datan e Abiram (v v. u-1 5-15·34) viene conside­ rato un resto presacerdotale (non tenendo como delle glosse, ecc.): cf. ad esempio Noth, Penta­ teuch. 34; Idem, Numeri, 108; Frirz, WUste, 24 ss.; Coats, Rebellion, 1 58 ss.; Ahuis, AutoritJt (che tra l'altro tiene como di un ampio strato deuteronomistico); infine Schan, Konflikt, 110. V. anche Milgrom, Rebelliun, 1 3 5 s. Questo nucleo più antico si trova inserito in un nucleo P che tuttavia molti non considerano parre di pg (Norh, Pentateuch, 19 n. 59; anche senza giustifica­ zioni ad es. Elliger, Sinn, 175; Lohfink, Priesterschrift, 111 s. n. 19; Schart, Konflikt, r 37 n. r ). Tuttavia il campione delle narrazioni sacerdotali del periodo d'Israele nel deserto mostrato da Wesrermann, Herrlichkeit Gottes, u8 ss. si adatta perfettamente anche a Num. r6 (cf. Blum, Pentateuch, 267). Blum, Pentateuch, 165 s. mostra che anche lo strato P in Num. 16 non è uni­ tario, ma tiene insieme diverse pretese concorrenti .

Korah Rebellion e anche Blum, Pentateuch, 161

«.

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Il Pentateuco in quanto torà

vendicano il diritto alla dignità sacerdotale di cui sono stati privati (spec. vv. 8-I I ). Evidentemente questo gruppo mette in discussione quella diffe­ renza tra sacerdoti e )eviti che è fondamentale per la teologia sacerdotale. Infine ci sono le duecentocinquanta persone comuni che vengono definite capi autorevoli del popolo (v. 2). Questi esigono che, data la santità di tut­ ta quanta la comunità, siano aboliti i privilegi di Mosè e Aronne e quindi il sacerdozio (v. 3; cf. v. 5): per punizione vengono uccisi da un fuoco che scaturisce dal tabernacolo (v. 3 5 ) . La risposta sacerdotale a tutte queste contestazioni è un'ordalia organizzata da Mosè (vv. 5·7. 1 6-18 ). L'offerta di un sacrificio di profumi riservata ai sacerdoti fatta da persone non au­ torizzate verrà usata da Dio per mostrare chi, secondo lui, sia santo. Per il narratore sacerdotale tutti questi gruppi diversi non sono eviden­ temente che un male con una radice comune che è rappresentata dalla pre­ tesa formulata all'inizio concordemente da tutti i capi del popolo (v. 3). La santità di tutta la comunità non consente, secondo i capi, che Mosè e Aronne godano di una condizione particolare. La vicinanza di Dio a tutti gli israeliti - «jhwh è in mezzo a loro » (v. 3 ) - non sarebbe conciliabile con privilegi e gruppi di particolare santità. Per gli autori sacerdotali la prete­ sa dei levi ti al sacerdozio e quella dei profani alla santità di tutti sono in so­ stanza la stessa identica cosa. Essi pongono fondamentalmente in questio­ ne la scala di santità con i suoi vari gradi che attraversa tutta quanta l'ope­ ra sacerdotale. Quanto questo status sacerdotale di particolare vicinanza a Dio sia necessario e giovevole viene dimostrato narrativamente coi vv. 20 ss.: solo l'intercessione dei privilegiati impedisce che tutto il popolo venga sterminato. E la storia seguente in Num. 17 sottolinea una volta di più, efficacemente, il ruolo preminente dei sacerdoti. Ciò che sta dietro a questo attacco il cui fallimento viene narrato in mo­ di tanto vivaci in Num. I 6 è esattamente la concezione della santità pre­ sente nel Deuteronomio e nei testi con questo imparentati, e negli studi lo si è visto molto chiaramente.' La tesi dei ribelli di Num. I 6,3 corrispon­ de quasi alla lettera alle formulazioni di Deut. 7,6 e 14,2 (cf. anche Es. 1 9, 7). Naturalmente anche per i testi sacerdotali tutto il popolo è santificato dall'esodo e può quindi dimorare in vicinanza di Dio.' Ciò è ripetuto con insistenza ed esplicitamente 3 anche subito prima del conflitto di Num. I 6: «affinché siate santi per il vostro Dio••, recita Num. I 5,40 riecheggiando affermazioni importanti soprattutto della legge di santità (cf. Lev. 1 9,2.0 ecc.). Non è la santità del popolo a essere controversa, bensì le conseguen­ ze che se ne traggono. Secondo l'ideologia sacerdotale la santità del po­ polo non esclude la santità particolare dei )eviti e dei sacerdoti, ma anzi 1 Cf. già Bentzen, Priesterschaft, 2.8 r s. e anche spec. Weinfeld� Deuteronomy, 1'8 ss.; Friedman, Exile, 69 s.; Kraus, Heilige Vo/k, 4 r s.; Blum, Pel!/ateuch, 270 s. 3.14 s. • Cf. sopra,

pp. 372 ss.

3

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15,5

SS.: I I O

s.

1?,?·9: 1 j l 17,7: 2 J O

18,3o: S s

• s.s - 1 1: 1 5 6 s., 31o 15 , 5·10: J I 6 s.

Giosuè

18,3 I: I S J

.fts ,6 s.Io: 175 2. 5 , 1 3 - I 6: 156 S.

?,I j : IOJ

I 9 s.: 99-100

15 , 1 5 : p 8

S 19

5 , 1 0 ss.: 1 7 5

8,p: 83 8, p: J 1

I9·1 I: 96-98 I9: 1 J I

1 9 , 1 : 96, 2 J l

5 30

Indice dei passi biblici

(Giud.J I9,I6: 1 3 1

8,41: 1 3 0

U,I I : J J O, 3 J 6

1 9 , 1 3 s . : 102.

10,14: 1 9 0

u,n ss.: 3 3 6

19,}0: 1 0 2.

2.0 s . : 9 7 ., 1 00 2.0! 9 1 , 9'9

I I , I SS . : 2.95

2.2.,12.: 3 3 2.

Il.: I 1 7

u,r 3 ss.: 3 30

12.,4

u,r4: 3 3 1

ss.: 2.70, 179

2.0,6: 101

12. ,16: 2.71

2.2.,1 j . l.O: 2.96

z.o,ro: roz

1 1,18: 75, 77, I 8 J

1J,I-J: 164, 196, 33 I , JJ 6 S.,

I 7 S.:

H

341

I8,8.18: 11I

1J04 SS.: 161, 164, 3 J I , 3J6

I,7: I 5 3

I9:

1J,:I.I-1J: 164

5,1: I 5 J 7,I 5 s.: 89

1 9 , 1 0 : 162. I9,14: J61

13,30: 166, 2 93 1J,J I SS.: 296

8,1-3: 89

1o, 3 5 : s 5

1J,J r : 166

8,10 ss.: 1 1 5

2.0,)8 ss.: I O S

13,34 = 195

8 , 1 5 : 170

10,J9: I90

1J,J5: 166, 195

8 , 1 6 : I94

2. 1 : IOj, 107 s., I I I , I :Z. j

13,36: 166

I

Samuele

8,I7: I 94 . 170 IO,J S. IO: 1 2. 1

l I,j: 195

1 4 ,3 2- 3 5 '

J16

I8,9: 448

I 8,10.16: 9 6

19,2.0 ss.: 1 1. 1 2.1,2.: I 9 S

1

n-ss, 56, 77, &o, I 6 1

14,8 ss.: 196

Re

14,I4: 3 5 6 1 5 : Io8

1,1: I 7 5 1,15: 1 2. 1 j,I9.15:

305•

15,11: J 5 6

15, 1 8 ss.: 3 J 1

.., I ss.: 198, 1J4

15,2.2.-15: H J

4,I - 7: I94

15,16: J 5 6

4,38: I 7 5

4>4 2 -44: I 7 S

lsaiJJ 1,7: 1JO

15,10: I94

6,I ss.: 108 6,14 ss.: IOS

15,11: 43

B,r ss.: z o s

I,IJ: 1 7 2.

JO,l.I

1 4 , 1 2. : 2. 2. 1 15: I76, I 9 4

ss.: r r 6

I,ro: 3 7

8 , 1 : 130

1,2.1: 140

JO,IJ: I 94

8,7- I S : 5 4

1,2.1-2.6: 109

3o,15: 3 8, 58, Io5

8,n: J O S

J I 0 10 : I 5J

9

1,13: J7o 106, 139 S. 1,2.6: 140

s.: I 6 1 , I74

l., I ss.: 448

9,I-6: 54 z

Samuele

2.,2. ss.: 41s

9,I0-1J: 54

I , I J : 2.3 1

9,12.: 161.

2.,3: I2.

4,3: 1JO S.

IO,I j SS.: 174

1,7 ss.: 194

5,6: I 6 S

to,r6: 162.

1,7

9 , 1 0 s. : 1 94

I I ,I4: 166, 3 J 7

2.,2.0: 2.49

n,J: 108

u , r 8 : 166

J,1 s.: 37 . I09

12.,j S.: I I 6

14,6 : 407

J,I4: 37, I09

1 3 , 1 1 : 102. s.

1 5 , I 6 : 305

J , I s : 106

I J , I 6 : 96

17,16: I 56

1J,39: 9 8

18,3: 78

s.: 149

501-1004: 3 5 s. 3 = J 3 6 5,7: 140

1 4 : 9 8 SS., I04, I070 I I 6

18,4

10,14: 179

2.1,19: z.66

5,8-14: 3 6

:1.1,13:

5 o 15: 3 5

I

ss.: 147 165, 194

1 1 ,14: 166, 167, 193

6,5 s . : 38o

I,jO SS.: 112.

2.2. s.: 19, 40,

6,6 s.: 3 8 3

2.,2.8 ss.: 2.2.2.

336-JJ8

Re

J , I : 19 5

u: 196

.. ,6: 17 9 4>7 ss.: 170

11,3-10:

5 , 1 5 : 4oo 5,18:

179

j , ) Z.: 2.2.6

6, 1 9: n6

11,1: 166

164

22.,}: 3 3 2

22.,4 ss.: 3 J Z.

H,8 SS.: 3 J 6 2.2.,H - 1 o: H l.

:z.6o, 2.64, 330,

8,t 6.2.o: 1 2. 9.9: 1 1 7 9,1 1 . 1 6: 3 5 9,10: 3 5 1 0 , 1 -4 :

3 5 s.,

112

10,1 -43: 36 s. 1 0 , 1 S . : U ·�

1.0 1 1

1.�-.19. 1 1.6, I 91J,

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Indice dei passi biblici

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xo,1: 200

"11,2.: I l. l

14,8: 23 1

Ezechiele

14,14: 1 1. 1

1,26 ss.: 67

1 3 , 1 6: J 0 5

I6,1 1 : 41

4·3' u6

1411:

l.JO

17: 25 J

],2.6: 1 2.

14,2. 1 : 2.2.6

17,9

8,x: 3 5 5

x6,4:

2.JO

ss.: x 8 x

r8,7-10: 1 6 1

8,2 s.: 67

12,20-2 3 : 3 3 2

x8,1 8: 1 2, 349

8,1 1 : 3 3 2

2 8 ss. : 247 30,9: I l.

2.0,2.: 2.05

xo,1: 67

1 1 , 1 2 : 399

14,1: 35 5

JO, I I : 3 9

22,3: 23 x , 399

30,16: 294

22, 1 3 SS.: 266, 279, 295

1 8 : 393, 3 9 5

3 1 , 1 : 294

2.2.,1 s: 1.66

1 8,6: 3 2. 1

J I , ] : 249

2.),10.14: 3 1 1

x8,7: 234, 2 9 1

J I , I 2: 3 8

23,29: 301

x8,8: 249

34,12: 108

26: 301

zR,Is: 321

40,2.0: 2.2.6

26,4: 42

18,16: 234, 2.91

16,2.0: 1 1. 1

20: 6J

44,2.6: 2 .2.5

16,2.4: 3 3 2.

2.0,1 s.: 3 5 5

49·'3' 2. 3 5

2.7,20: 108

2.1.110 S.: Jl.I

57,2.0: 1 64 sa.4: 2.05

28,10. 1 2. s.: 377

2.1,]: 2. 3 1

29, 1 : 3 5 5

2.2,11: 249

s H,6: 377 sH ,7 : 2. 3 4

19.3' 3 3 2.

2.2.,1.9: l. J I

29,2.3: 3 2 1

2.J,36 ss.: 1 3 7

sH ,9: 377

29.3 3 : 103

34,6: 394

60: 42.5

3 1, J I SS. : 302., 3 5 8

42.,1 ss.: 448

.p.,.: 1 2.

4 5 ,8 ss.: 302

2.6, z.o ss.: 301

17,2: 377

14,7' 2J I

x8,2.1 ss.: 393

1I,J 5 : 22.6

36,5: 164

6 1 ,6: 442

J I,p: 6o s. 3 ' ·33' 395

39,2.2.: 448

65,a: 2.69

3 2.,6 ss.: 3 53

39,29: 1 2. 1

J2.,23: 42.

44,2.2.: 1 64

3 3 · 9 ' HO 3 4, 1 3 s.: 6 o o.

47,22 S.: 2. 3 1 , 3 8 2.

6 3 , 3 ss. : 425

Geremia '1: , 1 : 3 3 2

1,4 SS.: J OI

37,10: 1 2. 1

44,24: I J 8

3 4 , 1 8 s.: 337

1,1o: 3 3 9

35' 174

Osea

3 · 5 · 1 2.: J99

J 5 ,7: 174

3,17: 1 6 1

36: 301 S.

4,2.: 34

4,10: 4 3

36,10: 3 3 2.

4 , 6 : 3 4 · 4 1 , 1 8 2.

4,4 ss.: 1 2 8 4,7 S.: 1 63

j,7: 3 2 1

36, 1 x : 3 3 2.

7·4' 4 3

36,12: 3 3 2.

J , I : IQ91 12.8

],6: 2.3 1

3 6, 1 3 : 3 3 2

j,2: 109

],9: 3 2. 1

36,19: 302.

5.7= 3 5

711 1 : 1 1. 3

36,25: 3 3 2

6,4: 3 5 8,1 - 14: 32.-3 5

7,22 ss.: 6o-6x

36,26: J J 2

7,2.5: 61

37,1 5 : 2.05

8,4·9,2.6: 4 1

39,6: 108

8,7 : 3 3 s.

8,8 s.:

39,10: 3 5 6

8 , 1 2:

39,14: 3 3 3

9,2.: 269 9,10: 1 6 2.

4o-43

8,8: J2., 262, 2.64, 2.96, 3 3 3

8,4 ss.: 7 5

Jl.·H, 44, H o, x 8 x

l , IO s.: 4 1

40,4: 3 3 9

5J,2: 3 2 1

40,5·9: 3 3 3

10,j S . : 75

5J,I2.: 4 2

40,]: 3 5 6

10,14: 305

I I,3

ss.: 6o s.

40,1 1·16: 3 3 3

"·5= 2.95

1 1 ,7: 6 1

41,1 s.: 333

13,1·3: 156

1 1 , 1 4- 1 7 : 1 6 1

44' 3 5 5. 42.3

I 3,2: 7 j , 1 5 6

j2,1 j s.: 3 5 6

14, 1 : 305

1 3 , 1 X : 340

I J �2"J: l l. l

1 4 . 1 : 2.94

J3 I

53 2.

Indice dei passi

biblici

Gioele

ZacCIJria

Giobbe

J , I : 1 2. 1

1 3 ,3' 3 ' 5

9.3 3 = 94 11,16: 394

4' 415

Malachia Amos 1 , 1 3 : 305

2.,6: 1 9 4 s., 198, 2.08 2.,7: 109, 2.00, 106, 2.3�

1,8: 106

16,10: 105

2.,6 s.: 2.2.5

2.2.,6: 134

2.,10

13 , 14: 3 8

ss.:

381

3,8: 177, 4 17, 410

14,4' 3 9

3,10: 277

2407 . 1 0 : 13 4 14,10: 134

3 . 5 : 1 60

Salmi

3,10: 109

'·5' 137

J I , l. l :

2. :

40,14: 160

4,4: 2.71 4,5: I78 5,10

5,Io: 109, 239

j,IJ: 106, 2.17

j , I l.: 109, 2.06 5 , 1 5.24: 109 6,1 ss.: 109

7,1 3 : I 5 3 , 271 8,5 : 1 7 2

s.,

198

8 , 1 4: 278

4,I I : 3 3

399

2., 1 : 38 3 · " 109 3,2.

s.:

2.06

3·9= 1 0 9 3 , 1 0 : 179 4·'

ss.:

415

4,2.: I l. 5,9: 294

Naum 1,1: 399 3 ,r o: 30 5

Abacuc 1,2.: 408 2.,12.: 279 3·3'

5,14: 1 3 7

15,5: 249

j,I9 5.13: 3 9 4

10,8: 294

6,2.0: I I

1 3 : 124

6,j2·3 5 ' 3 1 9

2.3,5' 124

,,:z.: 1 2.

4 : 380

1 2.,10: 2.39

55

I J ,I4: 12.

36,7: 139

16,10.3J: 90 17,10.16: 105

41,1: 85

19,17: 2. 3 4

4 3.4' 117

p

Sofonia '•4' J 3 6 1,7: 2.1.6

Aggeo

I , I J : 2.2.5

5s,7: 106 68,8

s.:

51,

1 9 , 1 5 : 20 5 19,16: 3 ' 5

51

68,10: 51 68,18: 3 3 71: 1 1 7, 192 76. 3 · 9= 149 78= 49

10,2.9: 2.39

l.O,JO: l.Oj l. l ,l. j : 4 1 2.2.,7: 133

16,16: 1 3 7 17,2.: 130

78,1 ss.: 407 s. 78,r: 1 2.

18,10: 394 18,2J: 399 18,14: J l 5

78·5' 1 1

19,19: 196, 105

78,ro: 1 1.

h : 6 1 S., 150, 3 3 9 8 1 , 5 = 58

JO,IO: 2.90

30,17: 3 I 5 3 1, 1 3 : 4 1

8 1 ,6: 63 8 1,?-12.: 62.

s.

3 1, 1 6 : 3 1 4

II

9 5 = 150

} 1,1.6:

9 5 ·7' 3 39

Lamenta�ioni

103= 393 103,9: 399

1 0 5 : 49

106,19 SS.: 49 1 1 0: 1 1 7 1 1 2,5: 234 1 24,7= 160

1, j : 78

1 3 5 = 49 1 3 6: 49

l., I O SS.! J 49

1 3 7,H s . :

1,10: 3 5 5 3·34' 3 5 5

3·3 5 s.: 3 5 5

106: 49

2.,4: 4 1 z. . z. z. '·: -4 .! �

Proverbi 4,1 S.: 1 1

1 5 : 380

19:

l.Oj

1,8: I I

3,8: 106

50: 150

Michea s.:

2. , 8 s . : 2.92.

37,16: 134

Giona

1,1

I 17

1,7: 191, 3 3 9

s.: I09

8,6: 194

19,17: 106

.105

4,18: 2. 2. 1 5,1: 3 5 6 5,8: 3 5 5

5 , 1 2.: 2.39 5,14: 3 5 5

Qohelt•l

4· • 7 ..., . : 1. 1 �

1 0, 1 .,: 1 oH

Indice dei passi biblici

Rut 1,1: l.JO 4= 88, 92., 1 3 7

Ester 1,19: 430 ,,8: 4I 5 ?,8: 360 s,s : 430 8,8: 430 8,II: 430

Daniele 6,6: 4 1 5 6,9: 430 6, 13: 430 6,16: 430

Esdra 1 -6: 7 1 2.,6z.: 1 2. 1 4,8 ss.: 417 4, 1 2. s.: 42.5 4, 1 5 : 42.5 4,19 s. : 42.5 ?-IO: 4 I I 7= 140 ?,1-j: I40 ?,I: 3 3 1 ?,6: I40, 4 I 5 ?.7 s.: 4 I O ?,Io: 58 ?, I I ·2.6: 411--416 ?,2.5 s.: 4 1 1, 4 1 3 s. 7,2.5: 412. 9 s.: } 8 I 10, 3 : 407 10,7 ss.: I 37 10,14: I J7

5,7: 108 6,6: 42.5 6,?: 108, 42.5 6,14: 42.5 7,5: 108 ?,66: 33 7,70 s.: 3 3 8-10: 4 1 1 8: 4 1 5, 42.2. B,t: 12., 140 8,3: 407 9= 72. 9.3= 83 9,1 3 ss.: 49 s. IO: 4 1 4 IO, I : 4 1 8 S. IO,}I -40: 4 1 8 S . IO,} I : 3 8 1 10,32.: 2.83, 2.86, 3 5 3 1 0,3 5: 4 1 8 10,38: 177, 4 I 8 12.: 4 I 7 1 2., 1 : 4 1 1

12.11 ) : 412. 1 2.>44·47= 177 1 3 : 417, 4 I 9 13,5 SS.: I 8 I 13,5= 177 13,IO ss.: 4 I ?-42.0 13,1 I : 4 1 9 13,12.: 2.77 I 3 , 1 5 ss.: 4 19 IJ,I7 SS.: 108 1 3,2.3 SS.: 381, 4 I 9 1 3,2.8 s.: 366 1 3 , 3 1 : 4 1 8 S. r

Cronache

5.39 s.: 3 3 2.

9,1 1: 12.4 Neemia 1,1-7,5: -4 1 7 2.,16: I08 1,19 s.: 42.7 2.,I9: 4 1 5 3,8: 8 5 3 . 3 3 ss.: 42.7 4tl ss.: 417 4,8: 1 08 4,10: 4 2.7 4,13 : 108 5= 1 39· 4 17-42.1 j,2.: 1 9 8 5.4: 177 5·5= I98, 2.00

2.3,18: 83 2.6,6: 12.3 2.8,? : 12.4 }O,I6: 407 3 '· 1 3 : 12.4 }2.: I 2.4 32.,30: I 2. 3 3J,I9: 2.2.6 3 5,I2.: 83 3 5,2.0: 2.2.6 3 6, 1 5 S.: 2.2.5

Siracide ?.?: 1 3 7 I S , I J : 22.1 2.8,2.: 2.87 .f9,I3: 4 I 2. I Maccabei 6,49·5 3 = 2.86

Tobia 1,6-8: 2.77

Giubilei 30, 11: 407 }2.,9 ss.: 177 -4 Esdra 14,21 ss.: 140

Matteo

j, l ? SS.: I 5 5,17: 187 6,12.: 187 18: 187 19,I9: 16 2.), 2.: 1 5 , 84 , I J71 140, 2.87

1j,I .}: 2.2.6 1 6>40: 8 3

Marco

2

Atti degli Apostoli

Cronache

3 , 1 : 2.2.6 1 1 15 SS.: I l. J 17,7-9: I 2.4 19: I I J , 1 1 6, 1 2.9 S., 1 3 5 s., .2. 1 0 s. 19,1: 400 1 9>4= 114 19,5 ss.: 12.1-12.8 19,10:'12.91 2.1 l 19,1 I · I J : I JO I9,}0: 114

533

12.,18 ss.: 397

IS,2.0.2.9: 1 4

Romani 3,} 1: 1 5 7= 397 7,12.: 1 5 13,8 ss.: 397 IJ,IO: I S I

Corinti

9,9: 315· }2.8

Indice del volume

7

Sommario

9

Premessa

II II

17 22.

27

32 32

35

40 44 44 49 57

66 72

So 83 83 88 88 91

99

102

Capitolo 1 La rorà nel Pentateuco. Intenti e problematica I . Torà e teologia cristiana 2 . L'unica rorà e la successione dei repertori giuridici 3· Cultura giuridica dell'Oriente antico e fede israelitica 4· Storia del diritto e storia sociale Capitolo 2 Il quadro storico. La critica profetica del diritto scritto I . Disposizioni cultuali scritte da Dio nel regno del nord (Os. 8,12) 2. Leggi contro i più deboli nel regno di Giuda dell'vili secolo (ls. 10,1 s.) 3· La rorà di Jhwh e gli scribi del vn secolo ( Ger. 8,8 s.) Capitolo 3 Monte di Dio e diritto di Dio. La via della torà al Sinai I . Il problema letterario della pericope del Sinai 2. Il monte della salvezza: la tradizione più antica del Sinai 3· Tra Mara e Sichem: il dono della torà negli enunciati deuteronomistici 4· Tesi sulla genesi della pericope del Sinai S· Parole su tavole di pietra in luogo di immagini taurine. L'origine della legge del Sinai 6. Riepilogo. Come e perché la torà arrivò al Sinai Capitolo 4 Mosè come istituzione? L'ordinamento del diritto in Israele I. La questione di Mosè come questione dell'ordinamento giuridico :z. . Diritto senza porta. Le origini in età prestatale a) Critica della ricerca b ) Fonti e metodi c) Giustizia personale e trattativa d) Evidenza della norma, non diritto divino

536

Indice del volume

I04 I04 I07

3. L'ambivalenza del sistema giuridico in età monarchica a) Problematica e status quaestionis b) Il tribunale degli anziani alla porta: un'istanza giudiziale statale

I 22 I3I IJI IJ6

4 · Tradizione e autonomia. Il sistema giuridico postesilico a) Tracce di giurisdizione «mosaica» b) •Mosè» nel diritto postesilico

I I3

I43 I43 I44 I46 I SO I so I so I 59 r 59 I63 I65 I 69 I 69 I 75 I So I 8I I83 I 84 I93 I93 202 207 2IO 2I4 2I4 2I6 216 2I7 220 224 229 229 233 1.3 5

240 245 24 5 1. 4 7

c) Es. 18 e il problema di un 'istituzione mosaica d) La corte suprema gerosolimitana e la sua importanza

Capitolo 5 Il libro del patto. La base portante 1 . Introduzione. Il dibattito attuale a) La collocazione storica b) Composizione e strarificazione letteraria 2. Le fonti. Il doppio inizio del diritto scritto A. La prassi monolatrica (Es. 34,1 1 -26) a) Struttura e stratificazione b) Il divieto di stringere alleanze et) Separazione nel vicinato � ) Jhwh e i popoli di Canaan -y ) Excursus. Radicalizzazione, storicizzazione, marginalizzazione c) Culto di Jhwh e lavoro agricolo et) Struttura del tempo e primizie della campagna [3) Primogeniti e sacrifici animali -y) Excursus. La struttura temporale della fede biblica d) Luogo storico e contesto sociale B . Il codice gerosolimitano: i mishpatim (Es. 2 1 s.) a) Struttura e stratificazione b ) Struttura giuridica ed efficacia sociale et) •Denaro suo•• (Es. 21,2. 1 ). La legge sugli schiavi [3) •L'omicida resta impunito» (Es. 21 ,I9): uccisione e ferimento -y) •Se non ha niente• (Es. 22,2). I delitti contro la proprietà c) Collocazione, importanza e natura 3 · I l diritto d i Dio. L'idea d i rorà nel libro del patto a ) Linee fondamentali e motivi salienti b ) Il •luogo» di Dio. Il libro del patto in quanto discorso di Dio a) Il •luogo» di Dio come elemento della composizione �) Il luogo della presenza (Es. 20,24-26) -y) Il luogo d'asilo (Es. 2 1 , I 3 s.) ò) La compagnia nel viaggio verso il •luogo» (Es. 23,2.0 ss.) c) •lo sono misericordioso» (Es. 21.,26). Il diritto della misericordia et) Gli stranieri. Cornice letteraria e criterio concreto �) l poveri: l'inizio del diritto economico rl Amministrazione della giustizia e misericordia (Es. 2.3,r-8) 8) Diritto o etica? La oatura giuridica dei comandamenti sociali 4· L'elaborazione della catastrofe. La nascita del libro del patto a) Il processo di codificazione b) La storicizz;lt.ione nel culto. La rcinrcrprt'tat.iom·

Indice del volume

5 37

330 33 I 334

Capitolo 6 I l Deuteronomio. L'evoluzione decisiva 1 . Continuità e nuovo inizio. La collocazione storica a) Aggiornamento, ampliamento, concettualizzazione. Il rapporto con il libro del parto b) Trani fondamentali di stratificazione e composizione c) Per una datazione preesilica d) Il potere del 'am ha'are� giudaita alla base della nuova codificazione :z.. Libertà e solidarietà. La logica teologica a) Le decime e la loro funzione chiave b) Il Deuteronomio, dirirto dei liberi possidenti terrieri c) Il centro privo di poteri d) La rete sociale. A proposito della legislazione sociale a.) Solidarietà e benedizione �) La remissione dei debiti nell'anno sabbatico y) Il sistema di sicurezza sociale 3· Autorità mosaica e sovranità popolare. La costituzione politica a) Lo stato sorto la torà. La legge sulla monarchia b) Autonomia legislativa e parola di Mosè. L'ordinamento giudiziario c) L'autorità controllabile. La legge sul profetismo d) Il dirirto in tempo di guerra. La legge di guerra e) La teocrazia come democrazia. Il disegno costituzionale 4 · Patriarcato e potere pubblico. Le leggi sulla famiglia a) La posizione giuridica della donna, ovvero il problema del linguaggio inclusivo b) Famiglie in giudizio. Qualche esempio c) Lo sfondo storico sociale d) Gli sviluppi successivi. Radicalizzazione e inosservanza 5. Desacralizzazione e certezza del diritto. Protezione della natura e degli animali 6 . Libertà politica e vincolo canonico. Il passo verso la •scrittura» a) Il presupposto: il movimento deuteronomico b ) L a fondazione della libertà in quanto origine del canone

343 34 3 343 349 3 54 3 58 360 3 63 365 3 66 36 9 3 7r

Capitolo 7 Lo serino sacerdotale. La trasformazione necessaria I. Struttura letteraria e collocazione storica a) La legge di santità in quanto parte dello serino sacerdotale b) Progetti esilici per il futuro e archetipi sacerdotali 2. L'esilio come sfida storica giuridica 3. I rituali della diaspora a) Diritto capitale e consumo di sangue b) Patto e circoncisione c) L'endogamia d) La pasqua e) Il sabato f) Riepilogo

251 251 252 25 5 :1.5 9 265 26 9 :1.6 9 :1.73 277 :z.8o :z.8o :1.82. 28 8 :1.9 :1. :1.9 :1. 296 :1.99 302 306 3 10 3 IO 314 3 20 323 3 :1.4

53 8

Indice del volume

3 72 3 72 3 78

-4· La santità come forma della libertà

382

5 · Vivere con l a colpa. Espiazione e perdono

3 84 3 87 393 3 97 3 97 40 1 404 404 404 408 410 416 417 421 424 427 429 429 432 43 8 444 44 8

a) l'esodo come santificazione b) la santità come principio giuridico

a) Sacrificio per il peccato e giorno dell'espiazione. Il popolo liberato dal peccato b) Tra annientamento totale e perdono. L'individuo colpevole c) Consapevolezza della colpa. L'apertura dell'interiorità 6. l'amore del prossimo e il suo contesto. Riepilogo a) Il contesto ristretto: l'amore come somma e obiettivo b) Il contesto generale: l'amore come parte e aspetto Capitolo 8 Il Pentateuco in quanto rorà. Il cammino, parte della meta 1 . Il Pentateuco come produzione d'età persiana a) Presupposti letterari e terminologia denominativa b) la cornice cronologica e storica c) La legge di Esdra e l'autorizzazione imperiale :z.. Il Pentateuco nel campo di forze politiche e sociali. Gruppi sostenitori e tendenze a) Sopraindebitati e sacerdoti. La coalizione sociale b) la Giudea e l a diaspora. L'unità del popolo c) la dominazione persiana. La differenza con la profezia d) le province limitrofe. La promessa aperta 3 · Aspetti della composizione e sua teologia a) lo sfondo: un principio giuridico persiano? b) «Che Dio non ci parli» (Es. :z.o,19). La funzione del decalogo c) «Tutta la comunità è santa» (Num. I 6,J). Il conflitto aperto d) «E in seguito attraverso le generazioni» (Num. I j,:Z.J). Disposizioni sulla via del futuro 4 · l'unità di Dio e quella della rorà. L'opportunità di una ricezione cristiana della rorà

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Bibliografia

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Indice dei passi biblici

PER PAIDEIA EDITRICE STAMPATO DA MONOTIPIA CREMONESE FEBBRAIO

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