La teologia dell'apostolo Paolo

Citation preview

James D.G. Dunn

Paideia Editrice

a Stephen Barton, T.oren Stuckenbruck, Walter Moberly, Mark Bonnington, e John Arnold, grazie ai quali la parola «collegialità» ha arricchito il suo significato, e agli altri membri del New Testament Postgraduate Seminar, mio ebdomadario vanto e gioia

ISBN

88.394.0571.2

Titolo originale dell'opera: James D.G. Dunn The Theology of Paul the Apostle Traduzione italiana di Franco Ronchi © T . & T . Clark, Edinburgh 1998 © Paideia Editrice, Brescia 1999

Sommario

13

Premessa Abbreviazioni e sigle

19

Bibliografia

29

Capitolo 1 Prologo

53

Capitolo 2 Dio e uomo

01

Capitolo 3 L'uomo in stato di accusa

179

Capitolo 4 L'evangelo di Gesù Cristo

322

Capitolo 5 L'inizio della salvezza

453

Capitolo 6 II processo della salvezza

520

Capitolo 7 La chiesa

603

Capitolo 8 Come dovrebbero vivere i credenti?

684

Capitolo 9 Epilogo

9

745

Indice analitico Indice dei passi citati Indice degli autori moderni

753

Indice del volume

709 714

Premessa

Cominciai a subire il fascino di Paolo circa quarantanni fa. Già da ragazzo, ancora liceale, non potei sottrarmi all'ammirazione per i successi missionari di Paolo, in particolare per tutti quei suoi viaggi e per essere riuscito a impiantare il cristianesimo in Europa. Cresciuto e divenuto studente universitario, questo fascino divenne più profondo a mano a mano che cominciavo a gustare qualcosa del Paolo teologo. La combinazione dì una profonda riflessione teologica e di una lotta sofferta con problemi umani anche troppo reali, di una stringente argomentazione e di una sensibilità pastorale «mi presero» per molti rispetti. Diventato poi docente universitario, ho tenuto corsi su Paolo e la sua teologia per più di venticinque anni, riportato continuamente a lui pur trattando una serie di argomenti diversi, con le lezioni, almeno spero, che diventavano progressivamente più ricche mentre scandagliavo la teologia di Paolo punto per punto. Il dialogo con la teologia di Paolo si fece gradatamente più serio attorno alla metà degli anni '70 e nei primi '8o. Le mie opere Jesus and the Spirit (1975), Unity and Diversity in the New Testament (1977), Christology in the Making (1980), mi costrinsero tutte ad affrontare il pensiero di Paolo a livelli sempre più profondi. «La nuova prospettiva su Paolo» introdotta da E. P. Sanders nel suo Paolo e il giudaismo palestinese (1977) rese necessario un totale ripensamento e mi portò, nel 1980, attraverso un più attento esame dell'incidente di Antiochia (Gal. 2,11-14), a una sostanziale riconsiderazione delVatteggiamento paolino verso i compagni giudeo cristiani e verso la sua religione ancestrale e anche dei suoi rapporti con questa e con quelli. Questa rivalutazione sta ancora continuando. La preparazione del mio primo importante commento, Romans (1988), mi costrinse a uno studio approfondito della lettera ai Galati che si concretizzò prima nel mio Jesus, Paul and the Law (1990) e poi nel commentario ai Galati, Galatians (1993). Similmente l'impegno per scrivere il commento ad altre due epistole, Colossians and Philemon (1996), accrebbe la mia conoscenza del pensiero paolino più tardo, mentre saggi più brevi su 1 Corinti ed Efesini mi consentirono di acquisire una conoscenza più ampia dei particolari del corpus paolino. Tutto questo lavoro fu di continuo stimolato dal dialogo in classe, da corsi di specializzazione dedicati a Paolo e da un coscienzioso impegno, ogni anno, nei seminari tenuti negli incontri annuali della Society of New Testament Studies e della Society for Biblical Literature - incontri ai quali debbo tantissimo. Per molto tempo avevo accarezzato il sogno di trasformare gli appunti delle mie lezioni, riveduti e ancora ritoccati, in uno studio generale di tutta la

io

Premessa

teologia paolina, finché una radicale e inattesa revisione dei programmi d'insegnamento ha fornito lo spunto finale, mentre l'occasione necessaria mi giunse da un congedo di studio (nel quadrimestre primavera-estate 1996). A mano a mano che si avvicinava il momento di prendere il periodo di aspettativa da dedicare alla ricerca, sentivo dentro me come un fiume alimentato da parecchi affluenti, ma il cui letto si restringeva, così da far crescere pericolosamente il volume e la pressione delle acque. Talvolta mi è sembrato che la diga cedesse, e i paragrafi iniziali (§ 2) furono scritti mentalmente molto prima che mi sedessi alla mia vecchia scrivania di casa. Sei mesi d'intensa concentrazione mi hanno consentito di condurre a termine la prima stesura (a eccezione dei §§ 1 e 25) e di dare al testo, almeno spero, un grado di omogeneità e coerenza che altrimenti sarebbe stato difficile raggiungere. Completando la prima stesura ho dovuto affrontare diversi difficili passi. il primo, già adombrato molto tempo prima, è stato di servirmi della lettera ai Romani come di una sorta di schema sul quale tentare una più completa esposizione dell'intera teologia di Paolo. Cerco di spiegare e giustificare questo passo nel prologo (§ 1). Il vantaggio di questo criterio è di avere consentito un'ampia esposizione dei temi che Paolo stesso sviluppa in Romani; d'altra parte ha anche comportato che la trattazione di altre lettere è stata meno organica e quindi meno soddisfacente. Questo problema è inevitabile in una trattazione tematica della teologia di Paolo. Il procedimento alternativo di prendere in esame ogni singola lettera ha anch'esso i suoi svantaggi. Un secondo, importante passo è stato di trattare gli argomenti in modo abbastanza particolareggiato così che risultasse chiara la struttura logica del discorso teologico (di Paolo) ed esegetico (mio). La trattazione di temi particolari che desse per presupposta la disamina precedente avrebbe prodotto sì un libro più maneggevole, ma non altrettanto completo. Per la medesima ragione ho ripreso gli stessi testi chiave, talora con citazioni piuttosto estese. Poiché io stesso mi sono spesso trovato a dover leggere nelle situazioni più impensate, sono consapevole che i lettori non avranno sempre le lettere di Paolo a portata di mano. Il pericolo è allora che il testo che si ricorda non collimi con l'aspetto che si vuole sottolineare, così che la forza dell'argomentazione potrebbe andar perduta. Davanti a un rischio del genere la convenienza del lettore e il desiderio dell'autore di risultare convincente hanno forzato la mano (ma in fondo non hanno molto accresciuto il numero delle pagine). Le proporzioni del confronto con altri studiosi su questioni sia sostanziali sia particolari ha costituito un terzo problema. Va da sé che una simile discussione può essere infinita (come ci ricordano i commentari, sempre più ponderosi) e il libro rischiava già di estendersi più del dovuto. E stato necessario prendere decisioni drastiche, anche se spiacevoli, limitandosi a indicare le linee di ricerca sullo specifico argomento in esame. Così l'inevitabile opzione su che cosa e chi includere o escludere, citare o passare sotto silenzio, è stata soggettiva e spesso arbitraria e posso soltanto scusarmi con quanti pensano che io abbia trascurato aspetti o apporti importanti. Spero che le recensioni mettano in luce tali pecche, così da potere rimediarvi in futuro. Un quarto problema è stato quello del titolo. Nella ristrettezza del nostro

Premessa

11

campo visivo (o della nostra arroganza) noi studiosi di Nuovo Testamento o delle origini cristiane abbiamo la tendenza a pensare che riferirsi alla «teologia di Paolo» si spieghi da sé. Ma un titolo del genere servirebbe solo ad assicurare che l'interesse del libro resta limitato alla ristretta cerchia degli studiosi della Bibbia e agli ambienti ecclesiastici. Fuori di qui il titolo «la teologia di Paolo», sempre supponendo che possa provocare una qualche reazione, solleverebbe la domanda: che cosa significa teologia? chi è questo Paolo? Un titolo come «la teologia di san Paolo» sarebbe già più riconoscibile, ma il vecchio protestante che sonnecchia in me dubita ancora che un Paolo che si rivolgeva a tutti i cristiani chiamandoli «santi» sarebbe contento se questo predicato venisse usato per indicare un'elite cristiana. Ma una soluzione andava da sé: Paolo stesso aveva un titolo che apprezzava sopra ogni altro e sul quale insistè sempre come sua più costante designazione quando doveva presentarsi ai destinatari delle lettere. Quel titolo era «apostolo». Il termine era anche caratteristico del cristianesimo e sufficientemente noto anche altrove. il problema ha trovato così soluzione: solo un titolo era possibile: La teologia dell'apostolo Paolo. La prima stesura fu inviata alla Eerdmans attorno alla fine del settembre iy 1-2-81; J. Blank, Paulus. Von Jesus zum Christentum, Kòsel, Mùnchen 1982; J. Bonsirven, Theology of the New Testament, Burns and Oates, London - Newman, Westminster 1963, 193-368; G. Bornkamm, Early Christian Experience, SCM, London - Harper and Row, New York 1969; Idem, Paolo apostolo di Gesù Cristo, Claudiana, Torino 1977; D. Boyarin, A Radicai Jew. Paul and the Politics of Identity, University of California, Barkeley 1994; F.F. Bruce, Paul. Apostle of the Free Spirit, Paternoster, Exeter 1977 = Paul. Apostle of the Heart Set Free, Eerdmans, Grand Rapids 1977; M. Bouttier, Christianity according to Paul, SCM, London - Allenson, Naperville 1966; C. Buck - G. Taylor, Saint Paul. A Study in the Development ofHis Thought, Scribner, New York 1969; R. Bultmann, Teologia del Nuovo Testamento, Queriniana, Brescia 1985; G.B. Caird, New Testament Theology, Clarendon, Oxford - Oxford University,

20

Bibliografia

New York 1994; W.S. Campbell, Paul's Gospel in an Intercultural Context. Jew and Gentile in the Letter to the Romans, Lang, Frankfurt 1992; H. Cancik et al. (ed.), Geschichte-Tradition-Reflexion (Fs M. Hengel), I. Judentum, ed. P. Schàfer; ni. Friihes Christentum, ed. H. Lichtenberger, Mohr, Tubingen 1996; B.S. Childs, Teologia biblica. Antico e Nuovo Testamento, Piemme, Casale Monf. 1998; H. Conzelmann, Teologia del Nuovo Testamento, Paideia, Brescia 1991, 1^9-377; C.H. Cosgrove, The Cross and the Spirit. A Study in the Argument and Theology of Galatians, Mercer University, Macon 1988; N.A. Dahl, Studies in Paul, Augsburg, Minneapolis 1977; G.N. Davies, Faith and Obedience in Romans. A Study in Romans 1-4 (JSNTS 39), JSOT, Sheffield 1990; W.D. Davies, Paul and Rabbinic Judaism, SPCK, London - Fortress, Philadelphia 1948, 1981; Idem, Jewish and Pauline Studies, Fortress, Philadelphia 1984; C.A. Davis, The Structure of Paul's Theology. The Truth Which Is the Gospel, Mellen, Lewiston 1995; A. Deissmann, Paul. A Study in Social and Religious History (1912, 1926), Harper, New York 1957; M. Dibelius - W.G. Kummel, Paul, Longmans, London 1953; C.H. Dodd, Attualità di San Paolo, Paideia, Brescia 1970; Idem, The Bible and the Greeks, Hodder and Stoughton, London 1935; K.P. Donfried (ed.), The Romans Debate, Hendrickson, Peabody 1991; K.P. Donfried - I.H. Marshall, The Theology of the Shorter Pauline Letters, Cambridge University, Cambridge 1993;}. Drane, Paul. Libertine or Legalisti, SPCK, London 1975; J.D.G. Dunn, Jesus and the Spirit. A Study of the Religious and Charismatic Experience of Jesus and the First Christians as Reflected in the New Testament, SCM, London - Westminster, Philadelphia 1975 - Eerdmans, Grand Rapids 1997; Idem, Christology in the Making. A New Testament lnquiry in the Origins of the Doctrine of the Incarnation, SCM, London 1989 = Eerdmans, Grand Rapids 1996; Idem, Jesus, Paul and the Law. Studies in Mark and Galatians, SPCK, London - Westminster, Louisville 1990; Idem, Unity and Diversity in the New Testament, SCM, London - TPI, Philadelphia 1990; Idem, The Partings of the Ways between Christianity and Judaism, SCM, London - TPI, Philadelphia, 1991; Idem, The Theology of Paul's Letter to the Galatians, Cambridge University, Cambridge - New York, 1993; Idem> 1 Corinthians, Sheffield Academic, Sheffield 1995; G. Ebeling, The Truth of the Gospel. An Exposition of Galatians, Fortress, Philadelphia 1985; H.-J. Eckstein, Verheissung und Gesetz. Eine exegetische Untersuchung zu Galater 2.15-4.7 (WUNT 86), Mohr, Tubingen 1996; G. Eichholz, La teologia di Paolo. Le grandi linee, Queriniana, Brescia 1977; N. Elliott, The Rhetoric of Romans. Argumentative Constraint and Strategy and Paul's Dialogue with Judaism (JSNTS 45), JSOT, Sheffield 1990; Idem, Liberating Paul. The Justice of God and the Politics of the Apostle, Orbis, Maryknoll 1994; E.E. Ellis, Paul and His Recent Interpreters, Eerdmans, Grand Rapids 1961; M.S. Enslin, Reapproaching Paul, Westminster, Philadelphia 1972; T. Engberg-Pedersen (ed.), Paul in His Hellenistic Context, Fortress, Minneapolis 1995; P. Feine, Theologie des Neuen Testaments, Hinrichs, Leipzig 19io, 230-549; J.A. Fitzmyer, To Advance the Gospel, Crossroad, New York 1981; Idem, Paul and His Theology. A Brief Sketch, Prentice Hall, Englewood Cliffs 1989; Id., According to Paul. Studies in the Theology ofthe Apostle, Paulist, New York 1993; R.T. Fortna - B.R. Gaventa, The Conversation Continues. Studies in

Bibliografia

21

Paul and John (Fs J.L. Martyn), Abingdon, Nashville 1990; A. Fridrichsen, The Apostle and His Message, Almqvist and Wiksells, Uppsala 1947; D.B. Garlington, Faith, Obedience and Perseverance. Aspects of Paul's Letter to the Romans (WUNT 79), Mohr, Tiibingen 1994; D. Georgi, Theocracy in Paul's Praxis and Theology, Fortress, Minneapolis 1991; H. Gese, Sulla teologia biblica, Paideia, Brescia 1989;]. Gnilka, Theologie des Neuen Testaments, Herder, Freiburg 1994, 16-132; Idem, Paolo di Tarso. Apostolo e testimone, Paideia, Brescia 1998; M. Goguel, L'Apótre Paul et Jésus-Christ, Librairie Fischbacher, Paris 1904; E.J. Goodspeed, Paul, Abingdon, Nashville 1947,1980; L. Goppelt, Teologia del Nuovo Testamento, IL Molteplicità e unità della testimonianza apostolica di Cristo, Morcelliana, Brescia T983, 397-52.9; M. Grant, San Paolo, Bompiani, Milano 1997; A.J. Guerra, Romans and the Apologetic Tradition. The Purpose, Genre and Audience of Paul's Letter (SNTSMS 81), Cambridge University, Cambridge 1995; D. Guthrie, New Testament Theology, InterVarsity, Leicester - Downers Grove 1981; D.A. Hagner - M.J. Harris (ed.), Pauline Studies (Fs F.F. Bruce), Paternoster, Exeter - Eerdmans, Grand Rapids 1980; D.M. Hay (ed.), Pauline Theology, II. 1 and 2 Corinthians, Fortress, Minneapolis 1993; D.M. Hay - E.E. Johnson (ed.), Pauline Theology, in. Romans, Fortress, Minneapolis 1995; R.B. Hays, The Faith of Jesus Christ. An Investigation of the Narrative Substructure of Galatians 3.1-4.11, Scholars, Chico 1983; Idem, Echoes of Scripture in the Letters of Paul, Yale University, New Haven 1989; M. Hengel, Between Jesus and Paul, SCM, London - Fortress, Philadelphia 1983; Idem, // Paolo precristiano, Paideia, Brescia 1992; M. Hengel - U. Heckel (ed.), Paulus und das antike Judentum (WUNT 58), Mohr, Tùbingen 1991; M. Hengel - A.M. Schwemer, Paul between Damascus and Antioch, SCM, London 1997; O. Hofius, Paulusstudien (WUNT 51), Mohr, Tùbingen 1989; Idem, Paulus - Missionar und Theologe, in Àdna et al. (ed.), Evangelium, 224-237; H.J. Holtzmann, Lehrbuch der neutestamentlichen Theologie, Mohr, Tùbingen 1911, il, 1-262; M.D. Hooker, Pauline Pieces, Epworth, London 1979; Idem, From Adam to Christ. Essays on Paul, Cambridge University, Cambridge - New York 1990; M.D. Hooker - S.G. Wilson (ed.), Paul and Paulinism (Fs C.K. Barrett), SPCK, London 1982; D.G. Horrell, The Social Ethos of the Corinthian Correspondence, Clark, Edinburgh 1996; G. Howard, Paul: Crisis in Galatia. A Study in Early Christian Theology (SNTS MS 35), Cambridge University, Cambridge - New York 1979, 1990; H. Hùbner, Paulusforschung seit 1945- Ein kritischer Literaturbericht, ANRW 11.25.4 (1987) 2649-2840; Idem, Biblische Theologie des Neuen Testaments, 11. Die Theologie des Paulus, Vandenhoeck, Gòttingen 1993; Idem, Biblische Theologie als Hermeneutik. Gesammelte Aufsàtze, Vandenhoeck, Gòttingen 1995; A.J. Hultgren, Paul's Gospel and Mission. The Outlook from His Letter to the Romans, Fortress, Philadelphia 1985; A.M. Hunter, The Gospel According to St Paul, SCM, London - Westminster, Philadelphia 1966; J.C. Hurd, The Origin of 1 Corinthians, SPCK, London 1965; E. Kàsemann, Essays on New Testament Themes, SCM, London - Allenson, Naperville 1964; Idem, Saggi esegetici, Marietti, Casale Monf. 1985; Idem, Prospettive paoline, Paideia, Brescia 1972; R.D. Kaylor, Paul's Covenant Community. Jew and Gentile in Romans, John Knox, Atlanta 1988; L.E. Keck, Paul and His Letters, Fortress, Philadelphia 1982; H.A.A.

22

Bibliografia

Kennedy, The Theology of the Epistles, Duckworth, London 1919, 13-160; K. Kertelge, Grundthemen paulinischer Theologie, Herder, Freiburg 1991; J. Knox, Chapters in a Life of Paul (1950), Mercer University, Macon 1987; W.L. Knox, St Paul and the Church of the Gentiles, Cambridge University, Cambridge 1939; H. Koester, Introduction to the New Testament, 1. History, Culture, and Religion of the Hellenistic Age; II. History and Literature of Early Christianity, de Gruyter, Berlin - Fortress, Philadelphia 1982; L. Kreitzer, 2 Corinlhians, Sheffield Academic, Sheffield 1996; W.G. Kummel, Heilsgeschehen und Geschichte. Gesammelte Aufsdtze 1933-1964, Elwert, Marburg 1965; Idem, La teologia del Nuovo Testamento. Gesù, Paolo, Giovanni, Paideia, Brescia 1976, 171-327; Idem, Introduction to the New Testament, ed. riv., Abingdon, Nashville 1975; O- Kuss, Paolo. La funzione dell'Apostolo nello sviluppo teologico della Chiesa primitiva, Paoline, Milano 1974; T. Laato, Paulus und das Judentum. Anthropologische Erwàgungen, Academy Press, Àbo 1991; G.E. Ladd, A Theology of the New Testament, Eerdmans, Grand Rapids 1993, 397-614; K. Lake, The Earlier Epistles of St Paul, Rivingtons, London 1911; J. Lambrecht, Pauline Studies (BETL 115), Leuven University, Leuven 1994; P. Lapide - P. Stuhlmacher, Paul. Rabbi and Apostle, Augsburg, Minneapolis 1984; A.T. Lincoln - AJ.M. Wedderburn, The Theology of the Later Pauline Letters, Cambridge University, Cambridge 1993; E.A. Livingstone (ed.), Studia Biblica 1978, voi. 3 (JSNTS 3), JSOT, Sheffield 1980; W. von Loewenich, Paul. His Life and Work, Oliver and Boyd, Edinburgh i960; E. Lohse, Die Einheit des Neuen Testaments. Exegetische Studien zur Theologie des Neuen Testaments, Vandenhoeck, Gòttingen 1973; Idem, Die Vielfalt des Neuen Testaments. Exegetische Studien zur Theologie des Neuen Testaments 11, Vandenhoeck, Gòttingen 1982; Idem, Paulus. Eine Biographie, Beck, Mùnchen 1996; L. De Lorenzi (ed.), Paul de Tarse. Apótre du notre temps, Abbazia di San Paolo, Roma 1979; G. Lùdemann, Paulus und das Judentum, Kaiser, Mùnchen 1983; Idem, Paul, Apostle to the Gentiles. Studies in Chronology, Fortress, Philadelphia 1984; Idem, Opposition to Paul in Jewish Christianity, Fortress, Minneapolis 1989; S. Lyonnet, Études sur l'épitre aux Romains (AnBib 120), Pont. Ist. Biblico, Roma 1989; J.G. Machen, The Origin ofPaul's Religion, Eerdmans, Grand Rapids 1925; A.J. Malherbe, Paul and the Popular Philosophers, Fortress, Minneapolis 1989; T.W. Manson, On Paul and John, SCM, London Allenson, Naperville 1963, 11-81; S.B. Marrow, Paul. His Letters and His Theology, Paulist, Mahwah 1986; U. Mauser, Paul the Theologian: HBT n (1989) 80-106; W.A. Meeks, 7 cristiani dei primi secoli. Il mondo sociale dell'apostolo Paolo, il Mulino, Bologna 1992; W.A. Meeks (ed.), The Writings of St. Paul, Norton, New York 1972; O. Merk, Paulus-Forschung 1936-1985: ThR 53 (1988) 1-81; H. Merklein, Studien zu Jesus und Paulus (WUNT 43), Mohr, Tubingen 1987; P.S. Minear, The Obedience of Faith. The Purposes of Paul in the Epistle to the Romans, SCM, London - Allenson, Naperville 1971; M.M. Mitchell, Paul and the Rhetoric of Reconciliation. An Exegetical Investigation of the Language and Composition of 1 Corinthians, Westminster - John Knox, Louisville 1993; C.G. Montefiore, Judaism and St. Paul. Two Essays, Goschen, London 1914; O. Moe, The Apostle Paul. His Message and Doctrine (1928), Augsburg, Minneapolis 1954; R. Morgan, Romans, Sheffield Academic, Sheffield

Bibliografia

23

1995; L. Morris, New Testament Theology, Zondervan, Grand Rapids 1986, 19-90; C.F.D. Moule, Essays in New Testament Interpretation, Cambridge University, Cambridge - New York 1982; J. Munck, Paul and the Salvation of Mankind, SCM, London - John Knox, Richmond 1959; Idem, Pauline Research since Schweitzer, in J.P. Hyatt (ed.), The Bihle in Modem Scholarship, Abingdon, Nashville 1965, 166-177; J- Murphy-O'Connor, Becoming Human Together. The Pastoral Anthropology of St. Paul, Glazier, Wilmington 1982; Idem, The Theology of the Second Letter to the Corinthians, Cambridge University, Cambridge 1991; Idem, Paul. A Criticai Life, Clarendon, Oxford - Oxford University, New York 1996; J. Murphy-O'Connor - J. Charlesworth (ed.), Paul and the Dead Sea Scrolls, Crossroad, New York 1990; M.D. Nanos, The Mystery of Romans. The Jewish Context of Paul's Letter, Fortress, Minneapolis 1996; J.H. Neyrey, Paul in Other Words. A Cultural Reading of His Letters, Westminster, Louisville 1990; G.W.E. Nickelsburg with G.W. MacRae (ed.), Christians among Jews and Gentiles (Fs K. Stendahl), Fortress, Philadelphia 1986; K.-W. Niebuhr, Heidenapostel aus Israel. Die judische Identitàt des Paulus nach ihrer Darstellung in seinen Briefen (WUNT 62), Mohr, Tùbingen 1992; A.D. Nock, St. Paul, Oxford University, London - Harper, New York 1938; F.H. Pagels, The Gnostic Paul. Gnostic Exegesis of the Pauline Letters, Fortress, Philadelphia 1975; C.M. Paté, The End of the Ages Has Come. The Theology of Paul, Zondervan, Grand Rapids 1995; D. Patte, Paul's Faith and the Power of the Gospel. A Structural Introduction to the Pauline Letters, Fortress, Philadelphia 1983; S. Pedersen (ed.), The Pauline Literature and Theology, Aros, Aarhus - Vandenhoeck, Gòttingen 1980; R. Penna, L'apostolo Paolo. Studi di esegesi e teologia, Paoline, Cinisello Bals. 1991 ; O. Pfleiderer, Paulinism. A Contribution to the History of Primitive Christian Theology, 2 voli., Williams and Norgate, London 1877; S.E. Porter - C.A. Evans (ed.), The Pauline Writings, Sheffield Academic, Sheffield 1995; F. Prat, The Theology of Saint Paul, 2 voli., Burns, Oates, and Washbourne, London 1926, 1927; H. Ràisànen, Jesus, Paul and Torah. Collected Essays (JSNTS 43), Sheffield Academic, Sheffield 1992; K.H. Rengstorf (ed.), Das Paulusbild in der neueren deutschen Forschung, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 1964; A. Richardson, An Introduction to the Theology of the New Testament, SCM, London - Harper, New York 1958; P. Richardson -J.C. Hurd (ed.), From Jesus to Paul (Fs F.W. Beare), Wilfrid Laurier University, Waterloo 1984; P. Richardson with D. Granskou, Anti-Judaism in Early Christianity, 1. Paul and the Gospels, Wilfrid Laurier University, Waterloo 1986; H. Ridderbos, Paul. An Outline of His Theology, Eerdmans, Grand Rapids 1975; R. Riesner, Die Frùhzeit des Apostels Paulus. Studien zur Chronologie, Missionsstrategie und Theologie (WUNT 71), Mohr, Tùbingen 1994; J.A.T. Robinson, Wrestling with Romans, SCM, London - Westminster, Philadelphia 1979; C.J. Roetzel, The Letters ofPaul. Conversations in Context, John Knox, Atlanta 1975, 1982; R.L. Rubenstein, My Brother Paul, Harper, New York 1972; A. Sabatier, The Apostle Paul. A Sketch of the Development of His Doctrine, Hodder and Stoughton, London - Pott, New York 1906; E.P. Sanders, Paolo e il giudaismo palestinese. Studio comparativo su modelli di religione, Paideia, Brescia 1986; Idem, Paul, Oxford University, London 1991; Idem, Paul, in J. Barclay - J. Sweet

Z4

Bibliografia

(ed.), Early Christian Thought in Its Jewish Context (Fs M.D. Hooker), Cambridge University, Cambridge 1996, 112-129; S. Sandmel, The Genius of Paul, 1958, Fortress, Philadelphia 1979; K.O. Sandnes, Paul - One of the Prophets? (WUNT 2.43), Mohr, Tiibingen 1991; K.H. Schelkle, Teologia del Nuovo Testamento, 4 voli., EDB, Bologna 1969-80; Idem, Paolo. Vita, lettere, teologia, Paideia, Brescia 1990; A. Schlatter, Die Theologie der Apostel, Calwer, Stuttgart 1922, 239-432; H. Schlier, Linee fondamentali di una teologia paolina, Queriniana, Brescia 3 i995; W. Schmithals, Paul and the Gnostics, Abingdon, Nashville 1972; Idem, Theologiegeschichte des Urchristentums. Eine problemgeschichtliche Darstellung, Kohlhammer, Stuttgart 1994; H.J. Schoeps, Paul. The Theology of the Apostle in the Tight of Jewish Religious History, Lutterworth, London - Westminster, Philadelphia 1961; G. Schrenk, Studien zu Paulus, Zwingli, Zùrich 1954; A. Schweitzer, Paul and His Interpreters. A Criticai History, Black, London - Macmillan, New York 1912; E. Schweizer, Neotestamentica. German and English Essays 1951-1963, Zwingli, Ziirich 1963; Idem, Beitràge zur Theologie des Neuen Testaments. Neutestamentliche Aufsàtze (195J-1970), Zwingli, Zùrich 1970; Idem, Introduzione teologica al Nuovo Testamento, Paideia, Brescia 1992, 66-107; C.A.A. Scott, Christianity according to St Paul, Cambridge University, Cambridge 1927; R. Scroggs, Paul for a New Day, Fortress, Philadelphia 1977; A.F. Segai, Paul the Convert. The Apostolate and Apostasy of Saul the Pharisee, Yale University, New Haven 1990; J.N. Sevenster - W.C. van Unnik (ed.), Studia Paulina in honorem Johannis de Zwaan septuagenarii, Haarlem, Bohn, Haarlem 1953; M.L. Soards, The Apostle 'Paul. An Introduction to His Writings and Teaching, Paulist, New York 1987; E. Stauffer, New Testament Theology, SCM, London - Macmillan, New York 1955; K. Stendahl, Paolo fra ebrei e pagani, Claudiana, Torino 1995; Idem, Einai Account. Paul's Letter to the Romans, Fortress, Minneapolis 1995; G.B. Stevens, The Theology of the New Testament, Clark, Edinburgh - Scribner, New York 1918, 325-482; J.S. Stewart, A Man in Christ. The Vital Elements of St. Paul's Religion, Hodder and Stoughton, London - Harper, New York 1935; S.K. Stowers, A Rereading of Romans. Justice, Jews and Gentiles, Yale University, New Haven 1994; G. Strecker, Eschaton und Historie. Aufsàtze, Vandenhoeck, Gòttingen 1979; Idem, Theologie des Neuen Testaments, de Gruyter, Berlin 1996, 11-229; Studiorum Paulinorum Congressus Internationalis Catholicus 1961, 2 voli., Pont. Ist. Biblico, Roma 1963; P. Stuhlmacher, Reconciliation, Law and Righteousness. Essays in Biblical Theology, Fortress, Philadelphia 1986; Idem, Biblische Theologie des Neuen Testaments, 1. Grundlegung von Jesus zu Paulus, Vandenhoeck, Gòttingen 1992, 221-392; G. Theissen, Sociologia del cristianesimo primitivo, Marietti, Genova 1987, parte III; Idem, Psychological Aspects ofPauline Theology, Fortress, Philadelphia - Clark, Edinburgh 1987; W. Trilling, A Conversation with Paul, SCM, London - Crossroad, New York 1986; A. Vanhoye (ed.), L'Apótre Paul. Personnalité, style et conception du ministère (BETL 73), Leuven University, Leuven 1986; J.C. Walters, Ethnic Issues in Paul's Letter to the Romans. ChangingSelf-Defìnitions in Earliest Roman Christianity, TPI, Valley Forge 1993; F. Watson, Paul, Judaism and the Gentiles (SNTSMS 56), Cambridge University, Cambridge 1986; A.J.M. Wedderburn, The Reasons for Romans, Clark, Ed-

Bibliografia

25

inburgh - Fortress, Minneapolis 1988; H. Weinel, St Paul. The Man and His Work, Williams and Norgate, London - Putnam, New York 1906; Idem, Bibliscbe Theologie des Neuen Testaments, Mohr, Tiibingen 1921, 261-436; B. Weiss, Biblical Theology of the New Testament, 2 voli., Clark, Edinburgh 1882, 1883, 1, 274 - 11, 149; D.E.H. Whiteley, The Theology of St Paul, Blackwell, Oxford 1964; U. Wilckens, Rechtfertigung als Freibeit. Paulusstudien, Neukirchener, Neukirchen/Vluyn 1974; B. Witherington, Paul's Narrative Thought World, Westminster - John Knox, Louisville 1994; W. Wrede, Paul, Philip Green, London 1907; N.T. Wright, The Messiah and the People of God, University of Oxford D.Phil. thesis, 1980; Idem, The Climax of the Covenant. Cbrist and the Law in Pauline Theology, Clark, Edinburgh 1991; F. Young - D.F. Ford, Meaning and Trutb in 2 Corinthians, SPCK, London - Eerdmans, Grand Rapids 1987; D. Zeller, Juden und Heiden in der Mission des Paulus. Studien zum Rómerbrief, KBW, Stuttgart 1976; J.A. Ziesler, Pauline Christianity, Oxford University, Oxford - New York 1990. COMMENTARI CONSULTATI ALLE LETTERE PAOLINE

Lettera ai Romani C.K. Barrett, The Epistle to the Romans (BNTC/HNTC), Black, London - Harper and Row, New York 1975,1991; K. Barth, L'Epistola ai Romani, 1919,1922, 1929; Feltrinelli, Milano 1962; M. Black, Romans (NCB), Oliphants, London Eerdmans, Grand Rapids 1989; F.F. Bruce, The Epistle of Paul to the Romans (TNTC), Tyndale, London - Eerdmans, Grand Rapids 1963; C.E.B. Cranfield, The Epistle to the Romans (ICC), 2 voli., Clark, Edinburgh 1975. 1979; C.H. Dodd, The Epistle to the Romans (MNTC), Hodder and Stoughton, London Harper, New York 1932; J.D.G. Dunn, Romans (WBC 38), 2 voli., Word, Dallas 1988; J.A. Fitzmyer, Romans (AB 33), Doubleday, New York 1993; E. Kàsemann, An die Ròmer (HNT 8a), Mohr, Tùbingen 1973 = Commentary on Romans, Eerdmans, Grand Rapids - SCM, London 1980; O. Kuss, Der Rómerbrief, 3 voli., Pustet, Regensburg 1957. 1959. 1978 = La Lettera ai Romani, Morcelliana, Brescia 1962. 1969. 1981; M.-J. Lagrange, Epitre aux Romains (ÉB), Gabalda, Paris 1922, 1950; F.J. Leenhardt, L'Epìtre de Saint Paul aux Romains (CNT), Delachaux, Neuchàtel 1957 = The Epistle to the Romans, Lutterworth, London - World, Cleveland 1961; H. Lietzmann, An die Ròmer (HNT 8), Mohr, Tùbingen 1906,1933, 1971; O. Michel, Der Briefan die Ròmer (KEK), Vandenhoeck, Gòttingen 1955, 1978; D. Moo, The Epistle to the Romans (NIC NT), Eerdmans, Grand Rapids 1996; L. Morris, The Epistle to the Romans (Pillar), Eerdmans, Grand Rapids - InterVarsity, Leicester 1988; J. Murray, The Epistle to the Romans (NICNT), 2 voli., Eerdmans, Grand Rapids 1959. 1965; A. Nygren, Commentary on Romans, SCM, London - Muhlenberg, Philadelphia 1952; W. Sanday - A.C. Headlam, The Epistle to the Romans (ICC), Clark, Edinburgh 1895, 1902; H. Schlier, Der Rómerbrief (HTKNT 6), Herder, Freiburg 1977, 2 i979 = La lettera ai Romani (CTNT vi), Paideia, Brescia 1982; W. Schmithals, Der Rómerbrief, Gùtersloher, Gùtersloh 1988; P. Stuhlmacher, Der Brief an die Rómer (NTD 6), Vandenhoeck, Gòttingen 1989 = Paul's Letter to

z6

Bibliografia

the Romans, Westminster - John Knox, Louisville 1994; U. Wilckens, Der Brief an die Ròmer (EKK 6), 3 voli., Benziger, Zùrich - Neukirchener, Neukirchen/ Vluyn 1978. 1980. 1982; T. Zahn, Der Brief des Faulus an die Ròmer, Deichert, Leipzig 1910. 1925; D. Zeller, Der Brief an die Rómer (RNT), Pustet, Regensburg 1985; J. Ziesler, Paul's Letter to the Romans, SCM, London - TPI, Philadelphia 1989. Prima e seconda lettera ai Corinti C.K. Barrett, The First Epistle to the Corinthians (BNTC/HNTC), Black, London - Harper, New York 1968 = La prima lettera ai Corinti, EDB, Bologna 1979; Idem, The Second Epistle to the Corinthians (BNTC/HNTC), Black, London Harper, New York 1973; H.D. Betz, 2 Corinthians 8 and 9 (Hermeneia), Fortress, Philadelphia 1985; F.F. Bruce, 1 and 2 Corinthians (NCB), Oliphants, London 1971 = Eerdmans, Grand Rapids 1980; R. Bultmann, Der zweite Brief an die Korinther (KEK), Vandenhoeck, Gòttingen 1976 = The Second Letter to the Corinthians, Augsburg, Minneapolis 1985; H. Conzelmann, Der erste Brief an die Korinther (KEK), Vandenhoeck, Gòttingen 1969 = 1 Corinthians (Hermeneia), Fortress, Philadelphia 1975; E- Fascher, Der erste Brief des Paulus an die Korinther 1-7 (THKNT), Evangelische, Berlin 1975; G.D. Fee, The First Epistle to the Corinthians (NICNT), Eerdmans, Grand Rapids 1987; V.P. Furnish, 2 Corinthians (AB 32A), Doubleday, New York 1 9 8 4 ^ . Héring, The First Epistle of Saint Paul to the Corinthians, Epworth, London 1962; Idem, The Second Epistle of Saint Paul to the Corinthians, Epworth, London 1967; P.E. Hughes, Paul's Second Epistle to the Corinthians (NICNT), Eerdmans, Grand Rapids 1961; H.-J. Klauck, 1 Korinther brief, Echter, Wùrzburg 1984; H. Lietzmann, An die Korinther I/II (HNT 9), Mohr, Tùbingen 1949; R.P. Martin, 2 Corinthians (WBC 40), Word, Waco 1986; J. Moffatt, The First Epistle ofPaul to the Corinthians (MNTC), Hodder and Stoughton, London - Harper, New York 1938; A. Plummer, Second Epistle of St Paul to the Corinthians (ICC), Clark, Edinburgh 1915; A. Robertson - A. Plummer, First Epistle of St Paul to the Corinthians (ICC), Clark, Edinburgh 1911; W. Schrage, Der erste Brief an die Korinther (EKK 7), 2 [di 3] voli., Benziger, Zùrich - Neukirchener, Neukirchen/Vluyn 1991, 1995; M.E. Thrall, 2 Corinthians 1-7 (ICC), Clark, Edinburgh 1994; J. Weiss, Der erste Korinther brief (KEK), Vandenhoeck, Gòttingen 19 io; H.D. Wendland, Die Briefe an die Korinther (NTD 7), Vandenhoeck, Gòttingen 1964; H. Windisch, Der zweite Korintherbrief (KEK), Vandenhoeck, Gòttingen 1924; C. Wolff, Der erste Brief des Paulus an die Korinther 8-16 (THKNT), Evangelische, Berlin 1982.

Lettera ai Galati J. Becker, Der Brief an die Galater (NTD 8), Vandenhoeck, Gòttingen 1990; H. D. Betz, Galatians (Hermeneia), Fortress, Philadelphia 1979; P. Bonnard, L'Épitre de Saint Paul aux Galates (CNT), Delachaux, Neuchàtel 1953; U. Borse, Der Brief an die Galater (RNT), Pustet, Regensburg 1984; F.F. Bruce, The Epistle to

Bibliografia

2.7

the Galatians (NIGTC), Eerdmans, Grand Rapids - Paternoster, Exeter 1982; E. de W. Burton, The Epistle to the Galatians (ICC), Clark, Edinburgh 1921; G.S. Duncan, The Epistle of Paul to the Galatians (MNTC), Hodder and Stoughton, London - Harper, New York 1934; J.D.G. Dunn, The Epistle to the Galatians (BNTC), Black, London - Hendrickson, Peabody 1993; R.Y.K. Fung, The Epistle to the Galatians (NICNT), Eerdmans, Grand Rapids 1988; M.-J. Lagrange, Saint Paul Épìtre aux Galates (ÉB), Gabalda, Paris 1925; H. Lietzmann, An die Galater (HNT io), Mohr, Tubingen 1971; J.B. Lightfoot, Saint Paul's Epistle to the Galatians, Macmillan, London 1865; R.N. Longenecker, Galatians (WBC 41), Word, Dallas 1990; D. Lùhrmann, Der Brief an die Galater (ZBK), Theologischer, Zùrich 1988; F. Mussner, Der Galaterbrief (HTKNT), Herder, Freiburg 1977 = La lettera ai Galati (CTNT), Paideia, Brescia 1987; A. Oepke, Der Brief des Paulus an die Galater, ed. J. Rohde (THKNT), Evangelische, Berlin 1973; JRohde, Der Brief des Paulus an die Galater (THKNT), Evangelische, Berlin 1989; H. Schlier, Der Brief an die Galater (KEK), Vandenhoeck, Gòttingen 1965 = Lettera ai Galati, Paideia, Brescia 1966; T. Zahn, Der Brief des Paulus an die Galater, Deichert, Leipzig 1905.

Lettera ai Filippesi F.W. Beare, The Epistle to the Philippians (BNTC/HNTC), Black, London - Harper, New York 1959; P. Bonnard, Épìtre de Saint Paul aux Philippiens (CNT), Delachaux, Neuchàtel 1950; G.B. Caird, Paul's Letters from Prison (Ephesians, Philippians, Colossians, Philemon), Clarendon, Oxford 1976; J.-F. Collange, The Epistle of Saint Paul to the Philippians, Epworth, London 1979; J. Ernst, Die Brief e an die Philipper, an Philemon, an die Kolosser, und an die Epheser (RNT), Pustet, Regensburg 1974; G.D. Fee, Paul's Letter to the Philippians (NICNT), Eerdmans, Grand Rapids 1995; J. Gnilka, Der Philipperhrief (HTKNT), Herder, Freiburg 1968 = La lettera ai Filippesi (CTNT), Paideia, Brescia 1972; G.F. Hawthorne, Philippians (WBC 43), Word, Waco 1983; J.H. Houlden, Paul's Letters from Prison: Philippians, Colossians, Philemon and Ephesians, Penguin, Harmondsworth - Westminster, Philadelphia 1970; J.B. Lightfoot, Saint Paul's Epistle to the Philippians, Macmillan, London 1868; E. Lohmeyer, Die Brief e an die Philipper, Kolosser und an Philemon (KEK), Vandenhoeck, Gòttingen 1929, 1964; R.P. Martin, Philippians (NCB), Oliphants, London 1976 = Eerdmans, Grand Rapids 1980; P.T. O'Brien, The Epistle to the Philippians (NIGTC), Eerdmans, Grand Rapids 1991; M.R. Vincent, Philippians and Philemon (ICC), Clark, Edinburgh 1897. Lettere ai Colossesi e a Filemone J.-N. Aletti, Saint Paul Épìtre aux Colossiens (ÉB), Gabalda, Paris 1993; M. Barth - H. Blanke, Colossians (AB 34B), Doubleday, New York 1994; H. Binder, Der Brief des Paulus an Philemon (THKNT 11.2), Evangelische, Berlin 1990; F.F. Bruce, The Epistle to the Colossians, to Philemon, and to the Ephesians (NICNT),

28

Bibliografia

Eerdmans, Grand Rapids 1984; G.B. Caird, v. Vii.; M. Dibelius, An die Kolosser, Epheser, an Philemon (HNT iz), Mohr, Tùbingen 1953; J.D.G. Dunn, The Epistles to the Colossians and to Philemon (NIGTC), Eerdmans, Grand Rapids Paternoster, Carlisle 1996; J. Ernst, v. FU.; J. Gnilka, Der Kolosserbrief (HTKNT 10.1), Herder, Freiburg 1980; Idem, Der Philemonbrief (HTKNT 10.4), Herder, Freiburg 1982; J.H. Houlden, v. FU.; J.B. Lightfoot, The Epistles of St Paul: Colossians and Philemon, Macmillan, London 1875; A.. Lindemann, Der Kolosserbrief (ZBK), Theologischer, Zùrich 1983; E. Lohmeyer, v. FU.; E. Lohse, Die Briefe an die Kolosser und an Philemon (KEK), Vandenhoeck, Gòttingen 1968 = Le lettere ai Colossesi e a Filemone (CTNT), Paideia, Brescia 1979; R.P. Martin, Colossians and Philemon (NCB), Oliphants, London 1973 = Eerdmans, Grand Rapids 1981; C. Masson, L'Épitre de Saint Paul aux Colossiens (CNT io), Delachaux, Neuchàtel 1950; C.F.D. Moule, The Epistles to the Colossians and to Philemon, Cambridge University, Cambridge 1957; P.T. O'Brien, Colossians, Philemon (WBC 44), Word, Waco 1982; P. Pokorny, Der Brief des Paulus an die Kolosser (THKNT 10.1), Evangelische, Berlin 1987 = Colossians. A Commentary, Hendrickson, Peabody 1991; E. Schweizer, Der Brief an die Kolosser (EKK iz), Benziger, Zùrich - Neukirchener, Neukirchen/Vluyn 1976 = The Letter to the Colossians, SPCK, London 198Z; P. Stuhlmacher, Der Brief an Philemon (EKK), Benziger, Zùrich - Neukirchener, Neukirchen/Vluyn 1975; M. Wolter, Der Brief an die Kolosser. Der Brief an Philemon (ÒTK iz), Mohn, Gùtersloh 1993; N.T. Wright, The Epistles of Paul to the Colossians and to Philemon (TNTC), IVP, Leicester - Eerdmans, Grand Rapids 1986. Prima e seconda lettera ai

Tessalonicesi

E. Best, The First and Second Epistles to the Thessalonians (BNTC/HNTC), Black, London - Harper, New York 197Z; F.F. Bruce, 1 and 2 Thessalonians (WBC 45), Word, Waco 198Z; E. von Dobschùtz, Die Thessalonicher-Briefe (KEK), Vandenhoeck, Gòttingen 1909, 1974; J.E. Frame, The Epistles of St. Paul to the Thessalonians (ICC), Clark, Edinburgh 191Z; T. Holtz, Der erste Brief an die Thessalonicher (EKK 13), Benziger, Zùrich - Neukirchener, Neukirchen/Vluyn 1986; I.H. Marshall, 1 and 2 Thessalonians (NCB), Oliphants, London - Eerdmans, Grand Rapids 1983; B. Rigaux, Saint Paul. Les Épitres aux Thessaloniciens (ÉB), Gabalda, Paris 1956; W. Trilling, Der zweite Brief an die Thessalonicher (EKK 14), Benziger, Zùrich - Neukirchener, Neukirchen/Vluyn 1980; C.A. Wanamaker, The Epistles to the Thessalonians (NIGTC), Eerdmans, Grand Rapids - Paternoster, Exeter 1990.

Capitolo i

Prologo

§ I . PROLEGOMENI A UNA TEOLOGIA DI PAOLO P.J. Achtemeier, The Continuing Quest for Coherence in St. Paul. An Experiment in Thought, in Lovering-Sumney (ed.), Theology and Ethics (v. § 23), 132-145; A.K.M. Adam, Making Sense of New Testament Theology. 'Modem' Problems and Prospects, Mercer University, Macon 1995; Berger, Theologiegeschichte, 440-447; H. Boers, What Is New Testament Theology?, Fortress, Philadelphia 1979; H. Braun, The Problem of a Neiv Testament Theology: JTC 1 (1965) 169-185; R.E. Brown, Biblical Exegesis and Church Doctrine, Chapman, London 1982 = Paulist, New York 1985; Idem, The Criticai Meaning of the Bible, Chapman, London 1986 = Paulist, New York 1981; R. Bultmann, Teologia, 181-186; Idem, È possibile un'esegesi priva di presupposti?, in Credere e comprendere, Queriniana, Brescia 1977, 799807; B.S. Childs, The New Testament as Canon. An Introduction, Fortress, Philadelphia 1985; C. Dohmen - T. Sòding (ed.), Eine Bibel - zwei Testamente. Positionen Biblischer Theologie, Schòningh, Paderborn 1995; J.R. Donahue, The Changing Shape of New Testament Theology: ThS 50 (1989) 314-335; J.D.G. Dunn, The Living Word, SCM, London - Fortress, Philadelphia 1987; Idem, Prolegomena to a Theology of Paul: NTS 40 (1994) 4°7"43 2 ; Idem, In Quest of Paul's Theology. Retrospect and Prospect, in D.M. Hay - E.E. Johnson (ed.), Pauline Theology 4, Scholars, Atlanta 1997, 95-115; J.D.G. Dunn - J. Mackey, New Testament Theology in Dialogue, SPCK, London - Westminster, Philadelphia 1987; V.P. Furnish, On Putting Paul in His Place: JBL 113 (1994) 3-17; F. Hahn, Historical Investigation and New Testament Fatth, Fortress, Philadelphia 1984; G.F. Hasel, New Testament Theology. Basic Issues in the Debate, Eerdmans, Grand Rapids 1978; J.L. Houlden, Patterns of Faith. A Study in the Relationship between the New Testament and Christian Doctrine, SCM, London - Fortress, Philadelphia 1977; H. Hùbner, Pauli Theologiae Proprium: NTS 26 (1979-80) 445-473; Idem, Teologia biblica del Nuovo Testamento, I. Prolegomeni, Paideia, Brescia 1997; R. Jewett, Major Impulses in the Theological Interpretation of Romans since Barth: Int 34 (1980) 17-31; E. Kàsemann, The Problem of a New Testament Theology: NTS 19 (1972-73) 23 5-245; L.E. Keck, Toward the Renewal of New Testament Christology: NTS 32 (1986) 362-377; K. Kertelge, Biblische Theologie im Rómerbrief in S. Pedersen (ed.), Neiu Directions in Biblical Theology (NTSuppl 76), Brill, Leiden 1994, 47-57; E. Lohse, Changes of Thought in Pauline Theology? Some Reflections on Paul's Ethical Teaching in the Context of his Theology, in LoveringSumney (ed.), Theology and Ethics (v. § 23), 146-160; O. Merk, Biblische Theologie des Neuen Testaments in ihrer Anfangszeit, Elwert, Marburg 1972; R. Morgan, The Nature of Neiv Testament Theology, SCM, London - Allenson, Naperville 1973; Idem, New Testament Theology, in S.J. Kraftchick et al. (ed.), Biblical Theology. Problems and Perspectives (Fs J.C. Beker), Abingdon, Nashville 1995, 104-130; J. Plevnik, The Center of Pauline Theology: CBQ 51 (1989) 461-478; H. Ràisànen, Beyond New Testament Theology, SCM, London 1990; T. Sòding, Inmitten der Theologie des Neuen Testaments. Zu den Voraussetzungen und Zielen neutestamentlicher Exegese: NTS 42 (1996) 161-184; G. Strecker (ed.), Das Problem der Theologie des Neuen Testaments, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 1975; P. Stuhlmacher, How to Do Biblical Theology, Pickwick, Allison Park 1995; A.J.M. Wedderburn, Paul and 'Biblical Theology', in S. Pedersen (ed.), New Directions in Biblical Theology (NTSuppl 76), Brill, Leiden 1994, 24-46; N.T. Wright, The New Testament and the People of God, SPCK, London - Fortress, Minneapolis 1992.

§ I . I . Ferché una teologia di Faolo? Paolo fu il primo e più grande teologo cristiano. Nell'ottica delle generazioni posteriori, Paolo è indubbiamente il primo teologo cristiano. Naturalmente, tutti coloro che riflettono come cristiani sulla propria fede e l'esprimono possono essere chiamati, a buon diritto, «teologi cristiani», o quantomeno si può dire che stanno compiendo un'operazione teologica. Ma Paolo appartiene a quella cerchia di cristiani che hanno sentito come parte della loro vocazione l'articolare la propria fede per iscritto e istruire altre persone nella fede comune e che hanno votato una gran parte della loro vita a questo lavoro. E, per quanto riguarda noi oggi, Paolo fu effettivamente il primo cristiano a dedicarsi a questa vocazione. Altri operarono teologicamente fin dal principio: nelle prime chiese cristiane vi furono molti apostoli, profeti, dottori e pastori. Ma della prima generazione cristiana si ha soltanto un unico testimone di prima mano, l'attività teologica di una sola persona: Paolo, l'apostolo che era stato il fariseo Saulo. Soltanto con le lettere di Paolo possiamo essere pienamente sicuri di essere in contatto con la prima generazione del cristianesimo e con la prima attività teologica in senso proprio. 1 Inoltre Paolo fu «primo» anche nel senso che fu il più eminente dei teologi cristiani. Appartenne a quella generazione che per la formazione e la teologia del cristianesimo fu più creativa e più determinante di qualsiasi altra posteriore. E all'interno di quella generazione fu lui, più di altri, la personalità individuale che rese possibile che il nuovo movimento nato da Gesù diventasse una religione veramente internazionale e intellettualmente coerente. Non per nulla Paolo è stato chiamato il «secondo fondatore del cristianesimo», colui che «in confronto al primo, esercitò, fuori di ogni dubbio, l'influenza... maggiore». 2 Anche se queste parole dovessero essere giudicate una valutazione esagerata dell'importanza di Paolo, resta che l'influenza e gli scritti di Paolo hanno foggiato il cristianesimo come non hanno fatto né gli scritti né la riflessione teologica di alcun altro. Certamente i vangeli sinottici riportano indietro, in prossimità dell'insegnamento di Gesù; il vangelo di Giovanni ha avuto un'influenza immensa nella successiva comprensione di Gesù, soprattutto da parte dello spiritualismo cristiano in genere. Senza il libro degli Atti si avrebbe un'idea molto vaga di come il cristianesimo si sia diffuso in origine. Ma se la teologia viene misurata in termini di articolazione della credenza cristiana, allora le lettere di Paolo gettarono un fondamento della teologia cristiana che non ha mai avuto il pari né è stato mai superato né sorpassato da alcuno. Da qui discende, dunque, anche l'affermazione che Paolo è il massimo teologo cristiano di tutti i tempi. In realtà quest'affermazione non è che una i. Con questo non s'intende ovviamente negare che le memorie dell'insegnamento e del ministero di Gesù fossero già oggetto di notevole riflessione teologica durante la prima generazione cristiana. Ma non è affatto chiaro chi si dedicasse alla teologia, chi fossero i teologi. E se altri scritti del Nuovo Testamento sono coevi alle lettere paoline (forse la lettera di Giacomo) non si può certo affermare che siano stati altrettanto significativi. 2. Wrede, Paul, 180; cf. inoltre Meeks, Writings, parte v.

$1.1

Prolegomeni a una teologia di Paolo

31

conferma e ripetizione, in altri termini, dello stato canonico delle lettere di Paolo. Infatti la situazione canonica fu già essa stessa, in sé, la riconferma dell'autorità riconosciuta a queste lettere più o meno a partire dal momento della loro prima lettura da parte dei destinatari. Esse furono evidentemente apprezzate dalle chiese alle quali erano state indirizzate, conservate con cura e amore perché di continua utilità per l'istruzione nella fede cristiana, per il culto, per la vita quotidiana, e furono passate ad altre chiese, con un'autorità che si espandeva in cerchi sempre più ampi finché, nel 11 secolo, ne venne riconosciuto lo stato canonico (cioè di regola ufficiale di fede e di vita). 3 Così la posizione di Paolo all'interno del canone del Nuovo Testamento dà, di per sé, agli scritti teologici di Paolo una superiorità che oscura tutti i teologi cristiani che seguirono. Ciò non significa che l'autorità di Paolo in quanto teologo sia stata soltanto apparente. Infatti l'aspetto più notevole durante tutti i secoli non riguarda tanto il rispetto dovuto a Paolo quale fondatore canonizzato della chiesa,4 quanto l'influenza della sua teologia stessa. Né significa pretendere che la teologia di Paolo sia stata tanto influente, specialmente nella chiesa primitiva, quanto si meritava di esserlo, ma persino nel periodo patristico la sua influenza su Clemente Romano, Ignazio di Antiochia e Ireneo di Lione è sufficientemente evidente. E nella tarda antichità Agostino d'Ippona riformulò la teologia cristiana come, si potrebbe quasi dire, una forma di teologia paolina destinata a dominare gran parte del medioevo. Inoltre, bisognerà ricordare solo a pochi che la Riforma protestante fu foggiata soprattutto dall'influenza della teologia di Paolo. E in epoca moderna le diverse testimonianze di F.C. Baur e Karl Barth confermano la medesima e perdurante influenza formativa del primo grande apostolo teologo. Forse si dovrebbe aggiungere che non è una questione di se Paolo stesso fosse un teologo migliore di qualsiasi di questi o di altri, in oriente o in occidente, passati o presenti, di cui si possa fare il nome. Il fatto è piuttosto che la teologia di Paolo inevitabilmente fornisce un fondamento indispensabile e serve come una sorgente che ancora getta acqua ad alimentare il fiume costante del lavoro teologico cristiano. Così che anche coloro che hanno voluto criticare la teologia di Paolo o edificare la propria costruzione teologica su una base diversa hanno trovato necessario interagire con Paolo e, dove possibile, usufruire dei suoi scritti quale supporto delle proprie posizioni. Per ogni generazione di teologia cristiana è pertanto importante riflettere nuovamente sulla teologia di Paolo. E attraverso tutte le generazioni tali tentativi non sono certo mancati. 5 Ma negli ultimi cinquant'anni, dopo l'epoca3. Non è qui il luogo per approfondire ulteriormente tale aspetto. Per la prima influenza esercitata ben presto da Paolo cf. in particolare E. Dassmann, Der Stachel im Fleiscb. Paulus in der fruhcbristlicben Literatur bis Irenàus, Aschendorff, Mùnster 1979, e A. Lindemann, Paulus im àltesten Christentum. Das Bild des Apostels und die Rezeption der paulinischen Theologie in der fruhcbristlicben Literatur bis Marcion, Mohr, Tùbingen T979. 4. Esteriormente l'influenza di Pietro è stata di gran lunga la maggiore. 5. Come viene ampiamente dimostrato dalla bibliografìa generale e dalle indicazioni bibliografiche in testa a ogni sezione di questo libro.

32

Prologo

$1.1

le teologia del Nuovo Testamento di Rudolf Bultmann, 6 c'è stata solo una manciata di tentativi di affrontare nel suo complesso e riformulare la teologia di Paolo con una sostanziale e consistente profondità. Ci sono state diverse trattazioni più brevi nel contesto di teologie del Nuovo Testamento, 7 oppure saggi a livello più divulgativo. 8 Diversi studi particolari sono stati poi raccolti in teologie parziali. 9 Ci sono state anche diverse opere che hanno trattato insieme la vita e la teologia di Paolo. 10 Con quest'ultima categoria possono venire associati schemi evolutivi che seguono lo sviluppo della teologia di Paolo attraverso o a partire dalla sua conversione passando per l'attività missionaria e fino alla stesura delle sue epistole - un importante modello alternativo per confrontarsi con la teologia di Paolo." Ma, rispetto alle opere di maggiore respiro delle generazioni precedenti, 11 ci sono stati ben pochi tentativi completi di riformulare la teologia di Paolo come un tutto coerente, omogeneo e autonomo. Le importanti opere di W.D. Davies, Johannes Munck, Christian Beker e Hans Hubner hanno perseguito tesi particolari - Davies collocando Paolo il più possibile entro il contesto del giudaismo rabbinico,' 3 Munck fornendo una critica stringente della perdurante influenza della ricostruzione del primo cristianesimo fatta da Baur, Beker sviluppando la propria tesi della coerenza e contingenza e Hubner esponendo il compito della sua Teologia biblica come approfondimento {Aufarbeitung) dell'uso (Umgang) teologico che gli autori del Nuovo Testamento fanno dell'Antico Testamento. 14 Tra gli studi recenti, probabilmente solo Hermann Ridderbos, Paul è del tutto all'altezza, per ampiezza e visuale, dei trat6. Bultmann, Teologia. 7. Ad es. Conzelmann, Teologia; Kummel, Teologia; Goppelt, Teologia e Gnilka, Theologie. Persino le recenti trattazioni elegantemente concise di Stuhlmacher, Bibliscbe Theologie e Strecker, Theologie, sono eccessivamente sommarie e prendono scorciatoie in più occasioni; il saggio suggestivo di Schlier, Linee, è invece dispersivo. 8. I più diffusi sono stati Keck, Paul e Ziesler, Vanime Ghrìstianity - come in passato lo è stato Dodd, Attualità. Barrett, Paolo potrebbe avere una funzione analoga per la prossima generazione. Maggiore sostanza ha invece Witherington, Paul's Narrative Thought World. 9. Una particolare influenza hanno esercitato i saggi di Kàsemann, Prospettive; Essays; Saggi esegetici. Cf. anche, in particolare, Kertelge, Grundthemen; Hofius, Paulusstudien; Penna, San Paolo, Alba 2 i 9 6 i . io. Nel 1996 se ne è avuto un profluvio con Gnilka, Paolo (la sezione dedicata alla teologia dipende molto dalla sua Theologie), Lohse, Paulns; Murphy-O'Connor, Paul. Il meno recente libretto di Bornkamm, Paolo, rimane divulgativo. 11. Ad es. Sabatier, Paul; Buck e Taylor, Saint Paul; Bruce, Apostle; Becker, Paolo. Cf. anche il tentativo fatto dal gruppo di studio della teologia paolina della SBL di studiare le teologie delle lettere di Paolo in sequenza: i voli, di Pauline Theology, ed. da Bassler, Hay e da Hay e Johnson. L'altra alternativa, uno studio tematico della teologia del Nuovo Testamento nel suo insieme, come Richardson, Introduction; Guthrie, New Testament Theology e Caird, New Testament Theology, non contribuisce a cogliere in misura soddisfacente la coerenza della teologia di Paolo o i suoi tratti peculiari. Non è possibile, ad esempio, avere una chiara idea del ruolo della legge nella teologia paolina leggendo la Theology di Caird. 12. Si pensi a Baur, Paul; Pfleiderer, Paulinism; B. Weiss, Biblical Theology; Feine, Theologie; Prat, Theology oppure i tre volumi di Cerfaux (§§ io, 14 e 20). 13. Quale reazione alla moda, allora dominante, di collocare Paolo nel contesto della religione e della cultura ellenistica. 14. Hubner, Teologia biblica I, 36.

§1.2

Prolegomeni a una teologia di Paolo

33

tati più antichi, benché non dovrebbe esser passato sotto silenzio lo studio, permanentemente valido, in lingua inglese di D.E.H. Whiteley.' 5 Un nuovo tentativo di assestare e riformulare la teologia di Paolo è reso tanto più necessario alla luce di quella che viene comunemente chiamata «la nuova prospettiva su Paolo». 16 La mancanza di trattati sistematici di peso nell'ultimo paio di generazioni trova, forse, la migliore spiegazione nel fatto che le esposizioni della teologia di Paolo erano divenute prevedibili e scontate. Se c'era così poco di nuovo da dire, non si sentiva l'urgenza, né il bisogno, di un altro libro che ripetesse l'antico ritornello o riscaldasse la vecchia minestra o rimescolasse i vecchi pezzi cercando di sistemarli in un nuovo disegno. In questo buio e silenzioso vicolo cieco dello studio del Nuovo Testamento e della teologia cristiana irruppe, tuttavia, Ed Sanders col suo Paolo e il giudaismo palestinese provocando un brusco risveglio. Ciò su cui richiamò l'attenzione non era tanto nuovo in sé - la caratteristica del giudaismo palestinese quale sistema religioso basato sul postulato dell'iniziativa della grazia divina. Ma Sanders lo fece con tale efficacia che nessuno che operasse seriamente con l'intento di capire le origini cristiane in genere e la teologia paolina in particolare potè più permettersi d'ignorare il netto contrasto che egli tracciò tra la sua nuova descrizione del giudaismo palestinese e le ricostruzioni tradizionali del giudaismo entro la teologia cristiana. Divenne assolutamente necessaria una rivalutazione completamente nuova del rapporto di Paolo con la religione dei suoi avi, per non parlare poi di tutte le conseguenze considerevoli che sarebbero seguite per la comprensione odierna della sua teologia. La rivalutazione è ancora in corso. Essa ha conferito nuovo vigore allo studio della teologia di Paolo in una maniera che solo venticinque anni fa sarebbe apparsa impossibile, innescando così tutta una serie di nuovi dibattiti. Un aspetto particolarmente piacevole di questa nuova fase è stato il dialogo fresco e creativo che si è ora instaurato con gli studiosi ebrei del Paolo giudeo.' 7 Il ruolo fondamentale e centrale di Paolo nella teologia cristiana nel suo insieme rende tale rivalutazione tanto più importante - e tanto più sensibile e controversa per le riaffermazioni tradizionali dell'evangelo paolino basate sul più antico paradigma. Quanto segue è inteso essere un contributo positivo e irenico a quella rivalutazione. § 1.2. Che cos'è una «teologia di Paolo»? Spiegare il termine «teologia» è già di per sé un'impresa. Sono state fornite molte definizioni e sono possibili molti gradi di finezza.'8 Ma più la defini15. Whiteley, Tbeology. 16. V. sotto, § 14.1. 17. In particolare Segai, Paul the Convert; Boyarin, A Radicai Jew e Nanos, Mystery. Montefiore, Judaism, Schoeps, Paul e Sandmel, Genius rappresentano fasi precedenti del dialogo. Per contro H. Maccoby, The Mythmaker: Paul and the Invention of Christianity, Weidenfeld & Nicholson, London; Harper & Row, New York 1986, costituisce uno spiacevole ritorno a vecchie polemiche. 18. Cf., ad es., la rassegna di alcune definizioni recenti nel mio In Quest of Paul's Theology.

34

Prologo

§1.2

zione è complessa o raffinata, meno riesce, probabilmente, a stare in piedi. A prima vista potrebbe sembrare adeguato iniziare, almeno, con una semplice definizione funzionale. Così, ad esempio, «teologia» = discorso (logos) su Dio (theos) e tutto quanto è implicito o discende direttamente da tale discorso, particolarmente la coerente articolazione della fede e della prassi religiosa che viene espressa con tale mezzo. Tuttavia sorgono subito alcuni problemi quando si chieda se e come si possa «parlare di Dio» o quando la parola «teologia» venga associata con altri termini o differenziata nella sua portata. In particolare vi sono alcune questioni che vengono subito in superficie non appena il termine «teologia» viene specificata ulteriormente come «del Nuovo Testamento» o «biblica». Simili questioni si pongono a motivo della problematicità dei suddetti predicati: in che senso è lecito o possibile parlare di «teologia del Nuovo Testamento» o di «teologia biblica»} Concentrarsi su Paolo significa evitare alcuni di questi problemi e forse indicare persino la via per risolverli. Vi sono tuttavia altri problemi che, per contro, sorgono immediatamente proprio per il carattere del ministero e dell'interpretazione che Paolo dà di se stesso. Egli fu in primo luogo e soprattutto un teologo o un missionario, fondatore di chiese e pastore? Forse che concentrarsi sulla teologia di Paolo è inevitabilmente troppo limitativo? O ancora: ci sono problemi collegati con la tipologia della comunicazione di Paolo - si tratta di epistole e non di trattati teologici. Concentrarsi sulla teologia di Paolo non distorce la ricezione della comunicazione che egli cercò di ottenere e del potenziale comunicativo permanente di queste lettere? Una breve rassegna dei modi in cui tali problemi sono stati posti e trattati nei due secoli precedenti e delle varie critiche alle quali si è sottoposto il concetto di teologia biblica dovrebbe essere sufficiente per illustrare le questioni principali. a) Descrizione o dialogo?1 Pochi, o forse nessuno, di coloro che hanno una qualche familiarità con la teologia del Nuovo Testamento ignorano che sono solo poco più di duecento anni che essa è una disciplina definita - il tentativo di J.P. Gabler di rendere la teologia biblica autonoma dalla teologia dogmatica risale soltanto al 1787.l9 La distinzione sulla quale Gabler insistette al tempo, quella tra la teologia biblica col suo carattere essenzialmente storico e la teologia dogmatica dal carattere didattico, fece emergere, o mise a fuoco, una tensione che era inevitabile per qualsiasi studio di un testo dopo l'età dell'illuminismo. È una tensione che soggiace a qualsiasi tentativo di parlare della teologia del Nuovo Testamento o della teologia di qualsiasi scritto del Nuovo Testamento, una tensione che emerge ripetutamente quando si esaminano la percorribilità e la metodologia della teologia del Nuovo Testamento. Basta ricordare i nomi di William Wrede, Krister Stendahl e, ora, anche di Heikki Ràisànen, da un lato, quali rappresentanti di coloro che insi19. J.P. Gabler, On the Proper Distinction between Biblical and Dogmatic Theology and the Specìfic Ohjectives of Each, tr. ingl. di J. Sandys-Wunsch e L. Eldredge: SJT 33 (1980) 134144 (commento e sommario 144-158); per una prima informazione si veda anche W.G. Kummel, // Nuovo Testamento. Storia dell'indagine scientifica sul problema neotestamentario, il Mulino, Bologna 1976, 137-141.

§1.2

Prolegomeni a una teologia di Paolo

35

stono che la teologia del Nuovo Testamento (se si può addirittura usare questa espressione) non può essere che descrittiva - una forma di fenomenologia di studi religiosi, si potrebbe dire, piuttosto che una teologia in senso proprio. 20 Sull'altro fronte si potrebbero schierare, con altrettanta facilità, Adolf Schlatter e Alan Richardson che si rifiuterebbero di accettare che il carattere storico della teologia biblica la tagli fuori dalla teologia dogmatica, 2,1 Karl Barth e Rudolf Bultmann con la loro insistenza che la parola di Dio, il kerygma, risuona ancora attraverso le parole di Paolo, 21 oppure ora la riaffermazione della teologia biblica a opera di Hans Hùbner e Peter Stuhlmacher col punto di vista dichiaratamente cristiano già implicito nel titolo. 23 Naturalmente la discussione è andata ben oltre la netta distinzione di Gabler. Ora siamo consapevoli che una descrizione puramente oggettiva di qualsiasi cosa, meno che mai del pensiero di qualcun altro, è semplicemente impossibile. Conosciamo l'esistenza di «due orizzonti» di lettura dei testi e del compito ermeneutico di fonderli insieme (Horizont-Verschmelzung).M Ma nel caso di Paolo la questione è leggermente diversa: più facile da un lato, più difficile dall'altro, giacché, proprio per la loro natura, le lettere di Paolo sono comunicazioni estremamente personali e non trattati asettici. In esse, inoltre, Paolo affronta, di volta in volta, questioni di significato fondamentale che egli considerava chiaramente questioni di vita o di morte per i suoi lettori. In una misura o nell'altra tutte le sue lettere sono difesa ed esposizione della «verità dell'evangelo» (Gal. 2,5.14). È pertanto impossibile prendere Paolo sul serio, anche se si tratta semplicemente di un esercizio descrittivo, senza riconoscere tale intima intensità e l'intrinseca pretesa di un significato esistenziale del suo messaggio. È impossibile entrare nel suo universo mentale anche per un solo attimo, per non parlare poi di affrontare l'interpretazione di quanto dice, senza fare almeno una qualche valutazione teologica degli argomenti che offre e delle opinioni che esprime. Il modello ermeneutico, in altri termini, deve necessariamente essere più il dialogo con un interlocutore vivo che l'autopsia di un cadavere. 25 Una teologia di Paolo non può essere soddisfatta a meno d'incontrare la «presenza reale» nel testo. 26 20. W. Wrede, The Task and Methods of «New Testament Theology», in Morgan, Nature of New Testament Theology, 68-116; K. Stendahl, Biblical Theology, IDB 1, 418-432; Ràisànen, Beyond New Testament Theology. l i . A. Schlatter, The Theology of the New Testament and Dogmatics, in Morgan, Nature of New Testament Theology, 117-166; Richardson, Introduction. Quest'ultimo è criticato ferocemente da L.E. Keck, Problems ofNew Testament Theology: NT 7 (1964) 217-241. 22. K. Barth, Romani, prefazione alla 2a ed.; R. Bultmann, Nuovo Testamento e Mitologia, Queriniana, Brescia 1970, 101-129; anche Bultmann, Teologia, 554 s. 23. Hùbner, Teologia biblica; Stuhlmacher, Biblische Theologie. Per alcuni dei problemi impliciti nel concetto di «teologia biblica» cf. il mio contributo Das Problem «Biblische Theologie», in Dohmen e Sòding, Eine Bibel, 179-193. 24. L'espressione «fusione di orizzonti» è di H.G. Gadamer: cf. in particolare A.C. Thiselton, The Two Horizons, Paternoster, Exeter - Eerdmans, Grand Rapids 1980, 15-16. 25. Ho tentato di elaborare brevemente ciò che intendo per modello ermeneutico del dialogo in Dunn e Mackey, New Testament Theology in Dialogue, cap. 1. Inoltre v. sotto, § 1.5. 26. Si allude a G. Steiner, Real Presences, Faber &: Faber, London - University of Chicago, Chicago 1989.

36

Prologo

§1.2

Nel caso di Paolo in particolare desidererei quindi riformulare la tensione di un'ermeneutica teologica come tensione tra disinteresse critico e coinvolgimento personale nell'oggetto di studio, cioè tra un disinteresse che trova qualsiasi risultato dell'analisi del pensiero di Paolo ugualmente accettabile in linea di principio, senza che vi sia un risultato che faccia necessariamente una differenza circa la propria teologia o le proprie posizioni, e un coinvolgimento personale che, pur cercando di essere sempre il più storicamente oggettivo possibile, riconosce che i risultati possano avere conseguenze personali, possano richiedere in qualche misura aggiustamenti o variazioni, per quanto piccole, nel proprio punto di vista ideologico generale e nello stile di vita personale. 27 Fatte queste premesse, la prova di una buona teologia di Paolo sarà la misura in cui essa consente al lettore e alla chiesa non solo di penetrare nel pensiero di Paolo, ma anche di affrontare teologicamente le sue affermazioni e i problemi che egli tratta, venendo così riportati ancora una volta al testo stesso, informati da ciò che vi si può leggere e stimolati a partecipare alla discussione che ne risulta, confrontandosi anche con lo stesso Paolo, su quanto l'apostolo ha detto circa i problemi di perdurante interesse teologico. 18 b) Teologia o religione? Un secondo importante e rilevante sviluppo nella storia dello studio del Nuovo Testamento è stato il riconoscimento della storia delle religioni (religionsgeschicbtlicb) che concentrarsi sulla teologia intesa come dottrina rappresenta una concezione eccessivamente limitata dell'impresa ermeneutica nota come «teologia del Nuovo Testamento». 29 Questa considerazione è particolarmente vera, neanche a dirlo, nel caso di Paolo. La struttura tipica delle sue lettere, con la loro combinazione di argomentazione teologica e parenesi, basta quasi da sola a dimostrare la verità di quanto si sta dicendo. Tentare di affrontare la teologia di Paolo concentrandosi, ad esempio, esclusivamente su Rom. 1-11 ignorando Rom. 12-16 oppure su Gal. 1-4 trascurando Gal. 5-6, sarebbe un'impresa che si condanna da sola come squilibrata e incompleta. Mettere in pratica nella vita quotidiana e nelle riunioni comunitarie ciò che Paolo credeva era fondamentale per la comprensione paolina dell'evangelo. Questo aspetto ha assunto una rinnovata importanza nella recente rivalutazione del rapporto di Paolo con la sua eredità giudaica e col suo passato di giudeo, giacché sussiste sempre l'interrogativo se «teologia» sia la parola più adatta per descrivere la fede e la vita del giudaismo: nel giudaismo tradizionale il baricentro sembra essere situato molto più nella prassi, nella torà, istru27. Un tale coinvolgimento personale comporterà normalmente una partecipazione in (o una reazione a!) una particolare tradizione di fede (cristiana) e in una comunità liturgica, e la precomprensione che tale partecipazione (o reazione) comprende. 2.8. Per le più ampie questioni cui si allude qui, discusse più opportunamente sotto il titolo di «teologia del Nuovo Testamento», cf., ad es., R. Morgan, Tbeology (N.T.), ABD vi, 473-483, spec. 480-483, e W.G. Jeanrond, After Hermeneutics: The Relationship bettveen Tbeology and Biblical Studies, in F. Watson (ed.), The Open Text: New Directions for Biblical Studies, SCM, London 1993, 85-102., spec. 92-98. 29. L'affermazione classica fu quella di Wrede, Task and Metbods, v. sopra, n. 20.

§1.2

Prolegomeni a una teologia di Paolo

37

zione e indicazione, nella halaka, il modo di condursi, che nella credenza. Focalizzarsi quindi su ciò che Paolo credeva, sulla sua fede, è risultato pregiudizievole per l'analisi di come la teologia di Paolo si rapportasse alla sua eredità giudaica, partendo da una dicotomia implicita tra Paolo e la sua religione avita. Di conseguenza potrebbe darsi che vi sia chi preferisca parlare del più vasto compito che ci si propone come di uno studio della religione di Paolo. Quanto a me, preferisco tuttavia intendere il termine «teologia» in maniera meno netta, come discorso su Dio e su tutto quello che vi è implicito o ne consegue direttamente, compresa, aspetto non trascurabile, l'interazione tra fede e prassi. La vecchia riaffermazione da parte del protestantesimo liberale della classica convinzione cristiana che l'etica e i rapporti sono il banco di prova sul quale i dogmi sono approvati o scartati, deve venire rispolverata e riesaminata all'interno del discorso teologico e non soltanto come critica della teologia. Una teologia astrusa, lontana dalla vita di ogni giorno, non sarebbe una teologia di Paolo. Come riconobbero gli appassionati studiosi della storia delle religioni, una siffatta più ampia ottica porta inevitabilmente la teologia di Paolo in un rapporto più vicino con le altre forze religiose e, come si direbbe oggi, sociali del tempo. La teologia di Paolo, in senso stretto, fu essa stessa uno dei fattori religiosi e degli aspetti sociali del mondo del Mediterraneo orientale del 1 secolo, con tutto il potenziale per interagire e per esercitare una mutua influenza presente, in particolare, nella corrispondenza con Corinto. Come ha dimostrato esaurientemente tutta una serie di acuti studi, 30 oggi non è più realistico scrivere una teologia di Paolo che ignori tali fattori, che presuma, ad esempio, che i problemi affrontati in 1 Corinti fossero puramente di natura «teologica» (cioè dottrinale). L'influenza dei benefattori, le strutture di potere, lo stato sociale, la natura della schiavitù, il cibo come sistema di comunicazione, il rituale quale strumento per fissare i limiti del gruppo, ecc. sono tutte cose di cui si deve tener conto analizzando teologicamente gli argomenti e le esortazioni di Paolo. 31 Riconoscere ciò non significa compromettere il lavoro teologico; al contrario, l'aspetto vivo della teologia di Paolo esce fuori proprio quando se ne vede il radicamento nell'estremamente reale situazione del tempo e la relazione con tale realtà. e) Teologia o retorica? Una terza fase degli studi biblici odierni che ha, in particolare, possibili implicazioni per una teologia di Paolo, è rappresentata dal progresso della critica letteraria. L'incidenza di tale aspetto sul tema in esame è meno ovvio. Con una gran parte dei documenti del Nuovo Testamento si è costretti a trattare, in effetti, solo del presunto autore, poiché il vero autore è sconosciuto (fatta forse eccezione per il nome e qualche minimo particolare). In situazioni simili, fare congetture sull'autore e le circo30. Si pensi particolarmente a Theissen, Sociologia; Holmberg, Paul and Power (§ 21); Meeks, Cristiani dei primi secoli; N.R. Petersen, Rediscovering Paul (v. § 21 n. 56) e Neyrey, Paul. 31. Cf. le recenti presentazioni di S.R. Garrett, Sociology (Early Christianity), ABD vi, 89-99; S.C. Barton, Social-Scientiftc Approaches to Paul: DPL 892-900 e la critica di Horrell, Social Etbics, cap. 1.

38

Prologo

§1.2

stanze della composizione provoca facilmente più fumo che arrosto e risulta meno utile per una valutazione teologica del documento in questione di un attento esame del testo stesso: maggiore è l'ipotesi, minore è il peso dei corollari teologici che se ne possono trarre. Inoltre, poiché i vangeli sono un fenomeno sui generis nel mondo antico è giocoforza dipendere dai vangeli stessi per una valutazione del loro messaggio. Non è possibile ottenere lumi da paralleli antichi analoghi, così che per l'interpretazione si è forzatamente molto più vincolati al mondo del vangelo stesso. Nel caso degli Atti, d'altra parte, si deve tener conto della teoria narrativa, delle tecniche antiche utilizzate per narrare bene una storia, capace di essere riraccontata efficacemente in tutta una varietà di circostanze e occasioni, con l'efficacia di ogni nuova ripetizione dipendente dalla drammaticità della trama, dalla vivacità delle caratterizzazioni, dalla qualità dei discorsi, ecc. - così che, a tale riguardo, anche gli Atti sono un documento che poggia soltanto su se stesso e si regge da sé. Con le lettere di Paolo, tuttavia, è impossibile evitare il loro carattere di lettere, di comunicazioni da un autore noto a persone specifiche in circostanze particolari. Esse hanno un carattere intensamente personale che rende, se non impossibile, quantomeno sconsigliabile astrarre le cose dette dalla persona e dalla personalità dello scrivente.3Z Uno dei principali aspetti affascinanti di queste lettere, in verità, è proprio quanto esse rivelano da sé: Paolo il persuasore di grande forza e (giudicando dal fatto che le lettere sono state conservate) di grande efficacia; Paolo protagonista irascibile e soprattutto (almeno ai suoi occhi) Paolo l'apostolo incaricato da Dio mediante Cristo la cui opera missionaria è in sé l'incarnazione e l'espressione del suo evangelo. 33 Analogamente gli argomenti e le esortazioni di Paolo si concentrano così frequentemente sulle situazioni dei suoi lettori e sulle opinioni di coloro che sono in disaccordo con lui che diventa impossibile capire appieno queste argomentazioni e queste esortazioni senza una qualche conoscenza delle situazioni e posizioni alle quali Paolo si oppone 3 4 - questione sulla quale si dovrà tornare. In breve, la forza teologica delle lettere di Paolo è costantemente e inestricabilmente correlata con il loro carattere di dialogo con i destinatari, più precisamente come un lato di una serie di dialoghi specifici i cui termini, almeno in larga parte, sono stati determinati dalle situazioni considerate. Una teologia di Paolo è quindi legata a un'analisi storica e a una contestualizzazione in una misura che non è né possibile né necessario raggiungere nel 32. Questo aspetto mi divenne particolarmente chiaro recentemente, mentre lavoravo sulla lettera ai Galati: cf. il mio Theology of Galatians, 1-6. 33. V. anche sotto, § zi n. 34. 34. Cf., ad es., J.P. Sampley, From Text to Thought World, in Basler, Pauline Theology, 7: «Poiché tanto spesso Paolo prende di mira la posizione degli avversari, la nostra capacità di capire Paolo è direttamente proporzionale alla nostra capacità di capire gli oppositori di Paolo». Quest'argomentazione può comunque venire esagerata; il mio collega Walter Moberly, ad esempio, osserva che la forza teologica della teologia paolina della croce, specialmente in 2 Corinti, dipende molto più dalla coerenza interna dell'esposizione di Paolo in 2 Corinti che da una precisa conoscenza di chi fossero gli avversari di Paolo.

§1-2.

Prolegomeni a una teologia di Paolo

39

caso della maggior parte degli altri scritti protocristiani. Dove un argomento paolino viene dettato pensando a un altro gruppo, con riferimento a una questione particolare posta in termini particolari, con l'argomento formulato in maniera da ottenere un certo effetto particolare, non si può assolutamente sperare di rendere giustizia a quell'argomentazione esaminandola senza aver colto a sufficienza gli aspetti particolari così da essere in grado di seguire il filo dell'argomentazione e di cogliere le sfumature intese da Paolo. In questo caso P«universo» del testo e il «mondo sociale» del cristianesimo paolino si sovrappongono sostanzialmente nel contesto storico entro il quale e per il quale la lettera fu scritta. A questo proposito le analisi letterarie e retoriche sono state estremamente utili per mettere in luce alcune delle particolarità delle lettere in quanto produzioni letterarie del 1 secolo. Particolare non trascurabile, hanno illustrato gli aspetti caratteristici dell'apertura e della chiusa delle lettere di Paolo rispetto alla prassi epistolare dell'epoca, rendendo più consapevoli delle tecniche retoriche usate da Paolo per persuadere i lettori. 35 Sempre a questo proposito, chi studia la teologia di Paolo deve costantemente ricordarsi e considerare che le sue lettere non sono freddi trattati teologici più di quanto i vangeli siano freddi ritratti di Gesù. Allo stesso tempo si deve ricordare che la retorica persuasiva è vulnerabile nei confronti di una contro-retorica del diniego o di una ermeneutica ostile del sospetto. Se un sincero confronto con la teologia di Paolo assume un carattere dialogico, si dovrebbe anche notare che i dialoghi più fruttuosi dipendono da una misura di simpatia di uno dei dialoganti per gli interessi dell'altro dialogante. L'analisi retorica può anche generare il proprio scolasticismo. In particolare sembra del tutto insignificante discutere se le lettere di Paolo siano «epidittiche» o «deliberative» o altro ancora, quando la maggior parte degli esegeti conviene che il genio creativo di Paolo ha adattato ai propri scopi qualsiasi modello egli abbia potuto riprendere, e in misura tale che i paralleli possono, in realtà, essere tanto ingannevoli quanto utili. 36 E per quanto riguarda alcune delle elaborate strutture proposte per le lettere di Paolo, si potrebbe semplicemente osservare che sembra esservi un rapporto inverso tra la lunghezza dei chiasmi ipotizzati in una singola lettera e la luce che essi gettano o sull'argomentazione o sul suo fine. Il vigore della teologia di Paolo non permise evidentemente di venire contenuto entro le normali strutture grammaticali e stilistiche! In breve, le varie fasi di discussione che riguardano carattere e scopo di una «teologia del Nuovo Testamento» negli ultimi due secoli hanno aiutato 35.H.D. Betz ha aperto la strada, particolarmente col suo Galatians. Per la diatriba cf. in particolare S.K. Stowers, The Diatribe and Paul's Letter to the Romans (SBLDS 57), Scholars, Chico 1981. Cf. anche gli studi di H.D. Betz, The Problem of Rhetoric and Theology according to the Apostle Paul, e W. Wuellner, Paul as Pastori The Punction of Rhetorical Questions in First Corinthians, in Vanhoye (ed.), L'Apótre Paul, 16-48 e 49-77. Cf. in particolare anche l'esauriente critica dell'uso contemporaneo delle teorie retoriche antiche in Ancient Rhetorical Theory and Paul, Kok Pharos, Kampen 1996. 36. Cf., ad es., la critica a Betz, Galatians, da parte di Longenecker, Galatians, cxi-cxm.

40

Prologo

§i-3

a chiarire il compito di scrivere una teologia di Paolo: un dialogo con Paolo e non soltanto un'esposizione delle sue idee; un riconoscimento che la teologia di Paolo abbraccia sia la condotta cristiana sia il pensiero cristiano; e, infine, una disponibilità ad ascoltare la teologia di Paolo come una serie di conversazioni occasionali. Ma quest'ultima osservazione solleva semplicemente un'ulteriore questione. § 1 . 3 . 5 / può scrivere una teologia di Faolo? Data la distanza, cronologica e culturale, del lettore moderno da Paolo, la domanda posta non è affatto oziosa. Invero, comunque, sembra si sia in una posizione migliore per scrivere una teologia di Paolo che per scrivere la teologia di qualsiasi altro appartenente ai primi cinque secoli del cristianesimo. Per contrasto, mentre una teologia di Gesù sarebbe molto più affascinante, non si ha nulla di prima mano che provenga da Gesù che possa fornire un punto di partenza altrettanto sicuro. Le teologie degli evangelisti sono quasi parimenti problematiche, perché incentrandosi sul ministero e l'insegnamento di Gesù rendono le loro proprie teologie molto più allusive. Inoltre, almeno in due casi su quattro, si ha a disposizione un unico documento: si può parlare con un certo grado di certezza della teologia di quel documento, ma la teologia del suo ignoto autore rimane inafferrabile in maniera sconcertante. Lo stesso vale per le altre lettere del Nuovo Testamento: o si ha soltanto una lettera scritta da quella penna o l'autore è ignoto o la missiva è troppo breve per poterne determinare la teologia oppure tutte e tre le cose insieme. Una teologia della prima lettera di Pietro non potrà mai avere la profondità e il respiro di una teologia di Paolo. Entro il 1 secolo cristiano il parallelo più prossimo è quello di Ignazio di Antiochia per il quale, a quanto sembra, si hanno altrettante lettere autentiche. Ma anche in questo caso si sta parlando di sette lettere scritte in un brevissimo lasso di tempo, tutte, meno una, indirizzate a una zona relativamente ristretta, in circostanze simili e trattanti un numero limitato di temi. 37 Nel caso di Paolo, tuttavia, si ha una varietà di lettere, almeno sette, di cui non si mette in dubbio la paternità - più quella che si potrebbe chiamare una scia della cometa o, meglio, la scuola o lo studio di Paolo che è ancora in grado di fornire una serie d'informazioni su ciò che è avvenuto in precedenza. 38 Le lettere furono scritte a una varietà di chiese nel quadrante nord37. Cf. W.R. Schoedel, Ignatius of Antioch (Hermeneia), Fortress, Philadelphia 1985. 3 8. Le lettere riconosciute autentiche sono, come si sa, Romani, 1 Corinti, 2 Corinti (due o più lettere?), Galati, Filippesi, 1 Tessalonicesi e Filemone. Il numero di coloro che sostengono la paternità paolina di Colossesi e 2 Tessalonicesi e di quanti la negano è all'incirca pari (personalmente sono dell'avviso che 2 Tessalonicesi sia stata scritta da Paolo e che Colossesi sia stata scritta forse da Timoteo prima della morte di Paolo: v. sotto, § 1 1 n. 6 e § 12 n. 22), mentre la maggior parte degli studiosi considera Efesini e le pastorali decisamente post-paoline (qui sto con la maggioranza). Ma le pastorali non dovrebbero venire totalmente trascurate quando si tenta di esporre la teologia dell'apostolo di cui recano il nome. Qui si può a ragione dar peso alla difesa sostenuta da Childs a favore di una lettura canonica dei singoli testi {New Testament as Canon).

§i-3

Prolegomeni a una teologia di Paolo

41

orientale del Mediterraneo - dalla Galazia a est fino a Roma a ovest - riferite ad almeno tre regioni diverse e così anche a una varietà di situazioni locali. Inoltre furono scritte lungo un arco di tempo di almeno 6-8 anni, se non più. Il che significa che si ha la possibilità di costruire un'immagine stereoscopica della teologia di Paolo, un quadro in profondità. Oppure, cambiando metafora, si ha la possibilità di ottenere una serie di «fisse» nello stabilire la posizione di Paolo su di un determinato argomento mediante un sistema di coordinate o di triangolazioni - qualcosa che non è possibile fare per altri autori cristiani delle prime tre generazioni del cristianesimo. Tutto ciò rende il compito di scrivere una teologia di Paolo ancor più emozionante e cruciale quasi fosse un caso limite. Perché se non si può scrivere una teologia di Paolo quando così tanti elementi sembrano giocare a favore dell'impresa, allora la speranza di scrivere una teologia del Nuovo Testamento o una teologia della prima generazione cristiana è probabilmente un compito che va ben oltre le nostre forze. Se non si è all'altezza della bisogna per scrivere una teologia di Paolo, per una qualsiasi delle molte ragioni di cui si dirà, allora parlare di una o della teologia del Nuovo Testamento diventerà di fatto senza significato. Tutte queste osservazioni non hanno altro scopo che di ripulire il terreno per i problemi più ardui. Il problema di scrivere una teologia di Paolo può essere riformulato in questi termini: quando si parla della «teologia di Paolo» si parla della teologia di una lettera in particolare in sé oppure della teologia di tutte quante le singole lettere considerate insieme a comporre un tutt'uno? Ancora più precisamente: per «teologia di Paolo» s'intende la teologia del Paolo che sta dietro le lettere o proprio di Paolo, lo scrittore epistolare, in sé? - tenendo ben in mente, in entrambi i casi, che non sono state conservate tutte le lettere che scrisse. È un'ipotesi del tutto verosimile che Paolo stesso avesse una teologia molto più ricca di quella che mise mai nero su bianco. Per «teologia di Paolo» s'intende dunque quella teologia più ampia, ricca, articolata che si suppone dietro le lettere e dalla quale egli trasse gli elementi e gli accenti particolari di ogni lettera? Per «teologia di Paolo» intendiamo il pozzo o il fiume di quella che si potrebbe definire la coscienza teologica di Paolo oppure quella porzione, quel secchio particolare di teologia attinto da quel pozzo o da quel fiume?39 La risposta obbligata, alla quale neppure io riuscii a sottrarmi, è che una teologia di Paolo non può essere altro che la somma della teologia di ogni singola lettera e, tuttavia, dev'essere qualcosa di più della nuda somma delle teologie di ciascuna lettera. Questo rebus richiede una qualche spiegazione. 39. Cf. in particolare Keck, Paul, cap. 2; Hultgren, Paul's Gospel, cap T. Questo fu il problema dominante dei primi anni del gruppo di studio per la teologia paolina della SBL (cf. Bassler (ed.), Pauline Theology; Hay (ed.), Pauline Tbeology). Un problema analogo fu sollevato da uno o due degli studiosi invitati a contribuire alla serie dedicata alla teologia dei singoli scritti del Nuovo Testamento edita dalla Cambridge University Press sotto la mia direzione («Tbe Theology of the New Testament»; tr. it. in corso di pubblicazione per i tipi Paideia). Come sarebbe stato possibile evitare che la teologia di una lettera paolina coinvolgesse tutte le altre lettere di Paolo? Una teologia della lettera ai Galati, ad esempio, come avrebbe potuto evitare di divenire una teologia di Paolo?

4Z

Prologo

§i-3

La teologia di Paolo non può essere che la somma della teologia di ciascuna delle singole lettere per l'ovvio motivo che queste lettere sono l'unica concreta attestazione disponibile della teologia paolina. 40 Di conseguenza si è vincolati a e da quelle lettere e se si cerca di prescinderne, in una misura o nell'altra, si perde semplicemente contatto con le fonti primarie, che sono anche le uniche reali fonti. Allo stesso tempo, tuttavia, una teologia di Paolo dev'essere qualcosa di più. Perché? Perché le stesse lettere indicano la necessità di andare oltre esse stesse e lo fanno in un modo tale che non si sarebbe mai in grado di spiegarle nella maniera migliore possibile senza considerare la teologia nel suo complesso più pieno. Le lettere assomigliano alla porzione emersa di un iceberg: da quello che si può vedere è possibile dedurre molto di quello che è impossibile vedere. Per usare un'altra immagine: le lettere di Paolo sono come i segni in rilievo fatti sulla carta da una forma irregolare sotto o dietro la carta stessa; questi segni sono sufficientemente chiari da permettere di farsi un'idea coerente della forma irregolare che li ha prodotti. Si pensi al gran numero di allusioni e di echi che caratterizzano inevitabilmente ogni dialogo vivo od ogni sentita corrispondenza e che sono chiaramente evidenti nelle lettere di Paolo, formando un nesso vitale fra il testo e il contesto storico. Nei capitoli che seguono ci si riferirà di frequente a tali allusioni e si rifletterà sul carattere delle allusioni in più di un'occasione. 4 ' A questo punto basta indicare la portata e l'importanza di simili allusioni. In primo luogo si deve riconoscere il carattere allusivamente referenziale della lingua stessa di Paolo. Paolo scrisse in una lingua antica. I significati di questa lingua sono soltanto quelli del greco della koinè, comprensibili alla luce degli usi della koinè corrente nel i secolo dell'era volgare. I segni sulle pagine del Nuovo Testamento greco possono essere letti come comunicazione soltanto da chi si è appropriato della perizia che da tempo i grammatici hanno esercitato sulla morfologia e la formazione delle parole, la sintassi e lo stile del Nuovo Testamento. Questo che è il fatto numero uno dovrebbe bastare di per sé a rammentare agli esegeti che i testi composti da Paolo sono inestricabilmente radicati nel contesto linguistico del loro tempo, legato da miriadi di radici e germogli ai significati e alle metafore che questa lingua evocava comunemente nelle menti dei destinatari delle epistole di Paolo. Questo aspetto è troppo evidente per richiedere d'essere ulteriormente elaborato, ma è necessario comunque ricordarlo, se non altro perché il parlare con eccessiva facilità dell'autonomia di un testo talora sembra dimenticare questo carattere fondamentale di un testo storico - quasi che un testo storico tradotto in una lingua moderna possa essere detto «autonomo» appropriatamente. 42 Chiunque cerchi di evitare o ignorare i limiti indicati dai gram40. Gli apporti del libro degli Atti non possono avere che carattere secondario e ausiliario. 41. V. sotto, spec. §§ 8.3; 11.4 e 23.5. Sull'importanza e l'identificazione di queste allusioni o «echi intertestuali» cf. Hays, Echoes of Scripture, cap. 1. 42. Cf. inoltre il mio Historical Text as Historical Text: Some Basic Hermeneutical Reflections in Relation to the New Testamenti in J. Davies et al. (ed.), Words Remembered, Texts Renewed (Fs J.F.A. Sawyer) (JSOTS 195), Sheffield Academic, Sheffield 1995, 340-359. La proposta

§i-3

Prolegomeni a una teologia di Paolo

43

matici e dai lessicografi non fa che confondere invenzione e comprensione. In secondo luogo, parte di quella comune familiarità di lingua era evidentemente una comune conoscenza delle Scritture giudaiche, presumibilmente, nella maggior parte dei casi, nella loro forma greca (LXX). Per riprendere la felice metafora di C.H. Dodd, le Scritture furono la «struttura fondamentale» della teologia di Paolo, dove la metafora rammenta come il fenomeno non si esaurisca semplicemente nelle citazioni esplicite della Scrittura fatte da Paolo, bensì riguardi il modo in cui la terminologia, l'idioma e le immagini bibliche foggiarono e determinarono una parte così grande di quanto Paolo scrisse.43 A meno di supporre che Paolo fosse del tutto indifferente a che i destinatari delle lettere apprezzassero o meno la forza insita in simili allusioni, si deve supporre che egli avesse motivo di presumere una notevole conoscenza dei LXX da parte dei suoi convertiti - una conoscenza frutto, probabilmente, almeno in molti casi, di una precedente familiarità con le Scritture giudaiche sia prima della conversione al cristianesimo sia dopo, grazie a una intensa catechesi. 44 Si osserverà più avanti, ad esempio, in quale ampia misura Paolo sembri capace di aver dato per scontato che i suoi lettori fossero in grado di capire che cosa egli intendesse dire con termini come «giustizia» e «opere della legge».45 In terzo luogo, le allusioni e i riferimenti dati per scontati da Paolo comprendono gran parte della fede che Paolo e i suoi lettori hanno già in comune. È per questa ragione che è così difficile ricostruire la predicazione missionaria di Paolo - semplicemente perché egli non ritenne necessario ripeterla per lettera ai suoi convertiti. Invece egli potè riferirvisi per rapidi cenni 46 o alludervi usando brevi formule, solitamente compendiate nel concetto di «tradizione kerygmatica». 47 Egli fece così sapendo, come si può presumere con buon grado di certezza, che persino formulazioni sì brevi avrebbero evocato la conoscenza di una sostanziosa gamma d'insegnamenti fondamentali da lui trasmessi quando predicò ai lettori l'evangelo di Gesù Cristo e li costituì in una nuova chiesa. Tali allusioni non dovrebbero venire valutate semplicemente sulla base della concisione del loro riferimento. Ricostruire la teologia di Paolo sulla base delle proporzioni quantitative della sua trattazione teologica esplicita porterebbe certamente a un'esposizione le cui sproporzioni sarebbero state denunciate immediatamente sia da Paolo sia dai destinatari deidi Adam per una «teologia del Nuovo Testamento non moderna» {Making Sense) non prende nella dovuta considerazione questo inevitabilmente fondamentale lavoro storico nell'interpretazione del Nuovo Testamento. 43. V. sotto, § 7 nn. 33 e 36; cf. ora spec. Hùbner, Teologia biblica. 44. Rimango fermamente convinto che la massa maggiore dei primi convertiti gentili venne al cristianesimo via la sinagoga, quali proseliti o timorati di Dio: cf., ad es., il mio Partings, 125126 e, per i timorati di Dio, v. ora Hengel-Schwemer, Paul between Datnascus and Antioch, 61-76 (357-370) e 107-108. Il fatto che i LXX fossero sconosciuti al largo pubblico greco-romano conferma che la familiarità da Paolo chiaramente presunta deve essere venuta, in molti casi almeno, da una lunga consetudine con le Scritture in un contesto sinagogale. 45. V. sotto, §§ 14.2.e 14.4-5. 46. Esempi ovvi sono 1 Cor. 2,2; Gal. 3,1 e 1 Tess. 1,9-10. 47. V. sotto, spec. § 7.3.

44

Prologo

§i-3

le sue lettere. Non si «pesa» la teologia di Paolo semplicemente contando il numero delle parole che egli usò. In quarto luogo si può citare il caso più controverso delle allusioni alla tradizione di Gesù, in particolare all'interno delle sezioni parenetiche delle epistole paoline. Come si vedrà in seguito, la maniera migliore per spiegare il carattere allusivo dell'uso paolino della tradizione di Gesù è convenire che parti sostanziali di questa tradizione facevano già parte del bagaglio fondamentale di conoscenze delle prime chiese. Solo in rari casi era necessario precisare che si trattava di una tradizione risalente a Gesù stesso, poiché nei discorsi correnti nella comunità e nel culto già si sapeva che era così. Qui, ancora una volta, il parere teologico di Paolo poteva essere più efficace proprio rimanendo allusivo. 48 E qui, di nuovo, qualsiasi tentativo di ricostruire la teologia di Paolo deve dare importanza a quanto sia l'apostolo sia i lettori potevano ritenere scontato. Nelle lettere paoline, infine, ci sono molti passi nei quali Paolo allude chiaramente a problemi e temi che sussistono tra lui e i suoi lettori, soprattutto quelle questioni particolari che costituivano oggetto di dibattito tra Paolo e alcuni dei suoi lettori - cioè le ragioni per cui fu spinto a scrivere loro. Ovviamente, in tali casi non era necessario che Paolo esponesse l'oggetto del contendere, le argomentazioni o le opinioni che controbatteva, giacché i suoi lettori le conoscevano fin troppo bene. Il problema, oggi, per chi si accinga a scrivere una teologia di Paolo è tuttavia che nelle sue risposte Paolo ha evidentemente dato, almeno in parte, un'angolazione particolare alla sua esposizione e argomentazione per controbattere le posizioni avverse. Ciò significa allora che non si sarà in grado di capire realmente il «perché» di una linea argomentativa o di un particolare accento senza conoscere in qualche misura gli argomenti che vengono affrontati in questa maniera. 49 Come si vedrà a tempo debito, i Corinti è un perfetto esempio del problema in esame. 50 Per riassumere, se si ricerca la teologia di Paolo non è affatto realistico tentare di limitarsi alle teologie delle singole lettere di Paolo. In questa maniera si avrebbe, al massimo, la teologia delle controversie di Paolo piuttosto che la teologia di Paolo. Cosa più importante, tuttavia, le stesse lettere, per la loro precisa natura di essere una parte del dialogo e per le frequenti allusioni in esse contenute, non lasciano altra scelta che ricercare quella più piena e completa teologia alla quale le singole lettere attingono, quella teologia e quel contesto più ampi che certamente determinano le luci e le ombre, gli accenti e i silenzi dei singoli passi epistolari, mettendo così lo studioso odierno in grado di ricostruire un quadro con profondità focale e grande angolazione. Non è facile sviluppare felicemente un tale dialogo all'interno di un dialogo - cioè il dialogo fra testo e contesto storico nell'ambito del più ampio dialogo ermeneutico - ma l'arte di affrontare quel dialogo è parte di quello che costituisce, in fondo, la capacità professionale dello specialista di N.T. 48. V. sotto, §§ 8.3 e 23.5. 49. V. anche sopra, § i.zc. 50. V. sotto, spec. § 24. Per Romani cf. in particolare Donfried (ed.), The Romans Debate. Per Galati cf. J.M.G. Barclay, Minor Reading a Polemica! Letter: Galatians as a Testa Case: JSNT 31 (1987) 73-93-

§i-3

Prolegomeni a una teologia di Paolo

45

Il punto fondamentale riguardo al carattere a più strati della teologia di Paolo come si presenta oggi nelle sue lettere può essere anche descritto in un altro modo, ricorrendo al linguaggio popolare corrente della teologia narrativa. Per usare le parole di Richard Hays, uno dei principali paladini di questo approccio alla teologia di Paolo, si può dire che «la struttura portante del pensiero paolino non è costituita né da un sistema di dottrine né dalla sua personale esperienza religiosa, ma da una storia sacra, una struttura narrativa... la storia fornisce il fondamento di base sul quale è edificata l'argomentazione di Paolo». 5 ' In realtà si può dire che la teologia di Paolo emerge dall'interazione di diverse storie tra loro e che la sua opera teologica consiste nella sua personale partecipazione a questa interazione. Come si può dedurre dalla struttura dei capitoli che seguono, si potrebbe facilmente parlare del fondamento della teologia di Paolo come della storia di Dio e della creazione, con la storia d'Israele sovrimposta su essa; su queste poggiano la storia di Gesù e, infine, la storia di Paolo stesso, con l'intreccio iniziale di queste due ultime storie quale decisivo momento critico della vita e della teologia di Paolo. Per finire vi sono le complesse interazioni della storia personale di Paolo con le storie di coloro che hanno creduto prima di lui e di coloro che vennero a formare le chiese da loro fondate. In termini più generali si potrebbero distinguere tre fasi o livelli di qualsiasi opera di teologia. Il primo o più profondo livello è quello delle convinzioni ereditate o degli schemi di vita tradizionali. A questo livello si tratta con assiomi e presupposti, che spesso sono nascosti e impliciti. Una parte importante dell'educazione teologica consiste nel rendere possibile e facilitare un'autonoma riflessione critica di questi presupposti. Nel caso di Paolo tra questi presupposti vi sono in particolare le prime due storie (di Dio e d'Israele). Il secondo livello è la sequenza di momenti di trasformazione nella crescita e nello sviluppo dell'individuo (o della comunità). Queste esperienze illuminanti di solito generano altre percezioni, conoscenze e corollari e possono formare atteggiamenti e determinare importanti scelte di vita. Queste esperienze saranno molto più vicine alla superficie della teologia del soggetto in questione e più evidenti agli osservatori esterni. Nel caso di Paolo il pensiero corre immediatamente alla sua conversione, ma la sua precedente interazione con coloro che furono cristiani prima di lui e particolarmente il suo scontro con Pietro ad Antiochia (Gal. 2,11-18) furono probabilmente momenti formativi molto importanti per la sua teologia. 52 Naturalmente il terzo livello è quello dei problemi immediati e delle riflessioni correnti. Questo sarà il livello più vicino alla superficie, cioè il livello più accessibile all'osservatore, non certo il livello più superficiale. Nel caso di Paolo, ovviamente, si tratta del livello delle lettere stesse, il livello degli interrogativi particolari posti da Paolo e degli obiettivi da lui perseguiti con le sue varie lettere. La realtà della teologia di Paolo, dunque, è l'interazione tra le diverse sto51. Hays, Faith, 5. 6. Cf. anche Wright, Climax e Witherington, Narrative, il quale parla di quattro storie: 1. la storia di un mondo decaduto; z. la storia d'Israele; 3. la storia di Cristo; 4. la storia dei cristiani, Paolo compreso. 52. V. sotto, § 14.5(3.

46

Prologo

§i-4

rie o i diversi livelli attestati nelle sue lettere. È questa interazione che dà alla teologia di Paolo il suo carattere dinamico: una «teologia di Paolo» statica non sarebbe mai la teologia di Paolo. Più si è capaci di cogliere queste allusioni, di essere consapevoli della funzione di un punto particolare all'interno delle storie più ampie, di essere attenti ai presupposti e a quanto viene dato per scontato e sottinteso, di essere sensibili a enunciati angolati in una maniera particolare per un pubblico specifico, più si è capaci di tutto ciò maggiore sarà la speranza di potere scrivere una teologia di Paolo degna di questo nome. Nel discorso delle varie narrazioni e dei diversi livelli un valore non minimo riveste la verosimiglianza che l'interazione tra loro contribuirà a spiegare le tensioni che continuamente emergono nelle esplorazioni della teologia di Paolo, giacché almeno molte di queste sono tensioni che si verificano tra le diverse storie e i diversi livelli. Paolo stesso, divenuto proprio lui, giudeo e in più fariseo, apostolo di Gesù Cristo ai gentili, incarnò in se stesso una delle più dolorose di queste tensioni. 53 Poca meraviglia, allora, che la sua opera teologica dovesse consistere in tale misura del tentativo di tenere unite insieme, in un tutto coerente, queste tensioni. Sarà quindi sufficientemente chiaro quale possa essere la mia risposta al terzo interrogativo, vale a dire se si possa scrivere una teologia di Paolo: la risposta è un chiaro sì; è possibile riconoscere le allusioni, ascoltare le diverse storie, andare sotto la superficie per saggiare i vari livelli.54 Naturalmente l'individuazione sarà incompleta, l'ascolto imperfetto, la ricerca spesso incerta. Ma questo succede quando si cerca di ricostruire il pensiero e il modo di pensare di qualsiasi persona, viva o morta che sia. Il carattere epistolare degli scritti di Paolo, di queste sue lettere alle chiese, consente di sperare in un risultato positivo di tale tentativo più nel caso di Paolo che della maggior parte di altre figure dell'antichità. La teologia di Paolo è troppo importante perché si getti la spugna e non si raccolga la sfida. § 1.4. Come scrivere una teologia di Paolo? Se è quindi possibile parlare della teologia di Paolo, e non solo della sua dottrina o religione o retorica, e della teologia di Paolo, e non solo della teologia delle sue lettere, rimane ancora aperto un interrogativo: come si deve procedere per scrivere questa teologia? Per alcuni l'obiettivo principale della ricerca dovrebbe essere il centro o, in maniera più esplicita, il nucleo organizzatore della teologia di Paolo. Ciò richiama una vecchia discussione i cui echi non si sono ancora spenti, soprattutto nel mondo accademico tedesco, con alternative ancora più vecchie che 53. V. sotto, spec. § 19. 54. È l'esegesi atomistica che in Paul and the Law (§ 6) impedisce a H. Ràisànen di riconoscere la coerenza del pensiero di Paolo, perché questa coerenza è data essenzialmente dal corso dell'argomentazione delle sue lettere e dagli elementi dell'argomentazione che si celano sotto la superficie. Dissento anche da Sanders, Paul, 114 quando afferma che «quale genio religioso (Paolo) era esentato dal dovere accademico di essere sistematicamente coerente».

§M

Prolegomeni a una teologia di Paolo

47

vengono riproposte e difese.55 Il dinamismo centrale della teologia di Paolo risiede nella tensione tra cristianesimo giudaico e cristianesimo etnico (come a suo tempo suppose Baur)? Il centro della teologia di Paolo è forse la «giustificazione per fede» (come continuarono a insistere con estrema energia Bultmann e Kàsemann)? 56 O il tratto centrale deve essere trovato nella «partecipazione in Cristo» o in qualche forma di «mistica di Cristo» (qui si pensa soprattutto ad Albert Schweitzer)? 57 O è piuttosto la teologia della croce a occupare saldamente il centro (come, ad es., in Ulrich Wilckens)? 58 In alternativa si dovrebbe forse cercare un qualche principio unificatore sottinteso, forse in termini di antropologia paolina dell'ultima generazione 59 o di storia della salvezza 60 o nella più recente idea di una soggiacente storia dell'alleanza o di Cristo? 61 Il problema dell'immagine di un centro o cuore o nucleo o principio, tuttavia, è che tale figura è troppo rigida e ferma, favorendo fin dall'inizio l'impressione che la teologia di Paolo fosse statica e immutevole. 62 Risulterebbe forse più utile ricorrere ad altre immagini - come sostrato, simbolismo principale, grammatica fondamentale, ecc.? Nelle recenti discussioni sulla teologia paolina nel Nord America l'immagine più usata a tale proposito fu quella di «lente» o «obiettivo» - benché ciò che fosse la lente e che cosa passasse attraverso essa fosse, più che altro, oggetto di controversia. Per Edgar Krentz «la lente teologica fu l'apocalittica»; 63 per Hays lo scopo da raggiungere era «tracciare i contorni della lente ermeneutica attraverso la quale Paolo proietta le immagini dell'universo simbolico della comunità sullo schermo della vita della comunità» 64 e per Jouette Bassler la lente fu l'esperienza di Paolo attraverso la quale passò (sic) «la materia prima della teologia di Paolo». 65 Ma persino con questi pochi esempi, l'immagine sta diventando laboriosa e 55. Cf. anche V.P. Furnish, Pauline Studies, in E.J. Epp e G.W. MacRae (ed.), The New Testament and Its Modem Interpreters, Scholars, Atlanta 1980, 333-336. Per la più ampia discussione su un centro nella teologia del Nuovo Testamento cf. Hasel, New Testament Theology, cap. 3; Plevnik, Center. 56. Come si sa, la «giustificazione per fede» costituì la base teologica per il programma di demitologizzazione di Bultmann e fornì a Kàsemann il suo «canone nel canone» (v. sotto, § 14 nn. 3 e 4). Cf. anche, ad es., Hùbner, Pauli Theologiae Proprium. 57. Schweitzer, Mysticism (§ 15); cf. anche Sanders, Paolo, 621-634. 688-696. 58. Wilckens, Rómer, v. l'indice s.v. «Sùhnentod (Christi)»; cf. anche J. Becker (sotto, n. 77). 59. Così Braun, Problem; v. anche sotto, § 3 n. 6. 60. Cf. le opere di O. Cullmann (sotto, § 18). 61. V. sopra, n. 51. Per alcuni questa idea non è che il vecchio modello della storia salvifica rinfrescato. 62. Achtemeier preferisce parlare di «centro generativo» che egli individua nella «convinzione (di Paolo) che Dio risuscitò Gesù dai morti» (Continuing Quest, 138-140). 63. E. Krentz, Througb a Lens: Theology and Fidelity in 2 Tbessalonians, in Bassler (ed.), Pauline Theology 1, 52-62 (52). 64. R.B. Hays, Crucifìed with Christ: A Synthesis of the Theology of 1 and 2 Thessalonians, Philemon, Philippians and Galatians, in Bassler (ed.), Pauline Theology 1, 227-246 (228). 65. J.M. Bassler, Paul's Theology: Whence and Whither?, in Hay (ed.), Pauline Theology 11, 317(11).

48

Prologo

§i-4

artificiosa ed è estremamente dubbio se riesca a catturare o a evocare in misura bastevole il dinamismo del teologare di Paolo. Infatti fu proprio la natura dinamica della teologia di Paolo che lasciò una delle più durevoli impressioni della decennale discussione all'interno del gruppo di lavoro sulla teologia paolina della SBL - nel senso che la teologia di Paolo fu un'«attività», fu sempre interattiva, 66 nel senso che Paolo non fu mai semplicemente un teologo per se, ma fu sempre e al medesimo tempo Paolo il teologo, il missionario e il pastore ovvero, in una sola parola, Paolo apostolo. 67 L'alternativa più ovvia è quella di riconoscere il carattere mutevole della teologia di Paolo e di tentarne una descrizione in termini del suo sviluppo attraverso le lettere di Paolo. Che «dinamica» significhi «sviluppo» è stato generalmente dato per scontato nei saggi ricordati. L'esempio citato più di frequente è stato quello dell'escatologia di Paolo, a proposito della quale la tesi usuale era che il ritardo della parusia ne indebolì l'attesa imminente di Paolo o cambiò la comprensione paolina del processo per mezzo del quale si sarebbe verificata la trasformazione nel corpo della risurrezione. 68 I problemi relativi a tale questione sono ben noti: non si può essere abbastanza certi delle datazioni relative delle singole lettere da poter tracciare linee ferme di sviluppo cronologico tra di esse 6y e non si conoscono abbastanza le circostanze relative a ciascuna lettera per poter determinare in che misura le particolarità delle formulazioni fossero un riflesso di circostanze che cambiavano piuttosto che di una teologia mutevole. 70 In anni recenti il tema è stato più la questione se si debba piuttosto parlare di uno sviluppo precedente alla scrittura delle lettere di Paolo. 7 ' Per quanto riguardava Paolo stesso le domande chiave sarebbero: Fino a che punto la conversione di Paolo provocò una trasformazione dei precedenti punti fissi della sua religione avita: fu una trasformazione solo parziale o totale? Venendo alla fede in Gesù Cristo, si lasciò veramente alle spalle il «giudaismo» 66. Bassler (sopra, n. 65), Pauline Theology II, 10-11. 16-17. Cf. anche Furnish, citato da C. B. Cousar, The Tbeological Task of 1 Corinthians, in Hay (ed.), Pauline Theology il, 90-102 (spec. 91); D.M. Hay, The Shaping of Theology in 2 Corinthians, in Hay (ed.), Pauline Theology II, 135-155 (spec. 135 s.); S.J. Kraftchick, Death in Us, Life in You: The Apostolic Medium, in Hay (ed.), Pauline Theology 11, 156-181 (spec. 157). 67. Cf. B.R. Gaventa, Apostle and Church in 2 Corinthians, in Hay (ed.), Paldine Theology 11, 193-199; R. Jewett, Ecumenical Theology for the Sake of Missioni Romans 1,1-17 + I 5» I 4" 16,24, i n Hay e Johnson (ed.), Pauline Theology ili, 89-108. 68. V. sotto, § 12 e n. 80. Sul rapporto tra 1 Cor. 15 e 2 Cor. 5 in particolare cf., ad es., Martin, 2 Corinthians, 97-99. 69. Cf., ad es., P.J. Achtemeier, Finding the Way to Paul's Theology, in Bassler (ed.), Pauline Theology 1, 27. 70. Cf. Moule (§ 12) e inoltre J. Lowe, An Examination of Attempts to detect Development in St. Paul's Theology: JThS 42 (1941) 129-142; V.P. Furnish, Developments in Paul's Thought: JAAR 38 (1970) 289-303; Beker, Paul's Theology, 366-367. 71. Si noti particolarmente il più recente fiorire di tentativi di dare un contenuto a una specifica teologia antiochena: Berger, Theologie; E. Rau, Von Jesus zu Paulus: Entwicklung und Rezeption der antiochenischen Theologie im Urchristentum, Kohlhammer, Stuttgart 1994; Schmithals, Theologiegeschichte, indice s.v. «Antiochien». Ma cf. ora Hengel-Schwemer, Paul between Damascus and Antioch, 279-291.

§i-4

Prolegomeni a una teologia di Paolo

49

(come sembra voler dire Gal. 1,13-14)? O si dovrebbe andar cauti persino parlando di «conversione», almeno nel senso del cambiamento da una religione a un'altra? 7Z E ancora, supponendo che l'accanimento persecutorio di Paolo fosse stato diretto principalmente contro gli ellenisti, come pensa la maggioranza degli esegeti, gli ellenisti avevano già consumato una rottura definitiva con la legge e Paolo fu semplicemente convertito a tale posizione? 73 O è piuttosto necessario presumere che o la consapevolezza di Paolo di essere stato inviato ai gentili o la sua opposizione alle «opere della legge», o entrambe le cose, si svilupparono soltanto negli anni tra la cristofania sulla via di Damasco e la sua lettera più antica? 74 La discussione su questi argomenti è ancora in corso, così che non si è ancora raggiunta una certa ampiezza di consenso. Quelli che potrebbero essere definiti tentativi di mediazione tra l'immagine statica del centro e l'immagine mutevole dello sviluppo hanno cercato d'individuare un momento particolare o un principio che rimanesse relativamente stabile entro il flusso o che divenisse la determinante decisiva dello sviluppo. Il candidato, anzi la candidata più ovvia a questa posizione è, ancora una volta, la conversione stessa di Paolo. Si può persino argomentare che la teologia di Paolo, nel suo complesso, non fosse altro che l'esplicitazione del significato della cristofania iniziale.75 Oppure la cristofania stessa può essere vista come la risposta o la soluzione, per usare le parole di E.P. Sanders, dalla quale è possibile dedurre l'intera teologia di Paolo della miseria umana e della redenzione divina. 76 Tra gli studi recenti, Jurgen Becker 77 ha cercato di combinare uno schema evolutivo con la ricerca di un centro; egli sostiene che la produzione teologica di Paolo si dispiega in tre fasi principali: 1. la teologia dell'elezione {Erwàhlungstheologie: 1 Tessalonicesi);7* 2. una teologia della croce {Kreuzungstbeologie: Corinti); 3. l'annuncio della giustificazione (Recbtfertigungsbotschaft: già in Galati). Di queste tre fasi il centro vero e proprio è la seconda: la teologia della croce è il «canone» col quale viene definita la teologia dell'elezione, e l'annuncio della giustificazione è il linguaggio col quale la teologia della croce viene rivestita. Fra tutte le proposte in questo ambito, tuttavia, la più elaborata e influente è stata probabilmente quella avanzata da Beker a favore di un modello di coerenza nella contingenza, ove per lui «la coerenza dell'evangelo è costituita dall'interpretazione apocalittica della morte e della risurrezione di Cri72. V. sotto, § 7.4. 73. V. sotto, § 14.3. 74. Cf., ad es., le tesi di Watson, Paul e di N. Taylor, Paul, Antioch and Jerusalem (JSNTS 66), Sheffield Academic, Sheffield 1992. 75. Così, in particolare, Kim, Origin (§ 7). 76. Sanders, Paolo, 606-613. V. anche sotto, § 7.5 e n. 100. 77. J. Becker, Paulus. Der Apostel der Vólker, Mohr, Tiibingen 1989 (= Paolo). 78. Ci sono stati ripetuti tentativi di individuare una fase precoce della teologia di Paolo in 1 Tessalonicesi: cf., ad es., T. Sòding, Der Erste Tkessalonikerbrief und die fruhe paulinische Evangeliumsverkiindigung. Zur Frage einer Entwicklung der pauliniscben Tbeologie: BZ 3 5 (1991) 180-203; Schulz, Neutestamentliche Ethik (§ 23) 301-333; v. sotto anche § 16 n. 34; ma cf. anche Lohse, Changes ofTbought.

5