Introduzione all'etica biblica del Nuovo Testamento. Problemi e storia 8839920021, 9788839920027

La filosofia pratica e l'etica sono balzate da tempo in primo piano nella pubblicistica. Non solo l'etica laic

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Introduzione all'etica biblica del Nuovo Testamento. Problemi e storia
 8839920021, 9788839920027

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Giuseppe Segalla

INTRODUZIONE ALL'ETICA BIBLICA DEL NUOVO TESTAMENTO Problemi e storia

Editrice Queriniana

© 1 989 by Editrice Queriniana, Brescia via Piamarta, 6 25 1 87 Brescia -

ISBN 88-399-2002- 1 Stampato dalla Novastampa di Verona

PREFAZIONE

Da diversi anni insegno ' Introduzione all'etica del Nuovo Testamepto' nella Facoltà teologica dell' Italia settentrionale. L 'anno che iniziai per la prima volta questo corso, l'anno accademico 1 975-76 , ero appena torna­ to da un viaggio in India, dove ero stato colpito dagli enormi problemi posti dall'incontro di vari fattori negativi: l'enorme divario fra ricchi e poveri, l'alta percentuale di analfabetismo, il problema demografico, l'abbandono in cui erano lasciati i lebbrosi nelle aree a maggioranza induista, l'indifferenza di fronte alla miseria . . E nello stesso tempo mi aveva impressionato l'influsso dell'etica cristiana nell'affrontare quegli enormi problemi. È evidente infatti la diversità fra gli stati con una buona percentuale di cristiani come il Kerala e il Tamilnadu e quelli dove i cristiani non sono quasi presenti: nei primi i lebbrosi sono curati , l'alfa­ betizzazione è molto più diffusa e il senso sociale più alto. Oltre all'impatto dell'etica e della prassi cristiana sugli enormi proble­ mi del Terzo Mondo, si registra oggi la sfida alla stessa etica cristiana, proveniente dalle scienze tecniche ed umane: la biotecnologia, la psicolo­ gia, la sociologia e l'economia. Per cui oggi anche la filosofia pratica e l 'etica vivono un momento di grande interesse e di grande sviluppo'. Non .

1 Citiamo, a titolo di esempio, alcune opere recenti di autori italiani e in traduzione italiana: AA.Vv L 'etica nel pensiero contemporaneo, Modena 1 989; F. ALBERONI- S. VECA, L 'altruismo e la morale, Milano 1 988; E. BERTI (a cura di), Tradizione e attualitàedel­ la filosofia pratica, Genova 1 988; RODIGER BUBNER, A zione, linguaggio e ragione. I concetti fondamentali della filosofia pratica (Saggi, 283), Bologna 1985; R. GUARINI, Breve corso di morale laica. Si può ancora parlare bene del Bene?, Milano 1987 ; ALASDAIR MACINTYRE, Dopo la virtù. Saggio di teoria morale, Milano 1 988; TH. NAGEL, Questioni morali, edizione italiana a cura di S. VECA (La cultura, 37) , Milano 1 986; 1 9882; G. Prodi, A lle radici del comportamento morale (Saggistica , 27), Genova 1 987; L. SCHIROLLO, Morale e morali. Con un saggio di Eric Weil (Nuova biblioteca di cultura, 256), Roma 1 985; P. SINGER, Etica pratica, Napoli 1989; V. VERRA (a cura di) , Etica e .•

Prefazione

fosse altro per il fatto che è in gioco il futuro dell'uomo e dell'umanità. È in questo vasto campo dell'etica cristiana e del suo confronto con l'etica laica che si colloca l'etica del Nuovo Testamento come disciplina fondante. Lo studio dell'etica del Nuovo Testamento come disciplina a sé stante risale agli inizi stessi della teologia biblica come scienza distinta dalla teologia dogmatica. Il primo a scrivere una Theologie des Neuen Testaments (Leipzig 1 80 1 - 1 804) , G . L . BAUER, fu anche il primo a scrive­ re una Biblische Mora/ des Neuen Testaments in due volumi (Leipzig 1804- 1 805) . Pur contando quasi duecento anni dalla sua prima 'nascita' , solo nel nostro secolo ha avuto uno sviluppo , principalmente per l'influs­ so di due fattori convergenti : da una parte l'ampio uso del metodo storico-critico nello studio del Nuovo Testamento; dall'altra l'evoluzione della teologia morale da ' morale casuistica' a morale propriamente 'teo­ logica' , mantenendo peraltro l' aggancio con l'etica razionale, com'è di­ mostrato dal recente dibattito fra morale cristiana e morale umana, per quanto riguarda le norme2 . L'Introduzione, che qui presentiamo, si compone di alcuni articoli già pubblicati, ed aggiornati - ne diamo titolo e fonte in nota 3 , e di altri capitoli aggiunti. S'intende, in tal modo, offrire anzitutto un breve rag­ guaglio sui problemi generali, che riguardano l 'epistemologia, l'erme­ neutica e la metodologia: e quindi una serie di panorami storici sull'etica del Nuovo Testamento in generale, su quella di Gesù, di Paolo e di Giovanni , con l'aggiunta di un'appendice4 . -

morale (Fondamenti, 9) , Brescia 1 987; B. WILLIAMS, Sorte morale, con introduzione di S. VECA (La cultura, 56), Milano 1 987 . Un'ampia rassegna critica di queste ed altre opere è stata fatta da A. DA RE, Il ritorno dell 'etica nel pensiero contemporaneo, in AA.Vv., Etica oggi: comportamenti collettivi e modelli culturali, Padova 1 989, 103-233. 2 Qualche titolo indicativo: D. MIETH, Norma morale e autonomia dell'uomo, in AA. Vv., Problemi e prospettive di teologia morale, Queriniana, Brescia 1 976, 173- 1 98; W. KORFF, Etica teologica, Assisi 1 978; S. BASTIANEL, A utonomia morale del credente, Brescia 1 980; O. BERNASCONI, Morale autonoma ed etica della fede, Bologna 1 98 1 ; A. LATTUADA, L'etica normativa: problemi metodologici, Milano 1 985 . 3 Fonti da cui sono stati presi , rivisti e modificati, i capitoli n, 111, IV e v: Quale validità obbligante hanno le indicazioni etiche del Nuovo Testamento?, in La Scuola Cattolica 1 1 5 ( 1 987) 540-569; Kerigma e paranesi come critica alla prassi in Rm 12,1-15,13, in Teologia 6 (198 1 ) 307-329; Etiche del Nuovo Testamento (1933-1976). Una rassegna, in Studia Patavina 24 ( 1 977) 37-54, ridotto, l'articolo è stato pubblicato anche in inglese : New Testamen t Ethics: A Survey (1933-1976), in Theology Digest 27 (1 979) 3-8; L 'etica di Gesù da Dodd a Dillmann (1951-1984), in Teologia 1 1 ( 1 986) 24-67 . 4 L'appendice è ripresa da AA. Vv., Ordine morale e ordine giuridico - Rapporto e distinzione tra diritto e morale, EDB, Bologna 1 985 .

Prefazione

9

La bibliografia si limiterà a elencare in ordine cronologico le opere recensite in quest 'opera . L'autore si augura di offrire così un modesto strumento di lavoro ed un panorama orientativo a chi si accinge a studiare l'etica del Nuovo Testamento e l'etica teologica. Siccome l 'opera è nata e cresciuta anzitutto per i miei studenti del corso di licenza, a loro la dedico, ricordando le tante ore passate insieme nell'arduo studio dei testi del Nuovo Testamento, che continuano a illu­ minare anche oggi la prassi cristiana. GIUSEPPE SEGALLA

Prima parte

I PROBLEMI

Ogni scienza, che si vuoi costituire autonoma, deve esibire un suo oggetto e un suo metodo, che la distingua dalle altre. È quello che si potrebbe chiamare il problema della identità di una scienza. Così è anche della scienza che viene comunemente chiamata Etica del Nuovo Testa­ mento (invece di éthos , costume, o condotta, diffuso soprattutto nel­ l'ambiente tedesco); o, più precisamente, 'Etica biblica del Nuovo Testa­ mento' , (dove 'biblica' ossia 'della Bibbia' dice che si tratta di un'etica parziale della Bibbia nella prospettiva teologica del 'canone' biblico). In questa prima parte del nostro studio, affronteremo tre problemi alla ricerca di una definizione dell'autonomia dell"Etica biblica del Nuovo Testamento' , che ne illustri e ne chiarisca l'identità. Il primo sarà quello epistemologico: ci chiederemo dove va collocata !"Etica del Nuovo Te­ stamento' all'interno delle discipline filosofico-teologiche e come si di­ stingua dalle discipline ad essa affini come: etica filosofica, etica dell'An­ tico Testamento , teologia biblica del Nuovo Testamento ed etica teologi­ ca. Passando dalla definizione al metodo , il problema metodologico più cruciale di un'etica biblica è certamente quello dell'ermeneutica: ci chie­ deremo che valore vincolante hanno le indicazioni etiche del Nuovo Testamento; e sarà l 'argomento del secondo capitolo. Per quanto riguar­ da la metodologia generale di approccio ai testi del Nuovo Testamento, mentre si rimanda ai comuni manuali di 'Metodologia del Nuovo Testa­ mento' , si propone una metodologia particolare per evidenziare il rap­ porto tra kérygma ed etica nella parenesi paolina, esemplificandola con lo studio di Rm 1 2, 1 - 1 5 , 1 3 . Ovviamente non sono questi tre gli unici problemi di un"Etica del Nuovo Testamento' . E tanto meno pensiamo di dare loro una risposta definitiva. Rimangono altri problemi aperti . Ma è già utile e importante istruire i problemi , analizzarne i dati, percepirne le difficoltà e tentare una risposta.

Capitolo primo

IL PROBLEMA EPISTEMOLOGICO

Qual è il luogo dell 'etica del Nuovo Testamento nel quadro delle disci­ pline filosofico-teologiche? A questo problema pregiudiziale rispondia­ mo attraverso cinque passaggi successivi , partendo dalla definizione dei termini 'etica'. e 'morale' , e ponendo successivamente l'etica del Nuovo Testamento in relazione con l'etica filosofica, con l'etica dell'Antico Testamento, con la teologia biblica del Nuovo Testamento e con la teolo­ gia morale o etica teologica. I confronti avranno ovviamente carattere preliminare, come si conviene ad una introduzione.

l.

{Etica ' e {morale '

l . l . Etimologia

'Etica' e 'morale' sono i nomi dati dalla tradizione alla disciplina che studia la condotta dell'uomo . Etimologicamente sono equivalenti a 'con­ dotta' (éthos, mos ) e hanno quindi lo stesso senso. 'Etica' deriva da un aggettivo neutro plurale (ethika). L 'aggettivo si è formato dal sostantivo éthos (o ithos )1 che significa 'costume ' , 'modo abituale di agire' e quindi ' condotta' . Éthos venne poi tradotto nel latino mos, da cui deriva l'aggettivo sostantivato 'morale' . In senso proprio , morale, ricorre in un solo testo del Nuovo Testamento, in l Cor 1 5 ,3 3 : «Phtheir6usin ithe chresta omilfai kakai » (dove viene citata implicitaIl sostantivo ha due forme: quella attica (éthos) e quella ionica (ithos); però l ' agget­ tivo ha solo la forma di ethikos. 1

14

l

problemi

mente la Taide di MENANDRO) . Lo leggiamo invece tre volte , ithos, nei libri dell'Antico Testamento, scritti direttamente in greco, e quindi in ambiente ellenistico (J Macc 10, 89; 2 Macc 1 1 ,2 5; Sap 14, 1 6), sempre col significato di ' costume' , mentre non compare mai nella versione greca della LXX. L'espressione «katà tò éthos>> (secondo il costume) è usata di frequente anche nel Nuovo Testamento ,in riferimento alla 'tradizione' da seguire: dieci volte in Luca, autore ellenista del Nuovo Testamento (Le 1 ,9; 2,42; 22 ,39; A t 6 , 1 4; 1 5 , 1; 1 6,2 1; 2 5 , 1 6; 26,3; 2 8 , 1 7) e una rispetti­ vamente in Gv 1 9,40 ed Eb 10,2 5 . L'uso di éthos nella Bibbia è quindi limitato all'ambiente ellenistico e quasi sempre nella formula stereotipa 'secondo il costume' , eccetto Sap 14, 1 6 e l Cor 1 5 , 3 3 . 'Etica' indica dapprima l'oggetto (cose che riguardano i costumi o la condotta); poi è passata ad indicare la scienza della morale ossia l'etica filosofica. ARISTOTELE fu il primo ad usare ethikd per designare la scien­ za morale2. Da DIOGENE LAERZIO (III secolo a.C.) l'aggettivo viene appli­ cato a 'filosofia' per cui si ha l'espressione ' filosofia etica' . Fu CICERONE a tradurre in latino il linguaggio greco della ' filosofia etica' : «Nos eam partem philosophiae de moribus appellare solemus, sed decet augentem linguam latinam nominare moralem » (De fato, 1 ) .

1 .2 .

n significato

Se passiamo dall' etimologia, dove i due termini ' etica' e 'morale' si equivalgono, all'uso che oggi se ne fa, molti autori li distinguono3 • Per una definizione più precisa facciamo riferimento alle voci 'etica' e 'morale' nel Dizionario critico di filosofia di A. LALANDE (lsedi, Milano 1 975), opera classica della Società francese di filosofia. In questo dizio­ nario, etica viene definita: «La scienza che ha per oggetto il gi�dizio di valore in quanto si riferisce alla distinzione del bene e del male». E aggiunge altre definizioni particolari : «L'insieme delle prescrizioni am2 Ecco quanto scrive nel trattato sulla 'Politica' : «Il giudizio intorno a tutti questi problemi va ripetuto dagli stessi principi fondamentali . Infatti se nell'Etica (Nicomachea) si è stabilito a ragione che la vita felice è quella vissuta senza impedimento in accordo con la virtù [ . . . ])). (Politica, 1 295 a, 35-38) . Il rimando è all'opera Etica Nicomachea, A 1 1 0la, l 4- 1 5 ; H 1 1 53b,9-2 1 (trad. di R. LAURENTI, Opere di Aristotele, 9, Bari 1 973, 1 35, e n. 40) . 3 Cf su questo argomento la monografia storico-sistematica di A. GALIMBERTI, Etica e mora/EV(Biblioteca di cultura, 68), Firenze 1 962 .

Il probl�ma �plstemologlco

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messe in un'epoca o società», oppure «La scienza che ha per oggetto il comportamento degli uomini prescindendo dal giudizio morale (L EVY BRUHL, SPENCER [ . . ] »; in questa accezione sarebbe una scienza descritti­ va; e infine: «La scienza che assume come oggetto immediato i giudizi di valore sugli atti qualificati ' buoni' o 'cattivi ' » . È quest'ultima la defini­ zione di etica, accolta dalla Società (p . 227). 'Morale ' come sostantivo può assumere tre sensi diversi : nell'espressione 'una morale' indica l'in­ sieme di regole di condotta ammesse in una determinata epoca o gruppo di uomini ; per cui si qualifica 'una morale severa' oppure 'una morale cattiva' . L'espressione 'La morale' significa invece l'insieme delle regole di condotta, considerate incondizionatamente vere . Può indicare, infine, anche 'la teoria razionale del bene e del male' (p. 544). La terza definizio­ ne di 'morale' si identifica praticamente con quella di 'etica' . In modo pii! pragmatico C.A. VIANO (Etica, Milano 1975, pp. 11-13) propone di identificare 'morale' con l'oggetto, ossia il comportamento dell 'uomo e il suo progetto di vita, ed 'etica' con la scienza sistematica che ha per oggetto la morale. E mi sembra la distinzione più usuale, quando viene fatta. Storicamente, l 'etica è emersa dal confronto delle tradizioni con le leggi scritte nell'ambiente ateniese del v secolo a.C. È SocRATE che per primo, secondo tutti gli autori antichi (PLATONE, ARISTOTELE, CICERO­ NE) avrebbe iniziato a trattare l'etica come fi losofia. I presocratici infatti si interessavano della natura, del cielo e della loro origine. SOCRATE «riporta la filosofia nella città, nelle case» (M . T. CICERONE , Tuscolane V, 10) . Mentre le leggi tendevano ad imbrigliare, a fissare la tradizione morale, SOCRATE tentava di organizzare l'etica in modo da sottrarla all'arbitrio. L'etica era quindi praticata come scienza critica delle leggi . Le leggi dellap6/is coprono uno spazio più ristretto dell'etica, e la scienza etica cerca di dare unità alla morale in quanto dato di fatto , mediante una scienza che ha per oggetto la vita del singolo e quella della comunità. Alle voci 'etica' e 'morale' , derivate dalla tradizione filosofica, possia­ mo aggiungere 'éthos• (quel sostantivo da cui ha tratto origine 'etica'), usato talora per indicare la struttura personale della comprensione dei valori, variabile nelle persone e nelle culture, anche se i valori permango­ no. Quest'ultimo terzo termine, non si trova nel LALANDE , ma viene usato da qualche neotestamentista (ad esempio , K.H. ScHELKLE e R. SCHNACKENBURG) per indicare l'etica del Nuovo Testamento in ordine a distinguerla da una scienza sistematica, e avvicinarla di più all'agire concreto. Ma ormai è entrata nell'uso 'Etica del Nuovo Testamento', anche se ovviamente non ha il senso di 'scieòza sistematica' , ma piuttosto ­

.

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I problemi

di scienza critica ed interpretativa alla luce delle indicazioni etiche del Nuovo Testamento . Concludendo , possimo tentare di organizzare i termini usati per indica­ re la configurazione della condotta umana in relazione al bene e al male , con uno schizzo a cerchi concentrici , sempre più larghi : il cerchio più interno e più ristretto è quello delle 'leggi ' ; il secondo è quello di 'éthos ' , che indica la struttura personale della comprensione dei valori nella con­ cretezza delle culture (il costume) ; il terzo è l'ambito più vasto della 'morale' ossia il comportamento concreto dell'uomo ; ed infine il termine più comprensivo è 'etica' che designa la scienza critica , che ha per oggetto i giudizi di valore in quanto si riferiscono alla distinzione tra il bene e il male .

I . DE FINANCE, di etica in senso normativo, come la si intende qui, dà la seguente definizione: «L'etica è la scienza categoricamente normativa degli atti umani secondo la luce naturale della ragione, quindi è normati­ va della esistenza umana e come tale implicante necessariamente la libertà dell'uomo» (Etica generale, p. 1 4) . Ma passiamo già dalla definizione dei termini alla loro interpretazione .

1.3 . Etica del Nuovo Testamento

Se passiamo al Nuovo Testamento con questo bagaglio di termini, ci limitiamo a verificare l'applicazione ad esso dei due principali : 'etica' e 'morale' . Ora, nel Nuovo Testamento vengono anzitutto registrati e nar­ rati il modo di comportarsi di Gesù e della comunità cristiana, nata dopo la sua morte-risurrezione. Sotto questo profilo si potrebbe parlare di 'morale' di Gesù e della chiesa primitiva. E configurarla come 'morale'

Il problema epistemoloRico

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descrittiva dei 'modelli personali' (Gesù , Paolo . . . ) e 'comunitari ' . Nel Nuovo Testamento vengono registrati però anche dei giudizi di valore morale su azioni e comportamenti : orientamenti fondamentali di vita, norme generali e perfino norme particolari . Sotto questo profilo, si po­ trebbe parlare di 'etica' assiologico-normativa, presente nel Nuovo Te­ stamento , anche se ovviamente non in forma sistematica. Legata stretta­ mente al kérygma , ha carattere teologico4• Le indicazioni etiche del Nuo­ vo Testamento potrebbero essere studiate nel loro rapporto strutturale e nella loro fondazione kerygmatica, e presentate in un"etica del Nuovo Testamento' , a condizione che sia possibile dimostrare una sostanziale unità etica negli scritti del Nuovo Testamento, così diversi per autore, tempo e ambiente vitale e culturale . Teoricamente si potrebbero quindi configurare due aspetti del messag­ gio morale del Nuovo Testamento : una morale descrittiva o narrativa del comportamento di Gesù e della comunità cristiana delle origini come 'modello normativo' ; e un insegnamento etico per l 'orientamento , i com­ portamenti e le azioni che corrispondono al vangelo e al kérygma di Gesù . Solo nella persona di Gesù , morale ed etica coincidono in quanto coincidono l'essere e il dover essere. Ciò non vale più per la comunità cristiana primitiva dove già sono in gioco condizionamenti umani e stori­ co-ambientali . Ad ogni modo, anche se si registrano dei conflitti , è utile per noi verificare come sono stati superati , dato che il conflitto è parte integrante dell'esperienza umana, e quindi anche cristiana. Le monografie di 'Etica del Nuovo Testamento' (cf cap. IV) seguono la prospettiva dell'insegnamento etico senza la coscienza critica di una distinzione tra etica ed ethos, teoria morale e morale vissuta, appunto perché non si curano di precisare i termini . Ma per sé vi sarebbe spazio anche per una ' morale' , distinta e in rapporto con l"etica' , in quanto la sequela di Gesù è una categoria fondamentale nell'etica del Nuovo Testa­ mento. Perciò una morale, che annunci o narri il comportamento di Gesù come modello potrebbe rientrare in un"etica del Nuovo Testamento' . Invece, generalmente, la sequela rimane un postulato formale5 • Se, a conclusione, volessimo tentare una definizione di 'etica del Nuo­ vo Testamento ' , potremmo definirla con G. STRECKER: « È una presenta4 Sul rapporto più generale fra morale e religione, e/l'ottimo articolo di P. GERLITZ, in TRE X, Berlin/New York 1 982, 396-408 . s Cf peraltro: ANSELM ScHULZ. Nachfolgen und Nachahmen (Stant, 6) , Miinchen 1 962; e L. DI PINTO, Seguire Gesù secondo i Sinottici, in Fondamenti biblici della teologia morale. Atti della XXII settimana biblica, Brescia 1 97 5 , 1 83-25 1 .

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I problemi

zione sistematica di un'etica fondata sulle indicazioni etiche del Nuovo Testamento, storicamente situate, e ad esse orientata»6• Già a questo primo livello, di definizione dei termini, risulta chiaro il rapporto tra etica filosofica e etica del Nuovo Testamento, in quanto l'etica filosofica delimita e dà una struttura all'etica come scienza. Pas­ siamo così a esaminare in modo più analitico il rapporto dell'etica del Nuovo Testamento con l'etica filosofica.

2. Etica del Nuovo Testamen to ed etica filosofica Il rapporto dell'etica del Nuovo Testamento con l'etica filosofica si iscrive nel rapporto più generale tra filosofia e morale cristiana7 • Per quanto concerne l'etica del Nuovo Testamento, la sua relazione con l'etica filosofica si può configurare sotto tre punti di vista: - quello storico-religioso , che riguarda l'ambiente culturale del Nuovo Testamento; - quello filosofico-razionale come presupposto; - e quello teologico-critico che riguarda lo specifico di un'etica del Nuovo Testamento.

2.l.

Etica del N uovo Testamento e d etica filosofica del

1

secolo

In quale orizzonte storico-culturale va collocata l'etica del Nuovo Te­ stamento? È questa la domanda, cui si intende qui rispondere. Il contatto maggiore lo si registra con l'etica dell'Antico Testamento e con quella giudaica: l'ambiente storico-culturale in cui hanno operato e predicato Gesù e la comunità che ha avuto origine da lui . La chiesa delle origini , specie fuori della Palestina, dove, già verso la metà del 1 secolo , era 6 «L ' etica del Nuovo Testamento è pertanto una presentazione sistematica, che ha a fondamento le affermazioni etiche del Nuovo Testamento legate alla situazione, e a queste - come all ' etica del Nuovo Testamento in senso stretto - fa riferimentO>> (G. STRECKER, Zie/e und Ergebnisse einer Neuen Testaments Ethik, in NTS 25 ( 1979) 1-15, l. 7 Cf in proposito: G. F. THOMAS, Christian Ethics and Mora/ Philosophy, New York 1965; R. CRIPPA, Filosofia e morale, in L. LORENZETTI (a cura di), Trattato di etica teologica, l. Il fenomeno morale, Bologna 1981, l 03-150, con bibliografia ragionata.

Il problema epistemologico

19

dislocata la maggioranza dei cristiani , dovette ben presto confrontarsi con l'ambiente ellenistico, dove circolava una filosofia popolare, di mar­ ca stoico-cinica . I cristiani dovevano per di più confrontarsi con l'ordina­ mento giuridico dell'impero romano, in cui le nuove comunità dovevano, in qualche modo, inquadrarsi. Quanto vi era di buono in questi ambienti e in questi ordinamenti veniva assunto dalla fede cristiana (Fil 4,8). L' influsso più cospicuo di questo ambiente romano-ellenistico lo si ha nella letteratura epistolare, in modo sempre più accentuato a partire dal primo Paolo alla letteratura deuteropaolina fino alle lettere pastorali . Quanto viene assunto però, come ad esempio le tavole familiari , viene inserito in una prospettiva teologico-cristologica, per cui acquisisce una nuova fondazione (cristologica) e una nuova finalità (escatologica), e spesso anche modalità nuove. Il confronto con la filosofia etica non avvenne però solo in senso positivo di «assunzione di valori e di norme», ma anche nel senso critico di rifiuto di una filosofia morale, incentrata solo nell'uomo . Tanto più critico fu il confronto con la morale concreta­ mente praticata . A questo riguardo basta leggere gli elenchi dei vizi, che intendono configurare la vita pagana (cf Rm 1 , 1 8-3 1 ) .

2.2.

L ' etica filosofica come presupposto razionale di un'etica del Nuovo Testamento

L'etica filosofica costituisce il presupposto necessario di un'etica del Nuovo Testamento, in quanto riguarda il soggetto dell'etica (l' uomo libero) e l'oggetto dell'etica (le virtù e le norme) . Proprio per questo, solo un'etica teistica e spiritualistica può esserne un presupposto valido. Si danno varie definizioni di etica filosofica. Ne riportiamo due, elabo­ rate secondo prospettive diverse da due eminenti autori recenti : un teolo­ go e un filosofo . K. RAHNER, muovendo dall' esperienza del valore fonda­ mentale della persona umana e riflettendo sul fenomeno primordiale della coscienza che l'uomo ha di se stesso, la definisce descrittivamente così : «d 'eticht• del Nuo vo Ttstamento '

1 05

cedente del WENDLAND. Per ampiezza è più del doppio , ed intende essere una presentazione critica ed equilibrata delle acquisizioni attuali in campo di etica del Nuovo Testamento. Per comprendere l'opera occorre stu­ diare con attenzione le dodici dense pagine di introduzione (pp . 9-20) . A di fferenza del WENDLAND, lo SCHRAGE non si impegna, alla fine, nel pre­ sentare una sintesi delle linee unitarie dell'etica del Nuovo Testamento . Egli l'ha evitata intenzionalmente come risulta dalla sua introduzione, do­ ve esalta la libertà e la pluralità dell'etica del Nuovo Testamento (p . 1 1 ) . Cominciamo col riassumere l'introduzione i n tre titoli : l . i l principio ermeneutico , 2. le caratteristiche dell'etica del Nuovo Testamento, 3 . ed i principi metodologici . l . Per quanto riguarda il principio ermeneutico, lo ScHRAGE ammoni­ sce di evitare le radicali alternative . Invece di 'o . . . o' preferisce la con­ giunzione 'e . . . e' ; non perciò ' fede od opere' , ma ' fede ed opere' (Cf Gal 5 , 6 e perfino LUTERO) : non ci si deve rassegnare ad un attivismo sociale che si chiuda nell'aldiqua (solo opere) né rinchiuderei in una fede esote­ rica, fuori del mondo (solo fede) . Non 'secondo la Scrittura o secondo la ragione' , ma ' secondo la Scrittura e secondo la ragione' . Chi fosse total­ mente dalla parte della ragione illuministica, darebbe l'addio ad un'etica del Nuovo Testamento, però non si deve cadere neppure nell'estremo opposto, negando ogni intervento alla ragione . Gesù infatti si richiama anche alla riflessione e argomentazione sapienziale e Paolo stesso argo­ menta nella sua parenesi; va tenuto comunque presente che la fondazione ultima rimane quella della Scrittura. Ancora: non 'cambiamento del cuore o cambiamento delle strutture' , ma 'cambiamento del cuore e cambiamento delle strutture' . Se si assolutizza la conversione del cuore dimenticando la società, si cade nella morale borghese, intimistica; se si assolutizza invece l'estremo opposto, si arriva alla morale marxista . Alla conversione del cuore deve corrispondere, di conseguenza, anche quella delle strutture . Vanno praticate insieme le opere di misericordia spirituali e corporali . Inoltre: non 'etica casuistica o etica formale' , ma 'etica parenetica e cristologica' , in quanto la parenesi è conseguenza della cri­ stologia. Infine: non 'etica pneumatica o cristologica' , ma 'etica pneuma­ tica e cristologica' . Chi si lascia guidare dalla luce e dalla forza dello Spirito, arriva a nuove intuizioni , a una nuova prassi per il mondo di oggi; ma, per non cadere nell'entusiasmo anomistico, bisogna restar legati alla memoria del Gesù storico . E si potrebbe continuare . . . Si rivela nel rifiuto di queste frequenti alternative, la scelta, non tanto di una comoda via media, quanto piuttosto di una composizione positiva di possibili estremi ed estremismi . Questo principio ermeneutico viene ap-

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La storia

plicato anche nel corso dell'esposizione. Chi non percepisce questo sottile filo critico, potrebbe giudicare l'autore incerto, addirittura ambiguo, quasi volesse evitare di assumere una posizione chiara (cf la recensione di R. SCHNACKENBURG, in Theologische Revue 79 ( 1 983) col . 204 alla fine) . 2 . Quali sono le caratteristiche di un 'etica del Nuovo Testamento? L'etica del Nuovo Testamento è anzitutto prescrittiva, e non descrittiva. È argomentativa, anche se l 'argomentazione non è il suo ultimo fonda­ mento . È possibile e attualizzabile anche il discorso della montagna. Ipotesi errate sono quelle che la riconducono al buon senso o, al contra­ rio, ravvisano nell'etica radicale del discorso della montagna lo scopo di dimostrare che l'uomo è peccatore, perché non la può mettere in pratica . L' etica del Nuovo Testamento è frammentaria e non sistematica, perché legata a situazioni storiche particolari . Il soggetto non è né l'individuo né la società, ma la comunità. Non è legalistica. Più che di 'norme ' , bisogne­ rebbe parlare di 'modelli etici' o di 'criteri' . È importante il suo rapporto con l'ambiente culturale storico-religioso (ebraismo e stoicismo) per rico­ noscere la sua assunzione critica, le sue modificazioni e perfino le sue rotture . E ciò, non tanto per mettere in luce l' originalità dell'etica del Nuovo Testamento quanto piuttosto la coerenza interna dell'agire cri­ stiano e il suo intimo rapporto col kérygma. Non corrisponde comunque alla morale media del 1 secolo . 3 . E veniamo alla metodologia. Si parte dal compito di un'etica del Nuovo Testamento che è «la ricerca della possibilità, della fondazione, dei criteri e dei contenuti dell'agire cristiano e della prassi cristiana nella chiesa primitiva» (p . 9) . Per fare ciò si deve indagare quali sono le conseguenze pratiche che l'uomo deve trarre dall'azione salvifica di Dio riguardo al prossimo , alla società e al mondo . Tali conseguenze possono essere diverse nei vari Scritti del Nuovo Testamento. Le etiche del Nuovo Testamento non vanno livellate . Anzi occorre mettere in luce ciò che è specifico e proprio di ogni scritto o gruppo di scritti. Ciò non toglie che non vi sia una specie di ' filo rosso ' , che corre per tutto il Nuovo Testa­ mento: coincidenze e convergenze. Però è anche tutto in movimento. Lo ScHRAGE esalta quindi la libertà e la pluralità delle concezioni etiche all'interno del Nuovo Testamento, anche se vengono tenuti presenti i limiti dello spettro cristiano dell'ortoprassi . A p . 1 6 egli afferma : «Il tratto comune dell'etica di Gesù, dei sinottici , di Paolo e di Giovanni lo si ricava da tutti i suoi orientamenti e radicamenti teologici e cristologici [ . . . ] l'agire salvifico di Dio in Gesù Cristo» . Non è quindi una morale autonoma né finalizzata semplicemente all'uomo . La sua misura ed il suo

Etica

del Nuovo Testamento ed 'etk'he del Nuovo

Testamento '

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fondamento non è l'uomo , ma «l'azione salvifica di Dio in Gesù Cristo» . L'etica è quindi espressione dell'appartenenza a Cristo e non semplice conseguenza morale di essa (contro l'espressione bultmanniana: «perché sei così , agisci cosi») . Per quanto riguarda poi lo specifico dell 'etica cristiana, vi è una tesi abbastanza diffusa: la specificità non sta nei suoi contenuti materiali (ossia le norme) , ma nella costituzione del soggetto etico e nella fondazione del suo agire , cioè l'indicativo prima dell'impera­ tivo e come suo fondamento . Lo ScHRAGE invece insiste anche sui conte­ nuti , che egli chiama 'criteri dell'agire cristiano' . Si deve interrogare il Nuovo Testamento, non solo sui motivi ed i fondamenti , ma anche sui contenuti concreti della morale . Un'etica puramente formale o decisiona­ le senza precisi contenuti finisce nel capriccio e nella conformità al mon­ do . «Per lo stoico SENECA bastavano i principi fondamentali per decider­ si nei casi particolari [ . . . ] . Ma per lui i concreti rapporti esistenziali erano indifferenti [ . . . ] » (p. 1 8). Ciò non è vero per il Nuovo Testamento, dove troviamo spesso «indicazioni precise che sono quasi casistiche» . Se l'etica non è legata al concreto, perde la sua alterità e si abbandona al realismo mondano . Bisogna evitare anche qui gli estremi: la casistica ed il forma­ lismo; i principi vanno concretati e la casistica deve sempre fondarsi nei principi di fede, nel kérygma. Con altrettanta forza lo ScHRAGE si oppone alla riduzione dell'etica del Nuovo Testamento a pura morale, al «servizio di Dio nel quotidiano del mondo» (E. KASEMANN) . Quando si riduce anche la dogmatica alla pras­ si , allora non si è più nell'etica del Nuovo Testamento . Bisogna evitare anche qui gli estremismi : ridurre il Nuovo Testamento a etica come il ridurlo alla fede ortodossa. Per questo non si deve eliminare la lettera di Giacomo, perché anche lì l' agire morale è teologicamente fondato . An­ che il principio fondamentale dell'amore implica dei criteri di comporta­ mento oggettivo e determinati contenuti . Non si deve mai dimenticare l'appello radicale dell' amore, che implica anche l' impegno concreto. Proprio su questo punto si possono incontrare, oggi , delle contraddizio­ ni : mentre si offrono generosi aiuti al Terzo Mondo, si mantiene poi la mentalità del diritto di possesso, frutto dello sfruttamento del Terzo Mondo (p . 1 9) . «Perciò al primo posto non dev'essere collocato il proble­ ma ermeneutico , e cioè il determinare deduttivamente o induttivamente delle norme, ma piuttosto il problema se ascoltiamo il 'grido dei poveri ' » (pp. 1 9-20) . Non si deve ridurre certo l' etica del Nuovo Testamento alle sue esigenze sociali e politiche, ma non si deve neppure dimenticare che l'aiuto materiale dato al fratello è paradigmatico nel Nuovo Testamento (il buon samaritano e Mt 25).

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Un ultimo problema metodologico è la scelta di esporre l'etica del Nuovo Testamento nella forma di evoluzione storica. Tale presentazione non implica però alcun giudizio di valore sugli sviluppi che vanno da Gesù alle lettere pastorali e cattoliche. Però tutte le formulazioni del Nuovo Testamento vanno vagliate di volta in volta alla luce del Vangelo e della norma fondamentale dell'amore . Perciò il criterio di validità non è: «ciò che è più primitivo o ciò che è più radicale» , ma piuttosto «ciò che è conforme al Vangelo ed all'amore nel volgere dei tempi» (p . 20) . Come si può percepire da questa esposizione, l'introduzione offre la chiave interpretativa per capire l'opera . L'orizzonte in cui si proietta è quello dei problemi attuali , posti dalla morale cristiana. Passiamo ora alla struttura che l 'Autore dà alla presentazione dell'eti­ ca del Nuovo Testamento . Come già annunciato , egli segue l'evoluzione storica in nove momenti successivi . , l . L etica escatologica di Gesù viene strutturata in quattro tematiche: l . Escatologia ed etica: il regno di Dio come fondamento e orizzonte dell'etica di Gesù ; il rapporto fra escatologia ed etica; etica escatologica, ma non etica apocalittica ad interim né etica sapienziale; etica escatologi­ ca come corrispettivo della salvezza di Dio . 2. La volontà di Dio e la legge: conversione e obbedienza radicale; sequela e discepolato;'la diver­ sa posizione del giudaismo e di Gesù di fronte alla legge; libertà e critica alla legge. 3 . Il doppio comandamento detr amore: la tradizione del dop­ pio comandamento in Mc 1 2,28-34 e parr . ; la sopraeminenza del coman­ damento dell'amore; amore del prossimo e amore dei nemici ; critica all'interpretazione formale e situazionistica del comandamento dell' amo­ re: è il primo , ma non l' unico, e non elimina perciò gli altri , ma piuttosto li riassume. Amore del prossimo e amore di Dio, di cui il primo è criterio fondamentale del secondo . In un Excursus vengono evidenziate le carat­ teristiche delle esigenze etiche di Gesù . 4. Indicazioni concrete: problemi fondamentali ; donna e uomo, matrimonio e divorzio; povertà e ricchez­ za; stato e violenza. 2 . Sviluppi etici nella prima comunità: premesse e forze di spinta; le parole di Gesù e le indicazioni della legge; la comunione dei beni ; assun­ zione critica di antiche forme e contenuti. 3 . A ccenti etici nei Sinottici: sequela e discepolato in Marco ; la via della 'migliore giustizia' in Matteo; la vita cristiana secondo Luca . , 4 . L etica cristologica di Paolo, come quella di Gesù , viene esposta più ampiamente e organicamente, in quattro parti : l . Il punto di partenza dell'etica paolina: indicativo ed imperativo; la fondazione cristologica, sacramentale, pneumatologico-carismatica, escatologica. 2. Qualità e

l:'tl,·a del Nuo vo Testamento ed 'etlc·he del Nuo vo Te.\·tumen to



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struttura della nuova vita: la totalità; unità e concretezza del modo di vivere cristiano ; rapporto con la situazione e pluralismo etico del coman­ damento apostolico; obbedienza secondo coscienza, libera e razionale. 3 . Criteri materiali dell'etica paolina: rapporto con le norme etiche dell'am­ biente non cristiano (assunzione, selezione e rovesciamento dei valori) ; significato della fede nella creazione e del comandamento dell'Antico Testamento, corrispondenza a Gesù Cristo e alla sua parola; l'amore come massimo comandamento. 4. Etica concreta: etica individuale; uo­ mo - donna, matrimonio e divorzio; lavoro , proprietà, schiavitù; i rap­ porti con lo stato . 5 . L 'etica della responsabilità verso questo mondo nelle Deuteropaoli­ ne: la vita nuova secondo le lettere ai Colossesi ed agli Efesini; le norme apostoliche nelle lettere pastorali; lo stile di vita cristiana nella l Pt. 6. La parenesi nella lettera di Giacomo: le opere in relazione alla fede, aWascolto e alla speranza; la ' legge della libertà' : la legge nella sua interezza e globalità libera l'uomo ; i contenuti più importanti . 7 . Il comandamento dell 'amorejraterno negli scritti giovannei; il cen­ tro e il fondamento cristologico dell'etica giovannea; l'imperativo cristo­ logico; la distanza dal mondo e la libertà dal peccato; il comandamento dell'amore fraterno. 8 . I moniti al popolo di Dio pellegrinante nella lettera agli Ebrei. 9. L 'ammonimento escatologico nell'Apocalisse di Giovanni: la corni­ ce escatologica; le sette lettere alle chiese; il conflitto con lo stato . E veniamo ad una valutazione critica. Le parti più vivaci e meglio riuscite sono quelle sull 'etica di Gesù e di Paolo, mentre la più problema­ tica, a mio avviso, è quella sull'etica giovannea, sulla quale vorrei ferma­ re l' attenzione critica. Iniziando dalla bibliografia, vi manca una delle tre monografie attuali sull'etica giovannea, quella di J. M. CASABé>, La teolo­ gia mora/ en San Juan, Madrid 1 970, (di cui v. più avanti, quando si tratterà dell'etica giovannea) . La presentazione dell'etica giovannea è ancora parecchio dipendente dalla scuola bultmanniana, almeno in alcu­ ni punti . A proposito del rapporto di Gv con la legge dell'Antico Testa­ mento a p. 288 l'Autore afferma : «L'Antico Testamento non viene mai preso in considerazione come vincolante nel senso di norme e di esempi morali . Il termine 'comandamento' viene riservato alle indicazioni di Gesù e la legge è senza significato per l'etica. Neppure una volta il comandamento dell' amore viene considerato sintesi della legge» . A mio avviso qui lo SCHRAGE non ha capito Giovanni . Infatti l'etica, cioè l'agire cristiano in Gv si concentra nel 'credere in Gesù' . Per lui il 'credere' corrisponde anche alla mettinoia della tradizione sinottica (Gv 3 , 1 8-2 1 ) .

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È sotto questo profilo, quello della fede, che Gv utilizza l'Antico Testa­ mento . La ' Legge di Mosè' (cioè la Torà o Pentateuco ) per Gv è rivela­ zione anticipata di Gesù in ordine alla fede in lui: «Di me lui (Mosè) ha scritto» (Gv 5 , 46) . Così dicasi della figura di Abramo (Gv 8 , 56) e del profeta Isaia (Gv 1 2 , 37-40) . Tutto l'Antico Testamento è volto a portare gli ebrei alla fede e quindi al cambiamento radicale, anche a livello etico . Gv non nega né afferma la Torà, ma la interpreta in altro modo dai Sinottici . Quand'egli parla di 'legge (n6mos ) ' , ne parla come della 'legge dei giudei' o della 'vostra legge' ; tratta della Torà com'è interpretata nella sinagoga giudaica, ormai separata dalla comunità cristiana. Un secondo punto criticabile è quello che riguarda la distanza dal mondo. Partendo dal miracolo come ' segno' e non come reale aiuto al sofferente, SCHRAGE conclude, citando BULTMANN: «Per Giovanni la salvezza non si trova nella realtà mondana. Tutti i beni terreni sono solo apparenti , beni inautentici, tutta la vita naturale è solo vita inautentica»; e conclude: «Qui emergono evidenti i pericoli del dualismo giovanneo . Dove tutti i concreti rapporti vitali e i bisogni elementari sono ritenuti inautentici e si esige la demondanizzazione, là non si è quasi più a livello del Gesù terreno. Anche Gesù si pone in contrasto con la mondanizzazio­ ne; ma si pone in contrasto anche con la demondanizzazione; e solo là dove ci si pone fra questi due estremi si rimane vicini a Gesù e al suo regno» (p. 294) . Il problema anche qui è posto male, perché si equivoca sul concetto di 'mondo' . Seguendo BULTMANN, lo ScHRAGE confonde il mondo in senso negativo (in dialettica con Gesù e i suoi discepoli) col mondo in senso naturale e antropologico, che diviene simbolo del mondo ' di lassù' , rivelato da Gesù . Il simbolo però non ha valenza negativa, ma relativa; rimanda cioè ad un'altra realtà, per cui non ci si deve fermare ad essa. Ciò non vuole dire che non la si possa apprezzare 'nel suo ordine' , anche se va superata in vista della verità ultima. Insomma la storia in Gv rimane 'storia' e l'aiuto fraterno rimane 'aiuto fraterno' ; ma si deve sempre andare oltre . . . per raggiungere la verità, che è Gesù stesso . Si devono usare gli occhi della fede per vedere nel miracolo il segno, nella nascita naturale il simbolo di quella divina, nella vita stessa il simbolo di Gesù. Se togliamo invece ogni valore alla realtà mondana e storica, togliamo anche la fondazione e mediazione storica della verità rivelata. Anche nei Sinottici, del resto, troviamo la stessa affermazione radicale: «Cercate il regno suo [di Dio] e queste cose vi saranno date in sovrappiù» (Le 1 2,3 1 ) . Per Gv «cercare il regno di Dio» è accogliere la verità, che è Gesù, è 'credere' con tutte le sue implicazioni esistenziali ed etiche, tra cui fondamentale è il comandamento dell'amore fraterno , concreto (l Gv

f.'tica del Nuovo Testamento ed 'etkhe del Nuo vo Testamento '

III

3 , I 7- 1 8). Per Gv però «ciò che viene dato in sovrappiù» diviene a sua volta segno e simbolo del regno di Dio . È questo l'ulteriore approfondi­ mento teologico, che troviamo in lui . Ma non il disinteresse per l'amore concreto all'uomo, quasi questo sia 'il mondano' da abbandonare per 'il celeste' . Non capisco perché si continui a fraintendere Gv in questo modo. L'incomprensione, espressa nella forma più sarcastica l'ho trova­ ta nell'etica del Nuovo Testamento di SANDERS (e/ più avanti), dove egli arriva a scrivere: «La comunità cristiana di Gv è interessata solo a che uno creda. Vuoi essere salvato, fratello, - chiede il cristiano giovanneo all'uomo che sanguina a morte lungo la strada (di Gerico) : - Sei interes­ sato alla tua anima? Credi che Gesù è colui che è venuto da Dio? Se credi, avrai la vita eterna -, gli promette, mentre il sangue del morente scorre a macchiare il suolo>> (p . 1 00) . Il motivo di questa incomprensione sta nel fatto di non aver capito che il Vangelo di Gv non è solo in dialettica col mondo (in senso negativo) ma è anche un Vangelo simbolico, in cui 'il mondo' non è negativo, ma relativo, appunto ' simbolo' . La negatività consisterebbe, semmai, nel rinchiudersi indebitamente nella realtà terre­ na, sia essa il miracolo o altro; se questa realtà mi interessasse diretta­ mente e per se stessa, in modo da non permettermi di passare 'oltre' , al Figlio, e per mezzo di lui al Padre, allora e solo allora diverrebbe negati­ va, perché cesserebbe di essere 'simbolo' e si muterebbe in 'mondo' in senso negativo. Più che alla tradizione, la domanda ermeneutica dello ScHRAGE, è rivolta al presente e al dibattito recente, come risulta anche dalla discus­ sione critica su Giovanni . Se questa domanda, com'è stata presentata nella introduzione, fosse stata tenuta maggiormente in considerazione anche nel corso della esposizione, ne avrebbe guadagnato maggiore viva­ cità ed attualità. R. SCHNACKENBURG ha riscritto la sua opera sul 'messaggio etico del Nuovo Testamento' (Die sittliche Botschaft des Neuen Testaments, Band l : Von Jesus zur Urkirche, Freiburg/Basel/Wien 1 986, Band 2: Die urchristlichen Verkiindiger (HThK , Supplement Band Il), 1 98 8 ; ed . it . a cura di F. TOMASONI , Il messaggio morale del Nuovo Testamento, volu­ me I (SCTNT, 1 ) , Paideia, Brescia 1 989) . Rispetto a quella precedente che portava lo stesso titolo, uscita nel 1 954 ed arrivata alla terza edizione solo in italiano, questa intende esserne una revisione ampliata, mante­ nendo comunque il carattere di 'Manuale' (Handbuch ) (p . 7) , come del resto quella precedente dello ScHRAGE. L 'opera è in due volumi . Il secon­ do porta il sottotitolo: 'l primi annunciatori della fede cristiana' (p . 7) .

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Il genere 'Manuale' significa che i problemi esegetici ed etici vengono trattati 'in succinto ' . Più che sul contenuto, vorrei fermarmi sulle scelte metodologiche ed ermeneutiche, presentate nella introduzione all'opera. Il metodo di ese­ gesi praticato è quello classico, storico-critico, con tutte le sue acquisizio­ ni , mentre il metodo strutturale, sincronico , è completamente ignorato . Scelto il metodo di presentazione storica, l'esegeta è posto di fronte a una decisione pregiudiziale, che divide ancora due orientamenti principali della stessa teologia biblica del Nuovo Testamento : dove collocare il messaggio morale del Gesù storico. Se si segue rigidamente il metodo storico-letterario (e si parte quindi dalla letteratura per arrivare alla sto­ ria) , allora si deve partire dal messaggio della chiesa primitiva per sco­ prirvi , all'interno, anche quello di Gesù. Se si segue invece il metodo storico-ermeneutico , allora al messaggio di Gesù , raggiunto attraverso una precisa ed esigente criteriologia, viene dato il primo posto e conside­ rato 'Der Ruf Jesu ' (la chiamata di Gesù), cui la chiesa post-pasquale risponde, includendo nella risposta ('A ntwort ') anche l 'evento della morte-risurrezione di Gesù e venuta dello Spirito Santo (p . 6) . L 'Autore rifiuta quindi l 'eccessivo scetticismo di quegli esegeti , che ritengono im­ possibile sapere qualcosa di sicuro «sulle indicazioni morali, che derivano dal suo annuncio del regno di Dio». Un problema complesso è se è possibile attuare e praticare nel mondo l'éthos di Gesù . Per rispondervi il biblista deve mettersi in dialogo con i teologi moralisti. Lo stesso si deve dire per quanto riguarda l'altro acuto problema, quello delle norme, che ha suscitato «una discussione all'interno della teologia morale e anche una disputa con gli esegeti , che sostengono un punto diverso, partendo dalla Bibbia» (p . 7). Da questa constatazione metodologica sulla difficol­ tà e tuttavia necessità del dialogo fra esegeti e teologi moralisti è guidata tutta l 'Introduzione (pp . 1 7-27), che porta il titolo : «Sul problema: etica razionale e morale biblica» , dove però 'l'etica razionale' è sempre intesa come l'etica sostenuta dai teologi moralisti, e non l'etica filosofica. Sa­ rebbe stato necessario precisare per evitare equivoci . La fede esige di essere jides quaerens intellectum. Questo è il principio da cui muove l'Autore per giustificare il ricorso alla ragione. Ma qual è più precisamen­ te il rapporto della fede con la ragione per quanto concerne la relazione tra etica naturale e morale biblica? La ragione morale è stata presente nelle norme dell'Antico Testamento e anche nella tradizione e interpreta­ zione delle parole ed intenzioni di Gesù, nella chiesa primitiva . «Fede e ragione non sono quindi due ambiti completamente separati» , ma si intersecano a vicenda . Come? Si deve abbandonare anzitutto l' idea di

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Etica del Nuo vo Testamen to ed 'etiche del Nuo vo Tt.\'tamt'n to '

una legge naturale, sulla quale si eleverebbe l'edificio della morale bibli­ ca . È su un altro piano che va instaurato il dialogo tra fede e ragione, tra biblisti e teologi moralisti . Tale rapporto viene verificato criticamente su quattro punti , che rappresentano quattro problemi specifici all' interno del rapporto fra teologia morale e morale biblica. La risposta a questi quattro problemi si potrebbe riassumere con: 'Sì, ma . . ' . l . Anzitutto il problema dell'etica 'autonoma' (A. AuER) , che si fonda sull'autonomia dell' uomo creato, razionale e libero , da Dio e che tuttavia va limitata dalla 'teonomia' della morale biblica, dove fondazione ultima della nor­ ma è l'orizzonte della fede. 2. Anche l' argomentazione etica va inserita nell' orizzonte della fede . La morale della fede ha una sua lingua propria. L'etica del Nuovo Testamento non si deve ridurre alla parenesi (contro WOLBERT, SCHULLER, FURGER ) . «La morale cristiana, nel suo fondarsi su Gesù e la chiesa primitiva, non occorre si allontani da un 'etica razio­ nale ; ma può incontrarla sempre di nuovo e in modi diversi» (p . 220) . 3 . La dimensione «storico-salvifica ed escatologica influisce anche sulla configurazione dell'etica, in quanto nella storia della morale dell'Antico Testamento, ed anche del Nuovo, si incontra un cambiamento in relazio­ ne all'ambiente sociale e culturale circostante; e inoltre l'etica è sempre una risposta all' azione previa di Dio ; e infine il messaggio morale di Gesù e della chiesa primitiva vanno considerati nella prospettiva storico-salvi­ fica ed escatologica» (p . 24) . Quest 'ultimo principio teologico diviene anche un criterio ermeneutico nello studio del ' messaggio morale' . 4. Un quarto problema è costituito dallo ' specifico ' o proprium della morale cristiana . Qui l'Autore segue praticamente la soluzione, proposta nella grossa monografia di H. HALTER, sopra citata . Egli distingue, nel pro­ prium: la fondazione della morale, il genere di vita richiesto, la criterio­ logia . Lo specifico della morale cristiana è, in fin dei conti , la stessa persona di Gesù Cristo: «le sue indicazioni sono l'ultima, vincolante parola di Dio per gli uomini» (p . 25). Il battezzato non riceve solo una nuova motivazione, ma anche una nuova fondazione esistenziale per una vita nuova. L 'esistenza del battezzato è caratterizzata da quattro aspetti : teologico-cristologico , escatologico , pneumatologico e ecclesiologico . Per quanto riguarda, in particolare, il problema dei contenuti materiali dell' etica cristiana: i sostenitori di un'etica razionale autonoma, negano che vi si diano norme 'cristiane' ; tutte le norme cristiane in quanto 'etiche' si possono dimostrare 'razionali' . Altri teologi moralisti , invece, notando che l' etica è condizionata storicamente e socialmente, ammetto­ no anche dei contenuti specifici dell'etica cristiana. «Concedono che le singole indicazioni concrete della morale cristiana non hanno carattere .

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esclusivo; quindi non sono conoscibili e praticabili solo partendo dalla fede. Ma, come afferma HALTER, la specificità, considerata nella pro­ spettiva storico-culturale, si può manifestare nei singoli concreti compor­ tamenti. . . o perché non si trovano nel loro ambiente storico o perché sono difficilmente percepibili da chi non ha fede o perché semplicemente non è normale, non è ovvio» (p . 27) . Infine , l'Autore ravvisa nel coman­ damento dell'amore un principio di azione e di fondazione morale, che può accomunare il cristiano all' ideale umano , raggiunto con la ragione. E conclude: «Questa riflessione dovrebbe almeno aprire ad una visione del vasto campo dei problemi e nello stesso tempo risvegliare l 'attenzione in modo da comprendere meglio quanto sia e rimanga importante per una morale cristiana lo studio dell'éthos del Nuovo Testamento» (p . 27) . L'introduzione che abbiamo qui sommariamente presentata, è forse troppo sintetica. Il problema del rapporto tra ragione morale ed etica del Nuovo Testamento viene presentata in modo da richiedere ripetutamente un dialogo concreto fra etica del Nuovo Testamento e teologia morale. Il discorso rimane però a livello teoretico; e forse, in un manuale , non può rimanere che a questo livello . Il problema cruciale delle norme viene solo accennato ; ma viene completamente eluso il problema ermeneutico del valore vincolante delle indicazioni etiche del Nuovo Testamento (cf il nostro capitolo n). Le scelte metodologiche ed ermeneutiche , sostenute nella introduzio­ ne, vengono poi applicate nella presentazione del messaggio morale di Gesù e della chiesa primitiva. Vorrei dare solo un'idea della struttura. La prima parte: «Le richieste etiche di Gesù» si struttura in quattro capitoli e tredici paragrafi , e trova la sua unità nel principio dinamico del 'regno di Dio' . Perciò il primo capitolo tratta dell'annuncio del regno e delle sue esigenze fondamentali : il suo rivolgersi agli uomini tutti , la richiesta della conversione, della fede e la chiamata alla sequela . Il secondo capitolo mette a confronto le richieste etiche di Gesù con l'insegnamento etico dell'Antico Testamento e del mondo giudaico : la posizione di Gesù nei confronti della legge giudaica (la Torà non è il quadro di riferimento del suo insegnamento , anche se rappresenta lo stabile fondamento dell' agire morale; nell'annuncio del regno di Dio Gesù è critico verso alcune inter­ pretazioni e pratiche del suo tempo , e a!l nuncia un proprio tipico éthos, con la pretesa di rivelare l'assoluta e pura volontà di Dio); il comanda­ mento principale dell'amore . Il terzo capitolo affronta il problema parti­ colare del ' discorso della montagna' sotto il profilo de «le esigenze morali estreme di Gesù» . Esaminate le due redazioni del 'discorso' , le antitesi e il comandamento dell'amore ai nemici , passa a delineare brevemente la

Etica del

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storia dell'interpretazione del 'discorso' e a proporre alcuni principi er­ meneutici per l' interpretazione attuale: l . Le richieste di Gesù non vanno facilitate, ma lasciate nella loro durezza e interpretate e comprese alla luce del 'regno di Dio' . Mentre con la grazia, che dona, rende possibile una nuova fondazione dell'esistenza, pone peraltro delle esigenze altissi­ me . 2. Non è possibile una distinzione fra etica individuale ed etica sociale; toccano quindi anche la società. 3 . L'attuazione delle alte esigen­ de di Gesù si realizza nella comunità di Gesù; la chiesa deve divenire segno concreto del regno di Dio ed agire all'interno della società umana . 4. Le richieste di Gesù devono sempre nuovamenete essere interpretate nell 'attuale contesto storico . 5 . Nel processo della ricerca di norme con­ crete, si può arrivare specie nell'attività politica (esemplificata nel proble­ ma della pace) a proposte diverse. Queste tensioni devono essere soppor­ tate con spirito fraterno ed animate dal dialogo e dal desiderio di realiz­ zare meglio le esigenze di Gesù (pp. 1 23- 1 24) . Il quarto capitolo tratta delle indicazioni di Gesù, che riguardano l'ambito sociale: diritto, potere e stato; lavoro, ricchezza e povertà; donna, matrimonio e famiglia, sem­ pre con uno sguardo anche ai problemi attualmente dibattuti come: il femminismo, il problema dei divorziati e l'opzione per i poveri. La seconda parte presenta la chiesa delle origini di fronte alle richieste morali di Gesù alla ricerca di una risposta, adattamento concreto alla nuova situazione postpasquale e ai nuovi ambienti socio-culturali toccati dalla missione universale. Questa seconda parte viene strutturata in tre capitoli . Il primo delinea le nuove situazioni , in cui venne a trovarsi la comunità primitiva dopo la morte-risurrezione di Gesù : l' esperienza del­ l' azione dello Spirito; la forza formante della comunità; l'aspettazione della parusia . Il secondo presenta la chiesa come amministratrice della eredità di Gesù (espressione quest'ultima, a mio avviso, non felice) : nuove decisioni nel problema della legge; la sequela di Gesù : rinuncia al possesso ed al potere, disponibilità alla sofferenza e all'ascesi, interpreta­ zione e realizzazione del comandamento dell'amore nelle comunità cri­ stiane. Il terzo capitolo affronta il tema «la chiesa nel mondo» : liturgia e pietà; sessualità, matrimonio e famiglia; il problema degli schiavi ; rapporto con lo stato e brevi prospettive attuali . Non vi è alcuna ripresa ermeneutica globale del messaggio morale di Gesù né della risposta ad esso della chiesa primitiva. Il discorso ermeneu­ tico è confinato nella soluzione dei problemi particolarmente difficili come quello del «discorso della montagna» o della Legge. L'orizzonte escatologico del 'regno di Dio' come principio di prassi dà unità alla prima parte; vi si sente l'influsso degli studi recenti , specie di quello di

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H. MERKLEIN (cf più avanti al cap . v) . Tale orizzonte unitario viene però a mancare nella seconda parte , che risulta quindi più frammentaria, a parte la sua qualificazione formale di 'risposta' alla 'chiamata' di Gesù. Il tentativo di attualizzare è lodevole, ma non sempre rigorizzato. Spesso viene liquidato in una frase conclusiva , di carattere pratico . Là invece dove viene offerta una breve storia dell'interpretazione fino ad oggi , l'attualizzazione è più convincente. Nei problemi di teologia morale, l'Autore segue usualmente una linea moderata, ben motivata però sia dal ricorso all 'insegnamento e alla vita di Gesù sia da quello alle situazioni e ai problemi di oggi, studiati e vagliati alla luce delle scienze antropolo­ giche (psicologia, sociologia . . . ). Seguendo il metodo dello sviluppo storico, nel secondo volume l'Auto­ re ricostruisce l ' etica cristiana degli 'urchristlichen Verkundiger •, i primi annunciatori della fede e dell'éthos cristiano. Va rilevato lo sforzo erme­ neutico della introduzione e della conclusione di questa seconda parte dell'opera. L' introduzione (pp . 7- 1 2) mette in luce, sia pure in breve e in forma generica, l'unità dell'éthos neotestamentario, comprovata dallo stretto rapporto che intercorre fra 'teologia' ed 'éthos • cristiano. È per questo che la straordinaria varietà, sottolineata, delle diverse ' etiche del Nuovo Testamento' non porta al relativismo morale, ma piuttosto evi­ denzia la ricchezza sinfonica (vielstimmiger Chor der Verkiindiger: p. 8) del messaggio morale del Nuovo Testamento. La conclusione dal titolo Riickblick und A usb/ick: Neutestamentliche Ethik (qui adopera l 'espres­ sione oggi più usuale) im heutigen Horizont (pp . 27 1 -28 1 ) intende proiet­ tare l'etica del Nuovo Testamento nell'orizzonte attuale, ecclesiale e mondiale , percorrendo tre tematiche unitarie, che , mentre evidenziano l' unità etica del Nuovo Testamento, ne rivelano anche l 'attualità: l'im­ magine dell'uomo nella prospettiva della fede neotestamentaria e l'attua­ le svolta antropologica; la comprensione del mondo del Nuovo Testa­ mento , in senso negativo e positivo; la comunità cristiana (e non il singo­ lo e la coscienza del singolo) come luogo della prassi cristiana e come condizione per l'influsso sul mondo . Nei sei capitoli che compongono il volume, vengono presentate succes­ sivamente sei 'etiche' o 'gruppi di etiche' dei primi annunciatori del messaggio morale cristiano. Il primo per cronologia letteraria e impor­ tanza teologica, è ovviamente Paolo, di cui si espone successivamente: il fondamento dell'etica paolina: la via della salvezza aperta da Dio in Cristo; l'obbligo morale scaturente dalla giustizia, donata da Dio; la lotta del cristiano contro la potenza del male e la sua conseguente libertà; l' assunzione cristiana del concetto di 'coscienza' ; la predicazione etica del

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missionario dei pagani; l'etica di Paolo viene fondata sulle sette lettere sicuramente paoline. Segue l'etica della scuola paolina, dove vengono presentate le etiche della lettera ai Colossesi, di quella agli Efesini e delle Pastorali, il cui giudizio, abbastanza usuale in ambiente tedesco, di 'etica borghese' viene molto ridimensionato; la seconda ai Tessalonicesi viene solo menzionata nell'introduzione (p . 73) . Alla terza tappa vengono asse­ gnati i sin ottici (l 'Autore era incerto se porli prima o dopo le Deuteropao­ line) nell'ordine (non pienamente cronologico) di : Marco (fede e sequela nella comunità dei discepoli) , Matteo (la via della giustizia, il compimen­ to della legge, i figli del regno, la comunità di fratelli e sorelle) e Luca, che comprende Vangelo e A tti (premesse e fondazione dell' esistenza cri­ stiana, l'ora della storia della salvezza e le sue esigenze, comportamento nell' ambiente sociale, la vita nelle comunità cristiane) . Giovanni (Vange­ lo e lettere) viene presentato nel capitolo quarto: la chiamata mediante il Figlio di Dio inviato nel mondo, la risposta della fede e dell'amore, l'amore del fratello come custodia e criterio della unione con Cristo e con Dio, il cristiano e il peccato . L'etica di Giacomo viene giustamente trat­ tata a sé: una lettera parenetica in prospettiva teologico-sapienziale, «la legge perfetta della libertà» (Gc l ,25), la fede non dev'essere priva delle opere. Nell'ultimo capitolo vengono uniti insieme 'gli altri scritti del Nuovo Testamento ' : la prima lettera di Pietro (la fedeltà e la costanza in un mondo ostile; la gioia nella sofferenza; con Cristo sulla via dell'umiltà e dell'obbedienza, nella comunità cristiana) ; la lettera agli Ebrei (un caratteristico 'discorso parenetico' ; il popolo di Dio, itinerante, segue Cristo sommo sacerdote; atteggiamenti fondamentali dei cristiani sulla terra con lo sguardo alla meta promessa; responsabilità di tutti i mem­ bri del popolo di Dio); le lettere di Giuda e la 2 Pt con i loro partico­ lari problemi ; e infine l'Apocalisse (profezia come discorso di conso­ lazione e di monito ; le lettere alle sette chiese: la parola di Cristo che giudica e scuote; in conflitto con lo stato, che rifiuta e disprezza la sovranità di Dio; il cristiano domina il presente guardando con fede al futuro) . Oltre alla bibliografia generale all 'inizio di ogni capitolo , ognuno dei singoli paragrafi è pure corredato di buona bibliografia, principalmente tedesca e inglese . L' opera in due volumi è scritta con lucidità scientifica e calore pastorale, evitando sia la polemica che talora caratterizzava l' opera precedente dello stesso Autore sia un' apologetica di corto respi­ ro . È un'opera aperta sulla chiesa attuale e sul mondo e aperta anche alla futura ricerca. E credo rimarrà per molto tempo un manuale classico, vicino a quello dello ScHRAGE.

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Aggiungo la breve presentazione critica di altre due opere, uscite ulti­ mamente e di cui ho preso conoscenza a lavoro concluso . Sono state edite nel 1 987 e 1 988 in concomitanza con l' opera in due volumi dello SCHNA­ CKENBURG, appena presentata. E dimostrano il diffuso interesse attuale intorno ali' etica filosofica e teologica. S. SCHULZ (Neutestamentliche Ethik [Ziircher Grundrisse zur Bibel) , Theologischer Verlag, Ziirich 1 987) imposta la sua grossa opera (di quasi 700 pagine) in forma storico-letteraria, procedendo dal Gesù storico alla 2 Pt per nove tappe successive. L'impegno storico-letterario profusovi dalP Autore risulta a scapito della resa teologico-ermeneutica, che do­ vrebbe essere a mio avviso Papporto specifico di un' etica neotestamenta­ ria. Comunque l'idea ermeneutica che dà unità e guida il discorso è duplice : il vario rapporto dell 'etica del Nuovo Testamento con la legge mosaica (cultuale e morale) e il legame fra l' indicativo della salvezza e l'imperativo della parenesi col conseguente giudizio negativo sia sull 'eti­ ca della chiesa . giudeo-cristiana delle origini che ritornerebbe in parte all'etica farisaica sia, ed ancor più, sull'etica delle lettere deuteropaoline e cattoliche. Il compito di un'etica del Nuovo Testamento è «interrogarsi sul come esporre la fattibilità e la fondazione della prassi cristiana primitiva in modo da mettere a disposizione questo potenziale per tradurlo nel nostro orizzonte attuale» (p . 5). Ma tale compito sfortunatamente non viene realizzato compiutamente dallo SCHULZ, che si arresta, dopo quasi 700 pagine, all'esposizione storico-teologica. Tale esposizione, come abbia­ mo detto, si articola in nove tappe successive. l . Gesù, profeta itinerante, radicalizza la legge mosaica, però in senso antifarisaico , unendo insieme sapienza e profezia escatologica del regno. 2. La seconda tappa è densa­ mente popolata da ben quattro diverse comunità, ipotizzate dietro a ciascuna delle fonti sinottiche, riscostruite: quella Q, quella della fonte premarciana, e le due che corrispondono alle fonti proprie di Matteo e Luca. In queste comunità passano dei missionari itineranti come Gesù, che radicalizzano la Legge mosaica, accogliendo però l'interpretazione farisaica. 3 . Solo con la 'comunità ellenistica' , terza tappa, si abbandona la Legge mosaica rituale per concentrarsi su quella morale come nella sinagoga ebraica della diaspora, ed accentuando l'etica dell'ordine; rima­ ne comunque ancora legata all'ambiente religioso giudaico . 4. È solo il movimento gnostico, dualistico, che abbandona definitivamente la Leg­ ge . Sia la Legge mosaica che quella naturale, secondo la gnosi , apparten­ gono al mondo antidivino . Tale visione pessimistica e dualistica del mon-

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do conduce alle due opposte tendenze dell'ascetismo e del libertinismo . Lo ScHULZ trova presente questo movimento pregnostico nelle dottrine che Paolo combatte e nella ipotetica fonte (Grundschrift) di Giovanni. 5 . I n ' Paolo' distingue due fasi della sua predicazione etica : la prima ( l Ts ) ancora vicina a quella della 'chiesa ellenistica' , in cui l'amore è 'virtù' ( l ,3) e Cristo è la forza che rende possibile l ' agire cristiano. Nella seconda fase, a partire dalla lettera ai Gal, Paolo sviluppa un'etica propria, dove la legge non è più 'via di salvezza' ma solo 'norma di vita' , rifiutando in tal modo la salvezza 'mediante le opere' . Questa etica, tipica di Paolo, si colloca all'interno della cristologia e della pneumatologia. Paolo rag­ giunge questa sua 'nuova ' concezione nel confronto critico da una parte col fronte giudaizzante e dall 'altra con quello gnosticizzante. 6. Alla sesta tappa vengono collocati i Sinottici : Marco è «il primo documento di etica di una chiesa che rimane nel mondo>> (p. 434) contro la precedente aspettativa di una fine imminente; Matteo è «il manuale dell'etica cristia­ na per la chiesa di tutti i tempi» (p . 447); Luca inquadra la legge dell'An­ tico Testamento nella storia della salvezza, che conduce all'eticizzazione della vita cristiana (p . 466) . 7 . Alla settima tappa viene esposta l'etica della letteratura giovannea (Vangelo, lettere ed Apocalisse ) . L' ambiente vitale è quello antieretico . Scompare il confronto con la legge mosaica e i problemi del confronto con la società. Centro di quest 'etica è il coman­ damento nuovo . L'Apocalisse, nel confronto con l' anticristo , identifica­ to con Pimpero romano , riprende e porta avanti l'etica rigoristica della tradizione giudeo-cristiana primitiva. 8 . Le lettere deuteropaoline (Col, Ef, 2 Ts, Pastorali, cui si aggiungono l Pt ed Ebrei) sviluppano l'eredità paolina per un tempo posteriore. Ma si cade progressivamente in un'etica dell' ordine, abbandonando l' ordine, segnato dalla ' salvezza' , che viene da Dio . 9. Le lettere cattoliche (Giacomo, Giuda e 2 Pt ) testimoniano , infine, la 'tradizione apostolica' per una chiesa che si confronta con un mondo ostile e rischia di rinchiudersi in un'etica della prestazione , ab­ bandonando l'etica della salvezza; la chiesa in tal modo diverrebbe una setta. Dopo la presentazione obiettiva una breve critica: l . sotto il profilo metodologico, va rilevato che la ricostruzione storico-letteraria, molto ipotetica, è fondata solo sugli studi dell 'autore; rimane comunque molto discutibile la supposizione che ad ogni fonte sinottica corrisponda una diversa comunità con un'etica diversa. 2. In secondo luogo viene esagera­ ta l 'impostazione del movimento gnostico all'interno del cristianesimo così da costituire un gruppo già ben delineato al suo interno; tale ricostru­ zione è ulteriormente indebolita dall'ipotetica fonte del vangelo di Gv. 3 .

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3 . È provocatorio in senso luterano perché applica in modo rigoroso e soggettivo il principio Was Christum treibt come criterio di giudizio di un'etica propriamente 'cristiana ' . 4. Lascia infine incompiuto il compito ermeneutico di proiettare l'etica del Nuovo Testamento nell'orizzonte attuale. A mio avviso il motivo ultimo dell'impossibilità di condurre a termine il progetto è dato dal fatto che l'orizzonte dell'etica del Nuovo Testamento, come da lui delineato, è talmente frastagliato da non risul­ tare affatto unitario . L 'unica unità possibile , nella sua prospettiva, po­ trebbe essere quella 'ermeneutica' e critica, accettando come ' centro' coagulante e discriminante l' etica della seconda fase di Paolo . L 'opera voluminosa è certamente stimolante, perfino provocante; ma il contributo teologico che dovrebbe portare rimane problematico e alea­ torio . EDUARD LOHSE ( Theologische Ethik des Neuen Testaments [Theologi­ sche Wissenschaft , 5 . 2] , Kohlhammer , Stuttgart 1 988) scrive un manuale di 'teologia etica del Nuovo Testamento' molto denso nel contenuto e stampato con criteri economici : caratteri piccoli e pagine piene. Anche questo manuale, come quello dello SCHRAGE e di SCHNACKENBURG è corredato di bibliografia esse�ziale , distribuita nei 28 paragrafi di cui si compone . Compito di una 'teologia etica del Nuovo Testamento' consi­ ste nel «presentare quali conseguenze vengono tratte negli scritti del Nuovo Testamento dalla confessione del Cristo, morto e risorto per configurare la vita e la prassi dei credenti» (p . 9) . Da questa definizione del compito si comprende subito l'aggiunta dell'aggettivo 'teologica' al sostantivo 'etica del Nuovo Testamento' , in quanto l'etica del Nuovo Testamento è conseguenza del kérygma, ossia della 'teologia' . Vi è un rapporto reciproco e necessario tra fede e azione come appare dall'ultimo paragrafo, il 28, del libro, intitolato appunto ' Glauben und Bande/n ' . Mi sembra sia questa l'idea-base che guida l'esposizione dell' etica teolo­ gica del Nuovo Testamento . Quanto al metodo (pp . 1 1 - 1 2) : il LOHSE segue una «via media (ein mittlerer Weg )» (p . 1 1 ) tra una presentazione storica che rispetta ed esalta la diversità e una esposizione per temi che meglio esprime l' unità dell'etica del Nuovo Testamento. Mentre sintetiz­ za l'etica del Nuovo Testamento nelle sue grandi tematiche, pone atten­ zione anche alla loro diversa trattazione negli scritti del Nuovo Testamen­ to . L'Autore è convinto infatti che nei pur diversi scritti del Nuovo Testamento vi sia «un fondo comune di etica cristiana originaria» (p . 1 1 ) . Non u n catechismo vero e proprio, m a una catechesi di ' etica cristiana' . La trattazione della 'teologia etica del Nuovo Testamento' viene svolta

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in dieci capitoli e ventotto paragrafi . Il primo capitolo presenta l' ambien­ te culturale, giudaico ed ellenistico, in cui si deve collocare l'etica del Nuovo Testamento, mentre l' ultimo si occupa dell'ambiente vitale: i conflitti intorno all 'etica cristiana, la catechesi comune e il suo centro nell' unità tra 'credere ed agire ' . Negli otto restanti capitoli vengono sviluppate le seguenti tematiche: n. La fondazione cristologica dell' etica nelle parole e nel comportamento del Signore. III. Il Regno (sovranità) di Dio (escatologia ed etica) ; la sequela di Cristo; il comandamento dell' a­ more al prossimo, universale fino ad abbracciare gli ultimi ed i nemici . r v . La nuova giustizia: l'etica del discorso della montagna (Gesù , maestro di vita) e le conseguenze etiche dalla storia di Gesù . In questo capitolo viene esposta anche l'etica dei vangeli sinottici (in Marco centro è la sequela, in Matteo l'insegnamento di Gesù e in Luca la comprensione della storia come storia salvifica) . v. Indicazioni per la vita quotidiana dei cristiani con lo studio dei 'cataloghi' di vizi e virtù , che delineano i doveri di ogni giorno : la retta via, la responsabilità della coscienza nella decisio­ ne morale ; la norma fondata come 'norma della fede' ma anche della ragione ; in Paolo poi entra anche 'la voce della coscienza ' e la responsa­ bilità del cristiano per la comunità cristiana e il mondo; ed infine tutti i problemi insiti nel rapporto uomo - donna. VI. La nuova creazione nella vita dei credenti ossia l'etica paolina: la giustificazione mediante la fede e la nuova vita nell'amore ; l'esistenza cristiana nel corpo (morale sessuale e teologia della risurrezione e dei sacramenti) ; giustificazione e giudizio ultimo. vn. La fede in mezzo al mondo : i cristiani e l'ordine statale; i cristiani in casa e famiglia; indicazioni etiche nella tradizione postpaolina (le lettere Deuteropaoline e le Pastorali) . VIII. Comandamenti e legge: la legge di Cristo (Paolo ) ; il nuovo comandamento (Giovanni) ; la legge della libertà (Giacomo ) . IX. La fedeltà nella sofferenza: la ragione della speranza cristiana (l Pietro ) ; la fedeltà nella professione di fede e nella vita cristiana (lettera agli Ebrei ); la saldezza e la fedeltà nella persecuzio­ ne (Apocalisse ) . Come si può constatare d a questa breve descrizione dei contenuti , la metodologia non è sempre lineare. Le grandi tematiche, a partire da ' Paolo' configurano anche i vari tipi di etica degli scritti del Nuovo Testamento. La preoccupazione continua del LoHSE è quella di far vede­ re come la prassi cristiana sia strettamente legata alla fede . Egli , di conseguenza, tende a squalificare, richiamandosi esplicitamente a LUTE­ RO , quelle 'etiche' in cui la prassi non appare esplicitamente legata alla fede e aWesistenza cristiana come quelle della lettera di Giacomo (p . 1 1 1 ) e della lettera agli Ebrei (p . 1 1 9) . Come dicevo all 'inizio, si tratta di un

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manuale, scritto in modo sintetico . Alla fine, nonostante le 'buone inten­ zioni teologiche' esposte all'inizio nel ' Compito e metodo' , mi sembra prevalga la considerazione storica su quella propriamente teologica, e cioè la ricostruzione storico-letteraria sulla interpretazione. Solo nell'ul­ timo, breve paragrafo, l'Autore affronta il vero problema teologico : quello della specificità e dell'unità dell'etica del Nuovo Testamento . Ma forse non si può chiedere di più ad un ' manuale' , peraltro didatticamente limpido e scientificamente serio.

2. Un ,etica attuale Mentre le sette 'etiche' precedenti erano interessate ad interpretare l'etica del Nuovo Testamento nel suo orizzonte storico, pur con la preoc­ cupazione del presente, altre opere di etica del Nuovo Testamento sono invece impegnate soprattutto nello s forzo dell'attualizzazione per dimo­ strare che l'etica del Nuovo Testamento è l'etica dell'umanità (MAR­ SHALL e VERHEY) o invece per denunciarne l'irrilevanza pratica e la necessità di un cambiamento per adattarla al mondo di oggi (HOULDEN e SANDERS) . L. H. MARSHALL ( The Challenge of New Testament Ethics, London 1 947 ; 1 9666) risente del clima immediatamente postbellico, del problema del militarismo e della non violenza. Scrive nel 1 945-46, immediatamente dopo la seconda guerra mondiale. Prende in considerazione solo le etiche di Gesù e di Paolo , perché il resto del Nuovo Testamento non ne sarebbe che una conferma senza apporti veramente nuovi (pp . 348-349) . Le esa­ mina col metodo filologico-storico senza l'apporto di quello morfologico e redazionale . Per l'apetto storico-religioso il confronto col mondo giu­ daico ed ellenistico non è molto rilevante. Più rilevante invece è l' aspetto specifico di quest'etica: il confronto con i problemi ed i bisogni dell'uo­ mo d ' oggi . Il confronto è fondamentalmente apologetico in quanto «mi­ ra a giustificare la fede nel vangelo» (p . v) . Perciò, l'Autore, sceglie, nella presentazione dell'etica del Nuovo Testamento, la linea sistematica; e dà largo spazio anche alle obiezioni contro la morale cristiana (cf tutto il capitolo VI) e vorrebbe evidenziare la specificità dell'etica del Nuovo Testamento nel suo rapporto unico e singolare con la persona di Gesù (cap . IX) . La sfida (e/ il titolo) lanciata dall 'etica del Nuovo Testamento

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ai problemi ed esigenze di oggi risulterebbe vincente . In realtà, il princi­ pio ermenutico, da cui inconsciamente l'Autore si lascia guidare, è so­ stanzialmente quello della morale liberale, predicata da A. HARNACK ed HERMANN (e ultimamente da L KANT) , per cui , in realtà, sfuoca la speci­ ficità dell'etica del Nuovo Testamento, riducendola all 'etica dell'uomo ideale, che prende Dio Padre come modello e si lascia guidare dalla sua forza . Parte infatti dal principio di HARNACK: «Per Gesù la religione è l'anima della morale e la morale è il corpo della religione» . Ne risulta un'interpretazione moralistica più che teologica. Presuppone la realtà di un mondo spirituale interiore, Dio creatore e ogni uomo creatura di Dio; di qui il valore sacro della persona umana. Un secondo elemento erme­ neutico è l'inserzione della morale nel 'regno di Dio ' , inteso nel senso liberale come «regno interiore o dell 'interiorità» (p . 25) . In questo senso viene interpretato il detto di Gesù : «Il regno di Dio è dentro di voi» (Le 1 7 , 2 1 ) . Paolo, pur usando il termine ' salvezza' e non quello di 'regno ' , indicherebbe la stessa cosa: emancipazione dal male e crescente devozio­ ne al bene (p. 250) . In tal modo l 'escatologia del regno in Gesù con tutte le sue esigenze che superano l'uomo, e la vita nuova in Cristo di Paolo , che costituiscono lo specifico dell 'etica cristiana, vengono lasciate ai margini a favore dell'interpretazione idealista. Più che per un'etica del Nuovo Testamento, l' opera del MARSHALL è utile come testimonianza conclusiva, e tardiva, di una prospettiva etica , ormai superata. J. L. HOU L DEN (Ethics and the New Testament, London/Oxford 1 973) si impegna a far capire più che a far conoscere l'etica del Nuovo Testa­ mento. Far capire l'ambiente storico, gli autori, il loro modo di porre i problemi, la fonte del loro insegnamento (il Signore) e il modo di utiliz­ zare oggi sul piano etico il Nuovo Testamento. Sono questi i capitoli in cui è diviso il sintetico libro dell' HOULDEN. È un impegno eminentemente ermeneutico quindi ciò che guida l'Autore. Si sbarazza perciò subito di alcune premesse teologiche per sentirsi più libero . Così per lui il canone è un 'anacronismo' (pp . 3 e 1 25); e lo sarebbe in realtà se lo si consideras­ se «un codice statico di norme» (p. 1 25 ) . Inoltre sottolinea talmente la varietà in rapporto alle situazioni storiche da scorgere con troppa facilità delle vere e proprie contraddizioni , non solo fra i vari scrittori del Nuovo Testamento, ma addirittura anche all'interno di uno stesso autore come Paolo. Riportiamo solo un esempio; secondo lui l Cor 6, 1 - 1 1 e Rm 1 3 , 1 -7 sono in contrasto, perché il primo testo proibisce ai cristiani di ricorrere ai tribunali civili , mentre il secondo raccomanda la lealtà verso lo stato romano, perfino nel pagare le tasse . Ma a un esame più appro-

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fondito il contrasto sfuma nel nulla, perché nel primo caso le controver­ sie della comunità sono problemi interni , che possono e debbono essere risolti all 'interno della stessa comunità, mentre nel secondo caso è inte­ ressata direttamente la struttura politico-economica dello stato . Non solo quindi l' HoULDEN non cerca l'unità, ma dimostra che è inutile cercarla, semplicemente perché non c'è (cf soprattutto il cap . 3 ° sui problemi) . Ma il principio ermeneutico di fondo, che mira ad attualizzare l'etica del Nuovo Testamento in un contesto storico diverso da quello del Nuovo Testamento è la dialettica tra etica autonoma, naturale ed etica eterono­ ma, quella del Nuovo Testamento. Oggi si accetta ciò che è razionalmen­ te fondato sull 'utilità del singolo e della società (fa qui capolino l'utilita­ rismo inglese). L'ambiente storico-culturale in cui va posta l'etica del Nuovo Testamento è invece un mondo, in cui entrano forze nuove, che minacciano l'autonomia della morale: la svalutazione escatologica del mondo materiale (corrente gnostica) , l'aspettativa della fine del mondo (apocalittica) , l'esempio di Dio e di Gesù come modelli dell' etica, il comando divino che ha valore per la sua autorità senza fondamento logico (e/ leggi apodittiche), la giustificazione mediante la fede e l'azione salvifica di Dio , che precede l 'azione dell'uomo e la dovrebbe logicamen­ te annullare . Anche oggi ci sono forze esterne , analoghe a quelle che agivano nel mondo del Nuovo Testamento; sono però laiche e non più religiose, per cui non minacciano più l' autonomia dell'etica: marxismo, esistenzialismo , sette mistiche . . . L'etica del Nuovo Testamento, eterono­ ma, non può quindi armonizzarsi con l'etica attuale , che pretende di essere razionale ed autonoma. Anche gli scrittori del Nuovo Testamento vengono qualificati in base a questo principio dialettico di 'autonomia - eteronomia' . Quanto più agisce su di loro l'escatologia apocalittica e la svalutazione gnostica del mondo, tanto più la loro etica si qualifica come 'eteronoma' . Così Paolo , Giovanni e Marco, essendo sotto l'influsso dell'escatologia futura (Paolo e Marco) o dello gnosticismo (Giovanni e Marco esoterico) : o non danno importanza all' etica (Giovanni e Marco) o la loro è essenzialmente etica della grazia (Paolo e Giovanni) . Un'etica autonoma invece, che prescrive leggi e norme morali senza dipendere da una prospettiva teologica, preva­ le in Matteo, Luca, Paolo reinterpretato (Atti e Pastorali) e Giacomo , anche se pure in essi permane, come fatto primario, l'azione di Dio. L 'interpretazione di alcuni problemi e dell'etica di Gesù, praticata da HOULDEN, non merita molta attenzione, perché troppo unilaterale. Mag­ giore attenzione invece merita il capitolo che riguarda l'uso dell'insegna­ mento etico del Nuovo Testamento. Il valore normativa del Nuovo Te-

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stamento va ridimensionato , perché relativo a particolari situazioni stori­ che, perché va passato al vaglio delle scienze positive moderne (psicologia e sociologia) e perché la chiesa primitiva oltrepassa il canone . Dalla varietà di norme, non sempre coerenti , all'interno del Nuovo Testamen­ to, deriva la necessità di nuove norme, adatte alle nuove circostanze, fedeli ai valori fondamentali del Nuovo Testamento, ma formulate con più finezza in base alle scienze umane. Vi sono alcuni principi che riman­ gono sempre validi , come il comandamento di amare il prossimo, anche i nemici , il comandamento del perdono . . . Ma molte norme concrete, specie quelle che riguardano la famiglia e la politica, sono relative e provvisorie . Ma allora qual è l'elemento caduco e provvisorio nelle nor­ me del Nuovo Testamento e in quelle della nostra società? E in base a quale criterio si può stabilire? L' HoULDEN si vede costretto ad appellarsi a Dio, il quale indicherebbe direttamente quello che è essenziale e quanto è caduco (p . 1 22) . In tal modo si può arrivare anche a decisioni contrarie a quelle del Nuovo Testamento, come il divorzio in un matrimonio intol­ lerabile (p . 1 22) . Ma l' obiezione di fondo contro l'attualità etica del Nuovo Testamento rimane sempre il fatto che è frutto della grazia di Dio, donata a noi in Cristo ; e quindi va proiettata nel più vasto contesto del rapporto dell'uomo con Dio, cioè nel quadro di una teologia del Nuovo Testamento. Ed è perciò messa in questione la stessa possibilità di co­ struire un'etica del Nuovo Testamento . HOULDEN risente dell'ambiente protestante, che mette in conflitto l'e­ tica naturale , concepita come autonoma, con l'etica cristiana; mentre per noi un'autentica etica naturale non è autonoma, ché anzi è considerata un campo predisposto ad accogliere l'etica dell'alleanza e della grazia. Inoltre egli intende giustificare illuministicamente un'etica borghese, che non si sente in grado di accettare il vangelo , e vuoi anzi giustificarsi di fronte al vangelo ricorrendo alle scienze antropologiche. Pare sia incerto infatti per HOULDEN quale sia il criterio ultimo di autorità: se le scienze umane o il Nuovo Testamento . Infatti, se le norme del Nuovo Testamen­ to vengono relativizzate e le scienze vengono invece considerate obiettive, è chiaro che un' etica del Nuovo Testamento rimane molto relativa . È questo il giudizio dell'illuminista moderno sul Nuovo Testamento . Però l' etica che ne deriva, non può dirsi più cristiana, perché tenta di togliere ogni legame teologico per costruire un'etica autonoma, non più cristiana in senso integrale. Un giudizio ancor più spregiudicato sull 'etica del Nuovo Testamento viene espresso da J . T. SANDERS (Eth ics in the New Testament. Change

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and Development, Philadelphia/London 1 975). In quest ' opera viene an­ cor più esplicitato quel principio ermeneutico , secondo il quale, nella formulazione di norme attuali deve prevalere la scienza positiva sul Nuo­ vo Testamento (p . 45) . Il Nuovo Testamento, secondo il SANDERS , pre­ senta un'etica essenzialmente impossibile, perché legata all' escatologia futura, cioè all 'aspettativa della fine del mondo . Lo scopo dell'Autore è detto subito nella prefazione. Egli intende verificare «se e in qual grado un occidentale d'oggi può guardare al Nuovo Testamento per una qual­ che guida o per trovarvi dei punti di riferimento per il suo comportamen­ to» (p . XI) . Fatta l'analisi storico-esegetica degli stadi successivi del Nuo­ vo Testamento (Gesù, Sinottici , Paolo, epistole Deuteropaoline, lettera­ tura giovannea, epistole più recenti ed Apocalisse ), la risposta finale è decisamente negativa. Le indicazioni etiche del Nuovo Testamento sono figlie del loro tempo ed estranee al nostro : «In mezzo ai dilemmi in cui ci troviamo, siamo così liberati dalla necessità di ricorrere a Gesù, alla chiesa primitiva, al Nuovo Testamento per sviluppare delle indicazioni etiche coerenti . Come l'autore della lettera di Giacomo (che si opporreb­ be a Paolo in 2 , 1 4- 1 6) , anche noi siamo liberi dalla tradizione precedente e ci è permesso di camminare su una strada umana e giusta» (p . 1 30) . Quale? Qui il SANDERS lascia comodamente la parola ad altri . Gli basta aver liberato la strada dall'etica del Nuovo Testamento . Nella metodologia è piuttosto carente. Conosce e segue in maniera non sempre critica solo alcuni autori : PREISKER, BULTMANN, ed E. KASEMANN nel qualificare 'settaria' l ' etica di Giovanni. Nella bibliografia generale non compaiono le opere principali di etica del Nuovo Testamento come quelle di SCHNACKENBURG, SPICQ e SCHELKLE; ma neppure quelle inglesi di ScoTT, MARSHALL e HouLDEN. Per l'etica giovannea sembra ignori le tre monografie principali sull'argomento: quelle di PRUNET, LAZURE e CASABò (e/più avanti il cap. vn) . SANDERS si affida più alle sue personali intuizioni che ad una seria documentazione. Per l'etica di Gesù egli accetta la tesi di A. SCHWEITZER che Gesù avrebbe aspettato la fine del mondo, e quindi la sua etica sarebbe stretta­ mente legata alla escatologia; è un'etica ad interim, impossibile . È impos­ sibile, ad esempio , agire come il buon samaritano, ed è impossibile l'a­ more ai nemici in un mondo che continua e non è più sotto la minaccia di una prossima fine. Lo stesso giudizio vale per il discorso della monta­ gna in Matteo, dove l'interpretazione della legge mediante l'amore, e la sua giustificazione escatologica, rendono l'etica impraticabile : «Come organizzare una società su tali principi? Anche considerata come etica individuale, il principio di 'Non desiderare la donna' come intensificazio-

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ne del comandamento che proibisce l'adulterio [ . . ] cadrebbe sotto l' af­ fermazione della psicologia che l'uomo non vive senza i piaceri della carne» (p . 45) . A parte il giudizio della psicologia (ma di quale?), ripor­ tato con molta superficialità, qui è chiaro che l'Autore, nei casi di conflit­ to (vero o creduto) tra scienza e Vangelo, opta decisamente per la prima . Procedendo verso la letteratura più tardiva, SANDERS per verificare se essa mantiene la specificità cristiana, vi applica tre criteri : la centralità del comandamento dell 'amore , il legame tra etica ed escatologia, e quello tra indicativo e imperativo . L 'applicazione di questi tre criteri lo porta alla conclusione che in Col e Ef di etica cristiana vi sarebbe 'zero' (p . 80) . Gli elenchi di virtù nella letteratura epistolare provengono dall 'ambiente culturale circostante e descrivono il buon cittadino , e non più il cristiano. Il SANDERS perviene così all'alternativa: o si accetta l'etica cristiana di Gesù - Paolo ; ma è impossibile praticarla; o si preferisce quella della letteratura epistolare posteriore del cittadino perbene; e questa è pratica­ bile, ma non più cristiana (p . 90) . Per di più, in quest'ultimo caso, il buon cittadino di oggi si definisce in modo diverso dal buon cittadino di aìlora . Chi ha un po' di conoscenza dei problemi di etica del Nuovo Testamento , non può non rimanere sconcertato di fronte a d u n giudizio così sbrigativo e semplicistico . Con Giovanni se la cava presto, perché, seguendo il KA.SEMANN, giudi­ ca la sua etica chiusa e settaria. Secondo il SANDERS, il samaritano della comunità giovannea, trovando il pover'uomo caduto in mano ai briganti , non lo avrebbe aiutato, ma gli avrebbe chiesto se crede in Gesù Cristo, Figlio di Dio (p. 1 00) . È entusiasta invece della lettera di Giacomo, perché in 2, 1 4- 1 6 enuncerebbe un principio umanitario , che potrebbe stare alla base dell'etica e, quello che è ancor più importante, contraddirebbe aper­ tamente Paolo , opponendosi così alla 'sacra tradizione' . Quest'etica del SANDERS è destinata già in partenza al fallimento per il principio ermeneutico che la guida e per la metodologia superficiale che egli pratica. Egli vorrebbe trovare nel Nuovo Testamento un'etica secola­ re che riguarda solo il rapporto dell'uomo con l'uomo e con il mondo, che non dipenda dalla fede (la fede infatti , secondo lui , divide) e che possa quindi essere valida per tutti gli uomini : un 'etica razionale e auto­ noma, non accorgendosi neppure che tale etica ha già fatto fallimento . Il principio ermeneutico del SANDERS è sostanzialmente quello di HouL­ DEN. Ma è più esplicito di lui nel problema epistemologico. Non dubita di optare per la scienza positiva come criterio ultimo per la costruzione di un'etica autonoma, valida per tutti . La sua è un' etica borghese, neoil­ luminista e situazionista. La sua ermeneutica parte dal suo presente come .

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punto sicuro per giudicare il Nuovo Testamento , dimenticando venti secoli di storia . Mentre un' etica di tal genere non offre che un fragile contributo, per altro verso serve solo a confondere le idee con asserzioni altrettanto sicure quanto superficiali . Il battista scozzese R.E.D. WHITE (Biblica/ Ethics. The Changing Con­ tinuity of Christian Ethics, l , Exeter 1 979) propone un'etica del Nuovo Testamento preceduta da due capitoli sulP Antico Testamento e il giuda­ ismo . Sia lui sia MASTON che segue, non sono biblisti , ma teologi sistema­ tici ; e il loro intento è più didattico che scientifico . Li espongo tuttavia, sia pur brevemente, perché sono 'rivelatori' di un ambiente ecclesiale di marca fondamentalista. Fin dal capitolo introduttorio emerge il problema di fondo , che l' Au­ tore intende affrontare: il problema ermeneutico . A questo proposito egli si pone subito tre domande: l . Vi è un' etica del Nuovo Testamento? La risposta è 'sì ' , perché vi è «un modo di agire cristiano, rilevabile nella storia» . 2 . Dove si può trovare quest'etica? La risposta è: «Nella Bib­ bia» ; «Ogni etica cristiana parte dalla Bibbia e si fonda sulla Bibbia» (p . 1 0) come canone . La varietà delle etiche del Nuovo Testamento non escludono la possibilità di un'etica del Nuovo Testamento . 3 . Basta la Bibbia? Risposta : ' no ' . È necessaria anche la storia successiva. Ma nep­ pure Bibbia e storia successiva bastano. È necessario riferirsi al pensiero ed all'esempio del 'Maestro' : «Per quanto ci appelliamo alla Scrittura e alla storia, non possiamo dimenticare che seguiamo un Signore vivente» (p . 1 1 ) ed è presente nella chiesa avanzante nel tempo «lo Spirito vivente di Cristo» (p . 233 alla fine) . Il compito di un' etica biblica è quello di discernere «quanto è permanente e quanto è transitorio nelle sue formu­ lazioni successive» (p . 1 1 ) . Il compito è ben delineato. Ma invano si cerca nella introduzione o nello sviluppo dell' opera una metodo/ogia critica, strumento necessario per realizzare un tale giusto progetto . L' esposizione dell'etica biblica segue ovviamente la linea storica, ma senza alcuna riflessione critica. Si struttura in dodici capitoli, di cui i primi due espongono l'etica dell'Antico Testamento e quella giudaica; e gli altri dieci l'etica del Nuovo Testamento: Petica di Gesù, quella della chiesa primitiva, l'etica paolina , quella petrina e giovannea e la disciplina subapostolica. Il capitolo conclusivo enuclea quelli che , secondo lo WHITE, sono i quattro elementi specifici di un'etica biblica: ha una fondazione religiosa; viene proiettata in un contesto ecclesiale e nel rap­ porto chiesa - mondo; è cristologica ed aperta, in quanto capace di conti­ nuo sviluppo .

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L' opera è assolutamente carente di spessore ermeneutico, per cui man­ ca di unità. Ma una carenza ancor più vistosa è quella metodologica. L 'esposizione descrittiva è quasi sempre precritica . E tale metodo precri­ tico viene giustificato, perché non sarebbe necessario il metodo storico­ critico (pp . 204 e 207) . Proprio per questo è un' opera ' fuori del tempo' , mentre intende proporsi come un'etica 'attuale' . Un'altra 'etica biblica' , che dal 1 967 al 1 979 conobbe ben otto ristampe ed ora è stata pubblicata in reprint è quella del battista americano T.B. MASTON (Biblica/ Ethics. A Guide to the Ethical Message of the Scrip­ tures from Genesis through Revelation, MUP , Macon/Georgia 1 982) . Il MASTON utilizza la letteratura scientifica in modo eclettico. Passa in rassegna tutti i libri dell'Antico Testamento (il Pentateuuco con i tre codici, i Profeti e gli Scritti) , gli apocrifi (i nostri deuterocanonici) , gli pseudepigrafi (i nostri apocrifi dell'Antico Testamento) , Qumran, ed infine anche il Nuovo Testamento (sinottici , Paolo, letteratura giovannea ed altri scritti del Nuovo Testamento) con una breve conclusione in diciotto punti , che mettono in luce, in parte, anche il problema ermeneu­ tico, soprattutto il rapporto tra Antico e Nuovo Testamento . L'etica biblica è assolutamente teonoma, fondata ultimamente solo sull'autorità di Dio (p . 287), la cui ultima rivelazione è Cristo stesso (p. 288) . L'attualità deli ' etica biblica è affermata con grande forza retorica più che dimostrata. Più interessante è un' opera di etica del Nuovo Testamento, apparsa , sempre in America , dovuta alla penna di un esegeta, A. VERHEY ( The Great Reversal. Ethics and the New Testament, Grand Rapids/Michigan 1 984) . L' intento delPAutore è quello di creare un ponte tra l'etica del Nuovo Testamento e l'etica teologica attuale, specie in ambiente america­ no . Il titolo esprime già chiaramente la tesi ermeneutica del VERHEY : l'etica del Nuovo Testamento introduce çun cambiamento radicale ' ri­ spetto all'etica dell'ambiente, perché non si riduce ad una predicazione morale ; ma col dono del 'regno di Dio ' , e dello Spirito dopo la risurrezio­ ne di Gesù dà all'uomo un cuore nuovo, una nuova possibilità di amare e di agire . Uopera non segue il modello usuale, che si limita a trattare, appunto, l'etica del Nuovo Testamento senza procedere oltre. Il VERHEY intende invece procedere oltre e tentare di costruire un ponte sull 'abisso che separa l'etica biblica da quella sistematica . Lo fa soprattutto nella quarta parte, intitolata: A Continuing Tradition. È questa la categoria fonda­ mentale, che guida l' opera : 'tradizione' intesa sia nel senso di interpreta-

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La storia

zione sempre nuova in relazione a situazioni nuove, sia nel senso della forza spirituale che si sprigiona dalla risurrezione di Gesù e che rende possibile la pratica dell'etica cristiana lungo i secoli . Lo stile prolisso risente dell'orientamento pastorale . Le ripetizioni e le lunghe elencazioni retoriche stancano a volte il lettore adusato a opere scientifiche, che misurano le parole . Il contenuto però è buono sia sotto il profilo storico-critico sia sotto quello propriamente teologico-ermeneu­ tico . Daremo un'idea della struttura per indugiare poi sulla proposta sistematica dell' ultima parte , che rappresenta la novità dell' opera. Dopo una breve introduzione, nel primo capitolo viene presentata l'etica di Gesù. L 'autore è ben cosciente del problema storico-critico, ma praticamente lo elude, attenendosi ai dati dei vangeli , pur tenendo conto dei risultati della critica letteraria, morfologica e redazionale . Dopo due brevi paragrafi introduttori sulle diverse interpretazioni dell ' etica di Gesù e sulla difficoltà storico-critica, egli passa quindi a presentarla in cinque punti successivi : il regno di Dio e l'etica di Gesù ; l'etica di Gesù e la forma concreta della conversione; l'etica di Gesù e la legge; la politica di Gesù ; e infine la sua convalida con la risurrezione , centro focale dell'etica del Nuovo Testamento . Il secondo capitolo passa a delineare gli inizi della tradizione morale, che si richiama a Gesù : al Gesù storico e al kérygma del Signore morto e risorto. Di qui hanno origine due correnti di tradizio­ ne : quella delle parole e dei fatti del Gesù storico e quella parenetica della letteratura epistolare. Il terzo capitolo , il più lungo (pp . 72- 1 52), intitola­ to Ethics in the New Testament, presenta le redazioni della tradizione di Gesù e quelle della tradizione parenetica della chiesa primitiva: i vangeli sinottici (Marco , Matteo, Luca-Atti) , Paolo e i suoi interpreti, ossia il corpus paulinum, le lettere cattoliche e la lettera agli Ebrei, ed infine la letteratura giovannea (Vangelo , lettere, Apocalisse) . Di ciascuna di que­ ste etiche vengono esposte le caratteristiche proprie. Il capitolo quarto, il più originale , affronta il problema ermeneutico, nel senso del rapporto fra l 'orizzonte etico del Nuovo Testamento e quello attuale; e il modo giusto di utilizzare l'insegnamento etico del Nuovo Testamento nell' argo­ mentazione morale e nel determinare la norma per l' agire concreto del cristiano oggi . Esaminate alcune metodologie , proposte per l'uso dell'ar­ gomento biblico in morale ( J M GUSTAFSON, E. LEROY JR. , W. SCHWEIT­ ZER ed altri . . . ) , esclude giustamente le metodologie, che si collocano ai due estremi opposti : quella fondamentalista, che identifica le parole della Bibbia con la Parola di Dio e riduce in tal modo la Bibbia ad un codice fisso di norme; e quella liberale , che intende liberare il cristiano dal vincolo morale del Nuovo Testamento e porre come criterio di selezione .

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le scienze antropologiche se non addirittura la mentalità moderna (J . SANDERS) . Il VERHEY ravvisa la soluzione ermeneutico-metodologica nel­ la form ula calcedonese dell 'incarnazione : unione della Parola di Dio con le parole umane senza identificarle, senza confonderle , senza separarle o dividerle (p. 1 60) . Anche per quanto riguarda il rapporto della rivelazio­ ne con altre fonti dell'agire morale, l'Autore esclude le posizioni estremi­ ste : quella dei neo-ortodossi che escludono come irrilevante la morale naturale e l'etica filosofica; e quella dei liberali , che affermano l'autono­ mia della morale e pongono come condizione previa all'uso della Scrittu­ ra la sua coerenza con le fonti della sapienza morale. La soluzione media tra questi due estremi sembra quella giusta: un dialogo fra la Scrittura e le altre fonti della morale, l'etica filosofica e le scienze umane . Il VERHEY. alla fine, sintetizza in questo modo la sua proposta metodo­ logica (tra parentesi aggiungerò qualche spiegazione) . « l . L'uso della Scrittura nell'argomentazione morale è autorizzato solo se l'uso del testo scritturistico è coerente con la sua intenzione (contro l'uso letteralistico dei fondamentalisti e neo-ortodossi) . 2. L'uso della Scrittura nelP argo­ mentazione morale: a. non è autorizzato quando riguarda delle richieste concernenti un'etica autonoma, imparziale e universale (la Scrittura non offre un sistema etico universale) ; b. è invece autorizzato quando riguar­ da delle richieste concernenti l'identità etica del cristiano e la sua prospet­ tiva, le sue disposizioni , le sue intenzioni e principi a livello dei principi etici (ossia dei valori) e di quelli meta-etici (ossia delle motivazioni) nel­ l'argomentazione morale; c. non è invece autorizzato quando si tratta di determinare doveri a livello di norma morale concreta, dove è imprescin­ dibile in primo luogo la conoscenza esatta della situazione , dei d a.'ti scien­ tifici e tecnici , che entrano in questione. 3 . È autorizzato l'uso della Scrittura solo se è coerente col messaggio che Dio ha già fatto sentire nella risurrezione di Gesù dai morti: il suo potere salvifico e il suo piano di salvezza. 4. L'uso della Scrittura è autorizzato solo quando l'impera­ tivo morale è d'accordo con la giustizia» (p. 1 96) . Questa criteriologia formale, anche se ancora generica, è accettabile da qualsiasi fede cristiana . L 'unica cosa che manca in questo quadro pér un cattolico è il magistero della chiesa nella formulazione del giudizio e della norma morale, anche se va ricordato che il magistero della chiesa rimane sempre norma normata dalla rivelazione storica. L'opera è utile per conoscere il dibattito in corso nell' ambiente americano e · anche per una rinnovata discussione sulPuso della Scrittura nell' argomentazione mora­ le, oggi .

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A conclusione di questa serie di 'etiche del Nuovo Testamento' interes­ sate in primo luogo alla attualizzazione , accenno appena a un'opera che pretende attualizzare l'etica cristologica, cambiandola in un 'Vangelo del relativismo etico ' con influsso di HEGEL, TILLICH, D. SùLLE . Si tratta dell'opera di ToM F. DRIVER (Christ in a Changing World: Towards an Ethical Christology, London 1 98 1 ; v . la recensione di P . AVIS in Scottish Journal of Theology 35 ( 1 982) 543-545 ) . Una tale proposta, di tinta socio-politica, è ancora più radicale di quella più sopra esposta del SAN­ DERS.

3 . Un 'etica per temi In ordine ad un uso più immediato e pratico di un'etica del Nuovo Testamento , ScHELKLE e SPICQ, due autori cattolici, hanno scelto una struttura tematica anziché storica con risultati però quanto meno discuti­ bili . In questa scelta infatti la struttura non viene assunta dal Nuovo Testamento, ma da un principio ad esso esterno; di conseguenza vi si nota una carenza di motivazione teoretica nella scelta della struttura . K. H. ScHELKLE ( Theologie des Neuen Testaments, I I I , Ethos, Diissel­ dorf 1 970; trad. it . di G. CAPPELLI, Teologia del Nuovo Testamento, III , Ethos, Bologna 1 974) è preoccupato dal problema ermeneutico . Intende infatti dare una risposta di fede agli attuali problemi dell'etica. Questa risposta è intesa «come responsabilità di fronte al mondo di rendere manifesto, reale Dio . Il Nuovo Testamento presenta un'interpretazione autorevole [ . . . ] . L 'esistenza cristiana conforme al Nuovo Testamento non è più una legge data una volta per sempre, ma un'indicazione e un esempio, il cui senso è continuamente da riscoprire e da attuare in nuove situazioni . Per questo l'illustrazione dello sviluppo storico del kérygma neotestamentario è indispensabile quanto il rapporto con l'ora presente [ . . . ] . Nell'inquietudine e nello smarrimento generale della chiesa e della teologia, la riflessione sul dato originario del Nuovo Testamento è di importanza decisiva» (p . 7) . L'Autore quindi intende considerare la pa­ rola di Dio , non solo come oggetto , ma anche come soggetto , come invito . Vuole quindi portare il lettore all' ascolto della parola di Dio , dove avviene la decisione . Sottolinea perciò molto l'aspetto teologico tanto da rischiare di porlo in dialettica con quello filosofico . L'etica filosofica tenderebbe infatti a divenire autonoma, e perciò atea, mentre quella

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biblica è teonoma . È per questo che propone di chiamarla 'éthos ' invece di 'etica ' . L' éthos biblico non pretende di essere razionalmente dimostra­ bile nelle sue motivazioni e nel suo fine; esso è moralità in quanto è obbedienza alla parola di Dio nella fede come rischio ; è nell'ambito della fede che vengono definiti motivazioni e fine. «La ragione è il profondo rispetto verso la maestà divina, per cui si presenta come obbedienza [ . ] non viene dopo aver capito la motivazione dei comandi, ma si obbedisce per l' abbandono fiducioso alla volontà di Dio che è misura di ogni agire morale dell'uomo [ . ] un'obbedienza che salva» (p . 34) . Qui , ed anche più avanti (pp . 38 e 40) ScHELKLE sembra mettere in concorrenza etica filosofica ed éthos biblico, facendo prevalere l'éthos biblico . Quest 'anta­ gonismo, anche se smorzato e attenuato dall' osservazione che, a livello storico-letterario, l'éthos biblico è in relazione con l'etica naturale e filosofica (Sapienziali e Paolo) , risente tuttavia della dialettica tipicamen­ te protestante fra etica naturale ed etica biblica . Il rapporto storico-religioso col giudaismo, più che sulle fonti , viene presentato su un cliché storiografico superato, che identifica l'etica giu­ daica con il legalismo etico (M . BROCKE, in Freiburger Rundschau 23 ( 1 97 1 ) 5 8-59) . Il metodo usato è quello filologico-storico con forti dipendenze dal Grande Lessico del KITTEL, mentre quello morfologico e redazionale è quasi ignorato . La struttura si compone di quattro parti, divise poi in 25 temi . La prima parte presenta i contenuti fondamentali della morale: morale come obbedienza della fede; predicazione e dottrina degli apostoli ; peccato e grazia; premio e castigo. La seconda studia la morale fondamentale (conversione e penitenza) e le virtù teologali . La terza analizza le virtù morali in chiave neotestamentaria . La quarta, infine studia i temi che sono oggetto della morale speciale . Lo svolgimento dei 25 temi segue uno schema costante: bibliografia (di solito tedesca) , introduzione filologica, preistoria nell'Antico Testamen­ to e infine il Nuovo Testamento nella sua successione storica (Gesù , Paolo . . . ) dove viene salvato in qualche modo l'aspetto storico del Nuovo Testamento. L'Autore però descrive dei quadri successivi piuttosto che farne comprendere la connessione, l' evoluzione e la diversità. Per cui i buoni propositi ermeneutici, espressi all'inizio, sono alquanto disattesi ed anche l'attualizzazione, attesa specie nella quarta parte, lascia piutto­ sto delusi. Il principio ermeneutico dell'obbedienza a Dio in Cristo, che guida e unifica le tematiche , mentre riesce ad evidenziare l'unità dei due Testamenti , non riesce invece a mettere sufficientemente in luce la novità . .

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del Nuovo rispetto all 'Antico . Nonostante questa forte carenza ermeneu­ tica, l'opera è utile per un primo orientamento sui vari temi dell' etica del Nuovo Testamento. Un giudizio ancor più severo per quanto riguarda l'ermeneutica e la metodologia merita la poderosa opera in due volumi di complessive 900 pagine del noto esegeta C . SPICQ (Théologie morale du Nouveau Testa­ meni, 2 voll . , Paris 1 965 ; 1 9704) . SPICQ abbandona anche quel modesto sforzo di descrivere l'evoluzione storica all'interno delle tematiche, come aveva fatto lo ScHELKLE. La presenta come un 'saggio' (p . 1 6), che raccoglie i temi etici maggiori del Nuovo Testamento . Lo scopo è detto fin dall'inizio: «Non è nostra intenzione esporre una tesi (ad esempio che l 'agape sta al centro della morale della nuova alleanza), tanto meno una sintesi globale costruita organicamente; ma di offrire un dossier quasi integrale dei dati testuali e di ricavarne le coerenze, pur rispettando la gerarchia dei valori , per rendere intelligibili le idee espresse da Gesù e dagli apostoli» (p . 1 0) . Egli intende in tal modo evitare il rischio «di falsare le nuances e di lasciare troppo all'iniziativa e alla responsabilità» di una ricostruzione. Però un progetto di interpretazione unitaria era stato teorizzato e preparato lungamente dall'Autore in tre volumi di analisi dei testi del Nuovo Testamento sull'agape. Lo SPICQ, a dire il vero, non voleva neppure dare il nome di 'teologia' a questo saggio ; ma poi ha finito per accettarlo, perché considera il Nuovo Testamento auten­ tico, cioè canonico, e perché tiene conto dell'unità d'insegnamento che ha Dio per autore (p. 1 2) . Dato tale presupposto teologico dell'unità, che rimane peraltro solo formale, valeva proprio la pena di verificare questa unità più profondamente che non in una raccolta successiva di temi generali , dove il problema non ha modo di emergere . Proprio per questo rifiuto di una seria impostazione storica e sistematica, la prospettiva ermeneutica rimane molto povera; e non viene recuperata neppure nel generoso tentativo finale di delineare alcuni principi di morale neotesta­ mentaria (pp . 743-780), proprio perché si presentano come un capitolo a sé stante senza un rapporto con tutto il lungo svolgimento antecedente e senza una seria giustificazione teoretica. La metodologia usata è quella filologico-storica (pp . 1 0- 1 1 ) . Invece, pur conoscendo la critica letteraria, morfologica e redazionale, le consi­ dera non pertinenti alla teologia, che deve rifarsi al testo e non alle sue ipotetiche fonti: «Non si guadagna nulla a spiegare il definitivo con l 'abbozzo» (p . 1 3) , dove si rivela una totale incomprensione di una teolo­ gia, che si può ricavare da una 'storia della tradizione' . Il suo giudizio

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negativo sui recenti metodi di esegesi si fonda su due ragioni : la prima, teologica, che ritiene ispirate solo le redazioni ; la seconda, storica: non si spiega il perfetto con l'imperfetto (p . 1 3) . Quanto alla prima, sembra che lo SPICQ non sia stato neppure sfiorato dalle ormai non più recenti acquisizioni della dottrina teologica sull'ispirazione scritturistica . Quan­ to alla seconda , è discutibile che si possa meglio comprendere la teologia del redattore senza il confronto con le possibili fonti e tradizioni antece­ denti; oggi è addirittura fuori discussione il contrario . Il suo giudizio negativo sulla storia è pure discutibile, ma significativo, perché considera la teologia biblica ancora come un complesso di verità astratte, ricavate dalle fonti ispirate . Dalle stesse premesse dell'Autore risulta che non si può parlare di una struttura vera e propria della sua opera, ma di un dossier di temi princi­ pali : l'essere cristiano e l'agire cristiano, le tre virtù teologali , le virtù morali, e quindi il capitolo conclusivo, uscito a parte in antecedenza anche in italiano (Principi di morale neotestamentaria, Bologna 1 964) . Dal punto di vista ermeneutico e sistematico quest 'ultimo capitolo è la parte più interessante. La morale del Nuovo Testamento si potrebbe definire una morale battesimale, che si imposta sulla Trinità (morale filiale, cristonomica, pneumatica) , e ha come fondamento il cuore buo­ no , cioè la risposta all' agape di Dio in Cristo . Il criterio trinitario potreb­ be facilmente essere ridotto a quello cristologico e concentrato nell' agape come definizione stessa di Dio. In conclusione, questa 'morale del Nuovo Testamento' serve più come libro di consultazione per i vari temi e per la ricchissima bibliografia che non come proposta di una morale del Nuovo Testamento.

4 . Un 'etica per modelli La differenza di questo 'genere' di presentazione dell"etica del Nuovo Testamento' , 'per modelli ' , rispetto a quello precedente 'per temi ' è: che l'uno privilegia il confronto globale o comunque la caratterizzazione globale e strutturata dell'etica, mentre l' altro si ferma all'analisi di singo­ li temi , perdendo 'il tutto' o al massimo identificandolo con una sistema­ zione classica di teologia morale (K. H. ScHELKLE) . Di questo 'genere ' , più recente, abbiamo due proposte, interessanti più dal punto di vista ermeneutico che da quello contenutistico .

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E. OSBORN (Ethical Patterns in Early Christian Thought, Cambridge 1 976; 1 978 2; trad . francese di E. LATTENZ, La morale dans la pensée chrétienne primitive, Paris 1 984) è un patrologo , che ha redatto la voce 'Ethik ' per la Patristica nella TRE . La novità della sua monografia è il fatto che egli inserisce l'etica del Nuovo Testamento nel suo sviluppo storico posteriore fino al IV secolo attraverso quattro grandi figure di Padri e teologi della chiesa, eminenti in campo etico : CLEMENTE ALES­ SANDRINO, BASILIO IL GRANDE, 0IOV ANNI CRISOSTOMO ed AGOSTINO. Così si può constatare come varia l'etica cristiana a profondo contatto con culture diverse, con problemi concreti e con la vita. L'impianto teoretico di questo lavoro è più solido che non quello storico, almeno per quanto riguarda il Nuovo Testamento . Il punto di partenza è la difficoltà che deve affrontare un' etica cristiana attuale per darsi uno statuto plau­ sibile. La difficoltà proviene da diverse fonti, ma soprattutto dalla messa in questione dell'oggetto stesso dell' etica (è esso costituito dai valori , dalle norme, dalle situazioni concrete , dalle virtù? ) , e dell'etica cristiana da parte del pensiero critico contemporaneo . Secondo tale pensiero la morale dev' essere autonoma; non deve dipendere dalla religione , perché non c'è tra gli uomini una coerente concezione di Dio. Di qui la necessità di proporre un'etica secondo criteri nuovi . Ora, all 'Autore sembra che il criterio di presentazione che meglio riflette la tensione e la polarità dell'e­ tica del Nuovo Testamento tra il rispetto del contingente (la norma con­ creta) e la sfida della perfezione (i principi) sia quello dei modelli etici, che sarebbero le virtù, intese però in senso dinamico : la giustizia, la fede, la sequela di Cristo e l'amore. Come stabilire i modelli etici di base per comprendere e presentare un'etica del Nuovo Testamento? L'Autore li determina con due metodi : quello storico della permanenza dei modelli nella tradizione posteriore al Nuovo Testamento ; e quello storico-religioso del confronto con l'elleni­ smo e il giudaismo per mettere in luce la specificità dell' etica cristiana. Ora, per quanto riguarda il primo criterio, storico , si possono individua­ re quattro modelli , che continuano nei primi quattro secoli : la giustizia, il discepolato (sequela) , fede e libertà, l'amore. Questi quattro modelli si possono ricavare anche da un confronto storico-religioso con l'ambiente ellenistico e giudaico . In PLATONE , in ARISTOTELE e nello stoicismo, l'OsBORN vede ricorrere due modelli : l . Il bene è parte dell'ordine razio­ nale , che sta nel mondo ed al di là di esso: 2. Tutto quello che l'uomo fa è posto a confronto con l'ordine dell'universo morale; e l'ordine è rap­ portato al fine ultimo o al bene supremo . Nello stoicismo l' ordine o legge naturale è più importante del fine; in PLATONE sono importanti ambe-

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due : l'ordine è costituito dalle virtù insegnate, il fine è l' assimilazione al Bene supremo . In ARISTOTELE predomina il fine, il bene dell 'uomo e la sua felicità, raggiunti mediante l'esercizio delle virtù come giusto mezzo , in funzione politica. Ora, nel cristianesimo l'ordine diviene giustizia e il fine diviene una persona (la sequela di Cristo); per di più la giustizia viene modificata dalla fede e il fine dall'amore . Così si raggiungono i quattro modelli della tradizione cristiana . Anche la giustizia dell'ambiente giu­ daico viene modificata dalla fede, e la polarità fra perfezione (puoi e devi compiere la legge) e contingenza (la legge, concretizzata nelle norme) viene portata da Gesù ad un punto di rottura-compimento, perché le leggi da un lato non permettono all'uomo di fare il bene (sabato, leggi di tradizione orale . . . ), dall' altro poi non chiedono abbastanza. Gesù in tal modo apre l' orizzonte alla perfezione : dalla prigionia della legge allo sguardo verso il Padre perfetto . Il principio ermeneutico, applicato all'esame dei quattro modelli , è quello della polarità, o tensione tra contingenza e perfezione. Così , nel modello della giustizia, che è il potere di Dio per la salvezza dell'uomo, bisogna evitare che la giustizia cristiana sia sclerotizzata in un sistema di leggi e che d'altro canto non sia volatizzata in un ordine naturale autono­ mo . Il secondo modello, il discepolato-sequela, deve evitare di essere distorto in senso autoritario-legale per cui uno si può ritenere 'apostolo superlativo' (2 Cor 1 1 , 5 ; 1 2 , 1 1 ) , togliendo al discepolato l' elemento dina­ mico , che è la croce, e riducendolo a privilegio; si deve ancora evitare di identificarlo con l'ascetismo, la sofferenza e la croce, considerate fine e non mezzo-via per seguire Cristo Gesù . Così nel terzo modello, fede e libertà, possono ambedue essere distorte : la fede può perdere il suo carattere personale-dinamico riducendosi ad un ' Credo' di proposizioni ; e la libertà può divenire entusiasmo senza norme e senza croce, che finisce per sfociare nel libertinismo. Infine, il quarto modello, quello dell' amo­ re, deve pure evitare i due estremi del legalismo , in cui l' amore perde il suo dominio e l ' entusiasmo anomistico, che non si interessa più dell'amo­ re concreto al fratello . In tutti e quattro i modelli va quindi rispettato il concreto (la norma) e l'orientamento alla perfezione (l'ideale) , evitando il legalismo che asso­ lutizza il contingente e l'entusiasmo che nega il contingente: il fissismo e la fuga emotiva dal concreto. Questa polarità fra contingenza e perfezione ritorna nel confronto fra etica positiva e negativa, quest'ultima intesa come limite dell'uomo ossia negazione dell'etica naturale, che si autogiustifica . Come il Dio cristiano è diverso dagli altri dèi, la giustizia, il discepolato, la fede e l'amore sono

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diversi da quelli che si trovano nell' uomo, perché sono un dono di Dio . L'uomo deve andare a Dio a mani vuote. Così l'amore cristiano è diverso dall'amore comune perché arriva ad amare anche i nemici . Qu