I Salmi [1, 2 ed.] 8826309043, 9788826309040

Introduzione generale. Testo e commento dei Salmi 1-72. Questo commentario si distingue per l'attenzione prestata a

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 8826309043, 9788826309040

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L. Alonso SchOkel- J.L. Sicre Diaz, Giobbe G ianfr anco Ravasi, Giobbe

L. Alonso Schokel, l Salmi

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2 volumi

L. Alonso Schokel- J. Vilchez Lfndez, l Proverbi J. Vllchez Lfndez, Qoèlet J. Vflchez Lfndez, Sapienza L. Alonso Schokel- J.L. Sicre Dfaz, l Profeti José Vflchez Lfndez, Tobia e Giuditta José Vflchez Lfndez, Rut ed Ester José L. Sicre Dfaz, Giosuè

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X. Pikaza lbarrondo, Apocalisse Antonio Pitta, La seconda lettera al Corinzi

L. Alons o Schokel - Cecilia Carniti

I SALMI edizione italiana a cura di Antonio Nepi volume primo Seconda edizione

Boria

Tito lo originale

Los Salmos/1 © 1991, L. Alonso Schokel, Roma © 20072,

Edizioni Boria, s.r.l. via delle Fornaci 50 - 00165 ROMA

Traduzione di Antonio Nepi Revisione dell'Autore Collaborazione redazionale di Carlo Valentino ISBN 97 8-88-263-0904-0

PROLOGO

Ai fini di un elenco, questo libro segue i commentari, curati per l'Italia dall'editrice Boria, ai Profeti (in collaborazione con J.L. Sicre, tr. it. Roma 1984) , a Giobbe (con lo stesso collaboratore, tr. it. Roma 1 985), ai Proverbi (con la collaborazione di J. Vllchez, tr. it. Roma 1 988) e alla Sapienza di J. Vllchez (tr. it. 1990) . Ai fini di una biografia, questo libro giunge al termine di una �arriera consacrata allo studio dell'Antico Testamento, accompagnato da preghiera. La mia disciplina principale per decenni è stata la teologia del­ rAntico Testamento. È una disciplina che subordina l'esegesi allo studio tematico, favorisce una conoscenza globale dell'Antico Testamento, impone l'esercizio di tendere ponti sospesi fra testi lontani e disparati della letteratura biblica. Sarebbe come tendere ponti immaginari tra ·astri di una costellazione. Anche se i brani biblici non compongono costellazioni immutabili, ma si uniscono e si separano per formare nuove figure. Perseguire tali combinazioni è una delle avventure più suggestive della nostra disciplina. E ciò spiega perché, limitando il dialogo con colleghi di oggi, preferiamo far dialogare i salmi con altri testi biblici. Naturalmente, un professore viene iniziato e matura in una tra­ dizione viva, e da essa, a volte contro essa, vive ed agisce. Tuttavia, risulterebbe impossibile ed ozioso etichettare ogni idea o proposta con un cartello o denominazione d'origine controllata. Come un baci­ no terminale, questo libro stagna acque vive di molti fiumi ed af­ fluenti , senza tracciare la mappa dettagliata di ogni flusso d'acqua. Il lettore che desideri addentrarsi nei meandri, a volte labirinti, delle opinioni, dispone nell'Introduzione di una bibliografia articolata e,

Prologo

6

in seguito, di una bibliografia particolare per ogni salmo. Per stilarle,

mi sono avvalso dei repertori generali e speciali di uso comune. Mi sono avvalso inoltre, in modo prevalente, della copiosa bibliografia offertami nel suo commentario monumentale da G. Ravasi (cui sono grato per avermi risparmiato moltissimo lavoro) . Sovente, la mia scel­ ta bibliografica è stata volutamente selettiva. Trent'anni di studio e di insegnamento costituiscono solo un ver­ sante di questo commentario; l'altro versante è costituito da più di trent'anni di recita, preghiera e meditazione dei salmi. Se i salmi sono, per nascita, testi per pregare, penso che la preghiera è lo stru­ mento privilegiato per penetrare nel loro senso profondo . Proprio co­ sì, un cristiano prega sempre «per il nostro Signore Gesù Cristo», poiché non c'è nessun altro mediatore nel Cielo e sulla terra. La situa­ zione cristiana, r esperienza amorosa della preghiera, orientano la com­ prensione dei salmi. Tuttavia, normalmente riservo l' «appropriazione cristiana» in un capitolo alla fine di ogni salmo. Questo libro arriva anche dopo altri due dedicati ai salmi. Il primo si intitola Salmos y Canticos e va verso la settima edizione (tr. it. I Salmi, Torino 1 98 1 ) . Contiene la traduzione con brevi note per la recitazione . Questa traduzione, ben revisionata, fu incorporata nella Nueva Biblia Espanola. Ora ho sottoposto quella traduzione dei salmi ad una nuova revisione, nella preoccupazione di correggere in­ terpretazioni, attenermi più strettamente all'originale e cercare l'e­ spressione più scabra ed efficace . Il secondQ. libro si intitola Treinta salmos: Poesia y oraci6n (tr. it. Trenta salt.n.i;· poesia e preghiera, Bologna 1 982) . In esso ho fornito un saggio di un approccio letterario, stilistico come mezzo di com­ prensione del senso. Questi due commenti sono stati un allenamento ed un anticipo. Ora sfrutto questa esperienza soprattutto nella >, pensando che egli continui l'esegesi tradizionale per sensus. Questa persiste come schema subordinato alla concettualizzazione scolastica. Nel linguaggio esegetico subentrano l' astrazione e una nuova terminologia. Il tessuto biblico è intellettualizzato. Sulla stessa linea di una concettualizzazione ben sistematizzata, ha lavorato s. Tommaso d'Aquino (ha commentato 5 1 salmi nella sua Expositio in Psalmos Davidis). Commentando Sal 46,5 : «fluminis im­ petus laetificat civitatem Dei», l'Aquinate descrive tre qualità della città che è la Chiesa: «Primum est quod sit ibi multitudo liberorum. .. Secundum est quod habeant sufficientiam per se . . . Tertium est unitas civium . . . ». Ogni qualità viene comprovata da una citazione biblica: Gal 4,3 1 ; Sal 65,5; Gv 17,22.

Più moderato nella distinzione, anche se simile nella trasmutazio­ ne delle immagini in concetti, è il seguente commento, attinto ad un'opera falsamente attribuita a s. Bonaventura. A proposito di Sal 97 ,5, che descrive la teofania e reca l'immagine dei . Una volta che questo metodo è applicato sistematicamente al Sal­ terio, si dilegua la fantasia, il corporeo si spiritualizza, il sentimento viene congelato. È come se un bel dipinto o affresco, ricco di forme e di colori vivi, si trasformasse in un freddo reticolato nero su bianco. Quanto alle quaestiones, un esempio ci è offerto da un commento di Riccardo di san Vittore . Sal 2,4 nel testo della Vulgata recita «qui habitat in coelis>>. Un'analisi filologica preciserebbe che il termine ebrai­ co ysb significa qui «sedersi, essere intronizzato, governare»; l'analisi letteraria spiegherebbe che >. Per riassumere: fornisce tre traduzioni del verbo ebraico: rallegra­ re, risplendere, nitrire. Due traduzioni della preposizione: causale e comparativa. Conclude il verso la versione di Buchanan dei vv. 14-15 in tre esametri latini. .

.

Quanto al valore dei commentari, meritano una menzione di onore quattro autori, che sanno integrare buona conoscenza delle lingue, interpretazioni dei molteplici sensi, tradizione e originalità. Si tratta di Cornelio Giansenio, Gilbertus Genebrardus, che abbina tradizione rabbinica e tradizione patristica, Antonio Agellio acuto, sicuro e bril­ lante nelle spiegazioni, e la monumentale opera di J. Lorinus (Jean de Lorin 1559- 1634) . Ci soffermeremo di più su quest 'ultimo, perché nell'attività di questo gesuita, esegeta e teologo, vissuto a Roma, Pa­ rigi, Milano, dove insegnò, confluiscono molte opere e tendenze pre­ cedenti. Il suo commentario è un'opera poderosa, ricca, prolissa, fatta più per la consultazione che per una lettura continua. La consultazio­ ne è alquanto facilitata dalla catena di informazioni o riferimenti mar­ ginali al lato delle pagine, che indicano temi ed autori. L' introduzio­ ne, in 1 7 paragrafi, mostra l' ampio respiro degli interessi dell'autore: l. 2. J. 4. 5. 6. 7.

Autorità canonica del libro. David autore del libro. David fu profeta? Perché egli non figura tra i profeti? Il Salterio è un solo libro? Numero dei salmi. Ordine di disposizione. Metrica. Funzione della forma poetica. 8. I versetti. 9. Titolo del libro. 1 0. Perché si chiamano soliloqui di Cristo? Argomento dei salmi: Cristo e la Chiesa in modi diversi. Qui introduce la prosopologia, citando Tertulliano con la terminologia classica. 1 1 . A quale parte della Scrittura appartengono? Il Salterio è come un compendio di tutta la Scrittura. 12. Titoli. Li considera ispirati e canonici.

55

Storia dell'interpretazione dei salmi e lavori in sospeso 13. Edizione latina. 1 4. Recitazione solenne dei salmi. 1 5. Oscurità dei salmi. Per la profondità dei misteri, varietà dei

· sensi, predizione del futuro, apparenti contraddizioni, termini lin­ guistici rari, difficili da tradurre, stile figurato, interdisciplinarità con altre scienze, passaggio da una persona a un'altra, di un argo­ mento ad un altro, dalla lettera allo spirito. . . «Perché i salmi ri­ chiedono nel lettore lo stesso spirito con cui furono composti. . . Non capirai David s e non ripeti l a sua stessa esperienza, facendo tuoi i suoi sentimenti. . . Una volta compresi, l'intelligenza si fissa nella memoria e, giacché i salmi sono un compendio degli altri libri della Scrittura, aiutano a capire altri passi della Bibbia». 1 6. Alcuni commentari di salmi, greci e latini: i greci della catena di Barbaro, tredici latini, sei medievali, quindici recenti. 1 7. Finalità del commentario. Il commento di ogni salmo procede con diffusa ampiezza e si com­ piace nell'abbondanza del materiale. Prima espone il titolo. Per secondo l' argomento, riportando le varie proposte e le auctoritates: senso storico, David; o profetico del popolo, ad esempio l'esilio; o messianico nella attesa di Israele; o di Cristo, la Chiesa e del singolo fedele; per questa vita e per quella futura. Per terzo, viene l'analisi e lo studio di ogni versetto. Ogni verso merita un'ampia parafrasi che amplifica e mostra l'inserimento e la funzione nello sviluppo. C 'è l'esposizione del senso letterale sulla base dell'origi­ nale ebraico, o greco e anche latino, con l'appoggio delle varie auctoritates, in particolare di Nicola di Lira . Presenta poi altri sensi (per sensus), allegando abbondanti citazioni dei Padri o di altri, sottoposte ad un vaglio critico. A mo' di ex­ cursus può trattare la teologia che soggiace ad un termine come luce, verità, o ad un tema squisitamente di erudizione. Se si pre­ senta un problema (quaestio), viene discusso. Il commento ad ogni verso occupa ordinariamente poco più di una pagina in folio a due colonne. Secondo il costume dell'epoca, il commentario ai salmi di Lorinus è tutta una biblioteca sacra, con digressioni profane. Tuttavia ci fu chi lo superò, se non nel valore, almeno per l' ampiezza: in pie­ no XVII secolo, Tommaso Le Blanc, ha la bizzarra idea di com­ porre un commentario in 6 volumi. Nella seconda metà del XVII secolo questo fervore creativo sem­ bra affievolirsi e comincia un periodo di decadenza.

Proprio al tramonto del secolo, ricordiamo C. Bossuet ( 1 627- 1 704), che preparò per il clero della sua diocesi di Meaux un Liber Psalmo­ rum ( 1 690) seguito da alcune Notae in Psalmos (Lyon 169 1 ) .

56

introduzione generale 4. XVI-XVU

secolo: l'esegesi protestante

È lqgico che il movimento della Riforma protestante abbia dato un notevole impulso all' uso dei salmi nella pietà dei suoi seguaci. l suoi principali capi ed ispiratori scrissero subito dei commenti ai salmi. Lutero nella sua Auslegung der Psalmen ( 1 525) continua con .talento ed intelligenza originali la lettura cristologica dei salmi; ciò che fa raccomandare i suoi commenti, non è tanto la novità di princi­ pi o metodi ermeneutici, quanto la loro qualità; per il senso letterale, ·Lutero preferisce Girolamo e Nicola di Lira. Calvino si attiene di più al senso storico-letterale, la sua attitudine è più intellettuale; a giudicare dalle citazioni degli autori moderni, il suo commento (Com­ mentarli in Psalmos) è uno dei più durevoli della Riforma. Zwingli compose soltanto un Enchiridion. La Riforma non produce nei primi secoli commenti paragonabili per erudizione a quelli di Genebrardus, Maluenda, o Lorinus. Si con­ centra piuttosto su alcuni autori riconosciuti di cui si moltiplicano le edizioni. I più apprezzati sono (in ordine cronologico) : Bugenhagen (Pomeranius) Bucerus (Butzer) Draconites ]. Willich H . Moller Rudinger

1524 1526 1543 1564 1573 1580

Tremellius Hugo Grotius (Groot) Piscator Cocceius (Koch) M. Polus: Synopsis

1580 1644 1646 1660 1694

Pescatore (Johann Piscator o Fisher 1546- 1625), teologo calvini­ sta, espone in ogni salmo una analysis o argomento per sezioni e gene­ re, scolli che spiegano i passi difficili, osservazioni teologiche e pasto­ rali. I generi che egli trova sono undici, secondo una denominazione latina: didascalici, epaenetici (di lode) , eucharistici, gloriabundi, conte­ stativi, epangeletici, paraenetici, confessorii, querulativi, euctici (di sup­ plica) , consolatorii. Matteo Polo (Mattheus Polus, Pole) raccoglie le opinioni di auto­ ri diversi, includendo nella sua silloge santi Padri ed alcuni autori cattolici. I suoi preferiti sembrano essere Cocceius (Johannes Koch 1603 - 1 669), ritenuto caposcuola dei «figuristi», Simeon Marotte de la Muis ( 1587- 1644), versatissimo nell'ebraico biblico e rabbinico, Mol­ ler e Geier. Polus discute il senso letterale, parola per parola. Dobbia­ mo usare l'edizione emendata di Frankfurt ( 1 7 12) . Con Pole possia­ mo comodamente chiudere un'epoca.

Storia dell'interpretazione dei s almi e lavori i n sospeso

57

.5 . X VIU

secolo

Accettando le frontiere artificiali di cento anni, questo secolo ci si presenta come un'epoca di transizione: nascono e si maturano i primi germi di un grande movimento critico e, nel contempo, assi­ stiamo ai prodromi di un certo avvicinamento e convergenza tra le diverse confessioni. A metà secolo, si danno appuntamento tre eventi. Il vescovo anglicano Robert Lowth ( 1 7 1 0- 1 787) pubblica in latino il suo studio sulla poesia ebraica De sacra poesi hebraeorum ( l 7 53), aprendo la stra­ da all'apprezzamento e allo studio letterario della Bibbia; nel libro, i salmi occupano un posto importante. Il medico francese di origine catalana ]ean Astruc ( 1684- 1 766) (si ricordi il medievale Bonastruc Saporta) pubblica anonimamente nel 1 75 3 uno studio sul Pentateuco, aprendo la strada all'analisi delle fonti. C. F. Houbigant (1686- 1 783) , oratoriano, orientalista, pubblica la sua edizione critica della Bibbia19 • Nel libro d i Lowth, a parte numerosi riferimenti, i salmi occupa­ no quasi interamente le prae-lectiones XXV-XXIX . Ogni praelectio si chiude con una traduzione in versi latini (esametri, anapesti, coriam­ bi, strofa alcaica) . Fra i cattolici persiste la tradizione; solo ..che il lavoro scientifico sembra aver ceduto il posto ad opere di pietà e di divulgazione. Que­ sto significa che, nell' ambito della innegabile decadenza degli studi biblici, specialmente nei paesi latini, i salmi continuano ad alimentare la pietà cristiana. Vengono tradotti dall'ebraico: M.F. Dantine (Parigi 1739). Oppu· re si commenta la Vulgata. Oppure si parafrasano in francese: C .L. Dugard (Parigi 1 754) . Con note brevi o ridondanti, di cui si può avere idea leggendo un paio di titoli: F. Bellenger, Liber Psalmorum Vulgatae editionis cum notis, in qui­ bus titulus, occasio, argumentum cuiusque psalmi, sensus litterales my­ sticus etc. , explicatur (Parigi 1727). A. Kalkstein, Elucubrationes litterales, allegoricae, mora/es et anago­ gicae in totam S. Scripturam (Breslavia 1 727-54). Il più notevole e di maggior influsso per la sua concentrazione sul senso letterale, fu quello di A. Calmet (16 72- 1 757), che costi­ tuisce parte della sua- opera La Bible en latin et en français ( 1 707- 17 16). 1'

Nel

1751

il fiorentino Antonio Casini aveva pubblicato il suo libro D e divina re poetica S. Scripturae, opera che però non

p(Nsi sive de psalmis, canticis deque omni

ebbe successo.

Introduzione generale

58

Da parte protestante ebbe una particolare accoglienza il com­ mento in forma di note sul senso letterale di J.D. Michaelis ( 1 7 7 1) . Verso la fine del secolo, il nuovo movimento critico biblico s i com­ pendia nella famosa introduzione di Eichorn e nei lavori di Semler. Nel campo dell'esegesi ebraica, c'è da segnalare la corrente di rinnovamento di Mosè Mendelssohn ( 1 729- 1786) che, grazie alla sua formazione filosofica aperta alle correnti di pensiero contemporanee, si fa campione dell ' Haskalah (Illuminismo ebraico) della apertura e dell'interscambio culturale tra la cultura ebraica e la cultura moderna, cominciando dal campo degli studi della Bibbia. La sua traduzione tedesca dei salmi costitul la base di alcuni commentari. Influenzato da Lowth ed Herder, sottolineò l'importanza lirica dei salmi come pura espressione di poesia, liberata da tutti quei significati teologici e mistici soverchi in taluni interpreti cristiani ed ebrei e rivalutò l'in­ dagine grammaticale.

VIII.

L 'EPOCA CRITICA FINO A GUNKEL

Man mano che ci avviciniamo alla nostra epoca, diventa meno indispensabile tracciare un quadro generale dei movimenti e delle cor­ renti di pensiero. Sappiamo cosa fu e rappresentò l'Illuminismo, la sua potenza rinnovatrice, la congerie crescente di scoperte, i fermenti e le idee di un ottimismo critico, la Weltanschauung che ha creato e che ci ha lasciato come retaggio culturale . La nostra scienza biblica attuale, vive nell'epoca critica inaugurata dai pionieri del XVIII secolo. Il XIX secolo è un periodo di splendore della esegesi critica, preparata dagli studi grammaticali e lessicografici di Gesenius ed Ewald. In Italia G.B. De Rossi pubblica I Salmi di Davide tradotti dal testo originale (1808) , corredati di brevissime note. Nel 1 8 16 apparve il Salterio ebraico italianizzato, versificato da G. Gazola sulla italianizzazione dell'abate G. Venturi. La ricerca si sviluppa al ritmo dell'epoca ed oggi può sembrarci lento. Per la stragrande maggioranza, gli studiosi di una certa origina­ lità e i ricercatori creativi sono protestanti. I cattolici, con rare ecce­ zioni, sembrano arroccati, se non ripiegati, su posizioni apologetiche, ancora diffidenti verso molte istanze filosofiche che di fatto ispirava­ no la ricerca biblica. Cominciamo con una lista nutrita, anche se non esauriente, di commentatori: W.M. L. de Wette

181 1

C .M. Curci

1883

Storia dell'interpretazione dei salmi e lavori in sospeso

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182 1 F. C . Rosenmiiller 1 826 H. Ewald 1835 F. Hitzig 1836 Nolhac 1 842-47 E.W. Hengstenberg 1847 C. von Lengerke G. Phillips 1849 ].A. Alexander 1850 1853 ]. Olshausen 1855 H. Hupfeld 1859-60 F. Delitzsch A. Rohling 187 1 1873 D.A. Tholuck F. Patrizi 1875 A.C . Jennings/W.H. Lowe 1877

1888 F.W. Schulz 1888 T.K. Cheyne 189 1 A.F. Kirkpatrick F . Baethgen 1892 F. Raffl 1892 G.P. Huntington/H.A. Metcalf 1892 1893 M. Maclaren 1894 ]. Sharpe S.R. Hirsch 1898 1899 B. Duhm P. Valeton 1902 W.T. Davison/T.W. Davies 1905 1906- 1907 C.A. Briggs R. Kittel 1907

Vediamo un po' i nomi iniziali: Rosenmuller· e de Wette. Il primo prende in esame, più tradizionalmente, l'origine, la cronologia, gli autori, le collezioni e la divisione, il numero e i titoli dei salmi. Il secondo allarga lo sguardo nel suo Kommentar uber die Psalmen ( 1 823) : l . Stile poetico e contenuto: antologia di poemi lirici, tipi o generi poetici. 2. Origine e formazione della lirica ebraica: David e Sa­ muele .3. Autori dei salmi . 4. Originalità ed imitazione, opere antiche e tardive. 5 . Collezione e divisione. 6. Titoli. 7. Ritmo e musica. Il verso ebraico, il parallelismo, la sonorità altri ricorsi poetici. 8. Interpretazione storica: circostanze, situazione. .

L'influsso di Lowth e di Herder è patente. È curioso osservare come ritornano in una impostazione ed una prospettiva nuove i pro­ blemi che Atanasio già affrontava nella sua Epistola a Marcellino. Lo studio storico-critico domina il commentario e questo sarà una costan­ te negli autori successivi. L' attenzione prestata agli aspetti letterari eserciterà un influsso su alcuni autori posteriori. Ewald è importante per i suoi contributi agli studi della gramma­ tica ebraica. Hengstenberg si distingue per il suo studio dell'unità e dello sviluppo di ogni salmo. Phillips (stranamente omesso nelle rassegne bibliografiche) si dimostra un eccellente filologo. Olshausen si rese famoso e fu contestato per la sua datazione, che ascriveva quasi tutto il Salterio all 'epoca maccabaica. Anche Wellhausen e Duhm situavano il Salterio tra i prodotti del tardo giudaismo, in particolare dell'epoca maccabaica . Famosa resta la frase di Wellhausen: «Non

,�ntroduzione generale

60

:si tratta di sapere se il Salterio contiene salmi posteriori all'esilio ba­ bilonese , ma se ne contiene di anteriori». In ambito cattolico, prolife­ rano i commenti di tipo devozionale o di divulgazione, come nel seco­ lo precedente, fra i quali spicca l'opera in vari volumi di M . Wolter ( 1 868-90) . Fra i commenti scientifici, menzioneremo quello di Schegg (1845-47), di G.C. Reischl (1 873) e di H. Lesetre ( 1 886) . In ambito italiano, l'unico commento di un certo rilievo è quello dell'erudito esegeta F. S . Patrizi, Cento salmi tradotti letteralmente dal testo ebraico e commentati (in folio) , Roma 1875 , con una introduzio­ ne al Salterio ed una traduzione che conserva con soverchio letterali­ smo in italiano la costruzione ebraica. Di minor importanza, i com­ menti di C . M. Curci ( 1 883) e R. A. Franchini, quest'ultimo moraleg­ giante ( 1 889) . Ricordiamo di passaggio anche la versione dei salmi in veneziano, con parafrasi di L.C . Borghi (1889) , in siciliano di F. Arceri (1896) . La versione più pregevole, direttamente sul testo ebraico, con versione e note fu quella di S . Menocchi ( 1895 ) . Nel campo dell'esegesi ebraica, dobbiamo segnalare H. Graetz (Breslavia 1882-83), S.R. Hirsch (Francoforte 1883), A.B. Erlich (1905), ]. Nobel ( 19 1 1) ed il commento in ebraico di Z. P. Chaiess, inserito nella Bibbia di A. Kahana (1904- 1 930) . A questo punto affideremo il compito di rappresentare questa epoca al più insigne dei protestanti, F. Delitzsch e ad uno dei com­ mentatori cattolici più significativi, H. Lesetre. Il secondo ci fa cono­ scere i suoi problemi e i suoi interessi in una diffusa introduzione di 9 2 pagine: ·.

A parte le questioni risapute, come storia, titoli ecc. , vale la pena mettere in rilievo alcuni punti. Ci offre una breve storia di com­ mentari, con nomi e critica. Studia le origini della poesia ebraica: le attitudini poetiche del popolo ebraico e della lingua ebraica. Descrive alcuni ricorsi poetici principali e parla della esecuzione musicale. Distingue i generi seguenti: salmi di adorazione, di rin­ graziamento, di petizione, penitenziali, didattici, storici, liturgici, messianici, di ascensione. Termina con una sintesi della dottrina e della morale che si trovano nel corpo del Salterio.

Franz Delitzsch è uno dei più grandi commentatori dei salmi di tutte le epoche . A distanza di 120 anni, la lettura della sua opera può, o dovrebbe essere interessante e proficua. La relativa introduzio­ ne ci darà un saggio del respiro e dell' ampiezza della sua visione, dei suoi interessi e dei suoi obiettivi di ricerca privilegiati:

61

Storia dell'interpretazione dei salmi e lavori in sospeso l . Collocazione del Salterio tra gli agiografi o k-tUbfm, in partico­ lare fra i libri poetici. 2 . Nome del Salterio. 3 . Storia della compo­ sizione dei salmi. La poesia ebraica comincia con Mosè che com­ pose un inno, Es 1 5 , una elegia, Sal 90, ed un poema profetico­ didattico, Dt 32 . Giunge alla maturità con David: prima di essere unto, compose i Sal 8 e 144; in seguito i salmi che gli sono attri­ buiti ed altri ancora. Descrizione dello stile poetico di David. Con Salomone comincia la decadenza, nella quale si salvano Giosafat ed Ezechia. Subentra un periodo caratterizzato da imitazioni, fino all ' esilio: alla poesia subentra la profezia. Ci sono salmi maccabai­ ci? Non è impossibile, però sembra improbabile. 4. Origine della collezione, data, limite. 5. Distribuzione e titoli; relazioni temati­ che; collezioni compilate secondo criteri eterogenei. 6. Metrica: metro, ritmo, rima, parallelismo, strofa. Musica del tempio e sal­ media: testimoni. 8. Traduzioni. 9. Storia della interpretazione. 1 0. Osservazioni teologiche preliminari. Senso messianico.

Nel suo commento Delitzsch abbina la perizia del filologo consu­ mato all'intuito dell' afflato e dei contenuti spirituali. È erudito, ma al tempo stesso uomo di preghiera, senza sbavature o forzature. La sua ricostruzione storica è oggi insostenibile per la sua mancanza di atteggiamento critico; non realizzò neppure lo studio dei generi. Delitzsch e Lesetre condividono un interesse che è decaduto e di cui non si trova traccia nei commentari recenti: la storia dell'inter­ pretazione . Curiosamente , in nome del metodo storico-critico, abbia­ mo messo alla porta, senza una autentica critica, tutta la storia che � trascorsa fra i salmi e noi. Le storie dell'interpretazione delineate da I l . Lesetre e da F. Delitzsch sono superficiali, sbrigative , forse troppo sommarie; Delitzsch, ad esempio , non ha saputo liberarsi dalle pastoie di certi pregiudizi. Il silenzio degli autori moderni e la brevità lacunosa dei precedenti, ci hanno costretto ad intraprendere questo lavoro di sintesi, chiaramente non esaustivo, in cui abbiamo cercato di compendiare con ordine in un breve spazio l'enorme congerie di materiali e di dati sparsi, frammentati e diversi. Nel 1926 a Gottingen, un solitario maestro dell'esegesi tedesca, dava alle stampe il suo commento sui salmi, seguito dall'incompiuta finleitunR in die Psalmen ( 1 92 8-3 3, completata da J. Begrich) . Questo n1ac.· stro si chiama H. Gunkel ( 1 862- 1932 ) . Con lui si inaugura una nuova e decisiva tappa nella storia della interpretazione, la nostra, che forse si sta esaurendo con il nostro secolo.

62

Introduzione generale IX. GUNKEL: OPERA

E

INFL USSO

- Hermann Gunkel .

Trascinandosi dietro un retaggio di romanticismo tardivo, Her­ mann Gunkel aspirava a penetrare nella mente dell'autore per imme­ desimarsi in lui. Intendeva arrivare alla esperienza religiosa originale dell' autore passando attraverso la catalogazione e descrizione dei ge­ neri letterari adottati dall'autore stesso. In questo modo combinava l'aspetto psicologico con quello oggettivo o testuale. Sosteneva che gli antichi erano maggiormente legati alle convenzioni di stile, fra le qua­ li occupava un posto di primo piano la forma tipica o «genere lettera­ rio», convenzione sociale ed artistica. Di propria iniziativa, Gunkel introduce nel suo programma un concetto nuovo, inedito nella scien­ za esegetica a lui contemporanea: il contesto vitale o situazione (Sitz im Leben) di origine ed uso, che per i salmi era normalmente il culto comunitario o almeno pubblico. In questo modo ai fattori psicologico e testuale si aggiungeva il fattore sociale della situazione o contesto. Dei generi o forme, catalogati secondo temi o affetti e sentimen­ ti, si erano già occupati antichi e moderni (si veda IV . 6) Fra questi si è soliti citare de Wette, Tholuck, Hupfeld, Buhl. La novità del metodo morfocritico di H. Gunkel è consistita nel far assurgere ciò a un principio sistematico di interpretazione. Anche gli antichi aveva­ no fatto riferimento al culto, e la prassi della Chiesa manteneva viva la tradizione millenaria. Gunkel riconquistò per i salmi il culto come contesto vitale per cui erano destinati ed eseguiti. Mediante l'idea di forma ripetibile, di brano di repertorio, Gun­ kel si allontanava dalla spiegazione storica di moltissimi esegeti. Gra­ zie al recupero del culto, si metteva contro una potente corrente pro­ testante. Gunkel definiva il genere letterario attraverso un tema pe­ culiare, uno schema o modello proprio, ed alcuni procedimenti stilisti­ ci caratteristici. n tema si articolava in motivi letterari, che consentivano l'accesso al mondo spirituale del salmo e del genere (Welt der From­ migkeit) . Fedele all'orientamento storico della scienza a lui contempo­ ranea, dal momento che non poteva contestualizzare ogni salmo nella storia di David o di Israele, si accinse all'opera di comporre una sto­ ria dei generi, per cui stabilì uno schema fisso di evoluzione . Il genere nasce come forma pura e semplice, si sviluppa poi per addizione o sottrazione di elementi, per divisione e contaminazione, fino a che il genere si dissolve . Il suo schema storico non era un risultato cui era pervenuto per induzione, ma una ipotesi fabbricata a priori, prati­ camente impossibile da verificare .

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Storia dell'interpretazione dei salmi e lavori in sospeso

Il vasto programma di Gunkel trovò la sua applicazione più coe­ rente e felice nello studio del Salterio , Die Psalmen, Gottingen 1926. I suoi sforzi si coagularono in un' opera postuma, pubblicata dal suo discepolo J. Begrich. La sua Einleitung in die Psalmen ( 1 93 3 ; 2 1966) .� oggi un classico indispensabile della nostra scienza esegetica. Si può consultare: W. KLATI, Hermann Gunkel. Zu einer Theologie der Religiongeschichte und zur Entstehung der formgeschichtlichen Me­ thode (FRLANT 100) Gottingen 1969.

Non c'è bisogno di ampliare questa pagina, perché l'insegnamen­ to di Gunkel dovrà riapparire più volte nel nostro commentario. 2.

Influsso immediato

Ben pochi si chiusero al suo metodo, anche se restarono alcuni focolai isolati di resistenza, che non si alle arono in un fronte unitario: E. Konig ebbe appena il tempo per conoscere o assimilare il nuovo metodo. Ricordiamo J. Calès, H. Erkenne, M. Buttenwieser, Eerd­ mans, Dahood.

La stragrande maggioranza dei commentatori ha seguito Gunkel, ripetendo o prolungando il suo programma. Con l'opera di Gunkel si apre una nuova e feconda era. Intendiamo mostrarne la novità mettendo a confronto due autori . di spicco, che si segnalano prima e dopo Gunkel. A distanza di un . secolo emergono e si distinguono due commenti influenti: nel 1859-60 f. Delitzsch pubblicava la prima edizione del suo commento; nel 1960 J. Kraus pubblicava la sua. Le loro rispettive introduzioni costituisco­ no un terreno adatto per il confronto . Per Delitzsch si veda il riassunto della sua introduzione nel capito­ Io precedente (VIII) . Ci limitiamo a ricordare ciò che dice su Mo­ sè, David e la monarchia fino ali' esilio. Kraus, dopo aver trattato i temi tradizionali come testo, titolo, collezioni, generi, stile ecc., abborda nel paragrafo 7 il problema della storia: la relazione dei salmi con la storia di Israele non è immediata né lineare: non è sufficiente il culto come unico deno­ minatore. Datazione e la storia dei salmi: la lingua, lo stile ed alcune allusioni storiche possono orientare; tuttavia fanno difficol­ tà la datazione e la ripetizione convenzionale di temi e formule,

Introduzione generale

64

gli adattamenti e le attualizzazioni. Come destinazione indica il culto ed anche la pietà individuale. Termina con un paragrafo sulla teologia dei salmi (tema al quale ha dedicato più tardi un intero volume, La teologia dei Salmi, Bre· scia 1989; redizione originale tedesca è del 1979).

Delitzsch e Kraus coincidono in alcune questioni tradizionali. L'ampio paragrafo descrittivo dei generi letterari non esisteva nell'o­ pera di Delitzsch. Cambia notevolmente l'impostazione dell'analisi sto· rica. Delitzsch ricostruiva una storia della letteratura salmica per epo­ che, stabilendo gli autori e definendo congiunture storiche in cui ogni composizione era sorta. Kraus riconosce nei salmi una qualche rela· zione con la storia: puntuale in pochi casi, normalmente generica. Si chiede piuttosto dove sorga e si trasmetta il salmo, quale destina­ zione abbia. L'ordine o il genere stabilito conta più dell'individualità del poeta, la destinazione condiziona l'origine. Come si vede, per l'im­ patto della teoria del contesto vitale, si è spostata la focalizzazione dello studio storico. Non meno profonda è la differenza nel paragrafo sulla teologia dei salmi. Delitzsch si interroga sul senso cristiano dei salmi; in segui­ to su un tema squisitamente protestante, la giustificazione per fede; infine su due temi genericamente cristiani, come l' amore verso i ne­ mici e la vita futura. Kraus incentra la sua esposizione su due dati correlativi: la presenza del Signore in Sion, nel tempio, e la comunità che si rivolge a Lui per lodarlo, supplicarlo, per affrontare dinanzi a lui i grandi problemi dell'esistenza umana. In Kraus è scomparso il riferimento al senso cristiano così come la storia dell'interpretazione. Non si imposta neppure il problema del­ l'appropriazione. In un secolo di studio, non tutto si è rivelato un guadagno.

) . I salmi

e

la storia

Nell'instaurare il contesto vitale, sociologico, ripetibile, Gunkel ha abolito la situazione o circostanza storica irripetibile. Il tema meri­ ta un breve sviluppo. Abbiamo visto che i titoli storici dei salmi era­ no un tentativo di storicizzarli, e come tali furono ricevuti dagli auto­ ri antichi e nel corso dei secoli occuparono un posto di primo piano nella esegesi. Teodoro di Mopsuestia, che rifiutava i titoli storici tra­ dizionali, li sostituiva con altri, farina del suo sacco, per un criterio di coerenza. Delitzsch tuttavia si aggrappava alla spiegazione storica dell'origine di ogni salmo e metteva al servizio di tale spiegazione

6S

Storia dell'interpretazione dei

salmi

e lavori in sospeso

la sua acutezza e la sua erudizione. Alla fine del secolo, corifeo di ·molti, Lesetre tracciava in tre pagine un quadro cronologico di tutti i salmi, lasciando spazio a dubbi ed alternative . Se autori come Ewald, Hitzig e Cheyne si sforzavano di datare i salmi, Hupfeld e Smend si mostravano scettici o cauti: nel contempo, su un altro fronte si scatenava la battaglia sulla datazione maccabaica. Sul secolo passato si veda la sintesi informativa: Historical sketch of Psalms criticism, in J. RoBERTSON, The poetry and religion o/ the Psalms, Edinburgh-London 1898 .

Caratteristica del fatto storico è la sua unicità, il suo essere irri­ petibile come tale. Se David ha composto un salmo mentre si nascon­ deva nella caverna di Adullam, il salmo non è stato composto da ·uno dei profeti yahvisti nascosti nelle caverne , di cui ci parla l Re 1 8 . Gli investigatori biblici , come Wellhausen, Olshausen ecc . , che assegnano la maggior parte dei salmi al periodo maccabaico, cercano nella storia dei Maccabei l'intersezione storica precisa dove è sorto n salmo che si vuole datare . Gunkel ha annullato il presupposto e lo ha sostituito con un altro. I salmi sorgono e si recitano in situazioni sociali tipiche, ripeti­ bili . In questo caso non abbiamo a che fare con la persecuzione di David da parte di Saul, ma con la persecuzione di un qualsiasi inno­ cente. Il tipico si contrappone all' unico: la tipicità all'irripetibilità. I salmi sono utilizzabili e adattabili fin dalla nascita e non per un adattamento successivo o avventizio. In questo senso Gunkel si oppo­ ne energicamente alla corrente storicizzante ed ha ragione. Non c'è un ad attamento: c'è un puro senso letterale secondo l'intenzione del­ rautore. Allora lo studio storico è superfluo? Gunkel è fedele alla sua epoca e alla sua formazione , appartiene alla scuola della Religionsge­ schichte. Per questo torna ad introdurre la critica storica da un altra porta. Traccerà la storia di ogni genere letterario secondo un processo ed una traiettoria rigorosi. Il male è che, per tracciare la sua storia, Gunkel inventa come ipotesi lo schema di evoluzione . I critici lettera­ ri come Vietor, Pesch ed altri che scrivono la storia dei generi lettera­ ri , operano induttivamente �u testi previamente datati. La costruzio­ ne (non ri-costruzione) storica di Gunkel è il tallone d'Achille del suo Erogramma . E chiaro che la situazione sociale ripetibile ed il culto sono fatti storici , appartengono alla fenomenologia storica e religiosa di Israele, e in questo senso Gunkel non rinnega la critica storica.

Introduzione generale

66

Negli ultimi decenni spunta un tentativo diverso di storicizzazio­ ne . Consiste nell'introduzione del fattore processo all'interno di salmi visti nella loro individualità. Secondo i sostenitori di questa teoria, n salmo non nasce come un'unità poetica in una circostanza irripetibi­ le o tipica, ma i suoi versi nascono a mano a mano e attecchiscono ai precedenti in una successione di epoche o tappe storiche. Il salmo che oggi leggiamo può essere il prodotto di secoli, di apporti anonimi accumulatisi in un processo di sedimentazione. Come una cattedrale che conserva nelle linee e nelle pietre la testimonianza dei secoli di costruzione, i mutamenti e le differenze di artisti e di stili. Che alcuni salmi si prestarono ad attualizzazioni, che ricevettero aggiunte a seconda delle situazioni, è una ipotesi plausibile, che si conferma in una analisi senza pregiudizi (ad es . Sal 2 ; 1 4; 5 1) . La teoria cui facciamo riferimento non si limita a riconoscere casi isolati, ma li eleva a principio generale, a criterio che orienta e guida l'inve­ stigazione esegetica. Prima ipotesi : supponiamo che all' inizio i poeti compongano con estremo nitore e rigore, nel pieno rispetto dei cano­ ni convenzionali, secondo esigenze dell' uso liturgico e della pietà. Ne consegue che il salmo che ora stiamo esaminando non riproduce que­ sto profilo puro e semplice: segno che questo salmo ha patito elabora­ zioni di varia portata e in tappe scaglionate . Come investigatori, è nostro compito identificare i brani avventizi, attribuire ad ognuno la sua epoca ed il suo motivo di composizione, per isolare alla fine il suo antico nucleo originario (se fortunatamente si conserva nella sua integrità) . In un caso contrario - seconda ipotesi - supponiamo èhe i poeti compongano con maggiore libertà e con maggior o· minore talento, che la vita, anche quella del culto, sia meno lineare e diffe­ renziata e che le convenzioni poetiche siano più flessibili o meno rigi­ de . In questo caso, i salmi che oggi leggiamo o studiamo, salvo ecce­ zioni, si spiegano come opera di poeti ufficiali o privati. Come rappresentanti della prima ipotesi (di sedimentazione suc­ cessiva) possiamo citare Beyerlin, Loretz e Lipinski (che informa sul tema).

Abbiamo parlato di due ipotesi che guidano la ricerca esegetica e l'investigazione scientifica dei salmi. La prima prende in considera­ zione precetti astratti e scuole anonime, la seconda accorda più im­ portanza ai poeti (di cui sfortunatamente non conosciamo il nome) . ln teoria, l'esistenza della scuola X può essere tanto storica come l'esistenza del poeta Y. Dobbiamo dire però, che la seconda ipotesi rispetta maggiormente i fatti e lavora meno con costruzioni speculative.

67 4.

Storia dell'interpretazione dei salmi

e

lavori in sospeso

Sigmund Mowinckel

Con le sue due grandi opere, Psalmenstudien 1-V (Osio 192 1- 1 924) e The Psalms in 1srael's worship 1-11 (traduzione riveduta di 0/fersang og Sangoffer, Osio 1 95 1), il norvegese S . Mowinckel (1884- 1 965) è la figura più importante dopo Gunkel. Dal maestro riprende come ineludibile lo studio tipologico e riafferma con energia il principio del radicamento cultico dei salmi. Polemizza contro coloro che sosten­ gono una religione senza culto, puramente interiore; idea che «si fon­ da su una falsa concezione della religione e del culto». La sua opera è ricchissima per la raccolta di dati, interpretati e sistematicamente organizzati. La sua capacità di organizzazione è forse ciò che più ha impressionato altri ricercatori e, forse, fu la ten­ tazione cui non ha saputo sottrarsi . Mowinckel aveva una /orma men­ tis di architetto più che di lirico. Nonostante la sua acuta e fine de­ scrizione di forme particolari, comunitarie o individuali, profetiche e sapienziali, ecc. , in una sorta di cappelle differenti, la sua ricerca rimase intenzionalmente ancorata ad una specie di santuario centrale e centralizzatore. A tal fine inventò una festa sconosciuta ai calendari biblici (la festa del Nuovo Anno) , cui ridusse innumerevoli dati, verso cui fece convergere molteplici linee divergenti e ne fece il cardine da cui spiegare tutto il possibile . Questa ipotetica festa dell'introniz­ zazione di Yhwh a capodanno si trasformò in un potente polo centri­ peto che attraeva o convogliava a sé infinite particelle in una voragine che risucchiava innumerevoli gocce del materiale salmico. Il risultato era semplice, geometrico, bello, per, alcuni seducente. La grande nota stonata era il fatto che la festa che spiegava tutto era purtroppo una invenzione di Mowinckel. Qualcosa di simile, in scala alquanto ridotta, si verificò con la supposta identificazione dei po 4alé 'awen (letteralmente mal-fattori), con maghi o fattucchieri, la cui presenza e le trame dei loro sortilegi contro gli israeliti indifesi destavano stupore nei salmi di malati. Mo­ winckel difese con tenacia e ingegno la sua teoria, che provocò abba­ stanza discussioni e dibattiti accesi, oggi spenti, ed ha influenzato la cosiddetta scuola inglese > o «loro» sono l'arante. Questo è stato compreso e formulato molto bene dagli anti­ chi commentatori dei salmi. 6. Preghiera cristiana

Ripetere una esperienza equivalente, fare proprie le parole del poema non significa rinunciare o abdicare alla nostra personalità, né al nostro mondo e al suo orizzonte. Non dobbiamo fare un viaggio nel passato per pregare i salmi come gli Ebrei di venticinque secoli fa. Al contrario, trasferiamo i salmi nella nostra epoca per pregarli come cristiani. Questo comporta un significativo cambio di orizzonte, con tutte le sue conseguenze . Neppure un ebreo di oggi prega nella stessa maniera di un contemporaneo di Ezechia, perché non cerca né può abolire la sua modernità e la storia che si è interposta da allora ad oggi. Nel caso dell' orante cristiano, si sovrappone la novità ricreatrice del mistero pasquale di Gesù Cristo e della sua rivelazione. Esplicitamente o implicitamente, un cristiano si rivolge sempre a Dio Padre >; c) sul carattere o genere del salmo : «canzone» «accompagnamento», «graduale» ecc. ; sulla modalità di esecuzione o interpretazione musicale: lmntQ: per/del direttore (del coro, dell'orchestra?). Si veda l Cr 15,2 1 insieme a l Cr 23 ,4 e Esd 3 ,8s. Gli antichi tradussero eis telos in finem, e ne trassero deduzioni ingegnose e divertenti. 'l 'lmwt: per ragazze (soprani?); c'erano donne che cantavano nel tempio? 'l hsmynyt: sull'ottava: bassa o alta? Avevano i nostri intervalli? l'nwt: in risposta; modo antifonale; però perché il verbo è alla coniugazione piel? bngynwt: con strumenti a corda. 'l hnQylwt: con flauti. 'l gtyt: con una o strumento di Gat? Oppure sulla melo­ dia dei torchi. =

Altri sembrano indicare una melodia conosciuta a quel tempo, del tipo «per la morte del figlio», «cerva dell'aurora», «i gigli», «co-

Introduzione ai salmi

"

lomba muta», «non distruggere». Alcuni di questi titoli risultano tan­ to suggestivi quanto enigmatici. Pensiamo a «cerva dell'aurora»: viene voglia di scrivere un poema con questo titolo . . . Sul musicale biblico e sul suo lessico rimandiamo all'opera di G.

RAVASI, Il Canto della Rana. Musica e teologia nella Bibbia, Casale

Monferrato 1990 soprattutto alle pp. 5 5-72 corredate da sintesi bibliografica. 7. n testo ebraico

Il testo ebraico del Salterio regala una mole di problemi all'acu­ me delresegeta. Ripercorrere questo testo è una corsa ad ostacoli che dobbiamo effettuare nel corso del commentario (Cecilia Carniti ed io) . Mettendo a confronto le duplici versioni esterne o interne al Sal­ terio, le espressioni parallele e le versioni antiche, e tenendo conto della grammatica e del vocabolario a noi noti, concludiamo che il testo ebraico del Salterio ha patito lesioni o corruzioni nella sua tra­ smissione . Forse ruso frequente ha contribuito allo stato attuale . Sen­ za emendazioni semplici e senza congetture, non possiamo percorrerlo senza intoppi. Nondimeno dobbiamo ammettere il limite delle nostre conoscenze della grammatica e del lessico ebraici, specialmente per quanto concerne i testi poetici. Vi sono stati autori, alla fine del secolo passato e agli inizi del­ l' attuale, che emendavano con temeraria facilità, come Bickell, Graetz, Ehrlich (contro i quali prende le distanze Ecker) . Però, anche illustri personaggi, come de Lagarde o W ellhausen, si lasciarono trasportare dall ' ingegno dell'emendazione. Le correzioni venivano proposte o ef­ fettuate metri causa o per motivi di stile o per far coincidere o armo­ nizzare due versioni. Bickell eliminava la ripetizione di twrh in Sal 1,2 perché la reputa­ va inutile e poco elegante. Wellhausen non si contentava dello scudo �nh di Sal 5, 1 3 e lo trasformava in �nph, che in Is 22, 18 significa cerchio, anello. Graetz trovava yhgw di Sal 2, 1 troppo debole e lo emendava in ymmw.

Oggi quegli ingegnosi emendatori hanno appena seguaci. Un a direzione a prima vista opposta era seguita da M. Dahood, �he cercav a di salvare ad ogni costo il testo consonantico masoretico. Ad ogni costo significa a costo di cambiare liberamente le vocali della tradizione masoretica, di scomporre e ridistribuire in un altra forma

Introduzione generale

96

le parole, di ricorrere a fenomeni grammaticali che egli giustificava adducendo probabili o possibili paralleli dell'ugaritico. Ad esempio, S'l m 't = chiedere a (cfr. Es 1 1 ,2) si tramutava in «chiedere cento volte»; con le consonanti m 't fabbricava un avver­ bio denominativo da m 'h cento. L'ostico bl q't'ob 'eleka di Sal 32,9 veniva letto e spiegato da Da­ hood in questo modo: bai = allora tu (supponendo che bl può ave­ re significato affermativo o negativo secondo l'opportunità) , qrb = avvicinati (imperativo) , 'ly = a lui (-y suffisso di terza persona) k- unito al sostantivo seguente. Il ba/falotam di Sal 35, 13 = nella loro malattia, quando erano malati, veniva vocalizzato da Dahood b ehalotilm = quando suonavano il flauto (creando un verbo deno­ minativo da hlyl = flauto). =

Un esempio di rispetto del testo masoretico nel secolo scorso furono Delitzsch e Phillips, che ricorrevano ad altre lingue semitiche ed anche ad autori giudei medievali (non riusciamo a capire perché i moderni continuino ad ignorare Phillips) . Grazie ad una maggiore conoscenza del vocabolario e della lessi­ cografia ebraica e con una idea più flessibile della grammatica ebraica, specialmente in poesia, oggi cerchiamo di rispettare con prudenza il testo masoretico e proponiamo con timore e discrezione le emenda­ zioni che ci sembrano necessarie, le congetture che osiamo accettare . È probabile che nel progresso della ricerca esegetica, la prossima ge­ nerazione si trovi meglio equipaggiata per risolvere tanti casi dubbiosi. Nel commento ad ogni singolo salmo consacriamo una sezione alla discussione del testo. Abbiamo selezionato alcuni autori rappre­ sentativi di epoche e lingue, da dieci a quindici. Il lavoro è stato realizzato da Cecilia Carniti; io ho rivisto il suo testo, a volte l'ho riordinato ed ho aggiunto alcuni dati. 8. La traduzione greca dei Settanta

Dobbiamo necessariamente soffermarci a dire alcune cose essen­ ziali riguardo a questa antica e venerabile traduzione . Da una parte la raccomanda l'uso della Chiesa antica e dei grandi commentatori come Eusebio, Origene, Teodoreto, Basilio, ecc. Per questi la LXX era il testo ufficiale, che era stato citato o usato dagli autori del NT. Dalla Settanta derivarono la versione siriaca e le diverse versioni lati­ ne . Ciò che oggi leggiamo nella Vulgata, nella Gallicana, deriva dalla

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Introduzione

ai salmi

versione greca dei LXX ed è stato il testo ufficiale della Chiesa latina durante i secoli. Però il traduttore greco dei Salmi tradisce non poca ignoranza, oppure si prende molte libertà nel tradurre . O meglio, l'ignoranza è nostra, perché non sappiamo ciò che egli intendesse per t�aduzione di poesia. Prima di emettere un giudizio globale, vorremmo illustrare alcuni aspetti di questa versione: Riscuote un po' più favore la lettura della LXX di Sal 5,9. Il testo ebraico recita: lpny drkyk = dinanzi a me la tua strada; il testo greco inverte: enopion sou ten hodon mou = dinanzi a te la mia strada; tuttavia l'ebraico ha senso logico: la tua strada (quella che tu mi comandi di percorrere) . L'enigmatico hrkm �pwr di Sal 1 1 , l nel greco si chiarisce: dobbia­ mo combinare le consonanti ebraiche in un'altra maniera: hr kmw �pwr: al monte come un uccello. La negazione di Sal 22,30 npsw l' viene chiarita dal greco che legge il dativo auto(i). In Sal 3 7,36 la prima persona del greco sembra preferibile alla terza .persona dell'ebraico. Come per i precedenti, ci sono molti altri casi in cui la versione greca ci trae d'impaccio. In molti casi siamo spettatori di un cam­ bio di stile lecito ad ogni traduttore responsabile. Il mh qwyty di Sal 39,8 viene tradotto con tis he hypomone mou, che trasforma il verbo in un sostantivo di azione. Meno convincente è la trasformazione delle espressioni concrete, corporee, in concetti astratti o generici. Sal 18,3 si rivolge a Dio: sl'y �wry 'hsh bw: mia rupe, mia roccia, in lui mi rifugio; il greco smorza il vigore dell'espressione: stereoma mou boéthos mou elpio t[J 'auton. Lo scudo, mgn, di Sal 3,4 si converte in antilemptor = colui che si carica di (il traduttore pensava a «colui che riceve (i colpi) al mio posto», antilèmptor da /ambano anti?). Le lingue «scivolose, lubriche», adulatrici di Sal 5 , 1 0 diventano fraudolente, dolose = edoliousan; cfr. Sal 12,4. Sal 18,9 descrive audacemente le narici da cui esce fumo: 'lh 'sn b 'pw; il greco ha orgè collera. Il verbo ybws = calpestare, di Sal 60, 14 si tramuta in exoudenosei = ad nihilum deducet. mQsh rifugio, di Sal 61, 4 diventa elpis speranza. Succede l'in­ verso in Sal 33,6 dove al generico n 'fw furono fatti, corrisponde cstereothésan furono resi stabili, solidificati. Vediamo qualche frase. L'originale ebraico di 62, 10 suona: l'lwt hmh mhbl salendo più lievi di un soffio (sulla bilancia) ; il greco rcdta: tou adikésai autoi ek mataiotétos; in latino ut decipiant ipsi de vanitate. Possiamo chiederci se i traduttori hanno capito l'ebrai­ co. C'è bisogno dell'ingegno di Agostino per estrarre il significato =

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Introduzione generale

da frasi simili. È classico l'inizio di Sal 22 ; la seconda frase dell'e­ braico è ostica: rhwq mysw 'ty dbry S'gty: con una leggera emenda­ zione si arriva alla traduzione: (resta) lontano il mio clamore, il ruggito delle mie parole (le mie parole ruggenti) . La versione greca e quella latina procedono accoppiate: makran apo tes soterias mou hoi logoi ton paraptomaton mou, longe a salute mea verba delictorum meorum. Ci sembra troppo rinunciare all'ebraico e ad una sempli­ ce correzione per difendere le versioni. Molte volte la lettura dei LXX suppone o indica una diversa voca­ lizzazione. In Sal 1 1 ,4 'enaw yehzu i suoi occhi osservano; il greco recita eis ton peneta apoblepousin e sembra aver letto 'ani (povero). L'ebraico di Sal l l, 7 vocalizza yasar l'uomo retto mentre il greco ha letto un sostantivo astratto yoser rettitudine, nel lati­ no aequitatem . Il passivo mehul/41 degno di lode si converte nel­ l'attivo ainon laudans in Sal 18,4. Abbondano i casi in cui il traduttore greco non ha capito la parola ebraica o forse ha letto un' altra parola. In Sal l , l l�ym si trasfor­ ma in loimon, in latino pestilentiae. I bny 'ys, nobili, signori (con­ trapposti alla plebe) , si riducono a hyioi anthropon. Il verbo dmw tacete, diventa «siate compunti� da katanyssomai, forse confuso con nystazo. Il bisbiglio o mormorio di Sal 5,2 si tramuta in krauge clamore. In Sal 1 1 ,2 yeter che significa la corda di un arco, viene tradotto dal greco «faretra». In Sal 18, 1 5 c'è un rh che significa «scaglia» e che il greco ha assunto nel significato di «moltiplicare». Il «grave peccato>> di Sal 19, 14 si trasforma in «stranieri» perché il tradutto­ re ha letto zrym. Metar di Sal 2 1 , 1 3 è la corda dell'arco; il tradut­ tore deriva la parola da ytr e traduce en tois periloipois, in reliquiis. La lumaca di Sal 58,9 si trasforma in «cera»; il «ringhiare come cani>> di Sal 59, 7 nel greco si presenta come «avere fame». In Sal 58, 1 1 invece dell'ebraico «passi», il greco ha «mani». Dalla vertigi­ ne di Sal 60,5 si passa alla traduzione greca «compunzione». Altre volte si verifica un cambio di funzioni sintattiche. In Sal 1 1 ,5 l'ebraico letteralmente recita: «la sua anima detesta l'empio e chi ama la violenza», ossia un soggetto e un doppio complemento oggetto. Il greco invece traduce: «chi ama l'ingiustizia odia se stes­ so», senza tener conto che sn 'h richiede un soggetto femminile. Nuovo cambio di funzioni in Sal 34,22: là dove l'ebraico recita: «la malvagità dà la morte al malvagio», il greco dice: «la morte del malvagio è sventurata», in latino mors peccatorum pessima. Molto ingegnosa ci sembra la lettura dell'ebraico di Sal 3 7,20: kyqr krym klw, che noi traduciamo «si dileguano come la bellezza dei prati». Il greco ha letto due infiniti con la particella k- «quando sono glorificati ed esaltati periscono>>. =

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Introduzione ai

salmi

In conclusione, la versione dei LXX può aiutarci in problemi di critica testuale e in taluna o talaltra interpretazione ; non possiamo però assumerla come base dell'esegesi, anche se riconosciamo il suo valore storico, per il fatto che è stata citata nel NT e commentata nel corso dei secoli da autori della nostra tradizione . Il lettore italiano potrà trovare utile per un confronto L. MoRTARl, Il Salterio della tradizione, Torino 1983 (versione del Salterio greco con una buona introduzione).

9. La Vulgata Qualcosa di simile possiamo dire della traduzione latina, chiama­ ta Gallicana, incorporata nella Vulgata. Il fatto che la versione di Girolamo dall'ebraico, iuxta hebraicam veritatem, non fosse stata ac­ colta come testo ufficiale della Chiesa latina, rappresentò una perdita storica dalle gravi conseguenze . Quando il decreto tridentino sull'uso preferente della Vulgata, interpretato rigorosamente, vincolava i com­ mentatori cattolici, è da ammirare lo spreco d'ingegno cui arrivarono per far concordare il latino con l'ebraico oppure per preferirlo . È anche vero che molti commentatori cominciavano ad esporre il signi­ ficato del testo ebraico. In tempi recenti Papa Pio XII diede ordine di eseguire una tra­ duzione latina del Salterio, affinché i chierici potessero pregare con maggiore istruzione e come più conveniva. Questa traduzione viene denominata versio piana . AI riguardo posso riportare la mia personale esperienza, perché fu la versione d'uso a partire dalla mia ordinazione sacerdotale. Salvo una cerchia ridotta, la accogliemmo con sollievo. Coloro che preferirono continuare a pregare con la versione della Vul­ gata crediamo lo facessero per ragioni storiche attendibili, dal mo­ mento che era stato il testo ufficiale della Chiesa latina nel corso dei secoli. Non è il caso di parlare qui delle altre traduzioni. Se la Bibbia è il e capace di contagiare la sua maledizione; al malato tutto appare ostile o distante; la semplice distanza o disinte­ resse viene vissuto come prova di inimicizia, di ostilità, di emargina­ zione (si pensi oggi ai malati di AIDS) . A questo gruppo appartengono i Sal 38, 39, 4 1 , 88 , 1 4 3 . Tra questi il Sal 39 confessa la radicale caducità dell' uomo, mentre il te­ nebroso Sal 88 è una preghiera in articulo mortis.

1 10

Introduzione generale

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1973 .

N. AmoLDI, La consultllzione divina nella malattia in Israele, BO 16 (1973) 163-172.

c) L 'innocente ingiustamente accusato. H. Schmid ha presentato come genere autonomo un gruppo di salmi che suonano come appello di un innocente al tribunale di Dio nel tempio. Cataloga come tali i salmi: 3 ; 4; 5 ; 7 ; ( 1 1 ) ; 1 7 ; 26; 27; 3 1 , 1 -9; 35 ; 42-43; 54; 55; 56; 57; 59; 62 ; (64) ; 69; 70; 86; 1 09; 140 ; 142; 1 43 . Lipinski pota la lista fino a restare con undici salmi: 3 ; 4; 5 ; 7 ; 1 1 ; 1 7 ; 23; 26; 2 7 ; 5 7 ; 63 Il contesto e i riferimenti sono forensi: u n uomo che si sa innocente è stato accusato falsamente, forse è stato condannato in una istanza inferiore. In questa situazione si presenta al tempio, al tribunale di Dio. Espone la sua causa, esige la sua assoluzione e la punizione dei colpevoli, invocando in qualche caso la legge del taglio­ ne . Poi resta fiducioso in attesa della sentenza divina, che verrà pro­ nunciata al mattino. Fra gli elementi processuali risaltano : la protesta di innocenza, non generale, ma rispetto all 'accusa; la petizione che sia esaminata la causa cosl come la persona dell' accusato fin negli aspetti più recon­ diti; la petizione fiduciosa che Dio pronunci il verdetto in suo favore. Implicitamente o esplicitamente, Dio è proclamato giudice supremo di Israele o dell'universo. La protesta di innocenza può rafforzarsi con un giuramento. L. Delekat ha cercato di trasferire questi ed altri salmi nell'ambi­ to giuridico dell'istituzione del diritto di asilo: l' innocente si ritira al riparo sicuro nel tempio. Senza dubbio, il ricorso all' asilo è presen­ te in molti testi salmici; tuttavia non crediamo che arrivi a costituire un genere proprio o particolare. Effettivamente, il condannato e per­ seguitato, nel momento in cui arriva al tribunale d'appello del tem­ pio, è tutelato dai suoi accusatori, poiché entra nella sfera giuridica di un'altra competenza superiore. .

H. ScHMID, Das Gebet des Angeklagten im AT Giessen 1928. L. DELEKAT, Asylie und Schut:zorakel am Zionheiligtum, Leiden 1968. ,

Concludiamo questa sezione aggiungendo una bibliografia sulla

1 11

Introduzione

ai

salmi

supplica individuale. Prima sulla identificazione dell' «Io» della suppli­ ca (o di altri salmi) : ]. ScuuURMANS STEKHOVEN, Uber das Ich der Psalmen, ZAW 9 (1889) 13 1- 135. G. BEER, Individuai und Gemeindepsalmen, Marburg 1894. F. CoBLENZ, Uber das betende Ich der Psalmen, Frankfurt 1897.

Sul diritto di asilo: M. LOuR, Das Asylwesen im AT, Halle 1930. G. Pmoux, Quelques allusions au droit d'asi/e dans /es Psaumes, in FS Vischer, Mon t­ pellier 1960.

B. VAN OEVEREN, De vri;steden in het OT, Kampen 1968. K. VAN DER TooRN, Ordeal procedures in the Psalms and the PtzSsover Meal, VT 38

( 1988) 427-445.

Sulla espressione di fiducia e la promessa di rendimento di gra­ zie: oltre agli studi già citati di F. Criisemann e F. Mand: J. BEGRICH, Die Vertrauensiiusserungen im israelitischen Klagelied des Einzelnen und in seinem babylonischen Gegenstuck, ZAW 46 (1928) 22 1-260. W. BEYERLIN, Die toda der Heilsvergegenwartingung in den Klageliedern des Einzelnen, ZAW 79 ( 1967) 208-224. G. GERLEMAN, Der «Einzelne» der Klage und Dankpsalmen, VT 32 (1982) 33-49. Studi recenti di carattere generale:

E. GERSTENBERGER, Der bittende Mensch. Bittritual und Klagelied des Einzelnen im AT (WMANT 5 1), Neukirchen 1980. J.B. GLAus, Der Klagepsalm des Einzelnen in seiner Entstehungsgeschichte und in seiner christlichen Aktualisation (Diss.) Innsbruck 1981. O. Fucus, Die Klage a ls Gebet. Bine theologische Besinnung am Beispiel des Psalms 22, Miinchen 1982. 7.

Salmi di fiducia

Sebbene la fiducia sia il supporto di ogni petizione, perché l'uo­ mo non supplicherebbe se non sperasse di essere esaudito, essa può essere il tema centrale, il sentimento costitutivo di alcuni salmi: sia la fiducia sicura e serena, sia l'atteggiamento dell'uomo che cerca di corroborare la sua fiducia in crisi. A questo gruppo appartengono i salmi 4, 1 1 , 16, 23, 27, 62 , 13 1 . Begrich ingloba l'espressione di fiducia nel genere della supplica e non lo considera un genere autonomo. In questi salmi l' orante esprime uno stato d' animo, tranquillo o drammatico, gioioso o timoroso, senza enunciare petizioni particola-

Introduzione generale

1 12

ri. La formula condensata potrebbe essere : ; tuttavia può assumere la forma di auto-esortazione. La rela­ zione con il culto è molto dubbia. J. BEGRICH, Die Vertrauensausserungen im israelitischen Klageliede des Einzelnen und in seinem babylonischen Gegenstuck, ZAW 46 (1928) 22 1 -260. J. THÉVENET, lA confzance en Dieu dllns /es Psaumes, Paris 1965 . 8.

Salmi

regali

L'importanza centrale della monarchia in Israele e poi in Giuda, la coscienza viva della promessa dinastica a David (2 Sam 7) , insieme ad influssi esterni, hanno dato origine ad un tipo di salmi, nel mo­ mento in cui la persona del re è stata introdotta nella preghiera. Que­ sti carmi sono regali per il tema o perché è il re a pronunciarli. Per noi rivestono una importanza particolare, perché della serie fanno parte i cosiddetti salmi messianici. Messianici, perché lo furono fin dalla loro composizione o perché lo diventarono in seguito con l'evoluzione storica della fede e della pietà (il che è molto probabile) . La lista annovera i salmi 2, 18, 20, 2 1 , 45 , 72 , 89, 1 1 0, 132. (Alcuni aggiun­ gono il 1 0 1 e 144, 1 - 1 1 ) . a ) Parla il re, in prima persona o alla terza. Nel Sal 2 il re pro­ nuncia una frase, nel Sal 18 pronuncia tutto il salmo; nel Sal 89 la terza persona può rappresentare modestamente l'orante, cosl come accade anche nel Sal 132. b) Sal 20 e Sal 21 si riferiscono ad un re prima e dopo una battaglia; Sal 4 5 viene dedicato ad un re per le sue nozze; Sal 72 presenta in forma di petizione la figura del re ideale; Sal 1 1 0 riprende un oracolo del Signore al re, suo eletto (Konigsprotokoll) . Da questo elenco si deduce che i >, Tagliabue «promuove». Ceronetti troppo liberamente voluto, utile (Qo 3, 1), parallelo sinonimico di meditazione. Sal

37,30 La bocca del giusto medita la saggezza, la sua lingua pronuncia il diritto, porta nel cuore la legge del suo Dio.

Nel testo citato è interessante la congiunzione della sfera etica

(�dyq), di quella sapienziale (yhgh hkmh) e di quella religiosa (twrt 'lhyw) . Rispetto al Sal l , dice di più. Pro 29, 18 Beato colui che osserva la legge ('.Jry).

Questo brevissimo proverbio parla di una felicità che consiste nell'osservare la legge . Il Sal l si sofferma sulla meditazione, come occupazione, impe­ gno permanente, supponendo che a questa seguirà il logico compi­ mento. È strano che il salmista si arresti qui e trascuri inoltre il mo­ dello offerto in Gs 1 ,8 . Qual è il motivo? La risposta sta forse nel fatto che il salmo programma una attività di raccoglimento, di sempli­ ce meditazione, propria del mondo spirituale dei salmi. Attraverso la meditazione l'uomo potrà modellare la sua condotta. hgh significa bisbigliare, sussurrare e più tardivamente meditare. Si oppone alla recitazione ad alta voce, come quella di Sal 50, 16 (spr recitare-proclamare) o alla lettura ad alta voce come in Dt 17, 19 (qr') . «Giorno e notte» è una frase temporale stereotipata, adottata da P. Beauchamp come titolo del suo libro Psaumes nuit et ;our (tr.it. Assisi 1983). 3. La beatitudine di questo uomo consiste formalmente nel me­ ditare la legge del Signore o nelle conseguenze di tale attività? A rispondere è il v. 3 , passando alle conseguenze con una immagine vegetale semplice, un abbozzo di paesaggio : un albero piantato presso corsi d' acqua, la sicurezza di una irrigazione per sempre, un fogliame perenne e il frutto nella sua stagione (su questa sezione si concentra l' analisi di Lack precedentemente menzionata) . Ovviamente, pur sen­ za cadere in una allegoria puntigliosa, la Torah è la corrente d'acqua che l' uomo può assorbire nel suo meditare . Il frutto è la conseguenza di una vitalità ben irrigata, non è un premio colto da fuori, come gli addobbi di un albero di Natale. Perché il poeta aggiunge anche il fogliame? L'ulteriore immagine botanica serviva a completare il pa­ rallelismo; forse una visione di bellezza rigogliosa, di frondosità che =

Salmo

147

l

è segno di vita, offerta di ombra e frescura. Dal momento che questo

dato è meno comune, si apre alla suggestione . Il Sal 92 , 13s si compia­ ce nella descrizione del giusto, in una accumulazione di immagini bo­ taniche, affermando con enfasi, paradossalmente, che tutto ciò avvie­ ne nel tempio: 1 3 Il giusto fiorirà come palma, si ergerà come cedro del Libano, 14 piantato nella casa del Signore, fiorirà negli atri del nostro Dio: 15 nella canizie continuerà a dare frutto, resterà vegeto e frondoso.

Gli alberi che Ezechiele contempla vivificati dalla sorgente del tempio, giustificano espressamente la presenza del fogliame: (Is 1 ,30; Me­ rendino) . Più che i testi sopra citati, ci interessa Ger 1 7 ,5-8, perché il suo sviluppo antitetico è più vicino al S al l : 5 Maledetto chi confida in un uomo e cerca appoggio nella carne allontanando il suo cuore dal Signore! 6 Sarà cardo della steppa che non giungerà a vedere la pioggia; abiterà in un deserto bruciato, in una terra salmastra e inospitale. 7 Benedetto chi confida nel Signore e cerca in Lui il suo appoggio! 8 Sarà un albero che alligna presso l'acqua, radicato presso la corrente: all' arrivo della calura non temerà, il suo fogliame rimarrà verde, in un anno di siccità non si spaventa, non cessa di dar frutto.

Se Geremia mette in antitesi benedizione e maledizione, il salmo parla di felicità; il tema di Geremia è la fiducia in Dio o nell' uomo

Testo

e

148

commento

prende in considerazione la minaccia periodica della siccità. La so­ miglianza dei due testi è assai stretta. L'ultima frase del verso, che non pochi considerano una glossa, se presenta l'inconveniente di spiegare senza necessità l'immagine, ha il vantaggio però del suo tono categorico. 4 . L'autore abbrevia l'antitesi vegetale dell'empio, come per ma­ terializzare nel testo stesso la sua caducità, polarizzato verso il mo­ mento finale e irreversibile . Il paragone della pula o paglia è topico: in Is 1 7 , 1 3 è l'esercito invasore disperso, cosl come in 29,5; in Is 4 1 , 15 sono i nemici; in Os 13,3 Efraim idolatra; in Sof 2,2 il popolo peccatore; in Gb 2 1 , 1 8 gli empi. Lo sguardo del profeta si fissa sul nemico, mentre lo sguardo sapienziale generalizza. Il verbo ndp sparpagliare, ghermire, è abbastanza raro. Viene detto di foglie, della pula, del fumo. Potremmo tradurlo >: Qo 5, l ; 7, 9. In cambio è classica la forma niphal. 6. Le parole adirate del Signore sono una semplice affermazione storica. Invertendo i termini: la dichiarazione storica viene pronun­ ciata con indignazione, appassionatamente. Il fatto storico viene riba­ dito nella sua validità permanente, con l'enfasi della prima persona: «mio re . . . mio monte . . . io stesso». Il contenuto ed il tono della di­ chiarazione bastano per terrorizzare i ribelli. Il verbo nsk, qui con il significato specifico di «ungere», è raro. Perché l'autore lo ha scel­ to? Per creare forse una allitterazione con nsq? 7. A parlare è il re, come se srotolasse il protocollo reale della sua elezione o come se lo recitasse a memoria. L'espressione sipper 'el hoq è rara: in Sal 50, 16 troviamo sipper huqqay ; in 69,27 spr 'l + plurale «contano le piaghe». Il protocollo si concentra o si condensa in due dati: sarebbe il testo letto nel rito di unzione sopra menzio­ nato. Il primo elemento è l'adozione: al testo di 2 Sam 7, citato più sopra, dobbiamo aggiungere quello di Sal 89: 27 Egli mi invocherA: tu sei mio padre, il mio Dio, la mia roccia di salvezza. 28 E io lo nominerò mio primogenito, eccelso fra i re della terra.

H. Frankfort (La royauté et /es dieux, Paris 1957) cita paralleli orientali. Nel contesto della investitura della regina Hatsepsut, il dio Amon-Ra dice: «Tu sei la mia figlia amata, io sono il tuo padre amato. Stabilisco

la tua sovranità sulle due terre e ti scrivo il protocollo».

Testo e commento

174

Per Tutmosis III, successore della precedente regina, cosl parla sempre il dio Amon-Ra: «lo sono tuo padre, come Dio ti ho generato, perché tu sieda sul mio trono come re dell'alto e basso Egitto».

In Israele la filiazione divina avviene in una fase adulta della vita del re, o «schiere» di esercito in N m 20,20; Gdc 9,43; 2 Re 13,7, Venema citato da Ros. Si veda l'accadico ummanu moltitudine, esercito AHW p. 14 13b; DBHE 'm II, l (a) . sbyb: avverbiale, in armonia con b 'dy. Jtw: il verbo è di uso militare Gun. Valore intransitivo GB, Zorell; transitivo con m/Qmh o mqnh come complemento implicito Ges Thesaurus; cfr. Kim Ros Duhm; Dah legge situ in qal passivo. 8. ky: con valore causale Gir Del Gun Briggs Duhm; enfatico Kraus. /Qy: accusativo di limitazione Joiion 126 g; equivale a b/lry Kim Phil. hkyt e sbrt: al g atal: si tratta di un fatto passato che fonda la fiducia presente, Ros Del Phil Briggs; esprimendo certezza Duhm Gun; perfetto precativo D ah Rav, equivalente ad un imperativo. 9. lyhwh: lamed di possesso Gir Del Duhm Briggs Rav; Gunk e Kraus =

Testo e commento

182

traducono «bei ]hwh)>; lamed con valore di origine HALAT 1-5; lamed voca­ tivo Dah. «Il lamed riferisce l'opera o l' azione al suo autore)> Ros . ysw 'h: salvezza in generale, o vittoria in campo militare, cfr. GB.

Studio globsle del sslmo l.

Genere

Consideriamo questo salmo una supplica, con una espressione di fiducia riguardo al presente da parte dell'orante, basata su esperienze passate. Alcuni esegeti si chiedono chi sia questo orante: Gunkel pen­ sa ad un orante che prega privatamente, Kittel ad un generale, Bent­ zen al re. Il titolo tradizionale attribuisce questo salmo a David, quando fuggiva davanti al figlio Assalonne. Attribuirlo ad un re è il risultato di una teoria dell'insieme a priori rispetto all' analisi del testo; attri­ buirlo ad un generale è prendere alla lettera ciò che può essere il linguaggio immaginativo del carme. Seguendo la lettura che attribui­ sce il salmo a David, Corderius lo sintetizza in un gioco di parole: � caula ad aulam, a plectro ad sceptrum)> (dall'ovile alla corte, del plettro allo scettro) . A seconda della scelta, la situazione rispecchierà un pericolo per­ sonale generico o un assedio militare. Alcuni studiosi, prendendo alla lettera il v. 6, considerano il Sal 3 un salmo di incubazione sacra nel tempio: l'arante trascorre la notte nel tempio, in attesa della sen­ tenza liberatrice di Dio che verrà pronunciata attraverso il sacerdote all'alba del mattino seguente. Una interpretazione cosl letterale non ci convince. 2.

Composizione

a) Personaggi e relazioni. Tre sono gli attori o personaggi che com­ paiono sulla scena del salmo (è lo schema triangolare classico del gene­ re della supplica) : l'orante, il Signore, i nemici. Le loro relazioni sono reciproche, tenendo conto sia del soggetto, sia del complemento; teo­ ricamente potrebbero essere sei; di fatto sono cinque e l'asimmetria è significativa. L'arante rispetto a Dio è soggetto e complemento; i nemici rispetto a Dio sono solo complemento, anche se pronunciano un giudizio che ha Dio per soggetto (v . 3) . Il sistema di relazioni conferisce alla lirica movimento e dinamismo, senza perdere o com­ promettere l'unità e la densità. b) Gli stilemi di composizione: Oltre all'antitesi del «tu>> (v. 4)

Salmo 3

183

e di «io» (v. 6) in posizione enfatica, a richiamare l'attenzione sono tre terne con rima predominante in -y: ,fry qmym 'ly 'mrym lnpsy

mgn b'dy kbwdy 'mrym r'sy

skhty 'ysnh hqy�wty

·

Nemici, Dio, orante . La rima si estende ad altri versi, di minor valore strutturale, con diversa funzione sintattica. Iniziamo dalla seconda e dalla terza colonna, v. 4 e v. 6: tre titoli o predicati di Dio rispetto all'orante , tre azioni regolari dell'o­ rante . Fra i due, concatenandoli, il v. 5 , che collega in due emistichi l'invocazione dell'arante e la risposta del Signore (schema tradiziona­ le) . Dal blocco centrale (vv . 4-6) , si estende la simmetria verso l'alto e verso il basso; il v. 4 risponde in contrasto ai vv 2-3 , il v. 7 prolun­ ga l'azione del v. 6; a manifestarlo è una ripetizione di lessema: rbym rbym vv. 2-3 , rbbwt v. 7 . S e aggiungiamo il v. 8, sorge una disposizione binaria, che mo­ streremo citando le parole ripetute, senza rispettare l'ordine di appa­ rizione: .

2 3 7 8

3 ysw 'th b 'lhym 8 hwsy 'ny 'lhy

rbw .sry rbym qmym 'ly rbbwt stw 'ly Yhwh qwmh

9 lyhwh hysw 'h

Crediamo che la disposizione leggere il v. 8 come l'oggetto o il nel v. 5 . Possiamo fare la prova a emistichi e i secondi dei vv 5 e .

binaria così marcata, ct tnvttl a testo della invocazione contenuta leggere verticalmente i due primi 8:

Se grido invocando il Signore: «Sorgi Signore, salvami Dio mio)>, Egli mi ascolta dal suo monte santo. Sl, tu hai schiaffeggiato i miei nemici.

Il grido lanciato dall'orante, vv 5-8, si alza contro la sfida sprez­ zante del nemico, v. 3 . Dio risponde con una azione, e questa viene riservata efficacemente per il finale. Il v. 9 è un epifonema che gene­ ralizza l'esperienza. Supposto questo, leggiamo i perfetti del v. 8 co­ me perfetti storici, non precativi. Il v. 8 reca con sé la risoluzione definitiva dell'inizio: .

Testo

e

commento

l84

i nemici sorgono 1/ il Signore sorge essi dicono che Dio non salva /1 l' orante supplica la salvezza dal suo Dio essi sono molti 1/ il Signore li colpisce tutti J.

Immagini

a) Ordinamento spaziale. La disposizione spaziale dei personaggi all ' interno del carme aiuta a sviscerare il suo senso. Si tratta di una visione militare: l'orante si vede assediato da una miriade accampata all'intorno contro di lui (si veda 27,3; Ger 50,29; Gb 1 9, 12) che insorge per assaltarlo. Il cerchio dell' assedio è totale, non lascia spazi, e possiamo immaginare gli anelli concentrici degli assedianti nel tripli­ ce martellante rh = >, come frutto del suo insegnamento o predicazione (nel Sal 5 1 il sacrifi­ cio autentico è uno spirito affranto) . Non conosciamo l' esito di que­ sta breve interpellazione del salmista, che resta al di fuori del poema. Possiamo congetturare un esito positivo, se l'interpellazione è entrata a far parte di una preghiera, e per contrasto con il S al 58. B.

Seconda parte: L 'appello agli amici (vv. 7-9) . Chi sono questi anonimi molti (rbym)? Il salmo non li identifica,

si accontenta di descrivere a parole il loro atteggiamento. Ci presenta un tipo, citando le loro parole . In altri termini, il secondo gruppo è formato da quanti pensano e si esprimono in quel modo; e sono molti. Sono persone che perdono la speranza nel sentire che il Signo­ re si ritira. Il verso risuona nel contempo come elogio e rimprovero. Come elogio: chi dice che senza la luce del volto divino non c'è felici­ tà, professa nobilmente la sua fede . Come rimprovero: non sperano che il volto divino torni subito a risplendere (cfr. Is 8 , 1 7). Il loro errore sta nel non sopportare la notte oscura. Nel momento in cui la luce si ritira, si fa notte dentro di loro. yr'ny t:wb: si vedano Sal 34, 13; Gb 9,25 ; Qo 2,24; 3 , 13 ; 5 , 17; 6,6. 'wr pnyk: si vedano Sal 44 ,4; 88, 15 e relativo commento. 8-9 : A questi pusillanimi l'arante non lancia un discorso aspro, ma offre loro la sua personale testimonianza: pregando ad alta voce davanti a loro, farà capire ciò che possono e devono sperare da Dio. Colui che ha sperimentato la larghezza nelle strette, può testimoniare

Salmo 4

199

la presenza notturna di Dio. Non resta che attendere il mattino, tem­ po classico del favore divino (Sal 30,6; 90, 1 4) , giacché la fiducia può cominciare durante la notte, di modo che il sonno ne sia il simbolo. Viene inserita cosl la nuova supplica, diretta a Dio ad alta voce, affin­ ché gli sfiduciati possano ascoltarla. Pregare ad alta voce può essere un modo di rendere testimonianza . Ritorna perciò il perfetto asseve­ rativo: «mi hai aperto spazio // mi hai infuso». 8 . Parla di una gioia interiore, dono diretto di Dio, che supera la gioia legittima suscitata da un buon raccolto. La letizia del raccolto è ovviamente giustificata (ls 9,2) , è inoltre una benedizione divina (Lv 26, lO; Dt 28,8 ecc.). In cambio, la gioia del salmista è paradossa­ le, perché gli è stata infusa da Dio in mezzo alle strettezze. Solo Dio può consolare nella tribolazione con una gioia che è testimonian­ za dello Spirito. 9. Coricarsi e addormentarsi sono una cosa sola per l' orante. Non come i bny 'ys, che andavano a letto tremando, cercando di riacquistare serenità con una riflessione compunta. Per essi coricarsi non significava dormire, ma rimuginare il fallimento, pentirsi del pec­ cato, prepararsi per un'azione liturgica. I vocaboli mskb e skbh marca­ no il contrasto (v. 5 e v. 9) . Nel dire «tu solo» approva e conferma il principio implicito nel ragionamento degli amici pusillanimi; è vero, senza il Signore non c'è speranza, solo Dio fonda la fiducia. Al principio corretto degli amici, si aggiunge l'esperienza dell' orante, la sua conferma esistenzia­ le che cerca di contagiarli e di comunicar loro la sua fiducia . lb�h twsybny: il sintagma ricorre con variazioni morfologiche: Lv 25, 1 8s; 26,5 ; Dt 12, 10; Gdc 18,7 ; l Re 5 , 5 ; Is 47,8; Ger 32 ,37, ecc. Non c'è motivo di sopprimere alcuna parola metri causa. Nel te­ sto attuale il ritmo si va allargando verso il finale 3 + 4 4 + 5. In tal modo il salmo si conclude con la medesima tonalità dell'i­ nizio, risolvendo tutte le tensioni in un accordo perfetto di serenità e di fiducia.

Tr.tposizione cristians Ef 4,26 cita la prima frase del v. 5 , dando a rgzw il senso specifi­ di adirarsi, irritarsi, da cui prende l'avvio una tradizione esegetica che si occupa dell'ira legittima, come strumento utile per scuotere la sonnolenza del cristiano e renderlo più appassionato: in questa li­ nea troviamo Eusebio, Crisostomo, Ambrogio . Lo stesso versetto co

.

.

Testo e commento

.200

di Ef 4 parla della menzogna: per la vicinanza della citazione, possia­ mo sospettare una reminiscenza di Sal 4,3 . A proposito di ryq, v. 3, Gregorio di Nissa parla del «vuoto>> sociale dell'umanità che deve essere riempito con la Rivelazione. An­ che Agostino lo commenta in chiave di Verità = Rivelazione . Nel suo senso ovvio si presta al commento etico di saper scegliere le cose eterne e trascurare quelle che non hanno consistenza. Riguardo al v. 7b, diversi autori hanno seguito il testo dei LXX e della Vulgata, che fanno derivare nsh da nes: stendardo, segnale (significatum est, esemeiothe) . Il cristiano è stato «segnato» dalla luce del volto divino, che è suo Figlio. Cosl, con varianti, Eusebio, Grego­ rio di Nissa, Origene, Gregorio Nazianzeno, Cirillo Alessandrino, Am­ brogio, Girolamo . Cosl pure Agostino che introduce un paragone: > di Ap 14, 13 nella liturgia dei defunti. Per concludere, là dove la poesia diventa preghiera e le antiche parole ridiventano nuove, lasciamo la voce ad un poeta del nostro secolo . Nella sua parafrasi del Sal 4 scrive: «C 'è in me questa pace che va incontro al sonno. C 'è in me un tesoro di speranza, che tu mi hai donato» (P. Claudel) . =

=

=

SALMO 5 2 Ascolta le mie parole, Signore, intendi il mio sussurro, ·:3 sii attento ai miei gridi di aiuto, mio Re e mio Dio! Te, Te supplico, Signore: 4 al mattino ascolta la mia voce; al mattino ti espongo la mia causa e resto in attesa . . . 5 Poiché tu non sei un Dio che voglia il male,

né è tuo ospite il malvagio, gli arroganti non sussisteranno al tuo cospetto . Detesti i malfattori, 7 distruggi i menzogneri; perfidi 1 e sanguinar i il Signore li aborrisce .

6

8 lo invece, per la tua grande bontà,

posso en trare nella tua casa e prostrarmi verso il tuo santuario con riverenza. 9 Per la tua giustizia guidami, Signore, in risposta a chi mi denigra; spiana davanti a me la tua via.

1 0 Non c'è sincerità nella loro bocca, il loro interno è un antro2, la loro gola un sepolcro aperto, la loro lingua melliflua3 • 1 1 Condannali, o Dio, falliscano i loro piani: scacciali, per i loro molti crimini, perché si ribellano contro te.

1

traditori la loro mente è un baratro. ' adulano con la lingua.

2

Salmo S

20 3

12 Si rallegrino quanti si rifugiano in Te, con giubilo senza fine, gioiscano con Te, quanti amano il tuo nome . 13 Perché Tu, Signore, benedici l'innocente, lo copri e lo circondi con il clipeo4 della tua bontà.

Bibliogn/i• L. KluNETZKI, Ps 5. Eine Untersuchung seiner dichterischen Struletur und seines theologischen Gehaltes, ThQ 142(1 962) 23-46. E . M . BLAIKLOCK, Psalms o/ the great rebellion, London 1970. ]. CoPPENS, La royauté de Yahvé dans le Psautier, ETL 53( 1977) 300-306. J.W. McKAY, Psalms of Vigil, ZAW 91(1 979) 229-247. D. LIFscHrrz, cfr. bibliografia Sal 3.

Analisi

lilologics

l . 'mry: in posizione enfatica; il v. 2 si articola in un chiasmo perfetto. hgygy: inf. qitil (Barht, Nominalbildungen, par. 85b) da hgg, allomorfo di hgh; solo qui e nel Sal 39,4. Si veda l'interpretazione giudaica tradizionale citata da Ros, ed anche GB, Zor HALAT, DBHE 169. 3 . sw 'y: inf. piel da sw ' Duhm GB Zor. ky: con valore causale Del Briggs Duhm Gun Dah Rav; temporale Phil, come Gen 4, 12; 2 Sam 7, 1 ; Sal 23,2; 32,8; 37,20; con valore comparativo But. Potrebbe essere anche enfatico. 4. yhwh: Dah e Rav lo uniscono all'emistichio precedente; si veda LXX e Gir. Briggs e Gun sopprimono yhwh e spostano bqr unendolo a 'tpll. bqr. avverbio di tempo Joiion 126 i. Forse allusione all'ora del sacrificio Duhm o della preghiera Kim. "rk: l'uso assoluto del verbo 'rk in Gdc 20,30 .33; l Sam 4,2; 2 Sam 10, 17; Ger 50,9 14; l Cr 19, 1 1 . 1 7 suggerisce un uso intransitivo di 'rk con l- di direzione (con verbi di movimento GB p. 370b): non cen senso di ostilità come Ger 50,9 o Sal 89,7. Suppongono un accusativo implicito: la supplica Kim, Gesenius Thesaurus, Briggs; un sacrificio Duhm; la mia causa con valore forense Dah; la mia richiesta Rav; qwly complemento co-

4

scudo.

Testo

e

204

commento

mune a tsm ' e "rk; la persona dell'orante LXX parastesomai, Gir praeparabor, Vaccari «mi presento». Corderius gli attribuisce un senso militare. Per il senso giudiziale, cfr. P. Bovati, Ristabilire la giustizia 307s. 5. ygwrk per Kim equivalente di ygwr 'mk, come in casi analoghi; cosl anche Del che adduce Sal 120,5; suffisso dativo But. Gun e Cast attribuisco­ no allo yiqtol un valore modale. 6. yty�bw: «stare in piedi, fermo, a disposizione di, al servizio di»; Gun rimanda a Pr 22,29. Si confronti con Sal 101,7 ysb/ykwn lngd 'ny. Dah lo assume in senso forense. hwllym: Kim «stolti o empi», a somiglianza di l Sam 21 ;14 o di Qo 10, 1 3 ; Ros seguendo Riidinger e Michaelis traduce «insane in peccata ruen­ · tes». Duhm suppone un participio polel senza m-, «tracotanti»; v accari «arro­ ganti»; Chouraqui costituisconò (Non sono i sepolcri di cui parla il Vangelo, pieni di corruzione all ' in­ terno: Mt 23 ,27) . 1 1 . 'sm essere colpevole, reo; all'hiphil significa «dichiarare colpevole, condannare, castigare». Il primo castigo è il fallimento dei loro piani, che miravano alla condanna dell'innocente. Qui non si chiede affatto la sconfitta delle persone, ma delle loro macchinazioni inique. > (Cirillo Alessandrino) . Gregorio di Nissa vede il mattino come momento della purificazione dell'anima e vittoria della luce sul­ le tenebre ed offre dell'intero salmo una spiegazione mistica: si tratta dell' anima che è decaduta dalla sua eredità e che ora effonde la sua preghiera per poter udire di nuovo la parola beata.

SALMO 6 2 Signore non riprendermi con ira,

non éorreggermi con collera.

3 Pietà di me, Signore, perché svengo,

guarisci, Signore, le mie ossa slogate. 4 L'affanno mi ruba il respiro1 , e tu Signore, fino a quando? 5 Ritorna, Signore, poni in salvo la mia vita,

salvami, per la tua misericordia; 6 poiché nel regno della Morte nessuno ti invoca, neIl' Abisso chi ti rende grazie? 7 Sono sfibrato dal gemere,

tutta la notte annego il mio giaciglio, si dissolve in lacrime il mio lettQ; 8 si consumano irritati i miei occhi, invecchiano per tante contraddizioni. 9 Via da me, malfattori!

Il Signore ha ascoltato il mio pianto,

10 il Signore ha esaudito la mia supplica,

il Signore ha accolto la mia preghiera,

1 1 siano sconfitti, sconvolti i miei nemici, si ritirino, sconfitti all'istante .

Biblio,.S. H. DUESBERG, Le Psautier des malades, Maredsous 1952. J. CoPPENS, Le Ps 6 et 4·1 dépendent-ils du livre de Jérémie?, HUCA 32(1961) 2 1 7-226. J ScHILDENBERGER, Aus Gottes Zom in Gottes Gnade, Psalm 6 der ente Busspsalm, BiKi 19(1964) 2-4 . G.W. ANDERSON, Enemies and Evi/doers in the Book of the Psalms, BJRL 48(1965/66) 18-29. J.A. SoGGIN, OssenJazioni filologiche ed ·esegetiche al Salmo 6, in FS Rinaldi, Genova 1967, 293-302 . R. MARTIN-ACHARD, La prière des malades dans le Psautier, LuV 86(1968) 25-43. N. AmoLDI, Note critiche al Salmo 6, RivB 16(1968) 285-289. 1

respiro

irregolarmente.

Salmo 6

2 13

TH. STRUYS, Zielete en genezing in het OT, Kempen 1968. E.M. BLAIKLOCK, The Psalms of the great rebellion, London 1970. H. CHR. KNVTH, Zur Auslegungsgeschichte von Psalm 6, Tiibingen 197 1 . K . HEINEN, > del v. 4b. Nell' arco di dieci versi il nome Yhwh è ripetuto ben otto volte: la proporzione è abbondante e significativa. Nell'insieme, il salmo è una lirica di buona fattura, densa, notevole per la forza descrittiva e il suo vigore espressivo. -

-

=

Testo J.

e

commento

2 16

Elementi e relazioni

L'analisi precedente può risultare superficiale e rischia di arenar­ si in oziose questioni formali se non penetriamo nella struttura inter­ na del carme, nel suo sistema di relazioni. (Il lettore ci perdonerà, all ' inizio del nostro commentario e proprio in questo salmo, di aver ceduto a questo esercizio di analisi stilistica e formale : l' abbiamo tut­ tavia proposta come esercizio di metodo, che sarà paradigmat ico per altri casi dove ci limiteremo a commentare i passaggi più significativi) . Abbiamo già segnalato tre componenti importanti: il dolore fisi­ co, la sofferenza interiore, i nemici, che corrispondono rispettivamen­ te alla realtà o dimensione fisica dell'uomo, alla coscienza interiore c alla sua condizione sociale, interpersonale. Circondato da ostilità, barricato suo malgrado nel suo dolore, penetrato da una angoscia lan­ cinante, l'orante trova una via di uscita verso il Signore soltanto nel­ l'invocazione (otto volte) e nella supplica accorata (sette imperativi rivolti a Dio) . A questi fattori, se ne aggiungono altri due: la morte e il peccato. La morte fa già il suo esplicito ingresso nel v. 6, il peccato è dietro le quinte nel v. 2 . a) Chi sono i nemici? Sono esterni o interni all'orante? La peti­ zione finale e l' aggettivo (v . 3) . La grazia elargita sta nel thnty del v. 10. Un ampliamento ritmico, 3 + 2 + 3, non disdice al finale.

Trasposizione cristiana Possiamo ascoltare la citazione o l' allusione del v. 9 in Mt 7,23 e Le 1 3 ,27: «Via da me , operatori di iniquità». Le guarigioni operate da Cristo, specialmente quando si presentano in relazione con il pec­ cato dell'uomo, prolungano il tema del salmo. Gli antichi commenta­ tori mettono l'accento sul valore delle lacrime, di David, del peccato­ re: «Una notte ho confessato il mio peccato ed ora faccio penitenza ogni notte» (Eusebio) . «David peccò una notte e pianse tutte le notti, è per questo che egli è beato. Beati quelli che piangono>> così com­ menta Efrem. Origene dice che Dio ascolta prima le lacrime e poi la preghiera. Altri Padri si soffermano sull'immagine degli occhi, co­ me Gregorio Magno: «Il peccato oscura l'occhio, cioè la coscienza deli' uomo». La lettera agli Ebrei (5, 7) menziona le forti suppliche e lacrime di Gesù Cristo.

SALMO 7 2 Signore, Dio mio, in Te mi rifugio: salvami dai miei persecutori e liberami, 3 perché non mi adunghino come un leone e mi sbranino senza scampo. =4 Signore, Dio mio, se ho commesso ciò, se vi sono crimini nelle mie mani, ' se ho leso il mio amico o spogliato chi mi attacca senza motivo, 6 che il nemico m'insegua e mi raggiunga, mi calpesti vivo per terra, mi schiacci il ventre contro la polvere. Levati, Signore, indignato, alzati contro la furia dei miei avversari, reagisci in mio favore nel giudizio che hai indetto. 8 Ti circondi un'assemblea di nazioni, presiedila dall'alto: Il Signore è giudice dei popoli--. 9 Giudicami, Signore, secondo la mia giustizia, secondo la mia innocenza, in mio favore. 7

-

10 Cessi la cattiveria dei colpevoli

t1 12 13 14

e patrocina l' innocente, tu che scruti cuore e viscere 1 Dio giusto. Il mio scudo sta in un Dio che salva gli uomini retti. Dio è un giudice giusto, Dio condanna ogni giorno. Se non si convertono, affilerà la spada, tenderà l' arco, dritto al bersaglio; gli prepara le sue armi micidiali arroventa le sue frecce.

1 5 Guardate : concepl un crimine,

è gravido di malvagità e partorisce una frode.

1 reni.

Testo

e

commento

224

16 Scavò una fossa e sprofondò, cadde nella fossa che sterrò; 17 Ricada su di lui la sua malvagità, la sua crudeltà gli piombi sulla testa. 18 Io celebrerò la giustizia del Signore, suonerò in onore del Signore Altissimo.

BibliogrJis M. LoHR, Ps 7; 9; 1 0, ZAW 36( 19 16) 225-23 7. J. LEVEEN, The textual prob/ems o/ Ps 7, VT 1 6(1966) 439-445. F. H oRsT , Der Eid im AT, EvTh 17(195 7) 366-384. A. RosE, L 'in/luence des Septante sur la tradition chrétienne: Queltjues passages psalmiques (J, 6; 7, 12; 18, 7), QLitPar 46(1965) 284-30 1 . F . GossMANN, Der Sigga;on, Ps 7 , Aug 8( 1968) 360-38 1 . R.G. BRATCHER, A translator's note on Ps 7,4b, BiTr 23( 1972) 24 1-242. D. WINToN THOMAS, A further note on Ps 7, 4, BiTr 25( 1 974) 247-248. C. MACHOLZ, Bemerkungen zu Ps 7,4-6, ZAW 91(1 979) 127- 129. A.A. MAc INTosH, A Consideration o/ Ps 7, 12/, JTS 33( 1982) 48 1-490. F. AsENSIO, La oraci6n en los salmos. La antftesis ;usto-impio, Burgos 1991. D. LIFscHITZ, Dalla bocca dei bimbi e dei lattanti. Salmi 7 e 8 , Leumann-Torino 199 1 .

Anslisi lilologics 2 . mkl rdpy: leggono mrdpy al singolare Duhm Briggs Gun Wei Kraus. 3. yt;rp: al sing. con valore distributivo Ibn Ezra Phil; il passaggio dal pl. al sing. evidenzia lo stile appassionato secondo Dah. prq: per alcuni . Il salmo entra così nel contesto escatologico già inaugurato. Questo assoggettamento al Cristo andrà man mano cre­ scendo fino alla consumazione : > Kim Vatablus Schroeder Ros. Alcuni leggono ha�irtm «canneti, cespugli» Tournay, Low, Rav. lhlkh: l'interpretazione è molto problematica. Da hyl «essere forte», con suffisso di seconda persona e -h paragogico Gir, Rashi, Michaelis . «Canaglie» Schmut, «deboli, disgraziati>> Kim Schultens Mendelssohn (cit. cosl da Phil) . W.G. Simpson, VT 19( 1969) 128- 13 1 lo mette in relazione con l'egiziano qnrg (nr equivale a lamed semitico, g al ka/), usato in contesti di umiliazione. y�pnw in senso intransitivo di >; il contrario in Pr 23 , 1 8; 24, 14. 2 1 . L'espressione sita mora è un hapax, cfr. Sal 76, 12 . Se non basta la manifestazione, v. 17, si aggiunga il terrore numinoso, il tremendum, che restituirà all'uomo la coscienza della sua condizione. Però, è necessario il terrore per scoprire la limitatezza della condizio­ ne umana e far sl che l'uomo abdichi ad ogni pretesa di potere? Per i pagani sl, pensa l' orante. Diverso è l'atteggiamento dell'uomo, 'nws, del Sal 8, che scopre il suo enigma nel contemplare il cielo stellato. Il verso 2 1 potrebbe essere un buon finale, però è soltanto una pausa maggiore. 10, 1 . In un carme alfabetico, la lettera lamed può contrassegnare il centro o il cambiamento. Nel nostro caso è una semplice continua­ zione : agli imperativi della supplica, segue la domanda retorica che sollecita come urgente l'intervento divino . n v. 19 insinuava una dila­ zione o un ritardo provvisorio, non definitivo; il verso presente mira ad abbreviare la dilazione e a rompere gli indugi. Sulla distanza o lontananza, si veda Sal 22 ,2. 12; 35 ,22; 38,22. L'hiphil del verbo 'lm si usa sempre con un complemento, ad es. Lv 20,4; l'uso intransitivo o è un errore di lingua seriore, o può correggersi leggendo la forma niphal. L'ultimo sintagma è una ripetizione di 9, 10.

Salmo 9- 10

273

2. Comincia la descrizione tipica degli empi. La radice del loro peccato è la superbia, g'wh: si vedano i testi classici in Is 16; Ger 48; Sir 10,6- 1 8. Dalla superbia scaturisce immediatamente la furia contro l'indifeso: dlq significa accendersi, prendere fuoco, metafora ignea che suggerisce la forza distruttiva della «superbia» che si > di 9, 10 e 10, 1 sembrano indicare una situazione ricorren­ te, piuttosto che un momento unico e definitivo; d) non c'è menzione né allusione del popolo eletto, a meno che non si identifichino gli 'nyymf'nwym con gli ebrei, seguendo Sof 3, 12. Le argomentazioni si bilanciano ed il carattere di un salmo com­ posto di reminiscenze-l sviluppato senza una coerenza verificata, non ci aiuta a decidere. E possibile che l'autore abbia lasciato le cose in sospeso, in una sorta di ambiguità e di senso indefinito, affinché il fruitore del testo lo situi e lo preghi nel proprio orizzonte spirituale.

Trssposizione cristims Nell'insieme, vale ciò che è stato esposto a proposito del Sal

7, sull'appello dell'innocente accusato ingiustamente. La lettura è emi­

nentemente cristologica: questo innocente può essere Cristo . Applicando la. prosopologia e mettendo le parole del salmo sulle labbra di Cristo o parlando di Lui, alcuni versi possono inquadrarsi nel giudizio del Padre, che annulla ed inverte la condanna dei poteri umani; altri versi possono risuonare come canto di resurrezione; altri, come annuncio del suo regno universale (cfr. Ap 19, 7) . Rm 3 , 1 4 cita un verso della descrizione dell'empio; l Pt 5 ,8 riprende la nota immagine del leone applicandolo al diavolo; in At 17,3 1 leggiamo che «Egli ha stabilito un giorno nel quale giudicherà la terra con giustizia per mezzo di un uomo = Cristo>>. Ruperto considera il salmo come un poema sapienziale: in 9, l

Testo

e

commento

280

vede la Chiesa che confessa e loda il misterioso giudizio di Dio, mi­ stero nascosto ai malvagi, ma non ai buoni. Interessante è la ·lettura che alcuni Padri danno dell'«orfano»; citiamo fra tutti Agostino: «Orfano è colui per il quale il mondo è stato crocifisso e lui al mondo. Il Cristo insegna ai suoi discepoli a divenire orfani».

SALMO 1 1 l Nel Signore mi rifugio : perché m i consigliate

di fuggire come un passero al monte,

2 perché gli empi già tendono l' arco,

incoccano la freccia sulla corda per scoccarla nell'ombra contro gli uomini retti? 3 Quando le fondamenta traballano, il giusto che potrà fare?

4

Il Signore sta nel suo tempio santo, il Signore ha il suo trono nel cielo: i suoi occhi osservano, le sue pupille scrutano gli uomini. 5 Il Signore scruta innocenti e colpevoli, detesta chi ama la violenza. -

6 Farà piovere sui colpevoli lapilli e zolfo, ve nt o d'uragano sarà la loro sorte. 7 Perché il Signore è giusto e ama la giustizia; i retti vedranno il suo volto.

BibliogrsF111 R. ToURNAY, Poésie biblique et traduction /rançaise. Un essai: le Psaume 1 1 , RB 53(1946) 349-364. l. SONNE, Ps 1 1 , JBL 68(1949) 241-245. ]. MoRGENSTERN, Psalm 1 1 , JBL 69(1950) 22 1-223. M. DAHOOD, 'ph'ppim, pupils, eyes in Ps 1 1,4, Bib 50(1969) 351-352. G. RINALDI, Salmo 1 1 , BiOr 15( 1 973) 1 23- 12 7. M. MANNATI, Le Psaume 1 1 . Un exemple typique des liens entre l'interprétation du genre littéraire et l'étude critique de stiques obscurs, VT 29(1979) 222-228. W.H. B ELUNGER, The Interpretation o/ Ps 1 1 , EvQ 56( 1984) 95-101.

Analisi

filologie•

1 . 'yk: domanda che esprime un rifiuto della proposta, cfr. Sal 26,9 Baethgen. nwd: Alcuni leggono il singolare con il qere Duhm Gun; leggono un

282

Testo e commento

plurale con il ketib, supponendo come soggetto David e i suoi Ros Del But Mannati. hrkm: molti leggono har kmo, o km per contrazione, Fischer Ros Phil Briggs Cast Kraus Rinaldi; hartm k- Duhm; maher kmo Gun. �pwr: leggono un vocativo Weiser Mannati; come comparativo Ros Del, sulla scia di LXX. 2. bmw: si veda Meyer par. 87. 2h. 'p l: i LXX hanno tradotto en skotomènè(i) «notte di luna nuova». Agostino traduce in obscura luna «notti senza luna». 3 . p'l: perfetto interrogativo con valore modale Meyer 101.5; alcuni emendano in yp'l Morgenstern Gun Pod. Rav parla di perfetto gnomico che indica una azione onnitemporale. 4. Due frasi nominali, la seconda con Yhwh come casus pendens; casus pendens anche nella prima parte per Dah e Rav. yhzw: maschile dopo soggetto femminile, come in Sal 10,8, cfr. Joiion 150 c. Aggiungono un complemento con i LXX e Briggs, Gun Pod Cast But. 'p'pyw: «palpebre» LXX Gir Ros Phil Briggs Cast Pod Tournay; «ci­ glia» Duhm Gun Kraus Rinaldi, cfr. GB; «pupille» Dah sulla base dell'ugari­ tico e di testi di Qumran; ma è da tenere in considerazione una possibile metonimia, pars pro toto Zorell. 5. yhwh. . . wrs': Dah unisce $dyq con yhwh come titolo o predicato; con­ siderano �dyq come complemento, con o senza inversione dell'ordine delle parole LXX Gir Ros Del Briggs Bur Duhm Wei Cast Kraus Rav Rin. Gun e Pod emendano ybh in ybhr e sopprimono r'S'. Tournay elimina tutta la frase. w 'hb hms: Briggs lo considera una glossa, cfr. anche Morgenstern. fn 'h npsw: espressione enfatica, «con tutta l'anima» Del Briggs Gun. Dah suppone una forma arcaica cananea della 3a pers. masc. sing. e traduce: «colui che ama l'ingiustizia odia se stesso». 6. ym(r: iussivo, molti lo emendano o lo prendono come indicativo LXX Gir Gun Wei Cast Pod Rav Mannati Morgenstern Rinaldi Tournay; forma poetica dell'indicativo per Duhm e Briggs. phym: «lacci, trappole» LXX Gir Vg Michaelis Del Mannati; alcuni leg­ gono pahame unito a 'I, «carboni ardenti, braci, lapilli» Simmaco Rashi Duhm Gun Wei Pod Cast But Kraus Rinaldi. wrwh zl'pwt: Michaelis lo identifica con il hamsin, il vento soffocante che soffia dal deserto. Duhm suppone un ampliamento quadrilitterale della radice z 'p. mnt: con qame� lungo sullo stile aramaico Joiion 97 G .c. 7. �dqwt: «giustizia», cfr. Is 33,15, Cast Wei; azioni giuste Del Briggs Duhm Gun Pod But Kraus Rav Dah Rinaldi. ysr: collettivo con verbo al plurale Joiion 150 e. pnymw: il suffisso con valore singolare BL 28 z. =

Salmo 1 1

283

Studio globsle Jel sslmo l . Composizione Alcuni indizi formali rivelano la composizione di questa breve lirica, ben cesellata: a) Il nome Yhwh ricorre strategicamente nel verso dell'ouverture e in quello finale (v. l e v. 7) e risuona tre volte al centro del salmo come inizio delle due proposizioni nominali. b) Il verso finale è una sorta di ricapitolazione, ripetendo le pa­ role più significative della lirica: ysr del v. 2b, �dyq dei vv. 3b. 5 a, hzh del v. 4b, 'hb del v. 5b. c) Parole ripetute . La più importante è l'antitesi giusto//ingiusto con i rispettivi equivalenti: �dq vv. 3b, 5a, 7a; ysr, vv. 2a, 5 a, 6a; nella distribuzione lungo il salmo seguono la sequenza ordinata di terna, coppia, terna: n'- ysr - �dyq; �dyq - n'; n' �dyq - ysr. Interpre­ tando: gli ingiusti e il giusto, impegnati al principio in una lotta impa­ ri, compaiono insieme al cospetto del Signore giudice, per essere poi separati con due sentenze opposte . È la chiave del salmo. Dio è il giudice degli uomini, divisi in modo decisivo in giusti ed ingiusti, innocenti e colpevoli. Questo giudizio netto è in qualche modo esca­ tologico . Meno importante è la ripetizione di 'hb = amare, che regge l'an­ titesi di «violenza//giustizia>> e la ripetizione di hzh = vedere, che uni­ sce come soggetti il Signore e gli uomini onesti, i giusti. -

2.

Personaggi e relazioni

a) Al triangolo di base del giudice e delle due parti in causa, si aggiunge un gruppo anonimo che provoca dialetticamente la profes­ sione dell'arante. Possiamo identificare questo gruppo nel personale del tempio, negli incaricati di far valere il diritto di asilo . A. Gonza­ lez Nufiez e M. Mannati pongono la frase sulla bocca dei nemici che minacciano, piuttosto che sulle labbra di amici che consigliano. Il salmo contiene nel testo parte del contesto o situazione, presuppo­ nendo l'istituzione giuridica del diritto di asilo. Un innocente perse­ guitato raggiunge il tempio ed invoca il diritto di asilo. I funzionari incaricati gli dicono che, nelle circostanze attuali di anarchia o terro­ rismo, il tempio non offre asilo sicuro e gli consigliano di nascondersi sui monti. Fuga invece di rifugio. Allora l'orante risponde con la sua professione di fiducia nel giudizio del Signore. I pavidi consiglieri sono costretti ad ascoltare come testimoni la coraggiosa confessione

Testo

e

.:284

commento

del povero perseguitato (è strano che essi non pronuncino il nome di Yhwh) . Questo gruppo che muove dialetticamente il salmo rimane all'interno del salmo, senza più intervenire o partecipare. Ascolta, ma resta muto. Questo ci lascia di nuovo con il triangolo Dio-giusto­ ingiusto. Osserviamo le relazioni: c'è l'azione dell'ingiusto contro il giu­ sto, di Dio sull'ingiusto; la relazione tra Dio e il giusto è reciproca. Assente è l'azione del giusto contro l' ingiusto . L' asimmetria è signifi­ cativa e la sua rappresentazione grafica può essere: giusto

Dio

ingiusto

Tra Dio e il giusto c'è una certa parentela: ambedue sono �dyq, ambedue scrutano, l?zh. Dio e l'ingiusto nutrono due amori diametral­ mente opposti: Dio ama la giustizia, mentre l'ingiusto la violenza; perciò gli ingiusti soffriranno il castigo definitivo; il giusto innocente è vittima impotente della violenza dell'ingiusto. Lo schema delle rela­ zioni si presenta semplificato e concentrato, risulta categorico più che sfumato. Le opposizioni sono fondamentali. b) Nel salmo Dio agisce come giudice. L'immagine è già nota. Il suo trono è un tribunale forense che sta nel cielo . Il cielo indica che si tratta di un tribunale supremo, di ultima istanza, senza ulterio­ ri possibilità di appello. Il verdetto sarà definitivo. Il paradigma delle azioni giudiziarie di Dio salta alcuni momenti classici del processo, come il mettersi in piedi per pronunciare la sentenza (rimandiamo al nostro commento sui salmi 7 e 9- 10; si confronti con il Sal 82) . Concede uno speciale rilievo alla procedura di indagine, hzh bhn , e alla esecuzione di una sentenza implicita, ymtr. Il giudice esamina tutti gli uomini senza distinzione, bny 'dm, non soltanto gli Israeliti, e distingue radicalmente i giusti dagli ingiu­ sti. Odia il violento, definendo cosl mediante il suo odio e il suo amore i valori autentici, prendendo posizione di fronte ad essi, per­ ché la sua imparzialità non è neutralità. Egli stesso esegue il castigo, traendo dal suo arsenale le armi ignee che annientano senza scampo. c) L 'innocente. L'innocente, dinanzi allo scoraggiamento e alla pavidità dei consiglieri, professa la sua fiducia. «Che cosa potrà fare l'innocente? - Potrà vedere il volto di Dio»: è la frase finale del salmo. Nel sostituire il verbo r'h, più ordinario ed usuale, con hzh, la frase acquista rilievo. Si passa dalla fede alla visione; il salmista ha fatto una professione di fede: anche se le fondamenta tremano, Dio resta saldo; anche se l'oscurità gli tende agguati, l' orante sa che

285

Salmo 1 1

Dio scruta; anche se gli empi agiscono impunemente, il castigo piove­ rà loro addosso. Sono tut te affermazioni di fede. Infine, alla fede subentra la visione . La speranza anticipa ed è caparra della visione futura, illuminando l' oscurità presente. d) I malvagi o empi hanno un notevole rilievo nel salmo, che li presenta in contrasti suggestivi. Li vediamo dapprima accovacciati, rannicchiati nell'oscurità, signori dello spazio attorno che percorrono con le loro frecce sibilanti; all'improvviso, dall 'alto cade su di loro una pioggia incandescente . Con gli archi in mano, già tesi e mirati per scoccare la freccia, sono raggiunti da altri colpi ben aggiustati, contro i quali a nulla vale l'oscurità e la loro mira. Con una immagine moderna, come un bombardamento aereo centrato o a tappeto, che sfrutta la verticalità per raggiungere il suo obiettivo .

J. Il linguaggio immaginativo a) Asilo e rifugio: appartengono alla situazione presupposta e al linguaggio delle immagini, che nel salmo sono ben calibrate . Il tempio � asilo, il monte è rifugio dove fuggire e trovare riparo, il Signore è rifugio. I violenti si mimetizzano nell'oscurità, si rannicchiano nel­ l' ombra che garantisce loro l'immunità. Se l'asilo è uno spazio chiuso e protetto, Io spazio protettore del salmo include una serie: le fonda­ menta e i muri di un edificio, un tempio sacro, il cielo, il Signore in persona. Il diritto di asilo è una istituzione che utilizza edifici, città, spazi delimitati e riconosciuti, protetti da un'istanza giuridica, Reneralmente sacra. È sua difesa la costruzione materiale, o l'istanza Miuridica che la preserva, o la presenza del sovrano che la garantisce? l funzionari specializzati del tempio parlano come se pensassero sulla linea della prima ipotesi o, per lo meno, la usano come immagine: se l'edificio crolla, non c'è niente da fare; la minaccia occulta, le frecce scoccate nell'oscurità penetrano fin nel recinto del tempio. L'orante protesta contro questa interpretazione. Ciò che conferi· .ce sicurezza al tempio è la presenza del Signore; in questo, il tempio � immagine e copia del santuario celeste . Per questo l'orante non cerca la sua incolumità rifugiandosi in un edificio, ma trovando il suo rifugio in una persona, il Signore . In italiano distingueremmo tra riparare in un luogo e rifugiarsi in una persona. Prolungando l'im­ magine : il tempio è come una sovrastruttura che, nel rovinare, lascia allo scoperto la roccia (cfr. Sal 18,3). Il monte è rifugio, asilo naturale per uccelli infastiditi o insegui­ ti. L'uccello confida nella configurazione della montagna, nelle possi-

Testo e commento

286

bilità che il luogo offre, più che nella forza delle sue ali. Anche se un passero può costruire il suo nido nel tempio (Sal 84,4) , il monte offre spazi o anfratti reconditi, dove volare e nascondersi al sicuro; sul monte non ci sono edifici che crollano. Il Sal 55, dipingendo la situazione di anarchia in cui versa la città e i pericoli cui va incontro r innocente, ricorre alla stessa imma­ gine : «Chi mi darà ali di colomba per volare e trovare riposo?» (v . 7) . La storia biblica offre come esempio emblematico il peregrinare di David inseguito sulle montagne. Nel nostro salmo, però, l'arante scarta la possibilità di una simile scappatoia e, in tal modo, il monte entra nel paradigma immaginativo per essere scartato . Il v. 4 pone in parallelismo il «tempio santo» ed il trono del cielo. Sono una o due realtà distinte? Si riferiscono ambedue al tem­ pio celeste, oppure si dividono per riunire e completare la presenza di Dio nel cielo e sulla terra? Propendiamo per quest'ultima spiegazio­ ne, rimandando tuttavia ad un confronto tra Mie 1 ,2 ; Ab 2,2 con Gio 2 ,5 . 8; Sal 79, 1 e 138,2. In ogni caso, ciò che dà sicurezza e tutela l'incolumità è l'attività giudiziale del Signore . b) Oscurità e visione. Gli empi si celano nel buio, gli occhi di Dio guardano ed osservano: Sal 139, 12 Nemmeno le tenebre per te sono oscure, la notte è chiara come il giorno. Sir 23, 19 Gli occhi dell'Altissimo sono mille volte più luminosi del sole e scrutano tutte le vie degli uomini.

L'immagine è plastica: il poeta mette a fuoco il suo sguardo per riprendere un primo piano di occhi e pupille, che scrutano attentamente. Sebbene non lo si dica espressamente, la visione del volto di Dio è luminosa. Indicheremo le altre immagini nel commento verso per verso.

Esegesi l . Il verbo nwd può essere usato in maniera specifica per un uccello in Pr 26,2 e 27,8: Pr

26,2 27,8

Passero che svolazza, rondine in volo. Passero fuggito dal nido il vagabondo lontano da casa.

287

Salmo 1 1

Si tratta di una fuga senza meta o destino precisi. Per David, errabondo ed inseguito, cfr. l Sam 23, 14. 19; 24,2; 26, 19s. (C aino abita il paese di «Nod»; cfr. il nostro Dov 'è tuo fratello, pp. 49-50) L'immagine del passero o dell'uccello è un topos nella letteratura di tutti i tempi, con esiti e valori simbolici diversi: si pensi al Canto LXXXI di Petrarca, al «passero solitario» dell'omonima lirica leopar­ diana, a Un 'ora della mia giovinezza dell' Aleardi o all'equazione usignolo = poeta in Rossini di G. Pascoli, in cui rornitologia è chiave di volta della sua simbolica poetica (e il ricordo corre anche all ' Alba­ tros di Baudelaire . . . ) 2 . Cfr. Sal 37 , 14 ; 64,5 . 3 . In senso proprio, satot indica le fondamenta dell'edificio e cosl hanno tradotto Aquila e molti moderni; in senso proprio o figu­ rato, le leggi, i precetti, cosl per Simmaco e Girolamo. L'immagine può essere polivalente : le fondamenta del tempio si sgretolano, vacil­ lano le basi e le fondamenta dell'ordine sociale e persino cosmico (cfr. Sal 82 ,5), ma il trono celeste non vacilla . La violenza ingiusta scuote le basi dell'ordine, ma il castigo giusto le restaura. Commenta Crisostomo: «Che può fare il giusto? Invocare Dio che sta nel cielo.» 4. Cfr. Sal 18, 7; 103 , 19; Is 1 8,4; 66, 1 ; Ab 2,20. La frase nomi­ nale sembra avere più vigore, come se presentasse il puro fatto, la presenza in sé, anziché enunciare una attività. Primo, quella di vigila­ re ed esaminare: Ger 32, 19: «Gli occhi di Dio sono aperti sui passi degli uomini». Commenta Teodoreto: . 4. gdlwt: con ellissi di 'mrwt Phil. Ceronetti «i grandi ingannh>. 5 . l!Swnnw: traducono il lamed «rispetto a» Phil Cast; preposizione del dativo Del; preposizione dell'accusativo LXX e Gir; emendano in b!Swnnw Mowinckel e Pod; But elimina il primo lamed. ngbyr. uso assoluto o intransitivo Duhm Pod; «dimostrare forza» Gun; cfr. GK 53 d; Jenni 4�. Denominativo di geher = uomo = vir come nzkyr da zeker = uomo D ah. sptynw 'tnw: «come alleati>> Del; o «in nostro dominio» Briggs Cast. Dah Rav leggono 'et = «ascia, vomere, arma da taglio>> come in l Sam 13,20s; Is 2,4 = Mie 4,3 . my . . . lnw: domanda retorica con risposta negativa. 6. msd. . . m 'nqt: min causale, equivalente di mpny Del Phil Briggs. ypyh lw: sintagma enigmatico molto discusso, ma sembra che recentemente si sia trovata la sua soluzione. Da un verbo pwh/pyh = «soffiare, ansi­ mare, bramare», con lw complemento: in quem suf/lat, cioè l'oppresso Fi­ scher Dathe Phil Kraus Rav; Duhm legge ypyhw. Del Pod Wei prendono l'oppresso come soggetto che «brama, si consuma per»; con un senso simile Gun legge mityappeh; But prende ypyq lw come una sorta di verbo composto him that pants. Alcuni prendono ypyh come un sostantivo del tipo nagid: Dah lo propone per Pr 6,9; 12, 17; 14,5 .25 ; 19,5.9, cfr. Sal 27, 12 e Ger 4,3 1 ; esteso a questo salmo da Pardee e Miller. Venema faceva di ys' il soggetto di un verbo ypyh: «una salvezza che gli permette di respirare». Briggs e Cast sdoppiano il sintagma in due frasi parallele: «lo metterò in salvo, brillerò su di lui ( 'wpy') /1 mi accingo a salvarlo, gli rendo la libertà (ptQ lw al pie! o niphal)>>; dr. LXX Simmaco e Peshitta. 7. b'lyl l'�: Pod Wei lo eliminano, Kraus lo considera una glossa di lettore, But considera un' aggiunta tutto il verso; Gunk riserva i due elemen­ ti separati per i versi che seguono. 'lyl: «crogiuolo>> Duhm Cast Dah Rav; «bottega, officina>> Ros Del Phil. l'�: purificato in quanto a/ dalla terra = scoria, ganga Ros Cast, cfr. Gir separatum a te"a, ripreso dalla NeoVulgata; materia ex qua, of clay Dah; «raffinato, purificato sulla terra» Del Phil Duhm; crogiuolo di terracotta in cui si fa colare il metallo da purificare Kelso e molti altri che lo seguono; i LXX dokimion tes ges, Vg probatum terrae. =

Salmo 12

293

sb 'tym: letteralmente, secondo la tecnica di quel tempo Duhm cfr. Ger 6,29; iperbole per Kim Phil. Ceronetti traduce liberamente cercando l' allit­ terazione: «in cui l'affinare non ha mai fine». 8. flmrm, qrnw: mantenendo il TM: il primo suffisso riferito ai poveri Ros Phil Del, alle parole di Dio Ibn Ezra Wei Kraus Rav; il secondo suffisso riferito ai poveri in senso distributivo Ros Phil, o all'oppresso del v. 6c Del Kraus . Emendando in un suffisso di prima persona plurale: in ambedue i verbi LXX Duhm Gun Pod Cast But; solo nel secondo Gir Michaelis Dathe Wei Rav. Dah legge un mem enclitico. mn. . . l'wlm: min reggente di n,ft' «proteggere da», secondo l'interpretazio­ ne comune; con valore temporale «da . . . fino . . . » per LXX che inserisce un kai, Briggs. zw: sempre senza articolo Ewald 293 a; con una sfumatura di disprezzo eia questa gente» But. 9. ythlkwn: suggerisce una libertà di movimenti Del. Emendano in ythllwn Duhm Gun. krm . . . 'dm: Conservando il T M: k- temporale (o causale) e la viltà degli uomini come soggetto (gli uomini vili) Gir cum exaltati fuerint vilissimi filio­ rum hominum, cfr. Wei Kraus Rav; lbny dativo Del. Vocalizzando zallotlz con Dio come soggetto «quando ti alzi, disprezzi» cfr. LXX Briggs; Wernberg-Moller vocalizza kerem vigna. Zolli suppone un sostantivo krwm verme. Emendando il testo: Castellino legge krms come rettili, Gun krmh come vermi. Dah legge karo mezalot scavano fosse, cfr. Mt 15, 14. Ceronetti fornisce una traduzione volutamente ambi­ �ua, cercando un effetto-visione alla Baudelaire: «Le anime dei perduti van­ no intorno come mignatte ingorde a caccia dei figli d'uomo». Barbaglio­ Commissari-Galbiati «è in auge la feccia degli uomini», seguendo Vaccari. =

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=

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Studio globale del sslmo l.

Genere

Il salmo 12 è una supplica, come dimostra il primo imperativo la sua motivazione introdotta da ki. Il salmo presenta il classico schema triangolare Dio- io- nemico con le rispettive relazioni. Nel finale si esprime la fiducia nell'aiuto di Yhwh.

e

2.

Forma individuale

L'inclusione bene 'adam (vv. 2 e 9) delimita il carme e stabilisce un �untesto universale, l'orizzonte di una umanità comune. Se l'oran­ t� pensa alla sua società, la contempla nella totalità dell'umanità, non limitata ad aspetti o gruppi particol�ri.

Testo e commento

294

Lo sviluppo lirico si annoda o si ancora a varie ripetizioni: lab­ bra, vv . .3 .4.5, dbr = parlare vv. 3 ab. 4, lingua vv. 4.5, mellifluo = adulatore, vv. 3 .4, 'mr = dire e parole vv. 5 .6 e 7 (2x) . Nei nove versi della lirica il nome di Yhwh è collocato strategicamente cinque volte . Due sono le immagini che animano la seconda parte del salmo: la prima è l'immagine metallurgica del crogiuolo, del raffinare, cop­ pellare, cioè purificare l'argento dalle scorie, perché risplenda, brilli e serva da garanzia. Cosl è la parola di Dio: argento puro, argento non falsificato o alterato. La seconda immagine è sottilmente collegata alla precedente, me­ diante la radice zlt che può significare >. Perciò, ci sembra più indovinato il libro della Sapienza (Sap 14,22-29) quando ravvisa nell'idolatria e non nel­ l'ateismo, l'origine delle perversioni: >. Girolamo commenta: «Il vero Dio è l'unico che essi non invocano; ognuno invoca il Dio che si è inventato». Origene ed altri Padri riferiscono il versetto 7 alla venuta del Sal­ vatore (Soterion) o Messia. Girolamo e Beda si soffermano sui nomi di Giacobbe ed Israele, interpretandoli profeticamente; Beda li spiega in base ali' etimolo­ gia: «Giacobbe è colui che si impadronisce dell'eredità; Israele è colui che vede Dio».

SALMO 15

l Signore, chi può esser ospite nella tua tenda, chi abiterà sul tuo monte santo? 2 Chi ha una condotta irreprensibile e pratica la giustizia; 3 chi dice la verità sinceramente e non calunnia con la sua lingua; chi non fa torto al prossimo e non diffama il suo vicino; 4 chi disprezza il riprovato da Dio ed onora i fedeli del Signore; se ha giurato a proprio danno, mantiene. 5 Chi non presta denaro ad usura e non accetta subornazione contro l'innocente1• Chi agisce così, mai fallirà.

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1

non si lascia corrompere o accetta tangenti.

Testo e commento

322

Analisi lilologics l. ygwr. . . yskn: alcuni commentatori considerano i due verbi equivalen­ ti, quasi sinonimi in questo contesto Ros Del Briggs; altri distinguono due significati : per gwr essere ospite, alloggiare come cliente, per skn risiedere, avere domicilio come abitante di una città o villaggio, Cast Avishur Duhm Venema. b'hl. . . bhr qàsk: designano il tempio e il suo monte o la città di Gerusa­ lemme; Avishur prende ambedue come metafora di qualsiasi luogo dove sia la presenza divina. Vaccari traduce 'hl «padiglione>>. 2. tmym: avverbiale Ros Phil Dah Rav; complemento di hlk Duhm Gun Pod, cfr. GK 1 18 n. p'/: poetico per 'fh; cfr. Aistleiner 2242 e 546; Fuentes Estaiiol p. 2 1 1 . wdbr: participio qal; a differenza del piel, significa un parlare senza indicazione del contenuto, sebbene la natura del discorso possa essere preci­ sata da aggiunte avverbiali DTAT, 377; il participio indica che lo fa per natura o per abitudine Nyberg. wdbr. . . blbw: Prendono la preposizione b- come strumentale, «di cuore» Del e Duhm secondo Dt 6,5; come preposizione che indica l'origine, il luogo da cui procede il parlare «dal cuore, dall'intimo» Dah Rav Soggin; emendano in klbbw «come lo pensa/sente» Budde Gun Pod. Ros vede in 'mt la verità, in blbw la sincerità. 3. rgl in relazione a rkyl, con il significato di Ros Phil Del Gun Wei Cast Kraus Sogg, cfr. 2 Sam 19,28 e Sir 5, 14; «spia­ re» come al piel, Briggs; come l'aramaico rgyl con il significato di «essere agile, leggero»; '1/Swn «con la lingua» Duhm e Pod che considerano l'emisti­ chio una glossa; «fluire, parlare fluido» secondo testi rabbinici Bronznick; Gir facilis in lingua sua. '1/Swnw: con '/locativo Del Cast, o strumentale Ros Phil Wei Gun; per l'alternanza 'l/ b- si veda Sal 7, 17; per l'equivalenza cfr. Sir 4,8 con 5, 14. lr'hw: qui viene considerato equivalente di qrb, e designa genericamente il «prossimo», qualsiasi persona in relazione con uno Kim Ros Phil distingue: ' r esprime vicinanza di abitazione, qrb familiarità o associazione. nf' '/: «esprimere formulare», partendo dal sintagma nf' qwl e sostituen­ do qwl con un altro complemento Duhm, cfr. Briggs Gun Pod Cast; «gettare su, arrecare, attirare su» come in Lv 22,9 e Nm 18,32 Del Gun Pod. 4. nbzh b'ynyw nm 's: La questione è: quale dei due participi è soggetto e quale predicato? Con quale dei due va b 'ynyw? Se prendiamo nm 's secondo Is 54,6 con il significato di «malvagio/riprovato (da Dio)» ed uniamo b'ynyw a nbzh otteniamo «il malvagio/riprovato è spregevole ai suoi occhi>>: cosl Kraus e molti moderni. I due predicati denotano l'umiltà: «colui che si ritie­ ne come spregevole, come inutile», secondo l Sam 15, 1 7 qtn b'ynyw, 2 Sam 6,22 spl b'ynyw, Hitzig Del; Rashi legge invece b 'wwnw: «colui che è sprege­ vole per la sua iniquità è riprovato (dal giusto)». nsb ' lhr': protasi condizionale Ros Del Duhm, cfr. Joiion 167 a.

323

Salmo 15

lhr': infinito costrutto hiphil da r" con patah al posto di sere GK 6 7 v; va inteso alla luce di Lv 5,4 tsb '. . . lhr"w lhy�yb «giurare far(si) / facen­ do(si) danno, giurare a proprio danno» Del Duhm But Soggin Rav. LXX legge r' «al prossimo»; Ros e De Wette r' , Soggin.

Studio globsle del ulmo 1.

Genere

Si è soliti considerare questo salmo come una liturgia di ingresso al tempio. Coloro che cercano un contesto vitale per il salmo, se lo immaginano in questo modo: un gruppo di fedeli si presenta al recin­ to del tempio; alla porta sono accolti da un !evita o esperto della legge; la comitiva, per bocca di un capo, formula la domanda rituale: «Chi può . . . ?», e l'incaricato risponde con una lista di esigenze etiche. Forse a ciò si aggiungeva un rito di purificazione, di cui però il salmo non parla. Una simile spiegazione, una volta che ha capito il senso del testo, ricerca per esso una situazione tipica in cui inquadrarlo e che possa illuminarlo. «Tipica>> significa ripetibile, e, trattandosi della «tenda» o tempio, il contesto sarà cultuale. La congettura è plausibile e comunemente accettata dagli esegeti, ma non può evitare alcuni scogli. Primo, non si desidera , il sal­ mo ci fa capire che dimorare nel tempio è una garanzia di stabilità, che il monte santo offre all'esistenza dell' uomo un fondamento saldis­ simo. Di conseguenza si dà la funzione simbolica di primo o secondo piano. b) Il corpo del salmo è formato da vari participi seguiti da forme verbali finite. L'organizzazione formale può essere apprezzata in una trascrizione in colonne, con alcune inversioni di parole, al fine di salvaguardare una linearità. 2 h/le tmym p'/ �dq dbr 'mt blbw 4 nzbh b 'ynyw nm 's nsb' lhr' 5 6 'sh 'lh

3

/' rgl 'l !Swnw l' 'sh lr'hw r' l' ns' 'l qrbw hrph (inversione) w 't yr'y yhwh ykbd wl' ymr kspw l' ntn bnsk sbd l' lqh 'l nqy l' ymwt l'w/m

Possiamo fare un paragone con la serie·· negativa e condizionale di Pr 3,27-3 1 . Per la combinazione di commi positivi e negativi il �mo s'imparenta al decalogo (Es 20 e Dt 5) . Le serie negative del Siracide sono più ampie e più letterarie: 7, 1-8,7; contiene venti o vèntuno precetti negativi interrotti da una serie positiva in 7,2 1 -3 3 . I paralleli formali non costituiscono un argomento a favore del carat­ tere sapienziale del salmo 15 . Quanto al contenuto di questi precetti o norme eterogenee, è evidente il loro carattere etico, di doveri verso il prossimo. Il che ci insegna una lezione importante: i doveri etici nei confronti del prossimo sono una condizione per avere un accesso permanente alla dimora del Signore. È un insegnamento che avvicina il salmo a testi profetici che trattano la relazione fra culto e giustizia, cfr. Is 1 , 10-20; Ger 7; Mie 6,6-8; ecc . ; tema che appare anche nel

Salmo l'

325

salmo 50 e in vari testi sapienziali. Fra questi è particolarmente inte­ ressante il testo di Ger 7 : coloro che violano i comandamenti e poi si presentano al tempio per sentirsi sicuri, scambiano il tempio per una «spelonca di banditi» (7, 1 1) . Il tempio asilo di criminali: quale bestemmia! Il salmo ha un tono più moderato, anche se il presuppo­ sto è analogo. c) Il finale è formalmente simile a vari versi precedenti: partici­ pio con complemento + proposizione negativa; questa somiglianza serve per introdurre un cambio suggestivo di contenuto, in quanto che gli altri versi parlano di condotta, mentre questo parla di destino: «colui che fa . . . (e) non fa// colui che agisce . . . non sarà . . . ». Si osservi anche la serie verticale dei complementi: con la lingua, al prossimo, al vicino, all'innocente// mai. Si tratta di un finale categorico, definitivo.

Esesesi l . Il primo verso parla di «essere ospite» ed «abitare». gwr signi­ fica il soggiorno del pellegrino o dell'emigrante: il soggiorno di Abra­ mo nella terra di Canaan, di Israele in Egitto, dei forestieri in Israele. Ikn designa l'abitazione stabile, di abitanti che risiedono in una città. In un testo straordinario, in cui Dio afferma i suoi diritti sulla terra, leggiamo: l'elet­ to perché «abith> nei suoi atri) . Un altro presupposto della domanda è la presenza del Signore in mezzo al suo popolo, presenza testimo­ niata da molti testi. Eccone alcuni: Is Gl Sal

8, 18: Io sono il Signore degli eserciti, che abita sul monte Sion skn 4, 17: lo sono il Signore, vostro Dio . . . che abito in Sion, mio monte santo 2 1 : il Signore abiterà in Sion 74,2 dal monte Sion dove hai posto la tua dimora

E cosl molti altri. 2 . Comincia la serie di condizioni o requisiti. La forma partici­ piale introduce un tipo o modello; «chi. . . ?» «colui che . . . » l'uomo + aggettivo, o aggettivo sostantivato. Le formulazioni sono piuttosto rare, anche ricercate. Primo requisito: «Chi ha una condotta irreprensibile»; letteral­ mente hwlk tmym significa «chi cammina perfettamente, integralmen­ te», secondo la metafora lessicalizzata del cammino e del camminare, tuttora presente nel nostro «procedere» (-cedo) e «condotta>> (duco) (qualche dialetto dell'Italia centrale conosce l'aggettivo «sprocedato» per qualificare un uomo che non si comporta bene) . Questo primo requisito ha una portata ampia, generica, come un primo comanda­ mento che include quelli che seguono. Paralleli prossimi Pr 28, 18: «Si salva chi tiene una condotta irreprensibile>>; Sal 84, 12: «Il Signore non nega i suoi favori/beni, a chi ha una condotta integra>>. Ricordiamo che Giobbe era un uomo perfetto, tm Gb 1 ,5 . Secondo requisito: «e pratica l a giustizia», wp 'l �dq. È ancora am­ pio e generico, perché �dq abbraccia tutta la giustizia, specialmente nelle relazioni umane. Il sintagma è unico, in forte contrasto con il noto po 'ate 'awon , che ricorre 13 volte nel salterio (cfr. il nostro com­ mento al salmo 6,9) .

327

Terzo requisito: «dice la verità dal cuore/parla sinceramente/pensa oggettivamente>>, wdbr 'mt blbbw. Tre proposte di traduzione, perché la frase è particolare. Infatti il verbo è al qal e non al piel; blbb va con dbr e non con 'mr; 'mt solitamente è complemento di 'fh, anche se può esserlo di 'mr (ls 43 ,9), di hgh = meditare (Pr 8, 12), di dhr = in l Re 22, 16; Ger 9;4; Zac 8, 16 (i tre passi in un contes to profetico). Per riassumere, «dire la verità dal cuore/mentalmente» è strano. Questa singolarità della frase ci provoca a cercare spiegazioni. Una può essere quella di unire questa frase alla seguente, in modo da otte­ nere un parallelismo rigoroso dire la verità calunniare

mentalmente oralmente

sintesi che descrive l'uomo dall'interno e dall'esterno, in modo positi­ vo e negativo. (Abbiamo già ricordato altrove che lh/lhh nella antro­ pologia ebraica è sinonimo di coscienza, centro di coordinamento del­ l' essere nella sua totalità, nella sua dimensione intellettuale volitiva e decisionale) . Una spiegazione più moderna (troppo moderna?) , os­ serva che, anche nella coscienza, nei pensieri, l'uomo è insincero, pra­ tica l'autoinganno. Una spiegazione intermedia ci insegna che l'onestà della coscienza e dei pensieri è la radice della sincerità e della verità nel parlare. Teodoreto osserva che si parla prima del cuore, poi della lingua ed infine dell'agire; ripercorrendo a ritroso il processo, infatti, la pa­ rola precede l'agire, ed il pensiero precede la parola. Quarto requisito: «non si serve della lingua per calunniare, diffa­ mare o fare maldicenza», l' rgl 'l !Snw . Anche questa frase è rarissi­ ma, nel modo in cui è formulata: infatti abbiamo l'unico caso di rgl al qal, al piel con questo senso solo in 2Sam 19,28 . Forse rgl ha qualcosa a vedere con rkl (allofono) che designa il mercante, il vendi­ tore ambulante ed in seguito il pettegolo, il diffamatore [si veda il commento a Pr 1 1 , 1 3 e 20, 19 nel nostro Proverbi, pp. 325 ,467]. Si veda anche il precetto di Lv 19, 16. Quinto requisito: e «male» re '/ra 'a Pr 18,24; 3 ,29. Sesto requisito: «non diffama/insulta il vicino». Il sintagma nf' qrph 'l è raro; nf hrph solitamente significa sopportare insulti: Ger 1 5 , 1 5 ; 3 1 , 1 9; Ez 36, 15; Mie 6, 16; Sal 69,8. La preposizione 'l cam­ bia la direzione, dirige l'affronto contro il vicino. . .

Testo e commento

J28

4. Settimo e ottavo requisito . Li prendiamo insieme come antitesi di atteggiamenti complementari. Delitzsch, rispettando rigorosamente il testo, ha proposto di leg­ gere nel primo emistichio un atto profondo di umiltà e nel secondo una stima del prossimo correlativa. Lo paragona con 2Sam 6, 19.2 1 quando David ordina il trasferimento dell'arca: Distribul a tutti, uomini e donne, a tutta la moltitudine di Israele, una focaccia di pane per ognuno, una porzione di carne e una schiacciata d'uva passa . . . S e a te sembra disonorevole, presso le serve io acquisterò prestigio.

David unisce il rispetto e la stima del suo popolo con il disprezzo di sé davanti al Signore. La spiegazione è ragionevole e concorda con gli insegnamenti frequenti nell' AT. Tuttavia preferiamo l'altra spiegazione. Il «reietto» o riprovato (da Dio), nm 's, è spreBevole al suo giudi­ zio; al contrario egli onora i fedeli del Signore. E la retta condotta rispetto a due partiti opposti: reprobi e fedeli. Non è possibile restare neutrali: chi vuole essere ospite nella tenda del Signore deve schierar­ si dalla parte degli amici di Dio, contro i suoi nemici. Si paragoni con il finale del Sal 104 e 139,2 1-22. Non detesterò, Signore, quelli che ti detestano non avrò in orrore chi a te si ribella? Li odio con odio implacabile, come se fossero miei nemici.

La differenza sta nel fatto che Sal 14 usa un passivo: sono stati già reietti da Dio. Il passivo niphal di m 's non è frequente: Is 54,6 >, oppure con mmtqwmmym: «si ribellano contro la tua destra>>; data la frequenza di hsh b-, sembra preferibile la secon­ da proposta Ibn Ezra. Vg a resistentibus dexterae tuae, cosl anche Gir; Kim «ritira la tua misericordia a quelli che si ribellano contro la tua destra», cosl Teodoreto, Agostino, Titelmans. 8. k 'yswn bt 'yn: Del legge due sinonimi (come in italiano iride e pupill a dell'occhio); Phil legge bt 'yn come predicato di 'yswn; Vogel (citato da Ros) pensa alla possibilità che 'yswn sia una glossa, cfr. LXX e Peshitta; Dah lege bet = «in mezzo a, dentro>>, come in Ez 4 1 ,9; Gb 8, 17; Pr 8,2 cfr. Gir intus in oculo e T argum. 9. bnps: unito a 'yby «che odiano con I' anima/di cuore» Del; «nemici mortali/della mia vita» But e molti moderni; equivalente di bnp'Iy LXX Gir Sir; Kim «per la mia vita, per togliermi la vita». 10. hlbmw: emendano in hlb lbmw, cfr. Os 13,8 sgr lb, Dyser Graetz; lo prendono con valore strumentale, equivalente di bhlbmw Simmaco to(i) stcati, Gir adipe suo, cosl Ibn Ezra .Kim Rashi. Ceronetti traduce «cuori avvolti nel grasso». 1 1 . 'srynw: secondo accusativo di sbb, Ecker; come precisazione di ·ny Del ; Ros gressus nostros quod attinet. Alcuni leggono un verbo: 'sr «augura­ re , felicitarsi» Simm Sir; swr «guardare» alla prima pers. s. «li sto vedendo» l l itzig Dyser;.. ekballontes LXX ripreso da Vg proiicientes me, Gir incedentes. Va n de r Ploeg emenda ·n in ·mw. sbbwny: ketib al singolare, qere al plurale. ln(Wt b 'r.t: dà origine a varie interpretazioni, secondo il significato che =

=

Testo e commento

352

si attribuisce al verbo nth . «Collocano emissari (metaforicamente gli occhi) che si accovacciano a terra» Venema; «vigilano per vedere se (i nostri passi) cadono a terra» Ibn Ezra; «osservano per estendersi nel paese>> Rashi; «per abbattermi al suolo» Sir Eutimio; alcuni aggiungono per congettura un com­ plemento, «per tendere (una rete) al suolo>> Kim Pagnini Sa; «puntano gli occhi per guardare al suolo (non al cielo)» Cassiodoro Aimone Torquemada. Così Vaccari: «atteggiano gli occhi per fissarli a terra». 12. dmynw: suffisso singolare con valore distributivo o neutro Phil; «il loro aspetto» frase nominale in stile poetico Del But Targum Gir similitudo eius quasi, Aquila homoiosis Sir; LXX hypelabon me = mi sorpresero, si im­ padronirono di me, mi spiarono appostati in agguato Graetz. 13b- 14. Verso irto di difficoltà inestricabili, dà adito a traduzioni o ricostruzioni per congettura. Si veda l'esegesi. hrbk. . . ydk: apposizioni di n' e mtym Gir ab impio qui est gladius tuus, Kimchi: «i mortali che sono la tua mano e il tuo strumento»; accusativo strumentale Eutimio, Del Gun Briggs Duhm, hrhk complemento di p/th e ydk genitivo di mtym «liberi la tua spada dai nemici della tua mano/pote­ re» Bellarmino. mmtym. . . mmtym. Per l'uso del metheg BL 12 f1• Gun legge due verbi all'imperativo: hamitem (mwt) e hatimem (tmm) uccidi, annienta. mhld: hld è la durata, in concreto della vita, nella sua brevità Del. Gua­ landi legge un min privativo che riguarda Q/q. hlqm. . . btnm: relative asindetiche dipendenti da mtym mortali la cui parte . . . il cui ventre Del Phil. bnym: soggetto di yib 'w i figli si saziano, secondo l'opinione comune; complemento «si saziano di figli» Del. wfPYnk: qere w�pwnk «i tuoi beni» Joiion 125 d. 15 'sb 'h bhqyt tmwntk: il sostantivo complemento di fh ' «mi sazierò della tua immagine» Targum Aquila Simmaco; Gir similitudine tua; il sostan­ tivo soggetto di hqyt «risvegliarsi, spuntare» del giorno, apparire, Vg cum apparuerit gloria tua Genebrardo, «quando risvegli la tua somiglianza» Pagnini. =

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=

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Studio globsle Jel sslmo l.

Genere

Il salmo è una supplica di un innocente perseguitato o ingiusta­ mente accusato, che ricorre in appello al tribunale di Dio. Afferma la sua innocenza ed accusa i nemici, chiede al giudice che esamini la causa, pronunci il verdetto e lo esegua. Per tutta la notte, fino all'ora della sentenza, gode dell'asilo del tempio: al mattino sarà am­ messo alla presenza di Dio. Il modello giudiziale, già commentato altrove (cfr. Sal 7), spiega

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coerentemente molti dati del salmo e specifica altri dati ambigui o in sé polivalenti: prestare orecchio, intendere, scrutare, scandagliare, entrano nel campo semantico forense, la parola è sentenza e l'azione è esecuzione. Sorgere, può appartenere al lessico bellico o giudiziale, cosl pure la spada, arma di guerra o strumento di esecuzione. La pena di morte risponde alla persecuzione a morte . La coppia �dqfn' si specifica con il significato di innocente/colpevole. Se si attribuisce al salmo un contesto vitale reale, l'innocente lo pronuncia quando giunge al tempio per fare appello al tribunale di Dio; ]} attende fino al mattino seguente. Possiamo pensare anche ad una composizione letteraria che adotta il simbolo giudiziale, il suo schema e la sua fraseologia per comporre una preghiera adattabile a diverse situazioni di persecuzione. La preghiera in ebraico viene chiamata tplh: non è una thnh = «petizione di grazia», né una ��qh = «querela, reclamo, denuncia». Un'altra ipotesi attribuisce al salmo una situazione militare in cui un capo o condottiero si sente inseguito e minacciato. La grave minaccia può essere un castigo di Dio, come la fuga di David insulta­ to da Simei (2 Sam 16, 1 1) . L'orante sa di essere innocente, ribadisce >, più categorica del Sal 86,8. Il principale teologo di questa confessione è il Deutero-Isaia. Secondo quadro: 30.33-46. Abbiamo già segnalato che questo qua­ dro, di un più vivo realismo, anche se stilizzato, non ha un profilo cosl definito come il primo. Nell'ipotesi che l'orante sia David, nella realtà o nella finzione letteraria, il v. 3 0 potrebbe fare allusione alla

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conquista della capitale gebusea. Il resto sembra suddividersi in due parti equilibrate dalla ripetizione «mi ha cinto di valore>>, nei vv. 33 e 40. Crediamo che la frase, sebbene non sia una formula tecnica, nel salmo equivale all'investitura militare (l Sam 1 7,28-39, verbo hgr) . a) I dati possono essere raggruppati tematicamente secondo fun­ zioni. e qualità o capacità militari. Molto importante è la mobilità, che comprende sia l'agilità, sia la sicurezza, tenendo conto della con­ figurazione del terreno. In secondo luogo, l'addestramento e l'abilità nel maneggiare le armi, balestra e scudo. Terzo, l'efficienza nell'ap­ profittare della vittoria per liquidare o sottomettere l' avversario. In tutto ciò è decisiva l'iniziativa e l'assistenza di Dio, che si può con­ centrare nell' immagine «la tua destra», v. 36. b) La disposizione dei dati avanza a zig-zag. Si anticipa la conqui­ sta di una città: si tratta della piazzaforte gebusea di 2 Sam 5 ,6-9? Abbiamo una prima fase, vv. 33-39, cosl distribuita: Dio istruttore militare che ammaestra nell'uso delle armi, vv. 35-36; comincia poi il movimento, segue l'inseguimento del nemico fino a sbaragliarlo e sottometterlo, vv. 37-39 . Seconda fase: nuovo riferimento all'investi­ tura, v. 40a; è Dio stesso a piegare il nemico o a volgerlo in fuga, v. 4 1b, di modo che sia ridotto al silenzio di fronte al re, v. 4 1b; i nemici invocano Dio invano, v. 42 , il re li tritura, v. 43 . Nel finale il re supera le contese interne e mantiene sottomesso un cerchio di vassalli, vv. 44-46. c) La redazione è sufficientemente generica per essere applicata a David o ad un altro re impegnato in lotte interne e in guerre contro nemici esterni. Può anche trasformarsi in una immagine o simbolo di altri tipi di battaglie. In questo quadro, il nemico non appare agguerrito e temibile; è come se fosse già sconfitto in partenza. L'unico sforzo che compie è quello di gridare, chiedere soccorso al Signore. D contrario del pri­ mo quadro, dove la concentrazione in una gigantesca scena esigeva la presenza di un nemico terrificante; cosl formidabile che era un'epi­ fania della Morte. A questo punto, nel secondo quadro, non hanno importanza le vittorie contro un nemico non certo temibile come quello di prima? L'asimmetria ci dice piuttosto che i due quadri vanno visti come versioni complementari. Il grido a Dio unisce ambedue i quadri per opposizione: il re gridava ed era ascoltato, il nemico grida ma non viene esaudito: iw ' sm '

:yS'

7 7 J-4

42 42 42

sw' l' 'nh ':yn mwsy '

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(Da notare il raffinato gioco sonoro delle corrispondenze e dei rimandi) . Un'altra differenza correlativa alla precedente, è che nel primo quadro è il nemico ad avere l'iniziativa, è un aggressore, mentre il re non è in grado di difendersi. Nel secondo quadro è il re a prendere l'iniziativa, a scatenare l'offensiva: è lui stavolta l'aggressore? Nel primo quadro era accerchiato ed incalzato, nel secondo con­ duce guerre di espansione. Tutto con l'assistenza immediata del Signore. Se l'autore ha presente alla mente la storia di David, è vero che molte delle sue campagne contro i Filistei erano difensive; però non tutte. L'autore del salmo si compiace nell'accumulare verbi come percuotere, annientare, triturare, polverizzare e nel ripetere la parti­ cella avverbiale tht = sotto (sub) . 30. gdwd: manteniamo le consonanti del testo masoretico. Si tratta di bande che possono essere agguerrite, senza raggiungere la consi­ stenza di un esercito: l Sam 30,8 . 15 ; 2 Sam 3 ,22; l Re 1 1 ,24; i commentatori che leggono gdr pensano ad un assalto contro muraglie o muri di cinta. dlg = «saltare, scavalcare>>, si legge ordinariamente in contesti pacifici, come Is 35 ,6; Ct 2,8; Sof 1 ,9. Il complemento dimo­ stra che il saltare è un assaltare. 33. Cingere di valore, come in l Sam 2,4; similmente Sal 65 ,7 e Pr 3 1 , 17. Drky indica la condotta nel suo insieme, senza escludere le imprese belliche. 34. mswh è un verbo raro, che si può paragonare con Ab 3 , 19. Con una certa libertà potremmo tradurre: «Compassa le mie gambe come quelle delle cerve». bmty sono le alture, monti e dirupi, tipici del paesaggio di Giu­ da, per i quali bisogna muoversi con rapidità e padronanza di sé. Il possessivo può insinuare la familiarità con il terreno accidentato . 35. qst nhwsh: come in Gb 20,24 . Il bronzo abbonda nella pesan­ te armatura del filisteo Golia, l Sam 1 7 ; secondo 2 Sam 8,8 David raccolse una grande quantità di bronzo come bottino di guerra. Per alcuni si tratta di un tipo d'arco speciale. La balestra è attestata nelle iconografie . 36. s 'd: appoggiare, sostenere: Sal 20,3 ; 4 1 ,4; 94 . 18; 104 , 15; 1 19, 1 1 7 . 'nwtk: le tue attenzioni, l e tue premure, molteplici per le situa­ zioni diverse e difficili in cui l'arante si è trovato. Dio si occupa e si preoccupa del suo Unto. Il termine, inteso come «umiltà» di Dio,

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dà origine al concetto rabbinico della 'anwatanut o condiscendenza abbinata al potere; ad es. Dt 10, 17; Is 57, 15 . 37. hrhyb �'d come costrutto è un hapax; alla lett�ra . È fare largo spazio per progredire? o permettere un movimento spedito e sicuro? Il contrario si legge in Pr 4, 12 : ; cfr. Gb 18,7 (>. Il sostantivo $'d richiama per assonanza il s 'd del v. 36. In consonanza con questi, anche il termine m 'd: si tratta di un termine raro: Sal 26, 1 ; 37,3 1 ; Pr 25 , 19. Il sostan­ .tivo qrsl (tallone, caviglia) è unico. 38. 'rdwp. . . 'sygm potrebbe essere reminiscenza di Es 15,9, o una semplice coincidenza provocata dal tema comune, come indicano Gs 2,5 ; Sal 7 ,6; Lam 1,3 . Più prossimo e significativo è il testo di l Sam 30,8, che condivide con il nostro testo tre parole, rdp, gdwd 'syg: «Devo inseguire questa banda? La raggiungerò?» 39. mh� è percuotere, pestare come in NJl! 24,8. 17; Dt 32,39; Sal 68,22.24; 1 10,5s, tutti in un contesto bellico. E una vittoria . 4 1 . Troviamo il tema in Es 23 ,27: «farò che i tuoi nemici ti voltino le spalle», cioè volgano in rotta. 'smytm : ridurre al silenzio: Sal 54, 7; 69,5 ; 73 ,27; 94,23; 101 ,5 .8; 143, 12. 42 . Gridano al Signore: logicamente questo starebbe a significare che i nemici accettano la fede in Yhwh, poiché non si invoca il Dio del nemico. A meno che qui non prevalga il punto di vista dell'auto­ re, per cui Dio è semplicemente ed esclusivamente Yhwh (cfr. Pr 1 ,28) . 43 . Le espressioni sono ricercate e vigorose. Il verbo shq è raro: Es 30,36; Gb 14, 19. Sul fango della strada: Mie 7, 10; Zc 9,3 ; 10,5 . L'immagine esprime la perdita totale di consistenza, fino a poter ride­ stare l'eco di un ritorno alla polvere della morte, anche se il poeta sofferma l'attenzione sulla dispersione della polvere: i nemici sono pulviscolo mulinato dal vento. 2 Re 13,7 parla dell'esercito di Ioacaz calpestato come pula, come «polvere di trebbiatura>>. 44. mryby 'm: la versione di 2 Sam 22 esplicita leggendo 'my = «del mio popolo>>. Ci serve per orientarci nella comprensione, non per emendare il testo, che nella scrittura antica, senza vocalizzazione, era identico. Il trono e la dinastia possono essere minacciati da conte­ se interne, da guerre civili, ribellioni, usurpazioni. Si sono verificati

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molti casi di questo tipo, e non soltanto nel regno settentrionale o nella vicenda politica, ascesa e regno di David. r's gwym: come sovrano di regni tributari, non precisamente co­ me imperatore di territori conquistati. 'm l' yd't: un popolo sconosciuto, cioè, che non è il mio, con cui non ho legami di parentela, straniero. Is 55,5 : , Rav «sono radiosi>>. 10. yr't: Graetz emenda in 'mrt: però già Agellio commentava: timor Domini, quo nomine legem significai. 'mt: sostantivo come predicato GK 14 1 c. 1 1 . hnhmdym: l'articolo h- come relativo Phil; il participio con articolo equivale ad un enunciato Duhm, cfr. GK 126b; Del lo chiama riassuntivo perché riassume in apposizione; per Briggs > Nei testi di Ugarit, in un testo accadico e in testi egizi, in Gen 20,9; Es 32,2 1 .30. 3 1 ; 2 Re 17,2 1 sembra significare l'adulterio; W. Moran, The scandal of the Great Sin at Ugarit, JNES 18( 1959) 280s. =

=

=

StuJjo globsle Jel sslmo 1.

Composizione: un salmo o due?

È la prima domanda che si pongono gli studiosi, benché la tradi­ zione antica non abbia posto in dubbio l'unità del salmo. Le ragioni per negare l'unità. Il cambio radicale di tema: natura o creazione nella prima parte, vv 2-7, legge di Dio nella seconda, vv . 8- 15. Altra ragione è il cambiamento di stile: nella prima parte .

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è mosso, irregolare, espressivo; abbraccia in poco · spazio grandi di­ mensioni, si compiace del paradosso. Nella seconda parte si impone una regolarità monotona, con sinonimi nella stessa posizione, con un ritmo regolare quinario J + 2; il tono è enunciativo, lo sviluppo non progredisce. D nome divino è 'El nella prima parte, Yhwh nclla seconda. Sulla base di queste motivazioni alcuni pensano che la singola numerazione del Salterio abbini in realtà due salmi distinti, forse co­ me il 1 16 o il 147, al contrario di 42-43; ogni sforzo per comprendere e spiegare il nostro salmo come unità è una fatica inutile. Altri pro­ pongono una spiegazione genetica: si tratta di un salmo primitivo, corretto e completato da un autore posteriore: il salmo primitivo par­ lava del messaggio della natura e l'autore posteriore corresse l'idea dicendo che quello è un linguaggio vero e aggiungendo che è necessa­ ria la legge. Secondo quest'ultima ipotesi, il salmo attuale è il risulta­ to unitario di due tappe diverse, di modo che la parte più significati­ va è la correzione. Contro questi argomenti si può ribattere: le ragioni addotte sono esagerate, il cambiamento di stile si adatta perfettamente al cambia­ mento di tema, poeticamente ambedue i temi possono coesistere. Pre­ cisamente in questo sta la bellezza del nostro salmo. Quanto alla spie­ gazione genetica, ci sembra una possibilità che non approda ad un grado sufficiente di probabilità. La correzione che si suppone sia stata fatta dall'autore posteriore può essere stata apportata dall'autore ori­ ginale, impostando e risolvendo la tensione. Non è chiedere molto ad un poeta biblico. Circa la divisione del salmo, Pérez de Valencia lo divide in tre parti, vv. 2-7 - 8-12 - 1 3 - 1 5 . Castellino lQ divide in qua�tro sezio­ ni: cielo e firmamento, sole, legge, domanda. Questa divisione logica ci servirà per spiegare il salmo per parti. Alcuni segni stilistici favori­ scono lievemente l'unità del carme: ripetizioni verbali o tematiche come str, vv. 7 . 13, fyf e fmh, vv. 6 e 9, d't e hkm,vv. 3 e 8; i predica­ ti della legge in relazione con la visione cosmica, m'yrh come il sole, thwrh come il cielo. Se questi indizi sono deboli, la vera forza dell' ar­ gomentazione sta nella lettura unitaria del salmo, che manifesta chia­ ramente la sua coerenza e la sua organizzazione interna. 2. Lettura unitaria del salmo

a) Il ge_.,nere dell'inno ammette facilmente materiali diversi, per­ ché possiamo lodare Dio con mezzi eterogenei. Ad esempio, il Sal 136, con la sua regolarità litanica, passa in rivista la creazione, la storia, per poi sfociare nella vita di tutti i giorni; il Sal 14 7, ricco

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di temi cosmici, termina con un riferimento alla legge . L'atteggiamen­ to fondamentale di riconoscimento e della lode non cambia con il mutare del suo oggetto o dei suoi motivi. Nel nostro salmo abbiamo in più l'ex abrupto che ci sorprende tre volte: all'inizio, al v. 8 e al v. 12; come se la sorpresa fosse un fattore stilistico del brano. La critica non ha il diritto di sacrificare il fattore sorpresa sugli altari del rigore logico. b) Al fattore proprio del genere, alcuni aggiungono un fattore specifico come chiave di unità del salmo: l'idea del sole che vede tutto e porta la giustizia sulle sue ali. Secondo un'antica concezione assira, attestata dall'archeologia nelle arti plastiche, il sole è portatore di giustizia; MI 3 ,20 potrebbe essere un'eco di detta concezione: «Li illuminerà il sole di giustizia che guarisce con le sue ali>> (cfr. il nostro Profeti, pp. 1396- 1398) . Il disco solare viene rappresentato con ali, si muove volando (nel salmo 19 non vola, ma corre come un uomo). Il sole vede tutto, perché il sovrano giusto deve vedere per castigare e premiare. Abbiamo l'unificazione del cosmico e dell'etico . Una con­ ferma di questa idea sarebbe la relazione legge-luce, attestata nell' AT: Is

Da Sion uscirà la legge, da Gerusalemme la parola del Signore Casa di Giacobbe venite, camminiamo alla luce del Signore. Il consiglio è lampada, l'istruzione è luce. Sl, abbiamo deviato dalla via della verità, non ci illuminava la luce della giustizia, né mai per noi è sorto il sole. 18,4 Erano degni di essere privati della luce quelli che avevano chiuso in carcere i tuoi figli per mezzo dei quali doveva essere trasmessa al mondo la luce incorruttibile della tua legge.

2,3 5 Pr 6,23 Sap 5,6

Tuttavia, osserviamo che il sole del nostro salmo è fonte di calo­ re, non di luce. c) Seguendo da vicino Delitzsch, proponiamo una lettura unita­ ria del poema. D cielo rivela all'uomo due cose, l'ordine (kosmos) e la lode. L'or­ dine come fatto antologico, la lode come interpretazione di linguag­ gio. L'autore lo esprime in termini metaforici: questo non impedisce che qualche autore moderno possa ravvisare o scoprire nella metafora una radice metafisica, che si potrebbe prolungare nel pensiero fino alla visione del linguaggio come «casa dell'essere>> o traducendo il mi­ rabile principio scolastico ens est verum in termini di linguaggio apofa­ tico. Torniamo al salmo: nel comunicare queste due cose, la natura

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interpella l'uomo, invitandolo alla lode e all'obbedienza. Come il cielo loda ed il sole obbedisce, cosl deve comportarsi l'uomo. Ritroveremo il valore esemplare dell'ordine cosmico anche alla fine del Sal l 04 ; lo leggiamo in Ez 43, 10 con un ragionamento simile a proposito del­ l' armonia del tempio: E tu, figlio di Adamo, descrivi questo tempio alla casa di Israele, perché provino vergogna delle loro iniquità.

Un'idea simile, riportata o citata da alcuni commentatori, si leg­ ge nel finale della poesia Torso antico di Rilke: . Unamuno esprime pensieri simili nel suo Andanzas y Visiones, nel capitolo «Il silenzio de la cima>>: «Y era forzosamente un ex amen de conciencia. El sol de la cumbre ilumina los mas escondidos replie­ gues del coraz6n». Tra i poeti italiani, citato da Ravasi, vale la pena ricordare alcuni versi di una lirica di R. Bacchelli: Non c'è creato che non torni a lode del creatore umano e sovrumano in un lume d'arcano aperto a tutti ed a nessuno: all'uomo. (Date di tempo amore e poesia, Milano, 1980 p. 1 1 6)

L'uomo potrebbe e dovrebbe aprirsi al linguaggio della creazio­ ne, potrebbe e dovrebbe elevare la voce come liturgo del cosmo (co­ me fa il Sal 148). Purtroppo pecca; allora Dio fa parola la sua volontà per dare i suoi ordini all'uomo. Questo è la legge nel suo aspetto attraente: più che una lista o serie oggettiva di comandi e proibizioni, è la comunicazione articolata di una volontà amorosa, premurosa. Vista cosl, la legge è ragionevole e desiderabile, preziosa e saporosa; l'uomo si sente attratto da essa, canta a voce spiegata le sue lodi. Si direbbe che la legge rimedi all'insuccesso della natura. Purtroppo l'uomo torna a peccare; e il suo peccato ora è più grave, perché la legge ha parlato con parole chiare e distinte. n fatto è che la legge comanda senza dare forze per il suo compimento, la legge divide dolorosamente l'uomo e gli rivela la sua impotenza. Gli sbagli commessi per"' inavvertenza, i torbidi desideri del subconscio affiorano alla coscienza e si fanno forti alla luce della legge. Non solo l'uomo scopre il suo limite radicale, in qualche modo condiviso con gli angeli

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(Gb 4, 18 e paralleli) , ma giunge anche a scoprire un potere tirannico che lo soggioga. L'autore parla «quasi con chiarezza e precisione paoline» (De­ litzsch) . Messa a nudo la sua incapacità radicale, l'uomo si volge a Dio chiedendo aiuto e, attraverso questo secondo passo, la legge libe­ ra l'uomo indirettamente o lo conduce sul cammino verso la liberazio­ ne. Solo l' azione di Dio può rendere innocente ed integro l'uomo, restituendogli innocenza e integrità. Solo allora l'uomo può intonare la lode, accordando la mente con le labbra, sperando che Dio lo accolga. Il messaggio silenzioso e sonoro del cielo arriva fino agli estremi, il calore del sole penetra dappertutto; la luce e lo splendore della legge non giungono fino all'intimo dell'uomo. Dio, che fa risuonare il cielo, che impartisce ordini al sole, che formula con precisione la sua volontà, deve intervenire di nuovo per «riscattare» l'uomo da un potere arrogante (g'/ = riscattare, msl = dominare, zdym = orgoglio) . Benché la legge sia limpida, brh, alcune azioni rimangono inavvertite; benché la legge illumini, m 'yrh rimangono movimenti occulti; benché ci sia da fidarsi, n 'mnh, rimane incombente la minaccia di un delitto grave. La legge, che dà coscienza del peccato, non libera dal peccato; però può portare l'uomo alla confessione, con la quale l'uomo «dà gloria a Dio» ( Gs 7, 19) . Cosl purificat o, può trasformarsi nel grande liturgo della creazione, dando linguaggio e parole formali al discorso inarticolato dei cieli. Ed è lui a pronunciare il settimo Yhwh della pienezza.

Esegesi Prima sezione: 2-5a . L'autore introduce ex abrupto i suoi grandio­ si personaggi intenti a parlare. Improvvisamente, senza l' introduzione consueta degli inni, senza presentarsi con un «voglio cantare», senza invitare l'assemblea con «lodate, cantate, benedite». È chiaro che par­ la il poeta, però dal di fuori del poema, cedendo il posto ai suoi personaggi, che calcano la scena con soli participi presenti. Solo alla fine della lirica l'autore prenderà la parola in prima persona. I cieli e il firmamento rappresentano spazi personificati (sulla personificazione poetica biblica rimandiamo al nostro Manuale di poe­ tica ebraica, pp. 15 1- 156) . Cieli al plurale, perché sono vari, sovrap­ posti: il firmamento, rqy ', è la calotta, la frontiera del mondo celeste, il piano che divide le acque. Collocati chiasticamen te agli estremi, abbracciano tutto lo spazio superiore. Manca la terra? La terra è l'«orbe»

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universale, il grande pubblico che ascolta il discorso celeste; oppure è lo spazio attraverso cui il pubblico è sparso. In ambedue le spiega­ zioni la fantasia si immagina uno scenario alto e un uditorio unico e gigantesco. Non ci risulta che gli ebrei avessero dei teatri per rap­ presentare drammi, tuttavia conoscevano l'uso di luoghi elevati dove parlare ad assemblee numerose: Gdc 9, 7; Pr 9,3 . Giorni e notti sono tempi personificati: sono il battito, il «polso» del tempo. Noi avrem­ mo detto che il giorno passa le consegne alla notte e la notte al gior­ no, in una continuità senza rottura. Il poeta biblico non vuole mesco­ lare esseri cosl diversi ed opposti, separati da Dio quando «separò la luce dalle tenebre». Giobbe testimonia appassionatamente l'incom­ patibilità dei due tempi, giorno e notte: «Quel giorno diventi tene­ bra . . . lo reclamino le tenebre e le ombre>> (Gb 3,4ss). L'autore non li confonde, giorno e notte non si parlano. Ciascuno passa le consegne al suo collega, come soldati separati in file parallele. L' attività dei quattro personaggi consiste nel parlare: racconta­ no, proclamano, sussurrano un discorso, si passano un'informazione . Sono già cinque termini che appartengono al campo semantico del linguaggio e non finiscono qui. La descrizione provoca stupore: come parlano cieli e firmamento, notte e giorno? La tradizione pitagorica parlò della (che è passato nella nostra espressio­ ne, talvolta ironica, «musica celestiale») : poeti come Dante, o alcuni romantici, hanno sfruttato a loro modo l'immagine. Nella nostra tra­ dizione si parla del «libro» del cielo o dell'universo con i suoi segni misteriori e de.cifrabili. È il magnus liber ipsa species creaturae di Ago­ stino in cui cielo e terra gridano: «lo sono opera di Dio» (Sermo 68,6) . Luis de Granada paragona le creature a lettere stupende ed illuminate di un grande codice; Antonio Vieira chiamò le stelle «parole» e le costellazioni «frasi» e qualificò lo stile celeste come «chiaro ed eleva­ to>>. Per non citare Ugo di S. Vittore, che parlava della natura come libro scritto dal dito di Dio, o P. Claudel che parlava del «grande libro dell'universo» da decifrare. L'Antico Testamento, se si prescin­ de da Is 34,4: «il cielo si arrotola come un foglio», non conosce que­ sta tradizione; l'autore del salmo si fa avanti con una scoperta che sottolinea con premurosa insistenza. Come un poeta vanitoso che, lieto della sua scoperta, insiste perché non sfugga al lettore. Non è linguaggio, eppure è linguaggio. Per dirlo, il poeta genero­ samente non lesina altri cinque termini del campo semantico del par­ lare (e siamo ..a dieci) . È un linguaggio con una struttura particol�re: non ha parole o lessemi, dbrym, non ha frasi o sintagmi, 'mr, non ha neppure suoni o fonemi, qwl: tuttavia si propaga dappertutto e

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raggiunge i confini del mondo. È un linguaggio intellegibile: nessuno può addurre la scusa della lontananza o del fatto che si tratti di una lingua straniera. È una lingua universale, anteriore e capace di supe­ rare la confusione di Babele. L'oggetto del messaggio si compendia in due parole: gloria e azione. Si tratta di una teofania del Dio supremo, titolo scelto qui per il Dio creatore in un messaggio universale. Spazi e tempi, in quanto opera di Dio, rivelano Dio in azione. Is 6,3 proclama che «tutta la terra è piena della sua gloria», però ha avuto bisogno dei serafini per proclamarlo; il nostro salmo fa a meno di serafini e di angeli. L'ebraico impiega la parola m 'fh al singolare: crediamo che qui significhi azione o attività, non opera. Non che il firmamento informi su qualche altra opera, ma esso stesso, presentandosi come opera, informa sull'attività divina. Nel nostro linguaggio popolare, di fronte ad un'opera siamo soliti dire: «Qui si vede la mano, il tocco di X». L'artista si tradisce nel suo stile. In termini filosofici, parleremmo con R. Guardini di «struttura simbolica» della natura, che come crea­ zione rimanda al Creatore e si percepisce attraverso la contemplazio­ ne e non il mero ragionamento logico o filosofico. Probabilmente anche il mare fa parte del gran quadro. Il mare resta inglobato nella terra, come nel binomio che indica totalità «cielo e terra»; inoltre il mare non è residenza di uomini che possano ascol­ tare il messaggio. In quattro versi abbiamo assistito al dispiegarsi di tutto l'universo, stimolati da un magnifico paradosso. Tacerà ora l'au­ tore per !asciarci ascoltare la musica delle sfere? 3 . Il verbo nh ' si dice dello scaturire di una sorgente, del gorgo­ gliare di una corrente: all'hiphil si adopera quasi sempre come meta­ fora nel campo del linguaggio. Donner ravvisa nella metafora un certo carat te re >, 2 Sam 7,29 . Il sintagma brkwt twb come in Pr 24,25. 'pt: più che la corona, il segno della regalità è normalmente il trono; in Is 62 ,3 è Gerusalemme la corona del giovane re . .5 . La richiesta è un privilegio o prerogativa regale, come provano Sal 2,8 e l Re 3,.5; però la richiesta dell'arante non corrisponde a quella di Salomone in l Re 3 ; la longevità equivale ad un lungo re­ gno, Sal 72,5. Per la «vita», si può ricordare il grido «Viva il re>> in l Sam 10,24; 2 Sam 16, 16; l Re 1 ,25 ; 2 Re 1 1 , 12 . 6. hwd whdr s i dice d i Dio e dell'uomo: Sal 4.5 ,4; 96,6; 104, 1 ; 1 1 1 ,3; 145,5 . 7 . hdh è un verbo raro: E s 18,9 e Gb 3 ,6. La gioia alla presenza, come in Sal 16, 1 1 . 9- 14. Seconda parte. Continuano i verbi alla seconda persona, come nella prima parte. Continua ad essere Yhwh lo stesso soggetto? Il movimento del salmo invita a continuare nella medesima chiave interpretativa: dopo i tuoi benefici accordati al re, rievocheremo le tue azioni di guerra in suo favore. Che il re sia un semplice beneficia­ rio corrisponde al suo ruolo nella prima parte. Quando nel finale la comunità dirà «canteremo il tuo valore/forza>> si riferisce a quello del Signore ed è la vittoria appena descritta. Tuttavia, alcuni pensano che il «tu» della seconda parte sia riferito al re. a) Il re. Il v. 12a, di Dio. Quanto al terrore che il volto di Dio provoca e ai suoi effetti citiamo un paio di testi: Sal Lv

34, 1 7 Il volto del Signore sui malfattori (pny Yhwh) per estirparne dalla terra il ricordo. 20,6 Io volgerò la faccia contro quella persona e la sradicherò dal suo popolo.

Bella è l'icasticità dantesca con cui G. Ceronetti traduce «Mo­ stragli il tuo volto di fornace>>. 1 1 . Come conseguenza del fuoco si bruciano frutto e seme, im­ magine trasparente della discendenza umana. MI 3 , 19 parla di «ramo e radice»; Sal 34, 1 7 parla di «memoria/ricordo», che può designare anche la discendenza maschile. Estinguere la discendenza è un castigo per le colpe passate e prevenzione di aggressioni future, quasi tutti senza pietà o senza speranza di conversione. È quanto esposto molto bene da ls 14,20: Si estinguerà per sempre la stirpe del malvagio. Preparate la strage dei figli per la colpa dei loro padri, che non si levino ad impadronirsi della terra e coprano l' orbe di rovine.

12 . hsb� mzmh indica che la malvagità è intenzionata e calcola­ Si veda Sal 10,2; 37,7; 139,20. 1 3 . A prima vista, inverte l'ordine cronologico (hysteron prote­ ron) . Per ristabilirlo potremmo dire: puntando l'arco contro di loro, ta.

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fa volger loro la schiena. A meno che non prendiamo •t pnyhm in senso ampio, qualcosa come «mirando a loro>>. 14. Invocazione finale, acclamazione e partecipazione corale alla festa. La forma verbale rwmh è meno frequente, si legge in Sal 57,5 . 12 = 108, 12 .

Trssposizione cristiiUJs Nell'applicare questo salmo a Cristo, parole come corona, vita, gloria acquistano un nuovo significato. Eh 2,9, commentando il Sal 8, vede il Messia «coronato di gloria e di onore»; Gc 1 , 12 e Ap 2 , 10 menzionano la «corona della vita», promessa a coloro che sono fedeli; Ap 4 ,6 e 6,2 mettono corone sul capo degli anziani e sul capo del primo cavaliere . Quanto alla vita, ricordiamo Gv 5 ,26: . Gv 17, l : >, cfr. Ez 13, 18; 18,27; l Re 20,3 1, Ros Del Phil Briggs. Altri emendano sulla scia di varie versioni antiche in napit lo qllya (da mia anima vivrà per lui» LXX; Gir traduce anima eius ipsi vivet cosl Baethgen. Airoldi assegna a l' un valore asseverativo. Keel-Leuv intende la frase come protasi condizionale con apodosi in 3 1a. 3 1 . zr': con suffisso -y per aplografia con LXX e Teodozione Cast But Kraus . yspr: forma pual; leggono pual Cast But Kraus ed altri. l'dny: riguardo al Signore Gesenius Thesaurus, p. 73 1b; HALAT 1-6. ldwr: come in 7 1 , 18 significa in sé la generazione futura Del; un'altra epoca o epoche con valore collettivo Ros; per sempre Dahood. Molti lo uni­ scono con yb 'w come relativa asindetica «la generazione che deve venire/ven­ tura>>; altri lo emendano al singolare o conservano il plurale ad sensum, cfr. =

=

-

433

Salmo 22

Sir 1,4 LXX, Briggs Duhm Gun Pod Cast But Kraus. Dah attribuisce a yb'w una funzione incoativa «che comincino». l'm nwld: LXX tekhthesomeno(i), Gir qui nascetur, il participio in parti­ colare del niphal, può equivalere al latino -urus, -ndus, -bilis, cfr. GK 1 16 e Joiion 1 2 1 i. ky '!h: con valore assoluto agire cfr. DBHE, 'fh l. Alcuni glossano con un complemento neutro e swb a «dirigersi, rivolgersi>>. Ebbene, tornare = rivolgersi al Si­ gnore è una conversione o cambio radicale di religione. La svolta ter­ mina nell'atto di omaggio, che è la prostrazione alla presenza della divinità. È possibile una interpretazione più sfumata: riconoscimento di Yhwh come Dio, senza abbracciare il suo culto esclusivo. Si vede Sal 86,9; Sof 2, 1 1 . 29. Regno universale, come nei testi profetici: Ger 10,7: «Tu lo meriti, Re delle nazioni>>; Abd 2 1 : «e il regno sarà del Signore>>; Zc 14,9: «Il Signore sarà Re del mondo intero»; Sal 47,8: «Dio è U re del mondo». 30 . Sebbene dSny possa designare metaforicamente persone im­ portanti, , influenti (in linguaggio popolare diremmo «gente grassa>> o con un altra metafora la «crema» della società), preferiamo prendere Iln nel senso di «ceneri», secondo Ger 3 1 ,40 «la valle dei cadaveri � delle ceneri :a /;pgrym whdsn.

Testo e commento

446

ywrdy 'pr: la forma più consueta è ywrdy bwr = coloro che di­ scendono nella fossa: Is 38, 1 8; Ez 26,20; 3 1, 14. 16; 32, 18.24.25 . 30. ; Sal 28, 1 ; Sal 88,5 ; 143, 7; Pr 1 , 12 . La frase designa i morti, non i mortali. L'omaggio a Dio da parte di morti è una concezione inusua­ le, per certi aspetti eccezionale. L'espressione e il senso di questo verso sono straordinari nel Salterio e nella teologia dell' AT. wnp'Sw l' hyh: Con altri autori emendiamo leggendo np'Sy con suffisso di prima persona e IO come dativum commodi, con il Signore come soggetto; il senso è: Dio conserva/rinnova la mia vita per sé, tiene in serbo per sé la mia vita. L'arante, che si è visto ad un passo dalla morte, conta di vivere grazie a Dio e per Dio; in questa maniera si pone tra la generazione di coloro che sono morti e la generazione di coloro che devono ancora nascere. La sua vita salvata è dunque un centro temporale. Con questa spiegazione non scompaiono tutte le difficoltà di un testo che sembra essere stato lesionato nella sua trasmissione. 3 1 . Il verso riprende zr' dal v. 24 e spr dal v. 23, con una sorta di inclusione. Continuano le difficoltà testuali. Abbiamo preferito leg­ gerlo unito al v. 30b (senza ldwr) in tre emistichi; leggiamo yspr come un piel e la preposizione l- con il senso di «riguardo a». Il senso che ne risulta è: una discendenza assicurata è parte della vita dell'o­ rante; i suoi discendenti continueranno ad essere fedeli servitori del Signore e trasmetteranno la tradizione paterna in onore di Dio. La famiglia è il primo cerchio concentrico. 32. Più ampia è la generazione futura, che è la prossima e le seguenti. Se leggiamo yb ' w come relativa asindetica ed eliminiamo per dittografia il w- di wygydw, il risultato è un parallelismo coerente: alla generazione futura annunceranno la sua giustizia al popolo che sta per nascere che egli agl.

In tutto il salmo si menziona una sola qualità divina: la «sua giustizia>>. Conosciamo la polivalenza semantica del vocabolo ebraico tdqh e possiamo domandarci: che tipo di giustizia? Può essere una giustizia giudiziale al di sopra delle parti in causa, una giustizia bilate­ rale di relazione con il suo servitore, una giustizia politica come quel­ la di un sovrano. Forse l'autore non ha voluto precisare. L'ultima frase, che sigilla la lirica è laconica, di una densità essenziale: ki 'aiah = che agl; cfr. Sal 37,5 «confida in lui ed egli agirà>>. L'epilogo suona cosl, brevemente, senza complemento né spiegazioni ulteriori; con un verbo si annulla ogni lontananza ed inazione della prima parte del salmo: Dio non abbandona, né se ne sta lontano.

447

Salmo 22

Trasposizione cristiana Bibliogrs&

Diversi fra i titoli citati all'inizio contengono riferimenti all'uso e all'ermeneutica cristiana di questo salmo. Inoltre, le citazioni prefe­ rite di questo salmo dal NT obbligano i commentatori dei passi neo­ testamentari corrispondenti a commentare in qualche modo l'utilizza­ zione del salmo. Offriremo qui una selezione di titoli che si riferisco­ no direttamente al salmo: F. SMITII , The Strangest word o/ Jesus, ExpTim 43( 193 1) 259-261 . E . CoURTE, Le Ps 22 au point de vue ecdotique, exégétique, de 14 forme ainsi qu'au point de vue messianique et dans 14 liturgie, Paris 19 32 . R. MuRPHY, The dereliction o/ Christ on the cross, Washington 1940. A. VACCARI, Psalmus Christi patientis in cruce, de morte triumphantis, Ps 22, VD 20( 1940) 72-80. 97- 104. }. DANIÉLou, Le Ps· 22 et l'initiation chrétienne, Maison Dieu 23( 1950) 3 1-39. Y. RoULET, Mon Dieu, mon Dieu, pourquoi m'as tu abandonné?, Paris 1950. F. AsENSIO, i Salmos mesilinicos o salmos naciona/es?, Gre 33(1952) 566-593 . A. GELIN, Les quatre Jectures du Ps 22, BVC 1(1953) 3 1-39. . J. DANIÉLOu, Le Ps 21 dans la catéchèse patristique, Maison-Dieu 49(1957) 17-34. J. SALGUERO, Quién es el desamparado del salmo 22?, CiTom 84(1957) 3-35. ]. DANIÉLOU, Le Ps 22 dans l'exégèse patristique, ColBibLat 1 3(1959) 189-2 1 1 . G .]. BoTrERWECK, Warum hast du mich ver/4ssen? Bine Meditation zu Ps 22,2-22, BiLe 6( 1965) 6 1-68 . J .R. ScHEIFLER, El Sal 22 y 14 cruciftxion del Senor, EstBib 24( 1965) 5-83 . P. DRIJVERS, Le Ps 22: Misère et gioire de l'homme et du Fils de l'homme, AssSeig 37(1965) 2 1-36. ).A. SOGGIN , Appunti per l'esegesi cristiana del/4 prima parte del Sal 22, BiOr 7( 1965) 105- 1 16. M.D. PluuPPE, Le mystère du Christ crucifié et glorifié, Paris 1968. H . GEsE, Ps 22 und das NT, ZTK 65(1968) 1-22. I I .D. LANGHE, Relationship between Ps 22 and the passion narrative, ConThM 43(1972) 610-621 . J.H. REUMANN, Ps 22 and the cross, lnter 28( 1 974) 39-58. ) . OswALD, Die Beziehungen zwischen Ps 22 und dem vormarkinischen Passionsbericht, ZTK 10 1(1979) 53-66. J . L. MAYS, Prayer and Christology. Ps 22 as perspective on the Passion, TTo 42( 1985) 322-33 1 . S . VAN TILBORGH, Language, meaning, sense and reference: Matthew's passion narrative •nd Psalm 22, HTS 44(1 988) 883-908. Lista al/abetic•

Asensio Botterweck

Mays Murphy

85 40

Smith Soggin

31 65

Testo e commento

32 Courte Daniélou 50.57 .59 65 Drijvers Gelin 53 68 Gese Langhe 72

448

Oswald Philippe Reumann Roulet Salguero Scheifler

79 68 74 50 57 65

Vaccari Van Tilborg

40 88

Il Sal 22, già straordinario nel repertorio dell'AT, ha riscosso un'importanza incomparabile a motivo della sua presenza e del suo uso nel NT. Dato che gli scrittori neo testamentari utili:tzano copiosa­ mente testi, vocabolario, concetti ed immagini del VT, non desta me­ raviglia che abbiano preso in maggior considerazione un testo ricco e che richiama l'attenzione come il Sal 22 . C'è da aggiungere altro, ed è la presenza del Sal 22 in momenti chiave, ·con parole testuali, con tratti descrittivi, nei racconti della passione di Cristo. Un cristia­ no che recita questo salmo, deve fare uno sforzo positivo per dimenti­ care i suoi legami con il NT. Come è avvenuta storicamente questa somiglianza nei tratti de­ scrittivi, questa coincidenza nelle espressioni? Un tempo il salmo veniva attribuito acriticamente a David, il quale, con spirito profetico, avrebbe vaticinato nei dettagli la passio­ ne del Cristo. Quando molti santi Padri menzionano «il profeta», si riferiscono a David come supposto autore del salmo. Questa soluzione cosl semplice non può persistere senza muta­ mento dopo l'affermazione dello studio critico della Scrittura. In una tappa storica dell'esegesi si ritiene ancora David come autore del sal­ mo, però il senso profetico del salmo viene spiegato per vie meno semplici che si reputano più convincenti. F. Delitzsch può essere con­ siderato l'esponente di un tipo di esegesi parzialmente critica, più completa ed accettabile, anche se non rinuncia a David come autore. Riassumiamo alcune spiegazioni dell'esegeta tedesco. a) Dio che guida e modella l'annuncio profetico come profezia in parole, modella anche la storia in modo che sia profezia in eventi. b) L'espressione letteraria di questa esperienza di David si assoggetta al ricorso poetico dell'iper­ bole: apporta ai meri e nudi fatti un plus o una eccedenza espressiva o descrittiva. c) Questa eccedenza è assunta dallo Spirito in una fun­ zione profetica. Per l'azione di Dio, un fatto della vita di David è figura, per l'azione dello Spirito un salmo di David è profezia. d) Sul piano psicologico: David si vede e si sente come Messia di Dio, proiettato verso il Messia futuro. In virtù di questa coscienza può contemplare idealizzate le sue prove e le sue speranze, oltrepassando la sua contingenza e protendendosi verso il Messia futuro. Nella teo·

Salmo 22

449

ria di Delitzsch, e in altre simili, entra come presupposto la tesi che i racconti della Passione di Cristo siano una cronaca puntuale di fatti e dettagli, senza la mediazione di una interpretazione, senza una ela­ borazione o rilettura teologica. Questo è ciò che l'esegesi attuale non può accettare e per questo l'esegesi «cristiana» del salmo percorre una via più umile e forse più profonda. Il nuovo presupposto fondamentale è che i narratori della passione utilizzarono il Sal 22 per comporre i loro racconti. Lo utiliz­ zarono per il suo valore tipico e teologico. a) Tipico. Il poema ricrea e generalizza la figura dell'innocente perseguitato dagli uomini, libe­ rato da Dio; lo incarna e lo realizza in una forma ideale ed esemplare. Ebbene, nessun altro come Gesù di Nazaret entra a pennello nel tipo dell' , dice Is 45 , 18. Al di sotto dei continenti scorrono correnti sotterranee, unite all'oceano, che emergono in superficie nelle sorgenti. La terra è del Signore: cfr. Es 9,29; 19,5; sul binomio universalità-elezione cfr. Dt 10, 14. 3 . Il luogo santo viene stabilito mediante una delimitazione nello spazio, e suppone una precedente elezione e una conseguente consa­ crazione. Sembra ricercato il gioco di parole yqwm-mqwm ( = stare/sito). 4-6. Due realtà si combinano: qualità etico-religiosa e il «cercare» Dio. In quale relazione si trovano? a) In una relazione cronologica o di condizione previa: gli innocenti possono venire a visitare Dio. b) Relazione complementare: si devono abbinare innocenza di vita e ricerca di Dio. c) Relazione di spiegazione: l'autentica ricerca di Dio consiste nel mantenersi innocenti, irreprensibili. Il dubbio è sorto, perché, esposte le condizioni, ci si attende una risposta corrispondente; qualcosa di simile a «poiché questo è il gruppo che si mantiene innocente». Uno schema mostrerà l' appa­ rente cesura logica: domanda: chi può? - risposta: coloro che sono innocenti - moti­ vo: poiché questi ti cercano. Diversi testi si riferiscono all'ingresso liturgico o simile del popo­ lo. Si è soliti citare: Sal Sal Is

100,4 Entrate per le sue porte con azioni di grazie, per i suoi atri con inni. 122,2 Ed ora stanno varcando i nostri piedi le tue soglie, Gerusalemme. 26,2 Aprite le porte, perché entri un popolo giusto.

Negli ultimi due testi, si tratta delle soglie o porte di Gerusalem­ me, però in quanto città santa. Per ciò che concerne il «salire», si tratta di una ascensione fisica,

Testo

e

commento

472

carica di senso simbolico, come mostrano Is 2,3 = Mie 4,2 e forse, per allusioni, i cosiddetti «salmi ascensionali / di salita>>, vale a dire il blocco dei Sal 120- 134. 4 . Mani e cuore formano un merismo che include ogni serie di azioni, pensieri e desideri. La seconda coppia sembra riferirsi all'ido­ latria e al giurare invano, precetti del Decalogo. ns' nps: Sembra avere il significato di una inclinazione intensa verso qualcosa. Letteralmente è «alzare il respiro, la gola» e spiritua­ �:izzando «alzare lo spirito». Da cui può derivarsi il concetto di «eleva­ zione spirituale>>. Si veda Dt 24, 1 5 : ) . Dopo, la scena finale attrae il primo verso, che viene riferito a Cristo glorificato, re universale, da Atanasio; per Girolamo la mon­ tagna è la Gerusalemme celeste, mentre per Eusebio è il Verbo stes­ so. Il corteo viene identificato simbolicamente con la comunità cri­ stiana. L'applicazione globale è chiara e facile, le applicazioni partico­ lari possono variare. Per Origene il cuore puro è simbolo della vita contemplativa, mentre le mani innocenti della vita attiva; il «cuore puro» richiama ovviamente la beatitudine di Mt 5 ,8 ; la benedizione che ricevono i fedeli richiama l'annuncio di Mt 25 ,34: «Venite bene­ detti dal Padre mio». Agostino commenta in chiave ecclesiologica il v. 2 : «l fiumi ed i torrenti possono avanzare precipitosamente, ma la Chiesa resterà sempre al di sopra dei flutti>>. I simboli spaziali della salita e dell'entrata, per quanto siano in­ differenziati, restano disponibili per nuove letture.

SALMO 25 l A Te, Signore, elevo l'anima mia: 2 B in te confido, ch'io non resti deluso, non trionfino su di me i miei nemici. 3 G Quanti sperano in Te non restino delusi; restino delusi gli sleali senza motivo. 4 D Indicami Signore, le tue vie, insegnami i tuoi sentieri; 5 H avviami con la tua fedeltà, insegnami, poiché tu sei il mio Dio salvatore. 5 bW In Te spero tutto il giorno 7b per la tua bontà, Signore. 6 Z Ricordati, Signore, che la tua compassione e la tua lealtà sono eterne; 7 1:1 dei peccati della mia giovinezza, delle mie colpe non ricordarti; secondo la tua lealtà, tu ricordati di me.

s T Buono e retto è il Signore: perciò addita la via ai peccatori; 9 Y avvia gli umili con il precetto, insegna ai poveri la sua via. 10 K Tutti i sentieri del Signore sono lealtà e fedeltà per quanti osservano l'alleanza e i suoi precetti. 1 1 L Per il tuo nome, Signore, perdona il mio delitto, per grande che sia.

12 M Chi è costui che rispetta il Signore? Gli indicherà1 la via da scegliere: 13 N la felicità sarà sua dimora e la sua progenie possederà una terra. D Signore si confida con i suoi fedeli 14 s e con la sua all.eanza li istruisce. 15

I miei occhi sono fissi nel Signore, sl, egli districherà i miei piedi dalla rete. 16 P Volgiti a me ed abbi pietà, perché sono afflitto e solo; '

1

prospetta .

Testo e commento

4 76

allarga il mio cuore rinserrato, districami dalle mie angosce . 18 Q Guarda la mia afflizione e il mio travaglio e perdona tutti i miei peccati; 19 R vedi quanti sono i miei nemici che mi odiano con odio violento.

17

S

20 S

Custodisci la mia vita e liberami eh' io non resti deluso di essermi rifugiato in te. 2 1 T Integrità e rettitudine mi custodiranno perché in te spero. 22 Redimi, Dio, Israele da tutti i suoi pericoli!

Biblio,.S. A. RosE, Le Psaume 25: Vm toi, Seigneur, ;'élève mon ame, AssSeign 3 1 (1963) 1 1-20. Ps 25 und die Grenze Kultorientierter Psalmenexegese, ZAW 84 (1972)

L. RuPPERT,

576-582.

Analisi lilologics

2. 'lhy: se si unisce con il v. 2 turba l'ordine acrostico; se lo si unisce con il v. l, turba il ritmo. Kohler lo legge come una interiezione, che non rientra nel metro; Gun e But pensano che nell'emistichio manchi qualcosa; si potrebbe spostare yhwh per ottenere un ritmo di 3 + 2: avremmo allora 'lyk npsy 'f' l yhwh 'lhy. 3. rqym: avverbio «senza ragione» LXX dia kenes, Gir ·Phil Gun; «senza risultato, senza esito» Briggs; But lo prende come sostantivo reqim «gente vile». 5 . 'wtk: la maggioranza, con alcuni manoscritti del greco e del siriaco, aggiunge la lettera waw, per ristabilire la sequenza acrostica. 7. 'th: enfatico. 9. ydrk: forma poetica al posto dello yiqtol Del, cfr. Duhm Gun GK 109 k. ylmd: con doppio accusativo GK 1 17 cc. 1 1 . ws/ht: w- enfatico e perfetto precativo Dah; w- inversivo e valore di futuro Phil Del Duhm Gun cfr. GK 1 12 nn; w- consecutivo dipendente da uno iussivo implicito Briggs. ky rh hw': concessiva Gun, cfr. Es 13, 17; Sal 4 1,5, Dah But, cfr. Gese­ nius Thesaurus, p. 680b. .

Salmo 25

477

12. ybf1r. relativa asindetica Joiion 158 a; cfr. LXX Gir Briggs Phil Gun GK 155 l. Forse con un valore modale «che deve scegliere)). 14. wbrytw lhwdy 'm: equivale ad un futuro perifrastico facturus est, con il complemento anticipato come in Dn 2, 16 Del. La sua alleanza consiste nel far conoscere (il suo segreto) Phil Duhm; l- enfatico + perfetto Dah. 15. ky: finale Briggs; per quasi la totalità dei commentatori, sulla scia di LXX e Gir, ha un valore causale. 16. yhyd: solitario, abbandonato Ros; solo, senza parentela Dah. 1 7 . hrhybw: LXX eplatynthesan, Gir multiplicatae sunt. Soggetto �rwt, il verbo con valore intransitivo: «si sono fatte spazio, si sono allargate)) per Kim; soggetto �rwt, il verbo con valore transitivo «dilatarono il mio cuore» per Shultens Phil cfr. Gb 12,3. Trasferiscono il -w alla parola successiva e leggono un imperativo Ros Del Briggs Duhm Kraus Ravasi. Per Dah è un hiphil privativa. 18. r'h . Ci si attende la lettera qof, come l'acrostico richiede, e non è probabile un equivoco della mano dell'artista che ha vergato questi versi; più probabile è l'equivoco di un copista, tratto in inganno dal r'h del verso seguente. Per emendare l'errore gli esegeti propongono diversi verbi che co­ minciano con la lettera qof: qdm Ewalds, qbl Hitzig, qwmh Baurs, qsb Gun; (/fr Duhm; accorderemmo un leggero vantaggio a qdm e a qsb. hfwty: per la vocalizzazione si veda BL 25 h 77 d. 19. ky: causale Gir; completiva Gun. 20. 'l 'bws: forse equivalente di 'l 'bwsh, cfr. l Cr 21, 13 Del.

Stumo globsle del sslmo 1.

Genere e contesto

In primo luogo il salmo appartiene al gruppo degli acrostici alfa­ betici, che sgranano uno dopo r altro i loro versi seguendo la sequenza delle lettere dell'alfabeto. Vengono considerati tardivi e nella creazio­ ne poetica corrispondono a situazioni didattiche o di scuola, nell'uso alla pietà privata del singolo o del gruppo. Per tema e tonalità, il salmo risponde allo schema triangolare della supplica, se si eccettua la mancanza di una promessa di lode. Prevale il discorso in prima persona, là dove l' orante fa presente le sue necessità, quello in seconda persona là dove innalza la sua suppli c:a a Dio; da qui r abbondanza di imperativi o equivalenti. Supponiamo che un maestro voglia cominciare o terminare la sua lezione invit ando i suoi alunni a pregare, come esorta Ben Sira nel­ l'invito di Sir 39, 14, dove la lode a Dio si sprigiona dagli alunni c:ome profumo, o in Sir 43,30, dove la lode richiede una fatica inde.. ..

Testo e commento

478

fessa. Il maestro compone una preghiera «scolastica)>, di tipo didatti­ co, che i suoi alunni potranno memorizzare facilmente, grazie all'arti­ ficio mnemotecnico dell'acrostico alfabetico. Naturalmente tutto que­ sto è frutto della nostra immaginazione, e non va preso come un'in­ formazione storica verificabile. >, Ros Del Duhm Briggs Wei But Dah. Altri danno ad hfp il significato di «irrigare», Cazelles cfr. Is 30, 14 Ag. 2, 16. Gun emenda in wayhappes ya 'alot «spaventa i camosci». G.R. Driver in JTS 32(1930/3 1) 255 suppone un verbo hfp «far nascere prema­ turamente, abortire» e y 'rh lattante e traduce «and causeth bleating kids to be brought hastly to birth». klw: il suffisso si riferisce a hykl: «tutti gli esseri di esso (il tempio)» Del; in tutto il suo palazzo ( l'universo) Ros; LXX pas tis, Gir omnis, equivale a hakkol cfr. Sal 14,3; 53,4 Gun. lO. lmbwl: per (preparare) il diluvio Del Baethgen; sopra il diluvio (ac­ que superiori) Phil Duhm Briggs Pod But Kraus Cast; l'oceano primordiale Rav. ysb: come intransitivo: sedersi, essere assiso; gesto di autorità, avere il trono sopra/per Aquila Simmaco Ros. Transitivo: fa abitare LXX ton ka­ t�Jklysmon katoikiei, Vg inhabitare facit; ossia invia la bufera, Sa, Bellarmino; o rende abitabile quello che prima era stato inondato Heser Teodoreto. «Abita nel diluvio» Thalhoffer Hoberg. =

=

=

=

=

=

Stumo globale del almo 1.

Genere e dipendenze

È evidente che questo salmo è un inno al Signore cosmico della tempesta. Invece di incitare se stesso o di rivolgersi ad una assem­ blea, il liturgo interpella alcuni . L'unica cosa che l'uo­ mo può dare a Dio sono i ringraziamenti di lode: ma questa capacità umana trascendente è negata a quanti discendono nella fossa. Costoro restano senza voce individuale o corale, Dio rimane senza la loro lo­ de . Su questo sfondo vuoto, risalta la voce giubilante del salmista. Tutto il poema sta di fatto negando questo silenzio sterile ed un paio di volte si esprime il desiderio compiuto, la gioia di lodare il Signore. Il salmista ha bisogno di un coro (v. 5) per far risaltare al di sopra di esso la sua voce di solista (v. 1 3) ; da qui la coincidenza dei verbi zmr e hwdh in ambedue i versi. Leggiamo in Is 38, 18s il cantico di Ezechia: =

Poiché l'Abisso non ti rende grazie, né la Morte ti loda, non sperano nella tua fedeltà quelli che scendono nella fossa. I vivi, sono i vivi a renderti grazie, come io ora.

Gli fa eco tardiva Ben Sira in Sir 1 7 ,27s: Nell'Abisso chi loda il Signore, come i vivi che ti rendono grazie? Il morto, come uno che non è più, cessa di lodarlo, chi è vivo e sano loda il Signore.

.541

Salmo 30

«La lingua del muto canterà», Is 35 ,6, cosl pure quella di colui che stava per diventar muto per sempre. A questo paradigma appartengono i verbi zmr, hwdh, hgyd, rwmm e il sostantivo rnh. 5.

La direzione del movimento

In contrappunto con lo stretto ordine cronologico, il salmo stabi­ lisce un movimento che possiamo chiamare ascendente. Non è un movimento ticlico o ricorrente: le ripetizioni non sono ritornelli che segnino un da capo nell'esperienza dell'orante. Nemmeno sottolinea­ no un perpetuo movimento alterno, da un estremo all'altro, tra due poli. Non è questo il senso delle polarità né del salire e scendere nei vv. 7- 12 . Quando diciamo ascendente, vogliamo indicare che si passa dalla morte alla vita, dalla malattia alla salute, dalla sera alla mattina. Tutto si è risolto e si risolve felicemente . La morte non ha cantato vittoria, il vivo canterà per sempre. (Per contrasto di tona­ lità e di esito, cfr. la morte anticipata nello sfacelo fisico vissuto dal­ l'orante del Sal 6) . Possiamo chiederci: davvero per sempre? Che significa questa espressione sulla bocca di un autore dell'AT? Il salmista non sta ripe­ tendo nell'ultimo verso l'atteggiamento del v. 7 che gli era costato la dura lezione della caduta? Il verso finale non è «un pensare non scalfito da dubbi»? Quando l'orante dice «per sempre», vuoi dire «men­ tre vivo», pensando di non morire prematuramente: cfr. Es 2 1 , 6 = Lv 25 ,46 l'espressione «schiavo per la vita» (e in DBHE 'wlm la.). Nel medesimo tempo in cui esulta pieno di fiducia, l'orante la­ scia cadere nel salmo un paio di schegge che inquietano. Chi è il nemico di cui parla il v. 2b? Crediamo sia il potere della morte; come dirà Paolo, «l'ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte>>, l Cor 15,26. Ebbene, la morte questa volta non ha trionfato, si è ritira­ ta quando allungava le mani per ricevere la sua nuova preda, non ha lanciato il sogghigno di trionfo; però sa che vincerà l'ultima batta­ glia e potrà cantare vittoria sopra l'illuso salmista: « È cosl caro il prezzo della vita, che mai loro basterà» (Sal 49,9) . A dirlo molto chiaramente è il v. 10: «Ti potrà forse rendere grazie la polvere?>>. Se questa volta non è capitato, presto il salmista scenderà nella fossa e non loderà più il Signore. Il suo grido finale di trionfo e di lode non è né durfturo né definitivo. È interessante che il poeta impieghi lo stesso avverbio l'w/m nel v. 13 e nel v. 7 «non vacillerò mai>>. Quel «mai>> durò ben poco, quel «per sempre» non durerà che lo spa­ zio e il soffio di una vita effimera; e la frase finale del salmo non

1Lesto e conunento

giunge a significare ciò che vuole o può significare «per sempre>>. Nel­ la spiritualità dell'AT, dopo il Sal 30 ; sarà la volta del Sal 88. Anche in questo l'orante domanda retoricamente: Sorgeranno le ombre a darti lode? Si celebra forse la tua lealtà nel sepolcro o la tua fedeltà nel regno della Morte? Si conoscono i tuoi prodigi nelle tenebre o la tua giustizia nel paese dell'oblìo?

Il salmo 88 termina nello stesso punto in cui è cominciato: per usare un'immagine di Ungaretti, in «una corolla di tenebre»: «Hai allontanato da me amici e conoscenti; mi sono compagne solo le tenebre».

Esegesi 2 . dlh si dice dell'attingere acqua da un pozzo, il tirare su un'an­ fora o un secchio da un pozzo, cfr. ad es. Es 2, 16 e Pr 20,5; cfr. DBHE , dlh. Ceronetti traduce incisivamente .

Più avanti, sulla scia di Sane Agostino, identifica la sera con il peccato di Adamo ed il mattino con la Risurrezione di Cristo: «Nostro Signore ebbe una sera in cui fu sepolto ed una mattina in cui risuscitò. Anche tu fosti sepolto una sera nel paradiso e

risuscitasti il terzo giorno».

Cristo ottiene la vittoria anche per i suoi fratelli, gli uomtnt: «come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cri­ sto>> (l Cor 15,22). Questa è la speranza cristiana, cantata con giubilo da Paolo. Un inno medievale, di Adamo Vittorino canta, giocando con l'assonanza di « letum » = oblìo = morte (il fiume Lete) e laetum = lieto: Mane novum, mane laetum vespertinum tergat fletum quia Vita vicit tempus est laetitiae.

Cristo potè pronunciare per la prima volta, con tutto diritto e pieno senso l'ultimo verso del salmo: «Ti ringrazierò per sempre». I cristiani possono far proprio sulle loro labbra il salmo, accettare come disegno di Dio le polarità umane fino alla morte e sentire la gioia anticipata della vittoria della vita sulla morte; ciò significa che possono dire davvero «ti ringrazierò per sempre>> aggiungendo un ver­ so come antifona: «Rendiamo grazie a Dio che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo» ( l Cor 15,57).

SALMO J1 2 In Te mi rifugio, Signore: ch'io non resti mai deluso1 ; per la tua giustizia salvami. 3 Prestami ascolto, vieni presto a liberarmi, sii mia rocca di rifugio, piazzaforte che mi salva; 4 poiché mia rupe e mia piazzaforte sei tu: per il tuo nome, dirigimi e guidami; 5 districami dalla rete che mi hanno teso, poiché sei tu la mia difesa. 6 Nella tua mano affidavo la mia vita e mi liberasti, Signore, Dio fedele. 7 Odii chi venera idoli vani, io invece confido nel Signore. 8 Festeggerò, celebrerò la tua lealtà, poiché hai guardato alla mia afflizione, hai vegliato sulla mia vita in pericolo. 9 Non mi hai consegnato in balia del nemico, hai posto i miei piedi su terreno spazioso.

10 Pietà, Signore, sono alle strette: dilavati di pena i miei occhi, la mia gola e il mio ventre; 1 1 la mia vita si logora nell' angoscia, i miei anni se ne vanno in gemiti, per la mia colpa si spegne il mio vigore e si macerano le mie ossa. 12 Tutti i miei rivali mi dan la baia, ammiccano contro me i miei vicini, sono lo spavento dei miei conoscenti: mi vedono per strada e mi scansano. 13 M'hanno dimenticato come un morto, sono diventato un coccio inutile. 14 Risento il motteggio di molti: «Uccello di malaugurio», mentre congiurano contro di me e tramano di togliermi la vita. 1

defraudato.

Salmo 3 1

15 Ma io confido in Te, Signore, dico: Tu sei il mio Dio. 16 Nella tua mano stanno le mie sorti: liberami dai nemici che mi perseguitano. 17 Mostra al tuo servo il tuo volto raggiante, salvami per la tua lealtà. , 18 Signore, ch io non resti confuso per averti invocato; siano confusi gli empi e piombino muti nell'Abisso; 19 restino mute le labbra mendaci che cianciano insolenze contro il giusto con superbia sprezzante. 20 Quale grande bontà riservi ai tuoi fedeli e dispensi, alla vista di tutti, a quanti in Te si rifugiano. 2 1 Nel tuo nascondiglio personale li nascondi dai complotti degli uomini, nella tua tenda li ripari da lingue rissose. 22 Benedetto il Signore che ha fatto per me prodigi di leatà nella roccaforte; 2 ' ed io che avventato dicevo: >. Il Dio che perdona è il Dio che protegge e libera. 7. Nella interpretazione comune, continua a parlare l'arante. Pen­ sare alla protezione di Dio in una preghiera penitenziale è un fatto che troviamo ad es. in Sal 50, 15 . Il peccatore non ha diritto alla protezione divina, finché non sia stato perdonato. rny plt: se la radice rnn è frequente nel Salterio, un sostantivo ron sarebbe un hapax. Se lo si accetta, la traduzione è «canti/grida di liberazione», intesi come esultanza dell'assemblea che, ispirata da Dio, attornia l'arante con acclamazioni di giubilo. Di passaggio, De­ litzsch nota che il fonema rny prolunga sonoramente il verbo t�rny. Altri vocalizzano ronni = il mio clamore e assumono pallet come il contenuto del grido «mettimi in salvo». Il verbo sbb ha la modalità del proteggere. 8. Supponiamo che a parlare sia il Signore, che risponde all'aran­ te: gli assicura la protezione e lo ammonisce con le sue istruzioni. D secondo emistichio è problematico. Il testo ebraico 'y '�k suppone il verbo y '.r che significa «consigliare>>, che collima con il contesto e costituisce un buon parallelo di 'skylk; in tal caso dobbiamo assume­ re 'lyk 'yny come proposizione nominale: «il mio occhio/sguardo è su di te (che vigila e ti protegge) . Altri preferiscono leggere un verbo '.fh (che in Pr 16,30 significa «strizzare l'occhio, ammiccare>>) con il significato di . Al peccatore confesso e perdonato tocca intra-

575

Salmo 32

prendere un cammino nuovo, un itinerario diverso: come in Sal 50,23 sam derek = che dispone il cammino/strada (della conversione) o 5 1 , 15: «insegnerò le tue vie, i peccatori a Te ritorneranno)>. 9 . Se con alcuni manoscritti leggiamo teht, continua l'esortazione dell'arante. Mantenendo il plurale, l'ammonimento divino ingloba ora l' orante e > di Esopo o Fedro, ci richiama il cele­ bre verso dantesco: «Fatti non foste per viver come bruti, ma per seguire virtude e conoscenza)> (In/ XXVI, 1 19) . Essere razionale, si­ gnifica essere ragionevole, lasciarsi guidare dal Signore con consigli, non con le bastonate o le frustate. Dice Pr 26, 3 : «Frusta per il caval­ lo, cavezza per l'asino, per la schiena di uno sciocco la sferza)>. Per il termine 'dyw, si suppone un sostantivo 'dy = focosità, vi­ gore, o una scrittura variante di 'wz/'wd = forza. Il termine blm è un hapax e compare soltanto qui. 10. All'ammonimento del Signore, l'orante risponde con una ri­ flessione generale. Il : l'atto penitenziale si con­ clude con un tono festoso.

Trssposizione cristiiUJs S . Paolo cita i primi versi in Rm 4 , 7-8, come un altro caso in cui Dio salva e ristabilisce o riabilita l'uomo indipendentemente dalle ' opere. II perdono non è stato concesso per una buona condotta, per meriti acquisiti, ma semplicemente perché il peccatore ha chiesto per­ dono. Dal momento che il salmo parla di 'dm = uomo, il principio vale per chiunque, sia circonciso che incirconciso.

Testo

e

commento

576

Senza citare il salmo, e probabilmente senza farvi allusione, Gio­ vanni propone una dottrina simile sulla confessione: l Gv 1,8: Se affermiamo che siamo senza peccato, noi fuorviamo noi stessi e non abbiamo dentro di noi la verità. Se riconosciamo i nostri peccati, Dio che è fedele e giusto cancella i nostri peccati e ci purifica da ogni ingiustizia.

Nel v .6 Eusebio vede una allusione al diluvio, e fa implicitamen­ te di Noè un hsyd (Gen 6,9 lo chiama �dyq tmym). Agostino salta per somiglianza ad un diluvio escatologico, da cui si salveranno coloro che saranno fedeli come Noè. Sul v. 8 Atanasio commenta: «L'occhio di Dio diffonde uno splen­ dore che illumina lo spirito e gli indica il cammino della terra promessa».

SALMO JJ

Lodate, giusti, il Signore, perché la lode spetta agli uomini retti. 2 Rendete grazie al Signore con la cetra, suonate per lui l'arpa a dieci corde. 3 Cantategli un cantico nuovo, accompagnate le ovazioni con bordoni. l

4 Poiché è retta la parola del Signore, e tutta la sua attività è accreditata. 5 Ama giustizia e diritto, la sua misericordia riempie la terra. 6 Dalla parola del Signore fu fatto il cielo, dall' alito della sua bocca i suoi eserciti. 7 Racchiude in un otre le acque del mare, pone in serbatoi gli oceani. 8 Tema il Signore la terra intera, tremino dinanzi a lui gli abitanti del mondo. 9 Perché egli lo disse, e fu egli lo comandò, ed esistette. Il Signore annulla il progetto delle nazioni e sventa i piani dei popoli; 1 1 ma il progetto del Signore si realizza sempre, i suoi piani di generazione in generazione. 1 2 Beata la nazione il cui Dio è il Signore, il popolo che si è scelto come eredità. lO

1 3 Il Signore guarda dal cielo, vede tu tti gli uomini. 14 Dal suo soglio osserva tutti gli abitanti della terra: 15 Egli, che ha plasmato ogni cuore e conosce tutte le loro azioni. 1 6 Un re non vince per il suo grande esercito, né un soldato scampa per la sua gran prestanza; 1 7 fallace è la cavalleria per la vittoria, per il suo grande esercito non si salva. 1 8 Ecco, l'occhio del Signore sui suoi fedeli, su quanti sperano nella sua misericordia,

Testo e commento

578

19 per liberare la loro vita dalla morte e farli vivere in tempo di fame.

20 Noi attendiamo il Signore che è nostro aiuto e nostro scudo; 2 1 il nostro cuore lo festeggia e confidiamo nel suo santo nome . 22 Ci accompagni la tua misericordia, Signore, come noi lo speriamo da te.

Bibliogn/i• A. VACCARI, Cogitationes cordis eius in generatione et generationem, Ps JJ, 1 1, VD

24(1 944) 193-20 1 . R . RABANos, Salmos Jl y JJ, CuBi 5(1948) 3 17-320 . A. DEISSLER, Der anthologische Charakter des Ps JJ, in FS Robert, Paris 1956, 225-233. J.T. MILIK, Deux documents inédits du Désert de ]uda, Bib 38( 1957) 245-268. A. GREINER, Trois études bibliques, Ps JJ; Gv 8,30.59; 2 Cor, RRéf 75(1968) 1-16. L. VOSBERG, Studien zum Reden vom Schopfer in den Psalmen, BEvTh 69( 1975) 16-2 1. ].M. VINCENT, Recherches exégétiques sur le Ps JJ, VT 28( 1978) 442-454. T. STRAMARE, Salmo JJ: Inno a/14 potenza e aliti, provvidenza di Dio, ParVi 24( 1979) 454-457.

Analisi filologia

5. Qsd: complemento di ml'. 6. b-. . . b-: preposizione d'agente per un verbo passivo DBHE, b- l.e. 7. ned: deposito, Buxtorfius Ros Del; argine diga Ros Hitzig Phil cfr. Ger 5,22. Alcuni emendano in no 'd/nod otre Dathe Briggs Duhm Pode­ chard Cast But Wei Kraus. Sulla bas� dell'accadico e dell'ugaritico altri leg­ gono «giara>>. 8. yyr'w: plurale ad sensum GK 145 e. 9. wyhy: forma pausale GK 75 s Joiion 79 s,3 . 12. bhr: come hyh con l- di persona e /- di funzione o predicativo: proposizione asindetica. 15 . yhd: indica la totalità: tutti, senza distinzione, parimenti, senza ec­ cezione, Gir pariter, Marinus Ros Del Briggs Hitzig Kraus Wei Pod Cast. Per altri indica la singolarità: LXX kata monas Genebrardo Ibn Ezra Duhm, cfr. Esd 4,3. 16. 'yn: negazione in frase nominale Joiion 160 g.i.; regge tutto il verso. brb: b- strumentale Joiion 132 e, 133 c; oppure concessivo. 17. ym/t: LXX legge un passivo. 22 . k'sr: modale «come»; oppure causale, «perché». =

579

. Salmo 33

Studio globsle Jel sslmo l.

Genere e sviluppo

Il salmo 3 3 è un salmo numerico e alfabetico, vale a dire ha 22 distici quante le lettere dell'alfabeto; quasi tutti retti dalla formula ritmica 3 + 3. Ricalca con fedeltà lo schema e le formule del genere dell'inno: invito alla lode e motivazione·. Si suppone recitato o inizia­ to da un liturgo, accompagnato con strumenti e probabilmente canta­ to dagli astanti. Salta subito agli occhi l'ampiezza della cornice, che occupa tre versi ali' inizio e tre versi nel finale, più di un quarto del testo della lirica. Questo inno loda Dio in quanto creatore della natura e come colui che guida gli eventi della storia; sul palcoscenico dell'umanità distingue le nazioni ed il popolo eletto. Si può discutere se il processo storico di rivelazione abbia seguito il movimento contrario: il popolo si riconosce eletto dal Signore, scopre che il suo Dio è Signore di tutte le nazioni, lo identifica come Creatore dell'universo. Il salmo segue l'ordine indicato, che dal respiro universale si restringe al parti­ colare. Se collochiamo Dio nel centro ed immaginiamo le tre zone come circonferenze concentriche, popolo-nazioni-natura, non sarà facile esa­ minare le relazioni reciproche di somiglianza ed opposizione che con­ figurano il poema. Le nazioni assomigliano al cielo ordinato oppure al mare turbolento? Si contrappongono al popolo eletto? C'è qualche somiglianza tra quest'ultimo e la natura? In Es 12, 1 7 .5 1 il popolo liberato viene chiamato > non è un mero sentimento, ma un atteggiamento ed un atto radicale della persona: Dimmi chi ami e ti dirò chi sei. Il Signore incentra il suo amore nella giustizia: a dirlo con variazioni sono Sal 1 1 ,7; 37,28; 99,4. Alla giustizia si accompagna hsd = misericordia o pietà, grazie 1 cui la giustizia non è né spietata né inesorabile. Se la giustizia sem­ hra risiedere in Dio, intimamente soggetta al suo amore, la misericor­ dia sembra zampillare e distribuirsi per tutta la terra. In parecchi testi si dice che «la terra è piena di crimini ed iniquità» (un testo classico è Gen 6, 1 1 . 13), testi che per contrasto ne mettono in risalto altri che sono sulla linea del nostro inno: Sal 1 19 ,64: «Della tua bontà S i g nore è piena la terra (forse citazione)»; Sal 104,24 : «La terra è piena delle sue creature»; 72, 19: «La terra è piena della gloria del Signore»; cfr. anche Is 6,3 . �lsd ritornerà nel v. 18 e nel v. 22 per arricchire e completare t• insegnamento: la misericordia è riversata ed accessibile, però occorre desiderarla ed attenderla con speranza. Per sua natura si offre, non �i impone. La misericordia mette in relazione Dio con il mondo degli uurnini e dei viventi. 6-9. Il Creatore. Ciò che Gen l svolge in azione, viene concentra-

Testo e commento

582

to da un paio di versi del salmo in enunciati che mettono in risalto l'efficacia della parola. Il salmista ha appena finito di lodare la «paro­ la» e r «Opera» ed ora dice che Dio opera mediante la parola. Ossia, la parola divina è un ordine sovrano che si adempie senz'altro, im­ mancabilmente e puntualmente. Suona ed agisce sulla frontiera ultima e primigenia dell'essere e del non essere, del nulla e dell'esistenza. A questo punto abbondano ed avanzano le amplificazioni o le spiegazioni. Il verso più riuscito è il v. 9, proprio per la sua folgorante essenzialità. Il poeta abbina la parola con il soffio o respiro. Commenta De­ litzsch: >. Si confronti con Pr 24, 16: «anche se cade sette volte, l'onesto si rialzerà, mentre i malvagi spro­ fonderanno nella sventura (r.h)». Come affermazione sembra contraddire il principio della retribu­ zione; a meno che r•wt non vada inteso come mali che minacciano, come pericoli incombenti. Forse, però, è meglio prendere insieme tre versi, contrapponendo la sorte dei buoni e dei cattivi, sulla base della ripetizione r'wt/r'h e l'antitesi già nota �dyq Il n•. Si manifesta così l'opposi�ione y�yl /1 tmwtt = libera /1 dà morte. Questo non significa che l'uomo onesto, il giusto, sia libero o indenne da tutti i mali, non sarebbe umano; il Signore però si cura di lui, di tutte le sue ossa. Invece la malvagità o la sventura annienta il malvagio:_, e Dio

Testo e commento

596

· non si intromette: mentre per il giusto il Signore agisce, per l'empio non interviene (si ricordi l'antitesi finale del Sal 1) . Supposta questa spiegazione, dobbiamo domandarci se ra 'a del v. 22 sia la sventura o la malvagità. a) Se intendiamo la sventura, dà la morte al malvagio, che è incorso nella colpa, 'sm, per il fatto di odiare l'innocente; la sventura si trasforma in castigo, in una ese­ cuzione capitale; le ripetute sventure, invece, nulla possono contro l'onesto o giusto, perché Dio lo libera da esse. b) Se intendiamo mal­ vagità: l'odio ingiustificato del malvagio costituisce il suo delitto e reato, e la sua azione iniqua si ritorce contro di lui. È una dottrina tradizionale già vista altrove, come ad esempio nelle immagini sugge­ stive del Sal 7 . Un ottimo commento è quello di Pr 1 1 , 19.27: «Chi persegue il male morirà)>, «Chi cerca il male, gli si farà incontro». 2 1 . Spezzare le ossa: suona in accordo alla legislazione riguardo l'agnello pasquale, secondo Es 12,46, e viene affermato in Is 38, 1 3 e Lam 3,4; forse citato in Gv 19,33-3 7 . È difficile decidere se s i tratti d i una pura coincidenza o se il salmo faccia allusione all'agnello del sacrificio come modello: sarebbe �insinuare che l'onesto è sacro per il Signore e deve restare incolume. La congettura non ha supporti ideologici nella mentalità dell' AT. 23 . Qualcuno ha suggerito che pdyhw sia il nome dell'autore, che ha voluto apporre la sua firma nell'ultimo verso; è una congettura non verificabile, che accogliamo a beneficio di inventario. Il primo emistichio prolunga il tema dei vv. 20-2 1 , il secondo sembra formula­ to in opposizione al v. 22b. Il significato non è chiaro: non incorrono in un reato? Benché rei non vengono castigati? Il primo sottolinea l'onestà dei servi, il secondo implica il perdono di Dio. In 2 Cr 19, 10 il sintagma l' 'sm equivale a non incorrere in reato, che la riforma di Giosafat tende a prevenire; in Zc 1 1 ,5 traduciamo l'espressione con l'avverbio . Per l'espressione pdh nps, avendo ben presente sullo sfondo la legislazione, ci viene in aiuto il Sal 49 : l'uomo non è in grado di riscattare la su� vita (pdh) , non può dare un riscatto (pdywn npS) , soltanto Dio può riscattare la mia vita (pdh npsy) : cfr. il commento a Sal 49,8 .9. 16. L'uomo è debitore della sua vita alla Morte, però Dio cancella il debito, perdona il reato e riscatta la vita dei suoi servi. Questa lettura allarga l'orizzonte ermeneutico del salmo e prepara la trasposi­ zione e la rilettura cristiana. Conclusione. Guardando a ritroso il cammino percorso, è forse possibile rintracciare una visione di fondo o una griglia interpretativa

Salmo 34

597

che unifichi la composizione o, per lo meno, la scelta di vari temi. Nel nostro commento sono apparsi e riapparsi il Mosè dell'Esodo e del Deuteronomio insieme ad altre tematiche dell'Esodo: la consulta­ zione e l'oracolo divino, l' uomo che contempla Dio e resta raggiante, la partecipazione al banchetto sacro, l'istruzione sapienziale sul bene e sul male legati ad una lunga vita, l'accampamento e l'angelo del Signore, la consacrazione del popolo, Mosè come 'nw (Nm 12 ,3) . A partire da queste tematiche se ne potrebbero per associazione recupe­ rar� altre, come la penitenza, il riscatto, la colpa o reato. Appaiono molte coincidenze, però il loro valore è modesto, per­ ché molti dati sono abbastanza generici. Crediamo che il salmo sia tardivo. Sullo sfondo d.i ricordi e di reminiscenze l'autore verga verso dopo verso senza preoccuparsi troppo dell'unità.

Trssposizione c!"istitUJs Cominciamo dalla prima lettera di Pietro, che cita due passi del salmo. Il primo in 2,2-3 : . In questo modo l' invito del salmo entra nel contesto dei rigenerati mediante il battesimo: del salmo e si legge in l Pt 3, 12 , in una esortazione alla concordia, alla compas­ sione e al perdono (v. 8s) : «Siate compassionevoli, con affetto di fra­ telli. . . Non rendete male per male, né ingiuria per ingiuria» . In una lettera breve come quella di l Pt, due citazioni sono molto: possiamo chiederci se nella lettera di Pietro ci siano altre allusioni o reminiscen­ ze senza espressa citazione del Sal 34 . Ad esempio, in 2,20 troviamo le sofferenze dell'innocente. Pietro si riferisce alle sofferenze del cri­ stiano, non soltanto di colui che è onesto, ma anche di chi vuoi essere onesto; l'Apostolo sostiene che è meglio soffrire senza colpa, piutto­ sto che con essa. Se si può dubitare che l'Apostolo stia pensando al verso del salmo, è certo che il suo insegnamento si offre come un prolungamento che arricchisce l'ermeneutica del carme . La lettera agli Ebrei riprende il simbolo del gusto spirituale, il cui oggetto immediato è il dono e la parola di Dio: .

6,4 Quelli che sono stati una volta illQminati, hanno assaporato

Testo

e

commento

.598

il dono celeste e sono divenuti partecipi dello Spirito Santo, hanno assaporato la favorevole parola di Dio e le meraviglie del mondo futuro . . .

Ritroviamo illuminazione e gusto come in Sal 34,6.9. Il «gloriarsi del Signore» e non degli uomini, né di valori umani è una dottrina comune all' AT e al NT: Rm 5 , 1 1 ; l Cor 1,3 1 ; 2 Cor 10, 17; Fil 3,3 . Il famoso sviluppo midrashico di 2 Cor 3 , 7-18, nonostante non citi né commenti espressamente il nostro salmo, si arricchisce, se letto alla luce del v. 6: «Contemplatelo e sarete raggianti». La linea di sviluppo si può schematizzare cosl: Mosè, esposto allo splendore della gloria del Signore, restava rag­ giante di splendore riflesso (Es 34,29-35); in modo simile, qualsia­ si israelita che contempla il Signore nella preghiera (Sal 34,6) e molto più l'apostolo e il cristiano, illuminato dallo Spirito e paoli­ namente trasfigurato nell'immagine del Cristo glorificato.

Abbiamo già segnalato che Gv 19,36 può far riferimento a Sal .34,2 1 , come pure a Es 12,46: «non gli si spezzerà alcun osso>>. Il testo di Giovanni permette di leggere in una nuova prospettiva il finale dd salmo. L'orante dispone in parallelismo «ossa» e «respiro/vi­ ta». Le ossa sono la consistenza, la struttura dell'uomo e la condizio­ ne per agire, muoversi; il respiro è sorgente e apportatore di vita. Dio custodisce l'integrità della struttura ossea e garantisce che la vita non sarà consegnata come risarcimento di un reato. Ebbene, nel caso di Gesù il parallelismo muta di significato: il Signore custodisce le ossa, la struttura umana di suo Figlio; invece riceve e «riscatta» l'ulti­ mo respiro, la vita, al di là della morte, infondendo di nuovo il respi­ ro, il soffio nelle ossa (Ez 37) . In questo modo, il salmo si apre ad un orizzonte di speranza che l'autore non ha conosciuto, grazie alla virtù e all'energia espansiva dei simboli. Il «gustare», riferito alla Eucaristia, trova un fecondo terreno nel commento dei Padri, in particolare Agostino, Girolamo, Beda. Origene commenta: «Il Signore si gusta per mezzo della fede, si assa­ pora comprendendolo».

SALMO J5

l Fa' causa, Signore a chi mi fa causa; combatti chi mi combatte; 2 impugna il clipeo e lo scudo, sorgi in mia difesa! 3 Sguaina la lancia e sbarra il passo contro quelli che mi inseguono; dimmelo: «Sono io la tua vittoria!» 4 Subiscano l'onta di una disfatta, quelli che m'inseguono a morte; retrocedano svergognati quanti tramano il mio danno; 5 siano pula al vento, l' angelo del Signore li disperda; 6 buia e scivolosa sia la loro via, quando li inseguirà l'angelo del Signore. 7 Perché senza motivo mi tendevano reti, mi scavavano fosse mortali. 8 Li sorprenda la rovina inattesa, li accalappi la rete ch'hanno tesa, cadano nella fossa che scavarono.

9 Ed io festeggerò il Signore, celebrerò la sua vittoria. l O Tutte le mie ossa proclameranno: Chi è come te, Signore, che difendi il debole dal potente il debole e il povero dallo sfruttatore? 1 1 Comparivano testimoni violenti, m'interrogavano su ciò che non sapevo, 12 mi ripagavano male per bene lasciando mi indifeso. 13 lo invece, quand'erano malati vestivo di sacco, m'affliggevo con digiuni e la mia supplica era esaudita. 14 Comè per un amico o un fratello andavo in lutto, triste e a capo chino come per una madre.

Testo

e

commento

15 Ma alla mia caduta, si rallegrarono, si radunarono, contro me si radunarono, mi colpivano a sorpresa, mi straziavano senza sosta. 16 Mi schernivano crudeli, digrignavano i denti. 17 Signore, fino a quando starai a guardare? Riagguanta la mia unica vita dai leoni che ruggono 18 e ti renderò grazie nella grande assemblea, dinanzi a un popolo numeroso ti loderò.

19 Non cantino vittoria i miei nemici traditori non strizzino l'occhio a mie spese quanti mi odiano senza ragione; 20 poiché non vivono in pace né con la gente pacifica, tramano inganni. 2 1 Sghignazzano sguaiati di me: . 22 Tu lo hai visto, Signore, non tacere, mio Sovrano, non startene lontano. 23 Svegliati, alzati, mio Dio, Signore mio, perora la mia causa. 24 Giudicami secondo la tua giustizia Signore, Dio mio. 25 Non cantino vittoria, non pensino: Ros; sht fatalità con inversione stilistica «fossa fatale» LXX diaphthoran pagidos auto n, Gir insidias retis suae; alcuni uniscono r'itm con hprw come comple­ mento Del Milik, oppure come strumento «con la loro rete» Dah. 8. tbw 'hw: il suffisso sostituisce 'lywtlyw Konig III, 22; o funziona da complemento cfr. Is 4 1 ,25. Singolare con valore collettivo Kim Konig Phil o distributivo. /' yd': relativa asindetica, cfr. Joiion 158 a; o circostanziale Del Baethgen. bsw 'h yp/ bh: con il TM senza articolo, ha un valore avverbiale «precipi­ tando» Konig; con l'articolo «nella calamità» e bh descrittivo Baethgen, cfr. Kim; Genebrardo traduce /aqueus e spiega «calamità» LXX en te(i) pagidi, Gir in /aqueum; con valore modale «con fragore» Ros Del Hitzig. Emendano in sahat Briggs Duhm, in bassuha Marinus Graetz Buhl Gun. 1 1 . ys'/wny: con sfumatura giudiziale, «chiedevano conto» o «interroga­ vano» Gaster. =

Testo

e

commento

602

12 . skwl: leggono skw eliminando -l come dittografia della seguente /­ potrebbe sviarsi, può inciampare e cadere. In tutto ciò che capita lungo la strada verso la vita, chi è giusto, onesto può contare sull' «appoggio>> del Signore : cfr. Ger 10,23; Pr 16,9. In Pr 20,24 leggiamo: «Il Signore dirige i passi dell'uomo; come può un mortale discernere la sua via?». 25-26. È anche tipicamente sapienziale fare appello ad una lunga esperienza: «L'età matura insegni saggezza» dice Elihu in Gb 32,7. O l'esperienza di cui parla è molto limitata, o il suo carattere è esage­ ratamente ottimista, oppure dobbiamo prendere n 11.h come un abban­ dono definitivo. Nella prospettiva dell' AT, confinata a questa vita, è alquanto difficile giustificare una simile idea di retribuzione positi­ va. Ricorrere alla relazione personale e spirituale dell'uomo con Dio è tanto bello quanto poco probabile nel contesto. Il tema dell'abban­ dono ritorna nei vv. 28 e 33. 27-28. Ritornano gli imperativi, tre in serie ; solo che il terzo è una conseguenza più che un consiglio (si veda il v. 3) «Evita il male e fa' il bene>> non sono una tautologia, ma spiegano il duplice versante di un'etica completa, poiché non basta evitare il male. skn in forma assoluta come in Sal 102 ,29. La lettura della versione greca è logica, ristabilisce r ordine alfabetico, si giustifica senza difficoltà, migliora il senso del testo. Un verso parla degli empi, un altro dei giusti. La confusione tra nsmr e nsmd è ovvia nella scrittura quadrata.

Salmo 37

645

Quando scomparve il nuovo soggetto 'awwalim, il suo posto fu occu­ pato dal soggetto precedente hsydyw, e forse un copista cambiò la D in R. Tuttavia, anche il testo ebraico attuale ha un senso compiuto, poiché troviamo la lettera 'ayn nel termine 'wlm, ed è dottrina comu­ ne che il Signore «custodisce» i suoi. I due versi ritornano all'asse del salmo, facendo risaltare la continuità nel tempo, al di là di una generazione. In altre parole la retribuzione non si restringe totalmen­ te nei confini spaziali e temporali della vita di un uomo. 30-3 1 . Hgh significa il meditare sussurrando, pronunciare artico­ lando, conservare nel cuore o nella mente. Possono essere anche atti­ vità sapienziali, sebbene il verbo ricorra più spesso nel Salterio. Ab­ biamo già commentato il triplice contenuto, sapienziale, etico e religioso. Sulla «legge nel cuore>> si possono addurre i testi seguenti: Is

.5 1 , 7

Ascoltatemi esperti in diritto, popolo che porta la mia legge nel cuore. Ger 3 1 ,3 3 Porrò la mia legge nel loro petto, la scriverò nel loro cuore.

n salmo non ha risonanze escatologiche. 32-33 . L'aggressività bellica del v. 14 utilizza qui la forma del rocesso-farsa. Gli empi cercano di far morire l'innocente ammantan­ p dosi della parvenza legale di un processo. Oggi lo chiameremmo una montatura, o un processo truccato, che però già conosce in anticipo la condanna dell'innocente, come in Is 5 3 o l Re 2 1 . Nel suo tribuna­ le supremo Dio non condanna l'innocente. Questo è vero anche nel quadro contemplato dal nostro anonimo maestro? Oppure egli fa le sue affermazioni, tralasciando gravi problemi in sospeso? 34. Può passare cosl ad un altro imperativo, la cui motivazione si allaccia di nuovo con il centro del salmo nella sua forma antitetica. Si aggiungono un paio di aspetti. Primo, l'innocente sarà spetta­ tore del castigo dei suoi persecutori e godrà nel vedere che gli viene resa giustizia; secondo, l' «esaltazione» dell'umiliato. 35-36. Un'altra prova di esperienza, che può esser letta in paral­ lelismo con la precedente. Tradotto letteralmente, il primo verso suo­ na cosl: «lo vidi un tiranno empio che si spogliava come un nativo ( c: non, trapiantato) lussureggiante». È logico che un testo simile non ci soddisfi e che si sia ricorsi alle versioni antiche, come abbiamo mostrato nell'analisi filologica. L'immagine vegetale si applica al giu­ st o in Sal 92, 1 3-14 (cfr. anche Sal l ) . L'albero corpulento e rigoglioso sparisce come obbendendo ad un esorcismo.

646

Testo e commento

Sul piano della sonorità, il verso presenta un gioco di allitterazio­ ne con le consonanti r, ', $./z. Con un margine di licenza poetica pos­ siamo ricrearla traducendo: ; idem in 24, 14, 24,20 «il perverso non ha futuro». 39-40 . I versi finali, corrispondenti all'ultima lettera dell' alfabe­ to sono interamente dedicati ai giusti/onesti e il loro argomento cen­ trale è , con tutto ciò che il termine ingloba e con i suoi sinonimi 'zr e plt. =

Trssposizione cristian• Ciò che è più importante, decisivo è che la frase del v. 1 1a sia stata ripresa come terza beatitudine in M t 5 ,5. Attraverso la grande porta il salmo entra nel nuovo contesto e, dal momento che è stato accolto nel discorso programmatico della montagna, nel «manifesto» di Gesù Cristo. Possiamo essere paghi quanto alla conoscenza e assaporarlo con gusto spirituale. Possiamo anche sentirei incitati a continuare la ricer­ ca. Il salmo non sarà presente anche in altre beatitudini? Alla lettera no; crediamo di sì nei temi; se non è reminiscenza, sarà una coinci­ denza parziale di spirito e di valori. La prima beatitudine è per i . Agostino amplifica: «Perché incurvato? Perché era montato in superbia. Se sei umile ti alzerai; se sei altezzoso ti curverai. A Dio non manca il peso con cui incurvarti. Ti sarà peso il fardello dei tuoi peccath>. Meno indovinato il commento di Gregorio Magno che spiega l' «incurvarsi» come il volgersi alle cose terrene.

8. niqle funziona come sostantivo del verbo qlh arrostire, ab­ brustolire. Descrive la sensazione di bruciore o di ardore provocata dall'infiammazione delle piaghe. Si tratta di un hapax. 9. Il niphal di pwg è un altro hapax. La frase descrive una sensa­ zione generale, come di cenestesi: a causa della malattia e del dolore l'orante si avverte accasciato, triturato, polverizzato. I lessemi S'g e nhm normalmente vanno associati al leone che ruggisce o bramisce; da qui la proposta di cambiare lby in lby '. Però l'allusione all'immagi­ ne del leone è già insita nei verbi. È come se le poche forze che restano all'orante si concentrassero in questo ruggito di dolore; se la bocca non riesce ad emetterlo, lo urla il cuore. 10. L'arante ha descritto i suoi patimenti sino a prorompere in un ruggito interiore. «Questo spirto guerrier ch'entro mi rugge . . . » direbbe il Foscolo; soltanto che l'orante ha ben poco di guerriero: è allo stremo. A chi racconta tutto ciò? È preghiera questa maniera di sfogarsi e lamentarsi? Sl, lo è, perché tutto avviene «davanti» a Dio. Le parole dell'orante sono tutte un gemito presente a Dio; e anche se l' orante non ha chiesto niente fino ad ora, il suo sfogo rac­ chiude implicitamente l'espressione di un desiderio. 'nhh è un termi­ ne preferito della prima Lamentazione ( 1 ,22), e lo troviamo anche in Gb 3,24; Sal 3 1 , 1 1 ; 102,6. 1 1 . Ultimo verso descrittivo della malattia, come ritardato dopo l'invocazione al Signore. La descrizione è suggestiva per la combina­ zione di una pulsazione frenetica e avvertita nel cuore con la perdita =

655

Salmo 38

delle forze. Gli occhi si annebbiano a causa del pianto o della febbre. Gb 16, 7 riprende il motivo degli occhi in un contesto denso di pathos e Io ripropone in 17,7; nel Salterio cfr. 6,8; 3 1 , 10; 69,4; 1 1 9,82 . Invece di > emerge costantemente nel Salte­ rio e nelle pagine indimenticabili di Giobbe:

663

Salmo 39

Sal

62, 10 Gli uomini sono un soffio tutti insieme più }abili di un soffio 144,4 l'uomo è uguale ad un soffio Gb 7, 16 ché la mia vita è un soffio

In questo salmo si esprime un sentimento tragico della vita, e non guadagniamo niente nel trasformarlo in una preghiera devota e serena. La «speranza» del salmo è più negativa che positiva, è più un attendere che uno sperare. Tuttavia Abele era innocente, mentre l'orante del nostro salmo si confessa peccatore. All a tragedia della sua condizione caduca si somma la coscienza del suo peccato distruttore. Il salmo, come vedremo, si situa fra testi del Genesi, come fonte di ispirazione o parente prossimo, e testi di Giobbe che dipendono dal salmo. ·

Esegesi 2-4 . I pr1nu c1nque sono versi di un monologo, di pensieri o progetti, con verbi alla prima persona: «pensai o mi dissi, vigilerò, porrò un bavaglio, restavo in silenzio, mi contenni». L'io del salmo si distanzia da sé per osservarsi: > e la sua inattività controllata. Un simile sdoppiamento rivela una maturità psicologica ed un tipo di lirismo progredito. Ci risulta moderno. L'orante osserva i movimenti della sua coscienza e la lucidità del suo sguardo stimola il sentimento tragico. Già Eusebio di Cesarea aveva notato il fatto:

«Da quanto detto possiamo imparare che è ragionevole dialogare con se stessi, senza aspettare maestri estranei, anzi cònversando con se stessi, pensando e ragionando».

Parlare o non parlare, questo è il problema. Se l'orante parla, probabilmente sbaglia, specialmente se si trova dinanzi ad un empio o se deve affrontarlo. Meglio non parlare . Però, nel tacere, sente un fuoco interiore, sta sulle spine, non può contenersi e parla. Può essere messo in raffronto con la richiesta del Siracide:

Testo e commento

664

Sir 22,27 Chi porrà una sentinella nella mia bocca

e un chiavistello di prudenza nelle mie labbra, perché non cada a causa loro e la mia lingua non mi perda!

Geremia sperimenta il fuoco interiore del messaggio profetico: Ger 20,9. Weiser, nel suo tentativo di spiegazione psicologica, suppone che dibattito interiore abbia avuto luogo prima e che il salmo sia già l'atto di parlare. Personalmente pensiamo che nell'atto dello scrivere o del formulare si esprime o si tematizza la tensione. il

Per riassumere, l'arante non tace, per dire che parlare è un pro­ blema o un dilemma. La ripetizione b/Swny delimita questa sezione, i termini del cam­ po semantico del linguaggio indicano il tema: 'mr, hgyg, dbr, n 'lm, hhsh. Non si tratta di una mera introduzione al discorso del salmo, ma di un monologo interiore, che, come tale, si proietta al di fuori. Monologo che suona come lotta di un uomo interiormente diviso, indeciso. E, sebbene rinchiuso in se stesso, si accorge della presenza di un empio foriera di cattivi auspici, che sembra essere il motivo immediato della sua estrema cautela e della sua decisione di tacere. Perché? 2 . La paura dell'arante è «peccare, con la lingua», mhtw ' b/Swny. Il pericolo di sbagliare nel parlare è fin troppo noto nella letteratura sapienziale. A conferma di ciò, oltre al testo precedentemente citato, invochiamo un altro testo del Siracide: 19, 16 C'è chi scivola senza volerlo, chi non ha sbagliato con la lingua?

Si vedano anche Sir 32, 18 e Pr 2 1 ,23 . Il pericolo generico si aggrava quando l'empio sta dinanzi o di fronte. Dinanzi, come pre­ senza tentatrice; di fronte, come contraddittore pericoloso. Dal mo­ mento che il testo non entra nei particolari, i commentatori debbono avanzare ipotesi. Alcuni pensano che si tratta del benessere dell' em­ pio (cfr. Sal 7 3), uno scandalo che accende o provoca reazioni o com­ menti fuori luogo (cfr. Mal 3 , 14- 1 5). Altri pensano ad una discussio­ ne o polemica in cui l'empio artatamente fa cadere l'altro nella trap­ pola (cfr. Pr 6,2) .

Salmo 39

665

n 'lmty: si vedano Is 53, 7; Ez 3,26; 24,27 (esperienza principa­ le del profeta); Sal 3 1 , 19; 38, 14. dwmyh: possiamo analizzarlo come avverbio; il suo significato oscilla tra tacere e stare tranquillo. Può trattarsi di una calma conqui­ stata con uno sforzo, un po' forzata. Non chiaro è il m#tob successi­ vo. Può designare il buono o il bene. a) Nel primo caso «il buono», è antonimo di n' (anch'esso privo di articolo) . Pr 12,2 oppone «il buono», t:wb, «all'intrigante», 'ys mzmwt; Pr 1 3 ,22 oppone «buono» a «peccatore». Se twb designa qui . Come il malato grave che interroga il medico o i familia­ ri e non nasconde la testa sotto il cuscino. Ricordiamo il caso di Ezechia in Is 38, 1-8. La seconda spiegazione sembra più logica, anche se non ne consegue che sia la più centrata. L' hnh introduce la convin­ zione più che la scoperta: «davvero>>. La misura è di «poche spanne» o palmi, l'uomo la può abbraccia­ re e definire. Solo che, messa a paragone con Dio, è . Risponde distinguendo tra immagine di Dio e immagine di un animale razionale . Successi­ vamente propone un'altra interpretazione : «La vita in questo mon­ do è immaginaria, immagine; quella futura non è immaginaria, ma vera» (PG 12, 1387 . 14 10; il testo si conserva in traduzione latina) .

. Raccogliamo la seconda interpretazione per sfumarla ed arricchirla.

667

Salmo 39

Il salmo assume l'insegnamento ufficiale sulla creazione dell'uomo per stravolgere il suo senso (come farà ripetute volte Giobbe, in modo notevole in 7, l 7 s) . No n più immagine di Dio, ma immagine della realtà, esistenza da fantasma. In altre parole, tlm come parallelo sino­ nimico di hbl. Quando «è in piedi» e sembra più saldo e consistente nel suo peso, è un soffio che si dilegua; quando passeggia e conquista spazi è un fantasma, un lemure. (Nella traduzione possiamo giocare sull'ambiguità del termine «passeggero>> che passa, trascorre, fugace, momentaneo) . Tale è la visione dell'uomo, frutto di una riflessione personale e di un insegnamento divino: «nel rifletterei. . . fammi cono­ scere . . . che comprenda . . ». L'amplificazione si concentra nel bruslo o rumore agitato che fanno gli uomini (plurale indotto forse dalla radice hmh che si predica delle onde, del loro murmure, o di moltitudini) . Si sofferma anche nell'affanno smanioso di accumulare, ammassare, senza poterne gode­ re. Questi due emistichi hanno ispirato altri autori o coincidono con essi. Ricordiamo tre testi: Sal 90, 10: «il suo affanno è un'inutile fati­ ca», Sap 2, 1-5 , Qo 6,7 e la celebre pagina di Sir 40, 1s: .

Sir

40, 1 Dio ha distribuito una grande fatica ed un giogo pesante sui figli di Adamo, da quando escono dal seno' della madre, fino a quando fan ritorno alla madre dei viventi. 2 Preoccupazioni, trepidazioni di cuore e r attesa angosciosa del giorno della morte.

Questo tema della brevitas vitae, della vita come soffio, è stato da sempre al centro della riflessione filosofica e letteraria eli ogni tem­ po: Lucrezio usava per l'anima le metafore di fumo, di aria sottile, di nebbia (De rerum natura III, 233 .246.455s) ; Cicerone si domanda­ va: «Perché ci affaccendiamo con tante fatiche in questo cosl breve lasso di tempo della vita?>>. Altre metafore si inseguono per esprimere la caducità dell'esistenza, metafore che ritroviamo nella poesia biblica e non biblica, antica e moderna: l'uomo è erba, nube, breve raggio di sole prima della grande sera (Quasimodo) , foglia (Ungaretti): senza citare l'arsenale metaforico di Petrarca, Leopardi, Montale. Sull'affanno dell'uomo che accumula ma non può godere il suo «avere�>, troviamo una curiosa eco biblica in un sonetto di Folgòre di S. Gimignano: L'aver ci sta, voi non ci rimanete tutti siem nati di Adam e di Ev� (Cortesia).

Testo

e

commento

668

8- 12. Forma un'altra sezione, introdotta dalla particella w 'th, co­ me conseguenza di ciò che precede, e conclude ripetendo l'aforisma centrale. Il movimento è alterno: v. 8 riflessione, v. 9 richiesta, v. lO riflessione, v. 1 1 �ichiesta motivata, v. 12 riflessione. Il passaggio dai vv. 2-4 ai vv. 5-7 si ripete con un altro ritmo. Parlare a Dio, con Dio o tacere? Di nuovo il dilemma. Sarebbe inutile discutere con Dio; se «egli lo ha fatto», avrà le sue ragioni. Ciononostante, l'orante si avventura a chiedere spiegazioni e doman­ da di essere ascoltato. Il dilemma si risolve senza annullare la tensio­ ne. Non è in . Come se lo sguardo e l'attenzione di Dio fossero la causa ultima dei suoi mali. La frase hS' mmnw esige una attenzione particolare, sia che leggiamo un hiphil, sia che lo sostituiamo con il qal S'h. TI verbo s'h nella forma qal si legge dodici volte nell'AT, tre di

cui sono casi discussi. Dei rimanenti cinque appartengono al grup­ po testuale di Gen 4, Sal 39 e Giobbe (cfr. DBHE).

Iniziamo da Gen 4, ben noto come il racconto di Caino ed Abe­ le. Tutto comincia da un atteggiamento di Dio differente nei con­ fronti dei due fratelli, che a Caino sembra discriminante: Dio guarda e non guarda wys' ll l' s'h (sul valore comparativo dell'antitesi si veda Dov 'è tuo fratello?, pp. 38s) . Caino non sopporta di essere scavalcato dal suo fratello minore e comincia a covare il rancore che sfocerà nel fratricidio. Dio «guarda>> Abele, e poiché lo guarda, la vita di questi si perderà prematuramente, si dileguerà come un soffio. Se Dio non avesse guardato Abele, forse Abele sarebbe come Caino, che fondò una città ed una dinastia. Risulta terribile questa attenzio­ ne di Dio: indirettamente dal S'h risulta hbl. Da Giobbe prendiamo i due capitoli di riflessione sulla condizio­ ne umana. Gb 7, 19: kmh l' t'S'h mmny; 14,6: «allontana da lui il tuo sguardo affinché completi la sua giornata» s'h m 'lyw wylldl. (Si veda più ol­ tre) . Se il Sal 39 si ispira a Gen 4, Giobbe ha captato il senso del salmo. È Dio che lo ha fatto, soltanto Lui può disfarlo. lo non gli chiedo beni, soltanto che mi lasci. Cosl raggiungerò in pace il mio destino: non essere. Paralleli Per l'aforisma centrale, il salmo registra affinità con il Qohelet. Ha anche punti di contatto con il Sal 73 e con il 90, che si risolve

673

Salmo 39

in una supplica ricolma di speranza. Vogliamo soffermarci con più indugio su Giobbe, citando versi di pericopi significative: I miei giorni. . . si esauriscono senza speranza Ricorda che un soffio è la mia vita quando tu mi guarderai più non sarò la nube passa e si dissolve perciò non frenerò la lingua per imbavagliarmi non ho da vivere per sempre: !asciami ché i miei giorni sono un soffio 17 Che è l'uomo? 19 Perché non distogli da me lo sguardo? 2 1 Perché non perdoni il mio delitto e non rimuovi la mia colpa Mi cercherai e più non sarò

7,6 7 8 9 11 12 16

ymy wyklw IIJWh w 'ynny hlk klh msmr hdl mmny ley hbl ymy kmh l' t'S'h mmny ps 'y 'wwny 'ynny

Abbiamo riportato in margine le parole comuni a Gb 7 e al no­ stro salmo. L' accumulazione è eloquente per se stessa. Ciò che cam­ bia del tutto è che Giobbe non tace. 13 ,28 Imputridisce come un otre come veste rosicata dalle tarme 14, 1 L'uomo, nato da donna breve di giorni, sazio d'inquietudini 2 fugge come ombra senza sosta 3 addosso a uno cosi tieni gli occhi? 5 Se i suoi giorni già sono definiti. 6 allontana da lui lo sguardo affinché riposi

klh 'kt 's 'dm ymym

. .

S'h m 'lyw wyhdl

Le coincidenze verbali sono di meno, le relazioni tematiche sono evidenti. Si possono aggiungere le coppie pS' e 'wwn del v. 1 7 e qwh e yhl dei vv. 19-20. l O,20 Quanto pochi sono i miei giorni!

Che Dio desista e mi dia una tregua, e avrò un'istante di serenità.

Giobbe riprende qui dal salmo il verbo rarissimo blg (oltre a qui in Am 5,9 e Gb 9,27) . L'apparato critico propone la lettura ymy hdly = i giorni della mia esistenza e S'h come in 7 , 19 o hS' come in Sal 39, 14. Anche senza queste emendazioni, il tema è lo stesso.

674

·Testo e commento

Il testo di Giobbe continua con una variazione del finale del salmo: Sal

Gb

39, 14 prima di partire per non esser più 10,2 1 prima di partire per non ritornare.

Trssposizione cristiana Un salmo come questo ci fa apprezzare il mutamento di orizzon­ te che scaturisce dalla speranza nella Risurrezione. Non dobbiamo però mitigare l'impatto del salmo, proiettando frettolosamente su di esso la speranza cristiana in un'altra vita. Se il valore dell'acqua si misura dalla sete, una misura della salvezza sarà la tragedia dell'essere Abele . Dobbiamo rispettare la sincerità ed il dolore dell'orante se vogliamo appropriarci in profondità della spiritualità del salmo. Scri­ ve Anderson: riunita, forse nel tempio, si deve predicare, annunziare questo Dio. Ciò che l' orante deve «fare» è «dire», per quanto gli sia arduo e non si scopri all' altez­ za (v. 6) . Proprio questo: la proclamazione non sarà un pezzo imparato a memoria, un atto di informazione, bensì la comunicazione di un'e­ sperienza personale. Nella sua liberazione passata egli ha conosciuto Dio; adesso gli tocca riconoscerlo pubblicamente con «un canto nuo­ vo».' Non una mera ripetizione di cose sapute, ma canto di una realtà vissuta. Passare, dunque, attraverso la sofferenza e sperimentare la liberazione per essere evangelista del Signore, è una missione più no­ bile dell'offrire sacrifici nel tempio. Questa ipotesi spiega meglio la concentrazione del salmo nella tematica del «parlare»: v. 6c hgyd dbr spr, v. 8 'mr ktb, v. 10 bsr, con le tre negazioni: non ho chiuso le labbra, non ho nascosto, non ho avuto reticenze. In un primo momento il suo sforzo è stato vano: ha voluto narrare, dire, raccontare; però le «azioni prodigiose e i pia­ ni» di Dio lo sovrastano 'tm mn-. Tuttavia, riceve un ordine o una istruzione precisa e si presenta per adempierla pubblicamente, con tutto il cuore, anche se potremmo aggiungere che non è lui, ma Dio che «gli apre l'orecchio» per renderlo docile e gli «mette sulla bocca un canto nuovo>>. Questa ipotesi può armonizzarsi anche con gli abbondanti ele­ menti di segno «profetico>>, particolarmente di Geremia, che indiche­ remo nel corso dell'esegesi. d) Il nuovo impegno, può rivelarsi rischioso, pericoloso, doloro­ so. In questo nuovo momento di tribolazione, l'impegno di quel Dio conosciuto e riconosciuto sarà quello di liberarlo di nuovo; lo afferma la terza parte. Cosl «coloro che amano la salvezza di Dio» intoneran­ no in coro la lode: «Grande è il Signore». è

=

Salmo 40

683

Esegesi 2-4. L'incipit è una sequenza in quattro rapide scene. a) Un uo­ mo si dibatte nella melma di una palude che minaccia di inghiottirlo, vanificando i suoi sforzi ed è sul punto di sopraffarlo: grida. b) Qual­ cuno lo tira fuori e colloca i suoi piedi su una roccia salda. c) Nell'av­ vertire la solidità sotto i piedi, erompe in un canto di gioia e di grati­ tudine. d) Un gruppo che era spettatore esprime la sua fiducia nel liberatore. Non c'è bisogno di molta fantasia per riempire parafrasti­ camente gli abbozzi del testo poetico (la scena si presta ad una se­ quenza filmata) . A risaltare sono la visione insistente del fango, il contrasto della rupe e, naturalmente, il fattore teologico . Quest'ulti­ mo viene fornito dai personaggi nelle loro relazioni: Dio soggetto e complemento. 2 . Il verbo qwh ricorre spesso nel Salterio: significa attendere, sperare. La forma enfatica traduce l'attesa, quasi l'impazienza dell'a­ spettare. 3 . ywn = limo, melma con due ricorrenze nell'A T rivela la scel­ ta poetica di un termine ricercato; b't è un po' più frequente (13 ricorrenze) , la combinazione dei due termini è unica. Nella «fossa fatale» echeggia per connotazione il tema della morte. Per associazio­ ne poetica, pensiamo al «fango» di trincea di alcune liriche di Unga­ retti. Nel nostro testo, la combinazione bwr e tyt ci conduce a Geremia: Nella cisterna non c'era acqua, ma melma e Geremia sprofondò nella melma. 38, 13 Tirarono su Geremia con le funi e lo estrassero ( '!h) dalla cisterna. 38,6

Sebbene anche a Geremia sia toccato proclamare la giustizia e la lealtà del Signore, non è possibile dimostrare una linea di dipen­ denza tra i due testi. Possiamo solo rammentare che il libro di Gere­ mia tiene molto presente il Salterio. Nel Salterio la Roccia o Rupe è normalmente Dio stesso. Qui per elevazione e consistenza, serve da contrasto al pozzo di fango. (Il ricordo di Geremia si allontana) . 4. ntn bpy, >, è una formula tecnica di portata profetìta: Dio «pone le sue parole sulla bocca>> dei suoi profeti: Dt 18, 18; Ger 1,9; 5, 14 ed il nostro salmo preferiscono il verbo ntn. e

Es 4, 15 (Mosè), Nm 22,38 e 23, 12. 16 (Balaam); Is 5 1 , 1 6 59,2 1 usano il verbo lwm.

Testo e commento

684

TI senso è lo stesso: ciò che il profeta proferisce è parola di Dio. ·Noi diremmo che «Dio ispira le sue parole». La conseguenza è che ·il «canto nuovo» ha valore profetico. Se si identifica il canto con ·la proclamazione dei vv. 7- 1 1 , il salmo suggerisce una missione profe­ tica, non meramente liturgica. Si riavvicina Geremia con il suo di­ scorso nel tempio, Ger 7 . 4b. Ritorna il noto binomio allitterato yr'w «videro» e yr'w «te­ ·mettero». Possiamo ricrearlo con «videro e allividirono» (allividire co­ �"me conseguenza del temere) . Si tratta del timore numinoso, del tre­ more di spavento e stupore dinanzi l'intervento riconosciuto di Dio. :solo che il momento o la componente di timore apre la strada succes­ sivamente alla fiducia. 5 a. Dali' esperienza concreta passa ad una riflessione generica in forma di beatitudine. Nel corso del Salterio ci siamo già imbattuti ·in varie beatitudini, cfr. Sal l ; 32; 34; ne incontreremo altre. La · beatitudine della fiducia ritornerà in Sal 84, 1 3 . 5b. Il plurale di rhbym è unico. Sembra che si debba analizzare Fome plurale di rhb, al modo di b 'lym da b 'l. rhb rappresenta un :mostro mitologico o la personificazione dell'Egitto. Si tratterebbe di idoli e dei loro adoratori. Anche «l'inganno» sembra essere l'idolo, che «fuorvia>> i suoi seguaci con falsi oracoli. Le implicazioni di idola­ tria in questo passo non sono patenti. È chiara solo la volontà di proporre una antitesi vigorosa, non convenzionale. ·

Eutimio commenta: (Is 6,8) . 7. I sacrifici non vengono respinti, bensl relativizzati. Entrano come elemento dialettico per lodare e far apprezzare un valore supe­ riore. In molti testi profetici, nel Sal 50-5 1 , in Sir 34-35, il valore superiore è la giustizia nelle relazioni umane; Os 6,6 esige un atteg­ giamento radicale della lealtà verso Dio; il verso presente fa compa­ gnia a l Sam 15,22: > o combinare entrambi. Hanno letto un piel LXX Sir Targum. 'l ttnhw: Senza cambiare il testo: 'l vetitivo o volitivo negativo D ah; 'l indicativo con una certa modalità, di simpatia Del o certezza Duhm; come semplice indicativo Ros . Emendano 'l in l' Gun Kraus; leggono il verbo alla 3 8 pers. LXX Simmaco Sir Gir Briggs Duhm Gun But Kraus. 4. kl. . . bhlyw: Se si prende mskb come sostantivo = letto, giaciglio, parallelo di 'r$: > Briggs. Ceronetti traduce invece: «mi fanno il maleficio». 7. lbw: come soggetto del precedente ydbr «da dentro/nell'intimo prepa­ ra menzogne>>; alcuni sopprimono lbw Staerk Schlogl Gun. Come soggetto di yqb� LXX Vg cor eius congregavit Ros Phil Briggs. Il verso sembra sovrac­ carico; si potrebbe armonizzare lasciando da parte una ripetizione e cancel­ lando lbw, per ottenere il seguente parallelismo: «se entrava per visitare , diceva menzogne; se usciva per strada accumulava malvagità»; tuttavia que­ sta soluzione non ha fondamento testuale. Tagliabue traduce liberamente: «Mi facevano visita? Erano finti cortesi; ogni segno fatale, divulgavano uscendo>>. 8. 'ly . . . 'ly . . . ly: insistenza enfatica. 9. dbr bly'l: LXX logon paronomon, Gir verbum diaboli, Vg verbum ini­ quum; sfortuna, scongiuro, fattura, Gaster VT 4 (1 954) p. 74. Morbo mali­ gno Kim Phil. Discussa è l'etimologia di bly'l. yfU)q bw: da fWq yiqtol o part. pas. del verbo allomorfo y�q fondersi, versarsi, spargersi Phil Briggs . LXX katethento, Gir infudebant sibi, Vg costi­ tuerunt. Come effetto della fusione «prender forma, concretarsi» cfr. V. Moria, El fuego en el AT, Valencia 1988, 1 42 . w''Ir: pronome relativo: LXX ho koimomenos, Gir qui dormivit, Marinus =

693

Salmo 4 1

Del; come locativo «dove» Gesenius Thesaurus 165, cfr. Gun; congiunzione Hitzig, cfr. Es 14, 13. 10. hgdyl 'ly 'qb: Vg magnificavi/ super me supplantationem, Gir levavit contra me plantam, Gv 13, 18 eperen ep'eme ten pteman autou, Teodozione katemegalynthe mou ptema(i), Targum «si è levato contro me astutamente». Ceronetti traduce letteralmente in nota, ma nel testo rende: «mi getta il male addosso» interpretando il gesto come malaguroso e di spregio. 13. w'ny: casus pendens ]oiion 156 b. 14. Finale della prima collezione dei salmi.

Studio globale del salmo l.

Genere e sviluppo

L'ultimo salmo che suggella la prima collezione, in maniera iden­ tica al primo, comincia con un macarismo: «Beato chi medita la legge del Signore (Sal l) // beato chi ha cura del debole». Nel Sal 40 però il macarismo è la proiezione di una esperienza personale al piano di categoria, che inverte la cronologia: «Beato chi. . . Io dissi. . . ». La cate­ goria si tramuta cosl in principio che accoglie il caso particolare e possiamo prendere in senso tecnico la parola generalizza il fatto e l'esito individuale. Il caso è questo: un uomo caritatevole era solito prendersi cura dei poveri, è caduto malato; per riguardo alla sua carità, ora Dio stesso si prende cura di lui. Nel susseguirsi degli eventi funziona il principio della retribuzio­ ne, il cui protagonista è il Signore. Il nome di Yhwh si ripete tre volte nella introduzione, vv 2-4, come succede in altri casi simili. Sul piano umano di questa introduzione si menzionano già malattia ed ostilità, i due temi intrecciati della supplica. Il corpo del salmo, vv 5-13, è definito da una inclusione 'ny­ w 'ny. Al primo 'ny si oppongono i nemici, al secondo si oppone anti­ cipatamente Dio in forma di pronome personale. Questo ci fornisce uno schema che regola i pezzi dell'azione mediante i personaggi: .

.

5 6 11 13

abbi pietà/misericordia 'ny Io dissi i miei nemici mi maledicono abbi pietà/misericordia w'th Tu invece w 'ny a me invece.

All ' interno di questa cornice semplice si sviluppa la preghiera: un esempio tipico di supplica di un malato.

_Testo e commento

,2.

Malattia

e

·694

ostilità

A richiamare la nostra attenzione è il fatto che nel Salterio il malato grave non suscita sentimenti di compassione, ma di ostilità. Gli amici di Giobbe, non israelita, vengono da lontano per consolare l'amico; i rivali del nostro orante invece sembrano stare aspettando la sua malattia per sparlare di lui e persino gli amici si defilano o $vaniscono in tale congiuntura. È una pura convenzione del genere o è condizionato dai costumi e dalle credenze dell'epoca? La medicina di allora non disponeva di molti mezzi. Un impia­ stro di fichi per Ezechia (Is 38,2 1), vino ed olio per le ferite. Il vino disinfetta con l'alcool, l'olio lenisce, serve come emolliente e protegge. Si curavano più facil:111ente le ferite che le malattie. Il libro del Levitico ci offre una minuziosa sintomatologia, più per consigliare e confinare il paziente che per applicare un trattamento. Il malato può costituire un peso per la famiglia, una minaccia di contagio (di cui non si conosce il meccanismo fisico) . TI malato è stato da Dio e castigato per qualche colpa. Le malattie risultavano con relativa frequenza mortali. La nostra esperienza mo­ derna della malattia è profondamente diversa. Tuttavia, vale la pena ricordare l'effetto dei malati di AIDS nella nostra società. Ebbene, le rivalità e le inimicizie latenti e patenti della società di quel tempo sembrano scatenarsi ed acuirsi quando il rivale o il nemico è caduto malato: ciò che stavano aspettando, quello che desi­ deravano; senza che essi si sporchino le mani, è Dio che si incarica di lui. Si può fare una visita di cortesia, dissimulare, ma i commenti fuori, sulla strada, sono diversi. Se l'infermo non li ascolta, li immagi­ na; forse egli ha assistito ad altri commenti simili o vi ha partecipato quando era «sano», dall'altra parte . . . Peraltro, di fronte ad una simile ostilità, il malato è impotente. Non può difendersi né fisicamente, né moralmente; anche lui si sente castigato o almeno ripreso da Dio. E come se non bastasse, persino gli amici si impauriscono dinanzi al malato o si lasciano trasportare dai maligni commenti dei nemici. La malattia produce una desolata solitudine, chiusa in un circolo di freddezza o di ostilità. In tale situazione, al malato non resta nient'altro che rivolgersi a Dio, confessando genericamente che ha peccato contro di Lui, ri­ cordando che ha praticato la beneficenza verso il povero, il debole. Se il peccato giustifica il castigo divino, l'opera di misericordia susciterà la compassione divina e otterrà la guarigione. Una volta sano e ristabilito, l' orante potrà dare ai rivali quanto meritano: essi non sono riusciti a cantare vittoria.

Salmo 41

695

Malattia ed inimicizia sono i due temi che si intrecciano nel car­ me: essi generano e organizzano gran parte del vocabolario. La parola nemico, 'wyb, risuona nei vv . 3b.6a. e 12b, si chiama sn ' in Sa; l'ami­ co è 'ys slmy v. l O a. La malattia è dwy e hly nel v. 4, è un «fatto maligno>> nel v. 9a; costringe a «coricarsi nel letto>>, vv. 4b. 9b; la fine della malattia è la guarigione, rp 'h, del v. 5b; ad essa appartengo­ no i termini della verticalità e dell'appoggio, s'd v. 4a, tmk v. 13a, qwm vv. 9b. l la, n�b v. 1 3b; la posizione in piedi è espressione della vita, hyh v . 3a. Se i rivali prevedono che «non si alzerà», il Signore lo farà . Il lessema tm del v. 13a si riferisce alla salute fisica o alla integrità morale? Nel salmo si verifica un cambiamento totale, hpk mutare, capovolgere. =

Esegesi 2 . L'hiphil di fkl con preposizione e complemento di persona significa qui prestare attenzione a, occuparsi di. dl è il debole; la versione greca aggiunge «e il povero». I «tempi cattivi» o «giorno funesto» si specificheranno nel salmo mediante la ripetizione di r'h nei vv. 6a e 8b. n gioco dei soggetti propone acutamente un insegna­ mento che oggi ci appare ovvio e che si è fatto ovvio in parte grazie a testi come il presente. L'uomo «beato>> ha beneficato un «debole>> che non può ricambiare, se non con la buona volontà, ringraziando. In tal caso il Signore accorre con la retribuzione, che riserva per tem­ pi difficili. Si osservi il suo atteggiamento sullo sfondo di un proverbio: Pr

19, 17 Chi ha pietà del povero presta al Signore; sarà questi a ricompensarlo.

3 . L'equilibrio dei verbi del v. 2 si rompe in questo verso: di tre verbi è soggetto il Signore, del quarto, in forma passiva, l'arante. Queseultimo verbo, 'Jr, modula la radice del macarismo 'sry (la LXX e la Vg hanno letto un piel con Dio per soggetto) . nps significa qui l' a9sia maligna, l'accanimento astioso, rabbioso del nemico; resta smorzato, non annullato il gioco di nps con Qyh . 4. Dato che mskb significa primariamente il letto, la stuoia o giaciglio e, secondariamente, il fatto di coricarsi o essere sdraiato, [il nostro «stare a letto»l r espressione hpk mskb può significare capo-

696

Testo e commento

volgere il giaciglio, dal momento che non se ne ha più bisogno, oppu­ re cambiare la posizione del malato. Con questo «ribaltamento» o cambio termina l'introduzione enunciativa del salmo. 5. Il corpo del carme comincia con la nota confessione del pecca­ to e la corrispondente supplica. Chiedere compassione o pietà equiva­ le a chiedere perdono (Sal 25 , 1 3; 5 1 ,3) . Il secondo emistichio mostra apertamente e vigorosamente la relazione tra peccato e malattia. Il testo recita letteralmente: «Guarisci la mia vita perché ho peccato contro di Te» senza entrare nella determinazione di peccati specifici. Finanche nel Vangelo di Giovanni, dinanzi ad un malato, la gente domanderà chi ha peccato, se il malato o suo padre (Gv 9,2) . La malattia viene cosl spiegata e teologicamente giustificata e la guarigio­ ne è un atto di misericordia o pietà. 6- 1 O. Questi cinque versi sono pervasi dalla dimensione sociale della malattia. Subentra qui la distinzione presupposta: se il peccato contro Dio spiega e giustifica la malattia, non giustifica il fatto che i rivali se ne approfittino e nemmeno la freddezza degli amici. Un Dio adirato lo si può umilmente supplicare, un nemico spietato no. È possibile soltanto smascherare e denunciare il suo atteggiamento e il suo comportamento per spingere Dio ad intervenire. Visto che la malattia giustamente inflitta scatena una persecuzione ingiusta, la supplica è che Dio ritiri l'occasione dell'abuso e risparmi all ' orante la sofferenza immeritata. Il poeta introduce un piccolo quadro di costumi, una etopea. La persecuzione si rivela piuttosto verbale. Consiste in commenti, insinuazioni, dissimulazioni, calcoli; nell'aspettare come proprio trionfo la morte del malato per mano di Dio. Si ricordi in l Re 25 la morte di Nabal senza l'intervento violento di David. Nelle parole e nelle previsioni dei rivali l' orante scopre una malvagità aggressiva, r' ly, t4h ly vv. 6 e 8; una aggressività organizzata o almeno condivisa da più, yQd 'ly v. Sa. 6. «Estinguersi il nome» sembra presupporre che morirà senza una discendenza che possa perpetuare il suo nome: cfr. Sal 9,6; 109,13; Ger 1 1, 19. 7 . L'analisi filologica ha mostrato la difficoltà di questo verso, malgrado le corrispondenze parallele, che presentiamo in uno schema: b' Y.t

lr'wt yqb�

Iw' 'wn·

ydbr ydbr

lbw lhw.s

Entra a visitare ed esce per far commenti, nel suo intimo e nella

697

Salmo 4 1

strada, menzogna e malvagità. Sembra descrivere l'ipocrisia dei rivali con un gioco di doppi sensi: entrano a visitarlo/osservarlo, dicono parole false/inconsistenti, conservano la malvagità/registrano interna­ mente il male, cfr. Sal 62, 5 . 8 . ytlhsw: il sostantivo lhs significa incantesimo, fattura, scongiu­ ro. Nel contenuto, parole di efficacia magica e funesta contro qualcu­ no; nella forma, un sussurrare o barbugliare formule a stento percepi­ bili e comprensibili (i LXX traducono con un verbo onomatopeico) . Potremmo tradurre: «mi farfugliano imprecazioni». Alcuni esegeti estrapolano il contenuto dalla frase e suppongono un gruppo di avversari che ricorrono a fatture e arti magiche per causare la malattia o per aggravarla o per impedirne la guarigione; la frase parallela spiegherebbe le fatture o sortilegi come trame per­ verse, hsb ,�h. Malgrado le proibizioni (Dt 18) , magia e stregoneria continuarono ad essere praticate in Israele, o meglio, le proibizioni mostrano che c'era la necessità di intervenire contro tali pratiche. Altri commentatori prendono dal verbo la forma: il tono, la segretez­ za o il riserbo. 9. Riporta i commenti. La malattia che «gli è stata infusa/insi­ nuata», che è penetrata in lui, y�q, è un «evento funesto>>, o secondo l'etimologia, «incurabile>>. Se ci muoviamo nella teoria dell'incantesi­ mo, il maleficio è stato infuso all'arante e dentro di lui accrescerà la sua efficacia mortifera, di modo che il malato «non si alzerà». Il malato è «colui che si coricò»: la prognosi dei rivali contraddice l'e­ nunciato del v. 4b, mskbw hpkt. 10. L'amico, 'ys slmy, vive in pace con l'arante, lo saluta regolar­ mente. «Mangia il mio pane»: come un protetto che l'arante sostiene o come invitato alla sua mensa; è un commensale di fiducia. Il suo atteggiamento e la sua reazione davanti al malato è come uno sgam­ betto �qb, terribile quanto più impensabile; un tradimento grave, ma­ dornale, hgdyl. 1 1 . La supplica suona con urgenza e densità espressiva nelle sue poche componenti. È il contrasto, «ma tu, tu invece», che situa Dio di fronte alla coalizione di nemici ed amici. Poi la sequenza di tre verbi, due imperativi ed un coortativo. Infine la distribuzione delle azioni fra il Signore e l' orante. Parafrasando, l' orante direbbe: «Tu Signote, abbi pietà e ponimi in piedi; mi incaricherò io di dar loro quanto meritano». Il nostro carme contrasta con altri in cui l'orante incarica Dio di fare giustizia. Il verbo qwm, qui all'hiphil, «mettimi in piedi>>, in altri salmi viene indirizzato a Dio qwmh: «Alzati» (cfr. Sal 7 ,7) .

Testo

e

commento

698

12. Giungerà cosi la svolta risolutiva nel contesto sociale: il ne­ mico non canterà vittoria, la predilezione di Dio si renderà manifesta, l' orante la riconoscerà pubblicamente. In altre parole, il peso più gra­ ve del suo dolore è sentire che il nemico si considera vincitore. Quan­ do uno muore, non c'è sempre qualcuno che considera tale morte una rivincita, qualcuno che pensa di uscirne avvantaggiato o di aver­ ne un profitto? (Cfr. Sal 30, 10: «Cosa guadagni con la mia morte?») . L'amore di Dio deve manifestarsi nella salute dell'arante e nelle sue relazioni sociali; non può restare circoscritto in una pura relazione spirituale ai margini della situazione complessa dell'uomo. Ebbene, è nella realtà corporea e sociale che si realizza l'esperienza profonda e stabile, yd1ty, della relazione personale con Dio. 13. Il verso finale presenta ormai solo i due: Dio e l'orante. È dubbio il significato di btmy, perché tmm può riferirsi alla integrità fisica o a quella morale. In altri casi il significato si chiarisce aggiun­ gendo lbb (Sal 78,72 e 1 0 1 ,2); altri, facendo appello al giudizio di Dio, allegano la propria innocenza (Sal 7,9; 26, 1 . 1 1) . Nel nostro sal­ mo l'orante confessa il suo peccato, non si appella ad un giudizio, pone in primo piano il contesto della malattia. Personalmente propendiamo per l' accezione di tm nel senso fisi­ co di salute o integrità, come in Gb 2 1 , 23 ; si confronti con mtm in Is 1 ,6 e Sal 38,4. «In piedi» dinanzi al Signore: ntb lpny Yhwh può avere un valore cultuale: Dt 29,9; all'hitpael in Gs 24, 1 e l Sam 10, 19. Si conserva qui il medesimo senso: l' orante pensa al servizio nel Tempio, dal qua­ le è stato allontanato a causa della malattia. Il contesto del salmo non permette precisazioni. Ciò che è fuori di dubbio è che la supplica si conclude con la relazione personale dell'arante con il Signore. 14. Il verso è stato aggiunto per suggellare la prima collezione di salmi.

Tnsposizione cristiana Gv 13, 18 pone sulla bocca di Cristo una citazione di questo salmo: Non parlo di tutti voi; io so bene quelli che ho scelto; ma si deve adempiere la Scrittura: colui che mangia del mio pane ha levato contro di me il suo calcagno.

Per i Santi Padri detta citazione induce a mettere tutto il salmo

699

Salmo 41

sulla bocca di Cristo. Anche se il Vangelo non lo presenti mai malato. In questa chiave, il «povero e debole» del v. 2 è Cristo nella sua Incarnazione: «pur essendo ricco si fece povero, per arricchirci con la sua povertà» (2 Cor 8,9) . Gregorio di Nissa parla della «povertà della Incarnazione». I Pa­ dri non considerano irriducibile la confessione del peccato del v. 6, dal momento che Cristo si è caricato dei nostri peccati. Riferiscono il letto di dolore alla debolezza della carne o anche alla croce (Ilario) . Di conseguenza il «ponimi in piedi» equivale a «ri­ suscitami»; il verso finale viene riferito alla vita immortale alla pre­ senza del Padre (Cirillo Alessandrino) . Per concludere, alcune righe del denso commento di Agostino: «Che cosa è da intendere riguardo al povero e indigente? Ricono­ sci che il Cristo stesso è questo povero ed indigente, lui che dice in un altro salmo: lo sono povero ed indigente: il Signore ha cura di me . . . Ricco presso il Padre, povero fra di noi; ricco nel cielo, povero in terra; ricco Dio, povero uomo . . . Comprendi che dove si manifesta la debolezza, si nasconde la divi­ nità . . . La sua povertà è la nostra ricchezza, come la sua debolezza è la nostra forza, come la sua stoltezza è la nostra sapienza, come la sua mortalità è la nostra immortalità. . . Apri il senso della tua fede: accogli il povero, se non vuoi restare povero. Guarda i poveri, gli indigenti, gli affamati e assetati, i pelle­ grini, gli ignudi, i malati, i carcerati. Cerca di capire quei poveri, perché se li capisci, capirai colui che disse: ' 'Ho avuto fame e sete, andavo ignudo e pellegrino, era malato e incarcerato,. Cos} nel giorno della sventura il Signore ti libererà».

SALMO 42-4J 42 ,2

3

4

5

6

Come la cerva anela rivi d'acqua cosl la mia anima anela Te, o Dio! La mia anima è assetata di Dio, del Dio vivo: Quando entrerò e vedrò il volto di Dio? Lacrime sono il mio pane giorno e notte, mentre tni ripetono tutto il giorno: Dov 'è il tuo Dio? Ricordandolo, con me stesso mi sfogo: quando attraversavo il recinto ed avanzavo fino alla casa di Dio, fra grida di giubilo ed azioni di grazie nel trambusto di festa. Perché ti angosci, anima mia, perché stai gemendo? Spera in Dio, ancora gli renderai grazie: «Salvezza del mio volto, Dio mio».

7

Quando la mia anima si angoscia, allora di te mi ricordo, dall a regione del Giordano e dell'Ermon, dal monte Misar1 • 8 Un abisso urla all'altro abisso con rombo di cascate tutti i tuoi flutti e le tue ondate m'hanno abbattuto. 9 Di giorno il Signore invierà la sua lealtà, di notte starò con il suo canto: una supplica al Dio della mia vita. 1 0 Dirò a Dio: «Mia Roccia»! Perché mi dimentichi? Perché mesto me ne vado frustato dal nemico?

l

Monte Minore.

701

Salmo 42-43

1 1 Della frattura delle mie ossa mi dileggiano i miei avversari; tutto il giorno mi ripetono Dov'è il tuo Dio? 12 Perché ti angosci, anima mia perché stai gemendo? Spera in Dio, ancora gli renderai grazie: «Salvezza del mio volto, Dio mio». 43, 1

Fammi giustizia, Dio, difendi la mia causa contro gente sleale, dali'uomo perfido e perverso tutelami. 2 Poiché tu sei il mio Dio e il mio Protettore: perché mi respingi? Perché mesto me ne vado, frustato dal nemico? 3 Manda la tua Verità e la tua Luce: che esse mi guidino e mi conducano al tuo monte santo, alla tua dimora; 4 m'accosterò all'altare di Dio, al Dio della mia gioiosa esultanza. Ti renderò grazie al suono della cetra, Dio, Dio mio.

5

Perché ti angosci, anima mia, perché gemi? Spera in Dio, ancora gli renderai grazie: «Salvezza del mio volto, Dio mio».

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H . H.

R. R. E. G. F. A. H.

Testo e commento

702

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Lista alfabetica

Alonso Schokel Anderson Beauchamp Bechtel Behler Casalis Dehn Deiss Dell'Era

72 80 67 55 66 85 52 63 85

Gil Goldingay Gruber Haag Hoffman Ishikawa Kessler Kobert Kruse

79 78 81 76 85 86 76 47 60

Lakatos Ridderbos Rios Rose Rowley Schreiner Tournay Wanke Westermann

52 76 47 59 40 70 72 66 68

AtuJisi filologics 2 . k 'yl: k- usato come congiunzione, equivalente di k 'sr Joiion 174 d; oppure 'yl + relativa asindetica Gun 155 g. 'y l come femminile GK 1 22 aiuola, o area piccola) praeparata f. Girolamo ha tradotto sicut areola ( =

703

Salmo 42-43

ad irrigationes aquarum; forse sulla base di Aquila hos aulon peprasiastai e sulla VI colonna dell'Esapla hon tropon pedion prasiasthe; difende questa let­ tura Agellius, la spiega Lorinus. 'l .. 'l: variazione stilistica di preposizioni. 3. w 'r'h: vocalizzato come niphal ed accolto da LXX Gir Ros Phil Hit­ zig Del Briggs; altri considerano originale w''er'e, cambiato dai masoreti per scrupoli teologici, Duhm Gun Pod But Kraus Rav Olshausen Bickell. pny 'lhym: con il verbo al niphal indica un posto (> che nella terza strofa verranno come messaggeri a comunicare e testi­ moniare la vittoria della sua causa, a guidarlo fino al tempio, in qual­ che modo segreto stavano già agendo nell' orante. La «luce>> era offu­ scata, la «verità» velata, e, malgrado ciò, qualcosa illuminava fioca­ mente lo spazio interiore dell'arante, qualcosa attestava la vicinanza di Dio e la certezza della speranza. Il dialogo interiore «va conducen­ do» il salmista. In accordo con il dinamismo del poema, il ritornello alla fine della prima strofa è una voce timida e soffocata, la seconda volta è di affermazione e di rimprovero, l'ultima volta è quasi grido di trionfo. Senza cambiare nel testo, il ritornello però cambia di tonali­ tà, e la recitazione dovrebbe farlo sentire. c) Però la divisione del poema in passato, presente e futuro è uno schema di base cui non si sottomette tutto il materiale del poe­ ma. Il drammatismo dell'esperienza turba e scuote più volte il proces­ so; la linea nitida dello sviluppo si agita espressamente, la linea del passato al presente e al futuro avanza con ondulazioni e scossoni. Il dinamismo del poema è più complesso di quanto suggerisca lo sche­ ma temporale.

Esegesi 42,2. 'rg è un verbo raro, che si legge anche in Gl l ,20, insieme al 'pyqy mym prosciugati dalla siccità: «persino le bestie del campo ti bramano ansiose, perché i trattori sono aridi>>. I commentatori antichi hanno tessuto leggende al riguardo di que· sta famosa cerva. Atanasio parla della cerva che mangia la serpe

711

Salmo 42-4)

e poi corre a bere acqua per disintossicarsi. Eutimio dice che la cerva è per sua costituzione calorosa e si infiamma con la carne delle serpi che divora. Dionigi il Certosino immagina la cerva inse­ guita dai cacciatori. Pérez di Valencia la vede ferita da una freccia avvelenata.

3 . nps è la gola come organo che sperimenta la sete e come sede della vita/respirazione, è anche simbolo dello spirito che ha ansia di Dio. «Vedere il volto di Dio» (leggendo il verbo all'attivo) è visitarlo nel tempio come simbolo della esperienza personale immediata. Alla immagine della sete si sovrappone quest'altra, più convenzionale, del­ la visione. n verbo bw' ritornerà quasi alla fine nella forma hiphil (43 ,3b) . 4. lhm nel significato generico di alimento. È strano che non prenda le lacrime come bevanda, collegandosi all'immagine iniziale della sete, come ad esempio dicono Sal 80,6 e 1 02, 10 sulla falsariga di un topos classico nella letteratura ugaritica e babilonese. In italiano diciamo >. Lancellotti: LXX Vg Gir Marinus Ros Del Briggs; pny come accusativo di parte oppure -ny come dativo oppure -ny pny come raddoppiamento enfatico. 17. mqw/. . . mpny: min causale. 18. b'tnw: suffisso di dativo «ci succede». Vaccari: «Ci incolse». w/'... wl': con valore concessivo, cfr. GK 156 f. 19. l': la negazione abbraccia ambedue gli emistichi Genebrardo per zeugma. Il TM fa 'srynw soggetto plurale di un intransitivo wtt, cosl Girola­ mo nec dec/inaverunt gressus nostri. Altri fanno Dio soggetto di un transitivo wt( LXX exek/inas, Vg declinasti, altri commentatori antichi permisisti ut de­ c/inarent. Per il verbo al singolare seguito da soggetto plurale Joiion 150 b. 20. bmqwm tnym: letteralmente «posto di sciacalli>>, che sarebbe la zona desertica o la tana di queste fiere: But into the haunt of ;ackals; Gir in loco draconum. LXX traduce kakoseos leggendo probabilmente 'ny o inter­ pretando liberamente, Vg in /oco afflictionis; Aquila en topo(i) aoiketo(i), Sim­ maco en topo(i) seirenon. Olshausen e Gun emendano bmqwm tnyn «al posto di/come al drago». Dah legge b'moq (da mqq ulcerarsi) motnatm i lombi. 2 1. 'm: Duhm lo interpreta come particella di giuramento negativo. 23. '/yk: per te, LXX heneka sou, Gir propter te. hrgnw: pual o qal passivo. 24. tznh : uso assoluto come nel v. 4. 26. 'iQh: da 'iwh: affondare, crollare 3 a p. fem. sing. qal, cfr. LXX Gir Ros Del Briggs Kraus Dah. Joiion propone di leggere sahetll da Ihh prostrarsi, Come Is 5 1,23, però è anche possibile trovare un verbo al maschile prima del suo soggetto femminile Joiion 150 b. 27 . 'zrth: sost. con accusativo di direzione «in aiuto» GK 90 g; Dah legge un perfetto precativo alla 2 8 pers., cfr. LXX boetheson, Gir auxi/iare cosl pure Rav. hsdk: LXX onomatos sou, Vg nomen tuum. =

=

:Studio globsle del sslmo 1.

Genere letterario

Il salmo 44 è una supplica comunitaria in una disgrazia naziona­ le. La situazione, storica o tipica, è una grave disfatta militare. Si tratta della disfatta di Israele per mano degli Assiri con la conseguen­ te deportazione in massa? Si tratta della conquista di Gerusalemme da parte dei Babilonesi e del conseguente esilio? Per rispondere, è opportuno mettere a confronto questo salmo con il 74, dello stesso

719

Salmo 44

genere. Quest'ultimo è centrato sul monte Sion e sul santuario; il 44 non fa alcuna allusione né alla città, né al tempio. I dati descrittivi che il carme ci offre sono generici: sconfitta militare, fuga, saccheg­ gio, strage, prigionieri di guerra. Non ci consentono una identificazio­ ne storica unica e precisa. In altre parole, se il salmo è stato composto in una situazione storica concreta, il poema si distacca da quella e si rende disponibile per situazioni simili. Dal punto di vista poetico il tipico prevale sull'individuale. In accordo ai canoni del genere, i supplicanti vogliono smuovere Dio con le loro ragioni: descrivendo la loro sventura, facendo appello agli obblighi di Dio. La supplica però contiene un dato particolare (lo dovremo esaminare a parte) ed è il fatto che il popolo si protesta innocente. La disposizione dei temi o soggetti del carme è notevolmente lineare, in estensione discendente. Dieci versi ricordano benefici sto­ rici di Dio, in particolar modo la conquista della terra; otto versi descrivono in contrasto la situazione attuale; in sei versi la comunità proclama la propria innocenza; quattro versi formulano la supplica. Elenchi ed antitesi sono i ricorsi poetici dominanti. 2. Il reo innocente

Nelle suppliche individuali o collettive, la cosa normale è che l'orante, fra altri motivi, riconosca la sua colpa, accetti la sventura come un castigo meritato, invochi perdono. Ciò anche se la supplica non fa parte di una liturgia penitenziale. Nei generi profetici Dio prende l'iniziativa, accusa il suo popolo di infedeltà e minaccia di castigarlo; ad es. nella cornice o introduzione (deuteronomista) del libro dei Giudici, Gdc 2 , 1 1 - 1 3 che condivide con il Sal 44 alcuni termini: ntn, mkr, lh�, ssh, bryt. Nel salmo 44 la comunità si proclama innocente nei confronti degli obblighi dell'alleanza. È Dio che sembra venir meno ai suoi obblighi. Una tale impostazione assomiglia superficialmente a quella di Giob­ be, ma con una differenza fondamentale: Giobbe infatti vuole sporge­ re querela verso Dio, in un giudizio contraddittorio che provi l'inno­ cenza di Giobbe e la colpa di Dio. Nel salmo si esprime un lamento appassionato e fiducioso, non una querela giudiziale. Il fondamento giuridico è l'alleanza che vincola le due parti. Grazie all ' alleanza Dio è diventato per l'orante il «mio Dio» (v. 5a emenda­ to), il «mio Re» o sovrano (v. 5a), di cui il «noi>> del salmo, sono vassalli. Il lamento è lancinante: ((noi)) non abbiamo «smentito» o infir-

Testo e commento

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mato «la tua alleanza>> (18b), non siamo stati infedeli al precetto fon­ damentale di non tendere le mani a «dèi stranieri>> (v. 2 1) . Come si è comportata allora l'altra parte, Dio? Era vincolato dall'obbligo della «lealtà>> (v. 27b), che vincola reciprocamente sovrano e vassalli; per tutto un tempo, fondativo, è stato fedele ai suoi obblighi nella sua azione storica in favore del suo popolo (vv. 2 8) ; ora, invece, . sembra essersi dimenticato o disinteressato. Memoria e dimenticanza definiscono la situazione in quanto so­ no atteggiamenti ed atti efficaci, non meramente ideologici. Infatti il popolo vive nella memoria, che è una tradizione nazionale (v. 2), vive della memoria, che attualizza il «passato» e la sua virtualità: «non ti abbiamo dimenticato» (vv. 18a.2 1). In contrasto, Dio sembra di­ menticarsi» (v. 25b) o «dormire» (24a) . Va sottolineato che la memo­ ria reciproca è uno degli atteggiamenti che sostengono e pervadono la spiritualità del Salterio. -

3. Il sovrano della storia

In una concezione politeista, l'impostazione avrebbe un altro esi­ to: che la sventura attuale sia stata causata da un'altra divinità stra­ niera, in questo momento più potente; oppure da forze cosmiche che si sottraggono sul momento al dominio del dio corrispondente. Que­ sto è inimmaginabile per la fede d'Israele ed è evidente nel carme. Viene negato il protagonismo umano: «Non noi, ma Dio» (4. 7-8) . Dio è stato l' autore della salvezza iniziale e di quella recente (ys' in 4.5.7.8) ; eppure è Lui l'autore delle sventure attuali. Possiamo provare a contare chi è il soggetto dei verbi nel primo e nel secondo blocco del testo; a ciò vanno aggiunte le espressioni «tu, la tua mano, la tua destra, il tuo braccio>> (3-4) . In questa visione della storia il salmo coincide con il Deutero­ lsaia, il profeta dell'Esilio, che giunge audacemente ad affermare: 45,7 Artefice della luce, creatore delle tenebre, autore della pace, creatore della sventura: Io, .il Signore, faccio tutto questo.

Si veda anche Dt 32,36-39, nel Cantico di Mosè. Pertanto, se il nemico è mero esecutore della sventura e non la causa ultima, se il popolo non ha dato motivo per un giusto castigo, tutta la responsa­ bilità è di Dio: «mio Re» ed anche sovrano di tutti. La presenza dominante di Dio, la sua azione che assoggetta, pro-

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Salmo 44

clamate in mezzo alla tragedia, rivelano una spiritualità robusta, inal­ terabile. È forse per questo non c'è bisogno di anticipare il rendimento di grazie, come si fa in altri casi del genere.

Esegesi 2-9. Il primo blocco comprende dieci versi. La ripetizione di 'lhym all'inizio del verso, v. 2 e v. 9, delimita per inclusione la sezione. Verso la metà, v. 5a, si pronuncia la confessione; con la > di Orazio, Odi III, 8) . mymyw. . . bg 'wtw: suffissi al sing. ad sensum Hitzig, o collettivo di inten­ sità Ros Phil Del. Molti autori inseriscono dopo il v. 4 il ritornello (v . 8 v. 12) per ragioni formali e come apodosi della condizionale o concessiva che precede E wald Del Hupfeld Baur Gun Cast But Kraus .

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Salmo 46

5 . nhr: casus pendens ripreso nel suffisso di plgyw, cfr. Joiion 156 a. qàs mskny 'lywn: Alcuni leggono qàs come un aggettivo in stato costrut­ to con il suo sostantivo GK 132 c, e mskny come plurale collettivo delle installazioni GK 124 h: Gir sanctum tabernaculum Altissimi, cfr. But the holy abode o/ the Most High. Altri danno a qàs un valore di superlativo o di eccellenza: Kimchi «tutta la terra di Israele è dimora dell'Altissimo, però Gerusalemme è la più santa». Altri prendono qàs come sostantivo co­ strutto: «il santuario delle dimore .. » Ros Briggs. Altri ancora leggono qdS come piel seguito dal suo complemento: LXX hegiasen to skenoma autou ho hypsistos Baethgen Ecker Duhm Kraus. .

Studio globsle del sslmo 1. Genere letterario e composizione

a) Il salmo è una professione di fiducia comunitaria che si fonda sulla presenza di Dio nella città santa, nel tempio. La situazione ri­ creata nel poema è quella di un assalto alla città fallito per l' interven­ to di Dio. A. Deissler definisce questo salmo come ; C . Westermann lo annovera tra i salmi «in cui un motivo - la professione di fiducia (riferita al popolo) è ampliato fino a divenire esso stesso un salmo». b) Il poema è formalmente articolato da un ritornello che si ripe­ te tre volte (ammettiamo l'aggiunta tra v. 4 e v. 5). Il contenuto del ritornello è sintesi conclusiva o tema generatore del poema. In due frasi nominali si sdoppiano due nomi e due predicati del protago­ nista, in posizione chiastica: -

Il Signore degli eserciti (è) con noi (è) il Dio di Giacobbe. nostra cittadella

Il Signore del cosmo, del mondo stellare, è il nostro Dio, di Giacobbe: Dio dell'universo e Dio di un popolo. Il Dio che domina gli astri è per noi una «cittadella». 'z è una fortezza, una costruzione difensiva per fronteggiare attacchi, assalti, aggressioni; siffatto tipo di fortezza non è una costruzione puramente ornamentale di una cit­ tà. Ebbene, Dio è su una vetta, inaccessibile all'assalto nemico, tutta­ via «perfettamente accessibile» a noi. Che il Dio sidereo sia «in alto», «al di sopra>>, appare ovvio (cfr. Is 55,9); che sia accessibile ad una comunità umana, suggerisce una certa presenza terrestre di questo

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Testo e commento

Dio. La visione del tempio terrestre rimane cosl insinuata nel ritor­ nello ed è trasparente nel resto del salmo. Però va sottolineato il carattere personale: la fortezza è Dio stesso. Il primo verso del carme, dunque, concorda tematicamente con il ritornello, come esordio o anticipazione: «Dio per noi è rifugio e fortezza»; in un secondo emistichio esplicita la situazione di guerra: trwt = pericoli o assedi da (�wr stringere) . La fiducia in Dio acqui­ sta una tonalità drammatica: anche se le strofe modulano, il ritornello ci riporta alla tonalità di base. c) Fra il primo verso e il triplice ritornello si situano tre pannelli di un trittico simmetrico: due tavole parallele ad ambo i lati di una tavola centrale, con relazioni che si intersecano in maniera disuguale; infatti la prima tavola è più unita alla seconda, mentre la terza è come la soluzione delle altre due . .�n altre parole, una prima prospetti­ va è quella di contemplare con tranquillità il trittico nel suo insieme; allora la «Città di Dio)) si erge tranquillamente e maestosamente so­ vrana nel centro del carme. Un'ulteriore prospettiva è quella di rive­ dere in successione le tre tavole. Si scoprono cosl due linee intersecate: =

assalto cosmico 3s, aggressione militare 7, vittoria di Dio 10 riconoscimento 1 1 gioia della città 5, contemplazione 9, riconoscimento 1 1

2. Le immagini Sarà utile, prima di passare alla esegesi, osservare la coerenza �mmaginativa delle due prime tavole . La troviamo nel tema dell'acqua e la si può apprezzare costruendo un breve modello genetico. La città si adagia su una collina, in mezzo alla quale si staglia il tempio; l'asse­ diano e l'attaccano eserciti nemici, che mugghiano e si agitano come una marea minacciosa; proprio come il tumulto dell'oceano caotico, primordiale, contro l'impero dell'ordine di terra e montagne; la città si sente al sicuro con la sua acqua placida e vitale. Si può chiarire ed anche confermare la relazione con alcuni versi di Isaia: 8,6 Poiché questo popolo ha disprezzato l'acqua di Siloe che scorre placida . . . 7 sappiate che il Signore l i farà sommergere dalle acque dell'Eufrate, torrenziali ed impetuose.

,Esattamente agli antipodi, l'acqua della città e l'inondazione bel­ lica ·nemica.

Salmo 46

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Il poeta inverte l'ordine genetico per fornirci dapprima la visione ,:osmica, mitologica; con questa dà profondità e trascendenza al com­ pimento storico, congiunge storia e creazione, situa Gerusalemme nel centro dell'universo, e al di sopra di essa il Signore degli astri nel cielo e di un popolo sulla terra.

Esegesi 2-4 (più il ritornello) . Dopo il primo verso, programmatico, la prima strofa descrive in due versi, con effetti più sonori che visuali, l'assalto cosmico dell'oceano contro la stabilità della terraferma e dei suoi baluardi più solidi che sono i monti. La terra, saldamente fonda­ ta da Dio sulle acque (Sal 1 36,6 ed altri), si «altera», resta sconvolta, perde la sua consistenza, si contagia della mobilità e del fremito sus­ sultorio dell'oceano. I monti, posti saldamente per sempre (Sal 65, 7) , :tremano, inghiottiti dall'oceano. Come in un diluvio dal basso, sem­ ·hra di ritornare al caos primordiale: «eruppero le sorgenti dell'ocea­ no» (Gen 7 , 1 1) . Con una semplice onomatopea s i scatena il furore della acque: ymhw yhmrw mymyw: (v. 4) l'effetto viene descritto in tre verbi hmyr mw� r's; la sonorità si contagia ad altre parole hrym hmyr ymym. Si oppone. la sonorità di 'z 'zrh hsh. Il mare scatena la sua superbia tur­ bolenta, . g'wtw (v. 4) . Il tema si popola di tante risonanze bibliche, che è impossibile tentare di registrarle. Crisostomo approfitta del verso per una amplificazione: «Anche se vediamo tutto rivolgersi contro, un turbamento insopportabile, fatti che mai erano successi, l'intera creazione che va in rovina, i monti che sussultano, tutto che si sradica dai propri fondamenti, gli elementi sconvolti. . . non temeremo>>.

L'assalto cosmico, che minaccia di sovvertire la dimora dell'uo­ mo, non intimorisce la comunità orante. In chi confida? Dispone for­ se di un'arca in cui trovare scampo dal nuovo diluvio? Essa dispone di un rifugio e di una fortezza non fabbricati dall'uomo, perché sono Dio stesso. Il rifugio dovrà elevarsi al di sopra delle acque e dei mon­ ti, sino alla sfera degli eserciti planetari. «Non temiamo» suona come risposta all'invito classico oracolare «non temere», noto ed assimilato dalla comunità di Israele. Questa frase forma la proposizione principale.

Testo e commento

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2 . 'z può significare anche il concreto, fortezza o baluardo. 3 . I monti si agitano in alto mare perché vi sono stati trasportati violentemente, oppure perché l'oceano ha invaso la terraferma. Si con­ fronti con Gb 9,5 : «Egli sposta le montagne d'improvviso e le travol­ ge», con Gen 8,5: «apparvero le vette dei monti» e con Sal 104,6. 4. bg'wtw: è l'alterigia del mare, l'alzarsi della m�rea e delle onde. 5-8 . Seconda strofa. Qualcosa non è stato sommerso dalla tempe­ sta oceanica e dal suo diluvio ascendente. C'è una città anonima (nel poema), divina, in cui l'acqua svolge la funzione benefica opposta. C 'è un fiume: prima parola del verso e della strofa; avrà una sorgente nel tempio come dicono Ez 47 e Gl 3, 18? O come il fiume dell'Eden che si dirama in quattro bracci. Questo è un fiume che si dirama in canali che attraversano tutta la città; migliore dei canali di Babilo­ nia di Sal 13 7 ,2 . Acqua placida e fecondatrice, neppure sfiorata dal ribollire aggressivo dell'oceano; acqua unica e molteplice nei suoi ca­ nali che rallegrano ed allietano festosamente la città. In mezzo al tumulto caotico, la città celebra una festa, e i funzionari dei festeggia­ menti sono i suoi canali d'acqua. C'è di più: anche se l'assedio si prolungherà, non si arrenderà per la sete. La > (Gregorio di Nissa). «Lasciate le occupazioni terrene e preoccupatevi di conoscere Dio» (Ambrogio).

c) In chiave di Chiesa celeste, Ruperto di Deutz offre un ampio sviluppo, collegando il v. 5 del salmo con il testo di Ap 22, 1 : composto o eseguito con arte Hitzig Del Briggs Duhm Gun Kraus Cast Rav But Weiser Dah; si veda M. Gertner in BSOAS 25 ( 1962) 23 . Altri lo intendono come un aggettivo sostantivato equivalente a un plur. «voi che comprendete�> Kim. Altri l'hanno letto con un valore avverbiale (anche se insolito al part. attivo): LXX synetos, Aquila VI epistemonos, Gir erudite, Targum cum intellectu bo­ no, Vg sapienter Agellius Marinus. 10. 'm: senza emendare il testo: come una sorta di predicato di n 'sp: «si riuniscono (come) popolo, (formando) un popolo» Marinus Hitzig Del. Vocalizzando 'im: Vg congregati sunt cum Deo Abraham. Alcuni suppongono una aplografia e completano 'im 'am «con il popolo» Briggs Duhm Gun Pod Cast But Kraus Rav. Altri completano con preposizioni 'l- o l- «si aggregano a» Ros. mgny: letteralmente «scudi»; si tratta di un titolo onorifico? LXX hoi krataioi; Ibn Ezra si mette il collo o le spalle del vinto: =

Gs 10,24 Avvicinatevi a calpestare il collo a questi re. Dt 33,29 I tuoi nemici ti aduleranno e tu calpesterai le loro spalle. Is 5 1 ,23 Dicevano al tuo collo: piégati, cosl ti passiamo sopra. Bar 4,25 Porrai il piede sopra il loro collo.

Oppure uno sgabello che li rappresenta figurativamente, in meta­ "fora: Sal 8, 7 ; 1 10,2. 5 . È il punto di massima concentrazione: un popolo «preferito», un territorio «scelto». Il popolo porta il nome emblematico del pa­ triarca Giacobbe, padre delle dodici tribù. Rispetto ad «Israele)), for­ se «Giacobbe» risulta più «patriarcale», più facilmente associabile al nome di Abramo (v. 10) . Il verso contiene una certa ambiguità sintattica. Se stabiliamo un parallelismo rigoroso degli elementi, il risultato è lo schema seguente: eredità gloria

nostra di Giacobbe

scelse ama

Eredità e gloria sono identiche? Ossia, il territorio rappresenta l'orgoglio del popolo. L'amore di Dio riguarda la gloria di Giacobbe o la persona di Giacobbe? Ci sembra più probabile la seconda: poiché in altri testi Dio ama il popolo in generale (Dt) o una persona in particolare o Sion e il santuario (Sal 78,68; 87,2; Ml 2 , 1 1) . Si vedano concretamente: Is 4 1,5 stirpe di Abramo, mio amico. Os 1 1, l quando Israele era bambino, lo amai. MI 1,2 amai Giacobbe.

767

Salmo 47

Adesso possiamo parafrasare: non siamo noi, ma colui che ci sce­ glie l'eredità, il territorio dove abitiamo attraverso le generazioni; questo territorio è l'orgoglio di un popolo che il Signore ama e preferisce. Il termine eredità ricorre spesso. Per g'wn, si vedano Is 1 3 , 19: «Babilonia orgoglio dei Caldei», Ger 13 ,9 : «Imputridirò l'orgoglio di Giuda»; Na 2,3 : «Restaura la gloria di Giacobbe>>. 6. Di nuovo si pronuncia il nome personale Yhwh in parallelismo con quello generico «Dio». Questo è l'unico testo in cui si predica di Dio che «sale» o ascende. Viene detto dell'arca in 2 Sam 6; Ez 1 1 ,23 lo dice della gloria o della figura divina (quando abbandona il tempio) ; della nube in Nm 9,2 1 ; 10, 1 1 ; di Dio normalmente viene detto che scende. Pertanto il verso è eccezionale: l' «ascensione» del Signore non si presenta come azione ripetuta, non lascia tracce reite­ rate nel culto, né fuori di esso. Logicamente dobbiamo cercargli un contesto preciso, unico, che sarebbe la «salita» del popolo dall'Egitto: «salire» è uno dei verbi classici della liberazione, in concorrenza con «uscire». Nella grande >; anche se il maestro è l' «io» che pronuncia tutto il salmo. Ebbene, dei maestri si dice brevemente, approssimata­ mente, ciò che si dice ampiamente dei ricchi. Il maestro o sapiente, non è come un animale quanto all'ignoranza, ma lo è quanto alla mortalità. Dei ricchi e dei maestri, alla stessa stregua, si può predica­ re la morte (vv. 15- 1 8 e 1 1), il perire blh (v. 15) e 'bd (v. 1 1), i posteri, 14. 1 1 , il sepolcro (vv. 15 e 12) (emendati), la perpetuità (v. 9 e 1 2); in modo insolito si identificano nella ricchezza, hylm (vv. 7 e 1 1) . Però il fattore definitivo che accomuna tutti è la morte : la quale non è un enigma. Supponiamo allora che l'autore parli di una hkmh specifica, più pratica che intellettuale. Dato che hkmh significa abilità, destrezza, si può specificare molto benè nel campo economico o politico. Ad esempio, Sennacherib attribuisce le sue conquiste militari alla sua «for­ za» e al suo > definitivamente nel morire, il loro silenzio è malinconicamente tetro ed impressionante. 1 4 . Questo verso contiene varie ambiguità (rimandiamo all'anali­ si filologica) . bpyhm yr�w alla lettera significa: «si compiacciono nella loro bocca»: di ciò che mangiano, o di ciò che dicono? Oppure «espri­ mono il loro compiacimento». 15. Anche questo verso è un campo fertile per le congetture, che trovano un valido appoggio in alcuni dati sicuri. > ri­ chiede come termine il sepolcro (si direbbe che qualcuno si sia diletta­ to nel salmo nel gioco della metatesi: hld/hdl, qbr/qrb, qbrfbqr) . �yr è il modellato, il profilo, la figura; come il profilo di un'immagine si logora esposta all'intemperie o con un uso prolungato, così si gua­ sta, blh, il profilo dell'uomo. zbwl è un vocabolario scelto per desi­ gnare la dimora: l'empireo di Dio in cielo Is 63 , 15 ; o nel tempio l Re 8, 13; degli astri Ab 3 , 1 1 ; sembra designare una residenza aristo­ cratica, il che aggiungerebbe una sferzante ironia alla descrizione. Attraverso l' intreccio di errori di copisti o delle nostre ignoran­ ze, intravediamo una immagine suggestiva: l'immenso gregge umano

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Salmo 49

che Morte pascola e fa scendere nelle profondità abissali; la dimora aristocratica - Morte ne è la signora - popolata di figure che svani­ scono, di ombre che si agitano. L'immagine non ha niente da invidia­ re alle indimenticabili pagine di Omero o di Dante. L'ultima totale transumanza senza ritorno. 16. Ha pronunciato già due volte la parola S'wl = Abisso (l'Ade, il Tartaro dei greco-latini) , e la terza servirà per ribaltare completa­ mente la situazione. Ora Sheol è un sovrano che trattiene in suo potere, di fatto o anticipatamente, ogni uomo. Qualcuno potrà sot­ trargli la preda con forza? Come David pastore, potrà «strappargliela dalle fauci» (l Sam 1 7 ,35)? La rilascerà in cambio di un cospicuo riscatto? «Si può sottrarre (lqh) la preda ad un soldato? Può sfuggire ad un vincitore il suo prigioniero?», si chiede Is 49,24. In un breve verso del salmo, due potenze si affrontano: 'Elohim e Se'o l. Senza pagare il riscatto, senza battaglia, sovranamente, Dio «prende» o sot­ trae la preda dalle mani della Morte e (>, ma equivale ad un aggettivo >; .Bellarmino: primo e principale, spontaneo, generoso. 1 6 . mdmym: dall'omicidio, la colpa corrispondente. Da ciò che David ha perpetrato contro Uria, Teodoreto Kim.; da ciò che potrà commettere Olshausen; da ciò che altri commetteranno contro di me Agellius . 1 8 . /': hanno letto lu, condizionale potenziale, con w'tnh come apodosi: LXX hoti ei ethelesas thysian edoka an, Vg si voluisses sacrificium, dedissem utique, Dah. w'tnh: Alcuni completano con una particella avversativa implicit a: «(al contrario) te lo darei» Ros But GK 1 08 n Kim. Altri prendono w'tnh come un condizionale «se ti offro/do . . . » Duhm Gun Pod Cast Kraus Rav Briggs lo considera una glossa. Come sostantivo «dono», cfr. Os 2, 14, Phil. 20. tbnh: yqtol qal. Leggono un niphal LXX Vg. Agellius cita autori aliis placuit che considerano i due ultimi versi aggiunti durante r esilio.

,Studio globale del salmo 'Introduzione Inizieremo con lo spiegare unitariamente questi due salmi, come ·due atti di una liturgia penitenziale. A tal fine, descriveremo prima il modello giudiziale o giuridico che configura l'atto: in altre parole, la struttura strutturante. In un secondo momento descriveremo lo svolgimento del processo nei suoi atti tipici. Successivamente dimo­ streremo come i due salmi corrispondano allo schema e al suo svol­ gimento. Quando parliamo di liturgia penitenziale, intendiamo una azione di tipo sacramentale, ossia, una azione che rappresentando realizza ciò che rappresenta. L'azione sacramentale solitamente ha la forma di una pantomima, normalmente accompagnata da una spiegazione verbale: ci ritroviamo a condividere un pasto, immergiamo una perso­ na nell'acqua e la facciamo riemergere, ungiamo con olio aromatico. Nel far questo, significhiamo e realizziamo il nostro essere commensa-

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Salmo 50-5 1

li di Dio, rappresentiamo e realizziamo una nuova nascita, realizzia­ mo una comunicazione di forza e di poteri. Ebbene, il mistero dell'uomo o del popolo che Dio riconcilia con sé si rappresenta e si realizza nella forma di un processo giudiziale o giuridico. Non dimentichiamo neppure un istante che abbiamo a che fare con un mistero, che l'atteggiamento per viverlo e l'organo per coglierlo è la fede, che l'analisi è al servizio della fede nel mistero. l . Il modello giuridico Quando pubblicai nel 1981 il libro Treinta salmos: Poesia y oraci6n (Trad. it . Trenta salmi: poesia e preghiera, Bologna 1 982) , mi sentii obbligato a sviluppare il tema, analizzando degli esempi. Nella bi­ bliografia in nota, spiccavano le opere di J. Vella ( 1964) e di H.J. Bocker (1964) ; le nostre preferenze andavano al primo. Oggi la situazione è favorevolmente mutata grazie al magnifico studio di P. Bova ti, Ristabilire la giustizia, Roma 1986.

Invece di scrivere «modello giuridico», pensavamo di scrivere «mo­ dello giudiziale)). Questione di nome, che può favorire o complicare la comprensione. Quando noi sentiamo il termine «giudiziale, foren­ se�>, pensiamo, immaginiamo un giudice imparziale, al di sopra delle parti, che decide con autorità le lite o la causa. Però fra noi esiste anche il >. Gesenius opta per la seconda interpretazione, «sorte», e parafrasa 'Sr yhb lk, lo stesso Hupdfeld; Ravasi «deponi. .. la tua sorte»; per la terza =

=

=

85 5

Salmo 55

interpretazione, «carica, preoccupazione» Ibn Ezra Rashi Pagnini Prato Miin­ ster Geier; Vaccari «la cura di te».

Studio globale del salmo 1.

Genere e sviluppo

a) Il salmo esordisce presentandosi come tplh e thnh, il che corri­ sponde alla nostra classificazione di supplica. Anche i quattro impera­ tivi iniziali definiscono la tonalità di petizione. L'orante sviluppa con notevole ampiezza tutte le sventure che soffre per muovere e commuovere Dio: sono motivazioni di ordine sociale e psicologico. Al posto di una promessa di rendimento di gra­ zie, irrompe nel finale una esortazione cui l' orante risponde con un aperto atto di fiducia, folgorante nella sua essenzialità. I canoni del genere vengono osservati con fedeltà e libertà. Ancora una volta, ci accorgiamo che definire il genere non è altro che un primo passo perché risalti l'individualità poetica. Dopo un salmo di routine e scolastico come il 54, esercitazione convenzio­ nale del genere, ecco qui questo salmo potente, suggestivo per la sua individualità. b) Ripercorriamo ora schematicamente il processo della supplica. Comincia l'orante con una introspezione, quando viene interrotto da voci esterne; ritorna nella sua interiorità, attanagliato da > o con ambedue: mai permetterà che, non permetterà una caduta definitiva. 24. All'invito l'orante · risponde con due versi e mezzo, allitterati in alef, con il triangolo classico tu-essi-io. Questa professione di fidu­ cia suona come una ricapitolazione. «Tu li farai scendere» risponde a >, probabilmente di notte; più tardi aspetterà impaziente il mattino. Di notte la sua attività è invocare, gridare, qr', al mattino gli toccherà rendere grazie, hwdh. D canto viene preparato anche con alcune parole che si ripeto­ no: il cielo in 4. 1 1 , il binomio hsd w 'mt in 4. 1 1 . Tra i due modi di preparazione quello tematico ci sembra più efficace. J.

Il ritornello: luce solare mattutina

Non è raro che nel ritornello si concentri o culmini il tema di un poema. Nel Sal 5 7 il ritornello è culminante. Quando suona la prima volta, forse non ce ne rendiamo conto, possiamo perderei l'im­ magine. La seconda volta, dopo la preparazione innica dei vv. 8- 1 1 , l'immagine risplende. In letture successive, soprattutto dopo l'analisi, l'immagine si percepisce già quando si presenta nel v. 6. Crediamo opportuno anticipare la spiegazione del ritornello, an­ che se mentalmente dobbiamo anticipare dati dei vv. 8- 1 1 , che spie­ gheremo a momento debito. La presente spiegazione del ritornello, riletta dopo l'esegesi dei singoli versi, guadagnerà in chiarezza e forza di persuasione. La nostra tesi è che nel ritornello l'orante invoca Dio come luce mattutina, come sole che sorge . In termini espliciti suone­ rebbe così: «Innalzati, o Sole, sopra il cielo e la tua luce riempia la terra!>>. In questo ritornello confluiscono vari motivi affini e fre­ quenti nella letteratura biblica: il mattino come tempo di grazia, la luce come salvezza e vita, speranza ed attesa, il Dio della luce. Illu­ streremo questi motivi poetici con alcune citazioni scelte che erano familiari agli israeliti. a) D mattino, tempo del favore divino. Il nemico è sconfitto di notte, lo spuntare del giorno permette di assistere e di sperimentare la liberazione. Esempi classici sono Faraone e Sennacherib: 14,24 All'alba il Signore dalla colonna di fuoco e di nubi gettò uno sguardo e mise in rotta resercito egiziano . . 27 Sul far del mattino il mare tornò al suo livello consueto, gli Egiziani fug­ gendo gli si dirigevano contro e il Signore travolse gli Egizia­ ni in mezzo al mare. . . 2 Re 19,35 Is 37,26 Al mattino, al risveglio, li trovarono già cadaveri. Is 17, 14 All'imbrunire ecco lo spavento; prima che albeggi non esisto­ no più. Es

.

=

Sofonia lo propone in un contesto giudiziale, cosl pure Geremia: Sof 3,5; Ger 2 1 , 12. Vari salmi riprendono il motivo: 30,6; 46,6; 90, 1 4;

Salmo 57

881

14 3 , 8 . Queste citazioni ci insegnano che il ritornello che analizziamo s'inserisce perfettamente in una supplica davanti al pericolo. Si veda ]. Ziegler, Die Hilfe Gottes am Morgen, in FS Notscher ( 1950) 28 1 -288 . b) La luce, vita e liberazione. Il mattino è tempo di favore per­ ché segna l' avvento della luce dopo le tenebre . L 'opposizione luce//te­ nebre è un simbolo universale, corrente in Israele, disponibile per molteplici denotazioni. Quella estrema è vita//morte, ad es. in Giobbe:

33,28 Mi hai liberato dal cadere nella fossa e la mia vita s'inonda di luce . . . 3 0 Per strapparlo vivo dalla fossa, per inondarlo con la luce della vita. La luce ha carattere di liberazione:

Sal

97, 1 1 Spunta la luce per il giusto e la gioia per gli uomini sinceri.

Gb 38, 1 3 descrive audacemente l'aurora: , risponde Gesù ai suoi apostoli che voleva­ no far cadere un fulmine sopra coloro che resistevano al Vangelo (Le 9,55). Nella sinagoga di Nazareth Gesù sopprime l'ultimo verso di ls 6 1 , l ss che gli toccava leggere quel giorno (Le 4, 18ss); il verso sop­ presso, quello che desideravano ascoltare gli insofferenti del potere romano era: «il giorno della rivincita/vendetta del nostro Dio (naqàm)». Forse seguendo questo esempio, il nuovo breviario ha eliminato il salmo 58 dalle proprie pagine. Oltre alla scorciatoia di eliminare il salmo, resta un'altra strada, quella di analizzare la sua lettera e il suo spirito in ordine ad una possibile trasposizione cristiana. È ciò che tentiamo ora di fare, senza eludere la difficoltà del problema. a) Questo tipo umano descritto dal salmo, ha rappresentanti an­ "che oggi? La situazione di ingiustizia che descrive e condensa, appar­ tiene solamente al passato? La differenza tra ieri e oggi sta forse nel fatto che oggi il cristiano e buona parte dell'umanità possono essere più informati e più provocati dal problema della giustizia. È quanto, all'inizio, definivamo «il secondo caso», vale a dire l'ingiustizia soffer­ ta dal prossimo, anche se lontano. Anche nei nostri giorni il Male celebra le sue cruente epifanie. E quando il cristiano guarda alla sua Chiesa, può dire che da essa le ingiustizie sono totalmente scomparse? O il serpente si insinua finanche dentro il nuovo paradiso? Dinanzi ad una situazione grave di ingiustizia e di violenza, spe­ cialmente da parte di potenti, organizzata, contumace, quale dev'es­ sere l'atteggiamento del cristiano? Forse deve scappare: : in senso generico, denota una crudeltà o effera­ tezza che può arrivare all'omicidio. Fin dall'inizio si suggerisce il peri­ colo mortale. 4a. 1%ym: spietati, crudeli o violenti: è n quinto qualificativo. La loro tattica è dapprima di nascondimento, come nel Sal 1 1 . Pr 12,6 combina i termini 'rb e dm: «Le parole dell'empio sono insidie mortali». 4b. Protesta di innocenza, come nei salmi giudiziali, ad es. Sal 17; Gb 3 1; Ger 15, 1 1 . 16. 5a. L'azione è ora aperta e può suscitare risonanze militari, come in Sal 18,30; il paragone di Gl 2,4.7.9; in contesto non militare cfr. Is 59, 7; Pr 6,18. 5b-6. Fra i due imperativi sinonimici si inseriscono due titoli solenni del Signore: è il Dio degli eserciti stellari o sovrano del cosmo ed è il Dio di Israele o sovrano della storia. L'orante fa sua la profes­ sione comunitaria, prega come membro di una comunità eletta. «Déstati»: detto alla divinità in Ab 2, 19; Sal 35,23; 44,24. Os­ servare e chieder conto o castigare sono compiti del giudice o gover­ nante. Come tale non può dimostrare pietà ai criminali, poiché la pietà nei loro confronti equivarrebbe alla crudeltà verso le vittime innocenti: «non !asciarmi perire per la tua pazienza», dice Ger 15, 15 . «Traditori»: il sintagma bgdy 'wn è un'espressione unica ed ener­ gica; qualcosa come «traditori iniqui». Recita Pr 1 1 ,3 : «La falsità di­ strugge i traditori»; Ab 1 , 13 si lamenta con Dio: «Perché te ne stai a contemplare in silenzio i traditorj, il colpevole che divora l'innocente?>> =

Salmo .59

911

7 . «Tornano>>: sembra implicare che erano stati scacciati e ritor­ nano, o che l'imbrunire è l'ora in cui sono soliti fare ritorno. Come cani. Teodoreto spiega: «l cani sono soliti vagare di notte per le strade della città, costretti dalla fame».

Sulla scia dell'intestazione ebraica del salmo, alcuni antichi com­ mentatori riferiscono il salmo a David, braccato dai sicari di Saul. Lorino li descrive cosl: «Andavano e tornavano dall'alba all'imbrunire, soprattutto quan­ dç lui si sentiva più sicuro. Come cani con le fauci aperte e bra­ mose, ansiosi di divorarlo, percorrono tutti gli spazi della città o qualunque posto dove si fosse diretto ed osservano e vigilano astutamente per non !asciarselo scappare». È quantomeno originale l'interpretazione di Eutimio, che riferisce il passo ai giudei tornati a Gerusalemme dall'esilio: nel trovarla occupata da stranieri, devono accamparsi fuori di essa e patire la fame.

8. «Chi ascolta?» La frase sorprende qui, anche se ascoltare è correlativo del guardare del v. 5b. Per giustificare la sua presenza qui, lo si ascolta come domanda di sfida a Dio da parte degli empi. Come se dicessero: «C 'è qualcuno che ascolta?>>, «Dio ne è al corren­ te?>>. Potrebbero essere queste parole il ringhio, la bava che la loro bocca schiuma. Si veda Sal 94,7 (con il verbo yby w � nel v. 4), e, più vicino, Sal 64,6: Concertano trappole occulte, e dicono: «Chi lo scoprirà?»

9. : la cosa normale nel Salterio è che il Signore vegli per l'orante, per la sua vita, nps: da Sal 12,8 fino a 146,9 questo vegliare di Dio ricorre spesso. Qui, audacemente, i ruoli si invertono: l' orante sta vegliando per il suo Dio e dovrà gridargli di svegliarsi.

Testo

e commento

9 12

Gli israeliti avevano delle veglie notturne organizzate anche nel tem­ pio: con smrym Es 12,42; con smwrh Sal 63 ,7; 90,4; 119,148. Fortezza è un titolo divino comune nel Salterio: 9 , 1 0; 18,3 ; 46,8; 62,3 .11 ; ecc. 11. «Mi preceda»: qdm con valore temporale come in Gio 4,2; Sal 2 1 ,4; 79,8; con bbqr S.al 88, 14; riferito alla veglia mattutina in Sal 119,147s. 12. «Non li uccidere, non se li scordi il mio popolo». La richiesta è davvero sorprendente, soprattutto se si ascolta ciò che l'orante chie­ de immediatamente dopo in 12b e 14a: . Per ovviare a ciò, alcuni hanno vocalizzato 'el vocativo e lo yiq­ tol con valore di imperativo. Forse dobbiamo piuttosto ricorrere a una distinzione di tappe: se Dio li fa morire subito, da un momento all ' altro il >. Le due letture dicono il carattere sacro e solenne dell'oracolo. n contenuto presenta il potere di un sovrano su regni o territori vas­ salii. Lo stile è immaginativo e conciso, con qualcosa che sa di enigma o di emblema o di impresa. Se includiamo tutto il v. 10, escono nove nomi, sei israeliti, da ambo i lati del Giordano e tre stranieri ad oriente ed occidente: Si­ chem e Succot (Capanne), Galaad e Manasse, Efraim e Giuda, Moab ed Edom, Filistea. Una lista che risponde ragionevolmente ai domini di David secondo 2 Sam 8: v.1 Filistei, 2 Moab, 13 Edom, '15 tutto Israele. Sichem e Succot trascinano ricordi patriarcali di Giacobbe. Galaad fu un effimero dominio di Isbaal come successore di Saul (2 Sam 2,9), fedele a David durante la rivolta di Assalonne (2 Sam 17,26). Manasse resta sotto Efraim secondo la tradizione di Gen 48. Giuda è la tribù di David, dalla quale estende il suo regno. Efraim, contrapposto e complementare a Giuda, è il regno del Nord in Osea Geremia ed altri; il che ci allontana da David. Quanto alla coppia Giuda-Efraim è significativo un testo esilico o postesilico inserito nel libro di Isaia: 1 1 , 1 3 Cesserà l'invidia di Efraim finiranno i rancori di Giuda; Efraim non invidierà Giuda, Giuda non serberà rancore per Efraim.

In Os 5,5 la coppia appare in un versetto che sembra un' aggiun-

Salmo 60

923

.ta posteriore; invece in 5 , 12 sembra essere originale: «lo sono tignola ·per Efraim, tarlo per la casa di Giuda». L'oracolo è una elaborazione poetica, che possiamo spiegare pa­ -rafrasando. A parlare è un sovrano vittorioso, 'k. Ha occupato terri­ tori che gli appartengono per diritto di conquista: può distribuirlo o riservarselo a sua discrezione. Misurando con le corde (mdd Nm )5,5 ; 2 Sam 8 ,2) fa una lottizzazione di terre scelte, Sichem e Succot; si riserva i territori di Galaad e Manasse, in ambo i lati del Giordano, come predio reale. Efraim e Giuda espleteranno funzioni scelte e per­ sonali: quella di elmo, protezione della testa, e quella di scettro di comando (mQqq Gen 49 , 10 ; Nm 2 1 , 18); in altri termini, Efraim lo protegge vitalmente, Giuda è strumento di governo. Sono personali ,e non li cede. Il catino per lavarsi è un oggetto più umile, anche se parte del corredo reale, forse per l'acqua con cui lavare le mani o per le abluzioni del sovrano. La superba ed arrogante Moab (ls 16 e Ger 48) servirà per questo umile servizio. Gettare il sandalo sarebbe un gesto di presa di possesso, poiché ci è noto l'uso di questo calzare in transazioni commerciali (Dt 25,9s) ; non possiamo però esclu­ dere altre spiegazioni, ad es. un oggetto dove il re deposita i calzari ·per pregare (Es 3,5 e Gs 5 , 15), il che si sposerebbe meglio con il catino. In ogni caso, un servizio umile. Resta l'ultimo membro della serie, il nono, il tradizionale nemico occidentale, i Filistei. Il tenore letterale della frase è: contro me, Filistea, lancia gridi di guerra. Cosa ci fa questo imperativo alla fine dell'oracolo enunciativo? L' «io» di 'ly deve essere colui che sta parlando, chi pronuncia l'oracolo. Il ver­ bo ry ' significa lanciare grida stentoree o acute, in particolare l'urlo di guerra che incita i propri ed intimida gli avversari, trw 'h. La frase interpella direttamente il nemico personificato in una figura femmini­ le, Filistea. La spiegazione più plausibile che ci balena è quella di un invito ironico e di sfida: «Su, lancia ora il grido di guerra, affrontami se osi>>. Analogo in parte all'invito di Is 8,9: «Armatevi, sarete sconfit­ ti . . . fate piani, falliranno, pronunciate minacce: non si compiranno». Sottomessi i nemici di Levante, ora affronta quelli di Ponente. Ritor­ niamo al testo già citato di Is 1 1 (testo tardivo) : 14 Si abbatteranno sopra le spalle della Filistea

a

Occidente,

uniti spoglieranno le tribù d'Oriente : Edom e Moab cadranno nelle loro mani e gli Ammoniti gli si assoggetteranno.

Tale



l'impresa di Efraim

e

Giuda. E qui termina l'oracolo.

Testo e commento

924

1 1 - 13 . L' orante prende di nuovo la parola. L'articolazione dei tre versi ammette due interpretazioni fondamentali. a) Chi mi con­ durrà . . . ? Non tu che ci hai respinto? /Aiutaci. Ossia: una domanda, la risposta in forma di domanda retorica, una petizione. b) Se qualcu­ no mi conducesse! Ma non sei stato tu a respingerei? /Adesso Aiutaci. Ossia: desiderio tra il potenziale e l'irreale, rimprovero a Dio per il suo rigetto, supplica. La prima soluzione deve supporre un relativo implicito dopo 'lhym (relativa asindetica). Se accettiamo la seconda spiegazione il senso avanza attraverso questi passaggi: ascoltando l'oracolo, antico o presente, e confrontan­ dolo con l'attuale situazione, l'orante reagisce con un certo scettici­ smo o insoddisfazione: magari ci fosse chi potesse, oh, come vorrei! Il desiderio o sogno è irrealizzabile mentre il Signore prolunga il suo rifiuto e si nega nell'accorrere in aiuto nella battaglia; tuttavia, l'oran­ te non si arrende, anzi reclama con la speranza dell'ausilio di Dio. 1 1 . La città fortificata o piazzaforte potrebbe essere Petra, men­ zionata in 2 Re 14,7; 'yr m�wr si legge anche in Sal 31 ,22; al plurale in 2 Re 8,5; 1 1 ,5. 12. L'orante ripete, smorzato, il rimprovero della prima parte del salmo, con il verbo znh. Uscire con le truppe: si veda S al 44, 10. Può trovare appoggio nell'antico costume di condurre in battaglia l'arca come palladio, come ci narra 1 Sam 4, 1-8; si veda 2 Sam 5 ,24: «Il Signore esce dinanzi a te a sconfiggere l'esercito filisteo». 1 3 . Nel contesto bellico zr't e flw 'h si specificano: ausilio o rin­ forzo e vittoria. La seconda frase non reca una copula esplicita; si può prendere come enunciato «chimera è la vittoria umana» o come petizione «fallisca la vittoria umana>>. Due parole sembrano giocare con altre precedenti del v. 12: mas.or/ mif�r e 'edom/'adam. L'orante suppone la dottrina tradizionale, che la vittoria è dono di Dio. Fra molti testi che lo attestano citiamo un proverbio: Pr 2 1 ,3 1 Si barda il cavallo per la battaglia: la vittoria la dà il Signore.

14. «Fare prodezze>>: l'espressione generica 'fh J?yl si specifica secondo il contesto in senso politico (Nm 24, 18), economico (Dt 8, 17s ed Ez 28,4) , o militare come qui e in Sal 1 1 8, 14-16. b'lhym esprime la fiducia: contando su Dio, grazie a Lui, invocandolo. Il verbo n'fh può equivalere a un semplice futuro di sicurezza o a un coortativo: su facciamo, possiamo realizzare. Calpestare: bws come gesto di vittoria, Is 63,6; Sal 44,6. Può

925

Salmo 60

esprimersi appoggiando un piede sopra il collo sottomesso del nemico, immagine che compare frequentemente nelle steli o nei basamenti dei troni dei monarchi di allora. L'azione che in 44,6 gli Israeliti realizza­ no in nome del Signore, qui viene realizzata da Dio in persona, lo stesso che ha pronunciato l'oracolo, lo stesso che riporta la vittoria. È utile mettere a raffronto questo salmo con il 44, che insiste più nel lamento e lo rafforza con proteste di innocenza. Trasposizione cristhma

Il salmo instaura la tensione tra le sconfitte militari di un popolo e la vittoria certa di un sovrano sui suoi e su stranieri. Di conseguen­ za, esprime la tensione di sentimenti: abbattimento e lamento degli uomini, sicurezza categorica del capo, risoluzione nella fiducia dell'ul­ timo verso. Tenendo conto di questa tensione drammatica, il salmo si può porre sulla bocca della Chiesa. Perseguitata, sconfitta, afflitta, chiede una risposta al suo Signore. Questi le risponde affermando la sua vittoria e il suo dominio. Confortata da queste parole, la Chiesa può accingersi a nuove imprese contando sulla vittoria del suo Signore. La lettura in chiave ecclesiologica riscatta l'unità del salmo nel tradur­ re il suo simbolismo militare. Gli antichi commentatori si sono soffermati sull'immagine del vessillo o insegna, visto nella sua funzione favorevole. È il segnale del sangue sugli stipiti delle case degli israeliti nella notte dei primo­ geniti, Es 12, 7; oppure è il segnale dei salvati in Ez 9,4. Ossia, segno del sangue o segno del tau sulla fronte, il sangue dell'Agnello, il segno della croce. Eusebio propone ambedue; quello del sangue è menziona­ to da Origene, Atanasio, Arnobio; quello del tau da Teodoreto. Quanto all'oracolo dei vv. 8-10, la chiave cristologica lo trasfor­ ma in simbolo della diffusione della Chiesa. È originale il commento di Atanasio: Nel Sal 57 diceva: > e l'arante li adempirà (vv. 6.9). Un paio di riferimenti locali definiscono il tema della petizione nel momento che aprono r enigma della sua identificazione. L'orante grida «dai confini della terra/paese>> dove probabilmente si sente in pericolo; vuole rifugiarsi nel bastione di Dio ed abitare nella sua ten­ da. Se è facilmente identificabile la «tenda-baluardo» di Dio, non vi sono dati per identificare il luogo dove l'orante è lontano. Un altro dato locale è che r arante ha ricevuto la sua parte nella «eredità>>, yrwsh, dei fedeli, ed ora sembra esserne privato o allontanato. Il sintagma miq�e ha 'are� è vago. Può essere l'estremo orizzonte, secondo Sal 19,7; 135 ,7; indica la lontananza in Is 5,26; 42 , 1 0; 43 ,6. Teoricamente può riferirsi ad un estremo del territorio, ad un paese straniero, all'esilio, e può essere iperbole di lontananza. L'identifica­ zione continua ad essere ipotetica ed è legata alla identificazione del personaggio che pronuncia il salmo. 2.

L 'arante

Chi

è

o chi sono a pronunciare la supplica? La cosa più ovvia

Testo

e

commento

928

è pensare che qualcuno preghi per sé e poi per il re. La prima persona prevale in verbi e suffissi, si rivolge a Dio alla seconda persona, parla del re in terza persona. Nonostante che un orante possa parlare di sé in terza persona, specialmente riferendosi alla sua carica o dignità, non è facile provare che succeda questo nel salmo. Neppure soddisfa­ cente è porre i vv. 7-8 sulle labbra della comunità, come preghiera per il re, facendo coro alla supplica che lo stesso re ha pronunciato nei vv. 2-6. Ciò presupporrebbe una esecuzione liturgica, che non sembra coerente con l'assenza e la lontananza dell'arante. Consideriamo un po' più probabile l'identificazione dell'arante con un personaggio allontanato dal tempio e pertanto da Gerusalem­ me, ad una sufficiente distanza per sentirsi «al confine della terra/paese». È un sacerdote o levita esiliato, come l'orante del Sal 42-43 , che anela ritornare al tempio? È un capo in campagna militare, minaccia­ to dal nemico che sospira per il baluardo inespugnabile di Sion? Le domande non si esauriscono qui: è il popolo esiliato che brama torna­ re in patria e parla attraverso la voce solista di un corifeo? L'ipotesi «militare» ci sembra troppo letteralista, visto l'uso che ·il Salterio fa del termine «nemico» e dell'immagine del «rifugio». Quanto :all' ipotesi dell' «esilio» troviamo il linguaggio troppo stereotipato e spen­ to, anche se in suo favore si cita la supplica posta sulla bocca di .Salomone in 1 Re 8,46-5 1, che si riferisce agli esiliati. La preoccupa­ -zione per il re nel salmo è convenzionale e non presenta una situazio­ ne di pericolo incombente sulla dinastia; chiedere lunga vita per il ·re è una cosa di normale amministrazione (che si sviluppa nel Sal 72) . Benché l'ipotesi «sacerdotale» adduca a suo favore il desiderio di abitare nel tempio «giorno dopo giorno», l'espressione è abbastan­ za generica per funzionare immaginativamente sulla bocca di un privato. La conclusione di questo ventaglio di ipotesi è che non possiamo identificare con .ragionevole probabilità l' orante e che è meglio lascia­ re questo fattore in bianco. Il salmo resta cosl aperto e disponibile. Può darsi che l'autore lo avesse concepito cosl. J.

Composizione

Una volta che, per esclusione, abbiamo lasciato aperto il salmo, ci tocca esaminare la sua trama interna. L'asse spaziale ci ha detto abbastanza, portando l'attenzione e il desiderio verso il tempio, di­ mora e rifugio; collochiamo al suo lato il re, «intronizzato>>, ysb. Nel­ l' asse temporale notiamo la delicata corrispondenza di una durata eterna, iperbolica, e di una durata quotidiana, più realista, «giorno per gior­ no», riferita all'esercizio del culto.

929

Salmo

61

La relazione temporale delle forme verbali ci pianta un altro dif­ ficile problema, perché non sappiamo come accostare proposizioni prin­ cipali e subordinate con ky. Infatti, si presentano due possibilità gram­ maticali: a) Precede la principale e ky introduce il motivo o la causa, cioè: Guidami ad una rocca inaccessibile, perché sei stato il mio rifugio mi rifugerò all 'ombra delle tue ali, perché hai ascoltato . . . b) Precede la motivazione e segue la principale, nel secondo caso con la particella correlativa ken, cioè: Poiché sei stato il mio rifugio. . . abiterò sempre nella tua tenda. Perché hai ascoltato i miei voti, per questo . . . adempirò i miei voti.

È difficile decidersi. Da una parte, la frase con ky segue spesso l'imperativo; dall'altra si osserva la relazione ky. . . kn e la ripetizione eli ndry = i miei voti, benché interrotta dai versi 7-8. Forse è preferi­ bile seguire un movimento binario eli tutto il salmo, secondo il se­ guente diagramma: 2-3 ascoltami 3b-4 portami .5-6 abiterò 7-9 dà lunga vita al re

perché ti chiamo perché sei stato il mio rifugio perché hai ascoltato i miei voti ed io adempirò i miei voti

Anche in questo aspetto il salmo si presta aperto a due letture, e in ambedue un'esperienza precedente fonda una fiducia attuale. Il futuro nel salmo si configura come proposito o promessa e non vuole sottostare a limiti. La garanzia sarà la lealtà, hesed, di Dio. Esegesi 3 . Ravvisàre nel «confine della terra» il regno della morte e in yrwsh la vita eterna è una lettura senza solido fondamento; peraltro dal regno della morte non si invoca né si chiama Dio. Il verbo �tp, tranne in Gen 30,42, figura in testi tardivi. La «rocca» può alludere alla piazzaforte gebusea. In Sal 27,5 , un testo vistosamente simile al nostro, si riferisce al monte del tem­ pio. Possiamo ricordare alcune coincidenze: 27,5 mi nasconderà nel segreto della sua tenda mi solleverà sulla rocca.

Testo e commento

930

6 . . sul nemico che mi circonda. .

Nella sua tenda offrirò sacrifici. . . cantando e suonando pe r il Signore. 4 Una cosa chiedo al Signore . . . abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita.

Poiché �ur è nel Salterio un titolo frequente del Signore, è im­ possibile evitare qui la risonanza. 4. Il «baluardo» o «torre-fortezza>>, in ebraico migdal 'oz, è una espressione rarissima: l'unico parallelo rigoroso si trova in Pr 18, 10; Torrione fortificato è il nome del Signore: in lui si rifugia il giusto ed è inaccess1bile.

La seconda parte del proverbio è simile nell'idea, anche se non nel vocabolario. 5 . «Abitare nella tua tenda» può essere stato attinto da Sal l5 , 1 , che molti" chiamano liturgia di entrata e che elenca i requisiti per essere ammessi. L'arante qui non adduce nessun altro requisito se non la sua necessità e la sua fiducia. -� 6 . Ynwh è un vocabolo preferito da Dt 2-3 e Ger 32. Il verbo yrs appartiene al vocabolario di base del possesso della terra promessa. In questo verso emerge, en passant, l'inserimento dell'arante in una comunità di uomini . Infine, alcuni emendano yrwst in 'rst, armonizzandolo con Sal 2 1 , 3 . Questi dati raccolti con­ sentono di situare tutto il salmo in una prospettiva regale, però non la impongono, poiché vari dati sono generici e si applicano anche ad altri soggetti. Ad es . una petizione per il re penetra in un salmo di pellegrinaggio (84, l O) . La richiesta di una lunga vita suppone che il re vive e regna e che la comunità lo riconosce come sovrano per grazia di Dio, lpny

93 1

Salmo 6 1

'lhym. Il verbo ysb, come altrove, ha in questo contesto il valore di regnare, di assidersi sul trono dinastico, che è Dio a garantire. 'wlm significa sempre, come chiedendo la realizzazione continua della promessa davidica: che il re non sia deposto, che il suo regno possa essere a vita, che la dinastia non sia mai minacciata. Infatti congiure di palazzo e manovre di stranieri sono fatti ben noti nella storia. Per questo la lealtà invocata guida la mente all'obbligo assunto da Dio (2 Sam 7) e lo comprova l'uso di hsd nel Sal 89 . I;Jsd ed 'mt figurano personificati con funzione di scorta, come in casi simili: una sorta di .guardia o corpo speciale del re. 9. n verso finale suona un ·p o' di ricapitolazione: zmr e slm fanno eco ai rnty e tplty dell'inizio, sm viene dal v. 6b, ndr da 6a, 'd fa eco a 'wlm dei vv. 5.8; ywm ywm è correlativo di dwr dwr.

Trssposizione cristiana

A proposito dell' «abitare nella tenda di Dio», possiamo combina... re tre testi a mo' di sintesi: Eb 1 1 , 1 3 Confessando di essere stranieri e pellegrini sulla terra. 2 Cor .5 ,6 Per tutto il tempo che il corpo è il nostro domicilio, siamo esiliati dal Signore. Ef 2, 19 Non siete più stranieri né forestieri, ma concittadini e fami... glia di Dio.

Il regno perpetuo è conferito in Dn 7 , 13-14 alla >: l' orante è uno di loro. Li chiama 'm, che può designare la scorta o la compagnia: Gdc 3, 18; l Re 19 ,2 1 . «Sfogarsi» è alla lettera «versare il cuore», immaginato come reci­ piente di sentimenti: Lam 2, 19; cfr. l Sam 1 , 15 . 10. Questa è l'affermazione centrale, che vuole inglobare tutti

Testo e commento

940

gli uomini, importanti o insignificanti. Li si può prendere tutti insie­ me, porli sul piatto di una bilancia, mettere nell'altro piatto un sof­ ,fio, e il piatto degli uomini salirà: un soffio pesa più di tutta l'umani­ tà. lperbolico, pessimista? Non è il pessimismo del Sal 39; quanto all'iperbole, forse pensa alla coscienza: nell'essere conscio della sua inconsistenza, l'uomo la raddoppia, la ingigantisce. Oltre ai testi cita­ ti nel commento del Sal 39, possiamo fare un confronto con Is 40: 15 Ecco, le nazioni sono gocce di un secchio, contano quanto la polvere sulla bilancia ... 17 Dinanzi a lui tutte le nazioni sono come se non esistessero.

In Isaia il paragone con Dio è esplicito nel verso; il salmo lo sottolinea a distanza mediante il contrasto del ritornello 'k hw '. Per il paragone della bilancia si vedano Gb 6,2 e 3 1,6; si ricordi anche la celebre psicostasia degli Egizi. 1 1 . n verbo thblw gioca con il sostantivo hbl, come l'italiano �-vanire deriva da vano. L'uomo, che è già vano per natura, si confer­ ·ma in ciò per la rapina; s'invanisce e svanisce: le ricchezze ingiuste non conferiscono un peso autentico all'uomo: sono una illusione. «Non confidate nel sopruso»: cfr. Is 30, 12; Ez 22,7. 12.29. La seconda proposizione del verso può riferisi ad un prosperare legittimo ed onesto delle ricchezze, poiché il verbo nwb ha un valore positivo nelle altre tre ricorrenze che troviamo nell' AT, con un signi­ ficato di vitalità: Zc 9, 1 7 ; Sal 92, 15; Pr 10,3 1 . L'autore non sembra condannare la ricchezza crescente ed onesta, ma l'abbandonarsi e il confidare in essa. Si confronti con Pr 1 1 ,28: «Chi confida nelle sue ricchezze marcisce». Jyt lb significa ordinariamente prestare attenzione. 12-13 . Questo è l'unico caso in cui l'artificio numerico n + l oc­ cupa il posto minimo: equivale al nostro «una e un'altra volta». Nella presente redazione, per la correlazione «parlare/ascoltare», sembra sug­ gerire che l'orante lo ha ascoltato direttamente da Dio, e non lo sa per sentito dire. In cambio, il contenuto non suppone un sapere straor­ dinario e privilegiato. Le due cose sono introdotte da un doppio ky: cioè, la prima è che Dio ha potenza e lealtà, la seconda è che Dio retribuisce. L'informazione personale si trasforma improvvisamente in confessione rivolta a Dio, come nel finale del Sal 4. Si noti pure il passaggio > (in spagnolo madrugar); cosl LXX orthrizo, Vg Gir Targ Eutimio Bellarmino. Successivamente «cercare»: Rashi 'bqs w'drws, Graetz Hitzig. kmh: verbo di terza radicale h (con mappiq) : cosl Simmaco Gir Targum Kim Rashi; hanno letto kamma come, quanto LXX posaplos, Teodozione col V. b 'r�: alcuni suppongono un b- di paragone, secondo Gesenius Thesaurus, p. 1 73b n. 14. �yh: sostantivo con funzione di aggettivo o aggettivo femminile. w 'yp: aggettivo maschile il cui antecedente deve essere bfry, però può essere un secondo aggettivo che assume il valore femminile del precedente come in l Sam 15,9 e l Re 19, 1 1 , dr. GK 132 d. LXX traduce abatos, Vg invia. 3 . hzytyk: ti ho contemplato; hanno letto o tradotto un passivo (forse per scrupolo teologico) LXX ophten soi, Vg apparui tibi. 4 . ysbhwnk: verbo al maschile dopo soggetto femminile, forma energica con suffisso GK 145 u e 60 e. 7. b'Smrwt: veglia, vigilia: cosl Gir Sir; l'alba LXX orthros, Vg in matutinis. 10. !Sw h: per la distruzione; hanno letto !Sw ' invano LXX Vg. 1 1 . ygynohw: letteralmente «lo consegneranno»; spiegano il plurale co­ me impersonale e il suffisso singolare come distributivo Ros Phil Hitzig Del. Emendano in forma passiva ygrw: «saranno consegnati» Duhm Gun Pod Cast . Passivo con -hw di agente riferito allo se'o/ Bogaert Dah Rav. Cambiano il suffisso in plurale But Kraus. Leggono una forma passiva Sir Gir Vg; Targum Io considera derivato dal verbo gwr temere. mnt: stato costrutto con qame� nell'ultima sillaba, cfr. GK 95 n. =

'

=

StuclJo globsle Jel sslmo 1.

Genere e contesto

Il salmo 63 è una preghiera di fiducia che fa compagnia ai salmi 4, 16 e 62. Il finale, vv. 1 0- 12, che suona come appendice, situa il salmo in un contesto di pericolo superato di fatto o in una speranza sicura. In terminologia moderna potremmo parlare di poesia intimi­ sta: solo che è l'intimità con Dio. Se il salmo 61 veniva pronunciato «al confine della terra» e con il desiderio di anonimo e non presentato prima e il «re». Questi versi sono una appendice da cui si può prescindere o costituiscono la chiave per capire il salmo? Supponiamo che il re abbia pronunciato la preghiera in prima persona e nel finale parli di sé in terza persona: è possibile, anche se meno probabile. In questa ipotesi, «essi» sono i nemici del re, forse rei di ribellione o di un attentato, in ogni caso rei di gravissimi crimini, a giudicare dalla sentenza annunciata o invocata. Saranno uccisi di spada, squartati, senza sepoltura, gettati a brani a piccole belve affamate. Che un simile castigo sia necessario per Briggs Duhm Cast Kraus. Gun emenda 'lymw in 'ml der Frevel ihrer Zunge. Gir corruent in semetipsis linguis suis, Vg infirma­ tae sunt contra eos linguae eorum. ytnddw: da ndd scappare, Gir fugient Gesenius Ewald Hitzig Ros Phil But. Da nwd >. Oppure quello di Es 14, 14: «D Signore combatterà per voi; voi aspettate in silenzio». J.

Composizione

L' impianto immaginativo è punteggiato da una serie di corrispon­ denze tra ambedue i contendenti. Le elenchiamo qui:

tasttr mistilrim

3a 5a

hwrh hwrh

.5b h� Sa h�

l'yyr'w wyyr'w

5b lOa

/Swn /Swn

4a 9a

4b pit'om Sa pit'om

lb' mq ysry lb

.5b Sa

my yr'h kl r'h

7b p 'ly 'wn l lb p'l 'lhym

6b 9b

3b lOa

Le corrispondenze tradiscono un interesse e un lavorio formale

al servizio della visione teologica. Come se il salmista dicesse che

Dio accetta la sfida e risponde con le stesse armi e con la stessa prontezza, pt'm. Solo che le frecce di Dio possono essere fulmini, (si pensi al duplice significato dell' italiano «saetta») che vengono dal­ l' alto e sono precisi al bersaglio, perché Dio vede ciò che è nascosto. I nemici sono chiamati mr'ym e p 'ly 'wn = perversi e malfattori, e vengono descritti in azione; l'orante è chiamato tm e �dyq = inte­ gro e giusto o innocente. I malvagi passano dalla fiducia sfidante a restare malconci; l' orante cambia atteggiamento dal terrore iniziale, phd, alla gioia finale, fmh.

Salmo 64

953

Esegesi

2 . syh è all' infinitivo e significa lamentarsi, sussurrare : il contra­ rio del grido, ciò che è nascosto rispetto a ciò che è evidente. Nel Salterio lo troviamo con una certa frequenza: 55, 18; 77 ,7. 1 3 ; 105 ,2;

1 19, 15; 143 ,5 . phd nel suo versante soggettivo è il terrore che uno sente dinanzi al nemico, nel versante oggettivo è la minaccia costituita dal nemico .

Libero dal nemico, l'orante sarà libero dal terrore . Pertanto, non s'in­ coraggia al valore, non cerca di dominare la paura, ma ne è conscio ed implora che ne rimuovano la causa. Un atteggiamento opposto a quello del nemico «impavido» , anche se per il male, v. 5 . t�r: Dio farà da guardiano: poi la battaglia sarà difensiva. 3 . swd può designare il gruppo e l' atto di riunirsi a deliberare, una congiura. Come correlativo di rgsh = tumulto, crediamo che qui designi la riunione privata in cui elaborano piani, un complotto . L'oc­ cultamento richiesto dall' orante è quello della fuga, ma non come quella del nemico, che è una tattica militare per lanciare un attacco a sorpresa. Possiamo ricordare il nascondersi di Geremia minacciato da Ioiakim, Ger 36, 19. 4. Preparano le armi. «Affilano l a lingua»: il verbo proprio del paragone passa per metonimia ali' oggetto paragonato, ed indica che si avvaleranno della parola come arma: calunnia, falsa accusa, diffa­ mazione . . . ·

Sal 57,5 la loro lingua è un pugnale affilato (�dh) . Ger 9, 7 la loro lingua è freccia affilata. Sal 14d,4 affilano le loro lingue come serpenti. Le frecce sono letteralmente «parole acerbe» dbr mr: esasperano, esacerbano; sono taglienti, malintenzionate . Il costrutto è ellittico, applica alle frecce il verbo proprio dell'arco : letteralmente «tendono le frecce» invece di «tendono l' arco, incoccano la freccia»; si confron­ ti con la formulazione precisa di Is 5,28. 5 . L a ripetizione i n due forme del verbo yrh mirare o colpire è intenzionale giacché l' azione si ripete; la seconda forma serve da passaggio per una allitterazione ingegnosa: yomhu/ yira'u (sparare/spau­ rire) . Appostati in nascondigli strategici possono agire senza rischi # senza paura. Non è una battaglia aperta, a viso aperto; hanno le apalle coperte e la sorpresa è un fattore vantaggioso. Il poeta avrebbe potuto passare immediatamente al contrattacco =

Testo e commento

"954

divino, guadagnandone in efficacia; però non ha saputo rinunciare all' amplificazione descrittiva. 6. Si tratta del delitto, dbr r', secondo il punto di vista di chi parla . Orbene, la frase di sfida «chi lo vede?>> suggerisce che anche essi lo considerano un delitto, solo che non gliene importa. Vogliono >. Un senso simile si ottiene duplicando la b- finale di qrb per leggere b 's «il loro intimo è corrotto». Noi parleremo di una mente tortuosa, di un intimo riservato. Nella profondità recondita della loro mente si cela e non si scopre ciò che hanno tramato. 8. Senza preparazione, in un wayyiqtol che suona come seguito e conseguenza, Dio sta già saettando frecce . Stavolta i malvagi non possono nascondersi, all ' improvviso ecco le ferite . Come se non si

955

Salmo 64

udisse il sibilo delle frecce, come se la prima notizia fosse già la feri­ ta . La costruzione dell'ebraico è assai efficace . 9a. È una frase impossibile (cfr. analisi filologica) . La nostra ipo­ tesi è che la «lingua» del v . 4 riappaia qui per indicare che soccombo­ no per la loro stessa situazione. Sappiamo che si può cadere con la lingua: Pr Sir

17,20 Lingua forcuta cadrà in disgrazia. 19, 16 C'è chi sdrucciola senza volerlo: chi non ha peccato con la lingua?

C ome le frecce rispondono a frecce, cosl la loro arma si ri torce contro di loro . Questo suppone che dalla lingua come spada si salta alla lingua come tranello . 9b- 10a. Le ferite e la caduta del nemico sono avvenute pubblica· mente . Quelli che assistono allo spettacolo, quasi godendo di esso, r'h b-, restano sbigottiti da timore reverenziale e lo esprimono scuo­ tendo la testa. È stata una lezione per qualsiasi uomo, senza distin­ zione , kl 'dm. 1 0b. Il sentimento di timore conduce ad una identificazione ed una riflessione giuste e salutari: si disvela il vero protagonista degli avvenimenti, che sono risultati teofanici; r intervento di Dio fa riflet­ tere, hfkylw. I testimoni lo proclamano pubblicamente, hgydw. 1 1 . Lo scioglimento è individuale e corale : un giusto o innocente in un circolo di uomini retti o sinceri. I festeggiamenti, fmh, non sono per il giusto, ma per Dio . Cosl il gloriarsi dei sinceri non è vanagloria, poiché si gloriano della potenza e della giustizia del loro Dio come in Sal 34,3; 63 ,2; 105,3.

Trssposizione cristims Assai noto è il commento cristologico di S . Agostino, poiché si legge nell'Ufficio delle letture della Settimana Santa . Agostino appli­ ca il salmo alla passione di Cristo ed anche a quella dei martiri, ed illustra i versi del salmo con scene della Passione, seguendo la versio­ ne latina (abbastanza distorta in vari punti) . Cosl «exacuerunt linguas» corrisponde al grido «crucifige» (Le 23,2 1), il «defecerunt scrutantes scrutationes» alla subornazione delle guardie del sepolcro, perché di­ cessero che, mentre dormivano , i discepoli avevano trafugato il cada­ vere (M t 28, 1 2) ; «adduci testimoni addormentati>> ironizza Agostino.

Testo

e

commento

956

Secondo Cassiodoro, Cristo chiede di essere liberato dalla paura per affrontare la passione; seguendo Agostino identifica i persecutori nei giudei, mentre Girolamo lo riferisce al demonio. Quanto alla «pa­ rola acerba», è il doppio grido «È degno di morte» e il «Suo sangue ricada su noi» (Mt 26 , 66 ; 27 , 25 ) . Nel v. 7 , alcuni Padri seguendo il T argum. 3. kl bir: tutte le nazioni Atanasio, l'intera umanità Teodoreto; nella prima e seconda risurrezione Remigio; nel giudizio finale Ludolfo di Sasso­ nia. Ceronetti traduce: «A te orecchio della preghiera confluisce ogni carme». 4. dbry 'wnt: unito a ciò che precede con senso circonstanziale «a causa di» aggiungendo o meno 'l Duhm Cast. Soggetto di ciò che segue: la numera­ zione di BH, Aquila Simmaco logoi anomion, Gir verba iniquitatum; «atti di peccati» cfr. Es 22 ,8 Gun; dbry indica la molteplicità, Baethgen Del. mny: suffisso di prima pers . sing. in pausa: la comunità personificata; emendano in plurale LXX Vg Gun Cast Kraus Rav ecc. 5. 'sry: in stato costrutto seguito da relativa asindetica Joiion 129 q. qàs hyklk: apposizione di btyk Kim «il luogo santificato» (più santo) del tuo tempio; del tuo santo tempio Ros Del; apposizione di twb «il santo» Duhm, «la santità» Gun Dah Cast; «la santità» (i doni sacri) Rav. Frase

959

Salmo 65

nominale Vg sanctum est templum tuum LXX Kraus. Vocativo > (hbdyl) fra voi e il vostro Dio dice Is 59,2; qui creano un accostamento. Paradosso che si risol­ ve senza ritardo, né complicazioni: si tratta del peccato sentito come carico, fardello, come forza superiore, che obbliga a presentarsi a qual­ cuno più potente. Anche nel discorso di Salomone nell'occasione della dedicazione del tempio ( l Re 8) , è il peccato il motivo o l'opportunità di presen­ tarsi al tempio del Signore, almeno nel pensiero.

Testo e commento

962

c) In tre passi il tempio si è retto come centro del culto e della vita religiosa. C'è di più: al presentarsi risponde l'abitare, all'ascoltare risponde l'avvicinare. C'è un gruppo di uomini beati che non hanno bisogno di andare al tempio, perché vi dimorano. Non per propria iniziativa, bensl per concessione divina. È Dio che elegge una classe e la avvicina a sé. Il verbo avvicinare può essere tecnico: Si veda J. Milgrom, Studies in Levitical Terminology: The cher and the Levite, Berkeley 1970.

encroa­

Una serie di circoli concentrici definiscono spazialmente i gradi dell'avvicinamento. Il profano e il non autorizzato rispetto a un grado superiore, se osa varcare il suo limite, è un o , allegando Is 48, l e 5 1 , 1 Atanasio Eutimio Teodoreto Cassiodoro. 28 . rdm: incerto. Derivandolo dal verbo rdm traducono: LXX en eksta­ sei, Vg in mentis excessu, Eutimio Sa stupore, Genebrardo in profunda contem­ platione. Altri leggono il verbo rdh con suffisso: Aquila epikraton auton, Teo­ doreto paideutes auton, Gir continens eos; Targum lo riferisce a Saul. =

=

=

=

=

=

Salmo 68

99 1

28. rgmtm: gli antichi «principi» Sir Gir Vg. È possibile che la parola si ripetesse per Zabulon e per Neftali. 29. $Wh: vocalizzato come perfetto. Hanno letto un imperativo LXX Sim Targum Gir Vg Eutimio Cassiodoro Agellius . 'zk: se si legge $Wh come perfetto e si fa una pausa dopo 'lhyk, 'zk è un complemento di strumento del verbo 'wzh. Leggendo un imperativo e dividendo fWh 'lhy k 'zk, equivale a «con, secondo te». 'wzh: imperativo parallelo di $.Wh con senso transitivo, per l'accento e la vocalizzazione, Bauer-Leander 58 j e 40 a. zw: relativo. 30. n secondo emistichio sembra introdurre asindeticamente una conse­ guenza: Brockelmann p. 130s. 3 1 . b'gly: Cheyne emenda in b'ly disconoscendo il valore emblematico di animali come titolo di capi; la proposta piace a Baethgen, irrita a ragione Ecker. mtrps: part. sing. predi·cato collettivamente dei gruppi precedenti. Il sin­ tagma ha suscitato svariate interpretazioni. Leggendo mhskr $rfJY ksp LXX traduce tou mè apoklesthenai tous dedokimasmenous (to(i) argyrio(i) Sim tois dialaktizousi (coloro che calpestano), Aquila en trokhois argyriou, da cui Gir calcitrantium contra rotas argenteas, Vg excludant eos qui probati sunt argento, Sir che si coprono di argento. Carniti prende brry ksp come complemento: «che si prosternano dinanzi a lamine d' argento (idolatriche))>. bzr: parecchi leggono un imperativo LXX Gir Vg Titelmann . 32. y'tyw: con la terza radicale conservata, Joiion 79 c. lismnym: LXX presbeis, Vg legati, Aquila espeusmenos, Gir oelociter, Kim principi o magnati. 34 . bsmy smy qdm: doppio stato costrutto: i cieli dei cieli, o il più alto dei cieli; assumono qdm in senso spaziale, «oriente», LXX Vg Eutimio. bqwlw: b- di mezzo; il secondo qwl complemento di ytn o apposizione del primo. 36. t'fmwt: plurale o sing. arcaico con valore di astratto.

Studio globale del sslmo 1.

Genere

Il salmo 68 è un epinicio o canto di vittoria, che come tale fa compagnia al cantico di Mosè di Es 1 5 , a quello di Debora di Gdc 5 e in parte al finale di Ab 3 . L'epinicio è un sottogenere dell'inno, dal quale prende gli inviti alla lode e le motivazioni. Con Gdc 5 ha in comune quasi alla lettera alcuni versi, come ci si può render conto nella citazione seguente:

Testo

e

commento

992

4 Signore, quando uscivi da Seir, quando avanzavi dai campi di Edom, la terra tremava, i cieli stillavano, le nubi stillavano acqua; 5 i monti si agitavano dinanzi al Signore, quello del Sinai, dinanzi al Signore, Dio d'Israele.

Con questo cantico il Sal 68 condivide anche l'elenco di alcune tribù e un verso che in Gdc 5, 16 ha senso, ma nel Sal 68 risulta assai estraneo: «che fai seduto negli ovili?>>. Non condivide l'interven­ to dell'uomo, decisivo in Gdc 5 , inesistente nel Sal 68 . Con Es 15 ha in comune il tema dei popoli nemici e l'installazio· ne del popolo eletto nella sua eredità; cosl anche la partecipazione musicale delle donne nella celebrazione e i titoli emblematici di capi nemici. Con Ab 3 ha in comune, anche se in un linguaggio molto diverso, la teofania, la disfatta e la dispersione dei pagani. Nel salmo ci sono indizi di celebrazione liturgica, con processione e canti, come nel Sal 1 18. 2.

Contesto

Di quale vittoria si tratta? Crediamo di una vittoria storica idea­ lizzata e sintetizzata nel poema. Se il passaggio del Mar Rosso e la sconfitta di Sisara sono atti puntuali, ciò che il salmo celebra è piut­ tosto un processo ampio, unificato e concentrato in un poema. Si tratta dell'avanzata di Dio alla testa del suo popolo, che scon­ figge i nemici fino all'insediamento del popolo nella sua eredità e del Signore in Gerusalemme, dove stabilisce la capitale del suo regno. Dal monte Sinai al monte del tempio, passando attraverso il deserto e al di sopra di quanti si oppongono, con un accompagnamento cosmi­ co di teofania e liturgico di cantici. Cfr. A. KHOUDAIR, Doctrina del Exodo en los salmos, diss. Pamplona 1987. A. MAGNANTE, La teologia dell'Esodo nei Salmi (diss. Pont. Univ. Urbania), Bologna 199 1 .

La lettura in chiave di Esodo spiega unitariamente molti elemen­ ti del carme e il suo sviluppo: la presenza di Dio sul Sinai, la parten­ za, l'avanzata per il deserto, la ribellione di alcuni che moriranno nel deserto (Nm 14), la resistenza di alcuni regni, come Moab e Ba­ san (Nm 2 1) . Al termine si trova una terra da coltivazione, irrigata (Dt 1 1), che viene ripartita (Gs 13·21) e nella quale il popolo si insedia.

Salmo 68

99.3

A questo punto comincia ciò che è specifico. Mentre l'epopea dell'Esodo termina con il passaggio del Giordano, l'entrata nella terra (Gs 2-5) e la ripartizione, il Sal 68 estende l'epinicio sino al momento della costruzione del tempio. Vale a dire, coincide con la concezione del Cronista, per cui il popolo non raggiunge il suo riposo sino a che il Signore non entra nel suo tempio. La coincidenza in questa prospettiva teologica non ci fornisce dati per una datazione relativa: non sappiamo se il poeta si ispiri al Cronista o viceversa. Alcuni com­ mentatori considerano antico il salmo, perfino arcaico; potrebbe esse­ re arcaizzante. Taie appare essere la situazione o contesto cui il salmo si riferi­ sce; qual è il contesto in cui si interpreta? Se è palmare il carattere liturgico, la precisione ulteriore non oltrepassa la congettura, che sarà in funzione del modello liturgico preferito dal commentatore. 3.

L 'impostazione di Nm 1 0

L'impostazione o il punto di avvio del Sal 6 8 è preso da N m 1 0 o da una fonte comune . Leggiamo il testo di Nm: 35 Quando l'arca si metteva in marcia, Mosè diceva: «Sorgi Signore ! Siano dispersi i tuoi nemici e fuggano dal tuo cospetto i tuoi rivali». 35 E quando l'arca si fermava, diceva: «Riposa Signore, fra le miriadi di Israele!».

Il testo di Nm 10 viene presentato come un ordine che si ripete ad ogni tappa e Nm 33 ci dà una nutrita lista di tappe. Il salmo prende in considerazione un inizio ed una fine: né il popolo, né il suo Dio sono più in viaggio, anche se la liturgia lo celebra drammati­ camente. La citazione di N m ci permette di congetturare un interven­ to dell'arca anche nel salmo, benché non venga menzionata. Alcuni arrivano ad ipotizzare che l'arca viene trasferita processionalmente, come nella prima occasione, narrata in 2 Sam 6. Introdotti nel libro dei Numeri per la porta di testi equivalenti, possiamo cogliere altre relazioni interessanti. La complicata e disordinata marcia attraverso il deserto in N m si configura come una grandiosa processione (probabilmente di ispira­ zione sacerdotale, P). Le tribù sono schiere perfettamente allineate, nel cui centro si muove l'arca. La designazione �ba ' si legge parec·

994

Testo e commento

chie volte, specialmente in Nm 10 e 3 1 ; durante la marcia le tribù yfw 4b 'tm escono a schiere (33 , 1) ; si ribadisce la presenza di Dio skn 'ny btwkm (5 ,3 e 35 ,34); del bottino si parla in 3 1 , 1 ls; della sconfitta di Moab con il verbo mh� in 24, 1 7, di altri nemici in 24,8; della ripartizione della terra o dell'eredità, hlq, in 26,5 3 . 55s; la comu­ nità viene chiamata mqr' qàs nei capp. 28-29; della colpa, 'sm, parlano 5,7; 6, 12; 18,9; delle moltitudini di Israele lasciano la prova i censi­ menti, cap. l e 26. Però non sono paragonabili il respiro poetico del salmo e I' aridità quasi burocratica di Numeri. =

4.

Composizione

Ad una prima lettura il carme sconcerta. Il lettore può farne la prova, anche dopo la precedente spiegazione. II movimento suona cosl perturbato che Albright (195 0/5 1) Io spiegò come una serie di 35 (più o meno) inizi di poemi: come qualcuno dice, una lista di titoli, dato che, anticamente, era l'incipit il modo con cui si titolava. Abbiamo già proposto l'opinione contraria e scoperto uno scheletro di composizione. Essa viene confermata da un esame del vocabolario di marcia e di abitazione: marcia 2 2 2 5 .34 7 8 8 13 15

yqwm ypw�w wynwsw lrkb mw�y ' b{tk b�'dk yddwn

bprf

19 22 23 25 26 30 31 32

'lyt mthlk 'syb hlykwt qdmw ywbylw bzr y'tyw

17

lSbtw yskn /Skn bqdS? hykl mqds

abitazione 6 7

11 13 14

bm 'wn mwsyb byth sknw ysbw byt t'Skbwn

19 25 30 36

Salmo 68

995

La battaglia non risulta descritta, bensl segnalata nelle sue conse.. guenze: fuga del nemico, dispersione, annientamento, il bottino, ri.. partizione di terre, tributo di vassalli. Per il fatto che Dio è il prota.. gonista, alla battaglia partecipano agenti atmosferici. Malgrado la lun.. ghezza del salmo, la densità di vocabolario di due campi correlativi assicura l'unità tematica del carme. A ciò �i aggiunge la distribuzione di vocabolario e di temi. C'è una concentrazione di mpnyflpny nel blocco iniziale, un'altra di 'z nel finale. Inoltre ci sono vari schemi tematici distribuiti in modo tale, da concentrarsi nel centro del carme: vv. 18· 19. Questa distribu­ zione ci orienta per articolare formalmente il carme e per seguire il suo sviluppo. Nell'apparente cascata di versi c'è calcolo ed elaborazio.. ne, che cercheremo di mostrare nell'esegesi. 5.

Stile

e

testo

a) Lo stile è in parte allusivo, in parte enumerativo, come se il carme dividesse la sua attenzione in direzioni opposte. La battaglia è abbozzata con pennellate libere e con varie allusioni che non com.. prendiamo. Vi sono ripetizioni enfatiche, che marcano il ritmo, forse liturgico, processionale. Come in altri salmi Dio è alla terza e seconda persona: come se un presidente liturgico si rivolgesse alternativamen­ te alla comunità e al Signore. Lo stile si distingue per il vocabolario ricco e scelto più che per le immagini. Fumo e cera all'inizio ci fanno sperare, ma poi in seguito restiamo delusi. L'intervento cosmico non si può paragonare neppure da lontano con quello del Sal 18. Se lo paragoniamo con altri testi dell'AT, pensiamo che il poeta ricerchi la grandiosità senza raggiun­ gerla. Per questo qualche critico, forse malevolo, ha parlato di stile ampolloso, mentre altri lo trovano poco convincente. Immaginiamo che uno scrittore della scuola sacerdotale si sia messo a comporre un poema eroico e abbia scritto questo salmo. Insistiamo nel non paragonarlo con la poesia di oggi, ma con buona poesia dell'AT. b) Nel corso di tutto il salmo, il testo ebraico si presenta ostico per parecchie e gravi difficoltà, come abbiamo visto nell'analisi filolo­ gica. Per salvarlo cosl com'è, dobbiamo ricorrere a tutte le raffinatez.. ze immaginabili di una grammatica tollerante all'estremo. Per allegge­ rire di un po' di intoppi la lettura, dobbiamo congetturare correzioni. L'analisi filologica, sulla scia di Delitzsch o Dahood, ha mostrato fin dove si può arrivare per salvare il testo nel suo stato attuale. Nell'ese­ gesi segu i remo una pista .Più flessibile e meno conservatrice.

996

Testo e commento

Esegesi Nota. Daremo la traduzione per parti e, dove occorre, aggiunge­ remo la bibliografia pertinente. vv.

2-7 Traduzione 2 Si alza Dio, si disperdono i suoi nemici, fuggono i suoi rivali. 3 Come si dilegua il fumo, si dileguano, come si squaglia la cera al fuoco, periscono gli empi dinanzi a Dio. 4 I giusti si rallegrano, esultano dinanzi a Dio, lo festeggiano con gioia. 5 Cantate a Dio, suonate in suo onore, appianate una strada al Cavaliere della steppa; nel nome del Signore, esultate dinanzi a lui. 6 Padre di orfani, protettore di vedove è Dio nella sua santa dimora. 7 Dio dà un tetto a coloro che sono soli, scarcera i prigionieri; solo i ribelli restano nelle sodaglie.

Bibliografia speciale sui

w.

2-7, per ordine di versi:

tA. Gun.uuME, A note on Ps 68, 5, JTS 13(1962) 322-323. A. CAQUOT M . SZNYcER A. IIERDNER, Textes ougaritiques I, Paris 1974, 7.3. 1.36. 161 . 169.200. M. WEINFELD, Rider of the c/ouds anà Gatherer of the c/ouds, JANES 5(1973) 42 1-426. S.P. BRooK, Nephe/egereiiJ, V T 18(1968) .395-.397. S. MoWINCKEL, Drive andjor ride in OT, VT 12(1962) . E. LIPINsKI, Ps 68, 7 and the role of the Kosarot, AnlstOrNapoli 2 1( 1971) 5.32-5.37. B. MARoous, The Kdsarot/ Ktrt: Patroness-saints of Women, JANE S 4(1972) 52-61. M . H . LicHTENSTEIN, Ps 68, 7 revisited, ibid . 97- 1 12. B. MARGOUS, 0/ brides and birds: a reply lo Lichtenstein, ibid. 11.3- 1 17. M . DmTRICH - O. LoRETZ, Zur ugaritischen Lexicographie H, OLZ 62 (1967) 533-552. G. PE1TINATO, Il culto ufficiale ad Eb/4 durante il regno di Ibbi-Sippis, OA 18(1979) 85-2 15. A. VAN SELMs, The 1001 le-t-r- antl its Jerivates in ugaritic literature, UF 1 1 (1979) 739-744. AA.VV. , L 'Antico TesiiJmento e le culture del tempo; testi scelti, Roma 1990, 96- 104.

2-7. La prima sezione anticipa i temi e presenta i personaggi. È la classica e generica coppia di empi e giusti, che decidono il loro destino dinanzi a Dio. Per il decorso del testo, i giusti sembrano identificarsi con gente abbandonata: orfani e vedove come categoria

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Salmo 68

sociale, gente solitaria, derelitta, e senza compagnia. Fra questi, come sembra, vi sono alcuni che si ribellano, che ricusano il tetto che Dio offre loro. Gli empi sono nemici di Dio o viceversa. Per ora questi due gruppi non si identificano nel testo con popoli determinati: fuori del salmo abbiamo testi simili che inducono a identificare i derelitti con Israele. Però questo è anticipare ciò su cui il testo per ora tace. Dio si alza: il salmo comincia ex abrupto. Si alza dal luogo dove riposa o abita, perché ha una >.

Il salmo non mette il nome del re, perché vale per qualsiasi re

della dinastia legittima, figlio di re, non usurpatore. 2. Malgrado il verbo non abbia il w-, possiamo ascoltare, per la posizione, una modalità consecutiva, come indicano LXX e Vg: per giudicare, cosl giudicherà. I sudditi del re sono il popolo, che è qualificato con due elementi. Anzitutto è «il tuo popolo», come diceva Salomone in l Re 3 ,8-9; infatti il popolo non è del re, ma di Dio. D' altra parte è oggi un popolo afflitto, umiliato: da un dispo­ tico dominio straniero? Da abusi perpetrati da precedenti governanti? L'identificazione rimane aperta, il senso è chiaro: il re dovrà affronta­ re una situazione deplorevole, che dovrà correggere amministrando la giustizia per incarico di Dio. 3 . Per mezzo della giustizia, btdqh, verrà la pace e prosperità, slwm. Ma perché devono essere i monti i portatori della pace? I mon­ ti sono forse il paesaggio e il territorio di Giuda (ed Israele) : dice Es 15 , 17 ; un re straniero commentava che Yhwh era «Un Dio dei monti» ( l Re 20,23); Il Signore stesso parla «dei suoi monti» (ls 14,25 ; ecc.) . Al governo giusto risponde il terri­ torio producendo pace e prosperità. 4. Il «giudizio/governo» sarà «salvezza» per un proletariato di gente poverissima cnyy- �m, bny 'bywn. Questo però esige confrontarsi con l'oppressore o lo sfruttatore, «schiacciarlo», cioè ridurlo all'impo­ tenza. Anche Is 1 1 ,4 menziona questo aspetto repressivo del buon governo: i malfattori non possono agire e restare impuniti. L' equazio­ ne sopetjmosi � è classica del libro dei Giudici. 5. Un governo giusto è bene che duri, però misurarlo con la durata del sole e della luna è un'iperbole ammissibile? Il saluto di Betsabea in l Re 1 ,3 1 ci sorprende meno: «Viva sempre il re David, mio Signore>>; Sal 89,37s lo predice del suo