Dogmattica cattolica. La Madre del Redentore [Vol. 2.2]

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PARTE SECONDA

LA MADRE DEL REDENTORE ( Mariologia)

NB. - Nell'edizione originale la Mariologia costituisce un volume a parte. Noi, per necessità editoriali, la poniamo subito dopo la Cristologia con una enumerazione dei paragrafi sua propria. La traduzione è dovuta al Prof. G. VIOLA.

§ l. La posizione della MarioJogia nella teologia.

I. -

Nella teologia tutti gli enunciati sono strett1ssrmamente collegati

tra di loro e costituiscono un tutto unitario, in cui i singoli membri si reggono a vicenda.

Il

centro di questo tutto unitario è la Cristologia, da

cui devono essere tratti tutti gli altri enunciati teologici ed in base a cui devono essere intesi. Cosi ad es. si può dare una risposta valida al pro­ blema di Dio soltanto partendo da Cristo. Parimenti soltanto su questa base è possibile dire che cosa siano la Chiesa, i sacramenti e l'uomo nello stato di redenzione. Cosi la dottrina della Trinità come la Ecclesiologia

e la dottrina della grazia dipendono dalla Cristologia. Conseguentemente tra gli enunciati della teologia regna un ordine generale. Ogni singolo elemento ha la sua posizione nel tutto. Perciò un errore nel partico­ lare costituisce un pericolo per il tutto.

Si può quindi comprendere

come la Chiesa, responsabile della conservazione, della trasmissione e dell'annunzio della rivelazione divina impieghi la massima attenzione e prontezza nel difendere ogni singola verità dai pericoli che la minacciano. Da questo punto di vista bisogna dire che nel complesso della rivela­ zione e della teologia non c'è nulla di secondario. Esiste, è vero, una graduatoria, in quanto Cristo è il centro e tutto

il resto si aggruppa at­

torno a lui, ma ciò non significa che il resto possa essere trascurato. Anzi anche quei dati teologici, che ad un osservatore superficiale possono appa­ rire di valore minore, hanno la loro importanza. Come la teologia, studio scientifico della rivelazione, costituisce un tutto unitario, cosi anche la rivelazione stessa forma una grande unità. Essa si è attuata in un processo storico, in cui Dio si è manifestato al­ l'uomo in modo progressivo. L'azione rivelatrice di Dio ha già avuto inizio nel Paradiso, ed ha raggiunto una fase decisiva nella vocazione di Abramo (Gen. precedente,

il

12, 1-8).

Questi fu chiamato da Dio a lasciare la sua vita

suo popolo, la sua professione, con la promessa di un paese

e di una grande discendenza, dalla quale sarebbe sorto il Salvatore. Abramo si mise in cammino per raggiungere la terra a lui promessa. Cosi divenne

il

prototipo dei credenti.

P.

Il.

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LA MADRE DEL REDENTORE

Ciò che si era iniziato con Abramo fu continuato per opera di Mosè. Il rapporto in cui Dio stava nei confronti dei suoi chiamati si esprime con il termine «patto

».

il popolo originato da Abramo è il popolo di continuo veniva meno.

Tra Dio ed

stato conchiuso un patto, al quale

Dio elesse uomini che richiamassero continuamente alla fedeltà del patto

il popolo sempre incline alla infedeltà: i profeti. Per parte sua Dio rimase fedele al patto, nonostante l'infedeltà del contraente umano, e portò ener­

il suo disegno. Ne risultò una lotta continua di il contraente terreno.

gicamente a compimento Dio con

Senso e scopo dell'azione divina nei confronti dell'uomo fu lo stabili­ mento del dominio di Dio e la salvezza dell'uomo che vi era connessa. L'azione di Dio che domina la storia raggiunse una conclusione prov­ visoria in Cristo. In Cristo infatti è apparsa quella vita, cui mirava la rivelazione divina: la vita della risurrezione. Gli Apostoli chiamati da Cristo fanno parte dell'azione rivelatrice di Dio compiuta da Cristo. A loro volta essi sono portatori della rivelazione (G. Sohngen, Uberlieferung und apostolische Verkiindigung (eine funda­ mentaltheologische Studie zum Begrifj des Apostolischen), in Die Einheit in der Theologie, 1 952, 305-323). Dopo l'epoca apostolica s'inizia l'epoca in cui Dio non si manifesta piu con nuove rivelazioni, ma che è caratterizzata dalla presentazione continua di quanto fu creato da Cristo e dagli Apostoli. La funzione della presen­ tazione è svolta dal popolo di Dio del Nuovo Testamento, dalla Chiesa,

e viene compiuta per tutta la durata della storia. Il compimento defini­ tivo sarà portato dalla seconda venuta di Cristo. L'azione di Dio che domina la storia ha creato la storia della salvezza, quella storia cioè che non è un prodotto dell'uomo, ma opera di Dio nel colloquio e nella lotta con l'uomo. In essa si tratta di questo: Dio acquista dominio sull'uomo e questi mediante Dio giunge alla sua vita vera e propria. A motivo della vanità e dell'egoismo l'uomo non sa quel che serve alla sua salute, e cioè che soltanto il dominio di Dio su di lui e la sua propria sottomissione a Dio conduce alla vera esistenza. Perciò egli si oppone all'azione di Dio e con ciò alla sua vera vita. In tal modo la lotta di Dio con l'uomo diventa una lotta per l'uomo stesso. La storia della salvezza, in cui non si tratta di potenza e grandezza ter­ rena, ma del giusto rapporto di Dio verso l'uomo e dell'uomo verso Dio, si svolge in quelle forme in cui si svolge la storia in genere. Che ':lui si tratti di storia della salvezza e non di storia profana, l'uomo lo sa soltanto per fede, nella libera disposizione e nell'apertura

di se stesso a Dio.

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I.

LA POSIZIONE DELLA MARIOLOGIA NELLA TEOLOGIA

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L'incredulo può considerare, studiare e spiegare la storia della salvezza come se fosse semplice storia profana, perché gli manca l 'organo per percepire la natura diversa della storia della salvezza, l'elemento di storia della salvezza nei decorsi storici. Come nella storia profa na, anche nella storia della salvezza ci sono alti e bassi, inizio, centro e fine. Punto culminante e centro nello stesso tempo è Gesu Cristo. Poiché in lui tutto ha consistenza (Col. I , I 6 s.). Ciò che è prima di lui è preistoria, ciò che viene dopo di lui è conseguenza ed effetto. In rapporto alla rivelazione, con preistoria non s'intende un'epoca i naccessibile all'indagine storica, ma il tempo di preparazione a Cristo, che per parte sua sta nella chiara luce della storia. Cristo ha creato una nuova situazione mondiale, non nel senso di un gra nde che inaugura nella storia una nuova epoca che porta la sua im ­ pronta, ma nel senso che nella storia entra una nuova realtà, che non può venire dal mondo, che è diversa da tutto ciò che av viene nel mondo e non può essere ottenuta con mezzi mondani. In Cristo Dio stesso è diventato presente nella storia umana come agente, come interlocutore continuo dell'uomo. Egli è in certo modo passato sulla sponda umana, terrena ; lasciando l'altra sponda su cui sta, è passato dall'eternità al tempo (Guardini). Il mutamento della situazione si manifesta nella risurrezione di Gesu Cristo, in cui appare che la nuova situazione mondiale da lui prodotta ha carattere trascendente ed include una forma di vita, di cui il Cristo risorto è il tipo. Tutte le generazioni successive a Cristo hanno ricevuto l'impronta dalla nuova situazione storica apparsa in lui. Esse si vedono poste di fronte a lui, devono prendere posizione nei suoi confronti, e lo fanno o con la dedizione della fede o con il rifiuto della incredulità. In tal modo Cristo, che è il centro di tutto il corso storico, costituisce a sua volta un nuovo inizio, che porta in sé forze inesauribili di sviluppo. Il processo di svi­ luppo e di crescita giungerà a conclusione per un ultimo intervento di Dio nella storia: la seconda venuta di Cristo in potenza e maestà (Mc. I3, 26). L'azione divina che opera la storia ha manifestato all'uomo l'eterna economia divina, per modo che noi la conosciamo (Ef. I , 9). Possiamo disporre sotto determinati motivi conduttori le comunicazioni divine ap­ parse a poco a poco nel corso della storia. Sorge cosi un sistema di teo­ logia, in cui la Cristologia ha valore centrale. II. - Ci domandiamo quale sia la posizione di Maria e della dottrina che la riguarda nel complesso della rivelazione o del la teologia. Maria fa

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parte della storia della salvezza a motivo di Cristo. Ciò che ella è e ciò che ella significa viene determinato dal suo rapporto con Cristo. Nella storia della salvezza ella è in certo modo il luogo in cui Dio, dopo lunga preparazione, dal suo ritiro celeste ha fatto il passaggio nel nostro mondo, per esservi presente non soltanto piu come creatore, governatore e con­ servatore, ma come attore, soggetto agente, cui l'uomo va incontro con libera dedizione. Per questo suo compito ella fu destinata e formata da Dio stesso. Perciò la sua figura porta l'impronta di Cristo. Il destino ed il corso della sua vita è segnato da Cristo. Il Figlio di Dio fatto uomo divenne per questa donna la forma decisiva di vita. La figura di Maria dev'essere interpretata in base al fatto dell'incarnazione. Perciò ogni enunciato valido circa Maria viene fatto nella luce di Cristo. La conoscenza di Maria dipende sostanzialmente dalla conoscenza di Cristo. Perciò chi non condivide la fede cattolica circa l'incarnazione non può neppure comprendere la Mariologia cattolica. Anzi, quando si comprende il dogma mariano è segno che il dogma cristologico è preso veramente sul serio ed accettato nella sua pienezza. Una Cristologia, cui manchi completamente il colorito mariano, risveglia il sospetto che non sia pronta ad accogliere senza menomazione e riserva la rivelazione di Cristo, che ci è testimoniata nella Sacra Scrittura. La Mariologia è dunque continuazione della Cristologia, è Cristologia sviluppata e quindi non si oppone ad essa. Per guanto questa constata­ zione sia decisiva, occorre aggiungere che la Mariologia non è soltanto un aspetto od una sfumatura della Cristologia, ma costituisce qualche cosa di nuovo, che va oltre la Cristologia, al pari della Ecclesiologia, della Sa­ cramentaria o della dottrina della. grazia. Pur essendo molto stretto il loro rapporto, Cristo e Maria non si devono identificare. Ciò porterebbe a quel pancristismo, a quel Christus solus, che è stato condannato nell'Enciclica Mystici Corporis. Esiste piuttosto tra Cristo e Maria quella coordinazioue che esiste in genere per il rapporto del cristiano con Cristo, e che S. Paolo esprime con la frase: « Non vivo piu io, ma Cristo vive in me» (Gal. 2, 20). Per guanto il cristiano sia permeato e dominato, formato e coniato da Cristo, la sua personalità non si dissolve e non scompare nella personalità di Cristo, ma conserva nella unione con Cristo la sua libertà e la sua responsabilità. Maria e Cristo si contrappongono come madre e figlio, come redenta e redentore. Esiste perciò una dottrina circa Maria, che, nonostante il rapporto strettissimo, è diversa dalla dottrina circa Cristo, che aggiunge realmente qualcosa a quest'ultima, sia pure non nel senso .iella equiparazione, ma nel senso della subordinazione. Maria è comple-

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I . LA POSIZIONE DELLA MARIOLOGIA NELLA TEOLOGIA

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tamente intinta nel colore di Cristo. Perciò una errata interpretazione di Cristo porta necessariamente ad una errata interpretazione di Maria. E vi­ ceversa appare evidente in Maria chi è Cristo e che cosa opera. In questo senso si può intendere l'antico detto che Maria è la vincitrice di tutte le eresie cristologiche. In tal modo si può pure comprendere come la chiarificazione e l'ap­ profondimento delle questioni cristologiche nella Chiesa antica sia andata di pari passo con la chiarificazione e l'approfondimento dei problemi mariologici. I Concili di Efeso e di Calcedonia, in cui si trattava della vera conoscenza di Cristo, diedero nuovi ed efficaci impulsi anche alla Mariologia. Non fa perciò meraviglia che nell'epoca presente, caratterizzata da una rinascita della Cristologia, esista un interesse mariologico conti­ nuamente crescente. Una cosa è legata all'altra. Cristo continua a vivere e ad agire nella Chiesa, nel suo ministero sacerdotale e pastorale. Egli è il capo, la Chiesa il corpo. Egli il Signore, la Chiesa il suo popolo. La Chiesa è popolo di Dio in quanto corpo di Cristo. Si può perciò affermare: la Chiesa è la manifestazione di Cristo attraverso ai tempi che vanno dall'ascensione al ritorno (cfr. l'Enciclica Mystici Corporis). Come tra Cristo e Maria esiste un rapporto vivo, al­ trettanto avviene anche tra la Chiesa, corpo di Cristo, e Maria. La Chiesa, corpo di Cristo, si presenta in Maria come in una imm agine speculare. Mentre Cristo stesso in quanto immagine originaria, sacramento originario, parola originaria porta in sé la Chiesa, Maria secondo la dot­ trina dei Padri della Chiesa è il tipo, la rappresentante della Chiesa creata da Cristo. Questa si può vedere in certo modo compendiata in Maria come in una immagine. Come Cristo si rispecchia in Maria, cosi a sua volta anche la Chiesa si rispecchia in Maria. Perciò Maria è una realtà speculare in duplice senso. Come porta il colore di Cristo, cosi presenta pure il colore della Chiesa. Conseguentemente la Mariologia non ha soltanto valore cristologico, ma anche ecclesiologico. Si può ve­ dere la Chiesa in Maria e Maria nella Chiesa. Chi guarda a Maria, vi scorge nello stesso tempo la Chiesa e viceversa chi guarda la Chiesa vi scorge nello stesso tempo Maria. Come il dinamismo inesauribile di Cristo si rivela nel modo piu evidente in Maria, cosi in essa appare nel modo piu chiaro anche la forza salvifica della Chiesa che si fonda in Cristo. Anche qui occorre fare una constatazione: l'interesse dell'epoca mo­ derna per la Chiesa va congiunto con lo studio della Mariologia e con la pietà mariana. Non c'è contraddizione allorché il nostro secolo, che viene chiamato il secolo della Chiesa (per primo O. Dibelius, Das Jahrhun-

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dert der Kirche, Berlin 1916), è detto nello stesso tempo il secolo ma­ riano. All'immensa letteratura ecclesiologica fa riscontro una immensa letteratura mariologica. Al risveglio della Chiesa nel cuore degli uomini (Guardini) corrisponde il risveglio di Maria nei cuori dei fedeli. All'ap­ profondimento della conoscenza della Chiesa si collega l'approfondimento della conoscenza di Maria, cosi come questa va di pari passo con l'ap­ profondimento della conoscenza di Cristo. Maria come è l'immagine della Chiesa fondata da Cristo, cosi è pure l'immagine dell'uomo redento da Cristo. In essa si può riconoscere la trasformazione che avviene nell'uomo salvato da Cristo e vivente nella Chiesa. Anzi ella è in pieno senso l'uomo nuovo formato da Cristo. Perciò la Mariologia, avendo valore ecclesiologico, ha nello stesso tempo impor­ tanza per l'antropologia teologica. In Maria appare in chiara luce la gran­ dezza e la dignità dell'uomo redento, sia nel suo stadio iniziale, che ap­ partiene alla storia, sia nello stadio finale al di là della storia. Perciò nella Mariologia concorrono quasi tutte le linee teologiche: quelle cristologiche, ecclesiologiche, antropologiche ed escatologiche. In essa confluiscono quasi tutte le discussioni teologiche del presente. Essa si rivela quale punto di intersezione o di incrocio dei piii. importanti enun­ ciati teologici. Infatti la vivacità con cui la Mariologia viene oggi discussa nel colloquio ecumenico tra Cattolici e Protestanti, si può spiegare soltanto se si tratta di un problema di valore decisivo. E cosi è di fatto. Nella Mariologia il problema del rapporto tra attività divina ed umana, della natura e del significato della giustificazione e della santificazione, dello stato dell'uomo perfetto, acquista forma visibile. Nella Mariologia non si tratta soltanto di Maria, ma di Cristo, della Chiesa, dell'uomo giustificato, anzi della conoscenza di tutta la rivelazione. Nella teologia Maria non viene consi­ derata soltanto come individuo, ma come figura avente valore tipico nella storia della salvezza. Perciò nella Mariologia si prendono decisioni teolo­ giche ricche di insegnamenti per l'insieme della nostra fede. Viceversa le cognizioni teologiche della Cristologia, della Ecclesiologia e della dottrina della grazia rivelano la loro portata nella Mariologia. Perciò la Mariologia ha forza esistenziale per la fede in Cristo e per l' uomo cristiano. In essa si cristallizza la conoscenza che il cristiano ha di se stesso. Queste consi­ derazioni spiegano il motivo per cui oggi la Mariologia è passata nel primo piano dell'interesse teologico e della devozione cristiana. Oltre ai fattori puramente teologici entrano in campo due motivi che nascono dalla situazione del nostro tempo. Uno è l'incertezza in cui

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I.

LA POSIZIONE DELLA MARIOLOG IA N ELLA TEOLOGIA

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l'uomo è caduto. Egli si sente minacciato da tutte le parti e vede minac­ ciato il senso della sua vita. La figura di Maria che penetra in modo sempre piu forte nella coscienza credente gli fa vedere il significato del­ l'esistenza come stabilito addirittura da Cristo. Allora non si parla in formule concettuali del senso della vita, ma questo appare agli occhi dell'uomo in una immagine degna di fede, formata da Dio stesso. A questo si collega un altro fatto. Al presente si riconosce sempre meglio il compito che la donna, specialmente la donna credente ha nella storia. Mentre fino a poco tempo fa la storia era considerata soprattutto opera dell'uomo, oggi la funzione che spetta alla donna per la storia e per la vita nella Chiesa, scoperta dalla filosofia romantica, è diventata sempre piu cosciente. La comunità dei cristiani che ba acquistato una visione piu chiara di questa situazione, si volge a quella donna che sta alla svolta decisiva nella storia della salvezza. In base a queste considerazioni !o studio della Mariologia appare quanto mai opportuno al tempo nostro. S arebbe disconoscere i fatti ritenere che la Mariologia ecclesiastica, pur avendo fondamento nella Sacra Scrittura e presentando quindi il carattere di una verità rivelata, per riguardo al colloquio con i Protestanti ed ai Cattolici di fede debole, non debba essere posta in prima linea. Pur dovendosi badare nella f01 ma e nelle espressioni degli enunciati mariologici a che i cristiani non cattolici pos­ sano comprendere ciò che si intende, e pur non dovendosi illegittima­ mente superare, sotto la spinta di falsi bisogni religiosi, i limiti della dottrina ecclesiastica né nella speculazione teologica né nella devozione, la Mariologia non può per questi riguardi essere accantonata. Anzi essa è estremamente opportuna, tanto piu quando in taluni casi appare inop­ portuna; poiché offre appunto ciò di cui il tempo, senza saperlo, abbi­ sogna per la sua guarigione. Chi pensasse diversamente, si renderebbe colpevole di quel « falso irenismo » che crede « si possa ottenere un fe­ lice ritorno nel seno della Chiesa dei dissidenti e degli erranti, se non si insegna a tutti, sinceramente, tutta la verità in vigore nella Chiesa, senza alcuna corruzione e senza alcuna diminuzione (enciclica Humani Generis). Costoro, come si dice con biasimo nella stessa Enciclica, giun­ gono a tanto « che, omesse le questioni che dividono gli uomini, non cercano solamente di ricacciare, con unità di forze, l'irrompente ateismo, ma anche il conciliare le opposte posizioni nel campo stesso dogmatico ». « Infuocati da un imprudente irenismo - continua l'Enciclica - essi sembrano ritenere un ostacolo al ristabilimento dell'unità fraterna, quanto si fonda sulle leggi e sui principi stessi dati da Cristo e sulle istituzioni

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da lui fondate, o quanto costituisce la difesa e il sostegno dell'integrità della fede, crollate le quali, tutto viene si unificato, ma soltanto nella comune rovina » (Denz. 3008). Oggi sembra giunta addirittura l'ora della Mariologia, perché l'uomo, non piu sicuro di sé, abbisogna di una figura umana, nella quale possa scorgere in modo attendibile l'effetto della sua fede in Cristo, e possa riconoscere il senso ultimo, stabilito da Cristo, della vita.

§ 2.

Le fonti della Mariologia cattolica.

Dato il valore della Mariologia ecclesiastica per tutta la fede cnst1ana e per il superamento del tempo presente, è di somma importanza che essa si presenti a noi in modo attendibile. Soltanto la parola della rive­ lazione ci può dare le giuste idee su Maria. Maria appartiene alla rive­ lazione, ed è importante per il cristiano, soltanto nella misura in cui ella appare nella luce della rivelazione. La Mariologia cattolica non è il risul­ tato di desideri e speranze umane. Maria non è una figura creata dalla fantasia di un poeta. Quando una Mariologia è frutto dell'attività creatrice dell'uomo, abbandonata ai propri istinti, si è fuori dello spirito della Chiesa. Nasce allora mitologia, ma non Mariologia. Maria non è produ­ zione del mito, ma una figura della storia operata da Dio. Ciò che ella ha compiuto non è elemento di mito poetizzato dalla brama umana di redenzione, ma è fatto della storia. l.

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SACRA SCRITTURA E TRADIZIONE.

l . Ciò che Dio con la sua azione sovrana ha compiuto in Maria e ciò che di essa ci ba detto si trova nella Sacra Scrittura e nella Tradi­ zione orale. La parola di Dio contenuta in queste fonti costituisce il fon­ damento della dottrina ecclesiastica su Maria. Il magistero ecclesiastico ci presenta in modo infallibile, credibile ed obbligatorio la rivelazione divina attestata nella Scrittura e nella Tradizione. -

* L'edizione originale a questo punto presenta una trattazione generale circa la natura della Tradizione, la Tradizione e il magistero ecclesiastico, la Chiesa e la Scrittura, i rapporti tra Tradizione e Scrittura, lo sviluppo del dogma. Dato che questi argomenti saranno ripresi quasi alla lettera nel trattato della Chiesa (§ 176 b) e per di piu furono già esposti nel primo

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2.

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LE FONTI DELLA M ARIOLOGIA CATTOLICA

volume di quest'opera (§§ 7-19), si ritiene opportuno sopprimere le pagine ad essi dedicate, rimandando il lettore ai due luoghi citati, e riportare in­ vece il Radiomessaggio di Pio XII al Congresso Mariologico internazionale del 1954, che tratta appunto delle fonti della Mariologia e del modo di utilizzarle. Dice dunque Pio XII: « La Mariologia, che fa parte delle discipline teologiche, esige soprattutto di venire fondata sulle solidi basi della dot­ trina teologica, esigenza tanto piu inderogabile quanto piu profonda si fa la ricerca e piu accuratamente le verità mariologiche vengono studiate in comparazione e connessione fra loro e con le altre verità della sacra teo­ logia, come s'è incominciato a fare con zelo lodevole dopo la definizione del Domma dell'Immacolata Concezione da parte del nostro Predecessore Pio IX, e come anche oggi viene fatto ogni df con piu abbondanti frutti. Ricerche di questo genere non sono sempre facili e accessibili, dato che ad impostarle e compirle concorrono le discipline sia " positive " sia " spe­ culative", ciascuna delle quali è retta da propri metodi e leggi. Il lavoro di ricerca, anche per quanto riguarda la Mariologia, procederà con piu sicurezza e fecondità, quanto piu risplenderà davanti agli occhi di tutti quella che "per ogni teologo è la regola prossima e universale di verità in cose di fede e di molare" (Enc. Humani Generis, in A.A.S., 1950, 567), cioè il sacro magistero della Chiesa. Questo magistero infatti - come abbiamo esposto nella Lettera enciclica Humani Generis - è stato dato da Dio alla sua Chiesa "anche per illustrare e chiarire ciò che nel de­ posito della fede è racchiuso oscuramente e quasi implicitamente" (ivi, p. 569). Il divino Redentore ha affidato unicamente al magi�tero della Chiesa il potere di illustrare e interpretare autenticamente il deposito della fede; ai teologi invece incombe il grande compito - per mandato della Chiesa e sotto le sue direttive - di studiare piu accuratamente lo stesso deposito, e di approfondire e spiegare secondo le norme della dottrina sacra La natura e la connessione reciproca delle singole verità (cfr. l All oc . agli Em.mi Card. e agli Ecc.mi Vescovi del 31 maggio 1954, in A.A.S., 1954, 3 14 s.). Nello svolgere tale compito, bisogna tenere diligente conto della duplice fonte della dottrina cattolica: cioè della Sacra Scrittura e della Tradizione. Certamente la Sacra Scrittura dice molte e bellissime cose della beatissima Vergine nei libri sia del Vecchio che del Nuovo Testamento; anzi gli eccellentissimi compiti e privilegi di Maria, che sono la maternità vergi­ nale, la santità immacolata, vengo!lo espressamente affermati e sono quasi '

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LA MADRE DEL REDENTORE

descritti a vivi colori l'immagine e i lineamenti della stessa Vergine. Ma si allontana assai dalla verità chi pensa di potere pienamente definire e rettamente illustrare la dignità e sublimità della beatissima Vergine, sola­ mente mediante la Sacra Scrittura, o chi pensa di spiegare conveniente­ mente la stessa Sacra Scrittura senza fare sufficiente conto della " Tradi­ zione" cattolica e del magistero sacro. Che se ha un valore quello che altra volta abbiamo affermato, che cioè " la teologia positiva non può ade­ guarsi unicamente alla scienza storica" (Enc. Humani Generis, L c., 569), esso va riferito in modo particolare qui. E similmente non si possono investigare e spiegare i monumenti della " Tradizione" trascurando o facendo poco caso del magistero sacro e della vita e culto della Chiesa, quali si manifestano nel corso dei secoli: tal­ volta infatti gli antichi documenti, presi singolarmente e studiati in se stessi soltanto, fanno poca luce; ma se vengono congiunti e comparati con la vita liturgica della Chiesa, con la fede, la devozione e la pietà del popolo cristiano - sostenute e dirette dallo stesso magistero - diven­ tano splendide testimonianze sulla verità cattolica. E veramente la Chiesa, in tutti i secoli della sua vita, è diretta e custodita dallo Spirito Santo, non solo nell'insegnare e nel definire le verità di fede, ma anche nel culto e nelle pratiche di pietà e di devozione dei fedeli, come pure dallo Spi­ rito Santo " è diretta infallibilmente alla conoscenza delle verità rivelate " (Cost. Ap. Munificentissimus, in A.A.S., 1950, 769). È necessario perciò che anche i cultori della Mariologia, allorché studiano e valutano le testi­ monianze e i documenti sia del passato come di oggi, abbiano sempre davanti agli occhi tale perenne e sempre efficace direzione dello Spirito Santo, per misurare ed esporre rettamente la forza e il valore dei detti e dei fatti. Se verranno inviolabilmente osservate queste norme, la Mariologia farà veri e durevoli progressi nell'investigare ogni giorno piu intimamente i compiti e la dignità della beatissima Vergine. Inoltre questa disciplina potrà in tal maniera procedere per quella giusta via di mezzo che da una parte evita ogni falsa e smoderata esaltazione della verità, e dall'altra si distacca da coloro che sono presi dal vano timore di attribuire alla Vergine piu del giusto, o, come non di rado affermano, che sia un to­ gliere qualcosa dell'onore e della fiducia allo stesso divin Redentore, se si onora e piamente si invoca Maria. Infatti la beata Madre di Dio, di­ scendendo da Adamo, non possiede alcun privilegio o grazia di cui non sia debitrice al Figlio suo, Redentore del genere umano; e cosi ammi­ rando e celebrando degnamente gli eccelsi doni della Madre, veniamo

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2.

LE FONTI DELLA MARIOLOGIA CATTOLICA

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ad ammirare e celebrare la divinità, la bontà, l'amore, la potenza dello stesso Figlio, né mai dispiacerà al Figlio ciò che avremo compiuto in onore della Madre, da lui arricchita di tante grazie. I doni che il Figlio ha largito alla Madre sua sono di tale grandezza che superano immensa­ mente i doni e le grazie di tutti gli uomini e gli angeli perché non vi è dignità che superi o eguagli la Maternità divina; Maria infatti, come dice l'Angelico Dottore, per il fatto che è Madre di Dio ha una dignità in qualche modo infinita, proveniente dal bene infinito che è Dio (cfr. S. Th., l, q. 25, a. 6, ad 4). E benché sia vero che anche la beatissima Vergine è come noi membro della Chiesa, non è tuttavia meno vero che lei è un membro del tutto singolare del mistico Corpo di Cristo. Desideriamo perciò ardentemente, dilettissimi figli, che trattiate e di­ scutiate i temi proposti alle vostre adunanze con erudizione, dottrina, competenza e pietà, tenendo presenti queste norme; e i vostri sforzi uniti realizzino poi ciò che è nell'aspettazione di tutti, e cioè che prendano da ciò sempre maggiore incremento le lodi della beatissima Vergine Maria, Madre di Dio e nostra, e l'onore del divin Redentore, che l'ha ornata ed arricchita di tanti doni e grazie» (A.A.S., 1954, 677-680). *

II. - I

TESTI MARIOLOGICI DELLA SCRITTURA.

2. I libri della Sacra Scrinura non ci danno su Maria elementi suffi­ cienti per paterne scrivere la vita. Ne attestano soltanto particolari e questi ancora solo in quanto sono in rapporto con Cristo. L'intenzione diretta della testimonianza della rivelazione del Nuovo Testamento non si rivolge a Maria, ma a Cristo, ed a Maria soltanto in quanto ha importanza per l'ingresso di Cristo nella storia umana e questa sua funzione influisce nella storia della salvezza, nella vita di Gesu ed anche nella vita della Chiesa. Ma con questo è detto l'essenziale di Maria. Mancano tuttavia particolari biografici, come ad es. indicazioni circa la data della sua nascita, sulla sua vita prima dell'annunciazione, la sua attività in Nazaret o la sua vita dopo la morte di Gesu. Ma per l'interpretazione teologica di Maria queste questioni biografiche non hanno importanza. Ciò che invece è im­ portante per la fede e la conoscenza della fede è la parte svolta da Maria nella storia della salvezza. E su questo gli scritti sacri ci danno notizie sufficienti. -

3. I Vangeli piu ricchi di notizie su Maria sono quelli di Matteo e di Luca, che contengono entrambi la storia dell'infanzia. Tuttavia diffe-

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riscono tra di loro a tal punto che è difficile ridurre le loro comunicazioni ad un denominatore comune. Perciò non è possibile pensare ad una fonte unica per i due Vangeli; piuttosto dovettero confluire in essi tradizioni diverse. Nel corso dell'esposizione mostreremo come ciò debba intendersi. Tuttavia i due Vangeli si completano in quanto ciò che manca in uno è riferito dall'altro. Nonostante la diversità essi presentano però un grande numero di tratti comuni, molto importanti per la Mariologia. J. Schrnid nel suo commento al Vangelo di Luca enumera i seguenti punti comuni: I) Concepimento e nascita di Gesti da una vergine di nome Maria (Mt. I, I8-2o; Le. I, 26-38). 2) In entrambi ella è fidanzata con un uomo di nome Giuseppe (Mt. I, I8. 20; Le. I,27). 3) In entrambi Giuseppe discende dalla stirpe di Davide (Mt. I, I6.2o; Le. 1,27; 2,4). 4) In entrambi il concepi­ mento è opera dello Spirito Santo; ambedue dicono chiaramente che Giuseppe non fu il padre vero di Gesti. 5) Il concepimento di Gesti avvenne in un momento in cui Maria era già fidanzata con Giuseppe, ma non ancora accolta nella casa del marito (Mt. I, I8; Le. I, 27). 6) La nascita di Gesti avvenne invece dopo che Maria era già stata accolta in casa di Giuseppe (Mt. I, 24 s.; Le. 2, 5). 7) La nascita di Gesti cade secondo Mt. 2, I esplicitamente, secondo Le. I, 5 almeno probabilmente o�: nei giorni del re Erode ». 8) Secondo entrambi gli Evangelisti il nome Gesti è fissato in precedenza da un angelo (Mt. I, 21: a Giuseppe; Le. I, 3I: a Maria). 9) Gesu discende dalla stirpe di Davide (Mt. I, r; Le. I, 32). Io) Egli nacque a Betlemme nel territorio della tribu di Giuda (Mt. 2, 5 s.), nella città di Davide (Le. 2, II). II) Entrambi riferiscono il successivo trasferimento o ritorno della sacra famiglia a Nazaret (Mt. 2, 23; Le. 2, 39). La differenza principale tra le due testimonianze sta in questo: Matteo traccia un quadro piu fosco. Il Messia che viene in questo mondo è d­ gettato e perseguitato dai circoli dirigenti. Viceversa Luca presenta colori piti chiari e ridenti. Secondo la sua testimonianza gioia e giubilo accom­ pagnano la comparsa del Messia. Inoltre Matteo rileva esplicitamente che si compiono ora le promesse del Vecchio Testamento. Anche Luca è dominato dalla convinzione che la profezia del Vecchio Testamento si adempie con la concezione e la nascita di Cristo (I, 3I-34), ma non lo rileva formalmente. Massima importanza riveste la questione della storicità dei fatti ripor­ tati da Matteo e da Luca. Per giudicare ciò che essi dicono di Maria ha naturalmente carattere decisivo se essi presentano invenzioni proprie

§ 2.

LE PONTI DELI.A MARIOLOG II\ CATTOLICA

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o altrui oppure testimoniano fatti. La teologia liberale, pure riconoscendo che i relatori del Nuovo Testamento hanno considerato come dati reali i fatti da essi raccontati, ne rigettano il carattere storico. Si mette in ri­ lievo a loro sfavore il fatto che le relazioni dell'infanzia dei due Evange­ listi sono un intreccio di miracoli ed hanno un tono pio ed edificante. Perciò non sarebbero altro che un caso particolare di racconti mitici, in specie rappresenterebbero una variazione dei miti delle nascite degli dèi. Secondo un'altra spiegazione le relazioni dell'infanzia sono nuove edizioni di racconti del Vecchio Testamento (ad es. il racconto della sterilità di Sara e della promessa e concessione di un figlio [Gen. r8], oppure della nascita e dell'infanzia di Sansone e di Samuele [Giud. 13; I Sam. I-3]). ar. J. Schmid, L'Evangelo secondo Luca, Brescia I9 57, I IO-I I7. Il rigetto del carattere storico dei racconti dell'infanzia a motivo dei dati miracolosi che contengono, si fonda su una concezione religiosa aprio­ ristica. Contro tale prevenzione e legame ad un presupposto ideologico si può dire soltanto che qui si stabilisce in base al proprio sovrano giu­ dizio ciò che è storicamente possibile ed impossibile, ciò che deve avve­ nire e ciò che non deve avvenire. In ultima analisi il giudizio sulla storicità delle relazioni dell'infanzia dipenderà dalla posizione nei con­ fronti della figura di Gesti Cristo. Chi rigetta ogni elemento sopranna­ turale nella vita di Gesu dovrà logicamente giudicare anche i racconti dell'infanzia come leggende. Ma, come si dimostra nel trattato sulla per­ sona e sull'opera di Gesu Cristo, non spiegherà i fatti del Nuovo Testa­ mento. Chi invece riconosce la storicità di Gesu Cristo e dei fatti che di lui sono attestati, non può spogliare neppure le relazioni dell'infanzia del loro carattere storico. Perché Matteo e Luca in esse intendono pre­ sentare storia non meno che nel resto del Vangelo. Anzi i racconti del­ l'infanzia sono la battuta iniziale dell'azione storica di Gesu. In ultimo dunque il riconoscimento o non riconoscimento di queste parti del Van­ gelo, come di tutte le altre, dipende dall'atteggiamento di fede. Chi con­ sidera se stesso e la propria ragione come norma ultima per conoscere la realtà, restringe in modo inammissibile il proprio campo visivo. Chi per contro è disposto ad accettare da Dio realtà, cui la forza naturale della ragione umana non è in grado di giungere da sola, acquista una visione dell'ampiezza e pienezza di Dio stesso e con la forza visiva della fede può scorgere e riconoscere cose e fatti, che l'incredulo non è in grado di vedere. Varie osservazioni stanno a provare che si tratta di fatti storici e non di leggende e miti. Sia in Matteo che in Luca l'esposizione rivela uno

340

P. H.

-

LA MADRE DEL REDENTORE

spiccato colorito locale palestinese. Se ad es. l'evangelista Matteo non avesse avuto a che fare con storia, ma con miti, avrebbe presentato un racconto dei fatti della nascita completamente diverso, cioè glorioso. Quanto invece ne fosse lontano, lo si vede ad es. nel suo racconto dei tre Magi. I Magi non vengono presentati come re, che entrano a Gerusalemme con pompa principesca. Cristo non è indicato come sovrano cui gli uomini si assoggettano, ma come bambino debole, che si attira la persecuzione. Riguardo particolarmente al racconto di Luca l'indagine della sua strut­ tura, della sua lingua e del suo ritmo rivela, come ha dimostrato ampia­ mente P. Gaechter, che esso è pervenuto all'evangelista da una antica tradizione galilaica. La sezione comprendente i capitoli 1 e 2 è stata com­ posta originariamente in lingua ebraica (non aramaica) e tradotta in greco da un cristiano giudeo, che aveva familiarità con i Settanta e la loro lingua. La cultura giudaica, religiosa e politica, serve da sfondo. L'autore originario era un uomo, che viveva completamente al servizio del tempio e supponeva anche nei suoi lettori una conoscenza esatta del servizio del tempio. Poté essere benissimo un sacerdote. La stessa cosa dovrebbe va­ lere per il traduttore. Anch'egli vive nelle concezioni della legge giudaica, tanto che sia nel racconto dell'infanzia di Luca, sia io quello di Matteo, domina un'atmosfera giudaica, precristiana. E poiché secondo Atti 6, 7 un gran numero di sacerdoti accettò la fede in Cristo, è possibilissimo che autore ne sia un sacerdote. Luca poi al racconto pervenutogli ha fatto poche aggiunte: vi ha ap­ portato una leggera elaborazione linguistica ed ha eliminato le impreci­ sioni cronologiche. Mentre nella forma primitiva del racconto si dice che l'angelo fu inviato a Zaccaria nei giomi di Erode, lasciando in tal modo scoperto un grande spazio di tempo, Luca aggiunse la frase: « Questo censimento fu il primo, fatto mentre era governatore della Siria Quirino ». L'indagine delle proprietà linguistiche di Le. 2, 2 rivela che il testo deve essere fatto risalire a Luca. Rimane ancora da trattare la questione donde l'autore (rispettivamente l'autore della forma primitiva) del racconto dell'infanzia tragga le sue no­ tizie. Esse non possono risalire che alle persone che vi hanno avuto parte. La fonte principale è Maria stessa. Circa il modo in cui il racconto è pas­ sato da Maria alla forma primitiva, tace la Sacra Scrittura. Fuori dal racconto dell'infanzia Matteo e Luca parlano solo piu poche volte di Maria, designandola sovente semplicemente come «madre del Signore» oppure «sua madre», senza farne il nome (Mt. 12, 46; 13, 55; Le. 2, 4 1-5 1; 8, 19-21).

§

2.

LE FONTI DELLA MARIOLOGIA CATTOLICA

341

4 - Gli altri due evangelisti, Marco e Giovanni, si limitano a poche

e brevi indicazioni (Mc. 3, 3 1-3 5 ; 6, 3 ; Gv. 2, r-11; 6, 4 2 ; I9, 25). Negli Atti si parla soltanto una volta di Maria, cioè nel racconto della discesa dello Spirito Santo ( I , I4). Nelle lettere del Nuovo Testamento si accenna due volte a Maria e precisamente nella lettera ai Galati (4, 4) e nella let­ tera ai Romani (I, 3) di S. Paolo, senza che ne sia fatto il nome. Tuttavia i due passi bastano per dire che la Mario logia ha un fondamento paolino. L'Apocalisse di S. Giovanni parla indirettamente di Maria, perché la donna rivestita di sole, pur indicando direttamente la Chiesa, indirettamente in­ dica Maria, rappresentante della Chiesa (12). 5.

-

Le scarse indicazioni della Sacra Scrittura non sono sufficienti per

scrivere una vita d i Maria. Evidentemente lo Spirito Santo che ispira gli scrittori del Nuovo Testamento non ba avuto di mira la completezza. Si è limitato a scegliere alcuni fatti aventi valore decisivo per la conoscenza della funzione di Maria nella storia della salvezza. Questi fatti per l'omis­ sione di tutte le notizie biografic he acquistano cosi maggior chiarezza. Lo Spirito Santo lascia nell'ombra quanto non è importante sotto l'aspetto di storia salvifica. Alcuni dati completivi li possiamo desumere dalla storia dei tempi, che pur non nominando mai Maria, disegna la cornice in cui si è svolta la sua vita. Conosciamo l'ambiente della sua vita, per cui ci danno indi­ cazioni lo storico giudaico Giuseppe Flavio ed il Talmud. Ma nell'utiliz ­ zare queste fonti non bisogna dimenticare c he ce ne possiamo servire soltanto con molta prudenza. Ciò vale particolarmente per il Talmud, perché la letteratura rabbinica, formatasi soltanto dopo la scomparsa dello stato giudaico, ha l'abitudine di attribuire usi e costumi posteriori ad epoche antecedenti e di trattarli come falsarighe di vita. Con ciò passa in seconda linea proprio l'elemento caratteristico, indipendente, personale ed individuale della vita dell'uomo singolo. In tal modo queste fonti sono atte a darci notizie su Maria soltanto in misura modesta.

III. -

GLI APOCRIFI.

6 . P oche notizie attendibili, indipendenti ci sono offerte dai cosi detti apocrifi, da quegli scritti cioè di autori ignoti, ma che furono diffusi sotto il nome di una importante personalità biblica per procurare loro una par­ ticolare stima. Poiché gli apocrifi in talune produzioni letterarie del pre-

342

P.

II.

-

LA MADRE DEL R EDENTORE

sente hanno una parte non piccola e sovente vengono considerati a torto con quella fiducia che spetta soltanto alla Sacra Scrittura, ne dobbiamo qui dire una parola speciale. Nella letteratura apocrifa si deve distinguere tra un gruppo ortodosso ed un gruppo eretico. Il gruppo ortodosso si è proposto di difendere le verità di fede attaccate dagli eretici. Gli autori nel far questo usano il metodo della parafrasi e dell'abbellimento poetico di testi scritturati. Non è sempre facile segnare i confini tra apocrifi eretici ed ortodossi. Tuttavia mentre gli apocrifi eretici sono sorti da spirito gnostico-manicheo e perciò combattono la vera incarnazione di Dio, gli apocrifi ortodossi servono alla fede nella realtà della natura umana di Gesu Cristo. Gli scritti apocrifi mariologici si occupano in modo particolareggiato sia della nascita e della gioventu, sia della morte e della assunzione di Maria. I prodotti piu importanti di questo genere letterario sono il Pro­ tovangelo di Giacomo (chiamato in origine: La storia di Giacomo sulla nascita di Maria), il Vangelo dello pseudo-Matteo, il Vangelo di Tommaso, il Vangelo di Pietro, il Vangelo arabico dell'infanzia, l'Ode decima di Salomone, l'Ascensione di Isaia, il Transitus Mariae diffuso in parecchie edizioni. Sulla devozione mariana e sull'arte del medio evo ba esercitato particolare influenza il Protovangelo di Giacomo, un racconto del sec. n sulla giovinezza e la nascita verginale di Cristo. All'inizio del sec. IV ap­ parve in forma latina in Occidente e godette grande popolarità. L'opera appartiene alla letteratura ortodossa. B. Altaner, Patrologia_, trad. it., To­ rino 1960, 40; ]. Quasten, Initiation aux Pères de l'Église, l, 1954, 1 23-178; O. Bardenhewer, Patrologie, 1910, 69-93. Per valutare gli apocrifi diamo il riassunto di questo

c

Vangelo»: Gioachino e

la moglie Anna sono profondamente afflitti per la mancanza di figli. Poiché si crede di vedere in dò l'espressione del disgusto divino, il sacrificio presentato da Gioachino

viene

rifiutato dal sacerdote Ruben.

Allora un

angelo annunzia

ai

due sposi la nascita di una figlia. Nasce Maria. All'età di tre anni la bambina viene portata nel tempio. Il sacerdote la pone sul terzo gradino dell'altare dove essa danza lietamente. Cresce nel tempio e riceve quoùdianamente il nutrimento da mano angelica. Fattasi giovinetta il sommo sacerdote Zaccaria convoca i ve­ dovi di Israele e porta i loro bastoni nel santuario. Dal bastone di Giuseppe guizza una colomba. In tale modo Giuseppe è indicato come l'eletto che deve prendere Maria in sua custodia. Allorché si deve fabbricare un nuovo velo per il tempio, a Maria tocca in sorte il lavoro di filatura. Del Protovangelo ci sono giunte due forme di testo, di una delle quali diamo alla lettera il seguito degli avvenimenti:

«

Ma si tenne un consiglio dei sacerdoti. Dissero:

facciamo fare

un velo per il tempio del Signore. Disse il sacerdote: chiamatemi vergini imma­ colate della tribu di Davide. I servi andarono e cercarono e trovarono sette ver-

§

343

2. LE FONTI DELLA MARIOLOGIA CATTOLICA

gini. Si ricordò il sacerdote della ragazza Maria che era della tribu di Davide ed immacolata dinanzi a Dio. I servi andarono e la condussero. Furono portate tutte nel tempio del Signore; ed il sacerdote disse:

tirate dunque a sorte chi

deve filare l'oro ed il lino ed il cotone e la seta ed il blu celeste ed il rosso scarlatto e la porpora genuina. Maria soneggiò la porpora genuina ed il rosso scarlatto; e lo prese e tornò a casa. In quel momento

rimase muto Zaccaria

e ne prese il posto Samuele fino a che Zaccaria tornò a parlare. Ma Maria prese il rosso scarlatto e filò. E prese la brocca ed usci per attingere acqua. Ed ecco risuonò una voce: ral­ lègrati, piena di grazia, il Signore è con te, tu sei benedetta tra le donne. Ella guardò attorno a destra e a sinistra, donde le venisse la voce e tremante tornò a casa. Depose la brocca, prese la porpora, si pose a sedere e filò. Ed ecco un angelo del Signore le stette dinanzi e disse: trovato grazia presso il

Quando ella senti ciò si confuse e disse: Iddio vivente e generare allo Signore le disse:

Non temere, o Maria, poiché hai

Signore dell'universo, e concepirai

per

la sua parola.

Devo io forse concepire dal Signore

stesso modo di qualunque donna? L'angelo del

Non cosi, o Maria, perché la forza del Si gnore ti adombrerà.

Cosi anche il santo generato da re si chiamerà figlio dell'Altissimo

e

tu gli darai

il nome Gesti; perché egli redimerà il suo popolo dai suoi peccati. Maria disse: Eccoti l'ancella del Signore. Mi avvenga secondo la tua parola». Allorché i segni della maternità giura:

diventano

visibili,

Maria viene interpellata

da Giuseppe.

Ella

Quanto è vero che vive il S ignore mio Dio, io non so donde mi viene

questo. Giuseppe viene illuminato da un angelo. Anna accusa Giuseppe di avere sedotto la vergine. Giuseppe e Maria devono sottomettersi ad un giudizio di Dio e bere l'acqua della zelotipia. Non ne hanno danno. Quando Cristo nasce in una grotta

presso Betlemme, la natura rimane

cerca una levatrice.

silente

per una mezz'ora.

Quando questa entra nella grotta trova che

Giuseppe

Maria anche

dopo la nascita del figlio è ancora vergine. Essa racconta questo miracolo a Sa­ lame, la quale tuttavia rifiuta di

credere.

In castigo

la

sua

mano

inaridisce.

L'opera termina con il racconto della visita dei Magi, della strage degli inno­ centi, della fuga di Elisabetta, della uccisione del sommo sacerdote Zaccaria e della elezione per soneggio del vecchio S imeone a sommo sacerdote. - Per il testo integrale con l'originale greco a fronte vedere G. Baccors.i,

Vangeli apocrifi,

Fi­

renze 1948, 58 ss. Per giudicare questo racconto apocrifo bisogna dire che non se ne coglierebbe il vero spirito, se vi si applicasse la misura del racconto storico. Deve piuttosto essere considerato come poesia religiosa. Se lo si intendesse come racconto sto­ rico si dovrebbe dire:

rutto ciò che non rientra nei fatti raccontati dai Vangeli

genuini, dov'è possibile un riscontro, si rivela come completamente falso. Con ciò anche le indi:azioni non suscettibili di riscontro perdono la loro credibilità. Cosi ad es. era del tutto impossibile che Maria danzasse sul terzo gradino dell'altare, perché nessun essere femminile poteva mai giungere fin là. Inoltre l'altare non aveva gradini. In piu il vecchio Simeone non poteva es sere eletto sommo sacer­ dote per sorteggio, perché il sommo sacerdote non è mai stato estratto a sorte. L'autore non ha conoscenze geografiche, o le ha molto scarse. Tuttavia l'opera come poesia possiede una grande forza. Quando ad es. nello scritto apocrifo si parla di filare il velo del tempio, ciò poteva essere un accenno

344

P. II.

-

LA MADRE DEL REDENTORE

simbolico al fatto che Cristo ora prende dimora in Maria, come prima Dio era presente nel Santissimo del tempio, che il velo nascondeva. Riguardo al motivo dell'attingere acqua, vi è colta l'importanza dell'acqua sot­ tolineata frequentemente nel campo biblico. L'acqua si presta a diventare im­ magine dei doni Giovanni

si

salvifici di Dio, per modo che

paragona all'acqua viva

(Gv.

Gesu stesso nel

Vangelo di

7, 37 s.). Cosi il motivo può essere

inteso come accenno a Cristo, come segno del suo diventare vivo nel seno di Maria. Nel racconto il mistero di fede è esposto sotto forma di poesia. Si com­ prende come nell 'arte si sia continuamente fatto ricorso al Protovangelo, tanto nell'antichità cristiana, quanto nel medio evo.

Sovente è stato affermato che gli apocrifi avrebbero esercitato un in­ flusso sostanziale sulla Mariologia cattolica. Ma queste sono parole senza senso. La conoscenza cattolica di Maria si è sviluppata dalla fede in Cristo. Le leggende apocrife non furono un motivo importante per la fede in Maria, anche se hanno offerto qualche motivo per la devozione mariana e per l'arte. In modo particolare gli apocrifi non hanno esercitato alcun influsso efficace sulla verità dell'assunzione corporale di Maria in cielo, che si è sviluppata a poco a poco dalla fede in Cristo. Di questo si parlerà in seguito. 7 . - Come dal contenu to si può provare che la fede in Maria della Chiesa cattolica non ha desunto alcun elemento essenziale dagli apocrifi, cosi dal modo con cui la Chiesa antica ha trattato gli apocrifi si può dimostrare che questi non hanno pomto esercitare alcun influsso del genere. La Chiesa ha preso posizione anche contro apocrifi non eretici per separarli in modo chiaro e sicuro dagli scritti sacri del canone. Clemente Alessandrino (2 1 5 c.) si mostra influenzato dal Protovangelo di Giacomo quando dice che Maria, stando all'affermazione di talune per­ sone, è stata trovata vergine dalla levatrice dopo la nascita del suo figlio (Stromata, VII, 93, 7) . Ma il motivo della levatrice non è entrato in alcun modo nella fede della Chiesa. La verginità per la Chiesa non risulta dal­ l'esperimento della levatrice, ma dalla testimonianza della Sacra Scrittura ispirata. Cirillo di Gerusalemme nel 340 ammonisce i catecumeni : « Non leggere nulla degli apocrifi. Se non conosci ancora le Scritture universal­ mente riconosciute perché triboli con quelle controverse? Leggi la Sacra Scrittura » (Catech., 4, 33). Allo stesso modo si esprime la lettera festale 39a di S. Atanasio (PG. 26, 1436 B). S. Girolamo chiama il Protovangelo di Giacomo una invenzione degli eretici, una chimera apocrifa, una fanta­ sticheria (Adv. Helvidium, 8). Agostino dichiara : « Lasciamo da parte quegli scrit.ti inventati, i cosiddetti apocrifi, dei quali i Padri non conosce­ vano l'origine oscura » (De civitate Dei, 15, 25, 4). Un predicatore caro-

§

2.

LE FONTI DELLA MARIOLOGIA CATTOLICA

345

lingio (identificato falsamente con Agostino) dice : « Secondo un uso an­ tico la Chiesa celebra il giorno in cui la vergine Maria è stata assunta in cielo. Ma in quali circostanze questo sia avvenuto non ci è raccontato da nessuna storia cattolica. Poiché la Chiesa ci insegna ad aborrire gli apocrifi e ci dice di non sapere nulla di simili racconti. In ogni caso non si do­ vrebbero leggere per rafforzare la verità di fede. A noi basta conoscere Maria come regina del cielo, poiché dovette generare il re degli angeli » (Ps.-.t'.gostino, Sermo 208, 2). In modo ancora piu deciso si esprime il magistero ecclesiastico. Nel canone 59 del Sinodo di Laodicea (dopo il 34 1) fu severamente proibito l'uso dei libri non canonici (Mansi, II, 574 C) e nel canone 1 6 del Con­ cilio di Nicea (Mansi, II, 6) furono rigettati gli scritti extracanonici. In una lettera al vescovo Essuperio di Tolosa del 405, papa Innocenza I enumera anzitutto gli scritti canonici e poi continua : « Sappi che tutti gli altri scritti che vanno sotto il nome di Mattia o di Giacomo il Minore o di Pietro o di Giovanni, composti da un certo Leuzio, o sotto il nome di Andrea, che proviene dai filosofi Nexocaribe e Leonide, o sotto il nome di Tommaso e simili, non soltanto sono da rigettare, ma anche da con­ dannare ». Il Decreto Gelasiano, che viene attribuito ai papi Damaso, Gelasio, Ormisda, condanna numerosi apocrifi e scritti eretici, tra cui i seguenti : i vangeli apocrifi sotto il nome di Mattia, di Giacomo il Minore, di Tom­ maso, di cui si servono i manichei, il libro apocrifo sull'infanzia del Re­ dentore, sulla nascita del Redentore e su Maria e la levatrice, il libro della morte di Maria. Tutte queste opere devono essere qualificate composizioni di fantasia. Mancano di valore storico e perciò non possono offrire alcun contributo indipendente per la Mariologia cattolica; al contrario sono atte ad oscu­ rarla. Sono il terreno fecondo per il mito di Maria avverso alla Mariologia cattolica, fin dove non sono già esse stesse prodotto del mito.

IV. - RIASSUNTO.

8. Per la Mariologia cattolica si devono dunque prendere in consi­ derazione soltanto gli scritti sacri riconosciuti dalla Chiesa, la tradizione orale e le decisioni ecclesiastiche. Queste ultime costituiscono di volta in volta il punto di partenza per la nostra esposizione. La Chiesa possiede quattro dogmi mariani. Ai tempi antichi apparten-

P. Il.

-

LA MADRE DEL REDENTORE

gono il dogma della maternità divina e della verginità, che sono strettis­ simamente connessi tra di loro. Nei tempi moderni furono definiti i dogmi della Immacolata Concezione e della AssWlZione di Maria, il primo 1'8 dicembre 1 854 da papa Pio IX, il secondo il 1° novembre 1950 dal papa Pio XII. Un gran numero di encicliche servono a spiegare la fede cattolica in Maria (cfr. A. Tondirù, Le Encicliche Mariane, 2 ed., Roma 1 9 54). Per la conoscenza di Maria è inoltre importante la devozione mariana sia nella sua forma liturgica ufficiale, sia nelle sue forme extraliturgiche. Nella devozione mariana si esprime infatti la fede mariana. Occorre però notare che la fede in Maria non si presenta in modo adeguato nelle forme di devozione mariana, sia che la devozione si trovi in ritardo sul dogma, sia che trascenda la Mariologia garantita dalla Chiesa. In tal modo l'as­ sioma lex supplicandi, lex credendi può avere valore soltanto sotto un determinato punto di vista. La liturgia non può essere semplicemente il motivo conduttore della fede, ma piuttosto la fede è il motivo conduttore per comprendere la liturgia, e cosi la liturgia nata dalla fede è a sua volta forma espressiva della fede. Il papa Pio XII nella sua Enciclica Mediator Dei del 20 novembre 1947 dice in proposito quanto segue : « Questo inconcusso diritto della gerar­ chia ecclesiastica è provato anche dal fatto che la sacra liturgia ha strette attinenze con quei principi dottrinali che la Chiesa propone come facenti parte di certissime verità, e perciò deve conformarsi ai dettami della fede cattolica proclamati dall'autorità del supremo magistero per tutelare l'in­ tegrità della religione rivelata da Dio. A questo proposito, Venerabili Fratelli, riteniamo di porre nella sua giusta luce una cosa che pensiamo non esservi ignota : l'errore, cioè, di coloro i quali pretesero che la sacra liturgia fosse quasi un esperimento del dogma, in quanto che se una di queste verità avesse, attraverso i riti della sacra liturgia, portato frutti di p1età e di santità, la Chiesa avrebbe dovuto approvarla, diversamente l'avrebbe ripudiata. Donde quel principio : La legge della preghiera è legge della fede : Lex orandi, lex credendi. Non è, però, cosi che insegna e comanda la Chiesa. Il culto che essa rende a Dio è, come brevemente e chiaramente dice S. Agostino, una continua professione di fede cattolica e un esercizio della speranza e della carità : " Dio si deve onorare con la fede, la speranza e la carità (En­ chiridion, c. 3). Nella liturgia facciamo esplicita professione di fede non soltanto con la celebrazione dei divini misteri, con il compimento del sacrificio e l'amministrazione dei sacramenti, ma anche recitando e can"

§ 3·

34 7

MARIA MADRE DI DIO FATTO UOMO

tando il Simbolo della fede, che è come il distintivo e la tessera dei cri­ stiani, con la lettura di altri documenti e delle Sacre Lettere scritte per ispirazione dello Spirito Santo. Tutta la liturgia ha, dunque, un contenuto di fede cattolica, in quanto attesta pubblicamente la fede della Chiesa. Per questo motivo, sempre che si è trattato di definire un domma, i Sommi Pontefici e i concili attingendo alle cosiddette " Fonti teologiche ", non di rado hanno desunto argomenti anche da questa sacra disciplina; come fece, per esempio, il Nostro Predecessore di immortale memoria Pio IX quando defini l'Immacolata Concezione di Maria Vergine. Allo stesso modo anche la Chiesa e i Santi Padri, quando si discuteva di una verità controversa o messa in dubbio, non hanno mancato di chiedere luce anche ai riti venerabili trasmessi dall'antichità. Cosi si ha la nota e veneranda sentenza: " La legge della preghiera stabilisca la legge della fede (Le­ gem credendi lex statuat supplicandi). La liturgia dunque, non determina né costituisce in senso assoluto e per virtu propria la fede cattolica, ma piuttosto, essendo anche una professione delle celesti verità, professione sottoposta al supremo magistero della Chiesa, può fornire argomenti e testimonianze di non poco valore per chiarire un punto particolare della dottrina cristiana. Che se vogliamo distinguere e determinare in modo generale ed assoluto le relazioni che intercorrono tra fede e liturgia, si può affermare con ragione che " la legge della fede deve stabilire la legge della preghiera " » (A.A.S., 1947, 540-54 1). "

§ 3.

Maria Madre di Dio fatto uomo.

l . Il Figlio di Dio poteva unirsi ad una natura umana in vari modi. Volle tuttavia entrare nella serie delle generazioni umane cosi da apparire come membro nella catena delle generazioni. Il suo scopo infatti era quello di prendere su di sé il destino umano per trasformarlo dall'interno. Perciò ha assunto la natura umana da una donna, in quel modo quindi in cui dopo Adamo avviene ogni umanizzazione. Cosi una donna umana divenne sua madre. Si può dunque dire che Maria è madre di Cristo in senso vero e proprio; perciò è anche madre di Dio in senso vero e proprio. I fatti professati in queste proposizioni fanno parte del deposito della rivelazione e perciò sono anche materia della retta fede. Se Cristo è il centro di quegli avvenimenti, in cui si è compiuta la manifestazione divina e che devono essere professati come tali da coloro che credono nella rive­ lazione, Maria in quanto madre sua fa parte della professione di fede. Ella -

-

P. TI.

LA MADRE DEL REDENTORE

infatti rappresenta il luogo storico in cui Dio ha operato il passaggio dalla eternità nel tempo. A questo atto storico di Dio ella dà il carattere locale e temporale, senza cui non esiste storia. Il rifiuto o l'indifferenza nei suoi confronti dovrebbe portare al rifiuto ed alla indifferenza nei confronti della incarnazione di Dio in quanto fatto storico concreto. Soltanto chi vede nella incarnazione un'astrazione non storica, una pura idea religiosa o filosofica, può trascurare, con dispetto o disinteresse, Maria, il luogo storico in cui Dio ha rivestito la carne della debolezza umana e del peccato, per for­ mare nell'uomo la vita di Dio. Quando invece Cristo viene confessato come il Dio entrato nella storia ed in essa presente, si deve anche accogliere nella fede Maria quale sua madre . Perciò ella entra a far parte del Credo.

I.

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SIMBOLI DELLA CHIESA.

2. Infatti ella non manca nei simboli ecclesiastici. Poiché la cosa ha importanza fondamentale per l'ulteriore sviluppo della Mariologia, i testi saranno riferiti per disteso. Chi sta sul terreno della fede della Chiesa antica, professerà la maternità divina di Maria. Essa infatti non è stata negata dai riformatori; fu dimenticata o rigettata soltanto nel corso della evoluzione da questi iniziata. Se recentemente da parte protestante si di­ chiara non doversi mettere in rilievo la maternità divina di Maria, sembra profilarsi il pericolo che venga sottovalutato un elemento della storicità di Cristo. Poiché Dio stesso ha ritenuto questo elemento abbastanza impor­ tante perché venisse attestato nei Vangeli, l'accettazione dei racconti evan­ gelici nella loro interezza esige che esso sia designato come importante. La confessione che Maria è la madre del Signore e perciò madre di Dio costituisce il fondamento di tutti gli altri enunciati mariologici, ai quali offre l'orientamento storico solido e sicuro. Tutte le prerogative di Maria sono conseguenze della sua maternità, dalla quale possono essere sviluppate. Ma la maternità è fondata stilla volontà di Dio e sul suo eterno disegno salvifico. Nel Simbolo apostolico si dice : « Fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine » (Denz. 6). Nella professione di fede del Concilio di Nicea (325) si dichiara : « Cre­ diamo ... nell'unico Signore Gesu Cristo, figlio di Dio ... che per noi uomini e per la nostra salute è disceso dal cielo e si è fatto carne e uomo » (Denz. 54). Alla professione di fede diede occasione l'eresia di Ario, secondo cui la seconda persona divina non sarebbe Dio come il Padre, ma sarebbe stato -

§

3· MARIA MADRE DI DIO FATTO UOMO

349

prodotto dal Padre come la piu alta tra le creature. Il concilio ha procla­ mato sia la divinità eterna del Figlio che la realtà della sua natura umana. Quando, nel corso ulteriore del sec. IV, venne negata la divinità dello Spirito Santo, il Concilio di Costantinopoli del 38 I ha proclamato la fede evangelica. Si è servito per questo di una professione di fede che o già esisteva come formula fissa, oppure fu composta dal concilio per la prima volta come norma di fede. Il testo decisivo per la nostra questione dice : « Per noi uomini e per la nostra salute è disceso dal cielo. Ha preso carne per opera dello Spirito Santo da Maria vergine ed è diventato uomo » (Denz. 86). Allo stesso modo si esprime la professione di fede di Epi­ fania, che risale al 374 circa. È un ampliamento ed una spiegazione del Simbolo niceno e per la posizione preminente del suo autore Epifania fu tenuta in grande considerazione. Vi si dice : « Crediamo... nell'unico Si­ gnore Gesu Cristo, Figlio di Dio... che per noi uomini e per la nostra salute è disceso dal cielo e si è incarnato, cioè è stato generato pienamente da una santa, sempre vergine Maria ad opera dello Spirito Santo; è di­ ventato uomo, cioè ha assunto la natura umana perfetta, vale a dire anima, corpo e spirito e tutto ciò che appartiene all'uomo, ad eccezione del pec­ cato, senza seme di uomo e non abitando per cosi dire in un uomo, ma assumendo in se stesso la carne creata in una santa e singolare unità; non in quel modo in cui ha ispirato i profeti, ha parlato ed agito in essi, ma è diventato uomo perfetto. Poiché il Verbo si è fatto carne, senza sotto­ porsi ad alcun mutamento o senza trasformare la sua divinità nella natura umana, ma l'ha congiunta in unità con la sua santa e perfetta divinità. Poiché egli è un unico Signore Gesu Cristo e non due » (Denz. I 3). Il cosiddetto Simbolo Atanasiano, il cui autore forse è S. Ambrogio e che contiene una delle formulazioni piu chiare del mistero della Trinità e della incarnazione, dice sulla nostra questione quanto segue : « Ora questa è la retta fede : Dobbiamo credere e confessare che nostro Signore Gesu Cristo, il Figlio di Dio, è Dio e uomo. Dio dalla sostanza del Padre, generato dall'eternità, e uomo dalla sostanza della madre, nato nel tempo » (Denz. 40). Le stesse formule ricorrono nella professione di fede del IV Concilio ecumenico Lateranense ( I 2 1 5) e nella professione di fede di Michele Pa­ leologo (1 274), che dopo la caduta dell'Impero latino fondato dai crociati a Costantinopoli cercava ancora una volta l'unione della Chiesa Orientale separata con Roma (Denz. 429, 462). Come già appare in queste professioni di fede lo sviluppo della fede in Maria procede di pari passo con lo sviluppo della fede in Cristo. Anzi,

3 50

P. II.

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L A MADRE DEL R EDENTORE

la fede in Maria è di volta in volta un segno del chiarimento e dello sviluppo della fede in Cristo. Ciò appare particolarmente evidente se se­ guiamo l'introduzione del concetto « genitrice di Dio » nei testi ufficiali della Chiesa. Il primo impulso venne dalla controversia nestoriana. Ne­ storia era uscito dalla scuola teologica di Antiochia, in cui la diversità delle due nature in Cristo veniva spiegata come duaHtà di persone. Nel 428 divenne vescovo di Costantinopoli e sostenne la tesi che due nature esigono anche due persone. S'introduce perciò il dualismo in Cristo. Giu­ stamente si vide in questa dottrina una minaccia alla redenzione. Se in Cristo esistono due persone, l'uomo è unito a Dio soltanto esternamente, non è veramente trasferito dalla sua soggezione al peccato ed alla morte in una esistenza celeste. Conseguentemente Maria è madre di Gesu Cristo, ma non madre di Dio. Quando il prete Anastasio in una predica pubblica negò a Maria il titolo di « genitrice di Dio » molto diffuso nel popolo e tra i teologi, scoppiò una violenta opposizione. Il difensore piu deciso di questa formula fu Cirillo, vescovo di Alessandria. Nel Concilio ecumenico di Efeso (43 1 ) fu pronunziata la sentenza. Cirillo presentò all'accettazione del concilio parecchi testi. li concilio nella sua prima seduta riconobbe la seconda lettera di Cirillo a Nestorio come formulazione ortodossa della dottrina della Chiesa. Cirillo sottopose al concilio anche i cosiddetti do­ dici anatematismi contro Nestorio. Queste dodici proposizioni, pur non essendo una decisione i..rtfallibile del concilio ecumenico, furono ricono­ sciute in seguito ripetutamente come dottrina della Chiesa. La prima delle 1 2 proposizioni dice : « Chi non confessa che l'Emmanuele è veramente Dio e perciò la santa Vergine è genitrice di Dio, perché ha generato secondo la carne il Verbo di Dio fatto carne, sia scomunicato » (Denz. 1 I 3). Si legga al § 1 46, 4 la parte sostanziale della seconda lettera di Cirillo a Nestorio, approvata solennemente dal concilio. Combattendo il nestorianesimo Dioscoro, successore di Cirillo Ales­ sandrino, ha concepito l'unità di divinità ed umanità in Cristo non sol­ tanto come unità nella persona, ma come fusione nella natura, per modo che rimane soltanto piu una natura, cioè la divina (monofisismo). Per quanto la « dottrina dell'unica natura » possa apparire come una parti­ colare espressione di divozione, perché Dio è tutto, tuttavia anch'essa mi­ naccia la realtà della redenzione. Mentre nel nestorianesimo viene attri­ buita all'elemento umano una falsa in dipendenza, nel monofisismo viene attribuita ogni attività all'elemento divino. L'umano perde la sua realtà. Confessando che Maria è « madre di Dio » si conserva integra la fede sia contro il nestorianesimo che contro il monofisismo : nel primo caso si

§ 3·

MARIA MADRE DI DIO FATTO UOMO

351

accentuerà di Dio, nel secondo madre. A Costantinopoli la dottrina mo­ nofisita fu sostenuta dal monaco Eutiche. Leone Magno in una lunga lettera dogmatica a Flaviano, patriarca di Costantinopoli, ha preso posi­ zione contro la nuova eresia. La lettera contiene l'esposizione piu chiara data fino allora del mistero della incarnazione e presenta nello stesso tempo una esposizione completa del dogma della maternità divina di Maria. Se ne veda il testo al § 146, 4· Il Concilio di Calcedonia nel 45 1 dichiarò : « Noi dunque, sulle orme dei Santi Padri, insegniamo in pieno accordo a confessare un solo e me­ desimo Figlio e Signore nostro Gesu Cristo ; il medesimo perfetto nella divinità e perfetto nella umanità, vero Dio e vero uomo, fatto di anima razionale e di corpo, consustanziale al Padre secondo la divinità, consu­ stanziale a noi secondo l'umanità, simile a noi in tutto, eccettuato il pec­ cato (Ebr. 4, 15); generato dal Padre prima dei secoli secondo la divi­ nità, e generato da Maria vergine genitrice di Dio, secondo l'umanità, negli ultimi tempi, per noi e per la nostra salvezza » (Denz. 148). Per il resto e l'interpretazione cfr. J. Ortiz de Urbina, in A. Grillmeier S. I.­ H. Bacht S. I., Das Konzil von Chalkedon, I, 195 1, 389-4 1 8. II secondo Concilio ecumenico di Costantinopoli (5 5 3 ; quinto ecume­ nico), che fu convocato dall'imperatore, ma le cui conclusioni furono con­ fermate dal papa Vigilia, ripete la stessa dottrina : « Chi chiama la santa, gloriosa, sempre vergine Maria, genitrice di Dio soltanto in senso impro­ prio e in senso vero, oppure soltanto per relazione, quasi che soltanto un uomo da essa sia nato e non piuttosto il Verbo di Dio da essa abbia preso la sua carne, sicché (secondo essi) la nascita umana intanto sarebbe da riferire al Verbo di Dio, in quanto esso era assieme all'uomo generato ; e chi falsamente accusa il santo Concilio di Calcedonia di aver chiamato la Vergine genitrice di Dio conforme a questa empia opinione di Teodoro, oppure chi la chiama genitrice dell'uomo o genitrice di Cristo, quasi che Cristo non fosse Dio, e non piuttosto la chiama genitrice di Dio in senso proprio e vero, perché il Verbo di Dio nato da tutta l'eternità dal Padre, ha preso carne da essa negli ultimi giorni, e chi non confessa che il santo Concilio di Calcedonia l'ha designata genitrice di Dio in questo pio senso, sia scomunicato » (Denz. 2 1 8 ; cfr. anche Denz. 2 1 4). Nello stesso senso si esprime il papa Giovanni II nella sua lettera al senato di Costantinopoli del 5 34 (Denz. 20 1 ). Il Concilio di vescovi ita­ liani ed africani al Laterano in Roma sotto papa Martino I nel 649, che condannò il monotelismo, ha dichiarato : « Chi non ritiene con i Santi Padri la santa e sempre vergine ed immacolata Maria genitrice di Dio

3 52

P.

Il.

-

LA MADRE DEL REDENTORE

in senso proprio e vero, poiché ella propriamente e veramente negli ul­ timi tempi, senza seme, ha concepito di Spirito Santo ed ha generato intatta lo stesso Verbo divino, generato dal Padre prima di turti i tempi, rimanendo intatta la sua verginità anche dopo il p arto, sia condannato » (Denz. 256). L'undicesimo Concilio di Toledo del 675 nella sua professione di fede dice : « Noi crediamo che di queste tre persone (Padre, Figlio e Spirito Santo) soltanto la persona del Figlio ha assunto una natura umana vera e senza peccato dalla santa e immacolata vergine Maria per la liberazione del genere umano. Da essa egli è stato generato in un nuovo ordine ed in una nuova nascita. In un nuovo ordine perché l'invisibile nella sua divinità è apparso visibile nella carne; è stato poi generato in una nuova nascita, perché un'intatta verginità, che non conosceva l'unione con un uomo, gli ha approntato un corpo nel suo seno diventato fecondo per l'adombramento dello Spirito Santo. Questa nascita verginale non può essere compresa con la ragione naturale e rimane senza esempio. Se la si potesse comprendere naturalmente, non sarebbe miracolosa. Se s i potesse addurre un altro esempio, non sarebbe unica. Pur avendo Maria conce­ pito per l'adombramento dello Spirito Santo, non si deve per questo credere che lo Spirito Santo sia padre del figlio, quasi che ammettiamo due padri del figlio; dire la qual cosa sarebbe del tutto riprovevole. In questa concezione meravigliosa, con cui la sapienza si è costruita una casa, il Verbo è diventato carne ed ha abitato tra noi. Ma non per questo il Verbo si è trasformato e mutato nella carne, in modo che colui il quale voleva divenire, cessasse di essere Dio ; ma il Verbo è diventato carne in modo che in lui non soltanto è il Verbo di Dio e la carne dell'uomo, ma anche l'anima razionale dell'uomo. Ed in tal modo l'insieme dev'essere chiamato sia Dio, a causa di Dio, sia uomo, a causa dell'uomo . . . . Per il suo procedere dal Padre senza inizio, egli è soltanto nato, e di lui non si può parlare come di una creatura oppure come di un prede­ stinato. Ma poiché è stato generato anche dalla vergine Maria, dobbiamo credere alla sua nascita, alla sua creazione e predestinazione. In lui si trovano dunque due nascite meravigliose, poiché è stato generato dal Padre senza madre prima di tutti i tempi, ed alla fine dei tempi è stato generato dalla madre senza padre. E tuttavia lo stesso, in quanto Dio, ha creato Maria, in quanto uomo è stato creato da Maria. Egli stesso è il padre e il figlio della sua madre Maria » (Denz. 282, 283, 28 5 ; cfr. 288). Nel sec. VIII comparve in !spagna sotto l'influsso di Elipando di Toledo

§

3· MARIA MADRE DI DIO FATTO UOMO

353

la dottrina secondo cui il Verbo divino per l'eterna generazione dal Padre possederebbe una filiazione divina naturale, ma a Cristo uomo, generato da Maria spetterebbe soltanto una filiazione per adozione. Questo adozio­ nismo, al pari del monotelismo (dottrina dell'unica volontà), che voleva essere una conciliazione tra l'ortodossia e la dottrina dell'unica natura (monofisismo), ma divenne esso stesso dottrina dell'unica natura, voleva essere una conciliazione dell'ortodossia e della dottrina delle due persone (nestorianesimo), ma divenne esso stesso dottrina delle due persone. La dottrina si estese anche in Francia. Essa non avvertiva che la filiazione non si dice di una natura, ma della persona, ed è quindi per forza un riNnovamento del nestorianesimo. La sua condanna portò un ulteriore chiarificazione del mistero dell'incarnazione e della dignità della maternità divina di Maria. Il Concilio di Friaul (796) dice : « La nascita umana e temporale non ha tolto nulla a quella divina ed eterna, ma in una sola persona Gesu Cristo è vero figlio dell'uomo e vero figlio di Dio. Non un altro il figlio dell'uomo ed un altro il figlio dì Dio . . . Egli è figlio dì Dio non soltanto in apparenza, ma in realtà. Non è stato assunto soltanto in luogo di figlio, ma è vero figlio. Poiché non fu mai estraneo al Padre a causa dell'uomo . che aveva assunto. E perciò noi lo confessiamo in ciascuna delle due nature come vero figlio di Dio e non soltanto come figlio adot­ tivo. Poiché con l'assunzione dell'uomo, l' unico e identico è senza fusione e senza separazione figlio di Dio e figlio dell'uomo. Figlio naturale della sua madre secondo l'umanità, ma vero figlio del Padre in ciascuna delle due nature » (Denz. 3 1 4 a). Può stupire che la Chiesa proclami cosi frequentemente la maternità divina di Maria. Lo fa in rapporto alla sua testimonianza di Cristo. Parla della madre a motivo del figlio. La Chiesa, popolo di Dio responsabile della conservazione integra e della tre.smissione della parola di Dio, vive della fede nel Figlio dì Dio fatto uomo. Non permette che la natura umana di Gesu Cristo venga in alcun modo decurtata ed intaccata, perché ogni attenuazione di essa mina la stessa redenzione. Quando nella visione do­ cetistica o monofisitica l'umano in Cristo viene spiegato come pura appa­ renza, affinché spicchi in modo tanto piu splendente il divino, nasce la seducente apparenza di una pietà superiore. In realtà con un simile modo dì procedere viene negata la incarnazione di Dio e cosi si confonde e minaccia l'intera fede cristiana. Soltanto perché Dio è entrato nella storia W!lana ed ha fatto proprio il destino dell'uomo con il peccato e la sog­ gezione alla morte, la vita umana è stata mutata, anzi divinizzata. Ogni attenuazione docetistica della natura umana di Gesu Cristo fa perdere

3 54

P. I I .

-

LA MADRE DEL R EDENTORE

alla fede il realismo che le è essenziale e la base storica che è ad essa unita in modo indissolubile, facendola cadere in una atmosfera di irrealtà spiritualistica. La Chiesa fin da principio ebbe coscienza del grave pe­ ricolo rappresentato dalle idee antisomatiche che miravano a negare la realtà fisica della figura di Cristo e perciò ha reagito con decisione, anzi con violenza, ogni qualvolta simili pericoli si sono presentati. La condanna di gnostici e doceti non era smania di dominio da parte della Chiesa o della gerarchia, ma cura cosciente e responsabile della conservazione della fede cristiana. La fede nel Cristo storico, vero, concreto si presenta nella confessione della vera maternità divina di Maria. Questa è la forma della fede intatta in Cristo. In tal modo la fede nella maternità divina appartiene alla fede in Cristo quasi come il fenomeno alla realtà. Le due cose sono strettis­ simamente congiunte tra di loro. Perciò non sorprende, ma è del tutto giustificato, se la dottrina di Maria si è sviluppata col crescere della co­ noscenza di Cristo. Quanto maggiore era la chiarezza con cui la figura di Cristo appariva dinanzi al popolo di Dio (e questo avveniva sovente nella controversia con le eresie), tanto piu chiaramente veniva riconosciuta Maria, tanto piu esattamente la fede in Maria poteva essere formulata in concetti. La sua forma sviluppata non è stata insinuata nel popolo fe­ dele da speculazioni di teologi, né è stata imposta da un precetto eccle­ siastico nel sec. IV o v, ma fu piuttosto il frutto naturale della fede in Cristo pienamente sviluppata nella lotta contro le eresie.

II. - SACRA SCRITTURA. 3. La Chiesa nelle sue molteplici dichiarazioni dottrinali ha espresso e sviluppato in modo vivo ciò che si trova nella Sacra Scrittura ; nella quale veramente Maria non è mai designata col nome di madre di Dio, ma è detta piuttosto la madre di Gesu, sua madre, la madre del Signore. Come tale era nota al popolo (Mt. 1, 1 8 ; 2, 1 1 . 1 3 s. 20 s. ; 12, 48 ; Le. 1, 4 3 ; 2, 33 s. 48. 5 1 ; Gv. 2, r . 12; 6, 42 ; 19, 25; Atti 1, 1 4). Ma di fatto la Sacra Scrittura attesta la maternità divina di Maria, perché riferisce che il Logos divino dalla sponda divina è passato a quella umana e ha assunto una vera natura umana soggetta alla morte (Gv. I, 1 4), e preci­ samente da Maria. Viceversa il Nuovo Testamento dice che Gesu, il figlio di Maria, è il Messia, l'Emmanuele, cioè il « Dio in mezzo a noi », il Figlio di Dio, e che in lui convergono la Legge e i profeti. -

§ 3· MARIA MADRE DI DIO FATTO UOMO

3 55

La natura umana, che il Figlio di Dio ha fatto sua, esiste in forza della seconda persona divina, con la quale è assunta in unità di esistenza. Si può dire : la seconda persona divina non porta come ogni altra persona soltanto una natura, ma ne porta due, la divina e la umana. Agisce me­ diante due nature come mediante due organi. Ha due mezzi di vita intel­ lettiva e volitiva, uno divino ed uno umano. Cosi si ha un semplice svi­ luppo dei dati attestati dalla Scrittura quando si dichiara che Maria, la quale ha donato a Gesu Cristo una vera natura umana ed è cosi diventata madre di Gesu, è la madre del Logos divino, non in quanto egli è il sog­ getto personale della natura divina, ma in quanto è il soggetto personale della natura umana. La nascita, pur concernendo direttamente la natura umana, indirettamente concerne quel soggetto personale che porta tutti gli avvenimenti nella natura umana

c

porta questa stessa come ragione

di sussistenza, anzi di esistenza. Fu però necessario un lungo sforzo ed cetto, prima che la formula

«

un

lungo raffinamento del con­

madre di Dio » diventasse abituale nella

Chiesa. Come abbiamo visto essa venne scelta nel Concilio di Efeso come forma per esprimere la fede integra in Cristo, dopo che già era ampia­ mente diffusa tra il popolo. L'espressione non ha nulla

in comune con le

nascite mitiche degli dèi. Piuttosto ha la sua patria teologica nella dot­ trina della comunicazione degli idiomi, che venne elaborata nel sec. m sul fondamento della Sacra Scrittura. Il suo significato è il seguente : poiché l'« io » del Logos, la seconda persona divina, esiste sia nell a natura umana che in quella divina, a lui dev'essere riferita sia l'azione divina che l'umana. Cosi si può dire che Dio è stato crocifisso ed è morto. In tanto questo è vero,

in quanto è stata crocifissa ed è morta la natura umana

di Cristo, il cui « io » è la seconda persona divina e che esiste soltanto in questa persona divina. Parimenti si deve dire : Maria ha concepito e generato una natura umana, il cui « io » è il Logos divino. Sotto questo aspetto è giusta la proposizione : Dio è stato generato da Maria, in rap­ porto cioè alla natura umana da lui assunta.

a)

Per quanto concerne l'esposizione piu precisa della testimonianza

della Scrittura, giustamente Geiselmann ha iniziato la sua trattazione sul­ l'immagine biblica di Maria con l'interpretazione della lettera ai Galati. Il testo da prendere in considerazione è il seguente (Gal. 4, 4) :

« Ma

quando giunse la pienezza dei tempi, Dio mandò il suo Figlio, nato dalla donna ». Per comprendere questo passo occorre notare che Dio ha man­ dato il Figlio suo nella pienezza dei tempi e che questi è entrato nella storia mediante la nascita da una donna. Una donna ha comunicato al

P.

II.

-

LA MADRE DEL REDENTORE

Figlio di Dio preesistente l'esistenza storica concreta. L'Apostolo non fa il nome della donna che ha accordato la natura umana al Logos eterno. Tuttavia il passo attesta che il Figlio di Dio ha incominciato ad esistere in vera natura umana. L'azione salvifica di Dio non è l'avvenimento di una anima isolata, non è llila illuminazione interna od un impulso della grazia, ma storia del tempo in cui regnava l'imperatore Tiberio, quando Ponzio Pilato era governatore in Giudea

(Le.

3, I). Dio divenne presente nella

storia umana. Maria ha il suo posto in questo contesto storico. La nascita dalla donna è la via all'esistenza storica del Figlio di Dio. Perciò essa è parte essenziale della rivelazione e della fede. La donna che divenne la madre del Figlio di Dio entra a far parte della rivelazione. Il Figlio di Dio ha assunto sangue umano e carne umana da una donna ed è cosi entrato nella serie delle generazioni. La nascita dalla donna avvenne nella pienezza dei tempi. Nel Vecchio Testamento Dio

è uscito in molteplici

modi dalla sua inaccessibilità per entrare in contatto con l'uomo. Tutti questi suoi atti avevano carattere precorritore. M iravano ad un'azione in cui egli non esce piu soltanto da se stesso, per entrare in colloquio con l'uomo, ma in cui egli stesso diviene presente nella storia umana come soggetto agente (Ebr.

I,

1

s.). Tutto il Vecchio Testamento tendeva a

questo momento, ne] quale Maria ha il suo posto.

In

tal modo ella sta

nel punto piu importante della storia operata ùa Dio. In proposito si faranno ulteriori considerazioni nel capitolo relativo alla elezione di Maria. ]. R. Geiselmann,

Marienglaube und Marienmythos,

und Frommigkeit,

1954, 39-9 1 .

in

Maria in Glaube

L'ingresso del Logos nel mondo acquista colorito ancora piu concreto da un passo della lettera

ai Romani, in cui Paolo dice ( 1 , 1-3) : « Paolo,

servo di Cristo Gesu, apostolo per vocazione, segregato per l'evangelo di Dio, che aveva già promesso per mezzo dei profeti suoi nelle Scritture Sante, riguardante il figlio suo, nato dalla stirpe di Davide secondo la carne

».

Qui è attestato che il Figlio eterno di Dio

è diventato vero uomo

e che secondo la natura umana discende dalla stirpe di Davide. Mentre la lettera ai Galati non tocca le circostanze particolari del suo ingresso nella storia umana, la lettera

ai Romani determina l'appartenenza del

Figlio di Dio fatto uomo alla storia umana come appartenenza alla stirpe di Davide (cfr. 2 Ti m.

Il

2, 8).

messaggio salvifico annunziato da Paolo è l'adempimento del Vecchio

Testamento. I profeti, con ciò che dicono, in ultima analisi intendono sempre Cristo, cosa questa che vede soltanto colui che ne legge gli scritti





MARIA MADRE DI DIO FATTO UOMO

357

alla luce della fede. Secondo Paolo Gesu era Figlio di Dio da tutta l'eter­ nità (Rom. 8, 3 ; Fil. 2, 6). Ma quando egli camminava nella carne, la sua divinità era invisibile. Soltanto dopo la risurrezione egli è nel pieno pos­ sesso della sua dignità, è Figlio di Dio nella potenza. Nella risurrezione ha ricevuto ciò che a lui spettava. Egli è essenzialmente spirito, pneuma, santo (divino). La risurrezioQe è la rivelazione della sua glorificazione. Egli è diventato il Signore nella morte e nella risurrezione, perché il Cristo è morto e rivisse per essere il Signore dei morti e dei vivi (Rom. I4, 9; Fil. 2, 6- I I ). Paolo dà qui, nella lettera ai Romani, un abbozzo del suo messaggio salvifico. Dobbiamo sottolineare in modo particolare che Paolo menziona la madre di Gesu da un punto di vista di storia salvifica. Dice poco, ma il piu importante. Da quanto egli attesta si può sviluppare tutto il resto. b) Lo stesso procedimento troviamo in Matteo e Luca. Ciò che è soltanto brevemente accennato da Paolo, viene espresso in modo piu par­ ticolareggiato dai due Evangelisti. Riferisce Matteo : « Ora la nascita di Gesu Cristo avvenne cosi. La madre di lui, Maria, essendo fidanzata a Giuseppe, prima che venissero a stare insieme, si trovò incinta per virtu dello Spirito Santo. Giuseppe, suo sposo, essendo giusto e non volendo esporla ad infamia, pensò di ripudiarla occultamente. Mentre egli me­ ditava queste cose, ecco gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse : Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa ; poiché è opera dello Spirito Santo ciò che in lei è ge­ nerato. Partorirà un figlio e tu gli porrai nome Gesti; poiché è lui che salverà il proprio popolo dai suoi peccati (Sal. I 30 [ I 29 ], 8). Ora tutto ciò avvenne affinché si adempisse quanto era stato detto dal Signore per mezzo del profeta : Ecco, la Vergine concepirà e partorirà un figlio, che sarà chiamato Emmanuele (Is. 7, 14), che vuol dire : Iddio con noi. De­ statosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva comandato l'angelo del Signore ; condusse presso di sé la sua sposa ; la quale, senza che egli la conoscesse, partori un figlio, cui egli pose nome Gesu » (Mt. I , 18-25). La relazione di Luca dice : « Ora, al sesto mese, l'angelo Gabriele fu da Dio mandato in una città della Galilea, detta Nazaret, ad una vergine fidanzata a un uomo, chiamato Giuseppe, della casa di Davide; e la vergine si chiamava Maria. Ed entrato da lei disse : Salve, piena di grazia, il Signore è con te ! Si turbò essa a queste parole, e si domandava che potesse dire quel saluto. Ma l'angelo le disse : Non temere, o Maria, perché hai trovato grazia p resso Dio. Ecco, tu concepirai e partorirai un

P.

II.

-

LA MADRE DEL REDENTORE

figlio, a cui porrai nome Gesu (cfr. Is. 7, 1 4). Egli sarà grande, e sarà chiamato figlio dell'Altissimo ; a lui darà il Signore Iddio il trono di Da­ vide suo padre, e regnerà sulla casa di Giacobbe in eterno, e il suo regno non avrà fine. Disse Maria all'angelo : Come avverrà questo, poiché io non conosco uomo? E l'angelo le rispose : Lo Spirito Santo verrà sopra di te, e la potenza dell'Altissimo ti ricoprirà, e perciò anche il bambino che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco Elisabetta, la tua parente, anch'essa ha concepito un figlio nella sua vecchiaia ; e colei che era chiamata sterile, già

è al sesto mese; poiché niente è impossibile

a Dio. Disse allora Maria : Ecco l'ancella del Signore ! Si faccia in me secondo la tua parola. E l'angelo si parti da lei » (Le. 1 , 26-38). La realizzazione di questa promessa

è raccontata in Le. 2, 1-7 : « In

quei giorni usci un editto di Cesare Augusto che ordinava il censimento di tutto l'impero.

Questo primo censimento fu fatto mentre Quirino

era governatore della Siria. Ora tutti andavano a farsi registrare, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe dunque dalla Galilea, dalla città di Nazaret, sali verso la Giudea, alla città di Davide, che si chiama Betlemme, essendo egli della casa e della famiglia di Davide, per farsi registrare con Maria, sua sposa, la quale era incinta. E mentre stavano là, giunse per lei il tempo di partorire; e diede alla luce il suo figliuolo primogenito, e avvoltolo in fasce, lo adagiò in una mangiatoia, perché non v'era per loro posto nell'albergo » . Questi testi devono essere spiegati gradatamente. Essi contengono sia la relazione dell a concezione e della nascita del figlio eterno di Dio, sia la relazione del carattere verginale di questi avvenimenti. Concezione e verginità sono strettissimamente connesse. Non si può spiegare piena­ mente l'una senza l'altra. Ma nella nostra esposizione bisogna trattare l'una dopo l'altra. Parleremo anzitutto della realtà della concezione e della nascita umana. Grandissima importanza riveste l 'indicazione del luogo

e

del tempo in

cui si sono svolti i fatti. I relatori annettono importanza decisiva al fatto che non si tratta di un'idea, ma di eventi concreti. Le indicazioni di tempo e di luogo fanno parte della rivelazione, sono oggetto di fede. Di quanto viene qui riferito non si può parlare in stile fiabesco, ma soltanto nello stile di testimonianza storica. Ed allora non si può dire : c'era una volta, il che equivale nelle leggende a : non ci fu mai ; ma si deve dire : ci fu allora ed in quel luogo. Con l'indicazione del luogo e del tempo si ha l'inserimento del fatto nella storia. Esso

è visto nel rapporto con il Vecchio Testamento. Le

§

3· MARIA MADRE DI DIO FATTO UOMO

359

parole con cui l'angelo si rivolge a Maria, indicano che quanto avverrà in lei è un compimento delle promesse del Vecchio Testamento. Nelle parole dell'angelo viene citata la profezia, che Maria conosceva da Isaia. Le viene inoltre promesso che il figlio suo salirà sul trono del padre Davide, e regnerà in eterno sulla casa di Giacobbe. Perciò quel che l'an­ gelo annunzia a Maria è l'evento a cui tendeva tutto il Vecchio Testa­ mento, che era caratterizzato da una particolare presenza di Dio in Israele. L'arca dell'alleanza ne era il segno visibile. Ora Maria sente dalla bocca dell'angelo che la presenza di Dio, di cui vivevano i devoti del Vecchio Testamento, raggiungerà la sua realtà piu completa. Il nome stesso del figlio esprimerà la nuova e perpetua presenza di Dio tra gli uomini. Poiché il suo nome sarà Emmanuele, Dio con noi. Il carattere di compimento, proprio alla nascita di Gesu Cristo, viene nuovamente sottolineato nel racconto dei pastori. Si dice in Le. 2, 8-20 : « In quella stessa contrada c'erano dei pastori, che pernottavano in cam­ pagna e vegliavano di notte a guardia del loro gregge. E un angelo del Signore apparve sopra di loro e la gloria del Signore li circondò di luce, sf che furono presi da grande timore. Ma l'angelo disse Loro : Non te­ mete ! poiché, ecco, io vi annunzio una grande allegrezza per tutto il popolo. Oggi è nato a voi, nella città di Davide, un Salvatore, che è il Cristo Signore. E questo è per voi il segno : troverete un bambino av­ volto in fasce che giace in una mangiatoia. E ad un tratto si uni con l'angelo uno stuolo delle schiere celesti, che lodava Iddio e diceva : Gloria a Dio nel piu alto dei cieli, e pace in terra agli uomini del suo beneplacito! Appena gli angeli si partirono da essi verso il cielo, i pastori presero a dire tra loro : Su! andiamo fino a Betlemme, e vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere. S'avviarono dunque in fretta, e ritrovarono Maria, Giuseppe e il bambino a giacere nella man­ giatoia. Veduto che ebbero, manifestarono ciò che era stato loro detto a riguardo di quel bambino; e tutti quelli che udirono, si meravigliarono delle cose dette loro dai pastori. Maria poi conservava con cura tutte queste cose, meditandole in cuor suo, e i pastori se ne ritornarono, glo­ rificando e lodando Iddio per tutto ciò che avevano udito e veduto, come era stato loro detto ». Per giudicare questo testo ha grande importanza il fatto che con l'espressione « oggi » viene proclamato l'inizio del tempo della salvezza, che già da gran tempo era annunziato ed atteso (cfr. 4, 2 1 ; 19, 9; 23, 43). « Ora » il Salvatore è nato. Di lui si era parlato sovente nel Vecchio Testamento (cfr. Is. 19, 20; Giud. 3, 9· 1 5). Anzi Dio stesso è designato

P. I I .

-

LA MADRE DEL REDENTORE

come il Salvatore (ls. 44, 6; 45, 1 5 . 2 1 ; Ab. 3, 1 8 ; Sal. 79, 9). Se l'an­ gelo chiama il Salvatore Messia, in greco Christos, questo è il nome giu­ daico del Salvatore predetto dai profeti. Secondo l'aspettativa del Vecchio Testamento questi deve apparire come rampollo della stirpe di Davide. Se egli è chiamato Signore, anche questo è un accenno al Vecchio Te­ stamento. Secondo Is. 9, 5 il dominio poserà sulle spalle del Messia. La città di Davide nominata dall'angelo è Betlemme, che nella profezia del Vecchio Testamento è indicata come luogo natale del Salvatore (Mi. 5, 1 . 3). Per quanto c;oncerne la realtà della nascita, questa è attestata con con­ creta riservatezza. Il fatto viene riferito oggettivamente e sobriamente. Per la sua presentazione tanto determinata quanto riservata la storia della nascita si differenzia sostanzialmente dalle mitologie. Delle proprietà della concezione e nascita di Gesu fanno parte la po­ vertà di coloro che vi partecipano e la semplicità dell'evento. I genitori sono in viaggio; non trovano posto nell'albergo. La madre avvolge il bam­ bino in fasce. Evidentemente il bambino, al pari di ogni altro, ha bisogno delle cure amorevoli della madre e le accoglie con piena naturalezza. Ai pastori il bambino avvolto in fasce e giacente in una mangiatoia è indicato, come abbiamo visto sopra, come un segno. Ciò costituisce un segno di autenticazione. La sua comunicazione deve dare loro certezza circa la verità del messaggio angelico. Il segno non corrisponde in alcun modo alle aspettative messianiche giudaiche, poiché queste contavano su una manifestazione divina in potenza e splendore. Ma proprio il realismo storico che troviamo nel racconto evangelico costituisce una garanzia che non ci troviamo di fronte ad una invenzione umana, ma ad una vera azione divina. Diversamente il racconto sarebbe riuscito simile ai miti che abbellivano in modo fantastico le nascite degli dèi. È necessaria una trasformazione del pensiero umano perché il bambino giacente nella man­ giatoia venga riconosciuto come Figlio di Dio e la sua madre venga intesa come madre del Messia. I pastori, vedendo il bambino, hanno riconosciuto in lui la realtà di ciò che l'angelo ha loro annunziato e le schiere celesti hanno esaltato. Il messaggio ricevuto da Maria ad opera dell'angelo dell'annunciazione le diede la certezza di diventare madre del Messia. Con ciò ella sa di essere colei, per mezzo della quale dovevano realizzarsi le promesse divine e le speranze umane. Poiché Legge e profeti miravano al Messia. Ciò significa che Legge e profeti miravano pure a quella donna, per mezzo della quale il Messia viene. Dalla bocca dell'angelo Maria ode che il figlio, al quale darà la vita, sarà grande e santo, si chiamerà Figlio del-

§ 3·

MARIA MADRE DI DIO FATTO UOMO

l'Altissimo, anzi Figlio di Dio, che Dio Signore gli darà il trono del suo padre Davide, che egli dominerà sopra la casa di Giacobbe e che il suo dominio non avrà fine. La sua pratica religiosa, i testi del Vecchio Te­ stamento, che essa conosceva dal culto liturgico e dalle preghiere private, le avevano reso familiare l'idea che il Messia assumerà e continuerà il trono, cioè il regno di Davide (2 Sam. 7, 1 2 ss. ; r Cron. 22, 9· 10; Sal. 89, 36 ss. ; Is. 9, 6; Mi. 4, 7 ; Dan. 7, 1 4) e regnerà su Israele (Is. 2, 5 s. ; 8, 1 7 ; 46, 3 i 48, r ). Quando Maria ricevette dall'angelo l'annunzio che sarebbe diventata madre del Messia, ciò non costitui per essa soltanto l'annunzio di un pro­ cesso biologico, ma anche di un incontro spirituale, cioè di un incontro particolare con Dio e con il Messia, che deve diventare suo figlio. Anzi, il fatto che l'incarnazione doveva avvenire per mezzo di Maria, non significava in primo luogo qualcosa di fisico, ma qualcosa di « religioso­ personale ». Poiché « una concezione nel corpo senza la concezione nello spirito sarebbe stata non soltanto priva di senso, ma terribile, e non può darsi che la redenzione della umanità rovini la prima che vi partecipa. Ella poteva diventare madre di questo figlio incomparabile soltanto se lo diventava anche in senso personale » (R. Guardini, Die Mutter des Herrn, 19 5 5> 27). Con sorprendente acutezza si esprime Agostino in una predica (ed. G. Morin, Miscellanea Agostiniana, I, Roma 1930, r 6 r-164) : « Ma considerate ora, miei fratelli, considerate, vi prego, ciò che il Signore dice stendendo la mano sui discepoli : " Ecco qua la madre mia ed i miei fratelli ; poiché chiunque fa la volontà del mio Padre celeste, quegli mi è fratello e sorella e madre ". Forse che la vergine Maria non ha fatto la volontà del Padre? Lei, che nella fede credette, nella fede concepi, che fu prescelta perché da lei nascesse la salvezza tra gli uomini, che fu creata da Cristo, prima che in lei Cristo venisse creato? Ella l'ha fatta, l'ha fatta appieno, la volontà del Padre, la santa Maria : e l'essere stata Maria la discepola di Cristo è piti che l'essere stata la sua madre. Perciò Maria fu beata perché ancora prima di generarlo ha portato il suo maestro nel suo seno. Vedi se le cose non stanno cosi. Mentre il Signore passava, seguito dalle folle, ed operava miracoli divini, una donna gridò : " Beato il seno che ti ha portato " (Le. I I , 27). Ed il Signore, affinché non si cerchi la beatitudine nella carne, che cosa ha risposto? " Si, beati coloro che ascoltano la parola e la conservano ". Fin d'allora perciò anche Maria è beata, perché ha ascoltato la parola di Dio e l'ha conservata : ed ha conservato piti la verità nel suo cuore che non la carne nel suo seno. La

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LA MADRE DEL REDENTORE

verità è Cristo, la carne è Cristo : Cristo è verità nel cuore di Maria, Cristo carne nel seno di Maria; ciò che vive nel cuore è di piu che non ciò che è portato nel seno ». Tutta la teologia postagostiniana si è mossa nella sfera di questi pen­ sieri del vescovo di Ippona. Vedremo che Cristo ha annesso la massima importanza appunto alla sua maternità nello spirito. Intanto ci possiamo domandare se nell'annunzio a lei fatto Maria ha capito che il Messia, al quale avrebbe dato la vita in virtu dello S pirito Santo, sarebbe stato il vero (metafisica) figlio di Dio, e se ha saputo che egli avrebbe compiuto l'opera sua attraverso la sofferenza (cfr. K. H. Schelkle, Maria im Neuen Te­ stament, in Maria in Glaube und Frommigkeit, 1954, 5-38). Riguardo al secondo pwlto, il Magnificat indica che ella non pensava ad un Messia paziente, rinnegato e crocifisso dal suo popolo. Poiché esso esprime che il tempo messianico della salvezza sarà un tempo di pace, di ricchezza, di felicità. Riguardo alla natura della figliolanza divina del suo figlio, questo viene chiamato dall'angelo santo, grande e figlio dell'Altissimo. Tutte queste espressioni stanno in una atmosfera del runo veterotestamentaria. Maria, che viveva della pietà vetere­ testamentaria, deve aver parimenti inteso questi testi nel senso veterorestamemario. Conseguentemente i termini di Le. 1, 35 « Figlio di Dio ,;, di Le. 1 ,32 « Figlio dell'Altissimo » sarebbero stati da lei interpretati non nel senso della figliolanza metafisica, ma nel senso di una figliolanza per mezzo della grazia e della elezione. Infatti nel Vecchio Testamento figlio di Dio è tutto il popolo di Israele, poi il re storico di Gerusalemme come rappresentante di Israele, inoltre ogni giusto ed infine il Messia. Al re storico di Israele si possono applicare le parole del Salmo : « Figlio mio sei ru, oggi io ti ho generato » (2, 7). Ma nello stesso tempo queste parole sono una promessa del Messia fururo . Le espressioni « grande :t e « santo » sono parimenti designazioni messianiche. IL bambino che Maria par­ torirà è totalmente consacrato a Dio nella sua vita e nella sua azione. Egli è completamente al servizio di Dio e perciò è il « Santo di Dio " (Le. 4, 43; Mc. 1 , 34). Soltanto per una particolare illuminazione divina Maria avrebbe pmuto inten­ dere le designazioni messianiche citate in un senso diverso da quello che le era familiare dal Vecchio Testamento. Questa illuminazione avrebbe dovuto ammae­ strarla sulla trinità di Dio, ma di essa i testi del Nuovo Testamento non sanno nulla. E non sembra neppure che sia necessaria. Anzi, sembra che Maria, come vedremo ancora, non sia stata iniziata fin da principio completamente nel mistero della redenzione. Ciò non costituisce affatto una svalutazione del suo ufficio nella storia della salvezza. Poiché il suo cuore è stato all'altezza di ogni situazione, alla quale Dio l'ha chiamata. Guardini ritiene persino che sarebbe stato supe­ riore alle sue forze convivere per anni col figlio, se fin da principio ne avesse compreso la figliolanza divina nel pieno senso della rivelazione cristiana (l. c., 58). Ella ne ha raggiunto la piena conoscenza soltanto a poco a poco. Questa le fu

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3· MARIA MADRE DI DIO FATTO UOMO

comunicata alla Pentecoste '. Alla discesa dello Spirito Santo ella si trovava tra le 120 persone circa, che perseveravano concordemente nella preghiera. Negli Atti, ella, la madre di Gesu, è esplicitamente nominata (r, 14). Lo Spirito Santo riempi tutti coloro che erano radunati nel c cenacolo » a Gerusalemme, e compi ciò che Cristo aveva predetto nel suo discorso d'addio, quando dichiarò che lo Spirito Santo guiderebbe i suoi in tutta la verità (Gv. r6, 1 3). Quantunque la sua posizione nei confronti di Gesu fosse singolarmente con­ traddistinta da quella degli Apostoli, pure anch'ella fu posta in uno stato, in cui non si poteva piu dire di lei, come avviene sovente in Luca, che ella non aveva capito, ma del quale si poteva dire piuttosto che ella era introdotta in tutta la verità. Ella riconosce Gesu, suo figlio, con il quale convisse per anni in comu­ nione strettissima, come il figlio naturale di Dio fatto uomo. Ella comprende la sua vita come la vita dell'uomo-Dio, la sua sorte come il fano della reden­ zione. E proprio soltanto in questo ella giunge alla piena conoscenza della sua propria esistenza. Allora l'unione della sua sone personale con il mistero della redenzione le appare in modo perfetto. Appar irà chiaro che con questa inter­ pretazione di Maria non si esprime poco, ma qualcosa di grande e di intima­ mente vivo (Guardini, Die Muuer des HerTn, 1955, 27). Tuttavia, anche se Maria non avrà mteso subito la designazione > (ibid., 1 7). I testi citati mostrano che Tertulliano dà alla Mariologia una base net­ tamente cristologica. Tuttavia i particolari della sua Mariologia non sono ancora sufficientemente chiariti. Citiamo ancora una frase del vescovo Zenone di Verona, il quale in una predica dice : « O memorabile novità ! Per amore della sua immagine (cioè della creatura) egli si abbassa in un bambino. Dio vagisce ! Dio si lascia pazientemente avvolgere in fasce, egli che è venuto a liberare l'uni­ verso dalla colpa ! Dio si assoggetta allo sviluppo umano dell'età, egli, la cui eternità non conosce età » (PL. I I, 41 7). Lo sviluppo della Mariologia latina giunge a completezza in Ambrogio,

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II.

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LA MADRE DEL REDENTORE

Gerolamo ed Agostino. Scegliamo soltanto alcune tra le molte loro espres­ sioni mariologiche. A capo dei tre grandi Padri sta Ambrogio, chiamato il dottore mariano della Chiesa. Alle sue opere attingono i Papi contemporanei come Da­ maso e Siricio, Leone il Grande, il dottore della Chiesa Agostino, i Con­ cili di Efeso e di Calcedonia e tutto il medio evo. Motivo portante della sua Mariologia è la dignità di Maria quale madre di Dio. Ciò significa che anche in lui, come nella Sacra Scrittura e nell'epoca che lo precede, la Mariologia ha fondamento cristologico. Anche per Ambrogio si tratta anzitutto di Cristo. Ma in Maria, la madre, egli riconosceva e salutava la dignità divina di Cristo. Contro l'arianesimo che penetrava con i Goti nell'impero romano egli intraprese energicamente la lotta per la vera divinità di Gesu Cristo. Nello stesso tempo stava sulle difensive contro i manichei con il loro antisomatismo e contro gli apollinaristi con la loro negazione dell'anima umana in Cristo. « Poiché uno non è dal Padre e l'altro dalla Vergine, ma lo stesso è in modo diverso dal Padre ed in modo diverso dalla Ver­ gine » (De incamationis dominicae sacramento, 3 5 ; PL. 1 6, 827). Nella spiegazione del Sal. 35 cosi si esprime : « Ascolta, o Ariano, poni mente al mistero : dal seno della Vergine lo stesso è uscito come servo e come Signore : come servo per servire, come Signore per dominare, per fon­ dare il regno per Dio nei cuori degli uomini ; entrambi sono uno solo, non l'uno dal Padre e l'altro dalla Vergine, ma lo stesso, che prima di tutti i tempi è uscito dal Padre, questo stesso ha assunto perciò carne dalla Vergine. Perciò egli è chiamato sia servo che Signore ; servo per noi, ma a motivo dell'unità della natura divina Dio da Dio, Signore dal Signore, uguale da uguale. Ed entrambe le nature sono perfette. Perciò riguardo ai predicati di Cristo è vero che lo stesso è Dio e lo stesso è uomo » (C.S.E.L., 64, 52). Con tutta la teologia precedente e contemporanea, e soprattutto con quella alessandrina Ambrogio insegna che la piena reden­ zione dipende dalla vera e completa umanità di Cristo. Conseguentemente egli ritiene che Maria è la vera madre di Cristo, la madre del Signore (cosi la chiama di preferenza), la madre di Dio. Ambrogio è il primo Padre della Chiesa latina che usa per Maria il titolo di madre di Dio, quantunque nelle sue opere lo impieghi soltanto due volte. Non troviamo invece in lui la designazione genitrice di Dio, salvo una volta con la circonlocuzione : « Maria ha generato Dio ». È sintomatico che anche Ge­ rolamo evita le espressioni genitrice di Dio e madre di Dio. Il motivo dovrebbe stare nel fatto che nella seconda metà del sec. IV la Chiesa do-

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MARIA MADRE DI DIO FATTO UOMO

veva combattere una dura lotta contro il culto di Cibele, la madre degli dèi. Bisognava evitare l'apparenza che i cristiani trasferissero a Maria il titolo e la dignità di questa figura mitica, soprattutto perché i pagani rin­ facciavano loro di adorare a loro volta Maria come dea (F. Dolger, Antike und Christentum, l, 1 22). Da questo punto di vista è istruttivo il testo seguente del Padre della Chiesa : « Cristo non è diviso, ma è uno solo, e se noi lo adoriamo come Figlio di Dio non neghiamo la sua nascita dalla Vergine, ma questa ado­ razione non si potrebbe mai estendere a Maria. Maria fu tempio di Dio, ma non Dio nel tempio. Perciò dev'essere adorato soltanto colui che ha operato in questo tempio » (De Spiritu Sancto, III, 1 1 , 7 9). Quanto vari fossero i tentativi di evitare lo scandalo che il pensiero umano trovava nella vera natura umana del Figlio di Dio con la sua de­ bolezza e caducità, appare nella opinione combattuta da Ambrogio e già rigettata da Atanasio, secondo la quale la natura umana di Cristo è com­ posta di sostanza celeste. A tale proposito egli dice : Chi non rimarrebbe sconcertato nel sentire che il Verbo di Dio si è formato un corpo passibile non dalla vergine Maria, ma dalla sua propria sostanza divina? Coloro che affermano una tale cosa giungono alla dottrina che il corpo del Signore non è assunto nel tempo ma è ugualmente eterno con il Verbo di Dio (De incarnationis dominicae sacramento, s o ; PL. 16, 8 3 1 ; cfr. Atanasio, Ep. ad Epictetum, 2; PG. 26, 1 05 3). L'indignazione di Ambrogio sarebbe stata maggiore se avesse dovuto trattare non soltanto la dottrina della preesistenza del corpo umano di Gesu Cristo, ma anche quella di Maria, che oggi viene sovente sostenuta in accordo con la dottrina russa della Sophia. Cfr. B. Schultze, Sofiologia, in Enciclopedia Cattolica, Xl, 899-902. Per Ambrogio la maternità divina è la gloria suprema di Maria. Tutto il resto che Ambrogio dice di Maria, la sua verginità, la sua partecipazione alla redenzione, il suo rapporto con la Chiesa, deriva dalla sua qualità di madre di Dio. Gerolamo si distinse soprattutto per la difesa della verginità di Maria contro Elvidio. Ma di questo si parlerà in seguito. Anche Agostino dovette difendere sovente la genuina dignità umana di Gesu Cristo e la maternità divina di Maria contro tendenze e dottrine antisornatiche. Egli usa l'espressione genitrice di Dio oppure « genitrice » senza l'aggiunta « di Dio », ma in modo che quest'ultima è richiesta dal senso (Sermo 1 8 6, I ; 195, 2 ; 2 1 5, 3). Quando verso il 4 1 8 Leporio diffuse una dottrina simile all'eresia ne-

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II.

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LA MADRE DEL REDENTORE

storiana, Agostino lo poté indurre a sottoscrivere un simbolo di fede che a buon diritto può essere indicato come un abbozzo per la lettera dogma­ tica di papa Leone. Vi si dice : « Noi confessiamo che nostro Signore e Dio Gesu Cristo negli ultimi tempi è diventato uomo dallo Spirito Santo e dalla sempre vergine Maria, un Dio generato, e perciò si deve ammet­ tere in lui un'unica persona, carne e Verbo ; egli è il gigante in due sostanze, come è stato chiamato

»

(quest'ul tima espressione è dovuta ad

Ambrogio). In Spagna la figura di Maria nello sviluppo fino allora raggiunto ha trovato vasta eco in

lldefonso di Toledo.

Anche per lui la maternità di

Maria è incanalata nella fede cristologica e soteriologica. Nel suo

de virginitate perpetua S. Mariae

Liber

(PL. 96, 54 ss.), discutendo con un

giudeo spagnolo, Ildefonso spiega in che cosa sia consistita la maternità di Maria. Essa ba concepito nel segno (miracolosamente), non nell'uso, nello stupore, non nell'unione, nella novità del miracolo, non nella vetustà coniugale, nella integrità verginale, non nel matrimonio :

essa è madre

di Dio ma a motivo della incarnazione del Verbo; è genitrice di Dio perché ba accolto egli era soggetto

il Figlio di Dio; è amministratrice di Dio soltanto perché ai suoi genitori; è nutrice di Dio, perché di questo bam­

bino sono nutrici re e regine. Maria è tutto ciò che è, a motivo del suo figlio ed a opera del suo figlio. Con la sua nascita da Maria egli divenne il vero subalterno della serva, che egli aveva chiamato all'esistenza. Il Figlio di Dio, che turro ha crearo, divenne suo vero figlio, quantunque egli stesso l'avesse formata. La serva ha come subalterno il suo signore ed

il signore ha la serva come superiore. Cosi la madre ha generato il suo il creatore delle cose informi ha chiamato in vita la materia

creatore ed

della sua madre per diventare esso stesso figlio di quella che egli ha creato. Ella doveva diventare l'autrice della sua nascita umana, ella, il cui autore era egli stesso. Cosi Maria, dando la sua carne al Verbo eterno, viene innalzata al disopra di tutte le creature e come madre viene nuova­ mente unita in modo strettissimo con il suo figlio e con l'umanità. L'uomo ha generato Dio, la vergine il figlio, la donna l'uomo senza concorso di uomo. Subito dopo, l'adozionismo, cioè la dottrina secondo la quale

in Cristo

ci sono due figli, uno eterno generato dal Padre e uno adottivo, gene­ rato nel tempo da Maria, ha seriamente inquietato la Chiesa spagnola. Il grande campione della ortodossia fu

Alcuino,

che nei suoi scritti pole­

mici ha approfondito l'immagine di Maria. Costruendo sul Concilio di Efeso e di Calcedonia, Alcuino ha spiegato contro la dottrina adozioni-

§ 3·

MARIA MADRE DI DIO FATTO UOMO

stica sostenuta da Felice di Urgel, che Maria, pur essendo per una parte vera « genitrice » di Dio, per l'altra è genitrice proprio « di Dio », e che perciò colui che essa ha generato in una vera natura umana è il Figlio di Dio. « Secondo la fede cattolica dalla Vergine è nato il Figlio di Dio, che era nato dal Padre prima dei tempi. Poiché la natura umana assunta non ha fatto di lui, che proviene dalla Vergine, un altro diverso da quel che egli era, che procedette dal Padre prima dei tempi ». Nel sec. IX Ratramno vuole combattere l'eresia che circola in quel­ l'epoca in Germania, secondo cui Cristo nella sua nascita non avrebbe seguito la via naturale attraverso al seno della madre per non offenderne la verginità. Questa sua presa di posizione è scaturita dalla sua alta stima dell'essere creato e dalla sua comprensione di ciò che v'è di veramente umano nella concezione e nascita di Cristo. Pascasio Radberto nel suo scritto De partu virginis combatte la concezione naturalistica dell'incar­ nazione di Cristo. S'adopra perciò di accentuare in Maria l'elemento so­ prannaturale, sottolineando che Maria al tempo della concezione di Cristo non doveva piu appartenere alla massa primae praevaricationis, affinché Cristo potesse assumere da lei una natura umana senza peccato. Egli ritiene che Maria sia stata liberata dal peccato originale fin dal seno materno.

IV. - RAGIONE TEOLOGICA.

5 . Se si ricerca la ragione teologica dell'espressione « madre di Dio » la si ritrova nell'unione ipostatica. L'oggetto di questo mistero consiste in questo che l'io personale del Figlio di Dio possiede e porta due nature ed agisce mediante due nature. Tutto ciò che avviene nella natura divina è operato dalla persona del Logos celeste. Parimenti tutto ciò che avviene nella sua natura umana è compiuto dalla persona del Logos celeste. Per comprendere questo enunciato occorre ricordare che esiste distinzione tra natura e persona. La natura è la realtà che sta a disposizione della per­ sona, e le serve da strumento e da mezzo. A sua volta la persona è il soggetto agente, che con libera decisione si serve della natura e delle sue forze. Cosi ad es. la persona compie l'atto di vedere mediante la facoltà visiva, l'atto del pensare mediante la facoltà del pensiero, di amare mediante la facoltà dell'amore. Per l'unione ipostatica il Logos divino è il soggetto agente sia per quel che riguarda tutto ciò che avviene nella natura umana, sia riguardo a ciò che avviene nella natura divina. Quindi -

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li.

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LA MADRE DEL REDENTORE

anche la concezione e la generazione, concernenti la natura umana, si riferiscono alla persona del Logos celeste. Ciò potrebbe essere negato soltanto se la natura umana di Gesu Cristo concepita da Maria non fosse unita fin dal primo momento al Figlio di Dio, perciò qualora fosse por­ tata da una persona umana. Ma non è affatto cosi. Conseguentemente la donna che genera la natura umana di Gesu Cristo è la madre del Figlio di Dio, in quanto in esso sussiste la natura umana di Cristo. A tal proposito dice S. Tommaso d'Aquino (S. T h., III, q. 3 5, a. 4) : « Ogni nome che indica una natura in concreto può essere attribuito all'ipostasi o alla persona che possiede questa natura. Ora poiché l'unione dell'Incarnazione si è fatta nella persona, è evidente che il nome « Dio » può attribuirsi a una persona avente la natura umana e la natura divina. Pertanto tutto ciò che spetta alla natura divina e alla natura umana può essere attribuito a questa persona, sia che si tratti di nomi designanti la natura divina oppure di termini riferentisi alla natura umana. Ma di una persona o ipostasi si dice che essa è concepita e nasce in ragione della natura nella quale è concepita e nasce. Ora poiché la natura umana è stata assunta fin dal primo momento della concezione dalla persona di­ vina, si può dire con verità che Dio è stato concepito ed è nato dalla Vergine. Ma una donna è chiamata madre di un uomo in quanto lo ha concepito e generato. Conseguentemente la beatissima Vergine è chiamata con verità madre di Dio. Si potrebbe contestare che la beatissima Vergine sia madre di Dio soltanto se la natura umana fosse stata soggetta alla concezione e alla nascita prima che quest'uomo fosse Figlio di Dio come ritiene Fatino, - oppure se essa non fosse stata assunta nella unità della persona o dell'ipostasi del Verbo divino - come ritiene Nestorio. Ma entrambe le opinioni sono errate. Perciò è eretico negare che la beatissima Vergine è madre di Dio ».

§ 4.

Maria Madre vergine di Gesu Cristo.

l. Per la sua origine da una madre terrena Cristo si trova nella suc­ cessione delle generazioni. Per essa è membro della storia umana. Tut­ tavia egli non è confinato completamente nella storia umana come qua­ lunque altro ; ma le è nello stesso tempo superiore, e non soltanto per la sua divinità, ma anche per il modo della sua nascita. Egli è disceso dal cielo in terra per riempire la terra di forze celesti. Ciò è essenziale per comprendere il cristianesimo. Mentre nei miti l'uomo -

§ 4· MARIA MADRE VERGINE

DI

GESU CRISTO

da redimere è strappato dalla terra per essere trasferito in un regno di luce ultraterreno, nella rivelazione cristiana il Dio redentore entra egli stesso nella natura e nella storia. Per questo movimento dal cielo alla terra, questa viene poi trasformata in conformità del cielo. Al movimento dall'alto in basso corrisponde il movimento dal basso in alto. Ma il primo è presupposto, condizione e causa del secondo. Il salvatore celeste non si scioglie e non naufraga nell'elemento terrestre. Diversamente non po­ trebbe piu attuare il suo compito di salvezza. Esso si realizza proprio nel fatto che non l'eterno viene trasformato nel temporale, ma, senza perdere il suo carattere, penetra come un lievito nel temporale per tra­ sformarlo ad immagine dell'eterno. Il fatto che il Figlio di Dio, pur essendo diventato uomo ed avendo assunto in sé l'elemento umano comune, ha posto le basi di una nuova esistenza umana, si esprime come in un segno nella sua concezione e nascita verginale. 2. È dogma di fede che Maria ha concepito senza principio maschile in virtu dello Spirito Santo ed ha generato senza lesione della integrità fisica. Inoltre è dottrina della Chiesa che Maria, anche dopo la nascita -

di Gesu Cristo, non ha avuto rapporti sessuali con alcun uomo e perciò non ha avuto altri figli.

l.

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SIGNIFICATO

DELLA

CONCEZIONE

VERGINALE.

3. Dobbiamo esporre anzitutto il senso di questo dogma, per dimo­ strarne poi la realtà. Riguardo al senso esso intende affermare che Maria è diventata madre non per la solita via naturale. Nel concepimento di Gesu Cristo non ha avuto parte la forza creatrice maschile, ma esso è avvenuto per la virtu creatrice di Dio, che si è esercitata direttamente in Maria. Ciò che negli altri casi è prestato dall'azione maschile, è stato operato in Maria dall'onnipotenza di Dio. Questa, con la suprema sovra­ nità che le compete, ha dato l'avvio a quei processi che portano alla formazione del bambino. Il dogma mira anzitutto alla integrità fisica. Tuttavia include anche la piena dedizione di Maria a Dio e l'esenzione da peccati contro la ca­ stità e da moti della concupiscenza disordinata. Maria nella sua maternità è stata impegnata completamente da Dio ed è entrata in questo impegno senza riserve. Tutta la sua forza psichica e spirituale è rimessa a Dio. -

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P. II.

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LA MADRE DEL REDENTORE

La dedizione al compito assegnatole da Dio ed alla volontà divina è cosi completo che non c'è divisione nel suo cuore.

II.

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IL FATTO DELLA VERGINITÀ DI MARIA.

4. a) Il fatto della verginità di Maria nella concezione e nella nascita di Gesu è accertato da un gran numero di decisioni dottrinali della Chiesa. Sono da prendere in considerazione anzitutto le professioni di fede della Chiesa, già precedentemente citate. Qui rimandiamo ai testi riportati nel § 4· Oltre ai testi ivi addotti citiamo ancora alcuni passi. Anzitutto un testo della professione di fede del IV Concilio ecumenico del Laterano ( 1 2 1 5) : « Ma infine il figlio unigenito di Dio Gesu Cristo ha rivelato ancora piu chiaramente la via della vita, egli, la cui incarnazione fu opera comune di tutta la Trinità, che, concepito dalla sempre vergine Maria con la cooperazione dello Spirito Santo, divenne vero uomo : composto di un'anima razionale e della carne umana, una persona in due nature. Egli, uno ed identico, per la divinità è immortale ed impassibile e per l'umanità è diventato passibile e mortale. Anzi per la salvezza del genere umano ha sofferto sul legno della croce ed è morto » (Denz. 429). Tra le decisioni dottrinali della Chiesa, sorte nella difesa della fede contro le minacce eretiche, svolge una funzione particolarmente efficace la lettera dogmatica di papa Leone Magno, già riferita (§ 1 64, 4). Citiamo inoltre un testo del II Concilio ecumenico di Costantinopoli ( 686) : « Chi non ammette due nascite del Verbo di Dio, l'una dal Padre nell'eternità, fuori del tempo e senza corpo, l'altra negli ultimi giorni, quando egli discese dal cielo e divenne carne dalla santa, gloriosa genitrice di Dio e sempre vergine Maria e fu da essa generato, sia anatema » (Denz. 2 1 4). Il Concilio Lateranense del 649 dice : « Chi non confessa con i Santi Padri che la santa e sempre vergine imm acolata Maria è genitrice di Dio in senso proprio e vero, perché negli ultimi tempi, senza seme, per opera dello Spirito Santo ha concepito propriamente e veramente lo stesso Verbo divino, generato dal Padre da tutta l'eternità, e lo ha partorito senza cor­ ruzione, rimanendo inviolata la sua verginità anche dopo il parto, sia con­ dannato » (Denz. 25 6). Massima importanza riveste la professione di fede dell'XI Concilio di Toledo (675). Dice : « Noi crediamo che di queste tre persone soltanto la persona del Figlio ha assunto una natura umana vera e senza peccato dalla santa ed immacolata vergine Maria per la liberazione del genere -

§ 4·

MARIA MADRE VERGINE DI GESU CRISTO

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umano. Da essa egli è stato generato in un nuovo ordine e in una nuova nascita. In un nuovo ordine, perché colui che per la sua divinità era invisibile è apparso visibile nella carne; è stato poi generato in una nuova nascita, perché una intatta verginità, che non conosceva l'unione con un uomo, gli ha approntato un corpo nel suo seno diventato fecondo per l'adombramento dello Spirito Santo. Questa nascita verginale non può es­ sere compresa con la ragione naturale e rimane senza esempio. Se la si potesse comprendere naturalmente, non sarebbe miracolosa. Se si potesse citare un altro esempio, non sarebbe unica. Pur avendo Maria concepito per l'adombramento dello Spirito Santo non si deve per questo credere che lo Spirito Santo sia padre del figlio, quasi che ammettiamo due padri del figlio ; dire la qual cosa sarebbe del tutto riprovevole » (Denz. 282). Quando il vescovo Bonoso di Sardica, morto all'inizio del sec. v, so­ stenne la dottrina secondo cui Maria dopo la nascita di Cristo non avrebbe conservato la verginità, ma avrebbe ancora generato altri figli, i « fratelli di Gesu », fu condannato dai vescovi illirici a Tessalonica. Essendosi ri­ volti i vescovi a Roma per una chiarificazione definitiva, papa Siricio in uno scritto, che, pur non essendo una decisione definitiva, costituisce tuttavia una testimonianza della concorde dottrina della Chiesa, utiliz­ zando pensieri di S. Ambrogio, ha detto quanto segue : « Con ragione la vostra santità inorridisce al pensare che dallo stesso seno verginale, dal quale è nato Cristo secondo la carne, sia ancora uscito un altro parto. Gesu non avrebbe scelto per sé la nascita da una vergine, se l'avesse ritenuta cosi poco continente da profanare con unione umana il luogo natale del corpo del Signore, l'atrio del re eterno. Chi ciò afferma, non afferma altro che l'incredulità dei Giudei, i quali dicono che egli non avrebbe potuto nascere da una vergine » (Denz. 9 1 ). La verginità dopo il parto è pure menzionata nella costituzione Cum praecelsae del 28 febbraio 1 476, nella quale Sisto IV parla della Imma­ colata Concezione (Denz. 7 34). Allorché la teologia razionalistica minò i misteri della fede cristiana, Paolo IV con la costituzione Cum quorundarn del 1 5 55 contro i soci­ niani condannò le tesi razionalistiche e, tra l'altro, rigettò anche l'opinione che Gesu Cristo « secondo la carne non fu concepito nel seno della bea­ tissima sempre vergine Maria di Spirito Santo, ma dal seme di Giuseppe, come gli altri uomini... oppure che la stessa beatissima vergine Maria non è realmente madre di Dio, né è sempre rimasta intatta nella sua verginità, cioè prima del parto, nel parto e per sempre dopo il parto » (Denz. 993). Cfr. anche la dichiarazione di Clemente VIII del 1 603.

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LA

MADRE DEL REDENTORE

Inoltre il dogma di fede è espresso da quasi tutte le decisioni dottri­ nali della Chiesa, in cui è proclamata la maternità divina di Maria. b) Per quanto concerne in particolare la verginità dopo il parto, si potrebbe far questione se esista in proposito una decisione formale di fede della Chiesa. Nelle definizioni infallibili essa è menzionata soltanto inci­ dentalmente. Dove è formalmente espressa, o si tratta di concili locali oppure di altre manifestazioni di fede non infallibili. Tuttavia anche la verginità di Maria dopo il parto dev'essere riconosciuta come verità di fede, perché è indubbiamente oggetto del magistero ecclesiastico ordinario fin dal tempo dei Padri. 5. La Sacra Scrittura attesta il carattere verginale della concezione della nascita di Gesu Cristo nella storia dell'infanzia. I passi di Luca e di Matteo sono già stati precedentemente citati. Giuseppe non fu vero padre di Gesu. Secondo Luca la concezione avviene perché la forza crea­ trice scende su Maria e la virtu dell'Altissimo l'adombra. Poiché le espres­ sioni « venire su di te » e « adombrarti », che ricorrono in Luca I, 35, secondo il parallelismo dei membri della frase si corrispondono ed hanno lo stesso senso, la parola « adombrare » può significare soltanto che la forza di Dio si poserà su Maria, come in Es. 40, 34 s. la nube, simbolo della presenza benigna ed efficace di Dio, si posava sul tabernacolo e lo adombrava. Né in Luca, né in alcun altro passo della Scrittura, l'espres­ sione comporta un senso sessuale, ma significa piuttosto l'azione creatrice di Dio in Maria. Il pensiero di una concezione verginale era ignota al giudaismo con­ temporaneo e rappresentava qualcosa di completamente nuovo. Tuttavia il parto verginale era preparato dal Vecchio Testamento. Seguendo infatti nel Vecchio Testamento la catena delle generazioni che vanno attraverso la storia da A damo a Maria si rimane sorpresi nel vedere quale grande importanza rivesta il parto. Il motivo della donna che, contrariamente alle aspettative, diventa madre, permea tutto il Vecchio Testamenro. È il perno delle narrazioni da Abramo a Giacobbe. Si ritrova in Samuele ed agisce in Davide, proprio nella storia del suo adulterio. La speranza del bambino è per Davide strettissimamente intrecciata con la sua passione (H. Asmus­ sen, Maria die Mutter Gottes, 1 9 50, 22). Il pensiero che il Messia na­ scerà in modo miracoloso è stato reso familiare dai racconti della nascita miracolosa di ! sacco, di Giuseppe, di Sansone, di Samuele. La preistoria piu immediata e sorprendente della nascita verginale di Gesu Cristo è la nascita di Giovanni il Battista, precursore di Gesu Cristo. -

c

§

4 · MARIA MADRE VERGINE DI GES U

CRISTO

39 3

Il fatto che Elisabetta, nonostante l'età avanzata, abbia ancora concepito un figlio (Le.

1 , 8-25), secondo le parole dell'angelo, è addirittura un segno

dato da Dio a Maria, affinché vi possa riconoscere la credibilità del mes­

(Le. 1 , 3 6). Nella fecondità è impossibile a Dio.

saggio angelico relativo alla sua maternità di Elisabetta si vede che nulla

Però Maria supera tutte le madri del Vecchio Testamento, perché in essa avverrà quanto non

è avvenuto in alcuna : concepirà un figlio senza

concorso di uomo. La sua concezione ha in comune con quella di Elisa­ betta il carattere miracoloso ; ma rimane una differenza incolmabile. La concezione verginale rappresenta qualcosa di assolutamente nuovo. Ad essa sono ordinate tutte le nascite miracolose del Vecchio Testamento. In Maria l'intervento di Dio raggiunge il suo culmine. La sua concezione

è

qualcosa di singolare e di unico e perciò in definitiva di incomparabile. Con la concezione verginale di Maria si realizza la profezia del Vecchio Testamento. In questo si deve vedere l'elemento essenziale del fatto. Nelle parole dell'angelo : sarai incinta e partorirai un figlio e lo chiamerai Gesu, Maria quale credente del Vecchio Testamento senti parlare Isaia. In Isaia ( 7 ) si descrive il fatto seguente. Al tempo del re Achaz, Giuda venne a trovarsi in una difficile situazione militare e politica. Il profeta deve consolare il re. Lo invita a non scoraggiarsi, ma a confidare in Dio. Dio può scongiurare

il pericolo e conservare stato e regno. Il re invece

pone la sua fiducia nelle misure militari e nelle alleanze politiche. Isaia

è il profeta della fede. Egli promette ad Achaz un segno di Dio che deve accreditare le sue parole. Achaz stesso lo deve scegliere. Ma il re rifiuta il segno. Non crede all'aiuto

di

Dio, ma fa assegnamento sul re

è indignato. Il re ha sfidato l'ira di Dio. Ma Dio darà un segno. Sarà un segno di salvezza per il profeta e per coloro che

degli Assiri. Il profeta

con lui credono, un segno di minaccia per la casa regale incredula. Dice il profeta :

« Udite, stirpe di Davide ! Vi pare poco stancare gli

uomini, che volete stancare anche il mio Dio? Ebbene,

il

Signore stesso

vi darà un segno. Ecco la vergine ('alma) che concepisce e partorisce un figlio, e gli porrà nome Emmanuele. Egli si ciberà di panna e di miele finché non saprà rigettare il male e scegliere il bene ; perché prima che

il

bimbo sappia rigettare il male e scegliere il bene sarà in squallore

il paese dei due re che ti danno tanta noia

»

(ls.

7,

1 3-16).

Nascerà dunque un bimbo, per mezzo del quale Dio compie la sua missione di salvezza. Lo indica lo stesso nome del bambino. Egli infatti si chiamerà « Emmanuel

»

che significa « Dio con noi

».

Perciò questo

394

P. Il.

-

LA MADRE DEL REDENTORE

bambino è un dono del cielo. Sulle sue spalle poserà la sovranità ; egli sarà un meraviglioso consigliere. Le parole del profeta sono come un indice puntato verso un segno, che giustificherà il suo invito alla fede. Il senso della promessa dipende dal significato della parola 'alma. Qui è stata tradotta con « vergine » . Il termine indica l a ragazza d a marito, m a non indica mai l a donna spo­ sata. Nel Vecchio Testamento ricorre nove volte. In nessuno di questi casi si può stabilire con certezza il significato di « giovane sposa », mentre in alcuni si può dimostrare che significa vergine (Gen. 24, 43). Perciò Is. 7, 14 si può tradurre rettamente con vergine. Infatti i LXX hanno tradotto l'ebraico 'almtz con parthénos, cioè i traduttori del passo di Is. 7, I4 hanno pensato ad una vergine. Il fatto che la madre dà il nome, indica che non c'è padre. Il nome (Dio con noi) è garanzia della protezione divina. Il figlio è il Messia. La nascita può essere intesa nel modo piu efficace come segno, se la madre è una vergine ; però la frase nel giu­ daismo non fu mai interpretata nel senso di una concezione verginale. Di questo tratteremo in seguito. Cfr. anche Mi. 5, 1-5. Matteo ricorda che nella concezione e nascita verginale si realizza la promessa del Vecchio Testamento. Ora è giunto il momento in cui Dio mantiene la parola data da lungo tempo. Ora le speranze del popolo di Dio toccano la loro meta. Ne è segno la concezione e nascita verginale di Gesu Cristo. Se la concezione verginale di Gesu non è testimoniata altrove nella Sacra Scrittura, ciò non pregiudica il valore testimoniale della storia del­ l'infanzia. Nella lettera ai Galati (4, 4) Paolo dichiara che ii Messia na­ scerà dalla donna, ma non specifica la natura della nascita. Non è il caso di meravigliarsi se né nei Vangeli né nelle lettere del Nuovo Testamento si parla di questo miracolo ; i testimoni di Cristo del Nuovo Testamento dovevano annunziare anzitutto i fatti principali dell' azione salvifica di­ vina : incarnazione del Figlio di Dio, fondazione del regno di Dio, morte salvifica e risurrezione dai morti ; fatti con i quali la nascita verginale non è congiunta in modo indissolubile. Soprattutto non ne dipende. Anche il fatto che Gesu era considerato dalla gente, specialmente dagli abitanti di Nazaret, come figlio naturale di Giuseppe (Mt. I 3, s s ; Le. 3. 2 3 ; 4 , 22 ; Gv. I , 45 ; 6, 42) , non contraddice alla nascita verginale. Sono pro­ prio Matteo e Luca a riferire questa opinione popolare e con ciò rivelano di non vedervi alcuna obiezione contro la nascita verginale da essi rife­ rita. Essa è un errore evidente (J. Schmid). Anche i due alberi genealogici (Mt. I , I-1 7 ; Le. 3, 23-38), che secondo

§ 4·

MARIA MADRE VERGINE

DI

395

GES U CRISTO

l'interpretazione liberale della Scrittura avrebbero un senso soltanto se attraverso a Giuseppe fluisse in Gesu il sangue degli antenati che vi ven­ gono enumerati, non esigono che Giuseppe fosse il vero padre di Gesu. Citando l'albero genealogico, sia Luca che Matteo dichiarano che Giu­ seppe

è soltanto il padre putativo di Gesu. Ne consegue che anche per

essi, i relatori, l'albero genealogico conserva il suo significato anche se Giuseppe era soltanto il padre legale di Gesu. Perciò non si può dubitare che Matteo e Luca attestino il carattere verginale della concezione e della nascita di Gesu. Si può tuttavia ricercare se il Nuovo Testamento non presenti qualche indizio di vita coniugale di Maria dopo il parto. Secondo Mt.

I,

25 Giu­

seppe non conobbe Maria finché ella non partori il suo figlio. Questo testo nel suo tenore immediato può essere inteso nel senso che dopo la nascita di Gesu Giuseppe abbia avuto rapporti matrimoniali con Maria. Ma non deve essere interpretato in tal modo. Gerolamo dichiara che questo passo dice soltanto ciò che che

è avvenuto fino alla nascita di Cristo, ma non ciò è avvenuto dopo. Lo stesso vale per Mt. I, r8 dove si dice : Si trovò

che Maria, prima che convenissero, era incinta di Spirito Santo. Questa frase indica che Maria, pur essendo fidanzata con Giuseppe, non era ancora stata accolta in casa sua in comunione matrimoniale. Che questi testi, i quali nel loro tenore immediato lasciano aperta la questione della vita verginale di Maria dopo il pano, debbano essere realmente spiegati in questo senso, risulta da tutta la posizione di Maria

è posta come serva a disposizione di è soltanto lo strumento biologico di Dio. Se cosi

nei confronti di Dio. Ella infatti si Dio senza riserve. Non

fosse, l'atto con cui Dio se ne serve sarebbe una contraddizione alla di­ gnità umana, anzi ne sarebbe la distruzione. Ella piuttosto ha accettato con piena prontezza il compito assegnatole da Dio ed ha consacrato a lui il suo essere e la sua vita. Soltanto cosi facendo senza alcuna riserva, ella fu all'altezza del compito affidatole. Questo infatti penetrava nel piu intimo della sua essenza e non poteva essere adempiuto per cosi dire in modo secondario e di passaggio. Era anzi di natura tale che Maria ne ricevette un'impronta che doveva durare per sempre. Dalla sua incondi­ zionata appartenenza a Dio procedono tutti i singoli atti della sua vita. Qualunque cosa ella pensi o faccia dal momento dell'annunzio dell'angelo

è conseguenza ed espressione del suo compito nella storia della salvezza. Non è pensabile una scissione od una contraddizione tra il suo compito ufficiale nella storia della salvezza ed il suo comportamento. Ella piuttosto entra completamente nel suo compito e vive solo piu di esso. Ed allora

P. II.

-

LA MADRE DEL REDENTORE

non si può immaginare che ella si sia poste ancora altre ragioni di vita terrena, soprattutto che abbia consumato il matrimonio, perché questo interessa l'intimo della persona. Equivarrebbe ad un ripudio di Dio, per­ ché sarebbe una divisione tra la sua esistenza di madre di Gesu ed altri interessi. La decisione ultima circa il modo in cui i testi, che per il loro tenore non presentano piena chiarezza, debbano essere in definitiva intesi, in base ai principi precedentemente esposti, spetta alla Chiesa, che, per disposizione divina, è l'interprete autentica della Sacra Scrittura. Nella sua interpretazione agisce lo stesso Spirito Santo, che è il principale autore nascosto della Scrittura. Egli, anima e cuore della Chiesa, nella interpretazione della Chiesa interpreta la sua propria parola. L'interpre­ tazione vincolante della Chiesa è una autointerpretazione dello Spirito Santo. Fondamento della dottrina della Chiesa della verginità di Maria anche dopo il parto è il rapporto in cui Maria è venuta a trovarsi con Dio dopo la nascita del Messia. Ella per il bambino, che ha concepito dallo Spirito di Dio, appartiene a Dio in un modo particolare. Per questa fun­ zione nella storia della salvezza ella è separata dal mondo come nessun altro e rimessa totalmente a Dio. Appartiene a Dio in un modo incom­ parabile. È consacrata a Dio, in quanto Dio ha posto su di lei la sua mano in un modo singolare. È naturale che la donna requisita in tal modo da Dio fosse sacra anche per Giuseppe e che questi la onorasse e la amasse come persona totalmente appartenente a Dio. Anche il fatto che Cristo sia chiamato il primogenito di Maria (Le. :z, 7; Mt. I, 25) non fa difficoltà. Luca chiama Gesu primogenito non rispetto ad altri figli, ma rispetto alle disposizioni legali relative al primo parto. Secondo la legge mosaica (Es. I 3, 1 2 ; 34, 19 ), ogni primo parto maschile è proprietà di Dio. Perciò l'espressione (Sermo 2 1 5, 4 ; PL. 38, 1 074). Ruperto di Deutz nello scritto De glorificatione Trinitatis (VI I, 5 ; PL. 1 69, 1 47 BC), spiegando la frase : « Confida in lei il cuore del suo sposo », cosi dice : « Dov'è che trovi questo? Certamente nell'anima della santa vergine Maria. Qui lo sposo le ha aperto il suo cuore. E come? In maniera grande ed inesprimibile, in quanto il cuore del suo sposo fece in lei quanto ha predetto per bocca di Davide : " Il mio cuore effonde una fausta parola " (Sal. 44, 2). Egli le ha aperto il suo cuore tanto da inviare il suo proprio Verbo, che nasce dal suo cuore, concepito nel suo cuore da tutta l'eternità, nella mente e nel seno di una vergine di molta fede, di una vergine, che appunto per mezzo di questa fede ha concepito nel -

P. II.

-

LA

MADRE DEL REDENTORE

suo seno si grande mistero divino per la parola dell'angelo » . Anche per la Chiesa la fede ha virtu unificante. Bruno di Segni, astigiano, dice nel suo commento a Luca ( 1 , 7 ; PL. 165, 355 C) : « O madre piena di sapienza, unica degna di un tale figlio ! Tutte queste parole ella ha ponderate nel suo cuore e conservate per noi, affinché piu tardi, avendole lei riferite, venissero an­ nunziate e predicate in tutta la Chiesa. Da lei infatti gli Apostoli hanno apprese queste notizie ». La fede di Maria riveste una particolare espressione nel suo profe­ tismo, che non è da intendere come predizione di eventi futuri, ma è so­ prattutto la capacità di interpretare ed annunziare la rivelazione di Dio, l'azione e la parola divina. Maria si è dimostrata profetessa nel Magni­ ficat, che è composto di frasi e di immagini del Vecchio Testamento. Alla Vergine era ben familiare la storia sacra. Ma il cantico non è sol­ tanto una composizione di reminiscenze del Vecchio Testamento. È piut­ tosto un canto in cui ella esprime ciò di cui è tutta ripiena nel momento dell'annunciazione. In lei l'intera storia di Israele viene rischiarata in questo momento. Ella stessa è la porta per la quale la realizzazione entra nella storia. « Maria si innalza nel Magnificat come una grande figura. Dio le manda un messaggio ed ella lo riceve come uno dei grandi di Israele. È cantante, profetessa, come le antenate del suo popolo. Si af­ fianca sicura ai grandi uomini ed alle grandi donne, la cui gloria è sulla bocca di tutti e sa di essere loro superiore in quanto madre del Messia. Il cantico ha superato la prova dei secoli come pochi altri. È parte, anzi centro della solenne preghiera quotidiana della Chiesa. Attraverso a tutti i tempi ed a tutti i paesi la Ecclesia orans sa di non poter meglio sod­ disfare al suo dovere di perpetuo ringraziamento e lode che con questo cantico ; sa che nella preghiera dev'essere interpretato in forma sempre nuova; sa che questo testo può esprimere in modo nuovo, ogni nuovo giorno, la commozione della Chiesa e che nella parola sempre attuale lo spirito della Chiesa diventa sempre nuovo e reale, senza che mai il cantico si esaurisca » (K. H. Schelkle, Maria im Neuen Testament, in Maria in Glaube und Frommigkeit, Stuttgart 1 9 54, 34). Cosi, vivendo di fede, Maria acquistò la sua perfezione, rinunziando sempre piu decisamente al proprio io e donandosi sempre piu intensa­ mente a Dio. Come il peccatore, rifiutando l'obbedienza e tentando di dare forma indipendente alla propria vita, ha distrutto se stesso e trovato la morte, cosi ella ha trovato la vita nell'obbedienza. In essa ha realizzato

§ 7· L 'ASSUNZIONE CORPOREA DI MARIA IN CIELO

pienamente se stessa, ed è pervenuta alla sua vera statura spirituale, voluta da Dio. Cosi ella è divenuta la regina degli angeli e dei santi, la sede della sapienza, la consolatrice degli afflitti, l'aiuto dei cristiani. (L'argomento sarà svolto piu ampiamente in seguito. Cfr. O. Weiger, Maria, die Mutter des Glaubens, 1 940, 1 952, 2 ed. ; E. Walter, Die Mutter Maria, 195 2). Anche il pensiero del profetismo di Maria lo troviamo nel periodo patristico. Lo conosciamo già da Ireneo. I Cappadoci lo esprimono so­ vente. Cosi Gregorio Nisseno nel commento ad Isaia (n. 208 su Is. 8, 3 ; PG. 30, 477 B) chiama Maria profetessa ; parimenti Gregorio Nazianzeno (Sermo 45, 1 3 ; PG. 36, 64 1 A). Agostino afferma che la madre verginale del Signore appare nei Vangeli come profetessa (De civ. Dei, 1 7, 24).

§ 7. L'assunzione corporea di Maria in cielo.

l.

-

DOGMA E SUA SPIEGAZIONE.

l . - La madre di Cristo è la prima redenta del figlio : « Nessuna me­ raviglia che il Signore, allorché si accinse a redimere il mondo, abbia incominciato l'opera sua da Maria, affinché proprio colei, per mezzo della quale veniva approntata a tutti la salvezza, ne gustasse per prima il frutto dalla mano del figlio suo » (Ambrogio, Exp. Ev. Luc., 2, 1 7 ; PL. 1 5 , 1640). Già nell'evo presente Maria è giunta alla pienezza della redenzione. Nessun altro finora vi è pervenuto all'infuori di essa. In vista dell'opera redentrice del figlio suo e per una particolare grazia di Dio ella è stata preservata da ogni peccato : dallo stato di peccato originale e da ogni peccato attuale personale. Ella è stata fatta partecipe della vita apparsa nel figlio suo (1 Gv. 1, 2) in misura superiore a chiunque altro. Come tutti gli altri credenti è stata conformata all'immagine del Figlio di Dio (Rom. 8, 29), ma la sua somiglianza con esso ha superato quella di tutti gli altri. Come tutti ella è stata immersa nella morte, nella ris urrezione ed ascen­ sione del figlio suo (Rom. 6, 3-14; Ef. 2, 6). Anch'ella fu introdotta nella piena conoscenza del figlio e della sua missione soltanto con la discesa dello Spirito Santo. Ma l'unione con Cristo ebbe in essa una forma quale non fu mai raggiunta, né prima, né dopo. Il germe della risurrezione, seminato in essa, si sviluppò in essa con una forza maggiore che in tutti gli altri. La vita cristiana è sempre una partecipazione alla gloria del ri­ sorto e dell'asceso al cielo. Ma in tutti gli altri uomini questa partecipa­ zione riceve forma definitiva e perfetta soltanto al ritorno di Cristo. In

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P. II.

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LA MADRE DEL REDENTORE

Maria si è sviluppata fino a raggiungere la sua forma definitiva già entro l'evo presente. 2. L'unione col Signore glorificato, che era nello stesso tempo il figlio suo, non l'ha preservata dalla caducità. Ella non era soggetta alla morte con la stessa necessità degli altri uomini, poiché non era nello stato, deri­ vante dal peccato originale, di lontananza da Dio, fonte di ogni vita. Se nondimeno, per una misteriosa disposizione di Dio, dovette gustare la morte, ciò può essere motivato dal fatto che la sorte del figlio doveva essere anche la sua. Dovevano adempiersi in lei le parole : « Sempre lo stato di Gesti morente portiamo intorno, nel corpo, perché anche la vita di Gesti sia manifesta nel nostro corpo » (2 Cor. 4, 1 0). La sua vita do­ veva essere retta dalla stessa legge, che resse quella di Cristo : « Non doveva forse patire queste cose il Cristo, e cosi entrare nella sua gloria? » . (Le. 24, 26). Come avrebbe il suo amore per lui sopportato una sorte diversa? Tuttavia la sua morte fu diversa da quella di tutti gli altri uomini. Ebbe altro significato ed altra modalità. Non ebbe la qualità di castigo e di penitenza per il peccato originale e per atti peccaminosi personali, di amarezza e di dolore. Non fu il prezzo di sentimenti peccaminosi, ma la porta della vita. Fu uno strumento di salvezza, senza essere nello stesso tempo uno strumento del giudizio divino sul peccato. Servi a trasformare la vita terrena in vita celeste. La forma caduca della vita di questo mondo doveva cessare, perché fosse raggiunto il modo imperituro di vivere, fon­ dato e prefigurato nella risurrezione di Cristo. La sua morte fu il pas­ saggio amoroso dall'una all'altro. Perciò ha una qualità diversa che negli altri uomini. Per questa intrinseca diversità la morte si può predicare di Maria soltanto in senso analogico in confronto agli altri uomini. Questa può essere la ragione per cui taluni teologi lasciano in sospeso la que­ stione se Maria sia morta, ed altri ancora lo negano. La bolla di defini­ zione non si pronuncia in merito. La cosa migliore sarà di spiegare la morte di Maria come l'autoconsumazione dell'esistenza terrena nella fiamma dell'amore acceso in lei da Dio, alla quale ella si è abbandonata con sempre maggior ardore. In definitiva ci troviamo nuovamente di fronte ad un profondo mistero, poiché ci riesce difficile scrutare le pos­ sibilità di cui dispone in vita ed in morte un essere umano non leso in alcun modo dal peccato. M. Jugie, nell'ampia opera La mort et l'assomption de la Sainte Vierge, Città del Vaticano 1 944, 5 8 1 , cosi dice di Maria : « Dopo aver preso commiato da S. Giovanni, ella spari da questa terra senza dar nel-

§ 7· L' ASSUNZIONE CORPOREA DI MARIA IN CIELO

491

l'occhio, senza disturbare nessuno, e s'innalzò al cielo, appoggiata al suo amato figlio, che nello stesso istante ne aveva rivestito il corpo con l'or­ namento della immortalità ». Anche il suo corpo venne introdotto nel modo imperituro di esistere della gloria celeste, in cui entrava l'anima. Esso non rimase soggetto alla decomposizione del sepolcro, ma fu riunito all'anima ed infiammato e illuminato dalla gloria di Dio. In Maria appare chiaro che la redenzione abbraccia anche il corpo. Ella esiste in tutta la sua natura umana, cui appartiene anche il corpo, al di là delle forme caduche di questo mondo, nella gloria indefettibile di Dio, nella quale Gesu Cristo, come primogenito dei morti, è entrato per primo. Ella vive in forma corporea trasfigurata. Questo intendiamo allorché diciamo : Maria è stata assunta in cielo (dogma di fede). 3 . Papa Pio XII nella Costituzione Apostolica Munificentissimus Deus del I 0 novembre 1 950 dichiara : « Pertanto, dopo aver innalzato ancora a Dio supplici istanze, ed aver invocato la luce dello Spirito di verità, a gloria di Dio onnipotente, che ha riversato in Maria la sua speciale benevolenza, ad onore del suo Figlio, re immortale dei secoli e vincitore del peccato e della morte, a maggior gloria della sua augusta madre ed a gioia ed esultanza di rutta la Chiesa, per l'autorità di Nostro Signore Gesu Cristo, dei santi Apostoli Pietro e Paolo e Nostra, pronunziamo, dichiariamo e definiamo essere dogma da Dio rivelato che l'immacolata madre di Dio sempre vergine Maria, terminato il corso della vita ter­ rena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo. Perciò, se alcuno, che Dio non voglia, osasse negare o porre in dubbio volontariamente ciò che da Noi è stato definito, sappia che è venuto meno alla fede divina e cattolica » (A .A.S., 32, 1 950, 770). La questione se l'assunzione corporea di Maria in cielo si potesse di­ chiarare dogma, fu oggetto di vivaci discussioni fin dal Concilio Vaticano. Vi diede occasione una petizione sottoscritta da I95 Padri del concilio per la definizione della glorificazione corporea di Maria. La petizione non venne piu discussa, perché il concilio dovette essere interrotto anzi­ tempo. Da allora nei modi piu vari venne manifestato il desiderio che l'assunzione corporea di Maria in cielo venisse dichiarata dogma (cfr. -

Petitiones de Assumptione corporea b. Virginis Mariae in coelum defi­ nienda ad S. Sedem delatae, 2 vol ., Città del Vaticano I942). Il I0 no­ vembre I950 l'assunzione corporea di Maria in cielo fu proclamata da Papa Pio XII. Ciò che il Papa proclamò solennemente, già da gran tempo era dottrina

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P.

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LA MADRE DEL REDENTORE

diffusa nella Chiesa ed oggetto del magistero universale ed ordinario. Cosi il magistero straordinario ha consacrato in modo solenne e defini­ tivo quanto da tempo il magistero ordinario sosteneva. Ciò è ricordato nella stessa Costituzione, che dice : « Ma poiché si trattava di cosa di tanta importanza e gravità, ritenemmo opportuno chiedere direttamente e in forma ufficiale a tutti i venerabili fratelli nell'Episcopato che ci espri­ messero apertamente il loro pensiero. Perciò il !0 maggio 1946 indiriz­ zammo loro la lettera Deiparae Virginis Mariae, in cui chiedevamo : " Se Voi, Venerabili Fratelli, nella vostra esimia sapienza e prudenza ritenete che l'assunzione corporea della beatissima Vergine si possa proporre e definire come dogma di fede, e se col vostro clero e il vostro popolo lo desiderate ". E coloro che lo Spirito Santo ha posto come Vescovi a reg­ gere la Chiesa di Dio hanno dato all'una e all'altra domanda una risposta pressoché unanimemente affe rmativa. Questo singolare consenso dell'Epi­ scopato cattolico e dei fedeli nel ritenere definibile come dogma di fede l'assunzione corporea al cielo della Madre di Dio, presentandod il con­ corde insegnamento del magistero ordinario della Chiesa e la fede con­ corde del popolo cristiano, da esso sostenuta e diretta, da se stesso ma­ nifesta in modo certo ed infallibile che tale privilegio è verità rivelata da Dio e contenuta in quel divino deposito che Cristo affidò alla sua sposa, perché lo custodisse fedelmente e infallibilmente lo dichiarasse. Il magistero della Chiesa, non certo per industria puramente umana, ma per l'assistenza dello Spirito della verità, e perciò infallibilmente, adempie il suo mandato di conservare perennemente pure ed integre le verità rive­ late e le trasmette senza contaminazioni, senza aggiunte, senza diminu­ zioni. Infatti - come insegna il Concilio Vaticano ai successori di Pietro non fu promesso lo Spirito Santo, perché, per sua rivelazione, manifestassero una nuova dottrina, ma perché, per la sua assistenza, cu­ stodissero inviolabi lmente ed esponessero con fedeltà la rivelazione tra­ smessa dagli Apostoli, ossia il deposito della fede. Pertanto dal consenso universale del magistero ordinario della Chiesa si trae un argomento certo e sicuro per affermare che l'assunzione corporea della beata vergine Maria al cielo è verità da Dio rivelata » (Ibid., 756-757). -

§

].

L'ASSUNZIONE CORPOREA DI MARIA IN CIELO

493

II. - SUO FONDAMENTO NELLA RIVELAZIONE. 4. L'assunzione di Maria in cielo non si può dimostrare con fatti sto­ rici, ma esclusivamente con argomenti teologici. L'avvenimento non fu osservato da nessuno; nessuno si può presentare come teste oculare diretto. Neppure esistono apparizioni della madre di Dio assunta in cielo sul tipo di quelle che i discepoli ebbero di Gesti Cristo. E perciò la glorificazione corporea di Maria non può essere confermata da testimoni oculari né come fatto storico nel suo carattere di evento, né per via di apparizioni successive come la risurrezione ed ascensione di Cristo. Com'è noto i discepoli sono stati indotti alla fede nella risurrezione del Signore dalle sue apparizioni. Furono queste a convincerli che Cristo viveva col suo corpo. Non si può indicare precisamente per Maria un sepolcro vuoto, quale i discepoli hanno visto dopo la risurrezione di Cristo. I nfatti fino ad oggi non è possibile stabilire il luogo dove Maria fu sepolta. Le testimo­ nianze paleocristiane non sono punto decisive circa · il luogo ove Maria è morta, se Efeso oppure Gerusalemme, quantunque a partire dal sec. VI prevalgano le notizie della sua commemorazione nel santuario sul monte Sion, centro della comunità primitiva di Gerusalemme (cfr. Cl. Kopp, Das Mariengrab in 1erusalem, in Theologie und Glaube, 45, 1955, 8 1 -94). Di Maria non esistono neppure reliquie come di altri santi. Ma questi non sono argomenti positivi in favore della sua esistenza nello stato di glorificazione corporea. E viceversa l'esistenza del sepolcro e di reliquie non dovrebbe essere considerata con::e una obiezione. -

5. Su questo punto si rivela una profonda differenza tra la risurre­ zione di Cristo e l'assunzione corporea di Maria in cielo. La risurrezione di Cristo fu annunziata dagli Apostoli in base alle apparizioni che essi ebbero del risorto al terzo giorno e nei giorni seguenti. Per mezzo delle apparizioni la risurrezione di Cristo venne garantita come fatto storico, che nella storia della salvezza può essere cronologicamente fissato. Per l'assunzione corporea di Maria in cielo noP. ci sono testimoni oculari. Nelle leggende apocrife della morte di Maria la sua assunzione in Para­ diso viene presentata come un fatto, che gli Apostoli hanno constatato come la risurrezione di Gesti. I racconti evangelici di ciò che è avvenuto nella risurrezione ed ascensione di Cristo sono trasferiti a Maria (sepolcro vuoto, ritorno il terzo giorno dopo la morte, ascesa dal Monte degli ulivi). Di tutto questo però nulla dicono né la Scrittura; né la Tradizione, né -

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P. Il.

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LA MADRE DEL REDENTORE

il dogma. L'assWlzione di Maria non si può fissare cronologicamente e perciò non può essere inserita nella storia della salvezza come la risurre­ zione di Cristo. La Costituzione che stabilisce il dogma dice soltanto che Maria, terminato il corso della vira terrena (expleto terrestris vitae cursu) fu assunta col corpo in cielo. L'assunzione è un fatto operato da Dio, ma non un fatto che possa essere datato. Perciò non esiste in merito nessuna tradizione storico-teologica; anzi non può esistere. Il fatto del­ l'assunzione corporea di Maria in cielo ad opera di Dio, nei primi 5-6 se­ coli viene tramandato implicitamente in altre verità di fede. A partire dal sec. VI compaiono testimonianze esplicite. Le obiezioni dei Prote­ stanti contro il nuovo dogma si fondano in gran parte sul malinteso, come se si affermasse l'esistenza di una tradizione storico-teologica e si ponessero sullo stesso piano la risurrezione di Cristo e l'assWlzione di Maria (cfr. J. R. Geiselmann, ]esus der Christus, 1 9 5 1 , 1 0 1 - 1 03). 6. - Se l'assunzione corporea di Maria in cielo dev'essere riconosciuta come fatto rivelato, la sua appartenenza alla rivelazione dev'essere stabi­ lita in modo diverso dalla risurrezione e ascensione di Cristo. Per mezzo della Scrittura e della Tradizione essa è contenuta nella rivelazione come un fatto operato da Dio, ma non constatato da alcun teste oculare. È vero che la rivelazione non ne parla esplicitamente; ma il fatto della assWl­ zione corporea di Maria in cielo e della sua glorificazione corporea è incluso in parecchi fatti salvifici fondamentali : nella risurrezione ed ascen­ sione di Gesu Cristo, suo figlio ; nella promessa della nostra risurrezione; e infine nella maternità verginale di Maria e nella sua immunità dal pec­ cato originale. In tal modo la fede nella sua glorificazione corporea trova fondamento nella Scrittura e nella Tradizione. La Chiesa, procedendo alla definizione dogmatica, non ha legittimato come dottrina della Chiesa una leggenda formatasi spontanea oppure una pia opinione nata dal de­ siderio e dalla fantasia popolare : ma ha proclamato in modo chiaro e vin­ colante che la glorificazione corporea di Maria è un elemento della rive­ lazione e della fede. La Chiesa è il principio che ci fa conoscere l'ap­ partenenza della glorificazione corporea di Maria al deposito della rive­ lazione. Soltanto essa può emettere una simile dichiarazione attendibile ed obbligante. La scienza teologica da sola, con i presupposti ed i metodi che le sono propri, non è in grado di farlo. La Chiesa in questa circo­ stanza non è un turabuchi che intervenga dove non può piu giungere la scienza, in modo da supplire alle sue debolezze; ma è in partenza ed essen­ zialmente, ed essa sola, l'autorità che crea la certezza di fede, in quanto

ç



L'ASSUNZIONE CORPOREA DI MARIA IN CIELO

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garantisce una verità come rivelata. Nel caso nostro, ciò che compete essenzialmente alla Chiesa riveste particolare importanza, perché la rive­ lazione della glorificazione corporea di Maria sta in modo particolar­ mente profondo sotto la legge del nascondimento, che vale sempre per la rivelazione divina (cfr. Schmaus, Dogmatica cattolica, I, § 29). Queste considerazioni non svalutano affatto la scienza teologica, che si può realiz­ zare soltanto come scienza ecclesiastica, e che riveste grande importanza per la preparazione della decisione ecclesiastica e per la elaborazione dei rapporti tra la dottrina della Chiesa e la formulazione della rivelazione nella Scrittura e nella Tradizione (cfr. I'Enc. Humani generis di Pio XII, A.A.S., 42, I950, 568 s.).

7 . - In particolare, dalla Sacra Scrittura e dalla Tradizione orale, vale a dire dalle due fonti, da cui fluisce a noi la rivelazione, si possono citare gli elementi seguenti. La Sacra Scrittura, pur non presentando alcuna testimonianza esplicita, costituisce il fondamento della definizione ecclesiastica . I teologi di regola adducono due passi scritturali, che includono la nostra dottrina, e dalla cui esplicazione essa si può ricavare. Sono Gen. 3, 1 5 e Le. r, 28. Riguardo al primo, cosi argomentano i teologi : nel protovangelo vit­ toria completa sul serpente è promessa sono solo al futuro Redentore, ma in lui e per lui anche alla sua madre. Ora la vittoria di Cristo, come desumiamo dalla dottrina dell'Apostolo Paolo, nel suo concetto pieno, oltre alla vittoria sul demonio, abbraccia pure la vittoria sul peccato e le sue conseguenze, sulla concupiscenza e la morte (Rom. 5-8 ; I Cor. 1 5, 24 s. 54 s. ; Ebr. 2, 1 4). Della vittoria completa della madre, come di quella del figlio, fa dunque parte un singolare trionfo sulla morte. Perciò da un lato il corpo di Maria, pur dovendo per importanti ragioni essere soggetto alla morte, doveva tuttavia restare immune dalla corruzione, perché questa non è mai onorifica e vittoriosa come la morte, ma sempre causa di orrore e di vergogna. Il corpo verginale, da cui l'uomo-Dio ha preso carne e sangue, non doveva, come la carne del « peccato » (Rom. 8, 3), diventare preda dei vermi. Lo vieta l'onore del figlio. D'altro lato al pieno trionfo della madre di Dio sulla morte appartiene anche la risur­ rezione a somiglianza di quella del figlio, e perciò una risurrezione dopo un breve sonno di morte, che ha avuto come coronamento l'assunzione in cielo di Maria anche col corpo (Fr. Diekarnp, Katholische Dogmatik 8-9 ed. 1 9 39, II, 3 8 1 s.).

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In questa spiegazione di Gen. 3, I 5 si tratta, è vero, di una interpre­ tazione teologica, che non scaturisce immediatamente dal testo e per la quale coi soli mezzi della scienza teologica non è possibile raggiungere la certezza; ma la scienza teologica non è l'ultima istanza per l'interpre­ tazione della Sacra Scrittura. Tale è invece il magistero ecclesiastico che fruisce dell'assistenza dello Spirito Santo. Quando esso interpreta un passo della Scrittura è lo stesso Spirito Santo che dà l'interpretazione autentica di ciò che ha inteso dire con un determinato testo scritturate. Riguardo al secondo passo, nel senso letterale immediato si dice che Maria fu ripiena di grazia. Il senso letterale non offre uno spunto diretto per annoverare nella pienezza di grazia conferita alla madre di Dio anche l'assunzione corporea in cielo. L'esegesi scientifica del passo, di per sé sola, non giungerebbe neppure alla supposizione che il testo si debba interpretare dell'assunzione di Maria in cielo. Tuttavia, se il magistero ecclesiastico l'interpreta in questo senso, essa deve ammettere che simile interpretazione non contraddice al senso letterale, ma che anzi l'assun­ zione corporea di Maria in cielo può essere contenuta in Le. I , 28 e che la effettiva inclusione di questa dottrina in Le. I , 28 è garantita dal ma­ gistero ecclesiastico. Tuttavia l'argomento principale poggia, come per la verità rivelata della Immacolata Concezione, su Gen. 3, I 5 . L a Tradizione costruisce sul fondamento della Scrittura e sviluppa ciò che in essa si trova. L'elemento decisivo nella testimoni:mza scritturistica non consiste in alcuni testi isolati, ma piuttosto nel quadro generale che la Scrittura ci offre della risurrezione di Cristo, del suo rapporto con la nostra risurre­ zione e del rapporto di Cristo con Maria. Secondo la testimonianza della Scrittura la risurrezione di Cristo è l'evento da cui dipende la fede e la speranza del cristiano. Essa è la causa e la garanzia della risurrezione del cristiano. Alla risurrezione del cri­ stiano si protende la speranza della fede. Il completamento dell'uomo nel corpo glorificato è la meta della vita cristiana. È la principale pro­ messa di Gesu Cristo. La speranza della risurrezione dei morti costituisce la differenza piu profonda che distingue il cristiano da tutti i non cre­ denti. Anzi la differenza è di tale portata che il non credente deve ri­ fiutare, schernire ciò su cui il credente edifica tutta la sua vita (Atti I 7, 32; 26, 24). Alcuni testi chiariranno la cosa. Secondo Giovanni (5, 24-30) colui che ascolta la parola di Cristo sarà partecipe della vita futura : « In verità,

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in verità vi dico : chi ascolta la mia parola, e crede in chi ha inviato me, ha la vita eterna e non incorre nel giudizio, ma passa dalla morte alla vita. In verità, in verità vi dico : che l'ora viene, anzi è già venuta, quando i morti udiranno la voce del Figliolo di Dio, e quelli che l'avranno ascoltata vivranno. Perché, come il Padre ha la vita in se stesso, cosi ha dato anche al Figlio di avere la vita in se stesso ; e gli ha concesso il potere di giudicare, perché è figlio di uomo. Non vi meravigliate di questo, perché viene l'ora nella quale tutti coloro che sono nei sepolcri udiranno la voce di lui. E andranno quelli che fecero il bene in risurre­ zione di vita, e quelli che operarono il male in risurrezione di condanna. Io non posso far nulla da me stesso. Come io odo, giudico : e il mio giudizio è giusto, perché io non cerco la mia volontà, ma la volontà di chi mi ha inviato » . Mentre secondo questo testo l a risurrezione per la futura vita trasfor­ mata si fonda nell'obbedienza alla parola, nel discorso in cui promette l'Eucaristia Cristo ne pone il fondamento nella fede e nella manduca­ zione della sua carne e del suo sangue. « Questo è il volere di colui che mi ha inviato, che di quanto egli dette a me nulla io perda, ma lo risu­ sciti nell'ultimo giorno. Perché questa è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna ed io lo risu­ sciti nell'ultimo giorno » (Gv. 6, 39 s.). « Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, ha la vita eterna, e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne è vero nutrimento, e il mio sangue è vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, in me rimane e io in lui. Come il Padre, che ha la vita in sé, ha inviato me, e io vivo per il Padre, cosi chi mangia di me, vivrà egli pure per me » (Gv. 6, 54-57). Secondo questi passi la risurrezione per la vita corporea glorificata di­ pende dalla comunione con Cristo, che nasce mediante la fede e viene intensificata in modo particolare dal cibo eucaristico. La testimonianza neotestamentaria piu esplicita della risurrezione dei morti è offerta dal­ l' Apostolo Paolo nella prima lettera ai Corinti. In essa Paolo combatte il dubbio diffusosi a Corinto circa il messaggio della futura risurrezione dei morti ( I Cor. 1 5). Anch'egli vede la garanzia della risurrezione nella co­ munione di vita con Cristo. Qui si manifesta uno dei motivi dominanti della sua teologia : tutto ciò che si compie in Cristo, si compie anche nel cristiano, poiché Cristo è il primogenito, al quale tengono dietro tutti gli altri. Il cristiano sta nel campo d'azione di Cristo, e partecipa alla sua morte, alla sua risurrezione ed ascensione. Durante il tempo del pelle­ grinaggio terreno la partecipazione alla vita gloriosa di Cristo rimane oc-

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culta. Tuttavia ciò che viene operato in modo occulto dal battesimo e dagli altri sacramenti, specialmente dall'eucaristia, diventerà un giorno manifesto. Allora le forze della risurrezione infuse nell'uomo giungeranno al pieno sviluppo. In tal modo la risurrezione futura porterà a compi­ mento quanto è stato iniziato nel tempo del terrestre pellegrinaggio. Al­ lora Cristo risusciterà con la sua virru coloro che nella vita terrena furono a lui uniti e da lui dominati (I Cor. 6, 1 4 ; 2 Cor. 4, 1 4). Fin d'ora essi appartengono alla comunità celeste, nella quale Cristo è entrato con l'ascen­ sione, non come ospiti ed estranei, ma come aventi diritto di domicilio, come concittadini e domestici (Ef. 2, n-20 ; Ebr. I I , 8-Io; I I , 1 3- I 6 ; I 2 , 2 2 s. ; I J, I 4). Qui essi abitano soltanto in tende, cioè in case prov­ visorie, costruite per un soggiorno transitorio. La loro vera dimora stabile è nella città celeste, dove Cristo, il primogenito, ha già preso dimora (Col. I , I6; Ef. I, I 9-2 3 ; Fil. 2, g-n), e dove prepara ai suoi le dimore eterne, indistruttibili, non piu soggette all'attacco della caducità e dell'in­ certezza (Gv. I 4, 2-4). Quand'egli ritornerà, trasformerà i suoi in con­ formità alla sua propria immagine, li rivestirà della sua gloria ed asse­ gnerà a ciascuno il posto che gli spetta (Rom. 4, I 7; 8, I I ; Col. 2, I 2 s.). Allora avverrà la proclamazione pubblica della sua gloria. Con lo sguardo rivolto a questo futuro Paolo ammonisce e conforta i Filippesi (3, 20 s.) : « La nostra città è nei cieli, donde aspettiamo con ansia il salvatore, il Signore Gesti Cristo. Egli allora trasformerà il nostro misero corpo, rendendolo conforme al suo corpo glorioso, con quel po­ tere col quale può assoggettare a sé ogni cosa ». Dio stesso introdurrà questo stato, compiendo in tutto il mondo ciò che ha fatto in Cristo. « Se noi crediamo che Gesu è morto e risuscitato, dobbiamo pure credere che Dio per mezzo di Gesu condurrà con lui quelli che sono giunti al riposo. Poiché il Signore in persona, al segnale dato, alla voce dell'ar­ cangelo, allo squillo della tromba divina, discenderà dal cielo; e da prima i morti nel Cristo risusciteranno ; poi noi, i viventi, i rimasti, saremo insieme con essi trasportati sulle nubi in aria incontro al Signore ; e cosi saremo sempre col Signore. Consolatevi dunque scambievolmente con questi discorsi » ( I Tess. 4, I4-I 8). Come operatore della risurrezione corporale garantita dall'unione con Cristo è indicato lo Spirito Santo (Rom. 8, g-I I ). Dai passi citati risulta che la risurrezione dei morti sarà l'avvenimento principale alla seconda venuta di Cristo. Ora questo è stato anticipato per Maria. Anche la sua risurrezione sarà proclamata pubblicamente al

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cospetto del cielo e della terra alla seconda venuta di Cristo ( I Cor. I 5, 23); ma la risurrezione stessa è già avvenuta. Questo fatto lo possiamo dedurre dalla sua posizione nei confronti di Cristo. Per ognuno il motivo della risurrezione è l'unione con Cristo ri­ sorto, che si compie nella fede e nella eucaristia, è la comunione con lo Spirito Santo. Ora sia l'una che l'altra presentano in Maria una qualità diversa da qualunque altro uomo, precisamente per la sua maternità ver­ ginale. Maria sta nel campo d'azione di Cristo e nell'atmosfera dello Spi­ rito Santo piu intensamente di chiunque altro. Il dinamismo di Gesu Cristo risorto ed il suo Spirito agiscono su di essa con una forza incon­ cepibile e misteriosa. Ed ella, a sua volta, vivendo senza la minima lesione del peccato, è in grado di ricevere questo dinamismo diversamente da chiunque altro. In essa l'unione con Dio non è mai stata turbata da una opposizione peccaminosa. Perciò Maria possiede una capacità intatta di ricevere gli influssi di Dio. A noi, che siamo tutti feriti dal peccato, riesce difficile comprendere le possibilità di cui dispone una creatura immune dal peccato, non mai ferita dal peccato, per i suoi rapporti con Dio e per l'influsso esercitato da Dio. Per la sua piena immw1ità dal peccato e la conseguente dedizione incondizionata a Dio ella è pure immune dalle forze distruttive, di cui la morte è la manifestazione suprema. Dio può imporsi e manifestarsi in lei senza ostacoli. C'è quindi da aspettarsi che ella, che abbiamo potuto designare come la prima redenta, sia pure la pienamente redenta. Ora della piena redenzione fa parte la glorificazione corporea. Questa convinzione, tratta dallo sviluppo della dottrina biblica, acquista certezza definitiva e suprema dalla garanzia della Chiesa. Il passo di I Cor. I 5, 22 s. non si oppone alla risurrezione anticipata di Maria. Dice il testo : « Come tutti muoiono in Adamo, cosi tutti in Cristo saranno vivificati. Ciascuno però nel suo ordine : dapprima il Cri­ sto, che è la primizia, poi, nella sua venuta, quelli che appartengono a Cristo >) . In questo testo è espressa una legge generale dell'ordine salvi­ fico. Ciascuno diventerà partecipe della vita gloriosa, e precisamente per la risurrezione di Gesu Cristo. Nessuno ha da temere di essere escluso dalla risurrezione dei morti. Non c'è motivo di disperare se soltanto l'av­ venire apporterà il compimento; poiché nella risurrezione di Cristo ab­ biamo la garanzia che la nostra propria risurrezione avverrà realmente. Né si deve togliere la speranza allo stato presente, quasi che in esso la redenzione sia già pienamente manifestata ; è soltanto agli inizi, per modo che dal presente si può sperare nel futuro. L'Apostolo Paolo attesta dun­ que che la redenzione si completa in ultimo con la risurrezione dei morti.

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Questo è ciò che lo interessa. Non è sua intenzione dire che tutti senza eccezione raggiungeranno questa pienezza soltanto alla seconda venuta di Cristo. Cosi veramente sarà in generale ; ma Paolo non intende insegnarlo espressamente. Il suo testo non esclude una eccezione. Come l'importante per il cristiano è il rivolgere lo sguardo dal pre­ sente alla futura glorificazione corporale, cosi di fronte al fatto che av­ verrà una risurrezione del corpo, la differenza di tempo passa in seconda linea. La differenza principale tra gli uomini non sta nel fatto che gli uni spostano nel futuro ogni glorificazione corporale (salvo quella toccata a Cristo stesso), mentre gli altri fanno una eccezione per Maria, ma nel fatto che gli uni credono in questa glorificazione del corpo, e gli altri non vi credono. Se vogliamo giudicare ancora una volta il valore della testimonianza biblica circa l'assunzione di Maria in cielo, possiamo dire : finché la scienza teologica si serve esclusivamente dei metodi e delle leggi della critica filologica e storica, non può giungere ad un risultato certo. Tut­ tavia se il cristiano credente parte dalla dottrina sviluppata della Chiesa, può, guardando indietro al cammino percorso dallo sviluppo, trovarne i germi ed i primi inizi nella Scrittura, per modo che la dottrina della Chiesa appare giustificata dalla Scrittura medesima. Se la Scrittura at­ testa che a Dio è piaciuto glorificare pienamente, prima di tutti gli altri, la donna che egli ha destinato a madre del suo figlio incarnato, il cre­ dente accetta con fede riconoscente questo grande atto di Dio.

8. - Dalla Tradizione orale riporteremo anzitutto gli scrittori ecclesia­ stici che parlano della questione, e poi i testi della liturgia. a) Riguardo ai Padri, la maggior parte dei teologi dogmatici hanno finora ritenuto che per il periodo patristico piu antico non si possa por­ tare alcuna prova di tradizione. Tuttavia recentissimamente O. Faller (De priorum saeculorum silentio circa Assumptionem b. Mariae Virginis, Romae 1 946) cerca di dimostrare che almeno dalla metà del sec. IV esiste una tradizione storica diretta ed esplicita, e che anche nei secoli prece­ denti non mancano del tutto le testimonianze relative all'assunzione di Maria in cielo, in quanto già in questi primi tempi sarebbero esistite tutte le dottrine circa Maria e la sua posizione nel disegno salvifico, dalle quali i Padri posteriori ne avrebbero sviluppato con deduzione teologica l'assunzione in cielo. Al contrario B. Altaner (Zur Frage der Definibi­ liti:it der Assumptio B. M. V., in Theologische Revue, 44, 1948, 1 29-1 40)

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credette di poter dimostrare che le interpretazioni dei testi fatte dal Faller sono inesatte. Il testo piu antico citato dal Faller è un breve tratto di una predica di un presbitero Timoteo di Gerusalemme, per altro ignoto. Mentre Faller, seguendo l'esempio di Jugie, pone la predica attorno al 400, Al­ taner con A. Mai e O. Bardenhewer la data molto piu tardi (e di fatto essa è da porre nella prima metà del sec. vi). Egli considera il brano come tratto dall'apocrifo Transitus Mariae. Secondo Altaner (in base al­ l'edizione del Migne) il testo dice : « Perciò la Vergine fino ad oggi non è morta, perché colui, che (in essa) ha preso dimora, l'ha portata in un luogo elevato (celeste) ». Jugie pensa che il testo greco, debba interpre­ tarsi cosi : « Colui, che in essa ha abitato, l'ha trasferita nel luogo, dal quale è avvenuta l'ascensione (det Signore) ». La problematica del testo la si scorge nella sua affermazione che Maria non sarebbe morta affatto. Mentre Faller dal testo conclude che, in base alla testimonianza di Ti­ moteo, già alla fine del sec. IV l'assunzione di Maria in cielo sarebbe stata insegnata dal magistero ecclesiastico, Altaner afferma che quando un predicatore esprime una opinione (e per giunta poco chiara) circa la di­ partita di Maria da questo mondo, non si può ancora parlare di appro­ vazione da parte del magistero ecclesiastico. Faller si appella inoltre ad Epifania, Haeres., 78, I I e 78, 24. In questi passi Epifania difende la verginità perpetua di Maria contro le insinuazioni degli antidicomarianiti. Nel primo di essi afferma che il Nuovo Testamento, non dice nulla, se Maria sia morta oppure no, sia stata sepolta oppure no ; e che perciò neppure egll oserebbe affermare che ella viva ancora o sia già morta. Il motivo di questo silenzio della Sacra Scrittura circa la fine di Maria sarebbe un profondo mistero. In Haeres., 78, 24 Epifania prospetta tre diverse possibilità riguardo alla fine di Maria, senza pronunziarsi a favore di nessuna : forse Maria è morta ed è stata sepolta, oppure è morta di morte violenta, oppure vive ancora su questa terra in un luogo a tutti ignoto. Una certa difficoltà per una prova di tradizione è costituita dal fatto che Epifania omette di parlare dell'assunzione di Maria in parecchi passi, in cui avrebbe avuto occasione di farlo. Confutando lo spiritualismo origeniano riguardo alla risurrezione del corpo, dichiara che non soltanto Cristo è risorto, ma anche altri, come attestano sia il Vecchio Testamento che il Nuovo Testamento. Sono no­ minati particolarmente Enoch ed Elia, che come primizie e particolari rap­ presentanti sarebbero stati assunti in cielo coi loro corpi (Ancoratus, 92, 98, I oo). Maria non viene menzionata. Nel passo Haeres., 42 (PG. 4 I ,

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777) per dimostrare che carne e peccato non si identificano, egli dichiara che la santa Vergine sarà assunta in cielo col corpo. Altaner credette di poter stabilire che né Epifania, né Girolamo, né alcun altro scrittore ecclesiastico dei primi cinque secoli non avrebbero saputo nulla di una tradizione storica circa la morte e la risurrezione di Maria. Anzi egli richiama l'attenzione sul fatto che non di rado Padri ragguardevoli affermano che finora Cristo solo è risorto da morte. Soltanto col cosiddetto Transitus Mariae si è creata una nuova situa­ zione. Questo scritto risale al sec. v, o forse già alla fine del sec. rv. Contiene racconti leggendari su Maria, la sua morte e la sua assunzione. All'inizio del sec. vr nel Decretum Gelasianum fu accolto nella lista degli apocrifi, cioè dei libri proibiti. Allo stesso modo viene giudicato nel De­ cretum Gratiani. Ora Altaner ritiene che anche i testi patristici poste­ riori, che vengono solitamente addotti come testimoni deUa Tradizione per la fede nell'ascensione di Maria, non avrebbero alcun valore proba­ tivo, perché hanno attinto tutti al Transitus Ma,.iae, leggendario ed amante del sensazionale, e perciò non testimonierebbero una genuina tradizione storica. Anzi uno di essi, il vescovo Modesto di Gerusalemme, dichiare­ rebbe inoltre nella predica piu antica sull'assunzione corporea di Maria in cielo, essere strano che coloro, i quali nella Chiesa di Cristo, nostro Dio, furono eletti maestri nei primissimi tempi, nulla abbiano traman­ dato circa la fine gloriosa della Vergine, e che anche i loro successori nulla abbiano lasciato in proposito (PG. 86, 2, 3280). Pertanto non esi­ sterebbe nessuna rradizione storica. Contro tale sentenza occorre tuttavia distinguere fra tradizione storica e tradizione dogmatica. Per la questione se l'assunzione possa, o no, es­ sere dichiarata dogma, ci si domanda se esistono testimonianze che la Chiesa abbia creduto l'assunzione di Maria come verità rivelata. Anzitutto bisognerebbe ancora esaminare se nel Transitus Mariae non si manifesti una tradizione genuina. Il suo carattere apocrifo non lo esclu­ derebbe a priori, poiché si può dimostrare che in taluni apocrifi è con­ servata una tradizione genuina, in quanto in essi la rivelazione ha rive­ stito un'espressione poetica; mentre per contro altri presentano un ca­ rattere ereticale. Ma non è qui il caso di approfondire questo problema. Si può pensare a Gregorio di Tours (538-594), il quale dice : « Do­ minus susceptum corpus (Virginis) sanctum in nube deferri iussit in pa­ radisum, ubi nunc, resumpta anima, cum electis eius exultans, aeterni­ tatis bonis nullo occasuris fine perfruitur » (De gloria martyrum, I , 4, PL. 7 1 , 708). Questo chiaro testo avrebbe grande valore nonostante il

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silenzio di tutti i Padri anteriori, se Gregorio nelle sue dichiarazioni ma­ riologiche non dipendesse dalla letteratura apocrifa, la quale non può essere considerata come fonte di rivelazione. Poiché Gregorio non con­ trappone chiaramente la sua dottrina dell'assunzione di Maria, che con altre opinioni mariologiche è contenuta nelle opere apocrife da lui uti­ lizzate, ai racconti leggendari, non appare con sufficiente certezza se veda in essa una verità rivelata. Anzi, vi si oppone il fatto che egli desume le sue espressioni dal Transitus Mariae. Diverso giudizio si deve dare dell'Encomium in Dormitionem Sanctis­ simae Dominae nostrae Deiparae semperque Virginis, opera che viene attribuita al patriarca Modesto di Gerusalemme (t 634). Egli, pur dipen­ dendo molto dalla letteratura apocrifa, e pur ornando con molti tratti leggendari la sua descrizione dell'assunzione di Maria, afferma con forza di essere debitore della sua dottrina dell'assunzione corporea in cielo della madre di Dio non agli apocrifi, ma alle fonti genuine della rivela­ zione, soprattutto alla Tradizione orale. Egli attesta l'assunzione corporea di Maria come verità rivelata : « La gloriosa madre di Cristo, nostro re­ dentore, largitore di vita e di immortalità, è simile a lui, che la svegliò dal sepolcro e l'assunse presso di sé, in un modo che a lui solo è noto » (PG. 86, 3 3 1 2). Tra gli altri testimoni sono da considerare : l'arcivescovo Andrea di Creta (t 740), il patriarca Germano di Costantinopoli (1" 73 3) e Gio­ vanni Damasceno (t 749). Di quest'ultimo, che offre le testimonianze piu chiare e piu numerose, si potrà avere un quadro completo soltanto quando lo studio e l'edizione critica delle sue opere, già in corso, sarà ultimata. Ma già fin d'ora ne conosciamo a sufficienza, per poter deli­ neare con sicurezza la sua dottrina. Nei confronti della letteratura apocrifa egli mostra grande riserbo e senso critico. Nelle tre omelie su Maria (PG. 96, 699-762) motiva l'assunzione di Maria con la sua dignità di madre della vita e di novella Eva. L'argomento della seconda omelia culmina nell'affermazione che Maria, madre della vita, non è stata sot­ toposta alla legge della morte derivante dal peccato; che per mezzo della morte doveva essere conformata al figlio suo, ma che è stata anche degna di essere conformata a lui mediante la risurrezione il terzo giorno dopo la sua dipartita. Alla sua morte è mancato il pungolo, il peccato. A partire dal sec. x la maggioranza dei teologi insegna formalmente l'assunzione di Maria; solo pochissimi la mettono in dubbio. Nel Mariale, opera del sec. xrv, falsamente attribuita ad Alberto Magno, dopo che sono stati addotti i motivi dalla Scrittura, dalla Tradizione, dalla liturgia

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e dalla ragione teologica, si dichiara : « Da queste ragioni ed autorità e da molte altre è chiaro che la beatissima madre di Dio è stata assunta in corpo ed anima al di sopra dei cori degli angeli. E ciò crediamo asso­ lutamente vero » (Mariale, 1 32). Riguardo a Tommaso d'Aquino ed a Bonaventura la Costituzione della definizione dogmatica dice : « Il Dottore Angelico, seguendo le vestigia del suo insigne Maestro, benché non abbia mai trattato espressamente la questione, tuttavia ogni volta che occasionalmente ne parla, ritiene costantemente con la Chiesa che insieme all'anima è stato assunto al cielo anche il corpo di Maria ». Dello stesso parere è, fra molti altri, il Dottore Serafico, il quale, ri­ tiene assolutamente certo che, come Dio preservò Maria Santissima dalla violazione del pudore e della integrità verginale nella concezione e nel parto, cosi non ha permesso che il suo corpo si disfacesse in putredine e cenere. Interpretando poi ed applicando alla Beata Vergine queste pa­ role della S. Scrittura : « Chi è costei che sale dal deserto, ricolma di delizie, appoggiata al suo diletto? » (Cant. 8, 5), cosi ragiona : « E di qui può constare che è ivi (nella città celeste) corporalmente ... Poiché in­ fatti... la beatitudine non sarebbe piena se non vi fosse personalmente, e poiché la persona non è l'anima, ma il composto, è chiaro che vi è secondo il composto, cioè il corpo e l'anima, altrimenti non avrebbe una piena fruizione » (l. c., 765). Diversità di opinioni continuarono a sussistere sul valore dogmatico della proposizione relativa all'assunzione corporea di Maria in cielo. Della dottrina dice Suarez: « Ita sentit universa Ecclesia et hic eius consensus ex antiquorum Patrum traditione manavit ». Contro l'opinione, che già al suo tempo si trattasse di un dogma formale, egli rileva : « Sed revera

non est, quia neque est ab ecclesia definita, nec est testimonium scriptu­ rae aut sufficiens traditio, quae infallibilem faciat fidem. Est igitur iam nunc tam recepta haec sententia, ut a nullo pio aut catholico possit in dubium revocari aut sine temeritate negari » (In III partem Summae theol., disp. 2 1 , sect. 2, art. 1 4). Pietro Canisio cosi esprime questa verità : « Questa sentenza è am­ messa già da alcuni secoli ed è fissata talmente nell'anima dei pii fedeli e cosi accetta a tutta la Chiesa che coloro che negano che il corpo di Maria sia stato assunto al cielo, non vanno neppure ascoltati con pazienza, ma fischiati come troppo pertinaci, o del tutto temerari ed animati da spirito eretico piu che cattolico » (De Maria Virgine incomparabili et Dei Genitrice sacrosancta libri quinque, 5, 5).

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L'esistenza della stessa convinzione anche nelle Chiese orientali sepa­ rate da Roma, è attestata da una dichiarazione del concilio tenutosi a Gerusalemme nel 1 672 : « Recte (b. Virgo) signum esse dicitur in coelo, eo quod ipsa cum corpore assumpta est in coelum, et quamvis conclusum in sepulcro fuerit immaculatum corporis eius tabernaculum, in coelum tamen, ubi Christus fuerat assumptus, tertio et ipsa die in coelum mi­ gravit » (Harduin, Acta concil., I I , 1 99). b) Una forma particolarmente importante e chiara della Tradizione orale si trova nella liturgia della Chiesa. Papa Pio XII dice nella Costi­ tuzione della definizione dogmatica : « Ma in modo piu splendido ed universale questa fede dei sacri pastori e dei fedeli cristiani è manifestata dal fatto che fin dall'antichità si celebra in Oriente ed in Occidente una solenne festa liturgica : di qui infatti i santi Padri e i Dottori della Chiesa non mancarono mai di attingere luce, poiché, come è ben noto, la sacra liturgia " essendo anche una professione delle celesti verità, sottoposta al supremo magistero della Chiesa, può offrire argomenti e testimonianze di non poco rilievo per determinare qualche punto particolare della dot­ trina cristiana " (Enc. Mediator DeiJ in A.A.S., 39, 541) » (l. c., 7 5 8). La ragione piu profonda dell'importanza della Liturgia in quanto forma e fonte di conoscenza della Tradizione orale sta nel riconoscere, come già s'è detto precedentemente che essa conferisce alla tradizione storica la qualità di tradizione dogmatica. Nella Costituzione dogmatica Pio XII continua : « Ma poiché la liturgia non crea la fede, ma la suppone, e da questa derivano, come frutti dall'albero, le pratiche del culto, i santi Padri e i grandi Dottori nelle omelie e nei discorsi rivolti al popolo in occasione di questa festa non vi attinsero come da prima sorgente la dottrina ; ma parlarono di questo come di cosa nota ed ammessa dai fe­ deli; la chiarirono meglio; ne precisarono ed approfondirono il senso e l'oggetto, dichiarando specialmente ciò che spesso i libri liturgici avevano soltanto fugacemente accennato; cioè che oggetto della festa non era sol­ tanto l'incorruzione del corpo esanime della beata vergine Maria, ma anche il suo trionfo sulla morte e la sua celeste glorificazione, a somi­ glianza del suo unigenito » (l. c.J 760 ) La festa dell'assunzione corporea di Maria in cielo è attestata con piena sicurezza per la prima volta da Modesto di Gerusalemme ( t 634), che già è stato menzionato quale teste della Tradizione. Per quanto concerne i testi della liturgia della festa, le espressioni assumptio e transitus si possono intendere anche dell'assunzione dell'a­ nima di Maria in cielo, se non si aggiungono dichiarazioni piu specifiche. .

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LA MADRE DEL REDENTORE

Tuttavia sovente si parla esplicitamente di una assunzione del corpo della madre di Dio. Tali testi si trovano per primi nei libri liturgici ap­ parsi nelle Gallie. Cosi nel Missale Gothicum del sec. VII (consono al Missale Gallicanum Vetus) si dice : « Fusis precibus Dominum implo­

remus, ut eius indulgentia illuc defuncti liberentur a tartaro, qua beatae Virginis translatum corpus est de sepulcro... Quae nec de corruptione suscepit contagium, nec resolutionem pertulit in sepulcro, pollutìone li­ bera, germina gloriosa, assumptione secura... Parum fortasse fuerat, si te Christus solo sanctificasset introitu, nisi etiam talem matrem adornasset egressu. Recte ab ipso suscepta est in assumptione feliciter, quem pie suscepisti conceptura per fidem, ut quae terrae non eras conscia, non teneret rupes inclusa » (C. Mohlberg, O. S. B., Missale Gothicum. Das Gallikanische Sakramentar des VII-VIII Jahrhunderts, Tafelband 1929, fol. 76 a e b, fol. 8o b-8 I a, in Codices Liturgici e Vaticanis praesertùn delecti phototypice expressi iussu Pii Xl Pont. Max. consilio et studio procuratorum bibliothecae Apostolicae Vaticanae, vol. 1). Mentre la forma piti antica a noi nota del Liber sacramentorum anni circuli della Chiesa di Roma, il Sacramentarium Gregorianum, della fine del sec. VII, per la festa dell'assunzione di Maria porta soltanto testi in cui, pur parlandosi della assumptio, non si parla esplicitamente della assumptio corporea (cfr. i testi in C. Mohlberg, O. S. B., Die iilteste Gesta/t des liber Sacramentorum armi circuii der romischen Kirche, 1927, 50, in Liturgiegeschichtlid1e Quellen, Quad. I I / I 2), nel Sacramentarzum Gelasianum, la cui forma piti antica a noi nota appartiene alla fine del sec. VIII, oltre ai testi che si trovano nel Liber Sacramentorum preceden­ temente menzionato, si trovano ancora le seguenti parole : « Veneranda nobis domine huius est diei festivitas, in qua sancta dei genitrix nwrtem

subiit temporalem, nec tamen mortis nexibu.s deprimi potuit, quae folium suum dominum deu.m nostrum lesum Christum de se genuit incarna­ tum » (in C. Mohlberg, Das friinkische Sacramentarium Gelasianum in alamannischer Vberlieferung, 1 9 39 , 168, in Liturgiegeschichtl. Forschun­ gen, quad. r j2, 2 ed.). Questo sacramentario fu donato all'imperatore Carlo Magno da Papa Adriano I. Nella liturgia bizantina l'assunzione corporea di Maria viene costantemente collegata con la sua dignità di madre di Dio e con la sua verginità. 9.

In base al materiale presentato l'argomentazione può essere for­ mulata nel seguente modo : La scienza teologica da sola non può portare né una prova scritturale convincente, né una prova di Tradizione che -

§ 7· L'ASSUNZIONE CORPOREA DI MARIA

fN

CIELO

dia piena certezza. Nondimeno, come risulta da espressioni dei teologi a partire dal sec. VII e dalle preghiere liturgiche, da molti secoli regnava nella Chiesa la convinzione incontestata, quantunque variamente valutata nella sua forza probativa e nella sua certezza, che Maria è stata assunta in cielo anche col corpo. Sia la Chiesa docente che la discente sono ri­ piene allo stesso modo di questa fede. Pio XII nella Costituzione M uni­ ficentissimus Deus sottolinea « il concorde insegnamento del magistero ordinario della Chiesa e la fede concorde del popolo cristiano, da esso sostenuta e diretta » l. c., 756). Non è immaginabile che la Chiesa da un millennio si trovi nell'errore in una questione cosi importante. Cosi il fatto dell'assunzione in cielo della madre di Dio è garantito dalla fede e dalla prassi della Chiesa. Se la Chiesa ritiene il fatto della assunzione, non può averne avuto notizia se non per rivelazione ; non c'è infatti altra via. Pio XII arguisce dalla universalità della fede nell'assunzione corporea di Maria : « Da se stessa manifesta in modo certo ed infallibile che tale privilegio è verità rivelata da Dio e contenuta nel divino deposito della fede )) (l. c., 756). Sorge allora la questione dove si possa trovare questa rivelazione, o meglio : dove essa attesti nella Scrittura o nella Tradizione l'assunzione. Finché si leggono la Scrittura e le fonti teolo­ giche dei primi secoli soltanto coi metodi della filologia, non si giungerà ad una conoscenza certa dell'assunzione di Maria in cielo. Tuttavia il fedele, reso attento dalla decisione dottrinale della Chiesa, riguardando vedrà nella Scrittura i germi della dottrina della Chiesa, che ha potuto non vedere finché la sua forza visiva non era stimolata, ed il suo occhio non era aperto dalla Chiesa. I teologi adducono anche ragioni di convenienza, che furono elaborate per la prima volta dai Padri sopra menzionati. Citiamo le piu importanti : La maternità divina di Maria, per la quale Maria si trova in comu­ nione cosi intima con Cristo che è conveniente sia a lei accordata la piena redenzione prima che a tutti gli altri. Ma la piena redenzione comprende anche la redenzione del corpo. L'Immacolata Concezione. Se il peccato è la causa della morte, è giusto e ovvio, che colei, che per la grazia di Dio fu esente da ogni peccato, dal peccato originale e da ogni peccato personale, pur subendo la morte, per essere simile al figlio, non rimanesse nella morte, e perciò la morte non avesse potere su di lei. Maria, come per la sua esenzione dal pec­ cato originale è superiore a tutti gli altri uomini, cosi deve superarli tutti anche per la pienezza della vita.

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LA MADRE DEL REDENTORE

La Costituzione Munifìcentissimus Deus cosi riunisce le ragioni : Tutte queste ragioni e considerazioni dei santi Padri e dei teologi hanno come ultimo fondamento la Sacra Scrittura, la quale ci presenta l'alma madre di Dio unita strettamente al figlio divino e sempre parte­ cipe della sua sorte. Per cui sembra quasi impossibile figurarsi separata da Cristo, se non con l'anima, almeno col corpo, dopo questa vita, colei che lo concepi, lo diede alla luce, lo nutri col suo latte, lo portò fra le braccia e lo strinse al petto. Dal momento che il nostro Redentore è figlio di Maria, non poteva certo, come osservatore perfettissimo della divina legge, non onorare oltre l'eterno Padre anche la madre diletta. Potendo quindi dare alla madre tanto onore preservandola dalla corruzione del sepolcro, si deve credere che lo abbia realmente fatto. Ma va ricordato specialmente che, fin dal sec. n, Maria Vergine viene presentata dai santi Padri come nuova Eva, strettamente unita al nuovo Adamo, sebbene a lui soggetta, in quella lotta contro il nemico infernale, che, come è stato preannunziaro dal prorovangelo, si sarebbe conclusa con la pienissima vittoria sul peccato e sulla morte, sempre congiunti negli scritti dell'Apostolo delle genti. Per la qual cosa, come la gloriosa risurrezione di Cristo fu parte essenziale e il segno finale di questa vit­ toria, cosi anche per Maria la comune lotta si doveva concludere con la glorificazione del suo corpo verginale; perché, come dice lo stesso Apo­ stolo, quando questo corpo mortale sarà rivestito di immortalità, allora si avvererà ciò che fu scritto : la morte è stata assorbita nella vittoria. In tal modo l'augusta madre di Dio, arcanamente unita a Gesu Cristo fin da tutta l'eternità con uno stesso decreto di predestinazione, immacolata nella sua concezione, vergine illibata nella sua divina maternità, generosa socia del divino Redentore, che ha riportato un pieno trionfo sul peccato e sulle sue conseguenze, alla fine, come supremo coronamento dei suoi privilegi, fu preservata dalla corruzione del sepolcro, e, vinta la morte, come già il suo figlio, fu innalzata in anima e corpo alla gloria del cielo, dove risplende regina alla destra del figlio suo, Re immortale dei secoli. Poiché dunque la Chiesa universale, nella quale vive lo Spirito di verità e la conduce infallibilmente alla conoscenza delle verità rivelate, nel corso dei secoli ha manifestato in molti modi la sua fede, e poiché i Vescovi dell'orbe cattolico con quasi unanime consenso chiedono che sia definita come dogma di fede divina e cattolica la verità dell'assun­ zione corporea della beatissima vergine Maria al cielo - verità fondata sulla Sacra Scrittura, insita profondamente nell'animo dei fedeli, con­ fermata dal culto ecclesiastico fin dai tempi remotissimi, sommament� «

§ 7.

' L ASSUNZIONE CORPOREA DI MARIA IN CIELO

consona con le altre verità rivelate, splendidamente illustrata e spiegata dallo studio, dalla scienza e sapienza dei teologi - riteniamo giunto il momento prestabilito dalla Provvidenza di Dio per proclamare solenne­ mente questo privilegio di Maria Vergine » (l. c., 767-769). III. - IL MODO DELL' ASSUNZIONE. 1 0. Circa la questione del modo dell'assunzione corporea di Maria in cielo, si tratta di un profondo mistero. Il racconto secondo cui gli Apostoli sarebbero convenuti ed avrebbero trovato il sepolcro vuoto, esprime nel modo proprio alla leggenda il mistero dell'assunzione cor­ porea di Maria in cielo. La stessa cosa vale delle raffigurazioni artistiche, in cui si presenta Maria che sale al cielo. Esse cercano di renderei evi­ dente, coi mezzi propri dell'arte, il mistero. Ma non si soddisferebbe alla dottrina della Chiesa, se si volesse vedere in queste immagini visive una rappresentazione adeguata dell'assunzione corporea di Maria. Nella dottrina della Chiesa non è per nulla contenuto il fatto dell'ascesa. Anche qui appare evidente un'altra differenza fra l'ascensione di Cristo e l'as­ sunzione di Maria. Cristo è asceso dinanzi agli occhi degli Apostoli, da un luogo ed in un momento determinati (Atti r , 2-1 2), per modo che gli Apostoli hanno potuto attestare quando e dove il fatto si è verificato. L'ascesa di Gesti Cristo fu un fatto storico, avente però a sua volta un significato simbolico, che indicava come il modo di esistere del Cristo glorificato è diverso dal modo di esistere di cui abbiamo esperienza. Cristo in quel momento è entrato una volta per sempre nel modo celeste di esistere col suo corpo reale. Nel dogma dell'assunzione corporea di Maria in cielo la Chiesa non dice nulla né circa il modo dell'ascesa, né circa il luogo ed il tempo. Ciò che appartiene al dogma della Chiesa è la glorificazione di Maria nella sua realtà corporea. Il fatto si può intendere nel senso che l'anima di Maria fu da Dio potenziata e resa atta a riunirsi al corpo e ad espri­ mersi in esso nel suo modo glorificato di esistere, per modo che anche il corpo ne fu afferrato. L'anima della madre di Dio, illuminata e infiam­ mata dal suo amore e dalla sua luce, per una particolare disposizione di­ vina, poté manifestarsi nel corpo, in modo tale che anche questo divenne luminoso e fiammeggiante di luce e di amor di Dio. A proposito della risurrezione universale da morte i teologi disputano se l'anima assuma necessariamente la materia che si richiede per il corpo -

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LA MADRE DEL REDENTORE

risorto da quegli stessi elementi, che durante l'esistenza storica hanno costituito il suo corpo od almeno vi hanno appartenuto, oppure possa utilizzare per questo qualunque altra parte di materia. Alcuni teologi (Lacordaire, Billot, Krebs, Feuling e altri) sostengono la possibilità, anzi, la probabilità di quest'ultima soluzione. Essi credono che anche in questo caso si possa dire che ogni uomo risorge col suo corpo. Infatti, poiché in base al principio del rapporto dell'anima col corpo, principio secondo cui l'anima è la forma costitutiva del corpo (anima forma corporis), anche in questa spiegazione l'anima si esprime nel corpo risorto come in un mezzo per essa trasparente, secondo l'opinione dei menzionati teologi anche un corpo cosi inteso si può chiamare suo corpo, benché nessuna materia del corpo terrestre venga utilizzata per il corpo risorto. Finora la questione non è stata decisa dalla Chiesa. Si può esaminare se la spiegazione qui abbozzata possa essere appli­ cata all'assunzione corporea di Maria in cielo. In nessun caso però può essere accettata per la risurrezione di Cristo, perché qui è attestato espli­ citamente che il corpo di Cristo è sparito dal sepolcro. Se tuttavia la spiegazione sia ammissibile per l'assunzione corporea di Maria dovrà essere chiarito nel quadro della rivelazione complessiva della risurrezione dai morti. In ogni caso l'elemento decisivo non è un mutamento di luogo, ma il modo di esistere di Maria, modo che non è soltanto psichico, ma psico-somatico, e precisamente in stato glorificato.

IV.

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OPPORTUNITÀ DELLA DEFINIZIONE E SUO VALORE SOTERIOLOGICO.

1 1 . Contro la definizione dogmatica dell'assunzione corporea di Maria in cielo si è sovente obiettato che fosse inopportuna, perché costituirebbe per non pochi cristiani un gravame della fede. E sarebbe anche superflua, perché tra i cattolici nessuno nutrirebbe dubbi sulla dottrina, mentre invece nessuno dei non cattolici verrebbe conquistato mediante tale defi­ nizione. Tuttavia a questo proposito bisogna dire che la definizione è stata addirittura richiesta dai tempi. Pio XII dichiara : « Abbiamo ferma fiducia che questa solenne proclamazione e definizione dell'assunzione sarà di grande vantaggio all'umanità intiera, perché renderà gloria alla Santissima Trinità, alla quale la vergine madre di Dio è legata da vincoli singolari. Vi è da sperare infatti che tutti i cristiani siano stimolati ad una maggiore divozione verso la madre celeste, e che il cuore di tutti coloro che si gloriano del nome cristiano sia mosso a desiderare l'unione -

§ 7· L'ASSUNZIONE CORPOREA

DI

MARIA IN CIELO

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col corpo m1st1co di Gesu Cristo e l'aumento del proprio amore verso colei che ha viscere materne verso tutti i membri di quel corpo augusto. Vi è da sperare inoltre che tutti coloro che mediteranno i gloriosi esempi di Maria abbiano a persuadersi sempre piu del valore della vita umana, se è dedita totalmente alla esecuzione della volontà del Padre celeste ed al bene degli altri; che, mentre il materialismo e la corruzione dei costumi da esso derivata minacciano di sommergere ogni virtu e di fare scempio di vite umane suscitando guerre, sia posto dinanzi agli occhi di tutti in modo luminosissimo a quale eccelso scopo le anime e i corpi siano destinati; che infine la fede nella corporea assunzione di Maria al cielo renda piu ferma e piu operante la fede nella nostra risurrezione » (l. c . , 769-770). Da questa dichiarazione rileviamo : Dalla glorificazione corporea di Maria appare chiaro a quale altezza di perfezione possa salire l'uomo per mezzo di Cristo. Maria regna con Cristo in cielo; è la regina del cielo. Cristo ha pure promesso ai suoi discepoli che sederanno sui troni e re­ gneranno (Mt. 1 9, 28). Anzi per ogni cristiano vale la promessa addirit­ tura incredibile : « Al vincitore io concederò di sedere con me sul mio trono, cosi come anch'io ho vinto e sedetti col Padre mio sul suo trono » (Apoc. 3, 2 1 ). A tutti i cristiani è detto che sono una stirpe regale (1 Piet. 2, 9 ; Apoc. 5, 10; 20, 4; 22, 5). L'unzione a re avviene nel battes imo e riceve l'ultimo perfezionamento nell'estrema unzione. La dignità regale dei cristiani consiste nella loro partecipazione alla règalità di Gesti Cristo. In questo tuttavia Maria supera chiunque altro; pertanto viene detta con particolare accento la « regina del cielo » . In lei si compie nella realtà della vita ciò che era sogno nella figura dì quelle « regine del cielo », che troviamo nei miti. Guardando a Maria si ravviva la speranza nella nostra risurrezione e glorificazione. In Maria vediamo che le promesse di Cristo non sono parole vuote, ma parole che si realizzano. In lei la nostra fede nel Cristo risorto e la speranza nella nostra futura risurrezione fondata in Cristo, acquista forma in certo modo visibile. E ciò ha grande valore per la vi­ vezza della fede. I cristiani possono andare soggetti alla tentazione, da cui mette in guardia la seconda lettera di Pietro (3, 4). È una tentazione che si fonda sulla lunga durata del tempo. La distanza di tempo tra Cristo ed i fedeli min2ccia di snervare la serietà e la portata della fede nella risurrezione. La stessa cosa vale per la speranza nella nostra propria risurrezione. Il pensiero della risurrezione dai morti ha in sé qualcosa di profondamente sconvolgente; muta profondamente la nostra interpreta-

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Il.

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L A MADRE DEL REDENTORE

zione del mondo e della vita. Ma corre sempre il rischio di diventare come una moneta fuori corso, di esercitare poca forza sui cristiani, perché il mondo continua a girare, come se dovesse sempre essere cosi. Dio al­ lora in certo modo ci incalza con la figura glorificata di Maria, per modo che nell'incontro con essa la fede e la speranza della risurrezione diven­ tano realtà vive e concrete. Qui sta forse uno dei motivi per cui il dogma dell'assunzione di Maria al cielo ha incontrato in tal uni ambienti tanta opposizione. Il messaggio della risurrezione dai morti per colui che pensa unicamente secondo le norme dell'esperienza riveste qualcosa di inquie­ tante, anzi di incredibile. Allorché Paolo la annunziò dinanzi al giudice romano Festa, venne deriso, cosi come di lui si fecero beffe gli Ateniesi quando nell'areopago parlò della risurrezione dei morti (Atti 17, 32; 26, 23 s.). Finché la risurrezione dai morti viene annunziata sol tanto a parole ed è creduta soltanto sulla parola è possibile ingannarsi circa l'im­ portanza che essa ha per la conoscenza di noi stessi e per la nostra co­ noscenza del mondo. Ci si può in certo modo scansare. La risurrezione di Maria ci rende evidente il carattere reale della fede nella risurrezione con tale intensità, che diventa necessario affrontarla e o affermarla gioiosa­ mente, oppure con dispetto e molestia metterla in dubbio o negarla. In tal modo il dogma acqmsta una funzione critica per il cristiano. In esso la fede cade effettivamente in crisi, cioè in una decisione, che ne rivela la serietà o ne accusa la debolezza. Per il cristiano l'assunzione corporea di Maria in cielo diventa un pegno della realtà della risurrezione del Signore, e della realtà futura della nostra propria risurrezione. In essa appare chiaro che l'unione con Cristo si esplica anche nel corpo. In questa unione è insito un dinamismo inesauribile che si acquieta soltanto quando l'uomo unito a Cristo è com­ pletamente trasformato secondo l'immagine di Cristo, in modo da essere in tutta la sua esistenza una copia del Signore risorto e sedente alla destra del Padre. Se questo già è avvenuto in Maria, lo si deve al suo partico­ lare rapporto con Cristo. Ma possiede inoltre carattere tipologico per noi. Nella sua assunzione al cielo è possibile percepire il dinamismo, che Gesu Cristo esercita sui suoi fedeli. Perciò la glorificazione corporea di Maria ha valore non solo cristologico, ma anche antropologico. Se Dio nel tempo presente, mediante il magistero ecclesiastico, accorda una simile garanzia alla nostra speranza nel futuro perfetto, lo si deve ancora in molta parte alla situazione spirituale contingente. Di fronte ai molti disastri del nostro tempo, alle numerose e gravi minacce incombenti sull'esistenza umana, al materialismo teorico e pratico ampiamente dif�

§ 8.

MARIA E LA CHIESA

fuso, l'uomo può incappare nella tentazione di dubitare del significato dell'esistenza e di porre nella terra e nei suoi beni materiali lo scopo totale della vita. In questo pericolo la Chiesa presenta l'assicurazione che la vita individuale e tutta la storia muovono verso una definita glorifica­ zione corporea. L'esistenza materiale, pur avendo nella sua forma attuale soltanto valore provvisorio, non scomparirà mai del tutto, anzi sarà tra­ sformata in uno stato glorificato e sussisterà in esso eternamente. In tal modo il materialismo viene stigmatizzato come eresia e tuttavia vengono riconosciuti i buoni diritti della materia, della quale per di piu viene proclamata l'esistenza eterna in una realtà glorificata. Tutto questo ci appare nella madre di Dio glorificata come in una immagine accessibile a tutti. Infine l'assunzione corporea di Maria in cielo è una manifestazione della potenza e della gloria di Dio. L'uomo non può, per virtu propria, innal­ zarsi a tale perfezione; Dio solo glie la può donare. Il Padre l'ha operata in Maria per mezzo di Cristo nello Spirito Santo. In tal modo la pro­ clamazione del dogma ridonda « a gloria della santissima Trinità » (Co­ stituzione dogmatica). A Dio spetta l'onore. § 8.

Maria e la Chiesa.

l . - Finora abbiamo considerato Maria prevalentemente sotto l'aspetto individuale, studiandone l'importanza come vergine madre del Signore, la posizione nella storia della salvezza, la santità e la glorificazione finale. La funzione che ella svolge per la comunità, pur non potendo essere tra­ scurata, è passata in certo qual modo in seconda linea, mentre in primo piano stava la sua persona con le sue caratteristiche individuali. Passiamo ora a considerare l'importanza che Maria riveste per la co­ munità ; ed anche qui naturalmente non si può prescindere dalla sua per­ sonalità storica che non ha eguali, perché sulla sua storicità e individualità si fonda la sua funzione per la comunità. Possiamo presentare tale funzione per la Chiesa sotto due aspetti. In primo luogo ella è l'inizio della Chiesa, e poi ne è l'immagine ed il compendio.

P.

I. 2.

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II.

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LA MADRE DEL REDENTORE

MARIA PRINCIPIO DELLA CHIESA.

Il primo aspetto si trova già espresso in molti testi patristici

precedentemente citati. Abbiamo visto che Maria si trova nel punto di passaggio dal Vecchio al Nuovo Testamento. In essa termina l'ordina­ mento divino del Vecchio Testamento e simultaneamente acquista va­ lore storico il nuovo ordinamento divino, in quanto ella è la madre del Figlio di Dio fatto uomo. Concependo e generando Gesu Cristo, autore del nuovo ordinamento divino, essa stessa si trova in rapporto vivo e diretto col nuovo ordinamento. Cristo infatti è apparso in questo mondo per conquistarsi l'umanità come corpo mistico e come sposa. Perciò non lo si può comprendere come singola figura isolata; ma è ordinato alla umanità, che entra in comunione di vita con lui mediante la fede ed il battesimo. L'incarnazione del Figlio di Dio mira perciò alla Chiesa, al popolo di Dio. Nella Sacra Scrittura questo rapporto viene rappresentato in vario modo. Cristo è il capo, la Chiesa ne è il corpo mistico. Cristo è vivificato dallo Spirito Santo e questo è l'anima della Chiesa. Cristo è lo sposo, la Chiesa è la sposa. Cristo è la pienezza della Chiesa. Nella presente opera non è possibile fare una esposizione particolareggiata di questo stretto rap­ porto tra Chiesa e Cristo, che dev'essere riservata alla trattazione sulla Chiesa. Qui ne diremo solo quel tanto che basti a farci una giusta idea del rapporto di Maria con la Chiesa. Nell'immagine « capo e corpo » si esprime simultaneamente l'unità e l'ordinamento gerarchico. Cristo è il Signore ed il principio vitale della Chiesa. Tra lui e la Chiesa esiste un'unione, che per la sua intimità e qualità può essere paragonata al rapporto tra capo e corpo. Cosi non si può comprendere la Chiesa senza Cristo, né Cristo senza la Chiesa. Infatti il corpo ha bisogno del capo, ed il capo del corpo. In senso vero e proprio può appartenere a Cristo soltanto colui che appartiene alla Chiesa come corpo di Cristo. Perciò non può esistere cristianesimo se non nella forma della Chiesa. Cfr. l'Enc.

Mystici Corporis.

L'immagine poi dello sposo e della sposa è elaborata da S. Paolo, e precisamente nella seconda lettera ai Corinti e nella lettera agli Efesini. In 2 Cor.

I I, 2

Paolo descrive il suo ufficio di Apostolo. Si chiama il

padre spirituale della comunità e come tale è preoccupato di portare allo sposo, Cristo, la propria figlia spirituale come vergine integra, mai appar­ tenuta ad altri. Il momento della introduzione nella casa dello sposo è la

§

8 . MARIA E LA CHIESA

parusia. La sposa è la comunità di Corinto intesa come unità ; tuttavia rappresenta tutta la Chiesa. La dottrina paolina è influenzata dalle immagini del Vecchio Testa­ mento, al di fuori dei cui testi ed immagini non sono piu da prendersi in considerazione influssi extrabiblici. Non c'è nessun appiglio plausibile per ritenere che Paolo abbia utilizzato anche il mito pagano delle « nozze sacre » oppure il mito gnostico delle nozze celesti. Secondo l'Apostolo il rapporto tra uomo e donna, quale viene descritto nella Genesi, è abbozzo, un tipo del rapporto tra Cristo e la Chiesa. Anzi, secondo Paolo, Cristo è il secondo Adamo (Rom. 5, 1 2-1 9 ; 1 Cor. 1 5 , 2 s. 45-49). Come il primo Adamo fu la causa della disgrazia generale, cosi il secondo Adamo divenne la causa della salvezza. Ma a fianco di Adamo visse ed agi Eva da lui tratta. Nel senso dell'Apostolo Paolo la Chiesa dev'essere intesa come seconda Eva. Soltanto quando venne Cristo e si associò la Chiesa come sposa fu possibile comprendere appieno il senso realizzato dal rapporto di Adamo con Eva. Cristo è l'uomo che in ultima analisi era inteso con Adamo. La Chiesa è la donna, che in ultima analisi era intesa con Eva. Cosi tra l'epoca della storia umana introdotta e con­ traddistinta con Adamo e quella introdotta da Cristo, esiste, nonostante la diversità, una evidente continuità. Infatti il matrimonio tra Cristo e la Chiesa costituisce l'avveramento perfetto del matrimonio tra Adamo ed Eva, istituito da Dio nel Paradiso. Nel cammino dal primo al secondo Adamo non mancarono accenni al patto tra Cristo e la Chiesa, poiché il rapporto tra Dio ed il popolo da lui eletto viene visto sovente sotto l'immagine del matrimonio. Dio recita la parte dello sposo, il popolo di Dio la parte della sposa da lui eletta e sovente infedele. L'apostasia viene presentata come adulterio (cfr. Os. 1-3 ; Ger. 2-3 ; 31, 3-4; Ez. 16; 23; Is. so; 54; 62; Sal. 44 ; Cant. 4, 7). Isaia (62, 5) ed Osea (2, 2 1) annunciano che nel futuro tempo della salvezza Dio contrarrà un nuovo matrimonio con gli uomini, matrimonio che, predetto dal matrimonio di Adamo, dal rapporto di Dio col suo popolo e dalle parole profetiche, si realizza nella incarnazione del Figlio di Dio. Maria è il luogo in cui si conclude il matrimonio. Per meglio comprendere dobbiamo fare alcune distinzioni. L'incarna­ zione del Figlio di Dio ha anzitutto come conseguenza l'unione strettis­ sima della natura umana concreta di Gesu Cristo con il Verbo divino. In essa giunge a compimento il matrimonio contratto da Dio col suo popolo nel Vecchio Testamento. Nella incarnazione una delle parti è il Verbo, l'altra è la natura umana di Gesu Cristo.

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LA

MADRE DEL REDENTORE

Ma ciò che è attestato nel Nuovo Testamento non è un matrimonio tra il Figlio di Dio preesistente e la natura umana, ma il matrimonio tra il Figlio di Dio incarnato e l'umanità, cioè la Chiesa. Il patto si pone quindi su un piano diverso, e non si realizza semplicemente nel rapporto dell'uomo con Dio, ma nel rapporto degli uomini con il Dio entrato nella storia. Certamente questo matrimonio è in rapporto strettissimo con l'u­ nione tra il Figlio di Dio e la natura incarnata in Maria; ne è l'effetto, e Maria è il luogo in cui si celebra il matrimonio tra il Verbo e la na­ tura umana di Gesu Cristo. Ma con ciò ella è pure il luogo in cui si celebra il matrimonio tra il Figlio di Dio fatto uomo e la Chiesa. La qual cosa si può comprendere nel modo seguente. Gesu Cristo non è mai esistito in solitudine isolata, ma fu ordinato fin da principio a tutta l'umanità; per lui infatti l'umanità intera doveva essere ricondotta al Padre. Tutti dovevano diventare partecipi della sua filiazione divina e diventare cosi a loro volta figli di Dio. Già nel seno della madre egli viveva come capo di tutti coloro che, mediante la fede in lui, dovevano formare la comunità del suo corpo mistico. La effettiva realizzazione della unità con Cristo non doveva avve­ nire con un processo naturale, ma con libera decisione. Mediante una dedizione libera, animata dalla fede, si doveva costituire quel popolo di Dio del Nuovo Testamento che sta in rapporto di sposa con Cristo. L'in­ dividuo doveva diventare partecipe di Cristo in quanto membro di questo popolo, della Chiesa, corpo mistico di Gesu Cristo. Il modo in cui si compi la libera decisione qui menzionata sarà esposto nel prossimo pa­ ragrafo. In ogni caso essa dovev3 essere presa da una persona che potesse rappresentare la totalità. Tale decisione si compi nell'assenso espresso da Maria all'angelo, perché con esso Maria non soltanto si dichiarò pronta a fornire il corpo terreno al Verbo celeste, ma prestò il suo assenso al­ l'intero disegno salvifico divino, pur non potendolo comprendere col suo spirito nella sua profondità. Questo assenso includeva l'accettazione di quella unità con Cristo, che è espressa dall'immagine paolina del matri­ monio tra Cristo e la Chiesa. A questo proposito dice Agostino (In loan. Ev., tract. 8, 4; PL. 1452) : « Il Signore venne, invitato, alle nozze. Qual meraviglia che si sia recato in quella casa per le nozze, lui che era venuto in questo mondo per le nozze? Poiché, se non è venuto per le nozze, non hai qui una sposa. E che significa allora quanto dice l'Apostolo : Vi ho fidanzati a un solo sposo, per presentarvi a Cristo quale vergine pura? Perché teme che la verginità 3.

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§ 8. MARIA E LA CHIESA

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della sposa di Cristo possa essere lesa dalla perfidia del demonio? Io temo - dice 1'Apostolo - che, siccome il serpente con la sua astuzia ha se­ dotto Eva, non vengano corrotti anche i vostri pensieri e traviati dalla fede sincera e pura in Cristo. Egli dunque possiede qui una sposa che ha comperato col suo sangue ed alla quale ha donato come pegno lo Spi­ rito Santo. L'ha strappata dalla schiavitli del demonio, è morto per i suoi delitti ed è risorto per la sua giustificazione. Chi potrà offrire doni si grandi alla propria sposa? Offrano pure gli uomini tutti gli ornamenti immaginabili della terra, oro, argento, pietre preziose, cavalli, schiavi, terreni ; ma chi potrà offrire il proprio sangue? Poiché se uno dona il sangue per la fidanzata, non potrà piu certamente sposarla! Il Signore invece mori tranquillamente e diede per essa il suo sangue per ricevere dopo la risurrezione colei che già aveva legato a sé nel seno della vergine. Infatti il Verbo è lo sposo, e la sposa è la carne umana ed entrambi l'unico Figlio di Dio e nello stesso tempo il figlio dell'uomo. Quando egli diventò il capo della Chiesa, il seno della vergine Maria fu la sua camera nuziale; donde usci come uno sposo dalla sua stanza, secondo le parole della Scrittura : E simile ad uno sposo, che esce dalla sua stanza, esultò per percorrere come un eroe la sua via ». Il dottore della Chiesa Ambrogio di Milano, per cirare un altro Padre, vede prefigurata in Eva e nella sua formazione la Chiesa. Egli trasferisce il rapporto tra Adamo ed Eva al rapporto di Cristo con la Chiesa. Come Cristo è il secondo Adamo, cosi la Chiesa è la seconda Eva. Nella spie­ gazione del Sal. 39 dice : « Già all'inizio del Vecchio Testamento è scritto certamente che Cristo verrà, per compiere nella redenzione degli uomini la volontà di Dio Padre, quando sta scritto che ba formato Eva in figura della Chiesa quale aiuto dell'uomo » (PL. I 4, I I 1 2). Al pari di altri Padri, ad es. Tertulliano, Origene, Metodio, Epifania, anche Ambrogio nell'ori­ gine della prima donna dal primo uomo riconosce una figura dell'origine della Chiesa dalla vita e dalla morte di Gesu Cristo : « Dal fianco del­ l'uomo, del quale Giovanni afferma : Dopo di me viene uno che è prima di me (Gv. I , 30), allorché fu addormentato, tolse Dio una costola ... Che significa la costola di quest'uomo se non la forza? Nel momento infatti, in cui un soldato ne apri il fianco, uscirono acqua e sangue, che veniva versato per la vita del mondo. Questa vita del mondo è significata dalla costola di Cristo, che è la costola del secondo Adamo; poiché il primo Adamo era un'anima vivente, l'ultimo Adamo uno spirito vivente (I Cor. 1 5, 45). L'ultimo Adamo è Cristo, la costola di Cristo è la vita della Chiesa. Noi siamo adunque le membra del suo corpo, dalla sua carne e

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dalle sue ossa (Ef. 5, 30)... Questa è la costola uscita da Cristo senza menomarne il corpo; poiché la costola non è fisica, ma spirituale... Questa è Eva, la madre di tutti i viventi (Gen. 3, 20). Se infatti si intende retta­ mente il passo in cui si parla di cercare il vivente tra i morti (Le. 24, 5), per morti si devono intendere coloro che sono senza Cristo, che non par­ tecipano alla vita, perché Cristo è la vita. La madre dei viventi è dunque la Chiesa edificata da Dio, in cui Cristo stesso è la pietra angolare, sulla quale l'intera costruzione è compaginata e s'innalza a formare il tempio di Dio (Ef. 2, 20) » (Exp. Ev. Luc., 2, 8 6 ; PL. 35, I 666- I 667).

4 . - Il fatto che la Chiesa è la sposa di Cristo costituisce pure il fon­ damento dell'immagine della Gerusalemme celeste, superiore, che è la madre nostra e viene paragonata a Sara (Gal. 4, 26). Mentre nella se­ conda lettera ai Corinti (2 Cor. 11, I -3) Paolo designa la comunità locale di Corinto come la vergine fidanzata al Signore, nella lettera agli Efe­ sini (5, 22-33) l'orizzonte si allarga fino ad abbracciare tutta la Chiesa. Come Eva è uscita dal fianco dell' uomo, cosi la Chiesa è uscita dal fianco di Cristo addormentato nella morte. Cristo, assumendo la natura umana, ha per cosi dire lasciato il Padre celeste; ha lasciato la madre sua, la sina­ goga, per aderire alla sua sposa, la Chiesa, alla quale appartiene come il marito alla moglie, e viceversa. L'unità fisica tra marito e moglie è sim­ bolo dell'unità tra Cristo e la Chiesa. La sposa partecipa alla gloria dello sposo; ma la gloria non è ancora palese. La Chiesa aspetta l'ora in cui lo sposo la introdurrà nella casa del Padre (Gv. 14, 2). Fino a quel mo­ mento essa grida nello Spirito allo sposo : Vieni. E si sente rispondere : Si, verrò presto (Apoc. 22, 17. 20). Per quest'ora essa si adorna, come una sposa per il marito (Apoc. 2 1 , 2). Secondo Apoc. 2I, 2.9 la sposa e consorte dell'agnello è la Gerusalemme celeste che discende sulla terra. L'identificazione della celeste Gerusalemme con la terrestre comunità di salvezza si fonda sul fatto che la città celeste di Dio sarà il luogo in cui dimorerà la comunità di Dio; ed è suggerita da Is. 6 r, IO. Beati coloro che sono invitati a questo futuro banchetto nuziale (Apoc. 1 9, 6-9). Esso è la comunità degli eletti. Cfr. J. Schmid, Braut, in Reallexikon fii.r An­ tike und Christentum, ed. da Th. Klauser, Il, 546 s. 5 . All'immagine del matrimonio è connessa la dottrina dell'Apostolo Paolo, secondo cui Cristo è la pienaza della Chiesa, suo corpo (Ef. I, 2 3; 4, I3). Tale designazione significa due cose. Indica che la Chiesa è ri­ piena della vita di Cristo, poiché è Cristo colui che riempie la Chiesa e le dona vita celeste. Ma il termine può anche significare che la Chiesa è -

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la pienezza ed il complemento di Cristo. La cosa migliore sarà di colle­ gare i due significati. Cristo mira a donare alla Chiesa vita celeste; sol­ tanto cosi la sua esistenza e la sua opera, la sua vita e la sua azione rag­ giungono il loro ultimo scopo. Perciò non soltanto Cristo ha importanza per la Chiesa, ma anche la Chiesa per Cristo. Senza la Chiesa Cristo rimarrebbe in certo senso incompleto; gli mancherebbe, per cosi dire, qualcosa. Paolo esprime questo concetto una volta con la formula : Com­ pleto nel mio corpo ciò che ancora manca alla passione di Cristo (Col. 1, 24). Cosa potrebbe ancora mancare alla passione di Cristo? Nulla può mancare alla sua intima essenza ed alla sua potenza. Eppure secondo l'espressione dell'Apostolo qualcosa sembra loro mancare, finché non si aggiunge la sofferenza dei cristiani. Evidentemente senza di essa manca loro il raggiungimento dello scopo. I dolori di Cristo mirano alla parte­ cipazione da parte dei cristiani. Soltanto con essa sorge un tutto com­ pleto. Si può perciò dire : la Chiesa, la comunità dei cristiani, deve ag­ giungersi a Cristo, affinché sorga il tutto voluto da Dio. Soltanto mediante questa integrazione Cristo acquista la pienezza. Ma in verità il guadagno è da parte della Chiesa, che diventa partecipe della pienezza di Cristo. In tal modo Cristo e la Chiesa formano un tutto unitario a struttura gerarchica, in quanto cioè Cristo è il capo e la Chiesa è il corpo unito al capo e da esso dipendente. 6. Cristo e la Chiesa sono percw m connessione strettissima tra di loro. Anzi la Chiesa ha già avuto inizio con la concezione di Cristo, pur avendo ricevuto la sua forma vitale soltanto per mezzo della discesa dello Spirito Santo. In conseguenza della connessione tra Cristo e la Chiesa, la donna che è madre di Gesu Cristo può anche essere chiamata contempo­ raneamente madre della Chiesa che appartiene in modo indissolubile a Cristo. Infatti con un unico ed identico atto è avvenuta la incarnazione di Dio e la fondazione della Chiesa, poiché Cristo non è stato conce­ pito e partorito diversamente che come il capo, lo sposo, la pienezza della Chiesa. La Sacra Scrittura infatti ci offre una chiara indicazione che Maria è la madre della Chiesa. Cristo nel momento in cui ter­ mina con la morte l'opera della sua vita terrena, rivolge a Maria .:be sta sotto la croce queste parole : Donna, ecco il tuo figlio. E a Gio­ vanni dice : Figlio, ecco la tua madre (Gv. 19, 26 s.). Nel loro senso immediato queste parole sono anzitutto da intendere come premura del figlio morente per la madre che rimane sola. Ma sarebbe una inter­ pretazione troppo superficiale considerare con ciò esaurito il significato -

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della scena. Ciò non sarebbe affatto conforme al carattere e all'indole del Vangelo di Giovanni, di considerare i fatti raccontati come segni. Le parole di Gesu oltre al senso letterale immediato avranno un profondo significato nascosto. E lo si dovrà tanto piu ammettere in quanto le parole sono dette nel momento in cui Cristo corona con la morte la sua opera quale rappresentante dell'umanità e per l'umanità, quindi con un atto pubblico al cospetto del cielo e della terra. Non è quindi il momento per preoccupazioni ed interessi puramente privati e personali. Infatti le pa­ role di Gesu furono sovente interpretate simbolicamente in rapporto alla Chiesa. Ruperto di Deutz (Comment. in Ioan., 1 3 ; PL. 169, 790) cosi dice : « La beata Vergine, avendo generato nella passione dell'uni­ genito la salvezza di noi tutti, è evidentemente madre di noi tutti. Perciò quanto Cristo ba detto all'unico discepolo, l'avrebbe potuto dire a chiun­ que altro fosse stato presente ». Maria, diventando la madre di Cristo, è diventata la madre di tutti i viventi, di tutti coloro che bevono alle fonti della vita (Apoc. 22, 1 7). Anche Eva nella Scrittura è chiamata madre dei viventi (Gen. 3, 20) ; ma la vira che da essa proviene fu una vita votata alla morte : mentre la vita che proviene da Maria è la vita dei rigenerati, che viene dallo Spirito Santo. 7. - Abbiamo citato precedentemente, in altro luogo, molti testi nei

quali si attesta che Maria è madre della Chiesa. A titolo completivo pre­ senteremo ancora i seguenti. Origene (Comment. in Ioan., I, 4, 2 3 ; PG. 14, 32) dice : « Nessuno, all'infuori di Gesu, è figlio di Maria. Se dunque Gesu dice alla madre : Ecco il tuo figlio, è come se avesse detto : Ecco, questi è lo stesso Gesu che tu hai generato. Poiché chiunque ha ricevuto nel Battesimo la perfe­ zione non vive piu da sé, ma in lui vive Cristo. E vivendo Cristo in lui, di lui è detto a Maria : Ecco il tuo figlio, l'unto, Cristo » . I l Padre della Chiesa sira, Efrem dice (Evangelii concordantis expositio, ed. Moesinger, 49) : « La terra, questa madre dei corpi umani, fu male­ detta. Ma in considerazione del corpo, che è la Chiesa stessa, la quale non si corrompe mai, la terra di questo corpo fu benedetta fin da prin­ cipio : poiché la terra della Chiesa è il corpo di Maria ». Metodio di Filippi dice : « Proclamare l'incarnazione del figlio dalla santa Vergine, ma non professare nello stesso tempo che egli viene anche nella Chiesa come in sua carne, non sarebbe perfetto. Ciascuno di noi deve dunque professare non soltanto la sua parusia in quella carne santa,

§ 8. MARIA E LA CHIESA

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che fu della Vergine pura, ma anche una uguale parusia nello spirito di ciascuno di noi » (De sanguisuga, 8, 2). Ambrogio dichiara : « (Sotto la croce) stava anche la madre (di Gesu) che spinta dall'amore verso il figlio, non badava al proprio pericolo. Ma anche il Signore in croce non badava al proprio pericolo e si preoccupava con amore filiale della madre. Non per altro lo racconta Giovanni parti­ colareggiatamente (Gv. 1 9, 25 ss.). Altri descrivono il terremoto ... Gio­ vanni, che era penetrato piu a fondo nei misteri divini, giustamente si è dedicato a mostrare che ella, la genitrice di Dio, è rimasta vergine. Egli solo mi insegna - ciò che altri hanno taciuto, - che il Signore in croce ha rivolto la parola alla madre, ritenendo piu importante che il vincitore delle torture e dei tormenti, il superatore del demonio, abbia adempiuto i doveri dell'amore filiale che non donare il regno dei cieli. Poiché se è cosa santa che il Signore accordi il perdono al !adrone, lo è molto di piu che il figlio onori la madre. Non si ritenga tuttavia uno sbaglio se ho ricordato la giustificazione del ladrone prima delle parole alla madre ; poiché essendo egli venuto a redimere i peccatori, non potrebbe essere assurdo se, secondo la mia esposizione, ba compiuto prima il compito assunto, la redenzione del peccatore. Cristo stesso dice infatti : " Chi è mia madre, chi sono i miei fratelli? " (Mt. 1 2 , 48). Egli non era venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori (9, 1 3). Là egli parlava come il tempo e le circostanze richiedevano ; qui in croce egli pensava alla madre, di­ cendole : " Ecco il tuo figlio ", ed a Giovanni : " Ecco la tua madre ". Gesu in croce faceva il suo testamento e Giovanni lo suggellava, degno teste di un simile testatore; un eccellente testamento, che non ha come oggetto un bene terreno, ma la vita eterna; che non è scritto con l'in­ chiostro, ma con lo spirito del Dio vivente... Abbiamo qui il maestro dell'amore filiale. Il passo ci insegna ciò che l'amore delle madri deve imitare, ciò che il rispetto dei figli deve osservare . . . Tuttavia c'è un mi­ stero nel fatto che ella (Maria) venga affidata proprio a Giovanni, il piu giovane di tutti; non lo dobbiamo accogliere con orecchio ozioso . . . Si apprenda che qui c'è un mistero della Chiesa ; la quale da prima era spo­ sata al popolo piu anziano, apparentemente, non in realtà; ma dopo aver generato il Verbo ed averlo seminato nel corpo e nello spirito degli uomini per mezzo della fede nella croce e per mezzo della sepoltura del corpo del Signore, elesse per comando di Dio la comunione con il popolo piu giovane )) (Exp. Ev. Luc., IO, 129- 1 34; C.S.E.L., 32, so6). Un'altra volta, interpretando di Maria un versetto del Cantico dei Can­ tici (3, I I), egli dice : « Beata la madre Gerusalemme (cioè la Chiesa),

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beato pure il seno di Maria, che ha incoronato un simile Signore. Ella lo ha incoronato quando Io ha formato, lo ha incoronato quando lo ha partorito ... Appunto concependolo e partorendolo per la salvezza di tutti, gli pose sul capo la corona di eterna misericordia, affinché per la fede di coloro che accolgono la sua dottrina, Cristo diventasse il capo di tutti gli uomini » (De inst. virg., 98; PL. r6, 343-344). Cristo venne conce­ pito come capo della Chiesa. Secondo Ambrogio, Maria, portando il Si­ gnore nel suo seno, portò pure la Chiesa come corpo mistico di Cristo. In un commento all'Apocalisse di Giovanni, attribuito un tempo ad Am­ brogio, ma in realtà opera del sec. IX, si dice (4, 3, 4 ; PL. 1 7, 876 D) : « Possiamo anche dire che la grande donna dell'Apocalisse è Maria; ella infatti è la madre della Chiesa, perché ne ha generato il capo. È la figlia della Chiesa, perché ne è il membro piu santo ». Agostino dice : « Quell'unica donna t madre e vergine non solo nello spirito, ma anche nel corpo. Non è madre nello spirito del nostro capo, che è lo stesso Salvatore, dal quale piuttosto spiritualmente ella è nata, poiché tutti coloro che hanno creduto in lui - tra i quali è essa pure giustamente sono chiamati figli dello sposo (Mt. 9, 1 5); ma certamente madre delle sue membra, che siamo noi, perché cooperò con la sua carità alla nascita nella Chiesa dei fedeli che sono membra di quel capo ; quanto al corpo, poi, madre del capo stesso. Bisognava infatti che il nostro capo con insigne miracolo nascesse secondo la carne da una vergine, per signi­ ficare che le sue membra sarebbero nate secondo lo spirito dalla Chiesa vergine. Solo, dunque, Maria è madre e vergine di spirito e di corpo, madre di Cristo e vergine di Cristo; la Chiesa invece nei santi che posse­ deranno il regno di Cristo, è, quanto allo spirito, tutta madre di Cristo, tutta vergine di Cristo; ma quanto al corpo. . è vergine di Cristo soltanto in alcuni » (De s. virginitate, 6; PL. 40, 399). Ruperto di Deutz nella primitiva Scolastica ha cosi riassunto la dot­ trina patristica (Comment. in loan., 2 ; PL. 1 69, 2 85) : « Ci furono nozze a Cana di Galilea. Tutta la casa celebra una festa, c questa casa è la santa Chiesa. La madre di Gesu è presente là, dove queste nozze vengono cele­ brate. In verità infatti a coloro che sono figli e commensali di queste nozze non manca mai la fede genuina nell'incarnazione di Cristo. Ma gli eretici non sono figli di queste nozze, essi celebrano le loro feste in disparte, poiché là non si trova la madre di Gesu. Per quanto insegnino errori diversi, in definitiva sono concordi nell'unico spirito maligno per cui cacciano dai loro cuori e dalle loro conventicole la fede nella vera incarnazione di Cristo. Poiché la celebrazione delle vere nozze celesti si .

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fa soltanto là, dove la madre di Gesu è presente ; dove cioè è presente la madre Chiesa, dove giorno per giorno mediante l'unione nuziale di anime vergini con Cristo si annunzia la vera fede nella sua incarnazione ». Aimone di Halberstadt dice : « Anche Maria fu un membro della Chiesa. Ma in quanto beata genitrice di Dio ella è la rappresentazione personificata della Chiesa. In essa infatti, nella Chiesa, si realizza giorno per giorno questo segno, perché nella Chiesa giorno per giorno Cristo viene concepito e partorito » (Exp. in Apoc., 7, 1 2 ; PL. 1 1 7, 1 0 8 1 A). Gerhoh di Reichersberg: « Dopo il figlio suo Maria dunque è il nuovo inizio della santa Chiesa, poiché è la madre degli Apostoli, ad uno dei quali è stato detto : ecco la tua madre. Ma quanto è stato detto ad uno, poteva essere detto a tutti gli Apostoli, a questi Padri della nuova Chiesa. E poiché Cristo ha pregato per tutti coloro che un giorno per le parole di questi Apostoli avrebbero ricevuto la fede, affinché fossero una cosa sola, ciò che è stato detto ad un solo, a Giovanni amante di Cristo, a lui che Cristo amava di piu tra tutti gli altri, vale anche per tutti i fedeli, che amano Cristo con tutto il cuore » (Liber de gloria filii hominis, 1 0 ; P L . 1 94, 1 1 05 BC).

II. - MARIA TIPO DELLA CHIESA.

8. Il rapporto di Maria con la Chiesa non è soltanto un rapporto di origine, ma anche di qualità. Sarebbe troppo poco chiamarlo soltanto un rapporto di origine. Il rapporto di Maria con la Chiesa e della Chiesa con Maria è ancora molto piu intimo. Ambrogio è stato il primo ad espri­ merlo con la frase : Maria tipo della Chiesa (Exp. Bv. Luc., 2, 7). Con ciò intende dire che Maria è il compendio, l'immagine, la figura ideale della Chiesa. O. Semmelroth spiega il tipo nel modo seguente : « Un triplice elemento potrebbe costituire il contenuto essenziale del concetto di tipo, quando appare pienamente realizzato : personificazione o rappre­ sentazione di un contenuto spirituale mediante qualcosa di sensibile ; in secondo luogo un legame reale tra l'uno e l'altro come fondamento ogget­ tivo di questa rappresentazione ; ed infine, come conseguenze di questo rapporto, l'imitazione di ordine morale » ( Urbild der Kirche, 22). I Padri non hanno ancora elaborato sotto tutti gli aspetti questo senso completo. -

9 . S'è discussa sovente la questione se il carattere di Maria in quanto figura della Chiesa costituisca la realtà mariana fondamentale. Si è ricer-

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cato se Maria sia figura della Chiesa perché è madre di Gesu Cristo, oppure se sia madre di Gesu Cristo perché è tipo della Chiesa. L'opi­ nione che Maria sarebbe madre di Gesu Cristo perché è tipo della Chiesa e che perciò la sua qualità di figura della Chiesa sarebbe il concetto ma­ riologico fondamentale, sembra raccomandarsi per l'unità della Mario­ logia che ne deriva. Il tipismo di Maria riguardo alla Chiesa sembra comprendere in sé rutto il resto. La sua dignità di Madre di Dio invece sembra essere soltanto un elemento tra gli altri. In particolare non sembra possibile dedurre da essa la significazione di Maria per la Chiesa. Ci si può chiedere se questa tesi si possa giustificare di fronte ai dati della rive­ lazione. Per quanto il richiamo ad una concezione mariologica unitaria ed organica sia importante e seducente, tuttavia una sistemazione perfet­ tamente unificata non costituisce ancora una dimostrazione pienamente valida. Di fatto sorge il difficile problema del modo in cui, dall'idea fon­ damentale che Maria è tipo delb Chiesa, si possa dedurre la sua mater­ nità. La verità che Maria è tipo della Chiesa risulta soltanto mediante l'esplicitazione speculativa di ciò che ci è direttamente attestato nella Sacra Scrittura; pur appartenendo al deposito della rivelazione, non è espressa in modo diretto ed esplicito nella stessa Sacra Scritmra. Il pas­ saggio da un risultato ottenuto per via speculativa ad un fatto storico presenta una difficoltà diffi cilmente superabile ; poiché è difficile trovare una via per passare da ciò che ba valore universale a ciò che ha carat­ tere di fatto storico. Questa via la si trova soltanto uscendo da ciò che ha valore universale. Il fatto storico non è ancora conoscibile nel tipico e nell'universalmente valido. Che Maria sia la madre di Gesu non lo si può dedurre dalla sua qualità di figura della Chiesa. Per tale cognizione si richiede ancora una speciale rivelazione. Cosi il fatto d'essere tipo della Chiesa non sembra prestarsi ad essere l'idea fondamentale della Mariologia. D'altra parte una simile concezione non è assolutamente necessaria per assicurare l'unità della Mariologia ; per questo basta la maternità di Maria direttamente attestata dalla Scrittura. Chi vede in essa il fatto fondamen­ tale di tutta la Mariologia ha il grande vantaggio di rimanere sul terreno sicuro del dato storico, immediatamente ed espressamente attestato dalla Scrittura. Qui però la maternità non dev'essere intesa come un fatto pu­ ramente biologico ; se cosi la si interpretasse, non si potrebbe giungere facilmente ad una idea unitaria, ma una simile interpretazione non soddi­ sferebbe ai dati storici. Maria infatti, secondo la testimonianza della Sacra Scrittura, non è soltanto madre in senso fisico-biologico, ma anche in senso spirituale-personale.

§ 8. MARIA E LA CHIESA

La Scrittura mette in forte rilievo che Maria ha concepito il Verbo nella fede, e per questo è proclamata beata. Cristo rigetta esplicitamente il malinteso che il fatto biologico costituisca da solo la ragione della bea­ titudine di Maria. Pur confermando, come abbiamo dimostrato prece­ dentemente, la beatitudine tributata da una donna a Maria per la sua maternità, egli ne indica subito la ragione ultima e profondissima. Maria dev'essere proclamata beata, perché è madre in senso completo, totale, in senso fisico ed in senso spirituale. È madre con tutta la sua perso­ nalità psico-fisica. Ella si mette, anima e corpo, a completa disposizione del compito affidatole da Dio, e lo accetta dal profondo del cuore. Con ciò ella non soltanto dichiara la sua prontezza a mettersi a disposizione del Figlio di Dio per l'assunzione di una natura umana, ma accetta il piano salvifico divino che per mezzo suo deve realizzarsi. Quanto ella veda ed accetti l'intero piano salvifico divino, risulta dal Magnificat. In esso Maria predice come profetessa il futuro che sarà apportato da ciò che in essa ha avuto inizio. Per la fede nel suo figlio, che ella concepisce nello Spirito Santo, e nella sua opera, Maria è il tipo della Chiesa. In questa fede ella si unisce a lui come prima cristiana. Se la Chiesa è la comunità delle persone che credono in Cristo, essa esiste nella scena del­ l'annunciazione nella persona di Maria. Se la Chiesa è sposa di Cristo, Maria è sposa. Ella è la madre verginale. l O. Infatti in Maria, in quanro madre di Gesti Cristo, si trovano tutte le funzioni, in cui la tradizione ecclesiastica vede espressa la parentela e l'unità tra Maria e la Chiesa, cioè da una parte la fecondità, dall'altra la verginità, ed inoltre la santità e la pienezza della grazia. Di questo si parlerà subito ancora piu ampiamente. Maria è la sposa di Cristo, perché è la madre di Cristo che concepisce il Figlio di Dio nella fede. È pari­ menti la madre dei credenti, perché è la madre del capo della Chiesa. È figura della Chiesa, perché è la madre di Gesu Cristo. Il fatto storico che Maria ha concepito e partorito Gesu Cristo rimane dunque il fonda­ mento attendibile della Mariologia. Da questo fatto storico si possono dedurre facilmente tutte le altre verità mariologiche, e precisamente me­ diante il semplice sviluppo del dato storico. Per giudicare il nostro pro­ blema occorre pure non dimenticare che i Padri della Chiesa non hanno indicato soltanto Maria come tipo della Chiesa, ma anzi hanno conosciuto ancora altri modelli della Chiesa, ad es. tutto il Vecchio Testamento, la città santa di Gerusalemme, l'arca di Noè, il roveto ardente, la donna cananea ecc. -

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Mentre questi tipi vengono riferiti non soltanto alla Chiesa, ma anche a Maria, all'epoca patristica Maria Maddalena viene usata soltanto come tipo figurato della Chiesa. I Padri interpretano la Maddalena come tipo della Chiesa a partire dalla risurrezione, mentre considerano Maria come tipo della Chiesa soprattutto a partire dalla incarnazione. Entrambi i tipi vengono congiunti in unità mediante la fede da essi esercitata. Maria è dunque uno tra i molti tipi della Chiesa. Evidentemente se­ condo la tradizione ecclesiastica esistono molti modi e gradi di essere tipo della Chiesa. Maria lo è in modo preminente e singolare. Come in questo si distingua dagli altri tipi della Chiesa, lo si può conoscere soltanto dalla sua posizione nella storia della salvezza. Dal fatto della sua maternità si può giudicare la forma del suo carattere tipico. La storia porta alla forma, non viceversa. Permane dunque l'ordinamento fondamentale già piu voite stabilito : la maternità di Maria è il fatto fondamentale ed il centro di unità di ogni Mariologia. Questa realtà viene pure sottolineata allorché nella Enc. Munifi.centissimus Deus si dice che l'augusta madre di Dio è stata misteriosamente unita con Gesti Cristo da tutta l'eternità g, mediante un unico e identico decreto » (Pio IX, Bolla lneffabilis Deus) di prede­ stinazione. Conseguentemente la prima cosa è la sua elezione alla mater­ nità. Tutto il resto ne è la conseguenza. Questa spiegazione dei .rapporti costituisce il mezzo piti efficace per evitare il pericolo di una ìdealb..za­ zione e spiritualizzazione che elimina la storia. Che tale pericolo possa sorgere lo si vede dalla presa di posizione dei Padri cappadoci (Gregorio Nazianzeno, Gregorio Nisseno, Basilio). Come dice G. Soll, il tema Maria e Chiesa risuona in essi soltanto in modo contenuto. Secondo Soll la ragione ne poteva essere questa, che del tema si impadroniva l'eresia per minare la storicità di Maria. Mani (n. verso il 21 6), il fondatore del ma­ nicheismo, una concezione del mondo e dottrina di vita a carattere gno­ stico molto diffusa, nella sua discussione con Archelao identificava la Chiesa e Maria, minacciando la storicità della madre di Gesti (G.C.S., So). Infatti in una formula di abiura antimanichea è stata accolta questa frase : « Anatema a coloro che commettono delitto contro la santa Maria soste­ nendo di renderle onore, mentre in realtà invece che ad essa pensano alla Gerusalemme celeste » (PG. I , 1486 C). Da questo fatto appare chiaro che la maternità verginale di Maria deve offrire il fondamento a tutti gli altri enunciati mariologici, se si vogliono scongiurare tutti i pericoli di sopprimere storicità e individualizzazione. Infatti la teologia medioevale al pari della teologia patristica dichiara che Maria agiva come rappresentante della Chiesa, quando ha dato il suo

§ 8. MARIA E LA CHIESA

assenso alla maternità. S. Tommaso dice : « Era conveniente che alla ver­ gine Maria venisse annunziato il concepimento di Cristo, perché in tal modo si manifestava che veniva contratto una specie di sposalizio spiri­ tuale tra il Figlio di Dio e la natura umana. Per questo l'annunciazione ha richiesto il consenso della Vergine in rappresentanza di tutta la natura umana » (S. Th., III, q. 30, a. 1 ). Il consenso di Maria fu l'atto di una persona singola, che mirava alla salvezza dei molti, anzi dell'intero genere umano (S. Tommaso, In Sent., III, q. 3, a. 3, ad 2). 1 1 . A partire da Giustino i Padri hanno espresso il senso ecclesiolo­ gico di Maria dicendo che Maria è la seconda Eva. Al pari della Chiesa, anche Maria viene interpretata come la seconda Eva. Conseguentemente le espressioni relaLive a Maria e relative alla Chiesa possono essere scam­ biate tra loro. Veramente la Sacra Scrittura ha interpretato soltanto la Chiesa come seconda Eva ; ma presenta tutta una serie di accenni e di allusioni, dalle quali si può concludere senza artificiosità che anche Maria svolge la fun­ zione di seconda Eva. Una simile concezione individuale della seconda Eva si trova in una tendenza che si può notare sovente nella S. Scrittura, specialmente nel Vecchio Testamento, secondo la quale la comunità si presenta spesso in un individuo e l'individuo a sua volta viene inteso come l'incarnazione della comunità. Cosi ad es. il « figlio dell'uomo » dovrà intendersi sia collettivamente che individualmente. Il senso origi­ nario è quello collettivo, che si è sempre piu concretizzato nell'indivi­ duale, per modo che Cristo stesso ha potuto designarsi rome figlio del­ l'uomo. Cosi il passaggio dalla interpretazione della Chiesa come seconda Eva alla interpretazione di Maria come seconda Eva pare si trovi nel senso della S . Scrittura. Forse hanno ragione coloro che nella scena del vecchio Simeone vogliono vedere un'allusione alla sorte di Adamo ed Eva. Il vecchio Simeone, illuminato dallo Spirito Santo, dice che Cristo non troverà solo consensi, ma anche contraddizione; egli costringerà gli uomini a prendere una decisione. Maria, la madre, secondo la predizione di Si­ meone prenderà parte a questo fatto. Il dolore penetrerà come una spada nel suo cuore. Ella sembra dunque trovarsi in una situazione simile a quella di Eva, benché naturalmente il senso dei suoi dolori, che consi­ stono nella partecipazione alla croce del figlio, differisca completamente da quello che i dolori di Eva realizzano. Si può pure pensare che quando Cristo chiama la madre « donna » vi sia un riferimento alla prima donna. Forse con questa denominazione -

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sia alle nozze di Cana che dalla croce Maria dev'essere contraddistinta come la donna che costituisce una controfigura della prima donna, che divenne l'occasione del peccato. La madre dei veri viventi viene contrap­ posta alla madre dei vivenri in peccato. La contrapposizione di Eva e di Maria è famili are ai Padri. In essa si contrappongono in primo luogo i fatti operati da Eva e da Maria, e sol­ tanto in seconda linea le figure. Ad Eva è congiunto il fatto della di­ sgrazia, a Maria quello della salvezza. Con ciò risulta in modo particolar­ mente vivo l'importanza di Maria nella storia della salvezza. Nel campo delineato dai due avvenimenti si muovono Eva e Maria, tipo ed antitipo. Il primo a parlarne è il martire Giustino, il quale nel dialogo con il giudeo Trifone (Ioo; PG. 6, 7 1 0) dice : « Infatti Eva, che era vergine ed incorrotta, avendo accolte le parole del serpente, generò la disobbe­ dienza e la morte. Invece Maria vergine fu piena di fede e di gioia al­ lorché l'angelo Gabriele le annunziò la lieta novella che lo Spirito Santo sarebbe venuto in lei e la vir!U dell'Altissimo l'avrebbe coperta della sua ombra ». Ella partori Gesu Cristo « intorno al quale... sono state dettate tante pagine della Scrittura, per mezzo del quale Dio sconfigge il ser­ pente e gli angeli e gli uomini che gli sono simili, e libera da morte quelli che fanno penitenza dei loro peccati e credono in lui » . Particolare ampiezza e portata assume il parallelo Eva-Maria nell'espo­ sizione di Ireneo di Lione. Il resto principale (Adv. haer., III, 22, 4) è già stato citato al § 3, n. 4· Esso rivela che Ireneo inserisce Maria nella redenzione, paragonandola a Eva : è la seconda Eva. A proposito di Rom. 5, 1 9 , Ireneo dice che Adamo con la disobbedienza ha reso gli uomini peccatori, mentre il nuovo Adamo con la sua obbedienza li ha trasferiti nello stato di giustizia e di vita. Il Verbo si è fatto uomo per ricapitolare in sé tutti gli uomini. li Figlio di Dio fatto uomo riassume in sé tutta la storia, unendo cosi la fine al principio. Il cambiamento è incominciato con Maria. Perciò come Eva divenne causa della morte per tutto il genere umano, cosi Maria è diventata causa della salute per tutto il genere umano. In tal modo il corso della storia ritorna da Maria ad Eva. Ciò che la vergine Eva aveva legato con la sua incredulità, viene sciolto dalla vergine Maria con la sua fede. Eva divenne causa della di­ sgrazia portando Adamo sulla via del peccato ; Maria divenne causa della salute permettendo al Verbo eterno di Dio di unirsi con la nostra natura. Soltanto Dio poteva compiere quest'opera. Ma lo fece inserendo l'uomo nel suo eterno disegno salvifico ed esigendo il suo libero assenso. Si ve­ dano pure gli altri testi di Ireneo riportati al § 3, n. 4·

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Allo stesso modo pensa Cirillo di Gerusalemme: « Poiché la morte è venuta per opera di una vergine, Eva, era conveniente che la vita avesse origine ad opera di una vergine, o meglio da una vergine. Mentre quella fu ingannata da un serpente, questa doveva ricevere da Gabriele il lieto messaggio. Gli uomini, abbandonato Dio, si modellarono simulacri dai lineamenti umani. Poiché questi ricevettero un culto falso di adorazione dovuta a Dio, cosi Dio si fece veramente uomo per cancellare l'errore bugiardo » (Catech., XII, 1 5 ; PG. 33, 742). Epifania, nello scritto Contro gli Antidicomarianiti ( 1 8 s.; PG. 42, 727 ss.) dice : « Ella (Maria) è colei che fu prefigurata da Eva, la quale ricevette tipicamente il titolo onorifico di madre dei viventi. Infatti è chiamata madre dei viventi anche dopo aver sentito dire : " Sei terra, ed alla terra ritornerai ". Ed è realmente sorprendente che ricevesse questo grande soprannome dopo il peccato originale. Da un punto di vista pu­ ramente esteriore, da quella Eva è stato generato tutto il genere umano, ma in realtà da Maria è stata generata al mondo la vira stessa, affinché ella partorisse un vivente e diventasse la madre dei viventi. Per similitu­ dine dunque Maria è stata chiamata (nella persona di Eva) madre dei viventi. Infatti delle due donne è stato detto : '' Chi ha dato alla donna sapienza e accortezza nel tessere? ". La sapiente Eva (nominata) per prima dovette tessere indumenti visibili per Adamo, che aveva denudato. A lei fu imposto questo lavoro. Poiché per opera sua la nudità divenne palese, le fu dato il compito di coprire con vesti la nudità del corpo. Maria invece ricevette da Dio il compito di partorire a noi l'agnello e la pecora, dalla cui gloria e splendore, come da un vello, ci fu sapientemente tessuto, per virtli di lei, un abito di immortalità. Ma ancora un altro meraviglioso rapporto si deve considerare tra Eva e Maria. Eva è diven­ tata causa di morte; per essa infatti è venuta nel mondo la morte ; mentre Maria è diventata causa di vita, perché per essa è stata generata a noi La vita. Per questo infatti il Figlio di Dio è venuto nel mondo. E dove ab­ bondò il peccato sovrabbondò la grazia, e dove è nata la morte ha preso inizio la vita, affinché ci fosse la vita, in luogo della morte, e colui, che a sua volta è stato generato da una donna per essere nostra vita, esclu­ desse la morte meritata dalla donna. E poiché Eva, ancora vergine, aveva commesso l'errore della disobbedienza, a sua volta l'obbedienza della grazia fu prestata dalla vergine, quando fu annunziato l'avvento dal cielo del Verbo nella carne e della vita eterna; allora infatti dice Dio al serpente : " Porrò inimicizia tra te e lei, tra il tuo seme ed il suo seme ". Ma in nessun luogo si trova questo seme di donna, onde per

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similitudine viene riferita ad Eva la inimicizia che esercita contro la sua progenie il serpente e il demonio acceso d'invidia, nascosto sotto le forme del serpente stesso. Veramente non tutto si può realizzare in lei in modo pieno e perfetto, ma si realizzerà in tuna verità nel rampollo, nel santo, nell'eletto, nell'unico, che proviene da Maria sola, senza unione con alcun uomo. Questi è venuto per s trappare il potere al drago, al serpente che si insinua nelle tenebre, il quale si vantava di avere in suo potere tutta la terra. Per questo fu generato dalla donna l'unigenito : per distruggere il serpente, cioè la seduzione, la corruzione, l'inganno, l'er­ rore e l'anarchia. È stato veramente questi ad aprire il seno materno. Poiché tutti i primogeniti, per usare un termine piu dignitoso, non sa­ rebbero stati io grado, ad eccezione dell'unigenito, che apri il seno ma­ terno della vergine. Poiché io esso solo si è compiuto ciò, ed in nessun altro. Ed appunto l'oggetto della nostra trattazione ci permette di conside­ rarlo. Certo da Maria vien presa quella sentenza della Scrittura che si può applicare alla Chiesa : " Perciò l'uomo lascerà padre e madre e s'unirà alla sua donna, e saranno due in una sola carne ". Ma il santo Apostolo dice : " È questo un grande mistero, in Cristo dico e nella Chiesa ". Nqta qui il modo accurato di parlare della Scrittura. Per Adamo si dice : " Egli formò , mentre per Eva non si parla di formare, ma di edificare : " Egli prese una delle sue costole. . . et aedificavit costam in mulierem ". Con ciò ci viene dato ad intendere che il Signore si è formato da Maria un corpo, ma dalla sua costola è stata edificata la Chiesa, in quanto il suo fianco è stato trafirto ed i! mistero del sangue e detl'acqua è diventato in mezzo a noi la redenzione » . Ambrogio dichiara : « Come il peccato parti dalla donna, cosi i beni salvifici hanno origine dalla donna » (Exp. Ev. Luc., 2, 28). « A causa dell'uomo e della donna la carne (l'umanità) è stata cacciata dal Paradiso ; per mezzo di una vergine è stata nuovamente unita a Dio » (Ep. 6 3, 33). Nello scritto De institutione virginis (32; PL. 1 6 , 327) dice : « Vieni o Eva ormai astinente; vieni Eva, anche se un giorno fosti intemperante in te stessa, ora sei penitente nella tua prole. Vieni, o Eva, che ora sei tale da non essere esclusa dal Paradiso, ma venire rapita in cielo. Vieni, o Eva, ormai Sara, che darai alla luce i tuoi figli non nella tristezza, ma nel giubilo, non nella sofferenza, ma con riso. Molti figli come Isacco ti nasceranno. . . Se Sara meritò di essere ascoltata dal suo sposo perché partori il tipo di Cristo, quanto non rimase nobilitato il sesso femminile allorché in Maria partori Cristo senza lesione della verginità. Vieni dun­ que, o Eva, ormai Maria, la quale non soltanto ci ispirò l'amore alla ver"

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ginità, ma ci ha pure portato Dio ». In una predica (45, 2-5 ; PL. q, 7 1 5 s.) il dottore della Chiesa dice : « Per la donna venne il male, per la donna il bene; poiché siamo caduti per Eva, stiamo eretti per Maria; per Eva siamo stesi al suolo, per Maria siamo rialzati; per Eva condannati alla schiavitu, per Maria liberati. Eva ci ha sottratto la vita, Maria ce l'ha ridonata; Eva a motivo del frutto dell'albero ha operato per noi la con­ danna, Maria ci ha portato la redenzione mediante il dono dell'albero, perché anche Cristo pendette dal legno, come un frutto... Tutto il male commesso da Adamo è purificato da Maria. Fortunata perciò Eva, dalla quale è offerta l'occasione, fortunata piuttosto Maria, dalla quale è ap­ prontata la guarigione; fortunata Eva dalla quale è stato generato il popolo, piu fortunata Maria, dalla quale Cristo è stato generato... Per Eva cre­ sciamo, per Maria regniamo. Da Eva siamo stati spinti alla terra, da Maria innalzati al cielo. E per aprire tutto il mistero della Legge e mo­ strare che due erano in una come tutti sono in esse : in Eva allora vi era Maria, dopo per mezzo di Maria è diventata palese Eva ». Molto spesso Maria viene cantata dai poeti siri come la seconda Eva. Cirillona esclama : « Eva soccombette allorché il cattivo consigliere che la rendeva estranea, trovò ascolto presso di lei. Ma quando la santa Maria apparve, riportò lo splendore originario di quella. Il serpente mescolò segretamente il peccato con il sangue della morte e porse ad Eva la mi­ stura; ma affinché quella non aborrisse dalla bevanda glie la propinò con la colpa del peccato sotto apparenza di amicizia. Nostro Signore mescolò il vino col suo sangue, lo combinò con il medicamento della vita e lo versò; l'innocente ne assaggiò, discese e vinse il sale micidiale della morte. Nel Paradiso il peccato si attaccò ad Eva e la cacciò dal giardino, allorché ella soccombette ; poiché aveva prestato orecchio docile al serpente, fu allontanata da quel giardino. Il serpente strisciante impedi pure il passo ad Eva; allora Maria servi da piede alla sua madre. La giovane portò l'an­ ziana affinché entrambe respirassero la vita nel loro domicilio originario. Eva invecchiò e s'incurvò, allora generò Maria e ringiovani; poiché il parto della sua figlia si assunse di riparare la colpa dell'ava. Là Eva aveva nascosto nella nostra forma il lievito della morte e della miseria; allora Maria apparve e lo tolse via, affinché non tutta la creazione fosse corrotta. Dio nascose i suoi flussi nella vergine, la vita flui dalla gloriosa; le sue correnti salirono verso i monti e su quelli innalzarono le profondità e le valli. L'annunzio del figlio abbatté il maligno, perché gli uomini caddero bocconi e lo adorarono; egli rivelò la sua natura quando lo interro­ garono e le stoppie seccarono perché non lo poterono sopportare. La piena

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di grazia portò la salvezza e le sue mani lo deposero nella mangiatoia; i popoli lo gustarono e dalla sua degustazione fu risanato il morso del serpente » (Inno sulla conversione di Zaccheo; B.K.V., 6, 23 s.). Giacomo di Sarug canta : « Ella è il secondo cielo, nel cui seno il Si­ gnore degli alti cieli ha abitato e poi è apparso, per scacciare le tenebre da tutti i confini; la benedetta fra le donne, per mezzo della quale la ma­ ledizione della terra è stata cancellata e con la quale la condanna ha avuto termine ; la casta, la umile e la risplendente nello splendore della santità, per parlare della quale la mia bocca è troppo misera ; la povera, che è diventata madre del re ed ha donato ricchezza al misero mondo, affinché con essa conseguisse la vita; la nave che apporta dalla casa del Padre i tesori ed i beni, per versare la sua ricchezza nella nostra terra desolata; il buon campo, che senza essere seminato ha prodotto mucchi di fru­ mento, e che, quantunque non lavorato, ha fornito un abbondante rac­ colto; la seconda Eva che tra i mortali ha partorito la vita ed ha pagato e distrutto la cambiale della sua madre Eva ; il bambino che ha porto la mano all'ava stesa a terra e l'ha rialzata dalla caduta, in cui il serpente l'aveva precipitata ; la figlia, che ha inressuto un abito di gloria e l'ha dato al padre suo, affinché tornasse a rivestirsene, dopo che tra gli alberi era stato denudato; la vergine che in modo meraviglioso è diventata madre senza unione maritale; la madre, che è rimasta vergine immutata; la rocca padronale, che il re ha costruito, nella quale è entrato ed ha abi­ tato, e le cui porte non furono aperte dinanzi a lui, allorché egli ne usci ; l'ancella, che simile al carro celeste ha portato e custodito l'onnipotente, dal quale tutte le creature sono portate ; la sposa che ha concepito senza mai aver guardato lo sposo, ed ha partorito un figlio, senza aver visto la residenza del padre suo » (Poesia sulla beatissima Vergine; B.K. V., 6, 286 s.). Un'altra volta egli celebra Maria : « Egli purificò la sua madre per mezzo dello Spirito Santo per ricevere da essa un corpo puro e senza peccato, allorché fosse venuto ad abitare in lei. Affinché il corpo animato, del quale intendeva rivestirsi, non fosse macchiato, purificò la vergine per mezzo dello Spirito Santo e poi abitò in essa. Il Figlio di Dio volle essere inserito da essa nell'umanità e perciò prima ne rese immune il corpo dal peccato mediante lo Spirito. Il Verbo discese per diventare carne e perciò purificò mediante lo Spirito colei dalla quale assunse carne, per diventare nella sua discesa in tutto uguale a noi, salvo in quest'unico aspetto, che il suo puro corpo rimase esente dal peccato. Allorché Dio volle diventare uomo, purificò quell'unica vergine mediante lo Spirito e la fece sua madre,

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per diventare al mondo un secondo Adamo inviato da Dio e porgere al primo, gettato a terra dal serpente, la mano per risorgere, affin ché il prin­ cipe di questo mondo, quando l'avrebbe chiamato in giudizio e condan­ nato, non potesse trovare in lui peccato alcuno, che aprisse una porta alla morte, e infine perché Dio come uomo, pur senza essere soggetto alla condanna, venisse al mondo dalla figlia dell'uomo. Perciò santificò mediante lo Spirito questa vergine santa, gloriosa, beatissima e purissima e la rese cosi pura e benedetta come era stata Eva prima del suo colloquio col serpente. Le ridonò quella primitiva bellezza, che la sua madre aveva posseduta, prima di aver gustato dell'albero apportatore di morte. Lo Sprrito che scese su di lei la rese quale era stata Eva prima di prestare ascolto al consiglio del serpente ed al suo odioso discorso. La pose in quello stato in cui si trovavano Eva ed Adamo prima del peccato origi­ nale e poi abitò in lei. Mediante lo Spirito Santo conferi a Maria la filia­ zione divina, che il nostro padre Adamo aveva avuto, perché voleva abi­ tare in lei ... Adamo partori santamente la vergine Eva e le diede il nome di madre della vita. Con ciò prediceva che da essa, mediante una seconda nascita, sarebbe venuta al mondo la vera vita ed ella nella sua verginità avrebbe partorito il Figlio di Dio. In questa predizione di Adamo fu cantato nostro Signore; poiché egli è la vita e la sua madre è la vergine Maria. Egli diede ad Eva il nome di madre di ogni vivente per predire con questo che ella ci avrebbe partorito la vita, cioè nostro Signore Gesti. Maria ottenne la purezza necessaria per questo parto; perché lo Spirito la santificò e poi abitò in lei il Figlio di Dio » (Poesia sul grano ; B.K. V., 6, 299 s.). Nel medio evo dice ad es. S. Bernardo (Horn. 2 super « Missus est »; PL. 1 83, 62 CD) : « La donna che tu mi hai data, mi ha dato da man­ giare dell'albero. Corri ora, o Eva, da Maria; corri, o madre, dalla figlia !. . . Trasforma quelle parole di scusa del peccato in un canto di ringrazia­ mento e di' : Signore, la donna che mi hai data, mi ha dato da mangiare dell'albero della vita » . 1 2. I l parallelo tra Eva e Maria divenne il punto sicuro di partenza per la equiparazione di Maria con la Chiesa nel periodo patristico. I Padri, come già è stato notato, hanno considerato la Chiesa come la seconda Eva e tra Maria e la Chiesa non vedono semplicemente un parallelo, ma inse­ gnano che Maria, come già è stato messo in rilievo, è il tipo della Chiesa, per modo che da lei è possibile conoscere che cos'è la Chiesa. Vale il principio : ciò che sta scritto della Chiesa, può essere interpretato anche -

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in riferimento a Maria (Onorio di Autun, Sigillum beatae Mariae; PL. 1 72, 499 D) ; e viceversa, ciò che è stato scritto di Maria si può anche intendere in molti punti essenziali in riferimento alla Chiesa. Il mistero di Maria ed il mistero della Chiesa sono per molti versi intrecciati tra di loro e compenetrati l'uno nell'altro. La Chiesa si presenta in Maria. Maria recita la parte della Chiesa (Ambrogio Autperto, In Apocalypsim, XII ; Alano di Lilla, Elucidatio in Cantica; PL. 2 10, 6o A). Perciò nella tradizione ecclesiastica gli stessi simboli biblici sono rife­ riti sia alla Chiesa che a Maria : « Tanto l'una che l'altra sono la nuova Eva, il paradiso, e l'albero del paradiso, il cui frutto è Gesu, ed anche il grande albero che nel sogno di Nabucodonosor è piantato al centro della terra. Sia la Chiesa che la Vergine sono l'arca dell'alleanza, la scala di Giacobbe, la porta del cielo e la porta orientale, per la quale entra il nostro pontefice, quella porta sublime che permette l'ingresso al signore di Israele. Entrambe sono la casa costruita in vetta ai monti, il vello di Gedeone, il tabernacolo dell'Altissimo, il trono di S alomone, la rocca inespugnabile... Entrambe sono la città di Dio, la città del grande re, quella mistica città cantata dal Salmista e della quale sono dette cose tanto gloriose. Entrambe inoltre sono la donna forte del libro dei Proverbi, la sposa che compare ornata dinanzi allo sposo ; la donna nemica del ser­ pente ed il grande segno celeste dell'Apocalisse : la donna, rivestita di sole e vittoriosa sul drag�ne. Prescindendo da Cristo, sia la Chiesa che la Vergine sono la sede della sapienza, il suo desco ovvero la sapienza stessa. Sia la Chiesa che la Vergine sono un nuovo mondo, una mera­ vigliosa creazione e sia l'una che l'altra riposano all'ombra di Cristo » (H. de Lubac, Meditation SUT l'Église; trad. it. dal titolo : n volto della Chiesa, Milano 1 955, 373 ss.). A volte Maria è detta dai Padri un membro della Chiesa ; ed una volta Agostino dichiara che la Chiesa è piu di Maria, perché Maria è soltanto un membro della Chiesa. In tali casi è affermato esplicitamente che ella è il membro piu eminente e piu eccellente della Chiesa (Senno Denis, 25, 7 ; ed. G. Morin, 163). Si può trovare anche l'espressione Sf':condo cui ella è nello stesso tempo madre e figlia della Chiesa. Cosi ad es. Berengoso nella sua spiegazione dell'Apocalisse dice (al cap. 1 2 ; PL. 1 7, 875-876) : « Questa donna (la donna rivestita di sole) indica la Chiesa. Con essa possiamo in questo passo intendere anche la beata Maria, poiché ella è la madre della Chiesa, avendo generato colui che è il capo della Chiesa; e nello stesso tempo è la figlia della Chiesa, essendone il membro piu importante » .

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P. Stri:iter (Mariologia, II, 272, Torino 1955) nota a questo proposito : Se, come dice S. Agostino, considero la Chiesa nella sua totalità, co­ stituita cioè dall'intero corpo mistico di Cristo, Capo compreso - tutti i membri sono animati dalla forza del Capo con il quale sono intimamente collegati (copus ab anima informatum), - Maria è effettivamente il mem­ bro piu eccelso e in piena dipendenza e subordinazione nei riguardi di questo corpo del Signore. Ma se considero la Chiesa come comunità dei credenti, che sta di fronte a Cristo, suo Capo, e riceve da lui vita e coe­ sione (corpus ab anima informandum), scorgo Maria alla testa della comu­ nità : ella è la piu pronta ad accogliere, colei che prima riceve e poi continua a dirigere indipendentemente. Questa interpretazione è quella che meglio corrisponde all'asserzione che la Chiesa è la Sposa di Cristo. Nella sua condizione di Sposa, Maria è in posizione piu elevata di coloro ai quali procura i benefici della Redenzione di Cristo, prima come sua Corredentrice, poi come Dispensatrice delle grazie salvifiche » . Seconda la dottrina della Tradizione Maria svolge una grande funzione sia per la conoscenza che per la vita della Chiesa. Ma occorre ricordare che solo Cristo è il capo della Chiesa; Maria appartiene al corpo mistico, il cui capo è Cristo. Pur essendo Maria la madre del capo per quanto riguarda la natura umana, ciò non significa che Maria costituisca in certo modo assieme a Cristo una coppia redentrice nei confronti della Chiesa. Come credente in Cristo ella è da annoverare nel corpo mistico di lui, e precisamente come suo membro piu importante, cioè come la madre del capo e come la madre spirituale del popolo di Dio. Anch'ella è re­ denta da Cristo, ma in un modo tutto speciale. «

1 3. Maria rappresenta la Chiesa per piu versi : cioè sotto l'aspetto della maternità verginale e sotto l'aspetto della santità e della pienezza di grazia. Per quanto concerne il primo elemento, la tradizione ecclesia­ stica mette in rilievo la fecondità e verginità della Chiesa, che si fonda sull'unione con Cristo, dalla quale nascono sempre nuovi figli e figlie, una grande schiera che nessuno può enumerare (Apoc. 7, 9). Come nel rapporto coniugale l'uomo e la donna cooperano a trasmettere una vita caduca e come in esso la madre dona al bambino la vita ricevuta dal padre, cosi nel campo soprannaturale Cristo e la Chiesa cooperano in certo senso a generare la nuova vita. La Chiesa dona ai bambini la vita, il cui germe è stato posto in lei da Cristo. Troviamo una allusione alla fecondità verginale della Chiesa nella let-

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tera ai Galati, dove Paolo dice di essere nuovamente in doglie per Galati, fino a che Cristo non sia formato in essi (Gal. 4, 1 9). Incontriamo per la prima volta la designazione della Chiesa come vergine-madre nella lettera inviata nel 177/ 78 dai martiri di Lione ai fratelli nella fede dell'Asia Minore. È conservata in Eusebio e vi si dice : « Grande gioia ha avuto la vergine-madre, quando poté raccogliere redi­ vivi quelli che aveva espulso dal suo grembo cadaveri », cioè coloro che nella persecuzione avevano apostatato (Eusebio, Hist. Eccl., 5, I , 45). Da allora l'idea della Chiesa come vergine-madre non è piu andata persa, ma è divenuta familiare a tutto il periodo dei Padri. La Chiesa è madre perché nel Battesimo genera sempre nuovi figli. È vergine per la sua purezza e immacolatezza, ma soprattutto per la sua fedeltà nella fede a Cristo. Sotto questo punto di vista apostasia è adulterio (cfr. ad es. Cle­ mente Aless., Stromata, 6, 1 6, 146). Il teologo romano Ippolito, il cui pensiero è conforme allo spirito di S. Ireneo, nella sua spiegazione dell'Apocalisse (De antichristo, 6 I ; G.C.S., l, 2, 4 1 s.) scrive : « La Chiesa infatti non cessa mai di generare il Logos dal suo cuore. Essa ha generato, colà si dice, un figlio maschio, che dominerà tutti i popoli, il Cristo maschio e perfetto, il Figlio di Dio, Dio e uomo. E la Chiesa genera questo Cristo, ammaestrando tutti i popoli » . Clemente Aless. interpreta sovente il passo della lettera agli Efesini (ad es. Strom., 7, 87, 88, Io7; Paedag., I, 1 8, 2 1 s.). Con linguag­ gio poetico celebra la verginità e la maternità della Chiesa : « O miste­ rioso miracolo : uno è il Padre dell'universo, uno e dovunque identico è lo Spirito S anto, una soltanto diventa madre-vergine ; chiamarla Chiesa è mia gioia. Solo questa madre non ha latte; perché essa sola non è diventata donna; che anzi, essa è nello stesso tempo vergine e madre, intatta come una vergine, piena d'amore come una madre, e convoca i suoi figli e li nutre col latte santo, con il Verbo fatto bambino. Essa non ha latte, perché il suo latte era il Verbo. Con esso ella nutre questo bambino bello e caro, il corpo di Cristo, la giovane umanità, che viene nutrita dal Verbo, che il Signore stesso ha partorito nei dolori della sua carne, che il Signore stesso ha avvolto in fasce con il suo sangue prezioso » (Pae­ dag., I, 6). Egli ammonisce i cristiani a correre da questa madre (Paedag., 3, 1 2) : « O alunni del beato Pedagogo, riempiamo l'ama­ bile persona della Chiesa e, come fanciulletti, corriamo a questa buona madre; e se siamo diventati uditori del Verbo celebriamo quella beata economia, per la quale l'uomo educato, è santificato come figlio di

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Dio, ed è certo cittadino del cielo mentre viene educato quaggiu, ma solo lassu riceve il Padre che impara a conoscere sulla terra ». A Tertulliano, quando parla di Dio padre, viene subito in mente la madre Chiesa. Essa è madre a tal punto che il nome « madre » basta già da solo a designarla. Anche i martiri egli ricorda alla madre Chiesa (De oratione, 2; De Bapti­ smo, 20; Ad martyres, 1). Al termine dell'epoca dei martiri il rapporto nuziale tra Cristo e la Chiesa e la maternità della Chiesa sono ampiamente trattati dal vescovo e martire Metodio di Filippi nel suo Convivio. Tra l'altro egli dice (di­ scorso III, cap. 8) : « È stato dimostrato con prove molto importanti tratte dalle Scritture come a buon diritto il primo uomo possa essere paragonato al Cristo, non essendo soltanto il tipo, la rassomiglianza e l'immagine dell'unigenito, ma essendo divenuto proprio ciò, Sapienza e Logos. Perché l'uomo, mescolato a guisa d'acqua alla sapienza e alla vira, è divenuto proprio quella luce incorruttibile che era entrata in lui. Perciò giustamente l'Apostolo riferi al Cristo le cose dette intorno ad Adamo. E per questa ragione si può affermare giustamente che dalle sue ossa e dalla sua carne è nata la Chiesa, grazie alla quale il Logos lasciò il Padre nei cieli e venne ad unirsi alla sua donna, e si addormentò nell'estasi della sofferenza, morendo volontariamente per essa " per rendere a se stesso la Chiesa gloriosa e pura, purificandola con un bagno " (Ef. 5, 27) affin­ ché essa riceva il seme spirituale e beato, che egli stesso pianta e coltiva nelle profondità dello spirito; mentre la Chiesa, a guisa di donna, lo ri­ ceve e gli dà forma per generare e nutrire la virttl.. In questa maniera per di piu si realizza convenientemente il " crescete e moltiplicatevi " accrescendosi essa giorno per giorno in grandezza, bellezza e numero grazie alla unione e alla vita comune con il Logos, che ancor oggi scende verso di noi ed è rapito in estasi al ricordo delle sue sofferenze. La Chiesa infatti non potrebbe in altra maniera concepire i credenti e rigenerarli col bagno di purificazione, se il Cristo, annichilendosi (Fil. 2, 7) a causa loro, non rinnovellasse da capo le sue sofferenze, come già ho detto, e scendesse dai cieli e morisse, e s'unisse alla Chiesa sua sposa e le offrisse la forza del suo fianco, affinché possano crescere quelli che sono edificati su di lui e che sono generati con il bagno (battesimale) e che sono dive­ nuti partecipi delle sue ossa e della sua carne, vale a dire della sua san­ tità e della sua gloria. Intende giustamente, infatti, chi interpreta le ossa e la carne della saggezza per la intelligenza e la virtu, e per fianco lo Spirito della verità, il Paracleto, partecipando del quale i battezzati rina­ scono cosi per l'immortalità. Ma è impossibile a chiunque essere parte-

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cipe dello Spirito Santo e divenire membra del Cristo, se prima il Logos non scenda su di lui e con lui si addormenti nell'estasi, affinché, sveglian­ dosi dal sonno assieme a colui che aveva dormito per lui, egli possa ricevere la rinnovazione e la restaurazione, essendo riempito di Spirito. Si potrebbe chiamare a buon diritto questo fianco del Logos lo spirito della verità delle sette forme, come dice il profeta (Is. 9, 2); da lui pren­ dendo Dio durante l'estasi del Cristo, cioè dopo la sua incarnazione e la sua sofferenza, prepara a lui la compagna, voglio dire le anime a lui uni­ tesi e sposatesi. Accade infatti spesso che le Scritture chiamino Chiesa questa riunione e questa massa dei fedeli, paragonando i piu perfetti nel possesso della verità alla persona e al corpo della Chiesa. I migliori, infatti, e quelli che hanno abbracciato piu strettamente la verità a causa della loro perfetta purezza e fede rigettano le follie carnali e divengono Chiesa e sposa del Cristo, a lui uniti e sposati come una vergine, per dirla con l'Apostolo (2 Cor. 2, 2), affinché avendo ricevuto in essi il seme puro e fecondo della dottrina, cooperino, aiutando la predicazione, alla salvezza degli altri. Gli imperfetti, invece, e quelli che incominciano appena ad istruirsi per la salvezza, sono portati e formati, come nel seno d'una madre, dai piu perfetti finché siano partoriti e rigenerati per la grandezza e bellezza della virtu; e, divenuti per i loro progressi anch'essi la Chiesa, cooperano alla nascita e all'educazione di altri figli, come una madre, realizzando nel loro seno la volontà purissima del Logos » (trad. di A. Zeoli). Nelle Costituzioni Apostoliche (Il, 61, 5) si dice : « Ma essa, la Chiesa, è la figlia dell'Altissimo, la quale si trova in dolori di parto per voi, for­ mando in voi mediante la parola della grazia Cristo, del quale diventate membra sante ed elette mediante la partecipazione a lui, di modo che nella fede mediante il battesimo diventate perfetti sull'esempio di colui che vi ha creati » . La maternità verginale della Chiesa è trattata con particolare ampiezza da Agostino. La Chiesa, che Cristo ha tratto fuori dalla stirpe corrotta di Adamo facendone la pura sposa verginale, col trasmettere continua­ mente ad altri la sua vita, diventa la madre feconda che mediante la sua parola ed i suoi sacramenti forma di pecc atori dei giusti, di irreligiosi dei santi, di empi dei credenti in Cristo, anzi Cristo stesso. Ricorrendo alla maternità della Chiesa Agostino risolve il problema dell'amministrazione indegna dei sacramenti. Egli dichiara (Ep. 98, 5 ; PL. 33, 361 s.) : « La rigenerazione non viene negata ai bambini, perché coloro che li portano al battesimo non hanno la retta intenzione. Essi prestano i servizi ne­ cessari e profferiscono le parole rituali senza cui il bambino non può

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essere santificato. Ma lo Spirito Santo che abita nei santi, dai quali si forma quell'unica colomba argentea nel fuoco dell'amore, opera ciò che opera, talvolta anche per mezzo di coloro che sono non soltanto ignoranti, ma anche indegni in modo riprovevole. Infatti i bambini vengono pre­ sentati a ricevere la grazia dello Spirito non tanto da coloro che li por­ tano nelle braccia, quantunque anche da essi, se sono buoni credenti, quanto piuttosto da tutta la comunità dei santi e dei credenti. Poiché si può veramente ritenere che essi sono presentati al battesimo da tutti coloro cui piace di presentarli ed il cui santo ed indiviso amore li aiuta ad ottenere la comunione dello Spirito Santo. Questo opera dunque tutta la madre Chiesa, che esiste nei santi, poiché infatti è la Chiesa intera, che genera tutti ed i singoli ». E per citare una voce del periodo posteriore : la vq·gente Ildegarda di Bingen (Scivias, II, 6; PL. 197, 507) : « E odo come una voce dal cielo che diceva : Figlio mio, questa sarà la tua sposa per la redenzione del mio popolo. Sia essa la madre del popolo, rigenerando le anime nella salvezza per mezzo dello Spirito e dell'acqua » . L a Chiesa i n tutto questo è simile a Maria. Maria h a generato il capo della Chiesa; la Chiesa genera continuamente figli, che formano il corpo mistico del capo. Essa genera e partorisce i suoi figli con l'annunzio della parola e con l'amministrazione dei sacramenti. Il fonte battesimale è il fecondo seno materno, dal quale escono continuamente nuovi figli. In una iscrizione del battistero lateranense si dice che « in questo fonte la Chiesa, madre nostra, dal suo seno verginale genera i figli che ha conce­ piti sotto il soffio di Dio ». Nella benedizione dell'acqua battesimale si dice questa preghiera : « Riguarda, Signore, la faccia della tua Chiesa, e moltiplica in essa le tue nuove generazioni, tu che con l'impeto dell'af­ fluente tua grazia rallegri la tua città, e per tutto il mondo apri la fonte del battesimo alla rinnovazione delle nazioni; affinché per un atto sovrano di tua maestà essa riceva la grazia del tuo Unigenito, dallo Spirito Santo. Il quale con l'arcana influenza di sua divinità fecondi quest'acqua prepa­ rata alla rigenerazione degli uomini; affinché questo divin fonte ricevuta la santificazione veda uscire dal suo seno purissimo una generazione ce­ leste, una creatura rinnovellata ». Ancora piu ricca e piena risuona la lode della vergine-madre Chiesa nelle liturgie orientali. Maria concepisce e partorisce nello Spirito Santo; la Chiesa concepisce e partorisce nello Spirito Santo. Maria partorisce per una nuova crea­ zione; la Chiesa partorisce l'uomo nuovo. Tuttavia il rapporto tra Maria e la Chiesa trascende di molto un sem-

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plice parallelo. È un rapporto di origine, perché i parti della Chiesa di­ pendono dal parto di Maria. Il partorito da Maria nasce come capo di una nuova umanità. La sua nascita è ordinata alle nascite dalla Chiesa, cosi come il capo è ordinato al corpo. E viceversa le nascite dalla Chiesa sono retroriferite alla nascita da Maria. Esse completano in certo modo ciò che è stato iniziato dal parto di Maria. In tal modo il parto di Maria ed i parti della Chiesa formano un tutto unitario. Soltanto dalla loro col­ laborazione nasce il « Cristo totale », cioè il Cristo formato di capo e di corpo. Ed in questo Maria riveste importanza fondamentale. La Chiesa riprende e continua ciò che ella ba compiuto, in modo corrispondente al disegno salvifico divino. Maria partorisce l'unico ; ma poiché da questo unico parto seguono le nascite dei molti ad opera della Chiesa, Maria diventa la madre dei molti. La Chiesa partorisce i molti ; ma poiché i molti sono membra dell'unico corpo, si può anche dire che essa parto­ risce l'unico e diventa la madre dell'unità (Agostino, Sermo 192, 2). « Il corpo della Chiesa, al pari del suo capo, nasce dallo Spirito Santo e da una Chiesa verginale e come da membra diverse si forma da tutti i po­ poli, nuovi uomini i.n uno solo » dice Guitmondo di Aversa (De corporis et sanguinis dominici veritate, 2). Lo stretto rapporto tra Maria e la Chiesa giustifica uno scambio dei predicati, per modo che si può dire dell'una ciò che in un primo tempo vale dell'altra, e viceversa. Abbiamo una specie di pericoresi ed una co­ municazione degli idiomi, come dice Scheeben. Cosi Maria, partorendo il Cristo ordinato al suo corpo mistico, viene chiamata la genitrice della Chiesa. La Chiesa è chiamat:a talora dai Padri genitrice di Cristo, anzi di Dio, perché produce il corpo vivificato da Cristo capo (Beda, In Luc. Ev. expositio, I, 2; PL. 92, 333). Per questo ci si poteva richiamare alle parole di Cristo, secondo cui coloro che credono in lui, gli sono madre e sorelle. Cosi ad es. Gregorio dice in una omelia (In evangelia, I, 3, 2 ; PL. 1 96, 1 086 D) : « Dobbiamo sapere che colui il quale è fratello e so­ rella di Cristo nella fede, ne diventa madre nella predicazione. Poiché egli in certo modo partorisce il Signore che ingenera nel cuore degli uditori. Egli diventa sua madre quando per la sua voce l'amore per il Signore viene generato nello spirito del prossimo ». Parimenti Aimone dichiara (Expositio in Apoc., 3 ; PL. I 1 7, 1082) : « Egli stesso dice nel Vangelo : Colui che fa la volontà del Padre mio ecc. : la Chiesa stessa cioè viene considerata sia come madre che come figlio. Quando porta uomini alla fede essa è madre. Ma in coloro che si accostano al batte­ simo e confessano la loro fede in Cristo, essa è figlio ». Agostino afferma

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che come della Chiesa si dice che è madre di Cristo, si può anche dire di Cristo che è figlio della Chiesa (Agostino, De sancta virginitate, 5 ; PL. 40, 397 ; cfr. Gilberto Foliot, Expositio in Cantica Cant.; PL. 202, 129 1). Anzi Cristo nasce di nuovo quotidianamente, ogni qualvolta cioè un uomo diventa cristiano (Beda, Explanatio in Apoc.; PL. 93, 1 65-166; Pascasio Radberto, Expositio in Matth.; PL. 1 20, 1 04 C). Quanto stretto sia il rapporto tra il parto di Maria ed i parti della Chiesa, risulta dal fatto che Maria ha partorito fisicamente il suo unico figlio, ma ha partorito spiritualmente a nuova vita tutto il genere umano, mentre la Chiesa partorisce i suoi figli spiritualmente alla vita celeste, ma nell'Eucaristia esercita una specie di funzione materna nei confronti di Gesii Cristo. Il concetto è cosi espresso da Feckes : « Come Maria genera il Cristo terreno, cosi la Chiesa genera il Cristo eucaristico. Come la vita di Maria si accentra nell'educazione e custodia di Cristo, cosi la vita e la cura piii intima della Chiesa si accentra nel tesoro eucaristica. Come Maria dona il Cristo terreno al mondo, affinché la sua santa carne redima il mondo e gli nascano figli di Dio, cosi la carne ed il sangue eucaristico devono formare alla Chiesa figli viventi di Dio. Come Maria ha partecipato al sacrificio della croce, cosi anche l'intera Chiesa parte­ cipa ad ogni sacrificio della Messa. Come Maria riceve l'intero tesoro delle grazie della redenzione per amministrarlo spiritualmente come me­ diatrice, cosi anche la Chiesa lo ha ricevuto, lo riceve per cosi dire ex novo in ogni santo sacrificio, per amministrarlo e distribuirlo per mezzo del suo ministero. Come Maria è la celeste, autentica interceditrice presso il figlio, cosi anche la Chiesa possiede virtii di autentica, potente preghiera per i suoi figli » (Das Mysterium der heiligen Kirche, 1934, 1 89 s. ; trad. it. : La santa Chiesa, 1956, 280 s.). Maria e la Chiesa sono tra loro unite nel modo verginale di partorire, perché entrambe concepiscono e partoriscono nello Spirito Santo, non nelle forme biologiche della generazione naturale. Per virtii dello Spirito Santo Maria ha concepito e partorito alla vita terrena il suo figlio. Per la stessa virtii la Chiesa genera i suoi figli ad una vita nello Spirito Santo. I Padri vedono nella fede di Maria e della Chiesa ciò che c'è di co­ mune nell'elemento della verginità. Maria e la Chiesa sono una cosa sola nella fede nel Signore. Nella fede Maria s'è data a Dio senza riserve ; anzi, prima di concepirlo materialmente, aveva concepito il Figlio di Dio nella fede. Nella fede ella rimane fedele alla sua vocazione perfino nel­ l'ora della croce. La sua fede rimase inconcussa anche il venerdi santo. Se la Chiesa è la comunità di coloro che credono in Cristo, la vita del

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corpo mistico s1 e ritirata in quel giorno in Maria. Il sabato santo ella sola rappresentava la Chiesa, perché in tutti gli altri la fede s'era spenta od oscurata (H. de Lubac, Il volto della Chiesa, 399). Secondo Bonaven­ tura Maria fu colei, in cui la fede della Chiesa era rimasta salda ed in­ concussa (In 3 Sent., q. r, art. 2, q. 3, ad 2). Nella stessa fede la Chiesa si dona a Gesu Cristo. Secondo Agostino la verginità del cuore è la fede incorrotta (Enarrat. in Ps., 1 47, r o ; PL. 37, 1 920). Secondo Pier Damiani la Chiesa è vergine, perché conserva illesa ed inviolata la fede (Liber qui dicitur Dominus vobiscum, 1 2 ; PL. 145, 241 C). La Chiesa si guarda dall'eresia, perché eresia è perdita della verginità. Si può ritenere che Maria imparò sotto la croce quanto il risorto spiegò ai discepoli di Emmaus, cioè che in Cristo si erano adempiute le antiche profezie, secondo cui egli doveva morire per entrare cosi nella sua gloria. Ella considerò la croce con intelligenza di fede in nome della Chiesa e vi riconobbe l'accordo di tutti gli scritti del Vecchio e Nuovo Testamento ed il senso ultimo di ogni avvenimento. Con ciò il suo cuore fu trafitto dalla spada del dolore, come aveva profetato Simeone. Ella accolse il dolore in nome della Chiesa, che fino alla fine dei tempi partecipa con la fede alla croce del Signore. Maria è anche il tipo della Chiesa in rapporto alla pienezza di grazia ed alla santità. Anche la Chiesa, come Maria, è ripiena dello Spirito Santo e vive nella sua atmosfera celeste. Come la Chiesa ella è la vergine fedele e immacolata, il giardino chiuso, la fonte sigillata, il tesoro na­ scosto, la torre di Davide, la casa aurea, la terra benedetta, il santuario del Paraclito, il trono di Dio, la mistka vite, la luce che non si spegne mai, lo scettro della ortodossia, l'aurora che ann unzia la salvezza. Le li­ tanie mariane sono sovente litanie per la Chiesa, e le litanie della Chiesa sono sovente litanie mariane. Se la Chiesa è il terreno in cui nasce la nuova umanità, Maria è sia la cellula germinale che la pienezza della nuova umanità, perché in essa è già giunto a perfezione ciò a cui tende il popolo di Dio con lento e faticoso pellegrinaggio. Maria ha accolto e conservato nel suo cuore, ha compreso nella discesa dello S pirito Santo ciò che è attestato nella predicazione della Chiesa. In essa si è realizzato in modo unico ed irripetibile con perfetta pienezza ciò che tocca a ciascun membro della Chiesa. Per portare il frutto della fede, in ciascuno deve quindi essere l'anima di Maria che glorifica il Signore, e lo spirito di Maria che giubila in Dio. Ogni cristiano nella sua dedizione al Signore diventa uomo mariano, cosi come tutta la Chiesa è mariana nella sua fede (H. de Lubac, l. c., 414).

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Una particolare occasione di comparare Maria e la Chiesa, anzi di vederle congiunte ed immedesimate, è stata offerta dal Cantico dei Cantici. Il fatto che esso sia stato conservato nel canone giudaico dimostra che non è stato inteso come un semplice canto nuziale profano, ma come una presentazione figurata del rapporto d'amore tra il popolo d'Israele ed il Dio vivente. In esso è simboleggiato il pensiero che Dio vive in matrimonio col suo popolo, pensiero che, come già abbiamo visto precedentemente, ci viene tramandato da Osea, Isaia, Geremia, Ezechiele e nel Salmo 44· La Chiesa, il popolo di Dio del Nuovo Testamento, essendo succeduta nel progresso della storia della salvezza ad Israele, fu considerata come la sposa celebrata nel Cantico. Questa interpretazione, che troviamo per la prima volta in Ippolito, teologo romano del sec. m, divenne elemento stabile della tradizione ecclesiastica. Essa si fondava sulla spiegazione corrente nella sinagoga e sull'unità tra Cristo e la Chiesa, insegnata da Paolo e da Giovanni. Alla metà del sec. III Origene introdusse un'altra interpretazione, cioè quella in rapporto all'uomo singolo. Ciascun credente ha carattere eccle­ siale. Nasce perciò una analogia tra il macrocosmo della Chiesa ed il microcosmo dell'individuo. I rapporti rra Cristo e la Chiesa presentati dal Cantico vengono intesi come rapporti tra Cristo e l'anima cristiana. Ciò che in un primo tempo è scritto per il popolo eletto, viene spiegato in riferimento alla comunità dei credenti creata da Cristo e poi in rife­ rimento a ciascun'anima individuale. Questo rapporto consegue facil­ mente perché il singolo è membro della Chiesa e perciò partecipa a tutto ciò che spetta alla Chiesa stessa. Cosi l'interpretazione collettiva rientra nella individuale e l'individuale nella collettiva. In seguito prevale ora l'una, ora l'altra. H. de Lubac (l. c., 424), da cui è tolto questo abbozzo, dice : « In Teodoreto, in Gregorio di Elvira, in S. Giusto di Urge! o in S. Bruno di Segni indubbiamente si tratta piuttosto delle nozze della Chiesa; in S. Gregorio Nisseno, in S. Nilo o, nei tempi moderni, nel venerabile Luigi da Ponte, in Cario, in S. Roberto Bellarmino ed in S. Giovanni della Croce, si tratta delle nozze dell'anima. Ed allora il mistero del Cantico " designa in certo modo la via della perfezione. Ma come il primo gruppo non esclude l'esegesi spirituale del secondo, il secondo gruppo, a sua volta, presuppone come acquisita l'esegesi eccle­ siale del primo. In un proemio Guglielmo di Saint Thierry si esprime in proposito con tutta la chiarezza desiderabile. In S. Gregorio Magno, in S. Bernardo, che deve moltissimo ad Origene, ed anche in altri, le due 1 4.

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concezioni stanno alla pari in primo piano, e in ciò si può notare quanto strettamente entrambe siano tra loro intrecciate in una esegesi organica. Esse non costituiscono due chiavi distinte, ma un'unica chiave (idem est), ed il regno, che questa chiave apre, non è un regno delle illusioni; poiché " è nelle anime che la Chiesa è bella ", come dice S . Ambrogio, e " mediante il mistero del sacramento ciascun'anima è in qualche modo la Chiesa nella sua pienezza ", com'è detto in S. Pier Damiani ». L'interpretazione mariana è apparsa soltanto nel sec. IX. Secondo Pa­ scasio Radberto (Exp. in Matth., II, proemio) ciò che il Cantico dice della Chiesa in generale, può essere inteso di Maria in modo particolare. Ambrogio Autperto nel sec. IX e Pier Damiani nel sec. XI usano l'inter­ pretazione mariologica nelle loro prediche per le feste di Maria. Con Ruperto di Deutz nel sec. xrr incomincia l'esegesi mariana del Cantito, in cui Maria viene identificata chiaramente con la sposa. Nella sua opera Die Lehre des heiligen Thomas von Aquin von. der Kirche als Gotteswerk (1903, 296 s.), Grabmann dice quanto segue : « La posizione di Maria nei confronti della Chiesa viene messa in rilievo dalla teologia medievale anzitutto con l'inserire Maria nella cerchia di idee della Cantica, di questo canto della unio Christi cum Ecclesia, di modo che i tre concetti : Cristo, Maria, Chiesa appaiono in intimo rap­ porto reciproco. Questa imerpretazione della Cantica, di cui già si uo­ vano echi in Gerolamo ed Ambrogio, venne divulgata ed ingegnosamente praticata di preferenza a partire dal sec. XII, specialmente da Filippo di Harvengt, Algerino di Abbatisvilla, Ruperto di Deutz, Onorio di Autun ed Alano di Lilla e nella tarda Scolastica da Dionisio Cartusiano. In San Tommaso questa concezione non si trova nel commentario genuino al Cantico dei Cantici. Ma nella sua spiegazione del Salmo 44 l'Aquinate in­ dica in modo chiaro e significativo gli intimi rapporti tra Cristo, Maria e la Chiesa. Secondo la concezione profonda della mistica medievale tutta la Chiesa si compendia nell'idea " Maria ", in quanto il ricambio di amore dei membri della Chiesa a Cristo, capo e sposo della Chiesa, raggiunge nell'amore di Maria a Cristo la forma piu intima e la misura suprema » . Nella Chiesa orientale l'interpretazione mariana è usata nel sec. XIV dall'imperatore Mattia Cantacuzeno, allorché divenne monaco del monte Athos. Secondo l'esegesi che si sviluppò celermente nella Chiesa occidentale, il Cantico abbraccia tutto quanto si può dire e cantare di Maria. Secondo Ruperto di Deutz Maria incarna nello stesso tempo il desiderio e l'ap­ pagamento che è espresso nel termine sposa. In specie viene sovente af-

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fermato che la ricerca della sposa, attestata nel Cantico, non indica im­ perfezione e difetto, ma la grande intensità del desiderio con cui Maria aspira a Dio. Dionigi Cartusiano afferma giustamente che la parola di Dio è bramata con piu fervore da coloro che la posseggono, che non da coloro che ne sono privi. Con questa affermazione egli si muove nella cerchia dei pensieri agostiniani. L'esegesi del Cantico in riferimento a Maria nel primo medio evo non dev'essere intesa come abbandono della interpretazione ecclesiologica e sua sostituzione con quella mariologica. Che anzi, le diverse esegesi, quella generale della Chiesa, la particolare di Maria e la comune-indivi­ duale di ogni cristiano, confluiscono. Sono elementi dell'unico grande mistero salvifico, che è operante nella Chiesa, in Maria ed in ciascuna anima. In ciascun'anima è operante la Chiesa, nella quale ogni singolo credente vive come membro del tutto. Maria sta in un rapporto parti­ colare ed unico sia con il tutto che con ciascun individuo. Se Maria viene distinta dal tutto e dalla molteplicità dei singoli, ciò non costituisce un oscuramento di tutta la Chiesa o dei singoli credenti. Che anzi, lo splendore celeste in cui sta Maria si comunica alla comunità ecclesiale ed a ciascun individuo. È in ultima analisi uno splendore della gloria di Dio, per modo che nella distinzione di Maria viene glorificato Dio stesso. Maria è la gloria di Dio. Giustamente Cirillo di Alessandria dice (PG. 77, 992) : « Per te nei santi evangeli è benedetto colui che viene nel nome del Signore... Per te è glorificata la Trinità... Per te la luce del figlio unico irradia su coloro che sono nelle tenebre e nell'ombra della morte ». Alcuni testi dell'epoca patnsuca e del medio evo possono spie­ gare ed illuminare quanto è stato detto. Troviamo accennata per la prima volta l'identificazione della Chiesa e di Maria in Ireneo, il quale fa dire a Maria le parole profetiche del Magnificat in nome della Chiesa (cfr. il testo al § 5 , n. 19). Il suo concetto viene ripreso e sviluppato dal teologo romano lppolito, il quale della benedizione pronunziata da Mosè mo­ rente sul suo popolo dà la seguente interpretazione (Benedizione di Mosè, I 5 ; Texte und U ntersuchungen, 26, I, p. 66) : « Mosè dice : per la benedizione di Dio la sua terra rimarrà sua e sarà benedetta con la ru­ giada del cielo (Deut. 33, I 3 secondo il testo dei Settanta). Ciò è detto di Maria, che fu la terra benedetta, ed il Verbo divenne carne discen­ dendo come la rugiada. Ma altrettanto bene può essere detto della Chiesa, poiché essa è benedetta dal Signore come una terra santa e come un 1 5.

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paradiso di beatitudine, e la rugiada è uguale al Signore, al redentore stesso ; poiché nata dalla Vergine, dalla santa casa, questa terra santa ere­ ditò tutte le benedizioni del Signore, come dopo secoli si è svelato ». Nello stesso senso il teologo siro Efrem dice (Inno V sulla nascita del Signore, vers. 5) : « Beata sei, o Chiesa ! Poiché per te vale il profetico grido di giubilo di Isaia : ecco la Vergine concepirà e partorirà un figlio. O mistero svelato della Chiesa! ». Piu di qualunque precedente Dottore della Chiesa, della posizione di Maria nei confronti della Chiesa ha parlato Ambrogio, il quale ha trattato questo rapporto ripetute volte in modo molto profondo. Nel commento al Vangelo di Luca (2,7) dice : « Abbiamo sentito il senso letterale della verità (che Maria è vergine e sposata). Sentiamo ora anche il senso mi­ sterioso. Giustamente Maria è una sposa, ma nello stesso tempo anthe vergine, poiché è tipo della Chiesa, la quale è immacolata, ma è anche sposa. Come vergine la Chiesa ci ha concepiti dallo Spirito, come vergine ci partorisce senza segno di dolore. E per questo forse Maria è stata spo­ sata ad uno (Giuseppe) ed è stata resa madre da un altro (lo S pirito Santo), perché anche le singole Chiese vengono riempite dallo Spirito e dalla sua grazia, ma esternamente vengono date in spose ad un sacerdote mortale ». Come si vede, nella tipologia di S. Ambrogio il tono poggia sulla singola Chiesa. Ma tuttavia si può dire che, secondo lui, la mater­ nità verginale di Maria nei confronti di Cristo si ripete nella Chiesa ; si realizza in modo continuato nella Chiesa, che come vergine ci concepisce di Spirito Santo e ci partorisce senza dolori. Ciò che avvenne nella ver­ gine Maria in virru dello Spirito S anto, si compie in modo sacramentale nella vergine Chiesa. Nella maternità verginale di Maria è dunque rap­ presentato il mistero della vergine madre Chiesa (Huhn, 1 49). « Come Cristo solo apri l'immacolato seno materno di Maria, cosi anche Cristo apre il seno segreto, immacolatamente fecondato, della santa vergine Chiesa per la rigenerazione del popolo di Dio » (Exp. Ev. Luc., 2, 57). Secondo Ambrogio la maternità della Chiesa non ha nulla di terreno; è una maternità soprannaturale, in cui si congiungono ricca fecondità ed inviolata verginità. « La santa Chiesa è intatta da rapporti sessuali, ep­ pure feconda nel suo partorire. È vergine nella sua castità, madre per la sua prole. Ci dona dunque la vita come vergine, non ad opera di uomo, ma per virtu dello S pirito. Come vergine essa ci partorisce, non tra do­ lori fisici, ma tra i canti di gioia degli angeli. Come vergine non ci nutre con latte materiale, ma con quel latte con cui l'Apostolo rafforzava il popolo in crescita. Dove c'è una sposata che abbia piu figli della santa

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Chiesa, che è vergine nei misteri, madre di una numerosa discendenza ! La sua fecondità è attestata anche dalla Sacra Scrittura con le parole : sono piu numerosi i figli dell'abbandonata che non di quella che ha uomo (Is. 54, I). La madre nostra non ha uomo, ma ha uno sposo. Poiché tanto la Chiesa tra i popoli quanto l'anima nei singoli uomini si unisce al Verbo di Dio quale suo sposo eterno senza la minima lesione della purezza. Essa rimane intatta dal male, ed è feconda nello spirito » (De virginibus, I, 3 I ; PL. I6, 208). Secondo Ambrogio anche del singolo si può dire che partorisce Cristo e cosi diventa madre di Cristo. Egli dice : « Un'anima credente è diven­ tata " Maria ", concepisce Cristo nella fede, partorisce spiritualmente Cristo, cosi come una volta Maddalena, prima di convertirsi al Signore, fu da questi chiamata " donna ", e poi con il nome di Maria " » (Exp. Ev. Luc., 2, 6 1). Dell'apparizione del risorto a Maddalena dice Ambro­ gio : « Allora il Signore le disse : " Maria, guardami ". Nel tempo in cui non crede, ella è " donna "; quando incomincia a volgersi a lui, è chia­ mata Maria, cioè riceve il nome di colei che partorisce Cristo, perché ella è un'anima, che partorisce Cristo spiritualmente » (De ·virginitate, I, 20 ; PL. I 6, 285). Ne consegue per Ambrogio, curatore di anime, l'ammoni­ zione di aspirare alla santità : « Non tutti - egli dice - partoriscono, non tutti sono perfetti, non tutti possono dire : " Abbiamo partorito lo spirito della salvezza nel paese " (I s. 26, 1 8), non tutti sono Marie, che concepiscono Cristo di Spirito Santo, partoriscono il Verbo ... Ci sono molti padri, che sono diventati tali per mezzo del vangelo, e molte madri, che partoriscono Cristo. Chi dunque mi può mostrare i genitori di Cristo? Egli stesso li ha mostrati con le parole : " Chi è mia madre o chi sono i miei fratelli? Chi fa la volontà del Padre mio, che è in cielo, questi è a me fratello e sorella e madre " (Mt. I2, 48 s.). Fa la volontà del Padre, per essere madre di Cristo. Molti hanno concepito Cristo, ma non l' hanno partorito. Chi dunque partorisce giustizia, questi partorisce Cristo, chi partorisce sapienza, questi partorisce Cristo; chi partorisce la parola, que­ sti partorisce Cristo » (Exp. Ev. Luc., I o, 24 s. ; C.S.E.L., 32, 464). Nella stessa opera (8, IO; PL. 1 5 , I858) egli dice : « O anima che credi in Dio, sii una donna forte, come quell'anima ecclesiale o come la Chiesa stessa, della quale Salomone tesse l'elogio : una donna forte chi la troverà? » . Secondo Ambrogio ogni uomo cristiano dev'essere mariano, accogliendo la parola di Dio. A proposito di Le. I, 45 dice quanto segue (Exp. Ev. Luc., 2, 26; PL. I5, I642) : « Beati allora anche voi, che avete udito e creduto. Poiché ogni anima che crede, concepisce e partorisce la parola "

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di Dio. Abiti dunque nel cuore di voi tutti l'anima di Maria, per lodare Dio. Benché secondo la carne ci sia un'unica madre di Cristo, secondo la fede Cristo è il frutto di tutti. Poiché ogni anima concepisce il Verbo di Dio, quando è senza macchia ed immune da peccato. Essa quindi glorifica il Signore, come il cuore di Maria lodò il Signore ed esultò nello spirito per Iddio suo salvatore » . Un'altra volta egli grida al suo uditorio : « Imitate, o figlie mie, colei a cui giustamente conviene ciò che fu profe­ tato riguardo alla Chiesa : " Graziosi sono i tuoi passi nei sandali, o figlia di re " (Cant. 7, r), perché la Chiesa avanza magnificamenre bella nel­ l'annunzio del vangelo. E graziosa incede l'anima, alla quale il corpo serve per cosi dire da sandalo, per modo che può volgere liberamenre i suoi passi colà dove le piace. In questo sandalo incede graziosa Maria, che senza cooperazione di uomo ha partorito da vergine l'autore della sal­ vezza... Graziosi sono i passi di Maria o della Chiesa, poiché graziosi sono i piedi degli annunziatori del lieto messaggio. Quanto bello è pure ciò che nella figura della Chiesa venne profetato di Maria, quando cioè non si considerano le membra del corpo, ma i misteri della nascita di Cristo... (Cant. 7, 3) >> (De instit. virg., 87 s., PL. 1 6, 340 s.). In Agostino il rapporto della tipologia mariana con la Chiesa intera è posto in maggiore rilievo che in Ambrogio. Per Agostino la concezione e nascita verginale di Cristo sono segno della nascita spirituale dei cri­ stiani dal seno della Chiesa. « Giubilate, o vergini di Cristo, la madre di Cristo è vostra sorella. È vero che voi non poteste partorire Cristo, ma per amore di Cristo voi non voleste partorire. Colui che non è nato da voi, oggi è nato per voi. Eppure quando voi vi ricordate, come dovreste, della sua parola, siete anche voi madri di Cristo, perché compite la volontà del padre suo. Non dice forse egli stesso : '' Chiunque fa la volontà del Padre mio, questi è a me fratello e sorella e madre "? (Mt. 12, 50). Giubilate o vedove di Cristo : a colui, che ha reso feconda la verginità, avete votato la vostra santa continenza. Giubila anche tu, o castità matrimoniale, tutti voi che vivete fedeli coi vostri sposi : ciò che perdete nel corpo, conser­ vate nel cuore. Là dove la carne non può piu essere intatta dall'abbraccio, sia vergine la coscienza nella fede, secondo cui tutta la Chiesa è vergine. In Maria la pia verginità ha partorito Cristo ; in Anna la vedovanza an­ ziana ha riconosciuto il piccolo Cristo ; in Elisabetta la castità matrimo­ niale e la tardiva fecondità si è consacrata a Cristo. Tutte le condizioni delle membra credenti hanno dato al capo il contributo che mediante la sua grazia potevano dare. E quindi : poiché Cristo è la verità, la pace e la giustizia, concepitelo nella fede, partoritelo al mondo mediante le

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opere; affinché quanto il seno di Maria ha compiuto nella carne di Cristo, il vostro cuore compia nella legge di Cristo. Infatti come non dovreste avere qualche rapporto col parto della Vergine, se siete membra di Cristo? Maria ha partorito il vostro capo, voi ha partorito la Chiesa. Anch'essa infatti è nello stesso tempo madre e vergine : madre per le sue viscere di carità, vergine per integrità della fede e della pietà. Essa genera po­ poli, che pure sono membra di quell'unico, del quale essa è nello stesso tempo corpo e sposa, anche in questo paragonabile a quella vergine, perché nei molti è la madre dell'unità » (Sermo I 92, 2; PL. 38, I O I 2IOI 3). Una volta il dottore della Chiesa si rivolge ai suoi uditori nel modo seguente : « Ciò che ammirate nel corpo di Maria, coltivate nell'intimo del vostro spirito. Chi nel suo cuore crede alla giustizia, concepisce Cristo; chi con la bocca aderisce alla salvezza (Rom. IO, Io) partorisce Cristo. Cosi possa nei vostri cuori essere esuberante la fecondità e nello stesso tempo perseverare la verginità » (Sermo I 9 I , 4; PL. I 38, I O I I). In un'altra predica Agostino dice (Tract. I, 8; G. Morin, 44 7) : « La Chiesa è vergine. Forse mi dirai : se è vergine, come allora genera figli? Oppure, se non genera figli, come abbiamo dato i nostri nomi, per na­ scere dal suo seno? Rispondo : essa è vergine e genitrice. Imita Maria che ha partorito il Signore. Non fu Maria vergine allorché partori, e non rimase vergine? Anche la Chiesa partorisce ed è vergine. E se meglio rifletti, essa partorisce Cristo stesso, poiché sono sue membra coloro che ricevono il battesimo. " Voi siete il corpo di Cristo e sue membra " dice l'Apostolo ( I Cor. 1 2, 27). Se essa dunque partorisce membra di Cristo, sotto questo rapporto è simile a Maria ». Secondo Agostino la verginità della Chiesa consiste in questo, che essa conserva intatta la fede in Cristo. Ma fu soprattutto lui a spiegare questo concetto della verginità della Chiesa come il suo mistero mariano. In una predica natalizia ( 1 8 8, 4 i PL. 38, I 003) dice : « Oggi la santa vergine Chiesa celebra la nascita verginale. A lei infatti ha detto l'Apostolo : Io vi ho promessi ad un uomo, per presentarvi come vergine casta a Cristo. Perché come vergine casta, se non a motivo della integrità nella fede, nella speranza e nell'amore? La verginità che Cristo ha voluto creare alla Chiesa nel cuore, l'ha conservata prima a Maria nel corpo. La Chiesa non potrebbe essere vergine, se non avesse trovato quale sposo, a cui essere consegnata, il figlio della Vergine » . In un'altra predica (Sermo 2 I 3, 7 ; PL. 38, I 064) Agostino dice : « Cristo ha fatto della sua Chiesa la vergine per se stesso. Essa è vergine nella fede. Secondo la carne essa ha soltanto un piccolo numero di ver-

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gini consacrate a Dio. Secondo la fede deve avere tutti come vergini, donne e uomini » . Cfr. anche Sermo 341 , 5 · Ancora in un'altra predica (Senno 25, 8 ; G . Morin, 1 63) esclama : « Orsu, carissimi, osservate come la Chiesa - e questo è noto è sposa di Cristo ; come essa - e questo è piu difficile da comprendere, ma pur tuttavia vero - è madre di Cristo. Come sua immagine, l'ha preceduta Maria vergine. In che modo, vi domando, Maria è la madre di Cristo, se non perché ha partorito le membra di Cristo? Voi, ai quali io parlo, siete le membra di Cristo. Chi vi ha partorito? Sento la voce del vostro cuore : la madre Chiesa. Questa madre santa, onorata, simile a Maria, partorisce e tuttavia è vergine ; essa partorisce Cristo, poiché voi siete le membra di Cristo » . I n una predica pasquale, attribuita a d Eusebio di Gallia o d a Cesario di Arles, si dice : « Oggi si rallegra la Chiesa di Cristo ! Arricchita come la santa Maria dall'azione dello S pirito Santo diventa madre di una pro­ genie divina. Vedete quanti fratelli il suo seno verginale fecondo vi dona in questa unica notte in aggiunta ai molti altri ! Confrontiamo, se vi ag­ grada, queste due madri, la cui maternità rafforzerà la nostra fede... Lo Spirito ha adombrato Maria, ed al fonte battesimale la sua benedizione opera la stessa cosa nella Chiesa. Maria ha concepito il suo figlio senza peccato, e la Chiesa distrugge ogni peccato in coloro che essa rigenera. Da Maria è nato colui che era in principio ; dalla Chiesa viene rigenerato ciò che all'inizio era andato in rovina. Quella ha partorito per molti po­ poli; questa partorisce i popoli stessi. L'una, che è rimasta vergine, ci ha donato il suo figlio; l'altra partorisce incessantemente mediante questo figlio, che è il suo vergine sposo » (PL. 67, 1048 B-C). Beda dice : « Oggi ancora ed ogni giorno e fino alla fine dei tempi il Signore viene incessantemente concepito a " Nazaret " e partorito a " Be­ tlemme " : ogni qual volta un uditore credente, accogliendo in sé il " fiore " della parola, si trasforma in una " casa del pane eterno ''. Ogni giorno il Signore viene concepito in un seno verginale, cioè nello spirito dei cre­ denti e viene generato nel battesimo. Ogni giorno la Chiesa, genitrice di Dio, al seguito del maestro sale dalla Galilea (il che significa la " ruota che gira " della vita profana) alla città della Giudea (cioè alla città della " con­ fessione e della glorificazione ), per pagare il tributo della sua dedizione al re eterno. Infatti la Chiesa, in conformità al suo modello che è la beata e sempre vergine Maria, è nello stesso tempo sposata ed immacolata. Essa ci concepisce di Spirito Santo, ci partorisce come vergine senza doglie » (In Luc. Ev. exp., I, 2 ; PL. 92, 330 D). -

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IL CONTRIBUTO DI MARIA ALLA REDENZIONE

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Isacco di Stella scrive : « Uno solo ed unico è Cristo : il capo ed il corpo. Egli è uno solo : figlio di un solo Dio in cielo, figlio di una sola madre in terra. Molti sono i figli, eppure un unico figlio. Come di con­ seguenza il capo e le membra assieme sono molti figli eppure un unico figlio, cosi anche Maria e la Chiesa sono un'unica madre eppure due, una sola vergine eppure due. Ciascuna è madre, ciascuna è vergine. En­ trambe hanno concepito verginalmente dallo stesso Spirito. Entrambe senza peccare hanno dato una prole a Dio Padre. Quella ha partorito senza alcun peccato il capo al corpo; questa col potere di perdonare tutti i pec­ cati ha donato il corpo al capo. Ciascuna è madre di Cristo, ma nessuna lo partorisce pienamente senza l'altra. Perciò quanto nella Scrittura divi­ namente ispirata è detto in senso largo della vergine-madre Chiesa, vale in senso particolare della vergine Maria. E ciò che viene detto personal­ mente della vergine-madre Maria, viene inteso giustamente della vergine­ madre Chiesa in genere. Ma anche ogni anima credente è in senso vero sposa del Verbo divino, madre di Cristo, figlia e sorella, vergine e fe­ conda. Dunque tutto questo ci viene detto dalla Sapienza di Dio uni­ versalmente della Chiesa, in senso particolare di Maria e singolarmente dell'anima credente » (Sermo 51 in Ass. B. Mariae; PL. 194, 1 863 A-B). Alberto Magno nel suo Commento all'Apocalisse ( 1 2, 5) dichiara : « Ogni giorno la Chiesa partorisce Cristo stesso nei cuori degli uditori mediante la fede » .

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9 . Il contributo di Maria alla redenzione.

l.

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STATO DELLA QUESTIONE.

l. Nella teologia odierna si discute ampiamente e vivacemente la questione se Maria abbia prestato un contributo personale alla redenzione compiuta da Cristo. Senza dubbio come madre del Signore ella ha aperto a Dio l'ingresso nella storia umana. Il suo assenso al messaggio angelico ha avuto una portata incalcolabile non soltanto personalmente per lei, ma per tutta l'umanità ; ed ella non l'ha espresso soltanto in nome proprio, ma in nome di tutti. Con esso ella ha compiuto un ufficio pubblico : il che è attestato dalla Sacra Scrittura ed è creduto dai Padri. Soprattutto nel Magnificat e nel parallelo Eva-Maria, elaborato dai Padri si rivela il carattere pubblico rivestito dal consenso di Maria. Su questo le cose piu importanti sono già state dette. -

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Ci si chiede tuttavia se, oltre a questo, Maria abbia partecipato al­ l'opera redentrice di Cristo. Il problema non sta nel vedere se ella abbia preso parte viva alla passione e morte del suo figlio e gli sia stata intima­ mente vicina nel suo atto salvifico. Cosi fu senza dubbio. La questione di cui si tratta riguarda il fatto se la partecipazione di Maria alla vita del suo figlio sia stata efficace per la redenzione stessa, se ella quindi abbia cooperato direttamente all'opera salvifica del Signore, in modo tale che l'opera di Cristo senza la sua cooperazione sarebbe rimasta incompleta. Nel compimento della redenzione Maria è stata la compagna di Gesu Cristo, in modo da poter essere chiamata « corredentrice »? Il suo atto personale, il suo vivere e patire con Cristo è entrato nell'opera di questi in modo da diventare un elemento della redenzione? In tale questione i pareri dei teologi sono ancora molto discordi. In base all'odierna discussione cercheremo di cogliere la dottrina della Chiesa. Tratteremo anzitutto il fatto della partecipazione di Maria all'opera re­ dentrice del Signore. Seguirà l'in terpretazione di questa partecipazione.

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2.

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IL FATTO DELLA PARTECIPAZIONE DI MARIA ALL'OPERA REDENTRICE DI GESU CRISTO.

Che Maria abbia dato effettivamente un contributo alla redenzione è stato espresso in molteplici documenti pontifici da Leone XIII fino a Pio XII. E questo appartiene pure alla viva coscienza della fede cattolica dei tempi moderni. Tra i documenti pontifici saranno citati i seguenti. (In essi si tratta pure sovente della mediazione di Mana, di cui si parlerà piu diffusamente nel prossimo paragrafo). Leone XIII nell'Enciclica Octobri Mense del 1 89 1 cosi dice : « M a dopo che, pe r virtu del mistero della croce, l a salvezza del genere umano fu compiuta, e dopo che col trionfo di Cristo fu piena­ mente costituita la Chiesa quale dispensatrice della sua salvezza, da allora la Provvidenza per questo nuovo popolo preparò e stabili un ordine nuovo. Le disposizioni della divina Sapienza vanno riguardate con profonda venerazione. Il Figlio eterno di Dio, volendo assumere l'umana natura, per redimerla e nobilitarla, e quindi stringere un mistico connubio col genere umano, non portò a compimento questo suo disegno, se non dopo aver ottenuto il libero consenso di colei, che era stata designata come sua madre, e che in un certo senso rappresentava tutto il genere umano ; se­ condo la celebre e verissima sentenza dell'Aquinate : " Per mezzo del-

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l'annunciazione, si attendeva il consenso della Vergine, in nome ed in rappresentanza di tutta la natura umana " (S. Th., III, q. 30, a. I). Di conseguenza si può con tutta verità e rigore affermare che, per divina di­ sposizione, nulla ci può essere comunicato dell'immenso tesoro della grazia di Cristo - si sa che " la gloria e la verità sono venute da Gesu Cristo " (Gv. I, I 7) - se non per mezzo di Maria. Di modo che, come nessuno può accostarsi al Padre supremo, se non per mezzo del figlio, cosi ordi­ nariamente nessuno può accostarsi a Cristo, se non per mezzo della sua madre. Quanta sapienza e misericordia risplende in questa disposizione della divina Provvidenza ! Quale comprensione della debolezza e fragilità umana ! Noi infatti crediamo nell'infinita bontà di Cristo, e di questa gli rendiamo lode; ma noi crediamo anche nella sua infinita giustizia, e di questa ab­ biamo timore. Noi sentiamo una profonda riconoscenza per l'amore del Salvatore, che per noi ha generosamente dato il suo Sangue e la sua vita ; ma nello stesso tempo, noi lo temiamo nel suo carattere di Giudice ine­ sorabile. Trepidanti per la coscienza dei nostri peccati abbiamo perciò bisogno di un intercessore e di un patrono che, per una parte, goda in alto grado del favore divino e che, dall'altra, sia di animo talmente bene­ volo da non rifiutare il suo patrocinio a nessuno, neppure ai piu disperati, e nello stesso tempo infonda la fiducia nella divina clemenza a coloro che, abbattuti, giacciono nello sconforto. Ebbene tale eminentissima creatura è appunto Maria : ella è certamente potente perché madre di Dio onnipotente, ma - ciò che è piu conso­ lante - ella è amorevole, di una benevolenza estrema, di un'indulgenza senza confini. Tale ce l'ha data Dio stesso che, avendola scelta per madre del suo Unigenito, le infuse, per ciò stesso, sentimenti squisitamente materni, capaci solo di bontà e di perdono. Tale ce l'additò Gesu, sia quando consenti di essere sottomesso e di ubbidire a Maria, come un figlio alla sua madre; sia quando, dall'alto della croce, affidò alle sue amorose premure tutto il genere umano, nella persona del discepolo Gio­ vanni. Tale, infine, si dimostrò ella stessa quando, accogliendo generosa­ mente la gravosa eredità !asciatale dal suo figlio morente, cominciò fin da quel momento a compiere verso di tutti i suoi doveri di madre » (A. Tondini, Le Encicliche Mariane, Roma 1 954, 1 3 5-1 37). Nell'Enciclica Magnae Dei Matris (1 892) lo stesso pontefice dichiara : « Cosi Maria, per il fatto che fu scelta quale Madre di Gesu, nostro Signore - che è insieme nostro fratello - ebbe, fra tutte le madri, la singolare missione di manifestare e di spargere sopra di noi la sua miseri-

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cordia. Inoltre, come siamo debitori a Cristo di averci resi in certo modo partecipi del suo proprio diritto di chiamare e di avere Dio per padre, cosi gli siamo ugualmente debitori di averci amorevolmente resi parte­ cipi del suo diritto di chiamare e di avere Maria per madre. E poiché, per natura, il nome di madre è fra tutti il piu dolce, e nel nome di madre è posto il termine di confronto di ogni amore tenero e sollecito, tutte le anime pie sentono - sebbene la loro lingua non riesca ad esprimerlo che un'immensa fiamma di amore condiscendente ed operoso divampa in Maria, che, non per natura, ma per volere di Cristo, ci è madre. Ella perciò vede e penetra, molto meglio di ogni altra madre, tutte le nostre cose : le necessità della nostra vita; i pericoli pubblici e privati, che ci minacciano; le difficoltà ed i mali, nei quali ci dibattiamo; e soprattutto l'aspra lotta, che dobbiamo sostenere per la salute dell'anima, contro nemici violentissimi. E in queste, come in tutte le altre angustie della vita, piu di ogni altro può e desidera portare ai suoi carissimi figli, consolazioni, forza, aiuti di ogni genere. Ricorriamo quindi fiduciosi e alacri a Maria. S upplichiamola per quei vincoli materni con cui è si strettamente con­ giunta a Gesu ed a noi. E invochiamo con la massima devozione il po­ tente suo aiuto, servendoci di quella formula di preghiera, che ella stessa ci ha indicato e che le è tanto gradita. Allora potremo a ragione riposarci con cuore tranquillo e lieto sotto la protezione della piu tenera fra !e madri » (A. Tondini, l. c., 1 59-r6 r). Nell'Enciclica Adiutricem populi del 1 895 il Papa dice : « Sarebbe poi impossibile dire quale ampiezza e quale efficacia abbiano acquistato i suoi soccorsi, quando ella fu assunta presso il suo divin figlio a quel fastigio di gloria, che conveniva alla sua dignità e allo splendore dei suoi meriti. Di lassu, infatti, secondo i disegni di Dio, ella prese a vegliare sulla Chiesa, ad assisterci e a proteggerei come una madre ; di modo che, dopo essere stata la cooperatrice della umana redenzione, divenne anche, per il potere quasi illimitato che le fu conferito, la dispensatrice della grazia che in ogni tempo da questa redenzione scaturisce. Ben a ragione, perciò, le anime cristiane, ubbidendo quasi ad un naturale istinto, si sentono trasci­ nate verso Maria ; per comunicarle con tutta fiducia i loro progetti e le loro opere, le loro angosce e le loro gioie; per raccomandare con filiale abbandono se stesse e le loro cose alla sua bontà e premura. Per questo giustissimo motivo ogni popolo e ogni rito le ha tributato lodi, che sono sempre venute crescendo col consenso dei secoli. Donde i titoli a lei dati di " Madre nostra, nostra Mediatrice " (S. Bern., Serm. II in Adv. Do­ mini, n. 5), " Riparatrice del mondo intero " (Tarasio, Orat. in praesent.

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Deiparae), " Dispensatrice dei doni celesti " (In Off. Graec. Constan­ tinop. Orat. II in dormitione B. M. V.) » (A. Tondini, l. c., 223-225). Nell'Enciclica Fidentem piumque del I 896 si dice : « E chi mai vorrà ritenere eccessiva e biasimare la grande fiducia riposta nell'aiuto e nella protezione della Vergine? Sono tutti d'accordo nell'ammettere che il nome e la funzione di perfetto Mediatore non convengono che a Cristo : perché egli solo, Dio e Uomo insieme, riconciliò il genere umano col suo sommo Padre : " Uno il Mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesu Uorno, colui che diede se stesso prezzo di riscatto per tutti " ( I Tim. 2, s-6). Ma se " nulla vieta ", come insegna l'Angelico, " che qualche altro si chiami, sotto certi aspetti, mediatore tra Dio e gli uomini, in quanto di­ spositivamente e ministerialmente coopera all'unione dell'uomo con Dio " (S. Th., III, q. 26, a. I), come sono gli angeli, i santi, i profeti e i sacer­ doti del Vecchio e del Nuovo Testamento, senz'alcun dubbio tale titolo di gloria conviene, in misura ancora maggiore, alla Vergine eccelsa. È in­ fatti impossibile immaginare un'altra creatura che abbia compiuto o sia per compiere un'opera simile alla sua nella riconciliazione degli uomini con Dio. Fu ella che agli uomini, volti all'eterna rovina, generò il Sal­ vatore; q uando all'annunzio del mistero di pace, porrato dall'angelo sulla terra, diede il suo ammirabile assenso, in nome di tutto il genere umano " (S. Agostino, Enarr. in Ps., 1 1 8) . Ella è colei " da cui nacque Gesu " : sua vera madre, e perciò degna e graditissima " Mediatrice presso il Me­ diatore ". Siccome questi misteri sono successivamente proposti nel Rosario al ricordo e alla meditazione dei fedeli, ne segue che questa preghiera mette in evidenza i meriti di Maria nell'opera della nostra riconciliazione e della nostra salvezza. Nessuno - pensiamo - può sottrarsi ad una soave com­ mozione nel contemplare la Vergine o quando visita la casa di Elisabetta per dispensarvi i divini carismi, o quando presenta il figlio suo pargoletto ai pastori, ai re, a Simeone. E che cosa poi proverà l'anima fedele quando rifletterà che il Sangue di Cristo, sparso per noi, e le membra sulle quali egli mostra al Padre le ferite ricevute, " come pegno della nostra libertà ", non sono altro che carne e sangue della Vergine? Ed in realtà : " La carne di Gesu è carne di Maria ; e, sebbene magnificata dalla gloria della risurrezione, tuttavia la natura di questa carne rimase e rimane quella stessa che fu presa da Maria " (De assumpt. B. M. V., c. 5, fra le opere di S. Agostino; PL. 40, 1 1 45) » (A. Tondini, l. c., 249-25I). Nell'Enciclica Ad diem illum laetissimum di Pio X del 1904 si legge : « E non è forse Maria la madre di Cristo? Quindi è anche madre nostra. "

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Ognuno deve ritenere che Gesu, Verbo fatto carne, è anche il Salva­ tore del genere umano. Ora, come Dio-uomo, egli ebbe un corpo fisico, come tutti gli altri uomini ; come Redentore della nostra stirpe, ebbe un corpo spirituale e mistico, formato dalla società di coloro che credono in Cristo. " Noi molti siamo un corpo solo in Cristo " (Rom. 12, 5). E la Vergine non concepi l'eterno Figlio di Dio soltanto perché, prendendo da lei la natura umana, diventasse uomo, ma anche perché, per mezzo della natura umana, divenisse il " Salvatore, che è il Cristo Signore " (Le. 2, 1 1 ). Nello stesso seno, adunque, della castissima madre, Cristo prese la carne e, insieme si uni un corpo spirituale, formato da coloro " che avrebbero creduto in lui ". In tal modo si può dire che Maria, portando nel suo seno il Salvatore abbia anche portato tutti coloro la cui vita era contenuta in quella del Salvatore. Tutti noi, adunque, che siamo uniti a Cristo e, al dire dell'Apostolo, " membra del corpo di lui, della sua carne e delle sue ossa " (Ef. 5, 30 ), siamo usciti dal seno di Maria, a somiglianza di un corpo unito al suo capo. Quindi, per una ragione tutta spirituale e mistica, noi siamo chiamati figli di Maria, ed ella è madre di noi tutti. " Madre, a dir vero, spirituale ma senza dubbio madre delle membra di Cristo che siamo noi " (S. Agostino, De Sancta Virginitate, c. 6). Se per­ ciò la beatissima Vergine è, ad un tempo, madre di Dio e degli uomini, chi potrà dubitare che ella non si adoperi con ogni mezzo, affinché Cristo, " capo del corpo, ossia della Chiesa " (Col. 1 1 , 1 8), infonda in noi sue membra i suoi doni, e particolarmente quello di conoscerlo, " affinché per mezzo di lui abbiamo vita "? (1 Gv. 4, 9). Inoltre alla santissima madre di Dio non tocca soltanto la lode di " aver fornito all'unigenito di Dio, che sarebbe nato con membra umane " (S. Beda Ven., In Luc., l. IV, 1 1 ), la materia della sua carne, affinché fosse approntata la vittima per la salvezza degli uomini, ma toccò anche il compito di custodire e di nutrire la vittima, e di porla a suo tempo sull'altare. Di qui derivò tra madre e figlio quella comunanza di vita e di dolori, per cui ad ambedue, in ugual modo, si potevano applicare le pa­ role del profeta : " Nel duolo si consuma l'anima mia, e gli anni miei nei gemiti " (Sal. 30, 1 1). E quando giunse il termine della vita del figlio, « stava presso la croce di Gesu la sua madre » , non solo assorta nel cru­ dele spettacolo, ma anche paga perché " il suo unigenito veniva offerto per la salvezza del genere umano; e tanto partecipò ai suoi dolori che, se fosse stato possibile, sarebbe stata piu felice di soffrire ella tutti i tor­ menti che furono sopportati dal suo figlio " (S. Bonav., I Sent., d. 48 ad litt., dub. 4).

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Per questa comunanza di dolori e di volontà fra Maria e Cristo, ella " meritò di diventare la riparatrice del genere umano perduto " (Eadmero Cant., De Excellentia Virg. Mariae, c. 9), e quindi la dispensatrice di tutti i doni, che Gesti ci ha conquistati con una morte cruenta. Non neghiamo che la distribuzione di tali doni appartenga per diritto proprio e privato a Cristo, perché è solo dalla sua morte che ci sono stati procurati, ed egli solo, per il suo potere, è il mediatore fra Dio e gli uomini. Pur tuttavia, stante la suddetta comunanza di dolori e di afflizioni tra la madre e il figlio, fu concesso alla Vergine augusta di divenire " la piti potente mediatrice e conciliatrice di tutta la terra presso l'unigenito suo figlio " (Pio IX, Lett. Ap. Ineffabilis, 8 dic. 1 854). La fonte adunque, è Cristo e " della pienezza di lui tutti abbiamo ricevuto " (Gv. I , 1 6). " Dal quale tutto il corpo ben composto e connesso per l'utile concate­ nazione delle articolazioni... compie il suo sviluppo per l'edificazione di se stesso nell'amore " (Ef. 4, 1 6) » (A. Tondini, l. c., 3 1 1 -3 1 3). Il Papa Pio XI nell'Enciclica Lux veritatis del 1 9 3 1 dice quanto segue : « Dobbiamo tuttavia, o venerabili fratelli, considerare ancora nella ma­ ternità di Maria un altro punto, che ci fa apparire il tutto in una luce ancora piu bella e magnifica. Poiché Cristo Signore ci vuole come fratelli, dal fatto che Maria ha partorito il redentore del genere umano consegue che ella è madre benigna anche per noi tutti. Come disse il nostro pre­ decessore Leone XIII : " tale ce la diè Iddio medesimo quando l'ebbe eletta a madre del suo unigenito, formandole un cuore teneramente materno, non d'altro capace che di amore e di perdono ; tale ce l'additò col fatto Gesu Cristo, vivendo spontaneamente sottomesso e ubbidiente a Maria come figlio a madre; tale la proclamò dalla croce, con l'affidarle e raccoman­ darle nella persona di Giovanni tutto quanto l'uman genere ; tale finalmente si offri ella stessa, allorché accogliendo con grande generosità d'animo il gravoso retaggio !asciatole dal figlio morente, consacrò da quel punto tutte le sue cure materne a pro dei suoi figli " (Leone XIII, Enc. Octobri Mense del 22 sett. 1 8 9 1 ) » (A.A.S., 1 9 3 1 , 5 1 4). Nell'Enciclica Mystici Corporis Christi del 1 943 il Papa Pio XII di­ chiara : « Effettui, venerabili Fratelli, questi nostri paterni voti, che sono certamente anche i vostri, e ci ottenga a tutti un verace amore per la Chiesa, la vergine madre di Dio, la cui anima santissima fu ripiena del divino spirito di Gesti Cristo piti che tutte le altre anime insieme : ella che, in rappresentanza di tutta l'umana natura, diede il consenso affinché avesse luogo " una specie di sposalizio spirituale tra il Figlio di Dio e l'umana natura " (S. Th., III, q. 30, a. 1). Fu lei che con parto ammi-

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rabile dette alla luce il fonte d'ogni vita celeste, il Cristo Signore, fin dal suo seno verginale ornato della dignità di capo della Chiesa ; fu lei che poté porgerlo, appena nato, come profeta, re e sacerdote a coloro fra i Giudei e fra i gentili che per primi accorsero ad adorarlo. Inoltre il suo unigenito, accondiscendendo alla sua materna preghiera in Cana di Galilea operò quel mirabile prodigio per il quale " credettero in lui i suoi disce­ poli " (Gv. 2, I I ). Ella fu che, immune da ogni macchia, sia personale sia ereditaria e sempre strettissimamente unita col figlio suo lo offerse al­ l'eterno Padre sul Golgota, facendo olocausto di ogni diritto materno e del suo materno amore, come novella Eva, per tutti i figli di Adamo contaminati dalla miseranda prevaricazione di questi. Per tal modo, colei che quanto al corpo era la madre del nostro corpo, poté divenire, quanto allo spirito, madre di tutte le sue membra, con nuovo titolo di dolore e di gloria. Ella fu che, con le sue efficacissime preghiere impetrò che lo spi­ rito del divin Redentore, già offerto sulla croce, venisse infuso nel giorno di Pentecoste con doni prodigiosi alla Chiesa, da poco nata. Ella final­ mente, sopportando con animo forte e fiducioso i suoi immensi dolori, piu che tutti i fedeli cristiani, da vera Regina dei martiri " compi ciò che manca dei patimenri del Cristo. . . a pro del corpo di lui, che è la Chiesa " (Col. I , 24). Ella, per il mistico corpo del Cristo, nato dal cuore squarciato del nostro Salvatore, ebbe quella stessa materna sollecitudine e premurosa carità con la quale nella culla ristorò e nutri del suo latte il bambinello Gesu » (A.A.S., I 943, 247 s.). Lo stesso pontefice nella Costituzione Munificentissimus Deus (.t950) dice : « L'augusta madre di Dio, arcanamente unita a Gesu Cri sto ftn da tutta l'eternità con uno stesso decreto di predestinazione, immac{llata nella sua concezione, vergine illibata nella sua divina maternità, generosa socia del divino Redentore, che ha riportato un pieno trionfo sul peccato e sulle sue conseguenze, alla fine, come supremo coronamento dei suoi privilegi, fu preservata dalla corruzione del sepolcro, e, vinta la morte, come già il suo figlio, fu innalzata in anima e corpo alla gloria del cielo, dove risplende regina alla destra del figlio suo, re immortale dei secoli (cfr. 1 Tim. I , I7) » (A.A.S., I 950, 768 s.). Questi testi rivelano che sul fatto di una partecipazione di Maria al­ l'opera della redenzione non è possibile alcun dubbio. Essa fa parte del contenuto della coscienza della fede cristiana. Resta tuttavia la questione del modo in cui la dottrina sostenuta dalle encicliche papali debba essere intesa.

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III. - IL SENSO DELLA PARTECIPAZIONE DI MARIA ALL 'OPERA DELLA REDENZIONE. 3. I documenti pontifici non intendono escludere alcun elemento della rivelazione ; anzi, il contributo di Maria dev'essere inteso in modo da inserirsi nell'insieme della rivelazione divina. Perciò lo si può spiegare soltanto sullo sfondo della verità di fede, secondo la quale Dio solo può liberare l'uomo dal peccato, mentre nessun uomo è in grado di farlo. Non esiste autoredenzione. Questa è una verità fondamentale della rivelazione divina, ed è stata definita dal Concilio di Trento, il quale nella sessione VI, capitoli I e 2, ha affermato quanto segue (Denz. 793 s.) : « Anzitutto il santo sinodo dichiara che per avere la giusta e chiara conoscenza della dottrina della giustificazione, è necessario che ognuno riconosca e con­ fessi che tutti gli uomini avendo col peccato di Adamo perduto l'inno­ cenza (Rom. 5, 1 2), sono diventati impuri e, come dice l'Apostolo, per natura figli dell'ira (Ef. 2, 3). Come è stato dichiarato nel decreto sul peccato originale, gli uomini divennero a tal punto schiavi del peccato e soggetti al demonio ed alla morte, che non soltanto i pagani me­ diante le forze naturali, ma neppure i Giudei mediante la lettera della legge di Mosè, avrebbero potuto liberarsene e rialzarsi. Nondimeno il libero arbitrio non fu affatto estinto in essi, quantunque indebolito e pro­ clive al male. E cosi fu che il Padre celeste, " il padre della misericordia ed il Dio di ogni consolazione '' (2 Cor. I, 3), quando giunse quella beata pienezza dei tempi (Ef. I, I o), mandò agli uomini Cristo suo figlio, noti­ ficato e promesso a molti Santi Padri prima della Legge ed al tempo della Legge, affinché redimesse i Giudei che vivevano sotto la Legge, ed affin­ ché anche i pagani, che non seguivano la giustizia, raggiungessero la giu­ stizia (Rom. 9, 30) e tutti fossero accolti come figli. Lui Dio ba stabilito per mezzo della fede nel suo sangue espiatore per i nostri peccati, ma non solo per i nostri, bensi anche per quelli del mondo intero (Gv. 2, 2) » . Nel canone 1 lo stesso concilio dice : « Chi afferma che l'uomo per mezzo delle sue opere, compiute con le forze della natura umana o con la dottrina della legge, senza la grazia divina che è in Gesu Cristo, può essere giustificato dinanzi a Dio, sia scomunicato » (Denz. 8 I I). Già precedentemente il Concilio di Firenze, nel decreto per i Giacobiti aveva dichiarato : « Cristo solo, concepito, nato e morto senza peccato, ha sconfitto con la sua morte il nemico del genere umano, distruggendo i nostri peccati . . » (Denz. 7 I I ). -

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Tutto il Vecchio Testamento è un'unica compatta testimonianza, che soltanto Dio è in grado di operare la salvezza dell'uomo votato per sua colpa alla miseria ed alla morte, e che egli nella sua inconcepibile misericordia ha decretato di salvare effettivamente coloro che s'erano per­ duti. Il Vecchio Testamento descrive come Dio, con un lungo processo storico, in lotta continua con gli uomini per gli uomini, cioè per la loro salvezza, ha realizzato gradatamente il suo decreto sal vifico. La testimonianza del Nuovo Testamento concorda con quella del Vec­ chio in questo che la redenzione non è una possibilità umana, ma soltanto divina. Supera sostanzialmente l'attestazione del Vecchio Testamento per l'annunzio che il Gesu storico è il salvatore promesso da Dio. Nel Ma­ gnificat e nel Benedictus sono esaltate le disposizioni divine attestate nel Vecchio Testamento, che hanno portato all'evento della incarnazione di Dio. I racconti dei Sinottici e gli Atti degli Apostoli proclamano Gesu cro­ cifisso e risorto come il salvatore del mondo. Ma per mezzo di Cristo è il Padre stesso che compie l'opera della salvezza, e lo fa mediante il suo unto (Le. 23, 3 5 ; 2, 26; Mt. 26, 63; Atti 2, 36; 3, 1 8 . 20; 4, 26 s. ; 5, 42). Nessun uomo è in grado di assolvere questo compito, neppure coloro che per altro sono chiamati i potenti, anzi questi meno di tutti. Marco ( 1 0, 23-27 ; cfr. Mt. 1 9, 23-26) attesta il seguente episo dio : « Gesu, riguardando intorno, disse ai suoi discepoli : Quanto difficilmente quelli che hanno ricchezze entreranno nel regno di Dio ! E i discepoli furono stupiti delle sue parole. Gesu però di nuovo ripeté : Figlioli, quanto è difficile a quelli che confidano nelle ricchezze entrare nel regno di Dio! È piu facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco erJtri nel regno di Dio. Quelli allora ancor piu stupivano e dicevano fra loro : E chi mai può salvarsi? E Gesu fissandoli disse : Agli uomini è impossibile, ma non a Dio, perché tutto è possibile a Dio » . Ciò che vale in misura particolare del ricco, il quale è in balia dell'enorme potere coercitivo della ricchezza, tocca in fondo ogni uomo; i discepoli lo capi­ scono con terrore dalle parole di Gesu. La via alla salvezza è preclusa agli uomini, qualunque cosa tentino, siano poveri o ricchi. Rimane sol­ tanto la speranza : Dio è superiore a tutte le possibilità ed impossibilità umane. Tutto è rimesso alla sua possibilità nascosta. Senza Cristo la si­ tuazione umana non ha vie d'uscita. L'umanità è simile all'uomo che è incappato nei !adroni ed è stato lasciato mezzo morto : non può rialzarsi, se non sopravviene il samaritano misericordioso, che fascia le sue ferite e la porta nel ricovero dell'amore divino (Le. 1 0, 30-37). Dio solo dunque -

§ 9· IL CONTRIBUTO DI MARIA ALLA REDENZIONE

può porre il nuovo inizio, che è necessario affinché dopo il peccato ci sia ancora una volta senso e speranza, santità e salvezza. L'opera della sal­ vezza sgorga dal suo cuore. Dio agisce per mezzo di Cristo, che è il servo di Dio, al quale il Padre ha affidato un'opera difficile (Atti 3, I 3. 26; 4, 27. 30 ; 1 3, 23). Per essa Dio lo ha provvisto di Spirito Santo e di virro (Atti IO, 38 s.). Perciò i portenti che egli compie sono segni della onnipotenza divina (Atti 2, 22). Il suo messaggio di pace è il messaggio di Dio al suo popolo (Atti IO, 36). Tutta la sua vita si svolge in base al momento fissato a lui da Dio (Atti 2, 2 3 ; 3, I 8 ; 4, 27 s.). Anche la sua morte non è un caso, ma eterna di­ sposizione divina. Perciò le autorità non lo possono giustiziare neppure un istante prima di quel che corrisponde al volere divino (Le. I 3, 3 1-35). Anche la sua risurrezione da morte è un atto di Dio (Atti 2, 24; 2, 32; 3. I S ; 4· I O ; 5· 30 ; IO, 40). Dio è pure colui che glorifica Gesu e lo accoglie in cielo col suo corpo risorto (Atti 2, 33-36; I , 2. 9 · 1 1 . 22). In Dio sono nascosti e fissati i « tempi e i momenti » , in cui egli manife­ sterà la sua regalità (Atti 1, 7). Nel tempo da lui determinato Dio man­ derà Cristo Gesu per completare per mezzo suo l'opera della redenzione, iniziata con la morte e con la risurrezione (Atti 3, 20 s.). Secondo la teologia paolina, la vita, la morte e la risurrezione di Cristo sono la realizzazione nel tempo di un eterno disegno salvifico divino. In Cristo l'amore eterno di Dio è entrato nel modo di esistere temporale (Ef. I, 1 - 1 2). Alla salvezza ed alla santità, alla grazia ed alla pace giunge soltanto colui che vi è eletto da Dio. Soltanto colui che è chiamato ed eletto può divenire partecipe dei beni salvifici (Rom. r, 6). La salvezza viene soltanto dalla virtu di Dio, da nessun altro ( I , r 6). Da Dio viene la giustificazione ( I , I 7). Il peccato non può essere vinto da nessuna pre­ stazione puramente umana (Rom. 3, 20). Tutti qui si trovano nella iden­ tica situazione, tutti sono all'estremo delle loro forze. La salvezza non viene dalla filosofia dei Greci, non dall'arte di governo dei Romani, non dalla pietà dei Giudei, ma soltanto dalla grazia di Dio. Egli ha compiuto il miracolo della salvezza, nessun altro. Nessuno allora si può gloriare. A Dio solo spetta l'onore (Rom. 3, 2 I -3 I ). Dio solo ha strappato il mondo dalle tenebre. Soltanto egli può accendere la luce nelle tenebre. È stato per pura misericordia che egli ha vinto l'odio umano ed ha acceso la fiamma dell'amore là dove si odiava e si era odiati. In Cristo Gesu, nella sua sofferenza fino alla morte apparve visibile la volontà di grazia di Dio, nella quale ci è donata la salvezza (Ebr. 2, 9 ; 4, 1 6). Anche secondo Giovanni è stato il Padre a mandare Cristo (5, 36 ;

P. Il.

-

LA MADRE DEL REDENTORE

7, 28 ; 1 2, 44-50). Perciò attraverso alla parola ed all'azione di Cristo è

Dio stesso che parla ed agisce con l'uomo (5, 1 0-23; 5, 43; 3, 2 ; 3, 21). Dio determina il corso di questa vita (2, 4). Anche la sua morte avviene secondo un decreto del Padre (3, I 6). Dio ha stabilito l'ora della morte, per modo che i nemici prima del suo giungere nulla possono, anche se sembra che non abbiano che da afferrarlo ( Io, 39). È perciò indubitabile verità rivelata che Dio solo può operare la sal­ vezza dell'uomo ; e di fatto l'ha operata per mezzo del figlio suo incar­ nato, nostro Signore Gesu Cristo. Questi è l'inviato del Padre, da lui incaricato dell'opera della redenzione. Perciò egli è dalla parte di Dio; è separato dai peccatori per l'opera decretata dal Padre ; è consacrato a Dio. Ma è anche dalla parte degli uomini : prescindendo dal peccato, è diventato come uno di noi (Ebr. 4, 1 5). Egli infatti è veramente partecipe della natura umana e proprio nella sua debolezza e soggezione alla morte. Sarebbe un disconoscere la testimonianza della Scrittura, anzi un con­ traddirvi ed un accostarsi al monofisismo condannato dalla Chiesa, il con­ siderare Gesu Cristo unicamente dalla parte di Dio. Egli appartiene tanto a Dio quanto all'uomo. E questo appunto ha valore decisivo per la sua funzione redentrice. Soltanto per questa sua duplice appartem.nza egli può riconciliare gli uomini con Dio. Nelle lettere paoline questa sua posizione intermedia viene espressa con il termine mediatore (Gal. 3 , I9 s. ; I Tim. 2, 5 s. ; Ebr. 8, 6). Paolo rende evidente l'importanza di Cristo per il genere umano nel parallelo Adamo-Cristo. Come Adamo è il mediatore della disgrazia, cosi Cristo è il mediatore della vita divina (Rom. 5, 12 ss. ; I Cor. 1 5, 2 1 ss.). In I Tim. l'autore dalla unicità di Dio deduce l'universalità della volontà salvifica divina. Il decreto salvifico di Dio si realizza in Cristo, nella dedizione che egli fa di sé fino alla morte. Non esiste altro mediatore all'infuori di lui. La lettera contiene il seguente passo chiaro ed inequivocabile : « C'è un solo Dio ed un solo mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Gesu Cristo. Egli ha dato se stesso come riscatto per rutti : il che a suo tempo Dio ha attestato » ( I Tim. 2, 5 s.). Il testo che si trova nella let­ tera agli Ebrei dice : « Orbene egli (cioè il sommo pontefice Gesu Cristo) ha avuto un ministero di tanto piu eccellente, in quanto egli è il media­ tore di una alleanza ben superiore, fondata com'è sopra migliori pro­ messe » (Ebr. 8, 6). Giovanni, a tutti coloro che si offrono a Dio come guida, contrappone l'unico che è la via, la verità e la vita (Gv. 1 4, 6; cfr. 1 0, 8 ; 5, 43). Nes­ suno viene al Padre se non per lui. Egli è la porta che introduce nella

§



IL CONTRIBUTO DI

MARIA ALLA

REDENZIONE

inaccessibilità di Dio. A chi non entra per lui, l'accesso rimane precluso (Gv. I o, I ] ; cfr. Apoc. 4, I). L'azione mediatrice culmina nella interces­ sione (Gv. I 7 ; I Gv. 2, I ) e nella morte (Gv. I o, 1 1 ; I 2, 32; I ], I 9). La morte di Cristo ha valore di espiazione (I Gv. I, 7 ; 2, 2). Anche se­ condo Giovanni, come secondo Paolo, Cristo compie il suo ufficio di me­ diatore come il risorto ed il glorificato per tutta l'eternità. 5. Nella teologia patristica è espressa la convinzione che senza la natura umana la redenzione sarebbe impossibile da parte di Cristo. Cosi ad es. Atanasio nel secondo discorso contro gli ariani (n. 70) dice : « Come noi non saremmo stati liberati dal peccato e dalla maledizione, se la carne rivestita dal Verbo non fosse per natura quella di un uomo - poiché nulla abbiamo in comune con ciò che ci è estraneo, - cosi l'uomo non sarebbe stato divinizzato, se il Verbo incarnato per la sua natura non provenisse dal Padre e non ne fosse il Verbo vero e proprio » . Nel terzo discorso contro gli ariani (n. 34) lo stesso Padre dice : « Come il Signore assumendo il corpo è diventato uomo, cosi anche noi uomini veniamo assunti e divinizzati dal Verbo nella sua carne ed ereditiamo da questo momento una vita eterna ». Nell'ultima frase c'è un'eco della dottrina della ricapitolazione di Ireneo di Lione. Essa è impossibile senza la convinzione che Cristo sta dalla parte nostra, delle creature. Nella teologia occidentale è sostenuta la stessa dottrina. Nella Città di Dio (lib. 9, cap. I 5 ; trad. Bongioanni-Savio, Torino I 953, 1 0 1 s.), cosi dice Agostino : « Fu necessario pertanto, che il mediatore tra noi e Dio avesse e la mortalità transeunte e la beatitudine permanente, talché si ugua­ gliasse ai morituri in ciò che è transitorio, e li trasportasse poi dalla morte all'eternità . . . Egli tutravia non è mediatore per il motivo che è Verbo ; tanto piu che il Verbo è immortale e beato per eccellenza e supe­ riore ai miseri mortali. Egli è mediatore, invece, perché s'è fatto uomo. Ha con ciò stesso dimostrato che, per quel bene, non solo beato, ma anche beatificante, non occorre cercare aLtri mediatori e supporre di poter arrivare gradatamente alla felicità per mezzo loro. Dio stesso, beato e datore di beatitudine, fattosi partecipe dell'umanità nostra, ha aperto la via diretta per partecipare alla sua divinità ». Leone Magno (Sermo 27, 2 ; PL. 54, 2 I 7) dice : « Il Figlio di Dio s i è unito cosi indissolubilmente con la carne umana che mentre era generato prima del tempo dalla so­ stanza del Padre, nacque pure dal seno della Vergine in un dato tempo. Noi non potremmo essere liberati dai vincoli della morte eterna, se non si fosse umiliato della nostra natura colui che nella sua rimaneva onni-

P.

II.

-

LA MADRE DEL REDENTORE

potente. Nascendo il Signor nostro Gesti Cristo come vero uomo, senza cessare di essere vero Dio, presentò in se stesso l'inizio dell'uomo nuovo, e nella forma della sua nascita diede un principio spirituale al genere umano ». 6. È stato affermato che Cristo stia soltanto dalla parte di Dio e lo si è motivato con la testimonianza della Scrittura, secondo cui Cristo è separato dai peccatori (Ebr. 4, 6) e col fatto che in Cristo esiste un'unica persona, cioè la persona divina del Verbo, la quale sta dalla parte di Dio. Questa tesi però rappresenta una rottura con tutta la tradizione eccle­ siastica. Benché Cristo non sia persona umana, nondimeno in lui la na­ tura umana è portata dalla persona del Verbo divino. Questa svolge per la natura umana di Gesti Cr isto la funzione svolta dalla persona umana di ogni altra natura umana. Il richiamo perciò alla unicità della persona in Gesti Cristo non sarebbe soltanto un impiego ingiustificato di specu­ lazione umana conao dati rivelati, ma sarebbe pure un errore nella spe­ culazione stessa. Infatti è stata sempre dottrina della Chiesa che Cristo è capo dell'uma­ nità sia rispetto alla sua persona divina, sia rispetto alla sua natura umana. -

S. Tommaso d'Aquino ad es., nella S. Th ., III, q. 8, a. I , alla questione se a Cristo in quanto uomo competa essere capo della Chiesa, cosi dice : c Per la sua somiglianza con il corpo naturale dell'uomo la Chiesa nel suo insieme è chiamata corpo mistico; perché in questo come in quello le diverse membra hanno compiti diversi (Rom. 1 2 , 4· s; I Cor. 1 2, 12 ss.). Parimenti anche Cristo è chiamato capo della Chiesa per la sua somiglianza con il capo umano. Nel quale tre cose sono da notare : la posizione del capo, la sua perfezione e la sua forza. I. La posizione : Il capo è la parte prima e superiore del corpo umano, e perciò si suole anche chiamare capo ciò che viene prima e ciò che è piu in alto. A capo di ogni strada ti sei eretto un luogo di vergogna " (Ez. 1 6, 24. 25). - 2. La per­ fezione : Il capo è sede dei sensi interni ed esterni, mentre le altre membra sono soltanto sede del tatto. Perciò Isaia scrive (9, 15) : " L'anziano e lo stimato, questi è il capo . - 3. La forza : È ancora il capo che per la sua virtu sensibile e motrice dà alle altre membra forza e movimento, e le governa nei loro atti. Perciò anche colui che guida un popolo è chiamato capo : " Allorché tu eri pic­ colo ai tuoi occhi fosti posto a capo della tribu di Israele " (I Sam. 15, 1 7). Tutto questo compete a Cristo in senso spirituale. Infatti in primo luogo per la unione con Dio la sua grazia è la piu alta e la prima, se non cronologicamente, almeno nel senso che tutti gli altri uomini ricevono la grazia in rapporto alla sua grazia : " Coloro che egli ha preconosciuto, li ha anche predestinati ad essere conformi all'immagine del figlio suo, affinché sia egli il primogenito tra molti fratelli " (Rom. 8, 29). Riguardo poi alla perfezione, Cristo possiede la pienezza di tutte le grazie, secondo quanto scrive Gv. 1, 1 4 : " Lo abbiamo visto, pieno "

"

§



IL CONTRIBUTO DI MARIA ALLA REDENZIONE

di grazia e di verità ". Infine egli ha la virtu di comunicare la grazia a tutti i membri della Chiesa : " Della sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto " (Gv.

r, r 6).

Donde vediamo che giustamente possiamo chiamare Cristo capo della Chiesa. Ad

1. Per virtu propria Cristo può conferire la grazia e lo S pirito Santo

soltanto come Dio. Ma questo compete anche all 'uomo Cristo in quanto stru­ mento; poiché la sua umanità fu strumento della sua divinità e cosi anche le sue azioni umane, in virtu della sua divinità, furono per noi salutari, perché per il loro valore meritorio ed anche per un ceno influsso efficace produssero in noi la grazia.

Agostino nega soltanto che Cristo come uomo

possa conferire

per

propria virtu lo S pirito Santo; ma come strumento o come ministri anche gli stessi santi possono conferire lo Spirito Santo, come Paolo (Gal. 3, 5) scrive (di se stesso) : " Colui che a voi conferi lo Spirito Santo ". Ad 2. Nelle similitudini non è necessario che il paragone concordi in tutto, diversamente non avremmo un paragone, ma l'espressione pura e semplice della realtà. Ora il capo umano non ha

un

altro capo al di sopra di sé, perché il

corpo umano non è pane di un altro corpo. Per contro una moltitudine ordinata, che si chiama corpo soltanto per analogia, può benissimo essere parte di un'altra moltitudine. Cosi la società familiare è parte della società civile. Perciò al di sopra del padre, capo

della famiglia, sta

un altro capo,

quello

della soc1eta

politica. Quindi non è una contraddizione che Dio sia il capo di Cristo, mentre lo stesso Cristo è il capo della Chiesa. Ad 3· Il capo ha una superiorità visibile su tutte le altre parti del corpo umano; il cuore invece esercita soltanto un influsso nascosto. Perciò lo Spirito Santo viene paragonato al cuore, perché vivifica ed unisce la Chiesa in modo invisibile. Ma Cristo viene paragonato al capo, perché nella sua natura visibile supera tutti gli altri uomini

».

Nell'art. 2 S. Tommaso risolve la ques1ione, se Cristo sia capo degli uomini anche rispetto al loro corpo, nel modo seguente :

«

Il corpo umano è natural­

mente ordinato all'anima spirituale, che è la sua forma propria ed il suo motore : in quanto forma l'anima gli comunica la vita e tutte le altre qualità che gli com­ petono per natura; ma in quanto è suo motore, l'anima si serve del corpo come di strumento. Cosi anche l'umanità di Cristo per la sua

unione col Verbo di

Dio, al quale per mezzo dell'anima anche il corpo è unito, ha il potere di influire su altri. Ed appunto l'umanità intera di Cristo con corpo ed anima esercita questo influsso sul corpo secondariamente

e sull'anima

sul

corpo.

degli altri

Quest'ultimo

uomini;

influsso

si

principalmente manifesta

in

sull'anima, due

modi.

In primo luogo in quanto l'anima, che vive per mezzo di Cristo, " mette a dispo­ sizione di Dio le membra del suo corpo come strumenti della giustizia " (Rom. 6, 13). In secondo luogo anche perché la vita dei glorificati si riversa dall'anima

sul corpo. " Colui che ha risuscitato Cristo da morte, risveglierà alla vita anche il vostro corpo mortale mediante il suo Spirito, che abita in voi " (Rom. 8,

n) ».

Nell'Enciclica Mystici Corporis Christi viene sostenuta la stessa dottrina. Vi si dice :

c

In secondo luogo, che il Corpo mistico della Chiesa si fregi del nome

del Cristo, lo si rivendica dal fatto che in realtà egli da tutti deve essere per speciali ragioni ritenuto Capo della stessa.

" Egli stesso,

dice l'Apostolo, è

il

Capo del Corpo della Chiesa " (Col. r, r 8). Egli è il Capo dal quale tutto il Corpo,

P. I I .

-

LA MADRE DEL REDENTORE

convenientemente organizzato, cresce ed aumenta nella propria edificazione (cfr . Ef. 4, r6; Col. 2, 19). Sapete certamente, V enerabili Fratelli, con quali belli e luminosi pensieri ab­ biano trattato questo argomento i Maestri della Teologia scolastica, e special­ mente l'angelico e comune Dottore; e vi è senza dubbio nora che gli argomenti da lui apportati corrispondano fedelmente ai principi dei Santi Padri, i quali d'altronde non riportavano altro nei loro commenti e dissertazioni, se non il divino linguaggio della S crittura. Ci piace quindi trattarne brevemente per comune profitto. E dapprima, è evi­ dente che il Figlio di Dio e della beata Vergine debba chiamarsi Capo della Chiesa per uno specialissimo motivo di preminenza. Chi infatti è posto in luogo piu alto del Cristo Dio, che, essendo il Verbo dell'Eterno Padre, deve ritenersi " primogenito di ogni creatura? " (Col. r, 15). Chi mai è posto in un venice piu alto del Cristo Uomo, il quale, nato da una Vergine senza macchia, è vero e naturale Figlio di Dio e, per la prodigiosa e gloriosa risurrezione, è primo­ genito dei morti " (Col. I, r8; Apoc. I, 5), avendo trionfato della morte? Chi mai infine è stato collocato in una sommità piu eccelsa di colui che, come " unico me­ diatore di Dio e degli uomini ·· (r Tim. 2, j), congiunge in modo davvero amm i ­ revole la terra col cielo; che, esaltato sulla Croce carne su di un soglio di mise­ ricordia, attirò a sé tutte le cose (cfr. Gv. 12, 32); e che, eletto a Figlio dell'Uomo tra miriadi, è amato da Dio piu di tutti gli uomini, di tutti gli Angeli, di tune le cose create? Poiché il Cristo occupa un posto tanto sublime, a buon diritto è egli solo che regge e governa la Chiesa; e perciò anche per questo motivo deve essere para­ gonato al Capo. E infatti, come il Capo (per servirei delle parole di Ambrogio) è il regale baluardo del corpo (Hexaem., 6, 5 5 ; PL. 14, 265), e da esso perché fornito delle doti migliori, vengono naturalmente dirette tutte le membra, all e quali è sovrapposto appunto affinché abbia cura di loro; cosi il Divin Redemore tiene il supremo governo del cristianesimo. E poiché il reggere una società di uomini non vuoi dir Birro che dirigerli al loro fine con provvidenza, con mezzi adeguati e con retti principi, è facile discernere come il nostro Salvatore, che si presenta come forma ed esemplare dei buoni pastori CGv. r o, r-rS; I Pier. 5, 1-5), eserciti in maniera davvero mirabile tutte queste funzioni. Egli infatti, mentre dimorava sulla terra, con leggi, consigli, ammonimenti, ci insegnò quella dottrina che mai tramomerà e che sarà per gli uomini di ogni tempo spirito e vita (cfr. Gv. 6, 63). Egli inoltre partecipò agli Apostoli ed ai loro successori una triplice potestà : d'insegnare, di governare e di condurre gli uomini alla santità, costituendo tale potestà, ben definita da precetti, diritti e doveri, come legge primaria della Chiesa universale ». Passando ad esporre i motivi che dimostrano come Cristo sia il capo della Chiesa, si dice : « Incominciamo dalla conformità che osserviamo tra il Corpo e il Capo, essendo essi della medesima natura. A questo proposito bisogna avver­ tire che la nostra natura, benché inferiore all'angelica, tuttavia per bontà di Dio vince la natura degli Angeli. " Il Cristo infatti, come nota l'Aquinate, è il Capo degli Angeli. Poiché il Cristo è al di sopra degli Angeli, anche secondo l'uma­ nità ... E anche in quanto uomo illumina gli Angeli ed influisce in essi. Quanto "

§

9· IL CONTRIBUTO DI MARIA ALLA REDENZIONE

poi alla conformità della natura, il Cristo non è capo degli Angeli, perché non assunse la natura degli Angeli, ma (secondo l'Apostolo) assunse quella di Abramo (Comm. alla lett. agli Ef., cap. I, lect. 8). E non solamente assunse la nostra natura, ma si fece anche nostro consanguineo in un corpo fragile e capace di soffrire e morire. Ma se il Verbo " si esinani prendendo la forma di servo " (Fil. 2, 7), ciò fece anche per rendere partecipi della divina natura (cfr. 2 Piet. r, 4) i suoi fratelli secondo la carne, sia nell'esilio terreno con la grazia santificante, sia nella patria celeste col possesso della beatitudine eterna. Perciò l'unigcnito dell'eterno Padre volle essere figlio dell'uomo, affinché noi divenissimo conformi all'immagine del figliolo di Dio (cfr. Rom. 8, 29) e ci rinnovassimo secondo l'im­ magine di colui che ci ha creati (cfr. Col. 3, Io). Sicché tutti quelli che si gloriano del nome di cristiani, non solo considerino il nostro divin S alvatore come il piu alto e il piu perfetto esemplare di tutte le virtu, ma ne riproducano la vita e la dottrina nei propri costumi mediante una diligente fuga del peccato e un diligentissimo esercizio della virtu affinché, quando apparirà il Signore, divengano simili a lui nella gloria, vedendolo come egli è (cfr. I Gv. 3, 2). Gesu Cristo, come vuole che le singole membra siano sinùli a lui, cosi anche tutto il corpo della Chiesa. Ciò che certamente avviene quando essa, seguendo le vestigia del suo fondatore, insegna, governa ed offre il divin sacrificio. Essa inoltre, quando abbraccia i consigli evangelici, riproduce in sé la povenà, l'ubbi­ dienza, la verginità del Redentore. Essa, con molteplici e varie istituzioni, di cui si orna come di gemme, rappresenta in certo modo Gesu che contempla sul monte, che predica ai popoli, che guarisce ammalati e feriti, che richiama sulla buona via i peccatori, che fa del bene a tutti. Nessuna meraviglia dunque se la Chiesa, finché rimane su questa terra, debba anche subire ad im itazione del Cristo persecuzioni, sofferenze e dolori. Inoltre G esti deve ritenersi il Capo della Chiesa, perché, eccellendo nella pienezza e nella perfezione dei doni sopran­ naturali, il suo corpo mistico attinge dalla sua pienezza. lnfatti (osservano molti Padri), come il capo del nostro corpo mortale gode di tutti i sensi, mentre le altre parti del nostro composto usufruiscono soltanto del tatto, cosi le vinu, i dolori, i carismi che sono nella società cristiana, splendono tutti in modo per­ fettissimo nel suo capo, il Cristo. " In lui piacque (al Padre) che abitasse ogni pienezza " (Col. r, I9). Lo adornano coi doni soprannaturali che accompagnano l'unione ipostatica, giacché lo Spirito Santo abita in lui con tale pienezza di grazia da non potersene concepire maggiore. A lui è stato conferito " ogni po­ tere sopra ogni uomo " (cfr. Gv. !7, 2); copiosissimi sono in lui " tutti i tesori della sapienza e della scienza " (Col. 2, 3). E anche la visione beatifica vige in lui talmente, che sia per ambito sia per chiarezza supera del tutto la conoscenza beatifica di tutti i santi del cielo. E infine egli è talmente ripieno di grazia e di verità, che della inesausta pienezza di lui noi tutti riceviamo (cfr. Gv. I , 14-16). Queste parole poi del discepolo prediletto di Gesu Cristo muovono a trattare dell'ultima ragione per cui siamo in modo particolare costretti ad asserire che Gesu Cristo è il capo del suo corpo mistico. Come i nervi si diffondono dal capo in tutte le membra del nostro corpo, e danno loro facoltà di sentire e di muoversi, cosi il nostro Salvatore infonde nella sua Chiesa la sua forza e virtu, onde av­ viene che le cose divine siano dai fedeli piu chiaramente conosciute e piu avida•·

P. I I.

-

LA MADRE DEL REDENTORE

mente desiderate. Da lui scaturisce nel corpo della Chiesa tutta la luce con cui i credenti sono illuminati da Dio, e tutta la grazia con cui divengono santi come santo è egli stesso. Il Cristo illumina tutta la Chiesa, come dimostrano quasi innumerevoli passi della Sacra Scrittura e dei Santi Padri. " Nessuno ha mai veduto Dio : il Figlio Unigenito, che è nel seno del Padre, ce l'ha fatto conoscere " (Gv.

I,

r8). Venendo

da Dio in qualità di maestro (cfr. Gv. 3, 2) per rendere testimonianza alla verità (cfr. Gv. r 8, 37), illuminò talmente con la sua luce la primitiva chiesa degli Apo­ stoli, che il principe degli Apostoli esclamò : " Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna · · (Gv.

6, 68);

dal cielo assistette gli Evangelisti in modo

che essi scrissero, come membra del Cristo, quasi sotto la dettatura del Capo. Egli tuttora è autore della nostra fede in questa terra di esilio, come ne sarà il consumatore nella patria celeste (cfr.

12, 2). Egli infonde nei fedeli il

Ebr.

lume della fede; Egli arricchisce divinamente i pastori ed i dottori, e special­ mente il suo Vicario in terra, dei doni soprannaturali della scienza, dell'intelletto c

della sapienza, affinché custodiscano fedelmente il tesoro della fede, Io difen­

dano strenuamente, e piamenre lo spieghino

e

diligentemente lo ravvivino; egli

infine, sebbene non visto, presiede e giudica i concil i della Chiesa. Il Cristo è causa prima ed efficiente della santità, non potendovi essere nessun atto salutare che non promani da lui come da fonte suprema : " S enza di ha detto, voi non potete fare nulla " (Gv.

15, s).

me,

egli

Se per i peccati commessi, il

nostro animo è mosso dal dolore e dalla penitenza, se con timore e speranza filiale ci rivolgiamo a Dio, è sempre la sua forza che ci spinge. La grazia e la gloria nascono dalla sua inesausta

pienezza.

Il

nostro Salvatore arricchisce di

continuo tutte le membra del suo corpo mistico e specialmente le piu eminenti, con i doni del consiglio, della fortezza, del timore e della pietà, affinché tutto il corpo aumenti sempre di piu nella sanùtà dalla Chiesa vengono

amministrati

produce l'effetto interiore.

È

con

e

nella integrità della vita. E quando

rito es teriore i

Sacramenti,

è lui che

proprio Lui che nutrendo i redenti con la propria

carne e col proprio sangue, seda

i moti concitaLi e turbolenti dell'animo. È lui

che aumenta la grazia e prepara alle anime ed ai corpi il conseguimento della gloria. E questi tesori della divina bontà, li partc::c ipa alle membra del suo corpo mistico, non solo perché li impetra dall'c::terno Padre quale vittima eucaristica sulla terra e quale vittima glorificata nel cielo, col pregare per noi e mostrare le sue piaghe, ma ancora perché egli stesso sceglie, determina e distribuisce a ciascuno le grazie

"

secondo la misura del dono di Cristo " (Ef. 4, 7). Ne segue

che dal Divin Redcntorc come da

fonte principale " tutto il corpo ben com­

posto e ben connesso per l'utile concatenazione delle articolazioni, efficacemente, nella misura di ciascuna delle sue parti, compie il suo sviluppo per l'edificazione di se stesso nell'amore "

(Ef.

4,

r6;

cfr. Col.

2, 19)

In un successivo passo l'enciclica dice chiaramente :

(A.A.S.,

» c

1943,

208-217).

Cristo... è contempora­

neamente con entrambe le nature il capo di tutta la Chiesa (cfr. S. Tommaso, De veritate, q. 29, a. 4)

»

(lbid., 236).

Rimane dunque vero che Cristo è capo della Chiesa in rapporto alla sua persona divina ed alla sua natura umana. Egli non è soltanto dalla

§

9· IL CONTRIBUTO DI MARIA ALLA REDENZIONE

parte di Dio, ma anche dalla parte dell'uomo. E questo è essenziale per la sua opera. Senza una chiara conoscenza di questa sua posizione non è possibile comprendere la natura del cristianesimo.

7 . - Ma con questo la cosa non è ancora del tutto chiarita. Certamente Cristo è l'unico mediatore tra Dio e gli uomini ; questa chiara testimo­ nianza della Scrittura è ineccepibile. Tuttavia la funzione mediatrice di Cristo nel Vecchio Testamento è preparata da altri mediatori e nel Nuovo Testamento è continuata da mediatori inviati da Dio. Il Vecchio Testa­ mento, come costituisce una continua testimonianza che Dio solo può redimere l'uomo, cosi attesta con uguale intensità che Dio per la sua azione salutare si serve di forze create. Egli inserisce la creatura nel suo agire salvifico. Per il rapporto dell'uomo con Dio, attestato nel Vecchio Testamento, è importante che Dio opera quanto avviene come causa prima ; ma le cause seconde non sono eliminate da questa sua attività, bensi in essa inserite. Quantunque Dio sia l'operatore universale, tuttavia non opera tutto da solo. Egli ha dato alle creature essere, valore e forza propria. Le creature possono agire soltanto sotto l'influsso di Dio. Ma se Dio le mette in movimento, esse compiono la loro opera propria in una miste­ riosa relazione con Dio. Ogni atto della creatura diventa cosi nello stesso tempo un atto di Dio, senza cessare di essere atto della creatura. Le opere degli uomini sono opera di Dio mediante gli uomini. Viceversa le opere di Dio vengono compiute per mezzo degli uomini usati e mossi da Dio come strumenti. Il Vecchio Testamento dà l'impressione che Dio abbia bisogno dell'uomo per compiere nella creazione la sua opera divina, non perché sia troppo debole per realizzare quanto ha decretato, ma perché vuole servirsi dell'uomo, perché vuole far progredire la sua opera per mezzo dell'uomo. Ciò che vale in genere dall'attività di Dio nel mondo, vale pure della sua azione salutare, cioè di quella auromanifestazione divina, che ha avuto inizio nel Paradiso, ha ricevuto in certo modo un energico impulso in Abramo, ha raggiunto il suo vertice in Cristo e sarà completata con la seconda venuta di Cristo. Nel Vecchio Testamento tutte le azioni divine che mirano alla salvezza hanno carattere preparatorio. Perciò anche le creature inserite da Dio nella sua attività salvifica rivestono valore di precursori. Per quanto competa loro sul momento una certa autonomia, in definitiva sono da interpretarsi soltanto in funzione del loro rapporto con Cristo. Hanno un'autonomia relativa. Per tutte è essenziale il rap-

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porto con Cristo. Con l'inserimento di numerosi mediatori creati nel pe­ riodo precristiano l'attività di Dio non viene oscurata, bensi manifestata. Meno ancora l'importanza di Cristo viene posta in ombra dai suoi pre­ cursori. Che anzi la preparazione fatta da Dio la mette ancor piu chiara­ mente in luce. Quanto maggiori furono i mezzi impiegati da Dio per annunziare Cristo nella storia umana, tanto piu luminosa appare la fun­ zione decisiva che egli svolge per la storia umana medesima. Nel processo preparatorio, che mirava a Gesu Cristo, furono inseriti angeli e uomini. Anche gli angeli dovevano fungere da mediatori tra cielo e terra in questa preparazione. Tra gli uomini ricordiamo le figure di Noè, di Abramo, di Mosè, le figure dei re, specialmente Davide e Salo­ mone, dei sacerdoti e dei profeti, soprattutto Giovanni Battista, il quale mostra a dito il veniente Messia e cerca di preparargli gli uomini con la sua predicazione di penitenza. Per quanto concerne Mosè in particolare, egli appare nella Sacra Scrittura come un organizzatore senza vero po­ tere politico, come un condottiero senza potere militare, come ordinatore del culto divino senza carattere sacerdotale, come fondatore e mediatore di una nuova conoscenza di Dio senza la legittimazione di predizioni pro­ fetiche. Con queste qualità egli è il mediatore scelto da Dio stesso tra lui e il popolo eletto. Egli è il portavoce autorizzato di Dio. Come inviato di Dio deve liberare il popolo dalla schiavitu di Egitto. Svolge una par­ ticolare attività nella legislazione del S inai (Es. 19, 3-2 3 ; 24, 1 -1 8 ; Deut. 5, 5-30). Egli solo può sopportare Jahvè. Ha il suo posto tra Dio e il popolo. Riceve le istruzioni di Dio e le trasmette al popolo. Le prescri­ zioni sacerdotali vengono sempre consegnate a Mosè come ordini. D'altra parte il popolo chiede esplicitamente che Mosè riceva le parole di Jahvè, parli a lui in nome di Dio e interceda presso Dio per la sua sal vezza (Es. 20, 19; Num. 21, 7; Deut. 5, 24; 1 8, 1 6). Il popolo grida a Mosè e questi prega Jahvè (Num. 17, 27 s.). La posizione mediatrice di Mosè si manifesta in modo' particolarmente efficace nella intercessione (Es. 32, I I ss. ; 33, 12 ss.). È vero che esistono molti altri intercessori (Noè, Abramo, Lot), ma Mosè occupa una posizione particolare. Con Mosè Dio parla personalmente, faccia a faccia (Es. 33, I I ; Deut. 34, 10 ). Anzi, il Deute­ ronomio attesta che Mosè è un mediatore sofferente, che prega e digiuna quaranta giorni per il popolo idolatra (Deut. g, 8 s.), che lotta con Dio (Deut. 9, 23-29). La sua morte fuori della terra promessa è una soffe­ renza vicaria (Deut. 3, 23-28). Dopo una lunga preparazione è apparso Cristo. Egli è il servo di Dio, che deve compiere l'opera di Dio. Ma agisce nello stesso tempo in nome

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degli uomini. Egli è il « primogenito della creazione » (Col. I, 1 5). Perciò il Padre celeste considera il suo agire, il suo soffrire ed il suo morire, come agire, soffrire e morire dell'umanità. In lui è r appresentata l'uma­ nità. Perciò la sua opera non ha soltanto valore esterno per tutta la storia, ma è intimamente unita al destino degli uomini, perché secondo la be­ nigna disposizione salvifica di Dio, Cristo è il capo degli uomini, per modo che la sua opera viene considerata ed accettata da Dio come opera di tutti. Questo rapporto tra Cristo e l'umanità è stato elaborato soprat­ tutto dai Padri greci, specialmente da Ireneo di Lione. Ma affinché il singolo possa partecipare all'opera di Cristo in modo efficace per la salvezza, è necessario un rapporto personale con il Signore. L'opera di Cristo, nonostante l'intimo rapporto tra Cristo e l'umarùtà, non agisce in modo naturale e per necessità naturale. Soltanto donandosi a Cristo con atto libero il singolo diventa partecipe della sua vita, della sua morte e della sua risurrezione; soltanto unendosi a Cristo con la fede diventa partecipe della salvezza. Ed allora sorge la questione del modo in cui gli uomini, separati da Cristo nello spazio e nel tempo, possono en­ trare in reale comunione con lui. Questa questione rappresenta un diffi­ cile problema, che deriva dal fatto che Cristo è una figura storica, vissuta in tempo e luogo determinati. D'altra parte ciascun uomo è legato al proprio tempo ed al proprio luogo. Come può esistere una via che dal luogo e tempo presente porti al tempo ed al luogo di Cristo? Questa via viene aperta dalla predicazione e dalla amministrazione dei sacramenti ad opera della Chiesa. Nel presente volume non è possibile approfondire l'argomento; basti notare che Cristo ha affidato alla Chiesa la sua opera, affinché la renda di continuo presente ed in tal modo la metta alla portata di ogni generazione umana. La Chiesa è la sposa alla quale Cristo, lo sposo, ha confidato il suo sacrificio affinché lo celebri sempre. Essa è il corpo mistico che riceve continuamente dal capo effetti salutari. La Chiesa è il popolo di Dio, gerarchicamente ordinato, che tra l'Ascensione ed il ritorno di Cristo, rende testimorùanza a Cristo nello Spirito Santo. La Chiesa, popolo di Dio, che esiste come corpo di Cristo, svolge il suo compito di rendere accessibile a tutti gli uomini l'opera di Cristo, me­ diante la parola della sua predicazione e mediante l'amministrazione dei sacramenti. Il potere sacro, necessario a tal fine, le è stato trasmesso da Cristo. Con la parola ed il sacramento essa rende presente in modo at­ tendibile e vincolante la parola e l'azione dello stesso Gesu Cristo. Di questo si tratterà ampiamente nel volume sulla Chiesa. Le considerazioni che abbiamo fatte mostrano che Cristo sta al centro

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della storia, in quanto tutto ciò che precede costituisce la sua preistoria, e tutto ciò che segue è conseguenza della sua vita e della sua azione. Egli è il mediatore tra Dio e gli uomini. Di un altro mediatore in senso definitivo e decisivo la Sacra Scrittura non parla. Egli è mediatore, perché Dio a questo lo ha destinato. Dobbiamo al disegno eterno della economia divina l'esistenza di questo mediatore. 8. Volendo ancora riassumere ciò che fin qui fu detto, risulta che Dio solo può compiere l'opera della redenzione, ma la compie per mezzo di uomini in qualità di strumenti. Perciò la formula Dio « solo )) esige di essere precisata. Essa non dev'essere intesa nel senso che Dio attui pure da solo l'opera della redenzione, in modo che questa si compia nel­ l'uomo puramente passivo. In una simile concezione l'uomo sarebbe il teatro dell'azione divina, ma non sarebbe personalmente attivo, e ver­ rebbe in certo modo trattato da Dio non come persona, ma come cosa. La Sacra Scrittura, il puro vangelo contraddice ad una simile concezione. Secondo la sua testimonianza Dio prende l'iniziativa; egli solo, anzi, la può prendere. Tuttavia per portare ad effe-tto il suo eterno disegno sal­ vifico divino si serve degli uomini che invita a mettersi a sua disposi­ zione con libera decisione. Secondo la Sacra Scrittura Dio considera l'uomo come persona. Egli è amante della libertà e non impone ad al­ cuno la sua azione salvifica. Cosi il decreto divino di redenzione e la sua esecuzione portano ad un incontro tra Dio e l'uomo. Conseguentemente giungiamo alla formula : Non Dio solo, ma Dio e la creatura. -

9. In questa formula si manifesta una profonda differenza tra l'in­ terpretazione cattolica e quella protestante dell'opera della redenzione. -

Secondo il protestantesimo Dio solo attua la redenzione, che egli solo ha decisa. Invece secondo la dottrina cattolica Dio, che solo può pren­ dere l'iniziativa, inserisce l'uomo nella sua propria azione. Il protestan­ tesimo ritiene che l'inserimento dell'attività umana arrechi pregiudizio all'onore di Dio. Il suo assunto è di non lasciare oscurare l'onore di Dio dalla creatura. Preoccupato di non sminuire l'onore di Dio, si batte per il principio della sola gratia. In questo modo di pensare Dio solo spicca luminoso. Ammesso il principio dell'attività esclusiva di Dio, sostenuto dal protestantesimo, diventa difficile prendere in tutta serietà l'incarna­ zione del Verbo e l'attività di Gesti Cristo nella loro realtà e forza sto­ rica. Il principio protestante sembra non lasciare posto ad un'azione reale, storica dell'uomo Gesti Cristo. Sotto la forza universale dell'atti-

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vità divina sembra pure che non esista per Gesu Cristo alcuna possibilità di attività. Occorre tuttavia notare che nel protestantesimo odierno il principio della sola gratia è variamente spiegato ; infatti troviamo pure la tesi, se­ condo cui l'uomo anche sotto l'influsso dell'attività divina può svolgere attività salvifica, mentre lo stretto luteranesimo nega una simile azione salutare dell'uomo. La tesi protestante estremista è in contraddizione col vangelo. È vero che nella Sacra Scrittura viene chiaramente proclamato e attestato l'onore di Dio, ma Dio riceve appunto onore anche dal fatto di provocare, di operare e di sostenere l'attività umana. La dottrina del protestantesimo non si può quindi giustificare col van­ gelo. Piuttosto essa trae la sua forza da un apriorismo preteologico, non evangelico ; da una prevenzione extrateologica, da un determinato senti­ mento della vita, che esercita un'influenza perturbatrice dell'interpreta­ zione dei testi evangelici. Non staremo qui a ricercare dove questa pre­ venzione abbia il suo fondamento nella storia dello spirito. Appunto per­ ché non ha la sua sede ultima nel vangelo, essa non può essere vinta mediante ragioni esegetiche, anche se può essere confutata. Essa non viene minimamente raggiunta da argomenti esegetici ; anzi non ne può essere raggiunta, perché la sua forza vitale non si trova nell'ambito del vangelo. Comunque si spieghi l'origine della tesi della sola gratia, appare chiaro che la decisione se Maria sia o no inserita nell'avvenimento salvifico non viene presa soltanto nella Mariologia e neppure nella dottrina della grazia e nella Cristologia, ma già sostanzialmente prima. Molto prima di entrare nel campo della Mariologia o della Cristologia il teologo protestante ha preventivamente deciso a sfavore della cooperazione umana. La decisione viene presa già nella dottrina della creazione o nella dottrina di Dio. l O. Tuttavia, per quanto le posizioni cattolica e protestante si espri­ mano rispettivamente nelle formule « Dio e l'uomo » o « Dio solo », e siano, a quanto pare, per il momento in opposizione irrid...tcibile, la frase cattolica esige un'accurata spiegazione, se non si vuole incorrere in ma­ lintesi gravidi di conseguenze. Nella formula « Dio e l'uomo », con la congiunzione « e » Dio e uomo non sono congiunti tra di loro come soci uguali. Dio e uomo non possono in alcun modo essere soci sullo stesso piano. Ammettere una cosa del genere contraddirebbe al vangelo né piu né meno della unilateralità pro-

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restante. Una simile interpretazione della formula « Dio e uomo » por­ terebbe ad un falso sinergismo. Poiché Dio è Dio, cioè completamente indipendente e creatore di tutto ciò che non è Dio; mentre l'uomo è creatura, cioè pienamente dipendente sia nell'essere che nell'operare. La di­ pendenza dell'uomo da Dio non può in alcun momento essere sospesa o diminuita. Perciò la congiunzione « e » rigetta convenientemente l'errore dell'unilaterale « Dio solo », ma se non viene precisata non può esprimere senza pericolo di malintesi il rapporto positivo tra Dio e uomo. Urtiamo qui contro un limite delle possibilità linguistiche a noi concesse. Tuttavia la formula cattolica conserva la sua legittimità, perché esprime la parte­ cipazione sia di Dio che dell'uomo, e perciò nulla omette. Ma rivela che se non mettiamo in rilievo il carattere analogico di tutte le nostre espres­ sioni, non possiamo parlare di vera e autentica teologia. La formula cattolica dunque non intende affatto sopprimere od anche solo minimizzare la dipendenza dell'uomo da Dio ; tuttavia mette in ri­ lievo che l'uomo dinanzi a Dio non è un pezzo di legno od una pietra od un qualunque altro essere inanimato, che il Signore Iddio spinge e muove. Nella formula appare chiaro che alla piena dipendenza dell'uomo da Dio va misteriosamente congiunta la libertà umana, la quale non è in contraddizione con la dipendenza da Dio. Poiché Iddio ha appunto creato l'uomo nel modo della libertà. Essere, creatura e libertà sono in contrasto tra di loro. Tuttavia, benché questo contrasto sia per noi insanabile, la Scrittura attesta con uguale intensità sia il fatto della libertà umana sia il fatto del carattere di creatura dell'uomo. L' uomo non si è conquistata la libertà lottando contro Dio, ma è stato progettato e prodotto da Dio come essere libero. La grandezza e la potenza, la sapienza e la bontà di Dio si rivelano nel modo piu luminoso nel fatto che egli può porre nello stato di libertà la creatura da lui prodotta. Soltanto Dio è capace di una simile azione creatrice. La libertà è quindi insita nel carattere crearurale dell'uomo e costituisce un elemento della sua dipendenza da Dio. Questa si attua in modo libero. Qui appare evidente sia la natura della creatura­ lità dell'uomo, sia la natura della sua libertà. Come nel suo carattere di creatura è accolta la libertà, cosi nella sua libertà è assunto il carattere di creatura. La libertà dell'uomo non è una libertà assoluta, ma una libertà dipendente da Dio, cioè operata continuamente da lui. Occorre evitare ancora un malinteso. La coordinazione tra Dio e uomo non può essere intesa come collaborazione in una comunanza di lavoro, in cui uno fa una cosa e l'altro un'altra per la riuscita di tutta l'opera.

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Questa sarebbe una concezione troppo esterna e superficiale dell'unione tra Dio e uomo. Ritenere una cosa del genere sarebbe stoltezza. Piut­ tosto l'uomo può agire soltanto se ed in quanto Dio causa la sua azione. Viceversa è mediante la libera azione dell'uomo che Dio agisce. In certo modo Dio appare nella storia soltanto per mezzo dell'azione umana. Per la sua attività nella storia egli si è legato alla libertà umana. E cosi l'uomo è responsabile per Dio, cioè per l'azione di Dio che regge la storia, piu precisamente per il successo o l'insuccesso dell'azione divina. Qui si apre dinanzi a noi un impenetrabile mistero. Non possiamo ora indagare il mistero abissale della libera creatura. La teologia ha fatto molti tentativi per rischiararne l'oscurità. I sistemi del tomismo e del molinismo con i loro perfezionamenti e varietà hanno messo in luce importanti nozioni senza poter risolvere il mistero. Anzi esso impone all'uomo un peso non lieve, che tuttavia dev'essere portato. Il rapporto dell'uomo con Dio non sarebbe dunque ben compreso se lo si spiegasse nel senso che Dio lascia all'uomo un settore sia pur pic­ colo, in cui non influisce, per modo che l'uomo può liberamente muo­ versi in questo spazio su cui Dio non avanza pretese. La situazione in cui Dio e l'uomo s'incontrano è determinata dal fatto che Dio ogni volta opera il tutto e che anche l'uomo ogni volta opera il tutto. Dio fa tutto ciò che l'uomo fa, e tuttavia l'uomo fa tutto ciò che fa. La differenza non sta nell'entità di ciò che fa Dio e di ciò che fa l'uomo, ma nel modo in cui ciascuno fa il tutto : Dio agisce in piena e libera superiorità, l'uomo in piena subordinazione e tuttavia in libertà, in una libertà causata da Dio e da lui dipendente. La differenza sta dunque nella struttura, che determina il tutto unitario. Essa porta il carattere della gerarchia (Bona­ ventura). La crearura agisce e può agire soltanto perché ed in quanto partecipa all'attività di Dio e ne è mossa, senza perdere la sua libertà. È facile comprendere che questa attività della creatura cosi intesa non oscura l'attività universale divina, poiché questa si rivela appunto nel­ l'attività della creatura. L'azione della creatura serve a manifestare l'atri­ vità universale divina. L'attività di Dio non viene dunque nascosta, ma glorificata dall'attività umana. L'onore e la gloria di Dio risplendono in modo tanto piu luminoso, quanto piu Dio si rivela nell'azione delle crea­ ture. Nella libera azione della creatura, da lui causata, Dio manifesta una potenza maggiore che nell'esistenza e nel movimento naturale della pietra. 1 1 . L'unità della universale attività divina e della libertà umana nel processo salvifico è espressa dalla Sacra Scrittura con grandi immagini: -

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con l'immagine del patto tra Dio e gli uomini e con l'immagine del ma­ trimonio. L'alleanza tra Dio e gli uomini è articolata in parecchi stadi. Si svi­ luppa nelle epoche del patto di Noè, di Abramo, di Mosè ed attraverso alla storia del popolo di Dio nel Vecchio Testamento viene perfezionata e trasformata nella nuova alleanza, proclamata da Cristo nel cenacolo. L'alleanza risale all'iniziativa di Dio, è una disposizione di Dio; rappre­ senta un ordinamento stabilito e proclamato da Dio. Tuttavia Dio ha creato il patto in modo da chiamare gli uomini ad essere soci. Di volta in volta Noè, Abramo, Mosè con libera decisione si sono messi a sua disposizione come soci. Dio non si è rivolto a questi individui per fer­ marsi ad essi, ma per invitare a mezzo loro ed attraverso a loro la comu­ nità. Anzi, egli stesso ha istituito una nuova comunità umana che doveva essere il suo socio terrestre nel patto, cioè il popolo di Dio. Esso doveva servire a compiti diversi da qualunque altro popolo sorto dal ritmo na­ turale della storia. II popolo di Dio doveva cioè servire all'onore di Dio ed annunziarne il nome nel mondo. Questo popolo voluto da Dio acquistò la sua vera figura veterotestamentaria quando le tribu di Israele residenti in Egitto furono portate da Mosè fuori della terra di Egitto. Al Sinaì tutto il popolo è entrato nel rapporto di alleanza con Dio. Solamente nel pregiudizio monofisita, in cui viene considerato soltanto piu Dio e non piu la creatura, in cui perciò Dio non viene seriamente considerato come creatore e come rivela[Ore che domina la storia, il si­ gnificato e la portata della partecipazione umana al patto poteva venir trascurata. Secondo la testimonianza della S acra Scrittura la decisione umana è tale che al socio umano del patto è possibile sottrarsi continua­ mente ai doveri del patto e sabotame cosi i benefici e la forza salutare. Dio combatte perché il socio umano che ha defezionato dal patto ritorni alla fedeltà. Dio combatte con l'uomo per amore dell'uomo, affinché l'uomo diventi partecipe della vera vita, della salvezza. Dopo che gli uomini peccando ebbero rigettato il dominio di Dio, questi col patto cercò di ristabilire il suo dominio sulle creature, perché soltanto cosi gli uomini possono acquistare la salvezza, cioè la vita in pienezza e sicurezza. Per contro il popolo di Dio, disconoscendo ciò che gli era necessario, cercò continuamente di scuotere il dominio di Dio; cercò continuamente di vivere secondo la legge con cui aveva avuto inizio la storia umana : la legge della ribellione. Cosi, per il patto veterotestamentario, vocazione del popolo da parte di Dio, defezione del popolo, giudizio di Dio, conver­ sione del popolo, nuova defezione, nuovo giudizio costituiscono le fasi

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caratteristiche del decorso storico. In ogni caso in questi eventi appare chiaro che ci fu un vero colloquio tra Dio e il popolo. Il patto rappresenta un incontro tra Dio e l'uomo. Nel termine incontro è espresso il modo in cui è intesa la congiunzione « e » nella formula cattolica « Dio e uomo » . Il rapporto tra Dio e uomo si attua in un incontro che avviene per la chiamata di Dio e per la libera decisione umana di ubbidire. Nell'epoca cristiana, al popolo di Dio del Vecchio Testamento sottentra un altro popolo creato e formato da Cristo : la Chiesa. In ultima analisi anche il popolo del patto del Nuovo Testamento è creato da Dio stesso. Cristo fu la persona incaricata ed autorizzata, mediante la quale Dio pro­ dusse questo popolo. Ma nel far questo egli non fu uno strumento inani­ mato del cielo, bensi uno strumento vivo. Egli ha imparato pure l'ubbi­ dienza (Ebr. 8, 1 0) ed assumendo ed eseguendo per ubbidienza l'incarico del suo Padre celeste ha prodotto il popolo del patto del Nuovo Testa­ mento, il quale è in rapporto vivo con quello del Vecchio Testamento. Questo infatti non è costituito dalla discendenza fisica da Abramo, ma dalla fede. Tra il Vecchio ed il Nuovo Testamento esiste dunque una grande discontinuità, che però viene soverchiata e penetrata dalla con­ tinuità, perché l'elemento decisivo per l'unità tra Vecchio e Nuovo Te­ stamento non è la discendenza carnale, ma la comunione dello spirito fondata sulla fede. La fede è l'atteggiamento e la forza che a guisa di un grande arco si tende sui tempi da Abramo fino alla Chiesa del Nuovo Testamento. In esso il nuovo periodo è collegato con l'antico. Il patto di Dio con l'uomo ha raggiunto la sua forma definitiva per mezzo di Cristo. Tutte le fasi del patto del Vecchio Testamento hanno avuto di mira il patto creato da Cristo. Il patto di Cristo è indistruttibile. L'uomo ha la possibilità di svisarlo, di ostacolarne la virtu salvifica, ma non può distruggerlo. Per le considerazioni che faremo in seguito riveste grande importanza il fatto che esista il patto del Nuovo Testamento tra Dio e gli uomini; patto che è fondato da Cristo con la sua morte e la sua risurrezione, ma che non esiste formalmente tra Cristo e la Chiesa. L'altra immagine in cui viene attestata la libertà dell'uomo nell'incontro con Dio è quella del rapporto matrimoniale tra Dio e gli uomini. Si ri­ cordi in particolare che l'immagine veterotestamentaria dell'unione coniu­ gale di Dio con gli uomini, nel Nuovo Testamento fu trasformata nel senso che lo sposo è Gesti Cristo e la sposa è la Chiesa. Anche in questa immagine appare che il giusto rapporto dell'uomo con Dio non viene ad esistere mediante una sopraffazione dell'uomo da parte del Dio strapotente, ma mediante l'amoroso invito di Dio e l'amorosa ubbidienza della creatura.

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1 2. La comunità ecclesiale della nuova alleanza, il popolo di Dio, secondo la testimonianza contenuta nelle due immagini citate, ha una certa indipendenza e sussistenza propria al pari del popolo di Dio del Vecchio Testamento che si trova nel patto ed è sposa. Ma nello stesso tempo ha da cima a fondo carattere relativo, perché è quel che è, soltanto per il suo rapporto con Dio. La sposa non può essere senza lo sposo, il popolo terreno del patto non può essere senza la comparte celeste. La profonda diversità che esiste tra il rapporto veterotestamentario e quello neotestamentario consiste nel fatto che la Chiesa è quel che è soltanto per mezzo di Cristo. Cristo ha formato in essa i misteri della sua vita, della sua passione, morte e risurrezione. Le ha donato lo S pirito Santo, che è il suo Spirito. L'appartenenza della Chiesa a Cristo è rappresentata in modo partico­ larmente chiaro nell'immagine di Cristo capo e della Chiesa corpo di Cristo. Ma questa immagine non attesta un'unità di natura tra Cristo e la Chiesa : lo rivelano le immagini della sposa di Cristo e del popolo di Dio, a cui non si deve rinunziare nella spiegazione della Chiesa come corpo di Cristo. L'immagine paolina della Chiesa come corpo di Cristo, dimostra che l'indipendenza e libertà spettanti alla Chiesa non devono essere staccate dal suo rapporro a Cristo. Le immagini della sposa e del popolo di Dio attestano invece che il carattere della Chiesa come corpo di Cristo non si oppone alla sua indipendenza. La Chiesa è il popolo di Dio, che esiste come corpo di Cristo ; è il corpo di Cristo che vive come popolo di Dio e come sposa del Signore nell'incontro con Cristo. La relativa indipendenza della Chiesa si manifesta in tutta la sua vita; ma dev'essere chiarita in alcune istituzioni ed eventi di particolare rilievo. Essa appare cioè chiarissima nella istituzione del Papato, in quanto il suo titolare è il rappresentante di Cristo, nel sacrificio eucaristico, nel sacer­ dozio e nello stato di giustificazione del cristiano. A proposito del Papato, l'Enciclica Mystici Corporis Christi del 29 giu­ gno 1943 dice : > . Quantunque in questa frase non sia spiegato il modo del suo contributo alla redenzione oggettiva, l'odierna dottrina evoluta si può ottenere dal parallelo Maria-Eva. 1 6. - Nel periodo patnsuco sono sostenute due verità, che a prima vista è difficile accordare tra loro : la verità dell'unico mediatore Gesu Cristo e quella del contributo di Maria all'opera della redenzione. S . Am­ brogio (De institutione virginis, 49 ; PL. 1 6, 333) dice : « Stava sotto la croce la madre, e mentre gli uomini fuggivano ella rimaneva intrepida. Guardava con occhi compassionevoli le ferite del figlio, per il quale sa­ peva che sarebbe venuta la redenzione per tutti. Assisteva al generoso martirio del figlio essa che non temeva gli uccisori di lui. Pendeva dalla croce il figlio, la madre si offriva ai suoi persecutori. Se non era là che per essere uccisa sotto gli occhi del suo figlio, sarebbe da elogiare il suo affetto materno, per cui non voleva sopravvivere al figlio; ma se voleva morire insieme col figlio, era perché presentiva di risorgere con lui, ben

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9· IL CONT RIBUTO DI MARIA ALLA REDENZIONE

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conoscendo il mistero di aver partorito un figlio che s arebbe risorto. Ma poiché sapeva pure che la morte del figlio era per il bene di tutti, aspet­ tava di poter aggiungere con la sua morte qualcosa al bene comune. La passione di Cristo tuttavia non aveva bisogno di aiuto, come il Signore stesso da tempo ha predetto : Mi guardai attorno : nessun aiuto; stetti ansioso : nessuno per sostenermi. Allora mi fu di soccorso il mio braccio " (Is. 63 , 5) » . M a nello stesso tempo i Padri, insegnando che Maria, in quanto madre di Gesu Cristo, è anche la madre del corpo mistico di Cristo, e, insistendo sul parallelo Eva-Maria, hanno posto il fondamento su cui ha potuto svi­ lupparsi la convinzione della cooperazione di Maria alla redenzione, senza che ne venisse pregiudizio alla rivelazione dell'unico mediatore Cristo. Di quando in quando risuona un'eco della fede nella cooperazione di Maria alla redenzione, senza tuttavia giungere ad una chiara formula­ zione. Cosi Agostino (De sancta virginitate, 6 ; PL. 40, 399) dice : « Ella è madre nello spirito, non del nostro capo, che è lo stesso Salvatore, dal quale piuttosto spiritualmente è nata, poiché tutti coloro che hanno cre­ duto in lui (tra i quali è essa pure) giustamente sono chiamati figli dello sposo (Mt. 9, 1 5); ma certamente madre delle sue membra, che siamo noi, perché cooperò con la sua carità alla nascita nella Chiesa dei fedeli, che sono membra di quel capo » . Cfr. Fr. Hoffmann, Marias Stellung in der Erlosungordnung nach dem heiligen Augustinus, in « Abhandlungen tiber Theologie und Kirche. Festschrift ftir K. Adam », 1 952, 2 1 1 -224. La dottrina della cooperazione di Maria alla redenzione non è dunque mai attestata esplicitamente dai Padri, ma potrebbe essere implicita nelle loro testimonianze. Il che però diventa chiaramente visibile soltanto attra­ verso allo sviluppo successivo di ciò che i Padri hanno detto. Essi non si erano ancora posto in modo chiaro il problema. "

1 7. Particolare importanza e portata riveste per la nostra questione la designazione di Maria come sposa di Cristo. Essa risale al Cantico dei Cantici. Fu però necessaria una lunga riflessione teologica prima che nella sposa del Cantico si riconoscesse Maria. Come già abbiamo visto in tale sposa si scorse da prima la Chiesa. Origene vi vide l'anima singola. In questo senso troviamo in Bernardo sviluppi considerevoli. Ruperto di Deutz ha interpretato per primo Maria come la sposa cantata nel Can­ tico, e dopo d'allora questa interpretazione è andata sempre piu impo­ nendosi nella teologia cattolica. Nella sposa del Cantico sono da inten-

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dersi sia la Chiesa che Maria. Ciò non costituisce una contraddizione; Maria infatti è tipo della Chiesa. L'immagine della sposa, piu facilmente che non l'immagine del patto, permette di capire che al decreto ed all'atto della redenzione da parte di Dio deve aggiungersi il consenso e la partecipazione umana. Nell'im­ magine del patto il consenso umano indispensabile è espresso da Cristo stesso. Ma nell'immagine della sposa esso non può essere espresso da Cristo, perché egli è lo sposo. Ed allora deve essere espresso da un altro rappresentante dell'umanità . Il carattere della Chiesa quale sposa di Cristo rende perciò chiaro che all'azione del Signore deve aggiungersi la coope­ razione umana. Se questa fu prestata da Maria quale rappresentante della Chiesa, si è perché in lei si concentra la qualità di sposa che compete alla Chiesa. 1 8. L'attitudine di Maria a rappresentare la Chiesa quale sposa di Cristo aveva fondamento nella sua elezione a madre di Dio. Qui dob­ biamo intendere le parole « madre di Dio » nel senso largo precedente­ mente spiegato. Maria fu madre di Gesu Cristo sia in senso biologico che spirituale. Nessuno dei due elementi dev'essere trascurato. La sua ma­ ternità in senso spirituale significava la dedizione incondizionata al com­ pito affidatole da Dio. La prontezza verso Dio fu l'atteggiamento fonda­ mentale di tutta la sua vita. In base alla sua maternità spirituale-fisica ella fu strettissimamente unita al figlio. Mediante questa unione fu pre­ servata da ogni peccato. Fu la redenta del suo figlio. Per lei la redenzione non costitui come per chiunque altro liberazione� ma preservazione dal peccato e santificazione di tale intensità da superare tutti gli altri uomini. Ella è « redenta nel modo piu sublime ». L'unione col figlio, che è con­ temporaneamente il suo redentore, si esprime nella sua intimità e forza nel rapporto di sposa, in cui ella quale rappresentante della Chiesa sta nei confronti del proprio figlio. Per il suo carattere di creatura e di redenta Maria sta necessariamente dalla nostra parte. Ella è discendente di Adamo al pari di noi, e perciò bisognosa di redenzione al pari di chiunque altro. Come ognuno, è re­ denta da Gesu Cristo e non può in alcun modo redimere se stessa. La grazia santificante conferitale è quella stessa per cui ogni giustificato viene santificato. La grazia inerente alla sua anima differisce per grado, ma non per natura, dalla grazia che è per chiunque altro causa formale della giustificazione. Ma per quanto Maria sia cosi affine a noi tutti ed appartenga a quel-

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l' unico ordine salvifico stabilito da Dio nel suo eterno disegno, al quale noi tutti apparteniamo, nondimeno per la grazia unica ed irripetibile a lei sola concessa è diversa da tutti gli altri uomini ed a tutti superiore. Ella ha ricevuto una grazia che non rappresenta un aumento di grado rispetto alle grazie concesse a rutti gli altri uomini, ma qualcosa di di­ verso e di unico. È la grazia della maternità, alla quale sono collegate molteplici altre grazie concesse a lei sola. Volk (Christus und Maria, 1 9 55, r 8) le enumera nel modo seguente : « Noi siamo liberati dal peccato ori­ ginale, Maria ne è del tutto preservata ; a noi vengono perdonati i peccati personali, Maria con la grazia di Dio non ne ha mai commessi. A noi è promessa la risurrezione del corpo, Maria è già assunta in cielo col corpo ; in ciascun redento abita Cristo mediante la grazia, Maria fu in senso unico l'abitazione di Dio e nella maternità è particolarmente vicina a Cristo, suo figlio ; ciascun membro del corpo di Cristo ha pure compiti verso gli altri ; Maria come madre di Dio ha una particolare funzione verso tutti. Cosi Maria è come noi e tuttavia, proprio per questo, è di­ versa da noi ». Se Maria ha partecipato alla morte di Cristo in croce a nome dell'uma­ nità e con ciò ha anticipato il consenso di noi tutti al Golgota, non l'ha fatto con le proprie forze, quasi che in lei si sia compiuta una autoreden­ zione umana. Ella ha potuto esprimere il suo consenso soltanto per quella pienezza di grazia che era stata concessa alla madre del Signore. In base alla sua unione con Cristo ella si è posta sotto la croce nella morte di Cristo. Ella, come ha dichiarato in nome di tutti la sua prontezza all'an­ nunzio angelico che doveva diventare madre, cosi pure sotto la croce ha preso parte in nome di tutti alla morte del Signore. Il suo fiat sotto la croce, come il fiat nella scena dell'annunciazione, non aveva un valore puramente individuale o particolare, ma di portata universale. In quel mo­ mento Maria era rivolta ed unita per un verso al suo figlio e per l'altro a tutta l'umanità, anzi all'intera creazione. Ella era aperta senza alcuna riserva alla volontà del Padre celeste e proprio per questo aperta a tutto il mondo. Il dinamismo divino operante in lei, che è un dinamismo del­ l'amore che salva, mira attraverso a lei a tutti gli uomini. Maria è atta ad essere un simile strumento di Dio, perché con la grazia di Dio non vuole nulla per sé, ma tutto ciò che ella è lo pone a disposizione di Dio e nella dedizione a Dio appartiene contemporaneamente agli uomini. Per questo legame universale ella si distingue da ogni altro cristiano. Anche questi è ordinato a Dio ed agli uomini. La santità non è chiusura, ma apertura; anzi, consiste proprio nell'apertura a Dio ed è tanto piu

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intensa quanto piu l'uomo è aperto a Dio. Chi è aperto a Dio, amore, è per ciò stesso aperto anche agli uomini. Cosi ogni individuo sostenuto dalla grazia di Dio può in certo senso dire a nome degli altri il si della fede e dell'amore alla morte di Cristo e prestare quindi quella funzione integrativa che Paolo esprime con la frase : « Completo nel mio corpo quel che manca alla passione di Cristo » (Col. 1, 24). Tuttavia questa pos­ sibilità che compete ad ogni uomo non significa che tra Maria e noi non esista una profonda differenza, e che ella quindi faccia soltanto ciò che può fare anche chiunque altro. Il si a Cristo espresso da chiunque altro non soltanto per sé, ma in nome della Chiesa e perciò in nome dei fratelli e sorelle credenti in Cristo, ha l 'inconveniente di provenire da un cuore ferito dal peccato, di essere perciò indebolito e limitato dal peccato. Il si invece di Maria viene da un cuore consacrato pienamente a Dio, perché viene dal cuore della madre di Dio, ed ha quindi una profondità, una forza ed una portata incomparabili. Cosi Maria è inserita nella comunità dei cristiani ed è tuttavia diversa da tutti gli altri. Mossa e sostenuta dall'attività salvifica di Cristo, in streuissima unione con la Chiesa, non fuori e indipendentemente da essa, ma quale suo membro piu emi­ nente, anzi quale sua rappresentante e madre spirituale, ella ha svolto e svolge una funzione salvifica di una universalità e forza che abbraccia tutti. Alla domanda quale certezza teologica compete alla spiegazione presentata per ultima, si può rispondere che fin quando il magistero ec­ clesiastico non emetra una dichiarazione obbligante, la tesi non ha che un alto grado di probabilità. Potrebbe tuttavia essere vicinissima alla verità, perché ha fondamento nella dottrina paolina della redenzione, dalla quale si può sviluppare. Veramente occorrono considerazioni lunghe ed accu­ rate per trovare, in base alla testimonianza della Scrittura, la via alla tesi di Dillenschneider, e per evitare che il termine « corredentrice » venga frainteso. Chi trascura queste considerazioni incorre nel pericolo di frain­ tendere la dottrina della corredenzione di Maria. Si tratta di un caso raro ài sviluppo teologico, in cui una tesi mariologica particolarmente spinta può richiamarsi a Paolo. Di qui appare quanto la Mariologia sia radicata nella dottrina della Scrittura rettamente intesa. Come abbiamo detto, nella tesi di Dillenschneider sparisce la distin­ zione tra redenzione soggettiva ed oggettiva. Tuttavia non viene negata, ma soltanto collocata in altro punto, in certo modo piu tardi che nella interpretazione abituale. Maria partecipando alla morte di Cristo ha rea­ lizzato virtualmente la morte della Chiesa, anticipando con ciò la nostra 1 9.

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9· IL CONTRIBUTO DI MARIA ALLA REDENZIONE

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partecipazione alla morte di Gesu Cristo. Tuttavia per il singolo la morte virtuale diventa attuale solo quando egli, mediante la fede ed il battesimo entra nella morte di Cristo (Rom. 6, 6). Soltanto con questo egli esprime con responsabilità propria l'assenso alla morte di Cristo, assenso decisivo per il suo destino personale. Solo quando egli stesso esprime questo as­ senso, l'assenso anticipato da Maria acquista per lui forza salutare. Possiamo domandarci se Maria per questo assenso di fede che ciascuno deve esprimere, svolga una funzione come l'ha svolta nell'anticipazione del nostro consenso. In altre parole, Maria interviene nella redenzione soggettiva? La questione sarà trattata nel prossimo paragrafo. 20. A conclusione si noti che il problema del contributo di Maria alla redenzione non può venire risolto mediante speculazioni senza fine, tanto meno ascoltando i desideri del cuore, ma solamente prestando orec­ chio con fede alla rivelazione, quale ci viene annunziata dal magistero ecclesiastico ed attestata dalla Scrittura e dalla Tradizione orale. Ma qua­ lora risulti che esso fa parte del deposito della rivelazione, la ragione spe­ culativa ed i desideri del cuore non possono neppure essi muovervi contro delle obiezioni. Poiché allora è Dio che parla e l'uomo deve inchinarsi nella fede alla voce di Dio. Maria non è entrata nella storia salvifica per arbitrio umano, ma bensf per l'eterno decreto di Dio. Quando la parola di Dio attestata nel vangelo viene presa sul serio, si apre largo l'accesso alla tesi della partecipazione di Maria alla redenzione. Lo dimostra l'opera di Asmussen, Maria die Mutter Gottes, Stoccarda 1925, dove si dice (p. 50 s.) : « Qualora si togliesse al sacerdozio il carat­ tere di mediatore, il sacerdozio sarebbe una farsa. Chi è sacerdote e con ciò anche mediatore, non sta esclusivamente dalla parte di Dio o del­ l'uomo; ma piuttosto rappresenta Dio dinanzi agli uomini, e gli uomini dinanzi a Dio. Questa posizione è inevitabile ed indispensabile per tutti i cristiani, essendo la posizione fondamentale della successione. Perciò non possiamo riconoscere alcuna fede senza sacerdozio e quindi senza media­ zione. Se fosse diverso, le promesse del Vecchio Testamento sarebbero finite, ma non compiute. Se trascurassimo questo, le dottrine del Nuovo Testamento sarebbero riconosciute solo parzialmente. Cosi stando le cose, dobbiamo pure riconoscere che Maria sta in questa mediazione, perché è un membro distinto della schiera sacerdotale. La questione è soltanto - sia per la madre di Dio, che per tutti gli altri cristiani - se si tratti di una mediazione in Cristo oppure di una mediazione accanto a Cristo. Questa infatti è evidentemente la distinzione, dalla quale tutto dipende. -

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Se noi riconosciamo una mediazione accanto a Cristo, allora l'onore di Cristo è realmente impugnato. Ma se ammettiamo una mediazione dei cristiani in Cristo, non facciamo altro che affermare che l'opera di Cristo non è rimasta senza frutto » .

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Maria mediatrice d i tutte l e grazie.

l . Nel paragrafo precedente s'è presentata la questione se Maria abbia parte nella redenzione soggettiva; questione che è sorta di per sé dal pro­ blema che abbiamo trattato. Come vedemmo Maria ha dato un contri­ buto alla integrazione dell'opera salvifica compiuta da Cristo, anticipando il consenso dell'umanità alla morte subita da Cristo in nome dell'umanità medesima. Nel consenso alla croce da lei espresso sotto la croce era vir­ tualmente contenuto il consenso di tutti noi. Ma il consenso virtuale deve diventare anuale e concreto; e questo avviene nella fede e nei sacramenti. Mediante la fede ed il battesimo l'uomo si appropria personalmente la salvezza procurata da Cristo. Ci si domanda se Maria svolga in questo evento una funzione mediatrice. Come già vedemmo, tra gli uomini ed il Padre celeste c'è un solo mediatore, cioè Gesu Cristo. Ciò è chiara­ mente attestato dalla Sacra Scrittura. Ma non per questo sono risolte tutte le questioni. Poiché ora sorge il problema del modo in cui l'uomo giunge alla comunione con Cristo mediatore, del modo in cui diventa partecipe della mediazione di Cristo, che costituisce per lui una necessità vitale. Maria ha una funzione in questo? Cerchiamo di indagare questo problema. -

2. Anzitutto è naturale che Maria, la quale ha dato il suo consenso al piano salvifico divino realizzato in Cristo, nulla attenda piu ardente­ mente che il fruttuoso successo di quanto il suo figlio ha operato durante la vita, soprattutto sul Go!gora. L'amore verso il figlio, la dedizione alla volontà del Padre, la costringe a desiderare ed a pregare che l'opera del figlio si realizzi in tutti gli uomini. L'amore verso il figlio diventa neces­ sariamente amore verso tutte le creature, per amore delle quali appunto il figlio suo è vissuto, è morto e risuscitato. Maria abbraccia col suo amore tutti gli uomini, anzi l'intera creazione proprio per amore del figlio. Amando il figlio, ella desidera la salvezza di tutti. Occorre dunque dire che Maria vuole per gli uomLni l'opera di Cristo. In questo senso ella è mediatrice tra Cristo e gli uomini. La sua funzione mediatrice ha molteplici aspetti. Maria è mediatrice anzitutto perché sotto -

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la croce ha espresso il consenso in nome di tutti ed è entrata ella stessa nella morte di Cristo come rappresentante della umanità. Conseguente­ mente la fede con cui l'uomo si rivolge al Signore, è ratifica del consenso anticipato da Maria alla morte di Gesti Cristo. Ma ella è ancora media­ trice a Cristo in un secondo modo, ancora piti prossimo al singolo ; poiché ella desidera, come abbiamo detto, per ciascun individuo, l'efficacia del­ l'opera di Cristo. Il suo desiderio mira a che il Signore, suo figlio, che è morto in croce, regni in ogni individuo, per modo che l'uomo viva « in Gesti Cristo » e diventi cosi partecipe della salvezza. Perciò l'atto con cui Cristo si rivolge a ciascun uomo, e l'uomo a Cristo, è sostenuto ed avvolto dall'amore di Maria. Non esiste effettivamente alcun incontro con Gesti Cristo, che non sia accompagnato dall'amore di Maria per il Signore.

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DOTTRINA DELLA CHIESA.

3. Possiamo accostarci meglio al senso della mediazione di Maria con­ siderando le dichiarazioni della Chiesa sulla questione. Citeremo alla let­ tera i piti importanti documenti pontifici degli ultimi cento anni . I testi relativi saranno presentati con maggiore ampiezza, affinché dal contesto si possa vedere il senso, la portata e la forza della fede della Chiesa nella mediazione di Maria. Cfr. anche i testi addotti al § 9, n. 2 . Papa Leone XIII nella Enciclica Supremi Apostolatus del r 8 8 3 scrive : « L'Ufficio del Supremo Pontificato, che Noi esercitiamo, e la difficilis­ sima condizione dei tempi presenti ogni giorno piti ci inducono e quasi ci spingono a provvedere con tanta maggiore premura alla tutela ed alla incolurnità della Chiesa, quanto piti gravi sono le sue prove. Perciò men­ tre, con tutte le Nostre forze, ci adoperiamo per salvaguardare, in tutti i modi, i diritti della Chiesa, e di prevenire ed allontanare i pericoli, che o sovrastano o già ne circondano, senza posa ci applichiamo ad invocare i celesti aiuti, persuasi che con questi soltanto la Nostra opera e le Nostre premure potranno conseguire l'esito desiderato. A questo scopo nulla stimiamo piti efficace e piti potente che renderei propizia, con la devozione e con la pietà, la gran madre di Dio, la ver­ gine Maria. Ella, infatti, mediatrice presso Dio della nostra pace e dispen­ satrice delle celesti grazie, è assisa in cielo nel piu alto trono di potenza e di gloria, per concedere l'aiuto del suo patrocinio agli uomini, che, fra tante pene e tante lotte, faticosamente camminano verso l'eterna patria. Pertanto, essendo ormai prossima l'annuale solennità, destinata a ricor-

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dare gli innumerevoli e segnalati benefici elargiti al popolo cnstlano per mezzo del santo Rosario di Maria, vogliamo che, quest'anno, tutto il mondo cattolico, con particolare devozione, rivolga la stessa pia preghiera alla vergine Maria, affinché, per la sua intercessione, possiamo avere la gioia di vedere il suo figlio placato e mosso a compassione dalle nostre miserie. Per tale motivo abbiamo creduto bene, o venerabili Fratelli, di indiriz­ zarvi questa Lettera, perché, conosciute le Nostre intenzioni, voi possiate con la .;ostra autorità e col vostro zelo, spronare la pietà dei fedeli a cor­ rispondervi diligentemente. Nei momenti di trepidazione e di incertezza, fu sempre primo e sacro pensiero dei cattolici di ricorrere a Maria, e di rifugiarsi nella sua materna bontà. E ciò dimostra la fermissima speranza, anzi la piena fiducia, che la Chiesa cattolica ha sempre a buon diritto riposta nella madre di Dio. Infatti la Vergine Immacolata, prescelta ad essere madre di Dio, e per ciò stesso fatta corredentrice del genere umano, gode presso il figlio di una potenza e di una grazia cosi grande che nessuna creatura né umana né angelica ha mai potuto né mai potrà raggiungerne una maggiore. E poiché la gioia per lei piu gradita è quella di aiutare e consolare ogni sin­ golo fedele che invochi il suo soccorso, non vi può essere dubbio che ella molto piu volentieri desideri accogliere, anzi esulti nell'accogliere i voti di tutta la Chiesa. Ma questa ardente e fiduciosa pietà verso l'augusta regina del cielo venne messa in piu chiara luce, quando la violenza degli errori largamente diffusi o la dilagante corruzione dei costumi o l'assalto di potenti nemici sembrarono mettere in pericolo la Chiesa militante di Dio » (A. Tondini, l. c. 6?-69 ). I testi delle Encicliche Octobri mense e Magnae Dei Matris si possono leggere al § 9, n. 2. Nell'Enciclica Iucunda semper il Papa dice : « II nostro supplichevole ricorso al patrocinio di Maria si fonda sul suo ufficio di mediatrice della divina grazia ; ufficio che ella - graditissima a Dio per la sua dignità e per i suoi meriti, e di gran lunga superiore per potenza a tutti i Santi continuamente esercita per noi presso il trono dell'Altissimo. Ora, questo suo ufficio forse da nessun altro genere di preghiera è cosi vivamente espresso come nel Rosario, dove la parte avuta dalla Vergine nella reden­ zione degli uomini è cosi messa in evidenza, che sembra svolgersi ora davanti al nostro sguardo; e ciò porta un singolare profitto alla pietà, sia nella successiva contemplazione dei sacri misteri, sia nella recita ripetuta delle preghiere » (A. Tondini, l. c., 205).

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Nell'Enciclica Augustissimae Virginis del I 897 si uovano queste pa­ role : « Per il fatto poi che questa milizia orante è arruolata sotto la bandiera della divina madre " acquista una nuova forza e si illustra di nuova gloria, come soprattutto dimostra, nella recita del Rosario, la fre­ quente ripetizione del saluto angelico, dopo l'orazione domenicale. Questa pratica, !ungi dall'essere incompatibile con la dignità di Dio - come se si insinuasse che noi dobbiamo confidare piu in Maria Ss.ma che in Dio stesso - ha al contrario una particolarissima efficacia nel commuoverlo e renderlo propizio. Infatti la fede cattolica ci insegna che noi dobbiamo pregare non solo Dio, ma anche i Santi (Conc. Trid. Sess. 25), sebbene in maniera diversa : Dio come sorgente di tutti i beni, i Santi come inter­ cessori. " In due modi si può rivolgere ad uno una preghiera, dice San Tommaso : con la convinzione che egli lo possa esaudire o con la per­ suasione che egli possa impetrare ciò che si chiede. Nel primo modo noi preghiamo solamente Iddio, perché tutte le nostre preghiere debbono essere rivolte al conseguimento della grazia e della gloria, che Dio solo può donare, come è detto nel Salmo 83, 1 2, 3 : ,. La grazia e la gloria la largisce il Signore ". Nella seconda maniera presentiamo la nostra pre­ ghiera ai santi angeli e agli uomini ; non già perché Dio per loro mezzo venga a conoscere le nostre domande, ma perché, per la loro ìntercessione e per i loro meriti, le nostre preghiere siano esaudite. E perciò nel capi­ tolo 8, 4 dell'Apocalisse si dice che sali il fumo degli aromi, per le ora­ zioni dei Santi, dalla mano dell'angelo al cosperto di Dio " (S. Th., II-II, q. 83, a. 4). Ora chi mai, fra tutti i Santi, che abitano le sedi beate, potrà competere con l'augusta madre di Dio nell'impetrare la grazia? Chi potrà con maggiore chiarezza vedere nel Verbo eterno di Dio le nostre angustie e le nostre necessità? Chi al pari di lei ha viscere di materna pietà? È que­ sto precisamente il motivo per cui noi non preghiamo i Santi del cielo nello stesso modo con cui preghiamo Dio : " Poiché alla Ss.ma Trinità chiediamo che abbia pietà di noi, mentre a tutti gli altri Santi chiediamo che preghino per noi " (S. Th., II-II, q. 83, a. 4). Invece la preghiera che si rivolge a Maria ha qualche cosa di comune col culto che si rende a Dio; tanto che la Chiesa la invoca con questa espressione, che si vuole indiriz­ zare a Dio : " Abbi pietà dei peccatori ". Pertanto i confratelli del santo Rosario fanno molto bene ad intrecciare tanti saluti e tante preghiere a Maria, come altrettante corone di rose. Infatti, davanti a Dio Maria è " tanto grande e tanto vale che chi vuoi grazie e a lei non ricorre, sua desianza vuoi volare senz'ali » (A. Tondini, l. c., 26 5-267). Papa Pio X nell'Enciclica Ad diem illum laetissimum del 1 904 dichiara : "

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« Nessuno poi porrà in dubbio che, per mezzo specialmente di Maria, ci sia aperta la migliore via alla conoscenza di Cristo, quando rifletta che con lei sola, fra tutti, Gesu fu per trent'anni unito con quei rapporti di familiare intimità, che legano sempre un figlio alla propria madre. Infatti, i meravigliosi misteri della natività e della fanciullezza di Cristo, e quelli soprattutto della Incarnazione, che è il principio e il fondamento della nostra fede, a chi mai potevano essere piu manifesti che alla madre? La quale non solo " conservava nel suo cuore ., ciò che era avvenuto a Be­ tlemme o nel tempio di Gerusalemme, ma fu anche partecipe dei pen­ sieri di Cristo e dei suoi nascosti desideri; di modo che si può dire che ella abbia vissuto la vira stessa del figlio. Nessuno adunque conobbe Cristo cosi intimamente come lei ; non vi può quindi essere maestro o guida piu adatta di lei alla conoscenza di Cristo. Ne segue ancora, come già abbiamo accennato, che nessuno può essere piu atto della Vergine ad unire gli uomini a Cristo. Se difatti, a detta di Cristo, " La vita eterna è questa, che conoscano te, solo te, solo vero Dio, e colui che hai mandato Gesu Cristo " (Gv. 17, 3), raggiungendo per mezzo di Maria, una vitale conoscenza di Cristo, sarà anche per mezzo di Maria che conseguiremo più facilmente quella vita che ba per sua fonte e per suo principio Cristo. Se poi riflettiamo un momento quante e quanto potenti siano le ragioni per le quali questa madre santissima ci ha premurosamente largito tali splendidi doni, oh come si accresce la nostra speranza 1 E non è forse Maria la madre di Cristo? Quindi è anche madre nostra. Ognuno deve ritenere che Gcsu, Verbo fatto carne, è anche il Salvatore del genere umano. Ora, come Dio-uomo, egli ebbe un corpo fisico, come tutti gli altri uomini ; come Redentore della nostra stirpe, ebbe un corpo spirituale e mistico, formato dalla società di coloro che credono in Cristo. " Noi molti siamo un corpo solo in Cristo " (Rom. 1 2, 5). E la Vergine non concepi l'eterno Figlio di Dio soltanto perché, prendendo da lei la natura umana, diventasse uomo, ma anche perché, per mezzo della natura wnana, divenisse il Salvatore del mondo. Per ciò l'angelo disse ai pastori : " Oggi vi è nato un Salvatore, che è il Cristo Signore " (Le. 2, I 1). Nello stesso seno, adunque, della castissima madre, Cristo prese la carne e, in­ sieme si uni un corpo spirituale, formato da coloro " che avrebbero cre­ duto in lui ". In tal modo si può dire che Maria, portando nel suo seno il Salvatore abbia anche portato tutti coloro la cui vita era contenuta in quella del Salvatore. Tutti noi, adunque, che siamo uniti a Cristo e, al dir dell'Apostolo " membra del corpo di lui, della sua carne e delle sue

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ossa " (Ef. 5, 3 0), siamo usciti dal seno di Maria, e a somiglianza di un corpo unito al suo capo. Quindi, per una ragione tutta spirituale e mistica, noi siamo chiamati figli di Maria, ed ella è madre di noi tutti. " Madre, a dir vero, spirituale ma senza dubbio madre delle membra di Cristo che siamo noi " (S. Agostino, De sancta virginitate, c. 6). Se perciò la bea­ tissima Vergine è, ad un tempo, madre di Dio e degli uomini, chi potrà dubitare che ella non si adoperi con ogni mezzo, affinché Cristo, " capo del corpo, ossia della Chiesa " (Col. I, I 8), infonda in noi sue membra i suoi doni, e particolarmente quello di conoscerlo, " affinché per mezzo di lui abbiamo vita " ( 1 Gv. 4, 9)? » . Subito dopo l'Enciclica continua : « Maria invece, come opportuna­ mente nota S. Bernardo, è " l'acquedotto " (S. Bernardo, Serm. de temp., in Nativ. B. V., de Aquaeductu, n. 4) oppure il collo mediante il quale il corpo è unito al capo, e questo trasmette la sua virtU. e la sua forza. " Ella difatti è il collo del nostro capo, mediante il quale tutti i doni spi­ rituali sono comunicati al corpo mistico " (S. Bernardo, Serm. Quadrag. de Evangelio aeterno, Serm. x o, a. 3, c. 3). È pertanto chiaro che non intendiamo affatto attribuire alla madre di Dio il potere di produrre quella grazia soprannaturale ; potere che, invece, compete soltanto a Dio. Ma poiché ella supera tutti nella santità e nella unione con Cristo, e poiché da Cristo fu associata all'opera della umana salvezza, ci merita de congruo, come dicono i teologi, ciò che Cristo ci meritò de condigno; ed è perciò divenuta la prima distributrice delle grazie da lui elargite. Il Figlio di Dio " si assise alla destra della maestà divina nel piu alto dei cieli " (Ebr. I , 3); Maria a sua volta è assisa, come regina, alla sua destra " sicuro rifugio di tutti coloro che sono in pericolo, e a tutti fedelissima ausiliatrice ; di modo che di nulla si deve temere, e mai si deve disperare, se ella ci sarà guida, protezione e difesa " (Pio IX, Lett. Ap. lneffabilis, 8 dic. 1 8 5 4). Ciò posto, per ritornare all'assunto, chi potrà pensare che a torto o meno giustamente abbiamo affermato che Maria è il piu grande e piu sicuro aiuto per raggiungere la conoscenza e l'amore di Cristo ; quando vediamo che ella fu assidua compagna di Cristo dalla casa di Nazareth al " luogo del Calvario "; che conobbe i segreti del suo cuore come nessun altro; che amministra quasi con diritto di madre i tesori dei suoi meriti? Prova di quanto affermiamo è senza dubbio il deplorevole comportamento di coloro che, o per diabolica astuzia o per errate opinioni, credono di poter fare a meno dell'aiuto della Vergine. Questi miseri ed infelici che adducono il pretesto di trascurare Maria per onorare Gesu, ignorano che

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" il Figlio non si può ritrovare, se non con Maria, sua madre ·· » (A. Ton­ dini, l. c., 309-3 I 5). Nel 1 9 1 8 Benedetto XV in uno scritto al « Sodalizio mariano della buona morte » affermò che tutte le grazie ci vengono distribuite dal te­ soro della redenzione per cosi dire attraverso alle mani della madre dei dolori. Nel 1921 approvò l'Ufficio e la Messa della festa in onore di Maria mediatrice di tutte le grazie. È naturale che anche nelle sue lettere e nei suoi atti, presentandosene l'occasione, abbia fatto allusioni a questa di­ gnità della madre di Dio. Espressioni simili si trovano poi anche nel suc­ cessore Pio Xl, che indica Maria brevemente come « Mediatrice di tutte le grazie divine » (2 Marzo 1922). Nell'Oremus della Messa della festa suddetta, la mediazione di Maria è espressa in forma breve, ma anche relativamente generale. « Signore Gesu Cristo, mediatore nostro presso il Padre, che ti degnasti di costi­ tuire la beatissima Vergine tua madre anche madre nostra e mediatrice presso di te; concedi propizio che chiunque ricorrerà a te per domandare benefici, abbia a gioire di averli ottenuti per mezzo di lei ». La conferma della festa e delle sue orazioni, pur non costituendo una definizione in­ fallibile di fede, ha tuttavia grande importanza dogmatica, perché la Chiesa non professa alla leggera una dottrina, che riveste tanta impor­ tanza per la coscienza di fede di tutta la Chiesa. Per la valutazione dogma­ tica delle dichiarazioni dottrinali della Chiesa ha importanza decisiva ve­ dere se i papi hanno voluto trattare formalmente la nostra questione, ed inoltre se hanno inteso dare una definizione oppure soltanto esortazioni per la devozione.

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4. Se poniamo ancora una volta la domanda circa il modo in cui l'opera di Cristo viene comunicata all'uomo, circa il modo quindi io cui un credente può entrare in comunione con Cristo mediatore ed acqui­ stare cosi i frutti della mediazione di Cristo, la prima risposta è : mediante la Chiesa, mediante cioè la sua predicazione e la sua amministrazione dei sacramenti. La Chiesa è istituita da Cristo allo scopo di trasmettere agli uomini la salvezza operata con la morte in croce e con la risurrezione. Cristo ha affidato la sua opera alla Chiesa, e questa la rende accessibile a tutti gli uomini presentandola ad ogni epoca mediante la predicaziooe e i sacramenti, per modo che anche gli uomini molto lontani da Cristo nello spazio e nel -

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tempo, possono afferrare la salvezza da lui approntata. La Chiesa è lo stru­ mento mediante il quale Cristo, ed in ultima analisi il Padre celeste per mezzo di Cristo nello Spirito Santo, accoglie gli uomini nella morte e nella risurrezione del Signore. In questo hanno valore decisivo gli atti della predicazione e della amministrazione dei sacramenti. Per questo com­ pito Gesu Cristo ha dato alla sua Chiesa il potere sacro supremo. 5. Ma nella comunità della Chiesa anche ogni singolo individuo funge da mediatore della salvezza ; perché la vita della Chiesa è sostentata dal­ l'amore e dalle preghiere di tutti i singoli. Il che viene espresso da un gran numero di testi del Nuovo Testamento. Cosi ad es. nella lettera ai Romani ( I 5 , 30) S. Paolo invita i suoi destinatari a pregare per lui : « Ora io vi scongiuro, o fratelli, per il Signore nostro Gesu Cristo e per la carità dello Spirito, ad aiutarmi con le vostre preghiere a Dio per me ». Nella lettera agli Efesini ( 6, 1 8 s.) egli si esprime allo stesso modo : « Con ogni sorta di preghiere e di suppliche pregate incessantemente per mezzo dello Spirito. Ed a questo fine vegliate con ogni perseveranza nella preghiera per tutti i santi, anche per me, affinché mi sia data la parola onde io apra le mie labbra a far conoscere con libertà il mistero del vangelo ». In 2 Tess. 3, I si dice : « Del resto, o fratelli, pregate per noi, affinché la parola del vangelo prosegua la sua corsa e sia in onore ». In I Tess. 5, 25 Paolo rivolge un invito del tutto generico : « Fratelli, pregate per noi » . Parimenti nella lettera ai Colossesi (4, 3 ) s i dice : « Pregate insieme anche per noi, che Dio apra la porta alla nostra predicazione, onde io possa an­ nunziare il mistero del Cristo ». In I Tim. 2, I 3 troviamo : « Anzitutto adunque io raccomando che si facciano preghiere, suppliche, domande, ringraziamenti per tutti gli uomini... Ciò in vero è ben fatto e accetto al cospetto di Dio nostro salvatore ». Paolo assicura che le preghiere hanno efficacia. Cosi nella lettera ai Filippesi (I, 1 9) si dice : « So infatti che ciò mi tornerà a salvezza e per la vostra preghiera e per l'aiuto dello Spirito di Gesti Cristo » . Agli Efesini (1, 1 6 s.) Paolo dà l'assicurazione : « Non cesso di ringraziare Dio sul conto vostro, facendo memoria di voi nelle mie ora­ zioni, affinché il Dio del Signore nostro Gesu Cristo, il Padre della gloria, conceda a voi spirito di sapienza e di manifestazione ». Parimenti consola i Tessalonicesi (2 Tess. I, I I) : « Ed a questo fine sempre preghiamo per voi, affinché il nostro Dio vi renda degni della sua vocazione, e compia efficacemente tutto il vostro desiderio di bene e l'opera della vostra fede ». Paolo assicura con giuramento i Romani di ricordarsi sempre di loro. Scrive ( I , 9 s.) : « Infatti mi è testimone Dio, al quale nel mio spirito io servo -

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con la predicazione del vangelo del figlio suo, che senza posa mi ricordo di voi nelle mie orazioni » . Una consolazione simile ricevono i Filippesi (1, 3-5), ai quali Paolo scrive : « Rendo grazie al mio Dio ogni volta che di voi mi ricordo, e in ogni mia preghiera sempre lo supplico con gaudio per tutti voi, per la vostra cooperazione al vangelo dal primo giorno sino ad ora ». Quando Pietro era in prigione, la Chiesa pregava senza posa Dio per lui (Atti 1 2, 5), e fu esaudita. Stefano stando in ginocchio prima di morire gridò pregando ad alta voce e dicendo : « Signore, non imputare loro questo peccato » . E ciò detto si addormentò nel Signore (Atti 7, 59). La Chiesa con queste sue preghiere rispondeva all'invito di Gesu Cristo, il quale anzi ammoniva di pregare sempre e senza interruzione, con l'as­ sicurazione : « Tutte le cose che domanderete pregando, abbiate fede di attenerle e le otterrete » (Mc. I I , 24). Con la sua preghiera la Chiesa ha ripreso e continualO ciò che Cristo stesso ha fatto durante la sua vita ter­ rena. Egli ha pregato per gli amici e per i nemici. Ha gridato al Padre : « Io per essi prego : non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, affinché siano una cosa sola come siamo noi... Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che li preservi dal male. . . Non prego solamente per essi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro pa­ rola » (Gv. 1 7, 9· 1 1 . 1 7 . 20). Per i nemici ha pregato sulla croce, al mo­ mento della morte : « Padre, perdona loro, perché non sanno quel che fanno » (Le. 23, 34). Ciò che è avvenuto nel Nuovo Testamento ha av uto preludio nel Vec­ chio. Sono numerosi i casi in cui persone pie e giuste invocano la mise­ ricordia di Dio ed in tal modo ottengono di influire in modo decisivo sùl corso della storia della salvezza. Citiamo alcuni esempi. In Gen. 1 8, 1 6 -33 si racconta : « Si levarono di là i tre uomini e si diressero verso Sodoma ; e Abramo andava con loro per accomiatarli. E il Signore disse : " Vorrò io tenere nascosto ad Abramo ciò che sto per fare, menue Abramo cer­ tamente diverrà un popolo grande e potente, e per lui saranno benedetti tutti i popoli della terra? Anzi l'informerò perché egli ai suoi figli e al suo casato dopo di lui dia ordine di mantenersi nella via del Signore pra­ ticando la giustizia e il diritto, affinché il Signore compia su Abramo quanto gli ha promesso ". Disse dunque il Signore : " Il grido che viene da Sodoma e Gomorra certo è grande; e il loro peccato è assai grave. Voglio scendere e vedere se hanno fatto tutto il male di cui mi è giunto il grido oppure no ; lo voglio sapere ! ". Partirono quegli uomini di là e andarono a Sodoma, mentre Abramo

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restava ancora dinanzi al Signore. Si accostò Abramo e disse : " Vuoi davvero far perire il giusto insieme col reo? Forse ci sono cinquanta giusti dentro la città. Vuoi tu davvero farli perire, e non piuttosto per­ donare a quel luogo per i cinquanta giusti che sono in mezzo? Lungi da te il fare tale cosa ! far morire il giusto insieme col reo ! Sarebbe quale il giusto, tale il reo. Lungi da te ! Il giudice di tutta la terra non agirebbe con equità? ". E il Signore disse : " Se trovo in Sodoma cinquanta giusti dentro la città, perdonerò a tutto il luogo per riguardo a loro ". Abramo riprese la parola dicendo : " Vedi, di grazia : ho ardito parlare al mio Signore, mentre sono polvere e cenere. Forse mancheranno cinque giusti a far cinquanta. Vuoi tu per cinque distruggere tutta la città? ". E il Signore : " Non la distruggerò ; se ve ne trovo quarantacinque ". Con­ tinuò Abramo a parlare a lui, e disse : " Forse se ne trovano ivi quaranta ". E quegli : " Non lo farò, per riguardo ai quaranta ". E Abramo : " Non si adiri, prego, il mio Signore, e mi lasci parlare. E se trenta soli ivi se ne trovano? ". Rispose : " Non lo farò, se ve ne sono trenta ". Riprese : ·' Vedi, di grazia, ho ardito parlare al mio Signore. E se ivi se ne trovano venti? ". Rispose : " Non distruggerò nulla per riguardo ai venti ". Disse Abramo : " Non si adiri, prego, il mio Signore, e mi lasci parlare ancora una volta. Forse ivi se ne troveranno solo dieci ". E il Signore : " Non distruggerò nulla per riguardo ai dieci Finito di parlare con Abramo, il Signore se ne andò, e Abramo tornò al suo posto » . La portata della preghiera si rivela particolarmente efficace quando Lot, fuggendo dalla città votata alla distruzione, riceve da Dio il comando di rifugiarsi sui monti, mentre egli non vuole fuggire sui monti, ma nella città piu vicina (Gen. 19, 20 ss.). « Lot disse a Dio : " Vedi, di grazia, com'è vicina questa città, da potercisi rifugiare. Ed essa è una piccolezza. Deh ! ch'io possa mettermi in salvo colà (non è essa una piccolezza?) e salvare la mia vita ". Gli rispose : .. Ebbene, ti uso riguardo anche in questo, di non rovinare la città che hai detto. Fa' presto a metterti in salvo colà, perché non posso far nulla, finché tu non giungi colà ». Per tal fatto quella città fu chiamata Segor ". Da questo passo appare qmle forza la preghiera possa esercitare su Dio. Nel primo libro di Samuele si racconta come Samuele con la sua pre­ ghiera assiste il popolo (1 Sam. 1 2 , 1 8-23) : « Tutto il popolo ebbe gran timore del Signore e di Samuele. Perciò dissero tutti a Samuele : " Inter­ cedi per i tuoi servi presso il Signore Iddio tuo, che non abbiamo a mo.,_

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rire ; perché ai tanti nostri peccati abbiamo aggiunto la cattiveria di chie­ dere per noi un re ". E Samuele disse al popolo : " Non temete. Voi, si, faceste tanto male ; tuttavia non vi scostate dal Signore, anzi servitelo con tutto il cuore vostro; né andate dietro alle fatuità, che non giovano e non salvano affatto, perché sono fatuità. Certo il Signore non abbandonerà il suo popolo per rispetto al suo gran nome da che è piaciuto al Signore fare di voi il popolo suo. Per parte mia, lungi da me ch'io mai pecchi contro il Signore cessando di pregare per voi e di mostrarvi il buono e retto cammino » . Allorché il popolo liberato dall'Egitto si ribellò nel deserto, Dio mandò serpenti velenosi. Allora la gente ricorse a Mosè e disse : « Abbiamo peccato sparlando contro il Signore e contro di te ; prega il Signore che al­ lontani da noi i serpenti ''. E Mosè intercedette in favore del popolo. E il Signore disse a Mosè : " Fatti un serpente bruciante, e collocalo sopra un'asta e chiunque, dopo essere stato morso, lo guarderà, sarà risanato ". Fece dunque Mosè un serpente di bronzo e lo pose sopra un'asta e se alcuno era morsicato da un serpente e guardava il serpente di bronzo, era guarito » (Num. 2 1 , 7-9). Nel secondo discorso di Mosè si racconta come egli biasimò il popolo dopo la danza attorno al vitello d'oro. Gli disse (Deut. g, 1 3-29) : « Mi disse ancora il Signore : " Ho guardato questo popolo, ed eccolo un po­ polo di testa dura. Lasciami libero, perché io li stermini e cancelli il loro nome sotto il cielo ; di te farò una nazione piu potente e piu numerosa di questa ". Allora mi voltai e discesi dal monte, mentre esso avvampava di fuoco, avendo nelle mie mani le due tavole del patro. Guardai, ed ecco avevate peccato contro il Signore, vostro Dio ; vi eravate fatto un vitello fuso, vi eravate scostati troppo presto dalla via che il Signore vi aveva prescritto. Allora, afferrate le due tavole, le lanciai via dalle mie mani, spezzandole cosi sotto gli occhi vostri. Poi mi gettai dinanzi al Signore, come la prima volta, per quaranta giorni e quaranta notti, senza mangiare pane né bere acqua, a causa di tutti i peccati che avevate com­ messo facendo quello che spiace al Signore, per provocarlo a sdegno; giac­ ché io fui atterrito alla vista dell'indignazione e della collera ond'era furi­ bondo il Signore contro di voi da volervi sterminare. Ebbene, anche questa volta il Signore mi ascoltò. Con Aronne pure si adirò il Signore si forte­ mente da volerlo distruggere; ma intercedetti anche in favore di Aronne in quella circostanza. Quanto al peccato che voi avevate fatto, il vitello, io lo presi e lo bruciai nel fuoco, lo sminuzzai pestandolo per bene, finché fu ri­ dotto in fina polvere, e la sua polvere gettai nel torrente che scende "

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giu dalla montagna. A Tabera, a Massa, a Kibrot-Hattaava voi avete ancora provocato la collera del Signore. E quando il Signore voleva farvi partire da Cades-Barne, dicendo : " Ascendete e impossessatevi della terra che io vi do , voi resisteste al comando del Signore, Dio vostro, non gli prestaste fede e non ascoltaste la sua voce. Siete stati ribelli al Signore dal giorno che vi ho conosciuti. Adunque mi gettai dinanzi al Signore quei quaranta giorni e quaranta notti che stetti cosi prostrato; perché il Signore parlava di sterminarvi, e intercedetti presso il Signore col dire : " O Signore Iddio, non distruggere il tuo popolo e la tua proprietà, che hai riscattato con la tua grandezza, che hai tratto fuori dell'Egitto con mano potente. Ricordati dei tuoi servi, di Abramo, di !sacco e di Gia­ cobbe; non guardare alla durezza di questo popolo, alla sua perversità e al suo peccato, affinché non abbiano a dire quei della terra, da cui ci hai tratti : " Perché il Signore non aveva potere da farli entrare nel paese che aveva loro promesso, e perché li odiava, li ha tratti fuori per farli morire nel deserto ". Ma essi sono pure popolo tuo e tua proprietà, che hai tratto fuori con la grande tua potenza e co! tuo braccio proteso " >> . Molto efficace appare nella storia di Giuditta la fiducia nella forza della preghiera. Allorché i capi della città di Betulia erano pronti a consegnare al nemico la città, Giuditta si è opposta alla resa ed ha invitato ad avere fiducia in Dio. Le disse allora Ozia (Giudit. 8, 28-3 I) : « Tutto quel che hai detto, l'hai proferito con animo nobile, e non v'è alcuno che possa contraddire i tuoi discorsi, non essendo oggi la prima volta che si mani­ festa la tua saggezza, ma fin dal principio dei tuoi giorni il popolo tuo ha conosciuto il tuo senno, perché hai un cuore buono. Ma la gente soffre gran sete, e ci ha sforzati a fare come abbiamo detto e a caricarci di un giuramento che non trasgrediremo mai. Orbene prega per noi, tu che sei una donna devota, che il Signore ci mandi la pioggia a riempire le nostre cisterne, sicché non abbiamo piu a venir meno » . Dopo che il popolo era stato condotto in schiavitu, il profeta Geremia scrisse da Gerusalemme agli anziani, ai sacerdoti, ai profeti ed al resto del popolo che si trovavano a Babilonia, dicendo tra l'altro (Ger. 29, 7) : « Cercate la prosperità del paese, nel quale vi ho esiliato e pregate il Si­ gnore per esso, perché nella sua prosperità sta pure la vostra » . Nel libro della Sapienza ( I 8, 20-22) troviamo il testo seguente : « Anche ai giusti toccò la prova della morte, e nel deserto ci fu strage di popolo ; ma non durò molto il furore, perché un uomo irreprensibile tosto accorse in difesa, con le armi del suo ministero, preghiere e incenso propiziatorio. Egli parò la collera e pose fine alla sciagura, mostrando cosi di essere tuo "

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servo. Trionfò dello scompiglio non con le forze del corpo, né col potere delle armi, ma con la parola disarmò il punitore, rammentando i patti e i giuramenti fatti coi padri » . Questi passi della Scrittura possono bastare a dimostrare l a portata della preghiera, la quale secondo le descrizioni della Scrittura può eserci­ tare tanta influenza su Dio, che questi in luogo di adirarsi com'era sua intenzione, concede grazia. La preghiera possiede quindi forza determi­ nante per il corso della storia della salvezza. Se vogliamo comprendere il significato della preghiera, dobbiamo evi­ tare due errori. Anzitutto la preghiera non ha valore informativo. Dio non ha bisogno di essere informato dei bisogni dell'uomo : li conosce piu a fondo e piu ampiamente di quanto l'uomo glie li possa descrivere. Inoltre la preghiera non ha la pretesa di mutare i sentimenti di Dio. Se la Sacra Scrittura, descrivendone la forza, dà l'impressione che per essa Dio muti i suoi decreti, si tratta di un modo di esprimersi antropomorfo. I decreti di Dio sono immutabili, ma le preghiere degli uomini sono incluse nella sua economia eterna e agiscono come elemento determinante nel disegno salvifico divino. Senza le preghiere la storia della salvezza avrebbe un altro corso. Ciò non vuol dire che Dio muti il corso della storia della sal­ vezza una volta deciso, ma significa che Dio fin da principio ha attribuito alla preghiera una forza condeterminante per il corso di tale storia. Dio, abbracciando col suo sguardo eterno la preghiera� prende una decisione salvifìca, che non avrebbe preso qualora non avesse tenuto in considera­ zione la preghiera dell'uomo. Perciò quanto avviene è deciso da Dio da tutta l'eternità. Tale decisione non ha bisogno di miglioramenti e di mu­ tazioni. Ma nel decreto di Dio sono accolte come forze operanti tutte le preghiere umane, le quali hanno quindi una portata incalcolabile per i destini umani. Dio stesso le riconosce e ne tiene conto. Perciò l'uomo è ben consigliato quando anch'egli tiene conto della forza della sua pre­ ghiera. Dio la prende straordinariamente sul serio, e perciò anche l'arante può e deve prendere sul serio la sua propria preghiera. Il motivo per cui la preghiera ha cosi grande portata potrebbe essere questo : che l'uomo, quando prega, si apre a Dio accordandogli la possi­ bilità di entrare in lui col suo amore. Dio infatti, come abbiamo ripetu­ tamente notato, non vuole imporsi allorché trova porte chiuse. In tal caso passa oltre. Ma quando una porta gli si apre, entra. L 'uomo pregando apre a Dio la porta, perché si riconosce creatura peccatrice e bisognosa di aiuto. Pregando riconosce Dio come il Signore onnipotente, pronto ad aiutare, che vuole e può perdonare. Perciò la preghiera a Dio ha in sé l'elemento

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dell'adorazione. E cosi la preghiera serve a promuovere il regno di Dio, regno che viene promosso nell'arante dalla preghiera. In tal modo la preghiera serve alla salvezza. Dio ha stabilito di concedere i suoi doni all'arante, se questi ne diventa capace nella preghiera. La preghiera viene dunque inserita da Dio stesso nella sua azione salvifica come presupposto e condizione. Pregando, noi non induciamo Dio a modificare i suoi disegni, ma viceversa Dio causa la nostra preghiera per poterei dare quanto ha stabilito di darci. In questo l'intercessione svolge una funzione particolare. Con essa l'a­ rante riconosce per altri Dio come il Signore, che vuole la salvezza delle sue creature. Con l'intercessione l'arante funge dinanzi a Dio da rappre­ sentante di coloro, ai quali è unito nell'amore e nella preoccupazione. Si rivela in ciò la solidarietà che unisce gli uomini tra loro. Dio volendo gli uomini come esseri sociali, accetta che l'uno rappresenti l'altro. Pos­ siamo quindi nutrire fiducia che egli tocchi ed apra il cuore di colui per il quale preghiamo, in modo da poter elargire i suoi doni salvifici. Nell'amore, con cui l'uno abbraccia l'altro nella intercessione, è ope­ rante l'amore stesso di Dio, perché ogni amore umano è ricettacolo del­ l'amore celeste. Perciò alla preghiera compete efficacia. Dio, come inse­ risce nel suo disegno salvifico la preghiera con cui ciascun individuo si apre a lui e si rende atto a ricevere i beni salvifici, cosi inserisce nella sua azione salvifica anche la preghiera che uno fa per l'altro. In tal modo con la preghiera d'intercessione uno diventa per l'altro mediatore della sal­ vezza. Nessuno è in grado di controllare nella storia la misura che questa mediazione raggiunge e la profondità che possiede. Sappiamo tuttavia che anch'essa viene indebolita e limitata dalla debolezza dell'amore umano. Nondimeno, pur nella sua incompletezza e limitazione essa esercita, come ci hanno mostrato gli esempi citati della Sacra Scrittura, una forza stra­ ordinaria per il corso della storia della salvezza nel suo complesso e nella vita individuale. È quindi naturale che la Chiesa si sforzi in modi innumerevoli di otte­ nere l'intercessione dci santi. Non si accontenta dei sacramenti e della predicazione. Anzi, riveste grande importanza il fatto che proprio quando amministra i sacramenti, quando cioè compie i segni istituiti da Cristo, che operano di per sé la salvezza, essa ricorre alla intercessione dei santi. I testi e le azioni liturgiche ne offrono esempi numerosi, i quali mostrano nello stesso tempo come la Chiesa giudica la intercessione dei santi. Essa infatti nelle sue preghiere si rivolge a Dio stesso, affinché egli per l'inter­ cessione dei santi conceda forza salvifica in nostro favore al fatto della

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redenzione che opera nel sacramento. Le preghiere della Chiesa relative alla intercessione dei santi hanno come fondamento la convinzione di fede che l'atto salvifico di Cristo donato alla Chiesa nel suo contenuto ogget­ tivo sviluppa di volta in volta efficacia attuale per i membri della Chiesa in quella misura in cui l'uomo mediante la fede e la dedizione si apre a Dio; e che in questo processo viene posta da Dio l'intercessione dei santi. Citiamo alcuni esempi tratti dalla celebrazione dell'Eucaristia. Nell'ultima orazione della Messa di un martire pontefice si dice : « Ristora ti dalla partecipazione al sacro dono, ti preghiamo, Signore Dio nostro, che, per intercessione del tuo beato martire e pontefice N. sentiamo l'effetto del mistero che celebriamo ». Nella secreta della Messa di un martire pon­ tefice si dice : « Santifica, Signore, i doni che ti sono offerti : i quali, per intercessione del tuo beato martire e pontefice N., e ti plachino e attirino su noi il tuo sguardo ». Nella invocazione dei santi la Chiesa è pure ani­ mata dalla fede che l'amore dei fratelli e delle sorelle già in stato di ter­ mine è piu grande e piu efficace che non quello di coloro che sono ancora pellegrini in terra, e che perciò questi ultimi possono fare affidamento sull'aiuto dei primi. Nella secreta ad es. della Messa di piu martiri essa prega : « Sii propizio, Signore, alle nostre suppliche che ti presentiamo in memoria dei tuoi santi : affinché noi, i quali non abbiamo fiducia nella nostra giustizia, veniamo aiutati per i meriti di coloro che ti piacquero ». Nella secreta della Messa di un dottore della Chiesa si dice : « Non ci manchi, Signore, la pia preghiera del tuo santo confessore e dottore N. : la quale ti renda accetti i nostri doni, e ci ottenga sempre il tuo perdono ». Nell'ultima orazione della stessa Messa si dice : « Affinché i ruoi sacra­ menti, o Signore, ci diano la salvezza, deh! s'interponga nostro interces­ sore il tuo beato confessore e illustre dottore N. ». Lo stesso orientamento dimostrano le intenzioni mensili delta preghiera proposte dalla Chiesa. L'inserimento della invocazione dei santi nella celebrazione della liturgia rivela quale sia il rapporto in cui, secondo la convinzione della Chiesa, stanno le intercessioni. Esse sono preghiere « in Cristo Gesu » e soltanto per questo sono efficaci. Senza il loro rapporto a Cristo non sarebbero nulla ; perciò non hanno virtu creatrice indipendente. La loro forza pro­ viene dalla passione del Signore. Non mirano ad arricchire l'opera creata da Cristo nel suo contenuto oggettivo, ma a renderei atti ad accogliere la salvezza operata da lui. Nella preghiera di intercessione della comunità entrano tutti i cristiani. Tuttavia una funzione speciale è svolta da coloro che sono già perfetti in

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Cristo, perché nel loro amore non si mescolano piu egoismo e vanità, che offendono continuamente la vita dei pellegrini. Perciò con la loro pre­ ghiera essi possono sviluppare una portata e una profondità diversa da noi. Però anche la loro forza di preghiera è limitata dai limiti posti anche al loro amore perfetto. 6. Anche Maria sta in quest'ordine della preghiera e della interces­ sione. Per il suo carattere di creatura e di redenta ella sta dalla nostra parte. Ella non può amministrare i beni salvifici indipendentemente da Dio, ma al pari degli altri santi non può che pregare affinché siano accordati. Però anche in questo campo compete a lei una funzione unica, incompa­ rabile ed irripetibile. Lo indica la frequenza e l'intensità con cui la Chiesa ne invoca l'intercessione. Nella liturgia della Chiesa ella è menzionata as­ sieme ad altri santi (Confiteor, Credo, Suscipe sancta Trinitas, Commu­ nicantes, Libera nos); ma la sua posizione di preminenza è espressa dal fatto che ella è sempre nominata al primo posto e nel Communicantes è spiccatamente preposta a tutti gli altri santi ivi menzionati. Inoltre nella liturgia si celebrano numerose feste mariane, la maggior parte delle quali hanno messe proprie. Ed ancora di Maria si fa sovente la commemora­ zione in occasione di altre feste di santi ed in particolari tempi festivi (Avvento, Natale). Dalla frequenza delle feste mariane, come pure dai testi delle celebra­ zioni liturgiche appare chiaro che secondo la fede della Chiesa Maria pos­ siede una potenza di intercessione, con la quale quella di nessun altro santo può reggere il confronto. Il motivo sta nella sua particolare posi­ zione nella storia della salvezza. Possiamo qui ripetere quanto è stato detto nel paragrafo precedente circa la distinzione tra il contributo di Maria alla redenzione e quello di tutti gli altri uomini. Maria si è posta senza riserve a disposizione del compito assegnatole da Dio nella storia della salvezza. Il suo amore e la sua preoccupazione furono consacrati esclusivamente al suo figlio ed alla sua opera. Ella non fu vincolata da altri interessi ; ed infatti poté essere data da Cristo come madre all'umanità cristiana. Quando il Signore dalla croce (Gv. 19, 26 s.) disse a lei ed a Giovanni : « Donna, ecco il tuo figlio; figlio, ecco la tua madre », il senso letterale immediato di queste parole di addio non indica la universale maternità spirituale di Maria. Cosi infatti, prescindendo da un fugace accenno in Origene, non furono intese nell'antichità cristiana. Ma sarebbe una interpretazione troppo superficiale accontentarsi del senso letterale. Né ciò terrebbe conto del­ l'indole particolare della narrazione giovannea. Giovanni infatti intende -

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sempre il dato storico immediato anche come simbolo. Occorre perciò ricercare il senso recondito delle parole del Signore. Quei teologi del medio evo (Ruperto di Deutz, Bernardo di Chiaravalle), i quali a partire dal sec. XII in numero sempre maggiore interpretarono nel senso, adottato oggi quasi generalmente, della universale maternità spirituale di Maria, erano ben avveduti. Le parole con cui Maria esprimeva all'angelo la sua accettazione, di­ vennero determinanti per tutta la sua vita; e non soltanto non furono mai ritrattate, ma in base al consenso una volta prestato ella formò l'intera sua esistenza. Qualunque cosa ella facesse, portava l'impronta di questo avvenimento. Ciò vale non soltanto della sua esistenza terrena, ma vale anche e soprattutto della sua esistenza nella glorificazione corporea in cielo. Perciò in certo modo ella continua a ripetere per tutta l'eternità il si detto all o ra. E questo significa che il suo amore è rivolto con fervore inesauribile al suo figlio e all'opera sua. Il consenso di Maria ebbe importanza decisiva per l'ingresso di Dio nella storia umana. Per quanto esso avesse il suo fondamento nella eterna disposizione della grazia divina, tuttavia Dio non volle venire agli uomini senza l'atto di accettazione espresso da Maria a nome dell'umanità. Poiché il consenso di Maria si trova all'inizio, da cui si è sviluppato tutto il fu­ turo, influisce pure in tutto il futuro, soprattutto perché ella lo ba com­ preso e realizzato sempre piu profondamente. Abbiamo visto nell'ultimo paragrafo quanto grande sia stata l'attività salutare sviluppata dal consenso di Maria alla morte in croce del Signore. Sarebbe innaturale ritenere che il consenso di Maria abbia operato soltanto fino al momento della morte di Cristo. Al di là della morte esso influisce nell'azione con cui Dio crea la salvezza, azione causata dalla morte di Cristo. Col suo amore e con la sua preghiera Maria abbraccia l'intero campo, al quale l'opera del suo figlio è ordinata, vale a dire tutta la storia, anzi tutta la creazione redenta da Cristo. Cosi la sua preoccupazione per l'applicazione dell'opera di Cristo riguarda ciascun uomo e tutta l'efficacia della grazia divina, effi­ cacia che ha il suo fondamento in Cristo. Si può dunque dire che nessuna grazia salutare venga concessa da Dio senza il si sempre operante di Maria, senza il suo amore e la sua intercessione. Nella discussione circa la funzione mediatrice di Maria si è fatta distinzione fra i beni salvifici conferiti dai sacramenti che agiscono ex opere operato, e le grazie attuali, che vengono concesse fuori dei sacramenti. Si è voluto escludere i primi dalla intercessione mediatrice di Maria. Ma ciò non sarebbe esatto; per­ ché l'amore di Maria abbraccia l'intera azione salvifica divina. L'inter-

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cessione di Maria non provoca l'efficacia dei segni sacramentali, ma il suo consenso all'opera salvifica di Cristo, consenso che ella ha dato un giorno e che sempre mantiene, influisce anche nel fatto sacramentale. Inoltre il suo amore che intercede fa si che i sacramenti vengano bene amministrati e ben ricevuti. Meglio non distinguere i campi della grazia in cui l'intercessione di Maria agisce e quelli in cui non agisce. Essa in­ fatti, come abbraccia tutti gli uomini, cosi pure abbraccia tutte le grazie, sia pure in modo diverso. La mediazione di Maria supera quella di tutti gli altri santi in univer­ salità e profondità, cioè sotto i due aspetti in cui anche la sua funzione integrativa riguardo alla morte redentrice supera la fnnzione di tutti gli altri cristiani. 7. La mediazione di Maria necessita ancora di un'ulteriore spiega­ zione. Come la sua funzione integrativa, cosi anche la sua mediazione non elimina nessun elemento della rivelazione. Occorre anzitutto stabilire che Maria comunica e trasmette soltanto ciò che a lei stessa è stato donato. Ella può soltanto comunicare ciò che il suo figlio Gesu Cristo ha creato con la sua azione messianica. Non può trasmettere in modo creativo nulla di proprio, perché nulla di proprio possiede in senso originario. E ciò che Cristo ha creato ella lo trasmette in base alla sua unione con Cristo. La sua preghiera ed il suo amore sono efficaci perché ella stessa vive « in Cristo ». Anche per la madre vale la legge enunciata da Cristo : « Senza di me non potete far nulla » (Gv. 1 5, 15 ). Perciò la sua preghiera sta in relazione incessante con Cristo ; non ha carattere assoluto; è una preghiera per mezzo di Cristo ed in Cristo. Ed appunto per questa struttura essa trascende in forza ed interiorità tutte le altre preghiere che vengono dette per mezzo di Cristo. Infatti l'unione di Maria con Cristo è piu intima che non quella di tutti gli altri cristiani. Essendo la « perfettamente redenta », ella può operare con maggior forza salutare di chiunque altro, o meglio può operare Cristo per mezzo suo. Qui appare chiaro che all'amore ed alla preghiera sia di Maria, che di tutti gli altri santi si può attribuire efficacia soltanto perché esiste una comunione viva con Cristo e per esso con il Padre celeste. Soltanto per mezzo di chi vive in Cristo, Dio può agire come per mezzo di uno stru­ mento appropriaro. Perciò il protestantesimo non può accettare nella sua coscienza di fede la intercessione di Maria, perché sostiene la tesi che anche i giusti ed i santi nel loro intimo rimangono sempre peccatori, e peccatori gravi. Conseguentemente non esiste nesstm intimo rapporto vivo -

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tra Dio e l'uomo giustificato, e questi rimane nelle tenebre del peccato. Fuori del campo divino continua a regnare insopprimibile il peccato, l'egoismo e la superbia. Dio non trasforma realmente i peccatori in modo da farli diventare immagini, figura e vaso della sua propria santità. Invece secondo la fede cattolica Maria è infiammata dall'amore di Dio, e perciò è aperta totalmente a Dio. Ella riconosce Dio come il Signore e Padre, come l'operatore di ogni salvezza ed in questo suo amore per Dio accoglie tutti gli uomini, ai quali desidera l'amore del Padre che agisce per mezzo di Cristo, suo figlio. Questo suo desiderio è efficace. Dio lo accetta come desiderio e preghiera di coloro, in nome dei quali Maria prega. Il timore e l'obiezione che Maria si inserisca tra Cristo ed il cristiano sono infondati. Secondo la fede cattolica la preghiera di Maria mira appunto a far entrare l'uomo in comunione con Cristo. L'interces­ sione di Maria non minaccia quindi il rapporto diretto con Cristo, ma lo opera; e questo per disposizione divina. La preghiera di Maria non rende superflua la preghiera degli altri santi; piuttosto la preghiera di questi appare come una preghiera con Maria. E sia l'una che l'altra non sono altro che una partecipazione alla preghiera del Signore, che si dimostra feconda nella preghiera dei santi. La pre­ ghiera di questi è com:enso e adesione alla intercessione eterna di Cristo presso il Padre (r Gv. 2, r). L'attività orame di Cristo risveglia continua­ mente e tiene desta l'attività di coloro che gli sono congi unti. Perciò non c'è qui opposizione, ma società ed unione. Cristo non paralizz a mai l'at­ tività umana, ma la crea e la tutela. La preghiera di Maria, come la preghiera in genere, non può essere interpretata come un tentativo di far cambiare idea a Dio. Costi tuirebbe un fatale malinteso muovere alla dottrina cattolica l'appunto di conside­ rare Maria come la madre benigna e soccorrevole, e Gesu Cristo come il Signore irato e severo che dev'essere calmato dalla madre. Una simile concezione è del tutto aliena alla mariologia cattolica; e in realtà sarebbe anche in contraddizione con la testimonianza della rivelazione. Tra Cristo e la sua madre glorificata non esiste il minimo contrasto ; anzi Maria è debitrice di tutto l'amore, con cui si volge agli uomini, al Signore glori­ ficato, e al di là di questi, al Padre celeste. Non c'è in lei alcun amore, che non abbia la sua origine in Dio. Perciò non si possono separare giu­ stizia e amore, in modo da attribuire la prima a Gesu Cristo ed il secondo a Maria. Inoltre proprio la preghiera di Maria realizza tutte le condizioni, cioè è fatta in pieno accordo con la volontà di Dio. Tuttavia si può dire in certo senso che Maria con la sua preghiera trattiene i castighi di Dio.

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Questo è vero nello stesso senso in cui si dice nella Sacra Scrittura che Abramo col suo intervento a favore di Sodoma e Gomorra avrebbe po­ tuto stornare il castigo di Dio, se nelle due città si fossero trovati anche solo dieci giusti. Per una piu profonda spiegazione teologica occorre ri­ flettere che Dio ha inserito l'intercessione di Maria nella sua eterna eco­ nomia e ne ha tenuto conto fin da principio per i suoi decreti salvifici. Senza la sua intercessione il destino di molti uomini sarebbe diverso da quello che di fatto è. Dovremo però aggiungere : simili proposizioni con­ dizionali si riferiscono ad una storia irreale e ci portano quindi in una oscura irrealtà. Hanno senso solo in quanto ci permettono di chiarire la storia reale. Se dunque un cristiano si rivolge con particolare fiducia a Maria, non lo fa perché spera di trovare in lei piu amore che in Gesti Cristo, ma perché sa di appartenere a Maria in modo diverso che a Cristo stesso, avendo in comune con lei il carattere di creatura, la necessità della redenzione, e la effettiva redenzione. Inoltre può influire anche il enti­ mento umano nei confronti della madre. Ma chiunque preghi Maria, sa e vuole che la sua preghiera attraverso a Cristo giunga a Dio.

III. - FONDAMENTO NELLA SCRITTURA E NELLA TRADIZIONE.

8. - Riguardo alla certezza della nostra tesi circa Maria mediatrice di tutte le grazie, gli insegnamenti pontifici non costituiscono una defini­ zione infallibile di fede. Hanno tuttavia grande importanza e sono vinco­ lanti perché esprimono la coscienza di fede del magistero ecclesiastico e di tutta la Chiesa, formatasi attraverso ad un lungo sviluppo. Sarebbe perciò pericoloso per la fede staccarsi da questa dottrina. Le dichiarazioni dei papi costituiscono l'ultimo sviluppo di ciò che è fondato nella Sacra Scrittura ed è maturato nella fede della Chiesa attra­ verso i secoli. Il fondamento scritturale è già stato messo piu volte in rilievo : con­ siste nell'intima unione, insegnata dalla Scrittura, di Maria con Cristo e con la sua opera. Questa unione a sua volta è inclusa nella disposizione di Maria a diventare madre de! Redentore. Da questo fatto storico, me­ diante un semplice sviluppo che si compie sotto l'influsso dello Spirito Santo, si possono spiegare i risultati successivi. Riguardo la Tradizione orale, nell'epoca piu antica il pensiero di una mediazione universale di Maria non è stato enunciato in modo esplicito. Nella Chiesa occidentale esso appare chiaramente in Bernardo di Chia-

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P.

II .

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LA MADRE DEL REDENTORE

ravalle (t 1 1 5 3). I testi di preghiera citati sovente come testimonianze sotto il nome di S. Anselmo (t 1 1 09), in parte non sono dovuti alla penna di questo dottore della Chiesa; tuttavia conservano il loro valore come documenti dello sviluppo dogmatico. S. Bernardo dice : « Considera, o uomo, il disegno di Dio, riconosci il disegno della sua sapienza, il disegno della sua bontà. Egli volle bagnare la terra di rugiada celeste, ma la fece discendere in primo luogo sul vello (Giud. 6, 37-40). Egli che voleva redimere tutto il genere umano, depositò in Maria l'intero prezzo del riscatto. E perché questo? Forse perché la colpa di Eva fosse riparata dalla sua figlia e la lagnanza dell'uomo contro la donna cessasse per l'av­ venire. In avvenire non dirai piu, o Adamo : " La donna che mi hai dato mi ha porto dell'albero proibito " ; ma di' piuttosto : " La donna che mi hai dato mi ha nutrito di un frutto benedetto! ". Disegno veramente sa­ piente; ma forse un altro ancora si nasconde, e questo primo non dice ancora tutto... Guardate dunque piu in alto ; con quale fervore egli ha voluto che noi la onorassimo, avendo posto in Maria pienezza di ogni bene. Se dunque c'è in noi speranza, grazia, salvezza, dobbiamo sapere che tutto promana da lei che sale al cieio ripiena di delizie ... Togli il sole che ill umina il mondo, dov'è piu il giorno? Togli Maria, questa stella del vasto e grande mare, che cosa rimane se non oscurità, ombra di morte e tenebre fittissime? Dal piu profondo del cuore, con tutte le nostre forze e con tutto il desiderio onoriamo questa Maria. Tale è la volontà di colui, che ha voluto che tutto avessimo per mezzo di Maria... Egli ti ha dato Gesti per mediatore. Che cosa non potrebbe ottenere un tale figlio presso un tale Padre? ... E Maria te lo ha dato per fratello. Ma forse temi la sua maestà divina, di lui che, pur diventando uomo, rimase Dio. Vuoi avere un intercessore anche presso di lui? Ricorri a Maria » (In Nat. B. M. V., 6, 7 ; PL. 1 8 3 , 1 0 1 4 s. ; cfr. anche la quarta predica per la vi­ gilia di Natale). S. Bonaventura ripete le parole di S. Bernardo. Nel sec. XVII si molti­ plicano rapidamente e fortemente le voci che affermano la mediazione universale. Suarez (t 1 6 1 7) afferma che dobbiamo invocare Maria piu che altri santi, « perché la sua preghiera è piu universale; qualunque cosa gli altri ottengano, la ottengono in qualche modo per mezzo della Vergine. Ella, come dice S. Bernardo, è mediatrice al mediatore e per cosi dire il collo per il quale discende al corpo tutto ciò che proviene dal capo . . . » (Suarez, In III partem, q. 27, a. 4, sect. 3). Contenson (t 1 674) interpreta le parole del Salvatore morente « Ecco fa. tua madre » in questo modo : « Quasi abbia voluto dire esplicitamente che, come nessuno può

§

IO.

MARIA MEDIATRICE DI TUTTE LE GRAZIE

essere salvato se non per i meriti della mia croce e della mia morte, cosi nessuno può diventare partecipe di questo sangue se non per la interces­ sione della mia madre... Le ferite sono fonti della grazia eternamente aperte, i cui rivoli però non giungeranno ad alcuno senza Maria come ca­ nale ed acquedotto » (Theologia mentis et cordis, lib. X, diss. 4, c. 1). Importanza maggiore per la dottrina della mediazione universale spetta a S. Grignion di Montfort (t I 7 1 6), il quale, facendo chiaramente eco a S. Bernardo, dice : « Dio figlio ha dato alla sua madre tutto ciò che ha acquistato con la sua vita e la sua morte. L'ha fatta tesoriera di tutto ciò che il Padre gli ha dato in eredità. Per mezzo suo egli dona i suoi meriti alle membra del suo corpo, distribuisce le virru e conferisce le sue grazie. Ella è un acquedotto misterioso, attraverso il quale egli fa scorrere ab­ bondantemente la sua misericordia. Dio Spirito Santo ha partecipato a Maria, sua sposa fedele, i suoi doni inesprimibili, l'ha eletta distributrice di tutto ciò che egli possiede, per modo che ella ne concede i doni e le grazie a chi vuole, quanto vuole e come vuole ; non c'è grazia celeste che non passi attraverso alle sue mani verginali. Cosi vuole Dio, il quale ha voluto che noi tutto possedessimo per Maria » (Trattato della vera devo­ zione a Maria, I , 1 ). Qui è espressa chiaramente la mediazione universale e nello stesso tempo ne è indicato come motivo il libero decreto di Dio. In questa forma la nostra dottrina da questo momento si diffonde sempre piu ampiamente, trovando eco gioiosa nel popolo cristiano. S. Alfonso de' Liguori (t 1 787) la indica come universalmente ammessa al suo tempo. Egli dice che la necessità della intercessione di Maria per la nostra salvezza « nasce dalla stessa volontà di Dio il quale vuole che tutte le grazie ch'egli ci dispensa passino per le mani di Maria, secondo la sentenza di S. Bernardo che oggidi ben può asserirsi comune fra teo­ logi e dottori » (Le glorie di Maria, I , 5 , 1). Egli dimostra questa affer­ mazione con alcune citazioni patristiche e prove tratte da teologi contem­ poranei. È vero che L. A. Muratori rigetta la dottrina come pia esagera­ zione. S. Alfonso ne prende in esame le obiezioni ed afferma che la mediazione di Maria non arreca pregiudizio all'ufficio di mediatore che compete a Cristo : « Altra è la mediazione di giustizia per via di merito, altra la mediazione di grazia per via di preghiere. Altro parimenti è il dire che Dio non possa, altro che Dio non voglia concedere le grazie senza l'intercessione di Maria. Ben confessiamo noi che Dio è il fonte di ogni bene e il Signore assoluto di tutte le grazie, e che Maria non è che una pura creatura, che quanto ottiene tutto lo riceve graziosamente da Dio. Ma chi può mai negare che sia molto ragionevole e conveniente l'asserire

618

P . II.

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LA MADRE DEL REDENTORE

che Dio al fine di esaltare questa gran creatura, che piu di tutte le altre creature l'ha onorato e amato in sua vita, e che Dio avendo eletta Maria per madre del suo figlio e comune redentore, voglia che tutte le grazie che si hanno da concedere alle anime redente per mano di lei passino e si dispensino? Noi ben confessiamo che Gesu Cristo è l'unico mediatore di giustizia, come sopra abbiamo già distinto, che con i meriti suoi ci ottiene le grazie e la salute; ma diciamo che Maria è mediatrice di grazia, e che sebbene quanto ella ottiene l'ottiene per i meriti di Gesu Cristo, e perché prega e lo domanda in nome di Gesu Cristo ; tuttavia quante grazie noi cerchiamo, tutte le abbiamo per mezzo della sua intercessione » (ivi). Ma nello stesso tempo S. Alfonso afferma che non è necessario, per ottenere una grazia, rivolgersi ogni volta esplicitamente a Maria. Nella Chiesa orientale le testimonianze incominciano col sec. VIII. È im­ portante il fatto che nella sua liturgia gli inni terminano regolarmente invocando l'intercessione di Maria. Cfr. K. Kirchhoff, Die Ostkirche betet. Hymnen aus den Tagzeiten der byzantinischen Kirche, 4 vol., 1 9 34-1937· Citiamo alcuni esempi. Nell'Idiomelon con Troparion dei martiri e Theotokion della Settua­ gesima (terza domenica antecedente la Quaresima) si dice (Kirchhoff, Die Vorfastenzeit, 9 1) : « I cieli ti esaltano, o santa, o madre e sposa. E noi celebriamo il tuo parto che supera ogni comprensione. Implora, o madre di Dio, la salvezza delle anime nostre ». Il lunedi antecedente la quarta domenica prima della quaresima nel Kathisma dopo la seconda parte della salmodia si fa la seguente preghiera (Kirchhoff, 95) : « ... Stendi a noi, o Vergine, o santissima, le tue sante mani, sulle quali hai portato il creatore, che nella sua divinità ha preso carne e pregalo che voglia li­ berarci da tentazioni, passioni e pericoli, noi che con amore ti celebriamo e ti invochiamo : gloria a colui, del quale fosti abitacolo ; gloria a colui che hai generato; gloria a colui che nascendo da te divenne nostro libe­ ratore ». Nel Triodion di Giuseppe, ode ottava, si prega (Kircbhoff, 97) : « ... Fortunatissima vergine, solo valido aiuto dei credenti presso Dio, pre­ servami dalle tenebre e dal castigo approntato per coloro che vivono ma­ lamente ». Nella ode nona si dice (Kirchhoff, 98) : « ... Implora senza sosta il buono che solo conosce la nostra debolezza, che voglia preservare dalla peste, dalla carestia, dal terremoto e da ogni tribolazione la città che ti onora, o madre di Dio, speranza dei viventi ». « Tu sei o vergine la gloria, la speranza e l'aiuto dei credenti. Noi ti celebriamo senza fine al suono dei canti, o madre di Dio Maria. Salva i tuoi servi ». Neli'Idio­ melon abbiamo (Kirchhoff, 99) : « Orsu, onoriamo o popoli tutti la me-

§

I O.

MARIA MEDIATRICE DI TUTTE LE GRAZIE

61 9

moria dei santi incoronati di vittoria, poiché sono diventati spettacolo agli angeli ed agli uomini, hanno ricevuto da Cristo le corone della vit­ toria ed intercedono per le anime nostre. In modo verginale hai concepito di Spirito Santo ed esaltando ti celebriamo : salve, santissima vergine ». « Cantiamo con inni devoti come madre del Signore la gloriosa, la pura, la vera genitrice di Dio, al pari dell'angelo che la salutò : salve, madre santa del Figlio di Dio incarnato. Salve, tabernacolo dello Spirito Santo, che sempre preghi per la salvezza delle anime nostre ». Il martedi ante­ cedente la quarta domenica prima della Quaresima, nel Kathisma dopo la seconda parte della salmodia si prega (Kirchhoff, 1 0 3) : « La sapienza ed il Verbo hai concepito nel tuo seno io modo inesprimibile, o madre di Dio; hai generato al mondo colui, che tiene il mondo in suo potere ; hai tenuto in braccio colui che tutto conserva, che tutti nutre, l'artefice e Signore. Perciò ti supplico, Vergine santissima, ti lodo fiducioso che mi libererai dai miei peccati ; quando un giorno apparirò dinanzi al mio creatore, concedimi allora, o Signora, o Vergine, o pura, il tuo aiuto. Poiché tutto puoi ciò che tu vuoi, o tutta pura » . Secondo canone ano­ nimo, ode seconda (Kirchhoff, 1 04) : « Vergine-madre, santa, supplica colui, che hai partorito nella carne come mortale, vergine, come Verbo, per salvare i tuoi servi dai pericoli. Osserva, o mio popolo, la mia legge. Porgi l'orecchio alle parole della mia bocca, perché ho invocato il nome del Signore ». Canone di Giuseppe, ode ottava (p. 105) : ,

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oder Christus ?

1954·

INDICE GENERALE

PARTE SECONDA LA MADRE DEL REDENTORE (Mariologia) Pag .

§

1.

§ 2.

La posizione della Mariologia nella teologia .

3 27

Le fonti della Mariologia cattolica

334

I. Sacra Scrittura e Tradizione, 334· - Il. Testi mariologici della Scrittura, 337· III. Gli apocrifi, 341. - IV Riassunto, 345· -

§ 3·

347

Maria Madre di Dio fatto uomo I. Simboli della Chiesa, 348. - II. Sacra Scrittura, 354. - III. Dottrina dei Padri, 370. - IV. Ragione teologica, 387.

§ 4·

Maria Madre vergine di Gesu Cristo I. Significato della verginità di Maria, nalistica, 402. - IV. della verginità, 410.

§ 5·

388

concezione verginale, 389. - Il. Il fatto della 390. - III. Maternità verginale e critica razio­ Dottrina dei Padri, 405. V. Natura e ragioni - VI. Spirito Santo e concezione verginale, 421 . -

422

L'elezione d i Maria d a parte d i Dio I. Elezione libera e gratuita, 422. - II. Consenso di Maria, 425. III. Le genealogie, 43 1. - IV. Maria nelle figure del Vecchio Te­ stamento, 435· - V. Il Magnifìcat, 447· - VI. Dottrina dei Padri, 450.

§ 6.

Immunità di Maria dal peccato originale e sua santità

454

-

I. Santità di Maria, 454· Il. La concezione immacolata, 459. III. La fede di Maria, 481 .

§ 7·

489

L'assunzione corporea di Maria in cielo . I . Dogma e sua spiegazione, 489. - Il. Suo fondamento nella ri­ velazione, 493· - III. Il modo dell'assunzione, 509. - IV Oppor­ tunità della definizione e suo valore soteriologico, 5 1 0.

§ 8.

Maria e la Chiesa I. Maria principio Chiesa, 523.

§ 9·

5 I3 della

Chiesa, 51 4. -

Il.

Maria tipo della

55 I

Il contributo di Maria alla redenzione I. Stato della questione, 55 I. - II. Il fatto della partecipazione di Maria all'opera redentrice di Gesti Cristo, 552. III. Il senso della redenzione, 559. .

§

10.

Maria mediatrice di tutte le grazie

.

I . Dottrina della Chiesa, 597· - II. Senso della mediazione di Maria, 602. - III. Fondamento nella Scrittura e nella Tradizione, 615. - IV. Mediazione morale e mediazione fisica, 620. - V. Regalità di Maria, 624. - VI. Il culto di Maria glorificazione di Cristo e di Dio, 634.

Bibliografia

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