Dallo stesso grembo. Le origini del cristianesimo e del giudaismo rabbinico 9788810207048

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Dallo stesso grembo. Le origini del cristianesimo e del giudaismo rabbinico
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Dallo stesso grembo Le origini del cristianesimo e del giudaismo rabbinico

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F.i

ZIONE DEL CARD. CARLO MARIA MARTIN!

I

l rapporto tra ebrei e cristiani ricorda quello dei due figli di Rebecca Giacobbe ed Esaù. Due fratelli gemelli, così simili e così diversi -

uno peloso e l'altro liscio di pelle, uno così forte e l'altro fin troppo furbo- che si combatterono fin nel ventre materno per condurre una vita nello scontro, nella paura o nell'indifferenza reciproche. Ma poi l'impossibile accadde: dopo anni di separazione e pur tra mille sospetti e ripensamenti, le loro strade si incontrarono di nuovo e allora, corsis incontro, si abbracciarono, si baciarono e piansero. Il volume intende fare luce sulla complessità delle origini cristiane et del giudaismo coevo per leggerne vicinanze e richiami, difficoltà e;, malintesi, nella prospettiva che le due strade si incontrino di nuovo.

insegna Nuovo Testamento e Giudaism(l



del Secondo Tempio all'Università del Michigan. Tra le sue pubblicazioni ricordia-. mo Il mediogiudaismo. Per uno storia del pensiero giudaico tra ili/l sec. o.e.v. e ili sec. e.v. (Marietti 1993), Oltre l'ipotesi essenico. Lo scisma tra Qumron e ilgiudoismc• enochico (Morcelliana 2003) e l giudaismi del Secondo Tempio. Da Ezechiele tt Daniele (Morcelliana 2008).

insegna Bibbia e cultura alla Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale di Milano e Storia del pensiero ebraico all'Università di Ferrar> (LAB 1 1,6). Lo Pseudo-Filone riconosce la difficoltà del mantenersi giusti e la debolezza umana: «Chi è l'uomo che non pecca contro di te?•• (LAB 19,9). Nel sottolineare tuttavia come la Legge garanti­ sca anche lo spazio per la penitenza e il perdono delle colpe, lo Pseudo-Filone è altrettanto deciso nel rigettare alcuna mediazione o intercessione che in qualsiasi misura deresponsabilizzi l'indivi­ duo. In netto contrasto con quanto Giuda Macca­ beo aveva compiuto secondo 2 Maccabei, Deborah respinge l'invito a lei rivolto di intercedere per i peccatori defunti: ••Rivolgete il vostro cuore al Si­ gnore vostro Dio durante il tempo della vostra vi­ ta, perché dopo la morte non è possibile pentirsi per ciò che si è fatto durante la vita... Quando un uomo è ancora vivo può pregare per se stesso e per i propri figli, ma dopo la sua morte non può pregare né è memore di alcuno•• (LAB 33,2.5). Lo Pseudo-Filone accentua quindi la finalità retributiva della dottrina di un'esistenza ultra­ terrena. Vita eterna con Dio (LAB 19, 12) e an­ nientamento ancora distinguono i giusti dagli in­ giusti alla fine dei tempi, ma un primo giudizio già attende gli individui al momento della morte, sicché le anime dei giusti riposino ' in pace (LAB 23,13; 28,10; 51,5), mentre l'attesa dei reprobi è in un fuoco eterno e inestinguibile (LAB 23,6; 38,4; 63,4). La presenza di questo periodo inter-

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medio di punizione rende ancora più efficace e concreta la minaccia del castigo divino e dà a Dio maggiore flessibilità nel trattare con i peccatori in questo mondo, senza dover per forza dar prova del suo potere. Nel caso di Gideone, ad esempio, il suo peccato richiederebbe l'intervento divino, ma poiché il condottiero ha distrutto il Tempio di Baal la sua disgrazia e morte prematura sareb­ bero facilmente interpretate come «un atto di vendetta da parte di Baah> . Dio può tranquilla­ mente dilazionare la punizione e permettere a Gideone di invecchiare in pace, tanto «quando sarà morto, potrò allora punirlo e per sempre•• (LAB 36,4).

6.

Il Secondo libro di Baruc e l'esclusività della Torah

Sulla strada aperta dallo Pseudo-Filone si col­ loca anche il cosiddetto 2 Baruc. Come nel caso del rapporto tra Daniele e il Libro dei Sogni, il rapporto con il contemporaneo 4 Esdra permette di chiarire i termini di un dibattito che continua a differenziare questi documenti rispetto agli svi­ luppi della tradizione enochica, manifestando l'a­ perta volontà di contrastare l'avversario sullo stesso piano, usando i suoi stessi materiali per una ben diversa costruzione ideologica. Non casualmente il punto di maggiore frizione è ancora una volta dato dal problema-chiave del-

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l'origine del male. Laddove 4 Esdra è ancora lega­ to alla visione enochico-essenica di un uomo vitti­ ma innocente del peccato originale (cf. 4Esd 3,2022), 2 Baruc nega ogni effetto causale della tra­ sgressione di Adamo sulle generazioni successive. L'individuo resta sovrano nel bene e nel male. L'i­ dea del peccato originale è esplicitamente negata: Adamo fu un cattivo esempio per gli angeli che al­ lora (ma ora non più) «avevano ancora libertà» (2Bar 56,10-16) e tale continua a essere per le ge­ nerazioni future. Ma ciò che Adamo fece non può costituire un alibi per l'uomo peccatore. «Giusta­ mente periscono coloro che non hanno amato la tua Legge, e il tormento del giudizio riceve coloro che non si sono sottomessi al tuo dominio. Se in­ fatti Adamo prima di me ha peccato e ha fatto ve­ nire la morte su tutto quel che al suo tempo non (era), pure coloro che furono generati da lui, ognu­ no di loro ha predisposto per la sua anima il tor­ mento futuro e, ancora, ognuno di loro ha scelto per sé le glorie future. . . Non è dunque Adamo la causa, se non per sé solo. Noi tutti, ognuno (di noi) è divenuto Adamo a se stesso» (2Bar 54,14-19). Per 4 Esdra poi, come già per il Libro dei So­ gni, la storia è un ininterrotto processo degenera­ tivo, un'idea che Daniele aveva parzialmente mo­ strato di condividere in una rigida scansione tri­ partita, che vedeva succedersi alla trasgressione la punizione divina e quindi la salvezza escatolo­ gica. 2 Baruc riprende il motivo dei quattro regni di Daniele, seguiti dall'era messianica (2Bar

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39,2-8), ma la sua preoccupazione principale è nel negare ogni univoca visione degenerativa. La sto­ ria di Israele è una serie ininterrotta di fedeltà e infedeltà, di punizioni (anche durissime) e di be­ nedizioni, senza che un aspetto prevalga sull'al­ tro, se non alla fine, nel mondo a venire. 2 Baruc vede un alternarsi di > (At 16,1-3). Il pas­ so mette in campo molti fattori e pone vari inter­ rogativi. Esso attesta la presenza, di fatto, di ma­ trimoni misti, solleva la questione se la discen­ denza ebraica fosse matrilineare o patrilineare, indica l'esistenza di una donna giudea credente e l'opportunità che suo figlio, anch'egli credente, fosse circonciso per riguardo a un gruppo di giu­ dei, con ogni probabilità, credenti, i quali non ri­ tenevano la fede in Gesù Cristo un elemento di rottura con la propria appartenenza ebraica. La definizione rabbinica dell'identità giudaica fu l'ultima in ordine di tempo a essere formulata nell'antichità, prima di divenire classica. In ogni caso essa non è necessariamente rappresentativa di quelle che l'hanno preceduta. Secondo la defi­ nizione rabbinica, come si è visto, è considerato ebreo chiunque sia nato da madre ebrea. Inizia così ad applicarsi la norma della matrilinearità. È indubbio che le regole relative all'identità giu-

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daica si sono evolute nel corso del I secolo, segna­ tamente in funzione degli eventi storici seguiti al­ la distruzione del Tempio di Gerusalemme (tra i quali va ricordata l'introduzione del Fiscus iudai­ cus, cui avrebbero dovuto sottomettersi tutti i giudei a partire dall'anno 70). Inoltre pare fuori discussione che, all'interno del giudaismo, siano coesistite più norme: «le une e le altre potevano entrare in gioco a seconda del luogo in cui vive­ vano le comunità giudaiche. In generale, nel I se­ colo si può a buon diritto ritenere che la patrili­ nearità si sia imposta in Palestina e la matrili­ nearità nella diaspora>> .6 Secondo studi recenti nel giudaismo bisogne­ rebbe distinguere tra gruppi incentrati su un'al­ leanza di Abramo e quelli che si richiamerebbero a un'alleanza di Mosè. Entrambi avrebbero con­ diviso il ruolo affidato al Tempio e alla Torah, ma non intendendoli nello stesso modo. Essi diverge­ rebbero sulla maniera di interpretare i «fonda­ menti comuni>> del giudaismo. Paolo di Tarso, ebreo della diaspora che accetta il Tempio e la To­ rah scritta, sembra ricollegarsi all'alleanza di Abramo e, pur accettando la circoncisione, tende a relativizzarla: ••vi è un punto che pare in effetti

6 S.C. MIMOUNI, ccii giudai­ smo all'epoca della nascita del cristianesimo» in Quan­ do i cristiani erano ebrei (I li-

bri di Biblia) a cura di P. STE­ FANI , Morcelliana, Brescia 2010, 29-30.

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sempre più evidente: c'è stato un giudaismo che si rifaceva all'alleanza di Mosè diffus o tra i giudei della Palestina, ma c'è stato anche un giudaismo che si rifaceva all'alleanza di Abramo diffuso tra i giudei della diaspora>> .7 La condizione dei timorati di Dio del I secolo d.C. sembra privilegiare l'alleanza di Abramo; es­ sa potrebbe però verosimilmente rifarsi allo sta­ tuto di fgher] nell'antico Israele. Il fenomeno è attestato in modo sparso nella letteratura rabbinica del II-III secolo d.C., soprattutto in riferimento ai precetti noachici. Con quest'ultima espressione ci si riferisce a set­ te comandamenti che, secondo la visione rabbini­ ca, sono vincolanti anche per i gentili. Essi trova­ no il loro fondamento biblico nel patto stabilito da Dio con ogni essere vivente posto alla fme del di­ luvio (cf. Gen 8, 18-9,7). Nella loro elencazione classica proibiscono l'idolatria, le unioni sessuali illecite, l'omicidio, la bestemmia, il furto e il ci­ barsi di un membro preso da un animale vivo (si tratta di una norma legata alla proibizione di ci­ barsi di sangue); a questi sei divieti si aggiunge il precetto positivo che impone alla Genti di costi­ tuire un diritto civile e penale. 8

7

lui, 38.

8 Thlmud babilonese, Sanhe­ drin 56b. Per un'ampia di­ scussione sul tema cf. E. BE-

1 02

NAMOZEGH, Israele e l'uma­ nità, Marietti, Genova 1990,

218-240.

Per conformarsi alla più tarda terminologia rabbinica, si può ricordare che nel diritto talmu­ dico si hanno due specie di gherim (proseliti): il gher toshav o gher ha-sha'ar («proselito della por­ ta») e il gher zedeq («proselito della giustizia» o proselito in senso stretto). Del gher toshav si dan­ no varie definizioni. Secondo Rabbi Meir si trat­ tava di un gentile che aveva dichiarato alla pre­ senza di tre Maestri della Torah di non adorare gli idoli. Secondo Rabbi Jehudà era un non ebreo che si era obbligato a osservare i sette precetti di Noè. Verso il II secolo d.C. i rabbi considerarono in genere gher toshav ogni «cittadino del mondo» che si comportasse in modo onesto, mentre il gher zedeq era una persona che aveva deciso di aver parte effettiva del popolo d'Israele osservandone le leggi.

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CAPITOLO l

I MOLTI VOLTI DEL GIUDAISMO DEL I SECOLO La terminologia appena impiegata è peculiare del cosiddetto «giudaismo rabbinico••, tipo di ebraismo consolidatosi a partire dalla fine del I secolo d.C. e diventato egemonico e pressoché esclusivo nei secoli successivi. Prima del 70 la si­ tuazione era assai più articolata. È storicamente incontestabile tanto che i primi credenti in Gesù Cristo morto, risorto e proclamato Signore a glo­ ria di Dio Padre (cf. Fil 2,1-11) fossero e si consi­ derassero ebrei, quanto che l'ebraismo fosse ricco di gruppi e correnti in aspra polemica reciproca. La galassia formata da scribi, sacerdoti, farisei, sadducei, zeloti, esseni, seguaci della comunità di Qumran (ora, in genere, ritenuti esseni dissiden­ ti), apocalittici, ellenisti, movimenti battisti (co­ me quello di Giovanni) e così via, indica la pre­ senza, all'interno del popolo ebraico, di una va­ rietà molto accentuata di orientamenti. Anzi, si è sostenuto che la caratteristica fondamentale del giudaismo, nell'arco di tempo esteso dal III seco-

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lo a.C. al II secolo d.C., sia stato > (At 15,20-21). Resta il discorso sulle quattro norme che vie­ tano di consumare la carne sacrificata agli idoli,

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le unioni irregolari e il cibarsi del sangue e degli animali soffocati. Esse, lungi dall'essere proposte dal solo Giacomo, sarebbero state recepite all'in­ terno del > , Esso, più precisamente, si presenta sotto la forma di quanto potrebbe dirsi «la missione a Israele>>; infatti i Dodici sono ammoniti a «non prendere la via delle Genti>> e a , invece si chiede loro di > prende parte a un duplice > (Rm 1 1 , 16). Tutto l'articolato discorso su rami mozzati e reinnestati ha senso solo se gli ebrei sono considerati anch'essi fronde e non già radice. Si tratta però di rami - ed è importante ri­ badirlo - che, a differenza di quanto avviene per i gentili, appartengono per «natura>> al buon olivo. L'insolita scelta di simboleggiare Israele at­ traverso l'immagine dell'olivo invece di ricorrere a quella, assai più consueta, della vite (cf. Is 5,1-

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9) non sembra giustificarsi in base a troppo esi­ gui riscontri biblici (cf. Os 14,6; Ger 1 1,16). Vi è chi ha proposto di giudicarla un rovesciamento della comune simbologia della letteratura classi­ ca, secondo cui il pingue, fruttuoso olivo rappre­ senta l'emblema di Atene e della sua altissima cultura. Il discorso di Paolo sembra procedere grosso modo così: voi esponenti del mondo classi­ co vi ritenete un buon olivo, in realtà non siete al­ tro che un olivastro e la vostra riconciliazione può avvenire solo per mezzo di Cristo e di Israele (cf.

Rm 5,10; Rm 1 1 , 15). Paolo, opponendosi all'antie­ braismo presente nel mondo grecoromano, si schiera a favore dei suoi fratelli nella carne (Rm 9,3) non solo all'interno della Chiesa, ma anche rispetto all'Israele non credente in Cristo: «Quan­ to al vangelo, essi sono nemici per vostro vantag­ gio, ma quanto all'elezione sono amati (agapétoi) a causa dei padri, perché i doni e la chiamata di Dio sono senza pentimento» (Rm 1 1,28-29). L'apostolo delle Genti, nel suo procedere, attri­ buisce un ruolo insostituibile anche all'Israele •. Perché non avvenga tale sostituzione, occorre che la Chiesa sia costituita da «giudei» e da >.4 Più avanti, nello stesso discorso, egli citava un brano dei Sussidi (III, 10) incentrato sulla com­ plessa possibilità di pensare a un unico popolo di Dio, sia pure diviso in due distinte comunità di fe­ de: l'ebraica e la cristiana. Così facendo, è però inevitabile rendere tra loro omogenee e parago­ nabili due realtà irriducibilmente diverse. In un'altra occasione, Martini, riferendosi alla Lette­ ra ai Romani (cf. 1 1 , 16-18), ha affermato che, se­ condo Paolo, Israele continua a essere un «buon olivo>> anche ((se alcuni non hanno creduto a Gesù Messia e Salvatore. I popoli pagani, descritti come

4 C.M. MARTIN!, •Il popolo, l'esilio, il cammino•, in Auue· nire 28 agosto 1994. Più in generale cf. la raccolta di in-

1 72

terventi Io., Israele, radice santa, Centro Ambrosiano, Vita e Pensiero, Milano 1993.

"oleastri", diventano anch'essi popolo di Dio ("Ec­ clesia ex gentibus"), perché credendo a Gesù Mes­ sia e Salvatore, per la sua mediazione sono inne­ stati nel "buon olivo" di Israele. Tale concezione dell'unica Chiesa, dell'unico popolo di Dio, con ri­ ferimento a Cristo e Israele, pare andare più in profondità rispetto alla concezione delle due chie­ se-comunità giustapposte nell'icona di S. Sabi­ na».5 Quest'ultimo riferimento si chiarisce tenen­ do conto che nella chiesa romana di S. Sabina vi è un mosaico in cui due matrone rappresentano ri­ spettivamente l'una l'Ecclesia ex circumcisione, l'altra l'Ecclesia ex gentibus. Dopo aver esposto l'i­ conografia, Martini l'aveva commentata con que­ ste parole: «Se è così, che cosa dobbiamo pensare del popolo ebraico attuale, accanto alla Chiesa?».6 L'insieme dei riferimenti proposto dal cardinale induce a supporre che egli non abbia pienamente percepito la diversità radicale presente nel modo di concepirsi comunità da parte del popolo ebrai­ co da un lato e, dall'altro, della Chiesa. In realtà l'immagine delle due matrone è fon­ damentale nella misura in cui essa attesta una specifica autocoscienza ecclesiale volta ad affer-

5 C.M. MARTIN!, •Parlare di riconciliazione dopo Ausch­ witz•, in AA.Vv., Quale ricon­ ciliazione? I cristiani d'Eu­ ropa si interrogano, CENTRO

ECUMENICO PER LA PACE (ed.), Centro Ambrosiano, Milano 1997, 66. 6

lbid.

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mare l'opera di Cristo che, all'interno del mistero della Chiesa, dei due ha fatto un unico uomo nuo­ vo. Essa non indica una frattura, al contrario af. ferma una comunione. La preoccupazione di dar spazio all'elezione del popolo d'Israele al di fuori della Chiesa è assolutamente giusta, ma essa non è affatto incompatibile con la duplice presenza di una Ecclesia ex circumcisione e di una Ecclesia ex

gentibus. Anzi, proprio questo tratto fa sì che la Chiesa si pensi come una comunità tanto diversa da Israele, eppur a esso collegata, da non essere in alcun modo nelle condizioni di sostituirlo. L'iconografia di S. Sabina non è isolata. Essa, per esempio, è presente anche nel mosaico absi­ dale della chiesa romana di Santa Pudenziana ( IV-V secolo). Lì, su uno sfondo costituito dalla Gerusalemme celeste, dai quattro viventi dell'A­ pocalisse (cf. Ap 4,6) e da una grandiosa croce gemmata, è rappresentato un Cristo benedicente circondato da angeli, accanto al quale compaiono due donne. Come sappiamo, esse rappresentano rispettivamente l'Ecclesia ex circumcisione e l'Ec­ clesia ex gentibus. Dopo la svolta costantiniana, il senso dell'immagine era sempre meno avvertito dalle comunità cristiane di quell'epoca: restava però la consapevolezza di un'origine da celebrare pure all'interno di una rappresentazione iconica della signoria del Cristo glorioso. Come spesso avviene, le immagini conservano una tendenza ripetitiva, che dura anche quando il loro significato impallidisce. Ciò vale anche per

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l'iconografia delle due donne: le figure vennero n­ proposte, ma il loro senso diventò, a poco a poco, altro. Alcuni studi ipotizzano una progressiva evoluzione della simbologia attribuita alle due fi­ gure femminili: col tempo esse cessarono di rap­ presentare la duplice provenienza dei credenti per diventare rispettivamente simbolo della Chiesa e della Sinagoga.7 Quest'ultima scelta fu indirizzata a ribadire l'ormai consolidata manie­ ra di pensare al popolo d'Israele in modo omoge­ neo alla Chiesa, la quale, venendo dopo di esso, è destinata a sostituirlo. Per parecchio tempo en­ trambe le figure furono, in genere, rappresentate con pari dignità. Tuttavia, a partire dal medioevo, divenne tipica la raffigurazione di due donne dal­ le caratteristiche contrapposte: una regale e l'al­ tra umiliata, una con corona e scettro e occhi aperti e l'altra con la corona caduta, lo scettro spezzato e la benda sugli occhi. La prima rappre­ sentava la Chiesa, la seconda la Sinagoga. Non è azzardato ipotizzare che questa iconografia anti­ giudaica, e la teologia della sostituzione che la regge, non si sarebbero mai sviluppate se fosse ri­ masta viva nel corpo della comunità dei credenti l'originaria esistenza di una Ecclesia ex circumci­ sione accanto a una Ecclesia ex gentibus. Secondo

7 Cf. E. REVEL NEHER, The Jmage of the Jew in Byzantine Art, Pergamon Press,

Oxford-New York-Seoul-Tokio 1992, 88-94.

175

il messaggio più autentico del Nuovo Testamento, la fede in Gesù Cristo morto e risorto, lungi dal negarla, addirittura presuppone l'esistenza del permanere dell'alleanza tra Dio e Israele. Una comprensione piena dell'iconografia delle antiche chiese romane di S. Pudenziana e S. Sabina di­ viene sia antidoto efficace alla tentazione della Chiesa di pensarsi come nuovo Israele, sia me­ moria della propria origine e della vocazione per­ manente del popolo ebraico.

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INDICE

PREFAZIONE (card. Carlo Maria Martini) ... pag.

5

LA NASCITA PARALLELA DEL CRISTIANESIMO E DEL GIUDAISMO RABBINICO (GABRIELE BOCCACCINI) INTRODUZIONE

. . . . . ........ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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17

CAPITOLO l CRISTIANESIMO TRA NOVITÀ E CONSERVAZIONE ............. ................. l.

Gesù ebreo: ma che tipo di ebreo? . . ....

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2 . Essenismo, enochismo e origini cristiane ............... ........... . . . . . . . .

3. Il Messia Figlio dell'Uomo . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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39

4. I l Messia cristiano e il perdono dei peccati ........................

.

CAPITOLO 2 GIUDAISMO RABBINICO TRA NOVITÀ E CONSERVAZIONE . . . . . . . .

l. L'origine sinaitica come mito fondante del giudaismo rabbinico . . . . . . . . . . . ...........

. .

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2. Daniele e l'emergere di una tradizione proto-rabbinica . . . . . . . . . . . . . . ......... . . . . . . . . . . . . . . .

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41

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46

3. Il Secondo libro dei Maccabei e il problema del martirio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4. I Salmi di Salomone e l'affermarsi ))

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del giudaismo rabbinico ............. . . . . . . . . . . .

))

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CONCLUSIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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giudaismo rabbinico . . . . ..........................

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71

2. Un futuro di riconciliazione . . . . . . . . . . . . . . . . .

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77

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83

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Chi è ebreo, chi è cristiano? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Paolo di Tarso ebreo o cristiano? . . . . . . . . . . . . . . .

))

88 93

Ebrei, proseliti e timorati di Dio . . . . . . . . . . . . . . .

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del messianismo escatologico . . . ...... . . . . . . 5. Lo Pseudo-Filone e l'eternità del patto 6. Il Secondo libro di Baruc e l'esclusività della Torah . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7. Targum Neofiti, �bot e le origini

l . Le origini parallele di cristianesimo e

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

(in lingua italiana) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ......

EBREI E GENTILI NELLA CHIESA DElLE ORIGINI (PIERO STEFANI) PREMESSA

. . ............... ...............................

CAPITOLO l I MOLTI VOLTI DEL GIUDAISMO DEL I SECOLO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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CAPITOLO 2 LA LETTERA AI GALATI

. . . . .

L'assemblea di Gerusalemme

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... . . . . ....

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CAPITOLO 3 IL «S Ì•• E IL «NO•• EBRAICO A GESÙ

.....

a) «Non sono stato inviato che alle pecore ..

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144

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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perdute della casa d'Israele•• b) Romani 9-11

.. ..

......

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CAPITOLO 4 LA RICONCILIAZIONE IN CRISTO

. . . . . . .

Ecclesia ex circumcisione et Ecclesia ex gentibus . .. .. . . . . . . . . . . . . . . .... .. . . . . ...

179