Creazione, de-creazione, nuova creazione. Introduzione e commento a Genesi 1-11 8810402464, 9788810402467

La triplice sequenza del titolo del libro, scritto da uno dei maggiori biblisti internazionali, implica un convincimento

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Creazione, de-creazione, nuova creazione. Introduzione e commento a Genesi 1-11
 8810402464, 9788810402467

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Epifania della Parola nuova serie 1. V. Mannucci, Giovanni il Vangelo narrante.

Introduzione all·arte narrativa del quarto Vangelo 2. La Lettera ai Romani ieri e oggi, a cura di S. Cipriani 3. M. Nobile.Introduzione all·Antico Testamento. La letteratura veterotestamentaria 4. In spirito e verità. Letture di Giovanni 4.23-24. a cura di P.C. Bori 5. L. Alonso Schokel, Salvezza e liberazione: l'Esodo Testi ermeneutici 6. P. Rosa, Gli occhi del corpo e gli occhi della mente. Cirillo Alessandrino: testi ermeneutici 7. Gregorio di N issa, Omelie sul Cantico dei cantici, a cura di V. Sonato 8. Origene, Testi ermeneu tici, a cura di U. Neri 9. Ticonio, Sette regole per la Scrittura, a cura di L. e D. Leoni 1 0 . Flacio Illirico. Comprendere le Scritture, a cura di U. Neri l. A. Wénin, Non solo di pane. .. Violenza e alleanza nella Bibbia 2. M. Balmary, Abele o la traversata dell'Eden 3 . A. Wénin , L*uomo biblico. Letture nel Primo Testamento 4. M. Balmary, La divina origine. Dio non ha creato l'uomo 5. M . Grilli, Quale rapporto tra i due Testamenti? Riflessione critica sui

modelli ermeneutici classici concernenti l'unità delle Scritture 6. F. Belli - I. Carbajosa- C. J6dar E strella - L. Sanchez Navarro, L'Antico nel Nuovo. Il ricorso alla Scrittura nel Nuovo Testamento 7. R. Meynet, Preghiera e filiazione nel Vangelo di Luca 8. M. Nobile, Introduzione all·A ntico Testamen to. La letteratura veterotestamen taria. Nuova edizione riveduta e aumentata

Sotto la direzione di Massimo Grilli e Alfio Filippi 1. J.-D. Causse- É. Cuvillie r - A. Wénin, Violenza divina.

Un problema esegetico e antropologico 2. J.-N. Aletti, Il Gesù di Luca 3. J.-F. Boutors, Paolo l'ebreo 4. D. Marguerat- A. Wénin, Sapori del racconto biblico. Una nuova guida a testi millenari 5 . J. Blenkinsopp, Creazione, de-creazione. nuova creazione. Introduzione e commento a Genesi 1-11

J oseph Blenkinsopp

Creazione, de-creazione, nuova creazione •

Introduzione e commento a Genesi 1-11

EDIZIONI DEHONIANE BOLOGNA

Titolo originale:

Creation, Un-Creation, Re-Creation. A Discursive Commentary on Genesis 1-1 1 Traduzione dalfinglese:

Romeo Fabbri

Realizzazione editoriale:

Prohemio editoriale srl, Firenze

c201 1 Joseph Blenkinsopp 0201 1 T&T Clark lnternational By arrangement with Bloomsbury Publishing PLc Per gentile concessione di Bloomsbury Publishing PLc 0201 3

Centro editoriale dehoniano via Nosadella 6 - 401 23 Bologna www. dehoniane.it EDB®

ISBN

978-88- 10-40246-7

Stampa: Italia tipolitografia Ferrara 2013 ,

Le opere della mente hanno la loro età; e pur sopravvivendo ai loro autori. hanno un limite e una durata: solo questa (la Bibbia) è troppo dura per i denti del tempo. e può perire solo nelle fiamme universali. quando tutte le cose confesseranno di essere cenere. Sir Thomas Browne. Religio Medici (1635)

SIGLE E ABBREVIAZIONI

AB ABD ANET

Bib BK BN BZ CBQ DDD

Anchor Bible D.N. FREEDMAN (ed .), The Anchor Bible Dictionary, 6

voll. , Doubleday, New York 1 992 J.B. PRITCHARD (ed.), Ancient Near Eastern Texts Relating to the Old Testament , Princeton University Press, Princeton 31969 Biblica Bibel und Kirche Biblische Notizen Biblische Zeitschrift Catholic Biblica/ Quarterly K. vAN DER TooRN - B. BECKING - P.W. vAN DER HoRST (edd .), Dictionary of Deities and Demons in the Bible,

Brill , Leiden 21999 EDSS

L.H. SCHIFFINAN J.C. VANDERKAM, Encyclopedia of the Dead Sea Scrolls, 2 voli. , Oxford University Press, -

Oxford 2000 Eilsr HTR /CC JAAR JAOS JBL JCS JJS JNES

Eretz lsrael Harvard Theological Review International Criticai Commentary Journal of the American Academy of Religion Journal of the American Orientai Society Journal of Biblica/ Literature Journal of Cuneiform Studies Journal of Jewish Studies Journal of Near Eastern Studies

7

JPS JSJ JSOT JSOTS JSP J TS K TU

LCL

LXX NEAEHL

NCB NRSV N TS OCD

Jewish Publication Society translation of the Hebrew Bible Journal for the Study of Judaism in the Persian. Hel­ lenistic and Roman Period Journal for the Study of the Old Testament Journal for the Study of the Old Testament Supple­ ment Series Journal for the Study of the Pseudepigrapha Journal of Theological Studies M. DIETRICH 0. LORETZ - J. SAMMARTIN (edd.), Die keilalphabetischen Texte Ugarit (Alter Orient und Altes Testament 2411}, Neukirchener Verlag, Neu­ -

kirchen Vluyn 19 7 6 Loeb Classica! Library Settanta H. STERN (ed .), The New Encyclopedia of Archaeolog­ ical Excavations in the Holy Land, 4 voli. , Magnes, Jerusalem 1 993 New Century Bible New Revised Standard Version New Testament Studies S. HOMBLOWER A. SPAWFO RTH (edd.), The Oxford Classica[ Dictionary, Oxf ord University Press, Oxford -

31996 Or OTS

RB REB TDN T

TDOT

TE TM UF

Orientalia Oudtestamentische Studien Revue Biblique Revised English Bible

G. KITIEL- G. FRIEDRICH (edd .), Theological Diction­ ary of the New Testament, 8 voli. , Eerdmans, Grand Rapid 1 964- 1 976 (trad. it . : Grande lessico del Nuovo Testamento, Paideia, Brescia 1 965-1 992) G.J. BOITERWICK H . RINGGREN (edd.), Theo[ogi­ cal Dictionary of the Old Testament, 8 voli . , Eerd­ mans, Grand Rap i d s 1 974 (trad. it. : Grande lessico delfAntico Testamento, Paideia, Brescia 1 988). -

Traduzione inglese Testo masoretico Ugarit-Forschungen 8

VT VTSup WBC ZA ZAW

·

Vetus Testamentum Supplements to Vetus Testamentum Word Biblical Commentary Zeitschrift fiir Assyriologie Zeitschrift fiir die alttestamentliche Wissenschaft

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PREFAZIONE

La triplice sequenza del titolo di questo libro implica una convin­ zione : per comprendere la creazione in senso biblico non dobbiamo tener conto solo di un evento all' ora zero , ma anche di un racconto mitico, il racconto fatto nei primi undici capitoli della Genesi. Il tema di questo racconto è l'infiltrazione del male in un mondo dichiarato buono all'inizio ; un tema molto difficile da spiegare, ma essenziale in ogni presentazione teologica o filosofica de i la creazione . L' espres­ sione «commentario discorsivo» del sottotitolo inglese vuole attirare l'attenzione su una modalità espositiva che oltrepassa la spiegazione linguistica, storica e culturale, la materia prima dell'esegesi critica, per soffermarsi sulle questioni d'interesse teologico e umano generale che il lettore di questi capitoli incontra continuamente . Essa richiede anche la disponibilità ad attingere all'ampia riserva di commentari di carat­ tere midrashico che questi capitoli hanno prodotto nel corso dei secoli e continuano a produrre . Desidero ringraziare Robin Baird-Smith , Dominic Mattos, Anna Turton e gli altri impiegati di Continuum per la loro gentile ed esperta collaborazio ne per la pubblicazione del volume. Ringrazio anche mio figlio David per l'aiuto che mi ha offerto per l'utilizzo di mi computer recalcitrante e, come sempre, mia moglie Jean, per la sua compagnia e il suo sostegno. Tranne i casi esplicitamente indicati, le traduzioni dei testi biblici sono mie. Le traduzioni del libro d' Isaia sono tratte dal mio commen­ tario in tre volumi all'Anchor Bible, per gentile concessione della Yale University Press. Joseph Blenkinsopp

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Capitolo 1

UMANITÀ:

LA

PRIMA

FASE

Genesi 1-11: il racconto basilare In base alla cronologia biblica, il racconto delle origini e della storia iniziale dell'umanità in Gen 1 , 1-1 1 ,26 (per comodità, Gen 1-1 1 ) , dalla creazione ad Abramo, il primo ebreo, copre 1 946 anni. Comprende questi episodi: la creazione del mondo (cieli e terra) e dei suoi abitanti (Gen l, 1 2 , 4) ; il primo uomo e la prima donna nel giardino di Eden (Gen 2,4-3 ,24) ; la loro storia familiare dopo la cacciata dal giardino; il primo omicidio ; le famiglie di Caino e di Set, figli sopravvissuti dei progenitori (Gen 4, 1 -26); le dieci generazioni da Adamo a Noè; l'ac­ coppiamento tra «i figli di Dio» e «le figlie degli uomini»; i giganti nati dalla loro unione; l'annuncio della catastrofe imminente (Gen 5, 1-6 , 8); la distruzione mediante il diluvio di ogni forma di vita sulla terra, ri­ sparmiando solo Noè, la sua famiglia - moglie, tre figli, tre nuore - e gli animali entrati con lui nell' arca (Gen 6,9-8 , 2 2) . Il diluvio è la cesura decisiva nel racconto , lo spartiacque a partire dal quale comincia, con i tre figli di Noè, una nuova umanità con un nuovo ordine del mondo (Gen 9, 1 -28). La diffusione della nuova razza nel mondo allora cono­ sciuto è in linea con il comando di crescere e moltiplicarsi, dato al momento della creazione, ma determina un'importante deviazione : la costruzione da parte di Nimrod del primo impero , simboleggiato dalla città e dalla torre-tempio di Babele, emblemi delle pretese imperiali e della loro legittimazione religiosa (Gen 1 0, 1-1 1 ,9). La lista delle dieci generazioni della discendenza di Sem, figlio di Noè, termina con Abra­ mo (Gen 1 1 , 1 0-26). Essa serve da transizione ai racconti sui tre grandi antenati d'Israele: un genere di racconto molto diverso. -

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Quest'ultima parte del racconto in Gen 11,10-26 segna il passaggio dal tempo mitico al tempo storico, sia pure non storico in base alla concezione della storia degli storici attuali. Il passaggio è segnalato da un'improvvisa notevole riduzione della speranza di vita degli uomini, che può indicare la fine del racconto delle origini redatto nel linguaggio del mito . A parte il caso eccezionale di Enoc, che occupa il significativo settimo posto nella genealogia antidiluviana e la cui durata della vita riflette quella del calendario solare (Gen 5,2 1 -24), i dieci patriarchi da Adamo a No è raggiunsero quasi il traguardo di l 000 anni. Adamo, il primo patriarca, visse 9 30 anni, Noè vent'anni in più e Matusalemme detiene il record di longevità con i suoi 969 anni. Secondo un 'interes­ sante ipotesi di J ames Barr, 1 l 000 anni potevano essere considerati di f atto l'immortalità raggiunta da quei primi illustri personaggi. Questo motivo della longevità degli abitanti del mondo arcaico è ben attestato . Per quanto incredibilmente spettacolari, le età raggiunte dalla razza primordiale, o perlomeno dai suoi sovrani, nell'antica Mesopotamia superano di gran lunga quelle dei personaggi biblici. Sovrani antidilu­ viani delle città-stato mesopotamiche regnarono in media 30.000 anni (ANET 265) e i regni dei dieci sovrani antidiluviani, secondo la Babylo­ niaca di B erosso, risalente al periodo ellenistico, durarono in media o ltre dieci volte di più. 2 Il motivo della longevità è un esempio dell'uso· d eliberato e consapevole di topoi mitici per sottolineare la maggiore energia e forza di cui si disponeva nella prima età del mondo e, impli­ c itamente, la sua graduale diminuzione nel corso della storia umana. Nella riflessione mesopotamica la diminuzione della durata della vita corrispondeva a un atteggiamento fondamentalmente dissuasivo nei riguardi del progresso tecnologico . Bisognava risalire verso la remota antichità per trovare la sapienza e la conoscenza necessarie per vivere bene nel presente. Al tempo dell'ultimo patriarca biblico antidiluviano, Terach , padre di Abramo, la durata della vita era scesa a 205 anni (Gen 11,32). È un'età che nessuno raggiungerà più, neppure Mosè, morto a 120 anni: «Gli occhi non gli si erano spenti e il vigore non gli era venu­ to meno» (Dt 34, 7). Un'improvvisa notevole riduzione della longevità nel passaggio dal periodo arcaico a quello «storico» è anche un 'indicazione , fra molte al1 J. BARR, The Garden of Eden and the Hope of lmmortality, Fortress, Minneapolis 1 993, 79-8 1 . 2 S.M. BuRSTEIN, The Babyloniaca ofBeros_sus, Undena, Malibu 1 978, 18- 1 9.

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tre, del fatto che Gen 1-1 1 fu concepito come una composizione distin­ ta, con la sua propria integrità strutturale e tematica. Naturalmente, Gen 1-1 1 è parte integrante della Genesi e di tutta la Bibbia, ma, a mio avviso , questo non esclude la possibilità di leggerlo come un racconto, con la sua specifica coerenza e identità, specialmente per i temi di cui tratta. Esso si distingue anche per l'uso di nomi simbolici (Adamo, Eva, Abele ecc.) e di una geografia simbolica (Eden, Nod ecc.). L'interesse per le origini non si limita alla prima creazione , ma continua lungo tutta la lista dei «primi»: primi atti di culto di Y HWH (Gen 4,26); prima esplosione demografica {Gen 6, l); prima coltivazione della vite (Gen 9 ,20); primo costruttore di un impero {Gen 1 0,8); prima costruzione di una città con la sua torre-tempio (Gen 1 1 ,6). 3 Compatibile con questa lettura dei primi undici capitoli della Genesi è la quasi totale mancanza di sovrapposizioni e rinvii nel resto della Bibbia ebraica. A parte i nomi citati in 1 Cr l, 1 -2 7 , che sono comunque tratti da Gen 1-1 1 , né le persone che compaiono in questi capitoli né i racconti che le riguardano ricorrono altrove nei testi biblici. Adamo è una figura che ci è familiare dalla descrizione paolina di Cristo come il nuovo Adamo , ma al di fuori di Gen l e 5 non viene più ricordato nella Bibbia ebraica. 4 Lo stesso vale per Eva, Caino, Abele, Set, Lamec, Enoc, Sem, Iafet e Nimrod. Noè è menzionato solo in ls 54,9, in un'allusione al diluvio come metafora dell'esilio d'Israele ,5 e nella triade degli antichi uomini giusti, Noè, Daniele e Giobbe, di Ezechiele, ma questo è un Noè diverso da quello sopravvissuto al diluvio (Ez 1 4, 1 2-20) . Si cominciano a udire echi di ciò che accadde in Eden solo negli scritti postbiblici: Libro dei giubilei (Il secolo a.C.) e Vita di Adamo ed Eva (l secolo d.C.) e , sull'attività dei «figli degli dèi/figli di Dio» in 1 Enoc (II secolo a.C.). Gen 1-1 1 non menziona la storia o preistoria d'I sraele. Israele non è menzionato neppure nella «tavola dei popoli» in Gen 1 0, che pretende di coprire un ampio arco del mondo abitato dai figli di Noè . Almeno in un caso - le origini del culto di Y HWH, Dio d'Israele - Gen 1-1 1 è 3 Tutto con l'uso di varie forme dello stesso 4 Una possibile eccezione è Gb 3 1 ,33, dove

verbo l;zll (hi.fil e hofa[). Giobbe nega di nascondere la sua colpa nel suo petto ki?Ctdam, che potrebbe essere tradotto «come Adamo» (così JPS), a parte il fatto che Adamo non lo fece (cf. NRSVe REB: «Come fanno altri»). 5 Il Noè di Ez 1 4, 1 2-20 non è collegato con il diluvio. l due individui che portano il nome di Enoc (Gen 25 ,4; 46,9; Es 6, 14; 1 Cr 1 ,33; 5, 3) non hanno alcun collegamento con il patriarca di Gen 5, e il nome qayin (Caino) in Nm 24, 22 si riferisce a un insediamento nel Negev.

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in contraddizione con le tradizioni rappresentate nel libro dell'Esodo. Secondo Gen 4,26 si cominciò a rendere culto a YHWH durante la vita di Sem e di suo figlio Enos, mentre, secondo il libro dell'Esodo la prima rivelazione del nome del Dio d'Israele avvenne o al roveto ardente nel deserto o in Egitto (Es 3 , 1 3- 1 5 ; 6, 2-3). In altri termini, pur essendo sta­ to premesso alla storia nazionale degli antenati, al soggiorno in Egitto e al resto, Gen 1-1 1 ha ben poco in comune con questo . Con una nota a piè di pagina, dovremmo mettere in discussione l'a­ bituale affermazione secondo cui l'ordine dato ad Abramo di lasciare il suo paese e la sua parentela e partire per un'altra terra (Gen 1 2 , 1 -3 o 1 2 , 1 -4a) è il collegamento fra il periodo arcaico e la storia degli an­ tenati. Questo passo molto citato non si riferisce ai capitoli precedenti - sostituendo, ad esempio , maledizione con benedizione - come ci si aspetterebbe se la sua funzione fosse quella di servire da collegamento . Dal punto di vista strutturale, il passo appartiene alla prima unità, o unità terachita, della seconda pentade delle toledot (in seguito , tole­ dot) in Genesi, di cui ci occuperemo in seguito. Ma, a una più attenta osservazione, risulta inserito nel racconto delle vicissitudini di Terach e della sua famiglia. Esso suppone che Abramo non conosca la de­ stinazione del suo viaggio («verso una �erra che io t'indicherò»), ma l'affermazione è contraddetta dall'informazione già data, secondo cui Canaan era la destinazione fin dall'inizio (laleket )ar�a kenacan [Gen 11 , 3 1 ], riepilogata in Gen 1 2 , 5). Anche l'età di Terach alla sua morte, annotata immediatamente prima di Gen 1 2 , 1 -4a, e quella di Abramo al momento della sua partenza da Carran, annotata immediatamente dopo, sembrerebbero legate.6 Un altro indizio riguardo al carattere originariamente indipendente di Gen 1-1 1 è l'integrità e coerenza letteraria della sua struttura. La principale caratteristica strutturale è la formula introduttiva («queste sono le generazioni») ripetuta cinque volte. Il termine ebraico toledot, sempre al plurale, non è limitato al materiale genealogico, ma può introdurre anche una narrazione vera e propria. Infatti, nell'ebraico moderno , toledot significa «racconto» . Ma le stesse genealogie posso­ no contenere materiale narrativo residuo e produrre altra narrazione, come vediamo nelle informazioni supplementari su Enoc nella genea6 F. CROSEMANN, «Die Eigenstii.n dichkeit der Urgeschichte. Ein Beitrag zur Diskussion den .. Jahwisten"». in J. JEREMIAS- L. PERUTI (edd.), Die Botschaft und die Boten. Fst. fiir Hans Walter Wolf/. Neukirchener Verlag, Neuchirken-Vluyn 1 98 1 , 1 1 -29.

um

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logia antidiluviana {Gen 5 , 2 1 -24) e su Nimrod, un potente cacciatore davanti al Signore , fra i discendenti di Cam (Gen 1 0,8-1 2). Le formule toledot e le sezioni che introducono in Gen 1-1 1 sono queste: 1) Gen 2,4 - Cielo e terra (1 ,1-4 ,26); 2} Gen 5,1 - Adamo e la sua discendenza ( 5 , 1-6, 8); 3) Gen 6,9 - Noè e il diluvio (6,9-28); 4) Gen l 0,1 Tre figli di Noè e loro discendenti (l 0,1-1 1 , 9); 5) Gen 1 1 , 1 0- Sem e la sua discendenza (1 1 , 1 0-26). -

Possono essere utili alcune annotazioni riguardo a questa lista. L'in­ testazione della prima delle serie è piuttosto anomala, perché non in­ terviene all'inizio , ma in mezzo, fra il racconto della creazione e quello del giardino di Eden. Alcuni commentatori hanno considerato questa prima intestazione l'introduzione al racconto del giardino di Eden , ma quest'ultimo non parla dei cieli, bensì solo della terra e, per giunta, solo di un frammento della stessa. Inoltre, la formula introduce sempre materiale di origine sacerdotale, al quale non appartiene certamente il racconto del giardino di Eden. In quest'unico caso, la formula venne probabilmente spostata per fare posto al solenne preludio al racconto della creazione in Gen 1 , 1 . La seconda intestazione («questo è il libro delle generazioni di Adamo») accresce la possibilità, anzi la probabili­ tà, che le toledot di Gen 1-1 1 siano state tratte da un «libro» distinto , contenente una lista di nomi, forse depositati originariamente negli archivi del tempio, simile in qualche modo alla semplice lista di nomi corrispondenti a Gen 1-1 1 in lCr 1-9. In questo caso, dev'essere stata notevolmente ampliata, «narrativizzata» e rielaborata per adattarla al suo contesto attuale . Il terzo pannello della pentade, quello centrale , fa del diluvio il grande spartiacque fra il mondo arcaico , che in base alla cronologia biblica durò 1 65 6 anni, e il mondo gravemente danneggiato sopravvissuto alla catastrofe, quello nel quale abitiamo. Come la prima creazione, questo mondo nuovo fu inaugurato con una benedizione e con il comando di riprodursi e riempire la terra (Gen 9, 1 -7). Poiché la struttura è un modo importante per veicolare il signifi­ cato, specialmente nelle composizioni antiche , sembra si sia adottata questa disposizione in cinque pannelli per sottolineare, mediante la sua collocazione al centro della pentade, l'importanza tematica cen­ trale del diluvio. Questo significa che il tema di Gen 1-1 1 non è solo la creazione, ma qualcosa di più sovrastante e inglobante, qualcosa come

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creazione-decreazione-nuova creazione. 7 Troviamo una disposizione analoga anche nella lunga sezione successiva, che tratta dei tre grandi antenati d'Israele , delle loro mogli e della loro discendenza più imme­ diata e diretta. Anche questa sezione è organizzata come una pentade di toledot: 1} 2} 3) 4} 5}

Gen Gen Gen Gen Gen

1 1 , 27-25 , 1 1 - Terach (Abramo); 25, 1 2- 1 8 - Ismaele/arabi; 25 ,19-35,28 - Isacco (Giacobbe}; 36, 1-3 7 , 1 Esaù/Edom; 37,2-50,26 - Giacobbe (Giuseppe e i suoi fratelli}. -

Il modello è identico , a parte il fatto che la prima, la terza e la quin­ ta unità trattano dei discendenti dell'antenato eponimo (fra parente­ si) piuttosto che dello stesso eponimo. Tutto il racconto ruota attorno all'unità centrale, la storia di Giacobbe e dei suoi venti anni di esilio in Mesopotamia. Come una sorta di distruzione e nuova creazione, questa peripateia centrale corrisponde, sul piano strutturale e tematico , al di­ luvio nella sezione precedente. Il racconto, vivace e colorito , introduce lo stesso tema del giudizio , seguito dal passaggio a una nuova identità e a una nuova relazione con Dio. La struttura della pentade in Gen 1 -1 1 imita anche la struttura del Pentateuco , noto nel giudaismo come «i cinque quinti della Legge». Che non vi fosse nulla d'inevitabile nella divisione in pentade della narra­ zione che si estende dalla creazione alla morte di Mosè, raccontata nell'ultimo capitolo del Deuteronomio , risulta evidente quando si os­ serva che essa non corrisponde alle divisioni più naturali della narra­ zione nel suo complesso . L'importante avvenimento centrale del Sinai è ripartito fra tre libri : Esodo , Levitico e Numeri . Israele giunge al Sinai in Es 1 9 e riparte in Nm 1 0 e le prescrizioni rituali ricevute da Mosè ed esposte in dettaglio in E sodo , ad esempio, riguardo all'ordinazione dei sacerdoti, traboccano nel Levitico . Analogamente , il libro della Genesi sarebbe potuto terminare con la lista dei 70 israeliti in Egitto (Gen 46 ,8-2 7), stabilendo, così, un legame naturale con i versetti di apertura di Esodo , che fanno riferimento ai 70 e ai loro capi (Es 1 , 1 - 5). In altri termini, si sarebbe potuto disporre il materiale in quattro sezioni, in

7 Secondo l'espressione di D.J.A. demic Press, Sheffield 2 1997, 80-82.

CuNES,

The Theme of the Pentateuch, Sheffield Aca­

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sei o qualsiasi altro numero . Possiamo fare solo delle ipotesi, ma la disposizione in pentade della narrazione che si estende dalla creazio­ ne alla morte di Mosè aveva per gli incaricati dell' edizione finale del Pentateuco, presumibilmente sacerdoti del te mpio , il vantaggio di col­ locare il Levitico,_ il libro di gran lunga più breve dei cinque, al centro. Questa posizione indicava l'importanza capitale delle sue prescrizioni relative alla vita santa e alla vita d'Israele come popolo santo . La scelta della struttura della pentade per i libri del Pentateuco confermerebbe, quindi, la nostra aspettativa di trovare nel modello toledot di Geo 1-1 1 importanti indicazioni riguardo alle intenzioni e al significato del lavo­ ro nel suo complesso . 8 Sullo schema cronologico inserito nella struttura toledot diremo qualcosa più avanti in relazione con la lista antidiluviana di 5 , 1 -3 2 .

Fonti Il carattere indipendente di Gen 1-1 1 è stato spesso trascurato o sot­ tovalutato, .probabilmente perché gli studiosi hanno incentrato l'atten­ zione su fonti estese a tutto il Pentateuco o Esateuco o, perlomeno, alla maggior parte di entrambi. Nell'epoca moderna, la ricerca biblica criti­ ca ha considerato sempre molto importante l'identificazione delle fonti. In breve, oggi esiste un ampio accordo sulla derivazione di Gen 1-1 1 dalla combinazione di due fonti principali. La fonte sacerdotale (sigla P) sostiene la linea narrativa principale, assicura una certa continuità, usa un linguaggio specifico, spesso convenzionale, e si occupa princi­ palmente del culto, del calendario religioso, del sabato (che osserva per­ sino Dio [Gen 2, 2]) e delle regole di purità. Questa fonte si riferisce alla divinità con il termine «Elohim». Elohim è una designazione generica della divinità e non un nome personale, per cui, in questi capitoli, il Dio che crea, il Dio con il quale camminano i giusti Enoc e Noè, il Dio che manda il diluvio e stabilisce poi il nuovo ordine del mondo è anonimo. Solo con l'entrata in scena di Abramo risuona, per la prima volta, un nome divino personale, quando la divinità viene identificata come El Shaddai, tradotto tradizionalmente con «Dio onnipotente» (Gen 1 7, 1). 8 Per l'epoca

e le circostanze della divisione del Pentateuco in cinque libri. cf. J . BLEN­ The Pentateuch: An lntroduction to the First Five Books of the Bible, Doubleday. New York-London 1992. 43-47. KINSOPP,

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S olo in seguito viene rivelato a Mosè il nome YHWH, il nome personale del Dio d 'Israele. Nello strato narrativo della fonte P, la rivelazione av­ viene per la prima volta in Egitto ed è esplicitamente menzionata come tale : «Mi sono manifestato ad Abramo, a Isacco, a Giacobbe come El Shaddai, ma non ho fatto conoscere loro il mio nome YHWH» {Es 6,23). La versione alternativa della rivelazione del nome divino YHWH ha luogo in uno dei passi fondamentali del Pentateuco: è la rivelazione di IO SONO a Mosè dal roveto ardente {Es 3, 1 3- 1 5). All a fonte P - che indicheremo in seguito, in modo meno imper­ sonale , come scriba o autore sacerdotale - vengono attribuiti in Gen 1-1 1 : il racconto della creazione {Gen 1 , 1 -2 ,4a); le genealogie di . d ieci membri prima e dopo il diluvio {Gen 5 , 1 - 32; 1 1 , 1 0-26) ; il racconto della corruzione morale, che causò il diluvio, seguito dalle prime istru­ zioni a Noè {Gen 6, 1 1 -22); uno dei due strati del racconto del diluvio {Gen 7-8); il nuovo ordine del mondo e l'alleanza con gli scampati al cataclisma {Gen 9, 1 -28); secondo alcuni commentatori anche il ·nucleo della tavola dei popo li {Gen 1 0, 1 -32). Riguardo a Gen 1-1 1 , è meno urgente, rispetto alla narrazione successiva, prendere posizione su una discussione in atto ormai da molto tempo : se P costituisca un racconto indipendente, che ha un senso compiuto in se stesso, o se sia compren­ sibile solo leggendolo in collegamento con l'altro materiale della fonte. L a questione praticamente non si pone riguardo al racconto iniziale della creazione in Gen 1 , 1-2,4 e il nuovo ordine del mondo postdiluvia­ no {Gen 9, 1 - 1 9), e non si po ne affatto per chi sostiene - come facciamo in questa sede - che il materiale assegnato convenzionalmente a J è posteriore a P. 9 La fonte con la quale è stato amalgamato P, indicata abitualmente come yahvista a causa del nome YHWH da essa u sato {sigla J) , 10 è in9 Per una difesa del carattere indipendente di P, cf. E. ZENGER, Gottes Bogen in den Wolken. Untersuchungen zur Komposition und Theologie der priesterschriftlichen Ur­ geschichte, Katholisches Bibelwerk. Stuttgart 1 983; P. WEJMAR, «Die Toledot-Fonnel in der priesterschriftlichen Geschichtsdarstellung», in BZ n.F. 1 8(1974), 65-93; K. KocH, «P - Kein Redaktor! Erinnerung an zwei Eckdaten der Quellenscheidung», in VT 39( 1 987), 446-467; J.A. EMERTON, «The Priestly Writer in Genesis», in JTS 39( 1988), 396-400; E.W. NJCHOLSON, «P as an Originally Independent Source in the Pentateuch», in lrish Biblica/ Studies 1 0( 1 988), 1 92-206 . 10 I masoreti medievali che introdussero, nel testo consonantico della Bibbia ebraica, i segni diacritici indicanti i suoni delle vocali, aggiunsero le vocali di Adonai («Signore») alle quattro consonanti del nome divino (YHWH), che per rispetto non veniva usato nel linguaggio comune, per indicare che doveva essere letto A donai. In traduzione, questo

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centrata maggiormente sulla condizione umana e ha un orientamento più laico che sacerdotale e clericale . La questione della precedenza cronologica fra P e J è discussa. Tradizionalmente, secondo la ricerca biblica accademica, J era «certamente» molto anteriore a P, risalen­ do addirittura al tempo di S alomone o poco dopo . Attualmente si può perlomeno affermare che questa conclusione non è più «certa», e di fatto non viene più sostenuta nei circoli critici, e che oggi c'è meno re­ sistenza a considerare J posteriore al materiale del racconto P e forse composto come una sorta di crescente commento critico su di esso . 1 1 La successione cronologica delle fonti è una questione importante, ma per ora basta sottolineare che in ogni unità della pentade delle toledot il materiale J segue P. Perciò, riterremo che questa disposizione è dipe­ sa da una scelta deliberata dell'autore di Gen 1-11.12 L'affermazione della derivazione di Gen 1-1 1 dalla combinazione di queste due fonti è ancora prevalente nei commentari accademici, ma, come tutte le affermazioni del genere, consente un'ermeneutica del so­ spetto . Abbiamo già visto che il libro delle toledot (seper, così chiamato in Gen 5 , 1 ) si presenta come un testo di archivio distinto, che può es­ sere stato incorporato in qualsiasi momento nel racconto. Inoltre, con­ trariamente all'opinio communis corrente, le genealogie antidiluviane e postdiluviane nei capitoli 5 e 1 1 non presentano nessuno dei criteri comuni e ben noti per identificare la fonte P, per cui non dovrebbero essere assegnate ad essa semplicemente in base alla supposta predi­ lezione di P per le liste. Poiché l'autore sacerdotale non poteva aver composto la sua opera senza accedere ad archivi, non dev'esservi stata carenza di liste a sua disposizione. Lo si può accertare gettando uno sguardo sull'inizio delle toledot di Adamo (Gen 5, 1 -32), dove la formula genealogica accuratamente strutturata è disturbata da un'inserzione che rinvia al racconto P della creazione (Gen 5 , lb-2). Dato che nell'a­ nalisi critica di Gen 1-1 1 le fonti tendono a soverchi are l'idea della paternità letteraria, non sarebbe fuori luogo sottolineare, ancora una ha prodotto la forma linguisticamente anomala «Jehovah». La sigla J è dovuta anche all'origine della critica delle fonti in Germania e al fatto che in tedesco il nome divino è scritto «Jahwe». 11 BLENKINSOPP, The Pentateuch, 63-6 7. 12 Maggiori informazioni sulle fonti in A. DE PuRY, Le Pentateuque en question, Labor et Fides, Genève 1 989; più recentemente, A. Sr.HOLE, Der Prolog der hebriiischen Bibel. Der literar- und theologie-geschichtliche Diskurs der Urgeschichte (Genesis 1 - 1 1), The­ ologische Verlag, Ztirich 2006, 1 1 -58.

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volta, che Gen 1- 1 1 non è semplicemente una combinazione di due fonti incollate insieme come due .files di computer, bensì il prodotto di un autore che ha elaborato P e J, insi eme a materiale di altre fonti, in una narrazione avvincente. Occorre fare un'altra riserva riguardo alla recente critica delle fonti del racconto del Pentateuco o dell'Esateuco . In genere, si riconosce che J, diversamente da P, non offre al lettore criteri chiari per poter individuare uno strato narrativo continuo , che comincia nel giardino di Eden e comprende la cosiddetta storia delle origini (Gen 1-1 1 ), i racconti sugli antenati d'Israele (Gen 1 2-50), il soggiorno in E gitto, la peregrinazione nel deserto e l' occupazione della terra (Esodo, Numeri, Giosuè). Non sorprende, quindi, la scoperta, nella ricerca accademica recente, di una tendenza ad accentuare le divisioni verticali, in altri termini a leggere il Pentateuco come composto da blocchi distinti di materiale narrativo, il primo dei quali in Gen 1-1 1 .13

Tema Questa prima sezione narrativa della Bibbia viene generalmen­ te presentata come una storia («storia primordiale», Urgeschich te), perché racconta una successione di avveniinenti che si estendono su quasi duemila anni, dalla creazione al fallito tentativo di costruire una città e una torre-tempio. Questa presentazione inganna, perché Gen 1 -1 1 comprende una serie di miti originariamente distinti sulle origi­ ni dell'universo e dell'uomo - «la prima disobbedienza dell'uomo» in Eden; Caino il primo omicida; la scoperta di certe tecnologie da parte dei discendenti di Caino; l'accoppiamento fra esseri sovrumani e don­ ne; giganti primordiali; un diluvio universale; una torre talmente alta da raggiungere il cielo - tutti intrecciati insieme da un autore che ha conferito loro una continuità mediante brevi legami narrativi e liste genealogiche. Questa forma apparentemente storica deriva dall'abitu­ dine di scrivere racconti di origini cosmiche , nazionali ed etniche nel Vicino oriente e, più specificamente, dalla ripresa da parte dell'autore della trama di Atrahasis e di racconti mitici a esso collegati riguardo

13 R. RENDTORFF, The Problem of the Process of Transmission in the Pentateuch, JSOT,

Sheffield

1 990, 33-34; 1 84-1 86.

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al mondo degli dèi, sia prima che dopo la creazione degli uomini. A un livello meno esplicito, questa forma quasi storica nasconde, senza riuscirvi pienamente , una retrospettiva sull'esperienza storica d'Israe­ le. Chiamato all'esistenza dal suo Dio in quella terra di nessuno che è il deserto , Israele viene installato nella terra promessa, esattamente come il primo uomo che, dopo essere stato creato fuori dal giardino di Eden , viene collocato in esso (Gen 2, 7 -8). In entrambi i casi, il soggior­ no in questa piacevole dimora dipende dall' osservanza di un comanda­ mento , la cui violazione determina l'espulsione dall'habitat originario, la diffusione del peccato nelle successive generazioni, una distruzione pressoché totale mediante il diluvio, 14 la dispersione sulla faccia della terra. Entrambi i racconti term inano in Mesopotamia, con i discenden­ ti dei primi antenati e dei sopravvissuti alla catastrofe nazionale alle prese con un incerto futuro (Gen 1 1 , 1 -9; 2Re 2 5 , 2 7-30) . Si è scelta questa forma narrativa per esprimere domande inquie­ tanti di carattere religioso. In un mondo creato da una divinità bene­ vola e dichiarato dalla stessa - per ben sette volte - buono, come mai l'umanità si è comportata tahnente male da attirarsi un giudizio di con­ danna e totale distruzione? In che modo il m ale si è insinuato nell'u­ manità benedetta da Dio? Come mai l'umanità, creata a immagine di Dio, ha deviato così facilmente dall'ordine morale stabilito al m omento della creazione? Soprattutto, come possiamo spiegare il male gratuito , la malvagità fine a se stessa? Perché la storia dell'umanità, secondo la concisa formulazione di Edward Gibbon, è in gran parte una storia di delitti, follie e sventure? Raccontando gli avvenimenti in modo da sollevare queste e altre analoghe domande, l'autore è generalmente fedele alla visione della storia implicita nei miti. In Atrahasis la crescita demografica e la cre­ scente complessità dell'um anità vengono punite con castighi descritti con grande realismo : la peste , la fame , la siccità e , so prattutto , il gran­ de diluvio. Nel mito greco raccontato da Esiodo , 15 che l'autore biblico poteva conoscere, il potente Prometeo si schierò a fianco dell'umanità contro Zeus rubando il fuoco, essenziale per la lavorazione dei metalli e per altre tecnologie, ma venne punito con l'offerta di Pandora, creata 1 4 Per l'inondazione come metafora per indicare la sconfitta e l'asservimento, cf. il sumero Lamento sulla distruzione di Ur (ANET 455-463} e il Sal124.4-5. In ls 54,9- 10, l'espressione «le acque di Noè» ricorre in un contesto che si riferisce all'esilio. 15 EsiODO, Teogonia 507-5 1 4; Io. , Le opere e i giorni 42- 105.

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espressamente da Efesto e provvista di doni da parte di tutti gli dèi, da cui il suo nome . Pandora sollevò il coperchio del vaso nel quale erano contenuti i doni e co sì si sparsero sulla terra tutti i mali che affliggono l' umanità. In entrambi i racconti - quello di Esiodo e quello della Genesi - c'è una messa in guardia dalle forme ingannevoli della sapienza, della conoscenza proibita, e dal fascino ambiguo di un illimi­ tato progresso tecnologico , del cui carattere problematico oggi siamo tutti consapevoli 1 6 Esiodo presenta la storia come un processo di deca­ denza irreversibile anche nella metafora dei quattro metalli, partendo dall' età dell'oro , seguita dall'età dell'argento, del bronzo e, infine, del ferro . Quest' ultima è il mondo dell' autore e il nostro mondo : un mondo caratterizzato da duro lavoro e sofferenza, reciproca ostilità, guerra e mancanza di giustizia. 17 Alla domanda sul perché il male si è infiltrato nel mondo e ha dan­ neggiato la creazione originariamente buona, Gen 1-1 1 non ha un 'u­ nica risposta. Nel primo giudaismo (Sap 2 , 2 3- 24) e nel primo cristia­ nesimo (Ap 1 2 , 9; 20,2), il serpente del giardino di Eden viene identi­ ficato con Satana, riconoscendo così che il male ha origine nel mo ndo sovrumano. Sotto questa o quella fo rma, e in modi più o meno convinti, quest'idea è entrata a far parte della credenza di molte Chiese cristiane e viene espressa nella preghiera e nel rito , ad esempio nell'esorcismo del rito battesimale cattolico romano . La cosa non sorprende , perché la v ittoria su Satana è un tema centrale nel ministero di Gesù descritto n ei vangeli. È, quindi, comprensibile che la dottrina del peccato origi­ nale, considerata la pietra angolare dell'antropologia cristiana, sia sta­ ta messa in relazione con l'interpretazione di Gen 2-3 . Ma qualunque cosa si possa dire, sul piano teologico, a favore della dottrina, essa non è il miglior punto di partenza per l'interpretazione di Gen 2- 3 . Come afferma Paul Ricoeur: «Il concetto di peccato originale non è all'inizio , ma alla fine di un ciclo di esperienza di vita, dell'esperienza cristiana del peccato . Inoltre, l'interpretazione che esso dà di questa esperienza è solo una delle possibili razionalizzazioni della radice del male se con­ do il cristianesimo» . 18 .

16 Questo tema viene sviluppato in modo originale da R. SHATll.JCK, Forbidden Know­ ledge: From Prometheus to Pornography, St. Martin's Press, New York 1996. 17 EsiODO, Le opere e i giorni 109-201. 1 8 P. RicOEUR, The Symbolism of Evil, Beacon Press. Boston 1967, 4.

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La logica narrativa del racconto dell' Eden suggerisce un'alternativa migliore. Anzitutto, il serpente è semplicemente uno degli animali cre­ ati dal Signore Dio (Gen 3, 1), anche se è un animale dotato del linguag­ gio umano. Possiamo supporre che ciò che il serpente insinua nella sua conversazione con la donna manifesti semplicemente ciò che c'era già nella sua mente mentre osservava l'albero e il suo frutto. Riguar­ do all'uomo, il fatto che Dio gli abbia dato un comando con annessa una punizione significa che aveva già la capacità di disobbedire, di scegliere il proprio comportamento . Perciò sia l'uomo che la donna fu­ rono creati con la capacità della deviazione morale. Sarà addirittura lo stesso YHWH ad affermare , quando le nubi si addensano sull'umanità votata alla distruzione, che ogni intimo intento del cuore umano non è altro che male , sempre (Gen 6 , 5). Perciò non c'è un'unica risposta alla domanda sull'origine e sulla prima diffusione del male. Qui, come su altre questioni, il testo offre la possibilità di spiegazioni diverse. Una sfida più seria all'idea che il male morale può essere compreso esclusivamente a partire dall'interno della natura umana e della sua storia evolutiva è posta dalla breve e sconcer­ tante annotazione sugli esseri divini («figli di Dio/figli degli dèi») che si accoppiano con le figlie degli uomini (Gen 6, 1 -4) . Questo testo, sul quale ci soffermeremo nel capitolo 5, ha alimentato molte speculazioni sugli angeli decaduti e su altre materie esoteriche. Può darsi che raccoppia­ mento fra questi «figli degli dèi» e le figlie degli uomini volesse essere un' ultima descrizione, nel linguaggio familiare del mito, del mondo an­ tico , nel quale dèi e uomini si mescolavano e i giganti camminavano sulla terra; un mondo destinato a scomparire per sempre, come quello degli antenati preistorici, an eh ' essi giganteschi, degli israeliti in Pale­ stina. Ma può anche darsi che si volesse affermare più di questo. Nella sua forma più ampia, nel ciclo di Enoc del II secolo a.C . , il mito di que­ sta commistione divina-umana anticipa la credenza dei primi cristiani nella rivolta degli angeli contro Dio e nell'esistenza di esseri angelici malvagi che, secondo le parole della preghiera, percorrono il mondo per la rovina delle anime . Oggi, a molti il discorso su questi agenti spiri­ tuali del male sembrerà incomprensibile, ma l'idea che il male non può essere spiegato interamente dall'interno della condizione umana, che nella vita delle società e degli individui operano influenze e forze al di fuori dei loro confini, ha fatto parte fin dall'inizio e ininterrottamente fino ai nostri giorni della fede di tutte e tre le religioni che si richiamano ad Abramo. In questo senso, ebrei, cristiani e musulmani hanno ripre25

so una variante dell'idea iscritta negli antichi miti delle origini, l'idea secondo cui l'umanità è coinvolta senza volerlo in una storia che la precede e che non è fondamentalmente la sua, una storia che si traduce in condizioni e situazioni che possono rendere la vita umana dolorosa, moralmente disordinata, a volte persino insopportabile.

Storia o mito? I primi undici capitoli della Genesi pretendono di raccontare la sto­ ria dell' inizio dell'umanità. Essi comprendono molti dati genealogici e cronologici, che danno l'impressione di una successione di avveni­ menti nel tempo reale, in base alla cronologia biblica un po' meno di due millenni. I personaggi principali hanno nomi che possono essere riconosciuti come reali: Adamo, Eva, Caino, Abele, Enoc ecc., mentre altri compaiono come figuranti o devono accontentarsi di una semplice menzione in una delle genealogie. Perciò non sorprende il fatto che questa prima sezione dell'Antico Testamento/Bibbia ebraica sia stata letta per secoli, e continui a essere letta da molti, come un racconto storico, o assolutamente privo di errori o fondamentalmente affidabile, forse con qualche indulgenza per i limiti degli storici antichi, compresi quelli biblici. Questo modo di leggere Gen 1-1 1 è comprensibile, perché questi capitoli p resentano una serie di episodi in rapida successione, ma può essere fuorviante se induce il lettore a porre le domande sbagliate al testo , domande alle quali esso non è in grado di rispondere. Comun­ que, non dovremmo considerare strano il fatto che queste concezioni sbagliate sulle origini dell'universo e dell'umanità siano circolate per secoli e circolino tuttora. Tutti, ad esempio, anche i più intelligenti e i migliori , hanno creduto per secoli che la terra esistesse solo da alcune migliaia di anni e fosse al centro dell'universo, con il sole e le costel­ lazioni ruotanti attorno a essa. Siamo stati sempre ingannati, e conti­ nuiamo a esserlo, dalla scala lungo l'asse sia spaziale che temporale . La stima più recente dell'età dell'universo, mentre scrivo , è di 13,7 miliardi di anni e la linea che ha condotto all' homo sapiens si è stac­ cata dagli altri primati circa cinque milioni di anni fa. Naturalmente, entrambe le stime sono approssimative e soggette a revisione, quasi certamente verso l'alto . In breve, attualmente, dovrebbe essere ovvio

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che le questioni di cosmologia, paleo-antropologia e materie collegate non appartengono alla Bibbia, ma alle rispettive scienze. Anche l'ordine sequenziale degli avvenimenti narrati in Gen 1-1 1 -: l'ordine che normalmente ci si aspetta dalla storia - è ingannevole . Vari episodi presentati come successivi - l'uomo e la donna nel giardi­ no; Caino e Abele; l'accoppiamento fra esseri sovrumani e figlie degli uomini - erano originariamente racconti distinti e indipendenti, colle­ gati successivamente in sequenza per servire agli obiettivi persegui­ ti dall'autore. Pressappoco allo stesso modo, l'ordine cronologico dei sette giorni della creazione fa da contrappunto a un ordine logico che non è sequenziale, ovviando così alla necessità di porre domande di natura «scientifica», ad esempio, su come poteva esservi la luce prima della creazione del sole. Su quest'aspetto ci soffermeremo più a lungo nel prossimo capitolo . Noi parliamo di Gen 1-1 1 come mito piuttosto che come storia sem­ plicemente perché questi capitoli contengono materie come il dialogo fra la donna e il serpente , la commistione fra dèi e uomini , personaggi che vissero quasi mille anni, un diluvio che coprì tutta la terra, compre­ si i monti più alti. Partiamo dalla semplice, ovvia ma spesso trascurata, osservazione che abbiamo a che fare con un testo , che abbiamo acces­ so alle cose reali solo attraverso questo testo , e che il testo dev'essere compreso nel co�testo . Un aspetto importante del contesto da tenere ben presente è che Gen 1- 1 1 è una versione israelitica o, più precisa­ mente, tardogiudea o protogiudaica, di una versione mitica letteraria che aveva già una veneranda età al tempo in cui l'autore biblico pose mano alla sua opera. Perciò , per comprendere il testo e trarne profitto, bisogna necessariamente riconoscere che l' autore e le sue fonti non si trovano davanti a dati fisici, storici o biografici grezzi, ma a una tradi­ zione letteraria che rimodellano per adattarla alla loro vìsione della re­ altà e ai loro obiettivi teologici. Questo riconoscimento rende più com­ plesso, ma anche più ricco, il compito della comprensione del testo. Perciò, anzitutto, bisogna dire qualcosa su queste tradizioni narrative che fornirono dei modelli, o una sorta di griglia tematica, a Gen 1-1 1 . Qui ci limiteremo a ciò che si trova all'interno della memoria cultura­ le dell'autore di Gen 1-1 1 e del suo pubblico, dispensandoci, quindi, dal dovere, e preservandoci dalla noia, di passare in rassegna, anche solo brevemente, il vasto repertorio di miti delle origini al di fuori di quest'ambito . Partiamo dalla Mesopotamia.

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Secondo l'antica tradizione della scrittura mesopotamica, che eser­ citò l'influenza culturale e letteraria dominante su Israele e sul primo giudaismo, il valore nonnativo va cercato sempre nel passato. Tutto ciò di cui ha bisogno la società, compresi i modelli per le istituzioni religio­ se, politiche e giuridiche, è esistito sostanzialmente fin dall'inizio. Nella cultura mesopotamica manca l'idea del progresso, che noi tendiamo a considerare ovvia. La storia presenta, invece, un processo di con­ tinuo inarrestabile declino . Si può dire, grosso modo, lo stesso anche dell'antica Grecia, come risulta dalla metafora dei metalli di valore de­ crescente di Esiodo - oro, argento, bronzo, ferro - un motivo ben noto dall'interpretazione da parte di Daniele della statua del tiranno, con la testa d'oro, la parte superiore del corpo in argento, quella inferiore in bronzo , le gambe di ferro e i piedi d'argilla mista a ferro (Dn 2 , 3 1 -33). Nell'antica Mesopotamia e nell'antica Grecia il passato esercitava una forte pressione sul presente . 19 Vedremo che Gen 1-1 1 contiene una propria versione di questa visione disincantata del «progresso», della spirale discendente della storia. Secondo la tradizione mesopotamica, la comparsa degli esseri uma­ ni sulla terra faceva parte di una storia risalente al tempo degli dèi. La testimonianza più completa, sia pure ancora frammentaria, di questa tradizione si trova in un' opera intitolata Atrahasis, scritta in caratteri cuneiformi accadici e copiata e ricopiata per oltre un millennio, risalente attorno al 1 700 a.C. Ora possiamo leggere circa i due terzi di questo testo grazie al paziente lavoro di due studiosi della scrittura cuneiforme.20 Ecco a grandi linee il contenuto dell'opera. Nel mondo disposto su tre livelli una rappresentazione comune a molti popoli, antichi e moderni - il dio Anu regna sul livello superiore; Enki (Ea) su quello inferiore, sulle acque sotterranee; Enlil sulla terra di mezzo, il mondo che abitiamo . Enlil ordi­ na agli dèi giovani, gli igigi, di scavare canali d'irrigazione essenziali per 1 9 Sulle concezioni relative alle origini e alla storia nell'antica Mesopotam�a e nell'antica Grecia, cf. B.A. VAN GRONINGEN, In the Grip of the Past, Brill, Leiden 1953 ; E.A. SPEISER, «Ancient Mesopotamia», in R.C. DENTAN (ed.), The Idea of History in the Ancient Near East, Yale University Press, New Haven-London 195 5 , 35- 76; A. L. 0PPENHEIM, Ancient Mesopotamia: Portrait ofa Dead Civilization, Chicago University Press, Chicago 1964; J. VAN SETERS, In Search of History: Historiography in the Ancient World and the Origins of Biblica[ History, Yale University Press, New Haven-London 1 9 8 3 ; lo. , «The Historiography of the Ancient Near East» , in J . M . SAssoN (ed.), Civilizations of the Ancient Near East, Charles Scribner's Sons, New York 1 995 , IV, 2433-2444 . 20 W.G. LAMBF.RT - A.A. MILLARD, Atrahasis: The Babylonian Story of the Flood, Oxford University Press, Oxford 1969 . Ristampa Einsenbrauns, Winona Lake 1999.

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la fertilità del suo regno . Arrabbiati per quest'imposizione, essi entrano in sciopero, depongono i loro strumenti di lavoro, bruciano le attrezzatu­ re e minacciano Enlil. Quest'ultimo chiede aiuto ai suoi colleghi dèi, Anu ed Enki, ma scopre , con rammarico, che essi simpatizzano con i ribelli. Enki, che, in quanto signore del mondo sotterraneo, possiede un'astu­ zia preternaturale - come il serpente nel giardino di Eden e il serpente che compare come figurante (o strisciante) in Gilgamesh suggerisce di chiedere alla dea madre Mami di creare esseri inferiori chiamati lullu per svolgere i compiti degli dèi giovani, risolvendo così il problema. Lei accetta di farlo con l'aiuto del saggio Enki e modella sette figure maschili e sette figure femminili con l'argilla mista al sangue di un dio sacrificato. Allora gli dèi, per ringraziarla di aver creato quei prototipi wnani, la pro­ clamano Belet-ili, «Signora degli dèi». Ma, a tempo debito - circa 1 200 anni dopo - il problema si ripete . Il chiasso di una terra sovrappopolata e forse ribelle disturba il riposo di Enlil. 2 1 Ora Enlil trova personalmente la soluzione: punite la terra con flagelli e carestie ogni 1 200 anni, per ridurne la popolazione. Ma Enki, con le sue macchinazioni, riesce a rendere inefficaci queste misure mal­ tusiane. Allo ra Enlil manda un grande diluvio che ricopre la terra per sette giorni e sette notti. Con l'aiuto di Enki, Atrahasis, l'eroe di stirpe reale - come Utnapishtim in Gilgamesh e Noè nella Genesi - si salva, insieme alla sua famiglia. Questo irrita Enlil, il quale emana nuovamente e per l'ultima volta misure draconiane finalizzate al contenimento della popolazione , per evitare il ripetersi della situazione che aveva causato il diluvio. Fra queste misure vi sono la proibizione di sposarsi per le sacerdotesse consacrate, la mortalità infantile e probabilmente anche la malattia e la pestilenza, ma la tavoletta è spezzata proprio in quel punto. Si può rimpolpare la storia raccontata nel mito frammentario di Atra­ hasis con altri testi sumeri e accadici provenienti dall'antica Mesopota­ mia. La tradizione del grande diluvio, l'elemento strutturale prevalente nel racconto, era nota in Mesopotamia, in Asia Minore e nella regione -

2 1 L' idea che il chiasso e il tumulto (rigmum, hubiirum) indicassero la ribellione fu avanzata da G. PETTINATO, «Die Bestrafung des Menschengeschlechts durch die Sindflut», in Or 4 7(1 968), 1 65-200, ma criticata da LAMBERT - MILLAHD, Atrahasis. Secondo un'interessante proposta di R.A. 0DEN, «Divine Aspirations in Atrahasis and in Genesis 1-1 1 », in ZAW 93( 1 98 1 ), 197-2 1 6, il chiasso e il tumulto rappresentano il tentativo di superare la distinzione fra il divino e l'umano, che è considerato un tema fondamentale in Atrahasis. Sul tema della sovrappopolazione, del tumulto e della ribellione, cf. anche H. ScHWARZBAUM, «The Overcrowded Earth», in Numen 4(1 957), 59-7 4.

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orientale del Mediterraneo perlomeno fin dal III millennio a.C. Il testo di una tavoletta del British Museum scritto in sumero e pubblicato quasi un secolo fa da Arno Poebel descrive una grande inondazione durata sette giorni e sette notti. Preavvertito , il re sumero Ziusudra (come Atrahasis) costruisce un'enorme barca, grazie alla quale scampa alla morte e, dopo aver offerto un sacrificio agli dèi, viene elevato da loro alla vita eterna. 22 Una lista di otto re antidiluviani di città-stato swnere, i cui regni duraro­ no complessivamente 241 .000 anni, seguiti da 23 re postdiluviani, che regnarono solo per circa un terzo di quel tempo, suppone lo stesso gran­ de spartiacque nella storia primordiale dell' umanità.23 Un'altra versione della lista compare in una storia di Babilonia redatta da Berosso, sacer­ dote babilonese, attorno al 280 a.C. e dedicata al re seleucide Antioco I . I l testo è andato perduto, m a s e n e ritrovano lunghi estratti i n Giuseppe Flavio e nella versione ridotta da Eusebio di Cesarea di un'antica opera storica che attinse ampiamente a Berosso. Berosso elenca dieci re prima del diluvio e dieci re dopo il diluvio, un numero che ricorda i dieci pa­ triarchi biblici antidiluviani e i dieci patriarchi biblici postdiluviani, ma, nel caso di Berosso, con una longevità molto maggiore. Anch 'egli colma il vuoto nella lista dei re con una breve descrizione del diluvio, della sal­ vezza di Xisouthros (Ziusudra), del suo sacrificio offerto agli dèi all'uscita dalla barca, della sua ascensione per vivere con gli dèi.24 Nel grande poema epico Gilgamesh, molto probabilmente conosciuto da Berosso," il diluvio viene raccontato al protagonista da Utnapishtim, per illustrargli la ragione per cui lui, e solo lui, ha ricevuto dagli dèi l'immortalità e la ragione per la quale Gilgamesh deve ritornare nella sua città e affrontare il compito e il destino che gli è stato assegnato in un mondo soggetto alla morte.25 Infine, un 'unica tavoletta frammentaria proveniente dagli scavi di Ugarit (Ras Shamra) e risalente all'età del Bronzo, con circa quindici righe scritte sui due lati, contiene parte del racconto del diluvio, ma nulla che non fosse già n.oto.26 ·

22 ANET 42 -44; T. JACOBSBN, . The Sumerian King List, University of Chicago Press, Chicago 1939. 23 ANET 265-266; T. J ..\coBSEN, «The Eridu Genesis», in JBL 100(1981), 513-529. 2 4 BURSTEIN , The Babyloniaca of Berossus, 1 8- 2 1 . 2 5 A . HEIDEL, The Gilgamesh Epic and Old Testament Parallels, University of Chicago Press, Chicago 2 1949, 80-9 3 ; S. DALLEY, Myths from Mesopotamia, Oxford University Press , Oxford 1989, 109-120; A. GEORGE, The Epic of Gilgamesh, Penguin Books, London

1999. 8 8 -99 . 26 l..AMB ERT - MILLARD, Atrahasis, 131-133�

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Anche la tradizione mitico-storiografica greca conosceva il diluvio come il momento critico nella storia primordiale dell'umanità. Non ne parla Esiodo, che scrive nell'VIII secolo a.C. e per il quale la guerra di Troia segna la fine dell'età del mito , ma Ecateo di Mileto, il quale, circa due secoli dopo, ricorda Deucalione, sopravvissuto al diluvio insieme ai suoi tre figli, che vengono presentati come antenati dei tre rami della razza ellenica, analogamente ai tre figli di Noè. Circa una generazione dopo Ecateo, Ellanico di Lesbo, ricostruendo la storia dell'Attica, risale fino al diluvio, divide il suo racconto delle origini in epoca antidiluviana ed epoca postdiluviana e pone all'inizio della prima Foroneo , il primo uomo . 27 Successive versioni acritiche e fantasiose del racconto del dilu­ vio, ad esempio quelle di Apollonio e di Ovidio, aggiungono poco o nulla. Per gli antichi greci, il mondo degli dèi era addirittura più caotico e violento di quello degli antichi babilonesi. Come indica il titolo, la Teogo­ nia di Esiodo tratta dell'origine degli dèi piuttosto che di quella degli uo­ mini, la cui entrata in scena è puramente casuale, come in Enuma Elish, il racconto mesopotamico canonico della creazione, che prenderemo in considerazione fra poco. Il Caos è primordiale. Precede la generazione dei numerosi dèi da parte di Urano (Cielo) e Gea (Terra). Il Caos persiste , rappresentato in una delle varie versioni dalla prole perniciosa della Notte - un'altra triade, con i nomi di Abisso, Tenebra e Fato. In un'altra versione c'è anche un quarto figlio: la Guerra senza fine. Questo è il mondo familiare agli antichi greci, il mondo dei poemi omerici, nei quali guerra, violenza e inganni regnano sovrani. Come il mondo descritto nei testi mesopotamici, anche quello degli dèi greci è un mondo di violenza, spargimento di sangue e inganno. Con la connivenza della madre Gea, Cronos evira il padre, divora i propri figli appena escono dal grembo materno e, a tempo debito, viene spodestato con l'inganno da Zeus, l'u­ nico scampato a questo cannibalismo infanticida. Il tema della ribellio­ ne, il tentativo di usurpare i privilegi degli dèi superiori, è rappresentato dalla guerra fra gli abitanti dell'Olimpo e i Titani. La guerra termina con l'uccisione dei Titani, dalle cui ceneri sono creati gli uomini. È importante notare un elemento comtme a tutti questi miti delle ori­ gini: l'ingresso in scena degli uomini in tma narrazione già in corso, in un racconto indipendente da loro, un racconto che essi non controllano 27 F. JACOBY, Die Fragmente der Griechischen Historiker: Erster Teil A: Genealogie und Mythographie. Brill , Leiden 2 1 9 57, 1 -4 7 . l 04- 1 5 2; VAN SETERS, In Search of History, 10- 1 5 ; 22-28.

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nel quale sono coinvolti senza volerlo. In Atrahasis, la creazione degli uomini è una conseguenza dell'ostilità e dell'animosità che regna fra gli dèi. Calamità, carestie e diluvio derivano da una decisione presa varie volte, nel corso di migliaia di anni, dallo zotico Enlil. La decisione finale di distruggere la terra e l'umanità mediante un diluvio è definita «un atto malvagio» (si-ip-ra le-em-na [A trahasis Il, 8,35]). Enlil tiene un compor­ tamento malvagio anche in Gilgamesh. Odia e forse invidia il protagoni­ sta (Gilgamesh Xl, 35-40) e, alla fine, viene rimproverato da Ea per aver causato enormi distruzioni e danni collaterali all'umanità (XI, 1 77 -1 88). In linea con una prassi comune nell' antichità, il titolo del mito ca­ nonico di creazione mesopotamico , Enuma Elish , è tratto dalle prime parole del racconto : «Quando in alto al cielo non era stato ancora dato il nome» . 28 Anche in questo mito cosmogonico gli uomini appaiono come figure minori e accidentali. Ecco, in sintesi, il contenuto di Enu­ ma Elish . Il racconto comincia quando non c'erano ancora né cielo né terra. Gli dèi sono generati dall' unione fra Apsfl e Tiamat, maschio e femmina, rappresentanti rispettivamente dell'acqua sotterranea dolce e dell'acqua salata dell' oceano. Il modello familiare viene poi riprodot­ to con varianti: gli dèi inferiori disturbano Apsfl con il loro chiasso; egli decide di distruggerli, ma viene anticipato ed eliminato dai sortilegi di Enki. Per vendicare la morte del marito , Tiamat dichiara guerra agli dèi inferiori e nomina un essere mostruoso, Kingu, come suo coman­ dante in capo. Terrorizzati dalla prospettiva di dover affrontare Tiamat in battaglia, gli dèi inferiori nominano loro capo il figlio di Enki, l'e­ roico Marduk, diventato poi dio imperiale di Babilonia. Egli sconfigge Tiamat, è nominato dio supremo, crea il cielo e la terra dal corpo di lei e gli uomini dall'argilla mescolata con il sangue di Kingu sacrificato . Lo scopo di questa nuova creazione di esseri inferiori è sostanzialmente identico a quello che troviamo in Atrahasis: servire gli dèi superiori, specialmente mediante il culto , assolvere cioè il compito assegnato ori­ ginariamente alle divinità minori. Come i miti greci, anche Enuma Elish pone all'origine il caos o abis­ so (il �horn di Gen 1 ,2}, prima dell'esistenza di qualsiasi dio o essere e

28 Traduzioni del testo sono facilmente reperibili in A. HEIDEL, The Babylonian Genesis, University of Chicago Press, Chicago 2 195 1 , 1 8-60; E.A. SPEISER, in ANET, 60-72; DALLEY, Myths from Mesopotamia, 228-277. A un'edizione dei miti di creazione meso­ potamici, alcuni dei quali ancora inediti, sta lavorando attualmente il professor Wilfred Lambert.

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umano . La generazione degli dèi avviene in un clima di orrore, violen­ za e inganno . Tiamat genera esseri mostruosi, fra cui rettili velenosi e uomini-scorpione letali (Enuma Elish I , 1 40- 1 4 1 ) . Apsii, che progettava la distruzione dei suoi figli, viene ucciso con l'inganno ; Tiamat è fatta a pezzi; Kingu viene sgozzato, per fornire il sangue, l'elemento vitale, per la creazione dei lullu, una stirpe di esseri inferiori. Perciò la violenza, la malvagità, il male non cominciano con gli uomini. Gli uomini si limi­ tano a propagarli e a perpetuarli. In questa visione del mondo non c'è posto per una «caduta» . Il Caos è presente ab initio . Questi antichi racconti non furono scritti per intrattenere e diverti­ re . Coloro che li misero per iscritto per la prima volta possono essere stati spinti anche dalla curiosità riguardo a quel lontano passato, ma il loro obiettivo principale non fu certamente la curiosità storica. La creazione di racconti, genealogie fittizie di dèi ed esseri mortali, dram� mi che mettevano in scena persone e situazioni collocate nel lontano passato offriva ai loro autori uno strumento per riflettere su questioni fondamentali, esprimere convinzioni e concezioni riguardo alla vita del loro tempo, alla vita delle loro società e certamente anche alla loro vita personale . Dobbiamo aspettarci di trovare qualcosa del genere anche nel racconto biblico delle origini dell'universo e dell'uomo . Quando parliamo di questi avvenimenti accaduti nel tempo mitico, consideria­ mo il mito non l' opposto degli avvenimenti reali o della storia, ma un modo di affrontare ed esplorare questioni importanti per la vita delle persone in ogni società, in ogni momento della storia e importanti, anzitutto, per la nostra vita in questo momento storico . Racconti miti­ ci come quelli di Gen 1-1 1 furono scritti, e forse raccontati, in primo luogo non per dare delle informazioni sul passato, ma per dare valore e risonanza alla vita nel presente. Se li ascoltiamo e accogliamo, essi possono aiutarci a comprendere noi stessi e la società in cui viviamo, il nostro modo di essere nel mondo, come fecero già per Platone, apren­ dogli una strada per «fare filosofia attraverso il mito». 29 Se pensiamo che ne valga la pena, possiamo leggere questi racconti per comprende­ re e affrontare meglio le contrarietà, le contraddizioni e i mali dell'e­ sistenza umana, i compiti e i fardelli che essa ci addossa e le tendenze negative e distruttive presenti in noi e attorno a noi.

29 PLATONE, Repubblica 27 , l .

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Creazione al di là del punto zero Quando parliamo della creazione nel linguaggio del mito o della scienza, tendiamo a pensarla come un evento, o come un atto compiuto da una divinità «una volta per tutte» o come un singolo avvenimento cosmico . Tuttavia, il carattere letterario specifico di Gen 1-1 1 suggeri­ s ce un diverso modo di pensare alla creazione, un modo ben espresso nella designazione comune di «storia delle origini». Per gli studiosi della Bibbia e i lettori, l'orizzonte si limita generalmente a Gen 1 , 1-2 , 3a e 2 , 3b-3 ,24, chiamati spesso, in modo un po' fuorviante , primo e secondo racconto della creazione . Ma si può validamente sostenere una com­ prensione più ampia della creazione, corrispondente all'intero racconto di Gen 1-1 1 . La considerazione principale e più pragmatica a favore di quest'approccio al tema è il fatto che Gen 1-1 1 corrisponde a, e sot­ to aspetti importanti dipende da, un preesistente racconto mitico delle origini del mondo e dell'uomo esteso e non limitato all'iniziale atto tec­ nomorfico. A questo punto il modello narrativo sarà familiare al lettore: conflitti e accomodamenti nel mondo degli dèi; creazione degli uomini e del mondo in cui devono vivere; soluzioni dei problemi nel mondo degli dèi; diffusione dell'umanità nel mondo; disturbo dell'ordine crea­ to , che provoca la distruzione dell'umanità e l'adozione di un nuovo ordine in circostanze diverse . Perciò , il modello fondamentale è questo: creazione-decreazione-nuova creazione. La creazione non riguarda, quindi, esclusivamente, e neppure primariamente , gli inizi assoluti. Non bisogna pensare il Creatore come l' orologiaio divino di William Paley, che carica l'orologio cosmico e poi lascia che funzioni da solo . In Gen 1 -1 1 , l'accento cade sulla creazione dell'ordine lungo l'asse tempora­ le e spaziale, sulla costituzione di uno spazio nel quale l'umanità può non solo sopravvivere , ma anche svilupparsi, e sull' esito di questi atti creativi originari. In termini teologici più tradizionali, la creazione com­ porta anche la provvidenza divina. Meno tradizionale è l'idea, suggerita dall'autore del racconto del giardino di Eden, del procedere addirittura per tentativi ed errori, quando il Creatore scopre le conseguenze della creazione non di automi, ma di uomini in grado di prendere le loro de­ cisioni morali e seguire le loro inclinazioni e i loro desideri. Su questo ritorneremo a tempo debito, in questo commentario . Raggiunto questo snodo, sorge spontanea la domanda su come con­ ciliare la creazione di un mondo dichiarato dal Creatore veramente

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buono e l'enorme diffusione della trasgressione e del disordine morale, al punto da indurre il Creatore a pentirsi di aver creato e a prendere in considerazione la necessità di un nuovo inizio. Qui ci scontriamo con l'impenetrabile mistero dell'assoluta libertà di Dio . Ma si può afferma­ re che, senza tener conto dell'infiltrazione del male nell' ordine creato come tema principale lungo tutti i capitoli di Gen 1-1 1 e della loro lunga tradizione interpretativa, non può esservi un'adeguata teologia della creazione . Il tema di Gen 1-1 1 è la creazione, ma la creazione intesa come un fenomeno più complesso, con varie fasi o, in alternativa, considerata da diverse prospettive e angolature . Sono necessariamente presentate in successione, ma vi sono buone ragioni per ritenere che i racconti del primo omicida (Caino), della prima intrusione del mondo sovru­ mano (i «figli degli dèi») e del primo costruttore di un impero (Nimrod) e forse anche di altri racconti, fossero originariamente miti indipen­ denti delle origini, poi intrecciati per illustrare il crescente potere del male in contrasto con la creazione dichiarata ripetutamente (sette vol­ te) buona all'inizio . Nelle loro diverse modalità, i miti delle origini mesopotamici e greci, da una parte, e la versione biblica, dall'altra, incarnano l'idea che non può esservi creazione, per quanto buona, senza fare spazio alla possibilità del disordine, della trasgressione e del male . Il Siracide (Ben Sira) potrebbe aver pensato proprio a questo quando concludeva la sua breve meditazione sulla creazione dell'u­ manità in questi termini: Il bene è il contrario del male, la vita è il contrario della morte, così il peccatore è il contrario del pio. Considera tutte le opere dell'Altissimo; vengono a coppie, una ropposta dell'altra (Sir 3 3 , 1 4- 1 5).

un

L'autore anonimo noto come Secondo Isaia afferma la stessa cosa, in modo più problematico , parlando di causalità divina. YHWH è uno che forma la luce e crea le tenebre, causa il benessere e crea la sventura (ls 45, 7). Il continuo riemergere e riaffermarsi delle forze antitetiche alla

creazione buona è indubbiamente il tema principale di Gen 1-1 1 e nessuna teologia della creazione può permettersi di ignorarlo . 35

Perciò, in questi capitoli l'elemento drammatico ruota attorno alla relazione fra il divino e l'umano , una relazione che stabilisce il modello per l'avvenire , per la nostra storia, ed è, quindi, una creatio continua. L' esegesi tradizionale tende ad affermare questa relazione in termini di peccato e giudizio, delitto e castigo . Pur non essendo errata, essa non rende pienamente giustizia alle sfumature e all'originalità teologica di Gen 1-1 1 . In primo luogo, non dovrebbe sorprenderei il fatto che Dio creatore possa cambiare, e cambi di fatto, idea in questi capitoli di fronte alle vicissitudini degli attori umani. YHWH non scelse forse Saul come re, per poi pentirsi di averlo fatto (1 Sam 1 0, 1 . 24; 1 5 , 1 1 ) ? Quan­ do gli abitanti di Ninive si pentirono , Dio non cambiò forse idea ri­ guardo al castigo che aveva detto di voler infliggere loro (Gn 3, l O)? Lo stesso avvenne all'inizio . In Eden, l'uomo e la donna vanno per la loro strada, disobbediscono, ma non vengono messi a morte, come YHWH aveva minacciato di fare. Dopo essere stati debitamente rivestiti per affrontare la loro nuova vita, vengono gettati nel «mondo reale», fuori dalla mitica esistenza edenica, e continuano effettivamente a vivere per quasi mille anni (Gen 5 , 5). Dio parla a Caino e lo mette in guardia; ma, dopo che anche lui è andato per la sua strada e ha ucciso il fratel­ lo, non lo mette a morte, come esigerà in seguito la Legge . Gli assegna un'esistenza nomade e lo munisce di un marchio o segno, per non soccombere alla vendetta del sangue. Fra i discendenti di Caino , i pec­ catori sono anche gli innovatori e gli inventori, accompagnati da mes­ se in guardia dalle ambiguità e dal fascino del progresso tecnologico. Solo dopo l'intrusione sulla scena umana del male preternaturale sotto forma di agenti non umani e la conseguente corruzione morale viene decretato il diluvio . Quando la terra ritorna asciutta, le cose continuano ad andare storte, ma Dio riparte con una nuova creazione, aperta dalla promessa della sua sollecitudine per tutta l' umanità, in realtà per tutte le creature viventi, alle quali concede la prima legge e la prima alle­ anza. Lungo tutto questo racconto un po ' sconnesso, ma in definitiva coerente, noi lettori avvertiamo la tensione fra le nostre aspettative e il nostro incontro con le difficili domande poste dall'esistenza nel mon­ do reale, fra il mondo mitico senza tempo che dobbiamo lasciarci alle spalle e il mondo reale, il mondo gravemente danneggiato, nel quale noi, come i nostri progenitori, siamo stati gettati.

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Capitolo 2

IN PRINCIPIO

La versione sacerdotale Comparato con i miti delle origini mesopotamici e greci, la caratte­ ristica più sorprendente del primo capitolo della Genesi, a parte la so­ brietà del tono, è la struttura settimanale o disposizione su sette giorni. Questa soluzione originale e senza precedenti dev'essere stata il frutto di una precisa decisione , dal momento che gli esseri da creare erano più di sei. In realtà, nella creazione disposta su sei giorni risuonano otto parole-azioni: due nel terzo giorno e due nel sesto giorno, rispetti­ vamente il martedì e il venerdì della settimana della creazione. Perciò si dovette procedere a qualche accoppiamento per raggiungere questo risultato . Un'altra caratteristica, che esclude una lettura cronologica diretta del capitolo , è il fatto che il primo giorno corrisponde al quarto , il secondo al quinto e il terzo al sesto, dando luogo a questo schema: Primo giorno

Quarto giorno

luce separazione della luce dalle tenebre

sole, luna, stelle giorno e notte

Secondo giorno

Quinto giorno

firmamento, acque sotto e acque sopra (il firmamento)

creature acquatiche e alate

Terzo giorno

Sesto giorno

terra asciutta separazione fra acqua e terra asciutta vegetazione

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·

creature terrestri esseri umani vegetazione come cibo

Il collegamento incrociato colloca gli esseri creati nell'ambiente adatto a loro . I luminari celesti corrispondono alla creazione della luce; le creature acquatiche e alate alla creazione della volta del cielo , che separa la fonte superiore - che produce la pioggia - dall'abisso ocea­ nico al di sotto ; e le creature terrestri, comprendenti gli esseri umani, corrispondono all' emersione della terra asciutta. In questo modo, la vegetazione viene assegnata come cibo a tutte le creature, compresi gli esseri umani. Poiché questa prima creazione era un regno di pace e concordia, né gli esseri umani né gli animali uccidevano per mangiare; tutte le creature viventi seguivano una dieta vegetariana. Il lupo viveva con l' agnello e il leone mangiava paglia come il bue (Is 1 1 ,6-7). L'autore non si preoccupò dell'ordine cronologico della creazione , permettendoci, così , di rispondere al tipo di domande «scientifiche» poste spesso dai lettori di questo capitolo . Ad esempio, questa: come fu possibile creare la luce prima del sole? La logica narrativa di questo racconto si muove su un piano diverso . La possiamo indicare grosso modo in questi termini. All'inizio , ci sono le tenebre primordiali come tenebre di uno spazio vuoto (Gen l ,2). Poi, dopo la creazione della luce indifferenziata nel primo giorno , E lohim (la divinità) compie la prima delle sette azioni di separazione e distinzione, che danno luogo alla notte e al giorno; l'insolita successione (prima la sera, poi il mat­ tino) indica che si tratta del giorno liturgico . 1 Dopo la creazione del firmamento nel secondo giorno , nel terzo emerge la terra asciutta per servire da piattaforma per l'osservazione dei corpi celesti, creati nel quarto giorno, e la descrizione dei loro movimenti. L'autore afferma esplicitamente che i luminari celesti furono creati per permettere il calcolo del calendario delle feste (Gen l , 1 4), essenziale sia per il culto ordinato di Dio durante la settimana, che termina con il sabato, che durante l'anno , con le sue feste . La sua importanza è continuamente sottolineata nei testi ebraici antichi, specialmente in presenza di diffe­ renze riguardo al calendario. Ad esempio, per Ben Sira, sostenitore del calendario lunare tradizionale, determinanti per il calendario delle fe­ ste sono unicamente le fasi della luna (Sir 43,6-8), mentre per l'autore del Libro dei giubilei si deve calcolare il calendario esclusivamente in relazione al sole (Giub . 2 , 8 - 1 0). 1 Nella pratica cristiana tradizionale, i l giorno liturgico comincia con i primi vespri della sera precedente; lo stesso vale per il sabato, la Pasqua e le altre feste nella pratica liturgica ebraica.

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Solo dopo aver stabilito tutto questo , Dio crea gli uomini, maschio e femmina, e i mezzi necessari al loro sostentamento . In questo modo, l'autore vuole mostrare la possibilità dell'ordine mediante la santifica­ zione dell' esistenza umana lungo l'asse temporale (il calendario litur­ gico), che è inseparabile dall'asse spaziale (l'universo come tempio), così come il tempo è inseparabile dallo spazio . In base a questa visione, gli uomini sono creati e mantenuti in vita per il culto di Dio e il mondo viene creato come un tempio cosmico, nel quale si celebra il culto , un tema per il quale si possono trovare paralleli nel mito mesopotamico. L'autore del libro di Giobbe riprende questo simbolismo del mondo­ tempio, là dove descrive la liturgia che accompagna la posa delle fon­ damenta della terra e della pietra angolare : [Dio chiede a Giobbe] : Dov'eri tu quando ponevo le fondamenta della terra? · Dimmelo, se sei tanto intelligente! Chi ha fissato le sue dimensioni? Certo tu lo sai ! Chi ha teso su di essa la corda per misurare? Su che cosa furono gettate le sue fondamenta o chi pose la sua pietra angolare, quando cantavano insieme le stelle del mattino, e tutti i figli di Dio gridavano per la gioia? (Gb 38 ,4-7).

La scena è il rito che accompagna la posa della pietra di fondazione del tempio cosmico, che ricorda il rito della dedicazione del secondo tempio a Gerusalemme , accompagnata dal gioioso canto degli inni . 2 Nel passo del libro di Giobbe, i cantori sono i luminari celesti , le stelle e i pianeti , descritti come divinità («figli di Dio») che", seguendo un'an­ tica credenza, suonano e cantano mentre percorrono le loro orbite . La vita di questa metafora è già lunga . Quando i tre giovani nella fornace ardente cantano le lodi di Dio (nell'apocrifa Preghiera di Azaria 1 , 4 1 ) , le stelle del cielo sono invitate a cantare insieme a loro . A distanza di molti secoli, ne Il mercante di Venezia, Lorenzo riecheggia lo stesso tema, quando contempla con la sua amata Jessica il cielo stellato : «Non c'è la più piccola orbita che tu vedi l ma nel suo movimento canta come un angelo». 3

2 Esd 3 , 1 0-1 1 . È un'immagine comune; cf. , ad esempio, Sal 24,2; 89, 1 2; 102 ,26; 1 04,5; Pr 3, 1 9. 3 W. SHAKESPEARE, Il mercante di Venezia, V, l , 60-6 1 .

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Il linguaggio formalistico dell'autore sacerdotale che ha redatto questo racconto della creazione contiene indicazioni essenziali riguar­ do all'intenzione e al significato, cosa che il lettore può facilmente ve­ rificare. Un esempio è l'uso ripetuto dei termini indicanti la distinzione e la differenza. In questo capitolo, il verbo distinguere o separare (ra­ dice ebraica bd[) ricorre cinque volte e il termine specie o genere (min) dieci volte. L'autore ha certamente in mente le prescrizioni relative al puro e all'impuro (in Lv 1 1 ), anche se forse questa distinzione non valeva nella prima creazione. Benché oggi a molti la logica delle regole levitiche relative al puro e all'impuro in materia di alimenti e c9ntatti sociali appaia piuttosto oscura, esse servivano a mantenere il giusto or­ dine stabilito nella prima settimana della creazione, con diverse specie (minim) di creature assegnate ai loro rispettivi habitat. Perciò l'autore è più interessato a mostrare l'ordine che emerge dal caos che a dare informazioni sugli inizi assoluti. Il compito della preservazione dell'or­ dine viene trasmesso all'umanità, come uno dei modi in cui gli uomini, maschi e femmine, realizzano il loro nobile destino di persone create a immagine di Dio . . La diversità di genere viene sottolineata esplicitamente solo nel so­ lenne racconto della creazione degli esseri umani, redatto come una sorta di alto recitativo (Gen l ,26-28). In questo passo culminante, il termine 'adam, usato sempre al singolare, è un nome collettivo ( «uma­ nità»). Una tradizione rabbinica, certamente influenzata dal contributo scherzoso di Aristofane al dibattito sull'amore nel Convito (1 89- 1 9 1 ) di Platone, ipotizzava che Dio avesse creato inizialmente un essere er­ mafrodito , poi diviso in maschio e femmina. 4 Ma diversamente dal rac­ conto delle origini dell'uomo in Gen 2-3, questa versione non presenta la differenza sessuale come problematica. E ssa è semplicemente il pre­ supposto essenziale per poter realizzare il comando divino di crescere e moltiplicarsi. La formula particolarmente importante per il nostro studio è la sot­ tolineatura per ben sette volte della bontà delle cose create, culminante nell'espressione : (Gen 1 5 . 1 2) e durante la ricezione di comunicazioni profetiche (ls 29, 1 0).

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di quest'operazione ha sollevato qualche discussione, perché il termine ebraico tradotto con «costola» (sela') ricorre altrove con un significato architettonico o topografico piuttosto che anatomico (spesso in Es 2 52 7 ; 2Sam 1 6 , 1 3 ; t Re 6, 1 5- 1 6 ; 7,3). Ma qui il significato è chiaramente anatomico e nessuno ha suggerito un 'alternativa migliore . L'operazione fu uno strepitoso successo a giudicare dalla gioiosa reazione dell'uomo : Questo finahnente è osso delle mie ossa, carne della mia carne! Sarà chiamata donna ('issa) perché da un uomo ('iS) è stata tolta. 31

È importante, anzitutto, eliminare interpretazioni fuorvianti, che si sono accumulate su questo punto del racconto , e accordare il giusto peso alla logica del racconto . Qui s'intrufolano supposizioni culturali in materia di relazioni di genere, come praticamente ovunque nella Bibbia ebraica, in realtà praticamente in tutti i testi che ci sono perve­ nuti dalla più ampia cultura dell'ambiente nel quale è sorto Gen 1-1 1 . Basterà ricordare il mito di Pandora, il kalon kakon («il bel male»), che introdusse molti mali nell'umanità. 32 Ma, nel racconto della Genesi, l'accento principale cade sul fatto che la donna, diversamente dagli animali, è connaturale all'uomo nel modo più stretto possibile . Essa è «osso delle sue ossa, carne della sua carne», il che significa che la don­ na e l'uomo condividono una parentela molto intima, indicata anche dall'etimologia popolare Pisl'issa) . È vero che l'uomo gode di una prio­ rità cronologica ed è colui che dà il nome (il primo dei due) a questa nuova creatura, ma è pure vero che la donna, diversamente dall'uomo, viene creata nel giardino ed è colei che, come «madre di tutti i viventi», genererà altra vita. Non viene indicata la durata di questa terza fase e quest'omissione ha dato luogo a molte discussioni e soprattutto ha indotto a chiedersi se l'uomo e la donna abbiano fatto l'amore nel giardino. Secondo GenR

31 La derivazione di 'iSsa da 'iS è popolare e simbolica, ma non è etimologicamente eorretta. 32 EsioDO, Teogonia 5 70-590 (kalon kakon al v. 585); ID. , Le opere e i giorni 42- 105; cf. anche J . N . BREMMER, «Pandora or the Creation of a Greek Eve», in G . P. LurrJ KHUIZEN (ed.), '11le Creation of Man and Woman: lnterpretations of the Biblica/ Narratives in Jewish and Christian Traditions, Brill, Leiden 2000, 34-62.

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2 2 , 2 , la risposta è sì; essi hanno avuto rapporti sessuali, d al giorno in cui furono creati. Invece il Libro dei giubilei afferma che coabitarono solo dopo il primo giubileo di sette anni (Giub. 3,34). Scrittori cristiani antichi, come Ambrogio e Agostino, posero decisamente l'accento sulla procreazione nei rari casi in cui sollevarono la questione . Poiché nulla ci viene detto al riguardo , la discussione è destinata a continuare; e la scelta p ro o contro dipenderà probabibnente più dall'atteggiamento del lettore nei riguardi di queste materie che dalla perspicacia esegeti­ ca. James Barr ha così sintetizzato la situazione: L'accettazione della sessualità è normale nella cultura ebraica e solo dal­ le profonde fobie sessuali del cristianesimo può essere scaturita l'idea dell'assenza dell'attività sessuale «prima della caduta>>. 33

Naturalmente non tutti i cristiani sono stati vittime di queste fobie. Volendo riprendere un esempio celebre, nella sua grande opera epica John Milton lodava l'intimità coniugale , denunciava le ipocrisie che diffamavano la sessualità e ci mostrava i progenitori che senza alcun bisogno di levarsi quei fastidiosi travestimenti indossati da noi si distesero l'uno accanto all'altro, né Adamo, suppongo, volse le spalle alla sua bella sposa, né Eva rifiutò i riti misteriosi dell' amore coniugale. 34

Ciò che possiamo affermare con certezza è che, se ebbero rapporti sessuali , non generarono figli. Il racconto della nascita di Caino al di fuori del giardino, con la gioiosa esclamazione di Eva, non consente dubbi sul fatto che quello fosse il suo primogenito (Gen 4, 1 ) . I l commento finale, che serve come epilogo alla prima parte del dramma di Eden, è un'affermazione sul valore positivo del matrimo­ nio mon ogamico: «Per questo l 'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un' unica carne» (Gen 2, 24). 35

33 BARR, Th e Garden of Ede n , 67. 34 J . MILTON, Paradiso perduto, IV, 740-743, Mondadori, Milano 1 990. 35 A. F. L. BEEsroN. «One Flesh>> , in vr 36(1 986). 1 1 5- 1 1 7, sostiene che in questo con­ testo basar («carne») è un termine legale che indica l'appartenenza al clan e implica che l'uomo entra in un matrimonio uxorio locale con l'ingresso come membro nel clan della moglie. Lo sostiene sulla base di paralleli arabi, ma la cosa non è attestata nell'antico Israele.

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E stata aggiunta alla creazione della donna come glossa esplicativa,

stimolata dall'espressione « carne della mia carne» (basar m ibbasa r f) del versetto precedente . Questo breve commento permise ai primi circoli cristiani di perseguire v ari obiettivi . Scrivendo ai cristiani di Corinto , Paolo lo cita per scoraggiare la frequentazione delle prostitu­ te (l Cor 6, 1 5 -20) e anche per giustificare una prescrizione dell' ordi­ namento della C hiesa relativa al posto delle donne, adducendo come argomento il fatto che la prima donna fu creata dopo l' uomo e per l'uomo ( l Cor 1 1 , 7 - 1 2). Nel periodo postap ostolico si ricorre, con mi­ nore finezza, a un argomento an·a logo ( l Tm 2 , 1 1 - 1 5) e l' autore della Lettera agli Efesini rafforza l'autorità del marito , allego rizzando il testo con un rimando alla relazione fra Cristo e la Chiesa (Ef 6 , 2 2 - 3 3). Infine, e più importante, parlando in un contesto ebraico e in rispo­ sta alla domanda di un fariseo, Gesù cita Gen 2 , 24 per sottolineare il carattere originario dell'unione uomo-donna, affermando che nel­ la legge di Mosè il divorzio era una concessione, non un diritto (Mc 1 0, 2 - 1 2 ; Mt 1 9 , 3 - 1 2) .

La donna e il serpente La svolta del racconto, la peripateia, è costituita dal dialogo fra la donna e il serpente. Prima di questo punto cruciale, l'uomo e la don­ na sono nudi e non provano alcun imbarazzo , mentre dopo si copro­ no provvisoriamente con la proverbiale foglia di fico (Gen 2,28-3 , 7). Quesfinclusione, tematica più che semplicemente linguistica, vuole at­ tirare l' attenzione su un tema importante a questo punto del racconto . L' aspetto del risveglio sessuale è certamente presente, ma il motivo sottolinea anche il passaggio da una fase dell' esistenza - la vita insie­ me agli animali, nella quale la nudità è assolutamente appropriata e naturale - a un 'altra fase che sta per aprirsi alla coppia. A questo punto entra nel racconto una nuova dramatis persona, e il primo compito del lettore è chiedersi che cosa dice il racconto riguardo a questo nuovo venuto . Poiché nella tradizione posteriore il serpente subirà numerose tra­ sformazioni, è importante affermare subito ciò che è ovvio: il serpente è uno degli animali creati da YHWH Elohim nel giardino (Gen 2 , 1 920). Non è un essere sovrumano o un angelo decaduto o qualcosa del genere, come dimostra la sentenza pronunciata su di esso , che tratta 1 05

di serpenti com'erano conosciuti dall'autore e da suoi lettori, con la sola differenza che ora non possono più parlare. L'autore ci dice an­ che che il serpente è il più astuto di tutti gli animali . L' epiteto ebraico carum può avere una connotazione negativa e indicare astuzia di bassa lega e inganno (Gb 5, 1 2 ; 1 5 , 5), ma nel suo uso biblico - specialmente nei Proverbi (Pr 1 2 , 1 6 . 26 ; 1 3 , 1 6 ecc.) - qualifica per lo più la persona prudente e saggia, in contrapposizione a quella stupida o sempliciotta. Secondo la tradizione sapienziale e aforistica rappresentata dal libro dei Proverbi, queste qualità risaltano in modo particolare nel sapere quando parlare e quando tacere. Il dialogo dimostra che il serpente non è stupido e non è sempliciotto . Egli sa come fare buon uso della parola e sceglie con cura la risposta desiderata, limitando al massimo le parole . Le versioni moderne eclissano il double entendre del testo ebraico , nel quale si parla del serpente «astuto» ('arum) subito dopo aver parlato della coppia nuda ('iirummim) . (L'interruzione del capi­ tolo in questo punto, introdotta solo nel medioevo, distrae e dovrebbe essere ignorata) . È ovvio che il serpen�e, mancando di una corazza, di una pelliccia o di penne, è nudo nel s nso letterale del termine, ma al di là di questo, il gioco di parole costituisce un'ulteriore sottolineatura di questo tema centrale del passaggio da una fase a un'altra, dal nudo al vestito , dalla natura alla cultura. Il serpente può eclissare astutamente un altro lusus uerborum, per­ ché nell'originale il termine na/J,as («serpente») induceva inevitabil­ mente a pensare a magia, divinazione , occulto , espressi dallo stes�o lessema (radice verbale n/J,s e sostantivo corrispondente; ad esempio, in Gen 30,27; Dt 1 8 , 1 0; 2Re 1 7 , 1 7) . Il serpente si è guadagnato questa fama per il fatto di vivere sottoterra, come il saggio Enki, signore del mondo sotterraneo, e per aver scoperto , come il serpente in Gilgamesh (XI , 2 7 9-289) , il modo di ringiovanirsi continuamente. Forse proprio grazie a questi mezzi occulti, in Eden il serpente conobbe le proprietà dei due alberi e la decisione di YHWH Elohim su quale dei due fosse accessibile e quale no. Fu certamente questo carattere misterioso, raf­ forzato dalla mescolanza di paura e attrazione suscitate dai serpenti, a favorire l 'idea della sua natura divina, assolutamente non malevola, in molte culture antiche, specialmente in Egitto , Grecia e Fenicia. Fra le sue molte funzioni c'erano la protezione dei suoi devoti, la rigenerazio­ ne e guarigione spirituale, quest'ultima ricordata e tramandata nel ca­ duceo, emblema della professione medica. Nell'antica Grecia e Fenicia, il serpente era «il «demone buono» (agathos daimon) e giocava un ruo-

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lo importante nei misteri e nel culto di Dioniso. 36 Possiamo facilmente comprendere che , davanti a un tale formidabile interlocutore , la donna avesse ben poche probabilità di vincere il duello verbale . A questo p unto bisogna dire qualcosa di più sugli alberi. A quanto sembra, erano tutti alberi da frutto , per cui il giardino era realmente un orto , come il giardino del Cantico dei cantici (Ct 4, 1 6 ; 6, 1 1 ). Essi furono piantati dopo la creazione dell'uomo , il che solleva ancora la questione del fattore temporale , del tempo del racconto , perché il lettore potrebbe chiedere quanto tempo occorreva agli alberi per crescere fino alla maturità. E rano tutti graditi alla vista e buoni da mangiare , ma due erano speciali (Gen 2 ,9) . L' albero della vita è in mezzo al giardin o , il luogo che si addice a un albero della vita, e mangiare i suoi frutti conferisce l'immunità dalla morte (Gen 3 ,2 2 ) . Poiché l a ragione addotta p e r l a cacciata dal giardino - che alcuni commentatori attribuiscono senza alcuna necessità a una fonte di­ versa - è quella d'impedire alla coppia di accedere all'albero della vita, possiamo d edurre che non ne aveva mangiato i frutti, pur non essendo vietato farlo . Questa circostanza costituisce un ulteriore puzzie per i commen­ tatori e un'ulteriore tentazione di ricorrere alla divisione delle fonti. Secondo Paul Humbert, i progenitori non hanno mangiato il frutto dell'albero della vita perché era nascosto; lo chiama, infatti, «l'arbre caché de la vie» . 3 7 Può ben darsi che le sue proprietà fosse sconosciute ai progenitori, ma Humbert non spiega come potesse essere «caché» un albero situato in mezzo al giardino, nel posto certamente più visibi­ le. È più plausibile pensare che, dopo aver ottenuto la sapienza offerta dall'albero della conoscenza del bene e del male, si siano resi conto per la prima volta che l'albero della vita poteva permettere loro di rag­ giungere l'immunità dalla morte promessa e assicurata dal serpente . La ragione addotta da YHWH Elohim per la loro cacciata dal giardino sembra implicare proprio questo . Dopo aver mangiato il frutto dell'al­ bero della conoscenza, l'uomo conoscerà le proprietà dell'albero della

36 R.S. H ENDEL, «Serpent, �m)), in DDD, 744-747; W. BuRKERT, Griechische Religion der archiiischen und klassischen Epoche, Kohlhammer, Stuttgart 1 977. 280; 414; H .W. AITRIDGE - R.A. ODEN , Philo of Byblos. The Phoenician History, Catholic Biblical Association, Washington 1 98 1 , 62-69. 37 P. HuMBERT, Études sur le récit du paradis et de la chute dans la Genèse, Université de Neuchatel, Neuchatel 1 940, 2 1 -28.

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vita, ne mangerà i frutti ed eviterà la morte, ma bisogna assolutamente evitare che questo accada (Gen 3,22). Una situazione analoga nel poema epico di Gilgamesh suggerisce una diversa spiegazione. Dopo la morte di Enkidu, Gi lgamesh, il suo alter ego, parte per un viaggio ai confini dello spazio e del tempo alla ricerca del segreto della vita eterna, in altri termini dell'immunità dalla sorte di Enkidu, alla quale aveva con grande sofferenza assistito . Tutti coloro che incontra sulla sua strada lo assicurano che la sua ricerca è destinata a fallire, ma egli continua e, dopo molte peripezie e tribola­ zioni, giunge alla dimora di Utnapishtim , il Lontano. Utnapishtim gli racconta la storia del grande diluvio, per spiegargli che a lui, e solo a l�i, è stata concessa dagli dèi l'immunità dalla morte. Comunque sotto­ pone Gilgamesh a varie prove che egli non riesce a superare , ma, come dono al momento della partenza, gli parla di · una pianta che assicura l'eterna giovinezza. Gilgamesh trova quella pianta, la chiama «uomo vecchio tornato giovane» , progetta di sperimentarla sugli anziani di Uruk , la · sua città, e anche su se stessb, ma mentre fa il bagno in una p iscina, un serpente esce dal suolo e la ruba. Mentre il serpente scom­ p are con la pianta, Gilgamesh vede che cambia la pelle. L'analogia fra questa pianta e l' albero della vita, il cui frutto assicura l'immunità dalla morte, induce a ritenere che i progenitori non ne abbiano mangiato il frutto perché, essendo ancora giovani, non avevano bisogno di rin­ giovanire . Qui è in gioco non l'immortalità nel senso in cui il termine viene generalmente inteso dai giudei e dai cristiani, ma l'immunità dalla morte fisica e anche dagli acciacchi dell' età avanzata. Inoltre , in entrambi i racconti, è un serpente a privare di quest'immunità l'es­ sere wnano o, nel caso di Gilgamesh, un essere umano per un terzo (Gilgamesh I, 48), protagonista della possibilità di sfuggire alla morte. L' immunità dalla morte è propria degli dèi e dei serpenti, ma è negata all'umanità. Un testo mesopotamico , con una tematica piuttosto simile a quel­ la di Gilgamesh, può chiarire ulteriormente il simbolismo dell'albero della vita e il suo posto nel racconto. Racconta la storia di Adapa, il primo dei sette saggi antidiluviani e sacerdote del tempio di Ea/Enki a Eridu, la più antica delle città della Mesopotamia. Perciò Adapa è, come Adamo, il primo uomo e, come tale, il rappresentante dell' uma­ nità. Come sacerdote di Ea, egli deve provvedere il cibo al suo dio e, in cerca di cibo , un giorno si reca a pescare nel Golfo Persico. Lì rischia di annegare, travolto da una tempesta, ma spezza le ali del vento del sud,

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probabilmente mediante riti magici. Le doti magiche si addicono a un devoto di Ea, divinità ctonia addetta alle pratiche magiche. Convocato in cielo da Anu, dio delle regioni superiori, per rendere conto della sua condotta, Adapa viene anzitutto istruito da Ea a non accettare per nes­ sun motivo il pane e l'acqua che Anu gli offrirà, perché questo causerà la morte. Come previsto , Anu fa la sua offerta, ma Adapa la rifiuta, per poi scoprire che, in realtà, quel cibo conferiva l'immortalità. Il tema è chiaramente affermato nella prima riga di questo testo frammentario: «A lui (Adapa) E a diede sapienza; non gli diede la vita eterna» . Anche l'equivalente biblico di Adapa acquista una sapienza simile a quella di Dio mangiando il frutto d eli' albero della conoscenza del bene e del male, ma la divinità gli impedisce di acquisire l'attributo essenziale della divinità, l'immunità dalla morte simboleggiata dal frutto dell'al­ bero della vita.38 Fin . qui per l'albero della vita. All'inizio, l'ubicazione dell'albero del­ la conoscenza del bene e del male non viene indicata, ma la donna lo colloca in mezzo al giardino (Gen 3 , 4) . Mangiare il suo frutto è vietato e uccide chi lo mangia. Per ripetere un'idea già sottolineata, questa non è una previsione della morte dell'uomo in un lontano futuro - a distan­ za di circa mille anni, secondo Gen 5 , 5 e tanto meno una condanna a morire, perché l'uomo è stato creato mortale. Si minaccia di morte l'uomo nel giorno in cui lo mangia (Gen 2 , 1 7), ma questo non avviene . Mangiando il suo frutto , la donna acquista una nuova percezione della capacità dell'albero di offrire conoscenza e sapienza, che può essere considerata una parafrasi dell'espressione «conoscenza del bene e del male». Dove ricorre altrove nei testi biblici, quest' espressione indica, fra l'altro , la sapienza che giunge con l'età e la maturità (Dt 1 ,39). La donna saggia di Tekoa lusinga Davide, presentandolo « come l'angelo di Dio , che distingue fra il bene e il male» (2Sam 1 4 , 1 7) . Si tratta, quindi, di una qualità divina, un punto sul quale YHWH Elohirn e il serpente concordano (Gen 3 , 5 .22). Il dialogo fra la donna e il serpente , avviato da quest'ultimo , si apre con questa domanda: «Davvero Dio ha detto che non dovete mangiare -

38 S. DALLEY, Myths from Mesopotamia, Oxford University Press, Oxford 1 989, 1 821 8 8; WEsTEHMANN, Genesis 1-1 1 , 246-247; S . lzRE' EL, Adapa and the South Wind: Lan­ guage has the Power of Life and Death, Eisenbrauns, Winona Lake 200 1 ; T. MErnNGER, The Eden Narrative: A Literary and Religio-historical Study of Genesis 2-3, Eisenbrauns, Winona Lake 2007, 1 00-1 09.

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di alcun albero del giardino?» . 39 La donna tenta di correggerlo, sotto­ lineando che l'unico albero di cui non possono mangiare, e che non possono toccare, è quello che si trova in mezzo al giardino. Il lettore attento noterà che solo dalla donna, che non era presente quando ven­ ne emanato il divieto - e che lo presenta in modo inesatto anche da un altro punto di vista, estendendolo al toccare -, noi apprendiamo che l'albero della conoscenza del bene e del male si trova in mezzo al giardino. Piuttosto che invocare una trascuratezza editoriale o una divisione delle fonti, possiamo pensare che la posizione relativa degli alberi sia una questione di prospettiva nel caso della donna; o una scel­ ta deliberata dell'autore per sottolineare una preferenza, già presente nella mente della donna, per il tipo di sapienza offerto da quest'albero, preferibile all'immunità dalla morte concessa dall'albero della vita. In ogni caso , sarebbe incongruo collegare la minaccia della morte con l'albero della vita. 1 Il serpente risponde assicurandola c ' e né lei né l'uomo morirebbe­ ro; al contrario, si aprirebbero i loro occhi e sarebbero come dèi, che conoscono il bene e il male . Allora, apparentemente all'improvviso , la donna si rende conto che l'albero in questione è buono da mangiare, gradito alla vista e desiderabile come fonte di sapienza. Non occorre alcun indebito ricorso alla psicologia per sospettare che la donna aveva già in mente l'idea suggerita dal serpente. Paul Ricoeur ha sottolineato che il serpente rappresenta l'esperienza della tentazione come una for­ za proveniente dall'esterno o d a una qualche parte di noi stessi di cui non siamo consapevoli o che non riconosciamo; essa costituisce quella che egli chiamava l' «esternalità» del desiderio. 40 Sappiamo che le qua­ lità alimentari ed estetich e che attirarono l'attenzione della donna era­ no comuni a tutti gli alberi del giardino (Gen 2, 9). Sembra, quindi, che l' oggetto principale dell'interesse della donna sia stata proprio questa capacità dell'albero di conferire il tipo di sapienza che si raggiunge con la crescita e la maturità. Dopo aver mangiato il frutto , i suoi occhi e quelli del suo compagno si aprirono effettivamente, ma non su ciò che avevano previsto, almeno non immediatamente (Gen 3 ,6-7) .

39 L'iniziale )ap ki è usato tipicamente e frequentemente per esprimere una verità ovvia, spesso sotto forma di un afortiori, ad esempio, in Pr 1 1 ,3 1 ; 1 5 , 1 1 ; 1 7 ,7; Gb 9, 1 4 ecc. Potrebbe anche introdurre una frase interrogativa. 40 P. RICOEUR, The Symbolism ofEvil, Beacon Press, Boston 1 967, 258-259.

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La conseguenza (Gen 3,8-24) Come la creazione della donna pone fine all'intimità dell'uomo con gli animali, così la trasgressione dell'ordine dato da YHWH Elohim in­ staura una diversa relazione fra la coppia e il Signore Dio ; non una to­ ta�e interruzione, ma un 'evitazione, una presa di distanza, indicata dal loro nascondersi fra gli alberi del giardino. In primo piano, in entrambi i passaggi, c'è l'antitesi nudo-vestito. La coppia era stata sempre nuda alla presenza del Signore Dio, ma ora la nudità è diventata proble­ matica, come indicano i perizomi di foglie di fico . A partire da questo momento, nel discorso dell'uomo c'è una nota falsa. La ragione addotta per il nascondersi è ovviamente falsa e l'uomo prosegue, addossando la colpa alla donna e, indirettamente, al Signore Dio, pur riconoscendo - correttamente - che ella è «la donna che tu mi hai dato » (Gen 3, 1 2). (Avrebbe potuto aggiungere, ma non lo fece , che era stato il Signore Dio a rendere il serpente più astuto di tutti gli altri animali, permettendogli così di sedurre la donna.) Qui l'uomo raggiunge il suo punto più basso , ricorrendo a una tattica familiare : complicare la situazione, per far ricadere la colpa su chi ha attorno. La donna adotta la stessa tattica, addossando la colpa al serpente che l'ha ingannata, omettendo di dire ciò che deve ben sapere , cioè che, in realtà, si è auto-ingannata. Non si previde la conseguenza del mangiare il frutto di quell'albero da un altro punto di vista: non la morte, bensì la cacciata dal giar­ dino. La sentenza pronunciata sui tre protagonisti in ordine inverso comprende la morte - che effettivamente avvenne , ma solo dopo 930 anni; Eva morì sei giorni dopo Adamo, secondo la Vita di Adamo ed Eva ( 42} :_ ma, per tutti e tre i protagonisti , la condanna corrisponde sempljcemente alle condizioni di vita vissute nel mondo reale, in quella cultura e in altre : il duro lavoro dell'agricoltore; i dolori del parto ; le inevitabili sofferenze e frustrazioni inseparabili dalla coabitazione fra l'uomo e la donna; anche l'attrazione e la paura ispirate dai serpenti e dal loro specifico e unico aspetto e comportamento (Gen 3 , 1 4- 1 9) . Per­ ciò, le condanne non fanno altro che descrivere la vita nel mondo reale a quel tempo e in quella cultura; all'essere umano viene semplicemen­ te assegnato il compito per il quale era stato anzitutto creato , ma ora in circostanze meno favorevoli (Gen 2 , 5 . 1 5). È cambiata la relazione dell'uomo con il suolo (liidama), che viene assoggettato a una maledi­ zione . Anche il serpente viene maledetto , ma, persino in questo caso,

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l'assenza di gambe, come quelle degli altri animali, l'apparente dieta a base di polvere e la caratteristica ostilità fra i serpenti e gli esseri umani sono semplicemente frutto della casuale osservazione di questi stranissimi animali. I serpenti sono così e fanno così. La seconda attribuzione del nome alla donna (Gen 3 , 20) è resa necessaria dalla nuova situazione e anticipa il suo ruolo di madre, anzitutto di Caino e Abele . Anche in questo caso , non occorre pen­ sare .a un' aggiunta redazionale , o a causa della doppia attribuzione del nome , o perché l' attribuzione del nome accompagna normal­ mente la nascita . Qui la situazione è eccezionale, in realtà asso luta­ mente unica, e comunque si attribuisce il nome a una madre non a un neon ato . Per quanto riguarda il nome in sé, l'interpretazione di bawwa (Eva) come «madre di tutti i viventb> rinvia in modo molto naturale alla terra dalla quale veniamo e alla quale ritorniamo . Ricordiamo le parole di Giobbe: «Nudo uscii dal grembo di rh ia madre, e nudo vi ritornerò» (Gb 1 , 2 1 ). Comprende la cosa in ques t o modo anche Ben Sira. Afferma che sulle spalle dei figli di Adamo è stato posto un pesante giogo «dal giorno della loro uscita dal grembo materno fino al giorno del ritorno alla madre di tutti i viventi» (Sir 40, 1 ) . Ma altri hanno notato una so­ miglianza con i titoli attribuiti alle divinità femminili, specialmente alla dea-madre M ami in Mesopotamia e alla dea cananeo-ebraica Asherah, «madre di tutti gli dèi» . L'etimologia popolare in Gen 3 , 20 collega il nome con l'ebraico /:tay («vivente») e quindi indirettamente con la radi­ ce verbale /J,yh , «vivere» o le sue forme derivate, che significano dare la vita o ristabilire la vita, e alcuni studiosi hanno accettato questo come il significato originario. 41 Una spiegazione alternativa associa il nome con hiwwyii' o hiwwa, il termine aramaico per indicare il «serpente», come nel Targum su Gen 3, 1 , inducendo a pensare che l' autore bibli­ co l'abbia ripreso da un mito più antico relativo a una dea-serpente. Questa è una figura familiare nel repertorio iconografico : nuda, con accanto un albero sacro e con serpenti nelle mani. Quest'idea è venuta in mente anche a un certo rabbi Aba, secondo il quale venne chiamata /J,awwa perché era biwwya {serpente) di Adamo, eccitando il suo istinto sessuale e quindi disturbando la sua serenità (GenR 20, 1 1 ; 2 2 , 2). Sulla 4 1 s.e. LAYTON, «Remarks on the Canaanite Origin of Eve>>, in CBQ 59(1 997), 22-32, rinvia a una forma verbale punico-fenicia l)wy che giustifica il significato «datore di vita»; analogamente A. S. KAPELRUD, «inn, chavvah», in TDQT 4(1980), 257-260.

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scia di Wellhausen e Gressmann, l'ipotesi della dea-serpente fu accet­ tata da una serie di commentatori con vari gradi di entusiasmo . 42 Fra parentesi, alla luce delle pochissime informazioni sul ruolo di Eva nel racconto , non possiamo non dispiacerci per la lunga tradizio­ ne denigratoria alla quale Gen 2-3 è servito da veicolo nel giudaismo e nel cristianesimo. Un' adeguata documentazione di questa tradizio­ ne sarebbe un compito noioso che richiederebbe un volume a sé e in ogni caso è già stata adeguatamente illustrata . Possiamo comunque portare due o tre esempi. Uno dei più antichi è quello del misogino patentato Ben Sira, il quale sostiene, fra l'altro, che un uomo malvagio è meglio di una donna buona (Sir 4 2 , 1 4). Ben Sira addebita l'ingresso del peccato e della morte nel mondo a Eva (Sir 2 5 , 24) , facendone così la controparte della Pandora greca. La Vita di Adamo ed Eva comple­ ta il racconto biblico raccontando ciò che avvenne dopo la cacciata dal giardino. Mentre faceva penitenza immersa nel Tigri fino al collo, Eva cedette una seconda volta al discorso affascinante del demonio­ serpente , interrompendo prematuramente la sua penitenza, una colpa che richiese un'ulteriore penitenza. Poi, raccontando ai figli ciò che era accaduto nel giardino , confessò di essere stata lei a introdurre il serpente nel paradiso , spruzzando veleno sul frutto prima di offrirlo al marito, esentandolo così dalla colpa. Sembra sia stata anche un'atea, almeno in pratica, perché assicurò Adamo che lo avrebbe «salvato da Dio». Ed ecco un altro esempio . Mediante un piccolo gioco di destrezza linguistica, un certo rabbi Joshua di Siknin afferma che Dio non creò la donna dalla testa dell'uomo , per evitare che fosse vanitosa, né dal suo occhio, per evitare che fosse civettuola, né dalla sua bocca, per evitare che fosse pettegola, e così via (GenR 1 8 , 2). Sopra abbiamo visto che il Libro dei giubilei (3 , 4-7) introduce le prescrizioni relative all'impuri­ tà femminile nel giardino di Eden . Un'opinione rabbinica fa un passo avanti, ipotizzando, in base all'espressione «questa finalmente è osso delle mie ossa, carne della mia carne» (Gen 2, 2 3), che, al primo tenta­ tivo, la donna viene creata mentre ha le mestruazioni e solo al secondo tentativo riesce bene (GenR 1 8 ,4). Una tradizione midrashica collegata, che ricorda «la prima Eva» (GenR 2 2 , 7), può aver suggerito l'idea ve­ ramente curiosa, ricordata per la prima volta nel medievale Alfabeto 42 WESTERMANN, Genesis 1-1 1 , 268-269, discute l'ipotesi senza aderirvi. Cf. anche

WALLACE, The Eden Narrative, Scholars Press, Atlanta 1 985, 1 57-1 58; ABD 2(1 992), 676-677. H.N.

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lo.,

«Eve», in

di Ben Sira, secondo cui la prima moglie di Adamo fu la dea-demonio Lilit, che lo abbandonò dopo il loro primo e unico rapporto sessuale. Questa sventurata tradizione denigratoria, nella quale ha giocato , e continua a giocare, un ruolo importante la paura dell'uomo nei ri­ guardi della donna, è proseguita nel cristianesimo antico . Il ruolo della donna in Eden è servito come giustificazione biblica per affermare il ruolo subordinato delle donne nei ministeri della Chiesa ( 1Cor 1 1 ,7 - 1 2 ; 2 Cor 1 1 , 3 ; 1 Tm 2 , 1 1 - 1 5) . La stessa lettura piena di pregiudizi del testo ritorna spesso negli scritti omiletici ed esegetici patristici. Un esempio ben noto è l'interpretazione da parte di Agostino dell'espressione adiu­ torium simile illi (Vulgata) di Gen 2 , 1 8 : Se la donna non fu fatta per essere di aiuto all'uomo al fine di generare figli, per aiutarlo a fare cos'altro fu creata? Nell'ipotesi che fosse stata creata per coltivare la terra insieme con lui, non esisteva ancora il lavoro che esigeva l'aiuto di un altro e, se ce ne fosse stato bisogno, sarebbe stato migliore l'aiuto di un maschio. stesso potrebbe dirsi del conforto [di un altro], se per caso [Adamo] si ti sse tediato della solitudine. Quanto più conveniente sarebbe stato che, p vivere e conversare insieme, abitasse­ ro sotto lo stesso tetto due amici anziché un uomo e una donna! 43

!\

Agostino confutò gli argomenti degli scrittori ecclesiastici preceden­ ti, specialmente di Origene, che escludevano la procreazione nel giardi­ n o , ma la sua idea secondo cui i figli furono concepiti senza provare il piacere carnale può essere difficilmente considerata un passo avanti.44 Ma ritorniamo al nostro testo. L'ambiguità del divieto è ulterior­ mente accentuata dalla sollecitudine che il Signore Dio dimostra nei riguardi della coppia trasgressiva, rivestendola con pelli di animali ed equipaggiandola così per vivere nell'ambiente più impegnativo che l'attende (Gen 3,2 1 ) . Insieme a quello del Signore Dio che pianta un giardino , questo è il dettaglio più antropomorfico del racconto . Il Dio giardiniere e il Dio sarto sono perfettamente in linea con gli attributi delle divinità mesopotamiche che fornivano le risorse fondamentali in-

43 AGOSTINO, La Genesi. 2: La Genesi alla lettera IX, 5,9, Città Nuova, Roma 1 989, 459; cf. anche A. Lourn M. CoNTI, Ancient Christian Commentary on Scripture: Old Testament l: Genesis 1-1 1 , lnterVarsity Press, Downers Grove 200 1 ; P.C. BourENEFF, Beginnings: Ancient Christian Readings ofthe Biblica[ Creation Narratives, Baker, Grand Rapids 2008. T. HEITHER C. REEMTS, Biblische Gestalten bei den Kirchenvatern: Adam, Aschendorff, Miinster 2007, che trattano l'argomento in base ai temi della narrazione biblica. 44 AGOSTINO, La Genesi IX, 7,10. -

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dispensabili alla vita umana: mattoni, strumenti e armi. Un parallelo istruttivo è il gesto affettuoso di Giacobbe che confeziona al figlio Giu­ seppe una tunica dalle maniche lunghe (espressione meno pittoresca ma più precisa rispetto a «una tunica di molti colori») , perché lo amava più degli altri (Gen 37 ,3) . Vediamo che la relazione non si è spezzata. Dio non abbandona Adamo ed Eva, pur riconoscendo che hanno scelto di andare per la loro strada e hanno tentato di oltrepassare la linea di demarcazione fra l 'umano e il divino (Gen 3 , 2 1 ) . Avendo mangiato il frutto della sapienza ambigua, ora si rendono conto che l'immunità dalla morte è a portata di mano, per cui bisogna sbarrare loro l'accesso all'albero della vita, custodito dai formidabili cherubini e dalla spada fiammeggiante dopo la loro cacciata dal giardino . 45 Perciò, il divieto è dettato dalla necessità di fissare agli esseri creati un limite che orienta e protegge la loro libertà, più che essere una costrizione, come afferma il serpente . Forse , anche in questo caso, l'autore aveva in mente la conclusione di Gilgamesh . Dopo aver perso la pianta dell' eterna giovi­ nezza a causa del serpente, il protagonista, benché ancora divino per due terzi, accetta la sua condizione mortale e ritorna ai compiti che lo attendono nella sua città. Non è una fine infelice , tragica, perché non è una piccola cosa ritornare al proprio destino finito , passare dalla nega­ zione all'accettazione. Possiamo , quindi, vedere in questi interventi di YHWH E lohim al termine del racconto il carattere di una divinità che non abbandona la sua creazione e, piuttosto che condannare sempli­ cemente quei primi sventurati esseri umani, li spinge in direzione del «mondo reale», lontano dalla coscienza fantastica di un io immortale .

Sommario La stessa domanda posta dal primo racconto della creazione ritor­ na nella lettura del secondo: come mai le cose sono andate storte in un mondo creato da un Dio riconosciuto come buono e benevolo verso l'umanità? La domanda è particolarmente urgente, perché nel corso della storia del cristianesimo il racconto dell'uomo, della donna e del serpente ha fornito , nella dottrina del peccato originale, la spiegazione classica del carattere universale e originario del male morale . Trasfor-

45 R.S. HENDEL, «The Flame of the Whirling Sword», in JBL 104(1 985), 671 -674.

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mando il serpente in un agente malvagio preumano e sovrumano del male , lungo la traiettoria esegetica già stabilita nel primo giudaismo ,46 la dottrina ripristina, in realtà, l'idea, ampiamente presente come ab­ biamo visto nel mito mesopotamico e greco , secondo cui al momento della sua creazione l'umanità entrò, divenendone involontariamente parte, in una storia e un dramma che coinvolgeva forze e attori mal­ vagi precedenti a essa. Perciò abbiamo qui un certo parallelismo con il caos originario di Gen l e la sua presenza, continua ma nascosta, nell'ordine creato . Così, al serpente viene attribuito un ruolo compa­ rabile a quello degli abitanti dell'abisso; si può arginare, ma non eli­ minare completamente la minaccia della loro cieca malvagità. Ma, nel quadro complessivo del racconto jahvista delle origini, e in linea con la logica narrativa di Gen 2-3 , l'accento , nel racconto dell'uomo, della donna e del serpente, cade più sull'origine del male in seno all'umanità dell'uomo e della donna, delle loro dec�ioni , delle «inclinazioni e desi­ deri» del loro cuore, che sulle forze este Ì1\e a essi. Quest' accentuazione, maggiormente acç essibile alle nostre sensibi­ lità moderne, è compatibile con il racconto biblico della creazione nel suo complesso. Una delle limitazioni insite nell'idea della creazione compare quando l'uomo, appena creato , riceve un ordine dal Signore Dio ; il fatto di dare un ordine implica la capacità di disobbedire a esso . In altri termini, l'uomo è stato creato con la capacità della deviazione morale . Anche la donna, essendo stata formata dalla stessa sostanza dell'uomo (carne, osso , indirettamente terra}, ha questa capacità. Lo conferma il fatto che, poco dopo, si danno la colpa a vicenda e danno, indirettamente, la colpa al loro Creatore. Anche il serpente è un anima­ le creato dal Signore Dio, ma nelle sue a�ioni e nelle sue parole si rivela pericoloso, malevolo e forse invidioso. Dio avrebbe potuto creare degli automi, sia animali che umani , ma poiché ha scelto di creare esseri ai quali si può dare un ordine, essi devono essere in grado di fidarsi o di diffidare delle intenzioni di Dio, di obbedire o di disobbedire ai suoi o rdini, quindi di deviare sul piano morale .

46 Forse il testo che ha esercitato la maggiore influenza è Sap 2 ,23-24, dove l'ingres­ so della morte nel mondo è dovuto all'invidia del diabolos, l'ingannatore, il diavolo. In base al contesto, l'identificazione di questo diabolos con Caino fatta da LEVISON, Portraits of Adam, 5 1 -52, non sembra probabile. Si può considerare Caino responsabile della perdita dell'immortalità?

1 16

In un momento successivo del racconto, il Signore Dio rifletterà me­ stamente su ciò che è accaduto fin dall'inizio e rimuginerà sulle incli­ nazioni del cuore umano , che si volgono facilmente al male (Gen 6,5}, e questa sua valutazione resterà tale anche dopo il castigo distruttivo del diluvio (Gen 8 , 2 1 ) . Queste sorprendenti affermazioni costituiranno la base dell'insegnamento rabbinico sull'inclinazione al male (ye�er hiirac) che richiederà la nostra attenzione in un capitolo successivo.

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Capitolo 4

CAINO E ABELE : IL MISTERO DI UN OMICIDIO

I tre figli di Adamo

Le genealogie costituiscono lo scheletro esterno dell'intero libro del­ la Genesi, che copre, secondo la cronologia biblica, un periodo di 2 2 36 anni da Adamo ai dodici figli di Giacobbe (Gen 49,9). C ome molte ge­ nealogie di famiglie o tribù nelle società tradizionali, i singoli segmenti di questa struttura molto ramificata sono chiaramente il prodotto della memoria collettiva, ma contengono anche molte cose simboliche e fitti­ zie, specialmente riguardo ai nomi personali assegnati ad antenati così lontani nel tempo . Vi sono, inoltre, molte fluidità e aggiunte per colma­ re le lacune, specialmente nel segmento mediano dell 'albero familiare . Una genealogia serve a esprimere e promuovere l'unità e la coesione del gruppo e i suoi legami con il passato attraverso la discendenza da un antenato comune . Può servire anche per individuare chi appartiene al gruppo e chi può avanzare pretese a un rango e status superiore in esso . Ci si aspetta una particolare accentuazione di questa funzione in momenti di passaggio, di crisi e disorientamento generale. Ne è un buon esempio l'insistenza sull'accertamento genealogico dell'apparte­ nenza a Israele negli anni successivi alla conquista babilonese, all'ini­ zio del VI secolo a.C. Questa preoccupazione è palpabile in Esdra-Nee­ mia e nelle Cronache. I sacerdoti giudeo-babilonesi emigrati in Giudea, ma incapaci di dimostrare la loro discendenza israelitica attraverso un riferimento genealogico, cioè, quelli i cui nomi non compaiono nel «libro della genealogia dei primi ritornati», vengono lasciati per così dire nel limbo, fino al raggiungimento di una decisione attraverso stru-

1 19

menti oracolari tradizionali, approvati. Non ci viene detto se si sia mai pervenuti a una tale decisione (Ne 7,5.6 1 -65).1 Le genealogie che, a prima vista, e anche in seguito, possono sem­ brare noiose e prive di informazioni, hanno un effetto salutare , quello di stimolare e generare il racconto . All'inizio dei libri delle Cronache, la successione di dieci generazioni da Adamo ai tre figli di Noè, progeni­ tori della nuova umanità, è costituita da una semplice lista di nomi , che occupano appena quattro versetti (lCr 1 , 1 -4). La stessa lista compare in una forma più ampia in Gen 5, con una breve elaborazione narrati­ va all'inizio (Gen 5, 1 -2), alla fine (Gen 5 , 29) e al settimo posto, quello critico , con il celebre detto su Enoc che non fu più perché Dio lo prese (Gen 5 , 24). Il materiale narrativo in Gen 4, il testo di cui ci occupiamo in questo capitolo, è molto più ampio . Prima di procedere, può essere utile presentare lo schema genealogico nel quale è inserito il racconto. {la forma ebraica dei nomi principali è posta fra parentesi): Adamo (hci'adam)2 = Eva (bawwa) Abele (heve[J Caino (qayin) Set (sét) Enoc (hdnok) Enos (leno§) Ira d Mecuiaèl Metusaèl (2) Silla Lamec (lemek) = (l ) Ada l ab al Naamà Tuba1-Kain Iubal =

·

La tavola genealogica è formata a partire da tre elementi origina­ riamente distinti . Il primo è la nascita dei due figli di Adamo ed Eva (Gen 4, 1 -2a). Non si dice esplicitamente che erano gemelli, come in­ vece nel caso di Esaù e Giacobbe (Gen 2 5 , 24), ma lo si può dedurre dal fatto che, riguardo al secondo figlio, non si dice che Eva concepì. Inoltre , nelle società tradizionali , la nascita di gemelli è generalmente 1 Sulla genealogia in generale cf. K.R. ANoRIOto, . 5 H.W. AITRIDGE - R.A. OoEN, Philo of Byblos, The Phoenician History, Catholic Biblical Association, Washington 198 1 , 40·4 1 .

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ché il nome Abelelhevel presuppone, come abbiamo visto, il racconto del suo assassinio, questo sarebbe uno stadio nel quale c' erano solo due linee contrapposte di discendenti dai progenitori: cainiti e setiti. Ma, ciò concesso, il nostro compito è quello di occuparci del testo così come si presenta attualmente. La genealogia di Caino inizia in questo modo: Caino conobbe sua moglie. Ella concepì e partorì Enoc. Egli fu il costrut­ tore di una città, e diede alla città il nome di suo figlio Enoc.

Tutti i commentatori riconoscono che la formulazione è goffa, forse a causa della soppressione, insieme con il nome della madre, di un'e­ sclamazione relativa al nome del bambino. Nella forma in cui si pre­ senta, il costruttore della «città» («insediamento)) sarebbe un termine meno fuorviante) è certamente il padre, anche se il sottogenere lette­ rario del racconto della nascita assegna normalmente quest'attività al figlio. Di conseguenza, al termine della genealogia varie innovazioni tecnologiche vengono attribuite ai figli di Lamec piuttosto che allo stes­ so Lamec. Questo problema ha indotto Karl Budde, un eminente stu­ dioso dell'Antico Testamento del XIX secolo , a suggerire di cambiare «il nome di suo figlio» in «il suo nome));6 alcuni commentatori lo hanno seguito . Un' altra proposta è la soppressione del secondo «Enoc», at­ tribuendolo a una glossa, dando così luogo a questa lettura: «Egli fu un costruttore di una città, e diede alla città il nome di suo figlio» . In base a questa lettura, chi costruisce e dà il nome è Enoc e il figlio è Irad ('irad) , il cui nome giocherebbe sul termine «città» (ebr. 'ir) . Ci sarebbe anche un'allusione per assonanza a Eridu, secondo la lista sumera dei re, la più antica delle città della Mesopotamia, ma la cosa è decisamen­ te incerta. La genealogia presenta, quindi, Caino come il pioniere della seden­ tarizzazione e dell'urbanizzazione, una fase indubbia m ente decisiva nel cammino verso la vita civile come viene generalmente intesa. Ri­ cordiamo che, in Gilgamesh, la città (Uruk) è il centro umano che per Enkidu segna il passaggio dalranimalità all'umanità e al quale Gilga­ mesh ritorna dai confini dello spazio e del tempo . Allora sorge la do­ manda sulla possibile conciliazione fra questo ruolo e quello del Caino 6 K. BuooE, Die Biblische Urgeschichte (Gen 1-12. 5), J. Ricker'sche, Giessen

1 88 3 , 83.

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che comincia come agricoltore, lavoratore della terra {Gen 4,2), prima di essere condannato a un'esistenza nomade, a una vita di beduino nella terra di Nod, che significa Terra del vagabondare, sotto la mi­ naccia mortale della vendetta del sangue . Si concorda sul fatto che il nome personale Caino (qayin) riguarda i keniti, che Caino è, in realtà, l'antenato eponimo di questa stirpe nomade o seminomade dell'Arabia nord-occidentale. I keniti vissero in stretto contatto con i primi clan israelitici nell'Arabia, sulle due sponde della Rift Valley e nell'estremo sud della Palestina. Essi giocarono un ruolo importante nelle origini di Giuda e nelle origini israelitiche in genere. Si ricordano insediamenti keniti in 1 Sam 30,29, e si parla di una «città» chiamata Caino (qayin) situata nelle vicinanze di quello che in seguito divenne il confine me­ ridionale di Giuda (Gs 1 5 , 5 7), ma non si ricorda alcuna città con il nome di Enoc. Basandosi su queste e altre analoghe indicazioni, alcuni commentatori riconoscono che la costruzione della «città» come una tappa verso la sedentarizzazione non è necessariamente in contraddi­ zione con il Caino capo tribale nomade del racconto dell' assassinio di Abele . Può darsi, ma, fondendo in questo modo i due passi, si ignora una differenza fondamentale fra loro riguardo all'orientamento e allo scopo. Nel racconto dell'assassinio, Abele allevatore e Caino agricol­ tore rappresentano due occupazioni contrapposte e stabili, non com­ plicate da concezioni di sviluppo culturale . Il passaggio di Caino, dopo l'uccisione di Abele, dali' agricoltura alla pastorizia nomade non può essere interpretato come uno stadio ulteriore nello sviluppo sociale e culturale e la vendetta del sangue che lo minaccia è una caratteristica della società tribale, non di quella urbana. D'altra parte, la genealogia di Caino si preoccupa principalmente delle idee relative all' origine e al primo sviluppo delle tecnologie dalle quali dipendeva la vita civilizzata, così come viene g�neralmente intesa. Questo scopo risulterà ancor più evidente quando considereremo più da vicino Lamec e i suoi diretti discendenti, con i qu�li termina la genealogia. 7 Lamec, nome di origine sconosciuta, forse non ebraica, ha due mo­ gli , Ada e Silla (i loro nomi significano probabilmente alba e crepusco­ lo), che servono a dividere i figli in due gruppi. Nella versione dei LXX 7 Sfruttando l'analogia di Romolo e Remo, che comporta il fratricidio, il sacrificio umano e la fondazione di Roma, A. EHRENZWEIG, «Kain und Lamech», in ZAW 35(1 91 5), 1 - 1 1 , proponeva un modo originale, ma decisamente ipotetico, per riconciliare il Caino fratricida con il Caino fondatore di una città.

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(in questo punto il TM è corrotto) , il primo dei due figli di Ada, Iabal (yabal) è l' antenato di coloro che abitano sotto le tende presso il be­ stiame, in altri termini, dei pastori che curano greggi di animali addo­ mesticati e si spostano insieme a loro in cerca di pascoli . L'altro figlio , Iubal (yubiil) è i l primo musicista, padre di tutti coloro che suonano la cetra e il flauto . È quindi l'equivalente dell'arcadico Pan, il dio pastore con la sua zampogna, o di Orfeo, figlio di Apollo, la cui musica aveva un potere terapeutico e oracolare e poteva risuscitare i morti. Questa com­ parazione può ricordarci che, in quella società, la musica non serviva solo a intrattenere. Poteva guarire e scacciare le forze del male, come fece Davide , il suonatore di cetra, nei riguardi di Saul ( 1 Sam 1 6, 1 6. 2 3). Poteva indurre uno stato di coscienza estatico, di alterazione della mente , come la musica di cetra, arpa e tamburo dei primi gruppi pro­ fetici israelitici (1 Sam 1 0,5). L' autore di un salmo si prepara a rivelare una parabola e un detto misterioso che ha ricevuto attraverso il suono della cetra (Sal 49, 5); questo ci ricorda che sia la musica sia la poesia erano legate agli incantesimi. Naturalmente , il suono della cetra e del flauto o del piffero, insieme ad altri strumenti, era anche una compo­ nente essenziale dei riti e del culto in genere. Spesso i salmi invitano a lodare Dio con strumenti a corda e a fiato e con percussioni. L'ultimo dei salmi canonici riunisce , in una grande azione di lode, un'intera orchestra di otto strumenti (Sal 1 50, 3-5). I figli di Silla sono Tubai-Kain e N aamà. Il nome della figlia significa «amabile» o «piacevole», ma alcuni testi biblici suggeriscono anche un possibile collegamento con la musica attraverso un lessema omofono. 8 Sembra essere stata questa l'opinione del Targum Pseudo-Gionata (su Geo 4,22) e di Genesi Rabba (23 ,3), secondo i quali Silla era una chan­ teuse, una cantante . Tubal-Kain è l'antenato di coloro che lavorano il bronzo e il ferro . È difficile sopravvalutare l'importanza di queste tec­ nologie per lo sviluppo delle prime società e ciò è attestato dal fatto che il bronzo (rame rinforzato con stagno) e il ferro diedero il nome a epo­ che archeologiche che durarono molti secoli. La prima parte del nome , Tubai, ricorre in testi biblici come nome di luogo, sempre con Mesec, (Geo 10,2; Is 66, 1 9; Ez 2 7 , 1 3) e viene identificata con un luogo che commerciava articoli in bronzo. Gli abitanti di questo Tubai sarebbero 8 Cf. 2Sam 23, 1 ; Sal 8 1 ,3; 1 3 5,3; 147, 1 ; e compara con il termine dell'ebraico medio ne'ima, «melodia», «aria»; cf. N.M. SARNA, The IPS Torah Commentary: Genesis, Jewish Publication Society, Philadelphia 1989, 8; 355, nota 23.

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i tabali, ricordati in annali assiri, e i tibarenoi, menzionati da Erodoto ,9 che poi si stabilirono nella regione a sud-est del Mar Nero. La seconda parte del nome collega la discendenza della famiglia al fondatore, ma sottolinea anche la tecnologia di cui poteva vantarsi questo ramo della famiglia. A giudicare da un termine appartenente alla stessa famiglia in arabo, nabateo e siriaco, qayin, attestato in ebraico unicamente con il significato di «giavellottO)) o «lancia)) (2Sam 2 1 , 1 6), può significare anche «fabbro». 1 0 La discendenza cainita traccia, quindi, una storia di progresso tec­ nologico a partire dalle sue origini, un tema molto importante in molti sistemi mitologici. I suoi membri principali sono eroi culturali paragona­ bili ai protoi heuretai (primi inventori) dell'antica Grecia. Analogamente , nella sua Storia fenicia, Filone di Byblos ricorda che gli antenati venera­ vano come massime divinità «quelli che avevano fatto scoperte preziose per le necessità della vita» , compresi quelli che avevano insegnato a lavorare il ferro ed erano esperti nelle arti della parola, fra cui incantesi­ mi e profezie . 1 1 Nell'antica Mesopotamia, questa funzione era assegnata agli apkallu, ai saggi antidiluviani, anche qui sette, i quali avevano tra­ smesso agli uomini, che prima vivevano come animali, le informazioni tecnologiche necessarie per la sopravvivenza e l'avanzamento verso la vita civilizzata, soprattutto attraverso la fondazione di città. 1 2 Considerando la genealogia di Caino un'unità letteraria distinta, fi­ nora non c'è nulla che possa frenare l'entusiasmo e la lode del lettore di fronte a queste realizzazioni all'alba della vita civilizzata. Ma l'ag­ giunta della brutale vanteria di Lamec davanti alle sue mogli, e certa­ mente anche di altre persone, getta una luce diversa sull'intero passo (Gen 4,2 3-24) . Il poema è breve , essenziale , molto rimato e ritmato . Dopo l'invito ad ascoltare rivolto ad Ada e a Silla, Lamec proclama: Ho ucciso un uomo per una ferita, un giovane uomo 13 per un livido.

9 E RoDOTO , Storie 3,94; 7,78. 1 0 J . F.A. SAWYER, «Cain an d Hephaestus:

Possible Relics of Metalworking Traditions in Genesis 4», in Aram Nahrain 24( 1 986), 1 55 - 1 66. 11 A ITRIDGE - OoEN, Philo of Byblos, 32-33; 42-4 7 . 12 E. R EIN ER , «The Etiological Myth of the "Seven Sages"», i n Or n . s . 30{1 961), 1 - 1 1 ; S.M. BuRsTEIN, The Babyloniaca ofBerossus, Undena, Malibu 1 978, 1 3- 1 4 . 1 3 I l termine yeled, tradotto abitualmente con «ragazzo», può essere usato anche per un uomo maturo in opposizione a un uomo anziano non più attivo fisicamente. Ad

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Se Caino è vendicato sette volte, Lamec lo sarà settantasette volte.

Considerando «uomo» e «giovane uomo» termini paralleli, quindi riferiti alla stessa persona, l' espressione sembra indicare che anch'egli ha ucciso un uomo, come il suo antenato Caino , lo ha fatto per ragioni persino meno adeguate e giustificabili e se ne vanta. Tuttavia, merite­ rebbe di essere vendicato in un modo di gran lunga superiore a quello del suo antenato . L'iperbole è caratteristica di queste spacconate mar­ ziali, come nel caso di Sansone che pretende di aver ucciso mille nemi­ ci con una mascella d'asino (Gdc 1 5 , 1 6). Ma, in questo caso, il poema illustra un aspetto di un processo di corruzione morale nel corso delle sette generazioni fra Caino e Lamec. Originariamente, la legge del ta­ glione (Es 2 1 , 2 5) voleva cercare di preservare il principio di equità nella vendetta del sangue e nella pulsione primitiva a vendicarsi, come a dire: «Solo un occhio per un occhio, solo una ferita per una ferita» , ma qui non c'è nulla di tutto questo . Gli omicidi sono diventati più fre­ quenti , addirittura casuali, e la vendetta del sangue, caratteristica delle stirpi tribali, come quella dei keniti e dei loro vicini, sempre più diffusa e assetata di sangue, compreso quello dell'innocente . 14

Adamo, Set, Enos L'ultimo segmento di questo montaggio genealogico è la linea di tre membri e due generazioni di Set ed Enos (Gen 4 , 2 5-26): Adamo di nuovo conobbe sua moglie; ella partorì un figlio e lo chiamò Set, perché - disse - «Dio mi ha concesso un altro figlio al posto di Abe­ le , poiché Caino l'ha ucciso)). Anche a Set nacque un figlio. che chiamò Enos. Fu allora che si cominciò a invocare il nome di YHWH .

Si tratta di un frammento genealogico distinto e indipendente , forse adattato al racconto dell'omicidio mediante l' aggiunta di «di nuovo» e di «un altro». Se così stanno le cose, l'adattamento ha prodotto un esempio. Roboamo, già sulla quarantina (l Re 1 4, 2 1 ). si consulta con i suoi yéliidim, che sono cresciuti insieme a lui ( t Re 1 2,8-1 5). 1 4 W. RoBERTSON SMITH, The Religion of the Semites: The Fundamental lnstitutions, Schocken Books. New York 1 972, 21 994, 72, 272 e passim.

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po' di confusione, perché l'esclamazione non spiega il nome Set (ebr. set) collegato con un verbo (sft) che significa nominare, installare o qualcosa del genere, ma non può significare «sostituire». Il racconto della nascita segue il modello tradizionale: dare il nome, esclamare e spiegare, come nel precedente parto di Eva (Gen 4, 1 ) . Il nome Set, che molto più tardi sosterrà un pesante fardello di concezioni teologiche ed esoteriche nelle sette gnostiche, ricorre solo qui, in Gen 5 , 1 -8 e in l Cr l , 1 ed è di origine sconosciuta. Il nome Enos (lenos) , dato al figlio di Set, ricorre oltre quaranta volte nella Bibbia ebraica, per lo più in testi poetici, con lo stesso significato di )iidiim, cioè maschio adulto . Poiché la sua utilizzazione come nome di persona sembra esigere una qual­ che spiegazione, a volte si è ipotizzato che sia stato portato dal primo antenato della razza umana, in alternativa al nome Adamo, in un mito genealogico andato perduto . La posizione genealogica di Set è ulterior­ mente complicata dalla lista di dieci membri in Gen 5, dove Enos è il padre di Kenan (qenan), un nome che viene generalmente considerato una variante di Caino (qayin). Ma dobbiamo rinviare al prossimo capi­ tolo la difficile questione della relazione fra questo frammento genea­ logico e la lista in Gen 5 . Alla menzione di Enos è collegata l' affascinante informazione se­ condo cui fu allora che il popolo cominciò a invocare il nome di YHWH . Invocare o chiamare il nome di una divinità significa offrirle atti di cul­ to esteriori, compreso il sacrificio. È ciò che fa Abramo entrando nella terra promessa: invoca il nome di YHWH in luoghi là dove prima di allora non era risuonato (Gen 1 2 ,7-8; 1 3 ,4) . Ma quest'invocazione nella generazione di Enos lascia il lettore piuttosto perplesso. Anzitutto, Eva aveva già invocato YHWH alla nascita del suo primo figlio; a YHWH avevano offerto un sacrificio sia l'agricoltore che il pastore , e lo stesso Dio aveva parlato con Caino p�ima e dopo l'uccisione del fratello . Se­ condo un'altra tradizione , il nome YHWH venne rivelato per la prima volta a Mosè nel deserto , al roveto ardente (il grande IO SONO di Es 3, 1 3- 1 5) e ancora un'altra tradizione, attribuita all'autore sacerdotale, afferma esplicitamente che il nome era sconosciuto prima di essere rivelato in Egitto, durante il soggiorno d'Israele in quel paese: «Mi sono manifestato ad Abramo, a l sacco , a Giacobbe come El Shaddai, ma non mi sono fatto conoscere da loro con il mio nome YHWH» (Es 6, 2-3}. In base a queste affermazioni, il culto di YHWH , pur riconducibile a un'epoca precedente all' avvento dei regni israelitici, appartiene essen­ zialmente alle origini d'Israele piuttosto che alle origini dell'umanità. 128

Questo non è l' unico caso di giustapposizione nella Bibbia ebraica di racconti delle origini diversi e contrastanti, ma si può affermare che qui si parla dell' origine del culto divino in generale , cioè dell'o­ rigine della pratica religiosa. Se così stanno le cose, l ' informazione può offrire la chiave per comprendere l'intento teologico che sottende l' elaborazione finale del racconto nel - s uo complesso . In quanto tali, i tre frammenti di storia familiare, originariamente separati e riuniti dall' autore , offrono solo un'informazione genealogica. Ma poi il primo dei tre (Gen 4, 1 - 2a) serve a introdurre il racconto del primo omicidio e annuncia ciò che seguirà mediante l 'inquietante silenzio alla nascita del secondo figlio . Similmente, la genealogia di Caino (Gen 4, 1 7 -24) traccia la storia di questa stirpe nel corso di sei generazioni, docu­ mentando, mediante esempi, i primi passi verso la vita civilizzata. Ma, proprio alla fine , il grido borioso di Lamec, con la sua pretesa di aver superato Caino in violenza e brutalità, getta un'ombra scura sull'inte­ ra storia della famiglia. Mentre ci riporta indietro al primo omicidio, il terzo e ultimo segmento (Gen 4 , 2 5-26) colloca l'inizio del culto di Dio, in altri termini della religione, al di sopra dello sviluppo delle capacità e tecnologie che, nella linea di Caino , alimentano quella che viene generalmente considerata civiltà e progresso . Diversamente dal racconto delle origini fenicie, nel quale gli inizi della tecnologia e del culto delle divinità sono menzionati insieme , come parti integranti di un racconto delle origini, 15 questo racconto contrappone le due realtà e, così facendo , solleva pesanti interrogativi su un progresso culturale e tecnologico separato dalla moralità, in realtà sulla stessa concezione del progresso.

L'omicidio e la sua conseguenza Il presentimento che avvertiamo di fronte al silenzio della madre dopo la nascita di Abele continua nella descrizione delle occupazioni dei due fratelli : Abele custodiva il gregge, mentre Caino era lavoratore del suolo (Gen 4,2b).

1 5 ATI'RIDGE - ODEN, Philo of Byblos, 42-43.

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Il lettore sa che la stessa occupazione - lavorare la terra, la medesi­ ma terra sulla quale è stata pronunciata una maledizione - è assegnata ad Adamo al momento della cacciata dal giardino di Eden (Gen 3 , 2 3) . Adamo potrà provvedere al proprio sostentamento lavorando la terra, ma con grandi sacrifici. Non c'è un'opposizione fondamentale nei ri­ guardi della lavorazione della terra, perché la ragione principale per la creazione dell'uomo era stata proprio questa (Geo 2 , 1 5) . Il commento rabbinico sul testo, in questo punto in cui si distingue l'agricoltura dal­ la pastorizia, dipende certamente dalla posizione sociale dei commen­ tatori all'epoca in cui scrissero (GenR 2 2 , 3). Ma vivere di ciò che offre la natura, senza lo sforzo umano , è una caratteristica familiare degli scenari dell'età dell' oro , mentre la faticosa lavorazione della terra è caratteristica della vita al di fuori del giardino , propria cioè del mondo imperfetto, danneggiato, nel quale furono spinti i progenitori. Molto diversi sono i racconti di origine - di una nazione, di un gruppo etnico o di una città - che coinvolgono fratelli, spesso gemel­ li, ai quali vengono assegnate occupazioni contrapposte . Alle origini di Israele troviamo Esaù, il cacciatore, l'uomo selvatico , e Giacobbe, l'uomo tranquillo, l'abitante della tenda (Gen 25,27), cioè uno stretto parallelismo con la coppia Caino e Abele. Possiamo trovare un altro parallelismo nella Storia fenicia di Filone di Byblos, secondo il quale le origini dei fenici risalgono ai fratelli Hypsouranios e Ousoos. Dopo aver litigato, i i primo, inventore della costruzione di alloggi con canne e giunchi, fondò Tiro, mentre il secondo, cacciatore come Esaù, andò per la sua strada. 16 Questo tipo di mito di fondazione, che mette in scena due fratelli, spesso gemelli, è molto diffuso . È attestato per le origini di Creta (Sarpedone e Minasse), di Troia (Dardano e Iasio), di Micene (Atreo e Tieste), di Atene (Lico ed Egeo) e ovviamente di Roma (Romolo e Remo) . Lo stesso modello, con questa caratteristica preminente, è la ragione principale per supporre che, in una fase precedente, il raccon­ to di Caino e Abele servisse come un mito delle origini indipendente . È stata proposta un'argomentazione simile per l'episodio dei «figli degli dèi, figlie degli uomini» in Geo 6, 1 -4 . Si possono individuare facilmente dettagli compatibili con una lettura del racconto di Caino e Abele come un racconto originariamente alternativo delle origini dell'uomo. Caino si preoccupa del fatto che chiunque lo incontra possa ucciderlo, ma, 16

T.K.

CHEYNE,

«The Connection of Esau and Usoos», in ZAW 1 7( 1 897), 1 89.

130

nel contesto di Gen 1 -1 1 , le uniche persone che potrebbero farlo sono i suoi genitori. Inoltre, l' autore del racconto può avere in mente le origi­ ni del sacrificio, la vendetta del sangue e l'organizzazione tribale, nella quale essa funziona. Cosa ancor più importante, il racconto di Gen 4, 1 - 1 6 è più esplicito sulle origini del male morale rispetto al racconto della «prima disobbedienza dell'uomo», perché usa per la prima volta il linguaggio e l' esempio paradigmatico del peccato, della soppressione di una vita umana innocente (Gen 4, 7). Possiamo essere d'accordo , ma questo non ci dispensa dal pre_sta­ re attenzione al contesto narrativo più ampio del passo, quindi dal leggere il racconto di Caino e Abele come un incidente in un racconto continuo dei primi undici capitoli della Genesi e come una conse­ guenza di ciò che accadde nel giard ino . Il racconto ripete la stessa trama dell' episodio precedente : trasgressione , punizione con cacciata ed esili.o , mitigazione della punizione, abbigliamento adatto , da una parte , segno protettivo, dall' altra . Si esprimono analoghe emozio ni e si riprende in gran parte lo stesso linguaggio e vocabolario. 1 7 YHWH presenta le stesse caratteristiche e tratta con gli attori umani allo stesso modo . Anche lo stile, ellittico e tuttavia diretto , è simile , offren­ do un dialogo vivace {« Dove sei?»; «Dov' è tuo fratello?») e riprenden­ do in un punto persino un 'espressione della narrazione precedente con lo stesso termine: Il suo desiderio è verso di te, ma tu puoi dominarlo {Gen 4, 7}. Il tuo desiderio sarà verso tuo marito, ma egli ti dominerà {Gen 3 , 1 6}.

Dopo la nascita dei figli, il racconto passa immediatamente all'avve� nimento che provoca l'omicidio : Nel corso del tempo, Caino portò alcuni frutti del suolo in dono a YHWH, mentre Abele portò i migliori dei primogeniti del suo gregge . YHWH guardò con favore Abele e il suo dono, ma non guardò con favore Caino e il suo dono {Gen 4,3-5a}.

1 7 Ad esempio, 'adama. «suolo» (spesso in entrambi i racconti}; Caino come cobéd 'iidama (Gen 2, 5 . 1 5 ; 4,2); grs, «cacciare» (Gen 3,24; 4 , 1 4); Adamo e Caino risiedono en­ trambi a oriente di Eden (Gen 3,24; 4, 1 4); il termine raro eesuqa, «desiderio)), «brama)) (Gen 3, 1 6; 4, 7) .

131

L' espressione temporale iniziale {«nel corso del tempo») introduce la stessa compressione del fattore tempo che abbiamo visto nel raccon­ to di ciò che accadde nel giardino. Non ci viene detto quanto tempo i fratelli avessero trascorso nelle loro rispettive occupazioni fino a quel momento o quanti anni avessero . In genere, si dà per scontato che facessero un sacrificio ; può darsi, ma i doni non sono descritti come materi a sacrificale, almeno non esplicitamente. La formulazione può suggerire l'offerta dei primi frutti e delle primizie al momento del rac­ colto, com'è prescritto nella legislazione rituale {cf. Es 23, 1 9; 34,26; Dt 1 8,4). Questo è un punto importante che incide su quella che è stata sempre considerata la domanda più sconcertante posta dal racconto al lettore : perché YHWH preferì uno dei due fratelli? Sarebbe troppo lungo e noioso elencare tutti i tentativi fatti per ri­ spondere a questa domanda, per cui possiamo !imitarci a uno o due esempi. N ella sezione della sua Dogmatica ecclesiale intitolata «L'e­ letto e il riprovato», Karl Barth ha considerato il racconto di Caino e Abele la prima illustrazione biblica dell'elezione e della riprovazione da parte di Dio : «Perché proprio Abele, ci si potrebbe domandare già in riferimento a Gen 4,4, dove si legge che Dio guardò con favore lui e il suo sacrificio? » . 18 Non possiamo rispondere alla domanda di Barth , affermando che la scelta di Abele, in qu11nto il più giovane dei due come sta tus, anche se gemello , corrisponde a un modello comune nel­ la narrazione biblica, esemplificato dall'elezione di Giacobbe rispetto a Esaù e di Giuseppe e Davide rispetto ai loro fratelli più anziani. In questo modo, non si risponde alla domanda, ma ci si limita a spostarla. Comunque tentativi di risposta si sono susseguiti dall'antichità fino ai nostri giorni. Secondo alcuni commentatori, ad esempio l'autore della Lettera agli Ebrei {1 1 ,4) , la decisione potrebbe essere dipesa dalla cat­ tiva condotta di Caino prima dell' offerta o dal carattere sospetto delle sue intenzioni al momento dell'offerta, rispetto alla fede e all'integrità morale di Abele . Purtroppo , in mancanza di informazioni, entrambe le cose sono semplici congetture. Un tentativo di risposta, che ha almeno un qualche fondamento nel testo , si basa sulle offerte fatte dai fratelli. In base alle prescrizioni sull'offerta da fare in occasione della festa delle Settimane (Shavuot, Nm 28,27; Dt 1 6,9- 1 2) e della dedicazione

18 K. BARTH, «Dogmatica ecclesiale 11/2», in Io. , La dottrina dell'elezione divina: dalla Dogmatica ecclesiastica, UTET, Torino 1 983, 694. ·

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dei primogeniti, una pratica non limitata a Israele, il dono di Abele con­ siste nell'offerta del primogenito dei migliori capi del suo gregge. Cai­ no, invece, sembra decisamente reticente, offrendo solo «alcuni frutti del suolo». Per l'offerta dei prodotti a Shavuot è prescritta l'offerta del «meglio delle primizie del tuo suolo» (Es 23, 1 9; 34, 26) o delle «primi­ zie di tutti i frutti del suolo» (Dt 2 6 ,2 . 1 0). Caino trascura quest' offerta, un' omissione particolarmente offensiva data la sua condizione di pri­ mogenito . E poiché l'offerta serviva a riconoscere la signoria di YHWH come creatore e benefattore della terra e dei suoi abitanti, l'omissione di Caino poteva essere interpretata anche come un rifiuto di accettare la relazione con YHWH, sia di dipendenza che di collaborazione, pro­ clamata da Eva al momento della sua nascita. La reazione di Caino al rifiuto della sua offerta e la successiva am­ monizione di YHWH sono comunque in linea con quest'ipotesi: Caino fu molto irritato e guardò con cipiglio. YHWH gli disse: «Perché sei irritato? Perché guardi con cipiglio? Se agisci bene, puoi tenere alta la tua testa; se non agisci bene, Peccato è un demonio accovacciato all'ingresso, il suo desiderio è verso di te , ma tu puoi dominarlo» (Gen 4, 5b-7).

Il linguaggio di questa breve ammonizione è notoriamente difficile da interpretare . Scrivendo un secolo fa, John Skinner concludeva che il carattere oscuro di Gen 4, 7 era dovuto a «una profonda corruzione del testo» e, cinquant'anni dopo, Gerhard von Rad sospettava che «una volta il significato del passo fosse molto diverso» . 19 Questo non è certa­ mente incoraggiante, ma noi dobbiamo trarre il meglio dalla situazione che abbiamo davanti . La reazione di Caino al rifiuto del suo dono, resa letteralmente, suona: «Caino fu molto arrabbiato e il suo volto cadde» . I n altri termini, nell'espressione del suo volto si poteva leggere la collera, certamente mescolata a invidia e risentimento. Il tono dell'ammonizione di YHWH è mite . YHWH lo mette in guardia dalle conseguenze di una collera incontrollata e gli presenta le alternative fra cui può scegliere. A questo punto la formulazione è oscura e nessuna soluzione può preten­ dere di essere più che probabile . La prima alternativa offerta da YHWH, tradotta letteralmente, sarebbe questa: «Se tu agisci bene - un 'eleva-

19 J. SKINNER, A Criticai and Exegetical Commentary on Genesis (ICC), T & T Clark, Edinburgh 1 91 0, 107; G. voN RAo, Genesis: A Commentary, SCM , London 1 96 1 . 1 0 1 .

133

zione» . A seconda del contesto, il verbo ebraico corrispondente (nasa)) può significare «portare», «alzare», «accettare», «sollevare», «portare via», «perdonare)). Secondo alcuni commentatori, si riferisce alle offerte, nel senso che se farai bene l'offerta, YHWH «rialzerà il tuo voltO)), cioè accetterà il dono . Giacobbe, ad esempio, invia un dono per placare il fratello Esaù e si chiede se, di conseguenza, «rialzerà il mio voltO)), in altri termini se mi accetterà e perdonerà le mie ingiustizie passate (Gen 3 2 , 2 1 ) . Questo linguaggio dell'accettazione nell'incontro faccia a faccia, noi diremmo a contatto visivo, risale al protocollo di corte degli imperi del Vicino oriente. In una delle lettere di Amarna dell'inizio del XIV seco­ lo a.C. , ad esempio, un re vassallo di Tiro chiede al faraone: «Quando ve­ drò il volto del re, mio signore?» (ANET 484). Analoghe richieste hanno influenzato il linguaggio della preghiera e s'incontrano spesso nei salmi . L' aspetto problematico di questa soluzione è che l' ammonizione cerca di mettere in guardia Caino dalle conseguenze distruttive della collera incontrollata, perciò dall'avvenire . Non gli viene data un'altra possibilità di fare l'offerta e di farla bene la seconda volta. Perciò que­ sto «sollevare)> riguarda più propriamente il volto di Caino, quindi la sua disposizione e ciò a cui potrebbe condurre. Potremmo comparare il nostro testo con l'ammonizione di So far a Giobbe: Se tu stai meditando il male, allontanalo da te; non permettere all'iniquità di abitare nelle tue tende; allora potrai tenere alta la testa (letteralmente : sollevare la tua faccia) senza macchia (Gb 1 1 , 14- 1 5).

La formulazione dell'alternativa, qui resa con «se tu non agisci bene, Peccato è un demonio accovacciato all'ingresso», è ancor più oscura, quasi impenetrabile e, a giudicare dalle versioni antiche, lo è stata fin dall'antichità. Molti commentatori hanno cercato di estrarre un senso dalle tre parole ebraiche lappetab batta) t robe�. letteralmente «all'ingresso peccato è accovacciato», a colpi di correzioni testll:ali o assegnando un significato non comune all'una o all'altra delle tre pa­ role , a volte con risultati sorprendenti. 20 Una soluzione proposta per 20 Prendendo lo spunto dalla LXX , M.S. ENSLIN, «Cain and Prometheus)), in JBL 86(1 967), 88-90, giunge alla conclusione che Caino incise l'immagine dell' animale sa­ crificale sullo stipite della porta; M. BEN YASHAR, «Zu Geo 4,7», in ZAW 94(1 982), traduce: «Se tu non agisci bene, peccato si accovaccia per il primogenito»; WESTERMANN, Genesis 1-1 1 , 300, avanza un'ipotesi interessante: YHWH ammonisce Caino, ricordandogli che sarà tormentato dal fantasma dell'uomo assassinato.

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la prima volta oltre un secolo fa e da allora accettata da molti, che fra l' altro non richiede alcuna correzione testuale , considera robe� un prestito dall'accadico rabi�um , un termine con un ventaglio piuttosto ampio di significati, ma che , in alcuni contesti, indica un demonio . Il rabi�um delle antiche credenze mesopotamiche custodiva gli ingressi degli edifici, ma spesso aspettava anche le sue vittime e tendeva loro imboscate all' entrata di una casa o di una tenda. 21 In questo caso, robe� (participio maschile) sarebbe in apposizione a battcPt, «peccato» (so­ stantivo femminile), personificazione di un demonio pericoloso e mal­ vagio, che aspetta di prendere possesso dell'anima disturbata di Caino . Può esservi anche un collegamento con i demoni della soglia, familiari nel folklore di molti Paesi, come ricorda la pratica di saltarla per evita­ re il contatto con il demonio (1 Sam 5 , 5 ; Sof 1 ,9) . In base a questa let­ tura, il demonio Peccato accovacciato all'ingresso della tenda di Caino sarebbe l'equivalente del serpente in relazione alla donna nel giardino di Eden. Il Peccato vuole dominarlo, ma egli ha la forza di resistere. 22 L'omicidio e la sua immediata scoperta sono raccontati in modo estremamente breve e conciso : Caino disse al fratello Abele: «Andiamo in campagna>>. Mentre erano in campagna, Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise . YHWH disse a Caino: «Dov'è tuo fratello Abele?». Caino rispose: «Non so. Sono forse il custode di mio fratello?». YHWH disse: «Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo. Ora tu sei maledetto dal suolo che ha spalancato la bocca per ricevere il sangue di tuo fratello dalla tua mano. Se coltivi il suolo, esso non ti darà più la sua forza. Sarai un errante sulla terra» (Gen 4,8-1 2).

L'invito di andare in campagna, mancante nel testo ebraico ma pre­ sente nelle versioni antiche, è motivato certamente dalla necessità del segreto . Anche qui, nel seguito. il racconto presuppone una struttura sociale non limitata ai fratelli e ai loro genitori. Diversamente da altri omicidi raccontati nella Bibbia ebraica - ad esempio, quelli di Abner (1 Sam 3, 26-30), di Ammon (2Sam 1 3 , 23 -29), di Nabot (1 Re 2 1 ,8- 1 4) , di Gezabele (2Re9, 30-37) - questo viene descritto i n modo asciutto ,

21

E.A. SPEISER, Genesis: lntroduction. Translation and Notes (AB 1 ), Doubleday, Gar­ 1964, 33; M . L. BARRÉ, «Rabisu. f:l1», in DDD, 682-6 8 3 . 22 G. CASTELLINO, «Genesis IV. 7», i n VT 1 0(1 960), 442-44 5 , considera interrogativa quest'ultima frase: «Il peccato resterà in agguato e sei sicuro che riuscirai a dominarlo?» . den

City

135

senza alcuna elaborazione. Non ci viene detto nulla sulla modalità dell' uccisione, sull' arma usata, sulle circostanze che hanno condotto alr atto o sul trattamento riservato al corpo dopo la morte. Abele non dice una parola. Solo dopo la sua morte si sente il suo sangue gridare dalla terra. Il tema di un omicidio originario ricorre in molte culture, spesso come un elemento di un mito di fondazione. L'omicidio di Abele ha tratti in comune, a d esempio, con l'omicidio di Remo da parte del fratello gemello Romolo , come racconta lo storico Tito Livio : c'è una maledizione ereditata, una discussione fra i fratelli su chi sia preferi­ to dagli dèi e c'è molta incertezza sul modo in cui avvenne il fatto .23 Ponendo l' accento su Abele come fratello di Caino - ripetuto sei volte in questo breve passo - il racconto biblico sottolinea le esigenze ca­ tegoriche della consanguineità e la natura raccapricciante di questa violazione dell'ordinamento sociale e morale. Il grido del sangue di Abele dalla terra è un appello alla giustizia, al ripristino dell' ordine naturale perturbato . Il sangue è il principio vitale (cf. Lv 1 7 , 1 1 ). C'è qualcosa di primitivo e al tempo stess o d 'impellente nell'idea che il sangue versato con un atto violento , specialmente il sangue dell'innocente, costituisca una grave perturbazione dell'ordi­ ne naturale e morale e richieda tassativamente una riparazione, una purificazione dalla contaminazione del sangue versato . Ricordiamo Macbeth che rimugina sul suo crimine: «Avrà sangue, dicono; il san­ gue avrà sangue» .24 Perciò , il lettore si aspetta l'applicazione a chi ha commesso il crimine della norma giudiziaria incastonata nell'assioma tradizionale (tradotto letteralmente): Chi sparge il sangue di un uomo,

da un uomo il suo sangue sarà sparso (Gen 9,6}.

Tuttavia, Caino non viene messo a morte , esattamente come l'uo­ mo che ha mangiato il frutto dell'albero proibito nel giardino, benché fosse stato minacciato di morte. Viene dichiarato maledetto dal suolo che ha spalancato la sua bocca per ricevere il sangue di suo fratello . Essere «maledetto dal suolo» è una formulazione strana e unica, che si può spiegare meglio ponendola in relazione con la sentenza emessa sull'uomo nel giardino (Gen 3, 1 7 - 1 9) . Là, il suolo è maledetto a causa 23 TJTo Livio, Storie (ab urbe condita) I, 24 W. SHAKESPEARE, Macbeth III, 4, 1 22.

6,3-7,3.

136

dell'uomo e della sua disobbedienza; qui il processo è invertito : la ma­ ledizione sul suolo, ora inquinato dallo spargimento di sangue innocen­ te, viene trasferita, in qualche modo, sull'autore del crimine . Potrem­ mo dire che si tratta di una maledizione derivata. Il ricorso ufficiale e giudiziario alla maledizione è un modo per esprimere la dissociazione dall'oggetto della maledizione . Il suolo, reso inquinato e improduttivo, obbligherà Caino ad abbandonarlo , a essere nomade, a errare sulla faccia della terra. Ma egli non perde del tutto la relazione con il suo Dio . Non c'è dissociazione assoluta, così come non vi fu per l'uomo nel giardino. La conseguenza dell'omicidio , la sua scoperta e la condanna del colpevole sono compendiate in un breve dialogo fra Caino e YHWH . Questo è di per sé significativo , perché conferma la sensazione che la relazione non si è interrotta. Caino e il suo Dio possono ancora dialogare: Caino disse a YHWH : «La mia punizione 25 è troppo grande da portare. Oggi tu mi maledici, scacciandomi dalla terra, e io devo restare nascosto dalla tua presenza. Devo essere ramingo e fuggiasco sulla terra e chiun­ que mi incontrerà mi ucciderà». Ma YHWH replicò : «Non così. Chiunque uccide Caino subirà la vendetta sette volte!)). Allora YHWH impose a Caino un segno, perché chiunque lo incontrasse non lo uccidesse. Così Caino si allontanò dalla presenza di YHWH e si stabilì nella terra di N od. a oriente di Eden (Gen 4, 1 3-16).

Caino viene cacciato non solo dal luogo in cui viveva con il fratello, agricoltore accanto al pastore, ma anche dalla presenza del suo Dio . Per l' autore , e anche per i suoi primi lettori o uditori, questo linguag­ gio faceva subito pensare all'espulsione dalla comunità cultuale. Come sappiamo dai Salmi, vedere il volto o la presenza (stesso termine) di Dio è partecipare al culto comunitario . È lì che si è alla presenza, che si vede il volto di Dio . Il salmista che, per ragioni sconosciute, è esiliato da Gerusalemme e sente la nostalgia delle gioiose cerimonie nel tempio , grida da qualche parte, lontano nel nord del Paese, forse nel Golan: «Quando verrò e vedrò il volto di Dio?» (Sal 42 ,4) . Il desiderio della

25 Il significato più comune del lessema ebraico ca.won è «trasgressione)), ma può inglobare anche le conseguenze di una trasgressione , cioè colpa e punizione, come, ad esempio, in Gen 1 9, 1 5 riguardo all'imminente castigo delle città della pianura; cf. K. KocH, «1,l1, ca.won)), in TDOT 10( 1 999), 546-562.

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partecipazione al culto nel tempio sottende anche il frequente lamento di chi sente di essere nascosto dal volto di Dio o che Dio nasconde il suo volto . 26 Il lamento di Caino risulta ancor più chiaro se ricordiamo che l'esclusione dall'accesso alla presenza di Dio nel culto comportava anche l'espulsione dalla comunità, quello che noi chiameremmo la per­ dita dello stato civile. In un testo tardivo di Isaia un veggente , parlando in nome di YHWH , si rivolge agli eunuchi della comunità minacciati di esclusione da essa a causa della loro condizione e li rassicura che vi sarà sempre posto per loro «nella mia casa e dentro le mie mura», in altri termini, che potranno sempre partecipare al culto comunitario (nella casa di Dio) ed essere membri rispettati nella città (le mura, Is 56,4-5). Attorno agli stessi anni, la comunità di coloro che sono ri­ tornati dall'esilio obbliga i suoi membri a partecipare a un'assemblea plenaria sotto pena di scomunica, pena che comportava la perdita del­ lo stato civile, l'esclusione dal culto comunitario e la confisca dei beni immobili (Esd 1 0,8). Il lamento di Caino di dover vivere ramingo e fuggiasco stilla terra non esclude la vita nomade o seminomade caratteristica dei keniti, i suoi presunti discendenti. È una forma di vita considerata dalla pro­ spettiva delle culture sedentarie e urbanizzate dell'antichità, ad esem­ pio di quella degli egiziani acculturati del Nuovo Regno nei confronti dei nomadi shasu dell'Araba. Che la prospettiva sia quella del tribali­ smo nomade risulta anche dalla previsione, non priva di fondamento , di Caino di dover condurre un 'esistenza costantemente in pericolo. Egli alluderebbe al trattamento riservato a coloro che spargono sangue da parte di quelle società nelle quali la difesa della santità dei vincoli di sangue era assolutamente prioritaria. Lo spargimento del sangue di un membro della propria tribù era punito con la morte sociale dell' esilio , corrispondente alla situazione prevista da Caino . Strettamente parlan­ do, la vendetta del sangue si applicava solo all'omicidio intertribale , volontario o accidentale , ma nelle dure condizioni del deserto o della steppa che l'autore aveva in mente, ogni individuo al di fuori delle strutture tribali avrebbe fatto fatica a sopravvivere . Il parallelismo con il racconto del giardino è impressionante spe­ cialmente alla fine del racconto . Come l'uomo e la donna in Eden non 26 Sal 1 3,2; 22,25; 44,25; 69, 1 8 ; 88, 1 5 ; 102,3; 1 43,7. Sull'espressione «alla presenza di YHWH», cf. M. D. FowLER «The Meaning of lipne YHWH in the Old Testament», in ZAW 99(1 987), 384-390.

138

solo non muoiono a causa della loro disobbedienza, ma vengono pre­ parati da YHWH alla vita nel mondo reale con l'offerta di abiti più adatti rispetto alle foglie di fico, così anche Caino viene equipaggiato nel momento in cui deve affrontare un futuro incerto . Anzitutto , YHWH emana un editto di carattere giudiziario: «Chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte>>. Qui i tentativi di spiegare l'affermazione in senso letteralmente numerico non sono più utili di quelli fatti p e r spiegare il detto di Gesù sulla necessità di perdonare settanta volte set­ te , cioè 490 volte (Mt 1 8 ,22) , un' espressione evidentemente iperbolica e, da questo punto di vista, tipica dei detti di Gesù. Poiché il lettore può chiedersi come sia possibile far rispettare l'editto nel deserto nel quale Caino viene cacciato , YHWH prende un'iniziativa più specifica, ponen­ do un marchio su Caino per evitare quella che altrimenti sarebbe stata molto probabilmente la sua sorte . Dall'antichità ai nostri giorni sono state avanzate molte proposte riguardo a questo marchio (letteralmente, «un segno» , ebr. )ot) . Ecco alcune di quelle elencate in Genesi Rabbah: il Signore punì Caino con la lebbra; fece crescere un corno sulla sua testa; gli diede un cane, pre­ sumibilmente un grosso mastino, come protezione (GenR 1 2 , 1 2). Nel corso degli anni sono state avanzate molte altre interpretazioni, alcune delle quali assurde e offensive . 2 7 Ma, in base al nostro programma, vo­ lendo anche qui attenerci ·al linguaggio e alla logica del testo, possiamo , anzitutto , sottolineare : l ) che è qualcosa che YHWH mette su Caino ; 2) che deve essere visibile; 3) che deve proteggerlo dalla vendetta nella quale altrimenti sarebbe incorso. Perciò , in base al primo punto, non può essere un cane e, in base al secondo, non può essere la circoncisio­ ne, altra proposta rabbinica . Il punto più importante è il terzo: la protezione dalla vendetta. Nei numerosi commenti sul marchio o segno di Caino, quest' esigenza della protezione è spesso fraintesa e abusata, specialmente quando viene applicata a caratteristiche razziali e fisiche dell' «altro)) disprezzato . Possiamo trovare un parallelismo istruttivo nel racconto fittizio della donna saggia di Tekoa, istigata da Ioab a convincere Davide di perdo­ nare Assalonne (2Sam 1 4 ,4-7) . Si ricorderà che Assalonne aveva uc­ ciso a tradimento il fratello Amnon per vendicare Tamar, sua sorella, violentata da Amnon. Nel suo «racconto nel racconto», la donna di

27 R. MELLINKOFF,

The Mark ofCain, University of California Press, Berkeley 1 98 1 .

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Tekoa riferisce che uno dei suoi figli venne ucciso dal fratello , mentre era «in campagna» (cf. Gen 4,8), che i membri della famiglia chiesero la consegna dell'omicida, per dare una vita per una vita, ma questo l'avrebbe lasciata senza figlio e senza erede. Lo stratagemma narrativo funziona. Davide ascolta la sua richiesta e promette di adottare delle misure per proteggere l'omicida dalle conseguenze del suo atto: «N on cadrà a terra un capello di tuo figlio!» (2Sam 1 4 , 1 1 ) . L'introduzione di una situazione reale, contemporanea, in un racconto fittizio da parte della donna corrisponde esattamente, come trama e struttura, al rac­ conto di Caino e Abele . Né qui né nell'assicurazione data a Caino ci viene indicata esatta­ mente la forma della protezione. Poiché il contesto è quello della tribù e della vendetta tribale, si può affermare che il marchio è una carat­ teristica distintiva, forse un tatuaggio come lo shart dei beduini, che identifica l'individuo come membro di un gruppo (tribù, clan, fratria) , sotto la protezione di una divinità e quindi sottratto alla vendetta del sangue . Con questa protezione, Caino si allontana dalla presenza di YHWH e, come un na' wanad (un errante), si stabilisce nella regione di Nod, la terra del vagabondare . La sua ubicazione a oriente di Eden, dove Adamo ed Eva si stabilirono dopo la loro cacciata dal giardino (Gen 3 , 24), può essere semplicemente un modo per rinforzare la nota di rammarico e perdita sulla quale terminava il racconto dell'uomo , della donna e del serpente.

Colmare le lacune nel racconto Lasciati a se stessi, i testi sono morti . Per tornare a vivere il te­ sto richiede un lettore . Potremmo considerare l'interazione fra testo e lettore un dialogo nel quale , come in ogni buon dialogo , entrambe le parti hanno qualcosa da dire e qualcosa da ascoltare . Quando questo accade, ciò che il testo ha da dire può emergere sotto la forma di un'in­ terpretazione, che può essere orale, ma che spesso sarà scritta. Se non si vuole ridurre il testo a una cassa di risonanza, che può solo ripercuo­ tere ciò che dice il suo interlocutore, il che equivarrebbe a un cattivo dialogo, dev' essere consentito d 'imporre alcune limitazioni riguardo al modo in cui viene interpretato . Ma lo si può fare solo se il lettore affronta il testo con un certo grado di riflessione critica. Quando viene applicato con cura, finezza e immaginazione, il metodo storico-critico, 140

attualmente esecrato in alcuni ambienti, permette al testo di raggiun­ gere il suo obiettivo nel dialogo . Spingendo un po' oltre quest'analogia, una buona interpretazione , come un buon dialogo, richiede un equili­ brio fra il testo e il lettore . La storia dell'interpretazione di Gen 4 , 1 -26, come dimostrano alcuni esempi di cui ci occupiamo in questa sezio­ ne, illustra, sia positivamente che negativamente , e probabilmente più negativamente che positivamente, quest'approccio molto esigente alla lettura dei testi biblici. Nella sezione precedente abbiamo visto che questo racconto pone al lettore molti problemi e che i tentativi di risolverli hanno prodotto gran parte delle numerose elaborazioni narrative aggiunte al racconto. La narrazione molto dilatata derivante da questo processo ha un suo interesse e un suo valore intrinseco, ma sarebbe sbagliato metterla sullo stesso piano e attribuirle la stessa importanza del testo che l'ha generaJa. In realtà, il testo non è totalmente assorbito dal processo interpretativo e non scompare completamente in esso. È ancora lì , per essere nuovamente interpretato e ulteriormente dilatato, dopo essere stato studiato e analizzato . In questa sezione prenderemo in considerazione solo pochi esempi di questa narrazione dilatata, prodotta dal testo e dai problemi che esso pone . Il primo di questi problemi, un po' eclissato nelle nostre traduzioni moderne, è l'esclamazione di Eva alla nascita di Caino, il suo primoge­ nito (Gen 4, 1 ). Una traduzione letterale sarebbe questa: «lo ho creato [o acquistato] un uomo con YHWH». Poiché «uomo» (ebr. )fS) non ricorre mai con il significato di «figlio maschio» , quest'uso peculiare sembra richiedere una spiegazione. Una spiegazione ci viene offerta dall'autore della 'Vita di Adamo ed Eva, una fantasiosa ricostruzione in latino risa­ lente al I o II secolo a.C., probabilmente basata su un originale ebrai­ co, dove leggiamo (2 1 , 1 8-2 1 ) che, in risposta alle preghiere di Adamo, Eva fu esentata dalle doglie e nel parto fu assistita da esseri angelici e consolata dall'arcangelo Michele. L'autore ci dice che il bambino era lucidus, avvolto o soffuso di luce e, cosa ancor più sorprendente, che , su­ bito dopo il parto, corse a strappare una canna, portandola alla madre. Si potrebbe, quindi, tranquillamente concludere che, fin dall'inizio, non fu un bambino come tutti gli altri; non fu un neonato, bensì un uomo adulto , un uomo maturo, motivando così la descrizione di Eva. Perciò la sua e sclamazione dipese più dalla meraviglia che dalla gioia. n fatto di strappare una canna viene spiegato con un semplice jeu d 'ésprit lingui­ stico : il termine ebraico qaneh, «canna», spiega il nome del bambino, 141

qayin, associato al grido della madre: «Ho acquistato/creato [qanitf] un figlio maschio con l'aiuto di YHWH» . Giuseppe Flavio28 e Filone29 danno una spiegazione meno lu singhiera del nome. Per loro significa «acquisi­ zione» (ktesis) e indica il carattere di Caino, sempre pronto ad afferrare e impossessarsi delle cose, basato sulla traduzione greca antica dell'e­ spressione di Eva «ho acquistato [ektesamen]» in Gen 4, 1 . Una caratteristica preminente di questa tradizione midrashica è la convinzione che l'atto malvagio compiuto da Caino getti la sua ombra oscura fin sulla sua nascita. Una versione della tradizione palestinese aramaica, presumibilmente risalente al periodo tannaitico, I o inizio del II secolo d.C. (Targum Pseudo-Gionata a Gen 4, 1), trae una conclusione molto negativa dall'affermazione secondo cui Adamo «conobbe» sua moglie. «Conoscere» (ebr. yada') è un eufemismo comune per indicare i rapporti sessuali, ma per l' autore del targum Adamo conobbe qualco­ sa riguardo alla moglie e qualcosa che non era affatto buono: conobbe o sospettò che ella avesse concepito con l'angelo cattivo Sammael o, secondo una variante della tradizione , con il serpente, lo stesso che l'a­ veva sedotta nel giardino (Pirqe Rabbi Eliezer 2 1 ). Sembra che questa lettura del testo fosse molto diffusa. La madre dei sette fratelli marti­ rizzati vi allude, quando afferma, prima di essere messa a morte , che il serpente ingannatore non ha violato la sua verginità (4Mac 1 8 ,7 -8). La Prima lettera di Giovanni ( 1 Gv 3 , 1 1 - 1 2) inculca l'amore dei fratelli, ci­ tando, come comportamento antitetico, l' uccisione del fratello Abele da parte di Caino , che «era dal Maligno». Il quarto vangelo (Gv 8 , 3 1 -47) si spinge oltre, ricordando una controversia particolarmente aspra fra Gesù e alcuni giudei che, dopo aver creduto in lui, lo avevano, a quanto sembra, abbandonato . Sorprendentemente , Gesù controbatte la loro pretesa di essere discendenti di Abramo , affermando che discendono, in realtà, dal diavolo (diabolos) , da uno che fu omicida e bugiardo fin dall'inizio. Allude certamente a Caino, discendente dal Maligno . 30 Nel corso dei primi secoli, la stessa tradizione era un'arma familiare negli ambienti cristiani sia ortodossi sia eterodossi, al servizio della polemi­ ca antigiudaica, ad esempio negli scritti di Tertulliano . 31

GIUSEPPE FLAVIO, Antichità giudaiche l, 52. FILONE, Sui sacrifici di Abele e Caino 2 . 30 R.E. BRoWN, Th e Gospel according to John /-XII. Doubleday, Garden City 1 966, 358; 368. 31 Ad esempio, TERTIJWANo, De patientia 5, 1 5. 28 29

1 42

Un altro modo per colmare le lacune riscontrate in questo primo incidente , nel racconto di Caino e Abele, è stato quello di allargare la famiglia di Eva con figlie e figli . Giuseppe Flavio si limiterà ad affer­ mare che erano nate loro delle figlie, ma una tradizione già circolante assegnava loro dei nomi. Secondo il Libro dei giubilei (4, 1 -9), i proge­ nitori ebbero 14 figli, fra cui almeno due femmine, Avan che divenne moglie di Caino e Azura moglie di Se t. La Vita di Adamo ed Eva (23-24) ricorda 30 figli e 30 figlie , oltre ai tre figli biblici e racconta l' incubo di Eva dopo la nascita di Abele, nel quale vede Caino bere il sangue del fratello. Nelle fonti antiche compaiono altri nomi e altre cifre; quella più vicina all'avvenimento centrale è l'affermazione rabbinica secondo cui dai progenitori nacquero cinque figli: Caino e una sorella gemella e Abele e due sorelle gemelle. Questa composizione familiare fornì un motivo per l'omicidio, perché i fratelli lottarono per accaparrarsi la gemella in più (GenR 2 2 , 2-3, 7). Secondo alcune varianti di questa tra­ dizione o invenzione, ognuno dei due fratelli aveva una gemella, o solo Caino aveva una sorella. 32 Una fonte siriaca (Il testamento di Adamo 3 , 5) riporta una versione alternativa, recepita anche dall'islam (Co­ rano, sura 3 3), secondo la quale i fratelli si accordarono di sposare le rispettive gemelle, ma poiché Lebuda, la gemella di Caino , era più bella di quella di Abele , egli violò l'accordo, affermando di voler sposare la sorella gemella. In un modo o in un altro , l'idea della presenza di una donna dietro all'omicidio - una donna creata appositamente per que­ sto - finì per diventare un tratto permanente della tradizione di Caino e di Abele. Ho già affermato che lo stesso testo ebraico , senza ulteriore spie­ gazione , offre un indizio per il rifiuto dell'offerta di Caino nella de­ scrizione della materia offerta. Nel suo trattato, Filone fa un'afferma­ zione analoga, sottolineando che Caino offrì semplicemente prodotti del suolo invece delle primizie e, cosa ancor più grave, procrastinò la sua offerta invece di farla immediatamente . 33 Anche Genesi Rabbah nota che Caino offrì prodotti scadenti, ma poi mina da solo il proprio argomento , aggiungendo che, in ogni caso , Dio preferì il pastore all'a­ gricoltore (GenR 2 2 , 3, 5) . La stessa preferenza viene ricordata da Filo-

32 L. GINZBERG, The Legends of the Jews. 5: Notes Society of America, Philadelphia 1955, 1 38-1 39. 33 FILONE, Sui sacrifici di Abele e Caino 52. 72.

1 43

to

Volumes l and Il, Jewish Publication

ne34 e da Giuseppe Flavio35 per spiegare il rifiuto dell'offerta di Caino . Naturalmente , se è già evidente la depravazione morale di Caino , come afferma Giuseppe Flavio, 36 è superflua ogni ulteriore spiegazione. È piuttosto sorprendente che il midrash dimostri poco interesse per il modo in cui Caino conobbe il rifiuto della sua offerta. Tenendo giu­ stamente conto della compressione del tempo nel racconto, potremmo supporre un eventuale cattivo raccolto alla base di questa conclusione. E poiché l'estrema concisione del racconto lascia spazio alla specula­ zione, si potrebbe anche pensare che sia sceso il fuoco dal cielo e abbia consumato il sacrificio di Abele, come accadde a quello di Aronne nel de­ serto e ai sacrifici di Gedeone e di Elia (Lv 9,24; Gdc 6, 2 1 ; 1 Re 1 8, 38).37 Tuttavia, egli lo scoprì, se per un momento ci limitiamo al testo biblico , perché la collera o almeno l'atteggiamento passivo-aggressivo non sem­ bra essere una reazione irragionevole al rifiuto e noi avremmo potuto aspettarci che rispondesse come Giona, al quale il Signore aveva rivolto una domanda simile . « È giusto che tu sia arrabbiato?>>, chiese il Signore, e Giona rispose: «Sì, sono arrabbiato da morire» (Gn 4,9). L'ammonizione che segue offre la prima indicazione di una fonda­ mentale ambivalenza nei riguardi di Caino nel midrash. Una traduzione letterale di Gen 4, 7 «Se tu agisci bene, puoi tenere alta la testa» - sa­ rebbe: «Se tu agisci bene - un elevare» o «Se tu agisci bene - un portar via». Alcuni commentatori rabbinici lo intendono come riferito al portar via il peccato, in altri termini, al perdono. Rabbi Berekiah a nome di rabbi Simeon cita, come illustrazione, il Sal 32 , 1 : «Beato l'uomo la cui colpa è perdonata» (GenR 20,6) e il Targum Pseudo-Gionata parafrasa: -

Se compi bene le tue azioni, la tua colpa ti sarà perdonata; ma se non compi bene le tue azioni in questo mondo, il tuo peccato sarà mantenuto per il giorno del grande giudizio. 38

In realtà, tutte le vé rsioni del Targum palestinese interpretano l'e­ spressione come un'offerta di perdono. Sulla stessa scia, alcuni autori di 34 FILONE, Sui sacrifici di Abele e Caino 50-52. 35 GIUSEPPE FlAVIO, Antichità giudaiche I. 53-54. 36 GIUSEPPE FLAvio, Antichità giudaiche I. 53. 37 GINZBERG, The Legends of the Jews, 1 35-1 36. 38 Così traduce G . V ERMES, «The Targumic Versions

of Genesis 4:3- 1 6», in Post-Bibli­ cal Jewish Studies, Brill. Leiden 1 9 7 5 , 95. Comparare con il testo parallelo in Targum Neofiti in M. McNAMARA, Targum Neofiti 1: Genesis: Translated with Apparatus and Notes, Uturgical Press, Collegeville 1992, 65.

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midrashim vedono nel grido disperato di Caino dopo il delitto - «La mia punizione [o colpa] è troppo grande da portare» (4, 1 3) - una certa dose di pentimento che spiega la clemenza della condanna. La legge punisce l'omicidio con la morte, mentre Caino viene solo cacciato dalla terra col­ tivabile. Il Targum N eofiti I parafrasa allo stesso modo il grido di dolore di Caino: «La mia colpa è troppo grande da portare, ma tu [il Signore] sei in grado di mitigarla e perdonarla>>. La stessa interpretazione viene fatta propria dalla Vulgata: maior est iniquitas mea quam ut veniam merear («la mia iniquità è troppo grande per meritare il perdono»). Anche la questione della conseguenza, nel caso che Caino non agisse bene, costituiva una sfida per gli interpreti ebraici. In conformità con la possibilità del perdono in caso di comportamento corretto , le versioni dei targum palestinesi (Pseudo-Gionata, Yerushalmi, Neofiti I e Targum frammentario, con piccole varianti) ammoniscono: «Se tu non compi bene le tue azioni nel mondo, i tuoi peccati saranno mantenuti per il giorno del grande giudizio . Il peccato è accovacciato alla porta del tuo cuore. Io ho posto nelle tue mani il controllo sulla cattiva inclinazione, per cui tu la puoi controllare, sia per essere giusto sia per peccare» .39 Invece di suggerire ai commentatori midrashici una presenza de­ moniaca, la strana immagine del peccato accovacciato all'ingresso ha stimolato una riflessione sulla psicologia del peccare . A un autore mi­ drashico, l'apparente incongruenza grammaticale fra balféPt («pecca­ to» , femminile in ebraico) e robe� («accovacciato» , participio maschile) ha suggerito l'idea che all'inizio il peccato è debole come una donna, ma poi diventa forte come un uomo. Un certo rabbi Isaac ha avanzato un 'immagine più eloquente e più appropriata per le nostre sensibilità contemporanee : quella del peccato che è accovacciato fuori dall'ingres­ so e aspetta l'occasione propizia per entrare . Il buon rabbi spiegava che, all'inizio , il peccato è come un visitatore di passaggio , poi come un ospite che si trattiene più a lungo e, infine, uno che s'installa nella casa e ne diventa il padrone (GenR 2 2 ,6). La riflessione lungo queste linee continuerà nell'insegnamento rabbinico sull'inclinazione al male (ye�er hara') , sul modo in cui cerca d ' impadronirsi dell'individuo e su come può essere dominata. A questo punto (Gen 4,8) c'è la lacuna maggiore: il testo ebraico non dice al lettore ciò che Caino disse ad Abele prima di recarsi nel

39 VERMES,

«The Targumic Versions of Genesis 4:3-1 6», 95 -96.

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luogo in cui venne ucciso, in aperta campagna. Questa lacuna ha of­ ferto al midrash un'occasione irresistibile per ricamare e avanzare, al tempo stesso , una spiegazione più adeguata dell'omicidio rispetto a quella offerta dal racconto biblico . I fratelli devono aver litigato . Forse discussero su come dividersi la terra che si stendeva davanti a loro o su quale proprietà erigere il tempio o forse sulla gemella in più di Abele (GenR 2 2 , 7) . Ma, per gli autori dei targumim, solo una diver­ genza teologica assolutamente basilare poteva spiegare un omicidio. Il Targum palestinese presenta due versioni di una disputa teologica im­ portante fra i fratelli. In base alla versione più breve, e forse più antica, rappresentata dal Targum Yerushalmi, Caino afferma che il mondo è stato creato ed è governato dall'amore o dalla misericordia (rehmin), ma lascia intendere non l'amore di Dio di cui parlano i santi, bensì la parzialità della divinità, che prende decisioni, concede favori o li ritira. in base alla preferenza e al capriccio personale . Questo spiega, secon­ do Caino , l'accettazione dell' offerta di Abele e il rifiuto della sua. Abe­ le rifiuta questa concezione. Dio governa il mondo con giustizia, non con il capriccio e l'arbitrio; ricompensa e punisce in base alle azioni dell'individuo e poiché le sue azioni erano più giuste di quelle di Caino , la sua offerta venne accettata e quella di Caino rifiutata. Nella versione più lunga, rappresentata dal Targum frammentario , i termini dell'argo­ mentazione sono molto più diretti e intransigenti. Caino afferma: Non c'è Giudizio e non c'è Giudice e non c'è un altro mondo. Non c'è ricompensa per i giusti e non c'è prezzo da pagare per i malvagi. Il mondo non è stato creato dall'amore e non è governato dall'amore. Perciò la tua offerta è stata accettata con favore e la mia non è stata accettata con favore.

Questo nichilismo morale viene rigettato da Abele che insiste su un mondo nel quale regna la giustizia, le azioni buone sono ricompensate e quelle cattive punite. Poi afferma ancora una volta di essere stato accettato perché le sue azioni erano più giuste di quelle di Caino .40 Raggiunto questo punto nietzschiano di negazione radicale , secondo

40 Cf. le presentazioni sinottiche dei testi targumici in VERMES, «The Targumic Ver­ sions of Genesis 4:3- 1 6», 96-99; cf. P. GRELOT, «Les Targums du Pentateuque : É tude comparative d'après Genèse JV,3-16», in Semitica 9{1 959), 59-88. Sul (proposto) Sitz im Leben anti-sadduceo della disputa, cf. S. lsENBERG, «An Anti-Sadducee Polemic in the Palestinian Targum Tradition», in HTR 63{1 970), 433-444.

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il quale Dio è, se non proprio morto, almeno indifferente alla moralità delle nostre azioni, è aperta la strada per un atto di male radicale, che regola i conti mediante l'omicidio di un innocente . L'atto segue immediatamente . Il testo biblico lascia senza risposta una serie di domande sulle reali circostanze del delitto: in che modo Caino uccide il fratello? Con quale arma? Abele oppone resistenza? In che modo Caino si sbarazza del corpo? Poiché nessuno aveva mai ucciso prima di allora, il midrash ipotizza che Caino possa aver imparato, vedendo suo padre uccidere un toro e, se non ha tagliato la gola ad Abele, deve aver usato un ba­ stone o una pietra (Targum Pseudo-Gionata su Gen 4,8; GenR 22,8; cf. Giub. 4,3 1 ) . Poi, secondo Giuseppe Flavio,41 cerca d i nascondere i l corpo, m a viene interpellato d a YHWH, come già Adamo nel giardi­ no. Giuseppe Flavi o completa il breve dialogo che segue nel suo modo abituale. Il commento rabbinico sul dialogo si preoccupa di spiegare il motivo per cui YHWH pone a Caino una domanda per la quale co­ nosceva già la risposta, ma l' attenzione dei commentari si concentra, soprattutto, sul grido del sangue dal suolo . L'uso del plurale (diimim, letteralmente «sangub> ), benché grammaticalmente non eccezionale , viene considerato riferito a tutti i discendenti giusti che Abele avreb­ be avuto se non fosse stato ucciso, aggravando così la colpa di Caino (GenR 22,9; m. Sanh 4,5). Quest'originalità esegetica favorirà la tradi­ zione che presenta il fratricidio come il delitto originario e archetipico con conseguenze che persistono a lungo nel futuro , sotto certi aspetti ancor più di quelle della «caduta» nel giardino di Eden. Il racconto dell'omicidio termina con la cacciata di Caino nel Pae­ se del vagabondare. Secondo la LXX, Caino si lamenta perché sarà costretto a «gemere e tremare sulla terra» (Gen 4 , 1 4 ), inducendo così a pensare che passò il resto della sua vita tremando per il rimorso, dopo essersi stabilito nella «terra del Tremore». 42 Invece, per Giusep­ pe Flavio, Caino trascorse il resto della sua vita, piuttosto lunga, nella fondazione di una città, ma anche in ogni sorta di vizi e dissolutezze, compresa l' invenzione dei pesi e delle misure, considerata evidente-

41 GIUSEPPE FLAvro, Antichità giudaiche l, 5 5 . 4 2 MELLINKOFF, The Mark of Cain , 40-57; J.L. KuGEL,

Traditions of the Bible: A Guide to the Bible as it was at the Beginning of the Common Era, Harvard University Press, Cam­ bridge 1998, 1 63-1 64.

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mente cattiva. 43 Valutazioni più moderate mantengono la nota di ap­ parente ambiguità, come abbiamo visto nella prima reazione di Caino alla scoperta del suo delitto . Il Targum palestinese interpreta il «sarà vendicato sette volte» del v. 1 5 nel senso che la punizione dovuta per il delitto sarà sospesa per sette generazioni. Una tradizione alternativa e più elaborata sostiene che la punizione sarà scaglionata su un periodo di settecento anni, cominciando dal suo duecentesimo anno e termi­ nando con la sua morte all'età di novecento anni (Testamento di Be­ niamino 7 , 3-5). Una soluzione ancor più benevola - e certamente più fantasiosa - è quella di un certo rabbi Hanina ben Isaac. Mentre Caino si allontana felice dalla presenza del giudice divino, come lasciando il tribunale dopo la pronuncia della sentenza, Adamo lo aspetta fuori e gli chiede: «Come è andata?». Caino risponde: «Mi sono pentito e sono riconciliato». Allora Adamo si percuote in volto e grida: «La forza del pentimento è così grande e io non lo sapevo! » (GenR 2 3 , 1 3) .

Il male che non vuole morire Com'è andata a finire? Abbiamo visto la tradizione, se così stan­ no effettivamente le cose, secondo la quale Caino visse 900 anni, una convinzione certamente dipendente dall'età assegnata al suo equiva­ lente Kenan nella genealogia antidiluviana (Gen 5, 14, esattamente 9 1 0 anni) . Basandosi sulla pretesa d i Lamec di aver ucciso u n uomo, alcu­ ni ipotizzano che Caino sia stato ucciso da questo suo discendente. 44 Secondo i l Libro dei giubilei (4 , 3 1 -32), Caino perì nel crollo della sua casa, l'anno successivo alla morte di Adamo: in base alla lex talionis (Es 2 1 ,24) o semplicemente alla giustizia poetica, colui che aveva ucci­ so il fratello con una pietra fu schiacciato da una pietra. Secondo un 'al­ tra opinione , riferita da Genesi Rabbah (22, 1 2 ; 30, 5 ) e in forma meno diretta dalla Sapienza ( 1 0,3-4), Caino morì nel grande diluvio . Filone fa risuonare una nota più inquietante, concludendo, dal divieto del Si­ gnore di uccidere Caino e dalla mancanza di un qualsiasi riferimento alla sua morte nel testo biblico, che Caino è uno «sempre morente e mai morto». È l' athanaton kakon , il «male immortale», dell'Odissea di

43 GIUSEPPE FLAVIO, Antichità giudaiche 44 KuGEL, Traditions of the Bible, 1 67.

I, 60-61 .

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Omero (1 2 , 1 1 8). Tutto il male nel mondo , nel corso della storia, deriva dalla depravazione che porta il nome di C.aino , e questo male, questa corruzione, sarà sempre presente . 45 Perciò Caino, che sarebbe potuto diventare il modello del peccatore pentito, è diventato l'incarnazione della malvagità, del male sponta­ neo, così come Abele è diventato il primo dei giusti e il protomartire . Il sangue che grida dalla terra è il sangue di Abele, ma è anche il grido dei discendenti di Abele ai quali Caino con il suo delitto ha negato l'esistenza. Per la stessa ragione i sofferenti giusti e i martiri possono pretendere di discendere spiritualmente da Abele. Gli esempi biblici sono Nabot, ucciso dal malvagio Acab (2Re 9, 26), e Zaccaria, figlio del sacerdote loiadà, ucciso da loas fra il santuario e l'altare (2Cr 24,2 2 ; GenR 22 ,9; Targum palestinese s u Gen 4 , 1 0) . Questo Zaccaria è con­ siderato erede spirituale di Abele anche nel vangelo , dove si afferma, riguardo al sangue innocente dei profeti e dei saggi martirizzati, che Abele fu il primo (Mt 23,34- 3 5 ; Le 1 1 ,49-5 1 ) . Prolungando questo per­ corso interpretativo si giunse inevitabilmente a considerare Abele un tipo di Gesù, il cui sangue è più eloquente di quello di Abele (Eh 1 2 , 24) . L'enfasi sulla giustizia di Abele e di coloro che lo imitano servì ad ac­ crescere la malvagità del delitto originario di Caino e l'orrore nei suoi confronti. Ripreso dai primi cristiani, esso fornì, tragicamente, anche un ' altra espressione per denigrare il popolo ebraico, un tema sul quale si è scritto molto. 46 Il testo biblico non lascia alcun dubbio al lettore sul fatto che l'o­ micidio di Abele fu l' atto di una persona libera. Caino ignorò l' ammo­ nimento del Signore e permise al demonio Peccato di oltrepassare la soglia e prendere il controllo della casa. Ma per molti interpreti po­ steriori, e forse anche per l'autore biblico , la volontà libera non era in contraddizione con la credenza in un agente soprannaturale all'opera nel compimento del delitto . Secondo un filone della tradizione, che ab­ biamo già ricordato, Eva venne messa incinta da Satana (Sammael)

45 FILONE, Quaestiones et solutiones in Genesim I-IV, 1 77; De confusione linguarum 1 22; De fuga et inventione 60-61 , 64. 46_ Esempi tratti da teologi cristiani antichi e trasmessi attraverso le catenae: AMBRO­ GIO, Caino e Abele (che rappresentano rispettivamente la sinagoga e la Chiesa) ; AGOSTINO, Contro il manicheo Fausto 25,6; lo. , La città di Dio 1 5 , 1 5 . 1 7 ; lsmoRo DI SIVJGLIA, Domande sull 'Antico Testamento (la circoncisione come il segno di Caino); BEDA IL VENERABILE, Ome­ lie sui vangeli 1 , 1 4 (l'uccisione di Abele prefigura la morte di Gesù).

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sotto le sembianze del serpente che l'aveva sedotta nel giardino.47 La stessa tradizione è ben rappresentata negli ambienti gnostici, 48 ed era ben nota nell'ambiente culturale nel quale sorsero gli scritti giovannei {Gv 8 , 3 1 -47; 1Gv 3 , 1 2). Lungo tutta la storia dei commentari su Gen 4, Caino non riuscirà mai a liberarsi dall'ombra di Satana.

47 Targum Pseudo-Gionata su Gen 4, 1 ; Pirque Rabbi Eliezer 2 1 . su cui cf. J. GoLDBERG «Sohn des Menschen oder Sohn der Schlange?», in Judaica 25(1 969), 203-22 1 ; C.T.R. HAYWARD, «Pirke deRabbi Eliezer and Targum Pseudo-Jonathan», in JTS 42( 1 99 1 ), 2 1 5246. L'affermazione in Sap 2 , 24 secondo cui la morte entrò nel mondo a causa dell'in­ vidia del diavolo allude, molto probabibnente, a Gen 3, 1 9 e al serpente, piuttosto che al delitto di Caino, con tutto il rispetto per J.R. LEVJSON, Portraits ofAdam in Early Judaism, Sheffield Academic Press. Sheffield 1988, 5 1 -52. 4 8 Vangelo di Filippo 61 ,5-10; cf. , inoltre, KuGEL, Traditions of the Bible, 169. ,

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Capitolo 5

ENOC

E

IL SUO TEMPO

Gli antidiluviani La narrazione biblica comincia, in Gen 1-1 1 , con un racconto sulle origini dell'universo e dell'umanità, seguito da una breve descrizione della storia di quest'ultima nel primo periodo di 1 6 56 anni e concluso con una distruzione in massa e un nuovo inizio. La scienza contempo­ ranea ci assicura che la terra, nel corso dei suoi oltre 4,5 miliardi di anni , è andata incontro a parecchi avvenimenti catastrofici ed estin­ zioni in massa di forme di vita. La catastrofe più nota è probabilmente quella più recente, che causò l' estinzione dei dinosauri circa 65 milioni di anni fa e condusse in seguito alla comparsa dei mammiferi, fra cui gli esseri umani. Le persone più informate ora sanno che l'umanità può favorire il ripetersi di questi avvenimenti catastrofici in un avveni­ re forse non molto lontano . La descrizione del diluvio, in questa prima fase della storia umana, sottolinea la stessa idea in un modo diverso. Le azioni umane hanno conseguenze che possono scatenare forze che sfuggono al controllo e oltrepassano l'ambiente immediato di chi le compie. La storia non è un sistema chiuso . Nella storia vi sono discon­ tinuità e intrusioni che oltrepassano il legame che si può stabilire fra azione e conseguenza. In termini teologici, c'è il giudizio e la possibilità di salvezza. Il primo segmento della storia della prima umanità (Gen 5 , 1 -6 , 8) comprendé questi ele.menti : 1 ) una genealogia lineare di dieci membri dei discendenti di Adamo, con la suddivisione finale nei tre figli di N o è (Gen 5, 1 -32); 2) il racconto notoriamente oscuro dell'accoppiamento fra maschi soprannaturali («figli degli dèi))) con femmine umane ( «fi1 51

glie degli uomini»), uno degli episodi più strani della Bibbia ebraica (Gen 6, 1 -4); 3) una spiegazione del giudizio di distruzione in massa mediante il grande diluvio (Gen 6,5-8). Dall'intestazione - «queste sono le generazioni [toledot] dei discen­ denti di Adamo» (Gen 5, 1) - apprendiamo che questo segmento costi­ tuisce la seconda unità nella prima pentade toledot. Molti seguaci del metodo storico-critico assegnano la genealogia all' autore sacerdotale (P) e Gen 6, 1 -8 all' autore yahvista (J), ma dobbiamo sottolineare anco­ ra una volta che questa sezione fa parte del racconto più ampio dei ca­ pitoli 1-1 1 dell'opera di un autore indipendente, che ha utilizzato per il suo lavoro vari tipi di materiale trovato nelle fonti. Non escludiamo la possibilità che la genealogia da Adamo a Noè sia una fonte distinta inserita in un qualche momento nella sua opera. Inoltre , non è sempre facile distinguere fra ciò che appartiene al materiale proveniente dalle fonti e ciò che appartiene al contributo dell'autore nell'inserimento e nel montaggio delle fonti. In ogni caso , come avremo occasione di ve­ dere più avanti, non si dovrebbe dare per scontato l'attuale consenso sull'estensione e sulla funzione letteraria delle due fonti principali. Presenteremo queste tre componenti della sezione di seguito, par­ tendo dalla genealogia di Adamo, formata da dieci membri (Gen 5, 1 -32). La lista di dieci nomi copre il periodo che va da Adamo a Noè, cioè dalle origini dell'umanità alla catastrofe del diluvio , che avvenne , se­ condo il sistema cronologico biblico, nell'anno 1 6 56 a.M. (anno mundi, calcolato a partire dalla creazione) . La formula basilare sulla quale è costruita la genealogia è evidente: ·

N 1 aveva X anni quando generò N2; N 1 visse X anni dopo aver generato N2 ed ebbe (altri) figli e figlie; l'intera vita di N1 fu X anni, poi morì.

La regolarità di questo schema è disturbata, all'inizio, dal riferi­ mento al racconto della creazione (Gen 5, 1 b-3) , alla fine, dalla spie­ gazione del nome di Noè e dalla menzione dei suoi tre figli (Gen 5 , 282 9 . 3 2) e, cosa notevole e sorprendente , al settimo posto privilegiato, da Enoc che camminò con Dio e non fu più (Gen 5 , 2 2 . 24) . L'elemento emergente qui, e nella genealogia parallela di dieci membri dei pa­ triarchi postdiluviani (Gen 1 1 , 1 0-26) , è l' età del patriarca alla nascita di un figlio . Non vi sono segreti riguardo allo scopo di quest' elemen­ to insolito . Esso permette la costruzione di una sequenza cronologica 152

ininterrotta per la storia umana dalle origini al diluvio, poi - in Gen 1 1 , 1 0-26 senza interruzione dal diluvio alla nascita di Abramo, un periodo, secondo il computo biblico, di 1 946 anni. Con la nascita di Abramo si entra in quello che nel contesto era considerato il tempo sto­ rico. Quest'accentuazione dell'elemento cronologico nella genealogia solleva una questione interessante e non priva d'importanza che ora richiede un esame più approfondito . -

La ricerca della struttura del tempo Sembra improbabile che queste notizie cronologiche nel Penta­ teuco , per lo più nel libro della Genesi , siano arbitrarie; è molto più probabile che facciano parte di un qualche sistema generale . Questi sistemi sono dettati da una convinzione riguardo al significato della storia dell'umanità nel suo complesso , al suo impulso, alla sua durata e alla sua tendenza a un termine. Nelle loro varie forme sono tentativi d'introdurre una qualche parvenza di senso nel flusso e riflusso appa­ rentemente senza scopo del tempo. Questi tentativi assumono spesso la forma di un «anno del mondo» o «grande anno» del tipo attestato in varie civiltà antiche e moderne, spesso associato a concezioni astro­ nomiche. Lo schema verrà calcolato o in avanti, a partire da un inizio assoluto, o all'indietro , a partire dalla fine di un 'epoca o dalla fine del punto fermo nella storia. Questi scherni non esistono solo nel mondo biblico e nel Vicino oriente antico, nelle culture levantine e greche, di cui il mondo biblico faceva, in varia misura, parte . Mentre scrivo (ini­ zio del 20 1 0), c'è, ad esempio , un grande interesse per il calendario di calcolo a lungo termine dei Maya. Basato su calcoli astronomici, l'inizio dell'attuale ciclo storico , della durata di 5 1 26 anni, viene collocato in una data corrispondente al 3 1 1 4 a.C . Perciò , se i calcoli sono corretti, dovrebbe terminare nel 201 2 d.C. Ma non è chiaro , in base alla teo­ logia maya, se questa data segnerà la fine della storia o solo la fine di un'epoca e l'inizio di un'altra. L'opera più nota di un autore cristiano su questi calcoli è quella dell' ar-. civescovo James Ussher, Annales Veteris Testamenti (Annali dell'Antico Testamento), pubblicata nel 1 650. Pur apparentemente non interessa­ to aile speculazioni apocalittiche, Ussher utilizzò i dati della Bibbia e del calendario per calcolare all'indietro a partire dalla nascita di Cristo nel 4 a.C., giungendo alla conclusione che la creazione era avvenuta il 153

23 ottobre 4004 a.C. Naturalmente l'arcivescovo non basò i suoi calcoli unicamente sulle informazioni cronologiche contenute nella Bibbia. La fama di Ussher come studioso ed ecclesiastico assicurò alla sua opera un grande successo e la data della creazione da lui indicata finì per diventa­ re in qualche modo canonica, anche grazie al suo inserimento ai margini di molte edizioni della King James Bible . L'arcivescovo riprese l'idea di un ciclo di 4000 anni o «grande anno», aggiungendovi quattro anni per colmare l'intervallo fra la nascita di Gesù e l'era cristiana com'era cal­ colata allora. Altri adottarono la stessa cifra, aggiungendovi i 2000 anni dell'era cristiana. La somma totale di 6000 anni era basata sui sei giorni della creazione. interpretati alla luce del Sal 90,4 (89,4 LXX) : «Mille anni ai tuoi occhi sono come il trascorrere di un giorno» , combinato con 2Pt 3,8: «Un giorno con il Signore è come mille anni». L'idea di una durata di 6000 anni della storia dell'umanità è attestata nel primo cristianesimo . ad esempio nella Lettera di Barnaba, nella quale si afferma: «In 6000 anni Dio condurrà ogni cosa alla fine» {1 5 ,4-5). La credenza continuò nel corso dei secoli. In Come vi pare (IV, i, 97 -98) di Shakespeare, Rosalin­ da consola Orlando con l'idea che la fine è vicina: «Il povero mondo ha quasi seimila anni» . I calcoli basati unicamente sui dati biblici sono complicati dalle ci­ fre diverse presenti nella LXX e nel Pentateuco samaritano . Ma, se ci limitiamo al TM ebraico canonico e accettiamo l'ipotesi di un ciclo di 4000 anni, otteniamo questi risultati che possono essere facilmente verificati. Abbiamo visto che le liste antidiluviane e postdiluviane sono disposte in modo da permettere una sequenza cronologica ininterrot­ ta. Calcolando in avanti, a partire dalla creazione, nell'anno uno, la somma degli anni di vita dei dieci patriarchi antidiluviani e dei die­ ci patriarchi postdiluviani {Gen 5 , 1 -3 2 ; 1 1 , 1 0-26) colloca la nascita di Abramo nel 1946 a.M. Secondo la visione dell'autore biblico, quello è il tempo del passaggio dalla preistoria alla storia. Aggiungendo i cento anni di Abramo al momento della nascita di Isacco (Gen 2 1 ,5), i sessan­ ta anni di Isacco alla nascita di Giacobbe (Gen 2 5 , 26) e la notizia che Giacobbe aveva 1 30 anni all'inizio del soggiorno in Egitto (Gen 4 7, 9), arriviamo a 22 36 anni dalla creazione alla discesa in Egitto . L' aggiunta di 430 anni trascorsi dagli israeliti in Egitto (Es 1 2 ,40-4 1 ) 1 ci porta a

1 Preferibile alla cifra alternativa, 400 anni (Geo 1 5, 1 3), perché 430 è, in origine, chiaramente sacerdotale e vedremo che ricorrerà in seguito nella cronologia.

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2666 a.M. per l'esodo o 2667 a . M . per l'erezione del santuario nel de­ serto l'anno successivo (Es 40, 1 -2 . 1 7) . Può non essere casuale il fatto che queste ultime date delimitino pressappoco i due terzi di un ciclo di 4000 anni o epoca del mondo. Per trovare il prossimo marcatore cronologico, lasciamo il Penta­ teuco e giungiamo all'inizio della costruzione del tempio di Salomone , nell'anno quarto del suo regno, 480 anni dopo l'esodo, quindi 3 1 46 a.M. ( 1 Re 6 , 1 ) . La forma solenne in cui viene indicata questa data è senza paralleli altrove nella storia dei regni; è, inoltre, l'unico tentativo nei libri storici di collegare la storia alla preistoria: Nell'anno quattrocentottantesimo dall'uscita degli israeliti dalla terra d' Egitto, nell'anno quarto del regno di Salomone su Israele, nel secondo mese di quell'anno, il mese di Ziv, egli cominciò a costruire la casa di YHWH (lRe 6,1).

Calcolando a partire da quell'anno, in base al TM, senza aggiu­ stamenti o sovrapposizioni, gli anni di regno dei sovrani della Giu­ dea nei profeti anteriori (Samuele-Re) ammontano a 430 anni, cioè, sorprendentemente, gli stessi anni del soggiorno in Egitto. Se, infine , prendiamo il calcolo biblico di 50 anni (un giubileo) per l'esilio o, più precisamente, per il periodo che va dalla distruzione del tempio di Salomone alla decisione di ricostruir lo annunciata nell'editto di Ciro, emanato nel 5 3 8 a . C . (Esd l , 2 -4), 2 giungiamo al 3 6 2 6 a . M . Sono 3 7 4 anni meno dei 4000 anni e 3 74 anni aggiunti al 5 3 8 a.C. (passando ora alla cronologia assoluta) ci portano al 1 64 a.C . , la data della nuova dedicazione del tempio profanato dai seleucidi ( l Mac 4 , 5 2 - 59). Quin­ di, coerente con la storia dell' autore sacerdotale, la periodizzazione è focalizzata sul luogo del culto : il tempio cosmico del racconto della creazione, l'erezione del santuario nel deserto , il tempio di Salomone , il tempio ricostruito , la nuova dedicazione del tempio . Per facilitare la verifica di questi calcoli possiamo indicare le linee principali della sequenza in questo modo :

2 · Per l'esilio come il riposo sabbatico della terra cf. 2Cr 36,21 e Lv 26,34-35. Il tem­ pio fu distrutto dai babilonesi nel 587 o 586 a.C. Un giubileo comprende esattamente 49 anni («sette volte sette anni» [Lv 25,8]), ma la proclamazione della libertà deve avvenire nel cinquantesimo anno.

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Gen 1 ,26-27; 5 , 1 -5 Gen 5, 28 Gen 5,32 Gen 7,6. 1 1 Gen 1 1 ,26 Gen 2 1 , 5 Gen 25,26 Gen 47,9 Es 1 2,40-41 Es 40, 1 -2. 1 7 tRe 6, 1 t Re 6, 1-2Re 25 Esd 1 ,2-4 1 Mac 4, 52-59

Creazione di Adamo Nascita di Noè Nascita di Sem Inizio del diluvio Nascita di Abramo Nascita di l sacco Nascita di Giacobbe Giacobbe e figli in Egitto Esodo dall'Egitto dopo 430 a!l ni Erezione della Dimora (tenda del convegno) Tempio di Salomone Monarchia in Giudea Decisione di ricostruire il tempio Nuova dedicazione del tempio

1 a.M. 1 056 1 5 56 t656 1 946 2046 2 1 06 " 2236 2666 2667 3 1 46 3 5 76 3626 4000 3

Se si accetta tutto questo, allora la cronologia dev'essere stata cal­ colata all'indietro, a un certo punto nel periodo dei maccabei. Essendo difficile (anche se forse non impossibile) rinviare la composizione delle genealogie di Gen 5 e 1 1 a una data così tarda, bisogna concludere che le indicazioni cronologiche presenti in queste liste furono rivedute a quell'epoca per adattarle al sistema generale con il suo termine nel 1 64 a.C. In questo caso, la sequenza poteva essere stata calcolata in origine per terminare con il tempio di Giosuè e Zorobabele , dopo il ritorno dall'esilio babilonese, come riferito da Esdra-Neemia e dai pro-

3 Lo schema dei 4000 anni, al quale accennò già J. WELLHAUSEN, Prolegomena to the History ofAncient Jsrael, T & T Clark, Edinburg 1 88 5 , 308-309, fu descritto breve­ mente da C. KUHL, Die Entstehung des Alten Testaments, Francke Verlag, Berna 1953. 69; descrizioni più recenti in G. JoNssoN, The lmage of God: Genesis 1 :26-28 in a Century of Old Testament Research, Gleerup, Lunde 1 988, 3 1 -33 e in J. BLENKINSOPP, The Pentateuch: An lntroduction to the First Five Books of the Bible, Doubleday, New York-London 1 992, 47-5 1 . Si è ipotizzata un' origine zoroastriana, ma i parallelismi sembrano, tutto som­ mato, vaghi. Sull'escatologia zoroastriana, cf. M . BoYr.E, Zoroastrians: Their Religious Beliefs and Practices, Routledge , London & New York 1 979, 42-43; 7 4- 75. Sul contesto ellenistico della cronografia di questo tipo, cf. B.Z. WAcHOLDER, «Biblica! Chron ology in the Hellenistic World Chronicles» , in HTR 61 ( 1 968), 4 5 1 -48 1 .

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feti Aggeo e Zaccaria. In ogni caso , questo genere di cronografia non è una bizzarria, il prodotto di una mente ossessionata dai misteri legati ai numeri. È, al contrario , un modo per esprimere una convinzione: il processo storico non è un sistema chiuso , ma ha un senso e una dire­ zione , sotto la guida e la provvidenza di Dio, creatore del mondo e del tempo . Inoltre , nella cronologia così stabilita, che sotto certi aspetti coin� cide, o almeno non è incompatibile , con l'escatologia della visione nel libro di Daniele , è implicita una prospettiva escatologica. Entrambi cal­ colano la fase finale della storia dallo stesso punto di partenza: l'editto di Ciro emanato nel 538 a.C . («Da quando uscì il decreto che Gerusa­ lemme sarebbe stata ristabilita e ricostruita» [Dn 9 , 2 5]), ed entrambi hanno lo stesso termine, la nuova dedicazione del tempio, nel 1 64 a . C . Anche le visioni d i Daniele usano un tipo d i periodizzazione basato sul sabato o sul giubileo («settanta volte sette anni» [Dn 9, 24]), un tipo che, per quanto sappiamo, era limitato all'ultima fase, o fase postesilica, della storia .4 Perciò, la cronologia masoretica prende il suo posto , accanto alle visioni di Daniele e ad altri tentativi, di decifrare il corso degli avveni­ menti storici alla luce degli sconvolgimenti causati, nei decenni centrali del II secolo a.C . , dall'agenda dei re seleucidi e dei loro sostenitori giu­ dei filoellenici. Un esame dettagliato di questi avvenimenti ci condur­ rebbe troppo lontano dal nostro tema principale, ma possiamo ricor­ dare i testi che contengono esempi comparabili di cronologia teologica: I 'eno chiana Apocalisse delle settimane (lEn 93 , 1 - 1 0 + 91 , 1 1 - 1 7), che presenta una serie di dieci eptadi o «settimane>>, da Enoc, che ricevette la rivelazione , alla fine della storia; - il sogno-visione, piuttosto simile, di 1 Enoc 8 5 -90, nel quale le dra­ matis personae sono rappresentate allegoricamente come agnelli, pecore e altri animali domestici e selvatici; anche in questo caso la storia è periodizzata in segmenti successivi da Enoc e dalla discesa dei «figli di Dio» fino al giudizio finale; - il Libro dei giubilei, con la stessa visione fortemente predetermi­ nata del corso della storia, dalla creazione all' eschaton , perché tutto è preordinato in tavolette celesti (Giub. l ,29) ; -

4 J.A. MoNTGOMERY, A Criticai and Exegetical Commentary on the Book ofDaniel (ICC), T & T Clark, Edinburgh 1 926, 372-404; J.J. CoLLJNS, Daniel (Hermeneia), Fortress, Min­ neap o lis 1 993, 352-358.

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- retrospettiva del Testamento di Levi, analogamente scandita in giubilei e settimane, rispettivamente periodi di 49 e di 7 anni ( 1 6, 1 - 1 1 ) . Vari altri testi conservati nell'archivio d i Qumran, per lo più fram­ mentari e quindi difficili da decifrare , dimostrano un vivo interesse per la «divisione dei tempi» .5 Comune a tutte queste retrospettive storiche, sia che coprano tutto il passato o solo il periodo postesilico , è un'oppri­ mente insistenza sul peccato e sul giudizio imminente .6 Nella versione della Genesi, questa stessa impressione viene proiettata nel passato mitico dell'umanità, con il riferimento al giudizio del grande diluvio.

Caratteristiche letterarie delle genealogie Ovviamente le liste antidiluviane e postdiluviane (Gen 5 , 1 -32; 1 1 , l 0-26) giocano un ruolo importante nel sistema cronografico , perché coprono il periodo preistorico cruciale che va dalla creazione dell'uomo alla catastrofe e, al di là di essa, al nuovo ordine del mondo e alla nuova umanità. Convenzionalmente , vengono assegnate entrambe al racconto base P, datato da molti studiosi al VI o V secolo a.C. Possia­ mo accettare questa conclusione come un'ipotesi di lavoro , anche se con poco entusiasmo, perché non c'è nulla di specificamente «sacer­ dotale», quanto a ideologia, tematica o vocabolario, in Gen 5 , 1 -3 2 . Il riferimento , all'inizio della lista, alla creazione dell' uomo (Gen 5 , l b-2; cf. l ,26-28), certamente P, è chiaramente un' interpolazione. Disturba il linguaggio formale della genealogia e lì 'adam non è un nome di persona, come si addice a una genealogia, bensì un nome collettivo (« umanità») con suffissi plurali. Lo stesso vale per l' espressione «a sua immagine, secondo la sua somiglianza» in relazione al figlio di Adamo (Gen 5 , 3). Anche la spiegazione qel nome Noè, verso la fine, disturba lo schema (Gen 5,29), benché, in questo caso, sia ripreso evidentemente 5 4Q 1 80- 1 8 1 (4Q Le età della creazione o Pesher sui periodi); 4Q 243-245 (4Q Pseu­ do-Daniele); 4Q 390 (Apocrifo di Geremia, in precedenza 4Q Pseudo-Mosè); Documento di Damasco (CD 1 , 1 - 1 2; 2 , 1 6-3, 2 1 ) . Recentemente C. B ERNER, Jahre. Jahrwochen und Jubiliien, de Gruyter, Berlin 2006, ha offerto un contributo molto sostanzioso allo studio di questi e altri analoghi testi «eptadici». 6 K KocH, «Sabatstruktur der Geschichte . Die sogenannte Zehn-Wochen Apo­ kalypse (l Hen 93, 1 - 1 0, 91 , 1 1 - 1 7) und das Ringen um die alttestamentlichen Chronolo­ gien im spaten Israelitentum», in ZAW 95(1 983), 403-430. .

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da una fonte attribuita all'autore yahvista: la maledizione del suolo sta­ bilisce un collegamento con la condanna dell'uomo in Eden (Gen 3, 1 7) e il termine raro per «fatica» ('issabon) ricorre solo qui e nel racconto di Eden (Gen 3, 1 6 . 1 7). Poiché provengono da fonti diverse, queste ag­ giunte sono state fatte probabilmente in un periodo successivo, dopo che le fonti P e J erano già state amalgamate. Bisognerebbe prestare attenzione anche all'espressione che intro­ duce la genealogia di dieci membri da Adamo a Noè : «Questo è il libro della genealogia di Adamo» (zeh seper toledot )iidiim [Gen 5,1 ]). Questa rubrica complica la divisione convenzionale e lineare di Gen 1-1 1 in sacerdotale e yahvista, perché induce fortemente a pensare alla possi­ bilità dell'inserimento , a un dato momento, certamente molto posterio­ re, di un racconto proveniente da un archivio diverso nella formazione del Pentateuco . Bisognerebbe dire qualcosa anche riguardo alla relazione fra la lista antidiluviana in Gen 5 e il materiale genealogico del capitolo prece­ dente. Le somiglianze sono ovvie . Cinque nomi sono identici (Adamo, Set, Enos, Enoc, Lamec) e quattro sono talmente simili da poter essere considerati varianti (Kenan/Caino, MaalalèVMecuiaèl, Iered/Irad, Me­ tusaèVMatusalemme). Ma le differenze sono più significative delle so­ miglianze. In Gen 4, i tre figli di Lamec sono gli inventori di tecnologie necessarie per la vita civilizzata, mentre in Gen 5 Lamec ha solo un figlio, Noè, il cui nome preannuncia il giudizio imminente del diluvio, e i nomi dei tre nipoti di Lamec preannunciano il nuovo mondo dopo il diluvio . Inoltre, la lista antidiluviana inverte l' ordine dei due figli so­ pravvissuti di Adamo. Comincia con Set e suo figlio Enos e continua con quelle che sembrano essere varianti di nomi nella linea corrotta di Caino. Quest'inversione può essere un modo per suggerire il messaggio, familiare dai racconti di origine mesopotamici e greci, della progressiva corruzione morale, della spirale discendente della storia. Infine, nella genealogia di Gen 4, 1 7-24, Enoc è il figlio di Caino , mentre nel capitolo seguente occupa la settima, significativa, posizione. La sua rimozione dalla scena, molto prima del diluvio, sembra implicare un giudizio ne­ gativo sulla sua generazione . I rinvii alla fluidità genealogica aiutano in parte a spiegare le differenze fra le genealogie nei capitoli 4 e 5, 7 ma

7 D.T. BRYAN, «A Reevaluation of Genesis 4 and 5 in Light of Recent Studies in Genea­ logica} Fluidity». in ZAW 99( 1 987). 1 80- 1 88 .

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sembra probabile che gli autori di questi due capitoli abbiano usato lo stesso materiale genealogico per scopi molto diversi.

Corizzonte vicino-orientale della genealogia antidiluviana Passiamo ora alla questione del contesto e dell'ambiente letterario della lista antidiluviana in Gen 5. Normalmente i commentatori parto­ no dalla sua comparazione con le liste di dinastie e re che governarono le antiche città-stato sumere della Mesopotamia meridionale. Ce ne �ono pervenute circa venti copie , complete o parziali . Una di queste liste � che è servita come prefazione a liste di sovrani storici, contiene una serie di otto re antidiluviani, i cui regni , durati globalmente 34. 650 anni , oltrepassarono di gran lunga le cifre bibliche. 8 Questa lista è com­ parabile con la sua controparte biblica, ovviamente nel senso di risali­ re fino al diluvio. Inoltre, Enmeduranki, come Enoc settimo nella lista biblica, ha regnato a Sippar, una città consacrata al culto del dio-sole Shamash, che ricorda la durata della vita «solare» (365 anni) di Enoc. Enmeduranki somiglia a Enoc anche per essere stato portato , così si racconta, nel consiglio degli dèi, dove gli furono insegnate le tecniche divinatorie. Grazie a questa conoscenza rivelata, egli fondò una cor­ porazione di baru , sacerdoti esperti di divinazione , un aspetto fonda­ mentale della religione babilonese. 9 I parallelismi potrebbero suggerire un'origine babilonese di Enoc, ma le differenze fra le liste sono , tutto sommato , più importanti delle somiglianze. La lista mesopotamica dif­ ferisce in genere , scopo , nomi e cifre; tratta di re , non di patriarchi e saggi; comporta otto e non dieci sovrani prima del diluvio . 10 È possibile che l'autore biblico abbia conosciuto questa o quella ver­ sione della lista, ma la versione più vicina a Gen 5 è quella dei re anti­ diluviani nella Babyloniaka di Be rosso . Quest'opera, conservata solo in frammenti dal compilatore del I secolo Poliistore e trasmessa in fram­ menti da Giuseppe Flavio ed Eusebio di Cesarea, fu composta attorno al 8 T. JAcoasEN, The Sumerian King L ist. University of Chicago Press, Chicago 1 939; ANET 265-266. 9 W.G. lAMBERT, «Enmeduranki and Related Matters», in JCS 2 1 ( 1 967), 1 26-1 38. 10 W.G . LAMBERT, « A N e w Look a t the Babylonian Background of Genesis», i n JTS 1 6( 1 965), 287 -300; T. C. 1-IARTMAN , «Some Thoughts on the Sumerian King List and Genesis 5 and 1 1 8», in JBL 9 1 ( 1 972), 2 5-32; R.S. H Ess, «The Genealogies of Genesis 1-1 1 and Comparative Literature», in Bib 70(1 989), 241 -254.

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280 a.C. e dedicata al re seleucida Antioco I. Essa elenca dieci re prima del diluvio, terminando con Xisouthros (il sumero Ziusudra), l' equiva­ lente di Utnapishtim e di Noè . Dopo aver sotterrato le opere contenenti la conoscenza e la sapienza accumulata nel corso dell'epoca antidilu­ viana, quest'antico sovrano costruì una nave, nella quale sopravvisse al diluvio, offrì un sacrificio di ringraziamento e fu assunto a vivere con gli dèi. Il settimo posto, significativo, nella lista è occupato da Evedorachos corrispondente al mesopotamico Enmeduranki, settimo nella lista dei re sumeri e sovrano di Sippar nel Basso Eufrate , città consacrata al dio sole Shamash. Perciò, Enmeduranki/Evedorachos è strettamente pa­ rallelo a Enoc, il quale , oltre al significato solare della durata della sua vita, nella tradizione postbiblica è strettamente associato con credenze legate all'astrologia e al calendario . 1 1 Sarebbe difficile sostenere l'ipote­ si di una dipendenza diretta della lista biblica da Berosso o di Berosso dalla lista biblica, ma il carattere cosmografico e genealogico di Gen 5 è chiaramente un esempio degli stessi impulsi culturali che produssero la Babyloniaka di Berosso , l'Aegyptiaca di Manetone e altri scritti ana­ loghi dalla metà alla fine del periodo ellenistico . È imprudente affermare che Berosso segna il terminus post quem per la lista di Gen 5, ma possiamo almeno affermare che il Libro dei giubilei, composto nei decenni centrali del II secolo a. C . , segna il termi­ nus ante quem. Nella sua narrazione notevolmente ampliata del rac­ conto della Genesi l' autore inserisce una lista dei discendenti di Ada­ mo, combinando le genealogie di Gen 4 e Gen 5 e riadattando l'ordine, ma senza alcun tentativo di armonizzazione, ad esempio , riguardo alle due figure molto diverse di Enoc in Gen 4, 1 7- 1 8 e 5 , 1 8-24. Egli attri­ buisce a questi patriarchi primordiali anche mogli, che erano o loro sorelle o loro cugine. Il nome lered, che collega con il verbo ebraico yarad («scendere»), induce l'autore a ritenere che proprio allora i Vigi­ lanti («i figli degli dèili figli di Dio») scesero sulla terra, inizialmente per inculcare la giustizia mediante l'istruzione e l'esempio. Alla fine, fra la nascita di Noè e quella dei suoi tre figli, l'autore inserisce il racconto 11 Cf. S.M. BuRSTEIN, The Babyloniaca of Berossus, Undena, Malibu 1 978, 1 8- 1 9 . Sulla relazione fra Berosso e l e cronache babilonesi, cf. R. DREW, «The Babylonian Chro­ nicles and Berossus», in Iraq 37(1 975) , 39-55. L'opinione di Russell E. Gwirkin riguardo alla dipendenza di Gen 1 1 da Berosso è viziata dalle sue argomentazioni altamente ipo­ tetiche a favore della composizione del Pentateuco ad Alessandria, nel 273-272 a.C. Cf. R.E. GwJRKIN, Berossus and Genesis, Manetho and Exodus: Hellenistic Histories and the Date of the Pentateuch, T & T Clark, New York-London 2006.

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della morte e della sepoltura di Adamo e della morte del suo primoge­ nito Caino (Giub. 4,29-32). Questa parte dell'opera, insieme a punti di vista sul passato analoghi a quelli di 1 Enoc, rappresenta un aspetto del grande interesse per le origini nazionali, etniche e cosmiche esistente nel periodo ellenistico , sia stimolato dalla cultura ellenistica dominante sia in reazione alla stessa.1 2

La settima generazione Comparando la lista antidiluviana in Gen 5 con le genealogie del capitolo precedente , notiamo che , in Gen 5, la linea di Set, terzo figlio di Adamo (Gen 4,2 5-26) , precede i discendenti di Caino , il primogenito (Gen 4, 1 7 -24), e che Enoc è stato spostato dalla posizione in succes­ sione diretta a Caino (Kenan) nella settima, significativa, posizione . Gli viene, quindi, assegnata una funzione del tutto diversa. La presenta­ zione di questo materiale genealogico vuole evidentemente veicolare un messaggio . Nella lista da Adamo a Noè, letta nel contesto narrativo di Gen 1 -1 1 , il messaggio riguarda l'origine e la diffusione del male morale. L' wnanità è partita bene con i setiti, i primi a invocare il nome di YHWH , cioè a praticare la religione (Gen 4,26), ma, nel giro di sei o sette generazioni, si è corrotta ed è cominciato il declino . Secondo l Enoc, l'ingresso del vero male nell'umanità coincide con la discesa degli angeli ribelli e la loro unione con le donne nella generazione di lered, padre di Enoc (lEnoc 1 06, 1 3- 1 4, il racconto della nascita mi­ racolosa di Noè). Il Libro dei giubilei afferma lo stesso in relazione al nome Iered (ebr. yered), associandolo con la radice verbale yarad («scendere») . L'associazione linguistica spiega sia il legame genealogi­ co fra lered ed Enoc, sia il collegamento fra il messaggio della genealo­ gia nel suo insieme e il mito sui matrimoni sovrumani-umani nel passo immediatamente successivo (Gen 6, 1 -4). Lo stesso tema, la diffusione del male, può essere dedotto anche dalla rimozione di Enoc dalla sce­ na, dopo «camminò con Dio», costruito come un implicito giudizio di condanna sui suoi contemporanei . Ecco la presentazione della settima generazione antidiluviana:

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P. VAN D E R HoRST, Japhet in the Tents of Shem: Studies on Jewish Hellenism in Antiquity, Peeters, Leuven 2002, 1 39-1 58 .

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Dopo aver vissuto sessantacinque anni, Enoc generò Matusalemme . Enoc camminò con Dio per 300 anni, dopo aver generato Matusalemme ed ebbe (altri) figli e figlie. L'intera vita di Enoc fu di trecentosessantacinque anni. Enoc camminò con Dio e non fu più, perché Dio l'aveva preso (Gen 5,21 -24).

Qui la formula genealogica è disturbata in due punti. Anzitutto, dopo la nascita del figlio, Enoc non visse semplicemente come gli altri, ma camminò con Dio per 300 anni. In secondo luogo, al posto della notizia sulla morte comune a tutti gli altri, questa forma di vita religiosamente più intensa, chiamata «camminare con Dio» , è seguita dalla notizia della rimozione di Enoc dalla scena. Perciò , una vita straordinaria e una fine straordinaria. L'altra caratteristica eccezionale è la breve durata della vita di Enoc, anomala rispetto alla longevità antidiluviana nel s uo complesso e, soprattutto , in contrasto con quella del padre e del figlio, che gli sa­ rebbero sopravvissuti rispettivamente per 435 e 669 anni. «Cammina­ re con Dio», inteso dal traduttore della LXX nel senso di vivere una vita gradita a Dio , è detto anche di Noè (Gen 6, 9) ed equivale al vivere alla presenza di Dio, caratteristico di Abramo e degli altri grandi antenati e, nei Salmi , del fedele pio in genere. 1 3 Dalla formulazione si potrebbe concludere che Enoc comincia a camminare con Dio solo dopo la na­ scita del figlio, per cui ci si potrebbe chiedere se prima di allora non sia stato sotto l'influenza malefica degli angeli ribelli. È stata certamente questa lettura del passo a generare l'idea di un Enoc penitente, una caratterizzazione che s'incontra per la prima volta in Ben Sira (44 , 1 6) e viene ripresa poi da Filone . 14 Tuttavia, l'espressione «dopo aver gene­ rato Matusalemme» riproduce semplicemente lo schema formale che

1 3 Gen 1 7 , 1 ; 24,40; 48, 1 5; Sal 26,3; 56, 1 4 ; 1 0 1 ,2; 1 1 6,9. La forma verbale hithallék (hitpael) in queste espressioni connota sia la durata sia il movimento; cf. YHWH «che passeggia» nel giardino (Gen 3,8), Davide che passeggia sul tetto del suo palazzo (2Sam 1 1 ,2) e Satana che percorre in lungo e in largo la terra (Gb 2, 2). 14 In Sir 44, 1 6, Enoc è «un esempio di pentimento» (hypodeigma metanoias); cf. FILONE, De Abrahamo 1 7- 1 8; Quaestiones et solutiones in Genesim 1 ,82; cf. J.L. KuGEL, Traditions of the Bible: A Guide to the Bible as it was at the Beginning of the Common Era, Harvard University Press , Cambridge 1 998, 1 78-1 79. Un po' diversa è la prospettiva in Sap 4, 10- 1 4, secondo la quale Enoc fu preso per preservarlo dalla corruzione della sua generazione.

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ricorre in tutta la genealogia, per cui non occorre attribuirle un altro significato. Spesso i commentatori osservano che quest'informazione su Enoc, un personaggio che non ricorre altrove nella Bibbia ebraica, a parte 1 Cr 1 , 3 , che dipende comunque da Gen 4-5 , è così breve e così carica di domande senza risposta da risultare praticamente incomprensibile. Perciò alcuni hanno avanzato il sospetto che essa sintetizzi una tradi­ zione più ampia e ricca di informazioni su questo grande saggio e mae­ stro di saggezza dell' epoca antidiluviana, una tradizione già circolante sotto una qualche forma al tempo della composizione del testo biblico. Questo solleva ancora una volta la questione della relazione fra i libri di Enoc, specialmente il Libro dei Vigilanti e il Libro dell ·astronomia (o Libro dei luminari celesti), da una parte , e la lista di Gen 5, il libro delle toledot, al quale il titolo della genealogia l'assegna e le aggiunte alla stessa che trattano di Enoc in Gen 5 , 2 1 -24, dall'altra. Non è possibile raggiungere la certezza, ma non si può più consid erare scontata la pre­ cedenza cronologica della breve tradizione biblica su Enoc sulle tradi­ zioni sfociate nell'enochico Libro dei Vigilan ti (1Enoc 6-36). Gli studiosi riconoscono che 1 Enoc 6-36, datato da molti specialisti fra l'inizio e la metà del III secolo a.C . , è un'opera composita; vi sono, ad esempio, due capi degli angeli ribelli, Semeyaza e Azazel, che insegnano all'umanità cose diverse . Perciò le fonti devono essere precedenti al testo nella forma in cui ci è giunto e le tradizioni cui attinsero queste fonti devono essere presumibilmente ancora precedenti.15 È anche possibile , come abbiamo notato sopra, datare le liste antidiluviane e postdiluviane in­ dipendentemente dalle fonti classiche del Pentateuco. In breve, Gen 5 , 2 1 -24 ha più l'aspetto di un compendio di una tradizione più ampia e complessa su questo grande saggio del periodo arcaico, una tradizione come quella conservata nel ciclo etiopico di Enoc.

1 5 È la posizione di J.T. MILIK, The Books of Enoch. Clarendon, Oxford 1 976, 30-31 , sulla relazione fra 1 Enoc 6-- 1 9 e Geo 6 , 1 -4. Sullo stesso punto Matthew Black scrive: «Geo 6 , 1 -4 appare certamente come un estratto ebraicizzato del racconto aramaico, probabilmente per fornire un inizio mitologico (l'origine celeste del male) alla saga di Noè» (M. BIAcK, The Book of Enoch or 1Enoch: A New English Edition, Brill, Leiden 1 985, 1 4; 1 24- 1 25 ) . J.C . Vanderkam è particolarmente cauto, ma ammette che è improbabile che «tutti gli scritti, anche quelli più antichi, su Enoc scaturiscano da questo modesto fondamento (biblico)» (J .C. VANDERKAM, Enoch: A Man for A ll Generations. University of South Carolina Press, Columbia 1995, 1 3- 1 4).

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Il profilo di Enoc Il compito di delineare un profilo di Enoc come la figura dominante del periodo arcaico comincia con le sorprendenti informazioni che si trovano nella genealogia. Lì leggiamo che Enoc visse sulla terra 365 anni , camminò con Dio e, invece di morire, fu preso da Dio e non fu più visto . Tratteremo di seguito queste tre caratteristiche del suo profilo . L'ovvio significato astronomico della durata della vita di Enoc, 365 anni, indica che egli occupa, come Enmeduranki, il suo equivalente mesopotamico, un posto speciale nelle tradizioni sugli eminenti cultori antidiluviani delle scienze astronomiche e astrologiche (all' epoca indi­ stinguibili). Scrivendo attorno alla metà del II secolo a.C . , l'autore ano­ nimo noto come Pseudo-Eupolemo afferma che fu Enoc, e non questo o quello studioso egiziano, il fondatore dell'astronomia, una scienza mol­ to stimata al tempo in cui scrisse . 16 Egli prese , quindi, posto nelle file degli antichi saggi , accanto a Set, Ermes e Zoroastro. 17 Anche Giuseppe Flavio parla dell 'importanza della «scienza dei corpi celesti» nell'epoca antidiluviana, ma la associa con Set e i suoi discendenti piuttosto che con Enoc.18 Probabilmente , la più antica delle sezioni di l Enoc, risa­ lente al III secolo a.C. e forse anche prima, è il Libro dell 'astronomia, detto a volte Libro dei luminari celesti ( l En 72-82). Contiene istruzioni impartite a Enoc su materie astronomiche dall'angelo Uriele, nel corso di visioni negli anni precedenti alla sua definitiva «traslazione» , con l'ordine di trasmetterle a suo figlio Matusalemme (1En 76, 1 4; 79, 1 ; 8 2 , 1). Al termine della visione, che ha avuto nella sfera celeste, cioè in uno stato di coscienza alterato, Enoc viene ricondotto dai suoi sette ac­ compagnatori celesti sulla terra e deposto davanti alla sua casa. Prima di congedarsi , lo incaricano di trasmettere, oralmente o per iscritto, ciò che ha appreso a suo figlio e ai posteri in generale , concedendogli per questo un anno di tempo prima della sua definitiva scomparsa dal­ la terra. Questo mandato implica che la visione terminò nel suo 364 o anno di vita, corrispondente alla lunghezza di un anno del calendario solare, la cui importanza religiosa viene ripetutamente inculcata nel 16 C.R. Hou.ADAY. Fragments from Hellenistic Jewish Authors. 1: Historians. Scholars Press. Chico 1 983, 1 57 - 1 8 7 . 17 W. ADLER, «Berossus, Manetho, and 1Enoch in the World Chronicle o f Panodorus», in HTR 76(1 983), 4 1 9-442. H l GmsEPPE FLAVIO, Antichità giudaiche l, 69-7 1 .

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corso della visione (1En 7 2 , 32 ; 74, 1 2; 7 5 , 2 ; 8 2 ,6}. L'anno di tempo con­ cesso a Enoc mira, quindi, a conciliare l'età di Enoc con il calendario solare. Il Libro dei giubilei, composto nei decenni centrali del II secolo a.C., contiene un'ampia parafrasi del racconto biblico dalla creazione alla prima pasqua in Egitto . Nella sua rilettura di Gen 5 , 1 8-24, l' autore, che conosce bene l'enochico Libro dell'astronomia, presenta Enoc come il primo saggio che scrive un trattato astronomico per permettere ai posteri di celebrare le feste nella data corretta, secondo il calendario solare (Giub. 4, 1 6-26}, data che successivamente sarebbe stata confer­ mata da Mosè (Giub. 6,3 2-38) A Enoc si attribuisce anche una relazio­ ne scritta su ciò che gli venne rivelato in visione riguardo al corso della storia, dall'inizio fino al giudizio finale (Giub. 4, 1 9). Come nel caso di Enoc nel Libro dell 'astronomia, al quale furono mostrati gli avveni­ menti e i destini dell'intera umanità, dall'inizio alla fine (1 En 8 1 , 1 - 2}, anche nel Libro dei giubilei esiste una relazione fra l'adozione del giu­ sto calendario e la capacità di predire il corso futuro degli avvenimenti o, in altri termini, fra astrologia e predizione e anche fra astrologia ed escatologia, una relazione sottolineata fino ai nostri giorni. Enoc rice­ vette la rivelazione di queste informazioni privilegiate dagli angeli di Dio durante i sei giubilei di anni (cioè 300 anni) seguiti alla nascita di suo figlio (Giub. 4,2 1 ), ma da questo rautore non trae alcuna conclusio­ ne riguardo ai 65 anni che hanno preceduto quell' evento . L'adozione dell'anno solare di 364 giorni, divisibile per sette in 52 settimane, era assolutamente importante per la setta alla quale appar­ teneva l'autore di 1 Enoc 72-82 e per la quale probabilmente scriveva. Era importante anche per i membri della setta di Qumran, a giudicare dai molti frammenti di 1 Enoc scoperti nella loro biblioteca, dove se m­ bra vi fossero ahneno quattro copie dell'opera. Anche il rotolo dei Salmi della grotta 1 1 (1 1 QPsa 27 ,4-8) accorda molta importanza al calendario, perché ci informa che Davide compose, per divina ispirazione , 364 inni sacri, cioè uno per ogni giorno dell'anno liturgico. Tutto questo dimostra che le questioni relative al calendario erano discusse nel tardo periodo del secondo tempio, come continuano a esserlo fra gli storici dell'epoca e i commentatori fino ai nostri giorni.19 Non dovrebbe sorprenderei il .

1 9 Cf. J .C . VANDERKAM, «Calendars: Ancient Israel and Early Jewish», in ABD 1 (1 992), 8 1 4-820; lo. , Enoch ; S. TALMON, «Calendars and Mishmarob>, in EDSS 1(2000), 1 081 1 7 . Le principali questioni in discussione sono descritte e documentate da P.R. DAVIES,

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notevole peso teologico delle questioni relative alla pratica liturgica. Nel­ la storia antica della Chiesa cristiana, la controversia quartodecimana - se celebrare o meno la Pasqua sempre il 14 di nisan, qualunque fosse il giorno della settimana - provocò scomuniche e scismi e la soluzione sancita al concilio di Whitby, nel 664 d.C., decise per secoli il futuro della Chiesa in Inghilterra.

Il cammino di Enoc con Dio e la sua partenza dalla terra Veniamo ora alla seconda questione: la relazione assolutamente unica fra Enoc e Dio. Per i primi interpreti di Gen 5 , 2 1 -24 era im­ portante conoscere la ragione per cui Enoc camminò con Dio dopo la nascita di Matusalemme, ma, a quanto sembra, non prima della na­ scita d,el figlio . Una lettura critica ci indurrebbe a ritenere probabile che l'interpolatore abbia semplicemente sostituito, in modo più o meno meccanico, «Enoc visse» con «Enoc camminò con Dio», ripetendolo alla fine, e poi abbia concluso con «non fu più, perché Dio lo aveva preso», al posto del solito «morì». Potrebbe averlo fatto senza chiedersi se Enoc avesse camminato con Dio prima della nascita di suo figlio . Ma questo non era ovvio per l' autore del Libro dell 'astronomia, per il quale le visio ni e le rivelazioni avvennero dopo la nascita di Matusalemme . E non era chiaro per l'autore del Libro dei giubilei, per il quale tutto avvenne durante i sei giubilei o 300 anni (Giub. 4,2 1 ) . La stessa lettura spiega la presentazione di Enoc come un penitente modello da parte di Ben Sira: Enoc piacque al Signore e fu rapito, esempio di penitenza per tutte le generazioni (Sir 44, 1 6) .

Anche per Filone, Enoc passò dal peggio (primi 65 anni) al meglio (successivi 300 anni), per cui serve come esempio di pentimento. 20 E per coloro che, a partire dal nome di suo padre , lered, dedussero che «Calendric Change and Qumran Origins: An Assessment of Vanderkam's Theory», in CBQ 45(1 983), 80-89. Vi sono anche questioni relative all'estensione e alla durata dei cambia­ menti introdotti da Antioco Epifane (1 Mac l ,45; 2Mac 6,6; Dn 7 ,25). Le materie relative al calendario hanno giocato un ruolo importante nelle controversie fra le . sette; cf. ad esempio Documento di Damasco III, 1 4- 1 5. 2 ° FILONE, De Abrahamo 1 7- 1 8 .

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gli angeli cattivi erano scesi durante la sua vita. Enoc aveva molto pro­ babilmente trascorso i primi 65 anni della sua esistenza sotto la loro influenza. La più misteriosa delle tre aggiunte, quella più resistente all'inda­ gine critica e più ricca di commenti fantasiosi, è l'espressione , resa let­ teralmente, secondo cui «Enoc non fu più, perché Dio lo aveva preso» . Né la scomparsa di Enoc, né la ragione della sua scomparsa sono ovvie . Giuseppe Flavio propone una comoda soluzione , supponendo che sia Enoc sia Elia diventarono improvvisamente invisibili . 21 La traduzione di Gen 5,24 da parte della LXX , ripresa da Filone, 22 afferma semplice­ mente che «Dio lo trasferì», mentre il Targum palestinese parafrasa in «non fu» , nel senso di «non si sa dove è» (Neofiti) o di «non fu con gli abitanti della terra» (Pseudo -Gionata) . Gli autori dei targumim possono aver pensato alla ricerca di Elia dopo la sua scomparsa (2Re 2, 1 6- 1 8). Data la fine straordinaria e misteriosa della vita dei due personaggi , era naturale che le tradizioni su Enoc e su Elia confluissero. Si usa lo stesso verbo (liiqa/:l) per il «rapimento» di Enoc e di Elia, ma il racconto del rapimento di Elia sul carro di fuoco di 2Re 2 , uno dei grandi capo­ lavori della prosa classica ebraica, è più lineare sia nel processo che conduce alla scomparsa definitiva sia nell'ascensione nel carro solle­ vato dal turbine. Perciò , la traduzione greca del rapimento di Elia offre una struttura o griglia narrativa per l' ascensione di Gesù nel primo capitolo degli Atti degli apostoli. Si usa lo stesso verbo, analambano (At 1 , 2 . 1 1 ; cf. analempsis, Le 9 , 5 1 ) e c'è la stessa relazione fra la partenza e il dono dello spirito del maestro ai discepoli. Anche lo sguardo dei discepoli rivolto in alto , mentre Gesù si allontana da loro , ricorda la promessa dello spirito di Elia che cadrà su Eliseo, se quest'ultimo lo vede salire (At 1 , 10- 1 1 ; cf. 2Re 2 , 1 0. 1 2). Anche la vita di Mosè termina in modo misterioso: «Mosè , servo di YHWH, morì in quel luogo , nella terra di Moab , come YHWH aveva det­ to. Egli lo seppellì nella valle, nella terra di Moab, di fronte a Bet-Peor, e fino ad oggi nessuno conosce il luogo della sua sepoltura» (Dt 34, 5 -6) . Il senso ovvio è che fu sepolto da YHWH , per cui non c' era alcun dubbio riguardo alla sua morte ; ma il fatto che nessuno sappia dov'è sepo lto _consente spiegazioni alternative e congetture . Giuseppe Flavio usa per

21 GiusEPPE FtAvto, Antichità giudaiche IX, 22 FILONE, Sul cambiamento dei nomi 38 .

28.

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Mosè la stessa espressione usata per Enoc. Dice che ritornò a Dio, ma non può resistere alla tentazione di aggiungere un altro dettaglio : una nube lo coprì e scomparve in un burrone, 23 un dettaglio presente anche nel racconto dell' ascensione di Gesù (At 1 ,9) . La metamorfosi mediante l'ascesa in un'altra sfera, al termine della vita, è un tema familiare negli antichi scritti mesopotamici e classici. A proposito di Utuabzu, uno degli apkallu antidiluviani, si afferma che salì al cielo. 24 Anche Etana, sovrano della città-Stato di Kish dopo il di­ luvio , fu trasportato in alto sulle ali di un'aquila.25 Con lo stesso mezzo di trasporto - Zeus nel suo avatar aquila - Ganimede fu trasportato nell'Olimpo . Enea e Romolo, fondatori di Roma, conclusero la loro vita terrena allo stesso modo . Ma ciò che sorprende nel caso di Enoc è l'am­ piezza delle elaborazioni prodotte da questo topos mitico: dalle prime tradizioni recuperabili da Gen 5 e 1 Enoc, alle ampie costruzioni baroc­ che di 2.Enoc e Apocalisse ebraica di Enoc (3Enoc) , agli sviluppi ancora maggiori nell'islam e nel cristianesimo antico , fino agli estremi svi­ luppi dell'identificazione di Enoc con Metatron in 3Enoc e nel Targum Pseudo-Gionata a Gen 5,24. 3Enoc pretende di essere una rivelazione di materie celesti fatta al mistico rabbi Ismaele (inizio II secolo d.C.) da Enoc, che ora è Metatron, principe del consiglio e scriba celeste, l'unico degli ospiti celesti autorizzato a sedere alla presenza divina e a guarda­ re in volto colui che siede sul trono . Dopo il rapimento , con il suo corpo interamente trasformato in fuoco, Enoc ha preso posto alla destra di YHWH. Può essere chiamato addirittura «il piccolo YHWH» (3En 1 2 , 5 ; 4 8 , 7 ) , probabilmente a causa della sua identificazione con l' angelo in­ viato a guidare Israele nel deserto , al quale si deve obbedienza «perché il mio nome è in lui» (Es 2 3 , 2 1 ) . I l pericolo che rappresenta per i l pensiero ortodosso questo tipo di linguaggio è illustrato dallo studioso e mistico tannaitico Eliseo ben Abu­ ya, il quale, dopo aver visto Metatron in visione, osservava: «Forse vi sono due poteri» (b.Hag. 1 5a). Da questo si è dedotto che Eliseo, noto come )a/J,er («l'altro»), o da alcuni come )ii/J,or («il recidivo»), a causa delle sue idee eretiche, aveva abbandonato il giudaismo basato sulla To-

23 GiuSEPPE FLAvio, Antichità giudaiche III, 96; cf. I. 84; IV, 326. 24 R. BoRGER, «Die Beschworungsserie Bit Meseri und die Himmelfahrt Henochs», in JNES 33(197 4), 1 8 3 - 1 96. 25 S. DALLEY, Myths from Mesopotamia, Oxford University Press, Oxford 1 989, 1 89202.

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rah e optato per una forma di dualismo , che può aver influenzato le sette gnostiche del suo tempo . 26 Queste associazioni aiutano a spiegare l'opinione negativa di molti rabbi nei riguardi di Enoc. In Genesi Rabbah leggiamo che la misteriosa espressione > , cf. Ez 7,2. 3.6 ecc; kol-basar, «ogni carne», cioè «umanità», cf. Ez 21 ,4.9 . 1 0; 37 ,6; su quest'ultimo termine cf. A.R. Hmsr, «Kol Basar in der priesterlichen Fluterzahlung», in OTS 1 2(1 958), 28-68.

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più ampia , della sorte di Sodoma e Gomorra, oggetto del dialogo fra Abramo e Dio in Gen 1 8 , 2 2-33 . Di qui l'insistenza sulla depravazione totale di quella generazione: solo la depravazione totale può rendere conto della distruzione totale . Si presume che l' intera discen denza da Adamo e Set fosse morta prima del diluvio , compreso probabilmente Matusalemme che, secondo la cronologia biblica , morì nell'anno in cui cominciò il diluvio ( 1 656 a.M.). Sarebbero , quindi, rimasti solo i discendenti di Caino, la cui depravazione morale era già stata appura­ · ta, e i giganti, discendenti degli angeli decaduti, analoghi agli antichi anakim (giganti) sterminati dagli israeliti o dai pelasgi preistorici che scatenarono l'ira di Zeus . Era ben noto che questi giganti erano periti nel diluvio (Sir 1 6 , 7 ; 1 Mac 2,4; Sap 1 4,6). Il ciclo di Enoc presenta una descrizione dettagliata anche se un po' esagerata delle loro malefat­ te, compreso il cannibalismo, la promiscuità sessuale , la bestialità e l'abitudine di bere il sangue . Essi insegnarono agli uomini la fabbri­ cazione delle armi e le arti della guerra e alle donne la preparazione dei cosmetici, degli ornamenti e l'astrologia (lEn 7 , 1 -6; 8 , 1 -4 ; 86 , 1 -6; anche ·G iub. 5 , 1). La prefazione ammonitrice del Documento di Dama­ sco descrive la colpa dei discendenti dei Vigilanti in termini più sobri: «Essi diventarono come se non fossero stati , perché fecero ciò che piacque loro e non osservarono i precetti del loro Creatore» (CD 2 , 202 1 ) . Per Giuseppe Flavio , che paragonò i figli degli angeli decaduti con i giganti greci, i trasgressori peccarono rifiutandosi di ascoltare la predizione della penitenza da parte di Noè, un punto sul quale il testo biblico tace . 1° Comunque, la situazione è descritta e la questione della sorte dei giusti coinvolti nel giudizio di distruzione totale pronunciato su un mondo ingiusto è un elemento reale , anche se sottinteso, del racconto del diluvio . 1 1 Per i l credente, l'incommensurabilità fra i l pensiero e i l linguaggio umano , da una parte , e la natura e l'azione di Dio , dall' altra, riguardo all'umanità non permetterà mai di trovare una risposta soddisfacente alla domanda sul perché Dio decise di distruggere ciò che aveva crea-

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GIUSEPPE FLAVIO, Antichità giudaiche I, 72-75. Giub. 5 ,2 interpreta kol-basar («ogni carne))) in Gen 6, 1 2 nel senso di corruzione morale riguardante sia gli animali che gli uomini, presumibilmente perché, diversa­ mente dagli animali della prima creazione, quelli della seconda creazione si predavano a vicenda. Ma la distruzione degli animali, compresi i pesci non menzionati per ovvie ragioni, non era un problema per l'autore. 11

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to . Sembra che la stessa narrazione riconosca il problema, parlando dell'irruzione del male nella storia umana da sorgenti esterne all'u­ manità . Ma, nel frattempo , dobbiamo leggere e interpretare il testo che abbiamo davanti e questo ci conduce al racconto dell'avvenimen­ to in sé e del suo esito .

L'arca santuario di Noè Nella sua brevità, il racconto della costruzione dell'arca (Gen 6, 1 41 6) contiene troppi termini tecnici oscuri e rari per poter essere piena­ mente comprensibile. Lo stesso termine «arca» (tebci) , forse di origine egiziana, ricorre altrove solo per il cesto di canne di papiro ricoperto di pece nel quale Mosè venne deposto nel Nilo (Es 2, 3-5). I «nidi» (qinnim) che Noè deve inserire nella struttura non sono ovviamente nidi di uc­ celli, ma possono avere un significato tecnico, essere una sorta di coffa della nave, ad esempio . Ci si riferisce presumibilmente a sezioni, scom­ partimenti, stanze o qualcosa del genere . È così che il termine viene generalmente inteso , ma un'alternativa affascinante, avanzata qualche tempo fa da Godfrey Rolles Driver1 2 e adottata dalla NEB, è la corre­ zione di qinnim in qannim, «canne», che nel testo consonantico aveva la stessa forma. In base a questa correzione , Noè deve coprire l'arca con canne. Questa lettura (gioco di parole involontario) ha il vantaggio di concordare con A trahasis e Gilgamesh, nei quali si chiede al pro­ tagonista di demolire la sua casa e costruire una barca, senza dubbio con il materiale della casa, costruita, come la maggior parte delle case nella Bassa Mesopotamia - nota come «la terra del mare» - con enormi canne fibrose, che crescevano in abbondanza nella regione. L'arca è ricoperta dentro e fuori con koper, uno dei numerosi hapax legomena, ma affine all'accadico kuprii, «pece>> , che ricorre nel punto corrispondente nelle versioni mesopotamiche (Atrahasis III, i, 33; Gil­ gamesh Xl , 65). Il legno usato per la costruzione dell'arca, ebr. goper, altro hapax, è probabilmente cipresso (come in NRSV e REB) e il sohar è probabilmente il tetto , che difficilmente poteva essere omesso in una descrizione degli elementi essenziali dell'arca. Le istruzioni date a Noè sarebbero quindi queste: 12

G.R. DRIVER, «Problems and Solutions)), in vr 4(1 954), 343.

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Fatti un 'arca di tavole di cipresso . Devi fare l'arca con canne di giunco, coprendola di pece dentro e fuori. Ecco come devi farla: l'arca deve essere lunga trecento cubiti, larga cinquanta cubiti e alta trenta cubiti. Fa' un tetto all'arca, com p letandolo con una sporgenza di un cubito . 1 3 Metti una porta nel fianco dell'arca e falla con tre piani: inferiore, medio e superiore (Gen 6, 1 4-16).

Come ci si poteva attendere , molti di questi elementi corrispondono alla barca nella quale Atrahasis e Utnapishtim sopravvivono al cata­ clisma. Enlil chiede al suo devoto Atrahasis di demolire la sua casa e costruire una barca coperta con un tetto e impermeabilizzata con pece (A trahasis III, i, 22-33). I l vascello di Utnapishtim è diviso in nove sezio­ ni con sette p iani ed è anch'esso ricoperto con pece e fornito di pertiche (Gilgamesh Xl, 24-34. 56-69.88), l'unico caso in tutte le versioni in cui si fa riferimento alla capacità della barca di muoversi . Nessuna descri­ zione dimostra un grande interesse per il realismo e la verosimiglianza. Possiamo dire lo stesso riguardo alle misure o alla metrica sim­ bolica in tutte e tre le versioni. La base del vascello di Utnapishtim misurava un ikii, equivalente a circa 3600 m2 e sembra fosse stata concepita come un enorme cubo, lungo , largo e alto 1 20 cubiti (G ilg a ­ mesh Xl , 29-30; 5 7 -58). I suoi sette piani inducono a pensare a una sorta di ziggurat galleggiante , forse una copia della ziggurat-tempio con sette gradinate di Babilonia. Le misure di entrambe sono supe­ rate di gran lunga dalle dimensioni della nave costruita da Xisoudros nella Storia fenicia di Berosso, con i suoi cinque stadi o circa 924 m di lunghezza. Le dimensioni dell'arca di Noè erano più modeste, ma ancora impressionanti: lunga 300 cubiti , larga 50 cubiti e alta 30 cu­ biti. La comparazione con le dimensioni dell'arca-santuario del deser­ to (l 00x50x30 cubiti) e con il tempio di Salomone ( 60x20x30 cubiti) suggerisce una concezione simile a quella del vascello di Utnapishtim, anche se, date le rispettive funzioni delle tre costruzioni e la mobilità dell' arca-santuario del deserto, non ci si aspetta una piena corrispon­ denza. Comunque , l'altezza è identica in tutte e tre, l' arca-santuario del deserto ha la stessa larghezza dell' arca ed è un terzo della sua lunghezza e il tempio di Salomone un quinto della sua lunghezza. Le misure del tempio di Zorobabele in Esd 6,3 e in 1Esd 6, 2 5 - alto e

13 La traduzione di quest'ultima espressione, resa letteralmente con «e a un cubito finita essa al di sopra», è ipotetica.

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largo 60 cubiti (circa 27 metri) - non aiutano. Non bisogna insistere troppo sulle corrispondenze , ma è piuttosto naturale considerare l'ar­ ca come un santuario , un luogo di rifugio nel momento del giudizio , e non sorprende che i primi scrittori cristiani l' abbiano interpretata in questo senso, ad esempio Agostino . 1 4 A questo simbolismo spaziale corrisponde la rappresentazione sim­ bolica temporale. Sembra che l'autore abbia semplicemente affiancato due sistemi cronologici diversi, pur disponendo probabilmente di un proprio modo di conciliarli . Secondo la sua fonte J, vi fu un preludio di sette giorni, forse come in Gilgamesh (XI, 76), per permettere la co­ struzione dell'arca (Gen 7,4. 1 0) . Poi cominciarono le piogge torrenziali che durarono 40 giorni e 40 notti (Gen 7,4. 1 7 ; 8,6) . A questi dobbiamo aggiungere 21 giorni, prima che la colomba trovasse dove posarsi e la terra tornasse asciutta (Gen 8 ,6- 1 2). Quindi, in base a questo calcolo , il diluvio durò 6 1 giorni. L'autore fonde con questa breve durata la cro­ nologia molto più lunga e molto più complessa della fonte sacerdotale . Anzitutto, essa è calibrata con l'età di Noè e con la nascita dei suoi figli (Gen 5,32), inserendo così il diluvio nello schema cronologico generale descritto sopra. Il diluvio in sé durò esattamente 1 50 giorni o cinque mesi (Gen 7 ,24; 8,3); iniziò il 1 7 del secondo mese del 600° anno di vita di Noè (Gen 7, 1 1 ) e terminò con l' atterraggio dell'arca sul monte Ararat il 1 7 del settimo mese dello stesso anno (Gen 8 ,4) . Trascorsero altri 73 giorni prima che fossero visibili le cime dei monti (Gen 8 , 5) e la data decisiva, che segnò il ritiro definitivo delle acque del diluvio, fu il giorno di capodanno dell'anno successivo (Gen 8, 1 3 , il primo giorno del primo mese del 60 1 o anno di vita di Noè). Questa data allinea la nascita del nuovo mondo con il capodanno della prima creazione , il tempio cosmico, quando emerse dal caos delle acque la prima zolla di terra. È sincronizzata anche con l' erezione del santuario del de­ serto nel primo giorno del primo mese dell'anno successivo all'uscita dall'Egitto (Es 40, 1 . 1 6- 1 7). Se l'ultima data, il 27 d el secondo mese di quell'anno (Gen 8, 1 4), è una correzione posteriore, comparabile alla data riprogrammata alla fine del libro di Daniele (Dn 1 2 , 1 2), il diluvio durò un anno e 1 1 giorni.15 Questa datazione riveduta può essere una 14 AGOSTINO, De civitate Dei 1 5 , 26; cf. A. LouTH - M. CoNTI, Ancient Christian Com­ mentary on Scripture: Old Testament 1: Genesis 1-1 1 , InterVarsity Press, Downers Grove 2001 , 1 30- 1 50. 1 5 C. WESTERMANN, Genesis 1-1 1: A Commentary, SPCK, London 1 984, 449-450.

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correzione che allinea la durata del diluvio con il calendario solare di 365 giorni, 1 1 giorni più lungo del calendario lunare di 3 54 giorni. In ogni caso , le informazioni sulla struttura dell'arca e la cronologia del diluvio , che sono carenti e a volte disorientano, confermano la corri­ spondenza con il tempio e il culto che compare , come abbiamo visto, nel racconto della creazione in Gen l . 1 6 L' autore ci dice molto poco riguardo all'interno dell'arca. Aveva una finestra, una porta sul fianco e tre piani. Stanze e scompartimenti erano certamente necessari, data la varietà degli animali introdotti nell'arca; alcuni dovevano essere adibiti a magazzini. Non sapendo quanto sa­ rebbe durato il diluvio, i rifornimenti erano assolutamente importan­ ti. Utnapishtim introdusse nel suo vascello non solo «il seme di tutte le creature viventi», ma anche oro e argento (Gilgamesh XI, 8 1 -85) . L' autore ci dice che Noè introdusse nell'arca alimenti di tutti i tipi che possono essere mangiati, in conformità alla dieta vegetariana ordinata nella prima creazione e abrogata nel nuovo ordine del mondo, dopo il diluvio (Gen 1 , 29-30; 9 , 2 -4). Quest'informazione, tratta dalla fonte P, contrasta con la distinzione fra animali ritualmente puri e impuri nella fonte supplementare J, una distinzione necessaria in vista del sacrificio da offrire all'uscita dall' arca (Gen 7,2-3; 8 , 20-22). La distinzione fra puro e impuro non può provenire dall'autore-sacerdote, per il quale le leggi di purità furono promulgate per la prima volta al Sinai. Anche il sacrificio era fuori discussione, perché non può esservi sacrificio senza sacerdozio. Di conseguenza, la fonte P menziona semplicemente un maschio e una femmina di ogni creatura vivente , il minimo necessario per ripopolare la terra nella creazione rinnovata (Gen 6, 1 9-20). Nella stessa fonte vengono elencati , per la stessa ragione , Noè, la moglie, i loro tre figli e le loro mogli, otto persone in tutto. Secondo Genesi Rab­ bah (49 , 1 3), questo numero spiega il motivo per cui, patrocinando la causa di Sodoma, Abramo si fermò a dieci persone giuste nella città (Gen 1 8 , 3 2). 16 Esistono molti scritti sulla cronologia del diluvio e molte ipotesi, tutte inconcluden­ ti. Fra i contributi di lingua inglese ricordo solo S.E. McEvENUE , The Narrative Style of the Priestly Writer, Pontificai Biblical Institute Press, Roma 1 97 1 , 55-59; J.S. Ksm.MAN, «A Note on Gen 7 : 1 1 », in CBQ 35(1 973), 491 -493; G . LARssoN, «Chronological Parallels between the Creation and the Flood», in VT 2 1 ( 1 977), 490-492; N . P. LEMCHE, «The Chronology in the Story of the Flood», in JSOT 1 8(1 980), 52-62; F. H. CHYER, «The Interrelationships of Gen 5 : 32, 1 1 : 1 0 and 7:6 and the Chronology of the Flood», in Bib 66( 1 985), 24 1 -26 1 ; M . L. 8ARRÉ, «The Riddle of the Flood Chronology», in JSOT 4 1 ( 1 988), 3-20.

1 96

La descrizione del cataclisma Il disastro imminente viene nuovamente annunciato mentre Noè e la sua famiglia si preparano a entrare nell'arca: Io sto per mandare un diluvio di acqua sulla terra per distruggere sotto il cielo in essa ogni cosa in cui c'è il soffio di vita. Tutto sulla terra deve perire (Gen 6, 1 7).

È la prima indicazione della natura del cataclisma incombente: morte per annegamento . Secondo la fonte J, il preludio di sette giorni è seguito da una pioggia torrenziale della durata di 40 giorni di 24 ore, quindi, ininterrotta (Gen 7 ,4. 1 2 . 1 7). Possiamo notare una sottolinea tu­ ra ironica: all'inizio, era stata l'assenza della pioggia a impedire alla terra di produrre la vita sotto tutte le sue forme (Gen 2 , 5). Tràlasciando per il momento le indicazioni cronologiche , il modo in cui la fonte J racconta il cataclisma non è necessariamente incompati­ bile con la versione più dettagliata di P, la fonte principale dell' autore . Il termine preferito da P per indicare ciò che è avvenuto è mabbul («diluvio» , «inondazione»), che ha finito per indicare il diluvio come un avvenimento temporale: è avvenuto questo e quello ; il tale e il talal­ tro è nato tot anni dopo il diluvio (Gen 10, 1 . 3 2 ; 1 1 , 1 0). Ma nell'unica occorrenza del termine al di fuori della Genesi, nel Sal 2 9, l O, esso può avere un significato più primitivo e basilare. Il Salmo 29 fa parte dei sahni che lodano Dio come Signore del creato e trionfatore sulle forze del caos e del disordine: YHWH siede in trono sulle acque [mabbul], YHWH siede in trono come re per sempre.

Il significato preciso della prima riga è controverso. Nel suo com­ mentario per l'Anchor Bible sui Salmi 1-50, Mitchell Dahood compren­ de la preposizione lamed che regge mabbul in senso temporale , per cui traduce : «YHWH siede in trono fin dal mabbul» . Dahood ritiene, quindi, che si riferisca non al diluvio di Gen 6-8 , bensì alla lotta di YHWH contro le forze del caos al momento della prima creazione . 1 7 Questa lettura è certamente possibile, ma l'alternativa sembra più con-

17 M.

DAHooo, Psalms 1-50 (AB 1 6), Doubleday, Garden City 1 965, 1 75 , 1 80.

197

forme all'uso grammaticale e anche con la rappresentazione, nel mito mesopotamico , della divinità vittoriosa, che pone il suo trono sull' Apsu, l'abisso delle acque. Perciò, il mabbul non è solo il diluvio come avvenimento , ma è an­ che la fonte dell'inondazione, cioè l'abisso o il profondo (�horn) del racconto della creazione (Gen 1 ,2). Secondo P, l'inondazione si verificò quando «tutte le sorgenti del grande abisso [t*'hom rabba] eruppero e le finestre del cielo si aprirono» (Gen 7, 1 1 ) Nella prima creazione, Dio separò le acque sopra il firmamento dalle acque sotto il firmamento per fare spazio all'asciutto e quindi allo svolgimento della storia umana (Gen 1 , 6- 1 0). Con l'inizio del diluvio, quest'atto creatore viene annulla­ to . L'acqua ritorna da sopra e da sotto ; le finestre del cielo 18 si aprono e le sorgenti o fontane del grande abisso erompono , cancellando le distinzioni e spazzando via tutto ciò che si trova in mezzo. Il diluvio è il disfacimento di ciò che venne fatto nella creazione, il ritorno al caos, la cancellazione dèllo spazio precario nel quale si può svolgere la vita umana ordinata . È quindi un atto di de-creazione . Questa lettura del racconto è confermata dal modo in cui si pone fine al diluvio: si chiu­ dono le fonti dell'abisso e le finestre del cielo e Dio fa passare un ven­ to sulla terra, lo stesso vento che, all'inizio , turbinava sulla superficie d ell' acqua (Gen 1 , 2). Vedremo , inoltre, che il nuovo mondo che colpisce lo sguardo di Noè quando può guardare fuori dall'arca emerge dal caos delle acque nel giorno di capodanno , corrispondente al capodanno del­ la prima creazione (Gen 8, 1 3) . L a breve descrizione del diluvio i n s é presenta, i n una drammatica elevazione e diminuzione, arsis e thesis, l'inesorabile innalzamento e poi abbassamento dell'acqua del diluvio: .

L'acqua continuò a crescere; sollevò rarca, che si innalzò sopra il suolo; l'acqua continuò a crescere molto sulla terra, fino a coprire tutti i monti più alti, ovunque sotto il cielo; l' acqua continuò a crescere fino a sovrastare i monti di quindici cubiti; ogni essere vivente che si muoveva sulla terra perì - uccelli, bestia­ me, animali selvatici, ogni creatura ch e striscia sul suolo e ogni essere umano.

18 La traduzione di >arubba con «finestra» è tradizionale (ad esempio, fenestra nella Vulgata e nella maggior parte delle versioni in lingua inglese), ma è un po' fuorviante. Si riferisce ad aperture nel firmamento solido, ma anche ai buchi per l'uscita del fumo (Os 1 3.3} e ai buchi delle colombaie (ls 60,8).

1 98

Ogni essere sulla terra asciutta nelle cui narici c'era un soffio di vita morì . Dio cancellò ogni cosa che esisteva sulla faccia della terra - uomini, be­ stiame, esseri striscianti, uccelli del cielo - tutti furono cancellati . Rimasero vivi solo Noè e coloro che erano con lui. L'acqua continuò a crescere sulla terra per centocinquanta giorni (Gen 7 , 1 7- 24) .

Il perno del racconto , la peripateia, è questo, quando le acque del diluvio raggiungono il loro massimo livello e sono quasi sette metri al di sopra del monte più alto . Dio si ricorda di Noè, il livello dell'acqua comincia ad abbassarsi e l'arca si posa sul monte Ararat in Armenia. Il fatto di ricordarsi di N o è non è la reazione di un Dio smemora­ to che improvvisamente si ricorda di ciò che ha fatto. Il ricordare è raramente un processo puramente psicologico . Quando Giuseppe in prigione chiede al coppiere del faraone di ricordarsi di lui dopo essere ritornato al suo posto gli chiede d'intervenire a suo favore, cosa che il coppiere non fa. Lo stesso riguardo alle molte richieste a Dio di ri­ cordarsi che troviamo nei Salmi (ad es. Sal 2 5 ,6; 7 4 , 2 ; 89,48; 1 1 9, 49). Parlare di Dio che sj ricorda è un modo per conservare un legame significativo con gli avvenimenti importanti del passato . Dio si ricorda nei momenti di crisi. Abbiamo già affermato sopra che la storia delle origini dell'umanità è per così dire sovrapposta all' esperienza storica d'Israele e che il diluvio è metaforicamente correlato alla distruzione dello Stato della Giudea e alle deportazioni. In questo caso, il fatto che Dio si ricordi di Noè vuole indurre a pensare che Dio si ricorda anche del suo popolo in esilio , sia esso in Egitto (Es 2 , 24; 6 , 5) o a Babilonia (Lv 26, 42.45). Vedremo più chiaramente le ulteriori implicazioni di questo ricordarsi , quando considereremo il racconto che l' autore sa­ cerdotale fa dell' alleanza che introduce e conferma il nuovo ordine del 1nondo dopo il diluvio .

La fine in vista Un semplice interesse narrativo spinse l'autore , o la sua fonte J, a . prendere in prestito da Gilgamesh (Xl , 1 3 1 - 1 5 4) l' episodio della ri­ cognizione della situazione mediante l'invio di uccelli e a introdurlo in questo punto del suo racconto (Gen 8 ,6- 1 2) . In Gilgamesh, Utna­ pishtirn manda, anzitutto, una colomba e poi una rondine, che ritor1 99

nano; poi un corvo che gira, gracchia, ma non ritorna. Nella versione biblica, esce anzitutto il corvo , che non si fa più né sentire né vedere . Non essendo tornato a riferire sull a situazione , Noè manda la colom­ ba, un uccello più collaborativo . L' episodio viene raccontato seguendo il modello triadico tradizionale . Nella sua prima uscita, la colomba vola attorno all 'arca e, non trovando dove posarsi. ritorna. Inviata una seconda volta, ritorna con una foglia di ulivo nel becco , forse p er simboleggiare il ripristino della pace fra la terra e il cielo e, più concretamente , per rassicurare Noè sulla disponibilità degli alimen­ ti vegetali. Infine, la colomba lascia definitivamente l'arca, perché la terra è tornata asciutta. Alcuni commentatori affermano che quest'in­ vio degli uccelli corrisponde a un' antica usanza dei marinai, i quali liberavano uccelli per accertarsi della vicinanza o meno di una terra e poi seguirne il volo per approdarvi. Questi successivi invii occupano quattro settimane, contribuendo così a colmare i parametri cronolo­ gici del diluvio e a introdurre, alla fine, un senso di sollievo ed eufo­ ria . Possiamo, comunque , rammaricarci che l'autore abbia omesso i versetti introduttivi a quest'episodio in Gilgamesh (Xl, 1 3 1 - 1 37), che esprimono un sentimento diverso e certamente anche più appropriato di fronte a quest'immane strage: Il mare si calmò, la tempesta scemò, l'inondazione cessò. Io aprii una finestra e la luce cadde sul mio volto. Guardai sul mare, era tutto silenzio, e tutta l' umanità era diventata argilla . . . M i chinai, mi sedetti e piansi, le lacrime mi irrigarono il volto.

Dopo circa quattro mesi da quando cominciò ad apparire la terra asciutta (Gen 8, 5 . 1 3 . 1 4) , inizia la nuova creazione , con l'ordine di uscire dall'arca e ripopolare la terra, ripetendo il comando di fecon­ dare e moltiplicarsi impartito al momento della prima creazione (Gen 8 , 1 7 ; cf. Gen 1 , 22. 28). A questo punto l'autore inserisce un altro tema narrativo : il sacrificio offerto da Noè, anch 'esso ripreso e adattato da Gilgamesh (Gen 8,20- 2 2). Non si poteva riprendere l' episodio dalla fonte P, perché, secondo l'autore-sacerdote , solo i sacerdoti possono offrire il sacrificio, che del resto è stato offerto per la prima volta al Sinai. Noè costruisce un altare , il primo altare menzionato nella Bibbia ebraica - non si parla di altare in relazione alle offerte di C ai­ no e di Abele - e offre in olocausto alcuni animali terrestri e uccelli " 200

ritualmente puri. Su questo punto, J è rimasto aderente alla sua fon­ te , la grande epopea di Gilgamesh. Dopo l' abbassamento delle acque del diluvio, Utnapishtim offre un sacrificio e versa una libagione sulla cima del monte . Il sacrificio raggiunse pienamente l'obiettivo, perché «gli dèi sentirono l' odore, gli dèi sentirono il dolce odore , gli dèi si ra­ dunarono come mosche sopra il sacrificio» (Gilgamesh XI , 1 5 5 - 1 7 1 ). Nella versione biblica è interessante la risposta di YHWH a questo primo sacrificio: Quando YHWH ne 9dorò il profumo lenitivo, rifletté dentro di sé: «Non maledirò più il suolo a causa dell'uomo , perché l'inclinazione del cuore umano è verso il male fin dalla giovinezza. E non ucciderò mai più tutte le creature viventi come ho fatto . Infatti, finché durerà la terra: stagione della semina e stagione del raccolto, stagione del freddo e stagione del caldo, tempo estivo e tempo invernale, giorno e notte non cesseranno» (Gen 8,2 1 -22).

Il «profumo lenitivo» (reab hanniJ.zoab) è un'espressione tecnica, che deriva dal vocabolario del culto sacrificale e significa accettazione e ripa­ razione per le colpe commesse (ad esempio cf. Lv l ,4; 1 7, 1 1 ). Questo im­ plica evidentemente che il cambiamento del cuore indicato dalle riflessio­ ni di YHWH è la conseguenza del sacrificio di propiziazione. La decisione è dettata, al tempo stesso, dalla considerazione che «l'inclinazione del cuore umano è verso il male fin dalla giovinezza», esattamente la stessa considerazione che determinò la decisione di distruggere tutto mediante il diluvio (Gen 6,5). YHWH non cancella la maledizione sul suolo pronun­ ciata nel giardino di Eden, nella quale l'umanità è profondamente coin­ volta (Gen 3, 1 7), ma s'impegna a non ripeterla in avvenire. E promette anche che non vi saranno più distruzioni in massa dell'umanità come conseguenza di un decreto divino, perlomeno non più come quella del di­ luvio appena terminato. Secondo Giuseppe Flavio, che deve aver seguito la cronologia più breve, Noè temeva che il diluvio potesse ripetersi ogni anno, per cui offrì un sacrificio per chiedere a Dio di mantenere l'ordine originario della natura necessario per lo sviluppo della nuova vita umana sulla terra. 19 Questo è giusto. L'wnanità non può vivere continuamente nell'incertezza. La regolarità delle stagioni, in un mondo coerente e auto­ no� o, è una sorta di garanzia della promessa di Dio.

19

GIUSEPPE

FLAVIO, Antichità giudaiche I, 96-98 .

201

Come possiamo comprendere sul piano teologico quest'episodio finale nel racconto del diluvio? La Bibbia non ha nulla da dire, alla maniera della teologia filosofica, sulla natura divina in sé. Ma il Dio della Bibbia è un Dio in relazione continua e permanente con l'u­ manità che esiste nel tempo e nella storia. Considerata dalla nostra prospettiva, questa relazione e interazione con l' umanità rende ine­ vitabili i cambiamenti del cuore di Dio, ricordati in questo passo e in molti altri episodi biblici. La parte più facile è riconoscere· che la possibilità di comprendere e interpretare a livello teologico il mono­ logo interiore di YHWH in Gen 8 , 2 1 è limitata e in una certa misura predeterminata dalla scelta dell' autore di riprenderè e adattare un episodio tratto dalla versione del diluvio in Gilgamesh . Nella versione purtroppo lacunosa di Atrahasis, la fonte della versione di Gilgamesh . la dea Nintu (alias Ishtar) biasima gli dèi in generale, e Anu ed Enli l in particolare, per la distruzione dell'umanità, un atto criminale che ha avuto ripercussioni negative anche sul benessere degli dèi, ai quali sono ormai negati i servizi cultuali e il cibo sacrificale (A trahasis III. 39-4 5). Ma, in Gilgamesh , la dea biasima solo Enlil, che viene escluso dalla partecipazione al sacrificio · (Gilgamesh XI, 1 66- 1 69). Nella ver­ sione biblica, il sacrificio è offerto solo a YHWH e non c'è nessun'altra divinità a mettere in discussione la sapienza o la moralità della sua decisione di distruggere il mondo che ha creato. Ricorderemo anche che il racconto biblico è una versione di un mito che cerca di dire qualcosa di significativo sull'esistenza umana, in questo caso sulla sua precarietà e contingenza e· sulle ambiguità che sottendono il nostro inserimento nell'ambiente biologico . 20 In ogni caso, YHWH non dà al­ cuna giustificazione della sua azione. La ripetizione in una forma un po' diversa dell' affermazione sull'inestirpabile inclinazione umana al male fatta prima del diluvio (Gen 6, 5) non è una giustificazione di un atto passato, ma la ragione di un cambiamento del cuore in relazio­ ne all'umanità in avvenire . Secondo le parole stesse di Gerhard von Rad, uno dei commentatori più teologici fra quelli moderni, «la stessa condizione che nel prologo è la base del giudizio di Dio, nell'epilogo rivela la grazia e la provvidenza di Dio » .21 Questo non soddisfa tutti, ma forse non possiamo spingerei oltre.

20 H.-P. 21

MOLLER, «Das Motif ftir die Sindflut», in ZAW 97(1985), 295-316.

G . voN RAo, Genesis: A Commen tary, SCM Press, London 1 96 1 , 1 1 9 .

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Il nuovo ordine del mondo La ripetizion� della benedizione della creazione sull' umanità (Gen 1 , 2 8 ; 5 , 2) e il comando di popolare, o ripopolare , la terra (Gen 1 , 2 8; 8, 1 7) danno l'impressione di una ripetizione della prima cre-:­ azione, e quest'impressione è rafforzata dal comando di procreare, con cui inizia e termina il primo dei due discorsi inaugurali di Dio (Gen 9, l. 7) . Il comando è rivolto ai tre figli di No è che devono essere i progenitori di una nuova umanità. Questo primo discorso è seguito da un' alleanza fra Dio e tutte le creature viventi , annunciata solen­ nemente all'inizio e alla fine del secondo discorso (Gen 9, 8-9. 1 7) . A questo punto - l' inaugurazione d i una seconda creazione - sorge spontanea la domanda sulle differenze prodotte dalla catastrofe del diluvio e dalla morte in massa degli uomini dell'epoca precedente . Una differenza salta subito agli occhi: un profondo cambiamento nel­ le relazioni fra gli uomini e gli animali: «Il timore e il terrore di voi sia in tutte le creature viventi della terra - tutti gli uccelli del cielo , tutto quanto striscia sul suolo , tutti i p esci del mare [finalmente ven­ gono menzionati i pesci ! ] ; essi sono dati in vostro potere» (Gen 9 , 2 ) . Questo oltrepassa d i gran lunga i l comando d i dominare i l mondo animale impartito nella prima creazione, che , come abbiamo visto , deve essere interpretato in modo benevolo (Gen l , 2 8) . Ora le parole chiave sono «timore» e «terrore» . Questa brusca interruzione della relazione fra uomini e animali, adombrata nella maledizione del ser­ pente (Gen 3 , 1 5) , offre un ulteriore parallelismo fra il racconto bibli­ co e Gilgamesh . Il lettore ricorderà che Enkidu, l'uomo selvatico che coabitava pacificamente con gli animali della foresta, nota che , dopo la sua iniziazione alla vita «civilizzata» da parte della prostituta, gli animali lo sfuggono. Viene meno la precedente intimità ed Enkidu aiuta addirittura a dare la caccia e a uccidere gli animali della fo­ resta . Non si deve ritornare in quel mondo perduto dell' animalità senza tempo (Gilgamesh l, 1 9 5-202). . L'ampiezza dell'interruzione appare subito chiaramente: «Ogni cre­ atura vivente che striscia e ha vita vi servirà di cibo: Come già vi diedi le piante verdi, ora io vi do ogni cosa» (Gen 9,3). Viene abrogata la dieta vegetariana della prima creazione {Gen 1 , 29-30) e, con essa, purtroppo finisce il regno di pace e armonia. Ora si può uccidere per mangiare. Anche questo è Wl antico topos. Nel racconto dell'età dell'oro , sotto il

203

regno di Cronos, fatto da Esiodo, 22 gli uomini vivevano di ciò che cre­ sceva spontaneamente e non avevano alcuna necessità o propensione a cacciare e uccidere. In un certo senso, questo nuovo comando può e s sere considerato una sorta di normalizzazione, di accettazione re­ alistica della vita in un mondo che ha perso la sua innocenza. Resta comunque la sensazione profonda e dolorosa che le cose non erano state concepite in questo modo. Perciò il nuovo ordine non è un ristabi­ limento completo della situazione precedente. Il diluvio è stato motivato dalla violenza che aveva corrotto sempre più il mondo antidiluviano. Ora Dio fa delle concessioni alla violenza e la autorizza entro limiti ben definiti. Come già nella fonte J usata dall'autore, nella quale si riconosce la realtà dell'inestirpabile inclinazione al male del cuore umano (Gen 8 , 2 1 ), sembra che Dio riconosca e accetti i limiti della capacità morale dell'uomo . Ora esiste un mondo danneggiato che richiede il controllo del danno . Il permesso di uccidere per mangiare non distingue fra puro e impuro, cosa comprensibile poiché l'intera narrazione (Gen 9 , 1 - 1 7) è opera dell'autore-sacerdote, per il quale la distinzione è entrata in vigore al Sinai. L'unica riserva è il divieto di mangiare la carne con il sangue. L'accento principale cade proprio sul carattere primordiale del tabù del sangue. È una prescrizione che riguarda tutti, pagani ed ebrei, per cui alcuni rabbi l'hanno considerata addirittura più fondamentale del decalogo rivelato a Mosè sul Sinai-Horeb. 23 È sopravvissuta nel pri­ mo cristianesimo , poiché è uno dei tre divieti conservati dalla Chiesa di Gerusalemme sotto Giacomo (At 1 5 , 29). Ma l'aura numinosa che circonda il sangue è molto diffusa e antica e attestata ben al di là del giudaismo e del primo cristianesimo. Esiste un legame sottostante con l'offerta del sangue, animale o umano, come un mezzo per comunicare con i morti nei culti ctoni di un tipo certamente praticato in Israele all'epoca della monarchia. In base a questa concezione, i morti pos­ sono essere rianimati e comunicare solo dopo aver bevuto sangue. Il caso classico è l'episodio nel quale Ulisse evoca lo spirito del veggente Tiresia. Dopo aver scavato una fossa di un cubito con la spada, l'eroe vi versa un'offerta per tutti i defunti. Il testo continua: «Afferrai e scannai ·

zz. 23

EsioDO, Le opere e i giorni 1 09-1 26.

J. Mn.GROM, Leviticus 1 722: A New Translation with lntroduction and Commentary (AB

3), Doubleday. New York 2000, 1 469- 1 5 1 4.

204

sulla fossa le bestie: fosco come nube il sangue scorreva. Dall'Erebo si accalcarono le anime dei morti defunti». 24 Sia in 1 Enoc (7 , 5 -6) sia nel Libro dei giubilei (6, 7), la violazione del divieto di mangiare il sangue da parte dei giganti è collegata con il loro comportamento violento , omicida. Analogamente, in Gen 9,4-5, il tabù del sangue è collegato con la protezione della vita umana: Del sangue de ll a vostra vita io domanderò conto:

a ogni animale ne domanderò conto,

agli esseri umani, a ognuno del sangue del fratello; domanderò conto di una vita umana.

Quest'affermazione enunciata solennemente secondo cui Dio è il garante ultimo della vita umana deve sembrare strana dopo la morte in massa causata dal diluvio, ma ora siamo all'inizio di una nuova era, in un huovo ordine del mondo . Si chiederà conto non solo agli uomini, ma anche agli animali. A noi sembrerà strana l'idea che gli animali possono essere citati in giudizio e ritenuti responsabili della morte di esseri umani, ma essa compare in molti codici legislativi e in molte usanze antiche e a volte anche moderne. Ad esempio , nel cosiddet­ to Codice dell'alleanza, il bue pericoloso che colpisce con le corna un uomo o una donna e ne causa la morte dev'essere lapidato (Es 2 1 , 2 8 32).25 L'altro punto degno d i nota è che l'universalità del divieto dell'o­ micidio nella comunità umana viene accentuata, affermando che è un delitto che coinvolge 'al)im, letteralmente «fratelli», che , nel contesto, indica «i propri simili». A questo punto possiamo udire l'eco della voce del primo omicida, che chiede, in modo retorico e in malafede: «Sono forse il custode di mio fratello?» (Gen 4,9). Il rendere conto in sede giudiziaria di questa prescrizione è affer­ mato con eleganza e concisione in quest'aforisma legale: «Chi sparge il sangue di un uomo , da un uomo il suo sangue sarà sparso» (Gen 9,6a). 26 24 0MERO, Odissea Xl, 30-35, Lorenzo Valla-Arnoldo Mondadori, Milano 1 986ss. Che questa sia l' origine del mito del vampiro è piuttosto ovvio. Per un altro caso dell'orrore ispirato dal sangue e dal consumo di carne al sangue, cf. C. LÉvi-STRAuss, The Raw and the Cooked, Harper Torch Books, New York-Evanston 1 969, 1 52 . 2 5 J.J. FINKEI.SrEIN, The Ox that Gored, American Philosophical Society, Philadelphia 1 98 1 , 48-85; W. H. C. PROPP Exodus 1 9-40: A New Translation with lntroduction and Com­ mentary (AB 2A), Doubleday, Garden City 2006, 232-236. 26 L' ambiguità della preposizione in btPadam nella seconda riga potrebbe essere resa anche con «da un essere umano» (come NRSV) e viene sfruttata in altri modi nel mi,

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Il detto viene collocato saldamente su una base teologica, che lo col­ lega ancora una volta con la prima creazione : «Perché a sua immagine Dio fece gli esseri umani» (Gen 9,6b). L' aforisma riflette la celebre legge del taglione, che non si limita all'omicidio (Es 2 1 ,23-2 4). Questo - principio che governa le procedure giudiziarie (generalmente in forma abbreviata, «un occhio per un oc­ chio, un dente per un dente»), non ha mai goduto di buona stampa, in parte a causa dell'antitesi affermata nel discorso sul monte (Mt 5 , 3 839) , ma, in realtà, mirava a introdurre un principio di equità nei pro­ cedimenti giudiziari. La legge del taglione doveva sostituire la vendetta indiscriminata, spesso praticata dalla parte lesa sull'autore dell' offesa e sui suoi consanguinei, in alcune società tribali e in alcune subculture praticata tuttora nel nostro mondo postindustriale. Essa non è, quindi, limitata all'antica prassi giudiziaria ebraica. Nel codice di Hammurabi, ad esempio, a volte era applicata alla lettera: se uno ti spezza un dente , sei autorizzato a spezzargli solo un dente . 27. A questo punto del racconto biblico - inaugurazione del nuovo mon­ do postdiluviano - si motiva teologicamente l'esigenza fondamentale di proteggere la vita umana. Citando il grande rabbi Akiba, possiamo dire che spargere sangue umano, uccidere un essere umano è deturpare l'immagine divina (GenR 34, 14). Debitamente interpretato , quest' afori­ sma sulla protezione della vita umana ha prodotto le leggi noachiche, le leggi date da Dio per guidare la nuova umanità emergente e i futuri «figli di Noè». Nelle fonti ebraiche classiche (t.Abodah Zarah 8,4; b.Sanh 56a e altrove), questi comandamenti sono sette, ma, nel corso del tempo , si sono aggiunte altre prescrizioni (ad esempio, versare le decime, fare l'elemosina) e proibizioni (ad esempio, stregoneria, incrocio di razze animali). Sono stati tratti, a volte con una notevole dose di virtuosismo esegetico, dai sette comandamenti originari. Il divieto dell'omicidio era ovvio, ma mediante una diversa analisi dell'aforisma e lo sfruttamento della preposizione multifunzionale prefissa lamed - «chi sparge il san­ gue di un uomo attraverso un uomo» - si sono potuti escludere esplici­ tamente anche l'omicidio per procura, l'accordo con una terza persona

drash, come vedremo. Per la traduzione offerta, seguendo REB, cf. Dt 1 9,2 1 , il verdetto sul falso testimone nel quale la punizione è identica a ciò che il testimone aveva inteso fare all'accusato, «una vita per una vita» ecc. 27 Codice di Hammurabi, art. 200; H.B. HUFFMON, «Lex Talionis», in ABD 4(1 992) , 321 -322.

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per commettere un omicidio, far ricadere la colpa su un altro . Attraverso un altro sfruttamento della versatile preposizione lamed «chi sparge il sangue di un uomo in un uomo» si sono potuti escludere esplicitamente l'omicidio e il suicidio per strangolamento (impiccagione), che poteva provocare sanguinamento interno e si è potuta applicare la stessa lettura anche all'esclusione dell'aborto (GenR 3 4 , 1 4) Un corollario ugualmente ovvio dell'aforisma legale, che naturahnente richiedeva un'interpreta­ zione per essere applicato, era la legge che imponeva la costituzione di un sistema giudiziario e di tribunali per l'amministrazione della giustizia (b.Sanh 56a, 59b). L'elenco basilare è quindi il seguente: l ) introduzione di un sistema giudiziario; 2) proibizione dell'idolatria; 3) proibizione della bestemmia/empietà; 4) proibizione dell'omicidio; 5) proibizione del furto, comprese le infrazioni finanziarie e le guerre di conquista; 6) proibizione della promiscuità sessuale; 7) proibizione di mangiare la carne con dentro il sangue. Sembra che queste affermazioni, che inquadrano i fondamenti della vita morale nella società per un determinato popolo in un determinato momento , fossero note durante il periodo del secondo tempio . L'autore del Libro dei giubilei le conosceva bene come istruzioni date da Noè ai suoi figli . L'autore non le elenca esattamente, ma sembrano essere set­ te (Giub. 7, 20-2 1 ) . Una delle decisioni che determinarono lo sviluppo delle prime Chiese cristiane fu quella di Giacomo, capo della comunità di Gerusalemme, che sancì per i convertiti dal paganesimo l'obbligo di astenersi unicamente dall'idolatria, dall'impurità sessuale (porneia) e dal mangiare carne con il sangue o la carne di un animale strangolato (At 1 5 ,20. 29; cf. 2 1 ,2 5). Anche questo sembra implicare una familiarità con la tradizione noachica. Alcuni studiosi hanno individuato un'eco di questi principi nel c. 3 della Didaché, ma le sue ammonizioni sembra­ no piuttosto una catechesi morale dei primi cristiani basata su tipiche istruzioni morali ebraiche, senza la proibizione del sangue . 28 -

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28 Sulle leggi noachiche e sulle discussioni relative alla loro relazione con la legge naturale, cf. D. NovAK, The lmage of the Non-Jew in Judaism: An Historical and Construc­ tive Study of the Noahide Laws, Mellen, New York 1 983; Io. , Natura/ Law in Judaism, Cambridge University Press, Cambridge-New York 1998, e, più recentemente, M. AR­ NETH , «Die noachistischer Gebote (Genesis 9. 1 -7). Die Priesterschrift und das Gesetz

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Queste prescrizioni sono seguite dal discorso nel quale Dio (an­ cora Elohim) s 'impegna solennemente (alleanza) a non distruggere più tutte le creature viventi sulla terra con un diluvio. La promessa è rivolta a Noè e ai suoi tre figli, in un linguaggio estremamente formalizzato e ripetitivo persino per l' autore-sacerdote . Ma la ripe­ tizione è frutto di una scelta deliberata per accentuare gli elementi essenziali : le parole chiave «alleanza» (berft) e «ogni carne» (kol­ basar) ritornano cinque volte e il segno dell'alleanza viene ripetuto tre volte in questo breve passo. Come ormai ci aspettiamo , l'im­ pegno viene affermato all' inizio e alla fine del discorso , indicando che il passo dev' essere letto come un testo concluso, un te x t en so i, comprensibile in sé e per sé. Dio disse a Noè e ai suoi figli con lui: «Ora stabilisco la mia alleanza con voi, con i vostri discendenti dopo di voi, e con ogni creatura viven­ te che è con voi, uccelli, animali domestici e selvatici che sono con voi. quanti uscirono dall'arca. Manterrò la mia alleanza con voi: non sarà più distrutto dalle acque del diluvio tutto ciò che vive; non ci sarà più diluvio per distruggere la terra» . Dio disse: «Questo è il segno delr al­ leanza che io faccio per tutte le epoche future fra me e voi, insieme con tutte le creature viventi che sono con voi. Pongo il mio arco nelle nubi per essere un segno dell'alleanza fra me e la terra . Quando io ammasso le nubi sopra la terra e si vede l'arco nelle nubi, ricorderò la mia alleanza fra me e voi, insieme con tutte le creature viventi, con tutto ciò che vive . Mai più le acque si trasformeranno in diluvio per distruggere ogni essere vivente. Ogni volta che l'arco compare nelle nubi , io lo vedrò e ricorderò l'alleanza eterna fra Dio e ogni creatura vivente. ogni essere che vive sulla terra» . Dio disse a Noè: «Questo è il segno dell'alleanza che io ho stabilito tra me e ogni creatura vivente sulla terra)) (Gen 9,8- 1 7} .

Occorre · sottolineare il punto relativo alla struttura della dichia­ razione a causa della tendenza a estrapolare e comprendere le pre­ scrizioni in Gen 9, 1 - 7 come stipulazioni dell'alleanza, normalizzan­ do , così, l'idea dell'alleanza come rappresentata da questa sua prima occorrenza. Troviamo questa comprensione errata del capitolo nel L ibro dei giubilei (6 ,4- 1 O) e - forse - in Giuseppe Flavio ;29 a volte viein der Urgeschichte)), in R. AcHENBACH - M. ARNETH - O. EcKART (edd . ) . Tora in der he­ briiischen Bibel. Studien zur Redaktionsgeschichte und synchroner Logik diachroner Transformationen, Harrassowitz, Wiesbaden 2007, 7-25. 29 GIUSEPPE FLAVIO, Antichità giudaiche l, 96- 1 03 .

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ne ancora sostenuta in base a ls 24,4, dove il popolo viene accusato di violare l'alleanza eterna. 30 L'autore anonimo che descrive questo scenario apocalittico in Is 24 , 1 - 1 3 si riferisce, molto probabilmente, all'alleanza con Noè, insieme ad altri aspetti della storia delle origini: caos (tohu) , diminuzione dell'umanità, dispersione dei popoli, forse ubriacatura di Noè. Sembra anche adottare la stessa interpretazione di Gen 9 proposta dall'autore del L ibro dei giubilei. Ma leggere Gen 9, 1 - 1 7 in questo modo è sottovalutare la precisione del linguaggio in questo passo . Anzitutto , in Gen 9, 1 - 7 non c'è alcuna menzione di un 'alleanza. La solenne apertura del secondo discorso - «lo stabili­ sco la mia alleanza con voi» - è un'affermazione performativa, para­ gonabile a un 'affermazione legalmente vincolante redatta in debita forma, una lettura confermata dall' affermazione conclusiva: «Questo è il segno dell'alleanza che io [ora] ho stabilito fra me e ogni carne che è .. sulla terra» {v. 1 7). Il significato è chiaro : l' alleanza vale ora, e solo ora. Oggi, rispetto al passato , possiamo più facilmente apprezzare le ca­ ratteristiche uniche dell'interpretazione dell'alleanza da parte dell'au­ tore-sacerdote . In breve , la concezione biblica canonica di un ' alleanza è un accordo bilaterale fra due parti comportante obblighi reciproci confermati da giuramenti e suggellati con un rito, normalmente un pasto sacrificai e condiviso . Se ne può trovare l'espressione classica nel Deuteronomio e nella storia a esso collegata {Giosuè-2Re) , dove il termine berit ricorre 96 volte . Poiché si tratta di un accordo fra un gruppo di persone e Dio , i commentatori sono giunti alla conclusione che l'analogia più vicina è quella derivante dalla sfera politica, e più specificamente quella di un trattato di vassallaggio fra una potenza imperiale (ad esempio l'Assiria) e uno Stato vassallo (ad esempio la città-Stato di Tiro ) . 3 1 I termini dell'alleanza, decisamente favorevoli alla potenza egemonica, sono soggetti a riconferma dopo un determi­ nato tempo, in genere in occasione dell'ascesa al trono di un nuovo sovrano. Ma nel racconto dell' autore-sacerdote , l'alleanza viene intesa in un modo radicalmente diverso . Se ci basiamo su ciò che viene esplicitamente affermato nel racconto P, giungiamo alla conclusione 30 S.D. MAsoN, «Another Flood? Genesis 9 and Isaiah's Broken Eternai Covenant», in JSOT 32(2007), 1 77- 1 98 . 31 ANET 5 33-54 1 .

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che esistono solo due alleanze : una con Noè e i suoi discendenti, in realtà con tutte le creature viventi (Gen 9 , 8 - 1 7), e l' altra con Abra­ mo e i suoi discendenti, compresi i discendenti sia di Isacco che di Ismaele (Gen 1 7 , 1 -2 2 ) . Nel racconto di P non c ' è alcun riferimento a un'alleanza stipulata al Sinai. Accettando la divisione canonica delle fonti , al Sinai, secondo P, accade semplicemente questo : gli israeliti arrivano (Es 1 9 , 1 ), Mosè sale da solo sul monte , riceve istruzioni da Dio riguardo alla costruzione del santuario del deserto e lo sta­ bilimento del suo culto (Es 24, 1 5b- 1 8a; 2 5-3 1 ), le istruzioni sono eseguite (Es 35-40) e, dopo la permanenza di meno di un anno, le tribù israelitiche lasciano in processione il monte e s'inoltrano nel deserto (Nm 1 0 , 1 1 - 3 6) . L' osservanza d el sabato è inculcata come un'alleanza perpetua (Es 3 1 , 1 6- 1 7), ma questo linguaggio è ingan­ nevole . L' osservanza del sabato non viene presentata come una sti ­ pulazione di alleanza, in base alla cui osservanza Dio ademp irà certi obblighi . Il sabato non è una stipulazione di alleanza, ma un segno che rinvia alla creazione, quindi analogo all'arco nelle nubi in G e n 9,8 - 1 7 . Nell'alleanza con Abramo anche la circoncisione è un segno (Gen 1 7 , 1 3 . 1 9) che indica una relazione già esistente (Gen 1 7 , 1 1 ), piuttosto che la stipulazione di un accordo bilaterale fra Dio e il po­ polo di Abramo. Perciò l' autore-sacerdote attesta un cambiamento radicale nella concezione dell' alleanza, un passaggio dalla bilateralità all'idea di un impegno libero e incondizionato da parte di Dio, anzitutto nei riguardi dell'umanità, poi nei riguardi dei discendenti di Abramo, non limitati al popolo d'Israele. 32 Inoltre, la fonte P sposta l'alleanza dal periodo storico nella preistoria di Noè e di Abramo e dalla temporalità di occa­ si-onati violazioni e rinnovamenti alla perpetuità. Ora non occorre più convalidare l'alleanza, come nel caso dei trattati, ma è sufficiente che Dio ricordi. Ed egli lo fa, sia che gli giunga la voce di un popolo che soffre a causa di una catastrofe naturale, causata da Dio (Gen 8 , 1 ), sia che gli giunga la voce di un popolo che soffre in Egitto (Es 2 , 24; 6,4-5) o a Babilonia (Lv 26,42.45). Molti grandi commentatori del passato - Wellhausen, Gunkel, von Rad e altri - hanno compreso l'arco nelle nubi come l' arco usato in 3 2 Sul posto di lsmaele nell'alleanza con Abramo cf. J. BLENKINSOPP, «Abraham as Paradigm in the Priestly History in Genesis» , in JBL 1 28(2009), 2 2 5 - 24 1 , special­ mente 235-238.

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battaglia, come l'ascia di guerra, che ora Dio depone, seppellisce. Quest'interpretazione a volte riaffiora. 33 L'arco indicherebbe la fine di un periodo di ostilità fra Dio e il creato , forse misto a un senso di rim­ pianto , se si può pensare a un Dio che guarda indietro con rimpianto . Troviamo un lontano parallelismo verso la fine del racconto del dilu­ vio in Gilgamesh, dove la grande dea Ishtar solleva la sua collana di lapislazzuli e giura per essa che ricorderà il diluvio, il che implica che ricorderà anche gli dèi che l'hanno causato (Gilgamesh XI, 1 6 2 - 1 69) . Ma sembra più probabile , e più coerente con il Dio che ricorda verso la fine del diluvio (Gen 8 , 1), che l' arcobaleno annunci la fine del dilu­ vio e richiami alla mente la promessa. È questa oggi l' opinione della maggior parte dei commentatori . 34

Un n.uovo inizio dopo una cattiva partenza Il racconto del diluvio termina com'è cominciato , con Noè e i suoi tre figli , questi ultimi ormai progenitori di una nuova umanità (Gen 6,9 1 0 ; 9 , 1 8 - 1 9) . Esso orienta al tempo stesso l' attenzione verso il tema del capitolo successivo: la diffusione della nuova umanità nel mondo allora conosciuto . Preparando più direttamente l' episo­ dio immediatamente successivo , nel quale Canaan viene maledetto , l' autore ci dice che Cam è il padre di Canaan. Allora, finalmente , giungiamo all'inclusione che racchiude quest'unità centrale della pentade delle generazioni (toledo t) con la morte di Noè a 950 anni (Gen 9 , 2 8 - 2 9) . Come nella maggior parte o i n tutti gli altri episodi d e l racconto delle origini dell' umanità, in quest' episodio su Noè che coltiva la vite l'autore riprende una tradizione narrativa mitica, una tradizio­ ne che forse non aveva nulla a che vedere con il diluvio , adattandola al suo contesto narrativo e ponendola al servizio d ella sua strategia. Noè, uomo del suolo come Adamo , è il primo a piantare una vigna, a berne il vino fino a ubriacarsi e a stendersi nudo nella sua tenda. -

33 U. ROTERSWORDEN, «Der Bogen in Genesis 9, militarhistorische und traditionsge­ schichtliche Erwagungen zu einem biblischen Symbol», in UF 20(1 988), 247-263. 34 Ad esempio, E. ZENGER, Gottes Bogen in den Wolken. Untersuchungen zur Kom­ position und Theologie der priesterschriftlichen Urgeschichte, Katholisches Bibelwerk, Stuttgart 1 983, 1 1 -2 1 ; 1 24-1 3 1 .

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Vedendo il padre nudo , Cam, invece di coprirlo, informa gli altri due fratelli. Contrariamente alle sue aspettative , essi fanno la cosa giusta , che non dev'essere stata facile . Camminando a ritroso, con gli occhi coperti con un mantello e con la faccia rivolta indietro , co­ prono il padre steso per terra . Quando N o è ritorna in sé e si rende conto di ciò che ha fatto il figlio minore , pronuncia una maledizione su Canaan e una benedizione su Sem e Iafet. I problemi suscitati da questo racconto non proprio edificante ap­ paiono subito e sono da tempo oggetto di una discussione senza fi­ ne. 3 5 Quello più evidente è che il trasgressore è Cam e tuttavia viene maledetto Canaan. Inoltre , Cam non è il figlio minore, come si affer­ ma qui . Una soluzione midrashica - Cam era già stato benedetto e le benedizioni una volta date non possono essere ritirate (GenR 3 6 , 7) è ingegnosa, ma non convincente. Non possiamo semplicemente accettare la sostituzione di Cam con Canaan, perché i nomi dei tre progenitori della nuova umanità - Sem, Cam, Iafet - fanno saldamen­ te parte della tradizione. Poiché Canaan era, fin dall'inizio , quello che doveva essere maledetto, possiamo supporre che l'autore abbia inserito l'espressione «Cam era il padre di Canaan» nel sommario di Gen 9 , 1 8 - 1 9 e abbia fatto la stessa aggiunta nel racconto : «Quando Cam [padre di Canaan] vide il padre nudo , lo riferì ai suoi due fratelli fuori» (Gen 9, 22). Questa mi sem bra la soluzione più semplice del problema. In base a questa lettura, Cam resta l' autore del gesto, ma si suppone che Canaan abbia ereditato le cattive inclinazioni del padre. La fama sia dei cananei, rappresentati dall'eponimo Canaan, sia degli egiziani, discendenti di Cam, avrebbe facilitato il legame genealogi­ co . Entrambi condividevano la stessa disgustosa fama negli ambienti israelitici , come possiamo vedere da questa raccomandazione : «Non dovete comportarvi come fanno nella terra di Egitto , dove avete abi­ tato , e non dovete comportarvi come fanno nella terra di Canaan dove io sto per condurvi» (Lv 1 8 ,3) . Anche ciò che Noè avrebbe scoperto sul comportamento del figlio minore nei suoi riguardi (Gen 9, 24) ha impegnato lettori e commen­ tatori dall'antichità ai nostri giorni. Il midrash presenta vari scenari caratterizzati da atti gravi, indecenti e oltraggiosi, e a volte i commen-

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35 Cf. , ad esempio, GUNKEL, Genesis, 79-80; vON RAo, Genesis, 1 3 1 - 1 3 5 ; B. VAwrER, On Genesis: A New Reading, Doubleday, Garden City 1 977. 1 38-1 39; WESTERMANN, Genesis 1-1 1 , 486-494; G. WENHAM, Genesis 7-15 (WBC), Word Books, Waco 1987.

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tatori contemporanei lo hanno seguito. 36 Forse Cam denunciò ciò che aveva visto e prese il posto del padre dichiarato incapace37 (o trattò il padre come fece Cronos con Urano, secondo il racconto di Esiodo) . 38 Ma se pensiamo alla serietà con cui si affermavano i doveri del figlio verso il padre in quella cultura, queste speculazioni appaiono super­ flue. In base a un testo proveniente da Ugarit e risalente all'età del bronzo, fra questi doveri c'è quello di «tenere la sua [del padre] mano quando è ubriaco, di sostenerlo quando è pieno di vino». 39 La letteratu­ ra aforistica nell'Antico Testamento sottolinea ripetutamente la stessa cosa e la serietà con cui si considerava questo dovere è espressa da quest'esempio: L'occhio che guarda con scherno il padre e si rifiuta di obbedire alla madre sarà cavato dai corvi della valle , e divorato dagli avvoltoi (Pr 30, 1 7) .

Nei pronunciamenti oracolari con cui si chiude l'episodio , Canaan prende il posto di Cam: Sia maledetto Canaan ! Sarà il più piccolo degli schiavi per i suoi fratelli! Benedica, YHWH, le tende di Sem, Canaan sia suo schiavo! Dio dilati Iafet; possa dimorare nelle tende di Sem, 40 e Canaan possa essere suo schiavo ! (Gen 9,25-27).

La condanna di Canaan , prima maledizione pronunciata nella se­ conda creazione e inquietante inaugurazione del nuovo mondo, riflette 36 L GINZBERG, The Legends ofthe Jews. 5: Notes to Volumes l and Il, Jewish Publication So­ ciety of America, Philadelphia 1955, 191-192; 1 961 , 1 67-1 70; WENHAM, Genesis 7-15, 197-204. 37 F.W. BASSEIT, «Noah's Nakedness and the Curse of Canaan: A Case of I ncest?» , in VT 21 (1 9 7 1 ) , 2 32 - 2 3 7 . 3 8 Es1ooo, Teogonia 1 73- 1 85. 3 9 Aqhat 1 , 32-33, in M.D. CooGAN, Stories from Ancien t Canaan , Westminster, Phila­ delphia 1 978, 33. 40 TM legge «Benedetto sia YHWH . Dio di Sem», ma questa lettura non può essere corretta, perché il contesto richiede una benedizione su Se m. L' alternativa della NRSV, «Benedetto sia dal Signore (YHWH) mio Dio Sem» è problematica, perché YHWH non ha una proposizione. Ho seguito REB che legge: «)ohote-sem (le tende di Sem. come nella riga seguente, invece di 'elohe-sem «il Dio di Sem» ).

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la percezione, sottolineata in tutti i testi biblici, della depravazione mo­ rale dei cananei. In tutte le epoche, le accuse di depravazione morale sono servite come pretesto per la conquista e la sottomissione di altri popoli, ad esempio, durante le conquiste spagnole nelle Americhe , nel XVI secolo, e durante i primi insediamenti puritani nel Nuovo Mondo nel XVII secolo. Per spiegare la condanna di Canaan, non occorre ba­ sarsi su un'epoca determinata, ad esempio, sul periodo della conquista israelitica o sul periodo precedente alla conquista, categorie che ora sono, in ogni caso , storicamente inapplicabili. Basta notare che, per gli immigrati collegati con Esdra a metà del V secolo a.C. , la popolazione locale è ancora cananea ed è ancora dedita agli «abomini» (Esd 9, 1 ) . L a maledizione d i Canaan è accompagnata da una benedizione di Sem, antenato degli ebrei (Gen 10, 2 1 ). La preghiera per il Lebensraum di Iafet, per una collaborazione con i popoli d 'Israele e per il loro domi­ nio sui cananei, il nemico comune, ha offerto il maggior incentivo alla speculazione. Senza voler tentare di catalogare tutte le opinioni, Iafet è stato identificato con i filistei, gli insediamenti fenici e greci nella re­ .gione costiera della Palestina, i popoli dell' Egeo in generale, i portatori della cultura ellenistica dopo le conquiste di Alessandro e i proseliti di lingua greca. Alcuni scrittori cristiani antichi hanno addirittura letto il passo come una profezia della futura diffusione della Chiesa cristiana. Ritroveremo Iafet nel prossimo capitolo . Nella tradizione esegetica ebraica, Noè non è stato considerato in modo univoco . Da una parte, ha trovato grazia presso Dio (Gen 6 , 8), è stato giusto (Gen 6 ,9), ha contribuito a sollevare l'umanità dal lavoro e dalla fatica, probabilmente, e meritoriamente, attraverso la coltivazione della vite (Gen 5 , 29). Per Giuseppe Flavio, che trala­ scia l' episodio dell'ubriacatura, No è ha predicato a una generazione ostinata ed è stato perseguitato per il suo impegno . 41 Il suo ruolo di «araldo della giustizia» ritorna in 2Pt 2 , 5 , e in Eh 1 1 , 7 è uno dei giusti per fede del periodo arcaico. Ma, d 'altra parte , per il midrash , Noè si è degradato , perché ha piantato una vite invece di un fico o di un ulivo e perché, sapendo che nel giardino di Eden la vite era l' albero di cui mangiarono Adamo ed Eva, non ha previsto le conseguenze. Secondo Genesi Rabbah, Noè addirittura ha ceduto alla tentazione e collaborato con Satana (o Satanel) quando ha piantato la vite (GenR

41 GIUSEPPE FLAvio, Antichità giudaiche l, 7 4.

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36,3) . 42 Midrashim posteriori addossano a Noè tre colpe: fu il primo a ubriacarsi, il primo a pronunciare una maledizione, il primo a pra­ ticare la schiavitù.43 Forse l'unico significato di questi ornamenti esegetici barocchi è quello di ripetere le ambiguità che circondano la figura di Adamo nella tradizione e nello stesso testo biblico . Come Adamo, Noè è un «uomo del suolo» ('fS hiPiidiima , Gen 9, 20) . L'ambiente di Adamo è il giardino piantato da YHWH , quello di Noè è la vigna piantata da lui stesso. Uno mangia il frutto di una pianta non meglio specificata, ma considerata da alcuni una vite, l'altro beve il frutto della vite. In entrambi i casi, il risultato è disastroso, anche se imprevisto , e comporta vergogna e nudità. Entrambi gli incidenti terminano con una maledizione, del ser­ pente nel primo caso, di Canaan nel secondo. In questa visione, che è quella della fonte J dell' autore, nella nuova creazione la natura uma­ na r�mane la stessa dell'epoca precedente al diluvio, come riconosce YHWH dopo l'abbassamento delle acque e l'accettazione del sacrificio: «Ogni inclinazione del cuore umano è verso il male fin dalla giovinez­ za» (Gen 8 , 2 1 ) . Questo risulterà più evidente nel seguito del racconto sulle origini dell'umanità.

42 GINZBERG, The Legends of the Jews. 1: Bible Times an d Characters from the Cre­ ation to Jacob, 1 6 7 . 4 3 GINZBERG, The Legends of the Jews. 1: Bible Times. 1 6 7 .

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Capitolo 7

LA

NUOVA UMANITÀ

Egli [Dio] creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitas­ sero su tutta la faccia della terra. Per essi ha stabilito l'ordine dei tempi .. e i confini del loro spazio, perché cerchino Dio, se mai, tastando qua e là come ciechi, arrivino a trovarlo, benché non sia lontano da ciascuno di noi (At 1 7 ,26-27).

I discendenti di Noè, il nuovo Adamo A questo punto , il lettore ha incontrato più volte i tre figli di Noè (Gen 5 , 3 2 ; 6, 1 0; 7, 1 3 ; 9 , 1 9). Appartenendo all'ultima generazione prima del cataclisma, ed essendo, quindi, l'unico collegamento con il vecchio mondo , dopo la morte del padre sono destinati a essere gli antenati dei tre rami della nuova umanità (Gen 9, 1 9). Il numero tre corrisponde al modello triadico familiare : Caino, Abele e Set, figli del primo uomo e della prima donna; Iabal, lubal e Tubal-Kain, figli di Lamec e delle sue due mogli ; Abramo, Nacor e Carran, figli di Terach; e, in un'altra area geografica, i tre discendenti di Deucalione, figlio di Prometeo, progenitori dei tre rami dei popoli di lingua greca (dori, ioni ed eoli) , dopo la fine del diluvio decretato da Zeus. La lista dei nomi in Gen 1 0, chiamata abitualmente «tavola dei po­ poli>>, è la quarta unità nella successione delle pentadi toledot del pe­ riodo arcaico . In questa cornice strutturale possiamo vedere una cor­ rispondenza fra i periodi antidiluviani e quelli postdiluviani. Come il racconto della prima creazione dell'uomo e della donna è seguito dalle vicissitudini dei loro tre figli, così il racconto del primo uomo della nuova creazione è seguito da vicissitudini dei suoi tre figli. Venendo ora 21 7

alla lista in sé - in parte catalogazione e in parte genealogia - notiamo che la sua integrità testuale è chiaramente indicata da affermazioni introduttive e conclusive strettamente corrispondenti. Questi sono i discendenti dei figli di Noè, Sem, Cam e lafet, discendenti nati loro dopo il diluvio {Gen 10, 1 ). Queste sono le famiglie dei figli di Noè secondo le loro genealogie, nelle rispettive nazioni. Da queste si dispersero le nazioni sulla terra dopo il diluvio (Gen 1 0,32).

Nella lista, l'ordine tradizionale dei tre figli è invertito per termi­ nare con i discendenti di Sem, il più importante per l'autore, per i suoi lettori e per l'avvenire . L' unità della razza umana viene espressa simbolicamente con il numero 70, che - omettendo i filistei (Gen 1 O, 1 4) come glossa posteriore è la somma totale dei nomi dei territori e dei popoli personificati nella lista. A questo macrocosmo di settanta nazio­ ni corrisponde il microcosmo dei 70 israeliti in Egitto (Gen 46, 2 7 ; Es 1 , 5 ; Dt 1 0 , 22) e dei loro 70 anziani (Es 2 4 , 1 ; N m 1 1 , 1 6). La risonanza simbolica è rafforzata dalla frequente disposizione dei nomi in gruppi di sette . 1 Queste corrispondenze suggeriscono una lettura della lista di Gen 1 O come un approccio simbolico per conciliare identità etnica e prospettiva universalistica, implicando , così, un dovere morale con­ diviso. Possiamo , quindi, leggere il racconto della città e della torre di Babele (Gen 1 1 , 1 -9) come una r_o ttura di quest'ideale di comunanza e reciprocità. 2 Sarebbe· facile non accorgersi dell'originalità di questa lista, nel­ la quale un autore giudaico/giudeo colloca il suo popolo , il cui nome non vi compare, come il punto invisibile dal quale si osserva e registra questo catalogo etnografico . Non potendo determinare la data della composizione di Gen 1-1 1 , se non con un generoso margine di errore, -

1 Può esservi un co llegamento con il pantheon cananeo, i 70 figli di El e Asherah (KTU I 4; VI 6). Dt 32,8-9 (leggendo bene le[ o bpne lélfm invece di bene yisra le[, v. 8) sug­ gerisce l'idea che queste divinità sono assegnate come patrone ai 70 popoli del mondo, mentre YHWH è stato assegnato a Israele. Sul significato del numero sette e dei suoi mul­ tipli, cf. E. Orro, «11��. seba)» , in TDOT 1 4(2004 ). 336-367. Come aggiunta all'eccellente articolo di Otto, ricordo l'invio in missione dei 70 discepoli da parte di Gesù, che significa l'invio in missione a tutta l'umanità (Le 1 0, 1 ). 2 F. CROSEMANN, «Human Solidarity and Ethnic Identity: Israel's Self-Definition in the Genealogical System of Genesis», in M.G. BRETI (ed.), Ethnicity and the Bible, B rill, Leiden 2002, 57-76. .

218

è difficile dire con sufficiente fiducia quale situazione possa aver ge­ nerato questo straordinario saggio di etnografia e geografia politica. Erodoto è il nostro principale testimone in materia d'interesse per l' et­ nostoria, incoraggiato dall'impero persiano-achemenide, in seguito al notevole miglioramento dei mezzi di trasporto e di comunicazione. La sua descrizione molto personale delle origini, dell' ecologia, degli usi e costumi degli egizianP e degli sciti4 costituisce un esempio eccellente in materia. Una generazione prima di Erodoto, il logografo Ecateo di Mileto scrisse un'opera etnografica, intitolata Periegeis o Periodos Ges, «un viaggio attorno alla terra» , di cui restano purtroppo solo frammen­ ti. Con la sua pretesa di comprendere Europa, Asia e Africa, il viaggio comincia alle colonne d'Ercole (Stretto di Gibilterra), percorre in sen­ so orario Mediterraneo, l\1ar Nero, territorio degli sciti, Persia, Egitto e Nubia, e termina sulle coste del Nord Africa. 5 Uno dei molti fram­ men� del Catalogo delle donne di Esiodo fa riferimento a un' opera attribuita allo stesso autore, con un titolo sostanzialmente identico a quello dell'opera di Ecateo . Ricorda vari popoli stranieri, fra cui alcuni menzionati nel testo della Genesi - etiopi, libici, sciti - ma i frammenti senza collegamento fra loro non offrono alcun indizio riguardo alla natura e alla struttura dell'opera. 6 La tavola dei popoli biblica non è, tutto sommato, molto diversa dall'opera di Ecateo se, concedendo una qualche imprecisione da parte nostra e da parte dell' autore, possiamo prendere Iafet, Cam e Sem come rappresentanti, rispettivamente, di Europa, Africa (cioè Egitto) e Asia. L'intensificazione dei contatti commerciali con i territori di lingua greca, in gran parte attraverso la mediazione degli insediamenti fenici sulla costa mediterranea della Palestina (Dor, Giaffa, Ascalon ecc.), ha certamente aumentato la consapevolezza del mondo al di fuori della provincia della Giudea anche prima dell'arrivo dei persiani. 7 Si può 3 ERODOTO, Storie 2 , 2- 1 82. 4 ERoDoTo, Storie 4,5-82 . 5 J. vAN SETERS, In Search ofHistory: Historiography in theAncient World and the Origins of Biblica[ History, Yale University Press, New Haven-London 1 983, 10-1 2; S.R. WEsT «Hecataeus)), in OCD ( 1 996), 670-67 1 . 6 M. L. WEsT, The Hesiodic Catalogue of Women: lts Nature. Structure, and Origins, Oxford University Press, Oxford 1 985, 3-7; 1 3 7- 1 38; J. VAN SETERS, Prologue to History: The Yahwist as Historian in Genesis, Westminster-John Knox Press, Louisville 1 992, 1 77; 89-90. 7 Sull'archeologia di questi siti e di altri ancora nella regione costiera - Achzib, Akko, Abu Havam, Shiqnona, Tel Mevorach - cf. E. STERN, The Materia/ Culture of the Land of ,

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trovare un ' indicazione di carattere letterario nell'ironico lamento fu­ nebre in Ez 27 sul crollo delle attività commerciali di Tiro, in seguito a un assedio della città di ben 1 3 anni da parte dei babilonesi (circa 5 86-5 76 a.C.). Questo poema contiene 42 nomi geografici o etnici col­ legati con il commercio di Tiro, metà dei quali compaiono nella «tavola dei popoli» di Gen 1 0. Anche la diffusione della diaspora in seguito alla soppressione dello Stato della Giudea deve aver ispirato la riflessione sulle relazioni con gli altri popoli nel grande mondo di cui la Giudea costituiva solo una minuscola parte. Un testo d'Isaia (ls 1 1 , 1 1 ) elenca sei località della diaspora, tutte presenti nella lista della Genesi, e un altro (ls 66, 1 9) menziona otto popoli ai quali bisogna far conoscere YHWH prima della consumazione finale, e anch'essi sono tutti presenti nella lista. Un 'analisi più precisa della struttura e della formulazione del ca­ talogo induce a ritenere che sia stato ampliato, nel corso del tempo, con ulteriori dati un nucleo originario molto breve, comprendente una lista di nomi con un 'introduzione e una conclusione standardizzate. Data la natura del materiale, la cosa è piuttosto ovvia, anche perché la conoscenza e consapevolezza del mondo circostante è aumentata progressivamente con il passare degli anni. Il primo segmento, quello di Iafet, è il più breve, certamente perché i territori in questione, situa­ ti all'estremità settentrionale e occidentale , erano quelli più lontani e meno familiari. 8 Il segmento elenca sette «figli» del progenitore e altri sette per Gomer e Iavan insieme, con la conclusione standardizzata: Discendenti di Iafet: Gomer, Magog, Madai, Iavan, Tubai, Mesec, Tiras. Discendenti di Gomer: Aschenaz, Rifat e Togarma. Discendenti di Iavan: Elisa, Tarsis, i Chittìm e i Dodanìm. Da costoro sono derivate le genti the Bible in the Persian Period 538-332 b. C. , Aris & Phillips- Israel Exploration Society, Warminster-Jerusalem 1 982, 9-29 e gli articoli relativi in NEAEHL . Sui resti greci in Pa­ lestina, cf. R. WENNING , «Attische Keramik in Palastina. Ein Zwischenbericht» , in Tran­ seuph 2(1 990), 1 57- 1 67. J. BoARDMAN, Persia and the West, Thames & Hudson, London 2000, 203, nota che i graffiti sulle ceramiche di origine greca provenienti dalla Palestina indicano che i fenici erano i principali trasportatori e commercianti. 8 Uno studio dettagliato dei nomi nelle tre liste non è direttamente rilevante per questo studio, ma il lettore può consultare C. WEsTERMANN, Genesis 1-1 1 : A Commenta­ ry, SPCK. London 1 984, 495 -530; G. WENHAM, Genesis 7-15 (WBC), Word Books, Waco 1 987, 2 1 0-232; R.S. HEss, Studies in the Personal Names in Genesis 1-1 1 , Neukirchener Verlag, Neukirchen-Vluyn 1993; J. SIMONS, «The Table of Nations (Genesis X): lts Generai Structure and Meaning» , in OTS 1 0( 1 954), 1 5 5 - 1 8 4 ; B. ODED, «The Table of Nations (Genesis 1 0): A Socio-Cultura} Approach», in ZA W 98(1 986). 1 4-3 1 .

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disperse nelle regioni costiere e nelle isole. Questi s ono i discendenti di Iafet nei loro rispettivi territori, ciascuno con la propria lingua, famiglia per famiglia, nazione per nazione {Gen 1 0, 2-5).

Il nome di questo progenitore, il terzo figlio nella lista, non può es­ sere facilmente dissociato. dallo lapetos (Giapeto) del mito greco , figlio di Urano e di Gea (Cielo e Terra), padre della triade Atlante, Prometeo e Epimeteo, e fratello dell'astuto e violento Crono.9 Il collegamento con la Grecia è comprensibile, perché la lista comprende lavan, che rinviava in origine alle città di lingua greca della sponda ionica del mare, incor­ porata nella provincia persiana della Ionia e, in seguito , nell'impero di Alessandro (cf. ad es. Dn 8,2 1 ; 1 0,20; 1 1 ,2), e al mondo di lingua greca in generale. L'ubicazione dei «figli» di Iavan traccia un grande arco , da Cipro e Rodi al Mediterraneo orientale (Elisa, Chittìm, Dodanìm) fino alla mitica Tarsis da qualche parte nel lontano occidente, forse l'inse­ diamento fenicio di Cartagine. 10 Riguardo agli altri nomi nella lista di Iafet, basti dire che corrispondono a tribù e nazioni situate attorno al Mar Nero , nell'Ucraina e in Armenia e, in un caso, ai medi, nell'Iran occidentale. Giuseppe Flavio sintetizza tutto questo dicendo che i gia­ peti si stabilirono in Asia fino al fiume Tanais (il Don) e in Europa fino a Gadeira (Cadiz) . 1 1 Cam, il segmento più lungo delle tre liste, ha subito i maggiori am­ pliamenti, rompendo così la struttura e formulazione del catalogo. La lista originaria conteneva probabilmente quattro discendenti di Cam, sette di Cush e Raamà presi insieme, e la conclusione . In questo caso, poteva presentarsi più o meno così: Discendenti di Cam: Cush (Etiopia), Egitto. Put, Canaan. Discendenti di Cush: Seba, Avìla, Sabta, Raamà, Sabtecà. Discendenti di Raamà: Saba e Dedan. Questi sono i discendenti di Cam secondo le loro famiglie e le loro lingue, ogni nazione nel suo territorio (Geo 1 0,6-7 .20).

Cush indica rampia regione a sud della prima cateratta del N ilo, comprendente attualmente Sudan, Etiopia, Eritrea e Somalia. Nei testi biblici viene nominato spesso insieme all' Egitto (mi�rayim). La lista dei popoli collegati all'Egitto (Gen 1 0, 1 3- 1 4) è stata quasi certamente ag9 Esrooo, 10 11

Teogonia 1 34. D.W. BAKER, «Tarshish», in ABD 6(1992}, 331-333. GIUSEPPE FLAVIO, Antichità giudaiche l, 1 22-1 29.

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giunta, perché rEgitto è già presente nella lista da Cam, come del resto anche altrove (Sal 78,5 1 ; 1 05 , 2 3 . 2 7 ; 1 06 , 2 2). La catalogazione di sette nomi di luogo arabi come camitici si può spiegare con la vicinanza geografica dei popoli stanziati sulle due sponde del Mar Rosso e con le relazioni commerciali con rArabia sud-occidentale, ricca d'incenso e metalli · preziosi. Ma la conoscenza di queste ubicazioni e associazioni non richiedeva molta abilità geografica o storica, perché molte compa­ iono altrove nei testi biblici . Put, identificato con la Libia in base alla LXX , la Vulgata e Giuseppe Flavio, non ha «discendenti» , probabilmen­ te perché erano sconosciuti. Un'importanza più diretta aveva certamente Canaan, qui conside­ rato nella sua massima estensione, comprendente tutta la regione a occidente del Giordano, la Siria, la regione costiera e le città fenicie. Il suo collegamento con la discendenza di Cam può conservare un qual­ che ricordo di Canaan in seno alla sfera d'influenza egiziana durante la tarda età del bronzo, ma era richiesto dal racconto precedente con le sue personificazioni di Cam e Canaan (Gen 9, 1 8 . 20- 2 7). La presenta­ zione di Sidone, piuttosto che di Tiro, assente nella lista, come «figlio» maggiore di Canaan si può spiegare con la decadenza di Tiro, in segui­ to all'assedio di Nabucodonosor, e con la successiva ascesa di Sidone durante il periodo achemenide. La stessa datazione postmonarchica spiegherebbe l'inclusione di Chet (gli «ittiti»), dal momento che l)et o bene-l)et ( «ittiti») corrisponde alla designazione della Siria- Palestina nelle iscrizioni reali neobabilonesi come ma t battu («terra di H atti») . 1 2 Del racconto sulla costruzione dell'impero da parte di Nimrod, «fi­ glio» di C ush, ci occuperemo nella prossima sezione del capitolo. Si deve a cambiamenti e aggiunte anche la forma attuale della li­ sta di Sem, l'ultima delle tre. Sem ha dato il nome ai popoli semiti attraverso la traduzione greca (sem), anche se almeno uno dei popoli citati nella lista, gli elamiti, non sono semiti. La lista comincia nel solito modo standardizzato in Gen 10,22. L'espressione di apertura del ver­ setto precedente è stata aggiunta per stabilire subito un collegamento con gli ebrei e con il loro antenato eponimo Eber, il primo ebreo, dato che 'èber è una formazione secondaria derivante da 'ibri, «ebreo». In base sia al dettaglio genealogico in questa lista · (Gen 10,2 2-24) sia alla

12 D .J. W1sEMAN, Chronicles of Chaldaean Kings (626·556 b. C.) in the British Museum, Trustees of the British Musewn, London 1 96 1 . 68-75.

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sua discendenza di dieci membri nel capitolo seguente (Gen 1 1 , 1 0- 1 4), Sem è il bisnonno , non il padre, di Eber (Sem-Arpacsàd-Sela-Eber) . Perciò , l'autore , ci ricorda che Sem è il fratello maggiore di Iafet, una menzione che può riflettere il primo stadio di una polemica, continuata da Giuseppe Flavio e da altri autori, secondo i quali la cultura e lettera­ tura ebraica era più antica di quella dei greci. La lista originaria di Sem comincia, quindi, in Gen 1 0,22 e segue lo stesso schema delle altre due : Discendenti di Sem : Elam , Assur, Arpacsàd, Lud , Aram. Discendenti di Aram: Us, Ut Gheter, Mas . Arpacsàd generò Selach e Selach generò Eber. Questi furono quindi i discendenti di Sem secondo le loro fami­ glie e le loro lingue, nei loro territori, secondo le rispettive nazioni (Gen 1 0,22 -24. 3 1 ) .

Questa lettura della lista d i Sem nella sua forma originale induce a ritene re che il suo scopo fosse quello di stabilire il collegamento gene­ tico con Eber, eponimo degli 'ibrfm . gli ebrei, e di collocare gli ebrei fra i popoli semitici dell' oriente, cioè Assur (assiri), Arpacsàd (babilonesi) e Aram (aramei). Come abbiamo già notato, gli elamiti, stanziati in quello che ora è l'Iran meridionale, non erano semiti e la loro lingua non appartiene ad alcun gruppo linguistico conosciuto . Lud non è sta­ to individuato con certezza e neppure i quattro popoli associati con Aram. Un altro problema è l'ub icazione di Ioktan come discendente di Eber. Ioktan è un nome arabo e i suoi tredici «figli» sono tribù arabe che, nella misura in cui si possono identificare , insieme con i loro ter­ ritori, abitavano nell'Hadramaut, lo Yemen, e in altri luoghi nella parte occidentale e sud-occidentale della penisola araba (Gen 1 0,2 5b-30). Il nome Peleg significa «divisione» (dalla radice verbale plg, «dividere»), in riferimento alla divisione o dispersione dei popoli della terra - quelli elencati nella tavola dei popoli - di cui si parla nel racconto di Babele che segue immediatamente. Insieme con il racconto della città e della torre di Babele (Gen 1 1 , 1 9), questa lista triadica costituisce la quarta unità delle cinque pentadi genealogiche, che conferiscono la sua struttura narrativa a Gen 1-1 1 . Le tre genealogie fondamentali sono attribuite generalmente alla fonte sacerdotale, benché siano più probabilmente materiale di archivio inse­ rito nel racconto con gli adattamenti appropriati. Almeno la più lunga delle inserzioni, quella su Nimrod (Gen l 0,8- 1 2), insieme con il racconto della città e della torre-tempio, viene attribuita a J. Questo solleva ancora 223

una volta, e in forma più acuta, la questione delle diverse prospettive teologiche di queste due fonti, una questione di cui ci occuperemo più avanti in questo capitolo. Per il momento, è sufficiente notare che i lega­ mi fra la lista e il racconto sulla città e sulla torre-tempio sono facilmente individuabili. La «tavola dei popoli» tratta della diffusione della nuova umanità sulla terra, con la creazione di ampi gruppi di consanguinei e, in seguito, di nazioni. La forza propulsiva di questo nuovo sviluppo è il comando dato alla creazione di crescere e moltiplicarsi e la benedizione che lo ha accompagnato {Gen 9, l . 7). Perciò, la prospettiva che sottende l'aumento della popolazione e la conseguente complessità politica è po­ sitiva. Il racconto di Babele ritorna al periodo che ha preceduto questa espansione demografica e quello di Nimrod sottolinea sviluppi di natura politica e culturale, inseparabili dall'autoaffermazione, dall'ambizione e dalla violenza. In questa scena manca la benedizione divina. Anche la distinzione delle lingue , data per scontata nelle liste (Gen 1 0 , 5 . 20.3 1), è reinterpretata dall'autore del racconto di Babele come un segno di estraniazione e non comunicazione, l'antitesi dell'unica lingua parlata nel giardino di Eden da uomini e animali. Nel racconto di Babele, questo viene considerato a sua volta una conseguenza dell'ambizione politica e della hybris imperialistica, entrambe altamente distruttive. Questi ele­ menti di contatto e contrasto spianano la strada alla lettura del racconto di Babele come un commento in forma narrativa sull'inserimento nella lista genealogica di Nimrod, guerriero, cacciatore e costruttore di città · {Gen 1 0,8- 1 2). Ora passiamo alla presentazione di questa imponente fi­ gura leggendaria.

Nimrod, primo costruttore di un impero Nimrod è stato inserito nella lista genealogica come figlio di Cush e nipote di Sem, ma il racconto delle sue attività in Gen 1 0 ,8 - 1 2 deriva evidentemente da una fontè indipendente dalla lista basilare dei di­ scendenti di Cam. Anzitutto , l'inserimento è frutto di un ripensamento , perché i discendenti di Cush sono già stati elencati. In secondo luogo , il Cush dal quale discende Nimrod non può essere il Cush primogeni­ to di Cam nominato in precedenza: quest'ultimo rappresenta la terra a sud della prima cateratta del N ilo ed è l'antenato d·ene tribù arabe (Seba, Avila, Raama, Dedan), mentre Nimrod appartiene chiaramente alla terra fra i due fiumi. Perciò è di origine cassita o mesopotamica e 224

non cushita. 1 3 Il detto proverbiale sulle sue prodezze di cacciatore, con­ tenente l'unica menzione di YHWH, in realtà di una qualche divinità, è stato evidentemente inserito nella lista, e viene generalmente anche se ipoteticamente attribuito alla fonte J, che abbiamo incontrato finora lungo tutto il racconto. In questo contesto letterario, Nimrod è un altro della serie dei primi. È il primo a diventare una potenza sulla terra, come i setiti furono · i primi a celebrare il culto di YHWH (Gen 4, 26), i discendenti di Adamo i primi a moltiplicarsi sulla faccia della terra (Gen 6, 1 ), Noè il primo a piantare la vite (Gen 9 , 20) . Tutte queste infor­ mazioni sono attribuite convenzionalmente a J. Come Caino , Nimrod costruisce una città (Gen 4, 1 7) e, come i nepilim distrutti nel diluvio, è uno dei gibborim, degli «uomini potenti>) del tempo antico , benché un tipo di gibbor chiaramente diverso. Il breve racconto su Nimrod non è esplicitamente pregiudizievole e negativo, ma nel contesto più ampio di Gen 1-1 1 queste associazioni suggeriscono un giudizio negativo sul­ le sue realizzazioni politiche e militari, che costituiscono un 'ulteriore degenerazione morale, secondo la visione realistica e disincantata del­ le vicende umane propria dello yahvista. Chi era allora Nimrod? In Gen 1 0,8- 1 2 troviamo una serie di infor­ mazioni. Era un guerriero e un cacciatore, il primo dei grandi potenti sulla terra. Fondo un regno nella Mesopotamia meridionale, noto come territorio di Sinar ed estese il suo impero nell'Assiria a nord, dove co­ struì delle città, fra cui la grande città di Ninive. Alcune delle città men­ zionate - quattro babilonesP4 e quattro assire - sono note: Babilonia (Hillah, circa 50 miglia a sud di Bagdad), Erech (Uruk, ora Warka, la città di Gilgamesh), Ninive (Kuyunjik, vicino a Mosul), Calne (Kalhu, ora Nimrud, a sud di Ninive) . Sembra, quindi, che l'autore consideri Nimrod una figura storica piuttosto che - come spesso si afferma - una divinità mesopotamica, sia essa Ninurta, dio della guerra e della caccia - due forme della stessa attività fondamentale - o Marduk, divinità imperiale dell'impero neobabilonese , un'identificazione che ha già alle spalle una

13 I cassiti (kasu). originari della regione a est dei monti Zagros, assunsero il potere .a Babilonia dopo la caduta della dinastia di Hammurabi e furono una potenza impor­ ..tante nel periodo Amarna. Dopo essere stati sconfitti dagli elamiti, a metà del XII secolo, ritornarono alla vita tribale. 14 Solo tre se si analizza kalneh come kullandh, «tutti loro», come fanno NRSV, REB e alcune altre versioni moderne.

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lunga storia, poiché risale a Wellhausen.15 Di conseguenza, sono sta­ ti proposti candidati umani, storici, piuttosto che mitologici, anche se dobbiamo aggiungere che risonanze mitologiche mancano raramente in questo genere di scritti. La lista dei candidati comprende Sargon , fondatore della dinastia di Accad nel tardo III millennio a.C . , 16 Tukulti­ Ninurta (ca 1 244- 1 208 a.C.), un grande costruttore e anche il primo so-· vrano assiro che conquistò Babilonia; 17 Assumasirpal II (8 78-707 a.C .), che stabili la sua capitale a Calne (Kalhu, ora Nimrud) sulla sponda orientale del Tigri a sud-est di Mosul; Sargon II (72 1.- 705 a.C .), la cui nuova capitale a Dur Sharrukin (Khorsabad) venne abbandonata dopo la sua morte.18 A questi possiamo aggiungere. Assurbanipal (668-627 a.C.), ultimo sovrano importante nella lunga lista dei re assiri, nonostan­ te che «l'inizio del suo regno» fosse l'Assiria e non Babilonia. Sembra che Assurbanipal abbia modellato la sua vita su quella di Gilgamesh, come eroico guerriero e cacciatore. Parti di quattro copie di Gilgamesh furono ritrovate da Austen Henry Layard, alla metà del XIX secolo, dopo essere rimaste sepolte per 2500 anni nelle rovine della biblioteca di As­ surbanipal. Nei primi 30 anni del suo regno, questo sovrano condusse campagne vittoriose in varie direzioni e mantenne il controllo di Babi­ lonia. Fu un formidabile guerriero e cacciatore e attribuì i suoi successi all'assistenza di Ninurta e di Nergal, dèi della guerra e della caccia.19 Le decorazioni murali che ornavano il palazzo di Assurbanipal a Ninive e ritraevano il re impegnato in queste attività sono finite nella sala assira del British Museum . Poiché nessuna di queste proposte è definitiva, può darsi che Nimrod incarni vari grandi conquistatori, che governarono sulla Mesopotamia dal tempo dei surneri a quello dei persiani. La valutazione della figura di Nimrod al di fuori della Bibbia ebrai­ ca, nella quale, a parte Genesi, il nome ricorre una sola volta, in Mi

15 E . LIPINSKI, «Nimrod et Assur», in JRB 73(1 966}, 77-93, propone una spiegazione più ricercata: il nome «Nimrod» è un tiqqun soferim, una deformazione del nome Mar­ duk. 1 6 Y. lEviN «Nimrod the Mighty King of Kish, King of Sumer and Akkad», in VT 52(2002), 350-366. 17 E .A. SPEI SER, «In Search of Nimrod», in Erlsr 5(1 958), 32-36; Io., Genesis: lntroduc­ tion. Trans/ation and Notes (AB 1), Doubleday, Garden City 1 964, 72-73. 18 C. UEHLINGER, «Bauen wir eine Stadt und einen Turmh>, in BK 58(2003), 37 -42; A. VAN DER Koou . «The City of Babel and Assyrian lmperialism» , in VTSup 1 09(2006), 1 -1 7. 19 D. D. LucKENBI LL, Ancient Records ofAssyria and Babylonia: Part Two. University of Chicago Press, Chicago 1927, 378-382.

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5 , 5, è per lo più negativa. 20 Può essere sintetizzata nella derivazione haggadica del nome dalla radice verbale ebraica mrd, «ribellarsi)) , con il significato di «ribelliamoci» (nimrod) : Nimrod, colui che si ribella a Dio . In una breve nuova versione narrativa del periodo arcaico , il libro della Sapienza ( 1 0 , 1 - 5) stabilisce un parallelismo fra il delitto di Caino, che condusse al diluvio dal quale fu salvato il giusto Noè, da una parte, e la confusione delle lingue e la dispersione delle nazioni, dalla quale emerge il giusto Abramo, dall'altra. L'autore non nomina Nimrod, ma, se lo avesse nominato , avrebbe molto probabilmente concluso, a par­ tire dalla sua attività di costruttore di città, che Nimrod era implicato nella costruzione della città e della torre di Babele . 2Esdra adotta un modello analogo (3 ,4- 1 3) . Per Giuseppe Flavio,21 Nimrod (Nebrodes, seguendo la LXX) fu il peggiore dei tiranni. Continuamente in lotta contro Dio , pensava che quest'ultimo avrebbe mandato di nuovo il di­ luvio� per cui decise di sconfigger lo , costruendo una torre che si sareb­ be innalzata al di sopra delle acque del nuovo diluvio . Parafrasando un paragrafo degli Oracoli sibillini (3, 97-1 09), Giuseppe Flavio descrive la fine ignominiosa della torre che doveva raggiungere il cielo: venne ab­ battuta dal vento . Filone, ricorrendo a una licenza filologica, interpreta l'espressione «un potente cacciatore davanti al Signore» nel senso di «un potente cacciatore contro il Signore».22 Come i giganti di un tempo, Nimrod abbandona la via della ragione e la causa di Dio , sceglie la lotta contro Dio e regna su Babilonia. 23 Il giudizio negativo su Nimrod è chiaramente condiviso anche dai targum e dall'haggadah . Per i Targum Neofiti I e Pseudo-Gionata, Nimrod è un gigante nel peccato . Secondo il Targum frammentario, oltre a essere un grande peccatore dà la · caccia più agli uomini che agli animali, convincendoli ad abbandonare i buoni precetti di Sem e accettare il suo dominio. In un commento a Gen 2 5 , 2 7 , il Targum Pseudo-Gionata afferma che Nimrod fu ucciso da Esaù, un altro poten20

Su ciò che segue, cf. K. VAN DER TooRN - P. VAN DE� HoRST, «Nimrod Before and After the Bible», in HTR 83( 1 990), 1 -29; P. VAN DER HoRST, «Nimrod after the Bible», in Essays o n the Jewish World of Early Christianity, Universitatsverlag, Fribourg 1990, 220-232; P. MACHINIST, «Nimrod», in ABD 4( 1 992), 1 1 1 6-1 1 1 8; J . L. KuGEt., Traditions of the Bible: A .Guide to the Bible as it was a t the Beginning of the Common Era, Harvard University Press, Cambridge 1998, 228-234; C. UEHUNGER, «Nimrod, ,,,�J», in DDD, 627-630. 21 GIUSEPPE FLAVIO, Antichità giudaiche l, 1 1 3- 1 1 9 . 22 FILONE, Quaesliones et solutiones in Genesim Il, 82. 23 FILONE, Sui giganti 66-6 7.

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te cacciatore, spinto dalla gelosia. Questo collegamento con Esaù viene ripreso in Genesi Rabbah (3 7 , 2). Entrambi furono empi e fuorviarono con i loro discorsi le persone, persuadendole ad adottare il loro stile di vita. Molto prima di allora, Edom, impersonato da Esaù, aveva sop­ piantato B abilonia come il potere oppressivo archetipico incarnato per i giudei dall'impero romano . Spesso i targum e l'haggadah orientano su Roma la violenta ostilità verso Edom dei testi biblici. Ad esempio, traducendo la profezia «i torrenti di quella terra si cambieranno in pece» di ls 34, 1 - 1 7 , il Targum sostituisce «Edom» con «Roma» . Questa tendenza aiuta a spiegare l'associazione fra Esaù e Nimrod , il primo dei nove sovrani del mondo fra il suo tempo e l' era messianica. 24 L' associazione nell'haggadah fra Nimrod ed Esaù e fra Esaù e Roma, e quindi fra Nimrod e Roma, offre un punto di partenza per una ricapitolazione provvisoria del posto di Nimrod nella storia delle origini dell'umanità secondo Gen 1-1 1 . Abbiamo visto che l' episodio di Nimrod è assegnato allo strato yahvista che completa la versione del­ lo scriba-sacerdote, fornendo così prospettive teologiche contrapposte sugli avvenimenti, l'una come contrappunto all'altra lungo tutto il rac­ conto. Ricordiamo ancora una volta che il racconto vuole rispondere , anzitutto e soprattutto, a questa domanda: perché le cose sono andate storte in un mondo creato da Dio e da lui riconosciuto veramente buo­ no? Nella versione J, il primo episodio ha a che fare con individui, un maschio e una femmina, e con la loro scelta di prendere le distanze dal Dio che li aveva creati e di andare per la loro strada. In questo caso, la punizione è semplicemente quella di collocarli nel mondo così come lo conosciamo e come lo hanno conosciuto gli uomini e le donne di tutte le epoche, un mondo nel quale le tribolazioni e le sofferenze sono inevitabili e, soprattutto, un mondo segnato dalla morte . Con la nascita di figli e l'avvento della famiglia assistiamo allo spettacolo dei conflit­ ti, della gelosia e della collera incontrollata che conduce all'omicidio . Quando la società umana raggiunge lo stadio più complesso del clan e della tribù, gli omicidi aumentano e diventano più indiscriminati, con la pratica della vendetta del sangue di cui Lamec si vanta con le sue mogli. Ma solo dopo l'intrusione di forze e agenti al di sopra della sfera umana - la mescolanza fra il divino e l'umano - risuona il lamento sul­ la natura inestirpabile del male dal cuore dell'uomo (Gen 6 , 5}, un giu-

24

b.Pes 44b; Pirqe Rabbi Eliezer 1 1 ,24.

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dizio ripetuto anche dopo il diluvio (Gen 8 , 2 1 ). Con Nimrod il processo raggiunge lo stadio della formazione delle nazioni e degli imperi, con la loro sequela di nazionalismo, imperialismo, colonialismo , violenza e ingiustizia endemica, compendiata nella concezione haggadica dei nove imperi del mondo. L'ultimo racconto della storia delle origini - il tentativo di costruire una città e una torre a Babele - riflette critica­ mente su questo stadio .

La torre non completata e la città abbandonata Ora tutta la terra aveva un 'unica lingua con le stesse parole. Emigrando dall'oriente, gli uomini giunsero in una valle nella regione di Sinar e vi si stabilirono . Si dissero l'un l'altro: «Venite, facciamoci mattoni e cuociamoli con cura» . {Usarono mattoni al posto della pietra e "il bitume servì loro da malta). Poi dissero: «Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima toc­ chi il cielo, e facciamoci un nome, per non disperd erci su tutta la terra>>. YHWH scese a vedere la città e la torre che quegli uomini25 avevano costruito. Disse: «Ecco, essi sono un solo popolo con una sola lingua e ora che han­ no cominciato a fare questo, nulla di ciò che si pro p ongono di fare sarà loro impossibile . Orsù, scendiamo e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l'uno la lingua dell' altro». Così YHWH li disperse di là su tutta la faccia della terra ed �ssi smisero di costruire la città. (Per questo essa è chiamata Babele, perché là YHWH confuse la lingua di tutta la terra e di là YHWH li disperse su tutta la faccia della terra) (Gen 1 1 , 1 -9).

Per raggiungere una maggiore economia ed efficacia, l'autore ha composto questo breve racconto come un anello . Al centro (Gen 1 1 , 5) c'è l'affermazione attorno alla quale ruota l'episodio: «YHWH scese a vedere la · città e la torre che quegli uomini avevano costruito». È la peripateia, la svolta, il momento in cui si vede il progetto della nuova ·umanità da una prospettiva indipendente dai loro progetti, desideri e decisioni. Nel cerchio interno dell'anello le parti sono impegnate in monologhi. Gli attori umani lo fanno collettivamente, YHWH lo fa inte­ riormente, usando il plurale deliberativo, ma le parti non comunicano

25 bene hd'ddtim. letteralmente digli dell'uomo)).

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fra loro. Questo è un nuovo e inquietante punto di partenza. YHWH ha parlato con l'uomo e con la donna nel giardino di Eden e ha parlato con Caino sia prima che dopo l'omicidio di Abele . Qui la comunicazio­ ne è interrotta. Si risponde a un progetto umano con una disposizione divina. Nel cerchio esterno, la situazione finale cancella la situazione ini­ ziale . Prima s'installano, poi vengono dispersi; prima parlano la stes­ sa lingua, poi non comprendono più l'uno la lingua dell'altro . Ora la distinzione delle lingue viene intesa come non comunicazione , come estraniazione. Nel racconto vi sono due commenti dell'autore, indicati fra parentesi: il primo , sui materiali da costruzione, sembra rivolto ai lettori residenti in Palestina, dove c'era abbondanza di pietre che era­ no usate per le costruzioni (Gen 1 1 ,3b) ; il secondo spiega la ragione per cui la città si chiama Babilonia (Babele) (Gen 1 1 , 9). La situazione iniziale collega l'episodio con il racconto precedente . Il popolo si sposta da oriente, cioè dal suo insediamento originario a est di Eden (Gen 3, 24) , dov'era stato piantato il giardino (Gen 2 ,8) .26 Il fatto che non si parli del diluvio potrebbe indicare che Gen 1 1 , 1 -9 era inizialmente una tradizione sulle origini indipendente dal contesto dei capitoli 1-1 1 . Tuttavia, nel loro attuale contesto narrativo, coloro che emigrano da oriente devono essere i sopravvissuti del diluvio, i rappre­ sentanti della nuova umanità. Secondo alcuni commentatori, il trasferi­ mento da Eden a Sinar ebbe luogo nella quarta generazione dopo Sem , la generazione di Peleg (il cui nome significa «divisione») , quando ven­ ne divisa, così si afferma, la popolazione della terra (Gen 1 0 , 2 5 ; 1 1 , 1 8 1 9). Perciò, l'unica lingua con la quale comunicavano sarebbe la lingua di Eden, anche se ormai non più condivisa con gli animali. Una lingua universale, comune, è caratteristica degli scenari dell'età dell'oro e for­ se anche dei loro equivalenti del tempo della fine , a giudicare dal testo profetico che prevede un tempo nel quale tutti parleranno «una lingua pura)) (Sof 3 ,9). La lingua in questione è certamente l'ebraico , la lingua usata da Dio quando pronunciò le dodici parole della creazione e la lingua parlata in Eden. 27

26 Questo è il significato normale della preposizione in miqqedem, ma esistono altre possibilità, come in Gen 2,8, dove il giardino è piantato miqqedem («là in oriente») e Gen 1 3, 1 1 , dove Lot si sposta miqqedem, cioè, nel contesto , verso oriente. 27 Attestato spesso nell'haggadah, ad esempio, y.Meg l , 1 1 ; cf. KuGEL, Traditions of the Bible, 235-238.

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.Nel corso dei loro spostamenti, gli emigranti giunsero in una valle nella regione di Sinar, dove si stabilirono e da dove furono poi dispersi sulla faccia della terra. Qualunque sia stata la storia precedente del nome Sinar (sin'ar), 28 i traduttori greci e i targum ebbero certamente ragione a identificarlo con Babilonia. La stessa conclusione è suggerita dall'uso biblico (Is 1 1 , 1 1 ; Zc 5 , 1 1 ; D n l ,2) e confermata dal riferimento alla valle nella quale si stabilirono. Dovrebbe trattarsi, con ogni proba­ bilità, della valle presso il canale Chebar (nar kabari, il «grande cana­ le»), dove Ezechiele ebbe le sue grandi visioni del carro del trono e del campo delle ossa inaridite (Ez 3 , 2 2-23; 8,4; 37, l �2) . Era inevitabile che i commentatori, nell'epoca moderna, trovasse­ ro prove della divisione delle fonti persino in un racconto così breve come quello di Gen 1 1 , 1 -9. Secondo Gunkel, esso è il risultato della combinazione di una fonte sulla città e di una fonte sulla torre, soprat­ tutto .. perché apparentemente YHWH scende dal cielo due volte (Gen 1 1 , 5 . 7). Ma in questo modo si è troppo attaccati alla lettera. Con la sua posizione centrale, come perno del racconto , la discesa di YHWH per vedere la città e la torre è programmatica più che sequenziale. E non occorre neppure pensare che farsi un nome ed evitare la dispersione siano incompatibili e quindi provengano da due versioni parallele . Al contrario, essi devono evitare la dispersione proprio per potersi fare un nome. 29 In ogni caso, checché ne sia dei presunti stadi precedenti, orali o scritti, del racconto , per l'autore la città che essi progettano di costruire e nella quale pensano di stabilirsi è Babilonia, la Babilonia imperiale, che ha distrutto il regno di Giuda nel 586 a.C . , ed è stata conquistata da Ciro, re di Persia, circa cinquant'anni dopo. È questa la Babele dell'affermazione conclusiva dell'autore (Gen 1 1 , 9), spiegata - non molto efficacemente, bisogna riconoscerlo - per assonanza con l'ebraico balal «confondere» («fare un balbettamen­ to [ingl. babble] di» , REB) l'unica lingua dei costruttori . La parodia e ironia che permea questo breve racconto può essere paragonata con la descrizione satirica da parte del Secondo Isaia del culto babilone­ se del dio Marduk, patrono della città e dell'impero, e di suo figlio, il

28 Secondo Ran Zadok, «The Origin of the Name Shinar», in ZA 7 4(1 984), 240-244, nome risale alla seconda metà del II millennio a.C al tempo del dominio cassita; cf. anche J . R. DAVIIA, «Shinar», in ABD 5(1992), 1 220. 29 H. GuNKEL, Genesis, Mercer University Press, Macon 1 99 7 ; cf. J. SKJNNER, A Criti­ cai and Exegetical Commentary on Genesis (ICC), T & T Clark, Edinburgh 1 910, 223-224. ·

il

.•



23 1

dio Nebo, residente a Borsippa (ls 46, 1 -2 ; 47, 1 - 1 5), le cui rovine, ora Birs Nimrud, furono considerate in passato i resti della torre di Babele . Queste diatribe appartengono alla raccolta di profezie isaiane poste­ siliche (ls 40-5 5}, risalenti agli anni immediatamente precedenti alla caduta di Babilonia, nel 539 a.C. Ma siccome Babilonia resta a lungo sinonimo di oppressione imperiale dopo quel tempo, la comparazione non determina necessariamente la data dell'autore J di Gen 1 1 , 1 -9, e tanto meno la data della composizione di cui fa parte. La denuncia di Babilonia, emblema dell' hybris, dell'ingiustizia e dell' oppressione imperialistica, comporta una critica altrettanto ra­ dicale del culto di Marduk, che proietta l'ideologia del potere politico e legittima e promuove i progetti edilizi e le guerre di conquista dei sovrani babilonesi. La principale espressione letteraria di questo cul­ to è il mito di creazione Enuma Elish , recitato il quarto giorno della festa akitu di capodanno nel mese di Nisannu (Nisan), in primavera. La parte pubblica della festa, della durata di 1 2 giorni, era celebrata nel tempio esagila e nell'annessa ziggurat Etemenanki a Babilonia. Sembra che l'autore di Gen 1 1 , 1 -9 abbia in mente questa struttura quando parla della torre , costruita, ma forse non completata, da colo­ ro che sono emigrati dall'oriente . L' Etemenanki, che significa «la casa (tempio) , fondamento del cielo e della terra», era una ziggurat (ziq­ qurrattu, che significa «costruzione elevata»), una piramide di sette piani, accessibile attraverso una rampa o gradinata, dedicata al culto di Marduk e alle divinità associate , i cui santuari occupavano il livello superiore . Secondo Enuma Elish fu costruita dagli Anunnaki, divinità della terra e del mondo sotterraneo: «Un anno essi fecero mattoni per essa; quando giunse il secondo anno , ·innalzarono il capo di esagila, al livello degli Apsu. Dopo aver costruito l'alta sezione della torre degli Apsu, stabilirono una dimora per Marduk , Enlil ed Ea» (Enuma Elish VI, 59-64) . Questo linguaggio , che ricorda Gen 1 1 , 1 -9, indica le aspi­ razioni divine di questi rappresentanti della nuova umanità. Esso può anche offrire un certo supporto alla posizione dei primi commentatori haggadici, che considerarono il progetto un'impresa essenzialmente idolatrica. Nonostante la sua nobile origine, la torre-tempio Etemenanki fu distrutta o saccheggiata, stando alle sue affermazioni, da Sennacherib , ma venne ricostruita o restaurata da Esarhaddon, suo figlio e succes­ sore . L'opera fu completata dal figlio Assurbanipal, ultimo importante sovrano assiro, che affermò di aver reintrodotto il culto di Marduk a 232

Babilonia, allora soggetta al suo dominio . 30 Dopo la caduta dell'impero assiro, l' Etemenanki venne nuovamente restaurata da Nabucodònosor Il , il sovrano che distrusse Gerusalemme, un nome infame nella Bib­ bia ebraica. Circa un secolo dopo la caduta di Babilonia, Erodoto, che potrebbe aver visitato la città e visto ciò che ancora restava dell'Ete­ menanki, descrisse una torre di otto piani (probabilmente uno di trop­ po) , dedicata a Zeus Belo (cioè Marduk), con una base lunga e larga due stadi, i livelli superiori accessibili attraverso una rampa a spirale costruita all'esterno e un grande tempio in cima alla torre più alta. 31 Queste torri-tempio mesopotamiche non erano così solide e resistenti come le piramidi egiziane e tuttavia i resti della ziggurat di Ur nell'Irak meridionale sono ancora visibili dopo oltre 4000 anni. La conoscenza della ziggurat torre-tempio e di ciò che rappresenta­ va era piuttosto diffusa, come risulta anche dal racconto familiare della sosta di Giacobbe a Betel, durante il suo viaggio verso la Mesopotamia, dove passerà vent'anni in esilio (Gen 28, 1 0-22) . Giacobbe dorme in «quel luogo» , 32 secondo una prassi ben nota di trascorrere la notte in un santuario (incubazione). Spera di avere una visione e una rivelazio­ ne per guidarlo nel suo incerto futuro. Così accade. In sogno vede una scala,33 probabilmente collegata a una struttura, anche se l'autore del racconto non lo dice, sulla quale gli angeli salgono e scendono. Come la torre-tempio di Babele immaginata dagli emigrati venuti dall'oriente , la sua cima tocca il cielo (Gen 2 8 , 1 2 ; cf. 1 1 ,4) . Al risveglio , Giacobbe, in preda a una sensazione di numinoso timore, riconosce che quello è il luogo della dimora di Dio e la porta del (al) cielo. L'episodio permette di comprendere meglio l'Etemenanki, perché «la porta del cielo» o , espressione equivalente, «la porta degli dèi» (accadico : bab ili) è la vera etimologia del nome Babilonia. L'affermazione secondo cui i costruttori vogliono farsi un nome (ebr. sem) o, in altri termini, assicurarsi una fama duratura, può essere uno dei vari jeux d 'ésprit linguistici dell'autore, nel senso che i costruttori 30 D.D. LucKENBJLL, Ancient Records ofAssyria and Babylonia: Part Two, University of Chicago Press, Chicago 1 927, 370-37 1 . 31 ERODOTO, Storie 1 , 1 8 1 - 1 82 . 3 2 I l termine miiqom, «luogo», ripetuto sei volte i n questo breve passo, è un sinonimo abituale di «luogo santo», santuario, come nella frequente espressione deuteronomica «il luogo che egli [YHWH] sceglierà». 33 «Rampa» piuttosto che «scala» per rendere l' hapax legomenon sulliim. È difficile immaginare persino degli angeli salire e scendere contemporaneamente lungo una scala.

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mirano a realizzare il loro destino genetico o genealogico in quanto di­ scendenti di Sem, il cui nome è Nome . Per questo devono evitare di di­ sperdersi e perdere la loro identità. Devono rendersi invulnerabili agli assalti o alle interferenze delle fonti esterne, umane o divine, e questo comporta la preservazione dell' identità linguistica. Se leggiamo il rac­ conto in sé, prescindendo dal contesto letterario nel quale è inserito, possiamo concludere che non c'è nulla di particolarmente reprensibile nel desiderio di stabilirsi in un luogo , costruire una città e una torre e conservare la propria lingua. Ma, se lo leggiamo nel contesto di Gen 1-1 1 , notiamo che i nuovi arrivati stanno costruendo un mondo diver­ so da quello presentato nella tavola dei popoli, nella quale i vari popoli si stabiliscono nei rispettivi territori con le loro lingue . Allora la città e la torre diventano un modo per concentrare nelle proprie mani il potere politico, legittimato con potenti simboli religiosi, e la resistenza degli abitanti contro la distinzione delle lingue è dettata dalla consa­ pevolezza che il linguaggio è uno strumento di potere, di controllo e di coercizione, cosa che effettivamente è. YHWH reagisce al loro progetto in tono ironico e copia addirittura il loro linguaggio («Scendiamo dun­ que))), ma non c'è alcuna ironia in quest'affermazione: «Nulla di ciò che si propongono di fare sarà loro impossibile)) (Gen 1 1 ,6). Ora questo è, come Giobbe confessa a Dio in termini quasi identici, un attributo della divinità: «So che tu puoi fare tutto e che nessun progetto per te è impossibile)) (Gb 42,2). Perciò , la dispersione che segue è diversa dall'espansione dei popoli nella lista dei discendenti dei figli di Noè (Gen 10,5.2 5 .32). Questa rispon­ de al comando di crescere, moltiplicarsi e prendersi cura della terra dato alla creazione, per cui realizza il compito affidato da Dio, mentre quella somiglia maggiormente alla cacciata dal giardino di Eden (Gen 3, 23). Ma anche li l'intervento di Dio non è tanto una punizione quanto piuttosto un nuovo orientamento e un allontanamento degli esseri umani da obiettivi seducenti e fuorvianti, e specialmente dal tentativo di appropriarsi degli attributi propri della divinità («perché non stenda la mano e non prenda anche dell'albero della vita, ne mangi e viva per sempre))). Da questo punto di vista, il messaggio non è molto diverso da quello di Gilgamesh : «Ritorna, ritorna alla finitudine!)).34 Lo scenario è diverso da quello dell'e­ pisodio del giardino, ma il tema è fondamentalmente lo stesso.

34 P. RlcoEUR,

The Symbolism ofEvil, Beacon Press, Boston 1 967, 1 90.

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Ne consegue che, per comprendere ciò che accade, o almeno per evitare fraintendimenti, dobbiamo leggere r episodio della torre non completata e della città abbandonata nel contesto, cioè come un epi­ sodio in una serie che costituisce un racconto delle origini redatto nel linguaggio del mito . Più specificamente, dobbiamo leggerlo in colle­ gamento con la tavola dei popoli che lo precede direttamente (Gen 1 0, 1 - 3 1 ) e specialmente come un commento sull'informazione relativa a Nimrod inserita nel racconto (Gen 1 0,8 - 1 2). Ora, in Gen 1 1 , 1 -9, la si­ tuazione dell'umanità postdiluviana, descritta nel capitolo precedente, con ogni tribù o nazione installata nel proprio territorio e con la pro­ pria lingua, viene considerata come il risultato di un atto primordiale di hybris, nel momento in cui i discendenti dei primi sopravvissuti del diluvio decidono di andare per la loro strada, installandosi in un luogo , conservando la loro lingua, imitando Caino con la costruzione di una città, .per farsi un nome. Un legame con Nimrod è suggerito, anzitut­ to, dalla descrizione delle sue realizzazioni come sovrano di Babele (Babilonia) nella regione di Sinar: entrambi i nomi ricorrono in Gen 1 1 , 1 -9.35 Anche Nimrod fu un costruttore di città, fra cui Ninive, «la grande città», e il racconto delle sue prodezze suggerisce che anche nel suo caso , come in quello dei costruttori della torre, «nulla di ciò che si propone di fare gli sarà impossibile». Nell' antichità, le interpretazioni successive del racconto della città e della torre-tempio - nessuna s'interessa granché al suo contesto let­ terario - emettono un giudizio decisamente negativo sul progetto de­ gli emigrati dall' oriente e molte vedono proprio in Nimrod l'ispiratore dell'impresa. Fra le prime interpretazioni del genere c'è quella dell'au­ tore del Libro dei giubilei ( 1 0, 1 8- 2 7) , secondo il quale la costruzione fu intrapresa da Peleg che, accompagnato dalla moglie Lomna, emigrò a est, da Ararat a Sinar. Egli spese 43 anni nella costruzione della torre, per vederla subito crollare sotto le raffiche di un vento mandato dal Si­ gnore. Ma molti assegnano il ruolo direttivo a Nimrod che è, secondo la LXX e altri autori antichi, uno dei giganti sopravvissuti al diluvio . Giu­ seppe Flavio36 colma le lacune del racconto nel suo modo inimitabile. Nonostante la paura di nuove inondazioni devastanti, i tre figli di Noè 35 L' espressione rtPsit mamlakto (Gen 1 O, 1 0) può indicare sia «la parte principale o capitale del suo regno» sia «l'inizio del suo regno», con quest' ultimo che forse indica Nimrod come il fondatore di Babilonia. 36 GIUSEPPE FLAVIO, Antichità giudaiche l, 1 09- 1 2 1 .

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scendono dai monti nella pianura chiamata Senaar (Sinar) . Dio chiede loro di evitare il sovraffollamento, con tutti i problemi che comporta, mediante la fondazione di colonie (apoikiall Ma il loro capo Nebrodes (Nimrod) li convince che le motivazioni addotte da Dio sono sospette, perché, in realtà, egli progetta un nuovo diluvio. Allora Nebrodes sfida Dio onnipotente, proponendo la costruzione di una torre più alta di qualsiasi livello che avrebbero mai potuto raggiungere le acque . A que­ sto punto , Giuseppe Flavio cita a sostegno della sua interpretazione un passo tratto dal terzo Oracolo sibillino, 37 secondo il quale essi volevano raggiungere il cielo , ma l'Immortale mandò un vento impetuoso per ab­ battere la torre . Ne seguì un conflitto fra gli uomini, la confusione delle lingue (qui considerata negativa) e la frammentazione dell'umanità. Una tradizione ebraica rappresentata dai Targum Neofiti I e Pseu­ do-Gionata considera il progetto un assalto contro Dio, con un idolo armato di spada posto in cima alla torre . Genesi Rabbah ( 3 8 , 8) giu­ stifica quest'interpretazione, leggendo «nome» (sem) in «facciamoci un nome» come «idolo». Secondo una variante della tradizione , l'as­ salto doveva essere compiuto dagli stessi costruttori su istigazione di Nimrod e sotto la sua guida.38 Lo stesso afferma, con un linguaggio diverso, una denuncia profetica di un sovrano posteriore della stessa città - B abilonia - e delle sue pretese di diventare un dio: Come sei caduto dal cielo, astro del mattino! Come sei stato abbattuto e gettato a terra tu che dominavi su tutte le nazioni. Eppure pensavi nel tuo cuore: Salirò in cielo, stabilirò il mio trono p iù in alto delle stelle più alte [ . . ]. Salirò sulle nubi più alte, diventerò come l'Altissimo Dio! (Is 1 4, 1 2- 1 4) . .

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Oracoli sibillini 3,97-1 09. b.Sanh 109a; Pirqe Rabbi Eliezer 24. Per ulteriori dettagli su queste tradizioni, cf. L. GrNZBERG, The Legends of the Jews. 5: Notes to Volumes I and II, Jewish Publication Society of America, Philadelphia 1 955, 201 -206; ID., The Legends of the Jews. l: Bible Times and Characters from the Creation to Jacob, 1 79-1 8 1 ; KuGEL, Traditions of the Bible, 2 27-242. Per le letture cristiane antiche, cf. A. LouTH - M . CoNTI , Ancient Christian Com­ mentary on Scripture: Old Testament 1: Genesis 1-1 1 , InterVarsity Press, Downers Grove 2001 , 1 66-1 70. 38

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Senza scadere nel tono omiletico, possiamo aggiungere che oggi il degrado ecologico, il riscaldamento globale, la proliferazione delle armi nucleari e biologiche, la clonazione, la diffusione dell'Aids e la prospettiva di altre malattie p andemiche potrebbero indurci a leggere il racconto della torre non completata e della città abbandonata come una parabola sulle ambiguità e sui rischi di un progresso tecnologico illimitato . Le nostre tecnologie sono molto più avanzate di quelle degli emigrati da oriente - per loro si trattava unicamente di usare mattoni invece di pietre e di erigere un edificio di sette piani - ma probabil­ mente la nostra saggezza, o la nostra coscienza dei limiti della nostra capacità morale, non è diversa dalla loro . Volendo citare un detto di Miche! de Montaigne: «La presunzione è la nostra malattia naturale e originaria [. . ] . È a causa delle vanità di questa vera e propria immagi­ nazione che l'uomo si innalza e si fa uguale a Dio» .39 .

39 Prendo questa citazione da R. SHAITUCK, Forbidden Knowledge: From Prometheus · to Pornography, St. Martin's Press, New York 1996, 28.

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Capitolo 8

DA SEM AD ABRAMO, DAL MITO ALLA STORIA Diversamente dalle precedenti quattro unità della struttura genera­ zionale in Gen 1-1 1 , quest'ultima, che conclude il racconto biblico della creazione, non ha un seguito narrativo, per cui può essere trattata più rapidamente. Serve come epilogo alla serie e, al tempo stesso , come transizione dal periodo arcaico, raccontato nel linguaggio del mito , al periodo storico, sia pure non storico nel senso in cui oggi comprendia­ mo e trattiamo la storia. La genealogia da Sem a Terach è parallela alla lista genealogica degli antidiluviani in Gen 5, 1 - 3 2 , con alcune variazio­ ni. Partendo ·da Sem, il primogenito di Noè, si conserva la discendenza lineare fino all'ultimo discendente, Terach , il punto nel quale la genea­ logia viene segmentata orizzontalmente con i suoi tre figli, Abramo, Nacor e Carran, paralleli ai tre figli di Noè nella genealogia antidilu­ viana (Gen 5 , 32) e ad altre triadi che abbiamo già incontrato sopra. La differenza fondamentale è la riduzione della visuale : dall'umanità nel suo complesso a uno dei tre fondatori dell'umanità postdiluviana, Sem, il primogenito di Noè, che, a suo tempo , attraverso la versione greca (sem) darà il nome ai popoli semiti . 1 La lista comincia così : Questi sono i discendenti di Sem . Sem aveva cento anni quando divenne padre di Arpacsàd, due anni dopo il diluvio . Dopo la nascita di Arpacsàd, Sem visse cinquecento anni ed ebbe altri figli e figlie (Gen 1 1 , 1 0- 1 1 ) .

1 I l termine compare per l a prima volta verso l a fine del XVIII secolo come una desi­ gnazione linguistica e solo in seguito viene usato come marcatore etnico in J.G. EICHHORN, Einleitung ins Alte Testament ( 1 780- 1 783).

239

Il modello è lineare : età alla nascita del primo figlio; durata della vita da quel momento in poi; nascita di altri figli e figlie. Come nella lista antidiluviana, il punto cruciale è l'età del patriarca alla nascita del primo figlio, perché questo permette la costruzione dello schema cro­ nologico senza interruzioni di cui abbiamo già parlato . Diversamente dalla lista precedente, non c'è la somma totale degli anni e l'indicazio­ ne della morte , entrambi comunque aggiunti nel Pentateuco samarita­ no. Anche la LXX aggiunge l' indicazione della morte e inserisce Kainan (ebr: qenàn) al terzo posto dopo Arpacsàd , per raggiungere il numero dieci, come nella genealogia parallela. Si è ipotizzato che il numero nove nel TM volesse far spazio ad Abramo come decimo .2 Ma Abramo , in quanto figlio primogenito di Terach, è strutturalmente parallelo a Sem, primogenito di Noè (Gen 5, 32), e appartiene per diritto all'inizio della serie toledot successiva (Gen 1 1 , 2 7). L'aggiunta di Kainan nei principali manoscritti della versione greca antica (Alessandrino e Va­ ticano) , insieme al Libro dei giubilei (8 , 1 -5) e alla genealogia lucana di Gesù (3, 36), non può essere la lettura originaria. Anzitutto , Kenan/ Kainan, figlio di Enos, è quarto nella lista antidiluviana dei discen­ denti di Adamo (Gen 5 , 9- 1 4) ed è l'unico nome a comparire nella lista sia antidiluviana sia postdiluviana, il che induce a ritenere che venne aggiunto alla lista di Sem. In secondo luogo, i primi cinque nomi della genealogia Sem-Terach corrispondono agli stessi cinque nomi - Se m, Arpacsàd, Sela, Eber, Peleg - nello stesso ordine nella tavola dei popoli (Gen 1 0 , 2 2-25) - e sono stati quasi certamente ripresi da quest'ultima. Perciò Kainan è un intruso . Una spiegazione alternativa della disparità di numero - nove inve­ ce di dieci, come nella lista antidiluviana - potrebbe essere questa. In origine, c' era una sola lista dei discendenti di Adamo , stilata da dotti teologi o mitografi e depositata negli archivi del tempio . Quando venne incorporata nel racconto sulle origini dell'umanità, al cui centro c'è, come abbiamo visto , il diluvio , la lista venne divisa in due parti: anti­ diluviani e postdiluviani. In base a questa sistemazione centrale , Noè sarebbe il punto focale della lista e il suo nome sarebbe preceduto e seguito da altri nove. Perciò la lista sarebbe questa.

2

560 .

Ad esempio, C. WEsTERMANN, Genesis 1-1 1 : A Commentary, SPCK, London 1 984. .

240

Ad amo Set me Lamec

Enos

Kenan

Maalalèl

lered

Enoc

Matusalem­

Noè ·

Sem Arpacsàd Selach

Eber

Peleg Reu

Serug Nacor

Terach

Avendo costruito diversamente le liste , la LXX ha voluto allineare la seconda con la prima, aggiungendo un nome. La ragione per cui ha aggiunto Kainan/Kenan è controversa, specialmente alla luce della stretta affinità con Caino, un nome di malaugurio . Nella sistemazione greca, Kenan è quarto nella discendenza di Noè, così come l' altro Ke­ nan era quarto nella discendenza di Adamo , ma non è chiaro quale conclusione i traduttori possano aver tratto da questo parallelismo, se pure lo notarono . 3 Un altro difficile problema segue a ruota. L'affermazione, all'inizio della lista, secondo cui Sem generò Arpacsàd due anni dopo il dilu­ vio (Gen 1 1 , l 0) è problematica. La matematica parla chiaro : noi già sappiamo che Sem nacque quando Noè aveva 500 anni {Gen 5 , 3 2) e che il diluvio iniziò quando No è aveva 600 anni {Gen 7 ,6. 1 1 ). Perciò, se Arpacsàd nacque quando suo padre Sem aveva 1 00 anni, è nato nell' anno del diluvio, non due anni dopo . La spiegazione più probabile di questa datazione contraddittoria è quella di considerare l' espressio­ ne «due anni dopo il diluvio » una glossa. Può indicarlo il fatto di essere l'unico caso in cui lo schema genealogico regolare risulta disturbato. Il glossatore può essersi preoccupato di una coerenza di altro genere, dato che si afferma senza ombra di dubbio che i figli di Noè ebbero figli dopo il diluvio (Gen 10, 1 . 32). Potrebbe anche aver notato che fra le otto persone entrate nell'arca (Noè, la moglie , i tre figli e le tre nuore) non c'erano i nipoti di Noè. Il redattore originario della lista può aver semplicemente arrotondato l'età di Sem a 100, che, insieme con i 500

3 Altre spiegazioni in S.E. McEvENUE, The Narrative Style of the Priestly Writer, Pontificai Biblica! Institute Press. Roma 1 97 1 , 55-59. H . R. JAcosus . «The Curse of Cainan (Giub. 8 . 1 - 5): Genealogies in Genesis 5 and Genesis 1 1 and a Mathematical Pattern». in JSP 1 8(2009). 207-2 32, dimostra, fra l'altro, con un'argomentazione molto dettagliata che Kenan, come tredicesimo nel.la discendenza da Adamo, e quindi soggetto a una maledizione, fu omesso dal TM e dal Pentateuco samaritano. L' associazione con il nome Caino non avrebbe giovato, ma non è chiaro se il numero 13 fosse considerato infausto nell'antico giudaismo; cf. , al contrario, i 1 3 attributi di Dio, le 1 3 mizuot di Maimonide e i 1 3 anni di età per la bar mituah.

241

anni dopo la nascita di Arpacsàd, danno, al contrario � 500 anni di Noè prima della nascita dei suoi figli e 1 00 da allora al diluvio.4 Ricordiamo che queste età non solo sono fittizie, ma sono fissate in modo da con­ cordare con lo schema cronistico generale. La funzione di transizione della lista risulta dagli stessi nomi. Ab­ biamo appena visto che i primi cinque sono tratti dalla tavola dei po­ poli, la lista della prima espansione della popolazione dopo il diluvio, e nella lista sono riprodotti nello stesso ordine genealogico . L'antenato Sem, l' uomo il cui nome è Nome, cioè Fama, 5 nacque cento anni prima del diluvio, per cui è l' ultimo collegamento con la prima creazione (Gen 5 ,3 2). Egli è primo anche nella durata della vita {600 anni) . Nessuno dei suoi discendenti supera i 500 anni e nessuno degli ultimi quattro della genealogia raggiunge la metà di quel numero. La riduzione della durata della vita continuerà con Terach , il cui nome compare in testa alla successiva lista toledot e la cui durata di vita (205 anni) non viene raggiunta da nessuno dei suoi discendenti, neppure da Abramo, l sacco e Giacobbe (Gen 1 1 ,3 2) . Fra parentesi bisognerebbe notare che sia la LXX che il Pentateuco samaritano aggiungono 1 00 anni all'età alla nascita del primo figlio per i nomi dei patriarchi da Arpacsàd (secondo) a Serug (settimo) e 50 per Nacor {ottavo) . In entrambe le versioni, anche molte altre cifre divergono dal TM. Queste divergenze sono state molto discusse e sono state proposte varie soluzioni. 6 La spiegazione più probabile potrebbe essere questa: entrambe le versioni volevano evitare l' imbarazzo di un Noè ancora vivo e presumibilmente attivo durante i primi 60 anni della vita di Abramo. Perciò, i primi cinque nomi formano un gruppo distinto . Poiché il nome del quinto , Peleg, viene spiegato in relazione alla dispersione seguita al fallito tentativo della costruzione di una città e di una torre - la radice verbale plg significa «dividere» - i nomi appartengono al periodo immediatamente successivo al diluvio , un periodo che, calco4 F. H . CRYER, «The Interrelationships of Gen 5:32. 1 1 : 10 and 7:6 and the Chronology of the Flood», in Bib 66( 1 985), 241 -261 . 5 Ebraico sem «nome>>; cf. i guerrieri in Gen 6.4 che erano 'lanse hassem, «uomini di nome, cioè famosi» e i costruttori della città e della torre che volevano farsi un nome {Gen 1 1 .4). Non è stata proposta alcuna derivazione alternativa soddisfacente di Sem. 6 U. CASSUTO, A Commentary on the Book of Genesis, Magnes Press, Jerusalem 1 96 1 , I , 2 5 5-259; R .W. 'KLEIN, «Archaic Chronologies and the Textual History o f the Old Testa­ ment». in HTR 57(1 974), 255-263; WESTERMANN, Genesis 1-1 1 , 559-561 . =

242

lato in base alle età alla nascita del primo figlio, aggiunge qualcosa alla durata di vita relativamente modesta di 1 99 anni. Non si è potuto sta­ bilire con certezza la derivazione di nessuno dei cinque nomi. Abbiamo già visto che Sem è probabilmente una creazione artificiale . Arpacsàd può riferirsi a Babilonia (cf. Gen 1 0,22). Eber viene spesso considerato l'eponimo degli ebrei ('ibrim), benché , secondo la tavola dei popoli, sia l'antenato di quattordici tribù arabe . Sela (selah) può essere il nome di una divinità ctonia cananea, ma è solo un 'ipotesi. 7 Gli altri quattro nomi della lista appartengono a una categoria mol­ to diversa. Pur ricorrendo altrove come nomi personali o tribali, tre dei quattro , e forse tutti e quattro , sono attestati come insediamenti nella regione di Carran (Harranu) nella Mesopotamia settentrionale , ora Turchia sud-orientale , in prossimità del confine siriano . Serug, settimo nella lista, è Sarugi, menzionato in documenti neoassiri, ora Serudj a nord-ovest di Carran. Nacor (Nahur, Til Nahiri) , ottavo , an­ che il nome del fratello di Abramo, è nella stessa regione e così pure il nono e ultimo , Terach (Turahi) sul fiume Balih . Reu, sesto della lista, non è attestato altrove come nome di persona, a meno che non sia una forma abbreviata di Reuèl, il suocero di Mosè (Es 2 , 1 8) e un figlio di Esaù (Gen 36,4. 1 0 . 1 3). È stato identificato con il Ru'iia, una tribù araba citata in un'iscrizione assira, e con Til Tahaua, un toponimo, ma sono solo ipotesi. Comunque, almeno tre nomi rinviano chiaramente a un'associazione con la storia israelitica e specialmente con tradizioni sulle origini israelitiche . La regione di Carran è il luogo della diaspora israelitica settentrionale, dopo la conquista assira di Samaria. I testi bi­ blici che collocano i loro insediamenti nella regione di Gozan (Guzana sul fiume Khabur) , poche miglia a est di Carran (2Re 1 7 ,6; 1 8 , 1 1 ; l Cr 5 ,26), hanno un qualche sostegno archeologico.8 Carran è anche la patria degli antenati d'Israele . Fu lì, in Aram Naharaim, la regione in cui nacque, che Abramo cercò una moglie per il figlio I sacco (Gen 24, 1 - 1 0) e fu a Nacor che il suo servo incontrò finalmente Rebecca (Gen 24, 1 0). Per sfuggire alla vendetta di Esaù, Giacobbe si rifugiò presso lo zio Labano a Carran e li incontrò e sposò la cugina Rachele (Gen 27 ,43;

7 M . TsEVAT, «The Canaanite God Salah» , i n VT 4( 1 954), 4 1 -49; G. WENHAM , Genesis

7-15 (WBC), Word Books, Waco 1987, 2 1 0-232. 8 M. COGAN - H. TADMOR, Il Kings: A New Translation

with lntroduction and Commentary (AB 1 1 ) , Doubleday, New York 1 988, 1 97 ; K.L. YouNGER, «The Deportations of the Israel­ ites», in JBL 1 1 7(1 998), 201 -227.

243

2 8 , 1 0; 29 ,4). Lì nacquero anche la figlia di Giacobbe e undici dei suoi fratelli (Gen 29 , 3 1 -30,24). Sembra, quindi, che la genealogia sia stata composta con due grup­ pi di nomi molto diversi: uno proveniente dalla lista dei discendenti e degli insediamenti di Sem nell'immediato periodo postdiluviano; l'al­ tro proveniente dalle tradizioni sugli antenati d'Israele, a partire da Terach e dai suoi tre figli, fra cui soprattutto Abramo. La lista doveva certamente servire come passaggio dal periodo arcaico , raccontato nel linguaggio del mito, alle origini della storia o preistoria d' Israele, una funzione che essa indubbiamente assolve . Ma, dal punto di vista lette­ rario, è la quinta e ultima unità dello schema toledot in base al quale è strutturato Gen 1 , 1 -1 1 ,26, per cui conclude il racconto delle origini. Lo schema più ampio di cui fa parte non è privo di precedenti. L' abitu­ dine di premettere alla storia di un popolo un racconto sulle origini del mondo e dell'uomo è esemplificata dal mito greco di Deucalione e dal diluvio ch e introduce nella storia dei popoli di lingua greca attraverso suo figlio Elleno e i discendenti di quest'ultimo . Nella sua Babilonia­ ka, Berosso premette alla breve storia dei regni assiro, babilonese e persiano un racconto sulle origini del mondo , che comprende anche il diluvio; il legame è costituito dalla lista di dieci dinastie postdiluviane. 9 Praticamente allo stesso modo, un racconto originariamente indipen­ dente delle origini del mondo è stato a un certo punto aggiunto alla storia d 'Israele, partendo dagli antenati. Con la storia della famiglia di Terach comincia una nuova epoca, in­ serita in una nuova serie toledot e caratterizzata da avvenimenti molto importanti, non solo per il popolo d'Israele .

9 S.M. BuRSTEIN, The Babyloniaca of Berossus, Undena, Malibu 1 978, 1 3-29.

244

Epilogo

VERS O UNA TE OLOGIA BIBLICA DELIA CREAZIONE

Esiste una teologia veterotestamentaria della creazione? Scrivere una teologia della creazione sarebbe un compito scorag­ giante e un compito da non intraprendere a cuor leggero. Lo sarebbe, sia che la creazione si limitasse a un avvenimento , all'origine del mon­ do materiale e dell'umanità, sia che comprendesse l'ordine creato , il mondo fenomenico in relazione a Dio come sua origine e fonte della sua intelligibilità. Uno studio teologico di questa portata, redatto da un cristiano, un ebreo, un musulmano o da una qualsiasi altra prospettiva fondamentalmente teistica, comporterebbe ben più di un esame dei rispettivi testi canonici e privilegiati. Potrebbe prendere come punto di partenza un dialogo con le scienze rilevanti su questioni corren­ ti - teoria cosmologica, evoluzione, creazionismo , ecologia - facendo riferimento ai testi quando possono essere considerati importanti. Ad esempio, circa due terzi dell'eccellente volume di Hans Schwarz sull'argomento sono consacrati allo studio di questi temi nelle scienze fisiche prima di trattare della creazione nei testi biblici. 1 Nello stesso anno , Willem B. Drees ha pubblicato un volume geniale e stimolante sulla relazione fra scienza e religione in relazione alla creazione , che tratta solo incidentalmente e brevemente della Bibbia. 2 Indubbiamen­ te, in anni recenti, gli straordinari progressi nella comprensione della

1 H. ScHWARZ, Creation, Eerdmans, Grand Rapids 2002 . 2 W. B. DREES, Creation from Nothing until Now, Ro utledge London-New York 2002. ,

245

natura del mondo fisico, della profonda continuità del tempo e dello spazio-tempo hanno contribuito a portare il tema all' attenzione dell'o­ pinione pubblica. Anche le questioni di etica sociale importanti per tut­ ta l'umanità, indipendentemente dali' appartenenza o della militanza religiosa - diritti umani universali, diritto internazionale, protezione dell'ambiente , globalizzazione - farebbero legittimamente parte di una teologia della creazione. Il titolo di quest'epilogo al commentario su Gen 1-1 1 indica che non pretendo d'imbarcarmi nello studio di questa teologia. Vorrei sem­ plicemente prolungare il commentario , identificando alcuni dei temi sollevati nel corso della storia dell'interpretazione dei testi e aggiun­ gendo alcune osservazioni sulla concezione cristiana della creazione, così come emerge dalla lettura dei testi del Nuovo Testamento . Ma poi­ ché un'eventuale teologia cristiana della creazione deve includere una comprensione teologica di ciò che hanno da dire le Scritture ebraiche su quest'argomento , vale la pena notare che la creazione ha fatto molta fatica a costituirsi come tema specifico nello studio della Bibbia ebrai­ ca. Nella storia della teologia dell'Antico Testamento, iniziata come disciplina specificamente cristiana solo verso la fine del XVIII secolo, la creazione è stata considerata come secondaria, come una sorta di appendice ai grandi temi della rivelazione, dell'elezione e della sal­ vezza nella storia, intendendo ovviamente la storia d' Israele. Ci si è comportati come se il vero inizio della Bibbia fosse il primo capitolo dell'Esodo piuttosto che il primo capitolo della Genesi. 3 Una rapida rassegna delle teologie dell'Antico Testamento dimostrerà quanto sia stato difficile attribuire la debita importanza ai testi della creazione e integrarli in una sintesi teologica generale . 4 In alcuni casi, il problema dipende dalla scelta da parte dello scrittore di un principio organizza­ tivo o di un concetto guida che non poteva adattarsi facilmente al tema 3 È ciò che pretendeva C. WESTERMANN, Der Schopfungsbericht vom Anfang der Bi­ bel, Calwer, Stuttgart 1 96 1 , 6. Ma in seguito Westermann modificò la propria posizione in Io. , Theologie des Alten Testaments in Grundziigen, Vandenhoeck & Ruprecht, Gottin­ gen 1 978 e in lo . , Genesis 1-1 1 : A Commentary, SPCK, London 1 984, specialmente le osservazioni conclusive, 600-606. 4 Per un'introduzione a questi temi collegati con la teologia dell'Antico Testamento, cf. H.G. REVENTLOW, Problems of Old Testament Theology in the Twentieth Century, For­ tress, Philadelphia 1 985 e, in relazione soprattutto alla creazione , H.G. REVENTLOW Y. HoFFMAN, Creation in Christian and Jewish Tradition, Sheffield Academic Press, Sheffield 2002, 1 53- 1 7 1 ; cf. , anche, R.P. KNIERIM, The Task of Old Testament Theology. Eerdmans, Grand Rapids 1 995; J. BARR, The Concept ofBiblical Theology. Fortress, Minneapolis 1 999. -

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della creazione . Un esempio ben noto è il concetto di alleanza, scelto da Walter Eichrodt come principio organizzativo del suo studio, molto influente, sulla teologia dell'Antico Testamento, pubblicato per la pri­ ma volta negli anni '30 del secolo scorso .5 Ancor più influente è stato il ruolo centrale giocato dalla . storia della salvezza (Heilsgeschichte) nei decenni dopo la seconda guerra mondiale, ad esempio , anzitutto e soprattutto, quello dell'opera di Gerhard von Rad, pubblicata negli anni ' 50 del secolo scorso . 6 Von Rad sostenne che l'idea della crea­ zione cominciò a essere considerata importante solo quando venne collegata, in epoca tardiva, con l'elezione e la redenzione in seno alla storia d' Israele .7 Questo sembrerebbe implicare che l'articolazione re­ lativamente tardiva della fede nella creazione dimostra la sua minore importanza e spiega perché non raggiunse mai lo status di dottrina indipendente in seno alla disciplina. ln base a questo punto di vista, la fede nella creazione è prope­ deutica alla, e dipendente dalla, storia della salvezza. In altri termini, è subordinata alla storia religiosa d'Israele. James Muilenburg lo ha affermato molto chiaramente: La dottrina biblica della creazione è un derivato della storia, della storia sacra del popolo eletto . Il racconto della creazione in Gen 1 non è solo un prologo alla storia che lo segue, ma anche uno sviluppo della vita dell'elezione storica, della storia della redenzione che ha al suo centro I'esodo.8

Questo modo di leggere i testi non ha incoraggiato l'attenzione al tema della relazione fra Dio, da una parte, e il mondo fisico e l'umanità, dall'altra, e non ha offerto un punto di partenza per la riflessione sugli obblighi morali derivanti da una comune umanità. Queste preoccupa­ zioni, basate su un'attenta lettura dei racconti della creazione, hanno cominciato ad affiorare, come un insieme di questioni per la teologia 5 W. EicHRODT, Theology of the Old Testament, Westminster, Philadelphia 1 96 1 , l; In., Theology of the Old Testament, II. 6 G . voN HAn, Old Testament Theology. 1: The Theology of lsrael's Historical Tradi­ tions, Oliver & Boyd. Edinburgh- London 1 962; lo., Old Testament Theology, Il . 7 VoN RAD, Old Testament Theology, I, 1 36- 1 5 3. A questa conclusione era giunto molto prima nel suo saggio «The Theological Problem ofthe Old Testament Doctrine ofCre­ ation», in Gesammelte Studien zum Alten Testament, pubblicato nel 1 961, 136- 147. 8 J. MuiLENBURG, «The Biblica! View of Time)), in HTR 54(1 961), 242, citato in REVENT­ LOW, Problems of Old Testament. 1 4 1 .

247

biblica, solo negli anni ' 70 del secolo scorso, in parte in risposta all'e­ mergenza, a quel tempo, delle preoccupazioni ecologiche, e devono fare ancora molti passi avanti. Può · essere stato proprio il disagio di fronte a questa trascuratezza del tema della creazione a indurre von Rad a pubblicare, nel 1 970, un volume sul concetto biblico di sapienza, con un capitolo su «L'autorivelazione della creazione».9 Perciò, solo in anni relativamente recenti si è cominciato ad affron­ tare i problemi insiti nell'approccio a una teologia dell'Antico Testa­ mento del tipo di quella espressa da Eichrodt e da von Rad . Da questo punto di vista, può essere sintomatico il fatto che una delle teologie più recenti e corpose dell'Antico Testamento, quella di Rolf Rendtorff, già studente per un certo tempo di von Rad all'università di Heidelberg, apra, eccezionalmente, la sezione sul Pentateuco con il primo capitolo della Genesi. 1 0

Genesi 1 e Secondo Isaia (ls 40-55) A parte Gen 1-1 1 , il testo biblico che parla più esplicitamente della creazione è l'opera anonima nota come Secondo Isaia (ls 40--5 5). Letti insieme, questi due testi costituiscono il nocciolo di ogni sintesi biblica sulla creazione. I riferimenti storici in ls 40-5 5 , specialmente alle con­ quiste del re persiano Ciro (5 59-530 a.C.), espressamente nominato (ls 44, 28; 45, 1 ), e alla preannunciata caduta dell'impero babilonese, collocano almeno la prima parte del Secondo Isaia ( 40-48) negli ultimi anni dell'impero neobabilonese, fra il 5 50 circa e il 539 a. C . , quan­ do Babilonia cade in mano a Ciro e ai suoi alleati. L'autore 11 cerca di convincere i membri del suo popolo, in Giudea e nella diaspora, che la situazione politica permette di sperare in un nuovo inizio, che sarà inaugurato da Ciro come inviato del Dio d ' Israele, ora rivelato come il Dio che ha creato il mondo e che continua a operare in modo creativo nelle vicende umane. 9 G . voN R.Ao, Wisdom in lsrael, SCM, London 1 97 2 . 10 R. RENDTORFF, Th e Canonica/ Hebrew Bible: A Theology of the Old Testament, Deo, Leiden 2005. 1 1 L' uso del termine «autore» non esclude la possibilità, anzi la probabilità, che più di una mano abbia contribuito alla redazione finale di Is 40-5 5 . Sulla formazione di questa sezione del libro, cf. J. BLENKINSOPP, /sa iah 40-55: A New Translation with lntroduc­ tion and Commentary (AB 1 9A). Doubleday, New York 2000. 69-81 .

248

La nostra stima più plausibile colloca l'opera dell'autore sacerdotale, il principale strato narrativo in Gen 1-1 1 , grosso modo nello stesso pe­ riodo, diciamo nei cinquant'anni fra la caduta di Gerusalemme in mano ai babilonesi, nel 586 a.C., e la caduta di Babilonia in mano ai persiani e ai medi, nel 539 a.C., al più tardi nei primi decenni della dominazione persiano-achemenide. Con i loro linguaggi diversi, sia il racconto della creazione sia ls 40-55 celebrano il Dio d'Israele come creatore del mon­ do. È praticamente certo che il Secondo Isaia non dipenda da Gen 1 nella forma in cui lo possediamo, ma si presume che coloro per i quali è scritto conoscano un racconto delle origini del mondo e dell'uomo sotto una qualche forma, scritta o orale. A un certo punto l'autore pone ai suoi letto­ ri la domanda retorica: «Non lo sapete forse? Non lo avete udito? Non vi fu forse annunciato dal principio? Non avete compreso come fu fondata la terra?» (ls 40,2 1). Un altro indizio della stretta relazione fra il Secon­ do Isaia e Gen 1 è la presenza del verbo chiave per indicare l'atto della creazione, biirii', il cui soggetto è sempre e solo Dio : ricorre sette volte in Gen 1 , 1-2 ,4a e sedici volte in ls 40-5 5 , molto più spesso che in qualsiasi altro testo biblico . Il Secondo Isaia parla in un modo molto simile anche del processo della creazione. Le somiglianze cominciano con i dettagli tecnomorfici: controllo delle acque superiori e inferiori, da cui emerge l'asciutto; messa in movimento dei luminari celesti; animazione degli es­ seri umani mediante il soffio di Dio , introdotto attraverso le loro narici (ls 40, 1 2- 1 7 . 2 1 . 26; 42,5; 45, 1 8). Una differenza è la creazione da parte di Dio sia della luce che delle tenebre nel Secondo Isaia: «lo formo la luce e creo le tenebre, produco il benessere e creo la sciagura» (ls 45, 7). Alcuni commentatori hanno visto in questo una critica del dualismo zoroastriano , secondo il quale la luce è la sfera di Ahura Mazda e la te­ nebra quella di Angra Mainyu, una divinità cattiva, indipendente, non creata. Ma sappiamo troppo poco sulla diffusione delle idee iraniano­ zoroastriane sulla creazione all'epoca per poter affermare la loro co­ noscenza da parte delle comunità ebraiche, sia in Giudea sia altrove. D'altra parte, l'autore di Is 40-5 5 conosce bene i testi teogonict cosmogonici e antropogonici mesopotamici , come l'autore sacerdotale di Gen 1 . Non è difficile scoprire, specialmente nei cc. 40-48 , una po­ lemica contro l'ideologia insita in Enuma Elish e nelle corrispondenti pratiche cultuali mesopotamiche . Diversamente da Marduk, dio impe­ riale di Babilonia, che ricorse all'aiuto del saggio e scaltro Enki per creare l'uomo e il suo ambiente di vita, YHWH non ha avuto bisogno di un consigliere nell'opera della creazione: 249

Con chi si consultò per essere illuminato? Chi gli insegnò la retta via da percorrere? Chi gli impartì la conoscenza o gli mostrò la via del discernimento? (Is 40, 1 4).

L' autore esclude ovviamente la teogonia: «Prima di me non fu for­ mato alcun dio né dopo ce ne sarà» . (ls 4 3 , l 0}. E ironizza sulla pro­ cessione di Marduk (Bel) e del figlio Nabii (Nebo) fino alla casa akitu durante la grande festa di primavera, l'avvenimento centrale del calendario cultuale babilonese : ·

Bel si accovaccia a terra, Nebo si acquatta, le loro immagini sono caricate su animali, bestie da soma. Queste cose che tu una volta po rtavi in alto sono un carico per animali affaticati {Is 46, l).

Poi ironizza sul sostegno offerto dalla religione all'imperialismo ba­ bilonese . Sia pure con un genere e un linguaggio diverso, anche il rac­ conto sulla città e sulla torre di Babele (Gen 1 1 , 1 -9) vuole raggiungere lo stesso obiettivo, cioè ironizzare sulla pretesa imperiale di Babilonia (la città} e sui culti che le offrono una legittimazione religiosa {la torre). Infine, il Secondo Isaia, più di ogni altro testo biblico, ironizza sulla fabbricazione delle immagini di divinità. 12 Comunque si debba spiega­ re il collegamento, il rifiuto di questi manufatti dalle sembianze umane ricorda l'insistenza dell'autore sacerdotale sul fatto che solo l'essere umano dev'essere l'immagine e la somiglianza di Dio sulla terra (Gen 1 , 26-28). Leggendo Is 40-5 5 , notiamo che proviene da un'epoca nella quale la perdita dell'indipendenza nazionale e la distruzione dell' infrastrut­ tura politica, sociale e religiosa dello Stato della Giudea facilitano la liberazione della divinità dai legami territoriali ed etnici, uno svilup­ po molto importante per l'avvenire. Ma per questo bisogna pagare un prezzo, e il prezzo è un profondo disorientamento collettivo, il crol­ lo della fiducia nelle fonti tradizionali della rassicurazione religiosa e persino l'incertezza della possibilità di un futuro . Questa situazione è evidenziata praticamente da tutti i testi redatti nel periodo successivo alla catastrofe. Sia l'autore di ls 40-5 5 che l'autore sacerdotale, il cui 12 Is 40, 1 8- 20; 41 ,6-7; 44,9-20. Se questa satira rappresenti o meno una compren­ ·sione autentica del ruolo delle immagini nel cwto è, ovviamente, un'altra questione.

250

lavoro costituisce lo strato narrativo basilare della storia delle origini, affrontano questa crisi, ciascuno a modo suo . Nel periodo successivo al diluvio, dopo il ritiro delle acque, l'autore sacerdotale presenta un Dio creatore che non abbandona ciò che ha creato , s'impegna per il futuro attraverso un'alleanza con tutti gli esseri viventi, offre a partire dal caos la prospettiva di un ordine, inteso , anzitutto , come ordine mora­ le - le leggi noachiche - e ripete la benedizione della prima creazione. Anche l' autore di ls 40-5 5 scrive dopo una catastrofe comparabile al diluvio dell' epoca arcaica: Questo è per me come ai giorni di Noè, quando giurai che le acque del diluvio di Noè non avrebbero più inon­ dato la terra, così ora giuro di non adirarmi più con te, di non rimproverarti più (Is 54,9).

Il messaggio non riguarda, quindi, solo la creazione come un avve­ nimento del passato , in ilio tempore, ma anche il rinnovamento della creazione come esperienza presente . Il Secondo Isaia usa a piene mani il linguaggio della creazione, del risanamento sociale e religioso e di una nuova creazione. È pervaso dal linguaggio del rinnovamento . Il Dio creatore proclama ripetutamente questo messaggio: Cose nuove ora io dichiaro, prima che avvengano io le annuncio a te (ls 42, 9). Ecco io faccio una cosa_ nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? (ls 43, 1 9a) . Ora ti faccio udire cose nuove e segrete, che tu nemmeno sospetti (ls 48,6b).

In seguito , nel passaggio dalla profezia visionaria all'escatologia apocalittica in seno alla tradizione isaiana, questa prospettiva sul futu­ ro si trasforma nello scenario di una nuova creazione, un nuovo cielo e una nuova terra, una visione di cui si percepisce l'influenza fino ai nostri giorni: Ecco, io creo nuovi cieli e nuova terra. Non si ricorderà più il passato , non verrà più in mente (Is 65, 1 7).

251

In questa fase, la promessa di un intervento di creazione e rinnova­ mento è collegata con una trasformazione sociale e politica. Parlando della Gerusalemme escatologica, l'autore afferma: Non si udranno più in essa voci di pia nto non più grida di angoscia. Nessun bambino vivrà solo pochi giorni, nessun vecchio non giungerà alla pienezza della s ua vita [. ]. Se costruiscono case, le abiteranno, se piantano vigne, ne mangeranno i frutti; non costruiranno case, perché un altro vi abiti, non pianteranno vigne, perché un altro mangi [. ]. Non faticheranno invano, non genereranno figli destinati a morte precoce (ls 65 , 1 9-23). ,

. .

. .

Lo scenario è idealizzato o utopico : un ritorno al mondo perduto di Eden, una palingenesia , letteralmente, una nuova nascita, un ripristi­ no della creazione originaria. 1 3 Non vi sarà più dolore e pianto , mortalità infantile, vita spezzata dalla malattia, morte e privazione dovuta alla guerra e alla conquista; sarà ripristinata la pace e l'armonia persino nel mondo animale: Il lupo e l'agnello pascoleranno insieme,

il leone mangerà la paglia come il bue

..

(Il serpente mangerà la polvere). Non colpiranno o distruggeranno più su tutto il mio santo monte (ls 65,25).

La forza di questa visione continuerà ad alimentare l'immaginazio­ ne di molti fino ai nostri giorni. La incontriamo in una fase precoce ne­ gli scritti settari del tardo periodo del secondo tempio. Nel ciclo di Enoc (lEn 45,4-5; 72 , 1 ; 91 , 1 6), il veggente predice la futura trasformazione dei cieli e della terra. All'inizio del Libro dei giubilei (1", 29), l' angelo della Presenza consulta le tavolette che contengono la documentazione

1 3 Il tennine palingenesia ricorre in Mt 1 9, 28 e Tt 3 , 5 . In Filone (De vita Mosis II, 65), viene applicato al nuovo ordine dopo il diluvio e nei pitagorici e stoici si riferisce al previsto rinnovamento futuro del cosmo. Il paradiso come l'Eden escatologico è menzio­ nato in Ap 2 , 7 ; cf. lEn 32,3 e b.Ber 28b, secondo il quale Johanan ben Zakkai, sul letto di morte, prevede la sua sorte dopo la morte o come il giardino di Eden o come la Geenna. Gesù promette questo paradiso al ladrone morente (Le 23,43) e Paolo afferma di essere stato introdotto in esso durante una visione (2Cor 1 2,4).

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di tutta la storia, dalla prima creazione alla nuova creazione, quando i cieli e la terra, con tutti i loro abitanti, saranno rinnovati. Anche la re­ gola della comunità di Qumran (serek hayyahad) parla del tempo della fine come di una nuova creazione ( l QS 4,25). L'allusione più familiare al tema, perlomeno per i lettori cristiani della Bibbia, è la rivelazione dei nuovi cieli e della nuova terra al veggente di Patmos: Vidi un cielo nuovo e una terra nuova, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c'era più. E vidi la città santa Gerusa­ lemme, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio , pronta come una sposa adorna per il suo sposo. E udii una voce potente, che veniva dal trono, dicendo: «Ora la dimora di Dio è con gli uomini! Dio abiterà con loro, essi saranno il suo popolo e l'essere di Dio sarà con loro . Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi. Non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate» {Ap 2 1 , 1 -4).

Questo passo è uno fra i tanti esempi dell'influenza onnipresente del libro di Isaia su tutti gli aspetti del cristianesimo delle origini. 1 4 Durante l a visione, il veggente ode una voce che proviene dal tron o, da colui che è l'Alfa e l'Omega, il Principio e la Fine, e proclama: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose» (Ap 2 1 , 5-6) . In questa visione apocalittica, l'accento cade sulla città come un simbolo del nuovo popolo di Dio - quindi, un tema isaiano fondamenta­ le - piuttosto che sulla trasformazione cosmica. Per quest'ultima ci ri­ volgiamo a un testo deuterocanonico cristiano della fine del I o dell'ini­ zio del II secolo . L'autore di 2Pt 3 , 3 - 1 3 risponde a quei cristiani del suo tempo che dubitavano della seconda venuta. Ricorda loro che, come la prima creazione fu distrutta dalle acque, così la creazione attuale sarà distrutta dal fuoco che consumerà i cieli, la terra e ogni cosa. Il tempo che resta dovrebbe essere usato per pentirsi. E conclude con un rinvio

14 Nuovi cieli , nuova terra (ls 65, 1 7 ; 66,22); la fine dei vecchi cieli e della vecchia ter­ (ls 5 1 ,6); Gerusalemme come sposa (ls 6 1 . 1 0; 62,5); la fine delle lacrime, delle grida di angoscia, della sofferenza e della morte (ls 25,8; 65, 1 9); cf. J . BLENKINSOPP, Op ening the Sealed Book: lnterpretations of the Book of Isaiah in Late Antiquity, Eerdmans, Grand Rapids 2006, 1 29-22 1 .

ra

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alla stessa profezia isaiana dei nuovi cieli e della nuova terra che inau­ gurerà una nuova era di giustizia: «Secondo la sua promessa, aspettia­ mo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali abita la giustizia» (2Pt 3, 1 3).

Vecchia creazione, nuova creazione in Paolo Per lo più le prime comunità cristiane riprendono semplicemente le Scritture ebraiche e le applicano alla loro nuova situazione. Danno per scontata la creazione del mondo e dell'uomo dal nulla.15 Recitano gli stessi salmi, celebrando Dio come creatore nella preghiera e nella lode . Nel primo incontro di preghiera della comunità di Gerusalemme menzionato negli Atti degli apostoli, dopo la liberazione di Pietro e di Giovanni dal carcere (At 4, 24), lodano Dio come creatore del cielo e della terra, citando , e probabilmente recitando, il Sal 1 46, che parla di prigionieri liberati. Il loro rinvio ai testi di creazione che abbiamo presentato nel commentario si limita in genere ai primi tre capitoli della Genesi, spesso sotto forma di allusioni piuttosto che di citazioni. In materia di ordinamento della vita della Chiesa, spesso l'utilizzazione di questi testi da parte di Paolo risulterà arbitraria o almeno ad hoc. In l C or 1 1 , 7- 1 5 , un testo oscuro , Paolo si appella a Gen 1 , 2 7 (creazione a immagine di Dio) combinato con Gen 2 , 2 1 -2 3 (creazione della don­ na) per vietare agli uomini i capelli lunghi e alle donne i capelli sciolti nell'assemblea. A noi la motivazione può facilmente sfuggire, ma, in base all'interpretazione esegetica di Paolo, l'uomo è creato a immagine di Dio e la donna a immagine dell'uomo , un'interpretazione che oggi ben pochi potrebbero accettare. Nella stessa direzione, il racconto di Eden offre una giustificazione per la posizione direttiva degli uomi­ ni nell' assemblea eucaristica (1 Cor 1 1 ,7 - 1 2 ; cf. 1 Tm 2, 1 3 - 1 5). In un modo meno discutibile , Paolo rinvia all'affermazione in Gen 2,24 sui due che diventano una carne sola per scoraggiare i rapporti sessuali occasionali ( 1 Cor 6, 1 6) e sostenere il significato religioso del matrimo­ nio (Ef 5 , 3 1 ) . Nei vangeli sinottici , Gesù combina lo stesso testo con Gen 1 , 1 7 («maschio e femmina li creò») rispondendo ad alcuni farisei sullo status legale del divorzio (Mt 1 9 , 5 = Mc 1 0 ,8). 15 Ad esempio, Gv 1 ,3; Rm 4, 1 7 ; 1 1 ,36; l Cor 8,6; Col 1 , 1 6; Eb 1 1 ,3 . Consultare le enciclopedie e P. CoPAN - W. L. CRAtG, Creation out ofNothing: A Biblica/. Philosophical. and Scientific Exploration, Baker, Grand Rapids 2004; ScHWARZ, Creation.

254

L'orientamento escatologico del settarismo dal quale emerge il primo movimento cristiano, compreso il movimento di rigenerazione guidato da Giovanni Battista, compare in gradi diversi lungo tutto il Nuovo Te­ stamento . Questo induce i primi cristiani a preoccuparsi più della fine che dell'inizio della storia umana e più del loro fondatore come araldo e operatore di rigenerazione o nuova creazione che delle origini dell'uni­ verso. Paolo comprende la corrispondenza fra l'inizio e la fine, fra Urzeit e Endzeit, vecchia creazione e nuova creazione, come rinnovamento o nuovo orientamento della vita. Nel battesimo, il cristiano depone il vec­ chio io e riveste il nuovo io (Ef 4 , 2 2 ; Col 3,9). Le lettere agli Efesini e ai Colossesi sono probabilmente deuteropaoline, ma anche il Paolo auten­ tico parla del vecchio uomo (palaios anthropos) che è stato crocifisso (Rm 6,6). Mediante l'identificazione con Cristo, il nuovo Adamo, il cri­ stiano diventa una «nuova creazione» (2Cor 5 , 1 7; Gal 6, 1 5). Ancor più, espFesso co�e intuizione più che come convinzione motivata, il cristiano rinnovato in Cristo partecipa, in un qualche modo misterioso, al rinno­ vamento o alla rinascita dell'universo fisico, dell'intero ordine creato : Sappiamo che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del par­ to fino ad oggi. Non solo, ma anche noi , che possediamo le primizie dello Spirito , gemiamo interiormente aspettando l' adozione a figli, la redenzione dei nostri corpi (Rm 8,22-23).

La distinzione paolina fra il primo Adamo, essere vivente , basata su una lettura di Gen 2,7 (LXX) e l'ultimo Adamo , spirito vivificante ( 1 Cor 1 5 ,45), ricorda Filone16 (che distingue fra l'Adamo celeste, incorporeo, di Gen 1, e il suo equivalente terreno di Gen 2-3 , copia del primo).17 L'idea di una dualità in Adamo , di un Adamo come tipo e antitipo , con­ duce alla tipologia Adamo/Cristo di Paolo in Rm 5 , 1 2- 2 1 . Il passo inizia con queste parole : Come a causa di un solo uomo il peccato entrò nel mondo, e, con il pec­ cato, la morte, così in tutti gli uomini si è propagata la morte, perché tutti hanno peccato. Fino alla Legge, infatti, c'era il peccato nel mondo , ma il peccato non veniva imputato, perché non esisteva ancora la leg­ ge . Tuttavia, la morte regnò da Adamo a Mosè anche su quelli che non avevano peccato a somiglianza della trasgressione di Adamo, il quale è figura [typos] di colui che doveva venire (Rm 5 , 1 2- 1 4}. 16

FILONE, Legum allegoriae I, 3 1 -32; De opificio mundi 1 34 . 17 D.T. RUNIA, Philo in Early Christian Literature: A Survey, Gorcum, Assen 1 993, 64-86.

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Questo passo è stato oggetto di moltissimi commenti, 18 ma per il nostro scopo basta sottolineare solo un punto . Esso è servito a provare la dottrina del peccato originale, ma non è chiaro se possa reggere una tale interpretazione. Adamo ha trasmesso non il peccato , bensì la morte che, nel versetto successivo, viene contrapposta al dono del­ la vita raggiungibile attraverso Cristo. Con la sua affermazione, Paolo riproduce - non sappiamo se consciamente o meno - il punto di vista dell'autore della Sapienza di Salomone (2 , 2 3-24): Dio ci ha creati per l'incorruttibilità, facendoci a immagine della sua propria eternità; ma la morte è entrata nel mondo p er l' invidia del diavolo, e ne fanno esperienza coloro che sono dalla sua parte.

Paolo non dice che Adamo fu la causa di tutti i peccati commessi nel corso della storia, certamente non nel senso d'introdurre il peccato nel corredo genetico come una sorta di germe o bacillo trasmesso per via ereditaria. Come primo peccatore, Adamo è il prototipo dell'uma­ nità peccatrice, «perché tutti hanno peccato». Paolo ha già affermato in modo assolutamente incontrovertibile l'universalità del peccato nei primi tre capitoli della lettera («Tutti hanno peccato e sono privi della gloria divina)) [Rm 3 , 2 3J , REB) . All' origine della dottrina del peccato originale non c'è Paolo , ma Agostino che, diversamente da Paolo, dove­ va dipendere dalla traduzione latina, che poteva essere più facilmente interpretata nel senso che poi ha finito per imporsi.

Cristo, la sapienza di Dio L' idea di Cristo come mediatore, agente o demiurgo 19 nella crea­ zione non è sviluppata nel Nuovo Testamento nella forma filosofica o discorsiva caratteristica di Filone. Per Paolo, Cristo è l' espressione pie­ na della sapienza di Dio (l Cor 1 , 24. 30) . Nella fonte dei detti, nota agli 1 8 Ad esempio, C.K. BARREIT, From First Adam to Last: A Study in Pauline Theol­ ogy. Scribner. New York 1962; R. ScROGGS , The Last Adam, Oxford University Press, Oxford 1 966; e i commentari. 1 9 In origine con il significato di operatore o funzionario pubblico, Platone usa de­ miourgos per indicare colui che modella il mondo. Nelle sette gnostiche, il demiurgo era responsabile del mondo, ma subordinato alla divinità suprema.

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studiosi moderni come Q (tedesco Quelle = fonte} , che si ricostruisce a partire da Matteo e Luca, Gesù viene presentato non solo come un maestro saggio , ma come la sapienza personificata. Uno di questi detti, attribuiti a Gesù nella versione di Matteo (Mt 2 3 , 34) , viene presentato nel parallelo di Luca (Le 1 1 , 49) come proveniente dalla sapienza di Dio . Secondo il prologo della Lettera agli Ebrei ( 1 , 1 - 3) , Dio, che ha par­ lato in passato attraverso i profeti, ci ha parlato in questi ultimi giorni per mezzo del Figlio, mediante il quale ha fatto il mondo . L'entusiastica descrizione del Figlio - riflesso della gloria di Dio e impronta del suo essere - corrisponde a ciò che il libro della Sapienza dice della Sapien­ za personificata: Essa è un respiro della potenza di Dio, una pura emanazione della gloria dell'Onnipotente [. . ] un riflesso della luce eterna, .. uno specchio senza macchia delle attività di Dio, un'immagine della sua bontà (Sap 7 ,25-26). .

Affermazioni analoghe sulla trascendenza e sul significato cosmico di Cristo ricorrono nell'inno cristologico conservato in Col 1 , 1 3-20 (for­ se 1 5 -20), che abbiamo citato e brevemente analizzato nel commenta­ rio . Cristo è il primogenito della creazione, per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle visibili e quelle invisibili, ed egli conserva e mantiene unito l'ordine creato . Tutto questo viene detto della Sapienza nei testi che celebrano l)okmfi/sophia come primordiale e attiva nella creazione del mondo . 2° Come principio di coesione e ordine cosmico , Cristo incarna anche la sophia divina che il libro della Sapienza - ri­ prendendo l'idea stoica del logos come principio dell'ordine cosmico - celebra come colei che «si estende vigorosa da un 'estremità all'altra della terra e governa a meraviglia tutte le cose)) (Sa p 8, 1).

Il lato oscuro della creazione Come abbiamo ripetutamente ricordato , la domanda che risuona ed esige una risposta lungo tutto Gen 1-1 1 è questa: perché il male si è infiltrato così rapidamente e fissato così saldamente e ovunque in una

20 Pr 3,19; 8,22-3 1 ; Sir 24, 1 -22; Sap 7,22; 9, 1 -3.

257

Cf.

sopra pp. 65-77.

creazione che Dio aveva dichiarato buona, anzi molto buona? Abbiamo detto che questo è il tema centrale di Gen 1-1 1 . Abbiamo affennato che la prima creazione non può essere distaccata dalla sequenza de­ gli avvenimenti che conducono al diluvio come de-creazione, seguito da una nuova creazione in circostanze diverse. Limitarsi alla prima creazione equivale ad abbandonare, senza un 'adeguata spiegazione, il mondo dopo il diluvio, il mondo scaturito dal cataclisma, in altri ter­ mini, il mondo danneggiato e tuttavia ancora intatto nel quale viviamo. Dopotutto , è di questo mondo che si preoccupa veramente l'autore e di cui ci preoccupiamo anche noi come lettori. Il racconto del mondo pre­ cedente al diluvio , costruito come abbiamo visto a partire da racconti delle origini inizialmente indipendenti, vuole esplorare, nel linguaggio del mito, il misterioso ingresso del male in un mondo creato buono. I primi cristiani si preoccupano non solo più della fine che dell' ini­ zio della storia, come abbiamo detto, ma anche più degli aspetti negati­ vi dell'ordine creato , bisognoso di salvezza, che della visione positiva e ottimistica di un n1ondo dichiarato buono da Dio all'inizio. Paolo , le cui lettere costituiscono cronologicamente i primi scritti cristiani esistenti, apre la sua grande dichiarazione nella Lettera ai Romani con l' univer­ salità del peccato, una condizione comune ai pagani e ai giudei (Rm 1 , 1 8-3 ,20) . Poi, più avanti, offre quella che potremmo chiamare una spiegazione storico-tipologica di questa situazione, parlando di Adamo come tipo dell'umanità peccatrice. 21 Paolo è ovviamente consapevole del ruolo di Satana sotto le sembianze del serpente (Rm 1 6 , 20) e della seduzione di Eva da parte del serpente (2Cor 1 1 , 3), ma l'introduzione di questi altri attori lo avrebbe distratto dalla tipologia Adamo/Cristo, primo uomo/ultimo uomo, che egli sviluppa in Rm 5 , 1 2- 1 9 . Altrove Satana viene riconosciuto come «il dio di questo mondo» (2Cor 4,4), ri­ flettendo così l'insegnamento ebraico sulle due età e sulla loro contrap­ posizione (ad es. , 2Esd 7 , 1 0- 14). In un altro passo, nel quale esorta i credenti a non associarsi con i non credenti {2Cor 6, 1 4-7 , 1 ) - a volte la

21 E.P. SANDERS, Pau/ and Palestinian Judaism, SCM, London 1 977, 442-44 7, sottolinea che per Paolo la soluzione precede il problema, cioè Paolo inizia con il dono e la grazia di Cristo, antitipo di Adamo, e solo dopo considera la condizione peccatrice dell' uma­ nità. Tuttavia, se leggiamo la Lettera ai Romani di seguito, vediamo che Paolo cerca di stabilire l'universalità della condizione peccatrice prima di procedere alla presentazione della salvezza in Cristo {«Ora invece, indipendentemente dalla legge, si è manifestata la giustizia di Dio» [Rm 3,2 1 ]) e poi sviluppare la sua tipologia di Adamo.

258

sua autenticità è messa in discussione22 e più raramente sostenuta 23 l'autore chiese: «Quale comunione fra luce e tenebre? Quale intesa fra Cristo e Beliar?» (2Cor 6, 1 5). Beliar, più comunemente Belial, è una figura familiare negli scritti settari o semi-settari del tardo periodo del secondo tempio. 24 In vari testi di Qumran, Belial è il dominatore dell' e­ ra presente, la forza oscura dietro il male e la corruzione nel mondo ( 1 QS 1 , 1 8 ; 2 , 1 9; 1 QM 1 4,9). Questa visione del mondo collima con la convinzione di Paolo sull'universalità del peccato, la corruzione della generazione presente (Fil 2, 1 5) e la distinzione fra i figli della luce e i figli delle tenebre ( l Ts 5,4-5). È compatibile anche con la credenza nei «principati e potestà» , di cui si parla specialmente negli scritti deutero­ paolini. Questi poteri e agenti soprannaturali continuano a esercitare la loro influenza malefica anche dopo l' avvento della salvezza. 25 Pao­ lo presenta indiscutibilmente una visione del mondo che va ben al di là della convinzione liberale contemporanea, secondo cui il male può essere spiegato esclusivamente in termini di storia biologica e risorse psicologiche della persona umana. Passando ora ai vangeli, la convinzione che l' evento Cristo sia una nuova creazione è implicita nelle prime parole del Vangelo di Matteo, che presentano la genealogia di Gesù come un biblios geneseos («un libro di generazioni>)), a imitazione del seper to[edot («libro delle ge­ nerazioni») di Adamo in Gen 5 , l . Lo stesso affermano, ancor più chia­ ramente , le prime parole del Vangelo di Giovanni, che annunciano un nuovo bere)sit «in principio)), una nuova Genesi. Ma tutti e quattro i vangeli canonici sottolineano molto chiaramente il lato oscuro della creazione. Non è esagerato affermare che la lotta fra Gesù e Satana è il filo conduttore dei vangeli sinottici. Il tema viene annunciato nella tentazione di Gesù da parte di Satana, che serve da prologo alla sua 22 H . D. BETZ, «2Cor 6: 1 4-7: 1 : An Anti-Pauline Fragment?», in JBL 92(1 973), 88 108 ; J.A. FITZMYER, Essays in the Semitic Background of the New Testament, {SBL Sources for Biblical Study), Scholars Press, Missoula 1 97 4, 205-2 1 7. 23 J. MuRPHY-O'CoNNOR, «Relating 2Cor 6: 1 4-7: 1 to its Contexb>, in NTS 33{1 987), 272-

275. 24 Giub. 1 ,20; 1 5 ,33; Testamento di Ruben 4, 7 . 1 1 ; 6,3; Testamento di Levi 3,3; 1 8 , 1 2 ;

T.J. LEWIS, «Belial», i n ABD 1(1992), 654-656; B. 0TZEN, «".11" " � · beliyyacal», i n TDOT 2{1 975), 1 3 1 - 1 36 . 25 E f 2 , 2 ; 6,1 2; Col 2, 1 5 . Queste espressioni e altre simili possono anche riferirsi a esseri angelici sia buoni sia cattivi, come in lEn 6 1 , 1 0 e Testamento di Levi 3,8. Secondo il Testamento di Salomone 1 8 , 1 -2 , c'erano 36 poteri demoniaci (stoicheia), uno per ogni banda di dieci gradi dei 360 gradi della sfera celeste.

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attività pubblica (M t 4, 1 - 1 1 ; Le 4, 1 - 1 3) . Satana mostra a Gesù tutti i re­ gni della terra e pretende che gli sia stato affidato ogni potere politico, pretesa che Gesù non contesta (Le 4, 5-6) . Sembra che Satana, qui de­ scritto come il diabolos («avversario» , «calunniatore») cerchi di mette­ re Gesù e i suoi poteri miracolosi al suo servizio , per il raggiungimento dei suoi obiettivi, facendone un suo delegato e vassallo sulla terra. Il tentativo fallisce e Satana lascia Gesù fino al tempo fissato, quello della sua morte (Le 4, 1 3). Il Nuovo Testamento accorda tutto il suo peso al coinvolgimento di Satana nella morte di Gesù. Giuda agisce come suo agente (Mt 26, 1 41 6) , un aspetto del racconto della morte molto sottolineato nel quar­ to vangelo (Gv 6,70-7 1 ; 1 3 ,2. 2 7) e Simon Pietro cede ai suoi inganni, ma si pente in tempo (Le 26,3 1 ) . Affrontando la morte, Gesù sembra riconoscere il ruolo di Satana quando dice a coloro che lo arrestano: «Questa è l'ora vostra e quella del Potere Oscuro» (Le 2 2 , 5 3).26 Ma, come confessano i cristiani, la vittoria di Satana è illusoria. Il Vangelo di Matteo comincia con Satana, che pretende di avere ogni potere e autorità nel mondo, ma termina con Gesù risorto, che annuncia: «Mi è stata data ogni autorità in cielo e sulla terra» (M t 28, 1 8). La tesi è confermata dagli esorcismi considerati incidenti nella lot­ ta contro Satana, dominatore dell'era presente, chiamata dalla Regola della comunità di Qumran «il regno di Beliab> ( 1 QS 2 , 19). Il Gesù dei si­ nottici, e ancor più il Gesù del quarto vangelo , non si fa illusioni riguar­ do all' era presente, alla quale rinvia spesso con l'espressione «questa generazione malvagia e adultera» (Mt 1 2 ,3 9; 1 6 , 1 4 == Le 1 1 ,29; 1 7 , 1 7 = Le 9,4 1 ; Mc 9, 1 9) . Da questo punto di vista, il momento cruciale della lotta fra Gesù e Satana, il potere oscuro, è quello della controversia nella quale Gesù viene accusato di scacciare i demoni per mezzo di Beelzebul, il principe dei demoni. 27 L'occasione è offerta dalla guarigio-

26 L' espressione he exousia tou skotous, letteralmente «il potere delle tenebre» cor­ risponde in ebraico e in aramaico a un comune linguaggio genitivale che sostituisce un aggettivo; cf. «la spada dello spirito», che significa «la spada spirituale». Secondo alcuni esegeti, l'espressione «i dominatori di questo mondo», che, secondo 1 Cor 2, 7-8, croci­ fissero Gesù, si riferisce a poteri satan i ci soprannaturali. Ma, in questo caso, Paolo non avrebbe aggiunto che, se avessero posseduto la vera sapienza, non lo avrebbero fatto. È più natu rale pensare che si riferisca al potere egemonico del tempo, cioè all'impero romano e ai suoi rappresentanti locali. 2 7 Mt 9, 3 2-34; 1 2 ,2 2-32 (= Mc 3,22-30); Le 1 1 , 1 4-23 . Belzeebub, la forma alternativa e più familiare, dovuta probabilmente a disfemia, significa «signore delle mosche (ba 'al

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ne da parte di Gesù di un indemoniato cieco e muto . I suoi avversari attribuiscono i suoi poteri a negromanzia o satanismo e, in seguito, all'invocazione di Beelzebul. Gesù risponde alla loro accusa con do­ mande retoriche: «Come può Satana scacciare Satana? Se Satana è di­ viso in se stesso , come può il suo regno sopravvivere?». La conclusione è incontestabile: «Se io scaccio i demoni per mezzo dello Spirito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio». Nessuno , al tempo del Nuovo Testamento, affronta in modo formale, sistematico, la questione dell' origine del male in relazione alle tradizio­ ni bibliche delle origini dell'uomo . A parte il fatto , già notato, che l'at­ tenzione è incentrata più sulla fine che sull'inizio della storia umana, nessuno avrebbe negato il ruolo degli agenti soprannaturali, presenti nella storia umana fin dall'inizio, nell' onnipresenza del male sotto le sue varie forme, comprese la malattia e la possessione. Questo è dato per scontato nei racconti delle guarigioni e degli esorcismi compiuti da Gesù. È presupposto, spesso tacitamente, nelle preghiere ( «liberaci dal Maligno» [M t 6, 1 3]), negli insegnamenti e soprattutto nelle parabole : il Maligno nella parabola del seminato re (M t 1 3 , 1 -2 3), il nemico , che è il Diavolo, nella parabola della zizzania (Mt 1 3 ,24-30. 36-43). Ogni volta che nel Nuovo Testamento si allude o si accenna alle ori­ gini di Satana, per lo più si rinvia al racconto del giardino di Eden (ad es. Rm 1 6 , 20 ; 2Cor 1 1 ,3); ma un episodio raccontato nel quarto vange­ lo (Gv 8 , 3 1 -4 7) rappresenta una variante della tradizione . Si tratta del­ la dura controversia fra Gesù e alcuni giudei, che, dopo averlo seguito, non solo lo avevano abbandonato , ma affermavano che era posseduto dal demonio e forse anche figlio illegittimo e progettavano di uccider­ lo . Nella sua risposta, Gesù contesta la loro pretesa di essere figli di Abramo. Il loro padre non è Abramo, ma il Diavolo, che è omicida fin da principio . La migliore spiegazione dell'allusione è quella che rinvia all'interpretazione midrashica di Gen 4, 1 , menzionata nel commen­ tario sul versetto, relativa alla seduzione di Eva da parte del serpente e la conseguente morte di Caino, l' omicida. Caino è quindi figlio di Satana, il primo omicida, e il precursore di tutti coloro che uccidono, o progettano di uccidere, un innocente. Una tradizione identica o simile sottende il riferimento i� 1 Gv 3 , 1 2 a Caino , figlio del Maligno, che uc-

zebub), in riferimento a una divinità della città filistea di Ekron (2Re 1 ,2); cf. W. HERRMANN,

«Baal Zebub, :l,_�T "l':l», in DDD, 1 54- 1 56 .

261

cise il fratello , antitesi dell'amore fraterno raccomandato dall'autore. Perciò, in base a questa variante della tradizione, Caino , «il male che non muore», è all'origine della violenza e dell'ingiustizia inflitta da un essere umano a un altro essere umano . Il Nuovo Testamento ha ben poco da dire sul mito dei «figli di Dio/ degli dèi e figlie dell'uomo» (Gen 6, 1 -4) . I primi scrittori cristiani co­ noscono la tradizione degli angeli ribelli cacciati dal cielo e confinati nel mondo sotterraneo in attesa del giorno del giudizio . 28 La visione di Gesù dei demoni che cadono dal cielo come la folgore mentre i suoi discepoli compiono gli esorcismi (Le 1 0, 1 8) è collegata a questa tradi­ zione; la gioia dei discepoli è ispirata dal testo di Isaia sulla caduta di un tiranno , chiamato anche Stella del mattino (Vulg. : Lucifero) , dalla sua eminente posizione quasi divina (ls 1 4, 1 2 -1 5). Una sorte analoga attende i discendenti delle unioni fra i figli di Dio/degli dèi e le figlie degli uomini, la generazione del diluvio, coloro che non condividevano la fede di Noè in Dio e nella sua parola (Eb 1 1 , 7). Questa sorte è de­ scritta dal Gesù del Vangelo di Luca, con un rinvio al cataclisma delle origini, in termini prosaici, raggelanti e psicologicamente credibili, alla luce delle numerose catastrofi minori che da allora hanno costellato la storia dell'umanità: Come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell'uomo. Mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito , fino al giorno in cui Noè entrò nell'arca. Allora venne il diluvio e li fece morire tutti (Le 1 7 ,26-27).

Q ui, come altrove nell'archivio biblico, la nostra lettura può offri­ re spesso risorse sorprendenti per comprendere il nostro posto nel mondo , aprire nuove prospettive, e suggerire nuovi approcci a una ri­ velazione e visione del mondo che può liberarci e permetterei di oltre­ passare le nost�e formulazioni mondane e le nostre supposizioni date per scontate .

28 Ap 20, 1 - 1 0; 2Pt 2,4-5; Gd 6. È collegata in qualche modo a questa tradizione la discesa di Gesù agli inferi a predicare alle anime di coloro che erano periti nel diluvio .

( l Pt 3.1 9-20).

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Blenkinsopp J. 21 42 43 85 97 102 1 56 1 82 210 248 253 Bloom H. 84 Boardman J. 220 Borger R. 1 69 Bouteneff P.C. 77 1 14 Boyce M. 43 1 56 Bremmer J.N. 42 103 1 76 Brown R.E. 142 Bryan D.T. 1 20 1 59 Budde K. 123 107 Burkert W Burstein S.M. 14 30 1 26 161 187 244 Callender D.E. 101 Carroll R.P. 56 Cassuto U. 242 Castellino G. 135 Charles R.H. 1 73 Cheyne T.K. 1 30 Civil M. 1 86 Clifford R.J. 96 Clines D.J.A. 18 97 Cogan M. 243 Cohn N. 185 Collins J.J. 1 57 Coogan M.D. 59 1 76 2 1 3 Copan P. 5 0 254 Coxon P. W 1 78

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Craig W.L. 50 254 Cross F. M. 59 16 2 1 8 Criisemann F. 196 242 Cryer F. H. 197 Dahood M. 30 32 109 Dalley S. 231 Davila J.R. Day J. 60 Drees W. B. 245 161 Drew R. Driver G.R. 61 193 Driver S. R. 85 Ehrenzweig A. 124 Eichhom J. G. 239 Eichrodt W. 93 24 7 248 Emerton J. A. 20 1 34 Enslin M .S. Eppstein V. 56 Eslinger L.M. 177 Finkelstein J.J. 205 Fitzmyer J.A. 259 Fohrer G. 67 Fowler M.D. 1 38 Fox M. 72 73 Gardiner A. 65 George A. 30 Ginzberg L. 215 Goldberg J. 1 50 Greenstein E.L. 91 Grelot P. 146 Groningen B.A. van 28 Gunkel H. 45 55 187 21 1 212 231 Gwirkin R.E. 161 Harrington D.J. 77 Hartman T. C. 160 Hayward C.T.R. 1 50 Heidel A. 30 32 48 5 1 89

Heider G.C. 60 Heither T. l14 107 1 1 5 1 78 Hendel R.S. Herrrnann W. 261 Hess R.S. 160 178 220 Huffinon H.B. 206 Hulst A.R. 191 Humbert P. 107 Hvidberg F. 98 ·

.

146 Isenberg S. 109 Izre'el S. Jacobsen T. 30 160 186 Jacobs-Horning B. 95 Jacobus H . R . 241 Jacoby F. 31 Johnson M .D. 4 4 101 1 20 Jonsson G. 1 56 Kaiser O. 60 Kapelrud A.S. 112 Kawashima R.S. 100 Kedar-Kopfstein B. 92 Kent R.G. 43 Kikawada M. 1 22 Klein R. W. 242 Knierim R.P. 246 Knox W. L. 72 Knuuttila S. 70 Koch K. 20 1 37 1 58 Kramer S. 186 Kselman J.S. 196 Kugel J.L. 147 148 1 50 163 227 230 236 Kuhl C. 1 56 ·

Lambert W.G. 28 29 30 32 1 60 1 86 1 89 1 96 Larsson G. 112 Layton s.e. 196 Lemche N.P.

280

Propp W. H . C. 205 21

Levenson J.D. 50 60 Levin Y. 226 Levison J.R. 1 01 1 16 1 50 Lévi-Strauss C. 205 Lewis T.J. 259 Lipmski E. 226 Louth A. 1 1 4 195 236 Luckenbill D.D. 226 233

Pury A. de

Reiner E. 1 26 Rendtorff R. 22 248 Reventlow H.G. 66 91 246 247 Ricoeur P. 24 62 1 10 234 Robertson Smith W. 1 27 Robinson R.B. 1 20 Rochenmacher H. 51 Rowley H.H. 85 Riitersworden U . 21 1

Machinist P. 227 May H.G. 50 95 McEvenue S.E. 196 241 McKane W. 56 McNamara M. 144 Mellinkoff R. 1 39 Mendenhall G.E. 85 Mettinger T. 109 Milik J.T. 1 64 Millard A. R. 92 Miller J.M. 45 Montgomery J .A 1 57 Moore G. F. 76 183 Muilenburg J. 247 Milller H.-P. 67 202 Murphy R.E. 183 Murphy-O'Connor J. 259 .

Nicholson E.W. 20 Nickelsburg G.WE. 1 73 Nissinen M. 98 Nitzan B. 66 Novak D. 208 O'Connell R.J. 70 Oded B. 220 Oden R.A. 29 1 07 1 22 1 26 1 29 1 75 Oppenheim AL. 28 Otto E. 218 Otzen B . 183 259 Pettinato G. 29 Pope M.H. 85

Sanders E.P. 258 1 25 Sarna N.M. Sasson J.M. 28 1 21 Sawyer J. F. A. 1 26 Schafer P. 53 Schmidt W. H. 44 Schille A. 21 44 Schwarz H. 50 245 254 Schwarzbaum H. 29 Scroggs R. 256 Selkrik A. 96 Seebass H. 1 72 Shattuck R. 24 237 Simons J. 220 Skinner J. 1 33 231 Smith G. 185 1 86 Smith M. 42 43 Speiser E.A. 28 32 1 35 226 Stern E. 219 Stone M . E. 101 ·stordalen T. 83 98 Stuckenbruck L.T. 176 1 78 1 79 Tadmor H. 243 Talmon S. 166 Toy C.H. 72 Trible P. 100 Tsevat M. 243

281

Uehlinger C.

60 226 227

Van der Horst P. 162 227 Vanderkam J.C. 164 166 1 73 Van der Kooij A. 226 Van der Toom K. 60 227 Van Seters J. 28 31 87 90 (qui G. e non J.} 219 Vawter B. 212 Vermes G. 144 145 146 Von Rad G. 41 45 1 33 202 211 2 1 2 247 248 Wacholder B.Z. 1 56 Wallace H.N. 113 Weimar P. 20 Wellhausen J. 1 1 3 1 56 21 1 226 Wenham G. 212 2 1 3 220 243

West M. L. 219 West S. R. 219 Westennann C. 44 83 90 92 109 1 1 3 1 2 1 1 34 1 74 1 95 2 1 2 220 240 242 246 Whybray R.N. 87 Wilckens U. 67 Wilken R.L. 77 Wilson J.A. 65 Wilson R.R. 95 1 20 Wiseman D.J. 95 222 Wyatt N. 98 Younger K.L. Zadok R. Zenger E.

282

243

231 20- 21 1

INDICE DELLE MATERIE

Abele 1 1 9- 1 50 1 70 52-54 57-62 Abisso At>ramo 1 6- 1 7 240 14 1 5 44-49 99 1 27-1 29 Adamo Adap a 1 08 45 69-70 104 1 1 4 1 95 Agostino 2 56 Akiba. rabbi 206 Albero della conoscenza del bene e del male 84 1 09-1 1 0 Alberto della vita 85 97 1 00 1 071 08 Alfabeto di Ben Sira 113 Alleanza con Noè 208-2 1 0 Anakim 1 78 1 86 1 92 Antidiluviani 1 5 1 - 1 53 1 59 1 601 62 Antioco IV Epifane 16 7 Apocalisse delle Settimane (1 E n 93, 1 1o + 91 , 1 1-1 7) 1 57 Apocalisse di Mosè. cf. Vita di Adamo ed Eva

Apollonio 31 Apsfl 32-33 Apuleio 74 Arca-santuario 1 93- 1 96 Arco nelle nubi 21 1 Aretalogia di Iside 74 1 7 1 Aronne

Arpachsad 241 242 Asherah 98-99 1 1 2 1 2 1 1 7 5 1 76 Athanaton kakon 1 48-149 Atrahasis 22 23 28-30 32 48 1 00 1 74 1 80 1 86 1 87 1 89 1 93 202 A tti di Pilato 1 70 Azaz'el 1 73 Baal, ciclo di 58 59 95 Babele/Babilonia 178 226 2 29-237 250 Babyloniaka 1 4 30 1 60 1 8 7 2 50 Beelzebub Beliar (Belial) 259 Berosso 14 30 160-162 1 87 244 Caduta degli angeli 1 76- 1 77 1 3 22 35-36 1 1 6 1 1 9- 1 48 Caino 1 62 1 72 - tecnologia cainita 1 26- 1 27 - generato da Satana 261 - nascita di 1 20- 1 22 1 4 1 - 1 42 - discendenza 1 22-1 2 7 - uccisione d i Abele 1 29-1 37 1 44- 148 Calendario 1 65-16 7 - del diluvio 195 - calendario maya 153 Cam 221 -222 224

283

Canaan 2 1 3-2 1 5 222 Caos nel mito greco 31 Catalogo delle donne 219 Cherubino con la spada guizzante 92-95 1 1 5 Ciro 4 3 1 5 5 248 Codice dell'alleanza 205 Controversia quartodecimana 167 Costola di Adamo 103 Creazione - e calendario 38 - come tema 35-36 35-36 - creatio continua 50 - crea tio ex nihilo - in teologia biblica 245-248 - nello zoroastrismo 42-43 - degli angeli 70-7 1 - dell'uomo 44-49 9 1 99- 100 - della donna 102- 1 03

1 20-1 2 1 Eva - alla nascita di Caino 1 41 - nel midrash 1 4 1 - 1 42 - nel primo cristianesimo 2 54

Creazione del mondo da parte di Marduk 89

Ganimede 169 Gemelli 1 20 1 30- 1 3 1 Genealogia 1 68

Cronologia

1 53- 1 58

Dilmun 91 Diluvio come de-creazione - e l' eschaton 55-56 Diodoro Siculo 75 Donne, John 97

54-55

Ecateo di Mileto 31 Eden. cf. giardino di Eden 1 68 Elia Eliseo ben Abuya 1 69 Ellanico di Lesbo 31 1 0 1 - 102 1 08 Enkidu Enmeduranki 160 165- 1 66 Enoc 14 1 23 1 5 1 1 63 1 65- 1 70 Enos 1 27- 1 29 Enuma Elish 31-32 43 5 1 58 232 Esiodo 24 28 31 -32 257-259 Esorcismo 1 69 Etana

25 1 5 1 1 7 1 - 1 78 262 Figli degli dèi Figli di Iavan 221 Figli di Noè 2 1 7-2 1 8 Filone di Byblos 1 26 1 43 1 48 1 49 1 63 Fiumi di Eden 84 90-91 19-21 39-43 Fonte sacerdotale (P} 46 47 1 52 1 7 1 1 8 7 - alleanza secondo la fonte sacer­ dotale 208-2 1 1 - datazione 47 248-249 Fonte jahvista (J} 20 21 8 2-83 1 52 1 7 1 1 87

Genesis Apocryphon 91 -92 Giardini reali 95 Giardino di Eden 1 3 1 4 34 8 1 -83 89-99 - come luogo santo 95-99 - ubicazione del 90-92 - significato del 9 1 -92 - come paradiso 9 1 -92 2 5 1 252 Giganti 1 73-1 74 1 75-1 76 1 77-1 80 1 86-1 87 1 9 1 - 1 92 Gilgamesh 30 32 90 1 0 1 - 1 03 1 071 08 1 1 4-1 1 5 1 23 1 75 1 86 1 8 7 1 9 3 - 1 96 1 99-202 203 giubilei, Libro dei 1 5 70 1 6 1 166 167 1 70 1 76 1 8 1 205 Guerra di Troia 175

Hoshaya, rabbi

284

76-77

Iafet/lapetos 220-221 Iered 1 6 1 - 162 1 67 1 70 Immagine di Dio 44-49 Inclinazione al male 1 82-1 83 1 90 Inno ad Aton 65 Inondazione, cf. diluvio Iscrizione Karatepe 121 74 Iside

Montaigne, Michel de

n 6pilim 1 77-1 78 Nimrod 1 3 35 222 224-228 Nod/terra del vagabondare 1 361 40 1 47 Noè 1 3 1 4 1 5 29 1 22 1 58 1 63 - ubriacatura di 2 1 1-2 1 5 - nella tradizione esegetica ebrai21 5 ca 251 - «giorni di Noè» (ls 54,9) - sacrificio d i 200-201 Nuova creazione in Paolo 254-256 2 52-254 Nuovo cielo, nuova terra

Jeremiah ben Leazar 40 Johanan ben Zakkai 252 Joshua ben Korba 1 80 Joshua ben Levi 181 Keniti/cainiti

1 24 Oracoli sibillini

Lamec

1 2 3 1 24 1 26-1 27 1 72

Lamento sulla distruzione di Ur

23

Leggi noachiche

206-208 Lettera di Barnaba 1 54 Leviatan 58-60 61 Lex talionis 1 36 206 Libro

dell ·astronomia (1 En 7282) 1 64 1 14 Lilit, prima moglie di Adamo Liste sumere di re 30 Longevità nell'antichità 1 3- 1 4 1 72

Ma'at

237

74-75 197- 1 98 Mabbul Male prima e dopo il diluvio 25-26 34-36 60-62 94 182- 1 83 1 89- 1 9 3 227-228 257-262 Marchio/segno di Caino 1 37- 1 39 Marduk 43 48 53 58 89 2 3 1 -232 Mare/mostro marino 59 61 20 Masoreti Matusalemme 14 1 63 1 67 2 1 8 Metamorfosi per ascensione 1 69 1 69 Metatron Milton, John 1 04 Mito 1 3 26-28 32-33 235

236

Orfeo 1 25 Origini del culto di YHWH Origini etniche e urbane 2 1 8-2 1 9 31 1 87 Ovidio Paley, William

1 28- 1 29 1 30- 1 3 1

34 252 Pandora 23-24 103 1 1 3 Paradiso perduto l 04 Peccato originale 24 51 255-256 Peleg 230 Pene dell'inferno 1 70 1 54 241 Pentateuco samaritano 1 80Pesher sui Periodi (4Q 181) 1 58 Pianta dell'eterna giovinezza 115 Platone 40 69 76 256 Poteri demoniaci 259 255Primo Adamo, ultimo Adamo 256 Purità rituale in Eden 97 Palingenesia

Quintuplice Torah Raab

285

59-60

18

50 Rashi Re di Tiro in Eden 83 90-92 Romolo e Remo 1 24 Sabato/settimo giorno 44 Sangue e polluzione 46 1 36 192 205 Sapienza - significati fondamentali 66-6 7 - in Ben Sira, Proverbi, Sapienza 67-68 78 - nel primo cristianesimo - in Giobbe 66-68 - nei Salmi 65-66 - a Qumran 66 - personificata 73-74 - precedenza temporale 72 - ruolo nella creazione 71 -72 Satana 24 61 1 77 257-262 Secondo Isaia e creazione 248-254 Sem 2 1 2-2 1 4 2 1 8 222-224 - 239 241 Semeyaza 1 73 Serafini 96 Serpente 24 69 1 1 1 - descritto 2 5 105-1 06 24 - identificato con Satana 257-259 - sapienza e astuzia 88 Set 13 1 27- 1 29 162 177 Settanta {LXX) 235 242 Sinar 231 Sippar 1 60 Sira (Ben Sira) 74 Smith, George 1 85 - 1 86 Storia della successione 86-88 l 7 4

Tannin 59-60 Tavola dei popoli 21 7-224 242 Tavoletta sumera del diluvio 30 Tavoletta ugaritica del diluvio 30 1 86 Tempio di Salomone 155 Tentazione 109- 1 1 O Teodicea 1 81-182 1 9 1 - 1 93 201202 Testamendell'Antico Teologia 245-248 to 1 4 1 22 Terach Testamento di Levi

Tiamat Titani toledot

158

32-33 60 1 77 1 6-17 19 81 152 159

Torah - come piano per la creazio­ 53 ne - come sapienza 62-64 75-76 - quintuplice 18 Uccelli inviati dall'arca 1 99-200 Unità della razza umana 21 7-2 1 8 Ussher, arcivescovo James 1 53 Utuabzu 169 Vangelo di Nicodemo 1 70 Vigilan ti. Libro dei 1 7 2 1 7 3 192 Vita di Adamo ed Eva 101 1 1 1 _ 1 1 3

Ziggurat 1 94 Zoroastrismo 42-43 79 1 56 165 249

286

INDICE GENERALE

SIGLE E ABBREVIAZIONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

p.

7

PREFAZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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11

UMANITÀ: lA PRIMA FASE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Genesi 1-1 1 : Il racconto basilare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Fonti Tema . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Storia o mito? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Creazione al di là del punto zero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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13 13 19 22 26 34

Capitolo 1

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Capitolo 2 IN PRINCIPIO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

La versione sacerdotale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il sesto giorno (Gen 1 ,26-28) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Che cosa c'era prima che Dio parlasse (Gen 1 , 1 -2) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L'abisso e i suoi abitanti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . La lode del Dio creatore nei Salmi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Sapienza trascendente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . La Sapienza, creata per prima, generata per prima . . Sommario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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37 37 44 49 57 62 66 69 78

Capitolo 3 IL RACCONTO DELL'UOMO, D ELLA DONNA E DEL SERPENTE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Il mito di Eden . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Lo scenario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

287

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81 81 89

L'uomo e la donna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . La donna e il serpente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . La conseguenza (Gen 3 , 8- 24) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Sommario .

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Capitolo 4 CAINO E ABELE: IL MISTERO DI UN OMICIDIO . . .

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I tre figli di Adamo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Caino e i suoi discendenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Adamo, Se t, Enos . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . · L' omicidio e la sua conseguenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Colmare le lacune nel racconto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il male che non vuole morire . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Gli antidiluviani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . La ricerca della struttura del tempo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Caratteristiche letterarie delle genealogie . . . . . . . . . . . . . . L'orizzonte vicino-orientale della genealogia antidiluviana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . La settima generazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il profilo di Enoc . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il cammino di Enoc con Dio e la sua partenza dalla terra . . . . . . ... �..... . Maschi sovrwnani, femmine umane, figli giganti (Gen 6, 1 -4) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il decreto che pone fine al vecchio mondo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Capitolo 5 ENOC E IL SUO TEMPO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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151 151 1 53 1 58

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1 60 1 62 1 65

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1 67

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1 70 1 79

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Capitolo 6 IL CATAC LISMA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

288

1 19 119 1 22 1 27 1 29 1 40 1 48

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La versione in lingua ebraica del grande diluvio . . . . . Perché avvenne? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L'arca santuario di Noè . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . La descrizione del cataclisma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . La fine in vista . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

99 1 05 111 115

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1 85 1 85 1 89 1 93 1 97 1 99

Il nuovo ordine del mondo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Un nuovo inizio dopo una cattiva partenza . . . . . . . . . . . . .

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Capitolo 7

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LA NUOVA UMANITÀ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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I discendenti di Noè, i l nuovo Adamo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Nimrod, primo costruttore di un impero . . . . . . . . . . . . . . . . La torre non completata e la città abbandonata . . . . . . .

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Capitolo 8 DA SEM AD ABRAMO, DAL MITO ALLA STORIA . . . .

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Epilogo VERSO UNA TEOLOGIA BIB LICA DELIA CREAZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Esiste una teologia veterotestamentaria della creazione? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Genesi 1 e Secondo Isaia (Is 4o-S S) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Vecchia creazione, nuova creazione in Paolo . . . . . . . . . . . Cristo , la sapienza di Dio . . . . . . . . . . . . . . . . . Il lato oscuro della creazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

BIBLIOGRAFIA

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INDICE D EGLI AUTORI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . INDICE DELLE MATERIE . .

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