Cantico dei Cantici. Nuova versione, introduzione e commento

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Cantico dei Cantici. Nuova versione, introduzione e commento

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CANTICO DEI CANTICI nuova versione, introduzione e commento di GIANNI BARBIERO

Per quanto riguarda il Primo Testamento, la Collana segue l'ordine del canone ebraico. I deuterocanonici sono posti alla fine. L'espressione« Primo Testamento>> sottolinea la continuità, pur nella diversità, tra i due Testamenti (cfr. Eb 8,7.13): essa accoglie l'esito del dialogo ebraico­ cristiano. che ha ponato a leggere con sensibilità diversa il rappono tra antica e nuova alleanza e quello tra i due testamenti.

C ntusttazioni di Othmar Keel

Nullaosta Don Pier Fausto Frisali Ispettore salesiano

8 novembre 2003

PAOLINE Editoriale Libri

© FIGLIE DI SAN PAOLO, 2004 Via Francesco Albani. 21 - 20149 Milano http://www.paoline.it e-mail: [email protected]

Disrribuzione: Diffusione San Paolo s.r.l. Corso Regina Margherita. 2 - l O 153 Torino

Alle donne che hanno accompagnato la mia vita: madri, sorelle, amiche e figlie. Meravigliato di tanto amore.

PREFAZIONE \.

Il Cantico dei cantici ha avuto un ruolo singolare nella vita di Israele e della Chiesa. Considerato dai rabbini come , Ap 22,17). In mezzo alla Bibbia, Primo e Nuovo Testamento, vi è il Cantico dei cantici, il libro dell'amore, il cuore della Bibbia. A questo discorso su Dio, l ' uomo d'oggi è particolarmente sensibile. J. Kri­ steva termina la sua Prefazione al Cantico con l 'affermazione: «Io mi considero una non credente. Ma se il legame con Dio è quello del Cantico dei cantici, sono pronta a condividerlo >>6• ,

' K. Barth, Die kirchliche Dogmatik, vol. IIY I . Ztlrich 1 947, p. 358. 4 J. Kristeva. Chanter l 'incamation, in F. Lalou - P. Calarne, Le grand livre du Cantique des cantiques, Paris 1999. p. II: « C'est le préalable de la divinité patemelle, une. sévère et aimante, di­ stante. structurante et non comblante, qui a modelé en délinitive cene expérience conjugale ' Cfr. J.-P Sonnet, Le Cantique entre érotique el my., sot­ tolineando la dimensione sapienziale del libro, cosa d'altra parte indicata anche dali 'attribuzione a Salomone, il prototipo del >. Il Cantico dei cantici fa parte del canone dei libri ispirati, sia nella tradizio­ ne ebraica sia in quella cristiana. Come e quando esso sia entrato nel canone non è chiaro. Dirette citazioni del Cantico dei cantici sono assenti dagli altri libri sia del Primo sia del Nuovo Testamento. La più antica testimonianza sul Cantico dei cantici risale probabilmente a Giuseppe Flavio (attorno al 1 00 d.C.), che, enume­ rando i libri della Bibbia, dopo aver parlato del Pentateuco e dei libri profetici, af­ ferma che « i rimanenti quattro (libri, nda) contengono inni al Signore e consigli di vita agli uomini >>1 : si tratta dei Salmi e dei tre libri « salomonici >>, Proverbi, Qohelet e Cantico dei cantici. Verso il 200 d.C. il Cantico dei cantici è menzio­ nato dalla Mishnah, in un testo che testimonia la problematicità dello statuto ca­ nonico del libro. Dopo avere stabilito il principio che >, cioè sono canoniche2, la Mishnah aggiunge: >7• Che il Cantico dei cantici sia messo accanto a Qohelet non fa meraviglia. Ambedue i libri sono piuttosto > rispetto agli altri libri biblici. La lo­ de deli ' amore sessuale contenuta nel Cantico contrasta con la diffidenza verso questa realtà, che generalmente si incontra nel Primo Testamento. R. Aqiba ha fortemente contestato l ' interpretazione letterale del Cantico. Egli è convinto as­ sertore di quell'interpretazione allegorica, che divenne usuale in Israele e nella Chiesa primitiva: >8• Gli fa eco il Talmud: « l rabbanan hanno insegnato: "Se uno canta come una canzone un verso del Cantico dei cantici, o se uno ne legge un verso in un'oste­ ria in un tempo non appropriato, costui porta sciagura al mondo" >>9. Generalmente le introduzioni al Cantico traggono da queste citazioni la con­ clusione che l ' inserzione del Cantico nel canone sia legata alla sua interpretazio­ ne allegorica. In realtà i due passi citati sopra sono testimoni che accanto all ' in­ terpretazione allegorica era diffusa anche quella 'h-Christian Di.>16• Originariamente è dunque da supporre che il Cantico fosse letto come un can­ to d'amore17, anche se la lettura spirituale deve essere molto antica. Tracce di una tale lettura sono sia la presenza del Cantico a Qumran (dove certamente esso non era preso in senso letterale), sia le versioni antiche, dove qua e là affiora qualche allusione allegorica. Nel testo ebraico noi abbiamo riscontrato una sola traccia di allegoria, ed è il fatto che il termine dadi (>) viene pronunziato nel Cantico esattamente 26 volte, un numero sacro per la gematria ebraica: è infatti il valore numerale del tetragramma, JHWH. Si tratta di un indizio abbastanza secon­ dario, in un testo in cui il senso letterale è del tutto coerente. La fissazione del­ l ' interpretazione allegorica è posteriore alla canonizzazione del Cantico18, ed è le14 Cfr. J. Luzarraga, El Cantar de los Cantares en el Canon Btblico, in Gregorianum 83 (2002) pp. 26-56. L'autore giuslamente prende le dislanze da un'affermazione della recente istruzione del­ la Pontificia commissione biblica, secondo cui > , quindi il Cantico, salomonico, viene al secon­ do posto, dopo Rut, che si riteneva composto da Samuele, e prima di Qohelet, pu­ re salomonico, ma opera della vecchiaia (cfr. BHS). Altri seguono l'ordine delle fe­ ste, e quindi collocano il Cantico dei cantici al primo posto, essendo la Pasqua la prima festa dell'anno. La Bibbia greca, seguita dalla tradizione cristiana, pone gli dopo i cosiddetti , prima di quelli >. Fra gli agiogrc1fi il Cantico dei cantici occupa il quarto posto, dopo i Salmi e gli altri due libri >, Proverbi e Qohelet. Si noti che sia la tradizione ebraica sia quella cristiana collocano il Cantico dei cantici fra i libri sapienziali: il che non è senza importanza per l'interpretazione del libro.

2. D testo

La nostra traduzione segue il testo ebraico (TM). Era di moda, soprattutto nel secolo XX, introdurre congetture per spiegare certi passi oscuri22, spostare versi da un posto ali' altro, come se il testo ebraico fosse irrimediabilmente corrotto2\ Un po' alla volta ci si è resi conto che questo era fare violenza al testo, proiettandovi 19 M. Augusti n, Schiinheit und Liebe im Hohenlied und dessen jiidische Auslegung im l. und 2. Jahrhur!derr. p. 404. 2° Cfr. W. Riedel. Die Auslegung des Hohenliedes in der judischen Gemeinde und der griechi· schen Kirche, pp. 6· 7; W. Rudolph. Das Buch Rurh. Das Hohe Lied. Die Klugelieder (KAT 1 7), GU­ tersloh 1 962, pp. 77-78. " Cfr. b.Baba Barra 14d. 22 Si veda, ad esempio. H.H. Graetz, Schir Ha-Schirim oder das salomonische Hohelied, Wien 1871, oppure K. Budde, Da.< Hohelied, in K. Budde -A. Berthotet-D.G. Wildcboer, DieftJnfMe· gillot (KHC 1 7), Freiburg 1898. I-XXIV+ 1 -48. u Paradigmatici, in questo senso, sono i fautori della scuola mitologica, che, pur di ritrovare lo svolgimento di un rito di fecondità, cambiano totalmente l ' ordine dei brani: si veda, ad esempio. W. Wittekindt. Das Hohe Lied und seine Beziehungen zum /starkult, Hannover 1925; H. Schmokel, Heilige Hnchzeit und Hoheslied (AKM 32/ 1 ), Wiesbaden 1956. Lo stesso vale per P Haupt, Bibli· sche Liebesliedet: Das sogenannte Hohelied Salorno.). I brani si discostano in vari punti da TM. ma, anche qui, « la supposizione che essi rappresentino una primitiva cristallizzazione letteraria del libro, diversa da quella rappresentata dalle altre evidenze testuali, anche se non impossibile, viene scredita­ ta >>3 1• La testimonianza di Qumran è decisiva, perché essa ci porta al secolo I a.CY, esattamente al tempo in cui Garbini colloca il suo supposto . Sul TM di Cl 6, 12, cfr. G. Barbiero, Die Wagen meines edlen Volkes » (Hid 6, 12): eine struklllrelle Analyse, in Biblica 78 ( 1 997) l 74-189. Un altro verso che ha dato adito a innume­ revoli congellure è Ct 3, !Ob, su cui invio al mio altro lavoro: G. Barbiero, Die Uebe der Tochter Je­ rusalems. Hld 3, / 0b MT im Kontext vom 3,6-1 l, in BZ 39 ( 1995) 96- 104. 27 R.E. Murphy, The Song ofSongs, p. 7. 28 4QCanl", 4QCant". 4QCanl" e, rispettivamente, 6QCant. 29 Edizione di M. Baillet. in DJD, vol. 111. pp. l 1 2-1 14, tav. XXIII. JO E. Tov, Three Manuscripts (Abbreviatd Texrs?) ofCanriclesfrom Qumran Cave 4, in JJS 46 (1995) 88-1 I l . " E. Tov. Three Manuscripts (Abbreviatd Texts?) of Canricles from Qumran Cave 4, in JJS 46 (1995) 89. " E. Tov parla, per 4QCant", di > (Three Manuscripts [Abbreviatd Texts?l ofCanticlesfrom Qumran Cave 4, in JJS 46 [ 1 995) 92), per 4QCant" di « the end of the first century BCE» (Jbid., 99). «

22

Parte prima. Sezione introduttiva

Della versione greca dei LXX manca: ancora una edizione critica definitiva: ci si deve accontentare di risultati parziali. J.-M. Auwers, che prepara l'edizione del Cantico dei cantici per la collezione >). In 7, l O la LXX ha: en cheilesin mou kai odousin (« Sulle mie labbra e [sui miei] denti >>), un testo certamente più comprensibile del difficile TM: « Sulle labbra dei donnienti >>. In 8,5 la versione greca legge, in luogo del perfetto di TM (j'ladatlui, « [e] ti ha generato >>), un participio (he tekousa sou, « colei che ti ha generato >>), come in 3,4. In 8, 1 3 la LXX ha un maschile (ho kathemenos, « tu che siedi >>) invece del femminile ebraico hajosebet, il che si spiega come un'armonizzazione con 5,1 e 6,2. Il codice Sinaitico e il codice Alessandrino - non così il Vaticano- hanno introdotto delle didascalie, esplicitando il nome degli > (he nymphe o, rispettivamente, ho numphios) e dei loro interlocutori39• Qui è già chiaramente percepibile l 'interpretazione allegorica cristiana (cfr. 7, l , pros ton numphion christon). Nel testo stesso tale interpretazione non è evidente, anche se non mancano segni in questo senso. Così, ad esempio, i nomi geografici sono letti spesso come nomi comuni. TM « dalla cima deli' Amana >> (4,8) diviene >) è reso dalla Siriaca e dalla LXX con > (T. Longman, Song of Songs [NICOT], Grand Rapids - Cambridge 200 1 . p. IO). " Cfr. G. Gerleman, Ruth. Das HoMiied, pp. 52-62; L. Krinetzki. Das Hohelied Kommentar zu Gesta/t und Kerygma eines a/ttestamenltichen Uebesliedes (KBANT), Dusseldorf 1964, pp. 46-82; R.E. Murphy, TM Song ofSongs. pp. 67-9 1 : H. Graf Reventlow. Hohes/ied, in TRE. vol. 15 ( 1986). p. 501. 48 H.-P. Miiller. Das Hohelied. in H.-P. Miiller - O. Kaiser - J.A. Loader, Das Hohelie. Klage­ lieder. Das Buch Ester (ATD 16/2). Gtittingen 1990, p. 6. 49 F. E. Greenspahn, Hapax Legomena in Biblica/ Hebrew: A Study of the PMnomenon and lts Treatment Since Antiquity with Specia/ Reference lo Verbal Forms (SBL.DS 74). Chico 1 984, pp. 2329 e 1 83- 1 89. Si vedano però le correzioni apponate da R.E. Murphy. The Son11 of Songs, pp. 75-76. "' È il caso. ad esempio. di talpijot (« baluardi » [?], Ct 4,4); taltallim (che Bot. del diletto, l ,8. 1 1 ; 7, l : alle , che po­ trebbe identificarsi con quella del , La Cantica, in La Sacra Bibbia: / li­ bri poetici, vol. Il, Firenze 1 959, p. 1 1 3) e G. Ravasi (Il Cantico dei cantici. Commento e attualiz· zazione [Testi e Commenti 4), Bologna 1 992. pp. 97-98). Ravasi accosta a questo genere, misto tra la lirica e il dramma, l ' « idillio , e il « mimo» della letteratura ellenistica. "' Si veda la struttura proposta da F. Delitzsch (Hohe.•lied und Kohe/et, pp. 143- 1 6 1 ): « Primo atto: Accendersi dell'amore vicendevole nei due amanti ( l ,2 - 2,7); Secondo atto: Vicendevole ricer­ carsi e trovarsi degli amanti (2,8 - 3,5); Terzo auo: Corteo della sposa e nozze (3,6 - 5, l); Quarto at­ to: L'amore respinto, ma rinnovato (5,2 - 6.9); Qui01o atto: Sulamita, l 'affascinante ma umile princi­ pessa (6, 1 0 - 8,4); Sesto atto: Il consolidarsi del vincolo d'amore nella patria di Sulamita (8,5- 14)». "' A. Robert - R. Toumay (LR Cantique des cantiques) dividono il Cantico dei cantici in cinque poemi (Primo poema: 1,5 - 2,7; Secondo poema: 2,8 - 3,5; Terzo poema: 3,6 - 5, 1 ; Quarto poema: 5,2 - 6,3; Quinto poema: 6,4 - 8,5a), incorniciati da un prologo ( 1 ,2-4) e un epilogo (8,5b-7). In 8,814 A. Robert - R. Toumay vedono una serie di appendici aggiunte successivamente al testo (la tra­ duzione CE! adotta questa divisione). " W. Winekindt (Das Hohe Lied und seine Beziehungen zum /starkult) inizia il poema con Ct 6,8- 10, a cui fanno seguito l ,7-8; 1 ,5-6; 1 .9-10; 4, 1-7; 4, 1 2 - 5, 1 ; 4,9- 1 1 ; 7, 1-6 . . . Altrettanto libera è la sequenza proposta da H. Schmokel (Heilige Hochzeit, pp. 45-46), il quale rintraccia nel Cantico tre scene del matrimonio sacro. La prima scena. ad esempio, comprende, neIl' ordine, i seguenti brani: Ct 8, 1 3; 6, 1 0.5a; 1.5-6; 6, 1 ; 6,2; 6, 1 1 - 1 2; 3 , 1 -2; 5,7; 3,4; 5,2-6; 3,3: 5,8; 5,9; 5,10-16; 1,7; 1 ,8; 8,1 -2. 92 Uno dei pionieri di questo tipo di considerazione è P. Haupt (Biblische Liebeslieder), che giunge a uno sconvolgimento dell'ordine dei canti simile a quello di Wittekindt e Schmokel, tanto che c'è bisogno di una tavola speciale per rintracciare i singoli versi. Il Cantico dei cantici, secondo Haupt, comincia con 3,6- 1 1 * (l'asterisco significa che non tutti i versetti sono inclusi), per prose­ guire con 6,9. 12; 7, l ; 7,7.5.4.9.6.2 (e così via).

Introduzione

33

diffusa93: tutt'al più si riconosce la mano di un redattore che vi ha aggiunto qua e là dei motivi unificanti94• L'opinione è confortata dal parallelo con la poesia amo­ rosa egiziana. Il titolo del Papiro Harris 500 suona: « Inizio dei canti gioiosi e bel­ li per la tua amata, quando ritorna dai campi >>9\ dove il plurale (>) riflette la molteplicità delle composizioni contenute nella raccolta. A un simile risultato giunge chi vede nel Cantico dei cantici un insieme di canti nuzi a l i : anche qui il legame che unisce i vari poemi sarebbe qualcosa di esterno96, nel caso, le ceri­ monie della settimana nuziale. Una tale classificazione non è però senza conseguenze. Se il Cantico non è composizione unitaria, una considerazione contenutistica del poema, a livello globale, si rende impossibile. Si aggiunga che il ricorso ai paralleli orientali fa spesso trascurare la situazione del Cantico all ' interno della Bibbia, mettendo in secondo piano il contenuto teologico del libro97• I rilievi Fin qui fatti sulla poetica del Cantico conducono a riconoscere in es­ so l 'opera di una spiccata personalità: i raffinati artifici letterari, il gioco delle metafore, il ripetersi di termini e di motivi del tutto coerenti dalla prima all 'ulti­ ma linea98 parlano ineludibilmente a favore dell 'unità dell'opera. Chiaramente non una unità narrativa, ma, appunto, una unità poetica, lirica99• Il Cantico è opera di un autore, non di un redattore100• Il titolo stesso, « Cantico dei cantici >>

91 Cfr., ad esempio, M. Falk, Love Lyrics from the Bible. A Translation and Literary Study of the Song of Song.< (BLS). Sheffield 1 982: R. Gordis. The Song of Smrgs and Lamentations. A Study, Modem Tramlation and Commentan. New York 1974; J.B. White, A Study ofthe Langua· ge, p. 33: W. Rudolph. Das Buclr Rutlr. Das Hohe Lied. Die Klagelieder; O. Keel, Das Hohelied; G. Krinetzki. Kommenurr zum Hohenlied: H.-P. Miiller, Das Hohelied: G. Gerleman, Ruth. Das Hohelied. Si veda il giudizio di O. Eissfeld: « Il miglior modo di far giustizia al testo è quello di considerarlo una raccolta di poesie staccate » (Introduzione ali 'Amico Testamento, vol. 111/2, Bre­

scia 1982, p. 3 16). 94 Cfr. R.E. Murphy, The Song of Songs, pp. 62-64; A. Bonora, Cantico dei cantici, in A. Bo­ nora - M. Priono (edd. ) Libri sapienziali e altri scritti (Logos 4 ), Torino 1 997, pp. 139- 1 40 (« Mi pa­ re preferibile leggere il Cantico come una collezione di poesie d'amore, originariamente indipen­ denti e in seguito riunite insieme sia per l' unità del tema lamore tra uomo e donna] sia per una certa omogeneità di idee, di stile, di vocabolario e di immagini »); T. Longman (Song ofSongs, p. 55) in­ terpreta così il titolo del libro: lt is a single Song composed of many different Songs >>. " Cfr. E . Bresciani. Letteratura, p. 463. 96 In seguito a J.G. Wetzstein (Die syrische Dreschtafe/, in ZE 5 [ 1873] 270-302), Budde vede nel Cantico una raccolta di ventiquattro canti nuziali (cfr. K. Budde, Das Hohe/ied, p. XVI). 97 Così, a ragione, M .T. Elliott, The Lirerary Uni�· ofthe Camicie, p. 32. " Prendiamo le distanze da quanti vorrebbero concludere il Cantico con 8,7 (cfr. A. Robert R. Toumay, Le Cantique de.< cantiques, p. 308) o 8,6 (cfr. H.-J. Heinevetter, « Komm nun, mein Liebs­ ter, Dein Garten ruft dich! pp. 1 66- 1 69). Sul fondamento di questa posizione rinviamo qui all'E­ pilogo Cr 8,5-/4, pp. 363-365. 99 M.T. Ellion (The Literary Unity ofthe Camicie, p. 33) parla di « unità organica>>, come quel­ la di un organismo vivente, e la spiega così: « In un'unità organica ciascuna delle parti funziona in virtù del tutto, e senza ciascuna delle pani il tutto manca della sua unità integrale o essenziale >>. 100 Ci troviamo del tutto d'accordo con G. Ravasi (1/ Cantico dei cantici, p. 85) quando scrive: « Siamo convinti che li testo a noi giunto offra una sua unità letteraria di difficile contestazione, se non a prezzo di una dissociazione testuale, se non a costo di "logiche" estrinseche, se non per una scarsa analisi strutturale. Siamo convinti che questa unità non sia meramente di superficie, cioè frut­ to di interventi redazionali, perché essi coinciderebbero quasi con una vera e propria attività d'auto­ re >>. A una simile conclusione giunge anche F. Landy: « Il poema, così com'è, è un'unità, in parte ,

«

•.

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Parte prima. Sezione introduttiva

( 1 , 1 ), presenta il poema, a differenza dei « canti d' amore » egiziani, in forma unitaria 10 1 • SchemJJ l

ProiGgo Ct 1,2. 2,7 Parte l

Ct 2,8 5,1

CIJII/i delt 'IJmJJIIl

Mattutino a 2,8-17

lntmrrnzo corale Canti del di/ello

Notturno Ct 3,1·5 Coneo nuziale a 3.�11 Contemplazione Ct 4,1-7



Parte H Ct 5,2 . 8,4

NUOI!i canti delt'IJmJJIIJ

Nuovi ciJIIIi del dikno Ultimi canti dell'amJJta

Epilogo Ct8,S.l4

Incontro Ct 4,8 - 5,1 Ricerca Ct 5,2·8 Descrizione Ct 5,9-16 IIICOIItro Ct 6, 1· 3 Contemplazione Ct 6,4-12 Desiderio Ct7,1 - l l Amore nella natura Ct 7,12-14 Amore nella città Ct 8,1-4

Mal d'amore 2,5 Abbraccio 2,6 Risveglio 2,7 Appanenenza R:Ciproca 2,16 Pascolare trn i fiori di loto 2,16 Passaggio del giorno 2,17 Il cerbia«o sui monti 2,17 Risveglio 3,5 Ascensione 3,6 Pascolare tra i fiori di loto 4,5 Passaggio del giorno 4,6 Il cerbiaHo sui monti 4,5-6 Mal d'amore 5,8

Appanenenza R:Ciproca 6,3 Pascolare trn i fiori di loto 6,3 Appanenenza reciproca 7,1 1

"-

Abbrnccio 8,3 Risveglio 8,4 Ascensione 8,5 D cerbiaao sui monti 8,14.

E tuttavia il lettore si sente disorientato dal fatto che anche quegli esegeti che riconoscono l' unità del poema non si siano ancora messi d'accordo sulle linee fondamentali della struttura 1 02• Indubbiamente il rinvenimento di una struttura letteraria non è qualcosa di meccanico, è una impresa che lascia spazio alla sen· sibilità poetica del critico. Sembra però che, anche se nei dettagli le opinioni pos­ sono divergere, la ricerca converga su diversi punti. La proposta che qui viene per la sua coerenza bomatica, per la sua visione erotica: in pane a causa del riapparire degli stessi ele­ menti in contesti diversi, come Leitmotiv. ritornelli, episodi che si ripetono con vari azion i , con­ fluenza di immagini » (F. Landy. Parado.xes of Paradise. /dentity and Difference in the Song of Songs [BLS 7], Sheffield 1983, p. 37: cfr. anche M.V. Fox, The Song ofSongs and the Ancient Egyp­ tian l.ove Songs, pp. 2 1 8-222: A. Lacocque, Rornance, She Wrote, p. 5 1 ). Ci sembrano, per contro, privi di fondamento i tentativi di riconoscere degli strati redazionali nel Cantico, sul tipo di O. Lo­ retz (Das alrhebriiische Liebeslied: Untersuchungen zur Stychometrie und Redaktionsgeschichte des Hohenliedes und des 45. Psa/ms [AOAT 1 4/ 1 ] . Neukirchen-VIuyn 1 97 1 , pp. 59-63): di J. Angé· nieux (Structure du Cantique des cantiques en chants encadrés par des refrains altemants, in EThL 4 1 [ 1 965] 96- 1 42: Id., Le Cantique des cantiques en huit chantJ à refrains altemants, in H. Cazel· les [ed.], De Mari à Qumran. FS J. Coppens [BEThL 24], G embloux 1969, pp. 65-83), che ricono­ sce nel Cantico dei cantici otto poemi successivi� o di H.-J. Heinevetter (cfr. « Komm nun, mein Lieb­ ster. Dein Ganen rnft dich! • ), che distingue una redazione originaria, antisalomonica, da una finale, prosalomonica. 101 Cfr. M.T. Elliott, The Uterary Unity of the Calllicle, p. 34. 102 G. Ravasi (/l Cantico dei cantici, pp. 90-9 1 ) elenca una serie di trentotto lavori, in cui il nu­ mero delle un ità poetiche del Cantico varia da un minimo di 4 a un massimo di 52.

Introduzione

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presentata è originale, ma si fonda su osservazioni fatte da più parti: essa è debi­ trice soprattutto dei lavori di M. T. Elliott1 03 e di H.-J. Heinevenert04• A mio avviso, il Cantico dei cantici si compone di un Prologo ( 1 ,2 - 2,7), un Epilogo (8,5- 14), e un Poemo. vero e proprio, diviso in due parti pressoché sim­ metriche: 2,8 - 5, l e 5,2 - 8,4 (cfr. Schema /). I criteri su cui si fonda la mia proposta sono diversi: l ) Un primo criterio è quello dei personaggi che sono messi in scena. A par­ te il Prologo ( 1 ,2 - 2,7) e l'Epilogo (8,5-14) - affidati ambedue alla donna, ma caratterizzati da un vivace dialogo a tre voci -, le due parti principali sono costi­ tuite da tre serie di « canti dell ' amata » (l = 2,8- 1 5 + 3, 1-5 ; Il = 5,2-8 + 5,9- 16 + 6, 1 -3; 111 = 7 , 1 2- 1 4 + 8,1 -4), a cui corrispondono due serie di «canti del dilettO >> (l = 4, 1 -7 + 4,8 - 5, 1 ; II = 6,4- 1 2 + 7, 1 - 1 1). Un solo canto è affidato a una voce fuori campo, che noi identifichiamo con il « coro >> (Cl 3,6- 1 1 ). Il principio dialo­ gico ha dunque un valore non soltanto ideale, com'è stato evidenziato in modo esemplare da Rosenzweig 105, ma anche formale, strutturale t06 . 2) Un secondo, importante criterio, è quello della ripetizione di parole e motivi. Questo tipo di approccio è messo in luce soprattutto dalla moderna ricerca strutturale, ma già Ruperto di Deutz divideva il Cantico \Lquattro parti in base al > (2,7 ; 3,5; 8,4) t o'. L'importanza strutturale dei ritornelli è sottolineata nei la­ vori di Angénieux tOB e Elliottt09• Da quest'ultima ricaviamo il seguente elenco t to: a) Abbraccio, 2,6; 8,3. b) Risveglio, 2.7; 3,5; 8,4. c) Appartenenza reciproca, 2, 16; 6,3; 7, I l . 1 03 M .T. Ellion (The Literar:.· Unity ofthe Canric/e) presenta una struttura in quattro parti incorni­ ciate da un prologo ( 1 ,2 - 2.5) e un epilogo (8.5- 14): prima pane: 2,8 · 3,4; seconda pane: 3,6 - 5 . 1 : ter­ za pane: 5.2 - 6.2; quana pane: 6,4 · 8.2. Si trana di una tesi discussa ali 'Istituto Biblico di Roma sotto la direzione del prof. M. Gilben: un lavoro che, in bao;e a minuziose osservazioni formali e contenuti­ stiche, dimostra in modo convincente che il Cantico dei cantici non può essere opera redazionale. '"' Il lavoro di Heinevetter è una tesi di laurea presentata a Miinster sotto la direzione di E. Zen­ ger. Heineveuer riconosce nel Cantico dei cantici una introduzione (Ct 1.2 - 2,7) e un corpo diviso in due grandi unità simmetriche (C t 2,8 - 5.1 e 5.2 - 8,6: il brano 8,7-14 è da lui ritenuto un'aggiun­ ta [cfr., in questo capitolo. nota 90)). Si ha l ' impressione che l'analisi dell'ultima pane e soprattut­ to quella deli'" aggiunta ., sia un po · frettolosa, non abbia la stessa qualità delle prime due parti. 105 Cfr. qui Introduzione, nota 84. "" La funzione strutturale del dialogo è messa in evidenza in E. C. Webster, Parrem in the Song of Songs, in JSOT22 ( 1 982) 74; in R. Rendtorff, Das Alte Testamenl. Eine Einftihrung, Neukirchen-Vluyn 1992, p. 276; e in R.E. Murphy, The Song of Sfmg.f, p. 66 (« Elements of dialogue seem to provi de the strongest evidence of sequential arrangement of poetic units wilhin the Song and lhus also suggest the work's overall coherence » ) ; J.P. Fokkelman, Reading Biblica/ Poetry. An llllroductory Guide, Loui­ sville·London-I..eiden 2001, p. 202 (>), 107 Cfr. PL 168,839. "" J. Angénieux, Structure du Cantique des cantiques en chants encadrés par des refrains al­ temants, in EThL 4 1 ( 1 965) 96-142: Id., Le Cantique des cantiques en huit chants. '"' M.T. Elliott, The Uteran· Unii)• ofthe Canticle, pp. 36-4 1 . 1 10 M.T. Elliott, The Uterary Unii)· ofthe Canticle, p. 38. Per altre liste, cfr. R.E. Murphy, The Song of Songs, pp. 76-78 (cinque ritornelli); J. Angénieux, Structure du Cantique des cantiques en chants encadrés par des refrains altemants, in EThL 41 ( 1965) l 04-105 (quattro ritornelli principa­ li e due secondari ). W.G.E. Watson (Classica/ Hebrew Poetry, p. 295) definisce il ritornello: « Un blocco di versi che ricorre più di una volta in un poema. Un tale blocco può comprendere una sin­ gola parola, un verso poetico o anche un'intera strofa ».

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Parte prifTUJ. Sezione introduttiva

d) Passaggio del giorno, 2,17; 4,6. e) Il cerbiatto sui monti, 2, 1 7; 4,5 -6 ; 8, 14. f) Pascolare tra i fiori di loto, 2, 16; 4,5; 6,3. g) Ascensione, 3,6; 6, 1 0; 8,5. h) Malattia d' amore, 2,5; 5,8 .

Il ritornello dell'ascensione (a) apre un'unità poetica, mentre tutti gli altri hanno funzione conclusiva. È interessante notare l ' accumularsi di più ritornel­ li in alcuni passaggi, così in 2,6-7 e in 8,3-4 (a + b); in 2, 1 6- 1 7 e 4,5-6 (d + e + f). Di particolare importanza è il fenomeno in 2,6-7 e 8,3-4, perché qui sono segnalate la conclusione del Prologo ( 1 ,2 - 2, 7) e quella del corpo del poema (2,8 - 8,4) 1 1 1 • l lavori di J.C. Exum1 12, W.H. Shea1 13, E.C. Webster1 14 e D.A. Dorsey 1 1 5 elabo­ rano una struttura del Cantico fondandosi su minuziose osservazioni letterarie, fon­ damentalmente sulla ripetizione di lessemi e motivi. Anche se, a ragione, H.-J. Hei­ nevetter116 e E. Bosshartd-Nepusti\ 1 17 rilevano l ' insufficienza di un tale approccio, esso rimane tuttavia fondamentale. Da queste osservazioni si ricava la convinzione che il Cantico sia un poema a due parti, in cui la seconda ripete, variandolo, il con­ tenuto della prima: la cesura tra la prima e la seconda parte è spesso collocata dopo Ct 5, \ , che è considerato da più autori come il centro del poema1 1 8• 3) Già Bossuet divideva il Cantico in base a sei passaggi dalla notte all'alba (2,7; 3, 1 ; 5,2; 6,9; 7,1 1 - 1 2; 8,4) 1 1 9: egli vi vedeva descritti i sette giorni delle fe­ ste nuziali. Anche se un quadro così rigido ci sembra estraneo alla poetica del Cantico, il principio di una certa coerenza delle determinazioni di tempo è pre­ sente nella struttura del poema. Ad esempio: è chiaro il passaggio da Ct 2,7 (ri111

Cfr. M.T. Elliott, The Uterary Unity ofthe Cantic/e, p. 39. 1 12 J .Ch. Exum (A Literary and Structural Analysis ofthe Song ofSongs, in 7AW 85 [ 1973] 77) traccia una struttura del poema in sei pani, in cui la prima (a: 1,2 · 2,6) corrisponde all'ultima (a': 8,4- 14); la seconda (b: 2,7 - 3,5) corrisponde alla quana (b': 6,4 - 8,3) e la terza (c: 3,6 - 5,1) alla quinta (c': 6,4 - 8,3). 1 13 La struttura proposta da W.H. Shea (The Chiastic Structure ofthe Song ofSongs, in ZAW92 [ 1980] 73-93) è chiastica, e comprende. come quella di Exum, sei parti : a) l ,2 - 2,2; b) 2,3-17; c) 3,1 - 4, 1 6: c') 5,1 - 7 , 1 0; b') 7,1 1 - 8,5: a') 8,6- 14. 1 14 E.C. Webster (Pallem in the Song ofSongs, in JSOT22 [ 1982] 74) delinea una struttura pa­ lindromica auomo a un elemento centrale. Egli valorizza, oltre alla . La risposta è, però, ancora oggi tutt'altro che univoca: essa va dal secolo X a.C., l ' epoca di Sa­ lomone130, fino al secolo l a.C131• Prima di formulare una nostra proposta, è op­ portuno fare un giro di orizzonti sui paralleli letterari del poema. Anche qui lo spettro è abbastanza ampio, e ciò non fa meraviglia, perché l ' amore è tema universale della letteratura. Dovunque l ' amore è stato cantato, è naturale che si ritrovino assonanze con il Cantico. A volte però le somiglianze non vanno al di là di una vaga parentela di temi e motivi: così, ad esempio, i pa­ ralleli addotti con la letteratura indiana132 e Tarnil 133, o con la letteratura etiopi1 27 M.D. Goulder (The Song of Fourteen Songs [JSOT.S 36], Sheffield 1 986, p. 2) delinea nel Cantico « una sequenza semicontinua di quauordici scene. che avanzano progressivamente dall'ar­ rivo della principessa alla eone di Salomone al suo riconoscimento da pane del re come la sua regi­ na preferita » . Ma la donna del Cantico non è mai presentata come una principessa! "' M. H. Segai (The Song of Songs, in VT 1 2 [ 1 962] 470-490) giunge cosl a una struttura del Cantico dei cantici vicina alla nostra. Egli vi distingue: stanze introduuive ( 1 ,2-8); corpo del poema, diviso in due pani simmetriche ( 1 .9 - S. l e 5,2 - 8,6a); stanze conclusive (8.6b-14). '" Nella supposizione di un carauere antologico del testo, la domanda può essere elusa, come fa, ad esempio, Gordis: > (R. Gordis, Tlre Song. p. 23: nello stesso senso, J. Provan. Ecc/esiastes and Song of Sorrg.>157• Il sorprendente appellativo di > è contrapposta a quella > dell'amata, bruciata dal sole. Al mondo ostile della città, 2,8- 1 7 oppone con occhi incantati il risveglio primave­ rile della natura e 7,12-14 invita ad assaporare l ' amore > dalla città (>). Anche i canti d'amore egiziani hanno per sfondo la natura, ma, come giu­ stamente nota Heinevetter, qui la natura è il luogo naturale dell' intimità amoro­ sa, lontano dal controllo sociale (cfr. anche Dt 22,23-27): non ha quella idealiz­ zazione che è tipica del Cantico dei cantici'82• La natura del Cantico non è quella concreta vissuta da un contadino, ma quella sognata da un cittadino che è > (zivilisationsmiide)183 e desidera un tipo di vita più semplice e più vicino alla natura. Una tale idealizzazione della natura è caratteristica della poesia bucolica, il cui rappresentante più tipico è il siracusano Teocrito. I contatti della poesia di Teocrito con il Cantico sono stati spesso rilevati. Ri­ cordiamo alcune corrispondenze puntuali184, che saranno sviluppate nel com­ mento: il > (Ct 1 , 1 6; cfr. Teocrito, Idilli 7, 1 33- 1 36 1 85); le volpi che danneggiano le vigne (Ct 2, 15; cfr. Teocrito, Idilli 1 ,46-47; 5,1 1 1 - 1 1 2186); le pecore (o capre) > (Ct 4,2; 6,2; cfr. Teocrito, Idilli 1 ,251R7); il colo­ re scuro della donna (C t l ,6; cfr. Idilli l 0,26188); la > (Ct l 9 ; cfr. Idilli 1 8,30-31 1 89). La forma drammatica, dialogale, del Cantico, la presenza del coro, se hanno una certa corrispondenza nei canti d'amore egiziani, si avvicinano molto di più al teatro greco, e a quella forma di teatro che è il mimo190• Anche qui gli idilli di Teocrito, spes­ so stilizzati a dialogo, possono essere serviti da modello. Graetz nota ancora una cor­ rispondenza tra l 'uso del ritornello nell ' idi,llio 2 (>) e Ct 5,2 - 6,3 191 • ,

1 80 Cfr. H.-J. Heinevetter, • Komm nun, mein Liebster, Dein Garten ruft dich! », p. 108, nota 58; contro F. Det itzsch, G. Krinetzki (citazioni i vi) e G. Ravasi. Il Cantico dei cantici, pp. 23 1 -232. 1 8 1 Cfr. qui Introduzione, p. 37.

182 H. -J. Heinevetter, " Komm nun, mein Uebsrer, Dein Garten

mente O. Keet, Hohes/ied, col. 1 89. 1 83 Il tennine è di H.-P. Mtiller

(Das Hohelied, p. 14).

ruft dich! »,

Per questa li s ta, cfr. H.H. Graetz, Schir Ha-Schirim, p. 7 1 ; G. Garbini, '" Cfr. qui Prologo Ct 1,2 - 2,7, p. 85, nota 157. 1 06 Cfr. qui Canti del/ 'amara Cr 2,8 · 3.5. p. 1 14, nota 73. 1 87 Cfr. qui Canti del diletto Cr 4,/ - 5, / , p. 1 6 1 , nota 5 1 . 188 Cfr. qui Prolofio Ct /,2 - 2,7. p . 69. nota 63. 184

"' Cfr. qui Prologo Cr /,2 · 2,7, p. 78, nota 108. 1 90 La cosa è sottolineata in C. Gebhardt, Lied, pp. 20-21 .

p. 2 1 3; diversa-

Cantico, p. 299.

19 1 H.H. Graetz. Schir Ha-Schirim, pp. 72-73. La datazione di epoca ellenistica è condivisa an-

46

Parte primD� Sezione introdurtiva

E tuttavia la lettura di Teocrito, come quella degli altri poeti lirici di epoca elle­ nistica, fa risaltare anche la distanza di questo mondo da quello del Cantico. A ra­ gione Keel osserva che la vicinanza con i canti d'amore egiziani è ben maggiore di quella con la poesia ellenistica192• Nei poeti ellenistici l'amore non ha niente di sacro: si tratta spesso di amore omosessuale, di avventure galanti, tipiche di un mondo de­ cadente. Al di là di somiglianze formali c'è, nella sostanza, una differenza abissale193• Graetz pensa che il Cantico sia uno scritto moraleggiante, con cui la cultura ebraica voleva affermare la propria identità culturale di fronte alla cultura greca do­ minante, proprio nel campo deli 'amore194• Dietro la figura di Salomone, oggetto nel Cantico dei cantici di una critica non velata (cfr. 6,8-9; 8, 1 1 - 1 2), ci sarebbe la corte ellenistica di Alessandria, dietro la > il mondo delle città ellenistiche e dei giudei ellenizzanti 195• II > non era, dunque, solo una bucoli­ ca fuga dalla città, ma acquistava il senso di un ricupero delle proprie radici: i pa­ triarchi erano, infatti, pastori e contadini. Effettivamente non pochi segnali condu­ cono a scoprire nel Cantico un'affermazione dell' identità nazionale ebraica. Il corpo della sposa assume i contorni del paesaggio palestinese. l luoghi più tipici di Israele vengono evocati: il monte Libano (3,9; 4,8. 1 1 ; 5,15; 7,5), il Carmelo (7,6), l' Ermon (4,8), il massiccio montuoso del Galaad (4, l ; 6,5), la piana del Saron (2, l ), l 'oasi di Engaddi ( 1 , 14). Le città più ricche di tradizione vi sono menzionate: Ge­ rusalemme (Ct 1,5; 2,7; 3,5 . 1 0; 5,8. 16; 6,4; 8,4), Tirza (Ct 6,4), Hesbon (7,5). Ac­ canto a Salomone ( l , l ; 3,7.9. 1 1 ) è ricordato Davide (4,4). Con fierezza le guardie che scortano la lettiga sono chiamati > ( 1 ,5 ; 2,7; 3,5 . 1 0; 5,8. 1 6; 8,4) o « figlie di Sion >> (3, 10), e alla geografia di Gerusalemme si richiamano chiaramente 3,6-1 1 e 8,5.

6. Il problema ermeneutico

Nessun libro della Bibbia è stato così diversamente interpretato come il Can­ tico. Le interpretazioni vanno dalla mistica più elevata ali ' erotismo più spinto20 7• Una breve storia de li' interpretazione sarà tracciata a conclusione del libro: qui ci limiteremo ad alcune considerazioni di fondo, per motivare la scelta ermeneutica sottintesa dal commento. Semplificando, le due linee ermeneutiche fondamentali sono quella « allegori­ ca >>, e quella « letterale >>. L' indagine sullo statuto canonico ha fatto intravedere che, all 'inizio, le due letture esistevano l'una accanto all 'altra208• La polarizzazione sul­ l ' interpretazione allegorica al tempo di Rabbi Aqiba è un fano legato probabilmente alle condizioni storiche. Ciò vale anche per l'interpretazione patristica: l'opera di Origene, che ebbe un influsso determinante sull'esegesi cristiana del Cantico, risente chiaramente della filosofia neoplatonica, fondata sulla dicotomia tra anima e corpo209• L'allegoria riconosce due sensi nel Cantico: quello naturale, che parla del­ l ' amore tra due sposi, e quello spirituale, che per Israele è l'amore di Dio per il popolo ebraico, per i cristiani quello di Gesù per la Chiesa. Il primo senso non è 20'

Hellenistic Civilization and thR Jews, New York 1975, p. 1 34, e, in ge­ " Komm nun, mein Uebster, Dein Ganen ruft dich! », pp. 222-223. ,.. L'epoca greco romana attesta di un rina.•cere dell'antica cultura egiziana, sia nel campo ar­ Cfr. V. Tcherikover,

nerale, H.-J. Heinevetter,

chitel!onico, con la costruzione di numerosi !empii. sia in quello lel!erario. Basti pensare alla cele­ bre « biblioteca >> di Alessandria. 207 C' è una corrente auuale che propugna addirittura una lel!ura « pornografica » del poema, si veda, ad esempio, R. Boer, King Solomon MeetsAnnie Sprinkle. in Semeia 82 ( 1998) 1 5 1 - 1 82; Id., The Second Coming: Repetitimr and /nsatiable Desire ilr the Song ofSongs, in Bib/nt 8 (2000) 276-301. '"' Cfr. qui

/mroduzione, pp. 1 8-20.

"'' Cfr. A. Lacocque, Romance, She Wrote, pp. 12- 1 5; P. Ricoeur, The Nuptial Metaphor, in A. Lacocque - P. R icueur. Thinking Biblical/y, Chicago 1 998, pp. 2 8 1 -285.

Introduzione

49

inteso dali autore ispirato che come cifra del secondo: il vero tema del Cantico non è l 'amore sessuale tra uomo e donna (ritenuto indegno del testo sacro), ma la carità soprannaturale. « Allegori a » deriva da allos (altro): il senso del Cantico non sta nel testo stesso, ma altrove. L'interpretazione allegorica è l ' interpretazione tradizionale sia in Israele sia nella Chiesa. Ancora oggi nelle famiglie ebraiche, al venerdì sera, il sabato è ac­ colto come la sposa del Cantico, e il Cantico è letto nella festa di Pasqua, intesa come le nozze tra Dio e il suo popolo. Del Cantico si è nutrita tutta una moltitu­ dine di santi, che vi ha letto la storia del proprio rapporto con Dio: da Giovanni della Croce a Francesco di Sales, a Edith Stein. È comprensibile perciò che, og­ gi, da diverse parti si levino proteste contro un tipo di esegesi, che vorrebbe can­ cellare questa tradizione come fraintendimento del testo. Fondandosi sull'ermeneutica moderna, A.-M. Pelletier ha rivalutato la tradi­ zione allegorica e spirituale210: il significato di un'opera non si limita al senso originario, ma >2 1 1 • Nel testo, uno legge la propria esperien­ za vitale, riconosce se stesso: un libro che > al lettore è presto messo da parte. Una lettura asettica, senza precomprensione, è, a dire di Gada­ mer, semplicemente impossibile. Un testo è importante per la sua Wirkungsge­ schichte, la storia del suo influsso sui lettori2 1 2• Significativamente, Pelletier tito­ la il suo libro: Dal/ ' enigma del senso alle figure de/ lettore. E tuttavia. pur rivalutando la dimensione > della lettura, quella « oggettiva >> rimane fondamentale, per distinguere una buona da una falsa inter­ pretazione. Non ogni interpretazione, infatti, è buona. Se nel Cantico uno legge la legittimazione del libero amore e un altro quella della castità, una delle due in­ terpretazioni deve essere falsa, e per avere un criterio di valutazione è necessario rifarsi al senso letterale, a quello, cioè, che il testo dice, distinguendolo da quello che le successive interpretazioni vi hanno visto. Il senso > di un testo non può essere in contrasto con quello >. Gadamer parla di > degli orizzonti, del l 'orizzonte del testo e di quello del lettore2 1 3• M. Dumais, in un '

210 A.-M. Pelletier, uctures du Cantique des cantiques. De l 'énigme du sens a1Lt jigures du lecteur (AnBib 1 2 1 ). Roma 1989: cfr. Id . Perir bi/an hennéneutique de / 'histoire du Cantique des cantiques. in Graphé 8 ( 1999) 1 85-200. e J.-P. Sonnet, Figures (anciennes et nouvelles) du /ec­ teur•. Du Cantique des cantiques au Uvre entier, in NRTh 1 1 3 ( 1 99 1 ) 75-86. Nello stesso senso an­ che J.-E. De Ena Tardi, u conjlit des interprétations sur le sem du Cantique des canriques. Es.,ai théorique et pratique d'une hem1éneutique articulée du sens du texte: sens te:rtuel, sens directimmel et cadre du rexre (tesi di laurea), Fribourg 200 1 . Accanto a un « senso testuale » (che riprende il tra­ dizionale " senso letterale », mettendo giustamente l' accento sul testo più che sull' autore). De Ena Tardi sottolinea l ' importanza di un « senso direzionale », cioè di un'apertura del testo a un senso ul­ teriore (analogo al " senso dinamico ». di cui parla il documento della Pontificia commissione bibli­ ca [cfr., in questo capitolo. nota 141). 211 La Frase è di Gregorio Magno: Divina eloquia l'Dm legente cre.fctmt (in Homiliae in Hieze­ chihelem Propheram 7,8, cfr. M. Adriaen - V. Recchia - E Gandolfo [edd.). Omelie su Ezechiele, vol. I [Opere di Gregorio Magno 311 ) Roma 1 992. p. 2 1 4). ''' G. Gadamer, Wahrheir rmd Merhode. Grundztige einer philosophischen Hermeneutik, Tti­ bingen 1 965, pp. 280, 3 1 8-3 1 9. 354. "' G. Gadamer, Wahrheir und Merhode, pp. 286-290. Un simile cerchio ermeneutico propone Ricoeur, quando parla di " comprensione » (soggettiva) e « spiegazione » (oggettiva) di un testo (P. .



.

50

Parte prima. Sezione introdurriva

lavoro sulla recente ermeneutica filosofica, fa una affermazione largamente con­ divisibile: >214• Del resto anche l ' istruzione della Commissione bi­ blica su l i ' interpretazione della Bibbia sottolinea l ' i mportanza decisiva del significato letterale215• È mia convinzione, dopo aver esaminato il testo del Cantico dei cantici, che il senso originale del libro, quello inteso dali' autore, non sia di tipo allegorico. Sopra ho fatto l 'esempio di Ct 8,5216, significativo, perché riguarda un brano fon­ damentale del Cantico: secondo TM, a > ne li" ermeneutica contemporanea. cfr. J.-F. Racine, Pour enjinir avec le sens lilléral de l 'Écriture, in EeT 30 ( 1 999) 199-214 (l 'autore ritiene che oggi si debba parlare di « senso>> semplicemente, non più di « senso letterale>>). 2 1 4 M. Dumais, Sens de l'Ecriture. Réexamen è la lumière de / 'hennéneutique philosophique el des approches lilléraires récentes, i n NTS 45 ( 1 999) 329. "' Cfr. Pontificia commissione biblica, L'interpretazione della Bibbia nella Chiesa, Città del Vaticano 1 993. IIB l (>): > (cfr. P. Kuhn, Jiidisclre Holre/iedexegese seit dem Begimr der Aufkliirung. in Nordisk Judaistik Scanditravian Jewish Studies 12 [ 1 99 1 ) 86). '" Cfr. J.-P. Audet. Le se11s du Cwuique des cantiques, in RB 62 ( 1955) 202-204; G. Krinetzki, Kommentar zum Hohenlied, pp. 24-27: B.S. Childs, lntroduction to the 0/d Testanrent as Scripture, London 1979, pp. 574-576. ·

·

Introduzion�

51

profetica (cfr. Os l -3 ; Ger 2,2; Ez 16). È chiaro qui, però, che l ' interesse del pro­ feta non va al rapporto concreto tra l 'uomo e la donna: questo è soltanto una im­ magine per parlare dell 'altro rapporto, quello tra Dio e il suo popolo. È questo ul­ timo che sta a cuore al profeta. Nei libri sapienziali la prospettiva è diversa. Il loro interesse non va direttamente alla religione, ma alla vita di ogni giorno, alla realtà quotidiana, >, diremmo oggi, anche se per l ' uomo della Bibbia non esiste realtà che non abbia rapporto con Dio. Però Dio non è quasi mai menzionato. Nel Cantico dei cantici il nome di Dio appare solo una volta, in 8,6, e anche qui in for­ ma abbreviata (>), passibile di fraintendimenti. Dio non è as­ sente, ma non è in primo piano, è nascosto dietro alle cose, è la fonte della sag­ gezza, i l fondamento del l ' ordine cosmico. Il Cantico nasce da quello stesso stupore davanti al mistero dell ' amore, che è percepibile in Pro 30, 1 8- 19: che continua anche nel v. 2. sir è termine comune per indicare un > di tono gioioso, sia liturgico sia profano, generalmente accompagna­ to da uno o più strumenti musicali. L'espressione (Es 26,33), . Il fatto che si parli di « Cantico >> al sin­ golare, suggerisce discretamente l ' unità della composizione. Il titolo dei canti d'amore egiziani, per tanti aspetti il parallelo più vicino al Cantico dei cantici, suona infatti diversamente: >2• 'liser liS/6m6h, >, esprime indubbiamente non la dedica (« per Salomone >>), ma, a somiglianza dei titoli dei Salmi, l 'autore del Cantico (lamed auctoris). Si tratta di un'attribuzione fittizia. A Salomone sono ancora ri­ feriti i Proverbi, Qohelet e la Sapienza3• Una tale attribuzione colloca il libro fra la letteratura sapienziale, largamente aperta agli intlussi internazionali. Salomo­ ne è il tipo tradizionale del sapiente (cfr. I Re 5, 1 2), così come Davide lo è del­ l ' arante. Salomone ha un ruolo importante nel Cantico (cfr. 1 ,5 ; 3,7.9. 1 1 ; 8, 1 1 1 Il titolo è assente originariamente nella Vulgata (lncipit liber Canticum canticorum), menue la Peshilla (« Segue la sapienza delle sapienze dello stesso Salomone») sottolinea il carattere sa­ pienziale del libro. 2 Papiro Harris 500C 7,3, traduzione di E. Bresciani, Letterarura p. 466 (cfr. anche pp. 453, 463, 47 1 ) . 3 I l Midrash Rabbah nota: « Egli scrisse prima i l Cantico dei cantici, poi i Proverbi, poi l ' Ec­ clesiaste... Quando un uomo è giovane, compone canzoni; quando avanza negli anni, emette senten­ ze di saggezza; quando diventa ve (vv. 4. 1 2), l ' amante ideale, che trasferisce l ' umile vicenda dei due giovani su un piano fastoso e nobile (cfr. vv. 5.9), dal l ' altra è la personificazione di un amore ricco e decadente, da cui l 'autore del Cantico prende le distanze (cfr. 8, 1 1 - 1 2). Heinevetter attribuisce queste due diverse interpretazioni della figura di Salomo­ ne a due differenti strati redazionali del li bro4• Più verosimilmente, si tratta del complesso atteggiamento di uno stesso autore.

' Cfr. H.-J. Heinevetter, « Komm mm, mein Uebster, Dein Garten ruft dich! "• pp. 68-70.

PROLOGO Ct 1 ,2 - 2,7

I

L'amata

l 2(( M i baci coi baci della sua bocca, poiché dolci sono le tue carezze ', più del vino; 3soavi all ' odore i tuoi profumi: profumo versato2 di fresco i l tuo nome. Perciò le fanciulle ti amano. 4Portami via con te\ coniamo ! Il re mi ha introdotto4 nelle sue stanze. Esulteremo e gioiremo per te, ricorderemo le tue carezze5 più del vino.

A ragione6 ti amano !

»

n

L'amata

5(( Nera sono, ma bella, figlie7 di Gerusalemme, come le tende di Kedar, come le cortine di Salomone8•

1 Cosl TM dodèkii . La Siriaca (rl}mjk), la LXX (mastoi sou) e la Vulgata (ubera tua) leggono daddèkd ( « i tuoi seni ). ' L'ebraico turaq è controverso: per la lista delle possibili traduzioni rimandiamo a G. Ravasi, Il Cantico dei cantici, p. 1 55. Con ekkenothen (LXX) ed effusum (Vulgata) intendiamo l'ebraico co­ me imperfello hof"al di riq (versare); la particella relativa se in poesia può essere souintesa. ' La LXX (hei/kysan seJ e la Yetus Latina (et adtraxerunt te) concordano il verbo « portar via >> �)

con la proposizione precedente: ( « [Le fanciulle ] ti hanno portato via"). 4 La versione di Simmaco ha un imperativo (ei..enenke) e la Quinta di Origene un coortativo

(eisagaget6 ). ' Cfr., in questo capitolo, nota l . 6 L' ebraico mésiirim è un plurale abstractionis con senso avverbiale ( • a ragione», cfr. Ct 7 , l 0). La LXX ( euthytés i!gapi!sen se) e la Vetus Latina (aequita., dilexit re) ne fanno il soggetto del verbo amare, interpretando allegoricamente. La Siriaca, il Targum e la Vulgata ( recti dili11unt te), anch'essi interpretando allegoricamente. intendono mésarim al plurale. in riferimento ai >

III I.:amata

1« Dimmi,

o amore dell' anima mia, dove pascoli il gregge,

dove lo fai riposare10 a mezzogiorno, perché io non sembri una prostituta 1 1 dietro ai greggi dei tuoi compagni » .

Coro

8(( Se non lo sai, la più bella fra le donne, esci sulle tracce del gregge, e pascola le tue caprette presso le dimore dei pastori ».

IV Il diletto

9(( A una puledra1 2 tra i cocchi del faraone t'assomiglio, amica mia. 10Sono belle le tue guance fra i monilil3, il tuo collo fra catene di perle! >>

Coro L'amata

1 1 ((

Monili d' oro faremo per te, trapunti d' argento ».

1 2 (( M entre il re sta nel triclinio, il mio nardo effonde il suo profumo.

zione di pp. 170- 1 7 1 ; G. Garbini, Cantico, p. 1 84; W. Rudolph, Das Buch Ruth. Das Hohe Lied. Die Klagelieder, p. 1 23). Però le versioni antiche concordano, unanimemente, con TM. 9 Così TM. Le versioni antiche hanno tradotto « hanno combattuto », ma si tratta, anche qui, di interpretazione allegorica (cfr. G. Garbini, Cantico, p. 3 1 ). 1 0 Così TM (tarbi$). Le versioni intendono generalmente la forma qal (> .

v 11 diletto

1 5«

Come sei bella, amica mia, come sei bella!

I tuoi occhi sono colombe! >>

L'amata

1 6« Come sei bello, diletto mio, e dolce! Anche il nostro letto è di tenero verde, 17travi della nostra casa14 sono i cedri, nostro soffitto 15 i cipressi >>.

VI L'amata Il di/erto

2 1 « lo sono un1 6 giglio del Saron, un fior di loto delle valli >> . 2« Come un fiore di loto fra le spine, così la mia amica tra le fanciulle >> .

L'amata

3 >.

VII

L'amata

4« Mi ha introdotta17 nella sala del vino e il suo vessillo su di me è Amore.

14 L'ebraico ban2nf'J è un plurale con valore di singolare (plurale di generalizzazione?, cfr. P. Joiion, Grammaire 1 36j, nota 4). " TM rai)�t è controverso haptulef?omenon (cfr. HAUT, p. 1 1 14). La LXX (phatnomata) e la Vulgata ( laquearia) l'hanno inteso come pane del soffi Ilo. 16 TM ha qui l 'anicolo, ma questo non necessariamente esprime la determinazione (cosi anche in Ct 1 , 1 1 . 1 3- 14; 3,9; 5 , 1 3 ; 7.3; 8,2: cfr. W. Gesenius - E. Kautzsch - G. Bergstrasser, Hebriiische Grammatik, Hildesheim 1 962, § 1 27e; F. Delitzsch, HoheJ!ied 1111d Kohelet. p. 39). La LXX legge senza articolo: anthos e krinon. 17 La LXX (eisagagete me), la Siriaca ( "lwnj) e la Vetus Latina (inducite me) traducono al­ l ' imperativo plurale, concordando il verbo del v. 4 con quelli del v. 5. Ma si trana di lectio facilior, da rigellare.

62

Pane seconda. Traduzione e commento 5Sostenetemi COn focacce d' uva18, rianimatemi con pomi, perché io sono malata d' amore. 6La sua sinistra è sotto il mio capo e la sua destra mi abbraccia. 7Vi scongiuro, figlie di Gerusalemme, per le gazzelle o per le cerve dei campi: non svegliate, non ridestate l ' amore19 finché a lui non sia gradito ».

La prima unità del Cantico è delimitata dai ritornelli dell'abbraccio (Ct 2,6) e del risveglio (2,7) 20• Con M.T. Elliott la chiamiamo Prologo21• Si tratta come di

una ouvenure sinfonica, in cui sono introdotti sia i temi, che poi saranno svilup­ pati, sia i personaggi, che svolgeranno un ruolo nel corso dell' opera. Struttural­ mente essa corrisponde ali ' Epilogo (8,5-14): alcuni temi e termini, infatti, ap­ paiono soltanto nel Prologo e neli' Epilogo (cfr. l ,6 con 8, 1 2; 2,3 con 8,5; 2,4 con 8, 1 0; l , 1 3 con 8,6a; 1 ,7 con 8, 1 3). L'unità letteraria prescelta è strutturata in sette canti, ciascuno con una pro­ pria consistenza tematica (Ct 1 .2-4.5-6.7-8.9- 14. 1 5- 1 7; 2, 1 -3.4-7)22• È possibile che essi abbiano avuto un'origine indipendente. A ogni modo l 'autore li ha com­ posti in unità, come strofe di un unico canto. Lo dimostra sia la regolarità delle strofe (ciascuna è composta di due parti e il numero dei versi è quasi lo stesso per ogni strofa), sia sottili legami !ematici che percorrono l 'unità. Forse la relativa autonomia delle singole strofe (che trova corrispondenza nel l ' Epilogo) si spiega con il particolare carattere del Prologo, in cui i singoli temi sono solo accennati, non completamente sviluppati. L' inclusione tra la prima e l 'ultima strofa è suggerita anzitutto dal verbo « introdurre >> (Ct l ,4 e 2,4) Le « stanze » di l ,4 sono l 'equivalente della « casa del vino >> di 2,4: si tratta del luogo dell'amore. Le due strofe sono, inoltre, unite dalla metafora del vino ( 1,2.4; 2,4) dalla radice 'lzb (« amore, amare >>, l ,3.4 e 2,5. 7), e dalla presenza di un gruppo femminile ( « fanciulle >>, l ,3; >, 2,7). L' ingresso nel luogo dell'amore, che all 'inizio è presentato come un sogno, si realizza alla fine. Il tema della > riappare al centro del­ la composizione ( 1 , 1 2) : il verso fa da ponte tra la prima e l 'ultima strofa, ed .

,

18 La traduzione del tennine ebraico 'tlsisot è controversa, come attestano la LXX (en mjrois, « con profumi » ) e la Vulgata (jloribus). Ma i paralleli dell'AT si riferiscono indubbiamente a un ci­ bo (cfr. 2Sam 6, 1 9; lCr 1 6,3). " Con TM. 'ahiibél, la LXX, agapen, e la Vetus Latina, charitatem. La Siriaca (rl)mt') e la Vulgata (dilectam) concretizzano il tennine riferendolo alla donna (, il prologo è caratte­ rizzato dal contrasto tra un , che identifica i due giovani con contadini e pastori e li immerge nella natura (cfr. 1 ,5-6.7-8. 1 6; 2, 1 -3). In ambedue i casi, si tratta non di dati storici (i protagonisti non sono né re e regina, né pastori o contadini), ma di un artificio letterario, di una evasione dalla situazione reale con le sue costrizioni e la sua prosaicità per immer­ gersi in una situazione fittizia, sentita come più consona all'amore2l. Per cogliere la struttura dell'unità è importante considerare non il soggetto, ma l 'oggetto del discorso. Da questo punto di vista il Prologo presenta il se­ guente quadro (cfr. Schema 3): La prima strofa (Ct 1 .2-4) parla di lui, presentato in un travestimento verso l 'alto (re). I due amanti sono separati, l 'unione è presentata come un sogno. La seconda (Ct 1 ,5-6) e la terza strofa ( 1 ,7-8) parlano di lei, presentata in un travestimento verso il basso (contadina. pastorella). Gli amanti sono ancora se­ parati, ma c'è un movimento di ricerca e di avvicinamento (vv. 7-8). La quarta (Ct l ,9-1 4). la quinta ( 1 , 1 5- 1 7) e la sesta strofa (2, 1 -3) sono carat­ terizzate dal fatto che nella prima parte si parla di lei (parola chiave: ra 'jiiti [>), 1 ,9. 15; 2,2), nella seconda di lui (parola chiave dOdi [). L'ebraico dodim (carezze) indica qualcosa di più che una innocente dimo­ strazione d'amicizia (cfr. Ez 1 6,8; 23, 17; Pro 7 , 1 8). È il gioco erotico che ac­ compagna il rapporto sessuale. La parola ebraica è un plurale abstractionis deri­ vante dalla radice dwd, la stessa di cui è composto il sostantivo dod (diletto). D passaggio dal singolare dod al plurale dodim ha neli' ebraico lo stesso effetto del­ l' italiano caro-carezza. dodfm esprime cioè il gioco erotico sotto l'aspetto della tenerezza, così tipico della psicologia femminile30• A di fferenza di altri passi del­ l ' AT, dove questa parola denota qualcosa di moralmente riprovevole (si vedano i citati passi di Ez e Pro), nel Cantico essa è usata senza alcuna connotazione ne­ gativa. Il gioco erotico è presentato come qualcosa di desiderabile e appagante31 • I..: aggettivo (.tob) ripetuto al v. 3 (>), ha un notevole spettro di si­ gnificati, che vanno dal piacere estetico a quello fisico, a quello spirituale (bello, felice, piacevole, utile, buono... ). Nel v. 2 il contesto (>) suggerisce un le24 Cfr. D. Colombo, Il Cantico dei cantici (NVB ), Roma 1975, pp. 45-47 ( « Bàciami coi baci della tua bocca », v. 2; sta spesso in ebraico per la >, cfr. Sal 9, 1 1 ; 1 8,50) è ancor più inebriante, più capace di stordire, di portare fuori da sé39• Probabilmente si fa qui allusione all 'odore personale del di­ letto. Ogni persona ha un odore inconfondibile, che è percepito nell' intimità amorosa40• Il termine semen (>) forma un'allitterazione con sem (nome) e S'lomoh (Salomone, v. l )4 1 • Il re (cfr. v. 4) veniva >, e > (3,8; traduzione di E. Bresciani, Letteratura, p. 456). Nello stesso papiro lei dice di lui: « Il cuore di tutti quelli che si fermavano sulla strada, / s'infiam­ mava d'amore per lui >> (4, l, /bid., p. 457). In un ostraknn da Deir el-Medineh si trovano simili ac­ centi: « Dico al mio cuore: l [Perché] i cuori lo amano? » (lbid., p. 476). " Per un parallelo nel Cantico, cfr. 3,10 (si veda qui il commento in lntermeuo corale Ct 3,6-11, p. 144). Un fenomeno simile si riscontra nella poesia amorosa mesopotamica di epoca sumera e acca­ dica, dove la donna innamorata passa improvvisamente dalla prima persona singolare alla prima plu­ rale. Pau! parla di « plurale estatico >>, ma generalmente gli studiosi pensano a un gruppo femminile che ha la funzione lirica di un coro (Sh.M. Paul, The Plural of Ecstasy », si vedano qui i numerosi brani citati). Particolarmente vicino al nostro testo è il canto d' amore del re Shu-Sin riportato da Paul: " Let us enjoy over and over your charms and sweetnesses! O! that you wou Id do alt the sweet things to me» (lbid., p. 589; il testo si può trovare anche in S.M. Kramer, The Sacred Marriage, pp. 92-93). 46 Cfr. E. Jenni, 'hb, in DTAT, vol. l, col. 54. 47 Con la versione Siriaca e quella greca di Simmaco (cfr., in questo capitolo, nota 4). Si veda, ad esempio, H.-P. Miiller, Das Hohelied, p. 1 2 , nota 5. •

Prologo Ct /,2 - 2, 7

67

come lectio difficilior, esso non può avere che il significato di un sogno, di un de­ siderio. l due amanti sono in realtà separati: si è ancora ali ' inizio della vicenda che li ponerà all' unione in 2,4. dove il verbo « introdurre >> (biì ', nella forma hif'il) viene ripreso. Questo verbo esprime sempre nel Cantico l 'unione amorosa. Esso ritorna ancora in 3,4 e 8,2. Due volte è lui a « introdurre >> lei nella sua stan­ za (l ,4; 2,4), altre due volte è lei a introdurre lui nella >, un anificio letterario che traspona gli amanti in una sfera nobile. dove non vigano le costrizioni sociali della vita di ogni giorno. L'amore in sé è una festa, esso è nobile. Neli ' ambiente della Siria palestinese gli sposi sono ancora oggi festeggiati per una settimana intera come « re >> e è d'altronde coerente con il titolo (>, v. l ) e con la simbolo­ gia dell ' si contrappone quello >, al mondo della città quello della campagna, della natura. Anche il protagonista ora è diverso: al centro dell'atten­ zione non è più lui, ma lei . Non altrettanto chiara è la delimitazione dai versi seguenti: nei vv. 7-8 si par­ la ancora di lei, in un simile >52• A ogni modo, qui non siamo più fra contadini, ma fra pastori . L'ambiente è diverso, sicché, pur no­ tando la vicinanza delle due composizioni, preferiamo considerare i vv. 5-6 e 7-8, appunto, come due distinte strofe5J . Anche i vv. 5-6, come i vv. 2-4. sono divisi in due parti : il v. 5 e i l v. 6. Però l ' ul­ timo stico (v. 6e) si distacca dagli altri come una specie di coda, in cui sta, come ve­ dremo, tutto il sapore della composizione54• Ciascuna delle due parti inizia con i l motivo del colore della pelle (vv. 5a.6ab). Seguono nella prima parte due similitudi­ ni (). La >, v. 6e, si aggancia ai due termini del v. 6d, > e >, cam­ biandone il senso, ma cade al di fuori della simmetria tra le due parti. Nonostante la distinzione da ciò che precede, si notano alcuni setti li legami strutturali. Le « cortine di Salomone » (v. 5a) fichiamano il titolo (v. l ) e l ' am­ biente > della prima strofa (cfr. v. 4b). Le > fan­ no pensare alle > del v. 3. Infine la metafora della vigna (v. 6) è coe­ rente con quella del vino (vv. 2b.4d). Se i vv. 2-4 rappresentavano un sogno d'amore, i vv. 5-6 sono il primo passo verso la realizzazione. Contro la volontà dei > che la vogliono tenere in casa, la giovane si decide ad assecondare il proprio desiderio d' amore (v. 6e). [1,5] L'aggettivo S'I)Oriì (nera, cfr. Ct 5,1 1 ) ha un ruolo importante nella pic­ cola composizione. Esso ritorna nel v. 6a in forma leggermente alterata: S'l}arl}oret (bruna). Prendendo sul serio il v. 6ab è difficile pensare a una bellezza africana, che avrebbe il fascino dell 'esotico55: si tratta invece di una ragazza israelita56, re­ sa scura dall' esposizione al sole. Il > è da intendersi come un'iperbole, usuale anche in italiano. L'aggettivo è accostato a na 'wa (>, cfr. Ct 1 ,1 0; 2,14; 4,3; 6,4). La congiunzione W" che unisce i due aggettivi può avere

" Sintomaticamente Ravasi unisce i vv.

dei cantici, p. 167).

5-8

in un'unica composizione

(G. Ravasi, Il Cantico

" Con la maggior parte degli esegeti. Cfr. le ragioni letterarie in H.-J. Heinevener, « Komm nun, mein Liebster, Dein Garren ruft dich! », pp. 74-77; M.T. Elliott, The Literary Uniry of"rhe Can· tic/e, pp. 47-50. " Cfr. N. Lohfink. Recensione di R.E. Murphy, The Wisdom Lirerature, in ThPh 58 ( 1 983) 240-24 1 . " Contro O. Keel, Das Hohelied, pp. 53-56; M . Pope, Song, pp. 307-318. "' Contro V. Sasson (King Salomon and the Dark Lady in rhe Song of Songs, in VT 39 [ 1 989] 407-4 14), che pensa alla figlia del faraone andata in sposa a Salomone (cfr. l Re 1 1 , 1 -2).

Prologo Ct /,2 - 2,7

69

in ebraico valore coordinativo (> )57 oppure avversativo ( >)51. I due aggettivi sono dunque sinonimici o antitetici? Considerazioni su razzismo e cose simili non hanno senso59, perché si è visto che la ragazza è del luo­ go, e d'altronde l 'AT sa apprezzare la bellezza africana (si ricordi la regina di Sa­ ba, I Re 1 0, 1 - 1 3). Ora la carnagione bianca sembra corrispondere ai canoni della bellezza israelitica. Il diletto è > (Ct 5, I O, cfr. Lam 4,7-8). Anche lei è > (Ct 6, 10). I due aggettivi vanno dunque compresi come un'antitesi: >60• Le > sono probabilmente le rappresentanti di questo tipo canonico di bellezza6 1 cittadina e un po' decadente (cfr. Is 3 , 16-24), a cui è contrapposto un ideale di bellezza campagnola e sana. Il contrasto tra le more be­ duine e le bianche ragazze di città è un topi co usuale della moderna lirica amoro­ sa araba62• La ragazza del Cantico non è verosimilmente una contadina, come non è una principessa. Nell'un caso come nell'altro, si tratta di travestimento lettera­ rio, che corrisponde a una tendenza diffusa nell'epoca ellenistica (si pensi alla poesia bucolica)63• La decadente vita cittadina fa sorgere la nostalgia per una vi­ ta più semplice, a contatto con la natura. Il contrasto città-natura è un motivo ri­ corrente del Cantico. D'altronde per un israelita questo ritorno alla natura aveva anche un significato nazionale. Le origini di Israele erano di tipo nomade, non cittadino. Cosl erano i patriarchi. Quindi la nostalgia per la vita semplice dei campi aveva anche il senso di un ritorno alle origini nazionali, in contrasto con i l mondo cittadino largamente inlluenzato da modelli ellenistici. Le due similitudini del v. 5b riprendono e sviluppano l'antitesi del v. Sa:

Schema 4 come le tende di Kedar. come le cortine di Salomone.

Nera Bella

" Cosl sembra intendere la LXX (kai) e, fra i commentatori, ad esempio: O. Keel, Das Hohe­ lied, p. 53; H.-l. Heinevetter. Komm nun, mein Liebsrer. Dein Garten ruft dich! », p. 77; G. Garbi­ ni, Cantico, p. 43; M. T. Elliott, The Literary Unity ofthe Canricle, p. 47; R.E. Murphy, The Song of Songs, p. 109; M. Pope, Song. p. 29 1 . " Così la Vulgata (sed) e la maggior parte dei commentatori. " Così a ragione D.S. Ogden, " Black but beautiful (Song of Songs /,5), in BiTr 47 ( 1996) 443-444; E.C. Hostener, Mistranslation in Canr /,5, in AUSS 34 ( 1996) 35-36. 00 Una conferma di questa interpretazione viene dalla tradizione giudaica, che legge i due ag­ gettivi in senso morale, vedendo nel « nero» il colore del peccato, e nel « bianco » quello della giu­ stizia. Si veda, ad esempio, il Targum: « Quando i figli della casa d' Israele fecero il vitello, i loro vol­ ti divennero neri come quelli dei figli di Kush che abitano nelle tende di Kedar. Quando invece si pentirono e si convenirono, e fu loro perdonato, lo splendore della gloria del loro volto divenne co­ me quello degli angeli » (U. Neri, Il Cantico dei cantici. Targum e antiche interpretazioni ebraiche, Roma 1 987, p. 84). 6 1 D. Lys (Le plus beau chant de la création, pp. 70-73) rende: « Filles élégantes»; cfr. la tra­ , duzione TOB in nota: �"", di >, o di ,, arazzi >>65, la qualifi­ ca > conferisce a questi manufatti un carattere prezioso e ricercato66• L'accostamento delle due similitudini ha il valore di un ossi moro, di una dissonanza. Il significato è: la bellezza rusticana (>) della ragazza è de­ gna dei palazzi più raffinati della città (>). [v. 6] La donna chiede alle bianche > di non di­ sprezzarla per il fatto che lei ha la pelle scura, abbronzata dal sole. Il testo ebrai­ co gioca sulla sinonimia tra il « guardare >> (rii 'iih) delle amiche e quello del so­ le. Il verbo siizap significa, infatti, propriamente > (cfr. Gb 20,9; 28,7), e da qui, per estensione, >67• La causa dell' inscuri­ mento è attribuita ai fratelli, che sono chiamati, con distanza, >. L'appellativo richiama le > di v. 5, suggerendo una somiglianza tra i due gruppi. In realtà, il primo gruppo rappresenta la so­ cietà cittadina, il secondo quella familiare: ambedue giocano un ruolo non sem­ pre positivo nei riguardi dell'amore. I > riappaiono nell'Epilogo del Cantico (8,8-9), in un ruolo fortemente negativo. Essi sono preoccupati di di­ fendere a tutti i costi la > della loro sorella, prendendo la sotto la loro tu­ tela, con un atteggiamento patemalistico e castrante nei confronti dell 'amore. La giovane si ribella rivendicando la propria autonomia (Ct 8, 1 0). Un ruolo ana­ logo i fratelli svolgono anche nel nostro brano. Probabilmente si sono accorti che la loro sorella aveva qualche simpatia per un giovane e sono corsi ai ripari. Il verbo ebraico con cui si esprime l' > dei fratelli (l}iirar/l)iiriih, letteral­ mente, ardere68), forma un altro gioco semantico con lo « scottare-guardare >> (siizap) del sole al v. 6b69• Forse per occuparla con un'attività che la distraesse e 64

La mia traduzione fa derivare il raro terminefri'6r dalla radicejr', « tremare >> (con M.T. El­

lion, The Uterary Unity ofthe Canticle, p. 293, nota 1 8). Altrove. il termine è reso dalla traduzione CEI con " teli >> (cfr. Es 26, 1 - 1 3; 36,8- 1 7 : Nm 4,25) o con (Sal 1 04,2). 65 Così G. Krinetzki. Kommentar zum Hohen/ied. p. 24 1 . nota 68.

66 Si veda la traduzione di Lys: « Comme les rideaux somptueux >> (cosl anche la traduzione TOB, curata dallo stesso autore). 67 La LXX ha pareblepsen. Cfr. HAIAT, p. 1 350; M.T. Elliott, The Uterary Unity ofthe Can­ ricle, pp. 48-49. E. Salvaneschi scorge u n gioco semantico non solo tra i due termini, ma anche con la radice f�r. che in Ct 1,6 significa « scura >>, mentre in 6, 1 0 esprime l ' « aurora>>: la donna « bru­ ciata dal sole >> è anche quella « simile al sole >> (Cantico. pp. 46-48). La traduzione di Garbini (« mi ha fatto di miele>>) si basa su una supposta derivazione di Ct 1 ,5-6 dal decimo idillio di Teocrito. che però è tutta da dimostrare. " L'ebraico ni�iiru può essere letto o come una forma nif'a/ di �drarll)drdh (« infiammarsi, adirarsi >>), o, meno probabilmente, come una forma pi 'el di nd�ar (« soffiare, sbuffare >>). Anche qui la proposta di Garbini di leggere �rpwnj, « mi hanno promessa in sposa » (G. Garbini, Cantico, p. 185), non ha fondamento testuale. " Cfr. M.T. Elliott, The Uterary Unity ofrhe Canticle, p. 49.

71

Prologo Ct 1,2 - 2,7

la tenesse lontano dagli spasimanti, hanno pensato di affidarle la custodia70 del­ le vigne7 t . Fin qui tutto a posto: In cauda venenum! Per comprendere la punta del v. 6e, bisogna comprendere il nuovo significato che il termine è, in tutto l 'Antico Oriente, metafora del corpo femminile. Si tratta in fondo, come nel caso del >, di >72• Come il tema dei fratel­ li, anche quello della vigna è ripreso neli ' epilogo, in Ct 8, 1 1 - 12. Tre termini sono comuni con Ct 1 ,5-6: la >, il > e « Salomone >>. Appari­ scente è la ripresa del l 'espressione: > (Ct l ,6e e 8, 1 2a)13• Il ruolo dei > in Ct 8, 1 1 è simile a quello dei > in 1 ,6: ambedue si sono presi l ' incarico di tutelare la > della giovane. . La visione de li' amore che qui è rappresentata non è certamente convenzio­ nale, essa è fortemente critica nei confronti della famiglia e della società patriar-

"' n verbo lliifar («conservare, custodire ») ricorre due volte nel nostro verso ed è ripreso in Ct 8,1 1 -12: si tratta di una forma aramaizzante dell'ebraico classico nti�ar (cfr. H. Madl, nii{ar, in ThWAT, vol. V, coli. 436-437), che conferma la datazione tardiva del Cantico. 71 Se questo era l ' intento. il mezzo non era molto appropriato al fine. Che la vigna fosse un luo­ go propizio alle avventure amorose risulta anche da Gdc 2 1 . 1 5-23 (cfr. su questo O. Keel, Das Hohe· lied. p. 99). Nel Papiro Anastasi I si legge: « Sei entrato a Joppe e trovi i fiori sbocciati nella loro sta­ gione; ti apri una via verso di loro; trovi una bella ragazza che fa la guardia ai giardini e ti prende per sé come compagno e ti concede il piacere di abbracciarla » (traduzione di E. B resci an i, Letteratura, p. 353, cfr. ANIT, p. 478). Forse anche dal nostro testo non è escluso un senso equivoco. 72 H.-P. Mtiller, Das Hohelied, p. 15. Si vedano a questo riguardo le Figure 2 e 4. Nel poema sumerico « Il coneggiamento di !nanna e Dumuzi ». il pastore Dumuzi si rivolge alla dea dell'amo­ re, Inanna, in questi termini: « O Signora, il tuo seno è il tuo campo. l Inanna, il tuo seno è il tuo cam­ po. / Il tuo vasto podere gitta piante. / Il tuo vasto podere gilla messi » (D. Wolkstein - S.N. Krarner, Il mito sumero, p. 46: cfr. ANET, p. 642). Per il mondo ellenistico cfr. H.-P. Mtiller, Eine Parallele zur Wei11ganenmetapher des Hohe11/iedes aus der friihgriechischen Lyrik, in M. Dietrich l. Kou­ sieper (edd.), « Und Mose schrieb dieses Lied aus .. . ». Studien zum Alten Testamenr und zum Alren Orient. FS O. Loretz, Mtinchen 1998, pp. 569-584; per I'ATsi vedano: Js 5,1-7 e Sal l28,3. 73 Dal punto di vista linguistico, l 'espressione karmi selli è, al pari del verbo llii{ar, un tipico aramaismo (cfr. H.-P. Mtiller, Das Hohelied, p. 89, nota 15). L'espressione originale è pleonastica (« la mia vigna, quella mia>>) e sottolinea enfaticamente l'esclusività del possesso (« È mia e di nes­ sun altro! ))). 7' Così, ad esempio, Garbini: « La ragazza dichiara di aver avuto rapporti sessuali, nonostante la presumibile sorveglianza dei fratelli » (G. Garbini, Cantico, p. 1 88). 75 N. Lohfink, Recensione di R.E. Murphy, The Wisdom Literarure, in ThPh 58 ( 1 983) 240. Dopo il travestimento da contadina si tratterebbe ora, secondo Lohfink, di un secondo travestimen­ to. La ragazza si travestirebbe da prostituta. Essa racconterebbe il sogno di un amore libero e av­ venturoso, che si realizzerebbe in forma pienamente legale nella noue nuziale. -

72

Parte seconda. Traduzione e commento

cale e maschilista. Nel sottolineare la proprietà della vigna ( >) la donna ribadisce con forza che la decisione su li' amore non spetta ai fratelli ma a lei stessa. L'amore è per sua natura libero, altrimenti non è amore, è imposizione. D'altra parte, il Cantico non propugna il « libero amore >> come è in­ teso nella società odierna. Esso sa il valore della castità. La donna è « giardino chiuso, fontana chiusa, sorgente sigillata >> (Ct 4, 1 2); essa ha « conservato i suoi frutti squisiti >> per il suo amato (7 , 14 ). Ma, appunto, la castità non è fine a se stes­ sa, essa è funzionale all'amore76• Il giardino è chiuso per essere aperto al diletto (4, 1 6), i frutti sono conservati per essere donati a lui (7, 1 3e). La castità è una qua­ lità preziosa dell ' amore, non ha senso se non porta a esso, è violenza ed inibizio­ ne, contro cui a ragione la donna del Cantico protesta.

Terza strofa: La pastorella (Ct 1, 7-8). La terza strofa è delimitata dalla se­ guente per il cambio di scena. Con il v. 9 non siamo più fra i pastori ma nuova­ mente in un travestimento regale (« faraone >>). La donna non è più alla ricerca del suo amore. ma sta di fronte a lui. I due amanti si contemplano. Il legame con la strofa precedente non è a tutta prima evidente. Non ci sono precisi legami verbali. Accanto al « travestimento verso il basso>> (« contadina >>­ « pastorella >>), si può cogliere tuttavia anche un legame contenutistico. Se al v. 6e la giovane aveva deciso di uscire da casa (tema dei « fratelli >>) per seguire il proprio impulso amoroso, nei vv. 7-8 il tema continua: la donna è invitata a « uscire >> (v. 8) e a cercare il suo amato nel vasto mondo, in un contesto sociale a lei sconosciuto. La strofa è strutturata drammaticamente, come un dialogo. A parlare al v. 7 è chiaramente la donna, che si rivolge al suo uomo. Chi risponde al v. 8? Non è chia­ ro. Potrebbe essere il diletto stesso, a cui era rivolta la domanda77• Ma i l versetto in bocca a lui suonerebbe alquanto cinico. Potrebbe essere il coro delle « figlie di Ge­ rusalemme >>, messe in scena al v. 578• Ma sembra strano che la donna si rivolga a cittadine per domandare informazioni sulle abitudini dei pastori. Più verosimile sembra pensare a un coro maschile di pastori, che riprende la parola poi al v. l F9• I due versetti dividono la piccola unità in due parti che si corrispondono sim­ metricamente80 (cfr. Schema 5). Schema 5 Lei (v. 7)

a) Invocazione b) Due domande c) Conclusione

Amore dell'anima mia Dove ... ? Dove ... ? Dietro ai greggi dei tuoi compagni

76 San Tommaso affenna qualcosa del genere a proposito della castità spirituale: « Ratio huius castitatis consistit in charitate» (Summa Theo/ogica 11.11., q. 1 5 1 . an. 2, resp.). 17 Così, ad esempio: H.-P. MUIIer, Das Hohelied, p. 17; G. Nolli, Cantico dei camici (SB[T]), Torino-Roma 1 967. p. 7 1 . 78 Così H.-J. Heinevetter. « Komm nun, mein Lieb.fler, Dein Garren ruft dich! », p. 79. Effetti­ vamente l 'appellativo « la più bella fra le donne» altrove è usato da loro (cfr. Ct 5,9; 6 , 1 ). " Potrebbe anche trattarsi di una >, v. 7a: « La più bella fra le donne >>, v. Ba). Alle due domande della donna nel v. ?ab (>) corri ­ spondono nel v. 8bc due indicazioni del coro (« esci... pascola ... >>). Le due parti si concludono con un' indicazione di luogo chiaramente speculare (« dietro [ 'al, letteralmente: presso]ai greggi dei tuoi compagni >> , v. 7d: « presso [ 'al] le dimo­ re dei pastori >>, v. 8d). Oltre a queste corrispondenze, si noti la ripresa del verbo rii 'iih (« pascolare >>), ai vv. 7a e Se. l l lessema rii 'iih è contenuto una terza volta nel sostantivo > (v. 8d), sicché si rivela come il Leitmotiv del brano. ( 1,7] Nel v. 7a appare per la terza volta il verbo 'iiheb, > (il testo ebraico suona letteralmente: >). Le prime due vol­ te, soggetto del verbo erano le giovani (vv. 3c.4e). All'amore delle molte è ora contrapposto l ' amore dell'unica: esso ha un' altra qualità. > è in ebraico nepe$, una parola che originariamente indica la >, come localizzazione del­ la vita e del desiderio. L'espressione « amore dell 'anima mia >> ricorre ancora in Ct 3, 1 -4 (4 volte ! ), in un simile contesto di ricerca appassionata. Essa esprime la nostalgia struggente causata dal i ' assenza della persona amata. Il significato è: >. Il tema della ricerca è frequente nel Cantico (cfr. 2,9. 14; 3 , 1 -4; 4,8; 5,2-6; 8,1 -2. 1 3), come nella poesia amorosa di tutti i tempi81• >. La domanda situa l ' azione in un ambiente bu� colico, altrettanto fittizio come quello agricolo della strofa precedente. I paralle­ li più vicini conducono alla poesia di epoca ellenistica (Teocrito)83 e romana (Vir­ gilio84; Longo Sofista85), sebbene ci siano antecedenti anche nell ' Egitto di epoca amamiana86• Si tratta del sogno nostalgico di qualcuno che ormai appartiene al­ l ' ambiente e alla cultura cittadina. A orecchi ebraici, però, la- domanda non pote­ va non evocare quella di Giuseppe in Gn 37, 1 6 (, riiba$) e per l ' uomo. È la si­ tuazione ideale per un incontro amoroso. Anche qui si avverte il richiamo alle vi­ cende del passato di Israele (cfr. Go 29, 1 - 1 1 [Giacobbe e Rachele) ; Es 2, 16-21 [Mosè e le figlie di Jetro))R7• Le domande sono rivolte al diletto. Non essendo questi presente, si tratta in realtà di un soliloquio. La donna affida le domande al vento, perché le faccia per� venire al suo amato. Non si rivolge ad altri (lo farà più tardi, cfr. Ct 3,3; 5,8: ma l 'esito non sarà positivo!), perché, trattandosi di un appuntamento amoroso, ver­ rebbe presa per una donna leggera e facilmente abbordabile. La >, di cui qui si parla è ancora una reminiscenza patriarcale. Così è presentata, infatti, Ta­ mar, quando si mette sulla strada per adescare Giuda (Go 38,14- 1 5): il velo era il segno distintivo delle prostitute8 8• Il gruppo dei >, che prende la parola al v. 8, forma il corrispetti­ vo maschile delle > della prima strofa. Anche qui si può notare l'am­ bivalenza del gruppo. Da una parte esso è sentito come un ostacolo all'amore dei due giovani (v. ?cd), dall'altra è chiamato a sostenere questo stesso amore (v. 8) e a riconoscerne la bellezza (cfr. v. I Oc). L'amore nel Cantico è in una continua tensione tra l ' intimità degli amanti, che la società è invitata a rispettare (cfr. Ct 2,7), e il riconoscimento sociale, di cui l'amore ha bisogno. Il termine « compa­ gni >> (l)iiberim) sarà ripreso significativamente nell'Epilogo (cfr. Ct 8, 1 3). [v. 8) La frase iniziale (>) lascia trasparire nel testo origina­ le89 una certa ironia. Che questa sia presente anche nel complimento che segue (>)? Il parallelo con Ct 5,9; 6,1 porterebbe a non esclu­ derlo90. Ma lì si tratta di donne, qui di uomini. Forse il complimento è sincero, perché l 'ammirazione per la bellezza della donna continua nella strofa seguente (cfr. v. l Oc). Come le > erano innamorate del > (vv. 3c.4e), così gli uomini sono innamorati della >. Il coro conferma e amplia ciò che lei stessa aveva affermato di sé al v. 5 (>)91.

67 Per il NT, cfr. Gv 4 , 1-26. " Da non confondere con il velo nuziale, di cui si parla in 4, l (cfr., in quest'altro senso, Gn 24,65: 29,23.25). '9 L'ebraico ha un dativo etico (« Se non ce lo sai .. . »), che forse contiene una sfumatura enfa­ tica: « Se proprio non lo sai >> (cfr. G. Ravasi, Il Cantico dei cantici, p. 178, nota 28). 00 Cfr., in questo senso, O. Keel, Das Hohelied, p. 58. " L'ebraico usa al v. 8 1'aggettivo japa (bella), al v. 5 il sinonimo na 'wa. Questo lessema sarà ripreso al v. l Oa (« Belle sono le tue guance >>).

Prologo Ct 1,2 - 2,7

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Il verbo >. L'uscire dalla propria famiglia e iniziare una nuo­ va vita è una lacerazione di cui solo l'amore rende capaci . Come nel caso di Abramo (Gn 12,1 ), anche qui la destinazione è sconosciuta (>). Nel caso di Abramo la direzione è indicata da Dio (>), qui essa è indicata dalle >92, dagli animali che la pastorel­ la sta pascolando. Seguendo le orme delle proprie caprette, la donna troverà il suo diletto. Forse la frase si lascia interpretare anche in senso realistico. Ravasi fa no­ tare che i sentieri dei beduini sono spesso formati dal passaggio delle capre. Se­ guendoli, uno giunge alla tenda del pastore93• Però se la pastorella segue le orme delle sue capre, queste la porteranno a casa sua, non a quella del diletto! È evi­ dente che la frase va intesa soprattutto metaforicamente. In tutto l ' Antico Oriente i capridi, forse per la loro naturale fecondità, sono gli animali che accompagnano la dea dell ' amore94• Anche nell'episodio di Tamar, que­ sta riceve in ricompensa per la sua prestazione un > (Gn 38,1 7.20). Il si­ gnificato simbolico del > è usuale nel Cantico: i seni dell'amata sono pa­ ragonati a (Ct 4,5; 7,4), e l 'amata giura per > (Ct 2,7; 3,5). Ciò induce a vedere nelle > di 1 ,8 la per­ sonificazione delle forze dell'amore. La donna viene dunque consigliata a seguire la voce dell'amore, dove questa la porta. Alla guida di JHWH (Gn 12, 1 ) il Cantico sostituisce quella dell 'amore. L' amore, infatti, è una > (Ct 8,6). Le caprette conducono la donna >. La frase è parallela a quella del v. 7d, >. Se qui si tratta di > fissa95, il tempo indicato ora è quello della sera, quando i pastori ri­ conducono le pecore ali' ovile. Il coro invita la donna a fare esattamente ciò che al v. 7 lei voleva evitare, a cercare l 'amato nel suo ambiente sociale, senza aver paura delle dicerie della gente. In Ct 3,2-4 lei mostrerà di avere capito la lezione. La composizione tennina dunque in modo simile alla precedente. Là si met­ teva in evidenza la situazione di partenza, l'abbandono della tutela familiare, qui quella d'arrivo, la nuova società che la giovane deve affrontare. In forma poetica è descritto nelle due strofe l ' itinerario di Gn 2,24, sopra citato. Significativamen­ te in Gn 2,24 il protagonista è l ' > ( 'ii), qui invece la donna. '

92 Il termine ebraico g'dijj6r è plurale femminile di g'di, con cui è indicato il piccolo di pec0111 e di capra. Il lessema ritorna nel Prologo ancora in Ct 1 , 1 4 (nella denomi nazione « Engaddi », la « fonte del capretto ••) . '·' G. Ravasi. /1 Cantico dei cantici, p. 178 . .. Cfr. Figura 5. Per paralleli letterari mesopotamici cfr. M. Pope. Song. pp. 334-335. Pope ac­ cenna a un resto di questa tradizione mitologica nell'espressione • Astani del tuo gregge », "afl'r6t

$6"n•·kfi. in Dt 7 . 1 3 ; 28,4. 1 8. " Il termine misktin generalmente indica la tenda (cfr. la LXX. epi sken6masin; la Vulgata. j�ara rabernacu/a).

76

Parte seconda. Traduzione e commento

Quarta strofa: Contemplazione (Cl 1,9-14). I vv. 9-14 generalmente sono di­ visi in due96, e anche in tre piccole unità compositive97• Effettivamente l'ambien­ tazione delle metafore è quanto mai disparata, dalle stalle (?) del faraone (vv. 91 0), al triclinio del re (v. 1 2), all 'oasi di Engaddi (v. 14). Eppure Heinevetter ha convincentemente dimostrato che si tratta di un 'unica composizione98 • Come so­ pra notato, la quarta strofa è unita alla quinta e alla sesta per il fatto di essere ca­ ratterizzata da un duetto, in cui nella prima parte si ammira lei (parola chiave ra 'jiiti [>], v. 9b), nella seconda lui (parola chiave dadi [>], v v. 13-14). Con ciò la strofa è divisa nelle due parti: vv. 9- 1 1 e 1 2-14 (cfr. Schema 6). La prima parte a sua volta si compone delle parole di ammirazione del >), li)jk (« le tue anche "· dali 'ebraico postbiblico /ai), « fresco>>!).

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Parte stconda. Traduzione e commento

Il paragonare la bellezza femminile a una cavalla può essere estraneo al no­ stro gusto estetico, ma non a quello egiziano107 né a quello greco108• Secondo Miiller, il paragone con un animale aveva originariamente un valore magico11l9. Attraverso la forza della parola (>) la persona avrebbe ricevuto la qualità numinosa incorporata nell 'animale menzionato. Nel Cantico, il mondo magico è stato sostituito da quello lirico. Ma l ' elemento mitico rimane nel sot­ tofondo. Come le caprette, anche la cavalla era associata neli' Antico Oriente, so­ prattutto in ambiente anatolico, alla dea dell'amore1 10• La cavalla fa parte dei carri da guerra del faraone. La biga del faraone è rap­ presentata spesso nei bassorilievi egiziani 1 1 1• Il contesto mette in evidenza so­ prattutto la ricchezza dei finimenti (cfr. vv. 1 0. 1 1 ), trasponendo la donna in un'at­ mosfera aristocratica che contrasta vo1utamente con lo scenario agreste delle due strofe precedenti. Tenendo presente il raffinatissimo corredo del carro di Tutan­ chamon, non si può dire che il paragone sia stato scelto male. La donna è una pa­ storella, ma è anche una regina1 1 2• Per la prima volta la donna è chiamata ra 'jàtl (. Suo figlio « allevò cavalli dei quali non c 'era l ' eguale, erano infaticabili quando teneva le redini e non entravano in traspirazione durante il lungo galoppo » (traduzione di E. Bresciani, Let­ teratura, pp. 270-27 1 ). "" Teocrito (Idilli 1 8,30) paragona Elena a un « cavallo tessalo »; Anacreonte usa come appel­ lativo per una donna quello di « cavalla tracia » (78, l ; si veda B. Gentili, Anacreonte. Introduzione, testo critico. traduzione e studio sui frammenti papiracei, Roma 1 958. p. 1 86); Alcmane paragona la coregeta Agesicora a un cavallo da corsa di allevamento veneto (o paflagone?) (Aicmane l ,50-63, cfr. C. Calarne, Alcman, lntroduction, texte critique, témoignages et commentaire, Roma 1983, pp. 29-30, 270, 327-332). 109 H.-P. MUIIer, Das Hohelied, p. 1 7 . 11° Cfr. Figure 8-10. 111 Cfr. Figura 7. 1 12 Il paragone con il faraone rimanda anche alla figura di Salomone (vv. 1 .5). Salomone ave­ va fatto venire i suoi cavalli dall ' Egitto ( l Re 5,6; 1 0,26-29; 2Cr l , 16-1 7). L'autore della storia deu­ teronomistica riprova questo comportamento paganeggiante (cfr. Dt 1 7 , 1 6): nel Cantico dei cantici non vi è traccia di giudizio negativo. Ogni lusso è poco a riguardo dell'amore. A. Lacocque (Ro­ mance, She Wrote, p. 77), in questa linea, ricorda che « il motivo dell'uscita dall'Egitto con la con­ comitante umiliazione degli egiziani è centrale nella riflessione teologica di Israele; ma ora siamo invitati ad ammirare l 'orgogliosa maestà dei carri da guerra del faraone». 1 1 1 Cfr. Ct 1 ,9. 1 5; 2,2. 10.13; 4, 1 .7; 5,2; 6,4. La forma maschile re'iè usata una volta dalla don­ na per parlare del suo amato (Ct 5 , 1 6). Un'altra volta l ' autore usa la forma plurale re'im per indica­ re i due amanti (Cl 5,1 ) .

Prologo Ct 1,2 - 2, 7

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sottolinea che due sposi sono uniti anzitutto dali 'amore, che essi sono anzitutto >. È interessante notare che la radice r'h è la stessa del verbo > (r'h I. cfr. vv. 7a.8c.d). Un sottile gioco semantico unisce i due termini: la > è anche l ' >. Il termine tor (v. ! Oa) indica non certamente la (cfr. Est 2, 1 2. 15)114, e quindi qualcosa come una collana. Nel nostro contesto si deve pensare a un og­ getto che incornici il volto come la bardatura incornicia il muso di un cavallo: >, >, >1 15. Accanto al viso è nominato il collo. È da pensare anzitutto al collo altezzoso dei cavalli egiziani 1 1 6. Sia il ca­ vallo1 17 sia il > sono già di per sé nell' AT sinonimo di orgoglio. Is 3 , 1 6 re­ darguisce aspramente le figlie di Sion, che si sono insuperbite e perciò >. Nel nostro caso il portamento altero, il >, è visto come >, come il segno di una bellezza consapevole del proprio valore. Come il viso è incorniciato dai >, così il collo è impreziosito dagli l)i1ruzim, un lulpaxlegomenon del Cantico, ma il cui senso (> e cioè >) è ben attestato11 8 • [v. I l ) Nella prima strofa la lode della donna si era conclusa con l'amplifi­ cazione corale delle > (vv. 3c.4e), così ora l 'ammirazione dell'uomo è amplificata da un coro (il plurale > lo suppone). Si tratta verosimilmen­ te di un gruppo maschile119, lo stesso coro dei pastori che aveva parlato al v. 8. Anche qui è messa in evidenza la dimensione sociale dell 'amore. I due amanti non sono soli. Il coro partecipa all'ammirazione, senza gelosia, come gli >. I compagni trovano che gli splendidi gioielli, che adornano il volto e il cole lo dell'amata, sono ancora poca cosa per la sua bellezza. Essa merita di più: il metallo più nobile (>). I compagni stessi si impegnano nell'opera120. [v. 12) Similmente a quanto si è notato nella prima parte della strofa, in cui il v. I l si distingueva dai vv. 9- 1 0, così, nella seconda, il v. 1 2 si distingue dai vv. 13- 14, costruiti in marcato parallelismo (cfr. Schema 6, p. 76). In questa parte, de­ dicata a >, sembra che il primo verso faccia eccezione, mettendo in luce an­ cora >. Un tratto costante delle strofe IV-VI (Ct 1 ,9 - 2,3) è che la seconda parte, messa in bocca alla donna 121 , passa dalla contemplazione alla fruizione "' Cfr. HALAT. p. 1 575. "' Cfr. O. Keel, Das Hohelied, p. 64. La donna della Figura 11 pona un simile ornamento. 1 1 6 O. Keel (cfr. nota precedente) osserva che il portamento > dei cavalli egiziani è legato al fatto che il morso è avvicinato al collo da una briglia aggiuntiva (ben visibile nella Figura 7). 1 1 ' Cfr. ls 30,16; 3 1 , 1 .3; Zc 9.10. 118 Cfr. HAlAT, p. 338. 1 19 Si può ancora notare la � dinamica speculare», di cui si è parlato a p. 64: accanto a lei c'è il gruppo delle fanciulle, accanto a lui quello dei pastori. 120 È possibile che vi sia qui un accenno velato al dono nuziale (mOhar). a cui concorrevano an­

che gli amici dello sposo (cfr. G. Ravasi.

121

l/ Cantico dei cantici, p. 194).

È la donna dunque a prendere l ' iniziativa, non l'uomo. Nuovamente essa è presentata non

solo come oggetto, ma anche come soggetto di desiderio e di passione.

80

Parte seconda. Traduzione e commento

graduale del l ' amore. La quarta strofa mette in evidenza l 'aspetto olfattivo della fruizione amorosa, la sesta quello gustativo (2,3b; cfr. 2,4-5). La successione pro­ fumo-gusto ritorna anche in Ct 4, 16 e indica forse il passaggio dal desiderio reci­ proco (>) alla consumazione dell ' unione (> e >) . In questa prospettiva il v. 1 2 descrive l 'attrazione, il desiderio: i due amanti sono an­ cora separati. Nei vv. 1 3- 1 4 essi sono uniti nell'abbraccio. >. L' autore descrive un banchetto festoso, re­ gale, quale è spesso ritratto nei canti d' amore egiziani e in numerose raffigura­ zioni 1 22• Come nella prima strofa, anche qui c'è una tensione tra l'essere nel grup­ po degli amici (v. 1 2) e l ' intimità degli amanti (vv. 13- 14), una tensione che esiste anche nei paralleli egiziani'2-'. Il > (Nardostachysjatamansi de Candolle) è un unguento molto pregiato (cfr. Mc 14,3), proveniente dall' India e qui consi­ derato come un afrodisiaco124• Nel Cantico è menzionato ancora in 4, 13. 14, fra i profumi del >. Poiché il >, come la vigna, è metafora del corpo femminile, anche nel nostro brano si deve pensare allo stesso significato125• Nel > è il fascino femminile della donna che raggiunge il re steso sul triclinio. Ma il verbo > suona in ebraico ntitan (donare). L'uso di que­ sto verbo non è casuale. > ritorna in Ct 2, 1 3 (le vigne in fiore) e 7 , 1 4 (le mandragore). Ma forse il parallelo più significativo è Ct 7, 1 3, quando la donna dice: >. Secondo G. Krinetzki il verbo esprime il modo femminile di sentire la sessualità e l ' amore, che trova la sua soddisfazio­ ne nel donare soddisfazione al proprio partner126• Nel suo prò fumo l ' amata dona se stessa. [vv. 13-14] I due versi vanno considerati nel loro stretto parallelismo:

Schema 8 v. 13 v. 14

è il mio diletto per me è il mio diletto per me

Un sacchetto di mirra Un grappolo di alcanna

fra i miei seni pernotta. fra le vigne di Engaddi.

In corrispondenza del tennine ra '}ati (>) è introdotto due volte il tennine déidf (>). Si tratta dell ' appellativo usuale con cui la donna si rivolge al suo uomo. déid è probabi lmente un vocabolo infantile sul tipo del no122 Cfr. G. Gerleman, Ruth. Das Hohelied, pp. l 09-1 IO. Le Figure 3 e 23 ritraggono scene di un simile « banchetto di bevande », molto diffuso in Egitto. Dalla Mesopotamia proviene invece la celebre Figura l 2, che rappresenta un banchetto intimo della coppia regale. Sul motivo leuerario del « divano>>, cfr. G. Ravasi. Il Canrico dei camici, pp. 196- 1 97. ll tenn ine usato al v. 1 2, mesab (lri­ clinio) fa pensare piuttosto a una riunione conviviale. "' Si veda, ad esempio, il Papiro di Torino 2,7- 1 5, secondo E. Bresciani, Letteratura, p. 470 (cfr. B. Malhieu, La poésie amoureuse de l Égypte Ancienne. pp. 85-86). '" Cfr. M. Zohary, Pflanzen der Bibe/, Stuttgart 1995, p. 205. Nel NT il nardo è menzionato nell'unzione di Betania (Mc 14,3; Gv 1 2,3). Singolannente, nell'esegesi rabbinica il nardo è consi­ derato di odore sgradevole e diviene simbolo del peccato (cfr. U. Neri, Il Cantico dei cantici. Tar­ gum, p. 92). '" Diversamente M .T. Elliott (The Literary Unity of the Canricle, p. 58), secondo cui il pos­ sessivo si riferisce al di leno. "6 Cfr. G. Krinetzki (Kommenrar zwn Hohenlied, p. 79): « L'amore erotico, soprattutto quello della donna, sa [ ... ) che anche il proprio bisogno di piacere viene meglio soddisfatto, quando si pen­ sa più a far felice il proprio partner che se stessi >>. '

Prologo Ct 1,2 - 2,7

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stro >, due figure particolarmente simpatiche nella società orientale. Il cugi­ no in particolare era l 'amico d'infanzia di una giovane e il primo candidato a di­ venirne il marito. Questa sfumatura parentale della parola va tenuta presente an­ che nel Cantico. dove, come nei canti d'amore egiziani, i due amanti si chiamano « fratello >> e « sorella >> (cfr. 4,9. 1 0. 1 2; 5 , 1 .2). Ma l 'accento principale va all'a­ spetto > del termine. La radice wljdd significa « amare >>, come fa fede anche il termine dodim (carezze, cfr. vv. 2.4). Come ra 'jatf, anche dodf non desi­ gna direttamente lo sposo (in Is 5,1 esso si riferisce a un'amicizia maschile)128 , ma l ' « amico >>, il « diletto-amato >>. È ancora, cioè, l 'aspetto « amicale >>, volon­ tario dell'amore che si mette in evidenza129• Il pronome possessivo, due volte sottolineato (« È il mio diletto per me >>), sottolinea d'altra parte il carattere esclusivo di quest'amicizia, come è tipico del­ l ' innamoramento. La formula prelude il « ritornello della mutua appartenenza >> (Ct 2, 1 6 cfr. 6,3; 7 , 1 1 ). L'amato è paragonato a un « sacchetto di mirra >>. Si tratta di una specie di amuleto portato al collo, di forma e contenuto vario, spesso documentato neli' i­ conografia orientale130• In quanto amuleto, la sua funzione è quella di proteggere contro la morte: questa è anche la funzione del « sigillo >> in Ct 8,6 (« Metti mi co­ me sigillo sul tuo cuore [ .. ], perché forte come la morte è Amore >>)131• Il conte­ nuto del sacchetto-amuleto è qui la « mirra >> (Commiphora abyssinica), una resi­ na profumata coltivata in Arabia, Etiopia e Somalia132• Essa viene nominata spesso nel Cantico (cfr. 3,6; 4,6 . 1 4; 5, 1 .5. 1 3), anzitutto per il suo carattere eroti­ co (cfr. Pro 7,17; Sal 45 , 9; Est 2, 1 2). Come l 'amata odora di nardo, così il dilet­ to profuma di mirra: con questa metafora si indica la reciproca attrazione. Ma la mirra ha connotazioni particolari, percepibili nel sottofondo. Essa ha parte nella consacrazione di sacerdoti e di arredi sacri (Es 20.23); conferisce perciò all'a­ more un aspetto sacrale, che ritornerà successivamente. Infine la mirra era usata nell' imbalsamazione (cfr. Gv 1 9,39), il che ribadisce il valore apotropaico del­ l 'amuleto. L'amore è l'unica cosa che può qualcosa contro la morte. « Fra i miei seni trascorre la notte >>. Il testo è pregnante: soggetto della frase può essere sia il « sacchetto di mirra >> 1 33 sia il « diletto >>, e probabilmente l ' ambi­ guità è voluta. Il vero amuleto è il diletto. In Ct 8,6 è la donna a essere un amule­ to per il suo uomo, qui è lui a esserlo per lei: la reciprocità è perfetta. I due aman.

1 27 Cfr. J. Sanmanin-Ascaso, dM, in ThWAT, vol. II, coli. 1 52- 1 67. '" Cfr. H . W ildberger, Jesaja (BK). Neukirchen-VIuyn 1 980. p. 167. Si è voluto spesso vede­ re in dod un appellativo di vino (cfr. H.-P. Miiller. Das Hohelied, pp. 19-20; D. Lys, Le plus beau chanr de la création. pp. 89-90), ma la questione è disc us sa (cfr. ThWAT. vol. Il, col. 166). ,,. Cfr. l 'appellativo di Salomone fdìdjah (« diletto di JHWH»). Una interpretazione « teologi­ ca » del termine non è da escludersi. Le consonanti di dod sono le stesse di dawid il nome di Davide come è scritto nei titoli dei Salmi, ciò che favorirebbe una interpretazione messi anica del termine. "" Cfr. O. Kee l , Dm Hohelied, pp. 68-70; Id. . Deine 8/icke sind Tauben. pp. l 08-1 14. '" La corrisponde n za ribadisce l ' inclusione presente tra Prologo ed Epilogo del Cantico. "' Cfr. M. Zohary. Pf/anzen, p. 200. "' Cfr. Figura l 3. .

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Parte seconda. Traduzione e commento

ti sono, dunque, l'uno fra le braccia dell'altro, e trascorrono insieme la notte134• La donna sta descrivendo un sogno o la realtà? È difficile dirlo. Certo il canto si avvicina alla sua conclusione, dove l'unione si consuma. Nel v. 14 il diletto è paragonato al >). Essa con­ giunge 'en gedi (). Essa ha un senso intensivo (« come >>) ma esprime anche la meraviglia di fronte a un fenomeno inatteso; quella meraviglia che è tipica di un innamorato di fronte alla persona amata. La stessa affermazione (« come sei bella ») è ripetuta due volte da lui, e lei la riprende una terza (> )147• Keel fa osservare che nel mondo orientale il termine di paragone non è tanto la forma di un oggetto, quanto la sua funzione. Nel presente caso sarebbe intesa non la forma esterna degli occhi, ma la loro funzione come « sguardi >> 1 48•

142 F. Palazzi dà questa definizione dell ' enjambement: >. [vv. 16-17] Per l 'unica volta nel Cantico l 'aggettivojapeh è riferito all'uo­ mo, e sottolinea la reciprocità dell'ammirazione. Per l'uomo l 'aggettivo non è ri­ petuto, ma viene affiancato al sinonimo na 'im (« dolce, delizioso >>). Se jph espri­ me il lato estetico dell'amore, n 'm ne esprime quello fruitivo. Si tratta di un termine con forte sottofondo mitico1 52• Nel valutare il rapporto con i l mito, Lys e Mi.iller vanno in direzioni opposte. Il primo vede nel Cantico una radicale demi­ tizzazione della sessualità. L'amore è tolto al mondo degli dèi ed è restituito a quello umano. Il vero na 'im non è il dio Adone, ma questo giovane che mi sta da-· vanti153• Mi.iller, invece, ritiene che il sottofondo mitico conferisce alla persona degli amanti una valenza > nel senso di Gn 1 ,26 (l ' uomo come im­ magine di Dio). Il senso sarebbe: nell'amore di questo giovane io faccio espe­ rienza di Dio (cfr. Ct 8,6) 1 54• Mi sembra che i due approcci siano complementari, non alternativi. Come nella strofa precedente, la donna non si limita ad ammirare, ma invita (lei !) all'unione. Il « nostro letto >> allude appunto ali' unione. I due non sono più due persone separate, un « io >> e un « tu >>, ma un « noi >>. Il pronome di prima persona plurale è ripetuto tre volte («il nostro letto >>, >, « nostro soffitto>>). Il termine usato per esprimere il « letto >> non è quello usuale (miskab), ma un termine piuttosto raro, 'eres. Come mostrano i paralleli (cfr. Pro 7, 1 6; Am 6,4-6), 149 All 'origine c'è forse l'osservazione naturale del bezzicarsi di due colombi. che fanno pen­ sare ai baci di due innamorati (Fili'"" 14. cfr. Catullo. Carmina 68A, l 25-1 28: « Né mai alcuna co­ lomba ramo gioì del bianco l compagno. eppure si dice che colga di continuo l i baci coi morsi del becco. più sfacciata di una donna mollo vogliosa >>, !r. it. Poesie [ed. F. Della Cone] [Scrillori greci e latini]. Verona 1 994', pp. 1 82-1 83: Ovidio, Amores 2,6,56: Ars amatoria 2,465: Plinio, Naturalis historia 10,79, 158. Per uheriori citazioni vedi O. Keel, Deine 8/icke sind Tauben, p. 59). Se la co­ lomba è personificazione della dea dell'amore (cfr. Figura /5), l 'affermazione: « ! tuoi occhi sono colombe >> conferisce all' amata un che di divino, quasi che di fronte al giovane si riveli la dea stes· sa dell'amore. QueSia valenza " teomorl'lca » delle metafore del Cantico è souolineata in H.-P. Mtil­ ler. Das Hohelied, p. 2 1 . '" Cfr. O. Keel, Vogel als Boten (080 1 4), Fribourg-Giittingen 1977. '" Cfr. Figure 16-/9. "' A Ugaril « dolci e belli» (n'mm wjsmm) è l 'epiteto degli dèi Shahru e Shalimu, le stelle del mauino e della sera (KTU 1 .23: cfr. G. Del Olmo Lete, Mitns y leyenda.f de Ca11aan segu11 /a tradicion de Ugarit, Madrid 198 1 , pp. 427-448). Naaman è l 'appellativo di Adone-Tammuz. L'anemone trae il suo nome da questa radice: presso gli arabi questo fiore dal bel colore rosso è chiamato « ferila di Ado­ ne » (cfr. D. Lys, Le plus beuu chant de la création, pp. 94-95). Il plurale na 'dmtlllim (cfr. ls 17,10) in­ dica i cosiddetti (vv. 1 -2) ai > (v. 3). Il legame con ciò che precede è confermato dal perdurare del tema deli' im­ mersione nella natura: se nella strofa precedente la donna era una colomba, ora essa è un fiore, e l 'uomo è un albero. [2,1) Il linguaggio dei fiori è un linguaggio universalmente umano, soprat­ tutto fra innamorati. Per la sua forma e il suo profumo, il fiore è espressione di bellezza, freschezza e attrazione. Il primo fiore che è nominato nel v. l è detto in ebraico l)iiba$$elet. Il termine compare neli'AT soltanto in ls 35, 1 , dove rappre­ senta lo splendore escatologico della terra d'Israele161• L'identificazione botanica

161 A. e Ch. Bloch (The Song, p. 148) pensano a un voluto accostamento del nostro brano a quel­ lo di Is 35, tanto più che anche l 'altro fiore, la fosanna appare in contesto escatologico (cfr. Os 1 4,68). Alla donna, dunque, sarebbe attribuita la gloria escatologica della terra promessa. Conoscendo la raffinata intertestualità del Cantico, una tale allusione ci sembra tun' altro che inverosimile.

Prologo Cr 1,2 - 2,7

87

è controversat62• Deve a ogni modo trattarsi di un fiore appariscente. Esso è as­ sociato allo siiron. Il termine ebraico significa in sé , la pianura costiera tra Tel Aviv e il Carmelot63• Nel­ l 'antichità era una zona poco popolata, un paesaggio di dune sabbiose e paludi. In questo paesaggio il fiore più appariscente è il giglio marittimo (pancratium

maritimum) 1 64•

Anche l ' identificazione del secondo fiore, .MJanna165, è problematica. Ge­ neralmente si intende il giglio166• Keel ha prospettato una corrispondenza con l 'e­ giziano sin, che indica la ninfea, il >167• Anche se la proposta non ha ancora trovato un consenso unanime, essa mi sembra ragionevole e coerente con il contesto. Il fiore di loto era conosciuto anche in Israele, come attestano nu­ merose immagini di epoca biblica168• A differenza della tradizione cristiana nei riguardi del >t69, il loto era in Egitto, come generalmente nell'Oriente Antico, simbolo dell'amore170• Ciò concorda con i passi del Cantico, in cui i fio­ ri di loto sono associati alle parti più erogene del corpo femminile (seni, 4,5; zo­ na pubica 7,3) e di quello maschile (labbra, 5,1 3). Allo slesso tempo questo fiore era simbolo di vita nuova. Secondo un mito egiziano, il dio sole (Ra) era nato al­ le origini dei tempi in un fiore di loto galleggiante sulle acque del caos primor­ diale (Nun)1 7 1 • Lo spettacolo naturale della ninfea, che spunta come per miracolo dalle acque stagnanti di una palude, evocava presso gli egiziani la viuoria pri­ mordiale della vita sulle forze del caos e della morte. Dèi e mortali erano rappre-

162 La

LXX e la Vulgata io intendono come un termine comune (anthos, jlos); HALAT ha

� asfodelo»; M. Pope « croco »; fra le traduzioni moderne. CEI e TOB hanno (cfr. O. Keel, Da.< Ho/re/ied, pp. 80- 8 1 ). 1"" Ma la tradizione orientale era diversa. Secondo M. Zohary (Pjlanzen, p. 1 76), il giglio era simbolo di bellezza, spesso anche di fecondità e di ricchezza. 11° Cfr., ad esempio. Figura IO (di origine israelitica, anche se denotante influssi egiziani). Sul significato del fiore di loto nella cultura egiziana antica, cfr. Ph. Derchain, Le lotus, la mandragore et le per.,éa, in CÉg 50 ( 1 975) 7 1 -72. Per la cultura indiana, cfr. M. Pope. Song, p. 348. 171 Cfr. Figura 22.

88

Parte seconda. Traduzione e commento

sentati nell'atto di annusare il fiore di loto, che si pensava avesse il potere di rin­ novare la vita. Il fiore di loto era messo nella tomba dei defunti come augurio di vita nuova172• L'ambiente indicato per la sosanru'ì sono le « valli >>. È conseguente pensare agli acquitrini fra le dune del Saron, che ben si prestano al crescere delle ninfee. [v. 2] Il diletto conferma quanto la sua donna ha detto di sé. Il discorso è in terza persona, vuole conferire all ' affermazione un carattere oggettivo, anche se in verità è altamente soggettivo. Per ogni innamorato la donna amata non ha uguali (cfr. Ct 6,9). L'amata è dunque un fiore di loto, che reca un alito di vita nuova e che attrae irresistibilmente con il suo fascino. Al confronto le altre giovani (la parola ebrai­ ca è >, in cui risuona una eco delle >, Ct 1 .5) so­ no repellenti come le >. La preposizione > non esprime qui, come nel parallelo v. 3 , la localizzazione del fiore di loto (si fa difficoltà a mettere insieme le spine con una ninfea), quanto piuttosto il contrasto di due realtà173• Quanto il fiore di loto è attraente e vivificante, altrettanto le spine sono scostanti e, in quan­ to associate al deserto, simbolo di morte174• [v. 3] Il v. 3a costituisce un perfetto parallelo del v. 2 (cfr. Schema 10), un al­ tro esempio di quella > tipica del Cantico.

ScherruJ IO v. 2

Come un fiore di loto

fra le spine

così la mia amica

v. 3a

Come un melo

tra gli alberi della selva

così il mio diletto fra i gi ovani.

tra le giovani.

L'albero da frutto è spesso impiegato nell'iconografia orientale come me­ tafora per la donna (cfr. Ct 7,8-9). Qui, come in 5 , 1 5, esso è metafora dell ' uo­ mo175. Il melo176 in particolare possiede nel mondo greco-romano177 e in quello orientale uno sfondo erotico. Nei testi sumerici sul matrimonio sacro, Dumuzi, il sacro amante di !nanna, è da questa chiamato: >178• Nel Cantico si parla ancora del melo in 2,5; 7,9 e 8,5. Notevole è som Cfr.

Figura 21. 1 73 Per un simile accostamento tra il fiore di loto e il deserto, questa volta in forma positiva, cfr. Ct 2,16. 11 cerbiatto che si ciba di fiori di loto non è una immagine realistica, ma simbolica. '" Cfr. ls 34. 13 con Js 35,1 ·2. 115 L. Krinetzki (Die erorische Psychologie des Hohen Uedes, in ThQ 1 50 [ 19701 4 1 5. nota 57) ci vede un simbolo fallico (cfr. anche G. Krinetzki, Kommenrar zum Hohenlied, p. 247. nota 128). La cosa non va però assolutizzata, perché. come si è visto, l ' albero è anche simbolo della donna. 116 L' identiticazione del rappfla� con il melo non è indiscussa. Colombo traduce > fa pensare al bacio, che anche in Ct 7,9 è collegato con le mele. Ma i baci deli ' amato sono più dolci di qualsiasi mela 181• Settima strofa: Unione (Ct 2,4- 7)188• L'ultima strofa del Prologo ripropone la costruzione in due parti, vv. 4-5 e 6-7, poste in parallelo. La parola « amore >> ( 'ahiibii ) funge da cornice sia della strofa (vv. 4b.7c), sia della prima parte (vv. 4b.5c). Ciascuna delle due parti comincia con una breve descrizione (due stichi), in terza persona, dell'unione dei due amanti (vv. 4.6). Segue un verso più lungo, in cui viene fatta una richiesta in seconda persona plurale (vv. 5.7). Destinatario della richiesta è un gruppo, che il v. 7 identifica con le >. I due versetti sono complementari, nel senso che al v. 5 il gruppo è invitato, posi­ tivamente, a cooperare con l 'amore, mentre al v. 7 gli viene chiesto, negativa­ mente, di non disturbarlo. Anche la costruzione dei due versi è simile: ciascuno è composto di due imperativi (>, >, v. 5; >, >, v. 7), seguiti da una proposizione di carattere relativo (, in 6, 1 2 è lei la terribile guerriera. 204 Nel mondo greco-romano il tema è trattato in fanna indimenticabile da Saffo (si veda. ad esempio. il carme 3 1 . nell 'edizione di V. Di Benedetto e F. Ferrari [BUR L623), pp. 126-127: > (sadeh). In contrasto con la natura colti­ vata, sadeh esprime la natura selvaggia, fuori dal dominio dell'uomo. In diverse for­ me, il Cantico sottolinea che l 'amore non proviene dall 'uomo. La donna viene dal « deserto>> (3,6; 8,5); essa viene « dalle tane dei leoni, dai monti dei leopardi >> (4,8). L: amore non proviene dalla città, non è creazione dell'uomo, esso porta in sé la for­ za anarchica e vitale degli animali selvaggi. Ma deve fare i conti con la « città >>2 1 4• Non per nulla il luogo dell 'amore è il >, che è insieme natura e cultura215• Le > sono contrapposte alle >, le rappresentanti appunto della società cittadina. Il termine > era già appar­ so in Ct 2,2 in senso generale, ma i l legame è soprattutto con l ,5. Là la contrap­ posizione era tra la bellezza cittadina e quella campagnola, qui tra la « città >> stes­ sa in quanto dominio del l ' uomo, convivenza regolata da leggi umane, e le forze della natura, dietro cui si intravede la divinità. 209

1 00.

Cfr., in questo capitolo, p. 75, e, in generale, O. Keel, Deine Blicke sind Tauben, pp. 89-

2 10 In questo senso conduce anche la LXX (en tais dynameis kai en tais ischysesin tou agrou, « per le forze e le potenze del campo>>). 2 11 Nel romanzo di Longo Solista (Dafni e Cloe 2.39.6). Dafni giura fedeltà alla sua Cloe te· nendo nella destra una capra e nella sinistra un capro, e Cloe gli crede, perché « riteneva le capre e le pecore le divinità proprie dei caprai e dei pecorai >>. "' O. Loretz, Das althebriiische Uebes/ied, p. 1 5. nota l . "' Forse questa integrazione nella religione jahvistica è suggerita anche dal fatto che le paro­ le �ba 'ot (gazzelle) e 'afiOt haistideh (« cerve dei campi>>) evocano foneticamente tre nomi divini: (JHWH) �bti 'ot, 'iloltim e saddaj (cfr. G. Ravasi, Il Cantico dei cantici, p. 228; R. Gordis. The Song. p. 28). 2 14 Beauchamp parla, analogamente, di tensione tra amore e legge. Da una parte. l 'amore « non è la legge, e la legge non è l'amore. Nessuno deve chiedere il permesso di amare. Una situazione in cui i riti del matrimonio sono vissuli come un permesso finisce immancabilmente con il rifiuto di questi riti. L'amore non si spiega né si fonda che in se stesso. Esso viene dall 'origine >> (P. Beau· champ, L'un et l "autre, p. 1 69). Dal l ' altra. l ' amore « non si sottrae puramente e semplicemente al dominio della legge: esso vive con essa in una sorta di accoppiamento abbastanza tormentato. Gli "altri" ricordano continuamente la loro presenza: l'amore nqn può svolgersi all ' infuori di un corpo sociale, anche se non ha in esso la sua origine >> (lbid., p. 170). "' Si vedano su questo tema le suggestive considerazioni di F. Landy, Paradoxes, pp. l 04- 105.

Prologo Ct 1,2 - 2,7

95

La posizione delle figlie di Gerusalemme di fronte ali ' amore è ambivalente. Da una parte esse sono invitate ad aiutare l 'amore (v. 5), dall'altra si chiede loro di « non svegliarlo >> (v. 7c). L'ebraico accosta due forme del verbo 'wr (risvegliare), che ho cercato di tradurre con due sinonimi. Il verbo ritorna nel Cantico ancora in 4, 1 6 (a proposito del vento) e in 5,2. Vicino al nostro testo è soprattutto Ct 8,5, do­ ve lo > che è sottinteso non è l 'insensibi­ lità all'amore, ma al contrario il « sonno dell'amore », di cui parla 7,10c. Quindi il se riso è quello di non disturbare questo sonno, di non disturbare l ' amore 2 17• Oggetto dello « svegliare » è lui 'ahilba (>. Ciò suppone nuova­ mente una personificazione dell'amore, come nel v. 4. L' amore stesso deve deci­ dere quando è tempo di « svegliarsi »2 20• L' amore ha le sue leggi, che la società deve rispettare, perché l 'amore non è un' invenzione sociale, esso viene da altro­ ve. In fondo, quando il coro consigliava alla donna di « seguire le orme delle ca­ prette >> stabiliva lo stesso principio. Si tratta di dar fiducia ali' amore. Esso è >. Agostino direbbe: Dilige, et quod vis, fac221 • Sintesi teologica. Così si conclude il Prologo del Cantico. Con una dichiara­ ta punta polemica contro gli usi sociali del tempo (« figlie di Gerusalemme >>) in 216 « The woman's admonition prohibits (artilicial) stimulation of Iove » (R.E. Murphy, The Song ofSongs, p. 1 37). In questo senso, anche M. Pope, Song, p. 364 ( That you neither incite nor «

excite love » ). 217 Il tema del risveglio dal « sonno d'amore » è un topos della lirica amorosa egiziana (cfr. J.B. White, A Study of the Language. pp. 1 16-1 17. 149). Si veda, ad esempio, il Papiro Harris 500B 5.6: «È la voce della rondine che parla. essa dice: / "È l' alba! E la tua stradaT' l (lei) "Smettila, uccel· lo, di rimproverarmi!" » (traduzione di B. Mathieu. La poésie amoureuse de / 'ÉKypte Ancienne. p. 179; cfr. E. Bresciani, Letteratura, p. 465). Il canto degli uccelli avvisa la donna che sarebbe tempo di alzarsi e di tornarsene a casa, ma lei non ne vuoi sapere (M. V. Fox, The Song ofSongs and the An­ cient Egyptian Love Songs, p. 23). 218 Così anche A. Roben - R. Tournay, Le Cantique des cantiques, p. 108; D. Colombo, // Can· tico, p. 62. 21 9 Così, ad esempio traducono TOB , BJ; G. Ravasi, /1 Camico dei camici, p. 229. n riferi­ mento all' uomo è escluso dal genere femminile del verbo te�p�. 210 Teocrito nell'idillio 1 8, l 'epitalamio di Elena, termina in maniera simile: « Dormite, spi­ rando l 'uno sul petto dell'altra amore l e desiderio, e non dimenticate di destarvi all 'aurora » (v v. 5455, da Idilli e Epigrammi, ed. B.M. Palumbo Stracca, p. 3 1 1 ; cfr. anche Idilli 24,9). " 1 Sant' Agostino, In epistolam ad Parthos tra ctatu.< 7,8 (tr. it.: Commento all 'epistola ai Par­ ti di San Giovanni [edd. G. Madurini e L. Muscoline) [Nuova Biblioteca Agostiniana 24), pp. 1 9821983). In questo senso anche G. Krinetzki, Kommentar zum Hohenlied, p. 98.

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Parte seconda. Traduzione e commento

nome del carattere divino dell'amore (« Per le gazzelle o per le cerve dei campi >>). In tal modo, il Cantico si rivela come uno scritto programmatico, non come un in­ nocente passatempo letterario. L'autore prende polemicamente le distanze da una fanùglia che tende a inibire l 'amore ( 1 ,6) e da una società che pretende di impor­ gli regole estranee (2, 7). Ma egli si distanzia anche da una rappresentazione del­ l ' amore e della sessualità usuale n eli ' Antico Testamento222• Negli altri libri l 'eros è visto come una occasione di peccato, e si mette in guardia contro questa >; la sessualità ha senso solo in quanto è funzionale alla procreazione. Nel Cantico, invece, l 'attenzione è rivolta quasi esclusivamente al rapporto dei due amanti. Il gioco erotico (dodlm, l ,2) è visto come qualcosa di > (!ab, 1 ,2.3) in sé, non in rapporto alla procreazione. In Ct 2,3 l'uso del verbo ha condotto i due amanti l 'uno di fronte ali' altro:

essi si contemplano e si ammirano (4, 1 -7). Al termine della contemplazione, il di­ letto esprime il desiderio di unirsi all'amata (4,6), e questo è il tema dell'ultimo canto (Ct 4,8 - 5,1 ). Che Ct 5,1 segni la conclusione dell'unità è indicato anche dal fatto che alla fine dell'ultimo canto (4, 1 6) la donna prende la parola per risponde­ re all'uomo. Si ha un duetto simile a quello che caratterizzava Ct 1 ,9 - 2,3, in cui il mescolarsi delle voci (4, 16 - 5, 1 abcd) esprime poeticamente l 'unirsi dei corpi. Finché in Ct 5,1ef una voce fuori campo (quella del poeta?) si rivolge ai due aman­ ti contemporaneamente, usando al plurale gli appellativi tipici rispettivamente del­ la donna e dell'uomo (« amici >> [re'im] e « diletti >> [d6dim]): i due sono divenuti una cosa sola! Canti dell 'Q11Ul ta (Ct 2,8 - 3,5). La divisione dell'unità poetica Ct 2,8 - 3,5 nei due canti 2,8- 1 7 e 3, 1 -5 è generalmente riconosciuta. Ct 3,1 segna chiara­ mente un nuovo inizio rispetto a 2,17. La distinzione e al tempo stesso la com­ plementarità dei due canti risulta anzitutto dalla loro ambientazione cronologica. Anche se il Cantico non presenta un'unità di tipo narrativo, ma lirico, tuttavia si può osservare una logica nelle indicazioni di tempo. Il Prologo terminava con il « ritornello del risveglio >> (2, 7), che faceva pensare al mattino. Il primo canto del­ la donna si rifà a quest'ora del giorno. Esso è improntato a un'atmosfera mattuti­ na: è il tempo di « alzarsi » e di « uscire » di casa (2, 1 0. 1 3). Il canto si conclude con un accenno alla sera (v. 1 7 : >), l'ora di raccogliersi, di rientrare in casa. L' inizio del secondo canto (3,1 ) si collega coerentemente con questa indicazione: ora siamo di notte1 1 • La conti­ nuità tra le due situazioni temporali fa risaltare più profondamente il contrasto fra di esse. La sera è il tempo dell' amore12, per questo la donna aveva invitato il di­ letto a venire da lei di sera (2, 1 7). Che lui non ci sia, che la donna di notte sia so­ la (3, 1 ), rappresenta una contraddizione con l 'invito di 2, 17. L'unità dei due canti è segnalata anche dali' inclusione sul tema della « ca­ sa >>. In Ct 2,9, ali ' inizio del primo canto, il diletto vuole entrare nella casa del­ l 'amata, ma ne è impedito dal muro e dalle finestre. In Ct 3,4, a conclusione del secondo canto, lei manifesta il desiderio di introdurlo nella « casa della madre >>. Il verbo bw · (>, 2,8; 3,4) segna concretamente questa inclusione. Il tema della (qumi), rivo!-

1 1 Con questa indicazione concorda anche il «ritornello del risveglio" in a 3,5, che di nuovo conduce al mattino, e l ' informazione di 3, l l , che parla di « giorno ». 1 2 Il tema della notte come tempo dell'amore è comune alla poesia amorosa egiziana (si veda a questo riguardo B. Mathieu, La poésie amoureuse de /'Égypte Ancienne, pp. 1 5 9- 1 60, § 1 39). Nei canti d'amore del Vaso di Deir ei-Medineh, la notte è invocata come una divinità: >, 'aquma). Accanto al binomio mattino-notte, le due composizioni sono caratterizzate dali 'altro binomio, campagna-città. Il primo canto è un invito a inserirsi nella na­ tura come luogo dell'amore; il secondo presenta la città come nemica dell'amore. La correlazione dei due motivi è suggerita dal verbo > ( 'iibar). Bisogna che « passi » l ' inverno, perché l 'amata possa uscire (Ct 2, I l ). Bisogna che « pas­ sino >> le guardie della città, perché lei possa trovare il suo diletto (Cl 3,4). Anche qui si tratta di un tema centrale nel Cantico, già enunciato nel Prologo (cfr. l ,5 ). Le due composizioni sono complementari, anche per il fatto che nella prima è rappresentata la ricerca di lui. È lui che si mette in cammino, attraverso monti e colli, per andare da lei (2,8). Nella seconda è rappresentata la ricerca di lei, per le strade e per le piazze della città. È una conferma della « dinamica speculare >> so­ pra rilevata. Mattutino (Ct 2,8-17). A differenza del Prologo, composto di brevi canti staccati, la composizione Ct 2,8 - 5, l è caratterizzata da brani poetici più lunghi ed elaborati. Il primo canto della donna si compone di dieci versi. L'unità di Ct 2,8- 1 7 è indicata dali' inclusione tra i vv. 8-9 e 1 6- 1 7. Nei due passi il « diletto >> (dodf, vv. 8.9 e 1 6. 1 7) è paragonato a « un capriolo o a un piccolo di cervo >> (li$bi 'o /' '6per ha 'ajjalim, vv. 9 e 1 7 ) sulle « montagne » ( 'al heluirfm v. 8: 'al haré bater, v. 17). Il motivo del capriolo sui monti segna la fine di una composizione (cfr. 4,6; 8, 14). Nel nostro caso esso è accompagnato dal ritornello dell'apparte­ nenza reciproca (2, 1 6a) 1 3, che pure ha strutturalmente una funzione conclusiva (cfr. 6,3; 7, 1 1 )14. Come genere letterario del brano, è spesso indicato il paraklausithyron, un genere diffuso in epoca ellenistica, in cui si immagina uno spasimante di fronte alla porta chiusa dell'amata15. La somiglianza con la situazione del Cantico è in­ negabile, ma essa si addice più a un altro passo del Cantico: 5,2-6. Nel nostro bra­ no il giovane non chiede di entrare in casa, bensì che la sua amata ne esca. Forse con più ragione, Lys intitola il brano « Aubade >>, mattinata, un genere letterario tipico della poesia romanza16. Per cogliere la struttura del canto è importante considerare anzitutto chi par­ la. Fondamentalmente il canto è messo in bocca alla donna, ma questa cita. nella parte centrale (vv. !Ob- 14), il diletto. Il v. 15 fa problema. Chi lo pronunzia? Per analogia con i vv. !Ob- 14, Ravasi pensa che si tratti di una citazione del diletto17• " Sulla funzione dei ritornelli nel Cantico, cfr. qui Introduzione, pp. 35-36. 14 Su questo, come in generale sull'esegesi di Cl 2,8- 17, rimando al mi o lavoro: G. Barbiero, Senti! È il mio diletto! (Cl ].H- 17). in A. Bonora - M. Priollo e altri , Libri .wpienziali e altri scritti (Logos 4), Torino 1997, pp. 357-377. " Cfr. qui lmroduzione, p. 29, note 73-74. " D. Lys. Le plus beau chant de la création, p. 1 1 2 (« L'aubade interrompue>> ). Viene in men­ te il canto IO del Paradiso di Dante: « Ne l 'ora che la sposa di Dio surge l a mauinar lo sposo per­ ché l'ami >> (vv. 140- 1 4 l ). l n Dante, i ruoli sono scambiati. 1 7 G. Ravasi, Il Camico dei cantici, p. 237.

Canti deli 'amata Ct 2.8 - 3,5

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Da una parte, però, il destinatario del v. 15 è diverso da quello dei vv. l Ob- 14: non ci si rivolge più alla donna. Dali' altra, la >). Questa divisione è confermata dalla distribuzione degli appellativi tipici degli amanti. Il termine dadi (>) compare 2 volte nella prima strofa (vv. 8a.9a) e 2 volte nell'ultima (vv. 1 6a. l 7c). Ali ' interno del canto esso ri­ torna ancora una volta al v. l Oa, con funzione di legame tra la prima e la seconda strofa. La strofa centrale è caratterizzata dall 'appellativo ra 'jiiti, che, analoga­ mente a dodi, compare 2 volte (vv. 10b. l 3c). La seconda strofa è unificata dun­ que dali ' oggetto del discorso (la donna), mentre, dal punto di vista del soggetto, essa è composta di un discorso dell 'uomo (vv. IOb- 14), con introduzione (v. I Oa) e conclusione (v. 1 5 ) pronunziate dalla donna. [2,8-9] Prima strofa: L'arrivo del diletto. Il termine dod/ (vv. 8a.9a) segnala una divisione della strofa in due parti: v. 8 e v. 9. Le due parti sono strutturate sim­ metricamente: alla menzione del « diletto >> fa seguito, in ciascuna, una frase for­ mata dall'avverbio hinne (ecco), seguito da un participio. Nella prima parte il participio si riferisce al verbo >, nella seconda al verbo > (Papiro Harris SOOB 5,9, traduzione di E. Bresciani, Letteratura, pp. 465-466; cfr. B. Mathieu, La poésie amoureuse de I'Égypte Ancienne, p. 63). '' Il verbo qtipa$ significa ordinariamente «chiudere ». Il significato « balzare » deriva dall'aramaico e dall'arabo (cfr. M. Pope, Song, p. 389). 25 Così, ad esempio, G. Ravasi, /1 Cantico dei cantici, pp. 243-244. 26 Aspetto, questo, sottolineato in H.-P. Mtiller, Das Hohelied, p. 29. 27 I monti hanno per l'uomo biblico qualcosa di numinoso, collegato con l' idea di fecondità (cfr. Gn 49,26; Dt 33, 1 5). È frequente nell'Oriente Antico la rappresentazione di divinità a forma di

Canti del/ 'amata Ct 2,8 - 3,5

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[v. 9) Con la menzione dei monti combina l'immagine del «'Capriolo o picco­ lo di cervo>>, i quali sui monti hanno il loro habitat (cfr. Sal 1 04, 1 8; si veda a que­ sto riguardo la Figura 32). Questi animali ben rappresentano la corsa leggera ed elegante dell'amato (cfr. Sal 1 8,34)28, ma essi sono anche carichi di valore simbo­ lico, come già si è visto in Ct 1 ,8. 14 e 2,7. Capridi e cervidi sono sacri alla dea del­ l'amore29, essi personificano l'amore stesso (cfr. Ct 2,7). La metafora conferisce, dunque, al diletto una valenza teomorfica: è l 'Amore in persona che giunge con lui30• Una finezza, che testimonia, ancora, della >: in Ct 2,7 questi stessi animali sono menzionati in forma femminile. In luogo di $"bi (caprio­ lo, v. 9a)31, il v. 7b ha f'ba 'ot (gazzelle); in luogo di 'oper hii 'ajjiilim (« piccolo di cervo >>, v. 9b) si legge 'aflot (cerve) nel v. 7b. Singolare è, inoltre, la menzione del «piccolo di cervo >> (Ct 2,9)J2• Invece dell'esemplare adulto (il v. 7 ha « cerve >>) si nomina il >, quasi a evocare innocenza, tenerezza, freschezza di vita33• AI movimento espresso dali' immagine del capriolo, si contrappone la stasi del v. 9cd: « Ecco, s'è fermato dietro al nostro muro >>. La corsa ha raggiunto il suo fine: è per lei che l 'amato è venuto. Il « muro >> (kotel) è un'altra di quelle pa­ role rare che caratterizzano il brano34• Essa indica la parete esterna della casa. Co­ me le « grate >>, esso è simbolo degli ostacoli che si frappongono tra i due aman­ ti. Il tema dell' inaccessibilità sarà ripreso al v. 1 4. La donna del Cantico non è certamente una facile conquista. In Ct 4,4 essa è descritta come una « torre di Da­ vide >>, difesa da mille scudi; in 5, 12 come « giardino chiuso, fontana sigillata >>. Pro 30, 1 8- 1 9 sa che non è facile entrare nel cuore di una giovane. Nel Prologo era lei che desiderava entrare nella « casa » di lui (tema dell ' « introdurre >>, Ct 1 ,4; 2.4 ), ora, in maniera speculare, è lui che vuole entrare nella casa di lei, e che di fatto entrerà. Ma sarà la donna stessa a condurvelo (« Finché non l'abbia intro­ dotto nella casa di mia madre >>, Ct 3,4e; cfr. 8,2). monte (cfr. ANEP, Figura 528). Nell' AT sono da ricordare i culti sulle alture, cosl deprecati dai pro­ feti: si trattava di culti connessi con la religione della fertilità (cfr. Os 4, 13; Dt 12,2). 28 Il paragone ricorre anche nei canti d'amore egiziani. Il Papiro Chester Beatty m rappresen­ ta la corsa dell 'uomo verso la sua donna con tre similitudini: quella del messaggero del re, quella del cavallo del re e quella di una gazzella: « Oh, possa tu andare in fretta dalla tua amata, / come una gaz­ zella che fugge nel deserto ... • (2, 1, traduzione di E. Bresciani, Letteratura, p. 459; cfr. anche il Pa­ piro Harris 500A 1 ,8- 1 0, /bid., p. 460). "' Cfr. Figure 5, 28 e 29. "' Da qui la legittimità di una lettura allegorica del brano come attesa della venuta del Signo­ �. nel senso di Ap 2,17. 31 Il termine $'bi può significare anche > (cfr. la traduzione CEI). " Il termine ebraico 'oper è hapaxlegomenon, tipico del Cantico (dove ritorna ancora in 2,17; 4.5; 7,4 e 8 , 1 4). Sull 'etimologia, cfr. HAIAT, p. 8 1 6; G. Garbini, Cantico, p. 203. " L'immagine di un cerbiatto o di un vitello che succhia il lane dalla madre è frequente nella 1radizione iconografica orientale (cfr. Figure 29, 33 e 34). Secondo Keel, essa è espressione della meraviglia dell'uomo antico di fronte al mistero della vita (cfr. O. Keel, Das Bocklein in der Mi/eh seiner Mutter und Verwandtes: im Lichte eines altorientalischen Bildmotivs )OBO 33), Fribourg­ Gottingen 1 980). Forse è possibile scorgere, nella scelta del termine « piccolo di cervo», una remi­ niscenza di questa considerazione religiosa. " Si tratta di un hapax nella Bibbia Ebraica. La parola deriva forse dall'accadico e ricorre al­ b'imenti solo nelle parti aramaiche deii ' AT (Dn 5,5; Esd 5,8), cfr. HAIAT, p. 1728.

l 06

Pane seconda. Traduzione e commento

Quale significato ha il plurale del pronome possessivo (f:zallonot) sono accostate le « grate " (f:ziiraklm). La ripetizione dei verbi esprime da una par­ te l ' impazienza di chi guarda, dali' altra il turbamento di chi si sente guardato. Le parti si sono invertite: da spettatrice (> [s) fa pensare al risveglio mattutino. La don­ na è dunque ancora a letto, come in 5,2, anche se sveglia perché sente il rumore e vede gli occhi. È i n questa situazione che ascolta la > del diletto. Il secondo verbo, t•ki liik, è quasi universalmente tradotto con >. Ma questa traduzione non è corretta. L'imperativo del verbo hiilak con il dativus commodi ritorna nella Bibbia Ebraica altre 3 volte: due volte nella Genesi, in connessione con Abramo (Gn 1 2, 1 e 22,3), una terza in Gs 22,4, sempre con il significato di >, mai di >. Questa accezione è confermata anche dal riappa­ rire della stessa forma nel versetto seguente, dove il significato è chiaramente quello di >, in parallelo con >. Si mette, cioè, in evidenza non il punto di arrivo, ma quello di partenza del movimento4 1 : è a >, a > che il diletto invita, come faceva il coro in C t 1 ,8 ($'"'i liik, > )42• Il parallelo con la vocazione di Abramo in Gn 1 2, 1 è palese. Esso però non induce a considerare il nostro testo in forma allegorica, come se la giovane fosse figura del popolo di Israele43• Il testo insinua una somiglianza tra l ' avven­ tura di Abramo e quella dell'amore. Uscire dalla propria famiglia, rompere i le­ gami famigliari è un >44, che solo la forza dell'amore riesce a far com­ piere (cfr. Gn 2,24). Il Cantico invita a fidarsi della voce dell' amore, come Abramo si è fidato di Dio: a riconoscere nella voce dell 'amore la voce di Dio che chiama a uscire. [v. I l] Nei vv. l l - 1 3 si dà la motivazione (>), dapprima in forma negativa (v. I l ), poi in forma positiva (vv. 1 2- 13), del l ' invito fatto al v. IO. Ma la descrizione va al di là di una spiegazione funzionale, si apre a una contemplazio­ ne estatica della natura (>) che è fine a se stessa. Vengono in mente cer­ te similitudini di Omero. 41 In questo senso, cfr. A. Chouraqui, Le Ctullique des canriques suivi des Psaumes, Paris 1970, p. 50 (il quale traduce però pedissequamente: • Va vers toi-meme »); R. Toumay, Abraham et/e Can­ tique des canriques, in VT25 ( 1 975) 544-546; Id., Quand Dieu parte aux hommes le langage de / 'a­ mour. Études sur le Cantique des cantiques (CRB 2 1 ) , Paris 1982, p. 66; M.M. Morfino, Il Cantico dei cantici e il palio elettivo. Possibili connessioni, in Theo/ogica et Historica 5 ( 1996) 14-16; A. Lacocque, RomLJnce, She Wrote, p. 88. 42 Cfr. qui Prologo Ct l ,2 - 2, 7, p. 75. 43 Qui prendiamo le distanze dagli anicoli di R. Toumay e M.M. Mmfino, citati sopra (cfr., in questo capitolo, nota 4 1 ). 44 Si veda la parafrasi allegorizzante del Tar(ium: • Alzati, assemblea d'Israele, dilelta mia fin dall'inizio, e bella per le opere, va ', esci dalla schiavitù del/ 'Egillo ».

Canti dell 'amata Ct 2,8 - 3,5

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Per indicare l ' inverno, i l Cantico usa u n hapax, che però è ricorrente nell'a­ ramaico postbiblico, s'tiiw. Praticamente il termine è sinonimo di quello che se­ gue, gefem (pioggia): l' inverno in Israele è il « tempo della pioggia >>45• Perciò si comprende il legame con l 'invito a uscire del v. IOc: la casa serve come prote­ zione per la pioggia. Perché rimanere chiusi in essa, se non piove più? Per l 'uo­ mo mediterraneo la casa non è il luogo dove vivere, si vive all'aperto. La casa serve a ripararsi dalle intemperie. [v. 12) La motivazione positiva per uscire è l'esempio della natura. Thno in essa è un « venir fuori >>, un'epifania di colori, di suoni, di profumi. « < fiori sono apparsi nel paese >>. La descrizione della primavera inizia con l 'aspetto visivo (ni­ ,.. .iì, letteralmente, « si sono fatti vedere >>). Si noti come l'autore situi lo sboc­ ciare dei fiori nel « paese >>. L'ebraico 'ere$ può significare sia la « campagna >>, in contrapposizione alla « città >>40, sia il >, cioè la « terra d'Israele >>. Questa determinazione locale è ripresa al v. 1 2d: « nella nostra 'ere$ >>. Qui sembra chia­ ro il senso nazionale, anche se l 'altro non si può escludere. Si tratta di un motivo ricorrente nel Cantico. L'amore che in esso si canta è l ' amore che si vive nella terra promessa. La terra stessa assume i lineamenti dell 'amata: Engaddi (Ct 1 , 14) e il Saron (Cl 2, 1 ) sono solo due esempi, ma il Cantico è pieno di determinazio­ ni geografiche. Questa accentuazione del carattere nazionale si comprende me­ glio nell'epoca ellenistica, in parallelo, ad esempio, con il Siracide (cfr. Sir 24). Si tratta dell'affermazione della propria identità culturale e religiosa di fronte al mondo greco, per tanti aspetti culturalmente più evoluto. D'altra parte, la descrizione della primavera ha un inconfondibile colorito palestinese: in primavera è un'esplosione di fiori47 per tutte le colline e pianure d' Israele. All 'aspetto visivo è accostato subito quello sonoro: « È giunto il tempo del canto >>. Qo 3, 1-8 sa che per ogni cosa c'è il suo tempo: questo è il tempo del canto. Il tempo del silenzio invernale è passato. Il termine zamir indica general­ mente un canto accompagnato da strumenti musicali: è dunque il canto umano, non quello degli uccelli che qui si intende48• Anche se il verbo zmr ha spesso un

" Cfr. il commento del Cantico Rabbah a 2, 1 1 : « Non sono forse gefem e setaw la stessa co­ sa?» (citazione in M. Jastrow, A Dictionary ofrhe Targumim, p. 1 030). Per un parallelo con il mon­ do ellenistico-romano, cfr. Longo Sofista, Dafni e Cloe 3,3,1 e 1 2. 1 . 46 Cfr. la traduzione CEI (« nei campi »); Garbini (« nella campagna»). Ma mentre la traduzio­ ne CEI ha coerentemente in Ct 1 2d: « nella nostra campagna», Garbini qui cambia: « nella nostra terra » (G. Garbini, Cantico, p. 149). Egli misconosce l'evidente inclusione tra 12a e 1 2d, che rende inconseguente tradurre lo stesso terrnine (nell 'ambito di un versetto) in due maniere diverse. 47 Il terrnine ebraico m'l· (sinonimo di ni$�a. che appare in Gn 40. 1 O; ls 18,5; Gb 1 5.33, cfr. Sir 50,8) si riferisce di per sé non ai fiori che spuntano dal suolo, ma alle piante in fiore (cfr. O. Keel, Das Hohelied, p. 98). " Il terrnine ha anche un altro significato, quello di « potatura », che è seguito dalle versioni an­ tiche (LXX, Siriaca, Vulgata) ed è preferito da numerosi esegeti (cfr., ad esempio, M. Pope. Song, pp. 395-396; R.E. Murphy, The Song ofSongs, p. 139). Altri pensano che non occorra scegliere tra i due significati. Si avrebbe un caso di « parallelismo di Giano », per cui il terrnine da una parte, in ri­ ferimento a ciò che precede ( l 'apparire dei fiori), significherebbe « potatura », dall'altro. in riferi­ mento a ciò che segue (la voce della tonora), significherebbe « canto » (in questo senso. cfr. M .T. El­ lion, The Literary Unity ofthe Cantic/e, p. 70; G. Ravasi. /1 Cantico dei cantici. p. 252). lo stesso in un precedente lavoro ho seguito quest'ultima interpretazione (cfr. G. Barbiera, È il mio di/ello, p.

1 1O

Parte seconda. Traduzione e commento

significato religioso (il termine mizmor è usato per indicare il canto dei salmi), sembra fuori- luogo pensare a canti rituali in onore di Tammuz49• È semplicemen­ te l 'aspetto musicale della vita che si risveglia, una dimensione collegata forse con il lavoro che ferve nei campi e con l 'amore che sboccia nei cuori giovanili. Al canto dell'uomo fa eco quello degli uccelli. Il termine > (qol) si connette da un lato con l ' inizio della composizione (qol dodi, v. Sa}, dal l 'altro con il v. 14de, dove alla « voce >> della tortora si sovrappone quella della « mia co­ lomba >>. La tortora è un uccello migratore che arriva in Palestina ai primi di apri­ le (cfr. Ger 8,7). Come osserva Nolli, il tubare della tortora in amore è caratteri ­ stico del l ' inoltrata primavera (aprile-maggio), non del suo inizio50. Se perfino la voce della tortora si è fatta sentire, vuoi dire che gli altri uccelli già da un pezzo hanno annunziato i l « tempo del canto >>, che coincide con quello dell'amore (cfr. Ez 1 6,8). [v. lJab] Nel v. 1 3 ab si riprende l 'aspetto visivo, in corrispondenza con 1 2a. I « fiori >> (niHiinim) sono concretizzati nelle infiorescenze del fico e della vile, due piante tipiche della Palestina (cfr. Mie 4,4; I Re 5,5; Gdc 9,10- 1 3). Il fico in particolare è annunziatore della bella stagione (cfr. Mc 1 3,28). Il testo ebraico usa qui un hapax, piig, un termine che trova riscontro nell'aramaico e nell 'arabo, do­ ve indica il « frutto acerbo, non maturo >>51• Un altro hapax è il verbo l}iinaf, che abbiamo tradotto, per somiglianza con l 'arabo, con « arrossare >>52• Il fico produ­ ce due tipi di frutti: i primaticci o fioroni spuntano in febbraio e cadono in giu­ gno, lasciando il posto ai fichi veri e propri che maturano due mesi dopo. È al ma­ turare (« arrossare >>) dei primi che il testo fa riferimento. Se la descrizione del fico si collega con l 'aspetto visivo, quella della vite (v. 1 3b) introduce, dopo la vista e l 'udito, un terzo senso: l 'olfatto. Anche per i fio­ ri della vile il testo ebraico usa un termine esclusivo del Cantico, dove ricorre an­ cora in 2, 1 5 e 7, 1 3: s'miidar (propriamente « infiorescenza, turgore della vite >> )53• Le infiorescenze della vite sono poco appariscenti, esse si colgono più con l ' ol­ fatto che con la vista: emettono, infatti, un profumo molto delicato. L' espressio­ ne « effondere profumo >> era stata usata in Ct 1 , 1 2 in connessione con la donna (« il mio nardo effonde il suo profumo >>). Dal momento che la vigna è simbolo 367). Ma il significato di > va contro il buon senso. Non si pota un albero quando è in fio­ re (ne� ha appunto questo significato, esso indica le inliorescenze di un albero. come è confermato dall'accenno alle « viti in fiore » al v. 13). Secondo Dalman vi sono in Palestina due potature della vite, l'una prima della fioritura, in febbraio-marzo. l 'altra dopo ta fioritura, in giugno-luglio (G. Dal­ man, Arbeit und Sitte in Pa/iistina, vol. IV, Gtitersloh 1935, p. 330; R. Gordis. The Song, p. 6, nota 30: O. Keel, Das Hohelied, p. 98). La prima viene troppo presto, la seconda troppo tardi rispetto all ' >77• Sembra però che il testo non prenda troppo sul serio questi pericoli. Le > sono qualificate come , ma la donna guarda a esse con distacco, non si sente minacciata più di tanto. Anche il verbo usato, 'a�az (>), non significa la lascino in pace. Il motivo di questa richie­ sta (e del carattere scherzoso con cui è fatta) sarà esposto al v. 1 6: lei appartiene soltanto a uno. Così il v. 1 5 introduce il tema dell'ultima strofa. [2,16-17] Terza strofa: Invito all 'unione. Gli ultimi due versi del cap. 2 si staccano dalla composizione precedente: qui non si parla più della primavera. Pur nella loro apparente eterogeneità79, essi sono accomunati dal tema dell'unione, affermata in linea di principio nel v. 1 6, e realizzata concretamente (anche se so­ lo a livello di desiderio) nel v. 1 7. Il tema dell'unione segnala la conclusione del­ l' itinerario compositivo che era iniziato al v. 8. Ali ' inizio del canto, il diletto era fuori e chiedeva ardentemente di entrare, alla fine, la donna lo invita a ritornare e a unirsi a lei. Come la prima strofa, anche la terza è caratterizzata dali' immagine del ca­ priolo sui monti. Questa immagine collega i vv. 1 6 e 17. Il > (v. 1 6b) anticipa metaforicamente il > (v. 1 7c-e).

Schei1UJ 1 7 v. 1 6

n mio diletto

è nùo... pascola ... x

v. 1 7

Vieni, sii simile,

o mio diletto.

Come la prima, anche la terza strofa è incentrata sul >. La menzio­ 16a. l 7c) struttura anche questa strofa in due parti parallele. A dif­ ferenza dei vv. 8-9, qui il parallelismo è chiastico (cfr. sopra, Sche11UJ / 7), nel sen­ so che nel v. 1 6 dadi precede il predicato, nel v. 1 7 invece lo segue. D'altra parte, la terza strofa è collegata logicamente con la precedente. La menzione del al v. 1 5 . Già il numero è rilevante: il capriolo è unico, l e volpi sono molte. Queste devono essere >, perché non entrino nelle >, quello invece è invitato a entrare: ciò che alle volpi è interdetto, è richiesto al capriolo. (v. 16] « Il mio diletto è mio e io sono sua >> (dadi /i wa 'iini la). È un'espres­ sione particolarmente intensa de li' esperienza amorosa. Nel Cantico ritorna anco­ ra in 6,3, dove però l 'ordine delle due proposizioni è invertito (>). Una terza volta il ritornello è ripreso, anche qui con una significativa variante, in Ct 7 , 1 1 (> )80 • In 2, 1 6 l 'affermazione de li 'appartenenza dell 'uomo alla donna (>) è bilanciata da quella del l 'appartenenza della donna all' uomo (>), sottolineando la perfetta reciprocità della rene del dadi (vv.

"' L'eterogeneità dei due versetti è sottolineata da G. Krinetzki (Kommentar zum Hohenlied, pp. 109- t 1 3 ) . che li considera addirittura come due poesie indipendenti. "' Sul significato di Ct 7. 1 1 . cfr. qui Nuol'i canti del diletto Ct 6.4 - 7,/ l, pp. 334-335.

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Parte seconda. Traduzione e commento

lazione. L' autore vuole evidenziare (e il parallelo con 6,3 lo conferma) la perfet­ ta parità degli amanti. Né l'uomo è schiavo della donna, né la donna dell'uomo. Ancora una volta si ha l ' impressione che il Cantico riporti l 'amore umano al tem­ po del paradiso, prima del peccato. In questo senso la « formula di mutua appartenenza »81 di 2. 1 6a trova corri­ spondenza nel grido di gioia di Gn 2,23: >. Il significato della sessualità umana secondo il racconto di Gn 2 è quello di ricomporre l 'unità primordiale82• L'uomo è un essere incomple­ to che cerca quella parte di sé che gli manca83• Trovando la donna, egli ritrova se stesso. ricompone l'unità perduta. K. Barth osserva, significativamente, che Gn 2,23 è messo in bocca all ' uomo, mentre la formula dell'appartenenza sia in Ct 2, 1 6 che nei passi paralleli (6,3 e 7 , 1 1 ) è pronunziata dalla donna84• Ravasi accosta Ct 2, 1 6a alla formula deli ' alleanza tra JHWH e Israele, acco­ stamento caro ali ' interpretazione allegorica (« Io sarò il tuo Dio e tu sarai il mio popolo >>, cfr. Dt 26, 1 7- 1 8; 29. 12; Os 2,25, eccetera)85 • Le due formule sono ab­ bastanza diverse per affermare una dipendenza diretta. Certo, Osea descrive l'al­ leanza tra Dio e Israele sulla falsariga della sua esperienza matrimoniale, il che sottolinea l ' analogia tra le due relazioni. Ma nel Cantico è diverso. Qui l ' accen­ to non è sulla dimensione teologica, ma su quella umana. Non si descrive Dio ser­ vendosi de li 'amore umano, ma si descrive l'amore umano, evidenziandone la di­ mensione teologica. Nella mutua appartenenza dell'uomo e della donna, dice il Cantico, si fa esperienza di quella stessa alleanza che unisce Dio e il suo popo­ lo8". Forse per questo, soggiunge Barth, il Cantico può parlare in forma così alta e pura dell ' amore umano87• La formula della mutua appartenenza non è qualcosa di preesistente che è in­ serito come un masso erratico in un contesto estraneo. La diversa forma che il ri­ tornello presenta nei tre passi Ct 2, 1 6; 6, 1 3 e 7 , I l si spiega con la mutata situa" Cosl è chiamato Ct 2,16 da A. Feuillet (wformule d'apparteruJnce mutue/le [2, 16] et /es in­ terprltations divergentes du Cantique des Cantiques. in RB 69 [ 1 96 1 ] 5-38). " Questa concezione sembra corrispondere all'etimologia della parola « sesso ». Il termine la­ tino sexus deriva da secare (tagliare) ed esprime la divisione dell'umanità in due parti. che tendono naturalmente a unirsi e a ricomporre l'unità. " Si veda, a questo riguardo, il Ta/mud: « Un uomo non sposato non è un uomo nel pieno sen­ so della parola. perché sta scritto: "Egli li creò maschio e femmina, li benedisse e li chiamò uomo ( 'adam)" » (cfr. Gn 5,2; b.Jebanwr 62b). Per ogni uomo, sposato o no, il rapporto con l'altro sesso è determinante per la maturazione personale. "' « Qui si può percepire un tono, che in Gn 2 non era ancora presente: qui la donna sta di fron­ te all'uomo con lo stesso incanto. si potrebbe dire con un simile: "Costui tinalmente". [ ... ] Qui pro­ viene proprio dalla sua bocca la famosa inversione: "Il mio diletto è mio e io sono sua" (Ct 2,16) e "lo sono del mio diletto e il mio diletto è mio" » (K. Barth, Die kirchliche Dogmatik, vol. IIU l , p. 358: cfr. lbid., vol. IIU2, p. 355). " G. Ravasi (// Cantico dei cantici, p. 265), con riferimento soprattutto al citato articolo di Feuillet (cfr., in questo capitolo, nota 8 1 ). Si veda anche A. Lacocque, Romance, She Wrote, p. 90. 86 Così in fondo anche G. Ravasi (// Cantico dei cantici, p. 265), che parla a questo riguardo di interpretazione « simbolica » del Cantico. Personalmente, preferisco usare i l termine • metafora >>, distinguendolo da quello di > può esprimere il rapido allungarsi delle ombre a sera. " Cosl. ad esempio, G. Ravasi, Il Cantico dei cantici, pp. 268-270; G. Garbini, Calllico, p. 206; A. e Ch. Bloch, The Song, p. 157. "' Così anche, fra g li altri, Rudolph. Krinetzki. Gerleman, Miiller. 98 La versione Siriaca ha: « Quando il giorno si rinfresca » (npwg). Anche nei canti d'amore egi­ ziani si parla del « vento del Nord >> come del momento propizio per l 'amore (cfr. Papiro Harris 500C 7,8, traduzione di E. Bresciani, l..Rrteratura, p. 467: « È dolce in esso il canale l che la tua mano ha sca­ vato l per rinfrescarci al vento del Nord >> ). Come nola Ph. Derchain (l..R lotus, la mandragore et le persia, in CÉg 50 [ 19751 73) . « si tratta a quanto pare della fine del giorno, perché si parla del vento del Nord, che soffia sempre alla sera 99 Così O. Keel, Da.r Hohelied, p. I l O. 100 Dante, La divina commedia. Purgatorio 7, l . 101 Così G. Garbini. Cantico, p. 1 49. Ma un invito a « girare auorno » indubbiamente suona ma­ le, a meno che non si segua la singolare interpret.azione di Garbini. "" Così intende anche M.T. Ellion, The Literary Unity of the Cantick, p. 77 («2,17 marks a separation afler lhe formulalion of union and mutuai possession found in 2, 1 6 >>). Si veda però più avanti la nostra interpretazione del controverso versetto Ct 8, 1 4 . >>.

Canti dell 'amata Ct 2,8 - 3,5

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la sua appartenenza al diletto, fa propendere per un significato positivo: ... volgiti a me >>, cioè >) così co­ me con 8, 1 4 ( >) induce a vedere in Beter un tipo di profumo di origine indiana, chiamato con nome greco malabathron10'1. - La radice ebraica btr significa « tagliare in due >> (cfr. Gn 15, l O; Ger 34, 1 819). Questo significato fondamentale si presta a diverse interpretazioni. Si può di­ stinguere: (a) un senso psicologico. Così, ad esempio, Elliott intende « monti della separazione >> 1 10 ;

un senso geologico, intendendo « monti dirupati, scoscesi >> 1 1 1 ; (Gn 15, 17- 1 8)1 12; (o) infine, un senso anatomico, in riferimento a una '"' Per la discussione, cfr. A. Robert - R. Toumay, Le Canrique des cantiques, pp. 127-128. "" La ripresa dei due tenni ni " monti » e " colline,. avviene nel passo parallelo Cl 4,6 (" mon­ te della mirra e colle detr incenso ,. ). 10' Cfr.. in questo capitolo. nota 6. '"' Per una lista più completa delle interpretazioni, cfr. G. Ravasi, /l Cantico dei cantici, pp. 271 -273, e S. Bartina Gassiot, Lm mmrtes dc Bérer (Ct 2. 1 7), in E.> con i due seni. Questa mi sembra essere anche la più probabile identificazione dei > di 2, 1 7 1 16• I > della Palestina hanno effettivamente un profilo arroton­ dato che fa pensare alle mammelle di una donna (si pensi, ad esempio, al Tabor o alle glabre colline del deserto di Giuda). L' inclusione tra inizio e fine del canto conferma quella continuità tra amore umano e natura che abbiamo riscontrato nella parte centrale. Il capriolo che salta per i monti della Palestina diviene l ' amato che > sul corpo della sua donna. La donna si identifica con la terra, materna, accogliente, capace di nutrire e sfamare. Il pudore iniziale si trasforma nel dono di sé. L' inaccessibile colomba nei nascondigli dei dirupi invita, lei stessa, all'amore. Quello che in 2,9 è una constatazione (>, participio) diviene in 2, 1 7 un comando (> (biiqai) ha perciò, nel nostro versetto, il senso di >, come in Sal 27,4; Ger 2,33; 5 , 1 ; Est 5,3.6-8; 7,2-3; Esd 7,6. Oggetto della ricerca è ! '« amore dell'anima mia ». L'espressione è già ap­ parsa in Ct 1 ,7, in un simile contesto di ricerca. Là è stato sottolineato il signifi­ cato di struggente desiderio che essa esprime (> )126• Contenutisticamente l 'espressione si ricollega con la > di 2, 16: è la tensione che porta a ricostituire l 'unità perduta. >. Sono qui nominati i due verbi com­ plementari, che strutturano l'intero canto: > e >. Il > esprime non solo l'assenza di un oggetto o, nel nostro caso, di una persona, ma anche la percezione di questa assenza come una mancanza, come qualcosa che dovrebbe esserci e non c'è. Si tratta di un'esperienza fondamentale de li' essere umano, che è costituzionalmente un essere in ricerca. Nel contesto del Cantico naturalmente si fa riferimento ali ' esperienza amorosa, in termini simili a Gn 2,20: >. I commentatori citano spesso, al riguardo, paralleli mitologici. Con diverse varianti, è presente in tutto l'Oriente Antico il mito della dea dell'amore che ri­ cerca nel regno dei morti il proprio partner e lo riporta alla vita127• Un diretto ri­ chiamo alla mitologia, come vorrebbe Schmokei 1�H. sembra però da escludere dal nostro testo. La ricerca d'amore (zeteiis tou erotos) è un luogo comune della poe­ sia amorosa di tutti i tempi 129. Nell' AT è significativo il parallelo con Os 2,9, dove si descrive la ricerca della sposa infedele: . Ciò che la donna cerca è il suo amore. È vero, però, che in fondo a questa ricerca si rivela la ricerca di Dio: anche la ricerca d'amore è in definitiva una via per la trascenden1 26 Cfr. qui Prologo Ct /,2

·

2,7, p. 73.

127 Nel mito ugaritico della lotta tra Baal e Mot si descrive cosi il desiderio, che porterà Anat a ,;cendere agli inferi per strappare alla prigionia di Mot (= la Morte) il suo fratello e consorte Baal:

Come il cuore della vacca per il suo vitello, l come il cuore della pecora per il suo agnello, l così batteva il cuore di Anat per Baal >> (KTU 1 .6 Il 6-9. 28-30; cfr. G. Del Olmo Lete. Mitos, pp. 226, �27). In Egitto si ha il mito parallelo di Isis e Osiride. La « ricerca » di lsis è così descritta: « Isis. la potente, la custode di suo fratello, l che lo cercò senza stancarsi, / che in lutto percorse l ' intero pae­ se l e non si fermò finché non l ' ebbe trovato » (citazione secondo O. Keel, Das Hohelied, p. 1 1 5). l'na singolare rappresentazione di questo mito è offerta nella Figura 46. 128 H. Schmòkel, Zur kultischen Deutunli des Hohenliedes, in Z4W 64 ( 1952) 59-62, con rife­ rimento al mito sumero-accadico della discesa di Ishtar agli inferi. '" Cfr. G. Ravasi, Il Cantico dei cantici. pp. 285-288. "" Sul parallelo del nostro brano con Os 2. cfr. F. van Dijk-Hemmes, The lmagination ofPower cmd the Power of /rnagination, in JSOT 44 ( 1989) 79-8 1 . •

124

Parte secondo. Traduzione e commento

za (viene alla memoria, spontaneamente, il detto di Agostino: Fecisti nos ad te, et inquietum est cor nostrum donec requiescat in te131). In modo analogo il libro dei Proverbi traspone la ricerca amorosa al campo della saggezza, presentata co­ me un'amante esigente (cfr. Pro 1 ,28; 8, 17). Al limite, la verità e l'amore sono due aspetti di versi del i ' unico Trascendente. [v. 2) > (qum) e > (siibab) sono una ripresa di Ct 2, 1 0. 1 3 (>) e, rispettivamente, di 2, 17 (> ). Al mattino, il di­ letto aveva invitato la sua arnica a lasciare il caldo del letto e a uscire incontro al­ l'amore (2, 1 3). Non si dice che lei abbia seguito l' invito. Sembra che l'accolga ora, quando è notte, e sarebbe tempo di dormire, non di >. Significativa è anche la ripresa di siibab. In 2, 1 7 la donna aveva invitato l 'amato a > e a veni­ re da lei. Ora, invece, è lei che si > verso di lui. Viene in mente Ger 3 1 ,22, dove il segno dei tempi escatologici è che , escatologico, dell'amore descritto nel Cantico. Ciò che per Geremia è il se­ gno dei tempi messianici, è normale per la donna del Cantico. >. Un simile comportamento sarebbe anche oggi considerato una follia. Una ragazza che si ag­ gira sola di notte per la città e domanda, ai rari passanti, del suo amore, sarebbe giudicata anche da noi una sconsiderata o una donna di strada. In Pro 7,9- 1 2 la « donna straniera>> è descritta in termini simili: « Al l ' imbrunire, al declinare del giorno, l ali' apparire della notte e del buio. l Ecco farglisi incontro una donna, l in vesti di prostituta e la dissimulazione nel cuore. l Essa è audace e insolente, l non sa tenere i piedi in casa sua. l Ora è per la strada, ora per le piazze l a ogni an­ golo sta in agguato >>. Un comportamento del genere era assolutamente impensa­ bile per una ragazza normale in ambiente siropalestinese134, ma neanche in Egit­ to, forse, sebbene qui la posizione della donna fosse più libera, esso sarebbe stato accettato. Per questo, numerosi commentatori ritengono che il brano non descri­ va la realtà, ma un sogno1!5• La realtà descritta dal Cantico però è una realtà liri'" Sant'Agostino, Confessionum libri tredecim 1 , 1 , 1 (tr. it.: Le confessioni [edd. M. Pellegri­ no - C. Carena - A. Trapé - F. Monteverde] [Nuova biblioteca agostiniana 1 ], Roma 1 982', pp. 4-5). Per un parallelo tra il Cantico e le C01ifessioni, cfr. A. Genovese, w ricerca di Dio: il Cantico dei cantici e le C01ifessioni, in RVS 55 (200 l ) 685-696. 132 Il testo è controverso, ma questa interpreta7.ione è tradizionale nell'esegesi giudaica e in quella cristiana (cfr. W. McKane, Jeremiah, vol. II [ICC], Edinburgh 1996, p. 806, che cita in que­ sto senso la versione Siriaca, la Vulgata, Rashi, Qiml)i, Ehrlich. KJV, RV e RSV; W. Holladay, Jere­ miah, vol. Il [Henneneia], Minneapolis 1989, p. 195). Nel ca'o di Geremia il testo si riferisce al rap­ pono JHWH-Israele: la donna (= Israele), contro il ben radicato costume sociale, prende essa stessa l ' iniziativa di fare la eone all'uomo (= JHWH). 1 33 Una di fferenza tra i due brani c'è, ed è che l ' oggetto di sabab in Ct 3,2, a differenza di 2,17 e di Ger 3 1 ,22, non è la persona amata, ma la « città •• ( 'dsob'bà ba 'ir, « percorrerò la città .. ). Indi­ rettamente però anche questo è un « volgersi verso l'amato ». '" Le leggi medioassire, ali esempio, vietano alle donne di uscire anche di giorno senza pani­ colari segni che ne indichino la condizione: le donne sposate e le figlie di un libero, con i l velo; le prostitute senza velo (§ 40; cfr. TUAT II I , pp. 87-88). '" Si veda, ad esempio, G. Noli i, Cantico, pp. 89-90; G. Garbini. Cantico, p. 209 (« sogno noi­ rumo»); D. Lys, Le plus beau chant de la création, p. 139 (>) in positivo (>). Il lettore si aspetterebbe a questo punto, finalmente, un esito positivo della ricerca. E invece è deluso. L'amata non trova, è trovata! E da qualcuno che certo non è il diletto. Parallela alla ronda not­ turna (siibab) della donna è in corso, infatti, un'altra ronda (siibab ): quella delle « guardie >>. E la ricerca delle guardie, in contrasto con quella della donna, ha suc­ cesso: « Mi hanno trovata >>. [v. 3] Non si tratta, qui, delle sentinelle che fanno la guardia sulle mura del­ la città, per difenderla dai pericoli esterni137• Questa istituzione era conosciuta in Israele anche in epoca preesilica (cfr. Sal 1 27, l ; 1 30,6; ls 2 1 , 1 1 - 1 2; 62,6; Ne 4,3). Nel Cantico, invece, le guardie costituiscono una sorta di polizia la cui funzione è quella di controllare disordini e sedizioni interne alla città. Il generico st5m'rim (guardie) è nel testo specificato dali' apposizione hassob'bfm bii 'fr (« che fanno i l giro della città >>). L'espressione corrisponde esattamente all ' istituzione d i epoca ellenistica dei peripoloi. Graetz commenta: « Solo in epoca macedone, in cui re­ gnava continuamente guerra o pace armata, questi peripoloi furono generalmen­ te introdotti in ogni città dove si trovavano truppe di occupazione >> 138• Essi costi­ tuiscono, perciò, un elemento importante per la datazione del Cantico. Forse anche il fatto che si trattasse di truppe di occupazione spiega il carattere brutale con cui le guardie sono caratterizzate (cfr. Ct 5,7). In contrasto con la forza bruta delle guardie, la domanda della donna suona candida, ingenua: > non è un segno di riconoscimento rilevante per la polizia. Abbiamo notato come il verbo « vedere>> (rii 'iih) colleghi Ct 3,3 con 2, 1 2 e 2, 14. Esso sarà ripreso in 3, I l . Sembra che il « vedere >> sia riservato a chi ama. Può essere che le guardie siano caratterizzate in maniera particolarmente ne­ gativa, perché rappresentanti del potere straniero, ma lo stesso vale per le « figlie L16 « (Bisogna) capire che la profonda e incredibile sapienza di questa ragazza consiste nell'a­ vere il coraggio di assumere gli atteggiamenti di una prostituta per amore di colui ch'ella ama>> (D. Lys, u plus beau chant de la création, p. 144 ). 1 37 Contro G. Ravasi, /1 Cantico dei cantici, pp. 90-29 1 ; D. Colombo, Il Cantico, p. 69. ' " H. H. Graetz, Schir Ha-Schirim, p. 63 (cfr. qui Introduzione, pp. 4445).

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Parte seconda. Traduzione e commento

di Gerusalemme >>, che al v. 5 sono sentite come potenzialmente nemiche dell'a­

more. È dunque la > stessa che è rappresentata in forma negativa, come ostile agli amanti139, in contrasto con la rappresentazione della natura in Ct 2,817, che è tutto un invito all'amore140• [v. 4] Il v. 3 rappresenta nella composizione un momento ritardante, che acuisce sapientemente la tensione narrativa. La ricerca sembra avere esito nega­ tivo. Finalmente, dopo due negazioni (>. Il tema dell'>, con la sua chiara valenza sessuale'4', è apparso in Ct l ,4 e 2,4. Nel Prologo è lui a introdurre la donna nelle sue « stanze >> (l)eder, l ,4b; cfr. 3.40. cioè nella (bet, 2,4; cfr. 3,4e). Ora avviene il contrario (così an­ che in 8,2): è lei a > lui nella >. Il parallelo con > (Ct 3,40 non lascia dubbi: è il luogo dell'a­ more. Abbiamo sopra rilevato il legame con Ct 2,9d (>)142. Il desi­ derio del diletto di > nella casa del!' amata, descritto ali ' inizio della composizione 2,8 - 3,5, si realizza ora, alla fine della stessa. Ciò che all 'inizio era chiuso dietro il muro e le inferriate, si apre ora: la donna stessa introduce l ' ama­ to in >. G. Krinetzki vede nella casa una proiezione dell 'archetipo femmi­ nile del 14\ ma non va dimenticato che nel Prologo è lui a > lei. > è, in ebraico, l'equivalente di >.

139 Viene in mente il film di J.-L. Godard, Je vous sa/ue Marie. Ogni volla che Giuseppe. il fi­ danzato di Maria. cerca di accostarsi a lei. è bastonato da aitanti bodyguard.,, che tanto assomiglia­ no alle guardie del Cantico. Il film è certamente criticabile e ha aspeui irriverenti, ma rappresenta la reazione dell" uomo comune di fronte all"atteggiamento. tanle volte negativo, della Chiesa nei ri­ guardi della sessualità. 1-"1 Sulla contrapposizione città-natura nel Cantico, si veda H.-J. Heineveuer, « Komm nun, mein Uebster. Dei11 Garlen ruft dich! », pp. 1 79- 1 90 ( « Kultur und Natur - die "griine" Vision des Hl d >>). Interessante è anche l " interpretazione psicoanalitica di G. Krinetzki (Kornrnentar zum Hohenlied. p. 1 1 6). che vede nelle guardie la personificazione del super-io freudiano. '" Cfr. qui ProlrlJ!O Ct 1.2 . 2,7, p. 67. 142 Cfr in questo capitolo, p. I O l . • '" G. Krinetzki, Kornmenrar ;:um Hohenlied, p. 9 1 ; cfr. lbid.. p. 257, nota 232. .•

Canti dell 'amata Ct 2,8 - 3,5

1 27

Generalmente è cercata una spiegazione istituzionale a questa espressione. Secondo l 'uso ebraico, il matrimonio si consuma nella casa dello sposo. È lo spo­ so a condurre la donna nella sua casa, e questa entra a far parte della sua famiglia !cfr. Sa1 45, 1 1 ). Già questo non si accorda con il nostro testo. Si sono cercate ec­ cezioni a quest'uso, in certe forme di tipo matriarcale144; ma allora non si spiega­ no più i passi in cui è lui a introdurre lei in casa (cfr. Ct l ,4; 2,4). Il brano suc­ cessivo (3,6- 1 1 ) mostra appunto il corteo nuziale dalla casa della sposa a quella dello sposo. Una spiegazione istituzionale di questo > non è stata ancora trovata145• Rimane un altro tipo di spiegazione, di carattere non istituzionale ma me­ taforico, rispecchiante i l paradosso dell 'amore. Dopo che l 'amore è stato descrit­ to come un rompere i legami di famiglia, un « uscire di casa >> sulla linea di Gn 2.24 (carattere « esodico >> dell'amore, cfr. Ct 1 ,8; 2, 1 0. 1 3), ora esso è descritto come un ricongiungimento con le proprie radici di famiglia. In Ct 8, 1 la donna sogna che l'amato di venga suo fratello, allattato al seno della stessa madre. An­ che l 'espressione di Gn 2,23, « Osso delle mie ossa e carne della mia carne >>, è in fondo espressione di parentela (cfr. Gn 29, 14; Gdc 9,2.3; 2Sam 5, 1 ; 1 9 , 1 3 . 14). L'amore, cioè, porta gli amanti a far parte di una stessa famiglia, a ricongiunger­ si con le radici della propria esistenza146• La famiglia, che in Ct 1 ,6 era stata po­ sta in una luce negativa, è ora sentita nel suo ruolo positivo, come il necessario ambiente dell'amore. La famiglia è indicata in ebraico generalmente con il nome di bét 'iib (« ca­ sa del padre >>). È strano che nel nostro testo (lo stesso avviene in Ct 8,2) si parli di bét 'immf (« casa di mia madre >>). Anche qui una spiegazione realistica, nel senso ad esempio che la donna sia figlia illegittima, è francamente fuori luogo147• !'ll é il padre di lui, né quello di lei sono mai nominati nel Cantico. Ciò ha un pa­ rallelo nei canti d'amore egiziani: dei famigliari degli amanti sono nominati solo i fratelli e la madre. Soprattutto costei ha un ruolo importante, come consigliera nelle cose del cuore 148• Può darsi che si tratti perciò di un fatto legato al genere

144 Si veda la rassegna delle proposte in G. Ravasi, /1 Cantico dei cantici, pp. 293-294. "' Una corrispondenza esiste. forse, con il quadro istituzionale supposto nei canti d' amore egi­ ziani, per cui, dopo che la ragazza è « data in sposa», gli incontri con il fidanzato avvengono nella casa di lei: solo dopo le nozze i due abiteranno insieme nella casa di lui (si veda B. Mathieu, La poé­ sie amoureuse de I 'É.�ypte Ancienne, pp. 1 53- 1 55; cfr. qui lntermez:o corale Ct 3,6-1 /, p. 1 33, no­ ta IO). La spiegazione mitologica, che ricorre al mito di l nanna e Dumuzi (la madre di lnanna, Nin­ gal. offre la propria casa per l' incontro della figlia con Dumuzi, cfr. M. Pope, Song, pp. 422-423), "'mbra lontana dalla semplicità del nostro testo, ma è possibile che essa rifletta costumi sociali ana­ loghi a quelli dei canti d'amore egiziani. Anche in questo caso. comunque, si spiegherebbe male l' invito, rivolto alla donna, a uscire di casa (Ct 2,10-14). 146 « All 'assenza è subentrata l ' intimità fino al suo livello più alto, per cui l ' amore riassume in sé tutte le forme di relazione, anche quella della consanguineità » (G. Ravasi, Il Cantico dei canrici, p. 67). '" Si veda il commento di G. Garbini (Cantico, p. 2 1 0): • Questa precisazione J ... ] mostra che la fanciulla vive solo con la madre. la quale è verosimilmente una prostituta » . Vale la pena osserva­ re che anche in relazione allo sposo si parla soltanto della madre, e quindi per la stessa ragione an­ ,·he lui dovrebbe essere ritenuto figlio di una prostituta! 148 S i veda. ad esempio, Papiro Chester Beatty lA. Rivolgendosi a l suo amato. dice la donna: • Abita vicino alla casa di mia madre. l e tuttavia non so come andare verso di lui. l Potrebbe, per

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Parte seconda. Traduzione e commento

letterario. Personalmente vorrei fare un accostamento con il NT. Nell 'elenco dei famigliari che, secondo Mc l 0,29, i discepoli devono lasciare per seguire Gesù vi sono « fratelli, sorelle, madre, padre e figli >>, ma in quello dei membri della nuo­ va famiglia che li aspetta vi sono soltanto > (v. 30). La figura del padre manca, e non certamente per una svista, ma con una precisa intenzione. Si vuole indicare che nella nuova famiglia non vi sono « padroni >>, l ' unico padre è Dio (cfr. Mt 23,9). Forse l 'assenza del padre nel Cantico obbedi­ sce a ragioni simili: è una critica ali 'autorità patema nella famiglia, sentita come dispotica e insensibile alle ragioni del cuore. >. Il termine l}eder designa la par­ te più intima dell'abitazione, la camera da letto (cfr. Ct l ,4). Viene fatto accenno, qui, alla funzione procreatrice dell'amore. Il verbo hiirtih indica la concezione. In 6,9 ci si riferisce alla procreazione (si parla ancora della madre di lei) con il ter­ mine jiilad, che esprime il >. In Ct 8,5 (qui si parla della madre di lui) è usato, accanto al verbojiilad, anche l}iibal (>). n parallelo è par­ ticolarmente significati vo: nei due casi il luogo dell'amore è lo stesso in cui gli amanti sono stati generati (in 3,4 dove è stata generata lei, in 8,5 dove è stato ge­ nerato lui). Anche qui è il significato >, non quello realistico, che va ricercato, e cioè che l'amore ricongiunge gli amanti con le origini della loro vita. È un ritrovare se stessi. Ed è un rinnovare il miracolo della vita. Anche se il tema della procreazione non è centrale nel Cantico, non è tuttavia assente. Esso è lega­ to al tema della vita, della vittoria sulla morte, che è il Leitmotiv del Cantico (cfr. 8,6). Attraverso la generazione, l'amore vince la lotta con la morte1 49• In questo senso si può comprendere anche il fatto che !sacco abbia > Rebecca > (Gn 24,67). La conclusione del ver­ so è significativa: >. La madre lascia il posto alla sposa. È la corrente della vita che continua. [v. 5] Coda. Il v. 5 è una ripresa letterale di 2,7 («ritornello del risveglio >>). Esso suppone, dicevamo, che l 'unione sia già avvenuta. Ciò è chiaro se si segue, nel v. 4de, la LXX: ouk afeka heos hou eisegagon (> ( 1 ,8-9; 2,2-3; traduzione di E. Bre­ sciani, Letteratura, p. 454). Ahrove si parla invece della madre di lui: « Quando passai vicino a ca­ sa sua, / trovai il ponone spalancato: l il mio amato stava accanto a sua madre, l tutti i suoi fratelli e sorelle erano con lui. [ ... ] Ah se sua madre conoscesse il mio cuore! l Se questo le venisse subito in mente » (3,10; 4,3; traduzione di E. Bresciani, Lelleratura, p. 457). 149 Significativa è, in questo senso, la Figura 46. 1"' Cfr. P. Joiion, Grammaire 1 13o , p. 306. Anche la Vetus Latina e numerose traduzioni mo­ derne (ad esempio, Colombo, Garbini, Rudolph, Ringgren, Miiller, Krinetzki, Gerleman) rendono il verbo al passato. '" Così anche la Vulgata (nec dimittam donec introducam il/um) e la maggior pane dei com­ menti in lingua italiana, francese e inglese.

Canti dell 'amata Ct 2,8 - 3,5

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n contrasto città-natura, espresso ai vv. 1-4 nella contrapposizione tra le guardie e l'amata, è ripreso ora neli' antitesi tra le > e le « gazzelle e le cerve dei campi » : in nome delle forze della natura si chiede alle rappresentanti della città di non disturbare l 'unione152• Si è rilevato sopra il legame degli animali evocati qui e in Ct 2,7 con quelli di 2,9 e 2, 1 7 15\ Le è ancora oggi parte essenziale delle cerimonie nuziali, non solo in Oriente. Come composizione, i l canto si struttura chiasticamente nelle quattro strofe: vv. 6.7-8.9- 1 0. 1 F. Le due strofe centrali (b-b') sono unite dal tema della > (v. 7a; cfr. v. 9a). La seconda strofa ne descrive la scorta, la terza la fattura. La prima e la quarta strofa (a-a' ) sono unite dalla concitata descrizione ' Comprendiamo il 11' come signum accusativi per parallelismo con bamrnelek. Così ha inteso anche la LXX (idete en tij basilei salomon en rij stefantJ). La traduzione CEI (« il re Salomone con la corona»), con la maggior parte delle traduzioni, segue l ' interpretazione della Vulgata (Videte {... j regem Salomonem in diademare). 4 Con chi si identifichi questa voce non è chiaro. Verrebbe fallo di pensare alle «figlie di Ge· rusalemme », le spettatrici del corteo. Ma esse sono il destinatario del discorso al v. I l . Il « coro » può assumere ruoli diversi. Le prime due strofe. che riflettono l 'esperienza immediata della visione. stanno bene in bocca alle donne di Gerusalemme. La terza e la quarta, dal carattere più meditativo. potrebbero essere messe in bocca al poeta stesso. ' In questo senso, ad esempio, G. Gerleman, Ruth. Das Hohelied, pp. 134-143; L. Stadelmann. Love and Politics. A New Commentary on the Song ofSongs, New York · Mahwah 1 992. pp. 96- 1 24. O. Keel (Das Hohelied, pp. 1 1 8· 1 29) e G. Krinetzki (Kommentar zum Hohenlied, pp. 1 18-138) ve­ dono nel brano addiriuura tre indipendenti composizioni: vv. 6-8.9- IOd e I Oe- 1 1 . 6 Cfr. Teocrito, idillio 1 8 (Epitalamio di Elena). 1 Così W. Rudolph, Das Buch Ruth. Das Hohe Ued. Die Klagelieder, p. 1 40; G. Ravasi, Il Cantico dei cantici, pp. 305-306. H.·J. Heinevetter ( Komm nun. me in Liebster, Dein Ganen ruft di· eh! », p. 109) preferisce unire insieme la prima e la seconda strofa. «

1 33

Intermezzo corale Ct 3,6-11

dell'eco che l 'apparire della lettiga suscita nella popolazione di Gerusalemme8• Esse hanno un carattere « dialogico >>. Alla domanda del v. 6 («Chi è? >>) rispon­ de il v. 7 (>). 11 v. I l è un discorso diretto rivolto alle « figlie di Sion ». Alla fine del canto precedente (Ct 3 , 1 -5), la donna > l'amato nella > (v. 4), cioè nel proprio gruppo familiare. In 3,6- 1 1 è l'uomo a introdurre la donna nella propria famiglia. La donna viene da fuori, e '"iene a Gerusalemme. la patria di Salomone. Questa volta è la > a fare gli onori di casa. Non si può parlare di continuità narrativa (da questo punto di vista i due canti si contraddicono)9, ma di continuità !ematica. L' aspetto sociale deli' amore, centrale in 3,6-1 1 , è introdotto già in 3,41 0 • Il tema nuziale unisce Ct 3,6- 1 1 anche con la composizione successiva, il wa$/4, 1 -7. La > della sposa ha, infatti, il suo Sitz im Le­ ben nelle cerimonie nuziali 1 1 • E il tema continua nel canto seguente, 4,8 5, I : si '"edano qui gli appellativi > (Ct 4,8. 1 1 ) e > (Ct -l.9. 1 0. 1 2; 5, l ). Alla luce di 4. 1 -7 sembra chiaro che ad arrivare, in 3,6- 1 1 , sia la donna. L'uomo canta nel "'W/(4, 1 -7) la bellezza di colei che è giunta dal deser­ to (Ct 3,6- 1 1 ). Il testo presenta notevoli difficoltà interpretative. Chi c'è, anzitutto, nella ·< lettiga»? Secondo il v. 6 c'è la donna (vedi il commento, più oltre). Però al v. I l le > sono invitate a vedere non costei, ma >. H.­ P. Mi.iller ritiene che in Ct 3,6- 1 1 si parli di due diversi cortei: nei vv. 6-8 si par­ lerebbe del corteo della sposa, nei vv. 9- 1 1 di quello dello sposo1 2. Ravasi da par­ te sua pensa che si parli di un unico corteo, ma che nella lettiga vi siano tutt'e due gli sposi 13• Il problema è complicato dal fatto che il testo usa due diversi termini per in­ dicare la >: al v. 7 si usa il termine classico mi,t!ii (>), al v. 9 il termine 'appirj6n, un neologisrno il cui significato è discusso. Chi, L'Ome Gerleman14, traduce questo termine con >, naturalmente se-

Cfr. M.T. Elliott. The Uterary Unity ofthe Canticle, pp. 83, 88. 9 G. Ravasi (// Cantico dei cantici. p. 304) nota la continuità tra i due passi, ma non la con­ traddizione. quando dice: " Lo spunto sembra venire dalla decisione della donna di condurre il suo amato nella "casa della madre", compiendo così la classica processione nuziale [ . .. ]. che ora il coro o un solista del coro canta ». In Cl 3.4 la « processione » ha un'altra direzione rispetto a 3,6- 1 1 ! 10 Una singolare analogia esio;;.te con i canti d'amore egiziani. Come B . Mathieu nota, essi han­ no due poli geografici: la casa dell'amata e quella dell'amato. B. Mathieu (La poésie amoureuse de t 'tgypte Ancienne. p. 155. § 33) descrive così il ruolo delle due « case ••: a) il ragazzo e la ragazza abitano ciascuno nella propria casa: b) il ragazzo si reca a casa della ragazza: c) (dopo il fidanza­ mento) egli abita (temporaneamente) nella casa della giovane: d) la donna entra nella casa del mari­ lo; e) gli sposi abitano (definitivamente) nella loro casa. Queste tappe trovano riscontro nella prima pane del Cantico 1 2.8 - 5 . 1 ). La tappa (b) è descritta in Ct 2.8-9. Alla tappa (c) allude la donna in Ct .1 .5 (> introdotto già nel Prologo ( 1 , 1 .4b.5d. l 2)23. Sotto le figure del « re Salomone >> e dell'esotica « principessa >> sono da intendersi i due amanti. che ora sono presentati come sposo e sposa. L' identificazione del > con quello di Giuda non esclude il signifi­ cato simbolico di questo paesaggio. Il simbolismo del deseno è ambivalente. Da una parte, come ricorderà il v. 8, il deserto è luogo di morte e di pericoli, imma­ gine del regno dei mortF'. Dall'altra. esso è anche il luogo delle forze della vita e dell' amore. A Ugarit sal}ru e salimu, gli dèi >, hanno nel de­ serto (bmdbr) la loro dimora2\ e la dea dell'amore è chiamata ]trt fd (>)26 • In Ct 2,7 l 'amata giura , dove per « campi » (siideh) si intende la natura incontaminata, regno degli animali selvaggi (l}ajjat hasSiideh). La sposa viene dal deserto, come l ' amato ve­ niva dai monti e dai colli. con la freschezza vitale di un capriolo (Cl 2,8). « Come colonne di fumo >>. L' ebraico timlirot è un termine raro (soltanto an­ cora in Gl 3,3), che deriva da tiimiir (palma). L'accostamento palma-colonna venne forse facilitato dal fatto che le colonne negli edifici di epoca monarchica avevano un capitello a forma di palma27• La prima impressione è visiva: si tratta cipiente, vaso » che accoglie e custodisce. Anche J. Holman (A Fresh Attempt to Understand the lmagery of Cantic/es 3.6- 11. in K.-D. Schunk - M. Augustin [edd.l. « U.sset uns Briicke bauen ... • [BEAT 421. Frankfun 1 998. pp. 303-309) propone. in base a stereotipi mitologici, una identifica­ zione della donna con la leuiga. La descrizione della mi!fa sarebbe la descrizione anatomica dell'a­ mata. Ma questo va chiaramente oltre i dati del testo. "' H.-P. Mtiller. Das Hohelied, p. 38. 21 C fr.. in questo senso, R. Gordis, The Song, pp. l 8-23; V. Sasson, King Salomon and the Darle lmly in the Song of Songs. in VT 39 ( 1 989) 407-414. " Così O. Keel. Das Hohelied. p. 1 19. " Cfr. qui lntrodu�ione. pp. 29-30; Prologo Ct /,2 - 2,7, p. 67. " Pope sonolinea la simbologia mitica del deseno come immagine dell'oltretomba sullo sfon­ do del mito della discesa di Ishtar agli inferi. La sposa in Ct 3.6 personificherebbe la dea dell 'amo­ re che risale dal regno degli inferi (M. Pope. Song, pp. 242-426; cfr. già W. Wittekindt, Das Hohe Lied und uine Be�iehungen zum lswrkulr, p. 1 34; H. Schmllkel, Heilige Hochzeit, pp. 92-95). Nel nostro caso. però, mi sembra, l'accento è messo più sulla dimensione positiva che su quella negati­ va del deseno. " Cfr. KTU 1 .23:4, 65, 68 (cfr. G. Del Olmo Lete, Mitos, pp. 440 e 447). P. Xella (// mito di Ii}r e s/m, Roma 1973. pp. 1 05-106) commenta: « che accompagnava gli israeliti durante la marcia del deserto (cfr. Es 1 3,2 1 22; 14,1 9.24, eccetera). L a nube conferisce all'apparizione un significato teofa­ nico, numinoso. All 'impressione visiva subentra nel v. 6cd quella olfatti va, che suppone una maggiore vicinanza del corteo. Le , cfr. v. 9b ), chiamato così a causa della neve, come l ' in­ censo è chiamato > per il colore dei suoi grani. L' incenso è una resina che si ricava da varie piante del genere Boswellia29, ed è originario del Sud della penisola arabica (>, cfr. l Re 10,2) e della Somalia. Esso è usato ancora og­ gi in Arabia per scopi profani, ma nell' AT ha un significato soprattutto religioso. L' incenso fa parte del sacrificio quotidiano (Es 30,7-8.34-38), e il Levitico ne re­ gola l'uso liturgico (cfr. Lv 2, 1 -2. 15- 1 6; 24,7). Per Sal 141,2 bruciare incenso è sinonimo di pregare. I numerosi incensieri in pietra o in terracotta di carattere cultuale rinvenuti sia in Palestina sia un po ' dovunque nel Medio Oriente Antico attestano che il significato sacro dell'incenso era ampiamente diffusolo_ Con l'espressione , additando la lettiga. " Così, a ragione, G. Ravasi, Il Cantico dei cantici, p. 3 1 5. Un' immagine simile offre Na 1,3. parlando dell' incedere di Dio: > (C t 8,6), e perciò è rivestita di un'aura sacra!e. « Sessanta prodi le41 stanno intorno ... >>. La preposizione siiblb (intorno) è una ripresa di Ct 3,3 ( « Le guardie che fanno la ronda [hassob'bim] della città>>). Quanto le « guardie >> sono rappresentate in forma negativa, come nemiche del­ l'amore, altrettanto sono presentati positivamente i « prodi >>. Con orgoglio essi sono detti appartenere ai (v. l Ode) e nel sinoni­ mo > (v. I l a). A differenza dei passi finora esaminati (Ct 1 ,5 ; 2,7 e 3,5), qui le '' figlie di Gerusalemme >> hanno un ruolo positivo. l '' prodi >> e le sono i rappresentanti della società. Non di qualsiasi so­ cietà, ma del popolo di Dio ('' Israele >>, >, « Sion >>) . La punta na­ zionalistica era percepibile anche nella specificazione > in 2, 1 2. La società ha dunque un ruolo non solo negativo, ma anche positivo nei confron­ ti dell'amore: quello di proteggere l'amore dai '' pericoli della notte >> (vv. 7-8) e di partecipare alla gioia degli sposi (vv. I l ). È interessante notare che, vicino alla donna, c'è il gruppo maschile dei >, mentre vicino all 'uomo c'è quello femminile delle « figlie di Gerusalem­ me >> (v. I l ). Il gruppo dei > rappresenta, per così dire, lo sposo presso la donna42, mentre quello delle « figlie di Gerusalemme >> rappresenta la sposa pres­ so l' uomo43. D'altra parte, il termine '' prodi » (gibborim) evoca nell' AT la guar­ dia del corpo di Davide (cfr. 2Sam 23,8-39). I '' prodi >> di Davide erano trenta. Trenta giovani inviarono anche i filistei come '' amici dello sposo >> per le nozze di Sansone (Gdc 14, I l ). '' Salomone >> ne ha mandato il doppio ad accompagna­ re la sua sposa: essa è ben protetta! [v. 8] Il testo sottolinea che i guerrieri erano armati di « spada >>. In molti po­ poli orientali la spada ha un ruolo importante nelle cerimonie nuziali. Fra gli ara-

38 G . Gerleman, Ruth. Das Hohelied, pp. 1 36- 1 37. 39 Cfr. D. Lys, Le plus bet1u chant de la création, p. 154; H. Schm!!kel, Heilige Hochzeit, p. 94. 40 Cfr. G. Kuhn, Erkliirung des Hohenliedes, in NKZ 37 ( 1 926) 528. Questa è d'altronde l'interpretazione allegorica tradizionale, presente, ad esempio, nel Targum: « Quando Israele salì dal de­ seno e attraversò i l Giordano, con Giosuè figlio di Nun. dissero i popoli di quella terra: "Che cos'è questa nazione elena che è salita dal deseno, profumata d' incenso e di aromi?"» (traduzione di U. Neri. /1 Cantico dei cantici. Targum, p. 1 16). " A chi si riferisca i l pronome non è chiaro. Grammaticalmente si dovrebbe riferire al sostan­ tivo femminile più vicino, dunque alla lettiga. Ma H.-P. Muller (Das Hohelied, p. 37, nota 1 04) se­ gnala l 'ambivalenza: sarebbe più logico riferirlo alla sposa. A ogni modo la lettiga ospita la sposa. " Presso gli arabi di Siria, il gruppo maschile che ha il compito di condurre la sposa in casa dello sposo si chiama sebab el- 'aris (« i giovani dello sposo »; cfr. J.G. Wetzstein, Die syrische Dresch­ tafel, in ZE 5 [ 1 873] 288-289). 43 Anche in Gv 3,29 >44• Questa danza ha un valore apotropaico, cioè di protezione contro oscuri pericoli: lo stesso significato ha la spada nel Cantico. La spada difende « contro il terrore della notte ». Originariamente il corteo nuziale doveva avere il compito, molto concreto, di difendere dagli assalti dei predoni. La strada del deserto è quella dell'episodio evangelico del buon samari­ tano (cfr. Le 1 0,30)! Ma TM ha un plurale: « Il terrore durante le notti >> (ballelot), la stessa espressione di 3, l . Il legame tra i due passi sembra intenzionale. In 3, l la > è intesa come il tempo dell'amore, ma anche del pericolo (si vedano le >). In Ct 3,8 il termine > (cfr. la traduzione TOB): nel caso del letto di Penelope è il re-sposo stesso. Ulisse, che l 'ha ::ostruito. Il verbo 'ii:$iih è stato usato in Ct 1 , 1 1 per indi­ care uno squisito lavoro d'oreficeria. I materiali più raffi nati e la maestria artisti­ ca del lavoro esaltano il valore di chi lo usa. Con la figura di congiunge il v. 9b con il v. 6b (il > e l ' >; cfr. 2,3) e tradot­ to con « spalliera >>57. Alla progressione verso il centro corrisponde, nuovamente, un aumento della preziosità del materiale usato: all'argento delle colonne suben­ tra l ' « oro >> della spalliera58• Anche il terzo elemento della lettiga è espresso con un termine molto raro (merkiib, ancora soltanto in Lv 15,9, con il significato di >). Poiché il ver­ bo riikab equivale a >, la traduzione più probabile del sostantivo sem­ bra essere « seggio >>, il che fa pensare più a un trono che a un letto59• Se si tratta di un seggio, è comprensibile che il materiale usato non sia un metallo. È infatti la >, propriamente la > ( 'argiimiin , cfr. Ct 7,6), distinta da quella viola, chiamata t"kelet. A dire di Ravasi, la porpora era un materiale più costoso dell 'argento e dell 'oro: un grammo di porpora valeva l 0-20 grammi d'o­ ro. E si comprende: per ottenere un grammo di porpora c'era bisogno di circa ot­ tocento murici60• >61 . Siamo dunque nella stessa sim­ bologia regale e sacrale che caratterizza il resto del brano. ,. Cfr. il commento a Ct l , 17. " La Siriaca (t.iwjth) la LXX (anakliton) e la Vulgata (rec/inatorium) fanno pensare piuttosto a qualcosa di orizzontale, e così intende anche J. Winandy (La litière de Sa/omon [Ct J,IJ.JO], in VT 15 [ 1 965) 106): •• La partie horizontale de la litière, celle sur laquelle on se couche, le chàlil >>. A. Ro· ben R. Toumay (Le Cantique des cantiques. p. 1 5 1 ) pensano piuttosto a un « baldacchino» sopra il �> di altro genere: [ ... ] kai s6mat6n kai psychas anthr6p6n (« ) .. . ] e di corpi e di anime umane »). l due ultimi membri della catena si al­ lineano mediante congiunzione alla lunga lista dei beni materiali. Qui, alla fine. sta la punta del bra­ no: si commercia ciò che non è commerciabile' Significato analogo ha la collocazione del termine « amore >> alla fine di una serie di materiali preziosi. 76 In questo senso. M .T. Elliott, The Literary Uniry ofrhe Camicie, p. 88. 71 Pensare. come fa O. Keel (Das Hohelied, pp. 125-1 26). che con la parola « amore » si indi­ chino scene erotiche dipinte all' interno della lettiga, secondo la moda ellenistica e secondo una tra­ dizione riponata nel Ta/mud a riguardo di Gezabele (b.Smrhedrin 3 9b, cfr. L. Goldschmidt, Der babylonische Ta/mud, vol. VII, p. 163 ), mi sembra estraneo alla concezione dell'amore che ha il Cantico.

1 44

Parte seconda. Traduzione e commento

Schema 19

lettiga colonne spalliera seggio interno

v. 9 v. I Oa v. I Ob v. IOc V.

I Od

--+ --+ --+ --+ --+

legno del Libano argento oro porpora amore.

Il termine astratto acquista d'altronde, per sineddoche, anche un valore con­ creto. Con il termine > della lettiga vi è la personificazione dell'amore, la giovane fidanzata: è essa che orna, con il suo amore, la lettiga di « Salomone >>. La domanda del v. 6a (« Chi è costei? >>) riceve da questa identificazione tutto il suo significato. Problematico diventa però ciò che segue: mibb'n6t froiiiliijim ( « da parte delle figlie di Gerusalemme >> )79• Heinevetter osserva: « Qui si insinua un uso del­ la lettiga che ha poco a che vedere con la serietà di un re o anche con un matri­ monio >>811• Ma questo brano non è l 'unico a parlare deli' amore delle altre donne per Salomone (e viceversa). Per il primo senso si veda Ct 1 ,2-4. Abbiamo notato nella prima strofa del Prologo il passaggio dal singolare deli' amata al plurale delle ,, fanciulle >> (« Per questo ti amano le fanciulle >>, v. 3c; cfr. v. 4e; « Esulte­ remo e gioiremo per te... >>, v. 4cd). L'amore delle altre è visto non come una con­ correnza, ma come una eco amplificatoria deII' amore deli 'unica, che da sola en­ tra nella stanza del re (v. 4b). Deli' amore di Salomone per le altre donne parla 6,8 (« Sessanta sono le regine, ottanta le concubine, e le fanciulle senza numero >>), ma anche qui ciò avviene per esaltare l ' unicità deli ' amata (« Una sola è la mia colomba >>, v. 9). Si ha l ' impressione che le « figlie di Gerusalemme >> abbiano una funzione letteraria, per conferire spessore « corale >> all'amore dei due giova­ ni8 1 . Sh. Pau) ha rilevato un fenomeno analogo nei canti d'amore mesopotamici82• Queste osservazioni, se non spiegano del tutto il nostro testo, rendono quanto me­ no restii a considerarlo una glossa maldestra. Le « figlie di Gerusalemme >> si allineano alle altre espressioni del brano, che sottolineano il carattere « sociale >> e « nazionale >> dell 'amore: « prodi d'Israele » (v. 7c), « figlie di Sion >> (v. I l a). Nella persona della sposa (indubbiamente nella

78 In questo senso, E. Renan (Le Cantique des cantiques, p. 160): « Au centre brille une belle choisie entre les filles de Jérusalem >>: M.T. Ell iott (The Uterary Unity ofthe Camicie, p. 88): He­ re in 3 , 1 0d il would seem that 'ahlib/J should be recognized as an example of the rhetorical figure "synecdoche", where the most centrai, interior piace stands for the person of the Beloved herself G . Garbini (Cantico, p . 213) pensa, invece. che Amore sia personificato dallo sposo innamorato. 79 La preposizione min ha il senso di indicare la provenienza dell'amore (cfr. P. JoUon, Gram mai re 1 33e). Potrebbe anche, forse, essere intesa in senso causale ( « a causa delle figlie >>), in questo senso Salomone sarebbe non oggetto, ma soggetto dell'amore. 80 H.-J. Heinevetter (« Komm mm, mein Uebsrer. Dein Ganen ruft dich! », p. 1 13) riscontra ne1 vv. 9-1 O una seconda redazione del Cantico, critica rispetto a « Salomone », cbe egli distingue da quella originale, prosalomonica, presente nei vv. 6-8* 81 In questo senso, anche G.S. Ogden, Translational lssues, pp. 223-225. 82 Sh. M . Paul, The Plural of Ecstasy ». «



«

Intermezzo corale Ct 3, 6-11

l 45

lettiga c'è una sola persona) viene a Salomone tutto l 'amore delle « figlie di Ge­ rusalemme ». La giovane fidanzata personifica non soltanto la dimensione teolo­ gica dell'amore, >, cfr. 3.6a). sebbene a salire siano in due ( « Appog­ giata al suo diletto? »). Da un punto di vista strutturale (cfr. Schema 20), la menzione di Salomone nell 'ultima strofa. tutta al maschile (16; immo , v. I le; �iftunnàto, v. I l d; libbO, v. I l e) bilancia quella dell 'amata nella prima strofa, tutta al femminile (zo 't 'o/ii, v. 6a; m'qu.t.teret, v. 6c). '

Schema 20

a) v. 6 b) vv. 7-8 b') vv. 9- 1 0 a') v. I l

sposa lettiga (esterno) lettiga (interno) sposo.

" Perciò una punta polemica si può avvenire: non nei riguardi di Salomone (contro H.-J. Hei­ neveuer, " Komm nun, mein Uebster, Dei11 Garten ruft dieh! », p. 1 1 3), ma nei riguardi del modo di concepire l 'amore nel mondo ellenistico. a cui è contrapposto l'amore all' interno del popolo di JHWH. D' altra parte, una simile interpretazione porta a escludere che la sposa sia una bellezza stra­ niera (la figlia del faraone o una principessa orientale, cfr in questo capitolo, note 2 1 -22): la sposa viene dal deserto, ma essa viene anche dal « Libano » (Cl 4,8). « Deserto » e « Libano » sono pae­ saggi della terra d' Israele. la nostra terra » (Ct 2 , 1 2). " O. Keel, Das Hohelied, pp. 1 27- 1 29. " G. Krinetzki, Kommentar zum Hohenlied, pp. 1 27- 1 32. 86 Secondo la tradizione giudaica antica, effettivamente lo sposo va a prendere la sposa insie­ me con gli amici delle nozze », e con essi accompagna la lettiga (dove sta la sposa) dalla casa del­ la sposa alla sua casa (cfr. P. Billerbeck - H.L. Strack, Kommentar, vol. l, p. 505). .•





146

Pane seconda. Traduzione e commento

In tennini di macrostruttura, la centralità dello sposo, alla fine della compo­ sizione, prepara l ' un ità seguente, che è caratterizzata da due canti del l ' uomo. È lui, in particolare, che in Ct 4, l intona l 'elogio dell 'amata. [v. I l ] L'espressione > è un sinonimo del più comune >, con cui tennina la strofa precedente (v. I Oe). Perché l 'autore ha scelto (quest'unica volta) di cambiare espressione? Forse per evitare una ripe­ tizione ritenuta cacofonica. Forse anche perché, nei due casi, i l ruolo del gruppo è diverso: le « figlie di Gerusalemme >> (v. l Oe) sono attrici (personificate nel l ' a­ mata), le > (v. I la) sono spettatrici. Anche nell 'ambito del i ' AT l 'espressione è rara. Essa ritorna unicamente in Is 3-487, ne li' ambito della denun­ zia profetica del lusso di Gerusalemme (si veda Is 3 , 1 6. 1 7). L'accostamento dei due brani è significativo. La raffinata eleganza delle donne di Gerusalemme è vi­ sta dal profeta come segno di orgoglio e di vanità. Nel Cantico non vi è traccia di biasimo: il fascino e la bellezza femminile sono visti con ammirazione. I gioielli e i metalli più preziosi non sono sprecati per essa: sono il segno della preziosità del i ' amore. Cosi tra la prima e l'ultima strofa del canto si abbozza un passaggio dal « de­ serto >> (v. 6a) alla > (>, v. I la), un tema centrale nel Cantico. L'a­ more non viene dalla città, non è una creazione delle convenzioni sociali: esso viene dalla natura selvaggia, dal >. Ciò che in Ct 2, 7 e 3,5 era evocato dal lessema siideh (campi), è qui espresso dalla parola midbiir (deserto). La stes­ sa concezione sarà ripresa in 4,8, dove l 'amata giunge « dalle tane dei leoni. dai monti dei leopardi >>. L'amore dunque viene dal deserto, ma va verso la città. Il deserto non è soltanto positivo, è luogo di solitudine e di forze primitive (gli ani­ mali selvaggi) che possono anche portare alla distruzione. Ha bisogno della città. L'amore chiede di essere vissuto nell'ambito della società, come appunto avvie­ ne nel matrimonio. La società ha la funzione di proteggere l ' amore (i sessanta prodi, vv. 7-8), ma anche di gioire, di fare festa per esso. Funzione, quest'ultima, non irrilevante, come fa fede il brano evangelico di Mt 22, 1 - 1088• Se il > metteva in rilievo la funzione negativa della « città >> (« Figlie di Gerusalemme, [ ... ] non svegliate, non ridestate l 'amore finché a lui non piac­ cia! >>, Ct 2,7; 3,5), Ct 3,1 1 ne evidenzia la funzione positiva. Come nel caso dei « prodi d'Israele >>, anche nel caso delle « figlie di Sion >> si avverte un'afferma­ zione della coscienza nazionale. « Sion >> non è una città qualsiasi. È la città di Dio, la città santa. La partecipazione delle figlie di Gerusalemme è espressa mediante due ver­ bi: « uscire >> (jii$ii ') e « vedere >> ( rii 'iih). Nel gioco di sottili rimandi del Cantico,

07 Esanamente in Is 3, 16. 1 7 ; 4,4. " Così ritraggono P. Billerbeck - H.L. Strack (Kommentar, vol . l, p. 505; si veda alle pp. 5 1 05 1 4 l a copiosa leueratura rabbinica su l i 'argomento) il costume giudaico secondo l e fonti rabbiniche: « Gl i abitanti del luogo accorrono in schiere per di mostrare agli sposi la loro auenzione. Al rullo del tamburo nuziale accorre anche la vecchia. Accompagnare una sposa era ritenuto, in falli, un'opera al­ tamente meritoria. Gli stessi rabbini interrompevano lo studio della Torah per dimostrare alla sposa la loro simpatia . .. >>.

lntermetzo corale Ct 3,6-JI

147

il primo verbo echeggia l ' invito a « uscire >> rivolto dal coro ali' amata in l ,8. Ma tutto il camo sulla primavera era un invito a > (cfr. 2, 10. 14). Qui era ap­ parso anche il secondo verbo, > (2, 12.14). L'amata era invitata a >, come i fiori e le colombe. Come l 'amata, anche le figlie di Sion sono in­ vitate a partecipare alla festa dell'amore, a > dal chiuso delle loro case e a > lo sposo. Non come le guardie: quelle, non potevano > l 'amore (Ct 3,3 ). Colombo. con altri prima e dopo di lui, riferisce il v. I l be a una supposta in­ coronazione regale di Salomone a opera di Betsabea89• Però non si dice, in l Re 1 , 1 1 -40, che Salomone abbia ricevuto la corona regale da sua madre, né che il giorno della sua incoronazione sia stato quello delle nozze. L'ebraico 'il!iira, inoltre, non è tipico per indicare la corona regale (per cui si usano i termini ne­ zer90 o keter91), ma ha un significato più generico. È logico perciò pensare piutto­ sto alla >, in uso in Israele fino al 70 d.C., poi smessa in segno di lutto92. Tale uso è stato conservato nella liturgia bizantina93. D'altronde ciò si ac­ corda bene con quel >94• Scartata l ' interpretazione >, l ' incoronazione dello sposo da parte della madre rimane comunque problematica. Essa non trova un riscontro istitu­ zionale, neanche nelle tradizioni giudaiche. Forse ha ragione Krinetzki di ricor­ rere alla psicologia del profondo. La madre è il primo amore di ogni uomo, la personificazione del « grande femminino >>, da cui ogni uomo, alla ricerca della propria integrazione personale, è attratto. Nel matrimonio, la madre cede questo ruolo alla sposa: per questo deve essere lei a incoronare sposo suo figlio95. D· al­ tra parte. la madre è la personificazione della famiglia. In Ct 3,4 la sposa voleva condurre lo sposo nella >, nella propria famiglia. Qui. per quell'> che è tipico del Cantico, la sposa entra nella . ' TM haqt{$iibtir significa propriamente • tosate » (così anche la LXX, la Siriaca e la Vulgata). Ma il contesto richiede di leggere da tosare ». Si allude, infatti, al bagno delle pecore prima della tosatura. 3 Con le versioni antiche. TM midbrir è un hapax. 4 Con la LXX e la Vulgata; TM ha • la tua tempia>>. •

1 52

Parte seconda. Traduzione e commento munita di baluardiS: mille scudi vi sono appesi, tutte le faretre6 dei prodi.

III 51 tuoi due seni, come due piccoli, gemelli di una gazzella, che pascolano tra fiori di loto. 6Quando il giorno respira e si allungano le ombre, me ne andrò al monte della mirra e alla collina de l i ' incenso. 7Sei tutta bella, amica mia, in te non c'è macchia! » lncfJntro

I Il diletto

8« Con me7 dal Libano, o sposa, con me dal Libano vieni. Guarda8 dalla cima dell ' Amana, dalla vetta del Senir e deii'Errnon, dalle tane dei leoni, dai monti delle pantere! 9'fu mi hai fatto impazzire, sorella mia sposa, tu mi hai fatto impazzire con uno solo dei tuoi sguardi, con una perla sola delle tue collane.

' Con la versione di Aquila. la Siriaca e la Vulgata; TM /'talptjlJt è un hapax che non ha anco­ ra trovato una soddisfacente spiegazione. • Il significato di TM felet è controverso. La LXX ha bolides (dardi); la Vulgata, armatura; la Siriaca, s/.t. che non è chiaro. La traduzione faretre si appoggia soprattutto su Ger 5 1 , 1 1 . sull'acca­ dico sa/fil (" custodia [in cuoio) per arco e frecce»), e su IQM 6,2. 7 Con TM. La LXX. la Siriaca e la Vulgata hanno: « Vieni >>. ' TM t>) sia da sur Il (scendere). La LXX e la Siriaca sembrano appoggiare la seconda traduzione, ma il contesto parla in favore di fur I («chi­ narsi a guardare »).

Canti del diletto Ct 4,1 - 5,1

1 53

n 1 0Come sono soavi le tue carezze9, sorella mia sposa, come sono dolci le tue carezze, più del vino! E l'alito dei tuoi profumi più di tutti i balsami. 1 1 Miele vergine stillano le tue labbra, o sposa, miele e latte sotto la tua lingua, e il profumo delle tue vesti è come il profumo del Libano.

III 12Giardino chiuso, sorella mia sposa,

fontana1 0 chiusa, sorgente sigillata!

131 tuoi germogli, un paradiso di mel ograni con frutti squisiti, virgulti d' alcanna con cespi di nardo; 14nardo e curcuma ' ' , càlamo odoroso e cinnamomo con ogni albero da incenso, mirra e aloe con tutti i balsami più pregiati. 15S orgente dei giardini12, pozzo d' acqua viva, che scaturisce dal Libano >>. IV L'amata

16« Dèstati, aquilone,

e tu, austro, vieni ! Fa' respirare il mio giardino: se ne sciolgano i balsami.

9 Con TM (dOdajik). La LXX, la Vulgata e la Siriaca hanno leno tkuldajik («i tuoi seni >>), co­ me in Cl 1 ,2. 1° Con TM (gal). La LXX (lcepos), la Vulgata (hortus) e la Siriaca (gnt') suppongono la lettu­ ra gan (giardino). " Il termine ebraico kark6m, un hapaxlegomenon, può indicare sia la curcuma o radice gialla, sia il croco o zafferano. 12 Con TM. Siriaca, Vulgata e alcuni manoscritti della LXX; il codice Vaticano ha il singolare upou, assieme alla versione Etiopica e Araba.

1 54

Parte seconda. Traduzione e commento Venga il mio diletto nel suo giardino · e ne gusti i frutti squisiti ».

Il diletto

5 1 « Son venuto nel mio giardino, sorella mia sposa, ho colto la mia mirra col mio balsamo, ho gustato il mio favo col mio miele, ho bevuto il mio vino col mio latte » .

Il poeta

« Mangiate, amici, bevete, inebriatevi, o cari ! >>

l canti del diletto (Ct 4,1 - 5,1). Ai due « canti dell 'amata >> (Ct 2,8- 1 7 e 3 , 1 5 ) conispondono chiasticamente i due > (Ct 4, I - 7 e 4,8 - 5 , I ). L'arco tra la separazione e l'unione, teso in 2,8, si chiude, dopo le unioni parzia­ li o sognate che hanno segnato la conclusione dei canti della donna in 2, I 7 e 3,5, in 5, I , un punto fermo nella struttura del Cantico. Con 5,2 comincia un nuovo movimento, che va dalla separazione ali 'unione. Il primo canto (4, 1 -7) è chiaramente delimitato, sia per il genere letterario (wa.$/O descrizione del corpo), sia per l ' inclusione tra 4,1 (>) e 4, 7 (>). Non così è per 4,8 - 5, l : Colom­ bo, ad esempio, vi vede tre canti: 4,7(!)- 1 1 ; 4, 12- 16 e 5,1 13• A favore dell'unità di questa composizione parla, fra l'altro, l' inclusione effettuata dal verbo > (bO') tra 4,8 e 5, l . Si tratta del Leitmotiv del canto. Il tema era stato introdotto al­ la fine del canto precedente, in 4,6, dove l 'uomo esprimeva il desiderio di > (halak) dali' amata. Ali ' inizio del nuovo canto, in 4,8, egli invita l 'amata a « venire >> da lui. La donna risponde, alla fine del cap. 4, invitando a sua volta il diletto a > nel suo > (bo ', 4, 1 6). In Ct 5 , 1 1 'uomo accoglie fe­ stosamente l ' invito de li' amata: >. Il canto descrive il progressivo > dei due amanti, fino a concludersi nell'unione, descritta metafori­ camente in Ct 5, l . Possiamo caratterizzare i l rapporto dei due poemi come i l passaggio dalla « contemplazione >> della persona amata (4, 1 -7) al > di lei nei gesti dell'amore (4,8 - 5,1). Accanto al verbo >, altri sottili legami uniscono i due canti; si vedano, ad esempio, le parole: >, vv. l e e 9b; >, vv. 3a e I la; >, vv. 3c e 1 3a; > e >, vv. 6cd e 14cd; > termina il ww;f (v. 6) e con questa 1 3 D. Colombo, // Cantico, pp. 75.88 (cfr. Id., Cantico, p. 83). Colombo non è il solo in questo senso. Keel. ad esempio, divide così: 4,8; 4,9· 1 1 ; 4, 1 2 - 5,1 (0. Keel, Da.< Hohelied, pp. 1 44- 1 73; cfr. H.-P. Miiller, Das Hohelied, pp. 45-53; G. Gerleman, Ruth. Da.< Hohelied, pp. 1 5 1 - 162), se­ guendo grosso modo la classificazione formale di F. Horst (Die Fomren. pp. 1 76- 1 87), che vede in Ct 4,8 - 5,1 le seguenti forme elementari della lirica amorosa: « Sehnsuchtslied » (4,8) ; « Bewunde­ rungslied >> (4,9- 1 1 ); « Vergleichslied » (4, 1 2 - 1 5); « AIIegorienlied » (4, 1 6 - 5, 1 ). G. Krinetzki (cfr. Kommentar zum Hohenlied, pp. 138-158). da parte sua, riconosce nel nostro brano ben sei poemi in­ dipendenti: 4,8-9. 10- 1 1 . 1 2, 13-15; 4, 16 - 5, Id; 5,1 ef.

Canti del diletto Ct 4,1 - 5,1

l 55

stessa metafora inizia il canto successivo (v. 8) 1 4• Anche il motivo del « vento », introdotto a conclusione del wa1! (>, v. 6), è ripreso al tennine del secondo canto («Svegliati, Aquilone, vieni, Austro! Fa' respira­ re... >>, v. 1 6). D'altra parte, i due canti del diletto sono strettamente collegati con quanto precede. Si è notato la corrispondenza tra 4,6 e 2, 1 6- 1 7, cioè tra la conclusione del primo canto dell'amata (2,8- 17) e la conclusione del primo canto del diletto (4, 1 -6)15• Più evidenti sono i legami con l'lntennezzo corale (3,6-1 1 ), tanto che molti autori uniscono in un' unica composizione 3,6 - 5, 1 16• Data la diversità del soggetto parlante, noi abbiamo preferito distinguere 3,6- 1 1 , pronunziato dal « coro>>, da 4,1 - 5 , 1 , pronunziato dal diletto. Ma il legame è innegabile. L'In ­ termezzo corale mette, infatti, sulla scena i due protagonisti del wa�f: la donna (Ct 3,6), di cui è descritta la bellezza, e « Salomone >> (Ct 3, I l ), che di questa canta l'elogio. Il viaggio ha portato i due l'uno accanto all 'altro: ora la « con­ templazione >> è possibile. Inoltre, 3,6- l l ha in comune con 4, 1 - 5 , 1 lo sfondo nuziale. Il wa1! (4, 1 -7) è un genere letterario tipico delle cerimonie nuziali; an­ che il > (vv. 1 d.3d) fa parte de li 'ornamento della > (kalliì). La don­ na è chiamata così in 4,8a.9a. I Oa. l l a. l 2a; 5, l a. Oltre a questi segnali macro­ scopici, vi sono precisi legami lessicali: le parole > (3,6; cfr. 4,6), > (3,7; cfr. 4,4), > (3,9; cfr. 4,8. 1 1 . 1 5), l ' avverbio hinneh (>, 3,7; cfr. 4, 1 ). Il lessema /eb (>, 3, I l e) è ripreso nel verbo lib­ babtini (>, letteralmente: >, Ct 4,9ab) e fonna una paronomasia con i due tennini /•bOna (incenso) e /'biinon (Libano). Dal punto di vista metaforico, il >, ricco d'acqua (Ct 4, 1 2- 1 5), si contrappone al >, da cui proviene l ' amata (3,6), e le nu­ bi di profumo che accompagnano la lettiga (C t 3.6) sono rievocate negli effluvi emanati dal giardino sotto l ' azione del vento (4, 1 6) 1 7• Dal punto di vista tempo­ rale, c'è una coerenza tra l ' indicazione data in 3,6 (« giorno >>) e quella di 4,6 (>). Il « giorno >> è il momento corale della festa, la > è il tempo del­ l ' intimità dei due amanti.

Contemplazione (Cl 4,1-7). La composizione 4, 1 -7 appartiene a un genere let­ terario conosciuto, che per analogia con la letteratura araba è chiamato wa$f Nel 14 Con la metafora del « monte • concorda anche l ' inizio dell'/ntermev.o corale: «Chi è costei che sale?>> (Ct 3,6) (cfr. D. Lombard, LR Cantique des cantiques {3,6-5, 1 J, in Sémiotique et Bibli [ 1 992) 46). " Cfr. qui Canti del/ 'armlla Ct 2,8 - 3,5. p. 100. H.-J. Heinevetter (« Komm nun, mein Liebsrer, Dein Garten ruft dieh! », p. 1 34) segnala, inoltre, la ripresa di mar 'èk 11ii 'weh (>, Ct 2,14) in midbarèk mi 'weh («> (vv. l d e 3d), sul cui significato si dirà più avanti21. Ma il titolo (>) vuole lasciare implicito il lato isti tuzionale, come d'altronde l'appellativo (vv. 1 .7) invita a fare; la contemplazione dell'amata qui non è di maniera: esce dal cuore (cfr. 3, 1 1 ).

Schema 21 Cornice (v. l ab) l strofa (vv. lc-2)

n strofa (vv. 3-4)

m strofa (vv. 5-6) Cornice (v. 7) 18

Ammirazione l . Occhi � Colombe 2. Capelli � Capre 3. Denti � Pecore 4. Nastro di scarlatto � Labbra S. Melegrane � Guance 6. Torre di Davide � Collo 7. Seni � Cerbiatti Desiderio di salire sul > Ammirazione

Come sei bella, amica mia ... dietro il tuo velo

...dietro il tuo velo

Sei tuffa bella, amica mia.

Cfr. qui Introduzione, p. 29. Cfr. G.H. Dalman, Pa/ii.winischer Diwan, p. l 00. I l wa�Jfa parte, fra l ' altro, del nasid, i n cui i l poeta lamenta l a perdita dell 'amata ricordan­ done la bellezza (cfr. G. Gerleman, Ruth. Das Hohelied, p. 1 46). " Si veda, ad esempio, il Papiro Chester Beauy lA l , 1 -8: > (tradu­ zione di E. Bresciani, Letteratura, p. 453: cfr. anche 3, l 0-4, l , lbid., pp. 456-457; e il Papiro Hanis 500A l , IO- I l , lbid., p. 460). Per il genere letterario della descrizione della persona amata nella poe­ sia amorosa egiziana. cfr. B. Mathieu. La poésie amoureuse de l 'Égypte Ancienne, pp. 1 87 - 1 88. 22 Si tratta della descrizione della bellezza di Sara. di cui si riferisce al faraone (l QapGn 20,2-8; cfr. F. Garcia Martinez, The Dead Sea Scrol/s Translated. The Qumran Texts in English, Leiden 1 994. p. 233), e di quella di Asenet, prima delle nozze con Giuseppe. Asenet vede il suo volto riflesso sulla bacinella do­ ve sta per lavarsi: e del > (4,6; cfr. 5 , 1 5b e 7 .8-9). La prima strofa (vv. l c-2) descrive tre pani del corpo: occhi (v. led), capel­ li (v. l ef) e denti (v. 2). Ogni volta, è nominata in primo luogo la parte del corpo, quindi il termine di paragone corrispondente (colombe, capre, pecore), seguito da una descrizione breve le due prime volte (vv. l d. l f). e da una più diffusa la terza (v. 2bcd). La strofa mostra. dunque, una struttura bipartita, che ritrùveremo nelle strofe successive: v. l cdef + v. 2. La seconda strofa (vv. 3-4) descrive, in parallelo con la prima, altri tre ele­ menti del corpo : labbra (v. 3ab), guance (v. 3cd) e collo (v. 4). Come nella prima strofa, anche qui le membra sono descritte attraverso una metafora, che alla fine. nel collo, assume uno sviluppo autonomo (v. 4). Si noti l'inversione rispetto alla prima strofa: qui viene, per 3 volte, prima la metafora, poi la parte del corpo. La ripetizione dell'espressione , sul tipo di certi quadri di Arcimboldo o dei fiamminghi Bruegel e Bosch28• Forse, la difficoltà a cogliere la poesia del wm;fè dovuta al fatto che si è abituati a comprendere le metafore dal lato >, mentre esse vanno lette so­ prattutto nel loro aspetto « dinamico >>29• Questa considerazione è stata fatta sopra a proposito di 1 , 1 5, un verso che è ripreso letteralmente in 4, 1 : >30• Il tertium comparationis non è in questo caso la forma degli oc­ chi, ma il loro « inviare messaggi d'amore ». Questa accezione è confermata da 4,9b, dove il termine ebraico 'enajim ha chiaramente il senso di « sguardi >>, non di « occhi >>. Cioè, non è solo né tanto 1 ' aspetto esteriore delle cose che l 'autore vuole mettere a confronto, ma il loro aspetto >, la loro anima. Come le colombe, così le capre, le pecore, le melagrane erano considerate portatrici di for­ ze magiche connesse con il mistero della vita. È questa forza vitale il termine di paragone. Le Civiltà circostanti esprimevano l ' interpenetrazione tra le forze del­ la natura e la persona umana attraverso il mito. Un resto di questa concezione mi­ tica è percepibile nel Cantico, integrato naturalmente nella religione jahvistica31 • D'altra parte, la lirica d'amore di tutti i tempi ha cantato l ' osmosi tra l 'amore umano e la natura32. Il poeta messicano Octavio Paz dice all'amata: >), è collegato strutturalmente con il v. 1 5a, mentre 4, 1 c è separato da 4, l ab e congiunto con le seguenti due parti del corpo, con cui forma la prima strofa. ta 25), o vi inseriscono interi versi presi da allre pani del Cantico (cosl fa G. Garbini [cfr. Cantico. pp. 2 1 6-217], che tra il v. Id e l e inserisce due versi presi dal Wll.ff del cap. 6. i vv. 4-5a). Garbini ri­ tiene ancora fuori posto il v. 3cd e lo pone dopo il v. 5 (lbid., p. 222). " F.C. Blacl·t.' The Grotesque Body in the Song of Songs, in Biblnt 8 (2000 ) 302-323. " Cfr. qui Introduzione, pp. 27-28. 30 Si veda qui Prologo Cl 1.2 - 2.7, pp. 83-84. " Cfr. qui Introduzione, p. 27. " Cfr. H.-P. Mtiller, Die Lyri.rche Reproduction des Mythischen im Hohenlied, in ZfhK n (1976) 23-4 1 . " O. Paz, Piedra del sol, in Obra poética (Obras completas I l ), México 2001 , vol. l, p. 2 1 8. " Citazione in A. Roben - R. Tournay. Le Cantique des cantiques. p. 400. " Cfr. B. Mathieu, La poésie amoureuse de l 'Égypte Ancienne, pp. 176-1 80, §§ 63-66.

Canti del difeno Ct 4,/ - 5,1

1 59

[v. l] Singolare è la notazione: « Dietro il tuo velo » (v. Id). L'ebraico �amma è abbastanza raro neii'AT (soltanto, ancora in 4,3; 6,7 e ls 47,2), il che spiega l'in­ comprensione delle antiche versioni, ma la traduzione « velo (per il volto) >> è oggi in­ discussa16. Accanto a questo tennine è usato nel!' AT anche il sinonimo $ti 'ip (Gn 24,65; 38, 14. 1 9). Il significato del velo in Ct 4, 1 è diverso da quello di l ,7c, dove es­ so era il distintivo della prostituta. Nel nostro caso il velo è il segno della sposa (cfr. Gn 24,65 ) . Secondo la tradizione ebraica, la sposa era velata, per cui si comprende lo scambio fano da Giacobbe tra Lia e Rachele (Gn 29,2 1 -25)37. Anche in Mesopotamia il velo contraddistingueva la sposa: la parola stessa che designa la sposa, kalliitu (in ebraico, kafla), è collegata etimologicamente con il verbo kullulu (velare) ed è sino­ nimo di pussumtu (velata)'8. Il velo era simbolo della castità della sposa, ma anche della sua appartenenza a un uomo. Van der Toom aggiunge che era anche un raffina­ to strumento della bellezza femminile, di quella bellezza che lascia intuire senza mo­ strare, facendo capire che ciò che è nascosto è molto più di quello che appare39• Non per nulla il velo era i l segno non solo della sposa, ma anche della prostituta ( 1 .7). Non è chiaro come fosse il velo, se trasparente, in modo da coprire tutto il viso40, o, come vorrebbe Van der Toom, (sii 'ir) era il demonio del deserto (Lv 1 7,7; Is 1 3,2 1 ). È l 'aspetto selvaggio, >, deli ' amore che si mette in evidenza. La metafora del gregge di capre conferma questo significato. Le capre sono in­ docili e « selvatiche >>, non si lasciano assolutamente ordinare (cfr. Dn 8,5.7). Esse sono nere e sono numerose (« gregge >>). E >. L'ebraico gii/aJ (hapa.x ne li' AT) esprime il movimento dell'acqua quando bolle45• Il procedere a salti, disordinato, di un gregge di capre che scende lungo le pendici di un monte di­ viene metafora poetica della massa di capelli ondulati e selvaggi che scendono dal capo della donna. Il monte di cui si parla è il Galaad: non perciò un monte isolato. ma la regione montuosa a Est del Giordano. tra i torrenti Jabbok e Jarmuk. Si trat­ ta di una regione ai margini della civiltà, vicina al deserto, associata tradizional­ mente a demoni e satiri (cfr. ls 1 3,2 1 ; 34, 1 1 ; Gn 32,23-33 !). La donna impersona le forze selvagge e vitali della natura, anzi, è personificazione della terra stessa. Il ter­ mine hiir (monte), che al v. l f si riferisce al Galaad, è infatti ripreso al v. 6e per in­ dicare la donna (ripetendo l 'inclusione tra 2,8 e 2, 1 746). [v. 2] Dai capelli si passa ai denti. Il passaggio non obbedisce a un ordine lo­ gico (gote e labbra dovrebbero venire prima, in ordine discendente), ma poetico. Le due parti del corpo sono, infatti, associate dali' idea del >47• Perciò ambedue sono paragonate a un gregge. Con un tale accostamento, il poeta ottie­ ne un contrasto48• Da un punto di vista cromatico, anzitullo: il nero dei capelli-ca­ pre contrasta con il bianco dei denti-pecore. Il colore bianco della lana è prover­ biale (cfr. ls 1 , 18 ; Sal 147, 1 6; Dn 7,9). Questo aspetto è accentuato dal fatto che le pecore escono dal > (ralm'i, un altro hapa.x, ma chiaramente deri­ vante da rii/Ja$ [lavare]), sono state perciò appena lavate. L'ebraico q'$Ub6t si­ gnifica di per sé > (così hanno tradotto, infatti, le versioni antiche), ma questo non ha senso: è logico che il lavaggio avvenga prima, non dopo la tosatu­ ra. Del resto il significato: , è perfetta­ mente possibile nella lingua ebraica, tanto più in un testo poetico49• " Cfr. HAlAT, p. 1 87. Le versioni hanno frainteso il verbo: la LXX, apekalyphthi!san («si so­ rivelate. sono apparse »); la Siriaca, s/q («è salito>>); la Vulgata. ascenderunt (« sono salite »). "' Cfr. qui Canti de/l "amata Cr 2,8 5.1, p. 1 20. " Si noti anche la squisita fattura poetica dei vv. l e-2. Ognuno dei sei stichi che descrivon� queste due parti del corpo comincia con la lettera iin: .ia 'rek (v. le); ieggcil'IU (v. ! f) ; sinnajik (v. 2aJ: se'àlu (v. 2c); .iekkulliim (v. 2d); sakkula (v. 2e). Per un simile fenomeno di allitterazione nella poe· sia d'amore egiziana, cfr. B. Mathieu, La poésie mnoureuse de /' Ì'gypte Ancienne, p. 203, § 93. " Il contrasto tra pecore e capre è tradizionale, cfr. Ez 34, 1 7; Mt 25,32-33. " Cfr. P. Jotion, Grammaire 1 2 1i, p. 342; O. Loretz, Das althebriiische Liebeslied, p. 27; O. Keel. Das Hohelied, p. 1 33, nota 74. no

·

.

.

Canti del diteno Ct 4, l 5, l -

161

U n secondo contrasto è dato dal fatto che l e capre « scendono », mentre le pecore >. Quanto selvaggia e disordinata è la corsa delle capre, altret­ tanto calma e ordinata è la processione delle pecore. Visivamente, la bianca pro­ cessione delle pecore rappresenta bene le due file appaiate e regolari dei denti. Ma la traduzione CE! (50• Che una pecora fosse gemellipara era un segno di straordinaria fecon­ dità. Lo ricorda il pastore Cornata nel quinto idillio di Teocrito51, e Ishtar, per con­ quistare l 'amore di Gilgamesh, gli promette che >52• L' idea di fecondità è ribadita nello stico seguente: >53• Anche qui la traduzione CE! vuole comprendere la metafora in sen­ so visivo e, pensando ai denti, rende: « Nessuna è senza compagna». Ma sakku/0. si riferisce indubbiamente a una madre che perde i figli, o in seguito a un aborto o perché questi le vengono uccisi (cfr. Gn 27,45; I Sam 15,33). La metafora va compresa dunque non nel senso visivo ma in quello dinamico. L'autore parte da una somiglianza visiva, ma a questa non si ferma: la metafora è sviluppata auto­ nomamente nella sua valenza simbolica. La processione di pecore evoca l ' idea di una prodigiosa fecondità, ed egli l ' associa ai denti dell'amata, nel cui numero (e nell 'assenza di vuoti) egli vede il segno della benedizione divina, la promessa di figli. Pecore e capre sono d'altronde animali sacri alla dea dell'amore (cfr. Ct 1 .8 )54• Forse G. Krinetzki non ha tutti i torti nel chiamare i n causa la psicologia del profondo, per cui la bocca evoca il grembo55• [4,3-4] Seconda strofa: Rosso. Anche qui, come nella prima strofa, sono de­ scritte tre parti del corpo, in ordine, grosso modo, discendente: labbra (v. 3ab), guance (v. 3cd) e collo (v. 4). Alla terza parte, il collo, è dedicato un numero dop­ pio di stichi rispetto alle altre due. Le prime due parti, le labbra e le guance, sono unite fra loro per diversi motivi. Il ritornello > (v. 3c, cfr. v. l e) separa le parti del volto (vv. 1 -3) dal resto del corpo (vv. 4-5). Gli elementi del volto sono descritti secondo una sapiente disposizione cromatica. Nella prima strofa i colori dominanti sono il bianco e il nero: bianchi sono gli occhi dell 'a­ mata (per questo sono paragonati a colombe, cfr. 5 , 12)56, neri i capelli, di nuovo bianchi i denti. Nella seconda strofa il colore dominante è il rosso: scarlatto sono

'" Cfr. HAU.T. p. 1544 (si tratta del participio hif i/ del verbo t'm, un hapax del Cantico, dove appare ancora in 6.6: deriva dal sostantivo til 'limim )gemelli)). Le versioni antiche hanno inteso, tut­ le. >, ma è quello naturale delle labbra (contro G. Ravasi, Il Cantico dei cantici. p. 354). "Cfr. O. Keel - M. KOchler- Ch. Uehlinger, Orte, vol. I, pp. 91-92; F.N. Hepper, Pflanzenwe/t, p. 170. '9 Filone d' Alessandria, De vita Mosis 2,88; cfr. G. Flavio, Anriquitatesjudaicae 3,7.6 (vedi L. Moraldi [ed.], Antichità giudaiche. p. 1%); De bello judaico 5,5.4 (vedi G. Vitucci [ed.], Flavio Giuseppe, Lo guerra giudaica, vol. Il, Verona 1 974, p. 2 1 7). 60 Così la LXX (/alia), la Vulgata (eloquium), la Siriaca (mm/1/çj). " Così anche, ad esempio, D. Colombo, Il Cantico, p. 77 ( « il tuo parlare »); G . Garbini, Can­ tico, p. 2 1 9. 62 Traduzione di E. Bresciani, Lerreratura, p. 453 (cfr., in questo capitolo, nota 2 1 ). 63 L'aggettivo compare ancora in Ct 1 ,5 (l 'amata); 1 , 1 0 (le guance); 2, 1 4 (il volto) e 6,4 (l'a­ mata): 4,3 è l'unico caso in cui l'aggettivo è applicato non a qualcosa di visivo, ma di uditivo.

Canti del dileno Ct 4, l - 5, l

163

è soltanto fisico: per l ' uomo antico, la bellezza era inseparabile dali' intelligenza e dalla finezza dei sentimenti. Anche la traduzione del v. 3c è controversa. Non è chiaro anzitutto di quale parte del corpo si parli. Il termine raqqa (letteralmente, « la parte sottile >>) è usa­ to ancora in Gdc 4,21 -22 e 5,26 per indicare la « tempia >>. Ma la tempia non è mai oggetto di particolare descrizione nei wa$/ Le versioni antiche intendono 64, una parte del corpo la cui descrizione è usuale nel wa$/ (cfr. Ct l , 10; 5, 1 3 ). e che ha la forma di una melagrana, tanto che in aramaico rummana' indica sia la melagrana sia la guancia (analogamente il greco melon indica il frut­ to e la parte del corpo). Forse, l 'autore ha usato il termine raqqa (tempia) in luo­ go del più comune i"'JI (guancia) per motivi fonetici (si noti l 'allitterazione sul suono r: /c'pelai) harimmon raqqatek)65: le due parti sono d'altronde contigue66• Discusso è anche il significato del termine pelai): esso indica altrove una delle due pietre della macina (Gdc 9,53; 2Sam 1 1 ,2 1 ; Gb 4 1 , 1 6), oppure una « schiac­ ciata >> ( l Sam 30, 1 2). il che ha fatto pensare alla metà del frutto67, a una « fetta >>68 o uno >6�. Ma la melagrana non si taglia a fette, né si divide a spicchi. Poiché la radice pii) significa >, Keel suggerisce di intendervi la spaccatura tipica della melagrana matura, che lascia intravedere l ' intemo70• I grani della melagrana sono di un rosso vivo, ma la polpa è di un ro­ sa tenero che ben si addice all 'incarnato di una ragazza. Il termine di paragone non è dunque la forma del frutto. ma i l suo colore, per analogia allo scarlauo del­ le labbra. Ma la melagrana, o il melograno (l 'ebraico rimm6n designa tanto il frutto quanto la pianta), è un frutto altamente evocativo. Essa è uno dei frutti più men­ zionati nel Cantico: si veda ancora 4, 1 3 ; 6, I l ; 7, 1 3 ; 8,2. Come la mela, anche la

64 La LXX ha mélon: la Vetus Latina, mlllil/ae; la Vulgata, genae. La Siriaca unisce il v. 3cd il v. 4: ritorna ancora nel Cantico (in 7,5 [2 vol­ te] e 8, I O). Generalmente si vede il tertium comparationis nel profilo >, che è comune sia al collo sia alla torre76• È , cioè, sempre l 'aspetto vi­ sivo che si mette in gioco. Keel giustamente osserva che questo può andare bene per il collo (4,4 e 7,5a), ma non per il naso (7,5d) o per i seni (8, 1 0b)77• Le torri che ci sono note attraverso l ' archeologia palestinese non sono del resto slanciate. ma piuttosto massicce. Egli propone perciò di considerare come tertium compa-

71 Si veda lo scongiuro assiro riferito qui nel Prologo Ct 1,2 - 2,7, p. 93, nola 206. 72 Significativo è a questo riguardo un brano dei canti d'amore egiziani in cui è data la parola al melagrana: « l miei chicchi sono come i suoi denti. l i miei frulli sono come i suoi seni •• (Papiro di Torino 1 . 1 . traduzione di E. Bresciani, Letteratura, p. 468). Il testo conferma l 'associazione dei denti con l ' idea di fenilità (cfr.. in questo capitolo, il commento a Ct 4,2). 73 R. De Vaux, Le istituzioni, p. 5 1 . " Il fatto è ricordato nel citato Papiro di Torino: « [Sono l' albero più bello] del giardino, / per­ ché rimango in ogni stagione. [. . . ] Eccetto me. tulle quante periscono, / [le piante] del giardino. i lo passo dodici mesi l [con la mia chioma di foglie], e rimango: l quando cade un fiore, l il suo succes­ sore è già su di me • ( l ,2.4-5, traduzione di E. Bresciani, Letteratura, p. 468). " La Figura 54, un treppiede proveniente da Ugarit, mostra un esempio di come la melagrana potesse essere usata come elemento decorativo nel tempio. Non molto tempo fa, è apparso nel mer­ cato d' antiquariato di Gerusalemme il pomo d'avorio di uno sceuro a forma di melagrana. recante l ' iscrizione: « Sacra offena per i sacerdoti del tempio di JHWH • (cfr. N. Avigad, The Jn.>), e poi la similitudine (>). Il parallelismo tra la terza strofa e la prima è confermato anche dal tipo delle similitudini usate: mentre nella seconda strofa si tratta di « nature morte >> (scarlatto, melagrana, torre), nella prima e nella terza le similitudini sono tratte dal mondo animale e sono piene di vita (colombe, capre, pecore, piccoli di gaz­ zella). Una particolare sottolineatura è data dal tema dei , tipico del Cantico. Qui, in particolare, è suggerita una continuità tra i canti della donna (Ct 2,8 - 3,5) e quelli dell 'uomo (Ct 4, 1 - 5,1): l ' uomo sembra accogliere ora l ' invito fattogli dalla donna in 2, 1 6- 1 7. Enigmati­ co diviene però, allora, l'ordine dato dalla donna in Ct 8,14: « Fuggi, mio dilet­ to! >>. Ce ne occuperemo più tardi. [v. 5] Al cap. 2 (così anche al cap. 8) è il diletto a essere paragonato a un ca­ priolo, qui sono i seni della donna. La > dei seni è sottolineata (una pri­ ma volta con il numerale S'ne, una seconda con la forma duale del sostantivo Siidajik) ed essa è ribadita nella metafora (>). L'autore vuo­ le con ciò esprimere il riscontro visivo tra parte del corpo e metafora, la simme­ tria che caratterizza la forma dei seni97• Inoltre i piccoli al pascolo, mai fermi. che alzano la testa al più piccolo rumore, ritraggono bene la mobilità dei seni di una giovane donna sotto il vestito Ieggero98• Nolli fa notare che le donne orientali, a differenza delle romane, non portavano fasce per reggere il seno99. Si tratta di una osservazione realistica e insieme altamente poetica del corpo femminile. Ciò non esclude un significato simbolico1 00• Nell'Antico Oriente i seni sono, anzitutto, simbolo di fecondità. La rappresentazione della magna mater con seni

97 W. Rudolph (Das Buch Ruth. Das Hohe Lied. Die Klagelieder, p. 145) cancella il numerale come glossa superflua. 98 Si veda la poetica descrizione tracciata da W. Rudolph (Das Buch Ruth. Das Hohe Lied. Die K/agelieder, p. 147). 99 G. Nolli, Cantico. p. 104. ' 00 Aspeuo, questo, souolineato in O. Keel, Das Hohelied, pp. 139-140.

Canti del diletto Ct 4,1 - 5,1

1 69

sproporzionatamente grandi è diffusa ovunque. anche in Israele (si vedano le Fi­ gure 58-59). Neii 'AT questo simbolismo è espresso in Gn 49,25 («Benedizioni delle mammelle e del grembo10 1»). Si mette in evidenza la funzione materna del­ la donna (cfr. Is 66. I l ; Ct 8, I ). I seni evocano al puer aeternus l 'accoglienza e il cibo dei primi mesi di vita, la fiducia incondizionata, il sentirsi protetto e amato, sul caldo e sul tenero (cfr. Sal 22,10; Gb 3 , 1 2) 1 02• Ma nell' AT si parla anche del­ la funzione erotica dei seni (cfr. Ez 16,7; 23,3.2 1 ; Os 2,4). Particolarmente vici­ no al nostro testo è Pro 5, 1 8- 1 9: . Si è rilevata sopra la ripresa del tema dei gemelli, introdotto al v. 2. Un'allusione al tema della > si lascia percepire. D'altronde le gazzelle, come le capre, sono animali tipici della dea dell'amore (cfr. 1 ,8; 2,7; 3,5)105, esse impersonano le forze deli ' amore e della vita. Significato analogo hanno i >, come simboli della vittoria della vita sul caos della palude 1 06. Rispetto a 2, 1 6- 1 7, c'è un'evoluzione semantica (là il cerbiatto era metafora del diletto, qui i cerbiatti so­ no metafora dei seni), ma il significato fondamentale è Io stesso1 07• II diletto ve­ de nei seni della sua donna un fremito di vita nuova, una promessa di freschezza, di gioco, di fertilità. che rinnova la vittoria della vita sul deserto e sul caos108• [v. 6) Nel v. 6 il diletto esprime il desiderio di passare dalla contemplazione all'azione. dal desiderio al godimento. >. Nel commentare Ct 2,1 7 si è optato per una situazione serale: anche qui il contesto punta in questa direzione. soprattutto la 101 La benedizione. è risaputo, è legata soprattutto al concetto di fecondità (cfr. Gn l .28). 10' Cfr. L. Krinetzki. Die erorische Psychologie des Hohen Liedes, in ThQ 1 50 ( 1 970) 4 1 2-413. 1"' La traduzione CE! corregge TM daddèhii (. Può fa­ re problema il fatto che qui si parli di > si riferiscono primariamente al corpo della donna. Però nel sottofondo si lascia intravedere un secondo senso: si è notata sopra l ' i­ dentificazione della terra con la donna. Con queste allusioni forse l 'autore vuole precisare che la terra, con cui la donna si identifica, è la terra promessa. Unendo­ si alla donna, l 'uomo gode della terra che Dio ha promesso in eredità al suo po1119 Cfr. qui Canti dell 'amara Ct2,8 - 5,1, p. lOl, nota 12; pp. 1 1 8, 122. qui Canti dell 'amara Ct 2,8 - 5, 1 , p. 1 20. 1 1 1 Cosi. ad esempio. P. Haupt, Biblische Liebes/ieder, p. 75. Anche G. Ravasi (Il Cantico dei cantici, p. 363) pensa qui alla " sessualità genitale ». 112 Così anche D. Lys, Le plus beau cham de la créarion, p. 175. 113 Cfr. Figura 60. ' " Sul significato di mirra e incenso, cfr. qui Intermezzo corale Ct 3,6-11, p. 136. Riguardo al· 1 10 Lo stesso vale per O 2.17; cfr.

la connotazione erotica associata alla mirra, vale la pena ricordare che Hator, la dea egiziana dell'a­ more, era chiamata « signora delle mirre » (cfr. O. Keel, Das Hohelied, p. 142). "' Così A. Robert - R. Toumay, Le Canrique des canriques, p. 168. 11' Cfr. qui Intermezzo corale Ct 3,6- 1 1, p. 136.

Canti del diletto Ct 4, l - 5, l

t 7t

polo: una teiTll buona, profumata, dove « scorre latte e miele >> (Es 3,8, par.; cfr. Ct 4, I Ib)117• [v. 7] Come il v. l, a cui fa da pendant, il v. 7 funge da comice al WG$/. e per­ ciò è staccato, metricamente, dai vv. 5-6 (cfr. Schema 21, p. 1 56). A torto Ru­ dolph e Nolli lo considerano fuori posto, spostandolo prima del v. 6 1 1 8• La parti­ cella universalizzante kulliik (letteralmente, >), che sostituisce l 'enfatico hinniik (« eccoti >>, del v. l a), conferisce al verso una funzione conclusiva. Le tre strofe sono, infatti, concluse da questa particella: kulliim (, v. 7a). Il numero delle parti del corpo (sette) è, si è visto, simbolo di perfezione. Ma si noti il passaggio semantico: dalle cose (al plurale, vv. 2.4) alla persona (al singolare, v. 7). La . Anche dei tre giovani alla corte di Nabuconosor si dice che « nessun difetto (mum) era in essi >> (Dn 1 ,4). Il contesto spiega che i giovani erano non solo di bell'aspetto, ma anche educati e intelligenti. Il termine ricorre soprattutto nel lin­ guaggio cultuale120, dove designa l'> dell'animale da offrire in sacrifi­ cio. Al Dio della vita si può offrire solo un animale >, cioè sen­ za « mancanza di vita >>. M. Douglas ha mostrato la connessione tra il concetto di > e quello di > nel Levitico1 2 1 • L'osservazione: « Non c'è difetto in te >> (mum 'en biik, v. 7b) rimanda perciò a quella di v. 2d: « Nessuna ha perso fi­ gli >> (sakkulci 'en biihem, v. 2d). Nei due casi si allude alla pienezza di vita. L'affermazione stupita del v. 7 si avvicina al giudizio del Creatore sulle sue opere nel racconto della creazione: > (Gn l ,3 1 ). L'ammirazione di fronte alla donna ha un significa­ to simile, quasi sacro: è il riconoscimento dell ' integrità del dono di Dio (cfr. Sap 1 , 14).

1 17 Per una sottolineatura dell 'equazione « donna = terra promessa», cfr. E.F. Davis, Romance ofthe Land in the Song of Songs, in AThR SO ( 1998) 533-546. L'autrice giunge a riproporre qui una lettura allegorica del Cantico. Le fa eco A. Brenner (The Food of Love: Gendering Food and Food lmagery in tlie Smrg o{Songs, in Semi!ia 86 [ 1 999-200 1 ) 1 09). che pure solitamente è ben lontana dall'interpretazione allegorica: « She (= la donna del Cantico, nda) is the Land, the cultivated land,

the Promised Land. ( ... ) If so, perhaps an argument can be made from this for a primary allegorica( meaning of the SoS ». In realtà, si trana non di allegoria ma di trasposizione alla donna della teolo­ gia della terra promessa. 118 W Rudolph, Das Buch Ruth. Das Hohe Lied. Die Klagelieder, pp. 143-144; G. Nolli. Canrico, p. 105. 1 19 I n quest'ultimo senso, cfr. ad esempio Pro 9,7; Gb 1 1 , I5; 3I.7; Sir 1 1 ,33. '" Cfr. Lv 2 1 . 1 7 . 1 8.21.23: 22.20.21 .25: Nm I 9,2; Dt 15,2 1 ; 1 7, 1 . 121 « Santità è integrità. perfezione de li· individuo e della specie » (M. Dougias, Purezza e pe­ ricolo. Un 'analisi dei concei/i di conraminazione e di tabù, Bologna 1975. p. 90).

172

Parte seconda. Traduzione e commento

Incontro (Ct 4,8 - 5,1). Per cogliere la struttura di questo canto è importante anzitutto osservame la dimensione dialogica. Si tratta fondamentalmente di un can­ to del diletto. In continuità con 4, 1 -7, è ancora lui a parlare ai vv. 8- 15. Chi pronunzi il v. 16 non è chiaro. C'è in esso, infatti, un cambio di persona: dal > (v. 16c) al > (v. 16e). Garbini pensa a una svista e legge tutt'e due le volte il possessivo della prima persona 1 22• Con maggiore rispetto per il testo, Hei­ nevetter suppone che nel v. 16abcd continui il discorso dell'uomo (per questo egli dice: >), mentre nel v. 16ef sia contenuta la risposta della donna (per questo lei dice, in terza persona: ) 123• Ma questa distinzione non è necessaria: la donna stessa può parlare una volta del > (cioè del giar­ dino della donna) e una volta del > (cioè del giardino dell'uomo). Proprio in questo passaggio di proprietà sta la punta del versetto: cioè il corpo del­ la donna (di cui il giardino è simbolo) cambia proprietario: da > divie­ ne >. È la risposta che l 'uomo da tempo aspettava. Schema 23

I strofa II strofa

III strofa IV strofa

4,8 4,9 4,1 0 4,1 1 4,12 4, 15 4,16 5, 1

venire

Libano (bis) Libano

sposa sorella mia sposa sorella mia sposa sposa sorella mia sposa

Libano venire (bis) vemre

sorella mia sposa

giardino giardino giardino (bis) giardino.

In Ct 5, l abcd riprende la parola l ' uomo (che ora, a ragione, può dire: >). Chi pronunzia l 'ultimo distico del canto, il v. l ef? Anticipando la conclusione a cui giungerò nell'analisi, dico subito che non si tratta di nessuno dei due amanti, ma di una voce esterna, il > o, più probabilmente, il poeta stesso, che esce dali' anonimato e prende la parola in prima persona. La struttura del canto è marcata da parole chiave (cfr. Schema 23). I lessemi che si ripetono sono numerosi e formano un tessuto di sottili richiami, che nel cor­ so dell'analisi saranno segnalati. Alcuni di essi hanno anche una funzione struttu­ rale. Abbiamo già rilevato questa funzione per il verbo bo' (>, 4,8b. l 6d; 5 , 1 ; cfr. 4,6) 124• Un ruolo analogo riveste la parola l•biinon (>, 4,8 [2 volte] . l l . l5). Il v. 15 chiude il discorso dell'uomo, sicché il termine > funge da inclusione per i vv. 8-15. Il v. I l chiude la seconda strofa, per tan­ ti aspetti unita alla prima: il termine > ha perciò anche qui valore inclusi­ vo per i vv. 8-1 1 125• Queste osservazioni sono confermate dalla ripetizione del 122 G. Garbini, Cantico, p. 80 (appoggiandosi su argomenti testuali molto tenui: > (v v. 9. 1 0). Le altre due ricorrenze del termine (« sorella mia sposa >>, 4, 1 2a; 5, I a) fun­ gono da cornice per la seconda parte del canto (Ct 4,12 - 5, l ). Questa seconda par­ te è d'altronde unificata dal motivo del >, tanto che 4, 12 - 5 , 1 è spesso considerato un canto a sé e chiamato « canto del giardino >>1 26• In esso la parola > (giin) ha una funzione analoga a quella delle tre precedenti: essa ritor­ na in 4, 1 2 e 15, con valore di inclusione per i vv. 1 2- 1 5 (terza strofa), quindi in 4, 1 6 (2 volte) e 5, l, segnalando le due parti dell'ultima strofa. Si è notato sopra il legame dei due canti del diletto, 4, 1 -7 e 4,8 - 5, ) 127• Al­ le osservazioni fatte allora, possiamo aggiungerne un'altra. Il wa$/ è caratteriz­ zato dalla dimensione verticale, precisamente da un movimento discendente, dall'alto verso il basso (dagli « occhi >>, v. l , ai >, v. 5). Un simile movi­ mento si lascia osservare anche in 4,8 - 5, l . Nella prima strofa si parla, infatti, degli « occhi >> dell'amata ( 'enaik, 4,9; cfr. 4, l ); nella seconda. delle sue > (siptotajik, 4, I l ; cfr. 4,3). Il >, di cui parlano la terza e la quarta strofa, è simbolo del grembo femminile, della sua intimità sessuale, a cui allu­ devano nel canto precedente i seni. Attraverso questa progressione si indica an­ che il graduale avvicinarsi all 'unione, che inizia con gli sguardi (prima strofa), passa quindi al bacio (seconda strofa), per consumarsi neli ' amplesso, a cui allu­ de chiaramente 5 , 1 128• [4,8-9] Prima strofa: Lo sguardo. La delimitazione di questa strofa non è in­ discussa. Chi ritiene il Cantico un insieme di piccoli canti indipendenti, general­ mente considera il v. 8 come un canto a sé, e unisce invece il v. 9 ai vv I 0- 1 1 129• II rapporto del v. 9 con il v. 8 non è a tutta prima evidente. Heinevetter propone di comprendere il v. 9 come motivazione della pressante richiesta fatta al v. 8130• Poi­ ché la donna ha > il giovane (v. 9), costui le chiede di uscire dal suo > e di « venire >> a lui (v. 8). Lo sconvolgimento è avvenuto, forse, du­ rante la contemplazione del corpo (4, 1 -7), a cui i due termini > (v. 9b; cfr. v. le) e > (v. 9c; cfr. v. 4) rimandano. Agli « occhi >> dell'amata fa co­ munque riferimento il verbo tiisuri ( « chìnati a guardare >>, al v. Se). 1211 Cfr.

ancora G. Ravasi. TI Cantico dei cantici, p. 347. in queSio capitolo, pp. 1 54- 1 55 . '" Sul gradus amoris (un tema tipico della leneratura cortese) nei canti d'amore egiziani, cfr. B . Mathieu, La poésie amoureuse de I 'Égypre Ancienne, pp. 163- 175. Mathieu descrive le seguenti tappe del percorso amoroso: lo sguardo, gli effeni (desiderio, agitazione), la mrw.t (« amore >>), l 'u­ nione (abbraccio. carezze e baci, godimento sessuale). Si trana di un tema comune a lune le lenera­ ture, ma il modo di trat!arlo nella poetica egiziana è straordinariamente vicino a quella del Cantico. 129 Cfr. . in questo capitolo, p. 1 54. nola 1 3 . Sh. Paul (Mnemonic devices, in /DB.S. p. 600) por­ ta un sostegno leuerario a questa divisione: egli riconosce nelle iniziali dei tre versi 9.10. 1 1 un acro­ stico (f.m. n). 130 H.·J. Heinevetler. • Komm nun, mein Liebster, Dein Ganen ruft dich! •· p. 123. In questo senso anche G. Krinetzki. Kommentar zum Hohenlied, pp. 1 38-142. •n Cfr.,

1 74

Parte seconda. Traduzione e commemo Schema 24

Con me dal Libano, sposa, Guarda dalla cima dell Amana, dalle tane dei leoni, •

Il Il Il

con me dal Libano vieni! dalla cima del Senir e dell 'Ermon, dai monti delle pantere!

Dal punto di vista formale i due versi sono uniti dalla paronomasia l•banon (v. 8ab) - libbabtini (v. 9ab): le due parole sono ripetute all'inizio dei primi due stichi di ogni verso. I due versi sono inoltre contraddistinti da un parallelismo « a climax >>131• Nel v. 8, il secondo stico riprende quattro parole del primo, i l quarto due del terzo, e il sesto una del quinto (cfr. Schema 24). G. Krinetzki commenta: « Il climax imita il progressivo scendere dal monte >> 1 32• Il parallelismo assume una forma diversa nel v. 9. Qui le ripetizioni formano una > che lega fra loro i tre stichi del verso (cfr. Schema 25). Il secondo stico riprende la parte iniziale del primo, prolungandola di un membro (parallelismo a climax), il terzo stico inizia riprendendo l 'ultima parte del secondo stico (anadiplosi). Schema 25

Tu mi hai fano impazzire, tu mi hai fatto impazzire

sorella mia sposa, con uno solo dei tuoi sguardi, con una perla sola delle tue collane.

[v. 8] TM ittf (>) sembra a prima vista non avere senso. Se i due amanti sono insieme (), l ' invito a « venire» appare fuori posto. Effet­ tiv amen te la LXX ha deuro ( « vieni >> ), così la Siriaca e la Vulgata. La maggior parte dei commentatori segue la LXX, supponendo un originale ebraico 'eti (dal verbo 'tittih, cfr. BHS) 1 33• Questa traduzione è usuale nella liturgia cattolica (si veda l 'antifona della festa de li ' Immacolata: « Veni, veni de Libano >>). E tuttavia TM, appunto in quanto /ectio difficilior, ha maggiore possibilità di essere auten­ tico. Sia da un punto di vista formale, in quanto la traduzione « vieni >> distrugge­ rebbe la sapiente costruzione sintattica del verso134, sia da uno contenutistico. Se si tiene in mente il parallelismo con il primo canto dell' amata, 2,8- 17, a cui già i vv. 5-6 si richiamavano, si può pensare a una situazione analoga a quella di 2,10c. l 3d. Noi abbiamo tradotto allora l ' imperativo l'ki ltik non con il verbo

"' >, secondo W.G.E. Watson, Classica/ Hebrew Poetry, p. 150. "' G. Krinetzki, Kommentar un Hohenlied, p. 139. "' G. Ravasi (// Cantico dei camici, p. 367) sceglie una via di mezzo, ritenendo i due signifi­ cati allo stesso tempo, e traduce: • Con me (vieni) ''· ma la soluzione sa francamente di pasticcio. G. Krinetzki (Kommemar zum Hohenlied. p. 138) legge "ori: «Th mi hai fatto venire ». H.-P Miiller (Das Hohelied, p. 45) comprende la preposizione in senso locale: «A me . vieni "· H. Schweizer (Erkennen und Lieben. Zur Semantik und Pragmatik der Modalitiiten am Beispie/ von H/d 4. in W. Gross e altri (edd.), Text, Methode und Grammatik. FS W Richter. St. Onilien 1 99 1 , pp. 426-427) mene un punto dopo il secondo >, per ben 6 volte). È un invito a >, a « uscire >>, ad « andare via >>. È la situazione « esodi ca >> dell'amore, a cui già faceva riferimento Ct l ,8, e che in fondo riecheggia Gn 2,24: si tratta di rompere il guscio, di « uscire >> dal pro­ prio rifugio e di osare l 'avventura dell'amore. Il verbo b6' in forma qal ricorre nel Cantico, ali' infuori del brano 4, 8 - 5,1 , solo in 2,8. Là è i l diletto ad « andare >> dalla sua donna. Qui, in conformità alla simmetria speculare del Cantico, è la donna ad « andare >> da lui (ma in 4, 1 6; 5, l il verbo torna a riferirsi ali 'uomo). Il movimento verso l 'unione prende l 'aspetto di un viaggio. In questo senso. Ct 4,8 continua la metafora di 3,6-1 1 , il tema del «corteo nuziale >>. 11 « deserto >>, da cui viene la lettiga, è un luogo simbolico equi­ valente ai > : è il regno delle forze della natura. Il viaggio dal deserto alla città è un viaggio che non si fa da soli: solo l'amore è capace di far compiere un simile viaggio. Per questo nel passo parallelo, 8,5, colei che viene dal deserto non è sola, ma « appoggiata al suo diletto >>. In Ct 3,6- 1 1 è possibile che « Salomone >> accompagni, assieme ai sessanta prodi, la lettiga, se le figlie di Gerusalemme sono chiamate ad andargli incontro (Ct 3, I l ). TM sem­ bra dunque tutt'altro che « impossibile >>, sia dal punto di vista della forma sia da quello del significato. In parallelo con il verbo « venire >>, ricorre al v. Se il verbo sur. Nell'AT so­ no segnalati almeno due diversi significati della radice: « guardare giù >> (sur l) e « viaggiare >> (sur Il). Questo secondo senso sembra essere stato adottato dalla LXX (e/euse kai dieleuse) e dalla Siriaca (t'tjn wt'brjn), mentre la Vulgata (co­ ronaberis) ha letto diversamente. A prima vista, il parallelismo suggerirebbe di preferire il secondo senso, così hanno infatti la maggior parte delle traduzioni llS. Ma il significato « (chinarsi a) guardare », anzitutto è il senso ordinario del ter­ mine (sedici attestazioni nell 'AT contro una sola di sur Il: Is 57,9), poi si accor­ da semanticamente al tema dello « sguardo >> del v. 9b136• Particolarmente vicino al nostro passo è Nm 23,9: >. Essa è sottolineata attraverso l 'espressione mero 's (« dalla vetta >>, v. 8cd). È dal punto più alto dei monti più alti che la donna è invitata a guardare giù. Come già la metafora della « torre >> (v. 4) metteva in evidenza, la dimensio­ ne verticale esprime l ' inaccessibilità della donna. È lo stesso motivo di Ct 2, 1 4 che riappare: là la colomba era annidata « negli anfratti della roccia, nei nascon­ digli (seter) det dirupi >>. Qui essa è sulla cima dei monti più alti, nascosta dentro le « tane (m•'onot) dei leoni >>. L' idea dell 'irraggiungibilità è espressa anche nel­ le fonti mesopotamiche, dove il « Libano >> non è solo un giardino di cedri odoro­ si, ma anche una regione montuosa difficilmente raggiungibile143. Neli 'epopea di Gilgamesh esso è il rifugio del demonio Huwawa (o Humbaba)144. Già al v. 6 la donna era stata paragonata a un monte, precisamente il « mon­ te della mirra e la collina deli' incenso >>. Si è vista la dimensione numinosa di

'" Invece, lCr 5,23 suppone che si trani di due monti distinti. Per O. Loretz (Cant4,8 aufdem Hintergrund ugaritischer und assyrischer Beschreibungen des Libanons und Antilibanons, in D.R. Daniels - U. Glessmer - M. Rosei [edd.), Emten. was man siil. FS K. Koch, Neukirchen-VIuyn 1 99 1 ,

p . 1 38), i l Senir si troverebbe nella parte settentrionale dell' Antilibano. Secondo i l nostro testo è chiaro trattarsi. a ogni modo, o di due monti o di due cime di uno stesso massiccio montuoso. 1 40 « Ci troviamo di fronte a una sorta di preghiera alla dea dell 'amore, invocata prima del­ l ' amplesso » (G. Garbini, Cantico, p. 228; così anche Th.J. Meek, Song, p. 123). Ma il destinatario dell 'invito è chiaramente designato dal termine >, al v. 8 se ne sottolinea l'a­ spetto « terribile >>. È un altro caso del paradosso dell ' amore. Ciò che R. Otto di­ ce del santo, mysterium fascinosum et tremendum14a, vale anche dell'amore: sul contrasto tra questi due aspetti si compone la poetica di 6,4- 1 2 1 49• Nei monti del Libano vivono ancora oggi pantere (il termine ebraico n'mèrfm può indicare sia le pantere che i leopardi)150, ma l'habitat dei leoni è il deserto o la boscaglia del Giordano, non il Libano151• L'espressione ha dunque, ancora, non tanto un signi­ ficato realistico, quanto metaforico. La dea dell'amore è rappresentata spesso assieme a pantere e leoni 152, a vol­ te anche in associazione con montagne153: è la classica raffigurazione della pot­ nia theron (cfr. 2,7; 3,6). l leoni, come il cerbiatto e le gazzelle, impersonano le '" Cfr. M. Weippert, Libanon, in RIA, vol. VI, Berlin 1980- 1983, pp. 541 -650, soprattutto pp. 648-649: " Der Libanon als Gotterwohnsitz n ; F. Stolz, Die Biiume dn Gottesgartens aufdenr Liba­ non, in ZAW 84 ( 1 972) 1 4 1 - 156. '" A. Bertholet riferisce il mito secondo cui Tammuz seduce la bellissima moglie di Efesto (lshtar in persona) e fugge con lei sul Libano. Qui egli prima uccide Efesto, poi a sua volta viene uc­ ciso da bestie feroci (Zur Stelle Hohes Lied 4,8. in BZAW 33 [ 19 1 8] 47-53). Ma nel nostro testo l 'a­ mata è in vi lata a venire via dal Libano, non ad andarvi! I l Libano era a ogni modo il dominio della oreia meter, della sposa del ba'al l'/Jiinon, a cui rinviano diverse tradizioni locali, e il cui ricordo è presente in Ger 22.23 (cfr. H. Schmokel, Heilige Hochzeit, p. 75; W. Wittekindt. Dai Hohe Lied und seine Beziehungen zum /star/w/t, pp. 164- 1 68). Il mito di Tanunuz·Adonis era di ffuso in epoca elle­ nistica. come attestano sia Luciano di Samosata (De Syria Dea 6 ss.), sia Teocrito (cfr. l ' idillio 15). Esso è variamente ricordato anche nell ' AT. cfr. Ez 8,14; Dn 1 1 ,37. Sui • giardini di Adone • si veda qui Prologo Cl 1.2 · 2, 7. p. 84, nota 152. '" Elemento questo sottolineato in O. Keel, Das Hohelied, p. 145. Spesso nell'iconografia an­ tico-orienlale il monte è associato a una divinità femminile: si vedano ad esempio le Figure 61 e 62. Ma anche la dea della Figura 5 è seduta su un trono a forma di monte. '" R. Otto. Das Heilige, Munchen 1 963, pp. 1 3 -36, 42-52. '" Cfr. G. Barbiera, Die • Wagen nreines edlen Volkes • (Hld 6,12): eine strukturelle Analyse, in Biblica 18 ( 1 997) 1 8 1 . '"' Cfr. A. Schoulen van der Welden, Tierwelt, pp. 1 10-1 1 1 . "' A. Robert · R. Toumay (Le Cantique des cantique.ç, p. 1 72) osservano che le montagne del Libano non sono mai citate nelle fonti antiche come il rifugio di animali feroci. ' " Cfr. Figure 63-65, anche Figura 37. "' Cfr. Figure 66 e 6 7.

178

Parte seconda. Traduzione e commento

forze primitive della vita, che non provengono dalla società umana, non sono di casa in città, ma nella natura incontaminata. Anche il diletto in 2,8 viene dai mon­ ti. Rispetto alle gazzelle, il leone mette in rilievo l'aspetto terribile dell'amore (cfr. Ct 8,6: >). Si tratta di un elemento ambivalente: la forza può costruire, ma anche distruggere154• Come ogni forza selvaggia, essa va « addomesticata ». Nelle Figu­ re 63 e 64 la dea dell'amore tiene al guinzaglio il leone. G. Krinetzki interpreta sulla base della psicanalisi. Leoni e pantere sarebbero la faccia oscura della fem­ minilità, la ). La forza terribile deli' amore fa sentire i suoi effetti. Che l 'amore faccia perdere il controllo di sé, che esso renda « pazzi >>, o an­ che « malati >>, è esperienza umana universale. Il > (cfr. 5,8): qui è l 'uomo a >. Il > del Cantico, la reciprocità del sentimento amoroso, è con­ fermato. Del > si parlava in 3, I l , dove le nozze erano presentate come >. Si noti il contrasto tra i due passi. Da una par­ te l 'amore è la « festa del cuore >>, dall'altra >t 59 . Sul piano teologico Paolo dice della croce, che è insieme follia e sapienza (cfr. l Cor l , 1 825). La dinamica dell'amore è simile: essa porta gli amanti « fuori di sé >>. Ma > è l 'unica strada per acquistare la >. Ali 'appellativo > (cfr. v. Sa), il v. 9a aggiunge quello di >. Non si deve pensare a un matrimonio fra consanguinei, pratica diffusa in Egitto160 e anche nella famiglia estesa ebraicat6t. Nel nostro caso l 'appellativo ha un ca­ rattere simbolico. Sia nei testi mesopotamici del >, sia nei canti d'amore egiziani, > e « sorella >> sono gli appellativi tipici dei due amanti. Essi esprimono il particolare legame che l 'amore crea tra due persone, in termini di legame di sanguet62• Con la parola > (kalld) si mette in eviden­ za che i due amanti appartengono a due diverse famiglie, che la donna è estranea alla famiglia dell'uomo. Con il termine « sorella mia >> ( 'iii}otf) si esprime l'ap­ partenenza alla stessa famiglia. Come rileva Landy, i termini si contraddicono a vicendat63• Una stessa persona non può essere allo stesso tempo > e >. L'accostamento è paradossale e non si spiega sul piano istituzionale, ma su quello simbolico. Da una pane la donna appartiene a un'altra famiglia, viene dal di fuori, dal deserto o dal Libano. Dall'altra essa è > (Gn 2,23). Questa formula si riferisce al rapporto di con­ sanguineità (in Gn 37,27 i fratelli dicono di Giuseppe: >) 1 64• L'amore, cioè, da una pane conduce uno fuori di se stesso, è un > (2.9-10: 3,2-4; traduzione di E. Bresciani, Let­ teratura, pp. 455-456). A impazzire. nella lirica amorosa egiziana come nel Cantico, è il cuore. Si ve­ da dello stesso papiro la seconda stanza: «Con la sua voce, / il mio amato turba il mio cuore, / e fa che di me s'impadronisca la malania. [ ... ] / Ecco, il mio cuore si rifiuta l di pensare a lui, / anche quando mi prende l 'amore di lui. l Ecco, è un insensato, l ma io sono come lui » ( 1,8: 2, 1 -2; lbid., p. 454).

"' Un significato positivo del verbo /bb è, dunque, nonostante tuno, sotlintesol 160 Cosl. ad esempio, G. Ricciotti, Il Cantico dei cantici, pp. 45-49. 161 Cfr.. in questo senso, F. Brown - S.R. Driver - C.A. Briggs, A Hebrew and English Lexicon ofthe 0/d Tesrament, Oxford 1 95 1 , p. 27, col. 2 (rinviando a Gn 20, 1 2). 1 " Si veda, ad esempio, come la madre di !nanna raffiguri a costei il rappono che la unirà con il suo futuro sposo (Dumuzi): Ecco, il giovane è tuo padre, l ecco. il giovane è tua madre » (ANET, p. 639). 1 " F. Landy. Paradoxes, pp. 97-98. 1 64 Cfr. qui Canti dell 'amara Cr 2,8 - 5,/, p. 1 27. •

1 80

Parte seconda. Traduzione e commento

do >>, dall'altro è un ritrovare le radici della propria esistenza, la parte perduta del proprio essere165• La causa della pazzia sono gli > dell 'amata. Si è notato la coeren­ za metaforica con il v. Be (« guarda >>) e, più in là, con il v. le (>). Il testo ebraico b''al}ad me'enajik significa, letteralmente, « Con uno solo dei tuoi occhi >>. Chiaramente qui il termine 'enajim va inteso non in senso statico, ma dinamico, come « sguardi >> 166• Il potere perturbante degli occhi è espresso ancora in 6,5 (« Distogli da me i tuoi occhi, perché mi fanno impazzi­ re! >>), e trova un riscontro preciso nella lirica amorosa egiziana, dove la « perdi­ ta del cuore » è causata spesso dallo sguardo della persona amata167• In parallelo con gli >, il v. 9c usa un lessema raro, 'iiniiq. Al plurale il termine indica un ornamento del collo (cfr. Pro l ,9; Gdc 8,26)168• Da qui sembra logico intendere il singolare come una parte di questo ornamento, cioè una > o un altro tipo di gioiello1 69• Il seguente sostantivo $awwiir6n è un hapax, ma chiaramente derivante da sawwii 'r (>, cfr. v. 4a), sicché la traduzione > sembra appropriata. A Garbini pare assurdo >, e tra­ duce, cambiando il testo: >170• Effettivamente al nostro gusto occidentale il parallelo risulta poco delicato. Ma per l 'Antico Oriente non era così. Nei testi mesopotamici relativi al matrimonio sacro, Inanna prima dell' incontro con io sposo copre il corpo di gioielli171• Non era, questo, sol­ tanto un modo per dimostrare la ricchezza che si portava in dote; a dire di We­ stenholz la bellezza di una donna era legata più ai suoi gioielli che agli attributi fi­ sici. >172• Probabilmente essi avevano un valore magico173: anche '" E. Salvaneschi (Cantico. p. l 09) parla di regressio ad uterum, e commenta: « Uomo e donna so­ no fatti fratelli in amore. affinità elettiva che si ri-crea come antico legame carnale. fine che è inizio>>. '"' Cfr., in questo capitolo. p. 158. Diversamente M. Pope (Song, pp. 480-482), che difende il significato fisico del tennine, ricorrendo a rappresentazioni di dee dai molti occhi. Agli occhi è at­ tribuito spesso un potere magico, cosa attestata anche dal tenni ne popolare « malocchio >>. Ma nel nostro caso questo aspetto non è direttamente chiamato in causa: si tratta di una nonnale ragazza! ••7 Cfr. B. Mathieu (La poésie amoureuse de t ' tgypte Ancienne. pp. 1 63- 164), il quale sottoli­ nea che il motivo più frequente è lo sguardo da lontano. Ma certo il tema non è esclusivo della poe­ sia egiziana! '" Cosi hanno tradotto la LXX, enthema (ornamento); la Siriaca, 'q' (« piccola collana »); la Vulgata, crinis. ,., Cfr. A. Robert - R . Tournay, Le Cantique des cantiques, pp. 174-175. 17° G. Garbini, Cantico, pp. 78-80. 171 Cfr. ANET, p. 638 (> e >175, può spiegare l 'accostamento delle due parole nel nostro testo. Ambedue sono caratte­ rizzate dal >, dall'>. Un canto d'amore egiziano accosta il fascino degli occhi a quello dei gioiel­ li: , v. I Od; >, v. I l d); questi ultimi iniziano allo stesso modo: w'rea!) (>, vv. LOc. l lc). Il primo distico della strofa (v. I Oab) è caratterizzato dalla ripetizione del termine dodajik (>) legato al senso del ; l 'ultimo (v. I l cd) è caratterizzato dalla ripetizione del termine rea!) (profumo) le­ gato al senso dell ' >. Schema 26 v.

IOab v. IOcd v. l lab v. l lcd

gusto olfatto gusto olfatto

vino odore, balsami miele vergine, miele e latte Libano

carezze

carezze

profumo

profumo.

La seconda strofa è unita alla prima dalla ripetizione chiastica dei termini > (vv. Sa. l la) e « sorella mia sposa >> (vv. 9a. IOa), e dall' inclusione-effet­ tuata dal termine > (vv. 8ab. l l d)178• D'altra parte, l'alternarsi dei due sen"' Cfr. Figure 5, 9, 13, 27, 28. Sulla funzione dei gioielli nella rappresentazione della dea pro­ spiciens, cfr. W. Fauth. Aphrodite parakuptousa, p. 434. A dire di Fauth i tratti della dea che più so­ DO messi in rilievo sono gli occhi e i gioiell i. "' Cfr. M. Malul, Janus Para/lelism in Biblica/ Hebrew: 1Wo More Cases (Cantic/es 4,9.12), in BZ 41 ( 1 997 ) 248. '" Papiro Chester Beatty IC 17.2-3. secondo B. Mathieu, LA poésie amoureuse de l 'Égypte Ancienne. pp. 33-34 (cfr. E. Bresciani. Letteratura, p. 472). 171 Per la struttura dell 'unità. cfr. soprattutto M .T. Elliott, The Uterary Unity of the Camicie,

pp. 104-107. 178 Cfr. sopra ScheTTUJ 21, p. 1 56. Osservando questi precisi rimandi, si è naturalmente restii a so­ stituire i termini di TM con ipotetiche congetture. come fa G. Garbini, che al v. I l cambia il termine >, detennina anche la poetica della terza e quarta strofa. Dalla contemplazione si passa gradualmente al godimento dell 'amore. Ancora si tratta di desiderio: soltanto dopo l'assenso dell'amata, al v. 1 6, si giungerà all'u­ nione. È sintomatico che la descrizione del godimento amoroso in Ct 5, l ripren­ derà alcuni termini della nostra strofa (>, 5, l b, cfr. 4, !Od; « miele », 5, l c, cfr. 4, I l b; >, 5, I d, cfr. 4, !Ob; « latte », 5, I d, cfr. 4, l lb). È da segnalare anche qui, come nella prima strofa, la continuità con il wa$/ dei vv. 1 -7 : l ' inizio della strofa (mah japu [« come sono belle >>] v. ! Oa) echeggia l ' inizio del wa$/ (hinniik japii [letteralmente, « eccoti bella >>] v. l a) e il termine siptotajik (>) rimanda al v. 3a. Dagli occhi (prima strofa) si passa alla bocca (seconda strofa), dalla « vista » al « gusto >>. [v. 10] Il versetto rimanda chiaramente a 1 ,2-3. Si veda lo Schema 27: nel breve spazio di due stichi, i due passi hanno cinque termini in comune: d6dim (carezze), tob ( (( buono, dolce >>), jiijin (vino), real] ( (( odore, profumo ))), femen (« unguento, olio >>). Schema 27

1,2b 1,3a

4,10b

Dolci sono le tue carezze, più del vino; soavi ali'odore i tuoi profumi: profumo versato di fresco il tuo nome.

4,10cd

Sono dolci le tue carezze, più del vino! E l 'alito dei tuoi profumi più di tutti i balsami.

In Ct 1 ,2-3 si parla dei baci, di cui si mettono in evidenza i due aspetti, quel­ lo gustativo e quello olfattivo1 79 • Il termine « bacio >> manca in Ct 4, IO, ma è chia­ ramente a esso che il termine d6dfm (carezze) allude. Si tratta del gioco erotico connesso con le > (v. l l ab) 1 110• Se i termini sono gli stessi, è tuttavia notevole che il pronome possessivo si riferisca nei due casi a due per­ sone differenti: in 1 ,2-3 è la donna che parla dei baci dell'uomo, in 4, 1 0- 1 1 è l ' uomo che parla dei baci della donna. Quello che la donna trova nel suo uomo, lo trova l'uomo nella donna: ambedue sono soggetto e oggetto di amore. La ter­ za volta che si parlerà del bacio, in 7 ,9b 10, se ne parlerà al plurale. Dalla « sua bocca » ( 1 ,2), alle (4, I l ), alle > (7.10). Il te­ sto del Cantico è coerente. Il termine jph (« bello, soave >>, v. l Oa) rimanda al v. l a. Se riferito alla donna, l'aggettivo ha un carattere estetico, riferito invece al gioco erotico (d6dim), l'ac­ centuazione è diversa. Come Keel osserva, richiamandosi a una lettera di El Amarna in cui jph è messo in parallelo con l]md, il termine ha anche l 'accezione -

qui Prologo Ct /,2 - 2,7, p. 65. È possibile che l'all itterazione sulla consonante m presente nel v. IO (mah ... mah ... mijjajin... S'mtinajik ... mikkol b'ftimim) voglia imitare il bacio: per pronunziare questa consonante bisogna atteggiare le labbra come a un bacio (cosl M.T. Elliott. The Literary Unity of the Camicie, p. l 06; Ravasi notava qualcosa del genere per la parola pihu in Ct l ,2; cfr. qui Prologo Ct /,2 2, 7, p. 64.). 179 Cfr. 180



Canti del diletto Ct 4, l - 5, l

1 83

« desiderabile >>181 • Certo è assente da questa connotazione ogni giudizio negativo: il desiderio è considerato realtà positiva, come il termine parallelo, /Wb (>, 10b ), sottolinea. Sull'amore > rimandiamo al commento di 1 ,2. La metafora del vino è usata spesso in rapporto al bacio (cfr. 1 ,2; 7,9b- 10; 8,2); essa si riferisce probabilmente allo scambio di umori che avviene nel bacio erotico (cfr. v. I l ). Se il vino ubriaca, trasportando in una situazione di ebbrezza, molto di più il bacio. È quell ' > a cui già il v. 9 alludeva e che sarà ripresa alla fine del canto, in Ct 5 , 1 : >. Come in Ct 1 ,2-3 (e in 7,9), anche qui il bacio è associato ali 'olfatto: « E l'a­ lito dei tuoi profumi più di tutti i balsami >> (v. 10c). Il balsamo è nominato fre­ quentemente nel Cantico (cfr. ancora 4, 14. 1 6; 5, 1 . 13; 6,2; 8,14): fra i profumi è quello che più spesso ritorna (7 volte!). Il termine può essere inteso in senso ge­ nerico, come sinonimo di > 1 82, ma qui si riferisce, come generalmente nel Cantico, alla resina profumata ottenuta dalla Commiphora gi/eadensis. Se­ condo Zohary, ci sono circa cento specie di Commiphora, per cui si comprende che si possa parlare di > (v. !Od; cfr. 14e) 1 g3• Il balsamo è legato, nell 'AT, alle figure della regina di Saba (cfr. I Re 1 0,2. 1 0; 2Cr 9,1 .9) e di Salo­ mone (cfr. I Re 10,25; 2Cr 9,24). Esso non è originario d' Israele, proviene dal Sud della penisola arabica, ma il balsamo di Giudea era famoso in epoca romana: esso era coltivato soprattutto a Gerico e a Engaddi. attorno al mar Morto, e le piantagioni erano monopolio regio gelosamente riservato. A dire di Plinio184 e di Giuseppe Flavio185, il balsamo era il profumo più ricercato del tempo, e perciò anche il più costoso. Esso fa parte, dunque, dell'atmosfera regale che caratteriz­ za le > (cfr. Ct 3,6-1 1). Il balsamo era usato nel tempio ( I Cr 9,29-30) ed era impiegato nella confezione dell'olio dell ' unzione (Es 30,23). Presso gli ara­ bi è apprezzato oggi soprattutto per le sue proprietà medicinali. Aveva un ruolo importante nella preparazione dei cadaveri per la sepoltura (cfr. 2Cr 1 6, 14; Ger 34,5; Mc 1 6, 1 , par.), tanto che ne è derivato il verbo « imbalsamare >>. Natural­ mente aveva il suo posto anche nella cosmesi, soprattutto femminile (cfr. Est 2, 1 2). Si comprende perciò che Erode abbia regalato a Cleopatra le piantagioni di balsamo del distretto di Gerico186• E tuttavia, in confronto con i > deli' amata, ogni sorte di balsamo è povera cosa (v. ! Ocd). Keel nota che, nonostante che le parole siano simili, l'af­ fermazione fatta in 4, 10 è diversa da quella di 1 ,3 . Là, infatti, i > erano confrontati con la persona (il >), qui essi sono confrontati con > con cui sono paragonati. In Ct l ,3 « i tuoi profumi >> sono visti come qualcosa di « ester­ no >> alla persona, identificata dalla metafora del « nome >>; in Ct 4, I O essi sono identificati con la persona e paragonati con qualcosa di esterno a essa (> ). Neli 'espressione « i tuoi profumi >> l'accento va sul possessivo, più che sul sostantivo. Si allude cioè al profumo personale della donna188, il profumo della sua femminilità, quale è percepibile nel bacio. In Ct 7,9 si parla, in connes­ sione con il bacio, di > (real] 'appekii). Non c'è profu­ mo che si avvicini al profumo di una donna. I suoi baci sono più inebrianti e to­ nificanti di qualsiasi balsamo.

Schema 28 1 ,2-3 4,10

Le tue carezze

>

vino

Il tuo nome Le tue carezze l tuoi profumi

>

i tuoi profumi

>

vino tutti i balsami.

>

[v. 11] Il verso inizia con uno stico di notevole qualità sonora: nopet ti!fopniì siptotajik (>). Le vocali esplosive t e .t imita­ no il cadere delle gocce; nopet non è il termine usuale per indicare il >

(che si chiama usualmente d•baJ, cfr. v. l i b). È un termine raro, che, dal paralle­ lo in Sal 19, I l , sembra indicare « un favo che lascia gocciare il miele più pregia­ to perché spontaneamente cola senza bisogno di essere spremuto >>189• Il pensiero, dato il contesto (dodim, al v. I Oab), va naturalmente al bacio, di cui si mette in evidenza la dolcezza. Il tema è conosciuto nella poesia amorosa di tutti i tempi, dai testi sumerici sul matrimonio sacro1911 ai miti ugaritici191• Particolarmente vi­ cini al Cantico sono alcuni canti palcstinesi moderni: « La sua saliva è come cri­ stalli di zucchero! l Com'è dolce succhiare le sue labbra, l più dolce di zucchero e miele >>192, oppure: « La sua bocca m'è dolce l contiene un favo di miele >>193• Un parallelo interessante offre l ' idillio 20 di Teocrito, dove un pastoreIlo dice di sé: « La bocca era uno zucchero, più della giuncata, e dalla bocca l una voce m'usci-

"' O. Keel, Das Hohelied, p. 1 54. Lo stesso senso, metaforico, ha l 'espressione « il mio nardo>> in Ct 1,12. 1 89 G. Nolli, Cantico, p. 107: cosi anche F. Delitzsch, Hoheslied und Kohelet, p. 76. D senso è con­ fermato da Cl 5 , l , dove il « miele » (questa volta chiamato d'baS) è menzionato assieme al « favo ». 190 «O mio lubi, mio Jubi, mio Jubi! l O mio labi, mio labi, mio labi! l Mio vino delizioso, mio miele dolcissimo, mia soave l "bocca di sua madre" ! l ( ... ) I l baci della sua bocca mi sconvolgono » (testo riponato da J.J. Lavoie, Festi11 érotique et tendresse cannibalique dans le Cantique des canti· ques, in SR 24 [ 1 995] 1 38). Il miele è spesso nominato nei testi del matrimonio sacro: lo sposo è qui chiamato " il mio uomo di miele » (cfr. ANET, p. 645), il leno dell'amore « profumato leuo di mie· le >> (Jbid.). Sul significato erotico del « miele » si veda più avanti la citazione di G. Krinetzki (in que­ sto capitolo, nota 202). 191 Cfr. KTU 1 .23:49-50 (il testo è riponato in Prologo Ct 1.2-2,7, p. 90, nota 1 87). 192 St. H . Stephan, Modem Pale.>194• D parallelo è interessante anche perché qui le labbra sono strumento non solo del bacio, ma anche della >. Una simile ambivalenza è riscontrabile anche nel testo del Cantico, se si tiene presente il le­ game con il wa$/(cfr. Ct 4,3: « E il tuo parlare è dolce >>). Non solo i baci dell'a­ mata sono dolci: lo sono anche le sue parole195• Il v. I l a ha un sorprendente parallelo in Pro 5,3: n6pet ti!16pniì sipté zara (> } 196• La corrispondenza è co­ sì precisa, che è difficile pensare che si tratti di casualità o di espressione ste­ reotipa. E la dipendenza va chiaramente dai Proverbi al Cantico197• Non è l 'uni­ co caso in cui il Cantico riprende un testo dell' AT cambiandone il senso. Heinevetter ha probabilmente ragione di riscontrare una intenzione polemica 198 • Il Cantico vuole, cioè, espressamente correggere una concezione negativa della sessualità, quale è presentata in altri libri dell' AT. O, forse, vuole contrappor­ re ali 'amore della straniera (zara, Pro 5,3) quello della del Cantico, già riscontrata altrove: l 'autore prenderebbe così le distanze dalla concezione el­ lenistica, pagana, della sessualità, per celebrare la bellezza dell'amore com'è vissuto in Israele. >. Il pensiero va ancora anzitutto al ba­ cio > di due amanti, in cui la lingua gioca un ruolo importante2"1• Accan­ to a questo significato si lascia anche qui percepire l 'altro, legato alla funzione della lingua come strumento della parola. A questo senso conducono i paralleli Gb 20, 12; Sal l 0,7, in cui si parla della cattiveria che c'è dell 'amata vi sono parole che nutrono l'amore (>). Tra due amanti le parole non sono certo meno importanti dei baci ! Ma si tratta anche qui di un senso secondario, perché il con­ testo parla del > e del!' « olfatto >>, non dell ' >. G. Krinetzki riscontra nei due cibi del v. I l b (« miele e latte >>) una valenza legata alla psicologia del profondo: nel miele egli vede un ) è l 'inverso di quello del Cantico (« miele e latte >>). Ciò nonostante, l ' allusione sembra eviden­ te. Si avrebbe, dunque, un altro esempio dell 'identificazione della donna con la terra promessa (cfr. Ct 2, 1 6- 1 7; 4,6). Se la donna si identifica con la terra, allora anche i doni sono gli stessi. Nel godimento della propria donna, il figlio d'Israe­ le fa esperienza di quella pienezza di vita che JHWH ha promesso al suo popolo nella terra d'Israele. In lei egli assapora la bontà di Dio. L'assenso alla gioia re­ cata dali ' amore della donna riceve così una dimensione teologica. È riconoscen­ za per il dono di Dio. Come nel v. IO, anche nel v. I l all'aspetto gustativo del bacio segue quello olfattivo: >. Garbini trova il riferimento alle vesti fuori luogo, in un testo che parla del bacio205• Forse il nostro gusto occidentale è diverso da quello del l 'autore del Cantico. Del pro­ fumo delle vesti parla l 'epitalamio Sal 45,9, dove dello sposo è detto: >. Più preciso è il parallelo con Gn 27,27, in cui si parla della benedizione che Giacobbe ha carpito a suo padre !sacco: >. La corrispondenza con Ct 4, ! led è sorprendente. Si noti, anzitutto, come in ambedue i casi (a) il discorso sul > (rea l}) è collegato con il bacio; (b) si parla non del profumo del corpo, ma di quello delle vesti; (c) questo profumo è paragonato a quello della terra (>, Gn 27,27; >, Ct 4, 1 1 ). Quest'ultimo aspetto prolunga il motivo dell' identificazione della donna con la terra promessa, accennato già nel v. I l b (>): il tema sarà ripreso e sviluppato nella strofa seguente, mediante la metafora del giardino. 202 G. Krinetzki, Komm.mrar zum Hohenlied, p. 144. 203 Cfr. A. Brenner, The Food o.f Love: Gendering Food and Food /magery in the Song of Songs, in Semeia 86 ( 1 999-200 1 ) 105, 109. 204 Cfr. D. Lys, Le plus beau chant de la création, p. 186. 205 G. Garbini (Cantico, pp. 78, 227-228) parla di lettura « palesemente assurda». E aggiunge: « La posizione in cui ricorre il termine [ .. . ] e la sua eliminazione dal testo fanno agevolmente pensa­ re che la parola originaria indicasse qualcosa relativo al sesso della donna». Egli perciò ipotizza una sostituzione dell'ebraico slmtjk con sbljk e traduce « l 'odore del tuo sesSO >>. A pane la discutibile traduzione di sobel in Is 47,2 con « sesso» (non ho trovato questa traduzione in alcuno dei diziona­ ri ebraici da me consultati), le antiche versioni concordano tutte con TM, quindi l' ipotesi di un testo corrotto è gratuita. L'unico argomento su cui essa si fonda è quello del > (v. 6cd), il corpo profumato della donna. Una finezza. Si è notato sopra il parallelismo tra il v. l Ocd (>, vv. 8. 1 5): al v. 1 6 prende la parola la donna. D'altra parte, la descrizione del giardino si collega direttamente con la menzione del Li­ bano al v. I l : il Libano è il « giardino di Dio >> (cfr. Ez 3 1 ,8-9). Il tema della terra promessa era stato introdotto già nella strofa precedente. La terza e la quarta strofa si distinguono fra loro non solo per il soggetto par­ lante, ma anche per la diversa dinamica. La terza strofa è tranquilla, contemplati­ va, un > musicale. Dal punto di vista del genere letterario, abbiamo una sorta di wa!ff, un canto descrittivo209• Come è tipico della descrizione, il testo è costituito di proposizioni nomina1F10• Ci sono solo quattro verbi, tutti al partici­ pio (« chiuso >> [due volte], v. l 2a.b; >, v. 1 2b; >, n6Z:lfm, v. 1 5c ). I vv. 1 3- 14 sono un « elenco>>: in essi non vi è alcun verbo. La quarta strofa è invece caratterizzata da un movimento travolgente, un « allegro con fuoco >>. Qui sono presenti, in soli due versi, ben tredici verbi, uno "" Sulle connessioni tra Os 14,6-8 e il Cantico, cfr. F. Gangloff, YHWH ou /es déesses-arbres? (Osée XIV 6-8). in VT 49 ( 1 999) 3448.

"" Una confenna di questa fama viene da un passo di Floro, in cui si descrive il passaggio di Pompeo attraverso la catena del Libano in questi tennini: per nemora il/a odorata, per turis et bal­ sami si/vas (Floro, Epitoma de Tito Livio 1.40.29 JLCL], London - New York 1 929, p. 1 88). Nei bo· schi del Libano non si trovano né incenso né balsamo, sicché questi tennini sono da prendersi in sen­ so generale come sinonimi di « profumo >>. 208 Cfr., ad esempio: O. Keel. Das Hohelied, pp. 156-173; H.-P. Mtiller, Das Hohelied, pp. 4953; G. Gerleman, Ruth. Das Hohe/ied, pp. 1 57- 1 62. 209 Cfr. F. Horst, Die Formen, p. 1 78. "° Cfr. H.-P. Mtiller, Das Hohelied, p. 50.

188

Parte seconda. Tradu;:ione e commento

per stico: l 'ultimo stico (5, 1 0 ne ha due. 1ì"e soggetti prendono la parola, l'uno dopo l 'altro: la donna (4, 1 6), l 'uomo (5, l a-d), il poeta (5, l eO. Il passaggio da1la terza a11a quarta strofa è, dunque, il passaggio da1la contemplazione aH' azione. Ma la contemplazione nei vv. 1 2- 1 5 prepara già l ' azione: la sottolineatura del « giardino chiuso » in Ct 4, 1 2 era una pressante richiesta di aprire. La risposta deiJa donna al v. 1 6 dimostra che così lei l 'ha capita. La strofa è costituita di una cornice (vv. 1 2. 1 5, cfr. Schema 29), in cui si par­ la di >, v. ! Sa) è ripresa letterale del v. 1 2a, mentre b"' er (>, v. 1 5b) corrisponde a gal nel v. 1 2b. In ugaritico il terrni­ ne gl significa infatti > e anche >, >. La radice è presente nell'ebraico gulla (cfr. Gs 15,9; Ode 1 , 15), nell'accadico gulla­ tu e nel greco gaulos216• Sia al v. 1 2 sia al v. 15 si distingue dunque tra la > dell'acqua (ma 'jiin) e la > (gal, b" 'er) in cui essa è raccolta. Il terrnine ebraico gan (>, v. 1 2a) deriva dalla radice gnn (chiude­ re). D lessema contiene già in sé il concetto ribadito dagli aggettivi > (nii'ul, v. 1 2ab) e > (/Jiitum, v. 1 2b). Del > si parla ancora in Ct 6,2 e 8, 13, ma è nel nostro brano che il tema è sviluppato in una metafora com­ piuta. Si tratta d'altronde di un topico diffuso nella lirica amorosa orientale: in Mesopotamia217 come in Egitto21 8 si trovano paralleli molto simili al testo del Cantico219• Come spiega Keel, > 220 • In Israele ogni casa aveva il suo piccolo orti ce Ilo: in esso vi erano alberi da frutto (cfr. Ger 29,5; Am 9,14), so­ prattutto la vite e il fico (cfr. I Re 5,5; Mie 4,4; Sal 1 28,3). Le famiglie più ab­ bienti avevano giardini-parchi più ampi, per cui era necessaria una vasca per l ' ir214 Così. fra gli allri, A. Robert - R. Toumay, Le Cantique des canriques, p. 179 (cfr. la tradu­ zione BJ); H.-P. Mtiller, Das Hohelied, p. 49; W. Rudolph, Das Buch Ruth. Das Hohe Ued. Die Kla­ gelietler. p. 1 50. "' Così. ad esempio. BHS; la traduzione CEI; A. Roben - R. Toumay, Le Cantique t/es canti· ques, p. 1 79: W. Rudolph. Das Buch Ruth. Das Hohe Ued. Die Klagelieder, p. 150; R.E. Murphy, The Song ofSongs, p. 1 56; G. Garbini, Cantico, p. 229. 216 Cfr. M. Pope, Song, p. 488; G. Ravasi, Il Cantico dei cantici, p. 384; D. Lys, Le p/us beau chant de la création. p. 1 88; M.T. Elliou, The Literary Unity ofthe Camicie, p. 305; H.-J. Heinevet­ ter, « Komm nurt, mein Liebster. Dein Garten ruft dich! •, p. 1 26 (Heinvetter arriva a supporre che gan, al v. 12a. sia correzione di un originario gal). 217 Si veda, al riguardo: J.S. Cooper. New Cuneifonn Paralle/s to the Song o[Songs, in JBL 90 ( 197 1 ) 1 6 1 ; M. Nissinen. Love Lyrics of NabU artd Tasmetu, pp. 6 1 6-619; W.G.E. Watson. Some An ­ cient Near Eastem Paralle/s to the Song ofSon/!s. pp. 260-261 ; J.G. Westenholz, Metaphorica/ Lart­ guage, pp. 382-393. '" Cfr. A. Niccacci , Cantico tki cantici e canti d'amore e11iziani, in SBFLA 41 ( 1 991) 71-76; B. Mathieu. La poésie amoureu.), i n avestico pairi-daeza ( > )237• NeI l ' AT il lessema è usato ancora solo in Qo 2,5 e in Ne 2,8, e indica un parco reale. La LXX traduce paradeisos, come in Gn 2-3 e in Ez 28 e 3 1 , dove si parla del >: esso identifica esplicitamente il giardino del Cantico con il giardino del l ' Eden. In ambedue i giardini crescono piante meravigliose (cfr. Gn 2,9)238 • Le prime due piante della serie (v. 13ab) sono alberi da frutto: si riprende così il tema del (rimmon)

232 sii} I l . secondo HAIAT. pp. 1404- t405. In questo senso, ad esempio: O. Keel, Das Hohe­ lied, p. 164: G. Krinetzki, Kommenrar :um Hohenlied, p. 148. Tale immagine è presente forse in Sir 24,30-31 (corrispondenti ai vv. 28-29 della traduzione CEI). di cui però non ci è pervenuto il testo ebraico. "' Così anche, fra gli altri. HALAT, pp. 1404- 1405 (J/1) Il); H.-J. Heinevetter, « Komm nun, mein Liebsrer, Dein Garlen ruft dich 1 », p. 1 27. nota 9 1 ; A. Roben - R. Tournay, Le Canrique des canliques. p. 1 8 1 ; G. Gerleman. Rwh. Das Hohelied. pp. 159-160. Si tratta d'altronde dell'interpre­ tazione tradizionale. supposta anche dalle versioni antiche. '·" Così anche. ad esempio, M. Gorg. Kanii/e » oder « Zweige » in H/d 4,13, in BN 72 (1993) 23. Si veda. a conferma. un canto d'amore sumero: « La mia "lana" è lattuga, egli vuole innaffiarla, è lattuga cresciuta in aiuola. egli vuole innaffiar) a » (''lana" e "lattuga" sono metafore della peluria pubica. testo secondo Th. Jacob.en. The Harps, p. 93): o anche le seguenti parole rivolte da Inanna a Dumuzi: « Piante mescei dal mio grembo: l piante gli posi innanzi, piante gli mescei innanzi: l gra­ no gli posi innanzi. grano gli mescei innanzi » (da S.N. Kramer, The Sacred Marriage, p. 1 0 1 ). "' Anche qui non mancano le proposte di cambiare TM. G. Garbini, ad esempio, si associa al­ la congettura li)jk. già avanzata da Dalman, Perles, Rothstein. Ma mentre costoro traducono « le tue guance ». G. Garbini (Cantico, pp. 78.229), coerentemente con Ct I , I O e 4,3. rende: « i tuoi fianchi », vedendo nel termine un'allusione al rappono anale (!). Ma sui « fianchi » della donna (come, d'al­ tronde, anche sulle sue guance) non crescono « piante » panicolari ! 236 Cfr. la Figu ra 2. Ma il verso precedente alludeva già, con la metafora della fonte e del si­ gillo, alla sfera genitale. E d'altra pane è al rappono sessuale che si riferiscono le metafore del « mangiare » e del « bere » in Ct 4, 1 6 - 5 , 1 . Si tratta di « allusioni », di linguaggio metaforico, apeno anche ad altri sensi, ma i paralleli orientali da una pane e il contesto dall 'altra, fanno propendere per un'interpretazione ((specifica )), chiaramente sessuale, del >264). Le ragioni strutturali sopra nominate parlano per una continuazione del discorso in seconda persona, cioè pronunziato dall 'uomo. In questo senso il contrasto tra la > del giardino al v. 1 2 e la sua > al v. 15 sono da intendersi non come una contraddizione, ma come uno dei tanti paradossi dell'amore, che vive appunto in tensione tra questi due poli. D ' al­ tra parte, il tema dell '> introduce la risposta dell' amata al v. 16. >. Il plurale fa difficoltà. Nel Cantico si parla sempre di > al singolare, alludendo al corpo della donna. Come spiegare il plu­ rale? Alcuni autori, fondandosi sulla LXX (codice Vaticano) kepou, pensano a un errore di scrittura. Gordis, ad esempio, traduce: >, cam­ biando gannfm con gannf265 • Altri intendono il plurale come una generalizzazio­ ne (>266) o pensano che il plurale alluda alle diverse aiuole del giardino26 7• Prendendo i l plurale nel suo senso ovvio (« sorgente dei giardi­ ni >>), il testo sembra direttamente contraddire Pro 5 , 1 6-17, citato come parallelo di Ct 4. 12: >. La metafora del > ha qui evidentemente un senso più ampio di quello del v. 1 2. Come nelle > di Ct 2, 1 5 abbiamo rico­ nosciuto il plurale dei due amanti, così ora si generalizza: l 'amore vivifica non solo il grembo della donna (v. 1 2), ma ha una funzione analoga anche per le al­ tre persone, addirittura per tutti gli uominP118 • Bonum diffusivum sui, si direbbe con un adagio latino. Forse è un caso di quel che irriga il paradiso in Gn 2 , 1 0- 1 4269• Il giardino non riesce a contenere l ' abbondanza di acqua, che trabocca e irriga tutta la terra, fonnando i quattro grandi fiumi del mondo. Il mito dei fiumi del pa­ radiso è diffuso in tutto l ' Oriente. Nel famoso affresco di Mari due divinità fem­ minili reggono un vaso da cui escono quattro fiumi (Figura l 5; cfr. anche Figu263 Ad esempio: R. Gordis, The Song, pp. 60.88; D. Lys, Le plus beau cham de la création, pp. 194-197. 264 Cosl, fra gli altri_ W. Rudolph. Das Buch Ruth. Das Hohe Lied. Die Klagelieder, p. 1 5 1 ; H.­ p Miiller, Das Hohelied, p. 49. '" R. Gordis, The Song, p. 88. '" Cosl. fra gli alni: G. Krinetzki, Kommentar zum Hohenlied p. 149; G. Gerleman, Ruth. Das Hohelied. p. 157 (« Gartenquelle >>); D. Lys, Le plus beau chant de la création, p. 1 94 (« fontaine dejar­ dins >>) ; R. E. Murphy, The Song ofSongs, p. 157 (« garden fountain » ); G. Ricciotti , Il Camico dei can· tici, p. 233 (). 267 Ad esempio. M.T. Elliott. The Literary Unity ofthe Canticle, pp. 1 1 3 - 1 14. 268 O. Kee l (Das Hohe/ied. p. 168) riconosce al plurale una funzione « aumentativa». Siamo in linea con il linguaggio iperbolico dei vv. 13- 14. 2" F. Landy, Paradoxe.,, pp. 194-198. ,

»

Canti del diletto Ct 4,1 5, l -

1 99

ra 72), mentre in un avorio proveniente da Assur i fiumi escono da un dio-mon­ te (Figura 55)21°. è di per sé nell ' AT simbolo della vita. Senza acqua la vita non è possibile: la terra diviene un deserto. Frequentemente la metafora del i ' acqua è applicata a JHWH: egli è la > (Ger 2, 1 3 ; 1 7, 1 3). Nel nostro brano l ' ac­ qua è simbolo dell'amore che la donna può dare al suo uomo. L'amore occupa, dunque, il posto che Geremia attribuisce a Dio. La cosa può apparire scandalosa, idolatrica. E invece è un altro caso di quella dimensione teologica de li' amore già più volte rilevata: l 'amore è una , sorprende. Se la donna è la sorgente e il giardino, come può l 'acqua venir da fuo­ ri? I l > ha qui chiaramente un significato simbolico, non realistico, conforme a tutto il contesto. La simbologia del Libano è molteplice: al v. 8 esso è il luogo di provenienza della donna, e quindi dell'amore. Al v. 1 lcd il Libano è la donna stessa, secondo la metafora introdotta al v. 6. Nel nostro versetto i l Li­ bano è posto in connessione con l 'acqua. Il parallelo con Ger 1 8, 14 fa compren­ dere come si metta in rilievo anzitutto l 'inesauribililà di una tale sorgente: « Può forse la neve del Libano abbandonare la roccia più alta? Possono cambiare il lo­ ro corso le acque straniere, che scorrono (nò, non stagnante, anche se >. Essa è aperta a valle. poiché da questa sorgente sono irrigati gli altri (4,1 2 e 5, 1 ; cfr. 4, 1 6ce) e > (4, 12: 5, 1 ), è da notare la ripresa dei termini: nzl (>, 4, 1 5c. l 6d); bsm ( >, 4, 1 4e. l 6d; 5, l b); prj mgdjm (>, 4, 13b. l 6f); mwr (>, 4, 1 4d; 5, l b). Inoltre, è caratteristico, nelle due strofe, l ' uso ripetitivo della

Canti del diletto Ct 4.1 - 5, 1

20 l

preposizione 'im (« cori. assieme a ») con valore di congiunzione (Ct 4, 1 3bc. 1 4cd e 5 , 1 bcd). Sebbene le due prime e le due ultime strofe del canto formino due coppie, si è notato come legami trasversali uniscano fra loro le prime tre strofe (in quanto pronunziate dal l 'uomo, si veda l ' inclusione attraverso il termine > in Ct 4,8. 1 5). Un fenomeno analogo è riscontrabile fra le ultime tre strofe: esse sono strutturate secondo il binomio olfatto-gusto e collegate da precisi rimandi lessi­ cali (cfr. Schema 32). Si nota (non solo per l 'alternarsi dei due sensi, ma anche per i rimandi lessi­ cali) un chiasmo tra la terza strofa e la risposta della donna al v. 16, così come una inclusione tra la seconda strofa. 4. 1 0- 1 1 , e 5, l . In questo senso il brano 4, l O - 5, l dimostra a livello di macrostruttura una disposizione chiastica, trasversale rispet­ to alla struttura dominante: (a) 4, 1 0- 1 1 ; (b) 4. 13- 14; (b') 4, 16; (a') 5, l . L'unione dei due amanti-sposi, descritta nel l 'ultima strofa sotto la metafora dell 'olfatto e del gusto, è già preannunziata nelle due strofe precedenti: il canto si rivela profondamente unitario. [4,16) Il discorso della donna al v. 16 va inteso come la risposta al prece­ dente discorso dell'uomo ai vv. 8- 15. In essi si esprimeva un ardente desiderio di unione. Anche la descrizione del giardino dal Libano, così sono chiamati a ciò che ha raccolto (v. le), e infine « beve >> (v. I d). I quattro stichi sono strutturati con cura. Al verbo fanno seguito ogni volta due sostantivi, ambedue con il suffisso pronominale di prima persona, uniti fra loro dalla prepo­ sizione 'im (>). Fa eccezione il primo stico, dove il secondo so­ stantivo non è oggetto del verbo, ma vocativo (« sorella mia sposa >>; cfr. Schema 33). La triplice ripetizione dello stesso paradigma (v. l bcd) crea un effetto forte­ mente emozionale.

Schema 33 Son venuto .!. ho colto .!. ho mangiato .!. ho bevuto

nel mio giardino, sorella mia sposa, la mia mirra col mio balsamo, il mio favo col mio miele, il mio vino col mio latte.

Gli oggetti del verbo sono dunque sette, i l numero della perfezione, che ri­ corda quello delle parti del corpo (cfr. 4, 1 -7). Alla fine del wa.yf (>, Ct 4,6c) si richiama anche il nostro testo (« sono ve­ nuto >> {bw '], Ct 5, l a; « la mia mirra >>, Ct 5, l b): Ct 5, 1 è la realizzazione del pro­ posito espresso in Ct 4,6. Ma il verbo « andare >> (bw ') forma direttamente inclu­ sione con 4,8. Là era il diletto che invitava l 'amata ad « andare >>. Qui è la donna che invita il suo uomo a « venire » (Ct 4, 16), e questi anche « viene ,, (5, l ). È un ulteriore aspetto di quella dinamica speculare più volte osservata. Si comprende così anche il senso dell'iniziale sono infatti tutt'e due. Il superamento della distanza deve essere fatto insieme. Sette sono gli oggetti del verbo, si diceva, ma otto volte, due per stico, ri­ suona il possessivo della prima persona: « mio >>. Il termine al di fuori della serie (il vocativo « sorella mia>>, v. l a) è il fondamento per gli altri: poiché la « sorel­ la >> è « mia >>, anche ciò che a lei appartiene, il giardino con le sue piante meravi­ gliose, è « mio >>. Attraverso l'accentuazione enfatica del pronome possessivo, il diletto prende festosamente possesso di ciò che la sposa gli aveva donato ( « Ven­ ga il mio diletto nel suo giardino>>, Ct 4, 1 6e). Sarebbe sbagliato vedervi l'affer­ mazione del predominio dell 'uomo sulla donna: questo è conseguenza del pec­ cato (Go 3, 1 6). I l piano originario di Dio è quello espresso in Gn 2,23: « Questa volta, sì: carne della mia carne e osso delle mie ossa >>. Si tratta, abbiamo visto, di una « formula della parentela >>, a cui anche il nostro testo espressamente si rifà (« sorella mia >>). Nella donna l 'uomo ritrova « la propria carne >>, quella parte di se stesso che gli manca. E d'altronde anche la donna usa il possessivo: « il mio di­ letto >> (Ct 4, 16). Lei appartiene a lui (5, 1 ), perché lui appartiene a lei (4, 16). Lo

194 P. Jotion, Grammaire 1 1 2e; W. Gesenius - E. Kautzsch - G. Bergslriisser, Hebriiische Gram­ matik 1 06g. Per la discussione sul tempo dei quattro perfetti, si veda G. Ravasi, // Cantico dei can­ tici, p. 397.

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Parte seconda. Traduzione e commento

sfondo dei pronomi possessivi in 4,1 6 - 5 , 1 è il ritornello della mutua apparte­ nenza, 2, 1 6 (cfr. 6,3): « Il mio diletto è mio e io sono sua >>. L'uomo e la donna si ritrovano l ' uno nell'altro. L'uomo è fatto incompleto perché possa trovare la pro­ pria unità, la propria identità, attraverso l 'unione sessuale. Per questo Paolo dice: (Ct 4, 1 3 . 1 6). [S,le-f) Con le immagini del > e del > si allude dunque al­ la > dell'unione. I due amanti sono, nel linguaggio del Cantico, assopiti nel (bet 'immi). Al termi­ ne dei canti del diletto, le due immagini si fondono: al >, cioè, si unisce il >, simbolo della madre. .., I:espressione è ripresa in Mt 19,5. par.: Ef 5,3 1 : I Cor 6.16. Si può cogliere qui anche la profondità teologica insita nell 'espressione: « Mangiare il corpo del Signore ». C'è una singolare analogia tra l ' unione di due sposi e l 'eucaristia (cfr. !Cor 6, 16- 1 7). ''" Il legame tra i " baci » e il « giardino » è fano in diversi testi sumerici. Si veda, ad esempio: « Mio dio. dolce è la bevanda dell'ostessa, l come la sua bevanda è dolce la sua vulva. dolce è la sua bevanda, l come le sue labbra è dolce la sua vulva, dolce è la sua bevanda, l dolce è la sua bevanda resinata, la sua bevanda » (poema dedicato a Shu-Sin, riponato in N .S. Kramer, Tlte Sucred Marria­ ge, p. 94). Il parallelo è significativo, perché rivela il diverso modo di parlare della genitalità nei due testi: diretto, senza veli, nel testo sumero, indiretto, per metafore, nel Cantico. Wl Su questo testo, si veda O. Keel. Das Bock/ein. 30·' Per la verità c'è un esempio di questa mescolanza nel romanzo di Longo Sofista: Dt:ifni e Cloe 2,23,3 (traduzione di A. Burlando, pp. 28-29). Ma il significato di questa bevanda (oinnga/a) è poco chiaro. 304 Si tratta, d'altronde, di un'espressione diffusa nel mondo antico per indicare in forma miti­ ca (spesso legata ai culti della fertilità) l 'abbondanza della terra. Secondo il mito ugaritico Baa/ e Mot, quando Baal ritorna dal regno dei moni. « i cieli pioveranno olio l e i torrenti fluiranno miele » (KTU 1 .6 111 6-7; G. Del Olmo Lete, Mitos, p. 228). Analogo effetto ha l ' apparire di Dioniso sulla terra. secondo le Baccanti di Euripide: « La terra ha rivi di latte, vino, neuare d'api. Il celebrante ­ c'è fumo come d'incenso di Siria - si lancia . . . » (vv. 142- 145, cfr. Euripide, Ifigenia in Tauride. Bac­ canti )i ntroduzione e traduzione di U. Albini, note di M. Maueuzzi] [ l grandi libri Garzanti], Mila­ no 1 987. pp. 1 24-125).

208

Parte seconda. Traduzione e commento

D'altra parte, si può notare ora un contrasto con le due precedenti conclu­ sioni. Sia 2, 7 sia 3,5 erano caratterizzati dallo scongiuro, rivolto alle figlie di Ge­ rusalemme, di non disturbare l'amore. La società era sentita dunque come poten­ zialmente nemica dell'amore. Qui è diverso. Alla descrizione dell'unione fa seguito un invito festante a ubriacarsi d'amore. La società è rappresentata come amica dei due amanti. Essa non impedisce, ma incoraggia l ' amore: > (Ct 5 , l e). Noi abbiamo supposto che a pronunziare questa frase sia il poeta stesso, che esce dal suo anonimato e si rivolge ai due amanti305• Ma la cosa non è pacifica. Poiché Ct 5, l a-d è pronunziato dal diletto, molti autori ritengono che lui stesso continui a parlare: destinatari del suo discorso sarebbero in questo caso gli , cfr. Ct 1 ,2; 4,10; 7, 1 3)307, oppure indicare una pluralità di persone, siano esse i due amanti o i loro amici308• Le versioni antiche intendono in questo secondo senso (LXX, adelphoi; Vulgata, carissimi; Siriaca, dwdj), a ragione, perché così lo ri­ chiede i l parallelismo (cfr. Schema 34). l verbi si corrispondono fra loro: > (a') sono, infatti� due aspetti del >, che forma una coppia complementare con il > (a). Ci si aspetterebbe, perciò, una corrispondenza anche dei sostantivi. Questa corri­ spondenza si perde, se si traduce dodim (b' ) con >. Alcuni commentato­ ri se ne sono accorti e hanno proposto di tradurre anche re'im con un astratto (> )309, ma non si trovano esempi di questo uso neli ' ebraico biblico. Re­ sta perciò da intendere tutt'e due i sostantivi in senso concreto, in riferimento a una pluralità di persone (>). Questo significato è appoggiato dal ri·"" Così anche: G. Gerleman, Ruth. Das Hohelied, p. 1 62; H.·J. Heinevetter, « Komm nun, mein Liebster, Dein Garten ruft dich! », p. 1 32; H.-P. Mtiller, Das Hohelied, p. 53; M. T. Elliott, The Liter· ary Unii)· ), l 'appellativo con cui i due amanti si chia­ mano a vicenda. Queste parole non sono mai usate per altre persone ali' infuori della coppia del Cantico31 0• Per gli è usato un altro termine: lpiberim (cfr. Ct l ,7: 8,1 3 )3 1 1 • È logico dunque pensare che anche qui i due so­ stantivi si riferiscano ai due amanti-sposi. Tanto più che i verbi > e > hanno nel contesto una chiara valenza sessuale: che lo sposo inviti gli amici a partecipare all 'atto sessuale è quanto mai improbabile!l12• I due amanti non sono solo, l ' uno per l ' altro, > e, rispettivamente, >: essi sono, tutt'e due, e > del poeta, che guarda a loro con simpatia e tenerezza. Si potrebbe dire: per non fare torto ad alcuno, li chiama prima con il plurale del nome di lei (« amici >>), poi con il plurale del nome di lui (>). Una testimonianza di più di quella « dinamica speculare >> che è l'ani­ ma del Cantico. Come sopra accennato3 1 l, il poeta riprende gli ultimi due verbi usati dal di­ letto in Ct 5, led. Costui aveva detto: « Ho mangiato... , ho bevuto ... >>, e il poeta commenta, approvando: « Amici miei, mangiate, bevete >>. Quasi a dire: quello che voi fate, è buono. La frase non è convenzionale: essa costituisce una profes­ sione di fede nella bontà dell'amore nella sua dimensione sessuale, fisica. L'atto sessuale, visto altrove nella Bibbia con sospetto o tollerato come un « male mi­ nore>>, è apertamente incoraggiato, come >. Il passaggio dal singolare (>) non è, d'altronde, senza significato: ambedue gli amanti devono « mangiare >> e « bere >>. La donna non è solo oggetto, ma anche soggetto dell'amore. Essa non solo dona piacere al suo uomo, ma prova essa stessa piacere: anch'essa è chiamata a « man­ giare >> e « bere >>, a saziarsi d'amore. Poi il poeta riprende la metafora del vino, legata al « bere >> in v. l d, e vi ag­ giunge di suo: >. Vino e amore, si è visto, si assomigliano, perché ambedue portano fuori di sé: l ' estasi dell'amore è simile a una ubriacatura3 14• Il

"" Cfr. D. Lys, Le plus beau chanl de la création, pp. 202-204.

" 1 La Siriaca traduce re 'im con �brj (« compagni miei , ). riferendo la parola. appunto, al grup­

po degli « amici ». "' C. Siegfried (Hoheslied, p. I I I ) pensa esattamente a questo. cioè a un « invito fatto agli amici. a ricercare anch'essi la fruizione amorosa, in parole povere a sposarsi >): ma la cosa suona piuttosto banale. Sull'interpretazione di Ct 1 ,3-4, a cui vari autori rinviano. si veda qui Prologo Cl 1.2 . 2,7, p. 66. 3 1 3 Cfr in questo capitolo. p. 200, Schema 31. 314 Cfr. in questo capitolo. il commento al v. IO, p. 1 83. .• .

21 O

Parte seconda. 'n-aduzione e commento

poeta esorta gli amanti non alla moderazione (« Non bevete troppo, perché il vi­ no fa male >>), ma, anzi, a eccedere nel bere (« Non solo bevete, ma ubriacatevi >>). Quasi a dire: non è il troppo > che fa male, ma il troppo poco. È l ' atteg­ giamento diametralmente opposto a quello delle >, che volevano > (Qo 9,7-9)315• Come Qohelet, anche l'autore del Cantico invita a godere profondamente delle gioie della vita. Nei due casi non si tratta di un invito superficiale all 'edonismo, ma di un atto di fede nella vita, nonostante la morte. A differenza di Qohelet, l' autore del Cantico intravede che, nella transitorietà della vita, se c'è qualcosa che rimane, è appunto l 'amore (cfr. 8,6)316• La professione di fede di Ct 5 , 1 ef è uno dei punti più alti del poema e con­ clude degnamente non solo i due canti del diletto (4,1 - 5, 1 ), ma l ' intera prima parte (2,8 - 5, 1 ). Essa trova un parallelo nel Cantico solo in 8,6c-f. Quantitativa­ mente, e qualitativamente, il poema è giunto al suo >317• I due Canti del diletto (4, 1-7; 4,8 - 5, 1 ) corrispondono strutturalmente ai due Canti dell 'amata (2, 8- 1 7 ; 3 , 1 -5)318• Il primo di questi è impostato su un invito pressante a > dalla casa materna, per affidarsi all 'avventura de li' amore (2, 10. 1 3). Analogamente, l 'ultimo canto del diletto inizia con un invito ad ab-

"' Su questo brano e sul suo celebre parallelo in Gilgamesh (si tratta della versione babilone· se antica, coL 111. 1 · 14, cfr. ANET, p. 90). si veda J.Y.S. Pahk (1/ canto della gioia in Dio. L'itinera· rio sapienziale espresso dal/ 'unità leneraria in Qohe/et 8, 16-9, IO e il parallelo di Gilgames Me. m [Istituto Universitario Orientale, Dipartimento di Studi Asiatici, Series Minor 52], Napoli 1996, p. 263, nota 3 2 1 ), il quale nota la parentela con Ct 5 , 1 . Rilevata la consonanza del tema, si deve anche notare la differenza del Cantrco dei cantici da Qohelet e Gilgamesh. Mentre, infatti. in questi due brani « mangiare>> e « bere>> sono intesi nel loro senso nonnale. e si ha il celebre trinomio: « man­ giare, bere, amare >>, ben conosciuto nel mondo greco-romano (cfr. /bid.), nel Cantico il « mangiare » e il « bere>> sono intesi in senso metaforico. come simbolo dell'amore. E quindi non abbiamo qui il classico trinomio: si parla in fondo soltanto di « amare )). "' « Alla tesi di Qohelet. che l uno è illusione, il Cantico risponde con l 'unica antitesi possibi· le >> (F. Landy, The Song of Songs, in R. Alter · F. Kermode [edd.], The Literary Guide to the Bible. Cambridge Ma 1987. p. 3 1 8). m F. Landy (Paradoxes, pp. 3 1 3, 3 1 7) parla di « centro emozionale >> del Cantico. D. Lys com· menta: « Questo conclude il poema. Ed è strano che la consumazione avvenga [ ... ] al centro e non al· la fine del Cantico » (Id., Le plus beau chant de la création, p. 204). H.-J. Heinevener ( Komm nun. mein Liebster, Dein Garte11 ruft dich! », p. 133) parla di « particolare qualità dell 'invito di 5,I ef, che in questo modo segna il centro del libro >>. N. Tromp (Mens is meervoud, p. 47), da parte sua, sente Ct 5, lef come una >, Ct 2,7: 3,4 e 4,8: 5 . 1 ): b) ambedue le pani iniziano con il tema dei « mon· ti » (Cl 2,7; 4,8): in Ct 2,7 è il diletto che viene dai monti. in Ct 4,8 è l 'amata che dai monti deve scendere: c) in Ct 3,4 il viaggio si conclude nella « casa della madre >>, in Ct 5, l nel « giardino >>, che ha una funzione analoga alla " casa della madre >> (cfr. Ct 8,5cde). Questa corrispondenza è oppoltu· namente messa in rilievo da M.T. Ellion (The Literary Unity ofthe Camicie, p. 234), che però deli­ mita diversamente la seconda parte. «



Canti del diletto Ct 4, I - 5, I

21 1

bandonare le « tane dei leoni >> (C t 4,8). Abbiamo accennato a un confronto con gli inizi di Israele. Israele è nato con l'esodo, con l'uscita dalla schiavitù dell'E­ gitto, ma la dimensione dell 'esodo caratterizza anche la storia di Abramo, e il ri­ torno dali' esilio è cantato da Isaia come un secondo esodo. La vicenda del popo­ lo è la falsariga su cui è Ietta la storia d'amore dei due protagonisti319• E non poteva essere altrimenti, per un ebreo nutrito della lettura del >. Forse il parallelo tra la storia d'Israele e il Cantico può essere prolungato. Se i primi Canti dell 'amata sottolineano il carattere esodico dell'avventura dell'a­ more, ne li' Intermezzo corale (3,6- 1 1 ) il viaggio attraverso il deserto può ben evocare la marcia di Israele verso la terra promessa, a seguito dell'arca del l ' al­ leanza (la « lettiga >>, avviluppata di nubi di mirra e d' incenso). Questo viaggio si conclude ora nel « giardino >>. L'entrata nel « giardino >> (5, l ) lascia intravedere, in filigrana, l 'entrata di Israele nella « terra promessa >>. Effettivamente, si è notato, il « giardino >> è non solo metafora della donna, ma anche della terra promessa. Abbiamo messo in rilievo vari indizi di questa identificazione. Alla terra d'Israele fa pensare anzitutto l'espressione « monte della mirra e collina dell 'incenso >> (Ct 4,6), con cui è indicata la donna. A essa rimanda ancora il ricorrente simbolo del « Libano ». Soprattutto chiara è questa duplice valenza del termine in Ct 4, I l (cfr. Os 14,7). I « frutti squisiti >> del giar­ dino sono quelli della benedizione di Giuseppe (Ct 4, 1 3 ; cfr. Dt 33, 1 3-16). I do­ ni che l'amata offre, « latte e miele >> (Ct 4, I l ) rimandano ai doni della terra pro­ messa (cfr. Es 3 ,8. 1 7) e « vino e miele >> (Ct 5,1) sono il segno dell'abbondanza escatologica della terra in Is 55, l . Un simile accostamento della donna alla terra è sottinteso nella legislazione deuteronomistica, dove il godimento della donna è allineato alle altre gioie della terra promessa, quali la vigna e la casa. Di queste gioie, che Dio ha donato al suo popolo. nessuno deve essere privato, neanche in occasione di guerra (DI 20,5-7): perciò il giovane sposo sarà esentato per un anno dal servizio militare, per « ba­ dare alla sua casa e far lieta la moglie che ha sposata>> (Dt 24,5). La >, di cui il Cantico parla, è presentata in termini ideali: essa è la ter­ ra >, una terra buona e fertile (cfr. Dt 8,7- 10). Viene in mente l ' episo­ dio di Nm 13- 14 (cfr. Dt 1 , 1 9-33). Il peccato fondamentale degli esploratori fu quello di > (Nm 1 3,32). Sembra che l 'autore del Cantico abbia in mente quest'episodio, voglia cantare la bontà della ,, terra promessa >>, contro tutti quelli che ne mettevano in evidenza i lati negativi: > (N m 13, 7-8; cfr. Ct 4, I l). Cosl l 'au319 Anche l 'esegesi allegorica traccia un parallelo tra la vicenda dei due giovani e la storia del popolo d'Israele (tipico è il caso del Targum, che vede riflesse nel Cantico le varie tappe della storia della salvezza, dalla liberazione dali 'Egitto fino ai tempi escatologici). Mentre però per l 'allegoria la vicenda degli innamorati è semplicemente un pretesto per raccontare la storia del popolo, il Can­ tico fa l 'operazione inversa: la storia del popolo costituisce lo sfondo per comprendere la vicenda dei due giovani. Indubbiamente però. nei due casi, si presuppone una analogia fondamentale tra le due vicende.

212

Parte seconda. Traduzione e commento

tore del Cantico prende posizione contro ogni presentazione negativa della don­ na, della sessualità e deli' amore. È >, questo: un dono buono, fon­ te di vita e non di morte (cfr. Ct 5, l et). L' identificazione della donna con la terra caratterizza anche il primo canto del diletto, 4, 1 -7. Negli occhi della sua donna il diletto vede la tenerezza delle colombe, nei capelli la forza selvaggia delle capre del Galaad, nei suoi denti la fecondità delle pecore cariche di agnellini, nei suoi seni la mobilità dei piccoli di gazzella. Ma le metafore non riguardano solo la natura: anche la cultura ha la sua parte. Nel collo de li' amata il diletto vede la torre di Davide: tutta la città di Ge­ rusalemme, pronta a difendere l 'onore e l 'amore di sua figlia. Questa valutazio­ ne positiva della città è nuova, rispetto ai canti de li' amata, dove se ne metteva in evidenza il carattere oppressivo ed inibente (cfr. 3, 1 -5). Il cambio di prospettiva era percepibile già nell Inte rmezzo corale, nelle figure dei > (3,7) e delle (Ct 3 , 1 1 ), chiamate a uscire anche loro incontro alla sposa. L' autore sa che l 'amore deve misurarsi con la società, la quale non è necessaria­ mente come le > e come le >, ma può assumere l 'atteggiamento positivo del poeta, che applaude alla festa del l ' a­ more (5, 1 ). La donna dunque è la >. Ma anche, e le due cose si richia­ mano a vicenda, è il giardino di Gn 2. Landy afferma: > 320• È da ricordare che il > in Ct 4, 1 2- 1 5 è metafora per il grembo fem­ minile (cfr. v. 1 3 : >). Il > ricongiunge l'uomo alla sua origine, al seno materno. Esso lo fa sentire sicuro, protetto, com'era nel seno della madre. Nel « latte >> che la sposa gli offre, egli beve ancora il > della madre. Là egli ritrova se stesso: per questo la sposa è chiamata >. Essa veramente è > (cfr. Gn 2,23). L' esperienza del i ' amore è esperienza di innocenza, prima che il peccato turbasse l'armonia. Secondo l ' au­ tore di Gn 3, la donna è stata l ' occasione per uscire dal paradiso ( >, >. La LXX ha smyr­ nan pli!rii (• mirra abbondante ? >>); la versione di Aquila, smyman eklektiin; quella di Simmaco, smyman pr6teian; la Vulgata, murra probatissima. La Siriaca ripete il verbo ntp (stillare). • La LXX omette il verbo, con la Vetus Latina. La Vulgata (dec/inaverat). la versione di Aqui­ la (ek/inen). quella di Simmaco (aponeusas) e la Siriaca ( 'rkn) ammettono i due significati: « pie­ garsi >> e >

Il I.:amata

1 0 « Il mio diletto è bianco e vermiglio, si distingue8 tra mille e mille. 1 111 suo capo è oro, oro puro9,

' La LXX (en /Q /og!J aurou), la Vulgata (ut locutus est) e la Siriaca (bmm/111) intendono con­ cordemente TM b'dabb'ro nel senso di diibar Il (parlare), che è il significato comune del verbo. La nostra traduzione vi legge un dii bar l ( « voltarsi. andare via»). ' La LXX aggiunge, come in Ct 2,7 e 3,5: en tais dynamesin kai en tais ischysesin tou agrou (« per le forze e per i poteri del campo>>). 7 Con TM, la Vulgata e la Siriaca: la LXX (te/romene) e la Vetus Latina (vulnerata) leggono « ferita )). • TM diigm («che spicca come un vessillo »). La LXX ha un tennine militare: elclelochisme­ nos (>). 9 TM usa due diversi sostantivi kerem e pti;_. Si tratta di due sinonimi, accostati asindeticamen­ te, con valore rafforzativo. Le versioni antiche hanno tradotto a senso (la LXX supplisce una con­ giunzione: chrysion kai faz. ma le versioni di Aquila, Simmaco, Teodozione e la Quinta di Origene hanno letto diversamente; la Siriaca ha k"p' ddhb ' [« pielrn d'oro»]; la Vulgata ha aurum optimum).

Nuovi canti dell 'amata Ct 5,2 - 6,3

215

i suoi riccioli, infiorescenze di dattero1 0, neri come il corvo. 12! suoi occhi come colombe su rivoli d'acqu a 1 1, lavate nel latte, posate su una vasca ricolma12• 1 3Le sue guance come un'aiuola13 di balsamo, torri14 d' aromi 15• Le sue labbra, fiori di loto stillanti liquida mirra. 1 4Le sue mani, anel li16 d'oro incastonati di pietre di Tarsis. Il suo ventre, un volume 1 7 d'avorio tempestato 18 di lapisl azzuli. 15Le sue gambe, colonne d' alabastro fondate su basi di puro oro. Il suo aspetto, come i l Libano, imponente come i cedri. 1 611 suo palato, dolcezza: tutto è fascino i n lui. Questo è il mio diletto, questo il mio amico, o figlie di Gerusalemme » .

10 L' ebraico ra/rallrm è hapaxlegomenon di inte rprelaZione controversa. La noslra lraduzione segue la LXX (e/arai, >. La LXX (phyou.mi myrepsika [« versanti pro­ fumo »]) ha leuo probabilmente m'gadd'/Ot ( « che fanno crescere »), una congellura seguita da mol­ te moderne traduzioni . La Vulgala ha consitae a pigmentariis (« semi naie da droghieri >>). " TM merqtil)im è hapaxlegomenon, derivante dalla radice rql) ( « miscelare aromi >>, cfr. Cl 8,2c), come bene ha compreso la Vulgata. 16 Il termine ebraico gtilil è inceno: indica qualcosa di rotondo o cilindrico (la radice gli signi­ fica « rotolare »). La LXX ha toreutai (« cesellale •); la Siriaca krk (rotolo); la Vulgata tumatiles (« lavorate al tornio »). 11 TM 'e§et è hapax/egomenon. La nostra lraduzione si rifà all'uso rabbinico del termine. La LXX ha pyxion (tavola). " Con TM m' 'ul/epet (letteralmente, « ricopena >>). La LXX ha un incomprensibile epi lirhou; la Siriaca legge 'l (su); la Vulgata, distù1ctus. ·

216

Parte seconda. Traduzione e commento [}amore ritrovato I

Coro

6 1« Dov'è andato il tuo diletto, tu,

la più bella fra le donne?

Dove si è volto il tuo diletto, perché con te lo cerchiamo? »

n

L'amata

2« Il mio diletto è sceso nel suo giardino, fra le aiuole19 di balsamo, a pascolare nei giardini, a cogliere fiori di loto. 3lo sono del mio diletto, e il mio diletto è mio: egli pasce tra i fiori di loto >>.

Parte seconda (Ct 5,2 - 8,4). Rispetto a Ct 5,1 , 5,2 segna una rottura. I due sposi-amanti erano uniti nel >. Ora la donna è sola, sul suo letto. I due sono separati e alla ricerca l ' uno dell'altro. La donna non è più chiamata >, ma soltanto > in 8,1-4; per H.-J. Heinevetter ( Komm nun. mei11 Liebster, Dein Garte11 ruft dich! pp. 164- 1 65), la seconda parte comprende una prima sottounità cantata dalla donna e dal coro (Ct 5,2 - 6,3), una seconda cantata dal­ l'uomo (Ct 6,4-9). e una terza dove i tre attori, uomo, donna e coro prendono la parola (Ct 6, 10 - 8,6). " Cfr. qui Introduzione, pp. 35-38; la struttura di Ct 5,1 - 8,4 è stata abbozzata in un mio pre­ cedente studio (G. Barbiero, Die « Wagen meines edlen Volkes » fH/d 6, 12/: eine strukturelle Allaly­ se, in Biblica 78 [ 1 997) 174-1 76). "



218

Parte seconda. Traduzione e commento

L' ultima composizione è un invito all'unione, espresso ancora dalla donna. L' unione è descritta prima nella natura (7, 1 2- 14), poi nella città (8,1 -4). Il (Ct 5,5a; cfr. 3,2a); « L'ho cercato, ma non l 'ho trovato ,, (Ct 5,6d; cfr. 3,1 c.2d); > (Ct 5,7ab; cfr. 3,3a); > (Ct 5,8a; cfr. 3,8a). Un simile parallelismo è riscontrabile anche tra i primi Canti del diletto (4,1 5 , 1 ) e i nuovi (6,4 - 7,1 1 )29: il wa$/ di 4, 1 -7 è ripreso quasi letteralmente in 6,47 . Nei due casi, la contemplazione fa nascere il desiderio (6, 1 2 ; 7,9; cfr. 4,6). An­ che la metafora del > in 6,1 1 echeggia 4, 1 2- 15. Il parallelismo tra le due parti è, a ogni modo, imperfetto. L'lntennezzo cora­ le (3,6- 1 1 ), il viaggio nel deserto, rimane senza corrispondenza nella seconda par­ te, cosl come senza corrispondenza nella prima parte del poema è la descrizione del diletto in 5, 1 0- 1 6. Questo non deve meravigliare: il Cantico è poesia, non matema­ tica. Le ripetizioni sono sempre (Ct 5, 1 6d), inducendo una seconda domanda di costoro: « Dov'è andato il tuo diletto? >> (Ct 6, 1). La risposta della donna costituisce il ter­ zo canto (6,2-3: L'amore ritrovato). Qui la composizione perviene allo sciogli­ mento: il diletto è andato « nel suo giardino >>, cioè, nella simbologia del Cantico, è andato dalla sua donna. L' unione è stata ricostituita, ciò che era perduto è stato ritrovato o, meglio, non è mai stato realmente perduto32•

Schema 35 Primo canto dell 'amata

5,2-8 5,9 5 , 1 0- 1 6 6, 1 6,2-3

Domanda delle figlie di Gerusalemme Secondo canto dell' amata Domanda delle figlie di Gerusalemme Terzo canto dell' amata.

La consequenzialità logica è confermata da indizi letterari. I termini « io »

( 'ani,

in ebraico il pronome ha una forza enfatica, che nella traduzione non è sem­

pre percepibile) e « il mio diletto >>

(dadi) hanno un ruolo strutturante33• Essi forma­

no, i n coppia, una inclusione tra inizio e fine del l 'unità (5,2 e 6,3). Il pronome di prima persona (sempre in riferimento al soggetto del discorso, alla donna quindi) compare inoltre nei nodi strutturali del primo canto (5,5.6.8; cfr. sotto Schema 36), mentre il termine

dadi

scandisce

l ' intera

unità (Ct 5,2.4.5.6[2x].8.9[2x]. l 0. 1 6;

6, l [2x].2.3[2x]). La composizione è strutturata dialogicamente. Il primo dialogo si svolge tra il diletto e l 'amata (5,2-3); gli altri due tra l'amata e le « figlie di Gerusalemme >>

(5,8 - 6,3 ) . Da notare una particolarità stilistica: i tre dialoghi sono caratterizzati mah

dalla ripetizione della particella interrogativa: 'ekaka (« come? >> , 5,3bd);

" Lo stesso O. Keel (Das Hohelied, p. 195), che generalmente non è molto propenso ad am­ mettere unità compositive estese. riconosce la compattezza di Ct 5,2 - 6,3. Essa è rilevata. inoltre, da: H.-J. Heinevetter. « Komm nun, mein Liebsrer. Dein Garlen ruft dich' "· pp. 1 35-137; M. T. El­ lioll, The Literary Unity ofrhe Canticle. pp. 1 22-123: G. Ravasi, ti Cantico dei cantici, pp. 4 1 9-42 1 . " H.-J. Heinevetter. « Komm nun. mein Liebster. Dein Ganen r�{r dich! » , p. 1 17. 33 La cosa è opponunamenle rilevata in G. Ravasi, l/ Cantico dei cantici, p. 4 1 9, e in M.T. El­ lion, The Literary Uniry ofrhe Canticle, p. 1 22.

220

Parte seconda. Traduzione e commento

(« che cosa?», 5,9ac); 'ana (« dove? >>, 6,1 ac). Ciò parla in favore di una unità, non solo redazionale, del brano. · Dopo aver notato l 'autonomia strutturale della composizione, se ne deve anche osservare il collegamento con il contesto precedente. È, infatti, tipico della poesia biblica il fenomeno dell '>, per cui il passaggio da una unità ali 'altra è sfumato mediante agganci di parole e di temi. Dal punto di vista contenutistico, il passaggio dali 'unione (5, l ) alla separazione (5,2) è esperienza comune di ogni cop­ pia di amanti. L'unione non è mai un possesso definitivo: va sempre « riconquista­ ta ». Il Cantico termina con l 'esortazione: « Fuggi, mio diletto >> (Ct 8,14). Anche la separazione, dopo la raggiunta unione, fa parte dell'avventura dell'amorel4. Dal punto di vista letterario, è da notare la situazione di tempo. Il « respira­ re >> del giorno in Ct 4,6. 1 6 conduce a un'ora serale: è il tempo dell'amore. A que­ sta indicazione fa seguito, nei canti della donna della prima parte (Ct 2, 1 7), quel­ la della notte (cfr. 3 , 1 ). La stessa successione è presente qui: alla « sera >> (Ct 4,6. 1 6), segue la « notte » (5,2). Le parole gancio tra le due unità poetiche sono numerose, soprattutto tra la fi­ ne dei « canti del diletto >> e l 'inizio dei Nuovi canti dell 'amata. Ne rileviamo alcu­ ne: il verbo 'ur (svegliare, Ct 5,2a; cfr. 4, 1 6a), la coppia di sostantivi dodl (« mio di­ letto », Ct 5,2b; cfr. 4, 1 6e; 5,1 e), e ra Yatl (« amica mia>>, Ct 5,2c; cfr. 5, 1f)35; il verbo niifap (stillare, Ct 5,5; cfr. 4, I l ); il sostantivo mor (mirra, Ct 5,5; cfr. 4,6. 14; 5 , l b). La metafora del giardino (4, 12 - 5, 1 ), con cui si concludono i « canti del di­ letto>>, riappare in 6,2-3, a conclusione dei « canti dell 'amata >>. In particolare Ct 6,2a (« Il mio diletto è sceso nel suo giardino >>) echeggia 5, l a ( « Son venuto nel mio giardino >>)36. Anche il tema della «chiusura » del giardino (4, 1 2) è ripreso e sviluppato nella scena iniziale, il lamento di fronte alla porta chiusa dell 'amata (5,2-6). La radice n 'l (chiudere), apparsa in Ct 4, 1 2 (gan na 'ul, « giardino chiuso >>), è ripresa nel termine chiavistello (man'ul) di 5,5. Il « giardino >> è chiuso dall' inter­ no, solo l ' amata lo può aprire: quello che 4,1 2 diceva in forma astratta, è ora rap­ presentato concretamente. Ancora: la descrizione del corpo di lui (5, 1 0- 1 6) costi­ tuisce un parallelo con quella del corpo di lei (4, 1 -7). Si veda soprattutto la descrizione degli occhi. Egli dice a lei: « l tuoi occhi sono colombe >> (Ct 4, l b); lei dice di lui: « I suoi occhi, come colombe >> (Ct 5, 1 2)37• Anche se non esiste una con­ tinuità « narrativa » tra i due brani, la continuità poetica è innegabile.

Separazione (Ct 5,2-8). n primo canto dell'amata è strutturato, come del re­ sto tutto il brano Ct 5,2 - 6,3, dai due termini: 'ani (io) e dOdi ( « i l mio diletto >> )38• ,. Questo aspetto è messo il rilievo da G. Ravasi (Il Cantico dei cantici, p. 4 1 5), che parla di gioco di climax e anticlimax, tipico del Cantico dei cantici. " Questa corrispondenza conferma la traduzione di dodim in Ct 5,If in senso personale, in riferimento ai due amanti (cfr. qui Canti del di/ello Ct 4. 1 - 5, l, p. 208). J• Cfr. M .T. Elliott, The Literary Unity ()(the Canticle, p. 233. 31 Cfr. M.T. Elliott, The Literary Uniry ofthe Camicie, p. 233. 38 Rimandiamo, per queste considerazioni strutturali, a M .T. Ellion, The Literary Unity of the Canticle, pp. 123-135; H.-J. Heinevetter, « Komm nun, mein Liebster, Dein Garten ruft dich ' », p. 136; G. Ravasi, Il Cantico dei cantici, pp. 41 9-420.

Nuovi canti dell 'amata Ct 5,2 6,3 -

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Quattro volte le due parole ricorrono appaiate (vv. 2ab; 5a; 6a; 8bd). L'ordine è sempre uguale: prima il pronome, poi il sostantivo. Solo nell'ultima volta l ' ordi­ ne è invertito, con effetto chiastico, conclusivo: nel v. 8 viene prima > (v. 8b), poi il pronome di prima persona: > e > (Ct 2,9), qui egli > alla pona (5,2): la situazione è indubbiamente analoga. Ma si deve anche notare una differenza: in 2,9- 1 7 il diletto invita l 'amata a uscire, qui egli vuole entrare. Il motivo è dun­ que ripreso, ma con libenà. [5,2-3] Prima strofa: Dialogo. La strofa si compone di un'introduzione (v. 2ab), in cui si mettono in scena i personaggi (>, >), e di un dia­ logo tra il diletto e l'amata (cfr. Schema 38). Quattro stichi occupa la richiesta del diletto (v. 2cdef), altrettanti la risposta dell'amata (v. 3abcd). La situazione iniziale della donna sul letto durante la notte rimanda a 3, l . A dire di Keel, si tratta di un motivo frequente nell' iconografia egiziana (cfr. Figu­ re 45, 74). In Ct 3 , 1 era lei a cercare lui: qui è lui a cercare lei. L'amata è dunque inizialmente passiva, >. Ma non del tutto, perché >. Essendo il , per > il giardino (cfr. 8,5). Il >, sede dei sentimenti, è

" Cfr. qui Introduzione, p. 29, note 73-74. " Già il v. 5, che prepara il v. 6, rimane fuori da un classico paraklausithyron, che è sempre « espressione di inesaudibile nostalgia>> (H.-J. Heinevetter, « Komm nun, mein Liebster. Dein Gar­ ten ruft dich! », p. 1 39; cfr. G. Gerleman, Rurh. Das Hohelied, p. 1 23). Evidentemente l ' autore si ser­ ve liheramente dei generi letterari, non è strettamente legato a essi.

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Parte seconda. Traduzione e commento

perciò « sveglio », aperto all'amore. Essa dorme, ma, pur nel sonno, è pronta al­ l 'amore46. [v. 2] Il v. 2b rimanda a 2,8. Come là, anche qui la traduzione è controversa, dato che l'ebraico qol può avere i due significati di > e >. Inten­ dendo « voce >>, ci si riferisce alle parole del diletlo, che seguono nel v. 2c47• In­ tendendo 51• Il significato erotico della scena è evidente, anche senza ricorrere ai doppi sensi: chiedere di aprire la porta della camera, di notte, allude già di per sé a un incontro d'amore. Per ottenere il permesso di entrare, il diletto fa appello anzitutto all 'apparte­ nenza reciproca dei due amanti. Il > gli appartiene: è il > giardi­ no (Ct 4, 16; 5,1 ). Il pronome possessivo di prima persona ritorna 4 volte: >). Con questi due termini il dilet­ to si richiama non a un diritto, che egli ha, di entrare, ma ali ' amore che lo unisce alla sua donna52. A ogni modo il fatto che non sia usato il termine sposa corri­ sponde perfettamente alla situazione: i due giovani evidentemente non vivono 46 Si veda un brano delle liriche d' amore egiziane: e del > è percepibile forse anche un accenno al­ la dell'amata, ponendo la su una sfera quasi divina. > e > vanno insieme: sono le qualità dell'amo­ re del Cantico, e le qualità dell'amore di Dio (cfr. Dt 6,4)55• È da notare, a ogni modo, che in Ct 5, l i possessivi seguivano il dono che l 'amata aveva compiuto in 4, 1 6, dove il > era divenuto il >. Qui essi non sono preceduti da una analoga offerta. Forse per questo rimangono senza effetto. Sen­ za reciprocità non c'è unione5 6• >. Il passo ha un sorprendente paral­ lelo in un paraklusithyron dello Pseudo-Anacreonte: >57• An­ che nel nostro testo si tratta probabilmente di un tentativo di suscitare compas­ sione. È vero che la rugiada in Israele è molto abbondante (cfr. Gdc 6,33-40!), e che l 'escursione termica tra il giorno e la notte è elevata (cfr. Gn 3 1 ,40). Ma non si tratta di pioggia, e certamente il diletto non si trova in pericolo di vita58. La ri­ sposta della giovane, nei versetti seguenti, mostra che le parole del diletto non so­ no da prendere troppo sul serio: esse appartengono a quei pretesti che un inna­ morato trova per poter avvicinarsi alla donna amata59•

" HAlAT ripona le traduzioni di Keel (« mio tutto »), e di Konig (« mio ideale>>) (p. 1605, ci­ tazioni ivi). " Cfr. B. Kedar-Kiopfstein, lli111Dm, in ThWAT, vol. Vlll, col. 694 ( « meine Untadelige»); an­ che G. Ravasi (l/ Cantico dei cantici, p. 694): " Al tempo stesso rimanda all ' idea di integrità e quin­ di di verginità. inlroducendo con estrema delicatezza il motivo sessuale )). " Nella traduzione francese del suo lavoro, O. Keel (Le Cantique des canriques, Fribourg 1997, pp. 20 l . 205 l traduce tammati con " mon seui amour ». e commenta: " Ne mettant plus l 'ac­ cent sur l' appartenance mutuelle, mais sur le statut quasi divin de l' aimée >>. ,. Anche se con Ct 5,2 inizia una nuova unità, il passaggio da 5, l a 5,2 è tuttavia rilevante. Es­ so induce a considerazioni del tipo: l ' unione non è mai qualcosa di definitivo. Non per il fatto che l'amata abbia aperto una volta l ' ingresso nel giardino, si può entrare in esso a piacimento. Il per­ messo di entrare va conquistato ogni volta di nuovo. " Cfr. M.L. West [ed.]. Cannina anacreontea [Bibliotheca Teubneriana], Leipzig 1984, pp. 24-25. " Generalmente la rugiada (la/) nell'AT è sinonimo di benedizione (cfr. Sal 133,3), ma tradi­ zioni palestinesi rabbiniche e arabe conoscono anche una rugiada nociva (cfr. Dn 4,22.30; 5,2 1 ; Be­ reshir Rabbah 13,9: St. H. Stephan, Modem Palestinian Parallels IO rhe Song of Songs, in JPOS 2 [ 1 922] 2 1 5: vedi O. Kee l. Das Hohelied, p. 177). " Cosi anche R.E. Murphy (The Song ofSongs, p. 170): > (Salomone!), ora, per contrapposizione, è rappresentato in un >, come un pastore che pernotta allo scoperto. Si tratta, naturalmente, di proiezioni63• [v. 3] Al discorso del giovane (v. 2cdef) corrisponde simmetricamente quel­ lo della donna (v. 3abcd). L' amata risponde « a tono >>, si direbbe. Le ragioni del diletto per entrare erano pretesti: così anche le ragioni che l'amata accampa, per non alzarsi ad aprire, sono pretestuose. D'altra parte, è tipico del paraklausithy­ ron che la domanda del visitatore notturno sia respinta64• Però c'è un contrasto, allora, con l 'affermazione del v. 2a: era i l cuore veramente >? >. Il termine ebraico per è kuttonet·(da cui derivano sia il greco chiton sia il latino tunica). D'estate era l 'unico capo di vestiario che le donne portavano sul corpo nudo. Il mantello (simlfi) serviva an­ che da coperta durante la notte (cfr. Es 22,25-26). La Figura 75 mostra donne ebree che sono deportate in Assiria: portano tunica e mantello, e sono scalze. L'a­ mata doveva dunque essere nuda sul letto (cfr. Figure 45, 74), eventualmente co­ perta con il mantello. Aveva lavato i piedi, come è costume per uno che cammi­ na scalzo o calzato di sandali (cfr. Ct 7,2). Si può anche pensare a un senso di pudore. Ma indossare la tunica non sarebbe stato così complicato65, e lo stesso vale per i piedi66• La risposta è dunque una scusa. Essa lascia trasparire pigrizia. La donna si è coricata e non vuole essere disturbata. È la situazione dipinta nella scena evangelica dell'amico importuno (cfr. Le 1 1 ,5-7). Si può forse pensare, an­ che, che la donna aspettasse il diletto prima: magari lo aveva a lungo atteso, pri­ ma di coricarsi. Viene adesso. quando lei è già coricata, e pretende che gli si apra, come se a questo avesse diritto. Come il seguito mostra, la donna è disposta ad aprirgli (il suo cuore era, dunque, > ! )67, ma vuole farlo pesare, per mo60 La cosa è a ragione sottolineata da H.-J. Heinevetter,

ruft dich!

« Komm nun,

mein Uebster, Dein Garten

p. 185 («Il diletto viene "dal di fuori", dall' umida notte, non da un' altra casa della città»). 6 1 G. Krinetzki parla, a riguardo della rugiada. di una provenienza « da regioni sopralerrene, demoniache » (Kommentar zum Hohenlied, p. 1 62). Cfr. anche, in questo capitolo, nota 58. " Si può notare un parallelismo con la provenienza dell'amata. Anch'essa viene dal « deserto•• (Cl 3,6), oppure « dal Libano », «dalle tane dei leoni, dai monti delle pantere » (Cl 5,8). Si tratta anche qui di raffigurazioni simboliche della natura incontaminata, con la sua ambivalenza di morte-vita. 63 G. Krinetzki parla al riguardo di « Animusbild » (cfr. Kommenrar zum Hohmlied, p. 162) . .. Cfr. G. Gerleman, Ruth. Das Hohelied, p. 166. 6' P. Haupt (Biblische Liebeslieder, p. 55) osserva che la toilette di una donna, prima di mo­ strarsi in pubblico, dura piuttosto a lungo. Forse per questo il diletto si è stancato di aspettare. 66 Alcuni commentatori pensano anche qui a un doppio senso. l piedi sono infatti in ebraico an­ che un eufemismo per indicare l'area genitale, sia maschile (cfr. Es 4,25; ls 6.2) sia femminile (cfr. Dt 28.57): cosl, ad esempio, M. Pope, Song, p. 5 1 5; H.-P. M ti l ler, Das Hohelied, p. 55. Ma la cosa sembra forzata; il parallelismo con lo stico precedente consiglia di attenersi al senso normale. 61 G. Krinetzki (Kommentar zum Hohen/ied, p. 1 62) prende questo rifiuto sul serio. e lo inter­ preta come un rifiuto della donna ad accettare il suo animus, la parte maschile del suo essere. Ma i l resto del canto mostra che il rifiuto è solo apparente. •,

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Nuovi canti dell 'amata Ct 5,2 - 6,3

strargli che l ' aprire non è scontato: non è un diritto, ma un dono. L'amata gioca, dunque. tra civetteria e pudore. come aveva fatto, prima, il diletto. [5,4-5] Seconda strofa: Le mani. Poiché le parole rimangono senza esito, il diletto cerca di ottenere il suo intento con i fatti, con un'azione. La strofa è co­ struita in forma simmetrica: ali 'azione del diletto (v. 4: a) corrisponde la >, questa volta positiva, della donna (v. 5 : a'); sia l 'azione, sia la reazione, sono accompagnate dall'eco emozionale che questo fatto suscita nel cuore della donna (>, v. 4c: b; era la più preziosa, la più pura, in quanto colava da sé dall'albero, senza bisogno di incisioni87• Essa era usa­ ta per la confezione dell'olio dell'unzione (mii r d'ror, Es 30,23). Il parallelo non è casuale: ci riporta alla connotazione sacra!e dell'amore, già più volte osservata. [5,6-8) Ricerca notturna. L' apertura della porta (v. 6a) colloca il v. 6 fuori dal paraklausithyron. Con esso inizia un nuovo genere letterario, la >, che ha il suo parallelo in 3, 1 -5 . I due brani hanno in comune il tema del­ la ricerca notturna nella città (5,6; cfr. 3 , 1 -2) e l ' incontro, prima con le guardie (5,7; cfr. 3,3), poi con le figlie di Gerusalemme (5,8; cfr. 3,5). La somiglianza è evidente. Thttavia, vanno anche notate le differenze. Nella prima parte, para­ klausithyron (Ct 2,8- 17) e > (Ct 3, 1 -5) formano due canti di­ stinti, qui invece i due generi letterari sono riuniti in un solo canto, di cui forma­ no le due parti. Il passaggio tra la prima e la seconda parte è fluido: da un lato, il

82 Così, ad esempio, A. Robert - R . Toumay (Le Cantique des cantiques, p. 202), che ne dan­ no una interpretazione allegorica, o G. Garbini (Cantico, p. 85), che legge, con un manoscritto ebrai­ co, w '$b'tjw (« e le dita di lui "). Generalmente è citato, a questo riguardo, Lucrezio: « At lacrimans exclusus amator limina saepe l tloribus et sertis operi t. postesque superbos l ungit amaricino, et fo­ ri bus miser oscula figit » (De rerum natura 4, 1 177-1 179, cfr. J. Martin [ed.], T Lucretii Cari De re· rum natura libri sex [Bibl iotheca Teubneriana], Leipzig 1969, p. 169). " Sarebbe anche possibile pensare che la donna si sia profumata per incontrare il diletto, ma sembra meno suggestivo. ,. Così anche S.E Grober, The hospitable lotus: A clu.vter of metaphors. An inquiry imo the problem oftextual unity in the Sorrg ofSongs, in Semitics 9 ( 1 984) 89. " Anche qui è facile pensare a un doppio senso erotico (cfr.. ad esempio, G. Garbini, Cantico. p. 85). G. Ceronetti (Il Cantico, pp. 63, 66) lascia volare, in questa direzione, la fantasia. M a si trat· t.a, appunto, di libera fantasia, non di esegesi: i l testo non dà adito a questa interpretazione. 86 D. Lys, Le plus beau chant de la création, p. 2 1 1 . 81 Cfr. E. Levesque, Myrrhe, in DB, vol. IV, col. 1 364.

Nuovi canti dell 'amata Ct 5,2 - 6,3

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v. 5 prepara già l'apertura della porta; che avviene al v. 6a; dall 'altro, il v. 6abc si svolge ancora presso la porta e ha le stesse caratteristiche strutturali dei vv. 4-S. La « ricerca nella città >>, che in Ct 3,2 è descritta dettagliatamente, qui è appena accennata (cfr. v. 6de). Il ruolo delle « guardie >> è diverso: in 3,3 l ' amata dialoga con loro, chiede il loro aiuto; qui non c'è dialogo, ma solo repressione brutale (cfr. S,7). Anche il ruolo delle figlie di Gerusalemme non coincide: in 3,S è deci­ samente negativo, mentre qui sembra essere positivo (cfr. 5,8). Ma, soprattutto, in 3,4 la donna trova il suo diletto, mentre qui il canto termina senza che la ricerca abbia ottenuto risultati. Il fatto è che il canto non è >, ma aperto sul se­ guente: il v. 8 funge da tratto di unione tra S,2-8 e S,9- 16. Mentre 3,S era la con­ clusione dell 'unità 2,8 - 3.5. Ct S,8 è conclusione soltanto del primo dei tre Nuo­ vi canti dell 'amata, che sono inseparabilmente uniti fra loro. Solo in Ct 6,3 la ricerca raggiunge il suo esito88• [5,6] Terza strofa: Presso la porta. La terza strofa può essere divisa in due parti, di cui la prima guarda verso ciò che precede. la seconda verso ciò che se­ gue89. Le due parti sono però unificate da una comune struttura. A differenza dei vv. 2-5. ora è la donna a prendere l 'iniziativa. L' azione della donna è narrata in tre tappe, ogni volta concluse con la sottolineatura dell'inutilità delle azioni intrapre­ se: « Ho aperto, ma.. » (v. 6abc); « Ho cercato, ma . . . >> (v. 6d); « Ho chiamato, ma . . . >> (v. 6e). Il verbo aprire collega il v. 6abc direttamente con il v. 5 (cfr. Schema 37, p. 221 ), di cui è la naturale conclusione (si veda la sequenza: « Io mi alzai >>, qamti 'ani, v. Sa -+ « apersi, io>>, piital)ti 'ani, v. 6a). I tre stichi v. 6abc sono costruiti in forma analoga ai due versi della seconda strofa (cfr. Schema 40): qui però i ruoli sono invertiti. All 'azione del diletto (v. 4a) corrisponde, nel v. 6a, l'azione del­ l 'amata: alla reazione dell'amata (v. Sa) corrisponde, nel v. 6b, la reazione del di­ letto: all 'eco emozionale nella persona de li' amata, espresso nel v. 4b dal freme­ re delle viscere e in v. Sbcd dal sudore delle mani, corrisponde nel v. 6c il venire meno dell'anima. >, > e « anima >> formano una serie coerente di parti della persona, dove si riverbera l ' intensa emozione della donna. .

Schema 40 II strofa v. 4a v. 4b v. Sa v. Sbcd

azione del diletto eco emozionale (viscere) reazione de li' amata eco emozionale (mani)

m strofa azione dell'amata v. 6a v. 6b v. 6c

reazione del diletto eco emozionale (anima).

D'altra parte, il verbo trovare collega il v. 6d con i vv. 7a e 8b (cfr. Schema 37, p. 221). In due stichi, strettamente paralleli (v. 6de), è qui introdotto il tema della « ricerca >>, che caratterizza l ' ultima strofa. [v. 6) Anche se l'apertura della porta appartiene a un altro genere letterario, la scena del v. 6 è stata accuratamente preparata al v. 5. L: autore ha indugiato sui " Cfr. H.-J. Heinevetter, « Komm nun, mein Liebster, Dein Garten ruft dich! •, p. 135. " Cfr., in questo capitolo. pp. 221 -222.

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Parte seconda. Traduzione e commento

particolari, facendo crescere la tensione. Prima il fremito delle viscere, poi lo > delle mani sul chiavistello hanno sapientemente fatto crescere l'attesa. Il lettore è reso partecipe dell'emozione della donna, quando finalmente apre la porta. Ma quanto più grande l 'aspettativa, tanto più cocente la delusione: non c'è nessuno! Il diletto se ne è andato. Proprio qui sta il senso del brano. Quando lui voleva entrare; lei non era pronta. Ora, che lei è pronta, l 'altro non vuole più, si è stancato di aspettare. Keel parla di >, che sarà sviluppato nell 'ultima strofa. Essi hanno un parallelo in 3 , 1 2, dove le parole: > (5,6d), formano una spe­ cie di ritornello (3, 1 c.2d). Rimandiamo perciò, per il commento dello stico, a quel passo103• Il parallelo riguarda però solo il v. 6d: il v. 6e ( solo in Pro l ,28 (i verbi sono gli stes­ si del nostro passo, solo bii qas [cercare] è sostituito dal sinonimo sii/Jar) e Ger 29, 12- 1 3 (anche qui c'è la sostituzione di 'iiniih [rispondere] con stima ' [ascolta­ re]). Nel primo caso si parla della ricerca della sapienza, nel secondo della ricer­ ca di Dio. È possibile (non sarebbe la prima volta) che l 'autore usi intenzional­ mente un vocabolario che nell ' AT è riferito a questi due campi, per denotare la qualità trascendente dell 'amore umano. Come la ricerca della verità, anche quel­ la del l 'amore è, in fondo, ricerca di Dio (cfr. Ct 8,6)11'' · Merita sottolineare un dettaglio: nel testo di Proverbi e in quello di Geremia viene prima il > e poi il >, ed è naturale che sia cosl. Prima si chiama, poi, nel caso che non si ottenga risposta, si cerca. Nel nostro testo è il contrario. L'amata prima > (v. 6d}, poi (v. 6e). Se si osserva la struttura del canto, si no­ ta una inversione chiastica rispetto ai tentativi del diletto. Costui ha prima > (a: v. 2), poi ha > (b: v. 4). Ora l 'amata prima > (b' : v. 6d), poi > (a' : v. 6e). Come i tentativi del diletto erano rimasti infruttuosi, co­ sì, per contrappasso, sono inutili quelli dell'amata. Si direbbe che l'autore voglia sottolineare il parallelismo delle due >. [5,7-8] Quarta strofa: Nella città. La quarta strofa è nettamente distinta dal­ la precedente per il cambio dei personaggi e del luogo. Non si è più alla porta del­ la casa, ma nella città. I protagonisti non sono più i due amanti, come nelle stro­ fe 1-111. La donna si imbatte in due diversi gruppi di persone: le guardie (v. 7) e le dalle guardie (v. 7a). Dopo l ' incontro con queste, non potendo più proseguire la ricerca, invoca l 'aiuto delle sue compagne, perché es­ se > per lei il diletto (v. Sb ) . I due gruppi sono accostati per contrasto: al­ la brutalità maschile delle guardie, incapace di capire le ragioni del cuore, è con­ trapposta la solidarietà femminile del gruppo delle amiche. e > appartengono, con diversa valenza, al campo semantico della ( 'fr [città], v. 7b; /Jomot [mura], v. 7e;Jritsa/ajim [Gerusalemme], v. Sa). n diletto viene dal di fuori, dalla natura selvaggia: in questo senso l ' inclusione tra la prima c l 'ultima strofa presenta l 'antinomia natura-città che è uno degli assi poetici fondamentali del Cantico. L'amata non troverà il diletto in città, ma nel giardino (6,2-3). [v. 7] Il v. 7ab è una ripresa letterale di 3,3ab, a cui rimandiamo per il com­ mento"'5. La ripresa si ferma però qui, perché al v. 7c la reazione delle > è diversa da quella di Ct 3,3. Là esse si limitano a non rispondere alla domanda della donna, qui >. Il motivo di questa brutalità non è detto. Graetz pensa che la differenza sia dovuta, ora, alla recidività del comportamento dell 'amata106• Ciò supporrebbe una consequenzialità narrativa dell 'intero Cantico, che è da prova­ re. A parte l ' improbabile parallelo mitologico con la discesa di Ishtar agli infe104 In questo senso, cfr. A. Lacocque, Romance, She Wrote, p. 1 19. '" Cfr. qui Canti dell'amata Ct 2, 8 - 3,5, pp. 1 25- 1 26. 100 H. H. Graetz, Schir Ha-Schirim, p. 175.

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ri107, la spiegazione più frequente è quella della pena per le prostitute. Le leggi medioassire prevedono la seguente punizione, per una prostituta che va in giro con il velo come se fosse una donna sposata: >, si trana di creazioni di G. Garbini: la donna del Cantico non è certamente moralistica. ma, appunto per questo, è profondamente morale (cfr. qui Il messaggio teologico, pp. 427-430). 1 1 2 Cfr.. in questo senso, A. Lacocque, Romance. She Wro/e, p. 120. 1 13 Cfr. qui Canti dell 'amata Ct 2.8 3,5, p. 1 25. 114 È possibile che la donna portasse il r'did. che le era servito da coperta, sul corpo nudo, e che perciò le guardie l 'abbiano denudata. Questa era, appunto, la pena delle prostitute (cfr. Os 2,5; Ez ·

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Parte seconda. Traduzione e commento

La menzione delle >. Diffi­ cilmente si tratta però di una realtà diversa1 15: è la stessa istituzione, chiamata, per varietà poetica, con due nomi differenti 1 1 6• Le guardie hanno nel Cantico una fun­ zione tipica, simbolica1 17• Impersonano, qui particolarmente, la forza bruta che si contrappone all ' innocenza disarmata della fanciulla. la violenza che si contrap­ pone all 'amore1 18• È possibile leggervi una critica alle forze di occupazione elle­ nistiche, che presidiavano militarmente la città (peripoloi): i > (3,7) sono presentati in ben altra luce. Ma il potenziale critico del Can­ tico non si restringe agli stranieri: anche le istituzioni israelitiche, la famiglia (si vedano i in 8, 1 1 - 1 2), la società (si pensi alle > è qui, d'altronde, perfettamente in contesto. I sintomi della malattia furono elencati: fremito delle viscere (v. 4b), sudore alle mani (v. 5bcd), uscita dell'anima (v. 6c). Con Ct 2,5 sono due i passi in cui si parla della « malattia >> di lei. A essi corrispondono due altri passi in cui si parla della « malattia >> di lui (Ct 4,9 e 6.5). Ancora una volta si nota la perfetta reciprocità deli ' amore nel Cantico. Non è solo l'amata a esse­ re vittima del « mal d'amore >>: il diletto è altrettanto indifeso nei suoi confronti. Alle amiche è dunque richiesto di trasmettere al diletto la notizia che fa sua donna è « malata d'amore >>. Rothstein ritiene tale notizia inutile e prosaica: me­ glio sarebbe stato lasciare la domanda senza risposta121 . Altri pensano che l 'ama­ ta faccia riferimento alle percosse ricevute dalle guardie al v. 7 1 22• Ma il testo par­ la, semmai, di ferite di « amore >>, non delle guardie. In. altre parole, il riferimento vuole essere ai vv. 4-6. Forse, pensa la donna, il mio diletto se ne è andato perché ha ritenuto che, per il fatto di non avergli aperto, io non sentissi niente per lui. Di­ tegli che non è vero, che, in realtà, « io sono malata d'amore >>. Si conferma così che il tema della sfasatura nei tempi deli ' amore è chiave di lettura adeguata. Lui era innamorato di lei, e lei di lui (era, infatti, « desta >>, v. 2): e tuttavia l ' incontro non è avvenuto. I tempi di maturazione del desiderio non hanno coinciso.

Ricordo (Ct 5,9-16). Il secondo canto dell'amata è strutturato dialogicamen­ te. La domanda delle > (v. 9) introduce la descrizione del "" La particella ebraica 'im può avere valore condizionale, come qui, ma può anche introdurre un giuramento, come in 2. 7 e 3.5 ( 'im ta 'iru). In tal caso. essa ha valore negativo (" Vi scongiuro di non svegliare ,). Supponendo nel nostro testo questa accezione. la traduzione dovrebbe essere: >, il che non ha senso. Lo stesso vale per l'interrogazione che segue (« Non raccontategli ») (cfr. D. Lys, Le plus beau chant de la création, p. 2 1 5 : P. Jotion, Le Cantique, p. 2 1 1). 1 " Cit. A. Robert - R. Toumay. Le Cantique des cantiques, p. 208. 1 22 La LXX e la Vetus Latina hanno « ferila», al posto di « malata ». Essi sono seguiti, fra gli al­ tri, da P. Jotion, Le Cantique. p. 24 1 : A. Lacocque. Romance. She Wrote, p. 1 20. Una tale traduzione fa derivare l' ebraico hO/at non da i)tiltih (, v. 9d), che fa da eco ai due 'èkiikii (>) del v. 3b.d. Ma non è solo il v. 9 a rimandare ai vv. 2-8. Le prime due parti del corpo che sono descritte, il capo (ro 's, v. I l a) e i riccioli (q'WU$$61, v. I l b), sono una ripresa del v. 2ef. La metafora delle colom­ be, a cui sono paragonati gli occhi del diletto (v. 12a) rimanda all'appellativo ri­ volto da costui ali ' amata (« colomba mia >>, v. 2d). L'accostamento delle mani (jiidiijim) al ventre (me'fm, letteralmente >) nel v. 14 riprende, in forma inversa, l ' eco emozionale nel corpo dell' amata ai vv. 4b e 5b. L' espressione >, >, e si giunge alla traduzione: >133; si può intenderla in senso partitivo (>) , co­ me noi abbiamo fatto134; si può intenderla, infine, in senso comparativo, e si giun­ ge alla traduzione più diffusa: >135• La prima traduzione è da scartare, perché non trova appoggio nell'ebraico. Le altre sono, tutt'e due, possi­ bili. La seconda si addice meglio a ciò che l 'amata risponde al v. l O. La terza fa risaltare di più il carattere ironico della domanda. Le due sfumature sono ad ogni modo presenti, in qualunque dei due modi si traduca. Improbabile mi sembra la lettura mitologica, di Lys ad esempio, che vede nel­ le figlie di Gerusalemme, altreuante sacerdotesse di Tammuz, il dod per eccellen­ za, a cui l 'amata contrapporrebbe il suo d6du6• È più verosimile che l 'autore gio­ chi sul contrasto tra l ' innamorata, per cui il diletto è unico e insostituibile, e le altre, che sono estranee a questo rapporto, per cui il diletto è (esso sarà ripetuto in 6,1 ). L'espressione può essere intesa in senso ironi­ co: l ' amata sarebbe (dal punto di vista delle altre donne) la più bella fra tutte, co­ me il diletto sarebbe >. Il v. 9b è una ripresa di l ,8, dove l'espressione è messa in bocca al coro maschile dei pastori. Lys vuole com­ prendere tutt'e due i passi in senso ironico m. Ma, nell 'uno come nell 'altro caso, l ' argomentazione non è del tutto convincente139• Si sa che l'amore accresce la bel­ lezza di una donna: una donna innamorata irradia un fascino particolare. > 141 . Anche qui si coglie quel l ' ambivalenza tra sincera partecipazione e ironia, che ca­ ratterizza tutto il verso. [5,10-13] Prima strofa: Il capo del diletto. Come in 4, 1 -7, 1a descrizione del capo della persona amata prende la maggior parte del wa11f In confronto, il resto del corpo è descritto piuttosto sommariamente. Nel capo, la donna vede quasi un concentrato del suo uomo: esteriorità e interiorità, corpo e anima insieme. Dopo il versetto introduttivo, in cui l 'amata si ricongiunge alla domanda delle arniche, la descrizione è divisa in due sezioni, la prima comprendente tre elementi della testa (capo, riccioli, occhi), la seconda due (guance e labbra). I singoli elementi sono raggruppati secondo l'aspetto, visivo od olfattivo, che si vuole far risaltare (cfr. sopra Schema 4/, p. 238). [v. 10] /ntroduzione. « Il mio diletto è bianco e. vermiglio». L'introduzione mette in evidenza l 'aspetto visivo del corpo, che sarà poi sviluppato nei v v. 1 1 -12. Il termine ebraico !jal} indica lo è assicurata dali 'accostamento con l'altro colore, il > ( 'ad6m)142• Il binomio trova un preciso parallelo in Lam 4,7: >, ma sta genericamente per una grande moltitudine. 149 O. Keel, Das Hohelied. p. 190. 1"' G. Gerleman. Ruth. Das Hohelied. p. 69. 1" Così secondo l' isbUzione di Merikara, cfr. E. Bresciani. Leneratura, p. 99. Per l' AT. cfr. Ger 10,9. 1 " Secondo E. Bresciani. Letteratura. p. 236. "·' Cfr. O. Keel, Das Hohelied, p. 1 90.

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Parte seconda. Traduzione e commento

corpo umano, ma non è sempre cosl. A volte il tertium comparationis è la pre­

ziosità o la purezza del materiale, non il suo colore154• Nell'antichità l 'oro era chiamato > 155• Una statua non era semplicemente materia ina­ nimata, essa era considerata incarnazione, personificazione della divinità. In Gre­ cia erano celebri le statue crisoelefantine di Zeus Olimpio e di Atena Parthenos, scolpite da Fidia nel 540 a.C. Esse erano ritenute dai contemporanei > 156• Effettivamente. nei vv. I l a e 1 4- 1 5, l 'oro e l 'a­ vorio sono i materiali di cui è costituito il corpo del diletto. Nell' AT il pensiero va alle teofanie di Ez 1 ,26-27 e Dn 1 0,5-6 (cfr. Ap 1 , 1 31 5). Poiché l'uomo è, secondo il racconto della creazione, > (Gn l ,27), non deve meravigliare che il diletto sia de­ scritto secondo questo schema. Miiller sottolinea che in tal modo si evidenzia la valenza > del diletto158, un elemento già notato altrove nel Cantico. Un ulteriore parallelo biblico, su cui dovremo ritornare, è il celebre sogno di Nabu­ codonosor in Dn 2,3 1 -33159• Tra le due denominazioni: « idolo » e ), a cui si av­ vicina la LXX, elatè, designante la spata che racchiude i fiori della palma. La spa­ la è scura, ma l 'infiorescenza è bianca. Il terrium comparationis non sembra es­ sere il colore, che sarà messo in evidenza nel paragone successivo, ma la fonna. >165• Il paral­ lelo biblico che viene in mente è quello dei capelli di Assalonne, di cui 2Sam 1 2,46 dice: ) è presente anche un elemento demoniaco. Il corvo è un animale impuro (cfr. Lv 1 1 , 1 5), appartenente al mondo dei demoni (cfr. Is 34. 1 1 ; Sof 2, 14), che si in­ carnano nei capri irsuti del deserto166• . La dualità di > e > rimanda alla dualità di > (cioè acqua corrente) e >, o > (cioè serbatoio) in Ct 4, 1 2. 15 172• Dato il sottile gioco di ri­ mandi, tipico del Cantico, è possibile pensare che il parallelo non sia casuale: che cioè le colombe posate sui > e sulla « vasca >> siano gli occhi di lui posati su di lei, che è allo stesso tempo ruscello e piscina. L'ultima immagine, quella della vasca ricolma, è ripresa in Ct 7,5, dove gli oc­ chi di lei sono paragonati alle >. A differenza del ruscello, l 'ac­ qua della piscina è ferma, limpida, tranquilla. Essa lascia trasparire il fondo, come gli occhi lasciano trasparire l ' animo. Riflette l' immagine, come uno specchio173• L' immagine delle colombe posate sulla vasca sottolinea l 'aspetto apollineo dell'amore, a contrasto con quello dionisiaco, rappresentato dal corvo. Tale con­ trasto è accentuato, dal punto di vista del colore, nel v. 1 2c: >. L'espressione, come il citato parallelo di Lam 4,7 confenna, vuole evidenziare il candore delle colombe. Il termine > (rof)ii$61) rimanda a Ct 4,2, dove si diceva dei denti-pecore che queste > 174• L' elemen1 68 Cfr. HAUT, pp. 76-77. 169 epi pler6mata hydatiJn.

170 La LXX è seguita, ad esempio, da A. Robert R. Toumay (Le Cantique des cantiques. pp. 2 1 4-216), che traducono 'llpiqe mdjim con • bacino ». G. Garbini (Cantico, pp. 92.237-238) pensa a una correzione intenzionale del testo primitivo, che avrebbe avuto il termine m/w' ( • specchio d'ac­ ·

qua>>). La Vulgata (iuxtajluenta pienissima) fa un'inverosimile sintesi tra « ruscello» e « bacino >>. 171 G. Ravasi, l/ Cantico dei cantici, p. 458; così anche W. Rudolph, Das Buch Ruth. Das Hohe Lied. Die Klagelieder, pp. 1 58- 1 59; H.-P. Miiller, Das Hohe/ied, p. 58; R.E. Murphy, The Sang af Sangs, p. 166; G. Nolli, Cantico. pp. 1 20- 1 2 1 ; D. Colombo. l/ Cantica. p. 97. Non c'è alcun appog­ gio testuale per una simile operazione: gli autori si rifanno generalmente ad A. Vaccari, Note criti­ che ed esegetiche (Cl 5,/2), in Biblica 28 ( 1 947) 398-40 1 . 172 Cfr. qui Callii del diletto Ct 4, l 5,/. pp. 192, 197. m È possibile che per questa immagine l 'autore si sia ispirato a un celebre mosaico di epoca ellenistica, di cui l 'affresco proveniente dalla Villa Adriana di Tivoli (Figura 77) è una delle nume­ rose riproduzioni. 1 74 Il parallelo con Ct 4,2 è addouo da Ravasi e dagli autori citati alla nota 1 7 1 di questo capi­ tolo, per giusti ficare l' inserzione dei « denti >> in Ct 5, 1 2 b. Ma l 'autore può usare la stessa metafora per due differenti pani del corpo. Lo « stillare liquida mirra » è auribuito nel v. 5bc alle mani di lei, nel v. 13c alle labbra di lui. ·

Nuovi canti dell'amata Ct 5,2 - 6,3

247

to apollineo dell 'amore, impersonato là dai denti dell 'amata, è colto qui negli oc­ chi del diletto. Nei due casi il colore bianco è collegato con un quadro di serenità (pecore, colombe), quello nero con una metafora esprimente un dinamismo sel­ vaggio, demoniaco (capre, corvo). Forse le metafore dell'acqua, del latte e della del palato di lui (5,1 6a) rimanda al >. Nonostante che il plurale sia raccomandato, sia dal l ' immediato contesto (>; « torri >>) sia dal pa­ rallelo con 6,2, il singolare di TM 'ifrugat ha senso. Esso allude, infatti, alla bar­ ba, che forma un'unica > sulle due guance. Il parallelo dei peli del corpo con la vegetazione è già stato introdotto nella metafora del >, i cui (Salbkegel), > 1 82 • Con il calore del cor­ po il cono si liquefaceva, impregnando del suo profumo inebriante il capo e le spalle della persona (cfr. ancora Sal 1 33,2). ll tertium comparationis non è, pro­ babilmente, la forma dei coni183, né il colore, ma il profumo, cosa, del resto, co­ mune a tutte le metafore del verso. « Le sue labbra, fiori di loto . . . ». Sul significato del fiore di loto si è già det­ to a riguardo di Ct 2, 1 184: esso è simbolo di amore e di vita nuova. In 2,1 e 2, 1 6 era l ' intera persona dell'amata a essere paragonata a questo fiore. In Ct 4,5 il ter­ mine di paragone erano i seni di lei, e anche nei passi successivi, dove si parla del loto (Ct 6,2.3; 7,3). il riferimento è al corpo dell'amata. Che, qui, il termine di pa­ ragone sia il corpo di lui, conferma il principio dei >: l 'amata ri'" Cfr ad esempio, il commento a Ct 4, 1 1 . ••• O. Keel, Das Hohelied, p . l R8. In appoggio a una simile identificazione. si potrebbe addur­ re TM, che ha l ' articolo determinativo: 'iirugat habbosem ( « l 'aiuola del balsamo »). Ma l ' espres­ sione può avere anche senso indeterminato (cfr. W. Gesenius - E. Kautzsch - G. Bergstriisser, He· braische Grammatik 1 27e). "' Il termine migdiil appare ancora in Ct 4,4; 7,5 (2 volte); 8,10, con diversa connotazione se­ mantica (torre di difesa). sempre in riferimento alla donna. Forse non è un caso che il significato (o( militare )) del tem1ine venga riferì m alla donna. quello > all ' uomo. 182 O. Keel. Das Hohelied, p. 188; cfr. G. Gerleman. Ruth. Das Hohe/ied, p. 175. Il termine merqiii)im si addice a questi « coni di profumo"· se è vero che essi erano composti di diversi profu­ mi (cfr. . in questo capitolo, nota 1 5 ). A. Lacocque (Romance, She Wrote. pp. 1 23·124) sottolinea il fatto che la radice rqi) (« mescolare profumi ») ricorre ben 6 volte in Es 30,22·35, dove si parla del­ l'olio dell' unzione e del profumo per il santuario. A ragione ci vede una connotazione di quella sa­ cralità che circonda il diletto. È interessante anche la sua interPretazione delle (ziihiib, v. 14a; piiz, v. !Sb ). Essa si collega, quanto al genere delle metafore, con la descrizione del capo in v. I l a: anche qui sembra che l ' auto­ re prenda per tnodello le statue crisoelefantine. La sezione consta di tre distici di­ sposti in forma strettamente parallela (cfr. Schema 42)193• Nel primo stico si para­ gona, ogni volta, la parte del corpo (mani, ventre e gambe) a un oggetto artigianale (>, v. 1 4a; >, v. 14c; >, v. !Sa), fatto di un materiale pre­ zioso (>, v. 14a; « avorio >>, v. 14c; >, v. ! Sa). Nel secondo stico si aggiunge a questo oggetto un complemento, formato di un secondo materiale pre­ zioso (>, v. 14b; >, v. 14d; « fondate su basi di puro oro », v. 15b).

Schema 42 14ab 14cd 1 5ab

Le sue mani Il

suo ventre Le sue gambe

d'oro anelli un volume d'avorio d'alabastro colonne

incastonati te mpestato fondate

con pietre di Tarsis. di lapislazzuli. su basi di puro oro.

[v. 14-lSb] Prima sezione: Oro, avorio e alabastro. « Le sue mani, anelli d'oro . . . >>. Il termine giilil indica qualcosa di « circolare », un cerchio o un cilin­ dro. In l Re 6,24 il termine si riferisce ai « cardini >> su cui gira la porta 194; in Est 1 ,6 agli > (o « stanghe cilindriche ») d'argento, a cui sono appese le corti­ ne nel palazzo del re; in Is 8,23 alla « circoscrizione » dei gentili ( « Galilea >>). Se si intende « ci lindri », la metafora si addice meglio alle « braccia », ed effetti­ vamente il termine ebraico jiid può avere anche questo significato 1 95• Ma il ter=

1 92 Sul significato simbolico della mirra, cfr. qui Prologo Cl 1,2 . 2,7, p. 81. 193 Cfr. M.T. Elliolt, The Uterary Unity ofthe Camicie, p . 140. 194 Ma HAU.T traduce qui con l'aggettivo « girevole» (p. 185). 195 È, invece, del tutto infondata la traduzione di G. Garbini: , non è facile dire. > è il luogo di provenienza della pietra, e l' identificazione di Tarsis è controver­ sa (Spagna? Sardegnat97? Ciliciat98?), sicché rimane impossibile identificare a quale tipo di pietra l 'autore si riferiscat99• La descrizione delle mani avvolge il di­ letto di un 'aura di nobiltà (Est 1 ,6) e di sacralità insieme (Sir 50,9; Es 28,17; 39, 1 0). . Dato il contesto, qui è la superficie esteriore a essere indicata, cioè il « ventre >>. Ma perché il poeta ha scelto questo termine, invece del più comune be.ten (cfr. Ct 7,3)? È possibile che abbia voluto segnalare una corrispondenza con il v. 4, dove si parlava delle > di lei, sottolineando la parentela dei due >. Il termine me 'im ha un significativo parallelo nella descrizione della statua colossale di Dn 2. Anche lì, come nel nostro brano, la descrizione delle mé'im (in aramaico, m'''ohi) è inserita tra quella delle braccia e delle cosce (Dn 2,32). Il termine 'efet è un hapax controverso. Il verbo 'dsat in Ger 5,28 è posto in parallelo con stimen (>) e indica la lucentezza di un corpo ben nu­ trito. In Ez 27, 1 9 il termine 'tisor indica > di ferro200• Nell'ebraico rab,

.

"" Una serie di autori pensano alle > (Gn 2,25).

tipico del Cantico.

212 Cfr. qui Nuovi canri del dileno Cr 6,4 7, I l , p. 329. 211 Cfr. P. Joilon, Le Cantique, p. 256: « L'avorio non può essere qui che metaforico: esprime senza dubbio il bianco splendente del vestito ». "' Così traducono infatti. ad esempio: W. Rudolph, Das Buch Ruth. Das Hohe Lied. Die Kla­ ge/ieder, p. 158; G. Gerleman, Ruth. Das Hohelied, p. 1 7 1 ; O. Keel. Da.< Hohe/ied, p. 1 84. G. Kri­ netzki (Kommentar zum Hohen/ied, p. 1 7 1 ), dal canto suo. vede nelle >. 227 A detta di M. Zohary (Pf/anzen, p. 104), un cedro del Libano può raggiungere l 'altezza di trenta metri. 228 Cfr. qui Prologo Ct 1,2 - 2,7, p. 85, nota 159; InrermeZ2o corale Ct 3,6-1 l , p. 1 4 1 . 229 Il termine scelto questa volta è (rq (G. Garbini, Cantico, pp. 90, 242); «"Seno", in senso ge­ nerico come origine di amplessi ». La tensione tra un termine generale e uno panicolare rimane co­ munque! Per trovare gli «amplessi », Garbini deve cambiare TM mmtqjm (dolcezze) in m t�mqjm, che egli traduce effettivamente con «amplessi » (lbid. . pp. 90-9 1 , 242-243). Gli appigli testuali per queste operazioni sono minimi (« un manoscritto ebraico », a detta di Garbini). Effettivamente il te­ sto (quello canonico, si intende) allude al godimento de il 'amore, ma lo fa, come è tipico del Canti­ co, concentrando l 'attenzione sui seni e sulla bocca, non sugli organi genitali (si vedano le osserva­ zioni fatte, in questo capitolo, a p. 253). >J>, 2,3; >, 5, 1 5). Nei due ca­ si il sostantivo > (l}ek) è unito ai termini > (miitoq) e (}Jiimad)2 ll . >. Il primo termine, ku//6 (letteralmente, >), fa comprendere che siamo alla fine del wafìf Così, infatti, si conchiudeva la de­ scrizione del corpo dell'amata: ) bella sei, amica mia >> (Ct 4, 7). La particella uni versalizzante kol esplicita la dimensio­ ne globale dei vv. 15bc. l 6ab. Non sono più le singole parti del corpo a essere de­ scritte, ma la persona nel suo insieme. E anche, in analogia con 4,7: non vi è nien­ te di negativo nel diletto, egli è « tutlo >> positivo. Mentre in 4,7 si metteva in rilievo il lato estetico della persona dell ' amata (bella), qui del diletto si evidenzia l 'aspetto godibile (fascino). Il termine }Jmd (fascino) è da intendere nel suo si­ gnificato originario di >. Ora appunto questo desiderio, che nasce dalla contemplazione di una persona bella o di un oggetto di valore234, è visto generalmente nell' AT con diffidenza, come fonte di peccato. Abbiamo os­ servato, commentando Ct 2,3, che il Cantico attua una rilettura di Gn 2-3, ripor­ tando l'uomo prima della colpa originale, quando il desiderio era visto positivascours soni la suavité meme » ). Si è visto. commentando Ct 4. 1 1 , che questo significato non è da escludere (cfr. Pro 16,2 1 ), ma. nel nostro caso, ceno non è il senso primario: tuuo il contesto pona in altra direzione. "1 Il tennine ricorre ancora solo in Ne 8, l O, dove ha però il significato concreto di « bevande dolci 2 3 2 Il senso di bàl)itr è appunto quello di « una superiorità in rappono a cose dello stesso ordi­ ne » (P. Jotion. Le Cantique. p. 258. Lo stesso Jotion fa un accostamento tra i due passi). '" Il parallelo è notato ancora da M.T. EllioU, The Literary Unity ofthe Ca/1/ic/e, p. 142. 2 ·" Cfr. G. Wallis, i)Qmad. in Th WAT, vol. Il. p. 1 022. il quale cita al riguardo Sir 40,22: « Gra­ zia e bellezza desidera l 'occhio ». •.

Nuovi canti del/ 'amata Ct 5,2 - 6,3

257

mente (cfr. Gn 2,9 contro Gn 3,6)m. Come in Ct 2,3, anche nell'affermazione: « Thtto è fascino in lui "• non vi è ombra di negatività o di colpa. « Fascino >> (mal)iimaddim) sta in parallelo sinonimico con mamtaqqim (dolcezza). [v. 16cd] Coda. La funzione del v. 1 6cd è di collegare il wa$/ con la prece­ dente domanda delle figlie di Gerusalemme al v. 9 (parole gancio: « diletto >> e " figlie di Gerusalemme >>), e allo stesso tempo, in analogia con il v. 8, di intro­ durre la domanda seguente (6, l , « diletto>>). >. Le figlie di Gerusalemme volevano sapere, che cosa il diletto avesse di diverso dagli altri. La donna ha risposto sottolineando l 'unicità e l' inconfondibilità del suo uomo (cfr., soprattutto, i vv. 1 0b. l 5cd). L'enfasi della rappresentazione si lascia comprendere come una risentita, appas­ 'ionata risposta all' ironia del v. 9. Il diletto non è davvero un dilet­ to: egli ha le caratteristiche di un re e di Dio stesso. Si tratta di una descrizione si­ gnificativa per uno che è ali' interno del rapporto d'amore. Che ne sanno, le figlie di Gerusalemme, della dolcezza dei suoi baci? Anche l 'oro e il lapislazzuli del suo corpo sono materia! i che solo l 'amore riesce a vedere. >. È l 'unica volta, nel Cantico , che il sostantivo rea ' è usato al maschile singolare. ra 'jati è l 'appellativo riservato esclusivamente ali 'a­ mata (cfr. v. 2). Che qui esso sia messo, al maschile, in bocca alla donna, non è certamente casuale. Lei vuoi chiamare lui con lo stesso appellativo con cui lui chiama lei, sottolineando così la reciprocità del sentimento amoroso. L'amato è dunque evocato, al v. 1 6c, con gli appellativi tipici di lui (dodi) e di lei (re'i). Il poeta aveva usato il doppio appellativo per ambedue gli amanti in 5, 1 (re'im. . . dOdim). L'amore ritrovato (Ct 6,1-3 ). L' unità della piccola composizione 6,1 - 3 non è indiscussa. Gerleman, ad esempio, ritiene che i vv. 2-3 non siano la risposta alla domanda del v. l . Egli suppone che il v. l sia un pezzo redazionale aggiunto236• D'altro canto, G. Krinetzki e H.-P. Miiller ritengono il v. 3 un ritornello che nien­ te ha a che fare con i versetti precedenti237• Una considerazione strutturale per­ mette, invece, di cogliere l 'unità dei tre versi. La composizione consta, come la precedente, di una domanda delle figlie di Gerusalemme (6, l ), a cui segue la ri­ sposta dell'amata (vv. 2-3). La risposta corrisponde alla domanda: le amiche do­ mandano > il diletto si sia recato, e l' amata indica questo luogo. Il termi­ ne diletto ha valenza strutturale. Esso non solo costituisce un'inclusione per la piccola unità (6, l a e 6,3a)m, ma anche suddivide in due parti sia la domanda del­ le figlie di Gerusalemme (6, 1 ab.6, l cd) sia la risposta dell'amata (6,2 e 6,3) (cfr. Schema 44).

"' Cfr. qui Prologo Ct 1,2 2, 7, pp. 89-90. ·

236 G. Gerleman, Ruth. Das Hohelied, p. 179. 237 G. Krinetzki, Kommentar zum Hohenlied, pp. 177-178; H.-P MOIIer, Das Hohelied, pp.

162-163. "' Lo stesso vale per le altre unità del brano Ct 5,2 - 6,3, cioè per Ct 5,2-8 e 5,9- 16 (cfr., in que­ 'to capitolo. p. 2 19) .

258

Parte seconda. Traduzione e commento

Schema 44

6,1

Domanda

6,2-3

Risposta

v. l ab v. l ed v. 2 v. 3

il tuo diletto (v. l a) il tuo diletto (v. l e) il mio diletto (v. 2a) il mio diletto (v. 3a: 2 volte).

Garbini, dal canto suo, nega ogni continuità di Ct 6,1-3 con il canto prece­ dente. La ragazza che prende la parola in questo canto non avrebbe niente a che vedere con quella di 5,2- 1 6: 6, 1 -3 sarebbe in realtà la continuazione di Ct 4, 1 7239. Anche questa ipotesi è contraddetta d a una considerazione strutturale. La domanda delle figlie di Gerusalemme infatti (Ct 6, 1 ), è introdotta alla fine del canto precedente (Ct 5, 1 6d), esattamente come l 'ultimo versetto di Ct 5,2-8 in­ troduceva la domanda di Ct 5,9. Le due domande sono strettamente collegate, non solo per il tono, tra il sincero e l' ironico, ma anche per la costruzione (cfr. Schema 45). Schema 45

5,9a 6,la 5,9c 6,lc

Che ha il tuo diletto di diverso . . ., Dov'è andato il tuo diletto, Che ha il tuo diletto di diverso . . . , Dove si è volto il tuo diletto,

5,9b 6,l b 5.9d 6, l d

la_pLù !lelll!.ftt !e f]O,!II!.e7 la_pLù _i)e]ll!.fi:.a le flo.!ll!.e7 perché così ci scongiuri? perché con te lo cerchiamo?

l due versi sono costruiti secondo lo stesso parallelismo a climax, per cui la seconda parte del verso riprende metà della prima e aggiunge un nuovo elemen­ to. La parte che si ripete (5,9ac; 6. 1 ac) è costituita di una particella interrogativa (; >), seguita da una frase il cui sogget­ to è >. La parte che varia è costituita nella prima metà del verso del­ l ' appellativo > (Ct 5,9b = 6, l b), nella seconda metà di una frase di valore consecutivo ( nel Cantico in generale e in 5,2 - 6,3 in particolare. Si può pensare che la descrizione entusiasta del diletto in Ct 5,9- 1 6 abbia convinto le amiche, che ora sono pronte ad aiutare l'amata nella sua ricerca242• Lys però insinua il dubbio: vogliono davvero essere di aiuto alla donna, o non pensano piuttosto a fare esse stesse la conoscenza di un giovane cosl straordina­ rio?243. La domanda tradirebbe una certa rivalità delle figlie di Gerusalemme nei confronti dell'amata. Il fatto che la donna rifiuti l ' aiuto che le è offerto, lascia quanto meno la porta aperta a questa interpretazione. Secondo il parallelismo a cliiTUlX che contrassegna il versetto, il primo stico (v. l a) è ripreso nel terzo (v. l e) . La ripresa, però, non è del tutto letterale, perché il verbo hdlak (andare) è sostituito da pdndh (volgersi). Questo verbo è in sé am­ bivalente: esso indica, infatti, che ci si dirige in una determinata direzione, ma an­ che che si lascia la direzione che si era intrapresa. Questa seconda connotazione del verbo è frequente soprattutto in senso traslato, dove il verbo è spesso usato per indicare l'abbandono della fede jahwistica per > ad altri dèi (cfr. Lv 19,4.31 ; 20,6; Dt 29, 17; 30, 1 7; 3 1 ,18.20). Os 3,1 paragona questo comportamen­ to all'adulterio. Il verbo pdndh rimanda a Ct 5,6, dove l'amata raccontava che il suo diletto se n'era andato. I due verbi I}Qmaq (volgersi) e ddbar I (voltare le spal­ le) sono sinonimi di pdndh. Si può vedere dunque una punta di sarcasmo da parte delle amiche (> )244• Questa interpretazione è confermata dalla risposta dell'a­ mata, che afferma, per contrasto, l'appartenenza reciproca dei due amanti. Forse risuonano, nella domanda delle amiche, reminiscenze mitologiche24�. Pope ritiene che l' intera scena di Ct 6, 1-3 abbia per sfondo la ricerca di Baal da parte di Anat246, Meek pensa a una liturgia di Tarnmuz247, analogamente Wit­ tekindt248. Anche l'espressione: > è un titolo di Inanna, la dea sumera dell'amore249• Si tratta, comunque, di materiali che l'autore usa li­ beramente, inglobandoli nella sua originale visione poetica: si è visto che i due protagonisti del Cantico hanno una valenza teomorfica2�0• 242 Così, ad esempio: O. Keel, Das Hohelied, p. 195; M.T. Elliott, The urerary Uniry of the Canticle, p. 144; G. Ravasi. /1 Cantico dei cantici. p. 470. "' D. Lys. u plus beau chant de la création, pp. 23 1 -232. "" In questo senso, cfr., ad esempio: D. Lys. u plus beau chant de la création, pp. 23 1-232 («Ce garçon est tellement formidable qu'il t'a laissé tomber! »); A. Lacocque, Romnnce, She Wro­ re, p. 1 27 (« Mr. Wonderful seems lo have jusl dropped you! »). "' Cfr. qui Canti dell 'amata Ct 2,8 - 3,5, p. 1 23. 246 M. Pope, Song, pp. 553-554 (si veda KTU 1 .6 IV 4, secondo G. Del Olmo Lete, Mitos, p.

229: « Dov'è Baal. il viuorioso, l dov'è il principe, signore della terra?»). 247 Th.J. Meek, Scmg, p. 1 3 1 (« Dov'è andato tuo fratello, su cui s'è fallo il lamento? l Dov'è andato Tammuz, su cui si è pianto? »); così anche D. Lys, u plus beau chanr de la création, p. 23 1 . 24' W. Wiuekindt (Das Hohe Lied und seine Beziehungen zum lstarkult, pp. 1 7 1 - 1 75) pensa al­ la discesa di Ishtar agli inferi. 249 Cfr. A. Lacocque, Romance, She Wrote, p. 1 27. 250 È possibile comprendere la ricerca della Maddalena presso il sepolcro (Gv 20) alla luce di questo passo (cfr. qui Il messaggio teologico, p. 444 ). Ma ciò appartiene alla storia successiva. Me­ rita ricordare che J.S. Bach ha usato questo testo in una celebre aria, all' inizio della seconda parte della Mallhiiuspassion.

260

Parte seconda. Traduzione e commento

[6,2-3] Il diletto nel suo giardino. [v. 2] La risposta della donna suona stra­ na. Sembra che lei sappia dove il suo diletto si sia recato. Perché allora lo cerca­ va con tanto affanno (cfr. 5,6b-8)? Inverosimile appare anche il luogo indicato dali 'amata: « il suo giardino >>. Ma il giardino del diletto non può essere che lei stessa (cfr. 4, 1 6 - 5, 1 ): e il diletto si era da lei allontanato (cfr. 5,6a)! L'apparente contraddizione tra 6,2 e 5,2 - 1 6 è il motivo per cui diversi autori, come si è nota­ to, ritengono che questi versi non abbiano a che fare con il contesto precedente251• Ma si tratta di contraddizione solo apparente, in realtà, come sottolinea Heine­ vener, è un voluto effetto poetico. L'autore vuole sorprendere con svolte para­ dossali: « Il redattore si rivela sempre più un abile drammaturgo. Anzitutto dà una svolta inaspettata al lamento presso la porta, nel senso che improvvisamente sem­ bra che il desiderio di unione si possa realizzare (Ct 5.5a). Ma non appena uno comincia a credere a questa nuova possibilità, giunge il nuovo effetto-sorpresa: dodi /Jtimaq 'tibtir! E una terza volta il lettore è sorpreso, alla fine della compo­ sizione. Il diletto è "sceso nel suo giardino" (cfr. Ct 5 , 1 !): la forza unificante del­ l 'eros era fin dall 'inizio l ' unica realtà nel dramma dell'amore! >>25 2. Un simile effetto-sorpresa è raggiunto anche alla fine del Cantico. In Ct 8, 1 4 il diletto è pregato di « fuggire >> (bdra/J), cioè di andare via (v. 1 4a). Ma qual è la direzione della fuga? Sono i « monti dei balsami >> (v. 14c), una metafora per in­ dicare il corpo della donna (cfr. 4,6)! Analogamente, nel nostro canto il diletto se ne è andato (6, 1 ; cfr. 5,6), ma solo per > (Ct 6,2; cfr. 6,1 1 )253• Non è casuale che i due paradossi stiano alla fine di grandi unità com­ positive (del Cantico, cioè, e, rispettivamente, dei Nuovi canti del/ 'amata): è l'a­ cuto finale, con cui l'autore vuole concludere in bellezza il suo testo. >. Con queste parole la donna si col­ lega con Ct 4,16e (cfr. 5, l a): > . Questi con­ tinui richiami di cui il Cantico è disseminato, parlano fortemente in favore del­ l 'unità dell' intera composizione. L'autore di Ct 6, 1-3 non può essere diverso da quello di 4, 1 -5, 1 ! Ogni parola qui è importante. Si noti il gioco tra i possessivi di prima (>) e di terza persona (>): poiché il diletto è >, anche il > gli appartiene, è > (cfr. 4, 1 6). In questo modo è preparata la solenne affermazione del ritornello finale (v. 3). La scuola mitica vede nel verbo > (jdrad) un'allusione alla > del dio della vegetazione254, ma forse la spiegazione è più sem­ plice, come osserva Keel: , del « torrente >>. Il diletto è dunque andato dalla sua donna. Come in Ct 5, l , l 'entrata nel giar­ dino segna la conclusione della composizione. Gli amanti sono di nuovo insieme. È difficile dire se questo avvenga solo ne li' immaginazione della donna, o se si tratti di realtà. Effettivamente al v. I l il diletto conferma che la donna ha visto giusto, e, d'altronde, se il diletto prende la parola al v. 4, vuoi dire che egli è pre­ .;ente. Sembra dunque che la donna « pre-senta >> la realtà. Dalla situazione ini­ ziale a quella conclusiva ha luogo comunque un'evoluzione, un processo di ma­ turazione dell'amore. Dopo l ' idillio nel giardino (5, 1 ), è subentrata una crisi nel rapporto (5,2-8)256. A causa deli' impazienza de li 'uomo e della lentezza della donna, i due amanti non sono riusciti a incontrarsi. Il diletto se n'è andato, e la donna ha pensato di averlo perduto. Ora però giunge alla convinzione che ciò non è vero, che si è trattato solo di un fraintendimento: in realtà lei non l 'ha mai per­ duto. Come si è fatta strada, in lei, questa convinzione? Mentre lo descriveva al­ le amiche (5, 10- 1 6), essa ha continuamente ritrovato, nell'amato, parti del pro­ prio essere, ha ritrovato in lui se stessa257• I neri capelli selvaggi, gli occhi come colombe, il balsamo delle sue guance, i fiori di loto delle labbra, la mirra e il Li­ bano hanno risvegliato in lei la coscienza deli' appartenenza reciproca. Essa ap­ partiene al diletto ed egli le appartiene (6,3). I due formano un corpo solo, che niente e nessuno può dividere oramai. Più forte delle incomprensioni è il vincolo che li unisce: l 'amore trionfa su tutte le crisi. In questo processo, le domande delle figlie di Gerusalemme sembrano ave­ re, in definitiva, il ruolo di una provocazione. All'ironia sulla « straordinarietà >> del diletto (Ct 5,9), l 'amata ha risposto con l 'enfatico ritratto di 5,10- 1 6. Al sar­ casmo sulla consistenza del loro rapporto (6, l ), lei risponde ribadendo l ' apparte­ nenza reciproca dei due amanti (6,3). Il calore della risposta si lascia comprende­ re, nei due casi. come risposta ai dubbi avanzati dalle amiche. « Fra le aiuole di balsamo >>. L'espressione è una chiara ripresa di Ct 5,1 3a, confermata anche dalla successiva menzione dei « fiori di loto >> (vv. 2d.3b; cfr. 5,13c), come. del resto, 5, 1 3 era una ripresa di 4, 1 6d e 5 , l b. È evidente l ' inter­ scambiabilità di queste metafore: ciò che in 5, 13 era riferito alla barba e alle lab­ bra di lui, è ora riferito al corpo di lei. I due corpi sono fatti della stessa materia, come il ritornello del v. 3 esprimerà emblematicamente.

,. « Nell 'amore esiste anche la crisi. si introduce il timore, si insinua la freddezza, si vive an­ che di nostalgia, si incunea l 'assenza. Ma la componente dominante, il "basso continuo" della co­ munione e della reciproca donazione alla fine trionfa » (G. Ravasi, Il Cafllico dei ca11tici, p. 472); " La risposta dell'amata ) . . . ] fa [ . . . ] apparire l ' intera scena del mancato incontro e della ricerca in 5.2-8 come mero fraintendimento. Nella chiara luce della formula dell' appanenenza reciproca di 6,3, essa si riduce a un'ombra passeggera, che ha oscurato solo per un momento l 'amore dei due » (0. Keel, Das Hohelied, p. 195). '" « Mentre l 'amata canta le lodi del suo di leno, scopre la presenza di lui in se stessa, e la sua presenza in lui. In questo modo un momento di assenza fisica conduce alla constatazione che l 'u­ nione dell 'amore abbraccia ogni cosa e non può essere così facilmente disciolta >> (M .T. Elliott, The Literary Unity ofthe Canticle, p. 146).

262

Parte seconda. Traduzione e commento

L'aiuola è, come il giardino, metafora del corpo femminile nella sua valen­ za erotico-sessuale, come in 4, 1 2 - 5, l. E tuttavia il senso di > è diverso dal > in Ct 4, 1 6 e 5, l . Là l 'espressione in­ dicava l 'unione sessuale258• Qui non può essere indicata l 'unione, perché i due non sono ancora insieme, e il verbo scendere ha la stessa valenza del precedente pdntih, (volgersi). Non è ancora l ' > nel giardino, ma il > ver­ so di esso. Anche la scelta del verbo al v. I l , chiaramente correlato con il v. 2, non indica ancora l 'unione: il diletto è sceso >. Il contenuto della > sarà esplicitato nei due wa$/ che seguono. In Ct 6, 1 siamo ancora all'inizio della seconda parte: l ' itinerario dalla separazione all'unione si concluderà in Ct 8,3. Prima, sono descritte le tappe della contemplazione reciproca e del desiderio. I termini aiuola e giardino hanno qui, dunque, un valore meno specificamente genitale che in 4, 1 6 - 5 , 1 . A ragione Ravasi mette in guardia contro la >259• Essi esprimono global­ mente il corpo della donna, chiaramente nella sua valenza erotica, come indicano le espressioni che seguono, > e « cogliere >>. Ma si tratta qui di inten­ zione (, ), non, ancora, di realizzazione. Il plurale (aiuole) sorprende, come sorprendeva il singolare in Ct 5 , 1 3: effetti­ vamente la Vulgata rende al singolare, seguendo alcuni manoscritti ebraici. Ma la le­ zione plurale è confermata dal parallelo con il termine giardini, nello stico successi­ vo, e va ritenuta, come lectio difficilior. È da escludere anzitutto che l 'amata alluda a rapporti con altre donne (= aiuole, giardini)260: ciò contraddirebbe da una parte il v. 2a, dove si parla al singolare del >, dall'altra il v. 3a, dove il ritor­ nello dell'appartenenza reciproca ha anche valore di esclusività (>, e di nessun'altra!). È possibile che la scelta del plurale obbedisca a una scel­ ta fonetica261, ma questa spiegazione non è sufficiente. È verosimile che si abbia an­ cora un caso di quel >, cfr. la Figura 44. "" Sulla « formula della mutua appanenenza >>, cfr. qui Caroti dell'amata Ct 2,8 - 3,5, pp. 1 15- 1 16.

264

Parte seconda. Traduzione e commento

dell'appartenenza di quest'ultima al diletto: in Ct 6,3 l ' ordine è invertito, forse per ribadire la perfetta reciprocità del legame amoroso270, o forse, anche, per ra­ gioni strutturali: era importante, infatti, che l ' ultimo verso dell'unità incomin­ ciasse con lo stesso pronome con cui era iniziato il primo ( 'ani, Ct 5,2; 6,3). È troppo vedervi, con Feuillet, un progresso ne li' abnegazione dell' amata27 1 • In realtà, dal punto di vista del contenuto, le due formule si equivalgono: ambedue esprimono quel riconoscimento del (Ct 2,1 5). In esse abbiamo riconosciuto i > del di­ letto, che costituivano una minaccia all'amore dei due. In tale contesto, la for­ mula della mutua appartenenza aveva il senso di contrastare tale pericolo, riba­ dendo l 'appartenenza reciproca ed esclusiva degli amanti. Anche la formula di 6,3 va letta contestualmente. Anzitutto, essa costituisce una risposta alla crisi di 5,2-8, quando l'amata pensava di aver perduto i l suo amore. In Ct 6,3 lei giunge a riconoscere che l'amore vero non si perde mai, esso supera ogni crisi e incom­ prensione. In secondo luogo, la formula dell'appartenenza risponde alle provo­ cazioni delle figlie di Gerusalemme272 • Da un parte, smentendo la sarcastica sup­ posizione che il diletto l 'avesse abbandonata (>, Ct 6, Ic); dall ' altra, togliendo alle amiche-rivali ogni speranza di instaurare esse stesse una relazione con lui (« Perché lo cerchiamo con te? » )273• La formula ha una indubbia connotazione di esclusività, presente anche in 2, 1 6 (là la coppia era minacciata dagli altri uomini, qui dalle altre donne). In questo senso anche l 'affermazione del v. 3b acquista un significato esclu­ sivo: essa esprime il privilegio, che appartiene solo al diletto, di godere del cor-

210 « Everything about this love ist mutuai >> (D. Bergant. « My Beloved fs Mine and l A m His [Song 2, 16}: The Song of Songs and Honor and Shame, in Semeia 68 [ 1 994] 30, citando in questo senso M.V. Fox, The Song ofSongs and the Ancient Egyptian Love Songs, pp. 305-310). 27 1 A. Feuillet (Perspectives nouvelles à propos de l'lnterprétation du Cantique des cantiques. Lesformules de possessian mutuel/e de 2, 16; 6.3-4; 7. 11. in Divinitas 3 1 [ 1 990] 2 1 2-2 13) vede qui •

un parallelo con Ez 37,23 . 27. Feuillet interpreta la « formula di appartenenza reciproca » allegorica­ mente, riconoscendovi il rinnovamento dell'alleanza di JHWH con Israele dopo la tragedia dell ' esi­ lio: analogamente P. Jotion, Le Cantique. p. 262. Abbiamo già accennato all'accostamento della « formula della mutua appartenenza » del Cantico con la « formula dell'alleanza » dei libri storici e profetici (cfr. qui Canti dell'amata Ct 2.8 3,5, p. 1 16). Se c'è una dipendenza letteraria fil che, vi­ sta la diffusa intertestualità che caratterizza il Cantico, non è da escludere, anche se le due formule non sono del tono eguali). questa va interpretata nel senso degli altri paralleli. Il Cantico. cioè, rap­ porta alla realtà dell'amore umano categorie che nei profeti e nella Torah carauerizzano i l rapporto tra Dio e Israele. La stessa « nuova ed eterna alleanza » che unisce Dio al suo popolo contraddistin­ gue anche l'unione tra l ' uomo e la sua donna! 271 I l Midrash Rabbah sul Cantico sottolinea questo aspetto, naturalmente in chiave allegorica. Dietro alle « figlie di Gerusalemme» esso vede le nazioni che chiedono a Israele, dove il dileuo. JHWH, sia andato. Israele risponde: « Perché mi chiedete di lui, se di lui voi non avete pane? Una voi· ta che io mi sono auaccata a lui, posso mai da lui separarmi? Una volta che lui si è attaccato a me. può mai da me separarsi"' Dovunque egli sia, egli viene a me » (cfr. M. Simon [ed.], Song of Songs. p. 256). "' Cfr. R.E. Murphy, The Song of Songs, p. 173. ·

Nuovi canti dell 'amata Ct 5,2 - 6,3

265

po della sua donna. Poiché essa appartiene a lui (v. 3a), lui, e lui solo, può « pa­ scolare tra i fiori di loto ». I nuovi > dei corpi. L: unione sessuale riporta i due esseri all'unità primordiale, prima che i sessi fossero divisi (cfr. Gn 2,24). È interessante notare che i termini di Ct 6,2-3 sono in gran parte una ripresa di 4, 1 6 - 5, 1 , dove era descritta l'unione dei due amanti. Quasi a dire: è il far me­ moria dei momenti felici passati insieme che conduce alla certezza dell ' apparte­ nenza reciproca e al superarnento delle crisi. Beauchamp ha ragione di notare che anche il legame che unisce Israele con il suo Dio è costruito su un analogo >282•

'" P. Beauchamp (L'un er l 'aulre, p. 189): « L'amore umano - quello del Cantico - e quello che unisce Israele e il suo Dio hanno la stessa strunura. Anche per Israele, l' unione nuziale prende il cam­ mino della memoria: evocazioni narrative di Osea, lunghe parabole di Ezechiele ( 16; 23) . . . » .

NUOVI CANTI DEL DILETTO Ct 6,4 - 7, 1 1

ContemplaziofU!

I

6 4« Bella tu sei, amica mia, come Tirza1,

Il diletto

incantevole come Gerusalemme, terribile come esercito schierato2• 5Distogli da me i tuoi occhi, perché mi sconvolgono3! I tuoi capelli come gregge di capre

che scendono in tumulto dal Galaad. 61 tuoi denti come gregge di pecore madri che risalgono dal bagno: tutte han partorito gemelli, nessuna ha perso figli. 7Come fenditura di melagrana la tua gota, dietro il tuo velo. 8Sessanta sono4 le regine, ottanta le concubine, e le fanciulle senza numero; 9una sola è la mia colomba, la mia perfetta, 1 D termine ebraico tir$d può essere nome proprio di città (e di persona), o aggettivo, derivan­ te da rii$iih (« essere amabile »). Le versioni comprendono unanimemente in questo secondo senso (la LXX, eudokia; la Siriaca fb}n ', la Vulgata, suavis). ma il parallelo con . Il

Coro

1 0« Chi è costei, che s' affaccia5 come aurora, bella come la luna6, splendente7 come il sole8, terribile come esercito schierato? »

m Il diletto

1 1 « Nel giardino dei noci sono sceso, per vedere i germogli al torrente, per vedere se la vite ha gemmato, se sono fioriti i melograni9• 12Senza che sapess i, il desiderio mi ha trasportato sui carri del mio nobile popolo1o».

Desiderio I

Coro

7 1 « Vòltati, vòltati, Sulamita; vòltati, vòltati: vogliamo ammirarti! »

Il di/erto Coro

« Che cosa volete ammirare, nella Sulamita? » « Che domanda 1 1 : la danza a due campi ! »

' Con TM e la Vetus Latina. La Vulgata traduce a senso: QIUle progreditur quasi aurora con­ surgens. 6 Con le versioni; TM ha « la candida >> (ho/l'biirul). 7 TM biira ha i due significati: di >, Ct 6, 1 0). Queste due indicazioni sono riprese all ' i­ nizio degli ultimi canti della donna. In 7, 1 2 si parla infatti, prima, di notte (niilfnìi, « trascorreremo la notte >>), poi di mattino (nruklma, « faremo mattina >>). Sembra che l 'ultima composizione voglia riassumere in sé le due precedenti. Come i precedenti canti dell 'amata, anche i canti del diletto sono caratteriz­ zati da una struttura dialogica (cfr. Schema 47). L'uomo (a: 6.4-9. 1 1 - 12; 7,1 c.210a) dialoga qui anzitutto con un coro (b: 6, 10; 7, l abd), poi, alla fine, con la don­ na (c: 7, 10b- l l ). L' intervento finale della donna corrisponde chiasticamente a quello dell'uomo, ali ' inizio della composizione precedente (5,2). •

" Con TM j'Jen1m. La Siriaca (wJnj). la LXX (kai odousin), la Verus Latina e la Vulgata (et dentibus) leggono wJnjm ( « e i denti »). " La LXX (epistrophi!), la Siriaca (pnjth), la Vetus Latina e la Vulgata (conversio) leggono ap­ parentemente fub al poslo di TM suq. 20 Sulla strunura di Ct 6.4 - 7, I l , si veda G. Barbiera. Die " Wagen meines edlen Volkes » (H/d 6,12): eine strukturel/e Analyse, in Biblica 78 ( 1 997) 176-178.

272

Parte seconda. Traduzione e commento Schem.a 47

a) b) a) b) a) b) a) c)

6,4-9 6, 1 0 6, 1 1 - 1 2 7,1ab 7, 1 c 7, 1d 7,2- I Oa 7, 10b- l l

diletto coro diletto coro diletto coro diletto amata.

Come in 5,3 - 6,3, anche in 6,4 - 7,1 1 alcuni termini hanno funzione struttu­ rante. Si tratta, soprattutto, deli' aggettivo > (jph) e delle particelle interro­ gativo-esclamative mi (chi) e mah (). Questi due termini ap­ paiono esauamente nei nodi del discorso, come lo Schema 49 (p. 273) mostra. Il terminejph introduce il discorso dell 'uomo nel primo wa$/(6,4), quindi la rispo­ sta del coro (6, 10), infine il secondo wa$/(7,2) e la parte conclusiva del medesi­ mo (7,7). Analogo ruolo hanno le particelle interrogativo-esclamative in 6, 10 (mi) e in 7, l c.2.7 (mah). Da segnalare, inoltre, l 'inclusione mediante la coppia di termini ra 'jiiti (>, Ct 6,4) e dadi (>, vv. I Ob. l l a), do­ ve il primo termine è pronunziato da lui, l 'ultimo da lei. Ct 6,4 - 7,1 1 è composto dai due canti paralleli 6,4- 1 2 e 7, 1 - 1 1 , che costitui­ scono una sorta di dittico21 • In ciascuno dei due, la descrizione del corpo dell 'ama­ ta (a: 6,4-9 e a' : 7,2-6) è seguita da un'ammirata considerazione globale, che ri­ prende l 'inizio del Wa.)'/ (b: 6, 10 e b': 7,7-8), e da un movimento verso l'unione, caratterizzato dalla prima persona singolare (c: 6,1 1 - 1 2 [>, v. I l a; >, v. 1 2a]; c': 7,9- I Oa [>, v. 9a; >

x

7,9a

.

La struttura dei due canti non è perfettamente parallela, poiché la sequenza: descrizione-ammirazione-movimento nel primo canto è impostata dia logicamente (diletto-coro-diletto), mentre nel secondo è caratterizzata da un assolo dell' uomo. Qui il dialogo tra il diletto e il coro avviene prima del wa.if, in 7, l . Nella composi­ zione esistono l 'una accanto ali 'altra due strutture, l 'una determinata dali' avvicen­ darsi degli attori, l'altra dal progresso dell'azione. Tra le due strutture vi è una sfa­ satura, una sorta d' enjambement, che conferisce dinamismo all'insieme. 21

Cosi, giustamente, G. Ravasi, Il

Cantico dei cantici, pp. 490-495.

Nuovi canti del di/ello Ct 6,4 - 7, 1 l

273

I due canti dell 'uomo 6,4- 12 e 7,2-1 Oa sono collegati fra loro mediante il dia­ logo di 7, l . Non solo l 'alternanza diletto-coro continua la serie precedente, ma an­ che il tema del ; Ct 7,1 malp1niijim, « due accampamenti >>)22. Il « movimento >>, di cui si parla in Ct 6, 1 1 -12 (« sono sceso >>, v. I l a; « sui carri del mio nobile popolo >>, v. 12b) introduce naturalmente alla « danza >>, di cui si parla in 7, 1 e che sarà poi descritta in 7,2-6 (cfr. Schema 49). =

Schema 49

a) b) a) II b) a) b) a)

6,4-9 6, 1 0 6, 1 1- 1 2 7,l ab 7,lc 7;1d 7,2-6 7,7-8 7,9- IOa m c) 7 , 1 0b- l l I

diletto coro diletto coro diletto coro diletto

amata

a) descrizione b) ammirazione c) movimento

jph - amica mia (v. 4) mi -jph scendere - non sapevo mah

a) descrizione b) ammirazione c) movimento

mah - jph (v. 2) mah - jph (v. 7) mi son detto - salire il mio diletto (vv. IOc.l l a).

L' intervento finale della donna, che quasi ruba la parola al suo uomo (7, l Ob), sottolinea la squisita, si direbbe moderna, fattura del brano. Ct 7, I Ob- 1 1 costitui­ sce, rispetto ai due quadri del dittico, una sorte di coda. Oltre alla già notata inclu­ sione ra 'jiiti (6,4) - dodi (7,10. 1 1 ), c'è da notare l 'altra: 'ani + dOdi (5,2 e 7,1 1 ) che racchiude insieme le due composizioni 5,2 - 6,3 e 6,4 - 7, I l . Contemplazione (Ct 6,4-12). La struttura di questo brano è molto controver­ sa23. La mia proposta nasce dal riscontro del parallelismo tra 6,4- 1 2 e 7, 1 - IOa. In

22

Cfr. O. Keel, Das Hohelied, pp. 208-209. " La gamma delle proposte va dalle sette (!) unità di P. Haupt (Biblische Liebeslieder, p. 1 35): Ct 6,4a.4b·6.7·8.9. 10. 1 1 . 1 2, alle cinque di G. Krinetzki (Kommentar zum Hohenlied, pp. 178- 1 90): Ct 6,4-5ab.5cd-7.8-9.1 0. 1 1 - 1 2 e di V. Zapletal (Das Hohelied. pp. 1 25 - 1 29): Ct 6,4-7.8-9. 10. 1 1 . 1 2, alle quattro di O. Keel (Das Hohelied. pp. 1 97-2 1 2): Ct 6,4-7.8- 10. 1 1 ; 6. 1 2 - 7, 1 . Molti vi ricono­ scono tre unità, ma è diverso il modo di dividerle: Ct 6,4-7.8-9. 1 0- 1 2 (H. Ringgren. Das Hohe Lied, pp. 285-286; R. Gordis, The Song, pp. 65-67; G. Ricciotti, Il Cantico dei cantici, pp. 250-258); Ct 6,4-7.8- 10. 1 1 - 1 2 (W. Rudolph, Das Buch Ruth. Das Hohe Lied. Die Klagelieder, pp. 1 62· 167; W. Wittekindt. Das Hohe Lied und seine Beziehungen zum /starku/t, pp. 8, 32, 175; H.-P. Miil ler. Das Hohelied, pp. 63-7 1 ) ; Ct 6,4-7.8- 1 1 ; 6, 1 2 - 7,1 (D. Lys, Le plus beau chant de la création. pp. 23 1 248); Ct 6,4-7.8- 10; 6, 1 1 - 7,1 (G. Gerleman, Ruth. Das Hohelied, pp. 1 8 1 - 193; R . Rendtorff, Das Alte Testamelll. Eine Einfiihrung, p. 276); Ct 6,4-9* . 1 0*.1 1 - 1 2 (H. Schmokel, Heilige Hochzeit, pp. 88.48.57). Diversi autori, recentemente. vi riconoscono due unità. ma anche qui la delimitazione è controversa: Ct 6,4-7; 6,8 - 7,1 (J.Ch. Exum, A Literary and Structural Analysis of the Song of Songs, in ZAW 85 [ 1 973) 69); Ct 6,4-7; 6,8 - 7,10 (E. Bosshard-Nepustil, Zu Struktur und Sachpro· fil des Hohenliedes, in BN 8 1 [ 1996) 59); Ct 6.4-9. 10- 1 2 (D. Colombo, // Cantico, pp. 104- 1 1 2); Ct 6,4-9; 6. 10 - 7, la (D.A. Dorsey, Literary Structuring in the Song of Songs, in JSOT 46 [ 1 990] 88); 6,4- 1 0; 6,1 1 - 7, 1 1 (P. Beauchamp, L'un et l 'autre, p. 167); Ct 6,4- 10; 6, 1 1 - 7, 1 (M.T. Elliott, The

274

Parte seconda. Traduzione e commento

base alle osservazioni fatte sopra, Ct 6,4-1 2 si può strutturare, sia dal punto di vi­ sta del succedersi degli attori, sia da quello del progresso deli' azione, in tre parti (cfr. sopra, Schema 49). La prima parte (6,4-9) e l 'ultima (6, 1 1 - 1 2) sono messe in bocca al diletto, quella centrale (v. I O) a un coro probabilmente femminile (intro­ dotto ai vv. 8-9). Le tre parti denotano un progressivo avvicinarsi degli amanti, rit­ mato secondo i tempi: « contemplazione >> (vv. 4-9), > (v. I O) e o dalla > (cfr. Schema 50)24• Anche qui abbiamo due strutture so­ vrapposte, che non sempre coincidono, creando effetti di enjambement. Schema 50

a) b) b') a')

bella terribile terribile bella

a) b) a') b')

bella terribile bella terribile

v. 4ab v. 4c v. 5 vv. 6-7 vv. 8-9 v. I Oabc v. lOd v. I l v. 1 2

a)

città

b)

natura

a') b) a) b') a')

città natura città natura città.

La divisione del canto nelle tre parti: vv. 4-9, v. I O e vv. 1 1 - 1 2, corrisponde a quella di TM, che prima e dopo il v. I O pone una setumah (piccola pausa). Il centro della composizione è occupato dai vv. 8-9, che stanno al di fuori del ritmo > e acquistano, perciò, un rilievo particolare25• [6,4-9] Prima parte: Descrizione. L'unità della composizione 6,4-9 non è in­ discussa. La maggior parte degli autori si fermano al v. 7. Heinevetter giusta­ mente difende l ' unità dei vv. 4-9, ma egli va all ' eccesso opposto, di staccare il v. IO dal precedente contesto e di fame l ' inizio di una nuova composizione (6, I O 8,6)26. Ora il v. I O è solidamente collegato con i vv. 4-9. C'è anzitutto una conti­ nuità tra la menzione delle > ai vv. 8 e 9de e la domanda del v. I O. II Uterary Unity ofthe Cantic/e, pp. 148- 1 64); Ct 6.4- 10. 1 1 - 1 2 (R.E. Murphy, The Song ofSongs, p. 177; Th.I. Meek, Song, pp. 132-1 33). L'unità della composizione Ct 6.4 1 2 è riconosciuta da G. Ra­ vasi, Il Canricn dei cantici, pp. 490-492; da M.D. Goulder, The Song of Founeen Songs. pp. 48-52, e da G. Noli i. Cantico, pp. 123- 1 28. Singolare è l ' ipotesi di G. Garbini (Cantico, pp. 68-69), che tra­ sporta Ct 6.4-5a tra 4, l a e 4, 1 b, e cancella 5b-7 come doppione di 4, 1 -3: rimangono i v v. 8-12. da lui trattati unitariamente (lbid. . pp. 246-252). " Per i dettagli rimandiamo all'esegesi dei singoli versetti. " Non per niente D. Lys (Le plus beau chant de la création. p. 234) intitola il brano Ct 6.47. 10: e quella > di cui parla il v. 9de27• Inoltre, le due espressioni: > e >, sono una chiara ripresa del v. 4. Si potrebbe pensare a una inclusione, segnalante l 'u­ nità dei vv. 4-1 Q28, ma il parallelo con 7,7 fa comprendere questa ripetizione piut­ tosto come un nuovo inizio. D'altro canto, la domanda: > costi­ tuisce quasi un ritornello nel Cantico (cfr. 3,6 e 8,5), e, sempre, marca l 'inizio di una unità compositiva, mentre I 'amplificazione corale della lode ai vv. 8-9 ha va­ lore di conclusione, come mostrano i paralleli 1 ,2.4; 3,10. 1 F9• La composizione Ct 6,4-9 è unificata dal soggetto che la pronunzia (il dilet­ to). Essa consta a sua volta di tre strofe: v. 4, vv. 5-7 e vv. 8-9 (cfr. Schema 51). La prima strofa (v. 4) contempla la donna nel suo insieme. I tre stichi del verso costituiscono tre similitudini, costruite in maniera analoga, di cui le prime due mettono in evidenza l 'aspetto bello della donna (v. 4a: >; v. 4b: >), la terza il suo aspetto terribile (v. 4c: « terri­ bile come esercito schierato >>). La menzione degli occhi, al v. 5ab, appartiene ancora alla sfera del >, ma la costruzione della frase è diversa, sicché i due stichi vanno collegati con la seconda strofa, in cui si passa dalla descrizione globale a quella delle sin­ gole parti del corpo. Dopo gli occhi, sono descritti altri tre elementi del volto (ca­ pelli, v. 5cd; denti, v. 6; guancia, v. 7), che riprendono letteralmente, a parte alcu­ ne piccole varianti, Ct 4, 1 -3. Mentre la prima strofa è caratterizzata da un tipo di metafore cittadine e militari (Tirza, Gerusalemme, esercito schierato), nella se­ conda le metafore sono prese dalla natura (capre, pecore, melagrana). Schema 51 Strofa Versi

Considerazione

Metafora

Numero

I

v. 4

insieme

città

tre

n

vv.

natura

quattro

m

vv. 8-9 insieme

città

sette

5-7 singole parti

Tirza (v. 4a) Gerusalemme (v. 4b) eserciti (v. 4c) occhi (5ab) capelli (v. 5cd) denti (v. 6) guancia (v. 7) sessanta ... ...ottanta (v. 8).

scena del quinto alto del dramma (Ct 5,2 - 6,9), mentre Ct 6,10 - 7,6 è la prima scena del sesto atto (Ct 6, I O - 8,4). Sulla stessa linea, si collocano anche: S. Minocchi, li Cantico dei camici, pp. 92- 101 (Ct 6,49; 6,10 - 8,4); Ringgren, Gordis, Ricciotti, Colombo, Dorsey, Zapletal, Haller, Schmtikel (cfr., in questo capitolo, nota 23), e, in parte, C. Siegfried, Hoheslied, pp. 1 16- 1 1 8 (Ct 6,4·9 + 1 1-12; 6,10 + 7,1 - 8,4). 21 La cosa non è ammessa da tutti, ma sembra la soluzione migliore. Si veda il parallelo di Pro 3 1 ,28, in cui si dice che i figli e il marito « proclamano beata » ( 'asar) e, rispettivamente, « esalta­ no >> (ha/al) la « donna di valore ». A questa affermazione segue, al v. 29, la citazione del discorso dei figli e del marito. 28 Si veda, in questo capitolo, alla nota 23, la serie di autori che fanno terminare l ' unità al v. IO (Keel, Rudolph. Wittekindt, Mtiller, Beauchamp, Elliott, Murphy. Meek, Gerleman, Rendtorff). A essi si aggiunga G. Ravasi (1/ Cantico dei cantici, p. 49 1 ), il quale, pur riconoscendo l'unità di Ct 6,4- 12, la di vide ne Ile due parti: vv. 4- IO e vv. l 1 - 12. 29 Cfr. H.-J. Heinevetter, " Komm nun, mein Uebster, Dein Garten ruft dich! », pp. 145- 1 46.

276

Parte seconda. Traduzione e commento

La terza strofa ritorna al simbolismo della donna, dali ' altro conferisce alla lode del giovane un carattere più > (cfr. Ct 1 ,2.4; 3 , 1 0). La strofa si stacca dalle due precedenti anche perché il discorso non è più diretto, ma indiretto, in terza persona. L'autore gioca sui numeri. La prima strofa è impostata sul numero tre (tre stichi e tre metafore), la seconda sul numero quattro (quattro sono, infatti, le par­ ti del volto descritte: occhi, capelli, denti, guance). Nella terza strofa i due nume­ ri citati al v. 8, sessanta e ottanta, sono esattamente multipli di tre (60 = 3 x 20) e di quattro (80 = 4 x 20), i numeri delle due precedenti strofe. La somma è, natu­ ralmente, un multiplo di 7 ( 140 7 x 20). Come numero della perfezione, il nu­ mero 7 sta bene a conclusione del brano. Il genere letterario è quello del wa$/. già incontrato in 4, 1 -7 e 5, 1 0- 1 6. A dif­ ferenza dell'altro wa$j nei Nuovi canti del diletto, 7,2-6, dove la donna è contem­ plata nel movimento della danza, qui la contemplazione è statica. Si noti come il ri­ tratto del corpo non è completo. Se in Ct 4, 1-7 il ritratto includeva anche il collo e i seni dell'amata, qui esso si ferma al capo, rilevando un aspetto già notato negli al­ tri due waif nel capo dell'amata, il diletto contempla, concentrata, tutta la sua per­ sona. È interessante osservare come il termine ebraico mar'eh indichi sia l 'aspetto, cioè l'intera persona nel suo apparire (cfr. 5, 15), sia il suo volto (cfr. 2. 14). All 'au­ tore interessa souolineare, nella persona dell'amata, i due aspetti antitetici del my­ sterium fascinosum et tremendum: egli li riscontra nel suo volto30• [6,4] Prima strofa. [v. 4] >. Il discorso diretto suppo­ ne che i due amanti si trovino l' uno di fronte all'altro, dando perciò ragione alle pa­ role della donna in 6,2. L'aggettivo > ljtipiì) echeggia l ' indirizzo delle figlie di Gerusalemme in 5,9 e 6, I (>). Qui non c'è ombra di iro­ nia: il complimento è sincero. Anche i due altri ww;fdedicati alla donna comincia­ no con questo appellativo (4, l ; 7,2; cfr. anche l , 1 5), che esprime, in forma com­ plessiva, il fascino, l 'attrazione esercitata dalla donna. L'aggettivo accompagna il sostantivo ). Il legame con il brano imme­ diatamente precedente è espresso dal gioco tra ra 'jtitf (Ct 6,4a) e hiiro'eh (>, Ct 6,3b; cfr. 2c). La radice r'h ha i due sensi di > e di >. Così il diletto dà ragione, ancora una volta, alle parole della sua donna: veramente egli le appartiene! >. Anche se il termine Tirza, dato il parallelismo con Gerusa­ lemme, indica indubbiamente una città, non è senza importanza ricordare che es=

30 Cfr. M.T. Elliott, The Literary Unity ofthe Canticle, p. 1 50. Sul binomio « bello e terribile », si veda F. Landy, Paradoxes, pp. 134-179 ( « Beauty and the Enigma»).

Nuovi canti del diletto Ct 6,4 - 7, l l

211

so significa « amabile » ed è anche nome di persona, alludendo perciò alla perso­ nificazione della città. Tirza è l 'antica capitale del regno del Nord, prima che Omri costruisse Samaria3 1 • Essa è oggi generalmente identificata con Tell el­ Far'a, sul Wadi omonimo32• In epoca ellenistica, la città non esisteva più, ma ciò non vuoi dire che il Cantico sia di epoca preesilica. Come A. Robert e R. Toumay insinuano, è presente qui probabilmente una punta antisamaritana33• L'autore vuole evidentemente indicare le due capitali, rispettivamente del regno del Nord e di quello del Sud, ma evita di riconoscere come capitale del regno del Nord la scismatica Samaria e ritorna al tempo presamaritano, quando la capitale era Tir­ za. Abbiamo una testimonianza in più della composizione tardiva del Cantico. La metafora della città è stata applicata alla donna già in Ct 2,4b e in 4,4. Es­ sa sarà ripresa in Ct 8, l O (, le im­ magini di Venezia ne sottolineano il fascino e la ricchezza. Come Miiller osser­ va, >36• Natura e cultura sono, si è visto sopra, i due poli tra cui oscilla continua­ mente il simbolismo della presente composizione. >. Il discorso fatto in generale per ogni città acquista, per Gerusalemme, un carattere particolare. La città è vista come una donna, abbandonata ma risposata dal suo Creatore, nel celebre cap. 62 di Isaia, a cui diversi passi del Cantico rimandano-17• Essa è ritenuta nell'AT come una don-

31 Cfr. \Re 14,17: 15,21.33; 16,6.8.9. 1 5 . 1 7.23. " Cfr. R. de Vaux, EI-Far'a, Te/l, North, in EAEHL, vol. Il, pp. 395-404. " A. Roben - R. Toumay, Le Cantique des cantiques, p. 233. Si veda, in questo senso, anche A. Lacocque, Romance, She Wrote, p. 130. Naturalmente noi prendiamo le distanze dali' interprela­ zione allegorica di A. Roben e R. Toumay. Non è la donna a divenire simbolo del popolo d'Israele, ma, viceversa, la storia d'Israele è applicata alla realtà de li 'amore umano (cosl, giustamente, D. Lys, Le plus beau chilnt de la création, p. 235). 34 Cheyne, ritenendo il paragone fuori posto, cambia i due nomi di città in • narciso» e • giglio dei campi » (citazione in A. Robert - R. Toumay, Le Cantique des cantiques, p. 232). G. Garbini (Cantico, p. 2 1 6) li sostituisce, ambedue, con il termine • grazia ». " O. Keel. Das Hohelied, pp. 1 98-200. "' H.-P. Miiller, Das Hohelied, p. 64. " Si veda, ad esempio, il motivo della corona, Js 62,3 e Ct 3, 1 1 (cfr. qui lntennezzo corale Cr 3,6-1/, p. 148).

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Parte seconda. Traduzione e commento

na-città particolarmente bella: cfr. Lam 2,1 5 (« È questa la città che dicevano bel­ lezza perfetta [k'li/atjopi], gioia di tuua la terra? >>); Sal 48,3; 50,2. Inoltre, essa è la ). Non si tratta, come insinua Salvaneschi, di >46• sono solo apparentemente termini inconciliabili: essi esprimono i l paradosso dell' amore, e l 'autore del Cantico compone volentieri per paradossi. Un paradosso analogo è l 'accostamento deli'aspetto guerriero deli' amata (, A. Jeremias; cfr. A. Robert R. Tournay, Le Canrique des cantiques . p. 233). W. Rudolph (Das Buch Rurh. Das Hohe Lied. Die Klagelieder, p. 162) traduce Himmelsbilder », intendendovi im­ magini di costellazioni; G. Gerleman (Ruth. Das Hohelied. p. 1 83) vi vede il fenomeno della « fata ·

«

morgana » ( « Trugbilder »). Ambedue sono indotti a questa traduzione dal parallelo con Cl 6, l O. Ma in Cl 6,4 il contesto è diverso: qui niente fa pensare ad apparizioni celesti ' Le ripetizioni nel Canti­ co non sono mai meccanica trasposizione, ma ogni volta si inseriscono perfettamente nel loro con­ testo, sicché non fa meraviglia che una stessa espressione assuma, nei vari contesti, significati di­ versi. Nel senso di Rudolph e Gerleman si pongono quanti, come Milller e Garbini, eliminano semplicemente v. 4>) a Gerusalemme, la città della pace (sii/Om) (v. 4b). Lo stesso ac­ costamento è fatto in 7, l dove l 'appellativo sùlammft, in cui pure è presente la ' radicale slm, è posto in un contesto guerriero (mahìiniijim, >). Anche in Ct 8, 1 O l'amata, dopo essersi paragonata a un muro con torri, conclude: > (k'm6$' 'et siilom). L'amore è guerra, sconvolge la vita ordinata e ragionevole di una persona, ma solo entrando in que­ sta guerra si trova la pace47• [ 6,5-7] Seconda strofa. Il wa$/ inizia con la descrizione degli occhi, come in 4,1 (cfr. 1 , 15). La > dell'amata si riflette anzitutto nei suoi occhi. Ma nel nostro caso gli occhi sono associati ali' aspetto terribile, non a quello attraen­ te della donna. Essi concretizzano ciò che il v. 4c diceva in modo generale. Il bi­ nomio bello-terribile si rivela come principio strutturante della strofa. Le prime due parti del corpo (occhi, capelli) personificano infatti l ' aspetto terribile dell'a­ mata, le ultime due (denti, guancia) quello attraente". Un analogo principio com­ positivo caratterizzava la descrizione del capo del diletto in Ct 5 , I l b-12: i capel­ li esprimevano colà l 'aspetto dionisiaco, selvaggio, del ! ' amore, gli occhi il suo aspetto apollineo. Si comprende che l'autore non sia interessato alla descrizione di tutte le parti del corpo: egli opera una selezione a seconda degli aspetti della persona che vuole mettere in evidenza. La descrizione è completa, anche se com­ prende solo quattro parti del corpo. L'alternarsi dei due aspetti, bello e terribile, non è l 'unico principio composi­ tivo della strofa. Altri fattori si possono osservare (cfr. Schema 52). Le due descri­ zioni centrali, quella dei capelli (v. 5cd) e quella dei denti (v. 6) costituiscono un evidente parallelo. In ambedue, la metafora è costituita da un > ( 'eder), l ' uno di capre, l 'altro di pecore. Dal punto di vista del colore, si nota il contrasto tra il nero e il bianco. Da quello sonoro, i vv. 5c-6 sono impostati sul suono s che mar­ ca gli incipit di ogni stico (sa 'rek, segga/Sù, sinnajik, se'tilù, sekkulltim, sakkuliì). In ambedue le descrizioni, la metafora è introdotta dalla particella comparativa k': si tratta perciò di similitudini, più che di metafore. La prima descrizione della strofa e l'ultima stanno al di fuori di questo parallelismo. La descrizione degli occhi (v. 5ab) non ha alcuna metafora: non è neppure, a vero dire, una descrizione, ma una richiesta. Eppure l 'autore la unisce con i vv. 5c-6 attraverso il suono s ali' inizio del secondo stico (Sehem). Comincia qui una serie di sette stichi inizianti tutti con lo stesso suono. La serie si interrompe al v. 7, con la descrizione della gota, che è chia­ ramente fuori parallelismo. Ma anche qui l 'autore ha cura di collegarla con le due descrizioni centrali mediante la particella comparativa k' all 'inizio del verso. Inol­ tre, la serie dei colori, nero e bianco, continua con il > della polpa della me­ lagrana. Se, dal punto di vista del binomio bello-terribile, la strofa presenta una co­ struzione parallela (a-a-b-b), da quello stilistico essa mostra una costruzione chiastica (a-b-b-a). Le due strutture stanno in tensione. 41 Un sim i le paradosso è proposto nel Vangelo: anche Gesù « non è venuto a portare la pace, ma la spada » (M t 10,34), eppure lascia ai discepoli la sua pace (Gv 14,27). " Potrebbe essere questo il motivo per cui l ' autore non ha ripreso in Ct 6.4 la descrizione de­ gli occhi di 4, 1 : gli occhi impersonano in 4, 1 la bellezza dell' amata, in 6,4 il suo temibile potere.

Nuovi canti del diletto Ct 6,4 - 7, II

281

Schema 52

v. 5ab v. 5cd v. 6 v. 7

occhi capelli denti gota

a) a) b) b)

terribile terribile bello bello

a) b) gregge b) gregge a)

s s capre pecore s melagrana

k' k' k'

nero bianco rosa.

[v. Sab] Il verbo ebraico riihab, usato qui alla forma hif'il (sconvolgere), ha la stessa radicale del sostantivo rahab, che designa il mitico mostro del caos ma­ rino (cfr. Sal 89, 1 1 ; Gb 9, 1 3; 26, 1 2; Is 5 1 ,9)49• Keel commenta: « Ogni grande amore è un mondo nuovo, la cui nascita è accompagnata da manifestazioni cao­ tiche minacciose di mone. La nascita di un mondo nuovo costituisce una minac­ cia per quello stabilito >>50• La paura di fronte ali' avventura deli' amore ha riscontro anche in campo teo­ logico. In fondo è lo stesso dinamismo, come più volte si è rilevato. Gesù dice ai suoi discepoli che chi vuole salvare la propria vita la perde, e chi la perde, inve­ ce, la trova (Mc 8,24-25, par.). > vuoi dire perdere la vita, vivere non più per se stessi, ma per un altro, e si capisce che questo fa paura al proprio >. Del potere terribile degli sguardi della donna, il diletto aveva già parlato in Ct 4,9 (>). Anche qui, gli occhi sono visti nella loro funzione (sguardi) di messaggeri d' amore. Se la > ( 1 15; 4, l ; 5 , 1 2) metteva in evidenza l 'aspetto fascinoso degli oc­ chi, Raab ne esprime quello terribile. La richiesta di distogliere gli occhi non va però presa troppo sul serio52: il giovane si sente attratto da essi. La forza di at­ trazione è talmente fone, che egli ne ha paura: poiché sono troppo belli, essi so­ no terribili53• [ vv. Sc-7] Le seguenti tre parti del volto, capelli, denti e gota, sono ripetizio­ ne di 4, 1 -3, al cui commento, per i dettagli, rimandiamo. La ripetizione non è tut­ tavia meccanica: il testo mostra alcune piccole ma significative varianti rispetto al parallelo. Esse fanno comprendere che i versetti in questione non sono dovuti a un errore di copisti o a una inserzione tardiva, ma sono un mezzo stilistico usa­ to a ragion veduta dali' autore. Le varianti di 6,5c-7 rispetto a 4,1 -3 sono le se­ guenti: l ) nella descrizione dei capelli (v. 5cd) è tralasciata la parola har (monte); ,

" D nome significa « colui che spinge» (Driinger), in riferimento ali ' irrequietezza e ali 'assal­ to del mare (cfr. HALAT. p. t 1 13). "' O. Keel. Das Hohelied, p. 201. G. Krinetzki (Kommentar xum Hohenlied, p. t79) intetpreta in chiave psicologica lo stesso fenomeno: « La donna, pur desiderabile per la sua bellezza, fa indie­ treggiare tremante il giovane uomo per la sua diversità femminile, che per lui in fondo è ancora qual­ cosa di totalmente estraneo, come se si trattasse di una minaccia. Egli presagisce in qualche modo che, nell'amore di questa giovane, incontrerà la "madre terribile", e che sarà un incontro mortale, che gli chiederà il sacrificio totale della propria vita: di quest'incontro la natura maschile ha paura ». " Il verbo usato i n Ct 4.9 è liibab, leueralmente che, nel libro di Ester, aspettavano di essere chiamate dal re (cfr. Est 2,2.3)6 1 • Dopo aver tra­ scorso una notte con lui, queste passavano al rango di « concubine » (cfr. Est 2, 14) o di sia anomala. Nella letteratura ugaritica è comune la sequenza >65• Gb 5, 1 9 ha l 'altra successione: ). 12 Cfr. qui Nuovi canti dell 'amata Ct 5.2 - 6,3, pp. 224-225. 71 L'amata è paragonata a una colomba in Ct 2,14 e 5,2: in Ct 1 , 1 5; 4, l e 5,12 sono gli occhi a essere paragonati a colombe. 14 Così G. Krinetzki (Kommentar zum Hohenlied. p. 185): « (Il poema) esprime ( ... ) la forte tendenza di ogni giovane veramente innamorato. ad avere l 'amata solo per sé >> . " Diversamente da G. Garbini, Cantico. p . 246. 76 Vengono in mente le parabole evangeliche della pecora smarrita. della dracma perduta e del figlio prodigo (Le 1 5 ). O. Keel (Das Hohelied, p. 204) cita la parahola di Natan (2Sam 1 2. 1 -4). Il ricco aveva ogni sorta di bestiame. il povero aveva « una sola pecore Ila piccina)>, che > (v. 2): dove la « pecorella » sta per Be!Sabea. G. Ravasi (1/ Cantico dei cantici, p. 508) ricorda il caso di lsacco (cfr. Gn 22,2: « Il tuo figlio, il tuo unico [jai}idkii /. che tu ami >>): ma qui si tratta letteralmente di figlio unico. 77 Cfr. qui Canti dell'amata Ct 2.8 - 3,5. pp. 127- 1 28. 18 Cfr. R. Gordis, The Song. p. 94; G. Gerleman, Ruth. Das Hohelied, p. 184.

Nuovi canti del diletto Ct 6,4 - 7, l l

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l Oc, ed è confortato da paralleli ugaritici e accadicF9 ; ma nel nostro caso la sino­ nimia con « unica >> fa propendere per i l primo senso, che è anche quello inteso, unanimemente, dalle versioni80 • Come parallelo biblico si può citare la figura di Giuseppe in Gn 37,3-4. > pone un accento leggermente diverso da >. Se unico è ogni figlio per sua madre, preferito implica che ci sono altri figli, e che questi è >. Con questo aggettivo il diletto si pone. in cer­ to senso, al di fuori del rapporto, esclusivo, che lo unisce ali 'amata e cerca di da­ re al suo sentimento un carattere oggettivo. Non solo lui l ' ha preferita alle altre donne, ma anche la madre l'ha preferita agli altri figli8 ' : deve esserci in lei qual­ cosa di straordinario. [v. 9de] L' aggettivazione del sentimento amoroso prosegue negli ultimi due stichi della strofa. Se il giudizio della madre è sospetto di parzialità, quello delle altre donne dell ' harem certamente no: si tratta infatti delle rivali dell'amata. Se perfino esse la lodano, vuoi dire che la sua bellezza è incontestabile, è agli occhi di tutti82• Le tre categorie di donne che sono ora elencate corrispondono a quelle del v. 8: solo il termine 'iiliimiìt (fanciulle) è sostituito da biin6t (figlie). forse per attra­ zione con il richiamo alla > in v. 9bc83• È naturale che la categoria infe­ riore e più giovane sia la prima a elevare la lode (cfr. Sal 45, 15- l 6; Gn 30, 1 3). Le fanciulle occupano al v. 8 l 'ultimo posto, le figlie nel v. 9bc il primo. Esse, basta che >84 l'amata per lodarla. Le « regine e concubine >> vengono dopo: per loro è più difficile riconoscere la superiorità di un'altra donna85• Qui il ruolo delle donne non è tanto quello di concorrenti, come al v. 8, ma quello di alleate nell'amore. Un simile ruolo rivestono le > ( 'iiliim6t) in Ct 1 ,2.4 e le > (biin6t) di Gerusalemrne86 o di Sion in Ct 3 , 1 0- 1 1 . Esse sono chiamate, lì, ad ammirare il diletto, qui l 'amata. L'azione della lode è espressa mediante i due verbi: 'Ir nella forma pi 'el (>) e hii lal (lodare). Il primo verbo trova un singolare parallelo nel­ la nascita di Aser ( 'iiser, felice). La madre, Lia, lo chiama così perché . come in Sal 2, 1 2 e Pro 3 1 , 1 : il pa­ rallelo con Pro 4,3. dove « figlio » è sinonimo di « unico » (cfr. anche Gn 22,2), appoggerebbe questa traduzione. A me sembra tullavia che « preferita» si inserisca meglio nel contesto. " Anche Ester venne amata da Assuero « più di tutte le altre donne » (Est 2,17), e Giuditta è benedetta « più di tutte le donne che vivono sulla terra » (Gdt 1 3, 1 8; cfr. Le 1 ,42). " In questo senso è giustificato considerare la strofa come un « canto d'orgoglio» (« Prahl­ lied », cfr., in questo capitolo, nota 57). C'è un che di eccessivo, di provocatorio in essa. " Anche in Gn 30. 1 3 a >, sono usati insieme i due verbi: « Si alzano i suoi figli a dir­ la beata (wajf 'a.Wruhii), il suo marito a lodarla (wajfha/>87• Ma il verbo hiilal è tecnico per la lode liturgica: esso risuona molto frequen­ temente nei Salmi, dove l 'espressione hal'lu jiih costituisce un ritornello. Anche qui non è possibile non cogliere un legame tra la lode dell 'amata e quella di JHWH, tanto più che l 'espressione wajfhal'luhii è foneticamente molto vicina a hafelujiih. La lode delle donne ha dunque un tono liturgico, sacro88, che sarà con­ fermato nel verso seguente, dove l 'amata sarà esaltala con prerogative divine. Con il v. 9 termina il discorso del diletto. L'unità compositiva dei vv. 4-989 trova un interessante riscontro nella prima stanza dei canti d'amore del papiro Chester Beatty lA. Al centro della stanza c'è un wa$f, una descrizione delle sin­ gole parti del corpo della donna90, che corrisponde a Ct 6,5-7. Questa descrizio­ ne è incorniciata da due > della donna, che hanno una in­ dubbia somiglianza con la prima e la terza strofa del nostro canto. La stanza inizia così: « L' unica, l 'amata, la senza pari, / la più bella di tutte, l guardala, l è come la stella fulgente l ali ' inizio di una bella annata >>. Si sottolinea da una par­ te l 'unicità della donna amata, come in Ct 6,9, e la si paragona a una stella, come in Ct 6, IO. La stella a cui si fa riferimento è Sotis (Sirio), il cui apparire segnava l 'inizio dell'anno. La fine della stanza suona: « Essa fa che il collo di tutti gli uo­ mini l si giri per guardarla. l Ognuno eh' essa abbraccia è felice, l si sente il primo degli uomini. l Quando esce dalla sua casa l si pensa di vedere colei che è uni­ ca >>91 • La parola « unica >> funge da inclusione per la stanza. Come in Ct 6.4-9, an­ che qui la conclusione è corale: non è solo il diletto a sentirsi attratto dalla sua donna: essa affascina tutti gli uomini. Il coro femminile del Cantico è sostituito da un coro maschile, ma il principio è analogo. Da notare, infine, il carattere teo-

" Il parallelo del nostro brano con questi due passi è tanto più significativo in quanto nel Can­ tico l'uso del w conversivo è rarissimo (solo in Ct 6,9de e in 2,17). Un'altra particolarità grammati­ cale è che i verbi, in Cl 6,9de, sono tutti e tre al maschile, mentre il soggello è femminile. Ma que­ sto fenomeno non è raro nel Cantico. " Cfr. M.J. Mulder, Does Cantic/es 6,12 Make Sense ?, in f Garcia Martinez - A. Hilhost - C.J. Labuschagne (edd.), The Scriptures and the Scro/ls. FS A. S. van der Woude (VT.S 49), Leiden 1992. p. 109; A. Lacocque, Romance, She Wrote, p. 134e nota 15; H. Ringgren, hl/, in ThWAT, vol. Il, p. 434. " Cfr. sopra Schema 5l, p. 275. 90 Cfr. qui Canti del diletto Ct 4,1 - 5, 1 , p. 156, nota 2 1 . 9 1 Papiro Chester Beatty l A 1, 1-2 e, rispellivamente. 1 ,6-8, traduzione di E . Bresciani, Lerte­ ratura, pp. 453-454. Il parallelo è segnalato da G. Gerleman, Rurh. Das Hohelied, p. 1 86; A. Nic­ cacci, Cantico dei cantici e canti d'amore egiziani, in SBFU 4 1 ( 1 99 1 ) 70; J.B. White, A Srudy of the Language, pp. 152-153. Ciò che qui si dice dell 'amata, viene dello. nella sesta stanza dello stes­ so poema, del dileuo, con un « effello speculare » simile a quello del Cantico: '' Il cuore di tutti quel­ li che si fermavano sulla strada, / s'infiammava d' amore per lui, / il giovane pert'etto e senza uguali, I l ' amato, dalle scelte qualità » (4, 1 ; ci serviamo ancora della traduzione di E. Bresciani. Letteratu­ ra, p. 457; cfr. B. Mathi eu, Lapoésie amoureuse de l ·tgypte Ancienne, pp. 26-27, 29; M.V. Fox, The Song of Songs and the Ancient Egyptian Love Songs, pp. 52, 54).

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morfo dell'amata. Essa è identificata con Hathor, la dea deli'amore (>). Anche la stella Sotis era considerata una divinità92• [6,10] SeconlÙl parte: Ammirazione. Il v. IO si situa tra due discorsi del di­ letto (vv. 4-9 e 1 1 - 1 2) e funge da ponte fra essi. È collegato con ciò che precede, sia per il fatto che il soggetto parlante è introdotto al v. 9, sia per la ripresa del­ l 'espressione >) dal v. 9. Il legame con ciò che segue è ancora più marcato: i due binomi: bello-terribile e natura-città caratterizzano, infatti, sia il v. I O sia i vv. 1 1- 1 2 (cfr. sopra Schema 50, p. 274). [v. IO] « Chi è costei ... ? >>. Abbiamo accennato al parallelismo con Ct 3,6 (e 8,5). Il confronto non ha soltanto una rilevanza strutturale, ma anche semantica. In Ct 3,6 si parla, infatti, di un'apparizione avvolta in un alone soprannaturale, sia per il fatto che essa avviene « nel deserto », luogo numinoso93, sia per il fatto che le « colonne di fumo >> ricordano la marcia dell 'arca attraverso il deserto94• Il ca­ rattere teofanico dell'apparizione è espresso, nel nostro caso, dal fatto stesso che a innalzare la lode sono le >95• Finora le metafore erano state prese o dalla vita cittadina o dal­ la natura, a ogni modo sempre dal mondo terreno. Il paragone con i fenomeni ce­ lesti, nel v. IO, conduce a un piano sopra-naturale. Le « molte >> rimangono nella terra, l ' « unica >> supera la terra, perché in essa è presente la divinità. La diviniz­ zazione della donna corrisponde a quella dell'uomo nel wa�f di Ct 5 , 1 0- 1 6. Am­ bedue le rappresentazioni vanno intese, naturalmente, nell'ambito della religione jahvistica, nel senso dell'« immagine di Dio >> di Gn 1 ,2696• «Che s'affaccia>>. Il verbo ebraico saqap deriva probabilmente da seqep, il « telaio >> di una finestra o di una porta, ed ha il significato fondamentale di « affac­ ciarsi (alla finestra) >>97• Il passaggio semantico dali ' « affacciarsi >> a quello di « guardare giù >> è comprensibile, senza dover ricorrere a un secondo significato del verbo. Colui che « s'affaccia a guardare >> è sempre in posizione superiore rispetto a colui che è guardato. Il verbo si riferisce a cime di monti (Nm 2 1 ,20; 23,28; l Sam 13,1 8), a regine che guardano giù dalla finestra del palazzo (Ode 5,28; 2Sam 6, 1 6; 2Re 9,30-31 ), soprattutto a Dio stesso, che guarda giù dal cielo (Sal 14,2; 85, 12; 1 02,20; Dt 26, 15; Lam 3,50)9�. La LXX (he ekkyptousa) e la Vetus Latina (quae 92 Sullo sfondo religioso dei canti del Papiro Chester Beatty lA, cfr. B . Mathieu (La poésie amoureuse de / ' Égypte Ancienne, pp. 2 1 2-2 1 3. 240), secondo il quale, la fonte di questi canti è un inno alla dea Mut. La contaminazione tra poesia amorosa e teologia, caratteristica del Cantico, ha dunque un parallelo in Egitto. " Cfr. H.-P. Miiller, Das Hohelied, pp. 1 1 2- 1 1 3. 94 Cfr. qui Intermezzo corale Ct 3,6- 11, p. 1 36. " D. Lys, Le plus beau chant de la création, p. 243. 96 Questo aspetto è giustamente sottolineato da H.-P. Miiller (Das Hohelied, p. 1 1 2); «La ri­ produzione lirica di rappresentazioni originariamente mitiche e dei loro corrispettivi iconografici conduce, qui appunto, a una fuggevole "teomorfizzazione" della persona eroticamente ammirata. che prende corpo attraverso l 'enfasi del discorso letterario e subito svanisce ))_ 97 Cfr. H.-P. Mathys, sqp, in ThWAT, vol. VIII, col. 459; G. Garbini, Cantico, p. 247; H.-P. Mtil ­ ler, Das Hohelied, pp. 1 1 3 - 1 1 7. " Cfr. O. Keel, Deine Blicke sind Tauben, p. 48.

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prospicit) accentuano la dimensione teofanica, in quanto i due verbi fanno pensare

ad aphrodite parakyptousa e, rispettivamente, a venus prospiciens, una rappresen­ tazione molto frequente della dea dell'amore che appare alla finestra (cfr. Figura 35). Il motivo è già stato rilevato a proposito di Ct 2, 14 e 4,8 (sur)'/9. >. Si è notato, sopra, la coerenza di questa indicazione tempo­ rale con quella di Ct 5,2 (>). La > caratterizzava la ricerca della don­ na: ora che i due si incontrano è giorno, spunta l' aurora100• Il termine siil}ar designa la prima luce del mattino (cfr. Gn 19, 15; 32,25.27), che > da Oriente e colo­ ra, della sua calda tonalità, le cime dei monti (cfr. Gl 2,2; Gb 38, 1 2-15)101 • Anche qui, si tratta di un termine pieno di reminiscenze mitologiche. sal}aru e salimu so­ no, a Ugarit, gli dèi del crepuscolo del mattino e della sera, identificati a loro volta con le relative stelle. In Mesopotamia la stella del mattino è lnanna-Ishtar (anche da noi ne è rimasto il ricordo: Venere!)102• Del fatto che l 'aurora e la sua stella fossero considerate come una divinità si trovano tracce anche nell' AT103: si parla qui di e di > dell'aurora (Gb 3,9; 4 1 , 10; Sal 139,9). Essa deve essere >, come una persona che dorme (Sal 57 ,9; l 08,3). In Is 14, 1 2 Babilonia è pa­ ragonata a Helel (Lucifero), la stella del mattino, (cfr. Gn 1 , 16). Anche la luna e il sole erano divinità nel mondo circostante. L'attrazione che i due astri esercitavano sull'uomo antico è espressa in Gb 3 1 ,26-27: >105• Sia la luna sia il sole non sono chiamati nel nostro testo con il io., Cfr. qui Canti dell 'amata Cl 2,8 - 3,5, p. 1 1 2; Canti del di/ello 0 4, / - 5,/, p. 175. 100 Il passaggio dalla « none >> di Ct 5,2 - 6,3 ali'« aurora>> di 6, I O è nolalo da D. Lys (Le plus beau chant de la créarion, p . 242): « Nella nolle in cui l 'eroina cerca il suo fidanzalo [ ... ], essa ap­ pare come l ' Aurora >> . Si noli che il lermine I�r è polisemico. Esso indica il colore nero (cfr. Ct 1,5; 5, I l ) e l 'aurora (Cl 6, l 0). ma è anche il verbo con cui si indica la ricerca amorosa in Pro 7, 1 5. un te­ sto particolarmente vicino a Ct 5.6-8 (cfr. E. Salvaneschi, Cantico, pp. 46-48, 5 1 -52). Che etimolo­ gicamente questi significati siano collegati, è possibile (cfr. G. Ravasi [Il Cantico dei camici. p. 5 1 1 ], che pensa a un contrasto tra lo « scuro>> dell'aurora e il « bianco >> della luna). ma non sicuro (ThWAT, coli. 1222-1233, riferisce i tre significati a tre diverse radici; cosi anche HAIAT, pp. 13581 362). Più verosimile mi sembra il sollile gioco di rimandi nel Cantico. 101 Cfr. L. Ruppen, Iii�ar. in ThWAT. vol. V Il. pp. 1 226- 1233. Per la verità, non è del tutto chia­ ro se Iii�ar indichi l'alba o l'aurora. La LXX ha orthros (alba), cosi la Vetus Latina (diluculum), la Vulgata legge aurora. DTAT propende per l ' alba (cfr. Th. Hanmann. Iemei. in DTAT. vol. Il. coli. 990-992): HAIAT è incerto tra i due (cfr. p. 1 360); TI! WAT propende per l' aurora>> (cfr. l ' articolo citato sopra, voi VII, p. 1227), così anche A. Robert - R. Tournay, Le Camique des cantiques. p. 241. Sembra che i paralleli di Giobbe e di Gioele confermino quest'ultima identificazione. 102 Si veda l ' inno sumero a !nanna e lddin-Dagan in funzione di Tammuz: «A colei che spun­ ta in cielo: "Salve!", io dico; / alla Cortigiana che spunta in cielo: "Salve!", io dico; l alla grande Si­ gnora del cielo, !nanna: "Salve!", io dico. / Alla fiaccola pura che rischiara il cielo, l alla brillante lu­ ce, !nanna del chiarore del giorno, l alla grande S ignora del cielo, !nanna: "Salve!", io dico >> (traduzione di G. Castellino. Testi sumerici e accadici, Torino 1977, p. 148). 103 Cfr. O. Keel, Das Hohelied. p. 206. 1"' Cfr. J.W. McKay. Hele/ and the Dawn-Goddess. A Re-examination of the Myth in /sajah 14,12-25, in VT 20 ( 1 970) 45 1 -464. "'' Per altre testimonianze sui culti astrali nell' AT, cfr. 2Re 23,5; Ez 8,16; I Sam 20, 1 8.24 (sul­ la neomenia, la festa della luna nuova). •

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ro nome, ma con una perifrasP06. La luna è chiamata hall'biina (>), con allusione alla luna piena. Lo splendore della luna piena nel cielo orientale è particolannente suggestivo, tanto che nella lirica amorosa araba è frequente pa­ ragonare la donna amata, soprattutto il suo volto, alla luna piena 107• La fascina­ zione per questo fenomeno celeste è espressa attraverso l 'aggettivo « bella >> ljiipu), che echeggia il v. 4. Probabilmente il paragone con la luna (e più con il so­ le) vuole sottolineare anche la superiorità dell'amata sulle altre donne, nel senso del celebre frammento di Saffo: « Le stelle intorno alla bella luna (lcalan selan­ nan) l presto nascondono il loro luminoso sembiante l quando piena al sommo ri­ splende l su tutta la terra, argentea >> 108• « Pura come il sole >>. Anche per il sole non è impiegato il nome usuale (femd) ma una perifrasi: ha!Jammu (« il cocente >>). Si tratta di un tennine raro, come il precedente hall'biinu. A parte Sal 1 9,7, dove il lessema non designa di­ rettamente il sole, ma, appunto, « il suo calore >> (/Jammiito), e il controverso Gb 30,28109, negli altri due passi (ls 24,23 e 30,26) i l tennine è usato in coppia con hail'biinu, nello stesso ordine: prima « la candida>> e poi " il cocente>>. Si tratta di due testi tardivi di Isaia, riferenti si ali 'instaurazione escatologica del regno di JHWH. È possibile che anche nel nostro testo sia presente questa dimensione esca­ tologica, nel senso che la bellezza dell'amata rispecchia la bellezza del futuro re­ gno di Dio (« Quando JHWH curerà la piaga del suo popolo e guarirà le lividure prodotte dalle sue percosse >>, Is 30,26)? I l richiamo al paradiso, riscontrato fre­ quentemente nel Cantico, sarebbe in tal modo confermato da quello ali ' escatolo­ gia 1 10 . In fondo ambedue i racconti, quello delle origini e quello della fine, sono proiezioni di un mondo ideale, intatto, come è nel piano di Dio. Al sole è associato l'aggettivo bara, già apparso in v. 9c. Se là il contesto ri­ chiedeva la traduzione « preferita >>, qui l 'associazione con il calore bruciante del sole fa optare per l 'altra, >. I l tennine si riferisce anzitutto al '06 Per analogia con il racconto della Genesi, si potrebbe pensare a un' intenzione demitizzan­ te (cfr. D. Lys. Le plus heau cham de la création. p. 242): ma allora perché sii�ar ha conservato il suo nome? 107 Cfr. G.H. Dalman, Pa/iistinischer Diwan, pp. I l i , 124, 2 1 2, 216, 2 1 9, 227, 234, 245, 247, 251-252. 26 1 ; St. H. Stephan, Modem Palestinian Paralle/s lo the Song ofSongs, in JPOS 2 ( 1 922) 2 1 7-2 1 8; O. Keel. Deine Blicke sind Tauben. p. 50; A. Roben · R. Toumay. Le Cantique des canti­ ques. p. 408 ( « Dove te ne vai. ospite mia' l O luna piena, il tuo amore m "ha bruciato »); H.-P. Mtil­ ler, Der Mrmd und die Plejaden. Griechisch-orientalische Parallelen. in VT 5 1 (200 l ) 206-2 1 8. "" Frammento 34, cfr. Saffo. Poesie (introduzione di V. Di Benedetto, traduzione e note di F. Ferrari lBUR L623], pp. 1 28- 1 29). Simile è il celebre carme 96: (b'/6 " �mnui) è congetturalmente cambiato da BHS in b'/6 ' ne�dm/i (« senza confono », cfr. la traduzione della CE!). 1 10 Secondo A. Feuillet (Lafemme vitue de soleii [Apoc /2] et /a glorification de J 'Épouse du .•

Cantique des cantiques [6.10]. Réflexions sur le progrès dans / "interprétation de l "Apocalypse et du Cantique de.• camiques. in NV 59 [ 1 984] 36-67), Ct 6,10 starebbe alla base di Ap 1 2. dove si parla di un segno che appare nel cielo: >, ha la stessa travolgente po­ tenza del terrore divino ( 'aiumma). Il fatto è che in essa è presente l ' amore, che è > (Ct 8,8c ). La sua vittoria, non meno che la vittoria del di­ letto in Ct 2,4, è la vittoria dell'amore. Uno può sorridere, come fa spesso la poe­ sia ellenistica, sull'essere vittima della forza dell'amore, una forza che fa capito­ lare anche gli uomini più forti (il tema di > ) . Ma c'è una dimensione più profonda del tema, messa in luce nella vicenda di Gesù di Naza­ reth. La croce è, infatti, la vittoria dell'amore sulla violenza. Il discorso di Gesù sulla non violenza si pone sulla stessa linea del Cantico, anche se a un altro livel­ lo: c'è una profonda analogia fra tutte le diverse forme di amore. [6,11-12] Terza parte: Movimento. L'unità dei due versi, I l e 1 2, non è a tutta prima evidente. Il v. I l è caratterizzato da metafore di tipo vegetale, il v. 1 2 di tipo militare: nessuna parola è comune ai due versi. Non fa meraviglia che alcuni autori pensino a due frammenti indipendenti 1 1 8 • Per l 'unità dei due versi parla anzitutto il fatto che essi sono redatti autobiograficamente, alla prima persona singolare. In que­ sto si distinguono sia dal versetto precedente, sia da quello seguente, caratterizzati da un discorso diretto del coro. Chi parla nei vv. 1 1 -12? Per alcuni autori si tratte­ rebbe dell 'amata, in tutt'e due i versi 1 1 9• o almeno al v. 1 2120• Così ha inteso, appa­ rentemente, anche la LXX, che inserisce, dopo il v. I l d: >, an­ ticipando Ct 7 , 13e. Ma il > è, nel Cantico, sempre usato come metafora per la donna, per cui l'unica alternativa è che a parlare qui sia l 'uomo, continuando il discorso dei v v. 4-91 2 1 • Egli conferma quanto la donna aveva detto al v. 2 (>). D' altra parte, nonostante le apparenze, i vv. 1 1-12 sono strettamente collegati, il che fa includere nel discorso dell' uomo anche il v. 1 2. 1 17 Cfr. ancora Ap 12: la donna porta sul capo una corona di dodici stelle, e si parla di un com­ battimento, che infine la donna vince, sconfiggendo i suoi nemici. "' Cfr.. in questo capitolo, pp. 273-274. nota 23. 1 1 9 Cosi, ad esempio. A. Robert - R. Toumay, Le Cantique des cantiques, p. 448 (correggendo quanto detto a p. 244): R.E. Murphy, The Song of Song.,, p. 179 (questi adduce il parallelo con Ct 7, 1 3, notato anche nella versione greca dei LXX. Però, l ' indubbia somiglianza dei due versi non di­ ce, necessariamente, che debbano essere pronunziati dalla stessa persona: fra l' altro, la donna in Ct 7,1 3a-d parla al plurale, includendo anche l ' amato nel discorso: il versello va compreso piunosto co­ me una sorta di risposta al desiderio dell'uomo): M . Pope, Song. pp. 579·59 1 ; H.-J. Hei neveuer, " Komm nun. mein Liebste1; Dein Garten ruft dicll! », p. 1 5 1 ; G. Garbini, Cantico, p. 248 (secondo quest'ultimo, nei vv. 1 1 - 1 2 « abbiamo una fanciulla che sta raccontando la sua disavventura alle al· tre donne dell 'harem ». Garbini litola il brano Ct 6,8- 1 2: « La sposa rapi la», con inverosimili, fanla­ siose allusioni alla vicenda di Cleopatra Selene): G. Gerleman. Rurh. Das Hohelied, p. 190; A. La­ cocque, Romance, She Wrote, p. 1 36. "u Così, fra gli altri. D. Lys, Le plus beau cham de la création, pp. 245-248: M.T. Elliott. The Uterary Uniry of rhe Canticie. pp. 16Q.I62; O. Keel, Das Hohelied, pp. 208-209. 121 Così ritiene anche la maggior parte dei commentatori: si veda per tuni V. Hamp. Zur Text­ kritik am Hohenlied, in BZ l ( 1 957) 207-208.

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11 contrasto tra i due versi è riconducibile alla tensione, che percorre tutto il canto Ct 6,4- 1 2, da una parte tra « bello >> e >, dall 'altra tra > e > (cfr. Schema 50, p. 274). La logica che unisce i vv. I l e 1 2 si può evince­ re da alcuni indizi. Al v. 1 1 inizia un movimento verso l'unione, implicato nel ver­ bo > (v. l la). Questo movimento acquista una accelerazione al v. 1 2, dove si parla dei carri. Esso continua anche in Ct 7, 1 , dove la donna è descritta nel movimento vorticoso della danza. Una simile progressione verso l 'unione è im­ plicita nel passaggio dal tema del , se si collega con il wa.)"j dei vv. 4-9 (cfr. il verbo rti 'ah al v. 9d), corrisponde direttamente al verbo stiqap (>) del v. l O. Egli vede colei che si è affacciata. Il tema militare dell'> (v. IO: cfr. v. 4) è prolungato nel termine mark'bot (>, v. 1 2b ). Inoltre, il verbo > (jiirad, v. I l a) forma un netto contrasto con le immagini celesti del v. l 0: con il v. IO inizia dunque un movimento verticale che prosegue nel versetto seguente. [v. I l ] Sullo > rinviamo al commento su Ct 6,2122• II passato del verbo (jaradti) è da prendersi sul serio: esso coincide con l ' indica­ zione data dalla donna alle amiche al v. 2. Egli > allora. >, si ri­ ferisce a quanto il diletto è andato facendo ai vv. 4-9: al wa.)"j rimanda, infatti, il termine > (rimmon, v. I l d; cfr. v. 7a). D'altra parte, lo > acquista, dopo il v. I O, un senso nuovo rispetto al v. 2. Non è soltanto lo scendere materiale dalla città nella valle. Il paragone con i corpi celesti aveva innalzato l ' amata a un livello soprannatura­ le, celeste. Ora il diletto > verso di lei: con ciò è espressa una specie di incarnazione del divino123• Il passaggio dal cielo (v. IO) al giardino dei noci (v. I l ) significa che nel giardino, in questa semplice giovane, è presente il cielo, per­ ché è presente l'amore. In questo passaggio si coglie bene la poetica a un tempo demitizzante e teologizzante del Cantico. Si è notato, sopra, il parallelo con Ct 7,1 3 124• Questo parallelo è significati­ vo, anche per il fatto che, là, l'autore mette a confronto > e >, altro tema fondamentale del Cantico, che nel nostro brano ha un valore strutturale (cfr. sopra Schema 50). L' evocazione delle donne del l 'harem (v. 9) aveva chiamato "' Cfr. qui Nuovi canti del/'amLJ/a Ct 5,2 6,3, p. 260. 123 Nel duomo di Erfurt vi è un bassorilievo rappresenlante l 'Annunciazione, in cui l'angelo reca un cartiglio, con le parole: « Nel giardino dei noci sono sceso ». Questa è già inlerpretazione al­ legorica: ma il testo è aperto a lale lenura. 1 24 Cfr., in questo capitolo, nola 1 19, a commento di Murphy. -

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l ' attenzione sulla città. Lo « scendere nel giardino >> è anche lasciare la città, che si trova in luogo elevato, e recarsi nella natura, a contatto con le forze della vita e dell'amore. Il giardino non è solo figura dell'amata, ma anche il luogo del l 'amo­ re. Risuonano forse reminiscenze mitiche di ierogamie sulla terra vergine 1 25, a cui già si è accennato nel commento a Ct I, 1 6- 1 7 126• Il « noce >> Uuglans regia, ebraico 'egoz) è nominato solo qui neII' AT. Seb­ bene Giuseppe Flavio parli della sua presenza in Galilea 127, il noce è stato consi­ derato in Israele sempre come una pianta esotica 1 28 • Il frutto era ritenuto nell'an­ tichità come un afrodisiaco, al pari della melagrana, probabilmente per la forma, che ricorda l'organo femminile129• Fino al secolo XIX, si poteva visitare ad Afqa, in Libano, un bosco di imponenti alberi di noci nella cosiddetta >uo. Anche nella tradizione ebraica il noce e il suo frutto hanno un posto im­ portante nelle feste nuziali 13 1 • Può darsi che, nella scelta della pianta, giochi un ruolo questa dimensione erotica o, forse, come allude Keel, la pianta è stata scel­ ta per il suo carattere esotico132: a ogni modo, il « giardino >> è quello stesso, di cui si parlava in Ct 4, 1 2 - 5, l e 6,2. La finalità dello scendere non è direttamente quella di « pascere >> (rii 'iih), come aveva annunziato la donna al v. 2, ma quella di « vedere >> (rii 'iih). Graetz ha pensato a un errore e ha proposto di leggere anche qui rii 'iih133 • Ma il tempo di >). "' Dal momento che il termine indica anche, molto raramente, la « palma», alcuni autori vo­ gliono ritenere qui questo significato (cosi W. Rudolph. Das Buch Ruth. Das Hohe Lied. Die Klage­ lieder, p. 166: G. Gerleman, Rwh. Das Hohelied, p. 1 88: H.-P. Miiller, Das Hohelied, p. 69). Ma non vedo il motivo per abbandonare il senso normale del termine.

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Parte seconda. Traduzione e commento

mavera, dopo le piogge, è il punto dove spunta il primo verde. Il torrente e il fon­ dovalle sono perciò particolarmente legati al ciclo della vegetazione e al culto della fertilità. Nel mito ugaritico « Baal e Mot >>, il primo segno della risurrezio­ ne di Baal è il fatto che « i cieli piovono olio e i torrenti fluiscono miele >> 136• I pro­ feti Isaia e Geremia rimproverano a Israele i culti che si svolgono « nella valle >>, in onore delle divinità della fecondità (cfr. Is 1 ,29; 57,5-6; Ger 2,23). Il rinascere della vita in primavera è, d'altronde, uno spettacolo che da sempre affascina l 'es­ sere umano: la metafora vuole essere intesa anzitutto nel suo senso letterale. Ciò che spunta al torrente porta il nome di 'eb. Il termine appare nell' AT solo ancora in Gb 8,12, dove indica i germogli di una pianta acquatica. Il senso di , anche il ha già in sé una connotazione erotica, come è stato rilevato in Ct 4, 1 3 (. Come la > (kerem, cfr. Ct l ,6; 2, 15; 8, 1 1 . 12) anche la > (gepen, cfr. Ct 7,9; Sal 1 28,3) è immagine della donna. Il verbo parai} indica il >, il risveglio alla vita di una pianta dopo l' inverno. Si parla dunque della primavera, come in Ct 2,13. 15, con allusione alla ) fa comprendere che, nei due casi, il > è preparazione al rapporto d'amore. Forse questo osservare i segni della maturazione fisica della donna rispec­ chia il costume semitico di fidanzare due giovani molto presto 1 43• Ad ogni modo 1 36 Cfr. G. Del Olmo Lete, Mitos, p. 228 (KTU 1 .6.111 6·7, 1 2 - 1 3 [= UT 49.ID 6-7, 12-13)). 137 O significato di >)150 o come soggetto di siimatni (« il mio de­ siderio mi ha posto >>)151 . Gli accenti del testo ebraico sono a favore della secon­ da traduzione152, che, indubbiamente, ha più senso153. '" Cito per tutti G. Ravasi (// Canlico dei canlici, p. 524): «Perciò, pur lnlducendo in qualche mo­ do il passo. affermiamo che il testo così come giace è un rebus inisolto e forse per sempre insolubile». '" Così. ad esempio. G. Krinetzki (Kommentar zum Hohenlied. p. 188), che traduce solo: [ ... ] Il mio cuore mi ha trasformato in ... »: H.-J. Heinevetter ( « Komm nun. mein Liebster. Dein Garten ruft dich! p. 1 62), che lascia il testo completamente in bianco; anche F. Landy, Paradoxes, p. 333, nota 34; M. Falk, Lave L,rrics, p. 4 1 . 1 46 Cfr. G . Barbiera, Die Wagen meines edlen Volkes » (H/d 6,12): eine strukturel/e Analyse, in Biblica 78 ( 1 997) 174-1 89. Al brano sono state dedicate ultimamente tre monografie: R. Toumay, Quand Dieu por/e, pp. 73-8 1 : « Les chariots d' Aminadab »; M.J. Mulder, Does Canticles 6,12 Make Sense?; A. Lacocque, La Shulamite et /es chars d'Aminadab. Un essai herméneutique sur Cantique 6, /2-7, /, in RB 1 02 ( 1 995) 330-347; cfr. Id., Romance, pp. 1 37-143. 147 Per una rassegna dei diversi tentativi di soluzione. rimando a G. Ravasi, Il Cantico dei can· tici, pp. 520-523. Fra i pochi che hanno cercato di interpretare il brano nel contesto, cito V. Hamp, Zur Textkritik am Hohenlied, in BZ l ( 1 957) 207-208. 148 Cfr.. in questo capitolo, pp. 273-274 e 293-294. '" Cfr. Ct 1 ,6.8; 2,17; 3,10; 4,6; 6,2; 8, 1 4 (si vedano le osservazioni fatte qui in Nuovi canti dell 'amata Ct 5,2 6,3, p. 260). "" Così traducono G. Gerleman, Ruth. Das Hohelied, p. 190; G. Ricciotti, // Canlico dei can­ tici, p. 255; G. Noli i, Cantico, p. 127 (« Non riconosco l 'anima mia, cioè, sono fuori di me»); R. Gordis, The Song, p. 95; D. Lys, Le plus beau chant de la création, p. 245 (>. Salvaneschi nota: . Qui nepd ha meno il senso di > e più quello di >, che, secondo l 'antropologia ebraica, si localizza nella > (si veda in questo senso Ct 1 ,7; 3, 1 -4: se 'iihiibiih napsi): il termine è sinonimo di t'siìqii (brama, Ct 7, I l )156• La contemplazione del corpo dell'ama­ ta (cfr. il verbo vedere al v. l lbc) ha fatto crescere in lui un irresistibile desiderio di lei. L'espressione che segue, siimatni mark160• Ci troviamo, dunque, di fronte a una metafora militare che si allinea alle "' E. Salvaneschi, Cantico, p. 1 0 1 . Cosi anche H.-P. Miiller, Das Hohelied, p. 7 1 (« L' i ntera frase sembra voler esprimere una sorpresa. ma quale? »), e R.E. Murphy, The Song ofSongs, p. 1 76. "' Un parallelo a questo « non sapere » di fronte all'amore offre Catullo (Cannina 85): •• Odi et amo, quare id faciam fortasse requiris. / Nescio, sed fieri senlio et excrucior ». "" Cfr. Gb 23, 1 3 : Dt 1 2, 1 5 ; Is 5,14; Sal 1 7,9: Pro 23,2. Si vedano: C. Westermann, nepe!, in DTAT, vol. Il, coll. 75-77: H. Seeba6, nepef, in Th WAT, vol. V. coli. 540-545. m Così la LXX, etheto me annata; la Vetus Latina, posuisri me currus; la Siriaca, smtnj mrkbt ' (una variante ha bmrkbt '). Fra i moderni, cfr. P. Joiion, Le Cantique, p. 272 ( « Mon désir a fait de moi un char »); A. Robert - R. Tournay, Le Cantique des cantiques, p. 75 (« Il a fait de moi les chariots>>); G. Ravasi, li Cantico dei cantici, pp. 524-525 (« Mi ha reso come i cocchi »); R.E. Murphy, The Song of Songs, p. 176. Per la discussione si veda HOTTP, vol. III, pp. 6 1 0-61 1 . "' Cfr. P. Joiion, Grammaire 125n, p. 372. Cosl la versione Quinta di Origene ( ethou me eis ar­ mata) e la maggior parte delle traduzioni moderne: si vedano, ad esempio, F. Delitzsch. Hoheslied und Kohe/et, p. 106; A. Robert - R . Tournay. Le Cantique des cantique.>. Il tradurre ntid1h con è francamente forzato, e si comprende sullo sfon­ do della fantasiosa identificazione dell' amata con Cleopatra Se lene, figlia di Tolomeo V 111 Everge­ te. Quanto all' interpretazione individuale del termine 'lim, G. Garbini avrebbe ragione di citare il parallelo di Ct 7,2 (« figlia di nobile »), se in 6, 1 2 a parlare fosse la giovane. A nostro avviso invece chi parla qui è il diletto. '71 Intendo naturalmente lo j finale di 'ammt come suffisso di prima persona (« il mio popo­ lo»). Sarebbe possibile anche intenderlo come uno jod paragogicum (cosi hanno tradotto le versio· ni di Aquila, di Simmaco e la Quinta di Origene; cfr., in questo capitolo, nota 165). Si vedano, in questo senso, P. Jotion. Le Cantique, p. 273, a seguito di Rashi; A. Robert - R. Toumay, Le Cantique des cantiques, pp. 245-246; G. Ravasi. Il Camico dei cantici, p. 526. Ma questa interpretazione è probabilmente dettata da intento allegorico (sposa = Israele).

Nuovi canti del di/ello Ct 6,4 - 7, Il

301

non è usuale. Come sottolinea Delitzsch, l 'usare un aggettivo in posizione appo­ siti va, lo enfatizza (cfr. Gn 37,2; Sal 143 , 1 0; Ez 34, 1 2)172• Il tennine nadib desi­ gna generalmente la classe superiore e dirigentem. Riferito a un popolo, ne esal­ ta la superiorità nei confronti degli altri. Questa coscienza nazionale, più volte notata nel Cantico, si comprende particolannente bene in un periodo come quel­ lo ellenistico, dove l ' identità culturale d'Israele era minacciata dalla superiore cultura greca. Per il Siracide, la sapienza abita en /a(i dedoxasmen(i (Sir 24, 1 2): per l 'autore del Cantico l'amore è di casa in un sono, dunque, i carri da guerra di Israele. Nell' AT si parla dei carri di Israele soprattutto in rapporto a Elia ed Eliseo. In 2Re 2, 12, quando Elia è assunto in cielo, Eliseo gli grida dietro: > sia stato originariamente attribuito a Eliseo e poi trasferito a Elia. In effetti, nelle storie di Eliseo si parla ancora di misteriosi che combattono in favore di Israele (cfr. 2Re 6, 16- 1 7; 7,6). Si tratta di un esercito non terreno, ma celeste. Questa caratteristica si allinea bene alle ap­ parizioni celesti di Ct 6, I O, dove le stelle sono evocate sotto la metafora di un >. Inoltre, il termine 'djummiì (terribile, Ct 6,4. 10) è vicino, si è notato175, a 'i!mii, il terrore divino che invade i nemici di Israele in occasione della guerra santa. Ora, lo scenario della guerra santa è senza dubbio lo sfondo dei . L'ebraico porta un articolo: lzassulammit (« la Sulamita >> ): si tratta perciò non di un nome di persona vero e proprio, ma di un appellativo. Il termine è un lzapaxlegomenon, dal significato controverso. Le soluzioni proposte sono: l ) sfi/ammft è forma femminile di S'lomòlz (Salomone). Lo stesso « travestimento verso l 'alto >> che caratterizza il dilelto, caratterizza an­ che la sua donna189; 2) sulammft significa « abitante di Shunem >>. La città di Shu­ nem ha, infatti, il nome arabo di Sulem190• Nell' AT ci sono soprattutto due donne che provengono da questa città. La prima è la bella Abisag, che « scaldò >> il se­ nescente Davide ( I Re 1 , 1 -4)191, e poi venne richiesta in moglie da Adonia ( I Re 2, 1 7.2 1 -22). La seconda è legata alla storia di Eliseo (2 Re 4,8-37; 8, 1 -6). Que­ st'ultimo accostamento riporta allo stesso Sitz im Leben dei >) o correggendolo con un b' (>)t98• Ma si tratta di una forzatura del testo. D'altra parte, la domanda del v. l ed rimarrebbe così senza risposta: il v. 2, infatti, non mostra alcun riferimento a es­ sa, anche supponendo, contrariamente alla nostra convinzione, che qui non parli il diletto, ma continui il discorso del coro. La soluzione ci sembra sia quella di in­ tendere il k' in forma asseverativa, un uso grammaticalmente ineccepibilet99• Il v. I d è così la risposta, da parte del coro, alla domanda rivolta dal diletto nel v. l c200• Oggetto dell'ammirazione vuole essere > (m'�olar hamma�i1niijim). Il termine m'�olii. deriva dalla radice �wl, che denota il « girar­ si >>, come avviene in una danza201 • Il movimento circolare, qui indicato, confer­ ma l ' interpretazione data sopra al verbo sub (v. l ab): esso diverrà principio com­ positivo nel wa:ff che segue (cfr. vv. 2c-4). La m'�o/ii. era eseguita da donne, spesso accompagnata da strumenti musicali e talora da un canto antifonale a due cori (cfr. Es 32, 1 8-19; l Sam 2 1 , 12; 29,5). Gruber richiama l 'attenzione sul legame tra la m'�olii. e la vittoria militare202• Effettivamente si parla di m'�olii. dopo il passaggio del mare dei Giunchi (Es 15,20), dopo la vittoria di Jefte (Gdc 1 1 ,34) e di Davide ( I Sam 1 8,6-7; 2 1 , 1 2b; 29,5). Questo legame è suggerito, nel nostro testo, dal tennine ma�i1niijim (« i due accampamenti [militari] »)203. Forse il tenni ne allude al coro degli astanti, di,,. È il tennine usato da O. Keel (Das Hohelied, p. 212), ritenendo che nel v. l ab si tratti di lin­ guaggio da soldatesca. 197 Cfr.. in questo capitolo, nota I l . 198 Alcuni manoscritti ebraici hanno appunto b' invece di k' (cfr. BHS), cosl anche la versione di Simmaco (en trosesin). Numerosi commentatori traducono in senso pregnante: « come nella » (cfr. A. Robert - R. Toumay, Le Cantique des cantiques, p. 252; R.E. Murphy, The Song ofSongs, p. 1 8 1 ; O. Keel, Das Hohelied, p. 208). "" In questo senso, si vedano: R. Gordis, The Song, p. 68 ( lndeed ») ; M .l. Gruber, Ten Dan­ ce-Deril•ed Expressio11s i11 the Hebrew Bible, in Bib 62 ( 1 98 1 ) 343 ( « Of course >> ) . La possibilità è ammessa anche da D. Lys, Le p/us beau cha111 de la création, p. 253. Cfr. HAU.T, p. 433, n. 5: di Ct 6,4. 10 e ai «Carri del mio nobile popolo >> di 6, 12. Nella nostra interpretazione, si tratta, in 6, 1 2, della vittoria dell'amore, descritta sotto metafora militare. Che alla vittoria segua, come celebrazione, la danza, è perfettamente conseguente204• L'associazione danza-battaglia ha, del resto, uno sfondo mitico, come si ricordava sopra a riguardo di Ishtar. Con questo contesto militare contrasta il nome « Sulamita >>, che, secondo l'etimologia che ne dà 8, 10, è la >. Lo stesso contrasto si è no­ tato sopra, in 6,4, dove il nome di « Gerusalemme >>, la >, è ac­ costato all' immagine dell ' >. È il paradosso dell'amore, che sconvolge una vita, mette sottosopra il vivere tranquillo, i fragili equilibri che uno si è costruito, e pur tuttavia è l 'unica strada per trovare la >, l'appaga­ mento dei desideri più profondi205. [7,2-lOa] Seconda parte: Canto del diletto. TI dialogo con il coro introduce il nuovo canto del diletto (vv. 2- I Oa), il cui parallelismo con 6,4-9 è stato notato sopra. Nel precedente canto il dialogo con il coro (C t 6, 1 0- 1 2) segnalava la con­ clusione del canto, qui (Ct 7, 1 ) ne segna l ' inizio: è possibile riscontrare una in­ tenzione chiastica? La ripresa, nel v. 7a, dei due termini: mah (come) e jph (bel­ lo), che caratterizzano l ' inizio del v. 2, segnala una divisione del canto nelle due strofe vv. 2-6 e vv. 7- I Oa, che, anche contenutisticamente, presentano una tema­ tica diversa206. [7,2-6] Prima strofa: Contemplazione. L' inclusione tra i vv. 2 e 6 è segnala­ ta dal fatto che al v. 2b l'amata è caratterizzata come « figlia di nobile >> (bat niidib), mentre al v. 6c il diletto è chiamato « re >> (melek). Questo duplice e com­ plementare « travestimento verso l'alto >> avvolge i due amanti in un alone aristo­ cratico207 . Il genere letterario dei vv. 2-6 è il WlJ$/, la descrizione ammirata del corpo dei due sposi-amanti, un genere letterario già incontrato in 4, 1 -7 (l'amata), in 5, 1 0- 1 6 (il diletto) e, poco sopra, in 6,4-7 (l'amata). In Ct 4, 1-7 il corpo dell'apiglio con i l nostro testo (cfr. il verbo Mb), ma l'accostamento mi sembra francamente forzato (con­ tro A. Lacocque, Romance, She Wrore, p. 148; Lacocque collega Mahanaim anche con « Abinadab adducendo I Re 4, 1 4 [dove si legge, però, Achinadab!], cfr. lbid., p. 144). Si polrebbe pensare a una forma di danza tipica di Mahanaim: ma anche qui si tratterebbe di una ipotesi non verificabile: non abbiamo tracce di una simile danza. Preferiamo, perciò, intendere mal]iJniijim come un nome comu­ ne. D'altronde così leggono le versioni antiche. che suppongono un plurale, in luogo del duale di TM: la LXX, parembo/on; la Vetus Latina e la Vulgata, casrrorum; la Siriaca, dmirjt'. "" Wetzstein accosta alla danza della Sulamita la « danza della spada » in uso presso i contadi­ ni di Siria, danza che la sposa esegue la sera del primo giorno delle nozze tra due semicerchi. uno di uomini e uno di donne, al chiarore del fuoco. e che costituisce il punto culminante della festa (in F. Delitzsch, Hoheslied und Koheler, p. 1 7 1 ) . D'altronde, tutta la festa del matrimonio ha qui un carat­ tere « militare >>: la « conquista >> amorosa è celebrata come una vittoria militare (cfr. qui Prologo Ct 1,2 2,7, p. 92, e nota 198). Però. mentre in questo caso la vittoria è dello sposo. in Ct 7.1 essa ap­ partiene alla sposa: è lei a « far capitolare » il diletto. ws Cfr., in questo capitolo. p. 280. 206 Cfr., in questo capitolo, p. 302 e Schema 55. 207 Sul fenomeno leuerario del > e il fatto che l 'attenzione si concentrasse sul viso attenuava l'impressione di nudità. In Ct 7,2-6 non si parla del velo e l"attenzione è richiamata sulle pani erotiche. L' unico indumento menzionato sono i sandali (v. 2b). È da notare ancora che i due non sono soli: i l « coro >> è presente (v. l ). Sul carattere utopico della nudità nel Cantico, cfr. H . Viviers, Clothed and unclothed in the Song of Songs, in OTE 1 2 ( 1999) 6 1 8-619; J.H. Hunter, The Song of Protesi: Reassessing the Song of Songs, in JSOT 90 (2000) 1 2 1 - 1 22. 209 Cfr. sopra, Nuovi canti dell 'amata Ct 5,2 6,3, p. 253. -

308

Parte seconda. Traduzione e commento

ordine discendente, ma anche secondo altri principi compositivi. Lo Schema 58 raccoglie alcune osservazioni, fatte da di versi punti di vista. Schema 58 Verso Membro

2ab 2cd 3ab 3cd 4ab Sa 5bc 5de 6a 6bc

l. Piedi Il. Cosce III. Ombelico IV. Ventre V. Seni VI. Collo VII. Occhi VIII. Naso IX. Capo X. Capelli

Metafora

(Sandali) Monili Coppa Grano Cerbiatti Torre Piscine Torre Carmelo Porpora

Natura-Cultura Cultura Cultura Cultura Natura Natura Cultura Natura Cultura Natura Cultura

Forma

Aspetto psicologico

Rotonda Rotonda Rotonda Rotonda Lineare

Prossimità Prossimità Prossimità Prossimità Distanza

Lineare Lineare

Distanza Distanza -

La prima e l'ultima parte descritta (piedi e capelli) formano una coppia a sé: il travestimento verso l'alto riguarda non soltanto i termini« figlia di nobile>> (v. 2b) e della donna, le parti VI-IX ne sottolineano, per contrasto, la >, l 'aristocratica consapevolezza di sé. Un'eccezione la rappresentano gli occhi, il cui paragone con le piscine di Hesbon non si accorda con la > delle altre metafore. Forse la 21 8, tanto che il togliersi i sandali significa rinunziare a ogni pretesa giuridica (cfr. Dt 25,5- 10; Rt 4,7). Camminare a piedi nudi è, altrove, segno di lutto (cfr. 2Sam 1 5,30) e sottomissione (ls 20,2-4), atteggiamenti che non si confanno con la caratterizzazione aristocratica della Sularnita. L'amata è detta > (bat niidib). Anche oggi, presso gli arabi di Palestina, è costume chiamare la sposa con un simile appellativo (bint il'ak­ bii rj21 9 . Esso corrisponde, si è notato, alla caratterizzazione > del diletto nel v. 6c. li e lui >. Qui, nel nostro brano, è da cogliere un'altra con­ notazione. I l termine niidib, infatti, è un chiaro rimando a Ct 6, 12b (> )2 21 • Poiché là il termine si riferiva a Israele, è logico percepire anche qui una simile sottolineatura nazionalistica, che ben si armoniz­ za con le numerose indicazioni geografiche della terra d'Israele, che caratterizza­ no il brano (Hesbon, Bat Rabbim, Libano [v. 5]; Carmelo [v. 6]). In quanto figlia d'Israele, l'amata è >. L'amore ha la sua patria nella terra pro­ messa. [7,2c-4] // corpo. Le quattro parti del corpo che seguono (>) formano una sottounità compositiva caratterizzata dal tema della rotondità e della tenerezza, dell'> che offre il corpo femminile. Ac­ canto alla struttura alternata a-a'-b-b' , che caratterizza il tipo di metafora (cfr. Schema 57, p. 307), si può notare una struttura chiastica, trasversale rispetto alla precedente (a-b-b'-a'). Infatti, la prima e la quarta parte del corpo sono caratte­ rizzate dalla forma duale (due sono le cosce, due i seni), la seconda e la terza (om116

Così intendono la LXX (diabemata), la Vetus Latina e la Vulgata (gressus). Presso gli arabi di Palestina c'è il costume che la sposa esegua la danza di parata calzando speciali zoccoletti di legno intan;iati di madreperla, cfr. G.H. Dalman, Pa/iistinischer Diwan, p. 257. "' O. Keel, Das Hohelied, p. 2 1 3. 119 Cfr. G.H. Dalman, Paliistinischer Diwan, p. 257; St.H. Stephan, Modem Palestinian Par­ allels IO the Song ofSongs, in JPOS 2 (1922) 2 1 9. '" Il termine nadib indica letteralmente uno che è «generoso, liberale nel dare». È questo il connotato che dislingue un« nobile» (cfr. J. Conrad, nadab. in ThWAT, vol. V, col. 244). 221 Naturalmente la LXX. avendo letto in Ct 6,12: Ameinadab. legge anche qui: Nadab (codi­ ce Valicano) o Anrinadab (codice Alessandrino), così la Vetus Latina: Aminadab. La Siriaca (m!jb ' ) e la Vulgata (principis) seguono invece TM (così anche la versione di Aquila, archontos, o, secon­ do ahri manoscritti, hekousiazomenou; quella di Simmaco, hegemonos). 117

7,11

Nuovi canti del diletto Ct 6,4 -

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belico, ventre) da quella singolare. In questo senso, la prima parte della sezione (cosce) si collega con la parte descritta precedentemente (piedi). Le due parti centrali si collegano fra loro anche per il binomio bere-mangiare che caratterizza le due metafore (>, v. 3b; >, v. 3c)222. [v. 2cd] Dai > (p' 'iimajik) l ' attenzione si sposta alle « due cosce » (j'rekajik). Il termine indica la parte superiore della gamba, connessa con la sfera genitale (cfr. Gn 24,2.9; 47,29). I l termine associato, l)ammuqim, è un hapax de­ rivante dal verbo fziimaq (volgersi), incontrato in Ct 5,6. Delitzsch pensa al ca­ ratteristico ancheggiare della danza223, ma, come per i piedi, la metafora che se­ gue induce a ritenere invece la forma, curva, anche se il movimento circolare può esservi connotato. C'è, a ogni modo, continuità semantica tra il verbo sub (vol­ tarsi) del v. I ab, la m'l)iiliì (>) del v. l c, e le > dei fian­ chP24. Pensare, come fa la Vulgata, alla > delle cosce, è fuori luogo, perché quella è singolare, mentre qui il termine è plurale225: è ben alle curve dei glutei femminili che si allude. Natiche rotonde facevano parte dell ' ideale di bel­ lezza orientale226, ma anche di quella greca, dove Afrodite era chiamata kallipy­ gos ( ; cfr. Figura 84). Lacocque fa notare il brusco passaggio tra le due espressioni: e < de curve delle tue cosce >>. La seconda potrebbe far pensare a una donna di facili costumi. È per questo che l'autore si premura di avvisare il lettore: ciò che viene a seguito non è detto di una prostitu­ ta, ma di una >227• Non ha niente di volgare. Le cosce dell'amata sono paragonate a >. Il termine ebraico l)iili ap­ pare ancora solo in Pro 25, 1 2, in parallelo con nezem (anello), parallelo questo confermato anche dali 'omonimo l)eljiì in Os 2, 15228. Si tratta dunque di un moni­ le di forma circolare, anello o bracciale. Le curve perfette del gioiello lasciano pensare a quel capolavoro di bellezza che sono le anche di una giovane donna. È di perfezione artigianale che qui si parla: , aggiunto di sostanze aromatiche e dolcificanti. In Sal 75,9 il termine mesek denota un vino particolarmente inebriante (cfr. anche Is 5,22; 19, 1 4) ; in Pro 9,2.5 è questo il vino che mescola donna Sapienza ai suoi invitati. Il > è metafora usuale nel Cantico per indicare l 'amore (cfr. l ,2; 2,4; 4, 1 0; 5 , 1 ; 7, 1 0). In particolare, di «Vino drogato >> (jajin hiireqal}) si parla iQ Ct 8,2. Nel contesto dell'ombelico-grembo, è chiara l ' allusione al piacere, che la donna sa donare al suo partner durante il rapporto sessuale. Andare più oltre, ve­ dendo nel vino resinato il seme maschile2'J o la love water emessa dalla vagina durante il rapporto244, mi sembra non corrisponda allo stile del Cantico, che usa un eufemismo () per parlare dell' organo femminile. Nella descrizione del >, paragonato a un cumulo di grano, entrano in gioco elementi visivi e funzionali insieme. A detta di Delitzsch, « ancora oggi i cereali, dopo essere stati vagliati e slacciati. sono accatastati in grossi mucchi dal­ la forma emisferica molto regolare. Questi sono poi spesso guarniti di oggetti che si muovono col vento, per difenderli dagli uccelli >>245• La forma convessa del cumulo di grano è antitetica a quella concava della coppa, a sottolineare la complementarità delle due metafore. Forse non soltanto la forma, ma anche il colore gioca un ruolo. Presso gli arabi, infatti, i l colore del grano è il colore ideale di una sana camagione246• Ma più che questi elementi vi­ sivi, interessa il significato funzionale della metafora. Un mucchio di grano esprime fecondità e benedizione divina (cfr. Gn 27,27-28). L'elemento della fe­ condità è sottolineato dal fatto che la parola che indica il > (be{en) è la stessa che indica anche il seno materno (cfr. Gdc 1 3,5.7). Inoltre, il > è il principale alimento in Palestina: pane (v. 3c) e vino (v. 3b) sono gli elementi fon­ damentali del l ' alimentazione mediterranea (cfr. Sal 1 04, 15) 247• Insieme col , è evocato, dunque, l 'aspetto del >, due attività che sono note me­ tafore dell'amore (cfr. Ct 5, 1 ).

241 L. Krinetzki, Die erotische Psychologie des Hohen Liedes, in ThQ 150 (1 970) 416.

'"Cfr. G. Garbini, Cantico. p. 256; HAlAT, p. 535. 241 Così M. Haller, Das Hohe Ued, p. 41. 244 Cfr. M. Pope, Song, p. 620. 245 F. Delitzsch, Hoheslied und Kohelet, p. 1 12. 246 Secondo la Sunna, tale era il colore del primo uomo (cfr. F. Delitzsch, Hoheslied und Kohe­ let, p. 112). Anche nella pittura egiziana il colore giallo ocra è il colore ideale della carnagione fem­ minile (cfr. G. Gerleman, Ruth. Das Hohelied, p. 70). '47 Cfr. O. Keel, Das Hohelied, p. 216. S.F. Grober (The hospitable lotus: A cluster of me­ taphors. An inquiry irrto the prob/em of textual unity in the Song ofSongs, in Semitics 9 11984) l 04) suggerisce un parallelo con le Baccami di Euripide (vv. 274-279): «Due sono. mio caro giovane, le cose essenziali al mondo: la dea Demetra, ossia la terra (chiamala così, se vuoi): è lei a nutrire la gen­ te con i cereali, con il cibo asciutto. Poi è venuto il figlio di Semele; e ha trovato un corrispettivo,

314

Parte seconda. Traduzione e commento

Poco chiaro è il significato di ciò che segue: ), che congiunge il v. 4 con il v. 2257• [7 ,5-6)// volto. La descrizione del collo, al v. 5a, comprende un solo stico. La cosa ha insospettito i commentatori, che hanno proposto di completare i l ver­ so aggiungendovi un altro stico ( « fondata su basi di pietre preziose> >, cfr. BHS)258• I vv. 5-6a formano invece un insieme costruito in perfetto parallelismo (cfr. Schema 59). La monastica descrizione del collo (v. 5a) è infatti bilanciata dal l ' altrettanto monostica descrizione del capo (v. 6a)259• Le altre due parti sono costituite ciascuna di due stichi: qui il parallelismo è evidente, ogni stico essen­ do caratterizzato da un nome geografico (Hesbon, v. 5b; Bat Rabbim, v. 5c; Li­ bano, v. 5d; Damasco, v. 5e).

Schema 59 a) collo b) occhi b') naso a') capo

v. 5a v. 5b v. 5c v. 5d v. 5e v. 6a

torre

torre

Hesbon Bat Rabbim Libano Damasco Carmelo.

Le quattro parti dunque formano una struttura chiastica, trasversale rispet­ to a quella alternata, costituita dal l ' alternarsi del tipo di metafora (natura-ar-

"' Anche foneticamente §adajik si allinea a {J''iimajik (v. 2a) efrekajik (v. 2c). "' Altri propongono di aggiungere btimij i'talpijòt ("munita di baluardi», cfr. D. Colombo, l/ Cantico. p. 1 1 8. lettura appoggiata da un manoscritto ebraico). Per una rassegna delle congetture proposte. rinviamo a V. Hamp (Zur Te xtkritik am Hohenlied, in BZ l [ 1957) 208), che giudiziosa­ mente afferma: «Il metro da solo raramente è ragione sufficiente per discostarsi dali 'ordine tràdito del testo». e a G. Ravasi (Il Cantico dei cantici, pp. 555-556). G. Garbini (Cantico, p. !05) opta per la soluzione radicale di sopprimere il v. 5a, come aveva soppresso il v. 4. 259 G. Nolli (Cantico, p. 133), a seguito di Budde. Haller e Fischer, rileva il fatto, ma propone di spostare il v. 6a dopo v. 5a, facendo dei due monastici un distico ( • Il tuo collo è come torre d'a­ vorio, il tuo capo su di te è come il Carmelo»). Ma un tale spostamento sconvolge l'accurata sim­ meuia della strofa: il v. 6a infatti è indissolubilmente unito al v. 6bc (cfr. il termine ro 'Uk in 6ab).

316

Parte seconda. Traduzione e commento

te260). Altri legami trasversali uniscono il v. Sa con Se (torre) e il v. 6a con v. Sb-e (la denominazione geografica « Carmelo >>). [v. Sa]ll collo è paragonato alla (< < munita di baluardi: l mille scudi vi sono appesi >> ), qui piutto­ sto la sua eleganza (avorio). Di una tale torre non si ha notizia nell'AT: doveva co­ munque trattarsi di un edificio ben conosciuto, perché il termine porta un articolo () in Ct S,14, nella descrizione del ventre del diletto (•< Il suo ventre, un volume d'avorio l tempestato di lapislazzuli >> ). Ancora una volta si nota l ' effetto speculare: i due cor­ pi sono fatti della stessa nobile materia, per cui uno ritrova se stesso nel proprio part­ ner (cfr. Gn 2,23). Qui l 'aspetto visivo gioca sicuramente un ruolo: l 'avorio ha un colore bianco caldo, che si addice bene al colore della camagione262 . E l ' immagine della torre fa pensare al collo slanciato, sensuale e nobile, del busto di NefertitF63• Il collo-torre esprime una dimensione antitetica a quella della rotondità, che caratterizzava cosce, ombelico, ventre e seni dell'amata. Si esalta qui la dimen­ sione verticale, e, psicologicamente, l'eleganza aristocratica (>, v. 2b), l 'orgoglio di lei, a cui del resto già il termine < Collo» (.yawwa'r) riman­ da264. Il ritratto della donna vive di questa tensione tra circolarità e verticalità, tra dono e consapevolezza di sé. [v. Sbc] La descrizione degli occhi interrompe la serie delle immagini verti­ cali, che continueranno poi nella descrizione del naso e del capo. La rottura del ritmo è sottolineata dal fatto che qui, unico caso nel v. S, non abbiamo una simi­ litudine, ma una metafora (manca la particella comparativa k'). Metafora usuale degli occhi sono le colombe (cfr. Ct 1 , 1 Sb [senza k']; 4, 1 [senza k']; S , 1 2 [con k']). Nell'ultimo brano, accanto alla metafora delle colombe, era introdotta quel­ la dello specchio d'acqua (> (k'negdo, v. 1 8}, il suo specchio, appunto. Negli occhi della donna egli trova se stesso, vede la propria immagine: l ' uomo ha bisogno di uno specchio per sapere di esistere e chi vera-

""'Cfr., in questo capitolo, p. 307, ScMma 57. '"Cfr. EAEHL, vol. IV, pp. 1032-1050. 262 L'immagine ha un celebre parallelo nelle Odi ana creontiche 17,29: e/ephantinos trac hi/os (cfr. M . L. West [ed.]. Carmina anacreontea, p. 15). Qui si parla però del collo di un giovane. '"'Cfr. ANEP, p. 141, Figura 404 (dal museo egiziano di Ber lino). 264 Cfr. qui Canti del diletto Ct 4, 1 5,1, pp. 164- 165. -

Nuovi canti del diletto Cr 6,4 - 7,//

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mente è (la donna dirà qualcosa d i simile degli occhi del i 'uomo in C t 8,10: « Son divenuta ai suoi occhi come una che ha trovato pace >>). Il termine b'réka indica una < < piscina >>, cioè un bacino d'acqua artificiale26s. L'accento qui non è posto sull'edificio, ma sul l ' acqua, per cui l ' immagine può essere classificata fra le immagini >. Lo stesso vocabolo ebraico 'ajin esprime sia l ' > sia la >). 26' Il luccicare degli occhi è descritto da Ovidio. Non tanto in connessione con la« purezza» (con­ tro G. Ravasi. Il Cami m dei cantici. p. 557), ma nel momento dell'eccitazione erotica: « Adspices ocu­ los tremolo fulgore micantes, / ut sol a liquida saepe refulget aqua» (Ovidio, Ars ama/Oria 2,721-722). '"' Cfr. E Delitzsch, Hoheslied u11d Kohelet, p. 113; S.H. Horn, Heshbon, in IDB.S, p. 410; J. Eichner - A. Scherer, Die Teiche von Hesbon. Eine exegetisch-archiiologische Glosse zu Cant 7,5ba, in BN 109 (200 1 ) 10-14 (questi ultimi autori propendono per l ' identificazione delle « pisci­ ne » con due cisterne dell'età del ferro, trovate sul te/l stesso. mentre il grande serbatoio, nei dintor­ ni del te/l. è di epoca bizantina). Sul sito in generale si veda anche EAEHL, vol. II, pp. 511-514. 27° Così O. Keel, Das Hohelied, p. 2 1 8. 211 La versione di Aquila traduce en epilogismij (« nella riflessione»), intendendo l 'ebraico b'l}elb{m come un nome comune, dalla radice J,Sb (progettare). Non sarebbe inverosimile pensare che il nome sia stato scelto anche per questo significato, collegato semanticamente con gli >. Anche fra i commentatori, numerosi intendono così: rimane da decidere se con > ci si riferisca alla porta (una porta dove passa molta gente272) o alla città stessa di Hesbon (alla porta della [città] popolosa273). Il parallelismo con gli altri stichi (v. 5bdef), in cui è presente un' indicazione geografica (Hesbon, Li­ bano, Damasco, Carmelo), fa propendere per leggere anche bat rabbfm come no­ me di città274• Anche a Gerusalemme si parla di >, o > per intendere la porta orientata verso quella città. Una città dal nome Bat Rabbim però non è nota: è stato proposto di identificarla con Rabbat Amman, la capitale degli ammoniti (attuale Amman), ma senza argomenti decisivi275• A ogni modo, dietro il nome proprio, c'è da ritenere il significato simbolico. Bat Rabbim, la >, è simbolo della donna, i cui occhi non sono pro­ prietà esclusiva del diletto, ma illuminano della loro bellezza tutti coloro (rabbfm) che li vedono (cfr. Ct 4, 1 5 : >276). [v. Sde) Il passaggio dalla descrizione degli occhi a quella del naso è carat­ terizzato dal contrasto: da un'immagine idillica, di quiete (« piscine >>), a una bel­ licosa (, >). La donna, >, è dipinta di nuovo come qualcuna che sa difendersi, come al v. 5a. Apertura verso gli altri, ma an­ che preservazione della propria identità. > va letto come con­ trappunto a > (v. 2b). Come il collo, anche il > ( 'ap) è già di per sé simbolo di orgoglio e di alterigia. Hochniisig (>) significa, in tedesco, > . In ebraico 'ap indica allo stesso tempo > e «collera >> . Keel rileva, a ragione, che la metafora della > non va intesa nell' aspetto vi­ sivo (sarebbe veramente parodistica), ma in quello funzionale277• La >, qui

772 Cosi, ad esempio, O. Keel. Das Hohe/ied, p. 218: «(L'espressione) evoca la moltitudine di gente, proveniente dalla steppa (cfr. N m 32.3). che beve alle piscine, si lava e si rinfresca in esse»; D. Lys, Le p lus beau chant de la création, pp. 262-263, che commenta: « Peu t-ètre cene dési gnati on ( ima gina ire?) concerne- t- elle l a "bouche", où p assent dans l es deu x senses en abundance mots et nourritu re., (ma una menzione dell a bocca romperebbe il p arallel ismo del l a strofa); H .- P. Mtill er. Das Hohelied. p. 72, nota 225. "'In questo senso. cfr. Lam 1,1: h ii'fr rabbatf 'am («la città di gente numerosa»). Fra i mo­ derni, si veda W. Ru dolph, Das Buch Ruth. Das Hohe Lied. Die Klage lieder, p. 167: «Am Tor der

v ol kreichen (St adi)>>. '"C osì la maggior parte degl i esegeti. Cfr. , per tutti, A. Robert- R. Toumay, Le Cantique des cantiques, p. 264. "'L' ipot esi, avanzata già da H.H. Graetz (Schir Ha ·Schirim, p. 195) e vista con favore da P. JoUon (Le Cantique, p. 287) e da A. Robert - R. Toumay (Le Cantique des cantiques, p. 264). è so­ stenu ta recentemente in A. Brenner, A Note on Bat-Rabbfm (Song of Songs 7,5), in VT 42 (1992J 113-115. '"Cfr. il Papiro C hester B e atty lA 1,6: « Es sa fa che il collo di tutti gli uomini l si giri per guar­ darla» (traduzione di E. Bresciani, Letteratura, p. 453). Sul sign ifica to di C t 4,15 si veda qui Canti del diletto Ct 4,/ - 5, /, pp. 198-199. m O. Keel, Das Hohelied, p. 218.

Nuovi canti del diletto Ct 6,4 - 7,/ l

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come in 4,4, è vista nella sua funzione di difesa inespugnabile. In questo senso si accorda con il significato simbolico del naso, come quella parte del corpo in cui si localizza l ' orgoglio sdegnoso e guerriero della donna. Dopo la « torre di Davide» (Ct 4,4) e la «torre d'avorio >> (Ct 6,5), ora è menzionata la « torre del Libano >>. Per analogia con le due precedenti, è fatto di pensare anzitutto a una costruzione militare278• In effetti, Salomone fece costrui­ re fortificazioni sul Libano (cfr. IRe 9, 1 9 ; 2Cr 8,6). L'espressione potrebbe però anche indicare uno sperone roccioso naturale o un monte (anche in italiano si par­ la di « torri >> per indicare certe cime delle Dolomiti)279• Con il nome di « Libano >> era indicata non solo la catena del Libano vera e propria, ma anche l ' Antilibano, la catena orientale che sovrasta Damasco: il pensiero corre, in particolare, al mas­ siccio dell' Herrnon, ai confini di Israele. « Sentinella verso Damasco >>. Il verbo $iipiih esprime l ' osservare da un pun­ to elevato280 . Esso è sinonimo di st'ikap (cfr. Ct 6, IO): in N m 2 1 ,20 si dice, della cima del Pisga, che < guarda verso (nisqiip/ì 'al pne) il deserto». Il participio $Opeh è termine tecnico per indicare l 'ufficio della sentinella, che sta su un posto elevato per avvistare l 'avanzare di un nemico. In senso figurato, il compito del $6peh è attribuito al profeta (cfr. Os 9,8; Ger 6, 17 e soprattutto Ez 3, 1 6-21 e 33,29)281. È suggestivo pensare al monte Errnon come a una sentinella naturale posta dirimpetto a Damasco. Robert e Toumay vedono in > il nemico tradi­ zionale d' Israele. È vero che, a partire dal secolo VIII, questo pericolo non esi­ steva più. Ma il Cantico rievoca tradizioni del passato d'Israele (Salomone ne è un esempio): d'altronde, in epoca ellenistica, la guerra di Damasco contro Israe­ le aveva altri attori, ma era pienamente attuale282• Forse ne li ' espressione > si può cogliere, sullo sfondo, un accento di rivendicazio­ ne deli ' identità nazionale di Israele contro la politica di ellenizzazione perseguita dai Seleucidi nei confronti dei giudei283. Sullo sfondo, diciamo, perché l 'atten­ zione è rivolta primariamente alla donna, al suo fiero e nobile portamento. In Ct 5 , 1 5 la metafora del Libano era stata evocata a riguardo del diletto (>). Si può notare, ancora una volta, la dinamica speculare del Cantico. Elliott richiama l ' attenzione su un altro aspetto del >, quello del profumo (cfr. Ct 4, 1 1 : d' altra parte, /'biinon ricorda l'bona [incenso] ). Questo

27' Cosl F. Delitzsch, Hoheslied und Kohe/et, pp. 113-114; O. Keel, Das Hohelied, p. 2 1 8. "" Coslla maggior parte dei commentatori moderni: c fr. già P. Jotion. Le Canrique, pp. 287-288. "" Del tutto gratuita la proposta di G. Garbini (Cantico, pp. 105-107, 256-258), di cambiare $ph con wiJ (brocca). Garbini giunge cosl alla lettura: 'pk kmgdl hsn 'l Wh jjn hiwrq ( e il dei due ritratti294•

[v.

6bc] l capelli. La descrizione dei capelli è intimamente collegata con

quella del capo. Il segno più vistoso è la particella congiuntiva w' all' inizio del v. 6b. Anche il termine « capo >> (ro 'S) unisce i due stichi 6a e 6b, così come la du­ plicità del soggetto (, v. 6b). Si è visto, inoltre, che nell ' immagine del > (L. Krinetzki cita qui E. Neu­ mann. Die grojJe Muller, pp. 132-133). 2 94 Di Nausicaa. Omero loda non solo la bellezza, ma anche la statura, che la rende simile a una dea (cfr. Odissea 6, 16. 152). '" Cfr., in questo capitolo, pp. 306 e 308. 296 L'unico altro passo in cui il nome ritorna è Is 38,12: qui il termine dalld indica i fili della te­ la che rimangono fuori dalla parte tes su ta . Le frange nei capelli della ragazza nella Figura 89 Fanno pensare esattamente alle Frange di un tessuto. 297 Diversamente G. Ravasi. Il Cantico dei cantici, pp. 562-563. G. Gerleman (Ruth. Das Hohelied, p. 7 1 ) pensa invece che il termine di paragone non sia l 'amata stessa, ma certe statue egi­ ziane, nei cui capelli venivano inseriti fili dorati.

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Pane seconda. Traduzione e commento

ta sono neri (cfr. 4, l e; 6,5d ), e la porpora, sia quella di colore rosso sia quella di color viola, aveva un colore scuro298. L' accento va posto sui caratteristici riflessi della porpora, che fanno pensare a quelli della capigliatura femminile: Goulder ricorda i riflessi nei capelli neri di certe donne asiatiche 299• L' altro elemento del paragone è la preziosità. Di quanto fosse preziosa la porpora si è detto a proposito di Ct 3 , IO. Era riservata ai re e agli dèP00• Il carat­ tere > della porpora è sottolineato dalla versione Siriaca e dalla Vulgata, che uniscono il termine >, al v. 6c, con >, al v. 6b (purpura regis). A ogni modo i due termini, anche conservando la lettura di TM, sono correlati. Sulamita è non solo > (v. 2b ), ma addirittura > (>, v. 6a), come lui è > (v. 6b). Il travestimento regale del diletto è conosciuto (cfr. 1 ,4.12; 3,9. 1 1). Nuovo è qui il fatto che sia il giovane stesso a chiamarsi cosl (è, infatti, al diletto che allu­ de la metafora). Forse è possibile cogliere una punta di ironia: il contenuto della frase si presta. Con l 'espressione: « Un re è rimasto preso nelle sue trecce>>, il di­ letto si dichiara infatti > de li ' amata, innamorato di lei, usando quel­ lo stesso tipo di metafora guerriera che aveva concluso il precedente wa$/(cfr. Ct

6, 1 2). Il termine r'hiiJim (v. 6bc) fa difficoltà. Il significato comune, > (cfr. Gn 30,38.4 1 ; Es 2, 1 6), non ha senso, neppure l ' accostamento a rtil}i! (trave, C t l , 1 7)3 0 1 • Si è proposta perciò la derivazione dall' aramaico rhf, equiva­ lente all'ebraico ru!f (scorrere). Così hanno inteso, a quanto sembra, le versio­ nP02. Paragonare i capelli alle > di un ruscello che scorre dalla testa, sem­ bra un' immagine appropriata. Il plurale fa pensare alle diverse > della >, come è dato di vedere nelle ragazze delle Figure 5 1-52 e 88-89303• Il fascino particolare che esercitano i capelli femminili è un topico della let­ teratura amorosa di tutti i tempi. I canti d' amore egiziani hanno accenti molto si­ mili a quelli del nostro passo. Si veda il brano tratto dal Papiro Chester Beatty ci­ tato sopra304 , o anche il seguente, tratto dal Papiro Harris 500: >306• In un canto d'amore palestinese si legge: « Oh, i tuoi neri capelli spioventi: l sette trecce ci prendono prigionieri >>307• Al v. 6c si passa, dunque, dalla contemplazione ali' azione, ali' effetto, cioè, che la contemplazione produce sul diletto. Con ciò è introdotta la seconda parte del canto, caratterizzata dal desiderio di unirsi a colei che il diletto finora ha con­ templato, e da cui è stato definitivamente « catturato >>30". [7,7-lOa] Seconda strofa: Desiderio. Come nel canto precedente (Ct 6,41 2), anche qui alla contemplazione del corpo dell'amata, segue l 'ammirazione stupita, globale, di ciò che è stato finora descritto nei particolari, e il desiderio di godere del corpo ammirato. Rispetto a 6, 10- 1 2, in 7,7-IOa si nota una maggiore prossimità degli amanti. In Ct 6, 1 1 il diletto voleva (tiimii r), > (siidajik) e > ( 'ask616t) sono ripresi. rispettivamente al v. 9a (b') e 9cd (a'). I quattro stichi che compongono la quarta unità (a') sono costruiti in forma strettamente parallela (cfr. Schema 61). Schema 61

a) v. 9cd b) v. 9e a' ) v. l Oa

i tuoi seni il profumo del tuo naso i l tuo palato

come come come

i grappoli della vite i pomi il vino buono.

Per tre volte una parte del corpo femminile (>, >, >) è collegata mediante la particella comparativa (k') a una metafora (>, >, « vino buono >>). Si noti come in a e in a' il sog­ getto sia composto di una parola, i l predicato di due, mentre in b avviene il con­ trario: il soggetto è composto di due parole, il predicato di una; a e a· sono colle­ gati inoltre dal tipo di metafora (> e >). Il legame tra la prima strofa (vv. 2-6) e la seconda (vv. 7-l Oa) è sottolineato dal fatto che lo stesso ritmo >, che contraddistingue i vv. 2-6, caratterizza anche i vv. 7-IOa: si veda il binomio palma-grappoli ai vv. 8-9. Un fe­ nomeno analogo è stato riscontrato nel primo canto, dove il binomio bello-terri­ bile caratterizzava non soltanto il wa$j (vv. 4-8) ma anche i vv. 10- 1 2 (cfr. sopra Schema 49, p. 273). L' aspetto > (qomiitek, >, v. Sa) è menzionato per primo, in continuità con le metafore della torre, del Libano e del Carmelo, con cui si chiudeva la prima strofa. [vv. 7-8] Primo movimento: Ammirazione. Dopo aver contemplato le singo­ le parti del corpo, i l diletto prorompe in un'esclamazione piena di ammirato stu­ pore di fronte all'apparizione che gli sta davanti: > 309• > (jph) è attributo quasi esclusivo dell ' amata (cfr. 1 ,8 . 1 5 ; 2, 10. 1 3 ; 4 , 1 .7: 5,9: 6, 1 .4. 1 0). Qui è usato il verbo, come al v. 2a in riferimento ai piedi dell'amata, e in 4,10 in riferimento alle sue carezze. Solo una volta (Ct l , 16) il termine jph è attribuito al diletto, e questa volta in unione con n 'm, come nel nostro caso. I due aggettivi esprimono, il primo l 'aspetto estetico dell' amore, il secondo il godi­ mento dello stesso310: se il primo aggettivo guarda alla strofa precedente, il se­ condo introduce il tema del desiderio, che sarà sviluppato nei versi seguenti, ed ha un sinonimo nel termine ta 'iinugfm del v. 7b. n 'm è termine dal forte sottofon­ do mitologico, connesso con il dio della vegetazione. Il fatto che esso sia attri­ buito alla donna è un altro segno della > del Cantico. In Ct 1 , 1 6 un aggettivo tipico dell'amata (jph) è applicato all'uomo; in 7,7 un altro aggettivo. caratteristico del diletto (n 'm), è attribuito alla donna: si prepara così il ritornello della mutua appartenenza, che chiude la strofa (v. I l ).

"" Si tratta della seconda persona femminile, non della terza, contro G. Garbini (Cantico. p 262: « Com'è bello >>). 3 1° Cfr. F. Delitzsch, Hoheslied und Kohelet, p. 1 16; e qui Prologo Ct /,2 - 2, 7, p. 84. Per la tra­ duzione « dolce», cfr. Pro 9,17; Rt 1,20 (contrapposizione n 'm - mr').

Nuovi canti del diletto Ct 6,4 - 7, 11

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« Amore ». TM ( 'aMbd)e la LXX (agape) hanno indubbiamente un astratto. Ma il contesto suggerisce che qui si indichi concretamente l 'amata. Il ), poi quello rotondo (>); si forma così, nell' insie­ me dei vv. 2- l Oa, una struttura chiastica (a: vv. 2c-4 [rotondo] ; b: vv. 5-6a [slanciato]; b' : vv. 8ab.9a [slanciato]; a' : vv. 8c.9bc [rotondo]), che testimonia dell' unità del brano. 311 Diversi autori, seguendo la Siriaca e la Vulgata, propongono di leggere il participio '4hubiJ (amata) invece dell'astratto (cfr. BHS). La congeuura non è necessaria. "' Conlro F. Delitzsch, Hoheslied und Kohelet, pp. 1 1 5 - 1 16; H.H. Graelz, Schir Ha-Schirim, p. 1 97; G. Garbini, Cantico, p. 260; R. Gordis, The Song, pp. 96-97. '" Cfr. M.T. Ellioll, The Literary Unity ofthe Camicie, p. 1 7 1 . '" Si veda, i n questo senso, H.H. Graetz, Schir Ha-Schirim, p . 1 97; P. Joilon, Le Cantique, p. 292; A. Robert - R. Toumay, Le Camique des canriques, p. 269; D. Colombo, // Cantico. p. 1 2 1 . '" Cosi, ad esempio, G . Krinetzki, Kommentar Zllnt Hohenlied, p. 284; G. Ravasi, Il Cantico dei cantici, p. 567. '" Si veda l 'affermazione generale di W. Fuent (Song, p. 199): « Questo libro ha un solo mes­ saggio: l'implicazione che l 'amore umano ed erotico è una parte buona e gioiosa della creazione di Dio. J .. . ] II Cantico celebra l 'amore sessuale». "' Cfr. T. Kronholm, 'anag, in Th WAT, vol. VI, col. 231. « la radice 'ng 1... ] presenta una co­ stellazione semantica simile a quella di IJmd: lraspone il godimento fisico a definire Jahwé, le sue leggi e la sua benevolenza » (E. Salvaneschi, Cantico, p. 85).

326

Parte seconda. Traduzione e commento

È da notare anzitutto, in apertura del versetto, il pronome dimostrativo zo'r. La posizione non è usuale, sicché non è da meravigliarsi che la maggior parte del­ le traduzioni moderne, seguendo la Vetus Latina e la Vulgata, lo omettano318• In realtà, esso indica che il diletto si trova di fronte all 'oggetto che descrive319• Il sostantivo qoma deriva dalla radice qwm (innalzarsi) e indica l ' intera per­ sona sotto l 'aspetto dell'altezza (statura), riassumendo, in certo modo, la descri­ zione di collo, naso e capo ai vv. 5-6. Connessa con l 'aspetto dell'altezza, è espressa la connotazione della >, che deve essere superata se si vuole godere della vicinanza offerta dali ' elemento rotondo (i 322• D'altronde, nel Cantico la dimensione « verticale >> è ac­ compagnata da quella ( 'a§k616r). Si tratta dei >, non di quelli della . Interessante è il fatto che spesso questo al­ bero ha la forma di una palma (cfr. Figure 9 l -92). D'altra parte, la palma è in tut­ to l 'Antico Oriente la pianta della dea della fecondità e del l ' amore (cfr. Figure "' Così G. Ravasi, /l Cantico dei cantici, p. 569. Altri fanno di zo't il soggetto di una frase no­ minale, il cui predicato è qomiiték (>. 319 Cfr. P. Jotion, Grommaire 1 43 t ( >). 310 Cosa sottolineata da L. Krinetzki, Die erotische Psychologie d.es Hohen Liedes, in ThQ 1 50 ( 1 970) 4 1 5. '" Cfr. Omero, Odisseo 6, 1 62- 168. Il termine con cui la LXX traduce qomfl al v. Sa non è, co­ me ci si aspetterebbe, hypsos (altezza), ma megethos (grandezza), lo stesso termine usato da Omero in Odissea 6. 153 per indicare l 'alta statura di Nausicaa, che la fa assomigliare a una dea. m St. H. Stephan, Moder11 Palestinian Parallels lo the Song ofSo11gs, in JPOS 2 ( 1 922) 275. 323 Così, giustamente, A. Roben - R. Toumay. Le Cantique des canriques, p. 27 1 ; diversamen· te P. Joilon, Le Cantique, p. 292. 324 Cfr. A. Roben - R . Toumay, Le Cantique des cantiques, p. 271.

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327

61, 64, 82, 93), che è spesso rappresentata con grappoli di datteri in mano (cfr. Fi ­ gure 94-95). Anche in Israele questa pianta ha un posto di rilievo: Gerico era chiamata la « città delle palme >> (cfr. Dt 34,3; Gdc 1 , 16) ed Engaddi era rinoma­ ta per le sue palme (cfr. Sir 24, 14). Palme si trovavano nel recinto del tempio (cfr. Sal 92, 1 3 - 1 4) e i l santuario stesso era decorato con motivi ispirati alla palma (cfr. IRe 6,29.32.35; 7,36; Ez 40, 1 6; 4 1 , 1 8-20). 11 nome Tamar (= >) è colle­ gato con donne famose per la loro avvenenza (cfr. Gn 38; 2Sam 1 3; 2Sam 1 4,27). Per comprendere la metafora della palma, sottolinea giustamente Keel, non si può tralasciare lo sfondo mitico e religioso di quest'albero325• [vv. 9-IOa] Secondo movimento: Desiderio. Ali' « ammirazione >>, fa seguito, come in Ct 6, 1 1- 1 2, un monologo, in cui il diletto esprime il desiderio di unirsi ali' amata, usando la metafora del movimento. Si è notata sopra326 la correlazione dei due passi. Il movimento è espresso da due verbi antitetici: « sono sceso >> (Ct 6, I la) e « salirò >> (Cl 7,9a). L'aspetto interiore del processo è indicato dai due ter­ mini, anch'essi antitetici: è equivalente ali ' altra: >. Sono due immagini dell'unione, della >. Il legame dei due brani è confermato dall' uso della parola gepen, un termine poco usuale per indicare la >, in 6, I l e e 7 ,9d. Né in 6, 1 1 - 1 2, né in 7,9- 1 O si parla tuttavia di unione sessuale327, ma solo dei preliminari di questa. In Ct 6, I l si tratta di >. In Ct 7,9- 1 0 si parla già del godimento dell'amore, attraverso le classiche metafore del , come la risposta della donna nel v. l l b sottolinea (cfr. 6, 1 2a), non di realtà. L'u­ nione sarà descritta nel brano successivo, 7, 1 2 - 8,4, che si conclude con i due ritornelli del l 'abbraccio e del risveglio (Ct 8.3-4). Come nella prima parte del Cantico, anche nella seconda l ' autore descrive un vero e proprio itine rarium amoris. >. n verbo 'amar (dire) descrive un pro­ cesso interiore ed ha valore di presente. Esso >328• > ( 'ii/ah) è da intendere an­ zitutto in senso realistico. Per raccogliere i frutti, bisogna > sulla palma: i

"' O. Keel, Das Hohelied, pp. 224-226. 326 Cfr., in questo capitolo, p. 272 e Schef111J 48. m Contro G. Krinetzki, Kommentar zum Hohenlied, p. 200; G. Garbini, Cantico, pp. 1 071 08.260-262. Per giungere a una simile interpretazione, però, Garbini deve cambiare notevolmente il testo. Egli traduce i vv. 9e.l Oa: (M. Pope, Song, pp. 636-637). Sarebbe, qui, completamente fuori contesto '" Come contrasto si veda l ' arnara osservazione di Gb 1 9 , 1 7 . 348 Cfr. qui Prologo Ct l ,2 . 2, 7, p . 93 e nota 206. '" Effettivamente la Vetus Latina legge sicut ma/a granata, ma TM è appoggiato da LXX. Vulgata e Siriaca.

Nuovi canti del diletto Ct 6,4 - 7, l l

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parte interna della bocca dei due amanti si unisconol50• Allo scambio di umori che avviene durante il bacio, allude anche Ct 4, I l (>). Qui il liquido saliv are è chiamato >, come in Ct l ,2 e in 4, l O. Come il vino, i baci dell 'amata conducono l'uomo in uno stato di ebbrezza, lo portano fuori di sé nel l 'abbandono dell'amore. Si può cogliere un ulteriore rimando al w�f la me­ tafora del vino era stata usata a proposito del grembo della donna (v. 3). Il paralle­ lo sottolinea la corrispondenza tra il grembo e la bocca come espressioni deli' in­ timità femminitem. Del vino si sottolinea che è > (tob )352, dove con > si intende innanzi tutto lodare la qualità del vino (profumo, sapore), ma non è esclusa, come in Ct l ,2b e in 4, ! Ob, una connotazione morale353• [7,10b-1 1 ] Terza parte: Consenso. Come il v. IOa forma unità con 9éde, co­ sì l Ob con l Oc. Questa unione non è indicata solo dal fatto che i due stichi sono pronunziati dalla stessa persona (la donna), ma anche da un evidente paralleli­ smo. Ambedue, infatti, iniziano con un participio (h6lek, v. !Ob; d6beb, v. ! Oc), a cui fa seguito una coppia di sostantivi (l'dodf t•mestirfm, v. ! Ob; sipte j'senfm, v. !Oc). La rima finale (mesarfm-j'senfm) unisce ulteriormente i due stichi. A tale unità compositiva appartiene anche il v. I l . Contrariamente a una dif­ fusa opinione354, esso, come solitamente i ritornelli, non segna l ' inizio, ma la conclusione di una unità poetica (cfr., per ciò che riguarda il ritornello della mu­ tua appartenenza, Ct 2, 1 6 e 6,3). Il legame tra il v. !Obc e I l è suggerito dalla ri­ presa del termine d6df (v. I Ob e I l a, sempre nel primo stico). Contenutistica­ mente l ' affermazione dell 'appartenenza dell'amata al suo diletto (v. I la) motiva il dono del proprio corpo fatto al v. !Ob, mentre la sottolineatura dell 'aspetto re­ ciproco (v. I l b) corrisponde alla pluralità dei >, espressa al v. !Oc. Ritmicamente il v. I l , più corto (2 + 2 accenti), spezza il ritmo dei versi prece­ denti: i l che si addice bene al suo ruolo conclusivo. !

"" F. Delitzsch (Hoheslied und Koheler, p. 1 1 7) cita al riguardo Lucrezio (jungere salivas oris) e Ovidio (oscula per longas jungere pressa moras). Singolannente egli ritiene però che il nostro te­ sto si riferisca a « parole d' amore ». Così anche P. Jotion (Le Canrique, p. 294) e A. Robert - R. Tour­ nay (Le Cantique des canriques, p. 273). Noi abbiamo riconosciuto questa possibilità per Ct 4,10-1 1 (cfr. qui Canti del di/erro Cr4, l - 5, l , p. 185): effettivamente il « palato » è anche, come la « lingua», strumento della parola (cfr. Pro 5,3; Gb 6,30; 20, 13; 3 1 ,30). Ma qui il contesto richiede di compren­ dere il tennine in fanna erotica (in continuità con il tatto e l'odorato). "' G. Krinetzki. Kommenrar zum Hohenlied, p. 201. "' La LXX (oinos ho agalhos), la Vetus Latina e la Vulgata (vinum oplimum) intendono un su­ perlativo. TM k'jen ha.l!ob è strano: letteralmente significa « vino di bontà ». Joiion (Le Cantique. p. 295) vorrebbe intenderlo nel senso di « profumo », come un equivalente del « vino resi nato » di Cl 8,2. Ma i l parallelo con Cl 1 ,2 raccomanda un senso più generale. ·'" Cfr. qui Prologo Cr 1,2 - 2.7. p. 65. È significativo il fano che la radice fWb sia usata nel Cantico sempre in connessione con il bacio (Ct 1 ,2b. 3a; 4, 10b; 7,10a). '" G. Ravasi (Il Cantico dei cantici. pp. 587-59 1 ) fa iniziare con Cl 7,1 1 una nuova unità poe­ tica; così pure D. Colombo. Il Cantico, p. 124; D. Lys. Le plus beau chanl de la créarion, pp. 27027 1 ; M.D. Goulder, The Song of Fourleen Songs. pp. 60-6 1 ; W.H. Shea, The Chiasric Srrucrure of lhe Song of Songs, in ZAW 92 ( 1980) 385-387; E.C. Webster, Parrem in rhe Song of Songs, in JSOT 22 ( 1 982) 74-75; E. Bosshard-Nepustil, Zu Srrukrur und Sachprofil des Hohenliede.). Anche ora, la de­ scrizione dell 'unione (7, 1 2 - 8,5) è preceduta dall'assenso della donna (Ct 7,10b­ l l ) al desiderio del diletto (7,9- ! 0a). Il mancato assenso aveva portato al falli­ mento dell'incontro in 5,6: la porta può essere aperta solo dal di dentro. Anche nel Prologo, la descrizione dell'amplesso (2,4- 7) è preceduta e preparata da un duetto in cui a poco a poco le voci si fondono ( 1 ,9 - 2,3). Ancora una volta, per­ ciò, seguiamo TM. !asciandoci sorprendere dalla sua modernità. La donna non permette che l'uomo termini i l suo discorso, lo interrompe, inserendosi nella sua frase: il procedimento esprime la spontaneità di qualcuno che non è dato controvoglia, facendolo pesare: la donna lascia capire che la richiesta dell 'uomo corrisponde anche al suo più intimo desi­ derio. Soggetto sottinteso del verbo h6./ak (andare) è il « vino buono >>, cioè il li­ quido salivare scambiato nel bacio361• Questo aveva chiesto il diletto nel v. I Oa, e

"' Cfr. G. Ravasi, Il Cantico dei cantici. pp. 573-575. ,,. Cosl, ad esempio, M. Pope. Song. p. 639. "' Si vedano alcune congetture proposte: /'dOdim (« verso gli amanti »: cfr. R. Gordis, The Song, p. 97); /'dodaji (« verso le mie carezze »: cfr. V. Hamp. Zur Te:x:tkritik am Hohenlied, in BZ l [1957] 209; G. Krinetzki, Kommentar zum Hohenlied. p. 198); le}Jikki (>. La punizione comminata da Dio dopo il peccato non riguarda i l desiderio in sé (questo c'era anche prima del peccato)375, ma il dominio dell ' uomo sulla donna a esso conseguente. Questa subordinazione non esisteva prima del peccato, come il gioioso grido del l 'uomo in Gn 2,23 esprime. Orbene, la formula della reciproca appartenenza si rifà esplicitamente a Gn 2,23. Ciò vuole dire che il Cantico volutamente riconduce la sessualità umana alla situazione paradisiaca, to­ gliendo al desiderio la maledizione conseguente al peccato376• Nel piano di Dio, 37°

Cfr., in questo capitolo, p. 272. Cfr., in questo capitolo, p. 27 1 . m Cfr. qui Cami deli 'amJJta Ct 2.8 · 3.5, pp. 1 15-117; Nuovi canti deU 'amJJta Ct 5,2 - 6,3, pp. 263-265. 373 Si è notato (cfr., in questo capitolo, nota 19) che le versioni leggono qui filb (convertirsi) invece di saq (bramare). Una tale lettura va contro l'interpretazione allegorica di A. Robert - R. Tour­ nay (cfr. Le Camique des canriques, p. 276): è infatti impensabile una >: il secondo sul binomio: « rotondo-slanciato >>, cui è associato, in chiave psicologica, quello di « vicinanza-distanza >>. Ne risulta una figura femminile sfaccettata, complessa, non certamente convenzionale. La donna del Cantico è te­ nera, vicina, ma anche nobile, cosciente di sé, irraggiungibile. Porta guerra e pa­ ce allo stesso tempo. È disarmata e debole, tanto che le guardie delle mura la umi­ liano (cfr. Ct 5,7), ma ha in sé la forza irresistibile dei carri d'Israele (Ct 6, 1 2). Il carattere paradossale della figura della donna corrisponde a quello del l ' amore, misterofascinosum et tremendum che sconvolge la vita di una persona e allo stes­ so tempo sazia i suoi desideri pi ù profondi, disarmato eppure « forte come la mor­ te >>. Il Cantico parla dell'amore sessuale, ma ciò vale per ogni amore. Da qui pro­ viene anche la legittimità di leggere il libro in chiave teologica. Effettivamente il Dio d'Israele si è rivelato come un Dio-amore (cfr. Es 34,6-7): anche il suo « sde­ gno » si lascia comprendere come amore ferito (qin'a, cfr. Es 34,14), un termine che fa parte della professione di fede del Cantico (8,6). In nessun luogo si coglie meglio la forza paradossale del l 'amore come nella croce di Gesù Cristo. Gesù ha

177 Cfr. P. Jollon, Le Cantique, pp. 296-297: A. Robert - R. Toumay, Le Cantique des cantiques,

p. 276.

Parte seconda. Traduzione e commento

336

rinunziato coscientemente alla forza delle anni e ha creduto alla forza disannata de li' amore. La sua forza sta nella sua stessa debolezza, come

è vero anche

per la

donna del Cantico, malmenata dalle guardie, eppure vittoriosa. Se il primo wa.)'jesalta la forza sovrumana del l ' amata, il secondo ne sottolinea la corporeità. Non si tratta di disquisizioni astratte su principi filosofici o teologici: l'amore

è incarnato in

un corpo femminile, di cui è cantata la magnificenza. L: au­

tore non ha paura di soffermarsi sui dettagli più intimi: > (Gn 2,25). Non è una sgualdrina, quella che così è rappresentata, ma una (Ct 6, 1 2), essa

è

bella come Tirza e leggiadra come Gerusalemme (6,4),

nei suoi occhi si specchiano le piscine di Hesbon (7,5), il suo naso ha i l profumo del Libano (7 ,5.9), il suo capo la maestà del Cannelo (7 ,6). Di questo nobile po­ polo essa è > (Ct 7 ,2), e ne va fiera. r.: interpretazione allegorica ha notato questa continuità tra la donna e il popolo d' Israele. Da questa interpretazione noi prendiamo le distanze. Il reciproco è vero: la terra e la storia d'Israele sono lo sfondo su cui si può comprendere la vicenda umana dell ' amore in modo unico. L'amore ha fissato la sua dimora (cfr. Ct 7 ,5, >), a patto che sappia preservare la sua identità (Ct 7 ,5, >).

Nuovi canti del diletto Ct 6,4 - 7, I I

337

Il tesoro più grande che ha Israele è la sua fede in JHWH. Di lui, il Cantico parla solo una volta, in 8,6, ma le allusioni sono continue. Si è visto ciò a riguar­ do del diletto, rappresentato con caratteristiche divine. Lo stesso vale per l 'ama­ ta. Emblematico è Ct 6,8, dove alla donna è attribuita la caratteristica dell'unicità in termini che fanno pensare a Dt 6,4. Unica è la donna del Cantico, come unico è il Dio d'Israele. L'amore umano è la metafora più compiuta per comprendere qualcosa del mistero di Dio, e viceversa: solo in rapporto a Dio l 'amore umano acquista tutto i l suo senso. Monogamia e monolatria vanno insieme: l'amore ve­ ro ha il carattere dell'esclusività.

ULTIMI CANTI DELL'AMATA

Ct 7 , 1 2 - 8,4

Unione nella natura L'amata

7 12 « Vieni, mio diletto, usciamo nei campi ! Trascorreremo la notte fra i cespi d' alcanna', 1 3andremo, di buon mattino, alle vigne: vedremo se la vite ha gemmato, se i boccioli si sono aperti, se sono fioriti i melograni. Là ti darò il mio amore2• 1 4Le mandragore effondon profumo, e alle nostre porte è ogni sorta di frutti squisiti nuovi, anche vecchi3: diletto mio, per te li ho custoditi.

Unione nella città 8 1 Ah se

tu

fossi4 per me come5 un fratello,

allattato al seno6 di mia madre ! 1 TM /c'pàrfm può significare sia « villaggi » (da kapdr: cosl hanno letto, infatti, la LXX, en kiimais; la Vetus Latina, in castellis; la Vulgata, in vi/lis. e la Siriaca, bkpr'). sia , Ct 6 , 1 1 ; 7,9 e v. 1 3) ; jajin (>, Ct 7 , 1 0 e 8,2); rimmon (> , Ct 6, 1 1 ; 7, 1 3 e 8,2); Jadajim (>, Ct 7,4.8.9 e 8, 1 ) ; dOdi (> (cfr. Ct 3,4 ) . Alcuni autori propongono di correggere t'lamm•deni con te/•deni («che mi ha generato >>), dal­ la radice jld (cfr. W. Rudolph. Das Buch Ruth. Das Hohe Lied. Die Klagelieder, p. 178), ma si trat­ ta di /ectio facilior. TM è sostenuto dalla Vulgata (ibi me docebis) e da alcuni codici della Siroesa­ plare (didaxeis me). 8 Con TM. Alcuni manoscritti ebraici hanno il plurale rimmonim (cfr. BHS). Alcuni codici del­ la LXX, la Vulgata, la Vetus Latina e la Siriaca hanno il plurale con il suffisso di prima persona sin­ golare: « le mie melagrane >>. TM sembra preferibile come lectio dif.fici/ior.

340

· Parte seconda. Traduzione e commento

mio >>, Ct 7, 10. 1 1 e 12. 14); rea� (« profumo >>, Ct 7,9 e 1 4), e 'ahifbci (« amore >>, Ct 7,7 e 8,4). L'unità letteraria di Ct 7, 1 2 - 8,4 non è da tutti ammessa9• Effettivamente i due canti 7 , 1 2 - 1 4 e 8 , 1 -4 presentano uno scenario distinto: il primo si svolge i n campagna. nella natura, il secondo nella città e nella « casa della madre ». Il le­ game che unisce i due quadri non è narrativo, ma lirico: è appunto la contrappo­ sizione tra « natura >> e >, un Leitmotiv del Cantico, già introdotto nei due wa$/ di 6,4-1 2 e 7 ,2-6. In ambedue i canti si parla di unione, ma in 7,12-14 i due amanti sono soli, immersi nella natura, mentre in 8, l -4 essi sono inseriti nella società familiare e cittadina. Il tema della società sarà ripreso e approfondito nel­ l ' Epilogo (8,5- 14). Gli Ultimi canti dell 'amata formano così inclusione con i primi due, ali ' inizio della prima parte del poema. In C t 2,8- 17 si cantava infatti l'amore nella natura. mentre in 3, 1-5 si contrapponeva a questo quadro idillico la ricerca del l 'amato per le strade e le piazze della città. Nei due casi, I' amore ha la meglio sugli ostacoli posti dalla > (3,4; cfr. 8,3 ), ma questa è redarguita per il suo atteggiamento ostile nei riguardi dell'amore (3,5; cfr. 8,4)10• Trattan­ dosi di una conclusione, è naturale cogliere in essa molteplici legami con ciò che precede". Schema 64 I. Natura, 7, 1 2- 1 4 (uscire) Il. Città, 8, 1-4 (entrare)

problema, vv. 1 2- 1 3 risposta, v. 1 4 problema, vv. 1 -2

a) rimmonim, v. ! 3d b) natan, v. 1 3e b) natan, v. 14a b') natan, v. l a a') rimmoni, v. 2d

risposta, vv. 3-4. Oltre che dalla polari là >, i due canti sono legati anche dal­ l 'altra: > (cfr. Schema 64). Ai due verbi > (Ct 7, 1 2) corrispondono infatti, in 8,2, altri due verbi che indicano il movimento in­ verso: >12. l legami letterali tra 7, 1 2- 1 4 e 8, 1-4 9 A parte il fatto che la maggior parte dei commentatori cominciano il canto con il v. I l , sono rari quelli che osservano l 'appartenenza reciproca dei due canti Ct 7, 1 2 · 1 4 e 8.1·4. Fra questi pochi, si vedano: G. Ravasi, Il Cantico dei cantici, pp. 588·592; D.A. Dorsey, Lirerary Strucruring in rhe Snng ofSongs, in JSOT 46 ( 1 990) 89·90; H.·J. Heinevetter, « Komm nun, mein Liebsrer, Dein Gar· ten ruft dich! », p. 157; D. Lys, Le plus beau chant de la création, p. 270. O. Keel (Das Hohe/ied. pp. 233-242) divide cosl: Ct 7 , 1 2- 1 3 ; 7,14 · 8.2; 8,3·4; G. Krinetzki (Kommemar zum Hohenlied, pp. 204-2 16): Ct 7 , 1 2·1 3; 7,14; 8,1·2: 8,3; 8,4; G. Gerleman (Rurh. Das Hohelied, pp. 205·2 1 3): Ct 7,12-13; 7,14 - 8,4. Più frequente è la divisione nei due canti indipendenti: Ct 7 , 1 2- 1 4 e 8, 1 -4 (cfr.. ad esempio, W. Rudolph, Das Buch Rurh. Das Hohe Lied. Die K/agelieder, pp. 175-179; G. Garbi· ni, Cantico, pp. 263·268). 10 Per i rimandi letterali tra Ct 2,8 - 3,5 e 7, 1 2 · 8,4, cfr. qui Nuovi canti dell 'amara Cr5,2 . 6,3. p. 2 1 8. 11 Dato il legame dei Nuovi canti dell'amata (Ct 5,2 · 6,3) con i primi (Ct 2,8 · 3,5), è natura· le notare anche il legame dei nuovi canti dell'amata con gli ultimi. Anche nei nuovi, infatti, si può notare la stessa contrapposizione tra città (Ct 5,6·9) e natura (Ct 6,2-3). Le corrispondenze letterali sono: « trovare >> (Ct 8, 1 e 5,6.7.8) e , Ct 7, 1 3d; 8,2d): i quattro termini formano una corrispondenza chiastica (a-b-b' -a')13• La struttura dei due canti è per molti versi somigliante. Ciascuno si compo­ ne infatti di due parti, in cui la prima pone una domanda o una difficoltà, la se­ conda offre la risposta. In 7, 1 2- 1 3 la donna vuole vedere se le piante sono in fio­ re. La risposta è data in Ct 7 , 1 4 : non solo i fiori, ma anche i frutti sono a disposizione. Analogamente, in 8 , 1 -2 la donna si vergogna di abbracciare in pub­ blico il suo uomo: in 8,2-4 l 'abbraccio avviene, nonostante le chiacchiere della gente ( >). Unione nella natura (Ct 7,12-14). TI canto si compone, come abbiamo nota­ di due strofe, vv. 1 2- 1 3 e v. 14, che si possono considerare come domanda e risposta. Ali' interno di ciascuna strofa si può notare un 'ulteriore bipartizione, nel senso che all ' inizio si evoca la metafora della natura (vv. 1 2- 1 3d. I4a-c), alla fine si parla del rapporto dei due amanti (vv. 1 3e. l 4d). La struttura è, in questo senso, alternata: a-b-a' -b' (cfr. Schema 65). to,

Schema 65 7 , 1 2- 1 3 7, 14

a) natura, vv. 1 2- 1 3d b) amore, v. 1 3e a') natura, v. 1 4a-c b ' ) amore, v. 14d

dOdi (v. 12a); pt'ital,z (v. 1 3c) nt'itan; dodim dudii 'fm; natan (v. 1 4a); patal,z (v. 14b) dadi.

Fra le corrispondenze lessicali, è da sottolineare anzitutto l ' inclusione me­ diante il termine dodi (vv. 12a e 14d). I l termine forma una sottile paronomasia con i correlati dodim (carezze, v. 1 3e) e dudcl 'im (mandragore, v. 1 4a), posti, il primo, a conclusione della prima strofa e, il secondo, a inizio della seconda, in modo da formare altrettante inclusioni con dodi. Un'altra corrispondenza offre la radice ptl,z, presente al v. l 3c (>) e al v. 14b (>). Infine, il verbo nt'itan (donare) unisce la fine della prima strofa ali ' inizio della seconda (vv. 1 3e. l 4a). I quattro termini si corrispondono in forma chiastica (cfr. Schema 65). Dal l 'inizio alla fine del canto, si nota una progressione nell'uso dei sensi. Si passa dal > (v. 1 3b), all 'odorare (>, v. 14a), al mangiare (>, v. 1 4b-d), riprendendo l ' itinerario già osservato in Ct 7,1 - 1 1 : natural­ mente, si intende parlare del godimento amoroso. La progressione continua in Ct 8,2, dove si parla del >. Parallelamente, si passa dalla descrizione dei >, nella prima strofa, a quella dei > nella seconda: la prima strofa evoca la primavera, la seconda l ' autunno. [7,12-13] Prima strofa: l fiori. Dal punto di vista ritmico, la strofa è basata sul ritmo temario (cfr. Schema 66). A uno stico isolato (v. 1 2a), fanno seguito tre coartativi alla prima persona plurale (>, « trascorreremo la notte >>, 13 Si noti, inoltre, l'aggancio mediante la particella gam (), denotanti un movimento verso la natura come luo­ go dell'amore (vv. 12b- 1 3a). Il quarto verbo della serie (>) regge una serie di tre proposizioni interrogative (v. l 3bcd). Uno stico isolato (v. l 3e), che fa da pendant a quello iniziale, conclude la strofat4• Schema 66 usciamo se

la vite ha gemmato

Vieni trascorreremo la notte Vedremo se sono sbocciati i fiori Ti darò.

andremo di buon mattino. se fioriscono i melograni.

[v. l2] >. I due verbi, « vieni >> (te/w) e « uscia­ mo >> (ni!$e'), hanno il loro corrispettivo, il primo in Ct 2, 10. 1 3, il secondo in Ct l ,8 (cfr. 3, l i ). Nei due casi, abbiamo notato il legame con il carattere esodi co del­ l' amore, quale è espresso emblematicamente in Gn 2,24. Nella prima parte del poema era invitata a uscire la donna (in Ct 2, l 0. 1 3 da parte del diletto): ora è lei a prendere l ' iniziativa, a invitare il suo uomo ad abbandonare le sicurezze per affi­ darsi all 'avventura dell ' amoret5• Vuole così riparare alle titubanze di Ct 5,3? Il plurale (). Abbiamo rilevato un fenomeno ana­ logo in 1 ,1 5 - 17, dove il singolare degli amanti, ai vv. 1 5 - 1 6, si trasforma nel plu­ rale del v. 1 7 (>, >, « nostro soffitto »). L' > e il > cedono il posto al >. In particolare, per ciò che riguarda l ' >, il richiamo è a Ct 4,8: >. Il viaggio si fa insieme, come l ' ico­ na di Ct 8,5 esprime: >. La mèta del viaggio sono « i campi >> (stideh). Il termine esprimeva, in 2,7 e 3,5, l'habitat degli animali selvaggi, cioè la steppa, il deserto. Qui esso ha un al­ tro significato, come il contesto indica: stideh è messo infatti in parallelo con i ) rimanda a Ct 1 , 1 3: « Un sacchetto di mirra è il mio diletto per me: fra i miei seni trascorre la notte (jalfn) >>. L'accostamento dei due brani è certa­ mente intenzionale, perché altri due lessemi di Ct 1 , 1 4 (« alcanna >>, « vigne >>) so­ no ripresi in 7, 1 2b.1 3a. In tale contesto, tradurre k'piirfm con « villaggi >>, seguendo le versioni anti­ che, sembra francamente fuori luogo20• Il termine è specificazione di « campi >> (siideh, v. 1 2b) e sta in parallelo con « vigne >> e « melograni >>. Se i due giovani vogliono stare soli, certo non passano la notte in un villaggio, dove gli occhi del­ la gente non sono meno indiscreti che nella città. Il quadro che si delinea è simi­ le a quello di Ct 1 , 1 6- 1 7 (« Il nostro letto è di tenero verde, travi della nostra ca­ sa sono i cedri, nostro soffitto i cipressi >> ) 21• La campagna non è soltanto occasione per l 'intimità dei due amanti, ma anche l ' ambiente dell'amore. Non si tratta, però, di identificazione dei « cespi d'alcanna>> con la donna: questo av­ verrà fra poco, nel v. 1 3bcd. Ora,. nei vv. 1 2 - 1 3a, « campi >>, « cespi d'alcanna >> e « vigne >> non sono direttamente simboli della donna22. Ciò è escluso dal fatto che 17 Secondo la versione Siriaca, la LXX, la Vulgata e il Targum. BHS propone di congetturare per TM: ne/'kiih hassadeh. 18 « Nei villaggi della campagna gli amanti vogliono passare la notte facendo l 'amore, non la guerra >> (A. Lacocque, Romance. She Wrore. p. 1 58); '' [ .. . ] per sottolineare, non senza polemica, la differenza tra i l suo invito all' amore e quello che i l testo sacro presentava come invito alla morte » (G. Garbini, Cantico, p. 264). 1 9 « Uno esce in campagna quando vuo]e essere solo (con qualcuno) e inosservato dalla gente >> (0. Keel, Das Hohelied, p. 234). 2° Contro, fra gli altri, F. Delitzsch, Hoheslied und Kohelet, p. 1 20; P. Jotion, Le Canrique, p. 298; A. Roben - R. Toumay, Le Cantique des canriques, p. 278; G. Gerleman, Ruth. Das Hohelied, p. 207; G. Krinetzki, Kommenrar zum Hohen/ied, p. 204; D. Colombo, Il Cantico, p. 1 25; R.E. Murphy, The Song of Songs, p. 1 80; A. Lacocque, Romance, She Wrote, p. 158. Anche la proposta di E. Salvaneschi (cfr. Cantico, p. 97), che l ' autore abbia giocato sui due sensi della parola, mi sem­ bra, in questo caso, inverosi mile. 21 Sul sottofondo mitico del " !ello nel verde » e sui paralleli con la poesia ellenistica ed egi­ ziana, cfr. qui Prologo Ct 1,2 2,7, p. 85, nota 157. 22 Contro G. Krinetzki (cfr. Kommentar zum Hohenlied, p. 206), che vi vede allrettanti simbo­ li della " grande madre ». Si veda la decisa stroncatura di Keel: " Al posto di Israele, della Chiesa o dell ' anima credente, è !"'anima" o la "Grande Madre" che adesso spunta dietro ogni ceppo di vite. Il grande pentolone e la grande monotonia prendono di nuovo il sopravvento e appiattiscono la ric­ chezza della rappresentazione » (0. Keel, Das Hohelied, p. 234 ). ·

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Parte seconda. Traduzione e commento

la donna è parte del soggetto plurale dei verbi: essa non può esserne allo stesso tempo soggetto e oggetto. Nel nostro canto, le metafore naturali oscillano conti­ nuamenle tra due significati: talvolta sono il luogo dell' amore (, v. 1 3b ). Un caso analogo si può riscontrare nella metafora del giardino, che in Ct 5 , 1 2 è identificato con la donna (> ), mentre in 8, 1 3 si di­ ce, della donna, che >. [v. 13] Il v. 1 3a (naJkima /akk> ). Infine, si deve notare la po­ lari là tra > (niillna) e > (niiskimiì). La successione temporale è conseguente. Secondo un' antica tradizione, riferita nella Mishnah e nel Talmud Babli, le ragazze di Gerusalemme erano solite uscire due volte al i ' anno, il 1 5 di Ab e il Giorno del Perdono, per danzare fra le vigne26• Erano, queste, occasioni propizie in cui un giovane poteva trovare la donna della sua vita. Forse anche in Gdc 2 1 , 15-25 si conserva l'eco di una simile usanza27• È possibile che tali tradizioni giochino un ruolo sullo sfondo del nostro verso: esse sono però trasfigurate e in­ globate nella poetica del Cantico. Se, da una parte, naJkimiì lakkriimfm è collegato con ciò che precede, esso funge anche da immediata introduzione a ciò che segue. Infatti, il > de­ nota un legame con la luce: occorre che si faccia mattino, per poter vedere . L' og­ getto stesso del vedere, la gepen (vite), si comprende come specificazione delle Jceriimim, come uno degli elementi delle >. La divisione di TM, che pone nafkima lakk e 37• Là, come in 7 , 1 4, si tratta di donare profu­ mo, qui di donare amore: le due cose sono, nel linguaggio del Cantico, sinonimi. È, comunque, illuminante il modo con cui la donna rappresenta l ' incontro ses­ suale: come un , perché dietro il dono del proprio amore c'è il dono di sé, e questo è reciproco, come 8, l lascia inten­ dere. Gollwitzer ha ragione di affermare che nel Cantico l ' eros è inseparabile dali ' agape38. [7,14] Seconda strofa: l frutti. Non tutti ammettono che il v. 1 4 sia collega­ to con i due versi precedenti. I recenti autorevoli commentari di Krinetzki e Miil­ ler lo trattano come una composizione a sé, mentre Gerleman e Keel lo uniscono a Ct 8 , 1 -439. I motivi per considerarlo la seconda strofa del canto Ct 7 , 1 2- 1 4 so­ no stati elencali sopra: vorrei sottolineare ancora il rapporto delle due strofe co­ me domanda e risposta. I l v. 1 3 terminava con una promessa condizionale: 55. « Diletto mio, per te li ho custoditi >>. La donna passa qui evidentemente dal significante al significato: i frutti sono simbolo delle gioie che ella vuole dare al suo uomo nell'intimità amorosa. Strutturalmente la frase sta in parallelo con la conclusione della prima strofa: « Là ti darò il mio amore >> (v. 1 3e). Le due frasi esprimono un'antitesi, già rilevata a proposito del giardino, che è > (Ct 4, 1 2) per « aprirsi >> al diletto (Ct 4,1 6)50• Analogamente qui i « frutti >> sono anzi­ tutto « conservati >> (il verbo ebraico $iipan significa propriamente « nasconde­ re >>): il termine è un accenno discreto alla castità e al riserbo, che è qualità fon­ damentale del fascino femminile. Il Cantico non esalta certamente la promiscuità sessuale. La castità, però, non è sentita come una privazione: essa è una qualità dell'amore ed è a esso finalizzata. Come nel caso del giardino, anche qui i frutti sono « custoditi >> ($iipan, v. 1 4) per essere « donati >> (niitan, v. 1 3) alla persona amata. In tale contesto, Krinetzki parla ancora del « mistero >> (.yapan) che ogni amante resta per il proprio partner. Nell 'intimità sessuale il mistero si svela, ma sempre parzialmente, mai del tutto: « Solo in quanto ciascuno, specialmente la donna per l'uomo e viceversa, rimane per l'altro un mistero, i due amanti posso­ no attrarsi l'un l ' altro e incontrarsi con sorprese sempre nuove, che rendono la lo­ ro relazione interessante e, alla lunga, degna di essere mantenuta >>57•

Unione nella città (Ct 8,1-4). Il piccolo canto è chiaramente delimitato dal precedente per il diverso scenario: i due quadri, « amore nella campagna >> e « amore nella città >>, sono giustapposti l ' uno all 'allro, senza apparente conti­ nuità. Il passaggio non è narrativo, ma logico, ed è quello di un'antitesi : quanto la natura è alleata dell ' amore, altrettanto la società è ad esso ostile. Il v. l a ( « Ah se tu fossi per me come un fratello >>) pone la realizzazione del sogno d'amore sotto il segno dell' impossibilità: quanto è descritto nei v v. 1 -2 è visto come qual­ cosa di irraggiungibile. Meno chiara è la delimitazione dal contesto seguente. Diversi autori separano i vv. 1-2 dai vv. 3-4: questi sarebbero una pedissequa ripetizione di 2,6-7 e 3,5, che non avrebbe a che vedere con i precedenti versetti5�. Effettivamente, il passaggio dal v. 2 al v. 3 è piuttosto brusco: non ci sono legami lessicali diretti tra i vv. 1 -2 e i vv. 3-4. Ma si è notato più volte che i ritornelli del Cantico non sono mai una ripe-

" Cfr. G. Krinetzki, Kommenrar zum Hohenlied, p. 209. " Sant' Agostino, Confessionum libri lredecim 1 0,27,38 (tr. it.: Le confessioni [edd. M. Pellegrino - C. Carena - A. Trapé · F. Monteverde]. pp. 332-333). " Cfr. qui Canti del di/erro Ct 4.1 . 5.1, pp. 1 9 1 - 1 92. " G. Krinetzki, Kmnmemar zum Hohenlied, p. 209. " Si vedano. in questo senso, fra i commentatori più recenti: G. Krinetzki, Kommentar zum Hohenlied, pp. 2 1 3-216; O. Keel, Das Hohelied, p. 242; M .T. Elliott, The Lirerary Uniry ofrhe Can­ ricle, p. 1 86. Alcuni autori eliminano addirittura i due versetti, come aggiunta tardiva, ad esempio H.-P. Miil ler. Das Hohelied. p. 81; G. Garhini. Cantico, pp. 1 1 3.266: G. Ricciotti, /1 Cantico dei call­ tici. pp. 273-274.

350

Parte seconda. Traduzione e commento

tizione meccanica: essi si inquadrano logicamente nel loro contesto. Sopra!I'J abbia­ mo suggerito la possibilità di considerare i due versetti come la risposta alla diffi­ coltà sollevata dai vv. 1 -2: ciò che nei vv. 1-2 pareva impossibile, si realizza ora ( l ' amore supera le difficoltà che gli erano frapposte dalla società). D' altra parte, i due ritornelli dei vv. 3 e 4 segnalano la conclusione di una unità (cfr. Ct 2,6-7 e 3,5). Perciò, diversamente da Lacocque60, uniamo il v. 5, che pure presenta chiari legami lessicali e tematici con i vv. l -4, a ciò che segue, non a ciò che precede. Anche se mancano precise riprese lessicali, un'inclusione tra l ' inizio e la fi ­ n e del canto può essere vista nella polarità > (v. l b; o >, v. l a) e '' figlie (di Gerusalemme) >> (v. 4a). Il tema della città appare ali ' inizio (" fuori >>, v. le) e alla fine del canto (« figlie di Gerusalemme >> , v. 4a), mentre nei due versetti centrali la scena si svolge nella « casa della madre >>. Questo è chiaro per il v. 2, ma è implicito anche per il v. 3, se è vero che in esso si descrive l 'amplesso (si veda il parallelo con 3,4, immediatamente prima del " ritornello del risveglio >>). Come il canto precedente, anche 8,1-4 è perciò costituito di due strofe, divise a loro volta ciascuna in due parti : la disposizione, qui, è chiastica (cfr. Schema 67).

Schema 67 l. Ostacoli all 'amore (vv. 1-2)

II. Vittoria del l ' amore (vv. 3-4)

a) in città (v. l ) b) i n casa (v. 2) b ' ) in casa (v. 3) a') in città (v. 4)

fratello, madre madre figlie.

La critica alla società sarà ripresa nel l ' epilogo del Cantico, dove i vv. 8- 10 prendono d i mira l a famiglia (i " fratelli >>), mentre i v v. 1 1 - 1 2 s i riferiscono alla società cittadina (Salomone). E tuttavia la società non ha soltanto un aspetto ne­ gativo: l ' unione avviene, nonostante l ' opposizione, non più fra le vigne, ma nel­ la città e nella casa della madre. Come nella prima parte del poema, discretamen­ te è insinuato il tema dell ' istituzione (cfr. Ct 3,6- 1 1 e 4, l - 5 , 1 )6 1 • [8,1-2] Prima strofa: Ostacoli frapposti dalla società. [v. l] " Ah se tu fossi per me come un fratello . . . >>. La frase iniziale offre diverse difficoltà di interpreta­ zione. La difficoltà principale è data dal termine « fratello >> ( 'iii}). Ci si chiede se il desiderio della giovane sia ragionevole, dal momento che, se il diletto fosse suo fratello, lei non potrebbe più sposarlo. Si è cercato perciò di intendere il termine in senso largo, come equivalente a « fidanzato >>, o di trovare paralleli etnografici in cui il matrimonio tra fratelli è ammesso62• La possibilità teorica di intendere il ter59 Cfr.. in questo capitolo, p. 34 1 . 60 A . Lacocque, Romance, She Wrote, pp. 160-168. 6 1 Contro O. Keel (Das Hohelied, p. 242), che pensa si tratti del sogno imposs ibile di un amo­ re incestuoso (s imi lmente anche F Landy, Paradoxes, p. 97). Una tale lellura è possibile solo iso­ lando Ct 8, 1 -2 da ciò che segue: non solo 8,3-4, ma anche 8,5- 14 parlano di un amore vissuto nella città e nella famiglia. 62 Per una rassegna delle diverse possibili interpretazioni, rinviamo a D. Lys, Le plus beau challl de la création, pp. 277-278; M. Pope, Song, pp. 655-657; G. Ravasi. /1 Camico dei cantici, pp. 610-613.

Ultimi canti dell 'amata Ct 7,12 - 8,4

35 1

mine in questo senso è innegabile, dal momento che l'amata stessa è chiamata > è confermato dalla frase che se­ gue: « Allattato al seno di mia madre >>. Qui è chiaro che si tratta di un desiderio im­ possibile: i due giovani appartengono a due madri diverse (cfr. Ct 3, I l ; 8,5). Il ter­ mine « seni >> (Siidajim) rimanda a 7,8.9, dove si parlava dei seni dell'amata. Il passaggio dall'amata alla madre è significativo: le due immagini si sovrappongono. Nel seno della propria donna, l 'uomo ritrova la propria madre: e d'altronde la don­ na stessa diverrà madre. Questa continuità generazionale sarà sottolineata al verset­ to seguente, dove l 'unione dei due amanti avviene « nella casa della madre >>. Il de­ siderio di « fraternità >>, dunque, non è solo funzionale al mondo di fuori, come sarà espresso nel v. l cd, esso manifesta un aspetto profondo del! ' amore, già evidenziato dall'appellativo « sorella>> con cui il diletto chiama la sua donna. È la « consangui­ neità >> instaurata dal rapporto amoroso63, come è espressa nella formula di Gn 2,24: >. I due amanti divengono una stessa carne, fanno parte della stessa famiglia, succhiano il latte della stessa madrel'4• È l' immagine più alta della confidenza e dell'uguaglianza, fino ali' identificazione, delle due persone65: che naturalmente va completata con quella, antitetica, della lo­ ro estraneità, espressa nel carattere > dell'amore. Si è notato sopra la ten­ sione tra > (Ct 7, 1 2a) e > (Ct 8,2)66• Il motivo che la donna adduce, per spiegare questo desiderio di consangui­ neità, è di tipo sociale: « Trovandoti fuori, ti bacerei, e nessuno mi disprezzereb­ be >> (v. led). Il verbo « trovare >> (mii$ ti') congiunge il nostro canto con 3, 1 -5 e 5,2-8, le due ricerche notturne. Anche il termine > fa pensare alle « strade e piazze >> di Ct 3,2, e, dietro al verbo « disprezzare >> (buz)61, si può vedere un'al63 Cfr. , a questo riguardo, F. Landy, Paradoxes, pp. 99- 100. 64

Si veda, a questo riguardo, la significativa rappresentazione di due gemelli allattati al seno del­

dell'amore, Figura 105. Krinetzki interpreta questo processo alla luce della psicologia del profondo di Jung: > di 3,3 e 5,7. Nei tre casi la società è rappre­ sentata come un ostacolo ali' amore. L'amore non è comprensibile per coloro che stanno al di fuori di questo rapporto, è sentito come disordine, sconvolgimento delle regole sociali. A detta di Wetzstein, presso gli arabi nemmeno lo sposo può baciare la propria sposa in pubblico, ma soltanto i l fratello o il cugino68• Se la gio­ vane si azzardasse a baciare per la strada il suo diletto (si noti come l'iniziativa sia della donna, realtà impensabile nel mondo orientale), sarebbe presa per una poco di buono (cfr. Ct 1 ,7). Effettivamente la « donna straniera >> di Pro 7,6-27 adotta un simile comportamento (i due termini: /Jfl$ [>, Pro 7, 1 2] e niisaq [>, Pro 7, 1 3 ] appaiono anche in Ct 8 , 1 ). Ma si tratta, appunto, di una donna dissoluta, il cui comportamento è severamente condannato dali ' autore dei Proverbi. Un tale problema non si poneva in Ct 7, 1 2- 1 4: là i due giovani erano soli, at­ torniati dalla natura amica. Ma l 'amore non può restare così. Esso deve affrontare la società69, anche se questa è potenzialmente nemica, non comprende gli innamo­ rati, perché sta al di fuori del loro rapporto, ragiona con altri parametri (cfr. 8,81 2). La simpatia dell' autore non va certamente alla società, da lui anzi pregata di non disturbare l ' amore (v. 4)1°. E tuttavia egli non propone la fuga da essa. La so­ cietà, nonostante i suoi limiti, ha un ruolo imprescindibile nella realizzazione del­ l 'unione. Il contesto nuziale, che nella prima parte del Cantico precedeva l 'unio­ ne dei due amanti (si veda i l corteo nuziale, 3,6- 1 1 , e l'appellativo > in 4, 1 .3) è rievocato alla fine della se­ conda. Si è accennato alla ripresa del tema del > in Ct 6,7. Nel nostro canto, la dimensione sociale del i ' unione si può cogliere neli' accenno alla > (Ct 8,2), e alle > (Ct 8,4)1 1 • [v. 2] Dopo aver criticato la società, che impedisce ai due giovani di vivere il loro amore alla luce del sole, l ' autore passa a criticare la famiglia. Si tratta, in­ fatti, anche al v. 2, di critica: i verbi esprimono il condizionale del i ' impossibilità, retto dalla protasi del v. l ab: >. La consanguineità per68

Citazioni in A. Robert - R. Toumay, u

Cantique des cantiques, p.

283; si vedano, in questo

senso, anche D. B uzy, Le Cantique, p. 355; D. Lys, Le p/us beau chant de la création, p. 278. 69 G. Krinetzki (Knmmentar zwn Hohenlied, p. 2 1 0) intitola il brano Ct 8, 1 -2: « Desiderio del­ la fine dei sotterfugi » ( " Schnsucht nach einem Ende der Heimlichkeiten » ). Va notato, tuttavia, che l ' autore del Cantico non dipinge l ' incontro nella natura come qualcosa di rip rovevole. una sorta di amore clandestino. ' '" L' aspetto critico del Cantico rispetto alla società è sottolineato, forse un po unilateralmen· te, da H.-J. Heinevetter (« Knmm nun. mein Uebster. Dein Garten ruftdich! », p. 1 88): ), che caratterizzava il v. l , l'autore passa ora a quello chiuso, protetto, della casa: l 'unione non può avvenire in pubblico, ma so­ lo nella >. Come membro della famiglia, la donna ha l ' incari­ co di >72, cioè di > (niihagj13 l'ospite. Il secondo verbo, > (bo ' in forma hif'il), è usato nel Cantico generalmente per indicare il luogo dell ' amore (cfr. Ct 1 ,4; 2,4; 3,4). >, in particolare, è ripresa di Ct 3,4, dove è seguito dall' espressione: >74• Anche nel nostro caso la > è da comprendersi in questo senso: ciò che segue parla, infatti, di un in­ contro intimo. Si diceva, a proposito di Ct 3,4, della singolarità dell'espressione > 75• Il tema della > era già stato introdotto al v. l b, e sarà poi ripreso al v. 5d: essa è l ' unica persona della famiglia di cui si parli in for­ ma positiva. Il testo suggerisce, ancora, un' identificazione tra > e >. È significativo che l'unione avvenga sempre nella > (in 3,4 e 8,2 della madre di lei; in 8,5 di quella di lui). È un ritrovare la propria >, le radici primordiali della propria esistenza76• Ed è un immettersi nel flus­ so della vita, ricevuta e donata, un legarsi alla catena delle generazioni che rin­ nova la vittoria sulla morte. Il verbo che segue, t'lamm'deni, è ambiguo, potendo riferirsi sia alla secon­ da persona singolare, il diletto (letteralmente. >), sia alla ter­ za femminile, la madre (> ). Dal momento che il contesto parla di un incontro intimo, la prima lettura sembra preferibile77• Il brusco cam­ bio di soggetto rivela forse la preoccupazione dell'autore di esprimere la >, Id reciprocità del rapporto amoroso: nel > l' iniziativa è della donna; nell ' >, è dell'uomo. Ma non solo di lui, perché in Ct 8,5 sarà nuovamente lei a > il suo uomo. Quanto al significato del verbo > (siiqiih, Ct 8,2c): que­ sta coerenza del! ' itinerario amoroso testimonia una continuità dei due canti, no­ nostante l 'ambientazione diversa. Anche in Ct 5, l la metafora del « bere >> segue quella del « mangiare >>: nei due casi si esprime la dell'amore80• L'ebraico 'aJl{kii (>) forma assonanza con 'essiil{kii (>, v. l e): le consonanti dei due verbi sono le stesse. L'accostamento fa pensare che l 'autore veda, nel >, i baci, riprendendo l 'immagine di Ct 7,10. Il lega­ me tra i due testi è confermato dali' oggetto del bere in Ct 8, l , jajin hiireqal,8t (>), che fa pensare aljen ha!fob (>) di 7, l 0: anche qui si allude probabilmente allo scambio di liquidi nel corso del bacio. Il termine tec­ nico jajin hiireqal, designa il vino miscelato con aromi, come il mezeg di Ct 7,381 . Come e più del vino, le carezze della donna, i suoi baci, sapranno « inebriare >> l'uomo, trasfigurandolo nell'estasi dell 'amore (cfr. 1 ,2-3; 4,10- 1 1 ). Al > è accostato il « succo del mio melograno >>. Spremendo le mela­ grane, si ottiene un succo dolce e rinfrescante, che va bevuto subito, prima che fermenti 83• Ma l'espressione > ( rimm6ni)84 fa cogliere inequi­ vocabilmente un significato erotico. Il richiamo è a Ct 7, 1 3d (« se fioriscono i melograni >>). I « melograni >>, dunque, non solo sono fioriti, ma hanno dato i loro frutti (Ct 7 , 1 4), il cui succo ora è offerto al diletto. Il gioco metaforico è coeren­ te, tanto più che in 7,1 3 al melograno è associata la vite, il cui frutto, il vino, è of­ ferto, assieme al succo del melograno: si conferma dunque l'unità letteraria dei due canti 7, 12- 1 4 e 8, 1-4. Si accennava, a commento di Ct 7, 13d, che la melagrana è metafora classica dei seni: forse è allo « stringere i seni >> (cfr. 7,9) che la « spremuta del mio melo­ grano >> si riferisce. Ciò a cui il diletto anelava, > (Ct 7 ,9) e « be'

" Spesso è addouo in questo senso Ger 13,21, un testo controverso, dove si parla degli amo­ reggiamenti di Gerusalemme con le nazioni: «Che dirai quando saranno posti sopra te, come capi. coloro a cui tu stessa hai insegnato (limmadt)? ». 79 Una poesia araba attribuisce !'. [8,3-4] Seconda strofa: Il trionfo dell 'amore. La descrizione dell'unione nella casa della madre è così appassionata, che ci si dimentica che essa è solo un sogno, retto dall' impossibile condizione del v. l a: « Se tu fossi mio fratello . . . >>. Solo dopo che la donna avrà fatto accettare alla città e alla sua famiglia il diletto come « fratello>>, sarà possibile che questo sogno diventi realtà. Di fatto, nei vv. 3-4 si presenta questa realtà: l 'unione, che nei vv. 1 -2 era dichiarata impossibile, è descritta nei vv. 3-4. Ciò vuole dire che l 'ostacolo è stato superato, che vera­ mente il diletto è diventato, in qualche modo, « fratello >>. l: unione si realizza, dunque, nella « casa della madre >>, come anche il v. 5cde conferma (qui si tratta in verità della madre di lui, ma le due immagini si sovrappongono: è il contesto familiare che importa), e in città: le « figlie di Gerusalemme » sono pregate, al v. 4, di non disturbare questa unione, mentre al v. 5ab guardano con ammirazione, non certo con « disprezzo >>, l 'abbraccio della coppia. l vv. 3-4, considerati a tor­ to come estranei alla composizione, si rivelano invece strettamente a essa colle­ gati; cosa d'altronde comune a tutti i « ritornelli >> finora esaminati. Essi segnala­ no sì la conclusione di una più ampia unità compositiva (così si spiega l 'assenza, in essi, di diretti riscontri verbali con il brano precedente), ma allo stesso tempo sono la conclusione del canto 8, 1 -4 (e ciò spiega le varianti dei ritornelli in con­ fronto con i passi paralleli). [v. 3] 11 « ritornello del l 'abbraccio » è ripresa letterale, se si eccettua una tra­ scqrabile differenza85, di 2,6, al cui commento rimandiamo86• In esso si descrive, in maniera pudica e piena di tenerezza, tipica del Cantico, l ' amplesso dei due amanti 87• Esso perciò segnala la conclusione di una unità poetica, che va dalla se­ parazione all'unione. Come Ct 2,6 concludeva il Prologo ( 1 ,2 - 2,7), così 8,3 conclude la seconda parte del poema (5,2 - 8,4). Nel corso di questa parte, non si descrivono altre unioni; è verso questo momento che l 'unità compositiva tende: la ricerca (5,2 - 6,3), la contemplazione (6,4- 1 2), il desiderio (7,2-1 1 ). Anche l ' u­ nione nella natura (7, 1 2-14) si rivela come un preliminare rispetto a quella qui descritta. Il versetto vuole essere inteso come antitesi del v. 2. Ciò che sembrava un so­ gno impossibile è ora rappresentato come realtà. Questo enunciato breve ma in-

( 'immi, li. 1'/amm'deni, rimmoni), suggerendo un effetto di rima. Dal momento che il termine rimmiJn può indicare sia l'albero che il frutto, è inceno a che cosa qui si alluda. Leggendo il plura­ le, è chiaro trattarsi dei frutti (i seni sono due): per il singolare è più logico pensare all'albero. La proposta di P. Jotion (Le Camique, p. 307) di leggere: > l 'amore, o, antiteticamente, come « disturbarlo >>. Nel primo caso il « sonno >> è metafora per indicare l ' insensibilità ali' amore, nel secondo è metafo­ ra dell ' amore stesso. Il fatto che in Ct 8,5 (« Sotto il melo ti ho svegliato ['6rartikii] >>) il verbo sia usato nel primo senso, ha portato diversi autori a rite­ nere questo significato anche in 8,495. Ma ciò va contro il contesto. Sia in 2,7, sia in 3,5 come pure in 8,4, il ritornello del « risveglio >> è immediatamente precedu­ to dall' indicazione dell'unione dei due amanti (cfr. Ct 2,6; 3,4; 8,3). L'amore, nei tre casi, non ha certo bisogno di essere « acceso >>! In C t 8,4, la coerenza metafo­ rica del testo è confermata da 7, l O, dove si parla dei « donnienti >> per indicare i due innamorati uniti nel bacio. Anche qui, perciò, come nei due casi precedenti, si deve ritenere il significato di « disturbare il sonno dell 'amore >>96• Con la parola amore termina, significativamente, la seconda parte del poe­ ma, come era terminato il prologo. Si tratta, come in 2,7 e 3,5, di una personifi­ cazione deli'amore, dell'Amore con la maiuscola, dal momento che esso è sog­ getto del verbo « gradire >> (I}O.pe$). L' Amore, personificato, sarà anche il soggetto della grande professione di fede di 8,697. « Vieni, mio diletto, usciamo nei campi! . . . >> (Ct 7, 1 2). Gli ultimi due canti del l 'amata iniziano con questo invito a uscire nella natura. I..: unione dovrà avve­ nire qui, fra gli arbusti d'alcanna, le viti e i melograni. I due amanti si affidano al­ la scuola della natura: « Vedremo se la vite ha gemmato. . . >> (Ct 7, 1 3). Come la natura conosce le sue stagioni, così l'amore degli uomini. In Pro 30, 1 8- 1 9, l 'a­ more umano è allineato ai vari misteri della natura, che il saggio deve scrutare, mettendosi in un atteggiamento di umile ascolto98. Non è l 'uomo che inventa le leggi deli' amore, esse esistono prima di lui. Alla scuola della natura, il saggio im­ para a riconoscere le leggi della vita. Forse il fatto che l 'uomo moderno si senta padrone assoluto della propria vita, sia legge a se stesso, è legato ali' altro fatto:

" Cfr. qui Prologo Ct 1,2 - 2, 7. p. 95. " In questo senso, si vedano: R. Murphy, The Song of Songs, p. l 89; M. Pope, Song, p. 653 (cfr. qui Prologo O 1,2 - 2,7. p. 95, nola 2t6); H. H. Graetz, Schir Ha-Schirim, p. 205 («Warum wollt ihr erwecken, warum erregen die Liebe?»); F. Landy, Paradoxes. p. t l 7. "' Cfr. H. Viviers. Die Besweringsrefrein in Hooglied 2. 7; 3,5 en 8,4, in Skrif en Kerk IO ( 1989) 80-89. "' Ciò confenna la correttezza di TM conuo la Siriaca (r/pnl') e la Vulgata (di/ectam), che, co­ me in Ct 2.7, leggono un participio passivo. 98 Cfr. qui Introduzione, p 5 1 .

358

Parte seconda. Traduzione e commento

che guarda poco alla natura. Per capire il senso dell'amore. dice il Cantico, biso­ gna >. I due amanti sono soli, e tuttavia non agiscono a capriccio. Imparano ad aspettare il tempo dell'amore, in tutte le sue fasi, da quella dei fiori a quella dei frutti. Dopo l 'esperienza amara della porta chiusa (5,2-4), il diletto era sceso nel giardino « per vedere i germogli al torrente, per vedere se aveva gemmato la vite, se erano fioriti i melograni >> (Ct 6, l l ). A questo riconoscimento dei « segni dei tempi >>, ora i due amanti procedono insieme: « Vedremo se la vite ha gemmato, se i boccioli si sono aperti, se sono fioriti i melograni >> (Ct 7,1 3). Solo se è giun­ ta la primavera, l'amore può realizzarsi. Alla scuola della natura, dunque, i due amanti imparano ad aspettare. C'è una frase nel nostro canto che parla di continenza, non in base a imposizioni so­ ciali inibitrici, ma per legge intrinseca deli' amore: « Diletto mio, per te li ho cu­ stoditi » (Ct 7, 14). L'amore ha la sua ascesi: sa quando deve cominciare, così co­ me sa quando deve finire (cfr. 8,4). Il saggio non pronunzia il nome di Dio, ma circonda la voce della natura di religioso rispetto, di quello stesso rispetto che altrove è rivolto alla parola di Dio. Anche la natura è parola sua: una parola senza suono. ma che percorre il mondo intero, anche al di là dei confini del popolo di Dio (cfr. Sal 19,2-7). Il compito della società non è quello di sostituirsi alla natura, legiferando arbi­ trariamente sull'amore. L'autore del Cantico non è certamente dalla parte della so­ cietà. dalla parte dell'« ordine stabilito ». È dalla parte dei giovani, prende sul serio l ' istanza dell 'amore, che essi rappresentano, e riprende severamente una società che non la sa capire. E tuttavia non invita i giovani a uscire dalla società, a isolarsi da es­ sa, ma ad affrontarla, per realizzare il loro sogno dentro la « città >>. Ct 8,5, usando una di quelle immagini paradossali tipiche del Cantico. dirà che il luogo de li' amore è da una parte « sotto il melo », cioè nella natura, dali ' altra nella stanza della madre («Là gemette tua madre, là gemette e t'ha dato alla luce » ). Si tratta dello stesso luo­ go, che è a un tempo natura e città. L' immagine fa la sintesi dei due canti Ct 7, 12-14 e 8, 1-4. Bisogna far vivere la natura nella città, trasformare la stanza di pietra in un albero di mele, portare nella città la forza giovane e vitale dell'amore. Le due grandezze sociali evocate in Ct 8, 1-4 sono da una parte la « città » (vv. 1 .4), dali 'altra la famiglia (vv. 2-3). Si tratta di due grandezze ambivalenti, nei confronti dell'amore. La « città >> di cui si parla è Gerusalemme. Se 8,4 rimprovera le « figlie di Ge­ rusalemme » per il loro atteggiamento negati vo nei riguardi dell'amore, 6,4 para­ gona la bellezza dell'amata a quella della città santa. Sulamita (7 . l ) porta nel suo nome il ricordo di Gerusalemme, ed è « figlia di nobile >> (bat niidib, C t 7 ,2), per­ ché è figlia « di un popolo nobile » ( 'ammi niidib, Ct 6, 1 2). La critica alla « città » va compresa alla luce di questo amore appassionato per essa e per le tradizioni culturali del popolo. Non per niente in 3, I l le ,, figlie di Gerusalemme >> erano in­ vitate a uscire incontro al corteo nuziale di « Salomone », a partecipare alla festa dell 'amore. La famiglia è chiamata significativamente « casa della madre >> (Ct 8,2). Del padre non si parla, e i « fratelli >> hanno un ruolo negati vo, che è stigmatizzato in

Ultimi canti dell 'amata Ct 7, 12 8,4 -

359

l ,6 e 8,8-10. Eppure l'amore non può che· avvenire nella famiglia, esattamente > (3,5; cfr. 8,5). Come P. Beauchamp osserva, >99• Il Cantico si ri­ vela meno un velleitario e adolescenziale canto di protesta che un maturo pro­ gramma teologico e politico.

99 P. Beauchamp, L'un et l 'au�. p. 171.

EPILOGO

Ct 8,5- 14

I Coro

8 5 « Chi è costei che sale dal deserto 1 , appoggiata2 a l suo diletto? »

L'amata

« Sotto il melo ti ho svegliato3, là gemette4 tua madre, là gemette e ti ha dato alla luce5• 6Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio, perché forte come la morte è Amore, implacabile come gli inferi Gelosia. I suoi dardi6 sono dardi di fuoco,

1 La LXX ha, invece che «dal deserto>>, >, cfr. G. Garbini, Can/ico, p. 280). La Vulgata (campingamus) riflette probabil­ mente sil.r I l (> ( 'ahiibti), che ritorna tre volte nell Epilogo (8,6-7), appare anche nel Prologo tre volte (2,4.5. 7), mentre altre tre volte qui appare il verbo 'iihèb ( 1 ,3.4.7)25. Come il Prologo, anche l ' Epilogo è caratterizzato dal discorso diretto, con cambio frequente di soggetto. Chi, di volta in volta, prenda la parola, non è chia­ ro. Il v. 5ab è ripresa (una delle tante, nel i ' Epilogo26) di 3,6 e di 6, l O. Nei due pas­ si precedenti, il testo è messo in bocca a un coro. Ciò è probabile anche per 8,5ab: è evidente, infatti, che esso non può essere pronunziato da nessuno dei due pro­ tagonisti, dal momento che dì essi si parla in terza persona. Siccome le « figlie di Gerusalemme » erano state chiamate in causa al v. 4, è verosimile pensare che siano queste a prendere la parola. Al v. 5c il soggetto cambia. Secondo TM, che noi, come lectio difficilior, seguiamo, oggetto dello > è il diletto: per­ ciò soggetto è la donna. È lei che pronunzia i vv. 5c-7: non vi sono, infatti, in es­ si segnali di un cambiamento dì persona. '

Schema 68

I strofa I I strofa III strofa

IV strofa

v. 5ab v. 5c-7 vv. 8-9 v. 1 0 v. 1 1 V. ) 2 v. 1 3 v. 14

Coro (figlie di Gerusalemme?) L'amata Coro (fratelli) L'amata Coro (custodi?) L'amata Il diletto L'amata.

D soggetto cambia al v. 8. Sì tratta dì un soggetto plurale, perciò, dì nuovo, dì un « coro ». Dal momento che si parla di una « sorella » (v. 8), è conseguente pensare ai « fratelli » de li' amata. Costei risponde al v. I O. Il v. I l è pronunziato da un'altra voce, impersonale, come al v. 5ab. Sì trat­ ta, per la terza volta, della voce del coro, che potrebbe identificarsi con i custodi della vigna, o anche, per analogia con v. 5ab, con le figlie dì Gerusalemme. Al v. 12 risponde la donna. Al v. 1 3 una persona singolare si rivolge direttamente alla donna. Siccome la risposta di costei, al v. 14, è diretta ali'amato (dodl), è chiaro che a parlare, nel verso precedente, era costui. Abbiamo dunque quattro dialoghi, in cui la risposta è sempre messa in bocca alla donna (vv. 5c-7. 10. 1 2. 14), mentre la domanda è affidata a persone diverse. Nei primi tre dialoghi, essa è pronunziata da un coro, che rappresenta diversi gruppi so­ ciali (« figlie di Gerusalemme » [?], vv. 5ab; « fratelli >>, vv. 8-9; « custodì della vi­ gna >> [?], v. I l), nel quarto dal diletto (v. 13) (cfr. sopra Schema 68). '-' Per una lista completa delle corrispondenze verbali rimandiamo a M.T. Ellion, The Literary

Unity of the Canticle, pp. 226-228 (Chart III). 26

Per uno schema completo dei legami dell'epilogo con il resto del Cantico, si veda ancora

M.T. Elliott, The Literary Unity ofthe Canticle, pp. 223-226 (Chart Il).

Epilogo Ct 8,5-14

365

La struttura dialogale si rivela fondamentale per cogliere l'articolazione del­ l ' Epilogo. La divisione che essa presuppone è infatti confermata da altre osser­ vazionF7 (cfr. Schema 69). La prima e l'ultima strofa sono fra loro unite dalla pa­ rola dod (diletto, v v. 5b. l 4a: solo qui ne l i ' Epilogo), e da un movimento ascendente ( 'ii/iih, « salire >>, v. 5a; 'al, « su, sopra », v. 14c). Le due corrispon­ denze funzionano da inclusione. Schema 69

a) b) b') a')

Versi

Tematica

5-7 8- 1 0 1 1-12 13-14

Rapporto io-tu Critica alla famiglia Critica alla > Rapporto io-tu

Parole chiave 'alah, dod (v. 5a) kesep (v. 9b) kesep (v. I l) dod, 'al (v. 14)

Metafora

natura città natura-città natura.

Nella prima e nell 'ultima strofa si parla del rapporto dei due amanti fra loro, e il discorso è alla seconda persona singolare: io-tu. Al v. 5ab i due sono abbrac­ ciati, e ciò che segue teorizza su questo fatto. Il difficile v. 14 tratta ancora del rapporto dei due: la >), con voluta dissonanza. Prima strofa: « Mettimi come sigillo sul tuo cuore » (Ct 8,5-7). Se la struttu­ ra dell Epilogo in generale è controversa, ciò vale soprattutto per la prima strofa, i vv. 5-7. Alcuni autori, si è visto, ritengono i l Cantico concluso con il v. 6, altri spezzano i vv. 5-7 in due unità (v. 5 e vv. 6-7) o addirittura in tre (v. 5ab; v. 5cde; vv. 6-7)30• Effettivamente, tra il v. 5ab e i l v. 5c esiste una rottura di continuità: la domanda del coro richiederebbe una risposta, ma questa non si trova nel v. 5cde. Anche tra il v. Sede e il v. 6 non esiste, apparentemente, alcuna relazione: non vi '

Uterary Structuring in thR Song o[ Songs, in JSOT 46 ( 1 990) 90-92. Questo legame è segnalato già da G. Ricciotti (// Cantico dei cantici. p. 28 1 ): « A me sem­ bra che il tratto (cioè i vv. 8-14, nda) sia intimamente connesso con la composizione stessa, e che l ' addentellato si trovi precisamente in quell'8,7 su cui i critici hanno sorvolato, considerandolo so­ lo come conclusione di ciò che precede e non anche come punto d'attacco di ciò che segue''· 29 Cfr. l 'osservazione di K. Budde (Das Hohelied, p. 48) al v. 1 3 : , noi ci distanziamo dall'interpretazione allegorizzante di Riccioui.

368

Parte seconda. Traduzione e commento

cheggia quello della campagna (Ct 7,1 2)38 • Se, là, i due amanti uscivano (jii$ii ', Ct 7,12), qui essi stanno salendo ( 'iiliih, Ct 8,5), cioè andando verso la città, ver­ so Gerusalemme (cfr. 3,6): è lo stesso movimento indicato come un sogno in 8,2. Si è notato che il luogo dell'amore, espresso nel binomio: > (8,5c) e « stanza della madre >> (8,5de), riflette il contenuto dei due canti 7, 12-14 e 8, 1 -4 (« unione nella natura - unione nella città >>). L'avverbio .Mm (là) unisce Ct 8,5d con 7 , 1 3e (> (v. 5b) fa pensare alla de­ scrizione deli' abbraccio al v. 3 ( « La sua sinistra è sotto il mio capo, e la sua de­ stra mi abbraccia >>), che è poi evocata anche nella metafora del sigillo sul cuore e sul braccio (v. 6ab). Il verbo disprezzare (buz) in 8,7f echeggia chiaramente il v. l , dove la giovane aveva paura del disprezzo (buz) della società: ora invece è la società, che comprende solo il discorso dei soldi, a essere disprezzata in nome dell'amore. Diverso è l 'atteggiamento delle figlie di Gerusalemme al v. 5ab: es­ se, che al v. 4 erano supplicate di non disturbare l'amore, guardano ora con am­ mirazione e rispetto ali' abbraccio dei due amanti. Il tema de li' amore, centrale nella strofa ( 'ahtiba, Ct 8,6c.7b.7e), era stato introdotto alla fine del canto prece­ dente (v. 4d). Quello del risveglio ( 'ur) congiunge il v. 5 al v. 4, anche se il senso del verbo, come vedremo, non è lo stesso. Ma appunto questo cambiamento di senso si rivela come un voluto gioco semantico, che evidenzia il legame dei due canti. È da notare che i richiami al canto precedente non riguardano solo i vv. 56, ma anche il v. 739, che perciò si rivela tutt'altro che un'appendice postuma, ma una parte integrante del poema. [8,5] Sguardo retrospettivo all 'unione. n versetto si divide chiaramente in due parti, pronunziate la prima da un > (v. 5ab), la seconda dall'amata (v. 5bce). Apparentemente non ci sono legami tra le due parti: l'amata non risponde alla domanda posta dal coro. Questo non sorprende: più che di una domanda ve­ ra e propria si tratta, anche nei passi paralleli (3,6; 6, 1 0), di un'ammirata escla­ mazione. Il legame tra la prima e la seconda parte del verso c'è, ed è di ordine contenutistico, in quanto nelle due parti si guarda indietro ali 'unione descritta in Ct 7 , 1 2 - 8,4: prima lo fa il coro (v. 5ab), poi la donna (v. 5cde). Elliott insinua che l'esclamazione del coro avrebbe la funzione di attirare l'attenzione su li' a­ mata, che sarà poi la protagonista dei versi che seguono40• [v. 5ab] « Chi è costei che sale dal deserto? >>. In Ct 3,6 e 6, 1 0 (la ripresa conferma il carattere conclusivo dell'Epilogo) la frase segna l ' inizio d'una nuo­ va unità poetica: anche qui è possibile cogliere la stessa funzione. La domanda è sempre messa in bocca a un coro, che in 3,6 abbiamo identificato con una vo­ ce fuori campo. mentre in 6, I O il contesto fa pensare alle donne de li' harem evo­ cate al versetto precedente. Forse in 8,5 si può pensare alle figlie di Gerusalem,. Sull'accostamento midbiir-sadeh, cfr. M .T. Ellion, The Uterary Uniry of the Canricle, p. 191. " Ai rimandi sopra indicati, si possono aggiungere ancora i significativi lessemi: natan (> e > (lbid., p. 1 19). Qui. per la veritA, adduce la testimonianza di u n manoscrit to ebraico, che omette 'mk, e di altri q uallro che leggono jldtjk invece dijldtk. M a que­ sto uso della docu mentazione testuale sa di preconcetto. Garbini prima fonnula la sua tesi, poi cerca fra le innumerevoli testimonianze testuali un appoggio a essa, per minimo che s ia. " C osì . a ra gione, M . Pope, Song, p. 663; A. Lacocque, Romance, She Wrote, p. 166. " C fr. qui Introduzione, p. 50.

Epilogo Ct 8,5-14

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n verbo « svegliare » collega il v. Se con 4bc. Là si chiedeva alle figlie di Ge­ rusalemme di non disturbare i due amanti, addormentati nel sonno dell'amore. Qui, evidentemente, il senso del verbo è diverso: si tratta di suscitare l 'amore che dorme, che cioè non ha ancora preso coscienza di sé, ancora non si è acceso53• È singolare che a farlo sia la donna: forse per questo anche autori che seguono una interpretazione letterale del Cantico preferiscono la lettura della Peshitta54• Che sia la donna a prendere l ' iniziativa de li' amore è incomprensibile in una società patriarcale. Neli' AT viene in mente la figura di Rut (cfr. Rt 3). Keel pensa alle fi­ glie di Lot (Gn 19,30-38) e a Tarnar (Gn 38)55• Ma si tratta di casi estremi. Nor­ malmente, chi agiva così, era considerata una prostituta (cfr. Pro 7,S-27). Ger 3 1 ,22 vede nel fatto che ), eppure sono date due indicazioni, che non si conciliano fra loro. Da una parte, il luogo è >, cioè nella natura; dali' altra, è >, cioè in casa. Pensare che nel giardino di casa crescesse un melo, per cui la camera della madre venisse a trovarsi realmente >58, è una pie­ tosa forzatura del testo. Altrettanto forzata è anche l 'altra supposizione, che la madre abbia partorito ali' aperto, sotto un albero di mele59• A ragione osserva De­ litzsch: ). " In questo senso vanno le interpretazioni di E. Renan (Le Cantique des cantiques. p. 57: « L'a­ mani dépose sa bien aimée sous le pommier de la ferme ») e di C.D. Ginsburg (Song ofSongs, p. 1 86). " Cosi interpreta soprattutto la scuola mitologica. Neli 'antica mitologia si parla, infatti . spes­ so di un parto sotto un albero. Così Adone è stato generato sotto un albero di mirra, Tammuz sotto

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Parte seconda. Traduzione e commento

conda che sia stata generata a un abbeveratoio, o durante il cammino, o sulla ru­ giada, o sulla neve >>60. Per ciò che riguarda l'oggetto della generazione, Delitzsch segue, evidente­ mente, la Peshitta, ma l 'osservazione è facilmente trasferibile a TM. Una spie­ gazione « realistica >> di questa apparente contraddizione non esiste6 1 • L'unica so­ luzione è intendere le due indicazioni in senso simbolico, come riferentisi allo stesso luogo sotto due aspetti diversi. L'amore è avvenuto dunque « sotto il melo >>62• Notiamo anzitutto la preposi­ zione « sotto >>, tal)at. Essa forma un'antitesi con la preposizione e , evocato nel Prologo anche in 1 , 1 6- 1 766• Qui i due ambienti, quello della natura e quello domestico, armonizza­ no: il « nostro letto » è sono co­ stituite di > e > .

un cedro, Diana sotto un ulivo a Delo, Apollo e Artemide sotto una palma. Gesù stesso sarebbe na­ to. secondo il Corano, sotto una palma. Si vedano: W. Wittekindt, Das Hohe Lied und seine Be­ ziehungen zum lstarku/t, p. 56-57; H. Schmiikel. Heilige Hochzeit, p. 78. W.F. Albright (Archaic Survivals, p. 7) ricorre invece alla mitologia ugaritica. Giudiziosamente osserva R.E. Murphy (The Song ofSongs, p. 1 96): « Una simile nozione non ha alcun parallelo nella Bibbia Ebraica ». �· F. Delitzsch, Hoheslied und Kohelet. p. 127. 61 Si veda la conclusione di R .E. Murphy (The Song of Songs, p. 195): « Bisogna ammettere che l'enfatico riferimento al luogo (''là" - sono il melo) dove la madre ha concepito, rimane molto oscuro )). " È stato visto, in questa localizzazione, un richiamo al racconto del paradiso (cfr. G. Glllbini, Cantico, p. 270; F. Landy, Paradoxes, p. 2 14). Questa interpretazione ha una lunga storia dietro a sé. Si veda Giovanni della Croce: « Debajo del manzano, l alli conmigo fuiste desposada; l alli te di la mano, / y fuiste reparada l donde tu madre fuera violada » (cfr. S. de Santa Teresa [ed.], Obras de S. Juan de la Cr��z, Burgos 1993, p. 448). Il mistico spagnolo vede. nel melo, l 'albero della croce, co­ me antitesi all' albero del giardino. Una tale trasposizione è certamente legittima. Controverso è il fano che l ' accostamento di Ct 8,5c a Gn 3 sia inteso dal testo stesso. Si obietta generalmente che in Gn 2-3 non si parla di « melo ». Certo l ' identificazione dell'albero del bene e del male con il melo è postbiblica, e tuttavia mi sembra che l 'obiezione non sia decisiva. Si è visto che un po' tuno il Can­ tico dei cantici è scritto sulla falsariga di Gn 2-3. Anche qui, mi sembra che l ' accostamento sia per­ tinente. Lo « svegliare » (Cl 8,5c) si potrebbe, infatti, ben riferire all'« aprire gli occhi » dopo aver mangiato il frutto proibito (cfr. Gn 3,7). Se il parallelo sussiste, allora la rilettura che Ct 8,5e fa del testo di Gn 3 è simile a quella di Ct 7, I l . Qui il « mangiare del frutto » non conduce alla morte, ma esattamente al contrario, cioè a superare la morte (cfr. Ct 8,6c-7). 6·1 Cfr. qui Nuovi canti del diletto Ct 6,4 · 7,1/, p. 294. 64 Cfr. qui Prologo Ct /,2 - 2,7, p. 88. " Cfr. • in questo capitolo. p. 363. 66 Per lo sfondo culturale di questa rappresentazione. rinviamo qui a Prologo Ct 1,2 - 2,7, p. 85, nota 1 57.

Epilogo Ct 8,5-14

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Nel contesto immediatamente precedente !'Epilogo, il tema della natura è sviluppato in 7, 1 2- 1 4. Il rapporto tra questo brano e il nostro è suggerito dall'av­ verbio enfatico stim (là). > (Ct 7, 1 3e), cioè in mezzo alla natura, fra cespi d'alcanna, vigne e melograni in fiore, la donna promette di dare al diletto il suo amore. Di nuovo > (Ct 8,5de67), sotto il melo, lei afferma, ora, di averlo >. Dichiara così di avere mantenuto la sua promessa. È da notare che anche in 7, 14, come in l , 1 6- 1 7, la metafora della natura è contaminata da un elemento domestico (>, 7 . 1 4b ). Anche in Ct 8,5bc la natura si trasfigura in un ambiente domestico. La men­ zione della madre si collega, infatti, alla >, di 8,2 e 3,4. In 3,4 la > è specificata dal i ' apposizione: > (horiitf)68• Anche se in 8,5 non si parla di >, è naturale pensare che si faccia riferimento a questo luogo. Rispetto a 3,4, vi sono però, in 8,5, due varianti. Anzitutto qui si parla non della madre di lei, come in 3,4 e in 8,2, ma di quella di lui. Ciò fa comprendere come la continuità tra 8,2 c 8,5 8ia di tipo simbolico, non narrativo. Anche se in 8, 1 -4 si parlava della famiglia di lei, e in 8,5 di quella di lui, i due brani sono uniti dal simbolismo familiare. Probabil­ mente è da registrare, ancora, un' accentuazione della specularità tipica del Can­ tico. In secondo luogo, in Ct 3,4 si parla di come sinonimo di >. M. W. Hallo ha dimostrato, però, la pos­ sibilità che un sigillo (cilindrico) venisse fissato al polso, legato a una specie di braccialetto77• La radice l)tm appare un'altra volta, in forma verbale, in a 4,1 2, dove la don­ na è definita: >. La funzione del sigillo, si notava, è quella di im­ pedire che qualcosa, che è chiuso, sia clandestinamente aperto (cfr. Figura 70). An12 Cfr. N.J. Tromp, Wisdom and the Camicie, pp. 90-9 1 . È vero che. come sottolinea Tromp, la motivazione di Ct 8,6 è di un carattere particolare rispetto alle altre. Si tratta, a ogni modo. di moti­ vazione. La posizione di Tromp è stata ripresa, con l ' appoggio di una discutibile analisi « colome­ lrica >>, da O. Loretz. Siegel a/s Amulette und Grabbeigaben in Mesopotamien und HL 8,6·7, in UF 25 ( 1 993) 237-246. 73 Anche qui, contro N.J. Tromp (Wisdom and the Cantiche, pp. 90-9 1), che unisce il v. 7abc al v. 6cdef, lasciando fuori dali 'unità il v. 7def. 74 Un simile fenomeno si riscontra anche tra il secondo lristico del v. 5 e il primo distico del v. 6, uniti fra loro dal discorso diretto. L' intera strofa è caratterizzata da una studiata concatenazione (cfr., in questo capitolo. p. 366, Schema 70). " Cfr. qui Figura 102. 76 Cfr. qui Figura 106. 77 Cfr. W.W. Hallo. « As the Sea/ upon thine A nn ». Glyptic Metaphors in the Biblica/ Wor/d, in L. Gorelick - E. Williams-Forte (edd.), Ancient Sea/s and the Bible. Malibu 1983, p. IO; Id., "As the Sea/ upon Thy Hearth ». G/yptic Roles in the Biblica/ World, in BiRe l ( 1 985) 25-26; cfr. anche O. Keel, Das Hohelied, pp. 245-246; S. Moscati, l sigilli nel/ 'Antico Testamento, i n Biblica 30 ( 1 949) 3 19. Si veda, al riguardo, la Figura 107.

Epilogo Cl 8,5-14

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che qui la funzione è, fondamentalmente, analoga. n sigillo deve testimoniare il perdurare dell'unione descritta al v. 378• Hallo sottolinea l' inseparabilità di un sigil­ lo dalla persona che lo portava. L'archeologia mesopotamica ha confermato che i due tipi di sigilli erano messi nella tomba assieme al defunto79, lo accompagnava­ no cioè fin dopo la morte. Tale valore simbolico del sigillo è messo in evidenza an­ che in Ger 22,24, a proposito del rigetto di Ioiachin: «Anche se fosse un sigillo (I}Otiim) nella mia destra, io me lo strapperei >>. Dove si evince, per contrasto, che il sigillo è la cosa più cara, e da cui più difficilmente ci si separa80• Sul sigillo era impresso o un disegno o il nome del personaggio che lo por­ tava. Esso aveva la funzione legale di attestare l 'appartenenza deli' oggetto, su cui veniva impresso, al proprietario del sigillo81• Ciò risulta chiaro dall 'episodio di Gn 38, quando Tamar chiede in pegno a Giuda il suo sigillo (v. 1 8). Sarà poi facile risalire da esso al suo proprietario fcfr. v v. 25-26) . Riferito al rapporto fra gli amanti, il simbolo del sigillo esprime qualcosa come il ritornello deli' appar­ tenenza reciproca (Ct 2, 16; 6,3; 7,1 1 ) . La donna è l ' identità profonda dell'uomo, il segno della sua personalità: in essa l ' uomo trova se stesso82• Keel83 e Pope84 sottolineano un ulteriore significato del sigillo. Esso era por­ tato spesso come un amuleto. Il parallelo con Ct l , 1 3 conferma questa dimensio­ ne: il sacchetto di mirra, che trascorre la notte fra i seni de li' amata, ha lo stesso significato del sigillo sul cuore del diletto. Le due immagini sono reciproche: in 1 , 1 3 è il diletto a essere un amuleto per l'amata (la mirra allude, infatti, alla vit­ toria sulla morte85), in 8,6 è l 'amata a compiere questa funzione per il dileuo (del­ la vittoria sulla morte si parlerà ai vv. 6c-7). I paralleli iconografici mostrano che le due posizioni del sigillo (sul cuore e sul braccio) hanno un significato realistico. Il sigillo veramente era portato al col­ lo e al polso. Allo stesso tempo, in riferimento alla donna ( « mettimi come sigil­ lo >>), esse rimandano all'abbraccio della coppia, come veniva descritto in 8,3. Nell'amplesso la donna si trova letteralmente sul cuore e sul braccio del diletto. Essa ora chiede, perciò, che questa unione (i due sono ancora abbracciati, secon­ do i l v. 5b) non si sciolga mai, duri per sempre86•

78 Si può notare, una volta ancora, il gioco speculare: in Cl 4,12 « sigillata » è la donna, in 8,6 invece l'uomo. La donna, qui, funge da « sigillo " per l ' uomo. 79 W. W. Hallo, For Love fs Srmn11 as Dearh, in JANES 22 ( 1 993) 45-50. "' I n fanna positiva, si veda Ag 2.23. Il motivo dell'intimità tra il sigillo e la persona che lo pona è trasposto anche in Egitto al rappono dei due amanti: « Oh, foss' io il suo anello con sigillo ( htm), l il piccolo compagno del suo dito! l Potrei vedere (= sperimentare) ogni giorno il suo amore, / allora [ . . . ] le ruberei il cuore " (Vaso di Deir ei-Medineh 2 1 , traduzione di O. Keel, Das Hohelied, p. 247. La tra­ duzione della seconda parte è controver.;a; per un' alternativa, si veda E. Bresciani, Letteratura, p. 476). 81 Cfr. B. Otzen, htm, in ThWAT. vol. III, coli. 283-286. 82 Cfr. M.T. Elliou, The Literary Uniry ofthe Canticle, p. 195. " O. Keel. Das Hohelied, p. 247. " M. Pope, Song, pp. 666-667. In questo senso, anche W.W. Hallo, For Love fs Strong as Death, in JANES 22 ( 1993) 46, con buona pace di O. Loretz (Siegel a/s Amulette und Grabbeigahen in Me.wpotamien und HL 8,6-7, in UF 25 ) 1 993] 240-244), che nega ogni rapporto tra 6ab e 6c. " Cfr. qui Prologo Ct 1.2 - 2.7, p. 8 1 . ,. M.T. Elliott (The Literary Uniry ofthe Canticle, p. 195) propone un'interpretazione simbo­ lica di cuore e braccio. Cuore starebbe per l ' interiore dell'uomo, braccio per la sua attività esterna.

376

Parte seconda. Traduzione e commento

A un orecchio abituato alle Scritture, il sigillo sul cuore e sul braccio non può non evocare testi centrali per la fede d'Israele. Il primo è Es 28 e 39: delle 15 ri­ correnze del sostantivo hotiim nell' AT, ben 6 si riferiscono ali' efod e al pettorale del sommo sacerdote (Es 28. 1 1 .21 .36; 39,6. 14.30), su cui sono incisi i nomi dei fi­ gli d'Israele. Gli israeliti sono posti così, letteralmente, « sul cuore >> del sommo sacerdote. L'altro testo è Dt 6,6-8 (cfr. 1 1 , 1 8), un brano che fa parte della preghie­ ra quotidiana di ogni israelita, lo Shema: > (Cantico, p. 278). Una simile operazione non ba alcun appoggio testuale.

378

Parte seconda. Traduzione e commento

Effettivamente, amore e morte formano un binomio su cui la letteratura di ogni tempo si è soffermata95• Amare, in qualche modo, è morire. Questo vale già nell 'esperienza fisica dell 'amore: « Amore e morte, congiunti insieme, formano un poderoso brachilogismo per esprimere quella paradossale amorosa mescolan­ za di mortale perdersi e di vitale realizzarsi che si raggiunge nell 'acme dell 'atto sessuale. I due partner si danno a vicenda amore e morte. Estasi, rapimento, e li­ berazione sono contigui >>96• Ma, anche in un senso più generale, non direttamente sessuale, amore e mor­ te vanno insieme. Chi ama, perde la propria libertà, il proprio tempo, giunge fino a sacrificare la propria vita per la persona amata. > (Gv 1 5, 1 3). Amare vuoi dire, in definitiva, morire, perdere la propria vita, non vivere più per se stesso. Ciò che Gesù dice per i suoi seguaci, vale per ogni esperienza autentica d'amore: « Chi ama la sua vita, la perde, chi la perde [ . . . ], la trova >> (Mt 10,39; cfr. 1 6,25; Mc 8,35; Le 9,24; 1 7,33; Gv 1 2,25). Amore e morte, dice Landy, sono simili, perché ambedue « conducono alla fusione, all'integrazione totale. Ambedue sono egual­ mente pericolosi per l ' ego ,,97. Ma essi sono anche nemici, rivali, in lotta fra loro (il termine 'az rinvia a ta­ le contesto). Se la lotta è vinta dalla morte, allora essa separa i due amanti: il si­ gillo è rotto. Se Amore è veramente forte, allora egli deve vincere la lotta con l 'e­ stremo nemico. Ravasi cita a questo proposito una frase di Gabriel Marcel: « Dire: "Ti amo" significa dire: "Tu non morirai" >>98• Loretz ritiene il pensiero di una vittoria sulla morte estraneo al Cantico99• È vero invece, come Heinevetter ha dimostrato100, che il tema della vittoria dell'a­ more e della vita sulla morte è il centro teologico del libro. Finora il Cantico non si è espresso in termini filosofici, ma con il linguaggio delle metafore. L'Epilogo formula in termini teorici quello che il resto del 1ibro ha espresso in termini poeti­ ci. Vale la pena ricordare alcune di queste metafore: i l fiore di loto anzitutto (2,2. 1 6; 4,5; 6,2.3; 7,3)101, poi la mirra ( 1 , 1 3; 3,6; 4,6; 6,5)102, l'alcanna ( 1 , 14; 4, 1 3; 7, 1 2)103 , il capriolo (2,7.9. 1 7 ; 3,5; 8, 1 4)1 04 Nell' immediato contesto del no•

95 Per il tema di eros-thanatos nella letteratura greca, rinviamo a G. Ravasi, /1 Cantico dei can­ tici, p. 648, nota 2 1 . 96 A . Lacocque. Romance, She Wrote. p . 1 7 1 . 97 F. Landy. Paradoxes, p . 123. Similmente T. Linafelt (Biblica/ Love Poetry [. . .and God}, in JAAR 70 [2002) 325), rifacendosi al pensiero di G. Bataille: >. 98 G. Ravasi, Il Cantico dei cantici, p . 648. 99 O. Loretz (Siegel als Amulette und Grabbeigaben in Mesopotamien und HL 8.6-7, in UF 25 [1993) 228): « È impossibile che a un israelita sia venuto in mente il pensiero che con il suo amore egli poteva affrontare la mone ad armi pari, o anche che poteva conservare il suo stato di amante nel­ la tomba >>. 100 H.-J. Heinevetter, « Komm nun, mein Uebster. Dein Garten ruft dich! », pp . 190-198: « Mone e vita - la teologia della raccolta ». 101 Cfr. qui Prologo Ct 1,2 - 2, 7, pp. 87-88. 102 Cfr. qui Prologo Ct l .2 - 2, 7, p. 8 1 . 103 Cfr. qui Prologo Ct l ,2 - 2, 7, p. 82. 101 Cfr. qui Canti dell 'amata Ct 2,8 - 3,5, p. 1 17.

Epilogo Ct 8,5-14

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stro vèrso, abbiamo letto l 'immagine dei due amanti stretti insieme sullo sfondo del deserto (v. Sab) come un'icona della vittoria dell'amore sulla morte105• Anche nel > (v. 6a) abbiamo riconosciuto un valore apotropaico106• Se è vero, infine, che il > (v. Se) si richiama ali'albero del paradiso, il che ci sembra molto probabile, allora è possibile cogliere un intento polemico nei con­ fronti di Gn 3. Là, porgendogli il frutto de li ' albero proibito, la donna ha condotto l 'uomo alla morte107• Qui invece, > sotto il melo, la donna gli dona la vita (cfr. v. Sde: 108). La verosimiglianza del pa­ rallelo è confortata dal fatto che nel « giardino-paradiso >> del Cantico (4, 1 2- 1 5), vi è un pozzo di > (majim l)ajjfm, v. 1 5), che fa pensare ali ' > della Genesi ( 'e$ hal)ajjfm, Gn 2,9; 3,22)109• L' amore della donna è, se­ condo il Cantico, non fonte di morte, ma di vita per l ' uomo. Il v. 6c trova un sorprendente parallelo nella letteratura ugaritica. Nel mito della lotta tra Baal e Mot è descritta la scena del combattimento tra le due divi­ nità rivali, il dio della vegetazione e della vita e quello della siccità e della mor­ te. Quattro volte risuona il ritornello: > 1 1 0• Alla base del mito, sta la vicenda stagionale del ciclico morire e rinascere della vegetazione; ma il mito va al di là di questa vicenda, ponendosi come una rifles­ sione sulla realtà della morte e sul suo legame con la vita1 1 1 • Ed è interessante i l ruolo che nel mito gioca la sorella-sposa d i Baal, Anat. Essa cerca, negli inferi, Mot, i l dio della morte, lo fa a pezzi, e riconduce Baal alla vita. Il mito della di­ scesa agli inferi della dea del l 'amore è presente in tutte le culture dell'Oriente Antico. con diversi nomi: Inanna e Dumuzi 1 12, lshtar e Tammuz1 13, Isis e Osiride. '"' Cfr., in questo capitolo, p. 370. 11 16 Cfr., in questo capitolo, p. 375. 107 Almeno nell'intenzione primitiva del mito, il mangiare del frutto aveva una connolazione ses­ suale. • Gn 3 - nel suo significato più antico, ancora fiabesco - connette il nascere dell'amore con la perdita dell' immonalità. Secondo l'epopea di Gilgamesh. quando Enkidu muore, maledice la prosti­ tuta che gli ha insegnato il rappono sessuale; indubbiamente è stato questo a condurlo alla mone >> (H.­ P. MUIIer, Das Hohelied, p. 86; cfr. ANET. p. 86). A quesla interpretazione conduce anche un altro bra­ no dell'epopea di Gilgarnesh, proposto da Watson: • Il giovane elegante, la bella ragazza l q uando fanno l 'amore, insieme vanno incontro alla mone » (Gilfiamesh 10,7, Il. 1 1 - 12, secondo W.G.E. Wat­ son, Love and Death Once More [Song oJSongs 8,6}, in IIT [ I9971 386; cfr. ANET, p. 507). 1 08 Cfr. qui Canti del/ "amata Ct 2.8 - 3,5, p. 128. 109 « Quando s'innamora, l'uomo strappa al cherubino la spada fiammeggiante con cui sbarra l'accesso al paradiso terrestre e ali 'albero della vita. Perché solo nello stato di grazia del i ' innamo­ ramento il mondo ci appare come era prima della caduta, senza la sofferenza, senza il male. senza la mone [ . . . ). Gli innamorati non hanno paura della mone perché nel giard in o dell'Eden non c'è la mone » (F. Alberoni, Gli innamorati hanno paura della solitudine, non della morte, in Corriere del­ la sera, 20 agosto 2001 , p. l : si veda Id .. Innamoramento e amore, pp. 49-55). 1 10 " Si attaccarono come bestie da preda: l Mot era fone, Baal era fone: l s'incarnarono come tori selvaggi: l M ol era fone. Baal era fone; l si morsero come serpen ti : l Mot era fone, Baal era for­ te; l si trascinarono come cavalli da tiro: l Mot cadde, Baal cadde su di lui » (KTU 1.6 VI 16-22, se­ condo G. Del Olmo Lete, Mitos, p. 233; cfr. M. Pope, Song. p. 668). W.G.E. Watson (l.ove and Death Once More [Song of Songs 8,6}, in VT [ 1 997) 384) cita un altro passo, KTU 2 . 1 0, 1 2- 13: kmtm 'z m 'id, che egli rende: ). I l significato originario della radice è così precisato da Reuter: > 1 1 7•

Nel nostro caso, è chiaro il legame con il >. È, appunto, la paura che il sigillo sia infranto, che l ' unione venga disciolta, che l 'amata perda l 'oggetto del suo amore. È interessante notare che nell' AT si parla esclusivamente di gelo­ sia de li 'uomo nei confronti della donna: è sempre la donna a essere considerata > dell' uomo, mai viceversa. Luogo classico è Nm 5, 1 1 -3 1 , ) ' >. Nel nostro versetto l ' affermazione ha un carattere generale, ma è messa in bocca alla donna, per cui evidentemente è in primo luogo alla gelosia femminile che si fa riferimento. qin 'iì è solitamente collegala a ira e vendetta (cfr. Pro 6,34-35; 27,4), conduce perciò alla violenza, e > colui che da essa è posseduto (cfr. Sal 69, l0; Gv 2, 1 7).

l"

O. Keel, Das Holu!lied, p. 249. 11' In questo senso, forse ha ragione Garbini di vedere nel nostro brano una polemica nei ri­ guardi dell ' affermazione pessimistica di Qohelet: '' Il loro amore ( 'hbh), il loro odio. la loro gelosia (qn 'h), tutto è ormai finito 1 . . . ]: non ci sarà né attività, né ragione, né scienza né sapienza nello sheol >> (Qo 9,6. 10, cfr. G. Garbini, Cantico, p. 274). D'allra pane, l'affermazione del Cantico non è isolata nell 'AT. La speranza nella risurrezione è diffusa in epoca ellenistica: essa riguarda ora non più solo il popolo, ma anche i singoli individui. Sono di questa epoca, infatti. i libri di Daniele, dei Maccabei e della Sapienza, dove l'affermazione di una vita ollre la morte è chiara. 1 16 Cfr. qui Canti dell 'amata Ct 2,8 - 3.5. pp. 129-130. 1 1 ' E. Reuter, qn', in ThWAT, vol. VII, col. 53.

Epilogo Ct 8,5-14

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Ma qin 'a non è soltanto negativa. Nell' AT si parla di « gelosia » in riferi­ mento a JHWH, sia che egli ne sia oggetto (cfr. l Re 1 9, 1 4), sia che egli ne sia sog­ getto. Luogo classico in quest'ultimo senso è Es 34, 14: > (cfr. anche Es 20,5; Dt 4,24; 5,9; 6, 1 5). Dietro a questo testo si intravede, ancora, la predicazione di Osea, che ha trasferito a Dio la sua vicenda con Gomer. Il Can­ tico fa il cammino inverso: l 'esclusività del rapporto tra Dio e il popolo è neon­ dotta al suo ambito originario, al rapporto uomo-donna. Ma la gelosia umana ora si carica di una valenza teologica: tra monolatria e monogamia c'è un rapporto biunivoco. È da notare che l' indissolubilità non riguarda il vincolo matrimonia­ le1 18, l' istituzione (anche se questa non è negata, si è visto), ma l 'amore stesso 1 19• Se si pensa che il divorzio e la poligamia erano prassi corrente nella società del tempo, l'affermazione del Cantico appare come una protesta contro tali costumi, nel senso del detto evangelico: « Ciò che Dio ha unito, l ' uomo non separi >> (Mt 1 9,6; cfr. 5,21 -22). Come il passo evangelico, il Cantico si rifà alle origini, al tempo del paradiso. Se Amore è >, Gelosia è qasa (implacabile). L' aggettivo ha usual­ mente un senso negativo. In Gn 49,7 i due termini, qn ' e qsh, qualificano l' ira di Simeone e di Levi, un' ira che non si lascia commuovere. In l Sam 25,3 e in l s 1 9,4 il termine qsh designa u n padrone senza misericordia. Come il regno dei morti (S' 'ol). incurante dei sentimenti umani. non è disposto a condividere con al­ tri le sue vittime (cfr. Pro 30, 1 5- 1 6), così la gelosia non tollera di condividere con altri l 'oggetto del proprio amoret20• Non si danno qui giudizi di valore: si vuole rappresentare la forza primordiale della passione. Viene in mente Dante: e ) è già contenuto nel termine resep. Non è dunque l ' arco grazioso di Cupido a essere qui evocato, ma i fulmi­ ni del dio della tempesta, che scatenano morte e vita (cfr. Figura 109). Dal mo­ mento che l ' aspetto del > è messo in rilievo nella seconda parte dello sti­ co, preferiamo tradurre > 127, per evidenziare il legame con il contesto precedente, dove si parla di lotta (>). A chi si riferisca il possessivo (« i suoi dardi >>) non è chiaro. Potrebbe rife­ rirsi sia ad > sia a >, anche se la prossimità con il v. 6d fa pen­ sare più a quest'ultimo termine, l ' aspetto oscuro, terribile del l 'amore. In questo senso conduce Pro 6,27-29: >. Con il fuoco non si scherza: così non si può scherzare con l ' amore 1 28 • Come Gelosia, il fuoco è ambivalente. Da una parte, è forza consumatrice, distruttiva. Dal l 'altra, è benefico: riscalda, purifica, fonde in unità ciò che è se­ parato. Quest'ultimo aspetto permette di cogliere il legame con il >. Co­ me insinua Landy, solo se gli amanti sono uniti non c'è posto per la gelosiat29• La

In > ). Il riferimento, qui, è piuttosto ad « Amore ''• v. 6c, che a >, v. 6d. Si può dunque scorgere, semplificando, uno schema chiastico nell'esposizione degli aspetti positivi e negativi (o forse, meglio, divini, luminosi, e rispettivamente demoniaci, oscuri) del l 'amore (cfr. Schema 75). Schema 75 v. 6c v. 6d v. 6e v. 6f

Amore Gelosia resep

+

JHWH

+.

Le versioni antiche non hanno capito il termine Ialhebetji1130• In sé TM è chia­ Si tratta di un termine composto di due parole: la prima è salhebet (fiamma), la secondaja, abbreviazione di JHWH (come in ha/'/u-jtih)131• I tentativi di emendare il testo, appoggiandosi sulle versioni, non convincono132• Che cosa significa « fiamma di JHWH? >>. Per molti autori si tratta semplicemente di una sorta di su­ perlativo («una fiamma violenta >> )133• Altri vi vedono la designazione del « fulmi­ ne ••, come in IRe 18,38 ( 'es JHwH); 2Re 1 ,12; Gb 1 , ! 6 ( 'es 'e/6him)134. Ma si trat­ terebbe, in questo caso, di una tautologia, perché lo stesso concetto è già espresso al v. 6e. sa/hebetja, pur essendo collegata allo stico precedente per l 'immagine del fuoco, non può essere considerata semplicemente come sinonimo di r'stipèhti e riSpé 'es, anche solo per il fatto che là abbiamo un plurale, qui un singolare. An­ che dal punto di vista ritmico, il v. 6f stacca, si è visto, dal v. 6e. L' obiezione generalmente addotta a una comprensione letterale deli ' espres­ sione è che, nel Cantico, Dio non è mai nominato. Il Cantico sarebbe uno scritto volutamente « laico >>. Sul carattere laico del Cantico siamo d'accordo, trattando­ si di uno scritto sapienziale. Però, anche se non menziona i l nome divino, il Can­ tico presenta l 'amore con caratteristiche teologiche. Con caratteri teomorfi, ad esempio, è rappresentata l 'amata in Ct 3,6135 e in 6, 10136 e, rispettivamente, il di-

ro.

'"' Cfr., in questo capitolo, nota 7, p. 36 1 . "' Secondo R. Toumay. la grafia -jiih può provenire da u n influsso aramaico (A. Robert - R. Toumay, Le Cantique des cantiques. p. 453), it che confermerebbe la datazione ellenistica del poema. 1 32 Cfr.. in questo capitolo, nota 123. p. 382. m Così, ad esempi o, G. Krinetzki, Kommentar zum Hohenlied, p. 291 (« gewaltige Fiamme»); G. Gerleman, Rwh. Das Hohelied, p. 2 1 7 ; H.-P. Miiller, Das Hohelied, p. 85, nota 264. Genernl­ mente. però, è usata in questo senso la parola 'i!lohim (cfr. Gn 1 ,2; 23,6; Gio 3,3). '" Cfr. D. Lys. Le plus beau chant de la création, p. 282 (« Un sacré coupde foudre >>); O. Keel, Das Hohelied, p. 245 ( flammende Blitze »); G. Ricciotti, Il Cantico dei cantici, p. 278; D. Colom­ bo, Il Cantico, p. 1 32. '" Cfr. qui Intermezzo corale Ct 3,6-11, pp. 1 36, 138. 1 36 Cfr. qui Nuovi canti del diletto Ct 6,4 - 7, 1 l, p. 289. «

384

Parte seconda. Traduzione e commento

letto in 5,10- 1 6 1 37• Quando l 'amata scongiura le figlie di Gerusalemme « per le gazzelle o per le cerve dei campi >> (Ct 2,7; 3,5) fa un giuramento in nome dell'a­ more, che si spiega soltanto con il carattere divino di questa realtà 138. Costante­ mente il Cantico n-trasferisce all'amore umano tratti caratteristici del rapporto di Israele con il suo Dio (si è notato, ad esempio, il rapporto di Ct 8,6ab con Dt 6,581l9; di Ct 8,6d con Es 34, 14140). Certo ha ragione Lys di affermare: « L'AT lotta contro una tale "prostituzio­ ne" alla grande dea straniera. Si evita di ridurre JHWH alle limitazioni della ses­ sualità umana o di divinizzare la sessualità >> 141• Per questo non è accettabile la semplificazione che fa Garbini, di vedere in Ct 8,6 la « teofania del Dio Amo­ re >>142. In Israele vi è un Dio solo e si chiama JHWH. Il Cantico accoglie certa­ mente l ' eredità culturale della mitologia circostante, ma la reinterpreta nell' am­ bito della religione javista. Amore non è un dio che vuole sostituirsi a JHWH, ma è una >. Non >143, ma di JHWH, cioè del Dio di Israele. È possibile cogliere, nell'accostamento di riSpe 'es e di salhebetja, un'antitesi: l 'a­ more non è fiamma demoniaca, di cui si deve avere paura. esso è il fuoco del Dio della liberazione, del Dio dell'Esodo. La > ricorda infatti l 'epi­ sodio del roveto ardente (cfr. Es 3,2), cosl come la colonna di fuoco che accom­ pagnava gli israeliti durante l ' Esodo (Es 1 3,2 1 -22) e soprattutto la teofania del Sinai (cfr. Es 19, 1 8: Dt 4,1 1 - 12). Dt 4,24 collega i l fuoco dell'Esodo alla gelosia divina: > (cfr. anche Is 33,1 4). >, ma: > (ho theos agape estin, l Gv 4,8), che non è lo stesso. Tra il Canti"' Cfr. qui Nuovi canti dell 'amata Ct 5,2 - 6,3, pp. 243-244. "' Cfr. qui il Prologo Ct 1,2 - 2,7, p. 94. 139 Cfr., in questo capitolo, p. 376. 14° Cfr., in questo capilOlo, p. 3 8 1 . 14 1 D . Lys, Le plus beau chant de la créarion, p . 290. 142 « Ahavah appare come una dea greca e parla come un dio che si rivela all'uomo >> (G. Gar­ bini, Cantico, p. 275). 1 4·1 Ancora conlro G. Garbini, Cantico, p. 276 (. .

Epilogo Cr 8,5-14

385

co e il Nuovo TestamentO c'è una profonda continuità: si tratta della stessa riv�

lazione 145• > per spegnere l'amore (v. 7abc); non bastano « tutte le ricchezze della casa >> per comprarlo (v. 7def). La grandezza dell'amore non è dell'ordine della quantità1 48 • Nonostante il v. 7 sia ritmicamente e sintatticamente staccato dal v. 6, è, per altro aspetto, a esso intimamente congiunto, non solo dal punto di vista logico, ma anche da quello metaforico. L: immagine dell 'acqua (v. 7abc) è infatti diretta­ mente collegata, per contrasto, con quella del fuoco nel v. 6ef. Il tema della lotta 1 45 Si vedano, al riguardo, le profonde rinessioni di Rosenzweig nel secondo capitolo de w

stella della redenzione, che porta appunto il titolo di « Rivelazione », ed è consacrato in buona pane al Cantico dei cantici (F. Rosenzweig, Der Stern der Erlosung. pp. 1 74-228).

146 L'utopia del paradiso nei riguardi dell 'amore umano è d' altronde riproposta nel vangelo (cfr. Mt l 9,3-9: « AII' inizio non era così ! »). 1 47 Tanto che G. Ravasi (Il Cantico dei cantici, p. 633) unisce il v. 7abc al v. 6, e fa del v. 7def la terza strofa dell'unità compositiva Cl 8,5-7. Egli segue, in questo, N.J. Tromp (Wisdom and the Canticle, pp. 90-92), che isola come unità autonoma i vv. 6c-7c. 148 Tale significato è completamente svisato comprendendo il v. 7def come una domanda reto­ rica: « Se uno desse lutte le ricchezze della sua ca.a in cambio dell'amore, l si potrebbe disprezzar­ lo?•• (così H.-P. Mtiller, Das Hohelied. p. 84). ll lesto vuole affermare l ' impossibilitàdi una tale per­ muta, non incoraggiare a vendere tutto per comprare l ' amore. È vero, però, che anche il Targum intende Cl 8,7def in forma posiliva: « Se uno darà tutto il denaro della sua casa per possedere la sa­ pienza in esilio, io gli renderò il doppio nel mondo futuro ». Simile è anche l ' interpretazione di G. Garbini (Cantico, pp. 1 20- 1 22.278): « Chi darà la sua vita per Amore la salverà e non la perderà ». Garbini si basa sulla LXX. che rende TM h6n (ricchezza) con bio11 (vita). Ma bios ha in greco anche il valore di « sostanze » (cfr. Mc 1 2,44, holon 1011 bion autes). significato sostenuto, oltre che da TM, anche dalle altre versioni, a eccezione della Vetus Latina (c fr. il Targum, mamon; la versione Siria­ ca, 'tr'; la Vulgata, substantiam; la versione di Aquila. hyparxin). Da dove Garbini ricavi la bella fra­ se: « La salverà e non la perderà », è difficile capire. Non certamente dal testo del Cantico.

Parte seconda. Traduzione e commento

386

tra Amore e Morte (v. 6cd) è continuato nella lotta tra l 'amore e le forze del caos (v. 7abc): ambedue i brani evocano reminiscenze mitologiche. Però il v. 7abc non è una semplice ripresa del v. 6cd. Se là si diceva: >, ora si afferma la superiorità dell 'amore sulla morte149, esplicitando e preci­ sando ciò che là era implicito. [v. 7abc] L'espressione « le grandi acque >> (majim rabbim) ha un forte colo­ rito mitologico, riferendosi primariamente alla lotta del dio creatore con le acque del caos: un mito attestato non solo in Mesopotamia e a Ugarit150, ma anche nel­ la Bibbia Ebraica (cfr. Gb 38 ,4- 1 2) 1 5 1 • Qui tale lotta è spesso storicizzata come vittoria sui nemici storici di Israele (cfr. Sal 77, 17-2 1 ; Ab 3,8-9; Is 17, 1 2- 1 3). Nei Salmi è espresso, con questa metafora, tutto ciò che minaccia la vita del l ' uomo: le « grandi acque >> divengono così, spesso, sinonimo di > (cfr. Sal 1 8,56. 17; Gio 2,3-7). Anche senza ricorrere ali ' idea del fiume infemale152, l ' associa­ zione delle > con gli inferi e la morte è ovvia nel l ' AT153• Delle > si dice che (v. 6ef), si può ora comprendere la metafora deli' acqua. E solo se si è detto che esso è una > (v. 6f), si può comprendere che tutta l'acqua di questo mondo non è capace di spegnerlo. Il termine > (nahii r, v. 7c) indica un corso d'acqua perenne: solo i grandi fiumi dell 'antichità portano questo nome. Ma qui il plurale è sinonimo di >: sono i fiumi che alimentano l ' abisso. A Ugarit, nel mito della lotta di Baal e Jam, il dio che impersona il caos acquatico, costui è chiamato « principe mare >> e « giudice Fiume >>154• Anche nella Bibbia Ebraica, tale acco­ stamento è usuale (cfr. Sal 24,2; 93,3-4; Ab 3,8-9). In parallelo con i l verbo kiibiih (spegnere, v. 7b), è usato §afap (>). Questo ver­ bo ricorre di solito in connessione con acqua corrente, riferendosi perciò ali ' a­ zione distruttrice di un fiume in piena (cfr. Mt 7,24-27)155• Come nel caso delle >, anche in quello dei > è chiaro il legame con la morte e il mondo sotterraneo (cfr. Ez 3 1 , 15; Ab 3,8- 1 0; Sal 1 8,5-6).

14• Cfr.

A. Lacocque, Romance, She Wrore, p. 1 70. '"' Il mito è frequentemente rappresentato nell' iconografia orientale. Si vedano, ad esempio, Figure 73 e /lO. "' Cfr. H.G. May, Some Cosmic Connorations of Mayim Rabb1m « Many Warers • . in JBL 74 ( 1 955) 9-2 1 . "' Un parallelo con I'Hubur, il fiume infernale della letteratura mesopotarnica, è suggerito dal­ la scuola mitologica, cfr. W. Winekindt, Das Hohe Lied und seine Beziehungen zum lstarkulr, p. 57; H. Schmokel, Heilige Hochzeir, p. 79. "' Cfr. J.M. Munro, Spikenard and Saffron, pp. 1 1 3- 1 1 4; M. Pope, Song, p. 673 (in contrasto con H.G. May, cfr. sopra nota 1 5 1 ). 154 zbljm elp/ nhr, cfr. L.A. Snijders, niiluir, in ThWAT, vol. V, p. 282. "' Cfr. R. Liwak, S,p, in ThWAT, vol. VII, coli. 1 248-1255.

Epilogo Ct 8,5-14

387

Nell' AT, si dice che l 'amore che unisce JHWH al suo popolo è capace di su­ perare le forze del caos (cfr. Sal 46,3-4; Is 54, 1 0). C'è un passo di Isaia che è straordinariamente vicino al nostro testo: « Se dovrai altra versare le acque (majim) sarò con te, l i fiumi (n'fuirot) non ti travolgeranno (jiJt'puka), l se dovrai passare in mezzo al fuoco ( 'es) non ti scotterai, l e la fiamma non ti potrà brucia­ re, l perché io sono JHWH tuo Dio >> (ls 43.2). I Salmi traspongono questa convin­ zione all ' individuo; si veda, ad esempio, Sal l 6,9- l l . ll vincolo che unisce il sal­ mista con il suo Dio è così forte che costui affronta serenamente la morte, sapendo che: « Tu non abbandonerai la mia vita nel sepolcro >> (Sal 16, I O). Si ha l ' impressione che il Cantico trasferisca questa convinzione ali ' amore tra uomo e donna156. Se questo è « fiamma di JHWH >>, allora neanche la morte può contra­ starlo. Ciò che nell ' AT rimane presentimento (è sempre possibile interpretare la salvezza dalla morte come prolungamento di questa vita), riceve nel NT confer­ ma. Paolo giunge alla speranza della risurrezione attraverso la sua personale unio­ ne a Cristo: parla il fatto che il tema della ricchezza è sviluppato nelle due strofe successive (kesep, >, vv. 9. 1 1 ), a dire quanto questo tema stia a cuore all 'autore159. L' affermazione va collocala sullo sfondo della speculazione sul carattere della sapienza. È principio diffuso nell 'AT che la sapienza non ha prezzo, essa è superiore a tutte le ricchezze del mondo, cfr. Pro 3, 1 4 - 1 5 ; 4,7; 8 , 1 0- 1 1 . La pre­ ghiera di Salomone, in Sap 7,8-14, esalta la sapienza su tutti i beni del mondo

,,. E quindi si scorge il legame profondo con la richiesta di indissolubità al v. 6ab. Neanche la morte potrà separare i due amanti ! Ciò che nel nostro tempo è sentito spesso come un peso (al tem­ po di Gesu non era diverso, cfr. Le 1 9, 1 0) è presentato dal Cantico come buona novella. '" Il v. 7def sarebbe un isolato « aphorisme d'un sage >> (A. Robert - R. Toumay, u Cantique des cantiques. pp. 304-305). "' M. Pope (Song, p. 676) pone il v. 7def fra parentesi, notando: « Una simile affermazione a seguito dell'eloquente inno alla forza dell'amore è sorprendente come un anticlimax ». Similmente G. Ravasi (// Cantico dei cantici, p. 669): in Ct 8.7 non sono dello stesso ordine. 1 64 Cfr. A. Rohert - R. Toumay, Le Cantique des cantiques, pp. 305-306; G. Krinetzki, Kom· mentar zum Hohenlied, pp. 22 1 -222. 165 Così, giustamente, O. Keel, Das Hohelied, p. 25 1 .

Epilogo Ct 8,5-14

389

mente in Oriente, ancora ai nostri giorni, il matrimonio era concordato dai geni­ tori dei due sposi. Il denaro era versato alla famiglia della sposa come risarci­ mento per la perdita del lavoro di un membro, ma è ragionevole pensare che spesso era questa l a ragione principale per stipulare un matrimonio: l ' amore pas­ sava in second 'ordine166• Le due strofe seguenti continuano sulla stessa linea di una protesta contro usi sociali assodati, in nome della natura dell'amore. L' amo­ re è >, non un contratto stabilito dalle famiglie in base a ra­ gioni economiche1 67

Seconda strofa: Critica a/la famiglia (Ct 8,8-10). La seconda e la terza stro­ fa possono considerarsi uno sviluppo del tema proposto nella seconda parte del v. 7 1 68: la superiorità dell 'amore sul denaro. La parola > (keup) unisce infatti i due brani (v v. 9b. l l ). Anche il legame con Ct l ,5-6 accomuna le due strofe. In Ct 8,8- 10 si riprende il tema dei frate li i preoccupati di custodire la castità della sorella (cfr. l ,6c), mentre in 8, 1 1 - 1 2 ritorna il gioco sul doppio sen­ so della > da > (cfr. 1 ,6de). In nome della natura divina dell ' amore (v. 6), si critica dunque una società che pretende di dettare le leggi ali ' amore: si direbbe che l ' autore riprenda i l rim­ provero fatto alle figlie di Gerusalemme, di « disturbare >> l 'amore (v. 4 ) . La criti­ ca ha due aspetti, anticipati nel canto precedente (8, 1-4)169• La seconda strofa (vv. 8- 1 0) prende di mira la famiglia (> , cfr. vv. 2-3), mentre la terza (vv. 1 112) si rivolge alla società cittadina (« Salomone>>, cfr. vv. 1 .4). Già il v. 7def mo­ strava chiari legami con i vv. 1-4 (« casa >>, v. 7d, cfr. v. 2b; >, v. 7e, cfr. v. 4e; >, v. 7f, cfr. v. Id). Questi legami continuano nei vv. 8- 12: così il lessema > (v. Sa) rinvia ali ' omologo > del v. l a, la menzione dei > (vv. Sb. l Ob) riprende il v. l b, il verbo > (v. ! Od) echeggia i l v. l e, il verbo > (bw' i n forma hif'il, v. I l e) riprende i l v. 2a. Un' altra caratteristica accomuna le due strofe, ed è il loro carattere ermeti­ co, che le fa somigliare a due indovinelli 170• Come Landy insinua, si tratta, qui co­ me altrove nel Cantico, di un ermetismo voluto111• Stilisticamente, il tono senten166

« Quest'obbligo di versare una somma di denaro o l 'equivalente alla famiglia della fidan­

zata, dà evidentemente al matrimonio israelitico l 'apparenza di una compera » (R. De Vaux,

tuzioni, p. 37).

Le isti­

167 Meno probabile mi sembra il riferimento al costume della prostituzione cultuale suggerito i n W. Wittekindt. Das Hohe Ued und seine Beziehungen zum lstarku/t, p. 58. Il termine bajit. « ca­ sa » (v. 7d), può indicare in ebraico anche la « famiglia >>, ed è appunto alla famiglia che fa riferi­ mento la strofa seguente. Ma certo la protesta raggiunge ogni tipo di « amore a pagamento >>. '" G. Ricciotti (/1 Cantico dei camici, p. 28 1 ) considera i vv. 8- 1 0 come uno sviluppo del v. 7abc, mentre i vv. 1 1 - 1 2 sarebbero lo sviluppo del v. 7def. A me sembra invece che il v. 7abc guar­ di a ciò che precede. mentre il v. 7def è rivolto a ciò che segue. 169 Cfr. qui Ultimi canti dell 'amata Ct 7, 12 - 8,4, p. 350, Schema 67. 170 D. Colombo (Cantico, p. 120) pensa al genere letterario delle middlJt, o indovinelli nuziali (cfr. Gdc 14,14), o ancora all'epigramma erotico o conviviale tipico del mondo ellenistico. Anche la traduzione CE! intitola i vv. 8- 12: « Due epigrammi >>. Nel nostro caso non si tratta, però, di fram­ menti isolati: le due strofe sono inserite, come abbiamo abbondantemente dimostrato, nel contesto dell Epilogo . 17 1 E Landy, Paradoxes, pp. 1 35-179: « Beauty and the enigma». '

390

Parte seconda. Traduzione e commento

ziale dei vv. 6-7 lascia il posto a un tono più leggero, brillante177• Si passa dai principi ali' applicazione pratica, dalla disputa filosofica alla satira sociale. La seconda strofa (vv. 8-1 0) è, dunque, caratterizzata dalla tematica della fa­ miglia, introdotta già nel v. 7d (bajit). La strofa è strutturata dialogicamente in due parti: ai propositi dei sia presentata ancora come una bambina, senza se­ ni, fa difficoltà. Finora l'amata è stata presentata come una donna fatta, con i se­ ni ben formati (cfr. Ct 4,5; 7,4.8-9). Lys, ad esempio, pensa a un flashback, che ri­ porterebbe l'azione a un tempo anteriore a Ct l ,6175• Forse, però, non è necessario ricorrere a questo artificio letterario. L'autore vuole sottolineare il fatto che i fra­ telli non sanno riconoscere la raggiunta maturità della ragazza176• È tipico dei ge­ nitori, nelle nostre famiglie, trattare i figli adulti come se fossero eternamente minorenni. Questo ruolo tutelare, patemalistico, è attribuito nel Cantico ai > (E. Salvaneschi. Cantico. p. 1 15). "' Dal momento che il soggetto è plurale e che si parla di una « sorella», sembra ovvio che a parlare siano i « fratelli >> dell'amala, la quale risponde risentita al v. IO. Per F. Delitzsch (Hoheslied und Koheler. pp. 1 33- 1 34) si tratterebbe invece. al v. 8. dell 'amata, che parla di una sorella ancora bambina: i « fratelli >> prenderebbero la parola al v. 9. O. Keel (Das Hohelied, p. 252), dal canto suo, mette in bocca i vv. 8-9 alle sorelle maggiori dell'amata. Per H.-P. Mtiller (Das Hohelied, pp. 86-87) a parlare al v. 8 sarebbero i fratelli. al v. 9 i « pretendenti >>. chiamati in causa al v. 8d. Giustamente A. Lacocque (Romance, She Wrote, p. 1 80) obietta: " Che senso ha introdurre un nuovo personaggio proprio alla fine del Cantico? ». La finalità dell Epilogo è di raccogliere i motivi già sviluppati nel poema, non di introdume di nuovi. '" Cfr. qui Canti dell 'amata Cr 2,8 - 3,5, pp. 127-128; Ultimi canti dell 'amata Cr 7, /2 8,4, p. 353. "' D. Lys, Le plus beau chanr de la création, p. 294; così anche W. Rudolph, Das Buch Ruth. Das Hohe Lied. Die Klagelieder. p. 1 83; G. Krinetzki, Kommenrar zum Hohenlied. pp. 225-226. 176 È vero che in Israele le ragazze venivano date in matrimonio in un'età mollo giovane, e ciò spiega anche il fano che a decidere per la ragazza siano i genitori o i fratelli (cfr. R. De Vaux. Le isti­ tuzioni. pp. 39-42). Ma, nel Cantico, l ' amata non è mai presentata come una bambina. '

·

Epilogo Ct 8,5-14

391

telli >>177• Dalla reazione della donna al v. 10 si vede che l 'osservazione dei fratel­ li è falsa. Effettivamente, in Ct 7 , 1 3, i due amanti si erano voluti sincerare se i lo­ ro corpi fossero maturi per l 'amore, > (cfr. 6, 1 1 ). Essi avevano riconosciuto che il tempo dell'amore era giunto (7 , 1 4 ). Solo i fratelli non se ne sono accorti. Se il v. Sab mette alla berlina l ' atteggiamento patemalistico dei fratelli, nel non saper riconoscere la maturità sessuale della sorella, il v. 8cd rivela un altro aspetto, collegato con il primo, cioè quello di volersi sostituire a lei nella gestio­ ne del suo corpo. « Che ne faremo di nostra sorella, il giorno che se ne parlerà? >> (v. Scd). Con l ' espressione « parlare di >> (da bar b') si allude alle negoziazioni in vista del matrimonio (cfr. l Sam 25,39). Dato per scontato che il tempo dell'amo­ re non sia ancora giunto, si fanno piani per il futuro. Che i fratelli siano, accanto al padre, coloro che conducono le contrattazioni matrimoniali, appare evidente in Gn 24 (cfr. anche Gn 34). A decidere se Rebecca può o no essere data in moglie a lsacco, non è tanto il padre di costei, Betuele, ma il fratello Labano (Gn 24,29.50-5 1 . 55). Il ragionamento dei fratelli, al v. 8b, non ha niente di straordi­ nario: era prassi usuale della famiglia israelitica tradizionale. Era normale, per la mentalità patriarcale, che non fosse la donna a decidere chi voleva prendere in sposo, ma i membri maschili della sua famiglia, il padre e i fratelli178• Essi dove­ vano decidere, in base a criteri che con l 'amore niente avevano a che vedere, quando e con chi la giovane doveva sposarsi . Contro tale mentalità il Cantico prende posizione. Forse riflettendo la coscienza nuova che la donna aveva di sé nella società ellenistica. [v. 9] Alla domanda che i fratelli si sono posti al v. Scd, rispondono essi stes­ si al v. 9. Come il precedente, anche questo verso è costituito di due parti. Il pa­ rallelismo fra queste è particolarmente accentuato. La corrispondenza è puntua­ le: ogni parola del v. 9ab trova corrispondenza in 9cd (cfr. Schema 77)179 • I l problema, che ci occuperà fra poco, è di sapere se si tratti di un parallelismo si­ nonimico o antitetico.

Schema 77 v. 9ab v. 9cd

Se è un muro, Se è una porta,

sopra gli costruiremo la sbarreremo

merli con una tavola

d'argento. di cedro.

I l termine « muro >> (l}.omiì, v. 9a) ricorre ancora i n Ct 5,7: esso indica non il muro di casa (kotel, Ct 2,9), ma le mura della città, porta dunque in sé la conno­ tazione di difesa e di chiusura. È la metafora della città, già introdotta in Ct 2,4. 177 R.E. Murphy (The Song ofSongs, p. 49, citando Th. Jacobsen, The Harps, pp. 8-9) segnala un parallelo nella letteratura sumerica. Quando Dumuzi vuole recarsi da !nanna, la sua sorella mag­ giore, Geshtinanna, gli risponde: " Al mio occhio paterno l tu sei davvero ancora un bambino picco­ lo, l - perché Baba (!nanna) ti possa conoscere come uomo. l Io ti lascerò andare da lei ''· 178 « Né la ragazza né spesso il ragazzo sono consultati » (R. De Vaux, Le istituzioni, p. 39). 179 Il proposito di mettere le due pani in parallelo risulta chiaro soprattutlo nel verbo. A nibneh 'tilèha (letteralmente, « cosbll iremo sopra di essa » l« muro » è femminile in ebraico)) corrisponde IUlfur 'tilèha (letteralmente, « premeremo su di essa »; cfr. W. Rudolph, Das Buch Ruth. Das Hohe Ued. Die Klagelieder, p. l 82).

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Parte seconda. Traduzione e commento

La città che resiste vittoriosamente agli assedi è simbolo della castità della don­ na 1 80 . 1 8 1 • Controverso è il significato del termine Jirfi al v. 9b. Altrove esso designa un accampamento circondato da un muro di pietra (Gn 25,16) oppure uno strato di pietre lungo una parete (Ez 46,23 ). Essendo costruito sopra i l muro della città, è logico pensare a dei >, con la funzione di rafforzare la difesa offerta dalle mura stesse. La versione greca dei LXX traduce epalxeis, che è il termine usato dalla versione di Aquila in Ct 4,4 per tradurre l 'ebraico talp!jot182• Effettivamen­ te i due brani sono simili: in ambedue si tratta di difese costruite sulle mura della città. Come in Ct 4,4 (cfr. Ez 46,23), la funzione dei merli non è solo difensiva, ma anche ornamentale: i merli sono infatti l 'amore (contro il v. 7abc)186, imporgli leggi estra­ nee (contro il v. 4), barattare amore con denaro (contro il v. 7def).

110 Cfr.

qui Prologo Ct 1,2 - 2,7, p. 92. 181 Mi sembra fuorviante pensare che il « muro » faccia riferimento al seno piatto della ragaz­ za (cfr. M.D. Goulder, The Song of Fourteen Songs, p. 66). Se cosl fosse, lei non si vanterebbe cer­ to. al v. l Oa. di essere un muro! 182 Cfr. qui Canti del diletto Ct 4, 1 - 5,1, pp. 165-166. 183 « r: idea che ( l 'autore) vuole esprimere non sembra essere semplicemente quella di solidità, ma anche e soprattutto quella di ricchezza: la costruzione di cui si parla ha richiesto spese conside­ revoli >> (A. Roben - R. Toumay, Le Cantique des cantiques. p. 31 0). 184 « Essi vogliono con essa (= la verginità della sorella, nda) raggiungere un elevato prezzo della sposa (m6har) : la considerano un buon investimento » (W. Rudolph. Das Buch Ruth. Das Hohe Lied. Die K/agelieder, p. 183): « Mediante un "prezzo della sposa" straordinariamente elevato (i fra­ telli vogliono, nda) attirare l'attenzione dei genitori di giovani in età nuziale sulla timida e poco ap­ pariscente ragazza >> (G. Krinetzki, Kommentar zum Hohen/ied, p. 225). •u « La virtuosa sorella verrà lodata e ricompensata dai suoi fratelli )) (G. Gerleman, Rurh. Das Hohelied, p. 220); « Una catenella che lega le caviglie come nel Sal ambO di Flauben può essere d'o­ ro>> (D. Lys, Le plus beau chant de la création, p. 297). 186 I: opinione di Ricciotti, citata in questo capitolo alla nota 168, non è dunque senza fonda­ mento.

Epilogo Ct 8,5-14

393

In parallelo con « muro », è usato nel v. 9c il termine > (delet). Diver­ si esegeti vedono nei due termini un'antitesi 1 87• Se il > denota chiusura, inaccessibilità, e dunque, in senso traslato, castità, la porta indica apertura, pas­ saggio, e quindi libertà sessuale. Si comprende che in tal caso i fratelli si preoc­ cupino di bloccare quest'apertura con drastiche contromisure. Per suggestiva che sia questa interpretazione, essa non corrisponde al senso del termine delet. A differenza di peta}J, che indica un'apertura nel muro, de/et indica il battente della porta1 88, perciò esprime, in si noni mia con >, la stes­ sa idea di « chiusura >>1 89• Ambedue le immagini sono metafora della castità della ragazza. In parallelo con i . dunque di un le­ gno non solamente solido, ma anche particolarmente prezioso, impiegato per il tempio e per il palazzo del re. Il termine è equivalente, per valore simbolico, ali '> del v. 9b. Significativamente la lettiga di Salomone è fatta di « le­ gno del Libano >>, cioè di cedro, e di > (cfr. Ct 3,9- 1 0). Landy commen­ ta: « L'amata è una fortezza attraente: attraente e sbarrata, probabilmente perché val la pena di difenderla >>190, dove il verbo valere è da prendere letteralmente, in senso economico. La castità della giovane è vista dalla famiglia come un capita­ le, un investimento con ghioue rendite. Sul mercato, una vergine vale di più. [v. 10) La risposta dell 'amata. Con la frase: « >, l'amata prende posizione rispetto al progetto dei fratelli esposto al v. 9. Nella metafora del > è inclusa anche quella, sinonimica, della « porta >>. Attraverso le due immagini i fratelli avevano avanzato dubbi sulla castità della sorella (« Se . . . >>). Preoccupati della tenuta delle sue difese, essi volevano aggiungerne altre in pro­ prio. Con l 'enfatica sottolineatura del pronome personale di prima persona (>), l ' amata afferma che a difendersi basta da sola, la sua castità non ha bisogno di puntelli. L'affermazione trova riscontro nelle altre immagini di chiusura che caratte­ rizzano l'amata. Ali ' inizio del poema, questa era presentata chiusa dietro il mu­ ro di casa (2,9), inaccessibile, come le colombe > (Ct 2, 14). La sua lettiga era scortata da sessanta prodi ar­ mati di spada > (Ct 3,8). Il suo collo è >, rinforzata di baluardi, protetta da tutte le armi dei prodi (4,4), e i l

1 87 S i vedano, ad esempio: F. Delitzsch. Hoheslied urrd Kohelet, p . 1 35; P. Joiion, Le Cantique, p. 323; D. Colombo. Cantico, p. 1 2 1 ; G. Gerleman, Ruth. Das Hohelied, p. 220; G. Krinetzki. Kom­ mentar zum Hohenlied, p. 225. '" La con sonante ebraica da/et [-,) è un ideogramma, « designante originariamente la porta che gira sul cardine ., (A. Baumann. de/et, in ThWAT, vol. Il, p. 244) 189 Così giustamente: O. Keel. Das Hohelied, p. 252; A. Robert - R. Tournay, Le Cantique des cantiques, p. 3 1 0; R. Gordis, The Song, p. 100; D. Lys, Le plus beau chant de la création, p. 296; G. Ravasi, // Cantico dei ca11tici, p. 692. '"' F. Landy, Paradoxes, p. 1 6 1 .

394

Parte seconda. Traduzione e commento

suo naso « come la torre del Libano, sentinella verso Damasco >> (Q 7,5). Essa è « giardino chiuso, piscina chiusa, sorgente sigillata » (Ct 4, 1 2). La donna del Cantico decisamente non è una ragazza di facili costumi. La castità è il segno del­ l 'esclusività dell'amore, espressa mediante la metafora del sigillo in 8,6: « inte­ ramente " si può appartenere solo a una persona. L'amore, dice il Cantico, quan­ do è vero, è casto per natura: non ha bisogno di puntelli estranei. Con la seconda frase: por­ tata dali' amore uno può entrare nella pace209• Il senso di m6$' 'et siilom è dunque più ampio che quello di una capitolazione. siilOm in ebraico è pienezza di vita, sa­ lute, soddisfazione dei bisogni più profondi dell'uomo. Il bisogno più profondo di un uomo è l ' amore. Per questo l ' amata è una donna pacificata, appagata: essa ha trovato > (Ct 1,7; 3, 1.2.3. 4)2 10• Forse non è necessario scegliere tra le due interpretazioni. Ambedue si sono rivelate coerenti. La prima corrisponde più direttamente al contesto immediato, la seconda al contesto più ampio. L'ambivalenza de li' espressione conferma il ca­ rattere ermetico dei vv. 8- 1 2. Terza strofa: Critica alla società (Ct 8,11-12). Anche la terza strofa si pre­ senta come uno sviluppo del tema del v. 7def: l ' incomparabilità dell 'amore con la ricchezza. Il disprezzo dovuto a chi vuole scambiare amore con denaro (v. 7def) è dimostrato concretamente nella risposta del v. 12. Il legame tematico tra i

"" Cfr. qui Nuovi canti del diletto Ct 6,4 - 7, I l , p. 3 1 6. "" Cfr. F. Landy, Paradoxes, p. 165: « Lei guarda negli occhi di lui che guardano nei suoi; in

lui lei trova riflessa se stessa, la loro mutua reciprocità ». G. Krinetzki (Kommentar zum Hohenlied, p. 226) parla di processo di integrazione e di individuazione che si compie nell' incontro con l 'altro sesso.

207 « Quando l 'amata dice che ha trovato Iiilom nei suoi occhi, è un' altra maniera per dire che essa ha trovato se stessa, haS!ulammtt, ivi riflessa, come anche lui avrebbe trovato se stesso, S'lòmoh, riflesso negli occhi di lei " (M.T. Ellion, The Literary Unity ofthe Camicie, p. 203). 208 Cfr. qui Nuovi canti del diletto Ct 6,4 . 7, 11, p. 306. "" Giustamente R.E. Murphy (The Song of Songs, p. 199) contrappone la « pace » secondo i piani dei fratelli a quella arrecata dal diletto: « Con lui l'amata ha trovato soddisfazione o benessere [ . . . ), una relazione totalmente appagante che va ben oltre i disegni protettivi dei suoi fratelli >>. Si po­ trebbe dire che la pace dei fratelli escludeva la guerra, escludendo l'amore. Ma una pace senza amo­ re non è pace, è inibizione. 21 0 Il libro di Rut ha un'espressione simile: « JHWH conceda a ciascuna di voi di trovare riposo (m$' m'n{J})d) in casa di un marito » (Rt 1 ,9; cfr. 3,1) (cfr. Y. Zakovitch, Song ofSongs - Riddle ofRid­ dles, p. 22).

Epilogo Ct 8,5-14

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due brani è confennato dalla ripresa dei tennini: « dare » (natan, vv. 7d e I l b) e « uno, ciascuno » ( 'fS, vv. 7d e l i c), nonché dalla sinonimità tra hon (patrimonio, v. 7d) e ham6n (ricchezza, v. l l a). Ha torto però Lacocque nel ritenere che la strofa precedente « interrompa lo scorrere del ragionamento tra i vv. 7 e I l » 2 1 1 • La seconda e la terza strofa sono, infatti, intimamente collegate. Agli argomenti riportati sopra212, altri se ne posso­ no aggiungere. Da un punto di vista strutturale, ambedue le strofe sono costituite di due parti: nella prima è fatta, verosimilmente da un >, un'affermazione, a cui, nella seconda, l 'amata risponde in modo risentito, affennando la propria identità con l 'uso enfatico del pronome di prima persona (« io "• >, v. l O; >, v. 12). Nei due casi, la risposta riprende letteral­ mente le parole chiave dell 'affennazione precedente. Se nella seconda strofa la successione di queste parole fonna un chiasmo (cfr. Schema 76, p. 390), nella ter­ za la corrispondenza è parallela (cfr. Schema 78): i tennini « vigna>>, >, > e >, che caratterizzano il v. I l , sono ripresi nel v. 1 2 nello stesso ordine. Da parola-richiamo tra le due strofe funge non solo l ' importante tenni ne ke­ sep (>, vv. 9b e I l e), ma anche la radice .l'1m, presente nel v. !Od nel tennine .l'a16m (pace) e nel v. I l a nel termine !'16m6h (Salomone; la Vulgata traduce Pacifico). Inoltre, dal punto di vista del contenuto, il ruolo dei >, posti a tutela della castità della giovane (v. I l), corrisponde a quello dei > nei vv. 8-9. Chi osserva questo preciso gioco di rimandi è poco pro­ penso a introdurre emendazioni, come quelle che abbondano nella letteratura ese­ getica meno recente, panicolannente a riguardo del v. 1 1 213• Schema 78

v. I l

v. 12

kerem (vigna, v. I l a) S'/6m6h (Salomone, v. I l a) no_t'rfm (guardiani, v. I l b) pirj6 (il suo frutto, v. I le) kerem (vigna, v. l 2a) s'lomoh (Salomone, v. 1 2b) no_t'rim (guardiani, v. 1 2c) pirjo (il suo frutto, v. 1 2c).

Abbiamo dato per scontato che il v. I l sia messo in bocca a un coro, e il v. 1 2 all ' amata. Ma ambedue le attribuzioni sono tutt'altro che pacifiche214• Per

molti autori, a parlare nei due versi è la stessa persona: per alcuni, si tratta del di­ letto, per altri, dell'amata. Il v. 12 starebbe bene, di per sé, anche in bocca al di2 1 1 A. Lacocque, Romance, She Wrote, p.

1 85.

"' Cfr, in questo capitolo, p. 389. "' Del v. I l affermano A. Robert - R. Toumay (Le Cantique des cantiques, p. 3 1 7): si parla al v. I l in forma impersonale (« una vigna >>), mentre al v. 1 2 s i tratta della ; di Salomone i l v. I l parla i n terza persona, mentre al v. 12 si usa il discorso diretto. Nel v. I l si tratterebbe di una voce fuori campo (come in 3,6-1 1 ), che potrebbe identificarsi con il coro o con l 'autore stesso219• [v. 11] La vigna di Salomone. L' inizio del verso ricalca l 'inizio del > di Isaia: > (ls 5, l ). La corrispondenza è troppo precisa per essere casuale. Dato il tono di satira sociale del brano, è possibile intendere l 'accostamento come una critica alla so­ cietà giudaica del tempo. La > è infatti, in Isaia, metafora per >, che, invece di produrre giustizia, commettono violenza e opprimono i deboli (ls 5, 7). A questa stessa società (>) l 'autore vuole, forse, rinfacciare un comportamento offensivo nei riguardi della sessualità femminile (>). Così facendo, egli riporta al suo senso origina­ rio la metafora della vigna. Anche in Isaia, infatti, la vigna è primariamente sim­ bolo della donna: si tratta di un canto d'amore (sirat dodi, Is 5, l) trasposto al rap'

"' Secondo E Horst (Formen, p. 183), Ct 8, 1 1- 1 2 sarebbe il >: nel v. 6d il termine è usato nel senso letterale, mentre nel v. 6e es­ so è metafora del corpo della donna221• Per Alden, analogamente, il termine avreb­ be in Ct 8, I l un senso letterale, mentre in 8, 1 2 si passerebbe al senso metaforico222• È vero che Salomone, come in generale i re d'Israele (cfr. ICr 27,27; I Re 2 1 ; 2Re 2 1 , 1 8; 25,4), aveva giardini e vigne famose (cfr. Qo 2,4-6), ma è anche vero che egli aveva innumerevoli donne, viste dali 'autore della storia deuteronomistica co­ me una fonte di peccato: « Aveva settecento principesse per mogli e trecento con­ cubine >> ( I Re 1 1 ,3)223• A questo testo si ispira anche Ct 6,8-9, come è stato a suo tempo rilevato224• Il doppio senso, perciò, è presente già ne li' espressione « vigna di Salomone >>: da una parte, essa si riferisce ai suoi vigneti, dali ' altra, al suo harem. Certo, la luce in cui Salomone è presentato non è positiva: d'altronde, que­ sta immagine non è nuova; già in Ct 6,8-9 si è notato un forte accento critico nei suoi confronti. Si comprende la difficoltà della scuola allegorica ad ammettere un accento negativo nei riguardi di un personaggio che è visto come cifra di JHWH o del messia. Evidentemente questo brano non è stato pensato in senso allegorico. È possibile, ammettendo una data ellenistica per il poema, che vi sia un riferi­ mento velato alla corte tolomaica e ai simpatizzanti che questo modo di vita tro­ vava fra le classi superiori dei giudei225 • Ma il significato del brano va al di là di un determinato momento storico: esso è valido per ogni tempo. Come le figlie di Gerusalemme, anche Salomone personifica la società cittadina, il cui valore è ambiguo. A tratti egli rappresenta il re ideale, con cui, in un « travestimento ver­ so l'alto >>, il diletto si identifica (cfr. 1 , 1 .4.5 . 1 3 ; 3,7.9. 1 1 ), a volte invece, come qui e in 6,8-9, esso diviene il simbolo della concezione pagana226 dell 'amore, da 220 Si noti però che, mentre in Isaia la colpa ricade sulla vigna, cioè sulla donna (e non può es­ altrimenti, perché il vignaiolo. l'uomo, è JHWH stesso), nel Cantico la vigna è innocente: i col­ pevoli sono i vignaioli, cioè Salomone e i custodi. Un' interpretazione allegorica del brano è impos­ sibile, ed è questa la ragione per cui A. Roben - R. Toumay (Le Cantique des cantiques. pp. 322-323) lo considerano spurio (qui si dà una interpretazione « politica » del passo, vedendo, dietro Salomone, Giovanni (reano: si veda la critica di A. Lacocque, Romance, She Wrote, pp. 1 85- 1 86). "' Un simile gioco tra senso letterale e senso metaforico è presente anche in Ct 7, 1 3. dove i l plurale k'rdmfm va inteso in senso concreto. mentre il successivo gepen ha un valore figurato. 222 R.L. Alden, Song of Songs 8,12a: Who Said /t?, in JETS 3 1 ( 1988) 273. 223 Il numero 700 + 300 equivale a l 000, una cifra che trova riscontro nel nostro testo, quando si parla dei « mille sicli » dovuti a Salomone (v. 12). E possibile che i « mille sicli » facciano riferi­ mento alle « mille donne » di Salomone (cfr. R. Toumay, Quand Dieu parle, p. 27)? ,., Cfr. qui N11ol'i canti del diletto Ct 6,4 - 7, l l. p. 284. L'accostamento tra i due testi è innegabile, ma il fatto di venir pronunziati da due persone diverse (Ct 6,8-9 dal diletto, 8, 1 1 - 1 2 dall'amata) produce uno spostamento d'accento: mentre in Ct 6,8-9 si mette in rilievo il contrasto tra l ' unica e le molte, in 10, 1 1 - 1 2 si sottolinea maggiormente l 'autonomia della donna e la non commerciabilità dell'amore. "' « Forse è presente, nel secolo III a.C., una polemica contro determinati valori, che l " antica società giudaica, simpatizzando con la moda ellenistica, poteva aver assunto dalla eone tolemaica di Alessandria. sotto tutti gli aspetti superiore » (H.-P. Mtiller. Das Hohelied, p. 89). A. Roben e R. Toumay. si è notato. pensano a Giovanni !reano (cfr., in ques10 capitolo, nota 220). "' Le donne di Salomone, sottolinea il testo di l Re I I , 1-8, erano « straniere » (nokrijjot, v. l), cosl come « straniera » (zarà, nokrijjiJ) è la donna depravata di Pro 7. sere

Parte seconda. Traduzione e commento

400

cui l 'autore prende le distanze. In questa luce l 'accostamento di Iiilom (v. 10} e §•/Omoh (v. I l ) acquista il senso di una contrapposizione: sono due modi diversi di cercare la pace. La donna la cerca nell'amore e la trova. Salomone la cerca nei soldi (e non la trova). Controverso è il significato dell'espressione seguente: ba 'al hiimon. Sembra naturale intenderlo come un toponimo, ma di una tale località non ci è pervenuta notizia. Data anche l ' incertezza testuale (le versioni antiche hanno inteso varia­ mente i l nome227), gli esegeti hanno proposto diverse congetture: Balamon, pres­ so l ' attuale Jenin (cfr. Gdt 8,3)228 ; ba 'al l}ermon, nell'alta Galilea (cfr. Gdc 3,3; ! Cr 5 23 )229; ba'al l}ammon. L'ultima designazione è cara alla scuola mitologica: !}amman (letteralmente, « il cocente >>, cfr. Ct 6. 1 0) designa il sole. Una divinità con il nome ba 'al l}ammon è conosciuta in Asia Minore, a Ugarit e a Cartagine230• Si alluderebbe qui al matrimonio sacro tra Bel f:lammon e Ishtar e alla prostitu­ zione che nel loro tempio si esercitava. I >. Anche il verbo > (bw' in forma hif'il) è denso di rimandi: esso indica generalmente l' in­ trodurre nel luogo dell 'amore (cfr. l ,4; 2,4; 3,4; 8,2). Come il verbo >, an­ che il verbo > è, improvvisamente, degradato a un senso commercia­ le237. A essere intrOdotto in casa non è l'amata o il diletto, ma > ( 'elep kesep) è il prez­ zo di > (il numero delle donne dell'harem di Salomone, secondo l Re I l ,3 !). Calcolando che ogni custode gli deve portare questa somma, e che essa è calcolata al netto, senza contare la ricompensa dovuta ai custodi, si tratta di una ci­ fra enorme. I > sono divenuti a questo punto dei fittavoli, dei >, come nella versione evangelica della metafora (cfr. Mc 1 2 , 1 -2). Come sia da intendere, concretamente, questa commercializzazione dell'a­ more non è detto. Diversi esegeti hanno pensato, si è visto sopra, a prostituzione di alto rango, magari sotto forma di prostituzione sacra. Ma non ci è giunta noti­ zia che Salomone abbia fatto qualcosa del genere, e, d'altronde, il parallelo con i vv. 8-1 O induce a cercare non qualcosa di straordinario, bensl una prassi comune

23' Le fonti mesopotamiche parlano indubbiamente di funzionari eunuchi, ma per I ' Egino mancano anestazioni: Keel insinua che i sorveglianti raffigurati nella scena di harem della Figura 30 non hanno le caratteristiche di eunuchi. Anche in Israele non si parla di un simile costume (cfr. O. Keel, Das Hohelied, p. 254). '"' È possibile pensare a rapporti sessuali tra i guardiani e le donne dell'harem? Ceno è che un uomo solo. si trallasse anche di Salomone. non riesce a soddisfare mille donne. Si può forse leggere qui un rimando al secondo « canto della vigna » di Isaia: « lo, JHWH, ne sono i l guardiano (n�r). a ogni istan­ te la irrigo; per timore che venga danneggiata, io ne ho cura (n�r) none e giorno» (ls 27,3; cfr. H. Madl, nti,tar, in ThWAT. vol. V, p. 434). Dio custodisce egli stesso la sua vigna, non la dà ai custodi. m Cfr. D. Lys, Le plus beau chant de la création, p. 301 .

402

Parte seconda. Traduzione e commento

nella società giudaica del tempo de li' autore. È naturale pensare alla poligamia238, diffusa fra le classi superiori della borghesia, di cui Salomone sarebbe emblema. Alludendo a Salomone, vengono in mente i vantaggi politici ed economici che ta­ li matrimoni gli procuravano, o i figli239: sono forme, non lontane anche dalla no­ stra società, in cui spesso si realizza un « matrimonio di convenienza >>, non di amore. È sempre uno strumentalizzare l 'amore per fini a esso estranei. L' atteggiamento di Salomone è simile a quello dei fratelli. Ambedue sono preoccupati della castità della donna (>, v. 9; >, v. I l ). Sia i fratelli sia Salomone spersonalizzano la donna, togliendole la possibilità di de­ cidere sul proprio corpo (>, v. 9; >, v. I l ). Ambedue sono mossi non da amore, ma da sete di profit­ to (« argento >>, v. 9 e v. I l ). [v. 12] La mia vigna. La risposta della donna è ricalcata, come la preceden­ te, sui propositi manifestati dai suoi >240• La prima affermazione: > (karmf selli, v. 1 2a) riprende, infatti, il v. I l a: > (kerem hiijiih lis'lomoh). L'enfatica sottolineatura del prono­ me personale di prima persona (>) è una protesta ac­ corata contro la pretesa di Salomone di essere lui il proprietario della >. La donna afferma che la sua vigna, cioè il suo corpo, la sua sessualità, è proprietà sua, e di nessun altro: lei sola ha diritto di decidere su di sé. Né la famiglia (vv. 81 0) né Salomone, con tutte le sue ricchezze, possono farlo per lei. L'amore è un atto di libertà: senza questa, non vi può essere amore. Il significato dell'espressione: « mi è davanti >> (/'piiniij), è controverso. Es­ sa è considerata da molti esegeti come il principale argomento per attribuire il verso al diletto241• Se, infatti, la > sta « davanti a me >>, significa che essa è diversa da >. Questa osservazione sarebbe appoggiata dal fatto che, al v. l O, l 'espressione analoga: >, si riferisce al diletto. Ma lipne ha spesso un signi ficato traslato, equivalente a (essere) > (cfr. l Sam 1 9,7; 29,8; 2Re 5,2), > (cfr. l Sam 3, l ) o > (cfr. Gdc I l , 9)242 di qualcuno. Sicché può benissimo venir pronunziato dalla donna, che così afferma che il controllo del proprio corpo appartiene a lei, per il fatto di esserne la proprietaria. Cosi compresa, l 'affermazione fa il verso a I l b: >. Custode della sua vigna, dice l 'amata, è lei stessa: non ha bisogno di altri custodi. L'affermazione è simile a quella del v. l O, dove lei rifiutava le > propostele dai fratelli, affermando che a di­ fendersi bastava da sola. 138 • Non si tratta di soldi da guadagnare, ma di fiducia nell 'amore, che si sceglie monogamo in una società poligama » (D. Lys, Le plus beau chant de la création, p. 303). "' , presentata nella terza strofa nel suo aspetto negativo, nella quar­ ta, invece, in quello positivo. I vv. 1 3- 14, dunque, non sono un corpo estraneo nell Epilogo, ma ne forma­ no la logica conclusione. Non solo, ma in essi echeggiano continuamente precisi rimandi a termini e motivi del Cantico, soprattutto del Prologo: s i veda, ad esem­ pio, il termine l)iiberim (v. 1 3a), che occorre ancora solo in Ct 1 ,7, o la macro­ scopica ripresa del tema del « capretto sui monti >> (v. 14) da 2, 1 7 e 4,6. Il brano si pone come conclusione non solo dell Epilogo, ma dell'intero poema. È da aspettarsi dunque che in esso l 'autore condensi in forma particolarmente pre­ gnante il suo messaggio. La strofa si compone, come le precedenti, di due pani, caratterizzate, la pri­ ma (v. 1 3), dal discorso del diletto, la seconda (v. 1 4), dalla risposta dell'amata. La prima parte è composta di un tristico, la seconda di due distici: la somma de­ gli stichi, sette (!), difficilmente è casuale. Stilisticamente, la strofa si allinea più alle due precedenti che alla prima: di esse condivide il carattere enigmatico, con la punta dell'enigma nell'ultimo verso. [v. 13] " Fammi udire la tua voce ». I problemi testuali si concentrano i n questo verso. Non tanto perché TM sia corrotto, quanto piuttosto perché il senso, che esso offre, non soddisfa gli esegeti. Come di consueto, noi preferiamo atte­ nerci a TM, accettando la sfida della sua apparente enigmaticità. I problemi cominciano con la prima frase: « O tu che abiti i giardini >>. TM ha un panicipio femminile, riferendo la frase alla donna, mentre la versione gre­ ca dei LXX legge al maschile (ho kathemenos), e la Siriaca traduce al plurale, in riferimento ai « compagni >>252• Dei compagni, però, non è mai detto che abitino nel giardino: il giardino è il luogo dell'amore, riservato agli amanti. La lezione della LXX ha cenamente senso: in 5,1 e in 6,2 il diletto si reca nel « suo >> giardi­ no. Dal momento che il giardino è metafora della donna, sembra più logico rife­ rire la frase all'uomo. Ma appunto come lectio difficilior TM va ritenuto: d'al­ tronde, non avrebbe senso che la domanda (v. 1 3) e la risposta (v. 1 4) siano pronunziate dalla stessa persona. Nel Cantico, il giardino è non soltanto simbolo della donna (cfr. 4. 1 2 - 5, 1 ; 6,2), ma anche l ' ambiente dell' amore. come si è notato a proposito di 7, 12-14253• Questo senso ha anche l 'espressione parallela del v. 5: « Sotto il melo >>. Il melo può essere anche simbolo degli amanti (cfr. 2,3; 7,9), ma qui il contesto lo fa in­ tendere come il luogo dell'amore. Se è la donna a svegliare il suo diletto « sotto il melo», vuoi dire che questo non si identifica né con lei né con lui : è semplice­ mente il luogo del l 'amore, in contrapposizione con la città fredda e senza vita, e anche con il deserto (v. Sa), luogo di mone. Della donna si dice che " abita (jasab) nei giardini >>. Il verbo jiisab può ave­ re il senso di « sedere » (cfr. Ct 2,3), di « giacere, posarsi >> (cfr. Ct 5, 1 2), ma an'

'

"' Cfr., in questo capitolo, nota 13. "' Cfr. qui Ultimi canti dell 'amata Ct 7, 12 8,4, pp. -

343-344.

406

Parte seconda. Traduzione e commento

che, più generalmente, quello di « abitare », come in questo caso. Un' interpreta­ zione erotica del termine 254 è sconsigliata dalla risposta della donna al verso se­ guente: >. Sorprende il plurale: > (baggannim). Non si tratta di un caso unico nel Cantico: il termine ricorre ancora in Ct 4, 1 5 (>) e in

6,2 ( « . . . a pascolare

è

nei giardini >>). Anche qui

fetto sonoro (si noti l ' assonanza con hiiberfm).

certamente presente un ef­

È possibile

anche pensare a un

plurale di generalizzazione o di indeterminazione255• Ma i paralleli invitano a prendere il plurale sul serio. In Ct 4, 1 5 il termine si contrapponeva alle immagi­ ni di chiusura di 4, 1 2, alludendo a una funzione universale del giardino256• Ana­

6,2 il termine assumeva una funzione universalizzante del l ' espe­ rienza amorosa257• Anche nel nostro brano, l ' ultima strofa forma un parallelo

logamente in

complementare alla prima, dove si affermava l 'esclusività dell ' amore. La donna del Cantico è di casa in tutti i giardini del mondo, dovunque si vive l 'esperienza dell' amore. La sua voce ha valore non solo per il diletto, ma anche per i suoi . Forse si tratta, anche qui, di un caso di quel (si veda il commento a 2,7 e a 3,5), ma anche >260• In Grecia è venerata sotto il nome di aphrodite en kepois (si noti anche qui il plurale ! )26 1 •

Il termine che segue, l)iiberim,

è

molto controverso. TM

è

senza articolo, il

che ha fatto supporre che non si tratti di un gruppo specifico (>), ma di alcune persone infiltratesi di nascosto nel giardino (> )262 • Graetz vi legge: >263• Ma Joiion nota che l ' uso dell'articolo in ebraico è molto libero, soprattutto in poesia264• Evidentemente però il termine ebraico di­ sturbava già le antiche versioni: la Siriaca lo omette265, il codice Sinaitico della

""' Cosl, ad esempio, G. Garbini (Cantico, p. 286): « Riferito evidentemente a una donna che sta sdraiata in atlesa dell ' amplesso » (« che abiti in giardino>>). "' Cfr. P. Jotion, Grammaire 1 36j. G. Gerleman (Ruth. Das Hohelied, p. 223) suggerisce di intendere « Gartenbewohnerin (« che abiti i n giardino»). '"' Cfr. qui Canti del di/erro Ct 4,/ 5, / , pp. 1 98- 1 99. "' Cfr. qui Nuovi canti dell 'amata Ct 5.2 - 6,3, p. 262. '" Cfr. qui Prologo Ct 1,2 - 2, 7, p. 66. 259 Cfr. qui Intermezzo corale Ct 3,6·11, pp. 1 44- 145. "'' Perciò è avvertibile una corrispondenza Ira il « desertO>> del v_ 5 e il « giardino>> del v. 13: il viaggio inizia nel deserto e si conclude nel giardino, L'inclusione tra midbar (v_ 5a) e gannim (v_ 14a) è sottolineata da MT Elliou, The Literary Uniry of the Canticle, P- 2 1 1 _ '"' Cfr. W Willekindt, Das Hohe Lied und seine Beziehungen zum /starkult, p. 72. La scuola mi­ tologica vede naturalmente nell 'amata la dea dell'amore, personificata da una sua sacerdotessa o pro­ stituta sacra, che offre il suo amore nei giardini del tempio. È possibile che tale motivo sia presente nel sonofondo; esso è comunque re interpretato dal Cantico nell'ambito della religionejavista (cfr_ H_­ P. Mtiller, Die /yrische Reproduction des Mythischen im Hohenlied, in ZThK 73 [ 1 976) 23-41 )_ "' Cfr_ D. Lys, Le plus beau chant de la création, P- 305 (« Des camarades soni attentif à ta voi x ») ; O. Keel. Das Hohelied, P- 256 ( « Gefahne lauschen! » ) 263 RH. Graelz, Schir Ha-Schirim, P- 2 1 7 (così anche A Robert - R- Toumay, Le Cantique des cantiques, p. 324),.. p_ Joilon, Grammaire 1 37f (cfr. Id. . Le Cantique, p. 332:

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Epilogo Ct 8,5-14

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LXX lo sostituisce con heteroi (altri)266. I commentatori moderni si sono sbizzar­ riti in congetture fantasiose, a cui però il testo non offre alcun appoggio207• Ge­ neralmente i 26B . Si tratterebbe, dunque, di gelosia, di un' affermazione dell' esclusività del rapporto amoroso. Di altro avviso è la Vulgata, che, traducendo con amici, vi ve­ de quegli > di cui parla Gv 3,29 (, ma > dello sposo. Sembra di poter riconoscere negli /Jìiberim i rappresentanti della so­ cietà, ovverosia il corrispondente maschile delle >, nel loro ruolo ambivalente. Da una parte, essi possono disturbare l 'amore (si vedano le > in 3,3-4; 5,7, o i >, in Ct 8, 1 1 - 1 2), dall'altra, lo possono aiutare (cfr. i > è seguita da W. Rudolph, Das Buch Ruth. Das Hohe l..ied. Die Klagelieder, p. 1 86, e G. Gerleman, Ruth. Das Hohelied, p. 223. 267 W. Wiuekindt (Das Hohe Lied und seine Beziehungen zum /starkult, p. 72) traduce il ter­ mine con Zauberspriichen (incantesimi), ammeuendo che si tratta di un' ipotesi assai audace: « La­ sciami ascoltare i tuoi incantesimi». Per M. Pope (Song, pp. 693-694 cfr. 2 10-229) i « compagni >> sarebbero i membri di una sorta di confraternita, che organizzava banchetti funebri licenziosi (mar­ zeai)). G. Garbini (Cantico, pp. 286-288), dal canto suo, vede, nei « compagni », dei vecchi guardo­

ni, che spiano i due amanti come nel racconto della casta Susanna. Naturalmente i guardoni sareb­ bero sacerdoti, che l 'autore del Cantico vorrebbe ferocemente meuere alla berlina. È lecito domandar.;i se questa intenzione « anticlericale » sia realmente dell'autore del Cantico, o non pi ut­ tosto del suo commentatore. 268 G. Krinetzki, Kommentar zum Hohenlied. p. 232; cosi anche A. Lacocque, Romance, She Wrote, p. 1 89. 269 I n questo senso intendono il termine anche R.E. Murphy (The Song of Songs, p. 200: « Es­ si sono semplicemente gli amici del dileno, che questi associa al suo stesso desiderio di ascoltare la voce di lei ») e G. Ravasi (1/ Cantico dei cantici, pp. 707-708). "" Cfr. H. Cazelles, i}abar, in ThWAT, vol. II, coli. 721 -726.

Parte seconda. Traduzione e commento

408

Che nel nostro caso la funzione dei compagÌii sia vista in senso positivo, si ricava soprattutto dal verbo qiiiab, che esprime un modo particolare di >: , anche il >, qui del > non si fa cenno: l ' attenzione è tutta sul >, cioè sulla >. Si tratta di comunicazione verbale: di ciò che la donna ha finora detto ai compagni e di ciò che essa dirà al diletto nel verso seguente.

TII WAT, vol. VII, p. 201. « È pensabile, in base ai termini sapienziali contenuti nel nostro versetto, che il redattore identifichi la sposa con la l)okmli di Sir 24 (cfr. Sap 8,2) (A. Roben - R. Toumay, Le Cantique des cantiques, p. 326). 273 1n senso analogo intende F. Landy (Paradoxes, p. 206): « Per noi la voce dell'amata è in­ dissolubilmente legata a quella del Cantico, di cui noi siamo l'uditorio ». 274 « La parola "io" è [ . . . ] il tono di fondo che, ora in una voce, ora. passando per il ''tu", in un'altra, perdura sotto tutto il tessuto melodico-armonico delle voci di mezzo e di sopra del con­ trappunto organistico » (F. Rosenzweig, Der Stem der Er/osung, p. 225). '" In Ct 8, 1 3 1a Vulgata (Fac me audire vocem tuam) rende il parallelismo con 2,14 ancora più evidente. Si tratta però di una lettura accomodante: giustamente le altre versioni uniscono « la tua voce » a « fanno attenzione » (cfr., in questo capitolo. nota 1 5). 276 Cfr. W.G.E. Watson, Classica/ Hebrew Poetry, pp. 303-304. M. Dahood preferisce parlare di « doubte duty » (cfr. Psalms, vol. III, pp. 429-444) . 271 R. Mosis. qib, in 272

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Epilogo Cr 8,5-14

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[v. 14] '' Fuggi, mio dileNo » . L'ultimo verso del Cantico è paradossale. A conclusione del poema, uno si aspetterebbe la rappresentazione dell' unione dei due amanti. L'autore sorprende invece con un enigmatico: > non può esprime­ re un venire verso l 'amata, perché i due sono uniti: l ' unico movimento che si può intendere è perciò l 'allontanarsi da essa28 3• In questo, la situazione supposta in 8,14 è diversa da quella dei passi paralleli, dove i due sono separati e il movi­ mento indicato sia dal verbo stibab (Ct 2, 1 7)284, sia da htilak 'el (C t 4,6) , porta al­ l 'unione. Destinatario dell'invito è, come in Ct 2, 1 7 , il dodP'. n termine dOd appare qui per l 'ultima volta: nell ' insieme del Cantico, le volte sono 33286 • Più signifi­ cativo, da un punto di vista simbolico, è i l computo dei passi in cui questa deno­ minazione appare nella bocca de li'amata, perciò con il possessivo di prima per-

277 R. Gordis (T/w Song, p. 102), a seguito di Ibn Ezra, nota: « Il verso si comprende meglio co­ me una citazione di ciò che il dileuo vorrebbe udire>>. Ho forti dubbi che il di letto si aspettasse di udire: « Fuggi )) ! "' Cfr. qui Canti del diletto Cr 4,/ - 5,1, p. 168, e Schema 22 (p. 167). 279 Così, ad esempio: P. Joiion, u Cantique, p. 333 ( « Accours >>); W. Rudolph, Das Buch Ruth. Das Hohe Lied. Die Klagelieder, p. 1 86 ( è presente talora nell' AT. ma si tralla di un uso anomalo (solo 2 vol­ le, in un contesto tecnico. Es 26.28 e 36.33: si tratta di un uso denominativo da b'riai), « chiavistel­ lo»). Un tale erotismo è estraneo al linguaggio discreto e allusivo del Cantico. ""' Così, con ragione: G. Riccioui, Il Cantico dei cantici, p. 288; A. Robert - R. Toumay, u Cantique des canriques, p. 327. 281 « Questa fuga lontano dagli indiscreti dev'essere in realtà una fuga verso di lei >> (D. Lys, u plus beau chant de la création, p. 307); così anche G. Krinetzki. Kommenrar zum Hohenlied, p. 233; M.V. Fox, The Song ofSongs and the Ancient Egyptian Love Songs, p. 177. 282 Anche il v. l O («Ma sono divenuta ai suoi occhi come una che ha trovato la pace>>) conferma che per tutto l ' Epilogo la situazione supposta è quella dell'unione dei due amanti. delineata in Ct 8,3. "' Così M.T. Ellioll, The Lirerary Uniry of the Camicie, p. 210; N. Poulssen, V/uchtwegen in Hooglied 8, /4. Over de meerzinnigheid van een slotvers, in Bijdragen 50 ( 1 989) 73. 28' Cfr. qui Canti del/ 'amata Cr 2,8 - 3,5, pp. 1 1 8- 1 19. "' I l termine dòdi ritorna 2 volte in Ct 2, 16- 1 7 . Esso non appare in Ct 4,16, perché qui è il di­ letto stesso a parlare. 286 Secondo R. Toumay (c fr. Quand Dieu parle, p. 89), si trauerebbe di un'allusione agli anni in cui Davide ha regnato in Gerusalemme. Toumay vi legge un'identificazione del di leno con il mes­ sia davidico, identificazione suggerita anche dal fano che le consonanti della parola dòd sono le stes­ se che i titoli dei Salmi usano per « Davide ». ».

4 1O

Parte seconda. Traduzione e commento

sona: 26281• Ora 26 è il valore numerico nel nome divino, JHWH288. Forse è pre­ sente, qui, già un principio di interpretazione allegorica: è risaputo che, secondo l 'allegoria, il diletto è Dio stesso289• L' immagine della « gazzella >> o del « cucciolo di cervo >> è comune ai paral­ leli Ct 2, 1 7 e 4,5. Ancora una volta, il confronto fa risaltare la dinamica specula­ re del Cantico dei cantici: in 4,5, infatti, sono i due seni della donna a essere pa­ ragonati a questi animali. La > è immagine di libertà e di apertura che si contrappone al chiuso del > del verso precedente. Essa si richiama alla metafora del deserto che caratterizza l ' inizio del i ' Epilogo290 e ben si accorda con il verbofuggire. Alla luce di Ct 2, 1 7 ( > }291 e di 4,6 (« monte della mirra e colle del l ' i ncenso >>)292, anche i « monti dei balsami >> vogliono essere intesi in modo metaforico, in riferimento al corpo femminile. Con il gusto per la variazione che lo contraddistingue, l 'autore sostituisce la mirra e l ' incenso di 4,6 con i >293• Il balsamo è il profumo più pregiato dell'antichità: nel Cantico è quello più menzionato (4, 1 0. 1 4. 1 6; 5 , 1 . 1 3; 6,2). Solo una volta si riferisce al diletto (5, 1 3 ): di solito è il profumo della donna, caratteristico del suo > (4, 1 0. 14. 1 6; 5, 1 ; 6,2). Neii 'AT il balsamo è collegato con Salomone (cfr. I Re 2,25; 2Cr 9, 1 9), i l che forse non è casuale, perché di Salomone si è parlato nella strofa precedente (cfr. vv. 1 1 . 1 2). È pensabile, in senso storico, un'allusione alle regie piantagioni di balsamo di Gerico ed EngaddF94• In questo senso l' espres­ sione del v. 14d continuerebbe la contrapposizione tra le due vigne ai vv. 1 1 - 12: la vera patria del balsamo è la >, non le piantagioni di Salomone! Se, però, > indicano il corpo della donna, il verbofug­ gire sembra fuori posto. L' apparente contraddizione dei due termini è avvertita da Keel, che risolve la contraddizione ricorrendo a una sorta di astuzia della don­ na. Lei userebbe qui un linguaggio cifrato : ciò che per i compagni deve essere in­ teso come un invito a fuggire (>), per il diletto deve invece 71fl La cosa è osservata anche da G. Ravasi (11 Cantico dei cantici, p. 708), che però non ne ri­ scontra il significato simbolico. 188 Sull' importanza di questo numero nell ' AT, cfr. H.A. Hutmacher, Symbolik der biblischen ZAhlen und Zeiten, Paderborn 1993, p. 12; C. Schedi, Baupliine des Wortes. Einfiihrung in die bibli­ sche Logotechnik, Wien 1974, pp. 46, 5 1 . lo stesso ho riscontrato come il TM dei Salmi alluda più volle a questo numero (cfr. G. Barbiero, Das ersre Psalmenbuch, pp. 192, 335, 548). 289 Si lranerebbe dell'unico accenno del Cantico in questo senso, in un testo che d'altronde ha un senso letterale del tutto coerente. ""' « Queste immagini chiuse (l'autrice cita l 'abbraccio [8,5], il sigillo [8,6], la città fortificata [8,7], la vigna [8, 1 1- 12], e il giardino, nda) sono incorniciate dalle due immagini aperte del midbiir (8,5a) e degli luire b'siimim (8.14d) (M.T. Ellion, The Lirerary Unity ofthe Camicie, p. 2 1 1 ). Anche, per altro verso, l 'immagine del capriolo sui monti (Ct 8,14) richiama quella dei due amanti che salgono dal deserto (Cl 8,5): nei due casi si trana di un'immagine di vita che trionfa sulla morte (302• Nel momento dell'unità uno scopre la trascendenza, l'altest'andare è una maniera di venire di nuovo; che l'assenza è un modo di essere presente; che il loro amo­ re non è mai statico, inteso come un restare eternamente abbracciati, ma dinamico e in continuo svi­ luppo » (M.T. Elliott, The Literary Uniry ofrhe Canricle, p. 2 1 0). Similmente intende anche N. Pouls­ sen. Vluchrwegen in Hooglied 8. 14. Over de meenirmigheid van een slorvers, in Bijdragen 50 ( 1989) 75; J.J. Lavoie, Festin érotique et tendresse cannibalique dans le Cantique des canriques, in SR 24 ( 1 995) 145 («In realtà, per il Cantico, il luogo dove gli amanti possono meglio trovar.;i è la distanza che li separa: in essa e grazie a essa si sviluppa il desiderio dell'altro »; cfr. anche J.J. Lavoie, Le Can­ tique des cantiques ou quand l 'amour habite la distance, in Revue Scriptura 14 [ 1 993] 73-9 1 ). 300 Effeuivamente la stessa tensione tra unione e distanza, souesa nell'inclusione tra la prima e l 'ultima strofa dell Ep ilogo, si può riscontrare tra la fine e l ' inizio del Cantico. Come l ' Epilogo. anche il Cantico inizia con un travolgente desiderio di unione: « Mi baci coi baci della sua bocca>> ( 1 ,2). 30 1 « Il Cantico non conduce l'avventura dell ' amore a un punto finale, ma alla fine dell'ultimo poema. L'avventura continua [ ... ]. L'amore autentico è sempre ricerca dell'altro, è tensione costante verso l ' unità di colui che è l 'amato per eccellenza e della compagna che è l'unica» (D. Lys, Le plus beau chant de la création, p. 308). caratterizzi anche il rapporto dell'uomo con Dio. Il Dio della Bibbia è un Dio che cerca la comunione con l ' uomo, fino a identificarsi con lui nell' incarnazione. Tutta la storia della salvezza parla di que­ sta inaudita vicinanza di Dio ali 'umanità. Pur tuttavia, il Dio vicino è sempre an­ che lontano, trascendente. > (Ger 23,23). Il profeta Geremia ha sperimentato sulla propria pelle la lontananza di Dio. La trascendenza è il segno della santità, della verità di Dio: del fatto, cioè, che Dio non sia un prodotto delle mani de li 'uomo. Per ciò, ogni vero

manipolazione. Rimane, per così dire, trascendente, cioè al di fuori e al di sopra, poiché provoca la responsabililà nei suoi riguardi » (A. Abécassis, Espaces de /ecture du Cantique des Cantique.r en colllexte juif, in P. Debergé - J. Nieuvians [edd.], Les nouvelle.r I'Oies de /"exégèse. En lisalii le Can­ tique des Cantiques. XIX congrès de I 'ACFEB (Toulouse 2001 f [LD 190]. Paris 2002. p. 190). JO' K . Gibran, //profeta, Milano 1 992, pp. 5 1 -53.

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Parte seconda. Traduzione e commento

incontro tra l 'uomo e Dio è di natura dialogale. n Cantico, dialogo d'amore, si presta a un' interpretazione teologica: in fondo, il rapporto tra il Dio della Bibbia e il suo popolo è un dialogo d'amore, di cui il dialogo di due amanti è l ' immagi­ ne più compiuta. La rivelazione cristiana riconosce un Dio che è trinità di perso­ ne e unità di natura: in Dio si realizza in maniera unica quello che è la natura di ogni vero atto d'amore, essere insieme una cosa sola ed essere diversi, ciascuno con la propria personalità. Unirsi senza fondersi, per sempre. Se è vero che il racconto giovanneo della risurrezione riprende temi e moti­ vi del Cantico, è possibile anche che l 'ultima parola del Cantico vi trovi eco. Do­ po l 'apparizione a Maria di Magdala, dopo averle donato il suo amore, il Risorto le dice: « Non mi trattenere . . >> (Gv 20, 1 7). Gesù deve salire al Padre, e Madda­ lena deve andare a raccontare la buona notizia ai discepoli. Le parole di Gesù non sono molto lontane dali' invito della donna del Cantico: > (A. Reinhanz, To Love rhe Lord, p. 66).

Parte terza

IL MESSAGGIO TEOLOGICO

APPROFONDIMENTO TEOLOGICO

l. Dialogo con il contesto culturale L' indagine fin qui condotta 1 ha messo in luce i profondi contatti del Cantico sia con le civiltà del Vicino Oriente, sia con il mondo ellenistico. l numerosi pa­ ralleli letterari e iconografici, che nel corso dell'analisi abbiamo riscontrato, ne sono una prova. L' autore del Cantico è un uomo del dialogo, aperto agli stimoli culturali del suo ambiente. In particolare, nella nostra ipotesi di una datazione di epoca ellenistica, è conseguente pensare che il Cantico abbia recepito le istanze d� valorizzazione della donna e della sessualità che contraddistinguono questo mondo. Dialogo non è, però, accettazione passiva di un modello esterno, ma con­ fronto di questo con il proprio patrimonio cul turale. Come Qohelet, così i l Canti­ co, allo stesso tempo che accoglie alcune istanze del mondo el lenistico, altre ne respinge in base alle tradizioni del suo popolo. E poiché le tradizioni di Israele si condensano nel >, è chiaro che i l Cantico va compreso ali' interno del Pri­ mo Testamento, come i continui rimandi nel corso del commento hanno messo in luce. Si tratta, anche in questo caso. non di citazioni meccaniche, ma di rapporto dialettico con il testo biblico. Da alcuni passi del Primo Testamento il Cantico prende le distanze (si veda la citazione di Gn 3 , 1 6 in Ct 7, 1 1 !), proprio in base a una nuova coscienza della dignità della donna e della sessualità che era di ffusa nel suo tempo. E tuttavia è certo che il Cantico è un libro profondamente ebraico, anche se di un ebraismo aperto e illuminato. La donna assume volutamente i contorni del­ la terra d' Israele, essa è il , come vorrebbe la scuola mitologica, ma de li' amore di due giova­ ni comuni, in cui gli innamorati di ogni tempo si riconoscono. In fondo, sacralizzando la sessualità se ne disconosceva la dimensione per­ sonale. L' atto sessuale era visto nella dimensione riproduttiva, non in quella amo­ rosa. Abbiamo rilevato la distanza del Cantico dai poemi d' amore sumeri: men­ tre in questi la dimensione genitale è in primo piano, nel Cantico se ne parla con

2 Cfr. G. Schmullerrnayr, Ohne Gott und ohne Re/igion? Anmerkungen zur theo/ogischen Re­ levanz des Hohen/iedes. in E. Mode - Th. Schieder (edd.), Den Glauben verantworten. FS H. Petri, Paderbom-Mlinchen-Wien-Ztirich 2000, pp. 33-34; E. Zenger. Leib und Gesch/echtlichkeit. Bibli­ sche und kulturgeschicht/iche Aspekte, in F. Btickle (ed.), Menschliche Sexualitiit und kirchliche Sexualmoral, Dtisseldorf 1977, pp. 57-62.

Approfondimento teologico

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molta reticenza. L'amore non è visto in funzione d i qualcosa d'altro m a in se stes­ so, come l ' incontro di due persone3• Di Dio si parla, ma in forma molto discreta, non direttamente. L'unica men­ zione esplicita, certo molto significativa, è lo salhebetjiì di Ct 8,6f'. Come è tipi­ co dei libri sapienziali, le cose del mondo sono considerate nella loro laicità, nel loro valore intrinseco. Questo atteggiamento non ha niente a che vedere con l ' a­ teismo dei nostri giorni: si tratta di un'accentuazione della trascendenza divina5•

3. La dimensione teologica dell'amore umano Il nostro approccio al Cantico è stato definito, nell'Introduzione, come , si comprende che esso sia circondato di un'au­ ra numinosa. Caso emblematico è la > (Ct 3,6), che è presentata con le ca­ ratteristiche dell'arca dell 'alleanza'. L'arca era il segno della presenza di Dio in mezzo a Israele. La lettiga del Cantico porta, al suo interno, l 'amata: è adorna, per­ ciò, • (D. Lys. Le plus bea11 chant de la création, p. 53). 4 C'è un altro libro dell'AT in cui il nome di Dio non è addirittura mai pronunziato, il libro di Ester (cfr. H.H. Graetz, Schir Ha-Schirim, p. 78). Anche qui, come nel Cantico, non si tratta di atei­ smo, ma di secolarizzazione. La critica recente riconosce in Ester una tipica « novella» di epoca el­ lenistica, databile verosimilmente, come il Cantico, del secolo III a.C. (cfr. E. Zenger, Das Buch E.'ter. in E. Zenger e altri. Einleitung in das Alte Testamelll, Stuttgart 20014• pp. 270-271 ). ' « L'amour profane n'est pas nécessairement un amour profané. Une interpretation naturelle n'est pas nécessairement naturaliste; et une recherche rationelle n'est pas nécessairement rationali· ste. La ressemblance des mots ne doit pas provoquer le glissement d' une idée à l'autre » (A.-M. Du­ barle, L anum r hu11111in dans le Cantique des cantiques, in RB 61 [ 1954] 67, nota 2). Come giusta­ mente rileva Lys, la secolarizzazione dell'amore è il presupposto necessario di una considerazione teologica dello stesso: « Parce qu'il cesse d'etre "religieux" au sens payen, il est "saint" pour l ' AT>> (D. Lys, Le plus beau chant de la création, p. 53). L'attualità di un simile processo è anche oggi di fondamentale importanza. Come giustamente rileva T. Longman (Song of Songs, p. 6 1 ) : « Se la Chiesa tende a comprendere il sesso e perfino l 'amore umano come un tabù, la società dei nostri giorni lo tratta spesso come un idolo. Un idolo è tutto ciò, all'infuori di Dio, in cui noi tentiamo di cercare il senso ultimo della vita>>. ' Per questa equiparazione, cfr. C. Giuliodori, Intelligenza teologica de/ 1111s1 chile e del fem· mini/e. Problemi e prospettive nella rilettura di von Balthasar e P. Evdokimov, Roma 199 1 , p. 23. 7 Cfr. qui Intermezzo corale Ct 3,6-11, p. 138.

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Parte terza. Il messaggio teologico

metafora nuziale per parlare di Dio percorre tutta la Bibbia, come più avanti si ve­ drà. Beauchamp osserva: > di cui parla il vangelo di Giovanni (Gv 2, l 0). 10 H.-P Mliller. Begriffe menschlicher Theomorphie. Zu einigen cruces interpretum in H/d 6.10, in ZAH l ( 1 988) 1 1 2- 1 2 1 . 11 Su questo aspeno insiste Giovanni Paolo II nelle sue catechesi del 1984: « L'amore che li unisce è di natura spirituale e sensuale insieme. In base a questo amore, si anua anche la rilettura nel­ la verità del significato sponsale del corpo, perché l ' uomo e la donna devono in comune costituire quel segno del reciproco dono di sé, che pone il sigillo su tutta la loro vita (cfr. Ct 8,6-7) » (citazio­ ne in M. Bettetini [ed.], Il Cantico dei cantici, Milano 1 996, pp. 84-85). Per il testo delle catechesi, cfr. Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creò: catechesi sul/ 'amore umano, Roma 1985 (soprattut­ to, pp. 4 1 1 -43 1 ). " F. Rosenzweig, Der Stem der Er/Osung, p. 225. " Cfr. A.-M. Pelletier, Vus dujardin du Cantique des cantiques, / 'homme et lafemme, in FV 99 (2000) 7 1 : « L'amour vrai n'abolii pas la parole. Il la suscite et s'en nourrit. Le couple est, ou de­ vrait etre, ce lieu d'élection de la parole humaine ».

Approfondimento teologico

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timenti e l ' altro risponde. E il lettore partecipa a questo dialogo. Non solo indi­ rettamente, come spettatore, ma come personaggio del dramma, nella figura del « coro >> , coro femminile delle >, coro maschile dei >, che « stanno attenti >>, non certo come guardoni, ma come > (Gv 3,29), alla voce della sposa (Cl 8, 1 3). In un pregevole articolo, Sonnet definisce il Cantico « santuario della parola scambiata>>, riconoscendovi, con Rosenzweig, l'eco più alta del dialogo che l ' uomo intesse con Dio" e, per un cristiano, la metafora più pertinente dell'essere stesso di un Dio, che è comunio­ ne di persone: Padre, Figlio e Spirito 1 5 • > (Gv 1 , 1 ) . A immagine di Dio, l ' uomo non è solo. > (Gn 2,24; cfr. Ct 1 ,8; 2, 1 0. 1 3) con la vocazione di Abramo (Gn 1 2, 1-3).

4. I paradossi 1 6 dell'amore nel Cantico Come le realtà più profonde della vita, l ' amore è per natura sua dialettico, paradossale. Forse come pochi altri, l ' autore del Cantico è consapevole di questo e fa del paradosso un elemento fondamentale della sua poetica. Ricordiamo alcu­ ni aspetti significativi:

a) Reciprocità e distanza. Elliott ha riconosciuto nella dinamica speculare ( « mirroring dynamic >>) uno dei principi compositivi del Cantico17• Lungo il commento abbiamo notato con insistenza come la reciprocità contrassegni il rap­ porto dei due amanti. Nei primi due « canti del i ' amata>>, la ricerca della donna da parte dell'uomo (Ct 2,8- 1 7) è seguita da quella dell'uomo da parte della donna (3, 1 -5), e questa dinamica si ripete nella seconda parte del Cantico, in 5,2-8. Al­ la descrizione ammirata del corpo di lei (4, 1 -7; 6,4-7; 7 ,2-7), si accompagna quella del corpo di lui (5, 10- 1 6): quest'ultima non trova paralleli nel mondo -

" J.-P. Sonnet. Le Cantique entre érotique et mystique: sanctuaire de la parole échangée, in NRTh 1 19 (1997) 48 1 .

" > (Ct 4,9. 10. 1 2 ; 5, l ), dove l' impossibile rapporto di consanguineità esprime la massi­ ma vicinanza immaginabile dal mondo orientale. L'amore rende gli amanti fra­ telli. Ali' invocazione di lui, risponde il desiderio di lei: « Ah, se tu fossi come un fratello, allattato al seno di mia madre >> (Ct 8, l ). Anche qui, ciò che è fisicamen­ te impossibile, si realizza nell'amore. L' « introdurre nella casa della madre >> (Ct 8,2) ha, infatti, il senso di introdurre nel cerchio parentale ristretto dove l ' altro è « come te stesso >> (Lv 1 9, 1 8). Eppure, perché la reciprocità sia possibile, l'altro deve rimanere altro, altri­ menti la specularità non è più realizzabile e il dialogo si spegne. Nella formula « sorella mia sposa >>, la vicinanza dei due amanti è espressa dal termine sorella, la diversità dal termine spo.m. La sposa appartiene per definizione a un'altra fami­ glia. La polarità tra « vicinanza >> e « distanza >> che caratterizza ogni autentico rap­ porto tra uomo e donna 18 è rappresentata in modo compiuto nell 'epilogo. che ini­ zia con l ' immagine dell'unione (« Chi è costei che sale dal deserto, appoggiata al suo diletto? », Ct 8,5) sottolineata dalla metafora del sigillo (« Mettimi come sigil­ lo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio >>, Ct 8,6), e termina con quella della fuga (« Fuggi, mio diletto>>, Ct 8, 14). Appunto per continuare, per durare per sem­ pre, l ' amore ha bisogno anche di distanza, di rinnovarsi continuamente. « C'è un tempo >>, dice Qohelet, « per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci >> (Qo 3,5). L'abbraccio non può durare sempre: il rapporto deve ricominciare, con il perdersi, il ricercarsi e il ritrovarsi, come la successione di 5,2-8 dopo 5, l sugge­ risce. L'amore non è stasi, non è una conquista avvenuta una volta per sempre, ma un movimento di diastole-sistole che ricomincia sempre di nuovo. Anche qui, l'a­ nalogia con l'amore divino è evidente. Niente è così vicino ali 'uomo (viene in mente l'« interi or intimo meo >> di Agostino19) e niente è così diverso da esso co18 « Non c'è vero amore tra un uomo e una donna, non si dà comunione autentica anche tra ma­ rito e moglie se non si sperimenta, persino in questo amore che fa dei due una carne sola, un certo distacco>> (A. Scola, Spiritualità coniugale, p. 52). E Scola nota la dimensione teologica di questo aspetto: È come se dentro la carne di questa affezione fosse esigita la presenza di un Altro e que­ sto consenta quel distacco che insegna il vero amore >> (lbid. ). A una simile considerazione giunge A.-M. Pellelier (Vus dujardin du Cantique des cantiques, / 'homme et /afemme, in FV99 [ 2000) 72): Aimer, c'est consentir à cette singularité. C'est aimer cette singularité qui se dérobe à toute main­ mise, c'est aimer l'autre en sa distance, qui peut etre faite, parfois, de ses faiblesses >>. 19 Sant'Agostino, Confessicmum libri tredecim 3,6, 1 1 (lr. it.: Le confessioni [edd. M. Pellegri­ no - C. Carena - A. Trapé - F. Monteverde), pp. 66-67). •



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me Dio. 'lhlscendenza e immanenza sono i due poli su cui corre il rapporto uomo­ donna perché sono i due poli su cui corre il rapporto uomo-Dio20• b) Castità e dono di sé. - Un altro nome di questa polarità è la tensione, rile­ vata da Landy, tra castità e dono di sé21• La donna del Cantico non è una conqui­ sta facile. La lettiga in cui si trova è scortata da sessanta prodi con la spada sulla coscia (3,7-8). Essa è una « torre di Davide >> munita di baluardi e a cui sono ap­ pesi mille scudi (4,4), una « torre del Libano >>, baluardo contro i pericoli del Nord (7,5), una colomba che sta.in luoghi inaccessibili (2, 1 4), un > (Ct 4, 1 2). Questi testi sembrano essere in contraddizione con altri, in cui la donna del Cantico ha le apparenze di una sgual­ drina (cfr. 1 ,6.7; 3, 1 -5 ; 5,6-8). Garbini ha pensato che nel Cantico si parli di tipi differenti di donne22, e invece si tratta di aspetti complementari presenti in ogni donna, tesa tra il riserbo e il dono di sé, tra l 'essere se stessa e il perdersi nel do­ no. Solo quando è se stesso uno può donarsi in libertà. Così il giardino è chiuso per aprisi al diletto (4, 16), i > nuovi e vecchi sono > per esse­ re donati all'amato (7 , 1 4 ) , e la fortezza imprendibile ha capitolato perché ha tro­ vato pace negli occhi della persona amata (Ct 8, 1 O; cfr. 2,4: >). La castità non è fine a se stessa: è finalizzata all 'amore, e da que­ sto riceve tutto il suo senso. c) Natura e città. - Heinevetter ha riconosciuto, nella polarità natura-città, un Leìtmotiv del Cantico23• La contrapposizione di questi due aspetti è evidente nel­ l 'accostamento di 2,8- 1 7 a 3 , 1 -5 così come di 7, 12- 14 a 8, 1 -4. La valorizzazione della natura nei confronti della città, per ciò che riguarda l 'amore, è un elemento costante del Cantico. La natura è alleata dell 'amore, la città gli è tendenzialmen­

te ostile. Ambedue le rappresentazioni della > terminano con la supplica, rivolta alle >, di non disturbare l 'amore (3,7; 8,4). Si è notato come questa valorizzazione della natura sia tipica del mondo ellenistico e si allinei alla poesia bucolica di Teocrito24 • Non meno vero è che essa è un ricu­ pero della tradizione culturale di Israele: la civiltà israelitica non è civiltà cittadi­ na, ma agricola. I patriarchi erano pastori e contadini, e la recente archeologia ha indicato nel villaggio la culla della civiltà israelitica. La città è tipica del mondo culturale ellenistico ed è possibile che questo fattore abbia influito negativamen­ te sulla presentazione del Cantico. Le > (Ct 3,3; 5,7) rispec­ chiano chiaramente i peripoloi del mondo ellenistico25 e non sono certamente presentate con simpatia. Altrettanto si dica della contrapposizione tra la bellezza leziosa delle > e quella rustica ma autentica della > in Ct 1 ,5-6.

"' Cfr. T. Linafelt, Biblica/ Love Poetry ( ... and God), in JAAR 70 (2002) 338-34 1. 21 F. Landy, Paradoxes, p. 108. " G . Garbini, Cantico, pp. 308-3 13. " H.-J. Heinevetter, " Komm nun, mein Liebster. Dein Garten ruft dich! •, pp. 179-190. 24 Cfr. qui lnrroduzione. p. 45. " Cfr. qui Introduzione, pp. 39-40.

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Parte terza. Il messaggio teologico

La natura, nel Cantico, si riveste di un carattere numinoso. L'affermazione più significativa in questo senso è lo scongiuro « per le gazzelle o per le cerve dei campi >> (Ct 2,7; 3,5). La LXX ha compreso bene il signi ficato di questi animali, sostituendoli con >. Nell'« ac­ qua di vita >> (ma)im �zajjim) è significato ben più che il banale « acqua corrente >>. La donna è fonte di vita, e di una vita perenne, perché è alimentata dalle nevi del Libano, in cui abbiamo imparato a riconoscere una metafora di Dio. In che senso l 'amore è fonte di vita? Anzitutto, perché esso è intrinseca­ mente legato alla procreazione. Anche se questo tema, come si è accennato, non è dominante nel Cantico, esso non è, tuttavia, assente, e non poteva essere altri­ menti. La procreazione, che è vista dall' uomo d'oggi con diffidenza, era in tutto i l mondo antico considerata come una benedizione. Nella nascita di un figlio si esprimeva concretamente la vittoria sulla morte operata dall'amore (cfr. Figura 46). Nel Cantico il tema appare, ad esempio, nella metafora del melograno, sim­ bolo tradizionale di amore e di fertilità (4,3. 13; 6, 1 1 ; 7, 1 3; 8,2), in quella del mucchio di grano a cui è paragonato il ventre dell 'amata (7,3) e soprattutto nel gregge di pecore a cui sono paragonati i denti (4,2; 6,6). Le pecore sono >, di esse > (Ct 4,2), e 6,6 sottolinea trattarsi di > (luir"�Jelim), un termine che evoca i l nome della matriarca Ra­ chele. Per importante che sia questo aspetto, non è esso lo sfondo della grandiosa affermazione dell'Epilogo: >. Questa è infatti col­ legata ali' immagine del sigillo, con cui si esprime l ' indissolubilità de li 'unione. >. L'accento è posto, come è tipico del Cantico, sul rapporto che unisce la coppia: esso è tale, che niente e nessuno può scioglierlo, neanche la morte. Di per sé la formulazione di 8,6 è ambigua. Non si dice che l ' amore è pi ù forte della morte, ma che esso è >. Sarà il v. 7 a chiarire. Qui infatti le > sono simbolo di morte. Ebbene, esse « non bastano a spegnere l ' amore >>, cioè, nel contesto, a dividere i due amanti. Vi è i l presagio della risurrezione, un presagio che è insito in ogni rapporto d'amore e che trova definiti va conferma nella risurrezione di Gesù Cristo. .

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Ma l ' affermazione di Ct 8,6 va compresa nella sua pregnanza e nella sua ambiguità, confermata dal contesto, dove ad > è messa in parellelo >, e a > vengono accostati i > del dio Re­ shep. È, cioè, il lato oscuro de li' amore, quello terribile, che si vuole sottolineare. > ( 'azza) e « inesorabile >> (qiisd) è Amore: con esso non si scherza. Per­ ché come la morte l ' amore chiede tutto. Amare vuoi dire perdere la propria li­ bertà e la propria vita, non appartenere più a se stessi. Perciò i due poli vanno ri­ tenuti. L' amore è più forte della morte, ma l ' amore passa per la morte. B isogna perdersi per ritrovarsi. Ciò che i vangeli dicono dei discepoli di Cristo si realizza in ogni atto d'amore: > (Le 9,24, par.).

5. Cantico e morale Va detto anzitutto che il Cantico non è un trattato di morale matrimoniale. I tentativi di leggerlo in questo senso si sono rivelati strumentali. Indubbiamente, però, la concezione del l ' amore che esso esprime ha un risvolto etico, che va rile­ vato30. Va sottolineata anzitutto la valorizzazione della dimensione fisica, sessua­ le dell'amore. L'amore è gioia e festa, la donna è creatura meravigliosa uscita dalle mani di Dio31. I due amanti non si vergognano della loro nudità, la celebra­ no, anzi, con stupore e ammirazione. Il desiderio sessuale è visto come qualcosa di appagante, non di peccaminoso. Questo è il tono di fondo del Cantico, e va messo in evidenza, contro la tendenza, sempre presente, di demonizzare il sesso, di vederlo come una cosa sporca, indegna della santità di Dio, un male, necessa­ rio per la procreazione, di cui meno si parla meglio è3 2 • Negare la bontà della don­ na è negare la bontà del dono di Dio, la bontà della sua creazione. Parlare di morale è parlare di legge. C'è una legge per l ' amore? Il Cantico rifiuta le leggi imposte ali'amore dal l 'esterno, sia dalla famiglia sia dalla so­ cietà33. I fratelli, che pretendono di stabilire per l ' amata il tempo e le condizioni dell ' amore, vengono bellamente presi in giro ( 1 ,5-6; 8,9- 1 0), al pari di Salomo­ ne, che si ripromette dal matrimonio vantaggi economici (8, 1 1 - 1 2). E le figlie di 30 Si veda, ad esempio, K. Ltithi, Das Hohe Lied der Bibel und seine lmpulse fìir eine heutige Erhik der Geschlechter. in ZThK 49 ( 1 993) 97- 1 14; M. Stadler, Erlosende Erotik. Erhische Aspekre im Hohenlied, in ZThG 3 ( 1 998) 53-82.

" > (K. Ltithi, Das Hohe Liedder Bibel und sei­ ne lmpulse fiir eine heurige Erhik der Geschlechrer, in ZThK 49 [ 1 9931 109). ·" (p. 78). Questo mi sembra andare al di là del testo. Il Cantico non si lascia comprendere come un'unica progressiva storia d' amore, e, ad esempio. 2,6 già indica l ' unione. Il principio della pro­ gressione però gioca un ruolo all' interno delle unità minori (cfr. qui Introduzione, pp. 37-38).

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2,16), chiede che invece le « volpi >> vengano catturate, perché, quelle, « devasta­ no le vigne » (Ct 2, 15) . Ha fatto epoca la polemica tra Gollwitzer e Pinchas Lapide al Kirchentag di Berlino del 1977. Lapide leggeva il Cantico come esaltazione dell'amore coniu­ gale, Gollwitzer difendeva la tesi che l ' amore non ha bisogno di legittimazione né da parte della società né della Chiesa36• La tesi di Gollwitzer è stata ripresa re­ centemente da Lacocque, secondo cui: « The entire Song strums the chord of "free lave", neither recognized nor institutionalised >>37• La questione è delicata, perché il Cantico sembra offrire argomenti sia al­ l ' una che all'altra tesi. La verità del libro è dialettica, come le polarità, rilevate sopra, tra natura e città, libertà e legge hanno messo in evidenza. D'altra parte, bi­ sogna evitare di cercare nel Cantico dei cantici ricette facili, soluzioni per pro­ blemi concreti della società attuale, che al tempo dell 'autore non si ponevano in questi termini. Oggi, l 'uso dei mezzi contraccettivi ha banalizzato il rapporto ses­ suale, facilitando una promiscuità impen�abile nei tempi biblici. Per ciò che ri­ guarda i rapporti prematrimoniali o extramatrimoniali in Israele si veda, ad esem­ pio, Dt 22, 1 3 - 23, 1 . Una fanciulla che non presentasse al matrimonio i (baJsitq, Pro 7,8, cfr. baJS'wiiqim, Ct 3,2)9• Essa > (Jiil}ar, Pro 7,15, cfr. biiqas, Ct 3 , 1 .2; 5,6) e > (mii$ ii', Pro 7, 1 5 , cfr. Ct 3, 1 .2.3.4; 5,6.7.8) il suo amante, l ' > (/Jiizaq, Pro 7, 13, cfr. 'iil}az, Ct 3,4) e lo > (niisaq, Pro 7, 1 3, cfr. Ct l ,2; 8, l ); lo invita ali ' « amore >> (dodim, Pro 7, 1 8, cfr. Ct l ,2.4; 4, 1 O; 7, 1 3) sul suo > ( 'eres, Pro 7, 1 6, cfr. Ct 1 , 1 6; miskiib, Pro 7, 1 7, cfr. Ct 3, 1 ), ' Cfr. M. Paul, Die «fremde Frau » in Sprichworter 1-9 und die « Geliebte » des Hohenliedes. Ein Beitra11 zur lntertextualitiil, in BN 1 06 (200 1 ) 40-46: V. Collini. Linguaggio erotico tre/ Cantico e in Proverbi, in SBFLA 40 ( 1 990) 25-45. 6 Contro M. Paul, Die fremde Frau» in Sprichworter 1-9 und die Ge/�bte • des Hohenlie· des. Ein Beitrag zur lntertextualitiit, in BN l 06 (200 l ) 45. Se Paul avesse ragione, il che non è im­ «

«

possibile, allora si dovrebbe pensare ad un intento è messo a confronto con quello de li'> (> (Ct 8.6). Ciò che per i Proverbi rappresenta la sapienza. nel Cantico lo rappresenta l 'amore. Sono due riflessi del volto di Dio nel mondo, due strade diverse, ma complementari, per andare a lui. È significativo notare come la sapienza assuma il volto di una donna, che, anch'essa, non ha paura di andare per le strade e per le piazze in cerca dei suoi amanti (cfr. Pro 8,2-3), e > (cfr. Qo 1 , 1 2 - 2,1 1 ). Nei due casi, l' esperienza di Salomone non è unicamente esaltata nei suoi aspetti positivi, ma anche criticata: Salomone-Qohelet giunge a vedere l ' inutilità di ogni sforzo per raggiungere la felicità (Qo 2, 1 1), cosi come il Salomone del Cantico con tutto il suo harem non sa che cosa sia l' amore (Ct 8, 1 1 - 1 2; cfr. 6,8-9)1 2 • Qohelet e il Cantico ritlettono la stessa epoca storica, il secolo III a.C., pro­ vengono dallo stesso ambiente sociale, la borghesia cittadina di Gerusalemme 10 Sul significato erotico del termine m'sal)eqet, cfr. O. Keel. Die Weislwit spie/t vor Golf. Ein ikoTWgraphischer Beitrag zur Deutung des mesal)eqet in Spriiche 8,30f, Fribourg-Gottingen 1 974. " Cfr. V. Collini, Linguaggio erotico nel Camico e in Proverbi, in SBFUI 40 ( 1 990) 34-40.

Questo !ratto sarà approfondito nel libro della Sapienza, che Salomone ama e prende in sposa (Sap

8,2.9).

12 « Sembra fosse divenuto un topos dell'epoca postesilica, un'epoca in cui Israele non aveva alcun potere politico e si trovava wtto la dominazione di persiani, greci e romani. pensare ali' am­ biente sociale dei giorni di Salomone in forma ideale-tipica >> (H.-J. Heinevetter. " Komm nun, mein Liehster, Dein Garten ruft dich! », p. 209).

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Parte terza. Il messaggio teologico

sotto la dominazione dei Tolomei d'Egitto, e rappresentano una risposta di Israe­ le alla sfida posta dalla cultura ellenistica 13• Essi sono il prodotto di un ambiente aristocratico, ricco ma senza sbocco politico: da qui il marcato individualismo che caratterizza i due libri e gran parte della letteratura di epoca ellenistica14• A prima vista, si contrappongono l 'uno all'altro. Qohelet canta la vanità del­ la vita, anche dell 'amore. > (Qo 7,26.28). Il Cantico parla in ben altro tono della donna! I due libri si correggono così a vicenda, perché la realtà con­ creta de li' amore umano è una realtà ferita, non quella intatta del Cantico. Qohc­ lct è, si direbbe, un uomo edotto c disincantato dalle esperienze della vita, men­ tre il Cantico parla con l ' idealismo di un innamorato. Apparentemente, Qohelet toglie il gusto di vivere. Sotto i suoi argomenti lucidi e impietosi non c'è realtà umana che si sostenga: la morte toglie senso a ogni agitarsi dell 'uomo: > (Qo 2, 1 7). Il Cantico, al contrario, è un inno alla vita e ali ' amore'5• Per questo Kreeft vede in esso una risposta al pessimismo di Qohelet 16• Ma attribuire tutta la ragione al Cantico e i l torto a Qohelet sarebbe unilaterale, perché Qohelet non è meno parola di Dio (e parola d'uomo) che il Cantico. Forse nel pessimismo di Qohelet si può cogliere una messa in guardia contro la tendenza a fare dell'amore umano un assoluto, a erigerlo a divinità. Es­ so è creatura e finisce con la morte: anche la sposa del Cantico muore. Il riconoscimento della finitezza dell'amore, però, non conduce Qohelet al suo rifiuto. Al contrario, la consapevolezza della morte induce a godere intensa­ mente dei pochi giorni che sono concessi all 'uomo di vivere. Qui Qohelet si n­ congiunge al Cantico. La testimonianza più convincente in questo senso è Qo 8, 1 6 - 9, 1 017• Il brano inizia con l 'affermazione dell ' ineluttabilità della morte, che rende uguali giusto ed empio, saggio e stolto (Qo 9,1-6). Il senso della vita non è nelle mani dell'uomo: si può cogliere solo in un atto di fede. Solo da un punto di vista religioso, la vita non è assurda (Qo 8, 1 6- 1 7). Ne consegue che go­ dere la vita, impegnarsi in essa con tutte le proprie forze, acquista il senso di un

" Cfr. qui Introduzione, p. 46. Per ciò che riguarda Qohelet, cfr. N . Lohfink, Koheler (NEB.AT), Wtirzburg 1 980, pp. 7- 1 1 . 14 Sulla situazione economico-sociale che forma i l Sirz im Leben dei due libri si veda soprat­ tuno H.-P. Miiller, Neige der alrhebriiischen Weisheir », in ZAW 90 [ 1 978) 252-253, 259-260. " « This erotic Song celebrates not the sexual above ali else, but rather the senses themselves as the alen, twiching, multireceptive channels through wich a human being gets to fall in love with !ife itsel f » (C.E. Walsh, Exquisite Desire. Religion, rhe Erotic, and rhe So11g ofSongs, Minneapolis 2000. p. 2 14). 16 P. Kreeft, Three philosophies oflife. Ecclesiasres: /ife as vaniry; Job: life as suffering; Song ofSongs: /ife a. dove, San Francisco 1 989. pp. 99-1 40. 17 11 brano va letto unilariamente: l' affermazione della gioia di vivere (Qo 9,7-9) acquista il suo senso sullo sfondo dell'inelultabilità della morte (Qo 8. 1 6 - 9,6). Si veda in questo senso già Gilga­ mesh, versione babilonese antica col. III, l - 14 (cfr. sopra, Canti del di/ello Ct 4,/ 5, 1 . p. 2 1 0, nola 3 1 5); H.-J. Heinevetter, Komm nun, mein Liebster, Dein Garten ruft dich! », pp. 204-207. «

-

«

11

Cantico dei cantici nel contesto globale del canone

435

atto di fede nel Creatore18: « Va', mangia con gioia il tuo pane, bevi il tuo vino con cuore lieto, perché Dio ha già gradito le tue opere. In ogni tempo le tue vesti siano bianche e il profumo non manchi sul tuo capo. Godi la vita con la sposa che ami per tutti i giorni della tua vita fugace, che Dio ti concede sotto i l sole, perché questa è la tua sorte nella vita e nelle pene che soffri sotto il sole >> (Qo 9,7-9). Si è vista, nel commento, la vicinanza di questo brano a Ct 5, l : > 19• Il Cantico va più in là di Qohelet. Qohelet non sa se dopo la morte ci sia qualcosa. Il Cantico ha il presentimento che la morte non sia l ' ultima parola sul­ la vicenda umana, e indica nel l ' amore qualcosa che va oltre la morte, perché è presente in essa una >. Ancora, solo se posta in una dimensione trascendente, solo in quanto sostenuta da un atto di fede, l ' avventura deli' amore trova senso.

Cantico e Siracide. - Il Siracide è di poco successivo al Cantico ( 1 90 a.C.): anche qui, la chiave per comprendere il libro è il rapporto con l' ellenismo20• Il confronto dei due testi mette in evidenza la diversità con cui il mondo giudaico si è rapportato a quello greco. Quanto il Cantico e Qohelet sono aperti agli influssi culturali della cultura ellenistica, altrettanto il Siracide si chiude in un atteggia­ mento difensivo a tutela della propria identità culturale e religiosa. Così si spiega, ad esempio, l 'atteggiamento del Siracide a riguardo della donna. Il tema non è nuovo. Già i Proverbi e Qohelet vedevano nella donna un pericolo (cfr. Qo 7,26-28) e mettevano in guardia il giovane dalle lusinghe della > (cfr. Pro 5 ; 7). Della > parla anche il testo greco del Siracide: > (Sir 26, 1 9-21 )21• L' accentuarsi di questo atteggiamento di diffidenza nei riguardi della donna è legato, verosimilmente, al­ la liberalizzazione dei costumi, caratteristica de l i ' epoca ellenistica22• Il Siracide è talora brutale nella considerazione della donna. Molti dei passi si riferiscono a ti­ pi particolarmente devianti di donna, ad adultere e prostitute (>, Sir 26, 12), ma altri riguardano la donna in generale: > (Sir 25,24 ) . E ancora: > (Sir 42, 1 1 )25• D'altra parte, il Siracide conosce e apprezza il valore della donna con ac­ centi convinti, che ricordano il racconto della creazione: « La bellezza di una donna allieta il volto, e sorpassa ogni desiderio dell'uomo; se vi è poi sulla sua lingua bontà e dolcezza, suo marito non è più uno dei comuni mortali. Chi si pro­ cura una sposa, possiede il primo dei beni, un aiuto adatto a lui e una colonna d'appoggio >> (Sir 36,22-24, cfr. ancora 26, 1 -4. 1 3-1 8)26• Ma, anche in questi bra­ ni, la donna è vista in funzione dell 'uomo e dell' istituzione matrimoniale, non in se stessa. Alla luce di questi passi, si comprende la carica rivoluzionaria del Cantico, per cui è pacifico che la donna abbia gli stessi diritti dell'uomo, che sia lei e non la famiglia a scegliersi il proprio partner. Si comprende il grido di libertà di l ,6 e 8, 1 2 (« La mia vigna, quella mia! >>), e lo scongiuro, rivolto alle « figlie di Geru­ salemme >>, di non disturbare l 'amore! C'è un brano del Siracide, la cui sorprendente vicinanza al Cantico è stata osservata nel corso del commento27: si tratta di Sir 24. Il capitolo ha una posizio­ ne centrale nel Siracide, richiamandosi sia all' inizio del libro, 1 , 1 -8, sia alla fine di esso, 5 1 , 1 3-3028• Esso è incorniciato da due brani, che trattano della sessualità e della donna (Sir 23, 1 2-27; 25, 1 2 - 26,1 8), ripropone perciò l 'accostamento del-

23 « Ben Sira era un tipico maschio orientale che ha scritto il suo libro in una società e una cul­ tura patriarcali, in cui la donna aveva pochi dirilli come essere umano libero e indipendente, ed era soggetta a suo padre o a suo marito » (P. W. Skehan - A.A. Di Lella, Tile Wi.>dom of Ben Sira [AB], New York 1987, p. 90). Di Lella critica. a ogni modo, la presentazione misoginistica del Siracide fat­ ta in W.C. Trenchard, Ben Sira 's Wiew of Women: A Literary Analysis (BJSt 8). Missoula 1 982. Nel­ lo stesso senso, valorizzando anche gli aspetti positivi del Siracide, cfr. M. Gilbert. Ben Sira et /afem­ me, in RTL 7 (1976) 426-442: , Sir 24, IO, cfr. Ct 3, I l ; >, Sir 24, I l , cfr. Ct l ,5; 2,7; 3,5. 10; 5,8. 1 6; 6,4; 8,4; >, Sir 24, 1 3, cfr. Ct 3,9; 4,8. 1 1 . 1 5; 5 , 1 5 ; 7,5; >, Sir 24, 1 3 , cfr. Ct 4,8; >, Ct 8, 1 3 ). La « nazionalizza­ zione >> della sapienza suggerisce un'analoga > de li 'amore. Se la sapienza ha posto radici in un « popolo glorioso >> (Sir 24, 1 2), la donna del Cantico è > (Ct 7 ,2), perché figlia di un « nobile popolo >> (Ct 6, 12). Come il Siracide vede nella propria tradizione culturale (il ) 3°, così il Cantico esprime la consapevolezza che l 'amore, che è l'anima del­ la creazione, ha la sua patria in Israele. Due modi diversi, ma analoghi, di rispondere alla stessa provocazione culturale deli' ellenismo.

2. Il racconto della creazione

L'approccio, decisamente antropologico, dei libri sapienziali caratterizza an­ che Gn 1 - 1 1 , la cosiddetta « storia primitiva>>, il cui legame con il Cantico è sta­ to più volte, nel corso del commento, rilevato. Il soggetto di questi capitoli non è il popolo d'Israele, ma l 'umanità semplicemente, ogni essere umano. Il Cantico si richiama soprattutto a Gn 1-2, in cui l 'autore traccia un'antropologia teologi­ ca, delineando il progetto di Dio sull 'umanità, prima che questo progetto fosse turbato dal peccato d'origine. È una visione utopica, in cui ancora non esiste il male, tutto è positivo (>, Gn l ,3 1 : con l 'aggettivo tòb inizia il Can­ tico, cfr. I ,2).

29 Le piante del giardino di Sir 24 sono le stesse del Cantico: « vite » (Sir 24, 17, cfr. Ct 2, 1 3. 1 5; 6, I l ; 7,9. 13), « palma >> (Sir 24, 14, cfr. Cl 7,8.9), « cedro>> (Sir 24, 1 3, cfr. Ct l, 1 7: 5, 1 5), « cipresso » (Sir 24, 1 3, cfr. Ct 1 , 1 7). Anche le piante aromatiche si corrispondono: le quanro menzionate in Sir 24, 1 5 (> e del « bere » (Sir 24, 1 8-20 ) 1 9-21 ]), che è la stessa metafora usata dal Cantico per descrivere il rappono sessuale (Cl 5, l ). Come la donna del Cantico, anche donna Sa­ pienza offre ai suoi amanti « miele » e « favo di miele >> (Sir 24, 19 [20], cfr. Ct 4, 1 1 ; 5, 1 ) . 10 · Sul significato della sapienza come ordine cosmico, cfr. J. Marbòck, Gorres Weisheit unter uns. Sir 24 a/s Beilrag zur biblischen Theologie, in Id., Gorres Weisheit unter uns. Zur Theo/ogie des Buches Sirach (ed. l. Fischer) (HBS 6), Freiburg i.B. 1995, p. 85.

438

Parte terza.

Il messaggio

teologico

Secondo Gn 1 , l'essere umano è fatto a immagine di Dio (vv. 26-27). Si tratta di un'affermazione fondamentale per l ' AT. Quando Ezechiele vorrà in qualche mo­ do rappresentare un'immagine di Dio, gli darà sembianze umane (Ez l ,26). Per parlare di Dio, il Primo Testamento guarda alla sua immagine, ali 'uomo: da qui l ' antropomorfismo radicale, che caratterizza il Dio d' Israele. Ebbene, non è l ' uo­ mo da solo a essere immagine di Dio, ma la coppia umana: « Dio creò l 'uomo a sua immagine: a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò » (Gn 1 ,27). Fin dall ' inizio, l ' uomo non è solo, e ciò è ribadito i n quella profonda >, ma ciò non impedisce che si descrivano i seni (« come due cuccioli, gemelli di gaz­ zella >>, Ct 4,5). In 7,2-4 non è menzionato alcun velo, e la descrizione comprende anche la sfera genitale (« curve delle cosce . . . "ombelico" . . . ventre >>). Anche del­ l ' amato è descritto il ventre (« volume d' avorio tempestato di lapislazzuli >> , Ct 5 , 1 4). C'è chi ha voluto vedere, in questa nudità, un elemento che avvicina il Can­ tico alla moderna pornografia35, ma ciò non va d'accordo con il carattere canoni­ co del libro. La nudità ha, nel Cantico, la stessa funzione che in Gn 2,24: esprime l 'utopia di un incontro senza veli e senza maschere, nell' immediatezza e nella vulnerabilità di un rapporto autenticamente umano36• I vestiti sono il segno che il rapporto non è più intatto, che qualcosa ha turbato l'armonia fra i sessi: per difen-

" È il tema della « dinamica speculare » , di cui si è parlato, in questa Terza sezione. Il messag­

gio teologico, pp. 42 1 -422.

" Cfr. D.J.A. Clines, Why is rhere a Song ofSongs and what does it 10 do you ifyou read it?, in Jian Dao l ( 1 994) 3-27. 36Cfr. H. Viviers, Clothed and unc/othed in rhe Song ofSongs, in OTE 12 ( 1999) 620: « The Song inclines to an utopia, where, in spite of societal barriers, you can do what you wanl, all "in the name of love">>; cfr. anche Id., The Rheroricity ofthe Body in the Song of Songs, in S.E. Porter - D.L. Stamps (edd.), Rherorica/ Criticism and rhe Bible (JSNT.S 195), London - New York 2002, pp. 239-245.

440

Parte terza. Il messaggio teologico

dersi, uno deve nascondere la propria intimità (cfr. Gn 3,21), ma « all'inizio non era così >>. Ed è esperienza di ogni coppia, che di fronte alla persona amata uno non si vergogna più di apparire nudo. In qualche modo, l 'esperienza dà ragione al Can­ tico: l 'amore è la strada per ritornare al paradiso terrestre. Se. nei confronti di Gn 2, i l senso del Cantico è quello di una conferma e un commento, diverso è il caso di Gn 3: sembra che il Cantico voglia correggere il racconto del peccato originale, ritornando ali' innocenza di Gn 2. Dopo aver man­ giato il frutto dell' albero proibito, > (Gn 3,7), ed è la donna a dare questo frutto all'uomo. Nel Cantico, la donna dice al suo uomo: > (Ct 8,5 ). Con l ' immagine de li' albero, nei due ca­ si, si intende con ogni probabilità l'esperienza sessuale. Mentre questo avviene, in Gn 3, contro l 'ordine di Dio, nel Cantico, come in Gn 2, avviene in obbedien­ za a lui. Significativo è l 'uso del verbo /Jtimad (desiderare)37• In Gn 2,9 il verbo è usato in senso positivo (>), mentre in Gn 3,6 es­ so acquista un valore negativo (. In fondo, è la stessa prospettiva dei Proverbi, che contrapponevano alla > la >. Nel Cantico non si fa parola del pericolo insito nel >, esso è totalmente positivo e appagante come in Gn 2: >. Nonostante i tentativi di inter­ pretare in forma positiva il verbo mtisaf39 , il contesto parla chiaramente di un >, cioè di qualcosa di negativo: si tratta del dominio dell 'uomo sulla donna, visto non come disegno di Dio, ma come frutto della disobbedienza del­ l ' uomo. Il Cantico riconduce il rapporto alla situazione originale: del l 'uomo, non di quello della donna. Phyllis Trible parla di amore « redento >>, di sessualità a cui è tolta la maledi­ zione conseguente al peccato40• Barth sottolinea la dimensione escatologica di

37 Cfr. qui Prologo Ct 1,2 - 2, 7, pp. 89-90. " Cfr. qui Nuovi canti del diletto Ct6,4 - 7, 1 1 . pp. 334-335. " Si veda, ad esempio, R.M. Davidson, Theology ofthe Sexuality in the Song ofSongs: Retum ro Eden, in A USS 27 ( 1 989) 8-9. "' Ph. Trible, Love 's Lyric.

Il Cantico dei cantici nel contesto globale del canone

441

questa redenzione, come di qualcosa che è > realizzato41• L'a­ more resta, finché dura questo mondo, una realtà ambivalente: Gn 2 (e il Canti­ co, che ne è commento) va letto insieme con Gn 3. Ma l 'utopia di un amore in­ tatto rimane valida42, sostenuta da un lato dall'amore di Dio per l 'uomo, a cui inviano i paralleli profetici, e, dali 'altro, dalla redenzione dell'amore umano ope­ rata da Gesù Cristo, in cui il NT riconosce il realizzarsi (anche se in forma in­ coativa) dell ' utopia del Cantico.

3. n Cantico e i profeti Il Cantico, è stato più volte ribadito, non è allegoria. Esso parla, non dell 'a­ more tra Dio e l ' uomo, ma dell'amore tra uomo e donna. Ciò rimane vero anche se in quest'ultimo è presente una dimensione teologica, e ciò fa la differenza tra il discorso del Cantico e quello dei libri profetici, in cui l ' interesse dell 'autore va primariamente al legame che unisce Dio con il popolo di lsraele43. Nei profeti, l ' amore umano è visto come cifra su cui leggere l 'amore divino, e il rimando a questo amore è esplicitato. Per il discorso profetico si può parlare perciò, a buon diritto, di allegoria, riservando al Cantico la qualifica di metafora. In fondo però i due approcci, anche se distinti, rivelano una profonda analogia44• Forse il primo che ha colto questa corrispondenza tra i due tipi di amore è stato Osea, che ha visto, dietro la sua personale esperienza affettiva, la storia del rapporto di JHWH con Israele (cfr. Os 1-3). A Osea si ispirano, infatti, i l discorso di Geremia sulle « prostituzioni » di Israele (cfr. Ger l ,2. 1 3.20.23-25; 3 , 1 -4 ), e le due diffuse allegorie di Ezechiele (Ez 1 6; 23). Il discorso profetico è recepito an­ che nella Torah, in cui l 'unicità del Dio d'Israele è descritta sulla falsariga del­ l 'unicità del l ' amore umano (cfr. Dt 6,4)45• Anche il discorso sulla « gelosia » di JHWH (Es 34, 14; cfr. 20,5) è trasposizione sul piano divino del l 'esperienza uma­ na dell'amore (cfr. Ct 8,6). L'alleanza che unisce JHWH con il suo popolo è vista come un patto d'amore (Os 2,2 1 -22). Al momento stesso che Israele prendeva le distanze dalla religione cananea, ne coglieva l ' intuizione religiosa profonda, attribuendo a JHWH le caratteristiche

4 1 K . Barth, Die Kirchliche DogTIUJtik, vol. ITI/1, p. 358. 42 P. Ricoeur (The Nuprial Meraphor, p. 299) mette in guardia dal ritenere il Cantico come un progetto irrealizzabile, riservato per il mondo a venire: « Il poema, riletto alla luce di Gn 2,23. può suggerire che l 'innocenza creaturale non è stata abolita dalla colpa, ma che essa perdura anche du­ rante la storia del male, che la relazione erotica non può mai del tutlo evitare [ . . . ]. Questa procla­ mazione e celebrazione non è necessariamente da porsi alla fine dei tempi, può essere cantata oggi ». Anche Davidson ribadisce il carattere concreto, attuale, del Cantico, rilevando come esso metta in evidenza anche i pericoli e gli ostacoli de li 'amore (R.M. Davidson, Theology of rhe Sexuality in the Song of Songs: Rerurn ro Eden, in AUSS 27 [ 1989] 8-10; cfr. T. Longman, Song of Songs, p. 66; P. Chave, Toward a Nor Too Rosy Picture ofthe Song ofSongs, in Femini.u Theology 1 8 [ 19981 4 1 -53). 43 Si vedano le peninenti osservazioni di P. Ricoeur, The Nuprial Metaphor, p. 301 . 44 Cfr. Approfondimento teologico. p. 419. "' « There are only two relationships that are mutually exclusive to humans. We may ha ve only one spouse and only one God » (T. Longman, Song of Songs, p. 70).

442

Parte terza. Il messaggio teologico

« sponsali » di Baal nei confronti del popolo e dena terra46• Se, pero, i profeti sot­ tolineano il carattere fecondante di questo > (Os 2,23-24; cfr. Is 66,7-9), nel Cantico l 'aspetto della fecondità rimane in secondo ordine: l ' accen­ to è messo sul rapporto personale. È significativo, che molti di questi testi abbiano una dimensione escatologi­ ca, si riferiscano, cioè, alla alla donna (2, 17), ma lei stessa si mette alla ricerca di lui (3,2). Ciò che per Geremia è il segno dei tempi escatologici, si realizza nel Cantico. A una simile dimensione escatologica fa pensare il parallelo, spesso osservato, tra Os 1 4,6-8 e diverse immagini del Can­ tico (>, Os 1 4,6, cfr. C t 2, 1 .2, eccetera; > (Os 2, 1 6). E questo intervento ha successo (« Là mi risponderà, come ai giorni della sua giovinezza>>, Os 2, 1 7). Ciò che il castigo non ha ottenuto, ha ottenuto l 'amore. « Mi chiame­ rai », dice Osea, « "mio uomo" ( 'isi), non mi chiamerai più "mio padrone" (ba 'li, Os 2, 1 8) >>. Il rimando è a Gn 2,23 ( « La si chiamerà "uoma" { 'issa], perché è sta­ ta tratta dali "'uomo" [ 'isj >>). Il passaggio da un rapporto di dominio (ba 'li) a uno di reciprocità ( 'iSi) nei confronti della donna fa cogliere al profeta un aspetto nuo­ vo del volto del Dio di Israele. JHWH si distingue dai vari Baal appunto per que-

46 Cfr.

P. Beauchamp, L'un et l 'autre, pp. 1 88- 1 89. 47 Cfr. qui Cami dell'amata Ct 2,8 - 3,5, p. 124. 48 In questo senso anche G. Ravasi. Il Cantico dei cantici, pp. 72-75. 49 Cfr. qui Canti del/'amota Ct 2, 8 - 3,5, p. 1 23.

Il Cantico dei cantici nel contesto globale del canone

443

sto unico, umanissimo rapporto d'amore, che giunge a profondità a cui l'uomo non può arrivare (cfr. Os 1 1 ,9: promessa dai pro­ feti per i tempi escatologici: Dio si unisce al suo popolo, e, in esso, ali 'umanità, in forma nuova ed eterna, e questo fatto proietta una luce nuova sul rapporto tra uomo e donna. Avvenimento fondante è l ' incarnazione. Essa ha un carattere sponsale: sono le nozze di Dio con l ' umanità52• Da allora l 'umanità, anche nella sua dimensione corporea, sessuata, è indissolubilmente legata alla divinità (cfr. Col 2,9: >): non è più possibile separare corpo e spirito5J. Il discorso sull 'uomo in quanto immagine di Dio acquista una

"' A. Lacocque. Romance, She Wrote, p. 176: > (Ct 8,6 ). Veramente forte è l 'a­ more: Gesù rinunzia a ogni forma di violenza e si affida alla forza dell'amore, che è > (0 6,4. 10) e come >6• L'autore si rende evidentemente conto che la figura di Salomone non sempre è presentata nel Cantico in forma positiva. Fra i vari momenti della storia di Israele, l'avvenimento fondante, l 'Esodo acquista una posizione particolare, tan­ to che la lettura del Cantico è assegnata alla festa di Pasqua. Le tracce di questo uso liturgico sono piuttosto tardive (Teodoro di Mopsuestia, nel secolo IV, non conosceva un uso liturgico del Cantico, né presso i giudei, né presso i cristiani'), ma il legame tra il Cantico dei cantici e l 'Esodo viene sottolineato nella Mekiltah. Es 1 4, 1 3 (« Non abbiate paura! Siate forti e vedrete la salvezza che JHWH oggi opera per voi >>), è così interpretato: ) commenta il Midrash: >35• Fra i più autore­ voli commentatori medievali spicca la figura di Rashi di Troyes ( 1 040- 1 105), su cui vale la pena soffermarsi, anche perché il suo commento al Cantico è ora ac­ cessibile in edizione italiana36 • Il Cantico è l 'unico dei commenti di Rashi ad ave­ re un prologo, dove l ' autore spiega il suo approccio esegetico. Il primo principio è quello deli' importanza del senso letterale: >41 • L' altro grande, indiscusso esegeta del Medioevo, che ci ha lasciato u n com­ mento al Cantico è lo spagnolo Abraham ibn Ezra (secolo XII)42• « Nelle sue ope­ re esegetiche offre tutti i risultati scientifici del suo tempo, procede con critica so­ da e rigorosa tenendosi lontano da interpretazioni studiate ad arte. Peraltro il Salfeld non accordasi con l ' opinione di Graetz43, il quale pretende che lbn Esra per convincimento fosse razionalista, ma che adoperasse ogni sorta di artifizio af­ fine di illudere per non comparire tale e non esser posto nel novero degli ereti­ ci44>>. lbn Ezra scrive, a introduzione del suo commento: 45• La prima spiegazione è filologica, la terza è quella tradizionale allegorico­ storica e collettiva, la seconda intende il Cantico nel moderno >. Così la riassume il Perreau: >46• Come si può arguire, il Cantico è letto qui come una storia d'amore. Anche se non accettato dal giudaismo ufficiale, questo tipo di interpre­ tazione non è isolato: Perreau nomina almeno altri tre commenti medievali che interpretano i l Cantico nel suo senso naturale•7• D'altronde, il fatto stesso che continuamente si prenda posizione contro l ' interpretazione letterale, indica che tale interpretazione era praticata. b) L'allegoria filosofica. Se l'allegoria di tipo storico-collettivo si pone idealmente sulla linea dei profeti dell' AT, anche quella di tipo filosofico ha radi­ ci nella Bibbia, precisamente nella tradizione sapienziale, con il suo approccio individualistico e con la personificazione della sapienza, il cui rapporto con il di­ scepolo assume la forma di una relazione d'amore. Storicamente questo approc­ cio al Cantico è legato alla scoperta e diffusione nel mondo giudaico della filo­ sofia aristotelica, avvenuta attraverso il contatto con il mondo arabo. Il padre di questo tipo di allegoria è Mosè Maimonide. Maimonide si distacca anzitutto dal­ l ' interpretazione collettiva, tipica della tradizione midrashica: per lui il rapporto descritto nel Cantico non è quello di JHWH con Israele, ma quello di Dio con l ' uo­ mo. Egli precisa poi in termini aristotelici: è il rapporto dell'Intelletto Attivo (hassekel happo 'el, l ' Essere Supremo secondo Aristotele) con quello passivo (haisekel hal]omri, l ' anima umana). L'Intelletto Attivo ama ardentemente l 'ani­ ma umana e desidera congiungersi a lei, e viceversa48 • A Maimonide si rifà tutta una serie di sapienti ebrei, che cercano di unire la ricerca filosofica con la tradi­ zione giudaica: è il caso anzitutto di Ibn Aknin ( 1 1 50- 1 220), nato in Spagna ma vissuto a Fez in Marocco, dove compose un commento al Cantico in arabo. Co­ me lbn Ezra, anche Ibn Aknin divide il suo commento in tre parti: la prima filo-

Perreau, l..a Cantica di Salomone, p. 15. . Perreau, La Cantica di Salomone, pp. 12-13.

46 P.

47 P

48 , in quanto, sulla scia di Giustino e di lreneo di Lione, vede nell'economia cristiana il compier­ si delle promesse dell 'Antico Testamento. In questo, essa si distingue dali' allego­ ria, che è caratteristica del suo grande contemporaneo Origene (morto nel 254). Origene si occupò a lungo del Cantico, sia nella sua attività pastorale attra­ verso le omelie, di cui due ci sono pervenute nella traduzione latina di Girolamo (a commento di Ct l , l - 2, 1 3 )16, sia in quella didattica, di cui sono espressione due commenti, il primo giovanile, in uno o due libri, di cui ci resta un solo fram­ mento nella Filocalia (su Ct 1 ,5)77, il secondo in dieci volumi, esaltato da Giro­ lamo come il capolavoro di Origene, di cui ci sono pervenuti, nella traduzione la­ tina di Rutino di Aquileia, i primi quattro (Ct l ,2 - 2, 1 5), preceduti da un ampio proemio, in cui l 'autore definisce i principi della sua esegesF8• Ali' origine dell'interpretazione di Origene c'è una visione del!'essere urna­ no fortemente influenzata dalla filosofia platonica. Nel De principiis Origene traccia un parallelo tra la costituzione dell'uomo e quella della Scrittura: >79• Nella Prefazione del Commento al Cantico dei cantici, Origene ritorna sul­ l ' argomento, distinguendo tra l ' uomo >, di cui parla Gn l ,26-27, e quello >, menzionato in Gn 2,7, e iden­ tificando il secondo con l 'uomo > o >, che si corrompe, e il primo con quello > o >, che si rinnova di giorno in giorno, di cui parla san Paolo80• Solo che, mentre in Paolo la distinzione ha un carattere 74 Sul concetto di Chiesa in lppolito, cfr. L. Welsersheimb, Das Kirchenbild der griechischen Viiterkommentare zum Hohen Lied. in ZKTh 79 ( 1 948) 400-404. 75 Ippolito di Roma, lnterpretatio Cantici canticorum 8,8-9 (cfr. Traités d'Hippolythe sur Da­ vid et Goliath, sur le Cantique des cantiques et sur I 'Antéchrist [ed. G. Garitte). p. 34); vedi A.-M. Pelletier, Lectures, p. 22 1 . 76 Origene, Omelie sul Cantico dei cantici (ed. M.!. Danieli) (CTePa), Roma 1990. 77 Cfr. Origene, Philocalie 1-20 sur /es Écritures (ed. M. Harl) (SC 302), Paris 1983, pp. 326-327. 78 Origene, Commento al Cantico dei cantici (ed. M. Simonetti). 79 Origene, De principiis 4,2,4 (ed. O. Koetschau [GCS 22], Leipzig 19 1 3, pp. 3 1 2-313). 00 Cfr. 2Cor 4,16; Rm 7,22.

Le

/enure più significative del Cantico nella storia dell'esegesi

461

morale, contrapponendo l 'uomo che si apre a Dio a quello che si chiude in se stesso, in Origene essa ha una dimensione metafisica, in quanto il secondo uomo è identificato con il corpo, il primo con l ' anima. Origene cala il principio paoli­ na in categorie platoniche. Il discorso è poi trasferito sul piano de li' amore, in cui Origene contrappone eros a agape. Solo l 'agape, cioè l 'amore divino, disinte­ ressato, è positivo. Dell'eros, Origene dà una valutazione completamente negati­ va� '. È quindi impensabile, secondo lui, che il Cantico parli di eros. E afFinché l 'uomo carnale non legga in tale libro un poema erotico, Origene ne sconsiglia la lettura a chi non è ancora maturo nella fede82• L'operazione compiuta da Origene è densa di conseguenze per l' interpretazione del Cantico, e in generale per la considerazione cristiana della sessualità"3• Che cos'è dunque per Ori gene il Cantico? Egli lo dice ali ' inizio della Prefa­ zione: >84• A differenza di Ippolito, per cui il Cantico ha un solo senso, quello allegori­ co, Origene riconosce dunque un « senso letterale >> al Cantico. Proprio lui, il più « spirituale >> degli esegeti del Cantico, dà una imponanza enorme alla « carne >>, cioè alla lettera del poema. Testimonianza di ciò è l 'Esap/a origeniana, in cui il grande esegeta pone in sei colonne, accanto al testo ebraico, cinque diverse ver­ sioni greche: quella dei LXX, le versioni di Aquila, Simmaco, Teodozione e una Quinta, da lui ritrovata sul litorale di Actium"5• Il commento stesso doveva dare ampio spazio alle questioni testuali, che purtroppo, nella traduzione di Rutino, sono state omesse. Interessante è anche l 'attribuzione del Cantico al genere lette­ rario del l ' « epitalamio >>, largamente diffuso nel mondo greco, e il riconoscimen­ to del carattere « drammatico » del poema. Nel corso del commento, la prima par­ te è dedicata alla precisazione della scena e alla caratterizzazione dei personaggi: « E dicemmo che c'è azione drammatica là dove sono introdotti alcuni personag-

81 > (Origene. Commento al Cantico dei cantici, Prefazione [ed. M. Simonetti, p. 4 1 ]). 82 « Perciò ammonisco e consiglio ognuno, che non è ancor libero dalle molestie della carne e del sangue e non si è ancora affrancato dalle affezioni della materia, di astenersi completamente dal­ la lettura di questo libro e dalle spiegazioni che su di esso vengono fomite » (Origene, Commento al Cantico dei cantici, Prefazione led. M. Simonelli, p. 35]). A questo riguardo, Origene cita il costu­ me ebraico e cristiano di riservare ai soli adulli la lettura di quattro testi biblici: >86• Ma Origene considera la comprensione letterale come preparatoria e funzio­ nale a quella allegorica o spirituale, a cui dedica il peso principale del commen­ to. Tale comprensione dell '>) e dell'amore (cfr. Pro 5, 1 5- 1 9). E l'acqua che trasforma il deserto in un >. L'acqua è la donna stessa (, è alimentata dalla neve perenne del (-t) Libano. Inoltre, come nel paradiso, l ' acqua del giardino non rimane chiusa ma dona vita e gioia a tutti gli uomini (>). Il terzo contesto è Ct 8, 7, dove le > sono simbolo del caos primordiale e della morte: esse sono le nemiche della vita e deli'amore, presentato come >. Alcanna

Dell'alcanna, conosciuta più comunemente con il nome arabo di henna, o henné, e chiamata anche cipro (in ebraico, koper), il Cantico mette in evidenza la pianta, e cioè il profumo, non la tintura. Come ogni profumo, anche l ' alcanna esprime l 'attrazione esercitata dalla persona amata. In Ct 1 , 1 4 l'alcanna rappre­ senta il diletto, mentre in 4, 1 3 è tra le piante che crescono nel che caratterizza il Cantico. Un significato particolare è riscontrabile nel i ' associazione de li ' alcanna con Engaddi, l'oasi sul­ le rive del mar Morto ( 1 , 14): in Egitto, infatti, il fiore d'alcanna era un augurio di vita oltre la morte. In 7,12, infine, i « cespi d'alcanna >> non sono metafora né di lui né di lei, ma esprimono la natura, come ambiente dell'amore. Amica

È il termine con cui l 'uomo si rivolge abitualmente alla sua donna, il corri­ spettivo femminile di (-t) diletto. Appare 9 volte al singolare con il pronome possessivo di prima persona ( ra 'jiiti}, sempre in bocca al diletto (Ct 1 ,9. 1 5 ; 2,2. 1 0. 1 3; 4, 1 .7; 5,2; 6,4), che l o pronunzia con un tono d i invocazione estatica.

Lessico simbolico e biblico-teologico

47 1

Una sola volta il tenni ne è usato al plurale (5, 1 ) , in bocca all'autore, che lo rife­ risce ai due amanti, sentendosi coinvolto, partecipe del sentimento che li unisce. Il termine Ct 8,6f: (Ct 1,7; 3,1 .2.3.4), dove invece, dell 'amore, è mes­ so in evidenza il carattere esclusivo. Balsamo

Era il profumo più pregiato, collegato con la figura di Salomone e poi colti­ vato dai re di Giuda. Aveva una dimensione sacrale, facendo parte dell'olio del­ l 'unzione. Faceva parte anche, naturalmente, della cosmesi femminile (cfr. Est 2, 1 2), e aveva proprietà medicinali. Il nome è passato all ' > dei cadaveri: era quindi collegato con l ' idea della vittoria sulla morte. Il balsamo è uno dei profumi più menzionati nel Cantico: 4, 1 0. 1 4. 1 6; 5, 1 . 1 3 ; 6,2; 8,14 (7 vol­ te). Per quanto l ' odore del balsamo sia soave, il profumo dell'amata è a esso su­ periore (Ct 4, 1 0): la donna stessa è un giardino dove crescono > (Ct 4.1 4), che si devono sciogliere (4, 1 6), perché il diletto possa entrare nel giardino e coglierne il balsamo (5, 1 ). Tra le aiuole di balsamo (6,2) il diletto infatti passeggia. Il Cantico termina con l ' invito della donna a fuggire >, che altro non sono che il suo corpo profumato. Ma anche la bar­ ba di lui è un' > (5, 13): i corpi dei due amanti sono >, composti della stessa materia.

472

LesSico simbolico e biblico-teologico

Capra, cerbiatto, gazzella

Si tratta di animali agili ed eleganti, amati per la loro forma esterna. Il senso metaforico è polivalente. Forse per la loro fecondità, sono considerati nell' ico­ nografia orientale sacri alla dea dell 'amore e personificazione delle forze della vita. Tale significato, integrato nella fede javistica, è percepibile in Ct 2,7 e 3,5, dove si giura per « le gazzelle ($'bii 'ot) o per le cerve ( aj'lot) dei campi >>. In l ,8 le > (Engaddi, Ct 1 , 1 4) evoca la vittoria della vita sulla morte. Se in 2,9. 17 e 8, 14 il > rappresenta il diletto, costui è sentito come epifania delle forze dell'amore, mentre in 4,5 e 7,4 tali qualità sono attribuite, con perfetta reciprocità, ai seni dell'amata. Diverso è il senso delle dell'amore, che il diletto ri­ trova nei capelli dell'amata. ·

Carezze

Il termine dOdfm appare in Ct 1 ,2.4; 3, 1 0 e 7, 1 3 (qui è stato tradotto con , e solo Dio colma l ' inquietudine del cuore uma­ no (cfr. Agostino'). Dopo diversi tentativi, conclusi con la frase sconsolante che riflette l ' immagine delle « colombe >>). In Ct 2, 14; 5,2 e 6,9 1a donna stessa è identificata con una colom­ ba: essa è l 'epifania, la personificazione dell'amore. Compagni

Sono il corrispettivo maschile delle (�)figlie di Gerusalemme, cioè l ' ele" mento corale maschile messo attorno allo sposo. Il loro ruolo è descritto in for­ ma positiva, forse anche perché, in Ct 1 ,7, sono identificati con il gruppo dei pastori. L'elemento nazionale, israelita, è sottolineato (cfr. 3,7): si direbbe che rappresentino il popolo di Dio che protegge l 'amore dei due giovani. Collabo­ rano con lo sposo a rendere magnifico l ' arredo della sposa ( 1 , 1 1 ), accompa­ gnano la lettiga della sposa nel viaggio notturno attraverso il deserto (3,7-8), stanno in ascolto della voce della sposa, riconoscendo in essa la parola di Dio (8,1 3). Deserto

Il significato simbolico del deserto (midbtir, Ct 3,6; 8,5) è molteplice. Da una parte esso è sinonimo di morte (cfr. Ct l , 14, >), è negazione del­ la vita e de li 'amore (cfr. Ct 2,2, >), luogo di pericoli notturni (3,8), abi­ tazione di leoni e pantere (4,8}, da cui si deve venir via. Il viaggio attraverso il deserto non si compie da soli, bisogna farlo insieme (4,8; 8,5). Dal l ' altra però il deserto è anche il luogo dove dominano le forze incontaminate della natura, gli . L'amata, perciò, viene dal deserto, con attributi teofanici (3,6; 8,5), così come il diletto viene dai monti (2,8), con i riccioli bagnati dalle stille della notte (5,2). Il binomio deserto-città è espressione di quella tensione tra natura e cultura che caratterizza l 'amore umano. Desiderio

Del desiderio sessuale si parla nel Cantico in due passi: in 2,3 e 7, I l . n pri­ mo passo (« alla sua ombra mi siedo, come ho bramato >>) usa il verbo l}iimad, un verbo che possiede ne l i ' AT una connotazione chiaranfente negativa (cfr. Es 20, 1 7). Solo in Gn 2,9, prima del peccato, il verbo è usato in senso positivo: ed è questo anche il senso che ha nel Cantico. Analogo discorso vale per l 'altro ter­ mine, r'fuqii, Ct 7, I l (« A me si volge il suo des iderio>>). È evidente i l richiamo a Gn 3 , 1 6 (>), dove il desiderio è visto come fonte della subordinazione della donna ali 'uomo, rottura della reciprocità primitiva. Nel Cantico il desiderio è fonte solo di gioia: esso è riportato alla situazione anteriore al peccato.

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Lessico simbolico e biblico-teologico

Diletto Il termine dOd ricorre nel Cantico 33 volte, di cui 26 con il pronome di prima persona (> (Ct 2, 1 6; 6,3; 7, 1 1 ), per cui sarebbe fuorviante vedere un'opposi­ zione tra « diletto >> e « sposo >>. Etimologicamente dod esprime un rapporto di paren­ tela (« cugino>>) e di affetto, che corrisponde al nostro termine « amico>>. L' interpre­ tazione allegorica del Cantico, che nel diletto ha visto la figura di Dio o del Cristo, può appoggiarsi sul fatto che la cifra 26 è il valore numerico del nome divino JHWH, mentre le consonanti del termine dOd sono le stesse di dii wid (Davide).

Figlie di Gerusalemme

Le « figlie di Gerusalemme >> (Ct 1 ,5 ; 2,7; 3,5. 1 0; 5,8. 16; 8,4), chiamate an­ che « figlie di Sion >> (3, I l), sono un elemento corale nella sapiente struttura drammatica del Cantico. Sono le « amiche >> della giovane, che partecipano al suo amore ( 1 ,3.4; 3, I O. L I ) e alla sua ricerca (5,8 . 16; 6, l ), pur rimanendo fuori dal­ l ' esperienza amorosa (6,3), e quindi non riuscendo a « riconoscere >> il diletto. Es­ se sono la personificazione della società cittadina, il cui ruolo è ambiguo. Da una parte sono chiamate a « sostenere >> l ' amore (2,5), dali 'altra spesso si sentono au­ torizzate a imporgli regole a esso estranee, e vengono pregate di « non disturbar­ lo >> (Ct 2, 7; 3,5; 8,4 ). In Ct l ,5 l ' amata contrappone la propria bellezza rustica a quella, leziosa, delle cittadine. Traluce qui l ' aspirazione ellenistica a una vita più vicina alla natura, ma anche il ricupero della tradizione nazionale ebraica di fron­ te agli incanti della cultura greca, che è fondamentalmente cittadina. Fiore di loto Il fiore di loto (fO§an) è pianta molto evocativa, non solo in Egitto, ma in tutto l 'Oriente. Essa esprime il miracolo della vita che sorge dalla morte (il caos acqua­ tico primordiale) ed è, per il suo profumo e la sua bellezza, simbolo del l ' amore. Nel Cantico, il fiore di loto è associato alle wne erogene del corpo di lui (labbra, 5, 1 3 ) e di lei (seni, 4,6; pube [?], 7,4) . « Pascersi di fiori d i loto >> (il loto era commestibi­ le) significa dunque fare esperienza di amore e vita nuova nel gioco erotico (cfr. 2, 1 6; 6,3), e significato analogo ha « cogliere >> questi fiori (6,2). L'associazione di « cerbiatto >> e « fiori di loto >> (Ct 2, 16; 4,5), riscontrabile anche nell' iconografia egizia, enfatizza il significato metaforico delle due immagini.

Fratelli Il tenni ne « fratello>> non è mai usato al plurale, ma il gruppo dei fratelli ap­ pare chiaramente nel Prologo ( l ,6, « figli di mia madre >>) e neli' Epilogo (8,8-9).

Lessico simbolico e biblico-teologico

475

Sono i rappresentanti della famiglia nel suo aspetto negativo, maschilista: tendo­ no a reprimere l 'amore della > (Ct 4,6; cfr. 8, 14) e il Libano, dunque, si sovrappongono (cfr. 4, I l ): ambedue sono me­ tafora della donna. Il Libano è un caso particolare de li' identificazione della don­ na con la terra, più propriamente della terra promessa, di cui costituisce un pae­ saggio caratteristico. Ct 4,8 sottolinea, del Libano, il carattere inaccessibile e selvaggio, abitazione di leoni e pantere, da cui la donna deve scendere, per veni­ re in città. L' inaccessibilità è ribadita in 7,5, dove al Libano è associata l ' imma­ gine della > imprendibile. In 4, 1 5 le nevi perenni del Libano divengono, probabilmente, immagine di Dio, da cui proviene l ' (�) acqua (= vita, amore) che scorre nel giardino (= donna). Come al solito, la metafora del Libano è rife­ rita anche ali 'uomo, sottolineandone l 'aspetto maestoso (5, 1 5). Madre

Come nei poemi babilonesi e nei canti d'amore egiziani, anche nel Cantico la madre ha un ruolo importante nelle faccende del cuore. Ct 6,9 accosta l 'amore della madre a quello del diletto (« l 'unica di sua madre, la prediletta della sua ge­ nitrice »), e in 3, I l è la madre a > il figlio, lasciando il posto alla spo­ sa. La madre è la rappresentante della famiglia nel suo Iato positivo. Amare è > (Cl 3,4; 8,2; 8,5), cioè nella sua famiglia. Se in 3,4 e in 8,2 si parla della madre di lei, in 3, I l e 8,5 si parla di quella di lui. L' ac­ costamento permette di percepire la reciprocità tipica del i ' amore. Malattia d'amore

Si tratta di un'esperienza universalmente umana, ben conosciuta nella lette­ ratura amorosa. Con perfetta simmetria, il Cantico parla due volte della malattia di lei (2,5; 5,8) e due volte della malattia di lui (4,9; 6,5). In 2,5 l 'amata chiede che, per guarire da questa malattia, le sia somministrata la medicina deli' amore (>). L'amore è, dunque, allo stesso tempo malattia e guarigione. Simil­ mente il diletto si sente > di fronte agli occhi dell'amata (4,9; cfr. 6,5). Il termine ebraico è appare, insieme col verbo > al termine della prima pane del poema, in 4, 16; 5 , 1 , dove esprime il compiersi del­ l 'unione: esso è pronunziato prima dalla donna, che dà il consenso, poi dall'uo­ mo che accoglie festante l ' invito, quindi dali 'autore, che commenta benevol­ mente il fatto. l due temi riappaiono alla fine della seconda unità, in 7, 14 (motivo dei >) e 8,2 (>). Naturalmente le metafore riguardanti il cibo (miele,

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411

vino, latte, frutti) appartengono allo stesso campo semantico. A questo campo ap­ partiene pure la metafora del >, quando il verbo è usato intransitiva­ mente (= cibarsi: Ct 2,17; 4,8; 6,2.3). Nel Cantico, il mangiare e il bere sono sem­ pre preceduti dal > della persona amata, indicando una gradualità n eli' avvicinamento fisico. Una trasposizione teologica della metafora del cibo si ha nel sacramento dell 'eucaristia, dove il mangiare e il bere esprimo­ no ugualmente l 'unione con la persona amata, e la realizzano. Melo

Il termine ebraico tappi2al) significa, letteralmente, « profumato >>, e si riferisce al­ l 'odore gradevole delle mele. Sia in Mesopotamia che in Grecia, la mela è ritenuta un afrodisiaco, o comunque collegata con l 'amore. Nel Cantico il termine appare 4 volte: 2,3.5; 7,9; 8,5. ln Ct 2,5 il diletto è paragonato a un melo, mettendone in evidenza l 'at­ trazione. Sotto quest'albero la donna vuole sedere per gustarne il frutto. Anche in 8,5 l 'amore avviene « sono il melo », a contano con le forze vitali della natura. Se con la metafora del > la mela (Ct 2,3.5) si esprime il rapporto sessuale (con un'al­ lusione, forse, a Gn 3, 1-7), in 7,9 si evoca il bacio, come un « annusare il profumo del­ la persona amata >>, giocando sul significato originale del termine. Melograno Come il (--+) melo, anche il melograno (il termine ebraico rimm6n indica sia l 'albero sia il frutto) è, in tutta l'area mediterranea, collegato con l ' amore. In Ct 4,3 e 6, 7 la polpa del frutto richiama l ' incarnato della gota dell 'amata. In 4, 13 piante di melograno crescono nel suo « giardino >>: qui forse si può cogliere un al­ tro significato del melograno, in quanto paradisiaco >. In 6, I l e 7. 1 3 la « fioritura >> del melograno allude alla maturità sessuale della giovane, probabilmente con un accenno allo spuntare dei seni (= melagrane). Ed è coeren­ te vedere nel « succo del mio melograno >> (Ct 8,3) la gioia che i seni deli ' amata possono offrire ali 'uomo nell' intimità amorosa. Miele, latte

Il miele è in Mesopotamia espressione usuale per indicare il piacere erotico. di cui esprime la dolcezza al gusto. Nel Cantico esso è collegato con il bacio (4, I l ). L'unione amorosa è descritta come un « mangiare il miele con i l favo >> (Ct 5, l ), do­ ve la persona stessa deli' amata (>) è percepita come la fonte della dolcezza. Nei due passi citati, assieme al miele è ricordato il lane, che evoca istintivamente il seno materno. D'altra parte, il binomio « latte e miele >> è tipico, nell'Antico Testa­ mento, per caratterizzare i prodotti della terra promessa, per cui è suggerita un'i­ dentificazione della sposa del Cantico con la terra che Dio ha dato in dono a Israele. Mirra

La mirra è il profumo più menzionato nel Cantico: 1 , 1 3 ; 3,6; 4,6. 14; 5 , 1 .5 (2 volte).13. Ha anzitutto un significato erotico, esaltante l 'attrazione femminile.

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L'associazione con l 'inèenso (3,6; 4,6) ne mette in evidenza la connotazione sa­ crale: tra l 'altro la mirra era un componente dell 'olio dell'unzione. Inoltre aveva un ruolo nel processo di imbalsamazione, sicché, al pari del balsamo, simbolizza la vittoria sulla morte (cfr. 1 , 1 3). Generalmente è attributo della donna, ma in Ct 1 , 1 3 e 5, 1 3 è collegata con il diletto, rivelando, come il ( �) balsamo, la « con­ sanguineità >> dei due corpi (« carne della mia carne, osso delle mie ossa>>, Gn 2,23). Notte

Le indicazioni cronologiche del Cantico hanno un valore psicologico, lirico. Se il mattino è il tempo di uscire (cfr. 2,10. 1 3), 1a sera è il tempo di raccogliersi in casa, è perciò quello dell' intimità amorosa (2, 17; 4,6). La notte è, dunque, il tempo dell'amore, che gli amanti trascorrono nell 'abbraccio ( 1 , 13; 7, 1 2), e in cui l'assenza della persona amata è particolarmente dolorosa (3, 1 ; 5,2). Ma essa è anche il tempo dei pericoli, dei demoni notturni (cfr. 3,8; anche 5,2, « stille not­ turne >>), che si superano con l'aiuto dei prodi d'Israele, cioè con la solidarietà del popolo di Dio. Oro

L'oro è il >, e quindi esalta il valore di chi lo porta. La donna è rivestita di moniti d'oro (Ct 1 , 1 1 ) e d'oro è la spalliera della lettiga che la trasporta (3, 1 0). In riferimento all'uomo, l ' oro appare nel wa,�f del cap. 5 (vv. 1 1 [2 volte]. l4. 1 5) : d'oro sono il capo, le mani e i piedi del diletto. L'autore ritrae probabilmente una statua crisoelefantina: così erano rappresentati gli dèi e il fa­ raone. In quanto personificazione de li' amore, il diletto acquista un valore quasi divino (l 'oro era ritenuto infatti la >). Pecore

La metafora del gregge di pecore (C t 4,2; 6,6) è riferita ai denti del i ' amata. Per il colore bianco e per il carattere ordinato i denti-pecore rappresentano l ' ele­ mento apollineo del!' amore, in confronto con i capelli-capre ( �). che ne rappre­ sentano quello dionisiaco. Le pecore sono associate all ' idea di fertilità, che per l'uomo dell'Antico Testamento è segno di benedizione divina e componente fon­ damentale (anche se questo aspetto nel Cantico non viene messo in primo piano) dell'amore. Porpora

Della porpora rossa ( 'argdmdn) si parla nel Cantico in 3, 1 0 e in 7,6. In 3 , 1 0 essa sta nell' ultimo gradino nella scala d i materiali preziosi che costituiscono la lettiga del!' amata, al di sopra dell' ( �) oro. Per la sua preziosità, essa era consi­ derata la stoffa dei re (cfr. anche 7,6) e degli dèi. Nell'AT essa fa parte, infatti, dell'arredo del tempio e degli abiti sacerdotali. La porpora riveste, dunque, l'a­ more di un alone di nobiltà e di sacralità.

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Profumo

Del profumo si faceva grande uso in Oriente: l 'iconografia egiziana mostra sovente uomini e donne con un caratteristico cono di profumo in capo. Con i l ca­ lore, questo cono si scioglieva, irrorando abbondantemente il capo e le vesù, e diffondendo un odore inebriante. Il profumo è elemento fondamentale della festa dell 'amore. Ma gli oli odorosi sono poca cosa di fronte al profumo che emana dalla persona amata, e che si fa percepibile nell'intimità amorosa. L'odorato gio­ ca un ruolo importante nel bacio, percepito come un annusare il profumo della persona amata (cfr. Ct 1 ,3 ; 4, 1 1 ; 5 , 1 3 ; 7,9). Nel (�) giardino, che è il grembo della donna, crescono ogni sorta di alberi aromatici (cfr. 4, 1 3- 1 4 ). Il profumo di­ viene cosi simbolo dell'attrazione, del fascino che una persona esercita sull'altra (cfr. 1 , 1 2). Salomone

In C t 1 , 1 gli è attribuito il poema, ma si tratta di pseudonimia. L' atteggia­ mento del Cantico nei suoi confronti è ambiguo. In 3,7.9. 1 1 Salomone è personi­ ficazione dello sposo. Si tratta di un ), vista meno come genita­ lità e più come gioco eroùco (7,8-9; 8,2). Carattere giocoso hanno i >, a cui i seni sono comparati (4,5; 7,4). In tensione con l'elemento >, simbolizzato dalla ( �) torre, i seni rappresentano l 'elemento >, ro­ tondo, della donna (7,4), per cui l'affermazione che essi sono > (8,9) ha un carattere paradossale, scherzoso. Sigillo

Il lessema l)tm compare 3 volte nel Cantico, in 4, 1 2 e 8,6 (2 volte). Il sigillo è anzitutto garanzia della chiusura di una porta, ed effettivamente in 4, 12 il ter­ mine è in parallelo con n 'l (>). Metaforicamente esso

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Lessico simbolico e biblico-teologico

esprime l ' i Il ibatezza, la verginità dell'amata (la stessa immagine è ripresa in 8,91 0). La > però è fatta per essere > al diletto. Dopo l 'avvenuta unione, la metafora del sigillo acquista un altro significato: la garanzia, cioè, che i due amanti non saranno mai separati (8,6). Da metafora della verginità, dunque, a metafora dell' indissolubilità. Ma l ' immagine del sigillo ha altre valenze: quel­ la di amuleto contro la morte (cfr. 1 , 1 3). di garanzia di autenticità (quasi a dire che i due amanti sono l'uno per l 'altro fattore di identificazione). Il > evoca reminiscenze bibliche, soprattutlo Dt 6,5-6: il Canti­ co traspone sul piano del rapporto uomo-donna il legame che unisce Israele al suo Dio. Sposa II termine ebraico kalltl (sposa) significa etimologicamente >, ed esprime il rapporto di affinità, per cui un membro di una famiglia viene a far par­ te di un'altra. Il corrispondente maschile è l)atan (cfr. 3, I l ). Il termine > appare solo a conclusione delia prima parte del Cantico (4,8.9. 10. 1 1. 12; 5 , 1 ), ed è singolare che per ben 4 volte (4,9. 10. 1 2; 5 , 1 ) sia usato in unione con il termine >, che esprime il rapporto di consanguineità. L'appellativo dalla propria parentela (>) e un > in essa (>). Se solo qui appare il termine (Ct 2,7; 3,5; 8,4), e altre 2 volte in 5,2 e 8,5. Nei ritornelli del risveglio esso ha un senso ben diverso dagli altri passi. Il significato si ricava da quello del suo anto­ nimojsn (dormire, Ct 5,2; 7,10). In Ct 5,2 > significa ). In 7, 10 il verbo jiisan esprime invece il , cioè ); 5, 1 3 (> e >) e 8, 1 0 (). Solo in Ct 5,13 la metafora riguarda il diletto, riferendosi al profumo del­ la sua barba, le altre volte si riferisce al collo (4,4 e 7 ,5), al naso (7 ,5) e ai (�) se­ ni (8, 10) dell'amata. Il significato fondamentale della metafora non è visivo, ma « funzionale » : essa esprime l ' inaccessibilità, la consapevolezza di sé, l ' orgoglio della donna. In Ct 7,2-9 1a dimensione >: la dell' amore. Significato analogo ha il collettivo > (kerem, Ct 1,6; 8, 1 1 . 1 2). In Ct 2, 1 5 (>) forse il significato è allargato anche al corpo del giovane. La > delle vigne ri­ chiama la pubertà dei corpi giovanili, mettendo in rilievo la continuità tra la na­ tura e l ' uomo.

Illustrazioni di Othmar Keel

Figure 1-2

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2

Figura l. La regina Nefertiti bacia la figlia (frammento di rilievo in calcare, Amarna, auomo al 1 340 a.C., da O. Keel, Das Hohelied [ZBK.AT 1 8). ZUrich 1986, p. 49, Figura 2). Figura 2. La figura femminile seduta rappresenta la dea della terra: dal suo corpo escono piante. A sinistra vi sono animali di vario tipo, soprattutto capridi. A destra un'altra dea, o forse la stessa in forma completamente umana (sigillo cilindrico persiano proveniente da Shadad presso Kerrnan [Iran), metà del III millennio a.C., da O. Keel, Das Hohelied, p. 1 1 3, Figura 63).

484

1//ustrazioni di Othmar Keel

3

Figura 3. Scena di banchetto di bevande. Si noti sul capo delle tre fanciulle il cono di profumo. Le due ragazze di sinistra hanno in mano una mandragora, quella a destra odora un fiore di loto (di­ pinto nella tomba di Nacht. Tebe-Ovest n. 52, attorno al 1400 a.C., da O. Keel, Das Hohelied, p. 237. figura 1 38).

Figure 3-4

485

4a

4c

4d

Figura 4ab. Pendenti in elettro raffiguranti una dea con la capigliatura di Hator e una collana. l se­ ni sono appena accennati, mentre il pube è accentuato (nella figura b esso è a forma di canale). Dal pube cresce una pianticella, segno di fecondità (Ugarit, secoli XIV-XIII a.C., da O. Keel. Das Hohe/ied, p. 165, Figura 96); Figura 4cd. Pendenti in oro dello stesso tipo dei precedenti. Qui l'al­ berello cresce non dal pube, ma dall'ombelico (cfr. Ct 7,3) (c. Mine! ei-Beida. Ugarit, secoli XIV­ XIII a.C.; d. Tell ei-Ajjul. Gaza, secolo XV a.C., da O. Keel, Das Hohelied, p. 165. Figura 97).

486

1//ustrazioni di Othmar Keel

6 Figura 5. Una dea seduta su un trono, probabilmente la pornia theron ('' regina degli animali sel­ vaggi»). Essa è nuda dalla cintura in su. porta una gonna variopinta e tiene nelle mani alzate spi­ ghe di grano (o rami verdi?). che offre a due capri. Ciascuno di questi sta ritto sulle zampe poste­ riori, appoggiando una delle anteriori sul trono della dea e l' altra sul suo avambraccio. La dea porta una collana e un diadema che le cinge i capelli. L'acconciatura dei capelli denota innussi occiden­ tali (avorio, Minet ei-Beida, Ugarit. secoli XIV-XIII a.C., da O. Keel, Das Hohelied, p. 6 1 . Figura I l : cfr. ANEP, p. 1 60, Figura 464). Figura 6. Due cani da guerra assiri, ciascuno tirato da tre cavalli. Si noti la ricca bardatura che or­ na il collo e la testa. Lo stendardo del primo carro raffigura il dio della temresta. Adad, ritto su di un toro; il secondo raffigura le sue armi. i fulmini, a forma di X. poste tra due tori che guardano in direzione opposta (rilievo in alabastro nel palazzo di Assumasirpal ll, Nimrud attorno all'850 a.C., da O. Keel, Das Hohelied, p. 66, Figura 17).

Figure 5-9

487

7

/

8

--

9

Fig ura 7. Particolare da una rappresentazione della battaglia di Qadesh nel tempio funerario di Das Hohelied, p. 63, Figura 1 2).

Ramses II a Tebe-Ovest (attorno al 1250 a.C., da O. Keel,

Figura 8. Testa di cavallo in pietra proveniente dali' Asia Minore. Si

noti la rappresentazione del­

la dea dell'amore sulla frome del cavallo (Zingirli, secoli IX-VIJI a.C., da O. Keel,

Die Welt der a/roriemalischen Bildsymbolik und das Alte Testament. Am Beispiel der Psalnren, Ziirich­ Neukirchen 1 984, p. 2 16, Figura 324a; cfr. U. Winter, Frau und Gortin. Exegerische und ikono· graphische S111dien zum weiblichen Gorresbild im Alten /srae/ und in dessen Umwelt [OBO 53], Fribourg-Gottingen 1983, Figura 159).

Figura 9. La dea asiatica dell ' amore e della guerra in una rappresentazione egiziana (scheggia di Die Welt der a/torientalischen Bildsymbolik, p. 2 16. Figura 324; cfr. ANEP, p. 1 65 n . 479). calcare, Tebe, secoli XIV-XIII a.C., da O. Keel,

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IO

Illustrazioni di Othmar Keel

Il

Figura 10. La dea cananea Qudshu in piedi non, come al solito, su un leone, ma su un cavallo da guerra. Ella porta in ciascuna delle mani due giganteschi fiori di loto. Mentre il leone e il cavallo da guerra rappresentano il suo aspetto aggressivo, guerriero, i fiori di loto ne esprimono il caratte­ re fascinoso e vivificante (lamina d'oro, Lachis, secoli Xlii-Xli a.C., da O. Keel, Deine Blicke sind Taubm. Zur Metaphorik des Hohen Liedes [SBS 1 14/1 1 5), Stungart 1984, p. 157, Figura 63). Figura l /. Abbraccio della coppia regale. La regina è vestita come la dea di Figura 5, con una gon­ na lunga e la parte superiore del corpo nuda. Il leggero rigonfiamento del ventre sembra indicare che sia gravida (bassorilievo in avorio ornante il letto regale, Ugarit 1 400- 1 350 a.C., da O. Keel. Die Welt der altorientalischen Bildsymbolik, p. 264. Figura 387; cfr. ANEP, p. 35 1 , Figura 8 1 8).

Figure 10-14

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12

13

14

Figura 12. Dopo la vittoria sugli elamiti, il re Assurbanipal festeggia l 'avvenimento assieme alla consorte sotto una pergola di vite. Re e regina bevono vino. Il re è sdraiato su un divano ornato di motivi erotici (leone, donna alla finestra). La regina, che siede in posizione eretta ed ha una coro­ na a forma di cinta muraria, diviene forse simbolo dell 'in vitta forza dell' Assiria, con cui il re sta per unirsi. Si noti la pesante collana della regina pendente dalla spalliera del divano del re (rilievo nel palazzo di Assurbanipal in Ninive. attorno al 640 a.C., da O. Keel, Das Hohelied, p. 87, Figura 38; cfr. ANEP, p. l 55, Figura 45 1 ). Figura 13. Figura di donna nuda, ornata soltanto di copricapo e collane, con un pendente fra in se­ ni (terracolla, Cipro. secolo VI a.C.. da O. Keel, Deine Blicke sind Tauben, p. 185. Figura 1 1 8). Figura 14. Coppia di colombi che si bezzicano. Si trana probabilmente di un ex voto per il tempio di Afrodite (scultura in calcare, Cipro, secoli IV-111 a.C., da O. Keel, Deine Blicke sind Tauben, p. 144, Figura 39).

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lllustrazioni di Othmar Keel

15

Figura 15. Rappresentazione d i u n tempio. Un muro d i cinta (non visibile nella figura) inquadra un cortile. in cui si trova una palma con una colomba (simboli della dea dell'amore) e due alberi stilizzati. su cui sono all ineati quattro cherubini e due tori. Questi ultimi mettono la zampa su un monte stilizzato, perché il tempio si trova su un monte; tra i due alberi è rappresentato il santuario propriamente detto, composto di due spazi rettangolari. Nel vestibolo sono rappresentate due divi­ nità femminili (in corrispondenza con i due monli) con un vaso da cui escono quattro fiumi (si no­ tino i pesc i ) e un alberello. Nel « san lo dei santi >> si vede la dea lshtar in veste di guerriero, con un piede su un leone. Dietro a Ici un'altra dea e un dio guerriero. Essa porge anello e scettro al re che le viene incontro salutandola. Dietro al re un'altra divinità protettrice (particolare del grande af· fresco parietale di Mari, epoca di Hammurabi. secolo XVIII a.C., da O. Keel, Die Welt der a/t­ orielltaliichell Bildsymholik, p. 1 25, Figura 1 9 1 ).

Figure 15-17

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Figura 16. Una donna e un uomo in un incontro intimo, nell 'ano di bere vino. Una colomba, mes­

saggero d'amore, vola dali 'uomo alla donna. La scena laterale mostra un leone che assale una gaz­ zella (amore-mone?) e due cherubini (amore-vita?) (sigillo siriano antico, anomo al 1750 a.C., da O. Keel, Das Hohelied, p. 87, Figura 37).

Figura 17. In un mondo in cui la creazione era rappresentata come un atto generativo, l ' invito al­ l 'unione sessuale era visto come qualcosa di sacro. Lo scoprirsi della dea di Fronte al suo panner va compreso in questo senso, come un invito ali 'amore. Le colombe che volano dal volto della dea raffigurano il suo amore e il suo desiderio di procreare. I capridi e i conigli appanengono alla sfe­ ra della dea de li" amore (sigillo siriano antico, attorno a l 1 750 a.C., da O. Keel. Das Hohelied, p. 73, Figura 25).

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Illustrazioni di Othmar Keel

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Figura 18. Afrodite, seduta in trono tra u n suonatore di lira ( a destra) e uno di flauto (a sinistra), invia una colomba, messaggera d'amore, al dio Ermes (figura ali 'estrema sinistra) (vaso anico a figure rosse, secolo VI a.C., da O. Keel. Das Hohelied, p. 75, Figura 30). Figura 19. Una dea, che si scopre ostensivamente (cfr. Figura 1 7), offre al suo partner, il dio del­ la tempesta che incede sui monti, una piccola anfora di vino. Il suo desiderio d'amore è sollol i­ neato dalla colomba che vola verso il volto del dio. Si noli solto il piede destro di costui il segno egiziano della vita ( 'anch) (sigillo siriano antico, attorno al 1750 a.C., da O. Keel, Das Hohelied, p. 75, Figura 26; cfr. U. Winter, Frau unJ Gortin, Figura 301). Figura 20. U n re cananeo viltorioso siede su un trono a cherubini (simile a quello del tempio di Gerusalemme) in ano di bere del vino. La regina, davanti a lui, gli offre un fiore di loto e una sciar­ pa, segno di unione con lui. Dietro alla regina c'è una suonatrice di lira, a sinistra due servi altin­ gono da una grande anfora, sul cui coperchio sono rappresentati un leone e una gazzella (cfr. Figura 16). Tre uccelli in volo e uno a terra (solto il trono) hanno cenarnenle un significato sim­ bolico (particolare di una paletta d' avorio incisa. Megiddo, attorno al l 300 a.C., da O. Keel, Die Welt der a/torientalischen Bildsymbolik, p. 149, Figura 233; cfr. ANEP, p. I I I , Figura 332).

Figure 18-21

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Figura 21. La testa di Tutanchamon defunto spunta da un fiore di loto. La raffigurazione voleva es­ sere un augurio di nuova vita: come i l dio Ra era emerso ali' origine dei tempi da un fiore di loto (c fr. Figura 22), così si augurava al defunto (scultura in legno ricopena di gesso e dipinta, tomba di Tutanchamon, attorno al 1 325 a.C., il motivo compare regolarmente nei papiri funerari: da O. Keel, Das Hohelied, p. 83, Figura 36).

Figura 22. Il dio Ra bambino è generato nel primordiale fiore di loto emergente dal Nun (caos ac­ quatico) (intarsio fenicio in avorio, Samaria, secolo IX a.C., da O. Keel, Deine 8/icke sind Tauben, p. 154. Figura 58).

Figura 23. Nei banchclli di bevande egiziani donne e uomini sono separati. A destra un inservien­ te porge a una donna una ciotola di vino. A sinistra una donna, che ha bevuto troppo, vomita. Tutte le donne ponano sul capo il cono dei profumi. le tre a sinistra hanno anche un fior di loto fra i ca­ pelli (pittura nella tomba di Neferhotep, Tebe-Ovest n. 49, attorno al 1 320 a.C., da O. Keel. Das Hohelied, p. 5 1 , Figura 6).

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Figura 24. Statua della dea Fortuna rappresentante la città di Antiochia suii'Oronte (il fiume è raf­ figurato sono i piedi della dea). Si noti la caraneristica corona a cinta muraria. L'originale è di Eutichide (300 a.C.), la copia qui riprodona è d i epoca romana (Roma, musei vaticani, secolo Il d.C.. da O. Keel, Deine 8/icke sind Tauben, p. 1 26, Figura 6). Fi11ura 25. Moneta del tempo dell' imperatore Adriano raffigurante la ci tifi di Gaza e il segno del dio Mama, protettore della città (in basso a destra) (da O. Keel, Deine 8/icke sind Tauben, p. 1 26, Figura 5). Figura 26. Assursharrat, moglie di Assurbanipal, con la corona a mura di città (cfr. Figura 12) e uno scettro a fonna di melagrana (frammenti di stele. Assur, seconda metà del secolo VII a.C ., da O. Keel, Deine 8/icke sind Tauben, p. 127, Figura 7). Figura 27. Fonna per dolci proveniente dalla cucina del palazzo reale di Mari e raffigurante Ishtar, la dea dell 'amore (argilla, attorno al 1 750 a.C., da O. Keel, Da.< Hohelied, p. 90, Figura 4 1 ; cfr. M . Pope, Song, Tavola l).

Figure 24-29

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Figura 28. Divinità femminile (la potnia theron della Figura 5?). I capelli sono acconciati come quelli di Hathor. È nuda, ma porta collana, cintura e braccialetti. Sta sopra un leone. l puntini che la attorniano rappresentano probabilmente le stelle. Dietro ai suoi fianchi si incrociano due ser­ penti e lei tiene in mano due gazzelle (pendaglio d'oro, Minet ei-Beida, Ugarit, attorno al 1 350 a.C., da O. Keel, Das Hohelied, p. 91 Figura 45; cfr. U. Winter, Frau und Gouin, Figura 42). Figura 29. Una dea offre una mela (simbolo d'amore) a una figura abbigliata come un re (si noti lo scettro e il manto regale). Essa si scopre, invitando all'amore. Di fianco, nel registro superiore le due scene ripetono il motivo della Figura 16 (morte-vita?), in quello inferiore sono rappresen­ tati animali nell'atto di accoppiarsi o di allattare (quelli a sinistra sono due cervi, quello al centro è una gazzella). Si noti all'estrema destra la colomba (sigillo cilindrico siriano antico, attorno al 1750 a.C., da O. Keel, Das Hohelied, p. 9 1 , Figura 43).

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Figura 30. Rappresentazione dell" harem regale. Alla corte del faraone le donne possedevano un'a­ bitazione propria. A ciascuna delle quattro porte dell 'harem vi è un portinaio (altri funzionari ma­ schili sono occupati nel granaio, rappresentato nel riquadro in alto a destra). Nel primo registro in alto a sinistra, il portinaio sembra voler respingere un visitatore importuno (Tell el-Amarna, Bassorilievo nella tomba di Ai, auomo al 1 370 a.C., da O. Keel, Das Hohelied, p. 255, Figura 145).

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Figura 3l. A destra è rappresentato il dio della tempesta e della fecondità, Baal, che incede sui monti. In mano ha la mazza e la folgore con cui uccide il serpente. simbolo del caos. Al centro sta una stilizzazione dell"albero della vita, su cui stende la mano in atto di protezione la dea dell'a­ more. Jshtar. La stella è il suo simbolo. Più a sinistra un « cherubino >> (protettore della vita) c tre sacerdoti di Jshtar (sigillo cilindrico siriano, secoli XVIII-XVII a.C., da O. Keel. Die We/1 der a/1orienra/ischen Bildsymbolik, p. 42, Figura 46).

Figura 32. Nel mondo antico è assegnato a ogni specie animale un proprio biotopo (cfr. Sal l04,18: >). La figura mostra in che modo le alte montagne siano un rifugio per i caprioli contro gli assalti degli animali feroci (leone) e dell ' uomo (sigillo cilindrico ac­ cadico [2350- 2 1 50 a.C.], da O. Keel, Die We/1 der alloriemalischen Bildsymbolik, p. 49, Figura 59).

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Figura 33. A destra, raffigurazione di una gazzella che allatta il suo piccolo (bassorilievo nella tomba n. 1 5 di Saqqara [V dinastia: 2480-2350 a.C.], da O. Keel, O., Das Bocklein in der Mi/eh seiner M1111er und Verwandtes: im Lichte eines a/torientalischen Bildmotivs [OBO 33]. Fribourg­ Gtittingen 1980. p. 74, Figura 33). Fi!illra 34. Vacca che allatta il vitello (disegno su coccio proveniente da Kuntillet Ajrud, Israele, attorno all'800 a.C., da O. Keel. Das Bocklein, p. 139, Figura 1 20). Figura 35. Donna alla tì nestra. Si tratta forse della dea dell 'amore nelle vesti di una prostituta sa­ cra. che si affaccia alla finestra degli appartamenti a questo scopo costruiti nei vari santuari della dea, per attrarre clienti (avorio da Nimrud. secoli IX-VIII a.C.. da O. Keel, Die Welt der altorien­ talischen Bildsymbolik, p. 2 1 3, Figura 3 1 9; cfr. ANEP, p. 39, Figura 1 3 1 ).

Figure 33-36

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Figura 36. La regina Anchesamon offre al suo sposo Tutanchamon un mazzo composto di fiori di loto e di pomi d'amore (mandragore): con questo dono ella vuole suscitare in lui il desiderio ero­ tico. L' invito ali" amore è ulteriormente indicato dal vestito aperto. che lascia vedere il corpo nudo della regina (tavola d'avorio dipinta sul coperchio di una cassetta appartenente al corredo funera­ rio di Tutanchamon, attorno al 1 325 a.C., da O. Keel, Das Hohelied, p. l 09. Figura 59).

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Figura 37. Al centro della composizione è rappresentata frontalmente la dea Qudshu (« santità>>),

ritta su di un leone. Essa pona la capigliatura di Hator. ed è nuda ad eccezione di due bracciali e una collana. In una mano tiene un serpente che offre al dio guerriero Reshep. nell"altra dei fiori di loto con cui eccita la potenza sessuale del dio Min. il dio della fecondità. Nel registro inferiore un uomo e una donna in atto di adorazione (stele in calcare dipinto proveniente da Deir ei-Medineh, secolo Xlii a.C., ora al museo egiziano di Torino, da O. Keel, Das Hohelied, p. 1 49, Figura 88a; cfr. ANEP, pp. 163-164, Figure 470-474).

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Figura 38. Tre volpi prestano i loro omaggi a una nobile dama topoli na . La pri m a porta in dono un flabello o parasole sotto forma di liore gigante, la seconda un artistico mazzo di fiori, la terza un'arpa (ostrakon satirico da Deir ei-Medinch, secoli XIII-XII a.C., da O. Keel. Das Hohelied. p. 105. Figura 57). Figura 39. Due capridi appoggiano le zampe anteriori su un > (be/il zeri o pomia theron). Al centro la stella, suo simbolo: a sinistra una divinità che la saluta (sigillo cilindrico tardo-accadico, attorno al 2200 a.C., da O. Keel, Das Hohelied, p. 147, Figura 87; cfr. ANEP, p. 526).

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Figura 64. Jshtar guerriera con arco e frecce, faretra e spada, in piedi sopra una pantera (o leones­ sa). Davanti a lei un adoratore. nel caratteristico gesto dell 'indice puntato. Alla sfera della dea ap­ partengono ancora la palma. la stella e i due capri che s incrociano (sigillo cilindrico neoassiro, se­ colo VII a.C., da O. Keel, Das Hohelied, p. 147, Figura 88). Figura 65. Un demonio alato aggredisce un uomo, che è presentato steso (si tratta verosimilmente di una grave malattia). A sinistra avanza una dea guaritrice. Si tratta probabilmente di lshtar. poi­ ché con una mano tiene per la coda un leone (l "animale della dea) e con l'altra sembra sostenere una gazzella al galoppo (altro animale della dea dell'amore) (sigillo cilindrico da Tell A.ijul, pres­ so Gaza, da O. Keel, Die Welt der altorientalischen Bild.•ymbolik, p. 336, Figura 485).

Figure 64-68

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Figura 66. La divinità maschile, a sinistra, è il dio della pioggia Teshub: egli poggia su due « dèi dei monti>>, accanto gli stanno i due tori Seri e Hurri. divinità a lui collegate. Gli viene incontro la sua consorte Hebat, incedendo sopra un leone. le cui quattro zampe poggiano su quattro monti. Si noti la corona della dea, a cinta di mura (l'illustrazione riproduce le due figure centrali della gran­ de processione di dèi che si trova su una parete rocciosa a Yazilikaya, presso Bogazkoy [Turchia], attorno al 1250 a.C.; da O. Keel. Da.< Hohelied, p. 150, Figura 90).

Figura 67. Una dea con i seni nudi su un monte fiancheggiato da due leoni. A sinistra un altare, a destra un adoratore (sigillo proveniente dal « Palazzo di Minosse », Cnosso, attorno al l500 a.C.; O. Keel, Das Hohelied, p. 1 50, Figura 89).

Figura 68. Il tempietto sulla collina è circondato da un parco con piante. Da destra un acquedotto trasporta dell'acqua, che poi si divide in diversi canali: il tempio è circondato da un ambiente « paradisiaco» (cfr. Figura /5) (rilievo dal palazzo di Assurbanipal, Ninive, attorno al 640 a.C., da O. Keel, Das Hohelied, p. 159, Figura 92).

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Figura 69. All 'estrema destra, all' interno del tempio, un sacerdote del dio Amon offre al funzio­ nario regio Neferhotep un mazzo di fiori, mentre un altro sacerdote lo unge con olio. Al centro, da­ vanti al pilone del tempio, Neferhotep porge i fiori alla moglie. Questo gruppo si trova nel parco che circonda il tempio. Del parco fa parte un canale del Nilo (con le barche, a sinistra), che forma un laghetto, in cui si notano fiori di loto (dipinto nella tomba di Neferhotep, Tebe-Ovest n. 49. 1 320 ca. a.C., da O. Keel, Das Hohelied. p. 1 6 1 , Figura 93). Figura 70. Il disegno è un dettaglio di uno scrigno a due pone. chiuso. Su ognuna delle due pone si trova una maniglia: le due maniglie sono legate con una cordicella, il cui nodo è chiuso entro una piccola massa di creta. Su questa è stato impresso un sigillo, in modo che nessuno possa aprire inosservato lo scrigno (scrigno dalla tomba di Thtanchamon, 1 325 ca. a.C., da O. Keel, Das Hohelied, p. 163, Figura 95).

Figure 69-73

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Figura 71. Un giardiniere auinge acqua per i l suo giardino con lo sluuluf, strumento ancora i n uso presso i contadini egiziani. Il secchio è immerso nel canale, che si trova più in basso ed è pieno di fiori di loto. Dietro al contadino si vede un melograno in fiore e, a destra di questo, una pianta di mandragora (pinura nella tomba di Ipui, Tebe-Ovest n. 2 1 7, secolo Xlii a.C., da O. Keel, Das Hohelied, p. 163, Figura 94). Figura 72. Divinità femminile della sorgente (cfr. anche le Figure 15, 60 e 62) (statua in calcare proveniente da Mari, attorno al 1700 a.C., da O. Keel, Die Welt der altorientalischen Bildsymbolik, p. 167, Figura 256; cfr. ANEP, p. 1 75, Figura 5 1 6). Figura 73. Sul monte (simbolo della terra) siede il re degli dèi, El, che governa allo stesso tempo anche il cielo (rappresentato dalle due stelle). Dai due fiumi che sgorgano dal monte si levano due dee che personificano la vegetazione, come si può capire dai rami che escono dal loro corpo. La dea a sinistra tiene in mano un albero, quella a destra un vaso, simbolo della sorgente (cfr. Figura 72). Così si percepisce lo stretto rappono esistente tra acqua e vegetazione. l due fiumi scaturenti dal monte non sono degli innocui torrentelli. ma le acque del l ' abisso primordiale, il « Tehom » (in assiro Tiamat). Lo fa capire la divinità all'estrema sinistra, che combatte con la lancia contro l'ac­ qua, considerata come mostro del caos (sigillo cilindrico proveniente da Mari, 2350-2 150 a.C., da O. Keel, Die Welt der altorientalischen Bildsymbolik, pp. 39-40. Figura 42).

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Illustrazioni di Othmar Keel

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75 Figura 74. n motivo della donna nuda stesa su un letto non era soltanto un tema caro alla pittura egiziana, dove gli anisti potevano dare libero sfogo alla loro fantasia (cfr. Figura 45). Vi è una se­ rie di figurine (soprattutto tra il 1 300 e il 700 a.C.), che rappresentano una ragazza nuda, scene ero­ tiche o una madre con un bambino. Tali figurine erano spesso depositate nelle tombe, soprattullo in tombe di donne. Esse incarnano il desiderio che l' amore, la concezione, la nascita e l 'allatta­ mento siano vissuti anche nell'al di là. Nel secolo XIII a.C. questo costume è penetrato anche in Canaan. Il pezzo in calcare, originario da Deir ei-Balah, a Sud di Gaza, raffigura probabilmente un'adolescente (come è indicato dalla lunghezza eccessiva di braccia e gambe). La nudità erotica, sottolineata dalla parrucca e dalla collanina, e la rigidità della posizione, esprimono uno stato di dormiveglia, caratteristico di questo motivo (scultura in calcare proveniente da Deir ei-Balah, se­ colo Xlii a.C., da O. Keel, Das Hohelied, p. 175, Figura 102). Figura 75. Un gruppo di giudei è deportato da Lachis sotto la scorta di un soldato assiro. Le don­ ne, cosi come le ragazze più grandi sul carro, portano una veste a mo' di camicia e un lungo velo. Sono tutte a piedi nudi (panicolare da un bassorilievo dal palazzo di Sennacherib a Ninive, attor­ no al 700 a.C., da O. Keel, Das Hohe/ied, pp. 1 78 - 1 79, Figura 105).

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Figura 76. Le principesse intonano un inno in occasione della venuta nell'harem del loro padre, i l faraone Ramses lll. I l canto