Vita dei fantasmi. Il fantastico al cinema 8880124242, 9788880124245

II quarto saggio di Jean-Louis Leutrat che presentiamo, affronta i profondi legami che il cinema, fin dai suoi inizi ha

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Vita dei fantasmi. Il fantastico al cinema
 8880124242, 9788880124245

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Jean Louis Leutrat

Vita dei fantasmi // fantastico al cinema

Ije Mani

Jean Louis Leutrat

Vita dei fantasmi Ilfantastico al cinema

Titolo originale lie (ics Janiómes. Le funitisiitjne citi cinema © Editions de l'Etoilc.Cahiers dii cinema. Paris 1995 Traduzione ili Dario Portale Editing Enrica Z. Merlo «? 2008 Le Mani - Microart's Edizioni, via dei l-ieschi 1 16O3 Recto - Genova Tel, 0185 730153 - fax 0185 "20910 www. Icinan ied it< >re .coin e-mail [email protected]

Grafica di Marco Vimercati

ISBN 978-88-8012-124-5 ISSN 1824-141’

Indice

Prefazione. L’ombra della luce di Dario Portale

Pag. VII Vita dei fantasmi

Introduzione I.

Cinema e fantastico L'effetto fantastico, 19; Vicino, 26; Ninne nanne dell’al­ dilà, 28; Cripte e fantasmi, 32; Spettri, 33; Spettatori, 35; I naile fin-de-siècle. 39; Il sublime e il disgusto, 4.3: Il reale e il suo doppio. i5; Doppie viste, Ì7; Cinema c fantastico, 52

II. Blasoni del fantastico

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Li paura, 56; Sangue, 57; Frontiere, 59; Porte. 63; Dop­ pi. 66; Specchi, 74; Famiglie, 79; Contaminazione, 84; Catti. 85; Mezzanotte/mezzogiorno, 86; Ritratti, 88; Ma­ ni, 91; Ritornelli e arte vocale, 92; Statue, 97; Maschere, 99; Sguardi, 102: Finestre. 103; La mantide, 105

III. Il fantastico cinematografico

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Suoni allucinati, colori fantasmi. Ili; Di maschera del demonio: un inchiostro simpatico. 113; La voce d'oltretomba, 1 l i; Il segreto Dietro la porta chiusa e Gli invasali: chi parla?, 115; Le parole sotto le parole, 118; // bacio della pantera: le parole dietro la messa in sce­ na, 120; Presenze invisibili, 121; Viaggiare nel blu, 12-i; L'uomo leopardo: il mescolamento degli .sguardi, 129; L'occhio nella tomba, 1.36; Operazione paura: lo sguar­

111

do vampiro. 132; Film-, gli occhi negli occhi, 1.34; // dot­ tor Jekyll e Mr. Hyde-, sovrimpressione o cut. 136; Su­ spense: dentro il sogno dell’altro, 142; Ho camminato con uno zombi: l'ombra e il diafano. 149

IV. Lo spirito dell’alveare

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Una storia infestata, 153; Il paesaggio-sepolcro: The is­ le ofthe dead, 155; Variazioni e trasformazioni: Jean Re­ noir, Terence Fisher. Jerry Lewis, 165; La sublimazione: Ricordi della casa gialla, 172; I corpi sottili: Elisabeth Russell, 175; Fantasia e cristallizzazione ideogrammatica. 179; Lo schermo, 183; L'assemblatore di sogni: Vampyr, 185; Una storia interiore, 189; La clessidra: /.e sette probabilità, 192; Immagini del tempo, 195; Li di­ strazione: La visiteuse, 199; La spirale. 204; Ritornare avanti. 209

Conclusione. 11 suo splendore e il suo mistero

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21.5

Bibliografia essenziale

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Indice dei nomi e dei film

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VI

Prefazione. L’ombra della luce di Dario Portale

•Li baguette de coudrier est dans tout appareil de prise ile vue et l’ueil de Merlin l'enchanteur s’est ntué en objectil-1. AM (.lance

La coulisse du vide au cinématographc D oti sortent les volcurs, les bateaux, les lions Et les rayons peuplés, le pcuplc des rayons. Confonderti leur liicroglyphc Les grands films du Far West, sous un solcil de craie Ressusciteni la moil des chercheurs de fortune. Moi Je guette à l’envers l'ombre oil Ics blanches rates tricoteni lentemeni leurs cchasscs de lune Et tandis que pour moi d'invisiblcs actcurs Et Ics decors secrets groupcnt la gerbe blanche |e souffle dans la nuit des carrousels d'archanges Que délivre Ic projccleur.

Le parole di questa poesia di Jean Cocteau (Pipe, appar­ sa nella raccolta Zes emltarcadères) sembrano evocare e mo­ bilitare le potenze di un fantastico propriamente cinemato-1 2 1. >ln ogni macchina du presa c'è una bacchetta magica e l’occhio del Ma­ go Merlino si è trasformato in un obicttivo-; Alxd Gance. "Le temps ile l'imagc est venti ”, in Art cinèmahfffrapbùilie. Ili tomo. p. 97. 2. -Le quinte del vuoto al cinematografo/ da cui sorgono i ladri, i bat­ telli, i leoni e i raggi affollati, la folla dei raggi,/ confondono i loro geroglifici., i grandi film del Far West, sotto un sole di gesso risu­ scitano la morte ilei cercatori di fortuna./ lo /io spio al contrario le ombre in cui le bianche righe, tessono lentamente i loro trampoli di luna, e mentre per me invisibili attori, e gli scenari segretis’ intrec­ ciano in bianchi fasci./ soffio nella notte dei caroselli d’arcangeli che libera il proiettore-; lean Cocteau. Les embureadères. Fata .Morgana, Paris 1986.

VII

Dana Partale

grafico, intimamente connaturato al dispositivo del cinema, insito nelle forme e nei meccanismi di (riproduzione del suo spettacolo: il poeta, mentre assiste alla proiezione di un film, improvvisamente si volta3*5, distogliendo lo sguardo dal­ lo schermo al fascio di luce proveniente dal proiettore, il quale, a causa delle volute di fumo o del pulviscolo dell'a­ ria. genera al suo interno delle figure incantale. Non si tratta qui dunque del contenuto delle immagini, non conta la dimensione referenziale più o meno favolosa delle ignote ombre che si muovono su questo schermo sde­ gnato. ma il fatto che un piccolo gesto incongruo, spiaz­ zante, inatteso da parte di uno spettatore, faccia sì che il ci­ nema torni a manifestare, a sprigionare con un'evidenza di nuovo stra-ordinaria, la sua profonda essenza di prodigio tecnologico, di stregoneria scientifica, di machine à fantòmes. Esiste dunque un fantastico propriamente cinematogra­ fico. cioè un effetto, un modo fantastico che il cinema pro­ duce con mezzi che gli sono propri: non è un caso che il li­ bro di Leutrat si apra con una dissolvenza incrociata e si chiuda su uno zoom, non e un caso che uno dei passi più suggestivi del libro riporti una testimonianza di Virginia Woolf in cui la celebre scrittrice mostra come un'imperfe­ zione della pellicola o un difetto della proiezione possa di­ venire un palpitante emblema del terrore. Nel suo libro Le

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1/autoie di questo libro ci mostra bene quanto possa essere pertur­ bante. e pericoloso, al cinema, questo volgersi del volto, cfr. pp. 105 ss.: egli stesso lega (ale carattere alla possibilità che ha la macchina da presa di effettuare un movimento simile: e forse l’oscura minaccia evoc ata da tale moto di volgimento ha una radice comune: sia per lo spettatore che pur la macchina da presa esso comporta il rischio del­ l'infrazione di uno spazio interdetto, la cui visione dissolverebbe l’incanto dello spettacolo cinematografico, del luogo dove al cinema abita la Medusa capace di pietrificare lo sguardo. c|ueU‘rH de’ di tri­ stezza forse, tinta di uno humour discreto ma persistente; gli operai si lamentano di mancare di sabbia quando i radiogiomali parlano della guerra del Golfo, la "pesantezza" è quella della mela cotogna che ma-

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(.'meniti e fantastic* j

Victor Erice ha scelto un pittore che vuol comporre un quadro vivente in una lotta col tempo: il suo film è dunque un film sul tempo e sui poteri e i limiti rispettivamente del­ la pittura e del cinema"3. Egli ricerca quel che scopre Gilles Aillaud in Vermeer, qualcosa come una cripta o un segreto, un luogo nascosto: -Una limpidezza come dopo la pioggia in una geometria semplice e ortogonale rende emblematica la realtà quotidiana. Emblematico significa, in senso pro­ prio, conficcato in, incastrato, piantato, sigillato. Quel che è sigillato in questo aspetto emblematico della realtà quoti­ diana è l’unità ritrovata della materialità e della spiritualità, unità che precede la separazione»79. 11 rigore geometrico, la limpidezza del cristallo permettono che riaffiori quel che Ju­ lien Gracq ha chiamato «il sentimento di onnipotente riser­ bo delle cose». Questa risalita non si effettua senza males­ sere, lo scrittore dice addirittura arrivare «fino all’orrore«, tanto è vero che affetti contraddittori possono sorgere con­ temporaneamente. Ernst Bloch ha mostrato30 la parte di an­ goscia che è collegata alle immagini del desiderio, o anche «l’oggetto contraddittorio che opera nella paura». turando s‘ingrossa e si trova sotto la minaccia di venir “sublimata” in confettura, il pittore sotto l’arco di plastica che lo protegge dalla piog­ gia è come un modesto Michelangelo sotto l’arco della Sistina... Anto­ nio Lopez non muore veramente, si addormenta; il cane non è diste­ so, ma sempre in movimento; il poliedro perfetto non è precisamente un romboedro, non è opaco, ma chiude in se la luce in maniera ec­ cellente. cosa che il pittore non sa fare col suo quadro; questa biglia non si rompe come quella del film di Welles, rotola fino alla moglie del pittore che lascia la stanza spegnendo la luce, delusa per aver do­ vuto interrompere il suo lavoro (l’infermiera di Quartopotere |C’/tò di Max Schreck. Ut configurazione del suo cranio, la forma del na­ so accentuano la possibile confusione, o l'associazione con la silhouette di Nosferatu. Questo corpo è preda della vec­ chiaia e della malattia, ma forse si diventa vampiri quando la vecchiaia e la malattia hanno reso un corpo trasparente. La mascella infiammata, la perturbazione provocata dalla luce, l'affermazione «ho più età che sentimenti- sono altrettanti dettagli che possono essere spesi a credito dell’ipotesi vanipirica, come tutto ciò che ha rapporto con gli odori nausea­ bondi o col marciume. Il personaggio principale di questo film è posto alla frontiera tra la vita e la morte, tra ragione e follia. Come il regista, egli ama «le cosce Ideile e virtuose-, ma non avvicina la dolcezza della pelle delle giovani donne che in rarissime occasioni, anche se esibisce una rigidità che de­ ve tanto all’erotomane Stroheim quanto a Shreck e, non ap­ pena ha trovato una partner, le offre come dono di com­ pleanno un abbraccio tale che questa muore svuotata del sut) sangue. Viene allora data una spiegazione prosaica: que­ sta morte sarebbe la conseguenza drammatica di un tentato aborto, ma quel che è mostrato è un’immagine segreta nata da una carne rosa da un desiderio inappagabile.

All'inizio, la macchina da presa scivola sull'acqua del porto di Lisbona, volta verso la città e le banchine dove è attraccato un veliero bianco. Le Horla27 è passeggero di un trealberi brasiliano: le banane di Colombia che si comprano verdi e che marciscono subito sono, in Ricordi della casa gialla, la traccia del contagio esotico. Durante questo tem­ 27. H il fantomatico essere che terrorizza il protagonista di ima celebre novella di Maupassant, udt.

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Vila dei fantasmi

po, una voce off parla delle punture delle cimici, insetti che vivono nell’oscurità e si cibano di sangue. I luiter scrive a El­ len dal castello dei Carpazi, in Nosferatu il vampiro-. «Dopo la mia prima notte in questo castello sperduto, ho al collo due grosse punture. Di zanzara? di ragno? Non lo so...-. La prima apparizione di Joào si produce nell’oscurità di una chiesa, e egli abita in una vecchia dimora («barocca- cor­ regge la proprietaria, dona Violeta) in un quartiere che sa di povertà. Questo film naviga sempre al limite, come la mac­ china da presa nell’inquadratura iniziale. La «casa gialla» designa la prigione, come la «casa dei mor­ ti» designa il bagno penale. Questa prigione è multipla: re­ clusione politica, incarcerazione di malfattori, asilo psichia­ trico, pensione, morte dello zio di Joào (ragione ufficiale: l'u­ midità), arresto dell’amante magnaccia di Mimi... Il manife­ sto pubblicitario del film riproduce un quadro di Grosz, John der Frauenmòrder Il -vampiro- in primo piano si al­ lontana furtivo, come un personaggio di Chagall, con le brac­ cia che pendono meccanicamente, la pelle del viso e delle mani bianca; dietro di lui, su un letto inquadrato a strapiom­ bo, il coipo scomposto di una donna con la gola tagliala. Il giallo è la prigione del corpo, la malattia, il turbinio dei fan­ tasmi erotici, la follia (i fantasmi di Van Gogh e di Holderlin attraversano discretamente il film). Il quadro di Grosz si at­ tualizza nella scena dello stupro mancato di Julieta e attra­ verso la inquietudine causata dall’espressione di Joào quan­ do questi dichiara di aver sventrato una bambola: non si trat­ ta di Mimi la giovane prostituta che muore effettivamente svuotata del suo sangue, ma della bamlx>la nella quale è na­ scosta una fortuna, come in La morte corre sul fiume. Con il film di Monteiro, siamo alla frontiera del tema vampirico trattato non per se stesso ma come componente di un quadro più vasto nel quale esso si complica e. nello stesso tempo, viene messo a distanza. Sottomesso a un tale trattamento, esso sfugge al folklore e agli schemi narrativi convenzionali. L’interpretazione di Ricordi della casa gialla può svolgersi in due direzioni. L’una è sottile, quasi impli­ cita, mentre l’altra, al contrario, è verosimile e realista, ma si nutre progressivamente della sua rivale. Alla fine del film, 17 i

Ao spinto deirahvure

dei bambini, che hanno appena aperto nell’angolo di una piazza una trappola per topi, si perdono fuggendo poiché credono di aver visto -un topo di fogna»: Joào appare allo­ ri come Nosferatu emergente dalla stiva del «Demeter» (ma avvolto da fumogeni). Come lui, egli avanza rigido, con le braccia lungo il corpo prolungate da mani inguantate, come delle protesi e sparisce svanendo con un effetto speciale. Il film di Monteiro sembra allora vampirizzare quello di Murnau, a meno che non si tratti dell'inverso.

La sera, nel corridoio della pensione della signora Viola, Joào corre saltando, alla maniera di un cartone animalo o di Klaus Kinski nel remake del film di Mumau realizzalo da Werner Herzog, per andare a spiare attraverso il vetro qua­ drettato posto sopra la porta di Julieta l’ombra della ragaz­ za mentre si sveste: è, capovolta, la scena di fascinazione selvaggia alla fine di Nosferatu il vampiro quando Ellen non può trattenersi dallo staccare i suoi occhi dalla finestra sud­ divisa da alcune crociere, simili a sbarre di prigione, dietro la quale appare il volto livido del conte Orlok. I corpi sottili: Elizabeth Russell

La storia del cinema è fatta anche da una contaminazione incessante dei corpi. Quello di John Barrymore in // dottor Jekyll e Mr. Hyde di Robertson, per esempio, conduce al cor­ po scarnificato e alle mani longiformi di Nosferatu, ma anche ad Ivan e alla sua testa a pan di zucchero. Ivan stesso pro­ viene da Dos Wacbsfigurenkabinett (1924) di Paul Leni e da Alba di gloria (Young Mr. Lincoln, 1939) di Ford. La fine del film di Ford ha dovuto particolarmente interessare Ejzenstejn, quando Lincoln chiamato dalla folla si presenta ad essa e si toglie il cappello. La scena si svolge in due piani. Lincoln vi­ sto di spalle procede lungo un corridoio dopo un breve dia­ logo con Douglas quando una porta si apre sulla destra e ri­ taglia sul muro a sinistra, dove si trova Lincoln, un rettango­ lo di luce. Una voce off annuncia a Lincoln che la folla at­ tende. Cambiamento di inquadratura: di fronte e in contreplongée Lincoln diritto, le braccia lungo il corpo, avanza len­ tamente con dietro di lui il rettangolo di luce. Si ferma quan­ do si sentono off '\ gridi della folla, poi si toglie il cappello. 175

Vtta ilei fantasmi

Alla fine della prima parte di Iran il terribile, il popolo viene a cercare lo Zar che si è ritirato nel palazzo di Alexandronov. Il ritorno del popolo e l'annuncio dell’arrivo delle navi in­ glesi confermano la riuscita di un «colpo» politico e consa­ crano Ivan «grande capo di stato-. Ivan è visto di spalle quan­ do il muro di fronte a lui si illumina bruscamente disegnan­ do un motivo come di croci greche (senza dubbio l'armatu­ ra di una griglia fuori campo) mentre off‘si eleva il canto di supplica del popolo («ritorna»). Ivan si volta, viene rivestito con la sua pelliccia, il motivo delle croci sparisce, e lo zar getta la testa indietro con gli occhi esorbitati mettendosi in movimento. Segue la famosa scena in cui saluta il popolo che cade in ginocchio sulla neve. Quando Ivan si sistema il copricapo, apparso improvvisamente in una delle sue mani, e sale le scale, si pensa all’inquadratura nella quale Lincoln rimette il cappello e annuncia che salini sulla collina. Ivan come Lincoln sembra posseduto da un'idea che oltrepassa l’umanità media. Rallentamento estremo e sobrietà, rigore delle linee (percettibile fin nella semplice geometria del rita­ glio di luce), rigidità dell’attore nel caso di Lincoln, intrico delle forme, esacerbazione dei gesti, archi e riflessi (cune delle aperture e del corpo che s'inclina, movimenti secchi) nel caso di Ivan. Ogni volta sembra spuntare il ricordo di una creatura «fantastica», il mostro di Frankenstein, uno zombi...

Tra // bacio della pantera e 11 giardino delle streghe, cir­ colano dei personaggi, Oliver Reed e sua moglie Alice, Ire­ na, viva in 11 bacio della pantera e allo stato di fantasma in Il giardino delle streghe, tra il primo di questi film e la Set­ tima vittima, permane il personaggio del dottor Louis Judd (fa capolino di nuovo anche in Trauma di Dario Argento nel 1993)2H. Il ritorno dei personaggi porta con sé quello degli attori: a quelli che corrispondono ai quattro perso­ naggi già citati, bisogna aggiungere il più misterioso, un’at­ trice, Elizabeth Russell, che interpreta tre personaggi diffe28. Lì relazione cronologica delle storie narrate non corrisponde neces­ sariamente all’ordine di realizzazione delle opere. In effetti, se II giar­ dino delle streghe viene di necessità dopo II bacio della pantera, l’a­ zione di La settima vittima dovrebbe essergli anteriore poiché il dot­ tor Judd muore proprio in quel film.

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hi spirito dell 'alt va re

remi piazzati tuttavia in particolari situazioni e svolgenti delle funzioni stranamente simili da un film all’altro. La donna è, in II bacio della pantera, la strana cat woman che non appare che nella scena del ristorante. È dunque il dop­ pio di Irena, colei che le ricorda, nel momento stesso in cui quella cerca di fondersi nella normalità americana, «l'antico peccato-. In II giardino delle streghe, il personaggio di Eli­ zabeth Russell è ancora una volta opposto a quello di Simone Simon (Irena), ma questa volta ha un nome, Barba­ ra. In La settima vittima, Elizabeth Russell incarna una don­ na malata di tisi, Mimi, che appare a diverse riprese nel film, senza far altro che passare. L'ultima volta, verso la fi­ ne, ella incrocia Jacqueline Gibson che, come lei, -corre verso la morte- e le due si scambiano qualche parola. Il film si conclude su Elizabeth Russell, vestita come la cat woman di // bacio della pantera, che si prepara a uscire nel mon­ do mentre si sente il Rimore della caduta di una sedia, in­ dicante il suiciditi del personaggio di Jacqueline Gibson. La morte dell’uria sembra rendere l’altra alla vita29. Ogni volta dunque, Elizabeth Russell svolge un'importante funzione che ha rapporto con la pulsione di morte. Sia che manife­ sti il ritorno di ciò che Irena cerca di rimuovere o che, di fronte ad Irena che sarebbe la fata buona, ella si presenti come un’incarnazione della frustrazione e del risentimento (non essere riconosciuta dall’amato genitore), oppure an­ cora per la malattia che la consuma, la donna raffigura l'i­ nevitabile discesa che conduce tutti gli uomini alla morte: la sua resurrezione finale ne fa una potenza ambigua rap­ presentante il Destino di Jacqueline Gibson5”. Il personag­ gio di Elizabeth Russell sembra ogni volta scaricarsi su un’altra figura femminile di un fardello conducente alla 29. Le figure femminili accoppiate si trovano nei film di Val Lewton nei quali Elizabeth Russell non appare. Si pensi alla scena di Ito camminato con uno zombi in cui si vedono due donne cammina­ re nelle piantagioni di un'isola delle Antille. una visa, l'altra né morta né viva, essendo la prima destinata a prendere il posto del­ la seconda presso un uomo incarnato da un attore che interpreta il ruolo del dottor Judd (anche questo personaggio lotta col fra­ tello). .30. Il nome stesso di .Mimi, che rimanda a un archetipo letterario, depo­ ne a favore di quest'interpretazione.

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Vita dei fantasmi

morte, e si ritrova in ogni situazione il tenia della depres­ sione psichica o morale, della malinconia. Anatomia dell'atavismo, il titolo del libro del dottor Judd, più che Freud evoca Robert Burton e la sua Anatomia della malinconia. Si sa che tra l'accidia, «termine tecnico della vi­ ta monastica che designa il piti spaventoso dei peccati-51 e la malinconia, «termine tecnico uscito dalla teoria umorale, che designa la più feroce delle malattie»52, il Medioevo «mol­ tiplica gli scambi e i prestiti-. Il sole nero della malinconia plana su /, uomo leopardo dove l’attrice che interpreta il mo­ lo di Jacqueline Gibson è associata all'inizio del film a una pantera nera e porta per questo un vestito scuro assortito, come quello di Elizabeth Russell in II bacio della pantera e alla fine di La settima vittima-, suo pendant è una danzatrice di flamenco alla quale una cartomante estrae regolarmente un asso di picche; prima di morire, la donna incrocia per la strada una vettura nera. Il nero passa dunque dall'una all’al­ tra e ritorna alla fine verso la prima quando ella domanda che venga fatta l’oscurità al fine di vederci più chiaro. Pec­ cato, nero veleno, pulsioni incontrollabili, tisi, peste dell'Zsola dei morti, malattia del corpo che colpisce l’anima, mal d’a­ nima che si trasferisce al corpo, Lewton può agevolmente in­ trodurre nel mondo della follia questa configurazione de­ pressiva. Manicomio, film del 1946 (realizzato anch'esso da Mark Robson) descrive l’ospedale degli alienati di Londra nel XVIII secolo a partire dalle incisioni di Hogart. I figli di Sa­ turno sono in questo film i prigionieri, i pazzi. La protagoni­ sta, Nell Bowen, aiutata da un quacchero lotta contro il di­ rettore Simms, incarnato chi Boris Karloff55. Per far da con­ trappcso alla coppia -illuminata-, il regista Mark Robson e Val Lewton hanno posto a fianco di Master Simms una Mistress Simms, incarnata da Elizabeth Russell che, per una volta, re­ cita un ruolo quasi parodistico51. Cinquant anni dopo la rea31. Yves Hersant, Acedia, -Le débat-, n. 29. marzo 1984, p. 46. 32. Ibid. 33. Boris Karloff, in La iena, incarna già il .Male di fronte a un medico, il dottor Mac Parlane; l’uno e l’altro sono ossessionati dall’-antico pec­ cato-. ossessione che rende i loro ruoli meno nettamente contrappo­ sti di quanto non sembri al primo approccio. 34. La Russell si sostituisce alla protagonista presso Inrd Mortimer, ma il vero faccia a faccia è quello di Simms e Nell Bowen; il personaggio

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Lo spirilo dell'alveare

lizzazionc di questi film, risulta in tutta evidenza come essi siano infestati; le intangibili apparizioni dell’attrice, adesso che possiamo vedere la quasi totalità dell’opera prodotta da Val Lewton35. danno a pensare che lei passi da film a film come un fantasma discreto dalla presenza imperiosa, anche se dotata di grazia. Fantasia e cristallizzazione ideogrammatica

L’etimologia di «fantastico- riferisce questa parola ad al­ tre: fantasma, fantasia, fantasmagoria, fasmide (animale mi­ metico) sono della stessa famiglia, venendo dal greco phainebr. diventare visibile, mostrarsi, apparire, venire alla luce. Il fantastico e la fantasia sono dunque solidali. Dalla lunga storia della seconda, si distingue la «fantasia» di Giambattista Vico che, impermeabile alla divisione dello spirito in «facol­ tà» (sensibilità, immaginazione, ragione), designa l'irridu­ cibile estraneità di un’altra immaginazione, una potenza creatrice36. La materialità della «fantasia» non può esprimer­ si (essere espressa) senza essere «arragionata», cioè sotto­ messa alla ragione, riportata ad una forma. »Le opere dello spirito [I film ‘fantastici” come le altre] non si rapportano che a ciò chefa nascere quel che le ha fatte nascere, e a null'altro»37. Che cosa fa nascere quel che fa nascere le opere -fantastiche»? Il desiderio di sentire cantare «una ninna nan­ na dell’aldilà» proveniente dalla fantasia. Il giovane Hegel scriveva: «L’uomo è questa notte, que­ sto niente vuoto che contiene tutto nella sua semplicità; una di Elizabeth Russell troverebbe dunque strutturalmente il suo /xwdanf nella persona del quacchero. 35. Con l’eccezione di Youth runs wild (1944) dove Elizabeth Russell ha un molo. La carriera di quest'attrice, nata Elizabeth Matie Con very il 2 agosto 1916 a Filadelfia, è stata breve, tra 1936 e il 1946. Appare in Giris of the Ozarks ( 1936), Hideaway Giri ( 1937) di George Archainbaud, Hw corpse vanished (1942) di Wallace Fox, a fianco di Bela Lu­ gosi, Hitler's madman (1943) e Tempesta destate (1944) di Douglas Sirk, Weird Woman (1944) di Reginald Le Borg... 36. Quel che segue deve molto allopera di Raynionde Carasco, Hors-cadre Eisenstein, Macula, Paris 1979. 37. Paul Valery, Le^on inaugurale du cuurs de poétique du Collège de France, in Variété V, Gallimard, Paris 1945, p. 310.

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Vita dei fantasmi

ricchezza di un numero infinito di rappresentazioni, di im­ magini, delle quali nessuna sorge precisamente nella sua mente e che non sono sempre presenti. È la notte, l'in­ teriorità della natura che esiste qui; il puro Sé. Nelle rap­ presentazioni fantastiche, fa notte tutto intorno: qui sorge allora una testa insanguinata, là un’altra figura bianca; ed es­ se spariscono altrettanto improvvisamente. È questa notte che si percepisce allorché si guarda un uomo negli occhi: una notte che diventa terribile; è la notte del mondo che al­ lora ci affronta. La potenza di trarre da questa notte le im­ magini, o di lasciarcele cadere, questo significa porre se stessi, la coscienza interiore, l’azione, la scissione»- . Strap­ pare la molteplicità delle immagini alla loro notte, ordinarle seguendo il filo di una storia, significa trasformare una «fan­ tasia» materiale in un’immaginazione formale. L’immagina­ zione diventa mediatrice tra una materia indifferente (inde­ terminata, amorfa, indifferenziata) e la ragione che possiede il potere della determinazione del contenuto, del senso, del­ la verità. Tra la ragione e la materia indifferente, l’imma­ ginazione non è più che il momento della formalità «sempre inferiore, anteriore e esteriore" al senso, al contenuto, alla verità, alla ragione. La forza della materialità e della molte­ plicità delle forme è dichiarata esteriorità soltanto formale, impotenza a fare senso sempre sottomessa alla necessità di esse/e rimpiazzala daH’inieriorià della ragione. La forma stessa e dunque definita dalhcsteriorità», dalla sua opposi­ zione all'interiorità del «contenuto» come senso (c non co­ me materia). Il problema è di preservare, malgrado il com­ pimento di una forma e il blocco che le è dunque inflitto, quel che Raymond Marasco definisce «limbalità» della forma (stato vago ed incerto), e dunque di considerare le questio­ ni della metamorfosi e dei mostri, dell’anormalità e dell’a­ nomalia in maniera del tutto diversa da quella che le pre­ senta come scarto dalla norma o dalla buona forma: la «fan­ tasia» appare allora come la facoltà produttrice dei segni e dei segni materiali (simboli, geroglifici...). La potenza meta­ morfica della forma »limbale« può esser detta un metamor38. G.F.W. Hegel, Jenense Realphilosophie, citalo da Raymondv Carasco in Hors-cadre Eisenstein, cit., p. 107.

l«0

Lo spirito deUali'eare

fismo nel senso geologico e chimico. Il metamorfismo con­ siste in successive cristallizzazioni-recristallizzazioni.

Il riferimento alla cristallizzazione appare in Roger Caillois quando studia le serie associative del pensiero automa­ tico in La nécessité d'esprit*. "Tulle le appercezioni della co­ scienza si presentano legate, essendo ciascuna evocatrice di rappresentazioni intellettuali, affettive o motrici che, a loro volta, ne richiamano altre, e così all’infinito. Queste interse­ zioni analogiche producono necessariamente degli “ideo­ grammi lirici”, cioè delle rappresentazioni-incrocio al tempo stesso sovradeterminanti e sovradeterminate che accumula­ no una effettiva carica estrema per il soggetto, e divengono motrici dell’associazione»59. La cristallizzazione ideogrammalica non e che un momento del «pensiero automatico"; bisogna anche render conto delle sue concatenazioni (Caillois osserva che l'ideogramma insiste nella catena associati­ va tramite una sorta di automatismo di ripetizione) e dei suoi ".scatenamenti». Un ideogramma cede il posto a una rappresentazione secondaria (immagine associata per conti­ guità ma che non costituisce un crocevia simbolico, almeno in un primo tempo) che domina e inclina verso la propria cristallizzazione. L’esempio di ideogramma dato da Caillois è quello della mantide religiosa che conduce verso un bestiario fantastico che l'autore esamina in La pieuvre, o ancora in Meduse et Cie, opera scritta a proposito dei fenomeni di mimetismo: travestitismo, camuffamento, intimidazione «per mezzo di-, ai quali lo scrittore fa corrispondere i miti dei metamorfosi, quelli dell’invisibilità (prestigio del segreto, delLimmobilità, dell'impassibilità) e la credenza al malocchio e al potere di pietrificazione. In questo libro, Caillois parla evidentemente dei l'asmidi.39 39. Laurent Jenny, -Li felure et la parenthèse-, in Zfqger Caillois. sotto la direzione di Jean-Clarence Lambert, Editions de la difference, Paris 1991, p. 352. -Sotto la pressione dell’investimento emozionale, le rap­ presentazioni diffuse sembrano cristallizzarsi in ideogrammi compat­ ti- (M. p, 353). L opera di Caillois, che è stata pubblicala dopo la sua morte, è stata scritta tra il 1933 e il 1935.

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Vita dei fantasmi

Il cinema dipende dalla cristallizzazione ideogrammatica (che non gli è però particolare) e porta in sé tutti i temi di Meduse et Cie: la metamorfosi (Jekyll e Hyde), l'invisibilità dunque l’apparire e lo scomparire, il phainein (l’uomo in­ visibile), il potere di pietrificazione (Mabuse40 e molti altri): ciascuno di essi mette in gioco problemi importanti per il ci­ nema; il fantastico secondo proviene al cinema dal legame che il soggetto stabilisce con il dispositivo cinematografico stesso. Possono così nascere degli imprevisti della proiezione che appartengono al dispositivo. Virginia Woolf racconta che vedendo 11 gabinetto del dottor Caligari «un’ombra dal­ la forma di un girino apparve improvvisamente sull’angolo dello schermo. Essa s’ingrandì, prese una proporzione con­ siderevole, palpitò e ritorno al nulla da dove veniva. Un in­ stante essa sembrò incarnare il prodotto insano e mostruo­ so dello spirito di un folle. Un istante fu come se il pensie­ ro potesse essere trasmesso in una forma più efficace da una forma rispetto alle parole. Il girino mostruoso e palpi­ tante sembrava essere la paura stessa e non il suo enuncia­ to: “Ho pauraDi fatto, l’ombra era accidentale e l’effetto involontario. Ma se un'ombra può ad un certo momento suggerire talmente più dei gesti e delle parole reali dei uo­ mini e donne in preda alla paura, diventa evidente che il ci­ nema detiene innumerevoli simboli per esprimere delle emozioni mai espresse fino ad allora. A fianco delle sue for­ me ordinarie, il terrore ha quella di un girino; cresce, si gon­ fia, palipita e sparisce. La collera non è altro che declama­ zione e retorica, visi imporporati e pugni stretti. È forse una linea nera che si attorciglia su un foglio bianco [...1 II pen­ siero non possiede delle caratteristiche che possono essere rese visibili senza l’aiuto delle parole? Il pensiero ha la pron­ tezza c la lentezza; può essere diretto come una freccia o adottare le vie della circumlocuzione vaporosa. Ma esso ha anche, particolarmente nei momenti di emozione, il potere di creare delle immagini, il bisogno che qualcun altro porti 40. Suzanne Liandrat-Guigues, Dos yeux tolti an tour de la tele, -Positif-. n. 365.366, luglio-agosto 1991. pp. 129-132.

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il suo fardello, che un’immagine gli si affianchi e gli corra parallelamente»'1. Lo schermo

Al cinema lo schermo funziona come un quadro, quindi come uno spazio di apparizione. Lo spettatore osserva lo svolgimento di qualcosa che gli appartiene e che tuttavia si dispiega davanti ai suoi occhi in una esteriorità perturban­ te. Questa proiezione mentale che non gli appartiene vera­ mente tende a renderlo irreale, più leggero, più trasparen­ te, più fantomatico. Ui namatrice di una corta novella di André Maurois, La maison '1, sogna regolarmente di una casa in campagna alla quale si avvicina e che non riesce mai a visitare, e il sogno si interrompe su questo sentimento di disappunto. -Tale era il mio sogno e si ripetè, durante lunghi mesi, con una preci­ sione ed una fedeltà tali che finii per pensare che avevo cer­ tamente visto, nella mia infanzia, questo castello e questo parco. Tuttavia non potevo, in stato di veglia, ritrovarne il ri­ cordo, e questa ricerca divenne per me un’ossessione così forte che un'estate, avendo imparato a guidare una piccola vettura, decisi di passare le mie vacanze sulle strade di Fran­ cia, alla ricerca della casa del mio sogno-'3. La donna finisce per scoprirla, riconoscendo il paesaggio seblìene non fosse mai andata in quella regione. Un anziano domestico le apre e la informa che la casa è da affittare, poiché i proprietari l’­ hanno abbandonata da quando essa è infestata dai fantasmi. -il. Virginia Woolf, Hye movies and reality, -The new republic-, 4 agosto 1926. p. 309. 42. Questa novella è brevemente commentata (senza che il suo autore sia nominato) da Louis Vax in La seduction de l’étrange, PIT, Paris 1964. p. 94 e Gerard Macé vi fa un’allusione marcata quando ricapi­ tola le case che lo ossessionano, -quella che una donna voleva visi­ tare mentre ne era posseduta senza saperlo, una donna che si risve­ gliava tutte le notti nello stesso luogo del suo sogno, nell’istante in cui si apprestava a sollevare la pesante mano di bronzo- ( Vie anterieures, Gallimard, Paris 1991, p. 112). Li novella figura nel volume di racconti e novelle di André Maurois intitolalo Toujours linatteridti arrive, Deux-Rives, Paris 1946, pp. 61-63. t3 ivi. p. 62.

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Il vecchio certifica di aver incontrato spesso nel parco, di notte, questo fantasma: «Che storia! dissi tentando di sorride­ re. - Una storia, disse l’uomo con un’aria di rimprovero, di cui almeno lei, signora, non dovrebbe ridere, poiché questo fantasma è lei»*1. La presenza di questo domestico che iden­ tifica la narratrice al fantasma è capitale per la comprensio­ ne della storia, altrimenti essa sarebbe soltanto un esempio tra tanti altri di un racconto in cui il sogno annuncia o prefi­ gura la realtà. Lo spettatore è un po’ come questa donna col­ pita da paramnesia che vede lo stesso luogo in due maniere diverse riconoscendolo nello stesso tempo come unico: que­ sta casa vista in sogno appartiene alla sua infanzia o prefi­ gura l’avvenire? Quanto al vecchio della storia, indispensabi­ le e la cui presenza è tuttavia discreta, il suo atteggiamento «doppio» (nel sogno non apre la porta) testimonia assai bene della posizione dell'-autore- di film dove il fantastico ci­ nematografico è in gioco. Da una parte, si fa il più neutro possibile: la figura di Val Lewton è esemplare a questo pro­ posito, scomparendo dietro il nome di diversi registi o na­ scondendosi dietro pseudonimi. Nello stesso tempo, egli è il grande organizzatore, colui che ha configurato il dispositivo, che ha teso tutti i fili di questa storia in modo che essa sem­ bri una proiezione mentale venuta dalla mia mente e che mi imprigioni in quanto personaggio che vi tiene un ruolo. Ci sono sempre due fantasmi: quello della narratrice di Lei mai­ son che infesta i dintorni della casa e quello del vecchio do­ mestico che si trova nella dimora. Si può immaginare che quest’ultima è l’opera stessa che in quanto spettatore ho l'im­ pressione di conoscere già e di cui desidero l’acquisto poi­ ché essa sembra appartenermi e poiché mi dice qualcosa di me. Qualcuno ha concepito questa casa per attirarmi e al tempo stesso me ne vieta l’accesso fino al momento in cui non accetti lo statuto di fantasma che è oramai il mio. Il complemento di questa storia è il sogno che racconta Roger Caillois, sogno nel quale si trova con il fratello in Ita­ lia assistendo a strane scene; in seguilo, sempre in questo sogno, racconta ad una terza persona queste scene, pren44. Ivi, p. 63184

Lo spirilo deiraliwtre

dendo il fratello come testimone il quale però subito obiet­ ta dicendo che non è andato in Italia da anni. «In un certo senso è scandaloso che quest'apparizione non sappia, o meglio: che pretenda di non sapere nulla, quando io che l’animo e da cui deriva tutto quel poco di esistenza che gli appartiene, quando io so. [...1 Quel che ricorda la mia im­ maginazione, come può essere da lei ( l'apparizione) igno­ rato, lei che non ne è che uno scintillio effimero? Si rispon­ derà che è precisamente a causa della sua natura che non può ricordarsene. Uno scintillio precario non ha memoria, neanche esistenza: non esiste se non alla maniera dell'om­ bra inconsistente proiettata al cinema sullo schermo. L'ac­ cordo volentieri. Ma l’obiezione non fa che spostare il pro­ blema. L'ombra non può ricordare: consento con ciò. Ma bi­ sogna che io, che le rimprovero di negare che essa ricordi, io almeno ricordi. Ora quell'ombra non è nient'altro che me. Come posso dunque io allo stesso tempo sapere e non sapere»*s. Bisogna che il domestico apra la porta e rimandi la narratrice al suo statuto di fantasma, poiché il vero nar­ ratore è lui. Se non avesse aperto, come avrebbe potuto lei riconoscere la casa senza esser mai andata nella regione in cui si trova e senza esservi mai penetrata?

L'assemblatore di sogni: Vampyr Il personaggio principale di Vampyr, Allan Gray, arriva in un albergo con degli attrezzi da pescatore. Forse vuol prendersi una vacanza. Ha delle difficoltà a farsi aprire. L’in­ segna rappresentante la silhouette di un angelo lo colpisce. Un mietitore che porta una falce sulla spalla (come lui por­ ta una rete nello stesso modo) aspetta un traghetto per at­ traversare il fiume. Questa visione, come il viso ingrato del­ la ragazza con gli occhiali che gli apre e come un affittua­ rio cieco intravisto, lo impressiona. Il suo malessere si ac­ cresce con l’ascolto di conversazioni sentite attraverso i tra­ mezzi; un’incisione nella sua camera rappresenta un uomo in agonia con, a suo fianco, la Morte sotto forma di uno scheletro che si appresta a pugnalarlo. È agevole per il peri5. Roger Caillois. ^’incertitude qui vientdes rèves, Gallimard, Paris 19%. pp. 125-126.

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sonaggio come per lo spettatore trasformare il mietitore in una figura della Morte, tanto più che lo spettatore sa che l’e­ spressione «attraper le bac» riveste un senso particolare per Dreyer4647 . Allan Gray si addormenta e precipita in un incu­ bo dal quale non uscirà mai. Dreyer ha realizzalo diverse versioni del suo film, a se­ conda delle lingue impiegate. Non soltanto ognuna di esse comporta un certo numero di dettagli insoliti, irrecuperabi­ li per una versione «coerente» della storia raccontata, ma esi­ stono tra esse delle variazioni e delle differenze notevoli, che comprendono persino il nome del personaggio princi­ pale, sottomesso a delle trasformazioni. Il personaggio di Leone nello script è la moglie del castellano prima di di­ ventarne la figlia. I personaggi occupano dunque delle po­ sizioni e delle funzioni differenti, come nei sogni. Si può di­ re che il film è un susseguirsi di sogni incastrati l’uno nel­ l’altro. La presentazione delle due donne è simmetrica ed inversa. Il castellano apre una porta, inquadrato dall’interno della stanza in cui vuole penetrare. La macchina da presa effettua un movimento per rivelare Gisèle che dorme. Al contrario, Leone prima viene inquadrata, poi la macchina da presa si dirige verso la porta in cui appare suo «padre». Leo­ ne si lamenta, geme, in preda ad un sanguinoso incubo. Gi­ sèle sembra dormire tranquillamente. La donna ha sopra la testa (il suo viso è al bordo inferiore dell'inquadratura) un arazzo rappresentante una Jete galante del XVIII secolo *7. È forse l’esteriorizzazione del suo sogno e, nello stesso tem­ po, una coorte di fantasmi dietro la sua testa. Questo ballo di vampiri raccoglie personaggi di un altro secolo, contem­ poranci del libro sui vampiri che il castellano consegna a

46. L'autore si riferisce qui al titolo francese del cortometraggio di Dre­ yer De Hcìede feergen ( 1948), lls attrapèrent le bac, il cui significato letterale è -presero il traghetto» Indi). 47. Il tema dell’arazzo legato al sogno si trova in un altro film di Dreyer, Gertnul ( 194 ») in cui un arazzo rappresentante una donna nuda at­ taccata da cani ricorda al personaggio il sogno che ha fatto la notte precedente. In Zz; pericolosa panila, film che e stato paragonato a un incubo, un arazzo condensa gli elementi che il film dispiegherà (una donna rapila da un centauro ferito).

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Allan Gray e che data del 1770. Il viso di cera di Allan Gray circondato di trucioli nella bara sembra di colpo essere co­ ronato da una parrucca48. Nulla è sicuro, nel senso di una drammaturgia classica e del verosimile (compreso il «verosi­ mile» proprio ai racconti fantastici tradizionali). Quando il corpo di Leone, dopo l’aggressione della donna vampiro, è riportato dal parco, la macchina da presa effettua dal vesti­ bolo del castello un movimento che segue la progressione di una donna che scivola lungo il muro e che non è mai sta­ ta vista prima e non sarà più vista dopo, ospite furtiva di questo film fosco come un brutto sogno. Le barriere che costituiscono lo spazio come è percepito ordinariamente si disfanno. Una percezione attutita viene così a crearsi, «come in uno specchio, confusamente», per ri­ prendere l’espressione de\\"Epistola ai Corìnzi che dà il tito­ lo alla raccolta di novelle di Sheridan Le Fanu a cui si ispi­ ra Dreyer per il suo film. Queste compartimentazioni con­ feriscono alla circolazione degli individui e quella degli sguardi una relativa scioltezza nello stesso momento in cui l’ostacolano in maniera sorda e ovattata. 1 corpi e gli ogget­ ti guadagnano in leggerezza. Esistono tre modi di attraver•18. Charles 'lesson racconta come Dreyer incontrò Nicolas de Gunzburg, l'attore-niecenate del suo film, in occasione di un ballo in maschera sul terna dell’opera durante l'inverno del 1929 (in Carl Dreyer, (Ett­ ores cinétnatognipbiqttes 1926-1934, Cinematheque francaise, Paris 1983, p. 93). Si pensa all'aneddoto riportato da Saint-Simon alla data del 1704: -Bouligneux, luogotenente generale, e Wartigny, marescial­ lo di campo, furono uccisi davanti a Venie: due uomini di grande va­ lore, ma molto singolari. Erano state fatte, l'inverno precedente, di­ verse maschere di cera di persone della corte, al naturale, che le por­ tavano sotto altre maschere, in modo che, togliendosi la prima ma­ schera, si restava ingannati prendendo la seconda per il volto, come se ne fosse un rovescio; ci si divertì molto di questo scherzo. L'inverno successivo, ci si volle ancora divertire. Fu grande la sorpresa quando si trovorano tutte queste maschere naturali fresche, così co­ me erano state riposte dopo Carnevale, eccetto quelle di Bouligneux e Wartigny, che, conservando la loro perfetta rassomiglianza, aveva­ no il pallore e i tratti tirali delle persone che sono morte da poco. Es­ se apparvero in tal guisa ad un ballo, e fecero un orrore tale che si tentò di truccarle con del rosso; ma il rosso si cancellava all'istante, e i tratti tirati non si poterono ammorbidire* (Mèmoires, Gallimard, Paris 1983, p. 542). Dreyer dovette fare un soggiorno in una clinica psichiatrica dopo la realizzazione di Vampyr.

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sare una porta in un racconto -fantastico» al cinema, alme­ no quando questa porta non offre una resistenza ostinala. In Nosferatu il vampiro di Murnau, Hutter, arrivando al ca­ stello del conte Orlok, urta contro un immenso portale che vede aprirsi senza alcun intervento umano. Questa agevo­ lezza è tanto più impressionante, per il personaggio, quan­ to più l’opacità dell'ostacolo appariva veramente notevole. Un’altra maniera di procedere è quello del passaggio magi­ co, come nei film di Cocteau quando gli individui attraver­ sano le porte come degli specchi: la rimozione delle barrie­ re è qui radicale. In Vampyr, Allan Gray non cessa di gira­ re attorno agli edifici e spesso questo suo vagare è osser­ vato dall'interno, grazie alle finestre e alle altre aperture ve­ trate. Una relazione orizzontale viene così stabilita grazie a questa relativa trasparenza; verticalmente, il passaggio si ef­ fettua tramile delle trappole. In Cocteau, lo spazio è truccato, i corpi sono permeabili. II trucco non rinvia al fantastico primo né al secondo (alme­ no concertato). Ma ad un esercizio ludico che permetta a delle forme aleatorie di apparire. In Nosferatu il vampiro, so­ lo la creatura mostruosa può sdoppiarsi, sorgere dal basso, ecc. I trucchi designano qui -il fantastico»; è uno degli aspet­ ti istituzionali del fantastico in questo film. In Dreyer non si è mai certi che gli strani fenomeni mostrati non siano i frut­ ti dell’immaginazione del personaggio che, d’altronde, è egli stesso sottomesso a degli sdoppiamenti e spostamenti aber­ ranti. L’intrico degli spazi in Vampyr è simile a quella di una tela di ragno -in esagono» in cui si può circolare in diverse direzioni, essendo inteso che è il ragno stesso che costruisce la sua tela, come Allan Gray tesse il suo sogno. È sempre ne­ cessario un domestico per aprire le porte e rinviare al suo statuto di fantasma il personaggio e lo spettatore. Nessun film mostra meglio di quello di Dreyer quel che scrive JeanLouis Schefer, cioè che il cinema è in noi «alla maniera di un’ultima camera in cui girino nello stesso tempo la speran­ za e il fantasma di una storia interiore»19.49 49. |ean-Loui.s Schefer, I.'homme ordinaire an cinema. Gallimard. Parks 1980.

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Una storia interiore Suspense è l’adattamento di un racconto di cui non si sa se rinvìi a dei fatti veri o ai fantasmi di un personaggio. Questo film mostra a qual punto il cinema possa concen­ trare la varietà dei gradi di realtà in uno solo e dar vita a questo «reale ", puro presente della morte che non finisce di prolungarsi e di infestare ciò di cui il reale immaginario del­ la governante è il doppio (l'angoscia della morte porta con sé lo sdoppiamento). Il fantastico sottile non si sviluppa che a partire da un fantastico primo. Ut frase -sometimes one ca­ li ’t help imagining things- vale tanto per lo spettatore che per la governante. Questo spettatore ha la sensazione che qualcosa gli sfugga, che nell’inquadratura del giardino, ad esempio, ci sia qualcosa che non ha visto: picnolessia, as­ senza momentanea, malessere di conseguenza. In letteratura ogni racconto in prima persona è suscetti­ bile di una doppia lettura. Al cinema, quando non vi è un narratore interno alla storia, è più difficile ottenere un simi­ le risultato. L’allucinazione finale di La iena, quando nella vettura il cadavere di una vecchia si trasforma in quello di Gray, è presentata come quella di MacFarlane poiché que­ sto personaggio è il solo a sentire la voce di Gray; l’allu­ cinazione uditiva porta con sé l’apparizione di Gray morto vivente. Per convincere lo spettatore che quel che vede è davvero un’immagine mentale, dopo che la vettura si è ro­ vesciata, il drappo che nasconde il viso del cadavere è tol­ to e rivela quello della vecchia. La Venere dille di Mario e Lamberto Bava è a prima vista un adattamento molto fede­ le da Mérimée: scene e dialoghi si ritrovano da un’opera al­ l’altra. Tuttavia, c’e una differenza essenziale: il testo ro­ manzesco è un racconto alla prima persona, il film no. In Mérimée, il narratore può raccontare lo strano annedoto senza che il suo nome sia mai pronunciato, salvo supporre che si tratti dell’autore dell’opera. Il suo equivalente cine­ matografico si chiama Matteo, certamente non per caso poi­ ché l’apostolo dallo stesso nome è tradizionalmente rappre­ sentato con gli attributi dello scrittore. Questo scrittore non prende mai la penna; in compenso, disegna un volto, quel­ lo della statua che diventa impercettibilmente quello di Cla­ 189

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ra, la giovane sposa di Alfonso. Questo slittamento è un’in­ venzione della sceneggiatura, o piuttosto lo sviluppo di una suggestione del libro. Il narratore dice di Mademoiselle de Puygarrig (Clara nel film): -Era non soltanto bella, ma sedu­ cente. [...] e la sua aria di bontà, che tuttavia non era esen­ te da una leggera tinta di malizia, mi ricordò, mio malgra­ do, la Venere del mio ospite. In questa comparazione che feci tra me stesso, mi chiedevo se la superiorità in bellezza che bisognava ben accordare alla statua non derivava in gran parte dalla sua espressione da tigre-$0. La sceneggiatu­ ra ricama su questa doppia attrazione e sull'esitazione che si sforza di mostrare. Da qui due momenti forti del film, quello in cui Matteo, aprendo la finestra, vede il volto della statua vicinissimo a lui, riflesso nel vetro (o apparso dietro esso, secondo lo schema classico), allorché la statua è ad un livello inferiore, abbastanza lontano; l'altro momento è quello in cui Matteo incontra Clara, o colei che crede tale poiché l’anello al dito segnala allo spettatore che questa donna apparentemente di carne non è altro che la statua. Il problema delle immagini mentali si trova posto: non vedia­ mo forse quel che Matteo immagina? Tutto il racconto non potrebbe essere una sua affabulazione? E ci si comincia ad interrogare anche su ciò che sentia­ mo. La musica può essere destinata unicamente allo spetta­ tore oppure inserita nell'azione: allora i personaggi l’ascol­ tano o la sentono. Può anche non essere percepita che da­ gli spettatori e da un solo personaggio nella testa del quale essa si trova. In Hiroshima mon amour, vediamo un juke box mettersi a funzionare in un bar giapponese. Il valzer composto da Georges Delerue che si sente allora sembra es­ sere la musica del disco. Una volta finita, si sente però una musica giapponese. Può essere proposta la seguente ipote­ si: tra il momento in cui si vede il juke box in azione e quel­ lo in cui si diffonde la musica giapponese si interpone la musica della nostalgia che esiste soltanto nella testa della francese. 50. Prosper Mérimée, La Vénus dille. in Nodier Balzile, Gautier, Mérimée, Rècitsfantastiques. Presse Pocket, Paris 1992. p. 146.

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Ln spirito deUalivatv

Esiste dunque un fantastico che si qualificherà col termi­ ne «formale», quando »il mistero nasce tanto dall’ordine in­ tuito che dall'apparente demenza che esso organizza-51. Esi­ ste anche un fantastico legato ad una forza d’emozione del­ la forma, una certa emozionalità della forma. L'impercet­ tibile intensificarsi della bianchezza di una lampada in pie­ no giorno nel riflesso della neve»'*2 è una luminosità parti­ colare, un effetto di brillio, uno sfavillare inusitato, un po' come quello che aureola le stars e che si nomina aura. Più di lutto importa in esso r«impercettibile intensificarsi», cioè il movimento di trasformazione fantomatica al limite del vi­ sibile. L'effetto ottenuto dagli autori di racconti fantastici, se­ condo Caillois, può essere doppio: sia -la luminosità di so­ gno», sia la “folgorazione pallida del piombo scorticato». Un’altra trasformazione altrettanto impercettibile è quella che fa passare dall'ombra portata all'emissione luminosa. Paul Virilio lo scrive in questo modo; «Alla stessa maniera se si parla di anamorfosi cinematica, si può pensare alla sua rappresentazione pura che sarebbe l’ombra portata dell’asta di un quadrante solare. Il tempo che passa e indicato, se­ condo l’epoca dell'anno, non soltanto dalla posizione, ma dall’invisibile movimento della forma dell’ombra dell’asta o del triangolo sul piano del quadrante (più lunga, più corta, più larga, ecc.). In seguito, le lancette dell’orologio produr­ ranno sempre una modificazione della posizione, altrettan­ to inafferrabile per l’occhio nudo dei movimenti planetari ma, come al cinema, l’anamorfosi propriamente detta spari­ rà nel motore dell’orologio, fino a che quest’insieme sia a sua volta cancellato dagli schermi elettronici delle ore e del­ le date su un quadrante nero»53. Allora, la luce diventa -un’ombra del tempo». Al cinema, si può piazzare fianco a fianco e opporre l’ombra portata delle figure terrificanti e l’effetto di luce che produce per esempio l'apparizione (o la sparizione) di Jennie nel film di William Dieterle, Ritratto di Jenny: Jenny, che è un fantasma, illumina e ispira il pittore SI. Roger Caillois. Coherences aventttreuses, Gallimard. Paris 1976. p. 190. S2. Tomi M.. Prefazione a Walter De La Mare, ì)ti fond de l'nhime, •Fic­ tion-, n. -109, giugno 1989, pp. Il- IV. S3, Paul Virilio. Esthétique de ta disparition, cit., pp. 19-20.

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Vitti dei fantasmi

innamorato; la luce che emana da lei è veramente un’om­ bra del tempo - come lo è a suo modo quest'altra luce mi­ steriosa che irradia il corpo della Cagna nella scena del film di Renoir che si conclude nel sangue.

La clessidra: Le sette probabilità

Per Clement Rosset. -il luogo della paura è uno stretto passaggio pericoloso situato nei paraggi immediati della realtà, un’ultima piccola soglia che rimane da oltrepassare prima di approdare al reale»5*. L'effetto fantastico si produ­ ce in questi paraggi, -giusto prima», -vicinissimo- e, se pos­ sibile, -senza macchinari grossolani». La paura consiste nel­ la vicinanza. Si può anche intendere ciò nel senso tempo­ rale. quello dell'imminenza. il momento simbolizzato dallo scorrere della sabbia in una clessidra quando all'ultimo mo­ mento essa cade come una mannaia. È quel che fa vedere il film di Buster Keaton. Le sette pro­ babilità (Seven chances, 1929). Keaton ha preso sul serio il problema del suo personaggio al quale manca il tempo. Le sette probabilità è dunque un film sul tempo, cioè sull'an­ goscia del tempo che scorre inesorabilmente mentre simul­ taneamente esso «manca» progressivamente al personaggio, si restringe: l'immagine della clessidra appare legata alla su­ spense drammatica. Nello stesso tempo, quest’angoscia, questo contrarsi ha per effetto la «riduzione» il personaggio, la sua miniaturizzazione.

Il prologo mostra il passaggio delle stagioni (un anno, dall’estate alla primavera seguente), poi inizia la giornata durante la quale si svolge l’azione. Dopo il rifiuto di Mary, sette donne sono sollecitate, sette possibilità che spariranno l una dopo l'altra. La liste si esaurisce progressivamente. Poi ci si accorge che essa non è che l’inizio di un’altra lista più vasta che raccoglie -tutto ciò che porta una gonna- in quel­ la città. Così, tutto è andato crescendo-, da una donna a set­ te. da sette a tutte le donne. «There 's plenty of time* aveva detto l’uomo di legge a Jimmie. Non è più vero: in questo S i. Clément Rosset, Lephitosopbe et tes sortileges. cit., p. 77.

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campo tutto è a poco a poco diminuito. Arrivano le cinque e la scena della chiesa. Non restano allora che due ore. È lasciando la chiesa che Jimmie Shannon perde il suo tempo-. il suo orologio cade a terra mentre sta passando sopra la griglia di un tombino e sparisce. Jimmie parte allora in cer­ ca dell’ora e arriva davanti la vetrina di un orologiaio dove le sveglie e gli orologi a pendolo abbondano: ma nessuno indica la stessa ora dell’altro e l'orologio dell’orologiaio non funziona. Un uomo svegliato dal suonare della sua sveglia la getta dalla finestra; questa, che indica le sei e un quarto atterra su Jimmie Shannon. Un'ora e quindici minuti sono dunque passati dalla scena della chiesa; sulk) schermo so­ no rappresentati in sei o sette minuti. Restano quarantacin­ que minuti e comincia l’incubo dell'inseguimento da parte delle donne. L’inquadratura dell’orologio di una chiesa in­ dica le sei e quarantacinque minuti: sono passati trenta mi­ nuti rappresentati da sei sullo schermo. Resta un quarto d'o­ ra. Nuova inquadratura dell’orologio; le sei e cinquantuno minuti; sei minuti sullo schermo e nella vita del personag­ gio. Soltanto altri nove minuti. Terza inquadratura dell'oro­ logio: le sei e cinquantaquattro minuti; ancora una volta il tempo vissuto dal personaggio è lo stesso di quello dello spettatore (tre minuti). Rimangono sei minuti prima del mo­ mento fatidico. Inquadratura dell'orologio: le sci e cinquan­ totto! I quattro minuti che sono passati prendono un po' più di due minuti sullo schermo. Allorché s’era stabilita un’e­ quivalenza delle temporalità ecco uno scarto si impone di nuovo (il movimento si inverte), ma è dapprima uno scarto minimo sul quale Keaton gioca con brio, poiché tutti gli orologi mostrano un tale scarto: quello di Billy, il socio di Jimmie, indica le sette e due minuti mentre l’orologio della chiesa lascia due minuti di tregua (il tempo necessario a un matrimonio-express: questi due minuti fanno una decina di secondi nel film, lo scarto aumenta). Questa simmetria da una parte e dall'altra della cifra sette (meno due c più due) attira l’attenzione. Keaton ha così rigorosamente concepito il suo film at­ torno al problema del tempo che Inon sembra eccessivo di­ re che la figura della clessidra lo abbia ossessionato. Una clessidra si presenta come un oggetto che può essere capo­ volto: si compone di due parti simmetriche, la superiore che 193

Vila dei fanlasmi

si restringe in una strozzatura che permette lo scorrere del­ la sabbia nella seconda, anch'essa svasata. Tutto il film è co­ struito su questo principio. Esso inizia sul rifiuto di Mary e prosegue fino a che -tutto ciò che porta una gonna- abbia detto «no- a Jimmie, il secondo versante del film comincia sul raccogliersi di una comunità femminile ogni membro della quale è pronto a dire -sì» al protagonista e si compie su Mary che pronuncia questo atteso -sì». Il piccolo diventa enorme (il dalmata passa dallo stato di cucciolo a quello di molosso), e il contrario. Il vuoto si riempie, l’uno diviene multiplo, le ore si riducono a minuti, le chances diminui­ scono, lo scacco si avvicina pericolosamente. È l’angoscia dell’asfissia, o quella della suspense. Quando la parte supe­ riore si svuota, la clessidra viene capovolta. Impossibile fa­ re una pausa, fermarsi, se si rallenta, bisogna immediata­ mente accelerare. È in senso letterale una corsa contro il tempo5556 (•ride for your Ufo chiede Mary’ al suo domestico nero incaricato di portare a Jimmie una missiva di impor­ tanza capitale). Si contano i minuti, i secondi, li si divide e a forza di operare divisioni, non si sa più se si ha attraver­ sato la frontiera o meno. D’altronde, al momento della ve­ rifica, a quale ora far riferimento? A quella che permette di sistemare tutto, quella della chiesa. T Le donne sono numerose quanto i granelli di sabbia, ed è in modo del tutto naturale che sullo schermo cedano il posto alle rocce che si precipitano giù dalla discesa inse­ guendo il protagonista. Quest’ultimo è un uomo che si è rimpicciolito, è entrato nella clessidra e i granelli di sabbia sono diventati per lui dei macigni’’6. Jimmie Shannon scen­ de correndo verso il passaggio più stretto. La strozzatura è elegantemente figurata: è il luogo in cui le rocce si ammas­ sano dietro la più grande di esse che blocca provvisoria­ mente l’uscita. Quando essa cede a sua volta, l’immagine della clessidra appare con da un lato i blocchi di pietra e dall’altro le donne che friggono in uno spazio svasato a for­ ma di imbuto. La gag finale, classica ma inevitabile, vuol 55. L'espressione francese è piti allusiva: contre-la-montre. lelteralmenie •contro l'orologio-. ndt. 56. Mille e cinquecento macigni sono stati fabbricati per questa scena.

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Lo spirito dell'alveare

che sia il più modesto granello di sabbia a far cadere Jim­ mie Shannon dopo che questi ha saputo evitare i più mas­ sicci. Quest'ultimo granello, che cade come una mannaia, qui provoca un capitombolo, e questa è, senza dubbio, una delle ragioni per le quali questo film non è Gli uccelli e vi si ride molto. L'immagine della clessidra mette in evidenza la simmetria, il capovolgimento, lo sdoppiamento. Lo stes­ so spazio dapprima vuoto, in seguito pieno, è un’inversio­ ne caratterizzata che si ottiene tramite il rovesciamento del­ la clessidra. Quanto alla moltiplicazione della donna unica in sette, poi in tutte le donne, marcata in fin dei conti dal ri­ torno all'unità, è una versione capovolta del mille e tre: Don Giovanni attraverso ogni singola donna brama la femminili­ tà in generale, cosa che lo spinge ad accrescere sempre la sua lista allorché Jimmie Shannon eredita in qualche modo tutte le donne, quando non ne desidera che una e la sua li­ sta procede per sottrazione.

Immagini del tempo Jacques Aumont, analizzando un passaggio di La cadu­ ta della casa degli Usher (La chute de la maison Usher, 1928) di Jean Epstein, vi distingue due serie di immagini: l una «riprende i passaggi “musicali" che, un po’ prima, ac­ compagnavano la scena di malinconia di Roderick. Ma questa ripresa è seguita da una lunghissima sequenza in cui s’introduce una nuova serie sugli strumenti del tempo, sottoforma di primissimi piani delle parti dell’orologio: bi­ lanciere (filmato molto obliquamente e in forte ralenti), parte alta del quadrante, campanello e martello della suo­ neria, ingranaggi del movimento d’orologeria». Ne risulta­ no tre immagini dei tempo: -gli strumenti meccanici che ne misurano il passaggio, filmati da vicino, danno l’idea che si penetri all'interno del tempo; il ralenti che “spersonaliz­ za il movimento" (Deleuze), e riporta dunque questo al Tempo, alla sua intima pulsazione figurata dall’enorme e angosciante bilanciere [...1; infine uno sdoppiamento, una vibrazione che si propaga nell’aria e raggiunge le cose e i luoghi, la chitarra, la galleria. Quest’ultima immagine del tempo è la più singolare: il tempo vi è dato come in pre­ da ad un eco di cui risuona e che punteggia lo stiramento 195

Vita det fantasmi

del ralenti-57. Gli strumenti del tempii non hanno finito di af­ fascinare i cineasti, cominciando da Dreyer che mette in mo­ to alla fine di Vampyr un complicalo meccanismo di ingra­ naggi che macinano inesorabilmente il tempo bianco come farina. In particolare è stalo fatto un buon uso degli orologi con le figurine che sfilano quando suonano le ore, da Nosfe­ ratu il vampiro a // mulino delle donne di pietra, passando per L'angelo azzurro. La seconda immagine del tempo lega­ ta al ralenti e alla pulsazione del bilanciere è ugualmente una figura sperimentata. Nel film di Mamoulian, una sovrimpres­ sione particolarmente lunga mantiene presente in un’inqua­ dratura di Canyon e di Jekyll che parlano nella strada la gam­ ba nuda che Ivy ha lasciato pendere dal letto, dondolandola e implorando il dottore di ritornare a visitarla (-Come back soon-} Questo battito in Le folli notti del dottorJerryll perma­ ne attraverso quello del bilanciere dell’orologio durante la scena della trasformazione. Edgar Poe ha associalo pit a pen­ dolimi, Lewis fa lo stesso: egli prende in prestito il movi­ mento del «pendolo» al film di Robert Mamoulian, in cui es­ so ha valore d’ossessione, e lo traspone nel movimento del bilanciere dell’orologio a pendolo, conserva la parola pii per dare il nome ad un bar-dancing. L’orologio a pendolo sul muro è uno degli sviluppi che dà all’orologio con il quale il Jekyll di Victor Fleming controlla le sue pulsazioni. Ci sono tre inserti su quest'orologio: uno, sfocato, corrisponde alla vi­ sione del personaggio senza i suoi occhiali, gli altri due mar­ cano l'inizio e la fine della trasformazione; poiché entrambe le volte l’ora indicata è la stessa, lo spettatore deduce che il tempo si c fermato58. La terza immagine del tempo, lo sdop57. Jacques A u morn, Du visage an cinema, Cahiers du Cinema, Paris 1992. pp. 101-102. l.a nozione di immagine del tempo è essenziale per la comprensione del fantastico cinematografico. Essa è stata ines­ sa in evidenza c studiata a proposito di Vaghe stelle dell Orsa di Lu­ chino Visconti da Suzanne Liandrat-Guigues (Les images du temps dans Vaghe stelle dell'orsa di Luchino Visconti. Presses de la SorIxinne Nouvelle, Paris 1995). In seguilo a questo studio, il regista ita­ liano appare come uno di coloro che si sono spinti più lontano nellelaborazione di immagini -virtuali-, sonore e visuali. 58. Li prima visione netta è dovuta al fatto che egli porta gli occhiali; l’ul­ tima significa che ha acquisito una nonnaie visione trasformandosi poiché non ha più bisogno degli occhiali. In realtà, Julius Kelp non diventa un mostro spaventoso ma un play-boy impomatato e odioso.

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Lo sfurilo deU'alveare

piamente) e la vibrazione die si prolunga, è la stessa con cui Virginia Woolf definisce l’universo 'fantastico» di Henry Ja­ mes: “l introduzione del sovrannaturale prolunga un accordo che, in mancanza di esso, sarebbe rimasto impercettibile. Sentiamo la prima noni da vicino, mentre la seconda risuona poco dopo in lontananza»59. Quest’immagine al cinema e la si può ritrovare soltanto in alcuni luoghi privilegiati. L’ultima inquadratura della scena del cimitero di L'uomo leopardo non può in alcun caso essere considerata come rappresentante lo sguardo della protagonista poiché in quel momento la donna è come schiacciata visivamente, quasi avvinta al suolo: ella è precipitata in un altro tempo e in un altro spazio; il movimento del ramo può allora essere con­ siderato come un’immagine dell’effìmero e, nello stesso tempo, come una metafora del dispositivo della scena: do­ po la tensione progressivamente intensificata e dopo il suo punto culmine, la conclusione interviene non come un -sol­ lievo» risultante da una risoluzione, ma al contrario come un enigma proposto al solo spettatore, una sorta di argutezza che non prende senso che piti tardi. La luna nel cielo e il movimento del ramo devono essere associati all’immagine della palla al sommo di un getto d’acqua mostrata dall'ini­ zio del film e il cui -significato» è dato alla fine: siamo come questa palla portati da forze oscure di cui non sappiamo niente, divisi tra effimero e eternità. ’Putta la scena è presa in questa tenaglia. I segni di avvertimento non mancano a Consuelo. Colui che pensava d’incontrare è sparito e il guar­ diano del cimitero, metamorfosi possibile della figura pater­ na, la mette in guardia: »F. in ritardo questa sera», le fa no­ tare; la donna gli risponde che porta dei fiori per la tomba di suo padre e che per far questo non ci vorrà che un istan­ te. -The time is strange. A moment can he as shorter as breath or as longer as eternity», le risponde60. Ma, come fos­ S9. Virginia Woolf, -The fear of the darkness*. (H). -Il tempo è strano. Un istante può essere breve come un respiro o lungo come 1 eternità-. Si (ratta della versione metaforica di una com­ parazione fatta all’inizio della stessa giornata da un fioraio, e che metteva già in evidenza la reversibilità: -Le rose sono come i bambi­ ni, alcuni hanno le gambe corte, altri lunghe-.

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Vita dei fantasmi

se vittima di una stregoneria che la costringe ad una distra­ zione fatale, Consuelo lascia passare il tempo. Le due sor­ genti di luce (la luna e il fuoco di legna) oppongono l’eter­ no all’effimero, la fissità al vacillio. Le cicche di sigaretta che disseminano il terreno davanti alla statua della Vergine di­ cono una presenza passata, un’assenza presente e il tempo dell'attesa. Il cimitero, dalla chiusura dei cancelli, si trasfor­ ma in un labirinto spaziale e temporale. Il regista usa a que­ sto fine un sapiente montaggio sonoro: il guardiano fischia per avvertire un eventuale visitatore smarrito della chiusura del cimitero. Il primo fischio si sente nello stesso tempo «su» un’inquadratura che lo mostra e -sull’- inquadratura seguen­ te dedicata a Consuelo, perduta nei suoi pensieri: la conti­ nuità sonora è perfetta. In una terza inquadratura, il guar­ diano fischia di nuovo. La quarta inquadratura ritorna a Consuelo ma il suono rivela una discontinuità con l’inqua­ dratura precedente: bisogna dunque immaginare un terzo fischio, o un leggero «ritorno indietro» che farebbe sì che si senta due volte il secondo fischio. Poiché queste inquadra­ ture seguono immediatamente la dissolvenza incrociata, si può avanzare l'ipotesi che si ha qui un blocco d’immagini e di suoni che costituiscono come un'immagine-tempo: ci so­ no almeno un’immagine ed un suono «di troppo» che dico­ no che è troppo tardi; un solo battente si era chiuso nella dissolvenza incrociata, oramai ogni fuga è impossibile. Un’altra immagine del tempo (sonora) è questa lunga nota tenuta lungo una decina di inquadrature tra il momento in cui Consuelo si ferma davanti al busto del vecchio (il vec­ chio come figura del tempo?) e quello in cui inciampa vici­ no ad una tomba da poco scavata nella quale rischia di ca­ dere. Questa nota è accompagnata nella colonna sonora dal rumore del vento che soffia allorché l’immagine mostra la sostituzione di un altro sguardo a quello della protagonista, e il momento in cui quest’ultima perde l’equilibrio, in sen­ so proprio e figurato. Due temporalità sono allora giustap­ poste: una che partecipa della successione cronologica del­ le azioni, l’altra che appartiene piuttosto all’ordine della du­ rata: tra effimero (il soffio del vento tra le foglie) ed eterni­ tà (la nota sospesa). «27/ back before you know ib (Ritorne­ rò prima che lo sappia), grida dietro il muro del cimitero il potenziale salvatore che ha udito le invocazioni d’aiuto del­ 198

Lo spi filo (leU'alivare

la giovane. Questo -before you know it- è evidentemente di ima crudele ambiguità. Quando sarà di ritorno, la donna non potrà più saper nulla, ma quest'assenza di presa di co­ scienza è destinata a dire una sollecitudine che ricorda allo spettatore che il tempo è strano, corto quanto un respiro, o lungo come l'eternità.

La distrazione: La visitease

Siamo su un confine, su un terreno vago. A forza di se­ guire questo spazio incerto in cui fiorisce il fantastico cine­ matografico, abbiamo incontrato qualche stele al bordo della strida; ne restano molte da scoprire. Nel 1981, l’inquadratu­ ra finale di La uisileuse di Jean-Claude Guiguet pone una vol­ ta ancora la questione: il lentissimo movimento della mac­ china da presa che si sviluppa in direzione del personaggio femminile appoggiato ad un vetro sareblx? come lo sposta­ mento di qualcuno, una visitatrice che si avvicini al perso­ naggio con molta dolcezza - potrebbe essere, ad esempio, la sofferenza che fa ritorno. Un fantasma in qualche modo. Niente di più allusivamente baudelairiano di questo film lungo circa nove minuti e il cui scenario è costituito princi­ palmente da una stanza -che somiglia a un sogno», una stan­ za «veramente spirituale-, certamente doppia come la came­ ra del poeta. Questa stanza è abitata da una donna bruna di una cinquantina d anni e dal suo gatto. Questa donna è ve­ stita di nero. Ha i tratti nobili e regolari. Il mobilio e la de­ corazione della stanza denotano una certa agiatezza. Per il momento, la donna riposa nella penombra su un canapé, il viso poggiato su un drappo bianco dispiegato sul braccio­ lo, «come un lungo sudario». La donna sembra assorbita in un sogno, o forse il suo spirito si è fissato su un'idea os­ sessiva... Una visitatrice viene annunciata dal suono di un campanello. Si chiama Claire ed è piìi giovane dell'altra donna il cui nome non è pronunciato61. Molto presto, rac61. Allo stesso modo, in /.« Venere dHie, Clara (nome inventato) è op­ posto alla statua dal colore scuro. Sarebliero da esaminare in tnodo pia preciso questi gitxhi sui nomi, soprattutto quando essi variano passando dall'opera letteraria al film. Così, in Suspense, la goveman-

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Vita dei fantasmi

conia della rottura col suo amante che data a circa quindici giorni addietro. Dice di vivere una sofferenza insopportabi­ le. La sua interlocutrice le spiega, in modo quasi clinico, e al tempo stesso manifestando una profonda convinzione in­ tima, che questo dolore si affievolirà lentamente e che un giorno sparirà. Ciò sarà -come una distrazione». La visitatrice prende congedo. A questo punto, il film conta dodici in­ quadrature e si chiude con una tredicesima nella quale la donna dell’inizio è tornata alla sua solitudine nella stanza. La scena è filmala in piano d’insieme e il personaggio si tro­ va nello sfondo del campo, lontano dalla macchina da pre­ sa. Sembra sognante, si impadronisce di una lettera in una busta, poi la ripone, mette un disco in un giradischi e, per finire, si dirige verso una finestra vicino alla quale resta im­ mobile. L’inquadratura è rimasta fissa fino a questo mo­ mento. Un lento movimento di avvicinamento inizia allora, di una forza ed eleganza sconcertanti, l’ale movimento ter­ mina sulla donna inquadrata da vicino: ella leva un viso in preda allo sconforto.

■ È come una distrazione», dichiara la donna bruna dal no­ bile volto quando descrive a Claire lo sfaldamento della me­ moria. Se si fa riferimento al Littré (il vocabolario francese per eccellenza, ndt\ la parola distrazione dice nello stesso tempo la lacerazione, la separazione («smembramento, se­ parazione di una parte dal lutto»), il trasferimento di qual­ cosa da una persona ad un’altra, una non attenzione alle co­ se presenti e una diversione che distoglie la mente da una preoccupazione. Il film illustra tutti questi sensi e avrebbe potuto chiamarsi «La Distrazione». Con tutta evidenza, la donna maggiore di età ha vissuto lesperienza della rottura, cioè della lacerazione. In modo altrettanto «chiaro», un tra­ sferimento della sofferenza si effettua da un personaggio all’allro. Il dolore impedisce lo stare attenti alle cose presenti e la sua sparizione si annuncia attraverso impercettibili di­ te (che non ha nome nella novella di Henry James) si chiama Miss Giddens, incrocio probabile tra giddy (to feti giddy: essere colti da vertigine) e hidden (nascosto), nello stesso modo in cui Bly. la pro­ prietà in etti si svolge la storia, mescola blind (accecamento) e He (menzogna).

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Zo spirito delittiware

versioni. La distrazione è resa visibile quando la donna in nero si trova sullo sfondo di un rivestimento di legno gri­ gio-azzurro e quando socchiude una porta lasciando appa­ rire come una schiarita, un raggio caldo, una fascia vertica­ le di un rosso-arancione che non chiude che di spandersi. Questa inquadratura annuncia anche la separazione poiché l'apertura della porta appare come un invito ad andarsene; tuttavia tra esso e il seguente in cui la visitatrice parte real­ mente, un'ellissi temporale (di durata indeterminala) si è forse prodotta, per distrazione in qualche modo in un film la cui azione non sembra a prima vista eccedere i nove mi­ nuti del tempo di proiezione.

Il trasferimento implica uno sdoppiamento o un rad­ doppiamento. Il doppio viene detto di volta in volta dalla simultaneità e dall'alternanza, dalla somiglianza e dall'in­ versione, in ogni modo dalla divisione (la figura del dop­ pio risulterebbe quindi da una distrazione). Un quadro sul muro rappresenta delle figure geometriche simili e sovrap­ poste all’interno delle quali un camaìeu fa alternare il gial­ lo, l’arancione e il marrone chiaro. I titoli di testa e le due inquadrature iniziali sono accompagnali da un passaggio del balletto di Leo Delibes. Sylvia, o la ninfa di Diana, mu­ sica il cui carattere danzante e gaio si oppone alle parole malinconiche della canzone che si sentirà durante la se­ conda parte del piano sequenza finale allorché il ritmo del ritornello avvicina i due momenti musicali. Allo stesso mo­ do. il vestilo scuro della donna più matura sembra oppor­ si al bianco del cappello e del cappotto di Claire che, tut­ tavia, indossa un vestito nero e ha i capelli ugualmente bruni (è l’assente, l'uomo amalo, che nella canzone ha i ca­ pelli biondi). A ciò si aggiungono la divisione del piano se­ quenza in due momenti, uno immobile c l’altro no, i rifles­ si negli specchi, i movimenti della macchina da presa sim­ metrici ed inversi quando la donna va ad aprire la porta e quando riguadagna la stanza con la visitatrice (tra questi due movimenti, un’inquadratura che può sorprendere ri­ torna nella stanza vuota, mostra i due quadri simmetrica­ mente disposti sopra il canapé ai lati di uno più grande), isolando tale inquadratura Luna e l’altra donna all’interno del montante di una stessa finestra, l’una (Claire) con alle 201

Vita dei fantasmi

spalle delle foglie dorate, l’altra delle fronde verdi e scure, il rifiuto di Claire preceduto dal suo rifiuto di ridere per i film di Charlot/Chaplin, le parole della canzone che si or­ ganizzano tramite ripetizioni (dei colori: blu, grigio) e as­ sonanze (d’aout-doud*1). gli echi: quello di un'espressione di Claire («per rovinarmi la faccia-) trova nello stesso aspet­ to sfallo del volto della donna in nero alla fine quando le­ va la testa per due volte, ecc. Questa visita è una visitazio­ ne: la visitatrice (la più giovane, Maria) è gravata da un se­ greto che condivide senza saperlo con quella che va a tro­ vare (Elisabetta). Quel che lima annuncia, l’altra lo sa già. Si prende allora coscienza che la visita è una distrazione per le due donne nel film, con degli effetti simmetrici e in­ versi per ognuna di loro.

È questione di tempo per tutto il film. Claire parla di una rottura che ha avuto luogo quindici giorni prima e le si par­ la di un momento avvenire in cui il suo dolore svanirà. Si immagina che la donna in nero ha vissuto una rottura in un passalo forse lontano; tuttavia la lettera che prende in ma­ no e l'espressione del suo volto infine suggeriscono che questa rottura non è così lontana nel tempo come si pote­ va supporre. Le parole della canzone oscillano tra «atijonrd'buf (oggi) e •demain» (domani), evocano la possibilità della rottura. Il nome del mese di agosto vi è pronunciato allorché le fronde gialle viste dalla finestre e i colori domi­ nanti nell’appartamento rimandano all’autunno, che non è che all’indomani di quel mese... Nel momento in cui le parole di questa canzone si leva­ no comincia, come abbiamo notato, un lento movimento di carrello in avanti che fa pensare a quello con cui si apre Senso e che dice la captazione dell'immaginario di un spet­ tatore ancora anonimo da parte dell'universo rappresentato sulla scena. Questa impercettibile presa di possesso spiega tutta la confusione avvenire della contessa Livia Serpieri; es­ sa è una distrazione fatale in quest’inizio riempito di sottili effetti di specchi e d iriversioni. In La visiteuse, il movimen62. D’agosto-dolce. l/assonanza è ovviamente nella pronuncia francese civile due parole, (udt).

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Lo spirito dellalivare

lo arriva alla fine e dice di necessità una cosa diversa. In quest’istante, il peso di tutto ciò che è stato mostrato e sug­ gerito fino ad allora entra in risonanza con le parole canta­ te. l'no sdoppiamento di produce nell’immagine stessa. 11 movimento della macchina da presa sarebbe dunque come lo spostamento di una visitatrice che si avvicini al perso­ naggio come molla dolcezza: «Mio dolore, dammi la mano; vieni qui...-. Per la dolcezza del suo pelo e la sua presenza discreta ma persistente, il gatto è come il dolore e il suo ac­ quietarsi. Fermo sul canapé all’inizio (la sua padrona gli ca­ rezza fuggevolmente il dorso mentre si alza), esso scendo nel piano della stanza vuota quando la donna apre alla vi­ sitatrice; sparisce durante lo scambio verbale (le inquadra­ ture non mostrano mai i personaggi in piedi), ma è di nuo­ vo presente su una poltrona vicino alla donna nel piano se­ quenza (prima di prendere la busta, ella lo guarda enpas­ sati!) fino a che il movimento della macchina da presa fel­ pato quanto il passo di un felino lo fa di nuovo uscire dal campo.

«Passeggia nel mio cervello come / se fosse in casa sua, mite, leggiadro, / forte, un bel gatto». Il cinema prova in un tal momento la sua capacità di evocare l’invisibile, si tratti del Tempo o del Dolore. Questo piano sequenza è bello come una nota tenuta a lungo su un limite periglioso, senza cedimenti, alla perfezione.

In un’inquadratura, le due donne sono differenziale dal colore delle fronde dietro di loro. È caratteristico che, in un altro luogo, l’inquadratura che isola la donna in nero eli­ mina dal campo il fogliame dorato, ma che, nel piano se­ quenza finale, sia precisamente questo fogliame luminoso a servirle da sfondo, come per dire ch’ella si è sostituita a Claire. Si pensa anche all'espressione di Julien Gracq, -il punto dorato del morire» che esprime l’imminenza della sparizione nello stesso tempo in cui la maturità ha il suo punto culminante. Tuttavia, proprio alla fine del film, l’in­ quadratura isola con un movimento a girare che mette fuo­ ri campo la massa gialla, un fogliame verde che potrebbe affermare la possibilità di un rinnovamento. Senza dubbio il ritorno delle stagioni esprime tale possibilità: vi è qui una 203

Vita dei fantasmi

prefigurazione di un altro film di Jean-Claude Guiguet, Mi­ rage (1992), legato al tenia della visitazione. L'incontro di Marie e di Elisabeth è a volte confuso con quello di Anne e di Joachim vicino alla Porta Dorata a Gerusalemme; ora, nel caso di Anne come di Elisabeth, si tratta di una donna «di età avanzata» che partorirà contro ogni attesa. Sempli­ cemente, Mirage ci insegna che questa annunciazione può essere ambigua, che questo rinnovamento può nasconde­ re la morte: lutto questo film è d’altronde una magistrale il­ lustrazione del «punto dorato del morire». Il movimento a girare del balletto di Leo Delibes, quello del disco sul piat­ to del giradischi, il gesto della mano della donna sull’a­ stuccio del disco dicono la circolarità e “l’eterno ritorno». Non per nulla, verosimilmente, il film comporta tredici in­ quadrature. "La tredicesima ritorna... È ancora la prima» (Nerval). »

La spirale Il poeta Stesicoro diventò cieco per aver calunniato nei suoi versi la condotta dela sposa di Menelao, la Bella Ele­ na. Egli riconsiderò la sua storia, scrisse una seconda ver­ sione (dopo aver composto il poema a cui viene dato il no­ me di Palinodia, il poeta riacquistò la vista), come se nella prima avesse dimenticato di precisare certi dettagli. -La ve­ ra Elena, innocente, sarebbe rimasta in Egitto, aspettando Menelao, mentre Paride viveva a Troia con un simulacro di Elena. 1...1 La vera Elena si sarebbe discretamente nascosta in Egitto, nel momento in cui il suo doppio ingannevole si manifestava nel suo più grande splendore, tra desideri e odi. Sorella dei Dioscuri, Castore e Polluce, gemella di Clitemnestra (ma con un padre diverso), Elena è d'altronde spesso associata all’idea del doppio. [...] Mai, secondo il Coro [in un passaggio dell’Agamennone di EschiloJ, Elena fu presente nel palazzo di Menelao quanto dopo che lo eb­ be lasciato. Per la potenza della nostalgia amorosa provata da Menelao, ella infesta (secondo Vernant) la dimora sotto tre forme. Dapprima è il “phasma" che sembra regnare sul palazzo; poi sono i “colosso! ”, figurine di sostituzione, uti­ lizzate dalla magia amorosa per evocare l’assente. Infine ci sono le figure del sogno (oneirophantoi) che sorgono nel 204

Lo spirito dell'alveare

corso nel sogno-63. Tutta la storia del desiderio e dei sosti­ tuti che esso inventa, doppi della persona assente, si trova qui riassunta. In più ci sono questi due testi scritti di Stesicoro l’uno dei quali capovolge l’altro o lo anarmorfizza. Un tale procedimento si trova nel film di Douglas Sirk, Come foglie al vento (Written on the wind, 1956), durante i cui ti­ toli di testa si racconta in anticipo una scena che interver­ rà quasi alla fine dell’opera; ma tale racconto è lacunoso, mancano infatti certi dettagli che non permettono di com­ prenderlo nello stesso modo in cui lo si farà dopo aver vi­ sto la sua correzione». In questo caso, si tratta di un pic­ colo enigma da risolvere da cui è assente l’effetto fantasti­ co. In compenso, si potrebbe dire che l’opera di Raymond Roussel in cui molte scene sono raccontate due volle sfio­ ra quest'effetto. Michel Butor nota che, come l’opera di Proust, essa è una ricerca; non è tuttavia «affatto un ritor­ nare indietro, è piuttosto, se mi si consente l’espressione, un ritornare in avanti-6’. Il fantastico risiede tanto nel fatto che non si sa in qual senso si effettua il ritorno che nella sovrapposizione di due opere apparentemente identiche ma che differiscono in tut­ to e per tutto, come le due opere intitolate L anno scorso a Marienbad. La scala a spirale di di invasati, è percorsa nel senso dell’altezza all'inizio del film dalla «lettrice- poi, dopo il suo suicidio, essa è rapidamente scesa dal personaggiomacchina da presa. Che dice questo doppio movimento? Per comprenderlo bisogna che il film si svolga nella sua in­ tera lunghezza (come la scala); la sequenza di apertura è un flash-back, e il film ripete capovolgendolo ciò che questo racconto retrospettivo narra: in particolare, Eleanor morirà come la prima moglie di Crain. All’interno del flash-back, la discesa della scala da parte del personaggio-macchina da presa è un ritornare indietro, e il film tutto intero è un mo­ vimento di rovesciamento65. Un personaggio di Julien 63. Gilbert Lascault, Qtwlqttesjeuxaree le deitx, in Lecleux, cit.. pp. 12—13. 64. Michel Butor, Repertoire 1, Éditions de .Minuit, Paris 1960, p. 1K4 (trad, it.. Repertorio, Il Saggiatore, Milano 1961, p. 196). 65. L'autore gioca con l'assonanza di retour (ritorno) e retournement (ri­ baltamento. capovolgimento). nclt.

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Vita dei fantasmi

Gracq evoca due concezioni dell’inferno: Dante «immagina­ va i cerchi del suo inferno discendente restringendo pro­ gressivamente le loro spire verso il pozzo finale dove “Sa­ tana piange con i suoi sei occhi”» mentre Victor Hugo «fa­ ceva avanzare verso il basso le sue spirali allargandole in­ cessantemente nel profondo, fino a lasciare l’immagina­ zione in un maelstrom, una vertigine, una dissoluzione neb­ biosa e gigante nell’oscurità»66.

Su una spiaggia, nel luogo in cui l’acqua e la terra si me­ scolano e si separano, si possono raccogliere dei rottami (Un cbien andatoti) o delle conchiglie (Le vacanze di monsieur Hulot [Les vacances de monsieur Hulot, 19531) subito riprese dai flutti incessanti. Paul Valéry ne trae «una meditazione senza uscita» nello stesso modo in cui Amleto si confrontava con un cranio: -Così, sotto lo sguardo umano, questo picco­ lo corpo calcareo cavo e spiraliforme richiama attorno a sé una folla di pensieri, di cui nessuno si compie...»67. Roger Caillois, in Récit d'un délogé, espone e realizza attraverso un personaggio una delle sue tentazioni più antiche: verso i suoi sedici anni egli voleva «oltrepassare la frontiera della [sua] pelle, abitare dall'altro lato dei [suoi] sensi». Un narra­ tore che si esprime alla prima persona descrive l’esperienza di «disindividualizzazione- che ha vissuto. Abitato da un mol­ lusco chiamato folade che viaggia nel suo corpo, egli arriva all’idea «demente» di scambiare la sua personalità con quella della folade. E l’irreversibile si compie: egli «passa» all’inter­ no della conchiglia e si abbandona ad una vita vegetativa, accordata al pulsare marino: «al bordo del mantello, le mie ciglia ondulavano deliziosamente alla minima onda»68. La co­ sa più straordinaria è che «fino alla fine, avrò continuato a ragionare, anche all’interno delle pareti calcaree articolate in cui mi trovo imperfettamente chiuso»69. Un quadro di Rembrandt, Filosofo in meditazione, rap­ presenta un uomo maturo, in una stanza vicino a una fine­ stra, egli sembra riposare o sprofondato in una riflessione. 66. Julien Gracq. Un beaux ténébreux. cit., p. 59. 67. Paul Valéry. Variété V, Gallimard, Paris 1945, p. .37. 68. Roger Caillois, Cases (l'un échiquier, Gallimard, Paris 1970. p. 327. 69. Ivi, p. 330.

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Lo spinto tMlPliwre

Questa stanza è caratteristica soprattutto a causa della scala a chiocciola che occupa la parte destra del quadro. In prin­ cipio, il soggetto trattato implica un'azione invisibile, e la difficoltà è proprio questa: rappresentare l’attività del pen­ siero. A lato del Filosofo, un tavolo ricoperto da un tappe­ to verde sul quale si trovano dei libri, uno dei quali e aper­ to: il Filosofo si è fermato nella sua lettura dopo che questa ha suscitato in lui la riflessione (da quanto tempo?), ma for­ se l’idea è sul punto di apparire70. Questo vecchio recluso è forse un guardiano del tempo? Lo spazio in cui ha trova­ to rifugio sarebbe un recesso della Biblioteca di Babele, del­ l’alveare di Tutta la memoria del mondo} Il movimento a spirale della scala che emerge dall’oscurità attraversa lo spa­ zio verticalmente. Questo movimento è raddoppiato dalla moltiplicazione delle figure circolari: il tondo della porta dietro il filosofo, il tondo della volta in primo piano, il ton­ do del setaccio al muro, più o meno al centro... Questi cer­ chi ripetuti riconducono l’idea d’infinito presente nella for­ ma a spirale e creano uniti ad essa un ritmo che fa vivere il quadro. Paul Claudel parla a proposito di esso di una scala «cocleare»71, termine che il Littré definisce così: »Che ha la forma di una chiocciola, di una spirale. Apertura cocleare, l’apertura della cassa del timpano dell’orecchio, più cono­ sciuta sotto il nome di fenètre ronde, che fa comunicare questa cassa con la rampa interna della chiocciola». Questa parola dunque coniuga la forma della spirale e l’idea d'in­ teriorità associata a quella di una parola. La stanza del Filo­ sofo e come il fondo di una cantina in cui matura il pen­ 70. Jean Paris ricorda che questo quadro rientra in una serie di opere de­ dicate a vecchi vicini alla morte allorché il pittore ha appena venti anni: «Queste cave sepolcrali, queste volte arcaiche, queste nicchie colme di libri, accecate dagli addobbi, designano ai suoi occhi il luo­ go lontano, favoloso della conoscenza. I reclusi che l'abitano, nell'a­ vara luminosità della pietra, del freddo, vegliano su un segreto al quale profeticamente l’apprendista si sente legato-, Jean Paris, Miroirs, sommeil, soteil, espaces, Éditions Galilee, Paris Ì97.3, p. ,3/i71. -Questo Cammino che un tempo è servito a condurre il Figliol pro­ digo e a dissiparlo dalla parte dell'orizzonte, il Filosofo di Rembrandt l'ha ripiegato in se stesse», ne ha fatto questa scala coclearie, questa vite che gli serve a discendere passo a passo fino al fondo della me­ ditazione. Ti prenderò per mano, dice la fidanzata del Cantico, e ti condurrò fino al fondo di questa cantina dove matura il vino-, Paul Claudel. La peinture hollandaise et autres écrits sur lari, cit.. p. 157.

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Vitti dei fantasmi

siero che si eleva attraverso un sentiero a spirale. Anche Paul Valéry ha scritto su questo quadro: «Questi piccoli filo­ sofi di Rembrandt sono dei filosofi reclusi. Maturano al chiu­ so. Un raggio di sole segregato con loro rischiara la loro stanza di pietra, o, più esattamente, crea una conca di chia­ rità nell oscura grandezza di una stanza. L’elica di una sca­ la a chiocciola che scende dalle tenebre, la prospettiva di una galleria deserta introducono o accrescono insensibil­ mente l'impressione di considerare l’interno di una strana conchiglia abitata dal piccolo animale intellettuale che ne ha secretato la sostanza luminosa. L'idea di ripiegamento in se stessi, quella della profondità, quella della formazione da parte dell'essere stesso della sua sfera di conoscenza, sono suggeriti da questa disposizione che determina vagamente, ma invincibilmente, delle analogie spirituali»7273 *. Tra queste analogie, certe conducono altrettanto invincibilmente verso il personaggio di Caillois diventato mollusco75: «strana con­ chiglia abitata dal piccolo animale intellettuale-, chiocciola, scala che si eleva o che discende... È non solo il rovescia­ mento di un’immagine (quella del filosofo che estrae il suc­ co del suo pensiero) in un’altra (il ritorno all'indifferenzia­ to) che deve attirare la nostra attenzione, ma anche il fatto che quest’immagine, quella del giro di vite o ancora di una bobina che si svolge, è in qualche modo l’emblema del fan­ tastico cinematografico ed è stata diverse volte da esso uti­ lizzata. poiché, come Rembrandt, gli è necessario rappre­ sentare azioni invisibili come l'attività del pensiero, e come le steli della strada «accessibili a tutti», gli è necessario cor­ rere il rischio dell'indifferenza. Segalen parla a loro propo­ sito di -punti illeciti (interlopes)-, utilizzando l’aggettivo “il­ lecito" nel senso in cui questa parola si applicava ai vascel­ li che trafficavano nel contrabbando. Le immagini e i suoni del fantastico cinematografico possono essere così qualifi­ cati poiché oscillano da un lato all’altro... Sono strane im­ magini e suoni che sconcertano. 72. Paul Valéry. Variété II, Gallimard. Paris 1930, pp. 36-37. 73. È Caillois che nota che una scultura di Germaine Richier, /.« grande Spirale, non fa che -interpretare, ingrandire il pilastro centrale di una conchiglia attorno al quale si avvolgeva la spira scomparsa-, in Cases d'un échiquier. Gallimard, Paris 1970, p. 189.

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Lo spirito deU'ahvarv

Ritornare avanti

Celia (Joan Bennett) all’inizio di Dietro la porta chiusa parla di annegamento, di una caduta in fondo all'acqua, di un pericolo suscitato dall'irrompere dei ricordi: «stili waters run deep» dice il proverbio che non bisogna prendere per una volta nel senso figurato7^, L’ultima frase di Celia è: «Si dice che quando ci si annega si vede sfilare tutta la propria vita come un film accelerato». L’apparizione e la successio­ ne delle immagini della memoria sono comparate ad un film. Il passaggio inizia con l’inquadratura di una superficie d’acqua, poi vengono le parole «/ remember’ e il riferimen­ to alle immagini del sogno e alla loro interpretazione. Un movimento “Cinematografico* (travelling) fa passare da un’immagine di acque tranquille che riflettono il cielo e le nuvole ad un’altra superfìcie acquatica, oscura e nella qua­ le affondano delle radici inquietanti come artigli. Il ricordo e l’interpretazione dei sogni che vi è inclusa rimandano al­ l’idea di pericolo. Un’altra caduta viene mostrata, uno sci­ volamento della macchina da presa in una chiesa, dall'alto al basso, scendendo lungo stucchi, statue, colonne tortili fi­ no ad un uomo di spalle. È difficile non interpretare come anticipazione questo movimento che conduce verso que­ st’uomo come un annegamento. La frase, che per una volta esprime il pensiero dell’enunciatrice, «non è il momento di parlare di pericolo; oggi mi sposo», suona troppo come una negazione. La morte, l'annegamento, sono promessi insie­ me con il matrimonio. Si passa dall’acqua, supporto delle immagini sognate e materia femminile, alla pietra che ri­ manderebbe più all’uomo e alla malinconia. La voce che ri­ porta la parola di Mark parla di armonia e di felicità in una chiesa vecchia di quattrocento anni allorché l'immagine mo­ stra un supplizio, il Cristo in croce, e un’architettura baroc­ ca che non può essere certo qualificata come serena. Il mo­ vimento che la svela si compie su Mark come se egli ne fos­ se l’origine, come se bisognasse partire a ritroso per vedere non quel che ha potuto dire ma quel che pensa, o piutto­ sto ciò che è nel profondo di se stesso, torturato — o anco74. Senso figurato: «Diffida dell’acqua che dorme*: senso proprio -Pro­ fonde sono le acque dormienti».

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Vita dei fantasmi

ra, forse, come la donna che diventerà sua moglie lo per­ cepisce. Da qui la difficoltà provata dallo spettatore ad'at­ tribuire all uno o all’altro dei personaggi quel che gli è mo­ strato. Che l’acqua sia limpida o torbida, la sua profondità è difficile da stimare: ora essa riflette il cielo, ora è tenebrosa. La chiesa presenta una profondità di campo senza difetti, quella di uno spazio chiuso, una sorta di caveau. I discorsi e le immagini si confrontano, si oppongono o si sovrap­ pongono in una perfetta e sconcertante tranquillità. L’in­ quadratura della campana è legata a quelle che la affianca­ no attraverso delle dissolvenze incrociate, cosa che ricorda le “Sovrimpressioni» sonore alle quali teneva Fritz Lang. Questo procedimento sembra adatto all’idea di scivolamen­ to. La sequenza procede per associazioni di idee, per pro­ pagazione di onde sonore o visive (echi, riflessi). Delle goc­ ce cadono in un’acqua calma formando dei cerchi concen­ trici che vanno allargandosi, e che ricordano il logo della RKO o annunciano quello di Cocinor. La macchina da pre­ sa sembra seguire il lotti sviluppo, il loro movimento di espansione e passare così da un elemento all’altro. La voce che si fa sentire lega questi elementi attraverso un discorso che rinvia ai sogni e alla loro interpretazione, essendo quest’ultima essa stessa un sistema di echi. L'apparizione delle immagini comanda quella del pensiero tale quale essa si esprime attraverso la voce. Si tratta ancora una volta di un sogno o di un ricordo? E fino a dove porta la propagazione delle onde? Quando si arriva alla persona della sposa, il passaggio si realizza attraverso un taglio netto e non attra­ verso una dissolvenza incrociata, segno senza dubbio del­ l’assenza di legame, reale o no, tra Mark e Celia e del fatto che si esce dalle immagini mentali per accedere alla tem­ poralità del presente e all'avvenimento reale del matrimo­ nio. Ma quest'avvenimento è contaminato dalle immagini che l’hanno preceduto: non soltanto la sposa è dapprima nell oscurità, ma quando ella è in piena luce tiene un bou­ quet di fiori: si pensa ai giunchi; tutta una catena floreale percorre il film. La donna porta la mano sinistra al cuore, mentre parla dei battili di esso. Le onde sull’acqua lasciano il posto alle onde sonore dell’organo, poi al cuore che bat­ te: -my heart is pounding so the sound of it is drowning everything- (i battiti del mio cuore sono così forti che som­ 210

Lo spirito dell'alveare

mergono tutto). Infine, Celia penetra attraverso una porta che si chiude dietro di lei mentre un movimento di recadrage rivela dietro di lei un’altra porta chiusa. Tutti questi segni si accumulano e rendono l'avvenimento molto ambi­ guo: la donna ricorda poiché si sposa oppure il matrimonio è il punto di sbocco delle immagini metà sognate metà mnemoniche? E se ricorda poiché si sposa, si ritorna allora ai ricordi provocati dall’annegamento. Ci si domanda «per chi suona la campana» (la formula è di John Donne, -for whom the bells tolls-) e se i giunchi sono essi stessi simbolo di pericolo, o se non è proprio la loro presenza intrigante nell'acqua, o sotto l'acqua, che suggerisce l'annegamento. Ciò che fa vedere e fa capire questo inizio di Dietro la por­ ta chiusa, è il flusso e il riflusso del pensiero, lo sprofonda­ re nello psichismo. Il movimento contorto della macchina da presa lungo il muro della chiesa ricorda la forma tortile del­ le colonne. Si parte a ritroso con un carrello indietro su ac­ que immobili che connotano trasparenza e profondità per arrivare ad acque torbide nelle quali sprofondano delle ra­ dici adunche. Si parte dall'acqua scintillante con i riflessi del­ le nuvole bianche per arrivare alle silhouettes oscure delle giunchiglie. 11 fragile battello di carta e le silhouettes rita­ gliate e trasparenti delle giunchiglie danno al passaggio l’i­ dea di un dispositivo infantile e creano malessere. Si segue il corso dell’acqua e dell’interpretazione. E si può discende­ re il fiume o risalirlo. Lang ha fatto eseguire la partizione fa­ cendola suonare al contrario, per poi invertire il nastro al momento della registrazione definitiva75. Quest’effetto si ap­ plica in qualche modo alla colonna visiva: il carrello destrasinistra sembra riprendere all’inverso il movimento del car­ rello iniziale, e ci si può chiedere se non bisogna risalire dalla sequenza del matrimonio effettivo, più avanti nel film, 75. Maurice Jaubert ha utilizzato questo procedimento per la sequenza della battaglia dei cuscini in Zero de conditile (1932) e per la seauenza del ricordo di Carnet di hallo (Carnet de ha!. 1937): -Una onna pensa al suo primo ballo, rivede la schiera dei ragazzi in abi­ to da sera che avanza verso la schiera delle ragazze in crinolina, e il valzer inizia, lento e armonioso, filmato in ralenti. lai “valse grise" composta da Jaubert era meravigliosa per la sua poesia, per la sua pienezza, per la sua classe e la sua ricchezza. Esso possedeva in piti un indefinibile carattere d’insolito, carattere dato dal procedimento

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Vila dei fantasmi

a quest’inizio (la sequenza inizia con il bacino d'acqua cir­ colare nei quale sono gettate delle monete mentre si espri­ me un desiderio) e in seguito ancora dalla fine del film al­ la sequenza che segue immediatamente il matrimonio. Allo stesso modo, il riflesso delle nuvole nell’acqua invita a risa­ lire alle nuvole del disegno che serve da supporto ai titoli di testa e l’inquadratura delle campane rinvia al logo della Universal sul quale si sente già il suono di esse. La tempo­ ralità del passaggio è molto strana, oscillante tra un'estrema condensazione e un passato dei più vaghi; a quale epoca ri­ ferire il -this is my wedding day-? Al presente? Non è certo; su quale temporalità s’incardina il piano d’insieme della chiesa con sue nere forme immobili? Al presente o a quat­ trocento anni fa?

Benjamin Britten ha concepito la sua opera a partire da quella di Henry James, secondo sedici scene precedute da un prologo. Un tema musicale percorre tutto l’insieme. «Ogni scena è così collegata a quella che la segue da una variazione musicale di questo tema, che comprende le do­ dici note della gamma e che è costruito su un’alternanza di quarte ascendenti e di terze discendenti. [...] 11 tema impie­ ga i dodici semi-toni della gamma, ma lungi dall’essere do­ decafonica, ogni variazione e la scena ad essa seguente hanno in realtà un centro tonale ben definito, poiché la suc­ cessione delle tonalità è stata concepita in maniera tale da salvare l’unità musicale. Uno dei tratti che caratterizzano la novella di James c una successione di riflessioni sul suo si­ gnificato, in particolare sulle tensioni o sulle emozioni che abitano il personaggio principale. Sono le variazioni che meccanico di registrazione del pezzo nella sua forma invertita e di ri­ produzione nuovamente invertita» (Henri Colpi, Defence et illustra­ tion de la musique dans le film, Serdoc, Paris 196,3. p. 120). Arthur Hoérée l’ha ugualmente utilizzato con Honegger «per esprimere la stranezza del sogno» in Rapt di Kirsanoff (1933): «L'eco, l’estinzione di ogni suono precederanno il suo attacco, che concluderà ogni no­ ta brutalmente, come una sorta di assorbimento- (Arthur Hoérée in •L’Écran francais-, 6 maggio 1947, citato da Henri Colpi, Defence et il­ lustration de la musique dans lefilm, cit., p. 137). Questi -giochi con la macchina-, in particolare le inversioni della colonna visiva o della colonna sonora in Cocteau, diventano, secondo Pascal Bonitzer. -la leggerezza stessa del cinema- {Le champ avetigle, cit., p. 106).

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Lo spirito dettali vare

danno il giro di vite e che costituiscono la contropartita mu­ sicale di questi monologhi letterari, facendo crescere pro­ gressivamente la tensione drammatica fino alla catastrofe fi­ nale»76. Gamma ascendente, gamma discendente, simmetria in specchio... Ma anche, un adattamento per l’opera di una novella e poi un adattamento cinematografico che tiene conto dell’uria e dell’altra, esso stesso seguito non da un re­ make ma da un film che risale la spirale fino a un giro in più, aspettando colui che la ridiscenderà, anch’egli fino ad un giro di troppo.

76. Harewood, in Gustave Kobl^é, Tout i'Opéra. Rolxìrt baffoni, Paris 1980, p. 885.

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Conclusione. Il suo splendore e il suo mistero

■Il presbiterio non ha perso nulla del suo fascino, né il giardino del suo splendore*.

Gaston Leroux, Les mystère de la chambre jaune, da George Sand

Verso la fine dell’anno 1961, arriva con i primi freddi L'anno scorso a Marienhad. È un film che non ha perduto niente, come il giardino del presbiterio, né del suo splen­ dore né del suo mistero, senza dubbio poiché l’idea del fan­ tastico cinematografico che si dispiega nel libro riesce ad esprimersi in esso con grande ampiezza. Esistono infatti due opere intitolate L ’anno scorso a Marienhad, un film firmato Alain Resnais e un cine-romanzo firmato Alain Robbe-Grillet. Resnais si è basato sul testo di Robbe-Grillet, tuttavia le due opere appaiono in una relazione più simultanea che cronologica, stranamente simili e tuttavia dissimili da parte in parte (per ragioni diverse da quella di appartenere a mez­ zi di espressione diversi).

La differenza più segnalata è la sostituzione, da parte di Resnais, dell’episodio dello stupro con una serie di carrelli in bianco sul personaggio di A. Immediatamente dopo viene l’episodio della balaustrata che crolla. Esso evoca Feuillade ai critici dei «Cahiers du cinéma»1. Robbe-Grillet, che dice di non aver letto le storie di Fantomas, ribatte: «Questa imma­ gine è tuttavia una di quelle che figuravano con precisione nella sceneggiatura. E io non posso dunque essere stato in­ fluenzato, come vedete»12. L’ambiguità sta tutta, evidente­ mente, nella parola “immagine”. In più, il romanziere fìnge di non sapere che -i feuiUetons di Feuillade» sono dei film e 1. Intervista a Resnais e Robbe-Grillet di André Labarthe c Jacques Ri­ vette, «Cahiers du cinéina-, n. 123, settembre 1961, p. 14. 2. Ibid.

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Lo spirito dell'alveare

non dei romanzi. Resnais aggiunge la precisazione seguente che sembra confortare la posizione dello scrittore: «Mi ricor­ do di aver detto ad Albertazzi di scavalcare la balaustrata al­ la Arsenio Lupin. Il clima vi si addiceva. E, a mio avviso, ciò si giustifica nella misura in cui si tratta di un’immagine [...] proiettata senza dubbio dall’angoscia della donna. È del tut­ to normale che lei faccia ricorso, in simili circostanze, alla tradizione del romanzo popolare-. Robbe-Grillet può dun­ que aggiungere che in quel momento la donna dice: «Spari­ te, per amore mio!-, «cosa che indica abbastanza bene il gra­ do di “teatralità” della scena!-. Siamo passati dall’“immagine” a una indicazione sulla recitazione, per poi passare al testo di una replica, con da una parte un riferimento al «romanzo popolare- e dall'altra ai film di Feuillade. Questo dialogo sembra l’illustrazione di un’osservazione del cineasta, in oc­ casione della stessa intervista, sulle -immagini» che due in­ terlocutori possono avere «in testa», immagini che rimandano l una all’altra, interferiscono, perfino si contraddicono. I due L anno scorso a Marienbad sono opere gemelle, divergenti c complementari. Se il film, all’epoca, fu presen­ tato talvolta come l’opera dei due Alain (alcune fotografie mostrano i due uomini in pose simboliche), esso è l’opera del solo Resnais, avendo Robbe-Grillet la paternità di un ci­ ne-romanzo e non di una sceneggiatura e di dialoghi. Si può scegliere di non conoscere che una fra le due opere (aut-aut...), oppure le due insieme; allora si penetrerà, in priorità, indifferentemente ora nell’una ora nell’altra (siasia...) ma, quale che sia la scelta effettuata, si costaterà la loro grande prossimità (i dialoghi sono quasi identici) e le loro multiple differenze, infinitesimali o no. Il film inizia con una voce che, penetrando nel timpano del nostro orecchio, ci fa entrare nel labirinto di cui essa parla, mentre osserviamo una scenografia in cui ci perdia­ mo. All’inizio, la voce dice: «Come se l’orecchio stesso fos­ se lontano, molto lontano dal suolo, dai tappeti, lontano da quest'ambiente pesante e vuoto, molto lontano da questo fregio complicato che corre sotto il soffitto...-. Lontano, ma dove dunque? E non bisognerebbe forse deviare la questio­ ne dall’orecchio alla voce? 215

Vita dei fantasmi

Resnais raccoglie gli echi che il cine-romanzo risveglia in lui. Allo spettatore è chiesto di guardare e di ascoltare, ma subito quest’ascolto si sdoppia tra quello della voce (o del­ la musica) che appartiene al film e quella, interiore, che si eleva dal fondo di lui. Il film fa sentire con fedeltà quel che anche noi possiamo leggere e che fu pubblicato nelle Edi­ tions de Minuit sotto la firma di Alain Robbe-Grillet, e che precedette la sua realizzazione cinematografica; esso mostra i personaggi e i luoghi che quelle parole sono diventate per trasmutazione. 11 testo di Robbe-Grillet è immediatamente sottoposto a un processo anamorfico attraverso delle voce singolari; da parte loro, le immagini di Resnais portano la traccia delle descrizione fatte dallo scrittore3. All'inizio del film, dopo una musica dallo slancio un po’ enfatico, si intende subito una voce sorda, ora percettibile, ora no, inframmezzata da accordi di organo. Essa ci pone in situazione d’ascolto e ci obbliga a seguire la sua spirale fra­ gile, come un filo di Arianna attraverso un dedalo. Questa voce di cui sapremo che appartiene a X, è, dapprima, come la voce femminile all'inizio di Dietro ta porta chiusa, o co­ me la voce del prologo di Un beaux ténébreux, una voce interiore, un mormorio, un'oscillazione. All’inizio, questo «io» non rinvia a nessuno. Ci si mette in cammino insieme a questo sconosciuto, poi appare M in mezzo ad altri spetta­ tori, mentre guarda due attori su una scena teatrale, nel mo­ mento in cui la voce dice: «Tra i quali io stesso stavo già ad attenderla». Poi, sempre in mezzo agli spettatori, possiamo vedere A sognante aìrestremità destra del campo (in realtà, abbiamo potuto vederla altre tre volte, più lontana, meno distinta ). Quando X appare, ciò avviene a fianco di un gran­ de specchio all’interno del quale si riflette una coppia lon­ tana che si scambia alcune parole che verranno pronuncia­ te da X e M. X guarda verso sinistra, fuori campo, il luogo ipotetico dove si trova la coppia nello specchio a lato. La 3. 11 problema tradizionale deH'adattamento è superato. Le parole di Robbe-Grillet e le immagini di Resnais vengono date insieme, gio­ cando sui loro incontri e sui loro scarti mentre la musica di Francis Seyrig e le voci dei tre attori, con le loro inflessioni e i loro accenti, intervengono come importante supporto espressivo per Resnais.

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Conclusione. Il suo splendore e U suo mistero

coppia si avvicina, esce dalla porta a fianco della quale si trovava X (che è scomparso); una panoramica verso sinistra scopre sul limite sinistro del campo A sempre sognante. Questa doppia presentazione simmetrica di M e di X at­ tira l’attenzione poiché nel testo di Robbe-Grillet la coppia non appare nello specchio; Resnais ha dunque scientemen­ te messo in parallelo la coppia sulla scena teatrale e la cop­ pia nella cornice dello specchio. D’altra parte, nella sua pri­ ma apparizione nel cine-romanzo, A e vista a diverse ripre­ se in mezzo agli spettatori, come nel film: ma il fatto di no­ minarla è molto diverso dal mostrarla quattro volle, sempre a lato del quadro, non identificabile quando non si sa an­ cora chi sia4, tanto più che un carrello in avanti su una don­ na davanti a lei sembra staccare questo personaggio (come se la scelta del personaggio femminile non fosse ancora sta­ ta fatta, come se essa avrebbe potuto portarsi su que.st’altra donna); in seguito, Robbe-Grillet non la fa figurare a lato dello specchio, contrariamente a quel che si produce nel film, nuovo segnale del desiderio di Resnais di creare una simmetria nella presentazione dei personaggi. La voce che ascoltiamo è quella di X, ma essa non po­ trebbe essere attribuita inizialmente a M il cui sguardo os­ serva il dibattito in scena che è (è stato o sarà) quello di X e di A? E X e M non potrebbero essere semplicemente due versioni del desideriti maschile che ripete intorno ad una fi­ gura femminile l’eterno gioco del possesso e della seduzio­ ne, del capovolgimento e della gelosia (intorno al film e al cine-romanzo, i due Alain hanno giocato lo stesso gioco)? X M A può e deve leggersi X (un uomo) ama A (una donna)5. Non appena viene evocato lo slancio che spinge un uomo verso una donna viene, ecco che segue una partenogenesi che rende impossibile determinare chi tra X e M precede l’altro, poiché ognuno di loro è un mediatore della passio4. In più, all'epoca Delphine Seyrig non era un'attrice conosciuta dal pubblico. 5. L'autore gioca con il senso della pronuncia francese della sequenza di lettere «XMA- che si pronunciano appunto allo stesso modo di -X aime A-, ndt.

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17/a dei fantasmi

ne, della sofferenza dell’altro (impossibile, tra il film e il ci­ neromanzo, dire quale dei due preceda davvero l'altro). Quanto ad A, anche lei si divide in donna fatale ornata di nero e moglie vestita di bianco. Così si oscilla da X a M, dal film al cineromanzo, o da A nera ad A bianca. Un passaggio celebre del film si svolge presso una statua6. ■Le ho detto che aveva l’aria viva-, dice il narratore alla don­ na comparata in un altro momento ad una statua che fa im­ plicitamente riferimento alla Gradiva di Jensen, cosa che co­ stituisce un ben strano complimento. Poi l’uomo parla subi­ to della statua. Se gli umani si «mineralizzano» (attraverso la loro immobilità, le loro pose, i loro gesti fìssi, ecc.), la statua invece si anima attraverso le diverse inquadrature che per­ mettono di girare attorno ad essa, cambia posizione, come la falsa balaustra che si ritrova nel film in luoghi diversi; la tec­ nica del montaggio permette anche degli accostamenti e del­ le opposizioni; infine, sono proposte diverse interpretazioni del soggetto della statua, come diverse presentazioni di essa vengono realizzate: tramite le parole, un'incisione... Una mano della figura femminile nel gruppo statuario è tesa, mentre l’altra mano si posa sulle spalle dell'uomo. In­ versione: la mano tesa di X verso A («La prego-) mentre A stringe la mano sulla sua spalla. Le parole di X e di M, le 6. Lo scenografo, Jacques Saulnier, ha dato a questo proposito le se­ guenti informazioni: -La statua era stata fatta a Parigi, poi trasportata a Monaco dove si trova ancora oggi. All'inizio, Resnais pensava a Max Ernst. Gli aveva anche scritto, credo. Poi, ispirato da un quadro di Poussin, ha richiesto dei progetti, degli schizzi. Senza affrettarsi, discutendo ogni nuovo progetto, le idee gli venivano mano a mano(-I.'Arc-). -All’inizio, non sapevo di cosa si trattava e neanche che do­ veva trattarsi di una coppia. È Alain Resnais che ha tratto l'idea di questi due personaggi da un quadro di Poussin: due personaggi in­ decifrabili, sullo sfondo... Talmente indecifrabili, d'altronde, che lo scultore (erano ire: Garache, sua moglie e Babinet) chiese se si trat­ tava di due uomini o di due donne. Jean Leon rispose due donne... Jacques Saulnier affermò: due uomini... La discussione fu troncata da Resnais che concluse che si trattava di un uomo e di una donna...(Intervista con Hubert Juin. -Ijcs lettres fran^aises-, ripresa in -L'Arc», n. 31, speciale Alain Resnais). Se il quadro di Poussin è Im peste di Asrod o II miracolo dcUArca nel tempio di Dagon. dei due perso­ naggi che avrebbero potuto ispirare la statua, l'uno è barbuto, cosa che indica a quale grado di mimetismo il “paratesto" è arrivato rela­ tivamente al testo o al film...

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Conciusto fie // suo splendore e il suo mistero

migrazioni degli elementi che compongono la statua (i per­ sonaggi con le loro pettinature, i loro vestiti, i loro gesti, e il cane che li accompagna e di cui non si sa che fare) nel­ l'incisione o nelle pose di A e di X creano un numero cre­ scente di interconnessioni e una composizione in qualche modo seriale. Si pensa all’arte di Klossowski che «si ripren­ de lui stesso e scavalca ciò che ha appena detto nella volu­ ta di un nuovo racconto* (M. Foucault).

Nel momento in cui M spiega il soggetto dell’incisione, i personaggi sono inquadrati dal punto di vista di questa inci­ sione (cioè dal muro in cui essa si trova) con, sullo sfondo un trompe-l’ueil che riprende la balaustrata a lato della statua e dietro di essa, sul pavimento, una decorazione a scacchie­ ra (piastrelle bianche e nere) che sembra interrotta da una balaustrata simile a quella in primo piano dietro una cui pa­ re riprendere il pavimento a scacchiera, ecc. I personaggi si trovano imprigionati, incastrati tra l'incisione (che mostra una vista dall’alto del giardino con in un angolo la statua) e questo proliferare di prospettive che sta di fronte ad esso. Al­ l'interno dell'hotel, si ritrova dunque l’alternativa presente al­ le estremità dei viali del giardino: o l’infinito in cui perdersi, o la facciate dell’hotel «da cui non c’è modo di fuggire».

Si pensa alla scenografìa del quadro di Paris Bordone, / giocatori di scacchi, analizzato da Jean-Louis Schefer7. Nel quadro, la pavimentazione è a scacchiera. Nel film, due per­ sonaggi che giocano a dama sono inquadrati davanti al tromped'wil con delle scenografìe a balaustrata proliferanti all’infinito che si trova di fronte all'incisione rappresentante il giardino e la statua8. Si tratta per M della tattica di dare scacco al progetto di X, di rompere le sue incursioni nel passato con le quali cerca di catturare A. M è d’altronde quello che vince sempre al gioco di Marienbad, che venga­ no utilizzate carte da gioco, domino o fiammiferi: fortunato al gioco, sfortunato in amore. Doppio gioco dunque, quel­ lo di X e quello di M, rappresentati l’uno e l’altro dalla fu­ 7. Jean-Louis Schefer, Scénograpbie d’un tableau, Seuil, Paris 1969. 8. Questo trompe-lcril non è descritto da Robbe-Grillet, ma figura nel suo libro sotto forma di riproduzione di una foto del film.

219

dei fantasmi

ga prospettica: (fucila del parco per X, quella della scac­ chiera per M, reversibili come delle false vie di fuga, labi­ rinti in cui si viene sempre ricondotti agli stessi luoghi... In L anno scorso a Marienhad, esiste un gioco con le sue regole, dei pedoni su una scacchiera o su una dama, delle carte, mentre la scenografia è quella, tradizionalmente occi­ dentale, di un castello e di un giardino dai meandri com­ plicati come quelli del cuore umano. Esiste tra questo e al­ tri film una solidarietà per analogia che crea la possibilità di effetti di risonanza interna e di retroazioni. È appunto quel che quest’opera vorrebbe essere, un luogo di echi, definen­ do così uno spettro di risonanza. In Le sang d’unpoète (Jean Coctau, 1930), una donna bellissima e misteriosa gioca a carte seduta ad un tavolo; non sarebbe sorprendente ve­ derla infestare i corridoi del palazzo di Marienhad, cosa che potrebe esser detta anche di Louise Brooks e di altre figure venute da Fritz Lang9 o da Marcel L’Herbier, nella luce di Feuillade e nel bianco e nero del cinema muto. La scenografia di una dimora barocca è propizia a tutti i giochi di illusione e incontra necessariamente il fantastico. Acque scintillanti, bulle decorate, lacrime si ritrovano negli specchi e negli stucchi. L’-entrevuc» (l’incontro, l’intervista) è un racconto di Henri de Régnier che si svolge a Venezia. Un francese vi affitta uno spazio nel Palazzo Altinengo. Se­ dotto dal luogo, il protagonista si lascia ossessionare da es­ so e dal suo proprietario, appartenente ad un altro secolo e la cui immagine appare ogni sera più netta al posto della sua in uno specchio antico. L’incontro consiste nello scam­ bio di sguardi tra i due -uomini»: «Soltanto questo sottile stra9. All'altra estremità della scena del crollo della balaustrata è collocata la partenza di A che lascia il bar della sala da ballo. Robbe-Grillet la fa allontanare di spalle -in un corridoio deserto-. Il film si prende a que­ sto punto delle lilxrrtà rispetto al testo del cine-romanzo e comporta due inquadrature nelle quali A sale una grande scala, filmata lateral­ mente nella prima e di fronte, preso a metà del suo tragitto (non si ve­ de né il basso né l'alto) nella seconda (non si tratta d'altronde, appa­ rentemente, della stessa scala). Quest'ultima inquadratura è una remi­ nescenza della scala di Destina salita dalla donna che va incontro alla Morte stanca.

220

Conclusione. Il suo splendore e il suo mistero

to di vetro .s'interponeva tra noi e sentivamo che esso non avrebbe tardato a rompersi, poiché era necessario che si rompesse I...1 Chi dei due fosse il piti audace, era questa la domanda che i nostri sguardi si ponevano, mentre, in pie­ di, restavamo così l’uno di fronte all’altro, ognuno da un la­ to della vita, mentre dietro di noi, nel chiarore delle cande­ le, lo scenario magnifico e barocco dei vecchi stucchi e del­ le maioliche luceva dei suoi ori scintillanti, mente, sopra le nostre teste, si stendeva sopra i suoi pilastri erosi l'antico palazzo degli Altinengo nel sua sconvolgente vetustà, men­ tre, intorno, la misteriosa Venezia notturna si sovrapponeva, fragile, complicata e meravigliosa, al suo proprio riflesso, sdoppiata nello specchio della sua laguna circolare e delle sue acque insinuatesi, attraverso mille canali, nel suo mo­ saico architettonico. Venezia su cui brillava, simile a uno dei frammenti madreperlacei del pavimento, il disco intaccato di qualche luna scintillante...»1011 . 11 topos veneziano intera­ mente condensato in questa frase rifrange pii» di un tema di quest’opera.

Dal valico la vista è sgombra. Lo sguardo sopra la gola11 è fatto di contrari, volto nello stesso tempo dall'altro lato ed indietro, né oggettivo, né soggettivo, sempre sulla frontiera, cercando di cogliere il passaggio di uno stato ad un altro. È, ad esempio, quello di Jean-Claude Guiguet che propone di Morte a Venezia (Luchino Visconti, 1973) un’interpreta­ zione basata su osservazioni verificabili e che non convin­ cerà tuttavia che coloro che accettino di entrare nel suo punto di vista. Non esiste altro modo di guardare i film e di far sorgere in essi il fantastico. «Immaginiamo che la notte sulla quale si aprono i titoli di testa sia quella che segue la morte fìsica di Aschenbach. Impossibile? Si dovrebbe dire piuttosto che è impossibile che le cose non stiano così. Ogni cosa lo indica a comin­ ciare dalla colonna sonora che accompagna questi titoli di testa e che apre la via all’Adagietto di Mahler, che è espres­ 10. Henri De Régnier, -L'entrevue*, in Vampire story. Fleuve noir/SuperPoche, Paris 1994, pp. 560-561. Il testo di Henri de Régnier è stato pubblicato nel 1919 in llistoires incertaines. 11. Vedi nota n. 33 del primo capitolo.

221

Vita dei fantasmi

sione di un “passaggio”, nella Quinta sinfonia, verso un al­ tro mondo...Aschenbach ritorna dunque dal paese dei morti. Da qui la sua impotenza e la giustificazione dell’uso dello zoom. «Quando Tadzio gira attorno ai pali della galleria che con­ duce alla spiaggia, [lo zoom] annulla la distanza tra il musi­ cista e il giovane e li unisce senza tuttavia che essi possano toccarsi», crea -lo spazio interiore del pensiero-, e il critico mette in evidenza un momento del fantastico cinematogra­ fico ottenuto senza che siano convocati angeli o creature in­ fernali. Aschenbach è un visitatore nel mondo dei vivi, tra resurrezione e decomposizione, allegoria della Morte dell’Occidente e della sua cultura, catastrofe espressa dal can­ to di Mussorgsky «che riempie lo spazio vuoto della spiag­ gia filmata in panoramica. Questo canto è quello dell’infeli­ cità. Non soltanto la prima guerra mondiale stende qui la sua ombra invisibile, ma l’avvenire più lontano proietta la sua, attraverso la presenza di due ragazzine vestite di ne­ ro...-11. Aschenbach appare in questa inquadratura insetto esitante nella luce crudele. Sul suo volto scorrono allora del­ le lacrime nere, come una coppa d’amarezza che trabocchi.

li. Jean-Claude Guiguet, Lueur secrète, cit., pp. 44-51.

222

Bibliografia essenziale

In ragione dell’alto numero di testi citati a supporto del­ le argomentazioni dell’autore, consultabili selettivamente nelle note a piè di pagina, si raggruppano qui solo alcune opere sul concetto generale di fantastico e di fantastico ci­ nematografico privilegiando la loro pertinenza con le pro­ blematiche trattate nel libro e, ove possibile, la disponibili­ tà dei testi per il lettore italiano.

Sul genere fantastico Branca V.; Ossola C.; Resnik S. (a cura di), / linguaggi del sogno, Sansoni, Firenze 1984. Caillois R., Au coeur du fantastique, Gallimard, Paris 1956 (trad. it. Nel cuore delfantastico, Feltrinelli, Milano 1964). Caillois R., L ’incertitude qui vieni des rèves, Gallimard, Paris 1956 (trad. it. L'incertezza che viene dai sogni, Ed. Fel­ trinelli, Milano 1983). Ceserani R., Il fantastico, Il Mulino, Bologna 1996. Ceserani R.; Laugnani L.; Goggi G.; Benedetti C.; Scarano E.; La narrazione fantastica, Nistri-Lischi, Pisa 1983. Fusco S., Fantasmi, streghe e case infestate. Nella realtà, nel­ la letteratura, nel cinema, Mondo ignoto, Roma 2001. Milner M., Le fantasmagorie. Essai sur loptique fantastique, PUF, Paris 1983; (trad. it. La fantasmagoria. Saggio sul­ l’ottica fantastica, Il Mulino, Bologna 1989Pasi C., Theophile Gauthier o il fantastico volontario, Bul­ zoni, Roma 1974. Solmi S., Saggio sulfantastico, Einaudi. Torino 1978. 223

BMiugmfìa essenziale

Todorov T., Introduction à la littérature fantastique, Seuil, Paris 1970 (trad. it. Introduzione alla letteratura fanta­ stica, Garzanti, Milano 1977). Vax L, Les chefs-d'oeuvres de la littérature fantastique, PUF, Paris 1979 (trad. it. La natura del fantastico. Struttura e storia di un genere letterario. Teoria, Roma 1987). Sul cinema fantastico AA.W., Lo specchio dei mondi impossibili. Il fantastico nel­ la letteratura e nel cinema, Aletheia, Firenze 1999. AA.W., Metamorfosi delfantastico. Luoghi efigure nella let­ teratura e nel cinema, Lithos, Roma 1999. Cozzi L; Tentori A., Horror Made in Italy. Il cinema gotico e fantastico italiano, voli. I-II-III, Mondo ignoto, Roma 2001-2003Cremonini G., Viaggio attraverso l'impossibile. Il cinema fantastico, ETS, Pisa 2003. Giovannini E; Tentori A., Eros e cinema fantastico. Data­ ne ws, Roma, 2004.

Repertori

Cozzi L., Tentori A., Horror made in Italy. Il cinema gotico e fantastico italiano, voli. I-II-III, Mondo ignoto, Roma 2001-2003. Senn B., Johnson J. (a cura di), Fantastic cinema subject guide. A topical index to 2500 horror, sciencefiction and fantasy film, McFarland, London 1992. Siti Web

http://www.profundis.it.

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Indice dei nomi e dei film

Avventura, L‘ (M. Antonioni. 1960) 122, 139, 142 Azéma, Sabine 34

Abraham, Nicolas 32 e n., 33 n., 82 e n. Aillaud, Gilles 55 e n. Alba di gloria (Young Mr. Lin­ coln, J. Ford, 1939) 175 Albertazzi, Giorgio 215 Alien. Lewis 122 Altro delitto, L' (Dead Again, K. Branagh, 1991) 92 Amanti d’olire tomba, Gli (M. Caiano, 1965) 80, 93 Amengual, Barthelemy 65 e n. Amorefolte (Mad Love, K. Freund, 1935) 67 n. Anderson, Chic 121 Anderson, Judith 112 Angelo azzurro, L' (Der hlaue Engel, J. von Stcrnlx*rg, 1930) 68 n. Anno scorso a Marienhad, L' (L'année dentière à Marienhad, A. Resnais, 1961) 13, 25, 37, 71, 97, 118, 134, 155, 205, 214. 215, 220 Antonioni, Michelangelo 122, 142 Archainbaud, George 179 n. Arditi, Pierre 34 Argento, Dario 176 Arnold, Jack 30 Artaud, Antonin 3, 47, 51, 52 e n. Ashkenazy, Vladimir 156 Atget, Eugène 36 Attenborough, Richard 73 Aumont, Jacques 123, 127 e n., 195 n.. 196

Bacio della pantera, Il (Cat Peo­ ple, J. Tourneur, 1943) 22, 68. 71, 72, 80. 82. 83, 85, 86, 120, 123, 164, 165. 176 e n.. 177, 178 Baker, Roy Ward 68 Balazs, Béla 126 n. Ballrusaitis, Jurgis 78, 136 n. Balzac, Honoré de 39, 190 n. Barbara, il mostro di Londra (Dr. Jekyll and Sister Hyde, RM. Baker, 1971) 68, 72 * Barrymore, John 76, 175 n. Barthes. Roland 58 e n., 64 e n.. 94 e n., 96, 105 e n. Bartók, Béla 7 e n. Baudelaire, Charles 86, 148, 160 Baudrillard. Jean 33 e n., 67 e n. Bava, Lamlxrto 84, 87, 97, 108, 118, 189, 200 n. Bava, Mario 4, 25, 26, 27, 31, 43 n„ 51, 52, 72, 80. 82, 83 e n.. 84, 87, 88 n., 92, 98. 101. 102. 104 e n., 118, 126, 127 e n.. 128, 130, 131, 132, 142, 151 n.. 165 n., 189 Bazin, Andre 41 e n., 122 n. Beckett, Samuel 99, 134 Bella e la bestia, La (La Belle et la bète, J. Cocteau, 1946) 139 Benjamin, Walter 10, 12 e n„ 36, 125 e n.

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Indice dei nomi e dei film

Bennett, Joan 116, 209 Berg, Alban 96 Bergman, Ingmar 56 n. Berlioz, Hector 20 Berlowitz, Beatrice 92 n.. 93 n. Beswick, Martine 72 Bierce, Ambroise 86 Binet. Alfred 31 Binet. Marguerite, 31 n. Black Cat, The (E.G. Ulmer, 1934) 56, 86 Blanchot. Maurice 41 e n. Bloch. Ernst 3 n., 27 n., 29 n.. 55 e n., 56 n. Bocklin. Arnold 4. 37. 155 e n.. 156, 157, 158 e n.. 159, 160, 161 e n„ 162, 165 Bogart, Humphrey 100 Bonitzer, Pascal 44 e n.. 112 e n., 142 e n„ 212 n. Bordone. Paris 219 Borges, Jorge Luis 153 e n. Boulez, Pierre 7 n. Bouquet, Carole 72 Bouvier, Michel, XIX' n. Bresson. Robert 91 Breton, Andre 11, 34 e n. Brion, Patrick 125 n. Britten, Benjamin 93, 149, 212 Bronte, Emily 88 n. Brooks. Louise 220 Browning, Tod 5, 30 n., 43 n., 45. 63, 91. 100, 151. 154 n., 166 Buchner, Georg 15 e n. Bufiuel. Luis >GV n.. 3 e n., 9 e n., 15, 27, 70. 91, 93 Burch, Noel, Vili n. Buren, Daniel 51 n. Burke. Edmund 44 n.. 87 n. Burton, Robert 178 Butor, Michel 205 e n.

n., 109 n.„ 181 e n„ 184, 185 n., 191 e n., 206 e n.. 208 e n. Calmet. Augustin 16 n. Canetti, Elias 168 Carasco, Raymonde 179 n., 180 n. Carrot, Jacqueline 31 n. Caselli, Francesco Vili n. Cash. Johnny 60 n. Cass, Henry 58 Cavaliere pallido, // (Pale Rider, C. Eastwood, 1985) 5 (Javani, Liliana 64 n. Cechov, Anton 27 e n. Cervantes, Miguel de 153 Ceserani, Remo, XIII n., XIV n. Cézanne, Paul 157 e n. Chagall, Marc 174 Chandler, Helen 63 n. Chaney, Lon 34 Chaplin, Charlie 202 Charcot, Jean-Martin 31, 32 Chareyre-Méjan, Alain 38, 97, 99 Chi è Paltro? Cihe Other, R. Mul­ ligan, 1972) 68 Chien andatoti, Un (L. Bunuel, 1928) 7. 9, 10, 91, 103. 133. 206 Chion, Michel 73 n., 112 e n., 115 e n., 156 e n. Città delle donne. La (F. bellini, 1980) 89 Claudel. Paul 16 e n., 207 e n. Clayton, Jack 6 e n., 22, 93, 142 Cocteau, Jean VII e n., 19 n., 76, 88, 139' 97 n.. 153 n., 188, 212 n. Coissac, Michel 123 n. Colpi, Henri 211 n., 212 n. Comolli, Jean-Louis 56 e n., 125 n. Comte, Auguste 88 Coppola, Francis Ford 39. 166, 167, 172 Coquille et le clergyman, La (G. Dulac, 1927) 52 Corpse Vanished. The (W. Fox, 1942) 179 Costa, Antonio XII n. Cranach, Lucas 9, 126 n. Cronenberg, David 22. 42, 68, 70

Caduta della casa degli Usher, La (La chute de la maison Usher, J. Epstein, 1928) 7 n., 36 n., Ill, 195 Cagna, La (/-« chietine. I. Renoir. 1931)68 Caiano. Mario 80 Caillois. Roger XI e n., XIII c n., 8 n„ 23 e n.. 25 e n.. 44 e n.. 46, 49, 50 e n.. M, 87 n.. 105

Daney, Serge 112 e n. Dante Alighieri 101, 206 Daves, Delmer 100 Debussy, Claude 7 n.. 36 n.

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Indice dei nomi e dei film

De Falla, Manuel 69 Delaunay, Robert 52 Delerue, Georges 190 Deleuze, Gilles 12 e n.. 43 12 e n„ 56 n., 91, 101, 148, 172. 195 Delibes, Leo 201, 204 De Quincey, Thomas 7, 65 Derrida, Jacques 7 e n., 12 e n.. 33 n., 12 e n., 50 n. Desbruères, Michel 128 n. Descartes, René 33 n., 136 Destino {Der nitide Tod, F. Lang, 1921) 166, 220 n. Dieterle, William 90, 191 Dietro la porta chiusa {The Se­ cret beyond the Door, F. Lang, 1948)64 n„ 112, 115, 119, 154, 211, 216 Dmytryk, Edward 23 Dolezel, Lubomir 68 n. Donna che visse due volte, La ve­ di Vertigo Donne. John 4. 81 e n., 156 n., 164, 211 Doppia vita di Veronica, La {La doublé vie de Véronique, K. Kieslovski, 1991) 70, 72, 78, 96 Dottor Jekyll e Mr. Hyde, Il {Dr. Jekyll and Mr. Hyde, |.S. Ro­ bertson. 1920) 112 Dottor Jekyll e Mr. Hyde, Il {Dr. Jekyìl and Mr. Hyde, V. Fleming. 1941) 67, 77. 136, 137. 175 Dracula (T. Browning, 1931) 63, 91. 151. 166 Dracula {Brant Stoker's Dracula, F.F. Coppola, 1993) 39 Dracula il vampiro {Dracula, T. Fisher, 1958) 58, 62, 166 Dr. Cyclops (E.B. Schoedsack, 194Ò) 30 Dreyer. Carl Theodor 3, 65, 107, 123, 186 e n„ 187 e n„ 188, 196 Dr. Pickle and Mr. Pride (S. Pem­ broke. J. Rock, 1925) 137 n. Dubroux, Danièle 28 e n. Duello mortale {Man Hunt, 1941) 151 Durer, Albrecht XTV n., 9, 10, 54

Eastwood, Clint 5 Ecologia del delitto (M. Bava, 1971) 31 Edison, Thomas Alva 6 n. Edwards, Blake 26 Eisner, Lotte 116 e n. Ejzenstejn, Sergej 5 n., 175, 179 n., 180 n. Ekk, Nicolai 126 n. Elephant Man. The (D. Lynch, 1980) 100 Empedocle 43 n. Erice. Victor 28. 52, 53 n., 54, 55, 172 Ernst, Max 218 n. Eschilo 204 Escoubas, Éliane 150 e n. Espejo de la Bruja, El (C. Urueta, 1980) 74 Estasi di un delitto (Ensayo de un crimen, L. Bufiuel, 1955) 93

Fantasma dell’opera, Il (R. Ju­ lian, 1925 100 Fantasma e la signora Muir, Il {The Ghost and Mrs. Muir, J.L. Mankiewicz, 1947) S>0 Fettoni, Giorgio 154 Feti, Domenico 9 Feuilladc, Louis 214, 215, 220 Fiévet, Laurent 106 n. Film (S. Beckett e A. Schneider, 1968) 99, 134 Fisher. Terence 43 n., 58, 62, 165, 166, 168 Flahault, Francois 58 n. Flaherty, Robert 46 Fleming, Victor X, 67. 77, 137, 138, 139, 169, 171, 196 Flesh and the Fiends, The (J. Gilling, 1959) 21 Folli notti del dottor Jerryll, Le {The Nutty Professor, J. Lewis, 1963) 65,‘ 70 n„ 77, 79, 118, 139, 140, 141 n„ 167, 170, 196 Fontaine, Joan 112 Ford. John 39, 122, 166, 175 Foucault, Michel 3 e n., 20 e n., 28 e n., 219 Fox, Wallace 179 n. Franju, Georges 100, 112 e n. Frankenhcimer, John 60 n.

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indice dei numi e dei film

Frankenstein (J. Whale, 1931) 172 Freaks (T. Browning, 1932) 100 Freud, Sigmund XIII e n., 29. 32. 119. 155 e n.. 158. 178 Freund, Karl 67 n. Friedrich, Caspar David 20 Frusta e il corpo, La (M. Bava, 1963) 92. 109, 127. 128, 129 Fuga, La {Dark Passage, D. Da­ ves. 1947) 100

Hamer, Robert 34 Harrison, Rex 90 Hawthorne, Nathaniel 64. 74 Hedayat, Sadegh 4 n„ 5 n. Hegel. Georg Friedrich Wilhelm 179, 180 n. Hélas pour moi (J.-L. Godard. 199.3) 69 Helzapoppin' (H.C. Potter. 1941) 121 Hersant. Yves 126 n., 178 n. Herzog, Werner 6.5, 154, 166, 175 Hideaway Gir! (G. Archainbaud. 1937) 179 Higson, Andrew 6 n. Hiroshima mon amour (A. Re­ snais, 1959) 5 Histoireis) du cinema (J.-L. Go­ dard. 1989-1994) 6 Hitchcock, Alfred 48, 58. 59, 103. 107. 113. 154, 155 Hitler, un film dalia Germania (Hitler, ein Film aus Deutsch­ land, H.J. Sylierberg, 1977) 6. 7 Hitler's Madman (D. Sirk, 194.3) 179 Ho camminato con uno zombi (I Walked with a Zombie. J. Tour­ neur, 1943 ) 37, 71. 124 n., 149. 150, 152, 161, 162. 177 n. Hoérée. Arthur 212 n. Hogart, William 178 Holderlin, Friedrich 174 Hopper, Edward 113 Hugo, Victor 21. 102, 130, 206

Gabinetto del Dottor Caligari. Il (Das Kabinett des Dr. Caligari, R. Wiene, 1919) 91, 182 Galland, Jean 100 Gance, Abel VII e n. Garbo, Greta 100 Gasquet. Joachim 157 n. Gautier 190 n. Geduld, Harry M, 137 n. Gertrud (C.’V. Dreyer, 1944) 186 n. Gheerbrand, Alain 3 Ghost Ship, 7be(M. Robson. 1943) 164 Giardino delle streghe, II (.The Curse ofthe Cat People, G. von Frisch, R. Wise. 1944 ) 29. 81, 85, 93. 108. 164, 176 e n.. 177 Gide, Andre 42 Godard, Jean-Luc 5, 6 e n., 46. 57 e n., 69. 72 Goncourt, Jules de 42 Goya. Francisco 86 Gracq, Julien 16, 17 n., 35. 55, 65. 9Ó n.. 91 n., 103 n., Ill n., 160. 203, 206 n. Graf, Arturo 158 Grau, Albin 56 Green, Julien 65 n. Greville, Edmond G. 67 n. Griffith. David W. .32 n. Grivel. Charles 48 n., 65 n.. 73 n. Grosz, George 174 Guiguet. Jean-Claude 90 e n.. 199, 204. 221, 222 n. Guillaume, Marc 33 n. Guillerme, Jacques 50 e n. Guinness, Alec 34 Gunzburg, Nicolas de 187 n.

/ Walk the Line (J. Mangold. 2005) 60 Idolo delle donne, L' (The Ladies's Man,}. Lewis, 1961)64 Iena, La ( The Body Snatcher, R. Wise. 1945) 21, 44, 45. 86. 112. 170, 178 n.. 189 Incubi notturni (Dead of Night, autori vari, 1945) 38, 71, 73. 74 Inseparabili (Dead Ringers, D. Cronenberg, 1990) 42. 60, 68. 70, 72 Invasati, Gli (The Haunting, R. Wise, 1963) 65, 84. 93. 115, 117. 205 Irving, Washington 81

ILalf-Breed. The (C.B. Taylor, 1922) 70

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Indice dei muni e dei film

Ishaghpour, Youssef 4 n., 36 n., 76 n., 139 n. Ivan il terribile (Ivan Grozny, S. EjzenJlejn. 1945) 108. 176'

Legrand, Gerard, 54, 91 n. Leni, Paul 175 Lenne, Gerard XII n. Lettera da una sconosciuta (Let­ ter from an L'nknotr Woman, M. Ophuls, 1948). 116 Lewis, Jerry 5. .34. 48, 64, 65. 72. 140, 141 n„ 165, 167, 170, 172 Lewion. Val 4, ,37. 38, 86, 124, 161 e n., 164, 165 e n., 170, 171, 177 n„ 178, 184 L’Herbier, Marcel 220 Liandrat-Guigues, Suzanne 11.3 n.. 182 n., 196 n. Lincoln, Abramo 175. 176 Linder, Max 76 Lloyd, Harold 76 Lopez. Antonio 53. 54, 55 n. Lorde, André de 31 Lorrain. Jean 43. 100, 101 n.. 140 n. Lourcelles, Jacques 30 n., 115 e n.. 117 n. Lugosi. Bela 57, 63 n., 86, 100, 179 n. Luigi II di Baviera 6, 7 Lumière, fratelli 4. 28 n., 42, 48, 123 Lynch. David 100

Jacques, Francis XV n. James, Henry 39, 103, 149 n.. 197, 200 n.. 212 Jankélévitch, Vladimir 36. 92, 93 e n. Jaubert, Maurice 211 n. Jenny, Laurent 22 n., 181 n. Jensen, Wilhelm 218 Johnson, Belle 154 Juin, Hubert 218 n. Julian, Rupert 100 Karloff, Boris 57, 86. 88 n.. 126, 127, 178 e n. Keaton, Buster .34 , 47, 48, 100, 191, 193. 194 Kieslowski. Krzysztof 72 King Kong (M.C. Cooper c E.B. Schoedsack, 1933) 161 Kinski. Klaus 175 Kirsanoff, Dimitri 212 n. Klossowski, Pierre 219 Kràl. Petr 34 n„ 48 e n.. 91, 92 e n„ 124 e n. Kubrick, Stanley 7 n., 59, 126

Mare, Gerard 183 n. Machen, Arthur 158 Maeterlink. Maurice 153 n. Mago di Oz, Il ( Wizard ofOz, V. Fleming. 19.39) 73 Mahler, Gustav 221 Maldición de la Llorona, La (R. Baledon. 1963) 74 Maldiney, Henry 54 e n.. 157 Malebranche, Nicolas 29 Mallarmé, Stéphane 65 Mamoulian, Ruben 64, 77, 92, 118, 1.37, 139, 140, 169, 170, 171, 196 Manicomio (Bedlam, M. Robson, 1946) 164, 178 Mankiewicz. Joseph L. 90 Marathon, Ibe (M. Linder. 1919) 76 March. Fredric 170 Marin, Louis 61 Mars, Francois 76 e n., 121 n. Maschera, La, episodio di // pia­

Labarthe, André 214 n. Laclos. Michel 123 n. Lafon, Michel 153 n. La Mare, Walter De 30 e n.. Ili n., 191 n. Lambert, Jean-Clarence 181 n. Lang, Fritz 64 n., 73, 112 e n., 116 e n., 151 e n.. 154 e n., 166, 210, 211, 220 Lascaull, Gilbert 205 n. Laurel, Stan 137 n. Lavater, Johann K. X. 136. 137, 138 Lazzarini, Stefano XIII n. Le Borg, Reginald 179 n. Lecercle, Jean-Jacques 44 e n„ 45 n. Leenhardt, Roger 11 e n, Le Fanu, Sheridan 187 Legendre, Pierre 52 e n. 229

Indice dei nomi e dei film

Nicholson. Jack 126 Night Call (|. Tourneur, 1962) 26 Nightscomers, The (M. Winner, 1971) 22 No Control - Fuori controllo (Body Parts. E. Red, 1991 ) 67 n. Nodier, Charles 20, 190 n. Nosferatu il vampiro (Nosferatu, Èitie Symphonic des Grauens, F.W. Mumau, 1922) 11, 44, 45, 56, 58. 60. 85. 88. 112, 160, 166, 174, 175, 188, 196 Notwelle Vague (J.-L. Godard, 1991 ) 69, 72

cere (Le plaisir, M. Ophuls, 1951) 100 Maschera dei demonio. La (M. Bava. 1960) 58, 70. 72, 74, 80, 83 e n., 88 n., 93, 101, 102, 108, 113, 131, 132 Mattatore di Hollywood, Il ( The Er­ rand Boy, J. Lewis, 1962) 48, 72 Maupassant, Guv de 43, 114 e n„ 115, 173 n. Maurois, André 183 e n. McDonald, George 75 Medvedkin, Aleksandr 5 Méliès, Georges IX e n., X, Morin, Edgar IX e n., X4, .34 Méredieu, Florence de 49 n. Merimée, Prosper 97 n., 98 n., 118, 119, 189, 190 n. Messiaen, Olivier 7 n. Metz, Christian 75 n., 139 e n. Michelangelo Buonarroti, 55 n. Michelet, Victor Émile 128 Milner, Max 130, 131 n. Milton, John 87 Mirage (J.-C. Guiguet, 1992) 204 Misteri di un'anima, 1 (Geheimnisse einer Seele, G.W. Pabst. 1926) 154 Modica Marins. Jose 4 Molina, Angela 72 Mon onde d'Amèrìque (A. Re­ snais, 1978) 154 Monteiro, Joào Cesar 173, 174, 175 Morte a Venezia (L. Visconti, 1973) 221 Morte corre sul fiume, La (Night of the Hunter, J. Renoir, 1955) 93. 155, 174 Mulino delle donne di pietra, // (G. Ferroni, I960) 154, 158, 196 Mulligan, Robert 68 Muray. Philippe 88 n. Mumau, Friedrich Wilhelm 28 n., 54. 58. 60, 61. 88, 92, 154. 160, 166, 175. 188 Mussorgsky, Modest 222

Oakman, Wheeler 70 n. O'Brien, Fitz James 26 n Occhi senza t'olio, Gli (Les yeux sans visage, G. Franju, i960) 100 Occhio che uccide, L' (Peeping Tom. M. Powell, I960) 31 Ollier, Claude 122 e n. Olsen. Ole 121 Ombra del passato, L' (Murder, my Street, E. Dmytryk, 1945) 23 Onihalxi (1964, Kanèdo Scindo) 101 Onions, Oliver 109 n. Operazione paura (M. Bava. 1966) 51, 52. 87. 104. 128, 132. 141 Operazione terrore (Experiment in Terror, B. Edwards, 1962) 26 Ophuls, Max 100, 115. 116 Orfeo (Orpbée, Jean Cocteau, 1950) 88 Ovidio 154 Pabst, Georg Wilhelm 154 Palmer, Christopher 156 n. Parsifal (H.J. Syberberg, 1962) 73 Pasto nudo. Il (Naked Lunch, D. Cronenberg. 1992) 22 Paz, Octavio 12 e n. Peduzzi, Richard 156 Perfavore non mordermi sul col­ lo (The Fearless Vampire Kil­ lers, R. Polanski. 1967) 166 Pericolosa partita. La (The Most Dangerous Game, E.B. Schoed­ sack, 1932) 151. 186 n. Peucer, Kaspar 126 N.

Nadar 39 Nàede f'argen. De (C.T. Dreyer, 1948) 3. 186 n. Nazimova. Alla 161 n.

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Indire dei nomi e dei Jìim

Pineri, Riccardo 165 c n. Playtime (J. Tati, 1967) 34 Poe. Edgar Allan 8 n.. 89 n.. 158. 163. 196 Poizat, Michel 96 e n. Polanski. Roman 166 e n. Pollock, Jackson 58 Potocki. Jan 21. 38 Potter. Henry C. 121 Poussin, Nicolas 159, 160, 218 n. Powell. Michael 31 Predai. René XII n. Preminger. Otto 90 /’rocesso. // ( The Trial. O. Welles, 1963) I ti Proust, Francoise IO n„ 19 n.. 38 n., 93 n. Proust, Marcel 10 n., 19 n., 38 n.. 93 n„ 148 e n.. 205 Psico (Psycho, A. Hitchcock, I960) 58, 83. 103. 113 Puccini. Giacomo 96

Resnais. Alain 5, 25, 34. 36 n., 154, 165 n„ 214 e n„ 215, 216 e n„ 217, 218 n. Revaull D'Allonnes. Olivier 166 n. Richard, Jean Pierre 160 n. Richier, Germaine 208 n. Ricordi delia casa pialla ( Recorda^oes de casa marea, |.C, Monteiro, 1989) 172. 173. Ì74 Ritratto di Dorian Cray, H (The Picture of Dorian Cray. A. Le­ win, 1945) 103 Ritratto di Jenny, lì (Portrait of fenny, W Dietetic. 1949) . 163. 192 Rivclte. Jacques 214 n. Robbe-Grillet, Alain 214 c n., 215, 216 e n„ 217, 219 n., 220 n. Robertson 28 n., 69. 76 n.. 92. 112. 137. 169, 170, 175 Robson, Mark 4. 37, 56. 81. 155. 156. 161, 162, 16-1. 178 Rosset, Clement 26 e n., 27 n., 41 n., 42 n., 44, 46 e n.. 47 e n., 51 e n., 55 n.. 69 n., 88. 89 n.. 130 e n., 192 e n. Rosso segno della follia. H (M. Bava, 1970) 128 Roudaut, Jean 14 n„ 21 e n., 94 n. Roussel, Raymond 28 e n., 205 Russell. Elizabeth 85, 121. 175, 176, 177 e n., 178. 179 n. Rye, Stellan 32

Quarto potere (Citizen Kane, O. Welles, 1941) 55 QueU'oscttro oggetto del deside­ rio ( Cet ohscur objet da désir, 1.. Bunuel, 1977) 72

Rachmaninov, Sergej 155. 156 e n., 158, 161 Radcliffe. Ann 103 n. Radiazioni BX distruzione uomo (The Incredibile Sbrinkring Man,). Arnold, 1957) 30 Ragazza che sapeva troppo, Ut (M. Bava. 1963) 104 n. Ragazzo tuttofare, H ( The Beliboy, ). Lewis. I960) 72. 88 Rancy, Catherine 158 n. Rank, Otto 32 Ransmavr, Christoph 153 e n. Rapt ([). Kirsanoft, 1933) 212 Rebecca. la prima moglie (Rebec­ ca, A. Hitchcock. 1940) 112, 154 Red, Eric 67 n. Régnier, Henri de 128 n., 220, 221 n. Rembrandt, Harmensz Van Rijn 206. 207 n„ 208 Renoir, Jean 69 n.. 79, 84. 139. 140. Ì65, 167, 192

Saint-Simon, Henri de 187 n. Sangue blu (Kind Hearts and Coronets, R. Hamer. 1949) 34 Sangue del vampiro, li (Blood oj~ tbe Vampire, H. Cass, 1958) 58 Saulnier, Jacques 218 n. Savinio, Alberto 153 Schaeffer, Pierre 115 Schefer, Jean-Louis 12, 58 n.. 188 n., 189, 219 e n. Schelling, Friedrich 54 Schneider. Alan 99, 134 Schoedsack, Ernest B. 30 n. Schrader, Paul 22 e n. Schwartz, Deimore 31. 32 n.. 33 Schwob. Marcel 42. 1Ó1 n. Segalen, Vidor 13, 14 e n., 208 2.31

Indice dei nomi e dei film

Segreto dietro la porta, Il (Secret beyond the Door. E king. 1948) 115. 209 Sei donne per l'assassino (M. Ba­ va. 1964) 104 e n., 127, 128 Seitz, George B. 5 Selznick. David O. .30 n. Sempnìn, Jorge .36 n. Senso (L. Visconti, 1954 ) 202 Sentieri selvaggi ( The Searchers. J. Ford. 1956) 122. 154 Servais. Jean 114 e n.. 115 Sette probabilità, Le (Seven Chances. B. Keaton, 19.35) 47, 48. 192 Settima vittima, La ( The Seventh Victim, M. Robson. 194.3) 81. 82. 86. 164. 176 e n.. 177, 178 Sennit, Georges .36 e n., 1.39 n. Seven Years Bad Luck (M. Linder. 192.3) 76 Seyrig, Delphine 217 n. Seyrig, Francis 216 n. Shakespeare, William 19 n. Shining (S, Kubrick. 1980 ) 7 n., .31, .37, 59, 126 Simmel. Georg 64 Simon. Simone 85, 121, 177 Sirk. Douglas 179 n.. 205 Sjòstróm, Victor 112 Smith, G.A. IX Smoking/No Smoking (A. Re­ snais, 199.3) 25, .34 Spirito dell'alt vare, Lo (Ei espiri­ ti) de la colmena, V. Erice. 197.3) 28. 29. 57, 74. 90, 9.3, 15.3. 172 Spose di Dracula, Le ( The Brides of Dracula, T. Fisher. 1960) 1960) 4,3 Stato delle cose. Lo (Der Stand der Dinge, W. Wenders. 1975) 154 Steele, Barbara 102 Stesicoro 204, 205 Stevenson. Robert laniis .39. 64, 1.38 n. Stoker. Bram ,39. 40. 59. 60. 72 n.. 94 e n. Storia immortale (The Immortai Stori', O. Welles. 1967) 127 Strauss. Erwin 28 n.

Strindberg. August 8 n. Stroheim. Eric von 17.3 Studente di Praga. Lo ( Der Stu­ dent non Prag. S. Rye. 191.3) .32, 42 Suspense ( The Innocents. I. Clay­ ton, 1961 ) 6, 22. 29. 64.’84. 9.3. 97, 111, 122, 142, 149, 189. 192, 194, 200 n. Syberberg, Hans Jiirgen 6 e n.. 7 n.. 42 e n., 7,3

Tabù (V. Erice, 19.31) 54 Tempesta d'estate (Summer Storm, D. Sirk. 1944 ) 179 n. Temple, Shirley .30 n. Tesson. Charles 5 n., 187 n. Testamento del mostro, il (Le te­ stament du dr. Cordelier, |. Re­ noir, 1959) 79, 1.39, 167 ‘ Todorov, Tzvetan Xlll e n. Tomi. Marianne 111 n. Tòrok. Maria 32 e n., .3.3 n., 82 e n. Tourneur. Jacques 4, 1.3, 22, 2.3, 24 e n.. 25, 26, 37. 71. 80. 82, 88 e n„ 92 n.. 11.3, 120. 122, 123 n„ 124 e n„ 125 n.. 1.30. 151. 165 n. Trauma (D, Argento, 1993) 176 Tre tolti della paura, Il (M. Ba­ va. 196.3) 26. 27. 8(1, 101. 102. 104, 126, 127 Truffaut, Francois 112 e n. Tutta la memoria del mondo ( Tonte la mèmoire du monde. A. Resnais, 1956) .36 n„ 207 Tuzet, Hélcnc 158 n. Twain, Mark 67 n.

Uccelli. Gli (The Birds. A. Hitch­ cock. 1963) 48. 57, 106 n.. 195 Uccello, Paolo, 57, 58 l liner, Edgar George 56, 86 Uomo invisibile, L’ (The Invisible Man,}. Whale, 19.3.3) .30 Ihmo leopardo, L' (The Leopard Man, J. Tourneur, 194.3) 23, 86. 11.3, 129, 1,38. 164, 178. 197 Valéry, Paul 179 n„ 206 e n„ 208 e n. Vampiro dell'isola. Il ( The Isle of 252

Indice dei nomi e det film

Volta, Ornella 1.30 n. Von Frisch, Gunther 29

the Deads, M. Robson. 1945) 37. 56. 150. 151 n., 162, 164 VampyrW. Drcver. 1932) 107. 123 e n.. 154, 158. 166 n„ 185, 187 n.. 188. 196 Van Eyck,Jan 42 Van Gogh, Vincent 50 n., 55 n., 174 Vanishing American. The (G.B. Seitz. 1925) 5 Varda, Agnès 36 n. Vax, Louis 183 Venere d ille. Di (I.. e M. Bava, 1970) 84. 87. 97, 1()8, 118. 189, 200 n. Vermeer. Jan 9, 55 c n. Vernant, jean-Pierrc 97 n.. 204 Veme, Jules X. 40 e n., 58. 59, 95 n. Vemet, Marc Vili Vertigine (Laura, O. Preminger, 1944)90 Vertigo (A. Hitchcock. 1958) 70, 72, 105. 106 n„ 155 Vertov, Dziga 5 Veyne. Paul 3 e n. Viale del tramonto (Sunset lìoulevard, B. Wilder. 1950) 116 Vico, Giambattista 179 Virilio, Paul 29. 30, 37, 191 e n. Visconti, Luchino 13. 196 n.. 221 Visiteuse. Di (J.-C. Guiguet, 1980) 199. 203

Wachsfìgurenkahinett, Das ( P. Le­ ni, 1924) 175 Wagner, Richard 8. 155 n. Warton. Edith 30 n. Weird Woman (R. Le Borg. 1944) 179 n. Welles. Orson, 55 n„ 127, 141 Wells, Herbert-George .39 Wenders. Wim 154 Whale, James 172 Whale. Rolxrt 30 When a Stranger Calls (F. Wal­ ton. 1979) 27 n. Wicking, Chris 123 n. Wiertz. Antoine 91 Wilder, Billy 116 William Dieterle .50 n. Wilson. Woodrow 34 Winner. Michael 22 Wise, Rolx-rt 4. 21. 29. 65. 85, 117, 170 Woolf. Virginia Vili e n.. 69. 182, 183 n., 197 e n. Worms, Jeannine 25 n.

Yeats, William Butler 149

Zèro de conditile (]. Vigo. 1932) 211 n. Zola. Emile 43. 68

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Fin dai suoi inizi il cinema rivela forti legami col fantastico. Semplicemente, lo nozione di fantastico non si declina secondo un senso univoco e il dispositivo cinematografico mette in gioco il Reale e le sue duplicazioni. Circoscrivere il connubio tra i due è, di conseguenza, un'impresa appassionante e rischioso. La settima arte non è mai tanto se stessa come quando sfiora questo terreno vogo, que­ sta sottile frontiera popolata da creature che portano in sé la loro contraddizione, morti viven­ ti, donne gatto, scienziati mutanti. In queste pagine, le opere nelle quali si manifesto il fan­ tastico al cinema sono catturate dentro un movimento a spirale. Un chien andatoti di Luis Bunuel e L'anno scorso à Marienhad di Alain Resnois costituiscono i due poli attraverso i quali passa una corrente capace di animare segretamente i film prodotti do Val Lewton e firmati da Jacques Tourneur, Robert Wise o Mark Robson, quelli di Mario Bava, Suspense di Jack Clayton, vecchie conoscenze come Nosferatu di Friedrich Wilhelm Murnau e Vampyr di Carl Dreyer, ospiti discreti come Lo spirito dell'alveare di Victor Erice o Ricordi della casa gialla di Joào César Monteiro. Da una scrittura tutto tramato di echi, di riflessi, di rimondi preziosi tra letteratura e filo­ sofia, pittura e musica emerge uno vita misterioso del cinema, si compone un discorso sullo suo relazione al tempo, sul suo carattere malinconico, sui suoi poteri.

Jean-Louis Leutrat insegna estetica del cinema all'università Sorbonne Nouvelle-Paris III di cui è stato anche preside. Ho pubblicato con Le Mani Sentieri selvaggi di John Ford (1994), // cinema in prospettiva: una storia (1997) e, in collaborazione con Suzanne Liandrot-Guigues Le carte del western (1994) e Godard. Allo ricerca dell'arte perduta (1998). Oggetto dei suoi studi sono stati anche il Nosferatu di Murnau, Alain Resnois, Sergej Ejzenstejn, Jeon-Daniel Polle! Recentemente è tomolo a approfondire problematiche concernenti il cinema western.

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