Un gigante trascurato? 1988-2008: vent'anni di promozione di studi dell'Associazione Internazionale Dino Buzzati 9788862273336, 9788862273343

"C'è un vuoto da colmare", affermava Nella Giannetto nel 1986, all'inizio di quel percorso che l

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Un gigante trascurato? 1988-2008: vent'anni di promozione di studi dell'Associazione Internazionale Dino Buzzati
 9788862273336, 9788862273343

Table of contents :
SOMMARIO
Bianca Maria Da Rif, Presentazione
Maudi De March, « C’è un vuoto da colmare » : Nella Giannetto e una lezione che continua
Giovedì 20 novembre apertura lavori
Maurizio Trevisan, Presidente dell’Associazione Internazionale Dino Buzzati
Saluto delle autorità
Adriano Rasi Caldogno, Presidente della Fondazione per l’Università e l’Alta Cultura in Provincia di Belluno
Franco Miracco, Portavoce del Presidente della Giunta Regionale del Veneto
Giacomo Mazzorana, Direttore del Museo Diocesano di Arte Sacra di Belluno-Feltre
Ennio Trento, Assessore alla Cultura del Comune di Feltre
Maria Grazia Passuello, Assessore alla Cultura del Comune di Belluno
Relazioni
Delphine Bahuet Gachet, Presenza di Buzzati in Francia, all’alba del nuovo millennio
Yves Frontenac, A proposito della fondazione dell’Association Internationale desAmis de Dino Buzzati e del suo ‘rayonnement’
Patrizia Dalla Rosa, Tra Poeta e studioso : soglie di comunicazione del Centro Studi Buzzati
Silvia Zangrandi, Un caso che comincia per bi. Viaggio tra le tesi riguardanti l’opera diDino Buzzati assegnate negli atenei milanesi (1988-2008)
Yves Panafieu, Un lungo viaggio oltre la « cortina fumogena » buzzatiana : 1969-2008. Dalle curiosità individuali ai coinvolgimenti collettivi per vie associative
Fabio Atzori, Qualcosa era successo. Il paradosso di Bologna
Ilaria Crotti, La presenza di Dino Buzzati all’Università di Venezia
Elisa Martínez Garrido, Dino Buzzati e la sua recente fortuna nella cultura spa-gnola
María Beatriz Cóceres, Dino Buzzati in Argentina : spunti sulla ricezione della suaopera in ambito accademico
Venerdì 21 novembre apertura lavori
Bianca Maria Da Rif, Presentazione
Relazioni
Marie-Hélène Caspar, Quarant’anni con Dino Buzzati : un maestro di vita
Anna Ventinelli, Una proposta didattica su Buzzati in Austria : l’‘Ich erzähler’ nella novella e nel cinema
Alessandro Scarsella, Aspetti del ‘caso’ Buzzati : premesse storico-critiche e studiodel fantastico in Italia (1988-2008)
Alvaro Biondi, Una lunga fedeltà. Dino buzzati e l’‘Italia magica’
Sezione giornalisti
Roberto Carnero, Breve testimonianza di un ex-borsista del Centro Studi Buzzati
Sergio Frigo, Dino Buzzati veneto, visto dall’archivio del « Gazzettino »
Alessandro Mezzena Lona, Trieste : un racconto dimenticato
Marco Perale, Dino Buzzati dall’osservatorio de « L’Amico del Popolo » di Belluno
Lorenzo Viganò, Dino Buzzati e il « Corriere della Sera » : la storia continua
Riassunti
Profili dei relatori

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QUA DE R N I D E L CE N T RO S T UD I BUZ Z AT I Collana fondata da Nella Giannetto * 6.

Questo libro viene pubblicato con il sostegno della Regione del Veneto e della Fondazione per l’Università e l’Alta Cultura in Provincia di Belluno, cui va la più viva riconoscenza del Centro Studi Buzzati.

U N GIGAN T E TR ASCU R AT O ? 1988-2008: vent’anni di promozione di studi dell’Associazione Internazionale Dino Buzzati a cura di p a trizia d alla rosa e b ia n ca m a ria da rif

P I SA · RO MA

FA B RI Z I O SERRA E D I TO R E MMX

Amministrazione e abbonamenti : Fabrizio Serra editore Casella Postale n. 1, succursale n. 8, 56123 Pisa, tel. +39 050542332, fax +39 050574888, [email protected] Uffici di Pisa : Via Santa Bibbiana, 28, 56127 Pisa Uffici di Roma : Via Carlo Emanuele I, 48, 00185 Roma I prezzi ufficiali di abbonamento cartaceo e/o Online sono consultabili presso il sito Internet della casa editrice www.libraweb.net Print and/or Online official subscription rates are available at Publisher’s web-site www.libraweb.net. I pagamenti possono essere effettuati sul c.c.p. n. 17154550 oppure tramite carta di credito (Visa, Eurocard, Mastercard, American Express) * Sono rigorosamente vietati la riproduzione, la traduzione, l’adattamento, anche parziale o per estratti, per qualsiasi uso e con qualsiasi mezzo effettuati, compresi la copia fotostatica, il microfilm, la memorizzazione elettronica, ecc., senza la preventiva autorizzazione scritta della Fabrizio Serra editore®, Pisa · Roma. Ogni abuso sarà perseguito a norma di legge. * Proprietà riservata · All rights reserved © Copyright 2010 by Associazione Internazionale Dino Buzzati e Fabrizio Serra editore®, Pisa · Roma. www.libraweb.net isbn 978-88-6227-333-6 isbn elettronico 978-88-6227-334-3

SOMMARIO Bianca Maria Da Rif, Presentazione Maudi De March, « C’è un vuoto da colmare » : Nella Giannetto e una lezione che continua  



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giovedì 20 novembre apertura lavori Maurizio Trevisan, Presidente dell’Associazione Internazionale Dino Buzzati

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saluto delle autorità Adriano Rasi Caldogno, Presidente della Fondazione per l’Università e l’Alta Cul tura in Provincia di Belluno Franco Miracco, Portavoce del Presidente della Giunta Regionale del Veneto Giacomo Mazzorana, Direttore del Museo Diocesano di Arte Sacra di Belluno-Feltre Ennio Trento, Assessore alla Cultura del Comune di Feltre Maria Grazia Passuello, Assessore alla Cultura del Comune di Belluno

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relazioni Delphine Bahuet Gachet, Presenza di Buzzati in Francia, all’alba del nuovo millen nio Yves Frontenac, A proposito della fondazione dell’Association Internationale des Amis de Dino Buzzati e del suo ‘rayonnement’ Patrizia Dalla Rosa, Tra Poeta e studioso : soglie di comunicazione del Centro Studi Buzzati Silvia Zangrandi, Un caso che comincia per bi. Viaggio tra le tesi riguardanti l’opera di Dino Buzzati assegnate negli atenei milanesi (1988-2008) Yves Panafieu, Un lungo viaggio oltre la « cortina fumogena » buzzatiana : 1969-2008. Dalle curiosità individuali ai coinvolgimenti collettivi per vie associative Fabio atzori, Qualcosa era successo. Il paradosso di Bologna Ilaria crotti, La presenza di Dino Buzzati all’Università di Venezia Elisa Martínez Garrido, Dino Buzzati e la sua recente fortuna nella cultura spa gnola María Beatriz Cóceres, Dino Buzzati in Argentina : spunti sulla ricezione della sua opera in ambito accademico

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venerdì 21 novembre apertura lavori Bianca Maria Da Rif, Presentazione

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Marie-Hélène Caspar, Quarant’anni con Dino Buzzati : un maestro di vita  

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sommario

Anna Ventinelli, Una proposta didattica su Buzzati in Austria : l’‘Ich erzähler’ nel la novella e nel cinema Alessandro Scarsella, Aspetti del ‘caso’ Buzzati : premesse storico-critiche e studio del fantastico in Italia (1988-2008) Alvaro Biondi, Una lunga fedeltà. Dino buzzati e l’‘Italia magica’  

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sezione giornalisti Roberto Carnero, Breve testimonianza di un ex-borsista del Centro Studi Buzzati Sergio Frigo, Dino Buzzati veneto, visto dall’archivio del « Gazzettino » Alessandro Mezzena Lona, Trieste : un racconto dimenticato Marco Perale, Dino Buzzati dall’osservatorio de « L’Amico del Popolo » di Belluno Lorenzo Viganò, Dino Buzzati e il « Corriere della Sera » : la storia continua

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Riassunti Profili dei relatori

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N

ella Giannetto ha scritto una pagina importante nella cultura italiana. In questo saluto introduttivo al volume che raccoglie il frutto del Convegno dedicato alla sua ‘eredità’, desidero tuttavia ricordarla in modo più intimo. Tutti quelli che l’hanno conosciuta avevano con lei un rapporto speciale. Chi la ricorda come docente di letteratura italiana, chi la ricorda come collega, chi come donna, chi come amica. Nella ha saputo donare sempre a ciascuno di noi parte di sé e nello stesso tempo ciascuno di noi ha avuto il privilegio e la soddisfazione di ricambiare in modo spontaneo senza preoccuparsi della misura. Chi l’ha conosciuta sa che aveva il dono di far sentire l’altro importante e degno di attenzione sincera. Nella sapeva ascoltare, comprendere, stimolare, aggregare. Anche durante la malattia che ci ha privato di lei così presto, ha sempre avuto come primo pensiero l’‘altro’. La sua fede l’ha sostenuta e le ha permesso di affrontare i momenti più difficili con umiltà e speranza. Se la morte ci ha tolto l’energia della sua fisicità, tutti noi conserviamo e talvolta incontriamo segni della sua presenza. L’anima di Nella torna in un fiore, in una parola, in un gesto… Forse per ricordarci che là dove è ora non ha smesso di amare. La Presidente dell’Associazione Internazionale Dino Buzzati Annamaria Esposito

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presentazione Bianca Maria Da Rif

I

l punto di domanda alla fine del titolo del convegno che celebra il ventennale dell’Associzione Internazionale Dino Buzzati potrebbe far pensare ad una casuale sbadataggine, ad un fortuito errore di digitazione o all’incuria dei correttori di bozze. Quel punto di domanda, invece, è carico di implicazioni e di aspettative. Introduce quella che, a distanza di tempo, è ora diventata la storia di una serie di eventi pensati con intelligenza, programmati con attenzione, perseguiti con fervida dedizione e coraggio da chi, venuto da lontano, ha avuto l’intuizione di capire che Dino Buzzati, troppo poco conosciuto in Patria, meritava di essere oggetto di attenzione e di studio. Se è vero che i proverbi hanno la forza di sfidare il tempo e di esistere in base alla sintesi esperienziale che li ha generati, allora il nemo propheta in patria ancora una volta trova conferma nelle origini siciliane di chi ha avuto questa meravigliosa percezione, che non solo si è trasformata in una ragione di vita e di cultura per lei che l’ha concepita e portata avanti – con determinazione, dal nulla e nonostante innumerevoli difficoltà – ma soprattutto in motivo propulsore di studi su Buzzati in Italia. Il merito di questa ideazione va ascritto alla professoressa Nella Giannetto, all’epoca docente di Lingua e Letteratura all’Università iulm di Feltre, che si è dedicata sino all’ultimo all’obiettivo di studiare e di far conoscere la complessa personalità artistica di Dino Buzzati, autore allora, come dicevo, notissimo all’estero ma scarsamente considerato, per non dire ignorato, in Italia. È grazie alla sua passione che si può ora parlare di ‘pianeta Buzzati’, di ‘universo buzzatiano’, sintagmi che mettono in luce le molteplici sfaccettature dello scrittore bellunese, che, oltrepassando la mera dimensione letteraria, si estendono a campi diversi : dal fumetto alla pittura, dal giornalismo al teatro, dalla musica alla poesia. È grazie a Giannetto, alla sua apertura mentale, alla sua capacità di guardare lontano, al di là dei confini geografici territoriali, se in occasione del ventennale dell’Associazione Internazionale Dino Buzzati studiosi italiani, europei ed extra-europei si sono ritrovati proprio a Feltre per dare risposta all’impegnativo titolo del convegno. La percezione di quel « giacimento Buzzati » che all’inizio della carriera universitaria della professoressa Giannetto aveva « cominciato a volare » (sono parole sue) è ora diventata concreta realtà. L’Associazione Internazionale e il Centro Studi, che ne è l’organo scientifico, la rivista « Studi buzzatiani » e la prestigiosa collana « Quaderni del Centro Studi Buzzati » ne sono il risultato tangibile, destinato a durare, però, solo e se condiviso e supportato dalle istituzioni locali. Nelle pagine di questi atti, che documentano gli esiti dell’iter intrapreso vent’anni fa, le preziose testimonianze della storia e degli sviluppi di quella lontana idea, concepita dall’allora giovane ricercatrice, si affiancano alla testimonianza corale di stima e affetto di chi, con lei, ha condiviso obiettivi, scelte e percorsi di quell’universo buzzatiano. Le due giornate di lavoro del 20 e 21 novembre 2008 si sono svolte all’insegna di tematiche diverse, incentrate, nella prima sessione, sul livello di diffusione e ricezione accademica dell’opera di Buzzati in Italia (Milano, Venezia, Bologna) e all’estero (nella fattispecie Francia, Spagna, Argentina), nonché sull’insostituibile e preziosa funzione ri 

















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bianca maria da rif

vestita dal Centro Studi Buzzati, punto di riferimento per ogni indagine scientifica ; nella seconda su approfondimenti relativi a particolari settori di ambito critico-storiografico, quali il fantastico e il surreale, di recente enucleati e messi in luce nel magico e seducente mondo di parole disegnate e dipinte di Buzzati. Ha chiuso il convegno la sezione « Giornalisti », in cui sono stati documentati gli sviluppi dell’attenzione riservata al Nostro da quotidiani italiani e settimanali veneti. Testimonianze preziose che hanno concorso a tracciare la storia della fortuna dell’opera buzzatiana. Se dunque i lavori del convegno hanno permesso di stilare un bilancio della lungimirante iniziativa di creare un’Associazione e un Centro Studi allo scopo di valorizzare e diffondere la conoscenza di questo grande autore, è altresí vero che non si è trattato di un mero bilancio di chiusura. Anzi, e di certo non a sorpresa, rispondendo a sottese aspettative, sono state enucleate e messe in luce altre prospettive di studio e di approfondimento, si sono aperte nuove istanze di ricerca su aspetti finora appena sfiorati dalla storiografia letteraria o dalla critica. Ad accogliere i prestigiosi relatori di fama internazionale ed i partecipanti al convegno per tutta la durata dei lavori sono state, nelle sale del Museo Diocesano di Arte Sacra di Feltre che li ha ospitati, le toccanti parole di benvenuto di Monsignor Giacomo Mazzorana, alla cui raffinata accoglienza vanno i più vivi ringraziamenti degli organizzatori dell’evento. La stessa gratitudine è da riservare a Giuditta e Gabriele Turrin che, con signorile gentilezza, hanno aperto ai convenuti la loro splendida dimora cinquecentesca, in mirabile sintonia con la coinvolgente atmosfera creatasi nelle due giornate di studio. Un sentito ringraziamento è doveroso rivolgere infine alla Regione del Veneto, alla Fondazione per l’Università e l’Alta Cultura in Provincia di Belluno, alla città di Feltre e alla Diocesi di Belluno-Feltre, nonché, per le attività collaterali, al Comune di Belluno, alla Magnifica Comunità di Cadore e al Comune di Alleghe, senza il cui sostegno non sarebbe stato realizzabile questo unico e irripetibile momento, ideato e voluto da chi è ora la testimone per eccellenza dell’illuminata attività di Nella Giannetto : Patrizia Dalla Rosa.  







«c’è un vuoto da colmare» : NELLA GIANNETTO E UNA LEZIONE CHE CONTINUA 1  



Maudi De March

C

hissà grazie a quale indefinibile seduzione Buzzati è entrato nell’intima passione letteraria di Nella Giannetto. Perché la giovane ricercatrice siciliana, che nei primi anni Ottanta inizia a frequentare l’Istituto Universitario di Lingue Moderne della iulm di Feltre, su qualche personale via di Damasco rimane folgorata dalla scrittura e dai messaggi dello scrittore bellunese. Quello che verrà dopo, la costruzione tenace di un pianeta buzzatiano, meglio, un sole di riferimento per la ricerca a livello internazionale, non può infatti essere semplicemente risolto come il tentativo di sondare percorsi di studio poco battuti, di navigare mari lontani dalla critica corrente per finalità puramente carrieristiche, per creare una personale, prestigiosa scultura commemorativa utile ad arricchire un curriculum in realtà già segnato da premi e riconoscimenti di rilievo. Colei che nel 1986 istituisce l’Archivio Buzzati è una Giannetto già finita nella trama dell’enigma Buzzati. Nel suo vulcanico lavoro la ricercatrice, allieva della scuola di Vittore Branca, si è confrontata con ambiti diversi, dalla medievalistica (Boccaccio e Petrarca) alla storia della cultura e filologia del ’400 (Umanesimo veneto), dalla letteratura moderna alla teoria letteraria. È però sullo scrittore bellunese che, da questo momento in avanti, si concentreranno gli sforzi maggiori della studiosa, che per un ventennio intero profonderà il talento naturale nello studio e una particolare abilità organizzativa alla creazione di un polo di ricerca di alto livello. Un arco di tempo troppo lungo per non essere giustificato da un sentimento di fondo, da una affinità letteraria nei confronti della parola buzzatiana, quasi che per uno di quei misteriosi scherzi della sorte, tanto presenti nella sua opera, la voce e il messaggio dello scrittore avessero trovato l’interlocutrice ideale in un’isola mediterranea, aleggiando in un luogo (metaforico oltre che geografico) a metà strada tra la catena alpina delle montagne e i grandi deserti africani. Il cammino intrapreso dalla Giannetto, condizionato dunque da un’intima passione per il Buzzati scrittore, nasce anche da alcune felici intuizioni, meglio, convinzioni, che dimostrano come lo sguardo della ricercatrice pura sapesse (e volesse) allargarsi a contesti extra-accademici, come se il rielaborare e far fiorire cultura potesse uscire dalle aule universitarie per cercare quasi socraticamente nuovi spazi, nuove strategie e nuove menti. 1  La genesi di queste note introduttive sull’ideazione di Nella Giannetto va ascritta a un atto di volontà dello spirito e della mente della dottoressa Patrizia Dalla Rosa. Ossia di colei che, oggi, ha raccolto il testimone prezioso lasciato dalla professoressa Gianetto, abbracciando, esistenzialmente, la causa della ricerca buzzatiana. Spetta quindi alla Dalla Rosa il lungimirante merito di aver voluto rintracciare simbioticamente, com’è giusto, la storia dell’Associazione con quella della sua musa ispiratrice. Merito che trascende, ovviamente, il risultato finale dell’analisi qui proposta. E tutto ciò va ricordato non per mera elegiaca cortesia, ma per rispetto di verità storica.

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maudi de march

La leva d’azione, su cui si basano i passi successivi, viene offerta da un’osservazione che oggi può apparire scontata, ma che un ventennio fa pochi avevano saputo trarre. Semplicemente, fa notare Nella, nel mondo « i lettori di Buzzati sono legioni, e le sue opere sono già state tradotte in ventisette lingue ». 1 Un dato, quello della fortuna editoriale e critica buzzatiana all’estero, su cui la ricercatrice torna più volte nelle interviste di quegli anni, forse perché è l’emblema della dissonanza tra la percezione dello scrittore in patria – soprattutto per ciò che concerne i quadri generali della critica letteraria – e il consenso che gli viene costantemente tributato oltralpe ; sintomatico è il ‘caso’ della Francia, terreno in cui il seme buzzatiano ha trovato l’habitat ideale per germogliare con vigore, al punto da vedersi dedicata l’attenzione dell’Association Internationale des Amis de Dino Buzzati, costituita nel 1976. Buzzati e la critica italiana, Buzzati e le incomprensioni di fondo, le disaffezioni, le diffidenze con il Wallahla letterario novecentesco, Buzzati e le disattenzioni, la superficialità del mondo accademico : questioni che la Giannetto riporta alla luce nel momento che precede e accompagna la creazione dell’Archivio, ma non smette di approfondire negli anni successivi, man mano che il tempo andrà ponendo la giusta distanza con gli eventi biografici e culturali che toccarono lo scrittore :  











Non si può certo dire che Buzzati in Italia non sia uno scrittore noto. Ma il ruolo generalmente riconosciutogli dalla critica nel contesto della letteratura contemporanea, anche soltanto italiana, è assai più limitato di quello che gli viene attribuito all’estero. Si trovano ancora oggi storie della letteratura del Novecento in cui il suo nome non compare addirittura o si limita a far numero in lunghi elenchi di autori minori. Non può non apparire singolare che questo « minore » fuori d’Italia sia considerato, a torto o a ragione, un gigante della letteratura universale. E diventa doveroso, quanto meno, indagare sulla dinamica e le motivazioni di una sproporzione così vistosa. 2  





Sproporzione che merita una nuova riflessione, una rinnovata attenzione, o per lo meno che dovrebbe far scattare la molla della curiosità attorno alle ragioni di questa differenza nell’ascolto del messaggio buzzatiano tra il suolo patrio e quello straniero. « Come si spiega questa fortuna « esterna » di Buzzati ? » chiede alla Giannetto il giornalista Ivo Prandin all’indomani della fondazione dell’Associazione Dino Buzzati.  









Naturalmente, per ogni autore ci sono delle variabili che non sempre sono legate alla qualità della sua opera. Ci sono però ragioni individuabili : per esempio, la narrativa di Buzzati è abbastanza universale, a sfondo esistenziale e simbolico, e può valere in tutti i climi culturali a differenza di molta nostra narrativa. Un’altra ragione è la lingua di Buzzati, che è facilmente traducibile. Voglio dire : non è Gadda. Un motivo meno ‘nobile’, se si vuole, ma che gioca nella fortuna di un autore. E poi, all’estero non è mai stato penalizzato. In Italia, se ci pensiamo, le opere di Buzzati sono sempre uscite nel momento sbagliato : per esempio, durante il trionfo del neorealismo, della letteratura impegnata, quando si sa che Buzzati rifiutava programmaticamente ogni forma di ideologizzazione, a volte con atteggiamenti anche provocatori. Questo non è stato privo di conseguenze. Per esempio, molti critici lo hanno ignorato. 3  







1  N. Giannetto, Dino Buzzati : un bellunese d’eccezione, nella rivista « Bellunesi nel mondo », n. 5, maggio 1992, pp. 4-5, Archivio del Centro Studi Buzzati. 2  Ead., Il sudario delle caligini. Significati e fortune dell’opera buzzatiana, Firenze, Olschki, 1996, pp. 237-338. 3  Dall’intervista in I. Prandin, Miniera di sogni. Nel nome dello scrittore è nata una associazione, « Il Gazzettino », 23 dicembre 1988, p. 3.  









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nella giannetto e una lezione che continua

Ecco dunque la necessità di riaprire il ‘caso Buzzati’, di riportare un cono di luce sulla figura e sull’opera del giornalista del « Corriere » svincolandosi da certe datate interpretazioni, interrogandosi con gli strumenti della critica, ma all’interno di un nuovo clima storico-culturale, sull’effettivo valore dei suoi scritti, sull’originalità del suo significante prima ancora che dei suoi significati. Scriveva la Giannetto nel 1996 :  





Ciò che più è mancato a Buzzati non sono tanto le recensioni iniziali : sono le letture e gli approfondimenti successivi. Quasi tutti gli autori importanti, all’inizio della loro carriera e anche nell’immediata prossimità dei loro libri di maggior rilievo, vengono fatti oggetto più che altro di recensioni, di interviste, di articoli di varietà. Ma via via che il loro prestigio cresce e ci si rende conto che è destinato a durare, si moltiplicano gli studi di maggior respiro, le vere e proprie analisi critiche. Solo per gli autori il cui successo si ritiene effimero ci si mantiene al livello delle recensioni e degli aneddoti giornalistici più o meno pettegoli. A Buzzati è accaduto proprio di essere trattato in Italia, sino a pochissimo tempo fa (e in alcuni ambienti ancora oggi), alla stregua di uno dei tanti narratori che vengono alla ribalta per una stagione, magari per un premio letterario vinto grazie ad abili diplomazie, o di un qualsiasi esponente della letteratura di consumo che permette di vendere libri con continuità ma senza mai trovare posto ai piani alti della comunità letteraria. 1  



Successo stagionale, letteratura di consumo… letture decisamente distanti dai dati oggettivi che arrivano dal mondo, da paesi nei quali il Deserto, e altre opere, vantano più edizioni e una presenza costante negli scaffali delle librerie. Che vi sia stato qualcosa di più, qualcosa oltre una certa miope, sbrigativa analisi dello scrittore bellunese data da taluni suoi contemporanei ? Perché l’occhio vigile e acuto di un tale Calvino aveva invece scomodato, ricordando Buzzati, perfino la categoria di « quell’atemporalità che è il traguardo dei classici » ? 2 Comprensibile, lecita allora l’esigenza di quegli « approfondimenti successivi » richiesti dalla Giannetto, di quelle « vere e proprie analisi critiche » atte a ricollocare la posizione di Buzzati al di fuori del transeunte aneddoto giornalistico o pettegolezzo.  

















In Italia, invece, finora, non si è andati quasi mai oltre la misura delle manifestazioni celebrative, delle carrellate di testimonianze, dei servizi giornalistici. Esistono, si capisce, alcuni saggi pregevoli, ma si tratta di casi abbastanza isolati. L’unico incontro scientifico di rilievo che intorno allo scrittore sia stato organizzato da una struttura culturale italiana è il convegno dedicato a Buzzati dalla Fondazione Cini di Venezia, nell’ambito di una serie di convegni sulla “Linea veneta nella cultura contemporanea”. Dunque c’è un vuoto da colmare. 3  

Quale la sede, il tavolo di discussione per colmare questo vuoto, riaprire la querelle ? Nella Giannetto veleggia lontano dal mondo accademico veneto dove si è formata, nel quale tesse rapporti e ricerche. Fiuta una propria brezza, germoglia una seconda intuizione : l’attenzione al particolare geografico, che si rivelerà progressivamente un caposaldo per la comprensione dell’immaginario buzzatiano. Da questa doppia esigenza ecco la creazione, nell’86, dell’Archivio Buzzati :  





1  N. Giannetto, Il sudario delle caligini, cit., p. 238. 2  I. Calvino, Quel deserto che ho attraversato anch’io, « La Repubblica », 1 novembre 1980, p. 15, in N. Giannetto, Il sudario delle caligini, cit., p. 251. 3  N. Giannetto, L’Archivio Buzzati di Feltre. Omaggio a un maestro, estratto da Fantastico e immaginario, a cura di A. Scarsella, Chieti, Solfanelli, 1988, p. 198, Archivio del Centro Studi Buzzati.  



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maudi de march

Ci sono state alcune occasioni che si sono combinate insieme. Un corso di lezioni su Buzzati che ho ereditato, mi ha fatto scoprire la vastità del giacimento. Relativamente al suo valore, ho scoperto che era un autore abbastanza poco conosciuto. Ci metta il fatto, essenziale, che era bellunese, e l’idea ha cominciato a volare. 1  

La percezione che la terra natale, il mondo prealpino e dolomitico abbiano valenze molto profonde nell’elaborazione delle tematiche buzzatiane 2 la spinge a cercare proprio nella provincia bellunese l’alcova per l’Archivio, che diventerà poi Centro Studi Buzzati. Un ritorno alle origini, come vorrebbe un romantico luogo comune, senza il timore di involuzione : c’è da schiudere invece la possibilità di investigare prima, e comunicare poi, un Buzzati ritrovato. Doppio binario, dunque, che mostra l’elasticità della capacità d’analisi della ricercatrice. Da un lato c’è tutta una branca da esplorare e rivalutare circa il rapporto tra l’autore del Deserto e la sua terra : rapporto che travalichi il semplice dato anagrafico e vacanziero del Buzzati che ritorna a Villa San Pellegrino per le ferie estive, caratterizzate dalle immancabili ascensioni dolomitiche. Dall’altro la possibilità di sensibilizzare la realtà locale sull’esigenza di dare voce a uno dei suoi figli più celebri. Doppio, anzi multiplo percorso da seguire per seguire e sviscerare il binomio Buzzatibellunese, scoperchiando, come sottolinea ancora Prandin, quella « specie di ‘giacimento culturale’ nel quale scavare » :  











– Sì, perché ci sono ancora tante cose da scoprire nell’opera di Buzzati. Soprattutto, nel nostro caso, tante cose legate alla realtà locale. Questo delle radici etnico-culturali dello scrittore è il filone della vostra ricerca ?  

– Uno dei filoni fondamentali, sì. I motivi del legame di Buzzati con il Bellunese non sono solamente anagrafici. È nato a Belluno, ma era soprattutto legato alle montagne, che lo hanno a lungo ispirato : tra Belluno e Feltre ha avuto alcuni dei suoi amici migliori, come la guida alpina Franceschini, che era molto di più di un amico, un confidente […]. Insomma, ci sono persone che possono fornire testimonianze : un patrimonio da non perdere. 3  





Avvicinamento di un artista al proprio territorio, con un auspicio che il territorio si possa ri-avvicinare al suo artista : lo intuisce subito un giornalista attento alla realtà locale, quale Fiorello Zangrando, nel presentare il primo importante convegno organizzato dalla neonata Associazione Buzzati, nell’ottobre dell’89 :  



– La critica si è più volte mobilitata, anche a plotoni affiancati, per “scoprire” Buzzati, ma il convegno di Feltre promette novità e stimoli. E, inoltre, se fosse davvero l’occasione buona affinché Buzzati fosse avvicinato, con ricchezza di apparati analitici, anche dai suoi conterranei ? Senza nulla togliere all’ampiezza dei suoi orizzonti creativi, Buzzati può essere conosciuto anche sotto le apparenze del montanaro vicino di casa, che amava arrampicare sulle Dolomiti, spaziare con lo sguardo in Val Belluna dalla sua casa di San Pellegrino, e sognare santi e gatti mammoni annidati nei boschi o nelle chiesette… 4  



1  Da I. Prandin, Miniera di sogni, cit. 2  A tal proposito si veda, per esempio, quanto evidenziato da Patrizia Dalla Rosa in Val Belluna e dintorni : la “geografia intima” di Buzzati, in P. Dalla Rosa, Dove qualcosa sfugge : lingue e luoghi di Buzzati, Quaderni del Centro Studi Buzzati-3, Pisa-Roma, Istituti editoriali e poligrafici internazionali, 2004, pp. 113-132. 3  Ivi. 4  F. Zangrando, L’Università di Feltre celebra Buzzati, « Comunità Montana », n. 5, 1989, Archivio del Centro Studi Buzzati.  







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nella giannetto e una lezione che continua

Recupero di voci, memorie ancora vive che offrano nuovi indizi sull’uomo e sullo scrittore. Questo può rappresentare potenzialmente il territorio d’origine. Ma, da un’altra prospettiva, la Giannetto è convinta che muoversi alla ricerca delle radici significa anche poter illuminare nuove trame interpretative mai o poco considerate prima. Com’era il rapporto di Buzzati con la sua terra ?  

– Era prima di tutto un rapporto con il Veneto fatto di radici, di una sensibilità che si è creata, di un’inquietudine metafisica che caratterizza la sua opera ed è in qualche modo legata a certi motivi della spiritualità veneta, ma naturalmente è un legame abbastanza insolito : non come Pavese con il Piemonte o di Pasolini con il Friuli o Roma, ma proprio una sensibilità che lo fa attento a certe caratteristiche ambientali che poi si incontrano in luoghi immaginari che lui ricrea… 1  



Luoghi immaginari che scaturiscono dalla sensibilità del giovane Buzzati a contatto con la natura della sua valle prealpina, ma altro ancora e molto di più. Sarà proprio grazie a questa percezione critica, a questa traccia di ricerca che, nel corso degli anni successivi, si arriverà a capire fino in fondo il profondo rapporto tra l’immaginario dello scrittore, l’essenza del suo pensiero e la scoperta del territorio naturale bellunese avvenuta nell’infanzia e nell’adolescenza buzzatiane. Questo sì vero capitolo innovativo nel corpus critico, fondamentale passo verso la piena comprensione dell’uomo, dello scrittore, a tal punto da poter identificare ormai nella Val Belluna la ‘geografia intima’ di Buzzati, il suo ‘paesaggio spirituale, mitico’. Fortuna di Buzzati all’estero e distrazione italiana. Importanza del territorio natale e nuovi spunti di ricerca. La strategia di pensiero e d’azione della Giannetto si completano e si accendono con una ulteriore scintilla : la presenza, in un territorio pur marginale e provinciale, di una sede universitaria, di un porto sicuro, dunque, dal quale muoversi per orientare e organizzare ricerca e comunicazione. Non bastasse, quella che la iulm ha aperto nella sede di Feltre è una Facoltà di Lingue : quale pretesto migliore per volgere l’occhio che ricerca Buzzati, tra il mare magnum di possibilità, verso il suo ‘esilio’ all’estero ?  





– Siccome la nostra è una Facoltà di Lingue, io ho voluto indirizzare gli studenti sulla fortuna all’estero di Buzzati, che è vastissima. Addirittura, in Francia è l’autore più letto : una vera passione dei francesi, questa. L’anno scorso, nelle classifiche dei pocket, i primi tre titoli erano di Buzzati. 2  



Il sussulto con cui nasce, come accennato, l’Archivio Buzzati, è una vibrazione a più frequenze, destinate a rifrangersi e perdurare, trovando la cassa di risonanza all’interno di una piccola, ma viva, sede accademica. L’angolo buzzatiano dev’essere punto di ricezione, ma contemporaneamente radiofaro di trasmissione, stimoli, proposte :  

L’Archivio è stato da me organizzato, con l’intento di fornire un servizio a tutti coloro che abbiano bisogno di servirsene e la speranza di riuscire a far convergere in un unico centro di raccolta noto il maggior numero di materiali utili. L’Archivio ha fra i suoi scopi anche quello di dedicare una particolare attenzione ai rapporti di Buzzati con il territorio della provincia di Belluno, in considerazione del particolare legame, non solo anagrafico, che unisce Buzzati a tale territorio e alle sue montagne. Ma, anche per il fatto di avere sede in una Facoltà di Lingue, è stato subito 1  Da I. Prandin, Miniera di sogni, cit.

2  Ibid.

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orientato pure verso il problema della fortuna di Buzzati all’estero e – indispensabile correlativo – verso quello della sua fortuna italiana. 1  

Attenzione però. Potrebbe scivolare via. Defilarsi come aspetto secondario (e scontato) all’interno di questa generale carrellata all’indietro. Invece ritorna dalle lettere private e rivendica almeno una breve citazione : il progetto di fondo, il sogno cullato che indirizza tutte queste prime iniziative della futura presidente dell’Associazione Buzzati. Non si tratta solo di un’Archivio, per quanto i suoi propositi, come detto, siano ambiziosi e innovativi. Non si tratta nemmeno dell’Associazione, che sorge alla fine del 1988 e che diventerà qualche tempo dopo ‘Internazionale’, inglobando la precorritrice sorella maggiore francese. La Giannetto persegue la creazione del luogo più adatto dove sperimentare pragmaticamente la bontà delle sue idee. Per una ricercatrice, questo cuore pulsante denso di humus non può che essere un ‘Centro Studi’. Non vi è alternativa, perché il rischio, l’inganno, sta nell’andare altrimenti incontro a una deriva popular-celebrativa dell’icona Buzzati. Lo dimostra il titolo di un pezzo d’approfondimento che « Il Gazzettino » propone appena due mesi dopo l’annuncio della nascita dell’Associazione : « Una nuova associazione il cui unico obiettivo è celebrare Dino Buzzati ». 2 Tutto, oggettivamente e a posteriori, si può dire sull’opera ventennale dell’Associazione, meno che essa sia stata la grancassa di uno sterile e tambureggiante magnificat sullo scrittore bellunese. L’infelice parto del titolista (peraltro lontano dal senso vero, e veritiero, dell’articolo) serve a dimostrare come facilmente l’ambiguità potesse ammantare il tentativo di una originale attenzione, discussione, comunicazione attorno a Buzzati. Non può esistere invece un ‘discorso’ buzzatiano senza che questo sia un nuovo, diverso, discusso e al limite discutibile apporto verso tutto ciò che già esisteva su Buzzati. Tra le carte dell’estate ’88, dunque mesi prima della nascita ufficiale dell’Associazione, emerge la lettera che la Giannetto invia alla professoressa francese, profonda conoscitrice dell’opera buzzatiana, Marie-Hélène Caspar. Il tema di fondo è l’organizzazione di un ipotetico convegno internazionale su Buzzati da fissare per l’autunno (Il pianeta Buzzati verrà realizzato poi nell’ottobre ’89, tra Feltre e Belluno), ma ad un certo punto la ricercatrice italiana informa la collega su un’altra questione :  















Quanto alla ufficializzazione delle mie iniziative buzzatiane, per quella data dovrei essere ormai a posto. Il centro studi buzzati non è stato ancora costituito, ma, dopo tante difficoltà, sono ormai sulla buona strada. Il Comune di Feltre sta stipulando una nuova convenzione con lo i.u.l.m., che regola tutti i rapporti economici fra i due enti e in questa convenzione c’è una voce specifica che assicura un finanziamento annuale al costituendo Centro Buzzati. Inoltre l’archivio buzzati, da me costituito con i miei fondi di ricerca personali, lavora ormai da quasi due anni e si è fatto una discreta rete di corrispondenti e di estimatori. Infine, per meglio assicurare un rapido reperimento di fondi per il convegno e per altre iniziative che vorrei varare a breve scadenza, sto lavorando alla costituzione di una specie di comitato promotore provvisorio, formato da singole persone e associazioni varie della provincia di Belluno, che già dal prossimo settembre dovrebbe garantirmi una concreta operatività. 3  

1  N. Giannetto, Appunti sulla fortuna di Buzzati nel mondo, in Lingua e letteratura italiana nel mondo oggi, Atti del xiii Convegno a.i.s.l.l.i. (Perugia 30 maggio-3 giugno 1988), a cura di I. Baldelli e B.M. Da Rif, Firenze, Olschki, 1991, ii, pp. 428-441 : 440-441. 2  In « Il Gazzettino », edizione di Feltre-Belluno, 16 febbraio 1989, p. vii, Archivio del Centro Studi Buzzati. 3  N. Giannetto, lettera inviata a Marie-Hélène Caspar il 22 luglio 1988, Archivio del Centro Studi Buzzati.  





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Questo ‘comitato promotore’ assumerà di lì a qualche mese (dicembre ’88) le fattezze ufficiali dell’Associazione Buzzati, ma sempre il suadente tormento di un organo ad hoc per la gestione di una innovativa ricerca pedina i pensieri della Giannetto. Nella primavera successiva così confessa ancora alla Caspar :  

Prima che del convegno, vorrei parlarti brevemente dell’Associazione. Le enormi difficoltà createmi dalla direzione milanese della mia università e insieme la necessità di approntare in tempo utile una struttura organizzativa che mi permettesse di non rinunciare al nostro convegno, mi hanno costretto a costituire per il momento, invece del Centro Studi Buzzati, che dovrebbe essere un ente interno all’Università, questa “Associazione Dino Buzzati”, esterna all’Università, ma con prerogative analoghe. 1  

D’altronde il germoglio nascosto di un Centro Studi che fosse contestuale alla sede universitaria, ma che insieme potesse ritagliarsi una propria autonomia economica e operativa, era sbocciato da subito, dai primordi, parallelo alla messa in opera dell’Archivio :  

L’Archivio è la prima tappa di un progetto più ampio. La nostra meta finale è infatti la realizzazione di un Centro Studi Buzzati, costituito grazie a un’intesa tra l’Università e vari enti locali (Comuni di Feltre e Belluno, Provincia di Belluno, Comunità Montane, Biblioteche e organizzazioni culturali varie). Questo Centro avrà come suo nucleo principale l’Archivio, ma promuoverà anche la pubblicazione di un bollettino, ricerche e approfondimenti di vario interesse, convegni e incontri di studio, cicli di conferenze e altre iniziative dedicate alle scuole. […] si cercherà anche, in questo modo, di stabilire un contatto fra l’università di Feltre e la cultura locale, sia a livello di intellettuali e di enti preposti, sia a livello scolastico, e si contribuirà così non solo allo studio, ma anche alla divulgazione dell’opera di Buzzati e del gusto per il fantastico che egli rappresenta. 2  

Definitive, marmoree. Queste righe sintetizzano e delineano, scolpendolo con magistrale precisione, il disegno ordito dalla Giannetto per porre le fondamenta al futuro ‘pianeta Buzzati’ feltrino. Vi è la necessità di un organo che elabori ricerca ma che sappia anche comunicarla attraverso vari strumenti, diversi linguaggi, partendo dalle stanze accademiche per evaporare però poi al loro esterno, nella realtà locale. Proprio per questo c’è il sentore di un coinvolgimento che dovrà esser ampio, variegato : enti pubblici e privati, associazioni culturali e non. Vi è infine, nella trama delle righe, il richiamo a un moto culturale che vada oltre l’isola buzzatiana, e induca una briosa brezza tra le menti del territorio ad ogni livello. Ad ogni livello. « Di intellettuali » e « scolastico », scrive la Giannetto. Per tappe progressive, nel ’91 arriva la costituzione del Centro Studi Buzzati. Si giunge dunque a un’altra partenza, perché il Centro inizia a rappresentare, negli anni successivi, non il megafono encomiastico del Dino scrittore, giornalista e pittore, ma la spelonca cui bussano sempre più frequentemente esperti e profani in cerca di risposte e proposte, dalla quale fuoriescono iniziative, stimoli e indizi investigativi. Ad ogni livello. Non esiste forzatura nell’affermare che è forse quest’ultima (in ordine cronologico) l’intuizione più interessante, originale della Giannetto : nel panorama della critica e ricerca letteraria attorno a uno scrittore, il pianeta Buzzati rappresenta da questo  











1  Ead., lettera inviata a Marie-Hélène Caspar l’ 8 aprile 1989, Archivio del Centro Studi Buzzati. 2  Ead., L’Archivio Buzzati di Feltre, cit., pp. 198-199.

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momento una singolarità viva, vitale, soprattutto potenzialmente capace di aprirsi ad ogni richiesta, da quella più specialistica a quella più elementare e generalizzata. Non è bastato un Archivio. Non ci si è fermati all’Associazione. Il meccanismo ha trovato un corretto, armonico dinamismo con un Centro Studi e, vieppiù, con un’impostazione del medesimo che fosse a tutto campo, polifonica, elastica e culturalmente emancipata. Libera da preconcetti di élite accademica, sensibile al confronto con più interlocutori e, appunto, livelli. Quasi una conseguenza naturale, necessaria, questa forma mentis adottata dalla Giannetto dopo le sue appassionate e attente osservazioni dell’enigma Buzzati :  

Buzzati ha questa strana sorte in patria : pochi professori universitari dichiarano di amarlo, e pochi lo studiano. C’è invece una classe di persone colte ma non addette ai lavori, professionisti come avvocati medici giornalisti dirigenti d’industria, che hanno addirittura una venerazione per lui. 1  



Osservazioni che trovano una conferma, immediata e lampante, pochi mesi dopo la costituzione dell’Associazione :  

I soci appartengono alle professioni più diverse. Sono professionisti, insegnanti, studenti, impiegati, in una molteplicità che risponde perfettamente alle intenzioni dei fondatori. 2  

Eccola emergere, la « legione di lettori », che all’estero parlava oltre venti lingue differenti, ma che anche in Italia frequentava con dedizione il verbo buzzatiano. A questa « molteplicità » la Giannetto riserva le medesime attenzioni che ai colleghi accademici, tentando anzi spesso, in prima persona, di aprire canali comunicativi ove far fluire la conoscenza, l’approfondimento dello scrittore bellunese. Nessuna barriera di sorta, niente pregiudizi inconsci, lontani i dubbi intellettualistici : l’Associazione e il Centro Studi devono essere un cenacolo culturale aperto a tutti, con il solo, determinante vincolo della qualità. Di Buzzati e su Buzzati ciascuno ha diritto di parola, ancorché di conoscenza, a patto che il risultato finale sia contestualmente virtuoso. È infatti eventualmente sulla scrematura delle proposte e delle richieste che si deve operare con acume ed alta preparazione, non sul loro numero od origine. Dalla scuola elementare alla laureanda in Lettere, da una Pro loco di vallata a un traduttore straniero, il centro di gravità della ricerca di Feltre respira irraggiando ed assorbendo frequenze diverse, nel tentativo di farle entrare in risonanza per avanzare, stilla dopo stilla, verso la comprensione dei messaggi, dei linguaggi buzzatiani. Appare quindi naturale (benché tutt’altro che usuale !), una volta compresa questa visione di fondo, che, nel ricordare il panorama di eventi in occasione del ventennale della morte di Dino, la Giannetto ponga in luce, alla stessa stregua, un convegno internazionale con la mostra di una scuola elementare :  













A Bruxelles si è tenuto, dal 10 al 12 aprile, un convegno internazionale dedicato a “Buzzati, écrivain européen”. A Torino e a Milano ci sono state importanti mostre sulla sua opera pittorica e una mostra su “Buzzati pittore” è aperta proprio in questo periodo, fino al 10 maggio, per iniziativa della Fondazione Mazzotti di Treviso, al Museo della Battaglia di Vittorio Veneto. Inoltre a Busche sono state riproposte “Le Dolomiti di Dino Buzzati” e a Belluno una mostra sul “Segreto del Bosco Vecchio” illustrato dai bravissimi bambini della scuola elementare di Borgo Piave. 3  

Per la brillante ricercatrice sono sinceramente « bravissimi » i bambini della scuola, ed  



1  Da I. Prandin, Miniera di sogni, cit. 2  Dalla Relazione del Presidente del Comitato promotore della “Associazione Dino Buzzati” per l’Assemblea dell’11 maggio 1989, Archivio del Centro Studi Buzzati. 3  N. Giannetto, Dino Buzzati : un bellunese d’eccezione, cit.  

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egualmente si può trovare lo spazio e il tempo per rispondere alle richieste di una radio locale e del suo periodico quindicinale, preparando un ampio pezzo che presenti a tutti, in modo accessibile ma completo, pieno, la figura e gli scritti di un tal Buzzati Dino. Anche questo significa produrre cultura, favorire conoscenza, indurre alla scoperta di un autore e magari rintracciare, nel mezzo di una simile azione-comunicazione, nuovi potenziali soggetti che sappiano apportare linfa all’Associazione o al Centro Studi, giovani studiosi che vogliano confrontarsi con una tesi sul giornalista o il pittore Buzzati, semplici lettori o cultori delle letture buzzatiane, che si presentino alle porte con un documento inedito in mano, con un ricordo, una testimonianza. Queste e altre mille sottotracce vengono costantemente battute dalla Giannetto, ma da sempre risiedevano nel suo modo di vedere la ricerca e la cultura, al di là dei ruoli assunti cammin facendo di Presidente dell’Associazione e Direttore del Centro Studi ; la lezione del Buzzati scrittore, il senso dei suoi messaggi, il suo stesso stile universale e universalmente aperto a tutti vengono metabolizzati e rielaborati dalla Giannetto quale carattere fondante dell’osservatorio Buzzati organizzato a Feltre. Non può essere perciò patinato, bensì istintivo, il porsi personalmente in prima fila anche nell’opera di divulgazione, sovrapponendo e mescolando le strategie comunicative, sovvertendo i canoni, incontrando ma anche andando incontro a tutti i soggetti possibili, ad ogni platea, riservandosi un margine di scoperta, osservazione e… perché no ? : di curiosa sorpresa. Come accade mirabilmente nell’87, all’inaugurazione della scuola elementare del piccolo paese di Rasai, nel Feltrino, dove « l’esperta » è invitata quale ospite d’onore per presentare Buzzati :  











in gara con buzzati Io avrei dovuto essere l’“esperta”. Docente di letteratura italiana, responsabile dell’“Archivio Buzzati” di recente costituito presso la facoltà di Lingue di Feltre : tutte le carte in regola. Così in una fiorita mattina di maggio sono arrivata a Rasai, col mio bravo pacchetto di diapositive, per proporre – come recitava il programma – una “presentazione della figura e dell’opera di Dino Buzzati”. Ma ho capito subito, appena messo piede nella scuola a lui intitolata, che lì non avevo proprio niente da insegnare su Buzzati. Io potevo raccontare qualche notiziola su quel compìto signore in doppiopetto che aveva scritto dell’invasione degli orsi in Sicilia e del babau e, a vederlo, l’avresti detto un uomo d’affari capace di firmare solo bilanci ed assegni. Potevo raccontare del ragazzo che era stato, con la sua Canzone alle montagne scritta a quattordici anni, con quella passione immensa per le nostre Dolomiti che l’ha accompagnato sino alla morte. Potevo parlarte dei suoi libri fatti di vita e di sogni e di fantasie che parlano al cuore e del cuore anche quando sembrano solo giochi pazzerelli. E un po’ ho dovuto anche provare a farlo, a un certo punto, visto che ero lì per quello. Però mi sembrava davvero buffo dover raccontare chi era Buzzati, quando i disegni e i cartelloni che mi guardavano dai loro pannelli mostravano di saperlo già così bene. Dover spiegare cosa Buzzati avesse voluto dire quando mille occhi intelligenti rivolti verso di me brillavano della luce di chi ha già capito. Ognuno a suo modo, ognuno al suo livello, si capisce : ma ci sono certe cose di Buzzati perfette per ogni livello di lettura, da cui ciascuno può trarre ciò che è proporzionato alla sua età e ai suoi mezzi, uscendone comunque arricchito. E questi ragazzi dai sei ai quattordici anni che hanno lavorato un anno su Buzzati, guidati dai loro insegnanti con estrema sensibilità e intelligenza, lo hanno proprio dimostrato. Hanno dimostrato anche un’altra realtà importantissima cui la cultura critica contemporanea attribuisce un grande valore : che quella di Buzzati è veramente “opera aperta”. Cioè opera capace di suscitare nei suoi lettori stimoli ed emozioni che portino a “continuare” il suo discorso  





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creando cose nuove a partire da lui. Dai bambini di prima elementare che hanno illustrato le loro paure, entrando perfettamente nello spirito di Buzzati e nello stesso tempo riuscendo a dar vita al proprio mondo, ai ragazzi di terza media che hanno inventato “i miracoli della Valle di Seren”, tutti hanno letto lo scrittore bellunese “continuandolo”. Sono, si può dire, entrati “in gara con lui”, rispondendo al suo “messaggio” e dimostrandone dunque perenne vitalità. Io credo che Buzzati si sarebbe trovato molto a suo agio fra loro, certo davvero di non aver scritto invano, molto meglio di come si sentiva in mezzo ai critici di professione, per cui non ebbe mai grande trasporto. Nella Giannetto 1  

Ecco, a questo punto, la sedotta è diventata ella stessa seduttrice (culturale). Nell’isola buzzatiana che permane sempre più rigogliosa nel mare della letteratura novecentesca, Nella Giannetto esiste oggi quale tempio di Segesta. Chiunque desideri esplorare con appena maggior curiosità l’interno di quest’isola, non può evitare d’imbattersi nel magnetismo della struttura. L’ospite buzzatiano percepirà netto, se solo saprà appena osservarlo, il silenzioso rilucere del tempio e i suoi echi che diffonde sull’ambiente circostante. Ne resterà per qualche attimo catturato, forse turbato. È la seduzione culturale, la sua capacità di aprirsi a tutti, ad ogni livello, perché il luogo stesso, la natura nella quale è calato, la materia e il messaggio buzzatiano lo richiedono, in quanto « opera aperta ». Nella Giannetto era convinta che chiunque, a suo modo e a suo talento, dall’incontro con Buzzati potesse carpire dei messaggi di fondo comuni, di matrice universale, « uscendone comunque arricchito ». Allo stesso modo seguiva la certezza che lettori, appassionati e studiosi potessero, dovessero continuare « il suo discorso creando cose nuove a partire da lui ». Buzzati ha lasciato aperti molti spiragli, molte sfilacciature nella rete del suo disegno perché si possa, da soli, proseguire la ricerca, tessere la maglia. La Giannetto ha dato voce a questo invito, ha lavorato e innovato perché un pubblico sempre più vasto com-partecipasse al dialogo buzzatiano, con infaticabile tenacia e brillantezza mentale, seconda solo a quella dei suoi meravigliosi occhi mediterranei. Al punto che, indifferente a qualunque incurabile morbo, in una indulgente giornata di inizio estate del 2005, al tavolino di un bar ancora proiettava progetti ed energie ribelli verso l’anno del centenario buzzatiano che era alle porte. Oggi quell’anno, con la sua carovana di celebrazioni, è passato. Non sono passati però l’invito e la spinta a continuare, allargandolo sempre più, un discorso ancora aperto.  











1  Da Omaggio a Dino Buzzati – Intitolazione Ufficiale della Scuola Elementare di Rasai, Rasai di Seren del Grappa, 26 maggio 1987, Archivio del Centro Studi Buzzati.

UN GIGANTE TRASCURATO ? 1988-2008 : VENT’ANNI DI PROMOZIONE DI STUDI DELL’ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE DINO BUZZATI  



a cura di patrizia dalla rosa e bianca maria da rif 20 novembre 2008 Apertura lavori* Maurizio Trevisan Presidente dell’Associazione Internazionale Dino Buzzati

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uongiorno a tutti. A me compete, in qualità di Presidente dell’Associazione Internazionale Dino Buzzati, introdurre i lavori di questo nostro importante appuntamento. Lo faccio con particolare piacere, perché siamo qui non soltanto a celebrare Dino Buzzati – e questo sarà compito degli studiosi – ma anche e soprattutto perché ricorre, proprio in questa occasione, il ventennale della nostra Associazione. Le associazioni, si sa, nascono, crescono, muoiono, scompaiono, si ripropongono. Il percorso associativo è necessariamente a volte casuale, a volte legato a singole occasioni, a volte legato a singoli momenti. Che un’associazione permanga nel tempo e continui nel tempo a produrre delle attività in modo significativo è evidentemente di per sé un evento. E credo che il fatto che ormai da vent’anni l’Associazione che abbiamo contribuito a costituire – e lo posso a ragione sostenere perché anch’io sono stato tra i soci fondatori – oggi sia ancora viva e abbia ancora delle cose da dire, è evidentemente la riprova che l’idea da cui siamo partiti era un’idea semplice e nello stesso tempo geniale. Non è qui presente Nella Giannetto che di questa idea fu la prima indimenticata e indimenticabile artefice. L’idea di Nella nacque quasi per caso, favorita certo dal fatto che, essendo docente di Letteratura Italiana a Feltre, presso lo iulm, sentiva quasi come un dovere morale quello di rivolgere la sua attenzione a qualcuno che avesse in questa terra le sue radici. E certamente Dino Buzzati è il principale degli autori che questa terra ha prodotto nell’ambito della letteratura. Ma era anche sostenuta dal fatto che si era resa conto, accedendo per lavoro alle bibliografie e frequentando, come lei sempre faceva, le notizie relative a convegni, manifestazioni e incontri di studio, che, se c’era un autore di cui in Italia si parlava pochissimo, questo era proprio Dino Buzzati. E allora le sembrò molto semplice mettere assieme qualcosa di nuovo, perché così si presentava l’idea di dedicarsi sistematicamente a studi su un autore come Dino Buzzati, figlio di questa terra nella quale si era trovata un po’ per caso (lei era nata a Messina, e poi, avendo conosciuto me, era venuta a Venezia ad insegnare). Così nacque l’esperienza che oggi noi ci troviamo, vent’anni dopo, a portare avanti e ad arricchire di nuovi significati. *  La trascrizione dei testi di Apertura dei lavori e del Saluto delle Autorità è stata curata dalla dottoressa Stefania Pillon, cui va un vivo ringraziamento.

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Come tutte le idee semplici, c’era in questo qualcosa di geniale. Erano gli anni in cui si cominciava ad avere un’idea multimediale anche della cultura e delle arti : non dimentichiamo infatti che è proprio negli anni Ottanta che si afferma l’idea per cui un autore deve essere considerato non solo dal punto di vista della sua specifica produzione letteraria, ma anche da quello del contesto della sua produzione globale. In quegli anni la Comunità Agordina e il Comune di Cencenighe avevano organizzato al Nof Filò un’importantissima mostra figurativa, nella quale appunto era stata esposta una serie di opere di Dino Buzzati, mostra molto bella alla quale, mi ricordo, andammo e che suscitò in lei l’idea della ‘parola dipinta’, l’idea appunto di una parola che, anche attraverso l’immagine figurativa, assume un significato aggiuntivo. Di qui l’intuizione che non ci si dovesse occupare di Buzzati inteso solo come scrittore, ma che ci fosse appunto un pianeta da scoprire, da approfondire, da raccontare. E qui sta la genialità della percezione di Nella, perché, se un professore di letteratura italiana si dedica semplicemente a degli studi su un autore che ha scritto libri o novelle o poesie, questo è assolutamente fisiologico, normale, consueto. L’idea invece di sviluppare degli studi più ampi, volti a comprendere nell’insieme la figura di Dino Buzzati, non più solo e semplicemente autore, è in fondo ciò che ha consentito in tutti questi anni a noi di rappresentare, attraverso la nostra storia, la storia di questo indimenticato personaggio bellunese. È stata dunque un’idea semplice e geniale, alla quale Nella Giannetto s’è dedicata fino all’ultimo : ho ricordato in altre occasioni come la sera prima di morire avesse ricevuto Aba Reatto, ‘Segretaria’ nel senso più alto dell’Associazione, alla quale si era molto legata nella sua esperienza feltrina, e Patrizia Dalla Rosa, la sua allieva prediletta, che non a caso è ora la Responsabile culturale del Centro Studi. A questa esperienza Nella si era dedicata fino all’ultimo, facendola crescere e diventare una realtà importante, una realtà, passatemi il termine forse presuntuoso, quasi istituzionale : non più quindi e non solo semplicemente un corso di studi, una singola monografia, un corso di lezioni, un libro, ma un insieme di ricerche, di studi, di approfondimenti e di convegni che, cogliendo complessivamente il ‘pianeta’ Buzzati, hanno consentito nel tempo di fare rivivere anche nell’immaginario collettivo lo straordinario personaggio che è stato Dino Buzzati. Ecco, i vent’anni della nostra Associazione sono essenzialmente questo : un’importante serie di pubblicazioni, che avrete occasione di vedere anche a margine della mostra che inaugureremo, e soprattutto la pubblicazione di una rivista. Ricordo, a questo proposito, che uno degli ultimi lavori di Nella Giannetto è dedicato proprio alla riviste monografiche. Al di là delle riviste dedicate a Dante, Petrarca e Boccaccio, non ci sono infatti riviste destinate ad un solo autore, che abbiano pubblicato tanti numeri quanti ne sono stati pubblicati da « Studi buzzatiani », già arrivati al dodicesimo volume (ed è ora imminente l’uscita del tredicesimo). Siamo quindi di fronte ad una produzione veramente significativa. Oltre a ciò, ci sono tutte le mostre di pittura, che hanno rappresentato fino in fondo la qualità di questo personaggio, ci sono le ricerche biografiche sulla sua vita, sulle sue passioni. Chi parla, ad esempio, si è occupato molto di Buzzati alpinista, e l’Associazione ha contribuito all’organizzazione di mostre e iniziative su Buzzati e la montagna, fra cui un’indimenticabile giornata al Festival della Montagna di Trento, dedicata appunto al Nostro. Ricordo, a proposito dei temi discussi in quella occasione, che Buzzati aveva dedicato a Zapparoli un memorabile pezzo, in cui lo immaginava come persona di cinquant’anni che prima della sua ultima avventura rivede la fuga del tempo – quasi Drogo arrivato  











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alla fortezza Bastiani – e che una mattina esce dalla capanna e si avvia. Scriveva Buzzati : « per quanto io mi sforzi non riesco a vederlo scomparire ». Forse a qualcuno interesserà sapere che i resti di Zapparoli sono stati ritrovati per caso l’anno scorso nel ghiacciaio del Belvedere, sono stati riconosciuti e da circa un mese Zapparoli è stato inumato nel cimitero di Macugnaga, sotto la parete Est del Monte Rosa, dove appunto era scomparso. E certo Zapparoli è uno dei personaggi che hanno vissuto nuova vita attraverso gli studi che noi abbiamo complessivamente a lui dedicato. Oggi siamo qui per fare il punto sugli studi relativi a quello che è il Buzzati più significativo per la storia della cultura, ed è il Buzzati ovviamente scrittore, anche se – e di certo l’avrete già notato esaminando il pieghevole – abbiamo dedicato a un’altra sua personalità fondamentale, che è quella di giornalista, la sezione che chiuderà i nostri lavori nella giornata di domani. Ovviamente non è questa la riproposizione del pianeta Buzzati : il pianeta Buzzati è l’ispirazione dei nostri lavori, l’idea geniale da cui era partita Nella Giannetto. I nostri lavori oggi hanno un obiettivo e un oggetto limitato. Ecco, necessariamente quindi di questo parleremo, parleranno gli studiosi importanti che sono qui intervenuti. Studiosi tutti caratterizzati dalla qualità del loro lavoro e dalla diversità delle loro esperienze, in particolare il corpo francese, i cui componenti sono stati i primi che, in realtà, hanno sistematicamente approfondito l’opera di Buzzati. E infine gli studiosi più recenti, alcuni dei quali vincitori delle borse di studio che la nostra Associazione ha in questi anni assegnato e che sono proprio la dimostrazione di come il seminare, il continuare a seminare produce poi frutti importanti : lo ascolterete dalle relazioni che oggi verranno fatte nel corso di questa manifestazione. Come a chi ospita sempre compete, anch’io voglio ringraziare, e in modo non formale, chi ha consentito tutto questo, perché, se noi in tutti questi anni abbiamo con grande autonomia continuato a gestire le nostre attività, è anche perché, con grande rispetto e discrezione, molti amici, alcuni privati, alcuni pubblici, ci sono stati vicino. E le istituzioni hanno avuto un ruolo importante, decisivo direi, nella prosecuzione delle nostre attività. E allora, per ciò che riguarda questo specifico, non posso che rivolgere il mio ringraziamento più grato e appassionato alla Regione Veneto, che per la prima volta nella nostra storia è intervenuta in prima persona, assumendo la gestione delle cose, e il mio ringraziamento va in particolare al Dottor Tabaro, che vedo presente, e che appunto è il dirigente della cultura della Regione Veneto. Lui sin dall’inizio ha creduto in questa iniziativa e vi ha contribuito non solo con apporti finanziari, ma anche con idee sulla gestione di tutto questo : un grazie sentito, quindi, anche perché io auspico e spero, ma non perché semplicemente lo auspichi e lo speri io, ma perché ce l’ha dichiarato lui stesso, che questo sia solo il primo di una serie di ulteriori passaggi che ci vedranno assieme. Poi non posso non ringraziare il Dottor Rasi – che tra l’altro so essere appassionato lettore di Buzzati – Presidente della Fondazione per l’Alta Cultura e l’Università, che ha sposato anche lui, non tanto e solo finanziariamente, ma anche dal punto di vista della passione e dell’interesse personale, il nostro lavoro e ci ha consentito, assieme alla Regione, di mettere assieme queste nostre importanti giornate e le ulteriori manifestazioni che realizzeremo in seguito presso le singole realtà locali da noi individuate nel territorio del bellunese, cioè Alleghe, Pieve di Cadore e alla fine Belluno. Devo poi ringraziare chi nella nostra città, Feltre, da sempre ha sostenuto i lavori dell’Associazione e proprio nell’occasione della dipartita di Nella Giannetto ha voluto rendere – e qui non posso non ricordare il nome dell’allora sindaco Brambilla – rendere, dicevo, istituzionale il contributo e l’attenzione del Comune di Feltre nei confronti della nostra  











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Associazione, continuando a mettere a disposizione i locali e ad offrire una quota fissa annuale, che ci consente di lavorare e di dare continuità nel tempo al nostro lavoro. Questa iniziativa, che fu, mi ricordo le parole del sindaco Brambilla, quasi come l’adempimento di un ‘debito d’onore’, so essere stata complessivamente sposata dal Consiglio Comunale ; non ci sono, credo, su queste cose maggioranze e opposizioni, c’è solo un passaggio di testimone, e la presenza qui dell’Assessore Trento, che è anche Vice Sindaco del Comune, conferma l’attenzione che l’Amministrazione Comunale continua ad avere nei nostri confronti. Per cui un grazie sentito al Comune di Feltre. Non posso poi dimenticare di ringraziare il Comune di Belluno, che oggi è presente, pur non essendo questa la giornata in cui è coinvolto, nella persona dell’Assessore alla Cultura Passuello, che in questi anni ha sempre cercato di contribuire, aiutandoci nelle nostre manifestazioni, e questo anche è motivo per noi di certezza e di tranquillità sul futuro. Perché è solo attraverso la contribuzione di tutti che noi possiamo continuare a lavorare. Un grazie poi particolare alla Diocesi, qui rappresentata da Monsignor Giacomo Maggiorana, per questo spazio veramente prestigioso, significativo, bello, che ci ha offerto, che dà anche la misura di come, con cultura ed idee, si riescono a recuperare e a valorizzare gli spazi urbani. Un grazie poi, che non può mancare in questi casi, va necessariamente alle persone che si sono spese nell’ambito dell’Associazione che, lo ricordo, essendo di puro volontariato, gestisce le sue attività con l’entusiasmo e non con i denari, e allora un grazie alla professoressa Da Rif, che io ho delegato a dirigere il Centro Studi ; nella nostra struttura associativa infatti il Presidente è anche il Direttore del Centro Studi, ma poiché, nella fattispecie il Presidente non è un letterato, mi sembra giusto che a dirigere il Centro sia un professore, un importante professore di Letteratura Italiana, che qui ringrazio e che è appunto, assieme alla dottoressa Patrizia Dalla Rosa, la responsabile di questo convegno. Un grazie infinito a Patrizia Dalla Rosa, che è parte ormai decisiva del nostro Centro Studi e che soprattutto rappresenta l’intelligenza attorno alla quale ruotano gli studi buzzatiani. Così come ringrazio tanto Isabella Pilo, che si è molto data da fare anche questa volta, come da sempre, sin dall’inizio, per quanto riguarda ogni manifestazione. Così come non posso che ringraziare Giulia ed Eleonora, che so essersi dedicate attivamente alle nostre cose ; i signori Giuditta e Gabriele Turrin, che domani ci ospiteranno per una simpatica bicchierata nella loro splendida villa ; e non posso che ringraziare gli amici del Consiglio Direttivo, Viel, Marisa Bello, Esposito, Candeago, che con me gestiscono la parte amministrativa ; non posso non ricordare Ricci, che ovviamente si è occupato delle nostre mostre. E soprattutto non posso non ricordare Alba, che, come dicevo prima, è la Segretaria nel senso più alto, nel senso che oggi si dà alla parola ‘segretario’, quindi come figura istituzionale di rilievo, che è l’anima operativa che ci consente di portare avanti le nostre iniziative. Non posso infine non ringraziare Almerina Buzzati, qui presente, a cui da sempre va il nostro affetto, la nostra simpatia e che, con la sua presenza e la sua partecipazione, ha sempre garantito la continuità dei nostri lavori. A questo punto do la parola al Dottor Rasi, Presidente ed anima della Fondazione per l’Università e l’Alta Cultura, che per primo ha sposato questa nostra idea e ci ha consentito di portarla avanti.  









apertura lavori

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Saluto delle Autorità Adriano Rasi Caldogno Presidente della Fondazione per l’Università e l’Alta Cultura in Provincia di Belluno

Grazie Presidente : è un onore e un piacere poter partecipare all’avvio dei lavori di questo convegno di due giorni, che inizia proprio quest’oggi qui a Feltre. È un convegno che, come ha appena ricordato il Presidente, si colloca all’interno di un percorso che riguarda anche altre parti della Provincia di Belluno, sono tutti luoghi che hanno rappresentato anche delle tappe, dei momenti importanti rispetto alla vita, anche alla vita artistica, di Dino Buzzati. La Fondazione, che ho l’onore di presiedere, ha come prima funzione certamente quella di promuovere una presenza universitaria di alta formazione nella nostra Provincia, ma anche la funzione di sostenere delle iniziative culturali di qualità, che sole possono anche costituire un elemento di qualificazione, un elemento importante per rendere attrattiva la nostra Provincia con attività di alta formazione, perché un’attività universitaria, un’attività formativa di livello non può esistere se non in un contesto che offra anche stimoli di matrice culturale. Questi bellissimi locali, che oggi ospitano l’iniziativa del Centro Studi Buzzati, testimoniano da soli di quale spessore sia la storia che i nostri antenati hanno lasciato alle nostre genti e quindi credo sia un compito importante per tutti noi continuare a tenere viva questa testimonianza, questa presenza, innanzitutto sostenendo quelle iniziative che, come il Centro Studi Buzzati, ormai da vent’anni – quest’anno appunto cade il ventennale – hanno costituito un riferimento culturale, e non solo a livello provinciale e nazionale, ma hanno avuto la capacità e l’impegno, pur con mezzi veramente assai esigui, di essere un riferimento culturale a livello europeo e non solo. Quindi credo che sia proprio di grande rilievo per la Fondazione sostenere queste presenze e consentire un effetto moltiplicativo, a cominciare proprio dal rapporto molto stretto con la segreteria della cultura della Regione Veneto, che qui appunto, come veniva ricordato, è rappresentata dal segretario, Dottor Angelo Tabaro. Proprio, quindi, istituendo un rapporto di stretta cooperazione, di alleanza, con gli enti locali, che tanto hanno fatto anche per consentire le altre tappe di questa manifestazione, credo che si riesca a dare uno spessore rilevante a una presenza culturale di qualità in tutto il territorio della Provincia. La Fondazione, dopo un primo colloquio che abbiamo avuto questa primavera con l’Avvocato Trevisan, Presidente del Centro Studi, ha subito coinvolto, oltre al mio entusiasmo, quello di tutto il Consiglio di Amministrazione, che ha dato il proprio convinto sostegno all’iniziativa, deliberando immediatamente un appoggio tangibile. Ci si è adoperati perché, proprio in tale visione di sistema, questa iniziativa potesse decollare, e oggi quindi siamo veramente contenti di poter vedere, in questa bella cornice, l’avvio di una due giorni di studi che riguarda il ventennale dell’Associazione Internazionale Dino Buzzati. Ho il piacere ora di salutare l’amico Franco Miracco, che ci ha raggiunto e adesso ci raggiungerà anche qui al tavolo, e quindi riaffermiamo la nostra volontà di continuare su questa strada di appoggio alle iniziative culturali di qualità nella nostra Provincia. Io spero che la partecipazione alle iniziative di quest’oggi, e agli incontri che sono stati programmati nei prossimi mesi su tutto il territorio della Provincia, consenta di tener viva l’attività di questo Centro Studi, e mi auguro proprio che anche l’anno venturo riusciremo ad organizzare un nuovo programma di iniziative con il Centro Studi  

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saluto delle autorità

Buzzati, perché sono certo che, anche in questa prospettiva, noi potremmo rendere un buon servizio alla nostra Provincia. Grazie. Franco Miracco Portavoce del Presidente della Giunta Regionale del Veneto

Non c’è nulla di più antibuzzatiano del saluto delle Autorità, e quindi, forse per paradosso, bisognerebbe che ad ascoltare ci fosse Buzzati. Ma perché paradosso ? Perché in realtà l’autorità, mi pare di poter dire, rappresenta per davvero nella concezione di Buzzati un fenomeno molto strano, se non mostruoso in più di un caso. Mi troverei più a mio agio se oggi inaugurassimo una mostra, non solo relativa a Dino Buzzati, ma anche a Tancredi : mettendo a confronto, ad esempio, le immagini di Poema a fumetti con la pittura astratta e informale di Tancredi, l’autorità se la caverebbe meglio. Vedete le coincidenze : in una delle pagine delle Notti difficili Buzzati narra di Renato Cardazzo, 1 che proprio in questi giorni stiamo ricordando alla Guggenheim con una mostra straordinaria, oscenamente bella. Nelle pagine di quel breve racconto Buzzati fa dire a Renato Cardazzo, oppresso dai tanti, troppi pittori che gli scaricavano tele e quadri davanti, di riuscire a riconoscere il buono e il cattivo dalla puzza, dall’odore di certi quadri. Nell’invenzione del racconto, Buzzati introduce l’idea di addestrare un bracco al fine di individuare la qualità o meno della tela annusata. Quindi se avessimo pensato ad una mostra Tancredi, Buzzati e Cardazzo la cosa non sarebbe venuta male, compreso un « sagace bracco », come lo chiama Buzzati in quel suo racconto o novelletta. Credo di aver parlato una volta con Buzzati, del tutto casualmente, in quel preciso momento in cui si perde la giovinezza : era il ’68, a Venezia, durante la « contestazione globale », per usare un altro titolo di Buzzati, alla Biennale di Venezia. Sono quasi certo che si trattasse di lui, me lo auguro : nella memoria almeno mi resta l’illusione di aver riconosciuto, tra i giornalisti, proprio un vero giornalista del glorioso « Corriere della Sera », a cui collaborava insieme ad altre straordinarie personalità della nostra Letteratura. Per concludere il mio saluto e augurare a voi tutti buon lavoro su questo scrittore, che ancor oggi riesce a stupire, termino con questa citazione da Il senso recondito : 2 Buzzati, di fronte al capo della Santa Hermandada, che gli chiede : « a quando […] una delle tue novellette ? Ne farai ancora, ne scriverai ancora di novellette ? » risponde : « ma è inutile, non ci riuscirà, nobile Eccellenza, né Lei né alcuno dei suoi sagaci coadiutori. Come scarafaggi matti girerete per interi giorni su e giù per queste paginette cercando l’uscio segreto che vi consenta di entrare. Ma non ci riuscirete, o figli di cani. Dopo tanti anni l’abitudinaria menzogna vi ha ottuso la mente ed ora, vi scervelliate pure per anni, non ci arriverete ad afferrarlo, il regalino che ho preparato per voi, il cadeau grazie al quale godo oggi nel vedervi impallidire di collera e tuttavia dovervi ancora salutare con deferenza, e sorridere, e scherzare, e magari anche chiedervi : “A quando, carissimo, un’altra delle sue novellette ?” ». Grazie.  















































1  Cfr. la sezione intitolata Il cane da quadri del racconto buzzatiano Invenzioni, in Le notti difficili, Milano, Mondadori (« Scrittori italiani e stranieri »), 1971, pp. 255-261 : 257-259. 2  Il racconto è inserito nelle tre versioni di In quel preciso momento (Neri Pozza, 1950 e 1955, Mondadori, 1963) nonché in Egregio signore, siamo spiacenti di… (Milano, Elmo, 1960) e Siamo spiacenti di…, Mondadori, 1975, da cui si cita (pp. 127-128).  





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saluto delle autorità Giacomo Mazzorana Direttore del Museo Diocesano di Arte Sacra di Belluno-Feltre

Porgo il saluto a tutti. Il convegno che oggi inizia ha una caratteristica di internazionalità ed anche lo spazio che ci ospita in qualche modo fa eco : posso ricordare che nel 1509 entrava qui, in questo salone, Massimiliano d’Austria ; pochi anni dopo, nel 1517, da qui partiva un Cardinale, Legato pontificio, per incontrare Enrico VIII in Inghilterra. Ma al di là di questi riferimenti il tema mi sembra ricchissimo : un ‘gigante’ da scoprire dal punto di vista storico, dal punto di vista letterario, dal punto di vista artistico, direi anche dal punto di vista umano. Una ricchezza umana e spirituale straordinaria, quella di Buzzati. Mi limito a due accenni (ne parlavo prima con la signora Almerina) : l’attenzione agli ultimi, l’amicizia con padre Turrini che veniva sempre dal Brasile e la prima casa che visitava a Milano era la quella di Buzzati… [Almerina Buzzati in sottofondo : « arrivava con le valige…ma siamo andati anche noi in Brasile »], poi l’attenzione agli ultimi che si ritrova in Buzzati, in cui traspare la sua ricchezza umana : basti pensare all’articolo stupendo che scrive sul « Corriere della Sera » in occasione della tragedia di Albenga… con quelle bare di piccoli ! Pari sensibilità esprimerà poi in occasione del disastro del Vajont, dopo il quale incontra Monsignor Gioacchino Muccin, che, so di certo dal suo segretario, Buzzati ha incontrato in seguito almeno altre quattro cinque volte, e che, dieci anni dopo, parlando ad alcuni giornalisti, ha detto : « sono autorizzato da Dino Buzzati a dire questa frase : “ho bussato alla porta e la porta si è aperta” ». Ha voluto che questa frase venisse proclamata parecchio tempo dopo, dopo tanti clamori e tante cose : l’ermeneutica la lascio a chi fa gli studi. Mi fermo qui, con l’auspicio che questo convegno possa veramente far riemergere una straordinaria ricchezza, che, ripeto, non è solamente artistica, pittorica, letteraria, ma anche spirituale e umana. Grazie.  































Ennio Trento Assessore alla Cultura del Comune di Feltre

Grazie. Sono particolarmente orgoglioso di portare oggi il saluto della Città di Feltre e il mio personale a questo convegno transnazionale, che segna vent’anni di vita della Associazione Internazionale Dino Buzzati e dei suoi rapporti con Feltre. Vent’anni fa la geniale intuizione di una giovane ed entusiasta docente della Iulm, Nella Giannetto, lanciò il Centro Studi, che in breve tempo ha raggiunto una dimensione internazionale, contribuendo a far ulteriormente conoscere la figura e l’opera dello scrittore dal quale prendeva il nome. Purtroppo Nella Giannetto ci ha lasciato troppo presto, la sua creatura però poggiava su basi solide per aver dato vita a convegni, ad una rivista prestigiosa, a numerose pubblicazioni, a concorsi per borse di studio, e per essersi dotata di una biblioteca che costituisce un punto di riferimento obbligato per quanti vogliono approfondire i loro studi su Buzzati. L’Associazione viene ora guidata con la stessa passione dal marito della compianta Nella, l’Avvocato Maurizio Trevisan, che ne ha assunto la Presidenza, in spirito di continuazione degli ideali della moglie e dei tanti soci che sostengono l’attività. Vent’anni di presenza ininterrotta e sempre qualificata a Feltre e nel mondo costituiscono un traguardo veramente significativo, che merita di essere degnamente celebrato. Intorno all’Associazione non sono solo cresciuti gli studi e le ricerche su Buzzati, ma è cresciuta anche la città, che si è arricchita culturalmente, trovando modo di farsi apprezzare anche all’estero. Oggi in questa sede ospitiamo rappresentanti del

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saluto delle autorità

mondo accademico italiano provenienti dalle Università di Venezia, Milano e Bologna, nonché europei, da Francia, Spagna, Austria, per spaziare fino all’Argentina. Con questo convegno e con le successive tappe a Pieve di Cadore, ad Alleghe e a Belluno, l’Associazione Internazionale Dino Buzzati apre un’ulteriore finestra sul mondo buzzatiano, dalla quale ci attendiamo nuovi ed interessanti contribuiti sull’autore e sul suo universo letterario. Da segnalare è anche la mostra Immagini e documenti di un ventennale di studi intorno a Dino Buzzati, che illustra la lunga strada percorsa, attraverso le pagine di una storia, che sono sicuro porterà ancora ulteriore prestigio all’Associazione, alla città e al territorio tutto. Mi piace ricordare che nell’esposizione ci sono, fra le altre, fotografie di Carlo Bo, Idro Montanelli, Ferruccio De Bortoli e di tanti altri personaggi di primo piano della cultura italiana, già chiamati a Feltre dall’Associazione per celebrare l’opera di Dino Buzzati. E solo questo rende bene l’idea del valore culturale dell’Associazione e delle iniziative che ha proposto, fra cui quella odierna, qualificata dalla presenza, in queste due giornate, di illustri relatori. Mentre mi felicito nuovamente per questo traguardo, devo ringraziare in particolare la Regione Veneto e la Fondazione per l’Università e l’Alta Cultura di Belluno, per aver voluto sostenere questo importante, profondo e articolato evento. Auguro a tutti voi non solo di poter trarre profitto da questa serie di appuntamenti, al fine di arricchire ulteriormente il bagaglio di informazioni sul pianeta Buzzati, in particolare, ma anche di trascorrere nella nostra città dei giorni da ricordare con piacere. Grazie. Maria Grazia Passuello Assessore alla Cultura del Comune di Belluno

Grazie. Grazie e buongiorno a tutti anche da parte dell’Amministrazione comunale. Con molto piacere ho accolto l’invito per la partecipazione a questo convegno e come Assessore alla Cultura, da quando ho preso questo incarico, ho cercato di collaborare, come è stato citato prima, con questa importante Associazione, proprio perché credo che il nostro più illustre concittadino, Dino Buzzati, meriti veramente l’attenzione della sua città, del suo territorio e di tutti noi. Quindi ringrazio l’Associazione per questo sforzo e per questo importante convegno di studi. Come Comune di Belluno voglio citare negli anni non solo la collaborazione proficua intercorsa con questa Associazione, ma anche le iniziative intraprese, in particolare nel 2006 in occasione del centenario della nascita di Buzzati, grazie anche alla collaborazione della Regione del Veneto e della Provincia di Belluno. È stato così possibile approfondire ulteriormente la figura di questo grande personaggio che ha attraversato il Novecento con una poliedricità e una capacità di rapportarsi nelle varie espressioni artistiche, che ancor’oggi riserva molto da scoprire. Ecco allora la mostra che era stata ideata da Nella Giannetto in occasione del trentennale della morte, rappresentata a Belluno nel 2002 e poi nel 2006 a Milano : anche allora ci fu un importante momento di studio e di approfondimento. Ecco, io credo molto nella collaborazione tra gli Enti e quindi mi fa piacere che sia stata annoverata anche la Città di Belluno, che patrocina tra l’altro questa iniziativa, come sede di una futura mostra per il suo più illustre concittadino che certamente ha ancora tanto da insegnarci, tanto da farci comprendere. Quindi grazie per tutto questo lavoro e buon lavoro per queste due giornate.  

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relazioni

PRESENZA DI BUZZATI IN FRANCIA, ALL’ALBA DEL NUOVO MILLENNIO Delphine Bahuet Gachet

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oincidenza di date : l’Associazione Internazionale Dino Buzzati si prepara a commemorare i vent’anni della sua nascita, mentre proprio in questo stesso periodo stanno per uscire gli Atti dell’ultimo convegno internazionale, svoltosi in Francia per iniziativa dell’Association des Amis de Dino Buzzati, per il centenario della nascita dell’artista. Tale coincidenza però non è mero caso, è il segno rilevante della sintonia che esiste, sin dall’inizio, fra le due Associazioni. Il tempo passa, le cose cambiano, ma resta in ogni modo immutabile la ragione che ci unisce : la nostra volontà di fare conoscere, di diffondere, nonché di studiare l’opera di Buzzati. Di questi cambiamenti ma anche di questa lunga fedeltà, la mia relazione vorrebbe testimoniare, puntando sull’ultimo periodo della vita associativa, dal 1994 ad oggi. Il 1994, infatti, costituisce una data chiave : qualche mese prima mi venne affidato l’incarico di occuparmi dell’Association Internationale des Amis de Dino Buzzati, incarico assunto per lunghi anni dalla professoressa Marie-Hélène Caspar, che in ogni caso rimarrà sempre molto presente nella vita della nostra Associazione. Questo cambiamento era anche l’occasione di fare il punto sulle relazioni e sulle diverse possibilità di collaborazione fra la più giovane Associazione feltrina e la nostra. In questa prospettiva, ho incontrato la professoressa Nella Giannetto a Venezia. Sin da quel primo incontro rimanemmo d’accordo su un fatto che ci sembrava ovvio : dovevamo, più che mai, unire le nostre forze, anche ‘ufficialmente’, poiché la nostra collaborazione esisteva nei fatti sin dalla creazione dell’Associazione Dino Buzzati. Così abbiamo deciso, di comune accordo, che l’Associazione Dino Buzzati e l’Association Internationale des Amis de Dino Buzzati avrebbero operato una fusione : l’Associazione francese concedeva il titolo ‘internazionale’ a quella feltrina, continuava ad avere una sua esistenza e una certa autonomia, in quanto sezione nazionale della neonata Associazione Internazionale Dino Buzzati. Il 1° gennaio 1994 il cambiamento era compiuto. Da allora la nostra collaborazione si manifesta a diversi livelli : soci comuni e dunque notiziari comuni, pubblicazioni (nelle quali l’Association francese viene coinvolta) ad iniziativa del Centro Studi Buzzati, convegni organizzati in una collaborazione sempre strettissima. Così si possono ricordare le iniziative promosse dalla Francia, fra le quali alcune importantissime : il ‘Salon du livre de Bordeaux’ nel 1997, con una mostra, una giornata di studio, tavole rotonde, letture pubbliche di testi, proiezione di riduzioni cinematografiche, nonché numerose attività con scuole, licei, ecc. I convegni di tipo universitario : quelli del 1994 e del 2002, organizzati dalla professoressa Caspar nell’Università di Paris X-Nanterre, ma anche quello, organizzato a Besançon su iniziativa mia e del professor Angelo Colombo, per commemorare il centenario della nascita di Buzzati. Questa relazione però, nel poco tempo concesso per evocare quattordici anni di attività, vorrebbe centrarsi soprattutto sulle diverse opere buzzatiane, pubblicate nel 2006,  















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in occasione del centenario della nascita di Dino Buzzati, e che sono il risultato di un nostro ambizioso progetto. Il lavoro editoriale che ho potuto sviluppare in questa occasione è forse la più bella delle mie avventure buzzatiane ! Buzzati, com’è noto, è un autore molto letto in Francia e molto tradotto : la prima traduzione è stata quella del Deserto dei Tartari nel 1949, per la casa editrice Robert Laffont. Ha avuto un successo notevole, ed ancora oggi il Désert des Tartares è considerato un ‘classico’, con una decina di edizioni. Nonostante l’interesse destato da Buzzati, si è dovuto aspettare dieci anni perché venissero tradotti da Michel Breitman (che tradurrà tanti altri libri di Buzzati) Il segreto del Bosco Vecchio e Bàrnabo delle montagne. Poi le traduzioni dei romanzi, dei racconti, delle opere teatrali, ma anche delle poesie, si sono succedute ad un ritmo regolare per trent’anni. Nel 1989 quasi tutta l’opera di Buzzati (e spiegherò questo ‘quasi’) pubblicata quando lui era vivente era stata tradotta in francese. L’ultima opera tradotta, sempre presso Robert Laffont, era stata Panique à la Scala. Negli anni ’90 altre case editrici francesi importanti s’interessano a Buzzati : Denoël, con Montagnes de verre (1990), Actes Sud con tre volumi di opere teatrali, 1 mentre Laffont comincia a pubblicare le opere complete : nel 1990 esce un volume dal titolo Dino Buzzati, toutes ses nouvelles (1942-1966) che doveva essere seguito da un altro (1966-’72) che i lettori aspettano ancora, e che l’editore, mi è stato confermato, non ha più intenzione di pubblicare. Anche perché, nel 1995, nella collana « Bouquins », sempre presso Robert Laffont, era stato pubblicato il volume Dino Buzzati, oeuvres, che raccoglieva, oltre ad alcuni testi diversi, le opere pubblicate in Italia fra il ’33 ed il ’49… ma dieci anni dopo, nel 2005, questo volume era esaurito da tempo e il secondo volume non aveva ancora visto la luce.  













All’inizio del Duemila, relativamente a Buzzati la Francia si era un po’ ‘addormentata’. Mentre in Italia venivano pubblicati volumi inediti, questi non venivano più tradotti (l’ultimo era stato il Bestiaire magique, con i testi raccolti da Claudio Marabini, del 1994) e l’impresa di dare al pubblico francese l’opera completa di Buzzati sembrava non poter mai essere portata a termine. L’anno 2006 offriva l’opportunità ideale per provare a dare uno slancio nuovo all’impresa editoriale… così mi sembrava, e ricordo di avere evocato questo progetto con la professoressa Nella Giannetto e la dottoressa Patrizia Dalla Rosa tantissime volte, ed erano anche loro entusiaste ! Il progetto mio era magari anche un po’ folle : non conoscevo il mondo delle case editrici, non avevo nessun appoggio… però ho pensato a Buzzati : al Buzzati che si era candidato per entrare al « Corriere della Sera » senza grande speranza, senza nessun appoggio, al Buzzati che nei suoi racconti ci dice che nella vita di ciascuno di noi c’è una grande occasione, e che, se non ci si fa caso, la si lascia passare per sempre, al Buzzati che racconta che a volte, davanti a noi, in modo inaspettato si apre una porta… ed ho pensato che, per avere più chances che la porta si aprisse, a quella porta dovevo bussare ! Dunque, ho preso la mia penna (anzi il mio computer) ed ho scritto al Presidente e Direttore generale delle edizioni Robert Laffont, che da tempo non è più lo stesso Robert Laffont. Oggi, a dirigere la casa editrice, è Leonello Brandolini, che, come lascia intuire il cognome stesso, non solo è italiano ma è anche veneziano (figlio di Brandolino Brandolini d’Adda di Valmareno e di Cristina Agnelli, sorella di Gianni Agnelli).  











1  Six pièces en un acte, avril 1991/Fin dramatique d’un musicien, janvier 1992/ Peste et révolution - La colonne infâme - Un ver au ministère, juin 1993.

presenza di buzzati in francia, all ’ alba del nuovo millennio

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Nella lettera, parlavo della nostra Association, delle sue relazioni con la casa editrice e dell’interesse personale di Robert Laffont, del centenario che si avvicinava e dell’intento nostro di commemorarlo con varie iniziative. Insistevo poi sulla volontà di coinvolgere le edizioni Laffont, fattore essenziale nella diffusione di Buzzati in Francia, accennavo a nuove possibili pubblicazioni ed offrivo anche la mia collaborazione come traduttrice, avendo molta familiarità col ‘pianeta Buzzati’, dal momento che avevo studiato in modo approfondito l’opera dell’Autore ed avevo anche esperienza di traduzione. Appena una decina di giorni dopo, ricevevo un e-mail in cui mi veniva proposto un appuntamento col Presidente Brandolini e il Direttore della collana « Pavillons », JeanClaude Zylberstein. L’incontro è durato appena un quarto d’ora, ma ho trovato davanti a me due persone disponibili, convinte dell’opportunità di pubblicare di nuovo Buzzati. Da parte mia, avevo preparato questo appuntamento con molta cura, così che ho potuto lasciare loro una cartella, in cui c’erano tutte le informazioni utili. Avevo due cose da proporre : la traduzione di nuovi testi, l’edizione di un secondo, e magari di un terzo, volume delle opere complete. Per i testi nuovi avevo scelto il recentissimo volume curato da Lorenzo Viganò Cronache fantastiche. Dal nostro colloquio era nata anche l’idea di un terzo progetto : tradurre e pubblicare quelli che abbiamo chiamati i ‘racconti dimenticati’ di Buzzati. Questa era la prima tappa di un lavoro ambizioso, che mi avrebbe occupato per due anni interi, lavoro impegnativo quanto inebriante. Per le Cronache fantastiche la prima mossa è stata quella di scegliere i testi da tradurre. La casa editrice, infatti, voleva pubblicare un unico volume, mentre nel cofanetto curato da Viganò i tomi sono due. Ho quindi dovuto compiere delle scelte. La prima è stata abbastanza facile : ho ‘rinunciato’ a tutti i testi che figurano in altri volumi e che, dunque, il lettore potrà trovare tradotti altrove. Poi ho fatto selezioni più soggettive : dopo avere operato una classificazione tematica, accompagnata da indicazioni riguardanti la ‘tonalità’ di tutti i testi, ho conservato quelli che mi sembravano più adatti al pubblico francese (ho così scartato alcuni testi troppo legati all’attualità italiana di un periodo ormai lontano) e che meglio permettevano di far scoprire Buzzati nella sua complessità, nelle sue varie sfaccettature. Di conseguenza, organizzando questa scelta di testi, ho dovuto rinunciare alla distinzione fra ‘Delitti’ e ‘Fantasmi’ che non poteva più funzionare. Ho dunque cercato di riorganizzare il succedersi dei testi secondo due criteri : la loro complementarità e la loro diversità. Nel senso che c’è sempre un legame fra un testo e quello che segue (sia tematico – ad esempio la presenza del telefono – sia strutturale – ad esempio il personaggio che parla in prima persona), ma anche varietà (ad esempio : testi brevi / testi più lunghi, testi ‘tetri’ / testi più allegri-ironici, ecc.). Ho scelto come primo testo L’ultima battaglia, così che il lettore francese possa ritrovare l’ambiente a lui familiare del Deserto, ho concluso la raccolta con Partire ? dal titolo adattissimo, ed anche perché i treni sono un simbolo fortissimo nell’immaginario buzzatiano. Il secondo testo, invece, è Sciopero del male, in contrasto con la tonalità grave del primo racconto e nel contempo questo racconto presenta un Autore secondo un aspetto troppo spesso negletto dai lettori, ovvero propone un Buzzati, se non addirittura comico, capace di scrivere testi umoristici, di fare ridere il lettore. Nelle diverse letture pubbliche di brani buzzatiani che ho potuto sentire, gli attori hanno proposto spesso questo testo, ed il pubblico è sempre stato molto recettivo a questo umorismo. Per quanto riguarda il mio lavoro di traduttrice, in questo volume come nell’altro ho cercato di stare il più vicino possibile alla specificità della lingua buzzatiana. I testi delle Cronache fantastiche erano usciti per la maggior parte sui giornali, e non c’era stata  

















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dunque un’eventuale loro pubblicazione in volume : in questo senso, nei confronti della totalità della produzione narrativa sono leggermente diversi. Un posto importante è lasciato al dialogo, la lingua usata è molto fluida, a volte a dispetto delle regole tradizionali della punteggiatura : frasi lunghe, punteggiate solo da alcune virgole, successione di ‘e’… Quest’ultima particolarità costituisce una difficoltà per la traduzione in francese : infatti, a differenza dell’italiano, il francese deve esprimere il pronome personale soggetto davanti al verbo, ed essendo questo per la terza persona ‘il’ oppure ‘elle’ produce, con la congiunzione di coordinazione ‘et’, un cacofonico ‘et il’, ‘et elle’. Ho voluto anche, per quanto possibile, trasporre le particolarità stilistiche di Buzzati : ad esempio le rotture della costruzione sintattica (cambiamenti tempestivi dei tempi grammaticali) ricorrenza del ‘ma’ avversativo, frequente anteposizione dell’aggettivo, ricchezza del lessico in certi campi semantici (inquietudine, angoscia e paura / architettura urbana / evocazione di parole come ‘nebbia’, ‘caligine’, ‘nuvola’). A volte, mi è servito anche l’aiuto prezioso di Patrizia Dalla Rosa : non perché è italiana, ma perché è veneta (ricordo i ‘tonfi di pantegane’), ed anche buzzatiana (‘uno strambo cavallo colore limone’ ‘dissenteria di sposa’ : espressioni e immagini che mi sembravano così strane, mentre sono semplicemente buzzatiane). Tutte queste mie scelte traduttive corrispondono alla mia volontà di conservare nella lingua di Buzzati, in traduzione francese, questa parvenza di semplicità, di facilità, ma che risulta invece da un lavoro paziente dello Scrittore. Un’altra scelta importantissima è stata quella del titolo : come forse non tutti sanno, la scelta del titolo non è sempre quella dell’autore (lo stesso Buzzati è stato costretto a trovare altri titoli a sue opere, perché non accettati dall’editore, come La Fortezza per Il Deserto dei Tartari oppure La dolce morte per Poema a fumetti). Immaginiamo il difficile compito di un modesto traduttore. Per questo volume non si poteva usare il bel titolo di Viganò, giacché il volume francese non corrispondeva ai due tomi italiani. In casi del genere la soluzione più spesso adoperata è quella di dare al volume il titolo di un racconto rappresentativo, di solito il primo nella raccolta. Così avrebbe magari fatto l’editore francese. Io, invece, avevo molto riflettuto sulla questione del titolo, perché è molto delicata. Dopo decine e decine di prove, un titolo mi era sembrato, direi, ‘giusto’ : Nouvelles inquiètes. 1 ‘Nouvelles’, infatti, è in francese una parola adattissima alla produzione di Buzzati, perché polisemica : la ‘nouvelle’ designa sia la ‘notizia’ che si legge sul giornale, sia il ‘racconto’ in quanto forma letteraria. Così si poteva creare un legame fra i due aspetti di una stessa scrittura : Buzzati giornalista e Buzzati scrittore di racconti, e stare vicino all’intento del titolo di Viganò. ‘Inquiètes’, invece, intendeva riferirsi all’inquietudine, tema onnipresente nella narrativa buzzatiana, in quanto connesso alla sua stessa concezione della vita. Nei testi di Buzzati si disegna quello che Viganò nella sua Prefazione chiama l’« altro mondo » : « un mondo dove spesso niente è come appare, dove passato e presente si confondono, e realtà e fantasia sono parole senza significato ». 2 L’inquietudine di queste Nouvelles inquiètes nasce da là : dall’accorgersi che il mondo non è esattamente come credevamo fosse, che il sogno ha un potere che non si sospettava, che la frontiera, per noi invalicabile, fra vita e morte è porosa, che il diavolo esiste e che non è quello che credevamo che fosse… Ma questo titolo, questa ipallage, per me è anche una forma d’omaggio a Marcel Brion, Accademico francese, che ha scoperto e fatto scoprire Buzzati ai lettori francesi :  





































1  D. Buzzati, Nouvelles inquiètes, Paris, Laffont (« Pavillons »), 2006, trad. di D. Gachet. 2  L. Viganò, Prefazione a D. Buzzati, Cronache fantastiche, Milano, Mondadori (« Oscar »), 2003, p. x.  







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un capitolo del suo saggio sulla pittura fantastica (L’art fantastique) 1 ha appunto come titolo Espaces inquiets. In questo saggio, Marcel Brion, ed è l’unico a farlo in Francia, parla anche di Buzzati pittore : nel suo libro, infatti, Brion commenta e riproduce il quadro La grande luna nera, che fa da copertina alle Nouvelles inquiètes. Anche la scelta della copertina, infatti, è stata una bella avventura. Mentre facevo quel lavoro con Laffont, in Italia Nicoletta Comar s’impegnava a preparare la pubblicazione, per il centenario, del bellissimo catalogo dell’opera pittorica di Buzzati. Mi aveva chiesto se avessi potuto rintracciare in Francia proprietari di quadri di Buzzati. Impresa molto difficile… un solo proprietario ero riuscita a rintracciare : proprio quello di La grande luna nera. Preso dunque appuntamento con questa persona, a Parigi, sono andata all’incontro portando la macchina fotografica per scattare le fotografie per Nicoletta Comar. Il giorno prima ero andata da Robert Laffont, e là i grafici mi avevano fatto vedere alcune delle copertine che avevano progettato per Nouvelles inquiètes : erano belle, però non mi sembravano adatte al contenuto del libro, quella più bella era un ritratto di donna, perfetto per Un amore… All’incontro col proprietario di La grande luna nera mi è venuta allora l’idea di chiedergli se avrebbe accettato di fare riprodurre il quadro in copertina. E mi disse di sì, anche con visibile piacere. Ho scattato le fotografie, e sono tornata da Laffont, dove i grafici hanno visto la foto e subito pensato che ne sarebbe uscita una bella copertina : abbiamo fatto vedere il progetto al comitato direttivo ed è andato tutto liscio ! L’altro mio progetto era, come dicevo, quello di pubblicare il secondo volume delle opere complete nella collana « Bouquins » : 2 l’elenco delle opere da inserirvi risultava relativamente agevole giacché si seguiva l’ordine cronologico. Il libro, però, non doveva essere troppo voluminoso. Anche per questo abbiamo scelto di non inserire le opere teatrali che, tra l’altro, erano state pubblicate da un altro editore e sono tutt’ora disponibili in commercio. Anche al Poema a fumetti si è dovuto rinunciare, ma per ragioni tecniche : nella collana « Bouquins » non si possono riprodurre immagini a colori. Eppure Poèmebulles, la traduzione francese uscita presso Laffont nel 1970, era esaurita anch’essa. L’operazione è dunque stata quella di una verifica dei testi. Mi sono accorta, ad esempio, che nella versione francese di In questo preciso momento mancava un pezzo : la poesia dal titolo Un addio. E ancora : le correttrici di bozze hanno rilevato, nella traduzione delle Notti difficili, certi italianismi incomprensibili al lettore che non sa l’italiano : ‘apolide’ e ‘longimirance’, ad esempio, sono stati sostituiti da ‘apatride’ e ‘clairvoyance’. Il lavoro più lungo e fastidioso è stato quello di stilare l’elenco dei doppioni, cioè dei testi che sono stati pubblicati due volte, uguali, in due volumi diversi, 3 ma a volte solo con titolo diverso. Ci sono anche dei casi di testi diversi ma dallo stesso titolo, come ad esempio I due autisti (in Siamo spiacenti di e in Il colombre), o Plenilunio (in In quel preciso momento, in Siamo spiacenti di ed anche in Le notti difficili). In questo lavoro, mi è stato utile un elenco approntato per il Centro Studi da Isabella Pilo, che aveva già stilato una parte considerevole di titoli, lavoro che ho potuto completare con le mie ricerche. Il punto più difficile è stato quello di mettere a confronto In quel preciso momento e Siamo spiacenti di…, poiché ci sono non meno di 36 testi in comune : a volte con lo stesso titolo, a volte con titoli diversi, a volte con lo stesso titolo in italiano  



































1  M. Brion, L’Art fantastique, [1961], Paris, Albin Michelet, 1989. 2  Buzzati, Oeuvres, Paris, Laffont (« Bouquins »), 2006, tomo ii. 3  “Le mura di Anagoor”, in Les Sept Messagers (“Les murs d’Anagoor”) e in En ce moment précis (“Les remparts d’Anagoor”) ; “Il logorio” “L’épuisement”, in Le K e in Les nuits difficiles ; “Progressioni” “Progressions”, in Le K e in Les nuits difficiles.  







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e due titoli per le due traduzioni francesi. Ovviamente non si poteva, nello stesso volume, pubblicare due volte gli stessi testi : abbiamo scelto dunque di lasciare il racconto nel volume in cui era apparso per la prima volta, cioè En ce moment précis. Dal momento che Nous sommes au regret de… risultava troncato, abbiamo dato in nota ai lettori l’indice completo del volume. Per questo secondo volume delle Oeuvres, come per le Nouvelles inquiètes, ho potuto anche scrivere una prefazione, in cui, appoggiandomi a quanto era già stato scritto sia in Italia, sia in Francia, ho aggiunto la mia lettura personale, presentando in modo sintetico sia Buzzati, sia le opere classificate secondo il loro genere, insistendo sulla loro specificità : romanzi, racconti, diari. Ho voluto fare percepire al lettore che il Buzzati del primo volume e quello del secondo erano lo stesso. E pure che il tempo aveva anche modificato qualcosa, ovvero fatto crescere ciò che era ancora germe nelle prime opere : cambiamenti, rotture anche. Nel secondo volume si possono scoprire sfaccettature diverse e nuove dell’autore. Il romanzo non è più quello favoloso del primo Buzzati, esplora le terre della fantascienza o del realismo, la scrittura dei racconti è anch’essa variabile, con l’andar del tempo il racconto si fa sempre più breve. Dal punto di vista tematico si affermano anche interessi per la città, per la società contemporanea e le sue invenzioni tecnologiche, emergono nuovi temi quali la donna e l’amore. Questi due volumi, pubblicati proprio nell’ottobre 2006, hanno contribuito dunque a dare rilievo alla commemorazione del centenario e la stampa ne ha salutato la pubblicazione : articoli nelle riviste letterarie più importanti (« Livres Hebdo », « Lire », « Le Magazine littéraire », « Europe »), una lunga recensione nel supplemento di « Le Monde » : la cartella stampa, in Francia ma anche in Svizzera e in Belgio, è abbastanza cospicua. Resta comunque il terzo volume, quello dei ‘racconti dimenticati’ : l’ho tradotto e consegnato all’editore contemporaneamente alle Nouvelles inquiètes, però l’editore nel frattempo aveva cambiato opinione, pensando che pubblicare tre volumi di Buzzati in una volta sarebbe stato eccessivo. Questi ‘racconti dimenticati’, cosa sono ? Mi ero accorta, parlando con alcuni lettori francesi, di alcune ‘stranezze’ nella composizione dei volumi francesi : ad esempio, uno mi parlava di Une goutte nel volume Les Sept Messagers, mentre Una goccia figura in Paura alla Scala, oppure, parlando dell’Africa di Buzzati, mi riferivo al Cèvere dei Sette messaggeri, ma i lettori francesi non conoscevano questo racconto… È stato dunque un lavoro delicato quanto utile fare il punto sulle traduzioni francesi. Ecco come sono andate le cose. Il traduttore francese Michel Breitman ha tradotto per Laffont tre volumi di racconti che riprendono i titoli dei volumi buzzatiani : Les Sept Messagers, Panique à la Scala, L’écroulement de la Baliverna. Questi volumi però non sono uguali a quelli italiani, in quanto sono composti con racconti tratti da Sessanta racconti e distribuiti, senza cura della provenienza originale, nelle traduzioni francesi. Ciò significa che, ad esempio, in Les Sept Messagers si trovano racconti provenienti sia da I sette messaggeri, ma poi raccolti anche nei Sessanta racconti, sia da Paura alla Scala ma poi riedititi anche nei Sessanta racconti, sia dallo stesso Sessanta racconti, in cui apparivano per la prima volta. Si può immaginare il caos ! Per riassumere, tutti i racconti pubblicati nei Sessanta racconti sono stati tradotti, così come alcuni tratti da Esperimento di magia. Invece la maggiore parte dei racconti apparsi nei primi volumi di Buzzati, ma non ripresi nel volume Sessanta racconti non è mai stata tradotta. E questi racconti rimasti esclusi sono tanti ! Aggiungendo quelli non tradotti  









































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di Esperimento di magia, abbiamo potuto fare un volume intero, che verrà pubblicato nel 2009. 1 Rimaneva da parte anche il Poème-bulles, esaurito da tantissimi anni e che non si era potuto ristampare nel volume delle Oeuvres. Un giorno, discutendo di questo presso Laffont, abbiamo scoperto, quasi per caso guardando sul sito Electre per professionisti del libro, che era prevista la pubblicazione di un libro di Buzzati, dal titolo (all’epoca) Orphée et Euridice. La casa editrice era Actes Sud. E così ho potuto incontrare Michel Parfenov, ed anche Thomas Gabison, direttori della collana « Actes sud BD ». Il lavoro era già stato loro inoltrato, ma hanno comunque voluto incontrarmi : ci sono andata, ovviamente, con sotto braccio gli Atti del recente convegno feltrino su Poema a fumetti, nonché il catalogo della mostra omonima, ed anche il catalogo dell’opera pittorica, che era appena uscito. Abbiamo parlato a lungo, erano molto felici di conoscere meglio l’opera pittorica di Buzzati, come ho già detto poco nota in Francia, ma anche di capire la genesi e la portata di Poema a fumetti. Si era nel giugno 2007 ed i tempi stringevano, perché il libro doveva essere in libreria ad ottobre ! Così, nell’arco di poche settimane, ho incontrato Charlotte Lataillade, la traduttrice, ed abbiamo guardato insieme la sua versione, facendo io la parte della ‘specialista’ di Buzzati per chiarire certi aspetti, difficilissimi da tradurre, oppure per evidenziare certe particolarità della scrittura che non si dovevano trascurare (assenza di virgole, ad esempio). Anche qui, la cara dottoressa Patrizia Dalla Rosa ha fatto la sua parte, raccontandomi della tragedia del Vajont a cui accenna Buzzati, così che abbiamo potuto capire meglio come tradurre il toponimo ‘Vajont’, la cui etimologia riconduce a ‘viene giù’ : sarebbe stato incomprensibile per i francesi : per questo abbiamo tradotto con ‘vague dévastatrice’, anche per riprendere la parola ‘onda’ (vague) che nel testo precede di qualche riga. Ho potuto anche scrivere una prefazione per questo libro, pubblicato poi con il titolo Orfi aux Enfers : 2 a questo fine ho riletto quanto era stato pubblicato nel 2002, per poi scrivere un testo che potesse aggiungere apporti alla ricchezza dell’opera buzzatiana. Il grafico Thomas Gabison ha lavorato basandosi sull’edizione originale italiana, ma soprattutto a partire dai cataloghi, per dare alle immagini i colori più vicini a quelli di Buzzati. Sempre in quell’occasione, abbiamo parlato anche del titolo, che abbiamo cambiato in Orfi aux Enfers. Il titolo che Buzzati aveva inizialmente scelto, La dolce morte, era piaciuto loro moltissimo. Purtroppo le trattative fra agenzie letterarie erano già concluse e, a quel punto, non era più possibile cambiare. Sarebbe pure stato bello ridare all’opera il titolo voluto dallo stesso Buzzati, come debito nei suoi confronti, ma attualmente, in Francia, come in Italia l’espressione ‘la douce mort’ (‘la dolce morte’) designa l’eutanasia, e allora il mondo del Poema sparirebbe. Il volume pubblicato da Actes Sud, con una nuova traduzione, è davvero un bell’oggetto. Appena uscito dal torchio, è stato notato dal giornalista della prestigiosa Radio France-Culture, Tewfik Hakem, che anima la trasmissione À plus d’un titre. Sono stata invitata a parlare del libro nella trasmissione del venerdì, dedicata al fumetto. Mi piaceva l’idea che il Poema a fumetti fosse adesso riconosciuto in Francia come opera ‘culturale’, che venisse in qualche modo riabilitata.  

















1  Dalla presentazione di questo testo al Convegno feltrino e la sua stesura per la pubblicazione, Nouvelles oubliées è stato nel frattempo pubblicato nel febbraio 2009 : D. Buzzati, Nouvelles oubliées, Paris, Robert Laffont, 2009. Sulla copertina è riprodotto il quadro di Buzzati Una fine del mondo. 2  D. Buzzati, Orfi aux Enfers, Paris, Actes Sud BD, 2007, trad. di C. Lataillade, Prefazione di chi scrive.  

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Per concludere… ma come si fa a concludere quando si evoca un’avventura che si prolungherà ancora per anni ed anni ? Per concludere, dunque, vorrei sottolineare che il lavoro in cui si sono impegnate le nostre Associazioni ha ancora tante prospettive da esplorare, così come la richiesta che parte dai lettori, e sempre rinnovata, di conoscere meglio Buzzati ci sollecita ad organizzare convegni, girare il mondo : da ‘soldati buzzatiani’ dobbiamo proseguire nell’impegno che abbiamo scelto. Anche nel campo delle traduzioni rimane tanto da fare. E chissà che il nuovo slancio dato dall’Association des Amis de Dino Buzzati alla Robert Laffont possa dare ancora ulteriori frutti. È quello che ci auguriamo !  





A PROPOSITO DELLA FONDAZIONE DELL’ASSOCIATION INTERNATIONALE DES AMIS DE DINO BUZZATI E DEL SUO ‘RAYONNEMENT’* Yves Frontenac

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n ottimo pittore francese del Novecento, François Salvat (presidente durante gli anni ’70 della mostra Terre Latine, amico caro dello scrittore André Fraigneau, egli stesso direttore della casa editrice Grasset, autore apprezzato dei Voyageurs Transfigurés), formava con la moglie Jeanne Salvat e lo scrittore Fraigneau un trio inseparabile. Trascorsero durante diecine d’anni le loro vacanze insieme sia in Italia che in Grecia. Ora, quegli amici mi dissero, dopo aver letto le mie due prime raccolte di novelle La Bruyère de Septembre (1971) e L’Escalier de la Nuit (1973), che avrei dovuto leggere tempestivamente Il deserto dei Tartari di Dino Buzzati, ma anche I sette messaggeri, Il colombre e In quel preciso momento. Cosa che feci. Fu l’occasione di accorgermi che io e Buzzati eravamo, come scrisse d’altronde Jean Cocteau, sulla stessa ‘lunghezza d’onda’. Quel sentimento fu così forte in me che l’anno dopo decisi di andare nel Nord Italia a vedere quelle Dolomiti tanto presenti nell’opera buzzatiana. Mi sistemai a Cortina d’Ampezzo (che Buzzati conosceva bene) e mi misi in relazione con i familiari di Buzzati che trascorrevano l’estate nella loro villa vicino a Belluno. Fui accolto da Nina e Eppe Ramazotti, sorella e cognato di Dino, coi quali si stabilì immediatamente un ottimo rapporto. Nina mi diede l’indirizzo di Almerina Buzzati a Venezia e ci incontrammo poi nel celebre caffè Florian. Nonostante l’handicap della lingua (nessuno di noi parlava la lingua dell’altro), decidemmo di incontrarci di nuovo a Milano. L’incontro ebbe luogo alcuni mesi dopo. Così si concretizzò l’idea di un’Associazione Internazionale Dino Buzzati appoggiata dalla famiglia dello scrittore. Di ritorno a Parigi, incontrai un avvocato che conosceva Buzzati tramite l’intervista concessa a Yves Panafieu pubblicata dalla casa editrice Laffont. Un nuovo incontro si svolse a Parigi nello studio dell’avvocato Sendek. Così nacque l’Association Internationale des Amis de Dino Buzzati. Il Direttivo era composto da Michel Suffran, autore di saggi, Presidente, Yves Panafieu, docente d’italiano, autore dell’intervista citata, Vice presidente, Yves Frontenac, Segretario generale e Maurice Sendek, Tesoriere. Nel Comitato d’onore c’erano, oltre ai familiari di Buzzati, accademici francesi rinomati : Marcel Brion, Roger Caillois. E scrittori : Jean-Louis Curtis, Max-Pol Fouchet, Mario Fusco, Pierre Mazeaud (alpinista che conosceva Dino), il poeta Gérard Mourgue, il responsabile a Parigi del « Corriere della Sera » Alberto Cavallari e altri ancora, come l’editore Robert Laffont, che pubblicò i primi sei Cahiers dell’Association. In seguito Yves  







*  Si deve alla cura di Marie-Hélène Caspar la traduzione di questa comunicazione di Yves Frontenac, non presente al Convegno.

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Panafieu ne pubblicò altri due, grazie ai fondi raccolti dall’Association con il sostegno prezioso di Augusto Buzzati. In occasione del primo convegno all’Unesco di Parigi, Marie-Hélène Caspar fece conoscere la sua determinazione ad avere una parte attiva nel Direttivo. A partire dal terzo Cahiers, venne dunque nominata membro dello staff dell’Association. Dimostrò poi nell’ambito dell’Università in cui insegnava come Ordinario di Letteratura italiana contemporanea (Université Paris x – Nanterre) la sua volontà di far conoscere meglio l’opera buzzatiana organizzando delle giornate dedicate a Buzzati (Immagini del mondo, Buzzati trent’anni dopo) e pubblicando saggi dedicati a Buzzati sulla rivista da lei fondata : « Narrativa ». Vorrei anche salutare in questa sede il lavoro straordinario svolto durante anni e anni da Yves Panafieu. Con tutti i mezzi a disposizione : stampa (i Cahiers Laffont in particolare, ma pure tutti i libri editi da lui stesso), cinema, convegni, ecc., ha contribuito, con le sue analisi approfondite, a correggere l’immagine spesso poco positiva che si aveva di Buzzati in Italia. E infine c’è Nella Giannetto, che non è più con noi, di cui saluto l’azione e il coraggio. Seppe con maestria, a Feltre e Belluno, appoggiare e sviluppare l’azione degli Amici francesi di Dino Buzzati e creare l’Associazione italiana. Oggi, c’è Patrizia Dalla Rosa (che in Italia, e segnatamente a Feltre) continua questo lavoro, grazie alla quale questo convegno si svolge. La ringrazio calorosamente. In Francia, in seguito a vari cambiamenti, Delphine Gachet, Docente di Letteratura comparata presso l’Università di Bordeaux, è la Segretaria attiva e dinamica dell’Association des Amis de Dino Buzzati. Ricordo che è stata lei ad organizzare il grande convegno Buzzati di Bordeaux, che offrì ai partecipanti la possibilità di vedere una splendida mostra di opere e documenti originali di Buzzati. Nel 2006 è stata pure la co-organizzatrice di un convegno che si è svolto a Besançon, di cui gli Atti sono in corso di stampa. 1 Infine vorrei ricordare il suo ruolo nella presentazione e nell’apparato critico delle opere complete di Buzzati, pubblicate nella collana « Bouquins » di Laffont (2007). Se nel 2008 si continua quello che era stato iniziato in Francia nel 1978, è ovviamente anche grazie a Buzzati stesso, ma pure alla combattività dei buzzatiani francesi e italiani che hanno saputo promuovere l’opera di uno dei più grandi scrittori del nostro tempo : Dino Buzzati.  















1  Gli Atti sono ora stampati.

TRA POETA E STUDIOSO : SOGLIE DI COMUNICAZIONE DEL CENTRO STUDI BUZZATI  

Patrizia Dalla Rosa Il Centro Studi Buzzati

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o strumento privilegiato con cui l’Associazione Internazionale Dino Buzzati persegue il suoi tre obiettivi principali, ovvero, « ricerca e approfondimento critico ad alto livello ; raccolta e catalogazione di materiali bibliografici e documentari ; divulgazione » è il Centro Studi Buzzati, costituito nel 1991 come « struttura permanente dell’Associazione ». Ho iniziato la mia collaborazione all’attività del Centro nel 1993, e in modo continuativo l’ho condotta occupandomi fin dall’inizio della comunicazione con l’utenza e della consulenza bibliografia. Poiché scopo del Centro, come si legge nel pieghevole che lo illustra a partire dagli articoli dello Statuto, « è quello di promuovere studi e ricerche su Dino Buzzati e sulla diffusione della sua opera nel mondo », ho da sempre inteso la mia attività principalmente in relazione e in sintonia con questo indirizzo. Con gli anni, poi, affiancando a questo compito la mia personale attività di ricerca, mi sono ritrovata promossa al ruolo di Responsabile della Ricerca del Centro. Sarà in questa veste che tratterò del lavoro del Centro Studi, perché se non mi sono occupata che sporadicamente della raccolta di materiali e della catalogazione, su ricerca, approfondimento critico e divulgazione ho qualcosa da dire. Innanzitutto come ho inteso e perseguito gli obiettivi dello Statuto. Non mi sembra scontato partire da questa premessa : ho potuto disporre di un tesoro lasciato per così dire in eredità da chi lo ha creato e dell’impostazione di un progetto generale strutturato in maniera molto intelligente. Mi riferisco, è chiaro, all’ideazione di Nella Giannetto, che ha concepito un’Associazione, il relativo centro di studi, la rivista « Studi buzzatiani » come pubblicazione del Centro stesso, e i « Quaderni del Centro Studi Buzzati » quale collana della rivista. Nella Giannetto, semplicemente ‘Nella’ per quelli che hanno conosciuto il suo modo di operare, ha creato un patrimonio tale da lasciare tracce indelebili : nell’ambito della ricerca buzzatiana, della vita culturale del Feltrino e del Bellunese, del panorama culturale quantomeno italiano. Presso la Biblioteca del Centro Studi Buzzati si trova raccolto un patrimonio unico al mondo : materiali bibliografici, documentari e audiovisivi di interesse buzzatiano (fra cui oltre 3.500 documenti e 300 volumi di traduzioni delle opere di Buzzati in 32 lingue). Come è stata concepita, la Biblioteca si propone di offrire un servizio concreto a studiosi e studenti, mettendo a disposizione, oltre ai materiali in suo possesso, una ricca gamma di informazioni bibliografiche organizzate in un catalogo elettronico che consente ricerche rapide e mirate di vario tipo e livello. Semplicemente rimanendo in binari tanto saldi e al contempo elastici, questo programma generale permette di continuare a promuovere a livello internazionale uno studio di Buzzati che potrebbe avere come uniche colonne d’Ercole l’oblio di Buzzati stesso.  





























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Ho avuto la possibilità di seguire il percorso di questo progetto fin quasi dall’inizio. Soprattutto ho potuto frequentare un tavolo di lavoro dove Nella Giannetto, mia ex professoressa di Italiano, mi ha impartito solide lezioni di comunicazione. La vedevo scrivere lettere, quando ancora si spedivano in cartaceo, comunicare al telefono con gli interlocutori più diversi, sempre senza smarrirsi dietro l’ambizione di creare un apparato da ‘addetti ai lavori’, ma evidenziando, piuttosto, che requisito essenziale della comunicazione è il ‘desiderio di entrare in contatto’, lasciare stimoli, raccogliere e disseminare idee. Questo desiderio fa capo a una varietà di modi del comunicare cultura che piano piano ho avvicinato, qua e là aiutando, iniziando a prendere dimestichezza con l’allora per me intimidente posta elettronica (siamo nel 1993). Sempre ho lavorato sperimentando che, a qualsiasi livello la comunicazione avvenga, i tratti di ‘umanità’ di ogni interlocutore devono rimanere centrali. Figuriamoci, potremmo dire, per chi comunica nell’ambito della Letteratura. Ma di questi aspetti tratterò oltre. L’approfondimento critico ad alto livello Ritornando, per il momento, sui vari scopi che si prefigge il Centro, parto, forse inaspettatamente, da quello dell’approfondimento critico ad alto livello. E questo per dare maggiore risalto all’efficacia di quei binari saldi ed elastici di cui dicevo. Non va dimenticato, innanzitutto, che la ricerca scientifica costituisce parte essenziale dell’attività di un Centro che voglia operare a stretto contatto col mondo accademico. Le vie in cui il Centro incanala una ricerca eccellente sono state infatti individuate, fin dall’inizio, in tre solidi pilastri, pensati per garantire un livello di ricerca qualitativamente alto : l’assegnazione annuale di Borse di studio, una rivista specializzata di cui non vedo inaridirsi le sorgenti, una collana che periodicamente raccoglie i frutti maturi dei ricercatori. Vediamoli ora ad uno ad uno. Il bando « Per conoscere Dino Buzzati » assegna annualmente, grazie alla generosità di alcune persone, quattro (ora tre) borse di studio a laureati di Università italiane (finora Arezzo, Bologna, Chieti-Pescara, Firenze, Genova, Mantova, Milano, Napoli, Padova, Pisa, Parma, Perugia, Roma, Torino, Trento, Udine, Urbino, Venezia) e a laureati di Università straniere (finora Amsterdam, Cracovia, Dschang (Camerun), Gwalior (India), Lione, Monmouth (New Jersey), Oradea (Romania), Parigi, Salisburgo, Santa Fè (Argentina), Slesia (Polonia), Teheran, Zagabria). Si mira in tal modo ad affinare specifiche competenze di ricerca : linguistica, tematica, filologica, iconografica… È significativo, infatti, che una delle borse sia sempre riservata a uno studioso di un’Università straniera, un’altra a uno studioso che non abbia ancora compiuto ricerche su Buzzati, ma che abbia pubblicato saggi su altri autori o che sia interessato a studiare il Nostro. Concepito con queste modalità, il concorso assicura la misura di una preziosa diversificazione degli apporti critici. In particolare, attraverso l’annuale assegnazione di una borsa ad un laureato di un’Università straniera, lo studio percorre piste di ricerca lungo l’asse della comparatistica e delle traduzioni e della ricezione di Buzzati nei vari Paesi del mondo. Il bando stabilisce che la somma vinta serva a coprire le spese di viaggio e di un soggiorno di almeno sette giorni a Feltre, e prevede che la ricerca (un lavoro bibliografico, un saggio o una relazione), salvo esigenze diverse, venga svolta presso il Centro Studi Buzzati. In tale modo lo studioso viene anche fisicamente a contatto con i luoghi natali di Buzzati, e il Centro è deputato all’incontro tra una ricerca in biblioteca e una ‘lettura’  







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di luoghi geografici che, se normalmente di per sé può affinare la sensibilità di chi avvicina un artista, relativamente a Buzzati è di enorme e particolare importanza, come vedremo. Feltre e Belluno con il Centro Studi e la casa natale dell’artista, dunque, come luogo fisico e scientifico assieme. I vincitori delle Borse sono tenuti a presentare i risultati della ricerca, svolta appunto con l’aiuto del Centro Studi Buzzati. I saggi, esaminati dal Comitato Scientifico e dalla Redazione della Rivista « Studi buzzatiani », sono solitamente pubblicati. In tanti anni di assegnazione di Borse è capitato che in alcune occasioni questo investimento non abbia raggiunto i risultati sperati : ci sono stati casi di vincitori che non hanno consegnato alcuna ricerca, o di borsisti che hanno prodotto lavori modesti o approssimativi. Ma, nella maggior parte dei casi, il concorso ha permesso concreti avanzamenti nella ricerca. Io stessa, nel 1993, ho potuto fruire di una borsa di studio, ma mi preme ricordare che, come me, i vincitori sono spesso rimasti, e questa è una costante molto significativa, dei ‘buzzatiani’, fedeli allo studio di un artista che tanto li ha appassionati in un’età più giovane. Presumo che facendo alcuni nomi di questi letterati ‘fedeli’ ricorderò al mondo della critica del grande Bellunese studi compiuti a partire da approcci diversi, ma in ogni caso preziosissimi : Fabio Atzori, John Butcher, Vittorio Caratozzolo, Roberto Carnero, María Beatriz Cóceres, Angelo Colombo, Monica Farnetti, Giulio Iacoli, Remi Lanzoni, Stefano Lazzarin, Bruno Mellarini, Simona Munari, Davide Papotti, Stefania Sini, Silvia Zangrandi. E mi sono limitata a citare coloro i quali, nel frattempo, sono divenuti professori universitari, ricercatori, giornalisti accreditati. L’assegnazione delle borse permette, è evidente, di intessere una rete fittissima di relazioni : con poli universitari, con ambiti di ricerca, con discipline di studio, con attitudini diverse. Desidero anche far notare che negli ultimi anni, nonostante non sia più prevista una borsa per i neo-laureati, molti sono stati i casi di giovani eccellenti che hanno consegnato lavori di notevole approfondimento e di grande originalità. Il fatto che l’oggetto di questi studi sia sempre concordato con il Centro, mi ha permesso, in quanto Responsabile della ricerca − sulla scia e nell’impostazione di Nella Giannetto, nonché nell’ampio spazio concessomi dell’attuale Direttore Bianca Maria Da Rif − di orientare gli studi in modo tale da non percorrere terreni troppo frequentemente battuti, e al contempo di mettere a frutto le specifiche competenze di ognuno, affinate nell’alveo di lauree specialistiche, marcate da percorsi già orientati da teorie critiche, maturate nella frequentazione di università straniere, o semplicemente contraddistinte da una cultura di partenza diversa, « straniera », appunto. Recentemente, ad esempio, cogliendo l’opportunità di una tesi di dottorato in svolgimento a Exeter, ho proposto a una borsista, di cui avevo intuito la brillante intelligenza, uno studio sul rapporto Buzzati/Rackham : ne è uscito un limpidissimo saggio di notevole importanza relativamente all’individuazione del nodo, o meglio, della connessione tra la narrativa di Buzzati e i disegni del celebre illustratore. In un altro caso una ricerca sulle scelte editoriali che hanno accompagnato le pubblicazioni di Buzzati, già data alle stampe, mi ha permesso di suggerire all’autrice di proseguire lo studio in un campo tanto fruttuoso. Veniamo dunque a « Studi buzzatiani ». L’idea di una rivista periodica, non di numeri unici, dedicata ad un solo autore, si inserisce in perfetta coerenza con il disegno complessivo : « Studi buzzatiani » costituisce in qualche modo l’apice, il fiore all’occhiello del progetto generale sopra tratteggiato, e testimonia l’intelligente e straordinaria vitalità culturale di Nella Giannetto, non soltanto perché, in quanto Direttore, vi aveva dedicato esperienza ricchissima e forse la  

























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più squisita gioia della sua vita intellettuale, ma anche perché l’idea, ambiziosa quanto audace, consisteva nel pubblicare articoli relativi ad un autore che non è né Dante né Petrarca, ma teneva conto anche del rischio che si inaridissero le fonti o che scemassero interesse ed entusiasmo. Nella rivista, che, come si è detto, accoglie quasi sempre i frutti della ricerca dei borsisti, confluiscono poi i saggi selezionati in quello speciale ‘osservatorio’ che è il Centro, non di rado contattato al solo scopo di proporre la pubblicazione di una ricerca. In questi casi, sottopongo gli articoli inviati al vaglio della Redazione, dopo averne necessariamente intuito l’originalità. Nella Giannetto intendeva comunque arricchire la rivista di inediti, di registrazioni di interventi, di bibliografie, e, non da ultimo, di esperienze didattiche : si trattava dunque di fare della rivista un modo per veicolare sistematicamente, di anno in anno, ciò che di significativo avviene non solo sul piano della ricerca, ma anche su quello della produzione più ampia relativa a questo autore. La grave malattia che ha decretato la brevità della sua esistenza ha spento il suo diretto operare, ma la sua sfida, lanciata più di dieci anni fa, ne coglie i frutti con l’imminente uscita del tredicesimo numero e l’ideazione in corso del numero xiv. 1 E questo non senza uno sforzo per escludere alcuni lavori : indubbio segno dell’effettiva vitalità degli studi sul Nostro. Ora che la rivista continua, alla Redazione non rimane che conservare la passione trasmessa dalla fondatrice, e proseguire, rimanendo lealmente vicina alle sue indicazioni. La suddivisione in Sezioni (oltre a Saggi e note sono previsti : Inediti e rari, Notizie storico-biografiche, Testimonianze e interviste, Dal magnetofono, Esperienze didattiche, Bibliografie, Recensioni) consente di affiancare all’approfondimento critico ad alto livello la divulgazione. Permette di non perdere di vista i contatti, oltre che con l’ambiente accademico, con il mondo della scuola di ogni ordine e grado, soprattutto col territorio, ovvero con gli Enti locali e tutte quelle iniziative che, concepite nella terra natale di Buzzati, vanno ad arricchire sia la cultura locale che la rivista stessa. In particolare, attraverso le recensioni di mostre e spettacoli e la sezione Esperienze didattiche, è infatti possibile accogliere approcci all’opera di Buzzati vitalmente innestati nel lettore comune, nel bambino, nello spettatore occasionale. « Studi buzzatiani » si prefigge anche di aggiornare annualmente la bibliografia ‘di’ e ‘su’ Buzzati, dal 2003 con una speciale sezione dedicata alla Sitografia. Dalla pubblicazione della basilare Bibliografia della critica : 1933-1989 di Giuseppe Fanelli, 2 sono trascorsi molti anni, durante i quali il Centro Studi Buzzati ha offerto, a completamento di questo importante strumento di ricerca, degli aggiornamenti annuali. Il primo volume della rivista, del 1996, ha raccolto la bibliografia aggiornandola al 1994. In seguito, ad ogni numero è stata pubblicata la bibliografia della critica aggiornata ai due anni precedenti l’uscita della rivista stessa (con relative integrazioni delle annate precedenti). Con la pubblicazione del n. xi appare l’indicazione di una Sitografia aggiornata. Il Centro Studi Buzzati, che fonda la sua eccellenza nella ricerca, sa bene che la pubblicazione di notizie bibliografiche costituisce uno strumento di lavoro indispensabile per ogni studioso. E, anzi, avverte come necessaria un’edizione monografica che riunisca, aggiorni e, laddove necessario, completi il materiale bibliografico sparso e si offra quale agile strumento di consultazione agli studiosi. Qualche cenno, per completezza, al carattere di ‘internazionalità’ di « Studi buzzatia 

















1  Ad un anno di distanza dalla stesura di queste note la situazione è la seguente : il numero xiv è uscito ed 2  Urbino, Quattroventi, 1990. il n. xv è in fase di preparazione.  

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ni ». La rivista, edita dagli Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali di Pisa-Roma (dal 2007 Fabrizio Serra Editore) è ‘internazionale’ non solamente perché l’opera di Buzzati riveste, come vedremo, caratteri di universalità, ma anche perché, date le premesse, ha una necessaria distribuzione a livello internazionale. Anche per questo « Studi buzzatiani » accoglie in quasi ogni numero saggi in lingua originale e offre in ogni volume la traduzione dei riassunti (non a caso denominati ‘abstracts’) in cinque lingue europee : inglese, francese, tedesco, spagnolo, romeno. La traduzione dei riassunti in lingua romena è stata purtroppo interrotta a partire dal numero del 2006 a causa della prematura scomparsa del professor Mircea Bentea, docente di Lingua e Letteratura Comparata all’Università di Oradea, in Romania. Bentea era arrivato la prima volta a Feltre nel marzo 1999 grazie alla vincita di una borsa di studio dell’Associazione Internazionale Dino Buzzati e nel novembre del 2001 aveva creato presso l’Università di Oradea il terzo gruppo nazionale dell’Associazione stessa (oltre a quella francese, negli anni Novanta se ne è potuta annoverare anche una in Congo, poi caduta a causa della grave situazione politica in cui è precipitato quel Paese). Con la scomparsa del professore si è spenta purtroppo anche la sezione romena dell’Associazione. In una valutazione complessiva della Rivista, mi permetto di segnalare la rintracciabilità, in essa, di ‘onde di percorso’ della ricerca : oltre agli studi tematici è possibile individuare, ad esempio, specialmente in questi ultimi anni, interessi molto vivaci sul carattere di non « unidimensionalità » dell’opera buzzatiana. Com’è evidente, ho virgolettato un’auto-ironica definizione dello stesso Buzzati per evidenziare una fondamentale caratteristica della sua opera che oggi, con naturalezza, si è trasformata in « multimedialità ». Quest’ultima costituisce una forte attrattiva nei giovani ricercatori, che spesso studiano l’opera del Nostro associata a cinema, fumetto, fantascienza ed espressioni artistiche o generi in sintonia con il mondo della Letteratura. Recentissimi e altrettanto ricchi di humus sono gli studi sull’editoria. Per quanto mi compete, intimamente legata alla mia formazione di laureata in Lingue e Letterature Straniere, ma anche alla lezione di stile della Rivista − facilitata come sono da una borsa riservata a un laureato presso un’Università straniera − incoraggio in special modo gli studi di comparatistica e sulla ricezione di Buzzati all’estero, attraverso i quali emergono spunti particolarmente ricchi per nuove letture interpretative. Ricordo, ad esempio, gli studi sulla ricezione di Buzzati in Spagna, Polonia, Iran, Russia, Albania, Grecia. Noto, infine, un tratto che, almeno a me, desta emozione : il poter constatare che nella pagine di « Studi buzzatiani » è visibile un alternarsi generazionale dei ricercatori : studi di professori noti accanto a quelli di giovani ricercatori. Al bellissimo, stimolante convegno di Besançon del 2006, Buzzati d’hier et d’aujourd’hui, 1 mi ero commossa notando come tre generazioni di studiosi si fossero alternate al tavolo dei relatori. La voce dei ‘maestri’ della critica buzzatiana ha avuto dignità pari a quella di chi della loro lezione ha fatto tesoro e, senza presunzioni, ha saputo portare originalità di approccio e un tocco di freschezza. Io appartengo forse alla generazione di mezzo : quella che a piene mani ha attinto ai maestri, quella che a sua volta stimola la ricerca e, laddove possibile, indica una percorribilità di sentieri. Per « Studi buzzatiani » l’importante è, a mio avviso, il non avvertire cambi di marcia, è il non fare distinzioni di dignità degli apporti : dal saggio  



































1  Dino Buzzati d’hier et d’aujourd’hui. À la mémoire de Nella Giannetto, Actes du Colloque international (Besançon, octobre 2006), textes réunis et preséntés par A. Colombo et D. Bahuet Gachet, Besançon, Presses Universitaires de Franche-Comté, 2008.

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colto all’esperienza didattica, dall’intervista alla bibliografia, rigore e umiltà contraddistinguono l’impostazione ‘scientifica’ della Rivista. E corrispondono a una connotazione del Buzzati più vero : l’ascolto delle voci giovani con attenzione rispettosissima. Ma sono, questi, aspetti troppo importanti per essere liquidati qui e infatti su questo punto riprenderò a dire oltre. In perfetta coerenza con il disegno complessivo, la rivista è completata dalla collana dei « Quaderni del Centro Studi Buzzati » che, se non fosse per ragioni economiche, sarebbe già arricchita di nuovi volumi, i quali invece, per il momento, non possono che rimanere ‘in lista d’attesa’. Ricordo che infatti sono in fase di elaborazione studi che costituiranno il contenuto dei futuri volumi della collana. I « Quaderni » già dati alle stampe sono finora cinque. 1 Non avendo una periodicità regolare, sono stati pubblicati talora con un’uscita significativamente lontana uno dall’altro, talaltra a breve distanza. Li ricordo qui di seguito : di Angelo Colombo « Un linguaggio universalmente comprensibile ». Correzioni e varianti nei primi racconti di Buzzati, del 1996 (unico volume per i tipi DBS, Seren del Grappa, BL) ; Le Alpi di Buzzati, del 2003, a cura di Riccardo Ricci, ristampato dagli Istituti Poligrafici e Internazionali di Pisa-Roma, che pubblicano anche, nel 2004, Dove qualcosa sfugge : lingue e luoghi di Buzzati, di cui sono autrice e nel 2006 Dino Buzzati, l’alpinista, di Maurizio Trevisan. Nel 2008, cambiata denominazione in « Fabrizio Serra Editore », la casa editrice dà alle stampe Fantasmi antichi e moderni. Tecnologia e perturbante in Buzzati e nella letteratura fantastica otto-novecentesca, di Stefano Lazzarin. Come si potrà notare, e credo sia importante renderlo esplicito, questi libri partono da approcci di studio diversissimi, spesso accolgono saggi raggruppabili attorno ad un unico tema, andando così a coprire aree mancanti di approfondimenti resisi col tempo necessari : alcuni infatti testimoniano percorsi di anni di ricerca.  



























Ricerca e divulgazione Se qui concentro ‘ricerca’ e ‘divulgazione’ in un unico paragrafo, lo faccio per illustrare più agevolmente il mio compito di consulente bibliografica. La mia attività di Responsabile della ricerca, infatti, si misura su un lavoro quotidiano assolutamente diversificato. I contatti del Centro Studi Buzzati sono estesi ai cinque continenti tramite una rete intessuta in venti anni dalla nascita dell’Associazione : incalcolabili, in particolare, i contatti individuali in tutto il mondo tramite il web ; molto numerosi sono poi i laureandi o i dottorandi che raggiungono il Centro provenienti da varie località europee. Questi, solitamente, si fermano a Feltre almeno una settimana. Una studentessa polacca e una greca, con tesi di dottorato in corso, hanno trascorso a Feltre un’intera estate. Altri ospiti sono giunti da Africa, Australia e America del Nord e del Sud, India, Giappone e Iran. Il mio lavoro, tuttavia, si muove soprattutto sul piano della divulgazione − attraverso contatti con le scuole, conferenze, e l’adesione alle numerosissime iniziative cui il Centro, organo scientifico dell’Associazione, ha partecipato direttamente o indirettamente, ma sempre fornendo consulenza bibliografica − nonché sul piano della consulenza all’‘utente medio’, nella fattispecie laureando italiano (negli ultimi anni sia per tesi triennali che di specialistica). Tramite il Centro seguo mediamente − di volta in volta − almeno una decina di tesi in corso in tutto il mondo : tesine degli Istituti superiori ; prove finali di laurea triennale,  







1  Il vi è costituito dal presente volume.

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tesi del vecchio ordinamento, tesi di specialistica, tesi di Dottorato. Il Centro, evidentemente, non deve offrire bibliografie pre-confezionate sugli argomenti di ricerca, non sarebbe corretto, escluderebbe lo studente da quella che è la fase più ‘scientificamente’ densa del suo lavoro : la ricerca bibliografica, appunto. Salvo casi eccezionali, perciò, lo studente viene invitato a compiere sul campo la sua ricerca. Altrimenti il Centro si limita a rispondere, anche con l’invio di materiale fotocopiato, a richieste specifiche per autore o titolo. Ma quando l’utente è in Centro e si trova attorniato da un ricchissimo materiale bibliografico entro il quale dipanare un utile filo per il suo specifico oggetto di studio, può disporre della mia consulenza. La ricerca sarebbe altrimenti dispersiva in termini di tempo e di utilità. In ogni caso non ho mai interpretato il mio compito come mera estrazione di articoli o volumi che contenessero una parola-chiave utile all’interlocutore. Ho piuttosto fatto di questo momento di vicinanza allo studente/studioso un’occasione per fornire indicazioni su posizioni critiche aggiornate, o indizi interpretativi, ma anche impostazioni di metodo e, soprattutto, indirizzi esplorativi su campi apparentemente marginali. Se ricordo tutto questo è essenzialmente per mostrare quante possibilità mi sono consentite dalla struttura del Centro, che di per sé, per essere un ‘centro di studi’ e non semplice biblioteca o archivio, permette davvero di favorire un fervido scambio di prospettive di ricerca e conoscenza. Sono transitati per il Centro un’infinità di studenti e nuovi stimoli sono venuti anche da laureando a laureando. Credo davvero che lo studente vada preso sul serio. È spesso dal neofita che le pagine di Buzzati vengono illuminate da luci inedite, è spesso dal giovane che espressività artistiche precorritrici del tempo, come quelle del grande Bellunese, vengono frequentate con naturalezza per essere interpretate in modo attualissimo. Mi riferisco in particolare, come ricordato sopra, a generi o ad aspetti dell’opera buzzatiana troppo a lungo definiti ‘minori’, quali la pittura, il fumetto, il poliziesco, l’articolo su commissione, gli elementi diaristici, la fantascienza, il pop nell’accezione più ampia della parola. Una domanda che sempre pongo al laureando che ho di fronte riguarda l’artefice della scelta dell’argomento di tesi. Lo faccio forse per la gioia di una conferma, perché ho notato che nella maggior parte dei casi lo studente arriva ad una tesi sul nostro autore per libera scelta. Perché Dino Buzzati non solo si studia, ma si legge. A volte si inizia a farlo da bambini, con La famosa invasione degli orsi in Sicilia o col Segreto del Bosco Vecchio, in altri casi lo si scopre da adolescenti. Rimane il fatto che le vie che conducono a questo Autore sono spesso personalissime e libere. Questo punto è di grande rilevanza, perché, è evidente, il laureando muove in questo modo i suoi passi con intensa partecipazione emotiva e dedizione piena. Il frutto di questi lavori, copia delle tesi di vario livello, viene poi quasi sempre donato alla biblioteca. Mi assicuro in questo caso di ottenere dall’autore due righe di autorizzazione alla consultazione, affinché la sua tesi più o meno voluminosa non costituisca mero arredo sugli scaffali. Attualmente sono conservate nella Biblioteca del Centro 130 tesi. 1 Provengono soprattutto da Università italiane, la più rappresentata delle quali è Bologna (15 tesi), seguita da Milano (10), Roma (9), Padova (6), Firenze e Pisa (5) e via via. 39 sono le tesi pervenute da università straniere, di cui 2 extra-europee (Camerun e Argentina). Delle 37 di provenienza europea, ben 17 sono francesi. E non sono state assegnate ed elaborate  



1  A un anno di distanza dal calcolo effettuato per il Convegno, nell’autunno 2009 le tesi raccolte sono 136, vale a dire che sono aumentate secondo la media annuale di 6.

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solamente a Parigi, ma anche a Aix-en-Provence, Bordeaux, Lille, Lyon, Marseille, Rouen, ancora una volta a testimonianza, semmai ce ne fosse bisogno, dell’ampia fortuna di Buzzati in Francia. Da un Archivio Tesi, approntato per la biblioteca del Centro dalla tirocinante dottoressa Giulia Masi, ricavo inoltre elementi più importanti ancora per la mia prospettiva, che è quella di avvalorare l’importanza della nascita e dell’opera dell’Associazione. Si tratta di dati. Certo, non sono che indicativi, poiché non tutte le tesi assegnate e compilate arrivano in Centro. Ma posso testimoniare che di certo l’80/90% di chi ci contatta fa poi dono di una copia del suo elaborato alla biblioteca. Sono dunque dati più che rappresentativi del panorama delle tesi su Dino Buzzati. Ripeto : non posso avere la presunzione di credere che tutti gli elaborati giungano a Feltre, ma l’ordinamento cronologico del materiale in nostro possesso indica quanto segue : se fino al 1988 le tesi su Buzzati sono in numero di 1 massimo 2 all’anno, dalla nascita dell’Associazione la progressione è costante. Con chiarezza si nota, soprattutto, che a far letteralmente lievitare i lavori sul Nostro autore sono stati i convegni dell’Associazione del 1989, 1991, 1995. Ma anche, se non soprattutto, l’uscita dei rispettivi volumi di Atti : 1992, 1995, 2000. Vere e proprie impennate, infatti, sono evidenti nei picchi raggiunti allorquando due di questi eventi sono venuti a coincidere. Mi spiego con degli esempi : a fronte di una media di 6 tesi che annualmente giungono al Centro dal 1988, nell’anno accademico 1991-’92, in cui si tiene il convegno Dino Buzzati : la lingua, le lingue (1991) ed esce il volume Il pianeta Buzzati (1992), le tesi prodotte sono 10. Nell’anno accademico 1995-’96, in cui si dà alle stampe La lingua, le lingue (1995) e ha luogo il congresso sul Buzzati giornalista (1995) le tesi sono 14. La media prosegue in seguito con 6 tesi all’anno e si impenna nuovamente (12 tesi) durante l’anno accademico 2001-2002, a ridosso dell’uscita degli Atti su Buzzati giornalista (2000) e del convegno su Poema a fumetti (2002). L’andamento è poi regolare. Se l’impulso dato dai congressi dell’Associazione è in ogni caso inconfutabile, osservando la produzione di tesi non è possibile riscontrare delle vere e proprie fasi di percorsi privilegiati di ricerca, cosa che, a mio avviso, è estremamente positiva, in quanto denota la ricchezza del sostrato dell’espressività artistica buzzatiana e sta ad indicare che non sono ‘piovuti’ studi sull’onda di un entusiasmo momentaneo. In sostanza : non hanno abbondato tesi sul giornalismo di Buzzati dopo il convegno sul Buzzati giornalista, non è lievitato il numero di tesi analizzanti la lingua o le traduzioni dopo il convegno su La lingua, le lingue, ecc. Gli studi su Buzzati, semmai, sono un ‘bosco misto’ in ottima salute : seguono un andamento costante e tuttora non cessano, ci mancherebbe, l’assegnazione e la compilazione di tesi tematiche. Va evidenziato, peraltro, che non vi è una diretta connessione tra ciò che si può notare a livello di scelta di argomento ed elaborazione di tesi e ciò che si può osservare a livello di produzione critica, essendo quest’ultima un fenomeno che muove da occorrenze diverse dalle prime. Il quadro che emerge dall’Archivio Tesi in nostro possesso è tuttavia molto eloquente. Le tesi non sono raccolte nel Centro, come dicevo, a solo titolo di documentazione. Non sono certo rari i casi in cui, individuando in esse lavori eccellenti e originali, ne ho caldeggiato l’estrapolazione di articoli da proporre alla Redazione della nostra Rivista. E i risultati non hanno mai deluso. Ricordo ancora la commozione frammista a incredulità di una giovane laureata siciliana, ora ricercatrice, che scopriva, in una visita al Centro conseguente alla sua laurea, che il suo saggio pubblicato veniva citato in studi successivi. Ora, dico, la commozione va bene. Ma perché l’incredulità ? Dovrebbe esse 















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re nell’ordine normale delle cose che un giovane possa pubblicare, se ha cose da dire. Nella Giannetto ha sempre operato dando larghissimo spazio ai giovani. E Dino Buzzati stesso, fedele fino alla fine a quel tempo primo in cui la sensibilità penetrava l’universo, troverebbe del tutto naturale che a comprenderlo bene siano in particolar modo giovani e giovanissimi. Di come interpreto la particolare natura e la delicatezza di questo mio compito di ‘consulente bibliografica’, del fatto che questo svolga anche una funzione di indirizzo nella ricerca, valorizzando ambiti inediti di indagine e promovendo percorsi di studio meno frequentati, ho detto finora. Desidero anche rendere testimonianza di come questo operare sia nato nell’alveo di un’impostazione dai forti connotati di ‘umanità’. All’inizio, come dicevo, ho assecondato la generosissima e instancabile attività di Nella Giannetto. Fino a una decina di anni fa il ritmo di lavoro svolto al Centro era ‘umano’. Gradualmente − come per il lento salire le scale di Drogo, difficile, è ovvio, dire quando con esattezza sia iniziato un mutamento − le cose sono cambiate, per varie ragioni. Ma c’è stato un tempo in cui il lavoro di corrispondenza del Centro permetteva di entrare in contatto con gli utenti più diversi toccando sempre il fulcro delle motivazioni che li avevano spinti a contattarci. Come ho già ricordato, gli interlocutori del Centro sono molto differenziati : scrivono o telefonano per chiedere informazioni sull’opera di Buzzati, per reperire notizie bibliografiche, per venire a conoscenza di iniziative dell’Associazione, ma anche per segnalare eventi, proporre articoli, offrire libri. La divulgazione avviene non solamente con la diretta partecipazione ad eventi, ma anche promuovendo iniziative, o concedendo il patrocinio a manifestazioni. Avviene con risposte a Istituti Italiani di Cultura, a Università, ma anche a centri culturali dalla qualifica più contenuta e discreta come Biblioteche comunali o altre Associazioni culturali. A nome del Centro Studi Buzzati ho avuto io stessa il privilegio di farmi ‘ambasciatrice’ dell’Associazione in varie parti del mondo. Anni fa, come dicevo, era ancora possibile l’invio di lettere in cui l’addetto del Centro poteva veicolare nella risposta più di una partecipazione vera alle esigenze del richiedente, era possibile avere tempo sufficiente per andare oltre la normale ‘evasione di una domanda’ e c’era lo spazio per stimolare l’instaurarsi di un contatto, se non sempre durevole, in ogni caso proficuo. Ora, la scomparsa di Nella Giannetto, che assumeva sulle sue spalle grande parte del lavoro, associata a un’insufficiente numero di ore che ho a disposizione per fare fronte a una mole di lavoro indubbiamente lievitata (sulle cui ragioni mi soffermerò oltre) conducono spesso a una non voluta e probabilmente mal compresa fretta nella comunicazione. Meglio a questo punto procedere con esempi. Scelgo, tra le tante, una risposta di Nella Giannetto ad una laureata bulgara. Era il 6 febbraio 1999 e tramite un e-mail la professoressa Giannetto scriveva :  



Gentilissima Dottoressa, ho letto con grande piacere la lettera in cui chiede informazioni su eventuali corsi su Buzzati che si svolgono presso la sede di Feltre della nostra Università, in collaborazione con l’Associazione e il Centro Studi Buzzati. Fra le moltissime lettere di persone interessate a Buzzati che riceviamo da ogni parte del mondo, la Sua è la prima che proviene dalla Bulgaria. Ed è proprio perché terremmo particolarmente a mantenere i contatti con Lei, che ho voluto personalmente risponderLe io, nella mia duplice qualità di direttrice del Centro Studi Buzzati e di responsabile dei corsi estivi di italiano della Libera Università di Lingue e Comunicazione iulm.

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Vengo dunque alle Sue domande, rispondendo punto per punto. Comincio col dirLe che la nostra Università non tiene specifici corsi post-laurea nell’ambito dell’italianistica. Ma per chi voglia studiare Buzzati da noi ci sono molte opportunità : durante ogni anno accademico c’è un seminario annuale di un’ora settimanale dedicato a Buzzati e rivolto sia agli undergraduates, sia ai postgraduates. Anche gli esterni possono partecipare senza pagare nulla e non occorre fare alcun esame di ammissione. Nei mesi di ottobre e novembre 1999 il Centro Studi Buzzati organizza a Belluno (città vicina a Feltre) un seminario su “Poema a fumetti” di Buzzati, rivolto ai professori di italiano delle scuole e ad eventuali altre persone interessate. Per partecipare a questo seminario è sufficiente essere iscritti all’Associazione Internazionale Dino Buzzati. Durante l’estate la nostra Università organizza dei corsi di lingua e cultura italiana per stranieri di vari livelli. Nel corso di livello D (livello avanzato), che si svolge dal 16 agosto al 10 settembre, fra le lezioni di cultura italiana ce ne sono due dedicate a Buzzati. Il nostro Centro Studi è dotato di una Biblioteca specializzata, dove si può trovare tutto quello che serve a fare una ricerca (traduzioni in 30 lingue, testi critici, ma anche film, foto, cassette audio-video, ecc.). Dunque chi viene a frequentare i nostri corsi può utilizzare tutte queste cose ed avere un servizio di consulenza bibliografica. Ogni anno diamo borse di studio a chi vuole venire a studiare al Centro (in particolare c’è una borsa di 3 milioni di lire riservata a un laureato straniero). Il bando per l’anno 2000 scade il 31 dicembre 1999. Le farò mandare per posta un po’ di materiale sia sull’Associazione e il Centro Studi, sia sui nostri corsi estivi. Le consiglio, d’ora in poi, di mandare i Suoi messaggi e-mail all’indirizzo del Centro Studi, che è [email protected]. Quello da cui le sto scrivendo è il mio indirizzo e-mail privato. Spero di risentirLa presto. Un saluto cordialissimo. Nella Giannetto  

Nonostante da piccoli particolari sia possibile datare la lettera, è evidente che, pur veicolata da un e-mail, mezzo di per sé non cerimonioso sul piano formale e improntato a maggiore immediatezza di una lettera cartacea, questo scritto non è scandito dalla fretta, né contrassegnato da un tono sbrigativo. Ora però a costringere a risposte sempre più veloci sono i tempi sincopati della mia presenza in Centro, tempi rimasti negli anni invariati a fronte del lievitare dei contatti. Certo, fin dove mi è umanamente possibile non liquido gli utenti con risposte frettolose. Di recente, ad esempio, rispondendo al primo interlocutore vietnamita della Biblioteca, un medico che scriveva chiedendo come ottenere i diritti per tradurre Buzzati in Vietnam, ho scritto, tra l’altro, quanto segue :  

Lei è la prima persona che ci scrive dal Vietnam e questo fatto mi dà una certa emozione. Mi fa molto piacere sentire che ha tanto apprezzato l’opera di Dino Buzzati […]. In qualsiasi modo Lei pensi che le possiamo essere utili ci scriva. Ci scriva anche per proporci, se lo crede, le sue impressioni di lettore vietnamita : perché reputa Buzzati “moderno” ? In quale senso ? Soprattutto : quali aspetti della sensibilità di un lettore medio vietnamita potrà, a Suo parere, toccare Buzzati ? Chissà che queste Sue considerazioni non possano divenire un articolo da proporre alla nostra rivista internazionale « Studi buzzatiani » ?  















Ma non sempre le richieste sono così semplici. E quando concernono l’opera di Buzzati, con domande su progetti di Dottorato, tagli di articoli su cui poggiare un confronto o pagine letterarie da cercare e interpretare, sento che il ritmo più opportuno è quello non scandito dalla fretta, quello che permette un’attenzione vera e non riduce la risposta ad una ‘evasione di corrispondenza’. Sento che devo sottrarmi a un’impostazione di lavoro che ricalchi quella del cosiddetto « marketing culturale ». Sento il rischio che la fretta banalizzi il mio compito. Sento che l’accelerazione entro cui sono costretta riduce  



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la proposizione di punti di vista, semplifica letture dell’opera di Buzzati, in sostanza depotenzia il Centro Studi. La fretta, bestia nera della comunicazione, fa muovere male anche gli interlocutori del Centro. Tentazione insidiosa quella di risolvere ricerche in internet mossi dall’impazienza. Mi limito a portare tre esempi significativi. Il primo lo segnalo perché indicativo della fretta adolescenziale, e soprattutto perché divertente. Scriveva (papale) nel 2001 un ragazzo :  

ciao sono uno studente di 15 anni ! Siccome devo fare una ricerca di scuola su dino, vorrei chiedervi se sareste così gentile da mandarmi delle interessanti indiscrezioni su Buzzati ! Grazie in anticipo. P. S : mandatemele a [segue indicazione di un indirizzo e-mail diverso da quello utilizzato].  





La mia risposta :  

Caro studente di 15 anni (a proposito, non si usa più presentarsi con un nome ?), cosa intendi per « interessanti indiscrezioni » ? Qual è l’aspetto che più ti interessa di Buzzati ? Che tipo di ricerca devi fare ? Lo sapevi che Dino, quando aveva la tua età, teneva una fittissima corrispondenza (a volte più di una lettera al giorno, e allora non c’era l’e-mail !) con il suo carissimo amico Arturo Brambilla ? Quelle lettere sono il contenuto (preziosissimo poi per gli studiosi della sua opera) del libro « Dino Buzzati. Lettere a Brambilla », libro che forse riesci a recuperare in qualche biblioteca. Ti anticipo che era appassionato di egittologia, e che per un certo periodo le sue lettere all’amico erano scritte a rovescio (per leggerle occorreva rifletterle in uno specchio). Poi era appassionato di alpinismo, caccia, ragazze ed era interessatissimo al disegno. Lui stesso ha realizzato bellissimi disegni, proprio alla tua età. Prediligeva il genere fantastico. Basta per ora ? Riscrivimi.  





















La sua :  

sono lo studente di 15 anni e mi chiamo [segue nome che compare sull’indirizzo e-mail] ! Devo dirtelo sinceramente : non ho mai letto un libro di buzzati e neanche lo conoscevo (anche xche adoro Stephen King) ! Io dovrei fare colpo sul prof di ita dicendogli cose che lui di Dino neanche conosce ! Ecco qualera la mia idea di indiscrezione in piu rispetto agli altri allievi ! Quindi se mi potresti mandare qualcosaltro mi farebbe molto piacere ! Ciao [nome].  











La mia :  

Senti [nome], per oggi impara questo : non dare mai nulla per scontato. Non era scontato che il tuo nome fosse [nome] : più di una volta ho risposto con “Caro [nome maschile]” a ragazzine che scrivevano dalla casella del papà ! Non è scontato che dia consigli a persone come te, che, mosse soltanto dal desiderio di far colpo sul prof di ita, se ne fregano altamente di avvicinare un testo di Buzzati. Comincia da lì. Si parte sicuramente col piede sbagliato pretendendo di dire a un insegnante “cose che lui di Dino neanche conosce !” Comincia col conoscere qualcosa tu ! Ti suggerisco la lettura de “I sette messaggeri” o dei “Sessanta racconti” o di qualche raccolta che trovi in biblioteca. Solo da lì puoi cominciare.  









Non era seguita replica. Ma certo, l’esempio portato, anche allo scopo di alleggerire queste mie considerazioni, proviene da un ingenuo ragazzino. Spiace di più quando giovani universitari dall’intelligenza brillante, in grado di dare una lettura di pagine buzzatiane cogliendo perfettamente nel segno, arrivano a contattare il Centro mossi dalla stessa impazienza. Arrivano a credere che digitando su un motore di ricerca la parola « Buzzati » possa materializzarsi una risposta di Buzzati stesso, com’è successo qualche anno fa. Così scriveva [sintetizzo] alla casella di posta del Centro, nel 2003, un giovane studente :  





Gentile Sig. Buzzati, le sto scrivendo la presente, innanzitutto, per complimentarmi per ciò che è riuscito a trasmettere tramite le sue opere […]. Volevo soffermarmi su un racconto che ho letto nel suo libro “Le

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notti difficili” : Dal medico. Sono rimasto colpito, affascinato, non so esattamente individuare un aggettivo che riesca ad esternare la sensazione che ha scaturito in me quel racconto. È stato come leggere direttamente in un mio recondito pensiero tenuto nel profondo della mente e mai sviluppato e portato alla luce del sole. Io sono un appassionato del cinema e soprattutto di montaggio film e con la mia ragazza che studia all’Accademia Internazionale per le Arti e le scienze dell’Immagine, volevamo prendere spunto dal suo racconto per creare un cortometraggio. Mi piacerebbe conoscere il suo pensiero in proposito e magari comunicare con Lei telefonicamente per disquisire sull’argomento. I miei recapiti sono i seguenti : [seguono due numeri di cellulare e l’indirizzo e-mail].  



Gli avevo affettuosamente risposto :  

Caro [nome], […]. È proprio vero che gli scrittori sono immortali. E non penso che Dino Buzzati, morto esattamente 30 anni fa (quasi 31 per la verità, visto che si è spento il 28 gennaio 1972), sia uno che si rivolti nella tomba, leggendo la tua cara lettera : penso invece che ne sarebbe contento […]. Lo “conosco” abbastanza da pensare che della tua lettera direbbe : « Caro [nome], è bellissimo sentire che il mio pensiero scavalca gli anni, che ancora tocco il cuore dei giovani come te, di certo sensibilissimi per aver inteso così bene cosa intendo per “morte”. Tu testimoni che la letteratura, proprio perché permette la condivisione di comuni stati d’animo, profondamente ha senso ». Perdonami se mi sono permessa di interpretare le parole con cui ti avrebbe risposto Dino […]. Devi credermi anche riguardo al fatto che con te non voglio essere ironica quando penso che una lettera come la tua diverte (uso il presente) senz’altro lo spirito di Buzzati. È una lettera che gli farà bene, ne sono sicura. Ma poi, qui sì non ti arrabbiare […], ma come, mi dico, un ragazzo così intelligente, di certo creativo, non si pone il minimo dubbio sull’identità di un autore di cui, tra l’altro, dice di aver “sentito” ( ?) la biografia ? Vedi, caro [nome], ho il forte sospetto che internet sia un mezzo che, se da un lato amplifica all’infinito le vie di conoscenza, dall’altro le limita spaventosamente (davvero di questo mi spavento). Nel momento in cui qualche dato, informazione, notizia entrano in rete è come se scambiassimo quella che è una specie di archiviazione elettronica con la conoscenza stessa […]. Ma tu, che hai vissuto con tale intensità il racconto “Dal medico”, ricorda questo : è necessario riflettere sui e dubitare dei propri atteggiamenti emozionali e culturali, altrimenti ci si atrofizza davvero. Mi dispiace che Dino non possa chiamarti al cellulare, di certo il suo spirito ti benedice !  















Il ragazzo mi aveva risposto ringraziandomi. E così un vero, autentico contatto c’era stato. A supporto delle mie argomentazioni sulla fretta, la quale miete speciali vittime, cito infine l’esempio di una giornalista che nel novembre 2006 si era indirizzata al Centro Studi Buzzati con le seguenti parole : « Avrei urgente bisogno di mettermi in contatto con lo scrittore per un’intervista. Grazie » [segue n. di cellulare, nome e l’indicazione di un celebre quotidiano]. Non sono mai stata ‘catastrofista’ e ripongo moltissima fiducia nei giovani. Se ho riportato questi esempi, oltre allo scopo di alleggerire il mio discorso, è perché mi spaventa davvero pensare a dove possa condurre un globalismo all’insegna della superficialità. Credo che a un Centro di studi spetti anche l’educare e l’affinare la sensibilità di chi avvicina un’opera letteraria. Dove, se non in un ambito che voglia dirsi ‘culturale’, c’è ancora spazio contro un fosco appiattimento della sensibilità individuale ? Li ho riportati, infine, perché vorrei si sapesse che il tempo che ho a disposizione per la corrispondenza con gli utenti è tale da vedermi costretta sempre più spesso a liquidare le richieste, e di farlo fino al punto da costringermi a scrivere, con sempre maggiore  







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frequenza : « Le risponderò non appena possibile », o « Lo può leggere sul nostro sito », ecc. Col tempo della fretta, insomma.  









Un orizzonte che si amplia Dalla prospettiva con cui posso guardare all’attività del Centro Studi Buzzati, ovvero in quanto Responsabile della ricerca, mi è agevole sia testimoniare che il lavoro sta lievitando, sia prevedere che continuerà a farlo. Le ragioni sono essenzialmente tre : la costante promozione degli studi su Buzzati ; la visibilità del patrimonio del Centro Studi per l’entrata in un polo bibliotecario della Regione Veneto, che corrisponderà all’appartenenza al Servizio Bibliotecario Nazionale ; l’universalità di Buzzati stesso. La promozione degli studi sul Nostro autore svolta dall’Associazione Internazionale Dino Buzzati − tramite quattro convegni internazionali, mostre, tavole rotonde, seminari, assegnazione di borse e centinaia di iniziative promosse o supportate − nonché il parallelo avanzamento della ricerca stimolato da numerose occasioni di incontro sulla figura e l’opera buzzatiana a livello mondiale, rilanciate, in particolare, ai trent’anni dalla scomparsa dell’Autore (2002) e al Centenario della sua nascita (2006) sono stati fondamentali nel dare una spinta propulsiva all’interesse per l’opera buzzatiana. Soltanto rimanendo entro il panorama delle due ricorrenze menzionate, annoto gli incontri cui io stessa ho partecipato a nome del Centro Studi Buzzati : nel 2002 un convegno internazionale a Nanterre e due conferenze presso due Università di Seoul (nell’ambito della « Settimana della lingua italiana nel mondo ») in Corea ; nel 2006 i convegni internazionali di Besançon e di Madrid e la Tavola rotonda di Berlino. Ma, non è esagerato dirlo, le iniziative in questi ultimi anni, anche ben al di là delle ricorrenze, non si contano e l’elenco potrebbe essere lunghissimo. Solamente a memoria cito : Parigi, Teheran, Colonia, Oxford, Roma, Milano, Graz, Bologna, e richieste di partecipazione a convegni, mai soddisfatte per la cronica mancanza di fondi, giunte, solo per fare degli esempi, da Algeri, Tirana, New Jersey. L’entrata nel Servizio Bibliotecario Nazionale, grazie al software Sebina garantito dalla Regione Veneto, farà sì che un’utenza potenzialmente illimitata possa contattare il Centro. Il catalogo della Biblioteca, infatti, sarà consultabile on line da ogni punto del pianeta collegato a internet, e gli utenti avranno in tal modo la possibilità di ottenere informazioni sul materiale bibliografico posseduto e di fruirne eventualmente attraverso il servizio interbibliotecario. Quanto all’‘universalità’ di Buzzati credo vadano spese due parole in più.  















L’universalità di un autore Dino Buzzati è scrittore amato da tanti, tantissimi lettori, e contemporaneamente apprezzato anche dai più raffinati. Vent’anni fa, all’indomani della nascita dell’Associazione, Nella Giannetto affermava che « la narrativa di Buzzati è abbastanza universale, a sfondo esistenziale e simbolico, e può valere in tutti i climi culturali a differenza di molta nostra letteratura ». 1 A ciò contribuiscono in primo luogo, beninteso, la ricezione universale dei temi cardine della sua opera, ma anche tre elementi che a mio avviso sono basilari per intendere questa universalità : la poliedricità di Buzzati, l’impatto di facilità della sua  







1  I. Prandin, Miniera di sogni. Nel nome dello scrittore è nata una associazione, « Il Gazzettino », 23 dicembre 1988.  



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traduzione in lingua straniera, la non immediata riconducibilità della sua opera a una geografia italiana. Vediamo questi aspetti uno ad uno. Il primo : l’opera di questo artista è talmente poliedrica da permetterne un avvicinamento a partire dagli interessi più differenziati e dai livelli di studio più vari. Ritorna, qui, il concetto della sua ‘modernità’. Nel 1996, nel suo Consigli a un giovane scrittore, Vincenzo Cerami affermava : « Gli scrittori della mia generazione […] da molti anni scrivono su più tavoli. Qui un libro, là un film o una pièce teatrale o un poema, e ancora un reportage […], un documentario filmato, una poesia, un’opera musicale […], una cronaca sportiva ». 1 La generazione di Cerami (nato nel 1940) è successiva a quella di Buzzati. Eppure, tranquillamente, aggiungiamo all’elenco di Cerami fiaba, fumetto, pittura e abbiamo Buzzati : un ‘pianeta’, appunto. La lingua di Dino Buzzati, sulla quale pure mi sono espressa nel « Quaderno » sopra citato parlando di apparente semplicità e di complessità ipersemantica, è però, in generale, ancorché con esiti diversi, agevolmente traducibile, e questo fatto ha indubbiamente contribuito alla sua immensa fortuna all’estero. Dino Buzzati conta la traduzione in 32 lingue : albanese ; arabo ; bulgaro ; catalano ; ceco ; cinese ; croato ; danese ; ebraico ; esperanto ; estone ; finlandese ; francese ; galiziano ; giapponese ; greco ; hindi ; inglese ; norvegese ; olandese ; persiano ; polacco ; portoghese ; rumeno ; russo ; serbo ; slovacco ; sloveno ; spagnolo ; svedese ; tedesco ; ungherese. È notevole anche il fatto che nella maggior parte di queste lingue sono state tradotte non una, ma parecchie delle opere di Buzzati. La misura breve del racconto, con cui principalmente si è espresso l’Autore bellunese, ha inoltre costituito e costituisce tuttora un elemento di grande interesse didattico : il racconto buzzatiano è proposto infatti come esercizio traduttivo in molte scuole : Licei, Università, scuole di italiano all’estero, ecc. Non mi risulta sia già stata pubblicata una traduzione in coreano, ma durante la mia visita a Seoul, ad esempio, ricordo che Buzzati era proposto agli studenti di italiano alle Università di Sogang e Hankuk. 2 Infine l’ultimo punto che a mio avviso decreta l’universalità di Buzzati. È ormai consolidato nella critica che per Buzzati si parli di a-temporalità per molte delle ambientazioni di sue opere. Certo, troppo sbrigativamente incasellato come ‘fuori della Storia’, Buzzati forse più di altri ha saputo denunciare una perdita del sentimento del vivere, che in pieno connota la sua opera come ‘novecentesca’. In questo senso la sua testimonianza morale, rispetto a un secolo così tormentato e inquieto, certamente andrà oltre. Rimane pur vero che il Buzzati forse più universalmente noto è quello ‘metafisico’, quello di storie narrate o dipinte collocate in un tempo pressoché immoto, nel senza tempo, o meglio, in un tempo non storicamente identificabile. Ma, a mio parere, ancora più corretto e legittimo è definire come non collocabile in una ‘geografia italiana’ il paesaggio preminente nella sua opera : quello del deserto e della montagna. Se lo rimarco è perché esso non vi entra come sfondo ma più spesso da protagonista. E se − come affermo nel mio libro su Lingue e luoghi di Buzzati − a una geografia italiana non è attribuibile il ‘deserto’ (che entra in numerosi racconti e dipinti, non soltanto nel celebre romanzo), non sono ascrivibili a un paesaggio italiano o europeo nemmeno l’‘alta montagna’, luogo sconosciuto ai più ; né, tantomeno, certi angoli  

























































































1  V. Cerami, Consigli a un giovane scrittore, Torino, Einaudi (« Einaudi Tascabili. Stile libero »), 1996, p. 6. 2  Il 15 settembre 2009 è giunta da Seoul la richiesta di copyright per la traduzione di Dino Buzzati in coreano.  



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della Val Belluna e dei suoi dintorni, vera ‘Patria’ di Buzzati. Il paesaggio che riconosco nella sua opera, infatti, non è un paesaggio comunemente riconoscibile : o è quello dell’alta montagna, quello dei « mille metri al di sopra delle regioni abitate » 1 o quello di angoli così marginali e nascosti del territorio Bellunese (« reconditi » direbbe Buzzati) da risultare sconosciuto alla maggioranza degli stessi bellunesi. Costituisce un luogo che, benché reale e ‘mappato’ (ora quasi coincidente col territorio del Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi − area protetta di interesse mondiale), è collocabile per sua natura ai margini della vita ‘reale’ : è un ‘altrove’ o un ‘lassù’ oltre il confine del mondo. E non permette una sua riconoscibilità al lettore italiano medio. Ma si fa, per il lettore universale, un unico, grande deserto come luogo di ascolto di fronte all’enigma dell’esistenza. Se lo rilevo è perché questi luoghi costituiscono un paesaggio la cui importanza, per Buzzati stesso, ma anche per chi lo voglia capire, è enorme. E non solo per il legame di questo Autore con la montagna, ma perché nella sua opera questi stessi luoghi diventano luoghi del mondo, senza connotati regionali o di costume. È questa, di certo, una delle ragioni per cui Buzzati è compreso universalmente ! Insisto : nel paesaggio dell’opera di buzzatiana, così al di fuori di una cartografia rintracciabile, ogni lettore del mondo rintraccia un suo mondo, un suo Nord o un suo Oriente, un suo deserto o una sua foresta, una sua città o un suo ‘grigio e uniforme’ mare universale. È naturale che la poesia, nell’accezione ampia della parola, « [comunichi] anche al di là delle proprie radici culturali ». 2 Ma nel caso di Buzzati questo senso di poesia ancorato al paesaggio ‘metafisico’, da lui creato dopo aver spalancato gli occhi sul paesaggio fisico di questa terra bellunese, ha di certo contribuito a rendere la sua opera universale. Se si fosse disponibili all’ascolto dei luoghi allora sì che si capirebbe Buzzati.  























Tra poeta e studioso : l ’ amore per la ricerca  

Ho fin qui cercato di illustrare le caratteristiche di quella speciale biblioteca che è il Centro Studi Buzzati e del mio compito all’interno di essa. Per tutte le ragioni che ho esposto, si tratta di un’attività assolutamente diversificata. Ma quando mi sono chiesta qual è il denominatore comune di questo mio operare la risposta che mi sono data è stata : l’amore per la ricerca, il desiderio che in Centro Studi − mi si perdoni il bisticcio − si studi, in sostanza la voglia che le idee circolino. E allora ho compreso che la più grande lezione di comunicazione l’ho ricevuta proprio da Dino Buzzati. Dicevo all’inizio che affinché la comunicazione funzioni è necessario il ‘desiderio di contatto’, il ‘bisogno di comunicare’. Anche l’Artista, lo scrittore, il pittore Buzzati, se ha trasfigurato la realtà lo ha fatto per un disperato bisogno di comprendere il mistero che lo attorniava, e di comprenderlo ‘comunicando’. Comunicando con noi, lettori universali, studiosi, lettori comuni, meravigliosi bambini, poveri balbettanti professori. Un Centro di studi a lui dedicato può continuare ad essere strumento di crescita a livello critico solamente se mi permette prima di tutto di fare in modo che Buzzati continui a comunicare. Come ? Non solo riunendo, in una rete, studi che dialoghino tra loro, ma anche non cessando di ricondurre lo studioso alla sua parola. Per mia attitudine − sono partita da studi sulla traduzione − interpreto il mio ruolo un po’ come quello  



1  R. Musil, « Il topo », in Pagine postume pubblicate in vita (1936), Torino, Einaudi, 1970, pp. 39-41 : 39. 2  F. Bugliani, Introduzione a Poesia e comunicazione, a cura di F. Bugliani e L. Panieri, Trieste, Lint, 2001, pp. 7-15 : 13.  







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del traduttore : chi ‘traduce’ non può farlo senza entrare intimamente nella parola da ridonare in un’altra lingua. Per questo vivo il mio ruolo di consulente bibliografica del Centro ricordando sempre che la comunicazione tra poeta e interprete e lettore implica una relazione fondata sull’‘ascolto’ della parola del Poeta. Francesca Bugliani citava [il teologo] Karl Rahner, scrivendo quanto segue nella sua Introduzione agli Atti del bellissimo convegno su Poesia e Comunicazione (organizzato a Feltre dalla iulm nel maggio del 2000) :  



Le parole poetiche [sono] parole primordiali che completano l’essere e perfezionano le cose. Sono parole di rottura e di liberazione. Il poeta che le esprime le rende vive per chi le ascolta in virtù della sua intuizione creativa […]. Ma anche la ricezione della parola poetica […] richiede egual intuizione. È vero ascoltatore della voce poetica solo il lettore che è aperto al mistero […] è vero interprete solo colui che permette alle parole del poeta di raggiungerlo nell’intimo. 1  

Trascurata Parola di Poeta ! Quanto spazio è dato alla parola che informa, che veicola concetti pre-fabbricati in luogo di spirito critico. L’amore per Buzzati e l’amore per la ricerca non sono inconciliabili. Dino Buzzati, è noto, e lo sa bene Yves Panafieu, ha sempre preso le distanze dai critici. Ma, più che da questi ultimi, ha preso le distanze dal linguaggio della critica, quello di « gente che scrive in maniera tortuosa ed ermetica ». Ma, caro Dino, lo sapeva bene anche lui che quasi sempre l’intenzione è buona. Se fare critica non consiste nel chiudersi in élites di addetti ai lavori, ma umilmente andare oltre quello che già sappiamo per arricchire la lettura dell’opera, se insomma e sopra tutto il critico contribuisce a illuminare aree oscure di quel buio reso Bellezza che è l’arte, allora Dino Buzzati può essere contento. A differenza di tanti scrittori, egli parla a molti lettori. Se è vero che « il bisogno irrefrenabile della mente umana di capire il senso della propria esperienza è in parte appagato nel momento in cui essa entra in comunione con altre menti che hanno avvertito lo stesso bisogno », 2 relativamente a Buzzati un ‘riconoscimento’ nelle sue parole sincere e non definitive, nelle sue immagini sospese e senza fingimenti è sempre possibile. Così, in quei lettori che ‘ascoltano’ e ‘contemplano’ vedo prevalere il sollievo del riconoscimento di una non-solitudine. Che a tratti si accende in produzione critica : articoli, che poi girano tra lettori e studiosi come sorrisi scambiati da un invisibile filo di corrente. Anche per i critici contano le intenzioni, come dicevo. Da Buzzati ho imparato che quando desideravo comprenderlo dovevo soprattutto tornare alla sua pagina, dovevo tornare con Drogo ad ascoltare quegli « echi profondissimi dell’animo suo » che « si erano ridestati » e che « lui non […] sapeva capire ». Perché è tanto ciò che non capiamo. E la Poesia va a illuminare quelle ombre. Le immagini del Poeta « sono semplicemente presenti, permanenti ed uniche e vogliono essere contemplate ». 3 Ricondurre alla sua parola, alla sua lingua, significa anche riportare alle sorgenti di quella parola, a un luogo che non soltanto gli ha dato i natali fisici, ma pure i natali alla sua visione del mondo : un ‘luogo-tempo’. Mi sono espressa molte volte in questo senso. Ed è la stessa ragione per cui in più di un’occasione ho personalmente accompagnato a villa Buzzati o a Valmorel studiosi di varie parti del mondo. E come tutti hanno percepito allora un mutamento di prospettiva ! Che inattesa apertura è derivata alla loro comprensione ! Quei luoghi si sono fatti ‘luoghi che hanno comunicato’. È importantissimo  





































1  Ivi, pp. 10-11.

2  Ivi, p. 11.

3  Ivi, p. 9.

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che il Centro sia a 30 chilometri dalla casa natale dello scrittore, è importantissimo che si possa, da là, alzare lo sguardo alle muraglie che Dino anelava scalare. Se poi salissimo anche noi in quell’« alta montagna » che costituisce il deserto di Buzzati, conosceremmo forse l’« inquietudine immobile », 1 « l’immane immobilità delle montagne ». 2 Ci chiederemmo se già regni l’eternità, e forse intuiremmo « l’esperienza dell’inconoscibile », 3 ci avvicineremmo a quell’ ‘invisibile’ che a tratti il Poeta vede. Capiremmo forse Buzzati e, ora che geograficamente l’Ignoto sta scomparendo, l’importanza e il bisogno di Ignoto dell’essere umano.  





















Nel raccontare l’attività del Centro Studi Buzzati ho tratteggiato le sue modalità di comunicazione a partire da come sono state predisposte dal suo Statuto e dalla rete dei suoi canali : e-mail, sito, ecc. Ma le ‘soglie di comunicazione’ che ho individuato e in cui interagisco grazie al Centro vanno oltre la fittissima rete di contatti intessuta in vent’anni. Hanno preso l’avvio e continuano a collocarsi, per come interpreto il mio compito, tra il poeta e lo studioso. So che è la voce di Buzzati, infatti, che devo sempre ‘ascoltare’. E a lui, al Poeta, devo la prospettiva che ho offerto.  

1  R. Musil, « Il topo », cit., p. 40.  



2  Ivi.

3  Ivi, p. 41.

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UN CASO CHE COMINCIA PER BI. VIAGGIO TRA LE TESI RIGUARDANTI L’OPERA DI DINO BUZZATI ASSEGNATE NEGLI ATENEI MILANESI (1988-2008) Silvia Zangrandi 1. I dati statistici

I

l geniale titolo del convegno Un gigante trascurato ? sollecita alcune riflessioni sull’attenzione che l’opera di Dino Buzzati ha avuto dopo la nascita dell’Associazione Dino Buzzati di Feltre. Le mie considerazioni, ed è bene sottolinearlo fin d’ora, si sono concentrate attorno agli studi promossi dagli atenei milanesi 1 tramite l’assegnazione di tesi di laurea. Per svolgere questa ricerca 2 ho individuato alcuni criteri che credo sia opportuno elencare. È noto che a Milano ci sono numerosi atenei. Tutti sono stati presi in esame, e precisamente : Università degli Studi di Milano – Bicocca, 3 Accademia di Belle Arti di Brera, Università Commerciale Luigi Bocconi, 4 Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Libera Università di Lingue e Comunicazione iulm, Politecnico di Milano, Università degli Studi di Milano, Libera Università Vita e Salute S. Raffaele. 5 Come già accennato, sono state considerate solo le tesi discusse dopo il 1988, benché  













1  È evidente che l’opera di Buzzati è stata studiata anche presso altri atenei lombardi ; questi i dati a me noti a partire dal 1988 : - presso l’Università degli Studi di Bergamo Martin Esslin e il teatro dell’assurdo : Pinter, Buzzati, D’Errico, 1987 ; Racconti di mare e di finzione letteraria : il Cuore di tenebra nel Colombre di Buzzati, 2006 ; - presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia : Il Deserto dei Tartari di Dino Buzzati, 1989 ; Dino Buzzati e le due donne più famose nella “nera”, 2006. Presso l’Università degli Studi di Pavia esiste un catalogo delle tesi aggiornato solo parzialmente : al momento non appaiono tesi dedicate a Buzzati. 2  Queste informazioni e i dati che indicherò di seguito sono stati in prima battuta rilevati da me collegandomi ai cataloghi digitali dei diversi atenei, e in seconda battuta verificati con l’aiuto degli addetti alle biblioteche degli atenei ai quali mi sono rivolta. Tuttavia, non mi è possibile assicurare la completezza dei dati poiché, come sostengono gli stessi addetti, da un lato potrebbero esserci delle falle nel sistema e dall’altro l’aggiornamento dei dati non sempre è tempestivo. 3  Presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università Bicocca, nella quale è stato avviato anche un Dottorato in Scienze della Comunicazione, non vi sono tesi che riguardino Dino Buzzati. 4  Presso l’Università Bocconi da anni non è più attivo il corso di laurea in Lingue e Letterature straniere : per scrupolo, ho voluto verificare se nel periodo in cui era attivo il corso fossero state assegnate tesi su Buzzati. Dalle informazioni avute dalla responsabile della Biblioteca - Servizio Informazioni e assistenza alla ricerca non risulta nessuna tesi a lui dedicata. Nei corsi di laurea attivi a tutt’oggi non vi sono tesi che abbiano considerato l’opera di Dino Buzzati. 5  Presso l’Università S. Raffaele, in cui è stato attivato un corso di laurea in Scienze della Comunicazione di primo livello, non vi sono tesi riguardanti Buzzati ; tuttavia, è doveroso informare che il Corso in Scienze della Comunicazione è in funzione solo dal 2005-’06.  





















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evidentemente molte siano state assegnate e discusse in anni precedenti 1 ma, come dichiarato prima, queste ultime non entrano, se non marginalmente, in questa statistica. Inoltre, benché scontato, è utile segnalare che non sono state elencate le tesi non ancora discusse. Infine, i dati che fornirò di seguito si riferiscono alle sole tesi di laurea e non alle tesi di dottorato. Dalle ricerche fatte non appaiono tesi di dottorato dedicate all’opera buzzatiana. Non è improbabile che in tesi di dottorato che hanno a che fare, ad esempio, con il giornalismo italiano dagli anni Trenta agli anni Settanta o con la letteratura fantastica del Novecento possano trovarsi riferimenti all’opera buzzatiana ; 2 l’indagine in questo senso è però di difficilissima realizzazione. La ricerca è stata effettuata attraverso l’individuazione di parole chiave immesse nei cataloghi elettronici dedicati a tesi di laurea i cui dati, come accennato, mi sono stati resi disponibili dalle Biblioteche degli Atenei milanesi prima elencati. Le parole chiave individuate per verificare l’esistenza di tesi riguardanti Buzzati sono state le seguenti : - Buzzati, Dino - Giornalismo e « Corriere della Sera » - Fantastico (Letteratura fantastica) - Montagna Gli atenei dove sono state discusse tesi dedicate a Dino Buzzati sono risultati i seguenti : - Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano 3 - Università degli Studi di Milano - Libera Università di Lingue e Comunicazione iulm 4 - Accademia di Belle Arti di Brera - Politecnico di Milano. 5 E veniamo ora ai dati. Lo schema che segue è relativo al numero delle tesi riguardanti l’opera di Dino Buzzati discusse dopo il 1988 :  





















1  Questi sono i dati fornitimi dalle biblioteche delle Università nei cui archivi sono presenti tesi riguardanti Dino Buzzati discusse prima del 1988 : Cattolica : 10 tesi (il catalogo è aggiornato dagli anni Venti alla sessione estiva 2006-2007) Statale : 3 tesi (il catalogo è aggiornato dall’anno della fondazione dell’Ateneo a oggi) iulm Milano : 3 tesi (il catalogo è aggiornato dall’anno della fondazione dell’Ateneo a oggi). 2  Mi permetto di citare il caso della mia tesi di dottorato in cui ho considerato in più riprese i racconti di Buzzati senza che però ciò trasparisse dal titolo, che era Lingua e attualità letteraria. La prosa narrativa italiana del Novecento tra soluzioni linguistiche e trasfigurazioni fantastiche. Altrettanto potrebbe essere vero per alcune tesi di laurea, come nel caso della tesi intitolata Il fantastico italiano : analisi di un genere sommerso, discussa presso l’Università Cattolica, che potrebbe includere anche il nostro Buzzati. Uso il condizionale perché purtroppo non mi è stato possibile visionarle. A dimostrazione della trasversalità dell’opera buzzatiana porto a esempio una tesi dal titolo Gli scrittori al Giro (Università iulm) che si occupa, tra gli altri, anche di Buzzati corrispondente per il « Corriere » del Giro d’Italia del 1949, benché nel titolo il nome del Nostro non appaia. 3  I dati si riferiscono alla sola sede di Milano e non a quella di Brescia, dove tuttavia mi risulta che siano state discusse due tesi : cfr. nota 1 p. 61. 4  I dati si riferiscono alla sola sede di Milano e non a quella di Feltre, dove tuttavia sono state discusse otto tesi. 5  Sorprendentemente, presso la Facoltà del Design del Politecnico di Milano è stata discussa una tesi che prende spunto, come si vedrà, dall’opera di Buzzati.  















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un caso che comincia per bi

numero tesi di laurea dedicate a buzzati discusse dopo il 1988

atenei milanesi Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

21

Università degli Studi di Milano

10

Libera Università di Lingue e Comunicazione iulm di Milano

5

Accademia di Belle Arti di Brera

4

Politecnico di Milano

1 41

totale tesi

I dati in percentuale sono i seguenti : Università Cattolica 52% ; Università Statale 24% ; Università iulm 12% ; Accademia di Brera 10% ; Politecnico 2%. Più precisamente, elenco le tesi ordinate per anno di discussione, dalla più lontana nel tempo alla più recente :  











Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano titolo della tesi

anno accademico corso di laurea di discussione

Dino Buzzati, giornalista

1989

Pedagogia

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silvia zangrandi Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

I motivi milanesi nella vita e nell’opera narrati- 1990 va e poetica di Dino Buzzati

Lettere

Buzzati e i giovani

1991

Pedagogia

Il teatro di Dino Buzzati

1991

Lettere

Il fenomeno dell’alterazione in italiano e in 1991 francese attraverso l’analisi contrastiva nelle opere Il deserto dei Tartari e Le notti difficili di Buzzati e nelle traduzioni francesi

Lingue e letterature straniere

“Il Segreto del Bosco del Vecchio” dal romanzo 1992 di Buzzati alla sceneggiatura di Olmi

Comunicazioni sociali

La narrativa del primo Buzzati : da Bàrnabo 1994 delle montagne a I sette messaggeri

Lettere

Buzzati e la musica : analisi dei riferimenti 1995 musicali nella sua narrativa e nelle opere per il Teatro lirico La montagna nella narrativa del Novecento 1995

Lettere





1996

Itinerario nel Bestiario di Dino Buzzati

Lettere Pedagogia

Momenti di Buzzati giornalista (1940-1950) : la 2000 guerra, la nera e lo sport

Lettere

Buzzati ignoto : i primi racconti

2000

Lettere

Dino Buzzati : l’opera pittorica e grafica

2000

Lettere







Il ruolo del lettore nella rievocazione de Il colom- 2000 bre di Dino Buzzati

Psicologia

Il deserto dei Tartari di Dino Buzzati e le sue 2001 rese traduttive : parole-chiave e loro analisi semantica Il colombre di Dino Buzzati : il lettore nel testo 2003

Lingue e letterature straniere

Letterati-librettisti negli anni cinquanta-sessan- 2004 ta : Bacchelli, Buzzati, Calvino

Lettere

La sete di assoluto nella narrativa breve di Dino 2004 Buzzati

Lettere

Aspetti di personalità nella comprensione de Il 2004 colombre di Dino Buzzati

Psicologia





Psicologia



Uno scrittore a fumetti : Dino Buzzati

2006

Lettere

Dino Buzzati e le sue edizioni : primi studi

2007

Filologia e letteratura italiana (Laurea magistrale)





un caso che comincia per bi

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Università degli Studi di Milano anno accademico corso di laurea di discussione

titolo della tesi

Strutture narrative dei romanzi di Dino Buz- 1988 zati

Lettere

1996

Lettere

Dalla cronaca alla favola : Dino Buzzati giorna- 1998 lista e narratore negli anni 1950-66

Lettere

L’adattamento di Camus a “Un caso clinico” di 2003 Buzzati

Lettere

La produzione in volume di Dino Buzzati fra 2005 narrativa e cronaca

Lettere

La collaborazione di Dino Buzzati a « Il Popolo 2006 di Lombardia »

Lettere

Dino Buzzati critico d’arte  





2006

Laurea magistrale in Scienze dello spettacolo e della comunicazione multimediale

Buzzati senza fantastico. Cronaca, satira e rac- 2007 conti moraleggianti nelle prime raccolte d’autore

Laurea magistrale in Lettere moderne

2007

Laurea magistrale in Culture e linguaggi per la comunicazione

Buzzati – Chailly : Procedura penale nell’inter- 2007 pretazione di Filippo Crivelli

Laurea magistrale in Scienze dei beni culturali

Il teatro di Dino Buzzati

Dino Buzzati e i suoi editori



Libera Università di Lingue e Comunicazione iulm di Milano anno accademico corso di laurea di discussione

titolo della tesi

La poesia dell’assurdo in Franz Kaf ka e Dino 1988 Buzzati

Lingue e letterature straniere

1989

Lingue e letterature straniere

The Tartar Steppe by Stuart Hood : analisi del- 1996 la traduzione de Il deserto dei Tartari di Dino Buzzati

Lingue e letterature straniere

Dino Buzzati e il teatro dell’assurdo  

Gli scrittori al Giro

2005

Laurea magistrale in Giornalismo, editoria e comunicazione multimediale

Dino Buzzati e la cronaca nera

2007

Laurea magistrale in Giornalismo, editoria e comunicazione multimediale

66

silvia zangrandi Accademia di Belle Arti di Brera

titolo della tesi

anno accademico corso di diploma di discussione accademico

Buzzati pittore

1995

Pirandello, Buzzati, Ciminaghi. Esperienze e 2000 forme di teatro La pittura : l’altra faccia di Dino Buzzati  

2002

Un romanzo in musica : suoni e rumori nel Se- 2003 greto del Bosco Vecchio di Dino Buzzati  

Pittura Scenografia Pittura Scenografia

Politecnico di Milano titolo della tesi

anno accademico corso di laurea di discussione

La morte abbandonata

2005

Laurea specialistica in Architettura degli Interni

L’interesse verso l’opera buzzatiana mostra un andamento che può essere riassunto visivamente dai due grafici seguenti. Il primo mostra l’andamento annuo :  

Il secondo mostra le università che hanno assegnato tesi su Buzzati negli anni qui considerati :  

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un caso che comincia per bi

Come si vede, l’interesse per l’opera buzzatiana è stato pressoché costante poiché gli anni che vedono l’assegnazione di 4-5 tesi colmano il vuoto di anni in cui non compaiono lavori (1993, 1997, 1999). Tuttavia, non credo che sia casuale che proprio nel 2007 presso gli atenei milanesi si siano discusse 5 tesi : a costo di essere tautologica, ricordo che l’anno precedente era il centenario della nascita di Buzzati. E una giustificazione si può trovare anche per le 5 tesi del 2000 : l’uscita del volume Buzzati giornalista. Per procedere all’analisi dei dati ho ritenuto opportuno suddividere in categorie le tesi prima elencate, cosciente che tale suddivisione è più che mai opinabile, ma anche persuasa della necessità di un criterio che renda agevole lo spoglio dei dati ; 1 come si vedrà, siamo di fronte a polarità tematiche diverse ma non di tipo oppositivo : - Strutture narrative e tematiche dell’opera buzzatiana (la formula è volutamente indefinita) - Giornalismo - Traduzioni dell’opera buzzatiana - Teatro - Musica - Opera pittorica (+ critico d’arte) - Rapporto con l’editoria - Fumetti - Comparatistica - Buzzati in cinematografia Le occorrenze di tali categorie sono le seguenti :  











categorie

numero di tesi

Strutture narrative e tematica buzzatiana

14

Giornalismo

 6

Teatro

 5

Opera pittorica

 4

Musica

  4

Buzzati tradotto

  3

Rapporto con l’editoria

  2

Fumetti

  1

Comparatistica

  1

Buzzati in cinematografia

  1

Per essere più precisa, segnalo presso quale ateneo si trovano le categorie sopra elencate :  

1  Va da sé che in alcuni casi il contenuto della tesi avrebbe potuto essere catalogato in più categorie : è il caso, ad esempio, della tesi intitolata Dino Buzzati e il teatro dell’assurdo, che è stata inserita nella categoria teatro, ma che sarebbe potuta rientrare anche in quella dedicata alla comparatistica.  

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silvia zangrandi categorie

numero di tesi

Strutture narrative e tematica buzzatiana

Cattolica 1

10

Statale 2

3

iulm

/





Brera

/

Politecnico 3

1

Cattolica 4

2

Statale 5

2

iulm 6

2

Brera

/

Politecnico

/

Cattolica 7

1

Statale 8

2

iulm 9

1

Brera 10

1



Giornalismo







Teatro









Opera pittorica (+ Buzzati critico d’arte)

Politecnico

/

Cattolica 11

1

Statale 12

1

iulm

/







Brera 13

2

Politecnico

/

  1  Le tesi inserite in questa categoria sono : I motivi milanesi nella vita e nell’opera narrativa e poetica di Dino Buzzati ; Buzzati e i giovani ; La narrativa del primo Buzzati : da Bàrnabo delle montagne a I sette messaggeri ; La montagna nella narrativa del Novecento ; Itinerario nel Bestiario di Dino Buzzati ; Buzzati ignoto : i primi racconti ; Il ruolo del lettore nella rievocazione de Il colombre di Dino Buzzati ; Il colombre di Dino Buzzati : il lettore nel testo ; La sete di assoluto nella narrativa breve di Dino Buzzati ; Aspetti di personalità nella comprensione de Il colombre di Dino Buzzati.   2  Le tesi inserite in questa categoria sono : Strutture narrative dei romanzi di Dino Buzzati ; La produzione in volume di Dino Buzzati fra narrativa e cronaca ; Buzzati senza fantastico. Cronaca, satira e racconti moraleggianti nelle 3  La tesi inserita in questa categoria è : La morte abbandonata. prime raccolte d’autore.   4  Le tesi inserite in questa categoria sono : Dino Buzzati, giornalista ; Momenti di Buzzati giornalista (19401950) : la guerra, la nera e lo sport.   5  Le tesi inserite in questa categoria sono : Dalla cronaca alla favola : Dino Buzzati giornalista e narratore negli anni 1950-66 ; La collaborazione di Dino Buzzati a « Il Popolo di Lombardia ».   6  Le tesi inserite in questa categoria sono : Gli scrittori al Giro ; Dino Buzzati e la cronaca nera.   7  La tesi inserita in questa categoria è : Il teatro di Dino Buzzati.   8  Le tesi inserite in questa categoria sono : L’adattamento di Camus a “Un caso clinico” di Buzzati ; Il teatro di 9  La tesi inserita in questa categoria è : Dino Buzzati e il teatro dell’assurdo. Dino Buzzati. 10  La tesi inserita in questa categoria è : Pirandello, Buzzati, Ciminaghi. Esperienze e forme di teatro. 11  La tesi inserita in questa categoria è : Dino Buzzati : l’opera pittorica e grafica. 12  La tesi inserita in questa categoria è : Dino Buzzati critico d’arte. 13  Le tesi inserite in questa categoria sono : Buzzati pittore ; La pittura : l’altra faccia di Dino Buzzati.  











































































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un caso che comincia per bi categorie

numero di tesi

Musica

Cattolica 1

2

Statale 2

1

iulm

/





Buzzati tradotto



Brera 3

1

Politecnico

/

Cattolica 4

2

Statale

/

iulm 5

1

Brera

/

Politecnico

/

Cattolica 6

1

Statale 7

1

iulm

/

Brera

/





Rapporto con l’editoria





Fumetti

Politecnico

/

Cattolica 8

1

Statale

/

iulm

/

Brera

/

Politecnico

/

Cattolica

/

Statale

/

iulm 9

1

Brera

/

Politecnico

/



Comparatistica



1  Le tesi inserite in questa categoria sono : Buzzati e la musica : analisi dei riferimenti musicali nella sua narrativa e nelle opere per il Teatro lirico ; Letterati-librettisti negli anni cinquanta-sessanta : Bacchelli, Buzzati, Calvino. 2  La tesi inserita in questa categoria è : Buzzati - Chailly : Procedura penale nell’interpretazione di Filippo Crivelli. 3  La tesi inserita in questa categoria è : Un romanzo in musica : suoni e rumori nel Segreto del Bosco Vecchio di Dino Buzzati. 4  Le tesi inserite in questa categoria sono : Il fenomeno dell’alterazione in italiano e in francese attraverso l’analisi contrastiva nelle opere Il deserto dei Tartari e Le notti difficili di Buzzati e nelle traduzioni francesi ; Il deserto dei Tartari di Dino Buzzati e le sue rese traduttive : parole-chiave e loro analisi semantica. 5  La tesi inserita in questa categoria è : The Tartar Steppe by Stuart Hood : analisi della traduzione de Il deserto dei Tartari di Dino Buzzati. 6  La tesi inserita in questa categoria è : Dino Buzzati e le sue edizioni : primi studi. 7  La tesi inserita in questa categoria è : Dino Buzzati e i suoi editori. 8  La tesi inserita in questa categoria è : Uno scrittore a fumetti : Dino Buzzati. 9  La tesi inserita in questa categoria è : La poesia dell’assurdo in Franz Kaf ka e Dino Buzzati.  





































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silvia zangrandi categorie

numero di tesi

Buzzati in cinematografia

Cattolica 1

1

Statale

/

iulm

/

Brera

/

Politecnico

/



Il grafico può aiutare a rendere visivo l’andamento :  

2. Un primo bilancio Alla luce di questi dati, quale bilancio possiamo fare ? Per poter commentare le risultanze ritengo utile tenere conto non solo dell’asse diatopico ma anche dell’asse diacronico. Indubbiamente strutture e tematiche richiamano con più frequenza le riflessioni da parte degli studiosi, tuttavia interessanti considerazioni si sono addensate attorno al polo del giornalismo, con un occhio di riguardo al rapporto cronaca-narrativa. Buzzati è maestro di un genere di grande attualità : quello che a me piace chiamare ‘reportage narrativo’. Il reportage narrativo, terra di confine tra letteratura e giornalismo, propone una nuova figura di giornalista che utilizza le contaminazioni possibili tra divulgazione, informazione e intrattenimento letterario e sembra rappresentare per molti versi la nuova letteratura. Ritengo a questo proposito interessante informare che prima del 1988 l’attenzione verso Buzzati giornalista era minima (a me risulta una sola tesi : Il giornalismo di Dino Buzzati, Università Statale 1976) ; la preferenza veniva accordata alle  







1  La tesi inserita in questa categoria è : “Il Segreto del Bosco del Vecchio” dal romanzo di Buzzati alla sceneggiatura di Olmi.  

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un caso che comincia per bi

tematiche presenti nella narrativa buzzatiana, come la morte, il paesaggio dolomitico…, a temi di carattere comparatistico (un esempio su tutti Analysis of the end of some novels : Fitzgerald, D.H. Lawrence, Swift, Castaneda, Buzzati, Università iulm 1984), a tesi dall’approccio più generale, come Contributo allo studio dell’opera di Dino Buzzati, Università Cattolica 1968. Curioso notare che il filone fantascientifico sia stato percorso quando lo scrittore era ancora vivo (Il filone fantascientifico nell’opera di Dino Buzzati, Università Cattolica 1970), cosa invece totalmente trascurata successivamente. In tempi recentissimi due tesi si sono occupate del rapporto tra Buzzati e l’editoria : una prima tesi dal titolo Dino Buzzati e le sue edizioni : primi studi, Università Cattolica 2007, in cui vengono percorse in parallelo la storia delle edizioni in cui compaiono le opere di Buzzati e la storia delle collane editoriali e degli editori che le crearono ; il lavoro è arricchito dal carteggio tra il nostro scrittore e i Mondadori. In una seconda tesi, dal titolo Dino Buzzati e i suoi editori, Università Statale 2007, si esamina il rapporto con due editori e la relativa corrispondenza : Rebellato, che pubblicò come noto Esperimento di magia e altri 18 racconti, e Neri Pozza, che pubblicò In quel preciso momento e Il capitano Pic e altre poesie. Quattro tesi (di cui due presso l’Accademia di Brera) si occupano dell’opera pittorica di Buzzati ; tenendo conto di quanto più volte affermato da Buzzati – « la pittura per me non è un hobby, ma il mestiere ; hobby per me è scrivere. Ma dipingere e scrivere per me sono in fondo la stessa cosa. Che dipinga o che scriva, io perseguo il medesimo scopo, che è quello di raccontare delle storie » – forse questa attività avrebbe potuto essere maggiormente valorizzata, visti gli stimolanti ed evidenti agganci che offre con la sua narrativa. Buzzati è stato anche scenografo per il Teatro alla Scala e i bozzetti e i figurini da lui realizzati, usciti dal caveau del teatro per la prima volta in occasione della mostra del 2006 Dino Buzzati – Storie disegnate e dipinte, sollecitano alcune riflessioni. In una tesi sugli esordi narrativi di Buzzati, dal titolo Buzzati ignoto : i primi racconti, Università Cattolica 2000, il tesista rilevava che i primi racconti, a volte pubblicati senza firma da un giovanissimo Buzzati, si identificano come inequivocabilmente suoi non solo grazie allo stile, ma anche grazie alla presenza di disegni dal marchio distintivo buzzatiano che intervallavano o semplicemente accompagnavano lo scritto. 1 Trovo singolare il poco interesse da parte di studenti e docenti verso il fumetto buzzatiano, che offre interessanti spunti di analisi, come la contaminazione dei generi, l’irriverenza verso la tradizione, il richiamo alla pop art. Poema a fumetti, con i suoi contenuti modernissimi e per certi versi spregiudicati per l’epoca, apre la strada a un certo modo di fare fumetti, come ha del resto dichiarato Milo Manara : « Poema a fumetti è una delle opere fondamentali per me […] Dino Buzzati ha creato un fumetto autentico, adottandone la tecnica povera, scarna, efficace, i colori piatti, la scansione narrativa schematica, la complementarietà tra disegno e testo scritto ». 2 Dalle ricerche svolte risulta che una sola tesi, discussa presso l’Università Cattolica nel 2006 dal titolo Uno scrittore a “fumetti” : Dino Buzzati, sia stata dedicata all’argomento. 3  

































1  Devo questa informazione a una conversazione avuta con il prof. Enrico Elli dell’Università Cattolica di Milano, che qui ringrazio. 2  Maria Teresa Ferrari (a cura di), Dino Buzzati. Il Surrealismo del quotidiano, testi di Gaetano Afeltra, Verona, Società Belle Arti, 1994, p. 35. 3  Si tratta di una tesi di primo livello in cui l’autrice ha preso come punto di partenza I miracoli di Val Morel e ha considerato il rapporto esistente tra disegni e didascalie.

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silvia zangrandi

Trovo sorprendente il fatto che nessuna tesi si occupi specificamente della tematica fantastica : solo in una tesi gli elementi favolistici sono presi come punto di partenza per riflettere sull’attività giornalistica di Buzzati, che è poi l’argomento centrale della tesi (Dalla cronaca alla favola : Dino Buzzati giornalista e narratore negli anni 1950-66, Università Statale 1998). Al contrario, mi piace segnalare una tesi il cui intento è quello di puntare sul dato realistico della produzione buzzatiana anziché sul dato da tutti riconosciuto come precipuo della produzione di Buzzati, il fantastico appunto, dal titolo Buzzati senza fantastico. Cronaca, satira e racconti moraleggianti nelle prime raccolte d’autore (Università Statale, 2007). 1 Tuttavia, credo che riflettere sul fantastico e sul personale adattamento buzzatiano a questo modo sia ancora possibile poiché tale procedimento costituisce il presupposto per poterlo accostare sia ai narratori fantastici stranieri, uno su tutti l’affinità Cortázar-Buzzati per altro di grande attualità, sia a scrittori italiani. 2 L’ambito comparatistico invece è stato poco percorso : la tesi assegnata in questo ventennio è solo una, relativa al rapporto, mi permetto di dire ormai logoro, tra Kafka e Buzzati (per correttezza però devo dire che si tratta di una tesi discussa nel 1988). A proposito della categoria ‘Strutture narrative e tematica buzzatiana’, è opportuno che spieghi che in questo contenitore, volutamente indefinito, ho inserito non solo le tesi che trattano concretamente di temi e strutture, ma anche quelle tesi la cui classificazione è risultata problematica poiché non mi è stato possibile visionarle. Dai titoli emerge che la narrativa breve (un esempio su tutti : La sete di assoluto nella narrativa breve di Dino Buzzati, Università Cattolica 2004) e gli studi su singoli racconti è preferita all’analisi dei romanzi buzzatiani, e in particolare a quello che lo ha reso celebre : Il deserto dei Tartari (le tesi ad esso legate si riferiscono sempre alle traduzioni che ne sono state fatte ! Un solo esempio : The Tartar Steppe by Stuart Hood : analisi della traduzione de Il deserto dei Tartari di Dino Buzzati, Università iulm 1996). Ecco che allora al Deserto viene preferito un racconto lungo come Bàrnabo delle montagne ; si privilegiano le raccolte I sette messaggeri e Il bestiario ; addirittura si dedicano due tesi all’esame di un solo racconto : Il colombre. Persino quando ci si occupa di cinematografia, non è il bel film di Zurlini a essere analizzato, bensì la versione che Ermanno Olmi ha dato del Segreto del Bosco Vecchio, considerato dai più, ingiustamente a mio parere, uno dei film meno riusciti del grande regista. Mi sembra anche importante segnalare che è il primo Buzzati a essere preso maggiormente in considerazione (come detto, Bàrnabo delle montagne, Il segreto del Bosco Vecchio, I sette messaggeri). Conferma questo dato sia la tesi discussa presso l’Accademia di Brera dal titolo Un romanzo in musica : suoni e rumori nel Segreto del Bosco Vecchio di Dino Buzzati (2003), sia la tesi che segnalo come lavoro in corso dal titolo Dalle montagne al  



























1  Obiettivo della tesi è evidenziare la dimensione realistica nelle prime tre raccolte buzzatiane per rafforzare l’ipotesi di uno scrittore vicino e non in fuga dalla realtà, dimensione che costituisce un filone minore ma non trascurabile nell’opera omnia di Buzzati. In particolare il lavoro considera i racconti Il memoriale, Notizie false, Vecchio facocero e Di notte in notte della raccolta I sette messaggeri ; Paura alla Scala, Un dio scende in terra, Le buone figlie e La notte della raccolta Paura alla Scala ; Il fratello cambiato, Il delatore, I reziarii, Il bambino tiranno, Il musicista invidioso, La grande biscia, Notte d’inverno a Filadelfia e La frana della raccolta Il crollo della Baliverna, suddividendoli in quattro grandi gruppi : satira della società ; racconti moralisti ; dimensione dell’Essere ; interferenze tra cronaca e racconto. Il risultato mostra la costante e appassionata attenzione alla realtà di un maestro del fantastico. Devo queste informazioni alla cortesia del relatore della tesi, prof. Bruno Pischedda, che qui ringrazio. 2  A questo proposito, in un articolo apparso su « Italianistica », xxxi, n. 2-3, maggio-dicembre 2002, dal titolo Spazio e tempo nel « Deserto dei Tartari », Bruno Porcelli sostiene che « se numerosi, tanto da risultare talvolta ripetitivi, sono gli studi sui rapporti di Buzzati con gli scrittori stranieri, assai poco si è detto sull’influsso della tradizione letteraria italiana » (nota 44 p. 195).  























un caso che comincia per bi

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deserto : viaggi dell’anima nei racconti del primo Buzzati, che verrà discussa nel dicembre del 2008 presso l’Università Cattolica. Colpisce che il rapporto Buzzati-città di Milano sia poco studiato (una sola tesi. I motivi milanesi nella vita e nell’opera narrativa e poetica di Dino Buzzati, Università Cattolica 1990), tenuto conto che non solo non è difficile imbattersi tra le pagine buzzatiane in riferimenti alla città lombarda, ma che la rilevazione da me compiuta si svolge proprio tra gli atenei della città in questione ! Infine, in questo contesto, mi piace segnalare una tesi discussa nel 2005 presso un ateneo per definizione lontano da studi umanistici, il Politecnico di Milano. La lettura del racconto Le gobbe nel giardino pubblicato sul « Corriere della Sera » nel 1963 e ora presente nella raccolta Il colombre e altri cinquanta racconti è servito da spunto per dar vita alla progettazione di un cimitero ; la tesi è stata poi intitolata La morte abbandonata. 1 Più rilevante invece l’interesse attorno al rapporto Buzzati-teatro con le seguenti tesi : Dino Buzzati e il teatro dell’assurdo, iulm 1989 ; Il teatro di Dino Buzzati, Università Cattolica 1991 ; Pirandello, Buzzati, Ciminaghi. Esperienze e forme di teatro, Accademia di Brera 2000 ; Il teatro di Dino Buzzati, Università Statale 2006. Anche l’intreccio tra la tematica teatrale e quella musicale riserva ampi spazi di ricerca : una tesi dal titolo Buzzati-Chailly : Procedura penale nell’interpretazione di Filippo Crivelli (Università Statale, 2007) ha investigato tale campo ; tuttavia credo che ancora si potrebbe indagare, basti pensare all’interessante carteggio tra Buzzati e il maestro Luciano Chailly, presentato per la prima volta nel 2006 in occasione della prima rappresentazione dell’ultima opera di Chailly, L’aumento (1995), su scritto teatrale di Dino Buzzati del 1961, che mostra il fecondo scambio di suggestioni tra i due artisti. Il musicista, tra l’altro, compose cinque opere e un balletto tratti da scritti di Buzzati. L’incontro tra i due avvenne nel 1954 a Milano : Chailly dichiarerà che quell’incontro fu il « più importante della mia vita (anzi per la mia vita) » ; Buzzati, da parte sua, definì il maestro il « suo » musicista : la musica di Chailly, infatti, era in grado di adattarsi agevolmente alla scrittura e al mondo fantastico di Buzzati. Infine, a mio parere anche il settore musicale, in alcuni casi intimamente legato al teatro, meriterebbe maggiori cure (i dati in mio possesso indicano tre tesi attorno a questo argomento, e precisamente presso l’Università Cattolica : Buzzati e la musica : analisi dei riferimenti musicali nella sua narrativa e nelle opere per il Teatro lirico, 1995 ; Letterati-librettisti negli anni cinquanta-sessanta : Bacchelli, Buzzati, Calvino, 2004 ; presso l’Accademia di Brera : Un romanzo in musica : suoni e rumori nel Segreto del Bosco Vecchio di Dino Buzzati, 2003). Da questo quadro, per altro piuttosto intrecciato, si evince che l’attenzione da parte di docenti e studenti verso l’opera di Dino Buzzati è indubbiamente cospicua ; se poi si dovesse fare simile operazione per altri narratori italiani del Novecento, certamente la ricerca produrrebbe risultati inaspettati e sorprendenti che avvalorerebbero l’idea qui esposta. 2  

























































1  Chi ha redatto la tesi mi ha informato che essa è il risultato di un laboratorio tenuto, al secondo anno della laurea specialistica in Architettura degli interni, dal prof. Pierluigi Nicolin : nel laboratorio gli studenti hanno dato vita alla progettazione di un cimitero. La lettura del racconto di Buzzati Le gobbe nel giardino è stata per la laureanda « la scintilla che ha fatto scattare l’idea di occuparsi nella tesi della progettazione di un cimitero, progetto che rientra in un’ottica un po’ utopica e concettuale, come del resto era il taglio di quel laboratorio ». 2  A scopo per certi versi ludico, e cosciente della discutibilità di tale operazione, dopo aver verificato la visibilità di Dino Buzzati presso gli atenei milanesi, ho voluto fare altrettanto con un grande scrittore del Novecento, Italo Calvino, scelto non solo per ragioni affettive, ma anche per la presenza nella sua produzione di una evidente vena fantastica. Le occorrenze nel ventennio 1988-2008 sono le seguenti : 21 tesi presso l’Università Cattolica ; 12 presso l’Università Statale ; 5 presso l’Università iulm ; nessuna presso l’Accademia di Brera ; nessuna presso il Politecnico.  















UN LUNGO VIAGGIO OLTRE LA «CORTINA FUMOGENA» BUZZATIANA : 1969-2008. DALLE CURIOSITÀ INDIVIDUALI AI COINVOLGIMENTI COLLETTIVI PER VIE ASSOCIATIVE  

Yves Panafieu Buzzati, chi più chi meno, ci ha ingannati tutti : con la sua aria svagata, fanciullescamente impertinente, ci ha indotto a un clamoroso errore di interpretazione. La sua preoccupazione, vivendo, fu quella di spargere sulla sua realtà di scrittore una cortina fumogena : lasciarsi credere un favolista innocuo, un creatore di fantasticherie appena un po’ deprimenti e angosciate, un inventore di divertenti paradossi esistenziali appena un po’ crudeli. Tanto maggiore, quindi, lo stupore di vederlo assai letto e studiato e considerato all’estero come uno dei più sensibili interpreti della coscienza dell’uomo contemporaneo. Domenico Porzio  



Q

uesto nostro convegno feltrino del novembre 2008 ha un significato particolarmente ricco e complesso : oltre ad essere la dovuta celebrazione del ventennale dalla fondazione dell’italiana Associazione Dino Buzzati da parte della fervente ed efficientissima Nella Giannetto, nostra collaboratrice dal lontano 1986 (quando venne a trovarci a Grenoble), queste due giornate autunnali saranno una eccezionale occasione storiografica in quanto permetteranno di associare nel ricordo profili biografici individuali di critici e ricercatori che hanno operato dentro e fuori delle Università (tra l’altro nell’ambito del giornalismo letterario), con attività ed iniziative ispirate dalla continuità lavorativa delle strutture ‘associative’, destinate da una parte ad approfondire e diversificare la riflessione critica grazie a progetti e realizzazioni congressuali ed editoriali esigenti e, dall’altra, a promuovere manifestazioni celebrative di sensibilizzazione e divulgazione. Questa diversità e complementarietà, già operanti nel periodo 1976-1988 nella sfera culturale francese e francofona, si sono estese ed accentuate dopo il 1988, grazie all’energia ed alla motivazione di Nella Giannetto e del gruppo organizzativo feltrino e bellunese che, nonostante le difficoltà, prolunga adesso la sua impresa. Questo richiamo, mera constatazione della natura ambivalente (individuale/collettiva) dei tanti coinvolgimenti nello studio dell’avventura letteraria ed artistica buzzatiana, mi mette in una posizione delicata : promotore, fin dagli anni ’71-’72, della ricerca intorno all’opera di Dino, non devo mai perdere di vista i molteplici contributi, le precedenti occasioni collettive di ritrovo, di riflessioni e dibattiti, che hanno strutturato una insolita ed eccezionale avventura culturale che, per quattro decenni quasi, abbinò prioritariamente Francia e Italia, Italia e Francia, in un alternato flusso di informazioni, curiosità,  



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yves panafieu

provocazioni intellettuali, procedure analitiche, modi di problematizzare il prodotto culturale, con il presupposto di una comune, ma insieme diversificata, originale e libera maniera di affrontare la sostanza di una data opera letteraria. Non posso però trascurare il fatto che, pur imponendosi come una necessaria ed elegante regola di comportamento, la modestia con cui intendo rievocare quanto abbiamo potuto fare in tutti quegli anni potrebbe attenuare eccessivamente la portata di momenti e situazioni che, a partire dal ’71, furono proprio decisivi e condizionanti. Sarò quindi, nel raccontare sinteticamente il nostro lungo viaggio oltre le caligini fumogene cui accennava Domenico Porzio, costretto a ben specificare i contributi francesi all’avventura culturale che stiamo celebrando al di là del fenomeno associativo italiano e del suo caratterizzante versante ‘feltrino’, in opera da vent’anni oramai. Di questo chiedo perdono in anticipo : le verità storiografiche possono anche generare situazioni delicate. Assumerò le eventuali conseguenze negative dei richiami all’anteriorità della vita associativa francese, ma è ovvio che non posso non insistere sull’energia, sull’esigenza con cui, dopo la pubblicazione dei colloqui con Buzzati dalla Mondadori e dalla Robert Laffont, cercai per conto mio di trasformare rapidamente gli esordi della nostra prima esperienza associativa (negli anni ’76-’77) in avventura di stampo ‘universitario’ pur facendone un’impresa di ‘divulgazione’ grazie all’aiuto preziosissimo di Yves Frontenac, di Michel Suffran e di Marie-Hélène Caspar. L’intervento ulteriore di Delphine Bahuet Gachet completò poi in Francia questa sinergia operante tra il 1976 e il 1994. Era indispensabile ricordare che la creazione dell’Association Internationale des Amis de Dino Buzzati, all’inizio del 1976, ha preceduto di più di una dozzina d’anni quella dell’omonima associazione italiana, affiliata alla struttura madre francese, i cui scopi, fin dall’inizio, erano stati di promuovere attività di portata ‘internazionale’ destinate a far conoscere e a studiare in modi diversi l’opera del Bellunese. Fu questa strategia anticipatrice a permetterci, venuto il momento della celebrazione del decennale dalla scomparsa dello scrittore (1982), di organizzare nel capoluogo lombardo il convegno delle Stelline (Corso Magenta), con la collaborazione dei familiari di Buzzati, di Domenico Porzio, rappresentante della Mondadori, e del dottor Raimondi, rappresentante del sindaco Tognoli. Fui personalmente in prima linea, incaricato delle trattative per conto dell’Association. 1 Era stata la credibilità conquistata con il convegno di Parigi, nel 1977, alla sede dell’unesco, e con quello di Nizza, riunitosi durante il Festival International du Livre (maggio 1980) a concederci siffatta prerogativa, segno distintivo di credibilità e di affidabilità : altrimenti non si sarebbe potuto organizzare dall’estero una manifestazione del genere, proprio nella città dove lo scrittore era cresciuto ed aveva svolto la sua attività professionale. Il fatto che avessi nel ’73 pubblicato Un autoritratto presso Mondadori contribuì non poco a questa nostra possibilità. Ora, tornando alle condizioni in cui fu creata l’Association, devo assolutamente precisare alcuni punti… L’idea di una struttura associativa la dobbiamo proprio a Yves Fronte 





1  Queste trattative si complicarono nella fase finale in seguito all’uccisione del generale Dalla Chiesa dalla Mafia palermitana : il Municipio di Milano dovette infatti organizzare in fretta e furia i suoi funerali, proprio nel momento in cui si dovevano prendere le ultime decisioni per il Convegno, ove dovevano presenziare personalità di spicco del mondo giornalistico milanese (Indro Montanelli, Gaetano Afeltra, Franco Di Bella) e del mondo politico (la Signora Fanfani, il cui marito era presidente del Senato, e Giovanni Spadolini allora Presidente del Consiglio) : in quel periodo di chiusura degli anni di piombo, occorreva ancora prendere misure di sicurezza rigorose, particolarmente durante il pomeriggio in cui Spadolini, in veste di Presidente del Consiglio, sarebbe venuto nella sala attribuitaci, alle Stelline, con il Prefetto di Milano.  



un lungo viaggio oltre la «cortina fumogena» buzzatiana

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nac. Certo, lo avevo preceduto nella promozione di iniziative conoscitive e divulgatrici, tramite gli incontri con Buzzati dell’estate 1971, da cui erano derivate l’edizione mondadoriana dell’Autoritratto (aprile del 1973), quella della sua traduzione in francese presso Robert Laffont (settembre del 1973), nonché un lungo ciclo di trasmissioni radiofoniche andate in onda nel frattempo sul canale « France Culture » nei mesi di settembre e di ottobre del 1972. 1 Ma quando poi, nel 1974, avevo posto ai familiari di Buzzati il problema dell’eventuale creazione di una Fondazione Buzzati, la loro risposta, negativa, 2 non mi aveva concesso di prolungare l’attivismo socioculturale del 1972 e del 1973. Salutiamo quindi come si deve la motivazione particolare di Frontenac e la sua esperienza nella gestione dei progetti culturali associativi : l’idea della nostra Association Internationale la dobbiamo proprio a lui. Ed è stato lui, ancora, a proporre la collaborazione con Michel Suffran nella fase organizzativa : tutti e due avevano già lavorato insieme nella struttura della Association des Amis de François Mauriac. D’altra parte Frontenac, oltre ad essere il Segretario generale di questa Association, aveva potuto, qualche anno prima, partecipare attivamente alla creazione di tre o quattro associazioni « degli amici di… » dedicate alla celebrazione ed allo studio delle opere di vari scrittori e pittori. A farci incontrare perché si potesse concretare l’idea fu alla fine un avvocato parigino, nostro comune amico, Maurice Sendek, che ci invitò per una cena decisiva, a casa sua, boulevard Saint-Germain. Circa questo primo incontro, sia ben chiaro che parole essenziali, per niente improntate a mondanità manieristiche o a raggiri diplomatici, furono scambiate quella sera. Fin dall’inizio della conversazione, le mie considerazioni furono ispirate da esigenze di rigore universitario, non da criteri di attivismo giornalistico (il secondo mestiere di Frontenac). Consideravo, da anni, che i bei discorsi fatti qua e là negli articoli di cronaca letteraria non avevano concluso granché, che la curiosità e gli entusiasmi periodicamente manifestati in occasione della pubblicazione in lingua francese di un libro di Buzzati non avevano permesso né potevano permettere di organizzare un discorso critico valido : un simile discorso non poteva non essere fondato sul rigore analitico sistematizzato e sulla continuità di studi attenti, pignoli, corredati da metodi e verifiche ispirati alla razionalità organizzativa della riflessione ; inoltre, rimanevo prudente circa le possibilità associative, perché avevo constatato che possono facilmente sfociare in un atteggiamento agiografico e addirittura, in certi casi, in comportamenti condizionati da insopportabili riti di convenienza e di mondanità. Quindi l’avvertimento a Frontenac :  





















Se mi muovo con Lei, è solo per fare, in un clima di sincera ed esigente collaborazione, un lavoro di stampo universitario, senza esclusione di nessuna sorta ma con un necessario e serio filtraggio delle partecipazioni ; questo filtraggio dovrà essere fatto in base a criteri di competenza, di talento, e considerando auspicabile una buona conoscenza delle specificità culturali italiane, non proprio in base a criteri pubblicistici, cioè senza cercare l’effetto di vetrina mettendo in mostra il nome di Tizio Caio o Sempronio per recuperare un briciolo della fama che possono avere in modo da facilitare il lancio della struttura associativa ed agevolarne poi il successo.  

1  Complessivamente : 22 trasmissioni, fra cui 15 dedicate all’anteprima di passi dei colloqui del ’71 non ancora rivelati (con l’attore italo-francese Gianni Esposito al posto di Dino) ed altre completate da tre interviste che avevo fatto personalmente in free-lance nei mesi di luglio e di settembre del ’71 ad amici di Buzzati che da lui stesso mi erano stati indicati come interlocutori da privilegiare : Emilio Radius, Gaetano Afeltra ed Indro Montanelli. 2  Per motivi che solo più tardi riuscii a conoscere ed a capire : non avevano voluto imbarcarsi in un’avventura che, sul piano amministrativo e sul piano economico, sarebbe risultata per loro troppo impegnativa e condizionante.  





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Dopo tre ore di conversazione Frontenac fu convinto che se il patto, così definito, non fosse stato mantenuto, me ne sarei andato per conto mio senza impicciarmi in iniziative insoddisfacenti che mi avrebbero fatto perdere solo tempo. Ora, a quell’epoca, mi premeva dar un seguito all’intervista a Buzzati, in sede critica ovviamente… e forse anche proporre qualche traduzione di opere non ancora rivelate al pubblico francofono, il che, effettivamente, avvenne qualche anno dopo con Siamo spiacenti di… (1981), con Buzzati al Giro d’Italia (1982), poi con la traduzione di metà del teatro di Buzzati (1990). Tutto sommato (insegna la vita…) fui portato dalla nostra attività associativa a dare una priorità cronologica alla collana dei Cahiers Dino Buzzati, di cui avevo la responsabilità editoriale, e non ai volumi di critica progettati : essi sarebbero stati pubblicati solo nell’88 (Les Miroirs éclatés), nell’89 (Janus ; Eve, Circé, Marie ; Cronalpha Buzzati 89), nel ’95, (Le Mystère Buzzati), nel ’97 (Janus ii) e nel 2006 (Paroles déviées, édition du Centenaire). Negli incontri di lavoro avvenuti dopo quella cena iniziale si precisarono le prospettive editoriali dell’Association : avremmo cercato di coinvolgere l’editore francese di Buzzati, Robert Laffont, e di fargli accettare una collana antologica, proprio quella dei Cahiers Dino Buzzati, in cui sarebbero stati pubblicati sia atti di convegni sia volumi contenenti articoli, studi e documenti vari raggruppati intorno ad una problematica più o meno univoca. La nostra comune capacità di convincere (il fascino mondano e la gentilezza di Frontenac, il rigore universitario e il fervore attivistico del vostro servitore) fecero mollare la resistenza finanziaria di Robert Laffont, che ci promise uno stanziamento di 10.000 Franchi (circa 1.500 Euro odierni) per il nostro primo convegno, quello dell’unesco (dal 21 al 23 ottobre 1977). Altri contributi vennero dalla Olivetti, quando si trattò di allestire una mostra di pittura di Buzzati, e dall’Istituto Italiano di Cultura (per la mostra dei manoscritti). La collaborazione con i familiari di Buzzati fu preziosissima. Questo primo convegno seguì di poco la pubblicazione del primo Cahier (settembre 1977), cui avevano collaborato letterati conoscenti e amici di Frontenac che gli avevano manifestato interesse e motivazione (ma, dirò… che in certi casi mostravano più una volontà di partecipazione ad un’avventura potenzialmente interessante per la loro immagine – l’effetto vetrina già da me indicato – che una vera e propria competenza critica orientata come si sarebbe dovuto verso una pertinente valutazione della cultura e della letteratura italiana). Ma si sa : gli esordi difficili ed incerti autorizzano eccezioni ai principi enunciati come massima. Poi le collaborazioni accettate e gli argomenti trattati in occasione dei convegni di Parigi (unesco), di Nizza (Festival International du Livre), di Milano (convegno delle Stelline, per il decennale dalla morte di Buzzati), di Grenoble iii, di Paris iv-Sorbonne, della Monnaie de Paris furono molto più chiaramente rispettosi delle prospettive universitarie su cui avevo insistito, con un occhio già rivolto ad ulteriori propaggini in terra italiana… Nella Giannetto, con le sue iniziative del 1988, 1989, 1991 e 1995 riuscì a completare e a prolungare questa dinamica universitaria grazie al sostegno dello iulm e finì col modificare l’equilibrio interno della vita associativa buzzatiana, permettendo all’Italia di ritrovare una legittima posizione di promotrice, grazie al ben comprensibile ed auspicabile riferimento a fatti e realtà culturali ‘nazionali’ (e talvolta specificamente ‘regionali’) allorché l’andamento delle cose, negli anni Settanta e Ottanta, aveva fatto prevalere le iniziative francesi. Circa questo orientamento di tipo universitario, voluto da me fin dall’inizio, devo ringraziare sentitamente Marie-Hélène Caspar, venutaci incontro in occasione del con 









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vegno parigino del 1977. Le conversazioni con lei, allora assistente all’Università Paris xNanterre, ci convinsero di proporle nel 1979 le funzioni di Segretaria dell’Association. Fu un’ottima idea. Puntuale, precisa e motivata, ci fu sempre, da allora, di grande aiuto nella preparazione dei convegni, soprattutto quelli di Nizza, di Grenoble e di Bruxelles (per conto mio, intervenni in modo più determinante in quella dei convegni di Milano, di Parigi-Sorbona e della Monnaie de Paris). E sia chiaro che il suo ruolo non fu solo quello di Segretaria : fu per me quell’alter ego con cui si potevano affrontare argomenti di mera specializzazione italianistica di tipo accademico. Non sempre andavamo d’accordo, ma gli scambi tra di noi furono indubbiamente proficui e contribuirono all’arricchimento del valore scientifico delle nostre attività associative. Insieme ci eravamo recati nel novembre del 1980, con Michel Suffran, al convegno della Fondazione Giorgio Cini a Venezia, rappresentando il mondo universitario francese ; insieme, poi, con Yves Frontenac, gestimmo i vari progetti che accompagnarono in tutti gli anni ’80, fino al convegno di Bruxelles nel 1992, la vita della ancora Association Internationale des Amis di Dino Buzzati fondata a Parigi nel 1976. A Marie-Hélène Caspar esprimerò anche la mia gratitudine per aver saputo – anche se talvolta è risultato per lei difficile e problematico – rimanere arroccata sul terreno del cosiddetto ‘fantastico’ buzzatiano (cui ha dedicato una parte importante della sua ricerca universitaria), evitando così fastidiose e lesive convergenze e coincidenze delle nostre rispettive linee analitiche ; e non mancherò di includere, in queste considerazioni molto positive nei suoi confronti, apprezzamenti concernenti il prezioso volume dedicato all’Africa di Buzzati, complemento utile delle analisi e conclusioni da me riproposte in sede di indagine sociostorica in vari testi critici pubblicati tra il 1980 e il 2006, tra cui citerò, prioritariamente, Janus e Paroles déviées. Marie-Hélène, vista l’importanza da me data, fin dall’inizio, alla qualità dei contributi testuali ed alla validità scientifica dei lavori, operò sotto l’impulso di Delphine Bahuet-Gachet. Non posso quindi far altro, cara Marie-Hélène, che associarti strettamente a Nella, per la serietà e la continuità degli impegni di lavoro associativo, in questa circostanza del ventennale dalla creazione dell’archivio Buzzati e del ramo italiano dell’Associazione ‘Internazionale’ in prima versione – trasformatasi dopo il 1994 in vera e propria casa madre – nella sede amministrativa dell’Università di Feltre, alle cui dipendenze ha poi lavorato la seconda associazione Buzzati francese, con sede a Bordeaux. Con questa mia insistenza sui criteri qualitativi e sulla serietà dei nostri impegni collettivi capirete meglio perché, dodici anni dopo aver definito una simile impostazione di massima, non esitammo a dare il nostro pieno consenso a Nella Giannetto quando ci informò della sua volontà di creare un Archivio Buzzati e una struttura associativa specificamente italiana ; ci sembrò la persona giusta : era ben preparata e fortemente motivata. Detto in altri termini : aveva buone carte in mano essendo appoggiata dalla struttura universitaria dello iulm. La vita associativa feltrina e bellunese ha pienamente confermato, fino alla scomparsa di Nella, queste nostre conclusioni del periodo ’86 – ’88. Basta guardare i bei volumi degli atti dei convegni del 1989, del 1991, del 1995 e del 2002, e prendere in mano i dodici « Studi buzzatiani » : i nove Cahiers Dino Buzzati pubblicati in un primo tempo da Robert Laffont, poi da me per l’Association, hanno avuto un seguito di notevolissima qualità. La sinergia e complementarietà postulate nel 1988 non erano state un sogno. Nella Giannetto era stata proprio la persona giusta ed aveva saputo circondarsi di persone giuste. Adesso, più che mai, non possiamo far altro che esprimerle (come facemmo varie volte in passato, ma sarà fatto in vostra presenza questa volta e, purtroppo, in sua assenza) la nostra viva gratitudine. Avremmo solo preferito poterla  

















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manifestare un’ultima volta a lei, prima del suo gran viaggio di tre anni fa. Perciò, oggi, rivolgendomi a Patrizia Dalla Rosa, a Isabella Pilo, ad Alba Reatto e a Eleonora Rossi, non manco di aggiungere : grazie anche a voi tutte, le successive e fedeli diavolesse aiutanti di Pentesilea, che avete permesso alla nave di galleggiare e di spostarsi fra gli scogli della vita associativa. E con te Maurizio, assiduo accompagnatore di Nella fin dall’epoca in cui siete venuti a trovarmi a Parigi, qualche mese prima del lancio dell’Associazione italiana, non posso che associare al grazie una vigorosa e virile stretta di mano. Questo slittamento progressivo degli orizzonti associativi buzzatiani, da Parigi a Feltre-Belluno merita ora qualche commento e considerazione circa le strategie culturali in opera nei paesi ove si manifesta un vivo interesse per l’opera di uno scrittore straniero. Il caso Buzzati, in tal senso, è esemplare. A voi, amici italiani, farò prima osservare come l’esperienza sia venuta a confermare la vicinanza intellettuale che ci caratterizza : un senso quasi di fraternità culturale ha sempre ispirato i rapporti tra Francia e Italia, anche se in vari episodi della nostra comune storia si è scavato il fossato delle incomprensioni, rivalità ed ostilità, come avvenne negli anni Trenta-Quaranta dello scorso secolo, dopo episodi foschi della nostra più lontana storia. La comune matrice latina ha sempre facilitato i fenomeni di osmosi, ha fatto lievitare interessi reciproci, particolarmente negli ambienti intellettualmente ben preparati. La curiosità nei confronti di Dino Buzzati, ad esempio, prima che manifestassimo il nostro interesse, era stata ripetutamente e significativamente testimoniata da personaggi egregi dell’ambiente culturale francese, quali Marcel Brion e Albert Camus. Farò osservare che questa vicinanza, questa fratellanza dovrebbero poter crescere nel futuro, dato il ruolo coesivo delle strutture politiche ed economiche europee : si può pensare che la trasversalità associativa di stampo culturale esemplificata dal caso Buzzati non sarà più eccezionale nell’avvenire. Una migliore comprensione, una maggiore tolleranza identitaria dovrebbe ormai essere possibile tra le nazioni. Eppure, nello stesso tempo, il riavvicinamento operato in questo genere di situazioni rende evidente l’esistenza di barriere invalicabili, di entità irriducibili, di registri di sensibilità e di valutazione irrimediabilmente diversi. Per me l’esperienza associativa buzzatiana significa anche questo. E ne voglio parlare. Questa forma di ‘frattura’, talvolta di ‘sordità’, concerne i rapporti tra i Paesi ma anche, per certi versi, quelli osservati nel Paese dello scrittore di cui l’opera viene messa in esame. La storia della critica buzzatiana è stata esemplare anche su questo versante : ha mostrato come i blocchi psicologici generati dalla storia nazionale (si pensi al periodo fascista e alle sue conseguenze ideologico-culturali) abbiano intralciato in Italia analisi e dibattiti, curiosità, interessamenti e investimenti personali, condizionandoli ora positivamente ora negativamente, e come invece la distanza (fattore di spregiudicatezza e di libertà mentale) con cui in Francia venivano considerate le produzioni letterarie di Dino (senso di estraneità, di evidente e significativa alterità, ma insieme confusa convinzione che il discorso apparente non fosse sempre il discorso sostanzialmente riproposto dallo scrittore) abbia aperto la strada alla voglia, alla volontà, alla capacità di analizzare il retroscena implicito nascosto sotto il velo del fumogeno ‘fantastico’ (tra virgolette) buzzatiano, vale a dire : sotto le metafore, i simboli, le allegorie. Sì : nelle confrontazioni concesse dalla dimensione ‘internazionale’ dell’impresa associativa, attuatesi durante i successivi convegni, si è potuta evidenziare l’esistenza di qualche limite o impossibilità. Da una parte, la libertà e la spregiudicatezza di chi opera all’estero possono non essere apprezzate e suscitare un forte disagio non appena si devono premere tasti difficili da sfiorare : in effetti, anche nella critica ci sono dei tabù…  













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Ho potuto personalmente verificarlo mettendo, a Venezia e poi a Milano, pesantemente i piedi in certi solchi analitici, col decifraggio storico ed ideologico delle metafore, dei simboli, delle allegorie ne Il deserto dei Tartari. Ricordo, ancora oggi, i visi pallidi che mi erano schierati davanti nelle file dove, nella sala delle Stelline, stavano gli esponenti del giornalismo e della politica. Non per niente certi discorsi erano stati a lungo evitati. Dall’altra, la libertà spregiudicata di chi opera dall’estero può essere ostacolata dall’ignoranza o dall’insufficiente conoscenza di sottintesi, di certi presupposti reconditi, di discrete allusioni, difficilmente leggibili per quello che sono nella realtà, quando non si ha avuto le mani in pasta fin dai primi mesi di vita, a farla breve, di tutto un materiale informativo, che risulta invece spontaneamente recepibile o addirittura molto familiare a chi vive ed è sempre vissuto nel Paese-nazione dello scrittore, nella regione, nel paeseborgata da cui è oriundo, insomma nei posti dove si sono lentamente strutturati il suo immaginario ed il suo complessivo ‘bagaglio culturale’, inteso in senso lato. Per questo motivo, ad uno straniero come me (anche se italianista di formazione), era stata indispensabile l’indagine iniziale, quella compiuta grazie ai colloqui del ’71 (compiuta solo parzialmente, perché il progetto iniziale era molto più ambizioso). Non posso non sottolineare quanto Un autoritratto 1 sia stato un necessario preliminare alle ulteriori analisi e riflessioni riproposte in sede associativa, prima che io le integrassi nella struttura di veri e propri volumi critici, settorialmente orientati. Questo libro rivela già l’esistenza di intuiti forti, di pre-conclusioni, in parte del resto illustrati dalla strutturazione finale della lunga intervista (accenno alle due parti, ai diciannove capitoli). Risulta fin troppo evidente il nesso con ulteriori indagini critiche che hanno cercato di problematizzare l’opera intera di Buzzati facendo prioritariamente riferimento, ora all’esperienza del giornalista, testimone di tanti fatti e comportamenti, osservatore sensibile alle categorie etiche a cui era stato sensibilizzato dalla sua formazione culturale e religiosa, ora al retroscena psicobiografico e psicoanalitico, così suggestivamente presente nei testi con quella falsa assenza della donna nelle opere narrative fino a Il grande ritratto, poi provocatoriamente e scandalisticamente messa sulla scena con Un amore, con Il colombre, con Poema a fumetti. Circa il lavoro critico vero e proprio, devo sottolineare ora la lunga pazienza necessaria in questo tipo di avventure riflessive concernenti opere variegate e configurate a mosaico come quella di Buzzati, ed accennare alla schedatura sistematica dei particolari testuali, vettori delle sfaccettature situazionali e comportamentali significative ; non si poteva operare altrimenti per trovare i tanti fili d’Arianna seguiti da Buzzati sotto il velo delle metafore, dei simboli, delle allegorie, delle trasposizioni geografiche, topo 



1  Mi rallegro di aver potuto contribuire, anche con i colloqui del 1971, all’arricchimento del nostro operato collettivo. Ma approfitto di questo accenno all’‘Autoritratto’, tante volte citato dai relatori e dagli autori di articoli e studi vari, per mettere in rilievo, privilegiandola, la parola ‘colloqui’, invece di ‘intervista’ ; e aggiungo soprattutto, un po’ seccato : « Sono stati proprio dei colloqui, non sarebbero dovuti essere definiti come un ‘autoritratto’ ». Mi spiego : questa denominazione mi è stata imposta dalla Mondadori in cerca di un titolo che potesse motivare il lettore a sfogliare e leggere il primo libro di un giovane francese totalmente sconosciuto, piombato da non si sapeva quale nuvola, lì, nella Milano in cordoglio per aver perduto il suo strano fanciullino, con maschera di giornalista di spicco al « Corriere », la fortezza locale. Ma in realtà, se si va a guardare da vicino la trascrizione dei dialoghi, scompare presto l’impressione che il testo risulti solo dal compiacimento dello scrittore a raccontarsi, a confessarsi, a riflettere ad alta voce senza la minima inibizione ; ho dovuto invece punzecchiarlo, guidarlo tante volte verso l’esplorazione delle foreste e delle paludi che si portava dentro da decenni. Molti lettori, del resto, mi hanno fatto notare questo dirigismo incalzante, che accompagnava la mia motivazione conoscitiva. Grazie, anche per questo, all’occasione feltrina del 2008 : non avevo ancora avuto modo di correggere questa interpretazione sbagliata delle condizioni affrontate nel ’71.  

















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grafiche, statutarie, delle strutture narrative brevi, disposte appunto a mosaico, in breve : sotto quell’intrecciarsi continuo di estrapolazioni ‘fantastiche’ (tra virgolette), che hanno interpellato i lettori ed i critici, tanto da far credere loro che la valutazione dei testi potesse accontentarsi di discorsi sulla forma e di facili ma imprecisi riavvicinamenti culturali… L’errore cui ho tentato di rimediare, il vuoto che cercai di riempire, almeno parzialmente – in effetti abbiamo ‘tutti’, ciascuno a modo suo, contribuito a riempire questo vuoto – è stato, insomma, quello consistente nel non badare abbastanza al significato, ai tanti significati, alla correlazione semantica tra le opere, correlazione presente fin dall’inizio. L’errore soprattutto è stato di non prendere sul serio il fanciullino del « Corriere », di dare troppa importanza all’eleganza snobistica dello scrittore ‘milanese’, esponente in vista dell’ambiente borghese colto, a questa sua immagine, a questo suo statuto di conservatore, membro di spicco della redazione del « Corriere », e a trascurare i messaggi che introduceva fingendo di guardare ad altro tra le righe dei suoi testi. ‘Messaggi’, ho detto. Tanti messaggi !… Ciò che probabilmente gli premeva di più era parlare ai suoi simili. Stuzzicarli, provocarli, commuoverli per sentirsi vivere più intensamente, lui proprio ; per vedersi accettato perfino di controvoglia nel gruppo ; per assaporare la gioia, il sollievo di poter essere un po’ utile, lui, così convinto che la vita fosse un brevissimo momento transitorio tra due eternità fatte di buio, di silenzio e di assoluta impotenza. Perciò, ne son convinto, rispose alle mie indiscrete e tardive domande nel 1971. Perciò continuò a lavorare fino ai suoi ultimi giorni di presenza sul pianeta Terra in dicembre dello stesso anno e nei primi di gennaio. Era mosso a quell’epoca, come sempre, dal suo senso del dovere, era mosso dal bisogno di partecipare, dal bisogno di comunicare. Osservatore sì, è vero, ma quale osservatore !… Osservatore sì, ma quale accusatore anche, sotto le sembianze evasive del fantasticare, del compiacimento alternato alla tristezza e al riso !… Nient’altro però era, lui, se non un uomo civile, civilissimo, ma sostanzialmente ribelle, capace di esplodere come pochi con lo sfogo letterario. Un uomo dalla coscienza lucidissima e un vero ‘cittadino’ (da intendere nei due sensi della parola, quello di ieri e quello di oggi, quello che fa riferimento alla città, quello che guarda alla nazione, alla politica). Un essere ‘fraternamente’ attento, sopratutto (un po’ ‘alla Camus’ – e si penserà alla Colonna infame), che nonostante la sua riservatezza e timidezza tenne a essere ben presente nel suo secolo, pur ostentando di essere altrove, di guardare altrove… A dimostrare quanto l’intelligenza narrativa e l’inventiva di Buzzati siano rimaste presenti al/nel nostro mondo di oggi, a confermare quanto si siano plasmate sul Pianeta Terra, come risulta essere e non come si vorrebbe che fosse (nel contesto europeo e mondiale di una postmodernità ormai confrontata con un ciclo fortemente e brutalmente involutivo preannunciato, guarda caso, dal pessimismo esistenziale buzzatiano degli anni Sessanta), non contribuiscono solo manifestazioni di fedele ricordo commemorativo, quali questo convegno feltrino, ultimo, in ordine cronologico, di una lunga serie di manifestazioni celebrative. 1 Ormai varcata la simbolica soglia del 2000, anno cerniera sinonimo di rottura probabile e ciononostante di possibile continuità, questa forte presenza di Buzzati è perfino dimostrata dall’attualità della scombussolante crisi  





















1  Parigi 1977 (Sede dell’unesco) ; Nizza 1980 (Festival International du Livre) ; Venezia 1980 (Fondazione Giorgio Cini, « Linea veneta della cultura ») ; Milano 1982 (Convegno del decennale dalla morte di Buzzati) ; Grenoble (Convegno organizzato con l’Università « Grenoble iii ») ; Sorbona 1988 ; Feltre-Belluno 1989 ; La Monnaie de Paris 1990 ; Bruxelles 1992 ; Feltre-Belluno 1991 ; Feltre-Belluno 1995 ; Università Paris x-Nanterre 2002 ; Feltre-Belluno 2002 ; Università di Besançon 2006 (Convegno del centenario dalla nascita di Buzzati).  

































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finanziaria dei mesi di settembre e di ottobre 2008 : essa ci ha fatto tornare in mente in portentosa maniera la capacità divinatoria e anticipatrice del narratore Buzzati, il quale aveva pubblicato nel 1966 la scherzosa ma sarcastica favola de « La lezione del 1980 » in cui veniva riproposta l’improbabile inversione dei ruoli tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Ora, il 2 novembre scorso, mentre stavo guardando in Francia le informazioni televisive delle ore 13, l’obiettivo della telecamera ed i microfoni registranti l’intervista di una cinquantenne americana umilmente seduta sui gradini della maestosa scala della Borsa di New York prospettò l’eventualità di una possibile (e buzzatiana) inversione di rotta, accompagnata da sconvolgimenti sociali dalle imprevedibili conseguenze. Questa intervista faceva riecheggiare stranamente le tendenze sociali manifestatesi in questo periodo di crisi finanziaria ed economica esasperata dalle elezioni presidenziali americane e dal successo finale di Obama, erede (volens nolens) simbolico degli schiavi del Sud (allusione alla cosiddetta ‘dialectique du maître et de l’esclave’ da me rintracciata più volte nei testi di Dino). Disoccupata da nove mesi e in procinto di essere abbandonata senza compensi né aiuti alla triste sorte dei ‘nuovi poveri’ del pianeta Terra che stanno ingrossando il fiume dell’attuale disagio sociale mondiale, questa donna dal viso disastrato ma dalla mente lucida e dalla parola incisiva concluse la sua confessione mormorando rabbiosamente ed ironicamente tra i denti le note dell’« Internazionale » (senza nominarla, ovviamente…). L’America dell’agonia del potere bushiano non starebbe, per caso, preparando nei dolorosi fermenti della disillusione, delle frustrazioni generate dalla distruzione del mitico sogno atlantico di una volta, qualche episodio brutale, qualche rivolta, forse appunto quella suggerita dalla « lotta finale » inneggiata dai comunisti del ventesimo secolo prima del crollo del muro di Berlino e della trasformazione dell’Unione Sovietica in una Russia nazionalistica, oligarchica e… potenzialmente ‘plutocratica’ ?… Se così dovesse finire l’attuale crisi mondiale, innescatasi su quella del tremendo ventesimo secolo, allora sì, Buzzati, più che mai, ci starebbe ai fianchi, gli occhi sempre stralunati, aperti sull’orizzonte incerto ed improbabile delle nostre vite individuali e collettive. Falso fanciullo perduto tra le nuvole, in realtà magnifico e spietato osservatore delle vicissitudini del pianeta Terra, nascosto dietro le nebbie in sospensione sopra i dirupi e le voragini della vita, prete dell’angoscia moderna, lui proprio, che si sarebbe meritato il premio Nobel rifiutatogli una volta più di quanto se lo siano meritato varie teste coronate della letteratura mondiale, ci sta forse ancora guardando adesso come prima, con pietosa sollecitudine e commiserazione. Qualcosa a questo punto mi spinge a farvi voltare le spalle e a dirvi : « Sono sicuro che lì, dietro la porta, rincantucciato nel buio, Dino vi sta mormorando il suo grazie di cuore per essergli rimasto fedele e ha un pensiero riconoscente per tutti quelli e quelle che ci hanno accompagnati nell’avventura associativa svoltasi in Francia dal 1976 al 1994, prolungatasi diversamente in Italia a partire dal 1988, e sfociata in produzioni ed iniziative molto varie grazie alla tenacia di Nella Giannetto, che seppe opportunamente inventare la collana degli « Studi buzzatiani » nel 1996. Buzzati, ne son sicuro, ha capito che tutti insieme abbiamo contribuito a dar senso e rilievo al suo artiginale e quotidiano lavoro scritturale ». 1  



























1  Ad un tratto, poco prima che venissero pronunciate queste parole, una delle poltrone a rotelle all’estremità della predella su cui stavano seduti i relatori si è spostata ed è caduta con gran rumore metallico sul pavimento. La storia dello spirito del granaio di Villa San Pellegrino, raccontatami da Dino nel 1971, in qualche modo si ripeteva. Un brivido ci percorse tutti, una strana e deliziosa sensazione… Un senso di connivenza, soprattutto, finito in gran risata.

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Era proprio quello il nostro dovere. E sia ben chiaro : per conto mio non rimpiango tutto il tempo che ho dedicato all’impegno critico che mi ero tracciato fin dal 1969 e che ho cercato in vari modi di realizzare a partire dal 1971 ! Sia chiaro anche che mi congratulo con Delphine Bahuet-Gachet e Angelo Colombo per il libro che stanno per pubblicare a Besançon (il volume degli atti del convegno del centenario francese) : anche loro hanno saputo prolungare generosamente l’avventura associativa buzzatiana a cui Nella, per 17 anni, aveva contribuito dopo di noi a dar rilievo, sapendo ottimamente coinvolgere i suoi connazionali troppo a lungo dimentichi del genio che aveva camminato fra loro per decenni, modestamente, nelle strade di Belluno e di Milano…  





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QUALCOSA ERA SUCCESSO. IL PARADOSSO DI BOLOGNA Fabio Atzori

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orrei aprire la mia testimonianza raccontando due fotografie, meglio : due fermi-immagine della memoria. L’oggetto di questo convegno – il ventennale della nostra Associazione – e il taglio amichevole, da conversazione scritta, che ho scelto di dare al mio contributo mi costringono a parlare anche di me. Primo fermo-immagine. Ho conosciuto Nella Giannetto nel 1988, quando raccoglievo materiali per la mia tesi in Storia della lingua italiana 1 e il suo nome, prima della nascita dell’Associazione, era affidato, specie fra gli studenti, al passaparola. Esisteva solo l’Archivio Buzzati : iniziativa pionieristica e coraggiosa. Le scrissi una lettera il 5 ottobre : una timida e molto formale lettera da studente ; nella sua risposta del 28 novembre si scusava del ritardo, era stato un periodo di « superlavoro » – una costante, si direbbe. Qualche mese più tardi, il 3 marzo 1989, mi spediva da Venezia « in anteprima » – così scriveva – la bibliografia del Coraggio della fantasia, ancora in bozze. 2 Un piccolo dono prezioso, tanto più che non era ancora uscito il volume di Fanelli. 3 Ricordo questo per sottolineare la sua generosità nei confronti di un giovane alle prime armi, di uno studente (non suo, particolare non irrilevante) ; di uno sconosciuto, di fatto. L’amicizia è venuta dopo. Ecco : mi sembra che questa generosità appartenga al patrimonio dell’Associazione – la misuro quando sono miei laureandi ad avere bisogno di materiali – ma anche che ci impegni, tutti, a un’attenzione speciale nei confronti dei più giovani, degli studenti. Secondo fermo-immagine. Sono stato borsista dell’Associazione nel 1993 – la prima edizione – e ho seguito, in quell’anno, poi negli anni dal 1995 al 1997, l’attività del Centro in una curiosa posizione di ospite permanente, dato che insegnavo tra Feltre e Belluno. Lo ricordo per segnalare come il mio punto di vista sia in qualche modo complementare rispetto a quello dei collaboratori più stretti – cominciando da Patrizia Dalla Rosa, Lorena Viel, Isabella Pilo… – che hanno vissuto giorno per giorno la nascita del Centro Studi. Voglio dire che spesso, nello studio di Nella, durante i suoi frenetici pomeriggi, studio che allora accoglieva l’intero patrimonio di libri e articoli, c’ero anch’io e assistevo – un po’ in disparte, occupante abusivo di una delle scrivanie – al ricevimento degli studenti e alle veloci riunioni che servivano ad assegnare compiti, a raccogliere idee. Come quel personaggio di Parise, in Amicizia, che osserva « nei particolari (sempre mutevoli) », 4 gli altri e « il tempo », sperando che tutte queste cose siano « in armonia tra di loro ». La cosa che più colpiva era la capacità di Nella di coinvolgere i suoi collaboratori, in genere studenti, spesso dei primi anni o appena laureati, affidando loro compiti impegnativi, che potevano sembrare eccessivi in rapporto all’età, alle competenze strettamente tecniche.  







































1  F. Atzori, Esperienza giornalistica e scrittura letteraria in Buzzati (1928-1940), relatrice M.L. Altieri Biagi, a.a. 1989-1990. 2  N. Giannetto, Il coraggio della fantasia. Studi e ricerche intorno a Dino Buzzati, Milano, Arcipelago, 1989. 3  G. Fanelli, Dino Buzzati. Bibliografia della critica (1933-1989), Urbino, QuattroVenti, 1990. 4  G. Parise, Sillabario n.1, Torino, Einaudi, 1972, p. 26.

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Credo non sia facile, per chi ha conosciuto il Centro Studi in tempi più recenti, studenti e studiosi, immaginare il deserto che c’era prima, cosa abbia significato, ad esempio, avviare le prime ricerche su Buzzati giornalista, confrontando gli elenchi del « Corriere » – e del « Corriere d’informazione » – con le singole annate, su carta e microfilm, in molte biblioteche italiane, oltre che nell’Archivio storico del giornale ; correggendo date, titoli ; raccogliendo e ordinando gli articoli. Per non parlare della ricostruzione di quanto avviene prima del 1933, anno del passaggio di Buzzati alla redazione del giornale. Chi legge ricorderà, immagino, le parole che Buzzati usa per descrivere il suo professore di lettere, il latinista Luigi Castiglioni, paragonando la sua classe, la prima A, a un gruppo di boy-scouts che si vede assegnare come comandante un generale vero, che li tratta come veri soldati. E loro « vedendosi presi così sul serio non possono fare a meno di obbedire, anzi ci danno dentro col massimo impegno ». 1 Come scrive Buzzati : « noi si sapeva appena dieci ma il professore ci trattava come se sapessimo venti ». Mi è spesso sembrato che quelle parole descrivessero bene ciò che sapeva fare Nella : darsi un obiettivo alto, condividerlo con altri, trasmettere passione per il lavoro ben fatto… in una parola insegnare. Il risultato è questo Centro Studi, che a me sembra speciale, forse unico, guardando alle difficoltà attraversate negli ultimi anni : penso a quei centri che esistono solo sulla carta o sono ridotti a qualche decina di scatoloni inaccessibili. Detto in termini ancora più espliciti : il Centro, l’Associazione sono i materiali (certo !), ma senza le persone che lavorano qui, quei materiali sarebbero muti. E dunque se è tempo di pensare a soluzioni che assicurino continuità e certezze al Centro Studi è anche tempo di immaginare soluzioni che evitino la dispersione di quelle competenze, di quella passione che danno voce, vita ai materiali. Questo mi spinge a segnalare ulteriori rischi legati ad una collocazione dei materiali che escluda Feltre. 2 C’è anzitutto il rischio di recidere i legami con i luoghi buzzatiani : credo che per pochi autori come per Buzzati la frequentazione fisica dei luoghi, la possibilità di studiare l’autore nei luoghi dove ha vissuto siano necessarie per capirlo. Penso di aver capito la chiusa di Bàrnabo solo quando, da bellunese per caso, ho vissuto per lunghi mesi con le montagne che « sono nascoste ma si sentono vicine », le montagne intorno a Belluno « immobili e solitarie, sprofondate nelle nubi ». Ma accanto a questo rischio ne vedo un altro : che in un grande archivio Buzzati sia solo un nome fra tanti. Passiamo oltre, adesso. Il titolo del mio intervento recita « Qualcosa era successo. Il paradosso di Bologna ». Vorrei spiegarlo brevemente. Mi sono accorto, parlando con diverse persone – anche a proposito di questo convegno, preparando il mio intervento – che si guarda a Bologna, alla mia università, come ad un soggetto che intrattiene con l’Associazione rapporti privilegiati, che ha fatto qualcosa per lo studio di Buzzati ; e mi sono sentito come il protagonista del racconto, che ha solo qualche segno, qualche brandello di informazione su ciò che accade fuori dal treno lanciato, il « superdirettissimo, espresso del nord ». E non capisce bene cosa stia accadendo. Già questo, se volete, può essere rubricato come il « paradosso di Bologna ». Forse bisognava affidare a qualcun  



























































1  D. Buzzati, Castiglioni, « Corriere della Sera », 27 febbraio 1965. 2  V. in proposito A. Gramigna, Strehler, Buzzati, Zanuso. « Salvare le eredità perdute » (« Corriere della Sera », 20 agosto 2008), articolo-appello per la costituzione di un archivio milanese ; seguono, sempre sul « Corriere », gli interventi di A. Kebarber (1 settembre 2008), G. Ravelli (3 settembre 2008), L. Moratti (4 settembre 2008).  

















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altro la mia relazione. Pazienza. Ho cercato di capire meglio allora. Scoprendo che in verità si potrebbe parlare di paradossi, al plurale. Chi provi a consultare i programmi dei corsi (diciamo degli ultimi dodici anni) deve arrivare al 2006-2007 per incontrarne uno – quello di Lingua e linguistica italiana, laurea triennale in Lettere – interamente dedicato a Buzzati : Il pianeta Buzzati. Letture e sondaggi linguistici. Se però fate una ricerca sulle tesi di laurea, scoprite che Buzzati è presente fra gli argomenti di tesi (quadriennali di vecchio ordinamento, specialistiche, triennali, con tutte le differenze che sappiamo). I dati non sono eclatanti, ma testimoniano un interesse per l’autore che sembra prescindere dall’« offerta didattica » – per usare un brutto tecnicismo. Delle tesi aggiungerò qualcosa fra breve. Possiamo accontentarci di questo paradosso (il secondo), che però non riguarda solo Bologna, mi pare. E che sembrerebbe confermare la scarsa considerazione che l’accademia ha per Buzzati, bilanciata dal favore dei lettori. Credo però che non ci si possa fermare qui. Anche perché se guardiamo dentro i programmi (esercizio non semplice, ahimè !), senza accontentarci dei titoli, facciamo alcune scoperte interessanti. Primo esempio : nell’anno 2000-2001 il semiologo Paolo Fabbri dedica il corso di Semiotica delle arti (dams) a I sensi della battaglia : rappresentazioni plastiche della battaglia. Bene. Fra i materiali in programma c’è anche il xxx capitolo del Deserto. Ancora : Paola Daniela Giovanelli nel 2003-2004 inserisce il Deserto dei Tartari in un monografico sui Luoghi dell’anima : viaggi nella memoria e nell’utopia. Sempre il Deserto compare nel programma 2005-2006 del corso di Letteratura italiana moderna Dostoevskij e Kaf ka in Italia. Scrittura dell’angoscia, scrittura dell’assurdo, tenuto da Bruno Basile. Gli esempi si potrebbero moltiplicare. Buzzati quindi non è assente, diciamo che gioca a nascondersi. Immagino che qualcuno fra i buzzatiani si starà chiedendo : e Maria Luisa Altieri Biagi ? Perché Bologna significa ovviamente Altieri Biagi. Anche lei – altro paradosso, se volete : il terzo – non ha mai dedicato un intero corso a Buzzati ; anche lei però nel 20002001, all’interno del corso monografico sull’Evoluzione della sintassi da Galileo all’italiano contemporaneo, dedica una serie di lezioni a Buzzati, in particolare ai Sessanta racconti. Questo non esaurisce, ovviamente il suo ruolo. Lascio ad altri – anche per ragioni di ‘prossimità affettiva’, come suo allievo – il compito di fare un consuntivo. Mi limito ad un’osservazione e a due segnalazioni minime. L’osservazione è questa : con Altieri Biagi per la prima volta la lingua di Buzzati diviene oggetto di ricerca da parte di un linguista, che con grande autorevolezza rovescia definitivamente alcuni luoghi comuni : sulla semplicità di Buzzati, sul rapporto fra pratica giornalistica e scrittura letteraria. 1 Le segnalazioni testimoniano invece il suo ruolo di ambasciatrice di Buzzati – non credo che la definizione suoni eccessiva – in altri territori : quello della scuola, quello di un pubblico più largo, di semplici lettori. La prima è per un testo meno conosciuto, La grammatica scoperta nel macigno, 2 apparso nel 1998 su « Italiano & oltre », esempio di quella grammatica dal testo (per riprendere il titolo di un suo libro fortunato), che muove appunto dai testi, in questo caso dal micro-racconto Il macigno, per approdare alla grammatica ‘viva’. Si veda come viene analizzata la scelta del verbo « pencola » dell’incipit (« Sopra la bella villa dove si conduce una vita spensierata un macigno pencola »), forma sdrucciola che mima foneticamente il pericolo di una caduta. È un breve testo  













































1  D’obbligo il rinvio a L’incipit cronistico nei testi narrativi di Buzzati, in Buzzati giornalista, Atti del Convegno Internazionale (Belluno-Feltre, maggio 1995), a cura di N. Giannetto, con la collaborazione di P. Dalla Rosa, M.A. Polesana, E. Bertoldin, Milano, Mondadori, 2000, pp. 369-390. 2  La grammatica scoperta nel macigno, « Italiano & oltre », 1998, 5, pp. 246-256.  



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che a me sembra importante perché propone un nuovo modello di lettura ad una scuola che sceglie Buzzati per la ricchezza delle trame e la semplicità della lingua, spesso senza interrogarsi su questa semplicità, che viene ridotta a facilità. Come sappiamo Buzzati distingueva le due cose : la semplicità è la caratteristica dei grandi talenti. La seconda segnalazione è per un’iniziativa extra-universitaria bolognese : nel febbraio 2007 si tiene, nell’ambito dei « Martedì di San Domenico », nati dall’intuizione di padre Michele Casali, un vulcanico sacerdote, scomparso qualche anno fa, una lezioneconcerto : La musica secondo Buzzati. 1 In questa occasione Altieri Biagi analizza l’attenzione di Buzzati alla sonorità, al ritmo, alla musicalità della lingua ; questa attenzione viene fatta ‘reagire’ con alcuni dei brani musicali che Buzzati amava e cita nelle Lettere a Brambilla o nell’Autoritratto (da Stormy weather a Bach). Ne risulta, quasi fuori tempo massimo nell’anno del centenario, una delle iniziative più interessanti e originali. Sala piena e successo di pubblico, come si usa dire. Riprendiamo da Bologna. E dagli studiosi di Buzzati che a Bologna si sono formati o insegnano. Sfogliando « Studi buzzatiani », gli atti già pubblicati e i programmi degli ultimi convegni, accanto a Maria Luisa Altieri Biagi trovo i nomi di Alberto Sebastiani, Giulio Iacoli, Augusto Macchetto, Daniele Barbieri, oltre al mio. Una discreta pattuglia, che sembra confermare il ruolo di Bologna, e che testimonia una notevole varietà, un largo ventaglio di interessi (se non ho contato male arriviamo a diciotto contributi) : dalla lingua (Altieri Biagi, Atzori) al fumetto riletto in chiave narratologica (Barbieri), 2 dalla critica d’arte (Macchetto) alla pop-culture (Sebastiani), 3 alla comparatistica (Iacoli). 4 Ancora : cinque degli autori citati hanno al proprio attivo più di un saggio : segno di un’attenzione per Buzzati che non si esaurisce nel contributo d’occasione. Certo viene da chiedersi perché Bologna e i bolognesi non abbiano finora tentato un progetto comune, promosso un convegno, un seminario. Altro paradosso : quarto e ultimo. Se poi vogliamo fare un esercizio accademico – nel senso migliore dell’accademia – dietro questi nomi possiamo individuare precisi indirizzi di ricerca, singole scuole : di Altieri Biagi abbiamo detto ; ma Iacoli è allievo di Remo Ceserani ; Barbieri di Eco. Non c’è tempo di esaminare in dettaglio questi contributi, ma vorrei rilevare come più d’uno nasca da un’« occasione » feltrina, grazie al Centro Studi : Iacoli ed io siamo stati borsisti, Macchetto pubblica una bibliografia tratta dalla sua tesi di laurea in Estetica, relatore Luciano Nanni – dove ringrazia Nella Giannetto per l’aiuto. 5 In altri casi il rapporto è meno diretto, più sfumato, ma c’è : spesso c’è l’invito, la sollecitazione di Nella, come nel caso delle relazioni per i convegni. Voglio dire che se Bologna ha fatto qualcosa per Feltre, Feltre ha fatto molto per Bologna. La citazione di Macchetto mi consente di tornare brevemente alle tesi di laurea. Non mi sembra di aver individuato una linea, una tendenza precisa, nella scelta degli ar 















































1  Alcune informazioni sono reperibili sul sito : www.centrosandomenico.it, nella sezione Archivio. 2  D. Barbieri, I fumetti e il « Poema » : un’opera quasi in musica, in « Poema a fumetti » di Dino Buzzati nella cultura degli anni ’60 tra fumetto, fotografia e arti visive, Atti del Convegno Internazionale (Feltre e Belluno, 12-14 settembre 2002), a cura di N. Giannetto con la collaborazione di M. Gallina, Milano, Mondadori, 2005, pp. 101-117. 3  A. Sebastiani, Tra massmedia, cinema e musica : una topica della pop-culture in Dino Buzzati, « Studi buzzatiani », xiii, 2008, pp. 11-26. 4  G. Iacoli, Critica della vertigine. Le forme dell’architettura nei reportages di Buzzati, « Studi buzzatiani », x, 2005, pp. 9-38. 5  A. Macchetto, Bibliografia della critica d’arte buzzatiana (1967-1971), « Studi buzzatiani », vi, 2001, pp. 137165 ; la sua tesi Poetica e poetica critica in Dino Buzzati. Buzzati critico d’arte al Corriere della Sera (1967-1971) era stata discussa nell’a.a. 1992-1993.  



























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gomenti. Forse, procedendo negli anni, si assiste a una maggiore diversificazione, nel senso che dalla singola opera si passa a un tema/problema, 1 si ampliano poi gli ambiti di indagine, accanto alla letteratura italiana o contemporanea compaiono la filologia italiana, 2 la storia della lingua, 3 la teoria della letteratura. 4 Quanto alle tesi che ho materialmente sfogliato, quelle che nascono con il supporto del Centro Studi sono immediatamente riconoscibili : basta vedere la bibliografia, verificando presenze e assenze. Mi pare a questo proposito di poter dire che si è innescato un circolo virtuoso : gli studenti anche autonomamente si rivolgono al Centro Studi ; vengono qui per le loro ricerche, spediscono la loro tesi (fra quelle conservate a Feltre, conto quindici tesi di laureati bolognesi ; il numero più alto, se non mi sbaglio). Due parole anche sulle tesi in corso. Ne segnalo soltanto due, molto diverse : la prima è di un allievo di Ermanno Cavazzoni, docente di Poetica e retorica, che sta lavorando sui Purgatori del XX secolo. Fra i testi oggetto di analisi la sceneggiatura del Viaggio di G. Mastorna, il film mai realizzato di Fellini, scritta insieme a Buzzati e a Brunello Rondi. Ricordo che proprio Cavazzoni ha da poco curato la pubblicazione di questa sceneggiatura (e che La voce della luna di Fellini è liberamente ispirato al Poema dei lunatici dello stesso Cavazzoni). 5 Incroci curiosi. La seconda tesi è di una mia laureanda, che sta lavorando sull’onomastica buzzatiana, già oggetto di vari contributi, e tenta una classificazione dei materiali secondo criteri più strettamente linguistici. 6 Voglio toccare un ultimo argomento, anche per tenere fede alla cordiale consegna che abbiamo ricevuto : quello delle prospettive di ricerca. Mi sembra che il centenario del 2006 non sia stato l’occasione per riflettere sul lavoro compiuto e su quello da compiere. Non pretendo di colmare quel vuoto, ovviamente, né di proporre un bilancio del centenario, che forse andrebbe fatto. Debbo poi confessare che mi piacerebbe risolvere questa parte in un elenco, come talvolta si legge sulle riviste di alpinismo (« fra i problemi ancora da risolvere nel gruppo dei Monti del Sole… l’evidente parete… ») ; altrettanto ovviamente non pretendo di fare un elenco completo. Mi limito a qualche segnalazione, un promemoria al discreto lettore. Il primo problema è quello filologico. Come è noto, per avere un’edizione affidabile, filologicamente curata, abbiamo dovuto attendere il Meridiano curato da Giulio Carnazzi nel 1998, 7 ma si tratta pur sempre di una filologia dei testi a stampa, che cioè muove dal confronto fra le diverse edizioni pubblicate, non dai manoscritti. Qualche anno prima, nel 1996, Angelo Colombo aveva analizzato alcuni di questi manoscritti – quello  































1  La prima tesi di cui ho notizia, quella di M. Bandoli, discussa nell’a.a. 1969-1970, relatore M. Saccenti, è intitolata : I « Sessanta racconti » di Dino Buzzati. Fra le tesi discusse negli ultimi anni mi limito a citare : G. Malagoli, Strategie dell’assurdo tra Pirandello e Buzzati, a.a. 2000-2001, relatore A. Bertoni ; G. Imparato, Fantasmagoria in due. Landolfi e Buzzati ; una lettura reale e surreale, per corpi reali e surreali, a.a. 2006-2007, relatore M.A. Bazzocchi. 2  V. la tesi di M. Bargossi, Per l’edizione critica dell’« Esperimento di magia » (testo critico e concordanze), relatore C. Mazzotta, a.a. 1999-2000. 3  V. le tesi di S. De Bellis, Aspetti della scrittura narrativa di Dino Buzzati, a.a. 1996-1997 e di M. Tach, Sulla lingua teatrale di Buzzati, a.a. 2001-2002, relatrice M.L. Altieri Biagi. 4  V. la tesi di L. Ferrari, Il deserto, la montagna, la città. La configurazione dello spazio in alcuni testi di Dino Buzzati, relatore F. Bertoni, a.a. 2003-2004. 5  F. Fellini, Il viaggio di G. Mastorna, a cura di E. Cavazzoni, Macerata, Quodlibet, 2008. 6  La tesi di A. Zeoli, « …detta anche la Casa dei Marden » : Nomi e luoghi in Dino Buzzati (1933-1971) è stata nel frattempo discussa (a.a. 2007-2008). 7  D. Buzzati¸ Opere scelte, a cura di G. Carnazzi, Milano, Mondadori, 1998.  





















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di Appuntamento con Einstein, per esempio – nel primo dei Quaderni del Centro Studi. 1 Ma il problema del restauro filologico dei testi buzzatiani rimane. Studiare i manoscritti, le diverse redazioni dei testi, il processo correttorio significa entrare nel « laboratorio segreto » di Buzzati, capire come l’idea iniziale si trasforma in testo. E anche mettere alla prova le nostre ricostruzioni. Certo questo implica l’accesso pieno ai documenti – compresi i diari e la corrispondenza, visto che per la generazione di Buzzati la lettera è ancora lo strumento di comunicazione principe – e preliminarmente il loro censimento. A proposito di censimenti, manca ancora, mi pare, un elenco completo e sicuro della produzione giornalistica di Buzzati ; a margine : anche le notizie che possediamo sulla carriera non risultano sempre complete, mentre le testimonianze dei colleghi giornalisti sono spesso fuorvianti. Questo si riflette sulla possibilità di una compiuta valutazione del Buzzati giornalista. Aggiungerei che spesso, nel confrontare giornalista e scrittore, siamo fermi ad una visione del giornalista a una sola dimensione, piatta, che non distingue ; quando addirittura non leggiamo gli articoli, le corrispondenze, i reportages senza tenere conto della loro specificità, ricorrendo a quella che a me pare una formula di comodo : il giornalista Buzzati che piega i fatti, le necessità della cronaca alle sue fantasie di scrittore. Ciò è stato detto, ad esempio, delle corrispondenze di guerra, trascurando che lo stesso Buzzati giustifica le sue scelte usando argomenti da giornalista : raccontare in un certo modo le azioni di guerra consente di riscattarle da un’inevitabile monotonia, legata al ripetersi delle « modalità belliche ». 2 A riprova si potrebbe ricordare che nei pezzi di cronaca la presenza di personaggi ‘fantastici’ è del tutto marginale. Sempre a proposito del giornalista, segnalerei la necessità di ricerche mirate, sulla lingua, che ne registrino le escursioni, legate ad esempio al genere (la libertà di cui gode il commentatore di fatti di costume è certo superiore a quella del cronista di nera) ; questo anche in diacronia. O che misurino affinità e differenze tra Buzzati e altri giornalisti (e giornalisti-scrittori) della sua generazione, dal più conosciuto Montanelli a Emilio Radius, a Enrico Emanuelli ecc. Ci sono poi ambiti poco studiati, specie dal punto di vista linguistico : penso ad esempio alla poesia di Buzzati, al teatro, alla ‘cronaca d’arte’. Prendiamo l’ultimo caso. Si è talvolta interpretata alla lettera la definizione di ‘critico dilettante’ che Buzzati ha dato di se stesso. Ma se guardiamo alla lingua, oggetto di una tesi recente di Gianluca Merler – ricca di esempi e dati – dobbiamo riconoscere che il dilettante Buzzati è perfettamente consapevole delle tecniche proprie della paracritica, da cui prende le distanze (anche attraverso la parodia, come nel Critico d’arte), utilizzando viceversa gli strumenti della cronaca per avvicinarsi al lettore (uso invadente del discorso diretto ; scelta di un registro parlato-informale, semplificazione del tecnicismo attraverso la parafrasi ecc.). 3 In ogni caso il lavoro non manca. Mi sembra di essere ormai al limite del tempo concessomi – dalla pazienza del lettore – e mi fermo ; a questo punto, per farmi smettere, qualcuno potrebbe mettersi a gridare « Aiuto ! Aiuto ! » (come nel racconto).  







































1  A. Colombo, Un linguaggio universalmente comprensibile. Correzioni e varianti nei primi racconti di Buzzati, Seren del Grappa, edizioni dbs, 1996. 2  Cito dalla lettera che Buzzati indirizza al suo direttore, Aldo Borelli, il 27 ottobre 1941 ; in proposito v. F. Atzori, “Ma è giusto anteporre la cronaca all’articolo ?” Buzzati in guerra per il « Corriere della sera », « Studi buzzatiani », ii, 1997, pp. 147-163. 3  G. Merler, Dino Buzzati “cronista d’arte” : lingua e stile (« Corriere della Sera », 1947-1971), a.a. 2006-2007, relatore F. Atzori.  

















La presenza di Dino Buzzati all’Università di Venezia* Ilaria Crotti

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i potrebbe anche cassare il punto di domanda che figura nel titolo di questo incontro-convegno, poiché dobbiamo ritenere a ragion veduta che il ‘gigante’ non sia trascurato, il ‘gigante’ risulta ormai sondato da decenni. Io stessa, del resto, appartengo a una generazione di studiosi che si è avvicinata alla produzione di Buzzati intorno alla metà degli anni Settanta, circa una quarantina d’anni fa, insomma. È un dato di fatto ampiamente accertabile che esista una consistente bibliografia che lo concerne. Certo, gli studi possono continuare, poiché è evidente che uno dei segni che più caratterizza un autore definibile come ‘classico’ è proprio questo, cioè che le interpretazioni che reclama, le molteplici letture cui dà vita e i metodi con cui viene accostato siano in fieri. Una riprova, quest’ultima, del valore, dello spessore di un autore come Buzzati, proprio per il fatto che ha suscitato e continua a suscitare un vivace dibattito critico e interpretativo. Una delle domande che rivolgo più di frequente ai miei studenti del primo anno della laurea triennale, quando giungono diciottenni o diciannovenni all’Università, anche per cercare di capire il loro livello di preparazione, riguarda le letture che hanno compiuto in ambito moderno e contemporaneo. Sarà dovuto al fatto che alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Ca’ Foscari si iscrivono spesso studenti provenienti dai licei di Treviso e dell’entroterra veneto, e si tratta perlopiù di giovani preparati, ma in genere si deve prendere atto che una buona parte di loro conosce almeno in parte la produzione del bellunese ; potrei dire che tra i nomi che circolano con maggiore insistenza si accampa proprio quello di Buzzati, le cui opere sono lette e apprezzate, in particolare i racconti delle prime raccolte e, ovviamente, il Deserto. Devo dire altresì che i miei studenti si dimostrano molto interessati anche ai vari aspetti del giornalismo e ai rapporti che lo pongono in relazione con la letteratura : un settore molto sfaccettato che li attrae vivacemente ; e pure in questo ambito – è noto – il magistero di Buzzati ha suggerito modelli di scrittura e di stile che hanno fatto scuola. Mi pare che queste prime osservazioni costituiscano un dato di partenza da tenere presente, utile per tutti noi che intendiamo continuare a coltivare la lezione impartita dall’autore. Per quanto riguarda il lavoro didattico – e mi atterrò a osservazioni sintetiche anche per quanto concerne questo aspetto – posso affermare che la produzione di Buzzati è spesso argomento di moduli, di seminari, di letture. Ciò si verifica non solo nell’ambito dei corsi universitari, ma anche nella vita culturale della città. Venezia infatti propone un’offerta culturale che va ben al di là della vita dell’insegnamento accademico. Mi riferisco, ad esempio, alle librerie cittadine, all’Ateneo Veneto o, a Mestre, alle sale del Centro Candiani : spazi dove vengono organizzati incontri, presentazioni, dibattiti tesi ad avvicinare e a coinvolgere ampi strati della cittadinanza.  







*  La trascrizione della relazione della professoressa Crotti si deve alle cure della dottoressa Stefania Pillon, cui va espresso un vivo ringraziamento.

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Si tratta di un vasto retroterra, insomma non solo universitario, dove il confronto e il dialogo tra città e Università sono insistiti e continui ; e nell’ambito di questo rapporto proficuamente dialettico la presenza di Buzzati risulta essere costante. L’anno scorso, ad esempio, è stato organizzato dal professor Bruno Rosada proprio al Candiani un ciclo destinato agli studenti degli istituti superiori, come pure alla cittadinanza tutta, dal titolo Verso la maturità ; un ciclo che intendeva appunto assumere il termine ‘maturità’ in una duplice accezione, finalizzandolo alla preparazione degli esami di maturità, ma non solo, intendendola anche quale proficua opportunità di confronto culturale. Ebbene, durante questi affollatissimi incontri Buzzati è stato uno degli autori che più aiutava ad andare ‘verso la maturità’, vale a dire nella direzione della preparazione di tutti quegli ‘esami’ che la vita continua a riproporre a ciascuno di noi, anche dopo la scadenza della ‘maturità’. Non solo, anche il prossimo anno stiamo organizzando assieme a Rosada, il curatore di questi cicli, una presentazione del Deserto cui seguirà lo straordinario film di Zurlini, al fine di leggere le immagini suggerite dal romanzo in un rapporto sinergico con quelle del film. Pure all’Ateneo Veneto, uno dei luoghi culturalmente più prestigiosi della città, non rari sono stati negli ultimi anni gli incontri riservati a Buzzati. Anche perché la sua produzione si presta magistralmente a offrire scenari spazio-temporali e categorie analitiche utili a gettare luce su alcuni generi, come il fantastico, e su alcune forme, come ad esempio quella breve, che mi paiono di grande ausilio per interpretare compiutamente la modernità. La rete tematica chiamata in causa da detta produzione, inoltre, è molto interrelata ; così quando, alcuni anni fa, ho tenuto un corso universitario dedicato all’Imagologie, cioè a quello specifico ambito della Comparatistica che si occupa delle immagini dell’‘altro’, da intendersi in senso sia sociale che culturale, anche se quel corso non era espressamente dedicato al bellunese, tuttavia ho potuto constatare in che misura la lettura di determinate opere buzzatiane si rivelasse di sommo interesse, proprio per l’attenzione con cui dette immagini esplorano le rappresentazioni dell’alterità. Direi, insomma, che sia sul versante formale (il racconto, l’apologo, la novella, la forma breve), che su uno tematico, le ipotesi di lavoro implicate nei testi di Buzzati operano attivamente in molti di questi percorsi. Né va sottaciuto che un ulteriore campo tematico di sommo richiamo per gli studenti, quello che investe il male, la malattia e le loro epifanie, con i risvolti anche allegorici e simbolici che comporta, trova nella narrativa buzzatiana uno spazio d’elezione. Alterità e malattia, insomma, come tutte le rappresentazioni e immagini connesse a questi due poli, prefigurano reti tematiche interrelate che risultano essere di grande attualità per la letteratura novecentesca, sia italiana che straniera. Accenno inoltre al fatto che proprio durante l’ultimo appello di laurea di primo livello – figuravo io stessa in commissione – è stata discussa una buona tesi dedicata al teatro, relatore il professor Piermario Vescovo ; e sono lieta di vedere qui partecipe, tra il pubblico in sala, la laureata che l’ha esposta : mi auguro che voglia intervenire in prima persona nella presente occasione, per riferirci dell’organizzazione e dello svolgimento del suo lavoro. Per quanto riguarda la mia attività di relatrice, mi limito a segnalare che in questi ultimi mesi ho in corso di elaborazione due tesi – non mi soffermo ad elencare quelle assegnate nelle passate sessioni ; ma, ribadisco, non di rado le opere di Buzzati sono trasversali, ossia si prestano ad affrontare e approfondire argomenti affini o limitrofi. Ad esempio sono determinanti per interpretare aspetti e problematiche investenti il fanta 











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stico, in particolare quello novecentesco ; fantastico che, come è noto, detiene caratteri ed etimi molto diversi da quello dei secoli xviii e xix. Alcuni anni fa sono stata relatrice di una buona tesi dedicata appunto alle immagini della peste, altro tema dalle significative derive novecentesche ; ovviamente, anche in detto caso l’apporto di Buzzati è risultato imprescindibile. Dai rilievi sommari che ho compiuto si deduce, insomma, che il campo è stato ben coltivato e che gli studenti, da parte loro, continuano a guardare con attenzione all’autore in oggetto, considerato sotto ogni punto di vista un classico ; come del resto mi pare lo riprovi il fatto che figuri nella collana mondadoriana dei “Meridiani”. Certo, se ci limitiamo a considerare il Nostro da un punto di vista meramente manualistico, è chiaro che non potremmo cogliere appieno la sua complessità ; i manuali, infatti, sono solo in parte in grado di dare conto del variegato paesaggio letterario novecentesco, operando cernite, selezioni, talvolta esclusioni eclatanti. Sbaglieremmo prospettiva, quindi, se ci limitassimo a conteggiare quante righe gli sono riservate in certi manuali scolastici. Mi ripropongo oggi, per concludere questa sommaria relazione, di accennare al mio ultimo contributo dedicato a Buzzati in ordine di tempo. Si tratta di un saggio compreso nel volume dal titolo Mondo di carta. Immagini del libro nella letteratura italiana del Novecento, uscito per la Marsilio alla fine del 2008. Preciso innanzitutto che per la prima parte del titolo, cioè Mondo di carta, mi sono ispirata a quello attribuito da Luigi Pirandello a una sua struggente novella, e l’lo riproposto poiché ritengo che la sfera tematica investente il Mondo in quanto ‘libro’, la materia cartacea e tutti i suoi possibili correlati, dalla fragilità alla corruttibilità, dalla trasparenza alla consistenza, insomma, siano risolutivi per comprendere appieno il passaggio epocale che avviene tra secondo Ottocento e i primi decenni del secolo successivo, nell’idea di letteratura e nella concezione della sua trasmissibilità. Il primo capitolo del volume è rivolto ad analizzare in particolare una novella di Tarchetti, Le leggende del castello nero ; focale in questo senso, poiché in essa si affronta il problema della forma manoscritta recepita in quanto dato residuale che ritorna da un passato arcaico, testimoniandolo e assieme denunciandone l’impercorribilità nella modernità ; ma non solo, essa allude anche ai criteri connessi alla ricezione di un testo stilato manualmente, in un’epoca in cui tale modalità risultava ormai obsoleta. Il secondo sonda le immagini del libro che ricorrono in gran numero e sotto svariate forme nel Piacere di Gabriele d’Annunzio ; tassello esemplare, quello offerto dal pescarese, per comprendere il messaggio allegorico che si attribuisce al libro, di cui si paventa una fine esiziale, mentre lo si percepisce come minacciato da una degradazione incombente ; quindi, al fine di neutralizzare derive tanto perniciose, lo si traspone in forme atte a renderlo eletto, marmorizzato, sacralizzato. Ho dedicato il terzo capitolo appunto ad alcune novelle e romanzi di Luigi Pirandello ; e si tratta di un capitolo centrale, questo, nell’economia complessiva del volume, rappresentando la produzione dell’agrigentino una sorta di spartiacque tra i due secoli, se per lui la carta, svolazzante, irridente, tragicamente comica, allegorizza il destino dell’uomo e dei suoi fantasmi-personaggi ; larve importune che non danno tregua all’autore, assillandolo con la loro voglia inesausta di autorappresentarsi e di essere rappresentate. Nel quarto mi sono prefissa di cogliere le immagini del libro e della carta tra le straordinarie pagine dei romanzi e delle novelle di Federigo Tozzi ; là dove le proiezioni suggerite dalla carta e dai libri allegorizzano anche processi di annullamento e di distruzione che investono lo status del soggetto nella modernità. L’ultimo di detti capitoli, dal titolo Buzzati, il deserto dei libri, è dedicato al primo magistrale romanzo del bellunese.  





















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Da questi sommari cenni si evince che ho optato per una scelta molto drastica. Avrei potuto infatti dilatare ad oltranza il ventaglio dei testi da esaminare, prenderne cioè in considerazione decine e decine, data la presenza invasiva del tema librario non solo nella letteratura italiana ma anche in tutte le altre letterature europee ed extraeuropee. Ho invece preferito procedere operando una decisa cernita (certamente necessaria, data l’ampiezza del campo), selezionando alcuni campioni che ritengo esemplari per dedicare loro sondaggi dotati di un certo respiro ; campioni posti poi in dialogo con una costellazione, questa sì, abbastanza ampia di altre prove, caratterizzata da fitti rapporti e da significative relazioni intertestuali, guardando insomma allo scenario grazie ad un criterio comparatistico. Certo, i testi presi in esame avrebbero potuto essere molto più numerosi, e altrettanto significativi ; in Calvino ad esempio, cui ho dedicato alcuni cenni, anche se metodologicamente imprescindibili, il problema del libro assume valenze di grande rilevanza ; ma che dire di Sciascia, di Bufalino e di molti altri ? L’analisi riservata a Il deserto chiude (ma certo non conclude) il mio libro, poiché ritengo il romanzo una prova che, una volta interpretata alla luce del percorso tematico prescelto, si dimostra paradigmatica. Infatti l’immagine del libro eredita a questa altezza una fertile tradizione di immagini, provvedendo poi a riformularla con estremo acume. Nel testo si percepisce come la scomparsa che minaccia il fattore libro sia rivelatrice di ben altri scenari, suggerendo fondamentalmente due linee tematiche connesse al libro. L’una risulta legata ad esso in quanto regolamento, in quanto luogo-codice in cui la scrittura si sclerotizza per divenire norma asettica e prescrittiva. E questa linea del libro ridotto a regolamento, quindi anche condannato in quanto insieme di regole e di leggi prescrittive, viene impersonato come sappiamo dalla figura di Tronk. Quest’ultimo infatti è colui che conosce a menadito il regolamento e che pretende venga applicato rigidamente, mentre proclama i suoi iterati « il regolamento dice », eccetera, eccetera. E il regolamento, in quanto infido strumento di distruzione, una volta preso alla lettera, porterà come sappiamo alla morte dell’umile e innocente soldato Giuseppe Lazzari. Questa presa alla lettera, rigida e regolamentare, priva com’è di margini interpretativi che la contestualizzino, rappresenta la diretta cagione della morte del Lazzari. Non solo, il Deserto è costellato in modi ricorrenti di figure rapportabili a un determinato modello cartaceo : accanto al regolamento-codice, ecco anche formulari e moduli, ossia brandelli di carta da riempire, da stilare, da redigere ; come quando Drogo si reca dal medico militare per sollecitare il primo permesso e gli viene sottoposto un modulo da compilare, foglio che poi egli rigetta poiché del tutto antitetico al fascino perverso e insondabile che esercita la Bastiani. Molti personaggi vivono di questo rapporto direi emblematico col libro in quanto codice, in quanto regolamento, in quanto cartaccia. Così, nel momento terminale in cui giace sul suo letto di morte, Drogo è letteralmente subissato da carte, da libri che lo assediano, con quell’immagine straordinaria che trasforma la sua sagoma in una ‘fortezza’ assediata e ormai vinta da tutti quegli inutili scartafacci che sembrano seppellirlo vivo. Del resto lo scartafaccio-cartaccia, quindi una declinazione deteriore del campo tematico, ricorre in modo significativo in molta letteratura del Novecento. Maestro della cartaccia, in detta accezione multipla, è, ovviamente, il Kaf ka del Processo ; là dove lo scartafaccio burocratico-amministrativo risulta essere tanto debordante da inabissare il destino del personaggio. Ma possiamo ritrovare detta immagine anche in certa letteratura più recente, ad esempio in Bohumil Hrabal, il grande narratore ceco, e senza ombra di dubbio Hrabal ha letto Buzzati, come cerco di dimostrare nel mio libro. Infatti  

















la presenza di dino buzzati all ’ università di venezia

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Una solitudine troppo rumorosa, il suo singolare romanzo, narra di un personaggio che lavora in un luogo delegato a distruggere sistematicamente carta e libri, vale a dire in una specie di indiscriminato trituratore del sapere del mondo. Ma non solo Hrabal, pensiamo a Don DeLillo. Nel suo Underworld i temi della carta e della cartaccia, con annessa discarica, riconducibili peraltro a tutti i luoghi della catastrofe, in quanto distruzione della cultura, giocano ovviamente un ruolo determinante. Almeno un accenno merita inoltre una prova come Fahrenheit 451, il celebre romanzo di Ray Bradbury alle prese con un pompiere come Montag e al suo percorso iniziatico che lo porterà a leggere altrimenti il suo ‘fuoco’ quotidiano. Sussiste quindi una precisa linea tematica che connette allegoricamente la carta a figure di devastazione, mentre il significato che queste veicolano può essere esteso fino a comprendere catastrofi investenti la cultura e, più in generale, il sapere umano, minacciato da un punto di vista sia conoscitivo che etico ; poiché mi pare irrefutabile che il libro e la carta siano capaci di narrare un’altra ‘storia’, concernente il destino dell’uomo. C’è da dire che nel Deserto il tema librario si presenta molto articolato ; mi riferisco a oggetti precisi e posti per certi versi in una relazione di prossimità con la carta e la scrittura. Teniamo presente, ad esempio, quella semplice, ma per lui preziosa, boccettina di inchiostro che Lazzari usa quasi religiosamente quando scrive le sue lettere a casa : sono piccole cose che sembrano irrilevanti, rapportabili come sono alla scrittura a mano, ma che rivelano l’umanità del personaggio. Ecco che, accanto al libro scartafaccio, al libro codice, al libro che supporta una denuncia implicita, sussiste nel Deserto un’ulteriore dimensione molto intima connessa alla scrittura e al libro : sfera che è legata alla scrittura privata ; si pensi al momento in cui Drogo si accinge a scrivere a casa alla madre o alla fidanzata. Questo rito della scrittura privata rivela l’altro versante dell’immagine del libro, poiché Buzzati crea spesso figure antinomiche, figure cioè la cui eloquenza è direttamente proporzionale a un’antitesi dialettica. In detta ultima sfera ha modo di emergere la dimensione sacrale-privata che detengono la carta e la scrittura, un parametro quasi celato tra le pieghe geometriche del paesaggio della fortezza Bastiani : una dimensione riposta e segreta di rattenuta e intima poesia riservata a questa scrittura ‘per sé’ (quindi per eccellenza non burocratica) che il figlio destina alla madre e alla fidanzata. Quella madre che a casa, giù in pianura, si aggira solitaria tra stanze inabitate, sollecita nel disporre i libri abbandonati in quegli spazi domestici da un figlio assente in un ordine ‘altro’ che è quello dell’amore… Ho cercato di dare un’idea molto sommaria della ricerca condotta, poiché ritengo l’argomento di vivo interesse, capace quindi di appassionare il lettore, come ha appassionato anche me : una vera e propria miniera di immagini, quella concernente il libro nella letteratura, che meriterebbe di essere ulteriormente indagata, al di là di ciò che ho potuto approfondire in un singolo volume. È un invito che rivolgo in particolare ai critici più giovani, che spero vorranno accogliere con interesse la mia ipotesi di lavoro.  













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DINO BUZZATI E LA SUA RECENTE FORTUNA NELLA CULTURA SPAGNOLA Elisa Martínez Garrido

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ino Buzzati irrompe nel panorama letterario e culturale spagnolo alla fine degli anni ’50 del secolo scorso ; ovviamente è Il deserto dei Tartari la sua prima opera di successo. 1 Ma è negli anni Settanta che si amplifica la ricezione dello scrittore bellunese nell’ambito della cultura letteraria spagnola. Questi sono tempi di rinnovamento sociale e politico per la Spagna, la quale vede arricchita la sua offerta culturale in un momento particolarmente importante di rinnovamento civile e intellettuale, dopo la morte del Generale Franco e l’arrivo della libertà e della democrazia. 2 La presenza editoriale di Buzzati fra di noi è ovviamente continuata lungo gli anni Ottanta e Novanta, 3 ma è stato l’arrivo del terzo millennio il momento decisivo per il suo definitivo inserimento nel panorama della nostra attualità culturale. Possiamo quindi affermare, con assoluta sicurezza, che è nei primi anni del xxi secolo, in occasione del centenario della nascita, nel 2006, 4 che lo scrittore italiano comincia ad essere veramente considerato, dagli spagnoli, un classico del xx secolo. 5 Buzzati, quindi, attualmente è una figura centrale, pienamente inserita nella nostra vita letteraria ; la sua opera è tradotta in castigliano, dalle case editrici spagnole più prestigiose, quasi nella sua totalità, e il suo nome e i commenti alla sua opera si trovano sui giornali più prestigiosi : « El País », « ABC », « El Mundo », dentro e fuori dalla sezione  



























1  Il primo libro di Buzzati tradotto in spagnolo è Il segreto del Bosco Vecchio, alla fine degli anni ’30. Ma la traduzione de Il deserto, nel 1956, costituisce il momento definitivo dell’inserimento dello scrittore bellunese nel mercato editoriale spagnolo. Rimando al saggio di A.M. Antonini, La ricezione critica di Buzzati in Spagna, pubblicato su « Cuadernos de Filología Italiana », n. straordinario in memoria di Ángel Chiclana, 2000, pp. 785-797. 2  Per ulteriori informazioni rimando al lavoro di A. Camps : Per una storia della fortuna di Dino Buzzati in Spagna, pubblicato in « Studi buzzatiani », vi, 2001, pp. 67-72. 3  Negli anni ’80 del secolo scorso Buzzati è stato sempre presente all’interno del mercato editoriale spagnolo ; la sua opera è stata diffusa fondamentalmente da Alianza Editorial, una casa editrice che per gli spagnoli della transizione rappresentò un punto fondamentale di riferimento nell’aggiornamento della cultura europea in Spagna. Per questa famosa casa editrice, Esther Benítez, una delle personalità più prestigiose nell’ambito della traduzione dall’italiano in spagnolo nel nostro paese, ha tradotto Il deserto nel 1976. 4  Due anni prima del centenario della nascita di Dino Buzzati, la casa editrice Gadir, di Madrid, prepara la traduzione di Il segreto del Bosco Vecchio, Un amore e La famosa invasiones degli orsi in Sicilia ; nel 2005 de Il deserto dei Tartari ; nel 2006 de Il grande ritratto e di Poema a fumetti ; nel 2007 vede la luce Bàrnabo delle montagne. La casa editrice Acantilado di Barcellona pubblica nel 2003 Il colombre, e nel 2006 appare la versione spagnola dei Sessanta racconti. Dobbiamo tener conto che la stessa Alianza Editorial ripubblica nel 2003 I sette messaggeri, che aveva lanciato al mercato, precedentemente, nel 1996. 5  In questi anni Buzzati è stato anche tradotto in catalano e gallego ; Il deserto (El deserts dels tàrtars) lo troviamo in versione catalana nel 2009 dalla Casa Editrice Empuries e in gallego O deserto dos Tartaros, in Edicions Xerais di Vigo nel 2006. In catalano l’interesse per la cultura e la letteratura italiana è alto e, per tale motivo, la stessa Empuries aveva pubblicato, nel 1996, La famosa invasó dels óssos a Sicilia ; attualmente si trova ������������������������������������������������������������� maggiori informazioni sulla ricezione di Buzzati in Cataanche in corso di stampa El secret del bosc veil. Per logna negli anni ’70 e ’80 si rinvia a R. Arqués, Sulla traduzione de Il deserto dei Tartari in spagnolo e catalano, in Dino Buzzati : la lingua, le lingue, a cura di N. Giannetto, Milano Mondadori, 1994, pp. 185-194. In gallego si trova anche una versione de A famosa invasion de Sicilia polos osos, apparsa nella casa editrice Kalandraka di Pontevedra nel 2000.  























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culturale. 1 Dobbiamo anche tener conto che, generalmente, si tratta di articoli firmati dagli scrittori ed intellettuali spagnoli più illustri ; 2 altrettanto si può dire delle riviste culturali della Spagna, 3 le quali hanno dedicato allo scrittore italiano, in questi primi anni del xxi secolo, le loro migliori pagine. Indubbiamente, questo successo di Dino Buzzati nell’ambito culturale spagnolo è stato favorito anche da alcune personalità e istituzioni culturali di rilievo della Spagna d’oggi ; fra queste spiccano la Editorial Gadir e il Dipartimento di Filologia Italiana dell’Universidad Complutense de Madrid, entrambe strettamente legate al Centro Studi Buzzati di Feltre, e più concretamente alla sua responsabile per la ricerca Patrizia Dalla Rosa. In questa strada di incontro con la personalità e la scrittura di Buzzati, il Dipartimento di Filologia Italiana (rappresentato da Elisa Martínez Garrido) e la Casa Editrice Gadir (diretta da Javier Santillán), nel novembre 2006 organizzarono, insieme all’Istituto Italiano di Cultura di Madrid e all’Ambasciata d’Italia, un Congresso Internazionale dedicato a Dino Buzzati nel centenario della sua nascita : Cien años de Dino Buzzati 1906-2006. 4 Oggi, a distanza di quattro anni, sembra chiaro che quel convegno segnò un evidente spartiacque nel processo di lettura e di ricezione critica di Buzzati in Spagna. Il nostro congresso raccoglieva l’interesse critico più recente suscitato da Buzzati all’interno dell’ambito culturale spagnolo, a partire dal 1999, momento in cui la prestigiosa Casa Editrice Alianza Editorial ripubblicò Il deserto dei Tartari. In questa linea di recupero e inserimento di Dino Buzzati nella più recente cultura spagnola, il nostro convegno di Madrid rappresentò, dunque, la chiusura di un percorso e contemporaneamente l’inizio di una nuova strada. Come già è stato detto, in primo luogo Gadir Editorial dal 2004 aveva iniziato la traduzione dell’opera buzzatiana in spagnolo, non limitandosi alla pubblicazione del romanzo del 1940. Javier Santillán, il direttore di quella che si potrebbe definire la più  













1  Fra i diversi articoli dedicati a Buzzati, apparsi nei giornali spagnoli di maggiore prestigio lungo l’anno 2006, vorrei ricordare qui le due pagine centrali della sezione culturale de « El País » del 16 novembre 2006, scritte da Juan Cruz. Lo stesso quotidiano, nel 2008, elaborò l’elenco dei cento libri che avevano cambiato la vita dei principali letterati contemporanei di lingua spagnola : Cien escritores en español que cambiaron su vida ; fra gli autori e i titoli più citati c’era anche Buzzati e Il deserto dei Tartari. 2  Tra queste presenze sui quotidiani spagnoli, vorrei rilevare adesso : José María Guelbenzu : « El País », 15 gennaio 2005, « Revista literaria Azul@rte », 15 gennaio 2005, « El País », 16 gennaio 2006, « Revista de Libros », novembre 2006, « El País », 12 maggio 2009 ; Juan Bonilla : « El Mundo », 17 aprile 2006, « Tiempo » 2006, « Revista y espectáculo. Noticias Terra », 23 maggio 2006 ; Alejandro Gándara : « El Mundo », 18 ottobre 2006, « El Mundo Digital », 25 ottobre 2006 ; Manuel Hidalgo : « El Mundo », 17 julio 2009 ; Rafael Argullol : « El Boomeran(g). Blog literario español », 21 luglio 2008 ; Francisco Calvo Serraller : « El País », 12 maggio 2009 ; Pablo D’Ors : « ABC », 12 maggio 2009 ; “Kovalski” : « El Mundo », 28 giugno 2009 ; Alejandro Zembra : « Nuova revista di cultura », 28 novembre 2009. 3  Tra le riviste spagnole di maggiore prestigio interessate all’opera di Dino Buzzati, vanno ricordate : « Revista de Libros », « Revista de Occidente », « Letras Libres », « Cuadernos hispanoamericanos » ; anche le riviste universitarie hanno dedicato attenzione allo scrittore bellunese. Si ricordi a questo punto « Cuadernos de Filología Italiana », n. extraordinario, 2000, dove, a parte il saggio prima citato di Ancilla Maria Antonini, all’interno dello stesso numero fu pubblicato anche il contributo di A. Martínez-Peñuela, Un caso clínico : el destino del hombre en Dino Buzzati, pp. 773-783. La rivista di mitocritica della Facoltà di Lettere della ucm, « Amaltea », nel vol. i del 2009 dedica il saggio di C. Coriasso, El laberinto como símbolo del referente inexistente : una comparación entre Borges y Buzzati, al rapporto fra Borges e Buzzati, pp. 43-47. Anche le riviste in rete hanno iniziato a pubblicare dal 2006 innumerevoli pagine dedicate al nostro autore ; basti adesso citare : « Revista Literaria Azul@rte », « El Boomeran(g). Bloch literario español y Blocs de Lletres ». 4  Il Convegno si svolse il 23 e 24 novembre 2006 nel Paraninfo della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Complutense di Madrid. I relativi atti sono in corso di pubblicazione.  























































































































































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impegnata casa editrice spagnola nella diffusione della letteratura italiana del Novecento in lingua castigliana, è principalmente, a parte un piccolo grande imprenditore, un entusiasta ‘allievo’ di Buzzati, un suo ‘discepolo’ tanto letterariamente quanto umanamente ; un lavoratore instancabile alla ricerca di un lavoro ben fatto, di un’opera bella tanto nel testo scritto quanto nell’immagine visiva. 1 Per questi motivi Javier Santillán decise, seguendo un sogno e un segno eroico, di diventare editore con, per, e grazie a Dino Buzzati. 2 Dall’altra parte la sottoscritta, docente di Letteratura Contemporanea Italiana all’Università Complutense di Madrid, è stata da sempre, forse senza saperlo, nell’anima e nel cuore, una buzzatiana. Il deserto mi colpì vivamente nel passato. Mi ero avvicinata più tardi ai racconti, e la mia ammirazione per lo scrittore di Belluno si era ulteriormente rafforzata. 3 Ma, fino al 2005, non si può dire che fossi ancora una studiosa, non ero ancora diventata una buzzatiana in litteram. Nel programma del corso Novela italiana contemporánea, del 2004-2005, decisi di introdurre una lettura critica del famoso romanzo buzzatiano del 1940. Nella primavera del 2005 lessi insieme agli studenti questa bellissima opera. La mia commozione fu totale, il grande finale de Il deserto mi metteva sulle piste di nuove strade critiche mai sospettate fino ad allora ; la morte di Drogo mi apriva anche una sottile porta alla speranza : mia madre era mancata nel gennaio dello stesso anno e il romanzo di Buzzati, con il suo grande finale, mi si mostrava come un grande dono esistenziale e artistico che, in un certo senso, lo scrittore mi aveva consegnato. Da questo momento, nel Dipartimento di Italiano e con la collaborazione di gran parte della Facoltà di Lettere della Complutense, abbiamo iniziato il cammino, la partenza e il viaggio verso l’opera e l’uomo Dino Buzzati, un vero ‘Gigante trascurato’. L’anno dopo, nell’aprile del 2006, all’interno dello stesso corso di Novela contemporanea italiana, viene invitata al Dipartimento di Italianistica della Complutense di Madrid la collega e amica piemontese, una grande buzzatiana : Giovanna Ioli. 4 Parlò di Dino Buzzati : uomo e artista integrale. Eravamo già all’interno dell’anno buzzatiano e si iniziavano così i primi passi per l’avvio del nostro convegno. Con queste premesse, il centenario di Buzzati a Madrid doveva prendere per forza un andamento peculiare, come succede sempre con lui e con la sua scrittura ; il nostro congresso non fu, quindi, solo un evento accademico. In un certo senso si potrebbe affermare che l’ammirazione e l’amore verso lo scrittore italiano segnò un particolare carattere di fratellanza fra i presenti a quell’evento culturale ed accademico di Madrid. Il convegno diventò perciò una seria, rigorosa ed affabile riunione di amici e studiosi buzzatiani, in cui, attraverso la rilettura del nostro autore e i suoi rapporti con le altre letterature vicine, si tentò di cercare e di capire noi stessi, di capire e comprendere il nostro tempo e di riconoscere le inavvertibili traccie del mistero, del sacro, della poesia,  



















1  La versione spagnola de Il segreto del Bosco Vecchio, ad esempio, è stata illustrata da Suso Cubeiro, uno dei pittori galiziani viventi più famosi in Spagna. 2  Javier Santillán è un economista che prima di diventare editore lavorava all’interno del Banco de España. 3  Nel corso dell’anno accademico 1987-1988, trascorsi presso la Facoltà di Lettere e Filosofia di Padova un intenso periodo di studio, grazie a una borsa concessa dal Ministero degli Affari d’Esteri Italiano. In questo soggiorno padovano lavorai con la professoressa Antonia Arslan sulla scrittura delle donne. Ma l’amore della collega veneta verso Dino Buzzati e la sua monografia sul Nostro, pubblicata da Mursia nel ’74 (Invito alla lettura di Buzzati), fecero sì che il mio interesse per l’autore bellunese diventasse più intenso. 4  G. Ioli, Dino Buzzati, Milano, Mursia (« Civiltà letteraria del Novecento »), 1988.  



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della bellezza, della fantasia, della bontà e dell’affetto ancora viventi nella nostra società tecnocratica ed alienata, quella della quarta rivoluzione tecnico-scientifica. Colleghi di inglese (Dámaso López García), di francese ( Javier del Prado), di tedesco (Arno Gimber), di portoghese (Denis Canellas), di ebraico ( Javier Fernández Vallina), di letteratura ispanoamericana (Evangelina Soltero Sánchez), di italiano (Ana Martínez Peñuela, Rosario Scrimieri), insieme ad illustri amici e colleghi italiani (Patrizia Dalla Rosa, Elio Gioanola e Giovanna Ioli) trascorsero insieme, a Madrid, due bellissime giornate dedicate a ricordare Dino Buzzati e rilevare la più assoluta modernità della sua opera. Proprio adesso, nei primi anni del nostro guasto, stanco, devastato, violento, ingiusto e spietato inizio del terzo millennio, è più facilmente avvertibile la capacità di osservazione e di analisi di Buzzati in merito alle nostre nuove minacce sociali e umane. In questa rivisitazione dell’opera dello scrittore veneto siamo stati anche accompagnati dall’amico editore Javier Santillán, dal giornalista Pablo D’Ors, da illustri personalità della narrativa spagnola e da grandi ammiratori di Dino Buzzati : Antonio Ferres e Luis Mateo Díez. C’era anche fra noi, ovviamente, Almerina Buzzati. Gli interventi di questo convegno buzzatiano di Madrid hanno dato luogo a un’importante monografia sullo scrittore, intitolata, come il convegno, Cien años de Dino Buzzati (1906-2006). In essa si raccolgono le diverse relazioni del congresso, tutte in versione spagnola. Lo scrittore Luis Mateo Díez ha anche preparato per noi una bella e sentita introduzione dedicata al grande artista italiano. In questo concerto a due mani fra Buzzati e Mateo Díez, lo spagnolo confessa la sua ammirazione e anche il suo debito di scrittura nei confronti dell’italiano : parlando di Buzzati parla anche di se stesso, e viceversa. Questo desiderato e tanto atteso volume sarà pubblicato da Gadir Editorial e dovrebbe vedere la luce nel 2010. Ma prima di arrivare fin qui, nel percorso del nostro viaggio verso la conoscenza di Buzzati, vorrei confessare che una tappa fondamentale nella mia formazione come buzzatiana è rappresentata dal Centro Studi Buzzati di Feltre. Consultare i suoi fondi, avere accesso ai saggi critici su Buzzati, ormai classici, scritti dai maestri italiani e francesi della critica buzzatiana (oggi introvabili in libreria) è stato per me e per la stesura dei miei saggi buzzatiani di enorme valore. Avevo inoltre un bisogno fisico, visivo, auditivo, olfattivo di spazi buzzatiani, 1 volevo conoscere i suoi luoghi non urbani per poter capire, in modo totale, la sua scrittura ; quelli milanesi li avevo già visitati. Nel gennaio del 2007 chiesi una Borsa di Studio alla Complutense. Arrivai a Feltre, al Centro Studi, dove la Responsabile della ricerca, Patrizia Dalla Rosa, non solo mi accolse con grande disponibilità e simpatia, ma fece per me ancora di più : mi accompagnò come Virgilio all’interno dei labirinti buzzatiani. Mi aprì le porte della biblioteca del Centro, mi condusse anche nella casa di San Pellegrino, mi presentò la pronipote di Buzzati, mi portò nei boschi de I miracoli di Val Morel, nelle montagne tanto amate e rappresentate dall’autore nei suoi testi letterari e nei suoi dipinti. A partire da questo momento ha avuto luogo in me la conversio definitiva, e Buzzati e la sua terra di origine, da dove nasce la sua più vitale scrittura, grazie anche a Patrizia Dalla Rosa, formano ormai parte dei miei più profondi sogni e desideri, dalle mie señas de identidad 2 come italianista.  











1  Ovviamente il libro di P. Dalla Rosa, Dove qualcosa sfugge : lingue e luoghi di Buzzati, Pisa-Roma, Istituti editoriali e poligrafici internazionali, 2004, mi aveva spinto verso questo viaggio alle terre bellunesi. 2  Scrivo in spagnolo il sintagma ‘señas de identidad’ (segni d’identità), perché alludo così al famoso romanzo  

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Da questo soggiorno feltrino prese, quindi, forza in me la necessità di scrittura di un mio libro su Dino Buzzati, Variaciones buzzatianas acerca del amor y de la muerte, sul quale sto lavorando dall’estate del 2007, e che spero di concludere finalmente in questo tanto atteso anno sabbatico, che ora mi accingo ad iniziare. Vorrei precisare che parte delle mie Variaciones nascono dalle rifessioni nate nei corsi universitari sull’opera di Buzzati. Dal 2006, il corso monografico di Letteratura Italiana dell’ultimo anno della Specialità in Italianistica l’ho dedicato allo scrittore delle Dolomiti. Alcuni dei miei studenti e studentesse hanno iniziato i loro dea (Diploma de Estudios Avanzados) sull’autore de Il deserto dei Tartari, e oggi, nella nostra Facoltà, fra gli studenti e i professori, l’opera del bellunese è diventata più che famosa. Questo fatto è in parte anche dovuto al Seminario organizzato, nel maggio del 2007, dai diversi Dipartimenti della Facoltà di Lettere della Complutense, tra cui quello di Filologia Italiana, Espacios y tiempos de lo fantástico. Il Seminario, che si è svolto sotto la direzione dei professori Javier del Prado e Eugenia Popeanga (Dipartimento di Filologia Francese e Filologia Romanza), fu dedicato, anche in chiave teorica, allo studio del fantastico contemporaneo. In questa sede io stessa ho dedicato un mio spazio al racconto fantastico e al racconto meraviglioso in Dino Buzzati. 1 Dopo quanto è stato detto fin qui, è facile dedurre che Buzzati attualmente non solo è conosciuto in Spagna, ma oserei dire che è persino amato dagli spagnoli. La conferma la troviamo nelle sette edizioni de Il deserto (pubblicato per la prima volta nell’aprile 2004 da Gadir), raggiunte nel novembre 2008 ; lo stesso è successo con un Un amore, pubblicato in prima edizione nel settembre del 2004, e oggi arrivato già alla quarta. Possiamo senza dubbio concludere queste riflessioni dicendo che Dino Buzzati è uno scrittore di successo fra di noi. Ma subito dopo aver detto questo, mi domando, perché questa Buzzati-amoria 2 spagnola ? Perché questa presenza costante di Buzzati in Spagna ? In quale misura la sua opera risponde ad esperienze individuali e collettive che si trovano oggi interiorizzate nell’anima degli spagnoli in modo più presente di quanto erano negli anni passati ? In sostanza, perché la sua opera è stata assorbita con tanta passione dal pubblico spagnolo alle soglie del terzo millennio ? Questa è indubbiamente una questione critica complessa, cui solo una ricerca specifica potrebbe fornire una risposta soddisfacente. Per ora vorrei soltanto limitarmi ad offrire degli spunti critici che forse potrebbero essere utili per iniziare un ulteriore lavoro dedicato alla ricezione dello scrittore in Spagna, un lavoro indubbiamente molto più impegnativo di questo. Ad ogni modo passo ad elencare alcune delle ragioni principali che, a mio avviso, sono alla base di questo nuovo fenomeno culturale ed editoriale.  













1. In primo luogo la grande attualità di Dino Buzzati, se vogliamo ‘postmodernità’, è dovuta al fatto che la sua è una scrittura impegnata nei problemi della società del suo tempo, ma senza la rigidità di stretti parametri ideologici, propri del Neorealismo. Il che si traduce in una vera difesa della vita, e nella scelta del fantastico come genere letterario. dello scrittore catalano Juan Goytisolo, pubblicato per la prima volta in Spagna nel 1966. Questo sintagma, proveniente dal titolo goytisoliano, è entrato nel parlato spagnolo degli anni ’70 e ’80, ed è usato ancora in tanti casi senza conoscerne la sua origine letteraria. Per le generazioni spagnole che hanno lottato contro Franco questo romanzo rappresentò una rivoluzione culturale e politica. 1  Dino Buzzati : entre lo fantástico y lo maravilloso, in Espacios y tiempos de lo fantástico. Una mirada desde el siglo xxi, a cura di P. Andrade, A. Gimber, M. Goicoechea, Berlino, Peter Lange, 2010, pp. 234-245. 2  Si è tentato di giocare con le parole ‘amor’ e ‘manía’. In spagnolo ‘manía’ è anche sinonimo di moda.  

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In questa linea la Spagna di oggi (una volta soddisfatte le sue esigenze democratiche di libertà) è più ricettiva a questo atteggiamento aperto e libero ; la cultura spagnola di oggi, lontana ormai dai tempi del Realismo, rende così omaggio all’impegno etico di Buzzati e alle sue allegorie fantastiche. 2. In questa stessa strada l’animalismo e l’ecologismo avant la lettre di Buzzati, il suo profondo rispetto verso gli anziani, la sua più sentita pietà verso i sofferenti sono argomenti legati, di pari passo, alle sue posizioni etiche, alla sua difesa della libertà e dell’indipendenza. Sono, questi temi, modi ed atteggiamenti di peso per la nuova cultura spagnola, molto più attenta ai diritti degli animali, alla conservazione della natura e al rispetto verso la differenza. 3. In terzo luogo c’è in Dino Buzzati una profonda e innegabile tensione spirituale, un sentimento di spiritualità spontaneo, non codificato, un cristianesimo ‘umano’ che rifiuta i dogmi di qualsiasi Chiesa, intesa come struttura di potere. Con questo argomento siamo già entrati in una problematica viva in tanti movimenti alternativi della spiritualità spagnola ; movimenti critici nei confronti delle posizioni più intransigenti dei settori più chiusi della Chiesa cattolica in Spagna. E, parlando del rifiuto del potere, entriamo in uno dei punti centrali della visione del mondo buzzatiana, nella sua umiltà e nella sua profonda fratellanza. Entrambe, insieme alla pietà e alla compassione, sono le basi della sua intima e libera spiritualità, la quale, prendendo forza nel cristianismo d’ispirazione francescana, si separa dalle sicurezze di un credo ortodosso, definito e definitivo. Buzzati, dunque, all’interno della ‘fenomenologia al negativo’ che caratterizza tutto il Novecento, è stato un uomo di continua ricerca esistenziale, un uomo che avrebbe voluto ‘credere’, ma che ‘non credeva di credere’, se ‘credere’ comporta soltando e fondamentalmente l’assoluta sicurezza nell’aldilà. In questa via di rinnovamento interiore, Dino Buzzati può mettersi in parallelo ai grandi pensatori spagnoli del xx secolo, a Miguel de Unamuno e soprattutto a María Zambrano, alla sua razón poetica e all’importanza che la pensatrice andalusa concede, all’interno della sua filosofia, all’immaginazione poetica e alla pietas, 1 intese come via ineludibile verso l’a/Altro. 4. Ma è soprattutto il continuo interrogarsi di Buzzati sui misteri che ci sono al di là della soglia, dall’altra parte della porta, visti in chiave fantastica, il punto che provoca più interesse, forse, nei lettori spagnoli. È la visione fantastica dell’a/Altro, della luce che probabilmente c’è dall’altro lato della vita, la sua ‘metafora ossessiva’ dell’aldilà (il grande tema buzzatiano della morte e i suoi misteri), quella che, sicuramente, ha emozionato di più il nostro pubblico. La sua scrittura nasce proprio da questa continua interrogazione sul mondo misterioso del morire. Gli interrogativi su ciò che c’è dopo la vita sono gli argomenti principali del successo della ricezione di Buzzati all’interno del nostro recente panorama culturale ; forse per 







1  María Zambrano, nella sua opera centrale El hombre y lo divino, pubblicata in prima edizione in Messico nel 1958, dedica all’emozione e al sentimento della pietà il secondo capitolo di questa sua importante monografia. Per la pensatrice spagnola, la pietà è la via, il modo di saper trattare con l’altro. Queste sono parole che traducono in versione filosofica il sentimento di compassione presente in tanti racconti dello scrittore italiano. Cfr. M. Zambrano, El trato con lo divino : la piedad, in Ead., El hombre y lo divino, México, Fondo de Cultura Económico, 1993, pp. 189-225. Oggi il pensiero di María Zambrano costituisce in Spagna uno dei punti di rinnovamento intellettuale più interessanti all’interno di quella che è stata denominata ‘la filosofia della vita’, in chiara oposizione alla ‘filosofia della storia’.  

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buzzati e la sua recente fortuna nella cultura spagnola

ché è anche vero che la morte, anche se vista dalla sua prospettiva tragica, costituisce una delle principali essenze dell’essere dell’‘ispanità’. D’altra parte, bisogna ricordare che, in Spagna, Jorge Luis Borges 1 e Julio Cortázar avevano entusiasmato le generazioni di lettori degli anni ’70. Entrambi gli autori toccavano la morte, i suoi misteri e la vendetta (soprattutto Borges) fuori dai parametri classici del ‘tragico’. Ma Buzzati, in modo ancora più moderno, soprattutto in ragione della sua scelta linguista, classica, ma non preziosista, 2 si rifà al Neofantastico ispanoamericano, introducendo, nei sui testi più sentiti, interrogativi esistenziali, umani ed etici, i quali ampliano la problematica classica del fantastico in senso stretto, secondo i parametri della letterattura canonica ottocentesca e novecentesca, privi di emotività, di commozione e di empatia, caratteristiche, queste ultime, sempre presenti negli scritti buzzatiani. 3 Buzzati è inoltre un uomo del suo tempo che riusa il fantastico alla luce dell’‘essere per la morte’ heideggeriano. 4 Ma, anche se questo è innegabile, la sua più radicale originalità si situa, in ordine alla sua tensione spirituale, nell’‘essere per l’a/Altro’ levinasiano. 5 Questa ricerca dell’a/Altro può essere in realtà considerata il più vero e sentito motivo di tutta la sua opera. Siamo arrivati così al centro della modernità postmetafisica e alla più sentita tensione spirituale dell’opera dello scrittore bellunese. Così Buzzati, in un modo ingenuo e non intellettuale, riprende la letteratura fantastica non soltanto attraverso la fenomenologia e l’ermeneutica esistenzialista ; in lui la paura e la angoscia che circondano l’uomo contemporaneo sono sempre presenti, ma c’è anche nella sua opera un sentimento poetico di ordine umano, che fa sì che i suoi testi siano collegati a una profondità etica e di pensiero presente nella scrittura dei grandi intellettuali europei del secondo Novecento, soprattutto in quelli che cercano il sacro in chiave fondamentalmente poetica. In Buzzati, la difesa della vita e la presenza della morte, strettamente legate, rendono conto del palpito esistenziale di un uomo del Novecento, nella cui scrittura persino ‘il nulla’ pare rivestire la forma di un a/Assoluto. 5. Infine vorrei rilevare la modernità di Buzzati e il suo successo spagnolo in ragione della forza immaginaria della sua scrittura legata al disegno e alla pittura. Buzzati, come gli artisti più geniali del Novecento, ha saputo riutilizzare i propri fantasmi inconsci, le propie angosce e paure, insieme ai miti classici, per toccare, attraverso la fusione dell’allegorico fantastico con quello visivo, i grandi drammi dell’esistenza umana : l’amore, il tempo e la morte. Buzzati, nel suo interesse per l’arte e per l’immagine visiva, è in anticipo rispetto ai suoi tempi ; la sua più assoluta modernità si basa fondamentalmente sulla sua sperimentazione formale e sul suo impegno artistico, sulla forza suggestiva e la potenza delle  















1  Borges considera Il deserto dei Tartari fra le opere centrali del xx secolo : J.L. Borges, Prólogo, in D. Buzzati, Il deserto dei Tartari, trad. di C. Manzano, Madrid, Gadir, 2005, pp. 7-9. 2  Alcuni dei racconti di Julio Cortázar del suo Bestiario (1951) presentano simmetrie fantastiche più che evidenti con le narrazioni buzzatiane dei Sessanta racconti, ma l’italiano di Buzzati appartiene ad un livello di lingua in apparenza più ‘parlato’, mentre lo spagnolo di Cortázar è più ottocentesco e pieno di aulicismi. Sembra ovvio che fra l’argentino e l’italiano ci siano delle similitudini : dobbiamo tener conto che Edgar Allan Poe è stato, per entrambi, il maestro, e indubbiamente un comune punto di unione nella scelta del genere fantastico. Cfr. M.B. Cóceres, Poéticas del multireal : extrañamiento del motivo del doble en los cuentos de Julio Cortázar y Dino Buzzati, « Studi buzzatiani », xii, 2007, pp. 35-49. 3  Si potrebbe dire che Buzzati fa uso del fantastico insieme al meraviglioso in tante occasioni per suscitare in positivo, nel suo pubblico, i sentimenti più spontanei di bontà, speranza, fraternità e umiltà. 4  Giovanna Ioli aveva già rilevato questa prospettiva heideggeriana all’interno dell’opera buzzatiana. Cfr. G. Ioli, Dino Buzzati, cit., p. 11 e passim. 5  Cfr. E. Levinas, Linguaggio e alterità, Genova, Il Melangolo, 1987.  









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immagini e dei dipinti. Dino Buzzati, come un artista a tutto tondo del terzo millennio, sa che i grandi temi di tutti i tempi si ricreano, si rifanno, si ripropongono agli esseri umani della contemporaneità a partire dal fantastico e dall’impatto persuasivo delle immagini che entrano in noi tramite la vista, la ‘visione’ e l’immediata emozione che esse suscitano. Poema a fumetti è un chiaro esempio dell’impegno di Buzzati con la più assoluta modernità, se preferiamo con la postmodernità. Anche in questa sua scelta trasversale e paradossale lo scrittore e l’artista del Novecento dimostra di essere un uomo del secolo xxi. Buzzati, con questo lavoro, conferisce alla propria opera previa, letteraria ed artistica, un giro di centottanta gradi, dato che nel suo ‘poema’ è capace di ricreare un altro spazio testuale, assolutamente nuovo, non solo a partire dai margini della propria scrittura, 1 dai buchi neri dell’implicito scritturale, ma anche grazie alla ricca polifonia semiotica di una manifestazione artistica globalizzante. In Poema a fumetti si rifanno in questo modo i generi letterari della grande tradizione italiana insieme alle più moderne formule della comunicazione visiva, il comic. Si mescolano, quindi, i registri aulici e canonici a quelli alternativi e underground, allo scopo di riproporci, in chiave neofantastica, i temi del mito di Orfeo e della profonda inquietudine che esso suscita ancora in tutti noi. Si tratta indubbiamente di una moderna e geniale sperimentazione artistica, rischiosa e poliedrica, la quale è riuscita a sconcertare la critica e la società italiana dell’epoca. Ma soprattutto siamo davanti ad una creatività capace di aprire nuove strade nella ricerca immaginaria delle emozioni e delle passioni. 2 Per chiudere queste pagine vorrei ricordare Nella Gianetto, quando, all’interno del suo famoso libro del 1996, nel capitolo dedicato alla fortuna di Buzzati in Spagna, 3 diceva che, dal punto di vista degli studi critici, non c’è molto, in lingua spagnola, a parte un gran numero di recensioni. Dopo tutto quanto è stato detto in questa mia relazione, sembra chiaro che la fortuna di Dino Buzzati, all’interno della più recente cultura spagnola, è molto migliorata ; tutti noi, buzzatiani spagnoli, abbiamo tentato di offrire al grande scrittore italiano un nuovo e più dignitoso spazio di eccellenza. Fra di noi attualmente non c’è dubbio, lui è stato uno degli artisti più originali del nostro appena trascorso xx secolo.  







1  Cfr. B. Pozo Sánchez, Dino Buzzati y los márgenes de la escritura, « Extravío. Revista �������������������������������� electrónica di literatura comparada », n. 4, Universitat de Valencia, 2009, pp. 62-70. 2  A questo proposito vorrei citare adesso l’art video di Bill Viola (New York 1951). L’artista americano, come è risaputo, tenta di suscitare grandi emozioni e di commuovere il suo pubblico tramite le passioni umane più profonde. Viola, di origine italiana e di formazione italiana, tocca nei suoi lavori i temi classici dell’esistenza : il rapporto vita-morte, il viaggio verso l’aldilà, la tensione fra spiritualità e realtà, i legami dell’essere umano con la natura, l’empatia verso il dolore dell’altro. La materia del suo art video ci rimanda inoltre all’interno di una tradizione pittorica consacrata, quella rinascimentale, allo scopo di proporre, attraverso le nuove possibilità offerte dalla tecnica, i topoi più antichi, con la finalità di commuovere, dal silenzio delle immagini, lo spettatore. La sua sperimentazione visiva, a mio avviso, potrebbe essere considerata simile a quella di Buzzati. Non dobbiamo dimenticare che c’è, anche in Viola, una vicina tensione spirituale spontanea ed eterodossa verso l’a/Altro. 3  Ovviamente parlo de Il sudario delle caligini. Significati e fortune dell’opera buzzatiana, Firenze, Olschki, 1996, p. 233.  





DINO BUZZATI IN ARGENTINA : SPUNTI SULLA RICEZIONE DELLA SUA OPERA IN AMBITO ACCADEMICO  

María Beatriz Cóceres

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a nostra ricerca non pretende di essere esaustiva. Si tratta solo di uno spunto, come anticipato dal titolo, di uno studio preliminare, il cui scopo principale è acquisire una conoscenza generale sulla portata della ricezione dell’opera letteraria ed artistica di Dino Buzzati presso le Università argentine. Essa potrebbe essere analizzata da diversi punti di vista. Potremmo, ad esempio, ripercorrere i programmi di studi predisposti dalle cattedre, oppure eseguire un’analisi delle tesi discusse sull’argomento in un determinato periodo di tempo. Nella certezza che le comunicazioni presentate ai congressi dai titolari di cattedra, ricercatori e cultori della materia rispecchiano, molto spesso, disegni più ampi e coinvolgono un maggior numero di attori sociali, in questo intervento ci occuperemo non solo dei programmi di attività e degli atti dei congressi di Italianistica celebrati in Argentina, ma anche di interessanti proposte che attualmente si stanno sviluppando all’interno dell’Universidad Nacional del Litoral di Santa Fe. Prima di far conoscere queste proposte e con la finalità di ottenere una visione d’insieme della produzione accademica argentina, cominceremo il nostro studio dagli atti e dai programmi dei convegni. A questo proposito prenderemo in esame un corpus di testi critici, tratti da una delle fonti scritte più autorevoli nel campo dell’Italianistica in Argentina, in virtù della sua tradizione culturale e della sua diffusione capillare a livello nazionale e nell’America del Sud. Ci riferiamo agli atti dell’a.d.i.l.l.i. (Asociación de Docentes e Investigadores de Lengua y Literatura Italiana), cioè le pubblicazioni contenenti il resoconto delle attività dei convegni annuali dell’Associazione dei Docenti e dei Ricercatori di Lingua e Letteratura Italiana. Per la nostra analisi terremo conto degli atti che furono pubblicati durante il lasso di tempo fra il settembre del 1985 (data di fondazione dell’Associazione a.d.i.l.l.i.) e il settembre del 2008. 1 La bibliografia critica anteriore alla prima metà degli anni Ottanta presenta lacune e discontinuità, che rendono difficile il reperimento e la sistemazione organica delle informazioni. Infatti la vita istituzionale dell’Argentina durante i decenni precedenti fu alterata spesso da diversi colpi di stato con le conseguenti dichiarazioni di stati d’assedio che, vietando le riunioni pubbliche, impedirono il normale sviluppo delle attività di tipo congressuale e, pertanto, anche la posteriore diffusione a mezzo stampa specialistica dei contributi degli studiosi. 2  



1  Vi sono degli atti che attualmente sono in corso di stampa e pertanto per il nostro lavoro, con lo scopo di riuscire a quantificare il numero di elaborati presentati ai convegni, ci siamo avvalsi dei programmi di attività forniti dall’a.d.i.l.l.i. 2  Vogliamo segnalare tuttavia una pubblicazione intitolata Avvicinamento a Dino Buzzati, che risale al 1973, della professoressa Alma Novella Marani, dell’Universidad Nacional de La Plata (Provincia di Buenos Aires). Questo testo, che fu letto nel 1972, poco tempo dopo la morte di Buzzati, in occasione della Settimana della cultura italiana, puntualizza aspetti biografici e bibliografici dello Scrittore. Cfr. A.N. Marani, Aproximación a

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Considereremo inoltre solo le relazioni in cui sia facilmente rintracciabile il nome di Dino Buzzati, i titoli delle sue opere, oppure le tematiche affini, e tralasceremo, per mancanza di tempo, i testi in cui si facciano isolati riferimenti ad essi. Dobbiamo tener conto che in ciascuna edizione del congresso dell’a.d.i.l.l.i., celebrata nella sede universitaria ospitante di turno, sono stati presentati ogni anno, pressapoco, dai venti ai cinquanta lavori, alcuni dei quali non appartengono al campo della critica o della letteratura italiana, ma a quello della glottodidattica. Da un spoglio selettivo degli atti e dei programmi dei convegni risulta un totale di ventun elaborati attinenti a tematiche buzzatiane. Anche se non sembra una cifra molto elevata, dobbiamo tener presente che le percentuali tra le comunicazioni riconducibili ai diversi autori italiani (contemporanei e non) sono abbastanza distribuite, vale a dire che non esistono autori, trattati durante gli incontri, che monopolizzino i lavori delle relazioni. L’opera di Buzzati più analizzata è Il deserto dei Tartari con il 35% delle preferenze, seguita da I sette messaggeri con il 15% ; Poema a fumetti e La famosa invasione degli orsi in Sicilia rispettivamente con l’8%. Il resto delle percentuali si riferisce ad altre opere di Buzzati, in particolare racconti o collezioni di testi (Il borghese stregato, Sette piani, vari scritti di cronaca nera, ecc.) Il deserto dei Tartari è stato oggetto centrale di numerose relazioni durante i convegni dell’a.d.i.l.l.i., nonché secondario in altre relazioni in cui si è parlato di altre opere buzzatiane. A titolo di esempio indichiamo alcune di queste relazioni : Raul R. Iriarte, 1 dell’Universidad del Sur (Bahía Blanca – Provincia di Buenos Aires), si occupa della problematica del tempo e del suo collegamento con la tematica della morte. La professoressa Trinidad Castiñeira de Monsú, 2 dell’Universidad Nacional de Córdoba, sviluppa l’argomento della solitudine creativa del Buzzati scrittore e della solitudine di Drogo, che si fa tangibile nello spazio e nell’interiorità del personaggio. Il professore Gabriel Nosal, 3 dell’Universidad Nacional de Buenos Aires, riconosce, dal punto di vista strutturale, due momenti in cui si verifica un esilio volontario del personaggio nel romanzo. Le professoresse Liliana Chavez e María Beatriz Cóceres 4 danno un approccio comparatistico, associando l’opera di Buzzati ad una retorica del labirinto, che lo accomuna a vari autori e letterature del xx secolo. Il deserto dei Tartari, come prima scelta per le comunicazioni dell’a.d.i.l.l.i., non fa altro che confermare la fortuna letteraria di questo romanzo in tutto il mondo. Dobbiamo poi ricordare che in Argentina Il deserto fu lodato dallo scrittore Jorge Luis Borges, che non solo scrisse il prologo alla versione in lingua spagnola del romanzo, ma anche  











Dino Buzzati, in Actas de la “Semana de Cultura Italiana” 25 al 30 de setiembre de 1972, Mendoza, Talleres gráficos de la Imprenta Oficial de la Provincia de Mendoza, 1973, pp. 109-132. 1  R. Iriarte, Temporalidad, existencia humana y destino historico en El desierto de los tartaros, in Actas V Jornadas Nacionales de Literatura Italiana, Mendoza, Editorial de la Universidad Nacional de Cuyo, 1990, pp. 351-366. 2  T. Castiñeira de Monsú, La soledad en El desierto de los tártaros, in La soledad. Multiculturalismo y Minorías culturales, a cura di N. Ceballos Aybar e M. Fontanini, Córdoba, Comunicarte, 2001, pp. 69-74. 3  G.G. Nosal, Espacios fronterizos y evolución existencial en El desierto de los tártaros de Dino Buzzati, in El exilio. Escritura de mujeres, a cura di J. Piris, Córdoba, Comunicarte, 2001, pp. 63-73. 4  L. Chavez, M.B. Cóceres, Los laberintos de Dino Buzzati y Umberto Eco : paradigmas de la narrativa Italiana del siglo xx, in Realidad y fantasía en las letras italianas, Actas del xix Congreso de Lengua y Literatura Italiana de a.d.i.l.l.i. (Santa Fe, 18- 20 settembre 2003), a cura di A. Crolla, Santa Fe, Universidad Nacional del Litoral, 2005, pp. 207-213.  

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buzzati in argentina: spunti sulla ricezione della sua opera

lo incluse tra le sue letture più esclusive, cioè nella sua Biblioteca Personale, 1 e in questa maniera stabilì una sorta di canone della letteratura universale. Per quanto riguarda il racconto I sette messaggeri possiamo segnalare diversi lavori. Da una parte la professoressa Trinidad Castiñeira de Monsú, nella sua relazione Un viaje sin retorno, 2 analizza le diverse tappe dell’itinerario del racconto buzzatiano da una prospettiva allegorica, dall’altra, la professoressa María Esther Badin, 3 dell’Universidad de Buenos Aires, pone in evidenza la « geometria di mistero » che contraddistingue il racconto. Per ultimo, Elena Victoria Acevedo de Bomba 4 propone la raccolta I sette messaggeri per un’attività didattica di tipo comunicativo, per studenti di italiano come lingua straniera o lingua seconda, nella quale si sofferma sul riconoscimento delle deissi temporali e sul loro significato per l’interpretazione finale del testo. In riferimento agli studi concernenti Poema a fumetti spiccano due lavori. Il primo appartiene alla professoressa Gloria Galli de Ortega, 5 dell’Universidad Nacional de Cuyo (Mendoza), che definisce quest’opera buzzatiana come un tipo di letteratura visiva che mette in discussione i modi di produzione e di ricezione testuale, i meccanismi interni del testo e i criteri della teoria letteraria. Il secondo è della professoressa Matusca Pescini, 6 che parla della complementarietà scrittura-disegno e spiega come le immagini contribuiscano a fissare visivamente l’incubo nella mente del lettore. Il testo La famosa invasione degli orsi in Sicilia è stato trattato in varie occasioni. A questo proposito possiamo menzionare l’intervento di Trinidad Castineira de Monsú, 7 che, corredato di immagini a colori tratte dall’opera in questione, fa un rilevamento delle caratteristiche letterarie e visive del testo di Buzzati in funzione della sua destinazione ad un pubblico infantile. Nelle prime pubblicazioni degli atti dell’a.d.i.l.l.i. , cioè durante gli anni Ottanta, non abbiamo trovato studi su Buzzati. Negli anni Novanta, invece, notiamo che cominciano a riemergere e, a partire dall’anno 2000 fino ad oggi, accelerano vertiginosamente. Certo è che il 75% della totalità dei lavori su Buzzati prolifera durante questo decennio. Le motivazioni di questa accelerazione si possono cercare attraverso diverse direzioni : nell’evocazione dei cent’anni della nascita dello scrittore nel 2006, nella scelta per i congressi di tematiche annuali di studio più favorevoli ad un accostamento all’opera buzzatiana (nel 2003, ad esempio, il tema proposto dall’a.d.i.l.l.i. fu « Il fantastico », nel 2007 « Il giornalismo »), in un miglioramento delle comunicazioni e, pertanto, in una maggiore accessibilità della bibliografia, ma anche in una influenza diretta dell’Associazione Internazionale Dino Buzzati attraverso il suo lavoro di diffusione e promozione, in particolare con l’assegnazione di borse di studio a laureati stranieri. 8  





























1  J.L. Borges, Biblioteca Personal, Alianza Editorial, Madrid, 1988, p. 20. 2  T. Castiñeira de Monsú, Un viaje sin retorno : ‘I sette messaggeri’ de Dino Buzzati, in Actas de a.d.i.l.l.i. de las vii Jornadas Nacionales de Literatura Italiana y I Jornadas nacionales de Lengua Italiana (Córdoba, 16-19 ottobre 1991), a cura di T. Blanco de García, Córdoba, Editorial “El copista”, 1992, pp. 149-154. 3  M.E. Badin, El viaje en la literatura fantástica, ivi, pp. 211-220. 4  E.V. Acevedo de Bomba, Due viaggi : Visita a Segesta, Appunti di viaggio di Alberto Moravia e I sette messaggeri di Dino Buzzati, lettura - comprensione e proposta didattica, in El viaje y sus medios. Lo onírico : sueños y ensoñaciones, Actas del xx Congreso de a.d.i.l.l.i. (Uruguay, 16- 18 settembre 2004), a cura di N. Ceballos Aybar e M. Fontanini, Córdoba, Anábasis, 2006, pp. 177-186. 5  G. Galli de Ortega, “Poema a fumetti : una historia a dos lenguajes”, in Actas de a.d.i.l.l.i. del ix Congreso de Lengua y Literatura Italiana (Oberá, 5-9 ottobre 1993), a cura di A. Dormond, Ober (Misiones), Facultad de 6  M. Pescini, Poema a fumetti, ivi, pp. 64-67. Artes UnaM, 1993, pp. 51-59. 7  T. Castiñeira de Monsú, Con palabras y dibujos Buzzati se dirige a los niños, ivi, pp. 245-254. 8  Questo è il mio caso concreto visto che, dopo aver vinto la borsa di studio del concorso « Per conoscere  









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Alcuni dei lavori presentati durante gli ultimi anni nei congressi dell’a.d.i.l.l.i. apportano delle novità. In primo luogo propongono un approccio di tipo comparativista, come ad esempio Dino Buzzati e Ray Bradbury : il tempo chimerico, 1 di Ana Maria Rossi dell’Universidad Nacional de Buenos Aires, oppure Dino Buzzati e narratori argentini del secolo xx : prospettive condivise, 2 di Ricardo Monaco dell’Universidad de Mar del Plata, per citarne alcuni. In secondo luogo essi esibiscono anche una diversificazione del materiale usato come riferimento bibliografico. Sta di fatto che, nelle prime pubblicazioni che trattano opere di Buzzati (anni Novanta), nella parte destinata alla bibliografia appare, quasi esclusivamente, il libro di Fausto Gianfranceschi, 3 mentre nell’ultimo decennio si integra con testi di altri autori, come ad esempio Lorenzo Viganò, 4 oppure Ilaria Crotti. 5 Dal totale complessivo delle comunicazioni riguardanti Dino Buzzati il 35% proviene dall’Universidad Nacional de Buenos Aires, il 20% dalla Universidad Nacional del Litoral della città di Santa Fe, il 15% dall’Universidad Nacional de Córdoba, il 10% dall’Universidad Nacional del Mar del Plata, il 5% dall’Universidad Nacional de Tucumán, il 5% dall’Universidad Nacional de Cuyo, il 5% dall’Universidad Nacional del Sur e così pure il 5% dall’Istituto Dante Alighieri di Montevideo (Uruguay). Approfittiamo di questo momento, relativo agli atenei di provenienza delle comunicazioni, per citare le altre attività significative svolte all’Universidad Nacional del Litoral e, più precisamente, all’interno del Centro de Estudios Comparados, delle quali abbiamo conoscenza diretta. In questa Università di Santa Fe si è costituito un gruppo di docenti e studenti, sotto la guida della professoressa Adriana Cristina Crolla, docente titolare ordinaria della Cattedra di Lingua e Letteratura Italiana, per cercare di creare una sede locale dell’Associazione Internazionale Dino Buzzati. Queste persone, durante gli ultimi anni, hanno cominciato a sviluppare delle attività accademiche e formative su temi relativi allo scrittore. Sta di fatto che, nell’ottobre 2006, la professoressa Crolla e la lettrice di madrelingua (mae) Patrizia Herskovitz realizzarono nella città di Santa Fe un pannello omaggio intitolato Dino Buzzati, tradizione e innovazione per commemorare il centenario della nascita di Buzzati. 6 Risulta poi stimolante, dal punto di visto accademico, dato l’eventuale impatto in tutto il sistema universitario, l’inserimento di tematiche buzzatiane nei vari progetti di ricerca avviati all’Universidad Nacional del Litoral dallo stesso gruppo di persone. In questo senso, nell’attuale progetto di ricerca, denominato La Constitución de los paradigmas literarios : historicidad, cultura y traducción, si lavora con il concetto di ‘paradigma letterario’, coniato sulla base del concetto di Thomas Khun, a partire dal quale si cerca di analizzare una serie di opere di autori del xx secolo, tra cui si colloca Buzzati, in rela 

















Dino Buzzati » nel 2003 una prima volta, nel 2006 una seconda, e aver avuto la fortuna di contare sull’inestimabile guida della dottoressa Patrizia Dalla Rosa, partecipai ai congressi dell’a.d.i.l.l.i. in qualità di relatrice, con quattro comunicazioni nelle quali mi riferii ad opere di Buzzati. 1  Dati tratti dal programma del congresso dell’a.d.i.l.l.i. del 2006. 2  R. Monaco, Dino Buzzati y narradores argentinos del siglo xx : perspectivas comparadas in Cuerpo y tiempo. Estudios de italianistica, Actas del xxii Congreso de Lengua y Literatura Italiana (Buenos Aires, 5-7 ottobre 2006), a cura di N. Sforza e A. Soria, Buenos Aires, Asociación Dante Alighieri, 2009, pp. 240-245. 3  Cfr. F. Gianfranceschi, Dino Buzzati, Torino, Borla, 1967. 4  L. Viganò, Buzzati : La vocazione per la ‘nera’, in D. Buzzati, ‘La nera’ di Dino Buzzati - Crimini e misteri, Milano, Mondadori, 2002, pp. ix-xxxix. 5  I. Crotti, Tre voci sospette. Buzzati, Piovene, Parise, Milano, Mursia, 1994. 6  Cfr. il quotidiano di Santa Fe « El Litoral », Santa Fe, 3 novembre 2006.  









buzzati in argentina: spunti sulla ricezione della sua opera

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zione alla retorica del labirinto e alle poetiche del ‘fantastico rioplatense’, in virtù della sua affinità tematica ed estetica con alcuni esponenti affermati del panorama letterario argentino. Nel contesto di questo stesso progetto di ricerca si sta procedendo ad analizzare opere recenti di scrittori argentini emergenti, che traggono ispirazione dall’opera buzzatiana. Uno dei testi sui quali si sta lavorando è il romanzo poliziesco Crímenes imperceptibles, conosciuto in Italia come Le serie di Oxford 1 del giovane scrittore Guillermo Martínez, vincitore nel 2003 del Premio Planeta d’Argentina. La particolarità di questo romanzo si basa sul fatto che realizza una riscrittura del racconto Sette piani, e, oltre a ciò, nel capitolo 8, Dino Buzzati è presentato come personaggio. Nel corso degli ultimi mesi, il predetto gruppo di lavoro dell’Universidad Nacional del Litoral ha messo a punto un nuovo progetto di ricerca intitolato Diversidades y reconfiguraciones : traducciones de matrices italianas y francesas en el complejo literario santafesino (1950-1970), che si propone di rintracciare le matrici letterarie di scrittori francesi ed italiani nella scrittura di autori originari della città di Santa Fe. In questo senso si pensa di esaminare la rielaborazione dell’immaginario buzzatiano nei racconti dello scrittore Edgardo Pesante (1932-1988), il quale, in un’intervista rilasciata nel 1986, ha segnalato influenze dirette dello scrittore di Belluno. 2 Attraverso le informazioni fornite in questa relazione abbiamo potuto osservare che, durante gli ultimi anni, si è registrato un andamento ascendente per quanto riguarda il numero di comunicazioni di interesse buzzatiano presentate ai Congressi dell’a.d.i.l.l.i., nonché un arricchimento della varietà dei materiali bibliografici di riferimento. Stimiamo dunque che l’apertura di una sede nazionale dell’Associazione Internazionale Dino Buzzati all’interno dell’Universidad Nacional del Litoral renderebbe possibile lo scambio di esperienze accademiche e didattiche ed il potenziamento degli studi su Dino Buzzati nell’America del Sud. Allo stesso tempo rafforzerebbe la dimensione internazionale e la visibilità dell’Associazione italiana e permetterebbe di guardare con occhi altrui, cioè da una prospettiva altra, quello che si è detto e scritto sull’opera di Buzzati. Costituirebbe, insomma, un’eccellente opportunità per continuare a crescere insieme, in quantità e qualità.  







1  G. Martínez, Le serie di Oxford, Milano, Mondadori, 2004. 2  La Comarca y el Mundo, « El Litoral », 18 gennaio 1986.  



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PRESENTAZIONE Bianca Maria Da Rif 21 novembre 2008 Apertura lavori

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elebrare un ventennale è un’occasione unica ed irripetibile. Non è un semplice anniversario, una ricorrenza normale. Questo incontro ha un nome, un significato, una data. Sono qui, in veste di Direttore del Centro Studi Buzzati, a dare il benvenuto a tutti i partecipanti, in particolare ai relatori e a chi ha contribuito all’attuazione di questo evento, dedicato ad un bilancio, se mi è concesso usare questo termine à la page, dei risultati ottenuti dall’Associazione Internazionale Dino Buzzati dalla sua fondazione ad oggi. Il mio è sin d’ora un plauso entusiasta a ciò che ancora non è stato detto, ma che so a priori essere un quadro positivo degli obiettivi raggiunti dall’Associazione, e un profilo altrettanto positivo di quelli che saranno gli sviluppi futuri. Ma sono anche pienamente consapevole di un ulteriore fatto, da cui non posso prescindere, ora che da pochi mesi ricopro questo ruolo. Io sono qui solo dopo aver riflettuto a lungo sulla risposta da dare al Presidente dell’Associazione, Avvocato Maurizio Trevisan, quando mi ha chiesto se fossi disposta ad accettare la delega a Direttore del Centro Studi Buzzati. Sono trascorsi tre mesi prima del mio consenso, mesi in cui ho ripetutamente chiesto a me stessa se sarei stata in grado di rivestire questo ruolo. Ho accettato, non perché ho ritenuto di esserne all’altezza, ma perché mi sono sentita disposta ad imparare. Ma non basta : sono emerse le mie origini bellunesi, con la forza misteriosa che queste montagne emanano, con la determinazione di un dovere da assolvere, con la voglia di partecipare, con l’intimo bisogno di dare un contributo intellettuale alla mia terra. Così, in obbedienza ad una legge non scritta, e nella certezza della collaborazione di chi da tempo lavora al Centro Studi, ho accettato, ed ora, solo ora, che vi ho fatto conoscere il mio stato d’animo, posso veramente darvi il benvenuto. Devo però entrare in merito al ruolo svolto dal Centro e colgo lo spunto da quanto ha detto ieri il professor Fabio Aztori, riproponendo un fermo immagine della sua memoria di uno fra i primi borsisti : « Il risultato è questo Centro Studi, che a me sembra speciale. Ma che ora ha bisogno di una speciale attenzione, di soluzioni che gli garantiscano continuità di risorse, così da evitare la dispersione di quelle competenze, di quella passione che danno voce, vita ai materiali raccolti e conservati. Senza le persone che lavorano qui, questi materiali sarebbero muti », devo mettere in luce quanto siano vere le sue parole. Non è un discorso di circostanza, ma una riflessione che viene dall’interno, dall’essenza del Centro Studi, da chi ha avuto modo di sperimentare la verità di quanto sta affermando. Per calare nella realtà questo messaggio devo fare dei nomi, i nomi di chi ha lavorato per il convegno : Alba Reatto, Eleonora Rossi, Isalbella Pilo, ed anche quello della nostra tirocinante Giulia Masi, persone che ringrazio per la generosità della loro partecipazione. Ma manca però ancora un nome in particolare : quello di Patrizia Dalla Rosa. Sulla sua buona volontà e sulla sua dedizione (meglio sarebbe chiamarla abnegazione) poggia ora il Centro Studi. Lei è l’unica referente culturale del Centro,  











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bianca maria da rif

senza di lei, in parole povere e dure, il Centro chiude. Solo la sua presenza ora è in grado di permettere la consulenza, indirizzare l’orientamento della ricerca, fornire indicazioni bibliografiche per le tesi in corso, ideare progetti per i lavori futuri. Io sono fisicamente lontano ; insegnando a Padova non posso essere sempre presente per accedere alla sterminata bibliografia, seguire da vicino la quotidianità di un operare che solo nel Centro Studi Buzzati può essere svolto. Indispensabile quindi, per concludere questa riflessione, è che possa essere garantita, per la salvaguardia di questo insostituibile centro di studi, la necessaria continuità della presenza di Patrizia Dalla Rosa, affidata non alla sua pressoché gratuita dedizione, ma a quanto possa veramente permettere al Centro non solo di vivere, ma di rimanere quello che è stato e che io voglio continui ad essere.  

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relazioni

QUARANT’ANNI CON DINO BUZZATI : UN MAESTRO DI VITA  

Marie-Hélène Caspar

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ino Buzzati è piombato nella mia vita nel lontano 1968. Studiavo allora presso l’Università di Paris x – Nanterre per preparare un concorso di alto livello (l’« Agrégation ») e l’opera di Buzzati era in programma. Così ho incontrato il Maestro italiano del fantastico ed è stata per me una vera e propria rivelazione. Lo scenario descritto da Buzzati nei suoi romanzi e nei suoi racconti – le montagne, le valli – la toponomastica, l’onomastica, li conoscevo bene perché i miei genitori emigrati in Francia negli anni ’20 erano proprio nati nelle vostre e mie care Dolomiti : mia madre a Vallada Agordina e mio padre a Feltre. Forse questa ‘coincidenza’ mi fece apprezzare immediatamente l’opera dello scrittore, poiché mia madre mi aveva spesso parlato delle sue montagne durante la mia infanzia. Però, riflettendo, devo aggiungere che in quest’opera straordinaria, poliedrica, variegata, i temi sviluppati, la riflessione profonda e continua sulla fuga del tempo, le relazioni difficili tra gli esseri (e in particolare tra l’uomo e la donna), la solitudine tremenda dell’uomo, l’amore spesso deluso, il destino a cui non si può sfuggire e tanti altri motivi non solo mi affascinarono ma mi obbligarono, per la loro ripetitività e verità, a riflettere su me stessa, sulla mia vita. In realtà fui convinta che in quell’opera si esprimevano tutte le contraddizioni umane, tutte le qualità dell’uomo e i suoi difetti, il suo squallore e il suo lato solare, le sue gioie e i suoi dolori. Insomma, mi trovavo davanti ad un’opera che viveva, fremeva, soffriva come viveva e soffriva Buzzati e come viviamo e soffriamo noi. Opera prevalentemente nera, pessimistica ma lucida, con i suoi barlumi di speranza, coi suoi sorrisi (quello di Drogo alla fine del Deserto dei Tartari o del colonnello Procolo alla fine del Segreto del Bosco Vecchio) e la sua allegria, anche se contenuta. Sono certa che questo sia il pregio dei grandi scrittori : sapere scandagliare la vita umana nei suoi minimi dettagli, belli o orrendi che siano, saperne trarre e rivelare le realtà universali che tutti siamo in grado di capire e di vivere. Mi sembra che ci sia tutto questo nell’opera di Buzzati, perché sappiamo, noi studiosi degli scritti del Maestro, che al centro della sua riflessione ci siamo noi tutti, come ho già detto, con le nostre domande sulla vita, la morte, il tempo che passa, la giovinezza e la vecchiaia, l’amore, le occasioni perdute, l’attesa delusa o non, le speranze e così via. Ecco brevemente perché lo scrittore fece parte della mia vita a partire dal momento in cui l’incontrai solo sulla carta, sfortunatamente, perché non ho avuto il privilegio di conoscerlo di persona. In seguito, continuai a scavare la sua opera in varie direzioni conseguendo, per esempio, nel 1988 l’ambito Doctorat d’Etat presso l’Università Paris iii – Sorbonne Nouvelle. In sede universitaria ebbi l’opportunità, dopo la mia nomina a Ordinario di Letteratura italiana contemporanea presso l’Università di Paris x – Nanterre, di dirigere un seminario sul romanzo italiano contemporaneo, che mi permise di organizzare due giornate di studi dedicate a Buzzati : il 28 maggio 1994, con interventi che vertevano attorno alle Immagini del mondo buzzatiane, e il 15 e il 16 marzo 2002 per il trentennale della morte  









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dello scrittore (Buzzati trent’anni dopo). Contemporaneamente organizzai con il direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Parigi un incontro con la signora Brion, moglie di Marcel Brion, noto scrittore francese, uno dei primi ad aver fatto conoscere lo scrittore bellunese in Francia con Albert Camus. Le comunicazioni di quelle giornate vennero poi pubblicate su « Narrativa », la rivista da me fondata (n. 6 e n. 23). Poi un altro numero di « Narrativa » (n. 18) fu dedicato a Écrivains-journalistes sous le fascisme. Le cas de Dino Buzzati et du « Corriere della Sera » a partire da un lavoro importante fatto da Emmanuel Mattiato per conseguire il suo Diplôme d’Etudes approfondies (d.e.a.). Fui anche invitata da Laure Adler a fare una trasmissione su Buzzati per France Culture. In occasione di tutti quegli incontri mi resi conto dell’interesse che suscitava lo scrittore fuori d’Italia. Per questo, divenni, con gli anni, e il merito è di Buzzati, non mio, una specie di ‘ambasciatrice itinerante’ dello scrittore, che cercai di fare apprezzare in vari paesi e continenti. Così mi recai a Copenhagen nell’85, invitata dalla nostra deliziosa e compianta Aase Lagoni Danstrup, in Lussemburgo (1991), a Bruxelles, Lovanio e Venezia (1992), New Brunswick nel New Jersey (2000) – qui parlai delle « ‘città esotiche’ negli scritti africani di Dino Buzzati » che avevo pubblicato nel 1997 (L’Africa di Buzzati. Libia : 1933. Etiopia : 19391940) – a Budapest (2001), di nuovo a Bruxelles per parlare ancora dell’Africa di Buzzati (2003), a Malta, a Montpellier, invitata dai colleghi della « Dante Alighieri » (2004) e, per finire, a Tunisi e a Caen (Le “West” italien : aventures africaines de Buzzati et Malaparte). Le giornate di studio, le conferenze sono state sempre esperienze affascinanti, piene di insegnamenti per la varietà del pubblico incontrato : adulti e studenti italofoni o non, studenti italianisti ma appartenenti ad aree linguistiche completamente diverse (Danimarca, Belgio, Ungheria, Italia, Stati Uniti, Francia, ecc.). L’ultima mia esperienza è ancora in corso in Tunisia, paese in cui ho iniziato a intervenire sull’argomento nel 2004. Infatti, dopo le conferenze introduttive sull’opera buzzatiana in generale e sugli articoli africani da me curati, mi venne chiesto di fare una serie di lezioni per il Master di letteratura italiana contemporanea. E devo dire che gli studenti tunisini (provenienti da tutte le regioni del Paese) mi hanno particolarmente impressionata per la loro serietà, il loro entusiasmo e la loro curiosità a scoprire un’opera e uno scrittore a loro completamente sconosciuti. Questo primo lavoro di scavo ha immediatamente avuto i suoi frutti, perché alcuni studenti hanno scelto proprio certi romanzi o racconti buzzatiani come materia per i propri lavori. Ovviamente, in tutte quelle circostanze, colsi l’occasione per fare conoscere loro l’Associazione Buzzati italiana. Alcune settimane fa, una studentessa incontrata nel novembre 2007 a Tunisi in un corso di Master dedicato a Carlo Levi, si è rivolta a me per avere informazioni sull’Associazione italiana. La dottoressa Patrizia Dalla Rosa lo può confermare. Devo pure allo scrittore bellunese un altro incontro fondamentale : quello con l’Association Internationale des Amis de Dino Buzzati, che raggiunsi dopo la sua fondazione da parte di Yves Frontenac, Yves Panafieu e Michel Suffran. Si era nell’ottobre 1977, partecipai al « Colloque » organizzato dall’Association all’Unesco di Parigi e vi presentai la mia prima comunicazione buzzatiana. In questa sede e occasione ebbi modo di entrare veramente in contatto con i fondatori stessi dell’Association, ma pure con il giornalista Alberto Cavallari, con uno dei grandi specialisti della letteratura fantastica del momento, Louis Vax, e con Aase Lagoni Danstrup, già citata. Contatti che furono poi fonte di arricchimento intellettuale per me.  

































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Gli scopi dell’Association appena fondata erano chiari : diffondere ovunque e, direi anche, ‘difendere’ l’opera buzzatiana accolta poco favorevolmente in Italia. Allora, il grande Buzzati era ancora considerato nel Bel Paese uno scrittore ‘minore’ ed era continuamente stigmatizzato dall’intellighenzia ‘ben pensante’. In altri termini, l’Associazione francese ebbe uno scopo lodevole : quello di « servir la connaissance de l’oeuvre et de la personnalité de l’écrivain, hors de tout esprit partisan ». Insisto sull’ultima frase che, ovviamente, rimanda all’aria che tirava in Italia alla fine degli anni Settanta. Questa affermazione appare nella Présentation dell’Association nel primo numero dei Cahiers Dino Buzzati pubblicati nel 1977.  







Nella stessa Présentation si poteva pure leggere : « la culture, l’intelligence et la création artistique et littéraire sont des domaines sans frontières ». E sono ancora pienamente d’accordo con questa frase perché la Letteratura deve essere universale. Per questo, dagli anni Ottanta in poi, la fama di Buzzati finì col raggiungere paesi lontanissimi (si vedano tutte le traduzioni fatte che si possono trovare nell’Archivio Buzzati di Feltre). E di questo dobbiamo essere felicissimi noi che apprezziamo tanto lo scrittore bellunese. Grazie alla coesione esistente tra i membri fondatori dell’Association francese e grazie alla loro apertura nei miei confronti, diventai rapidamente segretaria dell’Association. Il che mi permise di allargare ancora di più la mia cerchia di conoscitori dell’opera buzzatiana anche all’estero. Vorrei ricordare qui la mia corrispondenza nutrita con una studiosa di Los Angeles, Franca Schettino, che aveva cercato di organizzare nella propria Università un convegno Buzzati a metà degli anni Ottanta e che, in una lettera mandatami il 9 febbraio 1986 (prima del convegno di Grenoble), mi spiegava perché avesse dovuto rinunciare : a causa del prematuro pensionamento del Decano che le aveva promesso un aiuto, a causa, ancora, dell’eliminazione, da parte del nuovo Decano, del « Centro Studi Umanistici », della « poca apertura mentale del nuovo Decano verso attività culturali a dimensioni internazionali », nonché della « sporca politica del mondo accademico ; politica che tuttora imperversa, infestando l’ambiente e causando danni a molti programmi accademici, incluso quello dell’Italiano ». Penso anche ad un’altra corrispondenza avuta con un signore croato di Šibenik, Josip Nikšic´, il quale mi scriveva il 21 febbraio 1990 che, dopo aver « incontrato il nome di Buzzati », lui e l’Autore erano « diventati inseparabili » (sulla carta) e mi chiedeva come fare per diventare socio dell’Association francese. Nel frattempo ebbi altre opportunità in sedi diverse, come quella dell’Associazione Internazionale Professori d’Italiano (a.i.p.i) per la quale parlai di Buzzati al convegno di Bonn nel 1979 o ancora a New Brunswick nel New Jersey (2000), invitata a giornate di studio su Città e modernità organizzate da un collega incontrato al convegno a.i.p.i. di Spalato. Ovviamente fui sempre presente puntualmente ai ‘raduni’ dei ‘tifosi’ buzzatiani, non solo in quanto segretaria dell’Association, ma anche come co-organizzatrice di convegni con Yves Frontenac e Yves Panafieu. Si potrebbero ricordare in particolare quelli del 1980 (Nizza), del 1986 (Grenoble), del 1988 (Sorbonna), del 1990 (Monnaie di Parigi), del 1998 (Bordeaux), con mostra pittorica, organizzato dall’attuale e intancabile segretaria dell’Association Delphine Gachet e, infine, quello dell’ottobre 2006 (Besançon) co-organizzato dalla stessa Delphine Gachet e Angelo Colombo. Si può osservare che tutti quei convegni si svolsero in grandi città francesi che avevano rapporti stretti con l’Italianistica e gli italianisti francesi di Parigi, Nizza, Grenoble o di altre città. E penso qui, oltre a Yves Panafieu, a François Livi, Mario Fusco, Gilbert Bo 





























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setti, Claude Ambroise, Jean Lacroix, Jean Spizzo, Edoardo Esposito, Brigitte Le Gouez, Gius Gargiulo, Anna Tarantino, o ancora a colleghi e scrittori non italianisti, ma che si erano in più di un’occasione interessati a Buzzati : Yves Frontenac, Michel Suffran, il grande Max Pol Fouchet, Alice Planche, Simone Vierne, Jean Onimus, Robert Baudry, Elisabeth Gardaz, Jean Arrouye. Anche all’estero non mancai ai grandi appuntamenti : Milano (1982), Feltre (convegno sulla traduzione del 1991 e su Buzzati giornalista del 1995) e Bruxelles (1992). Per quest’ultimo fu di grande aiuto il professor Edmond Hoppe, dell’Istituto Cooremans, che riuscì a mobilitare con noi gli italianisti non solo del Belgio, ma di varie parti d’Europa, proprio attorno al tema, che sarebbe ancor’oggi di grande attualità : Dino Buzzati : un écrivain européen. Problèmes de traduction et d’analyse textuelle. In quell’occasione ci fu anche una bellissima mostra dedicata a Le succès de Dino Buzzati dans le monde. Exposition des traductions de ses œuvres en 25 langues. Preparando questa comunicazione ho anche trovato nelle mie carte due lettere di Alessandro Caporali, presidente del « Gruppo cronisti lombardi », datate 30 aprile e 24 ottobre 1986. La prima era indirizzata a me in quanto Segretaria dell’Association francese e appassionata studiosa dell’opera buzzatiana. Caporali accennava alla volontà del « Gruppo cronisti lombardi » di organizzare una grande mostra l’anno dopo a Milano e di creare, sempre a Milano, l’Associazione Amici di Buzzati, che avrebbe dovuto essere la ‘gemella’ dell’Association francese. Chiedeva anche la possibilità di tradurre in italiano i Cahiers Dino Buzzati francesi. Concludeva così (cito testualmente) : « On vous demande d’informer de notre initiative le président de votre Association, Michel Suffran et Yves Panafieu ». La seconda lettera invece fu mandata a Yves Panafieu, vice presidente dell’Association, per « dipanare […] qualche equivoco ». Seguivano quattro paragrafi, in cui Caporali annunciava la volontà del « Gruppo cronisti lombardi » di « lanciare, nella primavera del 1987, l’Associazione italiana degli Amici di Dino Buzzati » con « un proprio statuto, proprie finalità, un proprio bilancio finanziario. Un’Associazione del tutto autonoma, quindi, che, nello stesso tempo, afferma l’interesse concreto alla collaborazione con voi ». Caporali chiedeva poi di nuovo la possibilità di poter tradurre i Cahiers Dino Buzzati, come aveva già fatto nella lettera mandatami nell’aprile dello stesso anno, e segnalava che la « mostra su Dino Buzzati » avrebbe potuto essere realizzata « solo nell’autunno del 1987 ». Ovviamente questa iniziativa non ebbe il successo scontato poiché, a creare l’Associazione italiana due anni dopo (e una decina d’anni dopo la fondazione dell’Association francese), fu la nostra stimata e compianta Nella Giannetto, aiutata da un gruppo di studiosi e di persone interessate a questo progetto. Avevo incontrato Nella Giannetto nell’86 durante il convegno di Grenoble, dove lei aveva parlato della letteratura fantastica e dove aveva annunciato quella sua ambizione di dar vita all’Associazione italiana. Ma l’incontro determinante, lo ricordo benissimo, avvenne due anni dopo in un ristorante parigino. Eravamo presenti io, Yves Frontenac, Yves Panafieu, Nella Giannetto e Maurizio Trevisan. La discussione amichevole e aperta sfociò nell’idea di organizzare un convegno a Feltre nell’autunno ’89. E così fu. Mi ricordo anche che il titolo lo proposi io, perché avevo appena avuto in mano il famoso Pianeta Buzzati delle edizioni Apollinaire che ho ancora a casa e di cui il titolo, molto aperto a interpretazioni diverse, mi aveva colpita. Nel frattempo c’era stato fra di noi uno scambio di lettere in cui Nella si lamentava in particolare delle « enormi difficoltà » createle, in particolare, dall’Università di Mila 

















































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no che l’aveva, insomma, costretta a creare l’Associazione Dino Buzzati prima ancora del Centro Studi Buzzati, che le premeva particolarmente (lettera datata 8 aprile 1989). Insisteva anche sul fatto che l’Associazione italiana prevedeva un « rapporto di speciale collegamento con l’Association Internationale des Amis de Dino Buzzati, collegamento che [sperava] di concretizzare al più presto, facendo deliberare la nostra iscrizione, come gruppo locale, all’Association ». Accennava poi al fatto che aveva dovuto rinunciare ad una seduta di lavoro a Venezia (nell’ambito del convegno feltrino dell’autunno ‘89) « per le troppe difficoltà incontrate ». Mi mandò ancora una lettera il 31 maggio dello stesso anno che confermava quanto detto prima, cioè l’adesione ‘ufficiale’ dell’Associazione Buzzati italiana all’Association francese, precisando uno dei suoi obiettivi, ossia « la collaborazione con tutti gli organismi che si occupano di divulgare e onorare il nome e la conoscenza di Dino Buzzati e, in particolare, con l’Association Internationale des Amis de Dino Buzzati ». Da allora stringemmo un’amicizia che si manifestò in varie occasioni a Parigi, a Venezia o a Feltre e Belluno. Così mi scrisse dopo un incontro avvenuto a casa mia : « Grazie ancora per la tua accoglienza affettuosa a Parigi e per i doni squisiti ! […] Come va la tua Etiopia ? Mi auguro che tu sia ormai in dirittura d’arrivo, anche perché sto aspettando con impazienza il tuo saggio sui mostri buzzatiani. Stiamo chiudendo il numero del 1997 e ci tengo proprio ad avere un tuo scritto » (lettera datata 26 gennaio 1997). Sono certo parole che non si possono dimenticare. Per questo, anche, la invitai all’ultimo convegno organizzato da me all’Università di Paris x – Nanterre : Buzzati trent’anni dopo. A partire da quel nuovo ‘raduno’ parigino, la cerchia degli amici (e amiche) di Dino Buzzati si allargò sempre più, in Francia come all’estero. Perciò mi fa piacere, per concludere questa mia comunicazione, salutare due amiche che hanno continuato a lavorare sulla scia di quanto era stato fatto finora in Francia e in Italia col grande spirito di collaborazione che è sempre esistito tra l’Association francese e quella italiana. La prima è Delphine Gachet che, grazie al suo impegno e alla sua infaticabile tenacia, ha saputo mantenere viva la fiamma buzzatiana in Francia. La seconda è Patrizia Dalla Rosa, di cui avevo sempre apprezzato la finezza delle analisi e di cui ho scoperto, dopo il nostro incontro di Besançon dell’ottobre 2006, la squisita delicatezza e umanità. Riconosco in lei la fedele continuatrice del lavoro straordinario iniziato dalla fondatrice dell’Associazione Buzzati italiana, Nella Giannetto.  























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UNA PROPOSTA DIDATTICA SU BUZZATI IN AUSTRIA : L’‘ICH ERZäHLER’ NELLA NOVELLA E NEL CINEMA   

Anna Ventinelli Dipingere e scrivere per me sono in fondo la stessa cosa. Che dipinga o scriva, io perseguo il medesimo scopo : quello di raccontare delle storie. Dino Buzzati   

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uesto contributo non ha che lo scopo di descrivere in breve una proposta didatticoculturale da me rivolta a studenti dell’Università Karl Franzens di Graz (Austria), durante l’anno accademico 2007/2008. Non s’intende parlare quindi della ricezione di Buzzati nelle Università dell’Austria, ma portare un esempio di percorso didatticoculturale grazie al quale si è inteso presentare alcune pagine letterarie di Buzzati e il mondo poetico in esse condensato. Nell’ambito di tale esperienza si è cercato di far percepire agli studenti la capacità dell’Autore di raccontare delle storie, di raccontare ed evocare un universo fantastico – in cui la realtà si mescola alla fantasia – di narrare un mondo inteso come universo ignoto e, in taluni casi, imperscrutabile. La voglia di raccontarsi, di trascinare il lettore in mondi diversi, dalla montagna al deserto – intesi come metafore della solitudine – di interrogarsi sul destino e sul senso della propria e altrui esistenza ha rappresentato il focus del lavoro. Considerata la vasta e poliedrica produzione artistica di Buzzati, tanti sono stati gli interrogativi in relazione a quali contenuti specifici selezionare per tre diversi tipi di corso da attivare, nello specifico : Narrativa italiana, Cinema e letteratura e Italiano : lingua e cultura. In particolare, in relazione al corso di Narrativa mi sono chiesta attraverso quali testi presentare Buzzati in lingua originale ad un pubblico di madrelingua tedesca in possesso di una competenza linguistica di livello intermedio, considerato il fatto che intendevo far cogliere loro gli aspetti che maggiormente esprimono l’’Io narrante’ dell’autore così come si dipana, si evolve nelle sue opere. Molto importante per me era capire anche come aiutare gli studenti a comprendere la pluralità delle forme della narrazione utilizzate da Buzzati : la parola scritta, il disegno, lo schizzo. Per il corso di Narrativa sono stati selezionati quindi con particolare attenzione i contenuti e i temi che potessero risultare più significativi della poetica di Buzzati, nel senso dell’espressione del suo ‘Io narrante’ più profondo : temi quali il concetto e la dimensione del tempo, l’angoscia, la paura della morte, la magia e il mistero, la ricerca dell’assoluto e il trascendente, la disperata attesa di un’occasione di riscatto da un’esistenza mediocre, la fantasia fuori dal tempo a cui si collegano la paura dell’ignoto, l’eternità, la montagna, i colori, la poesia, la musica, l’impotenza dell’uomo dinanzi ad un destino a volte onnipotente, imperscrutabile, beffardo.  







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Per il corso Cinema e letteratura nasceva anche l’esigenza didattica di guidare gli studenti verso la comprensione del mondo dell’autore nel rispetto di : - unità dell’oggetto, che non deve quindi consistere nella sola didattica della lingua, ma deve comprendere un insieme di competenze, contribuendo così a formare la competenza linguistico comunicativa ; - unità del soggetto, ovvero il rispetto del processo di acquisizione del messaggio da parte dello studente ; - unità di metodologie : la fruizione e l’integrazione dello studio dell’opera letteraria e di quella cinematografica, tenendo presente che si tratta di due sistemi espressivi diversi, uno basato sulla parola e uno sulle immagini. Dal punto di vista didattico, l’utilizzo dell’opera cinematografica a fianco di quella letteraria si è rivelato particolarmente utile e stimolante. Da quest’ultima prospettiva, ad esempio, è stato importante cercare di conoscere la particolare scrittura di Buzzati, dall’altra il linguaggio, nel caso del film Il deserto dei Tartari, del regista Zurlini, che utilizza immagini, segni grafici, parole pronunciate, musiche e rumori. Gli studenti sono stati guidati, attraverso un’attività di comparazione, a individuare come comune denominatore fra l’opera cinematografica e il testo letterario la ‘storia’, il racconto come metafora della vita, che possiede di per sé una propria autonomia. La narrazione espressa in una ‘storia’, appunto, che viene raccontata con modalità diverse come ci suggeriscono Cortellazzo e Tomasi. 1 Di seguito cercherò di far comprendere come lo studio del libro Il deserto dei Tartari e del film omonimo possa costituire un esempio di contributo allo studio del rapporto che intercorre fra il testo letterario e la sua trasposizione cinematografica. Con gli studenti si è analizzato quindi cosa significa raccontare una storia, quali sono le sue componenti, le forme del discorso in cui essa si esprime, cioè le strutture profonde della narrazione, analizzando fattori come la relazione tra fabula e intreccio (opera letteraria e il film hanno in comune una stessa fabula, ma non la sua articolazione temporale sul piano dell’intreccio e l’adattamento è l’anello di congiunzione). Cortellazzo e Tomasi ci aiutano a comprendere in tal senso quanto l’adattamento rappresenti l’elemento di raccordo fra il testo letterario e il film :  











Un aspetto particolare del discorso su cinema e letteratura è quello concernente l’adattamento ovvero la trasposizione audiovisiva di un’opera letteraria. Affrontare tale questione significa da un lato tenere conto, come abbiamo detto, dei rapporti fra le due forme (a monte di un adattamento c’è sempre un racconto scritto e a valle uno audiovisivo, dall’altro individuare quelle procedure e strategie specifiche che designano l’adattamento in quanto tale e che provvisoriamente potremmo rinvenire nel corso dell’adattamento in quanto tale e che provvisoriamente potremmo rinvenire lungo tre grandi direttrici : che cosa nel corso dell’adattamento il film aggiunge, sottrae e varia del testo di partenza. 2  



È stato importante inoltre far notare agli studenti che nel prodotto cinematografico del regista Zurlini sono presenti particolari fattori che contribuiscono a conferire ad esso il suo potere incisivo, molti di questi appunto riguardanti la struttura del racconto : è rilevante, infatti, comprendere come si costruisce il racconto filmico, ovvero come le in 

1  Studiosi che sottolineano lo stretto legame che esiste sul piano narrativo fra Letteratura e Cinema sono in particolare Sara Cortellazzo, Dario Tomasi, in Letteraura e cinema, Roma-Bari, Laterza, 1998. 2  Ivi, pp. 9-10.

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una proposta didattica su buzzati in austria

quadrature vengono assemblate, singolarmente e in gruppo, permettendo di isolare le regole che sovrintendono la sintassi cinematografica, che si configura prevalentemente attraverso il montaggio. Un altro studioso, Lotman, analizza in particolare la relazione fra i significati contenuti nel prodotto cinematografico e i significati che gli individui ricavano dall’esperienza del proprio vissuto. Egli osserva :  

Bisogna sottolineare, innanzi tutto, che non tutte le informazioni che si ricavano da un film sono informazioni cinematografiche. Il film è strettamente legato al mondo reale e lo spettatore non riesce a comprenderlo se non collega direttamente il significato delle immagini prodotte dai fasci di luce sullo schermo agli oggetti del mondo reale che essi raffigurano. 1  

Da molti studi al riguardo 2 è stato evidenziato che la struttura di ogni racconto è fondamentalmente edipica : lo spettatore è catturato dallo scarto iniziale tra un soggetto che esprime desiderio e un oggetto del desiderio ; l’arte della narrazione consiste nel regolare la realizzazione del desiderio, sempre differita, fino alla fine del racconto. È stata anche studiata 3 l’analogia profonda fra la struttura del racconto e l’archetipo del mito di realizzazione di sé, che si può ritrovare, a mio parere, anche dentro la narrazione di Buzzati : il mito della crescita e della realizzazione della persona, del viaggio della vita, della trasformazione e dello sviluppo attraverso situazioni di passaggio e di ‘morte-rinascita’. Questa analogia ha contribuito ad evocare il progetto personale profondo del giovane studente, la realizzazione della sua particolare identità, favorendo l’incontro e il dialogo tra la sua umanità e quella dell’autore su temi essenziali dell’esistenza quali la paura dell’ignoto e della morte. Per quanto riguarda il corso dedicato alla Narrativa il mio obiettivo prioritario era far conoscere la sintassi narrativa che caratterizza la poetica di Buzzati nella novella, nel racconto breve nelle sue peculiarità, il gusto per un lessico apparentemente semplice, in realtà selezionato, ricercato, scavato dall’esperienza dell’esistenza. La sua lingua ricca di colori, luci e suoni, polisemica, il suo tono narrativo fiabesco. Gli studenti hanno potuto percepire in modo diretto quanto l’’Io narrante’ nella novella di Buzzati sia attento, vigile, scrupoloso nella ricerca della sfumatura della parola che veste di emozioni quanto verrà rappresentato nel testo e quanto la fantasia stessa di questo ‘Io narrante’ spazi in mondi surreali a volte grotteschi. Con particolare attenzione si è studiata l’aggettivazione con i colori, e quanto l’aggettivazione di Buzzati sfidi la complessità del reale. Nel corso Italiano : lingua e cultura, la finalità era quella di accostare gli studenti all’universo poetico, fantastico, creativo dell’autore nella sua complessità, percepito grazie a letture di alcune pagine dei suoi romanzi, alle immagini dei suoi disegni : « Un mondo, fatto di montagne e città, di libri e quadri, di pensosi elzeviri e di scanzonati disegni, di fumetti e di musica, di attori monologanti a scena nuda e di scenografie fantasmagoriche » 4, per citare Nella Giannetto.  



















1  J.M. Lotman, Semiotica del cinema, Catania, Edizioni del Prisma, 1994, p. 79. 2  Per una bibliografia di base sul rapporto Letteratura e Cinema mi sono avvalsa, inoltre, dei seguenti volumi : F. Cassetti, Teorie del cinema 1945-1990, Milano, Bompiani, 1994 ; G. Manzoli, L’ABC del linguaggio cinematografico, Roma, Dino Audino Editore, 2002 ; Cinema e letteratura, Roma, Carocci, 2004 ; Metodologie di analisi del film, a cura di P. Bertetto, Bari, Laterza, 2006. 3  Si veda a proposito C. Metz, Linguaggio e Cinema, Milano, Bompiani (1971), 1997. 4  N. Giannetto, Presentazione a Il pianeta Buzzati, Atti del Convegno Internazionale (Feltre e Belluno, 12 







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Per dare l’idea della poliedricità del mondo di Buzzati sono stati studiati brani tratti da :  

Bàrnabo delle montagne, 1933 Il deserto dei Tartari, 1940 Paura alla Scala, 1949 Sessanta racconti, 1958 Il colombre e altri cinquanta racconti, 1966. Il deserto dei Tartari dal libro al film : sintassi della pagina scritta e sintassi cinematografica  

Entro ora più dettagliatamente a trattare della stimolante esperienza del corso su Cinema e letteratura. « Meglio il film o meglio il libro ? ». Questa è stata la prima domanda che gli studenti hanno posto relativamente al Deserto dei Tartari. Quesito assai complesso, essendo in presenza di due linguaggi molto differenti, che rispondono e soddisfano esigenze diverse : più ricco quello cinematografico, che si avvale di suoni, immagini, colori e musica ; apportatrice di vari significati la parola scritta. Fondamentale perciò era far comprendere agli studenti quanto la natura dei due mezzi fosse diversa : nel prodotto cinematografico il libro viene riscritto in un linguaggio che utilizza forme espressive ad esso peculiari, le immagini fotografiche in movimento si sostituiscono alle parole scritte sulla pagina. Si è cercato quindi di avvicinare gli studenti all’interpretazione dei due fenomeni letterari, il romanzo Il deserto dei Tartari e la sua riscrittura cinematografica nell’opera di Valerio Zurlini, al fine di promuovere nei giovani apprendenti d’Italiano come L2 (lingua seconda) una fruizione consapevole dell’opera d’arte cinematografica, aiutandoli a costruirsi una strategia di decodifica e raffronto con l’opera letteraria, rendendoli capaci di comprendere e di decodificare i meccanismi percettivi del linguaggio cinematografico ; aiutandoli a dialogare con l’opera d’arte e con l’umanità dell’artista che l’ha creata ; costruendosi, attraverso le tematiche affrontate, una propria identità originale ; promuovendo negli apprendenti la comprensione delle diverse regole generative delle due tipologie di testo artistico letterario e cinematografico che rispondono ad una logica della creatività diversa. Cortellazzo e Tomasi s’interrogano sulla logica che regola le due diverse sintassi : quella del discorso letterario e quella del discorso cinematografico : « Ma quali sono i livelli su cui può operare produttivamente un’analisi comparata del testo scritto e di quello audiovisivo ? Crediamo siano essenzialmente tre : 1) le strutture profonde del racconto ; 2) l’universo diegetico ; 3) le articolazioni narrative e discorsive ». 1 Con gli studenti si è lavorato nello specifico in relazione ai seguenti punti : - la sceneggiatura e la trascrizione : gli elementi comuni, gli elementi omessi nel film ; - il soggetto e lo sviluppo della trama nei due diversi tipi di narrazione ; - la composizione e il numero dei personaggi ; - la crescita interiore del personaggio protagonista ;  















































15 ottobre 1989), a cura di N. Giannetto, con la collaborazione di P. Dalla Rosa, M.A. Polesana, E. Bertoldin, Milano, Mondadori, 1992, pp. 3-5 : 3. 1  S. Cortellazzo, D. Tomasi, Letteraura e cinema, cit., p. 18.  

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una proposta didattica su buzzati in austria

- l’adattamento di soggetti esistenti come processo e come risultato ; - il dispositivo cinematografico ; - tecniche narrative applicate ; - la fotografia (il movimento come illusione) ; - il montaggio ; - la musica : la colonna sonora, linguaggio costellato di rumori e sonorità ; - funzioni dell’assenza di musica in alcune parti del film - il ruolo del silenzio. Si è trattato, soprattutto, di guidare gli studenti verso una ‘alfabetizzazione emotiva’, di insegnare loro a distinguere e a riconoscere le diverse sfumature delle emozioni trasmesse dal film. È noto che l’insegnamento attraverso il linguaggio cinematografico sviluppa molteplici componenti del pensiero razionale collegate al linguaggio verbale e al pensiero non-verbale, collocando l’insegnamento all’interno dell’esperienza evocativa, fantastica, immaginativa, dal momento infatti che il messaggio verbale è supportato da immagini che ne facilitano la comprensione. Tramite un’analisi comparata del testo letterario e del film è stato possibile attivare nello specifico : - capacità cognitive : riconoscere la diversa qualità e organizzazione dei contenuti narrati ; - capacità linguistiche : riconoscere gli aspetti morfologici, sintattici, lessicali della lingua italiana ; - capacità fantastiche : ricordare e ricostruire come viene narrato l’intreccio ; - capacità emotive (secondo il concetto di emotional intelligence), 1 riconoscere le emozioni e le loro sfumature ; - sviluppo di capacità critiche al fine di un’analisi estetica : esprimere giudizi di valore grazie ad un gusto estetico più ricco e maturo. Incontrare Buzzati attraverso gli occhi e i sensi di apprendenti non italofoni è stata una vera scoperta, in cui l’‘Io narrante’ dell’autore si è fuso con l’‘Io narrante’ che è dentro a ciascuno di noi e che grazie all’opera di Buzzati prende a volte voce e forma anche nei nostri universi immaginari.  

































1  D. Goleman, Intelligenza emotiva, Milano, Rizzoli, 1996.

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ASPETTI DEL ‘CASO’ BUZZATI : PREMESSE STORICO-CRITICHE E STUDIO DEL FANTASTICO IN ITALIA (1988-2008)  

Alessandro Scarsella Il ‘caso’ Buzzati consiste, a ben vedere, nello squilibrio tra un successo di pubblico ancora attuale e un interesse positivo della critica letteraria maturato principalmente all’estero. Il caso è dunque ristretto a questo aspetto della ricezione italiana del narratore veneto e alla revisione del canone storiografico del Novecento nostrano, che esso impone in quanto caso non risolto. 1  

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uesto è quanto chi scrive affermava in chiusura di una recensione al volume di Nella Giannetto, Il sudario delle caligini (1996), aggiungendo oggi che il ‘caso’ non appare, lo ripeto, ‘risolto, bensì potenziato’, sia dall’azione di ricerca avviata e compiuta dalla studiosa messinese, scomparsa prematuramente e ancora nel fiore della sua infaticabile operosità, sia dai contributi teorici e storici sul fantastico e sulla letteratura fantastica italiana implicanti in modo diretto o indiretto una rivalutazione di Buzzati. Si tratta certamente di un aspetto soltanto, quello concernente il rapporto tra Buzzati e il fantastico, da non ritenere esclusivo e centrale quindi, tra quelli che hanno determinato la nascita di una letteratura secondaria di Buzzati, oltre che abbondante anche di alto profilo. Tracciate le necessarie premesse storiche, si prenderanno quindi in esame quei contributi presentati, negli Atti e nelle pubblicazioni dell’Associazione Internazionale Dino Buzzati e del Centro Studi Buzzati che, negli anni, hanno prescelto il fantastico come chiave di lettura e formula di migliore comprensione dell’autore. Un particolare rilievo sarà altresì conferito alla lettura da parte di Nella Giannetto dei concetti di ‘fantastico’ e ‘letteratura fantastica’ nel corso della sua lunga fedeltà a Buzzati, e a partire da una sua conferenza tenuta alla Fondazione G. Cini nel 1986. 2 Sarà opportuno tuttavia ricalcare per sommi capi il percorso accidentato che la categoria del fantastico aveva conosciuto, fino agli anni Ottanta, presso la critica e la storiografia letteraria italiana. A motivazioni di carattere teorico e alla persistenza di un gusto narrativo tendente al ‘realismo’, si contrapponevano le fondamenta, invero assai fragili, poste dal ‘realismo magico’ italiano. In questo contesto labile, ma indissolubile dalle suggestioni del realismo magico, per riaffermare la sua attualità l’universo buzzatiano doveva attendere lo sdoganamento del fantastico al quale si assiste, a partire dalla fine degli anni Sessanta e sulla base di un rinnovato approccio ‘scientifico’ alla morfologia della fiaba e al racconto mitico. Pressoché onnipresente nel quadro di ogni possibile  

1  A. Scarsella, Recensione di N. Giannetto, Il sudario delle caligini. Significati e fortune dell’opera buzzatiana, « Ateneo Veneto », 183, 1996, pp. 425-430. 2  N. Giannetto, L’Archivio Buzzati di Feltre. Omaggio a un Maestro, in Fantastico e Immaginario. Seminario di letteratura fantastica, a cura di A. Scarsella, Chieti, Solfanelli, 1988, pp. 197-198.  



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definizione delle funzioni non mimetiche del discorso narrativo che scegliesse come campionatura la narrativa italiana, Buzzati offriva, in forza del suo corpus ingente e internamente diversificato, una palestra impareggiabile di esercizio teorico-critico. Due padri ‘nobili’ : Pampaloni e Chiara  

Occorre comunque assumere un riferimento iniziale dentro la cronologia degli studi su Buzzati e che costituisca una situazione comparativa affidabile. Il metodo che si intende seguire è quello della ‘storia della critica letteraria’, una disciplina empirica e riassuntiva di matrice storicistica caduta in crisi nel suo riassorbimento nell’estetica della ricezione e nelle ricerche sull’intertestualità, sebbene tuttora riformulabile in termini di riorganizzazione delle letture critiche di un autore e di un testo, quindi di una loro valutazione. Pubblicati nel 1977, gli Atti del convegno di Cortina d’Ampezzo del 1975 rappresentano lo snodo di avviamento della riflessione di approfondimento su Buzzati, a tre anni dalla sua scomparsa, nonostante la perdurante attitudine identificativa dei principali relatori : Riccardo Bacchelli, Indro Montanelli, Geno Pampaloni e Piero Chiara e la loro tendenza ad assimilare ricordo autobiografico e critica letteraria. A distanza di oltre trent’anni la presenza di un poker d’assi di quella statura desta nostalgia e anche invidia, se è vero altresì che – tramontate nel frattempo le illusioni relative alla scientificità della critica – attualmente non è possibile mettere più tra parentesi quel tipo di approccio legato alla soggettività e alla pluralità degli accessi all’esistenza del testo. Vale la pena nondimeno soffermarsi sull’uso di quelle parole chiave che avrebbero conosciuto di lì a poco una stagione di notevole sviluppo sul piano dell’elaborazione teorica : « il favoloso, il magico, il meraviglioso, l’assurdo, l’orrido, l’innocente vivono nella sua prosa come per trasparenza e il suo linguaggio è funzionalmente neutrale ». 1 Significativamente Pampaloni non usava il termine ‘fantastico’, troppo generico e delegittimato in ambito critico, bensì altri aggettivi sostantivati meglio connotati, che vale la pena esaminare uno a uno per il loro valore contestualizzante. ‘Favoloso’ rinvia a un’angolazione estetica a metà strada tra le ‘favole moderne’ del Realismo magico di Bontempelli e la trasfigurazione autobiografica di un universo infantile (alla maniera per esempio di L’età favolosa (1940) di Bruno Cicognani, autore cattolico prediletto da Pampaloni. Il ‘meraviglioso’ rimanda alla propensione per il mitico e il soprannaturale, dal punto di vista congiunto della loro natura e del loro effetto, con implicitazioni ad ampio spettro : da Vico a Pavese. L’‘assurdo’ rinvia al trattamento del meraviglioso come ‘insolito’ diversamente presente nel kafkismo, nel Surrealismo, nel post-Surrealismo e da ultimo nel teatro di Beckett, di Ionesco e di Adamov caratterizzato dal tema dell’‘attesa’ associato alla narrativa e anche alla drammaturgia di Buzzati. Nozione proveniente dalla settecentesca estetica del sublime, l’‘orrido’ allude alla componente gothic dei racconti di Buzzati, all’influenza di Edgar Allan Poe sul suo modo di narrare e alla loro ricezione come racconti del terrore e storie di fantasmi. Infine l’‘innocente’, dimensione che non corrisponde immediatamente nel linguaggio della critica italiana a parametri approssimabili con maggiore precisione (mentre in ambiente anglosassone la dicotomia innocenza/esperienza ha ben altro spessore). Pertanto l’‘innocenza’ di cui si parla può risalire al carattere naïf dell’iconografia letteraria di Buzzati, a partire  











1  G. Pampaloni, Lo scrittore, in Omaggio a Dino Buzzati. Scrittore – Pittore – Alpinista, Atti del Convegno (Cortina d’Ampezzo, 18-24 agosto 1975), a cura del Circolo Stampa Cortina, Milano, Mondadori, 1977, pp. 59-63 : 59.  

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anche dalla contaminazione tra parola, informazione e immagine (dai cantastorie, agli ex-voto, al fumetto). Non aliena dalle aspirazioni di obiettività impassibile del nouveau roman, la qualità di trasparenza e neutralità riconosciute alla prosa di Buzzati da Pampaloni, critico-recensore di vaglio e attento alle oscillazioni del gusto, fissa il corollario dello stile dello scrittore, dell’artista e dell’uomo. Nell’intervento Da scrittore a scrittore, Piero Chiara propone, da parte sua, una forma di autocommento e di meditazione personale volta a soppesare le distanze reciproche :  

L’ho sempre studiato. è uno dei pochi, pochissimi autori contemporanei che ho studiato, come ho studiato il Boccaccio e i narratori antichi, cioè cercando di penetrare nel segreto della sua arte, di questa sua facoltà incredibile di trasporre la realtà, di portarla in un mondo fantastico e di farla reggere, con maggiore forza forse, della realtà medesima. 1  

Le parole di Chiara meritano due osservazioni, rispettive la prima all’impiego del termine ‘fantastico’ come aggettivo e come sostantivo : ‘fantastico’ e ‘il fantastico’ ; la seconda invece all’uso aggettivale normalmente consentito e accettato presso la critica e all’uso sostantivale generalmente respinto. Si tratta di una pregiudiziale che rinvia alla fantasia come componente essenziale alla concezione idealistica dell’opera d’arte, per cui l’aggettivo ‘fantastico’ risulta in uso da De Sanctis a Croce quale attribuzione positiva nel giudizio, mentre ‘il fantastico’ sovrintendeva le facoltà inferiori e più corrive della creatività. In ogni modo la testimonianza di Chiara rende atto di una coscienza di genere cresciuta all’ombra dell’intersezione tra estetica e critica, inoculatasi poi nel linguaggio comune. Chiara sottolineava oltretutto una parola chiave ricorrente in Il deserto dei Tartari, ‘immemorabile’ : « termine di risonanza latina, che vuol dire non misurabile, non computabile, non misurabile neppure con la memoria, un tempo che è fuori dalla realtà e che è il tempo assoluto ». 2 Si tratta di una reminiscenza di quella funzione che Kant aveva chiamato del sublime ‘matematico’, applicata all’estensione fuori misura del tempo in luogo dello spazio.  











Questa idea di un tempo assoluto, in Buzzati è dominante. E me ne sono accorto – continua Chiara – pur essendo votato ad una narrativa di altro genere, pur interessandomi ad altre forme più realistiche, che quella era una delle vette, uno dei poli sui quali porre l’attenzione, perché Buzzati aveva tutta la forza di una voce fondamentale della narrativa del ’900. […] per cui ha ragione Pampaloni quando afferma che per Buzzati la metafisica è un’estetica. 3  

Contini, Cecchi, Debenedetti : ‘nostri antenati’  

Nelle voci di Pampaloni e di Chiara perdura comunque l’assimilazione, divenuta abituale, del fantastico italiano del Novecento alla scuola metafisica di De Chirico e, in ragione minore e con minor prestigio, alla corrente del ‘realismo magico’, quando sembra poter incarnare, prima e dopo Breton, l’unica credibile via italiana al ‘meraviglioso’. Vale tuttavia la pena di ricordare che Buzzati non risultava immesso nella selezione di narratori proposta dall’Italie magique (1946) di Gianfranco Contini, 4 e che quindi la for 

1  P. Chiara, Da scrittore a scrittore, ivi, pp. 69-72 : 69. 2  Ibid. 3  Ibid. e p. 71. 4  L’Italie magique. Contes surréels modernes choisis par Gianfranco Contini, Paris, Aux Portes de France, 1946. Oggi : Italia magica. Racconti surreali novecenteschi scelti e presentati da Gianfranco Contini, Torino, Einaudi, 1988. Sul senso delle scelte di Contini cfr. A. Scarsella, Modelli e poetiche del racconto fantastico italiano, « La Rassegna della Letteratura italiana », 3, 1991, pp. 113-116, e il successivo Id., Congetture su Contini e “Italia magica”, in Gianfranco Contini. Tra filologia ed ermeneutica, a cura di P. Gibellini, P. Leoncini, I. Crotti, L. Milone, « Humanitas », lvi, 5-6, 2001, pp. 836-845.  











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tuna di Buzzati sembra inoltrarsi preliminarmente sui circuiti più intimi della comunicazione letteraria, corrispondenti a funzione e fama di giornalista eminente e fiduciario di determinati orientamenti del gusto dei lettori. La navigazione quasi autoreferenziale dell’autore tra le pagine del « Corriere » e nel catalogo della casa editrice Mondadori potrebbe infatti fare tendenza da sé, senza appellarsi a un ‘ismo’ predominante di sorta. Bàrnabo delle montagne (1933) e Il segreto del Bosco Vecchio (1935) erano risultati ignorati da Bontempelli nelle pagine di aggiornamento, con indicazione di giovani autori, della sua personale rilettura nel 1938 del ‘novecentismo’ ; mentre Il deserto dei Tartari sarebbe uscito allo scoppio della guerra. Nella riedizione del 1988 di Italia magica, Contini ricorderà come possibili nomi aggiuntivi quelli di Soldati e di Calvino. 1 Dunque la ricezione buzzatiana sembra contrassegnata nel suo evolversi da relativa solitudine e preclusione dal mondo letterario che non possono non trarre origine dalla sua prima personalità giornalista. Si tratta di una autolimitazione necessaria, che va a raccogliere in qualche modo il testimone dai racconti elzeviro di Pirandello, in particolare da quelli ‘strani’ dell’ultima collezione postuma Una giornata (1937), 2 designando in questa successione la continuità di un certo rapporto rituale e quasi geloso con i lettori del « Corriere ». « Nelle due colonne che corrono fra il titolo d’un racconto di Buzzati e la firma, all’incirca tutti sappiamo che genere di emozione ci aspetta », scriveva nel 1954 Emilio Cecchi, recensendo Il crollo della Baliverna sulla terza del « Corriere », dove il racconto eponimo dell’intera raccolta era uscito il 20 maggio 1951. 3 L’asserto andava a corroborare la premessa iniziale inerente alla ‘materia prima’ dell’arte di Buzzati (‘senso di mistero, d’angoscia e d’orrore immanente’) 4 soppesata come stato d’animo condiviso nel Novecento europeo e da Pirandello che « predilesse gli stessi o molto simili motivi, benché gli restassero avviluppati dentro una casistica psicologica piuttosto equivoca ». 5 Meno evidente, ma non priva di conseguenze per l’inquadramento di Buzzati, risulta agli occhi di Cecchi l’appartenenza a questo filone di autori ‘magici’ come Bontempelli, Lisi e Zavattini. Per comprendere la derivazione Pirandello-Buzzati bisognava, tuttavia, indirizzare la logica del discorso lungo quella scia che escludesse, finché possibile, la parentesi ‘magica’ e quindi la più ambigua prosa narrativa del Ventennio fascista. In tal senso, sull’asse che congiunge la bifida radice del racconto italiano, ‘scapigliata’ da un lato (Tarchetti) e ‘verista’ (ancora Pirandello) dall’altro, sarebbero risultate tempestive le delucidazioni storico-teoriche di Neuro Bonifazi (dal 1971 al 1982). 6 Il modello letterario privilegiato da Bonifazi comprende Ernst Theodor Amadeus Hoffmann letto da Freud, Edgar Allan Poe, balzando in avanti fino a Borges, a Sartre e a Todorov, fino a Buzzati, bypassando Surrealismo e realismo magico. La dimensione dello strano, del bizzarro, dell’assurdo sia verosimile sia inverosimile assorbono ogni possibile ipotesi d’accesso a un ‘altrove’ che sia pure giustificata dall’applicazione metafisica di un soggetto veggente. Oggetti 

































1  G. Contini, Postfazione 1988, in Italia magica, cit., pp. 248-249. Sul mancato incontro, beninteso critico, di Buzzati e Contini, cfr. A. Colombo, Le passioni del filologo : ancora su Contini e Buzzati (con una lettera inedita di Adriano Buzzati Traverso), in Dino Buzzati d’hier et d’aujourd’hui. À La mémoire de Nella Giannetto, Actes du Colloque international (Besançon, octobre 2006), textes réunis et preséntés par A. Colombo et D. Bahuet Gachet, Besançon, Presses Universitaires de Franche-Comté, 2008, pp. 53-72. 2  L. Pirandello, Novelle per un anno, iii (1), a cura di M. Costanzo, Milano, Mondadori, 1990, pp. 782-787. 3  Racconti di Buzzati, in E. Cecchi, Libri nuovi e usati. Note di letteratura ialiana contemporanea (1947-1958), Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1958, p. 135. Cfr. anche N. Giannetto, Il sudario delle caligini, cit., p. 44. 4  E. Cecchi, Libri nuovi e usati, cit., p. 133. 5  Ivi, p. 133. 6  N. Bonifazi, Teoria del fantastico e il racconto fantastico in Italia : Tarchetti – Pirandello – Buzzati, Ravenna, Longo, 1982.  



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vità e umorismo, al contrario, si incardinano (vedi la ‘porta’ immaginaria che si apre al cospetto del borghese ‘stregato’), a dispetto della loro ‘non esistenza’, sulle soglie del fantastico, senza mai attraversarle : « un fantastico di fondo, di attesa, di ansia, di paura, di presentimenti, di immaginazione del disfacimento, della disfatta, della catastrofe ». 1 Discendendo per metà da Cecchi e per l’altra metà dalle pagine dedicate da Giacomo Debenedetti al conferimento del premio Strega ai Sessanta racconti nel 1958, la critica buzzatiana doveva pertanto accogliere il supporto della ricerca sul genere fantastico per comprendere il senso di quelle pagine. 2 Narratologia e teoria della letteratura consentivano ormai di riconoscere l’identità di un modello narrativo legittimato da un principio di verosimiglianza condiviso e pertanto unificante le angolazioni della triade autorepersonaggio-lettore. La centralità del racconto Il borghese stregato (più volte ristampato dalla prima pubblicazione sul « Corriere » del 21 giugno 1942, quindi in Paura alla Scala e in Sessanta racconti) è osservabile in Debenedetti, poi in Bonifazi e quindi nel saggio pubblicato da Nella Giannetto sugli Annali iulm nel 1983, il cui primo nucleo avrebbe dato luogo alla sua prima monografia su Buzzati. 3  















Un archivio per il fantastico Proveniente dal metodo filologico, Nella Giannetto risultava attenta in quella prima serie di contributi alla consistenza testuale della ‘formula’, una volta essa intuita secondo i crismi della critica postcrociana, la cui influenza si protrae evidentemente oltre i confini storici della sua stagione e negli anni dello strutturalismo, talora per via di quella disciplina testé ricordata come storia della critica letteraria. Rivendicando secondo quell’habitus il protagonismo di una critica ancora giudicante, in Giannetto la formula restituiva invece il calco efficace del dettato narrativo originale, del quale ne traduce la logica cumulativa e la dialettica radicale sul duplice versante letterario ed extraletterario :  

« Il borghese stregato » è secondo me il racconto in cui più chiaramente si esprime il motivo del « coraggio della fantasia ». Un motivo che non va interpretato come uno qualsiasi dei nuclei tematici caratteristici della narrativa buzzatiana, ma va visto proprio come una chiave di lettura di tutto l’universo poetico di Buzzati, che ci permette di penetrare all’interno della sua stessa visione del fantastico. La vicenda narrata nel racconto è di una semplicità estrema, ma è proprio la sua apparenza ingenua a trasmetterci un messaggio che ha insieme l’elementarità e la profondità delle più sapienti parabole. 4  









C’è un racconto di Ray Bradbury assai vicino tematicamente a Il borghese stregato ; si tratta della novella più che short story, nella fattispecie, compresa nella raccolta The October Country (1955), 5 in cui la protagonista è una giovane donna, vittima come il buzzatiano Gaspari di quello che potrebbe essere considerato dal punto di vista medico un malaugurato ictus, se non fosse accompagnato da segnali inquietanti e macabri, suscitati dal contatto con la cultura amerindiana. Lo stress da immaginazione incontrollata può uccidere : questa la morale in Bradbury, narratore a differenza di Buzzati non simpatizzante con chi soccombe nell’incidente psicosomatico.  





1  Ivi, p. 154. Corsivo nel testo. 2  G. Debenedetti, Buzzati e gli sguardi del ‘di qua’, in Intermezzo, Milano, Mondadori, pp. 181-189. Ma cfr. anche la precoce e anticipatrice interpretazione di I. Crotti, Buzzati, Firenze, La Nuova Italia, 1977. 3  N. Giannetto, Buzzati o il coraggio della fantasia, « Annali dell’Istituto Universitario di Lingue Moderne - Sede di Feltre », vi, 1983, pp. 93-106, poi Ead., Il coraggio della fantasia. Studi e ricerche intorno a Dino Buzzati, 4  Ivi, p. 24 Milano, Arcipelago, 1989, pp. 13-52, poi Ead., «Il sudario delle caligini», cit., pp. 29-53 5  R. Bradbury, In coda, in Id., Paese d’ottobre, Milano, Nord, 1975, pp. 17-50.  



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La fantasia sembra essere quel lusso che il Novecento non poteva permettersi se non a costo del sacrificio, non tanto della dignità borghese, quanto della vita stessa. L’incontro con l’alterità è un conflitto da cui si esce feriti a morte ma che per Buzzati vale la pena di essere affrontato, almeno con il cerimoniale dei suoi racconti-elzeviro che sembrano rilanciare la sfida del tragico quotidiano al lettore in pantofole (per alludere ad altre due riuscite formule paratestuali). L’individuazione di questo principio avrebbe previsto due verifiche : a confronto con la teoria e la storia interdisciplinare del fantastico, visto come categoria culturale più estesa, e calcolando il paradosso della ricezione di Buzzati, importante nel mondo a partire dagli anni Quaranta, quasi imponderabile in patria. Escluso dal dibattito all’epoca del transito da ‘Italia magica’ al Neorealismo, Buzzati riusciva infatti col tempo a ritagliarsi una fama di narratore breve di qualità altamente leggibile paragonabile a quella di un Ray Bradbury già citato o di un Roald Dahl. La comprensione di questo fenomeno, in cui si identifica la natura di ‘caso’ legata alla fortuna singolare di Buzzati, come già detto, tirava in ballo non solo i fermenti del post-Surrealismo, ma anche lo specifico ambito in cui si afferma tra antropologia, psicoanalisi e teoria della letteratura, la nozione novecentesca di ‘letteratura fantastica’. Il raccordo a Todorov e, più direttamente, il ricorso a Freud (per l’elaborazione del concetto di ‘fantasticheria’ o ‘sogno a occhi aperti’) si accostano in Giannetto all’attenzione per la tradizione del fantastico quale delineatasi nel macrocontesto di genere (E.T.A. Hoffmann e E.A. Poe) e riaffiorata nello specifico del Novecento italiano. In quel microcosmo ancora una volta si rivela prominente la statura di Pirandello, indicata in particolare dalla studiosa per il racconto Un treno ha fischiato 1 (dalla raccolta L’uomo solo, 1922), 2 pienamente rappresentativo dell’amaro potere evasivo del fantasticare e contemporaneamente di ogni narrazione. Si apre quindi un cantiere immenso dentro l’opera di Buzzati e al suo esterno, finalizzato a produrre ragguardevoli risultati di ricerca. Nel contributo incluso negli atti del seminario tenuto alla Fondazioni G. Cini nell’estate del 1986 in occasione del xxviii Corso Internazionale d’Alta Cultura Gli universi del fantastico, Giannetto prendeva le mosse da un’altra vicenda nata sotto gli auspici di Vittore Branca, 3 sensibile alla ricezione internazionale dello scrittore bellunese e all’esistenza senza precedenti in Francia dal 1976 di una Association Internationale des Amis de Dino Buzzati, ovvero dal convegno a Buzzati dedicato nel 1980, entro il ciclo sulla ‘Linea veneta nella cultura contemporanea’. 4 L’iniziativa avrebbe dato luogo alla pubblicazione di un volume che, a dieci anni di distanza dalla morte, immetteva Buzzati nel canone dei maggiori del Novecento, a discapito di quell’identità veneta divenuta un pretesto utile, quantunque non essenziale per la valorizzazione della sua eredità. 5 Invece il passo preannunciato da Giannetto con un coup di grande effetto era la costruzione di una struttura permanente, l’Archivio Buzzati a Feltre, come presupposto e cornice di un Centro Studi ; idee che si sarebbero entrambe attuate con la costituzione dell’Associazione Internazionale Dino Buzzati di Feltre.  













1  Cfr. N. Giannetto, Il coraggio della fantasia, cit., p. 38, poi in Ead., Il sudario delle caligini, cit., p. 60. 2  L. Pirandello, L’uomo solo, Milano, Mondadori, 1974, pp. 33-42. 3  Vedi comunque, il Saluto di Vittore Branca, in Dino Buzzati : la lingua, le lingue, Atti del Convegno Internazionale (Feltre-Belluno, 26-29 settembre 1991), a cura di N. Giannetto, con la collaborazione di P. Dalla Rosa e I. Pilo, Milano, Mondadori, 1994, pp. xi-xii. 4  N. Giannetto, L’Archivio Buzzati di Feltre, cit., p. 197. 5  Dino Buzzati, Atti del Convegno organizzato a Venezia dalla Fondazione Cini nel 1980, a cura di A. Fontanella, Firenze, Olschki, 1982.  

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« L’Archivio – avvisava Giannetto – si propone di raccogliere libri, documenti, materiale audiovisivo riguardanti lo scrittore e, più in generale, l’ambito della letteratura fantastica ». 1 In che misura la descrizione culturale del ‘campo’ di intervento e il coinvolgimento dei territori interessati alla strutturazione istituzionale del discorso critico su Buzzati abbia inciso sul metodo interpretativo di Giannetto, è possibile intuirlo a contatto con la sua seconda e definitiva monografia su Buzzati. Per una sintesi degli orientamenti di Il sudario delle caligini, sia consentito il rinvio all’ampia recensione pubblicata da chi scrive su « Ateneo Veneto » e qui già menzionata all’inizio. 2 Basti aggiungere che la militanza nella gestione dell’Associazione in un raggio di cooperazione regionale, nazionale e internazionale avrebbe arricchito la lettura di Nella Giannetto del punto di vista di una crescente complessità, suggerita dal fenomeno letteratura fantastica (nonché arte fantastica, come si vedrà) nell’insieme delle funzioni da esso sollecitate a più livelli di trasmissione e di fruizione, e intrecciata alle ricadute sociali dell’attività di promozione della ricerca letteraria.  











Congressi dell ’ immaginario Nel frattempo le copiose raccolte degli atti dei convegni buzzatiani promossi a ritmo intenso dall’Associazione Internazionale tra il 1989 e il 1995 avrebbero offerto una messe di indagini e di materiali che avrebbe modificato la posizione dell’autore del Deserto dei Tartari nel sistema, approdando nel 2002 alla finale legittimazione, per così dire, con il convegno sul Poema a fumetti. La prima serie di studi, nel volume di atti Il pianeta Buzzati, 3 configura la cesura tra l’incertezza valutativo-celebrativa degli esordi della critica buzzatiana e una prima autentica approssimazione scientifica all’opera. Tale aspetto va attribuito alla presenza nel convegno del 1989 di studiosi oltre che italiani, stranieri, di almeno tre diverse generazioni. Lo studio d’apertura di Biondi sembra comunque dare il ‘la’ alla collocazione di Buzzati tra ‘Italia magica’ e Surrealismo dal punto di vista teorico e analizzandone le metafore. 4 La riprova però di un tipo di orientamento ancora stilistico-tematico più che storiografico proviene dagli studi seguenti, riservati alla metonimia (figura, concorrente della metafora, caratterizzante una cifra realistica) e ai principi di organizzazione spazio-temporale in Bontempelli e Buzzati. 5 L’andamento binario proseguiva con la riscoperta da parte di Stefano Jacomuzzi di una sorgente occulta del Deserto dei Tartari nel Racconto militare (1934) di Alessandro Bonsanti. 6 La rilettura di questo libro dimenticato riesce altresì ad uno squarcio ipotetico con un lampante raccordo a Contini (grande assente, come visto, nella letteratura secondaria buzzatiana, ma esegeta sapiente di Bonsanti). Scrive Jacomuzzi :  









Se di allegoria vogliamo parlare – ancora Contini : « la giornata del sergente maggiore De Luca è un’allegoria della vita anche del più lontano passante » – allora bisogna dire che la trascrizione allegorica operata da Bonsanti è molto meno clamorosa, e quindi più difficile da comprendere e da seguire nei suoi sviluppi e nelle sue allusioni, di quella operata da Buzzati. 7  







1  N. Giannetto, L’Archivio Buzzati di Feltre, cit., p. 197. 2  Cfr. nota 1. 3  Il pianeta Buzzati, Atti del Convegno Internazionale (Feltre e Belluno, 12-15 ottobre 1989), a cura di N. Giannetto, con la collaborazione di P. Dalla Rosa, M.A. Polesana, E. Bertoldin, Milano, Mondadori, 1992. 4  A. Biondi, Metafora e sogno : la narrativa di Buzzati fra “Italia magica” e “Surrealismo italiano”, ivi, pp. 15-59. 5  Cfr. rispettivamente W. Geerts, Le metonimie di Buzzati, e F. Airoldi Namer – Y. Panafieu, Riflessioni su spazio e tempo in Bontempelli e Buzzati, ivi, alle pp. 61-68 e 75-108. 6  A. Bonsanti, Racconto militare, Prefazione di G. Contini, Milano, Mondadori, 1968. 7  Cfr. S. Jacomuzzi, I due sergenti : I “Racconti militari” di Buzzati e Bonsanti, in Il pianeta Buzzati, cit., pp. 109-136 : 129.  





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Sebbene di notevole motivazione, i quattro articoli rendono dunque improbabile situare Buzzati in un sodalizio o corrente o tendenza, con un nome e almeno all’altezza degli anni della sua formazione e della pubblicazione delle prime opere. Il salto dagli anni Trenta all’inizio degli anni Settanta viene effettuato da Lagoni Danstrup, 1 venendo imposto dalla necessità di un raffronto tra le rispettive concezioni del fantastico di Buzzati e di Italo Calvino. I due scrittori ‘fantastici’ erano stati entrambi provocati da un questionario di « Le Monde » loro somministrato il giorno di Ferragosto del 1970, allo scopo di registrare le loro reazioni in merito all’uscita della libro di Tzvetan Todorov, Introduction à la littérature fantastique. Forse non interessava ancora stabilire un nesso logico/cronologico ovvero di histoire littéraire più consistente (magari nella tradizione della prosa di ‘terza pagina’, latente in più saggi dello stesso volume), 2 che non rinviasse alla generica buona accoglienza di Buzzati all’estero e particolarmente in Francia : però, quale miglior punto di risalita che il dittico Buzzati-Calvino ? Buzzati vi sosteneva l’unità del genere fantastico e quindi della propria scrittura, pur sottolineando l’utilità prevalentemente didattica di tale nozione. Per Calvino, più aderente al testo di Todorov, il fantastico era piuttosto un concetto relativo e da storicizzare, divenuto soltanto posteriormente principio costruttivo di un racconto. Il rapporto tra i due scrittori (dei quali Buzzati più anziano di diciassette anni) decorreva dal 1959, come avrebbe infatti dimostrato Giannetto in seguito, e comprende anche un’ammissione di influenza da parte di Calvino, che riconoscerà la bontà del modello narrativo che Buzzati aveva desunto da Poe. 3 Significativamente la coreferenza a Poe rimanda al bacino di produzione-ricezione del racconto fantastico. La vitalità transgenerazionale e quasi metastorica della categoria del fantastico non potrebbe asserire con un attestato di maggior valore la propria legittimità d’esistenza. Gli studi di Gramigna e della Crotti 4 sembravano consolidare questo orientamento in fieri attribuendo a un’attitudine antropologica regressiva, distinta e anteriore (il pensiero ‘magico’) i vuoti di comunicazione che si aprono nel discorso di Buzzati e il loro precipitare senza fondo nella forma a spirale o vortice che « trova riscontro in vari narratori del fantastico, da Poe a Potocki, a Kaf ka ». 5 Per cui il fantastico diviene deriva del linguaggio, neutralizzazione dei codici e crisi delle priorità ermeneutiche. D’altra parte, secondo l’osservazione di un allievo di Bonifazi, Giuseppe Fanelli, « ogni intervento critico sull’opera di Buzzati finisce col comportare, in maniera implicita o esplicita, anche una presa di posizione sul fantastico » 6. Di conseguenza la definizione del fantastico, quantunque afferrata nella sua ricezione in diacronia, funziona altresì come un dispositivo di analisi testuale produttivo nella sua applicazione.  



























1  A. Lagoni Danstrup, Buzzati e Calvino : due scrittori e due concezioni del fantastico, ivi, pp. 137-149. 2  La lacuna sarebbe stata presto colmata, almeno in massima parte, con gli atti del congresso internazionale del 1995, Buzzati giornalista, a cura di N. Giannetto, con la collaborazione di P. Dalla Rosa, M.A. Polesana, E. Bertoldin, Milano, Mondadori, 2000. Per cui vedi A. Neiger, Scrittori in terza pagina al tempo di Buzzati, ivi, pp. 411-419. 3  Cfr. N. Giannetto, Uno scambio di lettere fra Calvino e Buzzati, « Studi buzzatiani », 1, 1996, pp. 99-112 ; Ead., Il sudario delle caligini, cit., pp. 251-252. Cfr. quindi il più ampio e definitivo bilancio di I. Crotti, Il deserto attraversato : Calvino lettore di Buzzati, in Dino Buzzati d’hier et d’aujourd’hui, cit., pp. 91-122. 4  Cfr. G. Gramigna, Tecniche del pensiero magico, e I. Crotti, Il messaggero “inesistente” : note per un’analisi delle dinamiche informative nella prima raccolta di racconti, in Il pianeta Buzzati, cit., rispettivamente pp. 241-249 e 5  Ivi, p. 253. 251-271. 6  G. Fanelli, Buzzati, la critica e il fantastico, ivi, p. 387-398 : 389.  













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premesse storico-critiche e studio del fantastico in italia Dal fantastico al ludico

L’ipotesi che il fantastico potesse condensare tutta una congerie di virtualità connesse alla struttura del racconto in generale e alla strategia della narratività come oggetto culturale, può forse essere convalidata da quell’accostamento di Buzzati a Boccaccio avanzato quasi automaticamente da Piero Chiara, nonché dalla dedizione al Decameron sviluppata da Nella Giannetto intorno agli anni Novanta e approdata al volume Il ‘Decameron’ o l’ideologia del gioco, probabile tappa per la pubblicazione di una monografia più completa alla quale non avrebbe potuto successivamente mettere mano. 1 In effetti proprio alla fine degli anni Ottanta, quindi nel periodo in cui diviene oggetto di studio intensivo in Italia, il fantastico sembra cessare di esistere come forma letteraria vivente, confluendo nella terminologia critica con i vantaggi che sarebbero emersi, limitatamente beninteso alla dimensione storica, linguistica e testuale di predefinita competenza. A differenza del fantastico, il dominio dell’immaginario apre invece degli orizzonti nei quali l’interrogazione del testo pone altre domande e cerca eventualmente fantasmi alla maniera di Lacan e non più fantasmi di Canterville, che tuttavia non bastano da soli a sostenere l’impatto di una critica più esigente e consapevole dello scarto rappresentato dalla natura indeterminata della scrittura e del correlarsi a essa di universi inter- e meta discorsivi come la parodia, la riscrittura, la traduzione. 2 Con riguardo al giudizio di Debenedetti, Bonifazi aveva ribattuto :  





Non ci sembra che, secondo la metafora del critico, il fantastico buzzatiano sia una sorta di giuoco gratuito e di divertimento di moda, malgrado certi aspetti sicuramente consumistici e una certa produzione di serie. 3  

Infatti, avrebbe aggiunto Giannetto, c’è il « coraggio della fantasia ». Ma l’asserzione impugnata da Bonifazi risaliva piuttosto a Emilio Cecchi, quando aveva avvisato :  





è chiaro, nel caso specifico, che si tratta d’un’arte dove, superiormente intesa, è assai della natura del giuoco. Non nel significato secondo il quale alcuni romantici tedeschi interpretavano come giuoco tutta l’attività estetica. Ma in significato più particolare e caratteristico. Nel significato d’un giuoco di simboli, di emblemi, di allegorie, d’una araldica dello sgomento. Si potrebbe dire che di quel senso universale d’una attesa catastrofica, di una fatalità imminente, di una presenza di mostri subdolamente addormentati con un occhio solo, dentro alle pieghe del vivere quotidiano : di tale senso, cui alludevamo in principio, il Buzzati, con versatilità di combinazioni davvero eccezionale, sa darci innumerevoli simbologie e figure allegoriche. Dal punto di vista dell’immediatezza e dell’intensità, non può essere lo stesso, come se l’impressione dell’angoscia e del terrore scaturisse direttamente dalla pienezza d’un fatto vivo, da una situazione d’irrecusabile forza realistica. Tra le due cose, è il divario che separa una pantomima o un balletto da un vero e proprio dramma. Un’aura di fiaba, il senso d’una vitalità gratuita senza peso, sono infatti ancora inseparabili da certe operazioni di questa fantasia. 4  



1  N. Giannetto, Il “Decameron” o l’ideologia del gioco, Milano, Cooperativa Libraria i.u.l.m., 1992. 2  Si tratta delle pieghe della ricerca evidenziate, nel complesso, dagli studi raccolti in Dino Buzzati : la lingua, le lingue, cit. ; da tener conto, in un eventuale futuro discorso su questi aspetti di comparatistica ‘buzzatiana’, anche degli atti del successivo Convegno di Bruxelles del 1992, Dino Buzzati : Un écrivain européen. Problèmes de traduction et d’analyse textuelle, « Idioma », 5, 1993. 3  N. Bonifazi, Teoria del fantastico, cit., pp. 154-155. 4  E. Cecchi, Libri nuovi e usati, cit., pp. 135-136.  









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Valeva la pena di trascrivere il lungo brano, per comprendere quanto si fosse avvicinato Cecchi al concetto di allegoria ‘oratoria’, caro a Starobinski e a Italo Calvino, 1 e perché risulti incontestabile e quindi autorizzata la svolta verso le nuove declinazioni del testo narrativo suggerita da Giannetto. L’immersione nella parentesi del fantastico era stata tuttavia necessaria per riportare alla luce contenuti rimossi e fare quindi chiarezza su certi conti ancora in sospeso, tutti interni alla più recente storia letteraria e culturale italiana e attribuibili all’incidenza della critica letteraria e della didattica della lettura nella costruzione di un canone della contemporaneità che, all’inizio degli anni Novanta, appariva del tutto sconvolto, con Calvino, Buzzati (quindi a seguire Parise, Ortese, Manganelli) inopinatamente in primissimo piano.  

Impaginazioni figurativo-fantastiche Non deve pertanto stupire che, per i distinti statuti della critica letteraria e della critica d’arte, il percorso della ricezione interpretativa del Buzzati artista e autore del Poema a fumetti non abbia conosciuto il medesimo iter. Questo a decorrere dalla rilevanza del concetto di ‘arte fantastica’ nel profilo storico e teorico delle arti visive moderne, assai minore a confronto con la teoria della letteratura e nonostante gli interventi maturati ai margini del Surrealismo da figure di primo piano come Roger Caillois e Marcel Brion, autore quest’ultimo di saggi notevolissimi, anche sull’arte buzzatiana. Non si intende assolutamente approfondire la questione, bensì, chiudendo questa rassegna, formulare una chiave di interpretazione del carattere paradossalmente immediato della fortuna di Buzzati come artista, rispetto alla precarietà della ricezione come scrittore. La partecipazione di Buzzati nel dibattito degli anni Trenta e Quaranta restava, per così dire, dormiente tra Realismo magico e Neorealismo, mentre nutrendosi di letture impropriamente dette ‘classiche’, giacché di capolavori del fantastico si parla, e sicuramente obsolete, 2 il Narratore aveva maturato il proprio stile. Al contrario, a partire dalla fine degli anni Cinquanta, l’impegno come ‘cronista’, beninteso, e non critico d’arte 3 per il suo giornale, determinerà un’adesione osservatrice forse ironica, comunque indubbiamente diretta, alle avanguardie storiche e alle principali tendenze in atto. Se nei Miracoli di Val Morel approdano inquietudini tematiche comuni alla temperie espressionista (con Kaf ka e Kubin autori guida per la ricerca congetturale delle convergenze), 4 del tutto aproblematico si configura invece l’inserimento di Buzzati nel quadro delle tecniche artistiche tra post-Surrealismo e pop-art. Più precisamente, lungo questa direttrice figurativo-fantastica si possono trovare affiancati in Buzzati l’espressionismo degli ex-voto, il Surrealismo memore di De Chirico nell’opera pittorica maggiore, 5 il  







1  Per l’intersezione delle funzioni del fantastico e dell’allegoria ‘oratoria’, cfr. A. Scarsella, La regressione calcolata. Appunti su critica, poetica e fortuna di Italo Calvino, « Comparatistica », iii, 1991, pp. 85-104. 2  Cfr. A. Lagoni Danstrup, Buzzati e Calvino, cit., pp. 140-141. N. Giannetto, Il sudario delle caligini, cit., pp. 75 ss. e p. 108. 3  Cfr. A. Montenovesi, Buzzati cronista d’arte, in Il pianeta Buzzati, cit., pp. 375-383 : 375. 4  Cfr. A.P. Zugni Tauro, L’affabulazione fantastica ne “I miracoli di Val Morel”, in Il pianeta Buzzati, cit., pp. 345-346 : « il drago, il suicidio, il sadismo, la crudeltà contro gli animali, la natura in tempesta, i mostri, le visioni, i lupi, Orfeo e Euridice, la solitudine, l’ingresso all’inferno, lo spettro del mare, i crolli, il “formicaio” umano ». 5  Cfr. N. Comar, Dino Buzzati. Catalogo dell’opera pittorica, Grado, Edizioni della Laguna, 2006. Se l’Associazione Internazionale Dino Buzzati non avesse altri meriti, resterebbe in ogni modo l’aver realizzato la missione  











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premesse storico-critiche e studio del fantastico in italia

cut-up infine e il riuso di seconda mano, concentrato sulle ‘forme espressive verbo visive della cultura popolare’ del Poema a fumetti. 1 Ma le tre estetiche sembrano sovrapporsi 2 nelle 212 tavole di quest’opera d’arte totale, almeno nelle ambizioni malcelate del suo autore. Comunque opera unica e inimitabile, che appare sempre più chiaramente come una sintesi pienamente rappresentativa di tutto Buzzati e mai definitivamente lontana dai miti già invecchiati del secolo ‘breve’, in primo luogo dal mito della città quale contesto dell’immaginario familiare tanto al cronista, quanto all’elzevirista. Derogando a un ethos acquisito come un galateo accademico, chi scrive affiderà la conclusione a un’ultima citazione desunta da quello che è forse l’ultimo scritto di Nella Giannetto pubblicato, dove si sottolineava l’eterogeneità delle fonti del Poema e, nel contempo, la sua unitarietà dal punto di vista di un fantastico in cui sopravviva la perenne attualità del mito :  





Vanno ricordati gli artisti : il disegnatore Rackham, De Chirico, Dalì, Magritte, la pop art (Liechtenstein, in particolare, citato nella sovraccoperta…). E gli amati autori della letteratura fantastica con cui Buzzati sin da giovane si era intrattenuto : Edgar Allan Poe e Ernest Theodor Hoffmann. Ma fondamentale è anche la presenza del suo mondo di pittore e scrittore. La sua Milano, soprattutto. E le immagini femminili, le giacche, i cagnoni. Ma anche le sue montagne. E riesce a combinare il tutto in una storia particolare, che si colloca nella falsariga di un mito classico. 3  





del catalogo della pittura buzzatiana, ‘impossibile’ consideratane lo stato dispersivo. Uscito dopo la perdita di Nella Giannetto, il volume ne conferma, per testimonianza della curatrice, l’impegno come promoter fino agli ultimi istanti. 1  G. Gargiulo, Il lettore degli anni Sessanta nel “cut-up” di Poema a fumetti, in Il pianeta Buzzati, cit., pp. 293-306. 2  Cfr. A. Del Puppo, Buzzati 1969 : il “Poema” e la pittura, in Buzzati 1969 : il laboratorio di “Poema a fumetti”, a cura di M. Ferrari, Milano, Mazzotta, 2002, pp. 19-28 ; Id., Il laboratorio di “Poema a fumetti” : tra metafisica e “Surrealismo, in « Poema a fumetti » di Dino Buzzati nella cultura degli anni ’60 tra fumetto, fotografia e arti visive, Atti del Convegno Internazionale (Feltre e Belluno, 12-14 settembre 2002), a cura di N. Giannetto con la collaborazione di M. Gallina, Milano, Mondadori, 2005, pp. 85-100. 3  N. Giannetto, Orfeo e il viaggio nell’oltretomba. Percorsi buzzatiani dalle origini a « Poema a fumetti », in « Poema a fumetti » di Dino Buzzati, cit., p. 145.  



















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UNA LUNGA FEDELTÀ. DINO BUZZATI E L’‘ITALIA MAGICA’ Alvaro Biondi i. 1. Realismo magico, Surrealismo italiano, Italia magica

R

itorno a Feltre dopo quasi vent’anni e questo spiega perché per la mia relazione, si parva licet, mi sia appropriato di un ben noto titolo continiano : dove però la ‘lunghezza’ della fedeltà non ha un significato del tutto positivo. Corrisponde ad una troppo protratta durata. Quando penso al mio lavoro mi sovviene sempre l’espressione di Jules Rénard : Per non scrivere un romanzo, e la traduco mentalmente in Per non scrivere un libro su Buzzati. Oggi però la parabola si chiude davvero e così il volume sarà presto in libreria. 1 Mi ha consolato leggere, proprio pochi giorni prima dal convegno, una riflessione di George Steiner :  







Un libro non scritto è più di un vuoto. Accompagna l’opera che si è compiuta come un’ombra fattiva insieme ironica e dolente. È una delle vite che non abbiamo potuto vivere, uno dei viaggi che non abbiamo intrapreso. 2  

E devo dire che davvero in tutti questi anni ho sentito l’impegno di questo libro come un’« ombra fattiva », secondo la bellissima definizione steineriana, una specie di piccola utopia personale sempre viva ed efficace anche nell’ossessione e nella nevrosi del sempre rinviato compimento. Nella mia prima sortita in terra di Feltre volli indugiare soprattutto sulla lettura di Buzzati (specialmente di Bàrnabo, del Deserto e di Un amore) ; 3 ma l’autore per me era anche un caso esemplare di un problema che mi s’era posto già da una decina di anni : dal convegno Una giornata per Landolfi (1979) organizzato presso la Facoltà di Magistero di Firenze per la spinta e la cura di Sergio Romagnoli. Mi ero assunto, in quella occasione, il compito di esaminare la posizione critico-storiografica di quegli autori che, tra gli anni Trenta e gli anni Quaranta, non risultavano facilmente collocabili e venivano troppo sbrigativamente contrassegnati con generiche e troppo vaghe etichette : magici, magico-surreali, fantastici, metafisici, ecc. Avendo preso come auctoritas di riferimento nientemeno che Gianfranco Contini, avevo sottomano la famosa antologia La letteratura dell’Italia unita (1861-1968), 4 il volume Otto-Novecento 5 allestito da Roberto Bigazzi e naturalmente quell’Italie magique del 1946 che non risultava ancora tradotta in italiano  















1  Il mio libro Il Tempo e l’Evento. Dino Buzzati e l’“Italia magica”, è nel frattempo in corso di stampa presso l’editore Bulzoni di Roma. 2  G. Steiner, I libri che non ho scritto, trad. it. di F. Conte, Milano, Garzanti, 2008, p. 8. 3  A. Biondi, Metafora e sogno : la narrativa di Buzzati fra “Italia magica” e “surrealismo italiano”, in Il pianeta Buzzati, Atti del Convegno Internazionale (Feltre e Belluno, 12-15 ottobre 1989), a cura di N. Giannetto, con la collaborazione di P. Dalla Rosa, M.A. Polesana, E. Bertoldin, Milano, Mondadori, 1992, pp. 15-59. 4  Firenze, Sansoni, 1968. 5  G. Contini, Letteratura Italiana, tomo iv, Otto-Novecento, Firenze-Milano, Sansoni-Accademia, 1974.  

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(lo sarà soltanto nel 1988 per la cura di Sergio Pautasso) 1 e che potevo utilizzare per le ampie citazioni rinvenibili nel volumetto de « Il Castoro » dedicato a Bontempelli da Fernando Tempesti. 2 Il titolo della mia relazione fu allora L’“Italie magique”, il Surrealismo italiano e Tommaso Landolfi. 3 In che cosa consisteva l’operazione critica da me allora tentata ? Nello scindere quello che Contini aveva unito nell’Italie magique 4 dando a quel termine un significato diverso. Se per Contini rientravano nell’antologia, insieme, autori come Palazzeschi, Baldini, Lisi, Zavattini, Morovich, Moravia, Landolfi e Bontempelli, quegli autori mi apparivano troppo diversi (anche se alcuni citati solo per una parte della loro opera : vedi Moravia col suo racconto Il coccodrillo) per essere riuniti sotto un’unica formula. Proposta : rompere l’unità, partire da quanto era già definito, come il ‘realismo magico’ di Bontempelli, affermare la realtà di un vero e proprio Surrealismo italiano (pensavo a Landolfi, ma anche a Savinio e a Delfini) per poi utilizzare la dizione ‘Italia magica’ per tutti quelli che, chiediamo scusa dell’autocitazione, occupano un’area autonoma e più ampia :  



















Il territorio dell’“Italie magique” è assai più vasto e comprende ogni autore la cui pagina viva di un qualche rapporto tra il reale (inteso nelle sua configurazione di apparenza quotidiana e fenomenica) e l’altro (realtà superiore, misteriosa, addirittura metafisica, o semplicemente il diverso, l’inusuale, il meraviglioso o addirittura l’illusione). 5  

Per concludere : tre aree distinte, anche se confinanti. Certo non risultava più sostenibile allora (nel 1979), com’era forse nel ’46 quando Contini allestiva il suo volume, gettare un unico cappello storiografico su tre realtà tanto diverse. Rimandiamo al nostro studio per tutte le pezze d’appoggio di quella interpretazione ed anche al lavoro successivo Metafora e sogno. Il Surrealismo italiano dagli anni trenta agli anni quaranta. 6 Fu, quel tentativo, cosa non del tutto indegna se piacque ad un critico dell’intelligenza e della severità di Luigi Baldacci. 7 Questo breve cappello un po’ autocelebrativo mostra la sua utilità in questo punto del discorso perché porta l’attenzione sul luogo nel quale il mio primo studio era nato e dove i miei interessi si erano formati. Firenze poteva essere ed era realmente un luogo privilegiato per cogliere certi segnali e intravedere certe zone da esplorare. Firenze vuol dire molte cose : vuol dire Baldacci con l’esercizio cinquantennale di un’autorità capace di riscoprire e riproporre figure dimenticate o incomprese : da Bontempelli a Papini, da Palazzeschi a Tozzi. Firenze vuol dire Piero Bigongiari che, a parte il contributo del  









1  Italia magica. Racconti surreali novecenteschi scelti e presentati da Gianfranco Contini, Torino, Einaudi, 1988. 2  « Si tratta di un libro irreperibile nelle biblioteche italiane, che bisogna andarsi a leggere all’estero, come una medicina proibita […]. Alla Biblioteca Nazionale di Parigi c’è » (F. Tempesti, Massimo Bontempelli, Firenze, La Nuova Italia, 1974, p. 75). Bibliograficamente non era cosa ineccepibile, ma io allora non potevo andare a « leggerlo all’estero », né, ai fini del mio lavoro, ciò era indispensabile dato il quasi totale squadernamento che ne faceva il Tempesti. 3  A. Biondi, L’“Italie magique”, il Surrealismo italiano e Tommaso Landolfi, in Una giornata per Landolfi, Atti del Convegno (Firenze, 26 marzo 1979), a cura di S. Romagnoli, Firenze, Nuovedizioni Enrico Vallecchi, 1981, pp. 28-88. 4  Preciso una volta per tutte che Italie magique (o Italia magica) corrisponde alla citazione del testo continiano, mentre ‘Italie magique’ (o ‘Italia magica’) indica il concetto storiografico che intendo proporre. 5  A. Biondi, L’“Italie magique”, il Surrealismo italiano e Tommaso Landolfi, cit., p. 33. 6  Id., Il Surrealismo italiano dagli anni trenta agli anni quaranta, in Dai solariani agli ermetici. Studi sulla letteratura italiana degli anni venti e trenta, a cura di F. Mattesini, Milano, Vita e Pensiero, 1989, pp. 267-316. 7  « Non so se sia il saggio migliore, ma certamente il più vicino al mio modo di leggere e di pensare è quello di Alvaro Biondi […] : e mi pare che al Biondi non sfugga proprio nulla » (L. Baldacci, Lo sconforto di Landolfi, « La Nazione », 2 dicembre 1981).  

















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suo lunghissimo, ininterrotto apporto poetico, ha contribuito a mantenere vivo con il suo lavoro di docente e di critico il rapporto con la letteratura francese e, per quanto ci riguarda, specificatamente con il Surrealismo. 1 Firenze vuol dire Oreste Macrì, il quale, già negli anni Quaranta, aveva scritto quel saggio Nozione del surreale 2 che nella cultura ermetica ebbe tanta importanza ; vuol dire Ruggero Jacobbi e la sua ‘passione surrealista’ che lo porterà a puntare tutto sulle Avanguardie e su quel movimento nella sua ricostruzione del Novecento, purtroppo incompiuta, ma ben definita nelle linee di fondo e in tante illuminanti chiarificazioni. 3 Ma, allora, lavorare a Firenze significava sentire ancora particolarmente vivo o comunque ancora attivo, in sia pur nuove direzioni, quell’Ermetismo che negli anni Trenta e Quaranta aveva dettato il verbo alla poesia italiana. E dire ‘Ermetismo’ comportava ripensare a tutto il fermento culturale e a tutto l’interscambio con la Francia, con tutti i movimenti più significativi dell’Ottocento e del Novecento dal Simbolismo al Surrealismo. Si pensi a L’idea simbolista di Luzi, 4 ai lavori lì maturati di Carlo Bo : Antologia del Surrealismo e Bilancio del Surrealismo. 5 Ma Firenze vuol dire proprio la presenza fisica di poeti come Luzi, Bigongiari, Parronchi : insomma la vita vera della poesia che, mentre fermentava e nasceva in forme rinnovate e diverse, ancora ci faceva sentire l’eco potente della grande stagione ermetica. I giovani di quel convegno sono poi maturati dando ricchi frutti di lavoro e continuando a coltivare e a sviluppare quegli interessi e quegli studi. Come io ho tenuto poi molti seminari e corsi su Buzzati e sugli autori dell’‘Italia magica’ e su quelli del ‘Surrealismo italiano’ facendo appassionare a queste letture generazioni di studenti, assegnando e seguendo tesi e ricerche, così è stato per tanti miei colleghi. Non direi che Firenze sia divenuta uno specifico ‘centro di studi buzzatiani’, ma certo è stata ed è un luogo di importantissime ricerche sugli autori di quell’area che in particolare ci interessa. Basti pensare agli studi su Palazzeschi e a tutta l’attività del Centro Palazzeschi, appunto ; al convegno su Loria 6 e al grande convegno Gli ‘Altrove’ di Landolfi. 7 Ricordo, tra le molte tesi di argomento buzzatiano che ho assegnato, quelle di Francesco Benucci su Buzzati tra ‘Italia magica’e ‘Surrealismo italiano’ 8 e poi quella specialistica (che spero ancora di vedere prima o poi parzialmente ripresa dalla rivista del nostro Centro Studi) su Dino Buzzati : dal romanzo al film. E ricordo appena di sfuggita la correlazione della tesi di Alessandra Baldi su Buzzati scrittore per l’infanzia, assegnata dal professor Giuseppe Nicoletti, dalla quale è stato tratto un articolo pubblicato su « Studi buzzatiani ». 9 Firenze vuol dire per me l’insegnamento inimitabile di Claudio Varese, sempre attento  































1  Cfr. almeno P. Bigongiari, Poesia francese del Novecento, Firenze, Vallecchi, 1968 (ivi, compreso Meraviglia di Breton, pp. 97-114) ; Id., Poesia italiana del Novecento, Milano, Il Saggiatore, tomo I, 1978 ; tomo II, 1980 (ivi compreso Il Surrealismo e l’Italia, pp. 462-471 [1974]). 2  O. Macrì, Nozione del Surreale, in Id., Esemplari del sentimento poetico contemporaneo, Firenze, Vallecchi, 1941, pp. 309-321. Si veda ora la ristampa anastatica del volume, con Prefazione di A. Dolfi, Trento, La Finestra, 3  R. Jacobbi, L’avventura del Novecento, a cura di A. Dolfi, Milano, Garzanti, 1984. 2003. 4  M. Luzi, L’idea simbolista, Milano, Garzanti, 1959 [19772]. 5  C. Bo, Antologia del Surrealismo, Milano, Edizioni di Uomo, 1944 ; Id., Bilancio del Surrealismo, Padova, Cedam, 1944. 6  L’opera di Arturo Loria, Atti del Convegno (Firenze, 21-22 febbraio 1991), a cura di R. Guerricchio, Firenze, Festina Lente, (Atti Vieusseux, 4), 1993. 7  Gli ‘Altrove’ di Tommaso Landolfi, a cura di I. Landolfi e E. Pellegrini, Roma, Bulzoni, 2004. 8  Tesi discusse rispettivamente nell’a.a. 2003-04 (relatore A. Biondi, correlatore A. Dolfi ) e nell’a.a 2004-05 (relatore A. Biondi, correlatore A. Dolfi ). 9  A. Baldi, « I perché di Buzzati » : una corrispondenza con l’infanzia, « Studi buzzatiani », xi, 2006, pp. 13-30.  















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(lui, grande manzonista) al rapporto tra ‘storia’ ed ‘invenzione’ anche nei suoi vasti interessi novecenteschi (da Sciascia a Dessì, al ‘fantastico’ di Borges, della Morante, di Vigolo, di Sgorlon e soprattutto di Italo Calvino, in un appassionato dialogo quarantennale). Guardando retrospettivamente lo sviluppo e lo svolgimento degli studi sull’argomento nel ventennio (direi meglio : nel trentennio 1978-2008) si deve registrare che molto impegno critico è stato investito sul filone del ‘Surrealismo italiano’. Da un lato lo si è studiato in opere monografiche : vedi il volume di Luigi Fontanella, Il surrealismo italiano, apparso da Bulzoni nel 1983 ; dall’altro si sono letti con maggior attenzione molti autori : Savinio, Landolfi, Delfini, ad esempio. E l’elenco è solo indicativo. Nel caso dei poeti, poi, il lavoro sotterraneo svolto dal Surrealismo nei confronti dell’Ermetismo fiorentino veniva sempre più in luce a mano a mano che si ampliava la conoscenza di Luzi, Bigongiari ed anche di poeti d’altra estrazione, ma attivi a Firenze, come Gatto, Sinisgalli e Bodini. Ma contò soprattutto il movimento complessivo : tanti saggi nacquero e s’imposero, che nel leggere e nell’interpretare singoli autori, guardavano e scandagliavano quella componente. Può essere utile, intanto, un rapido sondaggio per verificare se la nozione di ‘Surrealismo italiano’ sia penetrata nella corrente storiografia. Abbiamo scelto un volume a destinazione scolastica come la Storia della Letteratura italiana di Giulio Ferroni. Nel suo Novecento, all’interno di un capitolo intitolato Le forme della prosa tra le due guerre, si domanda : « Esiste un ‘Surrealismo italiano’ ? ». Ferroni, dopo aver spiegato genesi e caratteri del Surrealismo francese, capace di agire « in profondità su tutto l’immaginario europeo », giunge ad affermare :  























Più direttamente il Surrealismo agì su una narrativa in cui il fantastico si collegò ad audaci scomposizioni, a scatenate associazioni, a sottili giochi intellettuali. Nei paragrafi successivi si seguono le espressioni essenziali e originalissime di questo Surrealismo narrativo italiano nell’opera di tre autori che percorrono vie assolutamente individuali e che vanno riconosciuti tra i maggiori di quest’epoca : Savinio (che ebbe rapporti diretti, anche per le sue attività di artista, col Surrealismo francese e con Breton) e i più giovani Landolfi (che più a lungo di tutti continuò a svolgere la sua attività nel dopoguerra) e Delfini. Ma a un Surrealismo ‘diffuso’, a un livello meno penetrante ed essenziale, possono collegarsi anche autori come Buzzati e i vari ‘umoristi’ […]. Il Surrealismo agì inoltre, anche se intrecciato con altre esperienze della tradizione poetica europea, sulla poesia degli anni Trenta, e in particolare su alcuni aspetti dell’ermetismo. 1  



Così il Ferroni codificava e consacrava una linea surrealista italiana, assegnando poi un buon numero di pagine ai suoi tre riconosciuti esponenti maggiori (Savinio, Landolfi e Delfini), ciascuno dei quali illuminato nella sua specificità. Nel campo delle più vaste imprese storiografiche abbiamo fermato l’attenzione sulla Letteratura Italiana diretta da Enrico Malato. Qui nel volume ix (Il Novecento), Eugenio Ragni disegna l’ampio panorama Cultura e letteratura dal primo dopoguerra alla seconda guerra mondiale. Ben chiarita la posizione di Bontempelli :  

Si direbbe che un tale programma possa apparentarsi col Surrealismo […] ; in realtà, dal momento che veniva negata ogni validità artistica alle voragini dell’inconscio e ai suoi simboli, del Surrealismo il realismo magico conserva ben poco. 2  



1  G. Ferroni, Storia della letteratura italiana. Il Novecento, Milano, Einaudi scuola, 1991, pp. 218-219 (il corsivo è mio). 2  E. Ragni, Cultura e letteratura dal primo dopoguerra alla seconda guerra mondiale in Letteratura Italiana diretta da E. Malato, vol. ix, Il Novecento, Parte i, Tra le due guerre, Roma, Salerno Editrice, 2000 (dall’edizione speciale per « Il Sole 24Ore », Roma, 2005), p. 357.  



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Si dedica un paragrafo, il 19, all’Itinerario autobiografico introspettivo e alla vena surrealista di Alberto Savinio, nel quale l’analisi più attenta si volge alle due opere sull’infanzia : da un lato Tragedia dell’infanzia (1937), dall’altro Infanzia di Nivasio Dolcemare (1941) per approdare alla conclusione che la costante autobiografica di questi testi serve all’autore « per inoltrarsi nei recessi altrimenti insondabili della psiche e della surrealtà ». 1 Altrettanto ampia e motivata la lettura di Landolfi, le cui opere La pietra lunare (1939) e Il Mar delle Blatte (1939) « si collocano in ambito decisamente surrealista ». 2 Viene invece ridimensionato il Surrealismo di Antonio Delfini. 3 Quanto al nostro Buzzati si osserva che la sua prosa trova « la particolarissima risorsa di ‘verità dell’immaginario’ ». 4 Che dire ? Quando certe definizioni storiografiche si stabilizzano nelle ampie Storie specialistiche, discendono poi ‘per li rami’ anche nella manualistica ordinaria. Citiamo anche l’ampia rassegna di Silvana Cirillo sui Fantastici, surrealisti e realisti magici nel volume xi della Storia generale della letteratura italiana diretta da Nino Borsellino e Walter Pedullà. 5 Nessuno può attendersi che gli autori degli anni Trenta-Quaranta siano strettamente inquadrati in rigide incasellature corrispondenti rispettivamente al ‘Realismo magico’, al ‘Surrealismo italiano’ e all’‘Italia magica’. Anche perché non solo ci sono stratificazioni didattiche consolidate difficili da infrangere, ma soprattutto perché la realtà storica dei movimenti letterari, delle poetiche, degli autori e dei loro personali svolgimenti ha una sua grande complessità ed esige il rispetto che le si deve : si pensi, tra l’altro, al significato e all’importanza delle riviste (da « La Voce » a « La Ronda », da « Novecento » a « Solaria »), ciascuna delle quali è stata un riferimento di cui la storiografia non può sottacere l’importanza, ciascuna delle quali ha espresso una sua idea di letteratura ed ha raccolto attorno a sé (pur con molti interscambi, talvolta) un numero non piccolo di scrittori. Comunque, a questo punto converrà ricordare una distinzione precisa e sicura di Luigi Baldacci :  













































Per Surrealismo s’intende una cosa molto precisa anche se, nel suo interno, molto complessa e contraddittoria. In quanto cosa precisa, il Surrealismo di Breton ha poco a che fare col novecentismo bontempelliano. […] Bontempelli […] fingeva di credere al mistero ; il Surrealismo credette all’inconscio (che è cosa ben diversa). 6  



Oggi il compito diventato più urgente è questo : definire, proprio nel pieno senso etimologico, l’‘Italia magica’, quale ne sia l’essenza, quale il determinato periodo storico in cui ebbe corso, chi ne fece realmente parte. Indicativamente : Antonio Baldini, Nicola Lisi, Cesare Zavattini, Enrico Morovich – già inclusi nell’antologia continiana – ma anche Bruno Barilli, Emilio Cecchi, Arturo Loria, Nino Savarese. Anche se oggi (2008) sono più disposto che in passato a mettere in rilievo le componenti oniriche dell’opera buzzatiana, resto sostanzialmente fedele all’idea che di un vero e proprio ‘Surrealismo buzzatiano’ sia improprio parlare. Non vi sono in Buzzati né lo sprofondamento negli abissi del sogno né il labirintico perdersi nell’azzardo del ‘caso oggettivo’ e dell’‘oggetto surrealista’. Si deve, piuttosto, parlare di una ‘doppia realtà’ di Buzzati. C’è un suo racconto intitolato La casa dell’abate Bic, 7 che è una dichiarazione di poetica. L’abate Bic, vescovo di Gressoney, vive in un piccolo appartamento collocato  





1  Ivi, p. 383. 2  Ivi, p. 389. 3  Ivi, pp. 393-397. 4  Ivi, p. 397. 5  S. Cirillo, Fantastici, surrealisti e realisti magici, in Storia generale della Letteratura Italiana diretta da W. Pedullà e N. Borsellino, vol. ix (Le forme del realismo), Milano, Federico Motta Editore, 1999, pp. 146-221. 6  L. Baldacci, Massimo Bontempelli, Torino, Borla, 1967, p. 163. 7  D. Buzzati, La casa dell’abate Bic, in Id., In quel preciso momento, Milano, Mondadori, 1965, pp. 94-96.

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di fronte a quello del narratore, il quale osserva col binocolo ciò che dentro vi si svolge. E qui la dichiarazione di poetica si fa denuncia della falsità della letteratura, della sua pretesa di conoscere e di raccontare l’esistenza umana. Scrive l’autore-narratore : « I più autentici motivi dell’uomo sono lì, irraggiungibili […]. Poi gli scrittori scrivono i romanzi raccontando solo quello che si vede ; presumono, ecco il fatto. Il più importante è là dietro ». 1 Il più importante resta non detto, non conosciuto, misterioso. Il compito della letteratura, se non vuol ridursi a pura menzogna, a ‘presunzione’ (« presumono, ecco il fatto ») 2 è cercare di indovinare, di ‘vedere’ quello che non si vede, che sta oltre i muri. Buzzati è soprattutto grande scrittore dell’‘Italia magica’, di quella linea che non s’identifica con il ‘Realismo magico’ bontempelliano né con il vero e proprio ‘Surrealismo italiano’, ma si realizza comunque nella tensione tra il reale e l’Altro, tra il visibile e l’invisibile, tra il fisico e il metafisico. Nella sua bella e ancor valida monografia su Bontempelli (1979) Fulvia Airoldi Namer ipotizzava una « scuola della letteratura fantastica » di cui Bontempelli sarebbe il vero « capofila » ed elencava tra gli adepti possibili, oltre ai collaboratori di « 900 », anche scrittori come Savinio e Zavattini e perfino come Buzzati e Landolfi. 3 Nello stesso anno usciva il volume di Antonio Saccone Massimo Bontempelli. Il mito del ’900 che aveva anzitutto il merito di riportare l’Indice sistematico di « 900 », ma anche quello di leggere in chiave ‘metafisica’ opere di Bontempelli come La scacchiera davanti allo specchio ed Eva ultima. 4 Lo studioso presentava una pagina intesa a raccogliere i novecentisti in un unico spazio, quello bontempelliano di maggiore o minore osservanza, osservando che ciascuno di essi, pur esprimendo in forma personale e diversa aspetti dell’estetica bontempelliana, finiva per costituire un tratto della medesima linea : come dire che era esistita una precisa tendenza letteraria, se non una scuola vera e propria : da Gallian ad Aniante, da Paola Masino a Corrado Alvaro. 5 Ma se per Saccone questo è il vasto panorama del Novecentismo, a sua volta Silvana Cirillo ha proposto, più recentemente (2006), un quadro molto ampio del ‘Surrealismo italiano’ incentrato in buona parte sugli stessi autori : nella Introduzione al volume Nei dintorni del Surrealismo fa rientrare in quel territorio autori come Savinio, Zavattini, Landolfi, Delfini, Bontempelli, Morovich, De Chirico, De Libero, Alvaro, Gallian, Paola Masino. 6 La nostra proposta consiste proprio in questo : nell’introdurre un terzo spazio, quello dell’‘Italia magica’, più vasto degli altri due, con i caratteri che sopra abbiamo indicato. Molti contributi, ma non troppi lumi (per quanto riguarda le questioni storiografiche ancora grande è la confusione sotto il cielo) sono giunti dal grande convegno di Cagliari (2006) dedicato appunto a ‘Italia magica’. Letteratura fantastica e surreale dell’Ottocento e del Novecento. 7 Ognuno ha presentato l’apporto derivante dai propri interessi di studio e dalla propria ‘specializzazione’ ; molti hanno offerto approfondimenti e aggiornamenti dei loro lavori  



















































1  Ivi., p. 95. 2  Ibid. 3  F. Airoldi Namer, Massimo Bontempelli, Milano, Mursia, 1979, p. 186. 4  A. Saccone, Massimo Bontempelli. Il mito del ’900, Napoli, Liguori, 1979, cap. ii, L’ideologia dell’artefice e la forma ‘metafisica’ (da « La scacchiera davanti allo specchio » a « Eva ultima »), pp. 60-87. 5  Ivi, p. 133. 6  S. Cirillo, Introduzione a Ead., Nei dintorni del surrealismo, Roma, Editori Riuniti, 2006, pp. 7-20. 7  « Italia Magica ». Letteratura fantastica e surreale dell’Ottocento e del Novecento, Atti del Convegno (CagliariPula, 7-10 giugno 2006), a cura di G. Caltagirone e S. Maxia, Cagliari, AM&D, 2008.  











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precedenti e delle loro direzioni di ricerca ; altri, riprese del loro impegno teorico, come i ritorni sul fantastico di specialisti quali Remo Ceserani, Filippo Secchieri, Monica Farnetti, Angelo M. Mangini ; tanti hanno consegnato i risultati delle loro letture di testi. Ma qualche dubbio ci coglie. E intanto : si possono collocare sotto la formula-etichetta ‘Italia magica’ momenti, aspetti, opere della letteratura italiana di due secoli addirittura, l’Ottocento e il Novecento, quando essa è nata per indicare e raccogliere un gruppo ben delimitato di autori operanti tutti in un ben determinato periodo storico, quello dell’Italia letteraria tra gli anni Trenta e gli anni Quaranta ? E se il fantastico, comunque lo si voglia definire, è un genere letterario (o un ‘modo’ ?) e il Surrealismo è un movimento letterario, una categoria storiografica, come possono essere raccolti e, per così dire, riunificati in un unico termine comprensivo dell’uno e dell’altro ? Notiamo tuttavia come, tra tante analisi teoriche e tante prove di lettura, una studiosa, Beatrice Sica, si sia applicata umilmente ed acutamente ad un tema preciso e del tutto pertinente : appunto alla interpretazione dell’Italie magique di Gianfranco Contini. La Sica interpreta l’operazione antologica continiana come l’espressione della secolare resistenza della lucidità e razionalità italiana, di cui Contini si farebbe campione nell’Italie magique proprio ‘contro’ la Francia (e contro Breton in particolare) per contrapporre un italico « magico senza magia » e un italico « surreale senza Surrealismo », come scriveva Contini nella sua Prefazione. La studiosa lascia del tutto da parte altri strumenti offerti da Contini, in primo luogo l’antologia La letteratura dell’Italia unita, dove frequente è l’uso del termine ‘surrealista’ (e non nel senso dimidiato che vi vede la Sica). Addirittura, nell’intervista rilasciata a Ludovica Ripa di Meana, Contini giungerà a dire che l’« ermetismo ufficiale […] è una filiazione, in sostanza, del surrealismo e di Dada : è una ‘colonia’ come dicevano gli Arcadi, una colonia italiana del Surrealismo ». 1 La lettura dell’antologia continiana che la studiosa ci presenta è dunque forse un po’ troppo riduttiva per quanto riguarda l’atteggiamento complessivo del Contini, ma corretta e precisa per quello che attiene al testo esaminato : L’Italie magique. Con puntualità e precisione ha portato l’attenzione sulla matrice storica del tutto : quell’antologia, da cui il convegno ha assunto il titolo, leggendola appunto storicamente. Un lavoro necessario e chiarificatore. Se la Sica ha studiato proprio il testo continiano (Italia magica) dal quale è stato estrapolato, con estrema e indeterminata amplificazione, il titolo del convegno, Silvana Cirillo ha ripreso, da esperta di lungo corso qual è, un tema a lei caro, già da lei trattato pochi anni fa. Di qualche scrittore “balordo e umorista” s’intitola il suo saggio, derivando l’espressione appunto dalla Prefazione di Contini alla sua antologia. In effetti vi sono compresi gli stessi autori ai quali aveva dedicato, nel 2006, il volume Nei dintorni del Surrealismo ; e infatti qui li elenca, intanto che giustifica la loro identica collocazione critico-storiografica :  





































Perciò Savinio, Zavattini, Landolfi, il primo Alvaro, certo Gallian, certo Aniante, Paola Masino si presentano, tutto sommato, come gli artefici di un singolare e variegato Surrealismo nostrano : addomesticato, ammorbidito, non in gruppo, né in esplicita rivolta – date le circostanze storicoculturali, appunto – ma pur sempre polemico, trasgressivo, sognatore, umoristico e linguisticamente assai sperimentale, non tanto avventurato nel dettato automatico (tranne in pochi casi come Il fanalino della Battimonda, nell’Ipocrita ’43 di Zavattini o in certi racconti altamente accumu 

1  G. Contini, Diligenza e voluttà. Ludovica Ripa di Meana interroga Gianfranco Contini, Milano, 1989, p. 188.

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lativi di Landolfi ) quanto teso a conciliare le antinomie, in primis quelle di razionalità-inconscio e materia-spirito. 1  

La Cirillo fa giustamente riferimento ad un concetto ampio di Surrealismo, che non è solo scrittura automatica, ma anche infanzia, ‘meraviglioso’, rivolta culturale e politica, ecc. Eppure ci pare talvolta che tale richiamo sia troppo rigido : non basta parlare dell’infanzia e della meraviglia, del primitivo (il caso di Alvaro) per essere surrealisti. Qui, però, s’impongono alcune precisazioni. Il già citato volume Nei dintorni del surrealismo di Silvana Cirillo è il più importante che sia stato pubblicato, su questo argomento, dall’uscita de Il Surrealismo italiano di Luigi Fontanella (1983). 2 Il titolo della Cirillo annuncia prudentemente un viaggio nei dintorni del Surrealismo, ma presto e decisamente si volge a seguire il percorso del ‘Surrealismo italiano’ :  





Se Osvaldo Licini (pittore e scrittore marchigiano fiancheggiatore dei primi movimenti di avanguardia, fautore di una pittura improntata al “primitivismo fantastico”), Aldo Palazzeschi, il primo Savinio, gli immaginisti manifesteranno un debole per il nichilismo dadaista, alla visionarietà metafisica si rivolgeranno de Chirico, Carrà, Bontempelli e i novecentisti (Antonio Aniante, Marcello Gallian, Paola Masino), mentre infanzia, follia, grottesco, gioco, sogno, tutte le meraviglie e gli orrori del surreale saranno punti di riferimento costante per i racconti di Landolfi, Zavattini, Morovich, Savinio, De Libero, per Moravia surrealista (dei racconti satirici de L’epidemia), e il Pirandello surrealista (dei racconti di Una giornata) o il Buzzati di certi racconti. 3  

Un aspetto affascinante di queste letture è il loro sdipanarsi secondo categorie che la studiosa raccoglie dalle più diverse auctoritates (filosofi, psicologi, scrittori) in totale autonomia nei confronti della bibliografia specifica : come un recupero di quella verginità ed autenticità di lettura contro la cui perdita George Steiner ha polemizzato, vedendole messe a rischio dall’eccesso crescente e inarrestabile della ‘sopraffazione’ bibliografica. Ne nascono saggi sempre acuti e spesso illuminanti, guidati appunto da questo vario muoversi ed articolarsi della prospettiva di lettura. Per converso, dicevamo, si ha talora l’impressione che Silvana Cirillo abbia, alla fine, un suo sistema di certezze che può rischiare di sovrapporsi al ‘mondo del testo’ non tanto ricercandone le ragioni interne, tutte proprie dello scrittore e tali da mantenere, irradiandola, la loro verità, quanto facendole rientrare nelle misure precostituite del sistema dato, che non le prevede o non le contempla. Così in Buzzati la tematica della circolarità dell’esperienza esistenziale con la ricorrenza del « luogo isolato – chiuso – autonomo, come la Polveriera o il Forte Bastiani », 4 viene ‘spiegata’ con « l’investimento libidico dei luoghi chiusi » assunto dalle posizioni di Henry A. Murray ; 5 così nel paragrafo La finzione delle finzioni : Dio, l’esperienza mistica è ricondotta ad un « Dio creato dall’uomo, indimostrabile ma necessario. Il Dio dei mistici ». 6 Laddove il messaggio che deriva da tutta l’esperienza esistenziale di Buzzati e soprattutto da tutto il suo ‘mondo testuale’ è precisamente quello di un Dio ‘possibile’, di una realtà che ci sfugge o dalla quale noi fuggiamo, ma che ‘forse’, appunto, continuamente ci insegue, o ci ‘cerca’ (si pensi al rac 























1  S. Cirillo, Di qualche scrittore “balordo e umorista”, in L’« Italia Magica », cit., pp. 397-416 : 403. 2  L. Fontanella, Il Surrealismo italiano. Ricerche e letture, Roma, Bulzoni, 1983. 3  Ivi, p. 11. 4  Ivi, p. 40. 5  La Cirillo cita da H.A. Murray, Investimento libidico dei luoghi chiusi, in Il libro dei complessi, a cura di P. Gorgoni e P. Nuzzi, Milano, Mondadori, 1980, pp. 57-58 (sottolineatura nel testo). Francamente, questo riduzionismo è un po’ sconcertante. 6  Ivi, p. 42.  





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conto Venuto a cercarci) 1 o ci ‘aspetta’ (Ombra del sud). 2 Accanto al ‘cerchio’ come figura tipica del romanzo o racconto buzzatiano sta sempre la figura della linea, di quella linea del tempo che proprio Frank Kermode ha indicato come un « tendere verso », come la figura, suscitata dall’Apocalisse, del tempo finale, della prospettiva cristiana opposta alla circolarità del mondo greco. La Cirillo profila nettamente una realtà storiografica che si pone davanti come un terreno ampio, sia pur variegato e mosso, molto ricco di esempi e di figure, con una doviziosa abbondanza e diremmo ‘corposità’ suggestiva che ce lo propone con una sorta d’imperiosa presenza. Notiamo che tale cartografia letteraria passa attraverso movimenti che hanno già una loro costituita fisionomia storiografica (il ‘Realismo magico’, ad esempio) e figure che, nella loro dimensione prevalente, hanno e/o possono avere una caratterizzazione differente. Ma la Cirillo, che è ben padrona della sua materia ed è per questo una voce autorevole, risponderebbe probabilmente ai nostri rilievi che, senza negare ciò che è già storiograficamente costituito, ha voluto, anche di quei movimenti e di quegli autori, evidenziare i momenti di tangenza con il Surrealismo illuminando anche gli aspetti propriamente surrealisti di figure complesse che hanno avuto tempi e modi diversi di esprimersi. Se così è, in linea di massima, l’operazione ci trova non solo consenzienti, ma anche più che disposti a rallegrarci nel veder sempre più rinsaldato ed irrobustito il filone del ‘Surrealismo italiano’. Anche in questo caso comunque si permetta di insistere sulla necessità di non offuscare la realtà di ciascuna delle aree storiografiche individuate e in particolare sull’opportunità di evidenziare la linea dell’‘Italia magica’. Con queste avvertenze riprendiamo l’analisi del capitolo su L’ombra dell’Apocalisse nell’opera del primo Buzzati. Ci pare forzata la relegazione del mondo buzzatiano in quello del ‘sogno’, 3 che induce la Cirillo a collocare la figura di Buzzati nella linea surrealista. Però tutti i richiami alla crisi dell’uomo (e del romanzo) ottocentesco ed al vuoto senza certezze del Novecento, che fanno dei racconti e dei romanzi di Buzzati un’opera veramente contemporanea, sono più che legittimi e validi : nessuno anzi aveva finora evidenziato così acutamente la struttura novecentesca della narrativa buzzatiana, troppo spesso anzi ricollegata a forme di un attardato ottocentismo. Sottolineiamo tra l’altro, finalmente, il sicuro riconoscimento della drammaticità buzzatiana, che già fin dal titolo viene definita, sulla scorta del volume di Frank Kermode, 4 tutt’altro che consolatoria, anzi ‘apocalittica’. Sulla presenza di una poesia surrealista in Italia abbiamo finora fatto solo un accenno : non perché non ci sia stata, ma perché pochi studi hanno cercato in questi ultimi decenni di colmare la lacuna. Possiamo però finalmente citare il volume di Beatrice Sica, Poesia surrealista italiana, 5 che s’imposta anch’esso, come l’altro suo studio già citato, sull’opposizione Francia-Italia, accensione avanguardistica francese-razionalità italiana, vero Surrealismo (francese)-Surrealismo, per così dire, ‘di desiderio’ (italiano). E tuttavia così conclude la studiosa :  



















Si troveranno qui l’abbandono sicuro e senza ritorni al flusso automatico della parola ; il delirio e l’assenza di controllo formale a discapito del canto ; la mancanza di rima e di punteggiatura per  



1  D. Buzzati, Venuto a cercarci, in Id., In quel preciso momento, Milano, Mondadori, 1965, pp. 27-28. 2  Id., Ombra del Sud, in Id., I sette messaggeri (1942), poi in Id., Sessanta racconti, Milano, Mondadori, 1971, pp. 3  Cfr. S. Cirillo, Nei dintorni del surrealismo, cit., p. 44 e passim. 53-59. 4  Cfr. F. Kermode, Il senso della fine, trad. it. di G. Montefoschi, Milano, Rizzoli, 1972. 5  B. Sica, Poesia surrealista italiana, Genova, Edizioni San Marco dei Giustiniani, 2007.

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aprire le porte allo scandaglio dell’inconscio ; il sogno. Ma naturalmente si troveranno anche le controspinte, i freni tutti italiani, inevitabili, che si sono detti. E si vedrà, si verificherà anzi, come il cammino per liberarsene è stato certamente lento e faticoso. Eppure è evidente che un che di surreale, di surrealista, è entrato molto presto nella nostra poesia novecentesca e l’ha attraversata per più di mezzo secolo. 1  



Per ora già questo ci basta. i. 2. Il Surrealismo e il fantastico Ora intendiamo affrontare un altro problema : non si deve scegliere tra ‘fantastico’ e ‘Surrealismo’ per l’ottima ragione più volte ripetuta. Cominciano le difficoltà, quelle che Stefano Lazzarin ha riscontrato nella sua lunga e appassionata storia del fantastico italiano, quando si perde il senso di questa distinzione :  



Il problema è quello dei rapporti tra fantastico e Surrealismo […]. Ora la questione di una ripartizione degli ambiti tra Surrealismo e fantastico – e, in generale, fra movimento e genere o modo letterario nonché tra genere storico e genere teorico, ecc. – viene sistematicamente evitata dagli studiosi. Personalmente, sarei propenso a designare, con il termine Surrealismo, il movimento d’avanguardia (francese) o, se si vuole utilizzare la categoria in ambito italiano, la corrente letteraria (il Surrealismo italiano) ; con il termine fantastico, invece, il genere o modo letterario. Alla prima conserverei il suo significato prevalentemente storico, alla seconda un significato prevalentemente tipologico. 2  



Converrà cercare di trarre da questo studio, che è condotto con metodo rigoroso e con informazione puntualissima, tutto il frutto che è possibile ricavarne ai fini del presente discorso. In effetti quella che giustamente Lazzarin chiama « mislettura » dell’antologia continiana si risolve in uno stimolo allo studio del fantastico attuando il paradosso che l’operazione antologica di Italia magica « assurge al ruolo di florilegio emblematico di un secolo di letteratura », recepito come repertorio del « fantastico italiano del Novecento ». 3 Così, in quella che rimane la più acuta messa a punto sulle Scritture del fantastico, il saggio cioè di Monica Farnetti chiamato a ragguagliare, alle soglie del xxi secolo, su questo settore delle patrie lettere, 4 la studiosa fa prevalere la linea del fantastico come carattere dominante delle esperienze scrittorie del secolo che si sottraggono al canone realista e colloca quindi tra i caratteri ‘recessivi’ le esperienze di scrittura surrealista, che pur documenta. 5 Ma problematico risulta essere per la studiosa persino il fantastico che, con tanta passione e competenza e molteplicità d’interventi, da lungo tempo acutamente indaga. Alessandro Scarsella, che pure da decenni studia il fantastico, lo definisce come un « uso dell’Immaginario che presuppone, tematizza e pone in atto lo scarto tra il Reale e l’Immaginario stesso ». 6 Scarsella rende ancor più generale la questione, vedendo il fantastico come un caso particolare della « teoria delle forme letterarie chiuse » :  





























1  Ivi, p. 63 ; corsivo nostro. Segnaliamo qui, per il cosiddetto ‘Surrealismo meridionale’ (Bodini, Sinisgalli, De Libero) lo straordinario, documentatissimo studio : G. Lupo, Sinisgalli e la cultura utopica degli anni Trenta, Milano, Vita e Pensiero, 1996. 2  S. Lazzarin, Il punto sul fantastico italiano : 1980-2007, « Moderna », ix, 2007, 2, p. 247. Vedi anche : Id., Fantasmi antichi e moderni. Tecnologia e perturbante in Buzzati e nella letteratura fantastica otto-novecentesca, Pisa-Roma, 3  Ivi, p. 229. Serra, 2008. 4  Il saggio è contenuto in Letteratura italiana del Novecento. Bilancio di un secolo, a cura di A. Asor Rosa, To5  Ivi, p. 398. rino, Einaudi, 2000, pp. 382-409. 6  A. Scarsella, Fantastico e Immaginario, in Id., Fantastico e Immaginario. Seminario di Letteratura fantastica, a cura di A. Scarsella, Chieti, Solfanelli, 1988, pp. 99.  











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Le indagini che negli ultimi vent’anni hanno messo al centro l’esperienza della lettura potrebbero, a parere di chi scrive, aver inferto il colpo di grazia alla teoria delle forme letterarie chiuse già agonizzante, sebbene dura a morire. 1  

Qui bisogna fare anche delle scelte teoriche ben nette : ci sono anche, per nostra fortuna, dei teorici per i quali ovviamente si può ancora parlare di ‘fantastico’ quando non si pretenda di darne un’‘equazione matematica’, allo stesso modo in cui « è impossibile fornire la formula assiomatica della tragedia, del romanzo realistico, dell’idillio o del poema cavalleresco ». 2 Appare piuttosto paradossale, qualcosa che davvero, per usare la terminologia di Paul Ricoeur, « dà a pensare », il fatto che dopo tanto dibattere e discettare e distinguere per ‘definire’ il fantastico si rischi addirittura di negarlo : dove tutto è ‘fantastico’ nulla è più fantastico. Qui ci trova del tutto consenzienti Stefano Lazzarin :  















L’affermazione secondo cui il linguaggio non significa nulla, nella misura in cui è soltanto ‘organizzazione’, discorso che rinvia unicamente a se stesso, per quanto sia sottoscritta da un’autorevole parte del pensiero del Novecento, urta contro un certo numero di evidenze, che in tempi di riflusso post-postmodernista, potremmo scegliere di riassumere in una sola : contrariamente a quanto hanno sostenuto dapprima i teorici strutturalisti, inebriati ‘par cet enchantement que procure la radicalité’, poi i teorici più radicati del postmodernismo, il referente esiste. 3  



Per suo conto scriveva Paul Ricoeur nel suo La metafora viva :  

Quando io parlo so che qualche cosa è portata al linguaggio. Questo sapere non è più intra-linguistico, ma extra-linguistico : va dall’essere all’essere-detto, e contemporaneamente il linguaggio va dal senso alla referenza. Kant ha scritto : ‘Bisogna che qualcosa esista, perché qualcosa appaia’, noi diciamo : ‘Bisogna che qualcosa esista perché qualcosa sia detto’. 4

Oggi che sono passati i furori classificatori e che anche Todorov si mostra preoccupato per « la letteratura in pericolo » 5 ci sentiamo più confortati ad attenerci ad un criterio empirico come hanno fatto, nelle due serie di Notturno italiano, Ghidetti e Lattarulo, 6 sulla scorta soprattutto di Luis Vax. Del resto non stiamo qui facendo un trattato o una sistemazione teorica sul fantastico, ma vogliamo soltanto tracciare un percorso storiografico. È anche senz’altro vero che esso è la punta estrema dell’invenzione artistica, come sostiene Filippo Secchieri, 7 ma non per questo finisce per essere indistinguibile e, per così dire, disperso nell’invenzione letteraria stessa. Per chiudere : certo, anche il ‘fantastico’ appartiene alla realtà ; e tuttavia, in quanto ‘invenzione’, sta di fronte ad essa e, come una forma dell’arte, la interpreta e la illumi 













1  Id., Primario e secondario : fantastico e intertestualità. Dal genere del « libro segreto » al racconto cinematografico, in Le soglie del fantastico, a cura di M. Galletti, Roma, Lithos, 2001, ii, p. 175. 2  F. Amigoni, Fantasmi nel Novecento, Torino, Bollati Boringhieri, 2004, p. 9. 3  S. Lazzarin, Il punto sul fantastico italiano : 1980-2007, cit., pp. 241-42. 4  P. Ricoeur, La metafora viva, trad. it. di G. Grampa, Milano, Jaca Book, 1981, p. 403. Vedi anche l’aggiunta : « Notiamo, prima di procedere oltre, l’obiezione secondo la quale non è possibile parlare di un tale rapporto, per il fatto che non esiste un luogo esterno al linguaggio e che è ancora e sempre nel linguaggio che si pretende di parlare sul linguaggio. Ed è vero. Ma il discorso speculativo resta possibile perché il linguaggio ha la capacità riflessiva di mettersi a distanza e di considerarsi come tale e nel suo insieme, come rapporto all’insieme di ciò che è. È il linguaggio che si designa e, al tempo stesso, designa il suo altro ». (Ibid.) 5  T. Todorov, La letteratura in pericolo, trad. it. di E. Lana, Milano, Garzanti, 2008. 6  Notturno italiano. Racconti fantastici dell’Ottocento, a cura di E. Ghidetti, Roma, Editori Riuniti, 1984 ; Notturno italiano. Racconti fantastici del Novecento, a cura di Z. Ghidetti e L. Lattarni. 7  Si veda da ultimo come compendio delle tesi di Secchieri il saggio Testualità e percezione del fantastico, in « Italia Magica ». Letteratura fantastica e surreale dell’Ottocento e del Novecento, cit., pp. 214-232.  



















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na : « La ragione d’essere del romanzo » – scriveva Milan Kundera – « è quella di tenere ‘il mondo della vita’ sotto un’illuminazione continua e di proteggerci contro ‘l’oblio dell’essere’ ». 1  











ii. 1. La formazione del fantastico buzzatiano Come ho già fatto in passato voglio riportare come citazione d’esordio la frase limpida e forte di Albert Camus : « Un’opera umana non è nient’altro che questo lungo cammino per ritrovare, con i sotterfugi dell’arte, le due o tre immagini semplici e grandi sulle quali, il cuore, una prima volta, s’è aperto ». 2 Vi avevo trovato, nel mio primo studio su Buzzati, un invito perentorio e suggestivo a cercare nelle profondità dell’animo buzzatiano un segreto quasi primordiale, un nucleo costituitosi nell’infanzia e nell’adolescenza e per sempre rimasto intatto. Oggi gli studi su questo primissimo Buzzati, sulle sue esperienze biografiche e culturali hanno fatto molto cammino. Patrizia Dalla Rosa, nel suo ultimo volume, ha colto il valore pieno di quella citazione come mezzo euristico per intuire « l’ispirazione buzzatiana » 3 e con questa convinzione si è volta ad esplorare la « geografia intima » di Buzzati. Una delle acquisizioni ormai stabilite è che in Buzzati la parola e la figura nascono insieme. Nel mio studio su Buzzati pubblicato sulla rivista « Il contesto » col titolo Il Tempo e l’Evento (tre momenti della narrativa buzzatiana) scrivevo :  























Se Belluno è il sogno e la fantasia, Milano è la concretezza e la ragione ; ma l’una e l’altra in effetti sono per lui la realtà e l’apparenza, la concretezza delle situazioni e la possibilità di una trasfigurazione. 4  



Per capire la sua formazione mi ero fatto a quel tempo anche una piccola biblioteca specializzata. Ricordo alcuni titoli : Selmah Freiberg, Gli anni magici, 5 Bruno Betteleheim, Il mondo incantato, 6 Antonio Faeti, Guardare le figure 7 e vari libri sugli illustratori dei libri per l’infanzia. Oggi ovviamente quella bibliotechina appare molto limitata e molto datata, ma il punto è che essa indicava la presa di coscienza di un problema e/o comunque di una pista da seguire, di una direzione di studi potenzialmente interessante. Oggi non sappiamo se tutto quello che poteva essere fatto in quella direzione di studi sia stato fatto ; ma per dare un modello di riferimento a questa sezione del nostro lavoro ricorderò (potrebbe essere il titolo del paragrafo) il volumetto prezioso di Walter Benjamin, Orbis pictus. Scritti sulla letteratura infantile. 8 Questo non è certo un filone che si possa ancora dire esaurito. È d’obbligo comunque ricordare quanto lavoro già si è fatto in questa direzione. Vogliamo citare anzitutto il bellissimo studio di Marie-Hélène Caspar : Fantastique et mythe personnel dans l’oeuvre de Dino Buzzati. 9 assumendo come fondamento  















1  M. Kundera, L’arte del romanzo, trad. it. di E. Marchi, Milano, Adelphi, 1988, pp. 34-35. 2  A. Camus, Prefazione a Il rovescio e il diritto, in Id., Opere, Milano, Bompiani, vol. ii, 1969, p. 167. 3  P. Dalla Rosa, La montagna nella traduzione francese del « Bàrnabo », in Ead., Dove qualcosa sfugge : lingue e luoghi di Buzzati, Pisa-Roma, Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali, 2004, p. 39. 4  A. Biondi, Il Tempo e l’Evento (tre momenti della narrativa buzzatiana), « Il contesto », nn. 4-5-6, 1977, pp. 5  S. Freiberg, Gli anni magici, trad. it. L.R. Patanè, Roma, Armando, 1972. 289-328. 6  B. Bettelheim, Il mondo incantato, trad. it. di A. D’Anna, Milano, Feltrinelli, 1977. 7  A. Faeti, Guardare le figure, Torino, Einaudi, 1972. 8  W. Benjamin, Orbis pictus. Scritti sulla letteratura infantile, a cura di G. Schiavoni, Milano, Emme, 1981. Il libro riporta l’Indice della collezione Walter Benjamin di libri per bambini (pp. 29-117), più cinque saggi del critico sui libri per l’infanzia (tutta la seconda parte : pp. 37-75). 9  M.-H. Caspar, Fantastique et mythe personnel dans l’oeuvre de Dino Buzzati, La Garenne-Colombes, Éditions de l’Espace Européen, 1990.  











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da un lato le Lettere a Brambilla 1 e dall’altro il celebre libro-intervista di Yves Panafieu, Dino Buzzati : un autoritratto (in traduzione francese intitolato Mes déserts), la Caspar studia, nella prima parte del suo volume, proprio la « formazione di Buzzati » e mette in evidenza, direi quasi ‘mette in fila’, le letture più significative dello scrittore nel periodo giovanile. In quella mia piccola, ma specializzata biblioteca avevano trovato posto ovviamente i libri di leggende dolomitiche di Carlo Felice Wolff, I monti Pallidi e L’anima delle Dolomiti riproposti in quegli anni (1966-1967) dall’editore Cappelli. 2 Ricordo anche che Oreste Del Buono, in un articolo su « La stampa », scriveva, con riferimento a Il segreto del Bosco Vecchio, che esso, come Bàrnabo, era « intriso di leggende dolomitiche ». 3 Sappiamo ormai bene che in Buzzati, fin dai tempi dei precoci esperimenti giovanili, la scrittura nasce insieme con l’immagine, il ricordo insieme con il disegno. Anche la passione per l’egittologia nasce in questo rapporto tra parole e figura, tra riproduzione e testo. Nelle Lettere a Brambilla ciò risulta con assoluta evidenza. Ora, in quella bibliotechina che mi ero costituito, c’era anche un libriccino di Sabatino Moscati che, fin dal titolo, rivela subito il motivo del mio intuitivo interesse : Apparenza e realtà. 4 Moscati sosteneva che nell’arte egizia convivevano il visibile e l’invisibile : cioè essa rappresentava visibilmente ciò che colui che guardava sapeva esistente, ma esistente come invisibile. Lo vedeva, ma sapeva che era in realtà non vedibile eppure vivente e presente. Il falco sulle spalle di Horus indica il potere del dio e viene rappresentato ; ma chi guarda sa bene che appartiene ad un altro ordine di realtà. Pensiamo a quale suggestione potesse esercitare questo modo di ‘vedere’ la realtà su Buzzati. Pare ovvio che tutto il mondo mitologico, religioso ed artistico dell’antico Egitto comportasse un’apertura verso il favoloso, il fantastico : verso un ‘altro’ mondo. C’è questo dato primario. Ma come non sottolineare l’importanza di quella osservazione di Moscati ? Nell’impatto con l’arte e con l’archeologia egiziana Buzzati imparava anche quella lezione : ‘che la realtà può essere doppia’. Per me, lettore di Buzzati, quel testo acquistava il valore di una conferma. 5 Sto dicendo cose forse troppo note per gli studiosi di Buzzati, ma penso che in questa direzione vi sia ancora da cercare e da approfondire. Già lo studio della Zugni Tauro faceva osservazioni molto importanti, ad esempio sul libro di Gaston Maspéro La storia dell’arte egiziana, e in generale sui tanti rimandi iconografici in Buzzati. 6 Oltre ad Arthur Rackham illustratore del Rip van Winkle, pensiamo ad un possibile influsso di Gustave Doré con le sue illustrazioni dei nostri classici, dalla Commedia all’Orlando Furioso, ma  





































1  D. Buzzati, Lettere a Brambilla, a cura di L. Simonelli, Novara, De Agostini, 1985. 2  C.F. Wolff, I monti pallidi. Leggende delle Dolomiti, trad. it. e cura di C. Ciraolo, Bologna, Cappelli, 1966 ; Id., Il regno dei Fanes. Nuove leggende delle Dolomiti, trad. it. di C. Ciraolo, Bologna, Cappelli, 1932 (poi 1951), ora L’anima delle Dolomiti, Bologna, Cappelli, 1967. 3  O. Del Buono, E Buzzati confessò : « sono un verme », « Tuttolibri » (supplemento settimanale de « La stampa »), 26 settembre 1992. 4  S. Moscati, Apparenza e realtà. Arte figurativa nell’antico oriente, Milano, Feltrinelli, 1976. Vedi specialmente p. 5. 5  « Le sculture degli Egizi mostrano una serietà priva di vita, un mistero inviolabile, sicchè la figura non lascia presentire la propria interiorità individuale, bensì un altro significato ad essa ancora estraneo » (riporto questo stupendo passo di Hegel da M. Picard, Il mondo del silenzio, trad. it. di J.-L. Egger, Enna, Città-Aperta Edizioni, 2007, p. 147). 6  A.P. Zugni Tauro, L’affabulazione fantastica ne « I miracoli di Val Morel », in Il pianeta Buzzati, cit., p. 355. Rinvio alle Lettere a Brambilla, cit., e naturalmente vedi il citato volume della Caspar, Fantastique et mythe personnel dans l’oeuvre de Dino Buzzati, cit., pp. 23-26. Per esaurienti notizie sulle fonti iconografiche di Buzzati si veda N. Comar, Dino Buzzati pittore : storia di un equivoco, in Id., Dino Buzzati. Catalogo dell’opera pittorica, Milano, Edizioni della Laguna, 2006, pp. 11-63.  

























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anche delle Fiabe di Perrault 1 e del Corvo di Poe : 2 quel Doré la cui caratteristica, secondo Antonio Faeti, è quella di « rendere alieni e misteriosi i luoghi illustrati ». 3  











ii. 2. Buzzati rivisitato Vorrei tornare ancora una volta, in questa occasione, sui temi buzzatiani che ritengo più importanti, più attuali, più degni ancora di studio. Li ricorderò qui di seguito. Il silenzio Tra i temi che mi è caro riprendere, perché li ritengo decisivi per la piena comprensione di Buzzati, vi è quello del silenzio. 4 Vorrei ora citare un pensiero di André Marchant ripreso da Merleau-Ponty :  



Più volte, in una foresta, ho sentito che non ero io a guardare la foresta. Ho sentito, certi giorni, che erano gli alberi che mi guardavano, che mi parlavano… Io ero là, in ascolto… Credo che il pittore debba lasciarsi penetrare dall’universo, e non volerlo penetrare… Attendo di essere interiormente sommerso, sepolto. Forse dipingo per nascere. 5  

Anche lo scrittore Buzzati certamente possedeva questa facoltà di ‘lasciarsi penetrare’ dall’universo ; e del resto in Buzzati lo scrittore ed il pittore nascono e vivono insieme. Se « l’apertura al silenzio del mondo è ciò che ci mette in grado di superare un approccio meramente rappresentativo per cogliere il dinamismo vitale profondo che precede e fonda la realtà visibile », 6 non riconosciamo qui l’atteggiamento dello scrittore del Segreto del Bosco Vecchio, ma anche di Bàrnabo, del Deserto e di tanti racconti ? Di tutte le pagine cioè dove Buzzati è a contatto con la natura e ascolta la sua voce ? Anzi, si può aggiungere che in lui il silenzio « può essere riconosciuto come un evento » 7. Qui l’esperienza del silenzio si rapporta a quella del tempo.  

















Il tempo Quando accettiamo di tacere o ci troviamo senza parole, quando entriamo improvvisamente in una zona in cui voci, suoni e rumori sono attutiti sino a farsi da parte, allora ci rendiamo conto in un attimo della misura del nostro essere, di non essere il centro del mondo. […] In tale esperienza del limite sentiamo […] che la vita e le cose non dipendono da noi […]. Così ci è dato il tempo. Sperimentiamo che non dobbiamo più inseguirlo, riempirlo, sfruttarlo. […] Inizia il silenzio allora a parlare la sua lingua e si traduce anzitutto come una nuova esperienza del tempo : l’incontro con il tempo stesso come durata piena di possibilità inedite, spazio inatteso per cambiare, riconoscere, imparare. 8  



1  Cfr. C. Collodi, I racconti delle fate, illustrazioni di Gustave Doré, Prefazione di Giuseppe Pontiggia, Milano, Adelphi, 1976 (sono traduzioni da Perrault, Madame d’Aulnoy e Madame Le Prince de Beaumont. La prima edizione risale al 1892). 2  E.A. Poe, Il corvo, trad. it. e Introduzione di M. Praz, illustrazioni di G. Doré, Milano, Rizzoli, 1974 (« il capolavoro » – dice Praz – « di quell’illustratore tardo romantico », p. 21). 3  A. Faeti, Guardare le figure, cit., p. 330. 4  A. Biondi, Dino Buzzati : il silenzio, la voce, l’indicibile, in Miscellanea di studi in onore di Claudio Varese, a cura di G. Cerboni Baiardi, Roma, Vecchiarelli, 2001, pp. 205-238. 5  Citato in M. Merleau-Ponty, L’occhio e lo spirito, trad. it. di A. Sordini, Milano, se, 1989, p. 26 (ripreso anche in R. Mancini, Il silenzio via verso la vita, Magnano (BI), Edizioni Qiquajon / Comunità di Bose, 2002, 6  R. Mancini, Il silenzio via verso la vita, cit., p. 29. 7  Ivi, p. 45. p. 29). 8  Ivi, p. 24 (nostro il corsivo).  









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Così scrive Roberto Mancini. E ci pare che in Buzzati ciò si realizzi pienamente : nel silenzio i protagonisti dei grandi romanzi e dei racconti buzzatiani ‘sentono’ il tempo e lo percepiscono come evento, come luogo di quell’Evento che può mutare la vita. Accanto alla figura del cerchio, che è il luogo della ripetizione infinita, del quotidiano monotono e assurdo, del sempre-uguale senza senso (il tempo soggettivo del protagonista), c’è anche la figura della linea, il luogo del tempo oggettivo che corre verso il nulla o verso il tutto : nei rari punti di tangenza, spesso al limite della vita, irrompe l’Evento. È il tempo del senso, di un significato almeno possibile. 1  





La morte Altro tema inevitabile : la morte. Abbiamo già in passato ripreso una notevolissima riflessione di René Girard sull’importanza della fine di un romanzo : « La conclusione è l’asse immobile di quella ruota che è il romanzo […]. La verità opera ovunque nell’opera romanzesca, ma si trova specialmente nella conclusione ». 2 Ora, sulla fine del Deserto dei Tartari, che, nella pur bellissima trasposizione cinematografica, il regista Valerio Zurlini aveva come cancellata espungendo le ultime pagine e chiudendo il film con l’immagine di Drogo che reclina il capo nella morte, insisteva, nei termini di un pieno valore positivo, Giovanna Ioli. 3 Ci parve allora, quella di Ioli, una conclusione troppo decisamente religiosa ed anche oggi nutriamo dubbi verso un esito così sicuramente positivo ; ma, con quello che di più sappiamo sulla religiosità intrinseca dello scrittore e sui sentimenti profondi dell’uomo, possiamo ben sottoscrivere quanto la Ioli stessa già diceva nel suo volume :  















Il mistero di Buzzati si scioglie nel gioco dei rovesciamenti semantici. Il mistero è la vita stessa, con le sue contraddizioni, con le modalità esistenziali dei suoi protagonisti. Il mistero è altresì l’inadeguatezza dell’uomo moderno alla visione interiore, del ‘progressista’ che non ha più tempo di guardare in se stesso. […] Il vero mistero dell’opera sta nelle azioni dell’uomo, nei suoi gesti che scivolano orizzontali sulla superficie del mondo a una sola dimensione. Lo scrittore si è posto, semplicemente e miracolosamente, su altri binari, ha provato a guardare la terra da altre prospettive. 4  

Più oltre, la studiosa (il suo è il più bel libro che sia stato scritto su Buzzati) dichiara apertamente qual è il senso delle tante, spesso strane e sempre inquietanti ‘figure’ della fantasia buzzatiana : « testimoniare la condizione dell’uomo moderno nell’inferno dell’eterno presente e la speranza in un futuro di luce e di silenzio ». 5 Spesso, ma con discrezione, la Ioli ama richiamare l’esempio dell’allegoria di matrice dantesca 6 e ne legge tutta l’opera narrativa come la descrizione di un ‘viaggio’. Lasciando aperta tale questione, vogliamo dare rilievo a quello stupendo capolavoro di Buzzati che è la Pre 









1  « Chronos è il ‘tempo che passa’ o ‘tempo d’attesa’ […], Kairos è la ‘stagione’, uno spazio di tempo ricolmo di significati » (F. Kermode, Il senso della fine, cit., p. 62.) 2  R. Girard, Struttura e personaggi nel romanzo moderno, trad. it. di L. Verdi-Righetti, Milano, Bompiani, 1965, p. 251. 3  G. Ioli, Dino Buzzati, Milano, Mursia, 1988, p. 57. Si veda anche, sulla conclusione del Deserto, la p. 58 dello stesso volume. 4  Cfr. Ivi, pp. 112-113. 5  Ivi, p. 154. Aggiunge la studiosa : « Fra questi due poli stanno i barbagli della fantasia, i fantasmi dell’immaginazione, gli strambi portenti del dubbio, i simboli impervi del mistero ». 6  Cfr. specialmente pp. 176-178.  









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sentazione a L’opera completa di Bosch : 1 un racconto straordinario (Il maestro del Giudizio Universale) che è una vera dichiarazione di poetica, lo svelamento indiretto, ma chiarissimo del ‘segreto’ di Buzzati che ‘vede’ mescolati agli esseri umani i « cosiddetti mostri di Bosch ». 2 « Non sono surreali, sono i nostri vicini di casa », commenta giustamente la Ioli 3 e il ‘fantastico’ di Buzzati risulta una continua protesta contro il nostro mondo quotidiano, una sempre rinnovata creazione di un mondo ‘altro’ ; 4 ma, anche se si può citare a confronto un principio bretoniano, 5 per Dino Buzzati non si può parlare di vero Surrealismo. Così, nel raccogliere Le cronache fantastiche di Buzzati, suddivise in Fantasmi e Delitti, Lorenzo Viganò, nell’utile introduzione suggestivamente intitolata L’altro mondo di Buzzati, può parlare di un « universo parallelo » : 6 anche i mostri, le ombre, le paure non sono che i « nostri fantasmi ». 7 Ma se questo ‘altro mondo’ è il ‘mondo parallelo’, il mondo della fantasia dove tutto può ancora succedere, dove può accadere un fatto « in grado di capovolgere la nostra esistenza, di mostrarci ciò che non sappiamo (o non vogliamo) vedere », 8 sottile è la soglia che ci separa dal vero ‘altro mondo’, il mondo dell’aldilà verso il quale Buzzati guarda, oltre la morte, con desiderio e paura.  









































Il male Buzzati ha avuto acutissimo il senso della quasi irrimediabile malvagità umana, la coscienza che il Maligno è sempre in agguato e che nessuno può ritenersi sicuro dai suoi attacchi : chi legge Il delitto di Rina Fort 9 trova più e più volte espressi questi concetti e sente come le fonti evangeliche o comunque quelle della tradizione cristiana siano sempre lì, sotto la pagina, nel cuore e nella mente pensosa e spaventata dell’autore, il quale aveva convintamente detto a Panafieu : « Dico bene : una delle poche grandi scoperte del cristianesimo è quella del peccato originale […]. Ne sono profondamente convinto ». 10 Nondimeno questo scrittore così consapevole del male (Agostino e Pascal non hanno operato invano in lui), della possibilità per tutti di restarne impensatamente contagiati e sopraffatti, ha anche vivissimo il senso della Redenzione, del riscatto sempre possibile, dell’opera, ora lenta e silenziosamente maturante, ora immediata, improvvisa delle forze del bene, potremmo dire della grazia. Leggere un racconto come Il disco si posò è come leggere un passo di alta teologia, oppure qualche pagina di uno scrittore come Bernanos o Mauriac. Mentre i marziani, algidi, perfetti, irreprensibili si stupiscono di don Pietro che cade in ginocchio e prega,  













1  D. Buzzati, Il maestro del Giudizio Universale, Presentazione a L’opera completa di Bosch, apparati critici e 2  Ivi, p. 8. filologici di M. Cinotti, Milano, Rizzoli, 1974, pp. 5-8. 3  G. Ioli, Dino Buzzati, cit. p. 170. 4  Cfr. Ivi, p. 126. 5  « Ce qu’il y a d’admirable dans le fantastique, c’est qu’il n’y a plus de fantastique – il n’y a que le réel » (Les Manifestes du Surrealisme, Paris, éd. du Sagittaire, 1946, p. 30). Cfr. Manifesti del Surrealismo, trad. it. di L. Magrini, Torino, Einaudi, 1987, p. 21. 6  L. Viganò, L’altro mondo di Dino Buzzati, Introduzione a Le cronache fantastiche di Dino Buzzati, vol. i, Delitti, Milano, Mondadori, 2003, p. xxv. Molte osservazioni acute sono contenute nel saggio, che Viganò richiama, e che è impossibile non citare, di M. Suffran, Dino Buzzati et le monde extra-humain : un recours en 7  Ivi, p. xxx. grâce in Dino Buzzati, a cura di A. Fontanella, Firenze, Olschki, 1982, pp. 49-65. 8  Ivi, p. xxxix. 9  D. Buzzati, Il delitto di Rina Fort, in Cronache nere, a cura di O. Del Buono, Roma-Napoli, Edizioni di Theoria, 1984, pp. 15-94 ; oggi anche in Id., La « nera » di Dino Buzzati. Crimini e misteri, Milano, Mondadori (« Oscar »), pp. 43-97. 10  Id., Un autoritratto. Dialoghi con Yves Panafieu, Milano, Mondadori, 1973, p. 93 (sottolineatura nel testo).  















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questi fa una riflessione che fa pensare a certe pagine evangeliche nelle quali Gesù rivela il suo amore per i peccatori e dichiara di essere venuto per loro. 1 Ma questa è la gloria paradossale dell’uomo, questa è la felix culpa che, come dice la liturgia, « ci ha meritato un così grande Salvatore ». Commenta il don Pietro del racconto :  







Oh, poveretti […]. Galantuomini, sapienti, incensurati. Il demonio non lo avete mai incontrato. Quando però scende la sera vorrei sapere come vi sentite ! Maledettamente soli, presumo […]. Dio preferisce noi di certo ! Meglio dei porci come noi, dopo tutto, avidi, turpi, mentitori, piuttosto che quei primi della classe che mai gli rivolgono la parola […]. E che significa la vita se non c’è il male, e il rimorso, e il pianto ? 2  







La morte laica e la speranza cristiana Buzzati muore laicamente rifiutando i conforti della fede. Però la sera prima di morire fa accostare la giovane suora Beniamina al suo letto, prende il suo crocifisso e lo bacia. 3 Per il credente ce n’è abbastanza per sperare ; per il laico tutto ciò non basta affatto ad incrinare la convinzione atea dell’uomo Buzzati. Come diceva Pascal « vi sono abbastanza ragioni per credere ed abbastanza ragioni per non credere ». È vuoto l’aldilà di Buzzati ? Ha ragione Lorenzo Viganò quando scrive che era questo vuoto a spaventarlo ? 4 La « vuotezza », come scrive Viganò, è riferita alla mancanza di tutto ciò che è terrestrità : la gioia, l’amore, perfino le ansie, l’angoscia, l’attesa : tutto ciò che è tempo e quindi vita umana, passioni, affetti, persino il dolore, il male, il rimorso. Basta leggere come testo esemplare Poema a fumetti. Ma forse le cose non stanno così, forse, c’è un aldilà che è veramente l’‘altro mondo’, il regno dell’ignoto dove « tutto è vita e mistero ». 5 Buzzati non temeva la morte, « temeva » – dice Almerina – « quello che poteva o non poteva trovare dopo la morte ». 6 Questa paura del vuoto dopo la morte ha due livelli : c’è questa prima idea che, se c’è un aldilà (anche un aldilà positivo, un Paradiso) esso sia in fondo del tutto incommisurato ai desideri dell’uomo e finisca per essere l’uniforme, il sempre uguale, il non-tempo senza vita. C’è tutta una tradizione mistico-dottrinale, spesso tradotta in un travisamento riduttivo, che prospetta il Paradiso come pura contemplatio, fissità dello sguardo in Dio, non come ‘vita eterna’. Se si aggiunge un’assimilazione dell’escatologia cristiana assai dimi 







































1  « Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori » (Matteo 9,13) ; « Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto » (Luca 19,10). 2  D. Buzzati, Il disco si posò, in Id., Sessanta racconti, Milano, Mondadori, 2008, p. 345 ; sottolineatura nostra. 3  A concludere il racconto di questo fatto è Almerina Buzzati : « L’ultima sera la suora era entrata, dolce e gentile più del solito perché sapeva che era la fine. Io agitata, avevo paura che qualcuno potesse indurlo a scelte non sue, invece Dino è stato bravissimo e ha detto : – Si avvicini, venga pure suor Beniamina, tanto so perché è venuta ! Ma l’unica cosa che io possa fare è baciare il suo Gesù – E, preso tra le mani il crocifisso che pendeva dal collo della suora, lo portò alle labbra. Fu l’ultimo bacio della sua vita » (la citazione è tratta da L. Bellaspiga, « Dio che non esisti ti prego ». Dino Buzzati, la fatica di credere, Milano, Ancora Editrice, 2006, p. 208). 4  « Ciò che spaventa Buzzati, e che nei suoi racconti ha ripetutamente e sempre nello stesso modo rappresentato, è proprio la vuotezza dell’Aldilà, la condanna a un’eternità apatica, dove tutto è prevedibile, uniformità, noia (ricordate il mondo de Lo sciopero del male ?) » (L. Viganò, L’altro mondo di Dino Buzzati, cit., p. xxxix). 5  Ivi. 6  C. Mares, Conversazione con Almerina Buzzati, « Studi buzzatiani », vii, 2002, pp. 127-137 : 133.  





































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diata insieme con la naturale e, in qualche modo, incoercibile resistenza dell’uomo a oltrepassare la condizione umana, si giunge presto a tale prospettiva poco allettante. Ma c’è un altro timore, un vero terrore assai più grande di questo : la paura che là ci sia il niente, il vuoto assoluto. Giovanni Pascoli ha espresso questo pensiero :  



Ecco uno scellerato che non crede alla morte. Lo immagino oppresso da un suo delitto. Lo vedo anelante di terrore. A un tratto qualcuno sa introdurre nella sua coscienza l’assoluta convinzione che quelle vendicatrici sono fantasmi, e che esso non sarà punito. Lo scellerato respira ; mette forse un urlo, non che un sospiro, di sollievo e di gioia. Il qualcuno si allontana. Colui è ora solo, e, poiché l’altro ha veramente mutata la sua coscienza, sente il nulla. […] “Oh ! Tutto tutto tutto” mi pare che dica lo scellerato “fuorché l’annullamento !” L’ucciso nel nulla : l’uccisore nel nulla : non resta che il delitto, senza castigo e senza perdono : incancellabile ! Irreparabile ! eterno ! 1  















   

Se Dostojewskj diceva : « Se Dio non esiste tutto è permesso », Pascoli pensa il Niente come un insostenibile assoluto. Nell’aldilà cristiano il bene è ricompensato ed il male punito ; c’è una giustizia ed una logica dove tutto acquista, e per sempre mantiene, un senso, il senso definitivo e pieno. Ma il vuoto assoluto è insopportabile. È questo vuoto terribile che spaventa Buzzati. Il tema della morte richiederebbe ben altri approfondimenti, come anche quello della religiosità di Buzzati ; ma ci sono già studi importanti. E comunque bisogna chiudere ormai il nostro discorso. Ma prima di terminare torniamo al titolo del nostro convegno : Un gigante trascurato ? Noi diremo così : questo gigante, nonostante tutte le resistenze, procede a grandi passi e stende attorno la sua grande ombra. Il pubblico (che qualche volta – quando la fama passa di generazione in generazione e cresce – ha ragione) lo sa. Anche la critica più accorta lo sa. Se la critica e la storia letteraria dominanti non riconoscono questa grandezza vuol dire che ancora non hanno saputo svolgere il loro compito.  













1  G. Pascoli, L’era nuova, in Id., Prose, i, Milano, Mondadori, 1946 (iv ed. 1971), p. 121.



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SEZIONE GIORNALISTI

BREVE TESTIMONIANZA DI UN EX-BORSISTA DEL CENTRO STUDI BUZZATI Roberto Carnero

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i piace ricordare l’amica Nella Giannetto, che ebbe una bella intuizione, niente affatto scontata : con il bando del concorso « Per conoscere Dino Buzzati » attribuire delle borse di studio anche a giovani studiosi che non avessero mai svolto ricerche sul Nostro autore. Nel 1996 ero un giovane laureato in Lettere e prestavo il servizio civile a Roma. Ricordo che fui premiato l’8 marzo, perché la sera della premiazione festeggiammo in un ristorante di Feltre accompagnati dalla rumorosa allegria di un gruppo di infermiere in ‘libera uscita’ per la festa della donna. Poi l’estate venni a Feltre, dove mi fermai per una decina di giorni : la mattina lavoravo al Centro Studi Buzzati, assistito dall’impareggiabile Patrizia Dalla Rosa, e il pomeriggio facevo escursioni per vedere i luoghi buzzatiani. Anche questa è stata un’ulteriore opportunità per approfondire la conoscenza dello scrittore e per entrare maggiormente nel suo mondo poetico. Il mio lavoro su Buzzati è uscito poi in due parti sulla rivista « Studi buzzatiani » (iii, 1998, pp. 64-94 ; iv, 1999, pp. 51-77) con il titolo Il bestiario di Dino Buzzati : animali reali e fantastici nei racconti e negli articoli. La ricerca era consistita nello schedare tutti i racconti in cui compaiono animali aventi funzione di personaggi (o quantomeno di fattori importanti per lo svolgimento della vicenda narrata), catalogandoli in base al tipo di animale, secondo un elenco in ordine alfabetico, in cui i titoli dei testi compaiono accompagnati da un breve riassunto. Nell’ambito di ciascuna voce avevo incluso anche eventuali articoli ed elzeviri, bozzetti e meditazioni che, pur non appartenendo specificamente al genere del racconto, potessero comunque aggiungere elementi utili per un’analisi il più possibile estesa. Avevo preso in considerazione sia gli animali reali sia quelli fantastici, cioè anche i cosiddetti ‘mostri’, quando questi ultimi presentassero caratteristiche somatiche e strutturali che li avvicinassero a particolari animali reali. Nella seconda parte cercavo invece di individuare, all’interno della campionatura stabilita, alcuni possibili percorsi ermeneutici, chiarendo le originali idee di Buzzati sul regno animale, evidenziando i diversi tipi di funzionalizzazione degli animali nei vari testi e sottolineando alcuni motivi costantemente ricorrenti in presenza dei personaggi-animali. La mia presenza a Feltre oggi vuole avere il senso di una semplice testimonianza. Semplice, ma per me importante, perché devo dire che è anche grazie alla borsa di studio offertami nel 1996 dall’Associazione Internazionale Dino Buzzati che ho iniziato il mio lavoro di studioso sulla Letteratura italiana contemporanea, su Buzzati ma non solo.  















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DINO BUZZATI VENETO, VISTO DALL’ARCHIVIO DEL « GAZZETTINO »  



Sergio Frigo

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ono due le domande da cui sono partito per questo mio breve intervento. Come e quando il Veneto ‘scoprì’ Dino Buzzati come proprio ‘figlio’ ? E come cambiò questa percezione con la fondazione, nel dicembre del 1988, dell’Associazione Internazionanle Dino Buzzati ? E rispondendo a queste domande, ne sono abbastanza convinto, si darebbe una risposta anche a una terza, che non è oggetto di questo intervento ma è abbastanza intrigante : perché fra i tre grandi protagonisti veneti del giornalismo letterario del Novecento, (cioè, oltre a Buzzati, Guido Piovene e Goffredo Parise) senza entrare in una discussione sul merito del loro valore, il Nostro ha su Google sei volte le citazioni di Parise e dieci volte quelle di Piovene ? Ho cercato le risposte ai primi due quesiti in un luogo molto particolare, l’archivio del « Gazzettino », che essendo da sempre l’unico quotidiano veneto regionale è un buon osservatorio per comprendere l’atteggiamento della cultura e delle istituzioni della nostra Regione nei confronti dello scrittore. Ora bisogna fare una premessa sugli archivi dei giornali. Forse l’archivio del « Corriere », come lo descrive Buzzati nel racconto Il libro sull’… 1 è davvero « fuori classe », il regno dell’ordine e della completezza, « sistemato in una sala interminabile dove scansie, schedari, librerie, tutti metallici, si succedevano a perdita d’occhio in ordinato schieramento » : 2 anche se ho l’impressione che questa atmosfera asettica e modernizzante serva allo scrittore soprattutto per valorizzare al massimo una delle sue ‘svolte’ dal reale verso un angosciante fantastico, svolte che sono una delle cifre più tipiche della sua scrittura. In realtà l’archivio di un giornale – e non solo del mio giornale, penso – è il regno dell’incompletezza e dell’approssimazione, soggetto alla frammentarietà tipica dell’informazione quotidiana e per di più anche agli umori degli addetti, alla loro disponibilità di tempo, alla correttezza degli utenti nel rimettere in ordine tutti i ritagli consultati. Non aiutano gli archivi, ad esempio, eventi come le guerre, le alluvioni, i ripetuti traslochi, e, ovviamente, il succedersi degli addetti, tutte circostanze che l’archivio del « Gazzettino » ha subito in abbondanza nel corso dei suoi oltre 110 anni di vita, risentendone parecchio. Due sono i criteri che guidano l’organizzazione dell’archivio di un giornale regionale, anche nella parte relativa ai personaggi : la prima è la loro notorietà, la seconda è la loro appartenenza geografica al territorio di diffusione. Nel nostro archivio, ad esempio, attualmente Giancarlo Galan ha più spazio di Silvio Berlusconi. Per tornare a Buzzati, dunque, la prima sensazione, sfogliando i due faldoni a lui dedicati, soprattutto per quanto riguarda gli anni Quaranta e Cinquanta, cioè il decennio in cui si è imposto sulla scena nazionale come grande giornalista e grande scrittore, è  



































1  Il racconto, inizialmente pubblicato sul « Corriere della Sera » il 15 gennaio 1954, è stato poi raccolto nel volume Le cronache fantastiche di Dino Buzzati. Fantasmi, a cura di L. Viganò, Milano, Mondadori (« Oscar scrit2  Ivi, p. 66. tori del Novecento »), 2003, pp. 66-72.  







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quella di un’assoluta incompletezza : nulla a che vedere con l’accuratezza con la quale veniva accudito invece il fascicolo su Guido Piovene. Il primo ritaglio su Buzzati è del 24 novembre 1941, quando egli aveva già scritto sia Il segreto del Bosco Vecchio che Il deserto dei Tartari, e rimane l’unico per tutto il decennio : si tratta di una piccola notizia ritagliata dal « Corriere » che racconta del conferimento a Buzzati della medaglia di bronzo al valore da parte dello Stato maggiore della difesa per « lo slancio e il sereno coraggio » mostrati durante i servizi a bordo delle navi della Marina per le sue corrispondenze di guerra. Poi, dopo quasi dieci anni di silenzio, l’attenzione del nostro archivista si sofferma su un altro breve articolo, pubblicato stavolta sull’« Unità » del 19 febbraio 1950 : si tratta, va detto, di un corsivo velenoso, che prende in giro lo scrittore per la sua presunta vocazione necrofila, testimoniata dalla pubblicazione sul « Corriere » di un racconto sulla bomba all’idrogeno personalizzata e a lui diretta. Al di là del tono e dei contenuti di questo e del precedente articolo, ci si può chiedere perché siano stati giudicati degni di archiviazione dall’addetto del giornale : è probabile che entrambi rispondessero ad almeno uno dei due criteri guida ricordati sopra per la scelta dei ritagli da archiviare, e propendo per la crescente notorietà del protagonista, piuttosto che per la sua ‘veneticità’. Poi, nel ’54, compare nel faldone una nota dattiloscritta redatta dallo stesso archivista, che dà conto della vittoria di Buzzati al « Premio Napoli », ex aequo con Vincenzo Cardarelli. Ma il primo, vero articolo che lo riguarda è quello dell’11 marzo 1955 relativo alla rappresentazione a Parigi della sua pièce Un caso clinico, tratto dal racconto Sette piani, nell’adattamento di Albert Camus, che il giorno dopo sarebbe stato recensito entusiasticamente anche da Goffredo Parise sul « Corriere ». È da qui in avanti che l’attenzione del nostro archivista nei confronti di Buzzati si fa più precisa e abbastanza puntuale. Si registra, ad esempio, la ristampa delle sue opere giovanili, oppure l’uscita dei Sessanta racconti, con un bellissimo elzeviro di Indro Montanelli del 27 giugno 1958 sul « Corriere d’Informazione », in cui il collega inserisce Buzzati fra i quattro o cinque grandi autori di questo secolo, e, al tempo stesso, confessa la sua frustrazione per non riuscire a diventargli davvero amico, la sua invidia per le sue doti letterarie e infine ne valorizza, finalmente, le origini bellunesi. Ma è una specie di eccezione perché, nella cronaca di qualche giorno successiva, il 10 luglio, quando Buzzati vince il premio Strega, la cronista [del « Gazzettino » Carla Stampa] nemmeno cita le sue origini bellunesi : per la verità, in una serata egemonizzata dagli scrittori veneti, con Giovanni Comisso fra i più attivi collaboratori di Maria Bellonci, non cita nemmeno le origini rodigine di Gian Antonio Cibotto, altro finalista, che poi sarebbe stato a lungo ed è tuttora critico teatrale del nostro giornale : l’autrice però segnala l’appartenenza al Veneto di un’altra prestigiosa firma del « Gazzettino » : Aldo Camerino. Ma il ’58 è un anno fecondo per Buzzati anche dal punto di vista artistico : il 21 novembre si inaugura a Milano la sua mostra Le storie dipinte, bellamente ignorata non solo dall’archivista, ma anche dal giornale. Altrettanta indifferenza tre anni dopo, in occasione di un evento triste, la morte della mamma dello scrittore, che pure era veneziana e sorella a sua volta di uno scrittore piuttosto noto, Dino Mantovani : eppure negli stessi giorni il quotidiano trova lo spazio per pubblicare la notizia, con foto, della morte della moglie di Eduardo De Filippo, Thea Pradi. Ma finalmente in quei primi anni Sessanta compare sulla scena del « Gazzettino » un giornalista che avrebbe fatto molto per far conoscere Dino Buzzati ai suoi conterranei :  



























































dino buzzati veneto, visto dall ’ archivio del «gazzettino»

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Fiorello Zangrando. Il primo articolo che ho trovato è del 24 settembre 1963 e parla dei progetti per la realizzazione di due film dal Deserto dei Tartari e da Un caso clinico, e di un documentario che Buzzati sta preparando sulla sua città : ed è la prima volta che un articolo, almeno fra quelli che sono riuscito a trovare, parla di Belluno come della « sua città ». Ma non solo : all’inizio Zangrando dice che Buzzati è un bellunese purosangue, e ricorda che suo nonno « si occupò moltissimo di storia locale, compilò un’ancor oggi fondamentale Bibliografia bellunese e mise insieme migliaia di volumi e di incisioni di argomento locale che l’orda asburgica regolarmente rapinò e disperse nell’invasione del ’17 » : ma il fatto stesso che Zangrando ne scriva in questi termini sta a significare, a mio parere, che tutto questo per il lettore del « Gazzettino » era fino ad allora sostanzialmente ignoto. È come se questo articolo aprisse una porta : negli anni successivi sono sempre più numerosi i ritagli di giornale del nostro archivio che trattano di Buzzati come ‘nostro’ : il 4 luglio del ’67 ad esempio, in occasione della mostra all’Auditorium di Belluno, il « Gazzettino » titola : Dino Buzzati festeggiato dalla gente della sua terra. E l’8 novembre in terza pagina lo Scrittore è protagonista della rubrica « La loro Venezia », dedicata al rapporto fra vari uomini di cultura con la città lagunare, in cui egli stesso rivendica la sua venezianità :  

































Mia mamma Alba Mantovani, di genitori veneziani, nacque a Venezia esattamente in rio Terà del Barba Frutariol. A Venezia nacque anche mio padre perché qui risiedeva, come magistrato, mio nonno Augusto, bellunese. In casa, tra di loro, papà e mamma parlavano esclusivamente veneziano. È logico quindi che io, benché nato a Belluno da famiglia bellunese, e vissuto sempre a Milano, senta Venezia come mia.

Da quel momento è quasi una rincorsa ad accaparrarsi lo scrittore : due anni dopo si registra questa tentazione in una corrispondenza da Cortina, nel 1970 è Mestre a farsi avanti consegnandogli il « Premio all’Amelia ». Un atteggiamento che si amplifica addirittura dopo la sua morte, come segnalato da un articolo del 23 ottobre del ’72, Dino Buzzati commemorato nella sua Belluno, in cui si valorizza la sua dedizione alla montagna, citando interventi degli amici Bepi Mazzotti, Neri Pozza, Ugo Fasolo ; o in un pezzo successivo [23 settembre 1979] che dà conto della dedicazione della strada verso il ponte della Vittoria, segno di « tardivo amore di Belluno – segnala il cronista – verso questo concittadino illustre, uno dei non molti che nel campo dell’arte abbia saputo portare alto il prestigio della città ». Negli anni successivi si ripetono le tavole rotonde su Buzzati bellunese, altro titolo del 23 ottobre del ’72, o convegni come quello della Fondazione Cini a Venezia nell’80, si organizza un premio di poesia a lui dedicato a Belluno, si allestiscono mostre come quella dell’86 a Cencenighe, intitolata dal « Gazzettino » : E Buzzati torna a casa, mentre il nostro archivista, diventato nel frattempo una gentile signora, Daniela Zamburlin, registra puntualmente gli articoli sui decennali di uscita dei suoi libri maggiori, o ritaglia con scrupolo i memoriali di Almerina Buzzati su « Gente ». C’è persino la notizia del furto (nel settembre dell’87) e poi della restituzione il successivo 6 gennaio, del quadro di Santa Rita da Cascia, forse l’ultimo da lui dipinto, dalla cappelletta realizzata in località Valmorel. E finalmente arriviamo al fatidico 19 dicembre del 1988, quando il « Gazzettino » pubblica un articolo dove si dà conto dell’intervento al Rotary feltrino in cui Nella Giannetto annunciava « un progetto per ricordare, studiare e diffondere la figura e l’opera di Dino Buzzati ». La professoressa diceva in quell’occasione che « molto si è fatto in  































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provincia per ricordare Buzzati, ma quel molto è stato abbastanza disorganico, locale, settoriale ». La struttura che sta per nascere dovrà invece, secondo quanto Nella avrebbe detto in un’intervista di qualche giorno dopo a Ivo Prandin, superare tutto questo per valorizzare la figura di Buzzati nelle sue relazioni con la sua provincia di nascita, e soprattutto nel profondo rapporto che lo legava alla montagna veneta, in particolare le sue Dolomiti, ma anche alla spiritualità di questa terra, ai suoi misteri, e farne una specie di collante per un più stretto rapporto fra Università e territorio. Il secondo filone di attività verso cui puntava il lavoro di Nella era poi l’internazionalità, a partire dalla presa d’atto che Buzzati all’estero, e in particolare in Francia, era più apprezzato e studiato che in Italia. Il debutto avvenne l’anno successivo con il grande convegno Il pianeta Buzzati, 1 e poi con il moltiplicarsi di incontri, ricerche, iniziative, mostre. Ma questa è una storia che conoscete. Per quanto riguarda invece il nostro particolare punto di osservazione, l’archivio del « Gazzettino », possiamo solo notare che qui si ferma il primo faldone di ritagli, e si apre il secondo, di pari consistenza : significa che nei 15 anni successivi a quel 1988, perché negli ultimi anni di informatizzazione spinta i ritagli non si fanno più, nel nostro giornale si sono collezionati tanti articoli quanti nei 40, 50 anni precedenti, per buona parte dei quali, tra l’altro, il protagonista era in vita. Non è capitato a lui, dunque, di essere ogni giorno che passa un po’ più dimenticato, come avviene regolarmente a buona parte degli scrittori e degli artisti, a partire dallo stesso, citato, Guido Piovene, o da un altro autore celebratissimo in vita, come Alberto Moravia. Merito, certo, della modernità di Buzzati e della sua grande versatilità, che lo portò ad esprimersi in diverse discipline artistiche e con i più diversi linguaggi, e ad avvicinare generi considerati moderni, come la fantascienza o il fumetto. Ma io credo davvero che in tutto questo ci sia anche il merito di chi, come Nella Giannetto con la sua Associazione, ha saputo trasmettere il profondo amore per questo autore ad un pubblico sempre più vasto e variegato. E a contagiare in questa sua passione – contribuendo in modo decisivo a rompere un persistente velo di disinteresse – persino la critica più indifferente. Un’opera per la quale questa terra veneta dovrebbe esserle molto più grata.  









1  Il Convegno si tenne a Feltre e Belluno, 12 e 15 ottobre 1989. I relativi Atti sono stati pubblicati da Mondadori nel 1992.

TRIESTE : UN RACCONTO DIMENTICATO  

Alessandro Mezzena Lona

C

’è un racconto di Dino Buzzati che i suoi biografi, e perfino gli studiosi più attenti non citano quasi mai. Si intitola Trieste. Venne pubblicato sulla terza pagina del « Corriere della Sera » il 9 maggio del 1950 in quelle due colonne d’apertura che abitualmente, nei quotidiani, erano riservate agli elzeviri : scritti, riflessioni, frammenti narrativi affidati alle firme nobili che collaboravano alle diverse testate. Quella novella non è mai entrata a far parte di una raccolta delle storie brevi pubblicate in volume. Non desta meraviglia il fatto che Trieste sia stata dimenticata in fretta. Lo stesso Buzzati ammetteva, in quella lunga serie di conversazioni con lo studioso francese Yves Panafieu poi trasformate nel prezioso volume Dino Buzzati : un autoritratto :  









C’è effettivamente tutta una categoria di racconti che ho fatto, legati alla cronaca. Nei miei libri ho cercato di raccogliere i migliori, ma ne ho scritti tanti altri, probabilmente quasi altrettanti. E questi io non li ho pubblicati e neanche li pubblicherei. Quando c’era un fatto grosso di cronaca io lo riprendevo magari dopo quindici giorni, e ne facevo un racconto fantastico. 1  

Trieste fa parte, senza dubbio, di quel gruppo di racconti che Buzzati non considerava tra i migliori nella sua vastissima produzione. Eppure, pur se intriso di retorica, pur se zavorrato dagli stilemi rigidi e un po’ stucchevoli dell’allegoria, ebbe il privilegio di trovare un commentatore illustre ed entusiasta come il poeta gradese Biagio Marin. Che sul quotidiano « Messaggero Veneto » di Udine, quattordici giorni più tardi, cioè il 23 maggio del 1950, annotò con enfasi :  





Abbiamo letto tutti con emozione l’elegia su Trieste di Dino Buzzati : molti perché l’hanno interpretata come affettuoso atto di omaggio a Trieste e alla gente giulia ; altri per altre ragioni. Comunque prima che il tempo ne porti via l’eco e la vanifichi nella torbida e morta atmosfera in cui viviamo, certe cose vanno sottolineate e anche, perché no, rese oggetto di riflessione. È forse la prima volta che lo scrittore italiano tenta di stabilire l’essenza del rapporto tra Trieste e l’Italia. Il mito e il tono delicato e pacato dello stile non tolgono la dolorosità di certe constatazioni. 2  





Erano anni, quelli, in cui la cosiddetta ‘questione di Trieste’ stava precipitando verso un epilogo ancora tutto da scrivere, ancora tutto da immaginare. La città, che aveva atteso a lungo di riunirsi per la seconda volta all’Italia (dopo la ‘prima redenzione’ strappata all’Impero austro-ungarico con il sacrificio di troppi uomini nella Grande Guerra), era costretta a vivere in una sorta di limbo. Governata dai militari alleati, brulicante di spie (come testimonia Giorgio Scerbanenco nel suo Appuntamento a Trieste), 3 assediata da vicino e rivendicata dalle truppe jugoslave, che alle spalle avevano il colosso sovietico. Pronta addirittura a far morire i suoi giovani nelle strade, come avvenne pochi mesi più tardi, nell’ottobre del 1953, pur di convincere la comunità internazionale a prendere in  

1  D. Buzzati, Un autoritratto. Dialoghi con Yves Panafieu, Milano, Mondadori, 1973, p. 152. 2  B. Marin, Commento all’elegia su Trieste di Dino Buzzati, ora in Autoritratti e impegno civile. Scritti rari e inediti dell’Archivio Marin della Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia, a cura di E. Serra, Pisa-Roma, Fabrizio 3  G. Scerbanenco, Appuntamento a Trieste, Milano, Rizzoli, 1975. Serra Editore, 2008. p. 140.

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alessandro mezzena lona

fretta una decisione che chiudesse quella snervante, confusa appendice della Seconda guerra mondiale. E Buzzati ? Lo scrittore del Deserto non poteva restare insensibile agli allarmistici articoli che il suo giornale, il « Corriere », andava pubblicando nel 1953 in prima pagina, a firma dell’inviato Cesco Tommaselli, con titoli di sicuro effetto come : I triestini temono di trovarsi di fronte al fatto compiuto ; oppure La minaccia del fatto compiuto appare a Trieste sempre più drammatica ; o ancora : L’Italia è pronta a discutere ma non intende subire sopraffazioni. Il rischio era che i governi degli Stati Uniti e dell’Inghilterra finissero per cedere alle richieste del leader partigiano Tito, consegnando Trieste, la Venezia Giulia e l’intera Istria alla neonata Repubblica di Jugoslavia. Buzzati, particolarmente refrattario a sbilanciarsi in pubblico sulle questioni politiche, perché convinto che « se ciascuno nel suo piccolo fa il proprio mestiere onestamente, la società funziona in modo perfetto », 1 proprio in quel periodo, invitato da alcuni amici e colleghi, tra cui Indro Montanelli, decise di partecipare ai lavori preliminari per la nascita di un’associazione ideologico-letteraria, che aveva come fine il progresso della cultura. « Quella sera » – ricorderà poco prima di morire – « ho parlato e ho scritto. E per la verità sono stato l’unico che ha avuto il coraggio di dire certe cose… Questa è l’unica volta che ho fatto un intervento ». 2 Prese forma così, in un periodo di euforia politica irripetibile, l’idea di trasformare la ‘questione di Trieste’ in un racconto allegorico. In una metafora neanche troppo sfumata, in cui un padre piange tutte le sue lacrime perché, come confessa proprio nell’incipit, « di tanti miei figli e figlie una sola è rimasta veramente affezionata alla nostra vecchia casa : ed è l’unica che manca. Lei vive in mezzo al fiume, separata da noi su una specie di isoletta ». 3 Quando compaiono le « Guardie del Fiume », due « giovanotti giganteschi », il padre è pure costretto a fingere. Assicura i gendarmi che non ha alcuna intenzione di attraversare il fiume per andare a riprendersi quella sfortunata figlia. Tanto che, anche nel momento in cui rimane di nuovo da solo, si lascia andare al pensiero che, in fondo, sarebbe meglio se non esistesse proprio quella disgraziata ragazza, se, in qualche modo, se ne andasse, li dimenticasse : « Ma lei invece esiste, respira, vive, fatta di carne e ossa ; e ha il nostro stesso sangue ». 4 Non ha avuto fortuna quel racconto. Ripreso nel 1951 da « Il Mese », una rivista triestina che durò lo spazio di un numero, è stato poi ristampato nel 1983 in un volumetto dalla Arnaldo Forni editore, che vende libri per corrispondenza. 5 Nel 2002, in occasione di una delle tante ricorrenze che continuano a tenere Trieste incatenata al suo doloroso passato, proposi ad Almerina Buzzati di pubblicare sul quotidiano triestino « Il Piccolo », quel vecchio elzeviro uscito nel 1950 sul « Corriere ». Dopo aver ottenuto il permesso, per accompagnare il testo buzzatiano chiesi a Nella Giannetto se volesse scrivere un articolo di commento, provando a spiegare perché, ancora oggi, Buzzati continua a stregare noi lettori del terzo millennio. Lei, che avevo conosciuto e apprezzato in tanti incontri e convegni promossi dall’Associazione Internazionale Dino Buzzati, e con cui avevo condiviso un gioioso, interessantissimo seminario per gli studenti dell’Università di  





































































1  D. Buzzati, Un autoritratto, cit., p. 99. 2  Ivi, pp. 99-100. 3  Id., Trieste, « Corriere della Sera », 9 maggio 1950. 4  Ivi. 3  Di Trieste esiste anche la seguente edizione in brossura: Dino Buzzati, Trieste, a cura della Lega Nazionale, Trieste, 1950, con un’illustrazione del pittore triestino Ramiro Meng (1895-1966). Una copia di questa edizione, ormai rarità bibliografica, è conservata presso il Centro Studi Buzzati.  



trieste : un racconto dimenticato

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Bastia, in Corsica, dedicato alle trasposizioni cinematografiche del Deserto dei Tartari, Bàrnabo delle montagne, Il segreto del Bosco Vecchio, Un amore, accettò con entusiasmo la proposta. E in un testo scritto con grande passione e lucidità, sostenuto da una prosa chiara e immaginifica, affermò che Buzzati, ormai, può essere considerato un classico del Novecento. Perché ogni lettore trova nelle sue pagine vestite di quei magici panni che trasformano tutto in parabola, le proprie emozioni (la conquista, la sconfitta, la montagna, la città, la guerra, il sesso) e le proprie paure (della malattia, della morte, degli altri uomini), le proprie attese, speranze, delusioni, colpe. E tutto questo riversato in un caleidoscopio di messaggi, che sono fatti di parole, ma diventano colori, suoni, figure, sequenze vive. 1  

In Buzzati, scriveva Nella Giannetto, i lettori del Ventunesimo secolo continueranno a scoprire un artista dalle mille facce, capace di dare voce all’io umano e all’« altro da noi », con cui ci confrontiamo ogni giorno. « Perché a decidere della nostra vita »– concludeva – « molto spesso è quel dio dagli occhi di sfinge che alcuni chiamano caso, altri fortuna ». 2  













1  N. Giannetto, Buzzati, storie per il terzo millennio, « Il Piccolo », 25 gennaio 2002.  



2  Ivi.

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DINO BUZZATI DALL’OSSERVATORIO DE « L’AMICO DEL POPOLO » DI BELLUNO  



Marco Perale

È

una vicenda apparentemente paradossale, eppure assolutamente in linea con il clima culturale (evoluzione compresa) dell’Italia del Novecento : scorrendo le annate del settimanale diocesano di Belluno « L’Amico del Popolo », non si trova praticamente nulla (nulla di significativo, quantomeno) su Dino Buzzati prima della sua morte. Pochi trafiletti, giustificati con il tacito pretesto dell’emigrante di lusso che, con la sua notorietà, dava comunque lustro, da Milano e dalla cattedra del « Corriere della Sera », alla sua lontana terra natale, ma sempre senza riuscire a nascondere – perché molto probabilmente non lo si voleva neppure – una lontananza ed un distacco che mascheravano un evidente disagio. Tale disagio, con il relativo distacco, lo si coglie in controluce nell’articolo – insolitamente lungo e umanamente simpatetico – che compare il 5 febbraio del 1972, all’indomani della morte di Buzzati, quando al cortinese Mario Ferruccio Belli, in terza pagina, viene affidato l’incarico di scrivere sul settimanale diocesano un pezzo dedicato al triste evento. Nella sua testimonianza egli racconta l’ultimo incontro con lo Scrittore, in occasione di un’escursione estiva cortinese, dove si può cogliere bene il legame profondo di Buzzati con la sua terra – sempre più magica nell’avvicinarsi dell’appuntamento finale – le Dolomiti delle sue scalate, dei suoi scritti e dei suoi quadri, popolate di animali e di luoghi capaci di evocare un’alterità finalmente in sintonia (una prima sintonia) con il sentire di quel terminale – minimo, ma estremamente sensibile e comunque esemplificativo – del cattolicesimo popolare veneto rappresentato dal settimanale diocesano della periferica Belluno. Paradossalmente, come si accennava, è proprio a partire dalla sua morte che Buzzati riesce a conquistare uno spazio, sempre e costantemente crescente, sulle pagine dell’« Amico del Popolo », grazie soprattutto all’opera intelligente e lungimirante di Nella Giannetto e di tutto quanto è nato tra Belluno e Feltre grazie alla sua spinta caparbiamente coinvolgente. E così, un convegno dopo l’altro, una mostra, un libro, un evento dopo l’altro, Buzzati è riuscito a riconquistarsi tutto lo spazio che meritava, anche tra le colonne, fino ad allora molto più strette e quasi invalicabili, del settimanale diocesano di Belluno. Se limitiamo a questa ridottissima analisi quantitativa la fotografia del rapporto tra Buzzati e l’« Amico del Popolo » possiamo comunque ottenere una conferma (per quanto limitata a tale periferico osservatorio) della parabola evolutiva che ha caratterizzato i rapporti tra mondo cattolico e cultura italiana nella prima metà del Novecento, un rapporto – e non è certo questa la sede per darne conto compiutamente – fatto dapprima di distanze nette con tutto quello che la cultura liberale figlia del Risorgimento (non solo, ma vistosamente anche massonico ed anticlericale) poteva significare per un cattolicesimo chiuso sulla difensiva tra Non expedit e Patti lateranensi. Distanze che la successiva mistica fascista, con il suo sonoro apparato retorico e poi con il suo avventurismo bellico e le tragiche alleanze finali, non riuscì mai a colmare del tutto, anzi. E nell’Italia de 

















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mocristiana uscita dalla guerra, il vecchio bipolarismo che aveva contrapposto per quasi cento anni mondo cattolico e cultura liberale si arricchì di un terzo polo, non più solo socialista come ai tempi di Costa e di Turati, ma comunista (con tutto quello che ciò comportava negli anni della guerra fredda) ed altrettanto vigorosamente consapevole della propria diversità ed irriducibilità rispetto agli altri due mondi culturali. Ci vorrà il Concilio Vaticano ii, con le aperture di Giovanni XXIII e le speranze che accese, per mutare il clima, almeno da parte cattolica (e almeno per qualche anno), come testimonia appunto la nuova attenzione che « L’Amico del Popolo » dimostra finalmente nei confronti di Buzzati al momento della sua morte, nel gennaio del 1972. Il Concilio si era chiuso solo sei anni prima, il 7 dicembre del 1965, giusto in tempo perché la sua onda lunga raggiungesse anche Belluno. In pratica, una pura analisi quantitativa della presenza (e delle ben più vistose assenze !) di Buzzati nelle pagine dell’« Amico » conferma quindi questo rapporto fatto di iniziale distanza tra mondo cattolico e cultura borghese liberale, distanza via via affievolitasi con il Concilio e superata nella nuova fase post-ideologica degli ultimi decenni. Ma c’è dell’altro. Al di là dei silenzi che per tanti anni sembrano aver tenuto lontani Buzzati e il mondo cattolico bellunese è possibile una diversa lettura, capace di illuminare terre di incontro fecondo e di vicinanze tanto inattese (e forse anche inconsapevoli) quanto concrete e reali. Una lettura che passa attraverso il confronto formale (passibile magari anche di una vera e propria analisi strutturalista, foriera a mio avviso di esiti illuminanti) fra i testi cronologicamente coevi che uscivano dalle pagine del « Corriere della Sera » (penso alla cronaca più che alla « Terza » della cultura) così come dalle colonne locali del settimanale diocesano. E il campione locale della scrittura di matrice cattolica, nato nel Seminario di Belluno e formatosi proprio nella redazione dell’« Amico del Popolo », fu quell’Albino Luciani che, dopo anni di curia all’ombra del campanile del duomo, divenne prima vescovo di Vittorio Veneto, quindi Patriarca di Venezia ed infine Papa, sia pure per la brevissima stagione dei 33 giorni di Giovanni Paolo I, nel 1978. Una figura che, proprio attraverso il tirocinio sulle pagine dell’« Amico », aveva maturato una consapevolezza pastorale che ne aveva fatto una penna capace di parlare alla gente semplice, con una prosa che negli anni aveva saputo sfrondare ogni ampollosità dell’omiletica chiesastica preconciliare, per approdare all’immediatezza di pagine come quelle pubblicate periodicamente dal Cardinale Luciani, tra il 1971 e il 1975, sul popolarissimo « Messaggero di Sant’Antonio » di Padova – uno strumento che indica già una precisa scelta di campo – pagine poi raccolte in volume ed uscite sotto il titolo di « Illustrissimi ». 1 Dino Buzzati e Albino Luciani, quindi. Se i temi trattati e gli universi di riferimento erano – e furono sempre – assolutamente lontani fra loro, una diversa modalità di lettura consentirebbe, a mio avviso, di vederne una vicinanza molto maggiore di quanto non si sia colto finora. E tale nuova chiave di lettura consiste in un’analisi della forma dei rispettivi testi, della struttura della frase, delle scelte lessicali, dell’affinamento che negli anni li ha portati ad una prosa asciutta e – paradigmaticamente, vista la rispettiva formazione – giornalistica, tale da caratterizzarsi e distinguersi nettamente sia nei confronti dell’ampollosità della retorica imperante tra gli anni Trenta e Cinquanta, sia rispetto alle avventure sperimentaliste (dal tardo Futurismo ai ‘Novissimi’ ) che rischiavano di lasciare indietro troppi lettori.  































1  A. Luciani, Illustrissimi, Padova, Edizioni Messaggero, 1978.





buzzati dall ’ osservatorio de «l ’ amico del popolo» di belluno

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Entrambi, Dino Buzzati e Albino Luciani, avevano imparato alla scuola – diversissima ma per molti versi convergente – delle rispettive redazioni a scrivere con una forma tale (frasi brevi, periodi spezzati, termini di uso comune) da rendersi comprensibili a tutti i loro lettori. Un abile gioco di stile, naturalmente, che molto spesso consentiva – e ancora richiede – di distinguere e scoprire più piani di lettura : uno immediato, solo apparentemente facile e diretto, ed altri più complessi e criptati, destinati al lettore più accorto e attrezzato, in grado di cogliere e smontarne la polisemia. Buzzati e Luciani. Una vicenda che ha un altro parallelo, altrettanto inaspettato. Come ho già avuto modo di suggerire qualche anno fa, nell’introduzione del catalogo edito da Mazzotta nel 2002 in occasione dell’ultima mostra buzzatiana organizzata a Belluno da Nella Giannetto, Buzzati 1969 : il laboratorio di Poema a fumetti :  





il Buzzati alchimista del segno e della parola è riuscito con il Poema a fumetti (due anni prima dei Miracoli di Val Morel) a mescolare e a rimettere nel circolo alto della cultura generi marginali ma straordinariamente radicati nella coscienza popolare quali – ai due estremi di quel tessuto inconscio dell’Italia del dopoguerra sanguignamente vivisezionato da Pasolini – gli ex voto degli ultimi contadini o i fotoromanzi e i fumetti dei loro figli senza più radici. 1  

Dopo Luciani, ecco Buzzati e Pasolini, nuovamente agli antipodi culturali, tematici e stilistici dell’Italia del dopoguerra e del boom economico, protagonisti entrambi, ma lontanissimi tra loro, secondo le normali chiavi di lettura delle rispettive produzioni letterarie, eppure ancora una volta – se visti nella loro capacità di scandagliare, interpretare e contaminare le subculture di quegli anni – molto più strutturalmente simili e vicini tra loro. Inaspettatamente paralleli. La stessa attenzione, a volte anche similmente morbosa, verso un’umanità dolorosamente disancorata da quegli antichi valori che entrambi, dagli approdi geografici di Milano e di Roma (e dalle ancor più lontane sponde ideologiche e culturali), sapevano essere ancora, almeno in parte, nascosti tra Veneto e Friuli, in quelle povere campagne ((l’industrializzazione arriverà per entrambi solo dopo la tragedia del Vajont del 1963) dove si leggevano ancora, fedelmente, tanto « Il Messaggero di Sant’Antonio » quanto « L’Amico del Popolo », legati dal filo tracciato dalla penna di don Albino Luciani. Proprio i silenzi iniziali riservati a Buzzati dalle pagine del settimanale diocesano di Belluno, in fondo, hanno consentito di intravedere questa nuova linea di lettura : è la lingua, nella sua struttura più semplice e profonda, assieme alla curiosità e all’amore per l’uomo, che ha unito – più di quanto nessuno di loro immaginasse – figure come Buzzati, Luciani e Pasolini. E, con loro, i loro tre mondi. Il « Pianeta Buzzati » intravisto al convegno di Feltre del 1989 è ormai una galassia, e in continua espansione.  













1  Buzzati 1969 : il laboratorio di « Poema a fumetti », catalogo della mostra tenutasi a Feltre nell’ambito dele manifestazioni per il trentennale della morte di Buzzati, a cura di M. Ferrari, Milano, Mazzotta, 2002, p. 5.  





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DINO BUZZATI E IL « CORRIERE DELLA SERA » : LA STORIA CONTINUA  





Lorenzo Viganò

M

i sembra strano essere qui, a Feltre, e non parlare di Dino Buzzati ; non raccontare qualcosa che lo riguardi, entrando nella sua vita e analizzando i suoi libri. Strano trovarmi qui, fra chi lo ama quanto me, senza ragionare su ciò che lui ha fatto per noi, accendendo una luce sulla vita e i suoi misteri, e provare invece, questa volta, a raccontare che cosa ‘gli altri’ hanno fatto – e fanno – per lui : per divulgare la sua opera e la sua figura. L’indagine, come perfettamente dimostra questo convegno, non vuole e non deve essere solo un bilancio, un mero guardarsi indietro con soddisfazione e magari con un pizzico di (meritata) compiacenza. Ma piuttosto un punto di partenza verso il futuro, verso un altro ventennio (e poi un altro e un altro ancora… ) ricco di progetti e iniziative. Che mostrino sempre più chiaramente il valore di un autore e di un uomo la cui eredità appare di anno in anno più luminosa e profonda. Più moderna. Sono dunque onorato di avere l’opportunità di chiudere i lavori che, attraverso gli interventi di coloro che mi hanno preceduto, hanno già offerto diversi e interessanti spunti per gli anni a venire. Vorrei, se il tempo me lo permette, toccare due punti : il ruolo dell’Associazione Internazionale, e il rapporto del « Corriere della Sera » con Dino Buzzati. Per parlare dell’Associazione devo, anche se non amo farlo, parlare un po’ di me. Perché se è chiara e indiscutibile l’importanza che questo ‘gigante’ riveste ormai internazionalmente, non posso, soprattutto in questa occasione, tacere su quanto la sua esistenza sia stata fondamentale e preziosa a livello personale. La passione per Dino Buzzati, l’ho già raccontato, è scattata in me leggendo Le notti difficili (1971), la sua ultima raccolta di racconti : un libro doloroso e tormentato, che fin dalle prime righe mi è entrato nell’anima con la stessa forza della lama di una spada. Lì, tra quelle novelle, da Lettera d’amore a Vecchia auto a La polpetta, ho trovato me stesso, vedendomi riflesso come in uno specchio. Con la sua prosa, chiara e diretta, l’autore del Deserto dei Tartari mi ha messo a nudo, aprendo, nello stesso tempo, una finestra sul mondo, e non solo su quello reale. Pagina dopo pagina, ho sentito che le sue speranze, i suoi dubbi, le sue paure appartenevano anche a me. Così ho cominciato a leggerlo, a studiarlo. Ad approfondirne la figura. Ho avuto il privilegio di conoscere la moglie, Almerina Buzzati – per definire la quale ogni aggettivo sarebbe inadeguato – e, attraverso di lei, l’Associazione. L’iscrizione alla quale, arrivata subito (ho la tessera numero 426), mi ha proiettato in un mondo, o meglio in un universo, che mai avrei immaginato. I notiziari, ricevuti per posta, con il puntuale aggiornamento su convegni, pubblicazioni, appuntamenti, hanno alimentato anno dopo anno la mia passione, la mia voglia di conoscere, di ricercare, offrendomi continuamente nuovi spunti. Ho potuto incontrare studiosi, lavorare con Nella Giannetto – a lei un ricordo di ammirazione, gratitudine e affetto – ; ho avuto l’opportunità di confrontarmi con chi, da Patrizia Dalla Rosa a Isabella Pilo, ha animato questa Associazione, portandola, in  













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vent’anni di lavoro serio e rigoroso, a ciò che è ora. I « Quaderni » e gli « Studi buzzatiani » hanno via via riempito la mia biblioteca, insostituibili strumenti di lavoro, fornendomi quelle conoscenze che mi hanno permesso, attraverso i libri che ho curato, di ‘contagiare’ altre persone. Tanto che una delle maggiori soddisfazioni che provo quando mi chiamano a parlare di Dino Buzzati è quando si avvicina qualcuno del pubblico e mi confida con meraviglia : « Ma io non sapevo, non immaginavo che Buzzati scrivesse così, di queste cose. Bisognerebbe divulgarlo di più ». Se oggi Dino Buzzati è una parte importante non solo della mia vita, ma di me stesso, di come penso e sono, lo devo quindi anche all’Associazione. Grazie dunque. Sono felice di essere venuto fin qui per dirvelo direttamente. Grazie.  













Per quel che riguarda il rapporto di Dino Buzzati con il « Corriere della Sera », cui questo intervento è dedicato, il discorso si fa più complesso e articolato. Intanto mi rendo conto che forse avrei fatto meglio a intitolarlo « Il “Corriere della Sera” e Dino Buzzati : la storia continua », anziché viceversa. Perché ora quel che mi interessa mettere a fuoco non è tanto che cosa rappresentava per lui il ‘suo’ giornale – tema trattato più volte, poiché elemento ricorrente della sua vita e della sua opera, si pensi al Deserto dei Tartari – quanto il legame tra il quotidiano di via Solferino e uno dei suoi giornalisti più fedeli. E non all’epoca in cui Buzzati vi lavorava, lungo quei (quasi) 43 anni che lo videro cronista, inviato, elzevirista, responsabile della pagina dell’arte, ma oggi. Come viene ricordato ? ‘Quando’ viene ricordato ? Qual è l’attenzione che gli si riserva sulle sue pagine ? Quanto è vivo l’orgoglio di averlo avuto al tavolo della redazione, o inviato sui luoghi a raccontare fatti e personaggi della nostra storia, finendo sistematicamente in prima pagina ? Quali sono i giornalisti a lui più legati, coloro che oggi guardano alle sue doti di professionista e di uomo come a un modello ? Lavoro al « Corriere » dal 1997 e fin dal primo giorno ho sentito la presenza di Dino Buzzati viva e tangibile. L’ho respirata, insieme con la storia, centenaria, che puntualmente mi investe e mi emoziona ogni giorno in cui varco la soglia del civico 28 di via Solferino, a due passi dall’immaginaria via Saterna. I marmi, il busto del fondatore Eugenio Torelli Viollier, lo scalone rivestito di tappeto rosso con alle pareti le foto dei grandi giornalisti e personaggi della cultura, da Curzio Malaparte a Grazia Deledda, da Gabriele d’Annunzio a Giovanni Verga, da Luigi Pirandello a Dino Buzzati (che si trova tra Ada Negri e Giuseppe Antonio Borgese) ; e poi il primo piano, con il cuore del giornale, e la Sala Albertini, oggi riservata alle riunioni del mattino, ma un tempo redazione dove Buzzati lavorò seduto al lungo tavolo (che c’è ancora) voluto da Albertini stesso sul modello del « Times » ; il lungo corridoio silenzioso su cui si affacciano la stanza del direttore e dei suoi vice, l’ufficio centrale, le alte porte a vetri. Anche se la ristrutturazione a opera dell’architetto Vittorio Gregotti ha modificato sensibilmente l’interno dell’edificio, lasciando intatto il piano nobile, ma cancellando per sempre alcune stanze, fra cui quella occupata, negli ultimi anni, dall’autore del Deserto dei Tartari, il « Corriere » rimane la Fortezza Bastiani. E Buzzati-Drogo uno dei suoi più amati soldati. Giangiacomo Schiavi, nella prefazione al libro edito nel 2006 dalla Fondazione Corriere dal titolo Il giornale segreto, in cui viene pubblicato per la prima volta un progetto pensato dallo stesso Dino Buzzati per un nuovo « Corriere d’Informazione », riporta una frase pronunciata da Giovanni Spadolini che bene rende l’idea del rapporto del giornalista bellunese con il quotidiano. « C’era in Buzzati », scrive Spadolini, che fu suo direttore, « un senso di debito verso il “Corriere” che aveva servito con tanta fedeltà, generosità, disinteresse : sembrava che, arrivato alle cime del successo, do 















































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dino buzzati e il «corriere della sera»: la storia continua

vesse riconquistare ogni giorno i galloni, quasi sottoporsi a un nuovo torturante esame di maturità ». Bene : oggi quel « senso di debito » lo prova il « Corriere » verso Buzzati, di cui onora il ricordo, con orgoglio, appena se ne presenta l’occasione. Dopo la sua morte il compito era affidato a coloro che avevano avuto la fortuna di lavorare con lui, Gaetano Afeltra per primo, ma anche Giulio Nascimbeni, Giuliano Gramigna, Indro Montanelli, o Guido Vergani, che lo aveva conosciuto da bambino grazie all’amicizia di Buzzati con il padre Orio. Oggi, scomparsi loro, altri colleghi continuano, dal sottoscritto a Lorenzo Cremonesi, da Giangiacomo Schiavi a Paolo Foschini. E al di là delle numerose iniziative che periodicamente lo riguardano – sulle quali mi premuro di tenere costantemente aggiornata la redazione – la poliedricità di Buzzati fa sì che lo si ricordi più di quanto ci si aspetti : quando si parla di cronaca nera, ma anche di ciclismo, di guerra come di imprese e disastri che hanno segnato il nostro Paese. C’è un legame forte, stretto e continuo tra il « Corriere » e Buzzati, sentito da tutti come uno dei giornalisti che vi ha lasciato un segno profondo. L’apice dei tributi e dei ricordi si è forse toccato negli ultimi mesi del 2006, in occasione del centenario della nascita dello scrittore. Oltre al libro curato da Giangiacomo Schiavi, Il giornale segreto cui abbiamo già accennato – un piccolo grande libro che fa luce sulla profonda passione di Buzzati per il giornalismo e sulla sua lungimiranza nel progettare un quotidiano del pomeriggio con idee e soluzioni adottate oggi 1 – si è tenuto un breve convegno organizzato con la Fondazione « Corriere della Sera », in Sala Montanelli, con ospiti che ne hanno messo a fuoco doti professionali e umane. Dino Buzzati. Ovvero l’arte del raccontare – questo il titolo – era suddiviso in tre parti. La prima, denominata Incontri, prevedeva tre appuntamenti : « Raccontare notizie » (il 26 ottobre), dedicata al Buzzati giornalista, con interventi di Mario Perazzi, che fu al suo fianco nella fattura della Pagina dell’Arte, Daniele Protti, direttore dell’« Europeo », Giangiacomo Schiavi, attuale vicedirettore del « Corriere », e Carlo Verdelli, direttore della « Gazzetta dello Sport » ; « Raccontare per immagini » (il 27) sul Buzzati pittore, con l’editore dei fumetti (« Tex », « Dylan Dog »… ) Sergio Bonelli, Mario Brenta, regista di Bàrnabo delle montagne, e Gillo Dorfles, moderati dal critico cinematografico Paolo Mereghetti ; e infine « Raccontare storie » (il 28), dedicato al Buzzati narratore, con gli scrittori Maurizio Cucchi e Bruno Pischedda, coordinati dal giornalista Dario Fertilio. La seconda parte, denominata Percorsi, prevedeva invece due giorni (il 30 settembre e il primo ottobre) di percorsi guidati (titolo : Scusi, da che parte per piazza del Duomo ?) attraverso la scoperta sia dei luoghi di Milano trattati nei suoi libri, da Un amore a Poema a fumetti, sia di quelli vissuti da Buzzati in prima persona, dalla sede del « Corriere » in via Solferino alla sua prima casa in via San Marco, dai giardini pubblici all’ultima abitazione dello scrittore in viale Vittorio Veneto, dai luoghi delle sue cronache – la casa dell’eccidio di Rina Fort – al grattacielo Pirelli, dal tetto del quale poter ammirare posti ed edifici da lui narrati e ritratti : i tetti di Milano, la Torre Velasca, il Duomo. Chiudeva il convegno (la sera del 2 ottobre), come terza parte dei lavori, l’appuntamento al Piccolo Teatro di via Rovello con Dino Buzzati. Un cronista in cronaca, spettacolo di letture da testi dell’autore, ideato dal sottoscritto con la regia di Renato Sarti, sul palco accanto a Rossana Mola, Antonio Rosti e Bebo Storti.  







































































1  Su questo progetto inattuato di Buzzati, si veda anche l’articolo che Schiavi ha concesso, per la sezione Inediti e rari della rivista « Studi buzzatiani » : L’Anti« corriere » : un giornale tra la notte e il giorno, « Studi buzzatiani », xi, 2006, pp. 109-119.  















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Come prestigiosa conclusione delle celebrazioni riservate dal « Corriere » a Dino Buzzati, il 6 ottobre, giorno della sua nascita, si è inaugurata, alla presenza dell’allora direttore Paolo Mieli e del presidente Piergaetano Marchetti, una sala a lui intitolata all’interno del quotidiano : la « Sala Buzzati », appunto, grande e tecnologicamente all’avanguardia, dove spicca la riproduzione della frase annotata dal giornalista sul suo diario il 10 luglio 1928, giorno in cui varcò per la prima volta la soglia di via Solferino : « Oggi sono entrato al Corriere, quando ne uscirò ? Presto, te lo dico io, cacciato come un cane ». Una sala che oltre a essere un sentito (e dovuto) omaggio del giornale a una delle sue penne più care, è anche, con le conferenze, le presentazioni, gli incontri che quasi quotidianamente vi si svolgono, un veicolo per fare circolare ovunque il suo nome e tenerlo vivo. Da allora, di Buzzati si è continuato (e si continua) a parlare, sia sulle pagine della cultura e della cronaca (milanese e non), sia in dibattiti e libri. Il più recente dei quali, curato dalla Fondazione Corriere della Sera e edito da Rizzoli, porta la firma illustre di Lorenzo Cremonesi, inviato del quotidiano milanese. Titolo : Dai nostri inviati. Inchieste, guerre ed esplorazioni nelle pagine del « Corriere della Sera » (Rizzoli, 2008) un appassionante viaggio tra i grandi inviati, a partire dai primi redattori viaggianti di fine Ottocento, a Dino Buzzati a bordo delle navi durante la seconda guerra mondiale. È infatti proprio lui l’ultimo grande inviato della stagione d’oro del giornalismo raccontato da Cremonesi – dopo Luigi Barzini Jr., Arnaldo Fraccaroli, Cesco Tomaselli, Vittorio Beonio Brocchieri – in un ricco e sentito ritratto che solo chi vive ogni giorno le difficoltà e le meraviglie del raccontare quel che accade dall’altra parte del mondo può disegnare. Questo, a grandi linee, ciò che il « Corriere della Sera » ha dedicato a Dino Buzzati nel corso degli ultimi anni. Cui andrebbe aggiunta un’altra iniziativa di cui però non posso parlarvi perché non ancora conclusa. Quando si concretizzerà, lo sapete, sarò qui di nuovo a raccontarvela, e sarà solo un altro capitolo della lunga e affascinante storia che unisce il quotidiano di Milano e lo scrittore di Belluno, la Fortezza Bastiani e Giovanni Drogo. La storia, come dicevamo, continua.  



























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riassunti

« C’è un vuoto da colmare » : Nella Giannetto e una lezione che continua Maudi De March  





Sedotta dal verbo buzzatiano, una giovane ricercatrice siciliana divenne, dalla metà degli anni ’80, essa stessa seduttrice culturale, musa ispiratrice e insieme forza generatrice di quel singolare ‘Pianeta Buzzati’ rappresentato, oggi, dall’Associazione Internazionale Dino Buzzati e dal suo Centro Studi. L’eccezionale percorso di ricerca e di divulgazione scientifica tracciato da Nella Giannetto intorno all’opera di Dino Buzzati merita una discussione (in queste pagine solo suggerita) attuale e costruttiva sul modo di comunicare cultura, oltre che un doveroso ricordo. L’idea che « ha cominciato a volare » oltre vent’anni or sono pulsa ancora alle porte delle Dolomiti buzzatiane, tra le stanze del Centro di ricerca feltrino dove chiunque, in virtù di quell’universalità del messaggio di Dino e dell’azione di Nella, può tentare di proseguire un discorso ancora aperto.  



* Presenza di Buzzati in Francia, all’alba del nuovo millennio Delphine Bahuet Gachet Si evoca, in questa relazione in complementarità con quella della professoressa Caspar, la collaborazione fra la ‘primogenita’ Association des Amis de Dino Buzzati, creata a Parigi nel 1977, e l’Associazione Internazionale Dino Buzzati, partendo dalla data chiave (1994) della fusione delle due Associazioni. Nel poco tempo concesso per ricordare i momenti salienti dei quattordici anni di attività dell’Association, Bahuet Gachet mette in rilievo le diverse opere buzzatiane pubblicate nella ricorrenza del Centenario della nascita dell’Autore (2006) fra cui le Nouvelles inquiètes e Œuvres, Editore Robert Laffont (in due volumi) ; Orfi aux enfers (Actes Sud bd) ; le Nouvelles oubliées (Robert Laffont), risultato dell’ambizioso progetto di offrire al pubblico francese l’opera completa di Buzzati.  



* A proposito della fondazione dell’Association Internationale des Amis de Dino Buzzati e del suo ‘rayonnement’ Yves Frontenac Nel suo intervento Yves Frontenac ricorda la genesi della fondazione dell’Association Internationale des Amis de Dino Buzzati a Parigi alla fine degli anni ’70, avvenuta attorno a Yves Frontenac, Michel Suffran e Yves Panafieu in particolare. Nel ’78 Marie-Hélène Caspar ne divenne la Segretaria, ruolo attualmente ricoperto da Delphine Gachet. Del comitato d’onore, oltre ai familiari di Buzzati, entrarono a far parte accademici e illustri scrittori francesi : Marcel Brion, Roger Caillois, Max-Pol Fouchet, nonché l’editore Robert Laffont, che pubblicò i sei primi Cahiers dell’Association. Yves Frontenac segnala il posto rilevante assunto da alcuni studiosi francesi nella diffusione e nell’approfondimento dell’opera buzzatiana, quali Yves Panafieu e Marie-Hélène Caspar. Dedica infine un commosso e grato ricordo all’operato di Nella Giannetto in Italia e un sentito ringraziamento alle sue collaboratrici ; che continuano a mantenere attiva la vita di questa Associazione.  



* Tra Poeta e studioso : soglie di comunicazione del Centro Studi Buzzati Patrizia Dalla Rosa  

In questo intervento si delinea in tutta la sua dinamica realtà il complesso lavoro effettuato da Patrizia Dalla Rosa quale Responsabile della ricerca al Centro Studi Buzzati di Feltre, a partire dall’approfondimento critico ad alto livello dell’opera buzzatiana sino alla particolare e delicata

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riassunti

natura del suo compito di « consulente bibliografica », che spesso assume funzione di indirizzo della ricerca. La diffusione conosciuta dall’opera di Buzzati, dovuta sia alla sua poliedricità, sia all’impatto di ‘facilità’ della traduzione in lingua straniera, continua ad aumentare, coinvolgendo con richieste impegnative e laboriose il Centro Studi. All’universalità di Buzzati contribuisce anche la non immediata riconducibilità della sua opera a una geografia italiana. Ad esempio di ricerca, infatti, viene portato il tema del paesaggio-protagonista dell’opera buzzatiana, comprensibile solo se lo si riconduce alle sorgenti della parola poetica, ai luoghi che hanno dato i natali alla sua visione del mondo, luoghi dove ancora c’è spazio per quell’‘Ignoto’ di cui l’essere umano ha bisogno.  



* Un caso che comincia per bi. Viaggio tra le tesi riguardanti l’opera di Dino Buzzati assegnate negli atenei milanesi (1988-2008) Silvia Zangrandi Le celebrazioni per il ventennio di attività dell’Associazione Internazionale Dino Buzzati di Feltre hanno sollecitato alcune riflessioni sulla ricezione dell’opera di Dino Buzzati presso le Università milanesi, nella fattispecie appunto dopo la nascita dell’Associazione. Procedendo, tramite l’individuazione di parole chiave, allo spoglio delle banche dati presenti nelle biblioteche di tutti gli atenei della città, Silvia Zangrandi, esaminate le tesi di laurea del periodo 1988 - 2008, offre qui il risultato della sua indagine : 40 le tesi di laurea dedicate all’opera buzzatiana fra le Università milanesi del Sacro Cuore, l’Università Statale, la Libera Università di Lingue e Comunicazione iulm (sede di Milano), l’Accademia di Belle Arti di Brera. Per procedere all’analisi dei dati e per facilitarne lo spoglio, le tesi sono state suddivise in categorie. A scontate conferme (grande interesse per l’attività giornalistica e la narrazione breve) seguono sorprese (scarsa attenzione verso il romanzo che lo ha reso celebre e verso il fumetto) che testimoniano tuttavia l’interesse costante da parte di studenti e docenti.  

* Un lungo viaggio oltre la « cortina fumogena » buzzatiana : 1969-2008. Dalle curiosità individuali ai coinvolgimenti collettivi per vie associative Yves Panafieu  





Panafieu sottolinea l’eccezionale avventura culturale che per tre decenni ha coinvolto Francia e Italia in un’attività associativa finalizzata ad approfondire e diversificare la riflessione critica relativa all’opera buzzatina con congressi e progetti editoriali di notevole portata, a cui hanno collaborato critici e ricercatori operanti dentro e fuori delle Università. Determinante l’apporto dato dalla Association Internationale des Amis de Dino Buzzati, a cui si devono ben sette convegni, mostre di pittura e di manoscritti, oltre alla pubblicazione dei volumi antologici della collana Cahiers Dino Buzzati. Esaminate le condizioni in cui fu creata l’Association Internationale des Amis de Dino Buzzati, lo studioso si sofferma in particolare sui principi che l’hanno ispirata, i progetti e le realizzazioni che precedettero il convegno feltrino del 1989, mettendo in luce anche le difficoltà nate dalla specificità dei posizionamenti culturali dei protagonisti, in funzione del fatto che abbiano operato dentro o fuori della realtà socio-storica del Paese dove è vissuto e ove ha operato lo scrittore. * Qualcosa era successo. Il paradosso di Bologna Fabio Atzori La prima parte è dedicata a una testimonianza personale (i primi contatti con Nella Giannetto, la nascita del Centro Studi) – chi scrive è stato infatti borsista dell’Associazione Buzzati e prima ancora ha frequentato, da studente, l’Archivio Buzzati. Segue una breve ricostruzione dei rapporti fra l’Associazione Buzzati e l’Università di Bologna (la presenza di Buzzati nei corsi bolognesi ; il ruolo  

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riassunti

di Maria Luisa Altieri Biagi ; le tesi di argomento buzzatiano). Nell’ultima parte dell’intervento si propone un elenco di temi/problemi tuttora inesplorati o che meritano nuovi approfondimenti (il restauro filologico dei testi ; il censimento dei materiali documentari ; la lingua del giornalista ; la poesia, il teatro, la ‘cronaca d’arte’).  







* La presenza di Dino Buzzati all’Università di Venezia Ilaria Crotti L’intervento di Ilaria Cotti prende in esame un campo tematico di perspicuo interesse per la narrativa buzzatiana (in particolar modo in riferimento al Deserto dei Tartari), ossia quello che concerne le ‘immagini’ del libro, in tutte le sue accezioni, nella fattispecie in quanto codice, regolamento, formulario, nelle relazioni che intrattiene con lo statuto del soggetto novecentesco. * Dino Buzzati e la sua recente fortuna nella cultura spagnola Elisa Martínez Garrido In questo intervento viene presa in considerazione la diffusione in Spagna dell’opera di Dino Buzzati, celebrato in numerosi congressi in occasione del centenario della sua nascita, grazie anche all’aiuto del Centro Studi di Feltre e dell’attenta sensibilità della Casa Editrice spagnola Gadir. Diventato ormai un classico del Novecento, Buzzati è ora al centro dell’attenzione dei giovani universitari spagnoli, sia per l’aspetto letterario che per quello pittorico. In questa via di penetrazione di Buzzati in Spagna, l’Università Complutense di Madrid è stata una delle principali istituzioni impegnata nella conoscenza e nella diffusione della scrittura buzzatiana in ambito spagnolo, per la quale è stato determinante il sostegno della dottoressa Patrizia Dalla Rosa che, in quest’opera di approfondimento culturale di Buzzati a Madrid, ha intrattenuto un continuo dialogo scientifico, accademico e umano, consentendo di stabilire e rafforzare profondi legami di lavoro e di vita fra la Complutense e il Centro di Studi Buzzati di Feltre. * Dino Buzzati in Argentina : spunti sulla ricezione della sua opera in ambito accademico María Beatriz Cóceres  

L’obiettivo della relazione consiste nel determinare il livello di diffusione delle opere di Dino Buzzati in Argentina, in particolar modo in ambito universitario. Si fa poi riferimento ad una delle pubblicazioni periodiche più rappresentative del campo dell’italianistica in Argentina : gli Atti dell’a.d.i.l.l.i. (Associazione di Docenti e Ricercatori di Lingua e Letteratura Italiana) e si effettua un’indagine sui testi critici relativi all’opera di Buzzati usciti in questo Paese a partire dal 1985 fino ad oggi, seguendo precisi criteri di valutazione. A conclusione il profilo di nuovi orizzonti per un’Associazione Dino Buzzati in Argentina.  

* Quarant’anni con Dino Buzzati : un maestro di vita Marie-Hélène Caspar  

Marie-Hélène Caspar si propone di ripercorrere un itinerario che l’ha portata ad essere una specie di ‘ambasciatrice buzzatiana itinerante’ in vari paesi (Francia, Italia, Danimarca, Belgio, Germania, Lussemburgo, Ungheria, Stati Uniti, Tunisia). Ricorda momenti essenziali vissuti in seno all’Association Internationale des Amis de Dino Buzzati, nata a Parigi nel 1978 (di cui è stata Segretaria fino al 1992), i convegni organizzati in varie città francesi (Nizza, Grenoble, Parigi) e presso l’Università Paris X - Nanterre, nonché la collaborazione proficua tra l’Association francese e l’Associazione italiana creata nel 1988 dalla compianta Nella Giannetto. Conclude menzionando il lavoro di due amiche preziose : Delphine Gachet, attuale Segretaria dell’Association francese, e Patrizia Dalla Rosa, emerita continuatrice del lavoro iniziato in Italia da Nella Giannetto.  

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riassunti Una proposta didattica su Buzzati in Austria : l’« Ich Erzähler » nella novella e nel cinema Anna Ventinelli  





Il breve contributo di Anna Ventinelli verte su una proposta didattica rivolta agli studenti dell’Università di Graz nell’a.a. 2007/2008. Nel chiedersi attraverso quali testi presentare Buzzati in lingua originale a studenti di madrelingua tedesca, e, soprattutto, volendo focalizzare, su questi testi, gli aspetti che in modo più significativo esprimono l’‘Io narrante’, Ventinelli ha fatto accostare i suoi studenti alla pluralità delle forme della narrazione buzzatiana in particolare attraverso la pagina scritta e il cinema. * Aspetti del ‘caso’ Buzzati : premesse storico-critiche e studio del fantastico in Italia (1988-2008) Alessandro Scarsella  

Affrontando il ‘caso’ Buzzati, Alessandro Scarsella evidenzia lo squilibrio tra un successo di pubblico ancora attuale e un interesse positivo della critica letteraria maturato principalmente all’estero. Il caso dunque, ristretto a questo aspetto della ricezione italiana del narratore veneto e alla revisione del canone storiografico del Novecento nostrano, che esso impone in quanto ‘caso’ non risolto, bensì potenziato dagli studi su teoria e storia del fantastico, viene qui valutato prendendo in considerazione gli studi, presentati negli atti e nelle pubblicazioni dell’Associazione e del Centro Studi Buzzati, che negli anni hanno prescelto il fantastico come chiave di lettura e formula di migliore collocazione dell’autore. Viene così ad essere ricostruito il percorso accidentato che la categoria del fantastico aveva, fino agli anni ’80, conosciuto presso la critica e la storiografia letteraria italiana. Ne esce il ritratto inedito di un Buzzati onnipresente, in forza del suo corpus diversificato, (impareggiabile palestra di esercizio teorico-critico) nel quadro di ogni possibile definizione delle funzioni non mimetiche del discorso narrativo. * Una lunga fedeltà. Dino Buzzati e l’‘Italia magica’ Alvaro Biondi L’autore riprende la definizione da lui già prospettata nel Convegno Il pianeta Buzzati (1989) di Buzzati come grande scrittore dell’‘Italia magica’, sullo sfondo di una sistemazione storiografica costituita da tre aree ben distinte : il realismo magico (Bontempelli), il Surrealismo italiano (Landolfi, Savinio, Delfini) e, appunto, l’‘Italia magica’. Verificato come, a distanza di vent’anni, quelle proposte critico-storiografiche sono state accolte ed illustrati gli sviluppi del lavoro critico ad esse ispirato, la presente relazione, riallacciandosi ai temi già allora toccati, ne offre approfondimenti, ne valuta gli esiti ed indica quali siano oggi gli assunti da approfondire, ovvero pricipalmente la formazione del fantastico buzzatiano, il sogno, la morte, la religiosità.  

* Breve testimonianza di un ex-borsista del Centro Studi Buzzati Roberto Carnero La breve testimonianza di Roberto Carnero riconduce all’importante ideazione da parte dell’Associazione Internazionale Dino Buzzati di una borsa di studio da attribuire ad un laureato che non abbia mai studiato Buzzati. Vincitore per questa categoria nel 1996, Carnero ricorda non solamente quello che fu l’oggetto della sua ricerca di allora (animali reali e fantastici nell’opera dell’Autore), ma anche come in quell’anno abbia lavorato presso il Centro e parallelamente visitato i luoghi natali di Buzzati. Soprattutto, Carnero testimonia come, proprio grazie a quella borsa, abbia avuto inizio la sua attività di studioso nell’ambito della Letteratura italiana contemporanea.

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riassunti Dino Buzzati veneto, visto dall’archivio del « Gazzettino » Sergio Frigo  



Come e quando il Veneto ‘scoprì’ Dino Buzzati come proprio ‘figlio’ ? E come cambiò questa percezione con la fondazione, nel dicembre del 1988, dell’Associazione Dino Buzzati ? Le risposte a questi quesiti Sergio Frigo le ha cercate nell’archivio de « Il Gazzettino », osservatorio ideale per comprendere l’atteggiamento della nostra Regione verso lo scrittore. Dalle prime cartelle, relative agli anni ’40 e ’50, ha inizio il processo di ‘adozione’ di Buzzati in chiave venetizzata, proseguito di pari passo con l’affermazione dello scrittore sulla scena nazionale e completato poi negli anni successivi, quando ne viene recepita finalmente anche la dimensione pittorica (mostra bellunese del 1967). Ma è paradossalmente dopo la sua morte, per tutti gli anni ’70, che aumenta la presenza di Buzzati su « Il Gazzettino », anche se sarà solo sul finire degli anni ’80, con l’opera di Nella Giannetto e dell’Associazione, che decolla l’interesse per il Nostro, surclassando di gran lunga quello dedicato ad altri scrittori-giornalisti veneti altrettanto importanti, come Parise e Piovene.  











* Trieste : un racconto dimenticato Alessandro Mezzena Lona  

Alessandro Mezzena Lona ricorda qui un racconto di Dino Buzzati che non è mai entrato in nessuna raccolta delle sue prose brevi. Si intitola Trieste, ed è apparso sul « Corriere della Sera » il 9 maggio 1950, ma da allora è stato dimenticato perfino dai più attenti studiosi dello scrittore. Riporta alla memoria, in forma di allegoria, uno dei capitoli più dolorosi della storia d’Italia : la lunga incertezza in cui visse Trieste dopo la fine della Seconda guerra mondiale, governata dalle truppe alleate, rivendicata dalla Jugoslavia di Tito, separata dalla Patria fino al 1954. Quel racconto è riapparso sul quotidiano « Il Piccolo » nel 2002, accompagnato da un lungo articolo di Nella Giannetto.  









* Dino Buzzati dall’osservatorio de « L’Amico del Popolo » di Belluno Marco Perale  



Scorrendo le pagine de « L’Amico del Popolo », settimanale diocesano di Belluno, è possibile verificare l’evoluzione dell’atteggiamento che buona parte del mondo cattolico mantenne nei confronti di Buzzati, dichiaratamente non credente : dopo le poche righe riservategli in vita, l’attenzione crebbe via via, in parallelo con l’approfondimento critico avvenuto dopo la sua scomparsa. Proprio l’osservatorio di questo settimanale, decennale palestra giornalistica per don Albino Luciani, consente di rileggere la prosa di Buzzati, anch’essa plasmata attraverso la diversa scuola redazionale del « Corriere », come un percorso parallelo, dalle suggestive assonanze, tanto più se confrontato con le altre correnti linguistiche imperanti intorno alla metà del secolo scorso, tra i due estremi dalla retorica dannunziana e poi fascista e dello sperimentalismo dai futuristi ai ‘Novissimi’. La prosa apparentemente facile, paratattica e immediata di Buzzati, così come quella di Papa Luciani, segna una terza via.  









* Dino Buzzati e il « Corriere della Sera » : la storia continua Lorenzo Viganò  





Lorenzo Viganò racconta quanto e come il rapporto indissolubile tra lo scrittore e il quotidiano di via Solferino prosegua ancor oggi, attraverso varie iniziative : la sala intitolata a lui nel centenario della nascita, il libro curato da Giangiacomo Schiavi sul suo progetto per il restyling del « Corriere d’Informazione », e in genere un’attenzione alle varie iniziative che riguardano Buzzati e la sua arte.  





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profili DEI RELATORI

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Maudi De March Maudi De March è attualmente docente di Lettere nella Scuola Secondaria. Tra il 2003 e il 2006 è stato Ricercatore presso la iulm, sede di Feltre, collaborando a fianco della professoressa Nella Giannetto per i corsi di Laboratorio di scrittura professionale e Letteratura italiana. Collaboratore del « Gazzettino » di Belluno e del Centro Studi Buzzati, fa parte della Redazione della rivista « Studi buzzatiani ».  







* Delphine Bahuet Gachet Delphine Bahuet Gachet, docente di Letteratura all’Università di Bordeaux e traduttrice, ha discusso una tesi sui racconti fantastici francesi e italiani del Novecento. Le sue ricerche universitarie vertono in particolare sul genere fantastico, la forma del racconto e la questione della traduzione. Fra gli autori privilegiati : Claude Seignolle, Dino Buzzati. Il suo interesse per quest’ultimo l’ha condotta ad impegnarsi nell’Association Internationale des Amis de Dino Buzzati, di cui si occupa dal 1994, ma anche a tradurre alcune opere di Buzzati e a curarne la pubblicazione di altre : Nouvelles inquiètes, Paris, Laffont, 2006 (traduzione e prefazione) ; Oeuvres, t. 2, Paris, Laffont, 2006 (scelta dei testi e prefazione) ; Orfi aux Enfers, Paris, Actes Sud BD, 2007 (collaborazione alla traduzione, prefazione).  







* Yves Frontenac Discepolo di François Mauriac, Yves Frontenac ha pubblicato dal 1977 una ventina di raccolte di novelle e romanzi. Dopo la morte di Mauriac, nel 1970, Yves Frontenac ha fondato a Parigi l’Association des Amis de François Mauriac che pubblica ogni anno presso l’editore Grasset un Cahier che raccoglie gli Atti dei convegni dedicati a François Mauriac in Francia o all’estero. Con Yves Panafieu e Michel Suffran ha fondato l’Association Internationale des Amis de Dino Buzzati e organizzato all’Unesco di Parigi il primo convegno su Dino Buzzati. Yves Frontenac ha pubblicato, nel 2007, Les Remblais du Temps, vero diario degli eventi letterari e artistici degli anni 1961-2007. Un nuovo romanzo è in corso di pubblicazione presso L’Harmattan : Un ciel de pin. Alcuni suoi libri sono stati tradotti in Romania e in Italia, fra cui Les orgues du silence. Un’altra edizione di questo romanzo è in corso di stampa.  

* Patrizia Dalla Rosa Patrizia Dalla Rosa è nata e vive a Feltre, dove si è laureata in Lingue e Letterature Straniere con una tesi sulle traduzioni francesi di Dino Buzzati. Da allora si occupa dello scrittore bellunese, non solo attraverso conferenze, pubblicazione di articoli e partecipazione a convegni in varie parti del mondo, ma anche per mezzo della consulenza bibliografica ai vari studiosi, in quanto Responsabile della ricerca del Centro Studi Buzzati di Feltre. Nelle sue due monografie, Lettura di « Verso la cuna del mondo » di Gozzano (del 1995) e Dove qualcosa sfugge : lingue e luoghi di Buzzati (del 2004) è centrale la comunicazione del senso del paesaggio.  





* Silvia Zangrandi Silvia Zangrandi è ricercatore di Letteratura italiana contemporanea presso l’Università iulm di Milano. Ha conseguito il titolo di Dottore di ricerca in Letterature comparate con una tesi dal titolo Lingua e attualità letteraria. La prosa narrativa italiana tra soluzioni linguistiche e trasfigurazioni fantastiche. Nel 2006 ha vinto la borsa di studio « Per conoscere Dino Buzzati », assegnata  



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profili dei relatori

dal Centro Studi Buzzati di Feltre. Ha pubblicato studi sulla lingua della narrativa italiana del xx secolo, su Dino Buzzati, Primo Levi, Giorgio Manganelli, Luigi Meneghello, Eugenio Montale, Anna Maria Ortese, e i volumi A servizio della realtà. Il reportage narrativo dalla Fallaci a Severgnini, (Milano, 2003), Lingua e attualità letteraria. Considerazioni di narratori italiani sulla lingua del xx secolo (Milano, 2006), Pagine infestate. I fantasmi e la tradizione fantastica del xx secolo (Milano, 2008). * Yves Panafieu Yves Panafieu è membro fondatore dell’Association Internationale des Amis de Dino Buzzati, con Yves Frontenac, Michel Suffran e Maurice Sendek. Da allora, e fino al 1994, Vice-Presidente dell’Association e responsabile editoriale dei Cahiers Dino Buzzati. A partire dal 1977, co-organizzatore dei convegni di Parigi (1977), Nizza (1980), Milano (1982), Grenoble (1986), Feltre (1989), Bruxelles (1992). Organizzatore delle giornate di Paris IV-Sorbonne (1988) e della Monnaie de Paris (1990). Volumi di critica concernenti l’opera di Buzzati : Les Miroirs éclatés (1988) ; Janus (I : 1989 ; II : 1997) ; Ève, Circé, Marie (1989) ; Cronalpha Buzzati 89 (1989) ; Dino Buzzati, édition spéciale du colloque de Bruxelles (1992) ; Le Mystère Buzzati (1995) ; Un autoritratto-II (1995) ; Mes Déserts-ii (1996) ; Paroles déviées (2006).  























* Fabio Atzori Fabio Atzori è ricercatore presso l’Università di Bologna, dove insegna Linguistica italiana. Fra le sue aree di ricerca : la lingua scientifica fra Sei e Settecento (Galileo, Galvani) ; la lingua d’autore del Novecento. Per l’editore Sansoni ha curato un commento al Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo di Galileo.  



* Ilaria Crotti Ilaria Crotti insegna Letteratura italiana moderna e contemporanea e Critica e teoria letteraria alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. Si interessa di narrativa, giornalismo e teatro dei secoli xviii, xix e xx, sia in prospettiva interpretativa che teorica e metodologica. Per Marsilio ha curato l’edizione di Carlo Goldoni, Pamela fanciulla. Pamela maritata (Venezia 1995) e pubblicato i seguenti volumi : Libro, Mondo, Teatro. Saggi goldoniani (2000), Wunderkammern. Il Novecento di Comisso e Parise (2005), Mondo di carta. Immagini del libro nella letteratura italiana del Novecento (2008).  

* Elisa Martínez Garrido Elisa Martínez Garrido, laureata in Lettere italiane e Lettere spagnole presso l’Università Complutense di Madrid, ha pubblicato saggi e monografie sui più importanti scrittori e scrittrici italiani del Novecento (Svevo, Pirandello, Pavese, Morante) e su Dino Buzzati. * María Beatriz Cóceres María Beatriz Cóceres è nata a Santa Fe (Argentina), si è laureata in Lettere presso l’Universidad Nacional del Litoral. Dal 2003 vive in Italia ed attualmente svolge l’attività di « collaboratrice ed esperta linguistica » di lingua spagnola presso l’Università degli Studi di Udine. Ha vinto diverse borse di studio, tra le quali : « Per conoscere Dino Buzzati ». Vanta diversi lavori pubblicati sia in Argentina che all’estero, frutto di onorificenze letterarie e relazioni presentate in occasione di congressi e giornate studio.  









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profili dei relatori Marie-Hélène Caspar

Professeur émérite dal 2005, Marie-Hélène Caspar, Agrégée d’italiano, Docteur ès Lettres con una tesi sul fantastico nella narrativa buzzatiana (1988), ha insegnato Letteratura e civiltà italiana presso l’Università di Paris x - Nanterre dal 1970 al 2005. Specialista dell’Italia contemporanea, ha pubblicato numerosi articoli su scrittori italiani del Novecento e in particolare su Buzzati, Carlo Levi, Tomasi di Lampedusa, Sciascia. Nel 1997 ha pubblicato L’Africa di Buzzati. Libia : 1933. Etiopia : 1939-1940 (numero ‘Hors série’ della rivista « Narrativa », Université Paris x - Nanterre). Ha diretto un seminario sul romanzo italiano contemporaneo e la rivista « Narrativa ». Dal 2005 insegna presso l’Università di Tunisi-Manouba (corsi di Master di Letteratura italiana contemporanea).  











* Anna Ventinelli Laureata in Lingue e letterature straniere, docente dal 1980 al 2004 in Italia, dal 2005 ha ricoperto fino al 2009 la funzione di lettrice MAE rispettivamente presso l’Università Filologica e Pedagogica di Vilnius- Lituania, l’Istituto di Romanistica e l’Istituto di Scienze della traduzione di Graz (Austria), presso le quali ha tenuto corsi dedicati al cinema italiano. Dal 2008 è dottoranda in Scienze del linguaggio presso il Dipartimento di Scienze del linguaggio di Ca’ Foscari, Venezia. Da molti anni si occupa di studi sul cinema in relazione all’insegnamento delle lingue straniere. Dal 2004 si occupa di certificazione linguistica (cils) e certificazione in Didattica dell’Italiano L2 (Cedils). Ha partecipato al progetto di ricerca ‘Jura’ dell’Università per Stranieri di Siena nell’ambito del quale ha pubblicato il saggio : Il traduttore di testi giuridici in ambito turistico, in corso di stampa presso Guerra Edizioni, Perugia.  

* Alessandro Scarsella Alessandro Scarsella è autore di studi di Storia e teoria della letteratura, dagli umanisti all’età contemporanea. Redattore di « Rivista di Ermeneutica Letteraria », di « Cives » e della « Miscellanea Marciana », dedica particolare attenzione a ricerche sulle forme dell’immaginario letterario, dal fantastico al realismo magico, curando raccolte di saggi di autori vari e pubblicando contributi su periodici e in atti di convegni nazionali e internazionali. Tra le pubblicazioni in volume Le maschere Veneziane (Roma, 1998), Alessandro Baricco (Firenze, 2003), Giambattista Vico : A Short Introduction (2008). Traduttore di Giovane poesia inglese (Venezia 1996 ; curato con G. Dowling), si occupa di traduzione poetica e di teoria e storia della traduzione. Ha svolto e pubblicato altresì ricerche su Bierce, Borges, Boiardo, Bontempelli, Buzzati, Calvino, Cristina Campo, Carrer, Colonna (Polifilo), Comisso, Facco, Kadare, Noventa, Saba, Scheiwiller, Turoldo, Vico, Wharton, Zanzotto. Ha collaborato con numerose voci alla Encyclopedia of Italian Literary Studies, ed. by Gaetana Marrone Puglia, New York, Routledge, 2006.  















* Alvaro Biondi Alvaro Biondi ha lavorato presso l’Università di Firenze. Tra le sue principali pubblicazioni : Il Tempo e l’Evento (tre momenti della narrativa buzzatiana), « Il contesto », nn. 4-5-6, 1980, pp. 289-328 ; L’« Italie Magique », il Surrealismo italiano e Tommaso Landolfi, in Una giornata per Landolfi, atti del Convegno (Firenze, 26 marzo 1979), a cura di S. Romagnoli, Firenze, Nuovedizioni Enrico Vallecchi, 1981, pp. 28-88 ; Metafora e sogno : la narrativa di Buzzati fra “Italia magica” e “surrealismo italiano”, in Il pianeta Buzzati, Atti del Convegno Internazionale (Feltre e Belluno, 12-15 ottobre 1989), a cura di N. Giannetto, con la collaborazione di P. Dalla Rosa, M.A. Polesana, E. Bertoldin, Milano, Mondadori, 1992, pp. 15-59.  















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profili dei relatori

Volumi in corso di stampa : Metafora e sogno. Dino Buzzati e l’Italia Magica, Roma, Bulzoni; Pascoli in prosa, Roma, Bulzoni.  

* Sezione giornalisti Roberto Carnero Roberto Carnero insegna Letteratura italiana contemporanea presso l’Università degli Studi di Milano e Letterature comparate all’Università del Piemonte Orientale (Vercelli). È autore dei volumi Guido Gozzano esotico (De Rubeis 1996) ; Lo spazio emozionale. Guida alla lettura di Pier Vittorio Tondelli (Interlinea 1998) ; Silvio D’Arzo. Un bilancio critico (Interlinea 2002). Ha curato il volume di atti di convegno Letteratura di frontiera : il Piemonte Orientale (Mercurio 2004) ; le edizioni dei romanzi Essi pensano ad altro di Silvio D’Arzo (Bompiani 2002) e Una nobile follia di Igino Ugo Tarchetti (Mondadori 2004) ; le antologie Felicità e malinconia. Gozzano e i Crepuscolari (Baldini Castoldi Dalai 2006) e La poesia scapigliata (Bur 2007). Di recente ha curato una nuova edizione di Verso la cuna del mondo di Guido Gozzano (Bompiani 2008). Collabora con l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana e con varie testate giornalistiche, tra cui il quotidiano « l’Unità », il settimanale « Famiglia Cristiana » e il mensile « Letture ».  





















* Sergio Frigo Sergio Frigo, laureato in Lingue e letterature straniere, è capo servizio al « Gazzettino », dove si occupa di cultura nella Redazione centrale, dopo essere stato vice capocronista della Redazione di Padova e aver guidato la Redazione di Vicenza e la Segreteria di redazione. Ha fondato la rivista di relazioni interculturali « Cittadini dappertutto », con la quale ha vinto il premio ‘Nevio Furegon’ per il giornalismo sociale, è Direttore responsabile dei periodici « Parliamo Africa » e « Il paginone » e collabora con la rivista « Nordesteuropa ». Fa parte del Comitato scientifico del Centro Studi Dino Buzzati. È coautore con Leopoldo Pietragnoli di una Guida di Venezia della De Agostini. Ha scritto il libro Noi e loro, ed. Canova, dedicato all’identità del Nordest tra emigrazione e immigrazione.  



















* Alessandro Mezzena Lona Alessandro Mezzena Lona è nato a Trieste. Giornalista professionista, Responsabile delle pagine culturali del « Piccolo », ha scritto saggi sulla letteratura triestina dedicati a Svevo, Saba, Ferrari, Mattioni e su grandi protagonisti della Letteratura italiana del Novecento, come Buzzati, Calvino, Landolfi.  



* Marco Perale Laureato in Lettere classiche a Padova, un anno di studio negli Stati Uniti, ha insegnato latino al Liceo Classico. Si interessa di Storia con una particolare attenzione all’Alto medioevo e al Rinascimento. Ha al suo attivo una decina di libri e oltre 70 pubblicazioni. È membro del Comitato di redazione del trimestrale « Archivio Storico di Belluno Feltre e Cadore ». Giornalista professionista, ha scritto per « Il Giornale » di Montanelli e poi su « La Voce ». Ha diretto per cinque anni l’emittente « Telebelluno ». Oggi lavora al settimanale diocesano « L’Amico del Popolo », dove si occupa di cultura e di sociale. Socio dell’Ateneo Veneto, membro della Deputazione di Storia Patria per le Venezie.  

















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profili dei relatori Lorenzo Viganò

Lorenzo Viganò, giornalista del « Corriere della Sera Magazine ». Appassionato studioso dell’opera e della vita di Dino Buzzati, ha curato diverse antologie di scritti dell’autore de Il deserto dei Tartari : La « nera » di Dino Buzzati (Mondadori, 2002, voll. 2) ; Le cronache fantastiche di Dino Buzzati (Mondadori 2003, voll. 2) ; Il panettone non bastò (Mondadori 2004). Dal cofanetto La « nera » di Dino Buzzati, ha tratto lo spettacolo teatrale Dino Buzzati : un cronista in cronaca, portato in scena con Il teatro della Cooperativa, regia di Renato Sarti, al Piccolo Teatro di Milano.  



















c o mposto in car atter e dan t e mon ot y p e d a l l a fabrizio serr a editor e , p i s a · r om a . s tamp ato e rileg at o n e l l a t ipog rafia di ag n an o, ag n a n o p i s a n o ( p i s a ) .

* Dicembre 2010 (cz 2 · fg 3)

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