Tuo figlio è un genio. Le straordinarie scoperte sulla mente infantile 8860732131, 9788860732132

Tre ricercatori conosciuti internazionalmente spiegano cosa succede nella mente dei nostri piccoli, aiutando il lettore

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Tuo figlio è un genio. Le straordinarie scoperte sulla mente infantile
 8860732131, 9788860732132

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Alison Gopnik Andrew N. Meltzoff Patricia K. Kuhl

Tuo figlio è un genio Le straordinarie scoperte sulla mente infantile Traduzione di Silvia Stefani

Baldini&Castoldi http://baldini.editore.it

e-mail: [email protected]

Traduzione dall'inglese di Silvia Stefani

Titolo originale: «The Scientist in the Crib» © 1999 by Alison Gopnik, Andrew N. Meltzoff and Patricia K. Kuhl © 2000, 2003 Baldini&Castoldi S.p.A. Milano ISBN 88-8490-323-0

Per tutti i nostri figli

Indice·

Prefazione e ringraziamenti

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1. Antichi quesiti e una scienza giovane Gli antichi quesiti Il bebè O.O L'altro metodo, quello socratico La grande catena della conoscenza Piaget e Vygotsky La nuova concezione: il bebè computazionale

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2. Quel che i bambini imparano sulle persone Quel che sanno i neonati Il triangolo dawero eterno Studi sulla pace e sul conflitto Cambiare il proprio punto di vista La soffitta delle conversazioni Imparare ad avere un' opin}one «SU» qualcosa Il melodramma di un baml5ino di tre anni: amore e mganno Sapere di non sapere: istruzione e memoria Come ci riescono?

La cecità mentale Diventare psicologo Quando il fratellino ci osserva

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29 31 34 40 45

47 54

58 63 66 68 72

76 78 78 81 83

3. Quel che i bambini imparano sulle cose Quel che sanno i neonati

Il /ascino irresistibile delle strisce I:importanza del movimento Vedere il mondo attraverso occhiali tridimensionali L'albero nelle vicinanze e le chiavi nascoste sotto l'asciugamano Far accadere le cose Tipi di cose Come vi riescono?

La cecità nei confronti del mondo La pulsione alla ricerca di spiegazioni Gli adulti nel ruolo di insegnanti

87 91 91 93 94 98 101 108 113 114 115 119

4. Quel che i bambini imparano sul linguaggio Il codice dei suoni Come arrivare al significato La grammatica che non impariamo a scuola Quel che sanno i neonati Curarsi dei suoni: ascoltare una lingua specifica La torre di Babele Le prime parole Mettere insieme le parole Come accade? Cecità nei confronti delle parole: dislessia e disfasia Imparare i suoni Imparare a trasmettere un significato Il gergo materno

123 125 128 130 134 139 143 145 151 155 155 157 161 164

5. Quel che gli scienziati hanno imparato sulla mente dei bambini

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I programmi dell'evoluzione Gli archeologi stile Star Trek Fondamenti L'apprendimento La concezione evolutiva: navigare sulla nave di Ulisse I bambini diventati grandi Lo scienziato come bambino: la teoria delle teorie La spiegazione come orgasmo Gli altri Natura come cultura I Klingon e i Vulcaniani Navigare insieme

170 176 180 185 187 192 194 202 205 206 211

213

6. Quel che gli scienziati hanno imparato sul cervello dei bambini (/ · Il cervello di un adulto Come viene costruito il cervello Cablare il cervello: parla con me La potatura delle sinapsi: quando una perdita è un vantaggio Vi sono periodi critici? Il cervello sociale Il cervello sulla nave

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7. Nuvole eterne Che cosa bisogna fare? Le nuvole

243 243 253

Note

259

Bibliografia

277

216 222 225 229 232 238 23 9

Prefazione e ringraziamenti

Culle e scienziati? Abbiamo scritto questo libro per dimostrare che c'è uno stretto legame fra gli scienziati, le culle e i bambini dentro queste ultime. Negli ultimi trent'anni studiosi come noi hanno tenuto d'occhio culle, girelli, nursery e scuole materne. Centinaia di rigorosi studi scientifici ci spiegano come neonati e infanti pensano e imparano. Questi studi hanno rivoluzionato le nostre idee sulla prima infanzia oltre che sulla natura della mente e del cervello dell'essere umano. Inoltre hanno contribuito a risolvere profondi, antichi quesiti filosofici. Osservando il bimbo nella culla o nel nido, possiamo imparare tanto quanto apprendiamo osservando una capsula di Petri o scrutando il cielo con un telescopio: impariamo cosa significa essere umani. In questo libro narriamo le vicende della nuova scienza della mente infantile. Questa storia dovrebbe essere importante per chiunque sia interessato alla mente e al cervello, è il nucleo della nuova scienza denominata «psicologia cognitiva», che ha unificato psicologia, filosofia, linguistica, ìnformatica oltre che la neuroscienza. Nuove intuizioni scientifiche spesso vengono da luoghi inaspettati e persino umili, e alcune delle più importanti intuizioni della psicologia cognitiva sono giunte dalla culla e dalla nursery. Comprendendo i bambini, riusciamo a vedere noi stessi in una nuova luce. Esiste un'ulteriore affinità fra scienziati e bambini. Le 11

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nuove ricerche hanno dimostrato che gli infanti e i bambini piccoli sanno e apprendono più· cose sul mondo di quanto avremmo mai potuto immaginare. Pensano, traggono conclusioni, fanno predizioni, cercano spiegazioni e compiono persino esperimenti. Scienziati e bambini si somigliano perché nessuno è più bravo di loro a imparare, il che significa che anche i comuni adulti hanno capacità di apprendimento più potenti di quanto avremmo immaginato. Gli adulti, in fondo, sono ex bambini e potenziali scienziati. Speriamo che questo libro dimostri l'esistenza di ulteriori affinità fra scienziati e bambini. I genitori hanno un interesse profondo, appassionato per i bebè, almeno per i loro. Ma vedono che questo interesse è trattato diversamente da quello per la scienza. I libri scientifici presumono che i lettori siano adulti seri, preparati, intelligenti, sofisticati, che vogliono semplicemente essere informati sulle cose di cui si interessano, mentre i libri sull'infanzia sono quasi tutti nello stile «fai-da-te». È come se gli unici libri da cui si possa imparare qualcosa sull'evoluzione fossero i manuali sull'allevamento dei cani, non gli scritti di Stephen Jay Gould, ed è come se, non avendo le profonde conoscenze di Stephen Hawking, il profano dovesse ridurre la conoscenza del cosmo a >. Piaget dimostrò che la loro visione del mondo era altrettanto complessa e strutturata di quella degli adulti. E dimostrò che gli infanti cercavano di scoprire la verità riguardo al mondo circostante. Ma sostenne anche che la loro concezione era profondamente, qualitativamente diversa, da quella degli adulti. Come gli adulti, gli infanti avevano idee sistematiche sugli altri esseri umani, sul mondo e sul linguaggio, ma le loro idee erano diverse dalle nostre e spesso molto peculiari. Sembravano credere, per esempio, che gli oggetti smettessero semplicemente di esistere quando erano nascosti e che non vi fossero linee di demarcazione fra sé stessi e gli altri. Piaget concluse che i bambini non hanno una conoscenza innata, derivante da una vita passata oppure dal DNA. Pensò invece che dovessero avere potenti meccanismi di apprendimento, che li mettevano in grado di costruire nuove visioni del mondo, visioni che potevano essere molto diverse da quelle dell'adulto. Quando impariamo a conoscere il mondo, quando, per esempio, compiamo un lavoro scientifico, non troviamo una risposta che sia valida una volta per tutte. Ci imbattiamo invece in una sequenza che si dispiega molto gradualmente di errori corretti, di idee che si espandono, di concezioni sbagliate che vengono rivedute man mano 36

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che ci avviciniamo alla verità. Fu quel che videro i Piaget osservando i loro i bambini percorrere gli anni della prima infanzia. Ma Piaget pensò anche che l'apprendimento fosse radicato nella biologia così come ogni idea innata affondava le radici nel codice genetico. Usava spesso la metafora della digestione: le menti dei neonati assimilavano le informazioni così come i loro corpi assimilavano il latte. Per Piaget apprendere era naturale come mangiare. Questa idea è il secondo elemento della nuova scienza evolutiva. Il terzo elemento della moderna concezione venne da una fonte altrettanto inaspettata come l'esperto svizzero di crostacei e sua moglie. Lev Vygotsky faceva parte del grande maelstrom intellettuale della Russia degli anni Venti. Era critico letterario, medico e malato di tisi. Come Piaget, voleva riconciliare la psicologia e la biologia. Ma il suo interesse per il linguaggio e il pensiero era anche collegato alle grandi questioni politiche del suo tempo. Era un fervente marxista, e voleva sapere come le società plasmavano la mente delle persone. 9 Nella Russia degli anni Trenta le speculazioni politiche era~ no ancor più insalubri della tubercolosi. Fra i suoi studenti Vygotsky aveva il grande neurologo russo Alexander Luria. Vygotsky riteneva che l'alfabetizzazione potesse avere un effetto profondo sulla cognizione e sulla percezione. Mandò Luria nell'estremo oriente della Russia per verificare se i Tartari analfabeti provassero illusioni percettive. Fuori di sé per l'eccitazione, Luria non poté aspettare di compiere il viaggio di ritorno sulla Transiberiana, e telegrafò a Vygotsky: «I Tartari non hanno illusioni». Fu arrestato immediatamente: c'era un solo argomento sul quale i Tartari non potevano avere illusioni. LuM ria decise di abbandonare la psicologia dell'età evolutiva e diventò neurochirurgo al fronte: era più sicuro. 37

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Quanto a Vygotsky, evitò le epurazioni solo perché morì giovane, a 38 anni. Come Piaget, cominciò i suoi esperimenti prima dei trent'anni, ma già allora lui e i suoi studenti capirono che sarebbe morto presto. Per poco meno di un decennio fu intensamente produttivo, sfornando esperimenti dei quali faceva relazioni incomplete e manoscritti che non venivano pubblicati, e che verso la fine egli dettava poiché era troppo debole per reggere una penna. Un anno dopo la sua morte Stalin emanò un decreto con il quale metteva specificamente al bando la psicologia evolutiva. (Fu l'anticipazione di quello più famoso che mise al bando la biologia evolutiva.) Tale decreto era ancora in vigore negli anni Settanta. Gli studenti di Vygotsky furono in gran parte imprigionati per aver condotto «ricerche borghesi». Vygotsky capì che gli adulti hanno un ruolo fondamentale in quel che apprendono i bambini. Per la maggior parte di coloro che, come noi, sono immersi nel compito pratico di allevare un figlio, questo è ovvio. Non ci sono dubbi che la nostra stessa presenza è il fattore più determinante nella vita dei nostri figli, nel bene e nel male. Com'è comprensibile, ci preoccupiamo di quel che facciamo o non facciamo, e di come ciò incide su di loro. Ma il nostro rapporto con loro, per la grandezza stessa della sua natura, ci dà di loro una visione imprecisa e limitata - proprio come un travolgente amore romantico, che è il miglior termine di paragone per il ruolo di genitori, nella maggior parte. dei casi - ci rende ciechi riguardo al vero carattere della persona amata e dello stesso amore. Quando leggete i diari di Piaget, quell'Io parentale enorme, adorante è assente, in una maniera che sorprende e quasi sgomenta. In realtà è proprio questo che conferisce al1' opera di Piaget la sua grande forza. Eliminando se stesso dal quadro, ottenne una visione chiara della mente delbam38

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bino, come mai nessuno prima di lui era riuscito ad avere. Ma, naturalmente, gli adulti, e soprattutto i genitori, sono una realtà ineludibile nella vita dei bambini, e mettendola in secondo piano, Piaget perse di vista una cosa importante. Vygotsky capì che gli adulti, soprattutto i genitori, sono una sorta di strumento usato dai bambini per risolvere i problemi della conoscenza, in contrasto con la nostra - proba~ bilmente necessaria - megalomania parentale. Vygotsky notò, per esempio, come gli adulti, del tutto inconsciamente, adattano il loro comportamento in modo da dare ai figli proprio le informazioni di cui hanno bisogno per risolvere i problemi per loro più importanti. I bambini usano gli adulti per scoprire le particolarità della loro cultura e società. Ma Vygotsky pensava anche che l'inflùenza degli adulti sulla mente dei bambini fosse fondamentalmente biologica, parte della nostra natura umana basilare. Mise in evidenza il ruolo del linguaggio. Il linguaggio è una prerogativa naturale, biologica dell'essere umano, ma è anche il mezzo con il quale trasmettiamo le nostre invenzioni culturali. Proprio come Piaget capì che l'apprendimento è innato, Vygotsky capì che; la cultura è naturale. · Malgrado le enormi differenze esistenti nella loro impostazione teorica e nel loro carattere, il tormentato, moribondo russo amante dei libri, e il sereno, patriarcale svizzero amante della natura avevano due cose in comune. In primo luogo, entrambi svilupparono un metodo che comportava un'osservazione attenta e particolareggiata di infanti e bambini piccoli in setting naturali, spesso per un lungo periodo di tempo. Le loro conclusiòni erano strettamente collegate a queste osservazioni. Fu il fatto che fossero radicate in una consistente ricerca empirica, oltre a tutto il resto, che permise infine alle loro teorie di prevalere. In secondo luogo, il 39

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loro lavoro fu quasi completamente ignorato per i successivi trent'anni. Le teorie predominanti in psicologia, soprattutto in America, erano quelfa freudiana e quella comportamentista di psicologi come B.F. Skinner. Entrambe avevano molte cose da dire sui bambini. Ma come aveva fatto Aristotele con i denti delle donne, né Freud né Skinner presero l'iniziativa di fare esperimenti sistematici con gli infanti. Freud si basava perlopiù su inferenze ricavate dal comportamento degli adulti nevrotici, e Skinner su inferenze ricavate dal comportamento di ratti solo leggermente meno nevrotici. E come i filosofi, Freud e Skinner non capirono le vicende dell'età evolutiva. Per Freud i bambini erano l'apoteosi della passione, creature talmente dominate da appetiti e desideri che le loro più fondamentali percezioni del mondo erano fantasie profondamente distorte. Per Skinner, invece, non erano che tabulae rasae, in attesa passiva che qualcuno vi ·scrivesse sopra attraverso programmi di rinforzo. 10

La nuova concezione: il bebè computazionale

La seconda e (tocchiamo ferro) definitiva rinascita della scienza evolutiva dovette aspettare la fine degli anni Sessanta. I cambiamenti nello Zeitgeist scientifico sono sempre un po' misteriosi, ma possiamo indicare parecchi fattori, dinatura completamente diversa, che improwisamerite restituirono importanza a Piaget e Vygotsky. In parte sono di natura sociologica. Per secoli i bambini avevano fatto parte della sfera delle donne e perciò erano ritenuti indegni di un serio interesse scientifico. Finché furono gli uomini a dominare il mondo accademico, la psicologia dell'età evolutiva fu inevi40

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tabilmente emarginata. A Berkeley, per esempio, negli istituti di ricerca lavoravano diverse famose psicologhe dell'età evolutiva, ma a nessuna di loro fu mai offerto un incarico nell'università vera e propria. (In effetti, fino al 1973 non vi fu nessuna donna nel dipartimento di psicologia a Berkeley.) Spesso le ricerche venivano condotte nel contesto di problemi pratici riguardanti l'istruzione e l'allevamento dei bambini. Negli anni Sessanta a Cornell un collega scoprì di dover prendere una laurea in economia domestica per poter studiare la psicologia dell'età evolutiva. L'ingresso delle donne nell'università contribuì, molto lentamente, a conferire un alone di rispettabilità allo studio di infanti e bambini. Un altro importante fattore era tecnologico. Il videoregistratore è il telescopio della psicologia dell'età evolutiva. I neonati e i bambini piccoli non comunicano come gli adulti. Gli strumenti fondamentali della psicologia per gli adulti - questionari divisi in più parti, calcolo del tempo di reazione premendo un bottone, e così via - sono totalmente inutili. Ed è del tutto inutile far balenare ai bebè la prospettiva di ottenere crediti per la frequenza o soldi o pezzetti di carne (le tecniche abitualmente usate con gli studenti e i ratti) per convincerli a collaborare. Anzi, i bambini di due anni fanno immancabilmente l'esatto opposto di quel che volete fargli fare (nel nostro laboratorio un profondo sospiro collettivo si leva dagli assistenti alla ricerca quando annunciamo loro che è giunto il momento di occuparsi dei piccoli di ventiquattro mesi). Il nostro strumento fondamentale consiste nell,o studio sistematico del comportamento non verbale. Osserviamo le espressioni, azioni e persino i movimenti degli occhi. Sfortunatamente, chiunque abbia osservato un bebè sa che il suo comportamento spesso sembra informe e fluido, almeno in superficie. Intravedi qualcosa e dubiti di essertelo 41

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immaginato; È questo, in parte, che rende tanto stupefacenti i diari di Piaget. A far progredire davvero la scienza, però, non sono soltanto i geni stupefacenti, ma i metodi che permettono a noi comuni idioti di fare le stesse cose dei geni stupefacenti. Usando il videoregistratore possiamo misurare oggettivamente quel che fanno i bambini e osservarlo lentamente, più volte. Talvolta dimentichiamo quanto sia recente questa tecnologia. Fino alla fine degli anni Ottanta dovevamo trasportare registratori a bobina da venti chili nella stanza dove stavano i bambini (come spesso ·raccontiamo, con dovizia di particolari, ai nostri studenti, quando cominciano a lamentarsi). Fu una tecnologia diversa, il computer digitale, che diede alla psicologia dell'età evolutiva una nuova giustificazione teorica. Né Piaget né Vygotsky avevano i necessari strumenti teorici per integrare efficacemente la mente e il cervello. Per raggiungere un certo risultato nel mondo scientifico, spesso è necessario trovare le giuste analogie, e il computer ce ne offrì una nuova. I computer, in fondo, riescono a fare una quantità di cose che sembrano squisitamente mentali, persino intelligenti (come calcolare le equazioni, o valutare il gold standard di un nerd*, o giocare a scacchi). Eppure sono innegabilmente oggetti fisici, materiali, proprio come il cervello. Secondo la Grande Idea, la grande svolta concettuale degli ultimi trent'anni in psicologia, il cervello è una sorta di computer. Questa è la base del nuovo campo della psicologia cognitiva11 • Naturalmente non sappiamo che tipo di computer

'~

In americano nerd denota una persona in genere di sesso maschile, dall'aspetto trascurato, poco attraente, impopolare, dotata di grande intelligenza, spesso un genio della matematica, totalmente assorta nello studio, nel lavoro. Numerosi siti Internet sono denominati Nerd. (N.d.T.) ·

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sia il cervello. Certo è molto diverso da qualsiasi computer si sia visto finora. La nuova tecnologia della videoregistrazione e le nuove teorie della psicologia cognitiva hanno trasformato le idee innovative di Piaget e Vygotsky in un progetto scientifico di ricerca in piena regola. Potevamo usare i videoregistratori per vedere i bambini in un modo nuovo e potevamo usare la metafora dei computer per capidi in un modo nuovo. Soprattutto, abbiamo cominciato a pensare che vedere e capire i bambini era qualcosa che valeva la pena di fare. Ne è derivata una serie di sorprendenti risultati scientifici. Abbiamo imparato di più su quel che sanno i bambini piccoli negli ultimi trent'anni che nei precedenti 2500. Siamo in grado di spiegare fenomeni comuni di cui tutti sono al corrente, come i terribili piccoli di due anni, e abbiamo scoperto nuovi esotici fenomeni che nessuno avrebbe mai predetto, come il fatto che i neonati sanno com'è fatta la loro lingua, che i piccoli di sei mesi già sanno distinguere fra svedese e inglese, e che i bambini di due anni sanno che certe persone preferiscono i broccoli ai cracker. E ogni cosa che impariamo ci rivela qualcosa di nuovo su noi stessi; in fondo, siamo sol-· . tanto bambini che sono al mondo da un pezzo.

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2. Quel che i bambini imparano sulle persone

Gli antichi problemi della conoscenza sono tutti affascinanti, soltanto il problema delle Altre Menti è angoscioso. Dedichiamo gran parte della nostra vita vigile a decifrare la mente degli altri. Perché l'ha fatto? Dice la verità? Non le dispiace dawero che lavori fino a tardi, oppure lo dice per principio, ma in realtà cova del risentimento? Come mai non capisce che mi dispiace quando lavora fino a tardi, ma che non glielo faccio pesare per principio? Se un telepatico dovesse monitorare le grandi menti di un dipartimento di qualche grande università, imparerebbe molto di più in fatto di politica del sesso e del mondo accademico che di fisica o chimica (o, dobbiamo ammetterlo, di psicologia dell'età evolutiva). Naturalmente ci sono valide ragioni evolutive. Siamo una specie intensamente sociale, dipendiamo profondamente l'uno dall'altro per la nostra soprawivenza. E siamo anche una specie complicata, con un repertorio di azioni più ampio di qualunque altra. Dovevamo essere in grado di predire quel che avrebbero fatto gli altri, e non soltanto il mammut o la tigre a denti di sciabola o la selce e il fuoco. Uno dei modi migliori per riuscirvi è sapere cosa succede nella mente degli altri. 1 Le nuove ricerche della psicologia dell'età evolutiva ci dicono che nello stesso istante in cui vediamo un altro essere 45

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umano, lo vediamo come una persona. Essere una persona significa avere una mente oltre che un corpo, una realtà esterna e una interna. Vedere qualcuno come una persona significa vedere una faccia, non una maschera; un «tu», non un essere neutro. Quando arriviamo in questo mondo, abbiamo un complesso di assunti profondi sul modo in cui somigliamo agli altri e gli altri a noi. Ma la ricerca ci dice· anche che quegli assunti innati sono solo l'inizio, non la fine, della nostra comprensione della mente. Identificare laltro come persona, il «tu» che è racchiuso in tutti gli esseri umani, può essere sufficiente per Dio e Martin Buber, ma a quanto pare non basta per noialtri peccatori. Dobbiamo anche sapere con quale tipo di «tu» abbiamo a che fare. Gli piacciono davvero i broccoli? Andrà fuori di testa se oso toccare quel vaso? Quando quel ragazzo sul campo da gioco disse che le palline da golf esplodono se vi fai un taglio, mentiva oppure era mal informato o pazzo da legare? I bambini, man mano che crescono, devono affrontare problemi di questo tipo, e risolverli. Capire gli altri è necessario inoltre per diventare a nostra volta un certo tipo di persona. Mentre imparano com'è la mente altrui, i bambini imparano com'è la propria mente. Imparano come avere una mente da antico greco, o da olandese ·del Settecento, oppure una mente da costa occidentale degli Stati Uniti sul finire del XX secolo. (In un noioso giorno di pioggia uno dei nostri figli, di appena tre anni, propose di uscire a prenderci un caffellatte e dare un'occhiata a qualche libreria.) Le comunità hanno modi caratteristici di pensare e sentire oltre che di vestirsi e mangiare, e i bambini devono imparare queste modalità dagli adulti che li circondano. Nel primo capitolo abbiamo detto che la soluzione del problema della conoscenza che offre la natura comprende

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tre elementi: la conoscenza innata, potenti capacità di apprendimento e l'insegnamento inconscio fornito dagli adulti. Tutti e tre contribuiscono alla soluzione del problema delle Altre Menti.

Quel che sanno i neonati

Sei distesa sul letto della sala travaglio dell'ospedale e sei esausta, sfinita come mai avresti immaginato di essere. Dare alla luce un bambino è questa particolare combinazione di impeto e compulsione. Tu spingi, e spingi con una concentrazione, determinazione che mai hai avuto, ma in un certo senso non sei tu a decidere o a sforzarti di spingere o nemmeno a volerlo. Sei semplicemente travolta dall'azione. È allo stesso tempo come correre in una maratona e avere I' orgasmo più enorme, sconvolgente, irresistibile della tua vita. E poi improvvisamente, nel bel mezzo di tutta questa eccitazione e azione, agitazione e prostrazione, ti ritrovi con un corpicino caldo sul petto e una faccina tranquilla, con gli occhi spalancati che guardano i tuoi. Forse è solo perché le endorfine naturali scorrono nel tuo corpo una volta che il dolore vero è finito, ma invece di crollare, come forse ti eri aspettata, senti intensificarsi una sorta di vigilanza. Sei incredibilmente sveglia, e tutto è più chiaro e nitido del· solito. E per una notte o due, dopo che le infermiere se ne sono finalmente andate, e il marito premuroso è tornato a casa per dormire un po', tu te ne stai distesa, col bambino fra le braccia, e inspiri quel particolare odore dolce, animale, di neonato e guardi, e resti a guardare per un'ora di seguito, la faccina ancora un po' schiacciata. E il piccolo, forse anche lui sotto l'effetto magico delle endorfine, sveglio come non sarà più nei 47

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prossimi giorni, ti guarda. E proprio allora - prima che si intromettano le notti insonni, i pannolini, le tutine, i passeggini - quello sguardo sembra significare perfetta comprensione reciproca, pace totale, assoluta felicità. Questo è il lato romantico della cosa, che purtroppo, però, non accompagna ogni parto, proprio come l'alone romantico del vero amore non accompagna ogni incontro sessuale. Ma, proprio come il vero amore, è uno dei grandi doni della vita e per averlo vale senz'altro la pena di correre il rischio di restare deluse e di affrontare la realtà del dolore fisico. Come regge al confronto con la realtà scientifica questa intesa istantanea? Le recenti ricerche ci danno un quadro che è sorprendentemente in sintonia con le intuizioni delle neomadri. Per molti anni gli «esperti» che, in realtà, non sapevano alcunché di sistematico sui neonati, assicuravano i genitori, con una certa perversa soddisfazione, che la mente del loro piccolo era persino più rozza di quella di una lumaca media. I neonati non vedevano; i loro sorrisi erano «pura fantasia»; l'idea che riconoscessero volti familiari una pia illusione materna. Mentre scrivo questa frase, un cronista sul giornale di oggi parla del suo bambino appena nato e compatisce il figlio maggiore, il quale è convinto che il fratellino lo riconosca, mentre, come è noto, i neonati non sanno distinguere una persona da un cane. A quanto pare vi sono pregiudizi tanto diffusi quanto radicati, sui neonati. Quasi tutti coloro che interagiscono davvero con loro pensano immediatamente che hanno una mente. Eppure spesso si manifesta con altrettanta immediatezza una sorta di cinismo, accompagnato da echi distorti dei luoghi comuni della medicina. Senti neogenitori dire cose come: «Potrei giurare che mi riconosce, ma so che non è possibile». 48

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Ma perché dovreste credere a noi anziché a quegli esperti mentalmente ottenebrati i quali erano convinti che i neonati non vedessero? Come possiamo asserire di sapere quel che pensano i bebè? Con l'aiuto del videoregistratore gli scienziati hanno messo a punto ingegnose tecniche sperimentali per chiedere loro cosa sanno. 2 Un particolare complesso di tecniche è stato ideato per risolvere due semplici quesiti: gli infanti pensano che due cose sono identiche o differenti? E se pensano che sono differenti, quale preferiscono? Si possono mostrare loro coppie di eventi accuratamente controllati e verificare se sono in grado di distinguerli, e quale preferiscono guardare o ascoltare. Per esempio, si può mostrare la foto di una faccia umana e la foto di un oggetto complicato, come una scacchiera. Poi un osservatore, che non sa cosa stia guardando il piccolo, registra i suoi movimenti oculari. Analizzandoli, si può capire quale foto ha guardato più a lungo. Sviluppando questa idea, si può fare in modo che un bebè succhi un ciuccio che fa entrare in funzione videocassette o audiocassette diverse e verificare su quale nastro è disposto a soffermarsi. Si potrà vedere, per esempio, se farà suonare più a lungo la cassetta con la voce della madre oppure quella con la voce di un estraneo. Infine si può sfruttare il fatto che gli infanti, come noi, si annoiano. 3 Se proponiamo loro le stesse cose più volte, smettono di guardare e di ascoltare. Se prendiamo un nastro nuovo, si rianimano e prestano attenzione. Gli psicologi dell'età evolutiva chiamano questa noia «assuefazione». Per esempio, possiamo mostrare al piccolo una serie di facce felici e l'interesse in lui andrà gradualmente spegnendosi; si abituerà. Se gli presentiamo un'altra faccia felice, non la guarderà più. Ma se gli mostriamo ·una faccia triste, tornerà a 49

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guardare. Il che significa che in qualche modo sa che le facce felici sono uguali fra loro, mentre la faccia triste è diversa~ Usando questi tipi di tecniche, possiamo dimostrare che i bambini appena nati sono in grado di distinguere le facce e i volti umani da altre immagini e suoni, e che li preferiscono. Nel giro di pochi giorni dopo la nascita, riconoscono facce, voci e persino odori familiare, e li preferiscono a quelli che non conoscono (sembra addirittura che subito dopo la nascita riconoscano la voce della madre in base ai suoni sommessi, ma pur sempre percettibili, che sentivano nel grembo). Si voltano verso una faccia o una voce familiari, e persino verso un cuscino che sia stato vicino alla pelle della madre, mentre si ritraggono di fronte a facce, voci e odori diversi. 4 Entro i primi nove mesi di vita, prima ancora che riescano a camminare, a parlare o persino a gattonare, sono in grado di distinguere le espressioni di felicità, tristezza e collera, e persino di rendersi conto che una faccia con un'aria felice, sorridente e con gli occhi luminosi, è accompagnata dal suono squillante di una voce felice. Potete mostrargli due fotogrammi, fianco a fianco, uno con una faccia felice e I' altro con una faccia triste. Se gli fate ascoltare la registrazione di una voce felice oppure triste, i bambini guarderanno più a lungo la faccia che mostra I' espressione corrispondente all' emozione che sentono. 5 Sanno persino come si muovono le persone. Potete fissare piccole luci ai gomiti, ai ginocchi e alla spalle di qualcuno e poi filmare quella persona mentre si muove al bufo .. Nel film che ne risulta, sono visibili solo le macchioline luminose in movimento. La sagoma che esse delineano è pale- , semente umana per un adulto e può persino trasmettergli emozioni: è una sorta di semplice cartone animato. A quanto pare anche gli infanti sono in grado di distinguere questa · 50

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sagoma formata dalle lucine in movimento, .da sagome che non sono umane, e la preferiscono. Sembrano essere talmente sintonizzati con i loro simili che persino una sagoma umana astratta li affascina. Sono indotti a prestare particolare attenzione alle persone anche a causa dei limiti che presenta la loro visione. Benché sia totalmente infondata la convinzione che non vedano, i neonati sono molto miopi rispetto agli adulti e, diversamente da questi ultimi, hanno difficoltà a modificare la messa a fuoco secondo la vicinanza o la lontananza di un oggetto. Ciò significa che gli oggetti distanti circa trenta centimetri sono ben focalizzati, mentre gli oggetti più vicini o più .lontani sono sfuocati. Naturalmente questa è semplicemente la distanza fra la faccia di un neonato e il volto della persona che lo tiene fra le braccia. I piccoli sembrano formati in modo da vedere le persone che amano più chiaramente di qualsiasi altra cosa. 7 Il mondo del neonato assomiglia un po' alla stanza piena di ritratti di Rembrandt alla National Gallery of Art di Washington, D. C. Facce inondate di luce, con ogni sfumatura di movimento, vita, espressione ed emozione, balzano fuori dallo sfondo di cupa oscurità, in uno stupefacente chiaroscuro psicologico. Ma queste sono solo apparenze. Gli infanti hanno una concezione più profonda di quel che significa essere umani. Ci sono motivi per credere che sia così. Vent'anni fa uno di noi, Andy, fece una sorprendente scoperta. I piccoli di un mese imitano le espressioni del volto. Se mostrate la lingua a un bebè, lui vi mostrerà la sua; se aprite la bocca, lui farà altrettanto. Come possiamo sapere che si tratta veramente di imitazione, che non stiamo semplicemente attribuendo un significato a uno dei tanti movimenti del suo volto? Andy fece vedere sistematicamente a un gruppo di infanti qualcuno che 51

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mostrava la lingua oppure qualcuno che apriva la bocca. Poi riprese le loro facdne con il videoregistratore e mostrò queste immagini a qualcun altro, che non aveva idea di quale gesto avessero visto i piccoli. Costui doveva dire se ciascun bebè mostrava la lingua o apriva la bocca. Attraverso questa persona necessariamente neutrale emerse che vi era un rapporto sistematico fra quel che essi avevano fatto e quel che avevano visto. 8 Dapprima Andy fece questi esperimenti con infanti di tre settimane. Ma per dimostrare che questa capacità era dawero innata, doveva provare che anche i neonati sono in grado di imitare. Così allestì un laboratorio vicino alla sala travaglio dell'ospedale locale e prese accordi con i genitori perché lo chiamassero quando il piccolo era prossimo alla nascita. Per un anno si alzò nel cuore della notte, o abbandonò una riunione per correre all'ospedale, quasi con la stessa fretta dei genitori in attesa. Ma così poté fare il suo esperimento con bebè nati da meno di un giorno; il più piccolo aveva soltanto quarantadue minuti. Anche i neonati imitano. A prima vista la capacità di imitare può sembrare curiosa e simpatica, ma non profondamente significativa. In realtà, se riflettete un istante, è dawero sorprendente. Non vi sono specchi nel grembo materno; i neonati non hanno mai visto la propria faccia. Perciò come fanno a sapere che hanno la lingua dentro la bocca e non fuori? C'è un altro modo per sapere com'è la propria faccia. Mentre leggete, probabilmente avete una discreta idea della vostra espressione (speriamo di intensa concentrazione mitigata da qualche sorriso). Provate a tirar fuori la lingua (in un setting adeguatamente privato). È attraverso la cinestesia, la sensazione interna del vostro corpo, che sapete di averlo fatto. Per imitare, i neonati devono in qualche modo capire la 52

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corrispondenza fra la sensazione interna e la faccia che vedono davanti a sé, una forma rotonda con una cosa rosea lunga in basso che va su e giù. Non solo distinguono e preferiscono le facce, ma sembrano anche rendersi conto che quelle facce sono come la loro. Si rendono conto che gli altri sono «come me». Niente è più personale, niente è parte di noi quanto questo senso interno del nostro corpo, delle nostre espressioni, dei nostri movimenti, dolori e suscettibilità. Eppure, fin dalla nascita, colleghiamo questa parte profondamente personale di noi stessi ai movimenti corporei di altri, movimenti che possiamo solo vedere e non sentire. Ingegnosamente la natura ci dà un buon punto di partenza per risolvere il problema delle Altre Menti. Sappiamo, in maniera molto diretta, che siamo come gli altri e che gli altri sono come noi. 9 Vi sono altri motivi per pensare che persino i bambini molto piccoli sono particolarmente sintonizzati con gli altri esseri umani. lbebè flirtano. Uno dei grandi piaceri della vita è tenere fra le braccia un bimbo di tre mesi e dirgli frasi assurde come: «Oh, cielo? che piccolino meraviglioso sei, non è vero, tesoro, non è vero che sei il bambino più bello del mondo?» con una voce che solitamente è, invece, equilibrata, responsabile, professionale. Inarcate le sopracciglia, sporgete le labbra e fate smorfie ridicole. Ma ancor più stupefacente è il fatto che il bebè risponde alle vostre assurdità. Se lo coccolate, anche lui ha manifestazioni di tenerezza; risponde al vostro sorriso, sorridendo a modo suo; gesticola in sintonia con l'intonazione della vostra voce. È come se foste impegnati in una danza complessa, una sorta di conversazione silenziosa, una sciocca canzone d'amore, qualcosa che assomiglia alle chiacchiere che ci si scambia la sera prima di addormentarsi. È celestiale. 10 53

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Ma oltre a essere celestiale, è una prova ulteriore del fatto che gli infanti coordinano spontaneamente i propri gesti, le voci e le espressioni con i gesti, le voci e le espressioni con gli altri. Flirtare è una questione di sincronia. Se siete a una festa, potete individuare chi sta flirtando semplicemente guardandovi intorno, senza nemmeno udire una parola. Quel che vedete è il modo in cui due persone sincronizzano i loro gesti, così che sono in sintonia l'uno con l'altra e con nessun altro nella sala affollata. Lei si scosta una ciocca di capelli dal volto, lui si mette una mano in tasca; lei si protende verso di lui e parla, lui si china verso di lei. e ascolta con attenzione. È la stessa cosa con i bambini. Quando parlate, il piccolo tace; quando vi interrompete, entra in azione con un'esplosione di cinguettii, agitando i pugnetti chiusi e le gambine. Come l'imitazione, il flirtare dei bebè fa pensare che non solo riconoscano le persone, ma che abbiano con esse un particolare rapporto. Come il flirtare degli adulti, quello degli infanti supera il linguaggio e stabilisce un collegamento più diretto fra le persone.

Il triangolo davvero eterno

Dunque, persino nei primi mesi di vita i bambini capiscono che gli altri sono qualcosa di molto speciale e che hanno con loro un rapporto molto speciale. Questo è l'aspetto alla Martin Buber della nostra comprensione quotidiana della mente. Disgraziatamente, però, la vita non è solo comunione mistica e, ancor più disgraziatamente, non si limita alle chiacchiere prima di addormentarsi. Persino gli studenti universitari ricorrono a un linguaggio infantile e insensato nei messaggi del giorno di San Valentino, ma se faranno altrettanto nelle 54

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prove semestrali, avranno un esito tutt'altro che brillante. Dobbiamo apprendere molte altre cose sul conto degli altri. Una cosa che bisogna sapere delle persone è quel che pensano delle cose. Le persone guardano le cose, le vogliono, le manipolano, imparano a conoscerle. Quando il bambino ha circa un anno, awiene un sorprendente cambiamento nel modo in cui interagisce con gli altri. Improwisamente l'isolamento nel bozzolo dell'amore ropiantico viene infranto da intrusi: orsacchiotti, palline, chiavi, sonagli, fili elettrici di lampade, cucchiai, cuccioli di cani, telefoni, vasi di porcellana, rossetti, aeroplanini telecomandati. Tutta una congerie di oggetti affascinanti, seduttivi, irresistibili. Quando i bambini riescono a mettersi seduti, a protendersi e a gattonare, queste cose, che prima evocavano perlopiù uno sguardo affascinato ma distante, diventano gli oggetti del desiderio e fonte di pericolo. Fortunatamente, gli altri non svaniscono completamente dai loro pensieri (anche se i genitori possono avere questa sensazione), ma diventano parte essenziale di una sorta di triangolo cognitivo. 11 Quando i bambini hanno circa un anno, cominciano a indicare le cose e a guardare quelle che gli altri indicano loro. L'atto di indicare, come quello di imitare, è così familiare che lo diamo per scontato. Ma, come l'imitazione, implica una profonda comprensione di sé e degli altri. Indicare qualcosa, soprattutto quando lo fai ripetutamente, poi guardare il volto dell'altra persona finché anche lei guarda l'oggetto, implica che pensi, a un certo livello, che l'altro dovrebbe guardare quel che guardi tu. Possiamo registrare e misurare sistematicamente dove si rivolge lo sguardo di un bambino mentre osserva un adulto che indica un punto particolare. Quando avrà un anno, guarderà precisamente il punto indicato dall' adulto. 12 55

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Altri esperimenti dimostrano, inoltre,. che i bambini di un ann_o hanno una comprensione radicalmente nuova delle persone. Cosa succede quando mostrate a un bebè qualcosa di nuovo, un po' strano, magari meraviglioso, magari pericoloso, per esempio un minuscolo robot che cammina? Il piccolo guarda la mamma con aria interrogativa e la osserva attentamente. Cosa pensa? Ha un sorriso rassicurante oppure un'espressione sconvolta, inorridita? Il bimbo modificherà le proprie reazioni di conseguenza: se la vede sorridere si awicinerà a carponi per indagare, se la vede inorridita si fermerà di botto. Anche di questo possiamo dare una dimostrazione sistematica. Per esempio, un adulto guarda dentro due scatole. Nella prima guarda con un'espressione di gioia e nell'altra con un'espressione di totale disgusto. Poi spinge le scatole verso il bambino, che non vi ha mai guardato dentro, ma che si è fatto un'idea in proposito osservando la faccia dello sperimentatore: allunga felice la manina dentro la scatola che ha suscitato la gioia dell'adulto, e non apre quella che l'ha disgustato. Non solo capisce che I' altro si sente felice o disgustato, e anche che certe cose lo rendono felice, mentre altre lo disgustano. 13 Analogamente i bambini di un anno possono scoprire cosa fare con gli oggetti osservando quel che fanno gli altri. Andy usò l'imitazione per verificarlo, mostrando ai bambini un uso totalmente inaspettato di un nuovo oggetto: accostava alla fronte il coperchio di una scatola, e questa si illuminava. I piccoli osservavano affascinati, ma a loro non era permesso toccare la scatola. Una settimana dopo tornarono al laboratorio. Questa volta Andy si limitò a dar loro la scatola, senza farci nulla. Ma i piccoli immediatamente accostarono il coperchio alla fronte. È molto diffuso il luogo comune secondo cui gli infanti non avrebqero memoria. Ma per tutta quella settimana le nuove informazioni riguardo a 56

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quel che i grandi facevano con quella cosa erano rimaste. Inoltre i piccoli sembravano dare per scontato che se altri facevano qualcosa di particolare con un oggetto, loro dovevano fare altrettanto. (Basta pensare a come usano un telefono giocattolo. Anche se quest'ultimo è muto, i piccoli imitano il modo in cui gli adulti si comportano con un vero telefono: premono i pulsand, awicinano la cornetta ali' orecchio e ci balbettano dentro.) 14 Quando hanno circa un anno, sembrano scoprire che la loro iniziale intesa emotiva con gli altri si estende fino a comprendere un insieme di atteggiamenti condivisi verso il mondo. Vediamo gli stessi oggetti, facciamo le stesse cose con quegli oggetti, proviamo persino le stesse sensazioni. Quando se ne rendono conto, tutta una nuova dimensione si aggiunge alla loro comprensione delle altre menti. I bambini di un anno sanno che vedranno qualcosa se guarderanno il punto indicato dagli altri; osservando quel che fanno gli altri, sanno che devono fare con una certa cosa; vedendo quel che sentono gli altri, sanno quel che dovrebbero provare. I bebè possono usare gli altri per capire il mondo. Con molta semplicità prendono già parte a una cultura. Possono già awantaggiarsi di quello che hanno scoperto le precedenti generazioni. Non devono scoprire da soli che in quell'angolo c'è qualcosa che vale la pena guardare, che in quella scatola c'è qualcosa di disgustoso o che la scatola si illumina quando la tocchi con la fronte. Anche senza far ricorso al linguaggio, possiamo insegnare loro tutte queste cose. Persino i piccoli che non sanno ancora parlare sono per loro natura esseri culturali. 15 A questo punto sono anche capaci di usare gli altri perché facciano le cose. Un bambino di un anno è capace di indicare un giocattolo che è fuori della sua portata e aspettarsi 57

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che l'adulto glielo prenda,. oppure, posando la manina su quella dell'adulto, ottiene che quest'ultimo gli dia una cuce chiaiata di marmellata di mele. I bebè riescono a comunicare ancor prima di parlare. La storia di questo particolare triangolo finisce bene. Grazie a questo nuovo interesse per le cose, i bambini instaurano anche una comunicazione e un'intesa più profonde con gli altri. Dopotutto la comunicazione non è solo intimità. Anche le chiacchiere tenere della coppia in camera da letto sono seguite dal piacere alquanto diverso di scoprire che tutti e due apprezzano la cucina tailandese e detestano i film di Quentin Tarantino. I protagonisti delle più romantiche storie d'amore affrontano uniti il mondo, non si limitano a guardarsi in faccia. All'età di circa dodici mesi la stessa cosa accade nel rapporto d'amore fra i bambini e i loro genitori.

Studi sulla pace e sul conflitto

A quanto pare, dunque, i bambini e gli adulti collaborano per superare le insidie che presenta un oggetto. Ma nell'Eden degli infanti si aggira un serpente più profondamente pericoloso. Il nemico nascosto è sempre più potente di quello visibile. Mentre imparano che gli adulti hanno in genere il loro stesso atteggiamento verso gli oggetti, si accingono a imparare qualcos'altro, che li disturberà: talvolta gli altri non hanno il loro stesso atteggiamento. Cosa succede quando il piccolo si protende per afferrare il filo elettrico della lampadina, il vaso di porcellana, il rossetto, anche se gli era stato vietato di farlo? Oppure quando il padre gli avvicina alla bocca una cucchiaiata di repellente purè di rape, anziché di 58

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deliziosa marmellata di mele? Intesa e comunicazione s'infrangono. Tutto ciò deve sembrargli indubbiamente paradossale, persino perverso. Più manifesta il suo desiderio appassionato di raggiungere il filo della lampada, più risolutamente la madre fa in modo di impedirglielo. Più è esplicito il suo rifiuto nei confronti della rapa, più il padre è determinato a fargliela mangiare. Anche se le reazioni del bebè e dell'adulto sono rivolte allo stesso oggetto, il loro atteggiamento sembra diverso, anzi diametralmente opposto. Quando i bambini hanno un anno e mezzo, cominciano a capire la natura di queste divergenze fra le persone e a esserne affascinati. Anche di questo caso possiamo dare una dimostrazione sistematica. Alison e una delle sue studentesse, Betty Repacholi, mostrarono a un gruppo di infanti due ciotole contenenti, una deliziosi cracker Goldfish*, l'altra broccoli crudi. Tutti i piccoli, persino a Berkeley, preferirono i cracker. Poi Betty assaggiò il contenuto di ciascuna ciotola. Con un'espressione deliziata esclamò: «Uhm!» davanti al primo contenitore e «Beeh !» davanti al secondo con un'aria disgustata. Poi li mise entrambi accanto ai bambini, allungò una mano e disse: «Me ne date un po'?» Poiché Betty aveva fatto capire che le piacevano i cracker e detestava i broccoli, i piccoli, naturalmente, le diedero i cracker. Ma se àvesse fatto il contrario e lasciato capire che i broccoli erano deliziosi e i cracker cattivi? Questo avrebbe messo i bambini di fronte a uno di quei casi in cui il nostro atteggiamento verso l'oggetto è diverso dal loro: noi vogliamo

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Questi cracker hanno la forma di un pesciolino, sono salati, di colore giallo. Una merendina molto nota, «classica». (N.d.T.)

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una cosa e loro ne vogliono un'altra. I piccoli di quattordici mesi, che nella loro innocenza danno ancora per scontato che tutti vogliamo la stessa cosa, ci danno i cracker. Ma quelli di diciotto mesi (più saggi, ma anche, come vedremo, più tristi), ci danno i broccoli, anche se non li possono soffrire. Questi bambini così piccoli, appena capaci di parlare, hanno già appreso una cosa estremamente importante sulle persone, e cioè che hanno desideri e che questi desideri possono essere diversi dai loro e persinoin conflitto. 16 Possiamo dare una dimostrazione di questa scoperta in laboratorio, ma è drammaticamente evidente anche nella via di tutti i giorni. Tutti i genitori conoscono, e temono, i «terribili bambini di due anni». L'adorabile briccone di un anno, un po' difficile da tenere sotto controllo, si trasforma in un mostro da melodramma con gli occhi di ghiaccio. Questi bambini sono così terribili non tanto perché fanno quel che voi non volete che facciano - in questo i piccoli di un anno sono bravissimi - ma perché lo fanno proprio perché voi non volete. Mentre i bambini di un anno sembrano non resistere alla seduzione esercitata dagli oggetti proibiti (è tutta colpa del filo della lampadina), i bambini di due anni sono deliberatamente perversi, si potrebbe dire diabolici. Un bambino di due anni non guarda nemmeno il filo della lampadina. La sua manina si allunga per toccarlo senza che abbia smesso un istante di fissarvi con grande calma e decisione. 17 Si possono aggiungere parecchie variazioni diaboliche. Secondo sua madre, la più perversa fra gli autori di questo libro, era tanto insolente da protendere contemporaneamente la mano per essere punito. D'altra parte, uno dei nostri bambini più affascinanti e concilianti ostentava il suo più radioso sorriso mentre procedeva verso l'oggetto proibito. Qualsiasi accenno di un sorriso da parte dell'adulto 60

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era fatale. Un altro dei nostri bambini si avvicinava sempre più all'oggetto proibito, avanzando con precisione geometrica fino a pochi millimetri di distanza, senza mai smettere di tener d'occhio il padre. Ma, a quanto pare, questo comportamento perverso è alquanto razionale. Proprio come gli esperimenti con bambini molto piccoli confermano la nostra intuizione parentale di avere un'intesa molto speciale con i nostri neonati, gli esperimenti con i bambini ai primi passi confermano l'intuizione che quell'intesa talvolta si spezza quando crescono. I bambini di due anni hanno da poco cominciato a capire che la gente ha desideri diversi. Il nostro esperimento con i broccoli dimostra che cominciano a rendersene conto solo quando hanno circa diciotto mesi. Quelli di quattordici mesi sembrano credere che i loro desideri e i nostri coincidano. I terribili bambini di due anni conducono un'esplorazione sistematica di quest'idea, quasi una sorta di programma sperimentale di ricerca. Da questo punto in poi indagano sistematicamente su quanto i loro desideri e i desideri degli altri possono essere in conflitto. Quello sguardo grave e assorto è diretto verso di te perché sei tu e la tua reazione, non il filo della lampada, quel che gli interessa veramente. Se il bambino è uno psicologo in erba, noi genitori siamo le cavie da laboratorio. Potrà essere di qualche conforto sapere che non vogliono davvero farci impazzire, ma semplicemente capire come funzioniamo. Le lacrime che spuntano in seguito alla crisi di rabbia scatenata dal braccio di ferro con l'adulto sono sincere. I terribili bambini di due anni riflettono un conflitto genuino fra il bisogno di capire gli altri e il bisogno di convivere felicemente con loro. Sperimentare il conflitto può essere necessario se si vuol capire come reagiscono gli altri, ma anche pericoloso. Questi bambini sono una dimostrazione di 61

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quanto potente e radicata sia in loro la pulsione all'apprendimento. Per loro, come per gli scienziati, scoprire la verità è ben più di una professione: è una passione. E, come accade agli scienziati, talvolta può capitare che quella passione li costringa a sacrificare la felicità domestica. Ma queste scoperte sugli altri hanno anche un lato più positivo. Un giorno Alison tornò a casa dal laboratorio in uno stato di disperazione che sarà familiare ai genitori che lavorano. Si era resa conto di essere una pessima ricercatrice (uno dei suoi articoli era stato respinto da una rivista), un'insegnante fallita (uno studente aveva messo in discussione un voto), e arrivò a casa per scoprire di essere una madre spregevole (le cosce di pollo, che dovevano servire per la cena, erano ancora congelate). Come ogni donna che eserciti una professione, brava, forte, dotata di spirito pratico, scoppiò a piangere. Suo figlio, che non aveva ancora due anni, assunse un'aria preoccupata e dopo aver riflettuto ..un istante corse in bagno. Tornò con una grossa scatola di cerotti, cominciò a metterglieli addosso qua e là, dappertutto: si trattava chiaramente di una ferita che necessitava di molti cerotti. Come molti terapeuti, aveva fatto una diagnosi sbagliata, ma la sua cura era estremamente efficace~ La mamma smise di piangere. Non è soltanto una storia commovente su un bambino particolarmente adorabile (anche se, naturalmente, Alison tende a raccontarla in questa luce). Da studi sistematici è emerso che i bambini di due anni cominciano a mostrare empatia per gli altri. Persino quelli più piccoli resteranno turbati di fronte a qualcuno che è preoccupato, angosciato (conosciamo tutti l'urlo improvviso, perturbante che emette un bambino quando i genitori cominciano a litigare). Ma solo i piccoli di due anni cercano di confortarti. Non solo sentono 62

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il tuo dolore, ma cercano di alleviarlo. Il mostro di due anni è anche un angelo soccorrevole. Questo tipo di empatia comporta quella stessa comprensione penetrante degli altri che vediamo nei terribili bambini di due anni. Per provare un'autentica empa.tia, devi capire quel che sentono gli altri e sapere come farli sentir meglio, anche quando tu non stai bene. Devi poter capire che all'altro occorre un cerotto, anche se tu non ne hai bisogno, proprio come sai che l'altro vuole dei broccoli, anche se tu non li vuoi, oppure che vuole che tu stia alla larga da quel filo della lampadina, anche se a te sembra così desiderabile. La vera empatia non significa semplicemente sapere che gli altri sentono quel che senti tu; significa sapere che sentono in maniera diversa e prendersi ugualmente cura di loro. Nei bambini questa profonda percezione morale non è innata, ma quando hanno due anni, hanno già cominciato a formarla. 18

Cambiare il proprio punto di vista

Mentre imparano a conoscere le differenze fra i propri desideri e quelli degli altri, imparano anche le differenze fra quel che vedono e quel che vedono gli altri. Quando i bambini di un anno indicano qualcosa e seguono i punti indicati da altri, sembrano_aver scoperto di poter vedere la stessa cosa che vedono gli altri. Ma, proprio come accade con i desideri, questa scoperta può avere un corollario, e cioè che vi possono essere differenze fra quel che vedo io e quel che vedi tu. Se tu sei nell'altra stanza o all'altro capo del telefono, per esempio, sarà. perfettamente inutile che ti mostri la mia ultima creazione artistica. I bambini molto piccoli, però, sembrano non percepirlo. 63

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Per verificare come i bambini comprendono questa differenza, potete farli giocare a nascondino, gioco per il quale hanno una passione. Posso nasconderti qualcosa e tu puoi nasconderla a me. I piccoli di quest'età amano molto questo gioco, ma non vi riescono granché; uno degli stratagemmi preferiti da un bambino di due anni può essere quello dinascondere la testa sotto il tavolo con il sederino bene in vista. Possiamo darne una dimostrazione più sistematica. Per esempio, potete dargli un tubo lungo con una illustrazione a un'estremità, in modo che solo una persona per volta possa vedere l'illustrazione. Poi potete chiedergli di far vedere l'immagine al papà. I bambini molto piccoli faranno oscillare il tubo avanti e indietro fra sé e il papà, perché non riescono persuadersi che il papà possa vedere quel che essi non vedono. Alison e Andy idearono un esperimento per verificare ulteriormente questa idea. Prima organizzarono un gioco basato sull'imitazione: tu dai il giocattolo a me e io lo do a te; tu metti l'adesivo sulla mia mano e io lo metto sulla tua. I bambini vi riescono bene e inoltre gli piace farlo. Poi Alison e Andy misero sul tavolo un divisorio fra il bambino e la sperimentatrice, che nascose un giocattolo mettendolo sul proprio lato del divisorio. Poi lo diede al bambino, chiedendogli di nasconderglielo a sua volta. Per riuscirvi, il bambino doveva mettere il giocattolo sul proprio lato del divisorio in modo che egli potesse vederlo e restasse nascosto all'adulto. Ma i più piccoli, sui ventiquattro-trenta mesi, spesso mettevano il giocattolo sull'altro lato del divisorio, quello dell' adulto, cosicché era nascosto alla loro vista, ma completamente visibile all'altro. Poi facevano diversi esperimenti. Si mettevano dietro l'altro lato del tavolo, accanto all'adulto, per vedere che aspetto aveva di lì il divisorio. Oppure inven-

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tavano modi ingegnosi per evitare il problema, come nascondere il giocattolo dietro la schiena, cosicché diventasse invisibile a tutti. Proprio come accadeva con l'illustrazione attaccata all'estremità del tubo, a quanto pare non riuscivano ad accettare l'idea che, se essi vedevano il giocattolo, qualcun altro poteva non vederlo. Prima dei tre anni, però, imparano 'a distinguere fra quel che essi vedono e quel che gli altri vedono. Un piccolo di trentasei mesi, che ha appena compiuto tre anni, nasconderà sempre il giocattolo correttamente sul proprio lato del divisorio. Sa che l'altro non lo può vedere, anche se lui lo vede. Può prevedere molto chiaramente quando voi vedrete l'oggetto e lui no; vi dirà che voi non lo vedete, ma lui sì. Un bambino di tre anni vi può persino dire che aspetto ha l'oggetto visto da prospettive diverse. Se mettete un' anatra gialla di plastica dietro un pezzo di plastica azzurra, sembrerà verde. Potete mostrare questo trucco a un bambino di tre anni e fargli vedere che in realtà l'anatra è gialla. Vi dirà che sembra verde a chi la guarda attraverso la plastica azzurra, e gialla a chi la guarda dall'altro lato. Contrariamente a tanti luoghi comuni, questi bambini piccolissimi stanno già cominciando a superare una visione egocentrica del mondo. 19 È alquanto sorprendente vedere che i bambini di due anni non riescono a risolvere problemi tanto ovvi. Ma è ancor più sorprendente che in soli tre anni imparino una cosa tanto importante quanto il fatto che le persone possono, letteralmente, vedere le cose in modo diverso. Naturalmente hanno ancora molto da imparare sul fatto che le diverse persone possono avere una diversa visione del mondo. Ma, a quanto pare, anche gli adulti hanno parecchio da imparare su questo punto; ecco perché sono stati scritti tanti libri sulle enormi 65

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differenze fra uomini e donne. Eppure cominciamo a rendercene conto proprio quando muoviamo i primi passi.

La soffitta delle conversazioni

Se vi connettete al giusto sito Internet, vi ritroverete a vagare attraverso un enorme database chiamato CHILDES, un database che contiene letteralmente milioni di esempi .di conversazioni spontanee di bambini piccoli, registrate dai linguisti nel corso degli ultimi trent'anni. È come trovare una. botola che porta in una soffitta zeppa di tutine consunte, giocattoli rotti e istantanee sbiadite. Gli archivi di CHILDES evocano proprio questa atmosfera commovente, danno la sensazione di essere circondati da vocine spettrali. Abe e Sarah e Ben e Nina, bambini che ormai sono adulti da tempo, che hanno avuto dei figli, e magari sono morti, qui saranno per sempre bambini di due anni, che indagano nervosamente sulla vera natura di Dracula, che si domandano se i portauova possano fungere da occhiali, che spiegano pazientemente le cose ai loro genitori. 20 Oltre a farci rivisitare questi paesaggi di un'infanzia perduta, CHILDES ci permette di osservare sistematicamente quel che dicono i bambini molto piccoli e come il tipo delle cose che dicono cambia con il passare degli anni. Desideri, percezioni ed emozioni sono fra le primissime cose di cui pavlano. Voglio e il no dei terribili piccoli di due ani; vedo e andato; felice e triste sono fra le primissime parole. Come potevamo àspettarci dagli esperimenti, quando arrivano ai tre anni, i bambini parlano spontaneamente, persino rimuginando in proposito, délle differenze dei desideri, percezioni, emozioni. Uno dei nostri figli fece la triste scoperta che il dolce 66

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tanto desiderato della domenica, ananas al kirsch, non era adatto al palato di un piccolo di due anni. Per settimane, senza alcun motivo, continuò a ripetere all'improvviso: «Sai, .mamma, l'ananas è buono per te, ma a me fa schifo». CHILDES riporta un analogo scambio di battute fra un piccolo di tre anni del New England e la madre, riguardante il ben noto esotismo della cucina francese. Bambino: «Mangi le lumache?» Mamma: «Certe persone mangiano le lumache». Bambino: «Perché?» «Perché gli piacciono.» Bambino: «Mamma, tu vuoi mangiare le lumache?» Mamma: «No, non credo che mi piacerebbero». Bambino: «Non mi piacciono le lumache [lunga pausa] ... c'è gente che mangia le lumache». Un altro dei nostri figli, accompagnato a vedere un film della serie Guerre stellari per il suo quarto compleanno, produsse il seguente saggio di argomentazione logica, mentre il cinema si oscurava e i giganteschi uomini delle truppe d' assalto riempivano lo schermo: «I bambini di quattro anni non hanno paura. Oggi io ho quattro anni. Non ho paura». Una bambina di CHILDES, Nina, mette i portauova sui suoi occhi e poi su quelli del padre, e poi se li toglie e se li rimette, dicendo più volte, nel frattempo: «Vedo, non vedo», facendo qualche commento su quel che vede lei e quel che vede il padre. Appena possono parlare, i bambini discorrono sulla propria mente e su quella degli altri. Dapprima, però, si concentrano sui desideri, percezioni, emozioni: quel che loro e gli altri vogliono, vedono e sentono, piuttosto che quel che sanno o pensano. So.lo in seguito cominciano a parlare di pensieri e convinzioni, e dire cose come: «La gente credeva che Dracula fosse cattivo, mentre era buono», oppure: «È un autobus. Credevo- che fosse un taxi». 67

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Imparare ad avere un'opinione «su» qualcosa21

Il desiderio, la percezione e l'emozione sono aspetti centrali della mente, ed è straordinario che a soli tre anni i bambini comprendano tanto bene questi stati mentali. Tutti e tre questi stati, però, hanno una qualità che i filosofi chiamano «trasparenza». Sembra che i bambini pensino ai desideri, alle percezioni e alle emozioni quasi come noi potremmo pensare a calamite o proiettili. Se vuoi qualcosa, sarai attratto da esso, proprio come la limatura di ferro è attratta da una calamita. Se sei orientato verso un oggetto, lo vedrai, così come sarai colpito da un proiettile se ti trovi nella sua traiettoria. È questo quel che i filosofi chiamano «trasparenza». Ma gli altri stati mentali - convinzioni e pensieri, per esempio - sono alquanto diversi. Non possiamo credere o pensare che un cono di gelato o una macchinina siano come li vogliamo noi, ma crediamo o pensiamo determinate cose sul loro conto. Crediamo che nel gelato vi siano noccioline o che la macchinina abbia bisogno di batterie. I filosofi dicono che la convinzione è «opaca» o «rappresentativa». Il classico esempio filosofico, proveniente dai tempi in cui i romanzi venivano pubblicati anonimi, era c;he probabilmente non avevi su «Sir Walter Scott» le stesse opinioni che avevi sull' «autore di Waverley», ·anche se, in realtà, «Sir Walter Scott» e · l' «autore di Waverley» erano la stessa persona. Quando diciamo che una persona crede qualcosa, intendiamo dire che ha una descrizione o immagine interna che si riferisce alla cosa in questione, e cioè chela «riguarda». 22 Ne discende un'importante conseguenza, vale a dire che le convinzioni possono essere sbagliate. Possiamo pensare che ci siano delle noccioline nel gelato, mentre c'è solo vaniglia, o che la macchinina abbia bisogno di batterie, mentre 68

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corre con l'aiuto di un elastico, o che Sir Walter Scott non sia l'autore di Waverley. Possiamo avere convinzioni sbagliate riguardo al mondo. Percezioni e desideri non possono essere del tutto fallaci. Come possiamo capire se per i bambini le convinzioni hanno questa natura opaca, rappresentativa? Possiamo creare un semplice scenario in cui qualcuno si forma una convinzione sbagliata. Per esempio, possiamo mostrare una familiare scatola di caramelle. Chiunque la veda, salterà alla conclusione che dentro ci siamo delle caramelle. Quando la apriamo, vediamo che c'è un trucco: in realtà contiene matite. Ora possiamo porre ai bambini semplici quesiti su questa serie di eventi. Che cosa credevate ci fosse là dentro? Che cosa crederà il vostro amico Nicky, se la vede chiusa così? Se qualcuno vuole delle caramelle, resterà sorpreso oppure deluso guardando nella scatola? Se qualcuno vuole delle matite, darà un'occhiata nella scatola? Sembra che la scatola contenga caramelle oppure matite? E così via. 23 Tutti questi quesiti implicano la stessa idea di fondo. Lascatola col trucco ci induce ad avere una convinzione falsa; sembra una cosa, ma in realtà è un'altra; ci porta a dare del mondo una rappresentazione diversa da quella reale. A un adulto le risposte a questi quesiti. sembrano ovvie. Ma i bambini di tre anni regolarmente le sbagliano. Dicono che tutti sapranno che la scatola contiene matite, che si capisce che ci sono delle matite, persino· che hanno sempre pensato che ci fossero delle matite. È come se i bambini pensassero che, poiché c'è un solo mondo, un'unica realtà, tutti ne avranno la stessa visione. Le persone non avranno mai convinzioni diverse sulla stessa cosa, ~ anche loro non cambieranno mai opinione su niente. Naturalmente, anche gli adulti talvolta condividono queste illusioni. Ma in noi anche il più ostinato dogmatismo è 69

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temperato dalla consapevolezza che almeno qualche volta gli altri sono in disaccordo con noi e che almeno qualche volta scopriamo di avere torto. Ma per i bambini la dottrina dell'infallibilità è incontestabile. C'è qualcosa di particolarmente strano riguardo al fatto che i bambini non sembrano rendersi conto dei cambiamenti che avvengono nelle loro opinioni. Alison decise di verificare se avrebbero fatto anche riguardo alle proprie opinioni gli errori che facevano riguardo a quelle degli altri. La primissima bambina esclamò: «Caramelle!» quando vide lascatola, e poi: «Uffa, sono matite!» quando la scatola fu aperta. Ma appena un minuto prima aveva negato risolutamente e, a quanto sembrava, con la massima sincerità di aver creduto che vi fossero delle caramelle nella scatola. Alison ha fatto altri esperimenti che portano a conclusfoni analoghe. Per esempio, i bambini di tre anni sembrano incapaci di ricordare come hanno appreso qualcosa, anche se gli eventi hanno avuto luogo solo qualche minuto prima. Nel corso di uno studio, la sperimentatrice nascose una tazza sotto un «tunnel» di stoffa, un arco costruito con un filo metallico e ricoperto di stoffa, aperto su entrambe le estremità. I bambini scoprirono quel che si trovava sotto il tunnel in uno dei tre seguenti modi: sollevarono il tunnel e videro la tazza, misero le mani nel tunnel attraverso le aperture e la toccarono, oppure semplicemente la sperimentatrice disse loro: «C'è una tazza lì sotto». Poi chiese ai bambini cosa c'era sotto il tunnel'. A questa domanda diedero sempre la risposta giusta. Ma quella successiva era più difficile: «Come sapete che c'è una tazza nel tunnel? L'avete vista, l'avete toccata oppure ve l'abbiamo detto noi?» I bambini erano sconcertati. Dissero, per esempio, di aver visto la tazza quando in realtà era stata lei a informarli. (Questi esperi70

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menti hanno ovvie implicazioni per le testimonianze oculari di bambini. Non vi sono maggiori probabilità rispetto a un adulto che mentano e non confondono la fantasia con la realtà, ma possono certamente fare confusione fra quel che hanno visto e quel che un avvocato o un'assistente sociale ben intenzionati hanno detto loro.) 24 Tuttavia, la memoria dei bambini riguardo agli eventi di tutti i giorni è eccellente quanto quella degli adulti o addirittura migliore. Ricorderete che persino i piccoli di un anno, durante lo studio di Andy sull'imitazione, tennero a mente per una settimana che lo sperimentatore aveva toccato lascatola con la fronte. In un'altra ricerca, dimostrò che i bambini di diciotto mesi ricordarono questo fatto inconsueto per addirittura quattro mesi. E quasi sempre i bambini ci battono nei giochi di carte che richiedono grande memoria. Inoltre abbiamo sistematicamente dimostrato, nei nostri esperimenti, che i bambini ricordavano gli eventi del passato, an,che se non duscivano a ricordare le precedenti convinzioni. 25 Che cosa significa? Questi bambini mettono in discussione una delle più antiche e predilette dottrine filosofiche, una dottrina talvolta chiamata dell' «autorità della prima persona». La maggior parte di noi ha l'impressione che il problema delle Altre Menti in realtà non ci riguardi. È vero che dobbiamo inferire i pensieri degli altri, ma almeno sappiamo con certezza quel che pensiamo noi. Anzi, Cartesio sosteneva che l'unica cosa che sappiamo davvero con certezza è quel che pensiamo: «Penso, dunque sono». I bambini, invece, fanno gli stessi errori, sia che descrivano il proprio stato mentale, sia che prevedano lo stato mentale degli altri. È come se avessero un'unica teoria riguardante la mente, che applicano a sé stessi e agli altri. A quanto pare, non capiscono la propria mente più di quanto capiscano la mente delle persone intorno a loro. Può 71

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sembrare che impariamo a conoscere gli altri confrontandoli con noi stessi, mentre dalla ricerca emerge che è vero anche il contrario: impariamo a conoscere la nostra mente osservando quella degli altri.

Il melodramma di un bambino di tre anni: amore e inganno Potrà sembrare che il bambino-scienziato descritto finora sia un osservatore distaccato, distante. In realtà scoprire come sono gli altri plasma in profondità i nostri sentimenti nei loro confronti e la vita che conduciamo con loro. Scoprire chi siamo plasma in profondità il nostro modo di sentire e di vivere. Abbiamo visto come le nuove scoperte dei bambini di diciotto mesi influenzano la loro vita di ogni giorno, cosicché, quando arrivano ai due anni, diventano terribili, ma anche ricchi di empatia. La comprensione sempre più affinata della mente influenza anche layita quotidiana dei bambini di tre e quattro anni. I bambini piccoli sono certo creature intensamente emotive. Ma le teorie prevalenti sul loro conto hanno trattato queste emozioni come se fossero il movente principale delle loro azioni, sulle quali non influivano il pensiero o la conoscenza. Secondo la tradizione freudiana ! loro pensieri e le loro convinzioni sono interamente plasmati da pulsioni primitive. 26 Un'altra tradizione, più biologica, si ispirava alle ricerche sul «bonding» fra la madre nel regno animale e i suoi piccoli. Alcuni uccelli, per esempio, seguono la prima cosa grossa in movimento che vedono subito dopo la nascita (l'etologo Konrad Lorenz, che studiò questo fenomeno, passeggiava per le strade del suo villaggio austriaco seguito da un corteo di paperi). 27 72

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Da alcune teorie anche il «bonding» o «attaccamento» umano era considerato una risposta istintuale, quasi un riflesso. Secondo una storia, forse apocrifa, su una parete di un reparto di maternità si trovava là seguente scritta: «Per favore, non allontanate i bambini dalle madri finché non si è verificato il bonding». Per niente apocrifa è la storia di Alison che, quando diede alla luce uno dei suoi figli, vide arrivare un'infermiera decisa a portare il neonato nella nursery. Quando Alison rifiutò cortesemente di essere separata dal suo piccolo (in realtà, disse che non se lo sarebbe lasciato portar via per niente al mondo), l'infermiera replicò: «Non si preoccupi, cara; lasceremo che si formi il bonding». In questo caso il bonding era visto come una supercolla: bastava lasciare insieme madre e bambino per qualche minuto perché si attaccassero l'uno all' altra. 28 Le ricerche più recenti hanno modificato questo quadro. I desideri non plasmano i pensieri, e il «bonding» non è un evento che si verifica una volta per tutte in un determinato periodo. La conoscenza guida l'emozione più di quanto l' emozione deformi la conoscenza. Il rapporto fra genitori e bambini, come altri rapporti umani, si sviluppa e cambia man mano che imparano a conoscersi e a capirsi meglio reci-' procamente. Secondo la nuova idea sull'attaccamento, o «bonding», i neonati e i bambini piccoli sviluppano «modelli operativi interiorizzati», che sono quadri sistematici di come le persone interagiscono l'una con l'altra: teorie dell'amore. Naturalmente le osservazioni delle persone con cui vivono esercitano una forte influenza su questi modelli, i quali a loro volta, come le teorie scientifiche, influenzano il modo in cui i bambini interpretano le loro nuove osservazioni. Se vedete che le persone sulle quali contate per avere affetto e conforto si 73

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allontanano da voi quando soffrite, questo può influire sulle vostre aspettative riguardo al comportamento futuro degli altri e sulle vostre interpretazioni del loro atteggiamento attuale. Questi modelli operativi interiorizzati non sono rigidi, ma flessibili e, come le teorie scientifiche, possono essere cambiati se vi sono nuove prove in misura sufficiente. Mentre ricevono nuove informazioni su come funzionano le persone, soprattutto su come funzionano insieme in un ambito familiare, i bambini modificano i propri punti di vista. Persino quelli che hanno subìto abusi spesso sfuggono a un danno duraturo se hanno vicino qualcuno che non volta loro le spalle. L'esperienza relativamente breve di un rapporto con un amico, una zia o un insegnante può offrire loro un quadro alternativo, far capire come può funzionare l' amore. 29 Altre cose che i bambini imparano sulle persone possono influire profondamente sulla loro vita emotiva e sociale. Una delle cose che Freud comprese fu il carattere sorprendentemente erotico dei bambini di tre anni. (Noi siamo psicologi dell'età evolutiva e questo ci sorprende ancora.) I bambini di tre anni agiscono come amanti nei confronti dei loro genitori. Si comportano come amanti da melodramma, con abbracci sensuali e appassionati, una disperazione altrettanto appassionata quando devono separarsi da loro, e una terribile gelosia nei confronti dei rivali. Ma queste passioni possono riflettere autentiche scoperte. Le interazioni della prima infanzia comportano una sorta di consonanza fra i piccoli e le persone che li circondano, un sentimento di intimità, unità. Man mano che cominciano a muovere i primi passi e a frequentare la scuola materna, si rendono sempre più conto che gli altri sono esseri psicologici separati; esseri che hanno altri desideri, emozioni, pensieri e convinzioni. Proprio questo sentimento di «alterità» 74

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è alle radici dell'emozione erotica. Quando cominciamo a capire che quelli che amiamo sono diversi da noi, con altri bisogni, pensieri e persino altri amori, non possiamo più dare per scontato il loro amore. L'amore dei bambini in età prescolare per i loro genitori assomiglia più a quello dello Swann di Proust per l'enigmatica Odette che a quello di Edipo per Giocasta. Non sono semplicemente nella morsa di un'ignoranza primitiva, fatale, ma· sono ossessionati da una consapevolezza altrettanto fatale. In parte l'amore consiste nel volere cose (attenzione totale, totale devozione e fedeltà) che si sa di non poter avere. Le scoperte dei bambini sulle convinzioni hanno ripercussioni anche su altri aspetti dei loro rapporti con gli altri. Per ingannare le persone e rendersi conto che vi stanno ingannando, dovete essere in grado di capire le differenze fra quel che essi credono e quel che voi credete. Per riuscirvi dovete capire come funziona una convinzione, sapere cosa dovete fare perché qualcuno creda qualcosa che non è vero. Le bugie dei bambini di due e tre anni sono talmente trasparenti che è quasi impossibile credere che essi mentano. Un bambino di tre anni è capacissimo di urlarvi dall'altro lato della strada che non l'ha attraversata da solo. Non sono bravi a mentire proprio perché non capiscono, a quanto pare, come bisogna fare per indurre qualcuno in errore. 30 Siamo in grado di dimostrare sistematicamente che le >. (N.d.T.) *** Nell'originale «oh bugger>>. (N.d.T.) 148

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«papà» probabilmente si smorzerà un poco quando il piccolo accoglierà il miglior amico del babbo con lo stesso esultante «papà!» E poi anche il postino34 , e l'uomo che ripara la televisione. Forse è di lieve conforto vedere che anche gli animali domestici subiscono lo stesso destino: tutti gli animali, dal formichiere alla zebra, sono un «cane». Un linguista riferì che sua figlia usava «luna» per indicare la luna vera, ma anche lampade, arance e frammenti di unghia a forma di falce. Estendono i primi nomi che imparano ad altri, così come estendono «ohi ohi» o «andato» a nuove situazioni. Cercano di rendere intelligibile il linguaggio che stanno imparando applicando a esso concetti che sembrano loro importanti. Usano le parole in un modo che per loro è sensato, anche se gli adulti le usano in modo diverso. All'inizio i bambini usano solo alcuni nomi, in genere per cose e persone familiari. Ma può capitare che proprio mentre stanno appena cominciando a parlare, molti si m~ttano all'improvviso a dare un nome a tutto e a chiedere il nome di tutto quel che vedono. Infatti, «che cos'è?» è spesso una delle primissime espressioni. Un bimbo di diciotto mesi è capace di mettersi freneticamente a mdicare tutto quel che vede, nominandolo allo stesso tempo. «Che cos'è? Cane! Che cos'è? Orologio! Che cos'è? Cucchiaio, forchetta, arancia, poltrona, orologio! Orologio! Orologio!» Spesso, a questo punto, anche i genitori più affettuosamente attenti perdono il conto delle parole nuove che il piccolo ha imparato. È come se avesse appena scoperto che ogni cosa ha un nome, ed è questa scoperta a far scatenare la sua frenesia. 35 In effetti si può dimostrare, attraverso gli esperimenti, che in questa fase gli infanti,hanno un nuovo approccio all'apprendimento delle parole. Si può dare a un bambino un esempio di una parola priva di significato denominando un oggetto nuovo 149

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(«Guarda, un "dax" !» indicando un cavatappi automatico), e quella parola diventerà una parte permanente del suo vocabolario. A settimane o addirittura a mesi di distanza identificherà correttamente il «dax». Basta un solo esempio significativo e il piCcolo interiorizzerà la parola per sempre (talvolta, naturalmente, con conseguenze alquanto imb~razzanti). Questo processo è chiamato mappatura rapida. 36 I bambini sembrano presumere immediatamente che il nuovo nome che sentono designi il nuovo oggetto che hanno appena visto. Cominciano a mappare rapidamente più o meno all'epoca in cui sono presi dalla frenesia di dare un nome alle cose. . Il linguaggio viene appreso tanto quanto viene inventato.37 I bambini non si limitano ad assorbire associazioni fra nomi e cose o a imitare gli adulti nell'uso delle parole, ma ristrutturano attivamente il linguaggio per adattarlo ai propri scopi. Se hanno bisogno di una parola per denotare la scomparsa di qualcosa o un insuccesso, faranno ricorso senza esitare ad «andato» o programma evolutivo sono in sintonia con l'idea che gli esseri umani hanno capacità di apprendimento eccezionalmente potenti e flessibili. 197

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Sviluppiamo queste capacità durante quell'Eden protetto e protratto che chiamiamo infanzia. Durante questo periodo non dobbiamo impegnarci a comportarci in qualche modo speciale per sopravvivere: .gli adulti provvedono a noi. Siamo liberi di esplorare molte possibilità e di apprendere quel che possiamo fare nel nostro mondo particolare. Possiamo dedicarci indisturbati all'impresa di conoscere il nostro specifico ambiente fisico e sociale. Possiamo occuparci della pura ricerca di base, mentre gli adulti forniscono i fondi e la tecnologia. Nel corso della storia, gran parte dell'umanità avrà interrotto quel tipo di apprendimento, una volta raggiunta la maturità, per assolvere i quattro compiti evolutivi fondamentali (nutrirsi, fuggire, lottareie impegnarsi nella riproduzione sessuale). Abbiamo imparato quasi tutto quel che ci serve sapere assai prima di andare alla scuola materna. Da adulti possiamo sopravvivere nel nostro specifico mondo perché da bambini abbiamo scoperto come funziona. Il perdurare di queste capacità di apprendimento permette ad alcuni di noi di continuare ad apprendere, per un certo periodo di tempo, nuove cose sul mondo. Se diamo agli adulti tempo, denaro e interessanti problemi da risolvere, possono essere bravi quasi quanto i bambini piccoli. Pensiamo che, nell'arco della storia, alcuni adulti abbiano continuato ad apprendere nuove cose sul mondo, soprattutto quando queste riguardavano particolari problemi di sopravvivenza. Questo potrebbe spiegare, per esempio, i grandi risultati ottenuti dalla «fitoterapia» 18 dei cacciatori-raccoglitori o dalla geografia degli aborigeni australiani. Ma le contingenze storiche, circa cinque secoli fa, diedero a molti più adulti l'opportunità di conoscere il mondo. Inventammo istituzioni che ricreavano le condizioni dell'infanzia: tempo 198

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libero protetto e i giusti giocattoli. Sono queste istituzioni che chiamiamo scienza. Cinque secoli fa un'attività naturale dei bambini fu trasformata in un'attività di adulti organizzata a livello istituzionale. Naturalmente, questa trasformazione determinò molte differenze fra quel che fanno i bambini e quel che fanno gli scienziati. Forse quella più importante è che i bambini inventano teorie su oggetti vicini, comuni, di medie dimensioni, compresi gli adulti. Di conseguenza sono letteralmente immersi nell'evidenza che riguarda le loro teorie. Tutto quel che hanno bisogno di sapere è alla loro portata. Al contrario gli scienziati spesso inventano teorie su oggetti che sono molto piccoli oppure molto grossi, nascosti o rari o irraggiungibili, come stelle lontane o malattie elusive, e l'evidenza relativa è spesso scarsa. Questa differenza relativamente piccola ha grandi conseguenze cognitive e sociali. A quanto pare, tutti i bambini piccoli creano teorie simili più o meno alla stessa età. Secondo alcuni psicologi dell'età evolutiva ciò convaliderebbe la tesi del bruco che si trasforma in farfalla. Ma è anche quello che ci si può aspettare se partiamo dal presupposto che abbiano inizialmente le stesse teorie, gli stessi meccanismi per modificarle e dispongano di quantità di prove molto simili. I neonati di tutto il mondo cominciano con le stesse idee sulle persone e sugli oggetti e fanno esperienze analoghe in proposito. In ogni cultura le persone avranno talvolta convinzioni e desideri diversi, e gli oggetti continueranno a esistere anche dopo essere stati nascosti. Questi eventi di ogni giorno forniscono le prove che permettono ai bambini di modificare le loro teorie iniziali. Al contrario scienziati e persone che vivono in fasi storiche e in culture diverse possono disporre di tipi molto diversi di evidenza su cose come le stelle e le malattie. Spesso può 199

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accadere che dispongano di ben poche prove. Di conseguenza trarranno probabilmente conclusioni diverse. In realtà ·anche gli scienziati, quando partono dalle stesse teorie, tentano di risolvere gli stessi problemi e ottengono la stessa evidenza - quando si trovano nella stessa posizione degli infanti - arrivano a formulare più o meno nello stesso tempo nuove teorie simili. Ecco perché capita che venga assegnato il premio Nobel a più studiosi per la medesima invenzione. · Gran parte della struttura istituzionale della scienza lì.a la funzione di organizzare la ricerca di prove e di valutarne la qualità. La scienza richiede una complicata divisione del lavoro perché anche soltanto trovare i dati giusti è molto laborioso.19 Nella soluzione dei problemi gli infanti e i bambini piccoli sono certo avvantaggiati dalla presenza degli altri, ma l'evidenza fondamentale di cui hanno bisogno è onnipresente. Al contrario un intero laboratorio - pieno di persone che hanno conseguito i massimi titoli accademici, di laureati che studiano per conseguirli e di assistenti alla ricerca- potrà impiegare mesi per trovare le prove pertinenti a qualche ipotesi scientifica. ' La divisione del lavoro richiede, inoltre, meccanismi sociali elaborati e talvolta fragili per preservare fiducia e sicurezza. I bambini danno per scontato che possono fidarsi di quel che dice loro la mamma. Gli scienziati devono fidarsi non solo dei loro collaboratori altamente qualificati e degli assistenti alla ricerca, ma anche degli scienziati rivali in altri laboratori. Intorno al 1500 cominciò a svilupparsi un'importante società industriale, che fece importanti progressi nella comunicazione e nella tecnologia. Noi crediamo che fu questo a rendere possibile questo tipo di divisione scientifica del lavoro. Abbiamo potuto permetterci di esentare alcune persone dalle 200

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esigenze della vita quotidiana e permettere loro di dedicarsi ali'impresa di scoprire il mondo. Galileo in Italia poteva fidarsi dei dati raccolti da Tycho Brahe in Danimarca e della matematica formulata da Giovanni Keplero in Germania. E tutti quanti potevano fidarsi del telescopio. Tutti questi cambiamenti sociali e tecnologici contribuirono a far emergere la nuova teoria dei pianeti. A quanto pare, inoltre, gli scienziati inventano qualche nuovo procedimento cognitivo per affrontare problemi per la soluzione dei quali la natura non ci ha attrezzati. Per gli infanti e i bambini piccoli il problema principale non è valutare le prove di cui dispongono, ma capirle. Il loro principale interesse è spiegàre l'evidenza, non decidere se sia attendibile, mentre per gli scienziati è spesso difficile e importante stabilire se quell'evidenza sia attendibile. Dobbiamo inventare particolareggiati protocolli e piani sperimentali per essere sicuri che gli sperimentatori in luoghi diversi giungano agli stessi risultati e dati statistici in modo da poter occuparci del1' evidenza probabilistica. Gli scienziati devono decidere quando accettare una prova particolare e quando considerarla con scetticismo. I bambini possono permettersi di esse-. re più generalmente creduli. Queste differenze fra bambini e scienziati sono reali. Tuttavia noi crediamo che essi condividano lo stesso meccanismo .cognitivo di fondo. Hanno programmi simili e si riprogrammano nello stesso modo. Formulano teorie, fanno e verificano predizioni, cercano spiegazioni, compiono esperimenti e modificano quel che sanno alla luce della nuova evidenza. Queste capacità sono centrali per il successo della scienza. Tutte le istituzioni sociali sarebbero inutili se gli scienziati individuali non potessero creare teorie e verificarle. Naturalmente ciò significa che tutti abbiamo queste ca201

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pacità di apprendimento, anche se non le usiamo nello stesso modo. Riteniamo che facciano parte della nostra dotazione evolutiva umana. Ci permettono di arrivare a capirela·verità sul mondo perché l'evoluzione le ha predisposte per questo fine. I nostri occhi sono stati progettati in maniera ingegnosa ed elaborata per permetterci di scoprire cos'è il mondo. Lo stesso vale per le nostre menti.

La spiegazione come orgasmo 20 Le persone hanno emozioni e motivazioni sconosciute ai computer: ecco un'ulteriore differenza fra i computer biologici e quelli costruiti dall'uomo, Nella nostra veste di archeologi stile Star Trek, possiamo anche indagare le emozioni e motivazioni dei computer biologici su questo pianeta. Possiamo persino formulare alcune ipotesi su come queste emozioni e motivazioni sono connesse alle capacità computazionali. Pensiamo che gli infanti possano addirittura avere in parte le stesse motivazioni ed emozioni che hanno gli scienziati. Probabilmente essere un bebè è come essere uno scienziato. Non solo egli può esplorare e spiegare il mondo; a quanto pare è spinto irresistibilmente a farlo, anche a costo di rompersi una gamba, un braccio, a costo della vita stessa o di scatenare la collera materna: Come altre pulsioni umane, la pulsione a ricercare una spiegazione si manifesta insieme a determinate emozioni: una insoddisfazione profondamente disturbante quando non si riesce a capire le cose e una caratteristica gioia quando vi si riesce. Possiamo vedere queste emozioni sui volti di infanti e di bambini piccoli. Arricciano le labbra e aggrottano la fronte quando li mettiamo di fronte a un problema riguardante la permanenza di un oggetto o una convinzione sbagliata21 , e poi sorridono in modo radioso, 202

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persino compiaciuto, quando riescono a dare la risposta giusta. (Un tempo reclutavamo molti dei nostri soggetti attraverso la Leche League, un gruppo che incoraggia l'allattamento al seno. Spesso, quando presentavamo a questi piccoli un problema davvero difficile, aggrottavano la fronte, si voltavano verso la madre per una rapida, consolante poppata e poi, rinvigoriti e rincuorati, tornavano a occuparsi del problema, il che può spiegare le sigarette e le caramelle offerte durante gli esperimenti che si tengono a sera inoltrata.) . Persino gli adulti indaffarati, assillati dalla moderna versione dei quattro fondamentali compiti evolutivi (farsi. aumentare lo stipendio, intimidire i propri nemici in ufficio, superare in astuzia quelli che non si riesce a intimidire e approfittare di ogni occasione per flirtare), sanno quale soddisfazione si provi a scoprire le cose. Il piacere che proviamo a leggere i romanzi di fantascienza è un surrogato del piacere che proviamo nel vedere come si possono risolvere i problemi e trovare una spiegazione alle stranezze. Nel nostro tempo libero ci poniamo diversi problemi, dal gioco degli scacchi fino alle parole crociate, e proviamo piacere a risolverli. Quando ne abbiamo I' occasione, giochiamo anche noi. Benché gli scienziati di professione possano essere in par. te spinti dall'avidità, dall'ambizione, dall'ansia, dalla voluttà e da altre pulsioni degli adulti (i quattro fondamentali compiti evolutivi funzionano in ogni laboratorio), anche la pulsione di ricercare una spiegazione ha un ruolo importante. Il fisico Steven Weinberg la mette in questo modo: «La natura sembra agire su di noi come una macchina per insegnare. Quando uno scienziato raggiunge una nuova comprensione della natura, sperimenta un intenso piacere. Queste esperienze, nel corso di lunghi periodi, ci hanno insegnato a giu203

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dicare quale tipo di teoria scientifica ci darà il piacere di comprendere la natura». 22 Gli scienziati della NASA che guidarono l'esplorazione delle sonde su Marte espressero il loro piacere dicendo che avevano l'impressione di sentirsi ancora bambini. Nessuno di loro disse che si sentiva còme se avesse appena avuto un aumento di stipendio. La spiegazione è per la cognizione quel che l'orgasmo è per la riproduzione: .un'esperienza intensamente piacevole che contraddistingue l'appagamento di una pulsione naturale. Come si espresse il filosofo Hobbes nel XVII secolo: «C'è una voluttà della mente che, perdurando il piacere dato dalla continua, infaticabile generazione della conoscenza, supera di gran lungo la breve veemenza del piacere carnale»23 (forse è leggermente esagerato). Noi crediamo che queste emozioni cognitive distintamente umane - l'agonia del disorientamento e l'estasi della spiegazione - attestino il funzionamento del sistema cognitivo naturale che ci mette in grado di imparare quando siamo molto piccoli. Potremo avere l'impressione di inventare teorie del mondo perché abbiamo bisogno di spiegazioni, così come abbiamo l'impressione di avere rapporti sessuali perché abbiamo bisogno di un orgasmo. Ma, dal punto di vista evolutivo, il rapporto è inverso. L'orgasmo garantisce che noi continuiamo a cercare di avere rapporti sessuali, e la gioia che proviamo nel trovare una spiegazione garantisce che continueremo a cercare di costruire teorie del mondo migliori, più corrispondenti alla verità. Capire il mondo, come avere rapporti sessuali, ci dà un vantaggio evolutivo a lungo termine. Pulsioni ed emozioni trasformano quei vantaggi evolutivi a lungo termine in motivazioni a breve termine. Tutti noi di tanto in tanto proviamo la spinta irresistibile di queste emozioni cognitive, gli scienziati per gran parte del tempo, mentre i 204

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neonati, che hanno tanto da imparare, ne sono quasi sempre dominati. Studiare gli infanti ci fa capire che i computer biologici di questo pianeta differiscono dai èomputer fabbricati dall'uomo anche sotto questo aspetto: non si limitano a fare computazioni, ad apprendere, ragionare e conoscere, ma provano un impulso irresistibile a fare tutte queste cose e sono predisposti in modo da trarne intenso piacere.

Gli altri Vi è un'ulteriore differenza fra i computer costruiti dall'uomo e quelli biologici: questi ultimi esercitano un influsso diretto sui propri programmi e su quelli altrui. Sono progettati in modo da funzionare come parte di una complessa rete sociale. Come ne è influenzato il nostro modo di apprendere? Quanto i bambini imparano sul mondo da soli, e quanto attraverso l'insegnamento degli altri? I genitori, fra i quali includiamo senz'altro gli autori di questo libro, tendono a oscillare fra una certezza maniacale, megalomaniaca che tutto dipenda da loro e un senso depressivo, opprimente di impotenza. La psicologia dell'età evolutiva ha avuto lo stesso tipo di oscillazioni. Alcune teorie tengono in poco conto l'influenza degli altri, come è ovviamente il caso della teoria del bruco che si trasforma in farfalla. Se gran parte di quel che sappiamo è il risultato di un progetto genetico, allora non resta molto spazio per l'influenza esercitata da genitori e altri. Anche la teoria di Piaget tendenzialmente dava poca importanza all'influenza degli altri. Nella sua ansia di mettere in rilievo il ruolo del bambino nello sviluppo, Piaget mise in secondo piano il ruolo degli adulti. 205

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(Quando cominciò a dirigere il centro di Ginevra, cambiò il logotipo della scuola. Prima raffigurava un adulto che guidava un bambino: egli vi fece raffigurare un bambino che guidava un adulto.) Altre tradizioni invece, come il comportamentismo, tendevano ad attribuire un ruolo centrale ai genitori e agli altri che accudivano il bambino, i quali avevano la responsabilità di tutto quel che di giusto e sbagliato gli accadeva. 24 Forse queste concezioni preservano il loro fascino perché assolvono i bambini divenuti adulti da ogni responsabilità (possono sempre prendersela con la mamma) e inoltre trasmettono ai genitori adulti un senso di potere.

Natura come cultura Tutte queste teorie e discussioni presuppongono che vi sia una profonda separazione fra una parte «naturale» della conoscenza, determinata biologicamente, proveniente dai nostri geni e una parte «culturale», determinata socialmente, che proviene dai genitori. Le recenti ricerche evolutive demoliscono questa distinzione. A quanto pare, le interazioni fra bambini e adulti sono naturali e radicate profondamente, come tutto quel che ci riguarda. Consideriamo un fatto semplicissimo come quello che i bebè sorio così incredibilmente carini. È stato appurato che si tratta di un fatto biologico profondamente radicato, che coinvolge in egual misura noi e loro. In parte è semplicemente fisico. I tratti del volto di un bebè - la fronte larga, prominente, gli occhi grandi, la bocca e il mento piccoli- automaticamente suscitano .reazioni positive negli adulti ed evocano amore non solo nelle madri (le quali, dopotutto, sono famose per amare facce che soltanto una madre potrebbe amare), ma quasi in tutti. 25 Si può inventare quel che i biologi chiamano uno 206

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«stimolo supernormale»: una faccia irreale in cui tutte queste caratteristiche sono esagerate, e le reazioni della gente saranno ancor più positive: penserà che sia un volto «supercarmo». Hollywood sfrutta inconsciamente questo fatto. L'extraterrestre E.T., malgrado il suo aspetto superficialmente bizzarro e alieno, è in realtà uno «stimolo supernormale», con una versio.ne esagerata dei tratti infantili, come gli Ewok di Guerre stellari. Questa corrispondenza fra l'aspetto dei bambini e quel che suscita tenerezza negli adulti fa parte della nostra evoluzione, fa sì che gli adulti si preoccupino di fornire un ambiente in cui i piccoli possano crescere bene. L'effetto del visino di un bebè, però, non è solo fisico. Pensiamo all'imitazione. Abbiamo visto che persino bambini piccolissimi possono imitare le espressioni degli adulti. In E. T. sia Elliott, il bambino protagonista della storia, sia gli spettatori sono attratti dall'alieno appena vedono la sua faccia. Ma la vera unione avviene quando E.T. comincia a imitare le azioni di Elliott. Quell'interazione rivela a Elliott e a noi che E.T. è una creatura dotata di una mente, una creatura che in un certo senso è come noi. Vedere un bebè che vi imita ha un effetto analogo. Improvvisamente siete in sintonia, agganciati, in contatto. Questo piccolo strano essere comincia ad avere un senso. Ma l'imitazione non è un gioco che si possa fare da soli. Bisogna essere in due: Ai piccoli il gioco dell'imitazione reciproca piace tanto quanto agli adulti. 26 Non solo i bebè imitano gli adulti, ma anche gli adulti imitano del tutto inconsciamente i bebè. Le mamme aprono la bocca quando infilano il cucchiaio nella bocca dei loro piccoli. Inoltre Andy scoprì che essi capiscono quando gli adulti li imitano e gli piace molto. Fu una vec207

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chia trovata dei fratelli Marx - Chico sta di fianco a una porta lucida come uno specchio e imita tutte le azioni di Groucho - a dargli l'ispirazione. Andy fece l'esperimento con un adulto che fu «accoppiato» a un bebè nel ruolo di specchio umano. Faceva tutto quel che faceva il piccolo. Quando lui batteva la manina sul tavolo, anche I' adulto lo faceva; quando lui alzava il braccio, I' adulto faceva altrettanto. A un altro adulto fu detto di fare ogni volta qualcosa di diverso: quando il piccolo alzava la mano, l'adulto batteva la sua sul tavolo e così via. I bambini di un anno preferivano quasi tutti guardare I' adulto che li imitava. Inoltre si comportavano in maniera tale da metterlo alla prova, proprio çome Groucho. Facevano qualche azione inaspettata proprio per vedere come reagiva l'adulto. Come la tenerezza che suscita I' aspetto fisico del bebè, anche l'imitazione reciproca fra adulti e bambini sembra essere stata progettata biologicamente. Ma c'è una differenza interessante fra questi due fenomeni. La preferenza biologica per le facce degli infanti sembra essere instillata dalla natura; è una sorta di istinto e, naturalmente, le faccine dei bebè sono anch'esse determinate dai loro geni. Attraverso I'imitazione, invece, i bambini adottano nuovi comportamenti, che non sono geneticamente determinati e, in effetti, arrivano a comportarsi come gli adulti intorno a loro. L'imitazione è il motore della cultura. Imitando quel che fanno gli adulti intorno a loro, i bambini piccoli imparano come ci si comporta nel loro particolare mondo sociale: la loro particolare famiglia o comunità o cultura. Possono tirare I' arco o vestire la bambola o persino imparare qualche bizzarro rituale culturale come quello di passarsi tutte le mattine fra i capelli un aggeggio di plastica fornito di denti e strofinarsi ogni sera i denti con uno spazzolino duro. 27 208

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Infanti e bambini piccoli possono, inoltre, usare l'imitazione per apprendere importanti cose nuove su come funziona il mondo fisico. Nel secondo capitolo abbiamo descritto come i bambini di un anno che v, Annals o/Neurology, 1996, 40, pp. 31-38. Dunn, J. e R. Plomin, Separate lives: Why siblings are so dif/erent, New York, Basic Books, 1990. Eales, L.A., «Song learning in zebra finches: Some effects of song model availability on what is learnt and when», Animai Behavior, 1985, 37, pp. 507-8. Edelman, G.M., Bright air, brilliant /ire: On the mattero/ the mind, New York, Basic Books, 1992. (Trad. it. Sulla materia della mente, Milano, Adelphi, 1995). Eden, G.F. e T.A. Zeffiro, «Neural systems affected in developmental dyslexia revealed by functional neuroimaging», Neuron, 1998, 21, pp. 279-82. 287

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