Storia del popolo giudaico al tempo di Gesù Cristo (175 a.C. - 135 d.C.) [Vol. 2]

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Storia del popolo giudaico al tempo di Gesù Cristo (175 a.C. - 135 d.C.) [Vol. 2]

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Emil Schiirer

STORIA DEL POPOLO GIUDAICO A L TEMPO DI GESÙ CRISTO (175 a.C.-135 d.C.) Edizione diretta e riveduta da Geza Vermes, Fergus Millar,

Matthew Black

con la collaborazione di Pamela Vermes Edizione italiana a cura di Bruno Chiesa

volume secondo

Titolo originale dell'opera: Emi) Schiirer

The History of the ]ewish People in the Age of ]esus Christ (175 B.C. - A.D. IJJ), vol. n A new English version revised and edited by Geza Vermes, Fergus Millar, Matthew Black Literary Editor: Pamela V ermes Organizing Editor: Matthew Black

Traduzione italiana di Vincenzo Gatti Revisione di Bruno Chiesa ©T. & T. Oark, Edinburgh 1979 © Paideia Editrice, Brescia 1987

ISBN 88.394.0397·3

Prefazione

I principi fondamentali che sottostanno alla revisione della Ge­ schichte des jiidischen Volkes im Zeitalter Jesu Christi sono e­ sposti nella prefazione al vol. I, dove si chiarisce anche che l'in­ tenzione dei redattori è di offrire agli studiosi di oggi un compen­ dio aggiornato che serva da base per la ricerca storica. Nel perse­ guire questo compito, essi si sono sentiti liberi, anzi in dovere, già nel vol. I, di introdurre la nuova documentazione, di cui lo Schiirer non poteva disporre, e di sostituire quelle sue interpre­ tazioni e opinioni che appaiono insostenibili alla luce delle cono­ scenze attuali. Ambedue questi processi di modernizzazione sono ancor più accentuati nel vol. II. Le sezioni 2 2 (lingue), 2 3,! (città elleni­ stiche), 24 (sacerdozio e culto), 27,II (sinagoga), 29 (messia­ nismo), e specialmente 30 (gli Esseni, con nuove appendici sui Terapeuti e gli Zeloti), includono apporti sostanziali di materia­ le fornito dalle scoperte archeologiche e dai ritrovamenti di ma­ noscritti degli ultimi settant'anni (le bibliografie intendono ab­ bracciare le principali pubblicazioni fino all'estate del I977 ) . Inoltre, nell'ambito dei giudizi di valore, i redattori si sono sfor­ zati di sfrondare il noto cap. 28, Das Leben unter dem Gesetz­ qui col titolo «La vita e la legge>>-, e la sezione sui Farisei ( § 26, l), dai pregiudizi dogmatici della teologia del sec. XIX. Un ri­ dotto numero di recensori del vol. I ha espresso dubbi sulla legit­ timità di tale approccio, ma, come ben sa la maggior parte dei critici, è questo un modo di procedere normale, di fatto l'unico metodo praticabile, nella revisione di manuali in cui i redattori svolgono il ruolo di co-autori. Coloro che sono interessati in pri­ mo luogo alla storia della ricerca scientifica possono ancora legge­ re le edizioni originali tedesche. Un ringraziamento speciale è dovuto al Dr. Philip Alexander

8

PREFAZIONE

(Manchester University) per la revisione del § 2J,Il; al Dr. Ro­ bert Hayward (Lancaster University) per la composi:r:ione del­ l'Appendice B al § 30; e a Mr. David Deboys (Wolfson College, Oxford) per la compilazione dell'elenco delle abbreviazioni e per il suo considerevole aiuto nella rilettura delle bozze. I redat­ tori intendono esprimere la loro gratitudine anche agli editori per il loro aiuto, la loro comprensione e pazienza. Un indice dell'intera opera apparirà nel vol. III/ 2 .

Traduttori e revisori*

T.A. Burkill, formerly Professor and Head of the Department of Theol­ ogy, University of Rhodesia, Salisbury, Rhodesia (§ 23,1). C.H. Cave, Lecturer in Theology, University of Exeter (§§ 26-29). Malcolm C. Doubles, Professor of New Testament, St. Andrews Presby­ terian College, Laurinbourg, North Carolina, USA (§§ 24-25). L. Calista Olds, Professor of Religious Studies, Deliance College, Deliance, Ohio, USA (§ 30). George Ogg, D.D. (r89o-1973l (§ 22). Pau! Winter, D. Phil. (1904-I969) (§ 23,II-Iv). • I numeri posti tra parentesi dopo i nomi dei traduttori e revisori indicano le sezioni

per le quali questi hanno fornito la prima stesura.

Avvertenza all'edizione italiana

Come già per il volume 1, anche per questa seconda parte del nuovo Schii­ rer si è ritenuto opportuno rivedere la bozza della traduzione italiana del testo inglese sull'originale tedesco (Leipzig 1907 = Hildesheim - New York 21970). Questa operazione, per quanto tediosa, ha permesso da un lato di verificare l'esatta portata del processo di revisione dell'opera con­ dotto dai curatori inglesi (sulle cui giustificazioni non è certo qui il caso di soffermarsi), dall'altro di rimediare- duole dirlo- alle centinaia di sviste, magari piccole ma nell'insieme fastidiosissime, di cui abbonda l'edizione inglese (di rado- è vero- nella comprensione dell'originale tedesco, ma troppo spesso nelle citazioni testuali greche e latine, nei rinvii e nelle inte­ grazioni bibliografiche, segnatamente nell'indicazione del nome proprio di autori ottocenteschi. citati dallo Schiirer con il solo cognome). Se il let­ tore rammenta che l'edizione inglese è nata da un ventennio di operosità di più autori di chiara fama, saprà bene essere indulgente per le inesattezze che ancora dovesse riscontrare, pur dopo quest'ulteriore lavoro di ripulì­ tura condotto con ben più modesti mezzi (ma col conforto è doveroso aggiungere - dell'aiuto sempre prezioso offerto in più occasioni da vari colleghi, e in modo tutto particolare dalla Dott.ssa Laura Boffo del Dipar­ timento di Scienze dell'Antichità dell'Università di Pavia). Bruno Chiesa -

Indice del volume secondo

7 9

10

15

Prefazione Traduttori e revisori Avvertenza all'edizione italiana Abbreviazioni e sigle

PARTE SECONDA La situazione interna 23 23 55 55 8I II4

§ 22. L'ambiente culturale

II9 II9 I34 135 I4I I 42 146 I47 149 153 154 158 r6o 168 172 174 178 z8o r8I I83 185

§ 23. Istituzioni politiche. Sinedrio. Sommo sacerdozio

I. Popolazione e linguaggio II. La diffusione dell'ellenismo 1. L'ellenismo nelle regioni non giudaiche 2. L'ellenismo nelle regioni giudaiche 111. La posizione del giudaismo nei confronti del paganesi.mo I. Le città ellenistiche r. Rafia 2.Gaza 3· Antedone 4 · Ascalona 5. Azoto 6. Jamnia 7. }oppe 8. Apollonia 9. Torre di Stratone zo. Dora II. Tolemaide 12. Damasco 13. Hippos 14. Gadara 15. Abita 16. Rafana 17. Canata? r8. Canatha 19. Scitopoli

I

2

1 89 192 193 200 206 2II 212 214 215 216 219 220 224 227 233 250 2 52 262 2 72 278 28 r 283

IND ICE DEL VOLUME SECONDO 2o. Pella 2 1 . Dium 22. Gerasa 2 3 . Filadelfia 24. Samaria = Sebaste 2 5 . Gaba 26. Esbon o Heshbon 27. Antipatride 2 8 . Fasaelide 29. Cesarea Panias 30. ? Iulias (Betsaida) 31. Sepphoris 32. Iulias o Livias 33· Tiberiade II. La regione giudaica III. Il grande sinedrio di Gerusalemme 1. Storia del sinedrio 2. La composizione del sinedrio 3. Le competenze del sinedrio 4. Tempo e luogo delle sessioni 5. Procedura giudiziaria IV. I sommi sacerdoti

295 297 3I 8 339 358 378

S 24. Il sacerdozio e il culto del tempio

384 384 393 4II 4I3 422 433

§ 2 5 . Lo studio della Torà

462 470 487

S 26. Farisei e Sadducei

50 I 50 3 509 5 I4

S 27. Scuola e sinagoga

I. Il sacerdozio come classe Gli emolumenti dei sacerdoti III. Le cariche sacerdotali IV. Il culto quotidiano APPENDICE. La partecipazione dei pagani al culto di Gerusalemme n.

r. La canonicità della Scrittura II. Gli studiosi della Torà e la loro attività in generale III. Halakhah e Haggadah 1 . Halakhah 2. Haggadah IV. I più grandi studiosi della Torà

I. I Farisei II. I Sadducei

I. La scuola II. La sinagoga I . Organizzazione della comunità

INDICE DEL VOLUME SECONDO 522 .528 537 546

2. Funzionari 3. Gli edifici 4· Il culto

APPENDICE. Lo Shema' e le Shemoneh 'Efreh

555 555 559 567 57I 5 78

§ 28. La vita e la legge I. Osservazioni generali

582 588 594 6I 3 6I3 6I5 6I6 6z6 627 63I 632 633 64I 643 649 6.54 657

§ 29. Il messianismo

663 67I 67 I 677 682 686 6 86 692 696 699 705 705 708 711 714

13

II. L'osservanza del sabato III. Le leggi di purità IV. Il ritualismo

v. I mutamenti sociali e la legge

1. Rapporto con la più antica speranza messianica II. Panoramica storica III. Presentazione sistematica I. La prova e la tribolazione finali 2. Elia come precursore 3.La venuta delMessia 4· L'ultimo assalto delle potenze ostili 5 . La distruzione delle potenze ostili 6. Il rinnovamento di Gerusalemme 7.La riunione dei dispersi 8. Il regno di gloria nella terra santa 9· Il rinnovamento del mondo Io.Risurrezione generale II. Il giudizio finale. Beatitudine e dannazione eterne APPENDICE A. Il Messia sofferente APPENDICE B. I Messia e il messianismo di Qumran

§ 30.Gli Esseni I.

Gli Esseni secondo Filone, Giuseppe e Plinio I.Organizzazione della comunità 2. Etica, usi e costumi 3· Il pensiero religioso II. La comunità di Qumran secondo i rotoli del Mar Morto I. L'organizzazione della comunità di Qumran 2. Dottrina e cerimonie religiose 3· La comunità di Qumran e gli Esseni III. L'origine e la storia degli Esseni

APPENDICE A. l Terapeuti I. La notizia di Filone II. Terapeuti. Esseni. Qumran 111.

Il rapporto tra Terapeuti ed Esseni

APPENDICE B. La quarta filosofia: Sicarii e Zeloti

Abbreviazioni e sigle

AAAS AAB AAG AAM AASOR AAW ADA] AE AIPhHOS A]A A]Ph AJSL ALUOS AnglThR ARAST Arch. f. Pap. ARW ASOR Newsletter ASTI RA BASOR BCH BE IIGU Ribl. BIES IIJPES

BJRL

BMC Arabia

Annaies Archéologiques Arabes Syriennes Abhandlungen der Deutschen (Preussischen) Akademie der Wissenschaften zu Berlin Abhandlungen der Akademie der Wissenschaften in GOt­ tingen Abhandlungen der Bayerischen Akademie der Wissen­ schaften, Miinchen Annuai of the American Schools of Orientai Research Abhandlungen der Ùsterreichischen Ak. d. Wiss., Wien Annuai of the Department of Antiquities of Jordan Année Épigraphique Annuaire de l'Institut de Philologie et d'Histoire Orienta­ les et Slaves American Journal of Archaeology American Journai of Philology American Journai of Semitic Languages and Literatures Annua! of the Leeds University Orientai Society Anglican Theological Review Atti della Reale Accademia delle Scienze di Torino Archiv fiir Papyrologie Archiv fiir Religionswissenschaft American Schools of Orientai Research Newsletter Annua! of the Swedish Theologicai Institute Biblica! Archaeologist Bulletin of the American Schools of Orientai Research Bulletin de Correspondance Hellénique Bulletin Épigraphique, in REG Aegyptische Urkunden aus den Staatlichen Museen zu Ber­ lin, Griechische Urkunden Biblica Bulletin of the Israel Exploration Society Bulletin of the Jewish Paiestine Exploration Society Bulletin of the John Rylands Library G.F. Hill, Catalogue of the Greek Coins of Arabia, Meso­

potamia and Persia in the British Museum (1922)

ABBREVIAZIONI E SIGLE

16

BMC Palestine BMC Phoenicia BMC Roman Republic BMC Syria BSOAS BWAT BZ BZAW CAH CBQ CCL CERP CHB CIG CI J CIL CIRB CIS CPh CPJ CRAI CSEL

CSHB

DB Supp. DJD DSS DSSE DThC EAEHL

EB EE E] Enc. Jud. EThL ET ETR EvTh FGrH

G.F. Hill, Catalogue of the Greek Coins of Palestine in the British Museum ( I 9 1 4) G.F. Hill, Catalogue of the Greek Coins of Phoenicia in the British Museum ( I 9 IO) H.A. Grueber, Coins of the Roman Republic in the British Museum 1-m (I 9 I O ) W . Wroth, Catalogue of the Greek Coins of Galatia, Cap­ padocia, and Syria in tbe British Museum ( I 899) Bulletin of the School of Orientai and African Studies Beitrage zur Wissenschaft vom Alten Testament Biblische Zeitschrift Zeitschrift fiir die alttestamentliche Wissenschaft, Beihefte

Cambridge Ancient History

Catholic Biblica! Quarterly

Corpus Christianorum, series Latina A.H.M. Jones, Cities of the Eastern Roman Provinces ( ' I 97 I )

Cambridge History of the Bible Corpus Inscriptionum Graecarum J.·B. Frey, Corpus Inscriptionum Iudaicarum Corpus Inscriptionum Latinarum l. Struve, Corpus Inscriptionum Regni Bosporani Corpus Inscriptionum Semiticarum

Classica! Philology V. Tcherikover, A. Fuks, M. Stem, Corpus Papyrorum Ju­

daicarum I-III

Comptes-rendus de l'Académie des lnscriptions et Belles· Lettres

Corpus Scriptorum Ecclesiasticorum Latinorum Corpus Scriptorum Historiae By;;antinae Supplément au Dictionnaire de la Bible Discoveries in the Judaean Desert G. Vermes, The Dead Sea Scrolls: Qumran in Perspective G. Vermes, The Dead Sea Scrolls in English (>I975) Dictionnaire de Théologie Catholique Encyclopaedia of Archaeological Excavations in the Holy Land Encyclopaedia Biblica Ephemeris Epigraphica

Encyclopaedia Judaica (A·L) Encyclopaedia Judaica ( I 971)

Ephemerides Theologicae Lovanienses Expository Times Études théologiques et religieuses Evangelische Theologie F. Jacoby, Die Fragmente der griechischen Historiker

ABBREVIAZIONI E SIGLE FHG FIRA• GCS GGM GLAJJ GLNT GMVO GRM HDB HERE HN• HSCPh HThR HUCA IB ICC IDB IDBS IEJ IG IGLS IGR IGUR ILS INB INJ IOSPE JA TAC )AOS )BL JBR JE JEA JHS J.JS JNES ·roAI JPFC JPOS

17

C. Miiller, Fragmenta Historicorum Graecorum S. Riccobono, Fontes Iuris Romani Anteiustiniani

Die Griechischen Christlichen Schriftsteller der ersten drei Jahrhunderte Geographi Graeci Minores M. Stern, Greek and Latin Authors on Jews and Judaism Grande Lessico del Nuovo Testamento H.W. Haussig, Gotter und Mythen im Vorderen Orient 1 (1965) W.H. Roscher, Ausfuhrliches Lexikon der griechischen und romischen Mythologie ( 1 884-1937) Hastings' Dictionary of the Bible Hastings' Encyclopaedia of Religion and Ethics B.V. Head, Historia Numorum• (1911) Harvard Studies in Classica! Philology Harvard Theological Review Hebrew Union College Annua!

The Interpreter's Bible International Critica! Commentary The Interpreter's Dictionary of the Bible The Interpreter's Dictionary of the Bible. Supplementary Volume Israel Exploration Journal

Inscriptiones Graecae Inscriptions grecques et latines de la Syrie R. Cagna t et alli, Inscriptiones Graecae ad Res Rornanas Pertinentes I, III, IV L. Moretti, Inscriptiones Graecae Urbis Romae H. Dessau, Inscriptiones Latinae Selectae lsrael Numismatic Bulletin Israel Numismatic Journal l. Latyschev, Inscriptiones Antiquae Orae Septentrionalis

Ponti Euxini Graecae et Latinae

Joumal Asiatique Jahrbuch fii r Antike und Christentum Journal of the American Orientai Society Journal of Biblica! Literature Journal of Bible and Religion

The ]ewish Encyclopaedia

Journal of Egyptian Archaeology Journal of Hellenic Studies Journal of Jewish Studies Journal of Near Eastern Studies Jahreshefte des Osterreichischen Archaol. Instituts S. Safrai - M. Stem, Tbe Jewish People in the First Century Journal of the Palestine Orientai Society

r8 JQR JR JRS JSJ JSS JThSt JZWL KAI LThK

MAMA MDPV MGWJ

MRR MUSJ NAWG NC NGG(W) NKZ NNM NT NTSt NZST OAW

OGIS

OLZ OTS OuTW PAAJR PBJS PBSR PEFA PEFQSt PEQ PG PL PIR' PIR• PJB PSI

ABBREVIAZIONI E SIGLE Jewish Quarterly Review Journal of Religion Journal of Roman Studies Joumal for the Study of Judaism in the Persian, Hellenis­ tic and Roman Periods Journal of Semitic Studies Journal of Theological Studies Jiidische Zeitschrift fiir Wissenschaft und Leben H. Donner- W. Rollig, Kanaaniiiscbe und aramiiiscbe In­

scbriften ('r966-r969) Lexicon fur Tbeologie und Kirche Monumento Asiae Minoris Antiqua

Mitteilungen und Nachrichten des Deutschen Palastina­ Vereins Monatsschrift fiir Geschichte und Wissenschaft des Juden­ tums T.R.S. Broughton, Magistrates of tbe Roman Republic 1-11 Mélanges de l'Université St. Joseph Nachrichten d. Akademie d. Wissenschaften in Gottingen Numismatic Chronicle Nachrichten der Gottinger Gesellschaft d. Wissenschaften Neue Kirchliche Zeitschrift Numismatic Notes and Monographs of the American Nu­ mismatic Society Novum Testamentum New Testament Studies Neue Zeitschrift fiir systematische Theologie Osterreichische Akademie der Wissenschaften W. Dittenberger, Orientis Graeci lnscriptiones Selectae 1-11

Orientalistische Literaturzeitung Oudtestamentische Studien De Oud Testamentiese Werkgemeenskap in Suid-Africa Proceedings of the American Academy for Jewish Re­ search G. Vermes, Post-Biblical Jewish Studies (1975 ) Papers of the British School at Rome Palestine Exploration Fund Annua! Palestine Exploration Fund Quarterly Statement Palestine Exploration Quarterly J.-P. Migne, Patrum Graecorum Cursus Completus J.-P. Migne, Patrum Latinorum Cursus Completus

Prosopograpbia Imperii Romani' Prosopographia Imperii Romani' Palastinajahrbuch Papiri della Società Italiana

ABBREVIAZIONI E SIGLE

19

QDAP RA RAC RB RE

Quarterly of the Department of Antiquities in Palestine Revue d'assyriologie et d'archéologie orientale

REG RE] RES Rev.arch. RGG RhM RHPR RHR RIB RN RQ RSR RThom. SAB

Revue des Études Grecques Revue des Études Juives Répertoire d'épigraphie sémitique 1-vn Revue archéologique

SAH SAM SAW SB SBFLA Scrip.Hier. SEG SEHHW SHA SIG3 ST SThU Strack Str.-B. TAPhA TDNT ThLZ ThStKr ThT

Reallexikon fur Antike und Christentum

Revue Biblique Pauly-Wissowa, Realencyclopiidie der classischen Alter­

tumswissenschaft

Die Religion in Geschichte und Gegenwart

Rheinisches Museum Revue d 'histoire et de philosophie religieuses Revue de l'Histoire des Religions

Roman Inscriptions of Britain

Revue Numismatique Revue de Qumran Recherches de Science Religieuse Revue Thorniste Sitzungsberichte der Deutschen Akadernie der Wissen­ schaften zu Berlin Sitzungsberichte der Heidelberger Akadernie der Wissen­ schaften Sitzungsberichte der Bayerischen Akadernie der Wissen­ schaften Sitzungsberichte der Osterreichischen Akademie der Wis­ senschaften in Wien F. Preisi�ke - F.Bilabel, Sammelbuch griechischer Urkun­

den aus Agypten, I-IX

Studii Biblici Franciscani Liber Annuus

Scripta Hierosolymitana

Supplementum Epigraphicum Graecum M. Rostovtzeff, Social and Economie History of the Hel­

lenistic World ( 1941)

Scriptores Historiae Augustae W. Dittenberger, Sylloge Inscriptionum Graecarum'

Studi e Testi

Schweizerische Theologische Umschau H.L.Strack, Introduction to Talmud and Midrash H.L. Strack- P. Billerbeck, Kommentar zum Neuen Testa­

meni aus Talmud und Midrasch

Transactions of the Arnerican Philological Association Theological Dictionary to the New Testament (cfr. GLNT) Theologische Literaturzeitung Theologische Studien und Kritiken Theologisch Tijdschrift

20 ThWNT ThZ TU VT YCS ZA ZAW ZDMG ZDPV ZNW ZPE Zunz ZWTh

ABBREVIAZIONI E SIGLE

Tbeologisches Worterbuch zum Neuen Testament

Theologische Zeitschrift

Texte und Untersuchungen

Vetus Testamentum Yale Classica! Studies Zeitschrift fiir Assyriologie Zeitschrift fiir elle alttestamentliche Wissenschaft Zeitschrift der Deutschen Morgenliindischen Gesellschaft Zeitschrift des Deutschen Paliistina-Vereins Zeitschrift fiir die neutestamentliche Wissenschaft Zeitschrift fiir Papyrologie und Epigraphlk L. Zunz, Die gottesdienstlichen Vortrage der Juden

(' 1892)

Zeitschrift fiir Wissenschaftliche Theologie

Abbreviazioni per i papiri Catalogue général des antiquités égyptiennes du Musée du Caire P.Cairo Zenon Zenon Papyri I-V, ed. C.C. Edgar ( 192 5 -1 940)

PCZ(en)

o P.Zenon P. Col. Zenon Zenon Papyri: Business Papers of the Third Century B.C. dealing with Palestine and Egypt 1, ed. W.L.Westermann and E.S.Hasenoehrl (1934); 11, ed. W.L. Westermann, C. W.Keyes and H. Liebesny (1940) Excavations at Nessana m: Non-literary Papyri ed. C.J. P.Nessana Kraemer (19 5 8) P. Ryl. Catalogue of the Greek Papyri in the J. Rylands Library, Manchester I-Iv (19II-19 5 2) Greek Papyri, Catalogue général des antiquités égyptien­ P. Cairo P.Lond. P. Oxy. PSI

nes du Musée du Caire x ( 1903) Greek Papyri in the British Museum I-VII ( 1 893-1 974) Tbe Oxyrhynchus Papyri ( 1898-) Papiri della Società Italiana

Parte seconda La situazione interna

§ 22. L'ambiente culturale

I. POPOLAZIONE E LINGUAGGIO Nel periodo greco e romano, come nei secoli precedenti, la po­ polazione giudaica della Palestina variò considerevolmente, sia per numero sia per diffusione geografica. Dall'inizio dell'età el­ lenistica fino al tempo della rivolta maccabaica, l 'elemento giu­ daico subl una graduale diminuzione, mentre andava aumentan­ do l'elemento greco. Un mutamento significativo, tuttavia, si eb­ be per effetto della rivolta maccabaica e per i suoi contraccolpi: il giudaismo acquistò terreno in intensità ed estensione, consoli­ dandosi all'interno e ampliando i propri confini praticamente in ogni direzione.' All'inizio del periodo maccabaico, una popolazione giudaica compatta esisteva solo nella Giudea vera e propria, vale a dire nella regione a sud della Samaria, denominata in 1 Mach. 'IouO!l o yij 'IouO!l o 'IovO!lL!l! L'area occupata dai Giudei può essere r. Cfr. G.Holscher, Paliistina in der persischen und hellenistischen Zeit (1903); A. Schlatter, Geschichte Israels von Alexander der Grosse bis Hadrian (31925); F .-M . Abel, Géographie de la Palestine n: Géographie politique, les villes ('1938); V. Tche­ rikover, Hellenistic Civilization and tbe ]ews (1959); E. Bickerman, From Ezra to the last of the Maccabees (r962). Cfr. anche S.K. Eddy, The King is Dead, Studies in Near Eastern Resistance lo Hellenism 334 B.C. - JI B.C. (1961 ), specialmente pp. 183 ss.; M. Avi-Yonah, Tbe Holy Land from tbe Persian to the Arab Conquests (536 B.C. lo A.D. 640) : A historical geography (1966); Idem, 'Palestina', in RE Suppl. Xlii (1973), coli. 32I-454; C. Schneider, Kulturgeschichte des Hellenismus 1 (1967), pp. 864 ss. Per l'ambientamento, cfr. l'opera fondamentale di M. Hengel, ]udentum und Hellenis­

mus: Studien zu ihrer Begegnung unter besonderer Beriicksichtigung Paliistinas bis zur Mille des 2. ]h. v. Chr. (1969; '1973); trad. ingl.]udaism and Hellenism 1-11, 1974. Cfr. F. Millar, 'The Background to the Maccabean Revolution: ReBection s on M. Hengel's «Judaism and Hellenism>>', J]S 29 (1978), pp. r-2r. 2. Il nome 'Iov6aU% è attestato dall'inizio del periodo ellenistico: Clearco in los., c. Ap. 1,22 (179) GLAJ], n. r:;: 1tpocrayoptuE-rat. yà.p Sv xa-ro�xovcn. -r61tov 'Iouòa!a; Ecateo di Abdera in Diod. 40,3 = Jacoby, FGrH 264 F6 (2) = GLAJ], n. II: tlç -ri)v xaÀ.oUJ..LÉVIJV 'Iovòa!av; Manetone in l o s., c. Ap. 1,14 (90) = FGrH 6o9 F8 (90) =

24

§ 22. L 'AMBIENTE CULTURALE

determinata con buona approssimazione per gli anni I 75-I35 a.C. I distretti più settentrionali , che avevano un legame cultua­ le con Gerusalemme (nei quali, cioè, la popolazione non era sa­ maritana, ma giudaica), erano i "VO!J.OL di Lidda, Ramataim ed E­ fraim. Politicamente, essi avevano fatto parte, fino al I45 a.C., della provincia di Samaria, ma erano poi stati ceduti da Deme­ trio n al sommo sacerdote Gionata perché, com'è detto chiara­ mente, la popolazione di colà «andava a sacrificare a Gerusalem­ me» (I Macb. I I ,34 ) . Da allora in poi, tali distretti furono sem­ pre considerati parte della Giudea.3 A est, i Giudei si estendevano senza dubbio fino al Giordano. Gerico è menzionata tra le città che 'in Giudea' Bacchide fortifi­ cò e presidiò con truppe pagane, per tenere sotto controllo la popolazione giudaica (I Mach. 9,50-52). A sud, Beth-Zur costituiva l 'estremo avamposto del giudai­ smo. Giuda vi stabili una guarnigione giudaica per difendere la popolazione dall'Idumea (r Mach. 4,6I; cfr. 6,7.26 ) . Dopo po­ chi anni, tuttavia, questa guarnigione fu costretta ad arrendersi al re siriano e fu rimpiazzata da forze militari pagane ( I Mach. 6 ,3 1 .49-50; 9,52) . Ma Simone Maccabeo riconquistò la città (r Mach. r r,65-66 ) . A sud di Beth-Zur, lungo la linea che va da He­ bron a Marisa (cosi è da leggersi in I Mach. 5,66, in luogo di 'Sa­ maria'), vivevano i pagani, «figli di Esaù» , ripetutamente puniti da Giuda per il cattivo trattamento riservato ai Giudei che vive­ vano sparsi in mezzo a loro ( I Mach. 5 ,2-3.65-67).4 = GLAJJ, n. 19: lv -tfi vuv 'Iou6ct(Q' xctÀOUJ.LÉV'[]. Per la serie di monete del tardo periodo persiano e del primo periodo ellenistico, che come nome ufficiale dell'area re· cano ihd (J'hud), oppure ihdh (J•hudah), dr. voLI, p. 723; A. Kindler, 'Silver Coins Bearing the Name of Judea from the Early Hellenistic Period', IEJ 24 (1974), pp. 73· 76, e D. Jeselsohn, ibid., pp. 77-78. 3· Sulla loro ubicazione, dr. vol. 1, p. 243; dr. anche 1, pp. 19' s. 4· Secondo alcune fonti, gli insediamenti giudaici posteriori all'esilio di Babilonia si sarebbero estesi molto più a sud di Beth-Zur, e cioè fino a Beer-Sheba (Neem. n,2530). Si noti che gli ostraca aramaici del periodo persiano di quella zona inducono a ri­ tenere che la popolazione comprendesse Giudei e Aramei, nonché Edomiti e Arabi; cfr. Y. Abaroni (ed.), Beer.Sheba 1 ( 1973), pp. 79-82. La Giudea meridionale era OCCU· pata dagli Edomiti già al tempo di Ezechiele, subito dopo la conquista di Gerusalem­ me ad opera di Nabucodonosor (Ezech . 35,10-1'; 36,5). Come appare dalla storia suc­ cessiva, vi rimasero da allora in poi, lasciando la loro antica dimora, posta più a sud nelle vicinanze di Sela ( = Petra), ai Nabatei, che si trovano in quella zona a partire dalla fine del sec. IV a.C. (dr. vol. l, Appendice 2). Sulla storia degli Edomiti, dr.

I.

POPOLAZIONE E LINGUAGGIO

2.5

A ovest, le città costiere che con i loro ampi territori si esten­ devano profondamente nell'entroterra, erano completamente pa­ gane. La maggior parte di loro, Rafia, Gaza, Antedone, Ascalona, Ashdod, rimasero sempre tali. Il confine estremo del giudaismo verso nord-ovest era costituito da Lidda, come s'è già accennato ( I Mach. I I ,34). Nelle sue vicinanze si trovava Adida, fortificata da Simone Maccabeo ( I Mach. I 2,38) . A sud di Adida c'era Em­ maus, la città giudaica più occidentale (I Mach. 9,50). Persino Gazara, infatti, a ovest di Emmaus e a breve distanza da questo centro, a quel tempo era ancora pagana. Ma fu proprio verso ovest che il giudaismo avanzò fin dal periodo maccabaico. Un le­ game con la costa era di importanza fondamentale per la prospe­ rità economica. E tale legame fu cercato e realizzato in modo ta­ le, che anche la popolazione fu giudaizzata. Se anche Ekron sia stata trattata allo stesso modo, quando Gionata la ricevette in dono da Alessandro Balas (I Mach. 10,88-89), non ci è dato sa­ pere. È certo, per altro, che le città di Joppe e Gazara, fino ad al­ lora pagane, furono convertite al giudaismo con la forza. Simone mise una guarnigione giudaica a Joppe (I Mach. 12,33-34) e su­ bito dopo ne cacciò gli abitanti pagani (I Mach. I 3, 1 1 ). Conqui­ stata Gazara dopo un difficile assedio, ne espulse gli abitanti, inDie lsraeliten und ihre Nachbarstiimme (19o6), pp. 328 ss.; F.-M. Abel, Géog. Pal. I (1933), pp. 281 ss.; N. Glueck, Tbe Other Side o/ Jordan (1940); DB Suppl., s.v. 'ldumée'; J.R. Bartlett, T be Rise and Fa/l of the Kingdom o/ Edom, PEQ (1972), pp. 26-37; CM. Bennett, s. v. 'Edom', in IDBS, pp. 251-252. Il territorio giudaico al tempo di Neemia non si estendeva, come si può vedere da Nehem. 3, molto più a sud di Beth-Zur. Di conseguenza, l'elenco di Nehem. II,25-30 o si riferisce al pe­ riodo preesilico (cosl ]. Wellhausen, Zur israelit. und ;ud. Geschichte [1894], p. 122; A. Schlatter, Zur Topographie und Geschichte Paliistinas [1893], p. 53), oppure è una invenzione del Cronista (cosl E. Meyer, Die Entstehung des Judenthums [ 1896], pp. I05-w8, II4 ss.; Holscher, op. cit., pp. 26 s.); dr. Y. Aharoni, T be und of the Bible E. Meyer,

(1967), pp. 355-356, secondo cui tale elenco implica il persistere di una qualche pre­ senza giudaica in queste zone. Nel periodo maccabaico, in ogni caso, solo una diaspo­ ra giudaica viveva al di là di Betb-Zur (cfr. I Mach. 5,2-3). La maggior parte della po­ polazione del luogo era edomita. Ciò è attestato non soltanto da I Mach. 4,61 e 5,6567, ma anche dalla storia di Giovanni !reano, che, per primo, conquistò e giudaizzò Adora e Marisa, fino ad allora città edomitiche, los., Ant. 13,9,1 (257); B.I. 1,2,6 (63). Adora si trova proprio poco più a sud di Beth-Zur, Marisa a ovest di Beth-Zur. Cfr. U. Kahrstedt, Syrische Territorien in hellenistischer Zeit (1926), spec. pp. 56 ss.; M. Avi-Yonnh, The Holy Land (1966), p. 37- Si noti che il nome 'ISouJ.LGt(Gt è attestato in un papiro di Zenone del 259-258 a.C., PCZ 59015, l. 42, che- come 59006 e 59537menziona anche Ma risa (vedi sotto).

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§ 22. L'AMBIENTE CULTURALE

sediandovi gente che osservava la Torà (r Mach. 1 3 ,43-48 : Xct.­ 't0XLO"EV ÉXEL rLVOpct.ç Oi:'tLVEç 'tÒV vép.OV 7tOLOUO"L).' Joppe è l'uni­ ca città della costa che sia stata formalmente giudaizzata. L'ele­ mento ebraico finì comunque col prevalere anche a Jamnia. Ciò non sembra essersi verificato prima del 1 3 5 a.C . ; i libri dei Mac­ cabei, di fatto, descrivono Jamnia come una città pagana (r Mach. 5,58; 2 Mach. 1 2 ,8 ss.4o) e nulla dicono di una sua occu­ pazione permanente da parte giudaica. Al tempo di Filone, inve­ ce, tra la popolazione di Jamnia prevaleva l 'elemento giudaico.6 Un'espansione notevole dell'elemento giudaico verso il sud fu resa possibile dalla vittoria sugli Idumei. Giovanni !reano conquistò le città di Adora e Marisa, sconfisse tutti gli Idumei e li costrinse ad accettare la circoncisione e la legge ebraica. Da al­ lora, gli Idumei furono Giudei e figurarono come tali persino du­ rante la guerra contro i Romani, nel 67/68 d.C.7 Al tempo della conquista da parte di Giovanni !reano, a Marisa c'era anche una colonia ellenistica. In verità, sembra si trattasse di una colonia piuttosto importante, poiché Marisa fu una delle città che in se­ guito Pompeo liberò dai Giudei- e questo in genere si verificò solo nel caso di città ellenistiche.8 Probabilmente, anche Adora �-Su Joppe vedi anche più avanti (pp. 149-153); su Gazara, vol. I, pp. 252 s. Negli scavi di Gazara (Gezer) sono state rinvenute grandi quantità di manici di giare in ter­ racotta (anfore) dello stesso tipo di quelle rinvenute a Marisa (vedi n. 8). Tutte por­ tano un marchio greco, che attesta la loro fabbricazione a Rodi nel sec. m o II a.C. e quindi l'introduzione dell'ellenismo sino a Gazara, prima della giudaizzazione della località ad opera di Simone Maccabeo. Cfr. R.A.S. Macalister, Tbe Excavation of Ge­ zer 1902-1905 and I907-1909 I-m (1912); Abel, Géog. Pal. II, pp. 332 s. Questo per altro vale per quasi tutte le località palestinesi; dr. Hengel, op. cit. II, p. 35, n. 342. 6. Filone,

Legatio 30 (2oo). Cfr. sotto § 23,1. B. I. 1,2,6 (63); Ant. 15,7,9 (254); B.I. 4AA

7- Ios., Ant. 13,9,1 (257 s.). Cfr. anche (281). Cfr. anche vol. I, p. 270.

8. Gli scavi del 1902 di alcune tombe ricavate nella roccia hanno fornito informazioni di rilievo sull'intensità della presenza dell'ellenismo a Marisa verso il 200 a.C.; dr. i resoconti di J.-M. Lagrange, 'Deux hypogées Macédo-Sidoniens il Beit-Djebrin', CRAI (1902), pp. 497-505, e J.P. Peters e H. Thiersch, Tbe Painted Tombs in the Necrop­ olis o/ Marissa (I905); C. Wattinger, Deukmiiler Paliistinas II (1935), pp. 17 s.; cfr. anche R.A.S. Macalister, 'The erotic graffito in the tomb of Apollophanes of Marissa', PEFQSt (1906), pp. 54-62; 158-r69; W.F. Albrisht, 'Two Cressets from Marissa and the Pillars of Jachim and Boaz', BASOR 85 (1942), p. 18; Tcherikover, op. cii., pp. 105, II5·II6; E.R. Goodenoush, Symbols I (1953), pp. 65 s. Le tombe si trovano a Tell SandaJ:>anna, a sud di Beit Cibrin, la Eleuteropo!i del periodo romano. Dato che gli scavi di Macalister hanno mostrato che Te!l Sandal;lanna era una città di una certa im-

I. POPOLAZIONE E LINGUAGGIO

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portanza, c'era già ragione di ritenere che fosse questo il sito dell'antica Marisa (secon­ do Eusebio, Onomast. [ed. Klostermann, p. 1 30], Marisa era situata a 20 km da Eleu­ teropoli; per quanto il nome antico sopravviva nella vicina I:lirbet Merash, si deve considerare precisamente Tell Sand�anna, non già :ijirbet Merash, come il luogo del­ l'antica città). Ciò è confermato da una delle iscrizioni tombali in cui ricorre Marisa come nome della città (vedi sotto). La tecnica sepolcrale di tutto il complesso richia­ ma in particolare le tombe egiziane del periodo tolemaico. Sui muri della camera prin­ cipale della tomba 1, che risale probabilmente alla fine del sec. III a.C., è dipinto un grande fregio con animali, i cui nomi sono riportati, in greco, sopra le rispettive figu­ re: "JtétpSa:À.oç, mivlh]poç (sic), -ta: vpoç (?), xa:[J.EÀ.o"JtétpSa:À.oç (?), ypulji, pwoxEpwç, EÀ.Étx;, xpoxoOLÀ.Oç, l�L;, ov étypLoç (sic), UO"'tpLI; (porcospino), My!;. Alla sinistra dell'entrata di questa camera è dipinto un gallo ctonio, e a destra un Cerbero a ue teste. Dei nomi di persona scritti sopra i loculi, più della metà sono greci, e i restanti sono nomi semitici ellenizzati; tra gli ultimi, alcuni sono fenici: l:EO"[J.txLoç, MEEp�a:À.oç, e al­ cuni idumei: Koavtx-ttxvoç, Koa�txvoç, dal dio idumeo qs, che va distinto da Ko�t. con buona pace di Giuseppe, Ant. 15,7,9 (253); cfr. Baudissin, s. v. 'Edom', in Her­ zog-Hauck, Real·Enz.', v, pp. r66 ss. Cfr. T.C. Vriezen, OTS 14 (1965), p. 333; Hen­ �:el, ]udaism II, pp. 44-45, n. 32. Di particolare importanza è comunque la seguente iscrizione (Painted Tombs, pp. 36 e 38 = OGIS 593): 'A"JtoÀ.À.ocpét� l:EO"[J.Gdou lip!;aç 'tWv tv MtxpLanna, 13 siano tolemaiche, 19 seleucidiche, e 25 di Giovanni !reano (Excavations, p. 68). Vedi ora EAEHL, s.v. 'Maresha'. Tutti questi reperti dimostrano che, nel periodo immediatamente precedente la con­ quista di Marisa da parte di Giovanni !reano, l'ellenismo era ben radicato in quella località. Per riguardo agli epigoni dell'elemento greco, conservatosi persino durante la dominazione giudaica, Pompeo tenne Marisa separata dal territorio giudaico, Ant. 14.4,4 (75); B.I. 1,7,7 (156) e Gabinio la restaurò, Ant. 14,5,3 (88); B.I. 1,8,4 (166). Come conseguenza della distruzione della città ad opera dei Parti nel 40 a.C., Ant. 14, 13,9 (364); B.I. 1,13,9 (269), anche l'ellenismo vi fu estirpato. 9· las., c. Ap. 2,9 (112-116) FGrH 6I6 F4 (k) = GLAJJ, nr. 172 e commento al nr. 28. Apione attinse alla favola di un precedente autore ellenistico, chiamato Mnafeas nei mss. Secondo Niese, il riferimento è a Mnasea, discepolo di Eratostene (200 a.C. circa), vedi GLAJJ, pp. 97·101. Benché Giuseppe affermi che non c'era alcuna città di nome Dora nell'Idumea, l'identità con Adora (che figura come 'ASwptov in PCZ 59006, col. III, della metà del sec. III a.C.) può essere considerata certa. Il suo nome in arabo è tuttora Dura; dr. Abel, Géog. Pal. II, p. 239. R. Marcus, ]osephus (Loeb) VII, p. 330, nota b, ipotizza che in c. Ap. 2,9 (n6) Giuseppe stia semplicemente critican­ do Mnasea perché questi ha detto 'Dora', mentre avrebbe dovuto dire 'Adora'. Per il =

I.

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non menzionata tra le città liberate da Pompeo, di essa si parla come di una delle città restaurate da Gabinio,'0 il che può essere reputato anche come prova del fatto che, prima della conquista ad opera di Giovanni !reano, i suoi abitanti erano in parte greci. La conquista di Rafia, Gaza e Antedone ad opera di Alessan­ dro Janneo non fu seguita dalla conversione di queste città al giudaismo . Pompeo e Gabinio ebbero maggior successo nel re­ staurarvi la cultura greca, di quanto ne ebbero nelle città idumee menzionate sopra. Per quanto concerne l 'estensione della popolazione giudaica durante gli ultimi decenni precedenti la guerra del 70 d.C., sia­ mo piuttosto bene informati, dato che la descrizione del paese fatta da Giuseppe in B.I. 3,3 (35-58 ) precisa i confini dei terri­ tori abitati da Giudei11 e conferma tutto quello che già si è appreculto di Apollo ad Adora si noti in modo particolare che in un'iscrizione dell'inizio del sec. 11 a.C., ritrovata a Menfi, in Egitto, compaiono degli 'I!ioup.a;LC>�. che tengono la loro assemblea Èv 't'-1971), pp. 9·29; M. Delcor, 'Le Targum de Job et l'araméen du temps de Jésus', RScRel 47 (1973), pp. 232-26 1 ; A. Dfez Macho, 'Arameo del Targum Pales· tino, subsrraro arameo de Evangelios y Actos y critica rexrual neotesramentaria', Neophyti I, Tomo IV, Numeros (1974), pp. 78*·102*; J.A. Fitzmyer, 'The Contribu· tion of Qumran Aramaic to the Study of the New Testament', NTSt 20 (1974), pp. 382-407; 'Some Notes on Aramaic Epistolography', JBL 93 (1974), pp. 201-225; 'Merhodology in the Study of the Aramaic Substratum of Jesus' Sayings in the New Tesramen t', in J. Duponr (ed.), Jésus aux origines de la christologie (1975), pp. 73· 102; C. Rabin , 'Hebrew and Aramaic in the Firsr Century ', Tbe Jewish People in the First Century, ed. S. Safrai e M. Stern , Il ( 1976), pp. 1007-1090. Cfr. anche J.A. Fit2myer, D.J. Harrington, A Manual of Palestinian Aramaic Texts (1 978). 69. Cfr. E. Kautzsch, Die Aramiiismen im Alten Testament (1902); A. Kropar, Die Syntax des Autors der Chronik verglichen mit der seiner Quellen (19o6); R.A. Bow­ man, 'Aramaeans, Aramaic and the Bible', JNES 7 (1948), pp. 65-90; M. Wagner, Die lexikalischen und grammatikalischen Aramaismen im alttestament/ichen Hebriiisch (1966); A. Hurvitz, 'The Chronological Significance of «Aramaisms» in Biblica! He­ brew', IEJ r8 (1968), pp. 234-240. 70. Sulle iscrizioni aramaiche datare al periodo persiano, cfr. CIS tomo 11, nr. xo8-uo (Asia Minore); 122-155 (Egitto); H. Donner, W. Rollig, Kanaaniiische und aramiiische Inschriften ('1966-1969), § F; J.C.L. Gibson, A Textbook of Syrian Semitic Inscrip­ tions, 11. Aramaic Inscriptions (1975), nr. 23-37. Per il resto aramaico della trilingue (greco, licio) del sec. rv a.C. ritrovata a Xanto, Licia, dr. A. Duponr-Sommer, CRAI (1974), pp. 132-148. Sui papiri di Elefantino e altri papiri aramaici, dr. A. Cowley, Aramaic Papyri of tbe Fifth Century B.C. (1923); E.G. Kraeling, Tbe Brooklyn Mu­ seum Aramaic Papyri (1953); G.R. Driver, Aramaic Documents of the Fifth Century ( 1957); E. Bresciani, Le lettere aramaiche di Hermopoli, Mem. d. Ace. Lincei CCCLX!t, cl. se. mor. stor. e fil., ser. vm, v. x u , fase. 5 ( 1966); F.M. Cross, 'Papyri of the Fourth Century B.C. from Diliyeh', New Directions in Biblica! Archaelogy (1971), pp. 45-69. Sugli osrraca aramaici e le iscrizioni dalla Palestina, dr. Y. Aharoni, IEJ 17 (1967), pp. 243-244; 18 (1968), pp. 157-169; L.T. Geraty, HThR 65 (1972), pp. 595-596; BASOR 220 (1975), pp. 55-6r. Una valutazione della posizione dell'aramaico è in F. Altheim, R. Stiehl, 'Aramiiisch als Weltsprache', Die Araber in der alten Welt l (1964), pp. 181-236; E.Y. Kutscher, 'Aramaic', Cu"ent Trends in Linguistics 6 (1970), pp. 347-412; Enc. Jud. 3 (1971), coli. 259-287; J.C. Greenfield, 'Standard Literary Aramaic', Actes du Premier Congrès international de Linguistique sémitique et chami­ to-sémitique, Paris 1969 (1974), pp. 28o-289. Una valutazione d'insieme dei papiri aia· maici in R. Yaron, 'Aramaica recentiora', Proc. XIIth Int. Congr. Papyro/ogy (1970), pp. 537-544. Cfr. J.H. Hospers (ed.), A Basic Bib/iography /or tbe Study of the Se­ mitic Languages I (1973), pp. 283-335.

I. POPOLAZIONE E LINGUAGGIO

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veicolo di comunicazione. Prima delle scoperte epigrafiche e di manoscritti del sec. xx, era tesi corrente che il passaggio dall'e­ braico all'aramaico, e l'effettiva sostituzione del primo col secon­ do, fosse attestata la prima volta nei libri di Esdra, che include documenti aramaici non tradotti (Esdr. 4,8-6,1 8 ; 7 , 1 2-26), e Daniele, che è per metà in ebraico (Dan. r , r - 2 ,4 a ; 8,1-1 2 , 1 3 ) e per metà in aramaico (Dan. 2 ,4b-7 , 1 8 ) . Si osservava altresì che nel Pentateuco e nei Profeti, tradotti in greco nel sec. III a.C., determinati vocaboli biblici erano traslitterati non secondo la lo­ ro forma ebraica, ma con terminazione aramaica (ps� = 1tcicrxa., skr = O"LXEpa., gr = y�wpa.c;, ecc.). In base alla presenza di ter­ mini aramaici nei frammenti greci di I Hen. si ipotizzava inoltre che l 'aramaico fosse la lingua originale di quel documento (dr. sotto, e vol. m, § p ) . Detti dei primi maestri tannaiti, Jose ben Joezer, Hillel e altri, nella Mishna sono riportati in aramaico.7' Analogamente, il Nuovo Testamento greco contiene un numero rilevante di termini aramaici: ci��ti (Mc. 1 4 ,36), à.xEÀ.Òa.�cix (Act. 1 , 1 9), ya.��a.M (Io. 1 9 , 1 3 ), yoÀ.yoM (Mt. 27,33), Ècpcpa.­ M (Mc. 7,34)/' xop�a.vtic; (Ios., B.I. 2 ,9 .4 [ 1 7 5 ] ; Mt. 27,6),73 �a.�wvtic; (Mt. 6,24), �a.pà.v à.i}ci ( I Cor. 1 6 ,22)/' MEa-a-Ca.c; = msW (lo. 1 .4 1 ), 1tcia-xa. (Mt. 26,q), pa.xci (Mt. 5,22), a-a.-.a.­ vtic; (Mt. 1 6 ,23), -.a.À.�ità. xov� (Mc. 5 .4 1 ) . Ci sono anche alcuni nomi aramaici (K"I}cptic;, Mciplfa., Ta.��i}ci),75 e patronimici intro­ dotti dall'aramaico br (Barabba, Barjonas, Barjesus, Barnaba, Barsabba, Bartolomeo, Bartimeo). L'ultimo grido di Gesù sulla croce è riportato in aramaico: 'E)..wt ÈÀ.wt À.a.�à. cra.�a.xita.vC (Mc. 1 5 ,34). Infine, è degno di nota il fatto che quando Flavio Giuseppe traslittera le espressioni vernacole per sacerdote, som7 1 . m'Eduj. 8,4; mAb. 1,13; 2,6; 5,22·2372- Sulla controversa attribuzione del termine all'aramaico o all'ebraico, cfr. I. Rabbi­ nowitz, ZNW 53 (1962), pp. 229-238; J.A. Emer ton, JThS t 18 (1967), pp. 427-43 1 ; l. Rabinowitz, JSS 16 (197 1), pp. 151·156; S. Morag, JSS 17 (1972), pp. 198-202. Cfr. anche vol. I, p. 156. 73- Per l'iscrizione in cui compare il termine qorban, vedi sotto, n. 9474· Per una recente discussione di questa espressione, cfr. S. Schulz, 'Maranatha und Kyrios Jesus', ZNW 53 (1962), pp. 125-144; J.A. Emerton, 'Maranatha and Ephpha­ tho', JThS t 18 (1967), pp. 427-43 1 . n - NeUe edizioni del Nuovo Testamento l'accent02ione di queste parole non è unifor­ me. La coerenza richiederebbe: �a.xii., 'ta.À.Lltii., Ta.f3Lltli.

S 22. L'AMBIENTE CULTURALE

mo sacerdote, sabato, pasqua, pentecoste, ecc., esse sono in ara­ maico.76 Sulla sola base dei dati disponibili prima delle scoperte ar­ cheologiche di questo secolo , si ammetteva una sopravvivenza ridotta dell'ebraico, che era confinato alla sfera del culto nel tem­ pio - lSwn hqds era anzitutto il linguaggio utilizzato nel santua­ rio; di qui l'espressione targumica lj'Sn bjt qwd'S' - e nella sina­ goga . Durante il culto, la Bibbia era letta ad alta voce nella «lin­ gua santa», prima di essere ripetuta nel vernacolo aramaico.77 La Mishna elenca diverse altre occasioni liturgiche in cui l'ebraico era obbligatorio.78 Inoltre, l'ebraico mishnico o rabbinico era anche la lingua dotta di scuole e accademie. Esso è la lingua usata di regola nel­ la Mishna e nella Tosefta, mentre l 'uso dell'aramaico costituisce l'eccezione. L'aramaico non si affermò nell'ambito della lettera­ tura rabbinica fino agli Amoraim (Amorei) dei secc. III e IV d.C . , quando divenne il veicolo normale della Gemara in ambedue i Talmudim. L'idioma parlato in Galilea sopravvive nel Talmud palestinese, il quale, insieme a frammenti aramaici nel Genesi 76. Ios ., Ani. 3.7 ,I (I 'I): �oi:.; I.EpEUI1t... oO� Xl1\111\111� xa)..oucl't ... o;n7a: �Ll [p.ty](a""t"� 'HÀ.L01tOÀ.EL"tTI "t>.

66. Le monete in Mionnet v, pp. 3 I I-311, nr. ro. I3. I6. 20. 23; Suppl. VIII, pp. 21722o, nr. 6. 7· 8. IO: cfr. de Saulcy, pp. 3I 3-324, tav. XVIII. Cfr. BMC Syria, pp. LXXX­ LXXX II; Head, HN', pp. 785-786. Si veda in modo particolare la raffigura>ione di Pan con il suo flauto, in de Saulcy, tav. XVIII, nr. 8. 9· IO. Le iscrizioni in de Saulcy, Voya­ ge autour de la Mer Morte, Atlas (r85J), tav. xux; CIG 4137. 4538; addenda, p. r r 79; Le Bas-Waddington , Inscr. m, nr. r89r. 1892. 1893; MDPV 1898, pp. 84 s. := Briinnow e Domaszewski, Die Provincia Arabia 11, p. 249 (riproduzione di Briin­ now). Cfr. Abel, Géog. Pal. 11, pp. 297-298. Sul culto di Pan in generale, cfr. Roscher, GRM m (1902), coll. I347-IJ8I (sul culto a Cesarea Panias, col. 1 371); sul culto a Panias RE XVIII, coli. 595-198. 67. Ani. 11,10,3 (364); B.I. 1 ,21,3 (404). 68. Cfr. n. 66. 69. Eusebio HE 7,18. Cfr. E. v. Dobschiitz, 'Christusbilder', TU, N.F. III (1 899), pp. 197 ss.; A. v. Hamack, Die Mission und die Ausbreitung der Christentums ('1924), pp. 141-146. Cfr. RAC s. v. 'Christusbild' (vol. m, col. 4).

II. LA DIFFUSIONE DELL 'ELLENISMO

queste località erano prevalentemente, benché non esclusiva­ mente, abitate da Giudei, che difficilmente avrebbero tollerato la celebrazione pubblica, in mezzo a loro, di culti pagani .70 Nei distretti semipagani a est del lago di Genezaret, vale a di­ re la Traconitide, la Batanea e l'Auranitide, la situazione era di­ versa. Anche là i culti ellenistici probabilmente non trovarono vasta accoglienza fino al sec. II d .C. Ma l'opera di ellenizzazione iniziò contemporaneamente alla comparsa sulla scena di Erode e dei suoi figli, che conquistarono queste regioni , fino ad allora se­ mibarbare, alla civilizzazione (vedi sopra, p. 38). Da allora an­ che i culti ellenistici vi trovarono accesso. Le iscrizioni che, in queste zone, si sono conservate particolarmente numerose ne at­ testano la vitalità dal sec. n fino al sec. IV. Tuttavia, vale qui la stessa osservazione già fatta riguardo alle città della Filistea: le divinità indigene sopravvissero a fianco di quelle greche. Alcune di esse erano siriane, ed alcune, come conseguenza della penetra­ zione nabatea, arabe. Degli dèi siriani, Atargatis è attestata du­ rante il periodo maccabaico a Qarnaim, nella Batanea (2 Mach. 1 2 ,26).'' A Si'a, nelle vicinanze di Canatha, si conservano i resti di un tempio, con iscrizioni del periodo erodiano. Questo edifi­ cio, la cui parte più antica fu costruita prima che Erode occupas­ se la regione (23 a.C.), era dedicato al Baal siriano (Baalsamin)." 70. Che a Tiberiade non vi fossero templi pagani si può dedurre indirettamente anche da Ios., Vita Il (65), che riferisce della distruzione del palazzo di Erode, adornato con figure di animali, ma non dice nulla di un tempio locale. Sullo sviluppo del paganesi­ mo in queste città nel sec. n, cfr. Jones, CERP, pp. 279-280. 71. Anche tra Panias e Damasco (Le Bas-Waddington, lnscr. m, nr. 1890) e nella Tra­ conitide (PEFQSt 1895, p. 14r). Su Atargatis vedi GMVO I, pp. 244-245; RAC s.v. 72. Per rimandi alle iscrizioni, cfr. Jones, CERP, pp. 284 s. Un'illustrazione delle ro­ vine in M. de Vogiié, Syrie Centrale, Arcbitecture civile et religieuse, tavv. 2 e 3 e pp. 31-38. Le iscrizioni greche in Waddington , lnscr. nr. 2364-2369a; le iscrizioni aramai­ che in de Vogiié, Syrie Centrale, lnscriptions sémitiques, pp. 92-99, e in CIS 11 Aram. nr. 163-168. Scavi più accurati sono stati fatti dalla spedizione americana; cfr. H.C. Butler, Architecture and other Arts (Pari II o/ the Publications of an American Ar­ chaeological Expedition to Syria) ( 1904), pp. 322 s . , 334-340; E. Littmann, Semitic lnscriptions, ibid., parte IV ( 1 905), pp. 85-90. Cfr. anche i ragguagli di Butler e Litt­ mann, in Rev. arch ., sér. 4, v ( 1905), pp. 404-412; R. Dussaud, Les Arabes en Syrie ( 1907), pp. 159-165- Che il tempio fosse dedicato a Baalsamin (b'l Jmjn) risulta chiaro dall'iscrizione in de Vogiié, p. 93 CIS n Aram. nr. 163 Littmann, Semitic Inscr. , p. 86. Cfr. Sourdel , Les cultes de Hauran, p. zr. Su Baalsamin cfr. in generale: W. Baudissin, s.v. 'Baal', Herzog-Hauck, RE' n, p. 3 3 1 ; F. Cumont, RE 11 s.v. 'Balsa=

=

§ 22. L'AMBIENTE CULTURALE

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Un piccolo altare a Hadad ("t� il'E� 'AMo�), un tempo una delle principali divinità dei Siriani, è stato trovato a ijabab, nella Traconitide.73 Divinità siriane sono anche Ethaos ( ? ) e Azizos, che si ritrovano nella Batanea.74 Le divinità arabe sono invece rappresentate più ampiamente, in particolare nelle aree orienta­ li. Tra esse spiccava Dusares (arabo l)ii al-Sara), che i Greci pa­ ragonarono a Dioniso. Il suo culto è attestato anche durante il periodo romano dai giochi a lui dedicati, gli "Ax-rta àoucrcipta, ad Adraa e Bostra.73 Oltre a Dusares, nelle iscrizioni si menziomen', coli. 2839 s.; M. Lidzbarski, Eph. Sem. Epig. ( 1 902), pp. 243-260; RAC s. v. 'Baal' 23 (Baalschamin); J. Teixidor, Tbe Pagan God, capp. 2 e 4· 73· PEFQSt 1895, p. 1 3 2 = Dussaud, Nouv. arch. des mis s. scient. 1 0 (1902), p. 642. Su Hadad in generale : Baudissin in Herzog-Hauck, RE' vn, pp. 287 ss.; Dussaud in RE s. v.; ]. Gray, IDB I, s.v. 'Baal', pp. 328 s.; Hadad era venerato anche, con Atarga­ tis, dai mercanti siriani di Delo; cfr. sopra , p. 58. 74· "Eltaoç: Le Bas-Waddington, Inscr. III , nr. 2209; R. Dussaud, Les Arabes ( 1907), pp. 150 s. e La pénétration des Arabes ( 1955), p. 147, ritiene '"Eltaoç una divinità ara­ ba; cosi anche Al;ELl;o ç, ibid. nr. 2314 ( =CIG 4617), Sourdel, Les cultes, p. 85. Ve­ di RE II, col. 2644; R. Dussaud, 'Azizos et Monimos, parèdrcs du dieu soleil', Rev. arch ., sér. 4,1 ( r9o3), pp. !28-133· Cfr. Sourdel, Les cultes, pp. 75-76; RAC s.v. 'Baal' II (Aziz). Cfr. in particolare H.J.W. Drijvers, 'The cult of Azizos and Monimos at Edessa', Ex Orbe Religionum: Studia G. Widengren 1 (1972), pp. 355-371. 75· aovo-&.pnç : Le Bas-Waddington, Inscr. m, nr. 2023. 2312; R. Dussaud, Nouv. arch. des miss. scient. ro ( 1902), p. 679 = OGIS 770 (..->, come se Aumos fosse il nome del dedicante. Ail!lOU o AÙ!J.oionati sono F2 e F r .

II. LA DIFFUSIONE DELL 'ELLENISMO

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un'erba rassomigliante all'idra. Strappandone u n po ' sarebbe guarito. Eracle trovò la pianta descritta dall'oracolo; le sue pun­ te, una volta tagliate, ricrescevano come le teste dell'idra. Egli guarì e chiamò la città "AxT] (guarigione) . Damasco è così chiamata perché Asco, uno dei giganti, e Li­ curgo legarono Dioniso e lo gettarono in un fiume. Ermes lo li­ berò e scorticò Asco (di qui Damasco = oÉpiJ.!l "Acrxou).'39 Al­ tri dicono che Damasco, figlio di Ermes e della ninfa Alimede, venne dall'Arcadia in Siria e fondò una città dandole il suo no­ me. Altri ancora dicono che Damasco è il nome di un uomo che tagliò con un'accetta i vigneti piantati da Dioniso e fu da lui pu­ nito per questo (il passo è poco chiaro, essendovi due lacune) . Stefano Bizantino non fornisce alcuna leggenda che riguardi la fondazione di Scitopoli, ma Plinio, N.H. 5 , 1 6/74 scrive che la città ebbe il suo nome dagli Sciti, che Dioniso vi aveva insediato per proteggere la tomba della propria nutrice .'40 Nel caso di altre città ellenistiche, i cui nomi dimostrano chia­ ramente che sono state fondate nel periodo ellenistico e erodia­ no, non poté, ovviamente, sorgere alcuna leggenda mitologica di fondazione. 2. L'ellenismo

ttelle regioni giudaiche'•'

L'ellenismo nel suo aspetto religioso fu respinto dalla regione propriamente giudaica dalla rivolta maccabaica; soltanto dopo la sconfitta della nazione giudaica nelle guerre di Vespasiano e di Adriano i Romani vi fecero entrare a forza i culti pagani. Questo non significa che, precedentemente, i Giudei non fossero stati toccati dall'ellenismo. Si trattava infatti di una forza culturale che si estendeva ad ogni settore della vita: l'ellenismo informa­ va l'organizzazione costituzionale dello stato, l 'amministrazione 1 19. Stefano Bizantino, s. v. .à1111110'X6�. La leggenda presuppone la forma .ài1P!-'111Tx6�. corrispondente all'ebraico drmJq, I Chron. 18,5; 2 Chron. 28,5. Nei testi rab­ hinici il nome è scritto dwrmsqws, drmsqws, drmsq. Un Rabbi Jose dwrmsqjt, figlio

  • a:ow). Poiché !reano si mostrò ben disposto nei loro confronti, gli Ateniesi decisero di ono­ rario erigendogli uno statua di bronzo e donandogli una corona aurea (los., Ant. 14 , 8,5 [ I5I·IU]). La decisione fu presa l1tl 'Aya:l}oxÀÉouç lipxo�"toç. L'anno è il r o6/5 a.C.; dr. W .B. Dinsmoor, Tbe Archons of Athens in the Hellenistic Age ( 1931), pp. 276-277; Idem, The Athenian Archon List in the Light of Recent Discoveries ( 1939), p. 200; W.K. Pritchett e B.D. Meritt, Tbe Chronology o/ Hel/enistic Athens (1940), p. XXXIV. I dati epigrafici ateniesi rendono certa lo data dell'arconte, per cui è gioco-

    Il. LA DIFFUSIONE DELL 'ELLENISMO

    83

    riore avanzata fu promossa dai Romani e dagli Erodi, e l'ele­ mento latino si fece poi particolarmente sentire dalla fine del primo secolo d.C. Per questo periodo più tardo (la prima metà del sec. n d.C.) la Mishna offre una grande quantità di materiale che illustra chiaramente l'influsso dell'ellenismo su ogni aspet­ to della vita. I numerosi prestiti latini e greci nell'ebraico della Mishna dimostrano che la cultura ellenistica aveva assunto il predominio anche in Palestina. Una serie di esempi può servire ad illustrare, più in particolare, questo fenomeno.'" Ovviamente, i termini stranieri, insieme alle istituzioni stra­ niere, divennero correnti prima di tutto nell'ambito delle costi­ tuzioni politiche e in quello militare. II governatore di una pro­ vincia era un hgmwn (i)yq.Lwv), una provincia una hgmwnjh (i}yE!J.OVLa:), le autorità municipali di una città l ' 'rkj (cipxT)) .'4' I militari sono descritti come lgjwnwt (legiones), un esercito come 'str!j' (cr'tpa:·nci) ; la guerra come pwlmws (1tÒÀE!J.oc;) ; il soldo come 'psnj' (ò�wvLov) ; un elmo come qsd' (cassida); uno scudo come trjs ( tlupE6c;) .'46 forza correggere la descrizione di !reano data nel testo del decreto del popolo ateniese : 'YpxetvÒoLVLXT]c; xat -.:ijc; ÉxEtllEv TJ"ItE!pou; 8,35,2: -.:IL; !1:1t"A�-ymou ò>.xa6a:c; "Jtpocr�a:>.oucra;c;. Cfr., in generale, sul commercio internazionale di Atene al tempo di Pericle, E. Meyer, Geschichte des Altertums IV ( 1901), pp. 53 ss. Cfr. F.M. Heichelheim, Wirtschaftsge­ schichte des AJtertums ( 1938), pp. 320 s.

    Il. LA DIFFUSIONE DELL 'ELLENISMO

    93

    presentata dai papiri di Zenone . I documenti relativi al viaggio compiuto da Zenone attraverso la Palestina nel 260-2 58 a.C. co­ me rappresentante di Apollonia, il dioiketes d'Egitto, rivelano ad esempio l'esportazione di grano dalla Palestina all'Egitto, lo sviluppo di una tenuta con 8o .ooo viti a Beth-Anath in Galilea, la compera di schiavi e l 'esportazione in Egitto di beni alimen­ tari e di manufatti, come mobili per arredamento.'87 Nel periodo romano l'influenza greca sulle usanze del popolo giudaico era di­ ventata molto rilevante. Termini che si riferivano alla classe mer­ cantile erano già in parte greci. Su un ostracon del sec. III a.C., proveniente da ijirbet el-Qom (tra Hebron e Lakish), compare il termine xcbtT]À.oç (mercante, o forse «prestatore di danaro») traslitterato come qpjls.'66 Un mercante di grano è detto sjtwn (CTL"tWVl)ç) , un rappresentante esclusivo mnpwl (IJ.OV07tWÀ.l)ç), un dettagliante pltr (7tpCI"tTJp) ,'89 un libro contabile di un mercan­ te pnqs (-r.:LvCI1;) .'90 L'intero sistema monetario della Palestina era in parte feni­ cio-ellenistico e in parte greco-romano. '9' Il piede ponderale delle monete d'argento battute nelle città ellenistiche della Palestina e della Fenicia a partire dal regno di Alessandro Magno, e in alcu187. ar. V. Tcherikower (Tcherikover), 'Palestine under the Ptolemies (a contribu­ tion to the study of the Zenon papyri)', Mizraim 4·5 ( 1937), pp. 9-90; Idem, Hellenis­ tic Civilixation and the Jews (1 959), pp. 6o -7 r ; Hcngel, Judaism and Hell., pp. 35·47188. L.T. Geraty, 'The Khirbet el-Kom Bilingual Ostracon', BASOR 220 ( 1975), pp. n-6r. Il fatto che l'individuo in questione presti denaro non obbliga di per sé a tra­ durre kopelos con usuraio.

    189. si!wn : mDem. 2,4; 5,6; mB. B. 5,10; mKel. 1 2 , 1 ; Krauss II, pp. 381 s.; mnpwl: mDem. 5.4; Krauss II, p. 344; plrr: mDem. 5,4; mA.Z. 4,9; Krauss n, p. 458; Ta/m. Arch. I, p. 93; II, pp. 349· 365. Per altre espressioni greche usate nel commercio, cfr. Krauss II, pp. 634 s.; Ta/m. Arch. n, pp. 349-382. 190. pnqs: mShobb. 12,-4; mShebu. 7,1.5; mAb. 3,16; mKel. 17,17; 24 ,7; Krauss II, pp. 466 s.; Talm. Areh. r, p. 204; II, pp. 99- 349· 37 1 , 41 r; 111, pp. 144. r6o. r8o. 208. Questi libri contabili consistevano di due tovolette legate insieme che potevano aprir­ si e chiudersi . 191. Sul sistema monetario giudaico si vedano oltre ai lavori classici di &khel, Mion­ net, de Saulcy e Madden : B.V. Hcad, Historia Numorum ('r9n ) ; BMC Palestine; A. Reifenberg, Ancient Jewish Coins ('1947); Idem, Israel's History in Coins from the Maccobees to the Roman Conquest ( 1953); cfr. International Numismatic Convention: The Patterns of Monetary Development in Phoenicia and Palestine in Antiquity (ed. Kindler, 1967); L.A. Mayer, A Bibliography of Jewish Numismatics ( 1966); Y. Mesho­ rcr, ]ewish Coins of the Second Tempie Period ( 1967); D. Sperber, Roman Palestine Jun-400. Money and Prices ( 1974). Cfr. vol. r, pp. 33-36. 722 s.

    94

    § 2 2 . L'AMBIENTE CULTURALE

    ni casi prima di questo periodo,••• era ora attico (il tetradramma di approssimativamente I 7 grammi) ora fenicio-ellenistico ( I sheqel = I tetradramma di approssimativamente I 4 ,55 gram­ mi; mezzo sheqel di approssimativamente 7 grammi). Alessan­ dro batté moneta secondo il sistema attico, i Tolemei secondo quello fenicio, i Seleucid.i inizialmente secondo quello attico e quindi, occasionalmente, dal I 62 a.C. in poi, e costantemente dal tempo di Alessandro Balas, secondo quello fenicio.'•} Que­ st'ultimo peso è forse da presupporre anche per i libri dei Macca­ bei, dove il conteggio è in dracme e talenti.'•• Questa stessa mone­ ta d'argento fenicio-ellenistica continuò a prevalere nel commer­ cio all'ingrosso in Palestina persino durante il periodo asmonai­ co, poiché gli Asmonei probabihnente coniavano soltanto mone­ te di rame.'"' Queste monete portavano una leggenda in ebraico, benché gli ultimi Asmonei ne avessero aggiunta una in greco. 192. Cfr. P. Naster, 'Le développement cles monnayages phéniciens avant Alexandre d'après les Trésors', Int. Num. Conv.: the Patterns of Monetary Deve/op. in Phoenicia and Palestine in Antiquity, 1963 (1967), pp. 3·24; A. Kindler, 'The Greco-Phoenician Coins Struck in Palestine in the Time of the Persi an Empire', INJ (1963), pp. 2-6. 193. Cfr. T. Reinach, Les monnaies juives ( 1887), pp. 13-15; E.T. Newell, Tbe Dated Alexander Coinage of Sidon and Ake ( 1 916); E. Babelon, Catalogue des monnaies grecques, Les rois de Syrie ( 1 890), pp. cxxv, CLXXXIII; e specialmente E.J. Bikerman, lnstitutions des Séleucides ( 1938), pp. 210 ss.; cfr. O. M0rkholm, 'The Monetary Sys­ tem of the Seleucid Kings unti! 129 B.C.', lnt. Num. Conv. 1963 (cfr. n. 192), pp.

    75-87. Per una discussione della metrologia dei sidi e dei mezzi sicli di Tiro, dr. A. Ben-David, ]erusalem und Tyros: ein Beitrag zur paliistinischen Munz· und Wirt­ schaftsgeschichte (u6 a.C. - 57 p.C.) ( 1 969), pp. 9-16.

    194· Dracme: 2 Mach. 4,19 ; 10,20; 12,43; talenti: I Mach. I I ,28; 1 3 ,16.19; 15,3 1.35 ; M�Kh. 3 , I I ; 4,8.24; 5 ,2 1 ; 8,10 s. Il talento ebraico equivaleva a 3.000 sidi, ossia a 12.000 dracme in valuta fenicia. Giuseppe, nelle sue notizie sul testamento di Erode, fa corrispondere un talento a 1o.ooo 'pezzi d'argento', come risulta da un confronto di Ant. 17,6,1 ( 146), 17,8,1 ( 189-190) con I7,II,5 (321-323). Presumibilrnente, questo conteggio si basa sull a dracma attica, poiché ro.ooo dracme attiche equivalgono ap­ prossimativamente a 1 2 .000 dracme fenicie. Cosl F. Hultsch, 'Das hebriiische Talent bei Josephus', Klio 2 ( 1902), pp. 7-72. Sui diversi tipi di dracma, cfr. Idem, RE v, coli. 1613·1633; nonché s.v. 'Didrachmon', v, coli. 433·436. 2

    195. L'ipotesi che Simone Maccabeo coniasse sicli d'argento è ora abbandonata; dr. vol. 1, p. 723. Si noti anche R.S. Hanson, 'Towards a Chronology of the Hasmonaean Coins', BASOR 2 1 6 ( 1974), pp. 21-23. A Qumran, è stato scoperto un tesoro di '61 monete d'argento di Tiro, risalenti alla fine del sec. Il e al sec. I a.C. (la moneta più recente appartiene all'anno u8 di Tiro, 9/8 a.C.). Cfr. R. De Vaux, Archaelogy and the Dead Sea Scrolls ( 1973), p. 34 e n. 1 ; dr. A. Kindler, 'The Mint of Tyre - The Major Source of Silver Coins in Palestine', E. Sukenik Memoria! Volume ( 1967), pp. 3 1 8-324 (in ebraico).

    II. LA DIFFUSIONE DELL 'ELLENISMO

    9)

    Nel periodo romano-erodiano, tutte le monete correnti in Pale­ stina e di conio locale avevano una leggenda greca (o greca e la­ tina) . Per quanto riguarda il piede ponderale, ci può essere stata una tendenza dell'amministrazione romana a rendere valido in tutto l'impero quello romano.'96 Ciò risulta con maggior eviden­ za in Palestina che non in molte altre regioni. Gli Erodi, non a­ vendo il diritto di coniare monete d'argento (vedi vol. I, p. 396), battevano monete di rame e occasionalmente di bronzo, che, per quanto non coniate con peso costante, corrispondevano in tutto, con variazioni per ciascun sovrano, ai romani as, semis e qua­ drans. Soltanto la più piccola delle monete della Palestina (p'ru­ ta = 1 / 8 di as) era del tutto estranea al sistema romano.'97 La si­ tuazione rimase la stessa sotto i governatori. Così in Palestina circolavano monete d'oro (aurei) e d'argento (denarii) battute al­ l'estero insieme a monete di rame coniate nel paese stesso . Un re­ scritto di Germanico (del tempo in cui aveva il comando supre­ mo in Oriente, 1 7- 1 9 d.C.), citato nel tariffario doganale di Pal­ mira, prescrive espressamente per il pagamento di dazi l'uso di monete coniate secondo il peso italico .'98 Il conio palestinese adottò questo piede ponderale sin dal regno di Erode 1. Inoltre, già nel primo sec. d.C., in Palestina le designazioni romane delle monete erano più comuni di quelle greche ed ebraiche, ancora in uso. Ciò risulta dalla seguente raccolta del materiale offerto dal­ la Mishna, dal Nuovo Testamento'•• e dalle grotte di Murabba'at. 196. Cfr. il consiglio che Dione (52,30,9) mette sulla bocca di Mecenate (in riferimen· to alle popolazioni provinciali ): !liJ"; mQidd. I , I ; 2,2; mB.M. 4,5; m'Arak. 6,2.5 e altrove : Krauss II, pp. 207 s. !iT]vlipLct ricorre in iscrizioni della Batanea e Traconitide (Waddington, nr. 2095. 2341. 2537a; più frequentemente, in queste iscrizioni si usa il semplice se­ gno * ; cosl anche in DJD II, nr. I I4 verso: *v' = 50 denarii). Anche il tariffario di Palmira conteggia costantemente in denarii. zwz: mPe'ah 8,8-9; mfom. 3,7; mKet. I , 5 ; 6,5; 9,8; mGi!!- 7,5; mQidd. 3,2; mB.Q. 4,I ; 8,6; mB.B. I0,2. Lo zrlz come unità

    Il. LA DIFFUSIONE

    DELL 'ELLENISMO

    97

    ché il valore del denarius era eguale a quello di una dracma atti­ ca, i conteggi venivano fatti anche in dracme, ma questo metodo non era il più comune:o• 3 . Tra le monete di rame, spesso si fa riferimento al pezzo da 2 as o dupondius (in ebraico pwndjwn) .'01 Al dupondius intende riferirsi anche Gesù in Le. 1 2 ,6, dove la Vulgata traduce corret­ tamente àcrcrap�wv ouo con dipondio. 4· La moneta di rame più comune era l 'as, nel latino antico as­ sarius, da cui il greco àcrcr!ipLov (Mt. 1 0,29; Le. 1 2 ,6), in ebraico 'sr, talvolta citato esplicitamente come l'«as italico» , 'sr 'jtlqj.'04 In origine valeva un decimo di denarius, ma in seguito soltanto un sedicesimo.'0' 5 . La più piccola moneta di rame era la prw{h (p'ru{a), equi­ valente soltanto all'ottavo di un as."x. Sconosciuta al sistema momonetaria di base è comune nei documenti ebraici e aramaici scoperti nel deserto di Giuda. DJD n, nr. 18,4; 20,5; 22,1.4; 30,21 (88 zuzim = 2 2 rla'im); 32,2·4. V. anche l'ostracon aramaico-greco di ljirbet el-Qòm, risalente a circa il 277 a.C., l. 3 · Nel testo greco la dracma è indicata con il simbolo � : cfr. L.T. Geraty, BASOR 220 (1975), p. H · l seguenti simboli semitici di monete sono identificati, per congetrura, da ).T. Mi. lik: k = kri = sela' o tetradramma; r = rh' = diniir/ztiz; m = m'h r/ 6 di diniir: DJD n, p. 90 · Sul denarion nei testi greci di Murabba'at, cfr. DJD n, nr. u4; u6, 12; 121,3. Sotto Nerone il peso de!l'aureus e del denarius fu ridotto ; cfr. Sutherland, Roman Coins, p. 159; per questo la Mishna menziona (mKel. 17,12) un sr nrwnjt ( r sela' = I tetradramma o 4 denarii). Per l'uso d i sr a Murabba'at, cfr. DJD Il, nr . 23. '; 30,21 ; 3 I ,J.2 (?); 46,8 (?). =

    202. 6pax(..L1i : Le. 15,8 s.; Ios., Vita 44 (224). Ambedue i passi possono, però, riferir­ si a dracme nella valuta di Tiro (cfr. sotto, n. 210); a queste si allude forse anche con l'espressione [6pax[.L]iona sol· tanto Gaza, Antedone, Joppe e Torre di Stratone. Ma anche Azoto e Jamnia, che do­ po la mone di Erode passarono a sua sorella Salome, devono essere cadute in mano di Erode nella stes;a circostanza . 23. Ant. q,II.-4·5 (317·323); B. l. 2,6,3 (93·100). 24·

    Ant. 18,2,2 (31 ) ; B.I. 2,9,1 (167). Alato non è menzionata esplicitamente, ma era

    certamente inclusa.

    25. Ant. 18,6,3 ( 158); Filone, Leg. 30 (199-202). Cfr. J. Marquardt, Romische Staats· verwaltung 11, pp. 248 s.; H.-G. Pllaum, Carri�res procuratoriennes ( 196o), nr. 9· Sui possedimenti imperiali privati in generale, cfr. O. Hirschfeld, 'Der Grundbesiu der ri:imischen Kaiser in den ersten drei Jahrhunderten', Kleine Schriften ( 1 913), pp. 516575; Id., Die kaiserlichen Verwa/tungsbeamten bis au/ Diokletian ('1905), pp. 18-29; sulla loro amministrazione, pp. 121 ss.

    I 29

    I. LE CITTÀ ELLENISTICHE

    fatto che Erode e i suoi figli rifondassero un grande numero di città, quali Cesarea ( = Torre di Stratone) , Sebaste ( = Samaria), Antipatride, Fasaelide, Cesarea d i Filippo, Iulias, Sepphoris, Li­ vias e Tiberiade. Il tipo di dipendenza di queste città dal potere romano varia­ va sia nel nome che nella sostanza.'6 L'impero romano compren­ deva sia comunità libere che comunità sottoposte. Le prime (civi­ ta!es liberae, ÈÀ.Eui}Epa.L) possedevano legislazione, giustizia e amministrazione finanziaria proprie e potevano anche essere e­ sentate da un'effettiva tassazione ; in questo caso erano a.\rtévo­ IJ.OL xa.t ..wvL] "..EultÉflll. . Cfr. W. Kubitschek, Zur Geschichte von Stiidten des romischen Kaise"eiches', SAW 1774 ( 19 1 6), pp. 97·112, che spiega l'anomala con· serva2ione di lÀ.EultÉpq. come frutto dell'orgoglio locale per la storia della città. 1 1 2 . Si noti il pugile dell'inizio del sec. m d.C., che fu vittorioso ad Ascalona, IGR 1 1 1 10u = L . Moretti, Iscrizioni agonistiche greche (1 953), nr. 85. t q. Stefano Biz., s.v. 'Acrx6.>..w v, elenca quattro filosofi, due grammatici e due storici di Ascalona; e l'elenco non è completo (si veda sopra, p. 78). Sulla lista di Stefano dr. Hengel, ]udais.'lt and Hellenism, pp. 86·87. In Filone, Leg. 30 (103·1o6) viene meozio-

    146

    § 2 3 . ISTITUZIONI POLITICHE

    a.C. Antioco di Ascalona. Tuttavia, nonostante la civilizzazio­ ne ellenistica, gli strati più umili della sua popolazione conser­ varono, a quanto pare, la cultura e l'onomastica aramaica."4 Gran parte dei dati sull'importanza di Ascalona come città commerciale nel periodo ellenistico proviene dalle iscrizioni. La presenza di mercanti di Ascalona è attestata ad Atene nel sec. III a.C., e, più tardi, anche a Delo, Rodi e Pozzuoli."' Nel sec. IV d.C. era una delle città più fiorenti della Palestina, ed è menzio­ nata ancora nei secc. VI e vn. "6 1

    5 . Azoto, "Asw"toTJyouv'tctL. u6. Strabone 16,2,28 (759). Chiaramente , Strabone qui chiama Jamnia una XW!l'lJ per errore. r27. 2 Mach. 12,8 s. 40. Cfr. Stark, Gaza, p. 487. u8. Ios., Ant. IJ,6,6 (215); B.l. 1,2,2 (5o). Vedi, d'altro canto, I Mach. 10,69; 1540. 129. Filone, Legat. 30 ( 2-20J): ['tctu't1JV ] , ...-yti St� olxou�nv, ol 'ltM(ou� IJ!v 'Iou­ licr.�oL, l'tEPOL St "CL\1� ll).M..Wv 'A).ÉI;avSpoç MaxE66vetç ÉV 11V'tTI XIX'tliJXL(TEV. 398. Per il testo vedi sotto, n. 404. 399- Cosi H. Willrich, Juden und Griechen vor der makkabiiiuhen Erhebung (x895), pp. x6-x8. Per una discussione e la bibliografia successiva, dr. R. Marcus, in Josephus

    I. LE CITTÀ ELLENISTICHE (SAMARIA)

    207

    episodio sembra offerto dalla scoperta, avvenuta nel 1 96 2 , in una grotta del Wiidi Dalijeh, di circa duecento scheletri, con monete di Tiro e di altre località, sigilli aramaici e papiri risalenti agli ul­ timi anni dell'impero persiano.4"" Sugli altri, più vasti, effetti della colonizzazione vi è molta incertezza . Giuseppe, infatti, Ant. 1 1 ,8 , r -7 (302-347), ricorda anche che i Samaritani conquista­ rono il favore di Alessandro, edificando, proprio col suo consen­ so, guel loro tempio separatista sul monte Garizim, che sarebbe stato distrutto da Giovanni Ircano nel 1 2 8 a.C., Ant. 1 3 ,9 , 1 (255-256). Tracce di ciò che sembra essere stato i l podio di que­ sto tempio sono state scoperte sotto le fondamenta del tempio a­ drianeo di Zeus Hypsistos .40' Allo stesso tempo, ci sono indizi della rioccupazione e fortificazione di Sichem (Tell Balara), che vanno dal primo periodo ellenistico al sec. II a.C.402 Proprio Si­ chem è identificata da Giuseppe, Ant. n ,8,6 ( 340), come la principale città degli apostati Samaritani; coloro che vi pratica­ vano il loro culto si definirono davanti ad Antioco Epifane come «i Sidonii di Sichem» (-.wv Év l:LKLIJ.OLc; l:Lowvt:wv), Ant. 1 2 ,5 ,5 ( 2 5 7 ) . Sempre riguardo a Sichem, Giuseppe, B.I. 1 ,2 ,6 ( 6 3 ) ; Ant. r 3 , 9 , 1 ( 2 5 5 ) , asserisce che fu distrutta contemporaneamen­ te al tempio sul monte Garizim. Ciononostante, il culto samari­ tano, e specificamente l'attaccamento al monte, Ant. 1 8 ,4,1 -2 (85-89), non vennero meno. Vi sono, dunque, molte incertezze per guanto riguarda i rapporti intercorsi tra Samaria (poi Seba­ ste), come città ellenizzata, nelle successive fasi della sua storia, e la popolazione dei dintorni; per non dire del problema se l 'area costituisse o meno una vera unità politica e amministrativa. VI (ed. Loeb), App. C.; Tcherikover, Hellenistic Civilization, pp. 103·104, è dell'avvi­ so che lo status di città sia stato concesso da Perdicca nd 323-321 a.C., ma cfr. H. Seyrig, Syria 4 2 (1965), pp . 27-28 . 400. I risultati degli scavi non sono stati ancora pubblicati. Per relazioni e discussioni preliminari molto importanti, vedi F.M. Cross, 'The Discovery of the Samaria Papyri', BA 26 ( 1963), pp. I ID-I2I ; 'Aspects of Samaritan and Jewish History in Late Per­ sian and Hellenistic Times', HThR 59 ( r966), pp. 201-2 1 1 ; 'Papyri of the Fourth Century B.C. from Daliyeh', in D .N. Freedrnan e J.C. Green.lield (edd.), New Direc­ tions in Biblica/ Archaeo/ogy (1971), pp. o-69. 401. Cfr. R.}. Bull, G.E. Wright, 'Newly Discovered Temples on Mt. Gerizim in Jor­ dan', HThR 58 (1965), pp. 234-237; 'The Excavation of Tell el Ras on Mt. Gerizim', BA 3' (1968), pp. 58-72. 402. G.E. Wright, 'The Samaritans and Shechem', HThR 55 ( 1962), pp. 357-362.

    zo8

    § ZJ . ISTITUZIONI POLITICHE

    Come nei tempi antichi, la città di Samaria era ancora un'im­ portante fortezza. Per questa ragione fu rasa al suolo da Tolemeo Lago quando, nel 3 I 2 a.C., consegnò ad Antigono la regione del­ la Celesiria che aveva appena conquistato.'03 Circa quindici anni più tardi (verso il 2 9 6 a.C.), Samaria, che nel frattempo era stata senza dubbio ricostruita, fu ancora una volta devastata da Deme­ trio Poliorcete, in lotta contro Tolemeo Lago.404 Da allora, non si hanno più notizie specifiche sulla storia della città. Polibio rife­ risce che Antioco il Grande occupò il territorio di Samaria du­ rante la prima e la seconda sua conquista della Palestina ( 2 1 8 e 200 a.C.) ,40' ma non aggiunge nulla circa il destino della città. È interessante notare che la regione di Samaria, sotto i Tolemei co­ me sotto i Seleucidi, costituiva, al pari della Giudea, una provin­ cia a sé, suddivisa in più distretti, vo(..l.o l-406 Verso la fine del sec. n a .C., quando i Seleucidi non furono più in grado di frenare l 'espansione dei Giudei, Samaria, al seguito di Sichem, cadde vittima della loro politica di conquista. Già sotto Giovanni !rea­ no (verso il 1 07 a.C.), la città, che a quel tempo era una 7t6).Lç òxupw"tcX"tij, fu conquistata dai suoi figli Antigono e Aristobulo dopo un anno di assedio e abbandonata ad una distruzione tota­ le, Ant. 1 3 ,1 0 ,2-3 ( 2 75-2 83); B.l. 1 ,2,7 (64-65).47 Alessandro Janneo occupò la città o le sue rovine, Ant. 1 3 , 1 5 .4 ( 3 96). Sepa­ rata dal regno giudaico da Pompeo, non fu mai più organicamen­ te legata ad esso, Ant. 1 4 ,4.4 ( 7 5 ) ; B.I. 1 ,7 ,7 ( 1 5 6 ) . La sua rico­ struzione fu opera di Gabinio, Ant. 14,5,3 ( 8 8 ) ; B.I. 1 ,8 ,4 ,l

    403. Diodoro 19,93,7· Cfr. sopra, note 68 (Gaza), 132 (Joppe), r81 (Tolemaide ).

    .-._ : ,• :

    404. Eusebio, Chron ., ed. Schoene II, p. u 8 (ad 01. 121,1 = 296 a.C., secondo la ver­ sione armena) : Demetrius rex Asianorum, Poliorci!tes appellatus, Samaritanorum ur­ bem a Perdica constructam (s. incolis frequentatam) totam cepit. Lo stesso testo suona secondo Girolamo (Schoene n, p. 119; ed. Helm, pp. 127-128): Demetrius rex Asiae

    cognomento Poliorcetes Samaritanorum urbem vastat quam Perdicca ante construxe­ rat. Sincello, ed. Dindorf 1, p. 519: àT)f..Li)"tpLO� b IToÀLopXT)"t"Ì]� "t"Ì]V 1t6ÀLv l:OC[.ll1ptwv É1t6pih]O"EV ; cosl anche I, p. 522. Sui dati relativi alla ricostruzione, probabil­ mente in questo periodo, cfr. Crowfoot, Kenyon, Sukenik, Samaria-Sebaste 1 (1942), pp. II7·II8 (una torre rotonda, forse del tardo sec. rv).

    405. Polibio 5,7 r ,u ; 16,39,3 = Ios., Ant. 1 2 ,3,3 ( 1 36). 406. Cfr., in generale, Ant. n,.p (rH); 4 (175); r Mach. IO,JO.J8; n,28.34; cfr. Abel, Géog. Pal. n, pp. 134 s. 407. Sulla cronologia, cfr. vol. 1, pp. 273 s. Su un fotte costruito nel sec. II a.C. e, a quanto pare, smantellato dopo la conquista giudaica, cfr. Samaria-Sebaste 1, pp. 28-31 .

    I. LE CITTÀ ELLENISTICHE (SAMARIA)

    .109

    ( 1 66 ) . Per questo, i suoi abitanti poterono chiamarsi anche «Ga­ binianh> (fa.�L'IILE�c;).4011 Augusto concesse la città ad Erode, Ant. 1 5 ,7,3 ( 2 1 7) ; B.l. 1 ,20,3 (396), e grazie a questi riconquistò fi­ nalmente la propria prosperità. Mentre in precedenza era stata una città salda, ma relativamente piccola, sotto Erode fu conside­ revolmente ampliata, così che, con un perimetro di venti stadi, non risultava inferiore alle città più importanti. Erode vi insediò seimila coloni, dei quali alcuni erano soldati in congedo, altri provenivano dalla popolazione delle aree vicine. I coloni ricevet­ tero ottimi lotti di terra. In aggiunta, le fortificazioni furono rin­ novate ed ampliate. Infine, con l 'edificazione di un tempio ad Augusto e di altri sontuosi edifici , la città acquistò anche lo splen­ dore della cultura moderna.•"" Erode chiamò la città restaurata l:E�a.CT'ti) , Ant. 1 5 ,8,5 ( 3 9 2 ) ; B.l. 1 ,2 1 ,2 ( 40 3 ) ; Strabone 1 6 ,2 , 34 (760), in onore dell'imperatore, che da poco aveva assunto il titolo di Augusto. Le sue monete presentano la leggenda l:E�a.­ CT'tTJVWV o l:E�a.CT'tTJVWV I:vp(ia.c;) ed un'èra speciale, iniziante con l'anno della restaurazione, probabilmente il 2 5 a.C.4'0 La cit­ tà è menzionata anche nella letteratura rabbinica sotto il nuovo nome di Sebaste (sbsti) .•" L'affermazione di Giuseppe secondo cui Erode le concesse una «costituzione eccellente» , É!;a.ipE'tOV EVVO(l.ta.\1, B.l. 1 ,2 1 ,2 (403) non è delle più perspicue. È possi­ bile che la regione samaritana fosse subordinata alla città di Seba­ ste, come la Galilea era sottomessa a Sepphoris (e Tiberiade), e la Giudea a Gerusalemme. In occasione dei subbugli scoppiati tra i Samaritani sotto Pilato, si fa menzione di un «consiglio dei Samaritani», :Ea.p.a.pÉwv 'Ì} �ovÀ.{) , che fa pensare ad un'organiz408. Ciò è att�tato soltaoto da Cedreno, ed. Bekker I, p. 323: 't"TJV 't"WV ra�LVLwv ! leggi ra:�LVLtWV ] 1tO}..Lv, 't-i]V 1tO'tE l:llJ..UipELO:V, [ Erode] l1tLX't"Laa;� l:E�O:a'ti)V a;,j.. 't"TJV 1tPOaT)yopwaE. Chiaramente Cedreno confonde qui Erode il Grande con Erode Antipa, e questi con Agrippa I.

    �09. Per gli importanti resti della Sebaste erodiaoa e dell'epoca successiva, cfr. in par­ ticolare Reisner, Fisher, Lyon, Harvard Excavations at Samaria I ( I 924) pp. I67-223; Samaria-Sebaste I (1942), pp. 51·91. 4 10. Per le monete, dr.

    BMC Palestine, pp. XXXVII-XLI. 78-81. Sulla data, dr. vol. I, p. 366, n. 9 · 41 1 . m'Arak. �.>: i oparchi di Sebaste» (prdswt sbsti) sono qui addotti come esempio di una proprietà particolarmente preziosa ; dr. Neubauer, Géographie du Talmud, pp. 17 1 s.; Krau>S, Lehnu.•iirter 11, p. 370.

    210

    § 2J. ISTITUZIONI POLITICHE

    zazione politica unitaria del territorio, Ant. 1 8 ,4,2 (88).412 Sol­ dati Sebasteni servirono nell'esercito di Erode e appoggiarono i Romani contro i Giudei nei conflitti che esplosero a Gerusalem­ me dopo la morte di Erode, B. I. 2 , 3 ,4 ( 5 2 ) ; 4,2-3 ( 5 7 ss . ) ; Ant. 1 7 ,1 0,3 ( 2 6 6 ) . Nella divisione della Palestina che ne segul, Seba­ ste passò, col resto della Samaria, ad Archelao, Ant. 1 7 , I I ,4 ( 3 20); B.I. 2 ,6,3 (96); dopo la sua destituzione, fu sotto il go­ verno dei praefecti romani, e quindi, per qualche tempo, di Agrip­ pa I , per tornare infine sotto i procuratori. Durante quest 'ultimo periodo, i soldati Sebasteni costituirono un elemento importan­ te delle truppe romane stazionate in Giudea (cfr. vol. I , pp. 447 ss.). Allo scoppio della rivolta, Sebaste fu attaccata dai Giudei , B. I. 2 , 1 8 , 1 (460) . Con la sua popolazione prevalentemente paga­ na, la città rimase senza dubbio dalla parte dei Romani, come lo era già stata durante i disordini che erano seguiti alla morte di Erode, Ant. 1 7 , 1 0,9 (289); B.I. 2 ,5 , 1 (69). La popolazione sa­ maritana stanziata nei dintorni di Sichem (vedi sopra) adottò, invece, un atteggiamento del tutto diverso. Raccoltasi sul monte Garizim, progettò di ribellarsi, ma fu massacrata da un distacca­ mento inviato da Vespasiano, B.I. 3 ,7,32 ( 3 07-3 1 5 ) . Sotto Settimio Severo, Sebaste divenne una colonia romana,4'3 ma perse poi di importanza davanti alla crescente prosperità di Neapolis.4'4 Eusebio vi fa riferimento come ad una «piccola cit­ tà» !'' Ciononostante, il suo territorio era abbastanza esteso per includere, ad esempio, Dothaim , dodici miglia romane a nord.4'6 412. Potrebbe, tuttavia, trattarsi semplicemente di un riferimento al consiglio della città greca di Samaria, il cui territorio (xwprx) includeva in quel tempo l'area in cui vivevo la popolazione samaritana. Ma cfr. Avi-Yonah, Holy Land (ad esempio la map­ pa a p. 92), che sembra ritenere che l'area samoritana non facesse parte del territorio di Sebaste; cosl ancora lo stesso autore, in Safrai e Stern (edd.), The Jewish People in the First Century 1 (1974), pp. 99-100. In questo caso, l'allusione potrebbe essere ad un comune consiglio dei Samaritani, distinto dalla �ov>.i) della città di Sebaste. 413. Digest. )0,1},1,7 (Ulpiano): Divus quoque Severus in Sebastenam civitatem co­ loniam deduxit. Su monete: COL. L. SEP. SEBASTE (sulle monete, dr. sopra, n. 410). 414. Ammiano Marcellino 14,8,n, menziona Neapolis, ma non Sebaste, tra le città più importanti della Palestina. 415. Eusebio, Onomast., ed. Klostermann, p. 154: l:E�o:a·n'Jv, 't'Ì]V vuv 1tOÀ.LXV1JV "tij� IIo:À.txLa'tLV'IJ�. Cfr. Stefano Biz., s. v. l:E�txa'ti] ... fa'tL SÈ xo:t lv 'tfi l:tx�txpEL'tLSL 1tOÀ.LXVLOV. 416. Eusebio, Onomast., ed. Klostermann, p. 76: .1wao:El�... SIAX!-LlvEL tv 6p(o� l:E-

    I. LE CITTÀ ELLENISTICHE ( GABA) 2 5 . Gaba,

    gb' o gb'h (

    211

    rri�a. o ra.�ri. I l nome, che corrisponde all'ebraico

    collina), non è infrequente come toponimo in Pa­ lestina, ma la Gaba di cui ci occupiamo qui si trovava, secondo la precisa descrizione data da Giuseppe, vicino al Carmelo, nella Grande Pianura, in prossimità della regione della Tolemaide e ai confini della Galilea, quindi sulle pendici nord-orientali del Car­ melo; si veda, in particolare, B.l. J , J , I ( 3 5-36) e Vita 24 ( 1 1 41 1 8 ). Erode vi insediò una colonia di cavalieri in congedo, per cui la città era nota anche come ITéÀ.tc; bmÉwv, B.I. J , J , I ( 3 6 ) ; Ant. I 5 , 8 , 5 (294) .>; un'interpretazione sicura del passo è tanto più difficile in quanto il testo è incerto . Dindorf congettura ltvijxEv av-ti}v llv-toxplt-topL, mentre Niese adotta la lezione i)y6pEVEV llv-ti}v av-toxp!l-top(oa. In verità, spesso si ritiene, come nell'ed. Loeb, ad loc., che Giuseppe abbia usato l'appellativo llV"tOXPil"top(ç, modellandolo sull'equivalente greco di imperator. Se cosl fosse, nulla si potrebbe de­ durre per quanto riguarda il rapporto della città con la zona circostante.

    9 (37 ). Giusto ebbe a dire di Tiberiade: Wç Ti 1t6),..ç lo--tlv ad -rijç ra),�r Ì.1111lç, lip�ELEV oÈ i1t( YE "tWV 'Hpwoov xp6vwv "tOU "tE-tpocpxov xal X"tLO""tOV YEVO· !J.Évov, �ov),1Jl}Év-toç llv"tou -tT!v l:E1tcpwwrwv 1t6ì.w -t'ii TL�EpLÉwv u1t11xovELV.

    486. Vita

    I. LE CITTÀ ELLENISTICHE (SEPPHORIS)

    22 3

    riade fu separata dalla Galilea e data ad Agrippa n; di conse­ guenza Sepphoris divenne di nuovo capitale.487 Forse fu in quel­ l 'occasione che ricevette il nome di Eirenopolis Neronias Sep­ phoris.488 Così, queste due città occuparono alternativamente, nei confronti della Galilea, la stessa posizione occupata da Geru­ salemme nei confronti della Giudea (vedi sotto, pp. 248 s.). Sepphoris costituiva in quel tempo la fortezza più importante della Galilea4119 e, dopo Tiberiade, la città più grande della pro­ vincia.490 Rivestì, quindi, un'importanza capitale il fatto che, al­ lo scoppio della guerra giudaica, non sostenesse la rivolta, ma re­ stasse sin dall'inizio a fianco dei Romani. Quando Cestio Gallo marciò contro Gerusalemme, Sepphoris assunse un atteggiamen­ to amichevole nei suoi confronti49' e rimase fedele a Roma duran­ te l 'inverno del 66/67 d.C., quando Giuseppe organizzava la ri­ volta in Galilea.49' Egli la prese quindi con la forza, ma non fu in grado di impedirne il saccheggio da parte delle sue truppe gali487. Vita 9 (38): lip;txt yètp Eullùç "tTJV J,Jkv l:Émpwptv, ÉTmSi} 'PWJ..Ltx(otç um]xouCTE, "tijç roc:l,.t:l,.octaç. 488. Per l'identificazione di una piccola serie di monete le cui leggende frammentarie

    possono essere combinate per formare la lezione EIPHNOTIOAI NEP.I1NIA l:ETI­ (.11PU:), cfr. H. Seyrig, 'Eirenopolis-Neronias-Sepphoris', NC ro (1950), pp. 284-289.

    489. B. I. 2,I8,rr (5II): -q Xtxp"tEpw't6."t'l] "tijç rocA.tA.et(txç 'ltOÀ.tç l:t'ltcpwptç; cfr. B. I. 3,2,4 (34). L'o'txpo'ltoÀ.�.ç è menzionata in Vita 67 (376); cfr. m'Arak 9,6: q!rh bjinh Jl !iPwr;n, �l'antica rocca di Sepphoris>>; tShahh. 13,9: q!tr' Jb!iPwr;. 490. Vita 65 (346): 'tWV lv "v

    495· Vita 74 (4u); B. l. 3,2.4 (31); 34,1 (6r). La guarnigione inviata in precedenza da Cestio Gallo o era stata ritirata nel frattempo, oppure era ora sostituita o rafforzata dalle truppe di Vespasiano. 496. Cfr. de Saulcy, Numismatique, pp. 325-330, tav. XVII, nrr. 1-7; BMC Palestine, pp. xr-xm. I·4· Sull'identità eli Sepphoris e Diocesarea, vedi Epifanio, Haer. 30,n; Girolamo, Onomast., ed. Klostermann, pp. I7, 13 s. e il Prologus in lonam (CCL LXXVI, p. 378); Egesippo, De bello lud. l, 30,7. 497· Eusebio, in Onomast., chiama la città esclusivamente aLOXO:I46.pELO: (vedi l'indi­ ce in Klootermann). Cfr. anche, oltre alla bibliografia citata nella nota precedente, Socrate, H.E. 2,33; Sozomeno, H.E. 4,7; Teofane, Chronographia, ed. Bonn 1, p. 6 1 ; Cedreno, ed. Bekker, 1 , p. 524; R. Le Quien, Oriens christ. III, p. 7I4. 498. Sull'uso ininterrotto del nome di Sepphoris, vedi sopra, nn. 476-478. Per la Sep­ phoris dell'età più tarda, cfr. A. Biichler, Tbe Politica/ and Social Leaders of the ]ewish Community of Sepphoris in the Second and Third Centuries (1909); 'The Mi­ nim of Sepphoris and Tiberias in the Second and Third Centuries', Studies in ]ewish History (1956), pp. 245-274; M. Avi-Yonah, 'A Si.xth-Century Inscription from Sep­ phoris', IEJ I I (r96 1), pp. r84-r87. 499· Eusebio, Onomast., p. 78: aa:�ELp6. ... tv -re;. opEL 9a:�wp, Èv opLOI.t,; ALOXO:I.D"O:pd­ (lç. Anche Gabatha, la moderna Gevat (Gebata), a circa 7-8 miglia romane da Dioce­ sarea, faceva parte del suo territorio (cfr. sopra, n. 420); per quest'ultimo, cfr. Avi­ Yonah, Holy Land, pp. I35·I39· 500. Cfr. E. Kuhn,

    Die stodtische und biirgerl. Verfassung

    11,

    pp. 352 s.;

    V ber die Ent·

    I. LE CITTÀ ELLENISTICHE (IULIAS/LIVIAS)

    225

    tà chiamata Beth-haram (bjt h,-m o bjt hrn), a est del Giordano, nel territorio del re amorreo di J:Ieshbon (Ios. 1 3 ,27; Num. 3 2 , 3 7 ) . Nel Talmud di Gerusalemme si ha bjt rmt', come nome più recente di questa Beth-haram'0' e sia Eusebio che Girolamo iden­ tificano la biblica Beth-haram con la località a loro nota come BT]i}pa!J.(j)M. o Bethramphtha.'0' La seconda è in ogni caso iden­ tica a BT]t)ap&.!J.a:itoç, dove Erode il Grande possedeva un palaz­ zo che fu distrutto durante l'insurrezione scoppiata alla sua mor­ te.'o' Questa Bethramphtha fu quindi ricostruita e fortificata da Erode Antipa, e fu chiamata Iulias in onore della moglie di Au­ gusto, Ios . , Ant. 1 8 ,2,1 (27); B.I. 2 ,9 , 1 ( 1 68). Eusebio e altri la chiamano Livias invece di Iulias,'04 e anche in altri luoghi si fa spesso riferimento alla città con il nome di Livias.'0' Ora, la mostehung der Stiidte der Alten (1 878), p. 426; Conder, The Survey of Eastern Palestine, Memoirs etc. 1 (1 889), pp. 238 s.; Thomsen, Loca sancta, 83 s.; N. Glueck, BASOR 91 ( 1 943), pp. 20.2 1 ; E:x:plorations in Eastern Pa!estine IV, AASOR XXV-VIII (1951), pp. 38-9 1 ; Abel, Géog. Pal. I I , p. 273; G. Hassler, ZDPV 78 (1962), pp. 6o-63; Avi­ Yonah, Holy I..and, pp. 96. 105. M. Donner e H. Cii pper ZDPV 83 (1967), pp. 22-23 ritengono che questa regione sia ritratta nella mappa musiva di Medaba (tavv. IHII Avi-Yonah). Or. anche Enc. Jud. 4, col. 736. 501. iShebi. 38d {su mShebi. 9,2). La Perea appare qui divisa in tre parti, secondo le sue caratteristiche fisiche: monti, pianura, valle (br, Iplh e 'mq). Sui monti si trova, ad esempio, Macheronte; nella pianura I:Ieshbon; nella valle bit hrn e bit nmrh; bit rmth e bit nmrin sono quindi indicati come i nomi più recenti delle ultime due locali­ ti. Nella Tosefta (tShebi. 7,n) ambedue le cittl sono chiamate bit nmrh rmt'; è stato forse omesso bit prima di rmt', oppure questa località era conosciuta semplicemente come rmt'? 502. Eusebio, Onomast., ed. Klostermann, pp. 48-49. 503. B.I. 2.4,2 (59). Nel passo parallelo, Ant. 17,10,6 (277) il nome è corrotto. Invece di t" 'Alll BT]t)apallat)oLç.

    504. Eusebio, Onomast. , ed. Klostermann, p. 48: BTJllpaJ) . Questa organizzazione locale si mantenne senza mutamenti sostanziali anche nell'epoca post-esilica. Cosl, anche nei periodi persiano e greco si parla spesso degli «anziani>) della città (Esdr. r o , r 4 ; Iudith 6 , r 6 .2 r ; 7,2 3 ; 8 , r o ; r o,6; 1 3 , 1 2 ) . Per il periodo romano, si hanno prove dell'esistenza di consigli locali, ad esem­ pio nell 'affermazione di Giuseppe che Albino, per ingordigia, rimise in libertà, in cambio di una ricompensa pecuniaria, alcune persone che erano state imprigionate per furto dal loro consiglio locale (�ouÀ:i)).' Questo dimostra che era la �ouÀ:i) stessa ad eser­ citare ad un tempo le funzioni esecutiva e giudiziaria. È possi­ bile tuttavia, particolarmente nelle città più grandi, che esistes­ sero, oltre alla �ouÀ:i), altre corti speciali. A sinedrii locali si al­ lude, probabilmente, in Mc. 1 3 ,9 = Mt. r o , r 7 , dove si dice che I . B.I. 2,J4,I (273): xal -.;oùç, É1tl ÀTICl"""T:E� oEilE!Jivouç, U1t6 -.;i'jç, 1tap'lxlio--.:or.ç, �ou­ ).i'jç, il ""T;W\1 1tpo-.:tpwv E1tL""T:p61tW\I a1tEÀv-.:pou TO� CTUyyEvtcn.

    II. LA REGIONE GIUDAICA

    2 35

    il credente sarà consegnato Ei.� auvÉOpL!I. Alla stessa categoria appartiene il auvÉOptov menzionato in Mt. 5 , 2 2 , mentre i 1tPE­ cr�v'tEpoL 'tWV 'IouO!ILWV, che si incontrano con Gesù a Cafarnao (Le. 7,3), erano presumibilmente anche membri del consiglio locale.' Tuttavia, è soprattutto nella Mishna che si presuppone l 'esistenza di tribunali locali nei diversi distretti giudaici.l Giu­ seppe allude a «funzionari di villaggio» al tempo di Erode.4 2. Cfr. i 1tpta�u"tEpo� -cijç XW(.lT]ç in Egitto; F. Preisigke, Worterbuch m, p. 147; M. Strack, 'Die Miillerinnung in Alexandrien', ZNW 4 (1903), pp. 213-234; H. Hau­ schildt, 'Tipta�u"tEpo� in Agypten im I.·III. Jahrh. n. Chr.', ibid., pp. 235·242. Cfr. L. Mitteis e U. Wilcken, Grundziche nell'uso rabbinico. L'imposizione delle mani in origine era effettuata da singoli maestri, ma il privilegio fu più tardi riservato al patriarca, o da solo o in unione con la sua corte (iSanh. 19a). Il rito vero e proprio dell'imposizione delle mani sembra essere stato ab­ bandonato nel sec. n d.C. - il tennine usato in seguito è mnwj = nomina - e l'or­ dinazione stessa ebbe fine, al più tardi, con l'estinzione del patriarcato nel 425 d.C., ma forse prima ancora. «Quando la cerimonia dell'ordinazione divenne una preroga· tiva ufficiale del patriarca, l'usanza di imporre le mani ... perse il suo significato e fu abolita» (J.Z. Lauterbach, 'Ordination', JE IX, p. 429). La sua scomparsa è attribuita da alcuni studiosi al contraccolpo negativo dell'adozione della stessa prassi da parte dei cristiani; cfr. Lauterbach, JE rx, p. 429; cfr. anche L. LOw, Gesamme/le Schriflen IV ( 1898), p. 215. Sulla smjkh rabbinica in generale, cfr. A. Epstein, 'Ordination et au­ torisation', REJ 46 ( 1903), pp. 197·2 I I ; ].Z. Lauterbach, 'Ordination', ]E IX ( 1905), pp. 428-430; J. Coppens, L'imposilion des mains et /es riles connexes dans le Nou­

    veau Testamenl et dans l'église ancienne ( 1925); ]. Newman, Semikhah (Ordination): Il Study of its Origin, History and Function ( 1950); E. Lohse, Die Ordinalion im Spiitjudentum und N. T. (1951); D. Daube, 'The Laying on of Hands', Tbe New Testa­ meni and Rabbinic ]udaism (1956), pp. 224-246; H. Mantel, Studies in the Hislory of the Sanhedrin ( 1961), pp. 38. 206-221; Idem, 'Ordination and Appointment in the Period of the Tempie', HThR 57 (1964), pp. 325-346; S. Zeitlin, 'The Semikah Con­ l roversy between the Schools of Shammai and Hillel', JQR 56 (1966), pp. 240-244 ; A. Rofé, 'Semikhah', Enc. Jud. 14 (1971), coli. II40·II47· 4 ' . Ricorrono le formule seguenti: r. cipx�pe:i: hanno il diritto di partecipare al servizio sacerdotale: «sacerdoti» e t1Jl.EV "..>..'tv "toi:; JlaÀ.to--.:a 7tOÀ.UXPTJJlll"tov Swptav. Ios., Ant. 3,9,1 (227). B. Ritter, Pbilo und die Halacha, p. 126. Anche tra i Greci la pelle degli ani­ mali sacrificati apparteneva ai sacerdoti; lo stesso secondo il primo tariffario sacrifi­ cale di Cartagine (CIS I, nr. 167; Cooke, nr. 43; KAI, nr. 74), mentre secondo il tarif­ fario di Marsiglia, che pure deriva da Cartagine (CIS I, nr. 165; Cooke, nr. 42; KAI, nr. 69), apparteneva all'offerente. Cfr. J.B. Pritchard, Ancient Near Eastern Texts Re­ lating to the O.T. ('1955), pp. 502 ss. Sugli olocausti in generale, vedi Lev. 1,3-17; W.B. Stevenson, 'Hebrew 'olah and zebach Sacrifices', in Festschrift Bertholet ( 1950), pp. 109-r r8; L. Rost, 'Erwiigungen zum israelitischen Brandopfer', BZAW 77 ( 1958), pp. 177-183; R. de Vaux, Studies in Old Testament Sacri/ice (1964), pp. 27-5 1.

    Il.

    GLI EMOLUMENTI DEI SACERDOTI

    tuttavia esse costituivano soltanto la minima parte degli introiti sacerdotali; per di più, ne beneficiavano soltanto i sacerdoti of­ ficianti. L'effettivo volume degli introiti era costituito dagli emo­ lumenti versati indipendentemente dai sacrifici, e aventi, quindi , il carattere di vere e proprie tasse in favore del sacerdozio. Que­ sti emolumenti, connessi in parte con i prodotti agricoli e in par­ te con l'allevamento del bestiame, erano pagati o in natura o col denaro corrispondente. Gli emolumenti relativi ai prodotti del suolo erano di quattro tipi e dovevano essere ripartiti nel seguen­ te ordine.'6 1 . Le primizie, bikkurim, delle cosiddette «sette specie» , vale a dire dei sette principali prodotti agricoli della Palestina elenca­ ti nel Deuteronomio (8,8): frumento, orzo, uva, fichi, melogra­ ni, olive e miele. Quelli che vivevano vicino a Gerusalemme por­ tavano frutta fresca, quelli lontani frutta secca. La gente andava in processione a presentare le proprie offerte, in quella che è de­ scritta da Filone e dalla Mishna come una festa gioiosa. La popo­ lazione della campagna si raccoglieva nelle principali città e al suono dei flauti s'incamminava verso Sion, in festoso corteo, con in testa il bue destinato al sacrificio di comunione, con le corna indorate e adorne di rami d'olivo. A Gerusalemme, i sacerdoti più eminenti uscivano incontro alla processione. Il popolo depo­ neva ghirlande sui cesti che contenevano le primizie e li portava sulle spalle al Monte del tempio , fino al cortile. Alla processione prendevano parte anche le personalità più in vista, compreso lo stesso re Agrippa. Quando il corteo entrava nel cortile, i leviti lo accoglievano col canto del salmo 30. Ciascun partecipante conse­ gnava quindi il cesto al sacerdote, recitando Deut. 26,5- 1 0 ; il ce­ sto veniva deposto a fianco dell'altare.'7 2 . Veniva quindi la cosiddetta t'ruma, che aveva il carattere di un pagamento, in favore dei sacerdoti, puramente in natura ed r6. Sul loro ordine di successione, dr . mTer. 3,6-7. 17. Cfr., in generale, Num. r8,r3; Nehem. ro,36; anche Ex. 23,19; 34,26; Deu!. 26,t· r r ; los., Ant. 4,8,22 (241). Nella Mishna, l'intero trattato Bikkurim è ded icato al tema delle primi2ie; dr. specialmente mBikk. r ,3 (sulle «sette specie » che devono essere offerte) e 3,1·9 (descrizione della processione festosa). Filone tratta l argomen to in Spec. Leg. 2,29 ( r62·rn). Cfr. ].A. MacCullock, s. v. 'Firstfruits', HERE vr, pp. 41 s . ; O . Eissfddt, Erstlinge und Zehnte im AT ( 1917); A. Wendel, Das Opfer in der altis· rael. Religion (1 927), pp. 99.174 ss.; HR. Guthrie, ]r., s. v. 'Tithe', IDB rv, pp. 654 ss. '

    J26

    § 24. IL SACERDOZIO E IL CULTO DEL TEMPIO

    era perciò diversa dall'offerta delle «primizie», dal significato piuttosto simbolico-religioso. Per t'rumO. in senso stretto (in sen­ so lato, t'ruma è qualunque cosa venga «elevata», cioè ogni of­ ferta portata al santuario) , il giudaismo rabbinico intende l'offer­ ta ai sacerdoti dei migliori frutti della terra e degli alberi . Questa offerta riguardava non solo le «Sette specie», ma qualunque pro­ dotto dei campi e degli alberi. Anche in questo caso, i più impor­ tanti erano il frumento, il vino e l 'olio. Il tributo non veniva pa­ gato secondo una misura, un peso o un numero' 8 prefìssati, ma doveva ammontare, in media, a un cinquantesimo del reddito di una persona; un quarantesimo era considerato un'offerta gene­ rosa, un sessantesimo un'ablazione piuttosto meschina.'9 Quan­ to si metteva da parte per la t'ruma poteva essere consumato sol­ tanto da sacerdoti.20 3 . Dopo la separazione di queste due offerte, bisognava mette­ re da parte il tributo più importante e grande di tutti, quello del­ la decima. I vangeli mettono bene in risalto con quale scrupolo fossero osservate le leggi della decima: persino i prodotti meno preziosi, come la menta, l 'aneto e il cumino, erano sottoposti al­ la decima (Mt. 2 3 ,2 3 ; Le. 1 1 ,4 2 ) . Il principio stabilito nella Mishna a questo riguardo suona : ." La resa di questa tassa doveva essere considerevole, 18. mTer. 1,7. 19. mTer. 4,3. Cfr. Girolamo, Comm. in E:r.ech. 45,13·14 (CCL LXXV, p. 682): At ve­ ro primitiva quae de frugibus offerebant, non erant speciali numero definita, sed of· ferentium arbitrio derelicta. Traditionemque accepimus Hebraeorum non /ege prae· ceptam, sed magistrorum arbitrio molitam: qui plurimum, quadragesimam partem dabat sacerdotibus, qui minimum, sexagesimam: inter quadragesimam et sexagesimam licebat offerre quodcumque voluissent. 20. Cfr., in generale, Num. r8,u; Nehem. 10,38. Per le norme rabbiniche, vedi il trattato Terumoth. Filone, Spec. Leg. I,27 ( I 34): 7tp0CT"t6."tn� xa;l a1tÒ "tljç li"À.).T)ç x-t"i)crtwç 6.7t6.pxtcrlta.�. xa;lt'h..a:��AKTOY KAI IIEPIBOAOY OI: A AN AH 9H EAYT!ll AITIO:E El: TAl AIA TO EEAKOAOY 9EIN SANATON 58. mKe/. 1,8: «Il Monte del tempio (vedi mMidd. 2,1) è più santo (che il resto della

    città), poiché nessun uomo e nessuna donna con un flusso (zbim wzbwt), nessuna don­ na mestruata e nessuna puerpera (cfr. Lev. 1 2 ; Iub. 3,9-14) possono accedervi. Lo l?il (vale a dire lo spazio delimitato dalla cancellata) è più santo, poiché nessun paga­ no e nessuno che sia impuro per contatto con un cadavere vi può entrare. L'atrio delle donne è più santo, poiché nessuno che si sia 'immerso' (che abbia fatto il bagno a motivo di un'impurità che duri fino a sera) può entrarvi ... L'atrio degli Israeliti è più santo, poiché nessuno 'che non abbia espiato' (che per una qualche colpa non abbia ancora offerto il sacrificio prescritto) vi può entrare... L'atrio dei sacerdoti è più santo, poiché nessun Israelita vi può entrare, eccetto quando è necessario per impor­ re le mani, scannare c agitare (l'offerta)»; cfr. J. Neusner, A History of the Mishnaic Law o/ Purities I ( r974), pp. 37·40. L'atrio delle donne, l'atrio degli Israeliti e l'atrio dei sacerdoti fanno parte dell'atrio interno (sul quale vedi la sezione IV, in/ra). Que­ ste minuziose prescrizioni della Mishna non si accordano del tutto con i dati paralleli forniti da Giuseppe, B. I. 5,5,6 (227): yo'.loppo(otç [.Il" o'Ì] xat À.E"JtpoLç 'Ì] 1t6À.tç 8).1],

    't'Ò !i'(EpÒ'>I ywatXW'J l[.l[.li}votç a"JtExlXÀ.Et.O''t'O, "JtapEÀ.i)Ei:V O� 't'ctll't'atç OUO� xai)a;. pai:ç ll;ijv Bv "JtpoE("Jta[!.tV 8pov. 'A'>I!ìpwv lì'o( [.lTJ xaM1tav 'Ì]yvEux6nç Etpyov't'o 't'ijç fvlìo" auÀ.ijç, xat 't'wv lEplwv 1taÀ.tv ol Jt'ÌJ xai)apEvov't'Eç E[pyovu. c. Ap. 2,8 ( 103): In exteriorem [porticum] itaque ingredi licebat omnib11s etiam alienigenis; mulieres tuntummodo menstr��atae transire prohibebantur. In sec11nda vero porticu cuncti lu­ daei ingrediebantur eorumque coniuges, cum esseni ab omni po/lutione mtmdae; in ter· tia mascu/i Iudaeorum mundi existentes atque purificati, in quartam autem sacerdotes stolis induti sacerdotalibus. '9· Filone, Spec. Leg. 1 ,62 ( 156): 't'OV't'WV ol 11�v É1tl i)Upatç !lìpuv't'at 1tllp'au't'ai:ç

    35 2

    § 24. IL SACERDOZIO E IL CULTO DEL TEMPIO

    Mishna afferma che (durante la notte) i !eviti fungevano da sen­ tinelle in ventun punti e i sacerdoti in tre. Alcune delle sentinel­ le levitiche stavano ai cancelli e agli angoli dell'atrio esterno (dal­ la parte interna), altre ai cancelli e agli angoli dell'atrio interno (dalla parte esterna); le sentinelle sacerdotali erano nell'atrio in­ terno.6o Un capitano del tempio faceva la ronda di notte per as­ sicurarsi che le sentinelle fossero sveglie.6' Questo funzionario era chiamato 'ji hr hbjt. Occasionalmente si parla anche di un 'jS hbjrh.6' Poiché il linguaggio della Mishna, per indicare la spiana­ ta esterna del tempio - anche quando intende distinguerla dall'a­ trio interno -, conosce solo l 'espressione br bbjt,6' 'jS br bbjt de­ ve riferirsi al capitano del tempio responsabile dell'ordine nel cortile esterno, mentre l' 'iJ bbjrb era il responsabile del tempio stesso. Infatti, bjrb non può essere la fortezza Antonia, che era sotto un cppovp11pxoc; romano/• ma soltanto il tempio.6' Perciò questi due gruppi di ufficiali devono essere identici ai sgnjm o cr":pa·nJYoC di cui s'è già trattato. Anche la chiusura e l'apertura di tutte le porte degli atrii, che rimanevano chiuse la notte, faceva parte dei doveri dei responsa­ bili della sicurezza. Vi era anche un ufficiale incaricato di sorve­ gliare la chiusura delle porte.66 Secondo Giuseppe, per questa o­ perazione erano necessari ogni volta duecento uomini,67 venti soltanto per il pesante portone in bronzo del lato orientale.68 Si dice che lo stesso portale del tempio, quando veniva aperto, fa­ cesse uno stridio tale da essere udito fino a Gerico.69 Gli anziani del turno sacerdotale di guardia nell'atrio avevano la custodia delle chiavi.70 Quando i corsi sacerdotali cambiavano, il turno -rocu; E!116òou; 1tUÀ!.lpo(· ot oÈ Et.,-"' xa-riÌ -rb 1tp6vaov Ù1tÈp -roii [li} nva wv ou �É[J.tupwv (3ucrcrivoLione dell'incen­ so, Ex. 30,34-38. Sull'altare dell'incenso, Ex. 30,r-ro; 37,25-29; r Mach. 1,21; 4.49; Fi­ lone, Vita Mosis 2,21 (101); Spec. Leg. 1,35 (r7r); los., Ant. 3,6,8 (147); B.I. 5,5,5 (2r6). M. Liihr, Das Riiucheropfer im Alten Testament (1927); A. Vincent, La religion des judéo-araméens d'Éiéphantine (1937), pp. 212-223; M. Haran, 'The Censor lncense and Tamid lncense', Tarbiz 26 (1956), pp. II5-125; Idem, 'The Use of lncense in the Ancient lsraelite Ritual', VT ro (r96o), pp. 113·129; R. de Vaux, Ancient Israel (196r), pp. 319. 4rr; H.H. Rowley, Worship in Ancient Israe/ (1967), pp. 84 ss.; J. Milgrom, 'Altar', Enc. Jud. 2, coli. 765-767. Su zhb nel significato di incenso, dr. G. Ryckmans, 'De l'or (?), de l'encens et de la myrrhe', RB 58 (1951), pp. 372-376; R. de Langhe, 'Het gonden altaar in de lsraelitische eredienst', Mededelingen van de Ko­ ninklijke Vlaamse Academie, Klasse de Letteren 14, nr. 6 (1952), pp. 3-23; Studia Bi­ blica et Orientalia 1 (1959), pp. 342-360 = Bibl. 40 (1959), pp. 476-494. Mzbf? hzhb: m]om. 5,5.7; mHag. 3,8; mleb. 5,2; mMen. 3,6; 4.4· Mzbh hpnjmi: m]om. 2,3; 5,5; mZeb. 4,2; mMe'il. 34; mTam. 3,6.9; 6,r. L'esistenza dell'altare dell'incenso nel se­ condo tempio è unanimemente attestata dal tempo dei Maccabei fino a Giuseppe e al­ la Mishna. t vero che Ecateo di Abdera, in Ios., c. Ap. 1,22 (198), menziona, oltre al

    3 64

    § 24. IL SACERDOZIO E IL CULTO DEL TEMPIO

    bracci (m'nora), che era mantenuto continuamente acceso;'8 3· a nord dell'altare, la tavola d'oro dei pani della proposizione, su cui ogni sabato erano poste dodici focacce fresche.'9 candelabro, soltanto un �w�6� d'oro all'interno del tempio, che potrebbe essere sia la tavola dei pani della proposizione sia l'altare dell'incenso; è vero altresl che l'alta­ re dell'incenso non è elencato tra gli arredi trovati nel tempio da Pompeo, Ant. 14, 4.4 (72), ma nel passo parallelo, B.I. 1,7,6 (152), accanto al candelabro e alla tavola, si fa menzione anche di IN!-114...-i)pta. termine che potrebbe designare l'altare dell'in­ censo. Se si tien conto di tutta la restante documentazione, non ci possono comunque essere dubbi sull'esistenza dell'•ltare al tempo di Pompeo, poiché anche il fatto che non figuri tra il bottino di Tito, B.I. 7,5,5 (218), si spiega col suo valore limitato. � meno certo che esistesse al tempo di Ecateo (sec. m a.C.). -

    x8. Sulla manutenzione della m'nor/J, cfr. Ex. 27,2o-21; 30,7-8; Lev. 24,1-4; Num. 8, 1-4; 2 Chron. 13,II. Dai testi biblici sembrerebbe che le lampade venissero accese soltanto di sera, perché ardessero durante la notte. Cosl anche Filone, Spec. Leg. 1,54 (296). Secondo los., Ant. 3,8,3 (199), invece, di giorno ardevano tre delle set­ te lampade e di notte tutte e sette; secondo la Mishna, solo una di giorno e tutte e sette di notte, mTam. 3,9; 6,x; cfr. Si/ra a Lev. 24,1-4 (ed. Weiss ro3a-b), e Sifre a Num. 8,1-4 (ed. Horovitz, §§ 59-61, pp. 57-59). Cfr. anche Ecateo in Giuseppe, c. Ap. I,>> (199): l1tl ...-ou...-w" q>w� la-...-t'\1 &:'lla.1t6CT�E.,....-o" xa.t ...-à� "ux...-� xttL ...� i)�Épa.ç. Diodoro 34,1,4 FGrH 87 Fro9 = Stern, GLAJJ I, nr. 63: ...-6v 6t &:M:va....-ov À.E­ y6!-1EVOV 1ta.p'a.u...-ocç Mx"o" xa.l. xru.6�E'IIO'II &:6ta.À.d1t...-� l'li ...-.;:. vtt in Enc. Jud. II, coli. '355-1363. Una m'nora erodiano incisa sull'intonaco fu scoperta durante gli scavi del 1969 nella Città Vecchia di Gerusalemme; dr. N. Avigad, Qadmoniot 3 (1970), pp. 28 s.; Enc. Jud. II, col. 1358, fig. 19; dr. anche N. Avigad, in ]erusalem Revealed: Archaeology in the Holy City 1968-1974 (1975), pp. 47·49- Probabilmente la raffigurazione più antica è quella fornita dalle monete di Mattatia Antigono con una m'nora a base triangolare, databili al 37 a.C. circa; Y. Meshorer, ]ewish Coins o/ the Second Tempie Period (1967), nrr. 36 e 36A; dr. tav. v. Sulla collocazione della m'nora a sud dell'altare, dr. Ex. 26,35; 40,24. Sulla m'nora come simbolo giudaioo, A.-M. Goldberg, 'Die siebenarmige Leuch­ ter', ZDMG II7 (1967), pp. 232-246. =

    19. Sulla funzione e l'uso della tavola dei pani della proposizione, dr. Lev. 24,5-9; Fi­ lone, Spec. Leg. 1,35 (172·176); Ios., Ant. 3,10,7 (2,·257). Sulla tavola dei pani della proposizione in sé, dr. Ex. 25,23-30; 37,xo-x6; I Mach. 1,22; 4.49; Filone, Vita Mosis 2,22 (104); los., Ant. 3,6,6 (I39-141); B.I. 5,5,5 (216); 7,5,5 (148); mMen. II,5·7· Cfr. anche la descrizione della tavola che sarebbe stata donata al tempio di Gerusalemme da Tolemeo Filadelfo in ep. Arist. (ed. Wendland, §§ 52-72); Ios., Ant. 12,2,7·8 (57-63).

    IV. IL CULTO QUOTIDIANO La facciata del tempio era rivolta a est. Davanti, all'aperto, c'era il grande altare degli olocausti, o «l'altare» xcx:t'EI;oxi)v, sul quale si offrivano tutti i sacrifici, eccettuata l'offerta dell'incen­ so. Era un'alta struttura quadrata, di grandi dimensioni: la base, secondo la Mishna, misurava trentadue cubiti quadrati (mentre l'interno del tempio, ad esempio, era largo solo venti cubiti) ; nel senso dell'altezza, si restringeva in diversi gradini, così che il pia­ no superiore misurava ancora ventiquattro cubiti quadrati!0 L'intera struttura era costituita di pietre grezze, che mai il ferro aveva toccato." Dal lato sud, un pendio in graduale salita, ancora in pietre grezze, conduceva all'altare. Su questo altare il fuoco non doveva mai spegnersi, neanche di notte." Tra il tempio e l'altare, sempre all'aperto, c'era il catino di Cfr. A.R.S. Kennedy, 'Shewbread', HDB IV, pp. 495·497· U na ralligurazione della ta­ vola si trova anche sui rilievi dell'arco di Tito; cfr. H. Holzinger, 'Der Schaubrodtisch des Titusbngens', ZAW 21 ( r 9o r ), pp. 341 s. Sulla colloca>ione della tavola a nord dell'altare dell'incenso, cfr. Ex. 26,35; 40,22. J. Pedersen, Israel m/Iv, p. 3 U n. r, p. 474 n. 3; R. de Vaux, Ancient Israel, p. 422; H.F. Beck, 'Bread of the Presence', IDB I, p. 464; dr. E.R. Goodenough, ]ewish Symbols v (1 956), pp. 62-95 e tavole. 20. Cfr. specialmente le descrizioni in mMidd. 3,1-4 e los., B.I. 5,5,6 (225); Ant. 4,8,5 (2oo-2or ) ; vedi anche Ecateo in Ios., c. Ap. r,22 ( 198) = Stern, GLAJJ I, nr. 12; ep. Arist. (ed. Wendland, § 87); I Mach. 4A4·47: Filone, Spec. Leg. r,,, (274-276). Le misure anche in Ezech. 43,13-I7. Cfr. inoltre 'Altar', JE I, pp. 464-469; RE I, coli. r64o-r69r sui paralleli nei culti pagani; K. Galling, Der Altar in den Kulturen des Alten Orients (1925); W.F. Albright, 'The Babylonian Temple-tower and the Altar of Bumt-Offering', JBL 39 ( 1920), 137-14>; Idem, Archaeology and the Religion of Israel (21946), pp. 150 ss.; G.B. Gray, Sacri/ice in the Old Testament ( r925), pp. 96178; L.H. Vincent, 'L'autel des holocaus:es et le caractère du Tempie d'Ezéchiel' , Mé­ langes Pau! Peeters, Analecta Bollandiana 67 ( r949), pp. 7-20; K. Galling, 'Altar', IDB 1, pp. 96-roo; R. de Vaux, Ancient Israel, pp. 410-413. n. Ecateo in Ios., c. Ap. 1,22 ( 1 98) = Stem, GLAJJ 1, nr. 12: li'tJ..LlJ'tWV cruÀ.À.Éx'tWV /tpywv Mltwv; 1 Mach. 4.47; Filone, Spec. Leg. 1,51 (274): ix l(ltwv loy/towv xal /t'tJ..LlJ'twv; I os. Ant. 4,8,5 (2oo-2or ) ; B.I. 5,5,6 (225); mMidd. 3.4· Gli altari più an­ tichi e più primitivi erano indubbiamente costruiti con pietre grezze o persino con mucchi di terra; nella legisla>ione J si presume che siano ancora in uso (Ex. 20,24-26; dr. Deut. 27,5-6). Ma già Salomone aveva costruito un altare in bron20 a Gerusalem­ me (r Reg. 8,64; 9,25; 2 Reg. r6,r4-I5; 2 Chron. 4,r). Il codice sacerdotale, nell'inten­ to di descrivere l'intero santuario come se fosse portatile, costruisce un altare per gli olocausti in legno rivestito di bron>o (Ex. 27,1-8; 38,r-7; Num. I7,1-5). � ben difficile che sia mai esistito un altare del genere. Nella prassi postesilica si tornò piuttosto al­ le antiche prescrizioni, Ex. 20,25; Deut. 27,5·6. ar. in generale, J. Wellhausen, Ge­ rchichte 1, pp. 30. 38 s. = Prolegomena, 5" ed., pp. 29 s. 3 7 s.; R. de Vaux, Ancient l srael, pp. 4o8-413. 21. Lev. 6,6; Filone, Spec. Leg. 1,52 (285); las., B.I. 2,17,6 (425); dr. 2 Mach. r,18-36. ,

    3 66

    § 24. IL SACERDOZIO E IL CULTO DEL TEMPIO

    bronzo (kijior) già menzionato, in cui i sacerdoti si lavavano ma­ ni e piedi prima di iniziare gli atti di culto. A nord dell'altare, ancora all'aperto, si trovava l'area destina­ ta alla macellazione. Fissati al pavimento c'erano degli anelli a cui si legavano gli animali, all'atto dello sgozzamento e, accanto, dei pilastri a cui venivano appesi una volta uccisi, e tavole di marmo per lo scuoiamento e per il lavaggio delle interiora!' Il tempio, inclusi l'altare e l'area della macellazione, era cir­ condato da un parapetto entro il quale, di norma, potevano sta­ re solo i sacerdoti, mentre i normali Israeliti vi potevano accede­ re soltanto «quando era necessario per imporre le mani, scanna­ re e agitare (l'offerta)» (t'nufJ).24 La parte più importante del culto regolare era l'olocausto quo­ tidiano del popolo, la 'olat ha-tamld o semplicemente ha-tamld, «il perpetUO>) [scii. sacrificio] !' L'usanza di offrire regolarmen­ te un sacrificio quotidiano è relativamente molto antica. Nei par­ ticolari, tuttavia, la sua esecuzione variò a seconda delle epoche, non soltanto in quanto prima dell'esilio le spese erano coperte dai re (Ezech. 45, 1 7 e 46,13-r 5, secondo i LXX), mentre più tar­ di furono a carico del popolo, ma anche nella sua natura effetti­ va!6 Al tempo di AI;Iaz si presentava solo un olocausto al mattino e un'ablazione alla sera (2 Reg . r 6,r5). Questa pratica era cosl saldamente radicata che serviva a scandire le ore della giornata: dire «quando si presenta l'ablazione>) equivaleva a dire �, «dotti», homines literati, in corrispondenza con l'ebraico soferiJn (s6j> (plitt swprim). Le ultime due parole mancano, però, nelle versioni più antiche della preghiera, che presentano anche altre varianti; dr. I. Elbogen , Geschichte des Achtzehngebets (1903), p. 59 [ = MGWJ (1902), pp. 524 s.]; Id., Der iiidische Got/esdienst in seiner geschichtlichen Entwicklung ('1931), p. p. Il termine greco corrispondente, ypa.IJ.IJ.a.'tEV�, si trova ancora in epitaffi giudai­ ci di Roma dei secc. IHV d.C.; dr. [Garrucci, Cimitero degli antichi Ebrei scoperto re­

    t:entenzente in Vigna Randanini (1862). pp. 42. 46. 47· 54· 55· 59· 6r; Idem, Disserta­ zioni archeologiche II (1865), p. 165 nrr. 20. 2 1 , p. 182 nr. 2 1 ] ; H.]. Leon, The ]ews of Ancient Rome (1960), pp. 183·186: iscrizioni nrr. 7· 18. 67. 99· 121. 125. 146. 148. 149. 180. 279. 284. 318. 351. 433 (pp. 265 -331).

    II. GLI STUDIOSI DELLA TORÀ

    3 97

    un'autorità. Agli scribi contemporanei si fa riferimento col ter­ mine f,Jakiimim, upe«; &.>-.oupyovcpEi: Meaning of Scripture in Early Jewish Exegesis', Papers of the Institute of Jewish Studies I ( 1 964), pp. 140-185. Vermes, G., 'The Qurnran Exegesis of Scripture in its Historical Setting', ALUOS 6 ( 1 9 69), pp. 85 ·97 [ = PB]S, pp. 37-49 ] . Lowy, S., 'Some Aspects of Normative and Sectarian Interpretation of the Scriptures', ibid. , pp. 98-1 63. Le Déaut, R., 'A propos d'une définition du rnidrash', Bibl. 50 ( 1 969), pp. 395·4 1 3 . Verrnes, G., 'Bible and Midrash: Early Old Testament Exegesis', The Cambridge History of the Bible I ( 1 970), pp. 1 99-2 3 1 . 592 [ = PBJS, pp. 59·9 1 ] . .

    III. HALAKHAH E HAGGADAH Neusner, ]. (ed.), The Formation of the Babylonian Talmud (1 970). The Modern Study of the Mishnah ( 1 973). Albeck, Ch., Einfuhrung in die Mischna ( 1 9 7 1 ) . Heinemann , J . , Sermons in the Talmudic Period ( 1 970) [in ebraico ] . Enc. Jud. 2 , coli. 354-366 ('Aggadah' [M.D. Herr et al. ] ) ; 7, coli. 1 1 5 6I I 66 ('Halakhah' [L. Jacobs ] ) ; I I , coli. 1 507-I 5 1 4 . 1521-I523 ('Mi­ drash' [ M .D. Herr] ) . Heinemann, J., Noy, D. (ed.), Studies in Aggadah and Folk-Literature, Scrip. Hier. XXII ( 1 9 7 I ) . Neusner, ] . , The Rabbinic Traditions about the Pharisees before 70 I-III ( I 971 ). Le Déaut, R., 'Un phénomène spontané de l'herméneutique juive ancien­ ne: le «targumisme»', Bibl. 52 ( I 97 I ), pp. 505-525. Falk, Z.W., Introduction to ]ewish Law of the Second Commonwealth ( 1 972). Elon, M., ]ewish Law, History, Sources, Principles: 1 . The History and Elements of Jewish Law; II. The Legai Sources of Jewish Laws; m. The Literary Sources of Jewish Law ( 1 973) [in ebraico ] . Komlosh, Y., The Bible in the Light of the Aramaic Translations ( 1 973) [in ebraico ] . Ménard, J.-E. (ed.), Exégèse biblique et iuda'isme ( I 97}). Heinemann, ]., Agp,adah and its Development ( I 9 74) [in ebraico ] . Vermes, G., Post-Biblical ]ewish Studies ( I 975). Urbach, E.E., 'Halakhah and History', in R. Hamerton-Keliy , R. Scroggs (ed.), ]ews, Greeks and Christians - Essays in Honor of W.D. Davies ( 1 9 76), pp. I I 2-I28. Mantel, H. D., 'The Development of the Ora! Law during the Second Tempie Period', in M. Avi-Yonah, Z . Baras (ed.), World History of the ]ewish People vm, Society and Religion in the Second Tempie Period (19 77), pp. 4I-64. 325-3 37.

    I . Halakhah Come detto nella sezione precedente, il lavoro teoretico degli studiosi della Torà era duplice : r . sviluppare e fissare il diritto; 2 . interpretare le sezioni storiche e religioso-dottrinali della Bib­ bia. Come risultato della prima attività, accanto alla Torà scrit­ ta prese corpo una forma di diritto consuetudinario, denominata nel linguaggio rabbinico halakhah (haliikd, letteralmente «cam­ mino» ) . Dalla seconda ebbe origine una grande varietà di conce­ zioni storiche ed etico-religiose, designate collettivamente col ter­ mine haggadah o aggadah (haggiidd o 'aggiida, propriamente «in­ segnamento»; cfr. sotto, pp. 42 2-433 ) .

    414

    § 25 . LO STUDIO DELLA TORÀ

    Scopo fondamentale sia della halakhah che della haggadah è indagare ed esporre il testo biblico (in ebraico diiras).' « (mlfag. 2,1); 3· «scoprire un insegnamento o un'interpre­ tazione attraverso la ricerca>>; ad esempio 't zw dri mn, �questo ha scoperto da [q ue­ sto o quel passo]• (mJom. 8,9), o senza mn (mJeb. 10,3; mHull. 5,5), o nella frase zh mdri drJ, �u tal dci tali diede questa spiegazione• (mSheq. 6,6; mKet. 4,6). I l nome derivato d a dri è mdrs, �ricerca, spiegazione, elaborazione• (mSheq. 6,6; mKet. 4,6; mNed. 4.3; mAb. 1,17; anche nell'espressione bit mdr1; cfr. sopra, p. 407, n. 51), che appare già in 2 Chron. 13,22; 24,27; cfr. anche Ecclus 51,23; r QS 6,24. Su dri, cfr. W. Bacher, Die exegetische Terminologie l, pp. 25-27; II, 41-43 ; Strack, pp. 6-7. 239-240. Su mdri, W. Bacher, op. cit. r, pp. I03-1 05; II, pp. 1 07; S. Zeitlin, 'Midrash: A Historical Study', JQR 44 (1953), pp. 21-36; R. Bloch, 'J::criture et tradi­ tion dans le Judaisme. Aperçus sur l'origine du Midrash', Cahiers Sion. 8 ( 1954), pp. 9-34; M. Gertner, 'Terms of Scriptural lnterpretation', BSOAS 25 (1962), pp. 1-27.

    III.

    HALAKHAH E HAGGADAH

    4 1.5

    vano ora dalle contraddizioni interne allo stesso codice legale, ora dall'incongruenza tra le esigenze della Torà e le mutate con­ dizioni della vita reale, ora ancora, e soprattutto, dall'incomple­ tezza della legge scritta. Compito dei dottori della legge era tro­ vare una risposta a tutti gli interrogativi che ne derivavano; eli­ minare le discrepanze, stabilendo un'interpretazione autoritati­ va; indicare, nei casi in cui l'osservanza di un precetto si rivela­ va impossibile, difficile o disagevole, come, ciononostante, fosse possibile conformarsi alla sua lettera ; e infine ricercare, special­ mente per tutta quella casistica della vita pratica non direttamen­ te regolata dalla legge scritta, una normativa legale, nella misura in cui, appunto, se ne avvertiva la necessità. Quest'ultimo cam­ po, in particolare, costituiva una fonte inesauribile di attività giuridica. Di continuo, si ponevano questioni alle quali la legge scritta o la legge fino allora osservata non fornivano alcuna rispo­ sta, questioni che richiedevano una soluzione giuridica. Questa poteva essere raggiunta essenzialmente in due modi: per mezzo di una dotta deduzione da norme già riconosciute, e per mezzo dell'assunzione a norma di una consuetudine già esistente. Que­ st'ultima, invero, se rilevabile, era già di per sé decisiva. L'esegesi dotta (midrash), quindi, non era affatto la sola fonte per la costituzione del diritto. Una sua considerevole parte, che più tardi diverrà legge vigente, non ha alcuna connessione diret­ ta con la Torà, ma era in origine semplicemente un'usanza e una consuetudine: davanti a questa o quella situazione, ci si compor­ tava in questo o in quel modo. Impercettibilmente, però, la con­ suetudine si sviluppava fino a diventare norma di comportamen­ to, o diritto consuetudinario. Qualunque cosa in ambito legale avesse costituito una consuetudine per un periodo tale che si po­ tesse dire che era stato cosl da tempo immemorabile, diventava diritto consuetudinario . In questo caso, non era necessario farla risalire alla Torà; le antiche usanze erano vincolanti in quanto tali . Compito e prerogativa degli studiosi riconosciuti della Torà era anche quello di confermare questo diritto consuetudinario. Col passare del tempo, da queste due fonti scaturl un gran numero di decisioni legali che affiancarono la Torà, con autorità pari a quella della legge scritta. Esse sono tutte incluse nel con­ cetto generale di halakhah, vale a dire di diritto consuetudinario.

    416

    § 25. LO STUDIO DELLA TORÀ

    In effetti, una volta entrate in vigore, anche le conclusioni rag­ giunte nelle indagini degli studiosi erano diritto consuetudina­ rio, halaka! Di conseguenza, le leggi vigenti si dividevano in due categorie principali: la Torà scritta e la halakhah;3 questa, ap­ prossimativamente sino alla fine del periodo che si sta esaminan­ do, era per lo più trasmessa soltanto oralmente. All'interno della halakhah stessa, tuttavia, si distinguono ancora diverse catego­ rie: 1 . singole halakhoth (norme tradizionali), fatte risalire e­ spressamente a Mosè;• 2 . il grande corpus della halakhah propria­ mente detta; 3 . certe norme designate come >, dt ihwdit (mKet. 7,6), è espressione analoga a drk 'r' (mQidd. 1 ,ro) e non va confusa con hlkh. Il concetto più tardo di minhag, che indica un «usus» locale o comunque limitato, appartiene alla stessa categoria. Cfr. JE s.v. 'Custom', IV, pp. 395-398; Enc. Jud. 12, coli. 4-26, s . v. 'Minhag'; M. Elon , ]ewish Law n, pp. 713-725. Su drk ·,,, dr. Bacher, Terminologie I, p. 25; Il, pp. 40-41; Enc. Jud. 5 , col. 1551. 3 · La twrh o mqr' (Scrittura) è distinta dalla hlkh, ad esempio, in m'Ori. 3,9; mlJag. r,8; mNed. 4,3. Analogamente, in mQidd. r,1o, si distingue mqr' da m!nh (dottrina legale). Su mqr', dr. Bacher, Terminologie I, pp. I I 7-121; 11, pp. II9-IlO. 4· Queste hlkwt Imih msini sono menzionate in tre passi della Mishna: mPe'ah 2,6; m'Edu;. 8,7; m]ad 4,3. Nella letterarura rabbinica se ne trovano in tutto circa 50-60 e­ sempi . Cfr. Moore, ]udaism I, pp. 30. 256-258; m, nn. 19-21; Bacher, Tradition und Tradenten, pp. 33-46; Strack, p. 9 ; Enc. Jud. 7, coll . n67. 5· m'Ori. 3,9; m]eb. 2.4; 9,3; mSanh. u,3; mPar. n,4-6; mToh. 4,7. I I ; m]ad. 3,2 ; dr. anche mKel. 13,7; mTeb. ]. 4,6. 6. Che le «arclinlll!2e degli scribi» fossero relativamente meno autorevoli della hala­ khah propriamene detta risulta da m'Ori. 3,9 (ave è del tutto ingiustificato integrare hlkh con lmih msini). Sulla recenziorità dei dbri swpr;m, cfr. specialmente mKel. 13,7;

    mTeb. ]. 4,6: dbr pdi pdiw swpr;m.

    lll. HALAKHAH E HAGGADAH

    Torà, o vi erano legate solo da un filo piuttosto sottile.7 Cionono­ stante, il diritto consuetudinario era tanto vincolante quanto la Torà.8 Si stabill persino che opporsi ai dbr; swpr;m costituiva un'offesa più grave che opporsi agli statuti della Torà/ poiché i primi costituiscono l'interpretazione autentica e il completamen­ to dei secondi, e quindi la sola autorità veramente decisiva.'0 Fa parte dell'essenza stessa della halakhah il non potersi mai dire finita e conclusa. Le due fonti da cui ha tratto origine sono inesauribili. L'esegesi continua degli studiosi (midrash) si risol­ veva in un numero crescente di nuove norme, e, normalmente, vi si potevano aggiungere nuove usanze. Una volta che le une e le altre si erano imposte come diritto consuetudinario, diventa­ vano a loro volta halakhah, la cui portata s'estendeva perciò in­ definitamente. Ma a ogni livello del suo sviluppo si continuava a distinguere tra ciò che già era valido, e ciò che costituiva sempli­ cemente una conclusione alla quale i rabbi erano giunti attra­ verso i loro dotti ragionamenti e argomentazioni: tra halaka e dln (giudizio) . Solo la prima era vincolante; in sé e per sé, il secondo non aveva ancora raggiunto questo livello." Solo quando la mag7 · Cfr. in particolare il rimarchevole passo di ml:fag. 1,8: «(Lo statuto riguardante) lo scioglimento dei voti è come se fosse sospeso nell'aria, poiché non c'è nulla nella Scrittura che lo sostenga. Gli statuti riguardanti il sabato, il sacrificio festivo e l'uso scorretto (di cose sacre) assomigliano a montagne che pendono da un capello, poiché ci sono pochi testi della Scrittura che li riguardano, ma molte h/kwt. Invece, le leggi civili, le leggi sulla purità, l'impurità e l'incesto, si basano interamente sulla Scrittura. Esse formano il contenuto essenziale della Torà (scritta)». 8. ar. specialmente mAb. 3,I I ; 5,8: «La spada viene sul mondo ... a causa di quelli che insegnano la Torà non in conformità con la halakhah». In 3 , I I , l'espressione pa­ rallela manca nei migliori manoscritti (cfr. K. Mani G. Beer, 'Ab6t, pp. 77-78. 191). 9. mSanh. I I ,3 : �wmr bdbrj swprjm mbdbrj twrh. Cfr. anche Z.W. Falk, Introduction lo ]ewish Law, pp. ro-I I ; M. Elon, ]ewish Law, pp. 180. 194-207. ro. Un atteggiamento analogo si manifesta a Qwnran, dove la validità di ogni esser· vonza della Torà dipendeva dall'accettazione dell'interpretazione data dai figli di Sa­ doc. i sacerdoti: «Chiunque entri nel consiglio della comunitò ... dovrà impegnarsi con un giuramento vincolante a tornare ... a ogni comandamento della legge di Mosè, se· condo tutto quello che è stato rivelato ai figli di Sadoc» (r QS 5,7·9). «Tutti i figli di Aronne avranno autorità in materia di giustizia e proprietà, e ogni norma riguardante Kli uomini della comunità sarà determinata secondo la loro parola» (r QS 9,7); dr. G. Vermes, 'The Qumran Interpretation of Scripture', ALUOS 6 (1969), p. 87 [ = PB]S, p. � 9 ] ; DSS, pp. 90. 950 DSSE, p. r8. 1 1 . Cfr., in particolare, m]eb. 8,3; mKer. 3,9. Su djn, vedi Bacher; Terminologie I, .

    § 25. LO STUDIO DELLA TORÀ

    .op 8

    gioranza degli studiosi della Torà si pronunciava in suo favore, diventava anch'esso vincolante e, da allora, parte della halakhah. In effetti, la maggioranza di coloro che si distinguevano per la loro dottrina costituiva il tribunale decisivo." Era perciò un ob­ bligo attenersi ai dibre l;akamim.'3 Va da sé che questo principio della maggioranza s'applicava ai soli casi non ancora regolati da una halakhah valida; quando già esisteva una halakhah, bisogna­ va seguire questa senza esitazione, anche qualora in novantanove si pronunciassero contro di essa e soltanto uno in suo favore.'• Il principio della maggioranza serviva anche a superare la grande difficoltà costituita dal contrapporsi delle scuole di Hillel e Shammai (vedi sotto, pp. 443-445 ) . Fintanto che non si ricon­ ciliavano le differenze esistenti tra le due scuole, i Giudei osser­ vanti della legge erano in grave imbarazzo, non sapendo a quale delle due attenersi. Anche in questo caso, alla fine, fu la maggio­ ranza a decidere, o in quanto la scuola con il maggior seguito so­ pravanzava l 'altra per il maggior numero di voti,'' oppure in quanto studiosi successivi risolvevano la divergenza con il loro giudizio conclusivo.'6 Dal rigore con cui, per solito, si proclamava l 'immutabilità della halakhah potrebbe sembrare che ciò che era valido una vol­ ta non potesse più essere cambiato. Ma, siccome nessuna regola è senza eccezione, non poche leggi e usanze furono in un secondo tempo alterate, o su basi puramente teoretiche, o per le mutate circostanze, o per gli inconvenienti che potevano derivare da una consuetudine antica.'7 pp. 21-23; 11, pp. 37·38. In mNed. 4,3 si distinguono le versi temi di insegnamento.

    hlkwt dal mdri, come due di·

    12. mShabb. 14 ss.; m'Eduj. 14-6; 5,7; mMiq w. 4 ,1; m]ad. 4, 1.3. 13. mNeg. 9,3; I I ,7. 14. mPe'ah 4,1·2. Cfr. tuttavia D. Daube, 'One against Ninety·Nine', Niv-Ha-Midra­ shia (1971), pp. 43·46, secondo cui il passo si riferisce al disaccordo tra persone po.

    vere e non

    tra studiosi .

    1 5 . Cosl si ricordano alcuni casi in cui la scuola di Shamrnai superò in voti la scuola di Hillel, mShabb. 1 4 ss.; mMiqw. 4,1. 16. Di nonna la Mishna, dopo aver men>ionato la differen>a tra le due scuole, riporta la decisione dei saggi . 17. Innovuioni del genere furono introdotte, ad esempio, da Hillel (mSbebi. 10,3; mGitt. 4.3; m'Arak. 94); Rabban Gamaliel I (mR.Sh. 2,5; mGi!!- 4,2·3); Rabban ]o· i)anan ben Zakkai (mSukk. 3,12; mR.Sh. 4,1.3.4; mSof. 9,9; mMen. 10,5); R. Aqiba

    III. HALAKHAH E HAGGADAH

    Per quanto la halakhah s'allontanasse dalla Torà scritta, si con­ tinuava pur sempre a presupporre che, essenzialmente, non fosse altro che un'esposizione e una riaffermazione della Torà stessa. Formalmente, questa era ancora considerata la norma suprema da cui doveva derivare ogni precetto legale,'8 ma la halakhah era vincolante per se stessa, anche a prescindere dall'appoggio bibli­ co; la sua validità non dipendeva dal successo nel fornire prove tratte dalla Bibbia. Ma, nonostante tutto questo, rientrava nelle virtuosità dei dottori della legge il saper fondare le norme della halakhah sulla Scrittura, conferendo così al proprio insegnamen­ to quell'autorità che i rabbi non potevano invocare come un di­ ritto ereditario.'• Ancor più tassativa era l'esigenza di prove a­ deguate per precetti di nuova proposta o discussi. Questi pote­ vano ottenere riconoscimento solo per mezzo di un midrash me­ todico, vale a dire solo se si poteva dimostrare che provenivano da precetti scritturistici o da altre norme già riconosciute. I me­ todi impiegati per offrire tale dimostrazione possono sembrare, in parte, alquanto strani . Si trattava comunque di un'arte che esi­ geva abilità nell'uso e applicazione di norme ben precise. Si di­ stingueva tra la prova vera e propria (r''aja) e la semplice allusio­ ne (zeker) !0 Per la prova vera e propria, Hillel stese sette regole (mM.Sh. 5,8; mNaz. 6,1; mSanh. 3.4); in generale : mShebi. 4,1 ; mf:lall. 4,7; mBikk. �.7; mSheq. 7,5; m]om. 2,2; mKet. 5,3; mNed. I I , l 2 ; mGi!{. 5,6; m'Edu;. 7,2; mTeb. /. 4,5. Cfr. inoltre JE I, pp. 1 3 1-133; G.F. Moore, ]udaism r, pp. 78 ss.; II, pp. 27-28; S. Lieberman, Hellenism in Jewish Palestine ( 1950), pp. 83-99; Ch. Albeck, Untersu­ chungen uber die Redaktion der Mischna ( 1923), pp. 5 ss.; Z.W. Falk, 'Binding and Loosing', JJS 25 ( 1 974), pp. 92-100. Per la concezione filoniana della halakhah, dr. B. Rirter, Pbilo und die Halacha ( 1879); G. Alon, 'Studies in Philonic Halacha', Tar­ hiz 5 ( 1 933-1934), pp. 28-36. 241-246; 6 ( 1934-1935), pp. 3D-37· 452-459; S. Belkin, Pbi­ lo on the Ora/ Law ( 1939); Alexandrian Halakah in the Apologetic Literature of the first Century C.E. (1940); S. Daniel, 'La Halacha de Philon selon le premier livre des •Lois Spéciales»', Philon d'Alexandrie. Lyon rr-15 Septembre 1966 ( 1967), pp. 221140; G. Alon, ]ews, ]udaism and the Classica/ World ( 1977), pp. 81-137. 18. Ciò resta vero nonostante

    mHag. 1;8, menzionato alla n. 7. Cfr. Moore, Judaism

    p. 99; Urbach, 'Halakhah u-Nebu'ah', Tarbiz r8 ( 1 946-1947), pp. 1-27.

    r,

    19. Che questa dotta dimostrazione supplementare dell'origine biblica della halakhah attingesse spesso a norme della Scrittura del turto diverse da quelle da cui la norma­ tiva halakhica di fatto era sorta, è evidente, ad esempio, dal passo classico di mShobb. �.1-4. I testi biblici che sottostanno ai vari trattati della Mishna sono posti all'inizio c.li ciascuno di essi nell'edizione di Albeck-Yalon. ao. 1,

    mShabb. 8,7; 9.4; mSanh. 8,2. Sulla r'ih, dr. Bacher, Die exegetische Terminologie pp. 178-179 ; II, p. aox. Su zkr, ibid. 1, pp. 51-55.

    § 25. LO STUDIO DELLA TORÀ

    420

    (middot), che costituiscono una sorta di logica rabbinica." Esse sono: I . qal wii pomer, leggero e pesante, vale a dire inferenza a minori ad maius;22 2 . g'zera siiwa, inferenza ex analogia;21 3 · binjan 'iib mi-kiitub 'ef;iid, una proposizione principale da un -

    passo scritturistico, ovvero la derivazione di un assioma legale da un solo testo; 4 - binjan 'ab mi-Iné k'tubim , una proposizione principale da due passi scritturistici; 5 . k'lat u-f"rat u-f'rat u-k•tat, generale e particolare, e particolare e generale, vale a dire una de­ finizione più precisa del generale per mezzo del particolare, e del particolare per mezzo del generale;24 6 . k'jo�e' bo b•maqom 'al;er, secondo l'analogia fornita in un altro testo, ovvero una definizio­ ne più precisa di un passo con l'aiuto di un altro; 7. diibiir ha­ liimed me-'injiino, una questione che va intesa a partire dal suo soggetto. Queste sette norme furono successivamente portate a tredici, con l'esplicitazione in otto diverse modalità della quinta regola 2 1 . Le regole sono elencate in tSanh. 7,I I , in Aboth deRabbi Nathan, ree. A, 37 (ed. Schechter, p. no), e nella conclusione dell'introduzione a Sifra (M. Friedmann, Sifra, die ii/teste Midrasch zu Leviticus [ 1915 ], p. 27). Cfr. H. Graetz, Geschichte der Ju­ den m•, p. 712; Idem, 'Hillel und seine sieben lnterpretationsregeln', MGWJ (1851{ 1852), pp. 156-162; Z. Frankel, Ober paliistinische und alexandrinische Schriftfor­ schung (I8J4), pp. 15-17; Strack, pp. 93-94; cfr. anche le relative voci in Bacher, Ter­ minologie r e n; J.Z. Lauterbach, s. v. 'Talmudic Hermeneutics', JE xn, pp. 30 .33; Moore, Judaism I, pp. 248-249. D. Daube, 'Rabbinic Method of lnterpretation and Hellenistic Rhetoric', HUCA 22 (1949), pp. 239-264; S. Lieberman, Hellenism in Jewish Palestine ( 1950), pp. 53-54; J.V. Doeve, Jewish Hermeneutics in the Synoptic Gospels and Acts (1954), pp. 65-72; Neusner, Pharisees 1, pp. 240.242; L. Jacobs, s. v. 'Hermeneutics', Enc. Jud. 8, coll. 366-372. 22. Cfr. mBer. 9,5; mSbebi. 7,2; mBer 5,2; mfeb. 8,3; mNaz. 74; mSot- 6,3; mB.B. 9,7; mSanh. 6,5; m'Edu;. 6,2; mAb. 1 ,5 ; mZeb. r2,3; mf:lull. 2,7; 12,5; mBek. 1 , 1 ; mKer. 3,7-ro; mNeg. 12,5; mMaksh. 6,8. Cfr. Bacher, Terminologie 1, pp. 172-174; II, pp. r89-190 e la bibl. citata alla n. precedente. 23. Ad esempio, mBer r,6: «La prelevazione della pasta e le parti dei sacrifici sono doni per il sacerdote; anche l'offerta è un dono per il sacerdote. Come non gli si può portare quest'ultima nei giorni festivi, cosl non gli si possono portare gli altri doni>> . Un altro esempio in m'Arak. 4,4. In ambedue i passi rioorre l'espressione �zera !iiwa. Cfr. A. Schwarz, Die bermeneutische Analogie in der talmudischen Utteratur ( 1897); 'Bacher, Terminologie r, pp. 13-r6; II, p. 27. 24. Nelle tredici middoth di R. lshmael (Sifra, ed. Friedmann, pp. 17-23), questa rego­ la è frazionata in otto modi diversi, ad esempio con la formula kll wpr{ wkll, «genera­ le e !>articolare e generale», vale a dire una definizione più precisa di due espressioni generali per mezzo di un'espressione particolare intermedia, come in Deut. 14,26, do­ ve l'espressione generale usata all'inizio e alla fine, «tutto quello che la tua anima desidera», è limitata dalle parole di mezzo , «buoi, peoore, vino, bevande inebrianti,..

    III. HALAKHAH E HAGGADAH

    42 1

    e con l'omissione della sesta. Autore di queste tredici middoth è ritenuto R. Ishmael . Il giudaismo le considera talmente impor­ tanti per la corretta interpretazione della Torà, che la cosiddetta Baraita di R. Ishmael è diventata parte integrante della preghie­ ra del mattino!' Gli argomenti dell'indagine giuridica sulla Torà condotta da­ gli studiosi erano forniti essenzialmente dalla Torà stessa. Una considerevole parte era costituita da precetti concernenti le pre­ ghiere, i sacrifici e le pratiche religiose in generale. È infatti una caratteristica della Torà il considerare la vita nella sua globalità come un ambito cultuale, e suo scopo primario è proclamare co­ me Dio debba essere onorato: quali sacrifici si debbano offrire, quali feste celebrare, come provvedere ai sacerdoti, quali consue­ tudini religiose osservare. Proprio a questo contenuto della To­ rà erano rivolti lo zelo e gli sforzi degli scribi, desiderosi di garan­ tire, per mezzo di un'interpretazione puntigliosa della legge, che nessuno dei «diritti» di Dio fosse anche solo minimamente scal­ fito, ma che tutti venissero coscienziosamente osservati. Cosl, gli scribi e i rabbini svilupparono soprattutto: r . precetti relati­ vi al sacrificio, ai tipi di sacrifici, alle occasioni e modalità del sa­ crificio, e a ogni altra cosa associata con il sacrificio (come dire l'intero rituale sacrificale) ; 2 . precetti relativi alla celebrazione delle festività, in particolare i sabati, ma anche le feste annuali come la Pasqua, le Settimane, il Capodanno, i Tabernacoli e il giorno dell'Espiazione; 3 · precetti relativi ai tributi da versare al tempio e ai sacerdoti, come le primizie, le ablazioni, le decime, i primogeniti, il tributo del mezzo siclo e, in generale, quanto si riferiva alle offerte votive e volontarie e aveva a che vedere con tutto ciò, come il riscatto, la valutazione, l'appropriazione inde­ bita, ecc.; 4 · varie altre ordinanze religiose, relative, per la mag­ gior parte, alla purità e all'impurità. Le decisioni legali concer­ nenti quest'ultimo tem:r costituivano un'opportunità inesauri­ bile per l'esercizio della perspicacia rabbinica. ''· Cfr., ad esempio, S. Singer, The Authorised Daily Prayer Book (1962), pp. 14-15. L'attribuzione, rispettivamente a Hillel e Ishmael, delle sette e delle tredici regole non è, ovviamente, una prova sicura della loro paternità letteraria. Da quanto è rima­ sto dell'esegesi di Hillel sembra che egli si limitasse all'applicazione delle due nonne qal-wii-IJ6mer e l(zerd Iiiwa. Cfr. Neusner, Pharisees r, p. 24r . Vedi anche G.G. Por­ ton, The Traditions of Rabbi Ishmael n (1977), p. 6.

    422

    § 25. LO STUDIO DELLA TORÀ

    Tuttavia, queste istanze primariamente religiose non esauriva­ no in alcun modo l'intero spettro del lavoro svolto dagli studiosi della Torà. Poiché la legge di Mosè include anche gli elementi fondamentali del diritto penale e civile israelitico, le esigenze della vita di ogni giorno rendevano necessari mutamenti conti­ nui anche in questi settori. Ovviamente, non tutte le norme fu­ rono elaborate alla stessa maniera. Le leggi sviluppate con più accuratezza furono quelle del matrimonio, in parte perché se ne avvertiva una grande necessità, e in parte, forse, anche perché il matrimonio è sempre stato strettamente connesso con la sfera re­ ligiosa. Gli altri ambiti del diritto civile non sono trattati nella Mishna con la stessa accuratezza (nei trattati Baba Qamma, Baba Mesi'a e Baba Bathra), e il diritto penale riceve un'attenzione ancora minore nei trattati Sanhedrin e Makkoth per quanto ambedue i campi siano considerevolmente arricchiti nella Gema­ ra dei due Talmudim . Il diritto costituzionale è quasi completa­ mente trascurato. La Torà, in ogni caso, offriva occasioni estre­ mamente ridotte per svilupparlo, e per di più, un approccio in­ dipendente a problematiche costituzionali in pratica non era ri­ chiesto, poiché tutte queste questioni erano regolate dalla legi­ slazione imperiale!6 -

    2 . Haggadah Il midrash haggadico, vale a dire l 'elaborazione delle parti storiche ed etico-religiose della Bibbia, è molto diverso dal mi­ drash halakhico. Mentre quest'ultimo in primo luogo sviluppa e amplia il materiale contenuto nel testo stesso, la haggadah lo integra e lo arricchisce, modificando la Scrittura secondo le esi­ genze e le convinzioni di un'epoca seriore. Anche in questo caso , il punto di partenza è il testo biblico, elaborato in modo analogo ai passi legali: la storia è riscritta combinando diverse asserzio­ ni testuali, completando un testo con l'aiuto di un altro, o stabi­ lendo una cronologia, ecc.; le sezioni etiche sono riscritte inter­ pretando insegnamenti più antichi alla luce della dottrina dei profeti e dei loro successori. Ma su questo tipo più rigoroso di 26. Per altri particolari, dr. l'analisi del contenuto della Mishna al § 3 (voL I, pp. Io8· II4).

    III. HALAKHAH E HAGGADAH

    trattamento esegetico prevale un'esegesi molto più libera, che tratta in modo alquanto informale il testo , integrandolo con una grande varietà di apporti originali. Gli «insegnamenth) storici e morali così elaborati sono noti come haggadot o 'aggadot. '7 Il midrash storico è illustrato in maniera esemplare già da uno degli scritti canonici dell'Antico Testamento, il libro delle Cro­ nache. Un confronto dei suoi racconti con i paralleli dei libri sto­ rici anteriori (Samuele e Re) mostra come il Cronista abbia ag­ giunto tutta una serie di notizie alla storia dei re giudei, sui quali le fonti più antiche non riferiscono quasi nulla - ad esempio il resoconto dei molti meriti acquisiti non solo da David, ma da di­ versi altri devoti re, nel conservare e rendere più sontuoso il cul­ to sacerdotale. La principale preoccupazione del Cronista è quel­ la di riferire con quale coscienza questi re si siano presi cura delle istituzioni cultuali. Certo, si potrebbe argomentare che l'assenza di tali notizie in Samuele e Re non prova di per sé la loro inauten­ ticità : semplicemente, il Cronista le avrebbe riprese da altre fon­ ti. Ma l'aspetto strano è che le istituzioni, che quei re curavano con tanta attenzione, di fatto appartengono tutte al periodo post­ esilico, come in genere si può dimostrare in maniera inequivoca27. Il tennine 'haggadah' o "aggadah' è solitamente inteso come «racconto», «lezio· ne», «comunicazione•, da hgid, �narrare»1 «riferire», e come quella «parte della let­ teratura rabbinica che spiega la Bibbia omileticamente; omiletica»; dr. Jastrow, Dic­

    e hgdh; J. Derenbourg, 'Haggada et légende', REJ 9 (r884), pp. 30I-3o4 ; W. Bacher, 'The Origin of the word Haggada (Agada)', JQR 4 ( 1892), pp. 406-429 = Die Agada der Tannaiten t', pp. 451-475; Die exegetische Terminologie I , pp. 30-37; 11, p . 44 · Bacher argomenta oome segue : in Mekhilta e Si/re, hgjd è usato come sinonimo di limmi!d. L'espressione mgjd hktwb, «il passo della Scrittura inse­ gna», o - di solito - semplicemente mgid, «esso insegna>> (o (>). serve a introdur­ re una deduzione da un testo biblico, in discussioni sia halakhiche sia non halakhiche. In Sifra, per contro, non si usa più mgid, che è sostituito dal sinonimo m'/ammi!d. Quindi, il primo termine appaniene ad un uso linguistico più antico, ancora conser­ vato nella scuola di Ishmael, ma abbando nato da quella di Aqiba. D'altro canto, il nome hgdh è ora limitato a spiegazioni non halakhiche. Di conseguenza, haggadah è un «insegnamento» non halakhico tratto da un passo della Scrittura. In mNed. 4,3, si menzionano fianco a fianco: mdri (esegesi) , hlkwt (insegnamenti legali) e 'gdwt (inse­ Rnamenti non legali); il midrash è il fondamento delle ultime due categorie. Su questi tre termini, cfr. Bacher, REJ 38 (1899), pp. >I I-219 = Die Agada der Tannaiten 12, pp. 475-489. Su diversi particolari dell'uso linguistico medievale, dr. Bacher, 'Derasch

    tionary, s.v. 'gdh

    et Haggada', REJ 23

    (189t), pp. 311-313. Per una valutazione storica, dr. G. Vermes, Scripture and Tradition in Judaism, Haggadic St11dies ( 1961, 21973); 'Bible and Mi­ drash', CHB I, pp. 199-231 [ = PBJS, pp. 5 9-91 ] ; J. Heineman, Aggadah and its De­ vclopmenl (1974) [in ebraico].

    424

    § 2 5. LO STUDIO DELLA TORÀ

    bile (vedi § 24). Si direbbe, dunque, che il Cronista abbia riscrit­ to la storia precedente da un certo punto di vista, che riteneva di importanza capitale: come, a suo avviso, il culto divino era la co­ sa più importante, cosi anche i re teocratici dovevano essersi di­ stinti per l'interesse che gli avevano dedicato. Cosi facendo, egli conseguiva anche lo scopo pratico di dimostrare la legittimità delle rivendicazioni avanzate da quelle istituzioni e il loro alto valore, facendo notare in qual conto le avessero tenute i re più illustri. Di certo, non gli passò mai per la mente l'idea che questa fosse una falsificazione della storia: adeguandola ai bisogni del proprio tempo, egli pensava, semmai, di migliorarla. La sua ope­ ra, o meglio la più vasta opera di cui le Cronache probabilmente non sono che un estratto, può quindi essere correttamente carat­ terizzata come un midrash storico, e in effetti è definito come tale (mdrs) dal suo ultimo redattore (2 Chron. 1 3 ,22; 24,27).'5 Il metodo ora descritto di riscrivere la storia sacra continuò a fiorire in epoche successive, imboccando strade sempre più ardi­ te. Quanto più alti si facevano il prestigio e l'importanza della storia sacra tra il popolo, tanto più intensamente vi ponevano mano gli studiosi della Torà, fissandone i dettagli con crescente precisione, elaborandola con sempre maggiore dovizia, circon­ dando il tutto di un alone di gloria. Le storie dei patriarchi e di Mosè, in particolare, furono sottoposte a una profonda opera di abbellimento. In questo genere di riscrittura della storia partico­ larmente attivi erano i Giudei ellenizzati. Si potrebbe addirittu­ ra pensare che la haggadah abbia avuto origine con essi, se non fosse per le Cronache, e anche per il fatto che questo tipo di mi­ drash riflette esattamente, in tutto il suo metodo, lo spirito del giudaismo rabbinico. La letteratura che contiene resti della storiografia haggadica è relativamente ricca e varia. Questi frammenti si ritrovano nelle opere degli ellenisti Demetrio, Eupolemo, Artapano (vedi vol. 28. Cfr. J. Wellhausen, Geschichte Israels 1, pp. 236-237 [ = Prolegomena :> e uno solo di essi, R. Aqiba, ne uscl illeso (tl:fag. 2,3; il:fag. nb; bl:fag. 14b). Ma col termine «paradism>, vale a dire il luogo dei misteri celesti, non si allude qui alle quattro possibilità esegetiche, bensl alle speculazioni teoso.liche e cosmogo­ niche derivanti da Gen. I e Ezech. 1. Sulle quattro concezioni esegetiche, cfr. le rispet­ tive voci in Bacher, Terminologie I e 11; E.E. Urbach, 'The Traclition of Merkabah Mysticism in the Tannaitic Period', Studies in Mysticism and Religion [ Festschrift Scholem] (I967), sez. ebraica, pp. I-28. Sui quattro saggi in paradiso, cfr. Bacher, Tan­ naiten I, pp. 332-335; A. Néher, 'Le voyage mystique cles quatre', RHR I40 (I95 I ), pp. 59-82; G. Scholem, Jewish Gnosticism, Merkabah Mysticism and Greco-Roman Phil­ osophy (I973l, pp. 4·34·

    57· G. Vermes, Scripture and Tradition in Judaism ( I 96I, 'I973l, specialmente pp. 178-227; 'The Qumran Interpretation of Scripture in its Historical Setting', ALUOS 6 (I969), pp. 85-97 ; 'Bible and Midrash ', CHB I (I970), pp. 199-231 [ = PB]S, pp. 37-49. 59-9r l ; R. Le Déaut, L. nuit pasca/e ( I963); M. McNamara, The New Testa­ meni and the Palestùzian Targum to the Pentateuch (I966); Targum and Testament (1972); B.J. Malina, The Palestinian Manna Tradition (I968); J. Luz:irraga, us tradi­ ciones de la nube en la Biblia y en el iudaismo primitivo (1973); J.-E. Ménard (ed.),

    IV. I PIÙ GRANDI STUDIOSI DELLA TORÀ

    43 3

    dal giudaismo al cristianesimo anche le sue interpretazioni con­ crete. In verità, molte delle formulazioni della teologia del Nuo­ vo Testamento dipendono dall'adattamento da parte cristiana di una tradizione esegetica giudaica. IV. I PIÙ GRANDI STUDIO SI DELLA TORÀ

    Bibliografia Graetz, H., Geschichte der Juden III-IV. Derenbourg, ]., Essai sur l'histoire et la géographie de la Palestine d'après les Thalmuds et les autres sources rabbiniques. 1 : Histoire de la Palesti­ ne depuis Cyrus ;usqu'à Adrien ( 1 867). Bacher, W., Die Agada der Tannaiten I: Von Hillel bis Akiba (1 884, 2 1 903); n : Von Akibas Tod bis zum Abschluss der Mischna ( 1 890). Tradition und Tradenten in den Schulen Paliistinas und Babyloniens ( 1 9 1 4 , rist. 1 966) , spec. pp . 4 7-7 1 . Loeb, 1 . , La chaine de la tradition dans le premier chapitre des Pirké Abot ( 1 889), pp. 307-322; Idem, 'Notes sur le chapitre 1°' des Pirké Abot', REJ 19 ( 1889 ), pp. 1 88-201 . Hyman, A., Tol•dot Tanna'im we-'Amora'im I-III ( 1 90I-I 9I I). Weiss, I.H., Dor Dor We-dor'iaw I-Iv ( 1 92 4). Moore, G.P., Judaism I-lll ( 1 927-1930). Exégèse biblique et judaisme ( I97J). Sull'esposizione allegorica della Scrittura da par­

    te di Filone vedi E. Stein, 'Allegorische Exegese des Philo aus Alexandria', ZAW 5 1 (1929), pp. r-6 I ; G . Alon, 'Studies i n the Halakah of Philo' [in ebr. ], Tarbiz (dr. so­ pra, n. I?); Idem, ]ews, ]udaism and the Classica! World (dr. ibid.). D. Daube, 'Aie­ xandrian Methods of Interpretation and the Rabbis', Festschrift H. Lewald (I953), pp. z7-44; R.J .Z. Werblowsky, 'Philo and Zohar', JJS IO (I959), pp. 25-44· I I 3-135; I. Christiansen, Die Technik der allegorischen AtHiegungswissenschaft bei Philon von Alexandrien ( 1969); R. Hamerton-Kelly, 'Some Techniques of Composition in Philo's Allegorical Commentary with Special Reference to De Agricultura. Study in the Helle­ nistic Midrash', in R. Hamerton-Kelly e R. Scroggs (edd.), ]ews, Greeks and Christians [ Festschrift W .D. Davies] ( 1976), pp. 45-56. Sulla speculazione mistica sui numeri, cfr. m'Uq. 3,12, dove l'affermazione che Dio darà in eredità a ogni giusto 310 mondi è provata con Prov. 8,21, lhn!Jjl 'hbj j1, poiché js ha 310 come valore numerico. Tra i primi Padri della chiesa, l'autore della Lettera di Barnaba (cap. 9) prova, a partire dai 318 servi di Abramo, che il patriarca aveva già visto in spirito la croce di Gesù, poi­ T = la croce. Molti altri ché il numero r8 = IH = il nome Gesù, e il numero 300 esempi sono segnalati da Bacher in Tannaiten 1-11, e Paliist. Amoriier l-III, Indice, s.v. 'Wortdeutung'; Die exegetische Terminologie 1, pp. 125-n8 (s.v. nwtrjqwn) e n, pp. 27-28 (s. v. gmtri'). Cfr. JE V, pp. 589-592 (s. v. 'Gematria') e IX, pp. 339 s. (s. v. 'Nota­ rikon'); Enc. Jud. 7, coli. 369-374 (s.v. 'Gematria') e 12, coli. I23I s. (r.v. 'Notari­ kon'). Per una recente spiegazione di gematria, cfr. S. Sambursky, 'On the Origin and Significance of the Term Gema{ria', JJS 29 ( 1978), pp. 35-38 (precedente versione in ebraico in Tarbiz 45 [ 1976], pp. 268-27 1). =

    § :Z5. LO STUDIO DELLA TORÀ 43 4 Strack, H.L., Introduction to the Talmud and Midrash ( 1 9 3 1 ). Finkelstein, L., The Pharisees, The Sociological Background of their Faith (1938, 3 1 96:z). Goldin, ].. 'The Period of the Talmud', in L. Finkelstein (ed.), The ]ews ( 1 949), pp. I I 5·Z I5. Alon, G., Tol•dot ha-]ehudim be'Eref ]ifra'el bi-t'qufat ha-MiSnah we-ha­ Talmud HI ('x961). Me/.Jqarim b•-tot•dot ]isra'el HI ( 1 958) [trad. ingl. Jews, Judaism and the Classica/ World ( 1977) ] . Guttmann, A., Rabbinic Judaism in tbe Making ( 1970). [Approccio tradi­ zionale ] . Neusner, J., Tbe Rabbinic Traditions about the Pharisees before 7 0 HII ( 1 971). [Panoramica storica e analitica delle tradizioni relative ai mae­ stri Farisei dell'epoca del secondo tempio] ; Idem, Early Rabbinic Ju­ daism. Historical Studies in Religion, Literature and Art ( 1 975). Green, W.S. (ed.), Persons and Institutions in Early Rabbinic Judaism ( 1 977) -

    .

    Ben poco si sa di singoli studiosi della Torà, prima del perio­ do mishnico, cioè prima del 70 circa d.C. La nostra informazio­ ne è scarsa persino a riguardo dei famosi capiscuola Hillel e Shammai. I nomi e l'ordine di successione degli studiosi più ce­ lebri, a partire all'incirca dal secolo II a.C. fìno al 70 d.C. sono stati conservati nel primo capitolo del trattato Abotb (o Pirqé Aboth), che registra una linea ininterrotta di personaggi che, da Mosè al tempo della distruzione di Gerusalemme, furono i tra­ smettitori della tradizione giudaica. L'intero capitolo recita quanto segue: ' I Mosè ricevette la Torà da (Dio sul) Sinai e la trasmise a Giosuè, e Gio­ suè agli Anziani, e gli Anziani ai Profeti, e i Profeti la trasmisero agli uo­ mini della Grande Sinagoga. Questi formularono tre norme: Siate cauti nel giudizio! Allevate molti discepoli ! Costruite una siepe attorno alla To­ rà! 2 Simeone il Giusto fu uno degli ultimi della Grande Sinagoga. Dice­ va: Il mondo si regge su tre cose: la Torà, il culto (del tempio) e le opere di misericordia . 3 Antigono di Sokho ricevette (la Torà) da Simeone il Giusto. Egli era solito dire: Non siate come quegli schiavi che servono il padrone per riceverne ricompensa, ma siate come quei servi che servono I . Per la bibliografia, dr. vol. l, pp. 121 s. Ai lavori ivi elencati si aggiungano: J.H. Herz, Suyings of the Fathers with Introduction and Commentary ( 1 952); J. Goldin ,

    The Living Talmud: the Wisdom o/ the Fathers and its Classica/ Commentaries ( 1957). Per la critica testuale, dr. 'Textkritischer Anhang', in K. Marti G. Beer, 'Abot ( 1 927), pp. 186 s. Cfr. anche E. Bickerman, 'La chalne de la tradition pharisien­ ne', RB 59 (1952), pp. 44·54· ·

    IV. I PIÙ GRANDI STUDIOSI DELLA TORÀ

    435

    il padrone senza la mira di riceveme ricompensa; e sia il timore di Dio con voi. 4 Jose ben Joezer di �eredah e Jose ben Jol:,lanan di Gerusalemme rice­ vettero (la Torà) da loro. Jose ben Joezer di �redah diceva: La tua casa sia un luogo d'incontro per i saggi; impòlverati con la polvere dei loro piedi e bevi con sete le loro parole. 5 Jose ben Jol:,lanan di Gerusalemme diceva: La tua casa sia sempre aperta, e i poveri siano i tuoi familiari. Non parlare troppo con le donne. È sconveniente con la propria moglie ; tanto più con la moglie altrui. Perciò i dottori hanno detto anche: Chiunque chiacchiera troppo con le donne è causa di male a se stesso, si distoglie dalla preoccupazione per la Torà e finirà con l'ereditare la gehenna. 6 Joshua ben Peral:,liah e Nittai [o: Mattai] di Arbela ricevettero (la Torà) da questi. Joshua ben PeraJ:Liah diceva: Cèrcati un maestro e pro­ cùrati un compagno; e giudica tutti dal lato buono. 7 Nittai di Arbela di­ ceva: Sta lontano dal cattivo vicino; non ti associare all'empio ; e non du­ bitare che la punizione verrà. 8 Judah ben Tabbai e Simeon ben She�al:,l ricevettero (la Torà ) da que­ sti. Judah ben Tabbai diceva: (Quando giudichi) non trasformarti in patro­ cinatore. Quando le parti compaiono davanti a te, considerale come se fossero ambedue colpevoli, ma una volta rilasciate, avendo accettato la sentenza, considerale come innocenti. 9 Simeon ben She�ai:J diceva: Esa­ mina diligentemente i testimoni, ma sii cauto quando li interroghi, perché non imparino a mentire. r o Shemaiah e Ab�alion ricevettero (la Torà) da questi. Shemaiah diceva: Ama il lavoro, odia le alte cariche e non familia­ rizzare con le autorità. I I Ab�alion diceva: Saggi, siate guardinghi nel vostro insegnamento, per non incorrere nella colpa che conduce all'esilio, c no n dobbiate essere esiliati in un luogo di acque cattive. Infatti, i disce­ poli che vengono dietro di voi potrebbero berne e morirne, e in tal modo il nome di Dio ne risulterebbe profanato. I 2 Hillel e Shammai ricevettero (la Torà) da questi. Hillel diceva: Sii discepolo di Aronne, amando la pace, e instaurando la pace; ama gli uo­ mini e attirali alla Torà. I 3 Era anche solito dire: Chi cerca fama, perde quella poca che ha; chi non accresce (il proprio sapere), decresce. Che se poi uno non impara affatto, è degno di morte; e chi si serve della corona (della Torà) (per altri scopi), perisce. 1 4 Soleva dire: Se io non mi ado­ pero per me, chi lo farà per me? E se anche mi adopero, chi sono io? E se non ora, quando? 15 Shammai diceva: Fa' dello studio della Torà la tua occupazione abituale; prometti poco e fa' molto, e accogli ogni uomo con gio\· ialità. ' 6 Rabb:m Gamaliel diceva: Procùrati un maestro per evitare il dub­ bio. E non calcolare troppo spesso la decima per approssimazione. 1 7 Suo figlio Simeone diceva: Sono cresciuto tra saggi sin dalla prima giovinezza e non ho trovato nulla di più benefico per gli uomini del silen­ zio. Non è lo studio la cosa fondamentale, ma la pratica . Chi parla troppo causa peccato. r8 Rabban Simeon ben Gamaliel diceva: Il mondo è basato su tre cose:

    § 2 5. LO STUDIO DELLA TORÀ sulla giustizia , sulla verità e sulla pace. Secondo quanto è scritto (Zach. 8, r 6 ) : «Pronunciate alle porte (delle vostre città) giudizi veraci e operate per la pace» .

    Il primo elemento di interesse in questo elenco di autorità è costituito dagli etteer', p. 75· 55· Cfr. Graetz, Geschichte der ]uden lV, pp. ro ss.; Derenbourg, Histoire... , pp. 266 s. 276-288. J02·J t8; W. Bacher, Die Agada der Tannaiten 12, pp. 22-42; 'Johanan b. Zakkai', ]E VII, pp. 2I4-2I7; A. Buchler, Synedrion ( r 9o2), pp. 139-r44; D. Chwolson, Beitriige zur Entwicklungsgeschichte des ]ttdenthums ('r9o8), pp. 17-19; V. Aptowit· zer, 'Besprechungen', MGWJ 52 ( 1908), pp. 744 s.; Moore, ]udaism I, pp. 83-86; G. Alon, 'Ne!i'uto Jet Rabban ]ohanan b. Zakkai', Mepqarim I ( 1958), pp. zn-273; 'Ha-

    IV. I PIÙ GRANDI STUDIOSI DELLA TORÀ

    449

    data della sua attività è evidenziata dal fatto che egli modificò numerose norme e usanze legali «dopo che il tempio era stato distrutto» .'6 Sembra sia vissuto prevalentemente a Javne,'7 ma come scena della sua opera si menziona anche Beror J:Iajil.'8 Do­ vette inoltre soggiornare anche ad 'Arab ('rb) , dove furono sot­ toposte al suo giudizio varie questioni legali.'• Una delle sue in­ novazioni più note fu l'abolizione della legge (Num. 5,1 2-3 1 ) che imponeva a una sposa sospettata di adulterio di sottoporsi alla prova ordalica delle «acque amare» .6o Discusse questioni le­ gali con i Sadducei6' - e questo dimostra quanto si fosse ancora prossimi alle condizioni antecedenti la distruzione di Gerusalem­ me, dal momento che i Sadducei subito dopo sparirono dalla sto­ ria. Fu anche il veicolo di antiche tradizioni6' fatte risalire allo likhato Iel &bban Jo!Janan ben Zakkai 1'-]avneh', ibid., pp. 219-252; J. Neusner, A Li/e o/ &bbnn Yohanan ben Zakkai (1962, 11970); Development o/ a Legend. Studies nn the Traditions concerning Yof?anan ben Zakkai ( 1970); 'The Traditions conceming Yohanan ben Zakkai: Reconsiderations', JJS 24 (1 97J), pp. 65-73; A.]. Saldarini, 'Johanan ben Zakkai's Escape from Jerusalem', JSJ 6 ( 1975), pp. 189-204. Nella Mish­ na è menzionato nei seguenti passi: mSabb. 16,7; 22,3; mSheq. 1,4; mSukk. 2,5; 3,12; mR.Sh. 4,1.3-4; mKet. 13,1-2; mSot. 5,2.5; 9,9.15; m'Eduj. S,J-7; mAb. 2,8-9; mMen. 10,5; mKel. 2,2; 17,16; m]ad. 4,3.6. Semplicemente come bn zk'j, in mSanh. 5,2. Per riferimenti nella Tosefta, cfr. l'indice all'edizione Zuckermandel, s.v. ; le citazioni nei midrashim tannaitici, nel Talmud, ecc. si possono vedere in J. Neusner, Development, pp. 15-184. Cfr. G. Alon, ]ews, Judaism and the Classica! World (1977), pp. 269-343 . 56. mSukk. 3,12; mR.Sh. 4,1.3.4; mMen. ro,5. 57- MSheq. 1,4; mR.Sh. 4,1. 58. bSanh. 32b; tMa'as. 2,1 (cfr. jDem. 23b; jMa'as. 49d); Derenbourg, p. 307. Que­ st'ultimo ipotizza che Jol:>anan ben Zakkai si sia ritirato a Beror J:Iajil per lasciare a Gamalie! II il comando in Javne (Histoire, pp. Jo6-J IO). Secondo altri, Beror I:Iajil va identificato con Javne; cosi Graetz, MGWJ ( 1 884), pp. 529-533 (Beror J:Iajil = lam­ nia intus di Plinio) e S. Krauss, in Magazin fiir die Wissenschaft cles Judenthums 20 ( r893), pp. 1 17-122 (brwr = cppoupto-v [ ! ] , !Jil = esercito; quindi, Beror J:Iajil = di­ stretto militare, come designazione di Javne). Cfr. ]. Neusner, A Li/e of Yohanan ben Zakkai (21970), pp. 225 s. 59- mShabb. 16,7; 22,3. 'Arab è una cittadina della Galilea, non lontano da Seppho­ ris; cfr. Derenbourg, Histoire. . , p. 318, n. 3; Eusebio, Onomast. (ed. Klostermann, p. r6): ÉO"--rL Il� xctl XW!-11] xa).ouJ.l€'111] 'Apct[3à f-v òp(o� .O.toXctLO"ctpEtaç xctl tÌ1tÒ --rptw-v 0'1]1-!Etw-v :Exulto1tÒ).Ewç /i).).11 1tpòç lluO'!-ItÌç. Cfr. Abel, Géog. Pal. 11, p. 248; M. Avi­ Yonah, The Holy Land (1966), p. 97; G. V ermes, 'Hanina ben Dosa', JJS 24 ( 1973), p. 58 [ = PB]S, pp. 206 s.]; Schalit, Namenwiirterbuch, s. v. 'Gabara'. 6o. mSot 9·9· In totale, nel Talmud si ricordano nove decreti (tqnwt) da lui introdotti (bR.Sh. 31b; bSot. 40a); cfr. Derenbourg, pp. 304 s.; dr. anche S. Zeitlin, 'The Tak­ kanot of Rabban Jol)anan ben Zakkai', JQR 54 (1964), pp. 288-3 10; J. Neusner, A Li/e ('1970), pp. 203-2 10; Idem, Development of a Legend, pp. 206-209. 6 1 . m]ad. 4,6. 62. m'Eduj. 8,7; m]ad. 4,3; Cfr. § 2 _p, n. 4.

    § 2,. LO STIJDIO DELLA TORÀ

    4,0

    stesso Mosè. La leggenda racconta di lui ciò che Giuseppe dice di se stesso: aver egli predetto la futura elevazione di Vespasia­ no al trono imperiale.63 Come cinque suoi discepoli la Mishna menziona: R. Eliezer ben Hyrcanus, R. Joshua ben l:Iananiah, R. Jose il Sacerdote, R. Simeon ben Nathanael, R. Eleazar ben Arakh.64 I più noti e più prestigiosi sono R. Eliezer e R. Joshua. Uno studioso grossomodo contemporaneo di Rabban Jo}:lanan ben Zakkai fu R. Sadoc6' (o, più correttamente, �adduq), che do­ veva essere attivo già prima della distruzione del tempio, ma fu ancora in contatto con Gamaliel n , Joshua e Eliezer. Il suo nome, in effetti, è spesso associato ai loro nella Mishna,66 per quanto al­ cuni passi alludano probabilmente a un R. Sadoc successivo.67 I primi decenni dopo la distruzione del tempio videro anche la comparsa dell'eminente studioso della Torà R. I:Ianina, il «ca­ pitano dei sacerdoti» (sgn hkhnjm) .68 Egli riferisce ciò che suo padre faceva nel tempio, e ciò che vide egli stesso;69 di fatto, com63. Lam. R. su Lam. 1,5; Derenbourg, pp. 282 s.; cfr. vol. '· pp. 599. n. 41. 64. mAb. 2,8·9. Secondo bBer. 34b, un altro dei discepoli di Jol:uman ben Zakkai era }:ianina ben Dosa, il taumarurgo galileo; cfr. G. Vermes, 'Hanina ben Dosa', JJS 23 (1 972), pp. 28·50 ; 24 ( 1973), pp. 51·64 [ = PB]S, pp. 178·214]. Nei manoscritti e nelle edizioni a stampa, l'abbreviazione R. equivale a rabbi, mentre il titolo Rabban è di solito scritto per esteso.

    65. Cfr. Derenbourg, pp. 342-344; Bacher, Die Agada der Tannaiten I', pp. 43-46; Ochser, in JE XII, pp. 629 s.; Enc. Jud. 16, coli. 915 s. Nella Mishna: mTer. 10,9;

    mPes. 7,2; mSukk. 2,5; mNed. 9,1; m'Edu;. 3,8; 7,1-4; mAb. 4,5; mBek. 1,6; mKel. 12,4-5; mMiqw. 5,5. Per quanto riguarda mShabb. 20,2; 24,5, cfr. sotto, n. 67. Per ri­

    ferimenti nella Tosefta, cfr. l'indice dell'edizione Zuckennandel. La lettura �adduq è suggerita dal cod. de Rossi 138, parzialmente puntato; dt. l:aoooux nei LXX di Eze­ chiele, Esdra e Neemia. Vedi anche l'apparato critico di Ant. 18,1,1 (4). Cfr. ]. Light­ stone, 'Sadoq the Yavnean', in W.S. Green (ed.), Persons and Institutions in Early Rabbinic ]udaism ( 1977), pp. 49·I47·

    66. Con Gamaliel n, mPes. 7,2; con Joshua, m'Edu;. 7,1

    mNed.

    =

    mBek. 1,6; con Eliezer,

    9,1.

    67. Cosl mShabb. 20,2; 24,5. Cfr. Bacher, Die Agada der Tannaiten I2, p. 50. Se si ri­ conosce l'esistenza di un secondo R. Sadoc, sorge ovviamente la questione di quali passi possano essergli riferiti.

    68. Cfr. Derenbourg, pp. 368-370; Bacher, Die Agada der Tannaiten I', pp. 51-53; Moore, ]udaism n, pp. 1 14 s.; S.W. Baron, The ]ewish Community III, p. 28; Enc. Jud. 7, coli. 1266 s. Secondo i testimoni più attendibili il nome non sarebbe I:Ianina, ma I:Iananiah [cosl il cod. de Rossi 138 e il ms. di Cambridge edito da Lowe]; dr. Marti-Beer, 'Abot, p. 62 e l'apparato critico di 3,2, a p. 190. Sull'uJiicio di un sgn sa69. mZeb. 9,3; 1 2 ,4 . cerdotale, dr. sopra, pp. 341-343.

    IV.

    I PIÙ GRANDI STUDIOSI DELLA TORÀ

    45 I

    pare nella Mishna quasi esclusivamente in qualità di informato­ re sui dettagli del culto sacerdotale.70 Un suo tratto caratteristico, in quanto sacerdote capo, è l'invito a pregare in favore delle au­ torità imperiali.'' Alla stessa prima generazione appartiene anche R. Eliezer ben Jacob.7' È molto probabile, infatti, che si debba distinguere un R. Eliezer ben Jacob, vissuto non molto tempo dopo la distru­ zione del tempio, dall'omonimo, considerevolmente più tardo, citato piuttosto frequentemente nella Mishna.73 Lo zio del primo aveva servito come !evita nel tempio'4 ed egli stesso è ripetuta­ mente chiamato in causa come informatore per la descrizione del tempio data nel trattato Middoth." Una tradizione successiva gli attribuisce addirittura la stesura dell'intero trattato.76 Non è più possibile determinare quali passi siano connessi con il più giovane e quali con il più anziano R. Eliezer ben Jacob, ma forse le notizie relative al culto possono essere attribuite al più anziano dei due.77 Rabban Gamaliel n , figlio di Simeone e nipote di Gamaliel I , lo studioso più celebre alla svolta del secolo (90-1 10 circa d.C.)/8 visse pochi decenni più tardi di R. Jol.tanan ben Zakkai. L'acca­ demia di Javne, di cui era capo, fu unanimemente riconosciuta, 70. Cfr., in generale, mPes. 1,6; mSheq. 44; 6 , 1 ; m'Edu;. 2,1-3; mAb. 3,2; mleb. 9,3; ]L mAb . 3,2. 124; mMen. ro,1; mNeg. 14; mPilT. 3,L

    72. Derenbourg, pp. 374 s.; Bacher, Agada der Tannaiten r', pp. 62-67; Finkelstein, Pharisees (31962), pp. 731-734; JE v, pp. II5 s.; Strack, p. no; Enc. Jud. 6, col. 624.

    73· Cosl anche Derenbourg, p. 375, n. 3 e Bacher, p. 62. Elie>er ben Jacob il giovane era contemporaneo di R. Simeon ben Jo):lai, verso il 150 d.C. (mPar. 9,2) e parla a nome di l:lananiah ben l;lakhinai, che a sua volta si fa portavoce di R. Aqiba (mKil. 4,8; tNeg. 1 ,2; (Joh. u,3). 74· mMidd. 1 ,2. 75· mMidd. 1,2.9; 2,5.6; 54· Cfr. mSheq. 6,3.

    76. bfom. 16a; Derenbourg, p. 374, n. L 77· Ad esempio, informazioni riguardanti il matrimonio dei sacerdoti (mBikk. 1,5; mQidd. 4,7), il rituale dei sacrifici (mMen. 5,6; 9,3; mTam. 5,2), i primi nati del be­ stiame (mBek. 3,1), i cantori sacri (m'Arak. 2,6), i sacrifici dei proseliti (mKer. 2,1).

    78. H . Graet2, Geschichte der ]uden IV, pp. 30 ss. 423 ss.; Derenbourg, pp. 306-3 13. 119-346; Bacher, Die Agada der Tannaiten I', pp. 73-95; ]E v, pp. 56o-562; B.Z. Bok­ scr, Pharisaic ]udaism in Transition (1935), pp. 23 ss.; Moore, Judaism I, pp. 86-92; Alon, Toledot I, pp. 7I-I92; A. Gumnann, Rabbinic Judaism in the Making ( 1970), pp. 2oo-221 ; Enc. Jud. 7, coli. 296-298. La cronologia si ricava dal fatto che il suo più �iovane contemporaneo, Aqiba, ebbe parte attiva nella guerra di Bar Kokhba.

    452

    § 25. LO STUDIO DELLATORÀ

    al suo tempo, come la più alta autorità in Israele.79 Là i dotti più eminenti si raccoglievano attorno a lui e, all'interno di questa ragguardevole cerchia, il giudizio di Gamaliel era quello decisi­ vo.80 Tra i saggi più strettamente uniti a lui, i più noti furono il coetaneo R. Joshua, e il più giovane R. Aqiba.8' Per contro, Ga­ maliel non sembra sia stato in contatto con R. Eliezer ben Hyrca­ nus, altro famoso contemporaneo. Perlomeno non c'è indizio di tale rapporto nella Mishna. Al contrario, una tradizione successi­ va riferisce che Eliezer fu scomunicato da Gamaliel (vedi sotto ). Questi si recò una volta a Roma per mare, con Joshua, Aqiba e l'altrettanto famoso R. Eleazar ben Azariah; questo episodio eb­ be una certa risonanza nella letteratura rabbinica.s. Di Gamaliel si dice che, in una certa occasione, fu rimosso dal­ la sua posizione di presidente dei settantadue anziani a motivo del suo comportamento autocratico, e che fu sostituito da R. E­ leazar ben Azariah.83 Ma davanti alla sua resipiscenza, Eleazar lasciò volontariamente la carica, in cui fu subito reintegrato Ga­ maliel. La promozione di Eleazar a capo della scuola da parte dei settantadue anziani è comunque già attestata nella Mishna.84 Nelle sue decisioni legali, Gamaliel seguiva la scuola di Hillel. Si ricorda come fatto eccezionale che in tre punti le sue decisioni mR.Sh. 2,8-9; mKel. 5,4; cfr. Derenbourg, pp. 319-322; Graetz, Geschichte n, pp. 330 ss.; Enc. Jud. 9, coll. I I76-n78. A Kefar-Othnai, dove lo si incontra una volta (mGifl. r ,5), Gamaliel si fennò solo di passaggio. 79-

    8o. Cosl , quando una volta si dovette decretare, durante una lunga assenza di Gama­ liel, se l'anno doveva essere considerato intercalare, si subordinò la decisione positiva alla successiva approvazione di Gamaliel (m'Edu;. 7,7). Per l'autorità rappresentata da Gamaliel, cfr. anche la fonnula «Rabban Gamaliel e gli anziani• (mM.Sh. 5,9, mShabb. r6,8; m'Erub. ro,ro). 8 1 . Sui rapporti tra Gamaliel, Joshua e Aqiba, cfr. specialmente mM.Sh. 5,9; m'Erub. 4,1 ; mR.Sh. 2,8-9 ; mM.Sh. 2,7; mSukk. 3,9; mKer. 3,7-9; mNeg. 7.4- Tra Gamaliel e Joshua, m]ad. 4.4- Tra Gamaliel e Aqiba, mR.Sb. r,6; m]eb. r6,7. 82. m'Erub. 4,1-2; mM.Sh. 5,9; mShabb. 16,8; cfr. Derenbourg, pp. 3 34-340; Bacher, Die Agada der Tannaiten r', pp. 79-82; ]. Goldin, 'The Period of the Talmud', in Finkelstein (ed.), Tbe ]ews, pp. 150 ss.; Guttmann, Rabbinic ]udaism, pp. 218 s.; M. D. Herr, Scrip. Hier. 22 ( 1971), pp. 123-150. 83. iBer. 7cd; bBer. 27b; Graetz, Geschichte der ]uden IV, pp. 35 ss.; Derenbourg, pp. 327-329; R. Goldenberg, 'The Deposition of Rabban Gamaliel II: an Examination

    of the Sources', JJS 23 ( 1972), pp. r67-190. Per quanto riguarda la questione se Elea­ zaro portasse il titolo di nasi' o di ab beth din, cfr. H. Mantel, Studies in the History 84. mZeb. 1,3; m]ad. 3,5; 4,2. of the Sanhedrin (r96r), pp. II9 s.

    IV. I PIÙ GRANDI STUDIOSI DELLA TORÀ

    4.53

    fossero in accordo con la scuola di Shammai.8' In generale, si di­ stingueva tanto per il rigore legale,86 quanto per una certa mon­ danità, e persino per una certa spregiudicatezza di giudizio.87 I due contemporanei più famosi di Gamaliel furono R. Joshua ben J:Iananiah e R. Eliezer ben Hyrcanus, ambedue discepoli di Jol;lanan ben Zakkai.88 I due si ritrovano spesso in discussione tra loro su questioni legali, con la partecipazione del più giovane Aqiba.89 Sembra che soltanto Joshua sia stato in contatto con Ga­ maliel. La spiegazione, secondo una tradizione seriore, è che Ga­ maliel scomunicò Eliezer .90 R. Joshua era di ascendenza levitica;9' era gentile e condiscen­ dente per natura, e perciò si sottomise anche al rigido GamalieJ.9' «Quando R. Joshua morl, si estinse nel mondo la bontà».9} Il suo motto era: v· ywv -tbv vuv yEVo�vov 1t6)..E�ov, Év -tii 'E)..MiìL xaL -tii Kop(vll'l) "tiÌ "Jto}..M lìr.ci· ywv. I nomi !rpwn e Tpuq>wv sono identici ; non è, infatti, possibile provare che il pri· mo sia un nome genuinamente semitico, anche se per la forma questo sarebbe possi­

    bile. La stessa epoca concorda in pieno. Tuttavia, per quanto il nome Trifone sia atte·

    stato raramente in fonti giudaiche, sarebbe affrettato concludere che soltanto un rab­ bi con questo nome era noto nella metà del sec. 11 d.C.; cfr. Strack, p. 309, n. 44· Ar­ JIOmenti convincenti contro l'identificazione in L.W. Barnard, Justin Martyr, His Life and Thought ( 1967), pp. 24 s. t j6a. [Cosi nell'edizione inglese (Jewish heretics); Schiirer, p. 444: (Juden).christen· tum. (N.d.C.)]. 1)7· bShabb. rr6a; iShabb. 15c; tShabb. 13,5; Derenbourg, pp. 379 s.; Bacher, Die

    § 25. LO STUDIO DELLA TORÀ A parte R. Tarfon, tra gli altri contemporanei di Aqiba si pos­ sono menzionare: R. Jo�anan ben Nuri, che visse già al tempo di Gamaliel n , Joshua ed Eliezer, m a di cui si parla, per lo più, in connessione con Aqiba; '38 R. Simeon ben Azzai, o semplice­ mente Ben Azzai, famoso soprattutto per la sua incessante attivi­ tà di studioso; '39 R. Jo}:lanan ben Beroqa, che fu in contatto con Joshua e Jo}:tanan ben Nuri;'40 R . Jose il Galileo, presentato co­ me un contemporaneo di Eleazar ben Azariah, Tarfon e Aqi­ ha ; '4' R. Simeon ben Nannos, o semplicemente Ben Nannos, an­ ch'egli contemporaneo di Tarfon e Aqiba.'4' A questo stesso periodo appartiene anche Abba Saul, che si fece portavoce di una sentenza di Jo}:lanan ben Zakkai ed è più Agada der Tannaiten I' , p. 351. Cfr., in particolare, K.G. Kuhn, 'Gilionim und Sifre minim', ]udentum, Urchristentum, Kirche. Festschrift fur ]. ]eremias ( r96o), pp. 24· 6 1 . Gljwn indica il margine di un rotolo (ibid., pp. 31 s.). Il termine fu più tardi usato come un gioco di parole anticristiano basato sul greco EÙa.yyH.tov. bShabb. u6a: . Cfr. anche l'aneddoto immediatamente successivo, in cui lmma Salame, sorella di rab­ bi Gamaliel, confuta l'argoment02ione di un filosofo basata sull"wn gljwn (bShabb. n6b). Il testo ivi citato non figura nei vangeli; cfr. Kuhn, art. cit., p. 32· Per inter­ pret02ioni precedenti, cfr. JE v, pp. 668 s.; T.R. Herford, Christianity in Talmud and Midrash ( 1903), pp. 146-157· 413-4•4. Un epitaJiio ebraico trovato a Giaffa suona : hd' qbwrt diwdn brih drbi rrpwn !«Questa è la tomba di Judan figlio di Rabbi Ta r­ fon»); cfr. S. Klein, 'lnschriftliches aus Ja.ffa', MGWJ n (I9JI), p. 370; Frey, CIJ II (1952), nr. 892, p. 120.

    138. Al tempo di Gamaliel: mR.Sh. 2,8. Al tempo di Joshua: tTa'an. 2,5. AI tempo di Eliezer: t'Or!. 1,8; tKe/. 6,3-4. In connessione con Aqiba: mR.Sh. 4,5; mBek. 6,6; mTem. r,r; m'Uq. 3,5; tPes. r , ro. Cfr. Bacher, Die Agada der Tannaiten 1', pp. 336368; Strack, p. u3; JE VII, p. n3; Enc. Jud. ro, coli. •47-148. 139. Contemporaneo di Aqiba: mSheq. 4,6 ; m]om. 2,3; mTa'an. 4,4; mB.B. 9,10. Di lui si disse : «Dopo che mori Ben Azzai, non ci sono più stati studenti diligenti• (mSo!- 9,Ij). Alcuni dei suoi detti figurano in mAb. 4,2-3. Cfr. Bacher, Die Agada der Tannaiten I', pp. 4o6-422; Strack, p. u4; JE II, pp. 672-673; Enc. Jud . 4, col. 472. Cfr. H.A. Fischel, Rabbinic Literature and Greco-Roman Philosophy (1973), pp. 9097· r6r-r65. 140. Con Joshua: tSo!- 7,9. Con Jol:>anan ben Nuri: tTer. 7,14- Cfr. Bacher, Die Aga­ da der Tannaiten I', pp. 448-449; JE VII, p. 2r o ; Enc. Jud. ro, col. 143. 141. Con questi tre: ;Gil!- 9,1 (Derenbourg, p. 368). Con Aqiba e Tarfon : tMiqw. 7,1 1 . Egli parla anche a nome di Jol:>anan ben Nuri : t'Ori. 1,8. Or. Bacher, Die Aga­ da der Tannaiten I' , pp. 352-365. 142. Or., in particolare, tMiqw. 7,n. Compare in relazione con Ishmael in mB. B. r o , 8 ; è citato con il suo nome per esteso, Simeon ben Nannos (vciwoç = nano), in mBikk. 3,9; mShabb. r6,5; m'Erub. ro,r5; mB.B. ro,8; mMen. 4,3; come Ben Nannos in mKet. ro,5; mGirt. 8, r o ; mB.B. 7,3; ro,8; mShebu. 7,5.

    IV. I PIÙ GRANDI STUDIOSI DELLA TORÀ

    volte citato come un'autorità in fatto di organizzazione del tem­ pio, ma che non può essere più anziano di Aqiba, dal momento che frequentemente cita anche le sentenze di quest'ultimo.'43 Va menzionato anche R. Judah ben Bathira, che viene dato come contemporaneo e di Eliezer e di R. Meir, per cui dovette fiorire tra i due, ovvero al tempo di Aqiba.'44 Gli uomini della generazione successiva - R. Judah ben Elai, R. Jose ben J:Ialafta, R. Meir e R. Simeon ben JoQ.ai - sono men­ zionati nella Mishna più spesso di tutti quelli elencati fino ad ora, ma la loro opera si svolse nella metà del sec. II e, di conse­ guenza, cade al di là dei limiti del periodo qui preso in considera­ ZIOne. '43· Su un detto di JoJ:.anan ben Zakkai: mAb. 2,8; sull'organi»azione del tempio: mMidd. 2,5; 5.4; anche mMen. 8,3; u,5; su detti di Aqiba: tKil. 4,n; tSanh. u,ro. Cfr. Bacher, Die Agada der Tannaiten n, pp. 366-369; Strack, p. n6; JE XI, p. 78; Enc. Jud. 2, col. 40. '44· Contemporaneo di Eliezer: mNeg. 9 ,3 ; II,7. Contemporaneo di Meir: tNtJZ. 5,1. Cfr. anche, per la cronologia, mPe'ah 3,6; mPes. 3,3; m'Edu;. 8,3; mKel. 2.4; mOhol. u,7; tfeb. u,u. Cfr. Bacher, Die Agada der Tannaiten r', pp. 374·380; Strack, p. u4 ; JE n, pp. 5 98-599; Enc. Jud. ro, col. 343·

    § 2 6. Farisei e Sadducei

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    § 26. FARISEI E SADDUCEI Se il nome p'rufìm indica che i Farisei si consideravano «se­ parati» dal resto del popolo, l'altro nome che essi si erano impo­ sti, ossia f?aberim, «compagni» , indica che formavano una co­ munità compatta. Nel linguaggio della Mishna e nell'antica let­ teratura rabbinica in genere, questo termine è sinonimo di «Fa­ risei» . Dai passi sopra citati (pp. 468-469) risulta chiaro che un f?br era anche uno scrupoloso osservante della legge, particolar­ mente per quanto concerneva la purità !evitica e i tributi sacer­ dotali . Questo termine, in verità, designava rutti coloro che agi­ vano cosl, non soltanto gli studiosi di professione. Infatti, a con­ trapporsi a loro, formalmente e direttamente, non erano le per­ sone non istruite,'8 ma l''am-hii'iire�, da cui non ci si poteva at­ tendere un'osservanza rigorosa della legge.'9 Di conseguenza, hdiwr, t6t.W-tl]ç, mR.Sh. 2,8. '9· L'espressione 'm h'r! ricorre spesso nella Bibbia, particolarmente in Geremia, E­

    ,s. L'illetterato, in quanto contrapposto al dotto, è detto

    zechiele e 2 Reg. (con paralleli nelle Cronache). Occasional.mente si trova anche in altri libri (ler. r ,x8; 34,19; 37,2; 44,21; 52,6.25; Ez.ech. 7,27; 12,19; 22,29; 33,2; 39,

    1 3; 46,3.9; 2 Reg. r i ,I4 .I8.19.20; 1 ,5 ,5; r 6,15; zr ,24; 23,JO.J5 i 24 ,14; z,,, .19 ; 2 Chron. 23,13.20.21; 26,21; 33,25; 36,1). Nella maggior parte di questi testi, essa ca­

    ratterizza il popolo in generale, in quanto distinto dal re e dalle autorità. All'élite da cui �il popolo� era distinto appartenevano anche i sacerdoti ( ler. 1,18; 34,19). Ma l'e­ lpressione non denota soltanto i più umili livelli sociali, poiché questi sono detti e­ ipressamente dallat 'am ba'iirer (2 Reg. 24,14), lett. «i più poveri del popolo della terru (cfr., per espressioni simili, 2 Reg. 25,12; ler. 40,7; p,15.16). In Esdra e Nee­ mia «i popoli delle terre� ('mi h'rrwt) sono i gentili (Esdr. 9,1; Nehem. 9,30), i cui di­ scendenti abitavano in Palestina al tempo di Esdra e Neemia , unendosi in matrimoni misti con gli lsraeliti. Ecco perché si fa memione non soltanto dei �popoli delle ter­ re�, 'mi h'rrwt (Esdr. 3,3; 9,1-2.n; Nehem. 9,30; 10,29), ma anche dei �popoli della terra», 'mi h'rr (Esdr. 1o,2 .11; Nehem. 10,31 .32). Questi erano non-Giudei che vive­ vano nel territorio giudaico. La terminologia rabbinica seriore si riallaccia in parte ai più antichi libri canonici, in parte a Esdra e Neemia; ai primi, in quanto si fa menzio­ ne non dei «popoli», ma del iel di Roma neU"Arukh (s.v. prwi, con cita2ione di mHag. 2,7) spiega corre ttamente prwijm: «Essi sono gli l}brjm che mangiano il loro cibo ordinario in stato di purità». Cfr. ]. Levy, Cbaldiiisches Worlerbuch, s. v. f?br', e s. v. f?br nel Neuhebr. Worterb. ; S. Krauss, Synagogale Aller­ liimer ( 1922), pp. 19-23; R. Meyer, op. cii., pp. 23-28; Enc. Jud. 7, coU. r489-1492. Per un'opinione diversa, dr. E. Rivkin, HUCA 4-4I (r969-1970), pp. 205-249. o2. f?br, nella Mishna, equivale al biblico reif e, in generale, denota un «compagno>>, una persona che appartiene a una categoria di suoi simili: f?aver di un rabbi è un rabbi, f?aver di un sacerdote è un sacerdote, f?aver di un Israelita è un Israelita. Ove non si indichi alcun significato specifico, f?aver è semplicemente un Giudeo. Cosi, ad esempio, in ml;lull. II,2, dove è conuapposto a nkrj, «straniero», e nei passi

    S 26. FARISEI E SADDUCEI

    Vari passi della Mishna attestano che i Farisei, come dice il loro nome, si tenevano effettivamente separati dal resto del po­ polo. «l vestiti dell 'am ha'are,r sono midras (impuri) per i Fa­ risei».63 «Un haver non entra nella casa di un 'am-ha'ares e non lo accetta co�e ospite se questi indossa i propri vestiti>� .64 > «rendono impure le mani» (mfad. 4,6), o che, nel travaso da un recipiente puro a uno impuro, va dichiarato impuro lo stesso «flusso» del liquido versato (m]ad. 4,7). Semplicemente, essi voiCYano ridico­ lizzare le sottigliezze dei Farisei. Cfr. Le Moyne, op. cit., pp. 209 ss. 212 ss.

    II. I SADDUCEJ

    4 9 .5

    guano le vie dei loro padri» .'' È chiaro, però, che i Sadducei era­ no ben !ungi dal rinunciare al principio della purità !evitica in sé, dal momento che per i sacerdoti che sacrificavano la vacca rossa richiedevano un grado di purità persino maggiore di quanto non esigessero i Farisei." Questo, del resto, è l'unico punto in cui ri­ sulta chiaro un interesse prettamente sacerdotale, quello cioè per la purità rituale sacerdotale. Per quanto riguarda le leggi sulle festività, si ricorda che i «Boetusei» (che erano, a quanto pare, una corrente dei Sadducei) ritenevano che il covone delle primi­ zie di Pasqua (Lev. 23 , 1 1 ) non doveva essere offerto nel secon­ do giorno della festa, ma nel giorno successivo al sabato che ca­ deva nella settimana festiva,'• e che la festa delle Settimane, che cade sette settimane più tardi (Lev. 2 3 , 1 5 ) , doveva, di conse­ guenza, essere celebrata sempre nel giorno successivo al sabato." Questa differenza, tuttavia, è cosi puramente tecnica da esprime­ re semplicemente il punto di vista esegetico dei Sadducei, con il 32. mNidd. 4,2. 33· mPar. 3,7. La Torà pre!crive che il sacerdote faccia un bagno di puriJicazione do­ po aver sacrificato la vacca rossa, restando quindi impuro fino a sera (Num. 19,3-8). I Sadducei ritenevano che dovesse sacrificare la vacca rossa solo dopo essere diventato puro, al tramonto. Il loro punto di vista era quindi più rigido. Cfr. Le Moyne, op. cit., pp. 266 ss.

    34· mMen. 10,3. In altri termini, per Jbt (Lev. 2J,I I ) essi intendevano non il primo giorno della festa, ma il sabato settimanale. L'interpretazione tradizionale che ritiene trattarsi del primo giorno della festa, per cui con «l'indomani del sabato» s'intende il secondo giorno festivo, è attestata già dai LXX ("tU bta.uptov "tii� 1tPW"tTJ�). da Filo­ ne, Spec. Leg. 2,29 ( 162) e da Giuseppe, Ani. 3,10,5 (248). Sulla storia dell'interpre­ tazione e specialmente sull'opinione dei Sadducei, cfr. Wellhausen, op. cit., pp. 59 ss. 67; D. Chwolson, Das letzte Passamahl Christi ( 1892), pp. 6o-67; G. Holscher, Der Sadduziiismus, pp. 24-26; Leszynsky, op. cit., pp. 57 ss.; Str.-B. 1 , pp. 850 ss.; Fin­ kelstein, Pharisees 11, pp. 641-654; Le Moyne, op. cit., pp. 177-190. Secondo il libro dei Giubilei 15,1; r6,r3; 44A-5· la fe!ta del raccolto (identica alla festa delle Settima­ ne, cfr. 6,2 1 ; 22,1) doveva celebrarsi «nel mezzo» del terzo mese. Questa data non •'accorda né con l'interpretazione farisaica di Lev. 23,II e 15, né con quella sadducea, ma si basa su un calendario solare, adottato anche nella comunità di Qumran (cfr. vol. r, pp. 714-721), in cui la Pasqua (15 di Nisan) è sempre celebrata di mercoledl . Se il computo dei cinquanta giorni inizia «all'indomani del sabato>>, vale a dite la domenica, nella settimana che segue la Pasqua (ovvero il 26 di Nisan), la festa delle Settimane cade la domenica t 5 di Sivan, «nel mezzo>> del terzo mese, anzi che il 6 di Sivan, come nel calendario giudaico tradizionale. Cfr. A. Jaubert, La date de la Gne (1957), pp. 2o-24; J. van Goudoever, Biblica/ Calendars (1t96r), pp. 15-29. u. ml:lag. 2,4; [qui, invero, si parla solo in generale di quanti affermano: '!TI 'pr h!bt , «la festa delle Settimane cade nel giorno dopo il sabatm> . ma da mMen . 10,3 risulta chiaramente che si tratta di opinione sostenuta dai Sadducei (Boetusei). (E. Schiirer)].

    § 26. FARISEI E SADDUCEI

    loro rifiuto della tradizione. Non si tratta di una questione di principio. Anche la sola divergenza importante nella normativa sulle festività - s'intende quella relativa all'interpretazione del comandamento sabbatico -, era che i Sadducei non riconosceva­ no come vincolanti le norme farisaiche.36 Cosi, le divergenze di principio tra i due partiti si limitavano a questo rifiuto globale, da parte dei Sadducei, della tradizione che i Farisei ritenevano vincolante. Tutte le altre sono divergenze che sorgono inevitabil­ mente quando una scuola di pensiero non riconosce come norma­ tiva la tradizione esegetica dell'altra. Non si deve, però, conclu­ dere che i Sadducei rifiutassero qualsiasi tradizione sostenuta dai Farisei. A parte il fatto che dal tempo di Alessandra essi non rappresentavano più l'autorità incontrastata, in teoria essi con­ cordavano con alcune parti, forse con molte, della tradizione fa­ risaica. Semplicemente ne negavano l'autorità generale, riservan­ dosi il diritto di un'opinione loro propria. In questo rifiuto della tradizione legale farisaica, i Sadducci rappresentavano il punto di vista più antico: essi s'attenevano alla Torà scritta e nessuno degli sviluppi successivi era per loro vincolante. Anche le loro concezioni religiose erano molto con­ .servatrici. Già se ne sono menzionati gli elementi essenziali (dr. sopra, pp. 473-477) : i Sadducei rifiutavano 1 . la fede nella risur­ rezione dei corpi e nella ricompensa in una vita futura, negando ogni tipo di sopravvivenza personale; 2 . negavano anche l'esi­ stenza di angeli e spiriti; infine, 3 · ritenevano che «il bene e il male sono a scelta dell'uomo e che questi può fare l'uno o l'altro, come vuole» ; che Dio, quindi, non esercita alcun influsso sulle azioni umane, ma è l'uomo stesso causa della propria fortuna o sventura.37 Non c'è dubbio che, per quanto riguarda i primi due punti, i Sadducei rappresentavano la dottrina originale dell'Antico Te­ stamento, in quanto distinta da quella del giudaismo posteriore. 36. Da m' Erub. 6,2 si potrebbe dedurre che anche i Sadducei osservavano determinate prescrizioni farisaiche riguardanti il sabato. Di fatto, tuttavia, il contesto mostra che i Sadducei �non riconoscevano (la legge dell') 'erub� (m'Erub. 6,1). Intento del saddu­ ceo in questione poteva, quindi, essere semplicemente di disturbare il suo vicino fa­ riseo. Cfr. Le Moyne, op. cit., p. 204. 37 · J. Halévy, 'Traces d'aggadot saducéennes dans le Talmud', REJ 8 ( 1884), pp. 38·,6.

    II. I SADDUCEI

    49 7

    Infatti, se si eccettua il libro di Daniele, l'Antico Testamento non conosce alcuna risurrezione dei corpi o retribuzione in una vita futura o salvezza personale dell'individuo o castigo futuro per i peccati commessi in questa vita: parla soltanto di un'um­ bratile prosecuzione dell'esistenza nello sheol. Lo stesso dicasi per quanto riguarda la fede in angeli e demoni: nella forma in cui si sviluppò più tardi, è anch'essa estranea all'Antico Testa­ mento. I Sadducei, pertanto, erano fedeli alle vecchie idee sotto ambedue gli aspetti. I Sadducei ponevano l'accento sulla libertà umana; se dobbia­ mo credere alle affermazioni in merito di Giuseppe, è possibile cogliere in questo atteggiamento un affievolirsi delle motivazio­ ni religiose: i Sadducei preferivano considerare l'uomo lasciato a se stesso, rifiutando l'idea che anche negli atti umani in quanto tali si avesse un intervento divino. Queste ultime osservazioni possono spiegare in parte perché l'aristocrazia arrivò ad abbracciare l'orientamento che conoscia­ mo come inizia all'età di dieci anni e finisce a diciotto anni, l'età in cui ci si aspetta che il gio­ vane si sposi. In I QSa il matrimonio è posposto all'età di vent'anni (ibid. r,ro), l'e­ ducazione «superiore» ha luogo durante i precedenti dieci anni, e l'insegnamento del s/r hhgw dal momento, definito piuttosto vagamente, della «giovinezza», n'wr;m. Per quanto l'educazione giudaica fondata sulla Torà fosse ritenuta esclusiva, essa doveva competere con l'influenza della civiltà ellenistica. Cfr., in particolare, M. Hengel, 'Greek Education and Culture in Palestine', in ]udaism and Hellenism r, pp. 65-78. 83-99; cfr. anche S. Lieberman, Hellenism in ]ewish Palestine (1950). Sulla conoscen­ za della lingua greca, vedi sopra, pp. 107-II4.

    II. LA S INAGOGA

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    5 10

    § 27. SCUOLA E SINAGOGA

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    Una conoscenza approfondita e tecnica della Torà poteva esse­ re ottenuta soltanto dai suoi studiosi nel beth ha-midrash (vedi sopra, § 25 ). Inevitabilmente, solo pochi potevano giungere a ta-

    II. LA SINAGOGA

    5II

    le livello. Per la massa del popolo era già molto se una conoscen­ za elementare della Scrittura diventava, e restava, patrimonio di tutti. Ma anche questo poteva essere raggiunto solo per mezzo di un'istituzione, che rendesse continuamente accessibile la Torà a ciascun individuo lungo l'arco di tutta l'esistenza. Una tale isti­ tuzione fu creata dal giudaismo postesilico nell'usanza della let­ tura sabbatica della Scrittura, nella sinagoga. Si deve, infatti, te­ ner presente che lo scopo primario di questi incontri sabbatici nella sinagoga non era il culto divino in senso stretto, ma l'istru­ zione religiosa, che per un Israelita equivaleva a dire istruzione nella Torà. Giuseppe spiega correttamente la questione in que­ sti termini: «Egli (il nostro legislatore) ha proclamato la Legge l'insegnamento più bello e più necessario; non è una né due né più volte che la si deve ascoltare; ma egli ha ordinato che ogni settimana, messe da parte le altre occupazioni, ci si raccolga per ascoltare la legge e impararla accuratamente>) .' Perciò Filone non è molto lontano dal vero quando definisce le sinagoghe scuole ( OtOCICX ( lEpei Tl:apri8t•croç) . Cfr. CPJ I, nr. '

    I34·

    i) Iscrizione

    di Alessandria (Gabbary), di datazione incena, ma probabilmente del

    36 a.C.: UTI:Èp �acr[•À.lcra-r)]ç xal �[a01.À.] Éwç bEr;> [p.t]y6.ì..cp É[ TI:T)X6]t)l Aì..v11:[ oç -ri)v] Tl:pOCTE[vx:i)v] ÈTI:olf• [ ... ] (t-rovç) ••' ME[ X:E•p .. ] ; Bulletin de la Société archéol. d'Alexandrie 4 ( I902), p. 86; SAB I902, p. I094 = Archiv fiir Papyrusforschung 2 (I902), p. 5 19; OGIS 742 ; SB 8934 ; CIJ II, nr. 1432 ( p . 36o); CPJ m, p. IJ9 , nr. I432. k) Papiro frammentario di provenienza sconosciuta della seconda metà del sec. I "

    .

    a.C., che menziona una risoluzione approvata �alla sessione tenuta nella

    proseuchè» :

    l11:l -riiç y[E]VT)3E(C1T)ç crvvaywyijç Èv -rii 7tpocrwx:ii. CPJ I, nr. 138. l) Iscrizione di Delo. CIJ I, nr. 726: 'AyaboxÀ.ijç xal AvcnJ-Lax:oç ÈTI:l TI:POCTEVXTI·

    Sulla sinagoga, cfr. A. Plassart, 'La Synagogue juive de Délos', Mélanges Hol/eaux (I9I3), pp. 20I-2I5; RB r r (19I4), pp. 523-534; E.R. Goodenough, fewish Symbo/s II, pp. 7I-75; Ph. Bruneau, Recherches sur /es cultes de Délos ( I970), pp. 48o-493 (il più autorevole studio moderno). Cfr. inoltre vol. III, § 3 I ,I.

    6. J. Bright, A History of Israel ('I972), p. 439· Sull'origine della sinagoga, zione (b) della bibliografia.

    dr.

    la se­

    7· Cfr., oltre a los., c. Ap. 2,I7 (I95) e Filone, Vit. Mos. 2,39 (2I6), Filone in Euse· hio, Praep. Ev. 8,7,12-I3 e Spec. Leg. 2,I5 (6z). Il Targum Ps.-Jonathan a Ex. I8,zo attrihuisce a Mosè la composizione della preghiera da recitarsi nelle sinagoghe (bbjt

    l:niithwn). In conformità con la tendenza ad assegnare tutte le pie istituzioni del pe­ riodo mosaico all'età patriarcale, il bit 'wlpn' e il bit mdrf sarebbero esistiti già al tempo di Giacobbe, che ofli.ciò nel primo e costrul, in prima persona, un bit mdrf; dr. Onqelos e Ps.-Jonathan a Gen. 25,27 e Ps.-Jonathan a Gen. 3J,I7; Neofiti a Gen. '5,27 (Giacobbe abitava nel bit mdrS).

    § 27. SCUOLA E SINAGOGA

    Questo, ovviamente, riveste un qualche interesse soltanto in quanto dimostra che il giudaismo postbiblico la considerava par­ te essenziale delle sue istituzioni religiose. Di certo, non c'è da pensare a un'origine preesilica. 1 Organizzazione della comunità •

    Il prerequisito dell'intero sistema è soprattutto l'esistenza di una comunità religiosa. E qui sorge la questione se, nelle città e località della Palestina al tempo di Gesù, le comunità religiosa e civile fossero cosi ben distinte l'una dall'altra, che la seconda possedesse un'organizzazione indipendente. Per chiarire questo punto si deve anzitutto notare che le stesse condizioni politiche non erano uniformi in tutta la Palestina. Come s'è già messo in evidenza (p. 232), sotto questo aspetto erano possibili, e di fatto si davano, tre diverse situazioni: i Giudei potevano essere esclu­ si dai diritti civili; i Giudei e i non Giudei potevano godere di eguali diritti; i diritti civili potevano essere estesi ai Giudei sol­ tanto. I primi due casi potevano verificarsi in città con una popo­ lazione prevalentemente greca o fortemente mista. In ambedue i casi, i Giudei erano indotti ad organizzarsi in comunità religiosa indipendente per soddisfare le loro necessità religiose. Infatti, collaborassero o meno alla condotta degli affari civili, essi neces­ sitavano in ogni caso di un'organizzazione indipendente per i lo­ ro affari religiosi. In questi due casi, quindi, possiamo rispondere affermativamente alla questione che ci siamo posti. La posizione delle comunità sinagogali in queste città era la stessa delle città della diaspora. Ben diversa era, invece, la situazione in città e località con po­ polazione totalmente o prevalentemente giudaica. Qui le autori­ tà locali erano senz'altro tutte giudaiche, e i pochi non Giudei residenti erano esclusi dal consiglio degli anziani o dal consiglio della città. Tale era sicuramente, ad esempio, il caso di Gerusa­ lemme. Poiché le autorità locali dovevano in ogni caso occuparsi in molti modi delle faccende religiose ( ché la legge giudaica non riconosce alcuna separazione tra l'ambito religioso e quello civi­ le), sembrerebbe a priori molto probabile che anche le sinagoghe cadessero sotto la loro giurisdizione. Oppure, si deve ritenere

    II. LA SINAGOGA

    . 5 5 !

    che proprio per questo solo scopo venisse insediato uno speciale consiglio di anziani? In piccoli centri ciò sarebbe stato piuttosto illogico. Ma anche nelle più grandi città, con numerose sinago­ ghe, la cosa non aveva ragion d 'essere: bastava che le autorità designassero per ogni sinagoga i funzionari (un elemosiniere, un archisynagogus e un ministro) atti a sbrigare gli affari specifici delle sinagoghe stesse. Per lo meno, non c'erano motivi pressanti per formare un consiglio di anziani per ogni singola sinagoga. Ma la scarsità dei materiali a disposizione ci impone di concedere la possibilità che ciò possa essere accaduto. In un caso, addirittura, la cosa è sinanche probabile: i Giudei ellenizzati di Gerusalem­ me - i Liberti, Cirenei, Alessandrini, Cilici e Asiatici - costitui­ vano chiaramente «assemblee» distinte (Act. 6,9).8 Ma si tratta­ va, precisamente, di circostanze particolari: la differenza di na­ zionalità richiedeva un'organizzazione particolare. Per le situa­ zioni meno complesse delle località più piccole della Palestina, una separazione tra comunità politica e comunità religiosa sareb­ be stata del tutto artificiosa, assolutamente contraria alla natura del giudaismo postesilico, che riconosce una comunità politica solo nella forma religiosa. Non mancano però indizi positivi del fatto che la comunità civile in quanto tale conduceva anche gli affari della sinagoga. Nella Mishna, ad esempio, si dà totalmente per scontato che la sinagoga, l'arca e i libri sacri siano proprietà della città, quindi della comunità civile, al pari, ad esempio, del­ le strade e dei bagni pubblicU Gli abitanti della città (bnj h'jr) avevano il diritto di disporre tanto dei primi quanto dei secon­ di.'0 Dall'affermazione di R. Eleazar ben Azariah, secondo cui il 8. I AL�EP"t�'IIO L sono probabilmente .to:vò� Ndxwv ò apxtcruv.ouv'taL cruvaywyaL. Spesso anche nella letteratura più tarda; ad esempio Cod. Theod. 16,8, passim. Cfr. anche CIG 9894 = IGR IV 190 = CIJ I, nr. 722 (Egina); = CIJ n, nr. 861 (iscrizione greca di Tafas in Batanea) e l'iscri­ zione musiva della sinagoga di Naro (I;Iarnmiim-Lif) nel Nord Africa (vedi sopra, n. 30). Quest'ultima legge : Sane/a sinagoga Naron(itanam) pro salutem suam (sic) ancilla tua Iuliana p(uella) de suo propium (sic) teselavit. Cfr. CIL vm 12457; Krauss, Syn. Altertiimer, p. 266. L'uso del termine cruv:ywyi) a denotare un luogo di culto cristia­ no (marcionita) è attestato con sicurezza solo una volta, su una iscrizione del 319 d.C., di Deir-Ali, tre miglia circa a sud di Damasco: cruvaywriJ MapxLWVLCT'tWV xwt.t( T)ç) A•13étPLo� ZWcrL�o� Xct"CctCTX�v&.cr� crop6v,

    .530

    S 27. SCUOLA E SINAGOGA

    vano solo in casi isolati. D'altro canto, è errato ritenere che anche cruvocywytov ricorra con questo significato. Nei passi in cui si ri­ trova, esso denota non l'edificio, ma il «riunirsi insieme)) o la comunità.64 Le sinagoghe venivano costruite preferibilmente al di fuori delle città, nelle vicinanze di fiumi o presso la riva del mare, cosi che tutti potessero fare le necessarie abluzioni prima di prendere parte al culto.6' Le dimensioni e lo stile architettonico erano naturalmente molto diversi.66 Le rovine più antiche, scoperte nelle fortezze di Herodium e Masada, possono dare un'idea dell'architettura delle lbt'to btl 't61tou xcdla;pov ov'toç 1tpb 'tijç 1t6À.Ewç 1tpbç 't !111-l�"'bt(� tv 't Xa;>..­ lia;(ou 1tEPL�6>..�. ecc. Questo I:cq.L�11bEiov potrebbe però essere un santuario della sibilla caldea. Cfr. V . Tscherikover, 'The Sambathions', Script. Hierosol. 1 (1954), pp. 78-98, alle pp. 83-84; cfr. vol. 111, § 33, al capitolo sugli oracoli sibillini. Per sina­ soga in siriaco si ha anche bit !bt' dihwd;;. �4· Filone, Legai. 40 (3r r ) : (va; É1tL'tpÉ1tWionata sopra, alla n. 5 (i), secondo il papiro Tebtunis 86 = CP] I, nr. 134, si trovava vicino all'acqua. Cfr. anche sotto, n. 76 e TDNT vn, p. 814 e n. 99 [ = GLNT XIII, col. 49 e n. 99 ] . Per la verità, nella letteratura rabbinica non c'è traccia di questa usanza; vi si prescrive, invece, che le sinagoghe siano costrui­ te sui punti più alti della città ( tMeg. 4,23). Ma è per lo meno probabile che si cercas­ se, ove possibile, di star vicini all'acqua, poiché è indubbio l'obbligo di lavarsi le ma­ ni prima della preghiera. Cfr., in proposito, ep. Arist. (ed. Wendland, 305-306) sui set· tanta interpreti : Wç li'Eiloç b'tl 1tii> and its Sur­ vivals', PEQ 8 1 (1949), pp. IOo-no. In generale, queste sinagoghe assomigliano a

    532

    § 27. SCUOLA E SINAGOGA

    molti luoghi della Galilea non sono anteriori al sec. m d.C. La grande sinagoga di Alessandria doveva avere la forma di una ba­ silica.68 In iscrizioni greche, si menzionano occasionalmente par­ ti di edifici sinagogali: una ÈsÉopct ad Athribis, un Tipovctoç a Mantinea, un 1tEPL�oÀ.oç "tou \mctL�pou a Focea, una fontana e un cortile a Side, una sala da pranzo e un quadriportico a Stobi in Macedonia.69 Nei 1tEpL�oÀ.oL si collocavano iscrizioni dedicatorie e offerte votive, come nell'atrio del tempio di Gerusalemme.'0 basiliche greco-romane. La facciata guarda a sud, cioè verso Gerusalemme, ma non si ha un luogo fisso per l'arca della Torà. La caratteristica principale del tipo di tran­ sizione, che compare per la prima volta nella seconda metà del sec. m d.C. (ad esem­ pio, ad Arbela, Beth She'arim, I:Jammath, Esthcmoa', ecc.), è un chiaro orientamento del culto verso Gerusalemme, mediante la costruzione di una nicchia nel muro rivol­ to alla Città Santa, senza dubbio per servire da recettacolo per la Torà. Lo stadio fi. naie dello sviluppo, che iniziò nel sec. v d.C. (ad esempio, Beth Alpha, Gerasa, Gerico, Maon, ecc. ), è contrassegnato dall'adozione della pianta bosilicale oblunga delle chie­ se, con l'abside contenente l'arca della Torà (nonché un luogo destinato a genizah o deposito di testi sacri non più adatti all 'uso) orientata verso Gerusalemme. L'ingresso si trova nella parete opposta a Gerusalemme. Due file di colonne dividono l'interno in una navata centrale e in due navate laterali. Per ulteriori dettagli, vedi l'articolo di M. Avi-Yonah in Ecc. Jud. 1 5 , coli. 595-598. Si noti che la cronologia tradizionale qui adottata è stata contestata dagli archeologi responsabili degli scavi condotti a Ca­ farnao tra il 1968 e il 1972. Cfr. V. Corbo, S . Lolfreda, A. Spijkerman, lA Sinagoga di Cafarnao dopo gli scavi del 1969 (1970); S. Loffreda, 'The Synagogue of Copernaum. Archaeological Evidence for its Late Chronology', LASBF 22 ( 1972), pp. 5-29; V. Corbo, 'La Sinagoga di Cafamao dopo gli scavi del 1972', ibid., pp. 204-231· Questi archeologi collocano la costruzione della sinagoga tra l'ultima decade del sec. IV e la metà del sec. v d.C. Cfr. S. Loffreda, 'The Late Chronology of the Synagogue of Ca­ pernaum', IEJ 23 ( I973), pp. 37-42. Contro questa posizione, dr. G. Foerster, 'Notes on Recent Excavations at Capernaum', IEJ 2 1 ( 197 1), pp. 207-2 u ; M. Avi-Yonah, IEJ 23 ( 1973), pp. 43·41· Sull'ampia bibliografia relativa alla sinagoga di Dura-Europos, cfr. le indicazioni date all'inizio di questa sezione e sotto alla n. 73· Si noti che la si­ nagoga scoperta a Ostia è fatto risalire da alcuni al sec. I d.C. Cfr. R. Meiggs, Roman Ostia ('1973), pp. 586 s. Per Herodium, Cafamao e Masada, v. ora F. Hiittcnmeister, Die antiken Synagogen in Israel I ( 1977), pp. 173 s. 260-270. 314 s. Cfr. G. Foerster, 'The Synagogues at Masada and Herodion', Journ. of Jewish Art 3-4 (1977), pp. 6-1 1 .

    ·68. tSukk. 4,6; jSukk. 55ab. Anche Filone menziona tra le sinagoghe alessandrine una che era llEY!CT"t"TJ xocl 7tEp�CTTJ!lO"t"ci"t"TJ, Legai. 20 ( 1 34). 69. fE;topoc ad Athribis, Egitto: OGIS 101 = Cl] 1 1 , nr. 1444 = CP] m, p. 143, n. 1444; 7tp6vocoç a Mantinea (CIJ I, nr. 720); olxoç e 7tEp(�oA.oç "t"Ou u"lttLutpov a Focea sulla costa ionica dell'Asia Minore; fontana e cortile a Side, L. Robert, Rev. Phil. 32 ( 1958), pp. 36-47; "t"Ò "t"p(xÀ.EWO'J O"ÙV .....;:, "t"E"t"piLCT"t"6(!1 a Stobi, CIJ I, nr. 694; dr. M. Hengel, 'Die Synagogeninschrift von Stobi', ZNW 57 ( 1 966), pp. 145-183. Sui resti de lla sinagoga di Delo, cfr. n. 5· Per quella di Sardis, in uso come sinagoga dalla se­ conda metà del sec. III d.C., dr. A.R. Seager, 'The Building History of the Sardis Syna­ gogue', AJA 76 ( 1972), pp. 421·435·

    70. Filone, in Flacc. 7 (48-49); cfr. Legat. 20 ( 133). Circa il tempio di Gerusalemme,

    II. LA SINAGOGA

    533

    Nella ricca ornamentazione delle sinagoghe palestinesi si pos­ sono distinguere, oltre ai simboli religiosi giudaici veri e propri (men6ra, 56/iir, luliib, 'etrog e miiggen Diiwid), rafligurazioni tratte dal mondo animale, come leoni, agnelli e aquile, nonché i segni dello zodiaco (nei pavimenti in mosaico di Beth Alpha e J:Iammath), e persino temi pagani come un grifone e un capricor­ no (Cafarnao), e un Ercole, un centauro e una Medusa (Chora­ zin).7' In epoca successiva, si raffiguravano nei mosaici scene bi­ bliche, come il sacrificio di !sacco a Beth Alpha, l'arca di Noè a Gerasa, e Daniele nella fossa dei leoni a Naaran. Nel mosaico del­ l''Aqedah, Dio è simboleggiato da una mano.72 Ma è probabile che né questi, né i famosi affreschi biblici della sinagoga del sec. m di Dura Europos sull'Eufrate," riflettano le usanze prevalen­ ti in Palestina nella prima metà del sec. 1 d.C.'4 È impossibile provare che ci fossero anche edifici per riunioni religiose costruite come teatri, senza tetto. Le sole attestazioni in merito concernono i Samaritani." È senz'altro vero che nei gior­ ni di digiuno i Giudei pregavano non nelle sinagoghe, ma pub­ blicamente, in spazi aperti, ad esempio sulla riva del mare.76 Ma cfr. Ant. 15,n,3 (395), nonché I Mach. n,37; 14,26.48 (documenti pubblici). 71 Cfr Sukenik, Ancient Synagogues, pp. I I . 24; Avi-Yonah, Enc. Jud. 15, col. 597· 72. Cfr. Sukenik, Ancient Synagogues, pp. 33 s. 73· M.l. Rostovtzeff, Dura Europos and its Art (1938); R. du Mesnil du Buisson, Les peintures de la synagogue de Dura Europos ( 1938); E.L. Sukenik, bit hknst J/ dwr' 'jrwpws w!iiwriw ( 1947); C.H. Kraeling, The Synagogue: The Excavations at Dura Europos - Fina/ Report vm, I ( 1956); E.R. Goodenough, Jewish Symbo/s IX·XI (1964); J. Gutmann (ed.), Tbe Dura Europos Synagogue ( 1973); A. Perkins, Tbe Art o/ Dura Europos ( 1973). 74· Sul rigoroso divieto di rappresentazioni figurative nel sec. I d.C., cfr. Vermes, I'B]S, pp. 76 s. La prima distinzione tra finalità cultuale e decorativa è attribuita a Gamaliel Il (circa roo d.C.); l'accettazione di pitrure murali e mosaici, a R. JoJ:!anan e R. Abin nella seconda metà del sec. m. Cfr. ibid., p. 77· Cfr. anche il Targum Ps.-Jon. . t Lev. 26,1: ione era fatta dal ministro della sinagoga (f:Jzn hknst), ma non è specifi­ cato dove la sentenza venisse eseguita. Cfr. Krauss, Synagogale Alterliimer, p. r86. 96. bMeg. 28a. 97· iShabb. 3a: «R. Mesha e R. Samuel b. R. Ji�J:!aq sedevano e mangiavano in una delle sinagoghe superiori (bf:Jd' mn kn;It' 'iliith) di Tiberiade». Cosl anche ;Ber. 5d. In generale, sull'uso delle sinagoghe per scopi diversi dal culto, cfr. W. Bacher, HDB IV, pp. 642 s. 98. Sulla 7tpw't'oxcd)top!a. di scribi e Farisei, cfr. Mt. 23,6; Mc. 11,39; Le. I I.43; 20, 46. Filone dice degli Esseni che sedevano in ordine di anzianità, i più giovani «Sotto» (vale a dire dietro) ai più anziani, Quod omnis probus 12 (Br ) : xa�''IÌÀLXLI1ç tv 't'cl-

    § 27. SCUOLA E SINAGOGA

    dere, vedi la n. 1 07. Nella grande sinagoga di Alessandria gli uo­ mini prendevano posto in gruppi separati, a seconda delle rispet­ tive professioni ( 'umanut) :• Se nell'assemblea c'era un lebbroso, gli si approntava un separé speciale.'00 Per una regolare riunione cultuale dovevano essere presenti almeno dieci persone. Come parti principali del servizio, la Mishna menziona la re­ cita dello Shema' , la preghiera, la lettura della Torà, la lettura dei Profeti, la benedizione sacerdotale.'o' A ciò s'aggiungevano la traduzione delle parti delle Scritture che erano state proclama­ te - come è presupposto anche nella Mishna (vedi sotto) -, e la loro esposizione in un'omelia edificante (che in Filone figura co­ me la parte quasi più importante di tutto il servizio).'0' �Eaw u1tÒ 1tpiG'�V"t'Épo«; vÉot x«lW;wt«L. Analogo ordine gerarchico nel sedersi è stabilito nelle regole di Qumran per l'assemblea e il pasto solenne: «Questa è la nor­ ma dell'assemblea della congregazione: Ciascun uomo siederà al suo posto (btkwnw). Il sacerdote siederà per primo, e gli anziani per secondi, e tutto il resto del popolo secondo il proprio rango• (I QS 6,8-9). «E [quando] si raduneranno per la [men]sa comune per mangiare ... il sacerdote ... benedirà le primizie del pane e del vino e sarà il primo [a stendere ] la propria mano sul pane. Quindi il Messia d'Israele stenderà la propria mano sul pane, [e] tutta l'assemblea della comunità [pronuncerà una] be­ nedizione, [ciascuno secondo l'ordine] della propria dignità (kbwdw). � secondo questo statuto che essi procederanno ad ogni pa[ sto l in cui almeno dieci uomini sono raccolti insieme» (I QSa 2,17-22). Nella diaspora si assegnava la 1tpotSp(a a uomini e donne meritevoli, con decreto comunitario, alla maniera greca; dr. l'iscrizione di Fo­ cea, CIJ 11, nr. 738. La separazione dei sessi va considerata come un dato assodato, anche se non è menzionata in nessuna delle fonti più antiche, non essendo pertinen­ te l'affermazione di Filone in De vita contemplativa 9 (69), circa il banchetto dei Te­ rapeuti, secondo cui gli uomini si adagiavano «per conto loro a destra e le donne per conto loro a sinistra>>. Anche nel Talmud non si fa menzione di un settore speciale per le donne; cfr. LOw, Gesammelte Schriften IV, pp. 55-7 1 . Tuttavia, in alcune delle antiche sinagoghe della Galilea sono state trovate gallerie che probabilmente erano destinate alle donne. Cfr. S. Krauss, Synagogale Altertiimer, p. 356; E.L. Sukenik, Ancient Synagogues, pp. 47 s.; Goodenough, ]ewish Symbols l, pp. 182. 193.

    99· jSukk. 55ab.

    IOO. mNeg. IJ,I2.

    IOI . mMeg. 4,3.

    roz. Filone offre tre descrizioni sommarie del culto sinagogale: r . ap. Eusebio, Praep. evang. 8,7,12-IJ, dal primo libro degli Hypothetica: n ovv l1t0!1]UE [sci!. ò VOJ.LOllÉ­ "\'1]a peroorribile fuori della cittA (l;w! Cjrw) a r.ooo cubiti, ma permette a una persona di seguire il proprio bestiame fino a 2.000 cubiti, «per farlo pasoolare al di fuori della propria città>. La cifra di t .ooo cubiti ricorre in Num. 35.4; di 2.ooo in Num. 35,5. Cfr. C. Rabin, The Zadokite Documents ( 1 954), p. 53; L.H. Schilfman, The Halakhah al Qumran ( 1975), pp. 91-98. Origene, De princi­ piis 4,17 (greco, secondo la Philocalia: W-55·

    69. mKel. I],I. Cfr. Neusner, Purities II, pp. 87-89, con le varie interpretazioni. 70. mKel. 17 .4-5· Cfr. Neusner, ibid., pp. 95·99· 71. mKel. 18,3. Cfr. Neusner, ibid., pp. 120-128.

    72. La pasta per l'oblazione che andava messa da parte dUiaote la cottura.

    :n o

    § 28. LA VITA E LA LEGGE

    per il bagno purificatore, ed è analoga anche a pura acqua di sor­ gente, in quanto monda i vassoi, anche se l'acqua è scarsa. 5 . Ac­ qua che gorgoglia (o: che nasce da una frattura del suolo) , vale a dire acqua sgorgante da fonti minerali o calde. Questa purifica solo mentre scorre. 6. Pura acqua di fonte. Serve come bagno purificatore per coloro che soffrono di infezioni purulente, per aspergere i lebbrosi, e per essere mescolata con le ceneri del sacri­ ficio espiatorio.73 Questi principi generali costituiscono il punto di partenza per un'ulteriore casistica. La discussione verte ora sulle condizioni e i presupposti che rendono l' «acqua raccolta» menzionata al nr . 3 (acqua piovana, di fonte o di fiume, non attinta, ma condotta direttamente in un contenitore attraverso grondaie o tubi) adat­ ta a bagni o alla pulizia di utensili. La preoccupazione principale è, in questo caso, che non vi si aggiunga «acqua attinta». I se­ guenti esempi serviranno di chiarimento. R. Eliezer dice : Un (solo) quarto di lòg di acqua attinta all'inizio rende l'acqua che poi vi si aggiunge inadatta a un bagno purificatore; ma (si ri­ chiedono) tre luggim , se l'acqua era già là. I saggi dicono: tanto all'inizio, quanto alla fine sono necessari tre luggim.74 Se uno pone vassoi sotto il getto dell'acqua (che scorre nel bagno), que­ sti rendono il bagno inadatto (poiché va considerato come di acqua attin­ ta). Secondo la scuola di Shammai, non cambia, sia che li abbiano posti là o dimenticati; secondo la scuola di Hillel, se li hanno semplicemente di­ menticati non lo rendono inadatto?� Se acqua attinta è mescolata con acqua piovana nel cortile, o in una ca­ vità, o sui gradini della vasca da bagno, se la maggior parte dell'acqua è adatta, serve per il bagno; se la parte più grande non è adatta, o sono am­ bedue eguali, non è adatta. Ma ciò soltanto se si sono mescolate prima di raggiungere la vasca. Se ciascuna fluisce nel bagno, se si conosce per certo che quaranta s''im di acqua adatta sono entrati prima che vi cadessero tre luggim di acqua attinta, serve per il bagno; altrimenti no.76

    Si discuteva anche se la neve, la grandine, la brina, il ghiaccio e simili fossero adatti a riempire un bagno.77 73· mMiqw. r,r·B. Per le brevi nonne di Qumran dr. CD ro,IOoiJ. Cfr. Vermes, DSS, pp. 179 s., 192. 74· mMiqw. 2,4. 75· mMiqw. 4,1. 76. mMiqw. 44· Sul miqweb scoperto a Masada, dr. Y. Yadin, Enc. Jud. n, col. 1089; Masada ( 1966), pp. r64-r68, con illustrazioni. Per i due bagni identificati nelle rovine di Qumran, dr. R. de Vaux, Archaeology and tbe Dead Sea Scrolls (I97Jl , pp. 9-10. IJI·IJ2. 77· mMiqw. 7,1.

    IV. IL RITUALISMO

    Parimenti dettagliate sono le norme che riguardano la lavanda delle mani o, più precisamente, il versamento dell'acqua sulle ma­ ni. In particolare, l'acqua va sempre versata sulle mani prima dei pasti (l'immersione è necessaria solo in caso di banchetti rituali, vale a dire quando si tratta di cibo sacrificale) . Si discuteva an­ che sui tipi di recipienti che si dovevano usare per versare l'ac­ qua, quale tipo di acqua fosse adatta , chi avrebbe dovuto versarla e quanta parte delle mani dovesse essere ricoperta d 'acqua.78 I riferimenti dei vangeli alla lavanda delle mani, a coppe, vasi e piatti ( Mt . 1 5 ,2 ; Mc. 7,2-5 ; Mt. 23,25-2 6 ; Le. 1 1 ,38-39) di­ ventano pienamente intelligibili solo alla luce delle disposizioni della Mishna.79 IV. IL RITUALISMO

    Estremamente indicativi della forte tendenza al ritualismo so­ no anche i tre simboli destinati a ricordare ad ogni Giudeo osser­ vante i suoi doveri verso Dio: !t!it, m'zuza e t'fillin. 1 . La !t­ #t (pl. !i#ijot; xplicr1tdìoc nei LXX e nel Nuovo Testamento, krwspdjn nel Targum di Onqelos, -.ò x6xxwov pli!J.IJ.Cl in Giu­ stino Martire, e semplicemente !#in o !i!iit' nei Targumim pale­ stinesi)Bo è il nome delle nappe o frange di lana bianca o azzurra che, secondo Num. 1 5 ,37 ss. e Deut. 2 2 , 1 2 , ogni lsraelita do­ veva portare ai quattro angoli del suo vestito. Come specifica il passo citato di Numeri, scopo di queste frange era che, al vederle, ci si ricordasse di tutti i comandi del Signore per metterli in pra­ tica.8' 2 . La m'zuza è un astuccio oblungo fissato allo stipite de78. mBer. 8,2-4; mlfag. 2,5-6; m'Edui. 3,2; mJad. 1,1-5; ::t,3. Per il bagno rituale degli Esseni prima dei pasti, vedi sotto, p. 679.

    79- Cfr. Str.-B. I, pp. 695-704. 934-936; II, pp. 13-14. 188; A. Finkel, The Pharisees and the Teacher of Nazareth ('1974), pp. 140 s.; J. Neusner, Tbe Idea of Purity, pp.

    61-63; NTSt ::t::t (1976) , pp. 486·495 So. Giustino, Dia!. c. Tryph. 46-47 (ed. Otto n, p. 154). Le edizioni hanno �ò xoxxL­ vov �OCIJ.Ilat (tintura), che non ha senso. Per la lezione corretta, p&.p.p.at, «filo•, cfr. Esi­ chio, Lexicon, s.v. xp&.rnEiiat · �à. lv �• non è certo che intenda riferirsi a queste dottrine speciali. In ogni caso, la setta possedeva i suoi propri libri, ed era dovere dei suoi membri custodirli con grande cura.73 Negli «scritti degli antichi», essi studiavano ciò che poteva essere di beneficio per l'anima e il corpo, in concreto le virtù curative delle radici medi­ cinali e le proprietà di determinate pietre.74 Attribuivano grande 69. B. l. 2,8,5 (128): 11:plv yà.p VÉv-toc; tx -rwvSE "tWV livSpwv xaL 'ltEpa�-rÉpw -rou EL'JtELV avmÀ.i)crilT) -rò l!llvoc;- 'ltOÀ.E(.lWV "tE E'lta.ywya.i:c; oux olov -rò li1tavcr-rov -r'Ìjv j3(a.v EXEtv, xat a'ltOCT'I"ÉPTJCTt\1 cp(À.wv, ot xaL È7tEÀ.a.cppuvo�EV -ròv 'lt6vov. À.TICT"tTJPLWV "tE (.lE­ ycX.À.wv �mìUO"ECTtv xat Stacpllopai:c; avSp(;)v -rwv 'ltpw-rwv, S6l;a. (.lÈv -rou épllov(.lÉvov -rwv xotvwv, t'py� SÈ otxEi.wv XEpowv EÀ.'lttcr�v . ti; wv cr-rcX.crE�c; "tE Eq>UTJCT!1V Ot'a.u-ràc; xa.L cpovoc; 1tOÀ.L"ttX6c;, Ò (.l.Èv È(.lcpVÀ.totc; CTq>a.ya.i:c; (.la.­ VLfl. -rwv livltpW'ltWV Etc; "tE aÀ.À.i)À.ovc; xat au-rouc; xpw(.l.Evwv E'lttilv(.ltq. -rou 1-LiJ À.Ei.'ltEO"lta� -rwv an�xa.DECT"t'l]X6-rwv, ò oÈ -rwv 'ltOÀ.E(.l.(wv, À.t(.l6c; "tE EL,8,1 (ro8). 2. Ant. 18,1,6 (23). Le citazioni in inglese sono tratte dalla traduzione di H.St.J. Thackeray. 3 · Cfr. vol. 1, pp. 468-469. Saddok il F8Iiseo non è men:>ionato nel resoconto della fonn82ione della filosofia, dato in B. I. :1,8,1 ( ro8). -4· Ant. 18,1,6 (23); dr. B.I. 2,8,1 ( 108). 5· B.I. 2,8,I ( 108). Questa descrizione contrassegna Giuda come un maestro, che proponeva una sua interpretazione originale della Torà; dr. sotto, pp. 719-720, e Hengel, Zeloten, pp. 85-89. 6. Ant. 18,r,6 (23). 7· Alla luce delle distinzioni operate da Giuseppe tra i vari gruppi di ribelli , è neces­ sario ricordare che tutti presero le mosse dalla filosofia di Giuda. Usando la metafora della semina e della piantatura, Giuseppe afferma che non c'era tipo di male che non fosse stato seminato da questi uomini, includendo sotto questa etichetta, l'inizio del­ la guerra, l'eliminazione di quanti erano in favore della pace, incursioni brigantesche, e l'assassinio di aristocratici, Ant. r8,r,1 (6). I seguaci di Giuda gelttUono il seme che produsse la guerra civile tra i rivoltosi (dr. vol. I, pp. 6or-6o7), e posero le radici della distru2ione del popolo, Ant. r8,r,1 (ro).

    SICARII E ZELOTI

    La ben nota tendenziosità di Giuseppe nello scrivere la storia

    della guerra8 emerge più chiara che mai nella sua definizione degli avversari dell'autorità romana come À.'lJO"'t'a.!, «briganti)),' O"'t'a.­ a�a.CT't'a.!, ina, le cui atrocit� indusse­ ro Rabban Jo]:lanan b. Zakkai a dichiarare che il rito della 'glh 'rwph era stato abolito (mSo!. 9,9; cfr. Graetz, Geschichte m, 2, p. 432). Egli fu infine catturato da Felice, B.I. 2,13,2 (253); vol. I, p. 564. zo. Cfr. vol. I, p. 564. 19. B.I. 2,12.4-5 (235-238); Ant. 20,5,4-6,2 (n7-125). zr. Cfr. vol. I, pp. 569 ss. 22. Cfr. vol . I, pp. 589 s. 23. Quasi certamente Zeloti; vedi sotto, pp. 721-723, e M. Stern, 'Zealots', Enc. Jud. Yearbook (1973), p. 145, che considera l'opposizione alla monarchia come una delle caratteristiche del partito degli Zeloti. 24. B.I. 7,8,1 (262-270) ; 6,z,6 ( 148).

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    losofìa�> di Giuda ha dato adito a una considerevole mole di stu­ di.'' Dal momento che le notizie di Giuseppe su questi gruppi non sono del tutto coerenti e non sempre sono complete, è im­ possibile raggiungere la certezza per quanto riguarda l'esatto si­ gnificato di queste denominazioni. Tutto sembra, comunque, in­ dicare che i termini Sicarii e Zeloti erano usati per denotare due gruppi separati, persino contrapposti. I Sicarii si costituirono co­ me gruppo, grazie a Giuda, in occasione del censimento:6 e rima­ sero fedeli ai suoi discendenti, che fornirono loro capi quasi-mes­ sianici fino alla caduta di Masada.,7 Dopo l'assassinio di Mena­ J:tem e la fuga dei suoi seguaci da Gerusalemme, non si parla più della loro presenza in città, avendo essi limitato la loro attività a Masada. Gli Zeloti, invece, erano attivi solo a Gerusalemme. Non sono menzionati come gruppo separato fino a dopo lo scop­ pio della rivolta, quando fanno la loro comparsa come gruppo già organizzato sotto la guida del sacerdote Eleazar b. Simon.'8 Dopo l'arrivo a Gerusalemme di Giovanni di Ghischala, si divi­ sero in due fazioni, con i più estremisti schierati al fianco del nuo­ vo arrivato.'9 Il collegamento dei Sicarii con la filosofia di Giuda sembra chiaro; tuttavia, anche se gli Zeloti costituiscono un gruppo distinto dai Sicarii/0 non si può escludere un qualche lo25. Cfr., ad esempio, M. Stern, 'Zealots', Enc. Jud. Yearbook, p. 144; M. Borg, 'The Currency of the Terrn Zealots', JThSt 22 ( t 97r), pp. 504-5 12; S. Zeitlin, 'Masada and the Sicarii', JQR 55 (r964), pp. 299·3 17; 'Zealots and Sicarii', JBL Br ( 1962), pp. 395398; M. Smith, 'Zealots and Sicarii: Their Origins and Relations', HThR 64 ( 1 971), pp. r-r9; S. Applebaum, 'The Zealots: The Case for Revaluation', JRS 6r (1971), pp. 156-170; F. Jackson - K. Lake, Tbe Beginnings of Christianity, I r, pp. 421-42.5; G. Verrnes, ]esus the Jew (1973), pp. 46-48; dr. vol. I, pp. 467 ss. 27. Cfr. vol. 1, pp. 6r8 ss.; e sopra, p. 718. 26. B.I. 7,8,r (254). 28. B.I. 2,20,3 (564). Giuseppe usa per la prima volta il termine >.40 Cosl, interpretando radicalmente la sovranità di Dio, Giu­ da si proponeva di instaurare il regno di Dio in terra; per questo, i suoi seguaci e successori non diedero ad alcuno il titolo di > (OEO"'ltO'nJc;). Anzi, erano pronti a mettere a morte gli avversari e a subire essi stessi la morte, piuttosto che riconosce­ re una sovranità umana. Giuseppe stigmatizza queste idee come «follia>>,4' e li incolpa dei mali abbattutisi sulla nazione; per lo storico, la filosofia di Giuda costituiva un'