Sociologia e nuovo realismo

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Sociologia e nuovo realismo

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MIMESIS

NUOVO REALISMO N.5

Collana diretta da Mario COMITATO SCIENTIF1CO

De Caro e Maurizio Ferraris

(Università di Belgrado) (Università di Sassari) Pascal E n gel (Università di Ginevra) Markus Gabriel (Università di Bonn) Kevin Mulligan (Università di Ginevra) Hilary Putnam (Università di Harvard) Barry Smith (Università di Buffalo) Petar Bojanic

Massimo Dell'Utri

"E tuttavia, e tuttavia... Negare la successwne

temporale,

negare

astronomico,

sono

l'io,

negare

disperazioni

consolazioni segrete ... Il tempo

l'universo

apparenti

e

è la sostanza di

cui so n fatto. Il tempo è un fiume che mi trascina,

è una tigre che mi sbrana, è un fuoco che mi divora, ma

ma io sono il fiume: ma io sono la tigre;

io sono il fuoco. Il mondo disgraziatamente, è reale; io, disgraziatamente, sono Borges" J.L. Borges,

Nuova confutazione del tempo, in Altre inquisizioni

Dopo un lungo periodo di oblio, il realismo filosofico

è tornato in auge in tutto il mondo e

in ogni ambito filosofico: dall'ontologia all'etica, dall'epistemologia alla semantica, dali'estetica alla filosofia della scienza. Ma siccome nulla

è tornato in è per questo che oggi si parla di

torna mai come prima, il realismo forme nuove: ed

"nuovo realismo". Questo termine non indica però una concezione monolitica, perché molte ne sono le declinazioni possibili, né una prospettiva totalizzante, perché la dicotomia realismo/antirealismo è questione di grado.

Ciò

che il nuovo

realismo offre,

piuttosto, è un'indicazione di rotta per la filosofia dei prossimi anni.

Mario De Caro / Maurizio Ferraris

Luca Martignani

SOCIOLOGIA E NUOVO REALISMO Ontologia sociale e recupero dell'interpretazione

MIMESIS Nuovo realismo

© 2013- MIMESIS EDIZIONI (Milano- Udine) Collana Nuovo realismo n. 5 Isbn: 9788857516608 www.mimesisedizioni.it

Via Risorgimento, 33

-

Fax: +39 02 89403935

Sesto San Giovanni (MI) l 02 24416383

20099

Telefono: +39 02 24861657

E-mail: [email protected]

IND I C E

INTRODUZIONE QUALIFICARE LA REALTÀ SOCIALE RECUPERANDO I.CINTERPRETAZIONE

7

CAPITOLO l COSTRUZIONE E REALTÀ SOCIALE: DISTINZIONE, INTERPRETAZIONE E REL AZIONE

1.1.Introduzione

11

11

1.2.Le filosofie dell'esperienza come causa del dualismo epistemico in sociologia

13

1.3.Realtà e costruzione sociale

17

1.4. La ridefinizione della logica dell'interpretazione

30

1.4.1.Esempio 1: La formazione della coppia

31

1.4.2. Esempio Il: il denaro come oggetto sociale

32

1.4.3.La costituzione relazionale degli oggetti socialmente costruiti

34

CAPITOLO Il ONTOLOGIA DELLA PERSONA: RIPENSARE

LA RELAZIONE TRA INDIVIDUO E SOCIETÀ

39

2.1.1ntroduzione

39

2.2. Persona e società in prospettiva antologica

41

2.3.Ripensare la persona dopo il posi-moderno: conseguenze antologiche

47

2.4. La persona come relazione radice della società

58

CAPITOLO Ili ONTOLOGIA DELLA CONVIVENZA: LA NORMA NASCOSTA DEL MATRIMONIO

69

3.1.1ntroduzione: l'interpretazione della convivenza

69

3.2. Matrimonio come istituzione o matrimonio come conversazione?

72

3.3.Convivenza (matrimonio di prova, matrimonio incompleto o condizione permanente)?

83

3.4.Ripensare la convivenza oltre i vuoti semantici della relazione pura

85

3.5.Il problema antologico della convivenza e la norma nascosta del matrimonio

93

CAPITOLO IV ONTOLOGIA SOCIALE DEL DENARO: MONETA O CREDITO?

97

4.1.1ntroduzione: fiducia e monetizzazione dell'esistenza

97

4.2.1.!ontologia del denaro nei classici della sociologia: moneta o credito?

99

4.3.11 denaro nella filosofia degli oggetti sociali

115

4.4.Il problema dell'origine come presupposto dell'interpretazione

125

CAPITOLO V ONTOLOGIA DEL POTERE COME RELAZIONE ABILITANTE: UNA CRITICA REALISTA AL CONCEDO DI DISPOSITIVO

131

5.1.Introduzione

131

5.2. Dispositivo e dispositivi

133

5.3.Oltre il dispositivo: il carattere stratificato e multidimensionale del potere 5.4.Potere e relazioni abilitanti: il caso delle politiche di welfare

152 159

5.4.1.Personaggi concettuali e scenari possibili oltre le antologie dell'attuale 5.4.2. Persona e nuovo welfare

159 167

5.4.3.La riflessività come criterio per riconfigurare le proprietà emergenti nel nuovo welfare

17 1

5.5.Relazioni abilitanti: verso un'antologia sociale stratificata in proprietà emergenti

17 4

CONCLUSIONI IL RECUPERO DELI.!INTERPRETAZIONE NELI.!ONTOLOGIA REALISTA: QUALI IMPLICAZIONI SOCIOLOGICHE?

17 7

BIBLIOG RAFIA

183

7

INTRO D UZ I ON E QUALI F I CARE LA R EALTÀ SOCIALE RECU PE RAN DO L' I NTE R P R ETAZ I ON E

Il dibattito internazionale sui fondamenti antologici della realtà sociale intreccia questioni estremamente delicate , che la letteratura classica del pensiero sociologico ha tradizionalmente trattato come dicotomie: individualismo/collettivismo; individuo/società; reali­ smo/costruttivismo ; micro/macro analisi; qualità/quantità . I tentati­ vi di superare le dicotomie moderne inaugurati dalla seconda metà del Novecento sono rimasti ancorati a una logica epistemica non al­ trettanto incline a riconoscere la portata antologica del confronto tra realtà e costruzione . In sociologia queste resistenze hanno prodotto una decisa relativizzazione dei paradigmi e una potente dissemina­ zione di proposte e formulazioni teoriche . Nell' attuale dibattito epi­ stemologico sulla realtà sociale , caratterizzato dalla crisi delle teorie post-moderne e dal rilancio di nuove forme di realismo , i tentativi più maturi e sistematici considerano realtà e costruzione come ma­ ero-dimensioni analitiche all 'interno delle quali tentare di ordinare la relazione (e dunque la distinzione reciprocamente necessaria) tra epistemologia e antologia sociale . Il riconoscimento di specifiche proprietà assegnate alla costruzione dei fenomeni sociali nell ' am­ bito di un maturo orizzonte realista sembra quindi costituire il reale superamento del post-moderno . Lo scopo di questo volume sta quin­ di nel trattare la dimensione costitutiva della realtà sociale mediante un' analisi teorica ed empirica di singoli temi o fenomeni in essa inclusi (l' identità personale , la coppia, il denaro , le trasformazioni delle politiche di welfare e delle relazioni di potere) . Tale analisi si realizza ri -assegnando una specifica collocazione alle logiche della costruzione e dell 'interpretazione nell' ambito dell'antologia sociale realista . Questi sono alcuni degli argomenti che orientano la trattazione condotta nel primo capitolo , laddove - in particolare - viene intro­ dotta la complessa relazione tra costruzione e realtà sociale , secondo un approccio che intende considerare tale distinzione in chiave re­ lazionale e non dicotomica . Per offrire questa prospettiva , la tratta­ zione ri-concettualizza la logica della rappresentazione e dell ' inter-

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pretazione (che il post-moderno ha differenziato muovendosi sulla linea di Nietzsche , poi di Foucault e degli sviluppi della fenomeno­ logia e dell' ermeneutica) e proponendo alcuni esempi applicativi a sostegno del valore aggiunto di una griglia di lettura della realtà sociale che sappia integrare i progressi del realismo sociologico con l ' apporto conferito all ' analisi di tale realtà dai processi interpretativi e cognitivi . Nel secondo capitolo , il testo si concentra sulla differenza tra persona e attore sociale , rilanciando nel dibattito sociologico il ruolo dell' identità , dell ' interpretazione e delle proprietà emergenti perso­ nali nel definire una rappresentazione più esaustiva della realtà e delle politiche sociali . La tesi centrale del testo è che una semantica non riduzionista e non individualistica dei concetti di identità e di persona, debba ri-comprendere i tratti umani del soggetto , re-intro­ ducendo nella riflessione sociologica (insieme teorica e pratica) sulla condizione umana la determinazione relazionale e la rifiessività che la caratterizzano . Se si assume che l ' umano sia relazione radice del sociale , le implicazioni riconducibili al pluralismo e al conseguente smarrimento dell' uomo moderno subiscono un radicale mutamen­ to . Alla centralità della libertà di scelta si sostituisce la capacità di agire conferita dalle proprietà personali in relazione con quelle del contesto sociale di riferimento . Al primato antologico dell' attuale subentra un ripensamento radicale del concetto di tempo , i cui regi­ stri plurali indicano la natura stratificata del reale e i poteri assegnati ad ogni strato specifico . Alla reificazione e all' istituzionalizzazione dell 'individualismo si sostituisce l ' efficacia causale della persona nel modificare la realtà in cui vive . In questa direzione , il confronto fra epistemologia realista e trasformazione sociale può essere decli­ nato in maniera sensata . Nel terzo capitolo , l ' argomentazione si sposta sulla coppia come (s)oggetto sociale e - in particolare - sulla distinzione tra convivenza come living arrangement e matrimonio come implicito riferimento normativa che regola la condotta e la vita quotidiana dei partner. In questo senso , la teoria sociologica sulla convivenza incontra il con­ cetto di relazione pura introdotto da Anthony Giddens nel dibattito sociologico dagli inizi degli anni Novanta . In base a tale costrutto teorico , la struttura che la coppia si conferisce è "pura" nel senso che dipende dalla prassi messa in atto dai partner che ritengono op­ portuno dotarsi di alcune norme personalizzate per definire i confi­ ni e l ' esistenza della propria relazione . In quest' ottica, ogni aspetto

I N T RO D U Z I O N E

9

istituzionale - o , se si preferisce , di struttura sociale condizionante i comportamenti individuali , come per esempio il matrimonio - non viene negato , ma ignorato , per lo meno temporaneamente , e consi­ derato come una soltanto delle possibili alternative di sviluppo per la relazione , a seconda di come "andranno le cose" . Sembra chiaro dunque come questa teoria risenta di una spiccata tendenza al prima­ to della prassi rispetto alla cultura del progetto di coppia. Basandosi su una accurata indagine empirica in profondità, il testo sottolinea come invece la dimensione coniugale - venuto meno , nel frattempo , il riferimento polemico alle ideologie e dunque anche alle contro­ ideologie politiche - rappresenti un orientamento normativa na­ scosto ma costantemente richiamato nei discorsi dei partner come "possibilità" non ancora selezionata . Non vi sono dunque resisten­ ze culturali evidenti nel progettare il matrimonio , ma una difficoltà complessiva nell ' interpretare perché tale relazione dovrebbe fare la differenza nel vissuto quotidiano dei partner. Nondimeno , il rife­ rimento normativa alla dimensione coniugale richiamato esplicita­ mente dai partner come una possibilità virtuale per l 'evoluzione del proprio rapporto di coppia, continua ad esercitare la propria valen­ za di habitus (nel senso propriamente ascrivibile alla sociologia di Pierre B ourdieu) , ossia come condizionamento culturale alla scelta individuale) richiamando la stratificazione della realtà sociale che , basandosi anche su specifici condizionamenti culturali , sembra por­ re seri dubbi sull' autonomia costitutiva della convivenza come real­ tà sociale autonoma sul piano progettuale e simbolico . Le riflessioni sull ' antologia sociale del denaro condotte nel quarto capitolo , costituiscono un elemento essenziale nella defi­ nizione di un approccio sociologico al fenomeno , e rappresentano molto di più di un esercizio di filosofia analitica. La loro importanza risiede nel contributo teoretico alla spiegazione di che cosa sia real­ mente il denaro . Riflettere su che cos ' è un oggetto , permette anche di comprendere le capacità che l 'oggetto in questione ha di evolvere o trasformarsi . Le trasformazioni sociali del denaro , nell' imposta­ zione di questo saggio , dipendono dalle dimensioni interpretative che consentono di rilanciame le potenzialità in quanto relazione di debito/credito garantite da una terza istanza sociale . Infine , nel quinto capitolo , la trattazione si sposta sul tema del potere . Nel contestualizzare l ' argomentazione , si comincia con il ri­ levare come l 'ordine globale venga spesso descritto come insieme di fenomeni economici , politici e culturali che si traducono in un au-

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S O C I O LO G IA E N U OVO R EA L I S M O

mento della complessità sociale in base a logiche differenti ma acco­ munate da criteri di de-territorializzazione e impersonalità dei lega­ mi tra gli individui . Questi elementi colgono innegabili elementi di verità sul piano empirico ma forniscono una rappresentazione della società complessa inadeguata sul piano epistemologico , poiché en­ fatizzano la perdita di potere di specifici sotto-sistemi sociali e degli individui , senza occuparsi degli aspetti di n-definizione normativa che la società differenzia al proprio interno . A questa inadeguatez­ za epistemologica, corrisponde una semantica del potere esclusi­ vamente regolativa, che non tiene in considerazione le capacità di persone e associazioni di re-agire all' impoverimento funzionale di cui lo Stato e le sue articolazioni sembrano risentire . Muovendo da una critica di segno realista al concetto di dispositivo di Michel Fou­ cault, il testo propone quindi una rappresentazione complessa ed abilitante del potere come criterio di coordinamento della società . L'immagine non esclusivamente regolativa di tale concetto è con­ forme con il carattere stratificato dell ' antologia del sociale , che il testo esamina anche alla luce delle recenti innovazioni introdotte negli ordinamenti nazionali e nei sistemi locali di welfare .

1 1

CAPITO LO l COSTRUZ IO N E E R EALTÀ SOCIALE: D I STI N Z I O N E, I NTE R P R ETAZ I O N E E R E LAZ I O N E

1 . 1 . 1ntrod u zione

Il dibattito internazionale sui fondamenti antologici ed episte­ mologici sulla realtà del sociale ha intrecciato questioni estrema­ mente delicate , che la letteratura classica del pensiero sociologico ha tradizionalmente trattato come dicotomie . Mi riferisco alle va­ riabili individualismo/collettivismo (o agencylstruttura , sul piano epistemico e metodologico) ; realismo/costruttivismo (sul piano epi­ stemico e antologico) ; micro/macro analisi (sul piano teorico e me­ todologico) ; qualità/quantità (sul versante delle tecniche applicate al metodo di indagine) . Negli seconda metà del Novecento , i tentativi ricostruttivi tra queste dimensioni hanno rappresentato l ' arena della ridefinizione dei paradigmi attraverso cui le scienze sociali si sono concentrate per rispondere alla necessità di comprendere le logiche complesse in base alle quali i fenomeni sociali avvengono per po­ terli poi spiegare attraverso l 'esplicitazione dei loro meccanismi generativi . Il tentativo di superare le dicotomie moderne (consoli­ date dalla contrapposizione tra scienze della natura e dello spirito è stato quindi inaugurato all ' insegna di una delle più problematiche tra queste distinzioni: quella tra comprensione (verstehen) e spiega­ zione (erkliirung) sociologica . Le formulazioni teoriche che hanno caratterizzato la produzione sociologica dalla seconda metà del se­ colo scorso (soprattutto dagli anni Settanta) hanno certamente avuto il merito di rilanciare la necessità di un programma epistemologi­ co rigoroso , inclusivo e - per questo - potenzialmente adeguato al tentativo di capire di che materia sia fatta la società . Il problema è che tali tentativi sono rimasti ancorati a una (socio)logica episte­ mica non altrettanto incline a riconoscere la portata antologica del confronto tra realtà e costruzione , influenzando immancabilmente quello tra spiegazione e comprensione , che è rimasto a buon titolo interno alla meta-teoria sociale della filosofia teoretica (nel frattem­ po influenzata dal post-strutturalismo e dalla decostruzione) . Questa confusione tra epistemologia e antologia sociale (Prandini 2004) ha

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rappresentato una decisa relativizzazione dei paradigmi e una poten­ te disseminazione di proposte e formulazioni teoriche . A tali disper­ sioni concettuali è corrisposto un tenace (ed in alcuni casi promet­ tente) investimento nella professionalizzazione della ricerca sociale , nel raffinamento delle tecniche di indagine , nella messa a punto di strumenti di analisi sempre più sofisticati . Del resto , determinati ap­ procci, come il realismo analitico di matrice neo-funzionalista, han­ no esplicitamente subordinato la necessità di riflettere sulle radici antologiche del sociale per concentrarsi sui processi e sui metodi che sostanziano il percorso di ricerca dei meccanismi causali fon­ dati sulla spiegazione e sulla natura derivata delle strutture e delle norme rispetto all ' azione individuale . Rinunciare all ' antologia per qualificare la ricerca . Questo è parso il background epistemico su cui fondare la ri-costruzione delle distinzioni tra teoria e ricerca, agency e struttura, micro e macro analisi . Così , nella sociologia come scienza sociale si è prodotta la disseminazione teorica che ha progressivamente rafforzato la tendenza a confondere epistemolo­ gia e antologia sociale , poiché alla connessione tra micro e macro (e ad una consistente neutralizzazione del conflitto tra individualismo e strutturalismo metodologico in favore di approcci non dicotomi­ ci) non è corrisposta una altrettanto motivata ricerca di relazionalità non escludente tra realismo e costruttivismo . Nell' attuale dibattito epistemologico sulla realtà sociale , carat­ terizzato dalla crisi delle teorie post-moderne e dal rilancio di nuove forme di realismo , esistono approcci allo studio della società che ancora non riconoscono uno specifico carattere antologico della costruzione degli oggetti sociali? Se la risposta a questa domanda sembra intuitiva e condurre ragionevolmente a una risposta nega­ tiva, le sue implicazioni non sono altrettanto immediate . Come è stato detto in apertura , nella letteratura sociologica contempora­ nea la natura della contrapposizione tra realtà e costruzione non è chiaramente definita: a volte i termini di tale questione sono ancora trattati come rigide alternative dicotomiche; in altre situazioni le si intende come tesi alternative sintetizzabili in un orizzonte dialetti­ co piuttosto caotico . I tentativi più maturi e sistematici considerano realtà e costruzione come macra-dimensioni analitiche all ' interno delle quali tentare di ordinare la relazione (e dunque la distinzione reciprocamente necessaria) tra epistemologia e antologia sociale . Da questo punto di vista, il riconoscimento di specifiche proprietà assegnate alla costruzione sociale nell ' ambito di un più maturo oriz-

C OSTR U Z I O N E E R EALTÀ SOCIALE: D I STIN Z I O N E, I NT E R P R E TAZ I O N E E R E LAZ I O N E

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zonte realista sembra costituire il reale superamento del post-mo­ demo . Se è vero che i fatti esistono al di là delle rappresentazioni , è anche vero che le rappresentazioni stesse hanno una ricaduta sul reale che si ri-struttura continuamente intorno a specifiche relazioni di potere emergenti . In altre parole , affermare che la realtà è social­ mente costruita è un limite ormai evidente nella rappresentazione del post-modemo , così come affermare che esistono soltanto fatti costituisce un impoverimento del realismo e una sua ricollocazione nei confini del neo-positivismo logico . Il fatto che vi siano fenomeni sociali "reali" in quanto basati su specifiche proprietà della costru­ zione intersoggettiva della realtà sociale rappresenta il rilancio di un realismo evoluto e anti-positivistico nel definire la specificità degli oggetti sociali (dai matrimoni alla proprietà, dai contratti ai servizi di welfare , dalle interazioni alle organizzazioni) . Lo scopo di questo saggio sta quindi nell ' offrire una rassegna di queste proposte e nella ricerca di una specifica collocazione delle logiche della costruzione e dell 'interpretazione nell ' ambito dei progressi dell ' antologia so­ ciale realista .

1. 2 . Le fi l osofie dell'esperienza come ca usa del duali smo epistem ico in sociolog i a

Mentre la sociologia continua a riprodurre forme di riduzio­ nismo epistemico-antologico (che sembrano peraltro aggravarsi a mano a mano che si moltiplicano specifiche teorie e nuove tecniche di indagine) , la filosofia teoretica (e con essa anche quella sociale e politica) fronteggia il dibattito sul post-modemo , sul suo superamen­ to e sulla riconsiderazione dei presupposti delle ormai diverse forme di realismo adeguate per scoprire gli oggetti fisici, ideali , culturali e sociali . Le distinzioni direttrici da cui partire per comprendere come mai nella teoria e nella ricerca sociale la dimensione antologica del proprio oggetto di analisi tenda a manifestarsi in maniera riduttiva sono proprio quelle che richiamano il confronto tra comprensione e spiegazione e tra realtà e costruzione (richiamate in sede introdutti­ va) . Si tratta di distinzioni concepite in termini dicotomici fin dalle origini della disciplina sociologica e della sua istituzionalizzazione come scienza specifica. Tali distinzioni sono riconducibili alla for­ malizzazione dei codici delle scienze sociali derivati dalle cosid-

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dette filosofie dell ' esperienza1 , in particolare il positivismo di area francese e la fenomenologia di matrice tedesca (si veda la tab . 1 . 1 ) . Affermare l a rilevanza delle filosofie dell' esperienza, impo­ ne una considerazione centrale . Il dibattito epistemologico che ha accompagnato l ' affermazione della sociologia si è distinto per il confronto tra coloro i quali sostenevano una sua collocazione nell ' ambito delle scienze della natura e tra quelli che invece la con­ sideravano una scienza dello spirito . In base alla distinzione dilthe­ yana, le scienze della natura si rivolgono alla realtà esterna rispetto alle rappresentazioni ed agli scherni concettuali degli individui e studiano i nessi causali tra i fenomeni fisici (se x allora y) 2 ; quelle dello spirito sono invece orientate alla disamina del mondo interiore delle persone , inclusi i valori e le motivazioni che determinano il modo di agire . Da questo punto di vista , la principale differenza che separa i due concetti sta nell' oggetto di analisi : le scienze della natura studiano i fenomeni naturali e fisici; le scienze dello spiri­ to studiano le manifestazioni visibili della coscienza e dell ' attività umana . Nell' ambito di questo confronto la dicotomia prettamente epistemologica tra scienze della natura e dello spirito richiama an­ che quella del metodo di analisi . Per gli esponenti del positivismo , la sociologia deve pervenire a spiegazioni generali capaci di chiarire il rapporto costante tra cause ed effetti dei fenomeni (in modo analogo alle scienze naturali) . In base a questo orientamento naturalistico la sociologia sarebbe una scienza nomotetica .

l.

2.

Il tema delle filosofie dell'esperienza (di laboratorio , nel caso del positivi­ smo; di vita quotidiana nel caso della fenomenologia e dell'ermeneutica; di fabbrica - o di ciò che ne resta - nel caso del marxismo) è stato ben argomentato da Franca D' Agostini ( 1 999) . D a questo punto di vista l 'eredità epistelnica della spiegazione causale è ovviamente attribuita a Durkheim, con particolare riferimento all'opera Le Regole del metodo sociologico ( 1 895 ; trad . it. 2008) . Le leggi sociolo­ giche si esprimono nella Inisura in cui si osservano variazioni costanti e regolari tra una causa x (per esempio diminuzione della coesione sociale o l'urbanizzazione) e un fenomeno y (l' aumento del tasso di suicidio , la differenziazione sociale delle fom1e di solidarietà alla base del legame sociale) .

C OSTR U Z I O N E E R EALTÀ SOCIALE: D I STIN Z I O N E, I NT E R P R E TAZ I O N E E R E LAZ I O N E

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Positivismo

Fenomenologia

Spiegazione La ricerca scientifica deve produrre spiegazioni regolari ed efficaci del rapporto che connette regolarmente determinate cause a effetti altrettanto precisi. Le scienze sociali devono indagare il proprio dominio nello stesso senso di quelle naturali• definendo la black box dei processi in base ai quali os. . serviamo connesswm regolari tra una causa generativa x e un fenomeno y.

Comprensione La ricerca scientifica (come la riflessione filosofica) deve basarsi sulle manifestazioni esteriori dei fenomeni , studiandoli per come essi appaiono . Le scienze sociali sono diverse da quelle fisiche poiché l'intenzionalità alla base delle azioni soggettive modifica (costruisce , decostruisce e ricostruisce) il modo in cui i fenomeni sociali si manifestano .

Focus

Struttura Nella struttura dei fenomeni indagati risiedono sia le domande che le spiegazioni al problema posto in sede di formulazione , validazione ed infine verifica (o eventuale falsificazione) delle ipotesi .

Individuo Considerazioni individuali e reciproci aggiustamenti sono essenziali per comprendere il legame sociale in quanto costn1zione fondata sulla routine e sulle abitudini consolidate in base al senso intersoggettivo attribuito ai rituali socialmente riconosciuti .

Orient amento epistenn co

Macro L'epistemologia è considerata come filosofia della scienza . L'mitologia è m1 dominio della metafisica . In quanto tale è scientificamente irrilevante e teoreticamente ingenua: non presuppone una necessaria manifestazione osservabile degli oggetti di indagine .

Miero Oggetto dell ' analisi sono i mi erofondamenti della vita quotidiana . Rispetto alla filosofia kantiana tale approccio rappresenta la separazione analitica tra noumeno e fenomeno (conferma dal punto di vista euristico la frattura tra epistemologia e antologia , considerata sul piano metafisica e non applicato) .

Finalità

.

Tab . 1 . 1 . Filosofie dell'esperienza e frammentazione epistemica nella definizio­ ne delle scienze sociali .

Nello sviluppo di riflessioni centrali per questo tipo di argomentazioni è stato Roy Bhaskar ( 1 979; trad . it . 20 10) a sostenere che natura e società possono essere studiate nello stesso senso ma non nello stesso modo .

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S O C I O LO G IA E N U OVO R EA L I S M O

Per gli esponenti dello stonc1smo , della fenomenologia e dell' ermeneutica la sociologia dovrebbe invece comprendere lo svi­ luppo storico-contestuale dei fenomeni sociali , concentrandosi sulle dimensioni intenzionali e specifiche che li costituiscono nella loro autenticità. In base a questo orientamento la sociologia sarebbe una scienza idiografica. Evidenziare la natura degli oggetti sociali ap­ pare dunque essenziale per superare i riduzionismi antologici e le apparenti contraddizioni tra metodi e dimensioni epistemiche . Che tipo di oggetti sono gli oggetti sociali? Questo argomento è centrale nel dibattito filosofico sulla fondazione del cosiddetto New Realism in filosofia e - contemporaneamente - da quello sociologico che ha coinvolto alcuni esponenti del Critica! Realism nel mondo anglo­ sassone3 . La tendenza epistemicamente dualista che fonda la sociologia come scienza è invece stata brillantemente colta da alcuni storici contemporanei del pensiero sociologico (Winch 1 958 ; Wallace e Wolf 1 99 1 ; trad. it. 1 994; Berthelot 2005; trad . it. 2008) . Per esem­ pio , nell' articolare il suo programma di ricerca sulle modalità di costruzione della sociologia, Jean-Michel Berthelot (2005; trad. it. 2008) distingue due orientamenti epistemologici fondamentali: og­ gettivismo e soggettivismo . Il primo (riconducibile propriamente a Durkheim e sviluppatosi poi con il funzionalismo e lo strutturalismo francese) si concentra sull' effetto che le norme e le strutture sociali

3.

Non è questa la sede per ricostmire sistematicamente gli aspetti di un di­ battito così complesso . In Italia , la filosofia degli oggetti sociali ha preso piede in seguito alla ripresa delle suggestioni realiste da parte di autori che - come Ferraris (2005 ; 2009; 20 12) - si sono interrogati sulle con­ seguenze del superamento del post-modemo e della koiné enneneutica soprattutto nella variante debolista italiana (Ferraris 20 12a; 20 1 2b ; De Caro e Ferraris 20 12). Nel tentativo di ri-collocare il presupposto dell 'in­ terpretazione e della ricostmzione dei significati condivisi nell' ambito di presupposti realisti , Ferraris dialoga con la tradizione analitica anglosas­ sone , in particolare con l 'originale proposta di John Searle (20 10; trad . it . 20 10) e B arry Smith (2003 ; 2004; 2008) . In sociologia , il dibattito sui meccanismi causali alla base della costituzione della realtà sociale in base alle interazioni e alle relazioni tra gli individui ha invece avuto luogo su alcune riviste specializzate , come Philosophy of Social Sciences; Joumal for the Theory of Socia/ Behaviour e Journal of Critica/ Realism . Le coor­ dinate di questo dibattito sono riportate nella bibliografia di questo saggio . Il dibattito sugli sviluppi filosofici della riflessione sul realismo è stato recentemente trattato nel volume a cura di De Caro e Ferraris (20 1 2) .

C OSTR U Z I O N E E R EALTÀ SOCIALE: D I STIN Z I O N E, I NT E R P R E TAZ I O N E E R E LAZ I O N E

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esercitano sul comportamento individuale . n secondo (che può in­ vece essere fatto risalire a Weber, poi agli sviluppi della microsocio­ logia, della fenomenologia e dell' ermeneutica) preferisce sviluppare l ' analisi e l ' impatto sociale delle scelte e delle motivazioni indivi­ duali , anteponendole alle costrizioni e ai condizionamenti esercitati dalle strutture sociali e dalle istituzioni . In altre parole , per il sogget­ tivismo sociologico i fatti sociali non hanno un'esistenza propria e indipendente rispetto alle azioni individuali . Negli ultimi trent' anni del Novecento si può osservare una sostanziale permanenza del di­ battito epistemologico , teorico e metodologico tra oggettivismo e soggettivismo . Tuttavia, alla rigidità delle distinzioni dicotomiche subentra una "normalizzazione" dell ' ibridazione tra i due poli del confronto e il conseguente proliferare dei tentativi ricostruttivi . Tale fenomeno è appunto il sintomo della mancanza di un chiaro orienta­ mento antologico sulla realtà del sociale . Come ricomporre questo panorama , reso frammentario dalla necessità materiale di ricono­ scere la distinzione tra gli approcci in sede di istituzionalizzazione e di sviluppo della disciplina? In altre parole , come riconsegnare alla società una sua antologia, che comprenda la ricchezza epistemica su cui possono fondarsi i singoli approcci senza confondere l ' epi­ stemologia (come osserviamo scientificamente gli oggetti di analisi) con l 'antologia (cosa sono e da che cosa sono costituiti gli oggetti di analisi) della società come ambito di indagine scientifica? La risposta a questi interrogativi è complessa e indiretta, tanto da richiamarne altri . È possibile sostenere che tra realtà e costruzio­ ne sociale ci sia una distinzione analitica che si può ricomprendere in un Jramework comune ammettendo la natura complessa e tempo­ ralmente stratificata della realtà? È possibile assegnare una colloca­ zione alla costruzione sociale dei significati e dei presupposti di sen­ so alla base delle azioni individuali (Pharo 2007) e delle interazioni in un orizzonte antologico realista finalizzato alla definizione della natura sui generis degli oggetti sociali?

1 .3. Realtà e costruzio n e soci a l e

Quando si chiama in causa il realismo nel dibattito filosofico e scientifico la prima problematica da affrontare è legata alla distin­ zione tra i concetti di realtà e di verità . Se il secondo assume una definizione fondazionalista e non necessita di indicatori esterni alla

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coscienza per essere affermata con valore di fede , il primo è invece il criterio di autenticità sul quale le diverse discipline continuano a misurarsi e litigare . Le scienze sociali , come le altre scienze , ri­ chiedono indicatori , ma sono piuttosto in difficoltà nel ponderare i canoni del reale , soprattutto rispetto a due problematiche interrelate . La prima sta nella necessità di re-interrogare i postulati filosofici che ne costituiscono il background e dai quali negli anni si sono progres­ sivamente allontanate per affermare il loro statuto di scientificità . La seconda è invece relativa all' oggetto di studio: mentre in alcune discipline l ' oggetto di analisi è chiaro e dunque le teorie differenti si misurano - anche duramente - facendo riferimento a un paradigma condiviso , lo stesso non avviene per la sociologia. Quando i filosofi delle scienze sociali affrontano il tentativo di ridefinire l' antologia degli oggetti sociali , si verificano due strani paradossi . In primo luo­ go , difficilmente vengono esplicitati riferimenti a sociologi nell ' ar­ gomentazione filosofica , quasi a confermare che la sociologia abbia rinunciato fin dall ' inizio a una specifica riflessione antologica sul proprio oggetto di studio . In secondo luogo , mentre si osservano progressi concreti nella definizione di che cos ' è un oggetto sociale , meno incisivi sono gli esempi che spiegano come tali oggetti emer­ gono e si consolidano nei differenti contesti . Per questa ragione , le spiegazioni per meccanismi emergenziali della realtà sociale vengono spesso offerti attraverso analogie con il comportamento degli oggetti appartenenti al mondo della chimica , della fisica o della biologia4 . Infatti , è raro che non s i citi l ' esempio dell' acqua come effetto emergente della combinazione tra molecole di idrogeno e di ossigeno anche nell ' ambito di ragionamenti che hanno per oggetto l ' emergere di fenomeni sociali come la fiducia , la coppia, il contratto di lavoro , il crack finanziario , il servizio alla persona. Analogamente , l ' idea stessa di meccanismo dell ' emergen­ za ha subito una pesante inflazione , tanto che è sufficiente portare l ' esempio di una trappola per topi o di una obliteratrice di biglietti del tram per parlare di meccanismi in grado di chiarire le relazioni

4.

Questo fatto non deve stupire , visto e considerato che la spiegazione dei fatti mediante meccanismi emergenziali viene offerta dalla filosofia della scienza . Peraltro , in alcuni casi, il richiamo alla fisica e alla chimica si ac­ compagna (pur con significative difficoltà di generalizzazione dei mecca­ nismi stessi) alla scienza della politica ed all ' economia . Su questo aspetto rimando a Mario Bunge (2004) e a Roy Nash ( 1 999) .

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tra causa ed effetto anche nell ' ambito di differenti situazioni sociali . La questione dell 'emergenza sarà affrontata più sistematicamente nel prossimo paragrafo . Prima però è necessario chiarire lo statuto problematico della costruzione sociale dei significati e delle diverse logiche di comportamento in un framework realista (si veda la tab . 1 .2) . Si tratta di una riflessione che ha dovuto affrontare diverse re­ sistenze , derivanti in primo luogo dal realismo positivistico e dalla sua rigidità nel considerare in maniera il carattere inemendabile del­ la realtà (ossia l ' indipendenza del reale , sia esso fisico o sociale , ri­ spetto all ' osservatore) . La situazione si è ribaltata con l ' affermazio­ ne del post-moderno (Lyotard 1 979; trad. it . 2006 ; Vattimo e Rovatti 1 983) , che sulla scorta della logica della rappresentazione offerta da autori come Nietzsche e Schopenauer ha rinunciato alla definizione di un carattere univoco del reale per sottolineare la pluralità delle prospettive che emergono sulle ceneri delle grandi narrazioni mo­ derne (il capitalismo , il comunismo , il totalitarismo) . La fine delle grandi narrazioni moderne ha intrecciato , ad un certo punto , una critica radicale del potere di manipolare la vita umana mediante tec­ niche di dissimulazione e logiche di controllo perfezionate dai mo­ derni ordinamenti politici (le tecnologie del potere di cui ha parlato Michel Foucault)5 . Questo atteggiamento critico si è tradotto in una generale insofferenza per il pensiero forte e per il carattere univer­ sale dei valori in nome di un loro presunto carattere dogmatico che sarebbe scaturito nell ' esito spersonalizzante della "realtà" esterna al soggetto individuale . In altre parole , la prospettiva interiore del post­ moderno crea il mondo "là fuori" rivelando il carattere paradossale e mentalistico del relativismo che tende a produrre . Se tra realismo in­ genuo e post-modernismo radicale (quello per il quale non esistono fatti ma solo interpretazioni , compreso il fatto che anche quest'ul­ tima frase è una interpretazione ! ) rischia di riprodursi una frattura dicotomica, sono stati diversi i filosofi (soprattutto provenienti dalla tradizione analitica anglosassone) ad interrogarsi sulle modalità di relazione tra realtà e costruzione , soprattutto con riferimento alla re­ altà sociale . N on c ' è dubbio sul fatto che il pragmatismo americano6

5. 6.

In questa sede , mi riferisco in particolare a Sorvegliare e punire ( 1 975 ; trad. it. 1 976) . Per una trattazione sistematica della corrente pragmatista i n filosofia e per lo sviluppo del concetto di rifiessività come conversazione interiore rimando ad Archer (2003 ; trad. it. 2006) .

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abbia contribuito alla costruzione di un approccio che considera la formazione del pensiero come ragione pratica capace di influenzare l ' ordine sociale , il suo corredo democratico , la generazione di sim­ boli condivisi . In seguito , sono stati soprattutto autori come Hilary Putnam, e John Searle a raccogliere l ' eredità del pragmatismo e a ricondurre il dibattito sul realismo all'interno dei confini specifici delle discipline considerate . Vale a dire che la natura degli oggetti di studio non varia al variare della disciplina che li osserva ma che è la varietà degli oggetti di studio a richiedere lenti specifiche e plurali di osservazione dei diversi strati di cui si compone la realtà (naturale , mentale , sociale , culturale) . Dunque , non si tratta di perfezionare le lenti o gli assunti con i quali si nega o si abilita in maniera più o meno convinta la natura costruita di determinati oggetti , quanto piuttosto di prendere atto del fatto che esistono oggetti differenti la cui natura costitutiva è specifica e che va quindi studiata in base a tale specificità. Questa è la tesi del realismo interno (Putnam 1 98 1 ; trad . it. 1 985) , che ha il merito di ri-organizzare in modo sensato la distin­ zione tra antologia (la natura specifica degli oggetti) ed epistemolo­ gia (il modo in cui studiamo gli oggetti senza presupporre di poterli subordinare a ideologie o imputazioni politico-speculative sulla re­ altà) . Il realismo interno offre dunque un' indicazione di metodo per affermare la specificità dei differenti campi antologici evitando di incorrere nella fallacia trascendentalista che porta a confondere epi­ stemologia e antologia. Ancora non basta, tuttavia , per dimostrare che (l) gli oggetti sociali sono socialmente costruiti e che (2) il loro carattere di costruzione non li esclude dall' ordine della realtà. Per affermare questo , occorre produrre due considerazioni .

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Assunti di base

Conseguenze epistemiche e molo assegnato alla costruZione

Realismo positivistico "ingenuo"

La realtà (in quanto tale) è indipendente rispetto all'osservatore . «Gli oggetti sociali sono solidi come gli oggetti fisici» (Ferraris 2009).

La costruzione dei significati e i processi di interazione sono interpretazioni oppure semplici deliberazioni personali che non modificano la sostanza del reale (inemendabilità autoreferenziale) .

Realismo interno

«Chiedersi di quali oggetti consista il mondo ha senso solo all 'interno di una data teoria o descrizione» (Putnam 1 98 1 ; trad. it . 1985 , 57) .

La verità è «una specie di accettabilità razionale [ . . . ] anziché la corrispondenza con uno "stato delle cose" indipendente dal discorso e dalla mente» (Putnam 1 98 1 ; trad. it . 1 985 , 57; Vattimo 20 1 2 , 92) .

Nuovo realismo

Gli oggetti sociali sono costruiti su oggetti con precise caratteristiche (iscrizioni idiomatiche) . La realtà è inemendabile ma deve essere osservata in base alla natura degli oggetti che ne compongono il dominio .

Questo approccio nasce dalla necessità di superare il confronto tra il realismo ingenuo e il costmttivismo radicale e le fallacie epistemiche che sostanziano il post-moderno per il quale non gli oggetti fisici e sociali sono socialmente costruiti (Foucault) . Tali fallacie sono schematizzabili (Ferraris 2009 ; 20 1 2 ; Vattimo 20 1 2) in un presupposto costitutivo del nichilismo alla base dell'orientamento postmoderno : non ci sono fatti , solo interpretazioni .

Tab. 1.2.

loso:fìci7 .

7.

Assunti di base e conseguenze epistemiche dei differenti reali smi fi­

Nel volume collettaneo dal titolo Bentornata realtà. Il nuovo realismo in discussione (20 12) vengono argomentate e discusse ulteriori e più recenti forme di realismo filosofic o . Ne indico in particolare due . La prima con­ siste nella relazione tra realismo scientifico e realismo del senso comune (Putnam 20 1 2 , 9-20; De Caro 20 1 2 , 23-38); che risulta dal confronto tra posizioni che riconosco come reali rispettivamente le entità postulate dal­ le ricerche scientifiche e dalle pratiche ordinarie . La seconda deriva dal ridimensionamento della sovranità dell'interpretazione impostasi con il post-moderno . In questo frangente trovano espressione il realismo nega-

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La prima considerazione è interna all ' attuale dibattito filosofico tra post-moderni e neo-realisti . Il post-modemo e il post-struttura­ lismo hanno rappresentato un tentativo filosofico di decostruzione di certezze precedentemente avallate dalle narrazioni moderne , ar­ rivando in alcuni casi a sostenere la natura socialmente costruita di fenomeni psichici e biologici: basti pensare alla tesi della storia della follia offerta da Michel Foucault ( 1 972 ; trad. it. 20 1 0) . Il carat­ tere inemendabile della realtà sociale ha progressivamente smentito la tesi costruzionista radicale , sottolineando la potenza di variabili macra-sociali nel definire i nuovi equilibri di potere mondiale . Mi riferisco alla crisi della contrapposizione tra il blocco capitalista e quello sovietico (nell' ambito della quale l ' oggetto sociale "muro di Berlino" simbolo della frontiera e della divisione del mondo in blocchi è tornato ad essere un insieme di frammenti di oggetti fi­ sici e un oggetto culturale da studiare sui libri di storia) ; alla glo­ balizzazione dei mercati finanziari (che non si è tradotta soltanto nel perfezionamento del capitalismo , ma nella riscoperta di un ruolo pubblico della religione nella partecipazione al dibattito civile); alla crisi del weljare state (che ha n-consegnato alle singole dimensioni territoriali e locali la possibilità di definire laboratori sperimentali del benessere in termini di servizi , contributi e logiche di cura) . Da qui , la realtà è risultata profondamente trasformata e - al contempo - definita in parte dai processi di ricostruzione simbolica e agenzia­ le (in termini di agency collettiva e individuale) nel ri-qualificare la propria valenza strutturale e normativa . Il post-moderno , in altre parole , non è passato senza lasciare tracce . Muovendosi sulla scorta del pensiero di Nietzsche (che Habermas ha definito brillantemente una piattaforma girevole8) ha traghettato l ' idea di realtà ancora in­ trisa di positivismo (la ricerca di logiche osservabili e riproducibili in quanto connessioni regolari tra causa ed effetto come condizioni di accettabilità di un elemento come reale) verso una dimensione estensiva del reale capace di includere ciò che non è soltanto misu­ rabile , ma anche rappresentabile mediante atti di fede , di protesta e

8.

tivo in base al quale «ci sono interpretazioni che l' oggetto da interpretare non ammette» (Eco 20 1 2 , 105) , il realismo minimale (Marconi 20 1 2 , 1 151 37) e il tema dell 'inemendabilità (resistenza) della realtà sociale costitu­ ita dalle registrazioni doclllllentali (Ferraris 20 1 2b , 1 4 1 - 1 65) . Questa espressione è inclusa nella lezione IV del volume Il discorso filo­ sofico della modernità ( 1 985 ; trad . it . 2003) .

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di obiezione . Naturalmente la piattaforma girevole ha cominciato a girare su se stessa, generando il paradosso della rappresentazione come unica forma di realtà , fino alla negazione della stessa realtà come atto di imposizione di una visione parziale sulla ricchezza del­ la discontinuità del mondo rappresentabile . Per riprendere le parole di Ferraris (20 1 2a) dalla fallacia dell ' accertare-accettare tipica del positivismo - per cui la verifica di indicatori misurabili determina lo statuto realistico di un oggetto di indagine - si è passati alla fallacia del sapere-potere avallata dal pensiero debole (Vattimo e Rovatti 1 983) e prima ancora dalla biopolitica . Il pensiero che tende a una visione sintetica e onnicomprensiva del reale non può che alienare il soggetto imponendogli una visione univoca e prepotente di ciò che deve considerare come vero . Per resistere sulla piattaforma girevole teorizzata da Habermas e richiamata nel dibattito tra post-moderno e New Realism occorre attribuire alla costruzione inter-soggettiva delle azioni e dei significati una collocazione specifica nel tempo e nello spazio delle relazioni sociali , evitando sia la semplificazione positivista (che per esempio vorrebbe negare una realtà del sovra­ umano e del divino perché non ci sono prove tangibili della sua esistenza) che la generalizzazione relativista del post-modemo (che non riesce ad indicare esaustivamente se sia più disumana la poliga­ mia come pratica culturalmente codificata o il rifiuto della poligamia come espressione di un dogmatismo esteriore all' ambito culturale e religioso in cui tale pratica trova una legittimazione) .

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Approcci

Realismo critico

Realismo relazionale

Realismo analitico

Ontologia (Che cos ' è la realtà sociale?)

Stratificata e dualista (Condizionamento stmtturale , interazione sociale , elaborazione sociale)

Relazionale e triadica

Stratificata ma problematica . Prettamente individualista . (miero-macra link)

Epistemologia (Come si osserva la realtà sociale?)

La realtà si osserva La realtà si osserattraverso proprietà va come effetto emergente di azioni emergenti di strati ontologici specifici reciproche in un e relativamente contesto a sua volta costituito di relazioni autonomi illllllateriali ma i cui effetti agiscono causalmente sul vissuto individuale e sulle nonne sociali

Teoria

Morfogenetica ed emergentista

Relazionale

Medio raggio

Temporalizzazione

Circolare

Stratificata in registri (interattivo e sirnbolico)

Lineare

Concetti centrali

Emergenza Dualismo analitico Morfogenesi sociale Conversazione interiore (Premure fondamentali)

Relazione sociale Beni relazionali Riflessività relazionaie Ordine della relaz10ne Politiche sociali

Meccanismi sociali Situazione (macro-micro) Interazione (micro-micro) Trasfonnazione (miero-macra)

Elementi comum

(l) Consapevole inadeguatezza di olismo ed individualismo . (2) Spiegazione causale mediante processi o meccanismi . (3) Emergenza Vs Riduzionismo (sia micro che macra).

La realtà si osserva per meccanismi sociali capaci di produrre teorie adeguate per ogni livello metodologico di analisi

Tab . 1 .3 . Realismi sociologici a confronto . Fonte: Rielaborazione da Martignani (20 1 0) .

La seconda considerazione riguarda una più attenta lettura dei classici della sociologia. In primo luogo , ricordiamo l ' assunto durkheimiano che ha riconosciuto in maniera esplicita la natura sui

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generis della società . Tale assunto è stato introdotto contestualmente alla sequenza di regole metodologiche che affermavano che i fe­ nomeni sociali dovrebbero essere studiate come cose. Se la questa tesi è tipicamente positivista, in quanto riconosce una realtà che è solo là fuori , esterna alle rappresentazioni del soggetto , è anche vero che Durkheim ammette che tali regole sono valide per sostanzia­ re un metodo di analisi o, per meglio dire , un legame coerente tra epistemologia e metodi di indagine . Durkheim ha sostenuto che la realtà sociale andasse studiata come una cosa per garantire risul­ tati attendibili ad analisi fondate sulla ricerca di variazioni costanti tra variabili incluse in specifici disegni di indagine . Era una strada , certamente non l ' unica. Del resto , la questione epistemico-antolo­ gica della società era rimasta aperta da quando Auguste Comte , nel pubblicare il Cours de philosophie positive aveva sostenuto che la sociologia era l 'ultima nata tra le scienze perché il suo oggetto di indagine (l ' oggetto sociale , appunto) è più complesso di quello delle altre discipline . Tuttavia , la formulazione comtiana restava ampia­ mente intrisa di positivismo , e la stessa definizione di sociologia come "fisica sociale" non rappresentava certamente un punto di partenza per definire cosa sia un oggetto sociale . Queste riflessio­ ni suggeriscono anche le ragioni per le quali i tentativi più celebri e sistematici rivolti ad affermare la necessità di assegnare alla co­ struzione sociale una valenza fondativa e antologica hanno come punto di riferimento Simmel ( 1 90 8 ; trad . it. 1 998) per l' importan­ za attribuita alle interazioni reciproche , ma si rivolgono proprio a Durkheim e per approfondire la questione di quali siano realmen­ te i cosiddetti elementi non contrattuali del contratto (dunque una questione squisitamente antologica, da Berger e Kellner a Mead , fino a Goffman)9 ossia quelli che lasciano uno spazio aperto alla costruzione intersoggettiva dei significati sociali e della realtà istitu­ zionale che da questi significati si dipana. Durkheim parla di scien­ za delle istituzioni , Berger e collaboratori definiscono le istituzioni come conversazioni reciproche; Mead si spinge fino ad affermare il carattere socialmente prodotto del sé in base all ' interiorizzazione di risposte generalizzate nell ' ambito delle interazioni significative .

9.

S u questo punto rimando a Prandini (2009) e a Prandini e Martignani (2009) con particolare riferimento alle dimensioni interattive tra i sessi che costituiscono un jramework per l'elaborazione di significati sociali condivisi .

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Da questo punto di vista, è interessante notare che il costruzionismo alla base delle proposte di Peter B erger e degli esponenti della so­ ciologia fenomenologica si sviluppi proprio muovendo dal colletti­ vismo positivistico di Durkheim, rompendo il panorama dicotomico delle filosofie dell ' esperienza su cui si basa la distinzione tra natura e spirito . Allo stesso modo , gli esponenti della sociologia analitica statunitense condividono una impostazione individualistica ma so­ stengono metodi e tecniche di indagine ispirate al neo-positivismo logico . Questo prova effettivamente che la ridefinizione delle re­ lazioni tra gli approcci ha luogo esclusivamente sulle modalità di indagare il reale e non sulla natura costitutiva del reale . Il dibattito sul realismo sociologico e sulle sue connessioni con i meccanismi generativi alla base dell' emergenza dei fenomeni sociali si struttura intorno ad alcune macra-correnti principali (si veda la tab . 1 .3) . La prima posizione , riunisce gli esponenti del realismo critico . Si tratta di un approccio allo studio della realtà sociale inaugurato da Roy Bhaskar ( 1 979 ; trad . it . 20 1 0) e proseguito da autori come M . S . Archer ( 1 995 ; trad. it . 1 997) , D . V. Porpora (2007 ; 2008) , R . Pawson e N. Tilley (2004) , D . Elder Vass (2006; 2007 ; 20 1 0 ; 20 1 2) , T. Lawson (2004) ed A . Collier (2008)10 • In estrema sintesi , il rea­ lismo critico sostiene : (l) una rappresentazione stratificata (Archer 1 995 ; trad. it. 1 997; Collier 2008) della realtà sociale (condiziona­ mento strutturale e culturale , interazione sociale tra soggetti , elabo­ razione di una nuova realtà) ; (2) una temporalizzazione stratifica­ ta della realtà sociale (l' elaborazione attuale può rappresentare un condizionamento in un tempo futuro) ; (3) una teoria dell' emergenza come pars construens di ogni relazione sociale (l' elaborazione so­ ciale non è uguale alla somma delle parti in causa) . Il complesso di logiche che generano la realtà sociale (in un' ottica non soltan­ to volontaristica o reificante) si spiega anche attraverso il concorso delle proprietà specifiche dell ' agire umano , in quanto aspetti che ri -assegnano alla persona umana la capacità di elaborazione di parte del reale che connota l ' antologia sociale . Questo è il posto della costruzione inter-personale proposta dal realismo critico e relazio­ nale , e che rappresenta la profondità antologica dal modello trasfor­ mazionale dell' attività sociale (Bhaskar 1 979 ; trad. it . 20 1 0) . Tale 10.

Nel contesto italiano, tali influenze sono state chiarite e d esplicitate in modo sistematico nel volume collettaneo a cura di Maccarini , Morandi e Prandini (2008) .

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profondità (stratificazione) antologica è tanto più rilevante quanto le mediazioni che attraversano la società rischiano di impoverirne il tessuto costitutivo . Le proprietà emergenti personali che si ge­ nerano nell' interazione tra gli attori in un contesto contribuiscono quindi a definire rappresentazioni condivise che possono elaborare nuove variabili contestuali (basti pensare alla nascita dei movimenti di protesta , all ' andamento dei tassi di natalità, alla costituzione di associazioni sociali o di mutuo aiuto , al diffondersi di peculiari stili di consumo o di soluzioni di investimento e così via) . La seconda posizione ha alcune importanti affinità con la prima . In particolare, il realismo relazionale e quello critico condividono l' idea che la realtà sociale sia analiticamente duale (ossia osserva­ bile in termini di struttura e agency) e che tale dualismo epistemico sia l ' indicatore di una stratificazione antologica della realtà stessa. Il realismo relazionale (Donati 1 99 1 ; 2009) afferma tuttavia il caratte­ re triadico della relazione sociale, che è il connotato antologico fon­ damentale della realtà sociale e che può essere ricondotto ali ' effetto emergente (ecco il carattere triadico ! ) di azioni reciproche (ego­ alter) in un contesto che altro non è che il complesso emergente di effetti prodotti da e attraverso relazioni specifiche (sul piano micro , macra e meso-sociale) . La peculiarità antologica del realismo rela­ zionale e le sue implicazioni sociologiche possono essere chiarite facendo riferimento a tre concetti fondamentali: quello di riflessività relazionale (Donati 20 1 1 ) quello di bene relazionale (Donati e Solci 20 1 1 ) , e quello di ordine della relazione . Nella proposta relazionale , la riflessività è quel criterio regolativo specifico delle relazioni che permette di rigenerare i beni relazionali11 . Il ruolo dei beni relazio­ nali (che sono quei beni intangibili che consistono nelle relazioni sociali che emergono da agenti/attori riflessivamente orientati a pro­ durre e fruire assieme di un bene che essi non potrebbero ottenere altrimenti12) è centrale nel qualificare lo stile specifico di logiche di relazione estremamente concrete , come le politiche sociali (che possono essere , appunto più o meno riflessive) . Se le politiche so-

11.

12.

In questo senso, il realismo relazionale si discosta da quello critico , che - nel teorizzare la riflessività - la concepisce come Wl processo messo in atto dai singoli individui, in base alla logica della conversazione interiore proposta da Archer (200 3 ; trad. it. 2006) ed elaborata sulla base degli assunti del pragmatismo americano . Questa definizione è riportata i n Donati e Solci (20 1 1 , 8) .

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ciali rappresentano - nella proposta del realismo relazionale - la riftessività della società su se stessa, l ' assenza di riftessività genera politiche inadeguate , che rischiano di produrre effetti perversi su una società che non è in grado di differenziare al proprio interno una guida sensatamente orientata a riconosceme la complessa costitu­ zione . Affermare la natura relazionale delle politiche sociali signi­ fica anche compiere uno sforzo nella definizione relazionale degli strumenti adottati , che non sono "cose" ma effetti emergenti di re­ lazioni (il fatto che , ad esempio un voucher sia fatto come contratto tra attori e non come un mero buono di servizio ; che un programma di microcredito sia orientato a produrre sviluppo per una comunità e non a tamponare spese urgenti; che il denaro in quanto relazione di debito/credito sia versato a certe condizioni di credito piuttosto che ad altre) . Il carattere emergenziale dei beni relazionali - che sulla base dell' epistemologia realista condivisa dalla sociologia relazio­ nale - si costituisce nelle interazioni reciproche tra i soggetti ed in seguito determina un condizionamento per le successive relazioni associative , contribuisce a rilanciare una riflessione più sofisticata sul piano dell ' antologia del sociale rispetto alla consueta contrappo­ sizione tra realismo e costruttivismo . Definendo la relazione come un ordine (analogamente a quanto Goffman aveva fatto con le rego­ le specifiche delle interazioni) il realismo relazionale sottolinea la natura stratificata della società . Nello strato analiticamente autono­ mo delle interazioni , i beni relazionali vengono prodotti come effetti emergenti di azioni reciproche ed in seguito elaborati come output specifici di quelle particolari relazioni , costituendo in seguito il con­ testo nell ' ambito del quale si realizzeranno successive relazioni . Non è dunque vero che l' epistemologia realista relazionale rifiuta la costruzione sociale delle strutture e dei significati da parte dei sog­ getti , piuttosto riconduce tale costruzione in un registro temporale specifico (interattivo) che è per sua stessa connotazione dipendente da un contesto di relazioni precostituito e la cui capacità di osserva­ zione-elaborazione rappresenterà in un momento successivo il con­ testo per nuove relazioni sociali . In altre parole , la teoria relazionale dei beni relazionali afferma la dipendenza (contestuale) della loro emergenza da interazioni tra soggetti con una dotazione specifica di capitale sociale che interviene nel qualificare questa emergenza (nel registro temporale delle interazioni) . Il bene relazionale è dunque una proprietà emergente , in quanto configurazione di una specifica relazione di potere , che non è fondata sulla soggezione agita dallo

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Stato sugli individui, quanto piuttosto sulla capacità di rivelare i po­ teri degli strati specifici della società , compresi quelli delle persone . La terza posizione è quella rappresentata dai sostenitori del rea­ lismo analitico . Anche il realismo analitico sostiene una concezione stratificata della realtà sociale . Tuttavia, a differenza del realismo critico , invece di sostenere una rappresentazione fondata su differen­ ti livelli antologici della realtà (condizionamento strutturale , intera­ zione sociale ed elaborazione sociale) predilige una stratificazione che si regge su differenti livelli di meccanismi causali (connessioni regolari tra input e output che producono esiti altrettanto regolari se opportunamente relazionati) chiamati a spiegare i singoli fenome­ ni sociali in analisi . Il realismo analitico preferisce concentrare il proprio focus di analisi su fenomeni peculiari da indagare con una precisione metodologica tale da spiegare le connessioni regolari tra dimensioni sociali mi ero e macro . Le suggestioni sulle dimensioni antologiche costitutive della realtà sociale vengono lasciate sullo sfondo , mentre ogni singola spiegazione causale di differenti feno­ meni contribuisce a fornire un quadro di regolarità empiriche capaci di costituire teorie sociali giustificate dalle co-variazioni osservabili nell ' attività di ricerca sociale sul campo . L'eredità costituita dalle cosiddette teorie a medio raggio (quelle che prendono le mosse da Robert K . Merton e dalla Columbia School) si associa a una meto­ dologia che predilige il rigore logico delle tecniche quantitative13 e della spiegazione per meccanismi . I meccanismi sociali14 rap­ presentano quindi il concetto centrale del realismo analitico (Hed­ strom 2004; trad. it. 2006; Goldthorpe 2000 ; trad . it. 2006; Elster 1 979; trad . it . 2005 ; B arbera 2004) . Nel realismo analitico , tuttavia ,

13.

14.

Esiste tuttavia una interessante apertura del realismo critico alle tecni­ che di rilevazione qualitative , qualora rivolte a mettere in luce le logiche che descrivono determinati meccanislni innescati nella realtà di specifici contesti sociali (come può generarsi la violenza sulla popolazione date peculiari condizioni politiche in un dato ambiente , per esempio). Per una interessante esemplificazione , corredata da specifica bibliografia, rimando a Barbera (2004) . I meccanislni principali sono rappresentati dalla connessione macro-micro (logica della situazione ) , che rappresenta il contesto in cui hanno luogo le interazioni. Le singole interazioni sono rappresentate dal meccanismo micro-micro (logica dell'interazione) . Le detenninazioni prodotte dalla logica dell ' interazione definiscono una nuova configurazione sociale rap­ presentata dal meccanismo micro-macro (logica della trasformazione) .

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l ' emergenza di nuovi fenomeni sociali , è derivante dal solo livello delle interazioni individuali , mentre le strutture sociali sono essen­ zialmente derivate dalla determinazione volontaristica o dai poteri dell' agency attribuite agli attori sociali . È opinione di chi scrive che tale ri-costruzione volontaristica sia derivata da una concezione non circolare ed evoluzionistica del tempo, che non tiene in conside­ razione la dimensione ricorsiva delle interazioni , i cui esiti stabi­ liscono successivi condizionamenti contestuali (sul piano sociale , culturale , politico ed economico) per la geometria e lo sviluppo del­ le interazioni che in quel dato contesto si potranno eventualmente riprodurre . Si tratta di posizioni differenti , sia sul piano antologico che su quello dei metodi di indagine adottata nei due approcci distinti . Tale eterogeneità riflette la difficoltà di elaborazione di un retroterra antologico condiviso per la sociologia (e per la storia del pensiero socio logico) derivante dai dualismi trattati . Per rendere intelligibile la realtà immateriale del sociale è quindi necessario affidare alla co­ struzione reciproca dei significati e dei simboli condivisi la funzione di manifestare l ' esistenza sociale di caratteristiche non solo sociali (le motivazioni individuali , i valori , l ' identità di un individuo o di un popolo , le convinzioni e le idee) . Si possono individuare meccani­ smi dell ' emergenza in grado di sostanziare una dimensione costru­ zionista interna a un paradigma realista in sociologia? E quali sono le condizioni per affermare una simile dimensione evitando le rica­ dute nei riduzionismi neo-individualistici del realismo analitico?

1 .4. La ridefinizione del l a log ica de l l ' i nterpretazione

La differenza principale tra le correnti individuate nel paragrafo precedente (in particolare tra il realismo critico e quello relazio­ nale da un lato e il realismo analitico dall ' altro) sembra essere la seguente . Il realismo critico e quello relazionale riconducono l ' analisi del­ la realtà e del mutamento sociale al concetto di emergenza e di au­ tonomia degli strati antologici in cui la realtà è suddivisa e costituita sulla base di meccanismi generativi (Collier 2008) di processi e fatti sociali (Prandini 2008) . Lo fa anche il realismo analitico , che però riconduce l ' emergenza a meccanismi (intesi come connessioni tra input e output; ossia entità e attività che opportunamente relaziona-

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ti producono effetti regolari) che seguono una scansione temporale lineare ed evolutiva. Il realismo critico ravvisa nell ' emergenza un effetto causato da processi differenti riconducibili a poteri causali specifici assegnati ai diversi livelli in cui la realtà sociale si struttura nel tempo . Per definire dunque le logiche della costruzione in un' ot­ tica emergentista dobbiamo dotarci di una nozione esaustiva di mec­ canismo generativo e di emergenza . In altre parole , per comprendere come gli oggetti sociali siano socialmente costruiti e costituiscano la specifica realtà antologica della società, occorre fare riferimento al concetto di proprietà emergente , che può essere spiegata attraverso specifici meccanismi causali (Elder Vass 2007; 20 l O; Porpora 2008) . Questi meccanismi causali sono le logiche dell'emergenza, che dif­ feriscono dall 'idea di meccanismo per ragioni antologiche e per im­ plicazioni euristiche . Infatti , il meccanismo sociale - in quanto pro­ priamente rivolto a spiegare le logiche dell ' emergenza di oggetti che includono dimensioni intenzionali e riflessive , come appunto sono gli oggetti sociali - non può essere considerato come connessione regolare tra input e output, tra cause ed effetti , explanans ed expla­ nandum . La regolarità delle connessioni tra cause ed effetti , è una suggestione utile alla ricerca, che però sconta il determinismo tipico della ricerca durkheimiana della "legge" sociologica. Come hanno sostenuto alcuni studiosi del legame tra realismo e costruttivismo: «social objects are brought into being by people , but have the power to act independently of particular people . Though they may be so­ cially constructed they are real» (Williams 2009 , 2) . Ecco dunque il posto della costruzione nel realismo sociologico . Le interazioni tra soggetti definiscono logiche interpretative in cui poter ordinare , modificare o confermare significati condivisi e rilanciare successive forme organizzative di relazioni . Chiariamo con due esempi questa argomentazione . 1 .4. 1 . Esempio

1: La

formazione della coppia

Il primo esempio può essere quello della formazione di una cop­ pia (Kaufmann 2002 ; trad. it. 2005 ; 2007 ; trad. it. 200 8 ; Prandini e Martignani 2009) . Dal punto di vista sociologico , le interazioni costituiscono l ' arena della definizione delle concrete possibilità che i partner hanno di superare le sfide della quotidianità (Kaufmann 2002; trad . it . 2005) e di costituirsi come un "noi" , ossia come un soggetto distinto con specifiche proprietà soggettive (personali) . In

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questo modo - per lo meno nelle culture che hanno elaborato un modello di autodeterminazione individuale - ha luogo il processo di graduale formazione della coppia come fenomeno sociale . In base all ' interazione , la coppia definisce le proprie strategie di risposta alle sfide provenienti dali ' ambiente esterno (dalla richiesta di parte­ cipazione ad eventi più o meno graditi , alla realizzazione di progetti coniugali o abitativi , all ' opportunità di affrontare determinati argo­ menti in pubblico , etc .) ed affermando così una propria specifica riftessività in base alla elaborazione interna (più o meno complice) di risposte da fornire all ' esterno (agli amici , ai datori di lavoro , ai familiari , ai pubblici ufficiali , etc .) . La coppia fonda così il proprio presente in base al reciproco rafforzamento di logiche interattive che però sono già il risultato della selezione di possibili forme di in­ terazione che un contesto può offrire (difficilmente , nell ' Inghilterra vittoriana , uomini e donne avrebbero potuto parlare liberamente di sesso in pubblico ! ) . Il fatto che la costituzione della coppia evolva in chiave istituzionale come matrimonio (e dunque definisca uno specifico oggetto sociale) non dipende soltanto dalla volontà dei partner (basti pensare alle coppie che non possono sposarsi per ra­ gioni giuridiche o fiscali) . Tuttavia , tale esito ha anche a che fare con l ' interpretazione che i partner stessi si danno reciprocamente con riferimento alla forma di vita (la coppia) che li rende uniti . In questo senso , la conversazione (intesa come comunicazione quotidiana sui progetti condivisi) è , per la coppia, la logica emergente della propria costituzione in un oggetto sociale specifico . 1 .4. 2 . Esempio Il: il denaro come oggetto sociale

Consideriamo un esempio ulteriore , privilegiato proprio dagli studi e dal dibattito sull' antologia degli oggetti sociali: il denaro (Aglietta 2007 ; Amato 200 8 ; Coser 1 97 1 ; trad . it. 1 998 ; Dodd 2005 ; 2007 ; Ferraris 2009; Fine e Lapavitsas 2000 ; Ingham 200 1 ; 2004; 2006; Lapavitsas 2005 ; Martignani 2009; Prandini 1 99 8 ; Prandini e Martignani 20 1 0 ; Searle 1 995 ; trad . it . 2006; Smith 200 3 ; 2004; 2008 ; Simmel 1 900 ; trad . it . 1984; Zelizer 1 989; 2005) . La distin­ zione tra l ' epistemologia e l ' antologia del denaro come oggetto so­ ciale si basa sulla differenza tra moneta e credito (Donati 200 1 ) , tra currency e relazione tra debito e credito garantito da una terza istanza sociale (Simmel 1 900 ; trad. it . 1 984; Ingham 2004; Prandini e Martignani 20 1 0) . Considerare la natura specifica del denaro come

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relazione tra debito e credito significa orientare l ' analisi dei nessi reciproci che caratterizzano il legame tra ego e alter (siano questi ultimi soggetti individuali e collettivi) . In base a questa analisi , è possibile comprendere come la forma assunta dal denaro (mone­ ta, buono di servizio , voucher, obbligazione , azione , cambiale , as­ segno , bip elettronico o traccia sul conto corrente , fino al buco di bilancio o al crack finanziario) caratterizzi in maniera peculiare la fiducia di cui la specifica relazione che si sta analizzando si compo­ ne . Il tipo di fiducia che si instaura tra i contraenti è la logica alla base dell' effetto emergente che produrrà un determinato esito socia­ le , che non potrebbe essere compreso se si considerasse il denaro come valuta corrente o come moneta . Per esempio , il fatto che il denaro assuma la forma di un voucher o di un buono spesa implica la creazione di un quasi/mercato (B artlett e Le Grand 1 993) o di un mercato regolato dei beni e dei servizi oggetto dello scambio . Inoltre , dal punto di vista di chi procede all ' acquisto , la restrizione (o l ' introduzione di contingenza nel criterio) della fiducia genera­ lizzata alla base del denaro come scambio di equivalenti , implica che il titolo sia valido soltanto all 'interno dei confini di un mercato delimitato , e che sia spendibile soltanto per determinati beni o ser­ vizi . La restrizione della fiducia alla base del controllo delle logi­ che di consumo e di utilizzo (vincolo di destinazione) circoscrive in maniera specifica l ' antologia del denaro osservato e specifica­ to epistemicamente (oggettivato) come un voucher. Lo stesso può essere detto per altre logiche di specificazione dell' oggetto sociale denaro , come l ' obbligazione (che è la forma di n-specificazione del denaro in base alla logica o meccanismo della cartolarizzazione) ; la cambiale (che è la forma di n-specificazione del denaro in base alla logica o meccanismo della.fidejussione) ; il crack finanziario (che è la forma di n-specificazione del denaro in base alla logica o mecca­ nismo dell' indebitamento) . L'antologia del denaro è sempre quella del legame debito/credito ma il modo di osservare tale relazione e la logica in base alla quale l ' osservazione si trasforma in oggetto so­ ciale con specifici poteri causali (obbligazione , cambiale , buono di servizio , bancarotta) registra esiti differenti a seconda dell'impatto che la fiducia alla base degli scambi produce in un determinato con­ testo (innescando - tra l ' altro - nuovi meccanismi di ri-definzione del legame debito/credito : risparmio , indebitamento , richiesta di so­ lidarietà e di assistenza, nuove sperimentazioni in politica sociale , accensione di mutui e di ipoteche , e così via) .

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1.4. 3. La costituzione relazionale degli oggetti socia lmente costruiti

È possibile che queste logiche esemplificative suggeriscano che la costruzione degli oggetti sociali rivela una sua collocazione pri­ vilegiata nella fase di aggettivazione (per dirla con B erger e Luck­ mann 1 966; trad. it . 1 969) o di istituzionalizzazione di movimenti che sono ancora allo stato nascente15 • Ciò non toglie , tuttavia , che la natura degli oggetti sociali , in quanto capace di includere rappre­ sentazioni soggettive , habitus , gusti personali , e modalità riflessive dei soggetti in interazione non può essere impoverita da un determi­ nismo logico (Winch 1 95 8 ; Nash 1 999) . Questa convinzione ha a che vedere - è bene ribadirlo - con la natura specifica degli ogget­ ti sociali , che nella nostra impostazione sono fenomeni (proprietà) emergenti che si formano relazionalmente (Donati 20 10) tra sogget­ ti individuali o collettivi in un dato contesto; già peraltro interessato da specifici vincoli ed abilitazioni che altro non sono ( ! ) che l ' elabo­ razione di precedenti dimensioni interattive e contestuali . La teoria morfogenetica di Margaret Archer ( 1 995 ; trad. it. 1 997) ha chiarito questo aspetto muovendo dalla nozione di condizionamento strut­ turale delle/alle interazioni , specificando tuttavia che la circolarità temporale che connota l 'ordine della realtà del sociale definisce gli stessi condizionamenti strutturali come risultato di precedenti logi­ che interattive . Da questo punto di vista, la proposta della sociologa inglese si colloca in netta discontinuità con le sociologie oliste , pur ricono­ scendo i poteri (proprietà emergenti) specifici di struttura , azione e interazione . Quest 'ultimo punto è stato poi completato nell ' ope­ ra La conversazione interiore (200 3 ; trad . it . 2006) in cui la logi­ ca dell' interazione è basilare per la definizione dell ' azione sociale perché assume i connotati di un processo riflessivo nell ' ambito del quale il soggetto considera le proprie premure fondamentali per definire i corsi di azione che sostanzieranno il suo modus vivendi . La rottura con l ' interazionismo simbolico (e dunque con la doppia accusa di olismo e costruttivismo) è dunque chiara: la realtà del so­ ciale non è una conversazione di gesti (Mead 1 934; nuova edizione italiana 20 1 0) fondata sull ' interiorizzazione delle risposte dell' altro (un' intuizione che ispira l ' olismo meadiano fino a spingerlo ad af15.

Sarebbe interessante , infatti , applicare questo schema di osservazione all' analisi dei movimenti di protesta come fenomeni sociali specifici .

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fermare che la mente è creata socialmente ! ) ; ma una ri-definizione continua del legame tra ego e alter sulla base della possibile esterio­ rizzazione di oggetti definiti in base alle specifiche proprietà che le relazioni (sia le interazioni che le altre logiche di azione reciproca più o meno mediate) assumono nell ' ordinare la realtà del sociale . Del resto , è sulla base di queste riflessioni che il realismo analitico - pur muovendo da una definizione individualistica dei fatti sociali e riconoscendo alle strutture sociali poteri esclusivamente derivati dalle interazioni - si appoggia ad una nozione sostanzialmente neo­ positivista di meccanismo . Lo fa abbandonando consapevolmente la ricerca di una antologia degli oggetti sociali (Barbera 2008) , per ricercare le connessioni regolari tra azioni individuali , comporta­ menti cooperativi e fenomeni sociali . In questo senso , la teoria dei meccanismi sociali rischia una deriva costruttivista mitigata dal ri­ gore metodologico col quale tenta di affermare una ragione pratica della scienza sociale come disciplina che può esprimere soltanto ri­ flessioni teoriche successive all 'osservazione analitica dei processi attuali . Dopotutto , l ' eredità concettuale è proprio quella delle teorie a medio raggio (Merton 1 95 7 ; trad . it. 2000) . La posizione di An­ drew Collier nel definire come operano i meccanismi nell ' antologia sociale del realismo critico è fondamentale al riguardo : «i mecca­ nismi sociali non sono riducibili a quelli psicologici o viceversa , e neppure l o sono a quelli biologici , m a ognuno dei tre , e d anche altri , sono al lavoro generando eventi sociali» (Collier 2008 , 39) . Facciamo una ulteriore considerazione . Quando il costruttivismo post-modemo afferma che la realtà sociale è socialmente costruita , ignora (deliberatamente) i condizionamenti contestuali - attivi sul piano culturale , politico , economico , biologico , sociale , psichico , etc . - all ' azione per sostenere una evidenza empirica: le persone agiscono ed interagendo con altre negoziano simboli , contenuti e pratiche . Anche il realismo analitico - per quanto più sofisticato nel definire l ' emergere dei fenomeni e degli oggetti sociali - si basa su una dimensione lineare del tempo , i cui strati sono finalizzati soltan­ to ad isolare analiticamente le connessioni tra micro e macro . Dun­ que , non viene elaborata alcuna teorizzazione circolare del tempo . Come conseguenza, non emerge la possibilità di individuare come la costruzione sociale possa essere ri-compresa nell ' ambito di un realismo antologicamente fondato e non solo affermato in virtù dei meccanismi causali che riesce ad osservare .

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Per concludere , il post-moderno ha rappresentato la sfida del­ la costruzione e dei suoi continui slittamenti semantici . Ha sinte­ tizzato le posizioni di chi tendeva ad emanciparsi dal realismo per ragioni legate al dogmatismo delle narrazioni moderne . Ogni re­ alista contemporaneo - soprattutto se impegnato nel campo delle scienze sociali - deve sapersi misurare con le provocazioni del post­ moderno , riconsegnando alla costruzione sociale una collocazione nella realtà dei processi che definiscono l 'emergenza de gli oggetti sociali . Il post-moderno ha avuto un atteggiamento piuttosto ostile nei confronti del potere come mezzo di interscambio comunicativo socialmente legittimato . Da questo punto di vista, ha offerto una rappresentazione fuorviante e limitata del potere , proprio perché ne ha sottolineato la sola valenza coercitiva (salvo poi contrastarne la concentrazione intesa in termini moderni e di realpolitik) . Non c ' è nessuna "emergenza" di potere nel post-moderno , per questo l a piat­ taforma girevole di cui parla Habermas ruota su se stessa col suo ca­ rico di relativismo culturale , di utopie neo-comunitarie , di tendenze underground, etc . Ognuno dice la sua , consapevole del fatto che non si può ricomporre un ordine sociale se non Ii-fondando continua­ mente nuovi movimenti particolari . La teoria nietzscheana dell' eterno ritorno è dunque il conte­ nitore in cui si forgia un sé carente (Lyotard 1 979; trad. it . 2006; Giddens 1 990 ; trad . it . 1 994) , i cui poteri emergenti non "fanno so­ cietà" perché troppo coinvolti nel fornire una versione peculiare di che cosa debba significare essere coesi . Il terreno su cui deve essere Ii-concettualizzata la collocazione del presupposto della costruzio­ ne degli oggetti sociali nell ' ambito dell'antologia sociale realista è dunque quello dell ' interpretazione alla base delle interazioni che costituiscono i fenomeni sociali . Ciò che il realismo sociologico può fare in termini di investimento teorico/pratico nei confronti del superamento del post-moderno è ( l ) sottolineare il carattere pro­ sociale e generativo del potere come proprietà emergente costitutiva delle identità personali e degli oggetti sociali ; (2) considerare una semantica distintiva dell ' interpretazione (si veda la tab . 1 .4) .

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Semantica dell'interpretazione nel post-moderno

Semantica dell'interpretazione nella proposta di questo saggio

Ricorsiva. Il sociale è l 'ambito nel quale hanno luogo le logiche interpretative individuali .

Distintiva . Il sociale è costituito da processi interpretativi che sono la condizione in base alla quale le interazioni prendono una detenninata direzione .

Tra ego e alter possono intrecciarsi rapporti occasionati fondati sull 'ordine contingente delle interpretazioni individuali.

Tra ego e alter si sviluppano relazioni rafforzate da nessi interpretativi specifici , a loro volta contestualizzati in ordini delle relazioni costituiti da precedenti forme di interazione .

La logica sociale dell' evento è alla base della definizione dell'oggetto sociale .

La logica sociale della relazione è alla base della definizione dell 'oggetto sociale che è tale perché costruito sulla base di logiche interpretative specifiche e orientate in base al senso che costituisce quella specifica interazione .

Il potere è un criterio di regolazione dei rapporti tra ego e alter che si esprime nella coercizione o nella manipolazione dell'interlocutore .

Il potere è una proprietà emergente specifica di cui ogni strato della realtà sociale dispone . Anche i soggetti individuali hanno i propri poteri specifici, compresi quelli di interpretare il senso delle situazioni in cui si interagisce .

Tab . 1 .4 . Semantiche dell'interpretazione a confronto .

Per fare questo deve dotarsi di una antologia capace di rompere l ' equivoco dicotomico tra realtà e costruzione , riconnettendo sen­ satamente queste due dimensioni in un nesso temporale adeguato all ' ordine stratificato della realtà sociale . Questo significa resistere sulla piattaforma girevole : riconoscere la costruzione sociale di si­ gnificati come effetto emergente che si colloca oltre il presupposto dell' interpretazione ricorsiva. Il problema non sta quindi nel nega­ re la costruzione per definirsi realisti , quanto piuttosto concepire la costruzione sociale come il momento specifico della realtà sociale in cui si negoziano i significati , si consolidano le relazioni (intime , contrattuali , commerciali , politiche , etc .) e si esprimono le logiche emergenti dei processi interattivi . L'antologia degli oggetti sociali passa quindi per questa distinzione epistemologica .

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CAPITO LO I l ONTOLOG IA D E LLA PERSONA: R I PENSARE LA R E LAZ I ON E TRA I N D IVI D U O E SOCI ETÀ

2 . 1 . 1ntrod u zione

Nell' odierno dibattito epistemologico sull ' antologia del sociale , il confronto tra posizioni realiste e costruttiviste sembra orientarsi con decisione crescente verso una disamina della condizione umana e del concetto di persona1 . La crisi dell ' individualismo moderno; il diffondersi della letteratura sul riconoscimento reciproco fra culture differenti e comune appartenenza umana; l ' enfasi posta sul caratte­ re emergente dei poteri assegnati ai differenti strati antologici della realtà e l ' importanza attribuita ai concetti di riftessività e impegno (engagement) sono i macra-indicatori che sottolineano l 'urgenza di ripensare la dimensione umana come radice dell' antologia sociale in base al recupero del concetto di persona . Lo scopo di questo saggio è quindi quello di riflettere su questo costrutto concettuale , eviden­ ziando come questa nozione abbia subito un trattamento ambiguo (certamente sul piano semantico , come pure su quello epistemico) fin dagli sviluppi della sociologia stessa come disciplina scientifica. È opinione di chi scrive che tale ambiguità sia riconducibile al retro­ terra epistemologico che ha permesso alla sociologia stessa di con­ solidarsi come scienza ufficiale . In primo luogo , l 'eredità moderna rappresentata innanzitutto dal razionalismo (e in seguito dall' illu­ minismo) ha fornito fin dall'inizio una rappresentazione riduzio­ nista della persona, poiché ha sposato una concezione rigidamente dualista della realtà (la contrapposizione cartesiana fra res cogitans e res extensa) 2 , conferendo all 'uomo la funzione esclusiva del pen-

l.

2.

Una versione precedente di questo saggio è già stata pubblicata in L . Martignani , La persona nell 'antologia sociale realista, i n I . Germano , E . Ferone ( a cura di) , La persona nella teoria sociologica contemporanea , Parigi-Torino , L'Harmattan, 201 2 . Per una efficace opposizione a questo duealismo cartesiano come conno­ tazione antropologica e antologica della realtà rimando a Gehlen ( 1 96 1 ; trad. it . 2005) e Ferraris (2004) . Ottimo anche il testo di Franca D 'Agosti-

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siero come affermazione della propria esistenza sensata . In secondo luogo , il positivismo ha progressivamente espunto la soggettività individuale dalla sua area di interesse e di influenza , subordinan­ do le logiche dell ' intenzionalità e dell' interpretazione alla ricerca di leggi generali capaci di spiegare i fatti sociali . In questo modo , nei confronti della persona , si è compiuta una doppia astrazione . Da un lato , il razionalismo (e poi l 'illuminismo) hanno rappresentato l ' individuo come un soggetto irrelato , la cui caratteristica cruciale (e insieme il fondamento della sua esistenza) sta proprio nell' affer­ mare la ragione al di là dei vincoli che la tradizione tenta di impor­ re al libero pensiero . Da qui la svalutazione della sfera valoriale e delle istituzioni su di essa basate (come la famiglia e la religione , per esempio) . D ' altra parte , il positivismo scientista ha tentato di applicare alla realtà sociale l ' approccio metodologico tipico delle scienze naturali3 , escludendo così dalla ricerca delle cause genera­ tive dei fatti sociali ogni riferimento soggettivo capace di intaccar­ ne la validità generale4 • L' identità personale dell ' essere umano ne è uscita fortemente compromessa. Nel prossimo paragrafò tenterò di descrivere le logiche che hanno prodotto questa immagine astratta e forzatamente semplificata della persona. Nel terzo paragrafo ci si concentrerà sulle conseguenze antologiche di tale fraintendimento epistemologico . Nel quarto paragrafo , invece , proporrò il recupero dei connotati umani della persona in quanto tentativo di ri-assetto antologico della società a partire dalla distinzione tra individuo e persona.

3.

4.

ni ( 1 999) , soprattutto in relazione alla contrapposizione (e ai tentativi di ricomposizione) tra positivismo ed ermeneutica alla base del confronto tra analitici e continentali . Naturalmente , le tecniche utilizzate nella ricerca sociale sono diverse , poi­ ché diverso è l' oggetto di analisi . Su questo punto , nel redigere le regole del metodo sociologico , Durkheim è molto chiaro ( 1 895 ; trad. it 2008) . Si veda anche , sempre su questo punto, Bhaskar ( 1 979 ; trad. it. 20 10 a cura di Riccardo Prandini) . Non c'è bisogno di enneneutica, quando c'è la legge causale . Poiché cau­ sale o no , la legge è legge . Ad ogni apogeo , tuttavia , corrisponde un decli­ no . Il Positivismo non si sottrae (in quanto legge !) a questa legge .

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2 .2 . Perso na e società i n p rospettiva antol o g ica

Il legame paradossale tra razionalismo e positivismo ha conse­ gnato alla società un soggetto ridotto a un semplice recettore di bi­ sogni , cinico e spregiudicato , il cui orientamento razionale consiste nella competizione con i propri simili per la massimizzazione degli interessi individuali . Il richiamo alla ragione si fonda su una dram­ matica contraddizione: la direzione che i processi di elaborazione razionale del pensiero assumono sono definiti dall' esterno (ossia in terza persona , esternamente rispetto alla coscienza) nei termini dell 'imperativo categorico dell'utilità individuale . Peraltro , la sem­ plicità disarmante (e per certi versi diabolica) dell ' homo oeconomi­ cus ha per corollari caratteristiche paradossalmente fin troppo sofi­ sticate per appartenere ad un essere umano5: la totale e permanente disponibilità di informazioni utili e la costante capacità di optare per quella che certamente massimizzerà il proprio interesse . L'im­ magine è quella di un attore sociale che persegue razionalmente i propri fini attraverso la scelta consapevole di come impiegare i pro­ pri mezzi . L' attore è perfettamente informato sulle alternative a sua disposizione , acquisitivo e irrelato (una monade direbbe Leibniz) . In una parola è un essere ipo-socializzato . Ciò ha prodotto in seguito una serie di conseguenze . Nel perfe­ zionare il contratto sociale (e nel tentativo di rispondere al problema hobbesiano dell' ordine ) 6 , l ' atteggiamento delle istituzioni politiche ha rafforzato questa visione astrattamente individualistica della persona, sia allo scopo di perfezionare le logiche di controllo sui comportamenti individuali , sia per tentare di riconoscere in maniera 5.

6.

Fin da questo momento, è interessante notare per questa speculazione ra­ zionalistica abbia generato un decisivo impulso scettico negli empiristi proprio rispetto alla svalutazione di tratti decisivi della condizione umana e del suo decisivo rapporto con l'esperienza. Come sostiene Ferraris: «Il problema , però , che gli empiristi stentavano a mettere a fuoco è che senza metafisica si fa un po ' di strada , ma non tanta; e che se consideriamo la causa, la sostanza lo spazio e l'Io come puri risultati delle nostre esperien­ ze , allora la filosofia , la scienza e la stessa morale sono destinate a svanire , visto che il mondo intero si sbriciola tra le nostre mani. Per un empirista radicale tutto è vano [ . . . ] e l' empirismo diventa l ' anticamera dello scetti­ cismo [ . . . ] » (Ferraris 2004, 17) . S u questo aspetto rimando all'intera opera di Parsons ( 1 937; trad. it. 1 968 ; 196 1 ; trad . i t. 1964) ed alla riformulazione di AGIT.. offerta da Donati ( 1 99 1 ) .

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sufficientemente standardizzata i bisogni emergenti dal corpo socia­ le . In questa direzione , il sistema pubblico (così come il mercato , sebbene attraverso logiche differenti) ha prodotto una semplifica­ zione ufficiale della persona e ha legittimato tale semplificazione attraverso una logica completamente autoreferenziale e irriflessiva7 di persona , riducendo quest 'ultima a recettore di bisogni sulla base di generici connotati socio-demografici ed economici , condivisi da più individui sulla base delle macra-caratteristiche attribuite alla stratificazione sociale . La struttura normativa delle società moderne , fondate sulla cen­ tralità dello Stato nazione e sul mercato (auto?)regolato , ha quindi istituzionalizzato l ' individualismo (Donati 1 99 1 ) producendo un sistematico errore individualistico (Duncan e Strell 2005 ; Duncan e Smith 2006) secondo una antologia individuale in terza persona (Esposito 2007; Rudder Baker 2002) in linea con la reificazione del­ la persona stessa a mero oggetto di intervento (Honneth 2005 ; trad . it. 2007; Bhaskar 1 979; trad . it . 20 10) . Come scriverà Margaret S . Archer ( 1 995 ; trad . it. 1 997; 2000; trad . it 2008) all 'iper-socializza­ zione dell' attore corrisponderà un' ipo-statizzazione della persona . Il rovescio della medaglia (o l 'interfaccia esterno-sociale) della mo­ nade irrelata del razionalismo (interno-individuale) è rappresentato dall ' attore iper-socializzato , la cui conformità alle norme imposte dalla società si spiega con l ' adesione a schemi comportamentali ca­ paci di rendere prevedibili le proprie e le altrui azioni e di sospende­ re la funzione del senso che altrimenti verrebbe richiamata in ogni azione sociale . Il principio che orienta l ' azione è quello della confor­ mità alle regole (aspettative di comportamento) che definiscono la condotta sociale . Per riprendere una terminologia durkheimiana, la struttura sociale è una realtà sui generis con poteri causali specifici sui singoli attori . La modernità, fondata sull ' indicazione hegeliana in base alla quale la società civile si invera ( ! ) nello Stato , ha quindi privilegiato il presupposto unilaterale per cui la libertà personale sia da intendere come una naturale rincorsa al benessere individua­ le (perseguibile soprattutto nell ' arena dei rapporti di mercato) . In

7.

Sul concetto di riflessività e sul suo utilizzo come criterio sociologico per l'identificazione del concetto di persona rimando a Archer (2000; trad . it . 2008 ; 2003; trad. it . 2006); Donati e Archer (20 1 0) . Per la problematizza­ zione del concetto di persona nelle politiche sociali attraverso il criterio della riflessività mi permetto di rimandare a Martignani (2009 ; 20 10) .

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questa prospettiva , le sole relazioni necessarie che gli individui in­ trattengono sono quelle imposte dal controllo politico sugli appetiti dei singoli , mentre il prevalere dell ' ottica statalista ravvisa nell' in­ dividuo l ' unico interlocutore ideale , trascurando le organizzazioni sociali diverse da quelle pubblico-statuali (i corpi intermedi , nel lin­ guaggio amministrativo) , più difficili da individuare , da controllare e da ri-programm are sul piano semantico . L' attore iper-socializzato dell' olismo di matrice positivistica e l ' individuo ipo-socializzato8 della tradizione che segue lo sviluppo umanesimo-razionalismo­ illuminismo non sono rappresentazioni capaci di fornire postulati alternativi: da un lato l'homo oeconomicus (a-sociale e individuali­ stico) dall' altro l'homo socius (o sociologicus , più o meno natural­ mente integrato nella struttura normativa della società) . Sono piutto­ sto le due rappresentazioni complementari della personalità modale (adeguata) dell' attore al processo di paradossale disumanizzazione sociale ispirata dal mito del progresso e rafforzata dall' antropologia negativa di matrice hobbesiana (homo homini lupus)9 •

8. 9.

Per una trattazione sistematica rimando , s u questo punto , ad Allodi e Gat­ tamorta (2008) oltre naturalmente ad Archer ( 1 995 ; trad. it. 1 997) . Curiosamente , mentre l a modernità addomestica i l lupo cattivo , è l o stesso lupo cattivo a non fare più paura . Bastino gli esempi forniti dalla pedago­ gia dello sviluppo e dalla narrativa per l' infanzia (poi dalla fantascienza) che spostano il topos del terrore dalla foresta al sotterraneo della metro­ poli (come in It, che è tanto "cosa" quanto "cugino") ; dalle liane ai tubi di areazione (come in Biade Rwmer); dalle caverne alle fogne (come nei Ninja Turtles , che almeno si consolano con la pizza) . La modernizzazione del vissuto sociale e tecnologico supporta e rafforza una visione scettica dell' antropologia filosofica offerta dal panorama occidentale . Con buo­ na pace di Rousseau e di Lorenz , Gehlen propone il ritorno alla cultura, perché la natura in quanto tale , è naturale ma questo non significa che sia buona (e basta leggere il Walden , o almeno guardare Into the Wild per scatenare un legittimo sospetto sul biologico come n-appropriazione di un sano lifestyle) . Allo stesso modo , l ' amore al tempo dell' uomo moderno sposta la fondazione del legame sociale negli angusti confini del laborato­ rio (letterario) , riproducendo sulla carta un'ipoteticajiction sociale in cui il mondo (nuovo, certamente) è salvato dai bambini, ma solo in quanto da essi duramente amministrato (ed è un trionfo di isole misteriose e di signori delle mosche, almeno in letteratura) . La modernità perde la fiducia nei confronti dell 'uomo adulto , troppo conformista e ansioso di ottenere il nulla osta sociale di alzare la voce . La tana delle tigri, in fondo , è pro­ prio un luogo che allena l' assenza di legame , purché tale training possa colonizzare menti e corpi giovani . Dopo , tutto è società, e persino un pre-

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La ricerca della grande narrazione scientista ha prodotto un' im­ magine di attore sociale che poco o nulla ha a che vedere con la persona, perché è il concetto stesso di persona che la modernità in senso positivistico ha ritenuto essere un processo compiuto . L'uomo dell' illuminismo doveva introdurre innovazione attraverso il pen­ siero . n pensiero doveva essere lasciato libero di esprimere il pro­ prio dirompente potenziale creativo . In questo senso l 'illuminismo ha rappresentato una fonte di ispirazione per l ' idealismo . Poi l 'idea si è staccata dalla propria matrice umana , andando a costituire il progetto tecnologico la cui spinta creativa è stata sottoposta (almeno negli intenti) alle norme di produzione ed al controllo politico dei potenziali effetti distruttivi della creazione . L'era della tecnica (per riprendere le parole di Gehlen e di Heidegger) ha dunque prodotto l ' immagine di una società che intenzionalmente ha disconosciuto l ' uomo moderno come proprio referente , considerandolo antiqua­ to10 rispetto alle sfide ed alle mediazioni la attraversano . Così, il positivismo ha progressivamente de-costruito l 'idealismo , separan­ do il progetto dall ' idea originaria di progresso , allontanandolo dalla volontà dei suoi ideatori e ri-contestualizzandolo nell ' orizzonte di un programma forte ispirato alla nozione di progresso scientifico . Da questo punto di vista, l 'erede dell 'illuminismo è stato certamente il positivismo , mentre l ' idealismo è stato relegato al ruolo di tuto­ re dell' idea epurata da qualsiasi elemento volontaristico o valoria­ le (e dunque destinato ad approdare a un pensiero de-costruttivo o trans-costruttivo e nichilistico) . Questo processo ha dimostrato la propria validità fino alla crisi novecentesca del positivismo , ben rap­ presentata dalla letteratura decadente , dalla fi sica quantistica e dalla scoperta dell'indeterminatezza , e prima ancora della relatività, dalle avanguardie artistiche e prospettiche (come il cubismo picassiano , il surrealismo magrittiano e il realismo magico11) oltre che dalle fi-

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adolescente (conformista per logica di branco) è espressione dell 'adultità più di un adulto (da questo punto di vista le pagine di Houellebecq si in1primono nella memoria almeno quanto quelle di Huxley) . Per riprendere l e parole di Anders . Per un'analisi sociologica di questo concetto e della n-definizione sociale alla base del rilancio dell'umano rimando a Donati (2009) . Un esponente interessante del realismo magico è certamente Felice Ca­ sorati. Rispetto all 'impoverimento dell'individuo ridotto a mera essenza scarnificata e decontestualizzata non si può che citare il peculiare essen­ zialismo irrealistico di Alberto Giacometti , oltre che il grido di dolore

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losofie esistenzialiste e de-costruzioniste della post-modemità. La perdita della centralità dello Stato nazione ; la finanziarizzazione (più o meno selvaggia) dell' economia; l ' emergere di nuovi biso­ gni sociali e la riconfigurazione delle logiche di equità sul piano demografico e associativo sono alcuni degli elementi principali che radicalizzano i limiti della modernità e salutano quindi l ' avvento del cosiddetto post-modemo12 • Lo scenario che deriva dall' intreccio

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di un'umanità che cerca di n-affermarsi nella presunzione finale dell 'era della tecnica. Da questo punto di vista, è Inia personalissima opinione che la posizione di Francis Bacon sia molto più espressiva di quella di Edward Miinch. Proprio prendendo come paradigma la scultura di Giacometti per considerare l'esperienza iconica come connotazione specifica della con­ dizione umana, Jeffrey C. Alexander scrive: «Sia il pensiero radicale che quello reazionario hanno teso a promuovere la condizione nostalgica che le esperienze iconografiche siano possibili solo nelle società antiche , nella vita tradizionale . Entrambi ritengono che , al giorno d'oggi , non abbiamo tempo per questo tipo di esperienze perché siamo immersi nella modernità, affetti dagli abituali sospetti di materialismo reificazione e aggettivazione . [ . . . ] Ciò che ho cercato qui di suggerire è che la dimensione espressiva è fondan1entale anche nelle società moderne , che essa comunica attraverso fonti materiali la cui superficie attira l' attore sociale verso l 'interno per fargli sperimentare una moralità più profonda e una profondità emotiva più ricca Se le cose stanno così, allora la nostra esperienza dell' arte non è marginale bensì centrale per l'esperienza che facciamo della vita moderna e post-moderna» (Alexander 2005 ; 265 ) . Le conseguenze sulla condizione umana sono chiare: «La novità consiste nel fatto che in tale contesto i vecchi poli di attrazione costituiti dagli Stati nazione , dai partiti , dalle professioni , dalle istituzioni e dalle tradizioni storiche perdono il loro potere di centralizzazione . [ . . . ] Ognuno è rinviato a sé. E ognuno sa che questo sé è ben poco. [ . . . ] Il sé è poco, ma non è isolato , è coinvolto in un tessuto di relazioni più complesse e mobili che mai» (Lyotard 1 979 ; trad. it. 2006 , 3 1 -32) . E ancora «Nel riportare la cri­ si dell 'umanismo alla fine della metafisica come cullnine della tecnica e momento di passaggio oltre il mondo dell' opposizione soggetto-oggetto, Heidegger non solo conferisce dignità sistematica alle intuizioni radicali della crisi dell'umanismo che abbiamo visto esemplificate nell' opera di Spengler o Jiinger; egli molto più vastamente , costruisce la base teorica per mettere in relazione non solo polelnica la crisi dell 'umanismo che accade di fatto nelle istituzioni della società tardo-moderna con la presa di congedo della soggettività che si verifica in importanti filoni del pen­ siero novecentesco . [ . . ] Di contro a questa cultura ancora profondamente umanistica, altri elementi e filoni del pensiero contemporaneo lavorano nel senso di oltrepassamento della nozione di soggetto . Questi filoni sono il corrispettivo teorico della liquidazione che il soggetto subisce sul piano .

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tra questi elementi ha sottolineato la capacità della realtà di reagi­ re (Blumer 1 969 ; trad. it. 2008) ai tentativi distorti o errati di per­ venire a una sua eccessiva semplificazione ; ma ha anche ri-gettato il soggetto in un orizzonte difficilmente decifrabile , poiché gli ha impedito di poter contare automaticamente sui punti di riferimento valoriali ed istituzionali che il positivismo stesso aveva preceden­ temente contribuito a svalutare in nome del progresso scientifico . Sul piano epistemologico , il costruttivismo che fin dagli inizi del Novecento (e soprattutto nel secondo dopoguerra) ha interessato le scienze e le arti ha avuto il merito di ri-affermare la libertà indivi­ duale e di sottolineare il potenziale creativo della persona attraverso la centralità attribuita alla pluralità dei punti di vista , ma non ha poi saputo sintetizzare questi punti di vista in un progetto sociale capace di superare il paradigma della crisi (prima del razionalismo , poi del positivismo) . In questo modo , si è generato lo smarrimento dell' uomo contemporaneo (Berger e Luckmann 1 995 ; trad. it. 20 1 0) e la società ha visto fallire il progetto di tecnologizzazione del reale che aveva ipotizzato13 .

dell'esistenza sociale . [ . . . ] Non solo: se vale l 'analisi hedieggeriana del nesso tra metafisica, mnanismo e tecnica, il soggetto che ci si propone di difendere dalla disumanizzazione tecnica era proprio lui la radice di questa dismnanizzazione [ ] La crisi dell'umanismo si risolve probabil­ mente in una cura di dimagrimento del soggetto [ . . . ] che dissolve la sua presenza-assenza nei reticoli di una società trasformata sempre più in un sensibilissimo organismo di comunicazione>> (Vattimo 1 985 , 53-55) . [ . . ] L' "esserci" (l 'essere specifico dell'uomo) significa ipso facto "es­ sere nel mondo", si riferisce esclusivamente all 'uomo appartenente alla classe dotninante: infatti solo questi riesce a identificarsi con ciò che lo circonda, tanto da riconoscerlo come proprio mondo (mondo come esi­ stenziale) e dar così ragione a Heidegger. [ . ] Con l'espressione "uomo senza mondo" - e così vengo al suo principale significato attuale - inten­ do l'uomo nell' epoca del pluralismo culturale; quell'uomo che , essendo contemporaneamente partecipe di molti, troppi mondi , non ha un mondo determinato e perciò non ha nessun mondo (Anders 1 984; trad . it. 1 99 1 , 30-34) . Da questo punto di vista , una differente antropologia filosofica è sostenuta da Hannah Arendt, nell ' affermare la centralità della vita activa (fondata essenzialmente sul lavoro) come criterio di identificazione di una condizione pienamente umana. In questo senso si affenna la sua princi­ pale distanza da Heidegger ( 1 927 ; trad. it. 1 97 1 ; 1 957; trad. it. 2006) nel processo di identificazione della condizione umana: «Con il termine vita activa propongo di designare tre fondamentali attività umane: l' attività lavorativa , l 'operare e l ' agire ; esse sono fondamentali perché ognuna cor. . .

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Nei prossimi paragrafi si cercheranno di chiarire gli effetti di questo progressivo processo di modernizzazione (caratterizzato prima dali ' esaltazione massiccia della razionalità individuale , poi dall' istituzionalizzazione forzata dell ' individualismo , fino alla sper­ sonalizzazione tecnologica delle organizzazioni sociali e alla de­ costruzione dell' individualità per approdare infine allo smarrimento personale) e di individuare le logiche orientate a una rivalutazione del connotato personale della condizione umana come caratteristica sine qua non per la sopravvivenza della società .

2 .3. Ripensa re l a perso n a d opo il post· m ode r n o : conseg uenze o ntolog iche

Il post-moderno inaugura un' epoca in cui lo spaesamento indi­ viduale e la ri-collocazione forzata dell 'essere umano nell' ambiente del sistema sociale sono il prezzo da pagare per la conquista di una autonomia che consenta la reversibilità costante di ogni delibera­ zione personale . Rispetto allo smarrimento dell' uomo nella moder­ nità , Berger e Luckmann ( 1 995 ; trad. it. 20 1 0) sostengono una tesi centrale e provocatoria: è la struttura stessa della società contempo­ ranea che produce le crisi di senso che la attraversano . Lo smarri­ mento dell 'uomo moderno è una conseguenza di tale assetto . Come è possibile affermare tutto ciò? Soprattutto , come si può sostenere questa tesi al cospetto di un razionalismo che - proprio in questo or­ dine moderno - si rivela centrale nel guidare il singolo verso un 'ide­ ale situazione di crescente libertà personale?14 In effetti , la versione

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risponde a una delle condizioni di base in cui la vita sulla terra è stata data all'uomo . [ . . . ] La condizione umana dell 'operare è l'essere-nel-mondo» (Arendt 1 95 8 ; trad . it 2004 , 7) . Al di là delle differenze filosofiche e re­ ligiose attribuite al concetto di lavoro (si pensi alla distinzione tra opus e quella più specificatamente protestante come quella di beruj in quanto chiamata) la modernità ha decisamente spinto su questa detenninazione concettuale nell'identificare la natura umana, spostando la qualificazione meritoria e civile dell' essere umano sulla qualificazione professionale . Il merito professionale come criterio abilitante l 'identità è stato spesso og­ getto di ironico distacco da parte delle arti e soprattutto dalla cultura po­ polare della marginalità (si pensi al rejrain "andare , canlllinare , lavorare" di Piero Ciampi) . Per comprendere l a grande attualità e l a validità d i questo interrogativo

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occidentale dell 'uomo moderno viene sovente presentata come il risultato di un processo di progressiva razionalizzazione sociale , che affonda le proprie radici nell ' umanesimo ma che trova espressione soprattutto nell ' illuminismo , caratterizzandosi per la crescente fidu­ cia nella ragione razionale del singolo individuo e nel rigore meto­ dologico e procedurale applicato alla logica della scoperta scientifi­ ca in nome del progresso tecnologico . Questo processo , rappresenta la matrice operativa dell' indi­ vidualismo moderno , un paradigma in base al quale realizzare un ideale supremo: quello della libertà individuale e dell ' auto-deter­ minazione delle singole coscienze. L'individualismo scientista ha dunque tentato di negare con decisione qualunque positiva influenza della dimensione trascendente sul pensiero umano , in nome della convinzione secondo la quale si ha un individuo libero soltanto se la sua attività riflessiva e cognitiva viene sollevata da ogni vincolo o retaggio culturale , in particolare religioso . Il progetto di liberazione della coscienza individuale dalla tradizione ha luogo in nome del progresso scientifico . In questa direzione , s i rafforza l ' astratta ( e tipicamente moder­ na) separazione tra fede e scienza . L'insieme degli effetti che la rivo­ luzione individualistica esercita sulla vita quotidiana delle singole persone è alla base del concetto di senso , della sua collocazione nel tessuto comunitario e dai rischi che la sua crisi può produrre15 • Le istituzioni rispondono in questa ottica ad un bisogno di sicurezza negli individui , poiché rendono prevedibili i comportamenti e giu­ stificano comuni schemi di azione e di reazione rispetto alle sfide che pone la vita quotidiana. Qui la teoria delle istituzioni di Berger e collaboratori rivela non soltanto la propria eredità fenomenologica (con particolare riferimento ali' opera di Alfred Schtitz) ma anche un

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basti pensare alle più scottanti questioni legate al riconoscimento dell'al­ terità ed alla n-articolazione sensata tra differenza e identità (molto più prolifico del dibattito uguaglianza e disuguaglianza) nella società multi­ culturale . Su questo aspetto rimando al dibattito tra Habermas e Taylor (2002) . Si vedano anche Kymlicka ( 1 999) e Donati (2008) . Il senso «non è altro che una fom1a complessa d i coscienza: non esiste per se stesso , ma è sempre una relazione con un oggetto . Il significato è la coscienza del fatto che sussiste una relazione fra esperienze . Ma vale anche il contrario: il significato delle esperienze [ . . . ] viene fissato soltanto da particolari operazioni relazionali della coscienza» (Berger e Luckmann 1995 ; trad. it. 20 1 0 , 1 1 ) .

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debito nei confronti dell ' antropologia filosofica di Arnol d Gehlen (Prandini e Martignani 2009) . Ciò che giustifica il carattere normativa (prescrittivo) delle isti­ tuzioni è la loro legittimazione culturale e la capacità di rispondere ai bisogni umani di sicurezza e reciproco accordo . Nella modernità , è proprio questo assetto a mostrare segni di crisi . Quando un insieme di simboli e significati condivisi cessa di rappresentare un riferimen­ to comune per gli individui riuniti in gruppo , viene meno l ' influenza di una specifica cultura sulle singole coscienze , che - più o meno improvvisamente - non sono più soggette all ' autorità di un' etica dominante in grado di dirimere la riflessione su ciò che è giusto o su ciò che è sbagliato . Nel frangente moderno , caratterizzato da quello che Max Weber ha definito all ' inizio del Novecento come politei­ smo dei valori , la morale è diffusa e parcellizzata in ogni singolo in­ dividuo . Qui si intravedono i germi della cultura del frame (cornice) e del frammento lucidamente individuato dalla pop art, dalla teoria delle comunicazioni di massa e dalle filosofie neo-esistenzialiste e vitalistiche16• Da questo punto di vista, la condizione umana sembra

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S u questo aspetto rimando a Nietzsche ( 1 876; trad . it. 20 10; 1 887; trad. it . 20 10; 1 8 8 8 ; trad. it. 20 1 0) . In particolare : « Umano, troppo umano è il monumento di una crisi . Dice di essere un libro per spiriti liberi: quasi ogni frase vi esprime una vittoria. Con quel libro mi sono liberato di ciò che non apparteneva alla mia natura . L'idealismo non mi appartiene . Il titolo dice: dove voi vedete cose ideali, io vedo cose umane , ahi troppo umane ! » (Nietzsche 1 8 8 8 ; trad. it. 20 10, 80) . «In relazione a questo moti­ vo sconosciuto , velato da queste immagini esterne , io , nel senso di Nietz­ sche , sono solo un frammento , un enigma per me stesso, un orribile caso . E resto frammento, enigma , caso, rispetto a ciò che vi è di più essenziale in me e che , forse , si è manifestato senza alcun motivo attraverso quel riso e quelle lacrime ; ma quel più essenziale che si sarebbe manifestato in tal modo rispondeva a un'immagine nascosta nella luminosità della coscien­ za , un'inlmagine a me opposta , a me che ho insistito , nella prospettiva dello scopo, nel voler conferire più consapevolezza a quel riso o a quelle lacrime [ . . ]» (Klossowski 1963 ; trad. it. 1999 , 35) . «Caduta l'idea di una razionalità centrale della storia , il mondo della comunicazione genera­ lizzata esplode come una molteplicità di razionalità locali - minoranze etniche , sessuali , religiose , culturali o estetiche - che prendono la parola, finalmente non più tacitate dall'idea che ci sia una sola forma di umanità vera da realizzare [ . ] Questo processo di liberazione delle differenze [ . . ] non è tuttavia solo quello di garantire a ciascuno una più completa riconoscibilità ed autenticità [ . . ] Il senso emancipativo della liberazione delle differenze [ . . . ] consiste piuttosto nel complessivo effetto di spaesa.

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fondarsi sempre più sistematicamente sulla vita attiva (il riferimento centrale va ovviamente ad Hannah Arendt) e non soltanto sul pen­ siero , come suggerito dalle suggestioni cartesiane (prima) fino alle grandi narrazioni husserliane e heideggeriane . L'etica pubblica non è che un esercizio di riflessione sulle modalità che le costellazio­ ni morali individuali hanno di incontrarsi e - più di frequente - di scontrarsi . È da questo momento che la società moderna incontra un concetto centrale , destinato a rappresentarla: quello di pluralismo (e del suo corollario etico, quello del relativismo culturale) . Quali sono dunque gli effetti del pluralismo inteso come apertura alla con­ tingenza? Ne possiamo indicare convenzionalmente tre (Martignani 20 1 2) .

Centralità del principio di libertà di scelta e individualismo espressivo . In primo luogo , una delle conseguenze di questo proces­ so pluralistico sta nel fatto che al destino si sostituisce la scelta , che - almeno negli intenti - dovrebbe poter valorizzare le inclinazioni e il talento individuale superando le imposizioni della tradizione . Per consolidare il legame sociale fondato sulla propensione individuale alla scelta, il programm a moderno ha quindi spostato l' attenzione sul regno dell 'immanente; a scapito della dimensione propriamente tra­ scendente dell 'essere-nel-mondo . Ora, l ' aggettivazione del senso in istituzioni diviene problematica proprio nel regno dell ' immanenza e della centralità delle scelte nella definizione dell ' identità personale . Questo è il fenomeno che Sartre definisce condanna alla libertà (in­ dividuato peraltro da alcuni studiosi contemporanei del rapporto tra psicosi e società, come lan Haking e Alain Ehrenberg)17 . Per esem-

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mento che accompagna il primo effetto di identificazione» (Vattimo 2000 , 17- 1 8) . «Una simile pluralizzazione , che autorizza chiunque a scegliersi l a propria vita senza rischiare di essere stigmatizzato , nasce dall'istituzionalizzazio­ ne sul piano sociologico , e per la gioia di tutti , dell ' individuo puro , che è sovrano di sé stesso . Solo che un individuo simile si sente inevitabilmente incerto , orfano di quel quadro nonnativo che finora gli aveva indicato la linea di condotta, e obbligato a dotarsi di regole proprie . [ . . . ] Il personale di oggi è in realtà m1 artificio normativo ed è, come ogni norma, perfet­ tamente impersonale» (Ehrenberg 1 998 ; trad. it . 1 999, 166- 1 67) . « [ . . . ] occorre dunque che vi sia una necessità che mi induca a ridere o a pian­ gere come se ridessi o piangessi liberamente; ora una tale necessità non è forse la stessa che trasforma la notte in giorno , il sonno in veglia in cui la

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pio , l ' analisi delle politiche sociali che promuovo l a libertà di scel­ ta individuale sembrano spesso preferire una versione "!iberista" di libertà , cercando di svincolare il soggetto dalle proprie relazioni si­ gnificative (Donati 2003) mediante erogazioni in moneta o in titoli di spesa (si pensi agli utilizzi impropri di strumenti come i voucher o come gli assegni o le social card) che però non permettono alcuna abilitazione relazionale (o capacitazione , intesa come attivazione di risposte contestuali e sensate) all ' esercizio della libertà. In questa direzione la libertà rimane virtuale e le politiche perfezionano così il connotato dell' assistenza che (in quanto corollario della dipen­ denza) de-responsabilizza progressivamente il soggetto reificandolo in oggetto di intervento e inibendo il connotato iniziale della liber­ tà che permeava l ' intervento . La risposta allo smarrimento viene spesso identificata nella n-generazione delle cosiddette istituzioni intermediarie (tra individuo e Stato) . Tuttavia, perché tali istituzioni (come le realtà associative e di volontariato , le organizzazioni di privato sociale , i servizi di we !fare , solo per citare alcuni esempi) possano veramente aiutare l 'uomo moderno a vivere il sociale con minore smarrimento , occorre recuperare un'idea di trascendenza adeguata a rappresentarne la realtà costitutiva , e non soltanto i pro­ cessi di formazione e funzionamento di ogni singolo sottosistema sociale . In altre parole , è necessario considerare la natura di rela­ zione sociale che caratterizza le istituzioni e le stesse persone18 • Si può quindi assumere che lo smarrimento dell ' uomo contemporaneo sia una conseguenza del pluralismo , ma non che si tratti di uno stato permanente . La condizione umana agisce non soltanto sul proprio contesto sociale di riferimento (secondo l' imperativo della libertà

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coscienza pone il suo scopo?» (Klossowski 1963 ; trad. it. 1 999 , 35-36) . Berger e Luckmann ( 1 995 ; trad. it . 20 10) sottolineano che l'uomo è sem­ pre inserito in un contesto di relazioni , ma non si spingono a considerare che il prodotto delle loro azioni reciproche è un effetto emergente di na­ tura relazionale , né soprattutto sembrano pensare che lo stesso uomo è l'effetto emergente di relazioni sociali che ne determinano l 'identità per­ sonale e sociale (nel caso della configurazione contingente assunta dalla modernità , il profilo di cui si parla è appunto quello dell'uomo smarrito o disorientato) . n mancato riconoscimento della natura umana come re­ lazione radice (Donati 2009) del processo di civilizzazione della società è alla base della svalutazione della relazione alla sola prassi interattiva (fondata sul qui ed ora) e produce il rilancio di una comunicazione reci­ procamente interessata .

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di scelta) ma anche su se stessa, allo scopo di rigenerare risposte secondo le priorità che la persona si assegna (Archer 200 3 ; trad . it. 2006) . Il problema sta, piuttosto , nel guidare queste priorità, che nell' attuale clima di impoverimento istituzionale e di relativismo culturale , confluiscono in corsi di azione che oscillano tra lo speri­ mentalismo e l ' individualismo espressivo . Gli indicatori di questo processo sono piuttosto evidenti e contraddittori: basti pensare al ri -emergere di localismi neo-comunitari e di forme di vita utopiche ispirate alle avanguardie artistiche futuriste o decadenti (comunque estetizzanti) ; al proliferare di fenomeni di simulazione delle for­ me associative e delle relazioni di prossimità (come nel caso dei social network) ; al richiamo esotico delle religioni orientali e del veganesimo ideologicamente ispirato a uno stile di vita "buono e sano" (una sorta di fitness per lo spirito ! ) ; all 'estetismo imperante nelle nuove religioni civili quotidiane (l' interior design come ab­ bandono delle grandi narrazioni architettoniche verso il culto di una dimensione interiore esteticamente qualificata) alla diffusione delle trasmissioni di cucina come breviario della seduzione creativa19) ; fino alla letterale esplosione della sitografia e della letteratura sul­ la (ri)celebrazione contemporanea dei fasti del dandysmo20• Questi

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Queste intuizioni sono confermate dalla letterale esplosione di programmi recentemente resi disponibili dalle nuove reti digitali , noblesse oblige del primato visivo , del logocentrismo e del solo presente come dimensione privilegiata del sociale in quanto attuale (in atto , in quanto Rea/ Time ! ) . Cuochi e fiamme; Cuochi senza frontiere, Mezzogiorno di cuoco; Fuori menu; Cortesie per gli ospiti; I tre chef; Il boss delle torte Gli esempi della Rea[ Tv che suggerisce in tempo reale (Rea/ Time) il modo più "giu­ sto" di impiegare il presente (che per la spettacolarizzazione del banale è il solo possibile Rea/ Time) diviene il tempio della creazione di una perso­ nalità modale adeguata al criterio di un consumo altrettanto consono alle regole del buon vivere . Celebrato il funerale dello yuppismo, occorre iper­ consumare con senso di colpa , cedendo alla logica blasé del ri-utilizzo dei materiali (cibi a parte , per il momento) . Schiffer (2008 ; trad. it. 2010) descrive questo processo come un passag­ gio dall'estetico al religioso (Kierkegaard, ricerca di un legame morale con l'etica pubblica e recupero della dimensione umana attraverso l'este­ tica) e il successivo stadio , dal religioso all'estetico (Nietzsche , la morte di Dio e la teoria dell'etemo ritorno) . Nelle parole di Scaraffia: «Esiste all'interno del pensiero moderno , una spaccatura che coincide con una ferita, una mutilazione , un segno della sofferenza dell'uomo . Questa cor­ rente , che partendo da Baudelaire e dal dandysmo , attraversa Kierkegaard e Nietzsche , spezza la totalità carceraria del pensiero hegeliano, per riaf. . .

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fenomeni denotano il potere di deliberazione attivo nell' individuo , ma non costituiscono espressione di progetti vitali, in quanto il con­ testo non capacita necessariamente il soggetto rispetto alle relazio­ ni in cui vive . Questo è il limite del costruttivismo e - più nello specifico - del volontarismo . Il rifiuto dell ' "uniforme" (in quanto uniformità standardizzata e conformistica dei comportamenti) si op­ pone al dualismo cartesiano , affermando il potere individuale che sta nell' esprimere una condizione umana attiva, in quanto capace di discernere il proprio tempo e affermare il proprio distacco dall' indi­ viduo istituzionalizzato dalle norme sociali . Tuttavia , si tratta di una rivolta puramente espressiva e la volontà individuale di distinzione (nel senso che le ha conferito Bourdieu 1 979; trad . it. 1 983) non fa che riproporre l ' ambiguità già affermata da Simmel nel suo splendi­ do saggio sulla moda ( 1 9 1 1 ; trad . it. 1 996): il moderno individuali­ smo espressivo resta intrappolato tra l ' affermazione di una singolare individualità e un insoddisfatto bisogno di riconoscimento sociale . L' azione è ridotta a semplice performance o ad attività di bricolage rispetto a soluzioni pre-date nel definire cosa è identità. L'indivi­ duo è "cosificato" in un prevedibile set di opzioni espressive , che circoscrivono il perimetro limitato dello spazio in cui le sue azioni possono solo comporsi e ri-comporsi . Occorre dunque riflettere sul

fennare potentemente l 'individualità contro lo Stato , la fantasia contro il sistema , l' arbitrio contro la ragione asservita al potere . Artisti , pensatori, profeti ed attori [ . ] proclamano [ . ] il prevalere del presente sul futt1ro , accettando di riconoscere come reali solo quelle utopie che , pur sporgen­ dosi verso il futuro , cominciano ad attt1arsi già nel presente» (Scaraffia 2007 , 99) . E ancora: «La diffusa attenzione del dandy al mondo esterno , la sua cura degli oggetti prelude alla fine della falsa divisione tra soggetto e oggetto , alla continuità nascosta tra l'io e il mondo , proprio nel momento in cui sembra accentuarne il distacco» ( Scaraffia 2007 , l00- 10 l) . Anche Lanuzza, a proposito del dandy, rilancia: «Se sta al di fuori è per il gusto sottile di starei: sia pure spossessato e senza le garanzie sociali dell'homo oeconomicus . A questo predilige la propria differenza che è indipendenza critica , opinione autonoma , identità non certo rigida ma , almeno , non al­ terata né censurabile» (Lanuzza 1999 , 1 6- 1 7) . Il riferimento sociologico centrale è da assegnare (ancora prima che a Bourdieu e alla teoria della distinzione , allo stesso Sinnnel: «L'impulso verso una distinzione indivi­ duale si accontenta dapprima di una semplice inversione dell' imitazione sociale e trae in un secondo tempo la propria forza dall' appoggiarsi a una cerchia sociale più ristretta caratterizzata nello stesso modo» (Simmel 1 9 1 1 ; trad. it . 1996 , 35) . .

.

. .

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connotato relazionale che interessa la stessa condizione umana, ol­ tre ovviamente alla necessità di abilitare relazioni in grado di attiva­ re le capacità (Nussbaum 2002) non solo reattive o espressive , ma anche costruttive di legame sociale da parte delle persone . L'indivi­ dualismo espressivo ri-emerge dalle ceneri dell 'uomo moderno , ma non può produrre una rappresentazione valida della realtà sociale , data l' assenza di elaborazione della necessità materiale delle forme sociali nell' abilitare ogni possibile forma di intenzionalità. Come chiarirò in seguito , l ' essere umano è pre-sociale e relazionalmente determinato (Donati 2009) . Questo non significa che per concorrere a trasformare la realtà in cui vive non debba definire i propri corsi di azione (intenzionali o meno) in forme sociali già pre-costituite (Bhaskar 1 979; trad. it. 20 10) e connotate sul piano della struttura e del complesso valoriale in esse radicato .

Elusione del riconoscimento dell 'umano (reificazione struttura­ listica ed errore razionalistico) . Questo ragionamento ci conduce al secondo effetto del processo di universalizzazione del contingente come tratto distintivo dell ' identità contemporanea . Al riconosci­ mento della sistematica reversibilità delle scelte e dei valori ad esse ispirate , corrisponde una visione univoca e oggettivata dell ' esse­ re umano come consumatore razionale e come recettore passivo e deterministico di logiche che ne generalizzano il profilo . Da que­ sto punto di vista , Sparti (2003) descrive le conseguenze derivanti dall' adozione di un atteggiamento che sistematicamente disconosce le proprietà umane di alter, rispetto all 'imposizione di un didascali­ co razionalismo da parte delle aspettative sociali generalizzate . L'ef­ fetto di questo atteggiamento sta nell 'elusione del riconoscimento dell' altro . L'umanità di alter si colloca in una prospettiva che esula dalla sola etica dell' assistenza (Honneth 2005 ; trad . it. 2007) o dalla concezione riduttiva dell' amore come comune problematizzazione del mondo (nei termini di Luhmann 1 982; trad . it . 200 1 ) , proponen­ do una soluzione partecipante , che consideri alter come soggetto umano ; tanto nelle qualità quanto nelle debolezze dimostrate21 • La

21 .

Un esempio rappresentativo fornito dall' autore nel descrivere il proces­ so di elusione del riconoscimento riguarda il dramma shakespeariano dell' Otello. È opinione comune che tale opera venga considerata come il simbolo del draillJlal della gelosia: Otello rinnega la compagna Desde­ mona sulla base delle menzogne di lago , che accusa la donna di infedeltà.

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robusta ripresa di una soggettività post-utilitarista come peculiare prospettiva sociologica, unita a una riflessione sui poteri causali del­ la persona sulla società, sono due tra gli aspetti epistemologici più interessanti ai quali (pur muovendo da prospettive diverse) autori come Jean-Claude Kaufmann22; Axel Honneth , Pierpaolo Donati e Margaret S . Archer; ci hanno in questi anni abituati . Ora, questa tendenza si rafforza, anche mediante l ' introduzione di ragionamenti riconducibili - almeno in parte - alla nozione di riflessività (inter) personale . Nei più recenti contributi di Pierpaolo Donati e Margaret S . Archer (20 10) , emerge con chiarezza come alle proprietà emer­ genti personali (PEP) vengano riconosciute una "esistenza" sociale (contro ogni suggestione neo-strutturalista o durkheimiana) e soprat­ tutto una capacità di influire sulla realtà , modificandola attraverso i propri poteri causali . Tradotto in termini empirici , questo recupero della soggettività rappresenta l ' importanza delle variabili personali nell 'elaborazione della realtà . Per molto tempo , la modernità si è

22 .

Rispetto al tema del riconoscimento , il punto chiave sta nel fatto che il Moro non crede veramente a lago (e al contenuto del suo messaggio) , per lo meno non più di quanto effettivamente non creda all' onestà ed all'inno­ cenza di Desdemona. Tuttavia sfrutta la situazione per manifestare pubbli­ camente un (ri)sentimento maturato antecedentemente nei confronti della propria compagna. Gli eventi precipitano con incredibile velocità; nello spazio di pochissime battute , la donna dei sogni di Otello, non è più la sua donna nei sogni . Desdemona è una donna sulla Terra; inequivoca­ bilmente consegnata ad una dimensione umana . Per il Moro questo è un fatto inaccettabile. Ciò che Otello rifiuta è la dimensione di reciprocità che investe la riflessione sull' orizzonte quotidiano della vita di coppia. È dun­ que il rifiuto di riconoscere Desdemona come persona umana diversa da lui (in quanto donna) , ma allo stesso tempo uguale a lui (in quanto essere umano) a scatenare l' ansia e l' angoscia di Otello . I personaggi (e non gli eroi) shakespeariani scontano tma certa umanità . In altre parole , il rifiuto di de-idealizzare la propria compagna restituendole una certa umanità ri­ getta (in termini heideggeriani) a propria volta il Moro in una dimensione di fallibilità umana (anti-eroica) . In questa sua incapacità di riconoscere l'mnanità della propria compagna si afferma il principio (solo apparente­ mente contradditorio) di reificazione idealistica della propria donna (og­ getto prima di desiderio amoroso, poi di desiderio di vendetta) . Mi riferisco , per quanto riguarda questo autore soprattutto al testo sulla condizione umana del 200 l , dali' emblematico titolo Ego . Alcune delle riflessioni inserite nel volmne si ritrovano in pubblicazioni monografiche successive , che ripercorrono le tappe della fom1azione del legame amoro­ so e della vita di coppia (si veda soprattutto 2007; trad. it . 2008) .

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avvalsa di un'immagine forzatamente astratta dell 'individuo , so­ vrapponendo il concetto di razionalità cartesiana al mero calcolo utilitaristico e sostituendo la lezione weberiana della multidimen­ sionalità degli elementi razionali del pensiero con un riduzionismo strumentalista , funzionalmente più adatto alla spiegazione (talvolta cinica o ideologica) di una moltitudine di fenomeni sociali . Questo ha prodotto ciò che alcuni sociologi britannici , come Simon Dun­ can , hanno chiamato errore razionalistico (o rationality mistake; che rappresenta a ben vedere una critica alle forme di reificazio­ ne contemporanea dell'essere umano)23 che muovendo dall' antro­ pologia negativa alla base della definizione dell'uomo moderno e utilitarista , ha consolidato la propria influenza nella progettazione , nello sviluppo e nell 'implementazione dei servizi di welfare e delle politiche sociali in genere . In questa direzione , si è prodotto uno strano paradosso . La pretesa del razionalismo era quella di delineare un profilo coerente e realistico dell 'uomo moderno, di valutarne le preferenze e di spiegarne il comportamento alla luce degli elementi che dovrebbero stargli a cuore , in primis i suoi interessi legittimi . Sovrapporre l ' interesse legittimo con la definizione delle premure fondamentali della persona, universalizzando la massirnizzazione dell 'utile come modello razionale dominante , ha fornito un para­ digma impersonale dell ' individuo . Dunque , allo scopo (spesso di­ chiarato) di fornire una rappresentazione realistica della persona, è invece corrisposta la costruzione di un individuo astratto e calco­ latore , coerente con il postulato moderno dell' homo oeconomicus .

23 .

Assumiamo che in questo programma di riforma (rappresentato da due Green Paper del 1 998: Supporting Families e A New Contract for Wel­ fare , NdA) il govemo (britatmico , qui rappresentato dal New Labour di Tony Blair, NdA) assume implicitamente un modello universalizzato di uomo econmnico razionale (rational economie man) e di soggetto legale razionale (rational legal subject) ad esso strettamente collegato. In questa ottica, le persone prendono decisioni a carattere individualistico del tipo costi-benefici (cost-bene.fit decisions) in base a come potrebbero massi­ mizzare il proprio personale interesse . [ . . . ] Alcune decisioni sono definite razionalmente , ma con una fonna differente di razionalità da quella as­ sunta dall'economia convenzionale e dall' apparato legislativo . [ . . . ] Se le persone non agiscono confonnemente al modello del rational economie man e del rational legal subject la produzione legislativa basata su questi assunti potrà risultare inefficace . Questo è ciò che abbiamo definito errore razionalistico (rationality mistake) . (Barlow, Duncan e James 2002, l l l ) . (Traduzione mia) .

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L'individuo viene definito in terza persona cioè rispetto a ciò che la razionalità intesa come "specchio dei tempi" dovrebbe aspettarsi (ed in un certo senso esigere) dali' individuo stesso . La quintessenza dell' individualismo (errore razionalistico) diventa quindi un' esigen­ za di auto-riproduzione della razionalità strumentale certificata dalla modernità, dunque - dal punto di vista dell' antropologia filosofica modernista , oltre che dell 'epistemologia scientifica contemporanea e dell' antologia sociale - la piena espressione dello strutturalismo (in quanto istituzionalizzazione di un postulato individualistico , quindi una reificazione) . Non è necessario essere costrutti visti sul piano epistemologico o individualisti (in senso neo-classico) sul piano metodologico per recuperare la dimensione della soggettività e la sua validità nell' individuare la radice antologica del sociale24 . La soggettività influisce ovviamente sulla realtà , e lo fa anche attra­ verso il potere causale delle azioni , del pensiero e delle emozioni , così osteggiate dal razionalismo25 .

antologie dell 'attuale: temporalizzazione al presente e primato delle interazioni. Nella prospettiva di alcuni autori , come per esem­ pio Anthony Giddens ( 1 992; trad . it . 2008) l 'elemento utilitaristico

24 . 25 .

Prandini (2007) . Si veda anche Bhaskar ( 197) , in particolare nella tradu­ zione italiana e nel saggio introduttivo di Riccardo Prandini (20 10) . Per riprendere le parole di Nussbaum (2002) o di Archer (2000; trad . it . 2008) , le emozioni sono commentari alle nostre premure . Dunque sono centrali nel definire il modus vivendi degli individui nel contesto delle relazioni sociali in cui si inseriscono (volontariamente o meno) .Qui sta anche la critica realista che sottopone all' attenzione del lettore la diffe­ renza che passa fra ontologia in prima e in terza persona , rilanciando la necessità di ripensare la riflessività individuale alla luce dei corsi di azione intrapresi dalle persone concrete a loro volta influenzati e condotti sulla base delle proprie premure fondamentali (ultimate concems) . Con riferimento alle politiche sociali di conciliazione dei tempi tra famiglia e lavoro , in alcuni dei casi analizzati in precedenti percorsi di ricerca (Do­ nati e Prandini 2006; 2008 ; Martignani 20 10) , emerge in particolare una difficoltà dei progetti a connettere l 'utenza ai servizi territoriali , sia per la peculiarità dei contesti geografici , che per la logica dell' accreditamen­ to , che per gli effetti perversi indotti dal tentativo di aumentare il bacino dell'offerta. In questo caso , il deficit di riflessività dell'organizzazione dell'impianto di policy rivela un errore razionalistico nella misura in cui tenta di istituzionalizzare automaticamente le preferenze delle destinatarie come se avesse a che fare con quello che Margaret S . Archer chiama uomo della modernità (2000 ; trad. it. 2008) .

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diventa un tratto distintivo dell ' antropologia sociale contempora­ nea e che trova una giustificazione interna alla relazione di coppia perché estende ai vissuti intersoggettivi una logica reciprocamente edonista , che trascende le discriminazioni di genere . Da questo pun­ to di vista (quello alla base della teoria giddensiana della relazione pura) i partner stanno insieme "fino a nuovo ordine" , perfezionando così l ' idea del reale come regno dell 'esperire nell' attuale e , di con­ seguenza, come astratta e forzata rappresentazione del presente in quanto unica possibile dimensione dell' essere-nel-mondo . Le ana­ lisi sociologiche sulle convivenze pre-matrimoniali registrano in­ formazioni analoghe . La rappresentazione della convivenza dall' in­ temo (ossia da parte dei partner che in tale configurazione vivono) non è quasi mai polemica nei confronti della relazione coniugale , almeno sul piano ideologico . Al crollo delle ideologie corrisponde infatti anche una svalutazione delle contro-culture che dell' antitesi dialettica hanno fatto la loro ragion d' essere . Piuttosto , la rappresen­ tazione che le coppie conviventi restituiscono alla società è quella di una universalizzazione della possibilità di scegliere conferita dalla presunzione di un eterno presente e di una cristallizzazione delle condizioni di relativa sicurezza vitale in cui si trovano a vivere . Le rappresentazioni del passato producono sui partner una irritazione dovuta allo scetticismo nei confronti dei vincoli (condizionamenti) imposti dalla tradizione . Le rappresentazioni del futuro sono incerte , sospese tra una incertezza di fondo e una dissimulazione difensiva dell' incertezza che induce i partner a virtualizzare le scelte , renden­ do selezionabili tutte le opzioni (sposarsi, non sposarsi , lasciarsi , migrare , etc .) . In questa direzione si sviluppa l 'antologia dell' at­ tuale , che non è altro che la semplificazione epistemica del tempo sociale piegato al registro della mera interazione simbolica.

2 .4. L a persona co me rel azi one radice d el l a soci età

Opinione di questo saggio è che una semantica non riduzionista e non individualistica di tale concetto , debba ri-comprendere i trat­ ti umani del soggetto , re-introducendo nella riflessione filosofica e sociologica sulla condizione umana la determinazione relazionale e la rifiessività che la caratterizzano . Il recupero dell ' efficacia causale (Porpora 2008) dell'essere umano nel modificare la realtà (il posto

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della costruzione che il realismo26 riconosce al proprio interno) deve necessariamente passare per una riconsiderazione del processo di socializzazione e per una riforma radicale dello stile assunto dalle principali logiche di guida , sviluppo e definizione del tessuto asso­ ciativo (ossia le politiche sociali) . Commentando l ' epoca attuale , il sociale - scrive Donati - non è più (automaticamente) percepito come il luogo dove abita l 'umano (2009 , 80) . L'umano fluttua in un ambiente in cui viene ricercato occasionalmente attraverso dimen­ sioni virtuali . Oppure , la ricerca dell 'umano coincide con un gene­ rico richiamo a presupposti empatici o alla condivisione (di nuovo "occasionate", evenemenziale) di interessi o cause (manifestazioni , movimenti , spazi autogestiti , mobilitazioni , etc .)27 . TI funzionalismo sisternico sembra avere abbandonato qualunque ambizione di capire "cos ' è" e "di che cosa è fatta" la realtà (per non parlare del "per­ ché" la realtà sia così e non altrimenti) in nome della definizione del "come" funziona. In questa direzione si sviluppano le risposte della sociologia relazionale . Nella società umana non vi sono mediazioni tra la persona umana e la società: la società persegue direttamente l ' umano , poiché l 'uomo è la misura attraverso la quale la società può essere capita e vissuta . Nella società dell' umano , invece , l 'umano che è nel sociale va intenzionalmente perseguito mediante opportune mediazioni che debbono essere capaci di esplicitarne il senso umano che i mezzi (culturali e tecnologici) hanno quando vengono impiegati per ge­ nerare nuove relazioni sociali . Le mediazioni (di ordine tecnologi­ co e culturale) che oggi intervengono tra l 'umano e il sociale non permettono più di considerare la società ipso facto come umana. In particolare , il senso della distinzione tra umano e sociale va inter-

26 .

27 .

In questa sede mi riferisco a fonne specifiche di realismo , che esulano da quello ingenuo , da quello causalistico di Searle ( 1 995 ; trad. it. 2006) e da quello neo-positivistico o analitico (rappresentato da autori come Gold­ thorpe e Hedstrom, oltre che in Italia da Filippo Barbera) , per concentrarsi sul nesso esistente tra scienza e filosofia per individuare una ontologia stratificata della realtà sociale (Bhaskar 1979; trad. it . 20 10; Donati 199 1 ; 2009 ; Maccarini , Morandi e Prandini 2008 ; Porpora 2008) . Così , l 'ottica realista trascende i confini del dibattito tra naturalismo e idealismo e defi­ nisce un'epistemologia critica e relazionale . La critica di Donati è esplicitamente contro il funzionalismo , e in partico­ lare nei confronti della sociologia sistemica. Si veda in particolare Luh­ mann ( 1 984; trad. it. 1 990) .

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pretato come una riflessione antologica sulla necessità dell 'umano come fonte (relazione radice) da cui le contingenze (sociali) si di­ panano . Umano , allora , diventa ciò che rappresenta la relazionalità costitutiva e antologica (dunque necessaria) all ' origine della so­ cietà, o - per meglio dire - delle configurazioni relazionali contin­ genti che le società assumono . La relazione radice (Morandi 2009) presuppone che la determinabilità dalla quale scaturirà la società (relazione contingenza) è consegnata all' interazione storica tra gli attori . L'intento alla base della semantica della persona umana come relazione , sta nell 'evidenziare come questa nozione , da categoria derivata da azioni individuali o da intenti funzionali imputabili alle strutture normative o alle istituzioni , assuma un ruolo sempre più importante nel definire l ' essenza stessa del fenomeno associativo . In conformità con questa tesi , la società si colloca oltre i riduzionismi degli approcci moderni , quello individualista (che compie l ' errore del volontarismo) e quello strutturalista (che produce la reificazio­ ne) e configura una realtà relazionale intesa come effetto emergente di azioni reciproche in una realtà che certamente pre-esiste gli in­ dividui ma che può a sua volta essere modificata dai rapporti fra le persone . La relazione è dunque una realtà sociale che eccede la rappresentazione della società come somma degli individui e come complesso istituzionale . Il suo carattere circolare ne conferma l ' au­ tonomia spaziale e temporale . Alla luce del concetto di relazione si può ri-pensare il soggetto umano come persona, riconsegnando alla riflessione sociologica i poteri causali che esercita nel definire la morfogenesi dell' assetto socio-culturale in cui si trova (fin dalla nascita e non intenzionalmente , come invece vorrebbe il razionali­ smo volontaristico) a vivere . Se si assume che l ' umano sia relazione radice del sociale (e dunque un connotato antologico che assegna agli schemi della ragione e dell' azione un potere transitivo di co­ struzione sociale in un assetto caratterizzato da logiche intransitive di generazione di legame sociale) le implicazioni riconducibili al pluralismo e al conseguente smarrimento dell ' uomo subiscono un radicale mutamento .

Alla centralità del postulato della libertà di scelta si sostituisce la capacità di agire conferita dalle proprietà personali in relazione con quelle del contesto sociale di riferimento . Rispetto alla n-valu­ tazione della persona come soggetto umano , si evincono specifiche proprietà assegnate all 'essere umano in relazione alla sua natura e

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alla sua disposizione a relazionarsi con la società (Donati 2009) : (l) L'umano è pre-sociale , ma la sua capacità di agire (agency) è so­ cialmente condizionata da effetti emergenti di relazioni reciproche avvenute in una fase temporale precedente (Bhaskar 1 979; trad. it . 20 10) . Fin dalla nascita, il soggetto umano è già effetto emergente di relazioni reciproche , la cui determinazione sociale è contingente (per esempio può essere che i suoi genitori siano sposati o meno , che abbia o meno altri fratelli , che viva in un contesto caratterizzato da natalità elevata o meno , etc .) . Tuttavia, in quanto effetto emergente di relazioni reciproche , si colloca in modo involontario nel contesto sociale di appartenenza , ed in base a questa collocazione , Ii-orienta continuamente la definizione delle proprie priorità. In questo senso , il soggetto umano è agente sociale involontariamente posizionato in un contesto caratterizzato da un mix contingente di vincoli e risorse . (2) L'umano è meta-sociale , nel senso che eccede il sociale quale di­ mensione del suo sviluppo . Nella dimensione propriamente sociale dello sviluppo umano , il soggetto umano entra in relazione con altri soggetti . Lo sviluppo della personalità e la socializzazione al ruolo di attore hanno luogo proprio in virtù dello sviluppo del potenziale pre-sociale e meta- sociale che è intrinseco all' umano . (3) L'umano è sostanza sui generis del sociale . L' eccedenza relazionale rappresen­ tata dall 'umano è causa del fenomeno sociale . La relazione è dun­ que il principio di causalità del sociale . La differenza tra la separa­ zione funzionale umano/sociale e la distinzione relazionale umano/ sociale sta nel fatto che la seconda mira alla connessione sensata fra i termini anziché alla loro disgiunzione come se fossero due facce invisibili fra loro . (4) In base ai tre aspetti precedenti , il sociologo non dovrebbe studiare soltanto le re-lazioni tra i fatti sociali, ma i fatti sociali come relazioni (Donati 2009) . Questa impostazione , è conforme con la l ' antologia sociale realista , nel riconoscere la na­ tura stratificata della società. Il dualismo analitico che caratteriz­ za il rapporto tra struttura e azione sociale , impone di considerare l ' evoluzione delle società stesse come cambiamento prodotto dalle relazioni interne ad ogni strato e tra i diversi strati . Come ho scritto altrove: « moglie da sostenere economicamente e contenere emotivamente ---> (Definitiva Creazione di Galatea) . La linearità esasperata di tale sequenza e la gerarchia che ne motiva la uni-direzionalità sono gli indicatori di un processo tipicamente pre-modemo . La formazione della personalità della fidanzata è un pro­ cesso che richiama le suggestioni mitologiche classiche e che ravvisa nel legame coniugale un' alleanza sociale tra famiglie , capace di trascendere l' amore e le sue peregrinazioni passionali . In questo ordine delle cose, all' amore è assegnato un ruolo centrale, che tuttavia si esaurisce nella di­ mensione della cura nei confronti dei processi che definiscono l 'interioriz­ zazione di un ruolo in pubblico . La socializzazione al profilo della "buona moglie" diviene un progranlilla educativo . In quanto tale è scandito in fasi (in modo non dissinlile da un curriculum scolastico, secondo la sequenza precedentemente elencata) ; è fortemente orientato in senso gerarchico­ verticale; riguarda la trasmissione e l'interiorizzazione di norme e regole di condotta pre-definite; i contenuti culturali che ne sono alla base sono ricondotti a precisi step formali da rispettare . La fidanzata assume dunque uno statuto antologico provvisorio: è la rappresentazione di una forma di vita transitoria , che risulta da un accordo finalizzato all' apprendimento delle qualità che la renderarmo moglie e madre . In tale configurazione , il lasso di tempo che separa il suo status da quello di (futura) moglie è relativamente breve . Il consenso generalizzato che ruota attorno alla pro­ pensione alle nozze è connesso alla confonnità alla norma sociale che definisce il controllo dei residui (Sinlmel 1 900; trad . it. 1 984; 1908 ; trad. it . 1 998) , con particolare riferimento al beneficio delle sanzioni positive che derivano dall'essere sposate ("dietro un grande uomo c ' è una grande donua") e alla neutralizzazione di quelle negative derivanti dal non avere rispettato i tempi e i modi di una corretta socializzazione sentimentale ("è una vecchia zitella inacidita"). Il mito del Pigmalione entra in crisi proprio a causa della sua incapacità di controllare i residui, che in questo esempio sono rappresentati dalle cosiddette fuoriuscite dal modello educativo ma­ le-tojemale alla base della famiglia tradizionale e della socializzazione della fidanzata al ruolo di moglie .

O NTO LO G I A D E LLA PERSONA: R I P E NSARE LA R E LAZI O N E TRA I N D IVI D U O E S O C I ETÀ

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lo smarrimento dell' uomo ma come un laboratorio di critica artistica (Boltanski 2005) a una configurazione moderna che mostra i segni di un indebolimento epistemico nella lettura del reale (rappresenta­ to) .

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CAPITO LO 1 1 1 ONTO LOG IA D E LLA CO NVIVE N ZA : LA N O R MA NASCOSTA D E L MATR I M O N IO

Innumerevoli rapporti permangano invariati nella loro strut­ tura sociologica anche quando sono scomparsi il sentimento , o l ' occasione pratica che li ha fatti originariamente nascere [ . . . ] senza questa capacità di pennanenza delle associazioni onnai costituite la società nel suo insieme si sfalderebbe in ogni momento , o verrebbe mutata in maniera inconcepibile» (Simme l 1 908 , trad . it . 1 998 , 499) .

3 . 1 . 1ntrod u zione : l ' inte rpreta zione del l a convivenza

Obiettivo di questo capitolo è quello di trattare la coppia , ed in particolare la vita quotidiana della coppia convivente , in base al suo statuto ontologico 1 . La considerazione di base che orienta la trattazione è che un' analisi accurata della convivenza come feno­ meno sociale non possa essere descritta soltanto dall' esterno , per analogia con la rappresentazione della vita coniugale o come ma­ trimonio "incompleto" . Una piena comprensione delle sue ragioni costitutive implica il richiamo ad una prospettiva intersoggettiva fondata su un' analisi in profondità e capace di enuclearne i conte­ nuti e le prospettive , l ' ordine normativa e simbolico . Cosa si aspet­ tano i conviventi da loro stessi, dalla loro unione e dalla società nel suo complesso? Come affrontano la vita quotidiana? Cosa pensano del matrimonio? Come immaginano il loro futuro? Che significato ha la convivenza rispetto al punto di vista epistemico dei partner? Si tratta di un living arrangement temporaneo che diverrà prima o

l.

Alcune delle riflessioni presentate in questo capitolo sono state pubbli­ cate - per quanto in forma molto più ridotta - in due recentissimi saggi: L Martignani, "Al! together now! " Couple and the Ontological Problem of Cohabitation as a Form of Life, in «lnternational Review of Socio­ logy» , 11. 2 1 , vol . 3 , 20 1 1 e in L Guizzardi e L Martignani , Eclzange, don, réciprocité. L 'acte de donner chez Simmel et Durklzeim , in «Durkheimian S tudies/Études Durkheimiennes» , 1 8 , l .

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poi un matrimonio? O è una sorta di crash test di coppia, il cui senso di fondo sta nel testare le caratteristiche individuali di ogni partner per verificare reciprocamente se la propria relazione assume gli standard qualitativi minimi per essere continuamente rilanciata nella quotidianità? Oppure , ancora , è l ' effetto emergente di relazioni reciproche orientate alla conoscenza tra ego e alter nell ' orizzonte della coppia "a piccoli passi" di cui parla Kaufmann ( 1 993 ; trad . it. 1 996)? I punti di vista sulla questione sono differenti e le risposte a queste domande implicano un confronto con il matrimonio come istituzione e un' analisi delle regole di conversazione tra i partner. Questi obiettivi vengono perseguiti mediante un' indagine qua­ litativa orientata alla considerazione del corpus testuale di oltre cin­ quanta interviste in profondità a coppie conviventi . La dimensione interpretativa del fenomeno "convivenza" si ri­ vela cruciale fin dalle origini , in particolare quando la sua denomi­ nazione intreccia il concetto di libertà (inteso in senso meramente tardo-illuministico e mercantile , come liberazione emancipatoria da vincoli istituzionali; si parla in questi casi di unioni libere) o quando si riferisce alla vita quotidiana riscontrando un' analogia essenziale con il matrimonio come istituzione (si parla in questi casi di convi­ venze more uxorio; alla maniera dei coniugi , che però coniugi non sono se si adotta una prospettiva istituzionale) . Il punto è dunque il seguente : come il matrimonio viene inter­ pretato nella dimensione discorsiva dei conviventi? (Martignani 20 1 1 ) . E come tale riferimento agisce (pur non essendo stato ancora selezionato , o non essendolo affatto) nel definire l' orizzonte norma­ tiva della coppia? Secondo la prospettiva adottata da alcuni autori , la convivenza è una configurazione poliforme e polisemica, che deriva dalla de­ istituzionalizzazione del matrimonio e dal suo impoverimento sim­ bolico . Tali processi sono alla base di una sorta di frammentazione dell ' ordine simbolico su cui la coppia è basata. Altri considerano la convivenza come un prodotto della modernità e - in quanto tale come un fenomeno che è espressione di forme sociali più flessibili , maggiormente dipendenti dall ' ordine preferenziale e dall ' intenzio­ nalità umana e rappresentative dello statuto non lineare ma caotico dell ' amore (Beck and Beck-Gemsheim 1 990 ; trad. it. 2008) . Una terza prospettiva, non considera la convivenza come un prodotto della modernità , ma come una manifestazione della sua dissoluzio­ ne (Donati 2006; Duncan 2003) . Secondo questa impostazione , che

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considero più sistematica a livello teorico e più affidabile sul piano empirico , la convivenza trae origine da unjramework costruttivista che considera la condizione umana come un elemento maggiormen­ te volubile rispetto alla pretesa razionalistica che ha orientato la rap­ presentazione dell' essere umano tipica della modernità ed ancora unanimemente riconducibile a una rigida organizzazione dei ruoli sessuali . In questa configurazione moderna ed astratta (in quanto idealtipica) , magistralmente descritta da Parsons e Bales ( 1 955; trad . it. 1 974) , l 'uomo (in quanto marito e padre) è i l male brea­ dwinner, il punto di intersezione tra il sistema famiglia e l ' ambiente sociale (trova un lavoro , esercita il proprio mestiere o la propria professione , procura le risorse per il mantenimento dell' equilibrio domestico-coniugale) . A questo tipo di ruolo maschile , corrisponde un modello femminile altrettanto standardizzato e tipizzato (quel­ lo della jemale housekeeper) che si esplicita nel lavoro di cura e nel mantenimento dell' equilibrio interno alla coppia coniugale (o alla famiglia nucleare , nel caso siano presenti anche figli) . Ora, è proprio alla de-costruzione di questo ordine moderno (che rappre­ senta a sua volta una costruzione concettuale operata per descrive­ re la n-organizzazione sociale della famiglia a seguito dei processi di modernizzazione urbana e industriale) che è possibile ascrivere l ' origine della convivenza in quanto processo di re-interpretazione della coppia dalla prospettiva interna ai partner. Nell' ordine simbolico della convivenza emerge l 'ideale regola­ tivo di una "repubblica a due" in cui la dimensione che orienta il cor­ redo normativa della coppia è la vita quotidiana e non l ' istituzione del patto coniugale . La convivenza è basata quindi su un ordine pre­ ferenziale che legittima l ' accordo tra i partner: da un lato , quindi , i partner sono reciprocamente meno vincolati nelle loro scelte perso­ nali (venendo meno l ' istituzionalizzazione di responsabilità definite dal codice della terza istanza sociale) ; dall ' altro tale "reciprocità debole" costringe i partner a vivere in una sorta di eterno presen­ te . Da questa radicale soggettivizzazione delle prospettive esisten­ ziali per la coppia deriva anche la disseminazione simbolica delle semantiche alla base della convivenza . Donati (2006) propone tre semantiche distinte . (l) La convivenza come matrimonio non anco­ ra perfezionato: si tratta di un modello che si manifesta quando uno dei partner non può o non vuole certificare la propria unione , anche per ragioni strumentali . (2) La convivenza come prova: si tratta di una semantica che richiama l ' idea della reciproca osservazione tra

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i partner che testano il proprio accordo per verificare se tale situa­ zione può funzionare o meno . (3) La convivenza come condizione permanente . Quest' ultima semantica richiama l ' idea dell'irrilevan­ za della prospettiva istituzionale per i partner, che ritengono di non dover trarre dall ' esterno giustificazioni o certificazioni rispetto al proprio modo di vivere i legami di coppia. In questo contributo , è utile integrare l ' analisi con l ' auto-rap­ presentazione che i partner coabitanti hanno di loro stessi . Que­ sta prospettiva permette sia di analizzare i limiti delle prospettive dell' auto-rappresentazione del sé , sia di comprendere le ragioni che sono alla base della scelta di uno specifico living arrangement e che motivano quindi la logica di auto-osservazione del proprio modo di stare in coppia al di là della semantica che unisce i partner in un legame stabile . Una riflessione critica sull' epistemologia costruttivista alla base del fenomeno in oggetto , si basa sull' adozione di un approccio re­ alista, critico e relazionale , capace di identificare i problemi aperti della convivenza come forma di vita in una prospettiva antologica.

3. 2 . Matri monio come istituzione o m atrimonio come conversazione?

La dimensione quotidiana è uno degli ambiti di analisi specifici di alcuni approcci teorici nelle scienze sociali - in particolare quello fenomenologico e quello interazionista - che condividono un 'epi­ stemologia costruttivista (la realtà sociale dipende dall'osservatore , che la interpreta e la definisce) e una prospettiva di analisi fonda­ ta sulla dimensione micro-fondata delle interazioni faccia a faccia . Tali interazioni sono basate su negoziazioni simboliche e pratiche di conversazione che divengono abituali , giungendo così ad istitu­ zionalizzarsi dal basso . In altre parole , in base a questa prospettiva , la realtà sociale (e la realtà di coppia in essa inclusa) dipenderebbe dagli schemi concettuali delle persone che la osservano . Dopotutto , l ' approccio fenomenologico alla vita quotidiana descrive efficace­ mente l ' arena in cui i partner definiscono la loro realtà di coppia nella quotidianità . In questo modo , il matrimonio viene sovrapposto alla vita coniugale , definendo però un assetto normativa con valenze strumentali (lo strumento nomico di cui Berger e Kellner scrivevano

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già nel 1 9642) per rilanciare l ' accordo tra i partner nel futuro . Si parla tuttavia di matrimonio come "vita coniugale" . Tale definizio­ ne non include necessariamente l ' istituzionalizzazione del legame . Dunque la semantica del "coniugale" risulta molte volte abbastanza confusa. Nelle parole di alcuni degli intervistati : «> (Nietzsche 1 886; trad. it. 2010, 39) . Per dirla con le parole di uno degli allievi di Foucault: «Foucault paragona il suo metodo a quello dell'archeologo, che dissotterra i resti del passato e li classifica in base ali 'uso che si presume ne venisse fatto, piuttosto che in base ai valori astratti che dovevano veicolare>> (Hutton 1988; trad. it. 1 992, 1 20). Una delle formulazioni più recenti, nella stessa direzione, viene da Peter Sloterdijk: «Se Nietzsche aveva annunciato .

.

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cetto un insieme più o meno sofisticato e articolato di mezzi e di logiche predisposte dal sistema politico per controllare (osservare e manipolare) il comportamento dei singoli in situazioni differenti mediante la creazione di enunciati narrativi e di specifici regimi di verità . Nascono dunque dispositivi di potere (carcerario e psichiatri­ co) , dispositivi di alleanza e di sessualità. Tale logica di controllo si perfeziona attraverso il passaggio dall' ordinamento sociale fondato sulla repressione a quello basato sull' efficienza delle singoli presta­ zioni (soprattutto professionali , mediche e sessuali) e sul monito­ raggio dei comportamenti devianti grazie ad interfacce tecnologiche predisposte allo scopo di circoscrivere l ' ambito dell 'osservazione (resa intelligibile in quanto visibile) . Questa complessa morfogene­ si sottolinea lo spostamento dell' asse su cui poggia la conflittualità interna al sistema sociale , che muove dalla repressione esplicita del desiderio (rappresentata dal dramma edipico e dal senso di colpa ad esso corrispondente) alla generazione di un livello culturalmente fi­ siologico di ansia rispetto alle sfide imposte dalla logica strumentale che governa l ' ideologia post-moderna della prestazione3 . In questo frangente, evolve anche la natura specifica dei singoli congegni di controllo . In particolare , i dispositivi subentrano all ' azione dei si­ stemi normativi fondati sulla repressione violenta del dissenso e sull' esercizio diretto della disciplina e dell' influenza, sostituendoli con una pratica del potere fondata sul controllo dei corpi ancor pri­ ma che dei comportamenti (biopolitica)4 • Da questo punto di vista , il dispositivo assume la connotazione di un complesso normativa orientato al perfezionamento del potere politico su due livelli di-

3.

4.

che Dioniso si era fatto filosofo, Foucault punta sulla tesi che Dioniso si fa archivi­ sta» (Sloterdijk 2009; trad. it. 20 1 1 , 1 2 1 ) . I l passaggio dalla società repressiv a a quella del controllo e della dissimulazione è centrale nell'analisi di Alain Ehrenberg. Questo autore ha infatti sottolineato come tale evoluzione corrisponda alla centralità assunta dalla figura contemporanea del Narciso, la cui difficoltà di adattamento al proprio contesto di vita dipendono dal­ la incapacità di controllare i processi necessari per la realizzazione delle proprie aspirazioni (da cui lo scenario corrispondente alla frustrazione come asimmetria tra l' impegno profuso in un'attività e l'esito che tale attività registra). n mito di Narciso subentra a quello di Edipo, così come la depressione derivante dalla nor­ malizzazione della condizione frustrata offusca il potenziale del senso di colpa nel rappresentare la società e le sue sfide (Ehrenberg 1 998; trad. it. 1 999). I l tema trae origine da l pensiero di Michel Foucault e d è vastissimo e di certa at­ tualità Con riferimento al dibattito italiano cito Amendola, Bazzicalupo, Chicchi e Tucci (2009).

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stinti e soltanto apparentemente contradditori: il carattere pervasivo della logica di controllo penetra proprio laddove il dispositivo agi­ sce affermando un allentamento della logica del controllo sui com­ portamenti individuali in nome della produzione di discorsi sociali orientati alla libertà dell' uomo5 • Nella tab . 5 . 1 vengono offerte alcune definizioni per chiarire i presupposti teorici e semantici del concetto di dispositivo elaborato da Michel Foucault, nonché le modalità del suo utilizzo in differenti campi di applicazione . Definizioni

Riferimenti

Il dispositivo panoptico non è semplicemente [ . . . ] un ingranaggio tra un meccanismo di potere e una funzione; è un modo di far funzionare delle relazioni di potere entro una funzione [ . . ] .

Miche! Foucault ( 1 973; trad. it. 1 993 , 225) .

Non sono forse i dispositivi di potere [ . . ] a costituire il punto preciso dal quale si deve riuscire a situare la formazione delle pratiche discorsive?

Miche! Foucault ( 1 973; 2003 ; trad. it. 20 1 0 , 25) .

Quel che vi ho descritto è una sorta di apparato , di macchinario , le cui forme espressive si ma..J.i.festano a partire dal XVII e soprattutto dal XVIII secolo .

Michel Foucault ( 1 973; 2003 ; trad. it . 20 1 0 , 68) .

.

.

5.

La trattazione offerta da Michel Foucault sul passaggio dal dispositivo di alleanza a quello di sessualità è paradigmatico rispetto a questa argomentazione. Si veda La volontà di sapere ( 1 976; trad. it. 2003, 69- 1 1 7).

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Possiamo ammettere probabilmente che le relazio- Michel Foucault ni sessuali hanno dato luogo , in ogni società , ad ( 1 976; trad. it. 2003 , un dispositivo di alleanza: sistema del matrimonio , 94-95) . della fissazione e dello sviluppo delle parentele , L'intero IV capitolo della trasmissione dei nomi e dei berri . [ . . . ] Le ( 1 976; trad. it. 2003 , società occidentali moderne hanno inventato e orgarrizzato [ . . . ] un nuovo dispositivo che gli si 69- 1 1 7) è dedicato al sovrappone e - senza eliminarlo - ha contribuito a dispositivo di sessuaridume l' importanza. È il dispositivo di sessualità lità . che , come il dispositivo di alleanza, si innesta sui partner sessuali, ma in maniera del tutto diversa . [ . . . ] [ . . . ] In poche parole , il dispositivo di alleanza è finalizzato probabilmente ad una omeostasi del corpo sociale , che ha la funzione di mantenere [ . . . ] il suo momento forte è la "riproduzione" . Il dispositivo di sessualità ha la sua ragion d'essere non nel fatto di riprodursi , ma di [ . . . ] penetrare i corpi in modo sempre più minuzioso e di controllare le popolazioni in modo sempre più globale . Ciò che io cerco di individuare con questo nome è [ . . . ] un insieme assolutamente eterogeneo , che implica discorsi, istituzioni, strutture architettoniche , decisioni regolative , leggi, misure amministrative , enunciati scientifici , proposizioni filosofiche , morali e filantropiche: [ . . . ] ecco gli elementi del dispositivo . Il dispositivo è la rete che si stabilisce tra questi elementi . [ . . . ] col termine dispositivo intendo Ulla specie [ . . . ] di formazione che in un certo momento storico ha avuto come funzione essenziale di rispondere a un' urgenza . Il dispositivo ha dunque una funzione enrinentemente strategica [ . . . ] il che implica che si tratti di una certa manipolazione di rapporti di forza [ . . . ] sia per orientarli in una certa direzione , sia per bloccarli o per fissarli e utilizzarli . Il dispositivo è sempre iscritto in un gioco di potere e , insieme , sempre legato a dei linriti del sapere [ . . . ] . Il dispositivo è apptmto questo: un insieme di strategie di rapporti di forza che condizionano certi tipi di sapere e ne sono condizionati .

Michel Foucault ( 1 994 , 299-300) . L'intervista da cui è tratta questa definizione è del 1 977 ed è contenuta in Dits et écrits , vol. III, Paris , Gallimard , 1 994.

Tab . 5 . 1 . Definizioni del concetto di dispositivo offerte da Michel Foucault.

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È essenziale fissare questo punto : il concetto di dispositivo in­ treccia il tema del potere , di cui è espressione formale ed evoluta (in una parola: visibile) . Con Michel Foucault, il tema dei dispositivi si consolida determinando lo spettro delle cosiddette tecnologie del sé (Foucault 1 9 8 8 ; trad . it. 1 992; Hutton 1 9 8 8 ; trad . it . 1 992) cioè quel­ le pratiche che riguardano la produzione di una soggettività adegua­ ta alle esigenze di conoscenza di sé definite dalla cultura occiden­ tale moderna . Le tecnologie del sé rappresentano dunque un punto di sofisticazione del concetto di dispositivo perché coinvolgono il soggetto nel processo di soggettivazione rispetto al modo di opera­ re delle tecnologie del potere . Ma procediamo con ordine . Rispetto alla teoria generale dei dispositivi , nelle ultime ricerche di Michel Foucault vengono esplicitamente classificati quattro tipi fondamen­ tali di tecnologie , intesi come criteri regolativi e normativi per la costituzione di determinate ragioni pratiche6 • ( l ) Le prime sono le tecnologie della produzione , che realizzano e trasformano gli og­ getti (ossia le cose, per utilizzare in senso estensivo il linguaggio dell' autore) . (2) Le seconde sono le tecnologie del sistema di segni , che consentono l ' uso di significati e dei simboli ad essi corrispon­ denti (enunciati e parole , per esempio) . (3) In terzo luogo abbiamo le tecnologie del potere , che regolano la condotta degli individui e oggettivano il soggetto7• (4) Infine , vi sono le tecnologie del sé, che permettono agli individui di eseguire operazioni sul proprio corpo e sulla propria anima permettendo una trasformazione della propria individualità (Foucault 1 9 8 8 ; trad. it . 1 992 , 1 3 ) . Ora , è fondamentale

6.

7.

Il concetto di tecnologia introdotto da Foucault inaugura un filone di studi poi dif­ fusosi nella filosofia della scienza, nelle discipline applicate, come la sociologia politica e delle organizzazioni. Il tema della tecnologia come criterio normativa che determina la legittimazione morale delle azioni collettive si ritrova nelle produzioni teoriche ed empiriche del gruppo di sociologia politica e morale di Luc Boltanski (Boltanski e Thévenot 1 99 1 ; Boltanski e Chiappello 1 993). Al di fuori della rifles­ sione squisitamente francofona, occorre sottolineare come questi concetti richiami­ no ilframework teorico delle regole costitutive della realtà sociale e degli oggetti in essa inclusi, così come l'ideale dell'inten:::ionalità collettiva nel determinare il comportamento (Searle 1 995; trad. it. 2005). S i tratta delle tecniche di ospedalizzazione e di carcerazione che riguardano il Fou­ cault che analizza il dispositivo medico (in particolare in Sorvegliare e punire e nella Storia dellafollia nel! 'età classica). In questa direzione, la follia è mm costru­ zione sociale che deve essere regolata mediante Wia aggettivazione della condotta e Wia de-costruzione del soggetto a cui segue la ri-costruzione del personaggio come elemento "controllato" .

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tenere in considerazione che è nella morfogenesi assunta dalle prati­ che di tipo (3) e di tipo (4) che si esprime la principale innovazione intercorsa nelle logiche di controllo del comportamento individuale da parte dei dispositivi politici . In questo modo , per esempio , nel­ le pratiche di tipo (3) come gli ospizi o le carceri vengono attivati laboratori in cui i pazienti e i detenuti sono chiamati a partecipa­ re attivamente alla definizione di un percorso identitaria mediante tecniche di tipo (4) , per esempio attraverso l ' esercizio riflessivo su concetti come memoria, cura, solidarietà, identità , coscienza, colpa e generazione . I dispositivi si perfezionano dunque come relazioni tra le di­ verse tecnologie attivate per promuovere un determinato livello di conoscenza del sé. Il controllo richiama la libertà individuale in un' impossibile sintesi , definendo volta per volta situazioni in cui è consueto osservare una specifica sequenza di azioni ri-prodotte dai ruoli assunti nei diversi dispositivi intesi come ordini della realtà (Goffman 1 9 8 3 ; trad . it . 2007) . Le pratiche di controllo e di costruzione della soggettività si at­ tivano in ogni dimensione sociale in base al legarne di debito/credito che circola all' interno dei confini dei singoli ordini . In altre parole , un dispositivo di controllo si attiva laddove la soggettività da con­ trollare si esprime inizialmente come oggetto di indagine (volontà di sapere) per poi divenire soggetto (nel senso di assoggettamento o soggettivazione) mediante l ' attenzione ad esso rivolta in quan­ to portatore di un debito particolare . Così si torturano i prigionieri perché in debito di informazioni; si marchiano le adultere perché in debito di onore ; si costringono i prigionieri in carcere perché in de­ bito con la giustizia. In ogni caso , quando all 'insieme delle pratiche apertamente repressive e orientate al controllo diretto o dissimulato (3) si sovrappongono quelle legate alla produzione di soggettività mediante l ' auto-comprensione cognitiva (4) il legame tra debito e credito nell' ordine sociale si complica . Infatti , mentre nelle tecnolo­ gie del potere di tipo ( 3 ) , chi è oggetto di prassi repressive è defini­ to dalla situazione come l 'unico debitore socialmente riconosciuto (che restituisce il proprio debito in base a un rituale specifico e che spesso prevede un agente di recupero del credito , dal boia all ' agen­ zia delle entrate) ; nelle tecnologie del sé chi è direttamente assog­ gettato alla prassi di controllo (mediante l' imperativo della cura di se) è esplicitamente debitore nei confronti della società quanto la cultura che predispone tale pratica (attraverso la stessa persona; o

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istituzioni impersonali; o mediante regole interattive più o meno istituzionalizzate) . Ciò vale per le tecniche di produzione dell' in­ dividualità e dello stile personale , che esprimono il debito contratto da chi interpreta uno stile (il modello e il consumatore) e da chi lo crea (lo stilista e l ' architetto) nell ' intento congiunto di definire una memoria sociale che necessariamente si attua nel presente (appunto , "a futura memoria") . Da questo punto di vista, l ' ombra di Nietzsche si profila fino a diventare segno (in)scritto . Ecco cosa scrive il filosofo tedesco nella seconda dissertazione inclusa nell' opera Genealogia della morale: «Come si forma una memoria nell ' animale-uomo? [ . . . ] Questo an­ tichissimo problema [ . . . ] non è stato precisamente risolto con rispo­ ste e mezzi delicati : forse nell' intera preistoria dell' uomo nulla è più spaventoso e sinistro della sua mnemotecnica. Si incide a fuoco qualcosa affinché resti nella memoria [ . . . ] Quando l 'uomo ritenne necessario formarsi una memoria, ciò non avvenne mai senza san­ gue , martìri , sacrifici [ . . . ] tutto ciò ha la sua origine in quell' istinto che colse nel dolore il coadiuvante più potente della mnemonica . [ . . . ] Quanto peggio stava l 'umanità riguardo alla memoria, tanto più terrifico era l ' aspetto dei suoi usi [ . . . ] Noi tedeschi non ci con­ sideriamo certo un popolo particolarmente crudele e duro di cuore [ . . . ] ma basta fare attenzione ai nostri antichi ordinamenti penali per accorgersi quale fatica ci vuole sulla terra per allevare un popolo di pensatori [ . . . ] si pensi alle antiche pene tedesche , per esempio alla lapidazione [ . . . ] , alla condann a alla ruota [ . . . ] , al far lacerare o schiacciare da cavalli [ . . . ] Ah, la ragione , la gravità, il dominio sugli affetti , tutta questa tetra faccenda che ha il nome di riflessione [ . . . ] quanto sangue e orrore è nel fondo di tutte le buone cose ! » (Nietzsche 1 887; trad . it. 20 1 0 , 48-50) . Tanto le tecnologie di tipo (3) quanto quelle di tipo (4) sono espressioni di legami di debito/credito che sottolineano l ' analogia tra denaro e potere già evidenziata da sociologi come Talcott Par­ sons e Niklas Luhmann. Tuttavia, nei dispositivi realizzati sulla base delle tecniche di tipo (3) tale legame tende a manifestarsi in modo più rigido e deterministico . Infatti , la visibilità dell ' esercizio del po­ tere (paradigmatica nella descrizione del supplizio del parricida che apre l ' opera Sorvegliare e punire) invita a osservare la relazione di potere soltanto nella singola sequenza in cui si manifesta , parcelliz­ zandola in minuziose quanto precise micro-politiche del tormento , ma non la considera nell 'intero intervallo temporale in cui il debito

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viene contratto ; mentre la coscienza viene interrogata, dialoga con se stessa e si attiva come elemento costitutivo dell' identità. Nelle tecnologie del sé di tipo (4) la visibilità delle pratiche è meno evi­ dente , ma determina un esercizio abituale di cura del seif mediante l ' esercizio auto-interessato degli elementi che compongono il sé in quanto oggetto di pertinenza meta-individuale (interessi legittimi , abilità, valori , criteri di condotta e premure fondamentali) . L'insieme di queste tecniche sintetizza la concatenazione tra gli elementi elencati e richiama una dimensione sociale non deterministi­ ca (Porpora 2008) la cui intrinseca natura è quella di un dispositivo di definizione della memoria sociale emergente . In questo senso , l ' or­ dine contemporaneo trova le sue specifiche strategie , determinando una fuoriuscita dalla modernità attraverso la modifica radicale del­ lo stile assunto dalle logiche di controllo e la designazione di strut­ ture differenti per definire il soggetto . Come afferma Remo Bodei: «Nell'ultimo decennio della sua vita Foucault (scomparso nel 1 984) è così passato dall' analisi delle procedure di trasformazione degli esseri umani in oggetti di un potere anonimo a quella del loro costituirsi in "soggetti" (nel duplice senso dell' assoggettarsi e del rendersi padroni di sé) . In precedenza, infatti , nel trattare dei manicomi in La storia della follia nell 'età classica o delle carceri in Sorvegliare e punire , il potere veniva mostrato all ' opera mentre separava il pazzo dal sano e l' onesto dal delinquente , mentre segregava, controllava, puniva e cri­ minalizzava chi gli si opponeva [ . . . ] Ora invece il potere viene osser­ vato nella prospettiva degli individui , nel loro darsi forma e disciplina attraverso la cura di sé» (Bodei 2009 , 83-84) . L' analisi dei dispositivi si esprime sottolineando l 'evoluzione intervenuta nelle tecnologie del potere (il passaggio dalla repressione violenta e aperta al controllo biopolitico del comportamento) e nelle tecnologie del sé (che si perfe­ zionano mediante l' inversione del rapporto di causa/effetto tra cura di sé e conoscenza di sé elaborato dalla cultura ellenistica)8 • L'azione congiunta dei dispositivi di controllo politico e delle tecnologie del sé genera un'idea di soggetto inteso come equilibrio (necessariamente instabile e fratturato) tra soggettività (che si esprime

8.

In questoframework epistemico, si esplicita il debito filosofico di Foucault nei con­ fronti di Nietzsche. Mi riferisco in particolare alla polemica con la morale moderna (La nascita della tragedia; La gaia scien=a) ed il finalismo degli ideali ascetici (Genealogia della morale) derivanti da una dottrina lineare del tempo culminante nell'idea di progresso (Al di là del bene e del male).

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nelle scelte guidate dalle pratiche interne ai dispositivi) e assogget­ tamento (ai dispositivi stessi , post-strutture in un ordine diverso da quello moderno )9 .

9.

L a produzione teorica e ricostruttiva di Foucault e di Deleuze s i inscrive nel post­ strutturalismo, poiché affronta l'analisi delle innovazioni intervenute nelle pratiche di controllo e di produzione di soggettività precedentemente garantite dalle strutture moderne (la forma-Stato e le sue articolazioni, dal dispositivo sessuale a quello car­ cerario). Così, emergono anche le critiche principali alle discipline che ri-producono l'assoggettamento mediante la subordinazione della cura del sé alla conoscenza di sé (come la psicanalisi). Su questo tema, il rimando è all'anti-Edipo di Deleuze e Guattari ed alla introduzione alla schizoanalisi come liberazione del desiderio nel panorama capitalistico (Deleuze e Guattari 1 972; trad. it. 2002; Deleuze e Guattari 1 980; trad it. 2006). Per uua analisi della configurazione iperbolica assunta dalla mo­ dernità tra le polarità di libertà individuale (lib) e controllo politico delle medesime libertà, fino alla loro creazione (!ab) rimando a Donati (2000).

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Definizioni

Riferimenti

La filosofia di Foucault si presenta spesso come un' analisi dei dispositivi. Ma che cos' è un dispositivo? È innanzitutto una matassa, u n insieme multilineare , composto di linee di natura diversa. [ ] Sciogliere la matassa delle linee di un dispositivo significa ogni volta tracciare una carta, cartografare , misurare terre sconosciute; è questo ciò che Foucault chiama "ricerca sul campo" . [ . . . ] I dispositivi sono [ . . ] macchine per far vedere e far parlare .

Gilles Deleuze ( 1 989; trad. it. 20 1 0 , l l - 1 3) .

L'ipotesi che intendo proporvi è che la parola "dispositivo" sia un termine tecnico decisivo nella strategia di pensiero di Foucault. Egli lo usa spesso soprattutto a partire dagli anni Settanta, quando comincia a occuparsi di quello che chiamava la "governa mentalità" o il "governo degli uomini" . Benché non ne dia mai una vera e propria definizione , egli si avvicina a qualcosa come una definizione in mùntervista del l 977 [ . . ] Riassumiamo brevemente i tre punti: a. È un insieme eterogeneo , che include virtualmente qualsiasi cosa, linguistico e non linguistico allo stesso titolo: discorsi, istituzioni, proposizioni filosofiche [ . ] Il dispositivo in se stesso è la rete che si stabilisce tra questi elementi . b . Il dispositivo ha sempre una funzione strategica concreta e si iscrive sempre in una relazione di potere . c . Come tale , risulta dall'incrocio di relazioni di potere e relazioni di sapere .

Giorgio Agamben (2006, 5-7) .

Foucault definisce i dispositivi come una rete di fattori eterogenei organizzati da una finalità strategica.

Michael Hardt e Toni Negri (2009; trad. it. 20 10) .

. . .

.

.

. .

Tab . 5 .2 . Alcune definizioni di dispositivo fomite dagli interpreti di Foucault .

Per Gilles Deleuze ( 1 989; trad . it. 2007), la riflessione di Mi­ chel Foucault sui dispositivi come tecnologie del potere di tipo (3) (ravvisabile soprattutto in opere come Sorvegliare e punire e La vo­ lontà di sapere) rappresenta un nuovo funzionalismo che si avvale di precisi postulati concatenati (si veda la tab . 5 .2) . (l) Il primo è il postulato della proprietà . Nella modernità avanzata il potere non ha più una rappresentazione omogenea e monolitica , attribuita esclusi­ vamente allo Stato come apparato centralizzato in nome di una sua

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(presunta) efficacia funzionale , ma viene parcellizzato e definito in quanto mezzo di comunicazione dai singoli nodi della configurazio­ ne reticolare in cui si trova a scorrere10 . (2) Il secondo postulato è quello della (de )localizzazione . Il potere non è più centralizzato e lo­ calizzato nello Stato-apparato (come per il funzionalismo moderno) ma approda a una concezione diffusa (come nel neo-funzionalismo sistemico luhmanniano) de-territorializzandosi e ri-territorializzan­ dosi secondo forme e strutture adeguate a determinare le logiche di controllo in base alle quali il potere si differenzia. (3) n terzo postulato è quello della subordinazione: il potere è concentrato nello Stato perché subordinato a uno specifico modo di produzione (se­ condo un lessico marxista) . Qualora quest' ultimo venisse sostituito , avrebbero luogo una de-localizzazione e una successiva ri-localiz­ zazione del potere . (4) Il quarto postulato è quello dell'essenza (o attributo) : il potere è un legame , una relazione dinamica capace di produrre distinzioni successive (per esempio quella tra dominanti e dominati)11 . (5) Il quinto postulato è quello delle differenti modalità in base alle quali il potere può agire: reprimendo il conflitto , dissi­ mulandolo o prevenendolo (tentando di plasmare il consenso) . (6) Il sesto e ultimo postulato è quello della legalità: il potere si esprime secondo criteri di legittimazione ; nel caso dello Stato tale criterio è di tipo legale-razionale (per dirla con Weber) . I postulati evidenziati , (soprattutto il secondo e il quinto) hanno un ruolo centrale nella for­ mulazione del concetto di dispositivo e trovano uno sviluppo con­ creto nelle stesse opere di Deleuze , che definisce la trasformazione della logica e delle forme di manifestazione del potere secondo il binomio de-territorializzazione/ri-territorializzazione . Come affer­ ma il filosofo francese: «mi sembra che Foucault, quando nel 1 975

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S u questo primo aspetto rimando alla concezione di potere espressa d a Niklas Luhmann, con particolare riferimento alla sua valenza di mezzo di comunicazione generalizzato in un orizzonte neo-funzionalista che si esprime in particolare nella scissione presupposizionale tra funzione (necessaria) e struttura (contingente) di riferimento. Il superamento del normativismo parsonsiano conduce Luhmann alla definizione diffusa del potere riconducibile al primo postulato ed adeguata a predi­ sporre il retroterra teoretico nell'ambito del quale Deleuze e Guattari conieranno il concetto di ri=mna. Questa distinzione è cruciale nell'elaborazione delle teorie delle élites. Per una disamina dell'ottimismo epistemologico alla base di queste teorie a partire dal pes­ simismo antropologico che giustifica i dispositivi di controllo della minoranza sulla maggioranza rimando a Izzo ( 1 992).

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ritorna a una pubblicazione teorica, sia il primo a inventare quella nuova concezione del potere che era stata cercata senza che si riu­ scisse né a trovarla né a enunciarla. È proprio di questo che si tratta in Sorvegliare e punire , sebbene Foucault lo indichi solo in poche pagine all ' inizio del libro . [ . . . ] E bisognerà attendere La volontà di sapere per un' esposizione più dettagliata» (Deleuze 1 98 6 ; trad . it . 2009 , 40-4 1 ) . Una nuova concezione che produce nuove tecnologie del pote­ re12 . Entrambi questi aspetti possono trovare una sintesi definitoria mediante i concetti di diagramma e di dispositivo . Cos ' è il diagram­ ma? Qual è la differenza tra questo concetto e quello di dispositivo? Qual è l ' utilità (e quale la valenza) sociologica di tale distinzione concettuale? Il concetto di diagramma viene offerto dall' analisi che Deleu­ ze affronta rispetto alla produzione teorica di Michel Foucault, con particolare riferimento alla struttura del Panopticon mutuata da Je­ remy Bentham e inserita nell' opera Sorvegliare e punire: «È una macchina astratta [ . . . ] Che cos ' è un diagramma? È l ' esposizione dei rapporti di forze che costituiscono il potere in base a criteri analizza­ ti precedentemente [ . . . ] Il diagramma o macchina astratta è la carta dei rapporti di forze , carta di densità, di intensità [ . . . ] Non ha certo nulla a che vedere con un' idea trascendente , o con una sovrastruttu­ ra ideologica [ . . . ] agisce come una causa immanente non unificante , coestensiva all ' intero campo sociale: la macchina astratta è come la causa dei concatenamenti concreti che ne effettuano i rapporti; e questi rapporti di forze non passano al di sotto ma nei tessuti stessi dei concatenamenti che producono . Che cosa significa causa imma­ nente? È una causa che si attualizza nel suo effetto , che si integra nel suo effetto , che si differenzia nel suo effetto [ . . . ] Si dà così una correlazione , [ . . . ] tra macchina astratta e concatenamenti concreti (ai quali il più delle volte Foucault dà il nome di dispositivo)» (De­ leuze 1 986; trad . it. 2009 , 53-56) . Qual è dunque la relazione tra diagramma e dispositivo? Si trat­ ta di una differenza che riguarda la contrapposizione tra dimensione

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L e pratiche in base alle quali s i e sprime i l dispositivo di sessualità, per esempio, sono l'isterizzazione del corpo femminile; la pedagogizzazione della sessualità infantile; la socializzazione delle condotte procreatrici e la psichiatrizzazione del piacere perverso. La lucida ri-considerazione di questi elementi e il rilancio di una sessualità libera dai vincoli del dispositivo di controllo è presente in ogni epoca.

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astratta e dimensione concreta , laddove la macchina astratta (per esempio il diritto penale) trova espressione in un insieme di concate­ namenti concreti che esplicitano la relazione di potere (per esempio la prigione) . Così , il dispositivo-prigione è quello che attiva relazio­ ni di potere che permettono di vedere senza essere visti . «Il dispo­ sitivo panoptico non è semplicemente una cerniera, un ingranaggio tra un meccanismo di potere e una funzione ; è un modo di far fun­ zionare delle relazioni di potere entro una funzione , e una funzione per mezzo di queste relazioni di potere» (Foucault 1 975; trad. it. 1 993 , 225) . Il dispositivo ha dunque dimensioni specifiche : curve di visibilità (legate agli oggetti , alle cose) , curve di enunciazione (gli enunciati o le parole in essi incluse) . Sono quindi macchine con­ crete : macchine per far vedere e far parlare (Deleuze 1989; trad. it. 20 1 0 , 1 3 ) . La relazione tra la macchina astratta (diagramma) , e le sue logiche di contestualizzazione costituiscono il dispositivo (car­ cerario , ospedaliero , sessuale , etc .) . In altre parole , il concetto di dispositivo è concretamente e in­ trinsecamente relazionale , in quanto rimanda a un'emergenza che intercorre ri-territorializzandosi tra predisposizione astratta di logi­ che di sviluppo semantico e modalità applicative di realizzazione (pratica) configurate in base a quello stesso sviluppo (semantico) : «Le macchine concrete sono i concatenamenti , i dispositivi biformi; la macchina astratta è il diagramma formale . In breve le macchine sono sociali prima ancora di essere tecniche . O meglio , c ' è una tec­ nologia umana che precede la tecnologia materiale» (Deleuze 1 98 6 ; trad . it. 2009 , 59) . Nel suo ultimo intervento in pubblico , Deleuze affronterà espli­ citamente la questione filosofica alla base del concetto di dispositivo in Foucault, cercando di definirlo esplicitamente come : « [ . . . ] una matassa, un insieme multilineare , composto di linee di natura di­ versa. Queste linee nel dispositivo non delimitano né circoscrivono sistemi di per sé omogenei - oggetto , soggetto , linguaggio , ecc . ­ ma seguono direzioni , tracciano processi in perenne disequilibrio [ . . . ] Sciogliere la matassa delle linee di un dispositivo significa ogni volta tracciare una carta , cartografare misurare terre sconosciute; e questo è quello che Foucault chiama la ricerca sul campo» (Deleuze 1 989; trad . it. 20 1 0 , 1 1 - 1 2) . La riflessione sul concetto di dispositi­ vo prosegue quindi nel determinare come le relazioni di potere che esso implica (e sussume) affermino la propria capacità di ordinare un regime di verità basandosi sulla creazione di determinate tipolo-

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gie individuali , come per esempio gli esclusi . La ragione di questa priorità sta proprio nel fatto che è nelle categorie individuali margi­ nali (o border-line) che possiamo individuare i confini dell ' azione dei dispositivi di controllo e determinare il livello di apertura della rete sociale che oscilla tra l ' includere e l ' escludere , tra il trattare o il tralasciare determinati problemi sociali (con le conseguenze che ne possono derivare in termini di definizione dell' agenda politica in materia di welfare , di sicurezza , di immigrazione , di contrasto alla povertà, di perfezionamento dell ' as sistenza e di cura) . Quindi , come mostrerà Simmel nel settimo capitolo della sua Sociologia , dedicato al tema del povero ( 1 90 8 ; trad. it. 1 998) , la trat­ tazione di questo determinato personaggio concettuale (per utilizza­ re una felice espressione di Deleuze) permette non soltanto l' analisi delle sue caratteristiche quanto l ' apertura della società alle logiche di assistenza, soccorso e reciprocità . Studiando il povero si può comprendere come la società contra­ sta, affronta (o paradossalmente crea ! ) le condizioni di esclusione che il povero stesso affronta . Gli studi sulle logiche di esclusione mediante i dispositivi e sul­ le pratiche che la riguardano ci informano sui connotati riflessivi (espressi dai binomi inclusione/esclusione ; interno/esterno ; dentro/ fuori) che l ' ordine sociale prevede: «Ci si chiederà se le linee di soggettivazione non costituiscano il bordo estremo di un dispositivo e se esse non abbozzino il passaggio da un dispositivo all ' altro , pre­ parando così le "linee di frattura" . Come le altre linee , anche quelle di soggettivazione non dispongono di una formula generale . [ . . . ] Non esistono forse dispositivi nei quali la soggettivazione non passa più attraverso la vita aristocratica o l ' esistenza estetizzata dell' uomo libero , ma attraverso la vita marginalizzata dell ' escluso?» (Deleuze 1 989; trad. it. 20 1 0 , 1 9-20) . Un'esplicitazione successiva si ritrova in un testo inedito di Michel Foucault, anch'esso pubblicato - come quello dedicato alle tecnologie del sé - dopo la sua morte e che raccoglie alcune testimonianze del trattamento dei cosiddetti uomi­ ni infami ( 1 994; trad . it. 2009) . I violenti , i diseredati , i marginali , i pervertiti vengono definiti come socialmente rilevanti dalla loro stessa condizione . Tale condizione è però intesa nei termini di un vizio definito e creato dalle pratiche discorsive della società, che determina la carriera morale (Goffman 1 96 1 ; trad . it . 200 1 ) degli individui mediante pratiche tese non più solo a controllarne la con­ dotta, ma a prevederne i comportamenti .

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Il dispositivo è dunque l ' insieme concreto di pratiche che nell' intento di controllare la soggettività contribuiscono a crearla mediante un mix contingente (le cui logiche sono tuttavia pre-de­ finite e determinate) di libertà di azione e di logiche di esclusio­ ne (che a loro volta costituiscono il perimetro stesso di tali azioni) : «Foucault definisce i dispositivi come una rete di fattori eterogenei organizzati da una finalità strategica» (Hardt e Negri 2009; trad . it. 20 10) . Le ultime ricerche di Michel Foucault premono proprio sulla creazione delle pratiche di definizione del discorso dell ' esclusione , fino a mettere in dubbio l ' idea di condizione umana mediante la sussunzione della dimensione biologica dell 'esistenza nell ' ordine dell ' assoggettamento ai dispositivi di controllo (Esposito 20 1 2) . In questa direzione , si possono evidenziare alcune linee di sviluppo per un' analisi sociologica del concetto di dispositivo: «Simmel , e in seguito Goffman , si sono inoltrati nello studio di quei tipi che appaiono spesso come instabili , nelle enclaves o ai margini di una società: lo straniero , l ' escluso , l ' emigrante , il passante , l ' autoctono , colui che ritorna al suo paese [ . . . ] Ci sembra che un campo sociale , pur comportando strutture e funzioni , non ci informa direttamente su certi movimenti che riguardano il socius» (Deleuze e Guattari 1 99 1 ; trad . it. 2002 , 57) . Finora è stato possibile documentare come Gilles Deleuze abbia esplicitato alcuni assunti fondamentali del la­ voro filosofico e "archeologico" di Miche! Foucault, soprattutto in relazione al concetto di dispositivo ed alle sue implicazioni rispet­ to alle trasformazioni del potere ed alla morfogenesi del controllo sociale . Tali riflessioni proseguiranno rilanciando una semantica generativa e costitutiva del concetto di dispositivo che assumerà la valenza di un insieme di processi orientati alla produzione della soggettività mediante il recupero del desiderio . Da questo punto di vista, il dispositivo si dipana in un orizzonte sociale caratterizzato da complessi di forze differenti da quelle della modernità , assume la forma di un rizoma e incontra la logica del desiderio che rappresenta l ' orizzonte teleologico in base al quale realizzare l ' ordine sociale . Per ordine Goffman intende : «un' area di attività, un tipo particolare di attività, come nell ' espressione ! "'ordine economico"» (Goffman 1 9 8 3 ; trad . it . 2007 , 57) . Come il concetto di ordine (qui ancora espresso in termini de­ contestualizzati e dunque abbastanza generici) possa richiamare il tema del dispositivo , ci viene suggerito nelle pagine successive del saggio dallo stesso Goffman, quando l ' autore sottolinea la funzio-

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ne dello Stato moderno nei confronti degli individui e le logiche dell' interazione che sfuggono al contempo a questa specifica azione di controllo , costituendo una realtà sui generis incastonata (o in­ corniciata , nel senso della cornice come frame) nel sociale: «Il mo­ derno Stato nazione , quasi come mezzo per giustificare la propria esistenza, rivendica entro la propria giurisdizione territoriale l ' auto­ rità ultima sul controllo dei rischi e delle minacce alla vita, all ' inte­ grità fisica e alla proprietà. Lo Stato fornisce [ . . . ] dei dispositivi di emergenza per intervenire quando i meccanismi locali di controllo sociale non riescono a mantenere la rottura del ' ordine dell ' intera­ zione entro certi limiti . Ciò vale specialmente nei luoghi pubblici , ma non solo . Tuttavia, in realtà , l ' ordine dell ' interazione prevalente anche nei luoghi maggiormente pubblici non è la creazione dell ' ap­ parato di uno Stato . La maggior parte di quest' ordine nasce ed è sorretto per così dire dal basso , in alcuni casi nonostante l 'esistenza di un' autorità superiore , non a causa di essa» (Goffman 1 9 8 3 ; trad . it. 2007 , 57) . Riassumendo , possiamo affermare che le principali innovazioni filosofiche nel determinare la valenza sociologica del concetto di dispositivo compongono un framework specifico , che si esprime nel passaggio dalla logica dell 'esclusione fondata sulla separazione visibile tra chi è dentro e chi è fuori alla logica dell ' atti­ vazione fondata sul riconoscimento della distinzione tra chi è attivo e chi è passivo . Le novità che costituiscono questo framework sono essenzial­ mente tre e la nozione di dispositivo ne è un compendio , in cui tali innovazioni si riflettono come in un prisma . (l) Una prima novità è di natura teorico-speculativa. La rappre­ sentazione della modernità come ordine del controllo biopolitico deriva dalla volontà delle istituzioni di conoscere i comportamenti dei singoli per controllarli più efficacemente , plasmando il con­ senso e superando la strategia dell ' aperta repressione di eventuali dissensi . In questo frangente , il dispositivo è rappresentato dal Pa­ nopticon e si afferma come un insieme di norme concatenate che definiscono istituzioni capaci di separare evidentemente i corpi (e le loro caratteristiche soggettive) : uomo/donna; maschio/femmina; sano/malato; deviante/normale ; bello/brutto , e così via . Non solo le prigioni sono dispositivi, ma anche i campeggi , le scuole , gli alberghi , gli ospedali , i servizi pubblici , i servizi igienici , etc . Di­ spositivo è tutto ciò che ordina separando visibilmente i soggetti e ri-definendo la norma della reciprocità sulla base degli imperativi

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categorici del discorso al potere . Naturalmente la visibilità è uni­ laterale ; soltanto chi è sorvegliato è visibile dal sorvegliante e non viceversa13 . Tale unilateralità conduce alla peculiarità epistemolo­ gica alla base della stessa nozione di dispositivo e suggerisce la differenza che passa tra le tecnologie del potere (dispositivi di con­ trollo) e le tecnologie del sé (che potremmo considerare dispositivi di assoggettamento) . (2) Una seconda novità è di natura epistemologica e riguarda il modo di osservare scientificamente il progresso socio-culturale . Foucault classifica le forme tecnologiche di creazione dell ' assogget­ tamento individuale con l ' esplicito intento di sottolineare l ' inversio­ ne tra cura e conoscenza di sé inauguratasi con la cultura cristiana ed esacerbatasi nella modernità , come già aveva notato Nietzsche: « [ . . . ] nessun sapere , nessuna volontà di sapere sul passato [ . . . ] Questi genealogisti della morale si sono mai , [ . . . ] immaginati che , per esempio , quel basilare concetto morale di colpa ha preso origi­ ne dal concetto molto materiale di debito? [ . . . ] » (Nietzsche 1 887; trad . it. 20 1 0 , 50) . Da qui , mediante specifiche pratiche , derivano il superamento della tradizione platonica - che fonda la conoscenza sul dialogo e sul piacere del confronto - e la sua sostituzione con la pratica dell 'introspezione e della verbalizzazione della propria con­ dizione di peccatore . La modernità, accompagnata da una virata de­ cisa verso l ' individualizzazione , sposta la valenza della confessione sul lettino dell ' analista, ma la sostanza non cambia moltissimo . Qui il dispositivo diventa l 'insieme delle tecnologie del sé, ossia di quel­ le pratiche che invitano il soggetto a conoscersi (Ehrenberg 1 99 8 ; trad . it. 1 999; 20 1 0 ; trad . it. 20 1 0) anche attraverso l a neutralizza­ zione della propria carica erotica mediante l ' elaborazione del senso di colpa e la successiva sublirnazione delle perversioni sessuali14 . Da questo punto di vista , si costruisce una morale fondata sui dispo­ sitivi (dalla Genealogia della morale alla cura di sé, che passa per una volontà di sapere che altro non è che la determinazione di una

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Questa è evidentemente una delle peculiarità centrali del Panopticon. Lo mostrano il materiale cinematografico sui drammi carcerari da "Fuga da Alcatraz" a "Sorve­ gliato speciale" a "Papillon" fino alle telecamere installate alla centrale nucleare di Springfield per controllare (o confermare una opinione pregressa a proposito del comportamento di) operatori negligenti come Homer Simpson. Sulla differenza tra il metodo di Freud e quello di Foucault, rimando a Hutton ( 1 988; trad. it. 1 992).

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memoria sociale fondata sul segno , ossia sulle pratiche visibili di definizione del senso del sé e della civiltà che lo ospita/condiziona/ pre-determina) . (3) Una terza innovazione e di natura metodologica , riguarda l ' innovazione presente fin dall' inizio nello stile di analisi di Michel Foucault ed è alla base dei due sviluppi descritti in precedenza. Il metodo inaugurato dal filosofo francese è una prassi archivistica , ossia un modo inedito di realizzare una storia della cultura median­ te lo studio degli enunciati condensati in un archivio . Nell ' opera L 'Archeologia del sapere l ' autore definisce l ' archivio come sistema per la formazione e la trasformazione degli enunciati ( 1 969; trad . it. 2009; 1 74) assicurando al concetto una valenza euristica capace di rivelare la potenza espressiva del discorso , inteso come sistema di segni valido per la definizione di regimi di verità socialmente costruiti . L' archeologia studia questi regimi di verità mediante la descrizione degli enunciati come pratiche di archivio . In questa ulti­ ma dimensione , il dispositivo è dunque la metafora del metodo che predispone l ' ordine analitico laddove in precedenza sussisteva un orizzonte caotico , incapace di rappresentare (a) il mutamento inter­ corso nell' idea di soggetto e (b) la configurazione della modernità nella sua natura di equilibrio contingente tra libertà e controllo . Il dispositivo è prassi di assoggettamento : il contenuto che veicola è il suo potere di generare discorsi , che diventano veri (reali) soltan­ to quando sono esplicitati in un insieme di pratiche osservabili . In questo senso , la relazione di potere veicolata dal dispositivo è quella che sottende alla creazione di un regime di verità che costituisce la memoria collettiva di una civiltà . Siamo ormai distanti dal Pa­ nopticon in cui la visibilità è unilaterale e riguarda una relazione in cui il potere si esprime rendendo visibile soltanto l ' osservato . Ora anche l ' osservatore è visibile , anche se lo è soltanto limitatamente alla rappresentazione di sé che intende fornire (ne sono un esempio i servizi alla persona, la retorica della trasparenza introdotta dal­ le amministrazioni pubbliche a proposito del funzionamento della macchina burocratica, l ' enfasi riposta nel concetto di rete abusato anche nella definizione di interventi assolutamente verticistici e di atteggiamenti rigidamente solipsistici) .

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5.3. O ltre il d ispositivo : il ca rattere stratificato e m u ltid i m ensio n a le del potere

Finora la trattazione ha privilegiato un' immagine deterministica del concetto di dispositivo , che rimane incastonato nella pratica del controllo e della manipolazione dei comportamenti e dei desideri individuali mediante pratiche osservabili finalizzate alla dissimula­ zione dei comportamenti , alla creazione di determinate semantiche del gusto e alla separazione tra norma e devianza . Tale rappresen­ tazione è indubbiamente suggestiva e affidabile , ma è inadeguata (poiché incompleta e fortemente connotata in chiave ideologica) nel descrivere il funzionamento e l ' assetto del dispositivo stesso , la cui valenza sociale resta repressiva e non generativa di legame sociale; se non rispetto ad un disegno indipendente dalla dimensione vita­ le che definisce la pluralità delle esperienze che inverano il tessuto della società civile . La definizione consequenziale e stato-centrica che costituisce lo sfondo e la genealogia del dispositivo nella pri­ ma modernità cede il testimone al nuovo ordine globale che - nella seconda modernità - circoscrive il contesto (o macra-dispositivo , appunto l ' ordine ! ) in cui vengono definite le pratiche di controllo e di definizione della personalità modale che gli esseri umani assumo­ no per essere sussunti nel reale rappresentato . Come si è scritto , tale rappresentazione è impropria e incompleta. Inoltre , relega il concet­ to di dispositivo alla sola semantica regolativa del comportamento , inibendo ogni rappresentazione costitutiva di come vengano definite le norme e le istituzioni (Searle 1 995 ; trad . it . 2005) . Ora, è opinione di chi scrive , che tale inadeguatezza epistemi­ ca e teoretica derivi da una rappresentazione altrettanto inadeguata del criterio che guida la formazione e la riproduzione del funziona­ mento del dispositivo nell ' ambito del ' ordine sociale attuale . ll cri­ terio è ovviamente quello del potere . Ed è del potere che trattiamo per rilanciare una rappresentazione coerente dell ' antologia sociale nell ' ambito della quale i dispositivi si generano e si differenziano . In altre parole , è lo stesso concetto di potere che assume la con­ notazione stratificata del sociale , rivelando il suo carattere intrinse­ camente re/azionale e definendo l ' elaborazione di comandi , messag­ gi e determinazioni come proprietà emergenti che non coincidono con l 'insieme delle forze incluse nelle pratiche alla base di ogni di­ spositivo . Per capire realmente (ossia in base a una epistemologia realista della società) la natura dei dispositivi come pratiche sociali

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dobbiamo in primo luogo dotarci di una teoria multidimensionale e stratificata del potere . Va da sé che per disporre di una simile teoria abbiamo bisogno di recuperare l ' antologia sociale realista , fondata su poteri specifici assegnati come proprietà emergenti di ogni strato in cui la realtà è suddivisa15 . Il discorso di Michel Foucault sul potere non tenta di iscriversi in un dibattito - spesso eccessivamente polarizzato rispetto ai termi­ ni che si propone di articolare - tra l 'individualismo metodologico e le diverse forme di collettivismo che tentano di definire i fenomeni in modo emergentista , ossia come eccedenza rispetto alla somma o all 'insieme delle parti in causa. Si tratta piuttosto di una riflessione che propone un superamento dello strutturalismo dall ' interno , sot­ tolineando come il potere esercitato dalle sole strutture sociali con­ duca a una rappresentazione determinista degli interessi individuali riconducibile all 'impoverimento dello statuto antologico del sog­ getto . Tuttavia , la teoria dei dispositivi fornitaci da Michel Foucault resta non stratificata, poiché privilegia la dimensione politica della società, universalizzando la pratica del controllo in qualità di unico criterio di definizione del legame sociale moderno . Siamo di fronte a un costruttivismo spinto , la cui fedeltà al testo in base al quale le pratiche si rafforzano nel vissuto sostituisce la fiducia nelle strutture coercitive e regolative del vivere sociale16 • Così possiamo parlare di post-strutturalismo , piuttosto che di post-moderno . Nella teoria dei dispositivi politici la condizione umana è neutralizzata dalle prati­ che del controllo , mentre nelle tecnologie del sé viene de-potenziata in quanto epifenomeno del contesto storico-culturale che produce il complesso del virus (il conformismo , l ' incoscienza , l ' apatia e la depressione) al solo fine di n-generare l' universo dell' antidoto (tec­ nologie del sé quali rituali di consolidamento dell' abitudine a inver­ tire l ' ordine tra conoscenza e cura di sé) . Per evitare di ripetere un simile riduzionismo , senza peraltro sperare di poter mai avvicinarci 15.

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Inclusa l a persona (si veda il secondo capitolo) e la libertà di agire come criterio in base al qnale l'azione (e il giudizio su di essa) si realizzano. Su questo punto rimando a De Caro (2004). S i veda l a lettura che Ferraris (2009; 20 1 2a) fornisce nei confronti della teoria foucaultiana dell'oggetto fisico e di quello sociale, il cni denominatore comune sarebbe la natura socialmente costruita. Da questo punto di vista, la costruzione sociale del reale sarebbe affidata al testo che custodisce la memoria di ogni rappre­ sentazione, consegnandola ai posteri in termini di testimonianza. Questo è il senso del testualismo a cui il filosofo torinese riconduce Foucault.

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a un tale raffinato discernimento , occorre ripartire dall' antologia stratificata del reale e da una rappresentazione adeguata degli strati in cui tale realtà si ripartisce . In base a questa rappresentazione stra­ tificata della realtà, ogni strato in cui si suddivide la realtà sociale ha un complesso specifico di poteri , intesi come proprietà che caratte­ rizzano lo strato stesso abilitandolo ad incidere in modo originale e peculiare sul proprio ambiente circostante . Da questo punto di vista , lo strato della struttura (ossia dell ' insieme di norme che regolano il comportamento dei produttori di atti; siano essi sociali, linguistici o cognitivi) agisce come condizionamento che vincola e abilita l' azio­ ne , muovendola in una certa direzione date le caratteristiche struttu­ rali del contesto che funge da cornice (jrame) delle azioni stesse . Verso che tipo di potere conducono i dispositivi? Possono libe­ rare i poteri specifici di ogni strato in cui si presenta analiticamen­ te suddivisa la realtà sociale? Restano confinati nella dimensione politica della società? Riaffermano il loro codice moderno proprio laddove vengono tracciati come concetto abilitante il post-struttu­ ralismo? Favoriscono n-distinzioni qualitativamente orientate a Ii­ lanciare il corredo relazionale della società? In altre parole , possono essere elementi funzionali adeguati a connotare e ri-velare una più profonda antologia del sociale (mediante l 'idea di territorializzazio­ ne/de-territorializzazione del pensiero e delle relazioni sociali, che permette una concezione diffusa e non soltanto funzionalmente ri­ conducibile allo Stato , del potere?) . Possono passare dallo stato di concetto elaborato su un piano di immanenza (tipico della filosofia) per collocarsi su un piano di referenza e definire così un elemento scientifico dell ' analisi (funzioni?) . Possono essere declinati come relazioni mediante una distinzione relazionale e non dicotomica tra la loro localizzazione e le nuove forme di n-localizzazione che li riguardano? Prima di affrontare questi interrogativi è opportuno de­ finire alcuni passaggi che ravvisano nella capacitazione la logica "costruttiva" di questo contributo e che permettono di individuare nella nozione di dispositivo un insieme di pratiche che non tendono soltanto alla manipolazione del soggetto ed alla rappresentazione coercitiva del potere su individui incapaci di esprimere il proprio senso di sé . Per comprendere pienamente la ricchezza semantica e l 'utili­ tà euristica del concetto di dispositivo occorre dunque dotarsi di una' adeguata rappresentazione antologica del potere . Il tema della creazione di una memoria sociale visibile e custodita dalle pratiche

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di controllo sugli individui che corre sull' asse Nietzsche-Foucault (e dunque sul percorso che connette volontà di potenza e volontà di sapere) è un issue di sicuro interesse , ma configura semplicemen­ te una constatazione lucida e disincantata della natura paradossale dell ' ordine sociale post-moderno: laddove il controllo si fa più ca­ pillare sulla condotta degli individui si diffonde un clima apparente di crescente libertà individuale . L'illusione si perfeziona attraverso due canali principali: ( l ) le concrete forme di rappresentazione di pratiche orientate alla definizione di una personalità modale (ade­ guata) alle esigenze del vivere secondo precisi dettami sociali e (2) l ' ordine definito dal nuovo corso della globalizzazione . (l) I dettami che sovraintendono al primo canale sono quelli che rispondono ai canoni della moda o - per meglio dire - a quella spe­ cifica branca della moda che ha a che vedere con la costruzione della corporeità adeguata a "vestire" la moda stessa e i suoi imperativi: dal .fitness al wellness , passando per le pratiche dell ' arte erotica e della body art. In ogni caso , anche questa riflessione sull ' evoluzione delle tecniche di controllo e ri-produzione del social selj rientra­ no comunque nei confini dell' idea post-strutturalista di potere , che definisce lo spostamento dell' esercizio della prassi coercitiva dalle strutture ai processi simbolici che generalizzano la metafora della struttura stessa, ma che comunque non assegnano alcuna specifica proprietà di azione agli individui che in questi processi si trovano a operare . La palestra non è un nuovo dispositivo; lo è la pratica dell 'utilizzo degli strumenti (questo forse non basta a non ravvi­ sare nelle palestre stesse una versione contemporanea delle sale di tortura medievali ! ) . Le persone , in altre parole , non sono che recet­ tori di bisogni definiti esternamente rispetto alle loro priorità ed ai loro reali interessi: possono agire in conformità con le regole in cui le tecniche di produzione della personalità modale si dipanano (un qualcosa di vagamente somigliante a quella che Nietzsche aveva definito la morale del gregge) o scegliere una via di fuga , un' exit polemicamente antitetica rispetto al conformismo dell ' anticonfor­ mista (la morale aristocratica che Nietzsche anticipa nel settimo capitolo di Al di là del bene e del male) . In ogni caso , si tratta di risposte reattive , che non elaborano un reale progetto vitale sul con­ testo , ma si limitano a rigettarlo o ad accettarlo come un segno del tempo . L' uomo post-moderno riconosce i dispositivi in cui si forgia assistendo alla propria formazione , si guarda vivere , operando come un sistema binario in base alla distinzione tra up-to-date/démodé. S e

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la modernità ha prediletto l 'individuo prometeico , la post-modernità riscopre il mito di Efesto : non è più interessata all' esito della tecni­ ca, ma alla tecnica visualizzata nell ' atto del proprio compimento , a un attualismo che crea la personalità modale dell 'uomo allo scopo di decostruime la reale identità17• I dispositivi , in questo caso , non sono più le strutture visibili che controllano i comportamenti determinando cosa è accettabile per un corpo nell' atto di affermare la propria specifica corporeità (la morale della frusta è dolorosa, ma almeno assegna un ruolo in cui specchiare il proprio "me sanguinante") . Diventano piuttosto le micro-politiche dell 'identità , definite da un profilo immateriale a ga­ ranzia della reversibilità dei ruoli e dei processi costitutivi del sé18 • I dispositivi non sono più visibili , ma i loro processi sono osservabili nei mutamenti della corporeità liberata dal determinismo dell ' assog­ gettamento , che si generalizza nell ' imperativo della manipolazione demiurgica del proprio corpo (si pensi all' arte dell 'installazione , che attraversa la corporeità mediante la scarnificazione e il piercing) . In qualche modo , questo esito era già stato previsto : «Verrà un giorno in cui [ . . . ] il potere che si eserciterà a livello della vita quotidiana non sarà più quello di un monarca vicino e lontano , onnipotente e capriccioso , fonte di ogni ingiustizia e oggetto delle più svariate se­ duzioni , al contempo principio politico e potenza magica; sarà inve­ ce costituito da una rete sottile , differenziata , continua, in cui saran­ no collegate le diverse istituzioni della giustizia, della polizia , della medicina e della psichiatria . E il discorso che si formerà allora non avrà più la vecchia teatralità artificiale e maldestra , si svilupperà in un linguaggio che aspirerà ad essere quello dell 'osservazione e della neutralità. Il banale verrà analizzato secondo la griglia efficace ma grigia dell' amministrazione , del giornalismo e della scienza , salvo andare a cercarne gli splendori un po ' più lontano , nella letteratura» (Foucault 1 994; trad. it. 2009 , 57-5 8 ) . 17.

18.

S u questo punto rimando alla produzione filosofica e d alle conferenze del secondo Heidegger, in particolare a Identità e dif.feren=a ( 1 957; trad. it. 2006) dove vengono approfonditi i temi dell'identità nell' era della tecnica, della relazione tra tempo­ ralità e identità, della rottura del fraintendimento tautologico dell'identità come auto-relazione ed uguaglianza (A = A) e del concetto di evento (Ereignis). Sul tema della costruzione interattiva del s é rimando ovviamente a Mead ( 1 934; trad. it. 20 1 0). La costruzione del sé nell'ordine trova ovviamente un referente sociologico nell'intera opera di Erving Goffinan. Segnalo inoltre il concetto di im­ pianto ( Gestell) in Martin Heidegger. Si veda, su questo punto, Agamben (2006).

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(2) In questo lucido inciso, che assume i toni di una preoccu­ pante profezia , Michel Foucault (o meglio, le sue parole registra­ te , in quanto inscritte su una tabula cartacea capace di rilanciare il pensiero dopo l ' estinzione della dimensione biologica dell ' esistenza dell' autore !) anticipa in ogni riga gli elementi del dibattito che segue la sua morte e che verte su questioni cruciali rappresentabili come contrapposizioni o relazioni tra libertà/controllo ; civiltà/repressio­ ne; realtà/costruzione; enunciato/rappresentazione . Sono parole che introducono il secondo canale per la diffusione di un ordine inedito di dispositivi di potere . Il potere ha bisogno di simboli che lo rap­ presentino . Evidentemente , quando le relazioni di potere cambiano (variano) devono essere prodotte nuove rappresentazioni che ne de­ finiscano l ' ordine . Quando le rappresentazioni vengono determinate le dimensioni simboliche che meglio sintetizzano la morfogenesi del potere si affermano (selezione) per poi consolidarsi come me­ tafore della nuova logica dei dispositivi (stabilizzazione) . La di­ mensione simbolica del dispositivo e la sua valenza in termini di comunicazione vengono efficacemente tratteggiate da Luhmann nel terzo capitolo del suo saggio su Potere e complessità sociale: «La caratterizzazione simbolica è di per sé un requisito indispensabile della formazione del potere . Il linguaggio [ . . . ] dispone a questo sco­ po di "concetti dispositivi" , come forza , capacità , potenza . Queste espressioni mascherano il fatto che il potere rappresenta una spe­ cificazione modale di processi comunicativi e lo fanno collegando all ' espressione di una semplice possibilità di potere una immediata attribuzione del potere al detentore del potere . Questa loro funzio­ ne inserisce queste espressioni fra gli elementi del codice di potere stesso . I "concetti dispositivi" posseggono determinate proprietà che possono essere definite come delle potenzialità espresse in ter­ mini simbolici . Questi concetti realizzano l ' obiettivo della sempli­ ficazione grazie alla rinuncia a raffigurare o ad anticipare ciò che viene reso possibile . Non essendo modelli , né carte , né piani , essi non hanno bisogno di assomigliare a ciò che viene reso possibile» (Luhmann 1 975; trad. it. 20 1 0 , 35) . Questo è il tema dell ' ordine post-panoptico , la ricerca di nuovi "concetti dispositivi" che espri­ mono il potere dell ' ordine globale . Deleuze e Guattari parleranno in proposito di rizoma . Allo stes­ so modo , per autori come Hardt e Negri (2000; trad . it. 200 1 ) , per esempio , l ' ordine globale introduce una variazione rispetto al simbo­ lo del Panopticon ed alla sua capacità di rappresentare il dispositivo

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del potere . Ora sono l 'Impero (americano) , la Moltitudine dei poveri e il Comune (Commonwealth) le immagini antologiche dell' ordi­ ne trans-nazionale . «L'Impero è la fabbrica antologica in cui tutti i rapporti di potere - economici, sociali e personali - si intessono in un'unica trama . In questo spazio ibrido , la struttura biopolitica dell' essere rappresenta la dimensione più intima della costituzione imperiale , poiché , nella globalità del biopotere , tutte le stabili mi­ sure del valore sono state dissolte e l' orizzonte imperiale del potere si rivela come un mondo fuori misura» (Hardt e Negri 2000 ; trad . it. 200 1 , 3 30) . Questo nuovo ordine mondiale viene selezionato in nome della stabilizzazione di forze che si esprimono nei seguenti meccanismi-dispositivi: ( 1 ) de-colonizzazione e fine dell 'imperiali­ smo ; (2) decentramento delle norme e delle logiche produttive ; (3) consumo come perfezionamento della disciplina di comportamento determinata dai rapporti produttivi . Rispetto al primo punto , l 'or­ dine attuale dell ' Impero sorgerebbe proprio sulle ceneri dell 'im­ perialismo moderno . In questo senso, il dispositivo post-coloniale rappresenta un modello di potere fondato sul controllo e sull ' assog­ gettamento socio-economico e sull ' egemonia culturale sulle ex co­ lonie , rispetto a un regime precedentemente fondato su un'esplicita repressione politica . Rispetto al secondo punto , il tema del governo (inteso come government) viene sostituito in nome del dispositivo del decentramento da una forma di coordinamento orizzontale tra soggetti economici , ordine politico sovra-nazionale e gruppi di pres­ sione (comprese associazioni umanitarie di respiro internazionale) . Questo è il tema della governance come coordinamento interna­ zionale di forze rappresentate in un assetto non verticistico , ma in base a una concreta concatenazione di potere (la governamentalità di Michel Foucault e il coordinamento della società rizomatica se­ condo Deleuze e Guattari) . Rispetto all' ultimo meccanismo si può considerare come , all ' aperta conflittualità tra capitale e lavoro , si tende a privilegiare l ' ideologia del benessere fondato sul consumo (compreso quello critico , che altro non è che un' estetizzazione del dispositivo del consumo mitigato dalla consapevolezza eco-sosteni­ bile comunque esercitata in un mercato opportunamente predispo­ sto dai componenti dell' ordine globale) . In tutti e tre i meccanismi dispositivi che generano l ' ordine globale teorizzato da Hardt e Ne­ gri riecheggiano (a) la dimensione del controllo determinata dalle tecnologie del potere individuate da Michel Foucault (il passaggio dalla repressione al controllo biopolitico) e (b) la de-territorializza-

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zione del concetto di potere che si ri-appropria di nuove porzioni di territorio potenziando il proprio assetto reticolare (come nella teoria del rizoma di Deleuze e Guattari) . Quali sono dunque le logiche che producono il dispositivo imperiale post-panoptico? La crisi dell ' imperialismo; la transizione al post-moderno e la conseguente sostituzione del modo di produzione da industriale a informatizzata; la diffu sione di processi inediti di costituzionaliz­ zazione ; la crisi della dimensione territoriale dello Stato nazione e la conseguente perdita di autonomia della dimensione politica (in­ tesa in senso moderno , come centralità della dimensione nazionale Stato-centrica) . In ogni caso , la visibilità dei dispositivi che lo Sta­ to moderno assicura come manifestazioni osservabili della propria forza cedono il testimone a rappresentazioni mutevoli dei concreti rapporti di potere osservati in una singola sequenza reticolare con­ cretamente considerata. Al visibile come criterio definitorio per in­ dividuare le tecnologie del potere (il tipo 3 di Foucault) subentra il visibile come risultato dell ' assoggettamento (il tipo 4) . Il progetto moderno della manipolazione come strategia di con­ trollo che subentra alla repressione sembra compiuto . A questo pun­ to , la ragione pratica impone una domanda determinante . Che fare ? La risposta che questo contributo sostiene rimanda ad una semantica del potere stratificata e maggiormente adeguata a cogliere come i fenomeni sociali si generano in base alla combinazione di proprietà personali , culturali e strutturali . Da questo punto di vista, i disposi­ tivi non sono soltanto pratiche di dissimulazione e manipolazione del soggetto ma vere e proprie politiche complesse orientate al po­ tenziamento dei poteri personali ri-condotti nell ' ambito della defi­ nizione dei presupposti identitari e dei processi di socializzazione e di inclusione sociale .

5.4. Potere e rel azio n i a b i l i ta nt i : i l caso del l e po l itiche d i welfare 5.4. 1 . Personaggi concettuali e scenari possibili oltre le antologie dell'attuale

Se - sulla scorta di Deleuze e Guattari ( 1 99 1 ; trad. it. 2002) - si considera la filosofia come disciplina finalizzata alla produzione di concetti , le figure paradigmatiche che il pensiero contempla sono personaggi concettuali , che rimandano a operazioni capaci di sinte-

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tizzare differenti dimensioni analitiche , siano esse virtù tra loro con­ trapposte (come Dioniso ed Apollo nel primo Nietzsche) , attitudini caratteriali o riferimenti polemici a tappe obbligate nel processo di socializzazione (come l'Edipo freudiano) . Anche la sociologia annovera al proprio interno alcuni personag­ gi concettuali . Il loro carattere paradigmatico sta nella rappresenta­ zione di un aspetto problematico della complessità sociale (il povero di Simmel) e permette di formulare teorie adeguate alla comprensio­ ne delle pratiche e dei dispositivi che la società elabora per rispon­ dere alle sfide sintetizzate nella situazione di rischio sociale che ogni personaggio concettuale riassume . Così , al povero , allo straniero , al diverso ed all ' abitante corrispondono la coppia esclusione/inclusio­ ne sociale e il complesso della cittadinanza; all ' anziano (soprattutto se solo) la coppia organizzazione/disorganizzazione sociale e il cor­ relato complesso dell'esperienza; al familiare corrispondono la cop­ pia etica della strumentalità/espressività ed il complesso della cura; al lavoratore precario corrispondono la coppia flessibilità/rigidità ed il complesso del rischio (in quanto relazione squilibrata tra sfide e risorse) . Alla sistematizzazione teorico/epistemologica di tali perso­ naggi concettuali corrispondono sfide specifiche , legate all ' ambito in cui si esprimono i complessi individuati in base alle variabili che li compongono . In questa direzione , le risposte elaborate in termini di politiche sociali non sono riconducibili ai pillars in base ai quali vengono standardizzate le risposte della modernità (politiche per il lavoro , per il contrasto alla povertà, per la lotta all ' esclusione , per la casa e per la famiglia, per la conciliazione famiglia-lavoro e per l ' emersione del nero) . Le politiche di welfare devono quindi essere

pensate come relazioni tra le variabili di cura e conoscenza del per­ sonaggio concettuale in quanto (anch 'esso) relazione. Gli scenari derivano da intrecci che non sopportano più l ' individualizzazione forzata delle logiche di intervento . Dall' intreccio tra cura e cono­ scenza del personaggio concettuale di riferimento emergono quattro scenari differenziati (si veda la tab . 5 .3 ) . La logica della cura senza conoscenza corrisponde a uno scenario assistenziale . La conoscenza senza cura corrisponde a uno scenario conforme alla logica della dissimulazione . L' assenza di cura e conoscenza corrisponde allo scenario dell ' abbandono . La relazione positiva tra cura e conoscen­ za corrisponde allo scenario della capacitazione (capability) .

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Cura e conoscenza Scenario della capacitazione Si tratta dello scenario che coniuga ( l ) la conoscenza dei bisogni esistenti in un dato territorio da parte degli stakeholder coinvolti a vario titolo nella realizzazione dell' agenda delle politiche sociali con (2) la definizione di logiche di cura capaci di convogliare tale conoscenza nelle fasi di progettazione , implementazione e valutazione delle misure concretamente adottate mediante il contributo dei destinatari come portatori di interesse . Ne derivano politiche personalizzate e orientate a valorizzare il destinatario come attore capace di agire sulla propria condizione , contribuendo al funzionamento del welfare ed alla rigenerazione del benessere sociale complessivo .

Conoscenza senza cura Scenario della dissimulazione Prevale quando istanze e bisogni emergenti nella società civile non vengono presi in considerazione dallo Stato sociale perché ritenuti non meritevoli , prioritari o potenzialmente lesivi dell' ordine soci ale . Allo stesso tempo , altri settori della società civile non possono o non riescono a includere tali esigenze nel novero della loro azione (sia essa di contrasto , di presa in carico diretta o di advocacy nei confronti delle istituzioni politiche o del mercato) .

Cura senza conoscenza Scenario dell' assistenza Ha luogo quando una o più azioni/misure vengono progettate e implementate per favorire l' inclusione sociale di categorie svantaggiate o portatori di bisogni le cui esigenze però sono definite esternamente (in terza persona) rispetto a chi versa in una determinata condizione di necessità. Gli interventi che ne derivano sono dunque standardizzati e dipendenti dalla prospettiva monista delle sole organizzazioni (pubbliche , private o di privato sociale) che predispongono le logiche di cura.

Né conoscenza né cura Scenario dell' abbandono Si configura quando bisogni esistenti non sono riconosciuti e non esistono fonti documentarie che sarebbero condizione necessaria (anche se non sufficiente) per progettare interventi finalizzati alla presa a carico del bisogno stesso .

Tab . 5 .3 . Scenari derivanti dall'intreccio tra cura e conoscenza nelle politiche sociali .

I personaggi concettuali sono quindi etichette sintetiche che descrivono precise dimensioni identitarie in specifiche relazioni contestuali e suggeriscono la direzione assunta dalle strategie po­ litiche per il potenziamento delle logiche relazionali di inclusione/ esclusione che in tale complesso si esprimono . Questa prospettiva richiama il risvolto psicologico delle forme della reciprocità già

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analizzate da Simme l nella filosofia del denaro ( 1 900 ; trad. it . 1 984) ed in seguito approfondite in saggi di dimensioni teoretiche minori , ma non per questo meno indicative di uno stile fondamentale di ra­ gionamento : non è il punto di vista soggettivo a definire il carattere e la posizione che il soggetto stesso occupa rispetto agli altri , ma è la logica della reciprocità che lo unisce in un circuito di scambio materiale e simbolico con gli altri a definirne il carattere in quanto caratteristica sociale che ne connota posizione , capacità di azione e possibilità di relazione . Adottare la prospettiva del personaggio concettuale come rappresentazione del rischio sociale derivante da un peculiare intreccio tra sfide e risorse, delinea dunque un tentativo nella direzione del potenziamento del framework antologico realista capace di cogliere la realtà delle relazioni sociali . I recenti sviluppi dell ' antologia degli oggetti sociali e della teoria dell ' informazione suggeriscono l ' immagine di un attore sociale perennemente connes­ so (si pensi allo sviluppo delle tecnologie informatiche e della tele­ fonia mobile) . Questa costante disponibilità a confermare la propria posizione , a testimoniare frammenti di pensiero , a confrontarsi con la prospettiva di dover fornire una personalità adeguata allo spirito dei tempi suggeriscono alcune idee i cui risvolti sociali possono an­ che tradursi in rappresentazioni inquietanti . (l) Innanzitutto , seguendo una prospettiva compatibile con il jramework teorico della biopolitica19 alcuni sottosistemi sociali (quello dell ' informazione , della comunicazione e del benessere) sembrano coniugare l 'illusione individuale di una maggiore liber­ tà individuale (espressa in termini di opportunità , di possibilità di scelta , di logiche di accesso) con il rafforzamento delle pratiche di controllo della posizione sociale della persona e della sua stessa per­ sonalità, definita in termini adeguati ai processi di modernizzazione (connessi ma selettivi; conformi ai canoni della moda ma originali nello stile ; dipendenti da misure di welfare ma liberi di esercita­ re diritti acquisiti; etc .) . Il paradosso è sempre quello evidenziato da S immel e che è all ' origine di caratterizzazioni sociali che si tra­ ducono in nuove rappresentazioni dei personaggi concettuali che emergono laddove si possono isolare contesti in cui esprimere nuo­ ve logiche di inclusione/esclusione . Così , lo straniero è tale perché 19.

Sull'origine del concetto rimando ovviamente a Foucault. L a letteratura sul tema è molto ampia. Valgano, tra i riferimenti più recenti: Esposito (2002; 20 1 2); Agam­ ben (2003); Hardt e Negri (2009; trad. it. 20 1 0).

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c ' è una metropoli in cui esprimere la propria estraneità . «Occorre ricordare che le metropoli sono i veri palcoscenici di questa cultura che eccede e sovrasta ogni elemento personale . [ . . . ] Da una parte la vita le viene resa infinitamente facile , poiché le si offrono da ogni parte stimoli , interessi , modi di riempire il tempo e la coscienza [ . . . ] Dall' altra però la vita è costituita sempre di più di questi contenuti e rappresentazioni impersonali [ . . . ] così l 'elemento più personale , per salvarsi , deve dar prova di una singolarità e una particolarità estreme: deve esagerare per farsi sentire , anche da se stesso» (Sim­ mel 1 90 3 ; trad . it. 1 995 , 54-55) . L' individuo assume atteggiamenti blasé per differenziarsi a livello espressivo/individuale laddove le norme sociali impongono una conformità collettiva dei comporta­ menti funzionale a riprodurre l ' ordine e la coesione in un sistema sociale che si fa sempre più complesso . «L' essenza dell 'essere blasé consiste nell' attutimento della sensibilità rispetto alle differenze tra le cose , non nel senso che queste non siano percepite - come sareb­ be il caso per un idiota - ma nel senso che il significato e il valore delle differenze [ . . . ] sono avvertiti come irrilevanti Al blasé tutto appare di un colore uniforme , grigio , opaco , incapace di suscitare preferenze» (Simmel 1 90 3 ; trad . it. 1 995 , 43) . Questi fenomeni denotano il potere di deliberazione attivo nell 'individuo , ma non costituiscono espressione di progetti vitali , in quanto il contesto non capacita necessariamente il soggetto ri­ spetto alle relazioni in cui vive . Questo è il limite del costruttivismo radicale . Il rifiuto dell"'uniforme" (in quanto uniformità standardiz­ zata e conformistica dei comportamenti) si oppone al dualismo car­ tesiano , affermando il potere individuale che sta nell'esprimere una condizione umana attiva , in quanto capace di discernere il proprio tempo e affermare il proprio distacco dall' individuo istituzionaliz­ zato dalle norme sociali . Tuttavia , si tratta di una rivolta puramente espressiva e la volontà individuale di distinzione (nel senso che le ha conferito Bourdieu 1 979; trad . it. 1 983) non fa che riproporre l ' ambiguità già affermata da Simmel nel suo splendido saggio sulla moda ( 1 9 1 1 ; trad . it . 1 996) : il moderno individualismo espressivo resta intrappolato tra l ' affermazione di una singolare individualità e un insoddisfatto bisogno di riconoscimento sociale . «La moda è imi­ tazione di un modello dato e appaga il bisogno di appoggio sociale [ . . . ] Nondimeno appaga il bisogno di diversità, la tendenza alla dif­ ferenziazione , al cambiamento , al distinguersi . [ . . . ] Così la moda non è altro che una delle tante forme di vita con le quali la tendenza

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all ' eguaglianza sociale e quella alla differenziazione individuale e alla variazione si congiungono in un fare unitario» (Simmel 1 9 1 1 ; trad . it. 1 996, 1 5 ) . (2) L' azione è ridotta a semplice performance o ad attività di bricolage rispetto a soluzioni pre-date nel definire cosa è identità . L'individuo è "cosi-ficato" in un prevedibile set di opzioni espres­ sive , che circoscrivono il perimetro limitato dello spazio in cui le sue azioni possono solo comporsi e ri-comporsi . Occorre dunque riflettere sul connotato relazionale che interessa la stessa condizio­ ne umana, oltre ovviamente alla necessità di abilitare relazioni in grado di attivare le capacità (Nussbaum 20 1 1 ; trad . it . 20 1 2) non solo reattive o espressive , ma anche costruttive di legame sociale da parte delle persone . Gli strumenti adottati dai sistemi informativi , dai nuovi canali di comunicazione e dalle misure di welfare agisco­ no come dispositivi nella misura in cui guidano i comportamenti individuali mediante la creazione di una personalità modale e la dis­ simulazione del dissenso . In questo senso, si esprime una volontà di sapere orientata esclusivamente al polo della conformità rispetto a quello della distinzione . Lo scenario è quello della dissimulazio­ ne , derivante dalla logica della conoscenza senza cura. All ' opposto , troviamo le logiche di assistenza generalizzata espresse dai sistemi di welfare nel definire misure strutturali che rifiutano la connotazio­ ne di dispositivo poiché non si preoccupano di osservare i bisogni (ed eventualmente di dissimularli) ma soltanto di standardizzarli per renderli maggiormente intelligibili nell ' ottica della propria agency istituzionale (si pensi ali ' adozione di misure come la social card e alla progettazione di politiche attive del lavoro che si traducono in sostegno indiretto all ' occupazione mediante l ' adozione di buoni di servizio) . Nel frattempo , i risvolti operativi delle politiche sperimen­ tali sono sempre più orientati al perfezionamento dell ' assistenza , soprattutto per evitare l 'investimento di tempo e di risorse materiali e cognitive per operare un reale mutamento di paradigma. Si pensi , a titolo di esempio, al ridimensionamento del mandato funzionale e simbolico di misure come il microcredito , che - tradotto in contesti caratterizzati da un'economia complessa di mercato ha smarrito i propri connotati di investimento e di innovazione per trasformarsi in una sorta di credito di emergenza per destinatari esclusi dalla ban­ cabilità tradizionale . Questo scenario è conforme a quello dell' as si­ stenza, determinato dalla logica della cura senza conoscenza .

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(3) Questi scenari (cura senza conoscenza e conoscenza senza cura) definiscono il perimetro in cui si ri-producono le antologie dell' attuale in quanto contesti in cui la rappresentazione della per­ sona si impoverisce divenendo mero dispositivo dell' azione politica dei singoli sottosistemi sociali (dal welfare all ' informazione , dalla politica all ' economia di mercato . Cosa intendiamo per antologie dell ' attuale ? Le antologie dell ' attuale sono tendenze riscontrabili negli approcci allo studio della realtà sociale che si fondano su una precisa contraddizione epistemica . Infatti , da un lato sostengono il carattere socialmente costruito della realtà sociale mentre dali ' altro considerano l ' elaborazione derivante da tali processi di costruzione come una realtà sostanzialmente immutabile , in quanto custodita da specifiche relazioni di potere funzionali alla riproduzione dell ' ordi­ ne del puro presente . Le caratteristiche delle antologie dell ' attuale , sono le seguenti: (a) orientamento prioritario delle inter-azioni reci­ procamente adattive tra gli attori al registro temporale del presente (con conseguente perdita di rilevanza della dimensione della memo­ ria individuale e collettiva) ; (b) dipendenza della realtà sociale dalla sola dimensione interattiva delle relazioni stesse ; (c) preminenza di una logica funzionalista ed autoreferenziale nel comportamento dei soggetti individuali e delle organizzazioni sociali; (d) priorità dell 'osservazione delle norme di funzionamento dell' esistente (re­ golative) su quelle orientate a definirlo , modificarlo o a rigenerarlo (costitutive) ; (e) pretesa di immutabilità dell ' ordine sociale in base a una semantica del potere che dissimula i conflitti o li alimenta all ' esterno dei confini della struttura in cui si esercitano ; (t) supe­ riorità delle ragioni pratiche alla base delle azioni rispetto a quelle culturali ed etiche; (g) superamento della dimensione estetizzante dell 'identità alimentata dal post-moderno in favore di una vocazio­ ne più strettamente adattiva dell'essere alla realtà (con conseguente impoverimento di creatività e progettualità sociale) . Tali antologie confondono quindi il reale con l ' attuale , ossia con i processi morto­ genetici in atto nella realtà ma che non esauriscono la portata anto­ logica della realtà . In una prima fase , è possibile individuarne due tipologie , che corrispondono anche alle codificazioni normative pa­ radossali che le sostengono . ( l ) Le antologie della destrutturazione , fondate sul paradosso della norma privata e sulla continua ri-sim-

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bolizzazione delle strutture sociali20 . (2) Le antologie della dispo­ sizione , fondate sul paradosso della norma regolativa e sulla subor­ dinazione dei comportamenti e dei progetti personali ai codici delle burocrazie e dei regolamenti delle diverse situazioni sociali o inte­ rattive21 . L'individuazione delle antologie dell' attuale non è mossa soltanto da un intento critico , ma anche dalla ricerca di un approccio più solido alla definizione della realtà sociale che , nell'impostazio­ ne di questo saggio , dovrebbe essere n-concettualizzata in base ai seguenti criteri: ( l ) la n-definizione sensata del legame tra realismo e costruttivismo basata su una considerazione non dicotomica e non dialettica tra i due termini ; (2) l ' emergenza di uno specifico potere (proprietà emergente) della costruzione sociale negli approcci so­ ciologici realisti ; (3) il rilancio del realismo come risposta alla crisi del post-moderno (purché intesa come progetto di depotenziamento dei significati condivisi alla base delle diverse soggettività sociali) . La prevalenza degli scenari della dissimulazione e dell ' assistenza tendono a impoverire la rappresentazione antologica della persona , fino a operare una decostruzione dell' individuo22 come ingranaggio funzionale all ' indagine o all' inclusione (che sono peraltro due tec­ niche orientate a definire pratiche di dissimulazione del dissenso) . In altre parole , disgiungendo la cura dalla conoscenza la stessa persona diviene un dispositivo , una tecnologia del potere attraverso la quale il suo stesso profilo viene ridimensionato mediante tecniche tese a valutare il suo benessere in modo esterno rispetto alle sue rappresen­ tazioni (limitando cioè l ' auto-osservazione delle proprie premure) . Ciò avviene , in primo luogo perché la conoscenza senza cura agisce dissimulando eventuali critiche alla narrazione sociale che si inten­ de potenziare (si pensi , ad esempio , alla formazione dei canoni ed al rafforzamento degli stereotipi sociali e culturali) . In secondo luogo , la cura senza conoscenza definisce un ventaglio di pratiche orientate a tamponare esigenze urgenti promuovendo una falsa coscienza del benessere . Soltanto la prevalenza dello scenario della capacitazione (derivante dalla congiunzione tra conoscenza e cura del soggetto destinatario dell ' azione politica) può tradursi in pratiche orientate

20 . 21. 22 .

Bauman (2000; trad. it. 2009). Ttircke (2002; trad. it. 20 1 2). Sulla decostruzione del concetto di persona rimando agli sviluppi dell' opera di Esposito, in particolare a Immunitas (2002) e alle lezioni incluse nel volume Co­ munità e biopolitica (20 1 2).

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al perseguimento dell ' autonomia ed alla responsabilizzazione del soggetto , che da oggetto di indagine e di assistenza diviene parte attiva del processo di deliberazione-gestione-valutazione dell ' a­ zione organizzata dei singoli sottosistemi . In altre parole , soltanto la complementarietà tra cura e conoscenza del sé , declinata in op­ portune strategie politiche , può conferire alla persona la dignità e l ' abilità tali per esprimere una qualità antologica non limitata alla creazione di un oggetto di osservazione (ossia un meccanismo da cui attingere informazioni , nell ' ambito della conoscenza senza cura) o alla definizione di un elemento da includere nel novero di risposte istituzionali standardizzate (nell ' ambito dello scenario definito dalla cura senza conoscenza) per arginare problemi derivanti dall ' eccessi­ vo isolamento o dalla frammentazione della fiducia nelle istituzioni e della coesione sociale . La valorizzazione della persona deriva da uno scenario differente , capace di eccedere il carattere reificato as­ segnato in precedenza all' individuo (Honneth 2005 ; trad . it. 2007) mediante la ri-considerazione dei dispositivi stessi in base al criterio guida della capacitazione personale .

5.4.2. Persona e nuovo welfare

Il passo teorico successivo consiste nella n-qualificazione della persona come soggetto portatore di capacità sulle quali le strutture sociali possono investire per potenziare il benessere sociale com­ plessivo . Se si intende evitare uno sterile atteggiamento normati­ va , è opportuno considerare che tale ri-qualificazione passa per una n-considerazione complessiva del concetto di dispositivo , ossia di quelle misure complesse il cui potere di definizione della vita e della personalità tiene in debita considerazione il carattere originario del potere degli individui di discernere , deliberare e dedicarsi a cause specifiche , comprese quelle che riguardano il benessere da essi con­ cretamente esperito nella vita quotidiana. In altre parole , il disposi­ tivo biopolitico offerto dall ' originaria formulazione di Michel Fou­ cault è inadeguato a rappresentare la struttura multidimensionale e stratificata del potere che si può esprimere nelle concrete situazioni sociali . In particolare , cogliere soltanto la dimensione del potere po­ litico sulla persona, porta certamente ad offrire apprezzabili sugge­ stioni su come questa specifica forma di potere tende a manifestarsi sui soggetti mano a mano che i dispositivi si differenziano (dalle

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strutture coercitive a quelle che dissimulano il conflitto in base alla volontà di sapere) . Tuttavia , questo orizzonte post-strutturalista re­ sta concettualmente "moderno"23 perché riconduce l ' esercizio del potere (e dunque la sua capacità concreta di essere mezzo di inter­ scambio simbolico e comunicativo) soltanto nell' ambito dello Stato e delle sue articolazioni (siano esse amministrative o formalmen­ te indipendenti , per quanto sottoposte ad un controllo statale più o meno indiretto , come parte della stampa, della televisione , delle banche e del weljare) astraendole di fatto dai contesti in cui si trova­ no ad operare . D ' altra parte , il progetto di definizione di operazioni auto-referenziali capaci di immunizzare le sfere sociali dalla dimen­ sione del "comune" è per alcuni la strategia costitutiva del progetto politico moderno . Il fatto che : «a partire dal XVIII , come sostiene Niklas Luhmann [ . . . ] la semantica dell 'immunità si sia progressiva­ mente estesa a tutti i settori della società moderna significa che non è più il meccanismo immunitario ad essere funzione del diritto , ma il diritto funzione del meccanismo immunitario» (Esposito 2002 , 1 3) . Occorre dunque ri-considerare i dispositivi in base al fatto che - in quanto tecnologie del potere - possono non soltanto differenzia­ re al proprio interno logiche di controllo ma anche di abilitazione di specifiche qualità e di proprietà emergenti personali attraverso corsi di azione peculiari . Per sostenere questa tesi, si può considerare l ' e­ sempio del weljare e delle sue trasformazioni . Tale esempio verrà poi trattato come paradigma delle distinzioni e delle logiche in base alle quali si possono realizzare specifici dispositivi di capacitazione come relazioni abilitanti . Per le finalità che questo paragrafo si pro­ pone , sarà sufficiente delineare i tratti generali del ragionamento . Il weljare istituzionale ha storicamente privilegiato (al di là delle sue articolazioni specifiche e delle differenze tra ordinamenti) la logica della cura senza conoscenza e della definizione dei bisogni indivi­ duali in terza persona (Rudder B aker 2002; Esposito 2007 ; Marti­ gnani 2009) . La generalizzazione dell' assistenza è stata realizzata dal ricorso universalizzato alla spesa pubblica, fino a che tale stra­ tegia è stata ritenuta desiderabile (almeno nelle fasi espansive del ciclo di produzione alla base del rilancio di consumi e investimenti) . Gli sviluppi sociali ed economici che hanno incoraggiato le riforme 23 .

«In questa direzione, il discorso di Esposito giunge a dire che non è la modernità ad avere elaborato i processi immunologici quanto piuttosto questi ultimi ad avere inventato il moderno» (Calabrò 20 1 2, 107).

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istituzionali hanno introdotto logiche differenti nella governance e nella definizione degli obiettivi del welfare . Così, in primo luogo , la governance dei sistemi del benessere è sempre più caratterizzata da una sorta di ibridazione delle soluzioni di servizio24 , che soprattutto a livello locale si concretizzano in partnership tra pubblico e terzo settore . Si tratta del cosiddetto welfare mix25 • In secondo luogo , le medesime esigenze di estemalizzazione dei costi per la gestione dei servizi e la necessità di adeguare i differenti sistemi agli standard definiti in sede transnazionale (europea) hanno motivato l ' inversio­ ne della simbologia di welfare da status a contratto (Borghi 2005) . Si è così prodotta la trasformazione che ha modificato il welfare in workfare: un insieme di misure culturalmente e strutturalmente orientate all ' attivazione professionale di soggetti non ancora incluse nel mercato del lavoro . La crisi economica non ha fatto altro che rafforzare il richiamo a questa dimensione . Tuttavia, welfare mix e workfare come logiche orientate a modificare rispettivamente la governance e la cultura del nuovo welfare non favoriscono auto­ maticamente l 'emergere di uno scenario orientato alla capacitazio­ ne personale , perché non sono il risultato di un progetto di riforma intenzionato ad affermare la centralità del benessere dei destinatari come investimento nella coesione sociale . Rappresentano invece la risposta a mere necessità materiali (estemalizzazione di costi e ade­ guamento all ' agenda europea) emergenti nel compromesso Stato/ mercato che ancora è incapace di ravvisare nella società un' entità originaria ed antologicamente fondata. Per questa ragione , il wel­ jare mix rappresenta una riforma plurale interna al meccanismo del perfezionamento dell' assistenza fondato sul presupposto della cura senza conoscenza . Le politiche attive del lavoro , che costituiscono l ' agenda del workfare , sono invece esplicitamente orientate alla capacitazione del soggetto e dunque apparentemente orientate a uno scenario cor­ rispondente . Tuttavia , la loro azione è spesso limitata alla conside­ razione della necessità di includere i membri deboli della società (il riferimento centrale è il tasso di disoccupazione femminile , cui si associa anche la condizione di specifiche categorie di persone pe­ nalizzate dalla rigidità del sistema occupazionale) senza tenere in

24 . 25 .

Brandsen, Van de Donk e Putters (2005, 760). Ho trattato difiùsamente questo tema nella mia tesi di dottorato.

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considerazione la flessibilità e il potenziale contributo che le strut­ ture sociali in cui i potenziali destinatari vivono potrebbero offrire per perfezionare la conoscenza delle problematiche osservate e per offrire soluzioni maggiormente integrate nei singoli contesti di ri­ ferimento . In assenza di tali condizioni , anche il workjare resta uno scenario di cura senza conoscenza . Semplicemente la cura viene of­ ferta con metodi differenti dalla generalizzazione dell ' assistenza, e si esprime come razionalizzazione dell ' accesso a servizi in base a criteri standardizzati di presa a carico di bisogni definiti esternamen­ te rispetto all ' individuo di cui ci si prende cura26 • L'immagine del destinatario di un progr amma di riforma dello Stato sociale centrato sul workjare ritrae un individuo nell ' atto di accettare un posto di lavoro qualsiasi per fuoriuscire da una fase di dipendenza e per rien­ trare a pieno titolo in uno schema di cittadinanza attiva27 • In questa direzione , l ' istituzionalizzazione dell'individualismo (e il conseguente rafforzamento della rappresentazione assistenzia­ listica del membro debole) rende i pacchetti di weljare meri dispo­ sitivi di controllo della situazione occupazionale degli individui , condizionando a tale situazione la possibilità di accedere a servizi di time saving e di cura familiare . Curiosamente , l ' accesso al lavoro viene incoraggiato senza prevedere un accordo o una pianificazione con il sistema delle imprese . Ancora meno protagonista è la defini­ zione di un sensato equilibrio tra necessità di cura familiare e tempi di lavoro: una questione che ripropone aspetti di scottante attualità , come la copertura oraria dei servizi di cura e la necessità (espressa soprattutto proprio dalle madri lavoratrici) di conciliare famiglia e camera . Ri-qualificare i dispositivi di weljare è dunque una necessità che si esprime , in questo frangente , come investimento nella capacità di ogni attore coinvolto nella programmazione e nella gestione delle singole misure di riflettere sulle alternative percorribili nell ' eser­ citare il proprio ruolo e sullo stile in base al quale tale ruolo può

26. 27.

Su questo aspetto specifico, mi permetto di rimandare a Prandini e Martignani (2007) e a Martignruli (2009). A questo proposito, sociologi btitanni ci come Duncan e Strell (2005) parlano di errore razionalistico (rationality mistake). Criticando la teoria giddensiana della strutturazione, Margaret Archer (2003 ; trad. it. 2006) scriverà invece del mecca­ nismo in base al quale all'ipersocializzazione dell'attore corrisponde invece una ipostatizzazione della persona.

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essere esercitato . In altre parole , la critica al concetto di dispositivo mediante il rilancio delle relazioni abilitanti di weljare necessita di una dimensione operativa del criterio di riflessività .

5.4.3. La ri flessività come criterio pe r r i config u ra re le propri età em ergenti nel n u ovo welfare

Nella sociologia contemporanea, il concetto di riflessività è at­ tualmente oggetto di un dibattito internazionale piuttosto acceso , sia sul piano del perfezionamento teorico , che su quello della sua operazionalizzazione empirica, che su quello della sua applicazione a diversi ambiti ed oggetti di studio . Come ha scritto Donati (20 1 0 ; 20 1 1 ) , il concetto di riflessività è polisemico e s i riferisce soprattutto a due significati principali . Il primo ha a che fare con una sorta di riflessione ricorsiva . In questa direzione , come nota l ' autore , la riflessività indica un generico riflettere su qualcosa in quanto atto di un soggetto che pensa, agisce o comunica , tenendo conto degli effetti che ha generato il pensiero precedente (o l' azione precedente , o la comunicazione precedente) . In questo senso la riflessività è un' operazione ricorsiva che i sistemi psichici compiono per adattarsi a un ambiente ad elevata comples­ sità (appunto "pensare il pensiero") . Secondo una logica di accop­ piamento strutturale (per dirla nei termini di Luhmann) il sistema psichico registra la complessità crescente dell' ambiente circostante e si adatta alle sfide che esso pone differenziando al proprio interno strutture di pensiero , azione e comunicazione capaci di arginare i rischi provenienti dali ' esterno . In questo senso , comincia a profilarsi una semantica della riflessività come potere di deliberazione (dal punto di vista dei sistemi psichici) e di differenziazione di operazio­ ni orientate a perfezionare l ' adattamento dei sistemi (dal punto di vista dei sistemi sociali) al loro ambiente . Le sfide ambientali sono l ' elemento perturbante del pensiero , non perché necessariamente negative dal punto di vista degli esiti attesi , ma perché comunque capaci di costringere il sistema che le osserva a una differenziazione interna dei propri strati antologici . Beck, Giddens e Lash ( 1 994) parlano a questo proposito di modemizzazione riflessiva, intenden­ do la capacità dei soggetti di "pensare il pensiero" (meta-pensiero) , rilanciando da una nuova angolazione la prospettiva post-modema riferita a una società che evolve rappresentando se stessa in modo

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più adeguato ai tempi che cambiano . Ora , è opportuno notare che , secondo questa semantica della riflessività «il soggetto non met­ te in discussione se stesso , né le condizioni di possibilità del suo pensiero» (Donati 20 1 0 , 1 0) . La finalità della riflessività diventa in quest' ottica una sorta di "organizzazione del pensiero organizzato" che cerca di adattarsi al meglio alle sfide ambientali che rappresen­ tano un disturbo per la vita ordinata del sistema . Gli individui (o forse sarebbe meglio continuare a parlare di sistemi psichici, all' in­ temo di questo orizzonte) spendono la maggior parte del tempo a definire come muoversi in un orizzonte caotico (arder from noise) secondo un meccanismo schematizzabile come di seguito : ( l ) varia­ zione (dello stile di pensiero o dell ' azione precedente , seguendo una logica di opportunità contingente) ; (2) selezione (altrettanto contin­ gente di una nuova opzione percorribile per favorire l ' adattamento alla sfida ambientale concretamente posta) ; (3) stabilizzazione (del nuovo ordine contingente , fino alla prossima irritazione) . Questa tuttavia, non è che una nozione di riflessività limitata al criterio di adattamento contestuale per il raggiungimento di scopi situati in una precisa situazione . Al più si può verificare una sorta di morfogenesi (Archer 1 995 ; trad . it . 1 997) sul piano dell ' agire organizzativo del sistema in oggetto , ma si tratta di un passaggio irriflessivo (o un meccanismo triviale) che rappresenta l ' adattamento delle regole allo scopo (funzione teleologica) che a loro volta dipendono da calcoli di opportunità e da vincoli di risorse (funzione strumentale) . Il secondo significato del concetto di riflessività richiama invece «l'esercizio regolare dell' abilità mentale , condiviso da tutte le per­ sone (normali) di considerare se stesse in relazione ai loro contesti sociali e viceversa» (Archer 2007 ; trad. it. 2009 , 4) . In questa sede , per riflessività nei servizi e nelle politiche di welfare , intendo la ca­ pacità degli stakeholder di tematizzare il proprio ruolo all ' interno di una rete più o meno complessa di attori orientati in conformità con l ' obiettivo (o scopo situato) di policy. Tale capacità , contribuisce spesso a ri-definire e a n-orientare l' obiettivo stesso , a perfezioname la normatività interna, i criteri di accesso e le logiche di funziona­ mento , ad irrobustime o a pluralizzame la cultura di riferimento . Ciò può avere luogo soltanto mediante la capacità che i soggetti di welfare dimostrano nel "riflettere" sul/il proprio posizionamento nella morfologia di ogni singolo disegno di policy e di orientarsi reciprocamente nel definire l 'obiettivo di ogni intervento come pro­ prietà emergente . In questo senso , la riflessività si configura come

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un criterio che rivela i poteri specifici di ogni attore e di ogni relazio­ ne che si instaura tra gli attori nel discernere le specifiche situazioni di bisogno , nel deliberare su esse e nel dedicarsi ad una specifica soluzione , selezionata dal novero delle possibilità che un contesto offre . L' orientamento reciproco fra attori (individuali e collettivi) definisce un' arena del tutto peculiare . Mi riferisco al fatto che ri­ flettere (nel senso del "mettere a tema") il comportamento altrui e il proprio modo di agire in relazione alle aspettative sulle azioni altrui , riflette (nel senso di "proiettare") i mutamenti dell' ambiente sociale che ri-entrano nel sistema modificandolo alla luce di una semantica del benessere plurale (condivisa tra gli attori coinvolti) . Come scrive Prandini , la riflessività è un orientamento specifico che consente di trascendere i limiti della singola performance «tenendo conto degli effetti che il proprio operare ha sull' operare degli altri» (2007 , 1 65) . Con riferimento ai destinatari delle politica di welfare , investi­ re in questa dimensione specifica consente di evidenziare una delle logiche di riconfigurazione delle politiche di welfare come disposi­ tivi di capacitazione intesi come relazioni abilitanti (si veda il pros­ simo capitolo) . La riflessività è dunque un concetto fondamentale che suggerisce e rivela l ' esistenza di un ordine sociale differenziato in chiave maggiormente complessa rispetto a quella offerta dalla rappresentazione post-strutturalista . Quest' ultima modifica il para­ digma del controllo (dalla repressione esplicita alla dissimulazione mediante volontà di sapere) senza però interrogare la struttura an­ cora più radicalmente complessa della realtà che intende sottoporre ad azione di controllo proprio mediante dispositivi . In altre parole , il dispositivo biopolitico agisce confondendo l ' epistemologia con l ' antologia: modifica gli strumenti di osservazione del reale che vie­ ne così sottoposto ad analisi in modo differente proprio perché cam­ biano gli strumenti di analisi , mentre l ' oggetto osservato (la realtà sociale) evolve secondo direzioni che gli sfuggono . n potere della realtà sociale di reagire alle nostre osservazioni28 non viene preso

28.

L'idea di capacità di reazione della realtà all'osservazione proviene dall'interazio­ nismo simbolico. Non è IUl caso che è proprio all'interno di tale con·ente (le cui radici affondano nel pragmatismo filosofico ed il cui consolidamento ha luogo per opposizione al fimzionalismo americano) si sviluppi il concetto di rifiessività sul piano individuale (si veda, a questo proposito, Mead 1 934; nuova edizione italiana con aggillllta di saggi inediti 2010).

1 74

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in considerazione , perché i dispositivi hanno l ' ambizione di crea­ re da sé la realtà che osservano sottoponendola alla socializzazione forzata del loro metodo di osservazione/creazione29 . La semantica del concetto di rifiessività suggerisce invece l ' esistenza di specifici poteri distribuiti nei differenti strati della realtà del sociale . Tali po­ teri non si esauriscono nella rappresentazione politica moderna del controllo statale ma conferiscono alla realtà sociale il carattere di una antologia complessa e stratificata.

5.5. Relazi o n i a b i l ita nti : verso u n 'antol og i a soci a l e strati ficata in prop rietà em ergenti

Dalle argomentazioni condotte in questo capitolo , è possibile evincere che la persona non viene sociologicamente intesa come oggetto di indagine o come individuo le cui azioni vengono mosse da criteri esclusivamente razionali o emotivi . La persona è invece un elemento pre-sociale e meta-sociale (Donati 2009) la cui iden­ tità si determina e si realizza nella società per effetto delle media­ zioni relazionali che la persona intrattiene con le altre (in quanto portatori di relazioni) . Inoltre , è la persona stessa ad essere relazio­ nalmente determinata da un contesto biologic o , culturale e sociale . Da ciò deriva la conferma della necessaria interdipendenza tra in­ dividuo e contesto sociale , i cui specifici poteri si esprimono nella definizione della società stessa. Nondimeno , se ciò risulta chiaro in linea di diritto e di principio , l ' intervento sociale (i servizi e le politiche di we ljare , per esempio , ma anche la pubblicità e l ' in­ formazione) tendono ancora ampiamente alla manipolazione della persona come oggetto di intervento la cui cura può prescindere dalla reale conoscenza della persona stessa. La volontà di sapere agisce dunque come creazione dell ' oggetto di osservazione stesso , confondendo epistemologia con antologia e producendo l ' oggetto stesso del proprio intervento , con lo scopo evidente di controllarlo più efficacemente . Il meccanismo alla base di tale connotazione biopolitica agisce secondo la sequenza:

29 .

Per una lettura critica del testualismo forte (o costruttivismo radicale) offerto dalla prospettiva di Miche! Foucault rimando a Fenaris (2005; 2009).

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Creazione del bisogno ----> dissimulazione di bisogni non necessari all ' autoriproduzione del sistema del benessere ----> manipolazione e in­ dirizzo delle preferenze individuali ----> impoverimento dello statuto re­ lazionale della persona ----> definizione del dispositivo come tecnologia del potere antologicamente monista .

Nella prospettiva del testo , la persona è personaggio concet­ tuale , ossia portatore di nessi relazionali che ne determinano il posizionamento (iniziale e involontario ?0 in termini di inclusione/ esclusione sociale e le possibilità concrete di mobilità ascendente/ discendente in uno specifico contesto . La persona agisce in una di­ mensione sociale che si forma (e si trasforma) secondo logiche e meccanismi in parte indipendenti dalla sua volontà31 • Tuttavia, la sua capacità di costruire relazioni , di fornire rappresentazioni e di impegnarsi in associazioni ed organizzazioni contribuiscono a for­ nire direzioni possibili a questi mutamenti . Il meccanismo alla base dei dispositivi intesi come relazioni abilitanti si fonda allora su una sequenza differente: Analisi e riconoscimento del bisogno ----> definizione delle priorità di intervento nel sistema complessivo del benessere (incluse le persone) ----> considerazione e management delle preferenze individuali ----> rico­ noscimento e potenziamento (capacitazione) dello statuto relazionale della persona ---> definizione del dispositivo come proprietà emergente di specifici poteri espressi in un ordine sociale antologicamente stra­ tificato .

Questa prospettiva ammette la logica della costruzione sociale nell' ambito di un realismo critico e relazionale (dunque non posi­ tivistico o ingenuo , fondato su asserzioni del tipo "la realtà esiste in maniera indipendente dall' osservatore") . Ne deriva un' immagi­ ne della persona come portatrice di poteri di azione , costruzione e rappresentazione che una società realista e coinvolta nella messa a punto di interventi finalizzati al proprio benessere (auto-riproduzio­ ne e potenziamento della coesione e del consenso ad essa interni)

30 .

31.

Su questo punto, rimando agli studi ed alle riflessioni degli esponenti del realismo critico, in particolare Bhaskar ( 1 979; trad. it. 20 1 0) e Archer ( 1 995; trad. it. 1 997). Si veda anche l'introduzione a Bhaskar (Prandini 20 1 0). Da qui il richiamo al carattere "inemendabile" della realtà sociale (Ferraris 20 1 2b).

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dovrebbe incoraggiare . La valenza politica del benessere sociale e la concezione non riduzionista della persona sono dunque alla base della costruzione di dispositivi sociali realizzati secondo specifiche distinzioni e logiche di riconfigurazione .

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CO N C LU S I O N I I L R ECU PERO D E L L' I NTE R PR ETAZ I O N E N E LL'O NTOLOGIA R EALI STA : QUALI I M PLICAZ I O N I SOCIOLOG ICH E?

La tesi di questo contributo (in particolare del primo capitolo) consiste nel riconoscimento di una collocazione specifica della co­ struzione sociale di azioni reciproche e dell 'interpretazione di sim­ boli condivisi nell ' ambito dell ' antologia sociale realista . Questa tesi di fondo ha importanti conseguenze (implicazioni) per la riflessione teorica e per la ricerca empirica . Una prima importante conseguenza è teorico-epistemica e ri­ guarda la possibilità di affermare un legame più stretto tra singole teorie e critiche alle teorie esistenti . In effetti , se si ammette che la teoria sociale sia a propria volta un oggetto sociale (e in quanto tale legato alla lettura delle variabili che producono determinate con­ seguenze osservabili) , è evidente che i progressi teorici non vanno interpretati soltanto come corroborazioni o falsificazioni di ipote­ si raggiunte attraverso disegni di ricerca prettamente deduttivi . Al contrario , la critica alle teorie esistenti costituisce parte integrante dei processi di affinamento di ipotesi verificabili nel prosieguo di un disegno di analisi che oltre alla ponderazione dei "fatti" deve considerare come "fatti" anche gli "atti" deliberativi della critica alle teorie esistenti . Tali atti sono oggetti di analisi con (e attraverso) i quali misurarsi nel produrre nuove conoscenze (e dunque forme di costruzione di concetti e significati negoziabili nel dibattito su singoli issues sociologici) . Una seconda implicazione è di tipo metodologico e riguarda il pluralismo delle tecniche che possono essere utilizzate in un dise­ gno della ricerca di tipo realista . Porpora (2008 ) e Collier (2008) sono stati molto chiari su questo punto . La società - così come la natura , del resto - è un sistema aperto e dunque la spiegazione dei fatti che la riguardano non può essere espressa mediante mec­ canismi deterministici di causa-effetto del tipo: se x allora y. La ragione richiama la spiegazione che Mario Bunge (2004) fornisce a proposito del funzionamento dei meccanismi generativi . La for­ mula se x allora y non ha i caratteri di una spiegazione generale , ma soltanto quelli di una co-variazione tra variabili , che può coin-

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cidere con un meccanismo esplicativo soltanto se il sistema in cui opera è chiuso . La società può ammettere modelli di spiegazione fondati sulla formulazione estensiva del tipo: ceteris paribus se x allora y. Dunque , è proprio nel qualificare questo ceteris pari­ bus che le ricerche esplorative e descrittive fondate su tecniche di tipo qualitativo possono contribuire a definire scenari specifici e ipotizzare meccanismi emergenti la cui validità andrà poi testata su larga scala mediante indagini di natura quantitativa . La logica della costruzione - che opera nella definizione di scenari e nella formulazione delle ipotesi di ricerca - non funge soltanto da ap­ profondimento dell ' indagine quantitativa ma assume una validità ex ante nell' orientare il disegno della ricerc a. Oltre la dicotomia tra spiegazione ed interpretazione , occorre riconoscere agli oggetti sociali che la loro natura costitutiva ammette anche connotati in­ terpretativi . Una terza implicazione riguarda la definizione (progettazio­ ne/implementazione/valutazione) delle politiche sociali nell ' ottica specificatamente realista che questo saggio sostiene . Ammettere che la costruzione intersoggettiva degli oggetti sociali sia parte integrante della realtà sociale signific a - come conseguenza - as­ sumere che lo stile in base al quale vengono realizzati un servi­ zio ospedaliero , un programma di accesso a buoni di servizio , un budget personalizzato per prestazioni socio-sanitarie , una scuola o un asilo ne modifica fortemente la costituzione in un oggetto sociale specifico1 . I piani personalizzati (AA .VV. 2008) , per esem­ pio , sono costituiti in maniera radicalmente diversa dai semplici trasferimenti monetari . Ciò non dipende dall ' obiettivo situato (il bisogno) che en­ trambi i dispositivi intendono affrontare e soddisfare , ma anche e soprattutto dal modo in cui i significati alla base dei valori di personalizzazione , e di cura alla base dei dispositivi stessi ven­ gono continuamente ridefiniti nella relazione tra gli stakeholder . Quest' ultima implicazione , suggerisce che la riflessione antolo­ gica sul sociale è ben lungi dall 'essere un mero artificio concet­ tuale o linguistico e che rappresenta - al contrario - la necessità l.

Questo modo di riflettere è centrale nell 'individuazione delle buone prati­ che in politica sociale . Su questo punto , per quanto riguarda le strategie di riforma del weljare italiano , rimando al volume a cura di Donati e Prandi­ ni (2006) .

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di collegare la natura specifica della realtà sociale al metodo che occorre adottare per riflettere su di essa, descriverla, spiegarla o modificarla . Nei capitoli succes sivi , ho tentato di fornire applicazioni con­ crete (sia sul piano teorico che sul piano empirico) di come il re­ cupero dell' interpretazione possa contribuire a fornire una rappre­ sentazione più esaustiva dell ' antologia di alcuni fenomeni sociali (la persona , la convivenza , il denaro e il potere) nell ' orizzonte di un jramework sociologico realista ma - non per questo - orientato a disconoscere il fatto che gli oggetti sociali siano definiti anche da pratiche di costruzione di significati e di negoziazione dei sim­ boli alla base di tali significati2 • Dalla trattazione emerge che il complesso di logiche che generano la realtà sociale (in un ' ottica non soltanto volontaristica o reificante) si spiega anche attraverso il concorso delle proprietà specifiche dell ' agire umano (Bhaskar 1 979 ; trad . it. 20 1 0) , in quanto aspetti che ri-assegnano alla perso­ na umana la capacità di elaborazione di parte del reale che connota l ' antologia sociale . Questo è il posto della costruzione inter-personale proposta dal realismo critico e relazionale . Il soggetto umano è dunque quello che ri-assume la libertà di agire come responsabilità di arricchimento di un contesto sulla base dell' imperativo riflessivo che gli permette di includere al proprio interno ciò che è esterno da sé , restituendo at­ traverso la dedizione alle proprie attività (la logica dell'engagement è) una più lucida rappresentazione del proprio sé sociale . In questo senso , la condizione umana sintetizzata dal concetto di relazione ra­ dice del sociale ri-assegna alla costruzione inter-personale una col­ locazione sensata nell ' orizzonte dell ' epistemologia sociale realista . Per quanto riguarda l ' analisi della relazione di coppia , sul piano antologico , la convivenza non sembra andare al di là della propria

2.

È in questo senso specifico che il volume si contestualizza nell' ambito del recente dibattito sul nuovo realismo. Per un compendio delle posizioni in esso espresse rimando a De Caro e Ferraris (20 1 2) . A proposito dell'inter­ pretazione e del suo ruolo nell' ambito di un realismo "nuovo" mi sembra opportuno citare questo passaggio: «[ . . ] il nuovo realismo non è affatto una filosofia antiermeneutica, come i suoi avversari spesso sostengono . I realisti sanno bene che un pezzo importantissimo del mondo , e cioè la sfera sociale , non può darsi senza interpretazione , e che l 'interpretazione può essere ricerca della verità e non immaginazione al potere» (De Caro e Ferraris 20 1 2 , Vll) . .

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temporaneità perché la propria sopravvivenza dipende soltanto dalla reciproca soddisfazione dei diritti indivi duali esercitati nell ' ambito di una simulazione contrattuale tra ego e alter. In questa situazio­ ne , la coppia è solo epifenomeno e conseguenza delle prospettive individuali . L' assenza di una norma che possa retroagire in modo socialmente riconosciuto su tale relazione non ne permette un' iden­ tificazione contrattuale , e riconduce l ' interpretazione del legame di coppia (peraltro necessaria nel conferire alle istituzioni un senso specifico dall 'interno) alla sola attività di valutazione "in atto" della propria soddisfazione sentimentale . Nel considerare la realtà sociale del denaro , è importante non confondere la sua epistemologia (come osserviamo il fenomeno , che è sempre mutevole come ogni fenomeno sociale comples so) con la sua antologia sociale (che cos ' è quell 'oggetto o quel feno­ meno a prescindere dalle differenti manifestazioni fenomeniche che assume e continuerà ad assumere evolvendo come ambiente interno alla società) . Quando conserva le proprie capacità di rap­ presentare il legame di debito/credito alla base delle relazioni di scambio sociale , il denaro può anche evolvere definendo nuovi si­ gnificanti capaci di perfezionare la propria trasferibilità a seconda di bisogni sociali emergenti . Da questo punto di vista, uno stru­ mento impiegato dal nuovo welfare , come il voucher , può esse­ re interpretato come una special money , nei termini utilizzati da Viviana A. Zelizer ( 1 989) . L' antologia del denaro rivela dunque , attraverso la ricostruzione delle sue determinanti antropologiche , il proprio specifico carattere di relazione sociale (Ingham 200 l ) , al di là dei vincoli o delle trasformazioni che può assumere l a mo­ neta. In altre parole , il denaro rappresenta la proprietà emergente (Ingham 200 l ; 2004; Donati 2006) di specifiche relazioni sociali di debito/credito . L' inadeguatezza nella comprensione che alcune teorie sociali ed economiche riscontrano nell ' analisi del denaro , è effettivamente riconducibile alla difficoltà di riconoscere la natura relazionale del denaro , la sua capacità di ri-generare relazioni; la sua struttura alla base di alcuni fondamentali processi di socializ­ zazione ; la sua simbologia di terza istanza garante del pagamento di debiti . Allo stesso modo , per quanto riguarda il potere , riconoscere l ' esistenza di proprietà personali e poteri specifici ad attori indi­ viduali e organizzazioni , signific a collocare le innovazioni proget-

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tate e sperimentate nel campo dei servizi e delle politiche sociali oltre la semantica dialettica e stato-centrica di un collettivo che si impone all ' individuo mediante tecnologie reticolari , ma rappre­ sentare la società come un complesso di relazioni abilitanti in cui le specifiche competenze personali vengono interpretate , ricono­ sciute ed impiegate nella formulazione di un nuovo ordine sociale .

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MIMESIS Nuovo Realismo Collana diretta da Mario De Caro e Maurizio Ferraris l . Quentin Meillassoux,

Dopo la finitudine. Saggio sulla necessità della

contingenza 2. Maurizio Ferraris, Lasciar tracce: documentalità e architettura 3. Frederick Peter Strawson, Individui. Saggio di metafisica descrittiva 4. Anna Longo, Roberto Masiero (a cura di) , Il

za. Estetica e contingenza del reale

divenire della conoscen­