Prisca Sapientia. Nuovi studi sul mito alla luce della pratica filosofale 9788857525549

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Prisca Sapientia. Nuovi studi sul mito alla luce della pratica filosofale
 9788857525549

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ANDREA ZuccoNI- GuiDO BuFFO

PRISCA SAPIENTIA Nuovi studi sul Mito alla luce della pratica filosofale prefazione di Claudio Bonvecchio

MIMESIS

/l flauto

magico

MIMESI S EDIZIONI (Milano - Udine) www.mi mesisedizioni .i t mimesis@mimesisedizioni .i t Collana: Il flauto magico , n . 2 1 Isbn: 9788857525549 © 20 1 4 - MIM EDIZIONI SRL Via Monfalcone , 1 7 l 1 9 - 20099

Sesto San Giovanni (MI) Phone: +39 02 2486 1 657 l 244 1 6383 Fax : +39 02 89403935

In copertina: ERos - Emil Wolff ( 1 802- 1 879) - 1 836. Marmo , cm . 1 43 . Nationalgalerie, Berlino .

INDICE

RINGRAZIAMENTI

13

PREFAZIONE

15

RIFLESSI

19

PREMESSA AD LECTOREM I L PUNTO DI PROSPETTIVA Il Sogno Una dedica

23 23 24 25

INTRODUZIONE GENERALE

27 27 29 29 33 37 37 43 44 44 44 45 45 45 47 48 49 50

PRISCUS

Una prima definizione della Prisca Sapientia L'origine della Prisca Sapientia Contenuto di conoscenza della Prisca Sapientia Conservazione e trasmissione della Prisca Sapientia Il possibile valore attuale della Prisca Sapientia PRISCA SAPIENTIA E ALCHIMIA: LA RICERCA DI NEWTON

Il sistema alchemico e i suoi assunti l o Assunto - Origine della Manifestazione 2° Assunto - Principii che reggono la Manifestazione 3° Assunto - Unicità della Manifestazione 4° Assunto - Senso dell ' Alchimia

PRINCIPII E VISIONE D'INSIEME

L'Alchimia non è una Filosofia Immutabile coerenza PIANO E OBIETTIVI DI QUESTO STUDIO

La nostra intenzione

LA TEOGONIA DI ESIODO CONSIDERAZIONI PRELIMINARI Il modo e le figure della narrazione di Esiodo Il Monte Elicona Le Muse e il Pastore Lo scettro di alloro e la Coerenza LA FIGURA INIZIALE DELLA TEOGONIA Qualche riflessione sul Caos Cosa emerge dal Caos Riflessioni ulteriori Un parallelo a più livelli

53 53 57 57 58 59 60 60 70 73 74

EROS , ERA , ARES ED ERIS IL PIANO DELLA COERENZA SIMBOLICA Dèi come Principii L'INSEGNAMENTO MAGISTRALE DEL MITo Dalla poetica alla poiesis

77 77 79 81 83

ERMES , AFRODITE, ARES , EFESTO IL FILO DI ARIANNA ERMES L'incontro La dimensione astrologica I Cicli Luni-Solari Il Mito di Persefone Il Mito di Dioniso Persefone , Dioniso e Zagreo Zeus , Ermes e Ecate L'evoluzione di Ermes Ermes e l'ermetismo Ermes e Thoth AFRODITE La Dea Urania e Pandemia I tratti della Dea Cabala fonetica Il mistero della Vita - Bios e Zoe Da Inanna ad Afrodite Arianna, il Minotauro e l'isola di Naxos Afrodite , Persefone , Adone e una cassa di legno Menta e Anemoni

89 89 91 91 93 100 101 103 104 107 109 111 1 12 116 1 16 1 19 120 129 130 132 134 135

ARES Un po' di chiarezza Ares , Diomede , Athena e Giove Il seme di Zeus Il sangue degli Dèi EFESTO Dall'Antico Regno La lezione di Porfirio ed Esiodo Il simbolismo del Mito La casa di Efesto e le sue mogli AFRODITE, EFESTO, ARES Uno strano matrimonio INFEDELTÀ E ARMONIA La strana vendetta di Efesto AFRODITE ED ERMES Un amore segreto? L'Ermafrodito Un'altra incoerenza? Ermafrodito , Androgino , Rebis

137 137 138 143 146 152 152 154 156 159 167 167 168 169 17 1 17 1 172 176 178

DIONISO LA RAGIONE DI ELÉMIRE ZOLLA Verso il Velo Dal Principio al Dio Zagreo e il Pamaso II cuore di Zagreo e Dioniso Inni orfici e riflessi di verità Trigenito e Primogenito L'inno a Helios di Proclo Arianna Eros Protogono e Phanes Apollo e Pitone

183 183 183 185 190 193 196 198 200 205 206 208

GIASONE E IL VELLO D'ORO L'INCONTRO CON IL DRAGO La Nave del Sole Gli antefatti e i loro Protagonisti Le Argonautiche - Una breve sintesi della trama Libro I Libro II

211 211 2 16 2 17 220 22 1 222

Libro III Libro IV Alcuni episodi Episodio l- Medea e Eros, Giasone e Era: il Piano Universale Episodio 2 - Tori , aratri e denti di Drago: le prove di Giasone Episodio 3 - Medea, il Drago e Giasone Episodio 4 - Argo nel deserto Libico

223 224 225

EROS E PSICHE IL FIL ROUGE, DA APOLLONIO AD APULEIO L'invenzione della Fiaba? Dal rapimento de li' Anima, ali'Anima rapita Carite e i briganti Carite come Kore Le Grazie Grazia e Anima La chiave di Arnaldo Le ragioni de li' Anima LA FIABA La bella Psiche e la gelosia di Afrodite Psiche Psiche e le sue sorelle , tra Mito e Fiaba Bellezza e Giustizia Giustizia divina Il destino di Psiche Psiche ed Eros Le nozze funebri : Psiche si prepara per l'amore Apuleio come Filalete Psiche , le sorelle e le prove d'Amore Il cammino di Psiche Psiche e Pan Eros punisce le sorelle di Psiche Afrodite entra in gioco Psiche e Afrodite: la prova dei semi La seconda prova: la lana d'oro La terza prova: l'aiuto dell'aquila La quarta prova: Psiche agli Inferi Eros in aiuto di Psiche Eros e Psiche sposi

283 284 285 286 286 289 29 1 292 292 295 297 297 297 298 30 1 303 305 307 307 308 3 11 3 16 3 17 318 3 19 320 32 1 323 325 327 328

226 236 248 264

ODISSEO , O DEL RITORNO IL PRONIPOTE DI ERMES Un nome curioso alla radice della tradizione Il Presente-Assente e la trama della Necessità Penelope e Telemaco Il Viaggio Definizione dei ruoli e piani di lettura Kalypso, Ermes e una zattera I Feaci e Itaca

33 1 33 1 332 337 339 34 1 34 1 344 35 1

EPILOGO IL PROFUMO DELLA VERITÀ Il Viaggio e il suo insegnamento Una scena fuori dal tempo La pratica fi losofale e il suo insegnamento Il cerchio si chiude

357 357 358 363 365 369

APPENDICE LA TRASMISSIONE DELLA CONOSCENZA Oggi e domani Un percorso nella storia La Fonte di Ki-En-Gir I primi riflessi Dal centro verso Ovest: Harran Verso Occidente Dali 'Islam a Costantinopoli Le Crociate e l'incontro delle Civiltà Il Rinascimento e l'Europa moderna Alchimia contemporanea

373 373 374 375 376 378 38 1 382 384 385 385 387

POSTFAZIONE LA SAN'A AL-KIMIYÀ COME VIA DELLA VISIONE La visione alchemica Il punto di prospettiva Il seme del Veridico

389 389 389 390 39 1

BIBLIOGRAFIA

393

E CI DAR À RADICE Rimembra Pellegrin conjerri al sacro tanto la luce che 'l nero simulacro primordio tenebroso ed aferetico che in sana apostasia si fa viatico . Orsù del rito tuo fai ambulacro e 'l corpo fa d 'Ambrosia col lavacro d 'atarassia sia fonte al cor estatico seme per il virtuoso ed il pacifico . Mira/o ber lo spirto suo solare e poscia gir pel caos universale intendi qui eh ' e i più non può tornare ché là ristà quell 'Hermes tuo ancestrale salvo volgasi a mirar per traghettare di Logos la progenie al trasver-sale .

A seguito di circostanze curiose , siamo entrati in possesso di una cassa di documenti redatti dai componenti di un piccolo gruppo di studio fioren­ tino che fu attivo almeno sino alla fine degli anni trenta del ' 900 . Il gruppo , che si autonominò Società Alchemica Italiana , annoverò fra i suoi membri alcuni nomi di spicco nel milieu esoterico nazionale e internazionale . Tra le testimonianze di ricerca sincera, studio e intenso lavoro , il grazioso e interessante sonetto che abbiamo deciso di pubblicare . Ci piace notarne la curiosità del titolo , che oltre a essere palindromo e rimandare al concetto di radice caro a Morieno , è centrato su una "A" evidenziata dall'accento , che noi evidentemente leggiamo "Alchimia".

RINGRAZIAMENTI

In più di un senso , l'Alchimia è una via di Incontri , e questo nostro secondo studio non avrebbe potuto realizzarsi in modo soddisfacente se ci fossero mancati gli incontri , tutti egualmente straordinari , dei quali la Grazia ha costellato la nostra vita. Quello con le Persone che , in tutti questi anni, ci hanno dato la possibi­ lità di seguire i nostri studi e dedicarci alla pratica fi losofale . Quello con Francesco Indraccolo , che con serena e fraterna amicizia sa compendiare il frutto di una vita di studi e dedizione nel valore di una revisione insostituibile . Quello con Claudio Bonvecchio , che ci onora di un'amicizia e di una stima che sappiamo costruita sul senso di un percorso comune , aldilà di ogni alterità. Quello , infine , con l'Amico e Maestro Abdul Haqq Maq'luq Min'nar ibn nar Kamida, che ha scelto - in ricordo di un altro incontro - di onorarci con la sua testimonianza. A tutti , e a tutti gli Amici di Ermete , vanno i nostri più sinceri ringra­ ziamenti . Senza loro , questo lavoro non avrebbe potuto essere , né avrebbe avuto senso . Andrea Zucconi e Guido Buffo

CLAUDIO BONVECCHIO

PREFAZIONE

Già nella scelta del titolo - Prisca Sapientia - Andrea Zucconi e Guido Buffo lanciano una sfida: alla modernità e alla post-modemità. Questo libro è una sfida per molti motivi . Innanzitutto , perché gli autori insistono - ed è la trama del loro non facile testo - sulla parola latina "sapientia". Il latino , si sa, si usa poco: perché viene percepito come qualcosa di obsoleto; qual­ cosa che - al di fuori degli ambiti , per altro poco frequentati , della Chiesa - è bon ton non usare . Sarebbe allora meglio , secondo l'auspicio dei media , usare il più asettico knowledge; un termine che non genera implicazioni personali , che non mette in gioco pericolose derive spirituali e che , a voler ben guardare , è utilizzabile , infine , in ogni campo: umanistico , scientifico , economico, calcistico e persino gastronomico . Altra cosa è sapientia , che deriva, etimologicamente , da sapiens: ossia, colui che coniuga la cono­ scenza con la saggezza. Ma coniugare la conoscenza - virtus prettamente razionale - con la saggezza che è propria dell'illuminato (ossia di colui che segue la via dello spirito) significa, subito , porre l'accento sulla composi­ fio in unum degli opposti : l'arcano della via regia, della via esoterica. Di quella via, insomma, che è fatta per i pochi e che , quindi, è disprezzata e osteggiata dai molti che dominano il nostro mondo: un mondo fondato sui rapporti numerici , sulla statistica e sull'appiattimento e la massificazione . Ma a Zucconi e Buffo non è bastato il riferimento a questo sapere na­ scosto, elitario , in una parola, esoterico . A questo hanno voluto aggiun­ gere l'aggettivo "prisca": una vera e propria bestemmia in sé , in questa nostra società proiettata sul presente , anzi sull'attimo fuggente che solo il consumo è in grado di immobilizzare e oggettivare in una effi mera, incon­ sistente , stabilità. Diventa, allora, chiaro perché il titolo di questo saggio intrigante - e lo ripeto - non facile , è una sfida. E la sfida continua allorché , scorrendo le pagine, sin dall'inizio dense di richiami classici, s'incontra un altro grande escluso della nostra epoca: ossia il mito, che della prisca sapientia è uno degli interpreti più accreditati . Certo , non è il mito comu­ nemente inteso . Non è il mito letto come semplice affabulazione: come

16

Prisca Sapientia

una favola nata da menti infantili e, quindi , adatta ai bambini che , a loro volta, lo abbandoneranno - con un ironico sorriso di superiorità - quando s'imbatteranno , crescendo , nella "cupa" religione della scienza e della tec­ nica. Una religione che , oggi , viene presentata e vissuta come lo spiritus rector della storia, del progresso , della verità e così via, e che nulla ha a che fare con il mito che giudica pre-logico . E su cui fa pesare - come una vera e propria conventio ad escludendum - anche la nomea di essere di destra (come ha scritto con delirante superficialità Roland Barthes) , qua­ lora venga interpretato non come un puro "oggetto" letterario, filologico o semiologico , ma come "qualcosa d'altro". Il mito, invece , come prisca sapientia - nel! 'intelligente lettura di Zuc­ coni e Buffo - è un racconto fondante , in cui la conoscenza e la vita non sono separate ma strettamente unite , in modo che la conoscenza sia utile alla vita e la vita consenta un corretto sapere: in una evidente reductio ad unum . D'altronde , non bisogna dimenticare che il mito è la vera trama sottile dell'esistenza di ciascuna persona, che ne rivive in se stessa - miti­ camente e senza rendersene conto - le strutture archetipiche . Queste strut­ ture , che formano l'ossatura del mito , nella loro costante ripetizione - quasi sempre inconscia, in tutti gli avvenimenti dell'esistenza umana - fanno di ogni individuo un uomo o una donna (come nei miti di creazione del mon­ do) , un padre o una madre (come nei miti di formazione della comunità) , un eroe (come nei miti di passaggio) , un saggio (come nei miti di ricerca) , un salvatore (come nei miti di elevazione e salvezza) e così via; in un ca­ leidoscopico divenire che tuttavia incita anche ad arrivare ancora più a fondo: a quella totalità nascosta in cui - come si è detto - tutti gli opposti coincidono . Non ci vuole , allora, molto a comprendere come nel mito sia iscritta l'ontogenesi e la filogenesi psichica e spirituale del! 'essere umano . Ontogenesi e filogenesi che si rinnovellano - in un eterno e circolare dive­ nire - all'interno di uno spazio e di un tempo extra storici o, meglio , meta storici : il tempo e lo spazio della Tradizione nel senso di Elémire Zolla, qui ampiamente citato . Questo spazio e questo tempo - ed è uno dei "segreti" del mito - coinci­ dono con quella totalità che l'uomo ricerca da sempre ma che , da sempre , esita o teme di cercare in se stesso: come i miti - di ogni epoca e Tradi­ zione - invece vorrebbero . E insegnano . Ma l'analisi condotta in questo saggio ha, per la sua originalità, un altro , ragguardevole , valore aggiunto . Grazie al mito, infatti , l'analisi fa emergere i caratteri esoterici , astrologici e alchimici che - oltre a circoscrivere il perimetro della prisea sapientia indicano come proprio nel linguaggio del mito si possa intravedere la via che può condurre alla tanto agognata totalità. Questa via è il linguaggio del

C . Bonvecchio

-

Prefazione

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simbolo, che coincide con quello del mito e degli archetipi che n e formano l'ossatura portante . Così , conducendo per mano il lettore attraverso i grandi e classici miti della tradizione greca - spesso visti anche nelle loro ri-trascrizioni iconiche e letterarie cristiane e medioevali - Zucconi e Buffo cercano di comunica­ re, non tanto frammenti o perle di questa prisca sapientia , quanto l'essenza che ne è alla base . La loro (giusta) convinzione è che il vero sapere , che è sapere della totalità - per l'appunto la prisca sapientia - non sia trasmissi­ bile in maniera diretta, come i dati, le informazioni o le conoscenze di un manuale; ma unicamente nel racconto mitico , e grazie al suo linguaggio simbolico . Così , se il racconto e il linguaggio sembrano , di primo acchito, criptici , è perché deve essere compreso il loro significato fondamentale ­ posto oltre gli aspetti immediati e superficiali - tramite la spiegazione dei simboli di cui è costituito il racconto . Simboli che , ad un tempo , chiarisco­ no il senso più profondo del mito stesso ma, contemporaneamente , riman­ dano sempre ad altre , più alte e recondite verità: in una circolarità infinita. Questa già ricordata circolarità appare , nel saggio di Zucconi e Buffo , come il carattere iniziatico del mito . D'altronde , solo chi è iniziato - o de­ sidera esserlo - è in grado di interpretare il simbolo nella sua vera essenza: e, perciò, comprendere , nel mito , la prisca sapientia e avvicinarsi ad essa per ciò che veramente è . E solo chi è iniziato - o desidera esserlo - può spe­ rare non di raggiungere ma, quanto meno , di avvicinare le irraggiungibili verità del mito: o la sua irraggiungibile Verità. Emerge, allora, che la prisca sapientia , ben !ungi dall'essere un repechage del passato , è un potente (e attuale) ausilio pedagogico per comprendere "chi siamo" veramente , ma pure "da dove veniamo" e "dove andiamo". Ma comprendere "chi siamo", "da dove veniamo" e "dove andiamo" significa rispondere alle eterne do­ mande che gli uomini più saggi si sono posti e si pongono tuttora. Significa cercare quel tesoro nascosto - materiale o spirituale , reale o metaforico . - che è la meta di ogni racconto mitico . Si capisce allora perché questo saggio non sia facile e neppure voglia esserlo . Come è noto , "per aspera ad astra": solo tramite le difficoltà si raggiunge il cielo . Ed anche questa è prisca sapientia .

RIFLES SI

Vai ora a cercare la cassetta di rame . Tira il suo anello di bronzo . Apri il suo cassetto segreto ed estraine la tavoletta di lapislazzuli .

Epopea di Gilgames1 Vieni, avvicinati o Agni, a questo nostro sacrificio, che ha cinque cam­ mini, tre fasi e sette esecuzioni. Sii per noi il portatore dell 'ablazione e colui che cammina alla nostra testa . Troppo a lungo, ormai, sei rimasto inattivo nella tenebra . . . �gveda X , 1242 Uno ha prodotto il due; due hanno prodotto il tre; Tre hanno prodotto i diecimila esseri. I diecimila esseri si scostano dall 'elemento Yìn e abbracciano l 'elemen­ to Yang . Il soffio vuoto ne fa una mescolanza armoniosa .

Tao Te Ching

-

XLIP

Egli, desiderando produrre esseri di molte specie dal suo stesso corpo, prima di tutto col pensiero creò le acque e vi pose il suo seme . Quel seme divenne un uovo d'oro, brillante come il sole; e in quell 'uovo egli nacque come progenitore dell 'intero mondo .

Legge di Manu , 14 Oh. Creatore del mondo materiale, Santo! Qual è il terzo luogo in cui la terra gioisce? Ahura Mazda rispose : È il posto o ve uno dei fedeli col­ tiva erba, grano e frutta, o Zarathustra! Dove egli irrora la terra arida, o asciuga la terra che è troppo bagnata .

Zend Avesta - Vendidad - Fargard IIP

l

2 3 4 5

Vide Vide Vide Vide Vide

in: in: in: in: in:

L'EPOPEA DI GILGAMES - Mediterranee, 2008 B.GVEDA - Marsilio, 2000 TAo TE CH' ING - Adelphi , 1995 LE LEGGI DI MANU - Adelph i , 1996 http ://www.hudsoncress.net/hudsoncress.org/html!library

Prisca Sapientia

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Desiderando egli rivedere la sua sorellina, l 'augusta Izanami, l ' inse­ guì [ . . . ] nel Paese dei morti. Quand 'ella gli venne incontro [ . . . ] l 'augusto Izanaghi le parlò dicendo: " [ . . . ] vieni, ritorna!" . Rispose Izanami "Ah, quale disdetta! [ . . . ] Io ho già mangiato cose cotte a/focolare del Paese dei morti . Però [ . . . ] tornerò si! Per un po ' di tempo . . . Kojiki , 16 O Rd! Tu che risiedi nell ' Uovo Cosmico, che riluci come oro puro nel Tuo disco solare, che appari all 'orizzonte e navighi sopra un Cielo di bronzo . . .

Il Libro dei Morti 7 Gli dei, come videro il suo [di Tifone] assalto al cielo, fuggirono tutti in Egitto, e per non essere scoperti, assunsero l 'aspetto di animali.

Apollodoro8 Allorché Erodoto visitò l 'Egitto [ca . 450 d.C.] gli dei greci erano nuovi, ed è facile scoprire l ' influenza preponderante dell 'Egitto: Iside è Demetra, Osiride è Dioniso, Horus è Apollo, figlio di Iside (Demetra), e di Osiride (Dioniso) . Il Mito egizio e i nomi degli dei della triade locale sono rispet­ tati.

Jean Marquès-Rivière9 In che cosa differisce il blu da tutti gli altri colori? Nel fatto che il blu è simile al mare , il mare è simile alla volta celeste, la volta celeste simile al Trono della Gloria .

Sefer ha Bahir - Il Libro fulgido 10 Egli fa scendere acqua dal cielo, si che i fiumi scorrono nella loro dovu­ ta misura, e la corrente porta con sé schiuma galleggiante; da ciò che gli uomini arroventano al fuoco, desiderando ottenere ornamenti o utensili, esce una schiuma simile a quella .

La siìra del tuono 1 1

6 7 8 9

Vide Vide Vide Vide

i n : Yasumaru - KonKI - Laterza , 1938 i n : IL LIBRO DEI MoRTI DEGLI ANTICHI EGIZIANI - Ceschina, 1979 i n : Apollodoro - BIBLIOTECA - Modadori , 20 Il i n : Jean Marquès-Rivière - STORIA DELLE DOTTRINE ESOTERICHE - Mediterranee,

1984 10

Il

Vide i n : MISTICA EBRAICA - Einaudi , 1999 Vide i n : IL CoRANO - Hoepli , 1987.

Riflessi

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La cosa stessa che ora è chiamata Religione Cristiana era già negli an­ tichi, ed era già stata nella razza umana dai suoi inizi fino al tempo in cui Cristo apparve incarnato : da quel momento in poi la vera Religione, che già esisteva, cominciò ad essere chiamata Cristiana .

Agostino d' Ippona1 2

12

Vide in: Agostino d ' Ippona - OPERE ESEGETICHE - Citta Nuova, 1999.

PREMESSA AD LECTOREM

Il difficile non è raggiungere qualcosa, è liberarsi dalla condizione in cui si è. Marguerite Duras 1

Prima di avventurarci a scoprire con quale particolare luce la pratica filosofale permetta di illuminare le figure e le narrazioni del Mito , crediamo sia necessario dare qualche punto di riferimento che aiuti il lettore a orien­ tarsi nel modus di questo libro . Per raggiungere questo scopo preliminare , utilizzeremo il vecchio espediente della premessa ad lectorem , comune a molti testi della tradizione . IL PUNTO DI PROSPETTIVA

Alla fine del Medio Evo , l ' affermazione del modello aristotelico produs­ se un'omologazione epistemologica che collocò extra scientia - e perciò extra ratio - tutto quanto avesse radici diverse dall ' osservazione del mon­ do sensibile . Questo grande scisma determinò la separazione del mondo concreto - e in quanto tale, reale - della fi sica, da quello ormai irreale della metafisica. Sino a quel momento, i confini - quando e se definiti - erano stati molto più ]abili . Si consideravano approcci multiformi alla conoscen­ za del l ' Unità, e si riteneva che ad essa l ' uomo potesse giungere attraverso l'esperienza di metodi in grado di rilevare - come Religione indicava - la coerenza tra sensibile e sovrasensibile. In questa stessa direttrice di senso, l ' ermetismo alchemico esprimeva e indicava - nella coerenza di Metafisica e Prassi - la possibilità concreta di questa unità . Questo modus , legato d i una tradizione antichissima, è l o stesso che l' Alchimia continua a proporre in questo inizio di XXI secolo . Esso coniuVide in: Marguerite Duras - L' AMANTE - Feltrinell i , 2005.

Prisca Sapientia

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ga Metafisica, Filosofia e Prassi come strumenti coerenti , di cui valersi per tentare di illuminare l ' Universale, riconosceme il Senso e, infine , scoprire e confermare la realtà del l ' Unicum. Non vorremmo tuttavia suscitare troppo stupore . Abbiamo utilizzato il termine ermetismo alchemico per provare a distinguere , con qualche pun­ tualità, l' àmbito della pratica filosofale da quello dell'ermetismo corrente­ mente inteso; separando l ' Alchimia dalla filosofia che trova le sue radici nel pensiero della Scuola alessandrina, nei testi del Corpus Hermeticum e degli Ermetikà . Pur non negando il senso e il valore dell 'ermetismo ales­ sandrino e la sua coerenza con la Prisca Sapientia , riteniamo utile rilevare che la tradizione dell ' ermetismo alchemico , compiutamente e propriamen­ te intesa, ha radici ben più antiche ; oggettivamente riscontrabili nella pos­ sibilità di applicare i canoni della pratica filosofale alla trama e agli epi­ sodi dell 'Epopea di Gilgames. In questa particolare prospettiva quindi , la Scuola alessandrina è per noi il punto di diffusione di un sapere più antico , comune alla maggior parte dei popoli; e in questo senso , il Corpus Herme­ ticum e gli Ermetikà dovrebbero essere considerati strumenti , utilizzati per assicurare una trasmissione di conoscenze che , probabilmente , il volgersi delle vicende umane poneva in serio rischio .

IL SoGNo

Il segno più indicativo dell ' antichità dei riferimenti ermetici, è la rela­ zione - sempre puntuale e strettissima - fra rivelazione e sogno . Così ad esempio è nel Corpus Hermeticum , ove la parte essenziale della rivelazio­ ne - quella del Pimandro - giunge a Ermes in sogno. Allo stesso modo di Erme s , sognano gli Eroi e le figure del Mito . Nel sogno leggono il senso e la direzione del Progetto del quale sono strumenti ; accedono alla profezia, comprendono la necessità di un agire conforme e i dettagli di ciò che sta sulle ginocchia degli dèi . Tale il potere riconosciuto al sogno , che proprio per sognare , e in questo modo ricevere indicazioni e prescrizion i , sono condotti ai Templi i malati ai quali il medico non sa prescrivere una cura efficace . Nel sonno , il divino indicherà loro quanto necessario . Il sogno dunque , nell 'antichità, come esperienza ; mezzo di contatto sovrarazionale aperto a una dimensione altra, canale di accesso a conoscenze e nozioni. Certo non alludiamo al sognare dei visionari , alla proiezione delle fanta­ sie o all ' atto dell 'inconscio che libererebbe da turbe e angosce. Nel sognare al quale ci stiamo riferendo , la mente è in silenzio: in quiete . È in questa condizione che la verità - che è sempre progetto , e che sempre chiede un

Premessa ad Lectorem

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agire conforme e necessario - trova il modo di far udire la sua voce , chia­ mando e inducendo . Come insegna Apuleio con la metafora di Lucio divenuto asino , è solo quando si rinuncia alla totalizzazione della logica umana che la compren­ sione si fa possibile . È dunque l ' Anima che sogna, e il sogno è - a sua volta - la metafora perfetta del campo - ignoto alla ragione - nel quale l ' Anima svolge le sue ricerche . In questo non-luogo essa incontra Eros: l ' amante invisibile e sovrannaturale da cui è condotta in luoghi dove essa, sola, non giunge; dove la ragione - che Apuleio impersona nelle sorelle invidiose di Psiche - mostra la sua incapacità di elevarsi . Una dedica

Per tutto questo , e per tutto quanto si paleserà nelle pagine che seguiran­ no , sentiamo di dedicare questo nostro secondo studio ai Sognatori. Rinun­ ceremo perciò alla consuetudine e al vezzo di rivolgerei agli étudiants; agli Innamorati; ai Figli e Discepoli dell 'Arte e della Dottrina; ai Fedeli d 'A­ more; agli Argonauti; ai Chevaliers; agli erranti; ai curiosi; agli artisti e ai folli . È stato fatto a lungo. Oggi , ci sembra più giusto tornare nuovamente a cercare in ciò che è senza tempo , per scoprirvi - se Grazia concederà - le radici e i semi dell' Universale. È quindi con quest' auspicio e con quieta gioia che condividiamo queste pagine , scritte per chi cerchi le parole per inseguire un sogno . . . . e come i semi che sognano sotto la neve , il vostro cuore sogna la pri­ mavera . Fidatevi dei vostri sogni , perché in essi è nascosto il passaggio verso l 'eternità. Kahl il Gibran

INTRODUZIONE GENERALE

Il

signore che ha oracolo in Delfi, non nasconde né svela, significa . Eraclito 1

Nel modo p i ù inatteso, è proprio il dialogo con la scienza ciò che rende nuovamente attuale i l pensiero mitico . Claude Levy-Strauss 2

PRISCUS

L' aggettivo priscus designa, in latino , ciò che è antico o primevo: remo­ to nel tempo e nella memoria. Così Ovidio definisce prisca saecula l ' Età dell' Oro , mentre per Cicerone prisca vocabula sono le parole antiche e prisci viri gli uomini dei primi tempi . Analogamente la sapienza antica, talvolta definita originaria , assume la denominazione di prisca sapientia, prisca theologia o philosophia perennis.3 II tratto che per primo incuriosisce , nella nozione di prisca sapientia , è che all ' idea della sua remota antichità non corrisponda mai l ' immagi­ ne di una struttura lacunosa o grossolana. Tutte le testimonianze che vi si riferiscono - sempre autorevoli e deferenti - descrivono, al contrario, un sistema di conoscenze completo , caratterizzato da teorie accurate descritte in modelli logici . Vide i n : H .G . Gadamer - ERACLITO , ERMENEUTICA E MoNDO ANTICO - Donzelli , 2004. 2

Vide in: C. Levy-Strauss - RAZZA E STORIA E ALTRI STUDI DI ANTROPOLOGIA - Einaudi ,

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L'espressione De Perenni Philosophia è coniata dal teologo agostiniano Agostino Steuco ( 1496- 1549), che la utilizza, conformemente al pensiero di Marsi li o Ficino e Giovanni Pico della Mirandola per indicare , nel l ' accordo di senso e valore tra la prisca theologia e il Cristianesimo , l'esistenza di un nucleo di verità riguardanti il principio delle cose e la conoscenza di Dio, che è comune a tutte le religioni e fi losofie .

1967.

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Prisca Sapientia

In estremo Oriente ad esempio, il concetto è posto agli albori del pensie­ ro fi losofico e religioso. In India lo troviamo a fondamento dei Veda come Sanatana Dharma o Legge Primordiale; in Cina lo incontriamo nel capitolo xvm del Tao Te Ch' ing a costituire il pilastro fondamentale della tradizione taoista; mentre in tempi più recenti , la nozione riaffiora nella cultura Tamil con il Tirukkural di Tiruvalluvar. Nell ' Oriente medio i primi riferimenti compaiono nel pensiero mesopotamico , e costituiscono il fulcro attorno al quale ruotano il senso e la trama dell ' epopea di Gilgamesh . Da qui , la no­ zione di un sapere che rende simili a dèi o consente il contatto con il divino, transita nella cultura accadica per riemergere nel pensiero egizio , caldeo ed ebraico . Nell ' Islam, l ' idea riprende forma grazie al contributo della cultura Sa bea - fortemente caratterizzata da riferimenti alchemici - identificandosi nel pensiero di Al Farabi (872-950 ), filosofo persiano che perfezionò i suoi studi a Baghdad e Harran .4 Nell ' Occidente , infine , la prisca sapientia è un assunto per Platone , Cicerone , Ammonio Sacca e Plotino , che ne parlano con riferimento ad antichità remote . Dopo di loro ne trattano: Giamblico , Lactanio, Giuliano Imperatore , Agostino d' Ippona e Proclo . In tempi più prossimi , la nozione ricompare a costituire il fondamento del pensiero rinascimentale con Mar­ silio Ficino , Giovanni Pico della Mirandola, Agostino Steuco , Giordano Bruno e Tommaso Campanella. Dalla Firenze dell' Accademia Medicea,5 essa s i espande in Francia e Germania; illumina il movimento della mistica sveva e costituisce il fulcro del messaggio rosacruciano . Nel Palatinato tenta di concretizzarsi nel progetto di un principato illuminato a Praga, e da lì - con la fuga di fi losofi e sapienti prodotta della Guerra dei Trent' anni - giunge a Londra. Qui la riprendono: Dee , Comenius e la nascente Royal Society, che ne fanno modello per lo sviluppo di una riforma universale del sapere; in parte travisata nello sviluppo enciclopedista e in parte mantenuta 4

5

Crediamo interessante sottolineare che il modello con cui Al-Farabi spiega il senso degl i esseri , si basa su una coerenza tra metafisica (concetto di Dio e del l ' esistenza di un progetto divino) e fisica (astronomia) garantita dalle teorie plotiniane sull 'emanazione. In questo sistema , l ' universo è costituito da una serie di livelli concentrici al centro dei quali trova posto il mondo materiale , e tutti gli esseri - inclusi i pianeti - sono vincolati fra loro dal rapporto creato dal i ' interazione di dieci Intell igenze , la prima delle quali è quella di Saturno (già Primo Cielo per i mesopotamic i ) , mentre l ' u ltima è la Luna . Su questo punto , pensiamo possa essere di qualche interesse anche un confronto con il nucleo delle dottrine cabali stiche . Dopo il soggiorno fiorentino di Pletone , che portò da Costantinopoli i testi del Corpus Hermeticum giunti da Harran per probabile tramite delle prime comunità Sufi.

Introduzione generale

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- nel suo senso più alto - a costituire il fulcro del pensiero e dei convinci­ menti di Newton . In ultimo , il concetto e la nozione di Prisca Sapientia appaiono nel pen­ siero di Leibniz , di Max Mtiller e Huxley, per giungere sino a noi , veicolati da Filosofia e Fisica. UNA PRIMA DEFINIZIONE DELLA PRISCA SAPIENTIA

In tutti questi esempi , la prisca sapientia è definita come: - Il frutto di una rivelazione dalla quale non facciamo che allontanarci; - Una verità indefettibile cui è consentito accedere per poter superare difficoltà - di ordine metafisica , etico e morale - ciclicamente poste dalla storia; - Un sapere completo e coerente ,6 che consentirebbe di superare la divisio­ ne tra Verità e Realtà Ora, se come noi crediamo questa conoscenza fosse reale , potrebbe es­ sere interessante considerare alcune delle questioni poste dalla sua esisten­ za. Ad esempio chiedersi: - Quale potrebbe essere la sua presunta origine? - Quale relazione potrebbe esserci tra la sua origine e i suoi contenuti? - Come avrebbe fatto a conservarsi intatta per così tanto tempo? - Quale potrebbe essere il suo valore per l ' umanità di oggi e di domani? L 'origine della Prisca Sapientia

Per tratteggiare la nostra ipotesi circa l 'origine della prisca sapientia e il modo in cui questa avrebbe potuto trasmettersi sino a noi , nel nostro precedente studio7 abbiamo preso a riferimento la definizione di tradizione data E. Zolla:8 La tradizione è la trasmissione del l ' idea del l ' Essere nella sua perfezione massima, dunque di una gerarchia tra gli esseri relativi e storici , fondata sul loro grado di distanza da quel punto o unità. Essa è talvolta trasmessa non da uomo a uomo , bensì dall ' alto; è una teofania. Essa si concreta in una

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Perciò costituito da una Metafisica (Senso), da una concezione filosofica della realtà (Modo) e da un Metodo (Prassi) . Vide i n : A. Zucconi - G . Buffo - I DONI DELLO SPECCHIO - Mimesis, 20 12. Vide i n : E. Zolla - CHE cos'È LA TRADIZIONE - Adelphi , 1968.

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Prisca Sapientia

serie di mezzi: sacramenti , simboli , riti , definizioni discorsive , il cui fine è di sviluppare nel l ' uomo quella parte , o facoltà, o potenza, o vocazione che si voglia dire , la quale pone in contatto con il massimo di essere che gli sia consentito , ponendo in cima alla sua costituzione corporea o psichica lo spirito , o intuizione intellettuale . Quello che maggiormente colpisce in questa enunciazione , è l ' introdu­ zione del concetto di teofania . Il termine - composto da Theos [8EOç] Dio, e phanein [cpavnv] mostrarsi , manifestarsi- indica l ' atto per mezzo del quale la divinità si rende accessibile nel piano della realtà fenomenica. Certo immaginare una fonte9 super-umana che si palesa per trasmettere conoscenza è ragione sufficiente a suscitare lo scetticismo di molti ; so­ prattutto di quanti considerino ragione e intuito strumenti d 'elezione nella ricerca della verità . Tuttavia, il punto impone una riflessione . Cercando di rappresentarsi cosa possa essere una teofania, molti concepiscono un'ap­ parizione della divinità; altri - forse partendo da posizioni metafisiche di­ verse - hanno considerato e tentato di dimostrare il contatto con entità extra-terrestri e la loro super-scienza. 10 In entrambi i casi è facile notare come sia la prospettiva umana a definire il fenomeno , immaginandone una rappresentazione che ha il solo evidente scopo di dare forma razionale a qualcosa che esula dall' ordinaria esperienza. In modo del tutto differen­ te , l ' idea tradizionale proposta da Zolla, non concepisce e rappresenta la teofania come un atto ma come una conseguenza: il phanein è quindi lo svelamento che ha luogo quando l ' individuo accede al piano del divino , sperimenta la natura unitaria della verità e supera l ' ordinaria esperienza di separazione tra piano fi sico e metafisica, immanenza e trascendenza, transitorietà e permanenza. Non ci si stupisca; l ' esistenza di questo piano unitario della Verità è testimoniata da tutte le tradizioni, siano esse esoteriche o essoteriche . È il superamento dell 'Illusione predicato dalla tradizione orientale , l ' iden9

IO

Notiamo che in egizio e in ebraico, il termine che designa fonte indica anche occhio. Il fatto , curioso , potrebbe giustificare qualche riflessione sulla scelta che spinge a indentificare la divin ità con la rappresentazione di un occhio. Un altro elemento di riflessione potrebbe venire dal fatto che quest' occhio rappresenta con chiarezza tre dimension i . cosa che poniamo in relazione con la natura triplice ­ costituita appunto da Senso , Modo e Prassi - della conoscenza tradizionale . A questa tripartizione dimensionale crediamo alluda anche la ricorrenza - costante - del concetto trinitario nel pensiero neoplatonico, che tanta parte ebbe nello svelamento dei fondamenti della prisca sapientia . Si veda , a questo proposito , la vasta bibliografia proposta dal defunto Zecharia S itchin .

Introduzione generale

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ti.ficazione nella realtà unica di Dio predicato dalle Religioni del Libro, il senso della conoscenza dato dalla definizione di Filo-sofia, il senso più alto e autentico del termine Gnosi e, ancora, il Progetto della tradizione Libero Muratoria. 1 1 Nel linguaggio tradizionale, l 'accesso al piano di veri­ tà è comunemente definito partecipazione al divino , o al sacro:12 a questa esperienza si accede con il superamento della Soglia , simbolicamente de­ scritto dal processo di deificazione dei protagonisti del Mito: Gilgamesh ,

Enoch , Elia, Antinoo , Nuadu e mille altri . 1 3 Quando accadde la prima vol­ ta? Probabilmente non lo sapremo mai con certezza. Tuttavia, la storia oggi accettata mostra che già dal periodo Musteriano (ca. 70 .000 a.C .) , l ' uomo introdusse comportamenti che denotano una concezione unitaria dell' insie­ me mondo-vita fondata sulla combinazione di realtà e verità . 14 Alla realtà della ricerca di prede , l ' uomo primitivo associa la verità di riti che domi­ nano gli animali; 1 5 alla realtà della morte i nostri progenitori associano la verità di una vita ulteriore , simboleggiata da fogge e rituali di sepoltura; 1 6 alla realtà della fenomenologia astronomica, gli antichi contrappongono verità cosmologiche e cosmogoniche . Voler considerare che queste conoscenze siano altro da semplici super­ stizioni, impone però un cambio di prospettiva: dobbiamo guardare all ' As­ soluto nel modo degli antichi , considerando che esso è costituito da un non-manifesto e un manifesto che creano un unicum nel quale fisico e meIl

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Al Maestro Libero Muratore , che deve aver superato l'errore della separazione tra Realtà e Verità, è attribuita come utensile la Tavola da Disegno . Nella sua funzione di responsabile dei Lavori e di responsabile del Cantiere , è su questa Tavola che egli deve saper leggere le indicazioni di Progetto tracciate dal Grande Architetto del l ' Un i verso. II termine deriva dal la radice i ndoeuropea sak, il cui significato indica qualcosa che assume senso di verità e validità perché conforme a ciò che si definisce natura O sostanza del cosmo . Vide in: P. Poupard - GRANDE DIZIONARIO DELLE RELIGIONI­ Cittadella, 1988. Vide in: C . M . Schroeder - STORIA DELLE RELIGIONI - Jaca Book , 198 1 s s .; H . C. Puech (cur.) - STORIA DELLE RELIGIONI - Laterza, 1988 ss.; P. Tacchi Venturi G . Castellani - STORIA DELLE RELIGIONI - Utet, 1979; M . Eliade - STORIA DELLE CREDENZE E DELLE IDEE RELIGIOSE - Sanson i , 1979; G .J . Bellinger - ENCICLOPEDIA DELLE RELIGIONI - Garzanti , 1989. Vide in: A. J . Toynbee - IL RACCONTO DELL' UoMo - Garzanti , 1977. Sono le prime testimonianze della cosiddetta legge di simpatia , fondamento del la Magia, la cui padronanza è conferma dello stato di mag cui abbiamo accennato nel nostro primo studio . Spesso caratterizzata da salme poste in posizione fetale , ad indicazione certa di una considerazione di carattere metafi sica che diverrà - nel tempo - Filosofia e Religione .

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Prisca Sapientia

tafisico , universale e specificato , realtà e verità, possono essere distinti ma non separati . La difficoltà che sperimentiamo tentando di assumere questo punto di vista, deriva dalla moderna convinzione di poter considerare vero solo ciò che appare reale. Un modo di pensare piuttosto rozzo , che riduce la ve­ rità concepibile ai limiti dei nostri mezzi intellettuali , fisici o scientifici , senza considerare gli effetti della loro evoluzione . Anche se tutto questo ragionare sembra far deviare il nostro discorso verso il rarefatto mondo della speculazione fi losofica, occuparci di concezione unitaria della realtà è importante ai fini di questa ricerca, poiché il concetto di assoluto unitario, che è all 'origine della nozione di Sacro, è uno dei principi portanti nel si­ stema della prisca sapientia . Leggiamo l ' interpretazione di Mircea Elidae del concetto di homus religiosus , coniato da van der Leeuw 1 7: Egli crede sempre all 'esistenza di u n a realtà assoluta , il Sacro , che trascende questo mondo ma che in esso si manifesta e che quindi lo santifica e lo rende reale . 1 8

A nostro parere , i concetti significanti di questa definizione sono due: l. la nozione di realtà assoluta come sinonimo di assoluto unitario; 2 . il concetto secondo cui credere all 'esistenza di una realtà assoluta pone in essere la capacità di una lettura qualitativa del mondo.

La relazione tra religio, religo e legere , 1 9 sta a fondamento della cosid­ detta interpretazione ciceroniana sull'origine del termine Religione .20 La tesi di Cicerone è interessante perché , essendo di natura etimologica, illu­ mina la logica con la quale le parole sono collegate fra loro , derivando le une dalle altre nell'espressione di un senso comune . Vediamo insieme cosa afferma il DE NATURA DEORUM:

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Vide i n : Gerardus v an der Leeuw - FENOMENOLOGIA DELLA RELIGIONE- Boringhieri , 2007 . Vide in: Mircea Eliade - IL SACRO E IL PROFANO - Boringhieri , 2006. Il primo termine definisce religione, fede e attento scrupolo, i l secondo collegamento e l'ultimo la capacità di cogliere. Una delle tre comunemente util izzate nel tentativo di dirimere la vexata quaestio, le altre due essendo , rispettivamente , quella di Lattanzio e di Agostino d ' Ippona .

Introduzione generale

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. . . sunt dicti religiosi ex re-legendo , ut elegantes ex e-ligendo , ex diligendo di-ligentes, ex intelligendo inte-ligentes; his enim in verbis omnibus inest vis legendi eadem quae in re-ligioso . 21

Che traduciamo così : . . . sono detti religiosi da ri-leggendo , come eleganti da e-leggendo; da aven­ do di-ligenza, diligenti , e da avendo inte-ligenza intelligenti ; infatti , in tutte queste parole è contenuto il valore di leggendo , come in re-l igioso .

Crediamo interessante rilevare la sostanziale coerenza tra Cicerone, Eliade , Zolla, e le definizioni della prisca sapientia . La concordanza si fonda sul significato di lego-comprendo posto dal riferimento all ' unità co­ erente di Senso , Modo e Prassi . Si tratta di una nozione chiara per chi pos­ siede la capacità di leggere l ' universale; la cui applicazione rende l ' accesso all ' universale possibile e praticabile . Contenuto di conoscenza della Prisca Sapientia

Se ciò è accettabile, ne possiamo dedurre che la prisca sapientia è un sistema completo di conoscenza che deriva dalla lettura del piano univer­ sale, e contiene le informazioni necessarie ad accedervi . 22 21 22

I tratti d i liaison sono nostri . L' affermazione rappresenta , almeno a prima vista, una sorta di paradosso: la comprensione d e lla prisca sapientia richiede l ' i ntelligenza del piano universale , e questo è a sua volta accessibile per mezzo delle informazioni trasmesse dalla prisca sapientia . Tuttavia la contraddizione è facilmente risolvibile se consideriamo la prisca sapientia come la mappa di un Paese che non conosciamo , i cui riferimenti sono scritti in una lingua che ignoriamo. A una prima consultazione , la mappa restituisce solo poche informazioni generali , trasmesse dai segni grafici impiegati per la rappresentazione del paesaggio . Fatalmente però , le indicazioni più i nteressanti resteranno incomprensibili sino a quando non comprenderemo i termini usati per descriverle . Non è forse in questo modo che sono stati scritti i testi sapienzial i ? Quello che pensiamo di comprendere in una prima lettura , sono simbol i universali : segni che ci ricordano qualcosa che crediamo di capire . Tuttavi a , per restituire a questi simboli il loro più autentico significato è necessario un lungo e duro lavoro di confronto tra informazioni di orientamento , indizi , dati , e i ndicazioni di riscontro . Poco a poco il Senso e il Modo della prisca sapientia giungono così a rappresentare il territorio descritto dalla mappa, mentre la Prassi dimostra d' essere l ' unico sentiero che davvero attraversa lo sconosciuto Paese . Per questa ragione ammettiamo di non poter immaginare che la prisca sapientia possa ridursi a un mero insieme di nozioni teoriche . L'assenza di una Prassi non eleva le cosiddette Scuole , come ancora molti pretendono , a una posizione filosofica e

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Prisca Sapientia

Poiché questo significherebbe ammettere che azioni compiute nella Re­ altà permetterebbero di costituire e stabilire un contatto con la Verità, la Prassi della prisca sapientia diventa, ai nostri occhi , perfettamente sovrap­ ponibile a quella che l ' Alchimia definisce Via Universale: il Rito perfetto . Su questo punto , sembra indispensabile un breve chiarimento . L' Alchi­ mia distingue la propria operatività in metodi , classicamente definiti vie. Ad un primo livello si distingue tra via umida e via secca: la prima conduce le sue operazioni al matraccio, a bassa temperatura; la seconda in crogiuo­ lo , a temperature più elevate . Una successiva classificazione distingue tra soluzioni specifiche e finalizzate - definite vie particolari - e una cosid­ detta Via Universale . Nonostante la sterminata produzione della letteratura alchemica offra riferimenti piuttosto laconici a proposito di quest' ultima, tuttavia le caratteristiche che la differenziano in modo più evidente dalle vie particolari ci sono in qualche modo pervenute . La prima di queste, con­ cretamente tecnica , sembrerebbe attestare la maggiore brevità del procedi­ mento universale rispetto a quello particolare; la seconda, più attinente al senso , sembrerebbe indicare che gli obiettivi della via universale sono del tutto distinti da quelli delle vie particolari .23 Emerge poi , su questo punto specifico , un riferimento costante , riferito a quelli che, nella simbologia del Libro , sono l ' Albero della Vita e l ' Albero della Conoscenza. Crediamo valga la pena di approfondire iniziando con Genesi : capitolo 2, 8 e 9: Poi i l Signore D i o piantò u n g i ardino i n Eden , a oriente , e v i collocò l ' uomo che aveva plasmato . Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogn i sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare , e l ' albero della vita i n mezzo al giardino e l ' albero della conoscenza del bene e del male .

Cui idealmente colleghiamo i versetti 16 e 17 dello stesso capitolo:

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quindi dotta . Al contrario le riduce a momenti speculativi; indubbiamente elevati , ma certo inefficaci sul piano anagogico . Così è , ad esempio, del l ' ermetismo alessandrino, una volta disgiunto dalla corrispondente pratica filosofale . L a lunga fila d i condizionali è quasi d ' obbligo , poiché l e informazioni relative al secondo punto sono davvero vaghe e rarissime . In generale, quel poco che emerge dal silenzio degli Autori si chiarisce per negazione , ovverosia nell ' affermazione che l ' Arte , nella sua Via Universale, non è fi nalizzata alla produzione di Oro , di Medicine o di Elisir. L' inutilità di questi obiettivi era per altro già stata ribadita in modo evidente nella saga di Gilgames il cui insegnamento - come avremo modo di vedere - è ben ripreso dal Mito greco .

Introduzione generale

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Il Signore Dio diede questo comando all ' uomo: "Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino , ma del l ' albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare , perché , nel giorno in cui tu ne mangerai , certamente dovrai morire" .

La descrizione data da Genesi , sembra rispondere a due scopi puntuali : identificare i due alberi , e far comprendere che un 'alterità li separa e li giustappone . Tutto, nel testo che abbiamo estrapolato , appare coerente con questo senso . Ad esempio , notiamo che alla minaccia del versetto 17 circa l ' albero della conoscenza, corrisponde un silenzio un po' imbarazzante in merito all ' albero della vita, per il quale non è dato alcun esplicito divieto .24 La situazione s ' inverte quando cerchiamo riferimenti di posizione: qui il testo è esplicito a proposito dell' albero della vita, che è posto in mezzo al giardino, ma non da riferimenti a proposito della collocazione dell ' albero della conoscenza; quasi che questa fosse un dettaglio insignificante , come se l ' albero fosse riconoscibile anche senza ulteriori indicazioni . 25 Diremmo allora che questi due alberi ci inducono a riflettere sui tre aspetti specifici della loro diversità. Il primo , forse banale , distingue e giu­ stappone dannosità e utilità; il secondo è riferito alla distinzione tra cen­ tralità e non centralità; il terzo infine , pone l ' inconsueto problema di un ' al­ terità tra conoscenza e vita. Noi leggiamo queste tre dimensioni come un richiamo triplice e preciso: in primo luogo alla Prassi [nella quale si trova il bivio tra ciò che è nocivo e ciò che è utile] ; in seconda istanza al Modo [in cui va individuata la differenza di valore tra ciò che è centrale e ciò che semplicemente trova posto] , e infine al Senso [nel quale la Conoscenza particolare che in Genesi è data dalla consapevolezza di sé sperimentata da Adamo ed Eva è riduzione e perciò antitesi del piano universale] . -

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La sensazione si accresce davanti ali' interpretazione corrente della tentazione di Eva . La distinzione tra i due Alberi è, ogg i , quasi del tutto assente: il fatto che il serpente i ndirizzi la progenitrice ali'Albero della Conoscenza non sembra muovere alcuna riflessione sul senso de li' Albero della Vita, sulla sua funzione assoluta in Eden , o sulla sua funzione specifica per l'uomo . Pure la domanda meriterebbe qualche attenzione , e il silenzio resta l'unico custode e l'unico velo di questo insegnamento . Per parte sua, l'Alchimia custodisce, nella sua Via Universale la chiave d ' inversione che consente , a chi mangerà del g iusto albero , di ristabilire lo status qua ante , e questo è - secondo tradizione - il senso più vero e profondo della pratica fi losofale . L'interpretazione potrebbe non essere così bizzarra, se immaginassimo , per I' Albero dell a Conoscenza , un frutto di evidente valore nel mondo nel quale la Conoscenza ha posto i nostri antenati , e noi dopo di loro .

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Prisca Sapientia

Il fatto che questo insegnamento comune a tutte le tradizioni abbia la sua scena in Eden , luogo della formazione di Adamo , non fa che indicare la necessità di un ulteriore momento di riflessione . Vediamo brevemente . Il morso che Eva e Adamo hanno dato al frutto del!' Albero della Conoscenza ha dunque posto in essere la separatezza tra Realtà e Verità? Ne siamo con­ vinti . Del resto , l ' indicazione trasmessa dal Testo è inequivocabile: l ' ac­ cesso alla Conoscenza porta alla separazione dalla Verità [nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire] . Non siamo stupiti di questo senso: se consideriamo - come Genesi suggerisce - che la Vita sia il Pro­ getto universale di un Creatore , è facile comprendere che questo Progetto si dipani aldilà di ogni classificazione di Bene e Male operata secondo la creatura. Quindi scegliere la Conoscenza del bene e del male separa la cre­ atura dal Senso del Progetto del suo Creatore , relegandola al solo piano di ciò che , comprensibile e manifesto , è caduco e soggetto a morte .26 Dunque , poiché punta al!'Arbor VittT, è evidente che non possiamo con­ siderare la Prassi alchemica della Via Universale come un semplice pro­ tocollo chimico-metallurgico. Al contrario dobbiamo presumere che essa sia in grado di produrre , nel susseguirsi delle operazioni, il cambiamen­ to qualitativo in grado di annullare la distanza tra i tre opposti descritti dal l ' allegoria di Genesi . La considerazione apre ovviamente a un' ipotesi interessante , sulla quale siamo certi che il Sognatore avrà già svolto le sue considerazioni: se operando sulla materia della manifestazione in base al Modo e al Senso della Via Universale è possibile annullare la separatezza tra conoscenza e vita, non è logico pensare che l 'eventuale risultato di que­ sta operazione possa rendere possibile il riallineamento tra verità e cono­ scenza, tra vita umana e vita universale? Noi certamente crediamo che sia così , e crediamo che questo agire , secondo la Prassi indicata dalla prisca sa­ pientia , rappresenti nel modo più autentico l 'agire conforme al Senso della verità27 che illumina la realtà rendendola completa, coerente e viva aldilà di ogni Religione e Fede , perché comune a tutte le Religioni e a tutte le Fedi .Z8 26

Lo stesso insegnamento è d ' altronde dato dal Mito che si riferisce ai Pomi d 'oro delle Esperidi . La storia mostra bene che utilizzare il divino per dirimere questioni umane - anche qui legate alla distinzione , seppure tra un meglio e un peggio è foriero di sventura . Così i frutti , una volta conquistati da Ercole , passano ad Afrodite , ad Athena, e infine ritornano a Era, perché il divino non può essere diviso da sé stesso . Quindi autentico Rito , secondo l ' accezione etimologica del termine sanscrito 8tii che rende: ciò che è conforme a perfezione. A chi desideri declinare un altro modo per comprendere la distinzione tra Vita e Scientia non sapremmo suggerire nulla di meglio che questo passo del vangelo di Luca [ 1 3 ,10- 1 7]: "Gesù stava insegnando di sabato in una sinagoga. Ecco una

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Introduzione generale

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Conservazione e trasmissione della Prisca Sapientia

A proposito di questo punto , crediamo resti la necessità di un chiarimento. Se accettiamo di considerare che il nucleo della prisca sapientia coincida con quanto abbiamo appena trattato, dobbiamo considerare che l ' accesso al piano universale, rappresentato dal ritrovamento dell Arbor Vìtce, sia una possibilità concreta e realizzabile al maturare di certe condizioni .29 Tuttavia, ammettere questa ipotesi significa accettare che se la possibilità di accedere a una determinata dimensione informativa risponde al concretizzarsi di con­ dizioni, essa deve essere considerata un dato del Progetto o, se si preferisce , un elemento del suo Senso .30 Accettando questa ipotesi , diviene allora imme­ diatamente chiaro che la prisca sapientia non è perduta; non è condannata all 'oblio dalle presunte condizioni sfavorevoli di una determinata era; non è ciclicamente riaffiorante in virtù di qualche misteriosa o mistica ciclicità che ne vincolerebbe la disponibilità al bisogno dei tempi: ben più banalmente , la prisca sapientia è consustanziale al piano della nostra realtà. '

Il possibile valore attuale della Prisca Sapientia

Tutti i racconti che narrano il Mito della Creazione concordano sul fatto che , in origine , Verità e Realtà costituivano un unicum , compiuto e perfet-

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donna, che da diciotto anni aveva uno spirito che la rendeva inferma, ed era tutta curva e assolutamente i ncapace di raddrizzarsi . Gesù, vedutala, la chiamò a sé e le disse: . Pose le mani su di lei , e nello stesso momento ella fu raddrizzata e glorificava Dio. Ora il capo della sinagoga , indignato che Gesù avesse fatto una guarigione di sabato , disse alla folla: . Ma il S ignore gli rispose: Mentre diceva queste cose , tutti i suoi avversari si vergognavano, e la moltitudine si rallegrava di tutte le opere gloriose da lui compiute" . Invece , a proposito dell ' universalità del Mito si veda tra gli altri : Wendy Doniger - LA DIFFERENZA SDOPPIATA - Adelphi , 2009 - per un interessante parallelo tra le figure del l ' India e quelle della Grecia. Alcune delle qual i riguardano la corretta esecuzione della Prassi , mentre altre attengono il rispetto del Modo e altre alla necessità del Senso. Parafrasando , si tratterebbe dello stesso meccanismo per cui , al realizzarsi di condizioni defi nite nelle regole , il giocatore trans ita da un livello del gioco a quello successivo , accede a risorse precedentemente indisponibi l i oppure è vincolato da nuove disposizioni .

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Prisca Sapientia

to . La loro attuale separatezza sarebbe perciò una conseguenza , il risultato del l ' infrangersi di quella originale perfezione immutabile . Dopo la frattura , il metafisica si ritirò , eterno e incorruttibile , mentre il fisico fu quasi ab­ bandonato su un piano inferiore. Il contatto fra i due sistemi è ridotto a un varco potenziale: quest' informazione è confermata nell' insegnamento di tutte le fonti tradizional i . Per amore di brevità , citiamo due soli esempi , comunque espliciti : il primo dato dalla figura di Hermes psicopompo;31 il secondo dall ' insegnamento del Cristo a proposito della porta stretta .32 Fuori dalla via indicata da questo insegnamento , ogni tradizione concorda nell' affermare che la distanza fra le due parti originariamente costituenti l ' Unicum resta incommensurabile .33 Ciò che guardiamo è spesso l ' i mmagine dell' universale che abbiamo definito in base alle nostre convinzioni . Lontani dal frutto più autentico dell ' Albero della Vita, riempiamo il vuoto di quest' assenza con l ' i llusoria sazi età che ci viene dal gustare i frutti dell ' Albero della Conoscenza. Il Metafisica rimane confuso ed estraneo , il Sacro si trasforma da invisibi­ le a inesistente , restando sempre più distante dall' uomo e dal fenomenico corrente . Così i Miti e le Religioni, nel tracciare il profilo di queste invin­ cibili separatezze insegnano che dèi sono coloro i quali vivono l ' Unicum di Verità e Realtà per nascita, Semidei divengono quanti accedono a questo Unicum per concessione , in risultato di necessità, in premio del merito o di lunghi sforzi ; Umani sono e restano , per esclusione , tutti gli altri . Tuttavia la frattura dell ' Unicum non divide soltanto l ' Uomo dalla Verità; separa an­ che , in qualche modo , il divino dalla Realtà. L' assenza di questo contatto , la mancata interazione della materia con la dynamis universale animante e vivificante simboleggiata dall' Arbor Vitae , esporrebbe allora il creato al progressivo processo di decadimento che le scritture tradizionali hanno

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Nella mitologia greca , Hermes è accompagnatore delle anime dei morti , che aiuta a trovare la via per l'aldilà. Egli incarna dunque il passaggio , l'attraversamento , il superamento: tutti concetti che rimandano in qualche modo al passaggio da un luogo, o da uno stato , ad un altro . Lo stesso è , nell'Arte , per il nostro Mercurio . "Entrate per la porta stretta, poiché larga è la porta e spaziosa la via che mena alla perdizione , e molti son quelli che entrano per essa. Stretta invece è la porta e angusta la via che mena alla vita, e pochi son quelli che la trovano" (Matteo 7 , 1 3- 1 4) Esiodo narra di un ' i ncudine che , se lasciata cadere dal Cielo, impiegherebbe nove giorni per giungere alla Terra , e altrettanti per sprofondare sino al Tartaro . Vide in: TEOGONIA.

Introduzione generale

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rappresentato nella successione di Yuga34 ed Età35 . Leggiamo la descrizione dello stato attuale di desolazione descritto da Ovidio: De duro est ultima ferro . protinus inrupit venae peioris in aevum omne nefas : fugere pudor verumque fidesque ; in quorum subiere locum fraudesque dolusque insidiaeque et vis et amor sceleratus habendi .

Che traduciamo: L' ultima è di duro ferro . subito irruppe infamia peggiore a quella d'ogni età: fuggirono il pudore , la verità , la lealtà, e al posto loro arrivarono frode e dolo , e insidie , e forza , e lo scellerato amore per il possesso .

Tale , l ' effetto innescato dal ritrarsi della dynamis universale , cui lo stes­ so Ovidio , pochi versi prima, aveva alluso con le parole di questa visione: Ver erat aeternum , placidique tepentibus auris mulcebant zephyri natos sine semine ftores ; mox etiam fruges tellus inarata ferebat

ovverosia: La primavera era eterna: sfioravano placidi zefiri col loro tiepido soffi o , fiori nati , mai seminati; senz 'essere arata, in breve la terra si ricopriva di messi

Così , riprendendo Luc Ferry,36 sembrerebbe potersi affermare che non solo gli dèi hanno bisogno dell 'uomo per non cristallizzarsi in uno scena­ rio di perfezione statica e morta , ma che la funzione dell ' uomo sia assicu­ rare , per mezzo della conoscenza derivata dalla prisca sapientia , l ' arresto del processo di sclerotizzazione universale attraverso un'azione perfetta , cioè in grado di realizzare il Senso universale . Come si vede , nella concezione delle relazioni tra Realtà e Verità propria al pensiero tradizionale , non vi è nulla che somigli alla relazione tra Divinità

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Vide in: Swami Sri Yukteswar - LA SCIENZA SACRA - Astrolabio Ubaldini , 1 993 . Vide i n : Ovidio - METAMORFOSI - LXXXIX-CL - Garzanti , 200 8 . Vide in: Luc Ferry - L A SAGGEZZA DEI Mm - Garzanti , 20 1 0 .

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e Uomo propria alle Religioni . Nulla che comporti , nella rottura dell 'Unicum e nella conseguente Caduta, il senso di condanna dal quale procede la ne­ cessità di un'azione morale suscettibile di produrre effetti salvifici; nulla che accolga un'escatologia collegata al rispetto di precetti o regole destinati ad assicurare ordine sul piano umano .37 Nell' idea tradizionale , la separatezza tra uomo e Verità definisce una condizione d'impedimento che causa l ' incapacità dell'uomo di assolvere il compito per il quale è stato posto nella manifestazio­ ne.38 È dunque per rendersi autenticamente capace del piano universale 39 che l 'uomo dovrebbe realizzare la prisca sapientia:40 una possibilità interessante per l 'uomo di Scienza come per quello di Fede, entrambi votati a cercare, in modi diversi ma complementari , la possibile conciliazione di Verità e Realtà. Il Sognatore riconoscerà in quest' argomento l ' indicazione a riflettere sulle implicazioni poste dali ' identità tra la Prassi della prisca sapientia e la Via Universale. Com ' è facile intuire si tratta di un punto chiave: lo spartiacque che separa la pratica dei metodi particolari dal senso più au­ tentico de l i ' Arte . In questo frangente le letture - anche le migliori - sono avare d ' indicazioni e spunti precisi ; i riferimenti vanno cercati con grande attenzione , spesso leggendo fra le righe di argomenti che apparentemente si discostano in maniera netta dalle considerazioni tecniche e di metodo . È piuttosto la pratica a illuminare il cammino di Senso al quale alludiamo , quando essa porta - magari per un inatteso incidente4 1 o per effetto di una rara condizione - a comprendere che molte delle indicazioni più chiare !asciateci dai Maestri sono , come amava ripetere Paolo Lucarelli : ja/se ma 37

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L'affermazione sembra meritare un chiarimento , soprattutto a vantaggio di chi abbia poca familiarità con il pensiero tradizionale. Non possiamo ammettere che l a Caduta di cui tradizioni e religioni parlano non fosse prevista nel Progetto divino, perché l'imprevi sto negherebbe la perfezione della divinità. Se si accetta quest'idea , ne consegue allora che la Caduta è conforme al Progetto . Inoltre , poiché è evidente che essa non ha determinato la fine del Progetto , deve quindi essere considerata necessaria ad assicurarne il perdurare . Vide i n : GENES I , 1 , 1 5 : " I l Signore D i o prese l'uomo e lo pose n e l giardino di Ede n , perché lo coltivasse e lo custodisse" . Un concetto del tutto tradizionale che , in certo senso, s i affi anca al capax Dei agostiniano, così espresso: "Eo (mens) est anima i mago , quo capax Dei est, et particeps esse potest" . [La mente è immagine dell'anima, che è capace di Dio, e può parteciparne] . Vide i n : Agostino di lppona - DE TRINITATE; 1 4 ,8 . Che Platone defi nì con il termine di Episteme: la forma più certa di conoscenza, in grado di assicurare il sapere autentico e universal e , ottenibile tramite gli strumenti complementari - ma diversi per valore - del ragionamento e dell'intuizione . S i rilegga a questo proposito quanto scrisse Fulcanelli circa i cassettoni del soffitto LES DEMEURES PHILOSOPHALES del castello di Dampierre . Vide i n : Fulcanell i Pauvert , 1 99 2 . -

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Introduzione generale

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utili. Imboccare l a Via Universale non dipende dalla volontà dell' opera­ tore: riconoscere e poter varcare la porta stretta richiede abbandono: l ' a­ dozione di un Modo non soggetto ali ' ego nel quale la Prassi ammetta - a ogni livello - l ' identità qualitativa dell 'operatore e della cosa operata. Al di fuori di questo cammino restano i percorsi delle vie particolari, nelle quali la specificazione è trappola ed errore .42 Come insegna la Chiesa Cattolica dopo aver mostrato la duplice chiave , di Pietro ,43 la Via Universale è davvero l ' unica autentica, Extra Ecclesia (Catholicam) nulla salus .

Che traduciamo:44 Al di fuori della (Comunità) Universale non v ' è salvezza.

Immaginare di volgersi alla prisca sapientia e quindi ali ' Arte nella sua forma universale - per ottenere risultati particolari che assecondino le pulsioni dell ' ego, è un errore grossolano. In innumerevoli occasioni i Ma­ estri hanno caritatevolmente esposto questo rischio , rimarcando come non sia confacente al Modo del l 'Arte considerare i Doni ricevuti dalla Grazia disponibili per sé e fame mercimonio . Che il Sognatore rifletta seriamente su questo punto: si è chiamati a fare Alchimia in risposta alle necessità di un Progetto: nessuno di noi ha meriti speciali che lo rendono adeguato o predestinato a questo compito; nessuno diventa eletto, Maestro o padrone dell 'Arte perché intende i testi e sa operare in Laboratorio . Queste capacità sono talenti ; ci sono date affinché il nostro essere strumenti permetta il compiersi di ciò che deve accadere . Non comprendere questo punto signi­ fica esporsi all ' unica tentazione che mosse il Cristo stesso ad adirarsi . -

Gesù entrò poi nel tempio e scacciò tutti quell i che v i trovò a comprare e a vendere ; rovesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe e disse loro: "La Scrittura dice: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera , ma voi ne fate una spelonca di ladri" .45

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Si legga a questo proposito l ' i lluminante di scorso tenuto d Paolo Lucarelli alla ScRITII ALCHEMICI E M A ssoNICI Sorbonne nel 1 999. Vide in: P. Lucarelli Mimesis, 20 1 2 . Ovverosia la rappresentazione del principio solare e lunare messo "sotto chiave" , cioè corporifi cato nella Pietra Perfetta e universal e . Scusandoc i , per il gioco di parole e parentesi . Vide in: Matteo - 2 1 , 1 2- 1 3 . -

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Non ci si faccia trarre in inganno da facili risposte o da presunte necessi­ tà. L' abbandono che l 'Alchimia richiede ai suoi praticanti non può preclu­ dere da un affidamento che vale, in primis e soprattutto quando si debbano affrontare le difficoltà della vita: l ' Arte non è e non garantisce privilegi o prebende . Ancora tornano, sul punto , le parole del Cristo in Matteo, 5 , 25 : Perciò vi dico: Non siate con ansietà solleciti per la vita vostra di quel che mangerete o di quel che berrete; né per il vostro corpo di che vi vestirete . Non è la vita più del nutrimento , e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano , non mietono, non raccolgono in granai , e il Padre vostro celeste li nutrisce . Non siete voi assai più di loro? E chi di voi può con la sua sollecitu­ dine aggiungere alla sua statura pure un cubito? E intorno al vestire , perché siete con ansietà solleciti? Considerate come crescono i gigli della campagna; essi non faticano e non fi lano ; eppure io vi dico che nemmeno Salomone , con tutta la sua gloria, fu vestito come uno di loro . Or se Iddio riveste in questa maniera l 'erba de' campi che oggi è e domani è gettata nel forno, non vestirà Egli molto più voi , o gente di poca fede? Non siate dunque con ansietà solleciti , dicendo : Che mangeremo? che berremo? o di che ci vestiremo? Poiché sono i pagani che ricercano tutte queste cose ; e il Padre vostro celeste sa che avete bisogno di tutte queste cose . Ma cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno sopraggiunte . Non siate dunque con ansietà solleciti del domani; perché il domani sarà sollecito di sé stesso . Basta a ciascun giorno il suo affanno .

Non si fraintenda: le citazioni dai Testi Sacri non equivalgono alla vo­ lontà di proporre una lettura religiosa del l ' Alchimia; né rispondono al de­ siderio - che sembra prendere alcuni - d'equiparare l 'Arte a una sorta di religione universale, nella quale il mero essere operativi46 sembra avviare a una sorta di sacerdozio . Se puntualizziamo questo concetto fino a rischiare la noia in chi legge è , semmai , per riportare le cose nel loro più naturale alveo , di pratica umana e via anagogica . Come insegnò Maitre Canseliet, così spesso citato e così evidentemente poco compreso, ciò che porta ali ' Arte è un Dono; ogni passo sul cammino

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Quel lo di operatività è un concetto scivoloso . Il nostro Maestro considerava operativo chiunque si dedicasse con cuore e buona lena anche solo allo studio e all ' approfondimento del l ' Arte poiché , secondo tradizione , lo Spirito soffia dove vuole . Oggi la tendenza sembra restringere la definizione a coloro i quali lavorano sulla materia , seppure la posizione sembri contraddire i l più autentico e tradizionale degli insegnamenti magistrali che recita: Ora, Lege, Lege, Lege, Relege, Labora et lnvenies. C itiamo le parole di Altu s , non per rimarcare la serie ossessi va dei Lege che anticipa il Labora , ma per considerare come , in Alchimia, la disposizione, i l modus, avvicini ali ' Arte ben più della sola disposizione ad accendere o far accendere fiamme .

Introduzione generale

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del l 'Arte è un nuovo Dono che prelude - se Grazia dispone - al Donum Dei del quale alcuni hanno voluto parlare . Essere scacciati dal Tempio per aver­ ne fatto mercimonio di questi Doni , è cosa che non sapremmo augurare ad alcuno . Il nostro Maestro , soleva ripeterei sino alla nausea il vecchio adagio ermetico secondo cui la pazienza è la scala dei Filosofi e l'umiltà è la porta de/ loro giardino . Non era abbastanza evidente il suo intendimento? Si rileg­ gano allora le parole di Bernardo da Chiaravalle , che Paolo tanto amava:47 Vedi come [San Paolo] fa dipendere il frutto e l ' utilità della scienza dal modo di sapere? Ma che vuoi dire modo di sapere , se non che tu sappia con quale ordine , con quale animo , a qual fine, che cosa si debba sapere? Con quale ordine: anzitutto , ciò che è più opportuno per la salvezza; con quale animo: più appassionatamente ciò che più accende l ' amore ; a qual fine: non per vana gloria o per curiosità o per qualcosa di simile, ma solo per tua edificazione o del prossimo . Vi sono infatti alcuni che amano di sapere solo per sapere ; ed è turpe curiosità . Altri che desiderano di conoscere perché essi stessi siano conosciuti ; ed è turpe vanità . Ci sono alcuni che desiderano di sapere per vendere la loro scienza , ad esempio, per denaro , per gli onori ; ed è turpe mercimonio. Ma ci sono anche di quelli che vogliono sapere per edificare ; ed è carità . Ci sono poi coloro che desiderano sapere per esser edificati ; ed è prudenza.

PRISCA S APIENTIA E ALCHIMI A : LA RICERCA DI NEWTON

Sir Isaac Newton , che lasciò in eredità più pagine di Alchimia che di Fisica,48 era fermamente convinto dell 'esistenza di una conoscenza an­ tica, unitaria e completa, riguardante la natura della manifestazione, la sua struttura e le sue leggi. Michael White , autore di una sua interessante

biografia,49 scrive a questo proposito: Insieme a molti altri intellettuali prima di lui , Newton credeva che un tempo l ' umanità avesse posseduto questa sintesi - la leggendaria prisca sapientia [ ] La raison d' etre di Newton era proprio quella di riscoprire questa struttura della natura. ..

Una ricerca quanto mai particolare per un uomo che molti considerano tra i padri della Scienza moderna. Pure Newton vi si dedicò per lunghi anni, suppor47 48 49

Vide i n : Bernardo di Chiaravalle - OPERE - Città Nuova , 200 8 . [Senno XXXVI , super Cantica Canticorumj . Vide i n : B .J .T. Dobbs - THE JANUS FACE OF GENIUS - THE ROLE OF ALCHEMY IN NEWTON ' s THOUGHT - Cambridge University Press, 2002 . Vide i n : Michael White - NEWTON L ' ULTIMO MAGO - Rizzol i , 200 1 .

Prisca Sapientia

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tato e certamente confortato nella sua convinzione dai risultati - molti dei quali davvero interessanti - ottenuti praticando Alchimia secondo il cosiddetto metodo della Via Secca. Dobbiamo allora considerare questo fatto come conferma che il legame di coerenza tra Alchimia e Prisca Sapienza sia tanto forte da sostenere il vaglio di una mente acuta come quella di Newton? Noi ne siamo convinti . IL SISTEMA ALCHEMICO E I SUOI ASSUNTI

A nostro parere, fu proprio la consapevolezza che l 'Alchimia è ben più di un procedimento di manipolazione metallurgica che portò Newton a consi­ derare l 'Arte come espressione del sistema di conoscenze che egli cercò per tutta la vita. Come accade a ogni autentico alchimista, lo scienziato-filosofo scopri che la Prassi di laboratorio è il vero piano di riscontro per le implica­ zioni di un Modo e di un Senso più complessi di quelli deducibili con l'os­ servazione delle reazioni della materia sottoposta alla fatica del crogiuolo . 50 Quest'accezione , porta alla memoria l ' insegnamento altrimenti davvero poco comprensibile di Maitre Canseliet, secondo cui è impossibile conside­ rare in modo compiuto l 'Arte senza comprendere la sua intima natura di me­ tafisica sperimentale . Ciò detto, crediamo che il modo migliore per conside­ rare come il pensiero alchemico possa aver trovato spazio in una mente come quella di Newton , sia guardare più da vicino i suoi assunti fondamentali . l o Assunto - Origine della Manifestazione

L' Alchimia considera l 'origine della Manifestazione in modo molto si­ mile a quanto esprime Plotino5 1 : una emanazione divina cui segue l ' azione incessante di creazione e generazione (l' alchimia dice specificazione) di un Intelletto e di un 'Anima universali . 2 ° Assunto - Principii che reggono la Manifestazione

Ciò che Plotino definisce Intelletto è per l ' Alchimia uno Spirito Univer­ sale . Questo Spirito ha agito direttamente nel l ' atto originale della Creazio50 51

Vide in: B .J . Teeter Dobbs - ISAAC NEWTON , SCIENZIATO E ALCHIMISTA . IL DOPPIO VOLTO DEL GENIO - Mediterranee , 2002 . (nella prefazione di Paolo Lucarelli) . Filosofo ( L i copol i . Eg i tto . 205 - M i nturno . Ital i a , 2 7 0 ) . Fu i l massimo esponente d e l l a scuola neoplatonica e di scepolo di Ammonio Sacca ad Alessandria di Egitto . I l suo pensiero fu raccolto dal d i scepolo Porti rio nel l e E nn e adi : sei libri contenenti ognuno nove trattati .

Introduzione generale·

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ne , lasciando poi operare un suo riflesso , che agisce nel piano immanente della materia.52 Questo riflesso, che l 'Alchimia chiama Zolfo , interagisce costantemente con l ' Anima (Mercurio) in supporto di ogni creazione se­ condaria, generazione e mutamento di stato . Così i corpi materiali , che l ' Alchimia chiama misti imperfetti o sali , sono tali perché in essi si corpo­ rifica un particolare equilibrio tra Zolfo e Mercurio . 3 ° Assunto - Unicità della Manifestazione

Anche se riconosce una distinzione tra immanente e trascendente , fi­ sico e metafisico, l ' Alchimia considera l ' intera Manifestazione come un Unicum. La separazione tra piano fi s i co e metafisico che definiamo realtà è quindi considerata - così come in tutte le rappresentazioni tradizionali una condizione o situazione da superare . 4 ° Assunto - Senso dell 'Alchimia

Per superare la situazione di separazione determinata dal i ' esperienza del piano materiale , l ' Alchimia individua un processo che ripercorre , a ritroso , le tappe che hanno condotto dal i ' atto iniziale de l i ' emanazione-creazione sino all ' ultima specificazione materiale . Isolando nei misti lo Zolfo e il Mercurio , l ' alchimista perviene all ' Anima universale e da questa allo Spi­ rito Universale . Poiché questo dimora all ' esterno del piano del manifesto , questa interazione - sola - garantirebbe il superamento dello iato che sepa­ ra gli infiniti piani della manifestazione . PRINCIPII E VISIONE D ' INSIEME

Come appare evidente , è nel l ' interazione tra Agente [Zolfo] e Paziente [Mercurio] , che l ' Alchimia riconosce la relazione che collega ogni punto e momento della Manifestazione alla sua Origine . Nello scorrere del tempo, apparente e fenomenico , questo rapporto costituisce il flusso di un' infini­ ta emanazione-generazione cui corrisponde un movimento di ritorno al­ trettanto infinito . Il concetto è tradizionalmente rappresentato dal simbolo de li ' Ouroboros53 • 52 53

Si legga a questo proposito la distinzione tra Zolfi di Limojon de Sainct Di sdier. Invitiamo a considerare questo simbolo in senso autenticamente ermetico . Vale la pena di notare che la doppia colorazione che talvolta è data al serpente , indica

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Alternativamente , esso si esprime nel cosiddetto simbolo aureo o del Sole .

In questa rappresentazione , più stilizzata, il ciclo infinito della rigenera­ zione non si esprime più soltanto per mezzo della linearità dell ' Ouroboros: la figura, infatti , rappresenta anche la relazione esistente tra ogni punto del­ la circonferenza [Manifestazione - speci ficazione] e il suo Centro . Ancora , ciò che il simbolo aureo rappresenta in piano , è reso in sezione trasversale dalla cosiddetta lemniscata di Bernoulli, la curva algebrica che rappresenta il simbolo d 'infinito .

Così consustanzialità e contemporaneità54 costituiscono la struttura dell ' Unicum di Verità e Realtà , al quale è dato accedere per mezzo di un

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sul piano fi losofico la consustanzialità di fisico e metafi sico a formare I ' Unicum di realtà e verità . In senso più squisitamente operativo invece, I ' Ouroboros cela un importante insegnamento e indica che l ' inizio e la fine del l 'Opera coincidono perfettamente . Rispettivamente defi nite dalla specificazione di Zolfo e Mercurio nei misti e dalla relazione che collega gli infiniti punti della Manifestazione al suo Centro .

Introduzione generale

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metodo55 capace di muovere - non nel tempo o nello spazio ma nella qua­ lità - dalla forma specificata al Principio Universale.

L' ALCHIMIA NON È UNA FILOSOFIA

Tutto ciò evidentemente non costituisce solo un modello filosofico; la distanza tra Filosofia e Alchimia resta incolmabile . La Filosofia è una ricer­ ca intellettuale, mentre l ' Alchimia è speculativa e sperimentale; la prima fonda sulla ragione e si sviluppa in intuizione , la seconda impone il supe­ ramento della ragione e stabilisce un parallelo ineludibile tra speculazione , intuizione e verifica sperimentale . Una definisce sistemi , modelli e concetti finalizzati a definire e rendere possibile la conoscenza intellettuale della verità; l ' altra realizza la verità. La stessa definizione de li' alchimista quale Philosophum per lgnem - Filosofo per mezzo del Fuoco - non descrive il risultato d'una mera ricerca fi losofica ma una molteplicità di cose , ognuna delle quali riguarda la complementarietà tra attività speculative e operati­ ve . Ali ' inizio della pratica ad esempio, si può considerare Philosophum per Ignem colui che cerchi la verità servendosi del fuoco elementare; ad uno stadio più avanzato colui che abbia rinvenuto il Fuoco de l i ' Arte ,56 e infine colui che abbia pienamente realizzato il processo di mutazione che , per mezzo del Fuoco, conduce a Verità. Tuttavia, per evitare pericolosi fraintendimenti , diremo che la sola spe­ rimentazione non dà alcuna garanzia di riuscita. Come ricordano i Maestri : la disposizione , lo studio e un intervento esterno , che la tradizione Cri­ stiana ha portato a chiamare Grazia , sono altrettanto indispensabili . È dal risultato di un agire coerente che si compie su piani diversi che derivano gli effetti - materiali e immateriali - che dànno all ' alchimista la possibili­ tà di prendere consapevolezza empirica57 dell 'Unicum di Verità e Realtà. Citiamo allora, con l ' intento di suggerire una riflessione utile e feconda, questo breve passo:58 Il segreto de li ' Alchimia, eccolo: esiste un mezzo di manipolare la ma­ teria e l 'energia in modo da produrre ciò che gli scienziati contemporanei chiamerebbero un campo di forza. Questo campo di forza agisce sull' os55 56 57 58

Inteso qui come parte tecnica di una prassi . II Fuoco Segreto , senza i l quale non è possibile condurre l ' Opera oltre la sua parte inziale . II termine va inteso qui in senso letterale secondo l ' assonanza con i termini greci : e n (Ev) e piros (mJQoç): nel fuoco . Vide in: L . Pauwels - J . Bergier: IL MAITINO DEI MAGHI - Mondadori , 1 997 .

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servatore e lo mette in una situazione privilegiata di fronte ali ' universo . Da quel punto privilegiato egli ha adito a realtà che lo spazio e il tempo , la materia e l 'energia abitualmente nascondono . È ciò che noi chiamiamo la Grande Opera. Immutabile coerenza

Incontrando la verità del Rito59 alchemico , le ipotesi che hanno guida­ to il Sognatore nelle prime fasi dello studio , della ricerca e della pratica, decadono . Ogni pensiero elaborato sino a quel punto svela il limite della dimensione particolare e specifica che l ' ha originato , denuncia la sua di­ stanza dalla dimensione universale che il riflesso della Verità dischiude . Ciò è tanto vero che i Maestri hanno deciso di indicare , benignamente , la futilità di ogni riferimento altro dalla pratica dopo il conseguimento del Mercurio .60 Poiché questo è vero da sempre , l ' Alchimia è probabilmente l ' unico sistema umano che ha mantenuto inalterata la propria codifica ri­ spetto alla sua prima versione . Questa immutabilità, così dissonante rispetto a ogni umana logica ed esperienza di progresso , è per noi indizio di un 'efficacia che non necessita miglioramenti o variazioni . Le differenze adottate negli strumenti che sono sati utilizzati per trasmettere questa conoscenza nel corso dei millenni sono determinate da due soli fattori critici : la cultura del luogo-momento e il gra­ do di conoscenza di chi ha ideato il messaggio . La forma può quindi variare anche in misura notevole , ma la sostanza resta immutata. In questo modo , il Sognatore che abbia individuato almeno una chiave elementare della sua ricerca, potrà seguire le tracce di questo insegnamento in modo abbastan­ za agevole: nella storia, nel Mito , nelle Scritture Sacre e sapienziali , nei Ritual i , nei Simboli , nelle favole, nelle allegorie e nelle leggende , incluse alcune di quelle cosiddette popolari . Parallelamente - come abbiamo visto incontrando la ricerca di Sir Isaac Newton - tracce di questa conoscenza saranno state sparse e potranno essere rinvenute anche in luoghi dove , se­ condo la mentalità corrente , non dovrebbe essere possibile trovarne . 59 60

Il termine va qui i nteso , come in precedenza, nella sua accezione più alta: l 'agire corretto, in grado di produrre Verità nella Realtà . Secondo il vecchio adagio dealbate Latonam et rumpite libros , chiunque avrà visto e compreso il risultato di questo sbiancamento non avrà bisogno di cercare i ndicazioni utili alla prosecuzione e conclusione del l ' Opera . Il riflesso che si mostra a colui che è stato chiamato ad aprire questa Porta, permette infatti di comprendere con assoluta e i ndefettibile chiarezza cosa sia Paziente e cosa Agente , e quale sia i l miracolo della Cosa Una .

Introduzione generale

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PIANO E OBIETTIV I DI QUESTO STUDIO

Volendo individuare le tracce della prisca sapientia per tentare di co­ gliere i fondamentali del suo insegnamento , il riferimento alla Mitologia - che è narrazione allegorica della Verità - diventa irrinunciabile . Tra le mille mitologie possibili , crediamo che quella greca rappresenti la scelta che meglio risponde alla nostra volontà di stimolare riflessioni condivisi­ bili: sia per la sua presenza alle radici della nostra cultura, sia in virtù della memoria che ne abbiamo dai tempi scolastici . Ai nostri occhi il Mito - Mythos [Mu1toç] - è certamente discorso , favola , leggenda , notizia e racconto , ma allo steso tempo è anche Mitos [Ml-toç] , il filo della trama , il filo delle Parche e la corda della lira di Apol­ lo : insomma l ' unico àmbito nel quale è ancora possibile rinvenire la chiave - comunque spezzata - che apre la via d ' accesso a questa conoscenza.61 Certo si potrebbe giustamente notare che la stessa traccia permane nel l ' insegnamento delle Religioni; crediamo tuttavia che una ricerca compiuta in campo neutro ,62 possa ridurre il rischio dei fraintendimenti dovuti alla presenza di naturali forme di pregiudizio e pudore , che sembra doveroso rispettare . È dunque nello spazio privilegiato del Mito greco che cercheremo la prima e completa rappresentazione della natura,63 del mon­ do e delle sue leggi . Fra i Miti è la Cosmogonia di Esiodo a narrare con più chiarezza ciò che andiamo cercando: dapprima essa mostra la natura e la struttura dell ' Unicum , poi le leggi che lo governano e le relazioni che collegano le sue parti . In questo modo sono indicati dapprima il Senso e il Modo universali e poi la Prassi che da questi discende . Guardando a questo deposito sapienziale , il nostro intento è dare continuazione idea­ le al nostro primo lavoro : cercare tracce , verificando e approfondendo il

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Questa chiave spezzata, possiede comunque u n valore i nestimabile , ed è raffigurata in questa condizione perché in questo modo è indicata la necessità imprescindibile di procedere al suo consolidamento. Fulcanell i espresse l a questione i n termini più velati , alludendo a un mancato collegamento che indicò con i l ricorso alla cabala fonetica. Il nostro Maestro , Paolo Lucarelli , si è servito dello stesso strumento per trattare la questione in modo sorprendentemente generoso nelle note alla sua traduzione del l ibro del l ' Adepto francese. Vide in: Fulcanell i : IL MisTERO DELLE CATTEDRALI Mediterranee , 2005 . Ovverosia senza guardare alle Religioni contemporanee. Natura i ntesa come eidos [ dùoç] , ovve ro sia jorma e aspetto . I l termine assume il significato che qui i ntendiamo con Platone , che lo impiega in riferimento alle idee o forme ideali delle cose . L' eidos è quindi la natura della cosa; la sua sostanza intima e invisibile , la causa di ogni forma . -

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senso degli indizi che dovessero confermare la possibilità di una lettura alchemica del Mito .

LA NOSTRA INTENZIONE

Certo in questo inizio di ventunesimo secolo, viene da chiedersi cosa possa esserci ancora da considerare e approfondire , e quali riflessioni pos­ sano essere condotte su un argomento così diffusamente trattato dal Dom Pemety,64 e da tutti gli Autori che , nel tempo, hanno esplorato i possibi­ li significati delle cosmogonie e delle allegorie mitologiche d ' Oriente e d' Occidente . La considerazione potrebbe non essere del tutto fuori luogo , tuttavia, pur con la necessaria e dovuta modestia sentiamo , su un tema così delicato , di fare interamente nostra la riflessione che spinse il nostro Maestro - Paolo Lucarelli - a considerare necessaria una nuova traduzione , e notazione , del testo principe di Fulcanell i . I tempi mutano e con essi i linguaggi : ciò che resta immutata è la responsabilità di fare ciò che si può affinché accada ciò che deve . Certo in questo caso, più ancora che nel nostro primo lavoro , l ' ampiez­ za e la complessità della materia trattata non consentono di immaginare risultati esaustivi: la sola dimensione della letteratura mitologica greca richiederebbe una vita intera di studio e approfondimento , cui applicare competenze e conoscenze che non possediamo e che non possono essere sostituite . Tuttavia non crediamo che questo possa rendere il nostro lavoro del tutto inutile: non essendo mai stati animati dalla volontà di fornire ri­ sposte , definire sistemi , modelli di pensiero o schemi , 65 quello che ci pro­ poniamo - e riteniamo di poter fare - è suggerire spunti di riflessione . Nella nostra esperienza, riflettere sulla possibile lettura alchemica del Mito ha condotto a considerare qualcosa di sfuggente , che in qualche modo sembra 64

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Vide in: Dom Antoine-Joseph Pernety, Religioso Benedettino della Congregazione di San Mauro - LE FAVOLE EGIZIE E GRECHE, SVELATE E RIDOTTE AL LORO PRINCIPIO COMUNE, CON UNA SPIEGAZIONE DEI GEROGLIFICI E DELLA GUERRA DI TROIA - A Parigi , Lungofiume degli Agostinian i , Libreria B auche , a Santa Genoveffa e San Giovanni nel deserto - 1 75 8 . [Ed . Italiana - F.l l i Melita, 1 987 ] . Ogni Sognatore sa che il patrimonio delle piccole o grandi scoperte su questa Via è un tesoro affidato , allo stesso modo i n cui lo furono i Talenti della Parabola . Noi possiamo scegl iere di mettere questo talento a frutto - cum grano salis - oppure non farlo, ma non possiamo mai comportarci come se la moneta non ci fosse stata data , o ci appartenesse . Così abbiamo ritenuto di mettere a frutto questo Talento condividendolo . È un atto dal quale non ci attendiamo crediti o interessi : essi spettano, come la Parabola insegna, al Proprietario dei talenti .

Introduzione generale

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coincidere con quella dimensione che spesso percepiamo mancare nelle nostre esistenze . Così , a questo proposito , scriveva Panikkar:66 Cogliere il senso non significa esattamente intendere il significato delle pa­ role né quello delle frasi . [ . . . ] Cogliamo il senso di qualcosa quando lo inte­ griamo in un contesto nel quale esso "si situa" , si armonizza , non stona - o viceversa quando ne scopriamo l ' inadeguatezza . Non possiamo intendere la cosa "in sé" isolata dal contesto , poiché qualsiasi cosa "in sé" è un' astrazione . Qualsiasi cosa è sempre in aliud , in dialogo con quanto si inscrive come a for­ mare parte di un tutto . Questo aliud in ultima analisi non si può cogliere se non come un alter che forma parte di un totum del quale anch ' io faccio parte . Non si tratta di un intus-legere ma di un inter-legere che permette di accedere a un mondo , a un tutto , a un contesto , nel quale la narrazione "ha un senso" preciso.

È la relazione tra i termini posti da Panikkar - stretta eppure sottilis­ sima - che a nostro avviso rappresenta la complessità - e al contempo la semplicità- dell 'intera questione. Il superamento della dualità nella lettura di senso che conferma la relazione tra i fatti non può prescindere dalla con­ sapevolezza della dualità che caratterizza la Manifestazione: senza questa, infatti , nessun superamento è possibile .67 Il Senso di Panikkar è assolutamente assonante con il Senso della pri­ sca sapientia e, nella nostra visione , con il suo Modo e la sua Prassi. Così anche il suo modo, disposto a considerare ciò che non appare da subito in modo evidente , ci è parso consono al modo di una ricerca sincera, che indaga senza pregiudizi , attenta al comprendere più che allo stabilire . In sintesi , questo è il modo con cui auspichiamo di riuscire a porgere le nostre considerazioni e riflessioni . Per questo motivo ci sentiamo di chiedere , a chi leggerà, di provare a meditare e far proprie le parole che Giuseppe Tucci scrisse , quasi in prefazione a uno dei suoi mirabili diari di viaggio in Oriente:68 Io chiedo ai miei compagni non soltanto la disciplina ma soprattutto un ac­ corto e cauto adattamento psicologico alle genti , un' umanità comprensiva ed affettuosa, il rispetto delle diverse costumanze ed abitudini . Difficilmente po­ trebbe seguirm i , o con comune disagio, chi pensasse di opporre alla sempl icità, 66 67

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Vide in: R. Pannikkar - MITo , SIMBOLO , CULTO - Jaka Books , 2008 . Ogni visione dualistica non è che un punto di partenza. La condizione dalla quale si muove per giungere allo stato di Unità. Questo è il primo degli i nsegnamenti che il Sognatore riceve nel suo Laboratorio . Ogni cosa è doppia , e ogni doppiezza deve infine risolversi in Unità. Vide i n : G. Tucci - NEPAL . ALLA scOPERTA DEL REGNO DEI MALLA Newton Compton , 1 996 . -

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Prisca Sapientia seppure qualche volta ritrosa degli abitanti , la presunzione della superiorità della propria cultura o della propria religione , Allora il viaggiatore , avendo tutto in dispregio e a noia, scivola irritato e cruccioso in un mondo che gli si chiude intorno come certe piante sensitive che , appena le tocchi , in se medesi­ me si rinserrano.

Non nobis Domine

Andrea Zucconi e Guido Buffo

LA TEOGONIA DI ESIODO

Il

significato d 'un Mito è un 'esperienza contemplativa . Elémire Zolla

CONSIDERAZIONI PRELIMINARI

Prima di addentrarci nell 'esame simbolico di uno fra i testi più significa­ tivi del la mitologia occidentale, potrebbe essere utile considerare la duplice distanza che ce ne separa. La prima distanza, palese , ha radici nella storia; poiché l 'Occidente moderno intende il mondo in modo diverso da Esiodo e Omero . La seconda è ben più sottile , e riguarda il senso significante che Esiodo trasmette , in riferimento puntuale al contenuto della Prisca Sapien­ tia e della pratica filosofale . Ben aldilà delle apparenze , queste distanze si sommano per riflettersi su tutto: dalle concezioni generali ai valori , dai riferimenti ai modelli. Anche l ' interpretazione simbolica del linguaggio presenta difficoltà, perché molti termini sono di origine più antica di quello che il poema lascerebbe suppore , ed hanno finito per assumere , nel tempo , connotazioni di significato anche differente . 1 Il Sognatore che abbia provato a confrontarsi con un testo come la Turba dei Filosofi comprende cosa i ntendiamo . Non si tratta di confrontarsi con semplici problemi di traduzione; piuttosto la complessità principale è data dalla contestualizzazione . Per i lluminare la questione , citeremo una parte del commento che il nostro Maestro , Paolo Lucarell i , redasse per la sua traduzione del testo attribuito ad Arisleo . "Fermiamoci tuttavia un attimo per una considerazione di capitale i mportanza , senza la quale il nostro viaggio nel labirinto sereno e operoso della Dottrina ermetica si vanificherebbe sin dal l ' inizio. Quello che dobbiamo capire , accettare e ricordare , è che non ci troviamo di fronte a giochi verbali , o a concetti risultanti da profonde meditazioni o raffi nati ragionamenti . Non sono nemmeno immagin i , seppur splendide , apparse in momenti estatic i di ricchezza interiore quando , come talvolta avviene ad anime elette , appare alla mente i ncantata tutta la meraviglia delle epifanie misteriche . I Maestri ci stanno parlando di qualche cosa che hanno visto , udito , toccato , annusato , assaggiato . [ . . . ] Sulla scena della

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Prisca Sapientia

Quindi , nonostante la Grecia classica sia alle fondamenta della nostra cultura, dobbiamo considerare che la nostra prospettiva di lettura è pro­ babilmente assai distante da ciò che Esiodo intendeva descrivere e rac­ contare . Anche aldilà dei riferimenti ai contenuti della prisca sapientia , la nostra idea di società è diversa; sono differenti la forma e la natura della nostra idea religiosa e i nostri concetti di atteggiamento , relazione e valore . Così ad esempio , alla luce del nostro monoteismo potremmo interpretare gli dèi di Esiodo come una versione imperfetta del divino . L' applicazione di questo criterio produrrebbe però una deformazione di prospettiva tale da impedirci di comprendere senso e dimensione della narrazione esiodea. Proviamo a chiarire: quando Erodoto informa che l ' autore della Cosmo­ gonia è contemporaneo di Omero (vu secolo a.C .) , dice implicitamente che la sua realtà è vivificata da una presenza divina multiforme, declinata in mil­ le sfaccettature coerenti . Per quanto Esiodo si allontani da Omero per una diversa impostazione del rapporto tra narrazione poetica e verità? nella sua visione, comune alle culture antiche , il Dio assoluto - essenza di perfezione - è ineffabile .3 Il cosmo, sua creazione, è una sorta di teatro , luogo governato da epigoni nel quale agiscono comparse , mentre il Dio assoluto resta fuori scena. Per aiutare a comprendere con più chiarezza l ' importanza di questa prospettiva nella sua dimensione narrativa e poetica,4 potrebbe essere inte-

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Grande Opera un solo attore , incredibile trasforrnista, sta recitando un' unica commedia. Questa è rifacimento specchiato , in piccolo e tuttavia fedele , della manifestazione macrocosmica: tutta la Creazione è rappresentazione di u n ' unica cosa , le creature ne sono immagine virtuale e ripetuta. [ . . . ] All' inizio dunque era il "Rame " , Caos della Creazione macro e micro cosmica in cui tutto è racchiuso . Elementi , Nature , Principii , tenebre e luce , bontà e malizia, nobile e ignobile. [ . . . ]. Già "rame" proviene da culture precise , quando questo era i l metallo per antonomasia, nel fondo dei tempi . Basti pensare che nei geroglifici suo emblema era i l crogiuolo, a testimoniar) o simbolo di tutta la metallurgia egizi a . [ . . . ] Ruland, nel suo dottissimo Lexicon precisa: È attribuito a Venere [ . . . ] . Ancora una volta non c i si lasci abbindolare dai Maestri invidiosi , [ . . . ] i l Rame dei Filosofi non si può comprare . . . ". Vide in: Arisleo - LA TURBA DEI FILOSOFI - Mediterranee , 1 997 . In Omero , fatti e circostanze del Mito sono vere perché narrate , mentre Esiodo ­ forse per primo - pone il problema dell ' inversione di questi termini . Come avverrà successi vamente in Parmenide , nel l ' Antico Testamento con Isaia 45 , 1 5 : "Vere tu es Deus absconditus Deus I srahel salvator" , e nella concezione teologica dell ' apofatismo , secondo la quale l ' approccio adeguato a Dio è la contemplazione e l ' adorazione del mistero , prescindendo da ogni processo di speculazione o indagine razionale . Ma anche , a beneficio dei Sognatori , nella dimensione propria della letteratura alchemica.

La teogonia di Esiodo

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ressante considerare il ruolo che riveste nella tragedia greca la figura della presenza assente. Ecco l ' incipit dell'analisi di Nicola Stanchi:5 Il modo più semplice per illustrare il concetto di ' presenza assente ' è proba­ bilmente quello di rifarsi all ' Iliade e aii ' Odissea. Nel l ' àmbito della letteratura greca, i poemi omerici forniscono , infatti , i più antichi e illustri esempi di una tecnica narrativa che consiste nel lasciare a lungo fuori campo l 'eroe princi­ pale, evitando di mostrarlo in azione nella parte iniziale del l ' opera, e dando invece ril ievo al vuoto prodotto dalla sua assenza: un artificio che , lungi dallo sminuire l ' importanza del personaggio, consente invece di metterne pienamen­ te a fuoco la centralità. Per i primi tre quarti dell ' Iliade , Achille partecipa agli eventi in forma meramente passiva, determinando col suo ritiro dal combatti­ mento la crisi de li' esercito greco; è la sua assenza , costantemente deplorata e rimpianta dai compagni , a fare di lui il protagonista del poema, ancora prima che il suo ritorno alle armi , sapientemente dilazionato e preparato da una serie di episodi intermedi , segni la svolta decisiva della guerra . In modo analogo, I ' Odissea si apre , anziché col racconto in ordinata successione delle peripezie di Odisseo reduce da Troia, con una sezione dedicata all ' attesa de li ' eroe da parte dei familiari , messi in grave difficoltà dalla sua prolungata lontananza; Odisseo stesso, come scrive Geoffrey S. Kirk , «non è visibile sulla scena fino al quinto canto , ma ciò non toglie che sia centro focale d ' ogni parola o pensiero formulati da altri>> .

In generale, il ricorso a quest' espediente narrativo indica il riferimen­ to del poema a una figura precisa, e ad un livello informativo superiore , del quale si percepiscono l 'esistenza e il senso per mezzo di ciò che esso afferma in termini di Progetto, concatenamento degli eventi , Necessità e Giustizia. Questo solo fatto , impedisce ovviamente di leggere Esiodo con­ siderando il suo riferirsi al divino come semplice superstizione .6 L' autore della çosmogonia non è credulone , ingenuo o infantile: nemmeno è il buon selvaggio; al contrario, usa le figure divine e umane del Mito per esporre concetti e verità per mezzo di una narrazione . Egli non vive - come noi ­ in un mondo nel quale la verità deve coincidere con il reale: per lui , come per gli antichi in generale , è piuttosto vero il contrario . II divino - proprio perché multiforme - è immediatamente universale; facilmente in grado di rappresentare , nel l ' infinito rifrangersi della multiformità, la parte scano5

Vide in: Nicola Stanchi LA PRESENZA ASSENTE - L' ATTESA DEL PERSONAGGIO FUORI SCENA NELLA TRAGEDIA GRECA - Il Filarete . Pubblicazioni della Facoltà di Lettere e Filosofi a dell'Università degli Studi di Milano , 2007 .

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Nel tempo di Esiodo , il termine superstizione faceva ancora riferimento a quod super stat, ovvero sia a ciò che sta sopra , e non era ancora un semplice sinonimo

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di creduloneria, scaramanzia e falsa - o distorta - pratica dei culti .

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Prisca Sapientia

sci uta del sistema, l ' ex machina da cui , come in Aristotele , tutto prende moto , senso e scopo . Ancora a proposito di fraintendimenti / crediamo sarebbe curioso imma­ ginare che Esiodo avesse in progetto di dare significato scientifico ai suoi scritti . L' idea di un pensiero puramente scientifico prende vita, in Occiden­ te , solo con il Rinascimento: oltre venti secoli più tardi . Al tempo di Esiodo l ' investigazione della verità, della natura e delle sue leggi, era materia per Filosofi : ogni indagare disgiunto dalla Filosofia sarebbe stato considerato una forma di hybris .8 Quindi il Mito non è un abbozzo di linguaggio scien­ tifico , la definizione delle sue figure non rappresenta un tentativo acerbo di notazione: quando la Cosmogonia descrive gli dèi agire come forze nella manifestazione , le parole indicano - in modo simbolico - le forze di natu­ ra9 e il loro agire funzionale a un progetto che di tanto in tanto traspare . 1 0 I n ultimo , sembra utile rilevare che il Mito non possiede connotazione psicologica: leggerlo in questa chiave sarebbe un goffo anacronismo . Com­ portamenti , modi , avversioni e capacità , non tratteggiano la personalità dei protagonisti , né rilevano il cattivo e il buono nelle sue relazioni o nel suo modo di porsi: descrivono caratteristiche elementali e funzioni , capacità di contribuire a uno scopo e ad un senso . Analogamente , i problemi , le sfide , i dubbi , i drammi , le gioie , le vittorie e le sconfitte non descrivono conflitti della personalità o fra personalità, ma leggi di relazione , principii di Senso e Modo , momenti e nodi della Prassi .

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Tipici soprattutto di quella scuola di pensiero che ancora si ostina a considerare ogni descrizione della physis [q:n]mç] come tentativo pre-scientifico, senza rammentare che , per gli antichi , la Natura non è mai stata oggetto separato da un tutto dai connotati metafis ic i . Hybris [u�gtç] è termine che compare nella Poetica di Aristotele e che rende , letteralmente: tracotanza , eccesso, superbia, orgoglio o prevaricazione . Ai tempi di Esiodo, l ' hybris era configurata anche come reato . Sulla relazione tra ricerca della Verità e Filosofia invitiamo invece a considerare come , a dispetto del più comune credere , molti dei maggiori Filosofi classici non tenessero in gran conto l a pretesa educazione alla Verità realizzata per mezzo della teleté [ tEÀE1:�] , l ' iniziazione ai Misteri . Eracl ito ad esempio la considerava "buona per il volgo" , Platone ne ironizza ne La Repubblica, mentre Diogene apertamente dubita del suo valore . Il termine greco per natura , physi s , [cpumç] , darà poi luogo al termine Fisica. D a qui u n dubbio potrebbe forse venire , m a d i segno opposto: s e questo progetto che traspare dovesse un giorno essere riconosciuto come l 'elemento unificante che la Scienza cerca con tanta dedizione, varrebbe la pena domandarsi se il Mito non fosse - ab ovo - oltre la Scienza e il suo l inguaggio.

La teogonia di Esiodo

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IL MODO E LE FIGURE DELLA NARRAZIONE DI ESIODO

Usando la presenza assente come una chiave , è più facile accedere aila pienezza deilo spettro narrativo che Esiodo usa come modus deiia Teogo­ nia. II silenzio circa l ' Origine Prima, limita il racconto ailo specificarsi del­ la manifestazione , ma mentre Esiodo descrive il formarsi de Ila Creazione , usa i suoi divini protagonisti per illuminare la Legge secondo la quale essa è modellata. Coerentemente , la funzione di questi primi dèi è duplice: essi sono agenti neiia formazione della realtà, e forze nel suo governo . 1 1 Que­ sto modo rappresentativo coincide con la junzione del Mito evidenziata in prefazione , e fornisce la figurazione aiiegorica della relazione tra Verità e Realtà. In piena coerenza con questo senso didattico , dopo l ' introduzione , i protagonisti del Mito e le loro vicende si declinano e si specificano a trac­ ciare i contorni generali della Prassi , trasmettendo indicazioni di Metodo . Il Monte Elicona

L' intenzione di verità , primo valore del Mito , traspare già dall ' allegoria con cui Esiodo apre la sua opera. II monte Elicona è una spirale [élix ÉÀ.t�] ; ai suoi piedi sorge il villaggio di Esiodo; lungo i suoi fianchi i pascoli

dove il pastore conduce i suoi greggi , e i templi , dedicati aiie Muse e ad Eros. Alla sommità del monte , il terreno consacrato ove le Muse danzano. In una lettura simbolica, dalla realtà del quotidiano (il viiiaggio) , Esiodo (poeta-pastore) ci conduce in crescendo e per piani successivi aile soglie dell ' Unicum di verità. II cammino che egli ci propone , caratterizzato daila spirale lungo la quale a noi è dato salire e aile Muse è dato scendere , è contrassegnato da incontri con il sacro e , infine , dalla possibilità di armo­ nizzarsi con esso . Ecco come le Muse ispirarono il Poeta: le Muse insegnarono un bel canto a me, Esiodo , quando pascolavo le pecore sotto il divino Elicona, loro cominciarono a dirmi queste parole, le divine Olimpie , figlie di Zeus Egìoco :

Il

In questo , Esiodo segue i Sumeri , g l i Indian i , i Cinesi e g l i Egizi . Tutti questi tendono a dare testimonianza del senso e del modus della cosmogoni a , più che a definirne un senso religioso . I loro racconti - spesso commissionati dal divino come nel caso di Esiodo - posseggono u n ' omogeneità sorprendente , pur nella differenza delle forme proprie a tempi , luoghi e culture diversi . È sulle impl icazioni di questa omogeneità che invitiamo i Sognatori a riflettere .

Prisca Sapientia

58 "Pastori , c ampagnoli , brutta razza , solo-panc i a , noi sappiamo raccontare c o s e false che sembrano vere , e se vogliamo sappiamo anche cantare la verità" ; così dissero le figlie del grande Zeu s , lingue sciolte , mi diedero u n o scettro d ' alloro verdeggiante , un mirabile ramo che colsero , e mi ispirarono una poesia divina, perché cantassi le lodi delle cose future e delle passate ; mi spinsero a cantare la generazione dei sempre beati , e a celebrare loro , le Muse , al pri n c ipio, alla fi n e , sempre [

. . .

] 12

Queste prime strofe contengono g i à alcuni spunti interessanti , sui quali crediamo valga la pena trattenerci per una riflessione generale e per una prima familiarizzazione con il linguaggio mitologico . Le Muse e il Pastore

Nel Mito , le Muse impersonano e ispirano l ' idea suprema dell ' arte , ren­ dendo gli uomini da loro prescelti ed educati , capaci di rappresentare la verità del Tutto , ovverosia la magnificenza eterna del divino : 1 3 sono infatti figlie di Zeus e Mnemosine - la Memoria.14 Perciò a ben vedere , il fatto che 12 13 14

Per questa versione letterale del testo , si veda il bel lavoro di Adalinda Gasparini i n : http://www.alaaddin .it/greche/testolett/index .htm l . Per u n ' edizione i n prosa con testo greco a fronte vedere invece : Esiodo , OPERE - Utet , 1 983 . Quindi , in pieno accordo con il Senso , i l Modo e la Prassi dell a Prisca Sapientia , intenderemo qui : ne rendono possibile la trasmissione . Esiodo , che è contemporaneo di Omero , considera come quest' ultimo nove Muse: Clio per la Stori a , Euterpe per la musica , Talia per l a commedia, Melpomene per la tragedia, Tersicore per la Danza , Erato per il canto corale e la poesia amorosa, Polimnia (cui s ' attribuisce l ' invenzione del l ' agricoltura) , per l ' azione scenica, la pantomima e la danza associate al canto sacro ; Urania per l ' Astronomia e la Geometria, infine Call iope - che Esiodo defi nisce "la più illustre di tutte" - per la poesia epica . Antecedentemente tuttavia, [Pausania, PERIEGESI - IX, 29-2] , le Muse sono tre , e i loro nomi sono: Mneme (Ricordo) , Aede (Canto) , e Melete (Pratica) . Dal nostro punto di vista , questa rappresentazione originale ricalca in modo davvero puntuale c iò che abbiamo detto a propos ito della coerenza e consustanzialità di Senso, Modo e Prassi . Il punto , ci pare anche generosamente indicato dalla narrazione mitologica secondo cui Zeu s , per la loro generazion e , dovette giacere c o n Mnemosine nove notti. Questo dettagl io, simbolizza i l fatto che la loro esistenza dipende da una funzione o essenza triplice ( i l triplice seme del Dio) , che non può essere considerata diversamente senza che se ne perda i l valore assoluto . A questo sentiamo di aggiungere che il nome della Musa della Pratica [Melete J.iEÀÉtT)] contiene in sé alcuni riferimenti interessanti per i l Sognatore , tra i quali evidenziamo: nero [mélas j.IÉÀaç] , spezzare [meli zo J.IEÀL�w] , rendere molle, fondere, sciogliere [ meldo j.IÉÀÒw] , preparazione [mélete j.IÉÀEtT)] , favo -

La teogonia di Esiodo

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queste educatrici affidino a un pastore la composizione del loro poema,1 5 indica esplicitamente che il contenuto del racconto , espresso per simboli e allegorie, attiene alla Verità della quale esse sono effigi e custodi . Lo scettro di alloro e la Coerenza

Veniamo ora allo scettro di alloro , che le Muse donano a Esiodo. In gre­ co , alloro si dice dafne [ùéupvY]] , e la bella Dafne , che si mutò in pianta per sfuggire alle attenzioni amorose di Apollo , era figlia della Terra e Ladone , Dio dei fiumi . Diremo allora, a beneficio dei Sognatori , che questa proge­ nie divina, generata dalla Terra e dalle Acque Inferiori , attira gli amori del Sole che tuttavia non può congiungersi direttamente ad essa. Perché ciò avvenga è necessario, come insegna il Mito , che la natura vegetativa di Dafne sia fi ssata , e che Apollo si unisca a lei come linfa vitale, fissato in terra dal l ' acqua celeste che nutre l ' intera natura.1 6 Come si vede , siamo di fronte a una puntualità tecnica rigorosa, che al contempo convalida la chiave simbolica utilizzata da Esiodo per descrivere lo scettro che gli fu affidato dalle Muse. In ordine alla Prisca Sapientia , esso infatti rappresenta - mercé il senso appena illustrato dell ' alloro - l ' in­ dicazione didattica del pieno compimento apollineo e, in senso poetico , fungendo da testimone , indica l ' attribuzione di una responsabilità in ordine alla trasmissione della conoscenza. A vantaggio dei meno avvezzi a questo rutilante gioco di specchi , diremo che questa chiave di lettura, illuminata dalla relazione maschile-femminile data da Apollo-Dafne e Muse-Alloro,1 7 è ulteriormente confermata da qualche osservazione sulla natura apolli­ nea. La letteratura evidenzia, infatti , un profondo legame tra il culto di Apollo e quello della Terra Madre . 1 8 Da questa, emerge la figura di un Dio [melitòn J1EÀLt6v] , miele [méli f.IÉÀL] , idromele [mel iteion J.lEÀLtELOv] , e melitòdes [J.lEÀLtWÒT]ç] , ovverosia Dea del miele , l ' appellativo con il quale ci si riferiva a

15

16 17 18

Persefone . Ancora una volta , come si vede , una piccola ricerca in una miniera ricca produce risultati dai quali è davvero difficile prescindere . L' assonanza tra pastore [poimen JWL!l�V] e poema [poiema JWLT]!J.U] , è evidente . Lo diviene ancor di più se si considera come la funzione della Teogonia sia condurre gli uomini alla verità, allo stesso modo in cui i l pastore conduce i suoi armenti verso un pasturo sicuro . La conferma d i questa informazione tecnica v iene dalla predilezione d i Apollo per l ' alloro , del quale egli si cinge il capo . Va notato che nell ' iconografia classica , i l capo di Apollo è fulgido e lucente . Crediamo sia evidente che l a seconda è u n riflesso ribaltato della prima. I l legame è confermato anche dal l ' episodio che vede Apollo uccisore di Pitone , considerato all' origine del successivo mito di Dafne-alloro .

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androgino di probabile origine semitica,19 la cui successiva grecizzazione determinò una separazione delle componenti di genere e originò Apollo e Artemide , attribuendo loro l ' individualità solare e lunare che ci è stata tramandata. Dunque , seguendo l ' allegoria, l 'opera di Esiodo mostra d ' ini­ ziare con riferimenti chiari e puntuali : il Senso è richiamato dalla presenza delle Muse , il Modo dalla scelta di un poeta-pastore , la Prassi infine dallo scettro di alloro . Crediamo che questa triplicità, così cara ai neoplatonici , porga una chiave interessante , sia agli appassionati della cultura classica, sia ai Sognatori . LA FIGURA INIZIALE DELLA TEOGONIA

La narrazione inizia alla presenza di un Caos sulla cui origine il poeta non si trattiene , e sulla cui natura non fornisce dettagli . Da questa scura voragine , in modo un po' misterioso, in una successione non perfettamente chiara, emergono gli dèi originari , dai quali tutto prende avvio . L' azione è remota, collocata prima di ogni Età. Sulla scena, che molti oggi affiancano al Genesi biblico ,2° si rappresentano tre quadri distinti e successivi : dap­ prima una manifestazione di principii e forze , poi l ' instaurarsi delle loro relazioni funzionali , infine la rappresentazione , sempre più dettagliata, di ciò che queste relazioni producono. Esiodo procede secondo il modo delle Muse: sapendo raccontare cosefalse che sembrano vere , e cantando anche la verità: prende per mano il lettore e lo conduce a scoprire gli attori e l ' a­ zione della dynamis universale . 21 Il Divino Originante , sempre fuori scena, si collega al piano degli eventi tramite un epigono - il Caos - figura chiave cui è dato introdurre gli attori della rappresentazione universale. QUALCHE RIFLESSIONE SUL CAOS

Sono i termini utilizzati da Esiodo a comunicarci qualche informazione interessante su questo Caos [X aoç] . Il poeta lo introduce con una decli­ nazione temporale del verbo generare [ghennao yEvv a w] . Quindi , per -

19

20 21

Vide i n : Gigi Sanna, l SEGNI DEL LOSSIA CACCIATORE - S ' Alvure , 2007 . Comunque posteriore all ' opera esiodea, se si accetta il parere generale degli studiosi , che ne riconoscono l ' origine nella Giudea del V-IV secolo a .C . L a dynamis è la realizzazione che porta a l compimento d i un atto a partire d a un potenziale . Esiodo individua quindi nei primi dèi manifesti, l 'atto che esprime il potenziale rappresentato dal Dio unico che resta fuori scena .

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Esiodo i l Caos non è un ' Origine vera e propria: è a sua volta generato . Notiamo l ' interessante nota di Giulio Guidorizzi :22 Va notato che i l c aos e siodeo non e s iste da sempre : s i manifesta e perdura , anche dopo che si sono manife stati g l i esseri divini , come uno spazio di fondo , un buco nero dell ' universo .

Se il concetto di buco nero può far pensare a un anacronismo , va tuttavia considerato che , in greco , il termine Caos indica una voragine ,Z3 un abis­ so , una tenebrosa oscurità , una jenditura , un burrone e anche uno spazio aperto o uno spazio capace di dare beatitudine.24 Non sorprenderà quindi che gli studiosi siano generalmente concordi nel riconoscere che il Caos non è solo il luogo in cui le entità vengono in essere e trovano collocazione, ma anche una vera entità materiale: "una sorta di nebulosità senza forma, associata ali ' oscurità" . 25

In modo ancora più interessante, i commenti classici descrivono il Caos di Esiodo con il termine di kenòn [xÉvov] , che designa lo spazio vuoto tra Cielo e Terra; ovverosia quello spazio formatosi successivamente alla frattura dell ' Unità originaria.Z6 Ora, l 'insieme di questi significati offre , a cercatori della prisca sapientia e Sognatori , una definizione davvero inte­ ressante . Il Caos, così inteso e descritto è, infatti , il luogo in cui sono in potenza tutte le generazioni; la profondità infinita che rinchiude spazio , tempo e materia; il varco che mette in comunicazione le Manifestazioni con l ' Origine . È davvero difficile immaginare una definizione che possa meglio soddisfare chi si provi a leggere Esiodo in chiave metafisica e, al 22 Vide in: Giulio Guidorizzi - IL MITo GRECO - VoL . l GLI DEI - Mondadori , 2009 . 23 ·· Vide i n : Jean-Pierre Vernant - L' uNIVERSO, GLI DEI E GLI uoMINI - Einaud i , 200 1 . L' i nterpretazione deriva dal l ' associazione con la radice cha , che richiama i l verbo chdino l chdsko , "aprire la bocca" . Su questa nota fi lologica invitiamo i Sognatori a una considerazione circa la misteriosa cerimon ia di apertura della bocca che 24 25 26

costituiva, nella religione egizia , il fulcro dei riti che predisponevano l ' anima del Faraone al viaggio per l ' aldilà. Vide i n : Herbert Jenning Rose - OxFORD CLASSICAL DICTIONARY - Oxford University press , 1 970. Cfr. Cesare Cassanmagnago nella notazione alla traduzione in: DIZIONARIO DI ANTICHITÀ CLASSICHE - San Paolo, 1 995 . Vide in: Cesare Cassanmagnago - LE CHAOS D' HÉSIODE - Pallas - Revue d 'études antiques, nr. 49, 2002 . Vide i n : Cesare Cassanmagnago - EsioDo , TUTTE LE OPERE - Bompiani , 2009 Nella traduzione dello scoliaste: "Il Caos è dunque emissione e secrezione verso gli elementi . Alcuni lo dicono acqua, altri aria ( . . . ) "Venne all 'esistenza lo Spazio beante": Chaos è in rapporto a riversarsi ; è un luogo vuoto che sta tra terra e cielo; infatti è venuto ali ' esistenza dal i ' invisibile " .

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contempo , cerchi nelle figure della sua Cosmogonia il raccordo possibile tra Mito, prisca sapientia e Alchimia. Per chiudere questa breve notazione , crediamo infine utile rilevare , a beneficio dei cercatori della prisca sapientia e dei Sognatori , che la descri­ zione di Esiodo è comune a tutte le cosmogonie. Questo luogo non luogo e tempo non tempo , che il glossario tradizionale descrive con i termini di passaggio , stato intermedio , porta e soglia è, in­ fatti , il punto in cui ogni Mito individua il transito dalla Singolarità dell ' U­ nicum Universale alla Molteplicità specificata delle Manifestazioni .Z7

27

Per prima, c i sembra il caso di menzionare la mitologia cosmogonica sumera dei i ' Enuma Eli s , che così narra della prima scaturigine del Caos: "Quando i n alto il Cielo non aveva ancora un nome , e la Terra, in basso, non era ancora stata chiamata con il suo nome , Nulla esisteva eccetto Apsu (le Acque Inferiori) l ' Antico , la loro origine , e Mummu (le Acque Dolci) e Tiamat (le Acque Salate) , la madre di loro tutti . Le loro acque si mescolarono insieme, e i pascol i non erano ancora formati , né i canneti esistevano; quando nessuno degli Dei era ancora manifesto . . . " . Il riferimento ad Apsu rimanda al Sathapata Brahmana "Il cavallo (Asvah è qui l ' animale del sacrificio universale che è metafora della creazione) nasce nel l ' acqua (letteralmente Apsu yonir ovverosia è generato in Apsu) , [Cfr. G iorgio de Santillana - Hertha von Dechend , IL MuuNo m AMLETO - Adelphi , 2003] . Poi Lao Tzu : "Quale abisso ! Sembra i l progenitore del le diecimila creature . Smussa le sue punte , districa i suoi nodi , mitiga il suo splendore , si rende simile alla sua polvere . Quale profondità ! Sembra che da sempre esista. Non so di chi sia figlio, pare anteriore ali ' Imperatore del Cielo" [ Vide i n : Lao Tsu - TAo TE CH' ING - Adelphi , 1 995] . Poi la cosmologia ermopol itana, secondo la quale gli Egizi , sin dalla v dinastia riconoscono nel Caos l ' origine delle quattro coppie di divinità (Ogdoade) che stabiliscono la complementarietà attivo-passivo delle quattro forze della Creazione: Nun e Nunet per le Acque Primordial i , Keku e Keket per l ' Oscurità , Huh e Huhet per l ' Illimitatezza, Amon e Amonet per l ' Immaterialità. Poi ancora , più puntuale i n senso alchemico, i l S antinell i : "Era dal nulla uscito l il tenebroso Caos , massa disforme l al primo suon d ' onn ipotente labbro . l Parea che partorito l il disordine l ' avesse , anzi che fabbro l stato ne fosse un dio, tanto era informe . l Stavano inoperose l in lui tutte le cose l e senza spirto divisor confuso l ogni elemento i n lui stava racchiuso" [Vide i n : Crasellame , Lux 0BNUBLIATA Mediterranee , 1 980] , o il Gualdi , suo probabile Maestro e mentore: "L' ogni potente fece dal nulla uscire il chaos tenebroso l massa disforme , qual parto meraviglioso [ ] ogni elemento i n lui stava racchiuso l tutt ' i l potere animale, vegetabile e m inerale confuso . l Da questa massa i nordinata e i mpura l fece l ' ognipotente i l C i e l o , terra e creatura l Sole e Luna, e d o g n i cosa ebbe nome , tanto le miniere vegetabil come bestiame l Oh del divino Hermete , ed Arte Patema l come mai fabricò tutto dal l ' indistinto Chaos l colla mano Eterna l ancora noi figliuoli miei nella grand' opera nostra l cercar dobbiamo tal chaos , come l a figura vi mostra ." [ Vide in: Federico Guald i , PHILOSOPHIA HERMETICA - Mediterranee, 2008] . . . .

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Singolarità, Binario e Tema no

w

Complementarietà

Attività l Riflesso

Come mostra la stilizzazione , la Singolarità originaria racchiude ogni potenza. Da questo modo statico un primo impulso, del quale possiamo solo supporre il senso ,28 consente il manifestarsi della Complementarie­ tà inziale . Questa, a sua volta, si definisce in una dinamicità che produce un 'Attività e il suo Riflesso . Le infinite possibilità, date dalla congiunzione di questi Principii , compongono il loro equilibrio in un Caos che costitui­ sce"la Prima Forma, e definisce il Modo di passaggio tra Singolarità e Mol­ teplicità.Z9 Così , nel moto che avvia la specificazione , l ' Unità si fa Comple­ mentarietà: indifferente al concetto di aporia, l ' Unicum dà vita e forma ad 28

29

Questo movente resta velato nelle cosmogonie. Nessuna di esse porge un ' i ndicazione che permetta di formulare u n ' i potesi che giustifichi il perché della dynamis. Nel suo Laboratorio , l ' Artista del Fuoco scopre che la dynamis risponde alla necessità posta dal Senso del l ' esistenza, e che essa trova il proprio Modo nell' equilibrio tra opposti . Nelle sue operazioni , l ' Arte i nsegna che la negatività è un aspetto necessario del reale , e che la morte possiede , in sé , il seme di ogni vita futura: la vita universale non può prescindere dalle complementarietà d i questo dinamismo senza rischiare che il suo intero sistema si stabilizzi in uno stato di sclerosi irreversibile . I simbol i che abbiamo utilizzato nella figura , propri ali ' Alchimia, non hanno lo scopo di spiegare meglio o di più; né quello di forzare il senso di una lettura

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ogni cosa e al suo contrario . Questa dynamis che costituisce il B inario e la sua attività-riflesso , procede a stabilire il Temario: punto di ogni equilibrio senza il quale nessun Quatemario potrebbe specificarsi . Questo il senso discendente di ciò che l ' Arte realizza nel proprio percorso ascendente .

Si osservi con attenzione la Scala di Giacobbe rappresentata nel disegno di Apertura del Liber Mutus di Altus30 • Lungo di essa, gli Angeli salgono e scendono, mentre la Scala stessa è posta come segno centrale al varco celeste a indicare , con inusitata chiarezza, il duplice senso direzionale che essa ammette . Un altro modo per raffigurare questo processo è il Penta/fa , che ancora nel medioevo i costruttori rappresentavano nei rosoni delle cattedrali come glifo della vita universale . Alla sua sommità è posta la fenditura oscura del Caos, attraverso cui penetra il riflesso dello Zolfo Primo , universale , assoluto , informante . Questo si declina poi in specificazioni successive , che costituiranno la realtà manifesta che la tradizione cinese definisce dei diecimila esseri.

30

particolare . Semplicemente mostrano - restando riconoscibili nelle diverse forme dell a narrazione - la coerenza tra prisca sapientia , Mito e Alchimia. Vide in: E. Canseliet - MUTus LIBER - Pauvert , 1 967 .

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o ·c: ..

E



C1

Certo la rappresentazione potrebbe stupire : sia per l ' abbinamento tra i cosiddetti regni e gli elementi , sia per l ' attribuzione al tipo Umano di un regno specifico , separato da quello Animale: vediamo brevemente . Emer­ gendo dal Caos , lo Spirito-Zolfo-Fuoco che Esiodo identifica in Eros , inte­ ragisce con Gea e determina la Realtà della Manifestazione . Questa speci­ ficazione quaternaria3 1 non è che una prima declinazione delle proprietà del Principio Zolfo e del Principio Mercurio , determinata dall ' interazione resa possibile dalla loro complementarietà naturale .32 Aldilà di questa linearità, esiste però anche un altro modo di guardare a questi primi eventi , utile a comprendere come il Mito sia effettivamente lo strumento simbolico di cui gli antichi si sono serviti per rappresentare verità di ordine metafi sica . 31

Come vedremo in seguito, i primi quattro dèi rappresentano gli Elementi [Fuoco, Aria, Acqua, Terra] , anche se non sarebbe affatto inutile riflettere sulla loro classificazione per proprietà [Caldo, Secco, Freddo, Umido] , che più si adatta al dominio sottile del l ' Arte e della prisca sapientia .

32

Come nel simbolo del T'ai C h ' i non esiste una parte completamente scura (Yi n ) o chiara ( Yang ) . Il caldo-secco assoluto di Zolfo si declina in Fuoco e Aria, mentre il freddo-umido assol uto di Mercurio si declina in Acqua e Terra . Si legga anche i n riferimento alle due forze uni versal i cui spesso accenna Newton .

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Come abbiamo già scritto nel nostro primo studio, il Caos può essere rap­ presentato anche come uno specchio o una lente che capovolge la luce che passa per il suo punto focale . Da questa caratteristica - certo interessante per il Sognatore - deriva il modo in cui Esiodo rappresenta gli elementi che emergono dal Caos . Essi sono riflessi di quelli che abbiamo rappre­ sentato nella Singolarità;33 elementi che mantengono il senso del Principio che li ha originati ma lo incarnano in modo declinato . Ne consegue che la Realtà che essi costituiscono con le loro interazioni è una declinazione indebolita e un riflesso della Verità. Così , mentre in alto l ' Uno ineffabile si specifica discendendo e declinandosi dal i ' Onnipotenza ai Principii; in basso l ' azione dello Spirito-Zolfo-Fuoco-Eros specifica una scala che sale dall' Elemento più passivo e semplice a quello più attivo e complesso per rendere possibile la ricongiunzione , attraverso il Caos, all ' Unità originale e originante . Si guardi all ' insegnamento tradizionale: poiché l ' Uno contiene in po­ tenza le caratteristiche che attribuiamo allo Zolfo (Maschio) e al Mercu­ rio (Femmina) , tutte le memorie considerano fondante la figura simbolica dell ' Androgino . Si indica così la vera natura di Adamo dicendo che Eva, madre del l ' intero genere umano ,34 fu tratta dal suo corpo ,35 e ovviamente si fa lo stesso , e in modo ancora più esplicito , quando si narra che Athena nacque dalla testa di Zeus. Ciò che tutti questi indizi sembrano confermare , è che una delle caratteristiche più rilevanti dei riflessi immanenti di Zolfo e Mercurio è la loro perdita di purezza assoluta: qui nella Manifestazione , nulla è più assolutamente puro . La specificazione materiale comporta un inevitabile decadimento qualitativo , che l ' Arte spiega con l ' effetto della rifrazione che si deve attribuire al Caos . Così lo Zolfo immanente non è più puro , il mercurio manifesto non è più assoluto e ognuno dei due princi­ pii contiene anche un riflesso del suo opposto . La simbologia più chiara a questo proposito è quella cinese , che rappresenta il T ' ai Ch ' i universale in un simbolo di complementarietà che vede il rapporto tra due principi puri ,

a

pag . 5 9 .

33

Cfr. i m m a g i n e

34

Ovveros i a di o g n i succes s i v a spec i fi cazione .

35

Notiamo che in greco , il termine adamas [aÒaJ.Ulç] significa acciaio o metallo indomabile , mentre e v [EU l rende bene, rettamente e felicemente , fungendo da prefi sso per evangheia [euayyELa] , splendore , chiarezza , vivezza, purezza, santità . Allo stesso tempo , Edaen [Eòm1v] è forma aoristica di didasco [òLMwxwl che traduce insegnare.

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mentre rappresenta quello della manifestazione nella forma nota, che li integra.

Ovviamente , la conseguenza di questa condizione ibrida è che anche gli Elementi non sono assoluti e puri ; il loro stato reale può essere rappresenta­ to da un susseguirsi di gradazioni : il Fuoco declina in Aria, l ' Aria in Acqua e questa in Terra.36 Le caratteristiche salienti di ciò che è tradizionalmente assegnato a un elemento sono allora rese più manifeste Iaddove due ele­ menti sfumano fra loro rendendo palese l 'effetto de li' azione del Fuoco , che l 'Arte definisce sublimazione .37 Così , quando gli antichi assegnano i metal­ li ali ' Acqua, lo fanno perché ciò che appare Terra, se sottoposto al Fuoco si risolve in un'Acqua. Proviamo allora a seguire il percorso tracciato dal nostro Pentalfa e leggiamo insieme il senso da attribuire alla successione degli elementi . Secondo il ragionamento che abbiamo appena fatto , il pri­ mo elemento a determinarsi è ovviamente l ' Acqua, riflesso complementare del Fuoco agente , che come ricorda Genesi è elemento primo e semplice della Manifestazione . La sua collocazione in questo punto conferma anche un ' altra nozione interessante: la natura prevalentemente femminea e mer­ curiale della nostra Manifestazione . Questo è da sempre l ' insegnamento de li ' Alchimia, che pone a centro della sua Prassi , del suo Modo e del suo

36 37

Il Sognatore rifletta sul fatto che il cammino de l i ' Arte procede in senso inverso a questa declinazione. Questo dovrebbe rendere meno confusa la spiegazione riguardante la genesi dei metalli che accomuna tanti testi di alchimia. L' Acqua di Natura , o umido radicale , riceve l ' influsso di Fuoco dello Zolfo Astrale [Limojon] , per condensarsi in metall i . Essi sono tanto più nobil i quanto più alto è i l loro grado di fi ssità, ovverosia quanto maggiore è l 'effetto dello Zolfo sul Mercuri o .

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Senso il Mercurio. Agendo su quest'Acqua sottile e cristallina38 il Fuoco , appena emerso dal Caos , la insemina e la inspessisce , consolidando la Ter­ ra in una naturale sublimazione . Si confronti il testo di Genesi l , 1-2: In principio Dio creò il cielo e la terra . Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l ' abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Su quest ' Acqua, le azioni che la riguardano e la successiva separazione tra acque superiori e acque inferiori si gioca, come sappiamo , ogni cosmogonia. In Esiodo , Eros e Gea generano Urano , mentre Genesi propone - in modo ancora più espl icito rispetto all ' Arte - gli avvenimenti del Primo e del Secondo gior­ no: la separazione tra Luce e Tenebre e la creazione del Firmamento .

Dopo la specificazione dell' Acqua, l ' azione del Fuoco continua sulla parte più sottile della Terra e porta a definire , nella sfumatura tra elementi che descrive la loro progressiva sublimazione e attivazione , il principio vegetativo , che trova in Acqua e Terra il luogo del suo intero ciclo di vita . Sono , in Genesi , i lavori del Terzo giorno . Dopo ciò, il testo di Genesi sembra presentare una curiosa anomalia e ricondurre il senso del Quarto giorno a una miglioria di qualcosa già definito nel Secondo . Non ci trat­ terremo su questo punto perché i riferimenti operativi e la loro trasparenza non concedono spazio a commenti . Ciò che possiamo dire , in senso gene­ rale, è che la comparsa di stelle nel firmamento corrisponde all ' attività di animazione che caratterizzerà il risultato dei giorni successivi fino al Sesto . Così nel nostro Pentalfa una nuova reazione più sottile dà forma all ' Aria, che è vapore d'Acqua arricchito dalle esalazioni più nobili della Terra e dalle influenze più sottili del Cielo . Quest' Aria che si avvicina sempre più al Fuoco-Spirito ed è la sola a potersi congiungere con lui è Anima; quindi elemento animante o animale . Essa ospita la parte più sottile e spirituale della Vita,39 che proviene direttamente dal Fuoco , con il quale la parte su­ periore dell ' Aria è in contatto . Ecco perché i Maestri dicono che la natura dell'Anima è quella di un' Aria che racchiude in sé elementi di Acqua e Ter­ ra in cui si riflette il Fuoco , o se si preferi sce , quella di una Terra Acquea, nella quale è un' Aria che riceve il riflesso del Fuoco . L' ultimo grado di sublimazione indica, nel risultato della congiunzione tra Anima e Spirito , il passaggio dalla vita animale alla pienezza spirituale; dalla vita che resta vincolata ai limiti della Manifestazione a quella che può a spirare ad acce-

38

39

Vide i n : Anonimo [ A . J . Kirchweger?j AuREA CATENA HoMERI o u L A NATURE DÉVOILÉE - Dervy, 1 993 . Che le di verse culture hanno defi nito: spiritu s , pneuma , prana, ch' i , ki.

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dere , per mezzo del Fuoco, al transito che conduce da Realtà a Verità. In questo senso l ' Uomo afferma la sua superiorità sulla creazione materiale.40 Quello che abbiamo visto si presta certo a considerazioni interessanti , soprattutto in virtù del fatto che - come mostra il disegno a pagina 62 - la freccia che indica il movimento dello Spirito-Zolfo-Fuoco-Eros nel l ' àm­ bito delle Manifestazioni non si arresta nel punto di chiusura della stella ma prosegue , di nuovo attraverso il Caos , per tornare alla Verità. Dob­ biamo allora considerare che sia la natura potenzialmente igneo-spirituale dell 'uomo a determinare il suo Senso funzionale in questo modello? La nostra convinzione su questo punto è certamente positiva, e crediamo che tutto quanto sin qui esaminato ne fornisca prova e conferma, soprattutto in considerazione della posizione parallela che Uomo e Metalli hanno alla base del Pentalfa. Questa sembra ribadire una coerenza che pare importan­ te rilevare , perché anticipa in modo curioso il concetto di unità delle leggi cui la scienza moderna certamente mira. Ciò che i maestri d ' Alchimia hanno sempre affermato , indicando il pa­ rallelo evolversi di Operatore e Materie , diviene allora il legame che segna qualità e coerenza di una Manifestazione caratterizzata dagli effetti del l ' a­ zione di un Agente comune e universale. Quindi , proprio come i Maestri insegnano, la Materia deve superare la fase minerale , vegetale e animale per poter ricevere lo Spirito che la renderà universale , poiché - come già affermato dalle teologie - è l ' azione informante dello Spirito Universale a determinare la qualificazione degli enti e le loro relazioni . Ora tutto questo ci permette di comprendere con maggior chiarezza come il Caos descritto da Esiodo sia davvero il Terzo Principio4 1 della Singolarità indivisibile: il punto di origine di ciò che è manifesto e vero ylè [uì..t1 ] , materia della Creazione . Qui , differentemente da quanto precedentemente considerato , il Mito mostra più chiaramente del Genesi : la presenza assente del Dio-Sin­ golarità-Creatore permette di dispiegare con maggiore profitto le allegorie , ed Esiodo anticipa, su questo punto , la lezione di Platino:

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La coincidenza tra l ' Uomo e l ' elemento Fuoco potrebbe essere considerata esplicativa della formula secondo la quale l ' Uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio. Se infatti consideriamo che il Fuoco-Zolfo-Spirito è l ' unico elemento direttamente procedente dai i ' Unicum di Verità, se ne deve dedurre che esso è quello che ne riflette in modo più completo la sostanza . Perciò, se l ' Uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio, la natura più intima del l ' uomo compiutamente real izzato non può che essere ignea e spiritual e . Sale o Corpo quindi , dopo Zolfo e Mercurio .

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Chi voglia parlare con esattezza , non deve nominarlo [il Supremo Uno] , con questo o con quel nome; noi possiamo soltanto girare intorno - per così dire - alla sua circonferenza, cercando di interpretare con la parola l ' esperienza che se ne ha, ora colpendo vicino al segno , ora restando di nuovo delusi nel nostro scopo a cagione delle antinomie che scopriamo in esso . La più grande antinomia sorge da questo: che noi lo comprendiamo attraverso una presenza più alta di ogni comprensione . Da ciò l ' affermazione del Maestro [Platone] , che Esso è aldilà, sia della parola, sia dello scritto . Eppure ne parliamo e scri­ viamo , cercando di aiutare i l pellegrino ad avanzare nel suo viaggio in quella direzione . . . 4 2

Così , l ' allegoria di questa prima figura della Teogonia spinge a riflettere sulla relazione tra Unicità e Molteplicità, Verità e Realtà. L' insegnamento indica che la discesa dello Spirito-Zolfo-Fuoco-Eros coincide con l ' aper­ tura del piano della Singolarità43 e il transito della Forza Informante cui è dato determinare e ordinare il Piano della Molteplicità. Cosa emerge dal Caos Riprendiamo il testo della Teogonia: Prima nacque il Caos , poi Gaia dall ' immenso seno , base per sempre salda per tutti gli immortali signori della cima del nevoso Olimpo , e il Tartaro , sotterraneo grande di tetre gallerie, ed Eros, che è il più bello fra gli dèi immortal i , sciogli membra , che sottomette l a mente e l e sagge intenzioni in tutti gli dèi come in tutti gli uomini ; dal Caos nacquero l ' Erebo e la Notte nera , nacquero l ' Etere e il Giorno dalla Notte , che li concepì unita nell' abbraccio con l ' Erebo; prima di tutto Gaia diede vita al suo simile , Urano stellato , perché tutta l ' abbracciasse , e fosse per sempre dimora incrollabile per gli dèi beati ;

Qui di seguito la successione delle prime otto figure divine , rappresen­ tata tenendo in considerazione la specificazione dei due Principii Primi - Zolfo e Mercurio - negli elementi Fuoco-Aria e Terra-Acqua, e la succes­ sione dei gradi di specificazione precedentemente raffigurata.

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Vide in: Plotino, ENNEADI VI , I X , 3-4 - Bompiani , 2000 . Di fatto quasi una rottura, se si segue la tradizione Qabbalistica.

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71 Il Quaternarlo emerge dal Caos

Andiamo ora a fare conoscenza con le prime otto divinità di Esiodo . EROS

È l 'Amore universale e irresistibile. È la simpatia che aggrega gli atomi, Rappresenta il primo riflesso del Fuoco universale.

GEA

Data la natura ricettiva della generazione, rappresenta l 'elemen­ to Acqua: è la Grande Madre del cosmo e degli dèi, giustapposta al Cielo.

TARTARO

Freddo e oscuro sotterraneo, è connaturato a Gea e al contempo estraneo a essa. Rappresenta l 'elemento Terra.

URANO

È il Cielo: sede del generante universale e dimora dei beati im­ mortali. Rappresenta l 'elemento Aria, ovvero le acque superiori.

EREBO

È la tenebra, personificazione della radice agente di tutto ciò che è oscurità. È / ' equivalente oscuro di Etere. Un 'altra forma di Acqua.

NonE

È la tenebra specificata nella materia e nel tempo ; alter-ego fisico e passivo di Erebo. È di nuovo Terra.

ETERE

È la parte sottile e attiva del Cielo , sede della Luce e del Fuoco divino. È dunque ancora Fuoco.

GIORNO

È la luce specificata nella materia e nel tempo; giustapposizione della Notte, parte fisica e passiva di Etere. E l 'Aria.

Com ' è evidente, la scena è costituita da due quadri nei quali assistiamo a una diversa declinazione dei medesimi Principii, sempre più soggetti alle Leggi che governano tempo e materia. Esiodo indica chiaramente come ciò che accade di qua del Caos sia determinato da ciò che perennemente avviene aldilà di esso: la stessa specificazione della Manifestazione rap-

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presentata nella successione delle generazioni divine , non è che il riflesso dello spiegarsi 44 che , nel l ' Uno , ha portato al costituirsi del Caos . Ora pro­ viamo a guardare meglio e più da vicino i tre dei che per primi fanno la loro comparsa nella manifestazione: Eros, Gea e Tartaro. Come abbiamo visto essi rappresentano gli elementi Fuoco , Acqua e Terra e. L' Aria è assente , e di nuovo quest'assenza è espediente alla narrazione , accorgimento neces­ sario a occultare , indicandola, l ' azione di Amore che si serve di Acqua per creare Urano-Aria. Con questa generazione , il quatemario elementale da cui origina la Manifestazione è completo . Non sono , infatti , Urano-Aria e Gea-Acqua le due Acque - superiori e inferiori - alle quali allude Genesi? E non è forse Eros a rappresentare lo Spirito di Dio aleggiante sulle acque , lo Spirito Universale , la Forza forte di ogni Forza dell' Arte? Tutte le tradizioni concordano su questo punto cruciale, che conferma la relazione di reciprocità tra Prisca Sapientia , Mito e Alchimia. Il Senso descrive in Eros l ' emanazione agente del Motore Immoto; il Modo raccon­ ta Eros agire per determinare ogni generazione e specificazione; la Prassi indica la complementarietà delle Acque Inferiori e Acque Superiori che , segnate dall 'irradiamento di Eros , indicano il punto su cui dovrebbe ri­ flettere chi aspiri a trovare l ' Acqua Celeste dei Saggi . Quindi mostrando l ' azione di Cielo e Terra, Esiodo indica l ' azione occulta di Eros, simpatia universale che avvicina i complementari e rende possibile la generazione . Così anche la seconda generazione , costituita da enti più particolari , pro­ cede linearmente: EREBO ed ETERE -+ NoTTE e GIORNO

Qui Eros è già agente occulto e remoto , poiché il grado di specificazione raggiunto non consente più il contatto diretto con l ' universale . Il Sognato­ re non dovrebbe faticare a riconoscere in questo punto il fulcro dell ' Arte: l ' operazione della Seconda Opera che può condurre all ' incontro tra fi sica e metafisica, confermando la loro consustanzialità.45 Nell ' Alchimia - arte 44

45

Rimandiamo qui a una riflessione su questi versi di Dante : "Nel suo profondo vidi che s ' i nterna, legato con Amore in un volume , ciò che per l ' un i verso si squaderna." [Par. XXXIII , 85-87] . Che il Sognatore consideri con attenzione i l riferimento al Ternario [ c h e per la Fede è Tri nità] , a l Volume l che per l ' Arte è Caos] , e al ruolo di Amore . Crediamo utile una riflessione sulla tanto discussa definizione del l ' Alchimia data da Eugène Canseliet, secondo i l quale essa sarebbe metafisica sperimentale . Vale la pena di ricordare che il Maestro di Savignies racconta, in un suo pregevole testo , che i l risultato di un errore nella realizzazione in quella che è unanimemente considerata la Terza Opera , produsse un' aurora boreale nel cielo

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riflessiva - l ' Eros che muove Urano e Gea alla generazione , deve essere

rinvenuto in qualcosa che , partecipando del l ' universale, è specificato . Ciò che in alto è Fuoco Astrale ,46 è in basso Fuoco Segreto . La chiave di tutte le coerenze è un riflesso che non si vede , una potenza che deve essere ripri­ stinata sciogliendo il doppio nodo che la tiene prigioniera.47 Riflessioni ulteriori

Su questa Forza, Esiodo è generoso d ' informazioni : descrive i risultati del suo agire di qua dal Caos valendosi delle coppie genitrici divine . Ve­ diamo in questa figura: Slncolarità

[Eros] Gea - Urano Rea - Crono Zeus

Molteplicità

46 47

di Parigi . Poiché il fenomeno è comunemente inteso come effetto di una forza esterna al nostro pianeta , crediamo che il fatto attesti l ' esistenza di un piano nel quale forze altrimenti non consustanzial i , possono condividere il momentum di manifestazione e azione . Vide i n : Limojon de Sainct Disdier, IL TRIONFO ERMETCO - Mediterranee , 1 974. In questo caso l ' aggettivo qualificativo del Fuoco potrebbe essere - così come nella forma latina - secretum , ovverosia: secreto , secemito , estratto . Su questo punto , crediamo valga la pena ricordare le parole del l ' Imam J a' far, citate dal nostro Maestro , Paolo Lucarelli: "La nostra causa è un segreto dentro un segreto,

il segreto di qualcosa che resta velato, è un segreto che solo un altro segreto può spiegare, è un segreto su un segreto che si appaga di un segreto" . [Vide i n : Paolo Lucarelli - Lettere musulmane - Promolibri Magnanell i , 1 998 .]

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In un preciso riflesso il numero delle generazioni divine è tre , come le Fasi che di là del Caos descrivono l ' agire del motore immoto . Per chiarire in modo ancora più puntuale l 'effetto del ribaltamento e del progressivo allontanamento dalla dimensione universale della Forza che caratterizza i Principii puri , Esiodo si fa quasi esplicito e indica che la generazione divina inizia con un' interazione a tre [Eros-Gea-Urano] , prosegue con una relazione di due [Crono-Rea] , e termina con l ' azione e la capacità di un singolo [Zeus] . Un parallelo a più livelli

Crediamo che quanto sin qui trattato dia un ' immagine sufficientemente chiara del parallelo tra mitologia e pratica filosofale . Tuttavia, anche se le singole figure possono essere riferite a elementi specifici e particolari ,48 è nostra opinione che il Mito , nel suo insieme, descriva un livello informa­ tivo più elevato . Come accettare altrimenti che il variare dei dettagli tra le mitologie non produca differenze di senso, se non immaginando che il sen­ so delle mitologie e ciò che esse descrivono è comune a tutte? Come im48

Si consideri per esempio questa testimonianza. "Parlerò per chi è lec ito - voi profani chiudete le porte - e farò conoscere i pensieri di una sapienza teologica con la quale gli uomini , mediante immagini congeneri ai sensi - raffigurando realtà invisibili in forme visibili - rivelarono il dio e le potenze del dio a coloro cha hanno appreso a ricavare dai simulacri , come dai l ibri , ciò che vi è scritto riguardo agli dèi . Nessuna meraviglia che i più ignoranti considerino le statue pezzi di legno e di pietra; proprio come quanti non capiscono la scrittura guardano le steli come pietre , come legno le tavolette e come papiro intessuto i libri . Dal momento che i l divino è luminoso e vive in una diffusione di fuoco etereo e risulta invisibile ai sensi i mpegnati nella vita mortale , per mezzo della materia translucida, quale cristallo o marmo pario o anche avorio , essi suggerivano la nozione della sua luce , e per mezzo del l 'oro l ' idea del fuoco e dell a sua incorruttibilità , perché l ' oro non si corrompe . D ' altra parte molti mostrarono per mezzo di pietra nera l ' i nvisibilità della sua essenza. E rappresentavano gli dèi in forma umana, perché il divino è razionale; e belli , perché in loro la bellezza è incontaminata; e con differenze nella forma e nell ' età , nella pastura seduta ed eretta , e nelle vesti , gli uni maschi , le altre femmine , e vergini e giovinetti o che hanno fatto prove di nozze : a mostrare la loro diversità. Per questo attribuirono tutto il bianco agl i dei celesti ; la sfera e tutto ciò che è sferico in modo particolare al cosmo , al sole e alla luna, ma talvolta anche alla fortuna e alla speranza; i l cerchio e ciò che è circolare ali ' eternità e al movimento del cielo, alle sue zone e ai suoi circo l i ; le sezioni dei cerchi alle fasi del l a luna; le piramidi e gli obelischi all ' essenza del fuoco e dunque agl i dei dell 'Olimpo; come , ancora , i l cono al sole , alla terra i l cilindro , alla semina e alla generazione il fallo e la fi gura del triangolo in considerazione del sesso della donna" . Vide in: Porfirio - SUI SrMULACRI - Adelphi , 20 1 2 .

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maginare che la didattica mitologica possa essersi mantenuta inalterata nel tempo e nelle culture , senza poggiare su qualcosa di più concreto di qualche congettura cosmogonica? E infine , come interpretare la costante presenza di Giustizia e Necessità nei miti senza porsi il dubbio che questi indichino l ' esistenza di un Modo e di una Prassi? Se mille dettagli apparentemente inventati possono sempre essere ricollegati fra loro per mezzo di un fil rouge , la loro coerenza restituisce il valore sistemico del Mito . E mentre il dettaglio riferisce al particolare , i l sistema espone e trasmette l ' universale , indicando le Azioni e il Modo necessari a stabilire la relazione fra questi piani . Ecco allora che la Cosmogonia, indicando il cammino discendente del processo di emanazione-creazione-specificazione , trasmette l ' informa­ zione per cui il suo riflesso diviene la Prassi anagogica che l ' Alchimia chiama Grande Opera . Su quest'ultimo punto in particolare , sentiamo di dover richiamare l ' attenzione di chi desideri sinceramente comprendere quale sia il senso più autentico de l i ' Alchimia. Ciò di cui comunemente i Maestri scrivono , sono le cosiddette Vie Particolari , ognuna delle quali dona al proprio Adepto , i doni meravigliosi che la forza del Telesma è in grado di produrre nella sua azione nella Manifestazione specificata. Accet­ tare questi doni espone tuttavia alla certezza di non poter superare la soglia deli ' Anagogia per accedere al percorso di quella che alcuni definiscono la Reintegrazione , da sempre l ' unica mèta di una Via autenticamente univer­ sale. Tra i numerosi esempi che potremmo portare a sostegno di questa tesi , i n apparenza così bizzarra, crediamo che i l più significativo venga, almeno per la sua chiarezza rispetto al nostro linguaggio, dal Nuovo Testamento: Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavo­ lo. E, dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti , alla fine ebbe fame. E il tentatore, avvicinatosi , gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, ordina che queste pietre diventino pani» . Ma egli rispose: > . Allora Gesù gli disse: «Vattene , Satana, poiché sta scritto: "Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi il culto">> . Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli si avvicinarono a lui e lo servivano . 49

49

Vide i n : Matteo 4 , 1 - 1 1 - Tentazione di Gesù .

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Invitiamo a notare che Gesù è condotto nel deserto dallo Spirito: non è rapito da Satana; non vi giunge per essersi perduto o aver smarrito la via. La tentazione è quindi una prova, alla quale egli è sottoposto dopo il bat­ tesimo . Si confronti ora questo passo con le parole inusitatamente sincere di Paolo Lucarelli: Tre doni si dice procuri la Pietra Filosofale , quelli che i Re Magi portarono al B ambino divino, Pietra vivente e miracolo celeste . Per primo l ' Oro , la ric­ chezza mondana . È l ' unico descritto senza velamenti , con estrema precisione . [ . . . ] M i chiedo perché sia posto tanto in evidenza: non dovrebbe interessare il filosofo . [ . . . ) Resta comunque un dono dal l ' aria perversa ed insoddisfacente . Non credo valga tanti sforzi , ci sono sistemi più sempl ici per arricchire . Se­ conda la Mirra . L' Elisir di Lunga Vita , l ' immortalità fisica, l ' eterna giovinezza al riparo di ogni male . È il dono di Mefi stofele , la fonte di Ponce de Le6n , la sorgente di ogni piacere e di ogni dolcezza in vita . Così sarebbe se non avesse in sé il suo veleno: l 'eterna vita in questo mondo . [ . . . ) Infine l ' Incenso , la com­ pleta sapienza . [ . . . ] Questo davvero sembra il giusto obiettivo di un filosofo , di un Innamorato della Dottrina: ritrovare la Parola Perduta , la vera pronunzia del Nome , riscoprire la perla nascosta , sembra l ' unico scopo che valga.50

Crediamo , sinceramente , non sia possibile dire meglio , o di più .

50

Vide i n : LEITERE MusuLMANE - Op. Cit.

ERO S , ERA , ARES ED ERIS

In ogni caso , intorno a queste cose non esiste certo un mio scritto , ne mai esisterà . Tale conoscenza difatti non è per nulla comunicabile in parole , come Io sono le altre ; ma dopo una lunga convivenza , indirizzata appunto all ' oggetto , e dopo che si è vissuti insieme , istantaneamente - come luce che scaturisca da una fiamma palpitante ­ una volta sorta nel l ' anima, ormai è lei stessa a nutrire sé stessa . Platone - Settima lettera 1

IL PIANO DELLA COERENZA SIMBOLICA

Come abbiamo visto , le figure del Mito possono essere interpretate an­ che su un piano differente dal l ' allegoria, mostrando significati diversi e più profondi rispetto a quelli più evidentemente narrativi . Porfirio insegna che questi significati costituiscono un vero e proprio piano informativo , nel quale le figure sono disposte , e si relazionano fra loro, secondo regole diverse da quelle della semplice coerenza allegorica. In questa dimensione più autentica, il Mito mostra una coerenza universale che sorprende i partigiani della localizzazione i qual i , sebbene sempre più sparuti , ancora resistono al risultato delle ricerche di Eliade , Wind , Santil­ lana, Kerényi , Panikkar e alle evidenze dei loro studi . Del pari si mostrano imbarazzati i sostenitori della Mitopsicologia , che con Max Muller con­ siderarono il linguaggio l ' unica e autentica origine del Mito . Dal nostro punto di vista, né la comune coerenza né la trasversale interpretabilità sono sorprendenti: si tratta di tracce della prisca sapientia che , necessariamente , è universale oppure non è . E se d' altronde il termine Mito deriva effettiva­ mente dalla radice mf - che significa emettere suono - è difficile non con­ siderare l ' apparato mitologico come strumento di declinazione del suono per eccellenza: il Logos .

Vide i n : Giorgio Col l i - LA SAPIENZA GRECA - Adelphi , 1 992 .

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Prisca Sapientia

Proviamo a proseguire . È ovvio che la chiave di lettura alla quale allu­ diamo considera i significanti prima dei dettagli della rappresentazione . Sono questi , infatti , che consentono di collegare fra loro due o più figure sulla base di semplici coerenze . Parafrasando Grasset d ' Orcet e Fulcanelli , possiamo affermare che il Mito è davvero la prima espressione di un ' au­ tentica lingua universale . La sorprendente uniformità del suo canovaccio e la possibilità di mantenere un ' interpretazione simbolica coerente per le sue figure , lo dimostrano ampiamente . Ad esempio , se guardiamo l ' immagine della bella statua di Emi! Wolf, notiamo che alcuni dettagli della figura si riferiscono ad Eros, ed altri ad Ercole . Se escludiamo l ' interpretazione simbolica, potremmo spiegare questa rappresentazione come il curioso prodotto della fantasia artistica, oppure risolvere la bizzarria immaginando che Amore sia qui rappresentato - come suggerirebbe Psicologia - dando evidenza al suo Iato oscuro di for­ za invincibile . Ora, pur considerando ragionevolmente accettabili queste letture , ci pare che esse manchino di afferrare il senso di una completezza più profonda . Proviamo ad entrare nel merito .

Eros, Era, Ares ed Eris

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DÈI COME PRINCIPII

Esiodo individua Eros come il primo dei tre dèi che emergono dal Caos , e lo riconosce come Forza e Principio: ma sono i termini che utilizza nella descrizione a fornirci la chiave per comprendere questa figura. Leggiamo le parole del poema: . . . Eros , che è il più bello fra gli dèi immortal i , sciogli membra , che sottomette l a mente e l e sagge intenzioni in tutti gli dèi come in tutti gli uomi n i ;

Non è curioso che Eros , Dio al quale tutti riconoscono la capacità di uni­ re , sia introdotto sottolineando la sua facoltà di sciogliere? Crediamo che Esiodo alluda alla facoltà del Dio di vincere lo stato di rigidezza che , nelle creature , è proprio all ' assenza della Vita. Eros dunque scioglie le membra perché infonde la vita, che è appunto calore e mobilità. Eros è quindi da­ tore di vita , l ' agente vitalizzante che appare sulla scena della Manifesta­ zione allo scopo di permettere che la rappresentazione possa avere inizio, affinché i soggetti del dramma universale muovano dallo stato di eterna e immutabile staticità a una condizione dinamica e viva.2 Eros quindi , è chia­ mato a dare avvio al processo cosmogonico,3 e il suo intervento risponde a

2

3

Come abbiamo visto , è dal l ' unione di Gea con Eros che nasce Urano, il primo Padre degli dèi cui Amore imprime la capacità di infondere la vita, sciogliendo le membra della materia inerte . Eros è dunque il maschio universale, che i mprime a Urano il proprio segno e la propria qualità generatrice . Questi , generando con la Terra la sua progenie di enti - tutti allo stesso modo diversi e simili - popolerà i l Tartaro , luogo della specificazione. Si consideri anche questo passo : "Egli , volendo che il mondo superiore non restasse più inattivo , ma avendo deciso che venisse riempito di pneuma perché le cose non restassero immobili e i nattive neppure in parte , a questo scopo pose mano senza i ndugio alla sua opera di artigiano, usando elementi sacri per produrre la sua creazione" . [ Vide in: Ermete Trismegisto LA PUPILLA DEL MONDO - Marsilio, 1 994] . Il Sognatore dovrà riflettere su questo preliminare intervento di Amore poiché è essenziale a un corretto avvio dei suoi Lavori . Senza di esso infatti , il Cielo e la Terra della Prima Opera resterebbero vuoti e steri l i , esattamente come sarebbe avvenuto di quelli di Genesi se lo Spirito di Dio non avesse portato la sua presenza sopra le acque . La Scrittura , ancora una volta , aiuterà a chiarire questo punto , oscuro ma capitale, narrando la storia di Anna e Gioacchino , che consigliamo di leggere con grande attenzione . Invitiamo i Sognatori a comprendere la distinzione tra Progetto e processo . Il primo, del quale è possibile trattare solo i n via teorica, attiene al Senso , mentre i l secondo attiene a Modo e Prassi . Eros è dunque primo strumento d e l Progetto e primo agente nel processo: l ' Operatore del l ' Arte - suo riflesso - è ultimo agente

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una necessità imprescindibile:4 a lui spetta di informare la Manifestazione secondo le regole del Progetto; è la sua azione a fissare le leggi di recipro­ cità, generazione ed evoluzione . Egli è dunque la dynamis che , nell' atto , determina la possibilità delle Manifestazioni . È questa la Forza di origine divina che Newton poneva a fondamento del sistema universale; è lo Spiri­ to Universale dell ' Alchimia; l 'Amore che muove con cui Dante conclude la Commedia5 dopo che la sua anima ha compiuto l ' Itinerarium .6 Questo è l ' Amore che vince Marte7 e muove Zeus, che si fa compassio­ ne nelle Religioni , e che l ' uomo tenderà a trasformare in geloso possesso .

4 5 6

e ultimo strumento cui il Progetto può affidare il compito di chiudere il proprio i nfinito Ouroboros . "Arrivò dunque il Sovrano e sedutosi sul Trono di Verità, si rivolse così alle anime: Eros vi dominerà anime , con Ananké , ché dopo di me sono i padroni e ordinatori di tutte le cose" . Vide in: LA PUPILLA DEL MoNoo - Op. Ci t . Vide in: Paradiso x x x m - Dante Alighieri - TurrE LE OPERE - Sanson i , 1 989. Vide i n : Bonaventura da B agnoregio - ITINERARIO DELLA MENTE A Dro - Piemme ,

1 998. 7

"Non è Ares, difatti , a possedere Eros, bensì Eros a Possedere Ares - lo possiede l ' amore per Afrodite , come si narra - e colui che possiede è più forte di chi è posseduto" . Vide i n : Tito Lucrezio Caro - DE RERUM NATURA - Newton Compton ,

2002.

Eros, Era, Ares ed Eris

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L' INSEGNAMENTO M AGISTRALE DEL MITO

Ciò detto , continueremo a utilizzare questo metodo per occuparci di Eros , Eris , Era e Ares, avendo come obiettivo comprendere cosa Ii accomu­ ni . Eros è dio dell 'Amore; Era è la sposa di Zeus , famosa per la sua gelosia; Eris e Ares sono i gemelli che questa generò toccando il fiore indicatole da Flora.8 La prima è dea della Discordia, il secondo9 il dio che presiede agli aspetti più cruenti della Guerra.10 II tratto che con maggiore evidenza accomuna queste quattro figure è la comune radice Er-Ar dei loro nomi . II greco er [EQ] è contrazione di èdr [ èaQ] , che significa Primavera , primizia e fior fiore , mentre la variante èar [ÈaQ] rende sangue , succo e olio . Dunque Amore , Generazione , Discordia e Veemenza trovano una possibile comune radice nel momento del l ' anno in cui Natura è in fase generante , così come nell ' elemento sangue , tradizio­ nalmente considerato veicolo della vita. Le letture di senso possono certamente essere molteplici , ci limiteremo dunque a considerarne una, che sembra coerente con quanto sinora emerso . La Primavera è da sempre emblema del rinnovamento ciclico che costitu­ isce l 'epifania della Vita e, per estensione , dell 'Amore . Tutte le Religioni collocano in Primavera le loro maggiori ricorrenze, celebrando in questo tempo patti , alleanze , grazie , beatitudini , nascite divine e resurrezioni. Ad esempio , è utile ricordare che sino alla definizione del Calendario Liturgico di Roma [336 d .C .] , i Padri della Chiesa erano quasi unanimi nel ricono­ scere che la nascita del Cristo fosse avvenuta in Primavera.1 1 Ancora, nella 8

9

IO Il

Crediamo che qualche riflessione su questo particolarissimo fiore potrebbe essere proficua per il Sognatore . Secondo alcuni , l ' indicazione data dalla dea Flora potrebbe essere stata riferita al giglio, fiore caro a Gea-Giunone . Per altri il fiore in questione sarebbe stato il melagrana , e per altri ancora si sarebbe trattato di un eliocriso . Il giglio di Gea-Giunone è bianco, e il nome di questo fiore è , i n greco , crinon [XQtvov] , termine che richiama tanto crino [XQLVW] , separare e essere ridotto , quanto crénis [XQl]VLç] che significa fonte e sorgente . Il melograno , fiore rosso che a primavera arricchisce di piccole fi amme la propria pianta , s i dice roa [g6a] (in ionico roié [Qotf]] , termine che possiede interessanti assonanze con roé [gof]] che rende corrente e corso d 'acqua , ma anche con ropé [gom']] , che traduce piccolo peso aggiuntivo , oppure causa determinante aggiuntiva, o influenza decisiva . L' eliocriso infine, deriva il suo nome dalle parole helisso [l]ÀLof]] ,jiusso e corrente , e roizo [(>oi�w] , abbeverare. L'assonanza tra quest' ultimo termine e il francese rosée [rugiada] è tuttavia solo apparente: il termine greco che designa la meteora è drosia [bpoa(a] , assolutamente affine a drus [èlpua] che però significa quercia. In sintesi dunque , Afrodite Urania trasferisce a Persefone ctonia, per mezzo di un flusso, qualcosa della quale quest' ultima si dovrà abbeverare e nutrire . 106 Vide in: METAMORFOSI 708 - 739 , Op . Cit.

1 36

Prisca Sapientia 1 0 7 Io aveva trafitto con un colpo al momento in cui la belva stava per uscire dal bosco . Tosto i l cinghiale si strappa dal fianco con le acute zanne lo strale intinto con il sangue suo , e furibondo insegue Adone, che tremando cerca scampo : gli caccia tutti i denti nel l ' inguine 1 08 e lo abbatte morente nella bionda sabbia. Afrodite , tratta per l ' aria dalle ali dei suoi cigni sul suo cocchio , non era ancora giunta a C ipro quando sentì da lontano i gemiti del moribondo , e diresse subito a quella volta i candidi uccelli . Quando vide dal l ' alto il giovane esanime in un l ago di sangue , balzò dal cocchio , e strappandosi le vesti e i capell i , si percosse i l petto . E lamentandosi coi Fati esclamò: "Non sarà del tutto in vostro potere ! Vivrà per sempre , o Adone , il ricordo del mio lutto , e l ' immagine della tua morte , rinnovandosi ogni anno , sarà l ' espressione del mio dolore . Il tuo sangue si muterà in fiore . A Persefone non fu forse lecito mutare un corpo di donna in profumata menta? 1 09 Ed io, sarò invidiata se trasformerò l 'eroico figlio di Cini­ ra?" Ciò detto , irrorò di odoroso nettare il sangue sparso , che a quel contatto si gonfiò come una diafana bolla d ' acqua, che spunta sotto il cielo piovoso . Non passò un'ora che nacque dal quel sangue un fiore della stessa tinta , simile ai frutti che il melograno produce sotto la tenera scorza . Ma dura ben poco , ché i venti stessi che gli dànno il nome , lo abbattono , poiché è male attaccato allo stelo , e fragile per l a sua levità.

Siamo certi che l ' evidente prodigalità del testo farà perdonare la lunga citazione: il passaggio di Ovidio è ben più generoso d ' indicazioni e ricco di dettagli tecnici di molti e celebrati trattati di Alchimia, antichi e moderni . 1 1 0 1 07 1 08 1 09 1 10

Altro nome con il quale ci giunge memoria del padre d i Adone . Si noti la similitudine tra questo episodio e la castrazione di Urano. Si noti questo colore . Non sarebbe stato possibile trascurarlo senza immaginare di penalizzare in modo significativo il risultato della nostra ricerca che, come abbiamo dichiarato in premessa, si prefigge di verificare la possibilità di leggere le figure del Mito secondo la chiave data dalla pratica fi losofale . Le informazioni che sono state poste in queste righe sono , fra molte , una delle conferme più preziose che portiamo a sostegno della nostra tesi. Il punto di pratica trattato è cruciale , e pur non negando il senso morale e poetico della figura che stiamo esaminando , non possiamo evitare di rilevare la puntualità dell ' insegnamento che essa trasmette in ordine alla pratica della cosiddetta Via secca. Perciò immaginiamo che su quanto appena condiviso molti rifletteranno a lungo e, ci auguriamo , con profitto . Poiché , come anticipato, il punto trattato è capitale, crediamo giusto evidenziare , a vantaggio del Sognatore, il legame tra il particolare che Ovidio fornisce a proposito della nascita di questi fiori e il nettare versato da Afrodite che si gonfia, come una diafana bolla d ' acqua . Il fiore rosso che ne viene da questa operazione è davvero fragile e lieve , e il Sognatore farà bene a considerare queste caratteristiche con grande attenzione, poiché il rosso del quale stiamo parlando è, in verità , l ' autentica rubedo del l ' Opera. I cigni di Afrodite si mostreranno ghiotti di questo particolare cibo , e una volta ingeritolo, torneranno più forti di prima a trainare il loro carro , facendo certamente in modo che la dea, a Cipro , rifulga in tutto il suo splendore .

Ermes, Afrodite, Ares, Ejesto

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ARES UN PO ' DI CHIAREZZA

Nell ' accezione corrente , soprattutto latina, è viva convinzione che Ares corrisponda in tutto al romano Marte , e che entrambi siano dèi della guer­ ra. I l i Tuttavia l a semplificazione è spesso ingannevole , e Ares [ÀQY]ç] , figlio di Zeus e di Era ["Hga] , uno dei Dodici Olimpi , regge solo gli aspetti più cruenti della battaglia. Insaziabile e sanguinario , sia che combatta a piedi , sul carro trainato da quattro cavalli 1 1 2 o da due ,1 1 3 egli condivide la sua reg­ genza con la sorella Eris ['Egtç] 1 1 4 - la Discordia - ed Enyo [ ' Evuw] , sua paredra, che personificava l ' urlo di guerra e il clamore della pugna. Una figura temibile dunque , che tuttavia mostra i caratteri di una divinità mi-

1 1 1 Ai primordi di Roma, Marte - padre di Romolo e Remo è un dio della terra, venerato nume del risveglio primaverile e dell ' agricoltura. Durante le Ambarvalia - le feste di Cerere , dea della fertilità sovrapponibile a Demetra - si cantano inni in suo onore . La sua trasformazione in dio della guerra è tardiva; matura in parallelo all 'evolversi della cultura romana, che da agricola e stanziale diviene guerriera ed espansiva. Il cambio di funzione fu considerato naturale, poiché la potenza del dio era sempre stata considerata espressione dello spirito vitale. Tutto ciò era espresso nelle processioni che si tenevano a Marzo, quando i Salii - il corpo sacerdotale voluto da Numa Pompilio - portavano in processione il dio con i suoi ancilia, i dodici scudi sacri che leggiamo come rappresentazioni del sole nelle dodici case zodiacali . Da notare che le feste in onore del dio iniziano con un tempo di purificazioni [da fine Febbraio a fine Marzo] : in giorni distinti si p�rificano le armi , i cavalli e le trombe dell'esercito. Il sacrificio avviene invece a Ottobre, con il Sole in Bilancia. Detto ciò , siamo certi che il Sognatore non faticherà troppo a tracciare un parallelo tra questo primitivo Marte e una parte degli attributi di Dioniso. Se insistiamo su questo è perché il Marte dell'Opera non è estraneo alla vegetazione minerale . 1 1 2 Rispettivamente: Aithon [Ai\'}(J)V - Ardente ] , Floghios l Àoywç - Divampante J , Konabos [K6va�oç; - Strepito] e Fobos [6�oç - Paura] . Difficile , qui , non scorgere il parallelo tra questi animali e quelli cui allude Giovanni nel l ' Apocalisse . 1 1 3 Si tratta , in questo caso , di Fobos [6�oç - Paura] e Dei mos [�EiJ.!O ç Terrore] , che in alcune narrazioni sono presentati come figli di Ares. 1 1 4 La Discordia è animatrice di conflitti e guerre , dai cui risultati trae energie per crescere . Esopo insegna - nella Favola 534 del l ' indice Oxfod-Gibbs - che Ercole, camminando in uno stretto passaggio s ' imbatté in una mela. L'eroe cominciò a colpirla ma a ogni colpo di clava la mela diventava più grande fino a ostruire completamente il cammino. Athena, venuta in aiuto del l ' eroe , gli spiegò che quella mela era come la dea Eris: più si tenta di distruggerla e più diventa grande e feroce , mentre se lasciata a sé stessa, rimane piccola e inerme . -

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Prisca Sapientia

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nore: Ares è volubile e inaffidabile; incapace di ottenere il rispetto dei suoi pari e l ' incondizionata venerazione degli uomini . Omero nei suoi poemi è esplicitamente chiaro su questi punti . In Iliade ad esempio , quando il dio passa dal l ' appoggiare gli Achei al favorire i Troiani combattendo a fianco di Ettore, 1 1 5 Athena [A:a11 v à.] - nume della Sapienza e delle Tecniche cui sono affidate la Strategia e la Tecnica militare - lo rimprovera aspramente: O Marte , Marte esiz"ioso iddio, che lordo ir godi d ' uman sangue e al suolo adegu ar le città . . .

Così come si sente i n diritto d i fare Apollo, che sempre Omero ritrae imprecante con queste parole: Eversor di città , Marte omicida, che sol nel sangue esulti . . .

D ' altro canto , anche come divinità guerriera Marte mostra più di u n lato debole: ad esempio non troviamo in lui i tratti dell' invincibilità. Questa furia scatenata dal carattere terribile , dall ' impeto cieco e bruto , è destinato a perdere in più occasioni e a pagare con cocenti umiliazioni anche davanti al padre - il suo rozzo furore guerriero .

Ares, Diomede, Athena e Giove È questo ad esempio , il caso che Omero descrive in Iliade , quando il Dio viene battuto in combattimento da Diomede; l ' eroe per il quale parteggia Athena . 1 16 Leggiamo insieme i versi . 1 1 7 Pallade Atena prese l a frusta e le redini e innanzitutto spinse contro Ares i cavalli dal sol ido zoccolo . Ares stava spogliando l ' enorme Perifante , il migliore degli Etol i , lo splendido figlio di Ochesio; lo stava spogliando il sanguinario Ares; Atena indossò l ' elmo di Ade , che Ares non la potesse vedere . Come Ares sterminatore vide Diomede , lasciò l ' enorme Peri fante 1 1 8 giacere sul luogo

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Vide in: Omero - ILIADE - Libro V. L' unica che Zeus considera invincibile in guerra. Vide in: Omero - ILIADE - Libro V. Il greco Perifas [D�:g(q,ac;] , rimanda a perifanes [ :;reg�qJavf1c;] , c he traduce luminoso e splendente. C re d i amo che l ' indicazione di tJ Uest ' uccisionc . dell a 4ualc A res è i l solo responsab i l e , debba es�-crc considerata con i nteresse . Poiché i l corpo immohile

Ermes, Afrodite, Ares, Efesto

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dove gli aveva tolto la vita e avanzò diritto verso Diomede , l ' eroe abile nel domare i caval l i . Quando furono vicin i , avanzando l 'uno contro l ' altro , per primo Ares balzò sopra il giogo e le redin i c o n l a lancia di bronzo , impaziente di ucciderlo . Ma l ' afferrò con la mano Atena , la dea dagli occhi splendenti , e la deviò dal carro , facendola cadere a vuoto . Per secondo balzò Diomede , l 'eroe possente nel grido di guerra, con l a lancia di bronzo , e Pall ade Atena la spinse nel basso ventre del dio , dove si agganciava l a fasci a . L o colse là e lacerò l a bellissima pell e , poi ritrasse l a lancia: urlò i l bronzeo Ares quanto gridano nove o diecimila uomini in guerra, quando ingaggiano l a contesa guerriera. Un tremito colse i Greci e i Troiani atterriti , tanto forte gridava Are s , i nsaziabile di guerra . Come dalle nubi si vede uscire i l vapore oscuro , quando per la calura si leva una furiosa tempesta, tale al figlio di Tideo parve il bronzeo Ares , mentre assieme alle nubi saliva al vasto cielo . 1 1 9 di Perifas si trova a terra: è evidente che l 'operazione descritta sia una fissazione o , come direbbero alcun i, una coagula::.ione. Ora dobbiamo considerare che, poiché ciò che si trova fì ssato a terra si chiami luminoso e splendente , i Sognatori meno esperti potrebbero essere tratti in inganno . l primi studi d 'Alchimia. soprattutto se disgiunti dalla pratica filosofale. portano infatti a considerare . in una sorta di automatismo, che ogni riferimento a una materia luminosa e splendente debba necessariamente rimandare al Mercurio Comune . In realtà così non è: l 'Opera produce due materie splendenti , e Perifas impersona la prima tra queste; quella che . con il suo e1·idente splendore , ha tratto molti in errore. Ora, aiutato dai versi di Omero . l · Artista che vede questo corpo splendente giacere a terra e lo riconosce nel suo Laboratorio, dovrebbe ricordarsi che i Maestri insistono a insegnare che nella morte vi è generazione . Per aiutare il Sognatore a risolvere questo indovinello, diremo che la generazione al la quale si allude è data dal fatto che Ares possiede la capacità generativa del primo M arte romano c la tìssa in Perifante . Quando dunque il Poeta ce lo mostra nel l ' atto di togliergli l' armatura, l ' azione indica l'operazione successiva alla fissazione della quale stiamo parlando . Per mezzo di questa, ricordando che l ' armatura classica era composta da almeno tre pezzi , l ' rutista potrà scoprire ciò che di vegerale si cela in questo appru·ente splendore. 1 1 9 Il nome Diomede [Diomedes - �LOJ.L�Òl]ç] , rimanda al verbo diamao [ÒLaf.Ulw] , strappare, lacerare, scalfire, grattare e raschiare. Un altro interessante dettaglio è dato dal l 'assonanza tra lancia [loke - Myml . e lupo [lykos - Àtrxoç] . Considerando le cose in questo modo, il Sognatore certo riconosce nel l 'urlo del dio e nel fumo descritti da Omero la reazione delle materie in lotta fra loro e, nel dettaglio, i l soccombere d i Ares, colpito nel basso ventre. L o stesso Diomede ferisce anche Afrodite: un passo sul quale invitiamo il Sognatore a riflettere. L'episodio è narrato così: . . . il figlio di Tideo, che incalzava Cipride col bronzo spietato l sapendo che "

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Rapidamente arrivò alla sede degl i dèi , l ' Ol impo scosceso, e , afflitto nel cuore , sedette accanto a Zeus ; gli mostrò i l sangue immortale c h e colava dalla ferita e lamentandosi disse queste parole : «Zeus padre , non sei sdegnato per questi atroci fatti ? Sempre noi dèi subiamo i più spiacevol i mal i , g l i uni a causa degli altri , per compiacere g l i uomini ; ma tutti siamo adirati con te , che hai generato una figlia pazza, sciagurata , che sempre medita infamie. Tutti gli altri dèi che stanno su � monte Olimpo ti obbediscono , e ognuno di noi ti è soggetto ; lei invece non la riprendi mai né a parole né a fatti , la lasci fare perché , funesta com ' è , sei stato tu stesso a generarla . Ora h a mandato il figlio d i Tideo , l ' arrogante Diomede , a impazzare contro gli dèi immortal i . Prima ha ferito d a presso al polso Cipride , poi si è scagliato anche contro di me , simile a un dio; e solo i rapidi piedi mi hanno sottratto , altrimenti avrei sofferto lunghi dolori , restando in mezzo ai cadaveri , o, vivo , sarei rimasto senza forze per i colpi del bronzo>> . Lo guardò di traverso Zeus che raduna le nubi e gli disse: «Banderuola, non venirmi qui a piangere ;

è una dea senza forza, non è di quelle l che sovrintendono alle guerre degli uomini, non è Atena, né Eniò che distrugge le rocche . l Ma quando l 'ebbe raggiunta, inseguendo/a in mezzo alla folla l [ . . . ] d 'un balzo le ferì con la lancia acuta la mano l delicata; la lancia le penetrò subito nella pelle l attraverso il peplo divino, tessuto dalle Grazie medesime l sul polso, e scorse il sangue immortale di lei, l l 'icore che scorre nelle vene agli dèi beati, l perché non mangiano pane, non bevono il vino lucente: l per questo non hanno sangue e sono chiamati immortali. l Diede un grande grido, [ . . . ] A lei urlò forte Diomede, [ . . . ]