Opere mnemotecniche. Testo latino a fronte [Vol. 2] 8845923681, 9788845923685

A lungo considerate dagli studiosi come oggetto misterioso che non si sapeva in quale modo trattare, le opere mnemotecni

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Opere mnemotecniche. Testo latino a fronte [Vol. 2]
 8845923681, 9788845923685

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A lungo considerate dagli studiosi come og­ getto misterioso che non si sapeva in quale modo trattare, le opere mnemotecniche di Bruno si sono rivelate, soprattutto dopo il ca­ pitale libro di Frances Yates, L'arte della me­ moria, come il centro e il motore occulto del­ l'intera sua opera. Ma non per questo hanno perso il loro aspetto cifrato, che non finisce di stupire. Gli equivoci insorgono subito, già dalla definizione della disciplina. Nata come tecnica utilissima agli oratori per esercitare la memoria, la mnemotecnica è diventata nel corso dei secoli, e soprattutto nel periodo fra Raimondo Lullo e Bruno, che segna il culmine dell'arte, un nuovo regime delle immagini­ intese come fantasmi mentali - e perciò an­ che una sorta di pratica teurgica, collegata a quella primordiale sapienza egizia che fu lo stendardo di tutto l'ermetismo rinascimentale. Questo secondo tomo include testi che, sotto vari profili, possono essere considerati fra i momenti più elevati dell'intera speculazione di Bruno. In particolare, il Sigillus sigillorum inizia a porre, attraverso una serrata discus­ sione con i massimi esponenti della tradizio­ ne filosofica antica e rinascimentale - a parti­ re da Marsilio Ficino -, le basi dell'ontologia della materia-vita infinita, da cui trarrà origi­ ne la cosmologia dell'universo infinito e dei mondi innumerabili, mentre il De imaginum compositione, vero punto d'arrivo di tutta la riflessione mnemotecnica di Bruno, sfocia in uno stupefacente uso delle immagini, che ri­ propone in termini nuovi e originali il proble­ ma del rapporto fra mente, figura e parola. Come per il primo tomo delle Opere mnemotec­ niche (2004), all'edizione critica del testo latino corredata di apparato filologico, delle fonti e dei loci paralleli - si affiancano la traduzione italiana e il commento storico-filosofico. Nell'ambito di questa edizione sono già apparsi: Opere magi­ che (2000) e Corpus iconographicum (2001 ).

GIORDANO BRUNO

OPERE MNEMOTECNICHE TOMO II Edizione diretta da Michele Ciliberto A cura di Marco Matteoli, Rita Sturlese, Nicoletta Tirinnanzi

ADELPHI EDIZIONI

Questa pubblicazione è promossa dal Comitato Na­ zionale per le celebrazioni di Giordano Bruno nel quarto centenario della morte, in collaborazione con l'Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento.

© 2009 ADELPHI EDIZIONI S.P.A. MILANO WWW.ADELPHI.IT

ISBN 978-BB-459-2368-5

AWERTENZA

Questo secondo tomo delle Opere mnemotecniche compren­ de Ars reminiscendi, Explicatio trigi,nta sigi,llorum, Sigi,llus sigi,llo­ rum, De imagi,num compositione. Il volume è stato curato da Rita Sturlese, Marco Matteoli e Nicoletta Tirinnanzi, seguendo i criteri stabiliti per le opere magi,che e per il primo tomo delle opere mnemotecniche: testo latino, apparato critico, apparato delle fonti e dei loci paral­ leli, traduzione italiana, commento. Sulla base di un disegno comune e di una costante colla­ borazione, il lavoro è stato così suddiviso: Rita Sturlese ha curato l'edizione dei testi latini, apparato critico e appara­ to delle fonti e dei loci paralleli, e ha tradotto il II e il III li­ bro del De imagi,num compositione. Marco Matteoli ha tradot­ to e commentato l'Explicatio trigi,nta sigi,llornm, e ha com­ mentato la seconda sezione del I libro, il II e il III libro del De imagi,num compositione e la Lettera al vicecancelliere dell'Ac­ cademia di Oxford di cui viene qui pubblicata la classica tra­ duzione di Ludovico Limentani. Nicoletta Tirinnanzi ha tradotto e commentato il Sigi,llus sigi,llorum, e ha tradotto il I libro del De imagi,num compositione commentandone la pri­ ma sezione. A differenza del primo, in questo volume non compare l'indice dei nomi: la presenza di un'opera piena di elenchi e di personificazioni quale il De imagi,num compositione avrebbe infatti generato un indice poco funzionale, con una sostan­ ziale duplicazione del testo. Per questo, sia pur con molto

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AVVERTENZA

rincrescimento, abbiamo rinunciato a mettere a disposizio­ ne del lettore uno strumento che, in genere, è prezioso. Ringrazio vivamente Michela Acquati, che ha curato con la consueta competenza e disponibilità la preparazione re­ dazionale del volume. Ringrazio anche il gruppo di brunisti che si raccoglie nell'Istituto Nazionale di Studi sul Rinasci­ mento, e in modo particolare Elisabetta Scapparone per il contributo alla pubblicazione di questo volume. Desidero infine ringraziare il personale e i bibliotecari dell'Istituto per la quotidiana collaborazione. Il volume, come quelli che l'hanno preceduto, è dedicato a Eugenio Garin. Firenze, Palazzo Strozzi, febbraio 2009 Michele Ciliberto

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PER SPECULUM ET IN AENIGMATE... » DI MICHELE CILIBERTO

Pensare per immagini: questo è, da ogni punto di vista, il centro costitutivo della « nova filosofia» di Giordano Bruno, sia nelle opere latine che in quelle volgari: gli Eroici furori, l'ul­ timo e per molti aspetti il più coinvolgente tra i dialoghi ita­ liani, rappresenta l'itinerarium mentis ad deum del 'furioso' at­ traverso una grandiosa galleria di immagini, descritte, però, non dipinte (secondo un gusto tipico del Rinascimento). Ma le opere latine sono distinte dalla stampa, e dall'uso sistema­ tico, di immagini in senso proprio, che sono chiamate, in mo­ do diretto, a illuminare il senso e i caratteri della ricerca di Bruno: il quale era, ovviamente, del tutto consapevole del va­ lore schiettamente filosofico delle figure da lui utilizzate. Spesso si tratta anzi di immagini, di figure composte diret­ tamente da lui: come è noto, Bruno era infatti capace - quan­ do fosse necessario - di intagliare direttamente i legni da cui venivano tratte le figure che punteggiano le sue opere, e di curarne anche personalmente la revisione: come accade ad esempio per gli Articuli adversus mathematicos e per il De minimo. 1 Del resto, fin da giovane aveva imparato i princìpi I. Proprio nel De minimo- precisamente nell'epistola diJohann Wechel al principe Enrico Giulio di Braunschweig - è contenuta « l'informazione ca­ pitale per la comprensione dell'iconografia bruniana e della sua genesi»: « Opus aggressus est, ut quam accuratissime absolveret, non schemata so­ lum ipse sua manu sculpsit, sed etiam operarum se in eodem correctorem praebuit » ( come è stato osservato, « il verbo sculpere è specifico lemma tec­ nico, nelle antiche stampe, per indicare il lavoro di chi incide con bulino

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dell'arte tipografica ed amava - come è ben noto - seguire la pubblicazione dei suoi lavori passo passo, intervenendo direttamente, e talvolta senza misura, nelle varie fasi della stampa, come avviene, in modo esemplare, nel caso della Ce­ na de k Ceneri. Ma non era solo per questo che si impegnava direttamen­ te nella preparazione dei legni per le figure. Qui agiva qual­ cosa di più profondo: Bruno era consapevole che le imma­ gini, in quanto tali, erano il centro della sua ricerca filo­ sofica e che questo era il terreno su cui egli aveva attuato una vera e propria 'rivoluzione' sia tecnica che filosofica, che progressivamente si era allargata dalle opere mnemo­ tecniche ai punti nevralgici di tutto il suo pensiero. O si pensa per immagini, o è impossibile pensare: questo è il convincimento che Bruno matura fin dall'inizio della sua attività, trovando espressione diretta - e fortemente creativa - proprio nelle sue opere mnemotecniche. Non stu­ pisce, quindi, che sulle immagini si sia concentrato nella sua prima opera - il De umlms idearum - e che alle immagini ab­ bia dedicato l'ultimo testo di cui abbia potuto curare la pub­ blicazione, il De imaginum, signorum et idearum compositione. Dall'inizio alla fine Bruno si interroga sulle immagini, sul loro valore, su ciò che esse significano per l'uomo che vuole mettersi sulle tracce della verità. È un punto sul quale non si riflette a sufficienza e su cui conviene richiamare l'attenzio­ ne proprio per il suo significato schiettamente filosofico: Bruno nasce alla filosofia discutendo di immagini e chiude la sua attività pubblica con un libro sulle immagini. Ma in en­ trambi i casi - ed è il concetto da sottolineare in queste pagi­ ne - le opere mnemotecniche sono il terreno su cui nasce e si sviluppa una riflessione nella quale precipitano, e si con­ centrano, motivi fondamentali di tutta la « nova filosofia». Non è stato facile, in effetti, mettere a fuoco questo pun­ to: a lungo le opere mnemotecniche, come quelle magiche, o sgorbia su metallo o legno, ossia riporta il disegno sulla lastra»). CTr., per questo, G. Bruno, Cm-pus iconographicum, p. xcvu (volume, conviene ricor­ darlo, apparso nell'ambito di questa nuova edizione degli scritti di Bru­ no). Per il testo del De minimo, cfr.Jordani Bruni Nolani Opera Latine con­ scripta, I, 3, p. 123.

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sono state considerate come esperimenti bizzarri, senza va­ lore, e sono state poste di conseguenza ai margini della ri­ cerca filosofica di Bruno. Basta pensare a uno storico della statura di Felice Tocco e alle pagine che dedica a questi scritti, accostando opere mnemotecniche e opere lulliane, che certo - come proprio questo volume dimostra - hanno fondamentali elementi di contatto e di intreccio, ma che pure vanno attentamente distinte, cogliendo le modalità specifiche di entrambe ed anche, volta per volta, gli interlo­ cutori 'pubblici' e 'privati' ai quali, rispettivamente, le une e le altre intendono rivolgersi. Ma neppure Giovanni Gentile - altro autorevole studioso di Bruno - a questi testi dedica considerazioni degne di menzione. Non era, neppure questa volta, un caso: da punti di vista assai diversi, sia Tocco che Gentile sostenevano una 'genealogia' del mondo moderno che spingeva ai margini questi scritti, proprio per poter recuperare la « nova filo­ sofia », facendone un anello decisivo della 'catena aurea' moderna. Per poter riscattare queste opere è stato dunque necessa­ rio, in primo luogo, liberarsi dalle interpretazioni dominan­ ti fino all'Ottocento e nella prima metà del Novecento, tese nella maggior parte dei casi a vedere in Bruno il precursore di questa o di quella corrente filosofica tipica della moder­ nità. Ma per far questo, e per riaffermare valore e centralità delle opere mnemotecniche, è stato necessario liberarsi an­ zitutto di una immagine tradizionale del Rinascimento, di antiche visioni del rapporto tra Rinascimento e modernità e, prima ancora, di una concezione unilineare e statica del­ la stessa modernità. Non è stato un lavoro facile, né breve; ma si deve solamente alle ricerche svolte nel corso del No­ vecento da studiosi come Warburg, Garin, Rossi, Vasoli, Frances A. Yates, se oggi è, ormai, diventata comune la con­ sapevolezza che tematiche come la magia e la mnemotecni­ ca sono parte centrale della riflessione rinascimentale sul­ l'uomo, sulla natura, sulla esperienza, compresa quella di Giordano Bruno; e che, anzi, senza di esse è impossibile, nel consenso o nel dissenso, decifrare i nuclei costitutivi del suo pensiero. Senza quelle indagini pionieristiche, anche que­ sto volume - almeno nella forma in cui è stato realizzato sarebbe stato, per molti versi, inconcepibile.

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Ma questo è un discorso di ordine generale. Conviene,in­ vece, tornare subito al punto da cui si sono prese le mosse: la persuasione - nettissima in Bruno - che si pensa per i�­ magini e che senza immagini non è possibile pensare. E questo il 'principio' che si presenta, e si dispiega, nelle ope­ re mnemotecniche,facendone il testo più affascinante,più creativo, e al tempo stesso più arduo di tutta la « nova filo­ sofia» : una sorta di vero e proprio Urtext, dal quale non è possibile prescindere se si vogliono intendere genesi,carat­ teri e svolgimenti di questa filosofia. Quando si studiano le opere mnemotecniche si entra, direttamente, nel centro dell"offìcina' filosofica di Bruno. Se si vuole vedere come funziona la 'mente' di Bruno - e cercare di comprendere per quali vie maturano i centri costitutivi della « nova filo­ sofia»-,è in questa 'officina' che bisogna entrare. Sono te­ sti assai ardui, talvolta oscuri, di difficile decifrazione; su questo non c'è dubbio, come il lettore avrà modo di ve­ rificare direttamente. Ma che opere di questo spessore ab­ biano potuto essere ridotte a bizzarre stravaganze,che con­ segnerebbero, senza appello, Bruno alla 'premodemità', è uno di quei grandi misteri che solo gli storici - anche quelli più grandi - sono capaci di inventare, né, del resto, c'è da meravigliarsi se questo è potuto accadere: senza categorie e senza ideologia, occorre aggiungere - non si fa storio­ grafia. Basterebbe ricordarsi - come terapia preventiva che il 'passato' è un altro 'presente' e che deve essere stu­ diato secondo questa prospettiva. 1 In una pagina del commento all'Explicatio trigi,nta sigi,l� mm c'è una osservazione che si può sottoscrivere punto per punto: «Il cervello» si legge «"pensa per immagini", perché tutte le informazioni di carattere astratto e concettuale sor­ gono dalla lettura ed interpretazione delle figu razioni fanta­ stiche, siano esse naturali o "artificiali". La dimensione fanta­ stica funge dunque da "interfaccia" tra quella logica e la na­ tura,perché tutta l'esperienza del mondo è vista,attraverso di essa, come in uno specchio: non è tuttavia un magma pas­ sivo e privo di controllo, perché,confinando con la cogitati1. Su questo tema si veda tra gli altri P. Rossi, Un altro presente.

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va, essa è costantemente aperta alla dimensione razionale, che vi trae e vi riversa di continuo le impressioni parziali e progressive oggetto delle sue elaborazioni. In conclusione i luoghi mnemonici e le immagini dei ricordi, ideati dalle tec­ niche bruniane, altro non sono che modalità particolari e determinate - regolate dalle leggi e dai princìpi di un'ars specifica - di un'operatività cognitiva spontanea ed innata nell'uomo, che riceve tuttavia una forma di potenziamento ed ottimizzazione, nel momento in cui la razionalità "scen­ de" fino ad essa, per regolarne consapevolmente gli atti». 1 Tra 'immagine' e 'ragione', tra 'intelletto' e 'fantasia' - è questo il primo nucleo di ordine propriamente teorico da rilevare - esiste dunque un circolo virtuoso, che distingue con chiarezza, fin dall'inizio, la posizione di Bruno e che è anzi destinato a potenziarsi - e a complicarsi - nelle sue opere successive, fino alle pagine conclusive del De imagi,­ num compositione. Né è difficile comprendere perché questo circolo diventa necessario: progressivamente - ma movendo proprio dall'ars memoriae - Bruno disloca l'uomo, la natura, la conoscenza in una nuova - e originale - dimensione, che è quella dell'infinito, con conseguenze decisive sia sul piano dell'attività gnoseologica che su quello cosmologico. 2 Gli studiosi continuano a chiedersi sulla base di quali 'fonti' e in quale momento Bruno mette a fuoco il tema del­ l'infinito, facendone il centro di tutta la sua riflessione: pro­ blema, certo, decisivo sul terreno strettamente storiografico. Ma, ribadito che un 'autore' come Bruno non può essere mai risolto nei testi che ha sul suo 'scrittoio' e che anzi, e pa­ radossalmente, la sua originalità sta nel 'fraintenderli' piut­ tosto che nel 'riprodurli' scolasticamente, un punto risulta chiaro a chi avrà la pazienza di leggere i testi raccolti in que­ sto volume e il commento che li accompagna punto per I. Infra, p. 359. 2. Su questo punto Bruno torna in modo sistematico nelle sue opere: ad e­ sempio, in un testo fondamentale come il Camoeracensis Acrotismus: «Quod igitur imaginatio quidlibet infinitam ad molem persequitur, non fallitur: sed altius naturam imitatur, et ad veritatem appellit [ ... ] ad veritatem in­ quam primi intellectus, qui non potest intelligere nisi unum, neque potest intelligere nisi infinitum » (Bruni opera Latine conscripta, l, I, p. 119). Di quest'opera Barbara Amato ha approntato un'ottima traduzione, ora in corso di stampa.

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punto: è nelle ricerche sull' ars memoriae che Bruno mette a fuoco il tema dell'infinito, sulla base - come vedremo - di una precisa ontologia, senza la quale quella 'scoperta' sa­ rebbe stata impossibile. Anche qui lo storico si trova di fronte a uno dei tanti pa­ radossi che scandiscono la storia del pensiero: estraneo ad ogni forma di antropocentrismo di tipo umanistico, Bruno inizia ad elaborare fin dai primi anni una visione che, da un lato, insiste sul 'limite' dell'uomo, sulla sua natura di 'acci­ .dente', spezzando ogni rapporto lineare tra ordo rernm e ordo idearum; dall'altro - movendo dall'analisi della potenza infinita della fantasia -, individua nelle 'immagini' la via aperta all'uomo per poter, in questa condizione, sfiorare il 'primo vero' e il 'primo bene'. Dalla posizione di un 'limite' radicale scatta, per contrasto, la possibilità per l'uomo della più alta conoscenza, con la riapertura, attraverso l'immagi­ ne, di un circuito positivo - l'unico possibile - tra 'uomo' e 'verità'. Sono due processi strettamente intrecciati, scanditi da molteplici variazioni: ma se non si afferra questo nucleo di ordine strettamente ontologico - il carattere 'accidenta­ le' della condizione umana -, risulta difficile comprendere sia il ruolo che Bruno assegna alla fantasia, sia la necessità che l'intelletto ha di stabilire un rapporto organico con la dimensione fantastica, se vuole cercare di afferrare qualcosa della 'verità'. È una dialettica essenziale, questa: senza la potenza infini­ ta della fantasia e senza l'attività ordinatrice dell'intelletto l'uomo non è in grado di poter intraprendere l'itinerario che lo porta nell'orizzonte della verità, per quanto questo gli è consentito. Sarebbe, anzi, schiacciato nella sua condi­ zione di accidente, dalla quale può uscire solo facendo per­ no sulla potenza della fantasia, sulla sua capacità di produr­ re inesauribilmente immagini, in accordo - in questo caso con la capacità inesauribile della natura di produrre forme e figure innumerabili. È attraverso le immagini che l'uomo riesce, dunque, a sta­ bilire un circuito creativo con la natura e, attraverso di essa, con la verità. Senza questo medium visivo, resterebbe con­ dannato a una situazione di ignoranza, di «asinità» (per ri­ prendere un lemma centrale del vocabolario filosofico bru­ niano). In tutto ciò, l'intelletto - e su questo punto si torne-

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rà più avanti - svolge una funzione ordinatrice essenziale, ed è in grado di stabilire un rapporto positivo con la fanta­ sia; ma se l'uomo si affidasse solamente alla forza dell'intel­ letto, non arriverebbe mai a toccare la verità. Se vuole intra­ prendere una strada che possa avvicinarlo - per un momen­ to - alla verità, deve alzare la posta, sperimentando altri stru­ menti, altre vie, puntando le sue carte sulla 'potenza fanta­ stica', sulle immagini: quelle immagini che, come si è ac­ cennato, costellano dall'inizio alla fine il cammino del1" eroico furioso'. È un punto di vista, questo, che si può verificare, e con­ fermare, anche rovesciando la prospettiva. È venuto di mo­ da, oggi, interpretare i Furori come un testo di arte della me­ moria. Ma è un eccesso, anzi un errore, derivato dalla ina­ deguata comprensione della centralità dell' ars su tutti i pia­ ni della ricerca di Bruno. Nei Furori maturano, in una pro­ spettiva eccezionale, i frutti della ricerca mnemotecnica, ma sono trasposti sul piano schiettamente gnoseologico, nel quadro di una interrogazione che, concernendo diretta­ mente la questione dei 'caratteri' della conoscenza umana, si pone - e non può non porsi, dal punto di vista di Bruno il problema della funzione e del significato propriamente conoscitivo delle immagini, quale strumento essenziale a di­ sposizione dell' uomo che voglia conoscere qualcosa della realtà nell'universo infinito. In questo senso, i Furori sono, certo, un'opera mnemotecnica, allo stesso modo in cui lo sono tutti i testi di Bruno che si muovono in questo arco di problemi, i quali discendono, in modo compatto, dalla in­ tuizione della realtà messa a fuoco, per la prima volta, nelle opere mnemotecniche. Naturalmente ogni testo ha la pro­ pria autonomia, la propria specificità: nei Furori il tema del­ l'immagine ha certamente un valore ben più forte che in al­ tre opere; ma questo è naturale, se si pensa che qui è messo all'ordine del giorno, e in modo frontale, il problema stesso delle condizioni di possibilità della conoscenza umana. An­ zi, questa è una precisa conferma di quello che si sta dicen­ do: il tema dell'immagine (e della varia costellazione lingui­ stica e concettuale in cui essa si inserisce) diventa centrale ogni volta che Bruno si pone in questo ordine di temi (co­ me si vede perfino negli stessi poemi francofortesi, sia pure in una prospettiva determinata).

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Insomma: il fatto che il discorso batta sulle immagini - o, addirittura, su un 'sistema' di immagini, come avviene nei Furori - non vuol dire che ci si trovi necessariamente di fron­ te a un testo di carattere mnemotecnico. Sostenere ciò si­ gnifica non comprendere lo spessore teorico generale di questa problematica nella « nova filosofia » : le immagini ger­ minano, senza alcun dubbio, sul tronco dell' ars e da esso prendono forza e vigore lungo tutta la ricerca di Bruno; ma, al tempo stesso, se ne distaccano progressivamente, configu­ randosi come la trama universale della ricerca del Nolano in tutti gli ambiti che essa viene investendo - dalla gnoseologia alla ontologia, fino alla meditazione di ordine magico. L'ar­ te della memoria, si potrebbe dire con una battuta, è il ger­ me - e una specie essenziale - della teoria bruniana delle immagini; non il 'genere' cui ogni sistema delle immagini deve essere, di necessità, ricondotto. Risiede precisamente qui l'originalità, e l'importanza teo­ rica complessiva, delle pagine raccolte in questo volume, le quali, come si è già cominciato ad accennare - ed anche questo è sintomatico -, testimoniano una dialettica eccezio­ nalmente produttiva tra 'fantasia' ed 'intelletto', tra infinita potenza creativa delle immagini e capacità regolatrice del1'intelletto, l'una e l'altra connesse in uno sforzo che proiet­ ta, per questa strada, l'uomo oltre se stesso e i limiti in cui è, strutturalmente, immerso. È un punto centrale, sul quale si insiste a più riprese nel commento che accompagna i testi qui pubblicati. Discor­ rendo della Explicatio, ma delineando in effetti quello che è un tratto costitutivo di tutto Bruno, si sottolinea che « Al­ l'astrazione concettuale si giunge esclusivamente attraverso la percezione e la proiezione dell'esperienza nella fantasia (per cui, secondo il motto aristotelico, non si dà pensiero senza immagini)» ; 1 ma si precisa subito dopo che tale pro­ cesso è « bidirezionale; infatti, così come si passa dalle im­ magini ai concetti per mezzo della forza astrattiva della ra­ gione, allo stesso modo, in virtù dell'associazione simbolica tra concetti e figurazioni, è possibile ridiscendere alla di­ mensione fantastica, dando "corpo" (cioè un sostrato sensi­ bile e fantastico) alle idee. La facoltà razionale è dunque caI . Infra, p. 388.

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pace di operare, sia in direzione della sintesi astrattiva, tra­ endo da immagini e impressioni individuali contenuti più generali, sia in maniera analitica e creativa, ovvero tornando da idee e concetti universali ai casi particolari e specifici, im­ mergendosi nel laboratorio della fantasia e sperimentando, nella dimensione visuale e virtuale, tutte le possibili implica­ zioni ed applicazioni di un concetto » . 1 Dunque, « l'intellet­ to umano è una sorta di principio creatore e formatore e la fantasia è la materia prima che alimenta la sua opera di pro­ duzione ed il cui esito è il mondo interiore della conoscen­ za, ovvero quell'universo logico che è riflesso della natura ed ombra di quello metafisico e divino » . 2 Allo stesso modo - riprendendo il tema nel commento al De imagi,num compositione, un'opera pubblicata nel 1 59 1 , e sot­ tolineando le differenze con il quadro teorico, di carattere 'statico' definito nel De umlms, stampato nove anni prima �, si chiarisce come « nel processo della conoscenza fantasia e in­ telletto si vincolino e si congiungano reciprocamente [ ... ] È infatti allo sguardo congiunto dell'intelletto e della fantasia che Bruno attribuisce il compito di bloccare le immagini, e di vincolarle l'una all'altra secondo criteri definiti una volta per tutte, trasformando così il caos della memoria nell'ordine della pagina scritta » . 3 In sintesi: « L'immagine mnemonica si produce dunque nel fuoco di un processo in cui la vivacità delle immagini fa da stimolo all'intelletto, e l'intelletto, a sua volta, ferma le immagini, traendo da esse un unico senso » .4 È una riflessione compatta, per quanto segnata da punti di crisi e di discontinuità, entro cui assume rilievo centrale proprio l'esperienza dei Furori (opportunamente richiama­ ta in vari luoghi del commento) . Spostato in direzione dell'universo - e ripensato dopo la messa a punto dell'onto­ logia della Vita-materia infinita attuata nel De la causa, prin­ cipio et uno -, è precisamente il 'programma' che il Nolano attua nell'ultimo dialogo italiano, spingendo l'uomo a tra­ sformarsi in pura 'potenza visiva', in grado di raccogliere nell'unità della monade universale tutta la realtà. 1 . Loc. cit. 2. Loc. cit. 3. Infra, p. 916.

4. Loc. cit.

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Non è una scelta; è una necessità, connessa a un'opzione ontologica precisa: se non vuole perdere se stesso e risolversi nel niente, è questo l'unico itinerario che l'uomo può imboc­ care, rischiando il tutto per tutto ed aprendosi un varco verso l'esperienza del « moto metafisico » , il quale è fatto di conti­ nui avvicinamenti e di altrettanto continui allontanamenti dalla verità, in una spirale senza fine. Nell'universo infinito si spezza ogni rapporto lineare, diretto con la verità; viene me­ no ogni corrispondenza di carattere speculare, entro cui l'uo­ mo possa riposare una volta per tutte. La verità va costruita, ed afferrata, momento per momento, in un'esperienza che non si chiude mai in modo definitivo. Ma - e con questo tor­ niamo al punto di partenza - il « moto metafisico » , a sua vol­ ta, è reso possibile solo dalla forza e dalla potenza della fanta­ sia, delle immagini che il furioso è in grado di formare e ri­ cordare, sprofondando nelle zone profonde di se stesso. Si tratta, al fondo, di un problema, al tempo stesso, esi­ stenziale e gnoseologico: senza le immagini - siano esse de­ scritte oppure dipinte -, l'uomo, da un lato, si dimentica di sé; dall'altro, dimenticato e perso se stesso - e con se stesso, la possibilità di accedere alla verità -, resta chiuso nella 'ca­ verna' dell'ignoranza, nel 'fosco' delle tenebre, dalle quali senza la 'luce' delle immagini non è in grado di risollevarsi, alzandosi verso la parte superiore della « ruota » , incrinando il ritmo della vicissitudine in cui, come ogni accidente del­ l'universo, è, di necessità, inserito. È anche questo un punto teorico centrale messo a fuoco - con accenti diversi, va sottolineato - nelle opere mnemo­ tecniche, come si mostra nel commento, sottolineando, ad esempio, la differenza tra De umlms e De imaginum compositio­ ne, proprio alla luce dell'esperienza in ogni senso decisiva dei Furori: « nel De umlms, è salda e costante la persuasione se­ condo cui la potenza dell'intelletto consente all'uomo di riafferrare l'unità, sia pur come "ombra"» . Mentre nel De imaginum compositione, radicalizzando questa posizione, si mostra « in toni espliciti come la potenza cognitiva dell 'uo­ mo sia costantemente circoscritta dal molteplice, dall'effime­ ro, e questo anche nelle forme più alte » _w Né c'è dubbio che « Sull'abbandono della prospettiva individuata nel De umlms 1 . Infra, pp. 885-86.

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agisce del resto, con ogni probabilità, la memoria della spe­ culazione svolta nei dialoghi dei Furori, nei quali le meta­ morfosi dell'amore eroico avevano drammaticamente illu­ strato il carattere aspro e travagliato dell'esperienza che con­ sente di cogliere la monade, istituendo così uno scarto insa­ nabile tra le forme ordinarie della conoscenza e l'esperienza dell'uno. Dopo i Furori [ ... ] la conoscenza dell'unità non può più essere interpretata secondo i modelli statici del De um­ bris, né può essere oltre interpretata come frutto della sola esperienza intellettuale». 1 Sono osseivazioni che ci consentono di tornare su un te­ ma sul quale si è già richiamata l'attenzione, destinato ad es­ sere messo al centro dei Furori, il testo volgare che esibisce, e non casualmente, la descrizione del sistema di immagini più articolata e più sistematica perché, come si è detto, esso po­ ne, in modo diretto, il 'problema' gnoseologico, con l'in­ tenzione evidente di rimettere all'ordine del giorno la ricer­ ca di carattere cosmologico (nella quale poi il tema del rap­ porto tra 'originale' e 'ritratto', tra lux e lumen, riaffiorerà sintomaticamente in punti centrali, compresa l'importante discussione con Palingenio) .2 L'intelletto, nell'infinito, a sé preso non è in grado di aprirci la strada verso la verità (nei modi consentiti all'uo­ mo): è debole, insufficiente, non è in grado di uscire da se stesso - questo è un convincimento al quale Bruno non vie­ ne mai meno. Se l'uomo pensa il mondo, l'universo infinito con le sue forze, non lo 'comprende' in alcun modo (nella duplice accezione del lemma) , nonostante le sue aspirazio­ ni. Come Bruno dice in quel dialogo,3 i « veltri» - cioè l'in­ telletto - non bastano; ci vogliono « i mastini», la volontà, per proiettare l'intelletto oltre se stesso e spingerlo verso ciò da cui, per intrinseca « improporzionalità», è distante in modo radicale. Esce dal suo limite, dalla sua impotenza, gra­ zie alla forza della volontà: in questo senso la volontà svolge una funzione simmetrica a quella della potenza fantastica, I. Infra, p. 886. 2. Cfr. De immenso, VIII, in Bruni opera Latine conscripta, I, 2, pp. 295 sgg.; G. Bruno, Il triplice minimo e la misura, La monade, il numero e la fir;ura, L 'im­ menso e gli innumerevoli, pp. 790 sgg. 3. G. Bruno, Dialoghi filosofici italiani, pp. 819-20.

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la quale, dando voce alla operatività propria dell'uomo, rie­ sce - spjngendolo dentro se stesso - a farlo uscire dal suo limite. E pensando per immagini, e solo in questo modo, che l'uomo può dunque 'toccare' la prima verità. Ma intan­ to riesce a conseguire questo risultato se, e quando, riesce a sprofondare nel profondo di sé, aprendosi la strada verso Dio, la natura, l'universo. Più sprofonda dentro di sé, più si avvicina, nel ritmo del « moto metafisico » , a ciò che è, onto­ logicamente, distantissimo da lui e incomprensibile con le forze ordinarie dell'intelletto. E con questo torniamo ad un altro precetto costitutivo dell' ars memoriae : è solo sprofon­ dando nella propria interiorità - e acquisendo in questo modo memoria, cioè conoscenza di sé - che l'uomo è in grado di costruire immagini che gli consentano di decifrare e comprendere l"enigma' della realtà e infine di dominar­ la. Una posizione, questa, che è effetto e conseguenza di una antropologia, e di una ontologia, che in quell' ars si ri­ flette in modo diretto, imperniata sul principio dell"ombra' messo a fuoco in modo sistematico nel De umbris, ma altret­ tanto presente - e operante - nel Sigi,llus sigi,llorum, come si dimostra ampiamente nel commento che accompagna il te­ sto pubblicato in questo volume. Una antropologia ed una ontologia entrambe estranee, va sottolineato, ad ogni forma di umanismo incentrato su un 'primato' umano. Nell'uni­ verso infinito l'uomo è un dettaglio, un accidente, né è in grado di sciogliere, una volta per tutte e in modo compiuto, !"enigma' che lo circonda: è solo attraverso sforzi eccezio­ nali - addirittura estremi - che è in grado di stabilire un cir­ cuito con ciò che, nell'infinito, gli è strutturalmente estra­ neo: il 'primo vero', il 'primo bene'. Né si tratta di un cam­ mino scontato: come testimoniano proprio i testi mnemo­ tecnici, dal Cantus Circaeus al Sigi,llus, l'uomo è permanente­ mente su un crinale; nulla è scontato, la caduta è possibile in ogni momento. Lo sforzo che egli compie, ogni volta per la prima volta - al di fuori quindi di ogni regola stabilita -, può concludersi nella sconfitta, nello scacco, come proprio i Furori sottolineano, mostrando il cammino impervio del fu­ rioso - cioè dell'accidente - nell'infinità. Risiede qui un'al­ tra differenza significativa di Bruno rispetto a Cusano: « la verità » aveva scritto il Cardinale « è misurata dall'immagi­ ne » . E aveva aggiunto, evocando il lessico paolino: « E que-

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sta è la scienza per enigmi. L'uomo ha anche una vista acu­ tissima, con la quale vede che l'enigma è enigma di verità, per cui sa che è verità quella che non è rappresentabile in nessun enigma » . 1 Bruno è, allo stesso modo, consapevole e lo dichiara - che è nell'enigma che si presenta la verità; ma è altrettanto persuaso che all'uomo non è consentito di riuscire a cogliere, una volta per sempre, quella verità che si pone oltre ogni enigma. Fra 'enigma' e 'verità' il nesso è or­ ganico, strutturale, e, in quanto tale, ineludibile: questa, al fondo, è la lezione essenziale - e definitiva - che sorge dal­ l' ars memoriae. Con l'enigma bisogna confrontarsi in modo incessante, perché è questa la via che può portare alla verità; ma anche quando Atteone - cioè il furioso al massimo del suo sforzo - « è tutto occhio a l'aspetto de tutto l'orizonte » , e guarda tutto come uno, anche in questo momento ecce­ zionale egli riesce infine a vedere la « monade » , ma non nella sua essenza: « la vede nella sua genitura che gli è simi­ le, che è la sua imagine » . 2 L'uomo non è mai in grado, nep­ pure nel momento della sua massima ascesa, di afferrare quella verità che è oltre ogni enigma. Può, come l' ars inse­ gna, decifrare l'enigma, riuscendo a penetrare attraverso di esso nelle strutture della realtà; ma l'enigma, l'immagine so­ no costitutivi della condizione umana. È una costellazio­ ne lessicale e concettuale che si presenta in modo compatto ogni volta che si affronta il problema della prima verità e della conoscenza umana: 'specchio' , 'immagine', 'similitu­ dine' , 'enigma' ... Non è una scelta di carattere linguistico; è una intuizione della realtà che in quei lemmi si esprime in modo organico, compiuto; ma - conviene ribadirlo -, come nuovamente l' ars conferma, l'esito dello sforzo umano è tut­ t'altro che negativo o fallimentare. Anzi: quel lessico è cur­ vato, altrettanto compattamente, in direzione positiva, ope­ rativa: si trasforma, paradossalmente, nella via per concen­ trarsi sull'universo, sull"effetto', piuttosto che sulla 'causa' ; sull"immagine' piuttosto che sull"originale' ; sul lumen piut­ tosto che sulla prima lux. 1. De beryllo, in N. Cusano, operefilosofiche, p. 647. Ma è solo un esempio: su questo aspetto del pensiero di Cusano si potrebbero citare, senza difficol­ tà, molti altri testi. 2. G. Bruno, Dialoghi filosofici italiani, p. 921 .

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Su questo sfondo di problemi, proprio nei Furori ci sono due testi che conviene citare per mettere a fuoco i risultati cui arriva la riflessione di Bruno sull'ars, colta in uno dei suoi momenti più maturi: «Questi furori de quali noi ragio­ niamo [ ... ] non sono oblio, ma una memoria; non son ne­ gligenze di se stesso, ma amori e brame del bello e del buo­ no con cui si procure farsi perfetto con transformarsi » scri­ ve Bruno riprendendo un tema presente anche in Platone. 1 Ma questa interpretazione del furore come «memoria», non come «oblio» - se si vuole uscire da una condizione di servitù, di passività, anche quando si sia invasi dallo «spirito divino» -, sprofonda, a sua volta, le radici proprio nel tema individuato fin dagli scritti del 1 582 e del 1 583, i cui esiti Bruno richiama in modo esplicito, definendo a questa luce l'orizzonte teorico complessivo in cui quella interpretazione del furore deve essere vista. Si tratta, anche in questo caso, di un testo classico, nel quale Bruno delinea il doppio per­ corso verso la verità che è dischiuso di fronte all'uomo, te­ nendo conto della «improporzionalità delli mezzi de nostra cognizione al conoscibile»: «per contemplar le cose divi­ ne» scrive Bruno «bisogna aprir gli occhi per mezzo de figu­ re, similitudini et altre raggioni che gli Peripatetici com­ prendono sotto il nome de fantasmi; o per mezzo de l'esse­ re procedere alla speculazion de l'essenza: per via de gli ef­ fetti alla notizia della causa». 2 Ma a Bruno è chiarissimo che proprio in ragione di quella « improporzionalità » questa se­ conda strada è preclusa: «gli quali mezzi » specifica subito «tanto manca che vagliano per l'assecuzion di cotal fine, che più tosto è da credere che siano impedimenti, se crede­ re vogliamo che la più alta e profonda cognizion de cose di­ vine sia per negazione e non per affermazione, conoscendo che la divina beltà e bontà non sia quello che può cader e cade sotto il nostro concetto: ma quello che è oltre et oltre incomprensibile; massime in questo stato» sottolinea ulte­ riormente «detto "speculator de fantasmi" dal filosofo, e dal teologo "vision per similitudine speculare et enigma", per­ ché » conclude «veggiamo non gli effetti veramente, e le ve­ re specie de le cose, o la sustanza de le idee, ma le ombre, 1. lbid., p. 806. 2. lbid., p. 946.

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vestigii e simulacri de quelle, come color che son dentro l'antro et hanno da natività le spalli volte da l'entrata della luce, e la faccia opposta al fondo: dove non vedeno quel che è veramente, ma le ombre de ciò che fuor de l'antro sustan­ zialmente si trova » . 1 Commentando questo testo, Tocco sottolineò come nei Fu­ rori Bruno fosse tornato « alle vedute filosofiche del De um­ lrris» , e come in battute come queste egli si rivelasse discepolo di Plotino più che di Platone:2 tesi che Gentile riporta senza commenti, aderendo dunque alla tesi del suo maestro fioren­ tino. Ma il problema è di ordine generale, e non concerne, na­ turalmente, una questione di 'fonti' (anche se Tocco era spin­ to a sottolineare l'incidenza plotiniana alla luce della sua con­ cezione dello svolgimento del pensiero di Bruno). Alla base di quelle posizioni - e del parallelo valore rico­ nosciuto alla costellazione delle « ombre » , dei « vestigii » , dei « simulacri » - c'è un punto teorico centrale al quale il Nolano non viene mai meno, e dal quale discende, in via di­ retta, il valore decisivo assegnato alle immagini nella ricerca della verità: la « nova filosofia» - questo è un evidente effet­ to della 'scoperta' dell'infinito - rovescia la tradizione se­ condo la quale dagli 'effetti' è possibile risalire alla 'causa', dall"universo' a 'Dio'. È questo il punto che quel luogo dei Furori presenta in modo luminoso. Ma esso era già stato chiarito nel dialogo italiano nel quale Bruno definisce in modo compiuto la sua prospettiva ontologica, cioè nel De la causa. Come al solito, Bruno prende le mosse da un 'dettaglio', per risalire a una considerazione di ordine generale: chi vede il ritratto di Ele­ na, non vede Apelle; vede « lo effetto de l'operazione, che proviene da la bontà de l'ingegno d'Apelle (il che tutto è uno effetto degli accidenti e circostanze de la sustanza di quell'uomo, il quale quanto al suo essere assoluto non è co­ nosciuto punto)». 3 E questo 'principio' tanto più vale per Dio in rapporto all'universo: « dalla cognizione di tutte cose 1. Loc. cit. 2. F. Tocco, Le opere latine di Giordano Bruno esposte e confrontate con /,e italiane, p. 369, nota 4. E si veda G. Bruno, Dialoghi italiani, II, p. 1 159. 3. G. Bruno, Dialoghi filosofici italiani, p. 206.

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dependenti » non possiamo « inferire altra notizia del primo princiP.io e causa che per modo men efficace che di vesti­ gio » . 1 È precisamente questo il motivo per cui Bruno, nel De la causa, fa, subito dopo, l'elogio dei « Cabalisti » , dei « Tal­ mutisti » , degli « Apocaliptici » , dei « Platonici » (senza di­ stinzione) ed anche dei « Peripatetici » : sia pure in maniera differente e con differenti argomentazioni, essi sanno, e hanno proclamato, che « della divina sustanza, sì per essere infinita, sì per essere lontanissima [ ... ] non possiamo cono­ scer nulla, se non per modo di vestigio [ ... ] di remoto effet­ to [ ... ] di indumenti [ ... ] di spalli o posteriori [ ... ] di spec­ chio, ombra et enigma » .2 Sono tutti lemmi che, come si vede, Bruno riutilizza nel te­ sto dei Furori prima citato, a conferma della continuità di una riflessione che su questo motivo centrale si dipana in modo organico lungo tutta la sua ricerca filosofica. Da que­ sto punto di vista, per Bruno non c'era alcuna necessità di 'tornare' alle vedute del De umlms: ad esse egli non era venu­ to mai meno; anzi, esse erano alla base dell'ontologia messa a fuoco in quel dialogo sotto ogni aspetto fondamentale. Tocco aveva però ragione, paradossalmente, nell'evocare il De umlms, proprio in quell'ordine di temi: il motivo del1' ombra, delle similitudini, delle immagini - pur con le va­ riazioni segnalate - si impone proprio nelle opere mnemo­ tecniche e, in primo luogo, nel De umlms. E, come si è visto nelle battute del De la causa, esso diventa decisivo per defini­ re la concezione bruniana dell'universo, il rapporto tra uni­ verso e « cose de l'universo » e, soprattutto, il rapporto tra Dio e universo. L'uomo - conviene ribadirlo -, anche quan­ do è disposto a mettere in gioco tutto se stesso nell'espe­ rienza della verità, senza la presenza, e la funzione, dell'im­ magine non potrebbe comprendere nulla del primo princi­ pio, di Dio, dell'universo. E, a sua volta, l'universo in tanto può essere 'compreso' - cioè visto -, solo se riconcepito - e interpretato - come 'immagine', 'ritratto', 'simulacro'. L'im­ magine - e anche questo è un punto da sottolineare, per af­ ferrare l'organicità della riflessione di Bruno - opera ex par­ te su biecti e ex pane o biecti, e solo a questa condizione è possi1 . Loc. cit. 2. Ilnd., p. 207.

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bile stabilire un circuito di comunicazione tra l'uomo e l'u­ niverso. Senza l'ausilio - e la potenza unificatrice - delle im­ magini, si disperderebbero, allo stesso modo, sia l'uno che l'altro. È un tema in cui si esprime con massima energia l 'origi­ nalità di Bruno e che consente anche di tornare a riflettere su un nodo storiografico assai importante, vale a dire i suoi rapporti con Cusano: « l'uomo » scrive il Cardinale « ha l'in­ telletto che è la similitudine dell'intelletto divino quando crea. Perciò crea le similitudini delle similitudini dell'intel­ letto divino, come le figure artificiali estrinseche sono la si­ militudine della forma naturale intrinseca » . E « misura il suo intelletto mediante la potenza delle sue opere e da ciò misura l'intelletto divino, come la verità è misurata dall'im­ magine » . 1 Fra uomo e Dio esiste dunque lo stesso rapporto che c'è fra la verità e la sua immagine; si rispecchiano gli uni negli altri, attraverso l'immagine. È un tema importante, dal no­ stro punto di vista; ma è precisamente la specularità di que­ sto nesso che Bruno fa saltare con la sua concezione della Vita-materia infinita e con il conseguente, nuovo ruolo asse­ gnato all'immagine sul piano strettamente cosmologico. Da un lato, trasforma il problema del rapporto tra uomo e Dio in quello del rapporto tra Dio e universo; dall'altro lato - co­ me si è visto -, sottolinea che l"effetto' non ci fa risalire alla 'causa', perché della « divina sustanza [ ... ] non possiamo co­ noscer nulla, se non per modo di vestigio [ ... ] di specchio, ombra et enigma» . Il punto dell'unità fra uomo e Dio, attraverso l'immagine, si incrina; ma ciò non vuol dire - e questo è un altro aspetto centrale della riflessione di Bruno - che l'immagine di Dio, il suo « ritratto » - cioè l'universo - sia infedele o poco de­ gno. Anzi: in Bruno la sottolineatura della distanza radicale tra 'cause' ed 'effetti' non si risolve in una perdita di peso o di valore dell'universo e delle stesse « cose de l'universo» ; sfocia, al contrario, in una rivendicazione del loro valore dal punto di vista della conoscenza di Dio, per quanto essa sia 1 . De beryllo, in N. Cusano, operefilosofiche, p. 647.

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possibile all'uomo: « sì grande imperatore non ha [ ... ] sì pic­ ciolo et imbecille simulacro [ ... ] ma è un grandissimo ritrat­ to, mirabile imagine, figura eccelsa, vestigio altissimo, infini­ to ripresentante di ripresentato infinito, e spettacolo conve­ niente all'eccellenza et eminenza di chi non può esser capi­ to, compreso, appreso » . 1 Pur distintissimo, Dio dunque si fa intravedere nel « ri­ tratto » dell'universo, nell'immagine universale. Anzi, come Bruno dirà a Venezia a Giovanni Mocenigo, Dio stesso ha bi­ sogno dell'universo e dei mondi infiniti che incessantemen­ te produce. Un giorno - denunzia Mocenigo agli Inquisito­ ri - « disse che Dio havea tanto bisogno del mondo quanto il mondo di Dio, e che Dio non sarebbe niente se non vi fosse il mondo, e che per questo Dio non faceva altro che crear mondi nuovi » . 2 'Originale' e 'ritratto' sono, a diversi livelli, unum et idem: se sparisse l'uno, entrerebbe in crisi anche l'al­ tro. Ma sia l'uno che l'altro - ed è questo il punto da sottoli­ neare - entrano in comunicazione attraverso la mediazione dell'immagine che, sul filo di questo ragionamento, diventa - paradossalmente, ma necessariamente - la condizione di possibilità di entrambi, di Dio come dell'universo. È pro­ prio attraverso questa complessa dinamica fra visibile ed in­ visibile, fra enigma e verità - al fondo, tra 'materia corpo­ rea' e 'materia incorporea' - che si apre la possibilità di una comunicazione, da un lato, fra Dio e universo; dall'altro, tra l'anima e Dio (come appare in modo luminoso nei Furori) . Sono, l'una e l'altra, rese possibili dal nesso che nella « nova filosofia » si stabilisce tra lux e lumen, tra sorgente del­ la luce ed effetti della luce, tra verità ed enigma, tra 'origi­ nale' e 'immagine', in un infinito rifrangersi e cangiarsi di figure, di 'sigilli', di specchi (sia 'esteriori' che 'interiori') , attraverso cui l"inaccessibile' si rivela - d'improvviso e per un istante - all'uomo: il quale, come si è detto, per intrave­ dere qualcosa del 'primo vero' e del 'primo bene' - di quel volto impenetrabile - deve farsi occhio, purissimo occhio, situandosi in una linea di confine mai risolta fra umanità e divinità (riprendendo, ma svolgendo anche in questo caso in modo originale, il tema cusaniano della « vista acutissi1 . G. Bruno, Dialoghifilosofici italiani, pp. 317-18. 2. L. Firpo, Il processo di Gicrrdano Bruno, p. 268.

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ma» dell'uomo) . L'uomo può, dunque, sfiorare la verità, ma solo a condizione di concepirla come 'immagine' , e può conoscere l'universo solo nel quadro di un circuito comuni­ cativo che vede in esso una 'immagine', un 'ritratto', uno 'specchio' . Se non viene compiuta questa operazione preli­ minare - la visione dell'universo come 'immagine' , resa possibile dalle 'scoperte' delle opere mnemotecniche -, la cosmologia dell'universo infinito e dei mondi innumerabili non si mette in moto, perché viene meno quella che è la sua sorgente generativa. Posizioni, queste, che gettano luce su un altro punto cen­ trale della riflessione di Bruno: nella relazione tra Dio e l'universo, è quest'ultimo che gli interessa: }"immagine', il 'ritratto', il 'vestigio'; }"effetto' , non la 'causa' . Bruno, an­ che quando ne parla, non ha alcun interesse specifico per Dio, per la dimensione divina a sé considerata. Cerca il «punto de l'unione» , s'interroga - e lavora - sulle forme della 'mediazione', ma in una prospettiva precisa: ciò che gli interessa, in modo costante, è l'universo, }"effetto'. Ed è proprio su questo terreno di ordine generale che Bruno va­ lorizza al massimo la funzione propriamente ontologica del­ le immagini, in un quadro che nel De imaginum compositione lo spingerà - secondo un movimento teorico comprensibi­ le - ad intrecciare mnemotecnica e operare magico. Essi so­ no parte costitutiva di una vera e propria 'teoria dell'essere' che assume come terreno proprio di analisi e di riflessione }"esplicato' , il 'disperso' , )"universo'; tutto ciò che deve es­ sere connesso e riportato ad unità per poter essere « appre­ so» , sforzando al massimo il 'limite' dell'uomo. Se si tiene conto di tutto questo, si comprende bene quanto l'interpretazione in chiave 'trascendente' di Bruno sia inconsistente: il cammino che egli compie, a tutti i livelli, è precisamente opposto. Se l'obiettivo centrale fosse Dio, o la riflessione positiva su Dio, l'uomo non farebbe un passo avanti nella ricerca della verità, che, invece, è alla sua porta­ ta, quando egli sia in grado di comprendere il nesso organi­ co, e ineludibile, tra 'verità' e 'immagine' , dislocandolo vol­ ta per volta nell'ambito dei campi di ricerca sui quali si con­ centra (compresa - si è già accennato - la dimensione ma­ gica, che, al suo livello, rientra pienamente in questo qua­ dro teorico fondamentale, come dimostrano tutti i testi di

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Bruno, dallo Spaccio de l a bestia trionfante fino alle opere ma­ giche in senso proprio). È dunque un procedimento chiaro quello di Bruno: da un lato, problematizza il rapporto tra Dio e universo; dal­ l'altro, li stringe - attraverso !"immagine', il 'ritratto' - in una relazione che si configura in termini di reciproco biso­ gno, addirittura di necessità, come chiarirà nel De l 'infinito. Non solo: la dialettica individuata nel rapporto tra 'imma­ gine' ed 'originale', tra 'originale' e 'ritratto' si ripropone in quella tra ' volto divino' e 'sostanza universale' ('volto' , un altro lemma che ben s'inserisce nella costellazione lessi­ cale sopra evocata): «bisogna che di un inaccesso volto di­ vino, sia uno infinito simulacro nel quale come infiniti membri poi si trovino mondi innumerabili» . 1 Del volto di Dio noi non possiamo 'capire', 'comprendere' , 'apprende­ re' nulla in modo diretto: possiamo solo intuire, guardan­ do la figura della Semplicità, come esso sia assolutamente semplice, «non cangiando mai». Ma gli «infiniti [ ... ] innu­ merabili e principali membri de l'universo»2 ci parlano di lui, «enarrant gloriam Dei » . E, al loro livello, ripropongo­ no la stessa semplicità di Dio: sono infatti tutti «di medesi­ mo volto, faccia, prorogativa, virtù et effetto». 3 Su questo filo - ma sempre facendo perno sulla dinamica del 'volto', cioè dell'immagine -, Bruno scava simultaneamente anche nel rapporto tra Dio, universo, «cose de l'universo»: da un lato, c'è il volto semplicissimo di chi non cambia; dall'altro, il tutto che «per infinito spacio discorrendo cangia il vol­ to». 4 Se infatti il volto divino è semplicissimo e mai can­ giante, «formazioni, complessioni, figure, colori» non sono altro che «volto labile, mobile, corrottibile di uno inmobi­ le, perseverante et eterno essere». 5 Ma, sul piano dell'uni­ verso, il « cambiamento» risulta essenziale, poiché è attra­ verso di esso che si produce in modo incessante la vita, in tutti i mondi, compresa la terra, la quale «per la rinovazio1. G. Bruno, Dialoghi filosofici italiani, p. 331. 2. lbid., p. 398. 3. Loc. cit. 4. lbid., p. 316. 5. lbid., p. 283.

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ne di secoli e cambiamento del suo volto » 1 si muove in un movimento vicissitudinale senza fine. In conclusione, e paradossalmente, è attraverso l'univer­ so - e i suoi infiniti 'cangiamenti di volto' - che si manifesta il Dio semplicissimo di cui Bruno traccia l'elogio nei dialo­ ghi metafisici. È dunque guardando all"ombra', all"imma­ gine', al 'ritratto' che l'uomo può sforzarsi di afferrare qual­ cosa di quella verità che « non è rappresentabile in nessun enigma » . Ma intanto l'uomo può far questo - e ristabilire un nesso che la 'scoperta' dell'infinito mette in questione in modo radicale - perché può far forza su quella 'dimensione fantastica' che, come si è visto sopra, nell' ars fa da «interfac­ cia tra quella logica e la natura » , e che è messa a fuoco pro­ prio nella Explicatio, uno dei testi mnemotecnici raccolti in questo volume. Da quanto si è accennato, la potenza generativa - in sen­ so sistematico - dell'ars memoriae non si rivela solo sul piano gnoseologico o cosmologico, cui si è fatto riferimento. Anzi, quello che colpisce leggendo queste opere di Bruno è pro­ prio la compresenza di una pluralità di temi, di tradizioni, di questioni, nell'ambito di una riflessione che però, voluta­ mente, individua nell' ars il proprio centro generativo. Essa agisce altrettanto fortemente sul piano etico, come si è po­ tuto già vedere nel primo tomo di queste Opere;2 né si tratta di un caso, o del ricorso puramente estraneo a un materiale di tipo diverso. Quello che Bruno vuol dire al lettore è che l' ars è una dimensione universale, capace di muoversi - se vuole essere efficace - su tutti i campi della realtà, e questo sia per motivi tecnici che per ragioni di ordine teorico. Sta proprio in questa apertura senza limiti - strettamente con­ giunta alla concezione bruniana della natura e al rapporto che egli istituisce fra 'ars' e 'natura', fra infinita vicissitudine naturale e inesauribilità del sinus phantasticus - uno dei pun­ ti di massima originalità della sua mnemotecnica (che non per caso affascinava Italo Calvino proprio per l'intreccio di infinita creatività, da un lato; di ordine, dall'altro, nel qual. lbid., p. 99. 2. G. Bruno, opere mnemotecniche, tomo I.

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dro di un'ambizione di carattere enciclopedico che - attua­ ta attraverso lo strumento della 'combinatoria' e, sul piano teorico, tramite un fecondo rapporto con la lezione di Lui­ lo - è un altro dei tratti specifici dell' ars bruniana) . 1 Qualche esempio: nel Cantus Circaeus l'intreccio tra ars memoriae e renovatio mundi è messo in scena e rappresentato - come una sorta di vero e proprio testo teatrale - in modi straordinariamente efficaci e suggestivi. Ma è un nesso al­ trettanto attivo nel Sigillus sigillorum pubblicato in questo vo­ lume, nel quadro di un intreccio tra dimensione mnemo­ tecnica, problematica etica, prospettive apocalittiche, che costituisce uno dei punti di maggiore originalità della rifles­ sione filosofi co-storica di Bruno. Criticati a fondo i riformati - i quali si adoperano a « ricacciare intanto i popoli awele­ nati nell'antica barbarie » e a « distoglierli dal fine cui li in­ dirizzano tutte le leggi » -, Bruno conclude l'esame della prima specie di contrazione declinando con forza, e simul­ taneamente, sia il tema della 'apocalisse' che quello della re­ novatio. « Dopo il tempo dei veleni verrà il tempo degli anti­ doti »: allora, « il mondo reso infine sapiente dal proprio male certo giudicherà di doverli sterminare e togliere com­ pletamente di mezzo, come zizzania, bruchi e locuste di questo secolo, anzi, per meglio dire, come vipere e scorpio­ ni, e di dover parimenti castrare quanti esultano nell'ozio, nell'avarizia e nell'ambizione » . 2 I. Calvino prima sottolinea l'importanza del sinus phantasticus, inteso co­ me « mundus quidam et sinus inexplebilis formarun et specierum » (cioè come « un mondo o un golfo, mai saturabile, di forme e di immagini » ; poi osseiva come « attingere a questo golfo della molteplicità potenziale sia in­ dispensabile per ogni forma di conoscenza. La mente del poeta e in qual­ che momento decisivo la mente dello scienziato funzionano secondo un procedimento d'associazione d'immagini che è il sistema più veloce di col­ legare e scegliere tra le infinite forme del possibile e dell'impossibile. La fantasia - conclude - è una specie di macchina elettronica che tiene con­ to di tutte le combinazioni possibili e sceglie quelle che rispondono a un fine, o che semplicemente sono le più interessanti, piacevoli e divertenti » : cfr. I. Calvino, Lezioni americane, p. 91. Su questo testo di Calvino e altri, non meno significativi, di Carlo Emilio Gadda mi sono soffermato in Um­ bra profunda, pp. 321-22. 2. In.fra, pp. 229-31. Per la presenza di motivi apocalittici nel Sigillus cfr. M. Ciliberto, Giordano Bruno. Il teatro della vita, pp. 190-95 e N. Tirinnanzi, Te­ mi apocalittici nel « Sigillus sigillorum » di Giordano Bruno, relazione presenta-

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Si tratta, anche qui, di un tema importante per Bruno, co­ me dimostra la ripresa che ne compie nel componimento poetico che apre l'Explicatio triginta sigillorum, nel quale - co­ me si precisa nel commento - Bruno « lascia quindi intrave­ dere la speranza dell'avvento di un tempo "mitico", in cui il mondo finalmente e tardivamente sapiente ("sero sapiens") vedrà l'ignoranza e i pregiudizi ostili per sempre esiliati dal­ la sua superficie» . 1 Al fondo, sono motivi che affondano le radici nella filosofia della storia di matrice ermetica che si svolgerà in modo compiuto e organico nello Spaccio, nel quale Bruno arriva addirittura a tradurre - sia pure modifi­ candolo in profondità - il Lamento di Ermete Trismegisto. Si tratta, in altre parole, di temi centrali della 'mente' di Bru­ no, apparsi qui per la prima volta, ma destinati ad essere ri­ presi in modo continuo, fino alle ultime opere, ad esempio in pagine assai belle del De immenso. Interrogarsi sulle ragioni del ricorrente 'ritorno' di questi temi sia sul piano linguistico che su quello concettuale si­ gnificherebbe interrogarsi, direttamente, sul modo in cui funziona la 'mente' di Bruno: cosa che non si può certo fare compiutamente in queste pagine. Sul filo del ragionamento che si sta svolgendo, alcuni punti possono però essere segna­ lati; anzitutto, che questi temi, abbozzati del resto anche nel De umbris, appaiono con forza proprio in un testo che è stato a lungo rubricato come 'opera mnemotecnica', con accenti implicitamente riduttivi, alla luce di una visione del tutto tra­ dizionale sia della filosofia che della cultura rinascimentale. Due limiti - sia detto tra parentesi - di cui bisogna liberarsi in modo drastico, se si vuole comprendere qualcosa delle te­ si che Bruno sostiene sia in questi scritti che nel complesso della sua ricerca. Si tratta, infatti - come si è visto, e il com­ mento qui pubblicato lo conferma in maniera analitica -, di un testo dal forte spessore filosofico, uno dei più rilevanti forse, dell'opera bruniana. Ma è anche un'opera che - pro­ prio per la sua struttura composita - ha il merito, e non è pota al Convegno Filosofie e teologie nell 'Eurapa moderna: fonti e testi (Istituto Na­ zionale di Studi sul Rinascimento, Firenze, 25-27 settembre 2008), i cui At­ ti sono in corso di stampa nel volume XLVIII, 2008, della rivista « Rinasci­ mento » . Da un punto di vista generale, cfr. M. Ciliberto, Bruno e l 'Apocalis­ se, in L'occhio di Aueone, pp. 63-94. 1 . Infra, p. 306.

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ca cosa, di farci penetrare direttamente nell"officina' di Bru­ no, consentendo sia di comprendere in che modo devono essere decifrati i suoi testi in senso generale, sia di mettere a fuoco - o di confermare - almeno quattro punti specifici: la complessa base teorica della sua ars, la quale si muove attra­ verso una molteplicità di motivi - gnoseologici, ontologici, etici -, proiettandoli uniformemente nel quadro della « nova filosofia » ; l'affiorare e l'imporsi già nelle opere mnemotec­ niche dei temi etico-politici e religiosi che si dispiegheranno poi nello Spaccio, nel quale la polemica contro i puritani di­ venta tanto centrale quanto sanguinosa; l'opportunità, di conseguenza, di spostare la genesi della prima idea dello stesso Spaccio alla fase finale del periodo parigino, seppure nell'ambito di una polemica che, nel Sigi,llus, rivolge la sua critica sia nei confronti dei riformati che verso gli ambienti monastici (come si sottolinea nel commento al testo) ; infine - last, lrut not kast - la possibilità di intuire come lavorava Bruno - punto, questo, su cui si è già insistito nella Introdu­ zione al primo volume di queste opere mnemotecniche. 1 Ma anche sul rapporto tra il Sigi,llus e lo Spaccio non bisogna compiere esagerazioni (come quelle, sopra richiamate, sui Furori quale opera mnemotecnica) , decifrandolo per quello che esso effettivamente rappresenta, senza enfasi eccessive. La persistenza di questi temi, sia pure in un breve giro d'an­ ni, testimonia anzitutto due cose: da un lato, la continuità di alcuni temi di fondo; dall'altro, il lavoro di revisione cui Bru­ no sottopone i suoi lavori, in modo incessante. Ma non basta fermarsi a questa constatazione, certo importante; bisogna scendere più a fondo. Il 'segreto' originario della 'mente' di Bruno sta nel continuo intreccio - ma in forme sempre nuo­ ve, potenzialmente infinite - delle cellule originarie del suo pensiero, come proprio le opere mnemotecniche chiarisco­ no in modo luminoso. Se non si capisce questo movimento e la sua forma -, non si comprendono né la funzione pro­ priamente sistematica dei motivi costitutivi della « nova filo­ sofia » , né le infinite variazioni cui essi vengono sottoposti; né, soprattutto, s'intende quello che è il punto teorico cen­ trale: il paradigma dell' ars memoriae rispecchia direttamente il modo in cui pensa e opera Bruno. In altre parole - e su I . Cfr. G. Bruno, opere mnemotecniche, tomo I, pp. XI-LXVI.

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questo conviene insistere, per afferrare di cosa si parla quan­ do si leggono queste opere -, I' ars memoriae è qualcosa di più importante di una sorgente generativa, pur fondamentale, della « nova filosofia»: è la forma stessa della 'mente' del No­ lano, la 'struttura' attraverso cui essa si esprime. Compren­ dere l' ars è dunque la via maestra - e ineludibile - per deci­ frare il modo in cui funziona, cercando di penetrare dentro di essa. La continuità (se si vuole usare questo termine) tra Sigillus e Spacci,o alla quale si faceva riferimento non è dun­ que un'eccezione; considerata in questa luce, è, anzi, piutto­ sto, una regola, connessa ai modi con cui Bruno lavora e alle forme con cui procede la sua mente: una 'spirale', piuttosto che una 'retta' (un « moto metafisico», piuttosto che un « moto fisico», per usare una notevole distinzione fatta - ed è sintomatico - nei Furori,' nella quale non è difficile intrave­ dere anche un'eco di carattere autobiografico). Se, sullo sfondo di queste considerazioni, si leggono le pa­ gine del Sigillus - letteralmente pregne di temi e motivi de­ stinati ad ampia fortuna e, come sempre, a profonde riela­ borazioni -, non è difficile avere la conferma di un altro da­ to importante: si tratta, a volte, di materiali, se non eteroge­ nei, di diversa natura e provenienza. Tutto è, il Sigillus, fuor­ ché un'opera organica, nel senso tradizionale del termine (né è, del resto, organico il volume in cui esso è compreso). La stessa sezione sulle contractiones - pur così notevole - non si situa in modo lineare, e armonico, nella struttura del te­ sto, che si svolge su una pluralità di strati, non risolti, com­ piutamente, in termini organici, unitari. Certo, nel quadro dell' ars, Bruno presta una particolare attenzione al processo di costruzione della personalità individuale, specie di quelle eccezionali che si distinguono anche per le esperienze di ca­ rattere psicotropico che hanno compiuto, o che sono in gra­ do di compiere, a testimonianza del loro valore straordina­ rio. Qui, come in tutte le opere mnemotecniche, Bruno si propone di valorizzare al massimo la 'creatività' individuale: non esiste una 'regola' valida per tutti, una volta per sem­ pre, così come non esiste una sola strada per }"eroico furo­ re'. C'è una tecnica basata su princìpi ed espedienti precisi 1. G. Bruno, Dialoghi filosofici italiani, pp. 824-25.

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e talvolta assai complicati: ma il punto della 'originalità' e della 'creatività' individuale è centrale in Bruno. Del resto, non potrebbe essere che così: l'ontologia della « nova filo­ sofia » è di carattere qualitativo, non quantitativo: e in quan­ to tale esclude per principio la possibilità di costituire una 'regola' valida una volta per tutte. In Bruno non esiste l"og­ gettività' modernamente intesa; se di essa si vuole - e si deve - parlare, si tratta di una 'oggettività' innestata, direttamen­ te, nella radice primigenia dell'individualità, dell"interiori­ tà' umana. E questo per un motivo preciso: senza ricordo, senza memoria di sé - si è già detto - non c'è, e non può es­ serci, verità. Si tratta, anche in questo caso, di processi colle­ gati. Da questo punto di vista, l'insistenza sulle contractiones non sorprende; conferma, anzi, l'attenzione - e l'interesse di Bruno per tutto ciò che attiene alla costruzione delle sin­ gole, specifiche individualità. Né, in effetti, è solo il Sigi,llus ad insistere su questo tema: nell'Explicatio, allo stesso modo, Bruno si propone di valorizzare la creatività individuale, sperimentando anche soluzioni di carattere 'personale' che consentano di adattare efficacemente gli strumenti dell'ars alle proprie esigenze specifiche. Su questo tema, che è capitale, tra Parigi, Oxford e Lon­ dra Bruno continua a lavorare in modo organico, scrivendo, prendendo appunti, preparando abbozzi di lavoro, da usare quando se ne presentasse la possibilità teorica ed anche l'occasione pratica, come avviene nel caso della pubblicazio­ ne del Sigillus, nel quale - anche per l'urgere della situazio­ ne - confluiscono materiali di diversa origine e datazione. È assai rivelatrice, sotto questo profilo, la 'svista' in cui egli ca­ de nel De imaginum compositione, riconducendo al De umbris un tema sviluppato invece in modo aperto nel Sigillus. « svi­ sta significativa» viene giustamente precisato nel commento « in quanto suggerisce come i due trattati si fondino in ulti­ mo su un nucleo di materiale comune» . 1 Non stupisce per­ ciò più di tanto se la sezione sulle contractiones, pur così rile­ vante, non appaia pienamente risolta, dal punto_di vista pro­ priamente editoriale, nella struttura del libro. E un effetto del modo in cui Bruno pensa; della maniera con cui lavora ai suoi testi; e anche delle forme - e dei tempi - in cui li l. In.fra, p. 926.

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pubblica. Punto, anche quest'ultimo, assai significativo, sul quale vale la pena di soffermarsi, sia pur brevemente. A differenza di quanto a volte si sia detto, Bruno è un au­ tore tutt'altro che disordinato o disorganico; anzi, è un pen­ satore di carattere fortemente sistematico. Certo, come è sta­ to osservato, scrive opere d'occasione. Quando si tratta di Bruno, questo termine però va usato con attenzione: se di 'occasionalità' si vuol parlare, essa concerne dati esteriori, non la costituzione interiore delle sue opere: i modi e le for­ me in cui sono pubblicati e dati alle stampe scritti che, nei lo­ ro nuclei teorici, sono invece frutto di un lungo processo di ricerca, intessuto - come l' ars insegna - dall'intreccio sem­ pre aperto e semP.re nuovo di costanti originarie e di trasfor­ mazioni infinite. È, anche questo, un punto da sottolineare: il carattere occasionale delle pubblicazioni come pure le lot­ te e le battaglie in cui volutamente intendono collocarsi non tolgono che, al fondo, si tratti di lavori che vengono da mol­ to lontano, frutto di una lunga gestazione e di una continua opera di rielaborazione. Sono piani da non confondere nel­ l'analisi; da tenere anzi rigorosamente distinti, se si vogliono decifrare i caratteri effettivi di queste opere. Che nel caso del volume che raccoglie Sigi.llus, Explicatio, Ars reminiscendi !"occasionalità' abbia giocato un ruolo non secondario è dimostrato da un elemento esterno assai rile­ vante: dalle stesse vicende editoriali del testo, il quale ci è tramandato in copie diverse l'una dall'altra, come dimostra in modo assai eloquente la Lettera al vicecancelliere dell'Accade­ mia di Oxford, in alcuni esemplari presente, in altri mancan­ te.1 Ma il fatto che Bruno abbia potuto pubblicare appena arrivato in Inghilterra un testo di quel valore, sul piano schiettamente teorico conferma, precisamente, quello che ora si diceva: in effetti, si tratta di riflessioni che affondano le loro radici nel pieno della ricerca mnemotecnica che ave­ va svolto in Francia, cominciando ad incrociare i problemi ontologici di cui proprio il Sigi,llus è una notevole testimo­ nianza. Stabilire, nel caso di Bruno, cesure troppo forti, e di­ videre il suo pensiero in fasi nettamente scandite è, in gene­ re, un errore sia teorico che storiografico. I . Cfr. M. Ciliberto,

Giordano Bruno. Il teatro della vita, pp.

174-79.

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Sono tutte questioni sulle quali si torna in modo analitico nel commento al testo, né è il caso di insistere ora su di esse; qui conviene, però, ribadire un punto di ordine generale, che vale per l'intera opera di Bruno e che getta luce sul mo­ do con cui egli apprestava i suoi testi per la stampa, compli­ cando il lavoro prima dei tipografi, poi degli interpreti. Ne­ gli scritti mnemotecnici confluiscono spesso materiali di dif­ ferenti origini: appunti per lezioni, abbozzi preparatori di lavori più ampi; scritti di occasione (come ad esempio la Let­ tera al vicecancelliere) . Materiali che Bruno poi mette insieme in maniera più o meno organica, a seconda della situazione, in presa diretta con il proprio tempo e con gli obiettivi po­ lemici che, nel corso della sua battaglia filosofica, volta per volta individua. Non è sempre così, naturalmente: ci sono opere che, pur nate da una lunga meditazione, appaiono scritte - e riscritte - di getto, come ad esempio La cena de le Ceneri ( della quale - e anche su questo occorre riflettere esistono, però, diverse redazioni) . Del resto, è Bruno stesso a squarciare il velo su questo suo modo di lavorare, come appare dalle battute che fa ad esempio nella Cabala o negli Eroici furori, lì discorrendo di un « cartaccio » che si era deci­ so a pubblicare, « dopo aver dato spaccio » scrive « non a tut­ ti miei pensieri, ma a un certo fascio de scritture solamen­ te»; 1 qui, spiegando perché aveva deciso di chiamare il dia­ logo Eroici furori, e non Cantica, volendo prevenire le criti­ che di coloro che l'avrebbero accusato di aver usato per un fine « eroico» testi nati per celebrare « amori volgari e natu­ raleschi»2 ( difesa preventiva nella quale si svela, con chia­ rezza, l'elemento di verità della critica che gli veniva rivol­ ta) . Ma non c'è da stupirsi, alla luce di quanto si è detto: era questo, in genere, il metodo con cui Bruno procedeva; ed è questo che rende ardua la decifrazione dei suoi scritti. È proprio su questo sfondo che risaltano nuovamente - e per contrasto - il rilievo e la funzione propriamente siste­ matici delle opere mnemotecniche su cui si è già insistito al­ l'inizio di queste pagine: sull' ars Bruno accumula materiali dall'inizio alla fine della sua attività, variandoli in modo co­ stante alla luce degli svolgimenti della sua filosofia; custo1. G. Bruno, Dialoghi filosofici italiani, p. 675. 2. Jbid., p. 758.

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dendoli, se necessario, anche nel cassetto (come avviene, del resto, anche per le opere magiche); e curandone la stam­ pa solo quando ritiene che siano maturati il tempo e l'occa­ sione: come avviene nel 1591, quando decide di pubblicare il De imaginum compositione. Ma in questa scelta - e va notato - non agiscono solamen­ te motivi di ordine 'scientifico'. È un altro punto, questo, sul quale non si riflette a sufficienza, e che invece è importante per capire carattere e anche 'forma' dei suoi testi (compresi i dialoghi italiani) : Bruno era un professore, l'ars una delle sue principali materie di insegnamento, sia pubblico che privato; e, in quanto tale, anche un mezzo per vivere. Dopo aver pubblicato il De imaginum compositione, torna a Venezia, ma per insegnare a Giovanni Mocenigo l'ars, non la nuova cosmologia dell'universo infinito e dei mondi innumerabili. Questo era, del resto, ciò che il patrizio veneto voleva impa­ rare da lui: « li secreti della memoria e li altri che [ ... ] pro­ fessa», 1 fino al punto di denunziarlo all'Inquisizione, quan­ do rimase deluso in questa sua aspettativa (il che getta luce su ciò che effettivamente Mocenigo si attendeva dall'ars me­ moriae di Bruno, come del resto appare chiaro dal riferi­ mento ad altri «secreti » che egli fa chiedendo, a Francofor­ te, informazioni a Giovan Battista Ciotti, il quale si presta co­ me intermediario tra lui e il Nolano). In conclusione, da qualunque punto di vista la si conside­ ri, l'ars è dawero una sorta di basso continuo che accompa­ gna l'attività di Bruno dalle battute iniziali fino alla tragica decisione di rientrare in Italia. Guardando ai modi, e ai tem­ pi, della loro pubblicazione, le opere di carattere mnemo­ tecnico sono anche una spia eccezionale per comprendere il giudizio che Bruno dava, oltre che sul suo lavoro, sulla si­ tuazione nella quale, volta per volta, si trovava, sui progetti - sia pratici che teorici - ai quali intendeva dedicarsi. Pensare per immagini: questo è dunque il filo segreto del­ la « nova filosofia», dalla quale si dipanano, come in un mo­ vimento a spirale, anche i fili dell'ars memoriae bruniana. « La ragione [ ... ] nella sua attività speculativa,» si chiarisce nel 1 . L. Firpo, Il processo di Giardano Bruno, p. 1 50.

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commento all'Explicatio « non può fare a meno di servirsi delle immagini, perché esse costituiscono l'unico medium con la realtà»: 1 all"astrazione concettuale' - si è già sottoli­ neato - si può arrivare solo attraverso la percezione del1' esperienza nella fantasia. Ma anche qui occorre intendersi: non è che Bruno, nel Rinascimento, sia il primo a sottolineare il valore dell'imma­ gine - basta pensare a Ficino, un autore decisivo per il No­ tano, sia in questo che in altri casi (come si rileva in modo esteso specie nel commento al De imagi,num compositione, mo­ strando l'autonomia teorica, e l'originalità, con cui Bruno interpreta, fino a stravolgerla, la sua 'fonte'). Compie, come si è detto, una 'rivoluzione' profonda, ripensando il valore e il significato delle immagini, ampliandone la portata seman­ tica a tutto l'universo fantastico-mnemonico. Ma nella cultura del Rinascimento l'universo si presenta, assai spesso, come un rifrangersi continuo di immagini, co­ me un rispecchiarsi di tutta la realtà dall'alto verso il basso, dal basso verso l'alto, in un nesso universale che è sostanzia­ to da un'unica luce diffusa in ogni aspetto della realtà. Anzi il sapiente è, precisamente, colui che si inserisce in questo ritmo luminoso, intrecciando, proprio attraverso le immagi­ ni, 'cielo' e 'terra' e riuscendo a dominare, attraverso le stel­ le, la natura. L'aveva già scritto, in un testo classico, Proclo: « I maestri dell'arte ieratica hanno scoperto, in base a quello che avevano sott'occhio, il modo di onorare le potenze su­ periori, mescolando taluni elementi, ed altri togliendone in misura appropriata. Se mescolano, è perché hanno osserva­ to che ognuno degli elementi separati possiede qualche proprietà del dio, ma non basta ad evocarlo; così mescolan­ do un gran numero di elementi diversi, uniscono le influen­ ze ricordate sopra, e con tale somma di elementi compon­ gono un corpo unico simile all'unità precedente la disper­ sione dei termini. Così fabbricano spesso, con tali mescolan­ ze, delle immagini e degli aromi, impastando in un medesi­ mo corpo i simboli prima divisi, e producendo artificial­ mente tutto quello che la divinità comprende in sé per es­ senza, riunendo la molteplicità delle potenze che, separate, 1 . Infra, p . 387.

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perdono ognuna la propria efficacia, e che invece, riunite, si combinano per riprodurre la forma del modello». 1 Qui, come è facile vedere, si tratta delle 'immagini' magi­ che, con le quali anche Bruno si confronterà in modo espli­ cito nel De imaginum compositione, opera nella quale si stabili­ sce un nesso stretto, e di tipo nuovo, tra dottrina delle im­ magini e riflessione sull'operare magico (punto centrale, naturalmente, chiarito nel commento sia mostrando come Bruno nel 1591 sottolinei con precisione la continuità tra mnemotecnica e magia, sia osservando - anche sul filo di questo ragionamento - come in questo scritto egli si sforzi, in modo programmatico, di « trasformare un'arte nata per soddisfare precise istanze operative in un metodo capace di dischiudere l'accesso alle strutture stesse della realtà » : per­ ché « l'arte della memoria è straordinaria palestra e officina al cui interno le diverse potenze apprendono a cooperare, procedendo continuamente dalla superficie al senso, dal­ )'ombra alle tracce di luce». 2 Ma il De imagi,num compositione - è appena il caso di dirlo rappresenta il punto di approdo di una lunga ricerca, che aveva preso le mosse nel 1 582 - cioè nove anni prima - se­ condo modi, e ritmi concettuali, assai diversi, passando attra­ verso il filtro decisivo delle opere magiche composte in Ger­ mania, nella seconda metà degli anni Ottanta. E su questo insieme di motivi conviene dire, in conclusione, qualcosa. Se si analizzano le opere mnemotecniche, sono almeno quattro i punti che colpiscono il lettore. Anzitutto si tratta di 'macchine' poderose, di grandi e complessi strumenti che non è facile decifrare e comprendere, proprio per la loro natura squisitamente, volutamente tecnica. È Bruno per primo, del resto, ad insistere su questo punto: quando spiega agli Inquisitori veneti per quali motivi il re di Francia aveva volu­ to conoscerlo, batte in modo esplicito su questo tasto: « il re Henrico terzo mi fece chiamare un giorno, ricercandomi se la memoria che havevo et che professava era naturale o pur per arte magica; al qual diedi soddisfattione; et con quello 1 . Per questo testo, e il commento che l'accompagna, cfr. l'importante sag­ gio di E. Garin, Le elaioni e il problnna dell 'ast:rologi,a, in L'età nuuva, pp. 427-28. 2. Infra, p. 905.

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che li dissi e feci provare a lui medesimo, conobbe che non era per arte magica ma per scientia»1 (né è necessario sotto­ lineare che in questo caso il riferimento all'« arte magica» è di tipo negativo, volendo alludere a un armamentario fatto di trucchi e di espedienti buoni solo per ingannare il popo­ lo rozzo ed ignorante) . Alla dimensione tecnica della pro­ pria ars, al suo carattere propriamente 'scientifico', e come tale dimostrabile e trasmissibile, Bruno tiene in modo parti­ colare: quelli che vuole costruire sono poderosi congegni, dal complesso funzionamento, che è merito del commento qui pubblicato avere illuminato, forse per la prima volta, in modo chiaro. Non per niente, come si è già sottolineato, si tratta spesso di materiali nati originariamente come abbozzi per lezioni sia pubbliche che private. Ma, come è facile constatare leggendoli, essi si caratteriz­ zano - ed è questo che distingue in modo originale la loro tecnica - per la base teorica (cioè per la teoria dell'essere) sulla quale sono fondati. Tecnica sì, volutamente, consape­ volmente; ma tecnica filosoficamente fondata e perciò in grado di sovrastare, e sbaragliare, le artes di carattere tradi­ zionale. Se si volesse utilizzare un 'sigillo' caro a Bruno, si potrebbe dire che la teoria è come l"albero' da cui si dipa­ nano i rami che costituiscono l' ars, dando ad essa, al tempo stesso, senso e radice. « Non basta utilizzare i vari sigilli, ov­ vero gli espedienti mnemotecnici con essi suggeriti,» si sot­ tolinea nel commento all'Explicatio « per organizzare secon­ do specifiche modalità il materiale mnemonico, ma occorre comprenderne a fondo il funzionamento, cogliere i mecca­ nismi che li animano per giungere alla loro formula, cioè ai princìpi tecnici e teorici su cui sono fondati».2 È per questo che leggendo sia questi testi che quelli rac­ colti nel primo volume è possibile - anzi è ineludibile - im­ battersi in quelle che sono le strutture costitutive della « no­ va filosofia» e che sono, simultaneamente, 'princìpi' fonda­ tivi della teoria mnemotecnica del Nolano: dalla concezione dell'ombra a quella della vicissitudine naturale e della meta­ morfosi universale; dall'idea della connessione di ogni cosa a quella della organica, e biunivoca, relazione tra infinita 1 . L. Firpo, Ilprocesso di Giordano Brnno, pp. 161-62. 2. Infra, p. 377.

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plasticità e mutevolezza della potenza e della materia 'fanta­ stica' e capacità ordinatrice - ma, al tempo stesso, anche creativa - dell'intelletto; 1 dal rapporto tra l"unità' naturale e le 'differenze innumerabili', che bisogna riuscire a padro­ neggiare ( come si spiegherà nei testi magici) , se si vuole riu­ scire a costruire un' ars effettivamente funzionante, in grado di decifrare e di penetrare nelle strutture della realtà, com­ prendendo i 'princìpi' che presiedono alla sua infinita tra­ sformazione.2 Né, in questo ambito, vanno dimenticati, anzi, quei forti interessi di carattere 'enciclopedico' - imperniati su princìpi di ordine, proporzione, interdipendenza, rego­ larità - che, come si è già accennato, spingono Bruno a mi­ surarsi positivamente con le teorie e la tradizione di matrice lulliana, intrecciando su basi nuove, ma profondamente produttive, mnemotecnica e combinatoria (un altro motivo, questo, sul quale si insiste in modo sistematico nel commen­ to, individuando proprio in questo uno degli elementi di maggior originalità dell' ars bruniana, e sottolineando, tra l'altro, che nella interpretazione che ne dà Bruno l'arte di Lullo si prefigge precisamente « di raggiungere una com­ plessità e molteplicità di effetti che simuli e rispecchi l'an­ damento multiforme e incessante del divenire naturale » ) . 3 Punto, anche quest'ultimo - inutile ribadirlo - centrale nel­ la costituzione dell' ars messa a fuoco in questi scritti. In breve, è nelle opere mnemotecniche che cominciano a germogliare sia quelle che sono destinate a diventare cel­ lule costitutive della « nova filosofia » , sia la costellazione linguistica che la denota: 'ombra', 'immagine', ' sigillo', 'specchio', 'ritratto', tutti momenti connessi di una medesi­ ma serie concettuale e lessicale, che ritorna, in modo com­ patto ed esplicito, sia che si affrontino tematiche gnoseolo­ giche, sia che l'indagine si svolga irresistibilmente in dire­ zione ontologica o, infine, magica. Su entrambi i piani, le opere mnemotecniche aprono la strada alla messa a fuoco - certo progressiva ed anzi scandita da importanti scarti teorici - dei punti centrali della filosofia di Bruno, a coI. Infra, Expl. trig. sig., 71, 2-22 e relativo commento. 2. Infra, Expl. trig. sig., 76, 1 - 78, 1 7 e relativo commento. 3. Infra, pp. 377-78.

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minciare dalla concezione dell'universo infinito. Contri­ buiscono, in modo potente, a produrli e, al tempo stesso, li rispecchiano, passo passo, momento per momento. In que­ sto senso, come si è detto all'inizio, esse sono effettivamen­ te l' Urtext della « nova filosofia » . Recentemente si è insistito sul carattere intrinsecamente teatrale dell'opera di Bruno. 1 Ma non è necessario leggere il Cande laio o il Cantus Circaeus per verificare l'esattezza di questa interpretazione: è suf­ ficiente leggere l'Explicatio per vedere in moto il nesso orga­ nico tra processo creativo delle 'immagini' e rappresenta­ zione scenica: pur così complesse e sofisticate, a loro modo, queste opere sono anche dei suggestivi testi teatrali, fondati su complessi 'giochi' mentali e affascinanti esercizi simboli­ ci. È un solo esempio, al quale senza difficoltà se ne potreb­ bero affiancare molti altri: basta pensare al rapporto tra Si­ gi1lus e De la causa, il testo nel quale Bruno svolge in modo compiuto la sua prospettiva ontologica, riprendendo - e di­ scutendo, specie nel secondo dialogo - le posizioni che pro­ prio sul tema dell'intelletto - e della 'forma' - aveva svilup­ pato nel Sigillus, ponendo le basi della concezione della Vi­ ta-materia infinita. Al tempo stesso - come si è già detto e ripetuto -, colpi­ scono i forti mutamenti di prospettiva ai quali Bruno sotto­ pone le sue artes, fino al De imaginum compositione. Per dirlo con una battuta - e come si dimostra, in modo puntuale, nel commento -, una cosa è il De umlms, un'altra il Sigillus, pubblicati ad appena un anno di distanza; ed entrambi dif­ feriscono dal De imaginum compositione, che « costituisce il punto più alto della mnemotecnica di Bruno, perché è quel­ lo che più asseconda una visione della natura e dell'univer­ so fondata sul collegamento e l'interdipendenza di tutte le cose, unificate dalla trama essenziale della sostanza prima e continuamente trasformate per l'incessante e infinito moto vicissitudinale » • 2 Ma su tutto questo si è già insistito a suf­ ficienza, cercando di spiegarne le ragioni essenziali sia sul piano strettamente speculativo che su quello storico; né serve tornare a sottolinearne ancora l'importanza: sat prata bibere. 1 . Cfr. M. Ciliberto - N. Tirinnanzi, Il dialogo recitato.

2. Infra, pp. 926-27.

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Conviene invece cercare di chiudere il cerchio, tornando a quanto si diceva all'inizio, circa la necessità di abbando­ nare interpretazioni tradizionali del Rinascimento per deci­ frare opere complesse come i testi mnemotecnici di Bruno, ed apprezzarne il valore. Senza una nuova visione del Rina­ scimento - oltre le mura di cinta della cittadella 'burck­ hardtiana' (una periodizzazione ovviamente simbolica) -, non sarebbe_ stato possibile rimettere all'ordine del giorno questi scritti. E stato questo il contributo fondamentale che agli studi bruniani è venuto da Aby Warburg, il quale, nel suo la­ voro, non si è limitato a una riflessione di ordine generale sul Rinascimento ma, sulla scia delle sue nuove posizioni teoriche, si è proposto in modo programmatico di studiare l'opera e la figura di Bruno, da cui era restato come folgora­ to sia leggendone, direttamente, gli scritti, sia attraverso l'amicizia - ed i lavori - di Ernst Cassirer, il quale - a rico­ noscimento di un campo teorico e storiografico comune gli aveva dedicato Individuum und Kosmos in der Philosophie der Renaissance, uscito, nel 1 927, come decimo volume degli «Studien der Bibliothek Warburg». È proprio scrivendo a Toni Cassirer che Warburg, in una lettera del 6 marzo 1 929, delinea il suo programma di lavo­ ro: « Se possibile, vorrei anzitutto cercare di caratterizzare Giordano Bruno come uomo che pensa per immagini, e lo vorrei fare nel corso di una seduta comune tra storici e sto­ rici dell'arte che si svolgerà nel prossimo semestre estivo » . 1 Di questo lavoro ci restano alcuni importanti lacerti, « af­ fidati a un taccuino con la copertina nera, che reca il titolo Giordano Bruno » , comprendente « 45 pagine di appunti e di osservazioni raccolte tra l'autunno del 1928 ed il giugno 1 929 durante il suo soggiorno romano in compagnia di Ger­ trud Bing » . 2 Si tratta di un materiale di grande interesse, messo ora a disposizione degli studiosi. 3 Warburg, però, po1. A. Warburg - E. Cassirer, Il mondo di ieri, p. 20. 2. lbid., pp. 20-2 1 . 3. A. Warburg, La rinascita del paganesimo antico e altri scritti (1 91 7-1929) (il quaderno di appunti su Bruno è pubblicato alle pp. 923-83) . Tra altre sug­ gestive osservazioni spicca l'interrogativo che Warburg si pone sui rappor­ ti tra Cusano e Bruno: « Che cosa Bruno apporta più di Cusano? La fede nell'adeguatezza del pensiero rapito? La docta Ignorantia del Furore?» ( ibid., p. 982) . Per l'originale del testo di Warburg si veda A. Warburg,

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co dopo quella lettera - e l'avvio del lavoro - fu sorpreso dalla morte e non poté portare a compimento il suo proget­ to. Quella intuizione - 'pensare per immagini' - resta tutta­ via al centro della ricerca sulla filosofia di Giordano Bruno, e rappresenta ancora oggi un banco di prova - sia teorico che storiografico - cui non è possibile sfuggire. La pubblica­ zione di queste opere mnemotecniche - e l'interpretazione che l'accompagna sia in questa Introduzione che nel com­ mento - prendono le mosse da un convincimento affine a quello di Warburg; aspirano, anzi, ad essere la verifica e, per quanto ci riguarda, la conferma dell'intuizione balenata nella sua mente quasi un secolo fa.

Giordano Bruno, ed. by M. Ghelardi and G. Targia, in Philosophy and JconoÙ>­ gy, « Cassirer Studies », I, 2008, pp. 29-58. Questo volume contiene anche, alle pp. 1 49-200, gli « Atti del Seminario Warburg, Cassirer and Giordano Bruno "thinker through images"», tenutosi il 6 dicembre 2006 presso il Di­ partimento di Filosofia e Politica dell'Università degli Studi di Napoli L'Orientale. Su Warburg e Bruno cfr. anche N. Mann, Denkenergetische In­ version: Aby Warbu1g and Giordano Bruno, pp. 25-37.

NOTA FILOLOGICA DI RITA STURLESE

GLI OPUSCOLI MNEMOTECNICI LONDINESI

Com'è noto, alla fine dell'Ottocento Felice Tocco segnalò le differenze tra due esemplari della Biblioteca Nazionale di Firenze (fondo Guicciardini) contenenti gli opuscoli mne­ motecnici pubblicati da Bruno a Londra nel 1 583 e scrisse di non vedere « ipotesi che togliesse ogni difficoltà » riguar­ do alla composizione del « volumetto londinese » . 1 Di recen­ te, Simonetta Bassi è tornata sulla questione formulando un'ipotesi convincente sui diversi tempi della composizione tipografica degli opuscoli e spiegando con ciò il fatto che « è difficile trovare due copie del tutto identiche » del libro. 2 Come premessa alla nuova edizione storico-critica degli o­ puscoli, ridiscuto il problema della loro editio princeps e divi­ do la trattazione in tre paragrafi: nel primo descrivo l'esem­ plare integro del libro londinese, distinguendo i testi secon­ do la loro separata composizione tipografica e ordinandoli nella sequenza in cui dovrebbero trovarsi per il loro conte­ nuto; nel secondo ricostruisco la genesi del libro; nel terzo, infine, espongo il procedimento seguito per la ricostituzio­ ne storico-critica dei testi.

I . F. Tocco, Le apere latine di Giurdano Bruno, pp. 63-66; e Nota introduttiva a G. Bruno, opera Latine conscripta, II, 2, pp. III-IV.

2. S. Bassi, L'arte di Giurdano Bruno, pp. 3-27.

NOTA FILOLOGICA

L

I. DESCRIZIONE DELL'ESEMPLARE INTEGRO

1)

« Ars

reminiscendi »

8 ° : A-B8, cc. 1 6 n.n.; 26/29 linee per pagina. Lo specchio di stampa misura 1 20 ( 1 2 1 ) x 67 (68) mm. Variante di stam­ pa alla c. Al r Frontespizio PHILOTHEI / IORDANI / BRVNI NOLANI / RECENS ET COMPLETA / ARS REMINISCENDI / E T IN PHANTAS TI­ CO / CAMPO EXARANDI / Ad plurimas in trigi,nta sigi,llis in­

qui-/rendi, disponendi, atque retinendi I implicitas novas rationes & I artes introductoria . I (',") / [fregio tipografico] Contenuto

A2r: ARS REMINISCENDI. / INTENTIO AVTHORIS, / DE ARTE. B8r: IORDANI BRVNI NOLA-/NI ARS ALIA BREVIOR / & expeditior ad verborum memoriam. B8v: [dopo 29 righe] FINIS. 2) Parti proemiali, tavol,e,

« Trigi,nta

sigi,lli »

8 ° : N xBH B-C8, cc. 4 n.n., 8 tavole stampate su entrambi i lati del foglio, 4 tavole stampate su un solo lato, 1, 2-16; 28/32 linee per pagina. Specchio di stampa 1 19 ( 1 20) x 63 mm. Varianti interne alle cc. Al v e A3r. Frontespizio PHILOTHEI / IORDANI / BRVNI NOLANI / EXPLICA­ TIO TRI-/ gi,nta sigi,llorum I AD OMNIVM SCIENTIA-/ RVM E TARTIVM lNIBN-/TIONEM DISPOSillO-/NEM ET MEMO­ RIAM. / Quibus adiectus est sigillus sigillorum, ad / omnes animi operationes comparandas, et /earundem rationes haben­ das maxime condu-/cens. Et non temere ars artium nuncupa­ tur, hìc / enim facilè invenies quidquid per logicam, me-/ta-

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physicam, cabalam, naturalem magiaro, / artes magnas at­ que breues theo-/ricè inquiritur. Contenuto

Al v: Sigillo Sigillorum. A2r: P. IOR. BR. NO. / ILLVSTRIS=/SIMO DOMINO / MICHAELI A CASTEL-/ /,o nouo, Domino Mauuisserio, equiti aur a-/to, Inter nobil,es domesticos regis uni, quin/quaginta equi­ tum grauis armaturce capita-/neo, Priuati consilij consiliario, gubernatori vrbis / et arcis sancti desiderij, legato christia­ nissi-/ mi regis apud serenissimam / Angli.e Reginam. A3r: Ad excellentissi=/ mum Oxoniensis achademice I Procan­ cellarium clarissimos doctores / atque cel,eberrimos magistros ('.') xBl r: Ad c.rlum quod est secundus / sigillus [Figura n. I ] B I r : PHILOTHEI IORDA-/NI BRVNI NOLANI, / TRI­ GINTA SIGILLI. 3) «Explicatio triginta sigillomm - Sigillus sigillorum » 8 ° : A-G8, cc. 56 n.n.; 28/29 linee per pagina. Lo specchio di stampa misura 1 20 ( 1 2 1 ) x 69 mm. Varianti interne alle cc. D4r e D5r. Contenuto

Alr: PHILOTHEI I IORDANI BRVNI NOLANI / triginta sigillorum expli-/ catio. C6r: [dopo 23 righe] Explicationis minoris 30. Sigil-/lo­ rum. / FINIS. C6v: bianca C7r: PHILOTHEI I IORDANI BRVNI / NOLANI SJ­ GILLVS S/G/L-/LORVM: AD OMNES ANIMI / DISPOSJT/O­ NES COMPARAN-/DAS, HABITVSQVE PERFICI-/ENDOS AD COMMODA-/TVS. G8v: [dopo 9 righe] FINIS. [finalino] Do ora alcuni esempi della diversità che si riscontra tra le copie di questo libro. Riguardo ai 36 esemplari da me elen­ cati nel Censimento delle antiche stampe di Bruno,' ho potuI . R. Sturlese, Bibliografia, censimento e storia (alle pp. 36-39 sono elenca-

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to accertare che cinque mancano del testo 2 (sono gli esem­ plari elencati ai nn. 1 1 , 1 3, 22, 31, 33) ; inoltre, sempre rela­ tivamente a questo testo, due esemplari (nn. 30 e 36) hanno solo il fascicolo con i preliminari (A4) e quello con le tavole (XB8 ) , senza i quaderni B8 e es , contenenti i Trig;i,nta sig;i,lli, inoltre il n. 30 manca anche dell'Ars reminiscendi; uno invece ha solo il quaderno A4 e manca di xBs e di B-es (n. 34) ; un al­ tro (n. 7) ha B-e8 , ma non A4 e di xBs ha solamente le tavole 8-10 (relative al sigillo « Interprete » ) , in due copie; l'esem­ plare n. 3 manca del testo l ; il n. 1 3 ha invece solo il testo 1 e le tavole 8-10, senza i testi 2 e 3. Negli esemplari integri, poi, gli opuscoli compaiono in sequenze assai diverse: in tre (nn. 1 5, 23, 32) l'Ars reminiscendi segue i testi 2 e 3; in uno (n. 27) è inserita tra i fascicoli B8 e es del testo 3; in tre esem­ plari (nn. 5, 28-29) i fascicoli Bs e es del testo 2 sono prima di A4. Ancora: la copia della Biblioteca Nazionale Braidense di Milano (n. 24) presenta questa sequenza: testo 1 , testo 3, fascicolo A4 , tavole 1-7 e 1 1 di xBs e quaderni B-e" del testo 2, tavole 8-10 in più copie. L'esemplare della Huntington Li­ brary di San Marino (n. 35) si presenta così: testo 1 , tavole 81 1 , testo 3 con tavole 1-7, fascicoli A4 e B-C8 del testo 2, tavo­ le 8-10, di nuovo A4, infine 1B8 completo. La segnatura dei fascicoli che rincomincia da « A » in cia­ scuno dei tre testi suggerisce che gli opuscoli mnemotecnici, seppur tra loro connessi (si pensi solo al fatto che i Trig;i,nta sig;i,lli sono previsti nel frontespizio dell' Ars reminiscendz) , fu­ rono composti in tipografia separatamente, in momenti di­ versi; inoltre, tale segnatura non continuativa rende ragione, come spiegherò tra poco, della diversità tra gli esemplari. Ma come nacque il libro ed in quali momenti del 1583?

II. GENESI DEL LIBRO

Non è lontano dalla realtà pensare che Bruno, non appe­ na arrivato in Inghilterra (primavera dell'83) , puntasse sul­ l'arte della memoria per farsi conoscere, dato che proprio la ti gli esemplari di Ars reminiscendi e alle pp. 40-43 quelli contenenti i « si­ gilli " ) .

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memoria, che «aveva e professava» , gli aveva procurato a Parigi il favore di Enrico III. Con ogni probabilità, quindi, egli fece stampare per prima ed anteriormente alla prima vi­ sita ad Oxford (giugno '83), al seguito del voivoda polacco Alberto Laski, l'Ars reminiscendi, che oltre ad avere funzione preliminare rispetto ai «trenta sigilli» , era un testo che Bru­ no aveva già pronto, non essendo altro che quello a cui, nell'82 a Parigi, aveva aggiunto gli intermezzi dialogati e l'Applicatio praeg;nans e pubblicato come seconda parte del Cantus Circaeus. 1 Pollard e Redgrave, curatori dello Sho rt-Titk Catalogue, hanno attribuito la stampa al tipografo londinesejohn King­ ston2 e di recente, a sostegno dell'attribuzione, Simonetta Bassi ha addotto l'eguaglianza delle iniziali xilografiche «I» ed «O» di Ars reminiscendi (rispettivamente alle cc. A2r e A4v) e del libro di Nicolas Monardes, Ioyfull Newes out of the Newe Founde Worlde, stampato nel 1 577 dallo stesso Kingston; inoltre ha ritrovato la medesima «I» iniziale in un libro stampato dieci anni dopo da Thomas Orwin, subentrato, al­ la morte di Kingston (1 584), nella sua officina tipografica. Io stessa ho ritrovato nei libri di Kingston non solo più volte la summenzionata «I» , oltreché la «O», ma anche la «S» di c. A3r, la «C» di c. A4r e la «F» di c. B2r. 3 Riguardo ai testi 2 e 3, la Bassi ha formulato la seguente ipotesi sull'ordine e sui momenti della loro composizione ti­ pografica: dopo l'Ars reminiscendi, Bruno fece stampare pri­ ma, e ancora una volta separatamente, i Triginta sigilli, cioè i quaderni B8 e C8, poi l'Explicatio triginta sigillornm unitamen­ te al Sigillus sigillorum (A-G8 ) , infine il fascicolo A4 del testo 2, 1. Che le sezioni dialogate e I' Applicatio praeg;nans siano state aggiunte, per la pubblicazione del Cantus Circaeus, ad un testo preesistente, non diverso da quello dell'Ar.s reminiscendi, è ben argomentato da N. Tirinnanzi nel­ l'Introduzione a G. Bruno, Dpl?T"e mnemotecniche, tomo I, pp. LXIV-LXVI. 2. A Short-Title Catawg;ue ofBooks Printed in England, ad vocem [d'ora in avan­ ti STC] . 3. La « I• si trova, ad esempio, nel libro diJ. Northbrooke, Spiritus est vica­ rius Christi in terra (Londra, 1571 , ff. 22v, 95r; STC 18664.5); la « O » in L. Mascall, A booke o/ the arte and manl?T" how to p!ant and graffe all sortes of trees (Londra, 1582, p. 66; STC 435:03), qui anche la « S » e la « F» (rispettiva­ mente alle pp. 44 e 64) ; la «C» ricorre in L. Fioravanti, A compendium ofthe rationall secretes (London, 1582, pp. 19 e 80; STC 226:09).

LIV

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contenente il frontespizio, il congedo in versi Sigillo sigillir rum, la dedica a Michel de Castelnau, la Lettera al vicecancel­ liere dell 'Accademia di Oxford, ed il quaderno delle tavole (se­ gnato B solo nella prima carta). A favore dell'anteriorità della stampa dei Triginta sigilli ci sono i seguenti elementi: 1 ) all'inizio dell'Explicatio Bruno scrive: « Campus erat primus sigillus » , riferendosi a quanto aveva scritto nelle prime righe dei Triginta sigilli (« Campus est primus sigillus»); 2) il testo dei Triginta sigilli, come l'Ex­ plicatio e il Sigillus sigillorum, doveva sì far parte della Clavis magna, la summa manoscritta di arte della memoria più volte citata nel De umbris, 1 ma l'assenza di riferimenti al De umbris e ali' Ars reminiscendi oltreché alla funzione inventiva e dia­ lettica dei « sigilli » , presenti invece nell'Explicatio, inducono a pensare che Bruno abbia consegnato in tipografia prima i Triginta sigilli, forse nella versione in cui si trovavano nella Clavis, ed invece si sia fermato a rielaborare il manoscritto di Explicatio e Sigillus sigillorum; 3) la circolazione separata dei Triginta sigilli, per una cerchia di persone vicine all'autore, poteva essere sensata, perché si prestava ad essere sostenuta da un insegnamento orale che « apriva» i trenta sigilli, cioè illustrava l'uso degli espedienti sinteticamente presentati in quel testo.2 La separata composizione tipografica dei Triginta sigilli è poi suggerita, oltre che dalla segnatura dei fascicoli, che per Explicatio - Sigillus sigillorum rincomincia da « A», dalla diffe­ renza della carta su cui sono stampati i due testi ed anche da una certa eterogeneità tipografica, tanto che i curatori dello STC, riprendendo le indicazioni di un saggio di Hany Sell­ ers,3 hanno attribuito il testo 2 allo stampatore John Charle1. Cfr. N. Tirinnanzi, Introduzione a G. Bruno, opere mnemotecniche, tomo I, pp. XIV-XIX. 2. Si veda infra, p. LVI. nota 1. 3. H. Sellers, Italian books printed in England be/ore 1640, pp. 105-28, in parù­ colare p. 128 ( « There is no satisfactory evidence as to the printer, but he could easily have been Charlewood to judge from the appearance of the book »); G. Aquilecchia, Schede lnuniane (1950-1 991), pp. 173-74, ha confer­ mato l'attribuzione rilevando che la caratterisùca iniziale xilografica « P » , raffigurante un uomo seduto che porge una ciotola, della Lettera al vicecan­ celliere dell'Accademia di Oxford (c. A3rdel testo 2), già presente all'inizio del dialogo I di La cena de le Ceneri sia nel Jolium cancellandum che nel cancellans, ricorre in un libro stampato dallo stesso Charlewood nel 1590; S. Bassi, L 'ar-

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wood, lo stesso dei dialoghi italiani, e indicato la possibilità di un terzo stampatore (oltre a Kingston e Charlewood) per il testo 3, cioè Explicatio - Sigillus sigi,llorum. Infine, l'ipotesi che il fascicolo A4, insieme a quello delle tavole, sia stato composto per ultimo è sostenuta da due considerazioni: da un lato è ragionevole porre la separata stampa di Trigi,nta sigi,llorum e Explicatio - Sigi,llus sigi,llorum tra la prima e la seconda visita ad Oxford, cioè tra il giugno e l'agosto dell'83 (rientrato a Londra dopo la prima, Bruno si sarà adoperato per stampare quanto previsto nel frontespi­ zio dell'Ars reminiscendi, vedendo che si stava creando una si­ tuazione favorevole al conferimento di quella « lettura» oxo­ niense, che poi di lì a poco ottenne); dall'altro lato, il tono aspro e risentito, privo di qualsiasi inflessione diplomatica, della Lettera al vicecancelliere dell'Accademia di Oxford, conte­ nuta nel fascicolo A4, inducono a porla dopo la seconda visi­ ta ad Oxford, cioè dopo l'ingloriosa e prematura conclusio­ ne della «lettura» oxoniense. 1 A queste ragionevoli conside­ razioni della Bassi se ne può aggiungere un'altra: il fascicolo A4 è costituito da mezzo foglio di ottavo e non da uno inte­ ro, come sarebbe stato se i Trigi,nta sigilli fossero stati com­ posti di seguito alla parte proemiale; del resto, come inse­ gna Neil Harris, dalla metà del Cinquecento era usanza pre­ valente «stampare i preliminari come una serie a sé stante», ovvero «posporre l'impressione del foglio destinato a conte­ nere il frontespizio, di modo che diventasse l'ultimo del1'edizione a passare sotto il torchio». 2 Quindi Bruno conse­ gnò in tipografia il testo dei Trigi,nta sigilli concordando con il tipografo il salto del primo fascicolo ( quello segnato A, destinato ai preliminari) e l'inizio della composizione con il quaderno B. Tornato a Londra dopo l'insuccesso oxonien­ se, approfittò del fascicolo preliminare lasciato in sospeso per scrivere e aggiungetvi la lettera di protesta contro i te di Giordano Bruno, pp. 24-25, ha ritrovato in un libro di Charlewood an­ che la « M » dell'inizio della dedica al Castelnau. Per i fogli/ carte cancellan­ da e cancellantia nella Cena rinvio a N. Harris, Il « cancellans » da Bruno a Manzoni, pp. 567-602, che ringrazio per i preziosi suggerimenti. l. S. Ricci, Giordano Bruno nell'Eurapa del Cinquecento, pp. 2 1 6-24; un'analisi puntuale ed acuta della lettera in M. Ciliberto, Giordano Bruno. Il teatro del­ la vita, pp. 1 65-79. 2. N. Harris, Il « cancellans » da Bruno a Manzoni, pp. 580-84.

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« dottori » di Oxford; terminata la stampa del fascicolo A e delle tavole, i tre testi furono dati al legatore, sicuramente con indicazioni per l'ordine da seguire nell'assemblaggio. Ma poiché tale operazione abitualmente veniva eseguita prestando attenzione non al contenuto dei quaderni, bensì solo alla loro segnatura, che in questo caso non poteva esse­ re di molto aiuto, ne derivò la grande differenza, vista sopra, da esemplare ad esemplare nella successione degli opuscoli. Nella confusione, poi, alcuni esemplari rimasero mutili o del fascicolo A4 o del xBs (che invece in altri si trovano in due copie) oppure dell'intero testo 2 (A4 xBs B-C6); in que­ st'ultimo caso la mancanza forse fu dovuta anche ad un'an­ ticipata distribuzione, da parte di Bruno, dei quaderni B-C6, contenenti i Trigi,nta sigi,lli, che ne ridusse la disponibilità al momento della rilegatura del libro. 1

III. L'EDIZIONE STORICO-CRITICA

1 ) «Ars reminiscendi » Per l'edizione storico-critica dell'Ars reminiscendi ho potu­ to collazionare 28 esemplari dell'edizione originale, dei 32 a me noti e disponibili nelle biblioteche pubbliche.2 Con il 1 . La distribuzione delle opere in fogli, cioè prima che il libro fosse finito di stampare, per una cerchia ristretta di lettori, non era inusuale nell'anti­ ca editoria: cfr. N. Harris, Il « cancellans » da Bruno a Manzoni, pp. 585-87. D'altra parte, come ho sopra accennato, la circolazione del solo testo dei Triginta sigilli senza l'Explicatio non era insensata se accompagnata da un insegnamento orale (si ricordi che anche la prima parte del Cantus Cir­ caeus, seppur in forma manoscritta, era circolata come testo sostenuto da lezioni di arte della memoria: si veda il commento a Cant. Circ., 1, 18-28, in G. Bruno, opere mnemot,ecniche, torno I, p. 741). 2 . Nel mio Bibliografia, censimento e storia elencai 33 esemplari: di questi il n. 1 5 (K0benhavn, Det Kongelige Bibliotek, Filos. 781 8 ° ) risulta tuttora mancante, mentre nel frattempo è stato ritrovato il n. 26 (Oxford, Bodlei­ an Library, Meerm. 935). Hanno risposto negativamente o non hanno ri­ sposto affatto alla mia richiesta di riproduzione dell'edizione originale le seguenti biblioteche: Los Angeles, University of Southem California, Hoose Library of Philosophy; Moskva, Gosudarstvennaja biblioteka; New York, Columbia University Library.

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sistema della sovrapposizione di fotocopie trasparenti ne ho collazionati 1 3: F(, Fi2 (si veda la chiave nella prima lista di « Segni e sigle » ) , Fi3, Go, Ko, Mi, Pa 1, Pa Pa , Pa , Pa , Sm, 2' 4 5 0 Wo. L'unica variante di stampa così emersa ( nelle righe 1 01 1 del frontespizio: si veda il relativo apparato critico) è sta­ ta controllata con la riproduzione di altri 1 5 esemplari: A1, A 2 , Be, Bes, Brn, Ca 1, Ca 2' Ch, Dr, Lo 1, Lo 2' Ma 1, Ma 2, Ox, Sp. Come già accennato, l' Ars reminiscendi differisce dal testo pubblicato un anno prima come seconda parte del Cantus Circaeus per l'assenza degli intermezzi dialogati ( tra Alberi­ co e Barista) e per l' Applicatio praeg;nans ( che serve a legare le due parti dell'opera) ; differisce inoltre per una serie non esigua di varianti d'autore che in alcuni casi rendono più conciso il testo londinese rispetto a quello parigino, lo mi­ gliorano stilisticamente e ne correggono errori. 1 Segnalo u­ na particolarità: i 28 esemplari, che ho potuto consultare, portano tutti un refuso che nell'edizione del Cantus Circaeus è variante di stampa, cioè si trova in un gruppo di copie (da me siglate .P,) , ma è corretto in altre: « superiori-/ addimus » ( con omissione di « bus ») a inizio riga ( si veda l'apparato critico relativo al par. 46, 7) . Escluderei una ripetizione del1' errore per puro caso; forse Bruno apportò le modifiche al testo della seconda parte del Cantus Circaeus direttamente sulle pagine di un esemplare parigino con il refuso, conse­ gnandole in tipografia per la ricomposizione del testo senza accorgersi del « bus » mancante e così l'errore si trasmise nell'edizione londinese, essendo lo specchio di scrittura non molto diverso da quello del libro, sempre in ottavo, uscito l'anno precedente. 2)

«

Trigi,nta sigi,lli - Explicatio trigi,nta sigillorum Sigi,llus sigillorum »

Per l'edizione storico-critica dei tre opuscoli dedicati ai « sigilli » ho collazionato, con il sistema delle fotocopie tra­ sparenti, 1 4 esemplari dell'edizione originale, dei 35 a me noti e disponibili nelle biblioteche pubbliche: Fi 1, Fi 2 (si veda I . Le differenze tra l'edizione parigina e quella londinese furono elencate da Tocco e Vitelli in Bruno, opera Latine conscripta, li, 2, pp. 70-72.

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NOTA FILOLOGICA

la chiave nella seconda lista di « Segni e sigle » ) , Go, Ko, Mi, Pa1, Paz' Pa3, Pa4, Pa5, Pa6' Pa7, Sm, Wo. Ho poi verificato le quattro varianti di stampa così emerse, che sono correzioni di refusi (si veda l'apparato critico relativo ai parr. 1 , 3 e 7; 1 23, 7; 1 26, 2), con la riproduzione di altri 1 5 esemplari: A1, A2 , Be, Ber, Bes, Brn, Ca1, Caz' Ch, Dr, Lo1, Loz' Ma1, Maz' Ox. Inoltre, attraverso il confronto di questi 29 esemplari, ho potuto notare che una mano ha corretto a penna due refusi nel fascicolo A4 del testo 2, precisamente: ha corretto « diis » in « diris » aggiungendo, sopra la linea, una « r » tra le due « i » in 1 5 esemplari (par. 1 , 9) ; ha poi aggiunto una « e » da­ vanti a « laboratae » in 1 4 esemplari (par. 3, 3) . Essendo me­ desima la mano, medesimo l'inchiostro ed in numero note­ volmente maggiore gli esemplari corretti, quasi sicuramente la correzione fu eseguita in tipografia, poco prima della di­ stribuzione del libro.

« DE IMAGINUM,SIGNORUM ET IDEARUM COMPOSITIONE »

Uscita a Francoforte nel 1591 presso gli stessi editori Jo­ hann Wechel e Peter Fischer che avevano stampato poco prima i tre poemi francofortesi (De triplici, minimo et mensura, De m onade, numero et fig;ur a, De innumeramlibus, immenso et infig;uramli) , 1 l'editio princeps del De imagi,num, sig;norum et idea­ rum compositione è un libro in 8 ° tipografico costituito da 15

fascicoli. Lo descrivo qui di seguito:

8 ° : (:) 4 M-NN 8 004, cc. 4 n.n. , 1-122 [ma 210] 2, 2 n.n.; 31 /35 linee per pagina. La pagina misura 1 28 ( 1 30) x 69 mm. Varianti interne alle cc. (:) 1 r, FF4v, GG8r,HH6r,LL4v. Frontespizio

IORDANI / BRVNI NOI.ANI / DE IMAGINVM, S1GNORVM, / & Idearum eompositione [sic] . Ad / omnia lnuentionum, Dispo-/sitionum, & Memori� / genera / LI­ BRI TRES. / AD ILLVSTREM ET GENE-/ROSISS. IOAN. HAINRI CVM / Haincellium Elcouice Do-/minum./ CREDITE I. Il De minimo fu messo in vendita in occasione della fiera francofortese di primavera, gli altri due poemi insieme al De imaginum compositione figurano nel catalogo della fiera autunnale (cfr. Giordano Bruno: 1548-1600. Mostra ,rtorico documentaria, pp. 157-62) . 2. Sono numerate erroneamente anche le seguenti pagine: 91 (segnata 1 9) , 1 43 ( 134) , 1 46 ( 1 54) , 1 47 ( 1 55) , 149 ( 1 57), 1 55 ( 1 63), 1 68 ( 1 57) , 1 70 ( I 74) .

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ET INTELLIGETIS. [fregio tipografico] FRANCOFVRTI / Apud IOAN. Vvechelum & PETRVM / Fischerum consor­ tes. 1591. Contenuto

(:) 2r: [fregio a grottesca] NOBILISSIMO IL=/LVSTRI'QVE D. HEINRICO / Eincellio Elcoui� Domino / IORDANVS BRVNVS / Nolanus S. Ml r: [fregio a grottesca] IORDANI / BRVNI NOLANI / DE COMPOSITIONE IMA-/ginum liber, Ad illustrem I O: / HAINRICVM Haincellium / Elcoui� Dominum. / CAPVT PRIMVM. I De Luce, Radio, & speculo. GG4v: IORDANI / BRVNI NOLANI / DE COMPOSI­ TIONE IMA-/ ginum Liber Il. Vbi de Principum ima-/ginibus, & primùm de iis I quPl. N] om. L

17-20 animi ... comperimus] cfr., e. g., Ignazio di Loyola, Exerc. spirit., 101 1 05: « Decimum additamentum agit de paenitentia, que duplex est, nem­ pe interna et externa [ ...] Haec exterior in tribus potissimum observatur: in victus ratione, in somni et quietis modo ac lecti genere, et in disciplina alllictioneque carnis [ ...] Denique in tertia specie, que est alllictio et ma­ ceratio carnis, sensibilis dolor corpori infertur, id quod variis modis fieri potest [ ...] alii se flagellis cedunt [ ...] Consultissimum facere videntur, qui tenuibus funiculis lorisve nudam carnem cedunt [ ...] Postremo hoc genus penitentiae adhibetur ad adcquirendum aliquod donum spirituale, quod expetimus, verbi gratia, contritionem vehementem et lachrimas pro flagi­ tiis quae perpetravimus, aut amarum fletum, luctum ac planctum, quum cruciatus, penas, tormenta, vulnera Domini nostri Iesu Christi [ ...] con­ templamur [ ...] Hinc est quod Danieli, post ieiunum trium hebdomada­ rum , commeruit habere visionem de praeciso tempore adventus Christi » .

SIGILLUS SIGILLORUM

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tasia - e che essi credono pie -, quando colpendosi assai de­ licatamente con flagelli richiamano il calore corporeo dalle parti interne alle esterne, in modo che tale calore attenuan­ dosi progressivamente all'interno si concentri con più forza nello spirito melanconico; e perché non vada sprecata alcu­ na occasione di procacciarsi l'estasi, inducendo l'animo a meditare sulla morte di un qualche Adone e aggiungendo tristezza a tristezza - scopriamo infatti che alla loro libidine non deve mai mancare qualche lacrima - si procurano un fremito di altro genere. Nel frattempo però in virtù di un senso del tutto sconvolto si congiungono facilmente per im­ pulso del proprio spirito a qualche intelligenza degli spiriti immondi e parimenti beffardi, credendo però di essersi alfine innalzati all'aperta visione e al colloquio con non so quale misero e tristo nume al punto di poter udire e perce­ pire arcani che mai avrebbero potuto cadere nel loro pen­ siero. Sappiamo del resto come un simile impeto di fantasia turbata abbia acquistato in certi individui tanto vigore da far sì che le cicatrici dei numi venerati, la cui immagine aveva­ no contratto nell'animo con grande intensità, apparissero anche nel loro corpo, impresse dal fuoco di un'ardentissima fantasia. [ 153]

Tredicesima specie di contrazione

47. A questo genere di contrazione non oserei certo far ri­ salire quel prodigio che crediamo si sia compiuto in un uo­ mo dalla straordinaria forza di contemplazione, Tommaso 23-27 cum ... potuissent] cfr. 2 Cm:, 12, 4. 27-31 Quem ... comperirent] cfr. Pomponazzi, De incant., 5, pp. 67-68; 6, pp. 83-84; Agrippa, De occ. phiL , I, 64, p. 223, 18-27. 153, 2-9 Ad ... credant] cfr. Guglielmo di Tocco, Hyst. Beati Thomae, 34, p. 79: « Nam cum esset Salemi in conventu Fratrum , visus est praedictus Doc­ tor, ante altare maius in oratione existens [ ...] duobus cubitis elevatus a terra, velut, si fas est dicere, futurum agilitatis ve) aliquod simile partici­ pium accepisset, quo sine pondere, quasi in sua levitate maneret. Dignum namque erat, ut animam illam, quam nulla violaret affectio, corpus seque­ retur obediens, cuius affectibus numquam fuerat contradicens, quod mi­ rabiliter Deus revelaret miraculo, quod supematuraliter concessisset ex dono » ; vide etiam Torrell, lnitiation à S. Thomas, pp. 28!>-86.

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completum credimus: hic enim cum collectis animi viribus in imaginatum coelum raperetur, adeo in unum spiritus ani­ malis sensitivus atque motivus est collectus, ut corpus a terra in aerem vacuum tolleretur; quod tametsi minus eruditi ad miraculum referant et archana presum/ptuosaque ignoran­ tia freti non facile credant, a naturali tamen animi potentia id provenire posse facile novimus, et multo ante Zoroaster. Nescio an ad istam contractionis speciem referri velint do­ mini theologi raptum Pauli, quem et ipse non satis novit an in corpore an extra corpus fuerit.

[ 154]

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De decimaqua'Tta contractionis specie

48. Est et pessima contractio quae a ratione contrarii vic­ tus, qui naturali complexioni diametro opponitur, quo in pessime enutritis talis congeritur in vitalibus corporis partibus humor, ut vel proprii spiritus alteratione reddantur amentes atque phanatici vel peregrini accessione fiant ener­ gumeni [o] . Quosdam etenim de simplicibus corporibus ad materiam sibi adcommodatam mox libentissime accedere non est difficile, sicut et e quocumque semine in bene collocato atque disposito spiritualem animalemque vitam pro­ dire est naturale et cuicumque conceptui bene se habenti animus velut ubique praesens statim adest. Hac ratione, addita undecima et duodecima contractio­ nis specie, repente per artem notoriam sapientes efficiuntur simplices, creduli e t superstitiose contemplativi, sed i n iis sa­ piens spiritus non est proprius, sed proprio imperiose copu-

154, 3 complexioni emend. N] complexione L energumenio L

6-7 energumeni emend. N]

IO Zoroaster] cfr. Ficino, Theol. Plat., XIII, 5, pp. 242-43: « Quod si movea­ tur vel sustineatur vel contineatur, id fieri arbitrar per illud animae cen­ trum, quam paulo ante unitatem vocavimus animae a Deo tributam, per quam Deo omnium centro et purae unitati concilietur, per quam non mo­ do elementa corporis huius, sed etiam mundi conciliet, per quam solam posse Deum attingi sic aperuit Zoroaster [ ...] Id est: ' Est intelligibile ali­ quid, quod intelligere te oportet mentis flore'. Florem mentis appellat Zo­ roaster ipsum animae centrum, quod Plato nominat mentis caput. Senten­ tiam hanc nostram illud Pauli divini theologi confinnare videtur, quod in-

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d'Aquino: quando infatti fu rapito verso il cielo immaginato dall'impeto delle forze riunite dell'animo, seppe unificare lo spirito animale sensitivo e motorio al punto che il suo cor­ po si sollevò dalla terra in aria levitando nel vuoto; e sebbe­ ne i meno istruiti lo ascrivano a un miracolo e forti della lo­ ro arcana e presuntuosa ignoranza lo giudichino non facile, sappiamo invece che questo fenomeno si produce facilmen­ te per una potenza naturale dell'animo, così come molto tempo prima aveva scoperto Zoroastro. Ignoro poi se i si­ gnori teologi vogliano ricondurre a questa specie di contra­ zione anche il ratto di Paolo, che ignora egli stesso se si sia compiuto nel corpo o fuori dal corpo. [ 154]

Qy,attordicesima specie di contrazione

48. È ugualmente pessima la contrazione che si produce in ragione di un vitto nocivo, diametralmente opposto alle esigenze della costituzione naturale, a causa del quale negli individui peggio nutriti si accumula in prossimità delle parti vitali del corpo un umore che li rende o folli e fanatici per l'alterazione del proprio spirito, o indemoniati per l'inter­ vento di uno spirito estraneo. Non è infatti difficile che cer­ ti esseri spirituali dai corpi semplici corrano subito a con­ giungersi ad una materia adatta a loro; è infatti ugualmente naturale che da qualunque seme collocato e disposto in buon terreno germini vita spirituale e animale e che l'ani­ mo, quasi ovunque presente, subito si comunichi a qualun­ que ben disposta potenza di concepire. Per questa ragione - che va ad aggiungersi a quanto detto per l'undicesima e dodicesima contrazione - i sempliciotti, i creduloni e quanti si dedicano a pratiche di superstiziosa contemplazione diventano repentinamente sapienti in virtù dell'arte notoria: tale spirito di sapienza non è però lo spiri­ to originariamente presente in loro, ma gli viene congiunto quit animum Deo raptum nec esse evidenter in corpore nec extra corpus, videlicet quia non insit corpori per idolum, sed adsit per centrum » . 12-13 quem ... fuerit] cfr. 2 Cor., 12, 2-3. 154, 7-11 Quosdam ... naturale] cfr. De magia, 78. 13-19 Hac ... sumus] cfr. De magia, 2, 17-25 et 79, 1-5; Thes. de magia, 8�6.

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latus. Ideo furiosos eosdemque intellectivos spmtus cum quibusdam animalium excrementis Saturnio adcommodatis temperamento egestos frequentius experti sumus. Et monachus Brixiae, me praesente ipsumque curante, qui hac arte repente prophaeta, magnus theologus et linguarum om­ nium peritus videbatur effectus, ipse, cum monachorum tantam / sapientiam ad malum principium referentum con­ silio fuisset in carcerem detrusus, virtute acetabuli cum polipodii contusi succo temperati, humoribus melancolicis at­ que spiritu evacuatis, talis, qualis semper extiterat, asinus apparuit. [ 1 55]

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De dedmaquinta contractionis spede

49. Ea tandem laudabilissima vere philosophis propria animi contractio est, qua crudelis Anaxarchus patiens ictus plus Nicreonta tyrannum affligebat quam ipse torqeretur; qua et Polemon a rabidissimis canum morsibus ne ex­ palluisse quidem; qua Laurentius de prunis ardentibus velut e roseo strato hostibus viriliter insultabat. Quid enim? Non­ ne vehementior delectatio, timor, spes, fides, indignatio rei­ que contemptus a praesente passione sevocat? Porro tunc est perfectae philosophiae praxis, quando quis altitudine speculationis ita a corporeis affectibus semovetur, ut mini­ me sentiat dolorem. Maiorem autem virtutem esse credimus in eo, qui hucusque devenit ut dolorem non sentiat quam in alio, qui persentito obsistat. Haud enim vere virtuosum iudicat Epicurus, qui oppositi vitii sensum admittit. Quem alius rei magis commovet aspectus, ille mortis non patitur angus­ tias. Quidam cum maxime ab amore divinae voluntatis quam firmiter existimabant - exequendae traherentur, nul­ lis minis nullaque eos aliunde sollicitante formidine movebantur. Intensumne dixerim virtutis amorem, qui rei tem-

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24 incarcerem L ciendum censeo

155, 5 post morsibus lacuna sine dubio est: dicitur coni13 huc usque L 20 lntensum ne L

1 55, 2-7 Ea ... insultabat] cfr. Ficino, Theol. Plat., XIII, 1 , p. 200; De vinculis, 7, 14-22; Lampas trig. stai., 167, 3-7. 1 5 Epicurus] cfr. Furori, I, 5, pp. 859-60; De vinculis, 7, 23-34; Diogene La­ erzio, Vitae phiL, X, 22 et 1 1 7.

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d'imperio. Ecco perché spessissimo abbiamo fatto esperien­ za di come simili spiriti ugualmente generatori di furore e di intelligenza vengono eliminati insieme a certi escrementi animali appropriati al temperamento saturnino. E a Brescia, in mia presenza e proprio per le mie cure, un monaco che valendosi di quest'arte sembrava improvvisamente diventato profeta, gran teologo e conoscitore di tutte le lingue, getta­ to egli stesso in carcere per deliberazione dei monaci, che riconducevano all'opera di un malvagio principio una sa­ pienza così grande, per il potere dell'acetabolo temperato con il succo di polipodio tritato tornò ad apparire, una volta evacuati lo spirito e gli umori melanconici, il solito asinò di sempre. [ 1 55]

Quindicesima spede di contrazione

49. È infine lodevolissima e veramente degna dei filosofi quella contrazione dell'animo per cui Anassarco sostenen­ do i colpi feroci infliggeva al tiranno Nicreonte una soffe­ renza maggiore di quella da cui lui stesso era tormentato; per cui Polemone si dice non fosse neppure impallidito ai morsi rabbiosissimi dei cani; per cui Lorenzo dalle fascine ardenti come da un letto di rose virilmente sfidava i nemici. Che dire infatti? Non è forse vero che divampando con estrema intensità piacere, timore, speranza, fede, indigna­ zione e disprezzo della cosa impediscono di percepire la sensazione in atto? Allora del resto si dà perfetta pratica di filosofia, quando qualcuno per l'altezza della speculazione si allontana dagli affetti del corpo tanto da non sentire più alcun dolore. Crediamo però che chi giunge al punto di non sentire più il dolore mostri maggior virtù di chi invece, soffrendo, resiste. Epicuro infatti non giudica veramente vir­ tuoso colui che continua a sentire il vizio contrario. Non sof­ fre le angosce della morte colui che è maggiormente com­ mosso dalla visione di un'altra cosa. Alcuni, totalmente tra­ scinati dall'amore di portare a compimento la volontà divi­ na - che essi fermamente ritenevano tale -, non si lasciava­ no smuovere da nessuna minaccia né da nessun altro timore che giungesse loro da altre cause. Come potrei definire in­ tenso quell'amore per la virtù che non riesce ad attenuare il

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poraneae ne/ queat infirmare timorem? Ego eum, qui timet a corporeis, numquam divinis fuisse coniunctum facile cre­ diderim; vere enim sapiens et virtuosus, cum dolorem non sentiat, est perfecte - ut praesentis vitae conditio ferre potest - beatus, si rem rationis oculo velis aspicere.

[ 156] 50. Ex his habes contemplandi locum, quot modis fru­ galiter, inutiliter et per [ti] niciose spiritum contrahere, vires accire, animum intendere ad speculandum, speculata intel­ ligendum et intellecta retinendum novasque per temet for5 mandum et concipiendum impressiones valeas, et in simili­ bus per consimilia, in proportionalibus per comproportio­ nalia, in diversis per analogicas rationes, in contrariis tan­ dem per opposita pariter industrius habeare. Ex his ea con­ sideratio exoritur, quae ad intelligentiam, iudicium et affec10 tum regulandum conferat. Illud tamen importunius spec­ tandum, ut maxime caveas, ne in phantasmata nimium in­ currens nec velut ea comprehendens, sed potius tamquam ab iisdem comprehensus - quemadmodum in Antipheronte factum ferunt -, in eorum numero qui aguntur potius quam 1 5 agant te constituas. Tales diximus, qui victus ratione, solitu­ dine, silentio, umbra, perunctione, flagris, calore, frigore ve] tepore, spiritu hinc contracto, inde abacto, vana phantas­ matum meditatione perturbata phantasia, miserabilem in­ currunt insensationem. PRIMAE PARTIS SIGILLI SIGILLORUM FINIS /

156, 2 perniciose emend. N] pertiniciose L 156, 1 0-15 Illud ... constituas] cfr. Thes. de magia, 82-84. 1 3-14 quemadmodum ... ferunt] cfr. Aristoteles, De mem. et rem., 1 , 451a 81 2.

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timore per una cosa temporanea? Io sarei facilmente porta­ to a credere che chi teme per i mali corporei non si sia mai congiunto al divino; se vuoi infatti considerare la questione con l'occhio della ragione, l'uomo sapiente e virtuoso, non sentendo dolore, è davvero perl'ettamente beato - per quan­ to almeno può consentirlo la condizione presente. [156] 50. Da queste osservazioni hai modo di contemplare in quanti modi frugalmente, inutilmente e perniciosamente potrai contrarre lo spirito, chiamarne a raccolta le forze, ten­ dere l'animo a riflettere, intendere le proprie riflessioni e ri­ tenere le proprie intellezioni, e formare e concepire tu stes­ so nuove impressioni; e con pari solerzia potrai agire su real­ tà simili con cose ugualmente simili, su realtà proporzionate con cose opportunamente proporzionate, su realtà diverse per ragione di analogia e infine su realtà contrarie con cose contrarie. Da queste osservazioni ha infatti origine quel mer­ do di considerare che contribuisce a regolare l'intelligenza, il giudizio e l'affetto. Occorre comunque tener presente un rischio assai frequente: confrontandoti troppo spesso con le immagini fantastiche e non come chi le comprende, ma cer­ me chi ne è compreso - come raccontano sia accaduto per Antiferonte -, stai particolarmente attento a non porti nel novero di quelli che sono agiti e non di quelli che agiscono. Abbiamo definito tali tutti coloro che in ragione di vitto, ser­ litudine, silenzio, ombra, unguenti, flagelli, caldo, freddo o tepore, dopo aver contratto lo spirito da una parte, e averlo allontanato da un'altra, sconvolgendo completamente la fantasia con la vana contemplazione dei suoi prodotti, fini­ scono per incorrere in una miserabile insensatezza. FINE DELLA PRIMA PARTE DEL SIGILLO DEI SIGILLI

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SIGILLI SIGILLORUM SECUNDA PARS

Quemadmodum festucae, p aleae, p elli culae et id ge­ nus ali a i n i gnem proi ecta, ad instar eorum quae sola sensu praedita di cuntur, quasi i nstantem p raesentemque corruptionem fu gi entia contrahuntur, refugiunt seseque ut p os­ sunt i nde p roripi unt, ita nulli quantumlibet ad sensum ne­ glecto et i mbeci lli p ri ncipi um naturale deest, quo melius ad praesentem statum se fulciat atque tueatur. Si quippe p ro­ fu ndi us i ntuebere, nihi l adeo mutilum, absci sum et emortuum comperi es, quod ali qua sui esse - quae et quali scum­ que sit i lla - i ntrinseca cura sit p aenitus destitutum. Pro animi i gitur perrecti onum tutela ad domesticum a­ ni mi nostri magi sterim i nstruendi convertamur. Adest quippe illi, a p atrio lucis et i ntelligi bi li mundo exulanti, tamquam i n puppi p raesi dens naturali s facultas; qua du­ ce, veluti sci nti lla suam appetens sphaeram, a retardanti bus cursum revocat et eti am nesci ens avertitur. Quanto autem potenti or est ani mus sup ra corp ora, tanto p ollenti ores aver­ si ones habet, ne a prop riis naturali busque di spositi onibus et acti bus p er materi ae turbantis i mpulsuum vorti ces imp edi a­ tur. Cognosce i gitur, cognosce diverti cula, quoque modo ad­ versus adeo coecam cali gi nem dep ellendam e fo ri bus sit el uctandum, vi deto. 157, 13 magisterium emend. N] magisterim L 157, 2-1 1 Quemadmodum ... destitutum] cfr. De magia, 1 1 , 1-14 et adn. ad loc. 1 2-1 3 ad ... convertamur] cfr. Infinito, V, p. 453.

[157] SECONDA PARTE DEL SIGILLO DEI SIGILLI

1. Allo stesso modo in cui fuscelli, pagliuzze, pellicine e altri corpuscoli del genere, gettati nel fuoco, si contraggo­ no, fuggono indietro e cercano come possono di tirarsene fuori quasi fuggendo una distruzione imminente e già in at­ to a somiglianza degli esseri che soli si dicono dotati di sen­ so, così a nessun essere per quanto trascurabile e fragile al senso viene a mancare un principio naturale che gli consen­ ta di custodirsi e mantenersi al meglio nello stato presente. E se guarderai più in profondità, scoprirai che nulla è a tal punto mutilo, reciso e morto da essere del tutto privato di una qualche intrinseca cura del suo essere. Per proteggere le perfezioni dell'animo, andiamo a farci istruire dal familiare magistero del nostro animo. Esule dal­ la luce e dal mondo intelligibile in cui è la sua patria, lo soc­ corre infatti una facoltà naturale, che seduta, per così dire, in poppa lo governa; sotto la sua guida, al pari di una scin­ tilla che tende alla sua sfera, esso allontana il suo corso da quanto lo ritarda e se ne ritrae quasi inconsapevolmente. Ma quanto più potente è l'animo sopra i corpi, tanto più po­ tenti sono gli atti con cui se ne ritrae, perché i vortici degli impulsi che discendono dalla materia perturbatrice non gli impediscano di esplicare le disposizioni e gli atti che gli so­ no propri. Impara dunque, impara a conoscere simili diver­ sioni, e vedi come si debba lottare con ogni mezzo per di­ sperdere una così cieca caligine. 1 5 in ... praesidens] cfr. Furari, I, 1 , p. 787.

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Videto primum quatuor intemos actuum rectores: amorem, artem, magiam, mathesim. /

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DE QUATUOR RECTORIBUS De amore

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2. Amor est cuius virtute omnia sunt producta, est in om­ nibus, in vigentibus vigens, quo vigentia vigent, quique ipse est vigentium vigor; frigida calefacit, obscura illustrat, tor­ pentia excitat, mortua vivificat, inferiora divino furore du­ cens supercaelestem plagam peragrare facit; cuius ministe­ rio animae corporibus detinentur, cuius ducatu in contem­ plationem eriguntur, cuius volatu superata naturae difficultate Deo copulantur; qui docet guae aliena, guae nostra, qui nos, qui alii; qui facit alia nobis subiici et mancipari nosque aliis praefici et