Luca Pacioli e la matematica del Rinascimento 88-09-20470-0, 9788809204706

Catalogo della mostra "Luca Pacioli e la matematica del Rinascimento", Sansepolcro, Casa di Piero della France

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Luca Pacioli e la matematica del Rinascimento
 88-09-20470-0,  9788809204706

Table of contents :
Luca Pacioli e la matematica del Rinascimento......Page 1
Colophon......Page 6
Celebrazioni per il quinto centenario della pubblicazione della "Summa de Arithmetica" di Luca Pacioli 1494/1994......Page 7
Fondazione Piero della Francesca......Page 8
Mostra "Luca Pacioli e la matematica del Rinascimento"......Page 9
Ringraziamenti......Page 10
Sommario......Page 15
Luca Pacioli e la matematica del Rinascimento di Enrico Giusti e Carlo Maccagni......Page 17
1. Per una biografia di Luca Pacioli......Page 23
2. Leonardo Pisano e la trattatistica dell’abaco nel Medioevo e nel Rinascimento......Page 34
4. La "Summa"......Page 43
5. La "Summa" e la tradizione abachistica......Page 45
6. Il "Tractatus de computis et scripturis"......Page 52
7. La "Tariffa"......Page 56
8. La geometria......Page 57
10. Il "Compendio de la divina proportione"......Page 60
11. Il "Libellus in tres partiales tractatus divisus"......Page 67
12. Il "Tractato del’architectura" e l’"Alphabeto dignissimo antico"......Page 68
13. Gli "Elementi" di Euclide......Page 74
14. Il "De viribus quantitatis"......Page 75
15. Il trattato "De ludis"......Page 77
Note......Page 78
Catalogo......Page 81
II. Le scuole d’abaco......Page 83
Ill. La trattatistica medievale......Page 84
IV. La matematica colta......Page 85
V. La stampa......Page 87
VI. Luca Pacioli......Page 88
VII. Le opere......Page 91
VIII. La ragioneria......Page 92
IX. Mercati e tariffe......Page 94
X. I poliedri......Page 95
XI. L’alfabeto......Page 96
XIV. Dopo la "Summa". Sviluppi dell’algebra......Page 98
XV. Gli Elementi di Euclide......Page 99
XVI. Geometria e abaco......Page 100
Bibliografia......Page 103

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LYCA PACIOLI

1494--1994

LVCA PACIOLI e la matematica del R i nascime n t o

a cura di

Enrico Giusti Carlo Maccagni

Comune di Sansepolcro

Ministero del Tesoro Ragioneria Generale dello

Provincia di Arezzo

Stato

Regione Toscana

Ministero dell'Università e

Il DELL'ETRURIA BANCA POPOLARE E DEL LAZIO

della Ricerca Scientifica Università di Firenze Dipartimento di matematica 'Ulisse Dini' Fondazione Piero della Francesca

ISBN 88-09-20470-0

© 1994 Giunti Gruppo Editoriale, Firenze

Celebrazioni per il quinto centenario della pubblicazione della "Summa de Arithmetica" di Luca Pacioli 1494/1994

' COMITATO D ONORE Sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica

Oscar Luigi Scalfaro Sen. Prof. Giovanni Spadolini Presidente del Senato della Repubblica On. Giorgio Napolitano Presidente della Camera dei Deputati Dott. Carlo Azeglio Ciampi Presidente del Consiglio dei Ministri Prof. Francesco Paolo Casavola Presidente della Corte Costituzionale Prof. Piero Barucci Ministro del Tesoro Prof. Umberto Colombo Ministro dell'Università e della Ricerca Scientifica On. Rosa Russo Jervolino Ministro della Pubblica Istruzione Dott. Alberto Ronchey Ministro per i Beni Culturali e Ambientali Sua Em. Rev.ma Card. Pietro Palazzini Rev.mo P. Lanfranco M. Serrini Ministro Generale dell'Ordine dei Frati Minori Conventuali Sen. Prof. Amintore Fanfani Cittadino onorario di Sansepolcro Dott. Vannino Chiti Presidente della Giunta Regionale Toscana Prof. Giuseppe Carbone Presidente della Corte dei Conti Prof. Giorgio Salvini Presidente dell'Accademia dei Lincei Prof. Enrico Garaci Presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche Dott. Mauro Tarchi Presidente della Provincia di Arezzo Dott. Andrea Monorchio Ragioniere Generale dello Stato Dott. Mario Draghi Direttore Generale del Ministero del Tesoro

Prof. Francesco Sisinni Direttore Generale per i Beni Artistici, Architettonici, Archeologici, Ambientali e Storici Prof. Francesco Sicilia Direttore Generale per i Beni Librari e gli Istituti Culturali Prof. Salvatore Mastruzzi Direttore Generale per i Beni Archivistici Dott. Fabio Matarazzo Direttore Generale per l'Università e la Ricerca Scientifica Prof. Giovanni Ruggeri Presidente dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato Dott.ssa Paola Benigni Soprintendente ai Beni Archivistici della Toscana Dott.ssa Anna Maria Maetzke Soprintendente ai Beni Artistici, Architettonici, Ambientali e Storici di Arezzo Prof. Luigi Berlinguer Rettore dell'Università di Siena Prof. Paolo Blasi Rettore dell'Università di Firenze Prof. Carlo Bo Rettore dell'Università di Urbino Prof. Carlo Ciliberto Rettore dell'Università di Napoli Prof. Paolo Costa Rettore dell'Università di Venezia Prof. Giancarlo Dozza Rettore dell'Università di Perugia Prof. Paolo Mantegazza Rettore dell'Università di Milano Prof. Luciano Modica Rettore dell'Università di Pisa Prof. Fabio Roversi-Monaco Rettore dell'Università di Bologna Prof. Giorgio Tecce Rettore dell'Università 'La Sapienza' di Rama Pro f. Akira Nakanishi Emerito Chuo University (Tokyo) Prof. Carlo Maccagni Presidente della Società Italiana di Storia della Scienza

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Prof. Alessandro Figà Talamanca Presidente dell'Unione Matematica Italiana Prof. Carlo Pucci Presidente dell'Istituto Nazionale di Alta Matematica Prof. Giuseppe Bruni Presidente della Società Italiana di Storia della Ragioneria Dott. William Santorelli Presidente del Consiglio Nazionale dei Ragionieri Prof. Alessandro Lucarini Presidente dell'Istituto Internazionale di Storia Economica F. Datini Dott. Giuliano Vitali Sindaco di Assisi Dott. Giorgio Morales Sindaco di Firenze Dott. Marco Formentini Sindaco di Milano Dott. Antonio Bassolino Sindaco di Napoli Dott. Mario Valentini Sindaco di Perugia Dott. Sergio Cortopassi Sindaco di Pisa Dott. Francesco Rutelli Sindaco di Roma Dott. Pierluigi Piccini Sindaco di Siena Dott. Massimo Galuzzi Sindaco di Urbino Prof. Massimo Cacciari Sindaco di Venezia Dott. Dusko Kucina Sindaco di Zara Dott. Luigino Sarti Sindaco di Sansepolcro

Fondazione Piero della Francesca

Paolo Dal Poggetto Soprintendente per i Beni Artistici e Storici delle Marche- Urbino

Centro di studi, ricerche e documentazione su Piero della Francesca e la cultura del Rinascimento

Maurizio Fagiolo dell'Arco Università di Roma

CONSIGLIO

Enzo Ferroni Università di Firenze

DI AMMINISTRAZIONE

Luigino Sarti Sindaco di Sansepolcro, Presidente Paolo Benesperi Assessore alla Cultura della Regione Toscana Giorgio Renzi Assessore alla Cultura della Provin­ cia di Arezzo

Salvatore Di Pasquale Università di Firenze

Enrico Giusti Università di Firenze Francesco Gurrieri Università di Firenze Mauro Laeng Università di Roma Carlo Maccagni Università di Genova

Carla Galantini Assessore alla Cultura del Comune di Arezzo

Anna Maria Maetzke Soprintendente per i Beni Ambienta­ li, Architettonici, Artistici e Storici di Arezzo

Giovanni Tricca Assessore alla Cultura del Comune di Sansepolcro

Corrado Maltese Università di Roma

Franco Landini Sindaco di Monterchi Giovanni Gorizi Presidente della Comunità montana Valtiberina toscana Paolo Schiatti Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio DIRE'ITORE

Valentino Baldacci COMITATO SCIENTIFICO

Giovanni Bechelloni Università di Firenze

Margherita Moriondo Lenzini già Soprintendente per i Beni Ambientali, Architettonici, Artistici e Storici di Arezzo Antonio Paolucci Soprintendente per i Beni Artistici e Storici di Firenze Franco Piacenti Università di Firenze Salvatore Settis Università di Pisa Casa di Piero Via Niccolò Aggiunti 7 1 52037 Sansepolcro

Luciano Bellosi Università di Siena Luciano Berti già Soprintendente per i Beni Artistici e Storici di Firenze Giorgio Bonsanti Soprintendente dell'Opificio delle Pietre Dure di Firenze Attilio Brilli Università di Siena Ornar Calabrese Università di Bologna Maria Grazia Ciardi Dupré Università di Firenze Marisa Dalai Emiliani Università di Roma

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Luca Pacioli e la matematica del Rinascimento Sansepolcro, Casa di Piero della Francesca

13 aprile-27 giugno 1994

Mostra a cura di

COMUNE DI SANSEPOLCRO

Enrico Giusti Carlo Maccagni

Sindaco

Lui gino Sarti

Coordinamento generale

Valentino Baldacci

Assessore alla Cultura

Giovanni Tricca Segreteria scientifica

Elisabetta ffiivi, Mario Pancrazi

Dirigente del Dipartimento Cultura

Segreteria organizzativa

Francesco Comanducci

Carlo Gnemmi, Alessandra Braschi, Maria Annunziata Peruzzi

Responsabile Ufficio stampa - PR

Mariangela Betti Ufficio stampa

Nicoletta Giovagnoli Progetto dell'allestimento e art direction

Andrea Rauch Allestimento Catacchini & Vischi, Sansepolcro Assicurazioni

Ina-Assitalia Trasporti

B. Tartaglia s.r.l., Roma Ospitalità e vigilanza

Co.tu. s . , Sansepolcro

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Ringraziamenti Si ringraziano i direttori degli archivi e delle biblioteche che hanno conces­ so il prestito dei documenti e delle ope­ re presenti in mostra: prof. Aldo Ago­ sto (Archivio di Stato-Genova); prof. Vincenzo Ancona (Biblioteca Mate­ matica dell'Università di Firenze); dott.ssa Franca Arduini (Biblioteca Marucelliana- Firenze); dott. Curzio Bastianoni (Biblioteca Comunale Siena); P. Leonard E. Boyle O.P. (Bi­ bliotecaApostolica Vaticana); prof.ssa Pieranita Castellani (Dipartimento di Matematica dell'Università di Roma); dott. Francesco Comanducci (Archivio Storico del Comune di Sansepolcro); dott.ssa Clara Cutini (Archivio di Sta­ to- Perugia); dott. Leonardo Farinelli (Biblioteca Palatina - Parma); prof. Paolo Galluzzi (Istituto e Museo di Sto­ ria della Scienza- Firenze); dott. ssa Carla Guiducci Bonanni (Biblioteca Nazionale Centrale-Firenze); dott.ssa Anna Lenzuni (Biblioteca Medicea Laurenziana-Firenze); dott.ssa Ro­ salia Manna Tolu (Archivio di Stato­ Firenze); dott. Paolo Messina (Biblio­ teca Comunale dell'Archiginnasio Bologna); dott.ssa Anna Maria Ogni­ bene (Biblioteca Moreniana -Firen­ ze); dott. Emesto Milano (Biblioteca Estense - Modena); dott.ssa Maria Prunai Falciani (Biblioteca Riccar­ diana - Firenze); dott.ssa Piccarda Quilici (Biblioteca Universitaria Bologna); dott. Giandomenico Roma­ nelli (Museo Correr-Venezia); dott. Paolo Selmi (Archivio di Stato-Vene­ zia); dott. Paolo Veneziani (Biblioteca Nazionale Centrale Vittorio Emanue­ le II-Roma); dott. ssa Isabella Zanni Rosiello (Archivio di Stato- Bologna); dott. Marino Zorzi (Biblioteca Nazio­ nale Marciana- Venezia). Si ringra­ ziano inoltre il Centro per la Storia della Tecnica (C.N.R.)- Genova, e la Libreria Antiquaria Gonnelli di Firen­ ze. Insieme a loro, il nostro ringraziamen­ to va al Direttore Generale per i Beni Librari e gli Istituti Culturali prof. Francesco Sicilia, e al Direttore Gene­ rale per i Beni Archivistici prof. Salva­ tore Mastruzzi. Un particolare ringraziamento va al prof. Adriano Graziotti, ideatore e realizzatore della serie dei poliedri esposti nella sezione introduttiva del­ la mostra. Un vivo ringraziamento va

Referenze fotografiche anche all'Istituto d'Arte di Sansepolcro per la realizzazione dei poliedri espo­ sti nell'apposita sezione: si ringrazia­ no in particolare il preside prof. Beni­ to Cadetti, e i professori Clemente Camaiti, Mario Corazzini, Valeria Dell'Omarino, Patrizia Pacetti, Maria Santaterra, insieme ai loro allievi. Un grazie anche alla prof. ssa Alda Ba­ rella, Dirigente superiore dei Servizi ispettivi del Ministero della Pubblica Istruzione. Desideriamo inoltre esprimere la no­ stra gratitudine alle seguenti autori­ tà per l'aiuto che in maniera diversa ma sempre preziosa hanno dato per la realizzazione delle manifestazioni pacioliane: per il Ministero del Teso­ ro, il Ministro prof. Piero Barucci; il Direttore Generale prof. Mario Draghi; il Capo di Gabinetto pro f. Giuseppe Pa­ squa. Per il Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica il nostro rin­ graziamento va al Ministro prof. Umberto Colombo, al Sottosegretario on. Silvia Costa; ai Direttori Generali dott. FabioMatarazzo, dott. Domenico Fazio e dott. Giovanni D'Addona. Per l'Istituto Poligrafico e Zecca dello Sta­ to il ringraziamento va al presidente pro f. Giovanni Ruggeri, e agli ingegne­ ri Giovanni Rossi, Nicola Ielpo, Rober­ to Fabbri e Ferdinando Smaniotto. Un particolare ringraziamento va a Sua Eminenza Rev.ma il Cardinale Pietro Palazzini, e al comm. Pasquale Ciotti. Esprimiamo in conclusione per poter­ la meglio evidenziare la nostra grati­ tudine al Ragioniere Generale dello Stato dott. Andrea Monarchia, per tut­ to quello che ha fatto per rendere pos­ sibili le celebrazioni per il 500' anni­ versario della pubblicazione della "Summa de Arithmetica"; e con lui il nostro sentito ringraziamento va al dott. Antonio Pugliese, che tanto si è prodigato. Si ringrazia per la generosa sponso­ rizzazione la Banca di Roma.

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Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato Istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze Scala s.p.a. -Firenze Fotografo Emesto Greci -Parma Alfa Fotostudio di Alberto Scardigli -Firenze Foto Roncaglia -Modena Sky Photographic-Firenze Foto Testi -Siena Laboratorio Fotografico di Donato Pineider- Firenze Fotostudio Tavanti-Arezzo Studio Grog- Firenze

I

l quinto centenario della pubblicazione della "Summa de Arithmetica, Geometria, Proportioni et Proportionalità" di Fra

Luca Pacioli rappresenta per Sansepolcro l'occasione per approfondire e far conoscere al grande pubblico la figura e l'opera di questo nostro illustre concittadino e il suo alto contributo alla matematica teorica e applicata moderna. Città d'arte incredibilmente fertile di ingegni - da Dionisio Roberti a Piero della Francesca, da Luca Pacioli a Santi di Tito, dagli Alberti al Cantagallina- Sansepolcro è stata nei secoli passati punto d'incontro e di produzione di grandi artisti, e ricordiamo per tutti il Sassetta, Luca Signorelli, il Rosso Fiorentino, così come ha saputo offrire ai suoi grandi e famosi concittadini un terreno fertile e stimolante tanto da rappresentare per loro non solo il luogo casuale di nascita ma la patria scelta per vivere e nella quale sempre ritornavano. Così è stato per Piero della Francesca, che sifirmava Pietro dal Borgo e qui tornava sempre reduce dalle più importanti Corti italiane, realizzan­ dovi il suo capolavoro "La Resurrezione"; così è stato per Luca Pacioli. Entrambi hanno scelto di morire qui dove erano nati, a conferma di un amore e di un affetto ed anche di una corrispondenza che non sono mai venuti meno. Consapevoli di una così grande eredità storica intendiamo oggi onorare degnamente quanti hanno contribuito a far grande Sansepolcro e a farla conoscere nel mondo, attraverso una costante opera di valorizzazione del nostro ricchissimo patrimonio, partendo dalle occasioni fornite dai centenari. Questo è il ruolo che come città intendiamo far svolgere alla Fondazione Piero della Francesca, centro di studio, ricerca e documentazione sul Rinascimento.

La mostra "Luca Pacioli e la matematica del Rinascimento", di cui qui presentiamo il catalogo, rappresenta una delle iniziative più significative nell'ambito delle manifestazioni pacioliane, anche perché è destinata a rivolgersi a un pubblico non strettamente specialistico, e in particolare al mondo della scuola, in modo da rendere sempre più e sempre meglio conosciuta lafigura e l'opera dell'illustre matematico.

Luigino Sarti Sindaco di Sansepolcro

Giovanni Tricca Assessore alla Cultura del Comune di Sansepolcro

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P

er la Fondazione Piero della Francesca, la mostra "Luca Pacioli e la matematica del Rinascimento", e il convegno

internazionale dallo stesso titolo - curati dai professori Enrico Giusti, dell'Università di Firenze, Vicepresidente dell'Istituto Nazionale di AltaMatematica, e CarloMaccagni, dell'Università di Genova, Presidente della Società Italiana di Storia della Scienza, entrambi membri del Comitato Scientifico della Fonda­ zione - si inseriscono non soltanto in una serie di iniziative dedicate alla figura di Luca Pacioli in occasione del quinto centenario della pubblicazione della sua opera più famosa, la "Summa de Arithmetica, Geometria, Proportioni et Propor­ tionalità", ma anche in un filone di studi più ampio che viene seguito a partire dalla nascita della Fondazione, nel 1 990. Per quanto riguarda le iniziative dedicate alla figura di Luca Pacioli (oltre a quelle più tipicamente celebrative promosse dal Comune di Sansepolcro, che hanno comunque assunto un parti­ colare rilievo: erezione di un monumento al Pacioli, coniazione da parte della Zecca di Stato di una moneta e di una medaglia commemorativa, emissione di un francobollo), oltre alla mostra e al convegno sono previste alcune pubblicazioni di notevole prestigio, fra le quali la ristampa anastatica della stessa "Summa". Il momento più alto di questa serie di pubblicazioni sarà costi­ tuito dall'edizione critica delle opere edite e inedite di Luca Pacioli. Si tratta di un'impresa di notevole impegno e di durata pluriennale; le proposte circa i criteri metodologici da seguire saranno discusse nel corso del convegno, e dalla riflessione collettiva scaturiranno le indicazioni che saranno poi realizzate dalla Commissione Scientifica incaricata di curare l'edizione critica. D'altra parte la Fondazione ha accumulato negli ultimi tre anni un'esperienza preziosa in tema di edizioni critiche: mi riferisco all'edizione nazionale delle opere teoriche di Piero della France­ sca, di cui adesso, proprio in occasione delle celebrazioni pacioliane, presentiamo il primo volume, il "Libellus de quinque corporibus regolaribus". Si tratta di un'opera ricca di implicazio­ ni quanto a rapporti fra Piero e Luca, e infatti il tema del cosiddetto "plagio" è stato in quella sede oggetto di analisi attenta e approfondita. Per realizzare l'edizione critica dei trattati di Piero, che poi ha avuto dal Ministero per i Beni Culturali la qualifica di "edizione nazionale",

è stata mobilitata un'équipe di studiosi di varia

estrazione e di varia specializzazione (storici dell'arte, storici della scienza, paleografi, filologi, linguisti, filologi del disegno)

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diretta da una qualificata Commissione Scientifica. Il lavoro è iniziato sotto gli auspici del Comitato Nazionale appositamente costituito per ricordare il 500 o anniversario della morte di Piero della Francesca, ed è poi continuato nell'ambito dell'attività scientifica della Fondazione. Queste notizie sull'edizione critica delle opere di Piero della Francesca consentono di riprendere l'osservazione che facevamo all'inizio, e cioè che la mostra e il convegno si inseriscono, per la Fondazione, non soltanto in una serie di iniziative dedicate a Luca Pacioli, ma anche in un filone più ampio di studi, che ha per oggetto il pensiero scientifico del Rinascimento, partendo natu­ ralmente dall'opera di Piero della Francesca. Questo settore ha assunto un particolare rilievo nell'attività di ricerca e di documentazione della Fondazione, e ciò certamente per merito di Enrico Giusti e di Carlo Maccagni, che all'interno del Comitato Scientifico hanno portato progetti e proposte. Senza entrare in particolari che in questa sede sarebbero inutili, vogliamo soltanto ricordare che è in corso un censimento dei trattati d'abaco rinascimentali. A chi leggerà le pagine del catalogo apparirà in tutta evidenza quanto questo lavoro sia legato alle iniziative che in questo 1 994 sono state promosse in onore di Luca Pacioli. Valentino Baldacci Direttore della Fondazione Piero della Francesca

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So mmario

Luca Pacioli e la matematica del Rinascimento di Enrico Giusti e Carlo Maccagni

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Luca Pacioli una biografia scientifica di Elisabetta Ulivi

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Catalogo

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Bibliografia

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Luca Pacioli e la matematica del Rinascimento La fine del Quattrocento segna un punto di svolta per la cultura europea. Circa mezzo secolo prima, Johan Gutemberg e i suoi collabo­ ratori avevano messo a punto le tecniche di stampa a caratteri mobili, e avevano stampato i primi volumi. L'invenzione si era diffusa subito in quasi tutta l'Europa, e prima della fine del secolo delle tipografie operavano in tutte le città principali; in particolare a Venezia, che si afferma subito come il più importante centro tipografico d'Europa. Rispetto al codice manoscritto, il libro stampato ha enormi vantag­ gi: il costo contenuto, che ne determina una diffusione incomparabil­ mente maggiore; l'uniformità del testo, che permette il formarsi di un sistema di riferimento comune a tutti i lettori; la nitidezza dei carat­ teri e la conseguente facilità di lettura. Tutti questi fattori contribui­ scono a creare una comunità europea di letterati, storici, scienziati che leggono gli stessi testi e che comunicano tra loro diffondendo con la stampa le proprie opere. Ben presto, coloro che per ventura o per scelta non si avvalgono della stampa, verranno spinti ai margini del processo culturale. I primi volumi a stampa sono usualmente Bibbie o libri di devozio­ ne, a cui seguono testi letterari e filosofici di autori antichi; verso gli ultimi anni del secolo vedono la luce anche testi scientifici, sia di au­ tori classici (gli Elementi di Euclide vengono pubblicati a Venezia nel 1482) che di moderni. Tra questi ultimi, un posto particolare merita Luca Pacioli di Bor­ go San Sepolcro, o fra Luca di Borgo, come usava chiamarsi dopo aver vestito il saio francescano. Fra Luca è forse il primo matematico viven­ te ad aver diffuso i suoi libri con le stampe; certo è quello che più di ogni altro ha saputo scorgere le opportunità offerte dal nuovo mezzo, e ne ha sfruttato appieno le potenzialità. I suoi scritti, diffusi in un numero di copie mai raggiunto da nessun codice, segneranno il punto di par­ tenza della matematica del Rinascimento. Nell'esperienza umana e culturale di Luca Pacioli confluiscono diversi elementi i quali possono far meglio comprendere l'interesse che la sua figura e la sua opera hanno suscitato presso i contempora­ nei e presso i posteri. Da fanciullo deve essere stato educato in una scuola d'abaco, come attesta la sua scrittura che anche nell'età matura appare essere anco­ ra una "mercantesca" quale appunto vi si insegnava; successivamente è vissuto presso il mercante veneziano Rompiasi alla Giudecca: ha avuto pertanto conoscenza della teoria ed esperienza della pratica della mercatura, in particolare per quanto riguarda le matematiche applicate. A Venezia frequentò inoltre la scuola di Rialto quando vi insegnava Domenico Bragadin: qui seguì l'equivalente di un corso universitario della facoltà delle arti, apprendendo il latino e le disci­ pline liberali, con particolare attenzione per quelle scientifiche del

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Enrico Giusti Carlo Maccagni

quadrivio. Successivamente vestì l'abito dei frati minori francescani e studiò teologia fino a diventarne maestro, titolo che richiama spesso nelle sue opere. Nel suo continuo spostarsi in Italia da una città all'altra per inse­ gnare le matematiche nelle università e nelle scuole pubbliche o per ragioni legate alla sua attività all'interno dell'Ordine, venne in con­ tatto con gli ambienti culturali e artistici più vivaci che vivevano al­ l'ombra delle grandi signorie di Urbino, Firenze, Milano, Napoli e del­ la corte romana. Da queste molteplici esperienze trasse differenti co­ noscenze e suggestioni legate a molteplici temi, talvolta in modo scar­ samente critico e sovente poco approfondito, che compaiono puntual­ mente nei suoi scritti, intrecciandosi nei modi più vari: probabilmente anche dagli studi teologici in seno all'Ordine e dalla tradizione cultu­ rale dello stesso, abbastanza libera nei confronti della scolastica tomi­ stica, gli venne una prima inclinazione per la filosofia platonica. Ebbe rapporti con tutto il mondo degli artisti e degli architetti del tempo: i più noti sono quelli con Leonardo da Vinci alla corte sforzesca di Milano, al quale insegnò geometria e aritmetica avendone in cam­ bio gli originali per le figure dei poliedri per la Divina Proportione, mentre si ritiene che Albrecht Diirer sia venuto in Italia proprio per incontrarlo; i meno documentati sono invece quelli con il conterraneo Piero della Francesca dei cui scritti teorici pure si avvalse largamente.

n suo interesse principale però rimase sempre rivolto alla mate­ matica, anche nelle forme esoteriche e filosofiche del neoplatonismo fiorentino, ma soprattutto a quella applicata ai commerci e alle arti, come la prospettiva o la teoria delle proporzioni in architettura. Scelse di esprimersi in volgare per poter raggiungere l'uditorio più vasto, mettendo a frutto tanto la tradizione didattica delle scuole d'abaco che l'esperienza della predicazione rivolta al popolo: e per lo stesso fine ricorse alla stampa, dimostrando di essere stato tra i primi a comprenderne pienamente la potenzialità e l'efficacia per la diffu­ sione delle conoscenze. Anche se fu - almeno ai nostri occhi - originale soprattutto negli accostamenti tra la scienza e ciò che scienza non è, godette meritata fama di divulgatore; dotato di una fortissima personalità egocentrica, di grande apertura verso gli altri e di inesauribile curiosità, come in­ segnante doveva essere affascinante e certamente sapeva suscitare nell'uditorio grande interesse per le materie impartite, usando con consumata abilità esempi e digressioni al fine di mantenerne desta l'attenzione, come si può rilevare dai suoi scritti che in molti casi sem­ brano riprodurre il parlato. I testi che rimangono, lo mostrano come un personaggio totalmen­ te immerso nel suo tempo, di cui offre sovente testimonianze preziose: anche nel campo delle matematiche la sua opera riassume quanto

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l'Occidente aveva prodotto dai tempi del Fibonacci, così da costituire il migliore punto di partenza per gli sviluppi futuri. Delle sue opere, tre giunsero alle stampe, per opera del tipografo Paganino dei Paganini: la Summa (1494), la Divina Proportione (1509 ), e con la stessa data un'edizione degli Elementi di Euclide, che Pacioli arricchisce di commenti. Di due altre ci restano i manoscritti: un Trattato di aritmetica ed algebra (14 78), scritto per i suoi discepoli perugini e che prefigura già temi e contenuti della Summa, e un trat­ tatello di giochi e curiosità matematiche, dal titolo De viribus quanti­ tatis. Sono invece perduti due trattati simili a quello di Perugia, che Pacioli narra di aver scritto a Venezia e a Zara, come pure un secondo opuscolo di giochi, De ludis ovvero Schifanoia, e una traduzione italia­ na degli Elementi. Pubblicata nel1494, e poi ristampata nel1523 , la Summa de ari­ thmetica, geometria, proportioni et proportionalità è molto di più che una delle prime opere matematiche a stampa. In primo luogo, essa va al di là dello stretto ambito matematico, presentandosi come un'enci­ clopedia di tutto il sapere abachistico, con tutti gli arricchimenti e gli aggiustamenti, sia teorici che pratici, che si erano aggiunti nel volgere dei secoli all'opera di Leonardo Pisano. Come l'opera del Fibonacci aveva rappresentato il fondamento del­ l'aritmetica e dell'algebra per tutto il Medioevo, così la Summa di Pacioli, diffusa per mezzo della stampa in un numero di esemplari che nessun codice avrebbe potuto mai raggiungere, si pone come il nuovo punto di partenza per la matematica moderna, un terreno aperto a tutti, e sul quale tutti potranno edificare secondo le proprie capacità. In ambedue i casi, per il Liber Abaci come per la Summa, è difficile discernere la novità dalla tradizione, i contributi originali dalle parti mutuate da altri. Per comporre la Summa, Pacioli saccheggia le opere di cui dispone, inserendo nel suo trattato interi volumi altrui. La parte geometrica della Summa riporta al completo un codice anonimo della metà del Quattrocento, oggi conservato alla Biblioteca Nazionale, nonché larghi passi del Trattato d'abaco di Piero della Francesca. Più tardi, lo stesso Pacioli inserirà nella Divina Proportione la traduzione in volgare del De quinque corporibus regularibus di Piero della Fran­ cesca. Ma non è questo il punto essenziale; meno che mai in un'epoca in cui il possesso materiale di un'opera contava probabilmente più che non la proprietà intellettuale, e nella quale il plagio era prassi corren­ te tra gli scrittori d'abaco. Certo, la sistematicità con cui Pacioli si avvale delle opere altrui è notevole; quello però che conta, nell'opera di fra Luca come in quella del Pisano, non è il maggiore o minore grado di originalità del suo contenuto, ma l'aver organizzato le conoscenze in un tutto organico, e nell'aver messo a disposizione degli studiosi un

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testo nel quale potessero trovare facilmente quanto prima era sparso e difficile da rinvenire. La Summa è un'opera totale, che compendia e rende obsoleti tutti gli scritti d'abaco che l'avevano preceduta; un'ope­ ra con cui si misureranno i maggiori matematici del secolo successivo, non fosse altro che per rilevarne gli errori, e da cui prenderanno le mosse per superare per la prima volta le colonne d'Ercole delle scoper­ te degli antichi. Nel 1 9 94 ricorre il cinquecentesimo anniversario della pubblica­ zione della Summa. Le celebrazioni di questo evento, tra cui in parti­ colare la mostra e il convegno internazionale dedicati a Luca Pacioli

e la matematica del Rinascimento, saranno un'occasione per riflettere sul significato dell'opera di Pacioli e sul suo contributo all'edificazione della scienza moderna.

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Veduta di Borgo . San Sepolcro e paesi circostanti. ASF, Mise. Med. 93.

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Luca Pacioli una biografia scientifica Elisabetta Ulivi

l. Per una biografia di Luca Pacioli La ricostruzione della biografia di Luca Pacioli si basa su alcuni passi delle sue opere, sui suoi testamenti e su diversi documenti repe­ riti negli archivi e nelle biblioteche delle città che costituirono le prin­ cipali tappe della sua lunga peregrinazione. Luca, figlio di tale Bartolomeo Pacioli, nacque a Borgo San Sepol­ cro, vicino ad Arezzo, presumibilmente attorno al 1445- 50: incerta rimane, infatti, la sua data di nascita, ricostruita dagli storici in modo approssimativo sulla base di alcune informazioni da lui stesso fornite e relative agli anni della sua giovinezza. Scarse sono anche le notizie sulla famiglia del Pacioli, che il Baldi dice "ignobile per quanto credo e di poco splendore", 1 il che farebbe presumere origini piuttosto mode­ ste. Lo stesso Luca, tuttavia, tra i più noti ed illustri uomini d'armi del tempo, nomina due suoi stretti parenti, entrambi morti a Ragusa: un nipote, Francesco Pacioli, e tale Benedetto Baiardo "più volte generale capitano de fanti, prima delo re Alfonso in lo reame, poi de sancta chiesa al tempo de Nicola, poi de Fiorentini al'impresa de Volterra a expugnarla, poi de Venetiani doi fiade e l'ultimo capitano de tutto Levante". 2 Come ricorderà amorevolmente nel suo testamento del 1508, Luca, forse dopo la morte dei genitori, trascorse la propria infanzia nel paese natale, presso la famiglia di Messer Folco de' Befolci ''la quale in puerita" egli scrive "me nutrì e alevò".3 A San Sepolcro, il Nostro ebbe probabilmente modo di conoscere e frequentare il grande artista Piero della Francesca, già adulto all'epoca della nascita del Pacioli, che lo definirà in seguito "monarcha a li tempi nostri de la pictura".4 Studio­ so di matematica oltre che di prospettiva, Piero esercitò, come vedre­ mo, una notevole influenza sull'opera del conterraneo. Verso il1464 Luca cominciò a dedicarsi alle discipline matemati­ che.5 Forse già da questo periodo, egli si era trasferito a Venezia, al servizio del mercante Antonio Rompiasi che abitava nel quartiere della Giudecca, il che spiegherebbe anche la sua presenza a Ferrara, il 23 aprile 1466, per la festa di San Giorgio.6 Durante il suo primo soggiorno veneziano, senz'altro anteriore al 147 0, Pacioli venne a contatto col fiorente mondo commerciale del tempo, che tanta parte avrà sulla sua futura produzione scientifica, ed ebbe anche occasione, come egli stesso racconta, di viaggiare spesso su navi mercantili per conto del Rompiasi.7 Presumibilmente tra un viaggio e l'altro, egli si occupò anche dell'educazione dei tre figli del ricco mercante, Benedetto, Francesco e Paolo. E, nello stesso tempo­ secondo il Baldi assieme ai fratelli Rompiasi8 - approfondì i propri studi matematici alla Scuola di Rialto, sotto la guida di Domenico Bragadin, allora deputato della Signoria di Venezia e pubblico lettore,

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La prima edizione della Summa, Venezia 1494.

Piero della Francesca, Sacra conversazione, Milano, Pinacoteca di Brera.

successore del noto Paolo della Pergola, canonico di San Marco. In questo periodo, Luca ebbe come compagno di studi Antonio Comaro, che successe, poi, allo stesso Domenico Bragadin nella lettura di ma­ tematica.

Ai suoi tre discepoli, i figli del Rompiasi, il Pacioli dedicò, nel 147 0, la sua prima opera: un testo di aritmetica ed algebra, forse scritto a scopo didattico, purtroppo a noi sconosciuto. 9 Sotto il pontificato di Paolo II, al secolo Pietro Barbo, quasi certa-

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mente tra il147 0 ed il1471, Luca visse per diversi mesi a Roma, pres­ so Leon Battista Alberti "in proprio domicilio con lui a sue spese", come ricorderà molti anni dopo parlando dell'illustre artista e lettera­ to ''homo certamente de grandissima perspicacia e doctrina in hu­ manità e rethorica, comme apare pel suo alto dire nela sua opera de ar­ chitectura". 10 A Roma, il matematico borghigiano conobbe anche il noto pittore Melozzo da Forlì, che era stato allievo di Piero della Francesca. Tra il147 2 ed il147 4, il Pacioli soggiornò forse ad Urbino, entran­ do, tra l'altro, in contatto con Bramante, Francesco di Giorgio Martini e con lo stesso Piero della Francesca, che sembra lo avesse ritratto nelle vesti di San Pietro martire nella famosa Sacra Conversazione, oggi alla Pinacoteca di Brera, a Milano. Dopo il147 0-71, e senz'altro prima del suo periodo di insegnamen­ to a Perugia, Luca entrò nell'ordine dei frati minori conventuali fran­ cescani e, compiuti gli studi di filosofia e teologia, iniziò una vita di peregrinazioni insegnando pubblicamente matematica in diverse cit­ tà d'Italia: ''Ma da poi che l'abito indegnamente del seraphico San Francesco ex voto pigliammo" scrive infatti lo stesso frate "per diversi paesi c'è convenuto andare peregrinando". 11 Come risulta dai volumi dei Consigli e Riformanze, il 14 ottobre 1477 i magistrati perugini condussero fra Luca da Borgo "ordinis Sancti Francisci" ad insegnare l'aritmetica nello Studio di Perugia, con l'onorario annuo di 30 fiorini, che vennero poi aumentati a 50 e quindi a 60. Successive provvisioni ed ordini di pagamento attestano che l'insegnamento del Pacioli in quella città, iniziato nel novembre del1477 , proseguì fino al giugno1480_12 A questo primo periodo pero­ gino risale la redazione di un altro trattato di aritmetica ed algebra, attualmente conservato manoscritto alla Biblioteca Apostolica Vati­ cana, nel codice Vat. lat. 3129 , forse una rielaborazione di quello, per­ duto, che Luca aveva dedicato nel147 0 ai figli del Rompiasi. Il mano­ scritto vaticano contiene infatti una lettera dedicatoria del Pacioli agli studenti dell'Università di Perugia, nella quale l'autore precisa di aver iniziato l'opera il12 dicembre 1477 e di averla terminata il 29 aprile 147 8. 13 Esaurito il suo primo incarico a Perugia, il Nostro, come egli stesso ci informa, passò a Zara, in Dalmazia, dove nel 1481 compose una terza opera di aritmetica ed algebra più completa ed approfondita delle precedenti, poiché in essa venivano trattati "casi più sutili e for­ ti". 14 Rientrato in Italia, Luca soggiornò per qualche tempo a Firenze dove, secondo il Baldi, "egli haveva molto domestichezza con alcuni più nobili e principali". 15 Lasciato il ''fior del mondo", 16 ritornò a Perugia, richiamato dai magistrati della città che, con provvisione del15 dicembre 1486, gli assegnarono un nuovo incarico annuale "ad docendum abicum et ari-

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I registri con le delibere per la lettura perugina di Pacioli, 1479 e 1486. ASP, Consigli e Riformanze 1 1 5 e 1 19.

smetricam" col solito onorario di 60 fiorini. n matematico borghigiano insegnò nello Studio perugino dal1 o maggio1487 all'aprile del1488. 17 Durante questo periodo, o forse in occasione del precedente incarico a Perugia, Luca conobbe il capitano di ventura Camillo Vitelli, origina­ rio di Città di Castello, col quale discusse spesso sulle applicazioni della matematica all'arte militare. 18 Non avvalorato da documenti, ma solo narrato dallo stesso Pacioli, è un suo successivo soggiorno a Roma, nel1489, come pubblico lettore alla Sapienza. Nella città capitolina il Nostro conobbe, tra l'altro, un tale Maestro Pietro Leoni, nativo di Spoleto, che fu professore di medicina pratica a Pisa e Padova, allora ospite del cardinale Marco Barbo. E sempre a Roma, nell'aprile dello stesso anno, durante una visita al palazzo di Giuliano della Rovere, cardinale di San Pietro in Vincoli, Luca ebbe anche occasione di mostrare a Guidobaldo l, duca di Urbino - giunto nella città eterna per rendere omaggio al nuovo pontefice Innocenzo VIII - alcuni modelli dei cinque solidi regolari ed altri "da ditti regu­ lari dependenti", solidi già da lui stesso costruiti per monsignor Pietro Valetari da Genova, vescovo di Carpentras, abitante "in casa" del car­ Summa, "Tractatus geometrie".

dinale di Fois, ossia nel Palazzo Orsini in Campo di Fiori. 19 Di un ulteriore incarico nel Ginnasio di Napoli ci informa ancora il Pacioli, senza però precisare nulla circa il periodo del suo soggiorno partenopeo, senz'altro anteriore al novembre 1494, essendo narrato nella dedicatoria a Guidobaldo I che si trova nella Summa, opera pubblicata proprio in quel mese ed anno. 2 0 Secondo il Marini ed il Renazzi, senza però alcuna prova, il viaggio del matematico borghi­ giano a Napoli sarebbe da collocare dopo il1490. 2 1 n Mancini anticipa la datazione, fissando al1488-89 uno dei momenti nei quali Luca oc­ cupò la cattedra partenopea: a suo avviso, infatti, in quel periodo do­ vettero verificarsi a Napoli i dotti convegni del Pacioli con l'oratore fiorentino Pier Vettori e con il capitano Gian Giacomo Trivulzi, ricor­ dati dallo stesso Pacioli. 22 Nell'estate del1491, Luca era sicuramente nel convento francesca­ no di San Sepolcro, come si deduce da alcuni documenti dell'Archivio Generale dei minori francescani che attestano una grossa controver­ sia tra il frate ed il ministro generale del suo ordine. Questi, il 29 giu­ gno, vietò ai minoriti di Borgo e personalmente a maestro Luca, pena la scomunica, di insegnare ai giovani secolari. Avendo il frate disubbi­ dito agli ordini, il 3 agosto lo stesso ministro impose al guardiano del convento, sempre pena la scomunica e la destituzione dal suo grado, di non ricevervi Maestro Luca "rebellem patri reverendissimo". 23 Supe­ rato il grave dissidio, l'anno seguente Luca rientrò nel convento di Borgo dove intervenne al capitolo dei frati il 29 maggio1492 e succes­ sivamente il 22 aprile1493,2 4 ricevendo anche dal generale francesca-

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no, il 7 marzo di quest'ultimo anno, la conferma della facoltà di predi­ care la quaresima. 25 Lasciato il paese natale, sempre nel1493 - secondo il Pungileoni verso la fine dell'estate26 - il Pacioli passò nella provincia minoritica di Padova, dove a giudizio del Favaro, non è da escludere che abbia an­ che pubblicamente insegnatoY Si trattò, però, di un non lungo sog­ giorno: il 30 dicembre dello stesso anno, infatti, il frate venne richia­ mato dal ministro generale dell'ordine ad Assisi, ancora pena la sco­ munica e la privazione del grado di maestro. 28 Probabile, ma non documentato, è anche un suo successivo viaggio ad Urbino. Qui, secondo il Baldi, Luca fu "spesse volte" ammirato ed incoraggiato da illustri personaggi come il conte Ottaviano Ubaldini, appassionato di matematica e Paolo di Middelburgo, vescovo di Fos­ sombrone. 29 Al giudizio dei quali lo stesso Pacioli sottopose la sua monumentale opera, la Summa,30 pubblicata il 10 novembre 1494 a Venezia, dove il Nostro si recò per occuparsi personalmente della cor­ rezione delle bozze di stampa: "Ac impressoribus assistens die noc­ tuque proposse manu propria castigavit".3 1 L'opera fu dedicata al patrizio veneto Marco Sanuto, che sembra avesse sostenuto le spese di edizione. 3 2 Il 28 ottobre1496, fu conferito a fra Luca un beneficio eccle­ siastico. 33 In questo periodo egli era probabilmente già a Milano, im­ portantissima tappa della vita del Pacioli: "E de tutte virtù doctato", racconta infatti egli stesso, "Lionardo da Vinci fiorentino nella cità de Milano quando ali stipendii dello Excellentissimo Duca di quello Lu­ dovico Maria Sforza Anglo ci ritrovavamo nelli anni de nostra Salute 1496 fin al '9 9 donde poi da siemi per diversi sucessi in quelle parti ci partemmo e a Firenze pur insiemi trahemmo domicilio".34 Luca fu dunque a Milano tra il 1496 ed il 149 9 "ali stipendii" di Ludovico Maria Sforza, detto il Moro, ossia in qualità di lettore di matematica nelle scuole palatine. Nello stesso periodo, esattamente nel1498, ebbe anche un incarico all'Università di Pavia. In un elenco di questa Uni­ versità si legge, infatti, il nome di "San Sepolcro Luca", con le indica­ zioni "Patria: Milano. Insegnamento: Ad lect. Rhetoricae. Anno1498. Lettore palatino a Milano".35 Alla splendida corte di Ludovico il Moro, Luca fu in contatto con artisti e scienziati, primo fra tutti Leonardo da Vinci. Con questi il Nostro ebbe un rapporto di stretta amicizia e di reciproca ammirazio­ ne e collaborazione, testimoniato da alcune citazioni leonardesche e

Divina proportione, Venezia 1509.

da numerosi riferimenti contenuti negli scritti del frate. Leonardo lesse e studiò l'opera del Pacioli, approfondendo probabilmente con lui le proprie conoscenze matematiche. Egli stesso dichiara di avere spe­ so "119 soldi in aritmetrica di maestro Luca", ossia la Summa, già pubblicata nel1494, e scrive "Impara la multiplicatione de le radice da maestro Luca".36 A sua volta fu di ausilio al Pacioli con le proprie com-

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Un poliedro leonardesco dal De divina proportione: l'esaedro "absciso".

petenze artistiche, eseguendo personalmente i disegni originali della

Divina proportione che il Nostro ultimò nel 1498, presentandola a Ludovico il Moro. L'opera venne pubblicata diversi anni dopo, nel 1509 a Venezia, con l'aggiunta di due parti.

n soggiorno del Pacioli a Milano tra il1496 ed il1499 non fu inin­ terrotto. Ciò si deduce da tre rogiti, i quali testimoniano che il12 lu­ glio, il 23 novembre ed il14 dicembre1497 Luca era a San Sepolcro per stipulare i tre atti notarili, tra cui l'allogamento a maestro Bernardino Sensi di una cappella nella chiesa di San Francesco. Nel paese natale - dopo aver definitivamente lasciato Milano alla caduta del Moro Luca si trovava anche nei mesi di settembre ed ottobre del149 9 e nel febbraio e giugno del1500,37 come risulta da altri atti notarili: preci­ samente due rogiti del 19 settembre, uno del 7 e uno del 10 ottobre 149 9 , due del 18 febbraio e uno del 29 giugno 1500. Attestato dal Mariotti è un suo ritorno allo Studio di Perugia, sempre nel1500; la mancanza del relativo volume dei Consigli e Riformanze non permet­ te, però, di confermare tale affermazione.38 Probabilmente verso l'autunno di questo stesso anno Pacioli si recò a Firenze, dove ritrovò Leonardo da Vinci, e dove, con deliberazione del 26 settembre, gli fu assegnato un incarico per la lettura di mate­ matica nello Studio pisano, allora trasferito a Firenze, a decorrere dal

l o di novembre. Qui egli insegnò fino all'ottobre del1506 con uno sti­ pendio, prima di 60, poi di 80 e quindi di 100 fiorini l'anno.39 Durante il periodo del suo insegnamento a Firenze, per l'anno 1501-1502, il nome di Luca Pacioli compare anche nei Rotuli dell'Uni­ versità di Bologna, tra gli "Artisti", per la lettura "ad Mathemati­ cam",40 che era distinta da quella "ad Arithmeticam" - molto più ele­ mentare e più vicina alle scuole d'abaco - allora tenuta da Scipione dal Ferro, noto per la risoluzione delle equazioni di terzo grado. E' quasi certo, come ritiene il Verde, che il minorita, a quel tempo impegnato nello Studio pisano, non si sia, però, effettivamente recato a Bologna. 4 1

n 30 agosto 1504, i Priori di libertà ed il gonfaloniere di giustizia fiorentini pagarono a Luca 52 lire e 9 soldi per "più corpi giometrici, cioè di giometria donati alla Signoria".42 Sempre a Firenze, il 28 luglio 1505 , il frate borghigiano venne accettato come membro del convento Divina proportione, Venezia 1509: l'ottaedro "elevato". Luca Pacioli ottiene la lettura di matematica a Firenze, 26 settembre 1500. ASF, Studio fiorentino e pisano, 6.

francescano di Santa Croce. Ancora il 26 maggio1504, nei comizi ge­ nerali tenuti a Troyes dai religiosi del suo ordine, durante il capitolo di Pentecoste, il Nostro fu eletto ministro provinciale di Romania, 43 da interpretare forse - secondo il Ricci - quale nomina onorifica;44 più probabilmente si tratta, come osserva il padre Di Fonzo, di una carica che il Pacioli, "non declinò, ma esercitò dall'Italia, come risulta in altri casi per quella provincia, anche nei secoli seguenti".45 Dopo un soggiorno a Roma presso il cardinale vicecancelliere Ga­ leotto Franciotti, ritroviamo Luca a Venezia, dove 1'11 agosto 1508,

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Pacioli figura tra i lettori dell'Università di Bologna, 1501- 1502. ASB, Riformatori dello Studio, Rotuli degli Artisti 56.

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nella chiesa di San Bartolomeo di Rialto, lesse una prolusione al V libro degli Elementi di Euclide, pubblicata l'anno seguente nella sua edizione latina del testo euclideo.46

n 1 9 dicembre del 1508, Pacioli rivolse una supplica al doge di Venezia nella quale, dopo aver espresso il desiderio di far stampare alcune sue opere, elencate in una nota acclusa, chiese il privilegio che "alcuno non possi a ruina sua istamparle in questa inclyta cità né in lo suo sublime dominio né altrove... fin ad anni vinti proximi...", ossia i seguenti lavori:

Tutti li quindeci libri de Euclyde e il De divina pro­ portione che furono effettivamente pubblicati nel1509, la Summa già stampata nel1 494, il De viribus quantitatis rimasto manoscritto ed attualmente conservato nel Ms. 250 della Biblioteca Universitaria di Bologna, il De

ludo scachorum, con un più ampio trattato sui giochi, schiphanoia, purtroppo perduto.47 n privilegio gli venne accor­ dato per soli 15 anni detto

.

Ulteriore testimonianza di questo terzo ed ultimo soggiorno di Luca a Venezia è anche una lettera del12 agosto1508, scritta al Pa­ cioli a nome di Pietro Soderini, allora gonfaloniere perpetuo della re­ pubblica fiorentina, per ringraziarlo di aver comunicato l'ambasciata di un certo Zaccaria Contarini.48 Verso la fine del1509, il minorita si trovava di nuovo a San Sepol­ cro nel convento di San Francesco. In quel periodo, a seguito di una bolla del pontefice Giulio II, emanata il2 8 aprile1508, fra Luca poteva usufruire di privilegi personali in relazione all'ufficio apostolico ed a questioni amministrative, tra cui la facoltà di erogare, con testamen­ to, 300 ducati larghi d'oro.49 Questo gli valse l'opposizione dei suoi confratelli, forse anche di alcuni influenti concittadini, tanto che il12 dicembre1509, il magistrato di Borgo scrisse al ministro generale dei minori francescani, formulando la preghiera che "M0 Lucha non hab­ bia a usar certa sua bolla offitii e amministratione omnimoda la quale esso abbia ottenuto a summo pontifice sive medio vestro sive aliorum, puoi che non iudichiamo che simil commissioni sieno ad alcun proficto del convento, ma più presto a iactura et danno...".50 Nonostante queste rimostranze, l'autorità religiosa non prese al­ cun provvedimento. Al contrario, il22 febbraio1510, il ministro gene­ rale nominò il Pacioli commissario del convento francescano di Borgo, Fra Luca viene incorporato nel convento di Santa Croce, 28 luglio 1505. AG-OFMConv, Regesta Ordinis 3 . L'edizione del Pacioli degli Elementi di Euclide, Venezia 1509.

dispensandolo dal cantare la messa, dall'intervenire al coro ed al re­ fettorio, con facoltà di mangiare nella propria camera.51 Ulteriori pri­ vilegi che, osserva il Mancini, aumentarono l'opposizione dei suoi con­ fratelli, tanto da indurlo, qualche tempo dopo, a chiedere l'appoggio dei magistrati fiorentini.52 Questo periodo a San Sepolcro è attestato, tra l'altro, anche da alcuni atti notarili: un testamento di Luca del 2 febbraio, tre rogiti stipulati nello stesso giorno, ed un quarto rogito dell'H ottobre1510.53 n 3 novembre di quell'anno, Luca venne richia-

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mato nello Studio perugino con una condotta annuale e sempre con l'onorario di 60 fiorini, incarico che gli venne confermato il 7 ed il 17 novembre seguenti.54 Non sappiamo in quali mesi il Nostro abbia effettivamente inse­ gnato a Perugia. Nell'agosto dell5 1 1 , egli era comunque sicuramente a Firenze per sollecitare il favore dei Dieci di Balia "in una sua causa", quasi certamente a proposito delle questioni sorte a San Sepolcro con i confratelli, ed in particolare con un certo fra Cristoforo di Ambrogio da Monte, che sembra avesse rifiutato di consegnare al commissario Pacioli le chiavi del convento. I magistrati fiorentini scrissero, il 23 agosto, al Capitano di Borgo incitandolo ad aiutare il frate "non ti partendo punto dalla iustitia".55 Circa un mese dopo, il 21 settembre, i frati del convento di Borgo ed il loro superiore maestro Santi di As­ sisi, ministro della provincia di San Francesco, scrissero a loro volta al Soderini sempre "circa alle querele di M0 Luca". Anche il gonfaloniere fiorentino rispose, il 4 ottobre 15 1 1 , manifestando la propria benevo­ lenza verso il Pacioli "che noi et e nostri amiamo" egli dice "come homo de scientia et per lui ci affaticheremo . . . per benificarlo in quello che fussi conveniente et a noi et a lui et non altrimenti . . .''.56 I contrasti tra Luca ed i confratelli si protrassero a lungo, per giun­ gere ad una definitiva pacificazione solo ill4 marzo dell516, quando il Pacioli "cessit bullis et privilegiis apostolicis",57 rinunciando, così, ai privilegi che erano stati la causa della discordia. Si concluse, invece, molto prima la questione sorta tra Luca e fra Cristoforo circa le chiavi del convento. Per ordine del generale dei minori Gomez da Lisbona, e sollecitati dal Capitano di Borgo, all'alba del l o gennaio 1512 i due frati si presentarono infatti alla Signoria fiorentina per porre fine ai loro contrasti, promettendo di uniformarsi agli ordini del loro genera­ le, stabilendo che Luca ricevesse le chiavi del convento ed incaricando tre concittadini di San Sepolcro di definire, come arbitri, le loro contro­ versie. L'atto, formulato in prima persona dallo stesso Pacioli, fu sot­ toscritto anche da fra Cristoforo. 58 L'accordo concluso tra i due confratelli venne effettivamente ri­ spettato, come sembrano testimoniare tre rogiti del 2 giugno, dellO e 15 novembre 1512, stipulati a San Sepolcro: nei primi due Luca nomi­ nò fra Cristoforo suo procuratore, mentre il terzo si riferisce alla con­ clusione di una vertenza pecuniaria con lo stesso frate. 59 Da notare che nel rogito del 10 novembre, assieme a fra Cristoforo, il matematico borghigiano assegnò una procura anche a Bernardino e Folco di Conte de' Befolci, quel Folco che, come ricordiamo, aveva ospitato ed allevato il Pacioli in giovane età. TI 2 marzo 15 12 ritroviamo Luca a Firenze davanti ai Dieci di Ba­ lia, su ordine del Capitano di Borgo Antonio Masi, per giustificarsi di una certa "cosa" che non "era piaciuta" e che era stata probabilmente

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Pacioli chiede al doge il privilegio di stampa per i suoi libri, 19 dicembre 1508. ASV, Collegio, Notatorio 16. Il dodecaedro "absciso elevato", dal De divina proportione.

interpretata come una manovra politica del minorita contro il governo fiorentino. Si trattava del ritiro, da parte dello stesso Pacioli, di una lettera che egli aveva consegnato ad un fante per recapitarla a Città di Castello. Questa, allora, era infatti residenza dei Vitelli, sostenitori dei Palleschi, che tramavano contro il regime popolare di Firenze per ristabilire il dominio dei Medici. Il Pacioli si scusò dicendo di aver ri­ preso la missiva "desperato di non poter mandare una lettera fu.ora respecto a quello abate ch'è costì (a San Sepolcro) suo adversario". I magistrati fiorentini, che avevano sempre visto di buon occhio il ma­ tematico, non dettero gran peso all'accaduto, rimettendone, un mese dopo, il giudizio al Capitano di Borgo.60 Proseguivano nel frattempo gli intrighi dei Medici, che il l o settem­ bre 1512 ritornarono a capo della repubblica fiorentina, spodestando il gonfaloniere Pietro Soderini. Poco dopo, nell'ottobre 1512, come ri­ sulta da una lettera dell'Ufficio Custodie e Balie della Città di Firenze al Commissario di San Sepolcro, Pacioli si rivolse ancora agli ufficiali fiorentini a proposito di una lite con un suo concittadino, Pietro da Fi­ licaia, già provveditore delle muraglie e fortezze di San Sepolcro, al quale Luca aveva consegnato tre casse di masserizie che l'altro non voleva restituire. La questione si protrasse per diversi mesi finché, il 26 aprile 1513, i Capitani di Parte Guelfa, sollecitati personalmente dal frate, dettero facoltà al Capitano di Borgo di esaminare tutti i te­ stimoni prodotti dallo stesso francescano nella questione, il cui esito ci è però sconosciuto.6 1 Da un ruolo dei professori dell'Archiginnasio Romano, ora perdu­ to, ma pubblicato a suo tempo dal Marini e riportato dal Renazzi, ri­ sulta che il Pacioli fu ricondotto ad insegnare matematica in Roma, nel 15 14, con l'onorario annuo di 120 fiorini.62 Il 30 agosto di quello stesso anno, Luca si recò ancora a San Sepolcro dove nominò un suo concittadino per rappresentarlo come procuratore in una vertenza privata contro il convento borghigiano di Santa Maria dei Serviti. 63

Pacioli si presenta ai Dieci di Balia, 2 marzo 1512. ASF, Dieci di Balia, Missive interne 92. Divina proportione, il "Tractato del'architectura".

Ma rientrò probabilmente poco dopo a Roma, dal momento che, il 19 settembre, non era presente al capitolo tenuto dai minori del convento di San Francesco.64 Sempre a Roma doveva trovarsi anche nel marzo del 1515. La co­ munità di San Sepolcro scrisse infatti al Pacioli, il 19 marzo, affinché ottenesse dalla Sede Apostolica un'indulgenza per l'antica Compa­ gnia del Crocifisso. Due anni dopo, il 15 aprile 1517, la stessa comuni­ tà borghigiana si rivolse al Commissario provinciale e ai definitori, e a tutto il capitolo della provincia di Assisi, chiedendo che il Pacioli, già in età avanzata, venisse eletto ministro di quella provincia per essere "oltre a le sue copiose virtù e la condecente età a noi et a tucto questo nostro popolo, sempre stato obsequentissimo, utile et benivolo . . . " . Da questa lettera, si deduce che il 15 aprile 1517 Luca era ancora

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La comunità di Sansepolcro chiede la nomina del Pacioli a ministro della provincia di Assisi, 15 aprile 1517. ACSS, Serie V, l . Il "ventisei basi", dal De divina proportione.

in vita. In un successivo documento del 20 ottobre dello stesso anno, si parla invece di certi "povari fraticelli nepoti de la bona memoria di M0 Luca" a quel tempo, dunque, già scomparso.65 La morte del Pacioli è quindi da collocare tra il 15 aprile ed il 20 ottobre del 1517, forse a San Sepolcro, ma nessun documento ce ne fornisce la conferma. Del matematico borghigiano rimangono tre testamenti. Il primo fu rogato a Venezia il 9 novembre 1508 dal notaio Antonio Pedretti e si conserva all'Archivio di Stato della stessa città.66 n secondo venne stipulato a San Sepolcro il 2 febbraio 1510 presso ser Bernardino di Francesco Renovati, e si trova tra i rogiti del notaio Matteo Renovati all'Archivio di Stato di Firenze.67 Qui si conserva anche il terzo testa­ mento del 2 1 novembre 1511, rogato da ser Bartolomeo di Nicolò Fe­ deli sempre a San Sepolcro.68 I primi due testamenti sono entrambi olografi e scritti quasi inte­ ramente in italiano volgare: quello del 1508 presenta anche il sigillo di Luca, un ovale con due nastri intrecciati e svolazzanti. n terzo è in latino. In tutti e tre i testamenti Luca dispose che il suo corpo fosse sepolto nella chiesa francescana della località in cui si sarebbe trovato al momento della morte. Nominò inoltre come suoi eredi diversi pa­ renti: due frati minoriti, Ginepro ed Ambrogio, novizi al tempo del pri­ mo testamento, e la loro sorella Angiola, tutti figli di Pietro d'Ulivo Pacioli; tale Antonio di Masso Pacioli da Barbaglia, sua figlia Madda­ lena e la moglie Caterina. Ciò attesta, come osserva il Mancini, il co­ stante amore e la generosità del frate verso i propri congiunti, testimo­ niati anche da alcuni rogiti del 2 febbraio 1510 nei quali i suddetti Pietro ed Antonio figurano come debitori di Luca.69

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Testamento di Luca Pacioli, 9 novembre 1508. ASV, Notarile, Testamenti, busta 786, ins. 201.

Nel primo e secondo testamento, il Nostro assegnò anche un fiorino alla chiesa di San Giovanni di San Sepolcro, dove erano sepolti tutti i suoi antenati. Nel primo, infine, lasciò alcuni beni mobili ed immobili al convento di San Francesco del paese natale. A San Sepolcro, sotto le logge del Palazzo delle Laudi, in ricordo dell'illustre concittadino è scolpita la seguente epigrafe: "A Luca Pa­ cioli/ che ebbero amico e consultore/ Leonardo da Vinci e Leon Battista Albertil che primo die' all'Algebra/ linguaggio e struttura di scienza/ insegnò la scrittura doppia commerciale/ dettò opere di matematica/ base e norme invariate/ alle postere lucubrazioni/ il popolo di San Sepolcro/ vergognando 320 anni di oblio/ poneva nel 1878". Di Luca Pacioli rimangono tre opere a stampa: la Summa, la Divi­ na proportione, la versione latina degli Elementi di Euclide, e due opere manoscritte: un Trattato di aritmetica ed algebra ed il De viri­ bus quantitatis. Abbiamo inoltre notizie di alcuni suoi lavori non per­ venutici: altre due opere di aritmetica ed algebra, un'opera De ludis, ed una versione italiana degli Elementi. Prima di passare all'esame dei due testi di contenuto aritmetico­ algebrico e geometrico, ossia la Summa, l'opera più nota ed importan­ te del Pacioli, ed il trattato manoscritto, premettiamo alcune considera­ zioni relativamente alla produzione matematica dei secoli XIII-XVI.

2. Leonardo Pisano e la trattatistica dell'abaco nel Medioevo e nel Rinascimento A Leonardo Pisano ( c. 1 180-1250) o Leonardo Fibonacci, ossia della famiglia Bonacci da Pisa, spetta il merito di aver determinato la rina­ scita, in Europa, delle scienze esatte. Le due opere principali del Fibonacci, il Liber abaci e la Practica geometriae, sono un compendio delle sue vaste conoscenze matemati­ che in gran parte acquisite nel corso dei numerosi viaggi nel bacino del Mediterraneo, durante i quali ebbe modo di venire in contatto con la fiorente cultura matematica degli Arabi. n Liber abaci fu composto nel 1202 ed ebbe una successiva stesura nel 1228: entrambe le redazioni sono in latino. Quest'opera, di cui conosciamo diverse lezioni non molto dissimili tra loro, nacque secon­ do l'intento dell'autore allo scopo di diffondere in Occidente il sistema di numerazione posizionale con le cifre indo-arabiche, ed i relativi algoritmi di calcolo. Sistema di origine indiana, allora già da tempo impiegato dagli Arabi; mentre in Europa, a quell'epoca, si usava an­ cora il sistema romano, ed i calcoli venivano eseguiti mediante tavo-

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Leonardo Fibonacci, Liber abaci. BNF, Conv. Soppr. C.I. 2616.

lette e gettoni, i cosiddetti abaci. Considerando il titolo del Li ber abaci ed il suo contenuto, si arguisce, tra l'altro, come già al tempo del Fibo­ nacci - e in seguito - il vocabolo abaco venisse usato non più col primi­ tivo significato di strumento ausiliario di calcolo, ma con quello ben più vasto di aritmetica. Nei quindici estesi capitoli che compongono il Liber abaci, vengono ampiamente trattate questioni di aritmetica speculativa, di aritmetica commerciale, problemi di matematica ri­ creativa, teoria dei numeri, teoria delle proporzioni, algebra.

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Maestri d'abaco. BRF, Ricc. 2669 e BLF, Ash. 956. Calcoli con le frazioni. BLF, Plut. 30, 25.

L'altra importante opera del Pisano, la Practica geometriae, venne redatta sempre in latino, nel 1220. Ispirato alle opere dei matematici greci Euclide, Erone e Archimede, questo testo si suddivide in otto "distinctiones" che contengono essenzialmente problemi relativi al calcolo di aree e volumi, problemi sulla divisione delle figure e sulla determinazione di distanze e altezze, trattati sia da un punto di vista pratico che teorico. TI Liber abaci e la Practica geometriae furono pub-

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Alcuni problemi di geometria. BLF, Acq. e doni 154.

blicati entrambi a Roma nel XIX secolo da Baldassarre Boncompagni. Il primo nel 1857, secondola lezione del codice Conv. Soppr. C. I. 2616 della Biblioteca Nazionale di Firenze. Il secondo nel 1862, secondo la lezione del codice Urb. 292 della Biblioteca Apostolica Vaticana. Dopo Leonardo Pisano, nei secoli XIII, XIV e XV, si ebbe in Italia una vasta produzione di opere matematiche, i cosiddetti Trattati d'abaco, che venivano compilati prendendo come modelli il Liber aba­ ci e la Practica geometriae. Rispetto a questi presentavano, però, in generale, una minore estensione ed una maggiore semplicità, pur contenendo talvolta elementi innovativi. I libri d'abaco, a differenza delle opere del Pisano, erano redatti nella lingua volgare delle varie regioni, spesso in volgare toscano. Gli autori potevano essere in qualche caso mercanti, artisti, cultori di matematica, ma erano per lo più maestri d'abaco che insegnavano nelle "scuole d'abaco", denominate a Firenze anche ''botteghe", pro­ prio come le botteghe degli artigiani e dei commercianti. Queste scuole - la cui più antica ed esplicita testimonianza si trova in un libro di Provvisioni del Comune di San Gimignano per l'anno 1279 - avevano generalmente carattere pubblico, essendo finanziate dal Comune o da Corporazioni mercantili; talvolta erano private, come si verificava a Firenze. Ed è proprio a Firenze che si ebbero le scuole più famose ed i mae­ stri più noti. Ricordiamo in particolare la ''bottega d'abaco di Santa Trinita", nella piazza omonima, e quella che sorgeva sul Lungarno, tra il Ponte Santa Trinita ed il Ponte alla Carraia. Tra i maestri d'abaco che operarono a Firenze: Paolo dell'Abaco che

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Un problema di viaggi. BNF, Magl. XI, 87.

La capacità di una botte. BRF, Ricc. 2669. Una tavola di moltiplicazioni. BRF, Ricc. 2374. I baratti. BNF, Magl. XI , l.

insegnò a Iacopo di Dante Alighieri, Antonio Mazzinghi, Michele di Gianni, Luca di Matteo, Giovanni di Bartolo che ebbe come allievo Paolo dal Pozzo Toscanelli, Calandro di Piero Calandri, Antonio Man­ cini, Benedetto da Firenze, Pier Maria e Filippo Maria Calandri, Raf­ faello Canacci e molti altri. Segnaliamo inoltre un Dardi, maestro d'abaco a Venezia, Gilio di Cecco da Montepulciano che insegnò a Lucca e Siena, Tommaso dell'Abaco e Cristofano di Gherardo di Dino

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che operarono a Pisa, Benedetto da Prato e Tedaldo Bonacquisti mae­ stri a San Gimignano. La frequenza nella scuola d'abaco iniziava verso i 10- 1 1 anni , tal­ volta anche prima, con una durata di circa due anni , che poteva varia­ re secondo le esigenze e le attitudini dell'allievo. La scuola aveva lo scopo di preparare soprattutto all'esercizio delle attività mercantili oppure artistiche ed alla pubblica amministrazione, ma era di base anche per quelli che volevano approfondire gli studi e per i ragazzi di famiglie nobili. L'insegnamento avveniva a diversi livelli ed era sud­ diviso in "mute": il passaggio da una muta all'altra era subordinato all'apprendimento delle nozioni impartite. Gli argomenti erano so­ stanzialmente quelli svolti nei trattati d'abaco. Attualmente si conoscono circa 300 codici contenenti trattati d'abaco e di geometria pratica, che si conservano nelle biblioteche di tutto il mondo, ma soprattutto a Firenze: circa 180 furono compilati nel XV secolo. Questi manoscritti sono tra loro molto diversi per di­ mensione, forma e contenuto. Alcuni si presentano esteticamente piuttosto "poveri", altri sono invece splendidi codici miniati come il Plut. 30, 25 (sec. XV) che contiene l'Arte d'abocho di Luca di Matteo, il manoscritto Acq. e doni 154 (c. 1480) con una copia del Trattato d'aba­ cho di M0 Benedetto,70 entrambi alla Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze; ed il Ricc. 2669 (c. 1485) della Biblioteca Riccardiana, sem­ pre di Firenze, con l'Aritmetica di Filippo Calandri. 71 Il contenuto medio di un trattato d'abaco si può pensare distribuito secondo il seguente indice: l) Introduzione. Il) Presentazione del siste­ ma numerico indo-arabico. III) Indigitazione (rappresentazione digi­ tale dei numeri). IV) Operazioni aritmetiche con gli interi. V) Calcolo con le frazioni. VI) Regola del tre. VII) Regole di falsa posizione. VIII) Problemi mercantili (sistemi di monete, pesi e misure, compagnie, ba­ ratti, interessi e sconti, cambi, leghe metalliche . . . ). IX) Geometria pra­ tica. X) Matematica ricreativa. XI) Algebra. Nei vari testi questi argomenti occupano uno spazio più o meno ampio e non tutti sono necessariamente svolti. Possono, ad esempio, mancare le parti relative all'aritmetica speculativa, all'algebra ed alla geometria pratica: a quest'ultima sono, peraltro, dedicati interi lavori. Ogni trattato si presenta, in genere, come una raccolta di problemi suddivisi secondo i vari argomenti, di difficoltà progressiva, talvolta preceduti da definizioni e regole, e col relativo procedimento risoluti­ vo. A parte elementi di originalità, ovviamente presenti in misura di­ versa, si tratta per lo più di problemi che l'autore riprende da opere precedenti, spesso parafrasando l'enunciato e variando i dati numeri­ ci, a volte ricopiandoli testualmente. Tra i vari manoscritti, una particolare menzione merita per il con­ tenuto il Trattato d'abacho di M0 Benedetto da Firenze, compilato

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Problemi d i compagnie. BLF, Acq. e doni 154.

Il codice Pal. 573 della BNF. Il codice L. IV. 2 1 della BCS.

verso il 1460. Quest'opera, il cui uso era forse prevalentemente didat­ tico, costituisce un interessante modello della trattatistica d'abaco del XV secolo, e ci è pervenuto in circa venti copie, diversamente databili, tra cui il codice Magl. Cl. XI, l ( 1473) della Biblioteca Nazionale di Firenze, ed il già citato Acq. e doni 154 della Laurenziana. Di notevole interesse sono le due Praticha d'arismetrica dei codici Pal. 573 sempre della Nazionale di Firenze, ed L. N. 2 1 della Biblio­ teca Comunale di Siena. Il primo, non datato e con una nota di posses­ so del 1460, fu compilato da un allievo del fiorentino Domenico d'Ago­ stino vaiaio. L'altro, datato 1463, fu composto dal suddetto M0 Bene­ detto. Questi due codici presentano caratteristiche analoghe che li di­ stinguono dai normali trattati d'abaco, e si possono classificare come "enciclopedie" del sapere matematico che circolava nell'ambito delle scuole d'abaco. La materia, svolta in modo molto esteso sullo stile di Leonardo Pisano, comprende argomenti spesso assenti oppure accen­ nati nelle opere minori, come l'aritmetica speculativa, la teoria delle proporzioni, la teoria dei numeri e l'algebra. Contengono inoltre inte­ ressanti notizie storiche su maestri dei secoli XIV e XV, e trascelte di alcune loro opere ormai perdute. Fra i manoscritti di geometria pratica, una particolare menzione merita il Trattato anonimo del codice L.N. 18 (c. 1460) della Biblioteca Comunale di Siena. 72 Verso la fine del XV secolo si ebbero le prime edizioni a stampa dei trattati d'abaco, testi generalmente pubblicati, o comunque noti, come libri di aritmetica. Il più antico è la cosiddetta Aritmetica di Treviso, stampata appun­ to a Treviso nel 1478, opera anonima e senza titolo che esordisce con le parole: "Incommincia una practica molto bona et utile: a ciaschadu­ no chi vuole uxare larte dela merchadantia, chiamata vulgarmente larte de labbacho". Questo testo, di sole 62 carte, presenta un contenu­ to molto elementare. Qualche anno dopo, nel 1484 a Venezia, fu pubblicata l'Arithmethi­ ca di Pietro Borghi che contiene una trattazione più ampia della pre­ cedente. Quest'opera ebbe un notevole successo, testimoniato dalle sue oltre 15 edizioni, l'ultima delle quali è datata 1577. Nel 149 1 a Firenze venne pubblicato il De arimethrica opusculum di Filippo Calandri, appartenente ad una nota famiglia di abacisti fiorentini. L'opera è riccamente illustrata, come l'analogo codice ric­ cardiano dello stesso autore, altrove ricordato; a differenza delle due precedenti aritmetiche a stampa, contiene anche problemi di geome­ tria pratica. L'ultima opera a stampa del XV secolo che rientra nella tradizione dell'abaco è la Summa di Luca Pacioli, pubblicata a Venezia nel 1494. Quest'opera, per contenuto ed estensione, si presenta ad un livello

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Alcuni problemi di geometria. BCS, L. IV. 18.

decisamente superiore rispetto alle tre aritmetiche precedenti, cipro­ ponendo invece lo stile ed i caratteri dei lavori di Leonardo Pisano, il Li ber a baci e la Practica geometriae, e di due voluminose opere redatte sempre nel XV secolo, ma rimaste manoscritte: le già citate Praticha d'arismetrica dei codici Pal. 573 ed L.N.21. Nel XVI secolo, con la diffusione della stampa, si moltiplicarono anche i libri di aritmetica e geometria pratica. Ben lontani dalla mo­ numentale trattazione del Pacioli, questi testi mantenevano general­ mente le caratteristiche delle prime edizioni quattrocentesche e degli analoghi trattati d'abaco manoscritti. Così il Libro da abaco (Venezia, 1520) di Girolamo Tagliente; la Pratica d'arithmetica (Firenze, 152 1) di Francesco Ghaligai; il Libro di arithmetica et geometria speculativa et praticale . . . intitulato Scala gramaldelli (Venezia, 1526) di Francesco Feliciano da Lazisio; il Nuo­ vo lume (Venezia, 1534) di Giovanni Sfortunati; Le pratiche delle due prime matematiche (Venezia, 1546) di Pietro Cataneo. Interessante è la Practica arithmetice et mensurandi singularis (Milano, 1539) di Girolamo Cardano dove, nell'ultimo capitolo "De erroribus fratris Luce", vengono appunto evidenziati 19 errori e sviste della Summa. Tra il 1556 ed il 1560 venne pubblicato a Venezia, in sei parti, il Genera[ trattato di numeri et misure di Nicolò Fontana o Tartaglia. Quest'opera presenta nuovamente l'ampiezza ed i contenuti della Summa del Pacioli, ricalcando in gran parte, pur con aggiunte e mo­ difiche, l'opera del matematico borghigiano. Sempre nella seconda metà del XVI secolo, e per quanto riguarda in particolare la geometria pratica, interessanti e piuttosto estese sono l'opera Del modo di misu-

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L'Aritmetica di Treviso, 1478.

Modo di segnare i numeri con le dita. Girolamo Tagliente, Libro da abaco, Venezia 1520.

rare (Venezia, 1564) di Cosimo Bartoli; la Geometria o Tesoro di mate­ matiche considerationi (L'Aquila, 1597) di Geronimo Pico Fonticolano; la Geometria prattica (Roma, 1599) di Giovanni Pomodoro.

Un maestro d'abaco. Filippo Calandri, De arimetricha opusculum, Firenze 149 1 .

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3. Le opere di Pacioli: il Trattato di aritmetica ed algebra n Trattato di aritmetica ed algebra del Pacioli si conserva mano­ scritto nel codice Vat. lat. 3 129 della Biblioteca Apostolica Vaticana. L'ampio testo in volgare, di 367 carte, è introdotto da una dedicatoria "Suis carissimis discipulis, egregijs clarisque juvenibus perusinis" ossia agli allievi dello Studio di Perugia, dove il Pacioli insegnava al tempo della stesura del lavoro, iniziato, come egli dice, "in vigilia san­ cte Lucie", cioè il giorno 12 dicembre 1477 e terminato "a dì 29 aprile 1478".73 L'opera, preceduta da un dettagliato indice del contenuto, si suddivide in 17 parti che riguardano: calcolo con le frazioni, regola del tre, progressioni, operazioni con le radici, problemi su compagnie, baratti, cambio di monete, interessi, leghe metalliche, questioni di matematica ricreativa, di geometria pratica, algebra, con un capitolo conclusivo sulla tariffa. n codice contiene, in definitiva, una buona parte della materia più estesamene ed organicamente svolta nella Summa, e si inserisce nel­ l'ambito della trattatistica d'abaco manoscritta del XV secolo.

4. La Summa

La Summa de arithmetica geometria proportioni et proportionali­ tà venne pubblicata per la prima volta a Venezia, il 10 novembre 1494, ed ebbe una successiva edizione postuma a Tuscolano sul Garda, nel 1523. Come già rilevato, l'opera è una vera e propria enciclopedia del sapere matematico del tempo. Per la sua stesura il Pacioli dichiara di aver preso spunto dalle opere di Euclide, Boezio, Sacrobosco, Biagio da Parma, Giordano Ne­ morario, Prosdocimo Beldomandi, e soprattutto di Leonardo Pisano, che costituisce senz'altro la sua principale fonte di ispirazione. Al con­ trario, non cita autori di trattati precedenti, sia a stampa che mano­ scritti, dai quali egli attinse invece ampiamente: non distaccandosi, in questo, dallo spirito col quale - lo abbiamo prima sottolineato - veni­ vano usualmente compilati gli stessi testi d'abaco dei secoli XN e XV. Notevole è, ad esempio, per la parte aritmetica e geometrica, l'influen­ za del Trattato d'abaco di Piero della Francesca conservato nel codice Ash. 359* (c. 1480) della Biblioteca Mediceo Laurenziana di Firenze. 74 A differenza delle opere del Pisano, ed analogamente ai lavori di aritmetica e geometria pratica precedenti, la Summa venne scritta in "materna e vernacula lengua . . . in modo che litterati e vulgari oltra l'utile ne haranno grandissimo piacere in essa esercitandose".75 Ne risultò, però, uno stile eteroclito in cui, pur su una base di volgare toscano, si mescolano vocaboli latini, greci ed inflessioni variamente

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Problemi di geometria pratica. Francesco Feliciano, Scala gramaldelli, Venezia 1526. "De erroribus fratris Luce". Girolamo Cardano, Practica arithmetice, Milano 1539.

dialettali. Fu inoltre stampata in caratteri semigotici e con numerose abbreviazioni, che ne rendono difficile la lettura. Già il Baldi osservò, infatti, che "il suo dire è di maniera barbaro, irregolato, rozo et infeli­ ce, che rende nausea a quelli che leggono le cose sue, e certo che se sotto cotanta sordidezza di parole non vi fossero considerazioni così belle e utili, non sarebbe quell'opera degna de la luce".76 Ed in seguito, Annibale Caro paragonò la

Summa ai "ceneracci d'orefici" perché "vi

è sepolto l'oro, come tra le ceneri degli orefici si rinvengono particelle dello stesso metallo". La Summa si compone di 308 carte di cui le prime otto contengono la dedica in latino al patrizio veneto Marco Sanuto, l'epistola dedica­ toria in italiano e latino a Guidobaldo

I, duca di Urbino, ed un indice

dettagliato che prosegue nella penultima carta. L'opera comprende due parti, ciascuna delle quali è suddivisa in "distinzioni". La prima parte, molto ampia, tratta prevalentemente questioni di aritmetica ed algebra cui fanno seguito il

Angiolo Tricca,

Piero della Francesca e Luca Pacioli.

Tractatus de computis et scripturis, che occupa un posto di rilievo nella storia della ragioneria, ed una Tariffa. La seconda parte, più breve, è il Tractatus geometrie.

Nicolò Tartaglia,

Genera! trattato di numeri et misure, Venezia 1556.

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5. La S umma e la tradizione abachistica

La prima parte della Summa comprende nove distinzioni, ciascu­ na suddivisa in ''trattati" e questi, a loro volta, in "articoli" o "capitoli". La prima distinzione è un lungo discorso sulla "quantità discreta e continua" e sulla definizione di numero, cui fanno seguito questioni di aritmetica speculativa, secondo i concetti di Nicomaco di Gerasa e Teone di Smime. Nella seconda, l'autore descrive il sistema di numerazione decimaLuca Pacioli, Summa, Venezia 1494.

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Luca Pacioli, Summa, Tuscolano 1523. La moltiplicazione "per crocetta o casella" dalla Summa.

le posizionate, l'indigitazione, e le operazioni aritmetiche con i numeri "sani" cioè gli interi: addizione, sottrazione, moltiplicazione e divisio­ ne, le progressioni, l'estrazione di radice quadrata e cubica. Per la moltiplicazione Pacioli espone otto metodi, le cui curiose denominazioni derivavano dal particolare schema numerico utilizza­ to nel procedimento, e potevano variare secondo le località. Ossia "per schachieri" o "per bericuocolo", che è il metodo attualmente in uso; "a castelluccio"; "a colonna" o "per tavoletta"; "per crocetta" o "per casel­ la"; "per quadrilatero"; "per gelosia" o "per graticola"; "per ripiego"; "a scapezzo". Anche per la divisione insegna più metodi. Da notare che per verificare l'esattezza dei risultati, egli esorta a ricorrere alla prova per 7, che giudica più sicura di quella per 9. La terza e quarta distinzione sono dedicate al calcolo con i "rotti", cioè con le frazioni, e corredate da numerosi esempi. Nella quinta viene descritta la "regola delle tre cose" o "regola del tre", applicata al calcolo di pesi, misure e prezzi delle merci. Dati quattro numeri in proporzione, di cui tre noti, la regola permette di trovare il quarto applicando la nota proprietà per cui la proporzione a : b = c : d è equivalente alla relazione ad = be. La sesta distinzione è ampiamente dedicata alla teoria delle pro­ porzioni tra numeri e tra grandezze, della quale il Pacioli sottolinea l'importanza scrivendo "se tu ben discorri in tutte l'arti, tu troverai la proportione di tutte esser madre e regina: e senza lei niuna poterse esercitare".77 Nella settima sono presentate le "regole di falsa posizione" o del "cataym" sempre legate alla proporzionalità. Di origine araba e già descritte nel Liber abaci , esse trovano un ampio spazio nella trattati­ stica dell'abaco per le applicazioni a problemi pratici e ricreativi. La "regola di semplice falsa posizione" permette di ricavare una quantità incognita x legata a due quantità note, a e b, dalla relazione ax = b. Per risolvere il problema si dà un valore "falso" x1 all'incognita, e si calcola ax1 = b r Dalla proporzione x : x1 = b : b 1 si ricava x = x1 b l b r La "regola di doppia falsa posizione" si applica invece a questioni nelle quali l'incognita x è legata a tre quantità a, b, c dalla relazione ax + b = c. Il problema si risolve dando due valori "falsi" all'incognita. L'ottava distinzione è dedicata ad una trattazione teorica dell'alge­ bra. Rileviamo comunque che in altre parti della Summa molti proble­ mi vengono risolti algebricamente. I primi quattro trattati dell'ottava distinzione riguardano il calcolo algebrico, con particolare riferimento alle operazioni con i radicali. Il quinto tratta la risoluzione delle equazioni ed inizia con la spiegazione dei termini algebrici allora in uso, al posto dell'attuale simbolismo. Ricordiamo infatti che, all'epoca del Pacioli, le operazioni algebriche venivano descritte a parole, in un linguaggio cosiddetto "retorico",

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facendo talvolta uso di abbreviazioni. Così, come spiega fra Luca, il termine noto di un'equazione era chiamato "numero"; l'incognita era la "cosa", per questo l'algebra veniva generalmente designata come "regola della cosa"; le successive potenze dell'incognita erano dette "censo", "cubo", "censo di censo", "primo relato", ecc., corrispondenti ­ indicata con x l'incognita - rispettivamente a x?, r, xJ, :r!, ecc. Successivamente l'autore passa a descrivere i metodi per la risolu­ zione delle equazioni di primo e secondo grado, allora distinte in sei

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La moltiplicazione "per berichuocholo". BNF, Pal. 573. Il "castelluccio", dall'Aritmetica di Filippo Calandri. BRF, Ricc. 2669 .

Rappresentazione digitale dei numeri, dalla Summa. La regola del tre, dalla Summa . Regola della "falsa posizione". BLF, Ash. 956. La regola del "chatain". BNF, Pal. 573.

casi classici secondo lo schema del Liber abaci, già peraltro esposto nell�-Jabr (c. 825) del matematico arabo Muhammed ibn Musa al­ Khwarizmi:

l) Censi uguali a cose 2) Censi uguali a numero 3) Cose uguali a numero

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4) Censi e cose uguali a numero 5) Cose e numero uguali a censi 6) Censi e numero uguali a cose,

che corrispondono, secondo il simbolismo moderno, alle equazioni: 1) ar = bx 2) ar = c 3) bx = c

4) ar + bx = c 5) bx + c = ar 6) ar + c = bx

I numeri a, b, c sono sempre positivi; vengono inoltre escluse le soluzioni negative o nulle. Le ben note formule risolutive delle equazioni di secondo grado complete (casi 4, 5 e 6) vengono esposte, curiosamente, mediante tre quartine latine, e dimostrate geometricamente. Nel sesto trattato dell'ottava distinzione, e in altre parti della Summa in relazione a problemi applicativi, il Pacioli risolve anche particolari equazioni di grado superiore al secondo, quasi tutte di terzo e quarto grado, banal­ mente riconducibili ad equazioni quadratiche. L'autore conclude que­ sta parte dedicata all'algebra teorica osservando che, per equazioni più generali del tipo: ar + bx + c = O ar + br + c = o ax1 + br + c = O non è stata ancora trovata una regola di risoluzione, anché se non si esclude "che 1 caso sia possibile". Al tempo del Pacioli, infatti, non erano note le formule risolutive delle equazioni generali di terzo e quarto grado, che vennero trovate nel XVI secolo. Per quelle di terzo grado la scoperta si deve a Scipione dal Ferro; essa fu poi perfezionata da Nicolò Tartaglia e Girolamo Car­ dano. Per le equazioni di quarto grado, è invece attribuita a Ludovico Ferrari. In entrambi i casi, i procedimenti e le formule risolutive furo­ no esposte da Cardano nell'Ars magna, edita a Norimberga nel 1545. Esaminando la letteratura matematica che precede la Summa, si osserva che, assieme alle equazioni di primo e secondo grado, esempi di particolari equazioni di grado superiore al secondo sul tipo di quelle risolte dal Pacioli, si trovano in non pochi trattati d'abaco manoscritti dei secoli XN e XV, seppure in misura diversa. Ricordiamo il Libro di ragioni del fiorentino Paolo Gherardi, conservato nel codice Magl. Cl. Xl, 87 ( 1328), della Biblioteca Nazionale di Firenze; l'Aliabraa Argi­ bra attribuita a Maestro Dardi da Pisa che l'avrebbe composta nel 1344: questo testo, in cui vengono elencati ben 198 tipi di equazioni, è pervenuto in diverse copie tra cui il manoscritto I.VII. 17 (c. 14 70) della Biblioteca Comunale di Siena; il Trattato di fioretti di Antonio Maz­ zinghi da Peretola, compilato presumibilmente nel 1373, una parte del quale è riportata da Maestro Benedetto nel codice L.N.21 ;78 il

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L e soluzioni delle equazioni di secondo grado in versi, dalla Summa . Girolamo Cardano, Ars magna,

Norimberga 1545.

La soluzione di un'equazione di terzo grado nel Trattato d'abaco di Piero della Francesca. BLF, Ash. 359*.

Tratato sopra l'arte della arismetricha, codice Fond. prin. II. V. 152 (c. 1390) della Biblioteca Nazionale di Firenze;79 il già citato Trattato d'abaco di Piero della Francesca; i Ragionamenti d'algebra di Raffael­ lo Canacci, nel manoscritto Pal. 567 (c. 1490) della Biblioteca Nazio­

nale di Firenze.80 In alcuni di questi lavori si hanno anche tentativi per trovare la formula risolutiva delle equazioni di terzo e quarto gra­ do. Banalmente errate sono le formule proposte dal Gherardi nel Li­ bro di ragioni. Un contributo originale per la risoluzione dell'equazio­ ne di terzo grado, che prelude ai risultati di dal Ferro, Tartaglia e Cardano, è riportato nel manoscritto Fond. prin. II. V. 152. Nel Trat­ tato d'abaco di Piero della Francesca, e già molto prima nellaAliabraa Argibra, vengono date formule risolutive per equazioni di terzo e quarto grado, subito applicate a questioni relative al calcolo degli in­ teressi. Queste formule non sono valide in generale, ma diventano esatte per problemi come quelli del tipo proposto. Nell'opera di Piero, la trattazione delle equazioni derivanti dal calcolo degli interessi vie­ ne estesa anche a problemi risolubili con equazioni di quinto e sesto grado. La nona distinzione è dedicata ad argomenti mercantili. I primi dieci trattati comprendono 368 problemi, spesso risolti algebricamen­ te, suddivisi in problemi sulle "compagnie" o "società" dove si tratta, ad esempio, di calcolare il profitto dei singoli soci in base al guadagno totale ed al capitale impiegato da ciascuno. Sui ''baratti", nei quali

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Problemi di compagnie, dall'Aritmetica di Filippo Calandri. BRF, Ricc. 2669. Trattato sulle società, dalla Summa. Il capitolo sui "meriti". BNF, Pal. 573. Problemi di leghe metalliche, Luca di Matteo, Arte d'abocho. BLF, Plut. 30, 25.

vengono confrontate le merci tramite i rispettivi prezzi. Sul "cambio di monete". Sul "meritare semplicemente" e sul "meritare a capo d'an­ no", cioè sull'interesse semplice e composto, e sugli sconti. Sul "conso­ lare" le monete, ossia sulle leghe metalliche, dove si deve calcolare la percentuale dei metalli che compongono le monete. Sono inoltre risol­ te questioni di carattere ricreativo.

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6. n Tractatus de computis et scripturis Nell'undicesimo trattato della nona distinzione, dal titolo Tracta­ tus particularis de computis et scripturis, Pacioli espone il metodo per la tenuta dei libri contabili secondo "el modo de Vinegia, quale certa­ mente fra gli altri è molto da commendare. E mediante quello in ogni altro se potrà guidare".81 La materia, svolta in 25 pagine, è suddivisa in 36 capitoli . Nel pri­ mo sono elencati i tre requisiti di un buon mercante: possedere un "cavedal", cioè un capitale, essere ''buon ragionieri e prompto compu­ tista", avere cioè abilità negli affari e nel tenere i conti; disporre debi­ tamente "con bello ordine tutte sue facende" ossia tenere in ordine le "scritture". La tenuta dei conti secondo il "modo de Vinegia" compren­ de due parti principali: !"'inventario" e la "disposizione". I capitoli 2°, 3° e 4° riguardano la descrizione delle regole che il mercante deve seguire nel compilare l'inventario dei suoi beni. I successivi capitoli sono dedicati alla disposizione, vi sono descritti i tre ''libri principali del corpo mercantesco", "memoriale", "giornale" e "quaderno", e sono corredati da esempi pratici esplicativi. Come precisa l'autore, i libri si contrassegnano sulla coperta con le lettere in ordine alfabetico: memoriale A, giornale A, quaderno A, ecc.

n memoriale, detto anche "squartafoglio" o "vachetta" è un libro, scrive fra Luca, "nel quale tutte le facende sue el mercatante piccole o grandi che a man li vengano, a giorno per giorno e ora per ora iscrive", e non solo il padrone potrà annotarvi, ma anche ''li fattori, garzoni, le donne (se sanno) in absenza l'un de l'altro".82 Si tratta dunque di un registro di prima memoria, con la descrizione di tutti i fatti aziendali, e che spesso "pervene a molte mani": per questo, avverte il Pacioli, non deve contenere l'inventario, che è un documento segreto.

n giornale è invece il cosiddetto ''libro secreto" del mercante, sul quale vengono riportate, oltre all'inventario, le scritture del memoria­ le riguardanti le operazioni di gestione. Le "partite" che si registrano nel giornale vengono però formulate in modo più abbreviato rispetto al memoriale ed in un linguaggio tecnico. In esse si usano due "termi­ ni": ''l'un è ditto Per e l'altro è ditto A . . . Per lo Per sempre si dinota el debitore . . . e per lo A si dinota lo creditore".83 Dal giornale le partite devono poi essere trasferite nel terzo regi­ Il "Tractatus de computis et scripturis" della Summa . Un esempio di partita doppia nella Summa.

stro, quello principale, detto quaderno o quaderno grande o libro gran­ de, oggi generalmente chiamato "libro mastro". Le regole fondamen­

tali per la sua compilazione vengono descritte in un importantissimo passo del l4° capitolo, nel quale si riconoscono i canoni della partita doppia: "sappi che di tutte le partite che tu harai poste in lo giornale, al quaderno grande te ne convien sempre fare doi, cioè una in dare e l'altra in havere perché lì si chiama debitore per lo Per e lo creditore

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Libri in partita doppia. ASG, Antico Comune 2. Libri in partita doppia: il Registro di cassa della Fraterna Soranzo. ASV, Mise. Gregolin, busta 14. Il Libro di dare e avere di Carlo di Palla Strozzi. ASF, Carte Strozz . V, 13.

per lo A, commo di sopra dicemmo, ché dell'uno e dell'altro si deve da per sé fare una partita, quella del debitore ponere alla man sinistra, e quella del creditore alla man dextra, e in quella del debitore chiama­ re la carta dove sia quella del suo creditore, e così in quella del credi­ tore chiamare la carta di quella dove sia el suo debitore; e in questo modo sempre vengano incattenate tutte le partite del ditto quaderno grande, nel quale mai si deve mettere cosa in dare che quella ancora non si ponga in havere, e così mai si deve mettere cosa in havere che ancora quella medesima con suo ammontare non si metta in dare. E di qua nasci poi al bilancio, che del libro si fa nel suo saldo: tanto con-

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viene che sia el dare quanto l'avere. Cioè summate tutte le partite che siranno poste in dare, se fossero bene 10.000, da parte in su un foglio, e di poi summate similmente tutte quelle che in havere si trovano, tanto debbe fare l'una summa quanto l'altra, altramente demostra­ rebbe essere errore nel ditto quaderno".84 Nei successivi capitoli, il Pacioli scende in ulteriori dettagli circa la tenuta dei libri contabili, soffermandosi, tra l'altro, sulle regole per la registrazione di particolari partite: ad esempio relative a conti con uffici pubblici, baratti, compagnie, viaggi, "spese de mercantia, spese de casa ordinarie, spese straordinarie". Interessante è anche il penul­ timo capitolo, il 35°, nel quale Luca parla "del modo e ordine a saper tenere le scripture menute, comme sonno scritti de mano, lettere fa­ miliari, polize, processi, sententie e altri istrumenti".85 ll Tractatus de computisetscripturis, spesso ritenutolaparte piùori­

ginale e piùinteressante dellaSumma, èlaprimaedizione a stampasul­ la tenuta dei libri contabili, in particolare la prima che contenga un'esposizione del metodo della partita doppia. Come è stato più volte ri­ levato dagli storici della ragioneria, tale metodo era, però, da tempo noto ed usato nella pratica mercantile e nelle aziende commerciali. Attente indagini negli archivi e nelle biblioteche di diverse città italiane hanno portato ad individuare decine di libri contabili in scrittura doppia, com­ pilatigià alla fine delXIII secolo e soprattutto nei secoli XIV e :XV. 86 Molti di questi volumi sono conservati nelle biblioteche fiorentine, in particolare all'Archivio di Stato; vengono generalmente catalogati come "Libri di commercio" o "Libri di dare e avere" o anche "Libri di debitori e creditori" ed appartenevano a notissime famiglie di mercan­ ti, banchieri e nobili. Ricordiamo, tra gli altri: alla Biblioteca Naziona­ le il Libro di Alberto del Giudice e compagni, Nuovi Acq. , 239 ( 13041329). Alla Biblioteca Riccardiana il Libro segreto di Giotto di Arnoldo Peruzzi,87 Ricc. 2414 ( 1308-1336). All'Archivio di Stato il Libro della Compagnia dei Fini, Arch. dei Capitani di Orsanmichele, 220 ( 12971303); il Libro di dare e avere di Giovanni Farolfi e compagni, Carte Strozz., II, 84 bis ( 1299-1300 ); il Libro di debitori e creditori di Paliano di Falco, Carte Strozz., Il, 7 (1382-1403), scritto secondo il metodo "alla viniziana", libro storicamente importante anche se solo parzial­ mente in partita doppia; il Libro di commercio di una terza compagnia del Bene, Arch. del Bene, 19 ( 1390-1392); il Libro di debitori e creditori di Baldo di Francesco di Alessandro de' Bardi, Libri di Commercio, 2 ( 1425-1433); il Libro di dare e avere di Carlo di Palla Strozzi, Carte Strozz., V, 13 ( 1440- 1470). Volumi di conti in partita doppia figurano anche tra i Libri di dare e avere di monasteri e conventi, tra cui il mo­ nastero di Santa Maria degli Angeli e la Badia Fiorentina. Antichi e interessanti sono alcuni registri rinvenuti da tempo al­ l'Archivio di Stato di Genova: Antico Comune, reg. l ( 1340) e reg. 2

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(1340-1360); Arch. di S. Giorgio, reg. 7204 (1408). Notissimi sono, all'Archivio di Stato di Venezia, il Registro di cassa della Fraterna Soranzo, Mise. Gregolin, busta 14 ( 1406-1434), consi­ derato il più antico registro veneziano in partita doppia; il Libro dei conti di Giacomo Badoer, Cinque Savi alla Mercanzia, busta 958 ( 1436-1440);88 ed i Registri commerciali della famiglia Barbariga, nell'Arch. privato Grimani-Barbarigo, busta 42, tra i quali il Registro l, Giornale A ( 1430-1440) ed il Registro 4, Mastro B ( 1440-1449). Come si è detto, il Tractatus de computis et scripturis costituisce la prima trattazione a stampa sulla tenuta dei libri contabili. Non è però la prima in assoluto. Nel 1458, infatti, il raguseo Benedetto Cotrugli scrisse un'opera dal titolo Libro dell'arte di mercatura, suddivisa in quattro libri: il breve capitolo XIII del primo libro riguarda, come il Tractatus del Pacioli, "Dell'ordine di tenere le scritture mercantilmente". L'opera del Cotrugli venne pubblicata a Venezia nel 1573, col titolo Della mercatura et del mercante perfetto, a cura di Francesco Patrizi, ed ebbe una successiva edizione a Brescia nel 1602. Ci è inoltre pervenu­ ta in due copie manoscritte conservate a Firenze ed entrambe anterio­ ri all'edizione a stampa. Una, dovuta a Giovanni di Matteo di Giovan­ ni Strozzi ed ultimata il 17 marzo 1484, si trova alla Biblioteca Nazio­ nale nel codice Magi. CL XIX, 97. L'altra, che sembra sempre quattro­ centesca, alla Biblioteca Marucelliana, Ms. C. 16. Recenti ed attenti studi89 hanno rilevato una notevole differenza tra le copie manoscritte e l'edizione a stampa, che avrebbe risentito negativamente dell'intervento del curatore Francesco Patrizi: diffe­ renze particolarmente evidenti proprio nel capitolo XIII del primo li­ bro. Come è stato più volte osservato in riferimento all'edizione del 1573, in questo capitolo il Cotrugli parla, come Pacioli, dei tre libri principali della contabilità mercantile, quaderno, giornale e memo­ riale, in modo però estremamente succinto e solo con un vago accenno al metodo della partita doppia. Nei due manoscritti, invece, risulta più estesa la parte relativa alla descrizione del quaderno o mastro, appun­ to il libro fondamentale della partita doppia. Per quanto riguarda la tenuta dei libri contabili, il lavoro del Cotrugli rimane comunque ad un livello nettamente inferiore rispetto al Tractatus de computis et scripturis, al quale spetta il merito di avere divulgato il metodo elabo­ randolo in una dettagliata trattazione tecnico-pratica. Dopo la pubblicazione della Summa, sia in Italia che all'estero, vennero compilate e date alla stampa molte opere che illustravano ed approfondivano gli studi del Pacioli. Segnaliamo, tra i testi italiani, l'Aritmetica di Giovanni di Francesco del 1516, conservata al Museo Correr di Venezia nel Ms. Cicogna, 613; la già citata Practica arithme­ tice di Girolamo Cardano, nella quale il 60° capitolo "De ratione libro-

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Benedetto Cotrugli, Libro dell'arte di mercatura. BNF, Magl. XIX, 97. Domenico Manzoni, Quaderno doppio, Venezia 1540.

rum tractandorum" è sostanzialmente il sunto in latino del Tractatus de computis et scripturis; il Quaderno doppio di Domenico Manzoni (Venezia, 1540) che riproduce il lavoro del Pacioli con alcune aggiunte e modifiche; lo Specchio lucidissimo di Alvise Casanova (Venezia, 1558). Tra le opere straniere ricordiamo il testo in lingua fiamminga di Jan Ympin Christoffels, la Nieuwe instructie (Anversa, 1543), tradot­ to anche in francese e pubblicato nello stesso anno, sempre ad Anver­ sa, da Anna Swinters: l'opera dell'Ympin era, a sua volta, una tradu­ zione di un trattato italiano di tale Giovanni Paolo de' Bianchi, e pre­ senta molte corrispondenze col lavoro del Pacioli. Una probabile ver­ sione inglese del Tractatus de computis et scripturis, con qualche modifica e riduzione, è la famosa A briefe instruction (Londra, 1588) di John Mellis, che riproduce un lavoro perduto dell'Oldcastle del 1543. Traduzioni molto più recenti del lavoro del Pacioli sono, tra le altre, quelle in tedesco dello Jager (Stuttgart, 1876) e del Penndorf (Stuttgart, 1933); in inglese del Geijsbeek (Denver, Colorado, 1914); in boemo del Kheil (Praga, 1894) e del Raulich (Praga, 1933); in olan­ dese di Volmer e Van Rijnberk (Rotterdam, 1896); in russo del Wal­ denberg (Pietroburgo, 1893); in giapponese dello Hirai (Kobe, 1920).

7. La Tariffa

La "Tariffa" dalla Summa . Libro che tracta de mercatantie. BNF, Magl. XXIX, 203.

Col dodicesimo trattato della nona distinzione si conclude la prima parte della Summa. Esso contiene una ''Tariffa de tutti costumi, cam­ bi, monete, pesi, misure e usanze . . . che nei paesi si costuma e in diver­ se terre". Questa è divisa in 194 capitoli, alcuni brevissimi, di poche righe, altri piuttosto ampi e densi di interessanti notizie. L'autore vi descrive dettagliatamente pesi, misure e monete di diverse località italiane e straniere, tra loro confrontati. A Firenze e Venezia è dedica­ to il maggior numero di capitoli. Seguono Genova, Napoli, Gaeta, la Sicilia, Roma, Siena, Lucca, Pisa, Bologna, Milano; e poi Marsiglia, Barcellona, Lisbona, Parigi, Londra, Tunisi, Alessandria, Cipro, Co­ stantinopoli, ecc. Interessante è il capitolo 182, "Costumi de più mer­ cantie", che si può considerare un vero e proprio trattatello di merceo­ logia, in cui vengono esaminate le principali specie di merci. Vi si leg­ ge, ad esempio: "Canella vole havere colore rosetta sottile e cannella­ ta, e vole essere forte e dolce, cioè mordente, e così è buona . . . Capperi voglion esser freschi e verdi e con poco sale".90 Nei successivi capitoli, si parla anche dei periodi in cui ricorrono le principali fiere e mercati dei paesi allora più commerciali. La Tariffa della Summa, salvo differenze irrilevanti, è una copia di un'opera pubblicata anonima a Firenze, nel 1481, col titolo Libro che

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tracta de mercatantie et usanze de paesi, alla quale il Pacioli non fa,

però, alcun riferimento. L'opera ebbe successivamente almeno altre due edizioni, sempre anonime, una a Parma e l'altra a Firenze: la prima precedenti la Summa, la seconda di qualche anno posteriore. Se ne conoscono inoltre due copie manoscritte, conservate alla Biblio­ teca Nazionale di Firenze: il codice Panciatichiano, 72 del 1458, ed il Magi. Cl. XXIX, 203 del 1483. Questo lavoro, che a giudicare dalle diverse edizioni ebbe una vasta diffusione, è stato da alcuni attribuito a Giorgio di Lorenzo Chiarini. Secondo l'Agostini, è da ritenere che il Libro che tracta de mercatantie sia piuttosto ''un'opera collettiva ve­ nutasi formando poco a poco"91 e presumibilmente dovuta a commer­ cianti veneziani. All'epoca del Pacioli - e peraltro anche in seguito - le tariffe com­ merciali erano ampiamente in uso presso mercanti e banchieri. Tra quelle manoscritte precedenti la Summa ricordiamo, ad esempio, una Tariffa del 1426 che si trova alla Biblioteca Mediceo Laurenziana di Firenze, nel codice Ash. 576/2 ed una Tarifa de Constantinopoli, del 1482, conservata all'Archivio di Stato di Venezia, Archivio Privato Correr, reg. 41. Tra quelle posteriori, a stampa, la Tariffa de pexi e mesure di Bartolomeo di Paxi, pubblicata a Venezia nel 1503. Questo testo, in buona parte ispirato alla Tariffa della Summa, presenta una disposizione della materia più ordinata ed organica.

8. La geometria

n Tractatus geometrie della Summa è suddiviso in otto distinzioni "a reverentia dele 8 beatitudine", e ciascuna di queste in capitoli. Nella prima e terza distinzione vengono riassunti postulati, definizio­ ni e costruzioni della geometria piana euclidea e sono descritti i meto­ di per il calcolo delle aeree di figure piane elementari (triangoli, qua­ drilateri, poligoni regolari) compresa l'area del triangolo di dati lati con la formula di Erone. Figurano anche problemi applicativi, talvolta risolti algebricamente. E' interessante rilevare l'uso di particolari ter­ mini geometrici, allora tipici dei trattati d'abaco e di geometria prati­ ca, diversi da quelli attuali. Ad esempio l'altezza era detta "catetto", il triangolo rettangolo, acutangolo ed ottusangolo erano chiamati ri­ spettivamente "ortogonio", "oxigonio" ed "ampligonio", il trapezio era il "capo tagliato", un quadrilatero generico era detto con voce araba ''helmuariffe", ecc. La seconda distinzione è dedicata a vari casi del problema: "Dati i lati di un triangolo e segnati due punti sopra due di essi, determinare la lunghezza del segmento che li unisce". La quarta riguarda la teoria del cerchio secondo Euclide ed Archi-

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Bartolomeo di Paxi, Tariffa de pexi e mesure, Venezia 1503.

Summa: "Tractatus geometrie".

mede, e comprende anche la costruzione di una tavola di corde, se­ guendo l'Almagesto di Tolomeo.

Problemi di divisione delle figure, dalla Summa . Problemi di geometria pratica, dalla Summa.

La quinta contiene i problemi, già ampiamente svolti nella Practi ­ ca geometriae del Fibonacci, che riguardano la divisione di una figura

piana mediante rette sotto assegnate condizioni. Questi problemi era­ no trattati in uno scritto perduto di Euclide e ci sono pervenuti nel

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Inserzione di quattro cerchi in un cerchio. BNF, Pal. 577 e Summa.

rifacimento del matematico arabo Muhammed al Bagdadi, pubblicato a Pesaro nel 1570, a cura di Giovanni Dee e Federico Commandino. La sesta distinzione è relativa al calcolo di superfici e volumi di solidi elementari. La settima contiene problemi pratici sulla misura di distanze ed altezze con l'uso di strumenti, come quadrante geometrico ed astrola­ bio, oppure utilizzando uno specchio o l'ombra del sole. Nell'ottava distinzione sono svolti, spesso algebricamente, 100 problemi di argomento molto vario: alcuni teorici, come quelli relativi all'iscrizione e circoscrizione delle figure, molti di tipo pratico su torri, scale appoggiate ad un muro, alberi, botti, ecc., particolarmente ricor­ renti nei trattati d'abaco e di geometria pratica dei secoli XIV e XV. Sotto il titolo "Particularis tractatus circa corpora regularia et ordina­ ria" sono poi riuniti diversi altri problemi sui cinque solidi regolari, su alcuni semiregolari e sulla sfera. L'ottava ed ultima distinzione si conclude con la descrizione "Del modo a far li stagiuoli e tavola de sce­ mi" delle botti. Come ha rilevato il Picutti,92 quasi tutto il Tractatus geometrie del­ la SumTrW (cioè fino a c. 59v.) è la trascrizione delle prime 241 carte del Tractato di praticha di geometria, codice Pal. 577 (c. 1460) della Bi­ blioteca Nazionale di Firenze, già dallo stesso Picutti attribuito a M0 Benedetto da Firenze. TI Particularis tractatus è invece chiaramente ripreso dalla parte geometrica del Trattato d'abaco di Piero della Francesca. Passiamo ora all'analisi delle altre opere del Pacioli.

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Geometria pratica, dall'Aritmetica di Filippo Calandri. BRF, Ricc. 2669 .

9. La Divina proportione La Divina proportione, che Luca chiamò il suo ''Tesoro recondito", fu scritta in italiano volgare e pubblicata a Venezia nel 1509. Que­ st'opera non presenta, nella storia della matematica, la stessa impor­ tanza della Summa, ma ha anch'essa suscitato, per vari aspetti, un vivace interesse. Lo testimoniano, tra l'altro, una sua ristampa edita a Vienna nel 1896 e dovuta a Winterberg, cui è allegata la traduzione in tedesco del testo, e la versione spagnola del Resta, pubblicata a Bue­ nos Aires nel 1946. La Divina proportione inizia con cinque componimenti poetici, se­ guiti dalla lettera dedicatoria in latino a Pietro Soderini e da un'altra epistola latina di Daniele Gaetani al patrizio veneto Andrea Moceni­ go. E' suddivisa in due parti: la prima contiene il Compendio de la di­

vina proportione ed il Tractato del'architectura, la seconda il Libellus in tres partiales tractatus divisus quinque corporum regularium et de­ pendentium.

10. Il Compendio de la divina proportione

n Compendio venne compiuto nel 1498 durante il soggiorno di Luca a Milano, ed è dedicato a Ludovico il Moro. Di esso si conoscono anche due codici, che presentano diverse ma non sostanziali varianti rispetto al testo a stampa, entrambi del 1498. Uno venne offerto dal Pacioli allo stesso duca di Milano ed è conservato nel Ms. l.e. 2 10 della Bibliothèque Publique et Universitaire di Ginevra, dove è pervenuto nel 1742 come dono del padre Ami Lullin: questi lo aveva a sua volta acquistato nel 1720 a Parigi con altri codici, che erano appartenuti al­ l'antiquario Petau. In cattivo stato di conservazione, il manoscritto ginevrino si compone di 130 carte. Una miniatura vi rappresenta Ludovico Sforza, seduto e circondato da quattro signori, nell'atto di ricevere il libro dalle mani di fra Luca, che accompagna un altro reli­ gioso; in fondo alla prima carta sono disegnate le armi del duca. L'altro codice venne dedicato dal Pacioli a Giangaleazzo Sanseve­ rino, generale del Moro, "capitano nell'armi ogi a niun secondo e de no­ Scale e alberi. BNF, Magl. Xl, l. I poliedri nella Summa .

stre discipline solerto immitatore", e fu uno dei 12 volumi che il mar­ chese Galeazzo Arconati donò il 2 1 gennaio 1637 alla Biblioteca Am­ brosiana di Milano, dove è tutt'oggi conservato nel Ms. S.P.6. Questo codice, anch'esso di 130 carte, fu pubblicato a Milano nel 1956, a cura di Giovanni Mardersteig. Un terzo codice, perduto, sembra sia stato donato dal Pacioli all'amico Pietro Soderini, gonfaloniere di Firenze. Considerata la differenza tra il codice ginevrino, l'ambrosiano ed il testo a stampa, diversi storici sono concordi nell'affermare che l'edi-

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Divina proportione:

l'icosaedro. Divina proportione:

l'icosaedro "absciso". zione di Venezia del 1509 non fu condotta sui due manoscritti a noi pervenuti, ma sulla base di un terzo codice, probabilmente quello do­ nato al Soderini, il che spiegherebbe anche la dedica dell'intero volu­ me della Divina

proportione al gonfaloniere fiorentino.

TI Compendio, suddiviso in 71 capitoli, è introdotto dall'epistola dedicatoria a Ludovico il Moro, nella quale Luca nomina alcuni illu­ stri personaggi che nel febbraio del1 498 frequentavano la corte sfor-

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Divina proportione: l'icosaedro "elevato". Divina proportione: il "settantadue basi".

zesca, tra cui: Ambrogio Rosa, Alvise Marliano, Gabriele Pirovano, Nicola Cusano, Andrea Novarese e Leonardo da Vinci. Del grande artista e scienziato, il Nostro ricorda la statua equestre a Francesco Sforza, padre di Ludovico, informandoci sulle sue misure e sul suo peso, statua andata poi distrutta; accenna all'Ultima Cena della chie­ sa di Santa Maria delle Grazie; ci dà notizia del trattato di Leonardo sulla pittura e di un'altra sua "opera inextimabile del moto locale, de

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Il "Duodecedron abscisus vacuus": il Codice Atlantico di Leonardo da Vinci e il De divina proportione.

le percussioni e pesi e de le forze tutte".93 Dopo un elogio della mate­ matica, ''fondamento e scala de pervenire a la notitia de ciascuna altra scientia",94 inizia l'esposizione del contenuto. La prima parte è un sommario delle proposizioni del XIII libro degli Elementi di Euclide, relative alla "divisione di un segmento in media ed estrema ragione" detta oggi "sezione aurea", ed ai poliedri regolari. Ricordiamo che si dice "sezione aurea" la divisione di un segmento . due p art"1, x e a-x, a m

TI rapporto

a -

x

=

tali che a

Vs + l 2

: x = x : a-x, da cm x = .

Vs

-

1

2

a.

, tra l'intero segmento e la sua parte

maggiore, è detto "numero d'oro". La precendente proporzione continua è appunto quella che Pacioli chiama "divina". Di questa egli espone 13 proprietà che definisce "ef­ fecti", contrassegnati, con evidente entusiasmo ed ampollosità da ag­ gettivi quali: "essentiale", "singolare", "ineffabile", "mirabile", ecc. Nei successivi capitoli passa a parlare dei "corpi regolari", ossia dei

5 poliedri regolari (aventi per facce tutti poligoni regolari) denomina­ ti: tetraedro, esaedro o cubo, ottaedro, icosaedro, dodecaedro. Questi solidi - detti anche platonici poiché ad essi si riferisce Platone stabi­ lendo nel Timeo le forme degli elementi costitutivi del cosmo - aveva­ no suscitato, fino dall'antichità classica, l'interesse degli studiosi per le loro proprietà, delle quali alcune connesse proprio con la proporzio­ ne "divina". Pacioli, dopo averli descritti, ne determina i lati in funzio-

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Il "terzetto per li corpi regolari": il Manoscritto M di Leonardo da Vinci e la Divina proportione.

ne del diametro della sfera circoscritta, dimostra perché i poliedri re­ golari sono solo cinque, precisa come e quando si può iscrivere uno di essi nell'altro. Rifacendosi a Pitagora ed a Platone, associa ai corpi regolari gli elementi: al tetraedro il fuoco, al cubo la terra, all'ottaedro

l'aria, all'icosaedro l'acqua, al dodecaedro l'universo. Passa quindi a descrivere 12 solidi "dependenti" dai corpi regolari, in quanto ciascuno è ottenuto da quelli per troncazione o stellazione, cioè togliendo o aggiungendo solidi uguali, ed è detto rispettivamente "absciso" o "elevato"; dello stesso tipo è il "26-basi", col relativo "26basi elevato"; mentre un altro poliedro, il "72-basi", non è deducibile dai solidi regolari. Gli ultimi capitoli riguardano prismi e cilindri, piramidi, coni e loro tronchi. Da notare che ogni poliedro è raffigurato sia "solido" cioè pie­ no, che ''vacuo" cioè vuoto e ridotto al complesso degli spigoli. Tra i 15 poliedri non regolari del Compendio, 6 sono solidi archimedei o semi­ regolari (aventi per facce poligoni regolari, ma non tutti uguali, e an­ goloidi uguali, ma non regolari):95 ossia quelli "abscisi" ed il 26-basi. Gli 8 solidi "elevati" sono poliedri stellati. Il 72-basi era stato già de­ scritto da Campano nella proposizione XIV del libro XII della sua ver­ sione latina degli Elementi, pubblicata a Venezia nel 1482. Pacioli ne sottolinea diverse applicazioni all'architettura, che sembrano peraltro infondate. 96 Nel testo a stampa della Divina proportione i solidi sono raffigurati in 59 silogra:fie; 60 sono invece le figure policrome che adornano en­ trambi i codici ginevrino ed ambrosiano, benché la figura in più rispet­ to all'edizione del 1509 non sia, nei due manoscritti, la stessa. Queste

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[Jacopo dei Barbari],

Luca Pacioli. Museo di Capodimonte, Napoli.

tavole hanno un notevole interesse dal punto di vista artistico poiché i disegni originali delle figure furono eseguiti da Leonardo, come si de­ duce da diverse affermazioni dello stesso Pacioli. Ad esempio, nel Compendio de la divina proportione, egli dice che ogni corpo vi è "facto in piano con tutta perfectione de prospectiva, commo sa el nostro Lio­ nardo Vinci".97 In un capitolo del Tractato del'architectura scrive: "e loro ordine e figure harete sopra in questo insiemi con tutti li altri corpi pur per mano del prelibato nostro compatriota Leonardo da Vin­ ci fiorentino. A li cui desegni e figure mai con verità fo homo li potesse oponere".98 Un altro esplicito riferimento si legge nella dedicatoria del manoscritto De viribus quantitatis, dove Pacioli parla delle "supreme et legiadrissime figure de tutti li platonici et mathematici corpi regu­ lare et dependenti ch'in prospectivo disegno non è possibile al mondo farli meglio . . . facte e formate per quella ineffabile senis tra mano a tut­ te discipline mathematici acommodatissima del prencipe oggi fra mortali, pro prima fiorentino, Lionardo nostro da Venci in quel felici tempo ch'insiemi e a medesimi stipendii nella mirabilissima cità di Milano ci trovammo ". 99 La collaborazione tra Luca e Leonardo che, come si legge nel pre­ cedente passo e come abbiamo altrove ricordato, si erano incontrati alla corte sforzesca, viene dimostrata anche da alcuni disegni ed ab­ bozzi di solidi visibili nel Codice Atlantico. Qui 100 si trovano in partico-

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lare due figure corrispondenti a quelle delle tavole XXIX e XXX del Compendio, con il "Duodecedron abscisus solidus" ed il "Duodecedron abscisus vacuus". E' testimoniata inoltre da una terzina contenuta nel codice leonardesco M dell'Istituto di Francia, 10 1 e presente quasi te­ stualmente nella Divina proportione, dove si legge: El dolce fructo vago e si dilecto Constrinse già i Philosophi cercare Causa de noi che pasci lintellecto. 102

Da notare che nel manoscritto vinciano, sotto il "terzetto fatto per li corpi regolari e loro dirivativi", sono disegnate cinque piccole figure dei poliedri regolari. Mentre indiscutibile risulta l'attribuzione a Leonardo dei disegni originali del Compendio, dibattuta è ancora, tra gli storici, un'altra questione: se quei disegni furono inseriti nel codice ginevrino o nel­ l'ambrosiano, o in quello utilizzato per la stampa, oppure se sono ri­ masti al Pacioli e poi perduti. Alcuni ritengono, infatti, che Leonardo abbia disegnato in prospettiva i corpi materiali costruiti da Luca, e che questi abbia conservato i disegni originali dell'artista, riportando nei codici sole delle copie, ipotesi che sarebbe sostenuta da un passo del De viribus quantitatis, dove Pacioli ricorda quando Leonardo "con tutta forza feci in ditto libro de sua gloriosa mano li corpi mathematici qual anchora apresso di noi tenemo maravigliosi a ognuno ch'li mirano".103 Che il Pacioli avesse effettivamente costruito forme materiali dei solidi descritti nella Divina proportione è peraltro cosa certa. Ricor­ diamo, infatti, che già nel 1489, mentre si trovava a Roma, egli aveva fabbricato modelli di corpi regolari ed altri da loro "dependenti" per monsignor Pietro Valetari, mostrandoli anche a Guidobaldo !. 104 Altre tre collezioni di poliedri, ciascuna di 60 pezzi, lasciò ad altri suoi mece­ nati: una di "forme colorite e adorne" a Milano, in dono a Ludovico Sforza, scusandosi anche per il loro scarso valore: "Le quali non de vii materia (commo per inopia a me è stato forza) ma de pretioso metallo e fine gemme meritariano essere ornati"; una a Giangaleazzo Sanse­ verino, sempre a Milano; la terza a Firenze al gonfaloniere Pietro Soderini. 105 La stessa Signoria di Firenze gli aveva pagato 52 lire e 9 soldi per "più corpi giometrici", il 30 agosto 1504.106 Una testimonianza visiva della realizzazione materiale di quei po­ liedri, ci viene data dal noto quadro attribuito a Jacopo de' Barbari, ora al Museo di Capodimonte di Napoli. In questo dipinto, Luca è raffi­ gurato nell'atto di fornire una spiegazione geometrica ad un giovane discepolo, quasi certamente il duca Guidobaldo; un modello in legno del dodecaedro appare poggiato su un volume della Summa; in alto a sinistra è invece visibile un modello del 26-basi, ossia del rombicubot-

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taedro, in cristallo trasparente e in parte colmo d'acqua. Di alto virtuo­ sismo ottico è il particolare, sembra del palazzo Ducale di Urbino, che compare riflesso e rifratto sulla superficie di quest'ultimo poliedro.

1 1 . Il Libellus in tres partiales tractatus divisus

n Libellus in tres partiales tractatus divisus venne dedicato dal Pacioli a Pietro Soderini. Esso costituisce, con rarissime varianti, la traduzione in volgare - secondo alcuni la versione originale - del Li­ bellus de quinque corporibus regularibus di Piero della Francesca, il cui unico esemplare manoscritto si conserva alla Biblioteca Vaticana, nel codice Urb. lat. 632.1°7 Quest'opera fu composta tra il 1482 ed il 1492, anno della morte di Piero, e dedicata al giovane duca Guidobal­ do da Montefeltro. n Libellus è diviso in tre trattati. Il primo contiene 55 problemi su triangolo, poligoni regolari e cerchio, il secondo 36 problemi sui polie­ dri regolari, il terzo 4 7 problemi vari, essenzialmente sui poliedri re­ golari inscritti l'uno nell'altro, su alcuni semiregolari ed irregolari (come il 72-basi) sulla sfera, cilindro, coni e piramidi. Delle varie figu­ re piane e solide vengono determinati lunghezze, aree e volumi con dati numerici. Oltre la metà dei problemi del Libellus sono già svolti nella parte geometrica del Trattato d'abaco di Piero della Francesca.

Come abbiamo visto, il Compendio de divina proportione ed il Li­ bellus sono entrambi, in buona parte, dedicati ai poliedri, argomento affrontato dal Pacioli anche nella Summa. Tali solidi, in particolare quelli platonici ed archimedei, furono spesso oggetto di studio e raffigurati in diverse opere composte nel pe­ riodo rinascimentale, soprattutto in testi che trattano di prospettiva. Nell' Underweysung der Messung (Norimberga, 1525), Albrecht Diirer presenta sviluppi sul piano di poliedri regolari e semiregolari. La Geometria et perspectiva (Augusta, 1567) di Lorenz Stoer, contiene tavole silografiche molto fantasiose, con vedute surreali di raggruppa­ menti poliedrici mescolati a strani ruderi e volumi mistilinei. La pra­ tica della prospettiva (Venezia, 1569) di Daniele Barbaro, risente molto l'influenza di Pacioli e del Diirer. La Perspectiva corporum regu­ larium (Norimberga, 1568) del noto orafo norimberghese Wenzel Jamnitzer riporta magnifiche tavole dove sono illustrati i cinque corpi regolari con ben oltre cento varianti di essi, con vedute di poliedri stel­ lati e mazzocchi. Di interesse essenzialmente figurativo è anche La pratica di prospettiva (Venezia, 1596) di Lorenzo Sirigatti. Questioni sui poliedri sono svolte in La quarta parte del general

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Piero della Francesca,

Libellus de quinque corporibus regularibus. BAV, Urb. lat. 632. Il Libellus inserito da Pacioli nella Divina proportione.

trattato (Venezia, 1560) di Nicolò Tartaglia e nel libro V dell'Algebra di Raffaele Bombelli, conservato manoscritto nel codice B. 1569 (a. 1570) della Biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna. l08 Alcuni problemi e raffigurazioni di poliedri si hanno inoltre nel Codice Atlantico di Leonardo 109 ed in altri manoscritti vinciani, come il codice Forster 1 . 110 Un elemento di curiosità, oltre che una testimonianza della diffu­ sione e conoscenza del testo di Pacioli, è costituito da un'opera di Pietro Apiano, o Peter Bienewitz, l'Astronomicum caesareum (lngolstadt, 1540): qui le iniziali maiuscole sono accompagnate da fregi, compren­ denti talvolta disegni di poliedri. Le figure dei solidi sono riprese dalla Divina proportione, mentre le lettere maiuscole sono simili a quelle dell'Alphabeto dignissimo antico del Pacioli, di cui parleremo tra bre­ ve. Lo studio dei poliedri suscitò anche l'interesse di alcuni artisti che operarono nel tardo Medioevo e nel Rinascimento. Disegni di poliedri sono dovuti, ad esempio, a Paolo Uccello e, come abbiamo visto, a Leo­ nardo da Vinci. Diversi sono gli artisti che si ispirarono, in particolare, al 72-basi. Secondo il Vasari, lo stesso Paolo Uccello eseguì "palle a settantadue facce a punte di diamanti". 111 Fra Giovanni de Verona lo rappresentò in pannelli intarsiati del monastero di Monte Oliveto e nella sacrestia di Santa Maria in Organo a Verona. Michelangelo fece costruire a Giovanni di Baldassarre detto il Piloto, orafo e scultore fio­ rentino, una palla in rame a settantadue facce per la lanterna della sacrestia nuova di San Lorenzo a Firenze.

12. Il Tractato del'architectura e l'Alphabeto dignissimo antico

Albrecht Dtirer, Underweysung der Messung,

Norimberga 1525. Daniele Barbaro, La pratica della prospettiva,

Venezia 1569.

n breve Tractato del'architectura è dedicato ad un gruppo di vecchi scolari del borgo natale "Cesaro dal Saxo, Cera del Cera, Rainer Fran­ cesco de Pippo, Bernardino e Marsilio da Monte, e Hieronymo del Secciarino e compagni . . . degni lapicidi de scultura e architectonica facultà solertissimi sectatori" . 112 n testo è suddiviso in 20 capitoli ed è ispirato al De architectura di Vitruvio ( 14 a.C.), di cui si conoscono innumerevoli edizioni e tradu­ zioni. In esso, Pacioli fornisce interessanti informazioni storiche ricor­ dando diversi artisti e architetti del suo tempo, quali Leon Battista Alberti, Paolo Uccello, Francesco di Giorgio Martini, Donato Braman­ te. Si propone inoltre di mostrare che la proporzione "divina" è presen­ te come principio di armonia e di bellezza nelle forme architettoniche e nel corpo umano. A tale proposito, secondo lo Justi, 113 il pittore Albre­ cht Diirer, che nei suoi scritti dichiarava doversi le figure e le teste ideali costruire secondo la teoria delle proporzioni, avrebbe subito proprio l'influenza del Pacioli.

66

Wenzel Jamnitzer,

Perspectiva corporum regularium, Norimberga 1568.

Lorenzo Sirigatti,

La pratica di prospettiva, Venezia 1596. Pietro Apiano,

Astronomicum caesareum, Ingolstadt 1540.

Le figure dei poliedri nell'Astronomicum caesareum.

68

Nei capitoli VI, IX, XI, XIX del Tractato, Luca parla anche della costruzione delle lettere maiuscole del suo Alphabeto dignissimo an­ tico, riportando alla fine del libro le figure delle lettere A - Y, con la descrizione dei modi per costruirle, mediante rette e cerchi, senza tuttavia farvi intervenire la sezione aurea. Prima del Pacioli, altri studiosi, calligrafi e stampatori, avevano composto opere sulla costruzione dell'alfabeto. Il veronese Felice Feliciano riscoprì nelle antiche iscrizioni la co­ struzione delle maiuscole latine e la descrisse nel suo trattato del 1460 circa, che si trova manoscritto alla Biblioteca Vaticana nel codice Vat. lat. 6852. 114 Il parmese Damiano da Moile, o Damianus Moyllus, è invece l'autore della prima costruzione a stampa dell'Alfabeto romano (Parma, c. 1480) di cui si è conservato un solo esemplare alla Biblioteca Palatina di Parma. 115 A quella del Moyllus, circa 30 anni dopo, fece seguito l'opera del Pacioli la cui trattazione emerge per chiarezza e rigore geometrico, eliminando "non solo ogni arbitraria interpretazio­ ne soggettiva, ma anche ogni contaminazione della sensibilità e dei movimenti della mano del calligrafo e dei mezzi strumentali tradizio­ nali: penna, pennello, scalpello a favore della riga e del compasso". 116 Nell'alfabeto del Pacioli, che adopera ben oltre 140 cerchi e semi­ cerchi, la lettera O è disegnata due volte con regole diverse; mancano invece la U, che a quel tempo era rappresentata dalla V, e la Z, la cui assenza sembra dimostrare che quell'alfabeto era destinato soprat­ tutto come modello per iscrizioni latine dove la lettera Z non veniva adoperata, essendo sostituita dalla T. Dopo la pubblicazione della Divina proportione ci fu una vera fio­ ritura di opere sulla costruzione delle lettere, che risentirono spesso l'influenza del matematico borghigiano, pur svolgendo generalmente una trattazione molto più ampia di quella del Pacioli, con diversi esempi di alfabeti. Ricordiamo la Theorica et pratica de modo scriben­ di (Venezia, 15 14) di Sigismondo Fanti, il primo trattato metodico e completo sulla costruzione dei più importanti caratteri; l'Opera del modo de fare le littere maiuscole antique (Milano, 1517) di Francesco Torniello; 117 La operina da imparare di scrivere (Roma, 1522) di Lu­ dovico degli Arrighi detto Vicentino; La vera arte delo excellente scri­ vere (Venezia, 1524) di Giovanni Antonio Tagliente; il Luminaria (To­ scolano, 1526) di Giovanbattista Verini; 118 i Nuovi modi d'insegnare a scrivere (Venezia, 1548) di Fra Vespasiano; i Sette alphabeti di varie lettere (Roma, 1554) di Ferdinando Ruano. Ispirato a modelli italiani ed allo stesso Pacioli, è il noto Champ fleury (Parigi, 1529) di Geoffroy Tory che si rifà anche all'alfabeto del Diirer, pubblicato nell'Underweysung der Messung.

69

Il "Tractato del'architectura" nella Divina proportione.

Vari alfabeti: l. Damiano da Moyle. 2. Sigismondo Fanti. 3. Francesco Torniello. 4. Giovanbattista Verini. 5. Geoffroy Tory.

70

Divina proportione, l'"Alphabeto dignissimo antico". Giovanni Antonio Tagliente,

La vera arte delo excellente scrivere, Venezia 1546. Ferdinando Ruano,

Sette alphabeti, Roma 1554. Albrecht Diirer,

Underweysung der Messung: lettere gotiche.

Geoffroy Tory,

Champ fleury, Pari gi 1529.

13. Gli Elementi di Euclide

La prima edizione degli Elementi di Euclide, Venezia 1482. Euclide,

Elementi, Parigi 15 16.

Nello stesso anno della Divina proportione, Pacioli pubblicò anche una versione latina degli Elementi di Euclide, dedicata al cardinale Francesco Soderini, fratello del Pietro cui era stata offerta la Divina proportione. La versione di Pacioli si basa su una traduzione dall'arabo, condot­ ta da Adelardo di Bath nel XII secolo, e ripresa da Giovanni Campano da Novara, cappellano del papa Urbano IV, che l'aveva arricchita di commenti. La versione di Campano era stata pubblicata a Venezia dal Ratdolt nel 1482, ed era stata ristampata nel 1491 a Vicenza; appena nel 1505 era apparsa, sempre a Venezia, una nuova traduzione, con­ dotta direttamente sul testo greco, ad opera di Bartolomeo Zamberti. Ambedue le versioni, di Campano e di Zamberti, non erano, per motivi diversi, esenti da difetti; lontana la prima dall'originale greco per essere passata attraverso una versione araba, poco corretta scien­ tificamente la seconda a causa della scarsa dimestichezza dello Zam­ berti con la geometria. Luca Pacioli, più attento alla coerenza mate­ matica che alla fedeltà filologica, preferisce riprendere la traduzione di Campano, che arricchisce di nuovi commenti, variazioni, annota­ zioni. In particolare, egli inserisce anche una prolusione al quinto li­ bro degli Elementi, da lui pronunciata a Venezia 1'1 1 agosto 1508 da­ vanti ad oltre 500 uditori, tra i quali il letterato Aldo Manuzio, il poeta Giovanni Antonio Flaminio, il cosmografo Francesco Roselli, i nobili fiorentini Bernardo e Giovanni Rucellai. Oltre all'edizione latina, il Pacioli aveva anche redatto una tradu­ zione in italiano, di cui ci informa nella suddetta dedica a Francesco Soderini, nella Divina proportione e nel De viribus quantitatis. 119 L'opera, già compiuta al tempo della stesura del De viribus, è però andata perduta; dovranno passare vari decenni prima che una tradu­ zione italiana, peraltro la prima traduzione degli Elementi in una lin­ gua moderna, andasse alle stampe. Si tratta della versione di Nicolò Tartaglia, pubblicata a Venezia nel 1543, e che ebbe una assai vasta diffusione, testimoniata dalle numerose ristampe che si protrassero per gran parte del XVI secolo. L'opera del Tartaglia, come pure molte delle edizioni della prima metà del '500, viene condotta su entrambe le traduzioni di Campano e di Zamberti. Queste continueranno ad essere stampate fino all'avvento delle nuove versioni, filologicamente e scientificamente più corrette, di Federico Commandino (Pesaro, 1572; traduzione italiana Urbino, 1575) e di Cristoforo Clavio, la cui prima edizione appare a Roma nel 1574, e che venne continuamente ristampata, divenendo il testo di base degli Elementi euclidei.

72

14. Il De viribus quantitatis Il De viribus quantitatis si conserva nel codice 250 della Biblioteca Universitaria di Bologna, che proviene dalla biblioteca del noto biblio­ filo bolognese Giovanni Giacomo Amadei ( 1686-1767). Il manoscritto, contrariamente al titolo, è in italiano volgare e si compone di 305 carte di cui le prime 15 sono occupate da un indice dettagliato e da una lettera dedicatoria, priva però del nome del desti­ natario. Da questa si deduce che l'opera venne composta dopo la ste­ sura del Compendio de la divina proportione; era inoltre compiuta il

19 dicembre 1508, giorno in cui il Pacioli ne chiese un privilegio di

stampa al doge di Venezia. 120

Il De viribus quantitatis costituisce la prima ampia raccolta di problemi a carattere ricreativo sullo stile di un altro testo manoscrit­ to, di non molto posteriore, il Libro di giuochi mathematici di Piero di Nicolao d'Antonio da Filicaia, che si trova alla Biblioteca Nazionale di Firenze, codice Magl. Cl. XI, 15 (c. 15 1 1). Qualche esempio isolato di problemi dilettevoli si ha già nella matematica orientale ed araba. Nell'VIII secolo d.C. troviamo inoltre una seppur breve raccolta di questioni del genere nelle Propositiones ad acuendos iuvenes attribuite ad Alcuino di York. Diversi problemi a carattere ricreativo sono riportati nel XII libro del Liber abaci di Leo-nardo Pisano e trovano posto, in misura diversa, nei trattati d'abaco e di aritmetica del Medioevo e del Rinascimento, manoscritti ed a stampa, sia anteriori che posteriori al De viribus. Segnaliamo, tra gli altri, il già citato Trattato d'abacho di M0 Benedetto da Firenze; la

Triparty en la science des nombres di Nicolas Chuquet composta nel 1484, ma pubblicata nel secolo scorso; 12 1 la Pratica d'arithmetica di Fran­ cesco Galigai e la Practica arithmetice di Girolamo Cardano, altrove ri­ cordate; La prima parte del general trattato (Venezia, 1556) di Nicolò Tar­ taglia. Giochi e problemi ricreativi, talvolta uguali a quelli del De viribus, sono presenti anche in diversi manoscritti di Leonardo da Vinci: il Codice Atlantico, e soprattutto i codici Forster e quelli dell'Istituto di Francia. Solo all'inizio del XVII secolo apparve la prima raccolta a stampa di problemi dilettevoli: opera di Claude Gaspard Bachet de Méziriac, appunto intitolata Problèmes plaisants et délectables (Lio­ ne, 1612). La maggior parte delle questioni proposte dal Bachet, ed in testi analoghi pubblicati successivamente, trova un sostanziale ri­ scontro nel manoscritto del Pacioli.

Il De viribus quantitatis è suddiviso in tre parti: I) Delle forze nu­ merali cioè de arithmetica. Il) Della virtù et forza lineale et geometria. III) De documenti morali utilissimi. La prima parte è la più interessante e contiene 8 1 problemi (di

73

Gli Elementi nella traduzione di Federico Commandino, Urbino 1575. Luca Pacioli,

De uiribus quantitatis. BUB , ms. 250.

S. Zanchi, Ritratto di Luca Pacioli. Un problema dal De viribus

quantitatis .

alcuni elencati nell'indice manca, però, lo svolgimento). Si tratta es­ senzialmente di questioni aritmetiche, la cui soluzione si trova ese­ guendo dei calcoli più o meno complessi, e che hanno spesso fonda­ mento nella teoria dei numeri; sono, però, presenti anche quesiti non aritmetici, ossia rompicapo risolubili mediante un opportuno ragiona­ mento. Molti dei problemi proposti rientrano nello stile di quelli svolti nel XII libro dei Liber Abaci e consistono nel dividere un numero dato in 2, 3, 4 o 5 parti legate da assegnate relazioni, e per lo più nell'indo­ vinare un numero pensato da altri in base a dati diversi.

A titolo di esempio riportiamo l'enunciato di alcuni problemi del De viribus, contrassegnandoli col numero che presentano nel manoscritto: l) De un numero in doi parti. Tradotto in simboli, si tratta di determinare le due parti x e y in cui viene diviso un numero dato a, in modo che valga la relazione: a (a + l) - (2x + ay) ------

a-1

=x +

y --

a-1

\1con x + y = a)

XXV) A trovare un numero ch'partito in 2 avanza l, in 3 (avanza) 2, in 4 (avanza) 3, in 5 (avanza) 4, in 6 (avanza) 7, in 7 nulla. Tale questione trae origine dalla matematica cinese ed è per que­ sto generalmente nota come "problema del resto cinese".

XLIIII) A sapere senza interrogatione alcuna quanti denari o altro l'huomo habbia in mano. LIII) A partir una botte de vino fra doi.

74

Cioè dividere a metà una botte da 8 some avendo a disposizione solo una botte da 3 some e una da 5 some. LVI-LX) De giudei (e) christiani in diversi modi et regole a farne quanti se vole. Si hanno qui cinque problemi, detti "effecti", tutti relativi al salva­ taggio di uno o più individui imbarcati insieme e soggetti a decimazio­ ne. Il gioco è presente, tra l'altro, nel Trattato d'abacho di Mo Benedet­ to. Nella Practica arithmetice, Cardano gli darà il nome di ''ludus Jo­ seph"122 poiché Egesippo, nel III libro della sua Guerra di Gerusa­

lemme narra che Giuseppe, governatore della città di Jotapata, si sal­ vò proprio con un simile stratagemma.

LXI) De 3 mariti et 3 mogli gelosi . L'origine d i tale rompicapo sembra risalire a l Alcuino, e nel caso più semplice corrisponde al ben noto problema dell'uomo che deve traghettare un lupo, una capra ed un cavolo. Interessante dal punto di vista matematico è il problema LXXI I che riguarda i quadrati magici, cioè Numeri in quadrato disposti se­

condo astronomi ch' per ogni verso fanno tanto cioè per lati e per dia­ metro: figure di pianeti et a molti giuochi acomodabili et però gli metto. Secondo il Loria, il De viribus è la prima opera in Europa che tratti tali figure. 123 Forse proprio dal Pacioli, il pittore Albrecht Diirer apprese l'esistenza dei quadrati magici, uno dei quali è infatti raffigurato nella sua nota incisione in rame intitolata Melancholia, che risale al 15 14. La seconda parte del De viribus comprende 80 problemi (o docu­ menti) geometrici seguiti da 54 giochi di carattere fisico-meccanico. Tra le questioni geometriche segnaliamo la costruzione approssimata dei poligoni regolari di 9, 1 1 , 13 e 17 lati. Di notevole interesse per le relazioni con Leonardo da Vinci è, ad esempio, il problema LXXXV di questa seconda parte nel quale il Pacioli racconta l'ingegnoso modo escogitato dal "nobile ingegnieri" di Cesare Borgia per permettere alle truppe del duca Valentino di attra­ versare un fiume privo di ponte, con l'opportuna utilizzazione di le­ gnami accatastati nelle vicinanze. Come osserva il Pedretti, 124 il nobi­ le ingegnere del Borgia, non esplicitamente nominato, era proprio il grande Leonardo. La terza parte del manoscritto non ha alcun carattere scientifico, essendo una raccolta di proverbi, acrostici, ricette, giochi, indovinelli ed aneddoti come quello notissimo dell' "uovo di Colombo" che l'autore attribuisce, però, al Brunelleschi.

Il problema dei mori e dei cristiani. BLF, Acq. e doni 154. Quadrati magici nel

De viribus quantitatis .

15. Il trattato De ludis Nella dedicatoria del De viribus quantitatis, il Pacioli accenna al "iocondo et alegro tractato de ludis in genere" ovvero "schifanoia". 125

75

Di questo lavoro, che conteneva in particolare un trattato De ludo scachorum, Luca chiese un privilegio di stampa nella già ricordata supplica al doge di Venezia del 19 dicembre 1508. n De ludis, dedicato a Francesco Gonzaga ed Isabella d'Este, non ci è purtroppo pervenuto. Anche il lavoro del Pacioli sul gioco degli scacchi si inserisce nel­ l'ambito di una trattatistica che ebbe un ampio sviluppo nel Medioevo e nel Rinascimento: quella relativa ai cosiddetti giochi da tavoliere. Diversi furono i testi manoscritti ed a stampa dedicati in partico­ lare agli scacchi, tra cui il Solatium ludi scachorum (Milano, 1479) di Jacopo de Cessolis ed il Libro da imparare giocare a scacchi (Roma, 15 12) del Damiano. Si ebbero anche alcune opere con la descrizione di altri giochi, oggi scomparsi, che seguivano regole molto complesse, in parte analoghe a quelle degli scacchi, in parte matematiche: come la rithmomachia, ossia "battaglia di numeri", forse di origine pitagorica. Uno dei testi a stampa piu' noti su tale gioco è un breve trattato, dal titolo Rithmimachie ludus, che costituisce la quarta parte di un volu­ me di Jacques Lefevres d'Etalpes (Parigi, 1496), contenente anche l'aritmetica e la musica. Un altro è Il nobilissimo et antiquissimo giuo­ co pythagoreo nominato Rythmomachia (Venezia, 1572) del matema­ tico italiano Francesco Barozzi. 126 NOTE l [ 14], p. 421 2 Divina proportione, Parte prima, c.

23 v.

3 Si veda la nota 66. Inoltre [73], p. 48 e [89] , p. 172.

4 Summa, 1494, c. 2r. 5 Supplica di Luca al doge di Venezia ( 19 dicembre 1508), c. 34 v . : cfr. qui p. 28. Si veda anche [14], p. 43 1 6 Cfr. [53] , pp. 454-455.

7 De viribus quantitatis, Parte prima, Un problema dalla seconda parte del De viribus

problema LVI. Cfr. [2] , pp. 186- 187. 8 [14], p. 42 1.

quantitatis.

9 Summa, Parte prima, c. 67 v. 10 Divina proportione, Parte prima, c.

La scacchiera della Rithmimachia .

29v. 1 1 Summa, Parte prima, c. 67v. 1 2 ASP, Archivio Storico del Comune di Perugia, Consigli e Riformanze, 1 1 3 (a. 1477), c c . 66v., 67r; 1 14 (a. 1478), cc. 4, 12, 54v. , 55, 57, 59, 60r., 69v. ; 115 (a.

76

1479), cc. 2 1v., 3 1v. ; 116 (a. 1480), cc. 10v. , 1 1v . , 30, 58r. Cfr. anche [ 14], pp. 383-385, 432-436. 13 Cfr. qui p. 41.

14 Summa, Parte prima, c. 67v. 15 [ 14] , p. 422 . 16 Summa, Parte prima, c. 98v. 17 ASP, Arch. St. del Comune di Peru­

gia, Consigli e Riformanze, 1 19 (aa. 1485-1486), c. 168 v.; 120 (aa. 14871488), cc. 29v. , 48v. Cfr. [ 14], pp. 386387, 436-437. 18 Summa, c. 2v. 19 Ibidem, Parte seconda, cc. 68v., 74v. 20 Ibidem, c. 2v.

21 [55], p. 48; [72], vol. I, p. 227. Cfr. anche [ 14], p. 394. 22 [53], p. 475.

23 AG-OFMConv, Regesta Ordinis, 2, cc. 2r. , 3r. Cfr. [14], p. 406 e [63]. 24 ASF,

Notarile Antecosimiano, 19268,

c. 56r.; 19269, c. 59r. 25 AG-OFMConv, Regesta Ordinis, 2, c.

5 1 AG-OFMConv, Regesta Ordinis, 4, cc. 12v.-13r. Cfr. [14] , pp. 413-414. 52 [53], p. 473. Ricordiamo infatti che, a

Br. Cfr. [ 14], p. 406 e [63]. 26 [70] , p. 2 19. 27 [33] , pp. 95-96.

dominio di Firenze.

28 AG-OFMConv, Regesta Ordinis, 2, c.

53 ASF, Not. Antec. , 17712, ins. 23 1 ;

9v. Cfr. [ 14] , p. 406 e [63]. 29 [ 14], pp. 407, 425.

54

30 Summa, c. 2r. 3 1 Ibidem, Parte seconda, c. 76r. 32 Cfr. [l4], p. 425.

quel tempo, San Sepolcro era sotto il

13439, cc. 15r.- 16v. , 104v. ASP, Arch. St. del Comune di Peru­

gia, Consigli e Riformanze, 127 (aa. 1509- 15 12), cc. 96 v. , 97r. , 99r., 100v., lOlr. Cfr. [ 14], p. 437.

33 1bidem, p. 407.

55 ASF, Dieci di Balia, Carteggio, Mis­

34 Divina proportione, Parte prima, c.

sive interne, 92, c. 32v. Cfr. [ 14], p. 414. 56 ASF, Signori, Carteggio, Minutari,

28v. 35 [ 12], p. 168.

20, c. 374v. Cfr. [ 14], p. 414.

36 Cfr. [47] , vol. IV ( 1976), cc. 288r. ,

57 ACSS, Serie V, l (p. 228). Cfr. [73] ,

33 lr.

pp. 22-23.

37 ASF, Not. Antec. , 19273 , cc. 63v. ,

58 ACSS, Atti Civili, 89, 24, c. 24. Cfr.

1 12v. , 132r. ; 19275, cc. 78, 85r., 87v. ;

[32], p. 474; [73], p. 20. 59 ASF, Not. Antec. , 13440, cc. 6lv. ,

19276, cc. 45r., 99v. Cfr. [ 14], pp. 869871.

84v.-85v.

38 Cfr. [14], p. 384.

60 ASF, Dieci di Balia, Carteggio, Mis­

39 ASF, Studio fiorentino e pisano, 4, cc.

sive interne, 92, c. 142r.; 93, cc. 126v. ,

2 1 7v. , 222r., 223v., 225, 226r., 227v. ,

138v. Cfr. [ 14], p. 414. 6 1 ASF, Capitani di Parte, Numeri Ros­

228r., 229v., 233r. ; 6, cc. 72r. , 74v., 76, 197r. , 198, 199, 202r. , 205v., 207r. ,

si, 1 1 , c. 135v. Cfr. anche [32] , p. 226. 62 [55] , p. 14; [72] , vol. II, p. 2 14; [ 14], p.

208v., 2 10r. BMF, Ms.Bigazzi, 109, cc.

415.

92r., 94v., 95v. , 98r. , 137, 138r. , 196,

lr. , 3r. , 5, 6r. , 7v. , 8, 9r. , lOv., 12r. , 13r. ,

63 ASF, Not. Antec. , 13440 , c. 155r.

15r. Cfr. anche [ 14], pp. 438, 864-869;

64

[87], vol. I, pp. 293, 373-383, vol. Il, pp.

65 ACSS, Serie V, l , (pp. 193-194, 248,

Ibidem, c. 159r.

462-465 .

272). Cfr. [73], pp. 21-24.

40

66

ASB, Riformatori dello Studio, Rotu­

li degli Artisti, 56. Cfr. [26] , p. 178. 4 1 [87], vol. I, p. 295. 42 ASF, Operai di Palazzo, 10, c. 67r. Cfr. [ 14], p. 4 1 1 . 43

AG-OFMConv, Regesta Ordinis, 3,

ASV, Notarile, Testamenti, busta

786, ins. 20 1 . Cfr. anche [73] , pp. 45-50 e [89], pp. 167- 174.

67 ASF, Not. Antec. , 17712, ins. 231, cit. 68 ASF, Not. Antec. , 6938, cc. 130r.13 lr. Cfr. inoltre [ 14] pp. 87 1-872; [73],

cc. 97v. , 128r. Cfr. [ 14] , pp. 410-4 1 1 .

pp. 50-52.

44

69 ASF, Not. Antec. , 13439, cc. 15r.- 16r.

[73], p. 16.

45 [30] , p. 295.

Cfr. [53], p. 47 1 .

46

7 ° Cfr. [84] , pp.96, 356. Questo codice è

Elementi, cc. 30r.-3 lv.

47 ASV, Collegio, Notatorio, reg. 16, cc.

stato pubblicato dall'Arrighi e da lui

34v.-35r. Cfr. [ 14], pp. 43 1-432.

attribuito a Pier Maria Calandri: cfr.

46

ASF, Signori, Carteggio, Minutari,

[18].

49 ASF, Not. Antec. , 6938 (testamento

7 1 Cfr. [ 17]. 72 Recentemente pubblicato in [6].

del 21 novembre 151 1), c. 130r. Cfr.

73 BAV, Vat. lat. 3 129, cc. lr. , 2r. Cfr.

20, c. 62r.

[14], p. 871; [73] , p. 50.

[ 14], p.428.

50 ACSS, Serie V, l (p. 14). Cfr. [73], pp.

74 Pubblicato in [67]. 75 Summa, c. 2r.

17-18 e [32], p. 225.

77

76 [ 14], p. 424. 77 Summa, Parte prima, c. 68v. 78 Cfr. [7]. 79 Cfr. [5]. 8° Cfr. [19] e [68]. 8 1 Summa, Parte prima, c. 198 v. 82 Ibidem, c. 200r. 83

Ibidem, c. 20 1r.

84

Ibidem, c. 202r.

85 Ibidem, c. 208v. 86 Cfr. in proposito [58]. 87 Entrambi pubblicati da Sapori in [4] e [65] . 88

Cfr. [ 1 1 ] .

89 Si veda [24] . 90

Summa, Parte prima, c. 223r.

9 1 [3] , p. 1 19. 92 Cfr. [66] , p. 76. 93 Divina proportione, Parte prima, c. lr. 94

Ibidem, c. 2r. 95 I 13 poliedri semiregolari scoperti da Archimede furono resi noti e de­ scritti dal matematico greco Pappo nel V libro della Collezione matemati­ ca (c. 320 d.C.), pubblicata in versione latina a Pesaro nel 1558. 96

Cfr. [71].

97 Divina proportione, Parte prima, c. 22r. 98 1bidem, c. 30v. 99 De

viribus quantitatis, c. l. Cfr. [14],

p. 430. 1 00 Cfr. [4 7], vol. VIII ( 1979), cc. 707r. e

78

708r. 10 1 Cfr. [48] , c. 80v. 102 Divina proportione (c. A v.) e [62] (p. 143). 1 03 De viribus quantitatis, c. 237r. 1 04 Cfr. qui p. 24.

1 05 Divina proportione, Parte prima, cc. 22r. , 28v. 106 Cfr. qui p. 27. 1 07 Pubblicato in [53].

1 08 Cfr. [13]. I primi tre libri dell'Alge­

bra vennero pubblicati a Bologna nel 1572. 1 09 Cfr. qui le pp. 63-64. 11° Cfr. [49] , cc. 7r. , 15r. 111 Cfr. [86] , p. 346.

112 Divina proportione, Parte prima, c.

23r. 113 Cfr. [46] : recensione, p. 22. 114 Cfr. [34] .

11 5 Cfr. [60] . 11 6 Cfr. [74] , p. 13. 11 7 Cfr. [80]. 118 Cfr. [88]. 119 Elementi, c. aii v., Divina proportio­

ne, c. Aii e De viribus quantitatis, c. 2r. 12° Cfr qui p. 28.

121 Cfr. [22]. 122 Practica arithmetice, c. 143 v. 123 [51], p. 284.

124 [64] , p. 48. 125 De viribus quantitatis , c. 2r. Cfr. [14], p. 436. 126 Cfr. [81].

C atalogo

I. Leonardo Fibonacci e la rinascita della matematica in Occidente.

Attorno al 1200 si assiste a un nuovo interesse per la matematica dopo un'eclisse di secoli. Vengono riscoperti i classici greci, in primo luogo gli Ele­ menti di Euclide, grazie ad alcune tra­ duzioni dall'arabo. Di ritorno a Pisa dopo un lungo soggiorno nei paesi mu­ sulmani, Leonardo Fibonacci (Leonar­ do Pisano) scrive il Liber Abaci e la Practica Geometriae, due testi che compendiano il sapere matematico del tempo. Nel Liber Abaci troviamo le ci­ fre arabe, la scrittura posizionate dei numeri, le operazioni aritmetiche, i problemi commerciali, le formule riso­ lutive delle equazioni di secondo grado.

2

l. Leonardo Fibonacci, Liber Abaci. (sec.

XIV)

Ms. cartaceo, 282 x 220 mm., 168 cc. num. Firenze, Biblioteca Mediceo Laurenziana, Gadd. Rei. 36.

Prima opera in Italia a trattare del si­ stema di numerazione posizionale e dell'algebra, il Liber Abaci fu compo­ sto nel 1202. Il codice laurenziano con­ tiene i capitoli 12- 15. 2 . Leonardo Fibonacci, Scritti di Leonardo Pisano matematico del secolo decimoterzo pubblicati da Baldassarre Boncompagni . Volume I (Liber Abbaci). Roma, Tipografia delle Scienze Matematiche e Fisiche, 1857. Volume II (Practica Geometriae ed Opuscoli) Id. , 1862 2 voli., 335 x 236 mm., [4], 459; [4], 283 pp. Firenze, Dipartimento di Matematica, 22. B.

4

1. 1.

Prima edizione a stampa, curata da Baldassarre Boncompagni, delle ope­ re di Fibonacci. Gli opuscoli contenuti nel secondo volume sono : Flos, Episto­

la ad Magistrum Theodorum e Liber quadratorum.

3

II. Le scuole d'abaco.

Dopo un periodo di incertezza, la nuo-

81

va matematica si diffonde in Europa. In Italia, specie nei maggiori centri commerciali, sorgono scuole d'abaco, dove si insegna l'aritmetica applicata ai commerci. In molti casi, come a Ve­ rona, a Siena, a Lucca, i maestri d'aba­ co sono anche stipendiati dal comune o dalla corporazione; a Firenze invece l'insegnamento è privato. Il gran nu­ mero di codici d'abaco testimonia la diffusione della cultura abachista; se­ condo Giovanni Villani, nel 1338 più di mille studenti frequentavano a Fi­ renze sei scuole d'abaco. 3. Tratato sopra l'arte della Arismetricha. (c. 1390) Ms. cartaceo, 408 x 215 mm., 180 cc. num. Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Fond. prin. Il. V. 152).

4. Arte d'Arismetrica. (c. 1452) 5

Ms. cartaceo, 200 x 140 mm., 152 cc. num. Firenze, Biblioteca Riccardiana, Ricc. 2369.

5. Faculta della Arismetrica . Firenze, 1455 Ms. cartaceo, 2 1 1 x 145 mm., 141 cc. num. Firenze, Biblioteca Riccardiana, Ricc. 237 4.

6. Tractatu di regula di quantitati . (c. 1485) Ms. cartaceo, 140 x 100 mm., 227 cc. num. Firenze, Biblioteca Mediceo Laurenziana, Ash. 956.

Una serie di manoscritti anonimi, pro­ babilmente correlati all'insegnamento nelle scuole d'abaco. L'ultimo di essi, proveniente dalla Calabria, testimo­ nia la diffusione della matematica del­ l'abaco anche al di fuori dei grandi cen­ tri commerciali. 6

Ill. La trattatistica medievale.

Accanto ai manuali manoscritti d'aba­ co, usualmente piuttosto poveri per ve­ ste e contenuto, si compongono anche opere di grande impegno. Vengono ese­ guiti codici miniati di grande pregio, destinati ai principi, ma soprattutto importanti trattati, che contengono gran parte del sapere del tempo, e che

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possono gareggiare per completezza con il volume di Fibonacci, vere e pro­ prie enciclopedie di matematica. In essi vengono inserite sovente parti di opere di altri matematici, notizie sulla loro vita e sulle scuole nelle quali ave­ vano insegnato. 7. Paolo Gherardi, Libro di Ragioni. 1328 Ms. pergamenaceo, 222 x 172 mm., 70 cc. num. Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Magi. Cl. XI, 87.

Il Gherardi è un fiorentino provenien­ te da Montpellier. Il codice, che pre­ senta frequenti riferimenti a località spagnole, è un indice delle possibili in­ fluenze della matematica arabo-iberi­ ca. Nel volume del Gherardi si trovano alcune formule (errate) per la soluzio­ ne delle equazioni di terzo grado. 8. Trattato di Praticha d'Arismetricha. (c. 1460) Ms. cartaceo, 291 x 220 mm. , 494 cc. num. Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Pal. 573. (v. illustrazione pag. 38)

9. B[enedetto da Firenze], Trattato di Praticha d'Arismetrica. Firenze, 1463 Ms. cartaceo, 402 x 281 mm., 500 cc. num. Siena, Biblioteca Comunale, L. IV. 2 1 .

L'opera di Maestro Benedetto contie­ ne scritti di Antonio Mazzinghi e di Giovanni di Bartolo, come pure parti del Liber quadratorum di Leonardo Pisano. 10. [Maestro Dardi di Pisa], Aliabraa Argibra . (c. 1470) Ms. cartaceo, 285 x 212 mm . , 112 cc. num. Siena, Biblioteca Comunale, l. VII. 17.

Uno dei rari codici dedicati interamen­ te all'algebra. In esso troviamo i proce­ dimenti risolutivi di 198 differenti equazioni algebriche, incluse equazio­ ni di terzo e quarto grado relative a problemi di interessi.

1 1 . [Benedetto da Firenze, Trattato d:4.bacho] Firenze, 1473 Ms. cartaceo, 292 x 198 mm. , 178 cc. num. Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Magi. CL XI, l.

Il trattato di Benedetto da Firenze è considerato un modello della trattati­ stica dell'abaco. Di esso si conoscono circa 20 copie. 12. Lucha di Matteo, Arte d:4.bocho. (sec. XV) Ms. pergamenaceo, 202 x 138 mm. , 78 cc. num. Firenze, Biblioteca Mediceo Laurenziana, Plut. 30, 25. (v. illustrazione pag. 34)

Luca di Matteo è uno dei più importan­ ti e attivi tra i maestri d'abaco che ope­ rarono fra il Trecento e il Quattrocento.

IV. La matematica colta.

7

9

La matematica commerciale viene in­ segnata soprattutto nelle scuole d'aba­ co, mentre nelle Università si insegna una matematica più colta, indirizzata per lo più allo studio dell'astronomia, dell'astrologia e della medicina, tre di­ scipline fortemente collegate tra loro. All'Università l'insegnamento della matematica comprendeva, oltre a testi astrologici, la lettura di parte degli Elementi di Euclide, e lo studio della Sfera di Sacrobosco, un trattato ele­ mentare di astronomia, talvolta am­ pliato alle Teoriche dei pianeti. 13. Giovanni Sacrobosco (John Holywood), Sphera mundi [In fine:] Impressum Venetiis per Magistrum Gullielmum de Tridino de Monteferrato Anno Salutis 149 1 207 x 154 mm . , 48 cc. non num., a8-f". Firenze, collezione privata.

10 11

La Sfera di Sacrobosco, un trattato elementare di astronomia, è una delle opere più diffuse e più studiate nel Me­ dioevo, come dimostrano le fitte note che il proprietario, tale Giovanni Bat­ tista Gualteri, ha scritto in margine. 14. Giovanni Sacrobosco (John Holywood), Liber Ioannis de Sacro

83

13

14

17 16

84

Busto, de Sphaera. Addita est praefatio in eumdem librum Philippi Mel[anctoni] ad Symonem Gryneum . [In fine:] Venetiis, per loan. Anto. & Fratres de Sabio, Anno domini 1532 143 x 98 mm. , 38 cc. non num. , A'-D', E6•

Firenze, collezione privata.

Una minuscola edizione cinquecente­ sca della Sfera . Alla carta Aij il nome di Filippo Melantone è stato tagliato dalla censura. 15. Preclarissimus Liber Elementorum Euclidis perspicacissimi in artem geometrie incipit. [In fine:] Erhardus Ratdolt Augustensis Venetiis impressit anno salutis 1482 310 x 2 10 mm., 138 cc. non num. , a10, b'-r'. Roma, Dipartimento di Matematica, 1400. E.

l . (v. illustrazione pag. 72)

La prima edizione a stampa degli Ele­ menti, basata su una traduzione ese­ guita dall'arabo. Essa fu seguita da una seconda edizione, stampata a Vi­ cenza nel 149 1 , poi da una versione di­ retta dal greco, edita a Venezia nel 1505, e da innumerevoli altre. 16. Pietro Apiano (Peter Bienewitz), Instrumentum sinuum, seu primi mobilis, nuper a Petro Apiano inventum, nunc autem ab eodem diligenter recognitum & completatum. Norimbergae, apud lohan. Petreium, 1541 324 x 205 mm., [44] cc. non num., a4-14•

Firenze, collezione privata.

La descrizione di uno strumento astro­ nomico, corredata di una tavola di seni e di istruzioni per l'uso. 17. Giovanni Regiomontano (Johann Mtiller), De triangulis planis et sphaericis libri quinque [. .. ] in lucem edita in gratiam matheseos studiosorum per Danielem Santbech. Basileae, [1561] 3 3 5 x 2 19 mm., [ 8 ] , 146, [38] pp.

Firenze, Istituto e Museo di Storia della Scienza, Antico 206.

Lo studio dei triangoli era fondamen­ tale sia per le operazioni di geodesia

che per le osservazioni astronomiche. V. La stampa.

Verso la metà del Quattrocento, Jo­ hann Gutemberg stampa il primo libro a caratteri mobili. L'invenzione è desti­ nata a rivoluzionare la diffusione del­ la cultura, imprimendo alla circola­ zione delle idee un'accelerazione senza precedenti. Il primo volume di mate­ matica dato alle stampe è un'Aritmeti­ ca anonima, che vede la luce a Treviso nel 1478. Nel 1482 vengono stampati gli Elementi di Euclide, un'opera che nel solo XVI secolo vedrà più di 70 edi­ zioni. Alla fine del Cinquecento, tutto il corpus della matematica greca è a di­ sposizione degli scienziati. 18. Incommincia una practica molto bona et utile: a ciaschaduno chi vuole uxare larte dela merchadantia, chiamata vulgarmente larte de labbacho. [In fine:] A Trivisio, 1478

19

197 x 138 mm. , 62 cc. non num., senza segn. Bologna, Biblioteca Universitaria, A. V. B. IX. 7. (v. illustrazione pag. 39)

La prima opera matematica apparsa a stampa. 19. Tetragonismus id est circuli quadratura per Campanum, Archimede m syracusanum atque Boetium mathematicae perspicacissimos adinventa . [In fine:] lmpressum Venetiis per loan. Bapt. Sessa. Anno ab incarnatione Domini 1503 208 x 147 mm. , 32 cc. Genova, Centro per la Storia della Tecnica del CNR.

È questa la prima opera di Archimede data alle stampe, a cura di Luca Gau­ rico. 20. Pietro Borghi, Qui comenza la nobel opera de arithmethica nella qual se tracta tute cosse a mercantia pertinente {acta e compilata per Piero Borgi da Veniesia . Nella inclita citta de Venetia. 1484 195 x 140 mm., 1 16, [2] cc.

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20

trattato, oggi perduto. Dopo aver pre­ so i voti, insegna all'Università di Pe­ rugia, a Zara, a Milano, dove conosce Leonardo, a Firenze, e probabilmente a Bologna, a Roma, a Napoli. Dei suoi rapporti con il conterraneo Piero della Francesca, per più versi evidenti, non ci sono giunti documenti. Ai periodi di insegnamento il minorita intercala al­ cuni soggiorni a Sansepolcro, non sen­ za qualche screzio con i confratelli. Muore nel l51 7. 22. Silvio Zanchi, Ritratto di Luca Pacioli Olio su tela, 94 x 128 cm. Roma, Ministero del Tesoro. (v. illustrazione pag. 74)

23. Angiolo Tricca, Piero della Francesca ormai cieco in atto di dettare le regole della geometria al suo scolare Luca Pacioli

21

Modena, Biblioteca Estense, a . B. 6. 23.

Pur essendo stampato dopo l'Aritmeti­ ca di Treviso, quello di Borghi fu uno dei più diffusi libri d'abaco del Cinque­ cento. 2 1 . Filippo Calandri, Philippi Calandri ad nobilem et studiosus Julianum Laurentii Medice de arimethrica opusculum. Impresso nella excelsa cipta de Firenze, per Lorenzo de Morgiani et Giovanni thedesco da Maganza, 1491 140 x 97 mm, 104 cc. non num., a