Le pietre del Re: Archeologia, trattatistica e tipologia delle fortificazioni campali moderne fra Piemonte, Savoia e Delfinato 9781407308807, 9781407338651

This work presents a preliminary report on some new studies in the field of Italian Postmedieval Archaeology. The first

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Le pietre del Re: Archeologia, trattatistica e tipologia delle fortificazioni campali moderne fra Piemonte, Savoia e Delfinato
 9781407308807, 9781407338651

Table of contents :
Front Cover
Title Page
Copyright
Notebooks on Military Archaeology and Architecture
Prefazione
Indice
Introduzione
Parte Prima: Archeologia e Archeologia Militare
CAPITOLO 1: L’Archeologia Militare
CAPITOLO 2: Archeologia Militare e Archeologia Postmedievale
CAPITOLO 3: L’Archeologia Militare Moderna in Piemonte
Parte Seconda: Le pietre del Re
CAPITOLO 1: La difesa limitanea dello Stato Sabaudo e la fortificazione campale
CAPITOLO 2: La trattatistica di fortificazione campale nel XVIII secolo
CAPITOLO 3: Le componenti della fortificazione campale alpina Classificazione preliminare
CAPITOLO 4: Le componenti della fortificazione campale alpina Esemplificazione archeologica delle categorie
Parte Terza: Immagini delle pietre del Re
La documentazione grafica e fotografica
Parte Quarta: Bibliografia Generale
Bibliografia Generale

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BAR S2303 2011

Notebooks on Military Archaeology and Architecture 6  Edited by Roberto Sconfienza 

Le pietre del Re SCONFIENZA

Archeologia, trattatistica e tipologia delle fortificazioni campali moderne fra Piemonte, Savoia e Delfinato

Roberto Sconfienza LE PIETRE DEL RE

B A R

BAR International Series 2303 2011

Notebooks on Military Archaeology and Architecture 6  Edited by Roberto Sconfienza   

Le pietre del Re Archeologia, trattatistica e tipologia delle fortificazioni campali moderne fra Piemonte, Savoia e Delfinato

Roberto Sconfienza

BAR International Series 2303 2011

Published in 2016 by BAR Publishing, Oxford BAR International Series 2303 Notebooks on Military Archaeology and Architecture 6 Series Editor: Roberto Sconfienza Le pietre del Re © R Sconfienza and the Publisher 2011 The author's moral rights under the 1988 UK Copyright, Designs and Patents Act are hereby expressly asserted. All rights reserved. No part of this work may be copied, reproduced, stored, sold, distributed, scanned, saved in any form of digital format or transmitted in any form digitally, without the written permission of the Publisher.

ISBN 9781407308807 paperback ISBN 9781407338651 e-format DOI https://doi.org/10.30861/9781407308807 A catalogue record for this book is available from the British Library

BAR Publishing is the trading name of British Archaeological Reports (Oxford) Ltd. British Archaeological Reports was first incorporated in 1974 to publish the BAR Series, International and British. In 1992 Hadrian Books Ltd became part of the BAR group. This volume was originally published by Archaeopress in conjunction with British Archaeological Reports (Oxford) Ltd / Hadrian Books Ltd, the Series principal publisher, in 2011. This present volume is published by BAR Publishing, 2016.

BAR PUBLISHING BAR titles are available from:

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BAR Publishing 122 Banbury Rd, Oxford, OX2 7BP, UK [email protected] +44 (0)1865 310431 +44 (0)1865 316916 www.barpublishing.com

Notebooks on Military Archaeology and Architecture   

 

Edited by Roberto Sconfienza   

   

La collana pubblicato all’interno della serie British Archaeological Reports, di cui questo libro costituisce il sesto volume, nasce in seguito al desiderio di poter aprire uno spazio autonomo per le pubblicazioni di un settore specialistico degli studi archeologici e storico-architettonici, che è quello relativo al più ampio tema della storia militare. Non si danno perciò fin d’ora limiti cronologici o spaziali, volendo fornire al maggior numero di studiosi la possibilità di pubblicare studi inerenti il tema della collana. Per comunicazioni e proposte di pubblicazioni fare riferimento al responsabile: ROBERTO SCONFIENZA

*****

 

La collection publié dans la série British Archaeological Reports, dont la présente édition constitue le sixième exemplaire, remonte au désir de faire place aux publications concernant le secteur de l’histoire militaire, un secteur très spécialisé dans le panorama des études d’archéologie et d’histoire de l’architecture. Dans le but d’offrir au plus grand nombre d’auteurs la possibilité de publier leurs ouvrages, on n’a donné aucune limite spatio-temporelle aux sujets traités. Pour tout renseignement et proposition de publication s’adresser au responsable: ROBERTO SCONFIENZA

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The sub-series, published within British Archaeological Reports, of which the present volume is the sixth issue, originates from the desire to open a new, autonomous ground for specialized publications concerning archaeological and historical studies, in particular relating to the wider field of military studies. No boundaries are set, concerning time and space, since the aim is to offer the most scholars the possibility to publish their works relating to the topic of the series. For any further suggestions and proposals of publications please contact the editor: ROBERTO SCONFIENZA

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Der vorliegende Band stellt die sechste Nummer veröffentlich in der British Archaeological Reports Reihe. Diese Serie entsteht infolge des Wunsches einen selbständigen Platz zu schaffen, der für die Ausgaben eines fachmännischen Gebietes von der archäologischen und architektonischgeschichtlichen Untersuchungen bestimmt ist. Von jetzt an, setzt man keine chronologischen oder räumlichen Grenzen; auf diese Weise hat ein größer Teil der Gelehrten die Gelegenheit die Untersuchung über den Gegenstand dieser Bücherreihe zu veröffentlichen. Für die Mitteilungen und Veröffentlichungs-vorschlage darf man sich auf den Verantwortliche beziehen: ROBERTO SCONFIENZA

 

Roberto Sconfienza, - via Claudio Beaumont n. 28, 10138, Torino, Italia - via per Aglié n. 12, 10090, Cuceglio, (Torino), Italia n. tel. 0033-011-4345944; 0033-0124-492237; 0039-333-4265619 mail: [email protected] sito internet: http://www.archeofortificazioni.org

         

  I

NOTEBOOKS ON MILITARY ARCHAEOLOGY AND ARCHITECTURE Edited by Roberto Sconfienza e-mail: [email protected] No 1

ROBERTO SCONFIENZA, BAR Fortificazioni tardo classiche e ellenistiche in Magna International Series 1341 Grecia. I casi esemplari nell’Italia del Sud, 2005 Oxford 2005

No 2

GIOVANNI CERINO BADONE, BAR La guerra contro Dolcino “perfido eresiar-ca” (1305- International Series 1387 1307). Descrizione e studio di un assedio medioevale, 2005 Oxford 2005

No 3

PAOLA GREPPI, Provincia Maritima altomedievali in Liguria, Oxford 2007

No 4

ROBERTO SCONFIENZA, BAR Pietralunga 1744. Archeologia di una batta-glia e delle International Series 1920 sue fortificazioni sulle Alpi fra Piemonte e Delfinato. 2009 Italia nord-occidenta-le Oxford 2009

No 5

GIORGIO DONDI, BAR La fatica del bello. Tecniche decorative del-l’acciaio e International Series 2282 del ferro su armi e armature in Europa tra Basso 2011 Medioevo ed Età Moderna Oxford 2011

No 6

BAR ROBERTO SCONFIENZA, Le pietre del Re. Archeologia, trattatistica e tipologia International Series 2303 delle fortificazioni campali moderne fra Piemonte, 2011 Savoia e Delfinato Oxford 2011

BAR Fortificazioni International Series 1839 2007

Italorum.

II

Prefazione

Con il vol ume che ho oggi il piacere di i ntrodurre, si arricchisce di un altro i mportante t assello il quadro che la collana di Archeologia ed A rchit ettura Militare - di cui Roberto Sconf ienza è curatore - va rapi damente ed ef f icacemente componen do, volume dopo volume. L’importanza che gli studi di archeol ogi a militare ri vestono, e le potenzialità che lasciano int ravedere, si manif estano qui nel t entativo f elicemente riuscito di appli care trasversalmente ed i n modo diacroni co - dalle f asi più anti che f ino all’età moderna - la metodologia della ricerca archeol ogica al l’analisi del “manuf atto militare”, riconoscendo a questo campo di indagine una peculiarità specif ica e, nel cont empo, una grande versatilità di applic azioni. La convi nzione della validità di questo approccio metodologic o era già present e nel la pref azione del volume dell’Autore, dedicato alle f ortif icazioni t ardoclassi che ed ell eni stiche in Magna Grecia, che inaugurava questa collana nel 2005 , ma viene ora, ne “Le pietre del Re”, esplicitata chiarament e e dettagliatament e motivata, venendo così a costitui re questo volume un rif erimento impo rtante per chi voglia avvici narsi alla mat eria. L’illustrazione delle f ortif icazioni campal i negli Stati Sabaudi t ra la metà del X VII e il XVIII secolo, condotta con acribia e senza trascurare alcun genere di documentazi one, spesso dall’Autore autopticament e verif icata e a volte ancor meglio dettagliata, permette poi a chi legge di speri mentare sul campo la bontà di quell’intui zione di metodo.

III

L’Autore sott olinea la necessit à della contest ualizzazione degli apprestamenti militari, che vengono così ad essere portatori di inf ormazioni che vanno ben ol tre quelle relative all’ambito specif ico per cui essi f urono reali zzati - e che sono materializzat e nell e diverse soluzioni architettoni che proposte e dall’Autore ben esempl if icate - giungendo a costitui re un el emento import ante dell a f isionomia insediativa, e non solo, del territorio su cui insi stono. Un ulteriore pregio del lavoro di Robert o Sconf ienza è costituito poi dal tentati vo, perseguito con det erminazione, di portare all’attenzione degli studiosi italiani una disciplina, quell a dell’Archeologia Militare appunto, che presso altre realtà accademiche europee ri sulta assai più f requentata. Non rest a inf ine da auspicare che questo promettent e f ilone di ricerca porti presto altri nuovi risult ati, a riprova ulteriore delle potenzialità, solo in parte espl orat e, di un approccio t rasversale quanto ri goroso agli studi di Archeologi a e di Archit ettura Militare. Rosina Leone Universi tà degli Studi di Torino

Torino, marzo 2011

IV

INDICE

P R E F A ZI ONE Rosina Leone

p. III

INDICE

p. V

I N T R OD U ZI ON E

p. XI

PARTE PRIMA Archeo logia e Archeo logia Milit ar e

p. 1

C A P IT OL O 1 L’Archeo logia Milit are - Una poss ibile definiz io ne dell’Archeo logia Milit ar e - Archeo logia Milit are e ar cheo logie t radizio nali § Archeo logia Greca § Archeo logia Ro mana § Storia dell’ Art e Ant ica § Archeo logia Medieva le

p. p. p. p. p. p. p.

3 3 5 5 6 9 10

C A P IT OL O 2 Archeo logia Milit are e Archeo logia Post medievale - L’Archeo logia Post medievale - Archeo logia Milit are d’Et à Moderna § Archit et t ura Milit are § Storia Milit are e Po lior cet ica Moder na § Archeo logia Milit are

p. p. p. p. p. p.

13 13 14 14 16 18

C A P IT OL O 3 L’Archeo logia Milit are Moderna in P ie mo nt e - Stor ia Milit are - Archit et t ura Milit are - Ar mi e Inst rumentum Bellicum - Cartografia e Coro grafia - Fra Storia e Archeo lgia Milit are

p. p. p. p. p. p.

21 21 22 23 23 24

P A R T E S E C ON D A Le piet re del Re

p. 27

C A P IT OL O 1 La difesa limit anea dello St ato Sabaudo e la fort ificazio ne campale - Confini e fort ificazio ni sulle Alpi Occident ali - Invenz io ne planimet r ica e t ecniche cost rutt ive - Carat t eri dell’opera campale alpina

p. p. p. p.

V

29 29 33 34

C A P IT OL O 2 La t ratt at ist ica di fort ificazio ne ca mpale nel XVIII seco lo - Fra XVII e XVIII seco lo in ambient e piemo nt ese - Aut ori e t est i nella pr ima met à del ’700 § Sebast ien le Prest re de Vauban § Louis de Cor mont aigne § Giuseppe Ludovico Nico lis di Robilant § Louis André de la Mamye de Clairac - Aut ori e t est i nella seco nda met à del ’700 § Louis Joseph Cugnot § Alesandro Vit torio Papacino d’Ant oni § Giuseppe Ogliani C A P IT OL O 3 Le co mpo nent i della fort ificazio ne campale alpina Classificazio ne preliminar e - La classificazio ne: i cr it er i dist int ivi - La classificazio ne: le cat egor ie § La linea § La fr eccia § La t enaglia singo la e doppia § L’opera a corno § La r idott a § I l baraccone § La t ipo logia gener ale di fort ificazio ne campale C A P IT OL O 4 Le co mpo nent i della fort ificazio ne campale alpina Esemplificazio ne archeo logica delle cat egorie - La linea (L) § La t eoria e le fo nt i § Linea iso lat a (LA) § Linea di co mplesso (LB) § Linea di co municazio ne (LC) - La freccia ( F) § La t eoria e le fo nt i § Freccia iso lat a (FA) § Freccia di co mplesso (FB) - La t enaglia (T) § La t eoria e le fo nt i § Tenaglia iso lat a (TA) § Tenaglia di co mplesso (TB) - La t enaglia doppia (Td) § Tenaglia doppia iso lat a (TdA) § Tenaglia doppia in co mplesso (TdB) - L’opera a corno (C) § La t eoria e le fo nt i § Opera a corno in r idott a iso lat a (CA) § Opera a corno in co mplesso (CB) VI

p. p. p. p. p. p. p. p. p. p. p.

37 37 39 39 40 40 42 44 44 45 46

p. p. p. p. p. p. p. p. p.

49 49 50 50 50 51 51 52 52

p. 53

p. p. p. p. p. p. p. p. p. p. p. p. p. p. p. p. p. p. p. p. p.

57 57 57 58 60 67 68 68 70 70 71 71 72 73 73 74 74 75 75 76 76

- La r idot t a (R) § La t eoria e le fo nt i § Ridott a a freccia (RA) § Ridott a quadrat a (RB) § Ridott a a t enaglia (RC) § Ridott a a piant a t enagliat a (RD) § Ridott a a baracco ne (RE) § Ridott a ad opera a corno (RF) § Ridott a poligo nale ( RG) § Ridott a bast ionat a (RH) - Il Baraccone (Ba) § Baraccone ret t ango lar e (BaA) § Baraccone ad U (BaB)

p. p. p. p. p. p. p. p. p. p. p. p. p.

PARTE TERZA I mmagini delle piet re del Re

p. 95

- La document azio ne grafica e fot ografica - Fig. 1 in Fig. 126

76 76 79 80 82 83 87 87 88 89 92 92 93

p. 97 p. 100 - p. 161

P A R T E Q U A RT A Bibliografia Gener ale

p. 163

Bibliografia Gener ale - Suddivis io ne ragio nat a per argo ment i § Epist emo logia Archeo logica e Met odologie § Archeo logia e St oria Milit are Ant ica e Medievale § Tratt at ist ica e Memor ialist ica Milit are Moderna § Archit et t ura Milit are Moderna § Fort ificazio ne Campale § Archeo logia Milit are Moder na § Storia Milit are, St rat egica, Po lit ica e Territ oriale Moder na - Manoscr it t i e document azio ne d’ar chivio § Ent i di conser vazio ne § Document i e Trat t at i manoscr it t i - Biblio grafia edit a: svo lgiment o delle abbreviazio ni

VII

p. 165 p. 165 p. 165 p. 165 p. p. p. p.

166 166 167 167

p. p. p. p. p.

167 168 168 168 170

VIII

Je suis per suadé qu’un semblable ouvrage donnero it sur la fort ificat ion des not ions & des idées bien diffèrent es de celles que l’o n en prend d’ordinair e. Co mmençant ainsi à la mieux conno ît re, il est probable que l’o n co mmenceroit aussi à la mieux cult iver (de Clairac, L’ingénieur de campagne)

IX

X

Introduzione

L’impiego delle metodologie di studio archeologico alla storia delle fortificazioni può variare a seconda dei manufatti che si prendono in esame. Per quanto riguarda specificamente le opere difensive di età moderna sono diversi gli interventi possibili, a seconda che l’oggetto di studio corrisponda ad un’opera temporanea o ad una permanente. Nel primo caso la ricognizione sul terreno assume una funzione essenziale per l’identificazione della fortificazione, delle sue caratteristiche costruttive e della sua estensione. Nel secondo caso gli elevati conservati, le tracce lasciate dai perimetri sull’assetto urbanistico di epoca successiva o il reimpiego talvolta delle strutture stesse in nuovi edifici permettono un’identificazione più circoscritta, ma anche più ardua a causa dell’analisi delle stratigrafie murarie e, in generale, dei resti di un’opera che non si è conservata autonomamente. In ogni caso lo st udio di t ali manufat t i, in ent rambe i casi co nsiderat i, è acco munato dall’ indagine ar chivist ica e dall’int er vent o sul t erreno . Quest ’ult imo , archeo logicament e par lando, nella sua for ma di scavo t radizio nale sarebbe sempre auspicabile, po iché le moder ne t ecniche st rat igrafiche per met tono innanzit ut to di st abilir e una crono logia relat iva fr a le fasi di vit a, nonché fra di esse e un’event uale dist ruzio ne, ma soprat t utto è possibile definir e una crono logia asso lut a individuando mat er iali mo bili dat ant i, co me per ese mpio la ceramica nei cavi di fo ndazio ne. Lo scavo t utt avia non è sempre poss ibile, in ragio ne dei cost i elevat i e della diffico lt à di pianificazio ne per int er vent i in sett ori specia list ici co me quest o, ma la r icognizio ne sul t erreno, anche so lo impost at a co me vis it a «scient ifica» ai s it i, è invece un’operazio ne più agevo le e alt ret t ant o proficua, non so lo per le ragio ni suddet t e, ma anche perché o ffre la possibilit à immediat a di ver ificare sul t erreno i r isult at i fo ndament ali della r icerca d’archivio e bibliografica e di ind ividuar e l’area di int er esse archeo logico. Lo st udio dei document i scr it t i per met t e di iso lare set tor i t err it oriali o localit à di r icerca pr ima di int ervenire sul campo ; la r icognizio ne assume la funzio ne di ver ifica e di fo nt e ult er iore di dat i che der ivano dal r ilevament o autopt ico del manufat t o o dei suo i rest i, quali immagini grafiche e fot ografiche, misure, analis i delle t ecniche cost rutt ive e anche st rat igrafie murar ie. I l gener e di r icogniz io ne più adat to a quest e r icer che è quella definit a «aut opt ica non sist emat ica», ovvero un int er vent o selet t ivo e r ist retto ad un’area di int er esse part ico lar e 1. D’alt ro cant o è necessar io punt ualizzare che la r icognizio ne archeo logica mir at a ad un’area può cost it uir e u n’o perazio ne preliminar e a qualunque genere di r icer che. È possibile infat t i, grazie ad essa, individuare sit i di int eresse ignot i alla so la r icer ca d’archivio o semplicement e per si nella memo r ia dei seco li, la cui t raccia è ancora conser vat a nei document i ant ichi e at t ende di esser e adeguat ament e valo r izzat a e collegat a ad un cont est o reale. L’ambiz io ne finale di t ali at t ivit à è quella di ott enere co munque una ser ie di infor mazio ni co mple ment ar i fr a loro che abbia co me r isult at o la r icost ruzione, il più possibile esat t a, della fort ificazio ne in esame, sia r iguardo alla lo calizzazio ne t o1

CAMBI-TERRENATO 2004, pp. 122-130 e per l’ampio tema della ricognizione archeologica è fondamentale l’intero volume CAMBI-TERRENATO 2004. XI

pografica, sia all’aspet to in elevat o durant e le fasi di vit a, sia quant o alla sua co llo cazio ne nel co nt est o storico ambient ale 2. In seno a quest a ser ie di r iflessio ni, t ornando al t ema da cui esse hanno preso le mo sse, ci pare dunque opport uno r ibadir e la necessit à di vo lgere co n maggiore at t enzio ne i nost r i int er essi di st udiosi alle r icerche sulla fort ificaz io ne campale, che nell’ambit o della st oria milit are, hanno l’innegabile pregio di fo ndere simult aneament e le indag ini sul manufat t o e sul suo cont est o t att ico -st rat egico e o ffrono una percezio ne più immediat a dell’umanit à e della vit alit à, t alvo lt a concit at a, che nel passat o si è sviluppat a int orno ad esse, al mo ment o della cost ruzio ne o, ancor più t ragicament e, in quello de ll’ut ilizzo. Proprio in virt ù di t ali pr egi e del fat t o che siano pagine di st oria impr esse sul t erreno, le fort ificazio ni campali ent rano a pieno dir it t o fr a gli argo ment i di st udio dell’archeo logia t radizio nale, i cui met odi moder ni d’indagine for nisco no allo st udio so t utt i gli st rument i necessar i di approccio e indagine co mplet a, per quant o l’ogget to in esame sia inno vat ivo r ispet to agli abit uali campi della r icerca archeologica. Da ciò der iva la necessit à di esaminar e pr eliminar ment e le carat t erist iche di quella che sempre più viene a configur arsi co me un ramo specifico dell’ar cheo logia, ovvero l’Archeo logia Milit ar e, alla quale è dedicat a la P art e Pr ima di quest o vo lume Non bisogna infine d iment icar e che nell’ ambit o di quest i nuovi st udi t rova post o un alt ro caposaldo t radizio nale delle discipline st or iche, la r icerca d’archivio, indispensabile per int egrare i dat i archeo logici e dare dei no mi ai luoghi e agli uomini che hanno lavorat o e co mbat t uto accant o ai t r incerament i, r ivelando quant o possa essere eccezio nale ed ent usiasmant e, per archeo logi abit uat i in gran part e all’ano nimat o dei prot agonist i de i loro r inveniment i, scopr ire fra le ant iche cart e no mi, t it oli e st orie di chi visse a st retto cont at to con i manufat t i indagat i, for mu lò le idee e provò le emo zio ni che condussero alla loro produzione.

2

Si rimanda a TOSCO 2009 per lo sviluppo delle tematiche metodologiche d’approccio alla storia territoriale e fondamentali per la creazione di un contesto di saperi in cui collocare le specifiche ricerche di cui si tratta in questo volume. XII

Parte Prima

Archeologia e Archeologia Militare

2

CAPITOLO 1

L’Archeologia Militare

L’archeologia ha abbandonato, ormai da più di un secolo e mezzo, la sua originale natura di antiquaria nel contesto delle discipline storiche e le è stata riconosciuta una pari dignità accanto ai più vecchi studi di storiografia e filologia. Nel corso del XIX e del XX secolo gli scavi e l’indagine sul campo delle civiltà antiche dell’Egitto, del Vicino Oriente e del mondo mediterraneo greco e romano sono divenuti l’archeologia per antonomasia, e sono stati i protagonisti delle successive trasformazioni della disciplina, da un prevalente interesse di carattere storico-artistico e filologico ad una più ampia apertura alla comprensione delle realtà topografiche e dell’occupazione territoriale nel mondo antico. Dagli anni ’70 del secolo scorso gli orizzonti cronologici dell’archeologia europea si sono estesi anche al Medio Evo ed è stato così consolidato un filone di studi oggi pienamente riconosciuti e prodighi di risultati scientifici. Nella Parte Prima del presente volume ci si pone l’obiettivo, preliminare all’oggetto specifico di studio, di circoscrivere e definire l’Archeologia Militare in ragione della presenza di manufatti e contesti di carattere appunto militare, o bellico, in seno alle più ampie distinzioni cronologiche e culturali della scienza archeologica. È necessario pertanto abbozzare una definizione preliminare della disciplina, esaminarne per esemplificazioni rappresentative la consistenza nell’ambito degli studi pregressi e approfondirne lo studio in seno ai contesti d’Età Moderna, orizzonte cronologico delle ricerche presentate in questa sede. Una possibile definizione dell’Archeologia Militare Il prevalente carattere idealistico e storicistico della tradizione accademica italiana, conforme all’orizzonte culturale del ’900, al fine di organizzare concretamente il sapere archeologico ha da lungo tempo definito le distinzioni cronologiche, etnografiche e geografiche che intercorrono fra l’Egittologia, l’Archeologia Orientale o del Vicino Oriente, l’Assiriologia, l’Etruscologia l’Archeologia Greca, Italica, Romana, Cristiana o Tardo Antica, delle Province Romane, Medievale. Più recenti e meno diffuse sono le archeologie che affrontano ambiti specifici o si sviluppano da particolari approcci per la ricostruzione del passato, come le Antichità Pompeiane, l’Archeologia dei Paesaggi, l’Archeologia dell’Architettura o quella dei Materiali da Costruzione. La titolatura espressa dalla formula «Archeologia Militare» indirizza il pensiero ad una disciplina che ha a che fare innanzitutto con studi appartenenti alla Storia Militare o alla Storia delle Istituzioni Militari, saperi oggi con dignità accademica, o ancora all’Architettura Militare, parte integrante della Storia dell’Architettura, insegnata presso le università e i politecnici. Attualmente tuttavia non esistono specifici insegnamenti di Archeologia Militare in ragione della sua trasversalità diacronica, sempre valida in seno alle grandi distinzioni cronologiche delle archeologie ufficiali. Addentrandoci maggiormente nella definizione e nella natura di questo genere di studi, si può innanzitutto esaminarne la denominazione e il significato che essa veicola. Il termine «archeologia» attualmente qualifica «la scienza che studia storicamente l’attività culturale dell’uomo, contestua-

3

lizzandone i documenti materiali»1. L’archeologia estende dunque la sua indagine all’attività culturale dell’uomo nella sua globalità, intendendo per «attività» l’intervento umano nell’ambiente naturale e la conseguente produzione di manufatti, mobili o immobili, dei quali sia rimasta traccia materiale. Quanto al valore «culturale» di tali attività si fa riferimento all’accezione antropologica del termine «cultura», che riassume in sé tutti i caratteri del modo di essere e pensare di un determinato gruppo umano o civiltà. La ragione principale in cui risiede l’autonomia dell’archeologia sta tuttavia nella contestualizzazione del manufatto, poiché è soltanto lo studio delle relazioni di contesto cronologico e ambientale che può trasformare un manufatto antico nella tessera di un mosaico storico specifico, al di fuori del quale non esiste che il valore intrinseco e antiquario dell’oggetto. Di conseguenza l’archeologia è stata spesso accostata allo studio della cultura materiale, correttamente soltanto quando non si è considerato tale studio in termini accessori, per illustrare usi e costumi insediativi di una determinata civiltà, ma si è riconosciuta in esso una risorsa per il reperimento di tutte le fonti materiali, complementari a quelle scritte, nell’ambito di una ricostruzione storiografica il più esauriente possibile. Deriva quindi dalla definizione appena illustrata la lecita opportunità di qualificare più rami del sapere archeologico con aggettivazioni che possano individuare la circoscrizione della ricerca a specifici ambiti cronologici, geografici o culturali, non tanto per promuovere la gemmazione di «infinite archeologie», ma per una vera e consistente esigenza di metodo. Tiziano Mannoni ha saputo individuare la migliore argomentazione, a tal proposito, affermando che […] quanto più […] l’archeologia venga considerata ed usata come una disciplina storica che indaga mediante documenti oggettuali, piuttosto che una conoscenza autosufficiente di interessanti manufatti del passato, tanto più essa è destinata a moltiplicare i suoi settori cronologici, spaziali, ed informativi, così come è avvenuto per la storia basata sulle fonti scritte2

Passando al secondo membro del binomio «Archeologia Militare», l’aggettivo qualifica nella lingua italiana ogni realtà «attinente all’ambito strutturale e operativo delle forze armate», di qualunque paese e in qualunque epoca, aggiungiamo noi, per collocare la definizione in una prospettiva storica qual è quella dell’archeologia. Prendendo in considerazione per esempio il mondo romano si può effettivamente provare in seno alla sterminata bibliografia dedicata all’arte e alla storia militare di Roma antica, dalle origini alla fine dell’impero, che lo studio nel corso degli ultimi due secoli è stato indirizzato tanto all’analisi strutturale dell’esercito, per ricostruirne le fasi storiche di trasformazione, le composizioni etniche e numeriche delle legioni, le specializzazioni ordinarie e ausiliarie et coetera, quanto alla sfera operativa con ricerche che vanno dalla poliorcetica, alla tattica e alla strategia dei limites imperiali in relazione agli stanziamenti dei reparti militari e alle loro specialità. È possibile dunque definire l’Archeologia Militare come un indirizzo, un filone della scienza archeologica che studia storicamente l’attività culturale dell’uomo in ambito militare e bellico, a livello sia strutturale sia operativo, contestualizzandone i documenti materiali. Scendendo più nel particolare si coglie che di tale disciplina l’aspetto più rilevante, accanto a quello della contestualizzazione, è il fatto che il manufatto militare è sempre strettamente connesso alle peculiarità culturali degli uomini che lo creano, né esso è conoscibile perfettamente nella sua invenzione e nella sua destinazione, se chi lo studia è ignaro dei caratteri specifici della cultura che lo ha prodotto. Troviamo dunque pieno conforto nelle parole di Jean Claude Magueron quando egli, a proposito dell’antica Mesopotamia, alla quale vogliamo associare il nome di qualunque civiltà o epoca, sostiene che: Si l’archéologie n’est pas à même de raconter le déroulement des guerres ou l’ensemble des relations conflictuelles entre les royaumes, si elle n’a pas les moyens d’évaluer le volume des armées ni leur organisation, si les 1

Questa è la definizione data in un volume propedeutico allo studio universitario dell’archeologia (HARARI 1999, p. 15). Per un approfondimento della definizione si rimanda a FRANCOVICH-MANACORDA 2000, pp. I-XII e a RENFREWBAHN 2006, pp. X-XVI, 3-35. 2 MANNONI 1997, p. 21

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questions de stratégie sont hors de sa portée, il reste que les vestiges matériels des armements et des moyens de défense, ainsi que l’iconographie, permettent de nous faire une idée de l’art militaire des Mésopotamiens3

È opportuno segnalare infine che attualmente in ambiente anglosassone godono ormai di buona fama la «battlefield archaeology» e la «conflict archaeology». Si tratta di discipline teorizzate scientificamente e particolarmente sviluppate dall’Università di Glasgow presso il «Centre for Battlefield Archaeology»4, alle quali ci si riferisce auspicando che le tematiche qui affrontate, poco frequentate nel nostro paese, possano assumere una fisionomia autonoma in seno alle archeologie tradizionali allorché si abbia occasione di studiare manufatti e interventi umani in siti o territori con destinazione militare. Archeologia Militare e archeologie tradizionali S’è fatto cenno ad un evidente carattere diacronico dell’Archeologia Militare, considerandone la peculiarità nell’ambito delle varie specializzazioni tradizionali della scienza archeologica. L’applicazione trasversale lungo la linea del tempo di questo genere di studi è infatti verificabile concretamente, considerando l’alta frequenza di testimonianze archeologiche di natura militare nel corso dei vari periodi storici, capaci di dare informazioni sulla cultura d’ambito bellico di chi li ha realizzati. § Archeologia Greca Se si desidera indugiare un po’ sulle esemplificazioni, è possibile trovare immediatamente nell’Archeologia Classica alcune fra le più illustri testimonianze, basti pensare agli scavi di Heinrich Schliemann, condotti fra il 1870 e il 1885 sulla collina di Hissarlik alla ricerca dell’antica Troia di Priamo, abbattuta dagli Atridi. Accanto ai più svariati rinvenimenti l’archeologo tedesco identificò dei livelli di distruzione e d’incendio che in seguito furono attribuiti ad epoche posteriori al XII sec. a.C., ma permisero agli studiosi successivi di identificare la Troia omerica con il livello VII, combinando insieme altri e nuovi risultati d’indagine5. L’Archeologia Greca ha restituito da parte sua, fin dalle origini, copiose testimonianze di Architettura Militare, in testa alle quali troviamo di nuovo le scoperte di Schliemann, più ancora che quelle famose di Micene, le altrettanto significative della cittadella di Tirinto, a partire dal 18846. Il rinvenimento frequente di strutture architettonico-militari negli scavi di siti d’occupazione ellenica ha prodotto un’enorme bibliografia in materia e soprattutto ha ispirato opere di rielaborazione complessiva, a carattere generale o settoriale, come per esempio i testi di Frederik Elliot Winter e Jean Pierre Adam o l’epocale pubblicazione degli atti del convegno di Valbonne, La fortification dans l’histoire du monde grec, e gli studi di Henry Tréziny sulla città di Caulonia in Calabria e su Marsiglia greca, accanto a moltissimi altri dello stesso autore sul tema e su località dell’Italia antica, in particolare toccate dalla colonizzazione focese7. Di notevole importanza è l’opera che chiude questa 3

MAGUERON 2003, p. 345. Il centro dal 2005 pubblica un periodico, il «Journal of Conflict Archaeology», diretto da Tony Pollard. Su queste nuove discipline: FREEMAN-POLLARD 2000, SMITH 2000, THORPE 2003, CARMAN 2005, POLLARD-BANK 2005, SUTHERLAND 2005 con ulteriore bibliografia pregressa, SCOTT-BABITS 2009. 5 Per un rapido inquadramento dell’argomento RACHET 1993, pp. 50-53; per notizie ulteriori e cronologie aggiornate sull’archeologia troiana si veda sempre RACHET 1993, pp. 179-191, 257-264, 414-416 e sulle fortificazioni FIELDSSPEDALIERE-SULEMSOHN SPEDALIERE 2004. 6 RACHET 1993, pp. 53-58. Per le fortificazioni micenee del II millenio a.C. si veda sinteticamente FIELDS-SPEDALIERE 2004 con ampia bibliografia pregressa. 7 Nell’ordine le opere citate corrispondono a WINTER 1971, ADAM 1982, Valbonne 1986, Kaulonia I 1989, TRÉZINY 1999. Va ricordato anche il volume FIELDS-DELF 2006, una breve opera di sintesi corredata di bibliografia essenziale. Per un esempio di studio di settore come la Magna Grecia, nell’ambito dell’Archeologia Greca e del mondo ellenico, si 4

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minima rassegna, il terzo volume dedicato all’architettura greca antica di Marie Christine Hellmann, di recentissima pubblicazione, in cui si affronta il tema dell’architettura militare non solo in termini tipologici, ma anche in relazione agli impianti urbanistici e in rapporto all’abitato8. Lo studio dell’Architettura Militare ha portato i ricercatori di Storia Greca, accanto agli archeologi, a sviluppare un altro importante filone di studi, che è quello della poliorcetica classica, ovvero «l’arte di prendere le città». In quest’ambito di ricerca hanno fatto scuola le numerose pubblicazioni di Yvon Garlan, la più nota fra le quali continua ad essere Recherches de poliorcétique grecque, in cui per la prima volta si è compiuta una sintesi fra i dati delle fonti storiche e le indagini sui manufatti militari, riuscendo a proporre un’Archeologia Militare greca particolarmente attenta all’ambito ossidionale e ai secoli V e IV a.C.9. La stessa strada di Garlan è stata tentata anche nell’ambito della tattica campale per esempio da Victor Davis Hanson10, potendo far affidamento in questo caso su una ricca tradizione di studi dedicati all’arte militare oplitica e successiva, ma anche su ricerche più specificamente inerenti le armi antiche elleniche, come il noto Armi e armature dei Greci di Arnold Snodgrass11. Gli studi che tuttavia hanno associato meglio la disamina dei rinvenimenti archeologici e epigrafici con l’esame delle fonti e della scienza antica, teorica e applicata, sono stati quelli dedicati alle artiglierie a tensione e neurobalistiche, producendo delle ampie panoramiche diacroniche d’Archeologia Militare, comprensive delle esperienze greche e romane, dall’Età Tardo-Classica a quella Bizantina. Ricordiamo in merito, per tutti i lavori successivi, i due volumi capostipiti di questo filone di studi, redatti da Eric William Marsden e dedicati allo sviluppo storico dell’artiglieria greca e romana e alla trattatistica antica in materia12. § Archeologia Romana L’Archeologia Romana, in seno agli studi dedicati al mondo classico, è certamente quella che meglio ha integrato in sé l’Archeologia Militare e ha restituito gli esempi più significativi della disciplina in ambito antico. Non si possono non ricordare i risultati straordinari degli scavi di Doura Europos, condotti dalla missione franco-americana di Michail Rostovtzeff negli anni ’30 del secolo scorso, che hanno permesso di riportare alla luce le tracce dell’assedio sasanide del 256 d.C. alla piazzaforte romana sul confine dell’Eufrate, restituendo un contesto completo di Archeologia Militare, dalla disposizione delle opere d’assedio agli scavi ed effetti delle mine, alla cronologia delle fasi dell’investimento, insieme al rinvenimento di un ricchissimo patrimonio di reperti mobili13. Nell’ambito di queste ricerche rammentiamo in primis la recente opera in tre volumi di Giuseppe Cascarino, dedicata alla storia dell’esercito di Roma, dalle origini alla fine dell’impero, e realizzata facendo riferimento all’utilizzo incrociato di fonti filologiche e archeologiche14. Sono d’altro canto veda SCONFIENZA 2005a con bibliografia aggiornata inerente l’architettura militare greca e le ricerche magnogreche. Si segnala infine per le fortificazioni greche d’Asia Minore MCNICOLL 1997 e il più breve NOSSOV-DELF 2009. 8 HELLMANN 2010. 9 GARLAN 1974. Testimonianze recenti dello sviluppo mai abbandonato degli studi di poliorcetica antica sono per esempio BENTLEY KERN 1999, CAMPBELL-HOOK 2005a, CAMPBELL 2006. 10 HANSON 1990. 11 SNODGRASS 1991, comparso in traduzione italiana nel 1991, dopo la pubblicazione originaria del 1967 (Arms and Armour of the Greeks, London) 12 MARSDEN 1969, MARSDEN 1971. È opportuno segnalare anche i pregevoli volumi RUSSO 2002 e RUSSO 2004, che costituiscono le più recenti testimonianze di queste ricerche in ambiente italiano. Spesso studi esaurienti sulle artiglierie si ampliano anche alle macchine d’assedio, costruite per sostenere gli assalti alle mura, come già alcune sezioni di GARLAN 1974. Per riassumere la ricchissima bibliografia degli ultimi decenni dedicata all’arte militare greca e costituita da volumi in cui sezioni e capitoli sono dedicati all’artiglieria, si vedano per esempio il recente NOSSOV 2006 e le parti dedicate alle macchine bizantine di SÀEZ ABAD 2007. 13 I risultati delle ricerche dedicate all’assedio e alla ricostruzione del suo contesto si trovano in DU MESNIL 1936 e DU MESNIL 1944. 14 CASCARINO 2007.

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gli ambienti francese e britannico ad aver prodotto lavori magistrali, come The Roman Soldier di George Ronald Watson, The Roman Imperial Army di Graham Webster e L’armée romaine sous le Haut-Empire di Yann Le Bohec, che, analogamente allo studio della guerra oplitica nel mondo ellenico, stanno in cima ad un’amplissima bibliografia storica e di tecnica oplologica, fra cui emerge ancora il bel libro di Michel Feugère, Les Armes des Romains de la République à l’Antiquité tardive15. In Francia pertanto l’Archeologia Militare Romana ha mosso i suoi primi passi fin dagli anni ’60 del XIX secolo, quando Napoleone III promosse gli scavi di Alesia, alla ricerca del sito in cui si poteva riportare alla luce la più illustre testimonianza gallica dell’orgoglio nazionale francese16. È dunque in ambito francese che ci si imbatte, a giudizio di chi scrive, in uno dei migliori esempi di Archeologia Militare organica ed esauriente di un periodo bellico, qual è la pubblicazione, a cura di Michel Reddé, L’armée romaine en Gaule17. Lo studio ha preso in considerazione l’epoca della conquista cesariana delle Gallie e le fasi storiche successive fino al tardo impero, ma è comunque nella parte dedicata al Bellum Gallicum che storici e archeologi francesi hanno saputo fondere organicamente gli studi sulle fonti e quelli di strategia e tattica con le indagini sul terreno dei campi di battaglia e d’assedio e con quelle sugli armamenti e sui reperti mobili di ambiente sia romano sia gallico, ricostruendo veramente un contesto storico in cui collocare, anche in futuro, ogni manufatto di natura militare e ogni evento relativo al loro impiego18. In questo filone di ricerche va collocato infine il pregevole libro del de Galbert, Hannibal et César dans les Alpes19, opera di ricerca archeologica militare, conseguente ad un’ampia attività di ricognizione sul territorio e di notevole interesse per la presente sede, visto che coinvolge l’area geografica su cui insistono i medesimi contesti di nostro interesse e riferisce di metodologie analoghe a quelle da noi impiegate. Rimanendo ancora nell’Archeologia Romana, troviamo testimonianze di ricerche sull’arte ossidionale applicate al terreno, che proseguono degnamente la strada aperta dagli scavi di Doura Europos, o dalla ancor più datata pubblicazione del Vianello sull’assedio cesariano di Avaricum20, e che possono essere esemplificati dal recente Roman Siege Works di Gwyn Davies21. Il libro, proponendo una disamina preliminare di poliorcetica e artiglieria antica, riferita all’inizio del testo e in bibliografia, documenta le tipologie di opere d’assedio romane in seguito ad un’indagine incrociata fra la lettura delle fonti e lo studio dei terreni su cui si svolsero alcuni fra i più famosi assedi della storia militare di Roma, come quelli di Numanzia, Alesia, Durazzo, Macheronte, Masada, Cremna. Infine bisogna segnalare anche un’opera a più mani, Fighting Techniques of the Ancient World, che sviluppa il tema della poliorcetica greca, romana e orientale con un taglio soprattutto storico, capace di dare un quadro generale esauriente22.

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Nell’ordine WATSON 1969, WEBSTER 1969, LE BOHEC 1989. I primi due furono ripubblicati rispettivamente nel 1981 e nel 1974, il terzo è stato tradotto in italiano e pubblicato nel 1992 (L’esercito romano. Le armi imperiali da Augusto alla fine del III secolo, Roma). Ricordiamo che in Italia le ricerche sull’esercito romano hanno costituito parte integrante degli studi di Antichità Romane, fin dalla prima metà del XX secolo, e che la sinergia fra le indagini storiche, artistiche e archeologiche è evidente nell’allestimento della sezione militare del Museo della Civiltà Romana, sebbene la creazione di tale ente nella nostra capitale risalga al 1955 (LIBERATI-SILVERIO 1988). 16 Rinviamo per la bibliografia su questi scavi e sulle riprese nel XX secolo a LE GALL 1989 e REDDÉ-VON SCHNURBEIN 2001; per una sintesi sulle vicende, topografia, opere, indagini archeologiche e fotogrammetriche attuali e storia degli studi sull’assedio d’Alesia si veda BÉNARD 1996. 17 REDDE’ 1996. 18 Riferiamo i titoli delle sezioni tematiche, presenti nel citato REDDE’ 1996 e affidate a Christian Godineau, Alain Deyber, Yann Le Bohec Michel Reddé, Jacky Bénard, Susanne Sievers: La gaule avant César, L’armée de César et la Guerre des Gaules, Les champs de bataille de la Guerre des Gaules, Armes celtiques, germaniques et romaines: ce que nous apprennent les fouilles d’Alésia, L’après-guerre: bilan d’un désastre. 19 DE GALBERT 2008. 20 VIANELLO 1896. 21 DAVIES 2006. Una sintesi sull’archeologia ossidionale romana si trova in CAMPBELL-HOOK 2005b e in CAMPBELL 2006, pp. 97-208. 22 ANGLIM ET A. 2002.

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Gli studi di Architettura Militare Romana, com’è d’altro canto per quella greca, sono caratterizzati dall’associazione dell’indagine archeologica con quella più prettamente architettonica delle tecniche costruttive e degli elevati ancora conservati. La prospettiva diacronica e topografica è connaturata a tali ricerche in ragione della lunga durata della storia di Roma, dalla conquista della penisola italiana alla fine dell’impero, e un’esauriente sintesi recente si trova nei volumi dedicati alla storia dell’architettura romana redatti da Pierre Gros e nel primo volume dei tre dedicati alla storia dell’Architettura Militare in Italia di Flavio Russo23; va segnalato inoltre il recentissimo lavoro del Cascarino sulle fortificazioni castrensi romane24. È opportuno ricordare infine le ricerche di Lorenzo Quilici e di Stefania Quilici Gigli in ambito di topografia dell’Italia antica, rivolte anche in particolare alle fortificazioni romane d’età repubblicana, diffuse nella penisola dall’Emilia al Sannio25. La pubblicazione di un pregevole libro di Architettura Militare, Roman Stone Fortifications di James Lander26, dedicato allo studio delle opere difensive con struttura lapidea in tutto il mondo romano, ci porta inevitabilmente a ricordare un grande capitolo dell’Archeologia Militare di Roma, ovvero quello dei limites imperiali d’occidente e d’oriente. In questo ambito di ricerca gli archeologi francesi, inglesi e tedeschi hanno saputo integrare tutte le possibilità d’indagine offerte dalla ricerca sul campo, in siti che costellano il corso del Reno e del Danubio o i deserti siriaco, libico e marocchino, lungo l’antico confine imperiale, con l’analisi compiuta da storici militari e di strategia come Edward Luttwak, autore di The Grand Strategy of the Roman Empire27, o Derek Williams e Hugh Elton, autori rispettivamente de The Reach of Rome. A History of the Roman Imperial Frontier e Frontiers of the Roman Empire28. Certamente gli studi sul vallo d’Adriano in Gran Bretagna hanno fatto scuola29, ma è opportuno segnalare un lavoro d’insieme, che percorre le testimonianze archeologiche dei limites imperiali, dalla Britannia al Mar Nero e dall’Eufrate all’Africa Proconsolare, intitolato Recherches sur les fortifications linéaires romaines e redatto da Joëlle Napoli, in seno alle attività scientifiche dell’École Française de Rome30. Gli studi sui limites, ai quali sono dedicati i periodici Congrès du Limes31, costituiscono veramente un’Archeologia Militare autonoma, per materia e finalità di studio; sono quelli nei quali furono sperimentate le prime indagini con le nuove tecnologie della fotografia aerea, ad opera soprattutto dei piloti della RAF britannica32, e quelli che 23

Si tratta di GROS 2002, pp. 26-55 e RUSSO 2005a. Entrambi i testi sono corredati di una ricca di bibliografia analitica, organizzata per epoche e tematiche. Gli studi sui monumenti militari romani, numerosissimi e diffusi per tutte le regioni dell’antico impero costituiscono uno dei primi capitoli di questa Archeologia Militare; a parte l’esempio macroscopico delle mura Aureliane di Roma (COZZI 1968; QUERCIOLI 1982; COARELLI 1984, passim; MANCINI 2001), citiamo ad esempio il caso di Pompei, le cui fortificazioni furono studiate nella prima metà del XX secolo con indagini archeologiche e da un punto di vista prettamente architettonico e costruttivo (MAIURI 1930; KRISCHEN 1941), ma in seguito furono indagate dagli archeologi dell’Università Statale di Milano per poterne ricostruire meglio il contesto cronologico e ambientale (CHIARAMONTE TRERÉ 1986). Altro testo importantissimo per l’Archeologia Militare italica e romana, di specifica natura storico-architettonica con un taglio tassonomico e documentario territoriale, è la pubblicazione sulle porte urbiche di BRANDS 1988. 24 CASCARINO 2010. 25 Si veda QUILICI-QUILICI GILGLI 2001 e l’ampia bibliografia citata nei contributi interni alla pubblicazione. 26 LANDER 1984; si veda anche una sintesi più recente e ricca di informazioni non solo strutturali, ma anche storiche e di contesto, in CAMPBELL-DELF 2006. 27 LUTTWAK 1986, edito in inglese dal 1976. Recentemente è stata pubblicata l’opera del medesimo autore, LUTTWAK 2009, che estende lo studio strategico all’Impero d’Oriente entro il X secolo. 28 Nell’ordine WILLIAMS 1996 e ELTON 1996. 29 Trattazioni ampie sul limes britannico di carattere storico e archeologico sono BREEZE 1982, FRERE-SAINT JOSEPH 1983, BIDWELL 1997. Si veda inoltre il recente HILL 2006. 30 NAPOLI 1997. Si segnala che recentemente è stato pubblicato uno studio completo sulle fortificazioni romane in Gallia, che analizza a tappeto, dalla conquista romana alla fine dell’impero, non solo le opere interne alle province galliche, ma anche quelle appartenenti al limes del Reno negli attuali territori francese, belga e tedesco (REDDÉ ET A. 2006). 31 Si tratta di convegni internazionali che si svolgono con cadenza triennale in località prossime agli antichi confini imperiali, per fare il punto della situazione sugli studi in corso. 32 Si rimanda per la storia di queste ricerche sul confine dell’Eufrate e per il rendiconto degli studi a KENNEDY-RILEY 1990; si veda anche il già citato FRERE-SAINT JOSEPH 1983 per la Britannia romana.

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hanno dato origine ad un singolare ambito di ricerca storico-artistica, volta alla conoscenza di una specifica espressione dell’arte romana provinciale, nota come «Soldatenkunst». Le testimonianze archeologiche dell’«arte dei soldati» sono per la maggior parte costituite da stele funerarie, le cui iscrizioni svolgono la funzione fondamentale di conservare la memoria del nome, del reparto e del grado del defunto, concentrate in particolare nel settore renano-retico del limes d’occidente e nella Britannia, soprattutto nel I sec. d.C. in assenza ancora di una stabilizzazione permanente di centri urbani di retrofronte. Si tratta di documenti di un mondo quasi esclusivamente di militari, la cui appartenenza all’esercito, come legionari o ausiliari, costituiva l’elemento qualificante, ancor più della cittadinanza romana, e l’idea di superiorità civile nei confronti delle popolazioni barbariche d’oltrelimes risultava il contenuto preminente, veicolato da iconografie classiche quali la figura del loricato stante o del cavaliere vittorioso sul nemico abbattuto33. § Storia dell’Arte Antica Il tema della «Soldatenkunst» porta a prendere in considerazione l’apporto informativo fondamentale della Storia dell’Arte in seno all’Archeologia Militare. È questo uno studio chiave per portar luce non solo sui contesti militari attraverso documenti figurativi, ma anche per comprendere i criteri di interpretazione che una determinata civiltà ha utilizzato nel trattare la materia militare, i manufatti ad essa pertinenti, nonché gli eventi bellici. I documenti sono innumerevoli e non è questa la sede per tentarne anche solo un elenco diacronico esemplificativo; basti ricordare i casi famosi dei rilievi della battaglia di Kadesh o di quella dei Popoli del Mare, rispettivamente nel tempio di Abu Simbel di Ramses II e nel tempio funerario di Ramses III a Medinet Habu34, oppure i rilievi dei palazzi di Nimrud, Khorsabad e Ninive, dei secoli IX-VII a.C., raffiguranti le campagne vittoriose di sovrani come Assurnasirpal II, Sargon II, Sennacherib, Assurbanipal, che segnarono i momenti fondamentali dell’espansione imperiale neoassira35. Tali documenti d’arte ufficiale ci forniscono sempre informazioni tecniche sulle strategie campali e ossidionali, curando i particolari più minuti relativi agli armamenti leggeri o pesanti o alle strutture difensive. D’altro canto le scelte compositive ed espressive, come per esempio l’isocefalia nell’iconografia reale rapportata alle altre componenti della scena, veicolano le chiavi di lettura degli eventi e permettono di ricomporre i contesti culturali che costituiscono sempre i presupposti fondamentali delle ricerche di Archeologia Militare. I documenti dell’Arte Greca e Romana assumono lo stesso valore. Anche in quest’ambito l’elenco delle esemplificazioni sarebbe sterminato; citiamo soltanto due casi assai significativi, il mosaico della battaglia di Alessandro, proveniente dalla Casa del Fauno di Pompei, e il tipo scultoreo del «loricato» ellenistico e romano. La prima opera, ormai riesaminata e reinterpretata36, è la copia di una più antica megalografia del pittore greco Apelle, che rappresenta la battaglia finale fra Alessandro Magno e Dario III, combattuta a Gaugamela l’1 ottobre 331 a.C.; l’organizzazione compositiva 33

Per un’introduzione generale al tema MANSUELLI 1981, pp. 292-293; presentazioni più specifiche si trovano in LA BAUME 1964, Römer-Rhein 1967, DOPPELFELD 1974. Per i monumenti sepolcrali in particolare BAUCHENHESS 1978 e WALBURG 1992. 34 I rilievi delle due battaglie, datate nell’ordine citato al 1296 a.C. e al 1191 a.C., sono pubblicati in CURTO 1970, pp. 34, 51-53; si vedano inoltre BREASTED 1903; BREASTED 1930; CIFOLA 1988; SPALINGER 1980; MCDERMOTT 2004, pp. 97-102, 103-104; SPALINGER 2005, pp.221-223, 249-254. Sull’archeologia e l’arte militare egiziana, oltre a CURTO 1970, che viene segnalato con affetto da parte di chi scrive, ricordando l’opera di un suo vecchio professore, si segnalano fra le numerose pubblicazioni SHAW 1991, MCDERMOTT 2002, MCDERMOTT 2004, SPALINGER 2005. 35 Sull’arte neoassira e sui rilievi storici in generale si vedano MOORGAT CORRENS 1989, pp. 221-265; INVERNIZZI 1992 Vol. II in particolare sui rilievi dei palazzi citati. Si vedano inolrtre PATERSON 1915, STEARNS 1961, BARNETT-FALKNER 1962, BARNETT 1976, MEUSZYNSKY 1981, ALBENDA 1986, PALEY-SOBOLEWSKI 1987-1988. Per l’arte militare assira si veda NOSSOV 2006, pp. 13-23; TODD CAREY 2005, pp. 25-36. Per l’Archeologia Militare della Mesopotamia precedente l’epoca assira MAGUERON 2003, pp. 345-358. Per l’arte militare dell’Impero Persiano Achemenide, prima della conquista macedone esiste il recente e bel volume FARROKH 2007 36 MORENO 2000.

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del soggetto trova precisi confronti con le fonti storiche, che narrano l’episodio della carica di cavalleria, guidata dal re macedone, insieme alla fuga di quello persiano e ci informano anche sulla presenza di reparti persiani armati di sarisse, le lunghe lancie macedoni, puntualmente raffigurati sullo sfondo. Tuttavia la precisione iconografica e narrativa trova corrispondenza con il messaggio interpretativo dell’evento sentito dall’antico pittore, proprio in coincidenza con l’episodio riprodotto, come la chiave di volta della storia del suo tempo e del trionfo del Mondo Ellenico sull’Oriente. Il tipo del «loricato», ossia la figura maschile stante rivestita d’armatura, in età ellenistica e poi nel mondo romano è un tema comune di Storia dell’Arte e di Archeologia Militare, che getta un raggio di luce sui significati assunti in epoca antica da parte di certe caratteristiche iconografiche, appartenenti al mondo dei soldati e della guerra, ma estrapolate da specifici contesti bellici, per esprimere messaggi spendibili nella società civile, quali l’idea del potere o della regalità, del valore e del dovere nei confronti dello stato, dell’appartenenza ad una classe militare.37 § Archeologia Medievale In seno all’Archeologia Medievale esiste una tematica portante della disciplina che costituisce contemporaneamente un grande capitolo dell’Archeologia Militare; si tratta dell’incastellamento. L’abbandono di una prospettiva unicamente storico-architettonica ha permesso infatti di studiare l’origine dei castelli del Medio Evo europeo come evidenze di una ristrutturazione territoriale, derivante da una profonda trasformazione sociale, dopo la fine del mondo romano, ovvero la nascita e lo sviluppo del feudalesimo. Siamo di nuovo in presenza di una realtà storica i cui contesti sono determinanti per capire l’aspetto militare della tematica e per far sì che questo stesso contribuisca alla più fedele ricostruzione del passato. Lo studio dell’incastellamento è stato sviluppato ampiamente in Italia e in Francia ed è andato a costituire l’impianto archeologico della vecchia Castellologia, che vide i suoi più famosi esponenti nel francese Eugène Emmanuel Viollet-le-Duc e nel nostro Alfredo d’Andrade. Devono essere ricordati a questo punto gli studi storici di Aldo Angelo Settia e le ricerche archeologiche del mai troppo compianto Riccardo Francovich e dell’Università di Siena38. La rassegna di tutti gli studi sull’incastellamento, generali o per sito, costituisce ancora una volta un’impresa non pertinente a questa sede; vogliamo comunque segnalare alcuni lavori nei quali gli aspetti archeologici militari emergono con particolare efficacia, come Castrum 2. Structures de l’habitat et occupation du sol dans les pays méditerranéen, Castrum 3. Guerre et fortification et habitat dans le monde méditerranéen au Moyen Age39, e le pubblicazioni degli atti dei colloquii internazionali di Castellogia, che han preso le mosse dagli anni ’60 del secolo scorso e sono noti con l’appellativo di Château Gaillard40. Gli studi di Architettura Militare Medievale, fin dal XIX secolo, hanno avuto grande fortuna grazie ad esponenti quali i già citati Viollet-le-Duc e d’Andrade, ma hanno continuato con pari dovizia nel

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Sul tema CADARIO 2004. SETTIA 1984, SETTIA 1991, SETTIA 1993a, SETTIA 1993b, SETTIA 1996, SETTIA 1999, SETTIA 2002, SETTIA 2006, SETTIA 2008. Per i lavori dell’Università di Siena indichiamo soltanto FRANCOVICH-NOYÉ 1994, FRANCOVICH-VALENTI 1997; tutte le altre pubblicazioni curate dalla stessa Università sono indicate nell’Editoria Archeologica alla voce “Scavi Castelli in Toscana” della pagina internet http://192.167.112.135/NewPages/EDITORIA/CAST1.html. Per un inquadramento sintetico del tema dell’incastellamento, distinto nelle due grandi fasi altomedievale e del X secolo, si veda GELICHI 1997; esiste anche SCONFIENZA 1998, con particolare attenzione all’Italia del Nord e al Piemonte. 39 NOYE 1988, BAZZANA 2002. 40 Château Gaillard. Etudes de Castellologie médiévale. Come per i Congrès du Limes si tratta di incontri periodici che si svolgono in località europee significative in materia di Castellogia e rendono conto su tematiche specifiche o su sviluppi delle ricerche in siti particolari. 38

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XX secolo per iniziativa di enti culturali come l’Istuto Italiano dei Castelli41. Esemplificano tali ricerche in ambito europeo opere come The Medieval Fortress dei Kaufmann o Donjons Romans, di André Châtelain, e Châteaux forts de la Guerre de Cent Ans di Stéphane William Gondoin, o ancora il secondo volume di Ingegno e paura di Flavio Russo42; non bisogna pertanto dimenticare in quest’ambito le indagini condotte dal Politecnico di Torino riguardo al Basso Medioevo, prima delle grandi trasformazioni di Età Moderna, e quindi le pubblicazioni come gli atti del convegno Ricetti e recinti fortificati nel Basso Medioevo o la precedente Ricetti del Piemonte, ma anche Dal Castrum al “castello” residenziale43. Un ottimo compendio di Archeologia Militare medioevale, con un taglio comunque storicoarchitettonico protratto fino al XVI secolo e capace di illustrare sinteticamente e correttamente il passaggio alla «trace italienne», è Scudi di pietra. I castelli e l’arte della guerra tra Medioevo e Rinascimento44, mentre esemplare per illustrare le potenzialità dell’archeologia in tema di studi militari è Le château médiéval, fortresse habitée45. Più legati ad una lettura archeologica dei contesti militari sono poi i lavori dedicati allo studio di siti o comprensori particolari, di cui rendono conto spesso i contributi del periodico «Archeologia Medievale» o pubblicazioni monografiche come per esempio Etablissements ruraux de l’Antiquité tardive dans le nord de la Gaule, Castrum Radi, e il bel volume di recentissima pubblicazione, dedicato alle fortificazioni bizantine della Liguria, Provincia Maritima Italorum di Paola Greppi46. Così come per il Mondo Classico e quello del Vicino Oriente gli studi sulla poliorcetica e le macchine da guerra sono parte integrante dell’Archeologia Militare Medievale, tuttavia è opportuno distinguere dalla ricca rassegna di pubblicazioni, che si dedicano allo studio tecnico delle artiglierie e degli altri ordigni ossidionali47, non solo gli inquadramenti generali di poliorcetica come Tecniche e spazi della guerra medievale e De re militari di Settia, i capitoli specifici di La Guerre au Moyen Age, di Philippe Contamine, o di Warfare in the Medieval World, di Brian Todd Carey, ma anche i bei volumi monografici Latin Siege Warfare in the Twelfth Century di Randall Rogers e The Medieval Siege, di Jim Bradbury, o la trattazione specifica sull’assedio in Fighting Techniques of the Medieval World48. Ricordiamo infine due pregevoli lavori di recente pubblicazione, il primo dei quali, Genieri e machinae nelle guerre del Barbarossa in Italia, di Marco Merlo, tratta di artiglierie se41

Espressione di questo tipo di studi è il manuale di Antonio Cassi Ramelli, Dalle caverne ai rifugi blindati, che, pur presentando una storia delle fortificazioni dall’Antichità all’Evo Contemporaneo, dedica la maggior parte dell’opera all’Architettura Militare Medievale (CASSI RAMELLI 1964); da rammentare sono anche i primi capitoli di ROCCHI 1908 e il primo volume di una storia delle fortificazioni redatto in forma manoscritta dal Delair nel 1882 e pubblicato nel 2002 per L’Ecole d’Application de l’Artillerie et du Génie dell’esercito francese (DELAIR 1882a). Ricordiamo anche fra le più lontane esperienze di studi castellologici con taglio eminentemente storico la pubblicazione VERDIANI BANDI 1926 sui castelli della Val d’Orcia. 42 KAUFMANN 2001, CHÂTELAIN 1973, GONDOIN 2007, RUSSO 2005b. 43 Nell’ordine BORDONE-VIGLINO DAVICO 2001, VIGLINO DAVICO 1979, VIGLINO DAVICO-DELLAPIANA TIRELLI 2000. Si segnalano ancora TOSCO-VIGLINO DAVICO 2003 e il recentissimo repertorio piemontese pubblicato sempre a cura del Politecnico di Torino e della professoressa Micaela Viglino Davico (VIGLINO DAVICO ET A. 2007, infra Parte Prima, Capitolo 3, p. 22, nota 12). Di altrettanto interesse è SIROT 2007 dedicato all’abitato rurale fortificato tardomedievale e moderno in Francia. 44 LUISI 1996, al quale può essere associato come approfondimento TURCHINI 2003 per gli sviluppi tecnico-bellici e architettonico-militari nel XV secolo e nel primo Rinascimento. 45 POISSON 1992. 46 I testi corrispondono nell’ordine a VAN OSSEL 1992, Castrum Radi 1992, GREPPI 2008. Si possono ancora citare nel mare magnum di queste pubblicazioni, a puro titolo esemplificativo, alcuni studi capaci di dare al lettore un’idea della complessità interdisciplinare della ricerca archeologica in ambito militare medievale: CARITÀ 1985, MICHELETTOVENTURINO GAMBARI 1991, relativi al Piemonte, FRANCOVICH-PARENTI 1987, VANNINI 1987, per la Toscana, DÉMIANS D’ARCHIMBAUD 1980, DÉMIANS D’ARCHIMBAUD 1994, per la Francia del sud. 47 Come per esempio BEFFEYTE 1994, TODARO 2003, SÀEZ ABAD 2007. 48 I testi corrispondono nell’ordine di citazione a SETTIA 2006, SETTIA 2008, CONTAMINE 1980 (anche in traduzione italiana, Bologna 1986), TODD CAREY 2006, ROGERS 1992, BRADBURY 1992, BENNET ET A. 2005.

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condo un taglio storico-ricostruttivo, mentre il secondo La guerra contro Dolcino “perfido eresiarca”, di Giovanni Cerino Badone, costituisce un pregevole esempio di Archeologia Militare impegnata nello studio di un evento ossidionale medievale49.

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MERLO 2004, CERINO BADONE 2005.

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CAPITOLO 2

Archeologia Militare e Archeologia Postmedievale

È ora necessario prendere in considerazione dal punto di vista metodologico l’ambito particolare delle ricerche presentate in questa sede, che si rivolgono ad un contesto geografico specifico, ovvero i territori appartenenti agli Stati Sabaudi, in un’epoca altrettanto precisa, che in Italia qualifichiamo con l’appellativo di Età Moderna e che, nel nostro caso in particolare, si limita al periodo fra la seconda metà del XVII secolo e la fine del XVIII. L’Archeologia Postmedievale Da poco più di un decennio l’intensificazione delle indagini d’archeologia urbana, motivate dalla legislazione italiana in materia di Beni Culturali, che impone l’assistenza archeologica nei cantieri dei centri storici e di tutte quelle aree valutate a rischio, ha fatto emergere prepotentemente il problema della documentazione e comprensione delle fasi di vita successive all’Età Medievale. Queste ultime nell’ambito dello scavo stratigrafico emergono per prime e possono, a seconda della loro entità, compromettere anche notevolmente la situazione dei depositi inferiori. La definizione scientifica e metodologica dell’Archeologia Postmedievale è stata oggetto di riflessioni e discussioni in occasione del convegno internazionale di studi, svoltosi a Sassari dal 17 al 20 ottobre 1994 e intitolato Archeologia postmedievale: l’esperienza europea e l’Italia1. Il nodo centrale della discussione consisteva nel motivare la ragion d’essere e l’autonomia effettiva di tale specializzazione del sapere archeologico, soprattutto a fronte di quello che è chiamato «rumore documentario», prodotto dalla ridondanza di fonti scritte, monumentali, artistiche, territoriali proprie dell’Evo Moderno e Contemporaneo. D’altro canto non appariva sufficiente la giustificazione dell’Archeologia Postemedievale come componente ineliminabile di un corretto approccio stratigrafico globale ai contesti archeologici, né come banco di prova e verifica delle teorie storiografiche elaborate da modernisti e contemporaneisti. Quanto alla qualificazione di «postmedievale», emergeva dai lavori del convegno la scelta di calcare l’espressione della corrispondente archeologia sviluppata in ambito britannico, piuttosto che mutuare l’appellativo d’ambiente francese di «archéologie moderne et contemporaine», per ricorrere ad una definizione il meno vincolante possibile e facente riferimento ad un intervallo cronologico dal XV secolo al XX, che comprende poi in sé le tradizionali Età Moderna e Contemporanea. Il nodo centrale della questione è pertanto questo: l’Archeologia Postemedievale può esistere, come tutte le altre archeologie, in ragione del fatto che vive di tematiche autonome e risponde ad autonomi quesiti, derivanti dall’approccio archeologico alle fasi moderne di una stratificazione. In breve l’Archeologia Postmedievale deve individuare problemi storici, non solo provarne le soluzioni teoriche. L’ambito d’azione dell’Archeologia Postmedievale nella formulazione di tali problematiche è, di nuovo come per le altre branche dell’archeologia, quello relativo a ciò che l’uomo in base alla cultura del suo tempo sa produrre, non tanto a livello linguistico, di pensiero o d’azione, ma in particolare a livello pratico e tecnico; 1

MILANESE 1997a , in cui i contributi che destano maggior interesse per l’approfondimento di queste problematiche in seno alla definizione dell’Archeologia Postemedievale sono: BALUT-BRUNEAU 1997, CROSSLEY 1997, GUZZO 1997, LO SCHIAVO 1997, MANNONI 1997, MILANESE 1997b, MILANESE 1997c, MORENO 1997.

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[…] elle [l’archéologie moderne, scil.] est donc la mieux préparée à prendre en charge l’homme en tant que technicien, c’est-à-dire l’art, au sens étendu du latin ars ou du grec techné. Aussi est-ce là la définition que nous en préconisons depuis vingt ans2

Tale prospettiva è valida per il fatto che gli apparati tecnici e i manufatti in genere non sono mai neutri; essi modificano in atto i modi di vivere, e quindi la cultura, dei medesimi produttori, i quali a loro volta hanno operato in base ad una formazione culturale specifica, che si è andata modificando durante lo stesso processo produttivo. Volendo esemplificare quanto detto finora, riferendoci alle tematiche attinenti l’argomento del presente volume, possiamo considerare una nuova prospettiva di studio per le abbondanti testimonianze ancor oggi visibili di fortificazione campale alpina, stringendo l’arco cronologico d’analisi alla seconda metà del XVII e al XVIII secolo e proponendole come chiave interpretativa del più ampio tema storico della definizione del confine fra gli Stati della Casa di Savoia e il Regno di Francia. Il fatto che le trasformazioni di questo confine, fra il 1690 e il 1713, portino la linea di demarcazione allo spartiacque alpino principale è certamente il dato storico a priori, ma le scelte strategiche, che hanno fatto preferire l’impianto dei complessi campali come quelli dell’Assietta o delle valli di Varaita e Stura in siti specifici e non in altri, sono da riferire all’interpretazione data allora sia alle possibilità d’impiego della fortificazione campale e delle sue caratteristiche tecniche sia alla percezione dell’area geografica di confine3. Rimanendo ancora nell’ambito di questa esemplificazione, è da notare infine che lo studio della fortificazione campale costituisce la via per completare la restituzione storica degli ambienti alpini d’Età Moderna nell’area geografica suddetta, dal momento che essi qualificano da un punto di vista militare e difensivo i settori di alta e media valle in sinergia con fortezze, piazzeforti e centri abitati appartenenti allo stesso comprensorio. È questo infatti il legame inevitabile che esiste più in generale fra l’Archeologia Postmedievale e l’Archeologia Ambientale, capace di restituire la reale complessità insediativa ed economica di un determinato territorio e di dare alla scala d’analisi locale, inconsueta per gli storici di ambito moderno e contemporaneo, una dignità scientifica che possa superare il livello dell’erudizione di campanile. Archeologia Militare d’Età Moderna La natura eminentemente interdisciplinare dell’Archeologia Postmedievale è palese anche e fortemente volgendo lo sguardo alle sue implicazioni in ambito militare. § Architettura Militare Così come per l’Archeologia Medievale la tradizione degli studi passati si è concentrata su un fecondo filone di ricerche d’Architettura Militare Moderna, indagando le ragioni della trasformazione delle fortificazioni medievali e la nascita di quelle bastionate, secondo i modi della «trace italienne», elaborata da più generazioni di ingegneri militari, autori di trattati specialistici fra la fine del XV secolo e l’inizio del XVII4. La storia di questa tradizione architettonico-militare è stata oggetto 2

BALUT-BRUNEAU 1997, p. 70. La disamina di questo contesto storico-culturale e la funzione catalizzatrice in esso svolta dalla fortificazione campale è sviluppata nel primo capitolo della seconda parte del presente testo; si vedano inoltre SCONFIENZA 2003 e CERINO BADONE 2007b. 4 Ricchissima è la trattatistica di questa scuola, della quale indichiamo in ordine alfabetico, per comodità di reperimento, soltanto alcuni titoli disponibili presso la Biblioteca Reale di Torino, specializzatasi nel corso dei secoli passati in materia di Arte e Architettura Militare: ALGHISI 1570, ANONIMO s.d.1, ANONIMO s.d.2, ANONIMO s.d.3, ANONIMO s.d.4, ANONIMO s.d.5, BELLUCCI s.d., BELLUCCI 1598, BUSCA 1585, BUSCA 1601, CATANEO s.d., CATANEO 1567, CATANEO 1571a, CATANEO 1571b, CATANEO 1608, DATI s.d., DE MARCHI s.d., DE MARCHI 1599, DE PASINO 1579, DELLA ROCCA s.d., DELLA ROVERE 1583, DI GIORGIO MARTINI s.d., DI VITTORIO GHIBERTI s.d., FIAMMELLI 1604, FILARETE s.d., FLORIANI 1630, GALILEI s.d., GALLACINI s.d., LANTERI 1557, LANTERI 1559, LORINI 1597, LORINI 1609, LUPICINI 1582, 3

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di opere pregevoli come le due vecchie pubblicazioni del generale Enrico Rocchi, Le origini della fortificazione moderna. Studi storico-critici e Le fonti storiche dell’Architettura Militare5, o il recente terzo volume di Ingegno e paura di Flavio Russo6. Restano tuttavia fondamentali in materia i testi di Amelio Fara, Il sistema e la città e La città da guerra, in ragione dell’impostazione interpretativa dell’Architettura Militare «alla moderna», indagata non come fatto meccanicamente conseguente all’introduzione dell’artiglieria a polvere nera, ma piuttosto come evoluzione di sistemi difensivi profondamente connaturati alla rinnovata visione, interpretazione fisica e razionalizzazione geometrica della realtà da parte della cultura rinascimentale7. Completano la prospettiva appena indicata tre raccolte di studi; la prima è stata curata da Cesare De Seta e Jacques Le Goff, La città e le mura, in cui compare un importante contributo, Il bastione come mentalità di Alexander Tzonis e Liane Lefaivre, dedicato alla genesi geometrica e balistica del bastione in quanto manufatto architettonico da guerra8; la seconda, L’architettura degli ingegneri, più recente propone una serie di approfondimenti sulle fortificazioni italiane fra XVI e XVII secolo, mentre la terza, Territorio, fortificazioni, città, apre per la prima volta in maniera completa una visuale sulle fortificazioni e difese del Regno di Napoli in età moderna9. In merito ai successivi sviluppi storici dell’Architettura Militare Moderna, le stesse opere testé citate e gli atti del convegno di Firenze del 1986, Architettura militare nell’Europa del XVI secolo, illustrano i principali filoni europei, fra cui quello francese e quello olandese, ovvero le due scuole più importanti durante i secoli XVII e XVIII e di maggior interesse per la presente sede10. La trattatistica di questa fase di diffusione continentale della «trace italienne» è ampia tanto quanto quella rinascimentale11, ma non possono certamente essere dimenticate le figure e le opere dei due più famosi ingegneri militari del XVII secolo, Sebastien Le Prestre de Vauban e Menno van Coehoorn, che segnarono profondamente l’invenzione dei sistemi coevi di fortificazione, essendo essi stessi costruttori e poliorceti12. Nell’ambito degli studi dedicati all’Architettura Militare di questi secoli emergoMAGGI-CASTRIOTTO 1564, MAGGI-CASTRIOTTO 1584, MALACREDA s.d., MORA 1567, MORA 1570, OROLOGI s.d., PATROCLI s.d., PUCCINI 1558, SARDI 1618, SARDI 1627, SARDI 1639, SCAMOZZI 1615, SCAMOZZI s.d., TARTAGLIA 1554, TENSINI 1624, THETI 1569. Una raccolta bibliografica completa sulla trattatistica d’Architettura Militare Moderna, che comprende opere e titoli dal XV al XVIII secolo, è reperibile in FARA 1989, pp. 253-262 passim. 5 ROCCHI 1894 e ROCCHI 1908, in particolare di quest’ultimo le pagine 257-473. 6 RUSSO 2005c. 7 FARA 1989 e FARA 1993. È opportuno ricordare anche ARGIOLAS 1991, opera dedicata alla storia dell’Arte Militare Italiana del Rinascimento, in cui compare un capitolo dedicato alla scuola di ingegneria militare contestualmente all’esame di tutti gli altri aspetti del mondo delle armi. 8 Nell’ordine DE SETA-LE GOFF 1989, TZONIS-LEFAIVRE 1989. Si ricorda ancora il volume SEVERINI 1970, dedicato alle fortificazioni di Giuliano da Sangallo, nelle quali si concretizzano le primissime esperienze pratiche della creazione dei sistemi bastionati. 9 Nell’ordine MARINO 2005 e AMIRANTE-PESSOLANO 2008; sulle dìfese del Regno di Napoli si vedano ancora RUSSO 1989, RUSSO 1994, VICHI 2006. 10 CRESTI ET A. 1988. Si possono ancora indicare COMITÉ-ART 1979, FAUCHERRE 1991, HERMANN 1992, BLIECK ET A. 2002 e le sezioni dedicate all’Architettura Militare moderna di HOGG 1982. 11 Ricordiamo soltanto alcuni dei più celebri trattati, d’ambiente olandese, francese e inglese, in gran parte sempre reperibili presso la Biblioteca Reale di Torino: SPECKLE 1589, STEVIN 1594, ERRARD DE BAR-LE–DUC 1600, DE GROOTE 1617, HONDIUS 1625, DE VILLE 1628, DE PAGAN 1645, MOORE 1673, MANESSON MALLET 1685. Si possono ricordare ancora per un’epoca dominata dal Vauban e dal Coehoorn BLONDEL 1683, BERNARD 1689, DE LA VERGNE 1698a, DE LA VERGNE 1698b, DE LA VERGNE 1700, DE SAINT-JULIEN 1705. 12 Opere dedicate allo studio dell’Architettura Militare da parte del celebre ingegnere sono DE VAUBAN 1685, DE VAUBAN 1705, DE VAUBAN 1739, DE VAUBAN 2002; tuttavia le nozioni d’Architettura Militare del Vauban non furono mai da lui pienamente sistematizzate, toccò agli ingegneri delle generazioni successive raccoglierne gli insegnamenti in opere organiche come DU FAY 1681, DU FAY-DE CAMBRAY 1694, THOMASSIN 1712, SAUVEUR 1713, ROZARD 1731, DEL CASTRONE 1733. Quanto alle pubblicazioni dei sistemi fortificati del Coehoorn sono noti COEHOORN 1682, COEHOORN 1683, DE PAAN 1682, DE PAAN 1683, COEHOORN 1685, YPEIJ 1777. La bibliografia sui due ingegneri è decisamente abbondante; per Vauban si vedano i volumi BLANCHARD 1996, VIROL 2003, BARROS ET A. 2006, GORI 2007, MONSAINGEON 2007, PROST 2007, Vauban-plume 2007, Vauban-bâtisseur 2007 e le bibliografie complete in essi contenute; per il Coehoorn resta ancora fondamentale l’opera organica VAN SIJPESTEYN 1860 con SNEEP 1982 e TREU 1982,

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no quelli dell’inglese Christopher Duffy, uno storico militare che, affrontando lo studio dell’Arte Militare di Antico Regime, ha voluto approfondire le caratteristiche d’impiego della fortificazione moderna europea e dei contesti d’assedio, dalla seconda metà del XVII secolo alla fine del XVIII, alla luce non solo della tradizione trattatistica, ma anche esaminando le fasi costruttive delle opere difensive e la loro destinazione pratica13. Una sintesi infine degli sviluppi dell’Architettura Militare nel XVIII secolo, con un occhio più attento alla Francia, è l’opera di Janis Langins, Conserving the Enlightenment14. § Storia Militare e Poliorcetica Moderna La prospettiva del Duffy porta a prendere in considerazione gli studi più specifici di Storia Militare dedicati all’Età Moderna, che forniscono all’archeologo le coordinate principali per definire il contesto culturale in cui hanno preso vita i manufatti di suo specifico interesse. In Italia hanno segnato tale disciplina gli studi di Piero Pieri e di Carlo Maria Cipolla15, mentre nell’ambiente francese deve essere menzionato un lavoro che per l’Evo Moderno assume la stessa importanza delle opere del Garlan per quello Antico, ovvero Guerre et société à l’époque moderne di Jean Chagniot, dotato di una bibliografia completa che permette di recuperare rapidamente tutti i filoni principali della materia16. D’altro canto non si possono tacere né gli studi del Parker17 né le opere di David Chandler, dedicate all’arte militare della «Marlboroughian Age», fra le quali fondamentale per i temi qui affrontati è The Art of War in the Age of Marlborough18; rimanendo in tema, fondamentali per la ricostruzione del contesto militare dei decenni fra il 1660 e il 1715 sono le due opere di John Albert Lynn sull’armata e sulle guerre di Luigi XIV19 e per una rassegna sugli studi storico militari inerenti lo stesso periodo esiste il prezioso International Politics and Warfare in the Age of Louis XIV and Peter the Great di William Young20. Per il pieno XVIII secolo, accanto agli studi storici sulle guerre del tempo21, tornano ad essere importanti altri lavori del Duffy, quali The Military Experience in the Age of Reason, The Army of Frederick the Great, Instrument of War e By the Force of Arms22, ma accanto ad essi di gran pregio è un recentissimo libro dedicato alla «petitte guerre» nel ’700, scritto in seguito ad un’approfondita ricerca da parte di una giovane studiosa francese, Sandrine Picaud Monnerat, opera di confronto significativo per gli argomenti trattati in questa sede23. Nell’ambito della produzione italiana meritano una menzione di pregio i libri dedicati alla storia degli eserciti degli Stati Preunitari e degli eventi bellici del XVIII secolo verificatisi nella penisola, redatti da Virgilio Ilari e da altri suoi collaborato-

mentre si può indicare per la disamina in lingua italiana dei suoi sistemi difensivi FARA 1989, pp. 210-213, con relativa bibliografia, e infine DUFFY 1985, pp. 63-71. Una sintesi precisa ed esauriente dell’arte di Vauban e Coehoorn, nonché delle altre scuole europee si trova in DELAIR 1882a e DELAIR 1882b. 13 DUFFY 1979, DUFFY 1985, DUFFY 1996a. 14 LANGINS 2004. Un’ampia rassegna di fortificazioni del XVIII secolo in Europa e nelle colonie è stata redatta in VIGANÒ 2003 15 PIERI 1952, CIPOLLA 1969. Da segnalare più recenti anche CARDINI 1982, DEL NEGRO 2001, il già citato ARGIOLAS 1991 e COLSON 1999. 16 CHAGNIOT 2001. 17 PARKER 1990. 18 CHANDLER 1994; si vedano inoltre CHANDLER 1995, CHANDLER 2000, CHANDLER 2004. L’ambiente britannico è forse quello più prolifico in questi studi, indichiamo ancora: CHILDS 1982, FEATHERSTONE 1998, CHILDS 2001, JÖRGENSEN ET A. 2005, NORRIS 2005, TURNBULL 2006. 19 LYNN 1997, LYNN 1999 e il recente LYNN 2002. 20 YOUNG 2004 21 BROWNING 1995, SMITH ANDERSON 1995, MARSTON 2001, SZABO 2008. 22 Nell’ordine DUFFY 1987, DUFFY 1996b, DUFFY 2000, DUFFY 2008. 23 PICAUD MONNERAT 2010.

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ri, quali Tra i Borboni e gli Asburgo, La Corona di Lombardia, Bella Italia Militar, La Guerra delle Alpi, tutte opere fondamentali e d’estremo interesse per la materia trattata in questa sede24. Rimanendo nella Storia Militare è importante segnalare inoltre le ricerche riguardanti l’arte dell’assedio in Età Moderna, molto feconde e, come per le epoche precedenti, contigue all’Archeologia Militare. Infatti, se ancora una volta risulta assai ricca la trattatistica del tempo25, sono altrettanto numerosi gli studi moderni, in particolare d’ambiente francofono e anglofono, sebbene nel 1999 in Italia al convegno di Montalcino, intitolato Situazioni d’assedio, si sia dimostrata una particolare sensibilità per la materia, non solo da un punto di vista tecnico militare, ma anche riguardo alle ricadute culturali dell’evento ossidionale26. Fin dagli anni Sessanta del XIX secolo in Francia le opere dell’Augoyat27 hanno aperto una ricca tradizione di studi sugli ingegneri militari, a livello prosopografico e biografico, approfondendo anche la ricerca sul loro bagaglio tecnico in campo architettonico-militare e ossidionale. Le prove migliori in seno a questi studi sono state fornite ormai da qualche decennio nei lavori di Anne Blanchard28, ma attualmente gli studiosi francesi, fra i quali ricordiamo soprattutto Nicolas Faucherre e Michèle Virol, hanno sviluppato una ricchissima bibliografia che comprende a tutto campo il tema dell’Architettura Militare, delle collezioni di PlansRelief e della guerra d’assedio nel «Grand Siècle»29; a questi lavori corrispondono gli studi storici di Joël Cornette sul significato assunto dalla guerra nel medesimo periodo e nella qualificazione della monarchia assoluta30. Specificatamente dedicati all’arte dell’assedio e alle vicende di tali operazioni durante le guerre del Re Sole sono due pregevoli studi di autori belgi, 1691. Le siège de Mons par Louis XIV e La guerre de siège sous Louis XIV en Europe et à Huy, in cui si rende conto anche delle indagini archeologiche condotte per ricostruire il contesto d’assedio e l’assetto difensivo delle piazze31. La produzione anglofona in materia di arte ossidionale è altrettanto ricca rispetto a quella in francese e di nuovo è necessario richiamare le opere del Duffy, sopra citate, perché contestualmente allo studio dell’impiego della fortificazione moderna compaiono anche gli approfondimenti sull’arte dell’assedio. La bibliografia degli autori inglesi di storia militare contiene spesso capitoli o sezioni dedicati allo studio degli assedi, a livello sia teorico sia esemplificativo32, ma certamente oggi l’opera che più ha saputo spingere a fondo l’esame della poliorcetica moderna è il libro scritto da Jamel Ostwald, Vauban under Siege, particolarmente attento al periodo fra la Guerra della Lega d’Augusta e la fine della Successione Spagnola33. L’autore, basandosi su un’ampia bibliografia e su fonti d’archivio, studia attentamente la conduzione degli assedi fra il 1701 e il 1712 sul fronte delle Fiandre e del Brabante per comprendere le ragioni dell’abbandono dei metodi d’assedio secondo le 24

Nell’ordine ILARI-BOERI-PAOLETTI 1996, ILARI-BOERI-PAOLETTI 1997, ILARI-PAOLETTI-CROCIANI 2000, ILARICROCIANI-PAOLETTI 2000; va inoltre aggiunto il recente ILARI-SHAMÀ 2008. 25 Per l’argomento si rinvia ancora una volta alla bibliografia di FARA 1989, facendo presente che esistono altre indicazioni in OSTWALD 2007, pp. 54-57 e nella completa bibliografia di tale volume. È tuttavia doveroso menzionare alcune opere basilari per la poliorcetica della fine del XVII secolo e del XVIII, quali DE LA VERGNE 1698b, DE VAUBAN 1704, DE VAUBAN 1706, LANDSBERG 1718, DE VAUBAN 1737, BARDET DE VILLENEUVE 1742, TRINCANO 1768, DE CORMONTAIGNE 1803, DE CORMONTAIGNE 1806. 26 CARLE-FAUVE CHAMOUX 2002. 27 Accanto ai lavori specifici su contesti e singoli ingegneri ricordiamo per tutti AUGOYAT 1860-64. 28 Oltre alla nota biografia del Vauban (BLANCHARD 1996) sono fondamentali BLANCHARD 1979 e BLANCHARD 1981. 29 Accanto ai due studiosi citati ricordiamo ancora Emilie d’Orgeix, Guillaume Monsaingeon, Isabelle Warmoes e altri, ma soprattutto le seguenti opere BOUSQUET-BRESSOLIER 1999, Atlas-Militaires 2003, BARROS ET A. 2006, MONSAINGEON 2007, Plans-Reliefs 2007, Vauban-plume 2007, Vauban-bâtisseur 2007. Per il XVI secolo si tenga presente anche AUDISIO 2004. 30 CORNETTE 2000. Completano l’indagine sul mondo militare dei tempi del Re Sole l’ampio studio sull’ufficialità francese DRÉVILLON 2005 e quello sulla direzione e strategia dell’Armée Royale CENAT 2010. 31 Si tratta nell’ordine di RAPAILLE 1991 e RORIVE 1998. 32 Supra p. 16, note 18, 19, 21, 22. 33 OSTWALD 2007.

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regole del Vauban. È assai curato l’esame delle tecniche ossidionali precedenti l’età di Vauban, quelle utilizzate dal medesimo e dal Coehoorn, nonché le vicende e le particolarità dei singoli assedi, ma soprattutto la ricerca delle ragioni storiche è capace di collegare le scelte strategiche e poliorcetiche al panorama culturale, socio-politico ed economico del tempo, pregio essenziale per le esigenze di contestualizzazione proprie di un archeologo. § Archeologia Militare In seno alle ricerche di poliorcetica moderna trovano posto soprattutto in ambiente britannico e nord-americano alcune significative esperienze di studio archeologico. Un libro che senza dubbio costituisce un modello per l’Archeologia Militare Moderna è Anatomy of a siege di Kenneth Wiggins34, opera che rende conto delle campagne di scavo condotte in Irlanda nel sito del King John’s Castle di Limerick, costruito lungo il corso dello Shannon dai Normanni nel XII secolo, ristrutturato fra il 1608 e il 1611 e poi assediato nel 1642 durante la Guerra Civile dagli insorti irlandesi. Le campagne di scavo condotte dal 1990 al 1991 e dal 1993 al 1997 hanno permesso di individuare le opere d’assedio e difesa, in particolare mine e contromine ancora armate con il legname del tempo, grazie ad una fortunata situazione dell’area a ridosso del castello non sconvolta dall’urbanizzazione più recente. La pubblicazione è poi esemplare per questo genere di studi perché associa ai dati archeologici mobili e immobili la ricerca documentaria, sia in merito alle vicende e alle opere sia ai protagonisti dell’evento bellico. Analoghe al libro del Wiggins sono le pubblicazioni derivanti da ricerche storico-documentarie e da ricognizioni sul terreno per individuare le consistenze delle opere difensive ancora esistenti, come English Civil War Fortifications e French Fortresses in North America, con carattere più divulgativo35. Uno spirito di ricerca e comunicazione che, pur non rispondendo esclusivamente ad un’impostazione archeologica, associa sempre la ricostruzione degli eventi storici con l’esame del terreno e delle opere difensive, campali o permanenti, qualora esistano o siano state indagate archeologicamente, è quello assunto da tutti gli autori che scrivono per la collana della Osprey-Campaign, nell’ambito della quale sono da segnalare, per confronto con la materia trattata in questa sede, le opere dedicate a battaglie combattute in Europa o nelle colonie d’oltremare durante il XVII e XVIII secolo, quali Lützen (1632), River-Boyne (1690), Blenheim (1704), Poltava (1709), Culloden (1746), Monogahela (1754-1755), Rossbach (1757), Leuthen (1757), Kolin (1757), Plassey (1757), Zorndorf (1758), Ticonderoga (1758), Louisbourg (1758), Quebec (1759), Yorktown (1781) e l’assedio di Gibilterra (1779-1783)36. La preoccupazione dell’indagine in situ accanto a quella evenemenziale caratterizza anche alcuni studi tedeschi dedicati a battaglie come Fehrbellin (1675) oppure Hohenfriedeberg (1745)37, per quanto sia prevalente la componente storico-militare su quella territoriale, così come di nuovo si caratterizza in ambiente francese, spagnolo e italiano la disamina di eventi famosi per la storia militare d’Ancien Régime, quali le battaglie di Luzzara (1702), Cassano (1705), Almansa (1707), Malplaquet (1709), Denain (1712), Guastalla (1734), Fontenoy (1745)38.

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WIGGINS 2001. HARRINGTON 2003, CHARTRAND 2005. Più recenti seguono CHARTRAND 2008, CHARTRAND 2010, DE QUESADA 2010. 36 I testi nell’ordine di citazione delle battaglie corrispondono a: BRZEZINSKI 2001, MCNALLY 2005, TINCEY 2004, KONSTAM 1994, REID 2002, CHARTRAND 2004, MILLAR 2001, MILLAR 2002 (Rossbach e Leuthen), HARRINGTON 1994, MILLAR 2003, CHARTRAND 2000a, CHARTRAND 2000b, REID 2003, MORRISSEY 1997, CHARTRAND 2006. Analogo spirito di ricerca che associa l’indagine storica con la ricognizione sui terreni è lo studio del Duffy sulle battaglie di Rossbach e Leuthen del 1757 (DUFFY 2003). 37 BAUER 1998 e ROHDICH 1997. 38 Nell’ordine di citazione: RATI 2003, MANDELLI-TESTA-SALA 2005, DE TORRES ALDASORO 2004, CORVISIER 1997, LESAGE 1992, SANTANGELO-RE 2003, BOIS 1996, GANDILHON 2008. 35

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In conclusione è importante segnalare che in ambito francofono sono stati sviluppati capitoli dell’Archeologia Militare Moderna di particolare interesse e talvolta direttamente pertinenti con le tematiche del presente lavoro. Infatti, se costituiscono un repertorio di pregio sul fronte della conoscenza dell’instrumentum bellicum e delle armi in quanto manufatti i due tomi di Equipements Militaires di Michel Petard39, o in seno alle ricerche di storia e strategia territoriale la recente pubblicazione Septentrion, redatta da autori francesi e belgi e dedicata alle piazzeforti fiamminghe fra il Mare del Nord e la Mosa40, fin dagli anni ’90 del XX secolo molti studiosi hanno dedicato la loro ricerca alla fortificazione campale o d’assedio, svolgendo indagini sia a livello documentario sia operando ricognizioni in situ e studiando le fotografie aeree. È opportuno menzionare in tal caso la ricerca aerofotogrammetrica sull’assedio francese d’Amiens del 1597, ad opera di Roger Agache41, gli studi del Geist sulle fortificazioni campali realizzate nella contea di Nizza durante la Guerra di Successione Austriaca42 e i numerosi lavori di studio monografico o di sintesi sulle «lignes de campagne» realizzate sui fronti delle Fiandre, del Brabante e del Reno durante le guerre del Re Sole e del XVIII secolo43.

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PETARD 1984. Septentrion 2007. Riguardo alla storia politica, militare e territoriale dei Paesi Bassi, cuore della strategia internazionale europea fra XVII e XVIII secolo si vedano anche JEANMOUGIN 2005, DENYS-PARESYS 2007, SCHULTEN 2009. 41 AGACHE 1986. 42 GEIST 1999-2000; GEIST 2000-2001. 43 Uno studio monografico per esempio sulla cosiddetta «Ligne de La Trouille» è VAN MOL 1994; ricerche più generali sono presenti in RORIVE 1998, pp. 220-225; LYNN 2002, pp. 62-75; OSTWALD 2007, pp. 96-104, 106, e una raccolta bibliografica in materia si trova nelle note alla recente pubblicazione del Traité de la fortification de campagne di Vauban (BRAGARD 2007, p. 1488 nota 1, p. 1522 nota 1, p. 1528 nota 2). 40

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CAPITOLO 3

L’Archeologia Militare Moderna in Piemonte

A partire dalla seconda metà del XVI secolo il Piemonte assume un ruolo centrale fra gli Stati Sabaudi secondo la politica del duca Emanuele Filiberto, volta ormai ad orizzonti italiani; tale situazione caratterizza tutta la storia e la funzione strategica della regione durante l’Età Moderna e rende il Piemonte fulcro centrale di uno stato militare denominato a proposito il «Brandeburgo d’Italia»1. Storia Militare Durante le guerre di Luigi XIV e della prima metà del ’700 una componente essenziale dello Stato Sabaudo fu la sua componente militare, quale espressione peculiare della monarchia assoluta e della società che sviluppava le sue dinamiche di promozione in quest’ambito specifico e in quello dei servizi di corte e burocratico2. Nel XIX secolo fu la tradizione militare sabauda a costituire l’unico riferimento per quella neonata italiana, grazie alla funzione protagonista e decisiva del Piemonte durante il Risorgimento. Nel Regno di Sardegna tuttavia l’interesse per la Storia, l’Arte e l’Architettura Militare si sviluppò assai prima dell’800, secolo al quale va comunque ricondotto il sacro testo e sintesi della tradizione militare sabauda d’Antico Regime, ovvero l’Histoire militaire du Piémont di Cesare Saluzzo di Monesiglio, cui fece seguito la Storia militare del Piemonte di Ferdinando Pinelli3. A questi contesti culturali bisogna associare la stagione di studi storici, fra XIX e XX secolo, che, accanto ad opere piuttosto celebrative sulla storia dei vari corpi del Regio Esercito Italiano4, annovera lavori di notevole impegno e valore documentario, finalizzati alle programmazioni difensive e offensive della Triplice Alleanza. Sono esemplari gli studi del Dabormida, del Buffa di Perrero o del De Antonio sulle campagne militari alpine degli anni ’40 e ’90 del XVIII secolo e su tematiche inerenti la materia di nostro interesse5. Chiudono questa serie più antica di studi storico-militari la ricerca su Carlo Emanuele III, come comandante militare, di Borsarelli e Corbelli e la nota opera di Nicola Brancaccio L’esercito del vecchio Piemonte6. Attualmente riguardo alle tematiche di Storia Militare d’ambiente sabaudo, oltre a specifici capitoli ad essa dedicati nei volumi curati da Virgilio Ilari, precedentemente citati7, sono fondamentali per la conoscenza dei contesti socio-culturali, in cui si mossero anche i costruttori e gli utenti delle fortifi1

Appellativo e motivazioni si trovano in ILARI-BOERI-PAOLETTI 1996, pp. 179-261. Per approfondire si vedano BARBERIS 1988, RICUPERATI 2001, BIANCHI 2002, BIANCHI-GENTILE 2006, BIANCHI 2007. 3 Nell’ordine SALUZZO 1818, PINELLI 1854. 4 Basti ricordare per tutti GUERRINI 1902, dedicato alla storia dei Granatieri di Sardegna, già «Regiment aux Gardes». 5 BUFFA DI PERRERO 1887, preceduto dal più vecchio GALLEANI D’AGLIANO 1840; DABORMIDA 1891; DE ANTONIO 1911. Vanno inoltre ricordati i lavori di Ermanno Ferrero sulle campagne della Successione Spagnola in Piemonte (Campagne-Piemonte 1907-1933) e quelli del Regio Imperiale Archivio di Guerra Austro-Ungarico sulle campagne del Principe Eugenio, tradotti in italiano alla fine del XIX secolo (Campagne-Eugenio 1889-1902). Anche in Francia l’editoria militare, dedicata agli eventi bellici del XVII e XVIII, negli anni fra XIX e XX secolo ha prodotto opere e repertori di notevole importanza per gli studi di Arte e Archeologia Militare in Piemonte, quali per esempio PELET-DE VAULT 1835-1862, MORIS 1886, ARVERS-DE VAULT 1892, KREBS-MORIS 1891-1895. 6 Nell’ordine BORSARELLI-CORBELLI 1935, BRANCACCIO 1922-23, BRANCACCIO 1923-25. 7 Supra Parte Prima, Capitolo 2, p. 17, nota 24. 2

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cazioni campali alpine, di cui ci si occupa in questo volume, i libri di Walter Barberis, Le armi del principe, di Claudio De Consoli, Al soldo del duca, e di Paola Bianchi, Onore e mestiere, per conoscere i contesti sociali e il significato dell’esercito nel «Vecchio Piemonte»8. Architettura Militare Gli studi di Arte e Storia Militare nel contesto culturale piemontese, durante gli anni ’50 e ’60 del secolo scorso hanno ricevuto l’apporto delle ricerche sul sistema difensivo sotterraneo dell’antica piazzaforte di Torino con l’opera di Guido Amoretti, che ha recuperato parecchi tratti pressoché integri delle gallerie di contromina della cittadella e della fortificazione urbana9. In tempi sicuramente prematuri si è avviato un filone di studi di vera Archeologia Militare in seno a quelli dedicati alla Storia Militare sabauda, ma ancor più importante è riesame del sistema di contromina torinese, alla luce delle attuali metodologie d’indagine archivistica e archeologica per merito soprattutto di Fabrizio Zannoni10. Mentre il Museo «Pietro Micca» di Torino sviluppava le ricerche ipogee, il professor Augusto Cavallari Murat del Politecnico ampliava lo sguardo all’Architettura Militare nell’ambito degli studi di rilettura filologica del tessuto urbano della capitale sabauda, sotteso a quello torinese del XX secolo11. In seguito, a partire dagli anni ’70 gli storici dell’architettura del Politecnico, fra cui la compianta professoressa Vera Comoli Mandracci e la professoressa Micaela Viglino Davico con la professoressa Claudia Bonardi davano l’avvio ad uno studio capillare di tutte le piazzeforti sabaude, realizzate fra il XVI e il XIX secolo. Queste ricerche di natura archivistica, storico-cartografica e ricognitiva sono confluite in numerosissime pubblicazioni molto importanti per l’Archeologia Militare; una rassegna completa di tali studi è presente nella bibliografia generale di Fortezze «alla moderna» e ingegneri militari del ducato sabaudo, a cura della professoressa Viglino Davico12. Come in Francia si è poi sviluppato un filone di studi sugli ingegneri militari che operarono negli Stati Sabaudi durante l’Età Moderna. Pertanto i recenti volumi, Gli ingegneri militari attivi nelle terre dei Savoia e nel Piemonte orientale e Architetti e ingegneri militari in Piemonte tra ’500 e ’700, curati dalla professoressa Viglino13, costituiscono l’ultimo traguardo di un percorso avviato fin dal XIX secolo dal Promis, con il suo libro Gl’ingegneri militari che operarono o scrissero in Piemonte14, e ampliato nel 1963 da Ingegneri e architetti del Sei e Settecento in Piemonte, ad opera di Carlo Brayda, Laura Coli e Dario Sesia 15. 8

Nell’ordine BARBERIS 1988, DE CONSOLI 1999, BIANCHI 2002. AMORETTI 1978, AMORETTI 2000, AMORETTI-MENIETTI 2000, tutti con bibliografia pregressa. 10 BEVILACQUA-PETITTI-ZANNONI 2006, BEVILACQUA-ZANNONI 2006, BEVILACQUA-ZANNONI 2007. Si attendono attualmente le pubblicazioni degli interventi di tutela, svolti in più siti della città di Torino contestualmente ai cantieri della metropolitana fra il 2000 e il 2010, che hanno interessato prevalentemente il sistema di contromine delle fortificazioni urbane. 11 CAVALLARI MURAT 1968, in particolare il capitolo Architettura militare e forma urbana, in Vol. I, Tomo I, pp. 877905. 12 VIGLINO DAVICO 2005 e a completamento VIGLINO DAVICO ET A. 2007 rivolto soprattutto alle opere difensive medievali, ma utile per le preesistenze territoriali e strutturali rispetto agli interventi moderni. Vanno ricordate inoltre alcune opere monografiche sulle singole piazzeforti sabaude, alcune con intento più divulgativo, come GARIGLIO-MINOLA 1994, GARIGLIO-MINOLA 1995, GARIGLIO 1997, CORINO 2001, altre con impostazione decisamente più scientifica ed esauriente, quali MAROTTA 1990, MAROTTA 1991, MAROTTA 1992, BARGHINI 1993, MAROTTA-COMOLI MANDRACCI 1995, CORINO 1999, GARIGLIO 1999b, OGLIARO 1999, GARIGLIO 2000, GARIGLIO 2001, VIGLINO DAVICO 2001, BARRERA 2002, Exilles 2003b, Chivasso e Castagneto 2007. 13 Nell’ordine VIGLINO DAVICO-BRUNO JR. 2007 e Architetti-Piemonte 2008. 14 PROMIS 1871. 15 BRAYDA-COLI-SESIA 1963. In BARBERIS 1988 e BIANCHI 2002 passim è possibile individuare notizie su storia e carriera, ma anche in FARA 1989, FARA 1993 e ILARI-PAOLETTI-CROCIANI 2000. 9

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Armi e Instumentum Bellicum Nel panorama generale degli studi qui esaminati meritano un posto a sé stante due opere che, sebbene non abbiano specifica natura archeologica, costituiscono attualmente un contributo essenziale per lo studio e la ricostruzione dei contesti militari sabaudi d’Età Moderna. Le armi da fuoco del Vecchio Piemonte di Francesco Sterrantino, pubblicato postumo dall’Accademia di San Marciano16, è il primo di questi studi che contestualizza in un preciso ambiente storico tutti i manufatti corrispondenti alle componenti dell’armamento portatile dell’esercito del Duca di Savoia e poi del Re di Sardegna. Il testo e le tavole del libro permettono di classificare eventuali reperti di armi da fuoco riconducendoli ai modelli pubblicati; d’altro canto l’opera informa ampiamente sulle procedure di fabbricazione e sull’evoluzione dell’armamento portatile, secondo una duplice prospettiva, diacronica e tipologica, relazionata all’impiego delle armi nelle diverse specialità dell’esercito piemontese d’Antico Regime. Il secondo lavoro che merita una menzione autonoma è la pubblicazione integrale e commentata del testo e delle illustrazioni del Compendio della grand’arte d’Artiglieria, di Giovanni Battista d’Embser, tenente colonnello dell’Artiglieria del Re di Sardegna17. Il manoscritto del d’Embser, redatto entro il 1732 e conservato presso la Biblioteca Reale di Torino, è stato così pubblicato grazie alla cura di Giorgio Dondi, corredato di un commento parallelo al testo antico, che traduce in italiano moderno l’intera nomenclatura delle «robbe d’Artiglieria», ovvero le bocche da fuoco, le loro componenti e gli strumenti d’officina e di cantiere. Quest’opera tentò nel XVIII secolo di uniformare il lessico tecnico dell’artiglieria per la redazione degli inventari, individuando una corrispondenza biunivoca fra un unico sostantivo e un oggetto reale; oggi il lavoro di Giorgio Dondi ha reso fruibile e di facile consultazione un repertorio storico irrinunciabile per chiunque maneggi e studi dei documenti d’ambiente sabaudo della seconda metà del XVII o del XVIII secolo, inerenti l’artiglieria e le fortificazioni. Cartografia e Corografia L’Archeologia Militare d’Età Moderna in Piemonte, accanto ai filoni di ricerca appena considerati, può avvalersi inoltre degli studi di cartografia antica, particolarmente curati dai geografi dell’Università di Torino, guidati da Paola Sereno. Questo genere di documentazione storica accanto a qurella manoscritta d’archivio è un punto di riferimento irrinunciabile e per l’ambito piemontese esiste il volume Rappresentare uno Stato. Carte e cartografi degli Stati Sabaudi, un’ampia trattazione che estende anche lo studio al valore della carta geografica in seno alla politica della monarchia assoluta, alla sua produzione e alla formazione dei cartografi18. Di notevole interesse per gli studi affrontati in questa sede è la ricerca sulla cartografia e sulle memorie corografiche della alla frontiera alpina del Regno di Francia, realizzata da Paola Pressenda19, che rievoca l’importantissima attività svolta dal primo ingegnere topografo di Luigi XV, Pierre de Bourcet20.

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STERRANTINO 2002. D’EMBSER 1732. 18 COMBA-SERENO 2002. Esistono 17

anche i libri del Musée des Plans-Relief di Parigi, che contengono contributi dedicati alle raccolte cartografiche sabaude, come per esempio BOUSQUET-BRESSOLIER 1999 e Atlas-Militaires 2003 19 PRESSENDA 2002. Riguardo alle memorie corografiche di ambiente sabaudo si possono citare CORINO 1997, GASCA QUEIRAZZA 2000 e SCONFIENZA 2005b. La maggior parte di questi dati sono ancora inediti e vanno rammentate per prime fra tutte le memorie di Benedetto Maurizio duca di Chiablese e di Alessandro Vittorio Papacino d’Antoni conservate alla Biblioteca Reale e all’Archivio di Stato di Torino; si vedano pertanto CHIABLESE 1766, PAPACINO D’ANTONI 1770a, PAPACINO D’ANTONI 1770b, PAPACINO D’ANTONI 1770c, Projets 1771-1772. 20 DE BOURCET 1775, DE BOURCET 1801.

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Il quadro sugli studi di cartografia storica utili per l’Archeologia Militare alpina è infine completato segnalando Il tesoro del Principe: titoli, carte, memorie per il governo dello Stato e Il teatro delle terre. Cartografia sabauda fra Alpi e pianura, i due recenti e grandi volumi di Laura e Giorgio Aliprandi, Le grandi Alpi nella cartografia21, e l’Atlante orografico delle Alpi di Sergio Marazzi22. Fra Storia e Archeologia Militare La Storia Militare sabauda e piemontese ha fatto episodicamente la sua comparsa nella forma di contributi scientifici in alcuni noti periodici, quali il «Bollettino della Società Piemontese d’Archeologia e Belle Arti», il «Bollettino Storico-Bibliografico Subalpino», «Studi Piemontesi», «Armi Antiche. Bollettino dell’Accademia di San Marciano di Torino», «Annales Sabaudiae. Quaderni dell’Associazione per la Valorizzazione della Storia e Tradizione del Vecchio Piemonte» e il prestigioso «Mémoires et documents» della Société Savoisienne d’Histoire et d’Archéologie»23. Si è poi costituito negli ultimi decenni un ampio gruppo di opere divulgative, dedicate a vicende storicomilitari, piazzeforti e siti di eventi bellici, che forniscono in genere quadri sintetici e cronologici con bibliografie sommarie di riferimento24. Nel gruppo delle pubblicazioni appena rammentate si contano tuttavia opere di maggior impegno, oltre il limite della semplice divulgazione, capaci di fornire una ricostruzione completa di eventi o di aspetti storico-militari di un periodo specifico; l’approccio metodologico comprende contestualmente l’indagine storico-documentaria, quella difensiva territoriale, lo studio di armi e reperti mobili, l’esame delle uniformi e della composizione dei reparti militari. Il primo lavoro, che ha inaugurato questo genere di ricostruzioni ad ampio respiro e di notevole utilità per le ricerche di Archeologia Militare, è La Guerra della Lega di Augusta fino alla battaglia di Orbassano, numero monografico del periodico «Armi Antiche» dell’Accademia di San Marciano, curata dal compianto Francesco Sterrantino25. Da considerare inoltre è Le truppe leggere nella Guerra delle Alpi, con uno studio storico territoriale di un episodio della guerra del 1792-1796, fra Piemonte e Francia, e un contributo dello scrivente dedicato alla fortificazione campale della seconda metà del ’700, accanto agli studi sui corpi militari e sugli eventi bellici26; seguono infine Cronache di un assedio, per Chivasso nel 1705, e 1706. Le Aquile e i Gigli, dedicato all’assedio di Torino e dotato a tutt’oggi della migliore documentazione grafica ricostruttiva dell’evento27. Accanto agli ultimi studi segnalati trovano posto opere analoghe, che grazie alla conservazione dei contesti ambientali hanno potuto ampliare l’aspetto dell’indagine archeologico-territoriale e di riconoscimento del paesaggio antico. Così il volume del Centro Studi e Ricerche Storiche sull’Architettura Militare del Piemonte, pubblicato nel 1997 e intitolato I trinceramenti dell’Assietta, offre uno studio dei manufatti difensivi in situ e documentario decisamente prevalente rispetto alla narra21

ALIPRANDI 2005 e ALIPRANDI 2007. MARAZZI 2005. 23 È opportuno segnalare qui ancora Piemont 1994 e Société Savoiarde 1998, curati rispettivamente dall’Accademia di San Marciano e dalla Société Savoisienne d’Histoire et d’Archéologie 24 Si segnalano qui i libri più noti: VIRIGLIO 1930, FENOGLIO 1977, TRABUCCO 1978, AMORETTI 1996, Battaglie in Piemonte 1993 , MINOLA 1998, GALANDRA-BARATTO 1999, GARIGLIO 1999a, RUGGIERO 1999, MINOLA 2001a, BOCCA GHIGLIONE-SALAMON 2002, FEDOTOVA 2005, GALVANO 2005, GARIGLIO 2005, BOCCA 2006, CELI 2006, FIORENTIN 2006, MINOLA 2006a, NASI 2006, MINOLA 2007, LO FASO DI SERRADIFALCO 2009. Di maggior impegno scientifico sono da segnalare nell’ambito delle opere storico-militari alcune dedicate alla figura del principe Eugenio di Savoia-Soissons, quali OPPENHEIMER 1981, PAOLETTI 2001, HENDERSON 2005. 25 Marsaglia 1992. 26 Truppe Leggere 2007. 27 Nell’ordine BOSSO 2005, CERINO BADONE 2007c. In merito all’assedio di Torino del 1706 la bibliografia è assai ricca, si rimanda pertanto in questa stessa pagina a supra nota 24, ma si segnalano in più BALANI-BENEDETTO 2006, Ascesa verso il Regno 2007 e Armata Reale di Francia 2008. 22

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zione storica della famosa battaglia del 174728. Un intreccio serrato fra indagine storica e studio territoriale archeologico di superficie caratterizza Bandiere nel fango, opera dedicata all’assedio di Verrua del 1704-170529, e analogamente il pregevole Chivasso & Castagneto. Venti secoli di storia sviluppa i risultati di ricognizioni territoriali e studi ricostruttivi dei trinceramenti fra Chivasso e Castagneto Po risalenti al 170530. Esiste finalmente un gruppo di pochi studi, rispondente in vero ai caratteri dell’Archeologia Militare, i cui contesti territoriali coincidono spesso con i teatri alpini, a causa generalmente della scarsa continuità di presenza umana nel corso del tempo. Vanno segnalati subito i lavori pregevoli sulle ricognizioni al forte di Mirabocco e al campo trincerato francese di Laz Arâ, sulla dorsale fra le valli di Pramollo e Germanasca, ad opera di Giorgio Ponzio31; seguono i lavori di Mauro Minola editi sulla rivista «Segusium», inerenti le fortificazioni campali del Parco dell’Orsiera e della val Sangone32. Di notevole valore documentario è il volume di Ettore Peyronel, Radici di pietra, che rende conto di ricerche archivistiche e ricognizioni territoriali alle fortificazioni campali e permanenti meno conosciute delle valli del Chisone e limitrofe33. Per il comprensorio alpino fra la val di Susa e le Alpi Marittime utili sussidi per le ricognizioni e la topografia sono Le strade dei cannoni e Le strade militari dell’Assietta, di Marco Boglione34. Le ricerche sulle fortificazioni campali del XVIII secolo si sono anche estese alle montagne della vallate cuneesi, in particolare nella valle Varaita, e sono protagoniste del volume, redatto da chi scrive, Pietralunga 1744. Archeologia di una battaglia e delle sue fortificazioni, edito nel 200935. Per quanto concerne la Valle d’Aosta bisogna prendere in considerazione un articolo di Robert Saluard sul campo del Principe Tommaso, presso La Thuile, i contributi d’archeologia militare al Piccolo San Bernardo, comparsi sugli atti del convegno di Aosta, Alpis Graia, nel marzo 200636, e la pubblicazione Le système de défense du Col du Petit-SaintBernard entre XVIIème et Xème siècle37; riguardo ancora alle fortificazioni campali del Piccolo San Bernardo esistono tre articoli dello scrivente sui periodici «Annales Sabaudiae» e «Bollettino della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti»38. Restano da segnalare in ultimo i rendiconti delle indagini archeologiche condotte per lo studio del cisternone a doppia rampa elicoidale della cittadella di Torino39, un intervento sulle prospettive di ricerca archeologica sulla fase settecentesca del forte di Exilles40 e i risultati di una recente ricerca di georeferenziazione delle opere d’assedio e difesa urbana e collinare di Torino sulla cartografia tecnica regionale, conseguenti all’incrocio dei dati bibliografici con le rare emergenze ancora visibili nel tessuto urbano41. Attualmente in Piemonte la riconosciuta dignità accademica dell’Archeologia Postmedievale e l’attenzione rivolta sia a quest’ultima sia ai rinvenimenti d’antica destinazione militare o bellica da parte della Soprintendenza Archeologica lasciano sperare che l’Archeologia Militare possa godere 28

Assietta 1997. Verrua 2004. Lavori d’analogo spirito, ma con maggiore attenzione alla dimensione storica militare e strategica sono CERINO BADONE 2007a, dedicato all’esercito sabaudo fra 1742 e 1748, e CERINO BADONE 2007b, sul tema dei sistemi difensivi limitanei del Regno di Sardegna. 30 Chivasso e Castagneto 2007. 31 PONZIO 2000, PONZIO 2003. 32 MINOLA 2000, MINOLA 2001b, MINOLA 2006b. 33 PEYRONEL 2007. 34 BOGLIONE 2003, BOGLIONE 2006. Si aggiungano inoltre VASCHETTO 2008, VASCHETTO 2009 e BOGLIONE 2010. 35 SCONFIENZA 2009. 36 SALUARD 2002, DUFOUR-VANNI DESIDERI 2003-2004, DUFOUR-VANNI DESIDERI 2006, PALUMBO 2006. 37 Le système 2006. 38 SCONFIENZA 2004, SCONFIENZA 2005c, SCONFIENZA 2008-2009. 39 CASTIGLIA 2000, ZANNONI 2000. 40 PETITTI-ZANNONI 2003. 41 ANIBALDI RANCO 2007, MAZZOGLIO-ANIBALDI RANCO 2007. 29

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di maggiore riconoscimento nell’ambito delle varie specialità degli studi storico territoriali e che soprattutto inizi ad essere percepita come filone tematico che attraversa la linea del tempo dall’Evo Moderno fino alle Età Romana e Protostorica. Rimanendo nei contesti cronologici d’interesse per questo volume, va registrato infine che già a partire dagli anni ’80 del XX secolo, sui «Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte», sono stati raccolti numerosi dati relativi a scavi e ricerche da cui trarre informazioni sporadiche o quadri più ampi relativi a fortificazioni, siti strategici o piazzeforti sabaude, riconducibili al periodo fra il XVI e il XVIII secolo, come nei casi di Torino42, Chivasso43, Ivrea44, Vercelli45, Susa46, Alba47, dei castelli di Novara, San Martino Canavese, Terzo, Castello d’Annone, Avigliana, Sandigliano, Ponzone, Montechiaro d’Acqui, Setti-mo Torinese, Moncalieri, Bardonecchia, Verrone, Acqui Terme48, e i borghi di Candelo, Frugarolo, Settimo Torinese, San Damiano d’Asti49.

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Si indicano sommariamente, qui e nelle note seguenti, i riferimenti ai «Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte»: 8, 1988, pp. 231 ss.; 10, 1991, pp. 31 ss., 221 ss.; 13, 1995, pp. 358 ss.; 15, 1998, pp. 189 ss.; 16, 1999, pp. 246 ss.; 18, 2001, pp. 98 ss., 100 ss., 102 ss., 104 ss.; 19, 2002, pp. 46 ss.; 20, 2004, pp. 229 ss., 233 ss.; 21, 2006, pp. 132 ss., 287 ss.; 24, 2009, pp. 145 ss. 43 «Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte»: 15, 1998, pp. 254 ss.; 18, 2001, pp. 127 ss.; 19, 2002, pp. 171 ss., 174 , 175 ss.; 20, 2004, pp. 218 ss. 44 «Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte»: 18, 2001, pp. 129 ss. 45 «Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte»: 3, 1984, pp. 292 ss.; 11, 1993, pp. 315 ss.; 13, 1995, pp. 381 ss.; 19, 2002, pp. 174 ss. 46 «Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte»: 8, 1988, pp. 234 ss. 47 «Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte»: 14, 1996, pp. 244 ss. 48 «Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte»: 3, 1984, pp. 268 ss.; 4, 1985, pp. 37 ss.; 5, 1986, pp. 217 ss.; 10, 1991, pp. 113 ss., 211 ss., 248 ss.; 11, 1993, pp. 218 ss.; 12, 1994, pp. 269 ss., 343 ss.; 13, 1995, pp. 374 ss.; 18, 2001, pp. 113 ss.; 19, 2002, pp. 117 ss.; 23, 2008, pp. 343 ss. 49 «Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte»: 10, 1991, pp. 249 ss.; 11, 1993, pp. 216 ss., 296 ss.; 16, 1999, pp. 203 ss.

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Parte Seconda

Le pietre del Re

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CAPITOLO 1

La difesa limitanea dello Stato Sabaudo e la fortificazione campale

Il confine occidentale delle attuali regioni italiane Piemonte e Valle d’Aosta corrisponde in buona parte a quello degli antichi Stati Sabaudi; quest’ultimo aveva una specifica caratterizzazione in ragione della sua natura orografica. Dal lago di Ginevra fino al colle di Tenda e all’appennino ligure, il Rodano, il Guiers e le Alpi tracciavano da nord a sud il limite dello stato. L’arco alpino dal Gran San Bernardo al Moncenisio era però compreso integralmente all’interno degli Stati Sabaudi e si articolava fra il ducato d’Aosta, il ducato di Savoia e il principato di Piemonte. Attraverso queste montagne si trovavano i due valichi per i collegamenti principali fra le diverse regioni dello Stato, ovvero il Piccolo San Bernardo fra la valle d’Aosta e la Tarentaise, il Moncenisio fra il Piemonte e la Maurienne. Le Alpi Cozie, dalla catena alla sinistra dell’Arc fino al Brianzonese, per scendere a sud nel Cuneese fino alle Alpi Marittime, segnavano il confine fra il Piemonte sabaudo e il Delfinato francese1. Confini e fortificazioni sulle Alpi Occidentali Gli eventi storici fra il 1690 e il 1748, in occasione delle guerre di Luigi XIV e di successione, dimostrano chiaramente che la contea di Nizza e il ducato di Savoia erano i domini meno difendibili, pur essendo quest’ultimo la culla della dinastia regnante. D’altro canto nel 1713 ad Utrecht, durante i negoziati di pace, si stabilì l’estensione del confine occidentale sabaudo fino allo spartiacque alpino principale, l’annessione delle alte valli di Maira, Varaita, Pragelato e Susa e la consegna alla Francia della valle di Barcelonnette a sud del Queyras2. La vulnerabilità dimostrata dalla Savoia fino ad allora durante gli anni di guerra impose al governo di Torino il prolungamento della linea strategico-difensiva del confine occidentale dal Moncenisio fino al Gran San Bernardo, sebbene quell’arco alpino non segnasse il confine fra due nazioni, ma una separazione orografica fra una parte e l’altra dello Stato Sabaudo. Le Alpi occidentali si trasformarono così in un baluardo naturale, sia lungo la porzione vallesana e savoiarda sia lungo il confine delfinale, perimetrando di fatto a nord e a ovest il Piemonte, divenuto ormai il vero cuore politico e militare del regno. Il sistema difensivo occidentale del territorio piemontese si impostava su una doppia linea di opere permanenti, composta da fortezze di media valle e piazze pedemontane distribuite lungo le principali vallate alpine, alle cui testate si aprivano i valichi di collegamento con la Savoia e il Delfinato. Le città fortificate alle falde dei primi contrafforti alpini si collegavano a raggiera con la capitale, Torino, situata al limite fra la pianura alta e quella alluvionale del Po3. Le caratteristiche geomorfologi1

Sul confine occidentale degli stati sabaudi: SIMONCINI 1987, pp. 122-127; VIGLINO DAVICO 1987; VIGLINO DAVICO 1989, pp. 9-125; VIGLINO DAVICO 1992; CUNEO 1997; FASOLI 1997; FASOLI 2003; BALANI 2005; BALANI 2006; BALANI 2007; RICUPERATI 2007, passim. 2 Per le negoziazioni e le conseguenze della pace di Utrecht in Francia e Savoia si veda BALANI 2007, pp. 59-70. 3 Le piazzeforti principali da nord a sud erano il forte di Bard e la città d’Ivrea, il forte di Exilles e la piazza di Susa, il forte di Fenestrelle e la città di Pinerolo, il forte di Demonte e la piazza di Cuneo, le piazze di Mondovì e Ceva e il forte di Saorgio. Riguardo al confine a doppio cordone, ripetuto anche sul confine orientale fra Piemonte e Lombardia si rimanda a SCONFIENZA 2003, CERINO BADONE 2007b e ai contributi raccolti in VIGLINO DAVICO 2005 e RAVIOLA 2007. Bisogna infine ricordare che il sistema difensivo a due ranghi di fortezze, detto del «pré carré», è il prodotto ancora una volta dell’intervento del Vauban a partire dagli anni settanta del XVII secolo sui confini settentrionale e orientale della Francia (VIROL 2003, pp. 93-130; BARROS ET A. 2006, pp. 75-107; VIROL 2007, pp. 14-23).

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che del territorio alpino non agevolavano l’interazione fra le fortezze; le piazze pedemontane furono realizzate cronologicamente per prime, fra la seconda metà del XVI e la prima metà del XVII secolo con funzione di sbarramento; dalla seconda metà del XVII secolo le stesse divennero basi di retrofronte e la loro funzione militare fu ereditata dalle fortezze di media valle, che portarono così in avanti la linea difensiva principale, senza tuttavia poter controllare i percorsi di penetrazione o aggiramento lungo le dorsali d’alta quota, ortogonali allo spartiacque principale. Le piazzeforti permanenti costituivano comunque e sempre un importante deterrente per chi ne volesse tentare l’assedio e stabilivano d’altro canto le basi logistiche e strategiche per le azioni militari in alta valle a contrasto degli invasori4 (Figura 1). Sono questi i contesti territoriali in cui la fortificazione campale temporanea o semipermanente ha svolto la sua funzione storica e tattica, allorché il dominio dei principali percorsi d’accesso e d’aggiramento delle grandi fortezze fu affidata ad ampi complessi trincerati, realizzati contestualmente alle vicende belliche del XVIII secolo5. Nel 1748, alla fine della Guerra di Successione Austriaca, sulle montagne del confine occidentale del Regno di Sardegna era nata di fatto una terza linea difensiva più avanzata rispetto alle piazze permanenti, in prossimità dello spartiacque alpino principale e lungo le dorsali fra un bacino idrografico e l’altro. I complessi fortificati meglio noti sono quelli del Piccolo San Bernardo e del campo del Principe Tommaso in valle d’Aosta, quelli delle dorsali spartiacque fra le valli di Susa e dell’Arc, a dominio di Exilles e Chiomonte, e di quella fra le valli del Chisone e di Susa, dall’Assietta al colle delle Finestre, quelli della valle Varaita nel Saluzzese e infine della valle Stura di Demonte6. Anche la contea di Nizza fu interessata soprattutto durante la successione d’Austria da un’intensa attività di fortificazione campale fra Breil e Dolceacqua, presso Montalban e nella valle del Nervia, ma anche sulle montagne di Saorgio e del colle di Tenda, in particolare sul massiccio dell’Authion, in occasione della guerra del 1792 contro la Francia rivoluzionaria7. Questo genere di opera difensiva era realizzata a taglio dei valichi o in posizioni strategicamente favorevoli prossime allo spartiacque alpino. Un esempio di concezione dell’impiego del trinceramento è fornito dalla situazione determinatasi in Savoia all’indomani dell’invasione spagnola del 1742, quando già era stata compiuta la demolizione della fortezza di Montmélian, nel 1706. Un documento degli Archivi di Stato torinesi contiene le avvertenze preliminari redatte dal primo ingegnere Bertola nell’ottobre del 1742, quando si stava apprestando la spedizione antispagnola «di là dai monti». Nel testo, qui riportato integralmente, è ben evidenziata la funzione integrativa di forze umane e di appoggio alle medesime propria della fortificazione campale, là dove la difesa di siti strategici e ponti, lungo i cammini di Tarantaise e Maurienne in direzione dei valichi con il Piemonte, era affidata a numerosi e successivi trinceramenti. Prescrive pertanto il Bertola: 4

Vanno ricordate ad esempio le campagne nelle valli di Varaita, Bellino e Stura nel 1743 e nel 1744 (ILARI-BOERIPAOLETTI 1997, pp. 120-125; GARIGLIO 1999a, pp. 91-108; GARELLIS 2001, pp. 119-147; MINOLA 2006a, pp. 39-56; SCONFIENZA 2009, pp. 7-25) e fra le valli del Chisone e di Susa nel 1745 e nel 1747 (Assietta 1997 con bibliografia precedente; ILARI-BOERI-PAOLETTI 1997, pp. 238-244; MINOLA 1998, pp. 101-113; GARIGLIO 1999a, pp. 132-158; GARIGLIO 2000, pp. 214-244; AMORETTI 2003; MINOLA 2006a, pp. 57-76, 91-148). 5 L’argomento trattato in questo primo paragrafo è stato sviluppato maggiormente da chi scrive in un contributo in corso di pubblicazione sul periodico «Archeologia Postmedievale», dal titolo Archeologia militare d’età moderna in Piemonte. Lo studio della fortificazione campale alpina. Si rimanda ad esso per l’approfondimento di queste tematiche, per la disamina dei complessi campali finora pubblicati o in corso di studio, e per la disamina delle tecniche d’indagine. 6 La bibliografia essenziale, dotata di ulteriore bibliografia pregressa, è la seguente: VIGLINO DAVICO 1987, pp. 72-77; VIGLINO DAVICO 1989, pp. 74-81; SCONFIENZA 1996; Assietta 1997; MINOLA 2000; MINOLA 2001a; MINOLA 2001b; SCONFIENZA 2004; SCONFIENZA 2005c; Le système 2006; MINOLA 2006a; MINOLA 2006b; PEYRONEL 2007; SCONFIENZA 2008-2009; BARBERIS 2009; SCONFIENZA 2009. 7 Si tratta delle opere sulle alture di Villefranche, sui monti Gros, Vinaigrier, Leuze, Bastide e Dréte, a La Turbie e Semboula (GEIST 1999-2000 e GEIST 2000-2001 e più in generale a CAPACCIO-DURANTE 1993 e SCONFIENZA 2005a, pp. 102-107). Per l’Authion MERLA 1988, pp. 163-174; GARIGLIO-MINOLA 1995, pp. 215-223; GARIGLIO 1999a, pp. 232-253; ILARI-CROCIANI-PAOLETTI 2000, pp. 107-119; MINOLA 2007, pp. 27-46; SCONFIENZA 2007, pp. 194-200.

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1742 in 8bre Memoria del Cav.re Bertola sopra diverse operaz.ni e trinceramenti a farsi in varj sitj per la diffesa della Savoja P.mo, Che si uisiti la strada, che tende da Aiton sino à Lansleburgo, ad effetto di farvi passare essa strada tutta al di là dell’Arco. 2° Che si faccia un ponte sopra il fiume Isera in vista d’auersi libera la comunicazione dal campo di Somigliano ad esso luogo d’Aiton, e con detersi assicurare la testa del detto ponte mediante un trinceramento. 3° Che si faccia un trinceramento attorno al predominato castello d’Aiton. 4° Che si faccia un trinceramento al posto denominato La Charbonière esistente in poca distanza d’Aiguebelle, doue ui si dourà fare un trinceramento alla testa di quel ponte. 5° Che si faccia un trinceramento al passo della Rocca di S.t. Michele. 6° Che ad esso luogo di S. t. Michele si faccia il deposito dei magazzini, il fondo dei quali uerrà dal Monseniggi. 7° Che a Moutiers si faccia il deposito di que magazzini, che verranno previsti per la via del picciol S.t. Bernardo 8° Che si faccia un trinceramento al posto di Conflans. 9° Che si uisiti la strada, che tende da Aiton a Conflans per far tener la medema sempre sulle altezze di quelle ripe. 10° Che nelle occorrenze si faccia un ponte al luogo della Barca, la quale sta sopra del fiume Isera in poca distanza dal predesignato luogo di Conflans8

È chiaro che i trinceramenti progettati e menzionati nel documento erano destinati ad assicurare un controllo strategico del territorio, in assenza di piazzeforti permanenti. Le conseguenze essenziali erano l’assicurazione dei rifornimenti e degli itinerari di ritirata in Valle d’Aosta e Piemonte, organizzando una resistenza scalata lungo i corsi dell’Arc e dell’Isére, sostenuta da contingenti necessariamente inferiori di numero all’invasore, ma appoggiati da fortificazioni campali. Un esempio analogo, ma speculare è quello rapprentato dalla programmazione della difesa della valle Stura di Demonte, elaborata nel gennaio del 1744 dal capitano Guibert, ufficiale in servizio presso il corpo degli ingegneri sabaudi e sotto il comando del conte Bertola. Si tratta di un piano speculare rispetto a quello della Savoia, poiché era finalizzato ad arginare una possibile avanzata francese lungo una valle «al di qua» dei monti, ponendosi dunque in una prospettiva esclusivamente difensiva. Si pensava pertanto di dover far conto sulle opere campali quali integrazioni di una forza avanzata rispetto alle piazze di Demonte e Cuneo, piuttosto che in funzione di un possibile ripiegamento dalla pianura verso i valichi, come nel caso del 1742 in Savoia. L’ingegnere illustra innazitutto le possibili vie d’accesso alla valle Stura dal Delfinato e spiega che […] l’Inimico puol introddursi nella Valle Sup.e di Stura per diverse strade; ciò è per quella dell’Argentera, e Bergesio, la medema è commoda tanto per la Fanteria, che Cavalleria, et Artiglieria. Dal Colle della Madalena puol pure introddursi, e per il Colle d’Uronaja [Orrenaye, scil.], et dalla parte del Lago, passando per la Scaletta proseguir sua strada verso la Gardetta. Da Asseglio pure puol introddursi passando per la strada d’Uniers [Unerzio, scil.] Foresto della Valle di Mayra, e questa va anche a terminare alla gardetta, come dal disegno si vede; tanto questa strada, che quella d’Uronaja sono raghettabili con Bestie mulatine; tutte tre queste sourades.te Strade vanno a terminare alli Trinceram.ti, cioè la Strada dell’Argentera, Bergesio alle barricate, e Lobbiere, et alla Montagnetta, passando per il Serchio del Doy; La Strada, che viene da Uronaja alla Scaletta, ed indi alla Gardetta, et quella che viene da Asseglio, e che passa per il Foresto d’Uniers va pure a terminare alla Gardetta […]9

I trinceramenti citati dal Guibert, ovvero quelli della Lobbiera Superiore e Inferiore, delle Barricate, Ser del Doy, Montagnetta e Gardetta, disposti sulle alture alla destra e alla sinistra della Stura, erano già stati realizzati nei decenni precedenti e, per quanto necessitanti di ristrutturazioni, risultavano ben posizionati a dominio dei principali accessi alla valle. L’utilizzo delle opere campali era dunque finalizzato a sbarrare le strade di invasione e se i trinceramenti venivano «muniti di sufficiente sol8

G. F. I. BERTOLA D’EXILLES, Memoria sopra le operazioni, che si credono necessarie allo stato presente delle cose, ottobre 1742 (Archivio di Stato di Torino, Sezione di Corte, Materie Militari, Imprese militari, Mazzo 12 n. 7) 9 Capitano GUIBERT, Relazione della Valle Superiore di Stura e di quanto devesi operare nella prossima Primavera del 1744, 7 gennaio 1744, p 1 fronte (Archivio di Stato di Torino, Sezione di Corte, Materie Militari, Imprese militari, Mazzo 3 d’addizione, n. 3). Il toponimo «Uronaja» corrisponde al vallone d’Orrenaye che conduce al colle il cui nome attuale è quello di Roburent, da cui scende un itinerario che lascia sulla sinistra la cima del monte Scaletta (2480 s.l.m.) e sulla destra il Lago Superiore di Roburent. Il toponimo «Uniers» corrisponde a quello del vallone di Unerzio che conduce da Acceglio in val Maira a Pratorotondo e da lì poi fino al colle della Scaletta per scendere in valle Stura.

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datesca […] sarà difficile che l’Inimico puossa introddursi più avanti nella Valle di Stura»10. Conseguentemente a tali ossevazioni il Guibert valuta ben difesa la valle in direzione frontale, tuttavia pensa che «l’Inimico potrebbe sforzar nella valle di Mayra» e, dirigendosi dalla Marmora lungo la valle di «Cuviera» (valle Cavera, scil.11), valicare i colli del Mulo e del Preit e scendere in valle Stura. La soluzione per evitare l’aggiramento, vero tallone d’Achille della difesa limitanea alpina, ben nota agli ingegneri del Re di Sardegna, consiste nel ricorso ancora una volta al trinceramento dei colli suddetti e al «rinforzar le due Lobbiere, Barricate, e Gardetta». A questa memoria del 7 gennaio 1744 era allegato con medesima data il Calcolo per diversi travaglij che si propongono a farsi nella Valle Superiore di Stura nella prossima Primavera del 1744, sempre autografo del Guibert, di cui è rimasta copia nella lettera della Regia Segreteria di Guerra del 6 febbraio 1744 e nel Regio Biglietto dello stesso giorno per dar mandato all’Azienda Generale di Fabbriche e Fortificazioni di provvedere alle procedure di individuazione degli impresari e di eseguire i lavori. Gli interventi indicati nella memoria corrispondono a quelli indicati nel Calcolo: P. mo Trinceramento con piante al ripiano superir.te alla Lobbiera superiore […] Smuzzamento in diverse parti di terra per dar maggior pendenza alli Parapetti della Lobbiera Inferiore […] […] strada di comunicazione che devesi costruire dalla Lobbiera inferiore alle Barricate […] […] fascinata doppia per rinforzo delli Trinceram.ti già eseguiti alle Barricate […] Alla Gardetta Trab. ottanta superficiali Teppata per la spessezza d’oncie venti per chiuder, e fiancheggiar meglio li trinceramenti […] Trab. lineali sessanta Pallizzate […] Al Colle del Preit Trab. super.li duecento quaranta Teppata per la spessezza d’oncie venti affine di chiuder il passaggio […] Al Colle del Mulo Trab. duecento muraglia di pietre a secco per la forma.ne de trinceram.ti compreso diuersi sgatam.ti per la ricerca delle pietre, seruendosi delle già esistenti de vechij trinceram.ti […] Dovendo gl’Impresary far tutti li assetti tanto per le muraglie, tepatte, e fascinate il tutto secondo esigge l’arte, e per l’uso che deve servire, et ad opera colaudata […] Torino li 7 Genajo 1744 Guibert12

La macchina burocratica così messa in moto portò alla stipula del primo contratto con l’impresario Filippo Fossati, il 28 febbraio 1744, per la provvisione dei legnami necessari alla realizzazione o ristrutturazione delle fortificazioni campali, le cui opere da muro e in terra furono affidate agli impresari Giovanni Battista Billia e Agostino Antonio Bocca, con contratto del 12 marzo 174413. Di grande interesse risultano ancora le notazioni della memoria del 7 gennaio sotto la titolatura Numero de soldati combattenti, che si credono necessary ad ogni respettivo Posto oltre le Milizie, allegate alla progettazione difensiva di valle Stura14, poiché non solo indicano un ammontare di 5800 uomini, suddiviso con le quote specifiche per ognuno dei posti trincerati suddetti, ma segnalano anche la necessità di dotare d’artiglieria, le posizioni delle Barricate, della Lobbiera Inferiore, Montagnetta e Gardetta, specificando il numero di pezzi. Infine compare l’indicazione dei tempi per colmare le distanze negli spostamenti da una posizione all’altra, di grande valore documenario, poiché prova 10

Capitano GUIBERT, Relazione cit., p. 1 fronte. Valle che poco ad est del colle del Mulo, grazie al colle di Valcavera collega gli itinerari provenienti dalla val Maira con la media valle di Stura, scendendo direttamente su Demonte alla sinistra orografica della Stura. 12 Il Re di Sardegna. Fedel ed amato n.ro […], Torino, 6 febbraio 1744 (Archivio di Stato di Torino, Sezioni Riunite, Regia Segreteria di Guerra, Lettere di S.M. all’intendente generale delle fortificazioni e fabbriche militari, 27 gennaio 1744 - 21 maggio 1746). Per il testo identico nel secondo documento si veda: Il Re di Sardegna, di Cipro e di Gerusalemme, Torino, 6 febbraio 1744 (Archivio di Stato di Torino, Sezioni Riunite, Azienda Generale di Fabbriche e Fortificazioni, Regi Biglietti, 1731-1744, p. 357). 13 Sottomissione di Filippo Fossati per prov.e, dar provista e condotta di diversi legnami per la Valle Superiore di Stura, Torino, 28 febbraio 1744 e Sottomissione di Gio. Batta Billia e Agostino Anto. Bocca diversi travaglij di trinceram. e Baraconi nella Valle Superiore di Stura, Torino, 12 marzo 1744 (Archivio di Stato di Torino, Sezioni Riunite, Azienda Generale di Fabbriche e Fortificazioni, Contratti fortficazioni, 1744, pp. 51-60, 74-81). 14 Capitano GUIBERT, Relazione cit., p. 1 retro. 11

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quanto la concezione della difesa a sbarramento non fosse statica, ma dinamica e pensata per agevolare i movimenti tattici a seconda dei posti strategicamente più importanti da sostenere all’atto pratico15. Invenzione planimetrica e tecniche costruttive Le definizioni planimetriche dei trinceramenti rispondevano a tipologie della fortificazione campale illustrate nei trattati coevi. In generale si può notare fin d’ora che venivano impiegate le frecce regolari, o «redan», ma più spesso le linee irregolari a salienti e rientranti, che si sviluppavano adeguandosi alla natura del sito. Nei punti di particolare rilevanza difensiva o alle testate estreme dei complessi trincerati venivano costruite delle ridotte, aperte o chiuse alla gola, di varia forma, quadrangolari, tenagliate o a stella. Quanto alla tecnica costruttiva, a seconda delle caratteristiche pedologiche dei siti compresi nel complesso, si alternavano l’opera in pietra a secco o l’elevato in terra battuta con superficie ricoperta da un rivestimento erboso. L’elevato dei trinceramenti in terra obbediva generalmente all’istruzione sui profili codificata dalla manualistica, che prevedeva in successione dalla campagna verso l’interno del trinceramento l’elevato dello spalto, il fossato a sezione trapezoidale capovolta, il corpo del trinceramento, realizzato con il materiale cavato dal fossato, a sezione di trapezio irregolare con il limite del parapetto superiore allineato al defilamento dello spalto, e la banchina di tiro a sezione quadrangolare, solidale al corpo del trinceramento dalla parte interna (Figure 2, 4, 6). La particolarità dei trinceramenti in pietre a secco, comunque assai diffusa sulle montagne piemontesi, constava di un profilo più semplice rispetto a quello appena descritto; esso si configurava in una sezione trapezoidale irregolare, che aveva i lati obliqui costituiti da filari di scaglie di pezzatura uniforme, regolarizzati in facciavista, e un nucleo solidale ed elevato contestualmente alle facciaviste, in materiale lapideo eterogeneo, derivante dalla sbozzatura delle scaglie esterne, dai tagli in roccia per l’allettamento della struttura o da cave aperte nelle vicinanze (Figure 3, 7, 8). Talvolta, come in buona parte dei trinceramenti settecenteschi valdostani, veniva associato al corpo di fabbrica esterno in opera a secco un terrapieno che aumentava lo spessore della struttura dall’interno e sagomava inferiormente la banchina di tiro (Figura 9). La ricerca negli Archivi di Stato torinesi ha permesso di approfondire il tema delle tecniche costruttive della fortificazione campale e di attribuire ad Antonio Bertola, il caposcuola degli ingegneri militari sabaudi del XVIII secolo16, un archetipo di profilo per trinceramenti, che corrisponde a quello descritto sopra e applicato in seguito sia per la versione in terra sia per quella in pietre a secco. Il documento in questione, autografo dell’ingegnere, illustra con disegno e testo scritto la configura-

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Vale la pena citare a margine il testo del Guibert, come prezioso particolare che possono fornire i documenti antichi in questo genere di studi: Tutti li sovrades.ti Posti sono distanti l’uni dall’altri come segue Dalle Lobbiere, e Barricate al serchio del Doy ore n.o 1 ½ Dal Serchio del Doy alla Montagnetta ore n.o 2 Dalla Montagnetta alla Gardetta n.o 2 ½ Dalla Gardetta alla Scaletta n.o 1 ½ Dalla Gardetta al Colle del Preit n.o 3 Dal Colle del Preit alla Montagnetta n.o 2 Dal Colle del Preit al Colle del Mulo n.o 3 (Capitano GUIBERT, Relazione cit., p. 1 retro). 16 Sul personaggio Architetti-Piemonte 2008, pp. 56-58 con bibliografia pregressa.

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zione in elevato e pianta che si era progettata per le opere campali a protezione della collina torinese, realizzate alla vigilia dell’assedio del 170617 (Figura 5). Precisamente l’istruzione recita che Il parapetto da farsi sopra Le colline della p.nte Città, e Tauernetta sara fatto come nel qui soura profilo cioe si formerà un fosso di profondità piedi tre liprandi, di Long.a nella somità un trabucco, et nel fondo piedi quatro, mettendo le terre che prouenivano da d.o cauo per formarne un parapetto riuestito dentro, e fuori di fassine, che si farano sopra il Luogo ligate in piu luoghi cioè in distanza di un piede da un all’altro legame, et messe con suoi pichetti di simil distanza, et di long.a almeno on.e quindeci, e grossezza un on.a di diametro ben piantati, et secondo il qui soura profilo, e pianta d’ord.e di S:A.R. ho fatto il pr.nte profilo A. Bertola18

Il corpo di fabbrica del trinceramento risulta composto da fascinoni, disposti lungo due linee parallele e raccordati da altri analoghi in posizione ortogonale ai primi; i fascinoni di raccordo venivano posti sia alla congiunzione di due esemplari simili appartenenti ai cordoli paralleli sia a metà lunghezza degli stessi, in modo da creare in pianta una scacchiera a camere rettangolari, che venivano riempite dalla terra cavata per realizzare il fossato antistante. In sezione il corpo di fabbrica presentava tre ordini d’elevato dei fascinoni di raccordo, la cui lunghezza andava rastremandosi salendo verso il parapetto, per consentire la confezione della scarpatura esterna dalla parte del fronte d’attacco; il parapetto superiore era spianato con la terra di riempimento e inclinato in prosecuzione della retta di defilamento dello spalto. Questo modello illumina quella che era stata finora una congettura e permette di estendere tali procedimenti costruttivi ad opere campali successive, di ben maggior impegno, nella cui tessitura venivano utilizzati, al posto dei fascinoni, i grandi tronchi d’albero, le «colonne», ricavati dai boschi alpini, come nel caso delle fortificazioni della valle Varaita, realizzate nella primavera del 174419. Caratteri dell’opera campale alpina Le caratteristiche orogeografiche delle Alpi occidentali, in particolare sui versanti valdostano e piemontese hanno determinato i presupposti peculiari della scuola di fortificazione sabauda, che per le opere campali non rinunciò mai all’impiego del trinceramento continuo. Le ridotte erano edificate sempre in vista del controllo di siti strategicamente importanti e dominanti; tuttavia era imprescindibile fra una ridotta e l’altra la presenza di un elemento connettivo, unicamente fattibile con trinceramenti continui, in relazione di reciproca copertura secondo la natura dei siti. Il trinceramento continuo poteva estendersi praticamente ovunque grazie alla sua duttilità, in tal modo la fortificazione rispondeva all’esigenza principale di tagliare o dominare gli itinerari di aggiramento dei capisaldi principali e portava la linea di fuoco fin sui margini dei pendii più ardui e disagevoli alla scalata20.

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Di tali trinceramenti abbiamo notizia nella ricca tradizione degli studi sull’assedio di Torino; si veda in breve SCONFIENZA 2008, pp. 169-171, in cui si rimanda alla principale bibliografia pregressa, ma nel merito soprattutto BENZIO 1998, pp. 84-162. 18 A. BERTOLA, Il parapeto da farsi sopra le colline (Archivio di Stato di Torino, Sezioni Riunite, Archivio Camera dei Conti - Camerale Piemonte, Articolo 191, Disegni e Misure per Fortificazioni [1695-1720 ca.], Paragrafo 2, mazzo 1). 19 Si veda l’argomento in SCONFIENZA 2009, pp. 62-63. 20 Nel XVIII secolo non sempre il trinceramento campale prevedeva l’opera continua, caratteristica, come s’è già detto, delle «lignes» francesi edificate all’inizio del ’700 a difesa dei Paesi bassi Spagnoli (supra Parte Prima, Capitolo 2, p. 19, nota 43); spesso invece per i sistemi difensivi di pianura era diffuso l’impiego di ridotte staccate in copertura reciproca, che potevano meglio frazionare il fronte d’attacco nemico e che costituirono un tratto distintivo della scuola d’ingegneria militare prussiana di Federico II (DUFFY 1985, pp. 134-147 e in sintesi SCONFIENZA 2007, pp. 165-168). Quanto alla definizione di una scuola d’architettura militare piemontese si rimanda a FARA 1989, pp. 117-148 passim, 232, 233, 238; FARA 1993, pp. 95-103; BIANCHI 2002, pp. 153-186; SCONFIENZA 2007, pp. 178-194; ArchitettiPiemonte 2008 sotto le voci Antonio e Ignazio Bertola e a seguire Audé, Bagetti, Belgrano, Birago di Borgaro, Boasso, Bozzolino, De Vincenti, de Wuillencourt, Durieu, Gallo, Garove, Guibert, Nicolis di Robilant, Papacino d’Antoni, Pinto di Barri, Quaglia, Rana.

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Questo paradigma di integrazione fra il trinceramento continuo e le ridotte di caposaldo venne a configurarsi nel corso degli anni grazie alla sinergia fra l’esperienza pratica, durante le campagne delle guerre di successione, e le riflessioni teoriche sviluppate dagli ingegneri piemontesi anche dopo il 1748. L’intera esperienza di fortificazione campale fu quindi rielaborata negli anni ottanta del XVIII secolo da Alessandro Vittorio Papacino d’Antoni, direttore delle Regie Scuole d’Artiglieria e Fortificazione, il quale sintetizzò la nozione di trinceramento quale prodotto di «Tattica» e «Architettura Militare»21. Si trattava di un caocervo di saperi teorici e pratici derivanti da specifiche necessità belliche con ragion d’essere in precisi siti alpini strategicamente importanti, nei quali l’azione tattica di un contingente militare necessitava di una fortificazione d’appoggio, capace di esaltare i presupposti difensivi geofisici della posizione e integrare il numero inferiore di difensori. Tale situazione coinvolgeva anche la percezione del territorio alpino maturata dagli ingegneri di quel tempo, che si configurava in un’area d’operazioni compresa fra lo spartiacque principale e le fortezze di media valle. In questa porzione di territorio si poteva apprestare una successione scalare di capisaldi trincerati lungo le dorsali e nelle valli per ostruire i percorsi d’invasione e imporre al nemico quelli favorevoli alla strategia difensiva. La fortificazione campale assumeva una potenzialità dinamica grazie alla sua natura di semipermanenza e trasformava le valli e le dorsali alpine in canali di resistenza fra il confine e lo sbocco nella pianura piemontese. In tal modo il terreno poteva essere conteso a lungo con il nemico, che, pur costringendo i difensori al ripiegamento, doveva procedere a rilento, in un’epoca in cui l’arrivo della brutta stagione impediva sulle Alpi i collegamenti fra la Francia e il Piemonte e l’arrivo dei rifornimenti per un invasore d’oltralpe.

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PAPACINO D’ANTONI 1782, p. 191. Si veda in particolare la Parte Terza del Sesto Libro Dell’Architettura Militare per le Regie Scuole Teoriche d’Artiglieria e Fortificazione (PAPACINO D’ANTONI 1782), intitolata Regole e Indirizzi per ideare le Fortificazioni Campali, per attuarle e per difenderle, e inoltre PAPACINO D’ANTONI 1780, paragrafo Dei fortini e dei ridotti. In merito all’importante personaggio: PATRIA 1972; BIANCHI 1996; ILARI-PAOLETTI-CROCIANI 2000, pp. 41-43, 84-85; BIANCHI 2002, pp. 116-117, 163; Architetti-Piemonte 2008, pp. 361-365.

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CAPITOLO 2

La trattatistica di fortificazione campale nel XVIII secolo

La cultura specialistica degli ingegneri militari d’età moderna era in genere veicolata da opere manualistiche o trattati, secondo la tradizione umanistica e rinascimentale. La gran parte dei testi dedicati all’argomento affrontava lo studio delle fortificazioni permanenti e della loro invenzione geometrica, sia nell’ambito dell’architettura «regolare» sia di quella «irregolare». L’orizzonte della fortificazione irregolare è quello nel quale si muovono le creazioni delle opere campali già prima del periodo di nostro maggior interesse, la fine del XVII e il XVIII secolo; d’altro canto la produzione specifica in merito alla fortificazione campale nei secoli XVI e XVII coesiste, spesso nello stesso trattato, con quella più ampia d’architettura militare generale e permanente, come dimostrano per esempio le opere del Maggi e del Castriotto o ancor più specificamente quella del Fritach1. Un settore della trattatistica in cui viene toccato il tema della fortificazione campale, ma con un punto di vista decisamente settoriale, è quello dedicato alla poliorcetica, allorché l’istruzione per l’impianto delle linee di controvallazione e circonvallazione vada a prendere in considerazione la forma e la distribuzione delle ridotte o anche l’andamento e il profilo delle linee d’assedio; si possono ricordare a tal proposito, per esempio, autori come Antoine de Ville, Gaspard de Tavannes e il più recente Sebastian de Medrano2, contemporaneo dei due maggiori autori in materia alla fine XVII secolo, quali il Vauban e Jacques de La Vergne3. Fra XVII e XVIII secolo in ambiente piemontese Per veder comparire i primi trattati dedicati esclusivamente alla fortificazione campale, bisogna attendere gli anni quaranta del XVIII secolo e le opere del Cormontaigne e del Clairac, considerando inoltre che soltanto L’ingenieur de campagne di quest’ultimo fu pubblicato a stampa, mentre i memoriali del primo rimasero in forma manoscritta fino all’inizio del XIX secolo. Stringendo il campo visivo sul quadro territoriale piemontese e degli stati sabaudi, nell’ambito cronologico di maggior sviluppo della fortificazione campale, troviamo una figura centrale fin dai primi anni del XVIII secolo, che è l’avvocato ingegnere Antonio Bertola4; a questo personaggio bisogna ricondurre le progettazioni dei campi trincerati di Carbignano e Castagneto, in appoggio alle piazze di Verrua e Chivasso, negli stessi anni in cui il Vauban, nel Traité de la fortification de campagne, teorizzava ed esemplificava l’utilità di questo genere d’apprestamenti per difendere le piazzeforti di frontiera e ritardarne gli assedi. Molto probabilmente Vauban e Bertola meditarono tali argomenti parallelamente senza essere in contatto l’uno con l’altro; è infatti noto che Bertola si ispirava alla tradizione architettonica italiana, sostenendo di non aver necessità di ispirarsi all’astro

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MAGGI-CASTRIOTTO 1564, MAGGI-CASTRIOTTO 1584 e FRITACH 1635. A proposito della manualistica e dell’istruzione di fortificazione campale dei secoli XVI e XVII si rinvia all’esauriente presentazione di Giorgio Ponzio (PONZIO 2003, pp. 89-105). 2 DE VILLE 1628; DE VILLE 1640; DE TAVANNES 1620; DE MEDRANO 1696. 3 DE LA VERGNE 1698; DE VAUBAN 1704; DE VAUBAN 1706; DE VAUBAN 1737. 4 Supra Parte Seconda, Capitolo 1, p. 33, nota 16 e p. 34, nota 20; per una bibliografia ulteriore sul Bertola SIGNORELLI 1995, p. 125 nota 2.

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francese del tempo5, ma d’altro canto è ben difficile che il Traité del 1705, rimasto sempre in forma manoscritta, fosse nelle mani dell’ingegnere piemontese nello stesso anno in cui fu scritto. Vero è che una prima applicazione dei principi del Vauban in materia di campi trincerati presso le piazzeforti fu verosimilmente applicata nel 1690 dal Catinat per la difesa di Susa e che quindi un riferimento, seppur indiretto, fra i due ambienti culturali può essere ipotizzato grazie ad un esempio di realizzazione concreta su suolo piemontese6 (Figure 65, 66). Le fonti d’istruzione del Bertola vanno pertanto collocate nell’ambiente colto italiano degli ingegneri militari della seconda metà o fine del XVII secolo, di cui restano testimonianze di opere manoscritte nel fondo Saluzzo della Biblioteca Reale di Torino, dedicate alla poliorcetica e all’architettura militare permanente e campale7. Fra i testi riconducibili alla biblioteca di Antonio Bertola non compaiono trattati specifici sulla fortificazione campale, ma i testi di autori classici della «trace italienne», quali il Maggi, il Lorini, lo Scamozzi, e soprattutto le opere di Gabrio Busca; l’ingegnere lombardo, in servizio presso il duca di Savoia fra il XVI e il XVII secolo, progettò e operò per diversi cantieri di fortezze alpine, sviluppando una notevole competenza in materia di fortificazione di montagna e di integrazione della struttura architettonica con i presupposti orografici del sito, che a buon diritto lo collocano all’origine della tradizione d’ingegneria militare piemontese8. Secondo tale prospettiva, non essendovi differenza fra fortificazione permanente o campale in merito al rapporto con il terreno e con i contesti d’altura o alpini, trova giustificazione il fatto che il sistema difensivo della collina di Torino, durante l’assedio del 17069, e la gran parte delle opere campali alpine, progettate nelle campagne del 1708, 1709 e 1711 per la conquista delle valli delfinali d’Outre-Monts, ossia quelle di Pragelato ed Exilles10, siano di paternità bertoliana e costituiscano le testimonianze della prima fase di impianto dei sistemi campali di frontiera, che si svilupparono più ampiamente in seguito, durante la Guerra di Successione Austriaca e poi fra il 1792 e il 1796. Va infine rammentato che certamente nei primi anni del XVIII secolo era conosciuto il trattato di Allain Manesson Mallet, Les Travaux de Mars, in tre volumi editi nel 1671 e poi nel 1685, il primo dei quali è dedicato all’architettura militare. Alla fine della trattazione compare il capitolo nono intitolato Des Forts de Campagne & de leurs Lignes de Communication11, in cui è sommariamente trattato il tema della fortificazione campale con la presentazione dei metodi di costruzione delle «li-

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Su questo tema si veda FARA, 1989, pp. 119-120. Va segnalato comunque che nella biblioteca dell’ingegnere erano presenti, accanto all’opera di Blaise de Pagan, almeno due volumi dedicati all’arte fortificatoria di Vauban, ovvero Le fortificazioni di Vauban del Buldern e Les fortifications de Vauban dell’abate du Fay (SIGNORELLI 1995, p. 130). 6 Si veda lo sviluppo dell’argomento e le notizie sulle opere campali francesi della piazza segusina nel contributo diprossima pubblicazione: R. SCONFIENZA, Vauban, la fortification de campagne e uno sguardo al di qua dei monti, in Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti, S.P.A.B.A. (a cura di), Sebastien Le Prestre marchese di Vauban maresciallo di Francia (1633-1707). Nuove ricerche, Atti della giornata di studi 31 ottobre 2007, Torino, palazzina S.P.A.B.A. 7 È interessante segnalare che il maestro di Antonio Bertola fu il canonico livornese Donato Rossetti, professore di matematica del duca Carlo Emanuele II; il personaggio, appartenente alla scuola galileiana, operò anche in ambito militare, sia per alcune progettazioni di piazze sia con numerosi testi editi e manoscritti, fra cui le Fortificazioni a rovescio del 1678, e lasciò in dono ad Antonio Bertola i suoi manoscritti (FARA 1989, p. 209; Architetti-Piemonte 2008, p. 230). Per le opere che toccano i temi della poliorcetica e della fortificazione campale si prendano in considerazione per esempio DATI s.d., PORRONI 1676, MOLZA 1691, MAGNELLI 1694, ANONIMO 1697, RUTA s.d., RUTA 1701. 8 Le opere più significative dell’ingegnere sono BUSCA 1585 e BUSCA 1601; sul personaggio e la sua posizione storica nell’ambito dell’architettura militare in Piemonte si vedano VIGLINO DAVICO 1989, pp. 20-23; VIGLINO DAVICO 1992, p. 54; VIGLINO DAVICO 2005, pp. 291-292, 376-380. 9 Supra Parte Seconda, Capitolo 1, p. 34, note 17 e 18; sulle fortificazioni della collina di Torino si veda soprattutto BENZIO 1998, pp. 84-162 e per la bibliografia pregressa SCONFIENZA 2008, pp. 169-171. 10 Per la bibliografia si rinvia alle note relative a questi siti nella parte successiva del contributo, dedicata alle esemplificazioni della tipologia per generi individuati. 11 MANESSON MALLET 1685, pp. 345-363. Sul personaggio e la sua opera COLSON 1999, pp. 85-94.

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gnes» e dei vari tipi di ridotte, fra queste ultime compare anche la ridotta quadrata bastionata, analoga alla ridotta Ognissanti del sistema difensivo di Verrua12. Autori e testi nella prima metà del ’700 § Sebastien le Prestre de Vauban Nel 1705 il vecchio e autorevole marchese di Vauban compose un Traité de la fortification de campagne, la cui versione integrale rimase in forma manoscritta, senza mai vedere le stampe, fino al 2007 in seno all’edizione completa delle Oisivetés, diretta da Michéle Virol13. Nonostante la lunghissima assenza del trattato dalla manualistica storica pubblicata sulla fortificazione campale, è possibile trovare nelle pagine del Vauban in embrione tutte le problematiche di carattere sitografico, compositivo, strutturale, strategico e tattico, che vennero sviluppate in seguito da altri studiosi del pieno XVIII secolo riguardo all’impiego dei trinceramenti. Nel Traité si trovano così numerose indicazioni che connotano già un contesto culturale generalizzato, di cui Vauban è protagonista e testimone e del quale è verosimile che fossero partecipi anche gli ingegneri del Re di Sardegna della prima metà del XVIII secolo. Innanzitutto Vauban in alcuni luoghi del trattato prende in considerazione i siti d’altura e i contesti montani, in cui è necessario il ricorso ai «camps irréguliers […] qui à raison de leur étendue sont les plus convenables aux pays bossillés et inegaux, coupés de montagnes, vallées, bois, rivières, ruiseaux, marais, chaussées, etc.»14. Nelle Maximes générales, anzi, il Vauban dimostra di far mente locale al territorio alpino piemontese, da lui visitato nel 1692 e nel 1700, quando afferma che «les entrecoupées de haut et bas peuvent être fort bonnes quand on peut s’approprier des avantages des bossillements et en éviter les dèsavantages, comme on fit aux retranchements de Suze»15; nel caso in cui si debba realizzare un trinceramento in zone analoghe, l’ingegnere affronta il problema essenziale del dominio del terreno e della sottrazione da esso di ogni tratto del trinceramento: Conduire toujours le tracé des lignes par les sommets plus élevés de la situation et jamais par les bas ni les micôtes, parce que le premier surmonte ou égale les commandements voisins des environs, voit et découvre l’ennemi de loin, ce qui est un grand avantage; le second peut exposer ceux qui les défendent à l’effet des commandements prochains, qui est un très grand défaut, et le troisième laissant voir devant et derrière de la ligne, le met hors d’état de pouvoir être défendue, et ne vaut par consequent rien16

Di maggior interesse ancora ci appaiono le notazioni sulle fortificazioni realizzate per la difesa territoriale di zone di confine, quelle che nella tipologia vaubaniana delle opere campali corrispondono al quarto genere, le «ligne contre la contribution»17. Vale la pena di lasciare la parola al testo del Traité, in cui si ritrovano i temi caratteristici dell’invenzione planimetrica e dell’impiego dei trinceramenti alpini di nostro interesse, quali la localizzazione e distribuzione delle forze, la scelta strate12

MANESSON MALLET 1685, p. 347 «Figure CXLIV» immagine H; per la ridotta Ognissanti infra Parte Seconda, Capitolo 4, p. 90, nota 248. 13 DE VAUBAN 1705. Alcuni passi e paragrafi del trattato furono pubblicati nel 1910 dal de Rochas d’Aiglun (ROCHAS D’AIGLUN 1910, Tome II, pp. 138-176). Sul tema della fortificazione campale in Vauban si vedano BOTTINEAU FUCHS, 1993; BLANCHARD 1996 pp. 340-342, 502-507; VIROL 2003 pp. 61-64, 410-412; BARDE 2006, p. 51; BARROS ET A. 2006, pp. 106-107; BRAGARD 2007; è infine in corso di pubblicazione R. SCONFIENZA, Vauban, la fortification de campagne cit. Sul celebre ingegnere la bibliografia è sterminata, ancor più dopo il 2007, tricentenerio della sua scomparsa; si rinvia pertanto al solo BLANCHARD 1981, pp. 471-473, in cui sono schematizzate la storia familiare, la formazione, la carriera e le opere del personaggio. 14 DE VAUBAN 1705, p. 1594. 15 DE VAUBAN 1705, p. 1519. 16 DE VAUBAN 1705, p. 1522. 17 L’argomento dello studio dei tipi nel Traité del 1705 è trattato per esteso in R. SCONFIENZA, Vauban, la fortification de campagne cit.

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gica dei siti e le dimensioni di terreno da difendere, lo sfruttamento dei presupposti orografici e delle preesistenze antropiche, l’impiego delle ridotte e la ripulitura dei fronti d’attacco da ogni possibile riparo per il nemico, la natura di semipermanenza di tali opere: Les lignes de la quatriéme espèce […] ont pour défaut ordinaire la trop grande étendue […] Mais quand elles sont attaquées par des armées, il leur faut opposer des armées, non en bordant toute la ligne si elle ne le peut être puissamment, mais en se retranchant sur une partie et prenant des postes à propos sur les extrémités, dans le milieu ou hors les lignes mêmes, pour s’y pouvoir placer et retrancher avantageusement si on ne se sent pas assez fort pour s’oposer directement à eux et devoir hasarder un combat. Dans la costruction de ces retranchements, on doit faire attention premièrement à les tracer sur le plus étroit du pays, afin d’avoir moin d’espace à garder; deuxièmement, à faire valoir tout ce qui les peut avantager comme châteaux, maisons, forts, ruisseaux, marais, ravines, dèfilés, hauteurs, bois, grosses haies, fossés, etc.; troisièmement, suppléer aux parties dénuées de ces avantages par des petits forts ou redoutes à demi-preuve bien fraisè et palissadés et espacés de distance en distance, faisant jour devant soi tout le plus qu’on pourra et ne laissant rien de tout ce qui peut favoriser l’ennemi. Comme ses sortes de retranchements doivent durer autant que la guerre, ou du moins jusqu’à ce que la frontière change de place, il faut les faire avec bien plus de soin et de solidité que ceux des lignes précédents […] le tout soutenu de redoutes espacées d’environ 5 à 600 toises l’une de l’autre […] Ces mêmes redoutes de 24 à 25 toises de faces carrées, rondes ou pentagonales, n’importe comment quand ce sont des ouvrages qui ne tirent pas leurs défenses d’eux- mêmes […]18

§ Louis de Cormontaigne Allo stesso clima culturale risponde il Cormontaigne, allievo di Vauban e conservatore della scuola nata dall’attività dello stesso; considerando che Cormontaigne fu attivo durante la prima metà del XVIII secolo, nei suoi scritti si ritrovano note e istruzioni che anche gli ingegneri sabaudi conoscevano e applicavano, prima fra tutte la scelta opportuna del sito da occupare […] sourtout dans les montagnes, ou la nature a presque tout fait et ou il reste peu de choses à faire à l’art […] Les hauteurs les plus escarpées offrent quelquefois des debouchés […] Ce n’est donc que d’après une exacte connaissance du local, que l’on doit disposer les retranchemens d’un camp; car de même qu’il serait inutile d’en construire dans les parties naturellement fortifiées et inaccessibles, il serait aussi très-dangereux de les négliger dans celles qui sont susceptibles d’attaque […]19

Seguono le notazioni che Cormontaigne condivide sostanzialmente con il suo maestro, riguardo alla scelta di siti da fortificare non dominati e quindi all’occupazione di tutte le eminenze possibili, sfruttando a vantaggio la natura geomorfologica del terreno, così «qu’on augmente la force des retranchemens»20; facendo inoltre mente locale ai siti dei trinceramenti alpini, le parole dell’autore assumono notevole significato quando parla della disposizione sul terreno dei salienti e dei rientranti, infatti La grande variété des lieux à retrancher, les inégalitésdu terrain obligent à des attentions infinies dans le tracé. Les saillans des redans doivent toujours être placés dans les endroits les plus élevés, et il faut éviter de présenter les prolongemens de leurs faces aux hauteurs que l’ennemi peut occuper […] On élève même souvent ces saillans, d’un, deux ou trois pieds de plus que les rentrans, pour se garantir des vues de ces hauteurs21

§ Giuseppe Ludovico Nicolis di Robilant Nel 1744 a Torino viene pubblicata un’opera d’istruzione generale per «tous ceux qui entreprennent la profession des armes», il cui autore, Giuseppe Lodovico Nicolis di Robilant, considera di fondamentale importanza l’apprendimento delle nozioni di fortificazione, così da dedicarvi la prima e più sostanziosa parte del libro, accanto ai temi della conduzione di un’armata in campagna tanto offensiva quanto difensiva22. 18

DE VAUBAN 1705, pp. 1534-1535. DE CORMONTAIGNE 1727-1742, pp. 322-323. 20 DE CORMONTAIGNE 1727-1742, p. 332. 21 DE CORMONTAIGNE 1727-1742, p. 333. 19

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Sul personaggio BLANCHARD 1981, pp. 179-180

Sul personaggio Architetti-Piemonte 2008, p. 185.

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Nell’organizzazione de La science de la guerre è evidente l’influsso della cultura militare della prima metà del XVIII secolo, per la quale l’interazione fra fortificazioni e attività di campagna risulta essenziale; è soprattutto rilevante il fatto che nel libro compaia a stampa per la prima volta un’istruzione relativa alla fortificazione campale a cura di un esponente dell’ambiente militare sabaudo. Contemporaneamente ai grandi interventi sulle Alpi Occidentali, che prendono le mosse dal 1742 e 1743, durante la Guerra di Successione Austriaca, il di Robilant non solo tratta i temi di nostro interesse in due capitoli distinti della prima e seconda parte del testo23, ma rivolge anche particolare attenzione in più occasioni alla difesa campale su terreno alpino. Innanzitutto viene riconosciuta una norma universale, che è quella dell’adeguamento delle opere alla natura del sito, «l’Ingenieur, à qui sera ordonné de tracer ces retranchemens, doit suivre autant qu’il pourra, la figure du terrain»24, e per quanto concerne il problema della fortificazione campale in montagna emergono già tutti i caratteri che si riscontrano nei sistemi oggi noti: […] Si l’on est campé en montagne, ou à l’entrée de quelque Vallée pour en empêcher le passage à l’ennemi, il faut gagner les hauteurs, & l’avenue des chemins praticables; c’est là qu’il faut se retrancher avec de bons parapets, & fossés au moins à l’epreuve du mousquet; car il sera difficile que l’on se serve du canon pour les forcer, & si ces lieux élevés dominent quelques chemins d’avenue, il les faut garnir de quelques pièces d’artillerie, que l’on conduira, si l’on ne peut autrement, avec des tours pour les charger à cartouche […] le terrain du retranchement sera soutenu par des fagots entrelassés, que l’on fera faire par des Détachemens d’Infanterie qui sera journellement conmmandée pour cela […]25

Secondo l’autore dunque le caratteristiche salienti dei trinceramenti sono in primis l’impiego con finalità d’interdizione alle avanzate nemiche lungo le dorsali e le valli, in secundis le strutture dei corpi di fabbrica in grado di riparare soprattutto dalla fucileria, capaci di ospitare batterie d’artiglieria e realizzati con armature di fascinoni collegati, verosimilmente, secondo lo schema elaborato da Antonio Bertola e citato in precedenza26. Più in generale il di Robilant ritiene che i «Forts de campagne […] se reduisent à des lignes retranchées, des fortins, & des redoutes de plusieurs espéces» e che non sono differenti per pianta e profilo dalle opere permanenti, ma solo per dimensioni; le linee devono coprire il fronte d’attacco più esposto del campo con un buon fossato e possibilmente con uno sviluppo a redan o bastionato, per un fiancheggiamento efficace, ma anche con un cammino coperto e una palizzata, qualora si richieda la permanenza prolungata della difesa nel tempo. Nelle pagine dedicate alle «fortifications de campagne» il Nicolis di Robilant esprime concretamente per la prima volta la necessità di unire fra loro i capisaldi difensivi, fortificati dalle ridotte, con linee connettive, a loro volta difese dalle prime, caratteristica peculiare dei sistemi campali piemontesi, di cui s’è detto nel paragrafo precedente; l’autore spiega infatti che L’on fait aussi d’autres lignes de fortification, quand il faut communiquer d’un endroit à l’autre; alors il est nècessaire de prendre garde qu’elles ne puissent être enfilées de nul endroit, & qu’elles soit soutenuës par des redoutes, ou par des ouvrages des Forts, ayant attention de les mettre sous la défense du mousquet, & point de canon, laquelle est toûjours trop éloignée pour empêcher les approches aux lignes de communications des Forts de montagne, on fera des écouloirs pour faire sortir l’eau, qui s’y rassemble comme dans un canal des Forts superieurs […]27

Il di Robilant nomina dunque esplicitamente la situazione difensiva delle opere di montagna, relativamente al problema dei collegamenti, ma poi aggiunge infine precisazioni riguardo alla copertura reciproca dei diversi settori di un sistema: 23

NICOLIS DI ROBILANT 1744, pp. 48-53 (Des fortifications de Campagne. Chap. XIV), pp. 151-157 (Des Retranchemens, & des grandes Gardes. Chap. IV). 24 NICOLIS DI ROBILANT 1744, p. 151. 25 NICOLIS DI ROBILANT 1744, pp. 152-153. 26 Supra Parte Seconda, Capitolo 1, p. 34, nota 18. Anche in NICOLIS DI ROBILANT 1744, p. 49 si dice che il parapetto del trinceramento dev’essere «de bonne terre battuë, couverte, & soutenuë de fassines». 27 NICOLIS DI ROBILANT 1744, p. 49; si noti la puntualizzazione finale sul problema del drenaggio delle acque meteoriche, cause principali dei danni alla stabilità delle opere campali, quando si insinuino ai piedi delle fondazioni dei corpi di fabbrica, generalmente appena allettati e poco fondati, siano essi in terra o in opera a secco.

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Sur les Rochers escarpés, il n’est pas nécessaire de faire des fossés aux lignes; cependant où l’on peut craindre l’approche, il faut creuser. Une des attentions, que doit avoir l’ingenieur en dessinant les communications est de faire enfiler par les ouvrages d’un Forts à l’autre, pour que l’ennemi ne puisse s’y etablir én sûreté, & s’en servir comme d’une tranchée, dès qu’il l’aura emporté28

§ Louis André de la Mamye de Clairac Louis André de La Mamye, cavaliere di Clairac, si colloca sulla stessa linea culturale di Vauban e Cormontaigne, tuttavia il suo Ingénieur de campagne rivela un legame molto stretto fra la riflessione e la prescrizione teorica con l’esperienza diretta sul campo. L’autore iniziò il suo servizio presso l’Armée Royale nel 1707, in piena guerra di Successione Spagnola, e da ingegnere ordinario nel 1712 partecipò ai suoi primi assedi di Le Quesnoy e Bouchain; il servizio da lui svolto attraversò le altre due guerre di successione e alla fine di quella per la corona imperiale il Clairac nel 1749 pubblicò il suo trattato, iniziato nel 1746 e riedito nel 1757, mettendo a disposizione trent’anni di esperienza teorica e pratica29. Quanto ad importanza l’opera è per noi illuminante come quella del di Robilant, ma maggiormente negli aspetti tecnici, testimoni del clima culturale da cui attingevano gli ingegneri militari della prima metà del ’700, quando dovevano realizzare forti-ficazioni di natura campale. Il Clairac, all’inizio del primo capitolo, afferma che «une armée retranchée avec intelligence produit […] les mêmes effets qu’une forteresse», ma mentre la progettazione di una piazzaforte è il frutto «d’une longue méditation », quella di una difesa campale è simultanea alla risoluzione dei problemi pratici che nascono dall’approccio con la natura orografica del territorio: […] il faut se déterminer sur le champ, & tracer de même; il faut régler l’ouvrage sur le temps & sur le nombre des travailleurs; ne compter que sur les matériaux que l’on a sous main, & n’employer que la pelle, la pioche & la hache[…]30 ;

ci vuole insomma il «coup d’oeïl» dell’ingegnere, che non deve però ignorare le conoscenze acquisite. Il trattato sviluppa la materia con sistematicità, approfondimento e frequenti esempi di strutture e siti in cui il redattore ha operato. L’autore, dopo le «maximes particulieres» sulle opere di campagna, parla in primo luogo delle ridotte, dei forti e delle loro tipologie, delle difese di fattorie, villaggi, castelli, chiese, sparsi sul territorio; seguono le parti dedicate ai campi trincerati, alle linee e ai loro tipi, le «lignes à redans», «à tenailles», «à redans & lunettes», «à tenailles & lunettes», le «lignes bastionnées» e le opere temporanee per un giorno di battaglia. Dopo aver esaminato il rapporto esistente fra le linee e le potenzialità difensive dei corsi d’acqua e aver affrontato il problema della difesa degli accessi alle linee campali, il Clairac si dedica al tema della «fortification irréguliere», secondo la tradizione dei trattati classici d’architettura militare, e chiude l’opera con il capitolo dedicato ai profili e agli elevati dei trinceramenti. Nell’ambito della parte dedicata alla fortificazione irregolare si colgono i luoghi che più interessano in questa sede, ovvero quelli in cui vengono esaminate le modalità per fortificare le alture. Va detto preliminarmente che, già nei capitoli dedicati alle «lignes», il Clairac torna sul tema del rapporto fra opera difensiva e terreno, concludendo che «s’il n’y a point d’espece de lignes contre laquelle on ne puisse faire de solides objections, il n’y en a point non plus dont on ne puisse tirer de grands avantages, lorque l’art est secondé par la nature»31. L’argomento è ripreso in esordio alla trattazione del-

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NICOLIS DI ROBILANT 1744, pp. 49-50. Sul personaggio BLANCHARD 1981, pp. 414-415. 30 DE CLAIRAC 1757, p. 2. 31 DE CLAIRAC 1757, p. 99. 29

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la fortificazione irregolare, che da esso è soprattutto motivata32; l’irregolarità del trinceramento si configura, secondo l’autore, nella successione in reciproca copertura di angoli rientranti e salienti ed è causata dalle variazioni d’altitudine dei siti33. A questo punto l’autore sostiene che Les saillans de toute espece de fortification doivent […] être au moins de la hauteur de leurs branches; car si la partie la plus avancée se trouvoit la plus basse, son parapet ne couvriroit plus, ou couvriroit moins bien, à mesure que l’on en seroit éloigné […] Il est donc toujours utile, & souvent indispensable de tenir les angles flanqués plus élevés que le reste […] l’on doit s’attacher à placer ces angles dans les lieux plus hauts, l’on en retire d’ailleurs l’avantage d’être moins en prise aux ricochets, & celui de découvrir mieux devant soi34

Conseguente a quanto detto è il problema della difesa del trinceramento da un sito dominante, risolvibile con l’elevazione del parapetto dei salienti con gabbioni o con una struttura a cavaliere, detta «bonnete» alla tedesca, ma se il dominio permane, «l’on doit, suivant le précepte de M. de Vauban, occuper le lieu dont on est commandé, soit en étendant les lignes jusques-là, soit par de bonnes redoutes ou par quelques autres ouvrages»35. Il Clairac considera poi le modalità con cui adeguare al terreno lo sviluppo a salienti e rientranti del trinceramento e prescrive che Lorque l’alignement du front coupe une de ces éminences, & qu’il faut par conséquent la monter & la descendre […] l’on est obligé de le briser, en se retirant, de manière que des deux angles que l’on forme, le saillans soit sur la hauteur & le rentrant dans le bas. La raison de cela […] est que si l’on continuoit le tracé en ligne droit, l’on seroit à la vérité couvert pardevant, mais ne l’étant point du côte où le terrein baisse, le parapet de cette partie n’empêcheroit pas qu’on ne fût vu d’écharpe36

Di seguito l’autore dedica un intero paragrafo, il quinto del dodicesimo capitolo37, ad alcune riflessioni sulla fortificazione delle alture. Essa determina alcuni vantaggi indiscutibili, quali la possibilità di vedere da lontano lo schieramento nemico al completo e in profondità, la protezione dai tiri d’artiglieria di rimbalzo e la riduzione dell’effetto dei tiri sui parapetti dei trinceramenti, la limitazione al primo rango delle possibilità di fuoco che ha un nemico avanzante in salita, essendo il secondo rango e i successivi in posizione inferiore. È opportuno notare che in questo contesto il Clairac ha probabilmente in mente le pianure sinuose del Belgio o della Renania, in cui egli ha maggiormente operato, piuttosto che le Alpi, dove tuttavia non si devono soltanto prendere in considerazione le aree d’altura o le dorsali più impervie, ma anche le zone di fondovalle, sbarrabili lungo i corsi dei torrenti principali, con le loro pendici digradanti e i valloni ascendenti verso le cime, come per esempio nelle valli delle Varaite di Bellino e Chianale, oppure i pianori dei colli principali di transito fra Piemone, Savoia e Delfinato, circondati da alture minori che precedono lo sviluppo orografico delle cime circostanti, come nel caso del Piccolo San Bernardo, del Moncenisio, del colle della Maddalena. Quanto agli svantaggi delle fortificazioni d’altura il Clairac nota una situazione interessante anche per il terreno alpino. Posta la distinzione del tiro radente e di quello ficcante e stabilito che da un triceramento è sicuramente più efficace il primo su tutta l’area antistante il fronte d’attacco rispetto al secondo, capace di nuocere soltanto in un punto, l’autore spiega che, «quelle que soit la hauteur», ogni colpo tirato su un nemico che ancora non avanza è necessariamente di natura ficcante e quindi meno pericoloso, obbligando per giunta i soldati in difesa a sporgersi maggiormente per aggiustare il tiro. Inoltre, se l’altura è molto impervia, è ovvio che risulta più facile fermare un avversario che avanza a fatica e probabilmente in disordine, ma per sparare con efficacia è necessario che i difensori si scoprano molto o addirittura debbano salire sui parapetti; d’altro canto, se la pendenza è dolce, il nemico è in grado di avanzare e sparare con ordine e alla velocità corretta come in pianura, sebbene i difensori possano rispondere al fuoco stando al riparo dei parapetti, sicché dalla posizione 32 33 34 35 36 37

DE CLAIRAC DE CLAIRAC DE CLAIRAC DE CLAIRAC DE CLAIRAC DE CLAIRAC

1757, pp. 208-209. 1757, pp. 210-214. 1757, pp. 214-215. 1757, p. 216. 1757, pp. 216-217. 1757, pp. 217-220.

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d’altura non si ricava alcun vantaggio tattico e difensivo. Il Clairac chiude la serie delle sue considerazioni con una che conforta comunque le scelte, attuate dagli ingegneri del Re di Sardegna, di fortificare i siti alpini d’altura strategicamente dominanti, infatti L’on peut, je crois conclure de tout ceci que les hauteurs les plus avantageuses, à tous égards, sont celles dont la pente est roide & de difficile accès, pourvu qu’elles soient configurées de façon à y placer des flancs qui battent ce qu’on ne peut découvrir de front […] Au reste, l’on ne peut avoir trop d’attention en plaçant ainsi des ouvrages, à leur faire occuper le sommet de la hauteur; ou du moins il faut bien prendre garde que les inégalités du terrein que l’on renferme, quelques parties du camp, ou des troupes en bataille ne soient vues du dehors

Autori e testi nella seconda metà del ’700 § Louis Joseph Cugnot Nella seconda metà del XVIII secolo, dopo la Guerra dei Sette Anni e le esperienze sui fronti europei ed extracontinentali, si assiste ad uno sviluppo specialistico della trattatistica d’architettura militare e così pure per la fortificazione campale. Emerge per completezza e sostanziale allineamento alla tradizione il trattato di Nicolas Joseph Cugnot, pubblicato nel 1769 vent’anni dopo quello del Clairac, e intitolato programmaticamente La fortification de campagne théorique et pratique ou traité de la science, de la construction, de la défence et de l’attaque des retranchemens. L’autore mette soprattutto in luce una funzione del trinceramento, già presentata in passato dallo stesso Vauban38, di compensazione del numero ridotto dei difensori rispetto a quello degli assalitori, essendo i primi al riparo della fortificazione39. Secondo questa prospettiva il Cugnot legge dunque il tema dell’adeguamento dell’opera difensiva al suolo, «L’art consiste à regler tellement le plan et les profils, que l’on tire du terrein, des materiaux et des travailleurs, le meilleur parti qu’il est possible, pour la force du poste»40. È fondamentale, secondo l’autore, studiare le coperture reciproche, racchiudere con i trinceramenti uno spazio adeguato alla forza armata a disposizione e occupare i siti dominanti per avere il totale controllo dell’area di territorio antistante la fortificazione41. In merito alle tipologie di opere campali il Cugnot distingue fra «redans», «bastions détachés», ridotte, campi trincerati e trinceramenti continui; su questi ultimi insiste particolarmente e ne esalta l’efficacia per la difesa di postazioni in netta inferiorità numerica o per il raccordo fra le ridotte in successione42. I temi del tracciamento sul terreno delle fortificazioni campali e quello dell’esame delle tecniche costruttive precedono quello dei possibili impieghi della palizzata43, ma di grande interesse per questa sede è la parte che l’autore dedica alla fortificazione campale in zone di montagna. Lasciamo la parola al Cugnot stesso, che tratteggia una casistica di situazioni interessanti: De la manière de fortifier les champs de bataille […] Il y a des montagnes qui sont bordées au sommet d’une chaîne de rochers très-escarpés et aux chemins très-étroits. Lorque cette chaîne des rochers se trouve sur le prolongement du front du champ de bataille, on n’a que le front à fortifier et à defendre […] Les cas où l’on peut arrêter une grande armée, avec une petite, sont rares, et encore n’y réussit-on pas toujours. Il faut, ou attendre un prompt et puissant secours, ou être posté si hereusement qu’on ait ses derrières entiérement en sûreté […] Lorque on poste sur une montagne dont la pente ne peut pas être découverte jusqu’en bas du retranchement que l’on fait au sommet, on construit sur cette pente des ouvrages avancés, pour défendre le pied de la montagne. Ces ouvrages ouverts par la gorge, éloignés les uns des autres, et hors de portée d’être soutenus, doivent plutôt unire que servir, lorsqu’on est attaqué, surtout si c’est pendant la nuit […] Une ligne de redoutes vaut sûrement mieux 38

Si vedano per esempio i capitoli del Traité de la fortification de campagne dedicati alla difesa dei trinceramenti e alla quantità di uomini da impiegarsi (DE VAUBAN 1705, pp. 1609-1618,1621-1626). 39 SCONFIENZA 2007, pp. 168-169 40 CUGNOT 1769, p. 5. 41 CUGNOT 1769, pp. 6-12. 42 CUGNOT 1769, pp. 59-81. 43 CUGNOT 1769, pp. 93-123, 145-153.

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qu’une ligne de redans, ou de bastions détachés; mais elle demande le double de travail: elle vaut moins qu’un retranchement continu, et coûte plus […] Si l’on ne croit pas que l’armée puisse être assez ferme derrière une ligne de bastions, on ne doit faire aucune difficulté de préférer un retranchement continus […]44

§ Alessandro Vittorio Papacino d’Antoni A cavallo fra gli anni settanta e ottanta del XVIII secolo un personaggio di notevole importanza nel panorama culturale piemontese, Alessandro Vittorio Papacino d’Antoni45, scrisse i manuali per l’istruzione degli ingegneri militari, che studiavano presso le Regie Scuole d’Artiglieria e Fortificazione di Torino, di cui egli era direttore. S’è già detto in precedenza dell’importanza assunta dall’opera di questo ingegnere militare, che fu attivo sul campo in gioventù durante la Guerra di Successione Austriaca e che sintetizzò nella sua attività d’insegnamento, sia ai principi della famiglia reale sia ai giovani ufficiali delle Regie Scuole, le nozioni d’architettura militare ereditate in seno alla scuola bertoliana e maturate durante mezzo secolo di conflitti. Risulta perciò assai importante considerare i luoghi in cui l’autore tratta di fortificazione campale, dal momento che siamo in presenza della teorizzazione definitiva della materia nel cuore di quella tradizione d’ingegneria responsabile non solo dei complessi trincerati realizzati a partire dal 1792, durante la guerra contro la Francia rivoluzionaria, ma anche di quelli antecedenti al 174846. Ritroviamo innanzitutto due principi ormai classici, quali l’adeguamento alla natura del sito da difendere e l’equiparazione della fortificazione campale a quella irregolare: Ogniqualvoltaché un’armata cerca di stare sulla difesa solamente, procura nell’accamparsi di scegliere siti o naturalmente forti, o ne’ quali possa facilmente trincerarsi in buona forma, e procura soprattutto, che questi siti siano idonei a coprire il proprio paese, e a tenere in soggezione l’avversario in modo, che non possa avanzarsi senza attaccare il campo fortificato, o volendo progredire senza essersi prima impossessato di questo campo, si trovi esposto a grandi inconvenienti [...]47

e poco oltre La figura del perimetro de’ trinceramenti, e la mutua proporzione fra le loro parti dee nelle fronti attaccabili accostarsi più che si può a quella della Real fortificazione spiegata nel libro IV di quest’Architettura militare [Della fortificazione irregolare, n.d.a.]; perciocché le parti difendenti non debbono essere distanti più di trabucchi 80 dalle parti difese, e fra queste le più esposte all’attacco debbono avere maggior difesa di fianco48

Nel Libro VI, Parte Terza, Capo X dell’Architettura Militare per le Regie Scuole, il Papacino tratta esplicitamente il caso delle fortificazioni campali in montagna, segnalando innanzitutto l’importanza della scelta del sito, che deve godere di più vie di comunicazione, trovarsi possibilmente su una dorsale fra due o più valli e non essere circuibile49. D’altro canto è ripreso il problema del dominio, infatti «il sito eletto domini, finché si può, tutto d’intorno, non sia soggetto al comando di altezze vicine, ed abbia acqua, e legna quanto richiedesi pel soggiorno delle truppe»50. La località scelta per collocarvi le opere campali deve contenere il numero esatto di truppe destinate, così da evitare la difesa di un’area troppo stretta o troppo dilatata. I trinceramenti, seguendo le norme della fortificazione irregolare, devono raggiungere tutti i luoghi strategici in cui il nemico può schierarsi adeguatamente per l’assalto; il sito scelto deve governare le alture circostanti e, se possibile, permettere l’impiego di due ordini di tiro contemporaneamente o il secondo a copertura del primo; le fortificazioni devono adeguarsi e sfruttare l’orografia del sito, estendendosi ai margini dei precipizi e alle 44

CUGNOT 1769, pp. 188-202. Supra Parte Seconda, Capitolo 1, nota p. 34 nota 20, p. 35, nota 21. 46 L’argomento è stato già trattato in SCONFIENZA 2007, pp. 178-194, in cui tuttavia la prospettiva di lettura si colloca nell’ambito del problema dell’istruzione degli ufficiali di fanteria in materia di fortificazione campale, durante la seconda metà del XVIII secolo. Si rimanda comunque a questo contributo per la disamina completa delle istruzioni costruttive dei trinceramenti, la loro classificazione e le generalità proprie del tipo di struttura difensiva. 47 PAPACINO D’ANTONI 1782, p. 192. 48 PAPACINO D’ANTONI 1782, p. 195. 49 PAPACINO D’ANTONI 1782, p. 327. 50 PAPACINO D’ANTONI 1782, p. 329. 45

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sommità dei pendii; i fronti d’attacco d’altro canto vanno irrobustiti nei settori avanzati con l’aggiunta di più ostacoli e difese; lo spazio sufficiente per le manovre dei reparti impegnati nella difesa deve essere adeguatamente previsto a tergo dei trinceramenti, inoltre le eminenze orografiche all’interno del perimetro trincerato vanno fortificate con «qualche gran ridotto, o fortino» per creare ordini di tiro superiori e centri di resistenza, qualora il nemico sfondi i trinceramenti51. Il Papacino riassume poi in tre ordini di motivazioni la determinazione ad intraprendere la difesa di siti alpini con opere campali: 1°. Per avere un corpo d’armata, il quale, essendo assai inferiore al nemico, possa nulladimeno a favore de’ trinceramenti sostenere i suoi violenti attacchi, e mantenersi nel posto eletto. 2°. Per avere un campo trincerato, il quale cuopra, protegga, o renda all’inimico difficile, e lungo l’assedio di una fortezza. 3°. Per occupare alcuni piccioli posti molto importanti, i quali o servono d’antemurale a una Piazza, o a un gran campo, o pure assicurano la comunicazione con altri posti più avanzati, o colle valli laterali.52

Si tratta di una sintesi eccellente delle situazioni verificatesi in passato, come lo stesso Papacino rammenta, citando il campo dell’Assietta del 1747 e quello di Chivasso-Castagneto del 1705 per il primo caso53. Quanto al secondo il Papacino aggiunge che: Il campo trincerato che si fa nelle montagne, a fine di coprire una, o più fortezze, non è sempre necessario, che sia vicino a queste, ma basta, che sia più avanti verso il paese nemico, purché sia riparato tutto d’intorno, ed abbia le qualità descritte. Le truppe destinate per questo campo debbono pure essere numerose a segno di non poter essere circuite dall’inimico senza che questo s’esponga a qualche grave danno [...]54

Il terzo caso, quello delle opere d’interdizione avanzate, richiama alla memoria gran parte delle situazioni verificatesi sulle montagne piemontesi, come per esempio le fortificazioni della valle Stura fra 1710 e 1748, in avamposto al forte di Demonte, o anche il sistema difensivo dei colli delle Finestre e Fattières fra le piazze di Fenestrelle e Susa, o ancora le opere del Piccolo San Bernardo, della val Veny, della val Grisanche, per difendere il ducato d’Aosta a monte delle fortezze di Bard e Ivrea. È in questo contesto che il Papacino ricorda infine l’importanza delle comunicazioni […] le quali oltre la propria difesa debbono anche essere efficacemente protette dai fortini principali, o da qualche altro secondario, che si farà in mezzo della distanza fra due opere principali, ognoraché la communicazione fra queste riuscirà molto lunga55.

§ Giuseppe Ogliani Chiude il quadro della trattatistica un’opera di particolare interesse, pubblicata a Torino nel 1795, quando ormai la Guerra delle Alpi stava per volgere al termine, dall’ingegnere Giuseppe Ogliani e destinata all’istruzione pratica degli ufficiali di fanteria per costruire fortificazioni di campagna a seconda delle necessità momentanee. Il trattato, Pratica militare per ben costruire tutte le opere di campagna, che ha un tenore manualistico, sintetizza definitivamente e in maniera ancor più immediata, rispetto ai trattati per le Regie Scuole, le nozioni di fortificazione campale maturate in ambiente piemontese durante il XVIII secolo. Dopo aver preliminarmente illustrato la necessità e i criteri di un buon approccio al terreno e di una sua corretta conoscenza e dopo aver compilato le norme geometriche per tracciare i vari generi di opera sul terreno, l’Ogliani tratteggia al Capo VIII le Regole generali per i trincieramenti di campagna. Prima di tutto ricompare l’ormai consolidata norma dell’adeguamento alla natura del sito, ma con una perentorietà inedita: 51

PAPACINO D’ANTONI 1782, pp. 328-332. PAPACINO D’ANTONI 1782, p. 333. 53 PAPACINO D’ANTONI 1782, pp. 333-336. 54 PAPACINO D’ANTONI 1782, p. 336. 55 PAPACINO D’ANTONI 1782, p. 338. 52

46

Nella costruzione de’ trincieramenti è cosa impossibile di prescriverne la loro figura, dipendendo sempre dal terreno, e per conseguenza i trincieramenti regolari saranno sicuramente sempre difettosi, cangiando il terreno in ogni sito, spetterà perciò al medesimo fissare le linee, e gl’angoli de’ trinceramenti56

In nota l’autore cita come riferimenti e supporti a queste affermazioni sia il Clairac sia il di Robilant, ma certamente nel suo pensiero il predominio dell’orografia del sito sembra addirittura surclassare quell’impiego dell’arte che gli autori precedenti ritenevano comunque degna d’autonomia. Le prime norme riguardano le ampiezze degli angoli, prossimi ai 90°, né troppo acuti né troppo ottusi, il problema della copertura reciproca fra le opere, quello del defilameno libero dai trinceramenti d’altura fino alle falde del pendio, il controllo dei possibili aggiramenti e il rinforzo dei principali fronti d’attacco con cavalli di frisia, palizzate, fogate57. Seguono poi le indicazioni, che già abbiamo riscontrato nel trattato del Clairac, in merito al posizionamento dei salienti sulle eminenze e dei rientranti nelle gole, la raccomandazione di costruire delle «ridotte chiuse di distanza in distanza» per impedire l’attestamento del nemico, qualora riesca a sfondare le linee, e la cura di evitare di sottoporre le opere campali al dominio di siti superiori, «in modo, che niuna parte […] sia circondato dalle altezze che si trovano in fronte, o a’ fianchi»58. Chiudono infine le regole per aprire i varchi necessari alle sortite, da situarsi sempre nei rientranti e al coperto, e quelle per la manutenzione delle vie d’accesso alle fortificazioni, molto utili soprattutto in caso di ripiegamento59. La seconda parte dell’opera scende nelle istruzioni pratiche e affronta l’argomento delle tecniche e dei materiali che devono essere impiegati per la costruzione dei trinceramenti, per poi passare infine alle esemplificazioni di casistiche particolari inerenti la fortificazione di «posti trincierati» specifici, quali case isolate, chiese castelli, villaggi, o alle pratiche delle inondazioni e delle fogate.

56

OGLIANI 1795, p. 116. OGLIANI 1795, pp. 116-118. 58 OGLIANI 1795, pp. 118-119. 59 OGLIANI 1795, p. 119. 57

47

48

CAPITOLO 3

Le componenti della fortificazione campale alpina Classificazione preliminare

Sfogliando le pagine del Traité de la fortification de campagne del Vauban si legge nel capitolo IX, Construction des retranchements […], che […] quand il s’agira de camper des armées et de les retrancher, je suis d’avis que par préférence à toutes choses, on ait ègard aux avantages des situations sans autrement s’attacher à la régularité. Nous donnerons sur cela un système général de construction, qui sera régulier comme celui de la fortification, que nous éclaircirons par les pièces détachées nécessaires; après quoi nous y ajouterons une demi-douzaine de plans irréguliers faits à plaisir pour aider à s’en former une idée telle qu’on peut la désirer1

Premesso dunque che si debbano sempre sfruttare a proprio vantaggio le condizioni del sito da fortificare e considerare in esse, e non già nella regolarità teorica, i vincoli a priori per progettare le opere difensive2, sembra che il Vauban consigli di fare affidamento sulle varietà di «pièces», ovvero sulle diverse tipologie formali di opere fortificate che l’istruzione d’architettura militare codifica, tenendole distinte, «détachées», per poi saperle combinare con maestria in un piano unitario, nel quale si configura l’intero sistema trincerato di un campo o di un fronte di sbarramento, obbedendo alle irregolarità e variazioni plurali che sono imposte dalla natura dei luoghi. La classificazione: i criteri distintivi La decisione di procedere alla formazione di una tipologia delle fortificazioni campali alpine richiede metodologicamente l’individuazione a priori dei criteri distintivi capaci d’identificare i diversi generi di opere e componenti. Prendendo in considerazione contestualmente i dati provenienti dalla letteratura specialistica, antica e moderna, e dall’esperienza d’indagine sul terreno, si possono circoscrivere tre gruppi di criteri, ovvero quelli morfologici, i compositivi e quelli di destinazione. I criteri morfologici rispondono ad una ratio elementare, che individua i medesimi nella forma in pianta dell’opera e che trova riscontro nella trattatistica storica d’architettura militare permanente e temporanea. Le distinzioni per caratteri compositivi toccano un livello d’approfondimento maggiore, in quanto possono essere combinate in via complementare ai criteri morfologici, derivando esse sia dal confronto con la manualistica sia dall’evidenza dell’opera singola sul terreno. Il parametro della destinazione infine si conforma in associazione ai precedenti, ma ancor più di quello compositivo è il prodotto dell’osservazione delle strutture in situ o almeno nell’iconografia storica, poiché coglie le finalità tattico-strategiche dell’opera. L’obiettivo finale di questo lavoro è la creazione di una tipologia per combinazione dei tre criteri distintivi che, fondandosi sull’osservazione dei manufatti finora individuati sul terreno, pubblicati ovvero deducibili dalla cartografia storica, abbia innanzitutto carattere aperto. È infatti fondamentale, in tale genere di classificazioni, garantire la possibilità d’inserimento di nuove varianti formali, 1

p. 1558. Il tema dell’adeguamento alla natura del sito nel pensiero del celebre ingegnere militare è argomento più volte richiamato dalla bibliografia specifica, in quanto unico forse fondamento assiomatico all’intera sua opera teorica e pratica (FAUCHERRE 1991, pp. 56-58; BLANCHARD 1996, pp. 387-396; KLEIN 2003, pp. 61-62; VIROL 2003, pp. 49-61; Vauban-plume 2007, pp. 125-137; MONSAINGEON 2007, p. 14). 2

DE VAUBAN 1705,

49

che lo sviluppo delle ricerche archeologica e archivistica possano aggiungere. È chiaro fin d’ora quindi che le tassonomie seguenti si propongono quali possibili strumenti di riordino di un materiale apparentemente eterogeneo, ma ben individuabile nell’ambito di alcuni filoni formali, reiterati e adeguati al terreno in seno ai diversi complessi campali noti. La duttilità delle tipologie nega infine la limitazione alle classi individuate e presuppone l’accoglienza di qualsiasi osservazione o integrazione da parte degli studiosi versati nella materia La classificazione: le categorie Partendo dai criteri di distinzione morfologica, sono state identificate sette categorie originarie di opere campali da collocarsi nei secoli XVII e XVIII e identificabili nei siti fortificati delle Alpi Occidentali: la linea o ligne, la freccia o redan, l’opera a tenaglia, l’opera a doppia tenaglia, l’opera a corno, la ridotta e il baraccone. Ogni tipo è stato identificato con un simbolo, corrispondente alla lettera maiuscola iniziale del nome specifico, come illustra la seguente tabella: DENOMINAZIONE DEL TIPO

1 2 3 4 5 6 7

SIMBOLO

L F T Td C R Ba

Linea - Ligne Freccia - Redan Tenaglia Tenaglia doppia Opera a corno Ridotta Baraccone

§ La linea Il primo tipo in elenco, la linea o ligne (L), è distinta in quattro sottotipi per criteri di destinazione e ancora in quattro per morfologia, secondo la seguente tabella: TIPO LINEA - LIGNE TIPI PER DESTINAZIONE

A

Linea isolata

B

Linea di complesso

C

Linea di comunicazione

= L

TIPI PER MORFOLOGIA

Linea rettilinea adeguata al terreno Linea a salienti 2 e rientranti Linea a 3 cremagliera Linea a frecce4 redan o bastionata 1

Le combinazioni possibili, tenendo conto della realtà territoriale finora esaminata, sono le seguenti, riguardo alle quali si rinvia il commento al paragrafo seguente: LA1, LA2, LB1, LB2, LB3, LB4, LC1, LC2. § La freccia Il tipo della freccia-redan (F) è distinta in due sottotipi per composizione e tre per destinazione, come illustra la tabella sottostante: 50

TIPO FRECCIA - REDAN TIPI PER COMPOSIZIONE

= F

TIPI PER DESTINAZIONE

A

Freccia isolata

1

B

Freccia in linea o in complesso

2 3

Freccia avanzata Freccia per batteria Freccia arretrata

Le combinazioni possibili sono quattro, ovvero FA1, FA2, FA3, FB. Si noti la coincidenza di FA1 e FA3 con le ridotte del tipo RA1. § La tenaglia singola e doppia Le opere a tenaglia singola e doppia presentano sottotipi simili, distinti per composizione e per destinazione: TIPO TENAGLIA TIPI PER COMPOSIZIONE

A

Tenaglia isolata

B

Tenaglia di complesso

= T

TIPI PER DESTINAZIONE

1 2 3 4

Tenaglia in linea Tenaglia in ridotta Tenaglia a tagliata Tenaglia terminale

TIPO TENAGLIA DOPPIA TIPI PER COMPOSIZIONE

A

Tenaglia doppia isolata

B

Tenaglia doppia di complesso

= Td

TIPI PER DESTINAZIONE

1 2 3

Tenaglia doppia avanzata Tenaglia doppia interna a complesso Tenaglia doppia a terminazione di complesso

Le combinazioni possibili sono rispettivamente per le tenaglie singole e doppie: TA, TB1, TB2, TB3, TB4, TdA1, TdB2, TdB3. Si noti che TA e TB2 corrispondono alle componenti della ridotta a tenaglia (tipo RC) § L’opera a corno L’opera a corno è divisa soltanto in due sottotipi per destinazione; la natura già più articolata di questo genere di fortificazione tende a renderla meno duttile e adeguata a situazioni specifiche che verranno meglio illustrate nella successiva esemplificazione:

51

TIPO OPERA A CORNO

= C

TIPI PER DESTINAZIONE

§ La ridotta

A B

Opera a corno in ridotta isolata Opera a corno in complesso

Situazione variegata e complessa è quella della grande famiglia delle ridotte, che conta ben otto sottotipi distinti ancora per morfologia e quattro contestuali per composizione. Si consideri pertanto la situazione illustrata nella tabella seguente: TIPO RIDOTTA

= R TIPI PER COMPOSIZIONE

TIPI PER MORFOLOGIA

G

Ridotta a freccia-redan Ridotta quadrata Ridotta a tenaglia Ridotta a pianta tenagliata o a stella Ridotta a riparo o a baraccone Ridotta ad opera a corno Ridotta poligonale

H

Ridotta bastionata

A B C D E F

1

2

Ridotta semplice isolata Ridotta semplice in complesso

3

Ridotta isolata con baraccone alla gola

4

Ridotta con baraccone in complesso

Le possibili combinazioni in linea teorica sono quelle elencate di seguito, mentre si rimanda al paragrafo seguente la disamina dei casi realmente individuati fino ad ora sul terreno o nella documentazione storica: RA1, RA2, RA3, RA4, RB1, RB2, RB3, RB4, RC1, RC2, RC3, RC4, RD1, RD2, RD3, RD4, RE1, RE2. I tipi RF, RG e RH costituiscono delle strutture più complesse che appartengono alla categoria storica dei forti di campagna e che possono essere combinati in linea teorica con i tipi per composizione 1, 2, 3, 4, anche se attualmente ci è solo nota la variante RF1 per le ridotte ad opera a corno; è necessario ricordare che le ridotte poligonali RG vanno anche distinte in due sottotipi morfologici, ovvero la regolare RGα e l’irregolare RGβ; infine la ridotta bastionata RH è una forma più complessa della ridotta quadrata RB o della poligonale RG e deve pertanto essere distinta nei sottotipi morfologici RHB, la quadrata bastionata, e RHG, la poligonale bastionata. § Il baraccone Chiude la serie il genere dei baracconi, distinta in sottotipi per morfologia e per tecniche costruttive, unico in questo caso, come illustra la tabella dedicata all’opera: TIPO BARACCONE

TIPI PER OPERA COSTRUTTIVA

TIPI PER MORFOLOGIA

Baraccone a pianta rettangolare Baraccone a B pianta ad U

A

52

= Ba

1 2

Baraccone in muratura Baraccone in legname

Le possibili combinazioni sono: BaA1, BaA2, BaB1. § La tipologia generale di fortificazione campale Si presenta infine il quadro sinottico della classificazione con distinzioni per tipi e sottotipi, secondo i tre livelli d’approfondimento e secondo l’ordine istituito dalla distinzione delle sette categorie principali, elencate nella prima tabella di pagina 50: PROSPETTO GENERALE DELLA CLASSIFICAZIONE

1° LIVELLO

L Linea - Ligne

F Freccia - Redan

T Tenaglia

Td Tenaglia doppia

2° LIVELLO

3° LIVELLO LA1 Linea isolata rettilinea/adeguata al terreno LA Linea isolata LA2 Linea isolata a salienti e rientranti LB1 Linea di complesso rettilinea/adeguata al terreno LB2 LB Linea di complesso a salienti e rientranti Linea di complesso LB3 Linea di complesso a cremagliera LB4 Linea di complesso a frecce/redan o bastionata LC1 Linea di comunicazione LC rettilinea/adeguata al terreno Linea di comunicazione LC2 Linea di comunicazione a frecce/redan FA1 Freccia isolata avanzata, possibile coincidenza con RA1 FA FA2 Freccia isolata Freccia isolata per batteria FA3 Freccia isolata arretrata, possibile coincidenza con RA1 FB Freccia in linea o complesso, ovvero modulo base in LB4 TA Tenaglia isolata, possibile coincidenza con RC1 TB1 Tenaglia di complesso in linea TB2 TB Tenaglia di complesso in ridotta Tenaglia di complesso TB3 Tenaglia di complesso a tagliata TB4 Tenaglia a terminazione di complesso TdA TdA1 Tenaglia doppia isolata Tenaglia doppia isolata avanzata TdB2 Tenaglia doppia interna a complesso TdB Tenaglia doppia di complesso TdB3 Tenaglia doppia a terminazione di complesso

53

PROSPETTO GENERALE DELLA CLASSIFICAZIONE

1° LIVELLO C Opera a corno

R Ridotta

2° LIVELLO

3° LIVELLO CA Opera a corno in ridotta isolata CB Opera a corno in complesso RA1 Ridotta a freccia semplice isolata RA2 RA Ridotta a freccia semplice in complesso Ridotta a freccia-redan RA3 Ridotta a freccia isolata con baraccone alla gola RA4 Ridotta a freccia con baraccone in complesso RB1 Ridotta quadrata semplice isolata RB2 RB Ridotta quadrata semplice in complesso Ridotta quadrata RB3 Ridotta quadrata isolata con baraccone alla gola RB4 Ridotta quadrata con baraccone in complesso RC1 Ridotta a tenaglia semplice isolata RC2 RC Ridotta a tenaglia semplice in complesso Ridotta a tenaglia RC3 Ridotta a tenaglia isolata con baraccone RC4 Ridotta a tenaglia con baraccone in complesso RD1 Ridotta a pianta tenagliata semplice isolata RD2 RD Ridotta a pianta tenagliata semplice in complesso Ridotta a pianta tenagliata RD3 o a stella Ridotta a pianta tenagliata con baraccone isolata RD4 Ridotta a pianta tenagliata con baraccone in complesso RE1 RE Ridotta a riparo isolata Ridotta RE2 a riparo/baraccone Ridotta a riparo in complesso RF1 Ridotta ad opera a corno isolata semplice RF RF3 Ridotta ad opera a corno Ridotta ad opera a corno isolata con baraccone RGα1 Ridotta poligonale regolare semplice isolata RG Ridotta poligonale RGβ1 - α: variante regolare Ridotta poligonale irregolare semplice isolata - β: variante irregolare RGβ2 Ridotta poligonale irregolare semplice in complesso RHB1 RH Ridotta bastionata quadrata semplice isolata Ridotta bastionata - B: variante quadrata RHG2 - G: variante poligonale Ridotta bastionata poligonale semplice in complesso

54

PROSPETTO GENERALE DELLA CLASSIFICAZIONE

1° LIVELLO

Ba Baraccone

2° LIVELLO

3° LIVELLO BaA1 Baraccone a pianta rettangolare in muratura, possibile coincidenza con RE1 o RE2 BaA2 Baraccone a pianta rettangolare in legname, possibile coincidenza con RE1 o RE2 BaB1 Baraccone a pianta ad U in muratura

BaA Baraccone a pianta rettangolare

BaB Baraccone a pianta ad U

55

56

CAPITOLO 4

Le componenti della fortificazione campale alpina Esemplificazione archeologica delle categorie

Facendo seguito al capitolo precedente, si presentano ora le esemplificazioni reali delle diverse componenti delle opere campali, secondo le categorie individuate. In via preliminare si rende noto che le esemplificazioni proposte di seguito per tutte le tipologie individuate sono derivate da fonti bibliografiche di varia natura, sia cioè resoconti di ricognizioni e rilevamenti autoptici delle strutture sia raccolte di carattere storico inerenti anche la cartografia antica, e soprattutto non hanno assolutamente intenzione esaustiva, non trattandosi del prodotto di un censimento sistematico, ma di una ricerca di carattere campionario e tassonomico formale. La linea (L) La prima categoria definita nella tipologia generale è quella del trinceramento lineare, immediatamente distinguibile per la sua natura estensiva ed eminentemente bidimensionale. § La teoria e le fonti «Lorsqu’on fortifie un camp par un retranchement continu, ces ouavrages se nomment lignes»1; questa è la definizione sintetica riportata da Louis de Cormontaigne, ingegnere appartenente alla generazione successiva a quella di Vauban. Quest’ultimo segnalava nel Traité de la fortification de campagne con la sua definizione di ligne che l’opera si presenta «fermée par un petit rempart de terre surmonté d’un parapet» ed è corredata «d’un fossé, d’où sont tirées les terres qui fournissent à la structure de ce retranchement»2. Poco oltre il Vauban approfondisce la definizione e aggiunge che il Retranchement du camp est la fortification que l’on fait autour, pour éviter les surprises et mettre l’armée en sûreté, son nom le plus convenable est la ligne. Retranchement est un nom abusif, qui ne convient qu’à ceux qui se font derrière les brèches d’une place, mais l’usage l’a emporté. Elle enferme le camp en tout ou en partie. En tout quand on a lieu d’appréhender l’ennemi de tous côtés et que la situation n’est avantagée de rien; ou en partie quand les flancs ou les derrières sont à couvert par les villes, bois, marais, rivières, ravines ou quelque autre séparation embarassée qui peut tenir lieu de retranchement. Sa figure est ordinairement réglée par la situation et l’étendue dont on a besoin, et ensuite accommodée aux règles de l’art3

In ogni caso per gli ingegneri del tempo la linea corrispondeva in primis ad un modello teorico composto da tratti rettilinei di trinceramento alternati a frecce, o redan, ogni 120 tese (m 234 ca.), ovvero il tipo LB4 della nostra classificazione (Figure 10, 11). Ciò vale anche per il di Robilant e per il Clairac, che pur affronta una lunga disamina di questi manufatti e ne discute le critiche mosse ai tempi di Vauban dal Feuquieres. Nello stesso autore, come in Cormontaigne, compaiono anche

1

DE CORMONTAIGNE 1727-1742, p. 311. Sulle «lignes» nello stesso autore si veda DE CORMONTAIGNE 1727-1742, pp. 311-320. 2 DE VAUBAN 1705, p. 1514. Nella stessa opera le «lignes» come manufatto campale sono trattate alle pp. 1516, 15291535, 1568-1574. 3 DE VAUBAN 1705, p. 1516.

57

gli studi sulle linee bastionate, a cremagliera e a salienti e rientranti regolari, ovvero «à tenailles», che rispondono a tipologie da noi individuate sul terreno4. Secondo il Cugnot le «lignes à redans» sono il tipo di difesa più adatta per i campi trincerati5, ma notiamo infine che anche nei trattati della seconda metà del XVIII secolo per le Regie Scuole d’Artiglieria e Fortificazione piemontesi, là dove si prende in considerazione la linea di trinceramento classica, impiegata per circonvallazioni e controvallazioni d’assedio, il modello proposto è quello «à redans», definito in italiano «a denti»6; analogamente capita per le linee dei campi trincerati detti «all’antica», difesi da trinceramenti a «bastioni piatti situati lungo i lati secondo le misure della Real fortificazione»7. Nelle stesse pagine il Papacino parla delle linee «a denti di sega», quelle note anche con il nome di «cremagliere» e l’argomento è ripreso dall’Ogliani, che illustra il metodo geometrico per realizzare tali forme8; del resto anche la Pratica militare dello stesso autore individua come modello principale per le linee il tipo «a denti»9 e quelle con successione di ridotte quadrate, allacciate al trinceramento presso i vertici, così da rivolgere gli altri due salienti verso il fronte d’attacco e il tergo, se dovesse verificarsi un aggiramento10.

§ Linea isolata (LA) La linea isolata, anche di rispettabile lunghezza, veniva realizzata spesso in appoggio ad un sistema complesso o ad una ridotta, in posizione avanzata o di fianco per garantire le coperture. Il tipo presenta le varianti di linea rettilinea, ovvero adeguata al terreno, o a salienti e rientranti e talvolta anche a redan intervallati da tratti rettilinei. La prima variante, LA1, è ben esemplificata nelle fortificazioni campali del Piccolo San Bernardo, individuate sul terreno sia presso la ridotta del Dou de la Motte, in corrispondenza del trinceramento in pietra a secco e della trincea rettilinea tagliata nel pendio (Figure 12, 13), entrambe in posizione avanzata rispetto all’opera principale11, sia presso la «Redoute Sarde», dove si ritrova una seconda trincea avanzata e scavata nella dorsale che scende al Col de la Traversette, analoga alla preceden4

Lo studio critico e l’intera disamina dei vari tipi si trovano in DE CLAIRAC 1757, pp. 90-130. CUGNOT 1769, pp. 46-47. 6 BOZZOLINO 1779, pp. 44-64, tavole 3a e 4a. 7 PAPACINO D’ANTONI 1782, p. 260. 8 OGLIANI 1795, pp. 95-96, tavola IV, figura 2. 9 OGLIANI 1795, pp. 92-95, tavola IV, figura 1. 10 OGLIANI 1795, pp. 96-98, tavola IV, figura 3. 11 Le système 2006, pp. 56-57; SCONFIENZA 2008-2009, p. 142. 5

58

te12 (Figura 87). Si tratta di strutture ricondotte tutte al 1793, epoca del massimo potenziamento del sistema difensivo avanzato dell’Ospizio e del monte Valaisan, così come un ultimo trinceramento rettilineo isolato presso il Roc Noir a valle della «Redoute Ruinée»13. Decisamente più antico è un esempio di LA1 riscontrato nella forma di una traversa in terra antistante il varco occidentale del campo trincerato di Laz Arâ, realizzato dai Francesi del duca di La Feuillade nel 1704 sulle montagne fra la val Germanasca e quella di Pramollo14 (Figure 14, 15). È infine documentata, soltanto nella cartografia storica edita, una linea di questo genere ad occidente del campo francese elevato nel 1745 dal conte di Lautrec, presso il colle di Sestrières15 (Figure 16, 17). La variante LA2 presenta un nutrito numero di esemplificazioni derivate da studi e rendiconti di visita in situ. Prima fra tutte va dunque ricordata la linea a due salienti e rientranti avanzata rispetto alla «Butta dei Granatieri» dei trinceramenti dell’Assietta e realizzata subito dopo la celebre battaglia del 19 luglio 174716 (Figure 20, 21). Spostando l’attenzione verso est, le vette del comprensorio dell’Orsiera, lungo l’antico confine fra il Ducato di Savoia e il Regno di Francia, valido fino al 1713, si individuano importanti esempi del tipo LA2, primo fra tutti il lungo trinceramento seicentesco in opera a secco del colle dell’Orsiera, il cui primo impianto è fatto risalire al 1597 e ad una progettazione del Vitozzi17 (Figure 22, 23). Analoghi al precedente e nel medesimo comprensorio sono gli sbarramenti dei colli di Malanotte e Sabbione, degli anni ’90 del XVII secolo18, mentre una variante più particolare è il trinceramento del colle del Besso, puntato sulla val Sangone e fatto realizzare dal marescialo Catinat fra il 1692 e il 1693, che presenta uno sviluppo regolare di linea a redan intervallati, ben adeguata alla natura rettilinea e pianeggiante della cresta del colle19 (Figura 18). L’altro colle che dalla valle di Pragelato immette in val Sangone è il colle della Rossa, o Rousse, trincerato nel 1704 dai Francesi ancora una volta con una linea LA220 (Figura 24), e, salendo lungo il corso del Chisone a monte di Fenestrelle, la stessa tipologia venne adottata per elevare nel comprensorio del monte Albergian i trinceramenti fra la valle di Pregelato e quella di San Martino, presso il colle dell’Albergian, alla Fea Nera e al Moremout, fra gli anni ’80 del XVII secolo e il 170821. Abbiamo poi notizia bibliografica di linee LA2 presso i colli della Longia e della Mayt, datate al 170822, e alla Chalm, fra Perosa Argentina e il Bec Dauphin, risalenti al XVII secolo e in uso fino all’inizio del successivo23. Spostando l’attenzione alla valle di Susa, le carte antiche documentano una linea isolata a salienti e rientranti a monte dei trinceramenti di San Colombano nel vallone di Galambra, databile al 1709 e denominata di La Salette24 (Figura 64). La cartografia storica edita permette infine di attribuire al tipo in esame le tre linee del trinceramento di Peccarel, appartenenti al sistema difensivo del Moncenisio messo in opera fra il 1709 e il 1743 sui progetti di Antonio Bertola25 (Figure 26, 27, 28), e alcune opere campali della valle Stura di Demonte. Queste ultime 12

DEMOUZON 2008, p. 83; SCONFIENZA 2008-2009, p. 144. DEMOUZON 2008, p. 78. 14 PONZIO 2003, p. 114; PEYRONEL 2007, p. 96. 15 PEYROT 1986, pp. 132-134, fig. 122/2 16 Assietta 1997, pp. 76, 86. 17 PATRIA 1983, p. 74; MINOLA 2006a, pp. 28-29; PEYRONEL 2007, p. 138. 18 MINOLA 2006a, p. 29; PEYRONEL 2007, p. 139. 19 MINOLA 2000; MINOLA 2001b; MINOLA 2006b, p. 73; PEYRONEL 2007, p. 99. 20 PEYRONEL 2007, p. 138. 21 PEYRONEL 2007, pp. 117-119. 22 PEYRONEL 2007, p. 115. 23 PEYRONEL 2007, pp. 106-108. 24 SCONFIENZA 1996, pp. 120-121. 25 PATRIA 1983, p. 72; CORINO 2001, pp. 8-9; MINOLA 2001b, p. 27; MINOLA-ZETTA 2007, p. 28. È opportuno informare a questo punto della trattazione che le raffigurazioni dei trinceramenti sulle carte storiche non sempre sono realistiche, ma talvolta, o spesso, convenzionali. L’attribuzione di queste opere, così documentate, alle diverse classi della tipologia è dunque determinata in base all’idea che la raffigurazione sulle carte antiche, per quanto convenzionale o stilizzata, alluda ad uno sviluppo reale analogo. Ogni variazione di classe in ragione del conseguimento di documentazioni prodotte da ricognizioni in situ avrà ovviamente priorità in futuro sulle determinazioni qui presenti. 13

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corrispondono a tre linee di trinceramento elevate alla Montagnetta Superiore, sulle montagne alla sinistra orografica della valle, e ad altre tre linee sulla destra orografica presso la Scaletta; si tratta di fortificazioni campali realizzate in due fasi, nel decennio 1710-1720, su progetto di Antonio Bertola, e potenziate nel 1743 e 1744 durante la successione d’Austria26 (Figure 29, 30, 31). § Linea di complesso (LB) S’è evidenziato nelle pagine precedenti che la caratteristica precipua della fortificazione campale alpina del XVII e XVIII secolo è l’impiego del trinceramento continuo fra un punto dominante e l’altro nell’ambito di un complesso difensivo. La linea di complesso, individuata nella nostra tipologia con il gruppo delle LB, corrisponde in buona sostanza al trinceramento continuo suddetto e l’adeguamento alla natura orografica del sito ne è la norma inventiva principale. Il tipo LB1, la linea di complesso con andamento rettilineo o conformato alle sinuosità del terreno, non è frequentissimo e compare soltanto in alcuni punti specifici di sistemi fortificati ampi e articolati. Una situazione esemplare è quella dei cosiddetti “Retranchements Sardes” del Piccolo San Bernardo, datati al 1743 e 1793, la cui porzione a sbarramento del vallone del Reclus presenta due tratti rampanti, alla destra e alla sinistra del torrente, appartenenti al genere specifico (Figure 33, 34, 37, 39); il tratto destro è una LB1 adeguata all’andamento delle falesie ascendenti verso il Lac sans Fond e segue le convessità e le sinuosità del loro margine per sfruttarne le potenzialità difensive27; il tratto sinistro procede invece con un andamento rettilineo e, superato il corso del Reclus, si raddoppia creando una linea rampante, che consentiva lo sfruttamento di un doppio ordine di tiro28. Allo stesso comprensorio difensivo valdostano appartengono i trinceramenti di Combal in val Veny, datati anch’essi al 1743-1793 e posti a difesa di un percorso alternativo d’aggiramento delle fortificazioni del Piccolo San Bernardo e di la Thuile; sono riconducibili al tipo in esame il tratto superiore della linea che fortifica l’argine glaciale di Combal e il trinceramento avanzato rispetto al precedente, ad una quota inferiore29 (Figure 36, 37, 38). Fanno parte del gruppo LB1 il tratto occidentale del fronte nord del campo di Laz Arâ e quello occidentale del fronte sud, il cui maggior sviluppo è riconducibile invece al tipo LB430 (Figura 14). Altro complesso in cui compaiono esempi di LB1 è quello dei colli di Finestre e Fattières, a partire dal 1709, e in particolare risultano tali il tratto orientale del fronte sud dell’opera inferiore al colle delle Finestre (Figure 41, 44, 45), mentre alle Fattières le due linee parallele del fronte nord del settore occidentale, l’intero fronte sud e il settore settentrionale del fronte est31 (Figure 41, 42, 43). Gli studi ricostruttivi basati sulla documentazione storica permettono di ricondurre a questo tipo il tratto di trinceramento, appartenente al campo trincerato di Carbignano del 1704, che si sviluppava dallo spalto orientale della fortezza di Verrua fino alla ridotta della Bicocca32 (Figure 46, 47, 48), e il lungo tratto che collegava la ridotta di San Genesio al forte di Castagneto, nell’ambito del grande complesso campale realizzato nel 1705 a copertura della piazza di Chivasso oltre il Po33 (Figure 49, 106).

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SCONFIENZA 1996, p. 121; VIGLINO DAVICO 1989, p. 75-77. SCONFIENZA 2005c, p. 235; Le système 2006, p. 52. 28 SCONFIENZA 2005c, p. 236; Le système 2006, p. 55. 29 SCONFIENZA 2008-2009, pp. 154-155. 30 PEYRONEL 2007, pp. 95-96; PONZIO 2003, pp. 113-114. 31 Lo studio archeologico e archivistico di queste fortificazioni è attualmente in corso e le notizie preliminari sono in via di pubblicazione in R. SCONFIENZA, Archeologia militare d’età moderna in Piemonte, cit., dove compare la bibliografia principale in materia. D’ora in avanti pertanto, quando compaia la citazione delle fortificazioni dei colli di Finestre e Fattières, è implicito il rimando alla pubblicazione su «Archeologia Postmedievale» e allo studio completo appena disponibile. 32 Verrua 2004, p. 201. 33 Chivasso e Castagneto 2007-legenda, p. 4, n. 18. 27

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La linea di complesso a salienti e rientranti irregolari, che seguono l’andamento del terreno pur mantenendo la sostanziale geometrizzazione della spezzata, corrisponde al tipo LB2; il tracciato teorico di tale opera era segnalato nella trattatistica con il nome di «lignes à tenailles», delle quali erano uguali le ampiezze degli angoli rientranti e salienti, i segmenti di trinceramento ed equivalenti le aree delimitate da essi34. Va detto che la linea a salienti e rientranti nella teoria d’architettura militare corrisponde al tracciato tenagliato. In età moderna il tracciato tenagliato, fin dal XVI secolo e dagli studi di Giuliano da Sangallo e di Alghisi, costituisce un’alternativa a quello bastionato tradizionale, nel XVII secolo diviene uno dei caratteri peculiari della fortificazione d’ambiente germanico, dove l’ingegnere che maggiormente ne promuove l’impiego è Georg Rimpler, ed è ampiamente utilizzato nella fortificazione campale, per le ridotte e i fortini a tracciato concentrico, comunemente detti «a stella»35. Una buona descrizione del tracciato è redatta dal Delair nell’800, per l’istruzione degli ufficiali d’artiglieria e genio, e recita: Ce tracé, reduit à sa plus simple expression et dégagé de la question des défenses intérieures des saillans, consiste en une suite d’angles alternativement saillants et rentrants. Les premiers ne doivent pas être inférieurs à 60° et les autres restent voisins de l’angle droit (90°). Dans ces conditions, toutes les portions d’une enceinte sont réciproquement les unes pour les autres des faces flanquantes et des faces flanquées36

Notiamo in chiusura che la linea a salienti e rientranti è presa in considerazione dall’Ogliani quale espressione più comune del tracciato reale sul terreno di una linea trincerata; soprattutto l’autore esprime la raccomandazione di formare angoli salienti di 90° o al massimo di 60° e di non definire mai dei rientranti minori dell’angolo retto né maggiori di 120°37 I trinceramenti del passo del Piccolo San Bernardo tornano a fornire una buona esemplificazione nella porzione del complesso che fodera con una linea a salienti e rientranti la dorsale alla sinistra del Reclus fino al vallonetto del Ruisseau de Bellecombe38 (Figure 33, 34, 35, 39); in val Veny il tratto a grandi salienti successivi che fodera il terrazzo glaciale inferiore di Combal appartiene al tipo LB239 (Figure 36, 38), così come, dinuovo nel territorio di La Thuile, il trinceramento del Mont du Parc, immediatamente ad est dell’abitato lungo la strada del colle di San Carlo40 (Figura 37), e quello del sistema a sbarramento del colle della Croce41 (Figure 32, 37, 40). Un complesso dove LB2 è sostanzialmente prevalente è quello del campo dell’Assietta, fin dal 1747, dove una linea a salienti e rientranti collega la cosiddetta Ridotta a Stella a quella isolata dei Valdesi, ma soprattutto trinceramenti analoghi costituiscono lo sviluppo completo dei fronti nord e sud fra la Seconda Ridotta dell’Assietta e le difese del Gran Seren42 (Figure 19, 20, 21). All’estremità orientale della stessa dorsale dell’Assietta il già citato sistema difensivo dei colli di Finestre e Fattières presenta cospicue evidenze di LB2, quali l’intero fronte orientale del forte delle Fattières e la linea di separazione fra il settore occidentale e quello centrale dello stesso forte, che proteggeva anche l’accesso alla ridotta sommitale del monte Pintas (Figure 41, 42, 43), buona parte del fronte ovest e il fronte est del lungo trinceamento di comunicazione che collega la grande ridotta del colle delle Finestre al monte Pintas (Figure 41, 45), la porzione occidentale del fronte sud della stessa ridotta e quella a lunghi rientranti del tratto più ad est del fronte nord, ormai distrutto dalla strada moderna (Figure 41, 44, 45). In alta val Sangone, in posizione avanzata, ma prossima al forte del Sellery, esiste un’altra linea di tipo LB2, in opera a secco e con testata orientale a freccia che si conforma al vicino saliente centrale di una tenaglia doppia, posto a rinforzo del fronte ovest del forte, ma in soluzione di continui34

Si vedano in merito DE CORMONTAIGNE 1727-1742, p. 320; DE CLAIRAC 1757, pp. 108-112. Sul tracciato tenagliato e Rimpler: DELAIR 1882b, pp. 14-23; DUFFY 1985, pp. 14-17; FARA 1989, pp. 118, 188-190; FARA 1993, pp. 91-92. 36 DELAIR 1882b, p. 17. 37 OGLIANI 1795, pp. 71-74. 38 SCONFIENZA 2005c, pp. 236-237; Le système 2006, pp. 55-56, 69. 39 SCONFIENZA 2008-2009, p. 154. 40 Le système 2006, pp. 74-75. 41 Le système 2006, pp. 58-59. 42 Assietta 1997, pp. 80, 81-84, 92, 96-100. 35

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tà43 (Figure 50, 51, 52). Appartiene ancora a questo gruppo la fortificazione del fronte nord del campo di Laz Arâ44 (Figura 14), mentre più recenti, realizzate nel 1744, sono le opere campali a difesa della valle Varaita, le cui componenti spesso corrispondono al tipo LB2; sono infatti documentate in questi luoghi, tramite ricognizione o grazie alla cartografia storica, diverse linee a salienti e rientranti adeguati al terreno, e in particolare quella che collegava il forte San Carlo alla posizione del comando supremo sabaudo al Villareto, lungo il margine inferiore del bosco de La Levée45, quelle di raccordo fra il forte Bertola e la ridotta di monte Passet46, sulla dorsale fra la Varaita di Chianale e quella di Bellino, e fra la stessa ridotta e la borgata Ribiera47, la linea di collegamento fra Ribiera e il campo trincerato del colle della Bicocca48, sito sulla dorsale fra le valli di Varaita e Maira, e il lungo fronte sud dello stesso campo49 (Figure 55, 57, 58, 60). Sono numerose inoltre le testimonianze del tipo LB2 documentate soltanto in bibliografia e da studi sulla cartografia storica. Innanzitutto torna a fornire dati il campo di Carbignano, davanti alla fortezza di Verrua, il cui fronte sud-est, fra la ridotta della Bicocca e il Fort Royal, risulterebbe essere una linea a salienti e rientranti, analogamente al fronte occidentale fra la ridotta di Montaldo e lo spalto sud-ovest della fortezza50 (Figure 46, 47, 48). Seguono i trinceramenti fra Chivasso e Castagneto, la cui ricostruzione congetturale permette di assegnare al tipo LB2 i tratti dalla testa di ponte, sulla sponda destra del Po, al castello di Contrabuc51, da questo verso est fino alla sponda del Po52, da lì alla ridotta del Trucchetto53, dinuovo dal castello di Contrabuc alla tenaglia di San Genesio54, dal forte di Castagneto ai Tetti Serra55 e alla ridotta del Bricco del Vaj, presso il colle della Croce56 (Figure 49, 68). Fra il 1708 e il 1709 lungo la dorsale fra l’Assietta e il monte Pintas, fu realizzato il primo impianto dei trinceramenti del colle delle Vallette, ascendenti fino alla cima omonima con due linee parallele restituite sulla cartografia a salienti e rientranti57 (Figura 61). Tornando verso l’Assietta a nord-ovest del campo del 1747, probabilmente già nel 1709 e poi nel 1745, furono realizzate delle linee LB2 appartenenti ad un complesso che riuniva i trinceramenti di Cotebelle, Curbiera, Brusà e Cravasse, a monte di Exilles lungo il Rio Baccon e in direzione della testa dell’Assietta, per coprire il fronte sud-occidentale del forte58 (Figure 62, 63). Sempre in corrispondenza del forte di Exilles, ma alla sinistra della Dora, lungo il vallone del Rio Galambra, fin dal 1709, furono apprestati dei trinceramenti, detti del Bissé, ascendenti dal fondovalle fino alla ridotta di Serre la Garde e una seconda linea, denominata di San Colombano, poco più ad occidente dell’omonima borgata59 (Figura 64). Nella valle di Pragelato, a partire dal 1708 e durante i decenni successivi, soprattutto negli anni della Guerra di Successione Austriaca, i contingenti sabaudi operanti nel comprensorio a monte di Fenestrelle erano stanziati nel campo di Balboutet, la cui difesa 43

MINOLA 1998, p. 35; MINOLA 2006b, p. 68. PONZIO 2003, p. 114; PEYRONEL 2007, p. 96. 45 BARBERIS 2009, p. 31; SCONFIENZA 2009, p. 67. Riguardo a queste fortificazioni si rimanda inoltre, appena a disposizione, ai contributi V. BARBERIS, La ricognizione archeologica alle fortificazioni campali della valle Varaita. Le tracce sul terreno e R. SCONFIENZA, Le fortificazioni campali della valle Varaita durante la Guerra di Successione Austriaca, presenti in R. SCONFIENZA (a cura di), La campagna gallispana del 1744. Storia e archeologia militare di un anno di guerra fra Piemonte e Delfinato, attualmente in corso di pubblicazione. 46 BARBERIS 2009, p. 31; SCONFIENZA 2009, p. 67. 47 SCONFIENZA 2009, p. 57 fig. 81. 48 SCONFIENZA 2009, p. 88. 49 BARBERIS 2009, pp. 49-52; SCONFIENZA 2009, pp. 88-89. 50 Verrua 2004, pp. 201, 202. 51 Chivasso e Castagneto 2007-legenda, p. 3, n. 12. 52 Chivasso e Castagneto 2007-legenda, p. 3, n. 13. 53 Chivasso e Castagneto 2007-legenda, p. 3, n. 14. 54 Chivasso e Castagneto 2007-legenda, p. 3, n. 15. 55 Chivasso e Castagneto 2007-legenda, p. 4, n. 23. 56 Chivasso e Castagneto 2007-legenda, p. 4, n. 21. 57 PEYRONEL 2007, pp. 137-138. 58 PATRIA 1983, p. 74; SCONFIENZA 1996, p. 121. 59 PATRIA 1983, p. 73. 44

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verso monte è rappresentata con una lunga linea LB260. Al medesimo genere appartengono le linee dei fronti nord, est e ovest del campo francese elavato al Sestrières nel 174561 (Figure 16, 17), ma abbondanza d’esempi risulta dalla documentazione edita sulle difese settecentesche del Moncenisio, comprensorio nel quale sembra possibile ricondurre al tipo LB2 le linee della Barriera, della Combasse e della Ciarmena, di Rocca Negra e d’Arpon62 (Figure 26, 27, 28). Arricchiscono la rassegna le testimonianze provenienti dalla cartografia sulle difese della valle Stura di Demonte, risalenti alla prima metà del XVIII secolo, prime fra tutte le cosiddette Barricate fra Pont Bernard e Bersezio, realizzate già durante il XVII secolo e potenziate nel 1710 e nel 174363; seguono alla sinistra della Stura le linee a difesa della Lobbiera superiore e della Lobbiera inferiore64, mentre alla destra abbiamo il trinceramento di Ser del Doj e quello alla Scaletta65 (Figure 29, 30, 31). Infine vale la pena ricordare che potrebbero appartenere in prevalenza al tipo LB2 i trinceramenti realizzati a difesa del campo di Susa, lungo il fronte rivolto verso Torino dalle alture della Brunetta fino a quelle alla destra della Dora, in conformità ad un progetto del Vauban riconducible al periodo fra il 1690 e il 1692, durante la prima occupazione francese della piazza66 (Figure 65, 66). Il Clairac a proposito delle cremagliere sostiene che L’on peut d’ailleurs compter entre les avantages de ce projet, que les saillans doubles en nombre, & flanqués à demi-portée du fusil, s’avançant peu vers la campagne, sont moin en prise à l’ennemi; qu’il est plus facile, tant par ce peu de saillie, que par le moin de longueur des branches, de suivre l’alignement déterminé, & de profiter de la configuration du terrein; que c’est le seul tracé suivant lequel il regne parallélement & sans interruption un feu direct, & que c’est encore le seul dont les feux soient distribués également partout67;

e prima ancora il Cormontaigne notava che On se sert ordinairement de ces crémaillères, lorsque la ligne se trouve coupée par un vallon dont les côteaux trop roides ne permettent pas qu’on la continue en ligne droite. On est alors obligé de faire les deux angles […] droits ou presque droits, et pour descendre dans le vallon par une pente plus douce, de suivre le tracé […] à crémaillère […] Il est aisé de remarquer que le rentrant formé dans cette partie est inataquable, à cause des feux croisés qui en défendent les accès68

Rammentando che delle cremagliere parlano anche il Papacino d’Antoni e l’Ogliani69, è tuttavia necessario notare che risultano assai limitate le esemplificazioni del tipo LB3, la linea di complesso a cremagliera, in ragione della particolare natura di tale tracciato, che regolarizza geometricamente e in modo rigido l’andamento libero a salienti e rientranti; tale caratteristica non prevarica l’adatta60

PEYRONEL 2007, p. 144. PEYROT 1986, pp. 132-134, fig. 122/2; PEYRONEL 2007, pp. 139-140. 62 PATRIA 1983, p. 72; CORINO 2001, pp. 8-9; MINOLA 2001b, p. 27; MINOLA-ZETTA 2007, p. 28. 63 VIGLINO DAVICO 1989, pp. 75-77; SCONFIENZA 1996, pp. 121-122. 64 VIGLINO DAVICO 1989, pp. 75-77; SCONFIENZA 1996, pp. 121. 65 VIGLINO DAVICO 1989, pp. 75-77; SCONFIENZA 1996, pp. 121. 66 Supra Parte Seconda, Capitolo 2, p. 38, nota 6. 67 DE CLAIRAC 1757, p. 113. 68 DE CORMONTAIGNE 1727-1742, p. 315; per la disamina dei particolari inoltre DE CORMONTAIGNE 1727-1742, p. 320. 69 Supra p. 58, note 8 e 9. 61

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mento alla natura del suolo, anzi ne potenzia le valenze difensive allorché il sito consenta il compromesso fra la geometrizzazione e il suo assetto orografico; d’altro canto tali presupposti sono probabilmente la ragione principale dell’esiguità di esempificazioni. Una testimonianza che è ancora apprezzabile sul terreno e sembra veramente illustrare quanto osservato sopra è la linea a parapetti scalari che termina a nord-ovest il fronte principale del campo del principe Tommaso, in località Thèraz, e domina dall’alto l’accesso alla conca di La Thuile dal villaggio di La Balme70; sebbene il parapetto frontale sia una linea continua che segue il terreno, è la geometrizzazione a gradoni con passaggi sfalsati che, regolarizzando il pendio, segue la logica compositiva delle cremagliere (Figura 69). La ricognizione in situ al forte delle Fattières ha permesso di ricostruire uno sviluppo a cremagliera per il tratto iniziale del trinceramento ovest del settore settentrionale, nei pressi del raccordo con il settore occidentale (Figura 67), e infine, grazie alla cartografia storica, parrebbe lecito ricondurre al tipo LB3 il tratto rampante lungo il pendio alla sinistra della Cenischia, appartenente ai trinceramenti della Barriera in seno ai complessi difensivi del Moncenisio71 (Figura 26). La «ligne à redans», o a frecce, corrisponde al tipo LB4, che nella trattatistica del XVIII secolo rappresentava il modello basilare per il trinceamento campale, «la méthode ordinaire & presque universellement reçue, est de les [le lignes, scil.] flanquer par des redans»72, tant’è che esso compare nelle tavole dedicate alle «lignes» del Traité de l’attaque et de la defense des places del Vauban come tracciato più immediato da realizzare per le controvallazioni e le circonvallazioni73 (Figure 10, 11). Louis de Cormontaigne scrive a proposito che On construit les lignes à redans, en donnant 120 toises de longueur au côté extérieur […] 22 toises au perpendiculaires […] et 15 toises au demigorges […] en sorte que chaque face des deux redans [i due contigui, scil.] a 27 toises de longueur, et la courtine […] qui les unit en a 9074

e, dopo aver illustrato il tracciato in ogni particolare planimetrico e d’elevato, conclude che On a imaginé plusieurs autres espèces de lignes pour couvrir un camp; mais celles à redans […] que l’on vient de détailler, sont les meilleures, les plus aisées à tracer, à construire et à defendre. Elles ont moins de développement que les autres, et leur construction est par conséquent beaucoup plus prompte […]75

È probabilmente fra queste righe la ragione per cui le esemplificazioni di LB4 sulle montagne piemontesi siano piuttosto frequenti e confermino il ricorso da parte degli ingegneri a modelli geometrici predefiniti dall’istruzione campale, ogni qual volta la natura del sito l’abbia concesso; del resto esse continuano ad essere il modello teorico principale, come s’è detto sopra, anche nell’istruzione di fortificazione campale della seconda del XVIII secolo, secondo quanto testimoniano il Bozzolino, il Papacino d’Antoni e l’Ogliani76. Rammentiamo infine che nel 1744, prima di questi autori, ma sempre in ambiente piemontese, il Nicolis di Robilant individuava in tale tipo la forma migliore di trinceramento lineare: Les lignes rétranchées se font pour parer d’insultes un Camp […] avec un bon fossé […] avec un parapet fait à redans, ou bien flanqué de tems en tems par des petits bastions de l’épaisseur de deux toises, de bonne terre bien battuë, couverte, & soutenuë de fassines […]77

Le difese campali valdostane tornano a fornire dati su questa tipologia di tracciati, in primis nell’ambito dei «Retranchements Sardes» del Piccolo San Bernardo, che, a riprova di quanto s’è 70

Le système 2006, pp. 78-79, fig. 56c. PATRIA 1983, p. 72; CORINO 2001, pp. 8-9; MINOLA 2001b, p. 27; MINOLA-ZETTA 2007, p. 28. 72 DE CLAIRAC 1757, pp.102-103. L’autore sviluppa la disamina del tracciato a redan inoltre in DE CLAIRAC 1757, pp. 104-111, 116-123. 73 Sulle «lignes» d’assedio DE VAUBAN 1737, pp. 9-17; per le tavole del Traité de l’attaque et de la defense des places si veda FAUCHERRE-PROST 1992, pp. 9 «P.re Feuille», 10-11 «XXXI Feuil.». 74 DE CORMONTAIGNE 1727-1742, p. 312. L’autore riporta le misure ordinarie già prescritte dal Vauban (DE VAUBAN 1737, pp. 11-12) e che sono ricordate anche dal Clairac (DE CLAIRAC 1757, p. 103) 75 DE CORMONTAIGNE 1727-1742, p. 319. 76 Supra p. 58, note 6, 7, 8, 9. 77 NICOLIS DI ROBILANT 1744, pp. 48-49. 71

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appena osservato, pur essendo composti in prevalenza di linee LB1 e LB2, nella stretta area pianeggiante al centro del vallone del Reclus la difesa è affidata ad un grande redan centrale, agganciato alle reni da due tratti rettilinei, e ad una seconda opera analoga con la punta arrotondata sulla destra della prima già in ascesa lungo la linea in direzione del Lac sans Fond78 (Figure 33, 34, 37, 39, 77).

Nello stesso comprensorio tuttavia la testimonianza più evidente e cospicua è costituita dalla poderosa linea di Thèraz, realizzata ad est di La Thuile a sbarramento della strada del colle di San Carlo e meglio nota con il nome di «Trinceramenti del Principe Tommaso»79 (Figure 37, 40, 68, 69, 70, 77). Il manufatto in questa sede è di notevole importanza per due ragioni, da un lato perché il trac78 79

MINOLA-RONCO 2002, p. 69; SCONFIENZA 2005c, pp. 233-235; Le système 2006, p. 54; DEMOUZON 2008, p. 8. Le système 2006, pp. 58, 76-78 e ivi bibliografia pregressa.

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ciato riproduce il tipo LB4 perfettamente e ci permette di collocarne l’utilizzo nelle aree di nostro interesse fin dal XVII secolo e per tutto il XVIII80, d’altro canto per il fatto che il complesso conserva una notevole testimonianza di fossato campale praticamente integro, ma soprattutto due bastioni pentagonali realizzati, in sostituzione a due redan, nella porzione centrale della linea; si tratta, allo stato attuale delle ricerche, dell’unico esempio di «ligne bastionnée» fra quelle di area alpina occidentale e risponde alle considerazioni che il Clairac presenta a proposito di questo tracciato L’insuffisance des redans pour la défense d’une ligne, vient […] du trop d’obliquité de leur faces. L’on ne peut, en supposant les courtines droites, y remédier que par des flancs, & ajouter des flancs à flancs à ces pieces, c’est précisément en faire des bastions. Ce que l’on gagne encore à cela, c’est que le feu de ces flancs est comme de surcroît; car celui des faces se croisant en avant, tient lieu & audelà, de celui des redans […]81

Le fortificazioni della val Veny infine comprendono un tratto di LB4 nella parte iniziale della linea ascendente lungo l’argine glaciale di Combal, dove un solo redan si sporge dal tracciato rettilineo prima della biforcazione che divide il trinceramento in due linee LB1, citate precedentemente a difesa delle due quote superiori del complesso82 (Figura 36). Conferma l’impiego precoce di LB4 in siti adeguati il tratto orientale del fronte sud del campo di Laz Arâ83 (Figure 14, 15), ma decisamente significativi sono due esemplificazioni appartenenti al campo dell’Assietta, ovvero il tratto di trinceramento che collega la Prima e la Seconda Ridotta dell’Assietta e quello con la gola rivolta verso il precedente, ad una quota inferiore, posto a difesa del colle nella porzione centrale del complesso84 (Figure 20, 21). Al forte delle Fattières risultano del tipo LB4 un segmento del tratto meridionale del fronte est e la parte di trinceramento al raccordo fra il settore ovest e quello nord in continuità con la linea a cremagliera precedentemente segnalata (Figure 42, 43, 103, 104); va inoltre ricordato che la metà superiore del fronte occidentale del trinceramento di raccordo fra l’opera delle Fattières e quella del colle delle Finestre consiste in una linea pseudorettilinea intervallata da due redan, ancor oggi ben visibili (Figure 41, 45). Tornando alla testa della val Sangone, infine va segnalata presso l’ingresso orientale del forte del Sellery una linea disposta in obliquo con un redan disassato all’altezza di detto varco85. La ricognizione archeologica in valle Varaita ha permesso di individuare una linea a redan successivi, parzialmente conservati ancora nella loro consistenza originaria86 (Figure 55, 59); essa doveva situarsi a monte del forte Bertola e segnare l’avvio dei trinceramenti che da quest’opera salivano alla ridotta di monte Passet, ormai invisibili e appartenenti verosimilmente al tipo LB2, già descritto. Le stesse fortificazioni del 1744 costruite in valle Varaita testimoniano tuttavia soltanto per documentazione iconografica l’appartenenza al tipo LB4 della lunga linea di trinceramenti che saliva dal forte San Carlo lungo il vallone di Vallanta fino alle Grange Soulieres e costituiva il dispositivo difensivo della destra sabauda nell’intero comprensorio dal Monviso al Pelvo d’Elva87 (Figure 55, 56). Altre esemplificazioni tratte dalla cartografia storica sono il tratto termiminale alto del trinceramento della Lobbiera Inferiore in valle Stura88 (Figure 29, 30) e alcuni settori dei trinceramenti delle Combasse e d’Arpon a difesa del Moncenisio89 (Figure 26, 27, 28). Chiudono la serie degli esempi la ricostruzione congetturale e la cartografia storica del campo di Carbignano, testimone, come quello di Laz Arâ, dell’uso fin dall’inizio del XVIII secolo

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Queste fortificazioni risalgono secondo studi di carattere storico già alla prima metà del XVII secolo, furono ristrutturate negli anni ’90 del medesimo, poi nel 1704, nel 1743 e infine potenziate nel 1793, mantenendo comunque sempre l’impianto di linea LB4 (Le système 2006, pp. 15-37 passim) 81 DE CLAIRAC 1757, p. 124. 82 SCONFIENZA 2008-2009, p. 154. 83 PONZIO 2003, pp 113-114; PEYRONEL 2007, p. 95. 84 Assietta 1997, pp. 80, 81, 94, 96. 85 MINOLA 1998, p. 35; MINOLA 2006b, p. 68. 86 BARBERIS 2009, p. 35; SCONFIENZA 2009, p. 71. 87 BARBERIS 2009, p. 31; SCONFIENZA 2009, pp. 66-67. 88 VIGLINO DAVICO 1989, pp. 75-77; SCONFIENZA 1996, pp. 121. 89 PATRIA 1983, p. 72; CORINO 2001, pp. 8-9; MINOLA 2001b, p. 27; MINOLA-ZETTA 2007, p. 28.

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del tipo LB4 in Piemonte, in particolare per la linea armata con due redan successivi, che si estende dalla ridotta di Montaldo al Fort Royal90, e per il fronte nord di quest’ultimo 91 (Figure 46, 47, 48). § Linea di comunicazione (LC) Si tratta di un gruppo che è stato isolato nella tipologia generale escludendo il riferimento alla maualistica di fortificazione campale, dove per altro non compare, ma facendo riferimento soprattutto alla documentazione archeolgica ed archivistica, in seno alla quale effettivamente si possono cogliere dei trinceramenti pensati in primo luogo per collegare due punti forti, difesi con altri generi di opere. Considerando poi le caratteristiche formali delle linee già esaminate, in particolare i tipi per morfologia 1 e 2, è conseguente la distinzione fra trinceramenti di comunicazione rettilinei, ovvero adeguati al terreno, e quelli a salienti e rientranti.

Il tipo più diffuso è quello a percorso rettilineo o pseudorettilineo, LC1; spesso tali linee chiudono dei corridoi di passaggio e si tratta quindi di opere a trinceramenti con sviluppi paralleli, ma esistono anche casi di singole linee a difesa di lunghi cammini, come per esempio quelli in opera a secco del 1793, che proteggevano la via d’accesso dalla Combe des Moulins al Col de la Traversette e alle sue ridotte a governo del fianco sinistro dei trinceramenti del Piccolo San Bernardo92 (Figure 73, 74). Il passaggio della via per il colle di San Carlo attraverso i trinceramenti del Principe Tommaso era costituito da un varco dopo il secondo redan a partire da est, che veniva protetto da un rivellino in terra avanzato; il collegamento fra tale opera e il corpo principale del trinceramento era armato da un trinceramento in terra a due spalle parallele del tipo LC193 (Figure 69, 70). In seno al complesso dei trinceramenti del colle della Croce la ridotta quadrata estrema sud è collegata da un corridoio rettilineo, formato da due muri a secco paralleli, con la testata meridionale dei trinceramenti del colle, armata con un’altra ridotta a fronti tenagliati94 (Figure 32, 93). Il settore occidentale del campo dell’Assietta, compreso fra la Prima Ridotta dell’Assietta e la cosiddetta «Butta dei Granatieri» è costiuito da un lungo corridoio fra due trinceramenti paralleli che corre sulla dorsale centrale ad ovest della testa dell’Assietta; la porzione di tale opera compresa fra la butta e la prima tagliata a tenaglia è attribuibile al tipo LC195 (Figure 20, 21). Un corridoio in discesa di muri a secco, rettilinei 90

Verrua 2004, p. 202. Verrua 2004, p. 200. 92 Le système 2006, pp. 72-73; SCONFIENZA 2008-2009, p. 145. 93 Le système 2006, pp. 76-78. 94 Le système 2006, p. 58. 95 Assietta 1997, pp. 77, 87. 91

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e paralleli fra loro, analogo a quello indicato al colle della Croce, ma ad un’altitudine decisamente inferiore, è quello che raccordava il settore occidentale della ridotta del colle delle Finestre con la fontana detta dei Cacciatori a sud-ovest della fortificazione e inferiore di quota di qualche metro (Figure 41, 44, 75). La bibliografia ci documenta una comunicazione rettilinea a palizzate parallele fra il Fort Royal di Carbignano, davanti a Verrua, e la ridotta avanzata ad opera a corno96 (Figura 48); analoga, ma in opera a secco, doveva essere la comunicazione fra il primo e il secondo nucleo della ridotta d’Andorno, realizzata all’inizio del XVIII secolo a monte del forte Mutin di Fenestrelle97 (Figura 102). La linea di comunicazione con trinceramenti paralleli a redan, LC2, è più rara, ma la documentazione cartografica ci conserva memoria di due celebri apprestamenti del genere, quali il collegamento fra la fortezza di Verrua e la piazza di Crescentino, nel 1704 e 170598 (Figura 46), e del 1705 il corridoio a difesa della strada di comunicazione fra Chivasso e la sponda sinistra del Po, per accedere ai trinceramenti di Castagneto99 (Figure 49, 94). La già citata comunicazione fra la Butta dei Granatieri e la Prima Ridotta dell’Assietta presenta un tratto centrale, fra la prima e l’ultima tagliata, a trinceramenti paralleli con redan intervallati da segmenti rettilinei e il tratto finale al raccordo con la testa dell’Assietta a linee a salienti e rientranti parallele100 (Figure 20, 21); la Prima Ridotta dell’Assietta e la Ridotta a Stella, più arretrata verso est, sono infine collegate da una comunicazione LC2 a redan centrali e simmetrici101 (Figure 20, 21, 103). La freccia (F) L’esame dei generi di linee ha già posto in evidenza un tipo di struttura specifica, costituita da due segmenti di trinceramento convergenti ad angolo, generalmente acuto o retto, che prende il nome di freccia, redan in francese102. § La teoria e le fonti La freccia rappresenta l’altra unità minima in seno alla fortificazione campale della seconda metà del XVII e del XVIII secolo e il Vauban definisce i redan [...] angles saillants qui flanquent les retranchement. On les fait de toutes grandeurs, et souvent de figure accommodée au terrain qu’ils occupent. Les plus petits sont de 12 à 15 toises de face et les plus grands de 30 à 40103

È evidente che il tipo F secondo l’autore corrisponde essenzialmente alla componente sporgente della linea e ne esalta le potenzialità difensive, grazie all’incrocio di tiri che si genera lungo il fronte d’attacco da ogni singolo esemplare in successione. Tant’è che nel Traité de l’attaque et de la defense des places il Vauban considera il redan l’opera più adeguata per le linee d’assedio e spiega che […] on doit observer […] que les angles des Redans soient toûjours moins ouverts que les droit. On donne pour l’ordinnaire 18. 20. ou 25. toises de face à ces mêmes Redans sur 90. à 100. toises de courtine; au surplus on accomode le circuit de la Ligne à l’irrégularité du terrein: pourvû qu’elle se flanque bien, il suffit […]104 96

Verrua 2004, p. 202. PEYRONEL 2007, pp. 126-127. 98 Verrua 2004, p. 205. 99 Chivasso e Castagneto 2007-legenda, p. 2, n. 3. 100 Assietta 1997, pp. 77, 88. 101 Assietta 1997, pp. 79, 91. I due redan simmetrici sono stati anche interpretati come una ridotta autonoma, detta «Romboidale». 102 Sul tipo si è già riferito in altre occasioni, quali per esempio SCONFIENZA 1996, pp. 94-95; PONZIO 2003, pp. 100101; SCONFIENZA 2007, pp. 172, 180, 192. 103 DE VAUBAN 1705, p. 1516. 97

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Da questi presupposti deriva la classificazione del Cormontaigne succitata delle «lignes à redans»105, ma lo stesso autore prende anche in considerazione la possibilità dell’utilizzo dei redan isolati, infatti Lorqu’on n’a pas le temps de couvrir un camp par des retranchenchements continus on le fortifie par des simples redans […] dont on neglige la courtine qui devrait les unir; mais on peut leur procurer des flancs, en prolongeant les faces […] jusqu’à ce qu’elles se rencontrent au point […] d’où l’on portera 18 toises […] et l’on enlevera les perpendiculaires […] qui seront les faces d’un nouveau redan. Cette disposition de redans saillans et rentrans est très-expeditive. Elle donne d’ailleurs l’avantage de sortir sur l’ennemi, et de le pousuivre, au cas qu’il soit repoussé; ce qui n’est guère praticable avec les retranchemens continus […]106

Successivamente il Clairac riprende in considerazione il tema della freccia soprattutto quale componente di una linea trincerata107, pur individuandone l’utilizzo isolato in particolare per le teste di ponte108 o in successione senza collegamento intermedio di cortine, come segnalava già in precedenza il Cormontaigne109; l’autore identifica l’opera che viene definita precedentemente «redan» con i più generici «angles saillans» e si dedica alla soluzione delle problematiche derivanti dall’incrocio dei tiri di ciascun redan lungo la linea e degli angoli morti o delle aree di terreno che restano scoperti110. In ultimo l’istruzione di fortificazione campale della fine del XVIII secolo, che in Piemonte è rappresentata dall’opera dell’Ogliani, illustra i sistemi di tracciamento sul terreno e di costruzione della cosiddetta «fleccia», presumibilmente derivanti dall’esperienza passata, e analoga a quella per la realizzazione dei salienti delle linee LB2111

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DE VAUBAN 1737, pp. 11-12. Nelle stesse tavole del Traité, indicate supra alla p. 64 nota 73, sono illustrati i redan descritti dall’ingegnere e ne sono indicate le misure lineari. 105 Supra p. 64, note 74 e 75. 106 DE CORMONTAIGNE 1727-1742, p. 321. 107 Si vedano i passi di DE CLAIRAC 1757, segnalati supra alla p. 58, nota 4, relativi alle «lignes à redans», in cui compaiono più volte informazioni sul tipo ora in esame. 108 DE CLAIRAC 1757, pp. 24-25. 109 DE CLAIRAC 1757, p. 134 e supra p. 61 nota 34. 110 DE CLAIRAC 1757, pp. 7-9. 111 OGLIANI 1795, pp. 74-77; supra p. 61, nota 37.

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§ Freccia isolata (FA) La documentazione archeologica e cartografica ci permette di distinguere fra i tipi delle frecce isolate, FA, e quelle di complesso, FB. Le FA erano soprattutto utilizzate in posizione avanzata rispetto a fortificazioni campali più ampie e complesse; si tratta del sottotipo FA1, il cui esempio più chiaro è costituito dal grande redan in terra, avanzato rispetto alla linea principale del campo del Principe Tommaso a Thèraz, posto a difesa del varco d’attraversamento della linea e di dimensioni tali da essere identificabile con un rivellino, secondo le tipologie tradizionali della fortificazione alla moderna112 (Figure 69, 70). Di dimensioni minori e costituenti veri casi di redan avanzati rispetto ad un’opera principale sono le due frecce del forte del Sellery, quella antistante il saliente sudoccidentale dell’opera e quella allacciata alla testata del trinceramento occidentale113 (Figure 50, 51, 52), ma anche la freccia in terra anteposta al rientrante del settore centrale del fronte sud della ridotta del colle delle Finestre, ancora apprezzabile lungo il pendio poco sopra la strada moderna. La bibliografia specialistica offre gli esempi della freccia avanzata ad est della ridotta della Cravassa, sul versante del Gran Bosco di Salbertrand fra il forte d’Exilles e l’Assietta114 (Figure 62, 63), e di altri due redan in avanfronte al forte di San Ruggero, complesso realizzato all’inizio del XVIII secolo sulla cima del Vallone alla sinistra di Exilles115 (Figure 80, 81, 82). Il tipo FA2 si distingue da FA1 esclusivamente per la destinazione, che influisce anche in parte sulle dimensioni, trattandosi di una freccia predisposta per l’istallazione di una batteria d’artiglieria. Gli esempi noti sono rari, due però ancora documentati sul terreno in Valle d’Aosta, poco a valle e coevi della Redoute Sarde del monte Valaisan, in un pianoro lungo il versante della Combe des Moulins116 (Figure 76, 87); esiste anche una testimonianza nella cartografia storica, che illustra una freccia per artiglieria a difesa del campo di Jousseud, realizzato nel 1745 in val Troncea dal contingente sabaudo del De Rossi per fronteggiare i Francesi del conte di Lautrec attestati al colle di Sestrières117 (Figura 16). Il tipo FA3 diversamente da FA1 ha destinazione di retrofronte, è assai raro, ma illustrato dalle due piccole ridotte a freccia del 1744, ancora ben conservate a dominio del tergo dei trinceramenti del campo della Bicocca, sulla dorsale del Pelvo d’Elva fra le valli di Maira e Varaita118 (Figura 60). § Freccia di complesso (FB) La freccia di linea o di complesso, ovvero il tipo FB, è quello documentato in tutte le esemplificazioni proposte precedentemente a commento dei tipi di linea a salienti e rientranti, LB1 e LB2, e di quelle a redan LB4. Esemplari sono le FB della linea del Principe Tommaso a Thèraz o quelle del campo dell’Assietta, dalla testa omonima al Gran Seren, o ancora gli ampi redan in successione che fortificano il terrazzo inferiore dell’argine di Combal in val Veny. Vale la pena tuttavia ricordare alcuni casi particolari in cui l’opera a redan viene inserita in un complesso trincerato, esaltandone la sua specificità planimetrica in relazione al carattere del sito. In primo luogo è caratteristico l’angolo saliente, pressoché retto, posto all’estremità sud-ovest dei trinceramenti che foderano la dorsale fra il Reclus e il Ruisseau de Bellecombe al Piccolo San Bernardo (Figure 33, 34); si tratta di un vero e proprio redan regolare raccordato alle reni con le due linee LB2, i cui salienti e rientranti si adeguano alla natura del pendio, per risolverne il cambio di direzione e sfruttare il punto più aperto della 112

Le système 2006, pp. 76-78. MINOLA 1998, p. 35; MINOLA 2006b, p. 68. 114 PATRIA 1983, p. 74; SCONFIENZA 1996, p. 121. 115 PATRIA 1983, p. 69. 116 Le système 2006, p. 72; SCONFIENZA 2008-2009, p. 145. 117 PEYROT 1986, pp. 132-134, fig. 122/2; MINOLA 2006a, p. 70; PEYRONEL 2007, pp. 139-140. 118 BARBERIS 2009, p. 53. 113

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dorsale in vista del cammino del San Bernardo e del Col de la Traversette119. Lungo il fronte settentrionale del campo di Laz Arâ, già illustrato nel tipo LB2, è molto evidente un redan con saliente particolarmente acuto nella porzione est della linea120 (Figura 14) e infine va annoverato fra questi esempi l’ampio redan in terra con cui si profila il cammino coperto più esterno del settore ovest del forte delle Fattières, per sfruttare al meglio la rastremazione, da ovest verso est, della dorsale sulla quale si trova l’omonimo colle e spingere in avanti la difesa il più possibile (Figura 78). La tenaglia (T) L’opera denominata tenaglia corrisponde sostanzialmente ad un rientrante costituito da due segmenti che definiscono in genere un angolo di 90° o maggiore; le estremità esterne dei due segmenti, al raccordo con le strutture della fortificazione d’appartenenza, sono definiti corni.

§ La teoria e le fonti Nella fortificazione permanente d’età moderna la tenaglia era una componente bassa della difesa del fossato, anteposta alla cortina, per difenderne il piede dello spiccato fra due bastioni121; così veniva utilizzata nei sistemi di fortificazione ideati dal Vauban, ma in ambito campale essa costituiva un modulo unitario componibile con gli altri trinceramenti in posizioni specifiche, quali soprattutto le eminenze o le posizioni dominanti su dorsali digradanti. Una precissima e calzante descrizione della tenaglia per la fortificazione campale è contenuta in un trattato anonimo italiano della fine del XVII secolo, più vecchio di otto anni del Traité de la fortification de campagne di Vauban, nel quale per altro l’argomento non compare. Il testo recita:

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SCONFIENZA 2005c, p. 237. PONZIO 2003, p. 114; PEYRONEL 2007, p. 96. 121 Sulla tenaglia in generale si vedano HOGG 1982, p. 251; FAUCHERRE 1991, p. 108; HERMANN 1992, p. 184; CASSI RAMELLI 1996, p. 460; DUFFY 1996a, pp. 75-76, 225. L’impiego vaubaniano della tenaglia è illustrato rapidamente in DUFFY 1985, p. 82, ma la miglior disamina dell’argomento si trova in DELAIR 1882a, pp. 99-101, l’opera manoscritta, già citata più volte, ripubblicata in forma anastatica nel 2002 e preziosissima per le informazioni di natura tecnicoarchitettonica. A proposito della tenaglia il Vauban nel Traité de la défense des places diceva: Les tenailles sont des ouvrages bas et de peu de dépense, inventées depuis peu et placées devant les courtines, où elles occupent un grand vide ci-devant inutile […] leur usage est de couvrir la poterne du milieu de la courtine, d’ajouter de grands flancs bas à la place, de faciliter et protéger les communications aux demi-lunes et les sorties que l’on fait sur le passage du fossé […] (DE VAUBAN 1706, p. 1348) 120

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Delle tenaglie […] queste si diuidono in semplici e doppie, le semplici hanno la lor fronte formatta da due linee, che interiormente si diuidono à guisa di brachia per prender l’inimico nella fabrica della tenaglia. Si deono osservar le seguenti tre cose. P.a. Che i loro balloardi (così mi sij lecito chiamare i membri di queste opere che più si avanzano) sijno distanti quanto possi giocare il moschetto con forza, perché non hauendo fianchi più debilmente si difendano di ciò che facino l’opere cornutte e coronatte. S.a. Li lati delle tenaglie parimente non si estendino oltre il luogo dal qual prendono la loro diffesa per una distanza di quella che porti il tiro del moschetto. T.a. Gli angoli de loro baloardi né sijno maggiori del retto né minori di gradi 60 […] Queste tenaglie tutte sono sottoposte à questo vitio che lasciano un sito all’inimico nel qual può star senz’esser offeso e questo è nell’angolo A C B [il rientrante, scil.], imperoche il diffensore ancor che sij coragioso non lo può far senz’esporsi all’offese, la ragione di questo spiegatto ciò non occorre adurla di nuovo, quindi è che in rimedio a questo vizio alcuni cuoprono quest’angolo con un riuellino […]122

Il tema dell’impiego delle tenaglie nelle opere trincerate è già stato toccato da chi scrive in precedenza, ma in questa occasione è opportuno approfondire l’esame prendendo in considerazione il punto di vista del Clairac, che nel capitolo dodicesimo del suo trattato, L’ingenieur de campagne, tratta della «fortification irréguliere» e tocca l’argomento in esame dicendo che Une sinuosité, un plis, un coude à des lignes peut être regardé comme une irrègularité, mais elle est presque toujours inévitable. Si l’angle qu’il forme est rentrant, il devient quelquefois une défense: il n’est pas de même des saillans. Les angles rentrants droits ou obtus, & ceux qui sont aigus se fortifient souvent d’une maniere différente. Un rentrant de 90 à 120 degrés, quoique la défense de celui-ci soit bien oblique, forme évidemment une tenaille, & flanque conséquemment par lui-même, pourvu que ses branches d’une juste longueur se raccourcissent encore d’environ une toise par degré à proportion du plus d’ouverture; de sorte qu’à 90 degrés elles n’aient que 80 toises; à 100, 70 toises; à 110, 60 toises; & qu’à 120 elles ne soient que de 50 toises. Ce raccourcissement est nécessaire pour qu’une partie des feux croise les capitales; ce qui n’arriveroit pas sans cela, parce qu’ils s’éloignent des saillans à mesure que l’angle est obtus […] si le terein de droite & de gauche n’est point à peu près sur le même alignement, l’on doit avoir égard à la différence d’inclination que ces nouveaux angles donnent à la capitale […] Lorsque les branches sont trop longues, ou que l’angle est plus ouvert, quelques crochets en crémaillere remédient à tout à la fois, en ce que non seulement ils forment de nouveaux flancs, mais encore qu’ils diminuent de l’ouverture. A l’egard des rentrants au dessous de 90 degrés, on se regle pour fortifier sur la largeur de leur entrée. Si elle n’est que d’environ 120 toises, il n’y a guere à craindre que l’on s’y engage, puisque ce seroit se mettre entre deux feux [...]123

Va notato che in realtà l’autore, quando parla di «rentrant», si riferisce al rientrante delle linee da noi classificate come LB1 e LB2, tuttavia ne identifica lo sviluppo con le componenti essenziali della tenaglia e soprattutto, tenendo conto del nostro punto di vista, ci fornisce la definizione dell’apertura ideale dell’angolo a 90°, basandosi sulla complementarietà dell’esperienza sul campo e del calcolo geometrico. § Tenaglia isolata (TA) La tipologia schematizzata nelle pagine precedenti identifica un primo genere di tenaglia isolata, detto TA. Esso corrisponde in parte al tipo RC1, ovvero quello delle ridotte a tenaglia, ma comprende soltanto le opere aperte alla gola, costituite quindi esclusivamente da una tenaglia ben evidente sul fronte d’attacco. Abbiamo in realtà soltanto due esempi provenienti dalla cartografia storica e localizzati in valle Varaita nell’ambito delle fortificazioni campali ivi realizzate nel 1744; si tratta della cosiddetta Seconda Ridotta des Apiols124 (Figura 56), a difesa della testata superiore del trinceramento del vallone di Vallanta, precedentemente attribuito al tipo LB4, e della ridotta del Villareto125, che fortificava il settore del comando sabaudo e la zona in cui si attestavano ad est i trinceramenti de La Levée (Figure 56, 112).

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ANONIMO 1697, pp. 85-87. DE CLAIRAC 1757, pp. 210-211. 124 SCONFIENZA 2009, p. 68. 125 SCONFIENZA 2009, p. 69, fig. 76. 123

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§ Tenaglia di complesso (TB) Il gruppo più sostanzioso delle TB corrisponde a quello delle tenaglie realizzate in seno ad un complesso trincerato o più semplicemente in una ridotta chiusa alla gola. Il tipo più raro, che è testimoniato attualmente da un unico esempio, per quanto significativo, è la tenaglia lungo una linea trincerata, TB1; si tratta della tenaglia che fortifica la testata settentrionale dei trinceramenti del Principe Tommaso a Thèraz126 (Figure 69, 79), prima dello sviluppo del tratto finale a gradoni e cremagliera, già segnalato fra le LB3. La ridotta a tenaglia, chiusa alla gola, ha come componente caratteristica il tipo TB2 e si rimanda in seguito alle esemplificazioni nelle tipologie delle ridotte; basti ricordare il caratteristico aspetto del fronte principale della ridotta di Plan Pratz, vicina a Thèraz in Val d’Aosta, il fronte occidentale della ridotta di monte Passet in valle Varaita o ancora il fronte est della ridotta dei Quattro Denti nel complesso delle fortificazioni della Cima del Vallone, sopra Exilles (Figure 80, 100, 111). Particolare è il tipo di tenaglia TB3, con funzione di tagliata o compartimentazione all’interno di un complesso difensivo così come bene esemplificano le opere di tal genere realizzate già nel 1747 lungo il corridoio di trinceramenti che collegano la ridotta della Testa dell’Assietta con la Prima dell’Assietta127 (Figure 20, 21). Rimanendo nel sito appena citato, è possibile recuperare l’esempio più illustre di tenaglia a terminazione di complesso, ovvero del tipo TB4, collocata all’estremità occidentale delle fortificazioni della Testa dell’Assietta (Figure 19, 20, 21, 98); la posizione è così caratteristica, di massimo avanzamento rispetto al resto del complesso, che, pur essendo una ridotta a tenaglia quella della Testa, è necessario collocare anche in TB4 la famosa tenaglia, che fu teatro degli scontri più sanguinosi della battaglia del 19 luglio 1747. Alle spalle della tenaglia principale, la seconda tenaglia costituiva un altro ordine di tiro, ad una quota superiore, ma era formalmente un’opera a tagliata del tipo TB3, anzi la prima della serie di quelle in successione lungo il corridoio trincerato fino alla Prima Ridotta dell’Assietta128. Altro caso ancora ben evidente sul terreno è quello della tenaglia terminale del settore nord del forte delle Fattières, a dominio del versante che domina sulla valle di Susa (Figure 42, 43, 83), e, caratterizzata da un angolo notevolmente ottuso, è la tenaglia che definisce il fronte ovest del campo di Laz Arâ129 (Figura 14). Il campo della Bicocca, fra la val Varaita e la Maira, già precedentemente nominato per le linee a grandi salienti del fronte sud, aveva invece il fronte ovest costituito da una tenaglia del tipo in esame, mentre dalla documentazione bibliografica risultano gli esempi della tenaglia terminale dell’avancorpo di San Genesio, lungo i trinceramenti della collina fra Chivasso e Castagneto130 (Figura 105), e della testata occidentale delle fortificazioni della Lobbiera Inferiore sul versante destro della valle Stura di Demonte131 (Figura 29). La tenaglia doppia (Td) L’opera a doppia tenaglia era anche nota con il nome di «bonetto» ovvero «bonnet à/de prêtre»; esso era classificato fra i tracciati di semplificazione dell’opera a corno, accanto alla «coda di rondine», e, poiché «les deux faces du front sont défendue par un petit redan intermédiaire», era definito

126

Le système 2006, pp. 76-78. Assietta 1997, pp. 76-77, 87-88, 203-204. 128 Assietta 1997, pp. 76-77, 87, 200-204. 129 PONZIO 2003, p. 113; PEYRONEL 2007, p. 95. 130 Chivasso e Castagneto 2007-legenda, p. 3, n. 16. 131 VIGLINO DAVICO 1989, pp. 75-77; SCONFIENZA 1996, p. 121. 127

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come «une espéce de double tenaille»132. Nella fortificazione campale si tratta di un tracciato facilmente plasmabile sul terreno, nelle stesse situazioni in cui si potrebbero trovare le tenaglie o due redan successivi, mantenendo tuttavia una configurazione unitaria ben percepibile.

§ Tenaglia doppia isolata (TdA) La tipologia elaborata ha identificato tre generi di bonetti, ovvero quello isolato avanzato, TdA1, quello interno ai complessi, TdB2, e quello a terminazione di complesso TdB3. Le esemplificazioni del primo e secondo tipo sono esigue. Per il TdA1 è riconoscibile il solo bonetto, per quanto ben conservato e caratteristico, posto a difesa del fronte occidentale del forte del Sellery, in val Sangone133 (Figure 50, 51, 52, 53); verosimilmente riconducibile al XVIII secolo, da parte piemontese, essendo rivolta verso il colle della Roussa, che fino al 1713 segnava il confine con il Regno di Francia, l’opera, senza continuità strutturale con il forte seicentesco e con il trinceramento a salienti e rientranti a lei coevo, costituisce il fulcro dell’integrazione difensiva più recente del sito fortificato, insieme al grande redan meridionale e al trinceramento LB4 ad oriente. § Tenaglia doppia di complesso (TdB) Il tipo TdB2 è ben rappresentato dal bonetto posto al centro del settore occidentale del forte delle Fattières, realizzato sfruttando la conformazione e il salto di quota della dorsale al centro dell’area, discendente verso ovest dalla cima del monte Pintas (Figure 42, 43, 84). Sono più numerose invece le testimonianze di tenaglie doppie a terminazione di complesso, TdB3. Rimanendo nell’ambito delle difese dei colli di Finestre e Fattières, un esempio ancora in buono stato di conservazione è il bonetto che chiude l’estremità nord del fronte settentrionale del forte delle Fattières (Figure 42, 43, 85), davanti al quale si sviluppa ancora la tenaglia del tipo TB4, sopra descritta. La cartografia storica invece per l’estremità orientale della ridotta del colle delle Finestre conserva memoria di un’opera analoga a quella delle Fattières, della quale oggi si può ancora percepire l’ingombro del corno settentrionale e parte di quello del saliente centrale, trattandosi di un settore del sito fortemente modificato da interventi recenti per le aree di parcheggio e per il transito della strada moderna134 (Figure 41, 45). Parrebbe una doppia tenaglia anche lo sviluppo difensivo dell’angolo di nord-est del campo di Laz Arâ135 (Figura 14), e tale divenne nel 1793 il fronte occidentale dei trinceramenti 132

DELAIR 1882a, pp. 108, 154. MINOLA 1998, p. 35; MINOLA 2006b, p. 68. 134 Essendo ancora in corso di studio i dati delle ricognizioni del 2007, 2008 e 2010, si rinvia alla carta antica conservata presso la Sezione di Corte dell’Archivio di Stato di Torino e intitolata Carte topographique en mesure d’une partie des Vallées d’Oulx et Pragelas (Carte Topografiche e Disegni, Carte Topografiche per A e B, Pragelato 1). 135 PONZIO 2003, p. 114; PEYRONEL 2007, p. 96. 133

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della Testa dell’Assietta, in seguito agli interventi del capitano Andrea Gola, oggi appena percepibili sul terreno e documentati dalla cartografia storica136 (Figura 98). Infine si potrebbe ricondurre al tipo TdB3 il fronte sud-ovest della ridotta di Serre Rougié, appartenente al complesso del forte di San Ruggero e documentata in bibliografia137 (Figura 80). L’opera a corno (C) § La teoria e le fonti Nell’architettura militare permanente le opere a corno, appartenenti alla categoria delle strutture esterne o «dehors», […] sont pour l’ordinaire de grandes pièces bâties pour occuper plus de terrain sur quelque avenue problématique, ou commandement nuisible à la place, ou pour en augmenter les fortifications dans les endroits faibles ou qui ne sont pas d’une égale force aux autres. On les place ordinairement sur le milieu des courtines ou devant la pointe des bastions […]138;

così le descrive il Vauban, approfondendone poi i vantaggi e testimoniandone una sua particolare predilezione, mentre il Clairac ne ricorda l’utilizzo nell’ambito di grandi forti di campagna, per i quali si prevede una durata maggiore rispetto ai semplici trinceramenti139. Si tratta comunque sempre di una struttura costituita da due mezzi bastioni collegati da una cortina centrale e definiti all’esterno da due ali parallele fra di loro.

136

Assietta 1997, pp. 211-212. PATRIA 1983, p. 69. 138 DE VAUBAN 1706, pp. 1349-1350. Sull’opera a corno si vedano inoltre DELAIR 1882a, pp. 107-108, 167 e infine HOGG 1982, p. 250; DUFFY 1985, pp. 81-82; HERMANN 1992, p. 180; CASSI RAMELLI 1996, p. 458; DUFFY 1996a, pp. 76-77, 223. 139 L’autore dice di aver realizzato un forte «en 1733, après la prise de Keel dans l’Isle de Selingue […] c’étoit un ouvrage à corne» e dello stesso genere era quello a difesa della testa di ponte sul Reno a Philippsbourg nel 1734 (DE CLAIRAC 1757, pp. 27-28). 137

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§ Opera a corno in ridotta isolata (CA) La tipologia individua due generi di opere a corno, quella in ridotta e quella di complesso. Esempi del primo tipo, CA, sono documentati in bibliografia e cartografia storica e fanno capo a siti illustri; va ricordato innanzitutto il fronte est della ridotta avanzata del Fort Royal di Carbignano140 e poi il fronte sud della Ridotta del Ponte a Chivasso sulla sponda destra del Po141 (Figure 46, 47, 105); quest’ultima non presenta due semibastioni, bensì interi, ma la funzione specifica ci induce ad evidenziarla in questa categoria data l’analogia con le opere segnalate dal Clairac142. § Opera a corno in complesso (CB) L’utilizzo dell’opera a corno nell’ambito di un complesso di trinceramenti, CB, è analogo a quello della tenaglia doppia TdB; la struttura in genere si lega alle ali con i trinceramenti limitrofi e può definire un intero fronte del sistema, come nel caso del lato meridionale del campo francese del conte di Lautrec al colle di Sestrières, documentato nella cartografia storica143 (Figura 17). Assai simile all’impiego delle TdB3 a terminazione di complesso è invece l’opera a corno che segna il fronte sud del corridoio fortificato del 1705 fra Chivasso e la sponda sinistra del Po, in corrispondenza della testa di ponte armata con la ridotta omonima segnalata sopra144 (Figura 94). La ridotta (R) L’esame di questo genere di opera campale è già stato affrontato in altre sedi145, tuttavia è opportuno segnalare che in questa occasione si escludono dal nostro interesse le ridotte specificamente incluse fra le opere d’assedio, le quali nel corso dei secoli XVII e XVIII non si discostavano, quanto a morfologia, da quelle più ampiamente appartenenti alla fortificazione campale, ma la cui destinazione era certamente specifica e distinta dalle altre146. § La teoria e le fonti Nella Definition des termes del Traité de la fortification de campagne il Vauban parla della ridotta e, al capo 24, la qualifica con il perimetro quadrato: Redoute est une petite forteresse carrée sans flancs, enfermée tout autour d’un rempart, surmonté d’un parapet fraisé ou palissadé, quelquefois tous les deux. On la fait ordinairement de terre, fascines et gazons, plus ou moins grande et solide, selon l’usage à quoi on la destine. Elle est aussi environnée d’un fossé et son parapet à preuve du canon quand on veut qu’elle y résiste147

Immediatamente dopo, al capo 25, l’ingegnere specifica la natura dei «forts de campagne», che nella nostra tipologia appartengono comunque alla categoria ora in esame:

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Verrua 2004, p. 202. Chivasso e Castagneto 2007-legenda, p. 2, n. 6. 142 Supra p. 75, nota 139. 143 PEYROT 1986, pp. 132-134, fig. 122/2; PEYRONEL 2007, pp. 139-140. 144 Chivasso e Castagneto 2007-legenda, p. 2, n. 3. 145 SCONFIENZA 1996, pp. 94-102; PONZIO 2003, pp. 89-104; SCONFIENZA 2007, pp. 173-174, 180-182. 146 Si rinvia alle notizie essenziali in DUFFY 1979, pp. 90-100 e a DE VAUBAN 1705, pp. 1529-1531 per lo studio delle circonvallazioni e dei casi in cui necessita l’impiego di ridotte. 147 DE VAUBAN 1705, p. 1518. L’argomento viene poi approfondito nelle descrizioni tipologiche delle diverse opere, si veda pertanto DE VAUBAN 1705, pp. 1540-1542. 141

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Forts de campagne sont de petites forteresses plus grandes que les précédentes, formées quelquefois régulièrement, d’autres fois accomodées au terrain, quelquefois bastionnées, et d’autres fois à redan ou en étoile, dont l’enceinte est ordinairement plus solide que celle des redoutes quoique faite de même matériaux148

Il Manesson Mallet non sembra aver dato un posto preminente alla ridotta quadrata, ma presenta le diverse tipologie, dalla triangolare alla rettangolare o «quarré-long», passando per le opere a stella e bastionate, tuttavia riconosce la preminenza d’impiego delle ridotte quadrate nelle linee di circonvallazione149. Louis de Cormontaigne riprende la stessa distinzione vaubaniana e rammenta l’efficacia dell’utilizzo delle ridotte quadrate in successione lungo un fronte, come furono poi impiegate da Maurizio di Sassonia a Fontenoy nel 1745150. In particolare l’autore spiega che in aperta campagna e in assenza di altri insediamenti utilizzabili è necessario costruire a difesa di una posizione […] des redoutes sur ses [della posizione, scil.] avenues les plus accessibles. Ces redoutes sont carrées ou pentagonales, ou de toute autre figure irréguliere, suivant les circostances du terrain, qui déterminent ordinairement la direction de leur faces et de leur feux. La plus petite redoute [la quadrata, scil. …] doit avoir au moins 6 toises de face intérieurement, et contiendra 48 hommes […] Lorsque les circumastances du terrein déterminent la direction des faces d’une redoute, on lui donne une figure irregulière et relative aux accès de l’ennemi pour en faire l’attaque, ayant toujours soin de proportionner le développement interieur de son parapet à la qualité d’hommes qu’elle doit recevoir. Ces sortes d’ouvrages se font ordinairement à 5 faces, ou de toute autre manière convenable au local, en portant le plus de feux qu’il est possible sur les approches les plus favorables aux attaques de l’ennemi151

Il Nicolis di Robilant definisce il tipo in esame con l’espressione onnicomprensiva di «Forts de Campagne, ou soit Fortins» e ne individua la ragion d’essere «dans de certains endroits que l’on veut garder», sia in pianura presso i fiumi, come teste di ponte, o in lingue di terra nelle paludi, presso le direttrici principali della viabilità territoriale, «ou dans le concurrant d’une montagne»; il tipo di ridotta da realizzare è vincolato al sito da difendere e dall’impiego di uomini, sta all’ingegnere, evidentemente, valutare la situazione e conoscere la materia: L’espéce d’ouvrage qu’il faut construire alors, dépend da la situation, de l’importance, & de la quantité de monde, que l’on a pour les garder. On fait donc de plusieurs sortes de ces Forts, des triangles, des quarrés, & des étoiles, des redoutes, des demi-lunes, des ouvrages à cornes, couronnes, tenailles, & queuës d’hirondelles152

Nel trattato del cavaliere di Clairac la ridotta è definita «la plus petite piece de fortification que l’on construise» e sotto tale appellativo «tout ouvrage de campagne non flanqué par lui-même». L’ingegnere distingue poi fra le ridotte antiche a caditoia, «à machicoulis», e quelle attuali, che egli definisce «à parapet», impiegate diffusamente «pour la défense, quelquefois pour l’attaque des places, & fréquemment dans l’espece de guerre dont il s’agit ici»; quanto alla forma, «la plus ordinaire est un quarré dont on doit opposer le plus directement qu’il est possible, un ou plusieurs côtés aux endroits que l’on veut battre»153. La ridotta quadrata va collocata opportunamente in modo che eventuali opere limitrofe possano fiancheggiarla, ma è ancor più importante che diverse ridotte siano collegate da trinceramenti continui, «une communication», per evitare gli attacchi alle spalle, infatti «une communication bien faite peut d’ailleurs […] donner de droite & de gauche des flancs sur les 148

DE VAUBAN 1705, p. 1518. Come per le ridotte il tema è approfondito nello sviluppo successivo del tratatto, DE VAUBAN 1705, pp. 1542-1546. 149 MANESSON MALLET 1685, pp. 348-357. 150 DE CORMONTAIGNE 1727-1742, p. 321. Su Fontenoy e le ridotte francesi si vedano BOIS 1996, pp. 74-80 e GANDILHON 2008, pp. 41-47. Rammentiamo che esiste una autorevole descrizione delle fortificazioni di Fontenoy anche in DE CLAIRAC 1757, pp. 137-139. 151 DE CORMONTAIGNE 1727-1742, pp. 325-327. 152 NICOLIS DI ROBILANT 1744, pp. 50. 153 DE CLAIRAC 1757, pp. 9-10. Quanto alle ridotte «à machicoulis» e ad altri generi di fortificazione «all’antica», frequentemente impiegati dal Vauban nei siti la cui orografia imponeva una scelta di tal genere, si vedano TRUTTMANN 1993, pp. 35-132 e CORVISIER-WARMOES 2008, pp. 112-123.

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parties dont l’ouvrage est protégé»154. Poco oltre il Clairac spiega che l’individuazione delle giuste dimensioni di una ridotta è determinata dal concorso di due parametri, l’assetto naturale del sito, ovvero «la configuration du terrein», e il numero di uomini che vengono destinati alla difesa della posizione; segue l’indicazione dell’opera minima eseguibile, che è come per il Cormontaigne, il quadrato di sei tese «de côté intérieur»155. Viene infine illustrato l’impiego più ordinario delle ridotte «dans la guerre de campagne», che […] est d’assurer un poste, une grand’garde, une communication; de défendre un défilé, un pont, un gué. L’on juge, comme on le verra plus loin, qu’on pourroit encore s’en servir utilement pour flanquer des lignes. Elles ne sont pas moin utiles en certains cas pour éloigner l’ennemi d’un poste considérable […]156

Quanto ai forti di campagna, il Clairac, a differenza di Vauban, sostiene che il carattere distintivo rispetto alle ridotte non è tanto la dimensione o la forma, quanto «l’avantage d’être flanqués, & le désavantage de conserver intérieurement moins de capacité en proportion de leur pourtour». D’altro canto anche i tipi, secondo l’ingegnere, van distinti in due principali categorie, quelli chiusi e quelli aperti alla gola157. I forti, o ridotte di maggior impegno, più diffusi sono quelli a fronti tenagliati, il cui metodo di realizzazione consiste nel «briser les lignes en angles rentrans; ce qui donne des flancs obliques & sans épaules»; sono denominati «etoiles» e possono avere da quattro a otto salienti158. Infine il Clairac tratta i forti bastionati, in genere triangolari o quadrati159, e passa poi al tipo delle opere aperte alla gola, corrispondenti in prevalenza alle teste di ponte, di cui s’è detto a proposito dell’opera a corno160. Ne La fortification de campagne del Cugnot l’esame dei tipi di ridotta è piuttosto ampio; l’opera è definita come «un espèce de petit fort formé de toutes parts que l’on fait ordinairement de figure quarée, et quelquefois de figure ronde»161 ed è quindi la figura quadrata che in prima istanza la caratterizza. Le altre forme planimetriche rientrano invece secondo l’autore nella categoria dei forti di campagna, fra i quali si distinguono quelle che noi abbiamo definito ridotte tenagliate, ovvero i «forts à l’etoile», le ridotte poligonali, in primis l’esagonale, e poi i «forts quarés à demi-bastions» e i «forts à bastions» su pianta pentagonale162. Le ridotte e i forti di campagna sono oggetto di studio anche nei trattati Dell’Architettura Militare per le Regie Scuole Teoriche d’Artiglieria, e Fortificazione, impiegati a Torino nella seconda metà del ‘700. La ridotta quadrata compare come figura più comune per le opere di campagna e d’assedio, nel gruppo dei trinceramenti con profilo «fuori d’insulto»163, mentre per i forti di campagna esiste un paragrafo specifico ad essi dedicato, Dei fortini e dei ridotti, nel Libro Quarto, Sessione Prima, Capo VI164. Il Papacino indica numerose figure possibili da realizzare, quali il quadrato, i vari poligoni, i rettangoli e i tringoli, bastionati o meno, e in generale spiega che [...] nella guerra di campagna i fortini, ed i ridotti sono sempre lavori occasionali di terra rivestiti con zolle, o con salsiccioni, ed i loro profili sono suscettibili di modificazioni molto diverse [...] I fortini, ed i ridotti, che si co154 155 156 157 158 159 160

DE CLAIRAC 1757, p. 10. DE CLAIRAC 1757, pp. 13-14. DE CLAIRAC 1757, p. 16. DE CLAIRAC 1757, p. 17. DE CLAIRAC 1757, pp. 18-20. DE CLAIRAC 1757, pp. 20-23.

Supra p. 75, nota 139. Sulle teste di ponte sviluppa anche il di Robilant una parte interessante, in cui distinge le opere in due generi, quelle chiuse di maggior impegno e quelle aperte alla gola, di dimensioni minori: Si la riviere n’est pas large […] les ponts que l’on y trouvera, devront être fortifiés à leur entrée, par des ouvrages de terre, avec ses avant fossés; les demi-lunes, tenilles, ouvrages à cornes, couronnés, & semblables pallissadés dans les formes, sont assez bons dans un pareils cas […] (NICOLIS DI ROBILANT 1744, p. 52) 161 CUGNOT 1769, p. 21. 162 CUGNOT 1769, pp. 17-25. 163 BOZZOLINO 1779, p.58, tavola 4a. 164 PAPACINO D’ANTONI 1780, pp. 64-70, tavola 6a.

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struiscono nella guerra di campagna, hanno per oggetto o di trincerate un campo, o di assicurarsi un posto molto importante, o di procurarsi alcuni punti d’appoggio per le posizioni, e per li movimenti dell’armata, o per chiudere qualche passo all’avversario, o per assicurare i ponti […] I profili di questi fortini si fanno colle stesse misure, che si usano nei permanenti, ognoraché si prevede, che potranno essere assaliti colle artiglierie di campagna […] dovendosi poi al pié di questa piantare una palificata, o figgere a mezz’altezza una fresa inclinata, come già si disse nel libro 2° al Capo della circonvallazione. Quanto ai profili dei ridotti o si faranno come quelli de’ fortini, o pure saranno di minor conseguenza […] Le figure quadrilatere, le pentagone e le esagone servono per li fortini, e per li ridotti, usandosi talora anche per questi il cerchio, ognoraché il ridotto si costruisce con muraglia [...]165

In seno alla Pratica militare dell’Ogliani compare un’interessante notazione sulla ragion d’essere e sulla funzione delle ridotte isolate, i nostri tipi di ridotta isolata 1 e 2, distinti secondo i criteri di composizione; l’autore dice che Si collocheranno avanti le linee ridotte separate, particolarmente avanti i siti , in cui vi saranno fortini, affine di rendere i medesimi inaccessibili al nemico, e queste ridotte devono essere sotto il tiro della moschetteria delle linee, il quale deve fiancheggiare tutte le faccie166

L’autore infine sviluppa sistematicamente le istruzioni per la definizione sul terreno, la costruzione e la difesa di alcuni tipi fra i più comuni, quali la ridotta quadrata, quella a tenaglia, quella a stella e le aperte alla gola167. § Ridotta a freccia (RA) L’identificazione dei tipi di ridotta è stata elaborata in prima istanza considerando le più vistose caratteristiche morfologiche delle opere in pianta. Conseguentemente la freccia, la tenaglia, il quadrato, l’opera a corno, il percorso tenagliato e altro costituiscono le componenti peculiari delle diverse ridotte esaminate, anche in presenza di altri elementi morfologici che, pur rientrando fra le forme più comuni, non sono rilevanti nella struttura come quello considerato caratterizzante.

Nel caso della ridotta a freccia appare quindi di prima importanza la presenza del redan sul fronte principale, sia esso aperto o chiuso alla gola, e per questa ragione si sono già segnalate nel paragrafo dedicato alle frecce quelle opere, appartenenti alle FA, che possono anche essere interpretate come piccole ridotte avanzate o arretrate rispetto ad un sistema trincerato di maggiori dimensioni. Siamo pertanto nell’ambito del tipo RA1, la ridotta a freccia isolata, di cui vanno rammentati ancora due esempi, il primo dei quali appartiene al sistema difensivo del colle dell’Assietta e corrisponde alla cosiddetta Ridotta dei Valdesi168 (Figura 86), collocata su un’altura alla sinistra della comunicazione principale fra la testa dell’Assietta e la Prima Ridotta. L’altro caso è quello della ridotta del 165

PAPACINO D’ANTONI 1780, pp. 64-68. OGLIANI 1795, p. 94. 167 OGLIANI 1795, pp. 77-91. 168 Assietta 1997, p. 93. 166

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Col Giulian, fra le valli di San Martino e Pellice, aperta alla gola e posta a difesa del campo francese realizzato nel 1704 dai soldati del duca di La Feuillade nella zona di Prali169. La documentazione edita sulle fortificazioni della cima del Vallone, in corrispondenza del forte San Ruggero, ci testimonia una ridotta sommitale con fronte occidentale a freccia, inserita nel complesso difensivo principale, e dunque appartenente al tipo RA2; antistanti alla stessa opera sempre in direzione ovest sono poi illustrate due frecce, probabilmente su quote successive e digradanti, che possono essere ricondotte al tipo in esame o costituire parte integrante della RA2 suddetta170 (Figura 80). I tipi di ridotta a freccia con baraccone, RA3 e RA4, di maggior impegno costruttivo, sono rappresentate da alcuni esempi indagati sul terreno esaurientemente. La Redoute Sarde, che difende il Col de la Traversette sopra il valico del Piccolo San Bernardo, appartiene al tipo RA3, essendo isolata su un acrocoro lungo la dorsale che sale alla vetta del monte Valaisan e avendo alla gola, protetto da un bastione roccioso, un ampio baraccone in opera lapidea destinato alla guardia di cinquanta uomini171 (Figure 87, 88). Del tipo RA4 è la ridotta estrema nord dei trinceramenti del Colle della Croce, a dominio del campo del Principe Tommaso, composta da una freccia sul fronte est, da un perimetro quadrangolare sugli altri lati e da un baraccone interno172 (Figura 32). Analoga è la ridotta sommitale del monte Pintas, nucleo centrale del forte delle Fattières, caratterizzata da una freccia sul fronte sud, da uno sviluppo rettangolare allungato del rimanente perimetro e dalla presenza di una struttura di riparo (Figure 41, 42, 89, 90, 91, 92); quest’ultima corrisponde ad un baraccone, di cui restano soltanto più i filari di fondazione in pietre a secco, alla gola della freccia e interna ai limiti della fortificazione. § Ridotta quadrata (RB) Il tipo di ridotta campale più comunemente segnalato dalla letteratura tecnica del XVIII secolo è, come s’è detto precedentemente, quella quadrata. La frequenza è elevata anche fra le fortificazioni piemontesi, sebbene il Papacino d’Antoni negli anni ottanta del Settecento, dopo le più ampie realizzazioni campali sulle montagne del Regno di Sardegna, non stabilisca la preminenza della ridotta quadrata, ma dia precedenza alla scelta della forma planimetrica più vantaggiosa per ogni singolo sito da fortificare173. Il tipo più semplice, la ridotta quadrata isolata, RB1, è ben documentata sul terreno dalle opere d’appoggio al campo di Laz Arâ, che sono a nord la ridotta sulla via del Truc della Lausa, a sud quella della quota 1614 e quella del Brico del Colet174; è significativo notare la corrispondenza fra questi esempi e le prescrizioni del Vauban, illustrate sopra e messe sulla carta del Traité de la fortification de campagne un anno dopo l’edificazione delle tre ridotte appena ricordate, che sono evidentemente il prodotto di una cultura fortificatoria diffusa in ambiente francese e riordinata dal celebre maresciallo. Di perimetro quadrato era anche la ridotta Catinat, o «des Fours à Chaux», appartenente al gruppo delle opere d’appoggio al forte Mutin di Fenestrelle, realizzate lungo il cammino per il colle dell’Albergian dai Francesi all’inizio del XVIII secolo e poi ristrutturate sotto la supervisione di Antonio Bertola a partire dal 1708175 (Figura 102). Agli anni finali del XVII secolo e al 169

PEYRONEL 2007, pp. 113-115 e figura di p. 114. PATRIA 1983, p. 69. 171 Le système 2006, pp. 71-72; SCONFIENZA 2008-2009, pp. 143-144. 172 Le système 2006, p. 58, fig. 19c. 173 Sul tema si veda SCONFIENZA 2007, pp. 180-182. 174 PONZIO 2003, p. 115; PEYRONEL 2007, p. 96. 175 PEYRONEL 2007, p. 124. 170

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primo decennio del successivo, nel comprensorio della valle del Chisone e limitrofe, appartiene una serie di ridotte, che la documentazione edita tramanda quadrate e quindi del tipo RB1, edificate in parte dai Piemontesi e in parte dai Francesi; del primo gruppo sono la ridotta della Chalm176, fra Perosa e la borgata di La Chapelle, e quella del 1689 al Colle della Buffa177, fra le valli Germanasca e Chisone, mentre nel secondo gruppo abbiamo la ridotta di Pomaretto178 e quelle di Galmount e del Colle delle Fontane179, alla confluenza della valle di Prali con il Rio di Rodoretto. Infine vanno ancora ricordate la ridotta di La Combe poco più ad ovest della linea e ridotta di Serre la Garde180, sopra Exilles alla sinistra della Dora (Figura 64), e le posizioni avanzate a sud-ovest del forte San Ruggero, lungo il cammino delle Grange della Valle, fortificate con due ridotte quadrate denominate della Portetta e del Bealneuf181 (Figura 80).

La ridotta quadrata compare anche all’interno di complessi più ampi, ma è soprattutto documentata in cartografia storica e in bibliografia. Un esempio di RB2 che tuttavia è ben visibile ancora sul terreno è la ridotta estrema sud del sistema difensivo del Colle della Croce182 (Figura 93), corrispondente con la RA4 a difesa della testata settentrionale della linea. A Verrua la ridotta della Bicocca, appartenente al fronte sud-orientale dei trinceramenti di Carbignano, aveva perimetro quadrangolare con uno spigolo rivolto dalla parte del fronte d’attacco e quindi disposta in diagonale rispetto allo sviluppo della linea183, mentre all’interno della ridotta Ognissanti, lungo le difese di comunicazione con il Po e Crescentino, esisteva un ridotto centrale quadrato184 (Figure 46, 47, 48). Apparteneva alle RB2 anche la Ridotta del Gerbido, agganciata al trinceramento di comunicazione fra Chivasso e il Po del 1705 presso il suo vertice ovest e quindi rivolta verso il fronte d’attacco con il vertice est185 (Figura 94). Doveva essere infine un ridotto quadrato quello che è riportato all’interno dell’opera a tenaglia dei Quattro Denti186, ad est della cima del Vallone (Figura 80). Il tipo RB3 è ben esemplificato da un’opera avanzata di forma quadrangolare con tracce di un baraccone retrostante, collocata nel vallone del Reclus, in posizione avanzata rispetto ai trinceramenti del Piccolo San Bernardo e riconducibile probabilmente al 1743187 (Figura 95). Le fortificazioni 176

PEYRONEL 2007, pp. 106-108. PEYRONEL 2007, p. 120. 178 PEYRONEL 2007, p. 109. 179 PEYRONEL 2007, p. 116. 180 PATRIA 1983, p. 73; SCONFIENZA 1996, pp. 120-121. 181 PATRIA 1983, p. 69. 182 Le système 2006, p. 58, fig. 19c. 183 Verrua 2004, p. 201. 184 Verrua 2004, p. 204. 185 Chivasso e Castagneto 2007-legenda, p. 2, n. 3. 186 PATRIA 1983, p. 69. 187 SCONFIENZA 2008-2009, pp. 138-139. 177

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campali del Moncenisio, fra 1709 e 1743, testimoniano in base alla cartografia storica alcuni esempi di ridotte RB3, quali le ridotte superiore e inferiore di Saint George, apparteneti alla prima linea difensiva, e la ridotta d’Arpon in retrofronte188 (Figure 26, 27). § Ridotta a tenaglia (RC) La caratteristica morfologica che qualifica le RC corrisponde al tipo analizzato nei paragrafi precedenti, nei quali s’è anche già segnalato che al gruppo delle RC1 appartengono le ridotte a tenaglia isolate e aperte alla gola189. Le ridotte a perimetro chiuso, quando appartengano alle RC, sviluppano delle tenaglie classificate nel tipo B, essendo esse comprese in una struttura più complessa, e si tratta della situazione più comunemente diffusa. Passando dunque alle esemplificazioni delle RC1, chiuse alla gola, va segnalata una ridotta minore del complesso difensivo del colle delle Fattières, collocata all’estrenità occidentale della dorsale attraverso la quale si sviluppa lo scollinamento del valico; si tratta di una piccola ridotta con fronte orientale a tenaglia e gola a freccia, appena percepibile sul terreno (Figura 96). Riconduciamo allo stesso tipo la ridotta detta dell’Alpeggio, lungo il declivio ad est del colle del campo di Laz Arâ, realizzata in terra con fronte a valle a tenaglia, adeguando al pendio la caratteristica peculiare dell’opera, e fronte di gola a freccia190 (Figura 97). Un bell’esempio di ridotta autonoma con perimetro poligonale e avancorpo a tenaglia sul fronte principale orientale è la già citata ridotta dei Quattro Denti a est del forte di San Ruggero sulla cresta del Gran Vallone fra la val di Susa e la val Clarea191 (Figura 80). Cartografia storica e bibliografia conservano memoria di un ultimo esempio di RC1, la ridotta della Fraschëtto, sulla dorsale fra le valli di Chisone e Germanasca all’altezza di Pomaretto e del vallone Garnier, databile all’inizio del XVIII secolo192.

La ridotta a tenaglia appartenente ad un complesso, ovvero il tipo RC2, è rappresentata dall’opera della testa dell’Assietta, di cui s’è già dato conto nel paragrafo sulle tenaglie, essendo una TB4 il 188

PATRIA 1983, p. 72; CORINO 2001, pp. 8-9; MINOLA 2001b, p. 27; MINOLA-ZETTA 2007, p. 28. Supra p. 72, note 124 e 125, e l’intero paragrafo sul tipo TA. 190 PONZIO 2003, pp. 115-116, in cui la ridotta è definita «a penna di freccia», per il suo aspetto in pianta singolare; PEYRONEL 2007, p. 97. 191 PATRIA 1983, p. 69. 192 PEYRONEL 2007, p. 120. 189

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fronte principale ovest e una TB3 la struttura a tagliata dell’ordine di tiro superiore193 (Figure 20, 98); i fronti settentrionale e meridionale della ridotta seguono una linea spezzata adeguata all’orografia della testa per poi allacciarsi, dopo una rastremazione, ai trinceramenti della comunicazione con la Prima Ridotta dell’Assietta. Altro esempio interessante è la ridotta costruita dai Francesi di La Feuillade al colle della Roussa, fra la val Chisone e la val Sangone, collegata ad una linea a salienti e rientranti a guardia del valico che dominava il forte del Sellery e segnava allora il confine fra il Ducato di Savoia e il Regno di Francia194 (Figura 24). Sulle montagne alla sinistra della Dora Riparia, davanti alla dorsale dell’Assietta, la cima del Vallone, difesa dal forte San Ruggero, aveva verso oriente un sistema trincerato, classificabile nelle linee a salienti e rientranti LB2, che terminava nella ridotta del Traversiero, con fronte principale a tenaglia rivolto verso la valle Clarea195 (Figura 80). La ridotta a tenaglia di complesso più antica, di cui ci conserva attualmente notizia la documentazione storica, è infine quella di San Genesio, a difesa dell’avancorpo dei trinceramenti fra Castagneto e Chivasso del 1705, localizzato appena a valle della ridotta di San Grato196 (Figura 105). Il tipo RC3 è ben documentato, infatti la ridotta isolata con baraccone rappresenta un genere di fortificazione facilmente adattabile al terreno alpino ed è completa dei ripari necessari in ragione delle condizioni climatiche dei siti. Un primo esempio potrebbe essere la fase del 1793 della Redoute Ruinée, a guardia del Col de La Travesette e dominante il Piccolo San Bernardo; nelle strutture della fortificazione del XIX e XX secolo, al limite est del fronte settentrionale si riconoscono due corni con rientrante centrale volto verso il vallonetto del Ruisseau de Bellecombe, mentre alla gola dello stesso sono ancora percepibili le tracce in negativo del baraccone rettangolare197 (Figura 99). Sempre in Valle d’Aosta, a monte di La Thuile in località Plan Pratz, si trova la ridotta ricordata dalle fonti storiche come «Butta del Fogliero», con grande tenaglia rivolta verso ovest e crenellata da fuciliere198 (Figure 100, 101). Il primo impianto dell’opera è ricondotto al 1704 e costituirebbe l’esempio più antico delle RC documentabile sul terreno insieme alla succitata ridotta del colle della Roussa; la fase più recente, coeva alla Guerra delle Alpi, è quella in cui fu realizzato il baraccone alla gola della tenaglia, sicché soltanto dagli anni ’90 del XVIII secolo possiamo attribuire l’opera al tipo RC3, mentre precedentemente si tratterebbe di una RC1. Le ridotte realizzate sopra Fenestrelle sulla via dell’Albergian, a difesa del fort Mutin e conservate dagli ingegneri sabaudi durante il ’700, offrono esempi di RC3 con la ridotta d’Andorno, dotata di ampio fronte occidentale a tenaglia e di due corpi di fabbrica con lati a linee spezzate collegati da un doppio trinceramento rettilineo di comunicazione199 (Figura 102). Infine la cartografia storica documenta un esemplare al Moncenisio, corrispondente alla ridotta di San Nicolao del 1709-1743200 (Figure 26, 27), e alcuni casi di RC3 in alta valle Stura di Demonte, quali le ridotte del Colle della Douga e del Bonnetty, fin dal 1710, e, costruita nel 1744, la ridotta a tenaglia del cosiddetto «Scarpamento Madrizza» nel comprensorio delle Barricate sulla destra orografica del torrente201 (Figure 29, 30). § Ridotta a pianta tenagliata (RD) Il tracciato tenagliato, di cui s’è parlato sopra a proposito delle linee LB2202, poteva anche essere impiegato per le ridotte a chiusura di un perimetro; si è constatato che le ridotte RD, come gli altri 193

Supra p. 73, note 127 e 128. PEYRONEL 2007, pp. 138. 195 PATRIA 1983, p. 69. 196 Chivasso e Castagneto 2007-legenda, p. 3, n. 16. 197 Le système 2006, pp. 71-72; DEMOUZON 2008, p. 8; SCONFIENZA 2008-2009, pp. 145-147. 198 MINOLA-RONCO 2002, pp. 100-102; Le système 2006, pp. 61-63. 199 PEYRONEL 2007, pp. 126-127. 200 PATRIA 1983, p. 72; CORINO 2001, pp. 8-9; MINOLA 2001b, p. 27; MINOLA-ZETTA 2007, p. 28. 201 VIGLINO DAVICO 1989, pp. 75-77; SCONFIENZA 1996, p. 121. 202 Supra p. 61, note 34, 35, 36, 37. 194

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tipi, erano in posizioni isolate o parti integranti di complessi. Di questo genere di fortificazione parlano il Manesson Mallet203 e il Clairac204, ma anche sulle montagne piemontesi le esemplificazioni sono numerose a partire dalle RD1. Si ha notizia dalla cartografia storica di due ridotte a stella realizzate nel 1708 dalle truppe francesi del maresciallo di Villars al colle del Sestrières205 e, ancora nel comprensorio del Chisone, le fonti cartografiche documentano, a poca distanza dalla ridotta a tenaglia della Fraschëtto, una coeva RD1 al colletto dei Faoure206. In val di Susa, lungo il vallone di Galambra a nord d’Exilles, è documentata in cartografia storica una ridotta tenagliata detta di Serre Chafaut, poco più a monte della linea a salienti e rientranti di La Salette207 (Figura 64). Passando alla valle Varaita, si può ricondurre infine al genere del recinto tenagliato, che determina di fatto un ridotto, la fortificazione del borgo di Château de Pont così come viene illustrata nella documentazione del 1744208 (Figure 55, 56, 112).

La ridotta tenagliata in complesso, RD2, costituisce uno dei più classici tipi di fortificazione dei settori strategici facenti capo ad un complesso di ampio respiro, sistematizzato dai raccordi dei trinceramenti continui. L’esempio più illustre ed esauriente è quello del campo dell’Assietta del 1747 e della fase successiva del 1793; appartengono infatti a questo tipo gran parte delle ridotte ivi esistenti, ovvero la Prima e la Seconda Ridotta dell’Assietta, la Ridotta a Stella, la Prima e la Seconda Ridotta del Grammé e la ridotta a valle del Gran Seren e la cosiddetta Ridotta a Farfalla ad est della

203

MANESSON MALLET 1685, pp. 350-351. Supra p. 75, nota 78. 205 PEYRONEL 2007, p. 139. 206 PEYRONEL 2007, p. 120. 207 SCONFIENZA 1996, pp. 120-121. 208 BARBERIS 2009, p. 33; SCONFIENZA 2009, pp. 62-64. 204

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cima del Gran Seren209 (Figure 20, 21, 103, 104). I trinceramenti di San Colombano del 1709, a dominio di Exilles, erano rinforzati circa a metà sviluppo da una ridotta che la cartografia restituisce a pianta tenagliata, detta di La Routte210 (Figura 64). Il complesso della cima del Vallone fornisce anche in questo caso l’esempio della ridotta della Belissa211, fra il forte San Ruggero e la ridotta di Serre Rougiè (Figura 80), e pure delle RD2 risultano le due ridotte della Cravassa, lungo il versante montano fra l’Assietta e il forte di Exilles212 (Figure 62, 63). Bisogna comunque volgere lo sguardo ai sistemi trincerati di Verrua e Chivasso per trovare i primi esempi di ridotte tenagliate piemontesi dell’inizio del XVIII secolo; appartiene infatti al tipo RD2 l’intero concentrico delle fortificazioni di Carbignano, denominate nel 1704 «Fort Royal» e costituenti il perno del sistema campale in appoggio alla fortezza213 (Figure 46, 47, 48); nell’ambito delle opere a difesa della collina di Castagneto, a sud di Chivasso, appartengono al tipo in esame le ridotte di Contrabuc214, delle cascine del Truchetto215, di San Grato216, il concentrico difensivo del borgo di Castagneto217 e la ridotta della cascina Capella, realizzata dai Francesi in appoggio alle opere d’attacco contro i trinceramenti fra San Genesio e Contrabuc218 (Figure 49, 105, 106). Le esemplificazioni di ridotte tenagliate isolate con baraccone, RD3, sono costituite in gran parte da evidenze ancora conservate sul terreno, talvolta molto labili, come nel caso dell’opera in terra elevata probabilmente fin dal 1704 con relativo riparo sul Dou de La Motte, alla destra orografica del Reclus, per difendere l’accesso al valico del Piccolo San Bernardo lungo il versante ascendente dalla frazione di Saint-Germain219 (Figure 107, 108, 109). Particolare in base alle carte storiche è la ridotta della Brusà, sulle alture a sud di Exilles, con fronte tenagliato, ma aperta alla gola e dotata di baraccone220 (Figure 62, 63). Una composizione a salienti e rientranti caratterizza il concentrico dei due nuclei con baracconi della già citata ridotta d’Andorno di Fenestrelle221 (Figura 102), ma, dirigendoci più ad est, si trova finalmente un esempio importante e, allo stato attuale delle conoscenze, il più antico fra le ridotte tenagliate, corrispondente al forte di San Moritio del Sellery in alta valle Sangone222 (Figure 50, 51, 52). La fortificazione, datata nel suo primo impiato alla prima metà del XVII secolo, corrisponde ad una stella a cinque punte con corpo di fabbrica in terra e foderatura interna delle gole di ogni saliente in opera a secco; collocato al tergo dei salienti nord-est e sud-est vi era un baraccone, di cui risultano in situ i crolli e i tagli in roccia per il suo alloggiamento, mentre intorno al forte vennero realizzate, verosimilmente da truppe piemontesi fra il 1690 e il 1707-1708, le opere esterne non strutturalmente collegate a quella principale, quali il trinceramento e il bonetto occidentale, il redan meridionale e il trinceramento rettilineo con redan orientale, già prima citati. Appartiene alle RD3 un’altra opera passata alla storia per il drammatico combattimento avvenuto nei suoi fossati il 19 luglio 1744 sulla dorsale fra le valli delle due Varaite, di Bellino e Chianale; si tratta della ridotta individuata archeologicamente sulla cima del monte Passet, ma nota con il nome di «Ridotta di Monte Cavallo», a causa della confusione fra i siti e la perdita della memoria della corretta localizzazione, costituita da una foderatura in terra a salienti e rientranti, con fronte principale ovest a tenaglia, di cui s’è già fatto cenno223 (Figure 55, 110, 111). La documentazione carto209

Assietta 1997, pp. 78-81, 82, 84-85, 89-90, 92, 95, 98, 99, 101, 103. SCONFIENZA 1996, pp. 120-121. 211 PATRIA 1983, p. 69. 212 PATRIA 1983, p. 74; SCONFIENZA 1996, p. 121.. 213 Verrua 2004, pp. 201-202. 214 Chivasso e Castagneto 2007-legenda, p. 2, n. 5. 215 Chivasso e Castagneto 2007-legenda, p. 3, n. 11. 216 Chivasso e Castagneto 2007-legenda, p. 3, n. 10. 217 Chivasso e Castagneto 2007-legenda, p. 4, n. 20. 218 Chivasso e Castagneto 2007-legenda, p. 4, n. 34. 219 Le système 2006, p. 56; SCONFIENZA 2008-2009, pp. 140-142. 220 PATRIA 1983, p. 74. 221 Supra p. 68, nota 97, e p. 83, nota 199. 222 MINOLA 2006b, pp. 59-73, in cui è indicata la bibliografia pregressa. 223 BARBERIS 2009, pp. 41-49; SCONFIENZA 2009, pp. 73-80. 210

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grafica infine rappresenta con figura di stella pentagonale a cinque punte le due ridotte della Montagnetta Superiore, sopra le alture alla sinistra della valle Stura di Demonte; le opere sarebbero state edificate fra il 1710 e il 1720 e la ridotta settentrionale presenta un raddoppiamento del fronte nord a linea tenagliata224 (Figure 29, 30, 31).

Le ridotte del tipo RD4, tenagliate con baraccone inserite in un complesso, sono purtroppo soltanto documentate in cartografia storica e bibliografia. Nell’ambito del campo dell’Assietta l’unico sito che non può essere verificato sul terreno è purtroppo la ridotta del Gran Seren, il vero caposaldo del grande sistema difensivo, a dominio del colle sottostante e a sbarramento della via di dorsale che conduce alle Vallette e alle Fattières e al colle delle Finestre; il sito fu riplasmato fra il 1884 e il 1887 con una grande batteria d’artiglieria che ha completamente stravolto l’assetto settecentesco, la cui natura in base alla cartografia storica risulta corrispondere ad una RD4, completa di baracconi e ripari225 (Figura 19). In base allo stesso genere di documentazione sembra possibile attribuire a questo stesso tipo il ridotto centrale dell’opera difensiva del colle delle Finestre, oggi completamente perso in seguito ai lavori sulla sommità dell’altura durante la costruzione del forte ottocentesco (Figura 41). Poco avanti rispetto al forte di Exilles, sulla sinistra della Dora e sulla destra del torrente Galambra, la ridotta di Serre la Garde costituiva il punto forte al termine di un avancorpo dei trinceramenti del Bissé; anche questa fortificazione, costruita nel 1709, risulta a pianta tenagliata con riparo interno e attualmente documentata in cartografia storica226 (Figura 64). Passando alle valli cuneesi, vanno ricondotti al tipo RD4 i due forti principali del sistema difensivo della valle Varaita del 1744, il San Carlo e il Bertola, edificati nella primavera del 1744 in legname e terra e frutto di un 224

VIGLINO DAVICO 1989, pp. 75-77; SCONFIENZA 1996, p. 121. Si veda la rassegna delle carte storiche in Assietta 1997, pp.173-192. 226 PATRIA 1983, p. 73.

225

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progetto costruttivo di carattere già semipermanente e più impegnativo rispetto alle semplici difese campali, ma oggi completamente perduti227 (Figure 55, 56, 112, 113, 114). Sulle montagne alla destra della Stura di Demonte infine la linea trincerata della Lobbiera Superiore era fortificata presso la testata settentrionale con una ridotta a stella di quattro punte e baraccone interno228. § Ridotta a baraccone (RE) Questo tipo di ridotta è stato distinto dagli altri in ragione prima di tutto della morfologia, la quale coincide con un’altra categoria, quella dei baracconi, la cui destinazione è di riparo e non difensiva; tuttavia alcuni esempi in siti particolari permettono di attribuire ad edifici di riparo anche una funzione difensiva, come il baraccone isolato del corpo di guardia al colle Giulian, fra la val San Martino e la val Pellice, documentato soltanto sulle carte antiche e appartenente alle RE1229. Per il tipo RE2, la ridotta a baraccone in complesso, abbiamo testimonianze ancora consistenti sul terreno; in primis emerge il baraccone fortificato, con robusti muri in opera a secco, posto alla testata orientale dei trinceramenti del terrazzo inferiore di Combal, in val Veny, i cui resti attuali dovrebbero corrispondere alla fase del 1793, pur essendovi documentazione di una fase precedente del 1743230 (Figura 121); analogamente avviene per il baraccone del terrazzo superiore di Combal, posto allo snodo di due tratti di trinceramento e nella cui tessitura muraria si scorgono ancora due fuciliere strombate231 (Figura 122). Altri due esempi sono sempre reperibili in Valle d’Aosta alle estremità occidentale e orientale dei Retranchements Sardes, alla sinistra e alla destra del vallone del Reclus; le due opere, appartenenti verosimilmente alla fase del 1743 delle difese del Piccolo San Bernardo, si conservano ancora in fondazione, con perimetro rettangolare, e sono collocate alla gola dei trinceramenti, per costituire un riparo e un punto forte nei siti più lontani dal centro del sistema232 (Figure 115, 116). § Ridotta ad opera a corno (RF) Il caratteristico tracciato dell’opera a corno, esaminato precedentemente, compare come elemento di spicco in alcune ridotte, prima fra tutte la già citata Ridotta del Ponte, edificata nel 1705 sulla sponda destra del Po per difendere il collegamento fra Castagneto e Chivasso233 (Figura 105); si tratta di un’opera che può essere attribuita al tipo RF1, ovvero la ridotta ad opera a corno isolata, così come un’altra ridotta, documentata soltanto in cartografia storica, quella edificata in posizione avanzata rispetto al Fort Royal del campo di Carbignano a Verrua e collegata a detto forte con una comunicazione rettilinea a trinceramenti paralleli234 (Figura 48). Riconduciamo infine al tipo RF3, isolata con baraccone, la ridotta detta degli Aiduchi sulle alture a dominio del forte Mutin di Fenestrelle; si tratta di una fortificazione, i cui resti sono ancora visibili, a perimetro triangolare con il fronte principale sud a corno235 (Figura 102).

227

BARBERIS 2009, pp. 31, 34-35; SCONFIENZA 2009, pp. 65-66, 70-71. VIGLINO DAVICO 1989, pp. 75-77; SCONFIENZA 1996, p. 121. 229 PEYRONEL 2007, p. 139. 230 SCONFIENZA 2008-2009, pp. 153-154. 231 SCONFIENZA 2008-2009, pp. 156-157. 232 SCONFIENZA 2005b, p. 237; Le système 2006, pp. 51, 55; SCONFIEN-ZA 2008-2009, pp. 137-138. 233 Supra p. 76, nota 141. 234 Verrua 2004, p. 202. 235 PEYRONEL 2007, pp. 125-126. Ricordiamo che frequentemente la figura triangolare è segnalata dalla trattatistica, come per esempio in MANESSON MALLET 1685, pp. 348-349. 228

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§ Ridotta poligonale (RG) La scelta di attuare una distinzione ulteriore per le ridotte poligonali nei sottotipi RGα e RGβ, ossia le regolari e le irregolari, è motivata dai caratteri della documentazione a nostra disposizione, ma anche confortata da un’indicazione generale del Vauban, a proposito dell’impiego di ridotte o forti di campagna, in cui si nota che […] bien que la figure carrée soit celle que l’on met plus en usage, le carré long se peut pratiquer aussi, de même que le pentagone et toutes les autres figures régulières et irrégulières, qui peuvent tomber dans la pratique, quand on y est contraint par les situations ou qu’on y trouve de l’avantage […]236

Il Cormontaigne fa eco e scrive:

[…] Ces redoutes sont carrées ou pentagonales, ou de toute autre figure irrégulière, suivant les circostances du terrain, qui déterminent ordinairement la direction de leur faces et de leur feux […] Lorsque les circostances du terrain déterminent la direction des faces d’une redoute, on lui donne une figure irrégulière et relative aux accès de l’ennemi pour en faire l’attaque, ayant toujours soin de proportionner le développement interieur de son parapet à la quantité d’hom-mes qu’elle doit recevoir. Ces sortes d’ouvrages se font ordinairement à 5 faces, ou de toute autre manière convenable au local, en portant le plus de feux qu’il est possible sur les approches les plus favorables aux attaques de l’ennemi237

Le ridotte poligonali regolari di cui abbiamo notizia in bibliografia sono soltanto due, isolate e non è noto se dotate di baraccone o meno; si decide pertanto di considerale nei generi di quelle prive di ripari e di collocarle quindi nel tipo RGα1. Si tratta della ridotta ottagonale fatta costruire nel 1692 dal maresciallo di Catinat presso la borgata di Laux, un po’ più a monte di Fenestrelle alle falde orientali del massiccio dell’Albergian e a governo dei cammini che conducono nella valle di Prali; l’opera fu conquistata dai Piemontesi nel 1708 e di essa restano ancora buone testimonianze in situ238. Completamente perduta e soltanto presente nella cartografia storica è invece la ridotta pentagonale di Croaglie, circondata da un trinceramento a salienti e rientranti, che venne realizzata sulla butta del Belvedere, lungo la strada del Monginevro, probabilmente dai Francesi di Catinat fra il 1690 e il 1691 durante l’occupazione di Susa, nell’ambito del programma difensivo della piazza con opere campali di possibile progettazione vaubaniana239 (Figura 117).

236

DE VAUBAN 1705, p. 1543. DE CORMONTAIGNE 1727-1742, pp. 325-326. 238 PONZIO 2003, p. 116; PEYRONEL 2007, pp. 127-128. 239 PATRIA 1983, p. 72. Le notizie sul campo francese di 237

ban, la fortification de campagne cit.

Susa sono di prossima pubblicazione in R. SCONFIENZA, Vau-

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Le ridotte poligonali irregolari, RGβ, sono molto più esemplificate in ragione della necessità dell’adeguamento della fortificazione alla natura del sito. Fino ad ora si sono riscontrati solo casi di RGβ1 documentati in cartografia storica e corrispondenti alla cosiddetta Prima Ridotta des Apiols, di forma pentagonale e aperta alla gola, costruita a difesa della testata superiore dei trinceramenti di Vallanta in valle Varaita nel 1744240 (Figura 56), e alle ridotte pentagonali del 1709 di La Touche e Malavia, avanzate rispetto alle linee di Serre la Garde e San Colombano a nord del forte di Exilles241 (Figura 64). La maggior parte delle testimonianze corrispondono al tipo RGβ2, ovvero ridotte in complesso, e, trattandosi di opere reperite per ora solo in bibliografia e cartografia, si stabilisce come nel caso delle RGα1 di considerarle prive di ripari interni. Gli esempi più significativi si trovano nei complessi delle difese campali circostanti la fortezza di Verrua e la piazza di Chivasso. Nell’ambito dei trinceramenti del campo di Carbignano vanno ricordate due ridotte, degli Alemanni, esagonale, e di Starhemberg, pentagonale presso la cascina di Montaldo, la prima lungo i trinceramenti sud-orientali, la seconda lungo quelli sud-occidentali242 (Figura 48); poco più a valle del forte di Castagneto troviamo la ridotta ettagonale, aperta alla gola, del Castlass (Figura 106) e a terminazione dell’intero complesso dei trinceramenti collinari chivassesi del 1705, presso il colle della Croce, la ridotta pentagonale del Bricco del Vaj, circondata da un trinceramento con grande saliente rivolto verso est243 (Figura 106). Situato a sud-ovest del forte di San Ruggero chiude infine la serie il complesso delle ridotte di Serre Rougiè e Rossa, costituito da una serie di segmenti raccordati a saliente su un perimetro allungato244 (Figura 80). § Ridotta bastionata (RH) Come per il gruppo precedente, le ridotte bastionate presentano due sottotipi questa volta derivanti dalla forma geometrica dell’impianto originario, ovvero il quadrato o il poligono, ai cui vertici sono 240

SCONFIENZA 2009, p. 68. PATRIA 1983, p. 73; SCONFIENZA 1996, pp. 120-121. 242 Verrua 2004, pp. 201-202. 243 Chivasso e Castagneto 2007-legenda, p. 4, n. 19, n. 22. 244 PATRIA 1983, p. 69. 241

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aggiunti i bastioni. Questo genere di opere corrisponde prevalentemente ai «forts de campagne» indicati dal Vauban, che egli dice inoltre essere «quelquefois bastionnées»245; il Clairac illustra le opere a perimetro triangolare o quadrato, sostenendo che si preferisce normalmente armarle con mezzi bastioni ai vertici, piuttosto che a bastioni interi246.

Fra le esemplificazioni piemontesi, tratte dalla cartografia storica, prevalgono le ridotte bastionate isolate, data la loro natura di strutture praticamente autonome; due fra queste appartengono al tipo RHB1 e alle difese verso il Po della fortezza di Verrua; si tratta della ridotta Wallis247 (Figure 46, 47), un quadrato bastionato sul fronte nord, agganciato alle falde della collina della fortezza con altri segmenti di bastione incompleto, e della ridotta Ognissanti sull’isola del fiume, oggi scomparsa, che al perimetro quadrato aggiungeva due bastioni sul fronte sud e due mezzi bastioni sul nord248 (Figura 46). Accanto a queste prime rammentiamo la Ridotta del Ponte a Chivasso249, classificata nelle RF1, fra le ridotte ad opera a corno, il cui impianto è comunque quadrato e con due bastioni sul fronte sud, ma aperta alla gola come le tipiche teste di ponte (Figura 105). Una testa di ponte è anche un’altra Ridotta del Ponte, ma appartenente alla comunicazone fra Verrua e Crescentino, chiusa però su tutti e quattro lati del perimetro a trapezio e bastionata sui vertici; la figura perimetrale ci induce quindi a collocare fra le opere poligonali questa fortificazione, che appartiene inoltre ad un complesso difensivo e quindi da attribuire al tipo RHG2250 (Figura 46).

245

Supra p. 77, nota 148. Supra p. 78, nota 159. 247 Verrua 2004, pp. 202-203. 248 Verrua 2004, pp. 204 249 Supra p. 76, nota 141. 250 Verrua 2004, p. 204. 246

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Il baraccone (Ba) Il baraccone costituisce l’ultima classe individuata dalla tipologia, nella quale ha piena ragion d’essere trattandosi di un manufatto pertinente alle fortificazioni campali, pur avendo una destinazione in prevalenza diversa da quella difensiva. Questo genere di strutture risponde innanzittutto all’esigenza di garantire ripari sicuri a uomini, animali e masserizie negli stessi siti alpini in cui sorgono le opere campali, dove il clima impone, anche nella bella stagione, delle condizioni più rigide per il soggiorno dei corpi di guardia stabili. La presenza di tali strutture è diffusissima, se ne trovano tracce sul terreno, nei documenti d’archivio, nella cartografia storica, proprio a causa del servizio da loro svolto; l’esemplificazione in questa sede non pretende certamente di essere esauriente, ma soltanto di offrire uno scorcio generale su quelli che possono essere i tipi individuati. Una discriminante essenziale, come s’è già detto precedentemente nella presentazione delle tipologie, è il genere di opera costruttiva, in muratura a secco o in legname, che porta con sé anche generalmente differenze d’impegno lavorativo, di impiego di uomini o di valutazione del sito occupato. In linea preliminare va detto tuttavia, grazie alle osservazioni in situ sulle montagne della valle di Susa, di quella di Varaita o d’Aosta, che l’opera a secco è sempre e comunque impiegata per la costruzione delle fondazioni di qualunque genere di baraccone, per assicurare la stabilità e la sanità degli elevati.

§ Baraccone rettangolare (BaA) Il tipo dei baracconi rettangolari allungati è distinto nei due sottotipi in muratura, BaA1, e in legname, BaA2. Le strutture in muratutra generalmente presentano un muro centrale al perimetro, lungo l’asse longitudinale, con funzione non solo divisoria, ma soprattutto strutturale per reggere il trave di colmo a raccordo dei due spioventi del tetto. Esempi di BaA1 sono presenti sulle montagne della Valle d’Aosta, come quello dell’Ospizio al Piccolo San Bernardo, datato al 1743251 o quello ancor più importante, perché ancora completo a due piani, detto delle «Eaux Rousses» e risalente al 1793252 (Figura 118); sempre in zona ben conservato è ancora il baraccone del 1793 alla gola della Redoute Sarde253 (Figure 119, 120), coevo di quello annesso alla ridotta a tenaglia di Plan Pratz, presso il campo del Principe Tommaso (Figure 100, 101). Spostando l’attenzione ai monti fra Susa e Fenestrelle, mentre la ridotta del colle delle Finestre, a causa dell’insediamento del forte ottocentesco, non conserva più tracce di quelle strutture d’accoglienza che sicuramente doveva avere, nel forte delle Fattières si trovano i resti di ben tre baracconi; il più importante, e probabilmente anche il più antico, è quello della ridotta sommitale del 251

Le système 2006, pp. 64-65. Le système 2006, p. 70. 253 Le système 2006, pp. 72-73; SCONFIENZA 2008-2009, p. 145. 252

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monte Pintas, mantenuto soltanto in fondazione (Figura 92); il secondo è conservato parzialmente in elevato, tanto da permettere di recuperare l’esistenza di un piano superiore soppalcato, e si trova nel settore settentrionale lungo il trinceramento est (Figura 123); il terzo è posto all’estremità del settore meridionale che si affaccia sulla dorsale discendente al colle delle Finestre, è conservato anch’esso per parte dell’elevato e precisamente quella contro terra, essendo l’intera struttura incassata e protetta nella costa montana (Figura 124). Il baraccone del forte del Sellery in val Sangone, ormai crollato (Figura 54), è riconducibile al genere BaA1 e allo stesso tipo, ma documentati soltanto da fonti archivistiche e cartografiche, sono a titolo d’esempio il baraccone del corpo di guardia del colle Giulian254, datato al 1704, e quello del 1744, in «pietre e teppe», al colle di Buondormir sulle montagne alla testata della valle Varaita. Ricordiamo infine che sono del tipo BaA1 le ridotte a riparo o a baraccone, precedentemente ricordate e classificate nelle RE2, appartenenti ai complessi dei Retranchements Sardes del Piccolo San Bernardo e dei trinceramenti di Combal in val Veny255 (Figure 115, 116, 121, 122), nonché verosimilmente il baraccone appena citato di Buondormir. La valle Varaita può essere richiamata per le numerose esemplificazioni di baracconi in legname del tipo BaA2, con fondazione in pietre a secco, come i numerosi esemplari collocati alla gola della linea di trinceramenti a redan, poco sopra il forte Bertola, e ascendente verso il monte Passet256 (Figure 55, 125); in quest’ultimo sito, interno alla ridotta tenagliata del 1744, è testimoiata la presenza di un baraccone rettangolare, verosimilmente ligneo, non essendoci nei contratti coevi notizia di opere in muratura257 (Figura 110). Avanzando verso ovest lungo la dorsale fra i monti Passet e Pietralunga, vanno rammentate le fondazioni rettangolari in opera a secco di un baraccone alle falde della punta del Cavallo e la segnalazione nella documentazione storica di un ulteriore riparo presso il colletto della Battagliola258. In base allo stesso tipo di fonti archivistiche si ha notizia per il 1744 di un baraccone ligneo al campo trincerato del colle della Bicocca259, sulla dorsale fra la Varaita di Bellino e la val Maira, parallela a sud a quella di Pietralunga, e di baracconi analoghi presso i trinceramenti del colle dell’Albergian, datati all’inizio del XVIII secolo260. § Baraccone ad U (BaB) Il tipo BaB rappresenta un genere di costruzione di grandi dimensioni, per l’alloggiamento di consistenti corpi di truppa, è caratterizzato dall’opera muraria e da una pianta rettangolare allungata, presso i cui lati minori sono raccordati due corpi di fabbrica ortogonalmente a quello principale, così da creare una sorta di piazza d’armi limitata su tre lati e antistante al fabbricato. L’esempio unico di questo genere, formalmente riconducibile al tipo BaB1, è il baraccone detto di «Saint-Maurice» in località Saint Charles, poco più a monte della linea trincerata del campo del Principe Tommaso a Thèraz, in Val d’Aosta (Figura 126). La struttura isolata risale, secondo gli studiosi che lo hanno indagato, al 1704 e conta anche una seconda fase, verosimilmente del 1793, aveva almeno un piano superiore a quello terreno e le pareti crenellate da fuciliere stromabate, che rendono l’opera di ricovero autonoma anche dal punto di vista difensivo261.

254

PEYRONEL 2007, pp. 113-115. Supra p. 87, note 230, 231, 232. 256 BARBERIS 2009, p. 35. 257 SCONFIENZA 2009, pp. 75-76. 258 BARBERIS 2009, pp. 37-41; SCONFIENZA 2009, pp. 80-81. 259 SCONFIENZA 2009, p. 89. 260 PEYRONEL 2007, p. 119. 261 Le système 2006, pp. 59-61. 255

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Parte Terza

Immagini delle pietre del Re

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La documentazione grafica e fotografica

La Parte Terza del presente volume è consacrata alla raccolta della documentazione grafica di supporto alla Parte Seconda. Le immagini seguenti derivano da fotografie prodotte in situ e da illustrazioni tratte dalla bibliografia nota o dalla cartografia storica. La natura preliminare della ricerca non ha condotto ad un’esauriente disamina di tutte le possibili documentazioni grafiche e fotografiche di ogni opera o sito segnalato; da ciò deriva la necessità di ribadire la naturale apertura della tipologia presentata nei capitoli precedenti, capace di ammettere la variazione in futuro delle categorie stabilite o l’attribuzione ad altre categorie degli esempi proposti, grazie all’individuazione di nuove documentazioni. Si presenta innanzitutto un elenco sintetico di corrispondenze fra le categorie tipologiche delle opere campali con i numeri delle figure corrispondenti, secondo l’ordine di comparsa nel testo dei Capitoli 1 e 4 della Parte Seconda. Fa immediatamente seguito la rassegna delle immagini, contrassegnate da numero progressivo ARCHEOLOGIA DELLA FORTIFICAZIONE CAMPALE Inquadramento geografico

Figura 1

Planimetrie e profili

Figure 2, 3, 4, 5, 10, 11

Tecniche costruttive

Figure 2, 3, 5, 6, 7, 8, 9 LA TIPOLOGIA L = Linea

LA = linea isolata - LA1 = linea isolata rettilinea/adeguata al terreno - LA2 = linea isolata a salienti e rientranti LB = linea di complesso - LB1 = linea di complesso rettilinea/adeguata al terreno - LB2 = linea di complesso a salienti e rientranti

- LB3 = linea di complesso a cremagliera - LB4 = linea di complesso a frecce/redan o bastionata

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Figure 12, 13, 14, 15, 16, 17, 87 Figure 18, 20, 21, 22, 23, 24, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 64 Figure 14, 33 , 34, 36, 37, 39, 41, 42, 43, 44, 45, 46, 47, 48, 49, 106 Figure 14, 16, 17, 19, 20, 21, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33, 34, 35, 37, 39, 40, 41, 42, 43, 44, 45, 46, 47, 48, 49, 50, 51, 52, 55, 57, 58, 60, 61, 62, 63, 64, 65, 66, 68 Figure 26, 67, 69 Figure 10, 11, 14, 15, 20, 21, 26, 27, 28, 29, 30, 33, 34, 37, 39, 40, 41, 42, 43, 45, 46, 47, 48, 55, 56, 59, 68, 69, 70, 77, 103, 104,

LC = linea di comunicazione - LC1 = linea di comunicazione rettilinea/adeguata al terreno - LC2 = linea di comunicazione a frecce redan

Figure 20, 21, 32, 41, 44, 48, 69, 70, 73, 74, 75, 93, 102 Figure 20, 21, 46, 49, 94, 103

F = Freccia FA = freccia isolata - FA1 = freccia isolata avanzata - FA2 = freccia isolata per batteria - FA3 = freccia isolata arretrata

Figure 50, 51, 52, 62, 6369, 70, Figure 16, 76, 87 Figura 60 Figure 14, 33, 34, 78 e Figure di LB1 e LB2

FB = freccia in linea o complesso

T = Tenaglia Figure 56, 112 e Figure di RC1

TA = tenaglia isolata TB = tenaglia di complesso - TB1 = tenaglia di complesso in linea - TB2 = tenaglia di complesso in ridotta - TB3 = tenaglia di complesso a tagliata Td = Tenaglia doppia TdA = tenaglia doppia isolata - TdA1 = tenaglia doppia isolata avanzata

Figure 69, 79 Figure 80, 100, 111 e Figure di RC1, RC2, RC3, RC4 Figure 14, 19, 20, 21, 29, 42, 43, 83, 98, 105

Figure 50, 51, 52, 53

TdB = tenglia doppia di complesso - TdB2 = tenaglia doppia interna a complesso - TdB3 = tenaglia doppia a terminazione di complesso

Figure 42, 43, 84 Figure 14, 41, 42, 43, 45, 80, 85, 98

C = Opera a Corno CA = opera a corno in ridotta isolata

Figure 46, 47, 105

CB = opera a corno in complesso

Figure 17, 94 R = Ridotta

RA = ridotta a freccia/redan - RA1 = ridotta a freccia semplice isolata - RA2 = ridotta a freccia semplice in complesso - RA3 = ridotta a freccia isolata con baraccone alla gola - RA4 = ridotta a freccia con baraccone in complesso

98

Figura 86 e Figure di FA1, FA2, FA3 Figura 80 Figure 87, 88 Figure 32, 41, 42, 89, 90, 91, 92

RB = ridotta quadrata - RB1 = ridotta quadrata semplice isolata - RB2 = ridotta quadrata semplice in complesso - RB3 = ridotta quadrata isolata con baraccone alla gola

Figure 64, 80, 102 Figure 32, 46, 47, 48, 80, 93, 94 Figure 26, 27, 95

RC = ridotta a tenaglia - RC1 = ridotta a tenaglia semplice isolata - RC2 = ridotta a tenaglia semplice in complesso - RC3 = ridotta a tenaglia isolata con baraccone

Figure 80, 96, 97 Figure 20, 24, 80, 98, 105 Figure 26, 27, 29, 30, 99, 102

RD = ridotta a pianta tenagliata o a stella - RD1 = ridotta a pianta tenagliata semplice isolata - RD2 = ridotta a pianta tenagliata semplice in complesso - RD3 = ridotta a pianta tenagliata con baraccone isolata - RD4 = ridotta a pianta tenagliata con baraccone in complesso

Figure 55, 56, 64, 112 Figure 20, 21, 46, 47, 48, 49, 62, 63, 64, 80, 103, 104, 105, 106 Figure 29, 30, 31, 50, 51, 52, 55, 62, 63, 102, 107, 108, 109, 110, 111 Figure 19, 41, 55, 56, 64, 112, 113, 114

RE = ridotta a riparo/baraccone - RE2 = ridotta a riparo in complesso

Figure 115, 116, 121, 122

RF = ridotta ad opera a corno - RF1 = ridotta ad opera a corno isolata semplice - RF3 = ridotta ad opera a corno isolata con baraccone

Figure 48, 105 Figura 102

RG = ridotta poligonale regolare (α) e irregolare (β) - RGα1 = ridotta poligonale regolare semplice isolata - RGβ1 = ridotta poligonale irregolare semplice isolata - RGβ2 = ridotta poligonale irregolare semplice in complesso

Figura 117 Figure 56, 64 Figure 48, 80, 106

RH = ridotta bastionata quadrata (B) e poligonale (G) - RHB1 = ridotta bastionata quadrata semplice isolata - RHG2 = ridotta bastionata poligonale semplice in complesso

Figure 46, 47, 105 Figura 46

Ba = Baraccone BaA = baraccone a pianta rettangolare - BaA1 = baraccone a pianta rettangolare in muratura - BaA2 = baraccone a pianta rettangolare in legname

Figure 54, 92, 100, 101, 115, 116, 118, 119, 120, 121, 122, 123, 124 Figure 55, 110, 125

BaB = baraccone a pianta ad U - BaB1 = baracone a pianta ad U in muratura

Figura 126

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Fig. 1

Confini e territorio degli Stati Sabaudi di terraferma nel 1713. Particolare dei principali colli: 1) Piccolo San Bernardo; 2) Moncenisio; 3) Monginevro; 4) Colle dell’Agnello; 5) Colle della Maddalena; 6) Colle di Tenda (da VIGLINO D AVICO 2005, elaborazione Sconfienza)

Fig. 2

Profilo di trinceramento in terra illustrato dal Vauban, 1706 (da DE VAUBAN 1706)

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Fig. 3

Profilo di trinceramento in opera a secco, realizzato presso Briançon, 1747 (da Assietta 1997)

Fig. 4

Il profilo più complesso di opera campale illustrato dall’ingegnere Bozzolino nel secondo libro dei trattati per le Regie Scuole d’Artiglieria e Fortificazione di Torino, 1779 (da PONZIO 2003)

Fig. 5

Profilo e pianta dei trinceramenti della collina di Torino ad opera di Antonio Bertola, 1705 - 1706

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Fig. 6

Doppia tenaglia o bonetto interno al forte delle Fattières, realizzato in terra dalla sagomatura della dorsale occidentale del monte Pintas,1709 - 1793 (foto-elaborazione Sconfienza)

Fig. 7

Trinceramenti del Piccolo San Bernardo: muro semplice in opera a secco con due facciaviste, 1743 – 1793

102

Fig. 8

Trinceramenti di Combal, val Veny, opera a secco con facciaviste interna ed esterna e nucleo solidale interno, 1743 – 1793 (fotoelaborazione Sconfienza)

Fig. 9

Trinceramenti del Piccolo San Bernardo, con opera a secco associata all’opera in terra, 1743 – 1793 (foto-elaborazione Sconfienza)

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Fig. 10

Le «Lignes» nel Traité de l’attaque des Places del Vauban (da DE VAUBAN 1705)

Fig. 11

Fig. 12

«Lignes à redans» e «Lignes à cremailleres» nel Traité de l’attaque des Places del Vauban (da DE VAUBAN 1705)

Trincea LA1, tagliata nel pendio presso il Dou de la Motte, Piccolo San Bernardo, 1704 - 1793 (foto Sconfienza)

104

Fig. 13

Linea LA1 avanzata rispetto al Dou de la Motte, Piccolo San Bernardo, 1704 - 1793 (foto Sconfienza)

Fig. 14

Campo trincerato francese di Laz Arâ, 1704 (da PONZIO 2003)

105

Fig. 15

Campo trincerato francese di Laz Arâ, fronti est e sud, 1704 (da PONZIO 2003)

Fig. 16

Campo trincerato francese di Sestrières e campo piemontese di Jousseaud, valle di Pragelato, 1745 (da PEYROT 1986)

106

Fig. 17

Fig. 18

Campo trincerato francese di Sestrières, 1745 (da PEYROT 1986)

Trinceramento francese al colle del Besso, 1692-1693 (da PEYRONEL 2007)

Fig. 19

Campo trincerato dell’Assietta, 1747 (da AS.TOCorte, Carte topographique en mesure d’une partie des Vallées d’Oulx et Pragelas, Carte Topografiche e Disegni, Carte Topografiche per A e B, Pragelato 1)

107

Fig. 20

Riproduzione schematica del rilievo del campo trincerato dell’Assietta, realizzato nel 1996 per il Centro Studi e Ricerche Storiche sull’Architettura Militare del Piemonte: 1) opera avanzata occidentale con due frecce; 2) ridotta occidentale a tenaglia, detta «Butta dei Granatieri»; 3) tratto a doppio trinceramento di collegamento fra l’avancorpo occidentale e la testa dell’Assietta; 4) opere della testa dell’Assietta: 4A, Prima Ridotta dell’Assietta; 4B, Ridotta a Stella; 4C, Ridotta Romboidale; 5) ridotta detta «dei Valdesi» alla testata del trinceramento orientale; 6) trinceramenti di collegamento fra la testa dell’Assietta e l’estremo nordoccidentale del campo; 7) Seconda Ridotta dell’Assietta; 8) piano del colle dell’Assietta; 9) trinceramenti presso il colle dell’Assietta; 10) Prima Ridotta del Grammé e trinceramenti del fronte settentrionale del Grammé; 11) Seconda Ridotta del Grammé; 12) trinceramenti del fronte settentrionale; 13) punta del Gran Seren, sito della ridotta principale del campo distrutta dalla batteria ottocentesca; 14) trinceramenti ad est del Gran Seren (foto-elaborazione Sconfienza; da Assietta 1997)

Fig. 21

Veduta aerea della porzione occidentale del campo trincerato dell’Assietta, 1747 (foto-rielaborazione Sconfienza)

108

Fig. 22

Veduta aerea del trinceramento del colle dell’Orsiera, XVII - XVIII secolo (foto-rielaborazione Sconfienza)

Fig. 23

Trinceramento del colle dell’Orsiera, paricolare, XVII - XVIII secolo (foto-rielaborazione Sconfienza)

109

Fig. 24

Veduta aerea dei trinceramenti francesi e della ridotta a tenaglia del colle della Roussa, 1704 (foto-rielaborazione Sconfienza)

Fig. 25

Carta dei trinceramenti del Moncenisio durante la Guerra delle Alpi, 1793 - 1796 (da MINOLA 2001a)

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Fig. 26

Carta dei trinceramenti a difesa della via del Moncenisio fra San Nicolao e la linea dell’Arpone , 1709 - 1743 (AS.TOCorte, Materie Politiche per Rapporto all’Interno, Storia della Real Casa, Storie Particolare Cat. III, Mazzo 22, Vol. 11, p. 32; da MINOLA 2001a)

111

Fig. 27

Carta con ricostruzione filologica dei cosiddetti trinceramenti dell’Arpone a difesa del Moncenisio, 1709 - 1743 (da PATRIA 1983)

Fig. 28

Veduta aerea dell’area alpina lungo la strada del Moncenisio fra le borgate Ferriera e San Nicolao, con le alture dell’Arpone e le zone presunte dei trinceramenti piemontesi, 1709 - 1743 (foto-rielaborazione Sconfienza)

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Fig. 29

Particolare di carta antica con i trinceramenti alla destra della Stura di Demonte, 1710 - 1743: F) trinceramenti dello scarpamento Madrizza; G) le Barricate; H) trinceramenti della Lobbiera Inferiore; I) trinceramenti della Lobbiera Superiore (AS.TOCorte, Carta dimostrativa della Valle di Stura dal colle della Maddalena si stende fino al forte di Demonte con trinceramenti lungo detta valle, Carte Topografiche e Disegni, Carte Topografiche per A e B, Stura 3; da SCONFIENZA 1996)

Fig. 30

Particolare di carta antica con i trinceramenti alla sinistra della Stura di Demonte, 1710 - 1743: C) trinceramenti di Ser del Doj; D) trinceramenti della Montagnetta Superiore; E) ridotte della Montagnetta Superiore; F) trinceramenti dello scarpamento Madrizza (AS.TOCorte, Carta dimostrativa della Valle di Stura dal colle della Maddalena si stende fino al forte di Demonte con trinceramenti lungo detta valle, Carte Topografiche e Disegni, Carte Topografiche per A e B, Stura 3; da SCONFIENZA 1996)

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Fig. 31

Carta che illustra le difese campali sabaude della valle Stura di Demonte nel 1744 (da Topographie militaire 1891)

Fig. 32

Trinceramenti del colle della Croce a governo del campo del Principe Tommaso e della via del colle di San Carlo in Valle d’Aosta, 1704 - 1793 (da Le système 2006)

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Fig. 33

Colle del Piccolo San Bernardo, rilievo delle consistenze evidenti dei «Retranchements Sardes» e vedute aeree delle sezioni alla destra e alla sinistra del Reclus, 1743 - 1793 (foto-elaborazione Sconfienza da Le système 2006)

Fig. 34

Veduta panoramica dal Col de La Traversette dei trinceramenti del Piccolo San Bernardo alla destra e alla sinistra del torrente Reclus: 1) ridotta-baraccone di sinistra; 2) ridotta-baraccone di destra; 3) settore centrale dei trinceramenti a valle dell’Ospizio con il grande redan; 4) anomalia superficiale rettilinea, che taglia il tratto più alto dei trinceramenti del 1743 - 1793 (foto-elaborazione Sconfienza)

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Fig. 35

Particolare del tratto a salienti e rientranti dei trinceramenti del Piccolo San Bernardo alla sinistra del Reclus, 1743 - 1793 (foto Sconfienza)

Fig. 36

Veduta aerea del sito di Combal in val Veny con la ricostruzione della linea trincerata lungo l’argine glaciale, 1743 - 1793 (fotoelaborazione Sconfienza)

116

Fig. 37

Carta raffigurante il comprensorio del Piccolo San Bernardo, La Thuile, Campo del Principe Tommaso, Courmayeur e val Veny, anni ‘80 del ‘700 (AS.TOCorte, Carta del Ducato d’Aosta colle posizioni militari, Carte Topografiche e Disegni, Carte Topografiche Segrete, Aosta A13 NERO; da SCONFIENZA 2005b e SCONFIENZA 2008-2009)

Fig. 38

Particolare Fig. 37, trinceramenti di Combal in val Veny

Fig. 39

Particolare Fig. 37, trinceramenti del Piccolo San Bernardo

Fig. 40

Particolare Fig. 37, campo del Principe Tommaso

117

Fig. 41

Complesso difensivo dei colli di Finestre e Fattières, 1709 - 1796 (da AS.TOCorte, Carte topographique en mesure d’une partie des Vallées d’Oulx et Pragelas, Carte Topografiche e Disegni, Carte Topografiche per A e B, Pragelato 1)

Fig. 42

Forte delle Fattières, sulla cima del monte Pintas, 1709 - 1796; rilievo archeologico del 2007 (disegno di Carlo Gabaccia)

118

Fig. 43

Veduta aerea della cima del monte Pintas con le tracce sul terreno dei trinceramenti del forte delle Fattières, 1709 - 1796 (foto Sconfienza)

Fig. 44

Veduta aerea del colle delle Finestre, con le labili tracce della grande ridotta settecentesca (1709 - 1796) e in primo piano l’ingombro del forte ottocenteco (foto Sconfienza)

119

Fig. 45

Veduta panoramica da est del colle delle Finestre con in primo piano l’area del bonetto terminale della ridotta settecentesca, la zona del forte ottocentesco e sullo sfondo il monte Pintas e i trinceramenti ad esso ascendenti (foto Sconfienza)

120

Fig. 46

Rappresentazione schematica del sistema difensivo della fortezza di Verrua con avamposto a sud il campo trincerato di Carbignano, 1704 - 1705 (da Verrua 2004)

Fig. 47

Carta raffigurante l’assedio francese di Verrua del 1704-1705 e il sistema difensivo della piazzaforte (da AS.TORiunite, Plan de l’ataque des retrenchemens de Verue 1704, Carte Topografiche e Disegni, Ministero della Guerra, Tipi Guerra e Marina, Sezione IV, Verrua, n. 439; da VIGLINO DAVICO 2001)

121

Fig. 48

Particolare dell carta raffigurante l’assedio francese di Verrua del 1704-1705 e il sistema difensivo della piazzaforte; è raffigurato il campo trincerato di Carbignano a sud della fortezza con le linee trincerate e, andando da sinistra verso destra, le ridotte della Bicocca, degli Alemanni, il Fort Royal di Carbignano con la sua opera a corno avanzata verso est, la ridotta Starhemberg di Montalto (da AS.TORiunite, Plan de l’ataque des retrenchemens de Verue 1704, Carte Topografiche e Disegni, Ministero della guerra, Tipi Guerra e Marina, Sezione IV, Verrua, n. 439)

122

Fig. 49

Ricostruzione filologica del sistema di trinceramenti fra Chivasso e Castagneto del 1705 con, a partire dall’alto, la comunicazione trincerata fra la piazzaforte e il Po, la testa di ponte sulla sponda destra del Po, le ridotte di Contrabuc, del Trucchetto, del Bric dell’Oca, di San Genesio, di San Grato, del Bricco del Castlas, il forte di Castagneto e gli avancorpi di Tetti Serra, la ridotta del Bricco del Vaj (da Chivasso e Castagneto 2007)

123

Fig. 50

Rilievo archeologico del forte del Sellery in val Sangone e delle opere esterne, XVII e XVIII secolo: 1) trinceramento ovest a salienti e rientranti; 2) redan all’estremità est del trineramento avanzato; 3) tenaglia doppia o bonetto occidentale; 4) redan avanzato meridionale; 5) piccola linea a redan sul fronte est; 6) corpo di fabbrica del forte a stella del Sellery; 7) area d’ingombro del baraccone rettangolare oggi crollato (foto-elaborazione Sconfienza; da MINOLA 2006b)

Fig. 51

Veduta aerea del forte del Sellery in val Sangone e delle sue opere esterne (foto Sconfienza)

124

Fig. 52

Veduta panoramica da sud-ovest del forte del Sellery e delle opere avanzate occidentali, XVII - XVIII secolo (foto Sconfienza)

Fig. 53

Veduta dalla gola della tenaglia doppia ad ovest del forte del Sellery, inizio XVIII secolo, sullo sfodo il colle della Roussa (foto Sconfienza)

125

Fig. 54

Forte del Sellery, area interna alla fortificazione con il crollo e i resti del baraccone (foto Sconfienza)

Fig. 55

Veduta aerea generale della valle Varaita di Chianale fra Casteldelfino e la borgata Genzana: 1) borgata del Villareto; 2) sito detto «La Vignasse», al raccordo fra le linee difensive del bosco de La Levée e di Vallanta, occupato da una batteria nel 1743 e dal forte San Carlo nel 1744; 3) vallone di Vallanta; 4) borgata e rocco di Castello e diga moderna a sbarramento del torrente Variata; 5) area alle falde del versante nord della dorsale di Pietralunga, occupato dal forte Bertola nel 1744; 6) lago artificiale moderno, creato dalla diga di Castello, che ha sommerso le antiche borgate di «Château de Pont» e Chiesa; 7) cima di monte Passet, sito della ridotta del 1744; 8) cima di monte Cavallo, sito del primo posto di guardia avanzata del 1744; 9) cima della Battagliola, sito del secondo posto di guardia con ridotta del 1744; 10) passo o colletto della Battagliola; 11) massiccio roccioso del monte Pietralunga; 12) passo del Buondormir; 13) massicco roccioso del monte Ferra (foto-elaborazione Sconfienza)

126

Fig. 56

Rappresentazione delle linee a redan di Vallanta e a alla destra della Varaita di Chianale con le borgate di Château de Pont, Villareto, i forti San Carlo e Bertola e le due ridotte degli Apiols, 1744 (AS.TOCorte, Piano in misura della valle di Varajta e di Bellino, per il secondo affare di Casteldelfino, Storia della Real Casa, Storie Particolari, Carlo Emanuele III, Disegni e Piani de’ Campamenti, Ordini e Battaglia, trincieramenti, e Tabelle per l’Istoria Militare delle Campagne di S. M. il Re Carlo Emanuele III degli anni 1742 ad 1748; Mazzo 24, categ.a 1; da SCONFIENZA 2009)

Fig. 57

Zona allo sbocco del vallone di Vallanta sulla sinistra della Varaita di Chianale con tracce di redan al raccordo fra la linea di Vallanta e quella del Villareto, 1744 (foto-ricostruzione Sconfienza)

127

Fig. 58

Raffigurazione delle linee a salienti e rientranti che collegano il monte Passet e la sua ridotta con le borgate di Château de Pont e Ribiera, 1744 (AS.TOCorte, Tipo delle Valli di Varaita e Bellino con l’attacco di Pietra Longa seguito il giorno delli 19 luglio 1744, Carte Topografiche e Disegni, Carte Topografiche per A e B, Vraita 2; da SCONFIENZA 2009)

Fig. 59

Tracce del primo tratto a redan della linea di raccordo fra il forte Bertola e la ridotta del monte Passet alla destra della Varaita di Chianale, 1744 (foto-rielaborazione Sconfienza)

128

Fig. 60

Veduta aerea del colle della Bicocca con le tracce dei grandi salienti del fronte meridionale del campo trincerato, 1744 (foto Sconfienza)

Fig. 61

Trinceramenti del colle delle Vallette fra i colli dell’Assietta e delle Fattières lungo la dorsale spartiacque fra le valli del Chisone e di Susa, 1709 - 1796 (da AS.TOCorte, Carte topographique en mesure d’une partie des Vallées d’Oulx et Pragelas, Carte Topografiche e Disegni, Carte Topografiche per A e B, Pragelato 1)

129

Fig. 62

Trinceramenti fra il forte di Exilles e il colle dell’Assietta con le opere di Costabella, Corbiera, della Brusà e della Cravassa, 1709 1745 (da AS.TOCorte, Carte topographique en mesure d’une partie des Vallées d’Oulx et Pragelas, Carte Topografiche e Disegni, Carte Topografiche per A e B, Pragelato 1)

Fig. 63

Carta con ricostruzione filologica dei trinceramenti della Fig. 62 (da PATRIA 1983)

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Fig. 64

Fortificazioni campali sulle alture alla sinistra della Dora presso Exilles: A) Exilles e San Colombano; B) trinceramenti di Serre la Garde e Bessey; C) trinceramenti di San Colombano; D) ridotta di La Routte; E) ridotta di La Touche; F) ridotta di La Combe; G) ridotta di Malavia; H) trinceramenti e ridotta di La Salette e Serre Chafaut; ridotta e trinceramenti di La Doire; K) ridotta di La Corbiere; L) ridotta di La Cravasse; N) ridotte e trinceramenti dei Quattro Denti; O) ridotte e trinceramenti del Vallone, 1709 (AS.TOCorte, Cartes des Vallées d’Exilles, Oulx, Bardonneche, et Cezane, Carte Topografiche e Disegni, Carte Topografiche per A e B, Susa 5; da SCONFIENZA 1996)

Fig. 65

Piazzaforte di Susa intorno al 1692 con i trinceramenti del borgo dei Cappuccini e di quello dei Nobili, corrispondenti al settore centrale del fronte est del campo trincerato progettato da Vauban verosimilmente fra il 1690 e il 1692 (Collezione Peyrot, Plan de la Ville de Suse en Piemont, s.l., s.d.; da PEYROT 1986, p. 82 n. 67)

131

Fig. 66

Ricostruzione sommaria dello schema compositivo dei trinceramenti del campo vaubaniano di Susa in base alle carte: Anonimo, Plan de la ville et cittadelle de Suze auec les enuirons, s.l., s.d. (ante 1707; Archives de l’Isere - Grenoble, 738 II C) e Deforgis, Plan de la Ville et Citadelle de Suze en 1707, s.l., 1707 (Bibliothèque Nationale de France - Paris, Richelieu, Cartes et Plans, V b 4, Italie; in PEYROT 1986, p. 104, n. 87): 1) abitato di Susa e mura romane 2) forte di Santa Maria 3) ridotta Catinat e trinceramenti a difesa dell’estremità est del massiccio della Brunetta 4) trinceramenti a difesa dell’estremità ovest del massiccio della Brunetta 5) trinceramento del borgo dei Cappuccini 6) trinceramento del borgo dei Nobili 7) trinceramento dei «Cordeliers» 8) trinceramento dei «Faukons» sul monte «Coursier» 9) proseguimento di 8 oltre il «Plan Barail» sul monte «Rapra» 10) proseguimento di 8 e 9 sul monte «Marcal» 11) ridotta «du pas de l’Asra» 12) ridotta di «Cravaille» (rielaborazione-Sconfienza)

132

Fig. 67

Forte delle Fattières, tratto a cremagliera al raccordo fra i settori ovest e nord, particolare dal rilievo archeologico del 2007 (disegno di Carlo Gabaccia)

Fig. 68

Raffigurazione del complesso difensivo del Principe Tommaso sopra La Thuile con i siti di Mont du Parc, Plan Pratz, Thèraz, colle della Croce (AS.TOCorte, Plan de la haute V. d’Aoste, et des deux prin.les positions du coté de la Savoie, Carte Topografiche e Disegni, Carte Topografiche Segrete, Aosta A1 ROSSO)

133

Fig. 69

Rilievo della linea a redan e bastioni in località Thèraz, meglio nota con l’appellativo di trinceramenti del Principe Tommaso, 1704 1796 (da Le Sysytème 2006)

Fig. 70

Veduta aerea dei trinceramenti del Principe Tommaso: 1) linea a redan e bastioni; 2) freccia/rivellino avanzato a difesa del varco d’ingresso dei trinceramenti; 3) settore del trinceramento scalare a cremagliera a dominio di La Balme; grande baraccone ad U di Saint-Maurice (foto-rielaborazione Sconfienza)

134

Fig. 71

Trinceramenti del Principe Tommaso, in località Thèraz, sezione con spalto, controscarpa in opera a secco, fossato, muro di scarpa in opera a secco per il contenimento del ramparo in terra, culminato dai muretti di parapetto in pietre e banchina di tiro (da Le Sysytème 2006)

Fig. 72

«Vue du Camp du Prince Thomas déssiné en 1795 de la Combe de Volla» tratta dal Plan de la haute V. d’Aoste, et des deux prin.les positions du coté de la Savoie (AS.TOCorte, Carte Topografiche e Disegni, Carte Topografiche Segrete, Aosta A1 ROSSO)

135

Fig. 73

Linea trincerata di collegamento fra la Combe des Moulins e il Col de la Traversette nel comprensorio del Piccolo San Bernardo (foto Sconfienza)

Fig. 74

Linea trincerata di collegamento fra la Combe des Moulins e il Col de la Traversette nel comprensorio del Piccolo San Bernardo (foto Sconfienza)

136

Fig. 75

Trinceramento di comunicazione fra la ridotta del colle delle Finestre e la fontana dei Cacciatori, a sud della fortificazione; confronto con la carta storica, 1709 - 1796 (da AS.TOCorte, Carte topographique en mesure d’une partie des Vallées d’Oulx et Pragelas, Carte Topografiche e Disegni, Carte Topografiche per A e B, Pragelato 1; foto-rielaborazione Sconfienza)

Fig. 76

Col de la Traversette, batteria a forma di freccia poco più a valle della Redoute Sarde, rivolta verso la Combe des Moulins, 1793 (foto Sconfienza)

137

Fig. 77

Grande redan dei trinceramenti del Piccolo San Bernardo al centro del vallone del Reclus, 1743, 1793 (foro-elaborazione Sconfienza)

Fig. 78

Cammino coperto ovest avanzato del forte delle Fattières a forma di grande freccia, puntata sull’omonimo colle (foto-elaborazione Sconfienza)

138

Fig. 79

Tenaglia di complesso all’estremità nord della linea del Principe Tommaso (da Le système 2006)

Fig. 80

Carta con ricostruzione filologica del forte San Ruggero e opere del Vallone e della cima dei Quattro Denti a dominio di Exilles sulla sinistra della valle della Dora, 1709 - 1796 (da Patria 1983)

139

Fig. 81

Particolare di carta antica con le fortificazioni del Vallone e dei Quattro Denti nel 1709 (AS.TOCorte, cartes des Vallées d’Exilles, Oulx, Bardonneche, et Cezane, Carte Topografiche e Disegni, Carte Topografiche per A e B, Susa 5; da SCONFIENZA 1996)

Fig. 82

Veduta panoramica della dorsale fra la cima del Vallone e quella dei Quattro Denti con tracce evidenti delle fortificazioni settecentesche (foto Sconfienza)

140

Fig. 83

Forte delle Fattières, tenaglia terminale del settore nord, 1709 - 1796 (foto-elaborazione Sconfienza)

Fig. 84

Forte delle Fattières, tenaglia doppia/bonetto interna al settore ovest, 1709 - 1796 (foto-elaborazione Sconfienza)

141

Fig. 85

Forte delle Fattières, tenaglia doppia/bonetto terminale del settore nord retroposto alla tenaglia della Fig. 83, 1709 - 1796 (foto-elaborazione Sconfienza)

Fig. 86

Raffigurazione della cosiddetta ridotta dei Valdesi, con due opere a redan nella carta dedicata all’Assietta nell’atlante di Daniele Minutoli, 1747 (AS.TOCorte, Storia della Real Casa, Storie Particolari, Carlo Emanuele III, Disegni e Piani de’ Campamenti, Ordini e Battaglia, trincieramenti, e Tabelle per l’Istoria Militare delle Campagne di S. M. il Re Carlo Emanuele III degli anni 1742 ad 1748; Mazzo 24, categ.a 1)

142

Fig. 87

Veduta aerea del complesso della «Redoute Sarde» alle falde del monte Valaisan, 1793: 1) baraccone di guardia; corpo di piazza della ridotta a redan; 3) trincea nel pendio del tipo LA1; 4) batteria a freccia della Fig. 76; 5) percorso terrazzato d’accesso alla ridotta; 6) piano del Col de la Traversette (foto-elaborazione Sconfienza)

Fig. 88

Vista frontale del saliente della «Redoute Sarde» a due ordini di tiro, sullo sfondo la cima del monte Valaisan, 1793: 1) trinceramento del primo ordine di tiro; 2) trinceramento del secondo ordine di tiro; 3) piano del primo ordine di tiro (foto-elaborazione Sconfienza)

143

Fig. 89

Forte delle Fattières, ridotta sommitale a redan del monte Pintas, saliente della freccia, 1709 - 1796 (foto Sconfienza)

Fig. 90

Forte delle Fattières, ridotta sommitale del monte Pintas, particolare dal rilievo archeologico del 2007 (disegno di Carlo Gabaccia)

144

Fig. 91

Forte delle Fattières, ridotta sommitale a redan del monte Pintas, saliente della freccia con ingombri e asse capitale (foto Sconfienza)

Fig. 92

Forte delle Fattières, area interna con resti in fondazione del baraccone rettangolare, 1709 - 1796 (foto Sconfienza)

145

Fig. 93

Fig. 94

Colle della Croce a dominio del campo del Principe Tommaso, ridotta quadrata estrema sud con la comunicazione a trinceramenti paralleli, 1704 - 1796 (da Le Système 2006)

Chivasso 1705, trinceramenti di comunicazione con la sponda sinistra del Po e testa di ponte sulla sponda destra (da Chivasso e Castagneto 2007)

Fig. 95

Ridotta quadrata avanzata rispetto ai trinceramenti del Piccolo San Bernardo nel vallone del Reclus, 1743 - 793: 1) corpo di fabbrica della ridotta; 2) area presunta del baraccone; 3) antico percorso della grande route del colle (foto-elaborazione Sconfienza)

146

Fig. 96

Ridotta con fronte a tenaglia e tergo a freccia, ad ovest del forte delle Fattières e a guardia dell’omonimo colle, 1709 – 1796 (foto-rielaborazione Sconfienza)

Fig. 97

Veduta aerea del settore occidentale del campo di Laz Arâ, 1704: 1) campo trincerato; 2 ) ridotta a tenaglia detta dell’Alpeggio (foto-elaborazione Sconfienza)

147

Fig. 98

Sopra: rilievo archeologico delle consistenze attuali della ridotta estrema occidentale del campo dell’Assietta ed isolamento dell’area verosimilmente appartenente alla fase iniziale del 1747 (da Assietta 1997) Sotto: particolare della Carte Topographique en mesure des Retranchemens de La Siete, Chereun, Vallons des Morts, Grand Lac, La Vallette, et de la Ruine & c., raffigurante la ridotta estrema occidentale dei trinceramenti dell’Assietta alla metà del XVIII secolo (Archivio di Stato di Torino, Sezione di Corte, Carte topografiche e disegni, Carte topografiche per A e B, 35, Assietta, 1; da Assietta 1997)

148

Fig. 99

Sopra: veduta aerea della «Redoute Ruinée», Piccolo San Bernardo: 1) piano del Col de la Traversette 2) fronte settentrionale della ridotta ottocentesca che ripercorre l’andamento di quello della ridotta del 1793, di cui si colgono i due salienti est e nord della tenaglia; 3) piazza alta della ridotta ottocentesca, corrispondente a quella interna della ridotta del 1793 con traccia rettangolare del baraccone antico; 4) piazza bassa della ridotta ottocentesca; 5) strada coperta con trinceramenti in pietre a secco del 1793 per l’accesso al Col de la Traversette Sotto: veduta della «Redoute Ruinée» dalla «Redoute Sarde»: 1) redan orientale ristrutturato nel XIX secolo e corrispondente al corno est della tenaglia della ridotta del 1793; 2) redan settentrionale ristrutturato nel XIX secolo e corrispondente al corno nord della vecchia tenaglia; 3) piazza alta della ridotta ottocentesca, corrispondente a quella interna della ridotta del 1793; 4) fronte meridionale della piazza alta della ridotta ottocentesca, corrispondente a quello sud della ridotta del 1793; 5) piazza bassa della ridotta ottocentesca; 6) piano del Col de la Traversette; 7) avancorpo della «Redoute Ruinée» aggiunto fra XIX e XX secolo (foto-elaborazione Sconfienza)

149

Fig. 100

La cosiddetta «Butta del Fogliero», ridotta a tenaglia in località Plan Partz d’appoggio alla linea del campo del Principe Tommaso in Val d’Aosta, 1704 – 1796 (da Le Système 2006)

Fig. 101

Veduta generale della ridotta a tenaglia di Plan Pratz, 1704 – 1796 (da Le Système 2006)

150

Fig. 102

Le ridotte di Catinat, degli Aiduchi, dell’Albergian e d’Andorno, a dominio e difesa del borgo di Fenestrelle del forte Mutin alla destra del Chisone, realizzate dai Francesi e ristrutturate dai Piemontesi nel corso del XVIII secolo, 1692 - 1796 (da AS.TOCorte, Carte topographique en mesure d’une partie des Vallées d’Oulx et Pragelas, Carte Topografiche e Disegni, Carte Topografiche per A e B, Pragelato 1)

Fig. 103

Veduta aerea del centro del settore occidentale del campo dell’Assietta con a sinistra la Prima Ridotta dell’Assietta e a destra la Ridotta a Stella, collegate dalla comunicazione a redan simmetrici, 1747 (foto-elaborazione Sconfienza)

151

Fig. 104

Veduta aerea della parte nord centro del settore occidentale del campo dell’Assietta con a sinistra in alto La Seconda Ridotta dell’Assietta e i trinceramenti del margine nord; al centro le tracce a linee parallele degli accampamenti del 1747 simmetrici (foto-elaborazione Sconfienza)

Fig. 105

Porzione inferiore dei trinceramenti fra Chivasso e Castagneto, 1705; ai numeri: 6) testa di ponte; 5) ridotta di Contrabuc; 11) ridotta del Truchetto; 89) avancorpo quadrangolare di Bric dell’Oca; 34) avancorpo a tenaglia di San Genesio e ridotta francese a stella della cascina Capella; 10) ridotta di San Grato (da Chivasso e Castagneto 2007)

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Fig. 106

Porzione superiore dei trinceramenti fra Chivasso e Castagneto, 1705; ai numeri: 19) ridotta al Bricco del Castlass; 20) grande ridotta del borgo di Castagneto; 23) avancorpi dei Tetti Serra; 22) ridotta del Bricco del Vaj (da Chivasso e Castagneto 2007)

Fig. 107

Veduta aerea del Piccolo San Bernardo e del vallone del Reclus: 1) ridotta e opere avanzate del Dou de La Motte, 1704 - 1796; 2) setttore centrale dei «Retranchements Sardes»; 3) avancorpo dei «Retranchements Sardes» alla sinistra del Reclus (foto-elaborazione Sconfienza)

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Fig. 108

Veduta panoramica del Dou de la Motte e dell’area occupata dalla fortificazione settecentesca (foto-elaborazione Sconfienza)

Fig. 109

Dou de la Motte, tracce sul terreno della tenaglia nord del forte (foto-elaborazione Sconfienza)

154

Fig. 110

Ridotta di monte Passet, sulla dorsale fra le Varaite di Bellino e di Chianale, 1744; Sopra: schizzo in misura delle consistenze attuali sul terreno; Sotto: rilievo antico corrispondente alla Pianta del Ridotto costrutto l’Anno 1744 sopra monte Cavallo volgarmente detto Pietra Longa (Archivio di Stato di Torino, Sezione di Corte, Carte topografiche e disegni, Carte topografiche segrete, monte Cavallo 16 A IV ROSSO; da SCONFIENZA 2009)

Fig. 111

Tenaglia del fronte occidentale della ridotta di monte Passet, corrispondente al tratto segnato A-B sulla carta antica della Fig. 110 (foto-elaborazione Sconfienza)

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Fig. 112

Fig. 113

Forte San Carlo, particolare di Fig. 112 (da SCONFIENZA 2009)

Fig. 114

Valle Varaita di Chianale, sistema difensivo fra Château de Pont e Villareto con i forti San Carlo e Bertola e la ridotta del Villareto, 1744; particolare di Fig. 56 (da SCONFIENZA 2009)

Forte Bertola, particolare di Fig. 112 (da SCONFIENZA 2009)

Fig. 115

Ridotta a baraccone all’estremità della porzione ovest dei trinceramenti del Piccolo San Bernardo, 1743 - 1793 (da Le Système 2006)

156

Fig. 116

Veduta della ridotta a baraccone all’estremità della porzione ovest dei trinceramenti del Piccolo San Bernardo, 1743 - 1793 (da Le Système 2006)

Fig. 117

Ridotta di Croaglie appartenente alle difese campali di Susa, 1690 in XVIII secolo (da PATRIA 1983)

157

Fig. 118

Baraccone delle Eaux Rousses lungo il cammino del Piccolo San Bernardo, 1793 (da Le Système 2006)

Fig. 119

Rilievo del baraccone rettangolare della «Redoute Sarde» al Col de la Traversette, 1793 (da Le Système 2006)

Fig. 120

Veduta da ovest del baraccone della «Redoute Sarde», 1793 (foto Sconfienza)

158

Fig. 121

Val Veny, trinceramenti di Combal, baraccone fortificato del terrazzo inferiore, 1743 - 1793 (foto Sconfienza)

Fig. 122

Val Veny, trinceramenti di Combal, baraccone fortificato del terrazzo superiore avanzato, 1743 - 1793 (foto Sconfienza)

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Fig. 123

Forte delle Fattières, baraccone del settore settentrionale, 1709 – 1796 (foto Sconfienza)

Fig. 124

Forte delle Fattières, baraccone del settore meridionale, 1709 – 1796 (foto Sconfienza)

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Fig. 125

Zoccolo in muratura a secco di uno dei molti baracconi in legno a monte del forte Bertola nella valle Varaita di Chianale, 1744 – 1793 (foto Sconfienza)

Fig. 126

Rilievo del grande baraccone ad U di Saint-Maurice poco a monte della linea fortificata del Principe Tommaso, 1704 - 1796 (da Le Système 2006)

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Parte Quarta

Bibliografia Generale

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Bibliografia Generale

La raccolta bibliografica seguente, ampia non per vana erudizione, ha come finalità la creazione di un repertorio ragionato e ordinato per tematiche, che permetta di penetrare nella materia affrontata sia nella prima sia nella seconda parte del volume; l’aspirazione è di fornire gli strumenti minimi aggiornati per orientarsi nell’Archeologia Militare dall’Evo Antico a quello Moderno, mantenendo naturalmente un’attenzione specifica per i contesti piemontesi e sabaudi, ai quali sono dedicati i presenti studi. La raccolta bibliografica concretamente è stata divisa in due grandi sezioni, la prima dedicata alla documentazione manoscritta, la seconda alla produzione edita della letteratura specialistica. Le abbreviazioni della bibliografia generale sono state ulteriormente divise in sei sezioni, Metodologie, Archeologia e Storia Militare Antica e Medievale, Trattatistica e Memorialistica Militare Moderna, Architettura Militare Moderna, Fortificazione Campale, Archeologia Militare Moderna, Storia Militare, Politica, Strategica e Territoriale, per agevolare l’individuazione dei testi in base agli argomenti e l’utilizzo dei medesimi in fase di studio. Segue alla suddivisione ragionata lo svolgimento unitario delle abbreviazioni in ordine alfabetico Suddivisione ragionata per argomenti § Epistemologia Archeologica e Metodologie BALUT-BRUNEAU 1997, CAMBI-TERRENATO 2004, CARMAN 2005, CROSSLEY 1997, FRANCOVICHMANACORDA 2000, FREEMAN-POLLARD 2000, GUZZO 1997, HARARI 1999, LO SCHIAVO 1997, MANNONI 1997, MILANESE 1997a, MILANESE 1997b, MILANESE 1997c, MORENO 1997, PANTÒ 1997, POLLARD-BANK 2005, RENFREW-BAHN 2006, SMITH 2000, SUTHERLAND 2005, SCOTTBABITS 2009, THORPE 2003, TOSCO 2009 § Archeologia e Storia Militare Antica e Medievale ADAM 1982, ALBENDA 1986, Alpis Graia 2006, ANGLIM ET A. 2002, BARNETT 1976, BARNETTFALKNER 1962, BAUCHENHESS 1978, BAZZANA 2002, BEFFEYTE 1994, BÉNARD 1996, BENNET ET A. 2005, BENTLEY KERN 1999, BIDWELL 1997, BORDONE-VIGLINO DAVICO 2001, BRANDS 1988, DELAIR 1882a, BRADBURY 1992, BREASTED 1903, BREASTED 1930, BREEZE 1982, CADARIO 2004, CAMPBELL 2006, CAMPBELL-DELF 2006, CAMPBELL-HOOK 2005a, CAMPBELL-HOOK 2005b, CARITÀ 1985, CASCARINO 2007, CASCARINO 2010, CASSI RAMELLI 1964, Castrum Radi 1992, CERINO BADONE 2005, CHÂTELAIN 1973, CHIARAMONTE TRERÉ 1986, CIFOLA 1988, COARELLI 1984, CONTAMINE 1980, COZZI 1968, CURTO 1970, DAVIES 2006, DÉMIANS D’ARCHIMBAUD 1980, DÉMIANS D’ARCHIMBAUD 1994, DE GALBERT 2008, DOPPELFELD 1974, DU MESNIL 1936, DU MESNIL 1944, ELTON 1996, FARROKH 2007, FIELDS-DELF 2006, FIELDS-SPEDALIERE 2004, FIELDS-SPEDALIERESULEMSOHN SPEDALIERE 2004, FRANCOVICH-NOYÉ 1994, FRANCOVICH-PARENTI 1987, FRANCOVICH-VALENTI 1997, FRERE-SAINT JOSEPH 1983, GARLAN 1974, GELICHI 1997, GONDOIN 2007, GREPPI 2008, GROS 2001, GROS 2002, HANSON 1990, HELLMANN 2010, HILL 2006, HOGG 1982, KAUFMANN 2001, Kaulonia I 1989, KENNEDY-RILEY 1990, KRISCHEN 1941, INVERNIZZI 1992, LA BAUME 1964, LANDER 1984, LE BOHEC 1989, LE GALL 1989, LIBERATI-SILVERIO 1988, LUISI 1996, LUTTWAK 1986, LUTTWAK 2009, MAGUERON 2003, MAIURI 1930, MANCINI 2001, MANSUELLI 1981, MARSDEN 1969, MARSDEN 1971, MCDERMOTT 2002, MCDERMOTT 2004, MCNICOLL 1997, MERLO 165

2004, MEUSZYNSKY 1981, MICHELETTO-VENTURINO GAMBARI 1991, MOORGAT CORRENS 1989, MORENO 2000, NAPOLI 1997, NOSSOV 2006, NOSSOV-DELF 2009, NOYÉ 1988, PALEY-SOBOLEWSKI 1987-1988, PATERSON 1915, POISSON 1992, QUERCIOLI 1982, QUILICI-QUILICI GIGLI 2001, RACHET 1993, REDDÉ 1996, REDDÉ ET A. 2006, REDDÉ-VON SCHNURBEIN 2001, ROGERS 1992, Römer-Rhein 1967, RUSSO 2002, RUSSO 2004, RUSSO 2005a, RUSSO 2005b, SÀEZ ABAD 2007, SCONFIENZA 1998, SCONFIENZA 2005a, SETTIA 1984, SETTIA 1991, SETTIA 1993a, SETTIA 1993b, SETTIA 1996, SETTIA 1999, SETTIA 2002, SETTIA 2006, SETTIA 2008, SHAW 1991, SIROT 2007, SNODGRASS 1991, SPALINGER 1980, SPALINGER 2005, S TEARNS 1961, TODARO 2003, TODD CAREY 2005, TODD CAREY 2006, TOSCO-VIGLINO DAVICO 2003, TRÉZINY 1999, Valbonne 1986, VAN OSSEL 1992, VANNINI 1987, VERDIANI BANDI 1926, VIANELLO 1896, VIGLINO DAVICO 1979, VIGLINO DAVICO-DELLAPIANA TIRELLI 2000, VIGLINO DAVICO ET A. 2007, WALBURG 1992, WATSON 1969, WEBSTER 1969, WILLIAMS 1996; WINTER 1971 § Trattatistica e Memorialistica Militare Moderna1 ALGHISI 1570, ALIMARI 1692, ANONIMO s.d.1, ANONIMO s.d.2, ANONIMO s.d.3, ANONIMO s.d.4, ANONIMO s.d.5, ANONIMO s.d.6, ANONIMO 1697, BARDET DE VILLENEUVE 1742, BELLUCCI s.d., BELLUCCI 1598, BERNARD 1689, BLONDEL 1683, BOZZOLINO 1779, BUSCA 1585, BUSCA 1601, CATANEO s.d., CATANEO 1567, CATANEO 1571a, CATANEO 1571b, CATANEO 1608, CHIABLESE 1766, COEHOORN 1682, COEHOORN 1683, COEHOORN 1685, CUGNOT 1769, DATI s.d., D’EMBSER 1732 (2007), DE BÉLIDOR 1813, DE BOURCET s.d., DE BOURCET 1775, DE BOURCET 1801, DE CLAIRAC 1757, DE CORMONTAIGNE 1727-1742, DE CORMONTAIGNE 1803, DE CORMONTAIGNE 1806, DE CORMONTAIGNE 1809, DE FALLOIS 1768, DE GROOTE 1617, DE LA VERGNE 1698a, DE LA VERGNE 1698b, DE LA VERGNE 1700, DE MARCHI s.d., DE MARCHI 1599, DE MEDRANO 1696, DE MONTESSON 1742, DE PAAN 1682, DE PAAN 1683, DE PAGAN 1645, DE SAINT-JULIEN 1705, DE TAVANNES 1620, DE VAUBAN 1685, DE VAUBAN 1704, DE VAUBAN 1705, DE VAUBAN 1706, DE VAUBAN 1737, DE VAUBAN 1739, DE VAUBAN 2002, DE VILLE 1628, DE VILLE 1640, DEL CASTRONE 1733, DELLA ROCCA s.d., DELLA ROVERE 1583, DI GIORGIO MARTINI s.d., DI VITTORIO GHIBERTI s.d., DU FAY 1681, DU FAY-DE CAMBRAY 1694, ERRARD DE BAR-LE–DUC 1600, FIAMMELLI 1604, FILARETE s.d., FLORIANI 1630, FRITACH 1635, GALILEI s.d., GALLACINI s.d., GALLEANI D’AGLIANO 1840, HONDIUS 1625, LANDSBERG 1718, LANTERI 1557, LANTERI 1559, LORINI 1597, LORINI 1609, LUPICINI 1582, MAGGICASTRIOTTO 1564, MAGGI-CASTRIOTTO 1584, MAGNELLI 1694, MALACREDA s.d., MANESSON MALLET 1685, MOLZA 1691, MOORE 1673, MORA 1567, MORA 1570, OGLIANI 1795, Oisivetés 2007, OROLOGI s.d., PAPACINO D’ANTONI 1770a, PAPACINO D’ANTONI 1770b, PAPACINO D’ANTONI 1770c, PAPACINO D’ANTONI 1780, PAPACINO D’ANTONI 1782, PATROCLI s.d., PORRONI 1676, Projets 17711772, PUCCINI 1558, ROZARD 1731, RUTA s.d., RUTA 1701, SARDI 1618, SARDI 1627, SARDI 1639, SAUVEUR 1713, SCAMOZZI s.d., SCAMOZZI 1615, SEVERINI 1970, SPECKLE 1589, STEVIN 1594, TARTAGLIA 1554, TENSINI 1624, THETI 1569, THOMASSIN 1712, TRINCANO 1768, YPEIJ 1777 § Architettura Militare Moderna AMIRANTE-PESSOLANO 2008, Architetti-Piemonte 2008, AttiAM 2000, Atti Canavese 1998, BARDE 2006, BARGHINI 1993, BARRERA 2002, BARROS ET A. 2006, BLANCHARD 1979, BLANCHARD 1981, BLANCHARD 1996, BELTRUTTI 1975, BERTHIER-BORNECQUE 2001, BLIECK ET A. 2002, BONARDI 1987, BRAGARD 2007, BRAYDA-COLI-SESIA 1963, BRIALMONT 1869, BRISAC-FAUCHERRE 1993, BRUNO 1998, CAMADONA 1973, CANAVESIO 1994, CAVALLARI MURAT 1968, COMITÉ-ART 1979, COMOLI MANDRACCI 1975, CORINO 1999, CORINO 2001, CORVISIER-WARMOES 2008, CRESTI ET A. 1988, DELAIR 1882a, DELAIR 1882b, DE SETA-LE GOFF 1989, DUFFY 1979, DUFFY 1985, DUFFY 1996a, Exilles 2003a, Exilles 2003b, FARA 1989, FARA 1993, FAUCHERRE 1991, FAUCHERRE-PROST 1

Lo scioglimento di alcune delle sigle appartenenti al seguente elenco sono da ricercare anche nella sezione dedicata alla documentazione manoscritta, non trattandosi di fonti a stampa.

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1992, GARIGLIO 1997, GARIGLIO 1999b, GARIGLIO 2000, GARIGLIO 2001, GARIGLIO-MINOLA 1994, GARIGLIO-MINOLA 1995, GORI 2007, HERMANN 1992, HOGG 1982, KLEIN 2003, LANGINS 2004, LOGGIA-QUACCIA 2001, MARINO 2005, MAROTTA 1990, MAROTTA 1991, MAROTTA 1992, MAROTTA-COMOLI MANDRACCI 1995, MINOLA-RONCO 1998, MINOLA-RONCO 2002, MONSAINGEON 2007, PATRIA 1983, PELAZZA 1968, Plans-Reliefs 2007, PONZIO 2000, PORRET 1998, PROMIS 1871 (1973), PROST 2007, ROCCHI 1894, ROCCHI 1908, ROCHAS D’AIGLUN 1910, ROCOLLE 1993, RUSSO 1989, RUSSO 1994, RUSSO 2005c, SCONFIENZA 2000, SIGNORELLI 1995, SIGNORELLI 1998, SNEEP 1982, TONINI 2004, TREU 1982, TRUTTMANN 1993, TZONIS-LEFAIVRE 1989, VAN DEN HEUVEL 1988, VAN DEN HEUVEL 1989, VAN DEN HEUVEL 2002, VAN SIJPESTEYN 1860, Vauban-bâtisseur 2007, Vaubanplume 2007, VICHI 2006, VIGANÒ 2003, VIGLINO DAVICO 1987, VIGLINO DAVICO 1989, VIGLINO DAVICO 1992, VIGLINO DAVICO 1998, VIGLINO DAVICO 2000, VIGLINO DAVICO 2001, VIGLINO DAVICO 2005, VIGLINO DAVICO-BRUNO JR. 2007, VIROL 2003, VIROL 2007 § Fortificazione Campale Assietta 1997, BARBERIS 2009, BENZIO 1998, BOTTINEAU FUCHS 1993, DEMOUZON 2008, DUFOURVANNI DESIDERI 2003-2004, DUFOUR-VANNI DESIDERI 2006, GEIST 1999-2000, GEIST 2000-2001, Le système 2006, MINOLA 2000, MINOLA 2001b, MINOLA 2006b, PALUMBO 2006, PONZIO 2003, RAFFAELLI 2006, ROCCHI 1913, SALUARD 2002, SCONFIENZA 1996, SCONFIENZA 2003, SCONFIENZA 2004, SCONFIENZA 2005c, SCONFIENZA 2007, SCONFIENZA 2008-2009, SCONFIENZA 2009, VAIREAUX 1991, VAN MOL 1994 § Archeologia Militare Moderna2 AGACHE 1986, Alpis Graia 2006, AMORETTI 1978, AMORETTI 2000, AMORETTI-MENIETTI 2000, ANIBALDI RANCO 2007, BEVILACQUA-PETITTI-ZANNONI 2006, BEVILACQUA-ZANNONI 2006, BEVILACQUA-ZANNONI 2007, BOGLIONE 2003, BOGLIONE 2006, BOGLIONE 2010, BRZEZINSKI 2001, CASTIGLIA 2000, CHARTRAND 2000a, CHARTRAND 2000b, CHARTRAND 2004, CHARTRAND 2005, CHARTRAND 2006, CHARTRAND 2008 CHARTRAND 2010, DE QUESADA 2010, HARRINGTON 1994, HARRINGTON 2003, KONSTAM 1994, Marsaglia 1992, MAZZOGLIO-ANIBALDI RANCO 2007, MCNALLY 2005, MILLAR 2001, MILLAR 2002, MILLAR 2003, MORRISSEY 1997, PETARD 1984, PETITTI-ZANNONI 2003, PEYRONEL 2007, RAPAILLE 1991, REID 2002, REID 2003, RORIVE 1998, Septentrion 2007, TINCEY 2004, VASCHETTO 2008, VASCHETTO 2009, Verrua 2004, WIGGINS 2001, ZANNONI 2000 § Storia Militare, Strategica, Politica e Territoriale Moderna ALES 1989, ALIPRANDI 2005, ALIPRANDI 2007, Alpis Graia 2006, AMORETTI 1996, AMORETTI 1997, AMORETTI 2003, ARGIOLAS 1991, ARVERS 1888, ARVERS-DE VAULT 1892, Armata Reale di Francia 2008, Ascesa verso il Regno 2007, Atlas-Militaires 2003, AUDISIO 2004, AUGOYAT 1860-64, BALANI 2005, BALANI 2006, BALANI 2007, BALANI-BENEDETTO 2006, BARBERIS 1988, BAUER 1998, Battaglie in Piemonte 1993, BELFANTI-ROMANI 1987, BELTRUTTI 1979, BIANCHI 1996, BIANCHI 2002, BIANCHI 2007, BIANCHI-GENTILE 2006, BIANCHI-MERLOTTI 2002, BOCCA 2006, BOCCA GHIGLIONESALAMON 2002, BOIS 1996, BORSARELLI-CORBELLI 1935, CELI 2006, BOSSO 2005, BOUSQUETBRESSOLIER 1999, BRANCACCIO 1922-23, BRANCACCIO 1923-25, BROWNING 1995, BUFFA DI PERRERO 1887, Campagne-Eugenio 1889-1902, Campagne-Piemonte 1907-1933, CAPACCIO-DURANTE 2

In questo elenco sono raccolte non solo le abbreviazioni delle pubblicazioni che trattano argomenti rispondenti alla definizione data in questa sede all’Archeologia Militare, ma anche quelle dedicate a studi su eventi, materiali bellici, armamenti, infrastrutture e arte ossidionale, che si preoccupino di associare alla prospettiva storica e tassonomica anche quella interpretativa d’impiego nel suo preciso contesto storico o che abbiano compreso nella ricerca la ricognizione in situ.

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1993, CARASSI 1989, CARDINI 1982, CARLE-FAUVE CHAMOUX 2002, CASALEGNO 1975, CASALI 1990, CENAT 2010, CERINO BABONE 2007a, CERINO BADONE 2007b, CERINO BADONE 2007c, CERINO BADONE 2007d, CHAGNIOT 2001, CHANDLER 1994, CHANDLER 1995, CHANDLER 2000, CHANDLER 2004, CHILDS 1982, CHILDS 2001, Chivasso e Castagneto 2007, CHOMON RUIZ 1968, CHOMON RUIZ 1971, CIPOLLA 1969, COLSON 1999, COMBA-SERENO 2002, COMOLI 1997, CORINO 1997, CORNETTE 2000, CORVISIER 1997, CUNEO 1997, DABORMIDA 1891, DE ANTONIO 1911, DE CONSOLI 1999, DENYS-PARESYS 2007, DE TORRES ALDASORO 2004, DEL NEGRO 2001, DORN-ENGELMANN 1997, DRÉVILLON 2005, DUFFY 1987, DUFFY 1996b, DUFFY 2000, DUFFY 2003, DUFFY 2008, FASOLI 1997, FASOLI 2003, FEATHERSTONE 1998, FEDOTOVA 2005, FENOGLIO 1977, FIORENTIN 2006, GAIDE-MERENDET-PENNA 1996, GALANDRA-BARATTO 1999, GALVANO 2005, GANDILHON 2008, GARELLIS 2001, GARIGLIO 1999a, GARIGLIO 2005, GASCA QUEIRAZZA 2000, GUERRINI 1902 (1999), GUICHONNET 1986, HENDERSON 2005, ILARI-BOERI-PAOLETTI 1996, ILARI-BOERI-PAOLETTI 1997, ILARI-CROCIANI-PAOLETTI 2000, ILARI-PAOLETTI-CROCIANI 2000, ILARI-SHAMÀ 2008, Il teatro delle terre 2006, JEANMOUGIN 2005, JÖRGENSEN ET A. 2005, KREBS-MORIS 1891-1895, La Frontiera 1987, Le Alpi 1997, LESAGE 1992, LO FASO DI SERRADIFALCO 2009, LURAGHI 2000, LYNN 1997, LYNN 1999, LYNN 2002, MANDELLI-TESTA-SALA 2005, MARAZZI 2005, MARSTON 2001, MARSTON 2002, MERLA 1988, MINOLA 1998, MINOLA 2001a, MINOLA 2006a, MINOLA 2007, MINOLA-ZETTA 2007, MOLA DI NOMAGLIO ET A. 2007, MORIS 1886, NASI 2006, NORRIS 2005, OLIVEROSTERRANTINO 1992, OPPENHEIMER 1981, OSTWALD 2007, PACHOUD 1998, PAOLETTI 2001, PARKER 1990, PATRIA 1972, PEANO 1980, PELET-DE VAULT 1835-1862, PELL 1951, PEYROT 1986, PICAUD MONNERAT 2010, Piemont 1994, PIERI 1952, PINELLI 1854 (1989), PRAX 1997, PRESSENDA 2002, RAFFESTIN 1987a, RAFFESTIN 1987b, RATI 2003, RAVIOLA 2007, RICUPERATI 1987, RICUPERATI 2001, RICUPERATI 2007, ROHDICH 1997, RUGGIERO 1999, SALUZZO 1818, SANTANGELO-RE 2003, SCONFIENZA 2005b, SCONFIENZA 2008, SCHULTEN 2009, SIBILLA 1995, SIGNORELLI 1997, SIGNORELLI 2003, SIMONCINI 1987, SMITH ANDERSON 1995, Société Savoiarde 1998, S TERRANTINO 1992a, STERRANTINO 1992b, STERRANTINO 2002, SYMCOX 1989, SZABO 2008, TESTA 2000, TRABUCCO 1978, Truppe Leggere 2007, TURLETTI 1898, TURNBULL 2006, VERY 1997, VIRIGLIO 1930 (2006), YOUNG 2004 Manoscritti e documentazione d’archivio La documentazione manoscritta è posta in relazione con gli enti di conservazione e tutela tramite l’indicazione dei medesimi al termine dello svolgimento dell’abbreviazione. Quest’ultima è costituita dal cognome dell’autore o da parole significative della titolatura più l’anno di redazione. § Enti di conservazione AS.TOCorte Archivio di Stato di Torino, Sezione di Corte AS.TORiunite Archivio di Stato di Torino, Sezioni Riunite BNT Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino BRT Biblioteca Reale di Torino SHD-BG Service Historique de la Défense, Bibliothèque du Génie, Château de Vincennes, Paris

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§ Documenti e Trattati manoscritti ALGHISI 1570 G. ALGHISI, Delle fortificazioni di M. Galasso Alghisi da Carpi architetto dell’Eccellentiss. Signor Duca di Ferrara. Libri Tre, all’Illustrissimo Imperatore Massimliano Secondo Cesare Augusto, 1570 (BRT, Saluzzo F 201; BRT, I. 53. 38/1-2) ANONIMO s.d.1 ANONIMO, Trattato della Architettura Militare di Autore Anonimo. In Milano, prima metà del sec. XVIII (BRT, Manoscritti Saluzzo 141) ANONIMO s.d.2 ANONIMO, Trattato delle fortificationi moderne, copié litteralement sur le mss. autographe de la bibliothéque Re de Paris fonds de Versailles n. 77432 par A. Teules eléve pensre de l’Ecole Ne des Chartres, copia del sec. XIX (sec. XVII; BRT, Manoscritti Saluzzo 649) ANONIMO s.d.3 ANONIMO, Studij di Architettura Militare e di Euolutioni, e Squadroni raccolti sucintamente per conseruarne le specie a chi le hà già studiate, s.d. (secondo gli insegnamenti del Capitano Don Sebastiano Fernandez de Medrano, sec. XVII; BRT, Manoscritti Saluzzo 460) ANONIMO s.d.4 ANONIMO, Delle fortificazioni, s.d. (sec. XVI; BRT, Manoscritti Saluzzo 653) ANONIMO s.d.5 ANONIMO, Trattato di fortificazione continente il modo di fortificare piazze, reali castelli e città, nel modo di fortificarsi in campagna, s.d. (BRT, Manoscritti Saluzzo 480) ANONIMO s.d.6 ANONIMO, Trattato delle fortificazioni regolari e irregolari, s.d. (BRT, Manoscritti Saluzzo 461) ANONIMO 1697 ANONIMO, Trattato di fortificatione continente il modo di fortificare piazze reali, castelli e città e nel modo di fortificarsi in campagna; quale modo diuiso in architettura militare regolare e irregolare. Milano li 10 Giugno 1697, Milano 1697 (BRT, Manoscritti Saluzzo 480) BELLUCCI s.d. G. B. BELLUCCI, Trattato di fortificazione di terra, s.d., Codice Riccardiano n. 2587, copia del 1834 (secolo XVI; BRT, Manoscritti Saluzzo 77) CORSINI s.d. CORSINI, Trattato dell’architettura militare irregolare. Aggiuntovi un piccolo trattato di levar la pianta, s.d. (seconda metà sec. XVIII; BRT, Manoscritti Saluzzo 731) CHIABLESE 1766 B. M. M. DI SAVOIA DUCA DI CHIABLESE, Relation de mon voyage fait en 1766, 1766 (AS.TOCorte, Carte Topografiche e Disegni, Carte Toporafiche Segrete, Piemonte 2 F II ROSSO). DATI s.d. M. DATI, Trattato di fortificazione italiana .Ant. M.a Dati Cremonese. Codice autografo esistente nella Libreria Magliabecchiana Classe XIX: Palchetto 6. n° 11. Copiato dall’Architetto Carlo Chirici, Firenze 1833, s. l. s.d. (BRT, Manoscritti Saluzzo 310) DE MARCHI s.d. F. DE MARCHI, Trattato delle fortificazioni, s.d. (BRT, Manoscritti Saluzzo 275) DELLA ROCCA s.d. A. DELLA ROCCA, Dialogo del modo di ben guardare le fortezze, et provveder dalli abusi dell’entrare de’ forestieri, s.d. (BRT, Manoscritti Saluzzo 878) DI VITTORIO GHIBERTI s.d. B. DI VITTORIO GHIBERTI, Opera di Architettura, Codice manoscritto autografo in 4 segnato di N. 2 Classe XVII Palch: 7 tra i codici Mss della Libreria Magliabechiana di Firenze, copiato l’anno 1832 dall’architet-to Carlo Chirici, copia del 1832 (sec. XV; BRT, Manoscritti Saluzzo 83) FILARETE s.d. A. FILARETE, Trattato di Architettura di Antonio Filareto fiorentino, Cod. Ms. cartac. in f.o scritto nel Sec. XV. segnato di H. 30 alla Cl. XVII Palch. I tra i Codd. Mss. della Libreria Magliabecchiana di Firenze. Copiato dall’Architetto Carlo Chirici, anno 1832 (BRT, Manoscritti Saluzzo 292) GALILEI s.d. G. GALILEI, Trattato di fortificazione, da Codice anonimo Riccardiano, copia del sec. XVIII (BRT, Manoscritti Saluzzo 634) GALLACINI s.d. T. GALLACINI, Idea della Fortificazione per Teofilo Gallacini Matematico Sanese ad uso dell’Architettura Militare e dell’Arte della Guerra, Codice autografo esistente nella pubblica Libreria Comunale di Siena. Segnati di R.2 Gradi; IV: Scaffale 8, copiato l’anno 1840, copia del 1840 (sec. XVI; BRT, Manoscritti Saluzzo 267)

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LE CHARRON 1786 LE CHARRON, Petit traité de fortification de campagne, avec la méthode facile et abrégé de costruire les retranchements qui sont les plus nécessaires aux officiers d’infanterie. Par le Ch.r Le Charron, Lieutenant Fn. Premier au Regiment de Limosin, à l’Agayola en Corse, Agayola 1786 (BRT, Manoscritti Saluzzo 425) MAGNELLI 1694 B. MAGNELLI, Trattato di fortificazioni, 1694. verso: io B.ta Magnelli Fior.no., Firenze 1694 (BRT Manoscritti Saluzzo 774) MALACREDA s.d. F. MALACREDA, Parere dell’estrenuo Francesco Malacreda sopra la Fossa con acqua et asciuta, s.d., copia del 1835 (BRT, Manoscritti Saluzzo 243.7) MOLZA 1691 L. M. MOLZA, Tractatus de architectura militari, et aliis omnibus ad artem belli spectantibus. Excipiebat in Mutinensi Nobilium Collegium Ludovicus M. Molza eiusdem Collegii Coniunctor anno MDCXCI, Modena 1691 (BRT Manoscritti Saluzzo 464) OROLOGI s.d. F. OROLOGI, Breve ragioni del fortificare di Francesco Horologgi vicentino, s.d., copia del 1843 (BRT, Manoscritti Militari 62) PAPACINO D’ANTONI 1770a A. V. PAPACINO D’ANTONI, Reflexions préliminaires de M.r le Commendeur D’Antoni pour dresser un Projet de Defence, 1770 (AS.TOCorte, Materie Militari, Imprese militari, Mazzo 10 d’addizione n. 1) PAPACINO D’ANTONI 1770b A. V. PAPACINO D’ANTONI, Difensive pour nos Frontieres depuis le Petit S.t Bernard jusqu’au Mont Senis, 1770 (AS.TOCorte, Materie Militari, Imprese Militari, Mazzo 10 d’addizione n. 1) PAPACINO D’ANTONI 1770c A. V. PAPACINO D’ANTONI, Projet de difensive pour nos frontieres depuis le Mont Genevre jusqu’au Col de l’Argentiere, 1770 (AS.TOCorte, Materie Militari, Imprese Militari, Mazzo 10 d’addizione n. 1) PATROCLI s.d. B. PATROCLI, Trattato primo di fortificazione, s.d. (BRT, Manoscritti Saluzzo 307) Projets 1771-1772 Projets pour S.A.R.le Monseign. Le Duc de Chablais pour visiter La Savoie, et Le Duché d’Aoste. Itineraire de Turin à Beaucaire, 1771-1772 (AS.TOCorte, Materie Militari, Imprese Militari, Mazzo 13, n. 12). PUCCINI 1558 B. PUCCINI, Trattato di Fortificazioni, Codice Magliabe-chiano, segnato di 18 Pal. 9 Clas. 19, 1558 (copia del sec. XIX; BRT, Manoscritti Saluzzo 96) RUTA s.d. G. RUTA, L’arte di fortificare del prof. Giuseppe Ruta, s.l. s.d. (BRT Manoscritti Saluzzo 465) RUTA 1701 G. RUTA, Lettioni di fortificatione, ricevute nel Ducale Collegio di Parma, imparando dal Sig.r Giuseppe Ruta, Aledo Palazzi 1701, Parma 1701 (BRT Manoscritti Saluzzo 521) SAUVEUR 1713 J. SAUVEUR, Traité des fortifications, 1713 (SHD-BG, Mss in f° 16a, 41b, 62d) THOMASSIN 1712 M. THOMASSIN, Mémoires sur la fortification par M. Thomassin, ingénieur ordinaire du Roy. Traité general de la fortification moderne fondé sur les principes et les méthodes de la fortification de M. le maréchal de Vauban, trois volumes, 1712 (SHD-BG, Mss in f°9)

Bibliografia edita: svolgimento delle abbreviazioni ADAM 1982 J. P. ADAM, L’architecture militaire grecque, Paris 1982 AGACHE 1986 R. AGACHE, La poliorcétique revue d’avion. Le cas du siège d’Amiens par Henri IV, in «Ramage. Revue d’archéologie moderne et d’archéologie générale», 4, 1986, pp. 15-32 ALBENDA 1986 P. ALBENDA, The Palace of Sargon King of Assyria - Monumental Wall Reliefs at Dur-Sharrukin, from original drawings made at the time of their discovery in 1843-1844 by Botta and Flandin, C.N.R.S. Synthèse n. 22, Paris 1986 ALES 1989 S. ALES, Le Regie Truppe Sarde. Royal Sardinian Troops. (1750-1773), Milano 1989

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ALIMARI 1692 D. ALIMARI, Instruttioni militari appropriate all’Uso Moderno di Guerreggiare Opera Nuova Utile e necessaria à Professori dell’Onorata Disciplina della Militia divisa in tre libri di Doroteo Alimari consacrata alla Sacra Real Maestà di Giuseppe Leopoldo d’Austria, Norimberga 1692 ALIPRANDI 2005 L. ALIPRANDI, G. ALIPRANDI, Le Grandi Alpi nella cartografia 1482-1885, Volume I, Storia della cartografia alpina, Pavone Canavese 2005 ALIPRANDI 2007 L. ALIPRANDI, G. ALIPRANDI, Le Grandi Alpi nella cartografia 1482-1885, Volume II, Monviso, Piccolo San Bernardo, Gran San Bernardo, Monte Bianco, Cervino, Monte Rosa e i Walzer, Gran Paradiso, Scarmagno 2007 Alpis Graia 2006 Alpis Graia. Archéologie sans frontières au col du Petit-Saint-Bernard. Séminaire de clôture, Aoste, les 2, 3 et 4 mars 2006, Salle de Manifestations du Palais Régional, Aosta 2006 AMORETTI 1978 G. AMORETTI, Il sistema di contromine dell’antica Torino, in «Revue Internationale d’Histoire Militaire», 39, 1978, pp. 19-61 AMORETTI 1996 G. AMORETTI (a cura di), Cosseria 1796. Guerra, popolazione, territorio, Torino 1996 AMORETTI 1997 G. AMORETTI, Celebrazione di un anniversario, in Assietta 1997, pp. 11-47 AMORETTI 2000 G. AMORETTI, A 40 anni dalla scoperta della Scala di Pietro Micca, in AttiAM 2000, pp. 13-30 AMORETTI 2003 G. AMORETTI, Le ostilità nella Valle della Dora nel 1745: un episodio della Guerra della Prammatica Sanzione, in Exilles 2003b, pp. 47-60 AMORETTI-MENIETTI 2000 G. AMORETTI, P. MENIETTI, Riscoperta e valorizzazione del forte torinese detto Pastiss, in AttiAM 2000, pp. 31-56 AMIRANTE-PESSOLANO 2008 G. AMIRANTE, M. R. PESSOLANO (a cura di), Territorio, fortificazioni, città. Difese del regno di Napoli e della sua capitale in età borbonica, Napoli-Roma 2008 ANGLIM ET A. 2002 S. ANGLIM, P. G. JESTICE, R. S. RICE, S. M. RUSCH, J. SERRATI, Fighting techniques of the Ancient World 3000 BC - AD 500. Equipement, Combat Skills and Taktics, Staplehurst 2002 ANIBALDI RANCO 2007 M. ANIBALDI RANCO, Cartografia numerica delle opere di difesa e assedio di Torino del 1706 georeferenziata sulla cartografia tecnica regionale al 10.000, in MOLA DI NOMAGLIO ET A. 2007, pp. 279-284 Architetti-Piemonte 2008 M. VIGLINO DAVICO, A. CHIODI, C. FRANCHINI, A. PERIN, Architetti e ingegneri militari in Piemonte tra ‘500 e ‘700. Un repertorio biografico, Centro Studi e Ricerche Storiche sull’Architettura Militare del Piemonte, Torino 2008 Armata Reale di Francia 2008 V. BARBERIS, D. DEL MONTE, R. SCONFIENZA (a cura di), L’Armata Reale di Francia all’assedio di Torino. 1706, Atti della giornata di studi, 2 dicembre 2006, presso l’Istituto Quintino Sella di Torino con il patrocinio del Ministero della Pubblica Istruzione, in «Annales Sabaudiae. Quaderni dell’Associazione per la Valorizzazione della Storia e Tradizione del Vecchio Piemonte», 3, 2006, numero monografico, Torino 2008 ARGIOLAS 1991 T. ARGIOLAS, Armi ed eserciti del Rinascimento italiano. Condottieri e mercenari, architetti militari e fonditori di cannoni, compagnie di ventura e flotte poderose, Roma 1991 ARVERS 1888 P. ARVERS, Notice sur la famille, les services et les travaux de Pierre de Bourcet, Lieutenant Général des Armées du Roi, Annexe n. 1, in BOURCET 1775 (1888), pp. 243-256 ARVERS-DE VAULT 1892 P. ARVERS, F. E. DE VAULT, Guerre de la Succession d'Autriche (1742-1748), Mémoire extrait de la correspondance de la cour et des généraux par F. E. de Vault revu, annoté et accompagné d'un résumé et d’observations par P. Arvers, Voll. I-II, Paris-Nancy 1892 Ascesa verso il Regno 2007 1706. L’ascesa del Piemonte verso il Regno, Atti del Convegno di Studi, Torino, Accademia delle Scienze, 7 settembre 2006, Centro Studi Piemontesi - Ca dë studi piemontèis, Torino 2007 Assietta 1997 G. AMORETTI, M. F. ROGGERO, M. VIGLINO (a cura di), I trinceramenti dell’Assietta 1747-1997. A duecentocinquant’anni dalla battaglia, Torino 1997

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