La Lex de imperio Vespasiani e la Roma dei Flavi: Atti del convegno, Roma, 20-22 Novembre 2008 8882655261, 9788882655266

Italian description: Il volume offre un quadro completo ed aggiornato delle conoscenze sulla lex de imperio Vespasiani.

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La Lex de imperio Vespasiani e la Roma dei Flavi: Atti del convegno, Roma, 20-22 Novembre 2008
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Sotto 1'Alto Patronato della Presidenza della Repubblica

COMITATO NAZIONALE PER LE CELEBRAZIONI DEL BIMILLENARIO DELLA NASCITA DI VESPASIANO Istituito dal Ministro per i Beni e le Attività Culturali con D. M. del 20 marzo 2008 ACTA FLAVIANA I

IL COMITATO NAZIONALE Presidente LuIGI CAPOGROSSI COLOGNESI

Professore della eSapienza>> - Università di Roma

Segretario ANGELO BOTTINI

Soprintendente per i Beth Archeologici di Roma

Presidente della Regione Lazio Presidente della Regione Umbria Presidente della provincia di Roma Presidente della provincia di Rieti Sindaco di Roma Sindaco del comune di Cittareale-Rieti Rettore della - Università di Roma Direttore generale Beth architettonici, storici Direttore generale Beth Archeologici Direttore generale Beth librari Direttore generale per l'Istruzione secondaria Ministero della Pubblica Istruzione Direttore generale per la Promozione e la Gooperazione Mithstero Affari Esteri Direttore generale per gil Archivi Soprintendente per i beth archeologici Abbruzzo-Chieti Soprintendente speciale per i beth archeologici di Roma Soprintendente speciale per i beth archeologici di Napoli e Pompei Soprintendente per i beth archeologici del Lazio Direttore del Foro Romano del Palatino Direttore dell'Archivio di Stato di Roma Direttore regionale per i Beth culturali e paesaggistici del Lazio Direttore regionale per i Beth culturail e paesaggistici dell'Abruzzo Direttore regionale per i beth culturali e paesaggistici Umbria

Direttore dell'Istituto Archeologico Germathco Direttore della scuola spagnola di storia e arcbeologia Direttore della Biblioteca di Archeologia e Storia dell'arte Direttore dell'Ecole française Direttore della 'The British school at Rome' Presiderite della Società Dante Alighieri Presidente dell'Istituto jtaliano per la Storia antica Presidente dell'Istituto nazionale di Archeolo-. gia e Storia dell'arte Prof. Mario Caravale Prof. Filippo Coarelli Prof. Ing. Giorgio Croci Prof. Andrea Di Porto Prof. Luigi La Bruna Prof. Eugenio La Rocca Prof. Elio Lo Cascio Prof. Mario Mazza Prof. Silvio Panciera Dott. Franco Dc Bernardiths Dott.ssa Patrizia Fortini Dott.ssa Anna Sabbi Dott.ssa Maria Rosaria Salvatore Dott.ssa Maria Rita Sansi di Mino Dott.ssa Elena Tassi Avv. Gianfranco Passalacqua

www.comitatonazionalevespasiano.com

La Lex de Imperio Veipasiani e la Roma dei Flavi (Atti del Convegno, 20-22 novembre 2008)

a cura di Luigi Capogrossi Colognesi, Elena Tassi Scandone

> di BRETSCHNEIDER Via Cassiodoro 19 - 00193 Roma http://wwlerma.it

Progettografico: L'ERMA> di BRETSCHNEIDER

Curatore redaionale: Daniele F. Maras

E

Tutti i diritti riservati. vietata la riproduzione di testi e illustrazioni senza II permesso scritto dell'Editore

La Lex de imperio Vespasiani e l'impero dei Flavi. - Roma: nL'ERMA di BRETSCHNEIDER, 2009. —387 p.: ill.; 24 cm. (Acta Flaviana; 1) ISBN 978-88-8265-526-6 CDD 21. 340.54 1. Vespasiano, Tito Flavio - Attività legislativa 2. Impero romano - Ordinamento - Sec. I 3. Diritto romano pubblico - Sec. I

INDICE

MAURIZIO FALLACE, Presentaione

VII

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IX

LuIGI CAPOGROSSI COLOGNESI, Lafisionomia delpotere nell'etd dei Flavi. . . .

3

BARBARA LEVICK, The Lex de imperio Vespasiani: the parts and the whole. . .

11

CHRISTER BRUUN, Riflessioni sullaparteperduta della cd. Lex de imperio Vespasiani ..................................

23

LuIGI CAPOGROSSI COLOGNESI, Vespasiano: nna correna .........

La Lex de imperio Vespasiani e la Roma dei Flavii

(Atti del Convegno, 20-22 novembre 2008)

MARCO BUONOCORE, La Lfortuna' della Lex de imperio Vespasiani in eta uma-

nistica:primi sondaggi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

47

JEAN-LOUIS FERRARY, Lex regia. la fortune de la Lex de imperio Vespasiani

............................ MARIO CARAVALE, Legibus solutio nelpensiero guuridico medievale ...... . du 16" au 18ime siècle

JEAN-YVES BORIAUD, Cola di Rieno et la mise en scene de la lex Vespasiani de imperio ...................................

75 99 115

DARIO MANTOVANI, Lex de imperio Vespasiani ilvagum imperium

...............................

125

FRANCESCO LUCREZI, Ilmito della Lex de imperio Vespasiani ....... .

157

CARLO LANZA, 'Sovranitd', poteri e Lex de imp erio Vespasiani ....... .

167

......................

187

e la legge costante

MARIO PANT, L'imperium delPrincibe

V

Indice Note in tema di e di trasfiguraioni successive ...............................205

CARLO VENTURINI,

Lucio DE GIovANNI, IIPrincpe e la legge: dalla Lex de imperio Vespasiani al mondo tardo antico ..............................219 WERNER ECK,

Veipasian und die senatorische Fiihrungsschicht des Reiches

JULIAN GONZALEZ, Los EUGENIO LA ROCCA, FILIPPO COARELLI,

231

senadores hispanos: su influenciapolItica en elperIodoflavio 259

Iltemplum gentis Flaviae ...............

271

Ilpomerio di Vecpasiano e Tito ...............299

El Palatino con la dinastla Flavia: usosji funciones delpalacio imperial ...................................311

RICARDO MAR,

CLAUDIO PARIsI PRESICCE, CARLO USAI,

Il restauro della tavola bronea con la

lex de imp erio Vespasiani nei Musei Capitolini. Relaionepreliminare. . . .

357

INDICE DLI NOMI E DELLE COSE NOTEVOLI ..................

371 380INDCELFOT.

"ii

DIREZCONEGENERALE PER LE WBLIOTECI-{E, GLI ISTITUTI CULTURAU E IL DIRITTO DAUTORE Via Agdwfe M-44-00197 WIM

IL DIRETTORE GENERALE

PRESENTAZIONE

E doveroso accogliere II Convegno Lex de imperio Vespasiani plaudendo al qualificato operato del Comitato Naionale per le celebraioni del bimillenario della nascita di Veipasiano: e, infatti, attraverso tali iniziative culturali, mostre e dibattiti di aids-

simo profilo scientifico, promosse in maniera capillare sul territorio nazionale, che la Direione Generale per biblioteche, gli istituti culturali ed ii diritto d'autore as solve all'importante missione di mantenere viva la memoria delle imprese e della vita dei grandi protagonisti del passato, che hanno lasciato un segno rilevante nell'evoluzione della storia e della cultura del nostro Paese. In particolare, il Comitato istituito con Decreto Ministeriale II 20 marzo 2008 per celebrare II benemerito cittadino di Falacrinae non vuole solo ricordare ed indagare a fondo la figura di un imperatore che in ogni sua opera ed azione ha offerto manifesti segni di perspicacia, austerità di costumi e militante pragmatismo, quali ineludibili prerogative di un provinciale che arriva a segnare una tappa importante nello sviluppo della storia imperiale romana, ma anche offrire nuovi spunti critici ed ulteriori percorsi cli ricerca sul ruolo fondamentale che il Principe sabino ebbe nel contesto sociale, culturale, economico e politico del I secolo d.C. Nell'anno 69, con l'approvazione della Lex de imperio Verpasiani, conosciuta attraverso la preziosa ed incompleta testimonianza epigraflca che definisce le prerogative e i poteri attribuiti al Principe al momento della sua designazione rispetto a queffi del Senato, viene reso stabile ii nuovo ordinamento dello stato che si era determinato con i poteri, formalmente straordinari, conferiti ad Augusto e ai suoi successori, investiti del titolo di Cesare, e si gettano le premesse per la trasformazione della carica in senso ereditario. L'iniziativa realizzata costituisce, dunque, un'occasione di divulgazione di una tappa fondamentale della storia romana e un momento ricreativo di eccellenza, volto a qualificare l'offerta culturale della capitale ma, al contempo, si impone sul panorama culturale nazionale ed internazionale come un'occasione conoscitiva e di approfondimento di grande impegno scientifico. VII

Mauriio Fallace

Pertanto ringrazio ed esprimo ii mio vivo apprezzamento alla professionalità e al lavoro di tutti coloro che hanno profuso II loro impegno per la realizzazione del Convegno, perché possa preludere a nuove e piü numerose iniziative di tale livello qualitativo, a fondamento dei compiti istituzionali cli questa Direzione Generale, che attraverso II dinamismo dei comitati nazionali e delle istituzioni cuiturali e hibliotecarie suggella l'importante missione di valorizzazione e promozione delle radici e delle tradizioni della cultura italiana. MAuRIzIo FALLACE

VIII

VESPASIANO: UNA RICORRENZA

Con questo Convegno, dedicato alla Lex de Imperlo T/espasiani hanno inizio le celebrazioni promosse dal Comitato Nazionale per II bimillenario della nascita di VespasianO. Ii suo ambito cli riferimento, a differenza dei successivi Convegni previsti, è essenzialmente circoscritto alla città di Roma. Ciô è dovuto non solo alla particolare attenzione da esso rivolta allo straorclinario documento epigrafico conservato nel Campidoglio - la Lex de Impeuio, appunto - che ifiustra il cornplesso meccanismo istituzionale alla base del sistema imperiale. Ma anche al fatto che a questa città è associata pure la memoria della riscoperta del documento in eta medlievale e del suo valore vivo, quasi come progetto di restaurazione di antichi valori. Roma svolge poi un ruolo affatto particolare nella storia della concreta attuazione di quei poteri avocati nella Lex de Imperlo, sostanziatisi nel complesso apparato del governo imperiale nell'età Flavia. La trasformazione dell' Urbs in una sede adeguata e adeguatamente monumentalizzata a esprimere questo valore cli governo e di potere interviene appunto in eta fiavia, segnando un momento di svolta e di maturazione rispetto alla lunga sperimentazione augustea e ai decenni del governo giulio-claudio. A tal proposito m'è d'obbligo esprimere i phi vivi ringraziamenti miei e di noi tutti alle Autoritâ comunali, anzitutto alla Sovrintendenza archeologica del Comune di Roma, per aver provveduto a sottoporre ad un importante intervento di restauro l'epigrafe in oggetto. Nel corso di questo convegno potremo cos! avere alcune informazioni sui primi risultati di tale intervento. D'altra parte la centralità di Roma, negli anni dell'Impero cli Vespasiano e dei suoi figli troverà splendlida illustrazione nella grande mostra archeologica sulla Roma dei Flavi che si aprirâ la prossima primavera nel cuore della Roma antica, trail Colosseo ed il Campidoglio. Come ho già accennato, questo è il primo importante evento di un progetto scientifico pia complesso che, partendo dallo scenario istituzionale e organizzativo definitosi al centro del potere, s'estenderà a illustrate sia la nuova fisionornia romano-italica assunta in questa nuova fase del principato, sia l'accentuato proIx

Luigi Capogrossi Colognesi

cesso d'integrazione delle province net sistema di governo e nella circolazione sociale ed economica. Queste iniziative scientifiche non riguarderanno solo la città di Roma, investendo anche quelle aree dell'Italia centrale, anzitutto netReatino, associate alla storia ed alle radici sabine dei Flavi. Particolare rilievo avranno, in questo contesto, grazie alle energie giovanili ed alla competenza di Filippo Coarelli ed alla generosa e solerte collaborazione delle Autorità locali e delle Sovrintendenze archeologiche, una serie di mostre, che metteranno a disposizione cli tutti noi una nuova e importante documentazione relativa a queste vane problematiche. It progetto delle Celebrazioni di questo bimiilenario appare pertanto ricco di contenuti scientifici ed impegnato ad aprire una serie di prospettive atte a illustrate adeguatamente la sfaccettata e multidimensionale storia di una costruzione politica che da un lato s'era ormai consolidata, in eta Flavia, in un nesso inscindibile tra Roma e l'Italia, dall'altra era proiettata sull'intero oikumene antico a unificare popoli e tradizioni variegati, in un processo che appare valorizzare, piuttosto che annullare, differenze e apporti indlividuali. It che ci dà in partenza la relativa certezza cli aver sin da ora evitato II pericolo di scadere in una vuota od enfatica celebrazione. Con Vespasiano, in effetti, divenne reale l'immagine di una sovranità che si era ormai saldata at principio cli legittimità, rivendicata ed esaltata, anzitutto, da quella Lex de Imp erio Vespasiani, cm è dedicato questo nostro convegno, ed it cm testo epigraflco e stato restaurato per la provvida iniziativa delta Sovraintendenza archeologica comunale proprio in questa occasione. Quetta Lex forse esposta net cuore stesso delta tradizione isdtuzionale romana —II Senato - a esprimere un'idea di sovranità fondata su criteri di legalita e responsabile sia del diritto che delta giustizia. Un'idea che costituisce II legato trasmesso dall'Impero, attraverso la testimonianza dei suoi giuristi, alla riflessione tardo-medievale e moderna per la costruzione del nostro mondo e che proprio negli anni di Vespasiano era stata definita nelle sue linee fondanti. LuIGI CAP0GR0SSI COLOGNESI

Presidente del Comitato /Varionale per le Celebraioni del bimillenario della nascita di Vespasiano

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La Lex de imperlo Vespasiani e la Roma dei Flavii (Atti del Convegno, 20-22 novembre 2008)

LA FISIONOMIA DEL POTERE NELL'ETA DEl FLAVI

1. E abbastanza comprensibile che ii percorso progettato dal Comitato Nazionale per le celebrazioni del bimillenario cli Vespasiano abbia inizio dai problemi giuriclico-istituzionali del Principato in eta Flavia: quella in cui ii nuovo assetto politico ci appare nella sua maturità. D'altra parte questa stessa preminenza degli aspetti giuridici ci richiama alla memoria un altro grande evento pubblico, dov'essi apparvero egualmente sottolineati e tuttavia in una ben cliversa prospettiva. Mi riferisco alla celebrazione di un'altra grande figura della storia romana, Ottaviano Augusto, ricordato nel bimillenario della Sua nascita, negli anni immediatamente anteriori alla seconda Guerra mondiale, in un evento carico di grande fasto e solennità. E indubbio che II ben diverso contesto politico in cui intervenne queSto evento e l'uso accentuatamente ideologico del mito imperiale, allora corrente, dessero anche alle iniziative pia specificamente scientifiche, sovente cli alta qualita, una particolare coloritura. Ma non sono questi gil aspetti che m'interessano patticolarmente: del resto essi continuano ad essere oggetto cli frequenti richiami nella storiografla contemporanea ai quali possiamo tranquillamente rifarci. Vorrei piuttosto concentrarmi su un motivo ancor piü significativo che contribuisce a rendere in partenza cos! diversa questa nostra iniziativa da queUe allora intervenute. Nel riprendere in mano le pubblicazioni, cm quelle celebrazioni dettero luogo non si puô non restate colpiti dalla quasi esasperata accentuazione degli aspetti giuridici che ne connota la maggior parte. Non credo che ciô derivasse solo dal peso cli personaggi come Pietro De Francisci, uno dei massimi storici del cliritto romano florid in Italia nel secolo scorso, ed uno dei phi autorevoli accademici aderenti al regime fascista, tra l'altro II rettore della nuova Università di Roma, trasferitasi dalla veccbia sede della Sapienza' all'attuale sua ubicazione. Del resto questa stessa centralità, seppure in prospettiva in parte diversa, è la stessa che appare connotare l'intera storiografla di Roma a partire dal XIX secolo: chiarissima in quella che ne fu una delle massime espressioni: lo Staatsrecht cli Theodor Mommsen. In quest'opera, dove appare esaltata la tradizione liberale fortemente vissuta dall'autore, vecliamo 3

Luigi Capogrossi Colognesi

chiaramente come l'intero clisegno costituzionale romano fosse tracciato secondo i propri criteri di valore, applicando alla storia andca gli strumenti ermeneutici direttamente ricavati dall'esperienza della moderna statualità europea. Se dunque, nel 1938, l'Impero romano, con la celebrazione del suo fondatore s'imponeva come modello e motivo cli propaganda per ii presente, questo era possibile perché già ben prima della romanità fascista, esso era stato letto in termini cli Stato'. B ii dibattito finiva col restare invischiato in questo tipo cli problematica. Non è un caso, infatti, che la risposta non meno carica di ideologia e cli politica che la traclizione liberale europea seppe e voile dare all'esaltazione d'Augusto come fondatore di una nuova legalità si sia impegnata anch'essa sul piano della forma giuridica. Negando appunto questa stessa legalita alla 'rivoluzione romana', com'ebbe a fare Ronald Syme in un libro famoso e di grande efficacia. Che tuttavia, anch'esso, non meno deile celebrazioni italiane, ruotava sempre e comunque intorno ai problemi della legittimita del potere, confrontato con un'idea piü o meno astratta cli 'legalità statale'. CosI entrambe queste letture, Puna eccessivamente formalista, l'altra sostanzialmente svalutativa cli questi aspetti rendevano impossibile cogliere un punto fondamentale dell'intera storia politica cli Roma e ad essa abbastanza peculiare. Ed e che II potere politico romano, sin dalle leggendarie origini, e vieppiui con la Repubblica, seppure intriso cli cliritto, ad esso coessenziale, tuttavia appare egualmente irriducibile alla nostra idea cli statalità. Una storia cli tale potere e delle lotte intorno ad esso incapace di dare adeguata rilevanza a questa apparente contraddizione finiva inevitabilmente con l'essere sviante, falsificando l'intera prospettiva. B, di nuovo, anche nell'opera cli Syme non meno che in quella degli esaltatori italiani di Augusto, l'esperienza del presente finiva col proiettarsi sull'antichità: talché una troppo orientata attenzione per l'intreccio di vincoli e fedeltà sociali che possiamo cogliere nella complessa e suggestiva stratigrafla della tarda Repubblica o della prima eta imperiale, clivenuta chiave di lettura largamente prevalente, se non esclusiva, non solo espelleva II valore costitutivo deile forme giuridiche, ma anche In politica. Quasi che con Cesare, Ottaviano ed Antonio, oltre che con Cicerone o Bruto entrassero in gioco solo bande di profrttatori e di avventurieri della politica e non un'aristocrazia legittimata da sempre, nella storia della sua città, al governo di questa e ispirata anche a progetd cli trasformazione del presente, talora molto precisi ed incisivi ed alla volontà, comunque, di governarne gli sviluppi. Una microstoria sociale puô essere motto precisa e pertinente, arricchendo le nostre conoscenze di un elemento essenziale, ma lasciata a sé stessa finisce col dissolvere il nucleo duro della politica, sciogliendo 11 potere in problemi di ruolo. Ii paradosso riguardava soprattutto, lo ripeto, proprio la storiografla di quel periodo pifl attenta agli aspetd istituzionali. Giacché ad essa sfuggiva II fatto che la giuridicita entro cm si svolse la lotta politica romana e le forme istituzionali con

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Lajlsionomia delpotere nell'età deiFlavi

Cifi si rivesti la pacificazione augustea erano sostanzialmente incompatibili con la particolare architettura che la nostra esperienza associa all'idea di Stato. E quello che, oggi, finalmente ci clistacca dalia stagione e dalle celebrazioni che ho ora evocato, permettendoci una visuale totalmente modificata. Non ci dobbiamo iiludere in proposito: non è che la fine delle retoriche imperiali o della polemica della storiografia anglosassone contro le dittature moderne segni anche una stagione di una storiografia phi 'pura', disincarnata dal suo presente e proiettata verso una migliore comprensione del passato. Questa nuova stagione puô produrre solo una riflessione storiografica diversa, libera dai pregiudizi e dalle passioni di cm erano carichi gli anni '30 del secolo scorso. Ma, a sua volta, carica del nostro presente: che tuttavia ci puô aiutare a recuperate aspetti della storia romana restati Sinora abbastanza in ombra.

2. In relazione a questo presente richiamerô dunque la realtà giuriclica in cui noi viviamo: l'enorme accrescimento dei fenomeni giuridici, la loro moltiplicazione quantitativa ed il loro disarticolarsi, sino quasi all'incomprensibilita. E soprattutto ricorderô la rapida dissoluzione, intervenuta in un arco di tempo relativamente breve, di quell'universo coerente - quasi un mondo tolemaico che ruotava intorno allo Stato sovrano ed al suo Codice. Ii moltiplicarsi delle norme, l'accrescimento dei legislatori e soprattutto i processi di internazionalizzazione delle fond di diritto e dei tribunali, la giuridizzazione di molteplici aspetti della vita sociale costituiscono essi stessi i sintomi, oltre che il risultato, di un profondo mutamento del significato stesso del 'cliritto' che sta verificandosi sotto i nostri occhi. Dobbiamo partire proprio da tutto ciô: da questo deperimento, insieme agli straordinari svlluppi di forme di circolazione di individui e di comunicazione tra società e culture profondamente diverse che si vengono accrescendo vertiginosamente mutando ab imisfundamentis non solo tante pratiche correnti e regole tralaticie ma anche valori e strutture portanti delle nostre comunità. Giacché questi fenomeni, espressi in molteplici e talora addirittura contraddittorie manifestazioni, sono stati la grande pedagogia della nostra generazione. Essi ci hanno fatto capire anzitutto come l'idea di 'stato' al centro della storia europea degll ultimi tre o quattro secoli e che era stata ovviamente alla base di tanta parte della formazione di ogni storico del diritto e delle isdtuzioni, lungi dall'avere un valore ontologico assoluto, era uno strumento storicamente determinato. Enormi sono i problemi per i giuristi contemporanei, giacche si tratta di ridefinire il significato stesso del diritto all'interno di società in profondo mutamento: phi di quanto non sia avvenuto forse in altri grandi snodi della storia passata. Questa elementare, ma anche cos! rivoluzionaria consapevolezza ci permette oggi d'avviarci verso strade diverse da quelle costantemente percorse nella precedente stagione dei nostri studi. Solo ora incominciamo infatti ad interrogarci

Luigi Capogrossi Colognesi

sull'effettivo rapporto - che i nostri maestri davano invece per scontato - tra dintto e potere, tra legalità e statualità all'interno dell'esperienza romana. E scopriamo cos! come, in essa, tali termini, il cm organico legame costituisce II fondamento degli ordinamenti politici dell'Europa moderna, non solo siano disgiunti, ma stentino a trovare un loro organico collegamento. Ii che ci permette di penetrate in un nuovo e assai poco esplorato paesaggio, per cui dobbiamo attrezzarci con strumenti nuovi o modificare II modo in cui utilizzavamo strumenti antichi. Di qui ii distacco, io credo abbastanza definitivo, dal modo tradizionale in cui non solo gli stonici del cliritto di Roma si venivano interrogando sulle sue istituzioni politiche. Esso infatd privilegiava ii problema, definito in genere abbastanza formalmente, dei rapporti tra poteri tra loro coerenti ed in funzione di un'omogeiea architettura, identificata con la sovranità politica: un problema, oggi, alle nostt-e spalle. Abbiamo almeno capito, infatti, che II meccanismo di costruzione del sistema di potere e di governo romano nel corso della lunga eta repubblicana e nell'età del principato non è niconducibile né al paradigma di 'stato' né a quello, ad esso intimamente collegato, di sovranità. Questi sono i concetti-base su cui, non solo si fondô II geniale ed affascinante modello interpretativo del maestro di tutti noi, Theodor Mommsen, che ho già nichiamato, ma che sopravvivono ancora all'interno cli quella idea di 'costituzione romana' inseguita dall'altro grande maestro della nostra giovinezza, Francesco De Martino. Andando in una direzione quasi opposta, ci siamo cos! resi conto, come sia proprio questo paradigma unitanio e unificante a mancare, nella stonia di Roma. E mancava perché esso era estraneo alla Storia romana, anche se da esso ne sarebbe in gran parte derivato: prodotto di questa e di altre stotie ancora, del rinnovato mito imperiale alto-medievale e della emersione di poteri territoriali superiorem non recognoscern'es. Ii noStro compito è dunque di recuperare e studiare gli incunaboli di una storia ancora infieri e di vedere come, di volta in volta, elementi di una realtâ nuova e 'piü moderna', se si vuole, sono venuti emergendo e combinandosi insieme. Ed é qui che II Principato si pone come spartiacque e l'impero di Vespasiano e successori, specie Domiziano, ne diviene un momento che segna una vera e propna cesura. 3. Se il principato di Augusto costituisce un singolare e difficilissimo compromesSO tra diversi fattori costitutivi del potere romano, Vespasiano segna, niSpetto ad esso, un momento cli definitivo consolidamento che trasforma un equilibrio ancona 'in progress' in quella che possiamo definire 'un'istituzione'. E ne cambia insieme la flsionomia, incidendo in profondita sulla morfologia sociale dell'Impero: in modo da assicurare ad esso un'ultenione straordinaria vitalità. E in questo contesto che si colloca la lex de Imperio: come sintesi e conclusione di un progetto costruito pezzo per pezzo dallo stesso Augusto e consolidatosi con i suoi successori. E che tuttavia aveva mostrato la sua ricorrente fragilità - eviden-

Lafisionomia delpotere nell'etâ del Ravi

ziando II mai superato dualismo tra potere militare e ordinamento civile - proprio nelle crisi ripetute intervenute in quel lasso cli tempo. Sino appunto all'anno sanguinoso in cui pifl aspiranti e legittimati ali'Irnpero avevano affidato aila sorte delle arrni la decisione ultima del conflitto. Ma che, ancora una volta e soprattutto dopo questa crisi, trovava neila forma giuridica delta lex de Imperio la necessaria soluzione. Vespasiano non esprime perO solo questa rinnovata legittimazione del comando supremo, seppure sempre accompagnato daila presenza minore', ma essenziale, del Senato. Esso segna anche it momento in cui una tradizione di governo e di potere connaturata a tutta la storia cli Roma, viene meno. Mi riferisco at monopolio aristocratico del potere politico in Roma. In essa infatti la struttura politica si delinea costantemente in termini gerarchici ed aristocratici, ben oltre la fine del monopolio patrizio deile cariche di governo. Ne l'arricchimento delle file di governo con gil homines novi, né l'alterno esito delta guerra civile, con la fazione dei populares e la stessa vittoria cesariana avevano mutato gran ché l'intima fisionomia aristocratica delta Respublica. I capi dde fazioni, i grancli comandanti rniiitari appaiono sempre espressione delta ristretta oligarchia romana delle 'grandi famiglie' o, at massimo, di un ceto equestre da tempo organicamente inserito nei giochi cli potere di questa oligarchia. Lo stesso Cesare e poi it figliolo adottivo, appartengono a questa grande traclizione aristocratica e cos! sara per Tiberio ed i successori, sino a Nerone. E un'aristocrazia, va ricordato, dail'accentuata fisionomia militare - Weber giunge a parlare per la storia romana di una struttura feudale - che da sempre ha fondato la propria superiorita ed II proprio ruolo sin destini bellici di Roma. Ii latente carattere dinastico delta serie di imperatori Giulio-Claudi rende bene questa immagine, pur neila diversità dei comportamenti individuali, tutti comunque condizionati da questa connotazione di fondo. E qui die la rottura con i Flavi è grande e definitiva. L'anno delle celebrazioni delta nascita di Vespasiano che si apre con l'iniziativa odierna sara dominato dall'immagine cli questo imperatore costituita dall'impressionante testa conservata al museo cli Copenhagen e che sara una deile principali opere esibite neila mostra che si aprirà nella primavera del prossimo anno at Colosseo. Dicevo impressionante non tanto per it formidabile realismo che essa esprime e che, del resto, si richiama ad una traclizione forte nell'arte romana, ma per II progetto politico ed i valori sociali che essa propone. Basta contrapporre questo ritratto alle numerose effigi dei membri delta casa giulio-claudia - anzitutto i molteplici ritratti cli Augusto diffusi in tutto l'Impero - per cogliere ii contenuto del nuovo messaggio cos! trasmesso. All'idealizzazione di stampo ellenistico delta figura umana, all'assimilazione del principe at modeio eroico dell'antichità, si contrappone la forte umanitâ di un volta marcato profondamente dalle rughe e dalla durezza delta vita: agli ideall aristocratici dell'antica schiatta di guerrieri e di Signori, Si contrappone la severita di un mondo rurale privo di artifici e lontano da ogni retorica d'abbellimento.

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Luigi Capogrossi Colognesi

Una contrapposizione che è anche progetto politico; giacche con l'ascesa al potere supremo cli un uomo appartenente alla tradizione agraria del mondo italico, seppure un mondo ed una stirpe, la sabina, legata a Roma sin dalla prima sua storia, erano i valori cli austerità, disciplina, duro lavoro e cautela a sostituirsi allo splendore di un'aristocrazia che, con II suo ultimo esponente, Nerone, aveva mostrato squilibri insostenibili, minacciando di straniare la stessa Roma dalla sua storia. Della diversa fisionomia cli questa nuova stagione erano ben consapevoli i contemporanei, quando appunto facevano coincidere con la fine della dinastia giulioclaudia, la fine di quel luxus aristocratico proprio dell'aristocrazia guerriera romana. Con Vespasiano ha inizio una nuova stagione dominata da altri valori e caratteri, dove la parsimonia, la cautela e l'idea cli accumulazione e risparmio diventano centrali, non solo a ispirare la vita e le fortune del singolo, ma a governare le logiche di un impero. Ed alla figura di Vespasiano si assocerà per sempre questa immagine di amministratore accorto, dicautissimo gestore degli equi]ibri finanziari di una macchina colossale, di attenzione per i risparmi e per tutti i possibili gettiti finanziari. Sino alla ben nota lotta per recuperare i subseciva nelle vane aree territoriali, sottratte dai singoli possessori al dominio erariale od alla ancor pifl famosa sua afTermazione, chepecunia non 0/at. Elemend che potrebbero svalutare II prestigio imperiale se questo non avesse trovato basi ben put solide che in conquiste, talora troppo costose, nell'equilibrio finanziario dell'intero apparato imperiale, deliberatamente e costantemente perseguito da Vespasiano e dai suoi successori. Equilibrio che costitul un momento d'irripetibile forza delle strutture politico-istituzionali. Ii forse maggiore splendore dell'età di Traiano e di Adriano non puô infatti celare il rinnovato squi]ibrio die allora iniziava a verificarsi e cli cui, del resto, la ripresa delle guerre d'espansione e un sintomo latente ma non meno significativo. Ma la rottura di cm parlavo appare non solo nel fatto stesso dell'ascesa al potere supremo di un rappresentante di queUe borghesie italiche sino a poche generazioni prima estranee adclirittura, non già al potere romano, ma alla civitas Romana e quindi in netta posizione subalterna rispetto ad esso. Certo è un momento di grande valore simbolico l'ascesa di Vespasiano all'Impero, II figlio di un modesto cavaliere reatino. E tuttavia esso cosdtuisce la conclusione pressoché necessitata., di un processo consapevolmente avviato da molto tempo ed evidenziatosi con i generosi ampliamenti della cittadinanza romana da parte di Cesare, con la politica di progressiva assimilazione delle elites locali perseguita consapevolmente, come attesta tra l'altro quel vero e proprio programma enunciato da Claudio e di cm resta l'impressionante testimonianza nell'epigrafe cli Lione. Ed è la conclusione della svolta intervenuta nel secolo precedente, proprio nel corso tragico e apparentemente cos! clistruttivo, delle guerre civili. E allora infatd, nei decenni successivi alla guerra Sociale, che le identità italiche vennero meno, sotto II profilo politico

Lafisionomia delpotere neIl'etâ del F/aol

e culturale, come attesta la rapidissima scomparsa delle lingue relative, sostituite quasi all'improvviso e pressoché totalmente da un latino, accolto, piü che imposto, come espressione cli una nuova comunità. Questa conclusione gravida di conseguenze, a sua volta, apriva un nuovo processo: o meglio lo accelerava. Giacché quasi pin rapida, cli quella italica, fu la tomanizzazione di una parte del mondo provinciale e sempre piil complessi e di non facile decifrazione gli intrecci cos! innescati. Non sarebbero passati cinquant'anni, dall'ascesa del primo imperatore d'origine italica, che un altro suo grande successore sarebbe stato a sua volta estratto dal mondo provinciale: lo spagnolo Traiano. 4. E, inline, strettamente associata a questa immagine di un Impero 'borghese' e l'altra svolta costituita dagli sviluppi dell'organizzazione amministrativa. La concreta espressione di una forma embrionale di 'Stato' si realizza allora, con la crescente giuriclizzazione delle procedure di governo, con la standardizzazione degli uffici e la sempre piü chiara definizione dei rapporti e delle competenze tra centro e periferia, con II moltiplicarsi degli uffici ed II valore unificante di una forma giuridica che viene permeando di sé tutti questi processi. Con Vespasiano ha inizio quella stagione straordinaria di grandi giuristi al servizio del Principe: furono quelle generazioni a codificare ed in qualche modo definire la flsionomia del singolare legato di Roma costituito dal suo diritto. Al di là di tanta retorica e di tanti luoghi comuni, sovente abbastanza sfuocati, un punto infatti è da sottolineare, ed è che la particolare fisionomia che le società europee s'avviarono ad assumere con la rinascita tardo-medievale è derivata in notevole misura dalla lingua e dalla logica del diritto romano. Per noi è affatto naturale il carattere formale assunto dal modo in cm ii potere pubblico e privato è venuto realizzandosi nella storia occidentale. Ma è proprio la 'naturalità' di questo modo di essere che nasconde II carattere storicamente determinato ed alTatto relativo cli tale orientamento. Altre società complesse, altri formidabi]i organismi politico-militari ed apparati di potere che la storia ha conosciuto sono stati privi e molto poveramente dotati di queste stesse caratteristiche. Ora l'Impero di Vespasiano appare appunto un momento determinante di tale sviluppo. Se vogliamo, è allora che si ha un salto in avanti in quella che chiamerei la 'tecnologia del potere', già apprestata ma ancora motto rozzamente in eta repubblicana e fortemente riorganizzata e razionalizzata con l'Impero d'Augusto. Un apparato burocratico ed un sistema di uffici preposti ai vari settori del funzionamento della macchina sociale cos! costruita è un aspetto che si ripropone anche in forme pifl articolate e complesse di quelle che caratterizzano la costruzione romana, in altri grandi Imperi e regni del mondo antico. E la formalizzazione e la consapevole affermazione di regole astratte e generalizzabili che invece appare lo specifico portato dell'esperienza romana. Di qui II valore determinante, ma non

Luigi Capogrossi Colognesi

esciusivo, della forza militare: anche chi, come lo stesso Vespasiano, giunge al potere in base ad essa, è soggetto al valore di norme ed istituzioni che da questa forza prescindono e ne è a sua Volta il convinto garante. Questo è un passo fondamentale nel processo di razionalizzazione descritto da Weber come portato specifico della vicenda europea. Le radici vanno rintracciate in quest'època ed in questa grande figura di stabilizzatore e di innovatore. Certo, mancava ancora l'accelerazione che, a tal processo, avrebbe poi dato Domiziano e, in seguito, Adriano: i due grandi momenti di costruzione di quell'Impero burocratico che coincide con l'età dell'oro evocata cos! suggestivamente da Gibbon tanti secoli dopo, e con la definitiva costruzione di un'idea pin 'moderna' di potere, dove ormai la titolarità della sovranità e II ruolo di garante della legalita dell'intero apparato di potere venivano a concentrarsi nella figura del Principe. Non senza tuttavia, che, ancora, II sotterraneo ed empirico compromesso stipulato un secolo prima da Augusto evidenziasse la sua forza nella reazione senatoria. iE qui, che alla vigilia di questi ulteriori sviluppi, s'impone la forza dell'impero di Vespasiano, come momento di progresso e di equilibrio dell'intero orbe ormai romanizzato, di popoli e ceti che nell'unità di quest'immagine imperiale venivano a riconoscersi. Certo, isolare un momento cos! significativo e cos! importante nella storia di Roma, non solo è legittimo, ma addirittura indispensabile per coglierne gli sviluppi interni e gli snodi. Ad una condizione, tuttavia: che si abbia anche ben chiaro con quanta forza e con quanta convinzione i protagonisti di questa stessa storia si siano posti in termini di continuità con il passato. Dalla denominazione stessa, che riprende esplicitamente, attraverso la flnzione dinastica, l'immagine dei fondatori del nuovo potere, al peculiare rapporto con Roma. Quell' Urbs che ha cessato da molti secoli di essere la semplice 'città-stato' tipica dell'antichità classica, per reinventarsi come II cuore di un impero di città. E che tuttavia si ripropone costantemente come l'>origine ed il fondamento dell'intera esperienza politica imperiale. Indubhiamente questa idea di continuità, cos! riaffermata, aveva una forte matrice ideoIogica, che in qualche modo tendeva a celare, o quanto meno, a sfumare gli squilibri the continuamente si riproponevano nello stesso rapporto tra Roma e i'Impero. E tuttavia nel nome di Roma e della sua storia che vanno rintracciate le radici ultime della nuova legittimita. Roma, 20 novembre 2008 LUIGI CAPOGROSSI COLOGNESI

Sapiena U'eiversith di Roma

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THE LEX DE IMPERIO VESPASIANI: THE PARTS AND THE WHOLE

First may I offer my warmest thanks to the organizers of the conference for allowing me the honour and privilege of giving this paper here today? Rome is the home of our inscription an d Italy the home of scholars who have contributed greatly to our understanding of it; amongst them I should like to pay particular tribute to Mario Attilio Levi. In a passage relating to 63 BC the third century historian Cassius Dio tells us' that . So we are hoisting that flag up the Janiculum mast for this centuriate assembly.

1. INTRODUCTION

Our 'Lex de Imperio Vespasiani' is like an imposing building, an Alhambra among inscriptions. Scholars often come to it with distinct purposes. They may be preoccupied with the development of the Principate, Roman constitutional law, Roman electoral practice, language, the elucidation of Tacitus' Histories. They may inspect the architecture, visit the picture gallery or the gardens, even the café and the shop, and pass on. The purpose of this come is different. It is to examine the building itself, There will be papers by distinguished scholars on the epigraphic text (which is in the process of being restored), on its fortune, on the legitimation of the imperial power, on Cass. Dio 37.28.1-3 (Loeb translation by E. Gary).

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Barbara Levivie

the individual clauses of the Lex, on the imperial court, on the imperial palace and the urban shape of Rome. And our being here together will help to bring together the different viewpoints of the participants. They are not exploiting this bronze in one aspect or another, but in their collaboration ultimately examining it as a whole, from the angle of the drafter and his (or their) perspectives and aims. Such a purpose was that of some earlier scholars who studied the document, Karl Gottling in 18452, and Fred Hellems, who devoted a monograph to it at the beginning of the twentieth century. Present-day contributors will also wish to embrace the principles of epigraphists such as Louis Robert and Alan Hall who always insisted on the importance of studying a monument as a whole, not just the text but its form, decoration and orthography. Our monument is not large, and less than forty lines survive on one of the at least two tablets that it originally comprised. The dangers of abusive ex silentio arguments have been stressed by Jean-Louis Ferrary, and silentium surrounds this monument and lurks in all its secdons'. Only when it surfaced in the mid-fourteenth century history of Rome and the story of Cola cli Rienzo was any extraneous help provided'. At most then I should like to ask a few questions, on the document as a whole and then on two sections of it. They arise from the political needs of emperors, especially those of Vespasian.

2. THE WHOLE

Every Roman dynast - dictator, triumvir, and Princeps - had to have powers built on legal rock. Whatever Augustus said in the Res Gestae about receiving his 2 C.W Gottling Funfehn römische Ur/eunden auf Er Z and Stein nach den Orginalen neu verglichen and auigegeben. 3. Die lex regia Vespasiani, Halle 1845, 20-24. E. Bormann, W Henzen (eds.); CIL VI, 930; 31207; 3777; M.H. Crawford, Roman Statutes, in Bulletin of the Inst. of Class. Stud., II, Suppl. 64 (2 vols.), London 1996, I, 549 {R3]; for commentary he also notes H. Last, The Princeps and the Constitution, in Cambridge Ancient Histoty 11, Cambridge 1936, 404-8; F. Dc Martino, Storia della costituione romana 2, IV 1, Naples 1974, 462-467; 501-502; P.A. Brunt, Lex de Imperio Vespasiani, inJRS67, 1977, 91-116. 3 J.-L. Ferrary, Apropos despouvoirs d'Auguste, in Cahiers du Centre Glot 12, 2001, 152. Two tabulae: M. Sordi, Cola diRienyp e le clausole mancanti della ¶ex de imperio Vespasiani', in Studi Volterra, II, Milano 1971, 303-11; G. Purpura, Sulla tavolaperduta della lex de auctoritate Vespasiarii, in Minima epzgraphica etpapyrologica 2, 1999, 264 f. What would the first have contained, besides the prefatory matter (cfr. Lex de Insula Delo, in Roman Statutes 22, about 50 words, about a sixth of the surviving tabula)? The appointment of dependent monarchs is one possibility; suggested by the account of Cola di Rienzo; the foundation of colonies and the raising of taxes. See Sordi, Cola di Rien>. Invece la Sordi sottolinea le innegabili somiglianze con Res Gestae 27 e Plut. SaIl. 32.2 (che si riferisce alla lex Valeria del 81 aC.): in ambedue i passi si parla del diritto di creare reges di regni alleati. Quindi la Sordi ritiene che questo potere dell'imperatore romano di nominate dei re di popoli stranieri fosse espresso in altro luogo della lex, non nd § 4 della parte preservata; questa mi pare un'interpretazione non totalmente corivincente. 16 Sordi, Cola diRieno, cit., 308.

Ibid., 308. Nella parte preservata della lex si legge per intero Caesar 14 volte, Tiberius 7, Claudius 6, Germanicus 6, Julius 5, Vespasianus 3, Augustus 1. Inoltre, l'abbreviazione Aug. appare 17 volte. 18

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Rzfiessioni sullaparleperduta della cd. lex de imperio Vespasiani

In base a questa rassegna si potrebbe dire che circa la metà delle clausole citate dal Cronista tramanda II contenuto della lex con qualche grado cli accuratezza, anche se spesso basato su una comprensione abbastanza incompleta (o almeno espressa in termini poco chiari). Non voglio comunque tacere II fatto che normalmente gli studiosi hanno preso un atteggiamento piü rigoroso e accettano cornspondenze solo per le prime due clausole citate dall'Anonimo'9 Essendo tale la situazione, penso sia utile a questo punto delineate tre possibilitâ riguardo alle clausole dell'Anonimo Cronista e al loro valore storico: 1. Prima possibilitâ: evidentemente non si puô apriori esciudere che in parte abbiamo a che fare con invenzioni di Cola o di qualche altra persona contemporaflea. Ad esempio II Ferrary ha giustamente osservato che Cola di Rienzo era spinto da motivi politici, non antiquari, quando presento la lex tie imperio20. Per sostenere meglio la tesi della falsificazione sarebbe perô importante dimostrare perché avesse giovato a Cola inventare una determinata clausola, ad esempio la clausola del potere sui corsi d'acqua, su cm tornerô fra poco; pia oltre si tratterà anche, brevemente, delle ragioni che avrebbero potuto spingere Cola a creare una invenzione del tipo qui delineato. 2. Seconda possibilità: una qualche frase tramandata dal Cronista potrebbe derivare da un fraintendimento della formulazione latina nella tavola perduta (come abbiamo potuto verificare dalla tavola esistente nel caso di pomerium , giardino). 3.Terza possibilità: II testo medievale potrebbe pifl o meno fedelmente rispecchiare II testo latino della parte perduta della lex de imperio.

4. SOSPETTI E NOTIZIE RIGUARDANTI UNA SECONDA TAVOLA

Prima di continuare è evidentemente essenziale cercare cli chiarire se ci sono fondamenti per ipotizzare che Cola vide phi di una tavola di bronzo. Ii fatto che il primo punto dell'Anonimo Cronista coincida con la prima riga preservata sulla tavola di bronzo capitolina potrebbe parlare contro l'esistenza di phi di una tavola nel Medioevo 21 . D'altra parte è anche stato osservato che mentre la tavola conserva solo l'espressionefoedusve, Cola usa l'espressione >, che secondo la Sordi corrisponderebbe esattamente all'espressione Ad esempio Dupré Theseider, Roma dal comune dipopolo, cit., 538-539; Barbieri, Lex de imperio, 758; Sordi, Cola di Rieno, cit., 305-309; Purpura, Sulla taco/a perduta, cit., 268; Ferrary, Apropos despouvoirs d'Auuste, cit., 151, nt. 206. Ferrary, Apropos despouvoirs d'Auguste, cit., 151. 19

20 21

Ibid., 151, nt. 206.

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Christer Bruun societatemfoedusve, II che fa pensare che il tribuno abbia conosciuto almeno la fine

della tavola precedente22. Ci sono comunque alcune indicazioni che ai tempi di Cola si conoscesse solo una tavola. Ii Cronista scrive xfece flccare una granne e mannifica tavola de metallo>> 23, egli cioè usa II singolare. Inoltre c'e una lettera di Cola del 1350 all'arcivescovo di Praga, Ernesto di Pardubitz, in cui egli parla di tabula magna (a)erea al singolare24. Alcuni studiosi comunque non credono che sia il caso di prendere questa espressione proprio aila lettera, dato che non si tratta del resoconto di un epigrafista esperto; anche due tavole messe insieme potrebbero benissimo essere state chiamate 25. Un argomento importante per la conoscenza da parte di Cola di un'altra tabula è II fatto che egli fa menzione sia del Senato sia del Popolo romano in connessione con la lex.- e . Niente nella tavola preservata farebbe pensare a un ruolo tale del senato romano26. Di una certa rilevanza per la questione dell'esistenza di una seconda tavola ancora intorno all'anno 1347 sono le notizie circa eventuali testimoni oculari medievali della lex de imperio Vespasiani anteriori a Cola. 0gm indicazione che pin di una tavola fosse sopravvissuta dopo l'epoca classica sarebbe utile. Si usava effettivamente penSordi, Cola di Rieno, cit., 305. Porta (a cura di), Anonimo romano, cit., 147. 24 Gabrieffi (a cura di), Epistolario, cit., 165: Patet etiam de his quedam tabula magna erea, sculptis Iitens antiquitus insignita ... . (L'edizione dell'epistolario da parte di K. Burdach e P. Piur purtroppo non mi era accessibile a Toronto). 25 Ad es. Crawford, Roman Statutes, cit., I, 551; già Sordi, Cola di Rienc>. Come rilevato dal Purpura, qui ci sono chiari parallelismi con le clausole 4 e 5 della Cronica. Mentre è logico che i diritti concessi a Silla appartenessero anche all'imperatore romano, non c'è modo in cut Cola di Rienzo avrebbe potato essere al corrente (nemmeno parzialmente) del contenuto della lex Valeria, se non tramite la conoscenza della parte perduta della lex de impeeio32. Infine, le circostanze in cui fu riscoperta la lex de imperio Verpasiani non sono molto chiare. Dalla già citata lettera cli Cola stesso all'arcivescovo di Praga del 1350 trapela che durante II papato di Bonifacio VIII (Benedetto Caetani, 12941303) l'esistenza del bronzo era nota ma che II papa, un iurisperitus, decise di farla sparire dalla vista pubblica: quam Bonfacius Papa 17111 in odium imperii occultavit et de ea quoddam al/are construxit33. Questa misura ovviamente fu presa prima della morte del papa nel 1303, mentre, come ha osservato il Purpura, si sa che vari eventi che coinvolsero la basilica di S. Giovanni in Laterano nei decenni successivi avrebbero potato portare in lace II testo della lex, ad esempio l'incendio del 1308, oppure i lavori di ricostruzione che durarono fino al 1346. Ancora una volta le fond nulla ci dicono sulla quesdone se ci fossero due tabulae o meno35. Mi pare quindi che l'idea dell'esistenza di una seconda tavola di bronzo nei secoli precedenti al 1346/47 non sia affatto da respingere, anche se la questione per forza deve rimanere aiquanto aperta. Occorre ovviamente anche dedlicare qualche parola alla questione perché Cola non abbia fatto vedere la prima tavola, se l'aveva vista. Vane spiegazioni sono state proposte, dall'ipotesi di von Beseler che fosse 36 (sembra banale ma ovviamente non si puô escludere che la condizione della tavola fosse povera) a quella del Purpura, secondo cui il contenuto della prima tavola poco si adattava alla situazione polidca e agli obiettivi di Cola; in particolare i poteri concessi all'imperatore (se vi figurava la fribuni(ia potestas e ll pontificato massimo) potevano dare fastidio37. 32 Purpura, Su/la taco/a perduta, cit., 288; la lex Valeria era stata invocata già nel passato, ad es. dalla Sordi, Cola di Rieno, cit., 307-09, per paralleismi con la tavola di bronzo. Recentemente sal esostanziale paralleismo>> fra la lex Valeria e la cd. lex de imperio I/epasiani, G. Mancuso, In tema di lex Valeria de Sulla dictatore e dilex de imperio Vespasiani, in BIDR 96-97, 1993-94, (1997), 276: 41 . Nella sua opera recentissima Gianfranco Purpura similmente connette la frase che qui ci interessa con II ius terminandi rijtas et alveos Tiberis, aggiungendo che la lex doveva includere anche II ins terminandi aquaeductus, > deriva dal latino vastare, v. G. Vaccaro, Vocabolarlo Romanesco Belliano e Italiano-Romanesco, Roma 1969, 315; F. Ravaro, Diionario romanesco, Roma 1994, 332. Diversamente Purpura, Su/la taco/a perduta, cit., 285 nt. 71: nSigrnficativo e l'equivoco di Cola in merito all'espressione terminare, che viene intesa non come connessa ad una deimitazione, bensi collegata ad una distruzionea. Questo sarebbe perô da provare, dato che II Cronista usa il romanesco nel senso consueto di termini poche pagine pifo in là: , v. Porta (a cura di), Anonimo romano, cit., 156 ( XVIII.400-402). >>' L'ottica particolarmente romana appare chiara per esempio in confronto con II lavoro storico contemporaneo pits universalistico cli Giovanni Villani, secondo G. Porta, Anonimo romano, Cronica, Milano 1981 (rist. 1991), XII. Billanovich, Come nacque an capolavoro, cit., 204, invece considera II Cronista particolarmente interessato a vicende che andavano oltre l'Italia e che riguardarono tutta la Cristianitts. Si è ipotizzato che la clausola coprirebbe anche il diritto di terminate II percorso degli acquedotti urbani (Purpura, Sal/a taco/a perduta, cit., 285), ma di questo perts non c'è traccia nel resoconto del Cronista.

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Rf1essioni sal/a parteperduta del/a cd. lex de imperio Vespasiani

le acque 51 . (Voglio precisare che l'interpretazione che presenterô qui non esciude i diritti proposti dalla Sordi, ma lo scopo della legge era, penso, molto phi ampio.) Le fonti menzionano parecchi progetti di questa natura, che in qualche caso rimasero sul piano della progettazione, mentre in altre circostanze furono realizzati. Tratterô brevemente alcuni episodi significativi, e in seguito rivolgerO l'attenzione a vari passi giuridici rilevanti, prima di venire alla discussione finale. 1.Ii primo progetto di cui abbiamo notizia fu di Cesare, II quale contemplô un cambiamento del corso del Tevere per proteggere II Campo Marzio dalle inondazioni frequenti. Non se ne fece comunque niente52. 2.Nella sua storia del regno di Tiberio, lo storico Tacito parla della necessità di un remedium coercendiftuminis (ann. 1.76) in un'occasione in cui II Tevere fu all'origine di inondazioni severe che causarono gravi danni all'urbe 53 . Quando i due senatori che avevano avuto ii compito di trovare una soluzione presentarono la loro proposta in senato, si parlava di verterenturfiumina et lacus, per quos augescit (sc. Tibe),is)

(ann. 1.79). Ma nel senato erano anche presenti delegazioni di vari municipi: orantibus Florentinis ne Clanis (Ghana) so/ito a/veo demo/us in amnem Arnum transferretur a

altri erano preoccupati per cambiamenti in relazione al flusso del Nat (la Nera) e del Tevere (ann. 1.79). Alla fine il senato decise di non fare niente 54 . E possibile che una tale procedura, vale a dire il ruolo giuocato dal senato, sembrasse poco pratico al potere imperiale, e che in un tempo posteriore, probabilmente già prima di Vespasiano, il potere di decidere fosse conferito all'imperatore. Leggendo il passo di Tacito (ann. 1.79) troviamo una frase che sembra bene adattarsi all'espressione usata dall'Anonimo biografo: si parla di a/yeas, cioè il letto del flume, e di trasferre (mentre II testo medievale usa otrasmutarex.). 3. Fra altri progetd che riguardano il flusso dell'acqua, è anche il caso di ricordare che sotto Claudio il lago del Fucino fu svuotato con l'aiuto di un emissario (Suet. Claud. 20.1-2; 21.6; 32). Chiaramente questo avrà anche causato un flusso 51 Bisogna rilevare che questo fu anche la pin o meno istintiva interpretazione, senza ulteriore ragionamento, presentata da von Beseler nel suo studio sulla lex de inperio. Di questo mi accorsi solo quando avevo già sviluppato la mia idea per parecchio tempo, v. von Beseler, l/om Wesen, cit., 162: >. In yenta questa interpretazione trapela anche dalla traduzione latina del Muratori, Antiquitates Italicae, cit.,406 (v. sopra). 52 Cic. AU. 13.33a.: sed casu sermo a Capitone de urbe angenda, aponte Mu/vio Tiberim dud secundum

montes Vaticanos, campum Martium coaed/icari ... nam ista /expeferetur; vult enim Caesar. Tac. ann. 1.76 e 1.79 per le vane fasi dci procedimenti. Recentemente sulla questione, Ph. Leveau, Les inondations du Tibre a Rome:politiques publiques a' variations c/imatiques a /'epoque romaine, in Vers unegestion integrie de /'eau dans l'empire romain, (a cura di E. Hermon), Actes do Colloque International Univ. Laval 2006, Roma 2008.

Christer Bruun

d'acqua notevole, con la nascita di nuovi corsi d'acqua. B inoltre sappiamo adesso, dopo le recenti esplorazione dell'area di Portus, eseguite dagli 5tucl1osi britannici, che già sotto Claudio fu scavata la cosiddetta Fossa Traiana fra II porto di Claudio e II Tevere Questo canale è quindi di parecchio pin antico di quanto. , si è finora pensato. Anche un altro canale di eta claudia è Stato identificato dall'equte,.e-tutte e due le strutture sono considerate come mezzi per ridurre le alluvioni del.Tevere a monte. -. 4. Sotto Domiziano, abbiamo la testimonianza di Stazio di un progetto che riuscI a regolare (a quindi anche a cambiare) II corso del Volturno in un modo che sembra perfettamente in accordo con quanto 1'Anonimo ci racconta fosse inclüso nella lex. Cos! parla II flume Volturno stesso (Stat. Silvae 4.3.72-84): Camporum bone conditor meorum, qui me, vallibus anus refusum et rpas habitare nescientem, recti legibus alvei ligasti, et nunc die ego turbidus minaxque, vixpassus dubiasprius carinas, iampontemferoperviusque ca/con Qui terras rapere et rotare silvas assueram, (pudet) amnis esse coepi. Sed grates ego servitusque /anti est quod sub te duce, te iubente, cessi, quod tu maximus arbiter meaeque victorperpetuus legere rzbae56.

Qui si tratta chiaramente di operazioni molto pin impegnative che non la terminatio della ripa del Tevere, una procedura che normalmente seguiva abbastanza fedelmente II percorso delle terminazioni precedenti (come ci informano le epigrafi stesse e i luoghi delle scoperte dei cippi). S. Keay, M. Mfflett, L. Pároli, K. Strutt, Portus (Archaeological Monographs of the British School at Rome 15), London 2005, 36-37, 298. 56 Traduzione italiana in A. Traglia, G. Aricfl (a cura di), Opere di Pub/jo Papinio Staio, Torino 1980 (Classici UTE'T), 903: > Niccolô Signorili, quantunque nel passato la si sia voluta relazionare addirittura allo Stesso Cola di Rienzo od anche al gia richiamato Poggio Bracciolini 27. La prima redazione, adesposta, databile al 1409 -ci è consegnata xdai if. 170r-175 del codice vaticano Barb. lat. 1952 (la data della raccolta,che non si riferisce all'anno della trascrizione del codice vergato dopo la metà del secolb.XV si recupera nel margine superiore del f. 170r, dove inizia la silloge: . e[---? monumenta anti] qua Romae reperta in annis domini mile CCCC.VIIII et omnium archuum triumphalium et a]iarum scripturarum et sancti lohannis in Laterano tabulae eneae>>). Da questa redazione dipendono i if. 103r-1 15v del codice della Marciana Lat. X1V264 ( 4296). Successivamente l'autore, su incarico di papa Martino V (1417-1431), elaborô una Descriptio urbis Romae nella quale inserl un corpus-phi ampio del precedente, com'è facile constatare leggendo i testimoni di questa sëconda redazione: quello, pin antico, della Biblioteca del Monumento Nazionale di Santa Scolastica a Subiaco (Archivio Colonna IL A. 50) ed almeno i tre della Vaticana Chg. 1.1/1204 (da cui dipende II Chig. 11/168) e /at. lat. 10687 proveniente dal monastero catanese di S. Nicolô dell'Arena. La raccolta ebbe poi autonoma circolazione, senza cioè II contesto della Descriptio, che porto ad una terza redazione di cui esempio autorevole, tra i tanti, b II vaticano Ott. lat. 2970. Recentemente, tuttavia, si ê ipotizzato essere documento ancora pin antico della prima redazione signoriliana il f. 31 try del codice della British Library Add. 34758 paleograficamente assegnabile alla fine del Trecento o, al massimo, al primo decennio del XV sec., in cui sono trasmesse otto iscrizioni cli Roma e due di Arezzo (i famosi elogia 27 Stas della questione in A. Silvagni, Se la siltoge epigrafica Signorilianaposca aifribuirsi a Cola RJeno, inArchivrow LaiinitaiisMediiAevi 1, 1924,175-193.

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La ortnna' del/alex imperio Vespasiani in eta umanistica:primi sondaggi

di Quinto Fabio. Massimo e Gaio Mario) presenti anche nella sifioge di Signorili: se cosI fosse questa piccola raccolta deriverebbe da altra fonte alla quale attinse, per altra via, ancheil Signorili 28 . Nel codice Barb. lea'. 1952 al f. 175r (fig. 1) la lex è trascritta in capitale quasi si volesse seguire l'originale ma senza alcuna versuum divisio ad eccezione dell'ultimo paragrafo con quell'isolato santio pro sancho; ma il dubbio ê forte: da una parte i consueti errori ed omissioni a cui altri si aggiungono possono indirizzare verso uno sciatto esercizio di copiatura infiorato da ulteriori licenze scrittorie (ad esempio: remictere per remittere della riga 3, le ec]itiche —ye e —que costantemente Separate COfl un arbitrario interpunto dalla parola pertinente; ma tra tutti gil esempi che potrei addurre, desta attenzione quell'os(itatio onium inssuper (riga 7): al posto del corretto omnium rerum ins perinde, dove se l'omissione di rerumpotrâessere benevolmente considerata come un salto del copista e iussu per isis come un banale errore materiale, onium per omnium eper al posto di perinde vergad senzaalcun indicatore non credo che debbano essere giustificati unicamente come semplici abbreviature, anche se piti avanti correttamente II iibra rius ha scritto onia per omnia veicolato nella riga 24 con II segno di abbreviatura eperinde per esteso in ottemperanza al dettato iscritto della riga 27); dall'altra, invece, desta positivo sconcerto, II che farebbe supporre che questa trascrizione - con tutta quella serie di equivoci appena escussi - poteva essere stata esemplata direttamente sull'originalé, la lacuna correttamente e onestamente registrata alla fine dell'ultima riga, dove non e indicatal'arbitraria lettura aliquem sin/to ma [---] ci sinito e solo in séguito [a cominciare da Maarten de Sme(d)t / Martin de Smed (Martinus Smetius; 15251578) 29 ed Onofrio Panvinio (1529-1568)'l resdtuita se agi sinito. Per quanto attiene all'indicazione topica, ricordo che in due testimoni della seconda radazione troviamo quella che pifl ebbe fortuna: Chigi L VT 204 if. 23r-25v: >; Vat. lat. 10687 if. 23v-26r: An tabula enea fixa in dicta ecciesia (sc. Lateranensi) prope aquam benedlictam. Epitaphiums.. Ma in entrambe le redazioni quell'aliquem sinito ormai viene considerata lezione corretta (ed abbiamo, si, ii solito remictere o l'alternanza di quis per quit, ma compare invece l'omissione dell'epectasi utique e del contermine quos all'esordio della riga 10). 28 M. Petoletti, Nuove testimoniane sn/la fortuna di epigraji classiche latine all'ini), II documento, registrato ai if. 100v-101v (sempre con l'intestazione ), non presenta interventi testuali od arbitrarie correzioni che superano queUe gia evidenziate in precedenza. Grande fortuna ebbe, sempre in questo cima di rinnovate esperienze, la Collectio inscntionum Latinarum et Graecarum, di Giovanni Giocondo da Verona, comunemente noto come fra Giocondo (1435-1515); motivo che aveva spinto l'autore a redigere quest'opera, dedicata a Lorenzo II Magnifico nel 1489 come dimostra la lunga lettera prefatoria, era lo stato di abbandono in cm versavano i monumenti antichi (): sembra di rileggere le sconsolate parole di Boncompagno gia evocate); di questi monumenti copiO direttamente quanto ancora era possibile leggere (etamen praeter quae uidi quaeque accurate exscripsi in hoc uolumen nibil congessi, Ut si, non facultate aut doctrina, fide tamen ac diligentia legentibus satisfacerem>>). Dell'opera si conoscono sostanzialmente quattro redazioni databili rispettivamente (con le relative aggiunte ed integrazioni) la prima tra gil anni 1475/1492, la seconda 1497/1498, la terza 1498/1499, la quarta 1499/1507. Aila prima redàzione (con aggiunte apportate tra ii 1489 ed II 1492) appartengono oltre al ben nototestimone della Biblioteca Capitolare di Verona (Ms. 270), i due codici della Vaticana, II Borg. lat. 336 (trascritto dall'umanista tedesco Jacob Aurelius Questenberg, che si era trasferito a Roma ancora adolescente nel 1485) ed II Vat. lat. Sul Giocondo v. ultimamente i seguenti contributi ove recuperare altra letteratura: P.N. Pagliara, I/itruvio da testo a canone, in S. Settis (a cura di), Memoria dell'antico nell'arte italiana. III: Dalla tradivjone all'archeologia, Torino 1986 (Biblioteca di storia dell'arte, n.s.), 32-38; M. Koortbojian, Era Giovanni Giocondo and his epigraphic methods, in KolnerJahrbuch 26, 1993, 49-55; H. Sohn, De renatarum li#erarum sjllgis epigraphicis, in G. Dummer, N. Sallmann (edd.), De studiis classicis inde a Petrarca usque adMelachthonem in multispartibus Europaefiorentibus, Acta septimi Conventus omnium Gentium et Nationum Linguae Litterisque Latinis Fovendis Erfurti a die I usque ad diem V mensis Augusti a. MCMLXXXIX habiti, Romae 1997, 127-135; A. Tura, Codici di matematica di Fra Gbcondo, in BiblH&R 61, 1999, 701-711; P.N. Pagliara, Giovanni Giocondo da Verona (fra Giocondo), in DBI, 56, Roma 2001, 326-328; M. Koortbojian, A Collection of Inscrztions for Loreno de' Medici. Two Dedicato?y Leltersfrom Era Giocondo. Introduction, Texts and Translations, in PBSR, 70, 2002, 297317; A. Tura, Noterelle su Era Giocondo e Parrasio, in BiblH&R 65, 2003, 315-316; Buonocore, Tra i codici epigrajici, cit., 335-352.

Ne ho discusso recentemente in Un testimone inedito (o quasi) della silloge epigraflca di Giocondo, in P. Basso, A. Buonopane, A. Cavarzere, S. Pesavento Mattioli (a cura di), rEst enim dIe fibs Italiaeu. Vita economica e sociale nella Cisalpina romana, Atti delle giornate di studi in onore di Ezio Buchi (Verona, 30 novembre - 1 dicembre 2006), Verona 2008, 529-546. Per questa precisazione v. gal D. Gionta, II Claudiano di Pomponio Leto, in V. Fera, G. Ferraü (a cura di), Filologia umanistica per Gianvito Resta, II, Padova 1997 (Medioevo e Umanesimo, 95), 10091110, tav. XXVII.

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La fortuna' del/alex imperio Vespasiani in eta umanistica:primi sondaggi 10228 (vergato in splendida capitale epigrafica da Bartolomeo Sanvito, operante

anche a Roma e che aveva stretti rapporti con II Giocondo. Sanvito, infatti, era considerato ii tramite diretto tra l'umanesimo antiquario padovano e gli intellettuali della cerchia cli Pomponio Leto"). Nel Borg. lat. 336 (if. 36v-37v) abbiamo una prima variante, derivata dalla tradizione liciniana, alla consueta localizzazione: ; inoltre la trascrizione, quantunque sia piena di abbreviazioni (specie per quanto riguarda le desinenze verbali), riproduce la dlivisione in paragrafi e, particolare degno di nota, vengono correttamente indicati quaecunque della riga 17 e humarum della riga 18 e quit della riga 37, non senza indicare per queste ultime due lezioni la rispetdva no/u/a (come anche per quell'eos - cosI erroneamente trasmesso - della riga 10 ricondotto dall'attento lettore al corretto quos). Del tutto analoga è la teascrizione veicolata dal Vat. lat. 10228 (if. 3v-5r), ma con definizione topografica del tutto generica: 'aRomae in Sancto Johanne Laterano in Tabula aerea>>. Analoga generica informazione trovo nella silloge inclusa nel codice Vat. lat. 2713°, la cui filigrana ci rimanda a Roma agli anni 1472-1476; questo manoscritto, appartenuto ad Angelo Colocci (1474-1549) 1 , oltre a cons egnarci una scelta di orazioni ciceroniane ed il De notisdi Probo, ai if. 55r-74v, ci permette ii confronto con una raccolta epigrafica, che non mi pare essere stata fino ad ora doverosamente escussa (sempre nel medesimo codice ai if. 10-11 è trasmesso un singolare Dc Urbis Romaeportis, una descrizione, cioè, delle antiche porte di Roma a cominciare dalla Flumentana per finire alla Trionfale); ai if. 65v-67r, ecco emergere ii nostro documento con la consueta generica localizzazione: 'aLex in tabula aenea in templo divi ioannis Lateranensis>>. La scrlptio è continua, la tradizione dei consueti errori ormai è consolidata (ritorna, anzi, l'omissione dell'epectasi utique e del contermine quos all'esordio della riga 10 già presente nella Silloge Signoriliana). Del fiorentino Battista Brunelleschi (era a Roma sicuramente negli anni 15111513), parente di Filippo Brunelleschi, conosciamo tre autografi conservati a Firenze (Biblioteca MaruceffianaA. 78. 1), alla Biblioteca Apostolica Vaticana (Vat. e Sul Sanvito da ultime v. A. de la Mare, Bartolomeo Sanvito da Padova, copista e miniatore, in G. Baldassarre Molli, G. Canova Mariani, F Tonioli (a cura di), Parole dpinte. La miniatura a Padova dalMedioeuo alSeftecento, Catalogo della Mostra (Padova, Palazzo della Ragione-Palazzo del Monte, Rovigo, Accademia dci Concordi, 21 marzo-27 giugno 1999), Modena 1999, 495-511; S. Maddalo, Sanvito e Petrarca: scriltura e immagine eel codice Bodmer, Messina 2002 (Quaderni di filologia medievale e umanistica. Università degli studi di Messina. Centro interd(partimentale di studi umanistid, 4); Gionta, Epigrafia umanistica a Roma, cit., 164-165; E. Caldelli, Copisti a Roma nelQuattrocento, Roma 2006 Scritture e libri del medioevo, 4, 67-69, 100. x V. la descrizione in E. Pellegrin et al., Les manuscrits classiques latins de la Bibliothique Vaticane, III, 1, Paris-Rome 1991 (Fonds Vatican latin, 224-2900), 557-561. Ultimo lavoro: An Colocci egli studi romanrj, a cura di C. Bologna, M. Bernardi, Città del Vaticano 2008 (Studie Testi, 449).

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Marco Buonocore lat. 6041) e a Berlino (Staatsbibliothek - Preussischer Kuiturbesitz, lat.fol. 61 a

per quanto risulti un compilatore che acquisisce II materiale da altri fonti (prima fra tutte quella di Giocondo), sembra in determinati casi che abbia trascritto cli persona alcuni documenti di Roma; net codice di Berlino, in particolare, abbiamo la trascrizione (eseguita in modo assai elegante con lettere minuscole e con rispetto delta versuum divisio) di oltre mifie tituli (non mancano circa cento inediti, mold dei quali, tuttavia, gravati dal sospetto di falsità), per la maggior parte, come di consueto, di Roma, quantunque sparsi qua e là troviamo documenti di altre città dell'Italia, soprattutto meridionale, delta Spagna, delta Gallia, ed anche delta Geecia e dell'Asia Minore 41 . Ii codice di Berlino ce la consegna ai if. 15r-1 6v: . M. Salarnonio, Commentarioli in librum IPandecz'arum, Rome, Francesco Minizio Calvo, 1525 et Bale, Cratander, 1530, part. ad D. 1.4.1 pr: 51 . Ii n'est donc pas surprenant qu'en 1729, dans l'introduction au volume de son Thesaurus iuris Romani, Everhard Otto réunisse les noms de Schoock et de Gravina comme porte-paroles de ceux qui considéraient la lex Regia comme 52. Mais ce faisant, il négligeait une difference essentielle: alors que Schoock avait cru, pour achever de ruiner la lex Regia de Tribonien, devoir long temps auparavant avoit perdu route puissance, la donnast a celuy qui estoit le plus fort)> (t. I, p. 204-5 de l'éditiori de 1986). Nous avons deja vu que le doute de Bodin fut utilisé en 1600 par Berenhardt, dans sa critique de l'authenticité de la lex de imperio. ° G.V. Gravina (1664-1718), De ortu etprogressu iuris cinilis fiber, qui est originumpfimus, Naples, Officina Bulifoniana, 1701; DeRomano impenia libersingularis, Naples, E Mosca, 1713.Je donne mes références d'apres les Opera publies a Leipzig, Job. Fr. Gleditsch, 1717. Sur Graviria, v. la notice de C. San Mauro dans le DB158, 2002, 756-764. 51 G.V. Gravina, de Romano imperio, cap. 23 (De lege Regia) Opera, 486-487. 52 E. Otto (1685-1756), Thesaurus inns Romani, IV, Leyde 1729, V (2'6d. Utrecht, Jo. Broedelet, 1733,7): .

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Lex regia: lafortune de la lex de imperio Veipasiani dci 16 an 18' siècle nier l'authenticité de la table de bronze, Gravina au contraire, dans le droit flu de Salamonio, volt dans la table le vrai visage du Principat, et rien ne montre mieux l'importance qu'il accordait a ce document, que le soin qu'il prit de consulter sur son authenticité les deux mei]Ieurs 'antiquaires' de la Rome de l'epoque, Raffaelle Fabretti et Francesco Bianchini, et de publier leur opinion positive a la fin du volume de 1701 Dans le traité De Romano imperio, la table est utilisée des le chapitre 15, comme preuve irrefutable () que les magistrats, y compris les consuls, n'étaient pas directement nommés par le Prince, mais bien par Ic Sénat sur recommandation du Prince, avant d'être acclamés par le peuple. Le texte complet en est ensuite donné dans le chapitre 24 (De uero legis Regiae sensu), et dc est, dans les chapitres 25 a 27, le fondement d'une critique en regle de la conception du Principat comme monarchic, et d'une revision de l'interprétadon des deux textes d'Ulpien utiiisés par Tribonien dans le Dgeste pour prétendre que le Prince était aifranchi de toutes les lois et que toutes ses decisions avaient valeur de loi: >4. Ce texte est, a ma connaissance, le premier qui air rappelé l'épisode de Cola cli Rienzo dans une étude sur la lex Re et sur le pouvoir des Empereurs.

r< La lettre de Fabretti eSt pubilée en fin de volume ( Opera, 137-138): . On n'y trouve guère, on le voit, qu'un argument d'autorité, qui contribua incontestablement a faire taire les doutes sur l'antiquite de la table, sans toutefois satisfaire totalement les inquienidcs de certains érudits: en temoignent les lignes d'Ernesti citécs dans la nt. 62, ou cdlles de Saxe dans son Oratio honoraria in Iegis regiaepatronos de 1798, cit. infra (nt. 66), 29-30: >. Une autre lie, avec Courage, Justice, Prudence et Temperance. Puis une dernière lie avec une dame de blanc vêtue qui s'exclame: . C'est la Foi Chrétienne. - Fin 1346, sur le mur de S. Angelo in Pescheria. Un grand fleuve avec des flammes qui montent vers le ciel. Dans le feu, des hommes de toutes conditions. Une femme largement brtilée mais encore vivante. Dc l'autre côté, une eglise avec un immense campanile d'oti sort l'Archange Michel, en armes, vétu lui aussi de blanc, avec une cape rouge, encourage par Pierre et Paul. . - La lecture de la Lex dans le cliscours du chroniqueur, se situe dans le cadre de cette propagande en images: au jour même de cette lecture, Cola a place son texte, on l'a vu, au ccuur d'un tableau complexe, et il intervient donc ici en tant que ter vespasianeo, con caratteristiche uniche in relaalone alla crisi del longus et anus annus, che aveva reso incertum et uagum l'imperium e lo consegnô infine ad una gens senza nobiltà3. Non meno arduo è definite II contenuto giuridico-costituzionale della lex, ossia la sua portata nell'attribuire e delimitare i poteri dell'ierator problema che si potrebbe definire sincronico, per distinguerlo dal precedente dilemma diacronico. La perdita di un'ampia porzione del testo epigrafico - almeno la metà, se la tavola mancante era una soltanto, ma non si puô esciudere che la legge occupasse piü di due tavole - tanto piü grave perché ci priva della parte iniziale, lascia aperta la questione se quella conservata nell'epigrafe fosse l'unica legge che fondava II potere del principe oppure se ne occorressero altre per completare l'iter adprincipatum. Basti segnalare, per date la misura del problema, che nella tavola conservata non sono menzionati né l'imperium proconsolare né la tribuniciapotestas, ossia i due pilastri della posizione costituzionale delprinceps4. Se quel che ê andato perduto crea difficoltà (nella diacronia e nella sincronia), anche quel che é stato tramandato non ne risparmia. Fra tutte, la clausola che offre phi resistenze, anche testuali, è la Sesta del testo residuo (utique quaecunque ex analisi ricalca Ulp. 1 inst. D. 1.4.1 pr. contiene già, fondendole, entrambe le denominazioni poi divenute correnti; l'adottiamo proprio perche esprime bene la natura bifronte del testo, tralatizio per tutti i princzes e attualizzato per ciascuno (cfr. 5 8). Per la denominazione Lex regia, v. ad es. J.F.

Gronovius, Oratio de loge regia pro condone, qaumfasces academicos secundum deponeret, recitata die solemni 8. Febr. 1671, Lugd. in Batavis 1678, 1 ss.; A. Terrasson, Histoire de lajurirprudence romaine, Paris 1750, 247; G. Gravina, OriginumJuris Civilis libri tres (Napoli, E Mosca, 1713), I, a cura di F Lomonaco, Napoli 2004, 114 ss.; L. Metastasio, De lege regia sea Tabula aenea capitolina nods, animadversionibus, et variis quaestionibus illastrata, Romae 1757, 1 ss.; F. Nardini, Roma antica4, a cura di A. Nibby, Roma 1818, 42, nt. 1; H. Jordan, Top ographie derStadt Rom imAlterthum, I, Berlin 1878, 320, nt. 18. Per la denominazione Lex imperii (o de imperio) Ueipasiani, v. invece ad es. D. Serrigny, Droitpublic et administratif romain, I, Paris 1862, 32; A. Nissen, Beitra;ge um r6mischen Staatsrecht, Strassburgl 885, 235. Fin dalla riscoperta umanistica compare anche la definizione in termini di senatusconsultum (tale la definiva Andrea Alciato, ricordato da Ferrary, Lex regia, cit.); la denominazione come Senae'usconsultum de imperio Uespasiani sopravvive, ad esempio, nella pionieristica collezione di C.G. Haubold, F. Spangenberg, Antiquitatis Romanae monumenta legalia extra librosjuris Romani sparsa, Berolini 1830, 221 nr. 46 (su questa caratterizzazione, v. anche infra, § 2). Ricalco la formulazione del dilemma proposta da S. Mazzarino, L'impero romano, Roma-Bari 1973, 379. L'antitesi fra la vaghezza del potere e II ruolo avuto dallagens Flavia nel prenderlo saldamente in pugno, con effetti benefici per la collettività, nonostante le umili origini, e restituita dal chiaroscuro dell'incijbit svetoniano (Vesp. 1.1): Rebellione triumprincpum et caede incertum din et quasi

nagum imperium suscepitfirmauitque tandem gens Flaaia, obscura i/la qeeidem ac sine u/us maiorum imaginibus, sed tamen reip. nequaquampaenitenda. 4 Sul problema, v. infra, § 2.

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Lex >. L'attuale formalazione della clausola rappresenterebbe - secondo 1'A. - una novità rispetto al tenore ch'essa aveva nelle leges emanate per gO imperatori precedenti Vespasiano, che egli ipotizza sia stato utique quaecunque

dininarum humanarumpublicarumprivatarumque rerum esse ex republica censebit ei agerefacere ins polestasque sit, l'introduzione dell'inciso ex usa reipublicae maiestate e la riconfigurazione della clausola sarebbe perciô un tentativo, consighato a Vespasiano, di offrire al senato una larva di garanzia costituzionale. A questa ricostruzione - al di là della sua congetturalita, poiche l'interpretazione del testo tramandato fa leva su una precedente formulazione non attestata - Si puo obiettare che, cos! come ipotizzato, il precederite renore della clausola avrebbe attribuito agli imperatori il potere abnorme di compiere 'xqualsiasi cosa di divino umano pubblico e privatoa, ciob di intervenire anche in materie che sicuramcnte furono fuori della loro diretta competenza (specialmente se si pensa alle res diuinae e alle resprivatae). Cib fa ritenere che fin dall'origine la locuzione diuinarum humanarumpublicarumprivatarumque rerum - cos! come la leggiamo ora nella tavola di bronzo - dovette essere inclusa in funzione di limite e collegata a maiestate (contribuisce a confermare la iunctura lo studio cli C. d'Aloj a, Rerum privatarum maiestas, in Epigrafla e territorio. Politica e Società 8, 2007, 291 ss.). 6 L'ipotesi è ribadita da Purpura, Sal/a taco/a perduta, cit., 261 ss. (con bibl.), basandosi specialmente sul confronto fra II resoconto della Cronica e i contenuti della Lex Valeria de Sulla dictatore creando (Plut. Sull. 33). Sull'esibizione in Laterano e il significato politico attribuito da Cola al te-

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Dana Mantovani 2. TEMI E METOD0

Non è affatto mia intenzione aifrontare tutte le domande aperte, numerose e gravi, bensi di approfondirne una sola - su cui in anni recenti ho ritenuto di potere portare un contributo alla ricerca, che sottopongo anche a questo Convegno - se cioe II testo lasci scorgere una stratificazione storica, di cm sarebbe spia l'assenza in alcune clausole e la presenza in altre dei nomi di imperatori anteriori a Vespasiano. Alcuni studiosi, infatti, ritengono che l'omissione, in tre capita (III, IV, Viii), della citazione di precedenti imperatori segnali che si tratta di norme nuoye, appunto senza precedenti, collegate alle circostanze particolari in cui avvenne l'ascesa di Vespasiano7. Questa lettura stratigraflca, a mio parere, non è fondata: la presenza e l'assenza dei predecessori ha una precisa spiegazione tecnico-giuridlica, e non cronologica, dipende cioè dal diverso contenuto delle clausole e dalla loro funzione nel sistema della lex. La spiegazione conferma insomma, se ce ne fosse bisogno, l'esattezza dell'affermazione di Tacito (hist. 4.4.5), secondo cui Vespasiano, subito dopo la sconfitta e la morte di Vitefflo, ricevette dal senato cuncta pnincpibus solita, : un'investitura, durique, senza novità sal piano giuridico, anche se di rottura su quello storico (verrebbe anzi da dire: tanto pin tradizionale sul piano giuridico, in quanto di rottura su quello storico-politico) 8 Lo scopo principale di queste pagine e dunque di ribadire che l'interpretazione giuridica ha la precedenza su quella storico-politica, per la ragione che II documento di cui ci occupiamo è una lex.

sto antico (oSigriori, tanta era la maiestate dello puopolo de Roma, che allo imperatore dava la autoritate. Ora l'avemo perdutaz: Anon. Rom. c. 18), v. ora A. Collins, Greater Than Emperor. Cola di Rieno (ca. 1313-54) and the world of fonrtheenth-centuy Rome, Ann Arbor 2002, spec. 28 ss.; R.G. Musto, Apocalypse in Rome. Cola Di Rieno and the Politics of the New Age, Berkeley-Los AngelesLondon 2003, spec. 130 ss. Sulla Cronica, v. G. Seibt, Anonimo romano. Scrivere la storia alle soglie del Rinascimento, trad. it. a cura di R. Dde Donne, Roma 2000. Cos!, fra gli autori pifl recenti, Hurlet, La Lex de imperio Vespasiani, cit., 278 ss. (per la clausola VIII, di retroattività); Lucrezi, As ettigiuridici delPrinczato di Vespasiano, cit., 102 ss. (specialmente sulla clausola VIII); Purpura, Salla tavolaperduta, cit., 291 ss.; Perez Lopez, Elpoder del prIncpe en Roma, cit., 430 (clausola VIII), con altra bibi. Argomenta all'inverso Perez Lopez, Elpoder delprincsee en Roma, cit., 282 ss., ii quale - richiamandosi a E Lucrezi, Leges super principem. La monarchia costituionale di Vespasiano, Napoli 1982, 183 - ritiene che la Lox regia de imperio de Uespasiani sia stato un caso unico, dovuto > de imperio Vespasiani. Ilvagum imperium e la legge costante Se poi Ci Si dovesse chiedere - quesito, a dire II veto, raramente sollevato, anche per assenza di fonti 14 - quale fra le vane assemblee in cm ii popolo si riuniva per deliberate abbia votato la lex sui poteri di Vespasiano, vengono in considerazione i comizi centuriati oppure i comizi tributi. Tuttavia, si sa troppo poco delle assemblee ancora funzionanti nel I secolo del Principato per tentare d'andare oltre su questo punto, che peraltro non è secondario quando si pensi alla Lex regia non solo in senso formale, ma le si voglia attribuire anche un effettivo ruolo legittimante di investitura popolare15. Considerata la sua natura di lex comiziale e la pertinenza dei suoi contenuti alla definizione del potere imperiale, appare del tutto giustificata la denominazione di Lex de imperio Uespasiani che è oggi in auge. Altrettanto pertinente - anzi, forse piü conforme all'uso antico, come vedremo subito - è l'altra denominazione che, come s'è accennato, è in yoga sin dalla riscoperta umanistica, ossia Lex regia16. Queste denominazioni, com'è ben noto, non si trovano nel testo epigrafico. Scomparsa la prima parte dell'iscrizione, è andata perduta con essa la praescrzptio protocollare che di solito apriva le leges (che peraltro quasi mai faceva cenno al loro argomento). Phi che nella formula ufficiale d'apertura, era nell'allestimento epigrafico dei testi legislativi che - in qualche raro caso - veniva apposto alle vane tavole cli una legge (numerate progressivamente) un breve index, cioè l'argomento della legge stessa: è un accorgimento redazionale attestato dalle copie della Lex de XX quaestoribus e delia Lex de Termesibns Pisidis Maioribus 17. Ii redattore della tabula aenea capitolina non l'ha (purtroppo) provvista d'una simile numerazione e mdicizzazione (forse perché si trattava di due sole tavole, il che la rendeva superflua). I nomi con cui ci si rifenisce alla lex dell'epigrafe vespasianea non sono dunque tratti dalla lex stessa, ma non sono nemmeno un'invenzione moderna, bensI sono suggerite dalle fonti18. u Ma v. Mommsen, Rômisches Staatsrecht II, 2>, cit., 874 ss., che pensa alle centurie. 15 Accentuano ii ruolo legittimante della partecipazione popolare, J . Sunskes Thompson, De-

monstrative Legitimation der Kaiserherrschaft im Epochenvergleich. Zurpolitischen Macht des stadtrfmischen Volloes, Stuttgart 1993, 63 ss.; A. Pabst, Comitia imperil. Ideelle Grundlagen des rbmischen Kaisertums,

Darmstadt 1997. 16 V supra, nt. 1. 17 Risp. tab. VIII, 1. 1 (ed. Crawford, 294); tab. I, 1. 1 (ed. Crawford, 333). Per quel che si riesce a capire, in questo tipo di allestimento epigrafico, l'index veniva premesso al testo veto e proprio della lex e poi era ripetuto in breve nelle seguenti tavole, numerate progressivamente (quasi come ii etitolo corrente)> apposto nel margine superiore dell'impaginazione libraria moderna). Sembra attribuire alla prassi di nomenclatura delle leggi una diffusione forse eccessiva, allo stato delle fonti disponibili, Crawford, Roman Statutes, I, cit., 15. Non possiamo esciudere, anche se è semplice congettura, che data la solennità dell'allestimento e l'importanza anche comunicativa del contenuto, vi potesse essere un'intitolazione della sola prima tavola (non ripetuta percia in quella che ci è giunta) e che da tale intitolazione i

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Dario Mantovani

La menzione di una lex regia quae de imperio (principis) lata est Si trova, infatti, in un brano già citato di Ulpiano - Scritto dunque all'inizio del III Secolo d.c. - che è conservato nel Digesto (D. 1.4.1 pr.) e rifuso nelle Istituzioni di Giustiniano (1.2.6, rhetón parafrasato da Theoph. 1.2.6) 19• Per parte sua, lo stesso Giustiniano fornisce una preziosa informazione storiCa, scrivendo nella c. DeoAuctore, 7 ( C. 1.17.1.7), che . Questo genere di notizie trova a sua volta una conferma - a segnalare la coerenza del quadro, che gil conferisce una soliditâ che non dev'essere intaccata smontandone i pezzi - mel fatto, di per sé ben noto, che vari poteri inclusi nella tavola epigrafica erano stati decretati ad Augusto con atti espliciti del senato: cos! il potere di concludere trattati; il ins referendi e II ins senatus habendi; la solutio legibus (totale o parziale, qui non interessa) 40• E pin che naturale che queste prerogative conferite ad Augusto con specifici atti fossero attribuite in modo altrettanto specifico ai suoi successori, con l'unica differenza che furono in tal caso raccolti in Un unico testo. Anche a proposito di Vespasiano, come s'è avuto pia volte occasione di ricordare, Tacito (hist. 4.3.5) attesta che II Senato, ail'indomani della morte di Vitefflo, avvenuta II 20 o 21 dicembre 69, decretO a Vespasiano tutte le prerogative consuete per i pnincipi: Romae senatus cunctaprincibus solita Vespasiano decernit.

Nulla - è vero - dice esplicitamente che il senatoconsulto (uno o anche pifl d'uno) con cui, dopo Augusto, si decretavano i cunctaprinczpibus solita fosse trasformato in legge, anzi neila Lex regia. Tuttavia, chiunque tenga conto dei rapporti che correvano, neila costituzione materiale romana, fra senato e popolo, troverà pifl che ragionevole l'ipotesi che, decretati per senatoconsulto, questi poteri fossero poi sottoposti all'approvazione del popolo, in quei comitia ob tribuniciampotestatem n Suet. Gai. 14.1; Cass. Dio 59.3.2 (Caligola); Cass. Dio 60.1.4 (Claudio); Suet. Ner. 8; Tac. ann. 12.69.5 (Nerone); Tac. hist. 1.47.2; Cass. Dio 64.8.1 (Otone); Tac. hist. 2.55.3 (Vitefflo); Tac. hist. 4.3.5 (Vespasiano). Uso II verbo - conforme, del resto, alle fond - perché ii verbo rumpublicarurnprivatarumque rerum esse { e} censebit ei agerefacere iuspotestasque sit) ita uti diao /lug(usto), Tiberioque Julio CaesariAug(usto), Tiberioque Claudio Caesari Aug(usto) Germanicofuit; (uacat) VII utique quibus legibusplebeiue scitis scrbturnfuit, ne diuusAug(ustus), Tiberiusue Julius CaesarAug(ustus), Tiberiusque Claudius Caesar Ang(ustus) Germanicus tenerentur, us legibusplebisque scitis Jrnp(erator) Caesar Uespasianus solutus sit; quaeque ex quaque lege rogatione diuurn Aug(ustum), Tiberiumue Juliurn Caesarem Aug(ustum), Tiberiumue Claudium Caesarem Aug(usturn) Germanicumfacere oportuit, ea omnia Jrnp(eratori) Caesari Uecpasiano Aug(usto) facere liceat; VIII utique quae ante hanc legern rogatam acta gesta decreta irnperata ab Imperatore Caesare Uespasiano Aug(usto) iussu rnandatuue ems a quo que sunt eaperinde iusta rataq(ue) sint ac sipopuliplebisue iussu acta essent. (uacat) sanctio (uacat) si quis huiusce legis ergo aduersus leges rogationesplebisue scita senatusue consultafecitfecerit, siue quod earn ex lege rogatione plebisue scito s(enatus)ue c(onsulto)facere oportebit non fecerit hums legis ergo, id ei nefraudi esto, neue quit ob earn rem pop ulo dare debeto neue cui de ea re actio neue iudicatio esto neue quis de ea re apud [s] e agi sinito. (uacat)

Lex de imperio Vespasiani. II va gum imperium e la legge costante Come si vede, di Otto clausole superstiti 48, quattro hanno una struttura del tipo: + Augusto abbia spostato II pomeriam e discusso, ma improbabile. Le Res Gestae ne tacciono, cos! come Gell. 13.14; soprattutto, Sen. brev. vii. 13.8.1 attesta che, prima di Claudio, Silla era stato l'ultirno a spostarlo. Questi dad, a giudizio di Mommsen, Rörnisches Staatsrechi II, 2, cit., 1072, nt. 3, prevalgono rispetto a queffi opposti offerti dx Tac. ann. 12.23.4; Cass. Dio 55.6; SI-IA, Aurelian.

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Lex nregia>> de imperio Vespasiani. Ilvagum imperium e la le ge costante ché e rimasta memoria proprio di un ampliamento del pomerium compiuto da Claudio E dunque probabile che in quell'occasione II iusproferendipomeuii sia stato deflnitivamente conferito alpiinceps (si puô credere, per legge) e che come tale sia stato incluso nelle successive leges di investitura, qual è quella epigrafica, con corretto richiamo all'unico precedente di Claudio". Se dunque i redattori, come appare da questa verifica, selezionavano e includevano a ragion veduta i precedenti, si potrebbe pensare che l'assoluto silenzio sui predecessori del primo dei Flavi osservato in tre clausole significhi che tall disposizioni erano una novità della Lex regia de imperio Ue.rpasiani. In realtà, questa spiegazione è confutata dalle fond da cut risulta che anche iprincJpes anteriori godevano delle prerogative contemplate da tali clausole . E la situazione che si presenta per i capita III e IV. Per quanto riguarda la clausola III - sulla legittimita delle sedute Senatorie convocate per volontà o su orcline del princeps— ê la legge stessa a dare conferma che fin da Augusto i princzpes avevano ricevuto un ampio potere di convocazione del

21.10 (che, oltretutto, tace di Claudio). Nello stesso senso, con un riesame della documentazione, Giardina, L'[ta/ia romana, cit., 117 ss., secondo ii quale l'attribuzione dell'estensione delpomerinrn a Augusto rientra fra quelle opalesemente errate>> (op. cit., 118; ivi, p. 131, at. 10, discussione di fond e bibi.); cos! anche E. Lo Cascio, Impero e con//ni nelI'etd deIPrincpato, ora in Id., Ilprinceps e i/suo impero. Studi di storia amministrativa efinaniaria romana, Bari 2000, 89, nt. 45; riesame delle fond in E. Lyasse, cAuctis finibus populi Romani?n Les raisons de I'extension do pomerium Sons Ieprincpa1 in Geribn 23, 2005, 169 ss. Tac. ann. 12.23; 12.24; Gell. 13.14.7. Le fond letterarie sono confermate dai cippi CIL VI, 1231a 31537d; CIL VI, 31537a 11S213; CIL\.T1, 1231b 31537b; CILVI, 1231c 31537c; CILVI, 37023 (cfr. Mc 1909, pp. 44 s.); CIL Vi, 37022; CILVT, 37024; NSc 1913, 68; meno sieuro NSc 1912, 197; si possono consultare in Lugli, Fontes, I, cit., 128 s. >> A prescindere dal problema se anche Augusto, o solo Claudio, abbia spostato ilpornerium (v. nt. 53), l'attribuzione per legge del ins proferendipomerii si spiega qualora modificasse la disciplina tradizionale, quanto ai requisiti (ad esempio, circa la qualini giuridica del suolo conquistato) oppure quanto ala titolaritâ (che in passato spettava al generale vittorioso). Puô forse dare riScontro all'ipotesi che la legge (prima per Claudio, poi per i successori) abbia comportato innovazioni II fatto che Gel. 13.14.3 usi II verbo all'imperfetto: habebat antern ins proferendipomerii... (per II seguito del testo, v. at. 50); si nott anche, quanto ai requisiti, l'apparente discrezionalitâ conferita al principe dall'inciso corn ex repnblica censebit esse. E da segnalare che, come sostiene Lo Cascio, Impero e confini, cit., 88 ss., l'amp]iamento claudiano del pomerio fu probabilmente per la prima volta associato a un allargamento del so/nm prouinciale (e non dell'Italicns ager); contro queSta innovazione è diretta la polemica del pedante di Sen. breu. nit. 13.8.1. 56 Il fatto che Vespasiano si sia avvalso della facolni di ampliare II pomerio nel 75 non puà, in mancanza di riscontri, dare corpo al sospetto che la clausola sia stata appositamente introdotta a questo scopo per la prima volta nella lox di investitura che lo riguardava, all'inizio del suo principato o (ipotesi che a maggior ragione richiederebbe riscontri per essere credibile) con un evenwale ritocco apportato alla Lex regia poco prima (o dopo) II 75.

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senato e di presidenza dei suoi lavori. Lo attesta, infatti, II caput II, che, nel conferire a Vespasiano la facoltà di senatum habere (cioè convocare e di presiedere la seduta), di relationemfacere o remiitere (cioè sottoporre o rimettere al senato il tema della consultazione) 57 e infine di senatusconsulta per relationem discessionemque facere

Mentre relationemfacere non presenta difflcoltt, relationem remittere e sintagma oscuro, proprio a causa della polisemia del verbo, che puô significare tanto , coglie ii punto essenziale e cercheremo di precisarla nel seguito. Implausibile la spicgazione di Perez Lopez, Elpoder de/principe en Roma, cit., 318 ss., secondo ii quale la specificazione dde modalità di convocazione del senato furono introdotte nd cap Ut III per motivi contingenti, ossia per rinforzare la posizione dci rappresentanti di Vespasiano al momento assente da Roma, in particolar modo Muciano. 61 11 tenore della Lex implica senza dubbio che vi fosse una distinzione fra commendatio e suffragatio, non già negli effetti, che sono comuni (v. infra, § 7), bensi ode modalità (per una panoramica dde ipotesi, v. Hurlet, La Lex de imperio Vespasiani, cit., 274, nt. 54; Perez Lopez, Elpoder del principe en Roma, cit., 324 ss.). L'impressione e che per commendatio si intendesse una presentazione formale delle dod di uno o anche phi candidati rivolta al senato e al popolo, mentre la suffragatio era una phi personale espressione di preferenza e di intenzione di voto per un candidato. Per le fond, v. B.M. Levick, Imperial Control of the Elections under the Early Prinajbate: commendatio, suifragatio, and nominatio, in Historia 16, 1967, 207 ss., spec. 209 ss. c R. Frei-Stolba, Untersuchungen gu den JVahlen in der römischen Kaisereit, Zurich 1967, 29 ss.; 181 ss.

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una precisazione, per quanto semplice, s'impone come indispensabile. Occorre cioè distinguere tra gli atti e i loro effetti. Quanto agli atti, la commenclatio e la sujjragatio rimontano addirittura all'età repubblicana, erano istituzioni sociali attraverso le quail personaggi pia o meno influenti facevano sentire II proprio appoggio ai candidati prediletd: dunque, erano pratiche di costume coessenziali al sistema sociale romano, in cm si manifestava la rete deile amicizie e deile clientele". Perciô, non sarebbe Stato certo necessaria una legge perche a Vespasiano fosse lecito comportarsi da supporter elettorale cos! come era stato da sempre consentito ad ogni cittadino e tanto meno avrebbe avuto senso sancire che gli fosse consentito , ossia maigrado la violazione delle regole sull'elettorato passivo, ad esempioi'iterazione, l'età o la sequenza del cursus honorum75.

La norma riservava l'elettorato passivo agli ingenui homines cli 25 anni compiuti (nel caso di duumvirato, si impediva l'iterazione a chi avesse gal gerito la carica nèi cinque anni precedenti). Inoltre, la legge disponeva che i candildati non dovessero trovarsi in una condizione nella quale se fossero stati clues Romani - non avrebbero potuto essere nominad decurioni. Si nod enpassant che cia significa che Vera una legge generale che regolava l'accesso ai senati locali nei municipi di diritto romano. Forse e da questa legge generale che vengono le norme della Tab. Heracl., U. 83-125, che stabiliscono requisiti di eleggibilita - fra I quail, l'età di 30 anni - e, specificamente, impedimenti per II decurionato. Com'è noto, II contenuto e la natura della Tavola di Eraclea sono incerti. Se si suppone (d'accordo con Crawford, Roman Statutes, cit., I, 358 s.) che le norme concernenti l'elezione dei magistrati di municipi, colonie e prefetture cos! come la nomina dci decurioni che sono contenute in Heracl., II. 83-125, riproducono quelle di una Lex Julia munictalis che Cesare avrebbe fatto adottare nel 45, si potrebbe sostenere che proprio a tall norme (o ad altre successivamente emanate nella stessa materia) su questo punto rinvia in Lex Flauia Ma/a citana. I1 fondamento legislativo dci requisiti di eleggibilita brilla in Cic. leg. agr. 2.24, dove si commenta l'obbligo posto dalla rogatio di Rullo cli presentare la candidatura in presenza, che Cicerone considera inusitato, mettendolo a confronto con gil impedimenti solitamente previsti dalle leggi: itaque

excztdtur hac lege non adulescentia, non legitimum aliquod £wpedimentum, non potestas, non magistratus al/us allis negotlis ac legibus imp editus, reus denique, quo minus decemairfieripossit, non excgiitur; Ch. Pompeius excgiitur, ne cam P Ru/b (taceo de ceteris) decemuirfieripossit praesentem enimprojiteri iubet (quod nub/a a/ia in lege umquam fuit, ne in us quidem magistratibus, quorum certus ordo est). Per quel che concerne la persistente validità delle le anna/es nel Principato e per II loro contenuto, v. J. Morris, Leges Annales under the Princseate, I Legal and Constitutional, in Lisy Fibobogicki 87, 1964, 316 ss., e IL Political Effects, ibid. 88, 1965, 22 ss., che ipotizza modifiche augustee rispetto nile norme repubblicane a proposito dell'etâ minima per la questura (abbassata a 25 anni) e della pretura (30 anni), mentre l'età consolare rimase a 42 anni (salvo riduzioni in virtü del ins liberorum); d'altra parte - si ignora Se per un esonero generale oindividuale - i patrizi godevano di una riduzione di 10 anni suil'età legittima per ii consolato. Furono mantenud in vigore i due anal di intervallo minimo fra Ic cariche nonché II certus ordo magistratoum. La locuzione extra ordinem ratio alicuius haberi ricorre in Val. Max. 4.1.14: posterior Cato...

çypriacampecuniam maxima cum diligentia et sanctitate in urbem deportauerat, cams ministeriigratia senatus re/ationem interpoisi tubebat, utpraetoriis comitlis extra ordinem ratio ems haberetar. Sedpse idfieripassus non est, iniquum esse adjirmans quad no/li a/li tn hue retur sibi decerni, acne quid in persona sna nouaretur, campestrens expenini temenitatem qziam curiae benejicio au satins ecse duxit. La replica dell'ilJticense, che dichiara di non volersi sottrarre alla terizone elettorale (camp estnis temenitas), suggerisce che il privilegio proposto (che per l'opposizione dell'interessato parrebbe non essere giunto nemmeno nib studio di relatlo formale al senate) consistesse nella nomina a pretore senza sottoporsi al voto (quand'an-

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Lex > 21), ii quale non parla neanche di lex de imperlo - ad avere dato fondamento al 'mito' della Lex de imperio Ve.rpasiani (perché, com'è noto, fretta e pigrizia hanno fatto rapidamente cadere ii prudente >, , e at complemento di mezzo, tra le pin comuni, le preposizioni , , , ' Si viaggia Si trasportati, ccc.>>). Cfr. supra, nt. 8. ° Utile ricordare Cic. in Pis. 8, in riferimenro a Q. Metello Celere: id quod nondumpotestatepote-

rat obtinuit auctoritate.

>> Uso, qui e di seguito, it termine per brevità. Ma su nell'esperienza romana v.,

ampiamente, V. Mannino, La costituione dei Romani: un'idea sostenibile?, in Seminarios Complutenses de derecho romano Xliii, 2001, 93 s., e Id., L'idea di sovranitd e la constitutio nella Roma repubblicana, in Tradi,jone romanistica e Costituione, cit., 585 ss.

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e meglio, come io credo - uno strumento oggettivo, un nomen, un mezzo tecnico grazie al quale Augusto opera neil'ordinamento. DirO di pia. Resgestae 34.3 crea, almeno superficialmente, incertezza, o piuttosto confusione, tra causalegittimante del potere e strumento del suo esercizio (tanto da potersi parlare cli una anfibologia). Ma a noi compete tener distinti i due aspetti, irriducibili sal piano teorico. A parte la sostanza concettuale, la latitudine deil'esegesi è giustificata sal piano sintattico: II confine tra i complementi cli lin-titazione di causa e di mezzo soifre margini di indeterminatezza, esso talora non è cos! netto come puô apparire a prima vista, e, anzi, arduo da tracciare12. Si puO certo sostenere che, in res gestae 34.3, ii parailelo con potestas porti cli necessità a concludere per un complemento di limitazione. Si deve tuttavia convenire come una tale esegesi sottovaluti la studiata doppiezza - Leitmotiv tra gil storici' 3 - del documento augusteo, la molteplicità cli letture che esso induce: l'ac-

12 Mi spiego con banalissimi esempi. Se affermo chè , Torino 1960, 225 5.: > (76); (78). Reciso M.A. Levi, La b/ta politica nelmondo antico, Milano 1955, 226: . Tuttavia, ribadisco, lo iato che corre tra il sintetico auctori/ate omnibus praestiti (emblema del principato augusteo), e l'elenco della lex de imp enio (emblema del principato di Vespasiano), mi sembra messo storiograficamente in evidenza sfruttando, nella misura circoscritta nel testo, II modello bodiniano. Altro discorso va fatto intorno a nStatou. B proprio il distacco dall'idea che si possa parlare di romano, ad averrni portato a concludere che i Romani assicurassero (e solo poressero assicurare) la continuità, la riconoscibilità del loro ordinamento facendo cardine sulle concrete figure organizzadve di esso, con ovvi riflessi sulla forma del Principato (in proposito si veda infra, nel testo). Al termine della giornata del Convegno, II prof. Grelle ed io abbiamo condiviso osservaziorii generali e di dettaglio sal problema

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'SovranikI poteri e lex de imperio Vespasiani

Nella lex de imperio, al contrario, rinveniamo precisamente una elencazione di poteri e di prerogative. In essa non si puô cogliere neppure una lontana assonanza con la nozione unificante di 'sovranitâ'. Andcipo che, nella rappresentazione moderna (Se non contemporanea), titolarita della e esercizio diretto del potere vanno, sul piano teorico, distinti 21 . Un'analogia sul piano fattuale, con tale principio, è rintracciabile anche nelle fond. Tacito parla di Galba come di un principe debole, infirmus e credulus, poi afferma: potentiaprincpatus divisa in Thium Venium consulem, Cornelium Laconempraeto iii praefectum22. Qui sembra proprio imporsi una distinzione (dettata da una circostan-

za occasionale) tra titolarità e esercizio del potere. Torniamo al punto. Ripeto, per Bodin titolarità della e esercizio del potere si pongono su liveffi non coincidenti. La distinzione è utile anche sul piano storiografico. Ma distinguere b forse arduo, in un tempo in cui prevale ii principio cli concretezza, in cui si vuole andare, come dire, subito al sodo, alla > 23. Con l'idea che questo sia ii massimo dell'onestà sciendfica. Operando cosi, tuttavia, vantando aderenza alla al di là delle formule giuridiche, al di là dei concetti giuridici, II lavoro dello storico del diritto perde qualità peculiari: e, nel momento in cui lo studioso crede cli clispiegare strumenti piü scaltriti, e di non farsi ingannare dalle apparenze, la sua ricerca rischia di illanguidire, e di limitarsi a pura della utilizzazione di concetti concezioni nozioni schemi modeffi giuridici moderni nello studio del diritto dell'antichitâ, convenendo che II problema resin aperto, e meriterebbe approfondimenti (ma in tema, di recente, un saggio di A. Sicari, Realtà antiche e categoric moderne. Osserva che la repubblica nasca da una rivoluzione). Naturalmente e da dire come la lucida critica di Capogrossi Colognesi e di Tondo trovi alimento nella loro appartenenza a un paradigma diverso e contrario a quello censurato. 21 Bodin ha un efficace paragone: Q. Bodin, Isei libri del/c Stato, I, a cura di M. Isnardi Parente, Torino 1964, 345 s.). 22 Tac. hist. 1.13. Ii testo cos! prosegue: nec minor gratia Icelo Ga/bae /iberto, quem ann/is donatum equestri nomine Marcianum vocitabant. Cfr. E. Fabbricorti, Ga/ba, Roma 1976, 31. 23 Panla di >. " Anonimo Romano, Cronica, ed. critica a cura di G. Porta, Milano 1979, Cap. XVIII, 148 s.

Rilevante e la scenografla che fa da sfondo alle parole del tribuno: intorno alla tavola bronzea Cola fa (ivi, 147). Utile forse rammentare che, nel quarto trattato del Convivio, ove parla della eautoritade dello romano principe>> (4.4.7-8: ; D. Alighieri, Opere minori, I, 2, a cura di C. Vasoli e D. Dc Robertis, Milano-Napoli 1988, 555 ss.), e della > : R. Carré de Malberg, Dc l'exception en c/rob' romain et dans l'ancienne procedure franç'aise, Paris 1888,5.

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Carlo Lan>34. 32

Non valorizzata, mi pare, quest'espressione nell'oceanica bibliografia augustea; non sfuggi pero ajones, The "Imperium", cit., 13-15. 33 SHA,Per. 5.6; Did. Jut 3.4; Mae. 7.4; Alex. 5ev. 1.3; Thc. 19.2; Prob. 12.8. De Martino, Storia, cit., 457; quanto ai contenuti, De Martino resta perO poi molto legato all'idea di imperiumproconsulare come di comando militate e sulle province (452 s.).

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L'imperum de1princzte Ma vediamo ora come viene gesdto questa costruzione deil'impenum di Augusto aila prima successione e come esso viene, anche figurativamente, percepito.

3. Rniirzio DELL'IMPERIUM E SUA PERCEZIONE DOPO AUGUSTO

Secondo Cassio Dione (53.32.5) Augusto godeva dal 23 di un imperium maius. L'assioma, per molto tempo e spesso ancora accettato negli studi, è invece verosimilmente frutto cli una anticipazione dionea, in quanto in contrasto con chiari ed autorevolissimi testi contemporanei 35. Nell'elogio funebre per Agrippa nel 12 a.C. Augusto, ricordandone la carriera, osserva che, >53. La lex convenzionalmente definita de imperio Vespasiani si muta, a questo punto, nella lex imperil, locuzione che, peraltro, appare soltanto in C. 6,23,3 del 232, in stretto rapporto con l'assolutizzazione dell'assuntopthiceps legibus solutus, che aveva fatto anch'esso II proprio debutto, con significato ristretto, con ogni probabilità, all'esenzione da specifiche regole di diritto privato e, in particolare, da talune norme della legislazione matrimoniale augustea 54, nella lex de imperio Vespasiani e che, con ogni verosimiglianza, aveva conosciuto anch'esso una progressiva estensione, basata sulla lettera formale del precetto. 4. Nutro, dunque, la convinzione, in aderenza ad un punto di vista certo non nuovo, che la lox de imperio Vespasiani costituisca nella storia giuridica romana un unicum determinato dalla peculiare situazione che contrassegno l'ascesa al trono di Vespasiano e che fu ispirata da un'accentuata personalizzazione, diretta a determinate le prerogative del nuovo Principe non in chiave di rottura rispetto al passato ma, al contrario, in un'ottica cli ostentata, ancorché pretestuosa, continuità. La legge veniva, infatti, ad afflancarsi alla deliberazione senatoria diretta a deferire a Vespasiano cunctaprincpibus solita (]I'ac. hist. 4,3) non per aggiungere alle prerogative imperiali qualcosa di ulteriore ne, tanto meno, per prevenire tendenze tiranniche ma per rat71care - e legaliare - strumentalmente ilpassato (o, almeno, II passato politicamente' riproponibile, con esclusione cos! di Nerone e Caligola, colpiti da damnatio et unum annum, i quali, oltre ad essere memoriae come degli imperatori del Io n stati sconfitti o travolti - nel caso di Galba - dalla furia popolare, non avevano, obiettivamente, avuto il tempo di esplicare significative manifestazioni della potestà imperiale) infunr> (/egum domino Romanarum, iustitiae aequitatisque rectorl) 30• 11 tema e, d'altra parte, ricorrente anche in alcune fonti non giuridiche. Libanio afferma che gil imperatori sono (icupIooç tv evca rv v6ov) 31 . Temistio si spinge a dire che (&rt ion cinrôç vóLoç ijnooç ci ionI thicpdvw rthv ycyp thvov) 33 e, ancora, che (f3cLrn2cictv éic roI5 o5pctvoii lcaré7tcjiWcv Ciç ri'jv ° ILS 765. Cfr. D. Mantovani, Ii dirilto da Augusta al Theodosianus, in AA.VV, introduione al/a storia di Roma, Milano 1999, 521 s. u Lib. or. 59.162. 12 Them. or. 5.2.64 B. 33 Them. or. 16.19.212 D.

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Lucio De Giovanni

yiiv 6 Bóç, 67t(oç &V e'tr Kara(p1Yyfl 'rq àVBpOSlCQ 6.7u6 TOl) VoOO TOU LKtV1TOO itI TO y t7CVOOV Ka. covTcL) . Considerata sotto questo punto cli vista, la legge generale era quella che, pii di ogni altro mezzo normativo, poteva concretizzare tale principio: la sua forma assolutamente imperativa, II suo rivolgersi non a un singolo destinatario ma a un popolo, a una regione o anche a tutto l'impero, l'astrattezza e la generalita del comando, l'ordine di pubblicazione a carico del funzionario cm era indirizzato II provvedimento, affinché i sudditi fossero davvero in grado cli conoscerlo, costituivano tutti elementi particolarmente idonei a manifestare la volontà del sovrano assoluto e aggiornare II diritto nel modo piü rapido e efficace possibile. Le considerazioni ora fatte non devono, tuttavia, condurci a ritenere che la legge fosse ormai promulgata in base a un mero capriccio. E appena II caso cli sottolineare che gil imperatori non erano giuristi e, H pin delle volte, non avevano nessuna preparazione nelle vane materie che dovevano essere oggetto di normazione. Ii processo di formazione e poi di pubblicazione della legge era lungo e complesso ed era gestito da un'organizzazione burocratica, nella quale è possibile intravedere i contorni di organizzazioni statualistiche a noi phi vicine nel tempo. Se dunque questo è II quadro di riferimento generale, torniamo alla domanda di fondo da cui abbiamo preso le mosse: una volta promulgata la lex, si considera l'imperatore dominus anch'egli a essa sottoposto? Alcune testimonianze che ci provengono dal mondo tardoantico parrebbero suggerirci che a questa domanda si possa rispondere affermativamente, almeno per alcune correnti di pensiero. Libanio, nel passo sopra citato (or. 59.162), dopo aver detto che gli imperatori sono gnori delle leggi>>, immediatamente afferma che le norme diventano poi (...'roiic vójioog 6é ctirtéiv icopiouç 7coltiioBat). Giovanni Crisostomo, a sua volta, sostiene II principio della sovranità della legge quando rileva che > 35. Giuliano l'Apostata afferma che II monarca è 36 e loda II cugino Costanzo per II suo rispetto delle norme, al pari di un qualsiasi cittadino: 4 . . .J ti presenti sempre al popolo e ai magistrati nella veste del cittadino che obbedisce alle leggi e non in quella del sovrano che sulle leggi comanda>> 37. Ambrogio dice, rivolgendosi a Valentiniano II, che quod cum praescrpsisti a/us, praescrJpsisti et tibi; leges en' imperatorfert, quasprimus pse custodiat38 che non leg/bus rex solutus est, sed le es mo so/nit exemplo 39. Significativo

34 Them. or. 19.2.228 A. Ioann. Chrys. Sermones IX in Gen. 4.2: ipxovrac yap àpóvrwv c'ufiv c/t vópol. Julian. or. 3.88 d. lulian. or. 1.45 c-d. 38 Ambros. ep. 75.9. 36

n Ambros. Apol. Dan. altera 3.8.

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Ilprinczpe e la legge: dalla lex de imperio Vespasiani al mondo tardoantico

è anche un passo di Temistio, che dlistingue tra II giudice e II monarca legislatore, nella convinzione >42. Ciô che particolarmente interessa, tuttavia, è II riflesso di questo pensiero nella stessa legislazione imperiale. Abbiamo qui dab significativi. Siamo in Occidente, negli anni successivi a quell'evento epocale che fu la presa e II saccheggio di Roma da parte di Alarico nel 410, siamo, cioè, negli anni nei quail l'impero tende a sgretolarsi in modo definitivo. Una costituzione della cancelleria ravennate cli Valentiniano III, C. 1. 14.4 (a. 429), diretta a Volusiano, prefetto del pretorio d'Italia, afferma solennemente che >: Digna vox maiestate regnantis legibus >. Pochi anni dopo II suo arrivo a Napoli, avvenuto nel 1876, ii ritratto di Tito, put eccezionale per la sua colossalità, entrô nel novero delle opere di provenienza sconosciuta. Mai come in questo caso si tocca con mano come la memoria di scandali che pure provocarono risse verbali tra diversi schieramenti politici e articoli di giornale, non lascino traccia a distanza di pochi mesi dagli eventi. E veto die l'Italia era pressata da ben pin gravi problemi. Eppure questo e uno dei tanti sintomi di una malattia che pervade la società italiana fin dalle origini dello Stato unitario:

Guida illustrata, cit., 248 s., n. 1029, fig. 63), dalle terme di Caracalla: R. Vincent, Les collections Farnise, Les antiques, in Le Palais Farnise, a cura deil'Ecole Française de Rome, I, 2, Roma 1981, 338.

Pio inv. 6078 ( Ruesch [a cura di],

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II templum gentis Flaviae II profondo dissidio tra enti locali e Stato centralizzato, e la pressoché totale scis-

sione tra opinione pubblica e classe politica. 3. La scoperta del luogo esatto di ritrovamento della testa colossale di Tito favorisce l'ipotesi che l'ediflcio rinvenuto nelle fondazioni dell'angolo sud-occidentale dde terme di Diocleziano (figg. 1, 9) sia proprio ii temp/urn gentis F/aviae, celebre per la sua grandezza e la sua magnificenza, rutilante cli marmi e d'oro 22 . E diffidile, come correttamente informa la pur succinta relazione di scavo, che un testa di simile misura sia stata ivi trasferita da altra sede. Logica vuole che la statua cui essa apparteneva, certo un acrolito destinato al culto dell'imperatore divinizzato, fosse collocata in quest'area o nelle immediate vicinanze. Come afferma Svetonio, Domiziano nacque nella VT regio, nella località detta ad Ma/urn Punicum, cos! denominata probabilmente per la presenza di un melograno, nella casa che in seguito trasformô in temp/urn genus F/aviae ( ... domo quarn postea in t. g. Fl. convertit 23• Si puô supporre, pur senza averne assoluta certezza, che la domus 22 R. Lanciani, Ara dell'incenclio neroniano scopertapresso la chiesa di s. Andrea al Ouirina/e, in BCom XVII, 1889, 383 S.; Ch. Hülsen, Zur Topographie desuirina/s, in RhMus 49, 1894, 399 S.; 0. Hirschfeld, Die kaiserlichen Crabstälten in Rom, in Kleine Sthriften, Berlin 1913, 463 S.; S.B. Platner, T. Ashby, A Topographical Dictionary of Ancient Rome, London 1929, 247; K. Scott, The Imperial Cult under the Flavians, Stuttgart 1936, s.v. Gens F/ac/a, temp/am 64 ss.; G. Lugli, I monumenti antichi di Roma e suburbio, III, A traverso le regioni, Roma 1938, 318 S.; M. Santangelo, IlQuirinale ne//'antichità class/ca, in MemPontAc, s. 3, V 1941, 151 S.; H. Erkell, Statius' Silvae 11 and dos Templum gentis Flaviae, in Eranos 56, 1958, 173 ss.; F. Coarelli, Roma sepo/ta, Roma 1984, 147 ss.; E. RodriguezAlmeida, Alcune notule top ograj'lche su/Quir/na/e di epoca domiianea, in BCom XCI, 1986, 56 ss.; M. Torch, Cu/to imperiale e sparj urbani in eta Jl'avia. Dai rilievi Hartwig all'arco di Tito, in L'Urbs. Espace urbain et histoire (Icr siècle an. J.-C. - file siècle ap. J.-C.), Acres du Colloque international (Rome, 1985), Roma 1987, 563 ss.; J. Arce, Funus imperatorum. Los funera/es de los emperadores romanos, Madrid 1988, 78 ss.; Candilio, Roma, cit., 178 ss.; R. Paris (a cura di), Dana Hartwig. Oreginal/ ticongiunti e copie tra Roma eAnn Arbor. Ipotesiperi/Templum Gentis Flaviae, Catalogo della Mostra (Roma, 1994), Roma 1994, 15 ss.; LTUR II, 1995, 368 s., s. v. Gens F/ac/a, temp/am (F. Coarelli); R.H. Darwall-Smith, Emperors andArchitecture: A Stud(y of F/au/an Rome, Bruxelles 1996, 159 ss.; E. Dftbrowa, The Origin of the Templum Gentis Flaviae:A Hypothesis, in MemAmAc 41, 1996, 153 ss.; C. Henriksén, Martial, Book IX Commentarji, Uppsala 1998-99,1,56 S.; R. Turcan, Temp/am gent/s F/aviae, in JSav 2000, 3 ss.; P.J.E. Davies, Death and The Emperor. Roman Imperial Fanerarji MonumentsfromAugustus to MarcusAurelius, Cambridge 2000, 24 ss., 148 ss.; M. Clauss, Kaiser and Gott. Herrscher/cu/t im r/imischen Reich, Stuttgart-Leipzig 2001, 121; J. Leberl, Dam/i/an and die Dichter. Poesie a/s Medium der Herrschaftsdarste//ung, Gottingen 2004, 301 ss. Le fonti sono raccolte in: K. Scott, The Imperial Cult under the F/anions, cit., 64 ss.; Paris (a cura di), Dana Hartwig, cit., 15 ss. 23 Suet. Dam. 1: natus est... regione Urbis sexta adMa/um Pun/cam, domo quampostea in temp lum gent/s F/aviae conner/it. Inoltre: Mart. 9.20.1 ss.: Haec, quae totapatet tegiturque et marmore et auro / infant/s dam/ni consda terrafu/t... Sat/a /oca/ità ad Ma/am Punicum: H. Jordan, Ch. Hhlsen, Topographic der StadtRom im Alter/hum, 13, Berlin 1907, 426; Platner, Ashby, A Topographical Dict/ona,y, cit., 326, s. V. Ma/um Punicum; G. Manca di Mores, Terreco/te architeltoniche eprob/emi topografici: confributi all'ident(/lcaione del temp/a diairino su/Quirina/e, in Studi Classic/ 20,1982-83, 334 s., 337; Coareffi, Roma sepo/ta, cit., 51;

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Eugenio La Rocca

possa essere identificata con un'abitazione di Vespasiano ricordata, senza una pifl specifica localizzazione, da Svetonio e da Cassio Dione 24, e non, come comunemente si ipotizza in base ad un'azzardata serie di illazioni, con la domus di Flavio Sabino, II fratello di Vespasiano 25 . Tit. La posizione della domus di Flavio Sabino è documentata grosso modo da un cippo in travertino rinvenuto nel 1521 nella vigna del cardinale Jacopo Sadoleto, con l'iscrizione Inter duos /parietes / ambitusprivat(us) / Flavii Sabini 26, e da una fistula acquaria con II suo nome, trovata verso la fine dell'Ottocento durante i lavori di costruzione della chiesa evangelica metodista di S. Andrew,all'angolo tra via Firenze e via XX Settembre 27 (fig. 9). Sempre nella vigna Sadoleto, Pirro Ligorio ricorda essere stati scoperti i resti di un che reputa dedicato a Minerva per la presenza in loco cli una statua di Minerva Promachos 28 . Per una vaga somiglianza morfologica, il fu Torelli, Cu/to imperiale, cit., 567 ss.; Paris (a cura di), Dono Hariwsg, cit., 15 ss. (raccolta e commento delle fonti), 21 ss. (proposte di localizzazione); LTUR III, 1996, 208 s., s.u. Ma/urn Punicurn, (F. Pcsando). L'opinione vulgata che la località prenda nome da un vicus omonimo che seguirebbe all'incirca II percorso di via Quattro Fontane, e frutto di una congettura: Lanciani, Ara dell'incendio, cit., 386, nt. 1; Hfilsen, Zur Topographic, cit., 49, 405, 437; Santangelo, I/Quirina/e, cit., 120. 24 Le fond testimoniano la presenza a Roma di una casa di Vespasiano, ma non ne ricordano, purtroppo, l'ubicazione: Suet. Vesp. 5.7 (Neronem diebus u/timis monitumperquietem, ut tensarn Louis Optimi Maxirni e sacrario in domum Vespasiani et mdc in circum deducerel); Cass. Dio 66.1.3 (Ka'L a&tôc 6 Nwv fbo,f nom by otc iiitvoic TOy TOP ALoc bXov bc TI]V TOP Oflecniceaiayofl oucicev b(Tccya'yeR). II significato del sogno e chiaro. La tensa e il simbolo della benevolenza divina nei confrond di Vespasiano. A lui Giove oifre II potere imperiale: RB. Krauss, An Inter retation of the Omens, Portents and Prodigia, recorded Iy Li1y, Tacitus, and Suetonius, Philadelphia 1930, 152 s. (a... this vision signified that Vespasian was the best aurlga, or charioteer, of that sacred car, or, in other words, that Jupiter had consigned the highest position in the state to him>>); Scott, The Inrperia/ Cult under the F/avians, cit., 5. 25 Lanciani, Ara de/I'incendio, cit., 383 ss.; A.L. Cubberley (ed.), R. Lanciani, Notes from Rome, Roma 1988, 216 5.; Hiilsen, Zur Topographic, cit., 399 ss.; Platner, Ashby A Topographica/ Dictionay, cit., 180, s.c. Domus. T F/avius Sabinus; Lugli Imonumenti antichi di Roma, cit., 314; Santangelo, Ii Quirina/e, cit., 151 5.; Rodriguez-Almeida, A/cune notule top ogrc/lche, cit., 56 ss.; LTUR, II, 1995, 102 s., s.c. Domus: T F/avius Sabinus M. Torelli). 26 CIL VI, 29788 = ILS 5988. Ii cippo e la sua provenienza dalla vigna Sadoleto sono documentati nel cod. Pighius Berol. F. 125 R. VI, dal quale si evince che esso fu raptus ii 29 giugno 1579: R. Lanciani, Appunti di top ografia romana nei codici Lanciani della Bib/iotecaAposto/ica Vaticana, a cura di M. Buonocore, II, Roma 1997, 71, f. 193 v. (si veda anche p. 72, if. 196 rv [scheda di Ch. Hülsen]). Inoltre: Lanciani, Ara dell'incendio neroniano, cit., 383; Hülsen, Zur Topographic, cit., 400. 27 CIL XV 7451: T Flavi Sabini. Inoltre: HOlsen, Zur Topographic, cit., 400, nt. 1; S. Panciera, 1ircriioni senatorie di Roma e dintorni, in Epigrajia e ordine senatorie (Atti del Colloquin Internazionale AIEGL,Roma 1981), 1982, 609 ss.; 'Ill Eck, Die fistulae aquariae derlltadtRom, in Die Verwaltungdes rbivischen Reiches in derhohen Kaisereit Ausiescäh/ti und era'eiterte Beitriige II, Basel 1998,, 266, nt. 106. 28 Laaciani, Ara dell'incendio, cit., 383 S.; Lanciani, Ara de/i'incendio, cit.,, 216 S.; M. Santangelo, I/Quirina/e, cit., 152. Secondo Ligorio, la dea era ecol scudo imbracciato che mostrava di lanciare o vibrare l'hastth>.

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Ii templum gentis Flaviae

presto confuso con una struttura :'

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