La letteratura italiana. Storia e testi. Scienziati del Settecento [Vol. 45]

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LA LETTERATURA ITALIANA STORIA E TESTI DIRETTORI RAFFAELE MATTIOLI • PIETRO PANCRAZI ALFREDO SCHIAFFINI VOLUME 45

SCIENZIATI DEL SETTECENTO A CURA DI MARIA LUISA AL TIERI BIAGI

E DI BRUNO BASILE

RICCARDO RICCIARDI EDITORE MILANO • NAPOLI

TUTTI I DIRITTI RISBRVATI • ALL RIGHTS RBSERVBD PRINTBD IN ITALY

SCIENZIATI DEL SETTECENTO

INTRODUZIONE

ANTONIO VALLISNERI

VII

3

GIROLAMO GASPARI

n7

CARLO FRANCESCO COGROSSI

137

LAZZARO SPALLANZANI

167

LUIGI FERDINANDO MARSILI

337

ANTON LAZZARO MORO

419

GIUSEPPE GINANNI

481

BERNARDINO RAMAZZINI

5z9

EUSTACHIO MANFREDI

609

RUGGERO GIUSEPPE BOSCOVICH

695

MARIA GAETANA AGNESI

757

IACOPO RICCATI

781

LORENZO MASCHERONI

815

EUSEBIO SGUARIO

835

LUIGI GALVANI

915

ALESSANDRO VOLTA

991

NOTA CRITICA Al TESTI

1063

INDICE DEI NOMI

1077

INDICE

1097

INTRODUZIONE

Sembrami che la presente letteratura si ritrovi in uno stato di abbondanza e di lusso, che non più si prenda molto pensiero di accrescere le sue ricchezze, ma si cerchi soltanto di spenderle in ogni maniera, e di rendere più comoda ed agiata la vita dei letterati: ciò che può far temere un'imminente rovina della letteratura; dicendo, non senza ragione, il Verulamio essere spesso cagione di miseria e di povertà l'opinione della ricchezza: inter cawas inopiae est opinio copiae. Ed ecco, dopo il progresso di tanti secoli, lo stato attuale della letteratura. 1

È

un giudizio, datato 1782, del gesuita spagnolo Juan Andrés; causa di tanto allarme, nel contesto da cui la citazione è tratta, è la constatazione che dizionari specialistici ed enciclopedici, screditati in passato «dai severi letterati», ora «si veggono saliti a tanto onore, che vengono rispettati come libri classici e magistrali». Se si pensa che l' Andrés scriveva queste parole nel momento in cui si diffondevano per tutta Italia ben due ristampe dell' Encyclopédie (quella lucchese: 1758-1776, e quella livornese: 1770-1779), la sua predizione rovinosa s'inquadra significativamente nel clima di rinfocolata lotta fra novatori e custodi della tradizione. Installatosi in Italia dopo l'espulsione dalla Spagna dei Gesuiti, l' Andrés aveva dedicato gran parte delle sue energie a tracciare il panorama della decadenza culturale europea, e italiana in particolare, imputando quest'ultima soprattutto all'abbandono, da parte dei nostri scienziati, del modello galileiano. Si chiedeva, l'autore del Saggio della filosofia di Galileo ( 1776) e della Dissertazione sopra le cagioni della scarsezza de' progressi delle scienze in questo tempo ( 1799), « come mai l'Italia» non avesse «formato un partito nella scuola filosofica e, prendendo a capo il suo Galileo >>, non avesse contrastato alla Francia la gloria del suo Cartesio, ali' Inghilterra quella del suo Newton, alla Germania quella del suo Leibniz; un interrogativo a dir poco ingenuo, da parte di uno storico della cultura e di un gesuita, che avrebbe dovuto essere ben consapevole dei condizionamenti esterni che avevano gravato sulla vicenda di Galileo e sulla sua "fortuna", disperdendo e riducendo al silenzio almeno quattro generazioni di post-galileiani. G. ANDRfs, Dell'origine, progresn e stato attuale di ogni letteratura, Parma, Stnmpcrin Reale, 1782-1799 (in 7 voli.), da noi consultata nell'edizione ottocentesca: Napoli, Borel e Bompard, 1836-1838, vol. I, p. 346. 1.

VIII

INTRODUZIONE

Pur riconoscendo la «maggiore estensione» data dal Settecento ai «lumi spuntati nel secolo precedente», e pur ammettendo la diffusione universale del ,, sapore della filosofia» (due espressioni attentamente calcolate, ché «estensione » è alternativa esclusiva di "profondità", e cc sapore» è sostituto epidermico di "gusto"), l'Andrés rilevava nel suo secolo «cert'aria di frivolezza ed un tuono fantastico e orgoglioso», «certi semi di corrompimento », che gli facevano prevedere ,, l'intiera rovina, anziché sperare l'avanzamento della letteratura». Fatta sua la geometrica predizione del correligiomario Boscovich, l' Andrés ne radicalizzava il pessimismo, entrando nel coro di coloro che - in vari centri culturali della penisola, da Napoli a Torino - opponevano ai pericoli delle idee ultramontane (e della laicizzazione della cultura che ne derivava) il modello di un empirismo moderato di cui Galileo poteva essere presentato come persuasivo interp_rete. Infatti, è proprio come «maestro della logica fisicale», cioè di «quell'arte di fare le esperienze e le osservazioni, ch'è il fondamento e la base di tutta la fisica, e su cui con tanta sottigliezza e dottrina hanno poi scritto il Muschembroek ed il Senebier », che il filosofo e matematico del Granduca viene riproposto da Andrés all'imitazione degli Italiani. Ciò che era avvenuto in Francia, qualche decennio prima, per Cartesio, recuperato dai Gesuiti perché utile al ripristino di vecchie categorie scolastiche, avviene in Italia per Galileo, ridimensionato a campione di quegli scienziati che, e, rispettosi della loro professione», contenti di una loro «rozzezza» geometrica, potevano essere contrapposti a quanti, nel Settecento, volevano diventare cc begli spiriti»: una velleità di cui, secondo Andrés, le scienze non possono che ,, risentire» negativamente, 11 giacendo languide senz'acquistare nuove forze, senza avere nuovo vigore». Più la scienza diventa pervasiva della vita sociale, economica, politica, più essa ,e si distende», e più diventa ,, leggera», visto che «non si può alquanto crescere di superficie, senza che altrettanto si perda di profondità». Né esita, l' Andrés, a ribaltare su d' Alembert l'accusa che Galileo aveva a suo tempo rivolto ai Gesuiti del Collegio romano: [...] i nostri analitici, senz'avere mai preso in mano il cannocchiale, senza neppure aver voltato uno sguardo verso le stelle, ardiranno a decidere francamente sopra i più ardui e più difficili punti dell'astrono.mia? [.•.].Io medesimo ho inteso il Boscovich dire del geometra D'Alem-

INTRODUZIONE

IX

bert che vergognerebbesi egli di pigliare in mano il cannocchiale, riservandosi solamente alle speculazioni analitiche, e troppo superiore riputandosi a queste meccaniche operazioni. 1

L'aver ridotto Galileo a sperimentatore puro, l'averlo fatto capostipite di una genealogia costituita dal Musschenbroek del De methodo instituendi experimenta physica e dal Senebier dell'Art d' observer, non impedisce poi al gesuita spagnolo di addebitare a Galileo, come aspetto negativo e causa non ultima della sua scarsa "fortuna", il rifiuto a formare sistemi. Come tutti coloro che, nel Settecento, si oppongono alla fisica newtoniana, alla gnoseologia di Locke, all'ideologia degli enciclopedisti e dei loro seguaci, l' Andrés è favorevole ad uno spirito di sistema che non escluda la causalità divina, a una forma di metafisica razionale che autorizzi le ipotesi; contro la cultura coeva, responsabile del fatto che «si abbandonino i sistemi, che più conto non si faccia delle ipotesi», egli sostiene che «le ipotesi ben esaminate ànno molto giovato allo scoprimento della verità; e il rigettarle che si fa presentemente, il chiamarle, che molti usano, veleno della ragione, e peste della filosofia, non può che portare ritardo al progresso delle scientifiche cogmztom ». Si veda, allora, come può ambiguamente configurarsi un ritorno a Galileo (a quel Galileo!), proposto centotrentaquattro anni dopo la morte dello scienziato toscano e la nascita di Newton: l'operazione, patrocinata da un membro della Compagnia di Gesù, può sembrare culturalmente ardita, spregiudicata, anche se le tensioni attorno al nome di Galileo erano certamente allentate, all'epoca, come dimostra l'edizione padovana delle Opere (comprensiva del Dialogo condannato, ancora escluso dall'edizione fiorentina del 1718) e anche l'episodio della tumulazione di Galileo in Santa Croce, che riscattava le esequie furtive del 1642. Ma la stessa operazione è suscettibile di ben diversa interpretazione, quando si pensi che la vera eredità galileiana - eredità di pensiero e di metodo - era quella passata attraverso la fisica di Newton; il ritorno diretto, e cioè l'arretramento antistorico al nostro scienziato, avrebbe costituito una remora all'ingresso e all'impianto in Italia dell'empirismo fenomenologico inglese: lo dimostra la situazione di 1.

I o., Disserta::ione sopra le cagioni della scarse:iza de' progressi delle scien:ie

in questo tempo, Ferrara, Rinaldi, 1799, p. 34.

X

INTRODUZIONE

relativa stasi della Toscana settecentesca, in cui la fedeltà al genio locale prolungava campanilisticamente un "geometrismo" nel frattempo battuto in breccia dall' "algebrismo" europeo e nord-italiano, e battuto anche nel campo delle scienze biologiche, dove al modello interpretativo geometrico si era ormai sostituito il modello chimico-fisico. La proposta di Andrés, da questo punto di vista, si configura come strumentalizzazione della figura e del mito di Galileo, per arginare più attuali e più temibili suggestioni transalpine. Se abbiamo indugiato sul panorama della decadenza tracciato da un Andrés non è perché consideriamo particolarmente significativa la figura di questo autore (anche se grande fu la fortuna europea delle sue opere, e quindi notevole la loro corresponsabilità nell'avvalorare un'interpretazione riduttiva della cultura settecentesca); è anzi la statura media del personaggio che permette di assumere il suo giudizio come espressione di un'opinione largamente diffusa, anche se di parte. Traspare insomma da Andrés, meglio che da altri apocalittici di spiccata personalità, l'intenzione di costringere in una formula, ideologicamente condizionata, fenomeni complessi che - se inquadrati da una prospettiva diversa - autorizzano anche la formula opposta, "entusiastica"; quella di cui, per esempio, si fece portavoce Voltaire. Gli stessi elementi che, per Andrés, erano indizi di superficialità e di sperpero, sintomi di languore speculativo e di imminente rovina, potevano essere annoverati da Voltaire (( tra le grandi superiorità di cui il nostro secolo gode»; la capacità dei filosofi di passare (( dalle spine delle matematiche ai fiori della poesia», la loro disponibilità applicativa, la (( razionalità profonda e chiara» da essi profusa «nei loro scritti e nelle conversazioni», il contributo da essi dato a « istruire e coltivare la nazione», sono proprio gli aspetti che rendono questi uomini cc molto superiori a quelli del passato». È un entusiasmo che coinvolge, oltre ai grandi interpreti, costantemente citati, anche attori non generici, ma fino ad oggi ignoti, della scena settecentesca. A rappresentarli, si può citare il medico veneziano Eusebio Sguario, salvato dall'anonimato, in questo volume, come "elettricista". Si può leggere, nella Prefazione del suo dialogo, l'elogio di quegli strumenti divulgativi e didattici (dizionari, repertori, manuali, «tavole», ecc.) che, lungi dall'essere indizi di superficialità e di scialo culturale, hanno il merito di

INTRODUZIONE

XI

,e render più accessibili le scienze e meno schiffosa la fatica dello studio». «Non istà bene », secondo lo Sguario, che «certe scienze

di loro natura rigide e austere siano trattate sempre con uno stesso metodo scientifico e dottrinale»; è legittimo usare, in vista del ,e publico interesse», tutti gli espedienti (ivi compresi "generi,, letterari allettanti come il dialogo, la novella filosofica e galante, il romanzo) che possano trasferire questi argomenti «dai deserti e dalle cupe caverne nelle mani di gente di spirito e nelle amene conversazioni del secolo». I modelli di questa divulgazione culturale sono, ovviamente, Fontenelle e Pluche, Swift e quell' Algarotti il cui N ewtonianismo sta ormai sulle ,e tavolette» delle dame, là dove esse «al lume d'un vetro sogliono far la rassegna delle loro bellezze, e dove mettono tanto studio ad accomodarsi il loro ciuffetto». Sembra un'introduzione frivola, ma l'impressione è subito smentita dalla sezione specificamente scientifica dell'opera, una vera e propria teoria generale dell' elettricismo, su modello newtoniano, che contempla anche le applicazioni mediche, e che - pur protesa verso tutte le esperienze europee coeve - non rinnega l'archetipo nazionale dell'Accademia del Cimento. Ma anche nella Prefazi.one, quando lo Sguario sembra perdersi nell'elencazione di quelli che oggi chiameremmo materiali didattici (« figure fatte a bella posta di legno, di avorio, d'ebano», «piccioli arnesi» che educano 1< allettando » l'età puerile), è la lezione di Locke che dobbiamo leggere in trasparenza, ché quei materiali (< imprimono fortunatamente le necessarie figure e i primi elementi nell'anima, cosi che le idee ne restano poi indelebili per tutto il corso della vita,,. Gli stessi fatti consentono dunque a uomini schierati su diversi fronti culturali diagnosi diametralmente opposte. A volte la contraddizione è interna alla psicologia del personaggio: scetticismo, sfiducia nella ragione, senso della decadenza associato al mito vichiano del risorgere delle energie in un mondo giovane e innocente(« Tutto qui va in decadenza[...] tutto si rifonda di nuovo in America») penetrano in un uomo come Ferdinando Galiani che, per molti aspetti, anche biografici, appartiene alla civiltà illuministica. Altre volte, come nel caso di Muratori, la contraddizione si articola nella parabola personale di chi, profondamente attratto dalle nuove idee, capace di dichiarare una sua rischiosa ammirazione per Locke (< Le più celebri accademie dell'Europa l'approvano e la confermano, e con sempre nuovi studi l'adornano e la promovono. Mi par dunque evidente che si possa concludere che Dio non solo sappia e possa formare le delineazioni e gli sviluppi degli animali all'infinito, ma che gli abbia ancora·voluti. 8. Potrei soggiungere qualche altra congiettura su questa ipotesi, paragonandola alle migliori che abbia la fisica; ma noi permettono i limiti d'una lettera e gli altri miei studi. Verrà forse un giorno che, provisto di nuovi lumi, determinerò con più precisione e nettezza ciò che addesso adombro solamente in idea. In fatti, essendo questo un problema il più composto di quanti ne proponga tutta la filosofia, a ben trattarlo in tutta la sua estensione vi si ricercano molte osservazioni ancora non tentate, una profonda intelligenza dell'origine delle leggi meccaniche e una sottilissima e universalissima cognizione de' principii della scienza dell'infinito. Aggradisca intanto quello che posso dirle, e mi creda etc. 9. Che vuol di più, illustrissimo signore? Come poteva mai pensare io, né meno per ombra, di maneggiare una materia cosi difficile ed intrigata con metodo più chiaro, con dottrine più scelte, con fondamenti più forti? Penso dunque di non aver perduto, ma acquistato molto di merito, se non ho voluto impiegar la mia penna, dove con tanto vantaggio, e mio e della letteraria repubblica, è stata da così nobile e valente scrittore impiegata. x) Malpigh., Svamerdamio, Leibn. nel Trattato dell'ipotesi fisiche.'

1. La serie dei nomi rappresenta l'avanguardia europea della scienza secondo il Conti e lo stesso Vallisneri; il sibillino Trattato dell'ipotesi fisiche è da identificare con un saggio di Leibniz apparso a Magonza nel 1671 1 Hypothesis physica 11ova {ora in G. W. LEIBNIZ, Mathematische Schriften, herausgegeben von C. I. Gerhardt, Hildesheim, G. Olms, 1971 1 voi. VI [ristampa anastatica dell'edizione Berlin-Halle, 1849-1863]).

8

Questa ipotesi la migliore di tutte l'altre. ~

Problema il più intricato di tutti, e cognizioni che ai ricercano.

Protesta dell'autore.

GIROLAMO GASPARI

NOTA INTRODUTTIVA

Pubblicando nel 1733, presso l'editore Sebastiano Coleti di Venezia, le opere del padre, Antonio Vallisneri iunior non esitò ad includervi, con molto buon senso, seguendo un costume dotto dell'epoca, anche numerose lettere e documenti di estimatori del grande scienziato, e persino qualche lavoro di allievo ed assistente che doveva comprovare la "qualità" di una scuola. A questo contesto può facilmente ascriversi un saggio come i Miglioramenti e correzioni d' alcune sperienze ed osservazioni del signor Redi, fatte dal signor Antonio Vallisneri e registrate dal signor dottor GIROLAMO GASPARI veronese, in apparenza un breve opuscoletto di "esercitazione" didattica ove sono controllate, e discusse, alcune delle scoperte di uno dei maggiori scienziati italiani del Seicento. Ne era autore un ricercatore dell'équipe di Vallisneri, certo Girolamo Gaspari, vissuto nel primo scorcio del Settecento (su di lui non possediamo dati precisi), che, seguendo passo dopo passo le acquisizioni della unuova biologia,, di Vallisneri un "maestro" il cui sguardo attento si rende quasi percepibile nella pagina-, ottenne il duplice risultato d'intessere l'apologia di uno stile di ricerca sperimentale che da Padova stava imponendosi a tutta l'Italia colta, e di rivendicare le origini "rediane", e quindi, in certo senso, "galileiane", della moderna biologia settecentesca. Non era un mistero per nessuno, a quell'epoca, che il Vallisneri, legato al magistero rediano, volesse divenire l'erede scientifico del "protomedico" della Toscana granducale. Lo stesso Giacinto Cestoni, dopo la morte del Redi, non esitò a porsi al suo servizio come microscopista e indagatore sul terreno, dimostrando pubblicamente quali dovevano essere le scelte dell'ultimo epigono della prestigiosa "scuola toscana". Ma l'investitura ufficiale del Vallisneri ad erede indiscusso di un nome così impegnativo, non significò affatto una celebrazione angusta e retorica. Con molta freddezza, il Vallisneri considerò sempre le ricerche rediane un punto di partenza serissimo, ma in ogni caso tutto da verificare sperimentalmente, caso per caso, applicando al Redi "secentesco" la stessa critica "illuminata,, che questi aveva impiegato nella sua rilettura del patrimonio scientifico classico e rinascimentale. La lettura delle Esperienze rediane, così come la vediamo puntualizzata dal meticoloso Gaspari, non è affatto un esercizio di neo-scolastica galileiana. È piuttosto una radiografia paziente di piccole incertezze dell'occhio "sperimentale" rediano, che, da dossier puntiglioso e talora sofistico, si estende, a poco a poco, a un vero caliier de doléa11ces in diciassette punti. Paragrafi acutissimi che investono anche questioni di rilevanza filosofica, prime fra tutte

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GIROLAMO GASPARI

quelle, mai risolte dal Redi, relative all'origine delle galle (generazione "spontanea" o da parassitosi?), e a molti parassiti dell'uomo e degli animali. La penna del Gaspari (guidato forse dallo stesso Vallisneri) è limpidissima, sia nella nota pungente, sia nel tributo a un Redi la cui grandezza non è intaccata da una visione ormai newtoniana dell'er1·ore come veicolo a un nuovo sapere: in fin dei conti, anche per il Gaspari, la scienza è l'arte di vedere lontano dopo aver avuto il coraggio di salire sulle spalle dei «giganti». Con simili credenziali, parrebbe quasi ovvio vedere per Girolamo Gaspari un destino luminoso nella scienza, almeno pari a quello di altri "collaboratori" giovani di Vallisneri (Cogrossi, Moro, Riccati). Ma non fu così: sollecitato dal "maestro,, perché intraprendesse studi storici severi, il Gaspari non giunse oltre l'edizione della Consultationum medicinalium centuria prima del Malpighi (1713), un testo considerato filologicamente modesto da studiosi del corpus editoriale dello scienziato bolognese come Howard B. Adelmann e Luigi Belloni. Passato medico condotto a Feltre, il Gaspari cercò in ogni modo di rimontare la sua prima sconfitta dedicandosi, senza troppo successo, prima alla ginecologia, poi allo studio delle malformazioni: e ancora come teratologo di belle speranze è ricordato nelle Opere fisico-mediche del Vallisneri (I, p. 379). Successivamente tentò anch'egli, dopo studi severi, il suo magnum opus: ma le Nuove ed erudite osservazioni storiche, mediche e naturali, pubblicate a Venezia nel 1731, non ebbero nessuna accoglienza, neppure di stima, per quanto il Gaspari, già in patente difficoltà, le decorasse con l'edizione di alcune lettere inviategli dal Cogrossi, quasi che le pagine di un altro celebre allievo di Vallisneri, un tempo suo collega ed amico, potessero servirgli come viatico per un viaggio scientifico ormai sotto cattiva stella. L'opera fu recensita tardi e seccamente (due righe non metaforiche) da Albrecht von Haller, e nemmeno l'occhio campanilistico di Scipione Maffei, l'erudito veronese, si sentì il coraggio di registrare il nome del Gaspari nella sua celebre Verona illustrata, che pure dedica una parte ai giovani medici-letterati "galileiani" (ma allora, per prudenza, si scriveva neoterici.: vedi Verona illustrata, Milano, Dalla Società Tipografica de' Classici Italiani, III, 1825, pp. 420-6). Questa singolare damnatio memoriae, ha portato con sé l'oblio totale dei documenti atti ad identificare le tappe di una vita che, almeno da quel momento, si nascose nell'ombra. Fatto non certo unico nell'epoca, ma indubbiamente curioso, se si nota come un filosofo della levatura di Antonio Conti, scrivendo al Vallisneri, non esitasse a chiedergli di passare notizie di certe discussioni proprio a Gaspari, giudicato fisico non certo di secondo piano (cfr. A. CONTI,

NOTA INTRODUTTIVA

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Scritti filosofici, a cura di N. Badaloni, Napoli, F. Rossi, 1972, p. 354: «i signori dr. Piacentini e Gaspari, i quali sentono molto avanti nelle cose della fisica [...) »). Può essere che il declino di Gaspari fosse parallelo al suo progressivo allontanarsi dalla vita universitaria in favore della professione in provincia: ma le note rediane, anche se dipendenti dai consigli di un Vallisneri illustre quanto generoso, rendono questo scrittore evanescente un ponte di passaggio obbligatorio tra la logica secentesca e una nuova stagione di ricerca.

* Miglioramenti e co"ezioni d' alcune sperienze ed osservazioni del signor Redi,Jatte dal signor Antonio Vallisnerie registrate dal signor dottor GIROLAMO GASPARI veronese, in Opere fisico-mediche stampate e manoscritte del kavalier ANTONIO VALLISNERI raccolte da Antonio suo.figliuolo, Venezia, Coleti, 1733, III, pp. 617-22; M. MALPIGHII Consultationuni medicinalium centuria prima, quam in gratiam clinicorum evulgat HIERONYMUS GASPARI, Patavii, Ex Typ. Seminarii, 1713; Nuove ed erudite osservazioni storiche, mediche e naturali del dr. GIROLAMO GASPARI dedicate a' suoi concittadini di Verona, con un ragionamento del medesimo i11torno ad una mostruosa e rara mola osseroata nella medesima città, e con due [...] lettere dell'illwtriss. sig. CARLO FRANCESCO CoGROSSI all'Autore, Venezia, B. Locatelli, 1731. EDIZIONI:

CRITICA: mancano opere in cui il Gaspari abbia più della segnalazione del nome; per l'ambiente della ..scuola" del Vallisneri, vedi però almeno G. PENSO, La conquista del mondo invisibile. Parassiti e microbi nella storia della civiltà, Milano, Feltrinelli, 1973, pp. 191 sgg. e B. BASILE, La prosa scientifica del Settecento. Rassegna di testi e studi, in « Lettere italiane•, 4 (1980}, pp. 526-61. Sulla cultura medica in cui operò il Gaspari, sono utili AA. VV., Il contributo veronese alle scienze medie/re, Verona, Bettinelli, 1949 e H. B. ADELMANN, Marcello Jvlalpighi and the Evol11tion o/ Embryology, lthaca, N. Y., Cornell University Press, 1966, 1, pp. 665-7.

MIGLIORAMENTI E CORREZIONI D'ALCUNE SPERIENZE ED OSSERVAZIONI DEL SIGNOR REDI, FATTE DAL SIGNOR ANTONIO VALLISNERI E REGISTRATE DAL SIGNOR DOTTOR GIROLAMO GASPARI VERONESE 1

Non per isminuire la gloria d'uomo si grande, della quale e' già n'è in possesso come primo autore di nuove scoperte e cancellatore ingenuo2 di tante menzogne che ci vendettero i buoni vecchi, 3 ma per solo desiderio che sempre più s'illustri la verità e si stabiliscano le buone dottrine, seminate dallo stesso in faccia alle strepitose4 scuole, ho giudicato far cosa grata al pubblico de' letterati se aggiungo alle opere degnissime del medesimo alcuni miglioramenti e correzioni, fatte in vari tempi a molte cosette scappategli della penna, del signor Vallisneri. Questi batte con piede franco la medesima strada, e s'è inoltrato così a gran passi coll'incessanti sue sperienze nell'interno delle leggi della natura che di già n'ha scoperto una gran parte ed ha posto in sicuro la verità tanto oltraggiata dalle fantastiche immaginazioni di chi si credeva tutta potere comprenderla co' soli suoi pensieri. Avendo, fra le altre, rifatte più volte le sperienze del mentovato signore, s'è abbattuto trovarne alcune mancanti o non perfezionate o con qualche abbagliamento notate. Onde ha stimato bene usare la medesima ingenua libertà col medesimo, che egli ha usato cogli altri, mostrando però sempre un alto rispetto e la dovuta modestia verso uno scrittore di sì gran fama e dotato di qualità si ragguardevoli. 1. Scrisse con somma erudizione il signor Redi, nelle sue famose Esperienze intorno agl'insetti, che malamente veniva riferito e creduto dagli scrittori che le pecchie o api nascessero dalle carni de' tori imputridite, e scrisse la soda e pura verità. 5 Ma il signor Vallisneri colle sue diligenti osservazioni ha scoperto donde nascesse l'abbagliamento degli antichi, come ha esposto nel primo Il testo è tratto da A. VALLISNERI, Opere fisico-mediche [•.•], cit., 111, pp. 617-22. 2. i11genuo: vedi la nota 2 a p. 74. 3. i buoni vecchi: gli autori antichi. 4. strepitose: nel significato di vanamente schiamazzanti, in dispute prive di fondamento. 5. Scrisse ••. verità: vedi, in questa collana, Scienziati del Seicento, a cura di M. L. Altieri Biagi e di B. Basile, pp. 604 sgg. 1.

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GIROLAMO GASPARI

Dialogo fra 11 Malpighi e Plinio; 1 cioè ha notato che certe feroci mosche dette tafani o asili, 2 e che a prima vista hanno qualche similitudine colle api, trivellano il duro cuoio a' tori, a' buoi, alle vacche ed a' vitelli, e vi depongono un uovo dal quale nasce un verme che si nutrica sotto di quello sino alla determinata3 grandezza; indi poi scappa, si nasconde sotterra, s'incrisalida e dà fuora una mosca che, come ho detto, ha qualche rozza similitudine d'ape. II. Si burlò pure il medesimo signor Redi nel citato libro di tutti i buoni vecchi perché, tutti d'accordo, si credettero ad occhi chiusi che le vespe avessero l'origine dalle morte carni de' cavalli. 4 Ha pure avuta la buona fortuna il signor Vallisneri di scoprire donde nascesse l'inganno. Cioè ha osservato che annidano ne' ventri e negl'intestini de' puledri e de' cavalli certi vermi della grandezza d'un pinocchio 5 incirca, i quali qualche volta sono in tanta copia che gli uccidono. Questi, giunti che sono alla destinata loro grandezza, s'indurano e si fanno crisalide, donde poi esce a suo tempo una mosca che a prima giunta pare una vespa. Leggasi il suo primo Dialogo, e si troverà descritto il verme, la crisalide e la mosca.6 111. Fu veramente il primo il signor Redi, e se gli dee una gran lode, a mostrare con esperienze che dalle carni morte e imputridite non nascevano vermi, se si difendevano dall'insolenza delle mosche e d'altri insetti che vanno a deporvi sopra le loro uova, tenendo il vaso esattamente chiuso. 7 Il padre Buonanni8 gesuita s'oppose all'esperienza con dire ch'essendo chiuse le carni, né potendo liberamente giocar l'aria, era cagione che nulla nascesse. 9 A cui no1. Dialogo fra 'l Malpiglzi e Plinio: il trattato Della curiosa origine, degli wiluppi e de' costumi ammirabili di molti insetti (1696-1700) diviso in dialoghi in cui compaiono come interlocutori Plinio (a difesa degli "antichi") e Malpighi (a difesa dei "moderni"). Lo si veda in A. VALLISNERI, Opere fisicomediche, cit., I, pp. 3 sgg. 2. asili: assilli, ditteri predatori che si nutrono del sangue dei buoi e degli altri animali (Tabanus bovi11us). La critica di Vallisneri è in Opere fisico-mediche, cit., 1, p. I I (e 134). 3. determinata: poco più oltre dirà II destinata», cioè prestabilita dalla natura. 4. che le vespe .. . cavalli: vedi il passo in Scienziati del Seicento, cit., p. 620 e anche Opere fisico-mediche, cit., I, p. 14. 5. pinocchio: pinolo. 6. Leggasi ... mosca: vedi il luogo in Opere fisico-mediche, cit., 1, p. 6. 7. mostrare ..• chiuso: vedi il passo in Scienziati del Seicento, cit., p. 612. 8. Filippo Buonanni (Roma 1638 - ivi 1725), lo scienziato gesuita nemico acerrimo del Redi e della scuola "galileiana", che assalì nella « parte seconda,, della sua Ricreatione dell'occhio e della mente nell'osservazion delle chiocciole proposta a' curiosi delle opere della natura (1681), come specifica lo stesso VALLISNERI, in Opere fisico-mediche, cit., 1, p. 26. 9. Su questo problema, vedi, del Buonanni, specialmente le Obseroationes circa vive11tia qllae in rebus non

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vamente rispose il Vallisneri, apportando altre sperienze da lui fatte, nelle quali l'aria potea liberamente uscire ed entrare; e trovb che, cib non ostante, quando si tenevano lontane le mosche ed altri insetti, nulla nasceva. Le quali sperienze si veggano nel suo secondo Dialogo intorno all'origine degl'insetti ;1 onde anche in questo ha data l'ultima mano all'esperienze del signor Redi. 1v. Conghietturò eziandio il signor Redi che il pungiglione degli scorpioni fosse forato, da una minutissima gocciola d'acqua bianca da esso veduta comparire sulla punta del pungiglione d'uno scorpione di Tunisi; 2 ma quai fori egli v'avesse e quanti, onde quegli animaletti schizzano il sugo suo velenoso, non gli venne mai fatto di scoprirvelo, per quante diligenze egli v'usasse con microscopi di perfettissimo lavorio. Con più di felicità s'è cimentato in una si fatta ricerca il signor Vallisneri, il quale, non nella punta, ove cercavasi indarno, ma nelle parti laterali del pungiglione giunse a scoprire insino a tre forami, come leggesi in un Estratto d'Osservazioni fisiche del sopraddetto signore Vallisneri, stampato prima nella (( Galleria di Minerva», tom. 6, pag. 203, e dipoi nella Prima raccolta d'osservazioni ed esperienze del medesimo signor Vallisneri, uscita ultimamente l'anno 1710, della stamperia di Girolamo Albrizzi, in 8, pag. 175. 3 v. Cadde il signor Redi in quel rimarcabile errore che le piante avessero l'anima sensitiva, 4 per non avere ben capito come nascevano dalle medesime gl'insetti. Non solamente ha il Malpighi, nella sua Opera postumaa e nella sua sempre ammirabile Notomia a) Opera posthu,na, pag. 77 et seq., Londini 1697, fol. 5 viventibr,s reperiu1itt1r. Crm, micrograpl,ia cr,riosa [•.•], Romae, Typis D. A. Herculis, 1691, dove è un violentissimo attacco alle Esperienze rediane: ma cfr. anche P. 0MODEO, La disputa sulla generazione spontanea da Redi fi110 a Lamarck, in« Società», xm (1957), pp. 490-523. 1. A cui novamente .•• insetti: vedi il passo in Opere fisico-mediche, cit., I, pp. 45-6. 2. che il prmgiglio11e . .. Tunisi: vedi il passo in Sciem:iati del Seice11to, cit., pp. 631-2. 3. come lcggesi . •• pag. r75: questa, come le altre citazioni del Gaspari (da noi utilizzate nel commento), sono di minuziosa esattezza. 4. Cadde .•. sc11sitiva: vedi il passo in Scienziati del Seicento, cit., p. 675. Il grave errore rediano fu stigmatizzato dal VALLISNERI in Opere fisico-medie/re, cit., I, p. 194, e anche nella Seconda lettera del [.••] signor FRANCESCO MATTACODI spettante la storia natllrale degl'insetti (ivi, I, pp. 3634). 5. Cfr. Opera postlmma figtlris aeneis illustrata, qttibus praefixa est eiwdem vita a seipso scripta, Londini, lmpensis A. & J. Churchill, 1697, pp. 77 sgg. Il Malpighi espresse riserve più dure nella sua corrispondenza

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delle piante• corretto il suddetto errore, mostrando coll'esperienza nascere anche tutti quegli dall'uovo, ma il Vallisneri più distinta-

mente l'ha mostrato nella curiosa storia della sua mosca de' rosai, 1 colla politissima2 e attentissima descrizione del maraviglioso suo aculeo, diviso in tre parti, col quale fora, sega e depone l'uova ne' teneri germi de' medesimi; il primo saggio della quale storia fu indiritto 3 al p. d. Piercaterino Zeno4 C. R. somasco, e si legge nella cc Galleria di Minerva», tomo v, .par. x, pag. 255, e nella Prima raccolta dell'osserva.zioni ed° esperienze, pag. 33; ma la storia tutta quanto prima andrà sotto il torchio insieme con altre nuove osservazioni del medesimo. 5 VI. Avvisò il signor Redi nella descrizione delle crisalidi de' bruchi de' cavoli, nel detto libro dell' Esperienze intorno agl'insetti, come quelle stavano appiccate alle scatole, cc perché dall'ultima estremità della coda avean cavato fuora un filo di seta che s'attaccava alla scatola, e con due altri fili alla medesima scatola aveano raccomandate le spalle, ed un altro filo usciva loro di sotto la gola; ma questo quarto filo non tutte l'aveano». 6 Anche il nostro signor Vallisneri ha osservato le mutazioni de' detti bruchi e l'attaccamento che fanno co' fili di seta alle scatole, come si può leggere nel primo de' suoi Dialoghi,' ma con tal occasione ha scoperti molti abbagli del signor Redi, mentre8 non esce «dall'ultima estremità della coda un a) In Tract. de gallis et de piantar. tumor. et excresc., Londini 1687, fol.9 privata: cfr. The Corref/)ondence of M. MALPIGHI, Edited by H. B. Adelmann, lthaca, N. Y., Cornell University Press, 1975, 11, p. 636 (25 febbraio 1673). 1. storia . .. rosai: la lettera a Lorenzo Patarol (vedi la nota 4 a p. 66), contenente la storia della "mosca rosiscga", deve molto alle osservazioni del Cestoni. Ma cfr. G. CESTONI, Epistolario ad Anto11io Vallimieri, con introduzione e a cura di S. Baglioni, Roma, Reale Accademia d'Italia, I, 1940, pp. 146-9 (lettera del 2 giugno 1698). 2. politissima: elegantissima. 3. indiritto: indirizzato. 4. Piercaterino Zeno (Vcnezia 1666 - ivi 1732), il fratello di Apostolo Zeno, chierico regolare somasco, direttore, dal 1710, del« Giornale de' letterati d'Italia 11 edito a Venezia. 5. la storia ... medesimo: allude all'edizione della Prima raccolta d'osservazioni e d'ef/)erienze del sig. VALLISNERI, Venezia, Albrizzi, 1710: un testo ancora sotto l'influsso rediano. 6. Vedi il passo in Scienziati del Seicento, cit., p. 689. 7. nel primo ... Dialoghi: vedi il passo in Operefisico-mediche, cit., I, pp. 19-20. 8. mentre: poiché (e cosi sempre più oltre). 9. Si tratta della Anatome plantarum (sez. Tractatus de gallis, de plantarum tumoribus et excrescentiis) che il Gaspari cita dall'edizione londinese del 1686-1687 degli Opera omnia malpighiani.

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filo di seta,, per attaccarsi alla scatola, ma s'attacca con certi uncinetti o rampinetti che sono nel fin della coda, essendovi state poste molte fila di seta insieme incrocicchiate (non un filo solo) dal bruco colla bocca prima d'incrisalidarsi, come con inimitabile pazienza osservò co' suoi occhi. Osservò pure essere falso che «un altro filo esca loro di sotto la gola», 1 ma l'attraversa qualche volta, come fanno que' delle spalle, i quali fili tutti sono cavati dalla bocca del bruco prima che s'incrisalidi, e congegnati in maniera che, quando gli creppa2 la buccia nel dorso ed esce fatto crisalide, s'accomodino ne' siti loro per sostenersi in aria; ma non già alcun filo esce mai del corpo della crisalide, essendo tutti esteriori, né avendo essa bocca né altri ordigni per estrarli del proprio ventre o disporli e accomodarli, casoché non riescano ne' propri luoghi,3 come per accidente qualche volta accade. vu. Il signor Redi notò nel menzionato libro come, in alcune crisalidi de' bruchi de' cavoli, inaridite né più sé moventi, «si trovava un uovo di color fra 'I paonazzo e 'l rosso, pieno d'una materia simile al latte o alla chiara d'uovo »,4 dal quale nacque una mosca comune, come da tutti gli altri simili. « E nello stesso tempo, di certe piccolissime uova fatte da' bruchi nel mese di settembre usciron fuora altrettanti piccolissimi moscherini nericci con due nere e lunghissime antenne in testa». 5 Qui trova molti abbagliamenti il signor Vallisneri, i quali ha descritti nel suo primo Dialogo. 6 Quelle non erano uova, ma crisalidi di certe mosche carnivore che depongono le loro uova, una ordinariamente per buco, sopra il dorso de' viventi bruchi, dalle quali nati i vermi, forano il medesimo e v'entrano dentro nel corpo, lo mangiano, lo divorano e poi colà entro s'incrisalidano; dalle quali crisalidi escono di nuovo mosche simili all'astute madri, che vanno a fare il medesimo giuoco sopra gli altri. Lo stesso fanno alle crisalidi de' bruchi; quindi è che non isfarfallano,7 ma periscono, e invece di dar fuora il suo proprio volante, danno fuora un ospite inclemente,8 un parto non suo. Questo curioso fenomeno ha fatto stordire e ha dato molta fati1. Vedi in Opere fisico-mediche, cit., 1, p. 21. 2. gli creppa: gli si fende. 3. casocl,é . •• luoghi: nel caso che non si dispongano bene. nei luoghi opportuni. 4. Il passo in Scienziati del Seicento, cit., p. 689. 5. lvi. p. 690. 6: nel suo primo Dialogo: vedi in Opere fisico-mediche. cit., 1. pp. 21-2. 7. non isfarfallano: non si trasformano in farfalla; subito dopo dirà che non danno « fuora il suo proprio volante 11, 8. un ospite incleme,,te: un parassita crudele. cioè la mosca che si è nutrita della crisalide.

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ca alle penne de' naturali filosofi, cadendo chi in un'opinione chi in un'altra, in vedere queste stravagantissime nascite, che non paiono che parti spuri,• e si sono ingannati degli occhi anche de' più sagaci. Ma il nostro signor Vallisneri ha ben avuta propizia la sorte in detergere queste nebbie e nell'illuminare fenomeni così oscuri della natura. Di ciò ne ha ragionato ancora nelle sue Con-

siderazioni ed esperienze i,itorno alla generazione de' fJermi del corpo umano ;2 dove si può vedere con quanta felicità e chiarezza leva la maschera a tante favole vendute sinora per istorie. Mostra pure il signor Vallisneri un altro inganno del per altro oculatissimo signor Redi: «delle credute uova fatte da' bruchi nel mese di settembre, uscirono fuora altrettanti piccolissimi mascherini »3 cc. come ho accennato di sopra, mentre infin attanto che sono bruchi non fanno uova; e le giudicò tali perocché vide que' piccioli corpi veramente ovali. Ma il signor Vallisneri ha scoperto che sono piccolissimi bozzoletti di finissima seta, i quali vengono lavorati da certi bacolini che, nutriti sino alla lor perfezione4 dentro il corpo dell'infelice bruco, escono da quello e fanno i loro bozzoletti, da' quali scappano dipoi li mascherini accennati dal signor Redi. Si vegga il citato primo Dialogo e le predette Considerazioni ed esperienze. 5 VIII. Osservò anche il signor Redi «sulle foglie della vetrice, 6 dalla parte più ruvida e rivolta verso la terra, alcune coccole e pallottole, verdi e grosse più d'un nocciolo di ciriegia; le quali verso la fin di maggio diventan rosse, brizzolate di bianco »7 ec. Dentro queste trovò sempre un sol bruco sottilissimo e bianco, del quale non poté mai vedere la desiderata trasformazione; siccome non la vide mai d'altri vermi che si trovano nelle coccole d'un'altra razza di vetrice, e né meno d'altri che annidano in certe tuberosità o gonfietti che s'osservano nelle foglie de' rami del salcio, de' quali tutti ne dà un'elegantissima descrizione, aggiugnendovi le figure. Il signor Vallisneri nel suo primo citato Dialogo8 compisce la storia, mentre seppe trovar modo di chiudere i rami delle vetrici e de' salci dentro vasi di vetro con arena e terra bagnata, acciocché 1. spuri: illegittimi, in quanto l'individuo sembra "nascere" da un individuo di specie diversa. 2. In Opere fisico-mediche, cit., 11 pp. 121 sgg. 3. In Scienziati del Seicento, cit., p. 690 cit. 4. sino . . .perfe=ione: fino al raggiungimento del completo sviluppo. 5. Vedi Opere fisico-1nedic/1e, cit. 1 11 rispettivamente pp. 19-21 e 122. 6. vetrice: salice da vimini. 7. Vedi il passo in Scienziati del Seicento, cit., p. 690. 8. nel suo primo • •• Dialogo: vedi in Opere fisico-mediche, cit., 1, pp. 22-3.

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seguitassero a somministrare il dovuto nutrimento alle paliottolette e tuberosità, 1 e queste a' vermi inclusi, infin attanto che giugnessero alla destinata grandezza e, uscendo de' loro nidi, andassero a incrisalidarsi in luogo proprio, che fu appiè de' rami sotto l'arena, dove cadauno formò un bozzoletto (come fanno que' de' rosai dal detto sign. scoperti) dentro al quale incrisalidossi e diede fuora a suo tempo una mosca selvaggia. 2 Veggasi la descrizione del tutto nel primo citato Dialogo. 3 Morivano i vermi del sig. Redi perché, staccate le foglie viziate4 co' rami in tempo immaturo, quelli non erano nutriti a perfezione; ed anche se nutriti, non trovando l'amica arena o 'l facile terreno dentro il quale sogliono ascondersi, perivano. IX. Credette nel medesimo libro il sig. Redi che i vermi degl'intestini e d'altre parti degli uomini e degli animali tirassero il loro principio dall'anima sensitiva e vegetativa5 de' medesimi, né avendo trovato il loro seme, né credendo che potessero nascere dalla putredine. Ma il sig. Vallisneri, nel suo libro dell'origine de' medesimi,6 ha levate via tutte le nebbie ed ha con evidenza mostrata la vera loro nascita, venendo anch'essi dall'uovo, derivato dalle madri ne' figliuoli, stabilendolo un male che tiriamo con eredità sfortunata da' nostri maggiori. 7 x. Scrive il Redi, nelle medesime Esperienze, 8 che spesse volte si trovan le bisciuole nella borsetta del fiele 9 de' montoni e castrati, e che non solo abitano e nuotano in esso fiele, ma ancora in tutti quanti i vasi del fegato, eccettuatone !'arterie, nelle quali non ne ha mai vedute; e di più aggiugne che e' stima che elle nascano in quella borsetta e che col rodere si facciano la strada e passino da' canali della bile a quegli del sangue; quindi, se talora multiplicano di soverchio, rodano eziandio la sustanza interna del fegato e vi facciano delle cavernette, in cui sgorgando il sangue mescolato con la bile vi s'impaludi e facciasi d'un color di ruggine misto col r. pallottolette e tllberosità: le "galle" o "gallozzole". 2. mosca selvaggia: mosca che vive nei boschi, così contraddistinta da quella domestica. 3. 11el primo . .. Dialogo: vedi in Opere fisico-mediche, cit., I, pp. 22-3. 4. viziate: affette dalle tuberosità o "gallozzole'». 5. se11sitiva e vegetativa: ma il Gaspari forza, in chiave filosofica pre-vallisncriana, il pensiero del Redi. Vedi Scienziati del Seicento, cit., p. 675 e 694. 6. nel suo libro .•. medesimi: nel già ricordato trattato Co11siderazioni ed esperietize i11torno alla genera::io11e de' vermi ordinari del corpo 1mia110, in Operefisico-mediclze, cit., 1, pp. 138-40. 7. rm male . .. ma!{giori: un male ereditario. 8. Scrive . .. Esperienze: vedi Scienziati del Seicento, cit., p. 695. 9. borsetta del fiele: cistifellea.

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verde, molto brutto e schifo alla vista e molto amaro a giudizio del sapore. Attesta il signor Vallisneri, essendosi con moltissime e replicate osservazioni assicurato, che i vermi suddetti, che annidano nella bile, mai non escono de' canali della medesima, essendo quella il loro cibo, dove continuamente soggiornano e disguazzano; ed essersi per avventura ingannato il signor Redi per avere osservato i detti canali qualche volta enormemente ingranditi e cavernosi, o allargati in qualche luogo a guisa di cella per lo continuo dibattimento e moto de' medesimi. Che se forassero i vasi sanguigni e si nutrissero della sostanza del fegato, ne seguirebbon, dice, emorragie di sangue, colando, in vece di bile, il medesimo per li canali della stessa e, lavandola e detergendola, non darebbe campo che questa si facesse d'un