La lettera di Simeone vescovo di Bêth-Arsâm sopra I martiri omeriti 9781463228989

Guidi, in this long article, presents an edition and thoroughly annotated Italian translation of the Syriac “Letter on t

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La lettera di Simeone vescovo di Bêth-Arsâm sopra I martiri omeriti
 9781463228989

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La lettera di Simeone vescovo di Bèth-Arsàm sopra I martiri omeri ti

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Analecta Gorgiana

689 Series Editor George Anton Kiraz

Analecta Gorgiana is a collection of long essays and short monographs which are consistently cited by modern scholars but previously difficult to find because of their original appearance in obscure publications. Carefully selected by a team of scholars based on their relevance to modern scholarship, these essays can now be fully utilized by scholars and proudly owned by libraries.

La lettera di Simeone vescovo Bèth-Arsàm sopra I martiri omeri ti

Edited and Translated by Ignazio Guidi

1 gorgias press 2012

Gorgias Press LLC, 954 River Road, Piscataway, NJ, 08854, USA www.gorgiaspress.com Copyright © 2012 by Gorgias Press LLC Originally published in All rights reserved under International and Pan-American Copyright Conventions. No part of this publication may be reproduced, stored in a retrieval system or transmitted in any form or by any means, electronic, mechanical, photocopying, recording, scanning or otherwise without the prior written permission of Gorgias Press LLC. 2012

1

ISBN 978-1-61719-665-2

ISSN 1935-6854 Extract from (1881)

Printed in the United States of America

La lettera di Simeone vescovo di Bèth Arsam sopra i martiri di Negran già da molto tempo è nota agli storici

ed agli orientalisti. F u pubblicata

in

prima

dal-

l'immortale Giuseppe Simone Assemanni (') elle la estrasse dalla cronica di Dionigi di Telmahrà, la quale in quella parte riproduce la storia di Giovanni di Efeso. F u pubblicata altresì dal Card. Mai nel X tomo della « Scrìptorum

veterum

nova

col-

legio » essendo quella lettera inserita nella storia del Zaccaria, in parte edita in quel tomo, e per simil cagione trovasi essa in Land, Anecd.

Syr. I l i , 235. È stata

poi ristampata nella crestomazia del Michaelis e "nella crestomazia del Zingerle; nella prima giusta il testo di Assemanni (Giov. di Efeso), nella seconda giusta quello di Mai (così detto Zaccaria), recensioni ambedue le cui differenze sono di poco momento, e quali si incontrerebbero in codici di una medesima famiglia. Credevasi generalmente che noi possedessimo pubblicato e tradotto il testo genuino ed originale di questa lettera; quindi non fui poco sorpreso allorché in un codice siriaco del Museo Borgiano trovai la detta lettera in una recensione assai più ricca e diversa; onde venni nel sospetto che il testo conosciuto fosse un'abbreviazione fatta forse da Giovanni di Efeso o dal così detto Zaccaria, quando l'inserirono nella loro storia ('). E tanto più credeva così perchè vari squarci contenuti nel detto codice, mentre mancano nel testo di Giovanni di Efeso e del Zaccaria, si ritrovano in uno scritto non posteriore al V I secolo, cioè nella prima parte del Martyrium

Arethae

pubblicato dal Boissonade ( s ). La relazione

(') Bibl. Or. I, 364. (') Nel così detto Zaccaria, la lettera di Simeone sta in quella parte dell'opera, che, secondo il Land, non deriva dalla storia di Zaccaria vescovo di Mitilene, m a fu dall' anonimo compilatore del volume raccolta da varie fonti. Finché non sia determinata l'età di questa raccolta (il codice è della fine del V I o principio del VII secolo; W r i g h t , Datai. 1046), non si potrà decidere se il testo di quel raccoglitore sia o no anteriore a quello di Giovanni di Efeso. Potrebbe essere anche che già nel VI secolo corresse una recensione abbreviata della lettera, usata indipendentemente l'uno dall'altro, da ambedue gli scrittori. In ogni modo parendomi non improbabile che il primo a compendiarlo fosse Giovanni di Efeso, io in seguito chiamo questa recensione « il testo di Giovanni di Efeso », senza t u t tavia volere recisamente affermare con ciò, che questi e non altri gli abbia data l'attuale sua forma.

(*) Anecdota Graeca, V. p. 1 ss. Sull'età del martyrium Arethae vedi il P. Carpentier negli Acta Sancì. Oct. X, 718. Quest'erudito h a creduto che il testo primitivo (siriaco) di quest'Atti fosse composto a Rusàfa (1. c. p. 728) indottovi da alcune parole degli Atti stessi, secondo il codice da lui

fra questa prima parte (') e la lettera di Simeone di

Bèth Arsàm essendo stret-

tissima, io mi convinceva c h e i luoghi che trovavansi nel mio manoscritto e mancavano in Giovanni di Efeso, erano realmente antichi e non una aggiunta posteriore. Scrissi allora al mio ottimo amico W r i g h t , pregandolo di esaminare due codici del British M u s e u m ,

Add. 1 4 , 650 , f. 155 , b. e 14 , 6 4 1 , 4 , f. ( s ) i quali erano

per la questione,

di molta i m p o r t a n z a , poiché la lettera

temente da Giovanni di Efeso e dal Zaccaria. Quest' esame miei

sospetti,

e non mi rimase più dubbio

che di un

vi si trova indipendenfece divenir certezza i monumento per vari

ri-

guardi assai importante, com'è la lettera di Simeone di Beth Arsàm, noi non possedevamo per anco il testo originale, che giaceva ancora inedito. Imperocché l'antico ed ottimo codice 14, 650 contiene la lettera di Simeone, non già quale è in Assemanni, in Mai e in Land, m a nella sua forma non abbreviata, e concorda pienamente,

in

quanto alla recensione, col manoscritto del Museo Borgiano. Il testo che io ora fo di pubblica ragione, rappresenta quasi sempre esattamente la lezione del codice di Londra, scritto nell' 875 dell'era volgare, migliore assai di quello del Museo Borgiano, e ne debbo la collazione alla nota cortesia del W r i g h t , il quale altresì

m'informa

che l'altro codice Add. 14, 641, 4, f. è in questa parte copiato dall'Add. 14,650 e perciò senza importanza per la costituzione del testo ( 3 ). Avverto zione dei martiri omeriti

stampata dal Knòs,

finalmente

che la narra-

nella sua crestomazia a pag. 37 ss.

e tolta da un codice di Parigi ('), non è che un breve compendio male composto e peggio pubblicato; ma anch'esso non fu condotto sul testo di Giov. Efesino, sibbene sul testo che ora io pubblico, e nominatamente sopra un codice della lezione di quello di Londra. Non v'ha dubbio che l'autore di questa lettera sia Simeone

vescovo

di

Béth

Arsàm soprannominato « dàrosà farsàyà » o il « disputatore persiano » per le molte dispute sostenute specialmente contro i nestoriani

Di lui dice Assemanni (") che

pubblicato, cioè il cod. B del Boissonade (cfr. gli Anecd. di quest'ultimo, voi. cit., p. 4, nota 4). L'opinione del P. Carpentier riceve una grave conferma dalla notizia che segue più sotto nel testo che ora io pubblico, vale a dire che insieme con Abramio e Simeone, trovavasi presso Mundhir, allorché giunsero le notizie di Neg'ràn, Sergio (o Giorgio) vescovo di Rusafa. È probabile che questo Sergio dalla lettera di Simeone e dalle proprie informazioni che prese a Hira, componesse il racconto che fu poi tradotto in greco. Quindi è forse che mentre alla pag. 38-39 del Mari. Ar. sono nominate varie persone presenti alla lettura della lettera di Dhù-Niiwàs, vi si tace appunto di questo Sergio, che era cioè l'autore stesso dello scritto. (') NSldeke per il primo, per quanto io sappia, ha riconosciuto che il Martyrium Arethae si componeva di più parti. Una gravissima conferma dell'opinione di NOldeke si ha nella versione armena degli Atti di S. Areta, la quale termina col martirio degli omeriti, senza aggiungere affatto il racconto della spedizione di Ela-Asbeha. Si vede che quest'ultimo racconto, scritto fin dall'origine in greco, è stato posteriormente aggiunto all'edizione greca degli Atti. (') Cfr. il catal. del Wright, p. 1045 e 1105. (") Questi due manoscritti non erano sfuggiti al Land, An. I l i , p. XIV, ma non so perchè, non credette prezzo dell'opera confrontarli col testo da lui pubblicato del Zaccaria. (') V. il Catalogo del Zotenberg, p. 183, b. ( s ) Assemanni traduce « Sophista Persa » e gli editori della Storia Ecclesiastica di B. Ebreo (Abbeloos e Lamy) traducono, p. 190 « dialecticus » (cfr. Z. d. D. M. G. XXX, -152). (*) B. Or. I , 341.

resse la chiesa di Bèth Arsàm (') dal 510 al 525 e riporta un tratto della cronica di Dionigi di Telmahrà, nel quale è narrato com'egli convertisse al cristianesimo tre principali fra i maghi, i quali poi soffrirono il martirio ( ! ) . Assemanni ha altresì ragionato a lungo della professione di fede di Simeone, esaminando specialmente la sua lettera sopra Barsaumà, vescovo di Nisibi, e l'eresia nestoriana, e quantunque confessi varie cose che lo mostrano favorevole al monofisitismo, egli tuttavia lo reputa diofisita, e come tale gli ha dato luogo nel primo volume della Bibl. Orientalis. Se il celebre Maronita avesse conosciuto la vita che Giovanni di Efeso ci ha lasciata di Simeone di Bèth Arsàm, avrebbe diversamente apprezzata la lettera di lui sopra Barsaumà, e conosciuto quali erano i veri sentimenti di chi la dettava. Ne avrebbe fatto tentativi per difenderne l'ortodossia, i quali non sono più felici di quelli da lui fatti con simile scopo per Giacomo di Bdessa e per Giacomo di Sarùg. La questione relativa a quest'ultimo ha molta analogia con quella del nostro Simeone. Come vedesi dalla corrispondenza pubblicata dall'Ab. Martin ( 3 ) fra Giacomo di Sarùg e i monaci di S. Basso, questi gli chiedono di significare quali opinioni avesse, e Giacomo risponde a malincuore una lettera abbastanza incerta ed ambigua, che non contentò niente affatto gl'indiscreti monaci di S. Basso. I quali replicano chiedendo recisamente una professione di fede chiara ed esplicita, e solo dopo ciò, Giacomo torna a scrivere dicendosi apertamente monofisita,partigiano dell'Henotikon, contrario alla Epistola dogmatica di S.Leone ecc. Questa prudente cautela nell'esprimersi sopra le questioni allora più controverse, era del resto esattamente conforme allo spirito dell'Henotikon, il quale quanto è esplicito contro Nestorio ed Eutiche, altrettanto è riservato per il monofisitismo in specie e non approva e non rigetta, almeno apertamente, il concilio di Calcedonia (*). Ora leggendo attentamente la lettera di Simeone di Bèth Arsam sopra Barsaumà , vi si scorge chiaro lo stesso procedere. Conle Assemanni ha già notato, Simeone non menziona affatto il concilio di Calcedonia e l'Epistola dogmatica di S. Leone, mentre accetta VHenotikon e loda l'imperatore Anastasio e il « beato vescovo Ciro di santa memoria » come dice Giacomo di Sarùg ( 5 ). Si esprime veementemente contro Iba e Teodoreto di Ciro, sebbene l'uno e l'altro fossero stati rimessi nelle loro sedi dal concilio di Calcedonia; e questa circostanza ha tanto più peso, perchè non molti anni innanzi, un (') Bètli Ars'àm, secondo B a r Ebreo, era presso Seleucia cfr. B. Or. I. 341, I I . L X X [nel primo di questi luoghi Assemanni afferma che « Arsames Persarum rex Darii pater, urbi nomen dedit » nel secondo ripete, ma con dubbio, la medesima cosa), Hoffmann Auszügs di B a r Ebreo è riportato bSth

aus Syr. Akt. 11. 1665. I l passo

in Ass. B. Or. I I , 409, e I I I , I I , 403, ed ivi il nome della città è scritto

res'am. (*) Le parole di Dionigi sono tolte e copiate dalla

vita

scritta

da Giovanni

di Efeso; Land,

Art. I I . 18. {') Zeitschr.

d. D. M. G. X X X , 217 ss.

(') Questa caratteristica dell' Henotikon

è notata anche da Giacomo di Sarùg (D.M.Íì. X X X , 2 6 0 - 2 6 1 )

mentre il sinodo riunito da Severo poco dopo la sua elezione, respinse apertamente

il

concilio

di

Calcedonia. Severo, dice Giacomo di Sarùg ftrad. dell'Ab. M a r t i n , p. '261) « a rendu publiquement témoignage à la vérité dans le grand synode orientai et proposé clairement ce que l'Hénotique n'avait dit qu'à mots couverts et en quelque sorte par énigmes ».

Del resto alcune parti

della lettera

Giacomo per es.. ibid. 259 lin. 2 0 - 2 1 , potrebbero forse tradursi più esattamente che non sono. (') U. M. G. X X X , 221.

di

sinodo m o n o f i s i t a ,

nel 4 9 9 ,

aveva anatemizzato

espressamente

ed I b a ('). Assemanni per difendere la sua tesi cita un passo

Teodoreto della

di Ciro

lettera

sopra

B a r s a u m a , ove Simeone dice che la vera fede ortodossa è quella proclamata a Nicea, Costantinopoli ed Efeso « q u a m secuti sunt ginta et quinqué episcopi

Alexandriae

confirmaveruntque

magnae,

quadringenti

A n t i o c h i a e , Syriae ,

nona-

Cappadociae,

Galatiae »; m a a queste parole Simeone fa seguire i m m e d i a t a m e n t e le seguenti: « una c u m Zenone Caesare per edictum illud quod H e n o t i c u m appellatur ». Quindi se pure Simeone h a inteso • parlare dei vescovi che chiesero all'imperatore Leone la conferma del concilio di Calcedonia, siccome dalla sottoscrizione del « codex encyclius » vorrebbe concludere l'Assemanni, vi ha unita la menzione d e l l ' H e n o t i k o n , ove dicevasi « q u i c u m q u e vero aliter sentit aut sensit, vel mmc vel quandocumque alias, s i ve C h a l c e d o n e sive in alia qualibet Synodo, e u m anathernizamus ». Inoltre Simeone chiama eresia

la credenza delle due n a t u r e , proprietà e operazioni; e non t u t t i ammetteranno

così facilmente che, come vuol l ' A s s e m a n n i , ciò fosse u n ' interpolazione o un c a m biamento fatto da alcun copista giacobita. Quanto poi alle testimonianze del Metafraste che Assemanni cita come p e r f e t t a m e n t e corrispondenti colla lettera di Simeone a l l ' a b b a t e di G a b u l a , sui m a r t i r i omeriti, tale concordanza nulla d i m o s t r a ; poiché le notizie dei Greci sopra S, Areta, e i m a r t i r i omeriti (il Martyrium

Arethae poi raffaz-

zonato dal Metafraste) derivano in m o l t a parte dalla stessa l e t t e r a di Simeone. Ora se il Metafraste ( 2 ) dice di Isacco prete, « qui p r a e e r a t Christianis o r t h od o x i s qui in P e r side erant » bisogna ricordarsi che gli « orthodoxi » degli scrittoi-i siriaci del VI sec. come Giov. di Efeso ecc. sono g e n e r a l m e n t e i monofisiti, opposti innanzi tutto ai nestoriani. Questa opposizione era poi molto sensibile nella Persia , la quale specialm e n t e dopo che Zenone, nel 4 8 9 , chiuse la scuola di Edessa, era veramente il paese dei nestoriani.

N e Giustino era poi così severo verso t u t t i

i Monofisiti come sup-

pone Assemanni. Paolo di Edessa p. es. fu rimesso nella sede in quella opera di lui, q u a n t u n q u e persistesse a non accettare il concilio di Giacomo di Sarùg, fatto vescovo benché

città

per

Calcedonia ( J ) e

monofisita, ha parole molto

benevole

per

Giustino che da recente regnava ('); Timoteo ( 3 ) P a t r i a r c a di Alessandria, non solo non f u deposto, ma era da Giustino adoperato in varie faccende ( 6 ). Soterico non fu deposto dalla sede di Cesarea di Cappadocia, contro il desiderio di papa Ormizda ecc. Con quanto ho detto non ho inteso fare una dimostrazione che Simeone era monofisita, la quale non è più necessaria ora che conosciamo la vita scrittane dall'ardente monofisita Giovanni di Efeso ( 7 ), che ricolma di ogni lode il vescovo di Bèth A r s à m . Voleva semplicemente mostrare che questa biografia concorda pienamente con

(') Hefele, Goncilieng. 2 a ediz. II, 625. (') Confr. il Mari. Ar. 40.

(') Cfr. il Chronic. Edessen. B. Or. I, 410. (') Nella lettera a Paolo di Edessa fl.il/. G. XXX, 274. (*) Timoteo III che fa patriarca dal 518 al 535 (cfr. Lequien, Or. Ghr. II, 428) sotto il quale si agitarono tanto in Alessandria le questioni dei monofisiti Severiani e Giulianistì (fOac roAcÍTfat, ápOapToSoxÜTai), degli àyvowTxi (Temistiani) ecc. (') Act. Sanct. X, 710. (') Cfr. p. es. Land, II. 84, ecc.

quanto già sapevasi, e che gli slessi documenti noti all'Assemanni, considerati in se e spassionatamente, erano già tali da mostrare abbastanza chiaro in Simeone un monofisita di quell'indole, come furono parecchi dopo VHenotikon.

Come poi si vedrà,

una nuova testimonianza del monofìsitismo di Simeone è nella stessa lettera che ora pubblico, verso la fine di essa. Ne io credo di poca importanza per la storia ecclesiastica e letteraria, il determinare chiaramente la confessione religiosa degli scrittori siriaci, esaminando le opinioni di Assemanni da molti ancora abbracciate in somiglianti questioni. La biografia di Simeone fa parte delle vite dei santi narrate da Giovanni di Efeso nel volume che ha pubblicato il Land ('). Giovanni di Efeso ci fa sapere che Simeone, persiano e vissuto fra i persiani, venne in moltissima fama, anche prima di esser vescovo, per la lotta contro manichei, eutichiani, nestoriani ecc., sostenendo molte dispute nominatamente con questi ultimi. Dopo una di cotali dispute avuta coi

nestoriani e collo stesso Katholikos

Bàbhai, in cui molto si distinse, fu fatto

(quantunque contro sua voglia, al dire di Giovanni di Efeso) vescovo di Bèth Arsam. Sempre poi si adoperò con grande ardore in prò dei « fedeli », pochi e mal sicuri, per i I-ero nemici nestoriani che prevalevano in Persia, cercò giovarli presso il medesimo re, e sollecitò

aiuto

dall'imperatore Anastasio perchè non fossero perse-

guitati. Percorse moltissimi paesi, parlando miracolosamente, dice Giovanni di Efeso, la lingua dei luoghi ove andava, dopo tre giorni che vi era giunto, e più d'una volta fu in Hira, lasciandovi assai memorie del suo apostolato.

E mentre

pareva si di-

sponesse a venire anche in occidente, morì a Costantinopoli, ove trovavasi già per la terza volta o dove avea conosciuto Giovanni d'Efeso, al quale rimasero molti suoi scritti. Poiché non poche opere scrisse Simeone e a giudicarne dalle parole di Giovanni di Efeso, alcuni dei suoi scritti avrebbero per noi assai importanza. Quando propriamente fosse fatto vescovo di Bèth Arsam, io l'ignoro; Assemanni dice (*) che egli reggeva la chiesa di Bèth Arsam fin dal 510, per le parole di Dionigi di Telmahrà che egli traduce « Anno octingentesimo vigesimo primo claruit S. Simeon Episcopus Betti Arsam qui et Simeon Sophista Persa appellata ». Ma, siccome vedesi dalla biografia più volte nominata, già prima che divenisse vescovo, Simeone godeva di molta fama e il Martyrium

Arethae

p. 39, menziona come presente allorché fu letta la let-

tera di Dhù-Nuwàs vale a dire nel principio dell'anno 524, un Sufuavi'TYjs che è il nostro autore ( 3 ), ma che vien chiamato semplicemente npBcfiuTspo;. D'altra parte afferma Giovanni di Efeso che Simeone fu a viva forza fatto vescovo di Bèth Arsam, dopo che uscì vittorioso dalla disputa coi nestoriani, a capo dei quali era il

Katholikos

Bàbhai. Siccome questi morì nel 503 (B. Or. I I , 408, III, I, 395, 427) si dovrebbe credere che almeno fin da quell'anno Simeone fosse vescovo, se non si vuol supporre inesatta la notizia di Giovanni (*). Finalmente noterò che Bar Ebreo il quale narrando

(') Anecd. Syr.

t o m . I I ; la vita di Simeone è a pag.

76.

(') U g u a l m e n t e gli editori della S t o r i a E e c l e s . di B a r E b r e o pag.

190.

( ' ) Cfr. appresso il titolo della l e t t e r a nel cod. Add. 1 4 , 6 4 1 colle parole del m a r i . Areth. (') U n a simile difficoltà evvi anche per Sila che il

Mari. Areth.

p. 3 9 .

3 9 , dice presente a H i r a insieme con

Simeone ecc. quindi nel gennaio 5 2 4 , m e n t r e generalmente si ritiene che morisse nel 5 2 3 . [!. Or. I l i , I , 6 1 4 .

la storia del Patriarcato Antiocheno dice poche parole sopra Simeone ('), ha un'importante notizia della sua attività sotto il regno di Kawàdh, in un passo pubblicato da Assemanni B. Or. I l i , I, 403. La lettera di Simeone sopra i martiri omeriti è fonte principale delle notizie poi in molti libri ripetute, sopra la persecuzione di Negràn, la quale si collega strettamente colla storia delle guerre fra il J e m e n e l'Abissinia, sulla fine del 5° e il principio del 6" secolo d e l l ' e r a nostra. Di quest'importante punto storico, ora assai

rischiarato

da NSldeke e Gutschmid ( ! ), recentemente sonosi occupati vari dotti come il Blau, il Mordtmann jn., il Praetorius, il quale ultimo ne ragiona in modo troppo sfavorevole alle notizie dei Siri ( 3 ). Egli trova strano che Cosma e Procopio non parlino degli avvenimenti di Ne^ràn, ed arriva a creder probabile che le leggende in Metafraste ecc. siano nate dalle narrazioni degli scrittori arabi, i quali molto si occuparono di questi fatti, che secondo l'opinione degli autori arabi, sono quelli ricordati nel Corano (Sur. 85). L'articolo del Praetorius attaccando specialmente le fonti siriache, fra le quali principalissima è la lettera di Simeone, m'è parso

conveniente dire su questo proposito

poche parole. D h u - N u w à s salito sul trono verso il 485, sia per le proprie convinzioni religiose, inasprite forse da alcun atto di violenza contro gli israeliti commesso in Negràn, sia per ragioni politiche, o piuttosto per ambedue queste cause, suscitò nell'anno 5 2 3 una persecuzione contro i cristiani che erano sotto il suo dominio. I fatti di Negràn sono un e p i s o d i o , senza dubbio i l . p i ù importante, ma certo non il solo di questa persecuzione. Quest'episodio narrato a lungo nella lettera di Simeone, e quindi nel tyrium

Arethae

niar-

ecc. acquistò una celebrità maggiore della persecuzione generale e

delle guerre fra Jemen ed Abissinia, negli scrittori e nei libri che dipendono più o meno immediatamente dalla lettera di Simeone. Gli altri autori che indipendentemente da essa e da queste notizie locali di Negran, si occuparono della storia generale del tempo, non è strano che poco o nulla parlino di questi avvenimenti, i quali forse in realtà erano molto minori di quanto dicevasi da Simeone; quindi il silenzio di Cosma e di Procopio pare a me che nulla provi contro la veracità del fatto, tanto più che l'uno e l'altro di questi autori, si occupano incidentemente delle cose di Abissinia e del J e m e n . Qual meraviglia che Procopio, nel breve riassunto che dà al § 20, tralasci di parlare di un e p i s o d i o , il quale al suo tempo era ben lungi

dall'avere

acquistato la celebrità che ebbe dipoi? E quanto a Cosma, senza dubbio parlando della spedizione del 519, è ben naturale che non menzioni i fatti di Negràn posteriori di quattro

anni incirca. Impossibile poi si è che la leggenda quale sta nel

fraste ecc. derivi dagli scrittori arabi. Il Metafraste si è valso del murlyrium

MetaArethae

scritto tanti anni innanzi alle leggende arabe, ma ancorché ignorassimo ciò, ne conoscessimo la lettera di Simeone, quel che di gran lunga sarebbe più verosimile si è che gli arabi avessero attinto le proprie notizie dagli scrittori siriaci e per loro mezzo dai greci, e non viceversa. Così generalmente accadeva per alcuni fatti che riguardano

(') Chron. Eccles. ed. Abbeloos et Lamy, pag. cit. O U. M. G. XXIV, 737 ss. (') l>. M. C, XXIV, 624 ss.

il cristianesimo e l'impero romano nei tempi anteriori all' islamismo. Per esempio Tabari, Mas'udi ed altri storici arabi hanno un racconto sulla campagna persiana di Giuliano Apostata, il quale è tolto da un romanzo siriaco scritto nel 6° secolo incirca e pubblicato

recentemente

dall' Hoffmann ('). La leggenda di Costantino e la

sua conversione presso gli autori a r a b i , è in molta parte attinta alle leggende sire, delle quali un testo assai antico è quello attribuito a Giacomo di Sartìg ('). Un altro esempio è la storia dei setti dormienti di E f e s o ; la tradizione araba che dalle parole del Corano (Sura X V I I I ) era condotta ad occuparsi di quei giovani, moltissimi dei suoi elementi li ha presi

dalle leggende sire che correvano in varie forme sopra

questa storia ( 3 ). Veramente in riguardo dei martiri di Negran solo una piccola parte della leggenda araba mi sembra tolta dalle notizie siro-greche, cioè l'episodio della donna coi tre figli, che abbastanza corrisponde a D a u m a (Rome) e le sue figliuole ovvero alla donna col

figliuoletto,

della lettera di Simeone. Ciò è avvenuto perchè, a diffe-

renza di Costantino, di Giuliano, dei sette dormienti ecc., gli arabi trovarono

sui

fatti di Negràn e l'introduzione del cristianesimo una tradizione locale e nazionale. Questa tradizione araba ci è conservata in due leggende, una delle quali risale a W a h b b. Munabbih, l'altra a Muhammad b. Ka'b al-Qurazi, e l'una e l'altra è riportata in Ibn Ish&q, nella recensione di Ibn Hisàm ( l ). Anzi in questo primo racconto sul cristianesimo di Negràn ecc. l'episodio che parmi corrispondente a quello di Dauma (Rome) o della donna col

figliuoletto,

non figura affatto, e si può credere che solo

posteriormente, dalle fonti siriache, divenisse noto agli scrittori arabi quest'episodio, che si trova appena accennato in I. Qutaiba, in Zamaksarì (e poi in Baidawì) e in f o r m a u n po' diversa nel Qisas

al-Anbiyd

(').

F i n a l m e n t e non si può a m m e t t e r e col

Praetorius che gli storici posteriori trovarono due diversi racconti dello stesso fatto, ('; Julianus der ublrunnige Leiden, 1880; cfr. NOldeke, Tabarì 59, e 1' articolo della Zeihchr. il. li. M. G. ove ]SrùId. ha fatto conoscere quel romanzo. ! Esiste nel cod. vat. syr. 117, e tradotto in arabo nel cod. vat. sir. 55; cfr. la mìa Ueicrizione di lìoma nei geografi arabi p. 44. F a parte di mia recensione di questo medesimo testo il frammento pubblicato dall'Overbeck (Ephraemi Si/ri ecc. 355 ss. ; cfr. il catalogo dei codd. sir. della Budleiana. del P. Smith, p. 497, 8) e che ivi viene attribuito a >S. Efrem. Ma su questa omelia speriamo essere presto istruiti dal giovane sig. Art. Frothingham. Del resto die il detto frammento sia falsamente attribuito a S. E f r e m è già stato detto dal Bickell (Conspeclus rei Syr. liler. 19) e non ve ne può essere il più piccolo dubbio. (') Per es. nell'omelia di Giacomo di Sarùg (fi. Or. I, 335, tradotta negli Ada Santi. Jul. VI, 387; in Land An. I l i , 87 (cui è simile il testo del cod. del Br. Mus. add. 14, 641. f. 150) in Dionigi di Telmahra ed. Tullberg p. 107 ss. (cui è simile il testo dell'add. 14, 650. f. 81 : cfr. la prefazione del Tullberg, p. 33. ed anche NiSldeke nella Zeìtschr. d. I). M. G. XXVII, 195. Anche il codice di Parigi, 235 fol. 326 sembra avere il medesimo testo ; cfr. il catalogo elei Zotenberg, p. 187 a). (') Sirat ed. Wiistenf. 20 ss. Da esso pende Tabarì. (') I- Qutaiba ed. Wiistenfeld 311, Zarnaks'. ed egiz. II, 403. Baidàw. ed. Fleischer I I , 395. Ecco qùest' episodio secondo le Qisas al-anbiyà, ed. eg. 385. « Fra gli altri che erano divenuti cre« denti, trovayasi una donna che avea tre figli, uno dei quali lattante. E dissele il r e : Vuoi lasciare « la tua religione o che altrimenti gitto te e i figliuoli nel fuoco? Ricusatasi essa, il re prese il « figlio più grande e lo gittò nel fuoco. Poi prese il secondo e disse alla donna: lascia la tua reli« gioite! e quella si rifiutò e il re gittò anche il secondo nel fuoco. Poscia prese il fanciulletto l a t « tante e disse alla donna: lascia la tua religione! Essa si rifiutò e il re comandò di gettare il barn« bino nel fuoco. Allora la donna pensò di apostatare, ma il fanciulletto le disse : Mamma, non



l o -

che essi poi malamente riunirono insieme. La spedizione di Ela-Asbeha ci è narrata fra gli altri, in nn documento affatto genuino e aggiunto al martyrivm

Arethae, ed

è impossibile confondere con questo le notizie delle anteriori invasioni del J e m e n ('). Ad ogni modo il racconto di Simeone e quelli che no dipendono, sono in molta parte una leggenda locale, non u n a storia. Tolte le esagerazioni che Simeone, monofisita

abbastanza

fanatico, pose probabilmente

nella l e t t e r a ,

ne r i m a n e un fatto

che per la storia generale non aveva una grandissima importanza. E quanto alle esagerazioni che teste diceva, è tanto più ragionevole supporlo, in quanto che scopo della sua lettera era quello di concitare gli a n i m i ; doveva quindi rappresentare i fatti colle tinte più scure che era possibile. Colle tinte più scure., ma con un fondo di verità. Imperocché non è possibile credere, come fa p. es. il Graetz ( s ) , che della lettera di Simeone si debba acla fine, e respingere poi gran

parte del

rima-

nente come finzione. Anzi per ciò stesso che è storica la fine, non

cettare come storico il principio

e

può non

essere

vero, n a t u r a l m e n t e fino a un certo punto, quello che Simeone narra secondo la lettera di D h u - N u w à s . Giacche Simeone non intende già di comporre una storia edificante sopra i martiri omeriti, m a ha

uno

scopo pratico e reale; vuole che il pa-

triarca di Alessandria spinga il re di Etiopia a punire D h u - N u w à s , vuole che gli israeliti di Tiberiade siano messi in prigione, perchè cessi la persecuzione dei cristiani. Ora come credere che Simeone avrebbe scritto t u t t o ciò, se fosse stato conscio di avere inventato ogni cosa? Egli sapeva che il J e m e n e l'Abissinia erano ancora fra i paesi del gran commercio di quel tempo, e ben presto quindi si sarebbe risaputa la falsità dei fatti da lui narrati. Simeone avrà inventato i discorsi, e costruito dalle proprie notizie la lettera di D h u - N u w a s , m a è impossibile negare che avesse luogo nel J e m e n e nominatamente a Negràn, una vera persecuzione religiosa. In modo opposto a quello del Graetz, m a credo ugualmente inesatto, giudicano della lettera di Simeone e in generale delle fonti specialmente o r i e n t a l i , il P. Carpentier, autore della lunga ed erudita dissertazione negli Act. Sanct. il Sapeto nel Viaggio e missione

cattolica

Oct. X, 6 6 1 , e

ecc. 450 ss., il quale ultimo ha il merito

di aver pubblicato e fatto conoscere il testo del Senkessar etiopico. Ambedue questi dotti mi sembrano persistere ancora ad accettare troppo facilmente le notizie dalle varie fonti, senza prima stabilirne il reale valore e la m u t u a dipendenza. Ma q u a n t u n q u e la lettera di Simeone non sia una storia degli omeriti e delle loro relazioni col regno di Abissinia, e neppure u n a storia generale della persecuzione contro i cristiani e della condizione di questi sotto

il regno di Dhu-Nuwàs,

con-

tiene tuttavia notizie preziose per la storia dell'Arabia al principio del VI secolo. « apostatare, poiché tu sei nella vera religione e non ilei temere! E il re gittò nel fuoco il fanciullo e « appresso a lui la madre ». Il libro da cui è tolto questo brano sono le Qisas, noto anche col titolo di 'aráis al-mag'dlis, che ha per autore Abù Ishàq Ahmad b. Muhammad a t h - T h a l a b ì morto nel 427, libro che nelle biblioteche europee incontrasi più di rado che non l'altro simile di al-Kisài. Il quale ultimo del resto io non ho potuto consultar su questo punto, perchè l'esemplare vaticano (ms. arab. n. 241) è incompleto. (') NSldeke, Tabar. 186.

H Gesch. d. Jud. V, 405 ss.

— 11 — Importantissima è inoltro per la storia letteraria, perchè fonte a molti scritti e racconti siriaci, greci, etiopici, armeni ecc. che immediatamente o mediatamente vi hanno attinto ; per non dir nulla della sua rilevanza quale monumento della lingua siriaca nella bella epoca di essa. Per tali cagioni gli storici e gli orientalisti saranno lieti di possedere la lettera di Simeone di Beth Arsàm inedita fin'ora, mentre non la conoscevamo che nella forma in che l'abbreviò l'orse Giovanni d'Efeso. Ne dee far maraviglia che questi compendiasse la lettera in modo che a noi sembra così riprovevole (sebbene a dir vero non ne abbia tralasciato le parti più importanti), poiché ciò era più o meno comune a varie letterature ; cfr. le osservazioni dello Schröter D. M . G. XXXI, 368, alle quali potrebbero facilmente aggiungersi altri esempì. r r i m a di dare la traduzione della lettera voglio brevemente ragionare di due documenti che si riferiscono alle persecuzioni dei cristiani in Arabia, e furono pubblicate dallo Schröter testò nominato (') vale a dire la lettera di Giacomo di Sarùg agli omeriti, e l'inno di Giovanni Psaltes. Io credo che i due documenti si riferiscano a due tempi diversi; Giovanni Psaltes parla della persecuzione più famosa e conosciuta per la lettera di Simeone, e ricorda espressamente S. Areta, mentre la lettera di Giacomo dovè essere mandata durante una persecuzione anteriore. Imperocché Giacomo di Sarùg morì il 29 novembre del 521 ( 2 ), molto prima del martirio di S. Areta e dei compagni, e perciò bisogna ritenere che egli parli della persecuzione, la quale finì colla spedizione abissina del 519 e colla fuga di Dhù-Nuwàs ( 3 ). E poiché la lettera (li Giacomo è indirizzata a quei di Ne^ràn, è da credere che colà appunto, come il centro del cristianesimo dell'Arabia, più si aggravassero i duri trattamenti di Dhù-Nuwàs, il quale non poteva non essere mal disposto verso i cristiani che erano gli alleati naturali del je abissino. Infatti è impossibile ammettere collo Schröter, p. 367-68, che la lettera di Giacomo fosse scritta verso il 520. Dopo la spedizione del 519, il paese era di nuovo sotto l'alto dominio di Ela-Asbeha, che vi avea lasciato un viceré cristiano ed una guarnigione, per modo che ogni persecuzione dovette senza dubbio veruno esser cessata. Inoltre le parole generiche che usa Giacomo di Sarùg nel descrivere quella persecuzione, convengano assai bene a quel periodo del quale non si ricorda alcun fatto speciale, mentre della seconda persecuzione si ricordano i fatti di S. Areta, di Dauma (Eome) ecc. Ora adunque mi sembra essere di grande importanza il distinguere: 1) Prima persecuzione di Dhù-Nuw'as, terminata colla spedizione di Ela-Asbeha, nel 519. A questa persecuzione e a questa spedizione si riferiscono il noto passo di Cosma, e la lettera di Giacomo di Sarùg agli imiariti, e forse in parte Procopio I, 20 ( l ). 2) Seconda persecuzione, cominciata nel 523 dopo la morte del viceré cristiano lasciato da Ela-Asbeha e finita colla nuova spedizione di Ela-Asbeha. A questa si riferiscono la lettera di Simeone di Bèth-Arstm, l'inno di Giovanni Psaltes ecc. (') Z. d. ü. M. G. XXXI, 360. (') B. Or. I, 290; in Abbeloos, De vita et scriplis (") Cfr. Mari. Ar. 4.

ecc., nel 5'22 (p. 101).

(') Da queste notizie credo ehe debbansi affatto distinguere quelle di Giov. Efes., Maiala, Teofane, ecc. (N0ld.-186) relative ad un'invasione anteriore, anche perchè il re abissino che in Procopio è Sfuruanf « w xal ä o ' £ > m i t « ; p « W r a W l ó à

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('1 Un esempio analogo si è, io credo, la versione latina (del testo greco) della storia di Agatangelo, fatta in Napoli nel IX sec. Cfr. V. Gutschmid, Agathangelos, 2. d. I). M. G. XXXI, 1. (*) Questo testo è in qualche punto un po'guasto, ed ha parecchie forme proprie del volgare.

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riAuciis (_A»ric\

^ r i r e ^ r i . rei-x

a) B i^so» — è) P add. U - ^ o

AA^M K^Q.lcàoo

r i i u x . AÀ ^ o c n j s s rellcn^ >j.i r i ) I^OQ'TA.I r i s i i - Vis

^ì.vsa ri>x.c\^j.

— c) P agg. )u«.cls? I^clooi^sIJo — d) P.

ora. — e) Qui finisce il tosto in B ; quello che segue trovasi solamente in P. — f ) Così il mss. e secondo le vocali che ivi sono dovrebbe leggersi : q a r t à h a d h d6yàtllrin;

forse è da correggere ^.»L oj

l^ys (xeganoy)

. r ¿ A . r¿*i

crA i - á j r s ' . è u r i " r t ' s ñ . l

^ossal^o : rílürí&a

risolo

K'ici^

• rïi.TCU.l re'íév.i^náArí'

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AA¿=a . rcuAA¿ pJ.T rúlA^ craA

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p a »1 r ¿ r A j » s a r i n » j s a •

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re'cD.t • l a i r í ' . >»ar^ èicA A t r ^ lASiir«'. r¿xf=> " rá.lCVj ••uA o u c a i o

«A ^ V t ^ O . r.1 c a s j K ' . r ï & . v A i ^ s r û i t 1 riiàrvK'.l r ^ s n . i A . ir*» iT~73 T j ^ . ^ -> >A K í a i i o " >0= A l . r á u U o rifen .. tSacxui rèi r ¿ l . vr^l rc'Jrí' ^ A c n .1&0 . v \ i è i a A r ^ i r i ' r ^ à f i r ï ' K ' c n .

A r f a J i >cno.itPOOT~>l°k-iri i A r i . Ar \ 6* auo£. » V aa sI aur i AìCWU A\rSH »sar^ »ir» Aa.i •. r i j ' i c u s K ^ l s a 1 A ài Tizi r i .1 A ^ a . ò A r ù r ^ r^vi» r t f i o r i è u s a coA i s à n i . r t ' u i T M a r Ù K ' i ^ i r i A » . j s o r i A a . ¿ìOSU r i m r - a i a i ^ À r i A n •qcuIm . « j - a •

« A r a r i • TT'».iT*TA crA è u r i ^».-ù r i i L » r i ^ a r i d i r à

«A p ù K 1 rikVwjàa riàv-pA à u r e ' riàrvri .^•tso * .

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La lettera di Simeone vescovo di Béth-Arsàm sopra i martiri omeriti, pubblicata da I. GUIDI.

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