La lettera agli Efesini 8839401784, 9788839401786

Il testo è chiaramente suddiviso in due parti, le quali so­no nettamente distinte ed hanno circa la stessa ampiezza. Il

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Italian, Greek Pages 513 Year 1973

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La lettera agli Efesini
 8839401784, 9788839401786

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TEOLOGICO TEST AMENTO

COMMENTARIO DEL NUOVO

EDIZIONE ITALIANA A CURA DI

Giuseppe Scarpat

e

Omero Soffritti

PAIDEIA EDITRICE. BRESCIA

COMMENTARIO TEOLOGICO DEL Nl.JOVO TEST AMENTO

La lettera agli Efesini Testo greco e traduzione Commento di HEINRICH ScHLIER Traduzione italiana di 0MERO SoFFRITTI Seconda edizione riveduta

PAIDEIA EDITRICE BRESCIA

Titolo originale dell'opera : Der Brief an die Epheser Ein Kommentar Traduzione italiana di Omero Soffritti dalla 3a edizione tedesca

La traduzione del testo biblico è di proprietà della Casa Paideia. Ogni riprodr�zione è vietata a norma di legge © Patmos Verlag, Diisseldorf 31962 © Paideia Editrice, Brescia 196.5, 21973

A Erik Peterson

t

Introduzione

Iniziamo la nostra esposizione con uno sguardo a ciò che dobbiamo trattare, intendendo con ciò accostarci al testo nella sua totalità . Procureremo pertanto di dare anzitutto un sommario che sia come un abbozzo degli argomenti svol­ ti nella nostra lettera. Seguirà un cenno preliminare a quelle caratteristiche formali da cui dipende la comprensione del testo. Infine, più a mo' d'appendice ( giacché anche queste cose sogliano esser trattate nell'introduzione) , dedicheremo un po' d'attenzione alla polemica riguardante le circostanze della composizione del nostro scritto.

§

I

.

Contenuto della Lettera agli Efesini

L' intestazione ( I , I -2 ) contiene il nome del mittente e quello dei destinatari e il saluto benedicente del primo ai secondi. Ad essa segue ( I , 3 ) il testo della lettera che termi­ na con una nota relativa a un messaggero ( 6,2 I s . ). La chiu­ sa, poscritto o 'escatocollo', comprende in 6,2 3 ·s. soltanto il saluto benedicente dell'Apostolo da lui verosimilmente scritto di proprio pugno (cfr. I Cor. I 6 ,2 I ; Co/.4 , 1 8 ; 2 Thess. 3,1 7 ) . Il testo è chiaramente suddiviso in due parti, le quali so­ no nettamente distinte ed hanno circa la stessa ampiezza. Il suo tema in generale è la divina attuazione del mistero di Cristo Gesù nella Chiesa composta di ex-giudei ed ex-gen­ tili (cfr. 3 ,6 s. ) o anche perfezionamento della loro vita. La prima parte ( I ,3-3 ,2 I ) si apre con un inno alla bene­ dizione con la quale Dio ha benedetto i membri della Chie­ sa in Cristo ( I ,3 - I 4 ), alla benedizione dell'eterna predesti­ nazione alla condizione di figli , della redenzione mediante la remissione dei peccati , della illuminazione mediante la conoscenza dell'opera salvifica di Dio (I ,3- I o ), benedizione alla quale hanno avuto parte giudei e gentili ( I , I I - 1 4 ). Il secondo brano di questa prima parte ( I , I 5 - 2 3 ) contiene l'augurio che i cristiani provenienti dal paganesimo possano comprendere sempre più, nella luce dei loro cuori, la nuo­ va speranza garantita in questa benedizione, in ciò che essa è, e in ciò per mezzo di cui essa fu rivelata. L'Apostolo stesso ancora una volta illustra loro, nel terzo e quarto bra­ no, la loro storia : essi che erano morti per i loro peccati, nei quali avevano compiuto la volontà di questo Eone e della loro carne, furono in Gesù Cristo, per grazia, chiamati alla vita, e nella nuova creazione, la Chiesa, collocati in cielo ( 2 , I- I o ). Essi che, lontano da Israele e dalle sue promesse, erano senza Dio e senza speranza, furono , insieme con Israe­ le, riconciliati con Dio nell'unico corpo di Cristo sulla cro­ ce, quale unico nuovo uomo ed insieme riedificati quale uni­ co tempio di Dio. Tale attuazione della grazia di Dio - dice il quinto brano - si compie mediante il ministero che pog­ gia sulla rivelazione del mistero di Cristo agli apostoli e ai prorfeti e, tra essi, anche a lui, Paolo, e consiste nell'annun­ cio di questo mistero dell'unico corpo formato da ex-giudei ed ex-gentili ( 3 , I - I 3 ). Il sesto brano riprende la preghiera di I , I 5 ss. e la conclude: voglia dunque :Uio far con1prendere ai cristiani la dimensione della celeste esistenza, che è la lo­ ro, la dimensione della croce e della sua gloria e far sl che comprendano l'amore di Cristo, sicché possano penetrare nel pleroma di Dio ( 3 , I 4- I 9 ). Con una dossologia - e questo è il settimo brano - termina la prima parte della lettera ( 3. , 2 0-2 I ). La seconda parte ( 4 , i - 6, 2 2 ) comunica ai cristiani ·ex-

f I. Contetmto della Lettera

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gentili, che sono stati appunto istruiti nella loro nuova real­ tà, che essi possono, in una nuova vita , conservare e confer­ tnare ciò che ora sono per grazia . Ciò che più importa, però, è il fatto che l'Apostolo li invita ad un 'umile difesa dell'uni­ tà del corpo di Cris to, creato e conservato per opera dello Spirito, e alla coscienza che gli incaricati del ministero della grazia, in diversa misura forniti di grazia da Cristo, servono tutti , e ciascuno a suo modo, alla formazione dell'unico cor­ po ( 4 , 1 - 1 6 ). A questo proposito egli li scongiura - in un secondo brano di questa seconda parte - di non ricadere nella loro rovinosa condotta di pagani , ma di ricordarsi che il trat­ to caratteristico della vita cristiana sta nel deporre l'uomo antico e nel rivestire l'uomo nuovo ( 4, 1 7-24). Le ammonizioni successive, riguardanti aspetti particolari di questa nuova vita , si riferiscono , in un terzo brano, alla conferma dell'amore nella «imitazione» di Dio e di Cristo, che per amore ha offerto se stesso ( 4 ,25-5 ,2 ); in un quarto, a una condotta pura e luminosa riflettente la luce di Cristo che nel battesimo è stata accesa sopra i cristiani e nei cri­ stiani ( 5 , 3 - 1 4 ) ; in un quinto, alla prescritta «sobria ebbrez­ za» che lo Spirito eccita nel culto della comunità mediante preghiere e canti ( 5 , 1 5-2 o ). Nel sesto brano, particolarmen­ te ampio, Paolo rivolge un pensiero alla famiglia cristiana e invita i fedeli a rammentare i reciproci rapporti in cui ven­ gono a trovarsi come mari to e moglie, figli e padri , schiavi e padroni, rapporti che richiedono obbedienza e amore ( j , 2 I6,9 ). Infine l'Apostolo insiste sulla necessità (ed è questo il settimo brano ) che ciascuno si rivesta dell'armatura divina, la quale sola rende possibile la resistenza e la vittoria nel giorno dell'estrema afflizione ( 6,10-20 ). Un ' appendidce reca la notizia riguardante l' invio di Ti­ chico come messaggero ( 6,2 1 -2 2 ). I l poscritto contiene il duplice saluto benedicente dell'A­ postolo ( 6,2 3.24).

Inttoduzione

§

2.

Eletnenti caratteristici della Lettera agli Efesini

La Lettera agli Efesini è realmente una lettera ? Lo è sen­ za dubbio nel suo aspetto formale. Tale aspetto non è una finzione letteraria. Tuttavia essa è anche qualcosa di diver­ so e qualcosa di più di una lettera . Ciò risulta chiaro se la confrontiamo c.on quella diretta ai Romani. Anche qu esta è una vera lettera . Ma nessuno negherà che ciò che essa co­ munica alla chiesa di Roma ha propriamente oltrepassato i limiti di una missiva, divenendo, per cosl dire, il compen­ dio del vangelo paolino. Diremo forse meglio: in essa ciò che anche nelle lettere precedenti era stato tracciato e, in parte, anche espresso, è accentuato ed esteso a quasi 'tutta la lettera. Giacché ogni epistola paolina è compenetrata dal­ l' 4 evangelo', ed in parte da esso anche formalmente foggia­ ta nella struttura del kerygma paolino. La lettera agli Efesini è, sotto questo riguardo, simile alla lettera ai Romani ? Lo è e non lo è. Per giustificare questa risposta occorre considerare l'intima natura dello scritto e vedere di qual discorso si tratti dal punto di vista della for­ ma e del genere letterario. Come autore della lettera è nominato l' apostolo Paolo. , «Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volont à di Dio» : cosl comincia lo scritto. È una forma quale noi conosciamo an­ che da 2 C or. I , I ; Col. I , I ; 2 Tim. I , I . «lo, Paolo» , è detto ·ancora in 3 , I . Questo Paolo si annovera fra quelli che un tempo erano giudei ( I , I I ; 2 ,3 ). Ora è uno di quei. «santi apostoli di Dio» ( 3 ,5 ), ai quali è stato rivelato il mistero di Cristo ( 3,3·5 ). Egli ha percezione del mistero, «intelligen­ za» del n1istero ( 3 ,3 s. ). Pertanto a lui come al minimo di tutti i santi è stato dato di partecipare alla grazia di annun­ ziare ai pagani l'i nesauribile ricchezza di Cristo ( 3 ,8 ) . Egli è divenuto il diacono dell'evangelo ( 3 ,7 ), per il cui · fulgore esiste la Chiesa, alla quale è possibile attingere la sapienza di Dio ( 3,9 s.). Al tempo in cui scrive la lettera egli giace in catene per l' evangelo ( 3 , I ; 4, - I ; 6 , I 9 s . ) e per la Chiesa· sopporta tribolazioni che sono onore della Chiesa

j 2. Elementi caratteristici della Lettera

·

1'

stessa ( 3 , I 3 ). Anche la sua preghiera è un atto di servizio a lei ( I , I 6 ; 3 , I ; 3 , I 4 ) Qual è la chiesa alla quale egli scrive? L'indirizzo attuale suona: «ai santi che sono in Efeso e credenti in Cristo Ge­ SÙ» ( I , I ). Ma, come vedremo, non è autentico. I n ogni ca­ so, l'Apostolo ha davanti a sé cristiani che sono membri di una o, verosimilmente, diverse chiese locali, 'santi' che ven­ gono distinti da altri santi ( I , I 5 ; 3 , I 8 ; 6 , I 8 ) : si tratta di cristiani provenienti dal paganesimo . Come tali essi vengo­ no molto spesso distinti dai cristiani provenienti dal giudai­ smo (cfr. I , I 3 ; 2 , I . 1 I s. I 3 . I 4 ss. ; 3 , I ) . Probabilmente essi si sono convertiti da non molto tempo 1 ; ed è notevole che ci si richiami spesso al loro passato ( 2 , I ss. ; 2 , I I ss. ; 4 , I 7 ss. ; .5 ,8 ss . ), e con ciò anche alla loro conversione ( I , I 3 s.; 2 ,5 s. ; 4,4.20 ), alla loro 'klesis' ( I , I 8; 4,2 .4 ). Grande im­ portanza ha la riflessione sul battesimo ( I , I 3 ; 4, 2 0 . 3 o; .5, 8 SS . I 4 ; 5 , 2 6). Essi vengono ammoniti a non ricadere ( 4 , I 7ss . ). Viene rilevata la necessità di maturare in conoscenza e condotta, e soprattutto la necessità di «crescere» ( I , I ?SS . ; 3 , I 6 ss. ; 4, 13 ss. ; 4, I 7 ss. ). Dove questi cristiani siano da ricercare si può in ogni caso congetturare. Secondo 6 ,2 1 s . , nell'ambito dell'itinerario di Tichico. Questi, secondo Col.4,7 ss. , è sta­ to inviato con Onesimo a Colossi . La comunità di Colossi poi intratteneva scambi con quella di Laodicea e rapporti con quella di Gerapoli (Col. 2 , I ; 4, 1 3 ss . ). I cristiani menzionati nella lettera agli Efesini abitano dunque, in ogni caso, sulla strada che dalla costa porta alla Frigia sud-occidentale, o in questa stessa regione, nella par­ te sud-orientale della provincia d'Asia. Le loro comunità ap­ partenevano a quelle chiese della valle del Lico che erano assistite da Epafra, l' «apostolo della valle del Lico» 2, co·

1. Ciò ha rilevato per primo N. Alstrup Dahl, SvTK, 194.5 , p. 85-103, e altri si 10no trovati d'accordo con lui. Cfr. Ph. Carrington, The primitive Christian Ca­ techism, 1940, p. 7' s.; Percy, p. 326, n. 8o ; 354, n. 24. 2. V. Schultze, Altchristliche Stiidte und Landschaften, n: Kleinasien, 1. Halfte, 1922, p. 402.

l1ztroduzione

me è stato chiamato. Paolo non ne aveva una conoscenza personale : della loro fede e del loro amore egli ha sol tan to «sentito parlare» ( I , I .5 ), come , a loro volta, essi hanno sem­ plicemente «avuto notizia» del fatto che a lui è stata con­ cessa la grazia ( 3 ,2 ss. ). Non vengono scambiati saluti nella nostra lettera, né vi si trova alcuna osservazione personale 3• Si ha l'impressione immediata, che si rafforza ad un esame più attento, che l 'Apostolo non conosca questi cristiani co­ me conosceva, per es. , i membri della comunità di Corinto o quelli di Tessalonica o di Filippi, e nemmeno come quelli della chiesa di Roma. Essi stanno davanti a lui non nelle loro caratteristiche specifiche, ma genericamente come cri­ stiani, anche se egli scrive a una comunità concreta . Ciò di­ pende certamente, come vedremo, anche da un'altra ragione. Stando ai dati che ci sono forniti dalla stessa lettera agli Efesini, si tratta dunque di uno scritto inviato dall'apostolo Paolo e da altri cristiani con lui iniziati al mistero di Cristo,. a cristiani provenienti dal paganesimo e battezzati da non molto tempo - forse nella Frigia sud-occidentale -, che egli non ha ancora personalmente conosciuti . Questa lettera ha poi, in confronto con le altre di Paolo, un proprio stile e una propria lingua 4 • Diversamente dalla consuetudine di Paolo, essa è strutturata in lunghi periodi . Per es . , I ,3- I 4 e r;-2 3 sono un solo periodo. Caratteristica è la predilezione per costruzioni relative e participiali , per costrutti preposi­ zionali , per catene di collegamenti al genitivo; la ricchezza di attributi , di sinonimi; in generale la tendenza alla plero­ foria, per es . , nell'uso di 1tliç. Tutti questi tratti caratteri­ stici dello stile non sono ignoti alle altre lettere, ignoto è il loro accumulo. I paralleli più prossimi si trovano nelle dossologie, nelle parti 'inniche' , nelle omologie delle altre 3· Sul carattere -impersonale della nostra lettera richiama già l'attenzione Teod. di Mops., ed. Swete t. 1, 188o , p. 1 16. Egli ne deduce con certezza che Paolo de­ ve aver scritto la lettera agli Efesini quando ancora non li conosceva. 4· Cfr. per questo principalmente J. Schmid, Percy e Mitton . Già Erasmo, in Annotationes in N.T .. Basel, 1519, p. 413 ·::>ssc:rva: Certe stilus tantum dissonat 11 ceteris Pauli epistulis, ut alterius videri possit, nisi pe:tus atque indoles Pau­ linae mentis hanc prorsus illi vindicarent.

§ 2. Elementi caratteristici della Lettera

I7

lettere, ed anche nelle esposizioni 'dogmatiche' riferite nella lingua della tradizione. Ricordo, ad es . , 2 Thess. 1 ,3- 1 2 ; 1 Cor. 1 ,4-8; Rom.3,2 1 - 2. 6 ; 4, 1 6- 1 8 ; 9 , 2 2-24; 1 6 ,2,-z7 ; Phil. 1 ,3-7 ; Phm. B- 1 4. Giustamente si è richiamata l'attenzione sul carattere 'li­ turgico' di questa lingua e di questo stile5. Ma la sua lingua presenta anche un'altra caratteristica : essa è molto affine a quella della lettera ai Colossesi, alla quale è strettamente . le­ gata anche per altri riguardi . La lingua di Col. ha subìto, senza dubbio, l'influsso della 'gnosi' giudeo-cristiana contro la quale è rivolta. Nella nostra lettera è possibile rinvenire soltanto qualche traccia della controversia formale con tali circoli , anche se sullo sfondo il conflitto esiste. Forse la tesi fondamentale della Chiesa composta di ex-giudei ed ex-gen­ tili è da intendere non senza il contrappunto di una gnosi giudeo-cristiana . In 4,2o s. e 5,6.3 2 ( ed anche in 3 ,9 . 1 5 ) la lettera suona un po' come difesa. Comunque la sua lingua , come quella della lettera ai Colossesi , porta impressi i segni di quella 'gnosi' 6 e dei concetti e delle immagini che ne de,. Cfr., ad e� .. A. Deissmann, Paulus, 1911. p. 75; Clayton R. Bo'.•:c:-1. The P[:�ce o/ 'Ephesia,'1s' among the letters of Paul, AThR xv, 1933, p. 295. L. Cerfaux, Le Christ, p. 305 s. dice : «Gli enunciati del mistero sono espressi in uno stile par­ ticolare, solenne, ieratico, 'liturgico'. Noi pensiamo che Cristo e il mistero siano al centro di unl liturgia e che la liturgia cristiana si sia assimilata una tecnica propria del culto. Lo stile degli inni, pagani, giudei, cristiani, degli stessi inni in prosa ha le sue caratteristiche peculiari : lo stesso si dica delle formule di ren­ dimento di grazia o delle preghiere. Lo stile intralciato delle epistole della cat­ tività, quelle ridondanze, quelle espressioni sinonimiche accumulate, la succes­ sione delle relative e dei participi non è certamente senza relazione con gli usi liturgici». Per la disserta:bn� got�inghian1 di G. Schille (cfr. ThLZ 78, 1953, p. 1 8�), cfr. pp. 188 s., n. 14. 6. Poniamo qui 'gnosi' fra virgolette per indicare che sullo sfondo delle lettere agli Efesini e ni Colossesi naturalmente non si ha ancora uno 'gnosticismo' svilup · pato, quale noi conosciamo dal sec. n d.C., ma la sua forma anteriore o primi tiva. Per quanto sia difficile comprendere storicamente questo fenomeno, mi sem· bra tuttavia verosimile quanto segue: I) questa 'gnosi' aveva stretti rapporti con circoli che noi conosciamo da determinati strati della letteratura sapienziale giu­ daica e dalla letteratura giudaica apocalittica, che non distavano tanto quanto può sembrare. Questi circoli, sui quali i testi di Qumrin vanno proiettando una più vasta luce, offrirono forse il terreno sul quale una tale 'gnosi' crebbe. Poiché il loro pensiero era impregnato di elementi mitologico-sincretistici, il loro rapporto con questo mondo presenta tratti pessimistici cd anche ascetici; evidentemente

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Int1oduziottc

fluiscono. Se, per es. , il mondo è visto come una connessio­ ne di cieli infiniti , come la sequenza di innumerevoli Eoni, come il luogo di forze e potenze invisibili, o se Cristo è in­ terpretato come «uomo primordiale» (Urmensch ), e la Chie­ sa spiegata non sulla scorta del concetto stoico di corpo, ma appunto su quello di «corpo» dell'uomo primordiale Cristo, i1 quale è composto di capo e corpo (e membra ), ciò dipen­ de appunto dall'influsso formale di quella gnosi della quale parlavamo. Non che l'Apostolo non avesse potuto qui ri­ prendere immagini che hanno una qualche importanza nelle lettere precedenti. Si pensi, per es . , alle speculazioni su Cri­ sto-Adamo in Rom.; e 1 Cor. I ) . Ma queste hanno, in parte, un altro significato e rimangono, inoltre , molto più sul fon­ do di quanto non avvenga nella nostra lettera. Del resto Pao­ lo stesso è cosciente della novità della sua lingua . Ciò di­ mostrano le sue interpretazioni di simili enunciati , formula­ te nella nuova lingua ( ad es. , in 2, 2 ; 4 , I 3 ; 6 , I 2 ) 7• essi propendono anche verso una formazione e�oterica di iniziati. 2 ) Tuttavia il movimento 'gnostico' con cui polemizzano le lettere ai Colossesi e agli Efesini non è affatto identico a quel menzionato giudaismo gnosticizzante. Poiché a que­ sto - e anche e prima alla setta di Qumran - manca un elemento determinante di ciò che è visibile sullo sfondo della nostra lettera ed è già costitutivo per la gnosi anche nella sua forma primitiva : cioè, anzitutto un dualismo antologico, in secondo luogo il mito di un uomo primordiale ( U1mensch) cosmico-soteriologico ( Adamo-Cristo), in terzo luogo il rilievo dell'arcana identità dell'iniziato col Re­ dentore e la sua partecipazione al destino di lui mediante la gnosi o altra via di salvezza. Se per tali tendenze religiose in Colossi e nelle altre comunità si può proporre una designazione diversa da 'gnosi', lo si faccia. Finora non è stato fatto. E, in ogni caso, l'uso del concetto di gnosi per tali manifestazioni è giu­ stificato da 1 Tim.6,2o, dove pure è inteso in senso particolare. Non è necessa­ rio, come spesso ora si fa, difendere l'Apostolo contro l'affermazione che egli do­ vette condurre la sua polemica non soltanto con un giudaismo di derivazione· rab­ binica o al massimo con la filosofia popolare greca, ma anche con quella 'gnosi'. Giacché, per quanto egli s'addentri nelle questioni da essa poste e conseguente­ mente anche nella sua 'lingua', è perciò divenuto tanto poco 'gnostico', quanto, in altri casi, stoico o rabbino. Pertanto è anche un grossolano malinteso accusare. come fa il Mussner, p. 3 ss. e passim, di metodo gnostico una esposizione che tenta di chiarire il fondo 'gnostico' e la lingua 'gnostica' della nostra lettera. 7. Queste interpretazioni influiscono, del resto, anche sullo stile, in quanto, in questo modo, spesso vengono disposti l'uno accanto all'altro, in forma asindetica e quasi con lo stesso senso, due o più cola introdotti con la medesima prepo­ sizione.

f 2. Elementi caratteristici della Lettera

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Ma nella nostra lettera dirètta a sconosciute comunità f.ri... gie non si tratta soltanto di uno stile nuovo rispetto alle let­ tere precedenti e di una lingua che si rinnova nell'incontro con una gnosi giudeo-cristiana, ma anche - e ciò è impor­ tante - di un progressivo svolgimento teologico della rive­ lazione avuta dall'Apostolo. Alla maggior distanza esterna che separa l'Apostolo prigioniero dai cristiani a lui scono­ sciuti e alla polemica coi teologumeni della gnosi, di cui è venuto a conoscenza, si aggiunge una nuova intima compren­ sione e un nuovo atteggiamento di fronte all'avvenimento salvifico. Si tratta, genericamente parlando, di una visione nuova e più profonda delle cose, che da una distanza mag­ giore, intima, gli consente di scorgere l 'essenziale. Si ha l'im­ pressione non soltanto che per l'Apostolo siano passati in secondo piano i singoli episodi dell 'intera vicenda - che è appunto la sua storia, la storia dei suoi contrasti interni ed esterni 8, della sua fede, dei suoi disagi e dei suoi patimenti - ma anche che per lui essi abbiano assunto un altro carat­ tere. Lo interessa non più l'individuale processo storico del­ l'attuale avvenimento salvifico a cui pure anch'esse, le comu­ nità destinatarie, hanno avuto parte ; non più il dato con­ creto delle loro situazioni. Egli considera piuttosto la propria attività e il proprio destino e la storia delle comunità e dei cristiani alla luce di una vasta economia divina di salvezza, della quale sono parte tutte le singole vicende e tutti i sin­ goli destini , venendo cosi ad osservare le cose nel significa­ to che assumono in rapporto a questa economia generale, cioè in un aspetto già quasi tipico. Ciò che è accaduto a lui e a loro - la rivelazione e la loro c9nversione a Cristo 8. Cfr. P. Benoit nel suo articolo L'horizon paulinien de l'Épltre aux 'P.phésiens, RB 46, 1937, pp. 342-361 ; .506-.52;. Egli ritiene (p. 34.5 ) che Eph. 2,8-1o richiami i concetti esposti nelle lettere ai Romani e ai Galati. Ma «è una luce tutta discre­ ta, transitoria, perché l'oggetto della discussione qui è diverso». Nella nostra let­ tera Paolo non avrebbe più bisogno di difendere la tesi della salvezza per opera della fede indipendentemente dalla Legge giudaica. Gli basterebbe quindi, in una formula breve ma precisa, mantenere positivamente il frutto delle antiche batta· aJ ie: la salvezza viene da Dio, non dagli uomini; e anche parlare di questo : che 1i deve, cioè, camminare nelle buone opere.

lntroduzione

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ora è osservato come un processo parziale del tutto, viene cioè compreso sotto un aspetto essenziale. Ogni avvenimen­ to ha acquistato la semplicità di elemento tipico, cioè epi­ dittico, senza che ne venga negata la concretezza e la indi­ vidualità. Con ciò tocchiamo un altro aspetto della nostra lettera : essa si distingue dalle precedenti dell'Apostolo anche per il fatto che - come già risultava dal riassunto che ne abbiam dato - tratta di un argomento singolo, cioè della Chiesa for­ mata da ex-giudei ed ex-gentili . Ciò sembra ora all'Apostolo la rivelazione centrale di cui egli è stato fatto partecipe e che deve annunziare. Certo, se si spinge a fondo lo sguardo nelle sue lettere precedenti e in ciò che costituisce la caratteristi­ ca fondamentale del suo apostolato, si nota che questo è sempre stato un grande tema. Ma ora esso è fatto avanzare dal fondo in primo piano e al centro, e tradotto in lingua di fronte a comunità lontane e straniere, perché lo sguardo dell'Apostolo ha sondato la profondità del mistero della ri­ velazione, e questo mistero in cui tutto è incluso, vuole ora tradursi in parola. Paolo aveva acquistato «intelligenza del mistero di Cristo» ( 3 ,4 ) il quale, come eterno «mistero del­ la volontà di Dio» ( r ,9 ), mediante il «mistero dell'evangelo» (6 , 1 9), viene ora alla luce nel mistero della Chiesa ( 3 ,9 ). Questa intelligenza deve essere colta nella sua lettera , come egli stesso dice ( 3 ,4 ) In essa egli ha spiegato il mistero di Cristo, che, in ultima istanza, è la Chiesa formata da ex­ giudei ed ex-gentili , ed ha esposto l'avvenimento salvifico, fino a ciò che concerne la condotta dei singoli cristiani , nel suo rapporto con lo stesso mistero e nella sua luce . Ora, dopo che egli, sul fondamento del mistero, ha scoperto il mistero fondamentale, riprende la parola per parlare soltan­ to di questo fondamento, e tutto gli appare ancora significa­ tivo soltanto in rapporto con esso e come rinvio ad esso. Ma che cosa rappresenta dunque la nostra lettera ? Si può dire : una trattazione di questo mistero, un logos di questo mistero; in questo senso, un discorso misteriologico (My­ sterienr�de). Ma noi ci atteniamo volentieri al modo di e.

f 2. Elementi caratteristici della Lettera

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sprimersi dello stesso Apostolo. La nostra lettera è un «di­ scorso sapienziale» , un aocp�a.v À.a.À.Ei:v nel senso di I C or. 2 ,6 ss. Si può a proposito applicare alla nostra lettera que­ sto passo : «Sapienza parliamo noi fra gli iniziati , sapienza non di questo Eone né dei dominatori di questo Eone de­ stinati a perire. No, noi parliamo sapienza di Dio, il miste­ ro, la sapienza che è celata, che Dio, prima degli Eoni, ha predestinato alla nostra gloria... ». Nonostante la differenza d'argomento e di tono comprendiamo che anche questa ' sa­ pienza' è il Cristo non conosciuto nella sua gloria dalle Po­ tenze di questo mondo e perciò crocifisso : vediamo che la sua gloria comprende la nostra come ciò che fu per noi an­ ticipatamente preparato con lui ; e che essa, la 'sapienza' e quindi la nostra gloria, mediante il Pneuma è stata rivela­ ta all'Apostolo ed ora, per mezzo di lui, giunge ad espri­ mersi in parole. Essa, la ' sapienza ' , che è Cristo (e in lui ciò che Dio ci ha anticipatamente preparato ) - sapienza che è stata rivelata all'Apostolo da Dio in virtù dello Spirito compare ora nella «parola della sapienza» , nel fatto che l'A­ postolo «parla» . A chi rivolge egli la sua parola di sapienza? Ai �ÉÀELOL, «i perfetti » nel senso di «iniziati» . Giacché, an­ che se Paolo suppone, nei riguardi dei destinatari, che il loro battesimo sia recente, egli sa che essi hanno «ascoltato» Cri­ sto, in lui sono stati «istruiti» e lo hanno «appreso» (4,20 s.), sa che essi possiedono grazia e amore ( I , I 5 ), e non sono enfiati dalla sophia e dalla gnosis . Così ora non solo invoca per essi sapienza e conoscenza di Dio ( I, I 7; cfr. 3, I 6 ss. ; 4, I 3 ), ma ad essi le porge nella sua lettera stessa, la quale · dovrà anche far sì che pervengano all' civi}p �ÉÀELOa.À.a.t-wcra.crf'a.t- è da intendere come oggetto della volontà di Dio e come contenuto del suo mistero 66• Dio G6. Altre possibilità d'interpretazione: 1 . intendere xa."t'à. 't'Ì}'V Evòoxia.v «Ù"t'ov unito ad à.vaxEa.À.a.t.wa-aaDa.t. -tà. 7ta'V't'a. E'V �� Xpt.O"'t'@ 67• Che il termine à.'Va.XEq>aÀ.at.wa-aa-Da.L sia molto distante da itÉÀ.T}­ IJ-Cl è vero. Ma il carattere delle nostre proposizioni è tale che esse possono contenere svolti un pensiero dopo l'altro, an­ che se tutto era già stato considerlto in precedenza. Pertan­ to la reale sequenza dei pensieri struttura le proposizioni sen­ za riguardo alla correttezza stilistica. Poiché à.va.xEcpa.À.a.t.w­ aa.crDat. indica lo scopo del tutto, e, per cosi dire, apre l'ul­ tima prospettiva, esso si trova al termine della meditazione sulla triplice benedizione. E prima di esso ( si osservi), pari­ menti come ampliamento di y'Vwptcra.ç. o di l1tEpLC1CTEVO"E'V E'V 1taan croq>LQ. X't'À.. sta l'indicazione riguardante la via che conduce a questo scopo, ovvero il modo in cui Dio consegue questo scopo. A mio avviso, l 'intenzione di questa lunga e­ spressione preposizionale accuratamente completata e formu­ lata, da xa�à. �'Ì)'V Euooxta.v t1u�ou fino a �wv xat.pwv, è proprio quella di giungere ad esprimere un tale scopo. Ora, come si deve intendere, in particolare, questa espres­ sione preposizionale? Dio ci ha elargito sapienza mediante la -comunicazione del mistero della sua volontà, e precisamente di Cristo e della Chiesa. Ciò avviene in conformità della sua •••

l'universo un capo in Cristo, secondo il suo decreto, che egli prc-conccpl in sé .a compimento della pienezza dci tempi,. ... 2. Riferire Xt1't«Ì -ti}v EvSoxtt:tv t:tu-to:j .. . , fino a tv tXÒ'té;), a yvwp!o-�. .z dt; o�xovo�J,t4v ad ci.vt:txEaÀaLwaaai)a" �à. 1tci'V--ra F:v �@ XpLa--réil . Poiché à"Va­ XEq>aÀaLwa-aaDa!, è in sé un concetto am-�iguo 73 occorre ritAvaxEcpaÀ.aLovv è un termine discusso perché polivalente. Senza elencare i singoli passi (ctr. (iLN f v, coll. 386 ss . = J'h W b ni , pp. 6t h s. [ Schlier ] ; W. �taerk, RAC I, Pil· 4 1 1-41 4; Hanson, pp. 1 2 5 s. ; Maurc.:r, o.c. , pp. 1 64 s.), possiamo stabilire: esso significa : 1 . scomporre in XE�aÀ.aLa, dividere in parti principali (capitoli ) ; 2 . r�tggruppare e portare a conclusione ; 3. portare qualcosa a un XEcptiÀ.aLov (una somma : , nel senso di essi erano « figli di Dio» (cfr. Rom . 9 ,6 ss. ). Il perfetto in 1tPOT}À1tLXO"tac; di contro all'aoristo di 1tpoo­ pt.crDÉv"tEc; indica il perdurare di quella passata speranza 80• La locuzione i:v "t{i) Xpt.a-ril) indica Cristo non solo come colui nel quale essi hanno sperato, come in I Cor. 1 .5 , 1 9 ; cfr. 4 Reg. 1 8 , 1 5 ; ( Ps . 5 5 ,5 ), ma anche e prima di tutto come colui nel quale essi già erano, in quanto speravano. Lo sperare sul fon­ damento della promessa di Cristo generatrice di speranza di­ schiude loro l'essere in Cristo nella forma della speranza. Il npo- non è da intendere unicamente come anteriorità pre-tem­ porale : esso s'accorda col npo- di 1tpoopt.aDÉv-rEç e significa • «prima di Cristo» , prima che «venisse la fede» ( Gal. 3 , 2 3 ) 81 Di qui risulta anche certo che TJIJ.E�c; indica non i cristiani in generale, e nemmeno alcuni gruppi di cristiani, ma i cristiani provenienti dal giudaismo, fra i quali l'Apostolo si annovera o in nome dei quali qui parla . Chi infatti può «aver sperato anticipatamente in Cristo» se non una parte dell'Israele car­ nale che visse della promessa 82 ? 8o.

Cfr. }. Joiion, Not�s philologiques sur quelques versets de l'épitre aux 'l.phé­ siens, Rech . se. rei . 26 ( I 936 ) pp n4 s. 8 1 . Cosi, per es., Ambrosiaster, Cornelio a Lapide, von Soden, Meyer, Westcott, BelSt:r, H.uby. Cfr. anche Tert., adv. Marc.,,I]: qui cnim praesp�rasse potuerunt id est ante sperasse in Deum, quam venisse/, nisi ludaei, quibus Christus praenun· tiabatur ab initio? Crisostomo, Benz, Estio, von Harless, Klopper, von Soden (Scott ), sostengono che non si può completamente escludere in itPO- un riferimento ai gentili : «perché ( i giudei ) hanno avuto parte all'evangelo prima dei gentili». 82. Haupt, Staab, cfr. Ewald, Percy, p. 266, n. x 6 ; Dahl, o.c., p. 2,56, riferiscono il 1tpo- a tutti i cristiani che già «prima del tempo della pienezza» o «prima dell'ingresso nel pieno godimento e prima della rivelazione di questi beni, pos­ sono sperare sul tondamento della nostra unione con Cristo». H Dibelius ritiene che il 7tp01')À'7tt.X6"t«c; sia «espresso cJal punto di vista del compimento, conside­ rato mediante l'aoristo EXÀT)pWDT}IJ.EV e non spogliato della sua caratteristica di futuro». Egli traduce: «noi che fummo eletti perché già ora sperassimo in Cristo a lode ddla sua gloria». Similmente anche W. Hieder, Das Geheimnis des Christus nach dem Epbeserbrie/, ThZ I I , 1 9' ' ' pp. 329-343 , 333· Ma, o prescindere dal fatto che, in questo contesto, non si tratta di una concreta partecipazione escatologica al xÀ:ijpoc;, la speranza dei cristiani viene indicata an­ che altrove non con 1tço:::Àm�Ew, ma con EÀ.1t,�w. .

.

lnno alla benedizione di Dio

Ma non soltanto i cristiani provenienti dal giudaismo sono «in Lui», bensì anche quelli provenienti dal paganesimo, e specialmente i pagano-cristiani ai quali l'Apostolo scrive. Ad essi si riferisce espressamente nel v . 1 3 ; e in questo modo abbandona la forma dell 'inno vero e proprio ancor più che nei vv . I o h s. Anzitutto egli ripete il primo Èv ii) e collega in tal modo il nuovo enunciato al precedente Èv aù-r�. Questo secondo EV > può dire : a.À.'Ì) '"t'OU O"WJ.l.Cl"t'Oç . -ri}c; ÈXXÀ.TtaÀ.1} , la Chiesa è, «in Cri­ sto » , il «nuovo uomo » : Eph. 2 , 1 5 b. Se il O'WlJ.Cl ottiene la XEcpaÀ1] ( = la Chiesa ottiene il Cristo ), esso, che è appunto il uwp.a 'tOU Xpt-a'tou, diviene l' «uomo perfetto» ( Eph. 4 , I 3 s. ). Mediante questo rapporto O'WI.lCL-XEcpaÀ1] , in primo luogo viene indicata l 'indivisibile mutua appartenenza di Cristo e del­ la. Chiesa e il loro coordinamento disposto da Dio. I n secon­ do luogo viene sottolineata la subordinazione del corpo al capo o la sua ubbidienza a Cristo, e, corrispondentemente, la sovraordinazione del capo rispetto al corpo, ossia la sua so­ vranità su di esso ( cfr. Eph. 1 ,2 2 s . ; 5 ,2 3 s. ). In terzo luogo, la XEcpa.À. i) designa Cristo come colui dal quale la Chiesa trae la sua 'crescita', quindi come fonte attiva della 'crescita' del­ la Chiesa e come fine di questa 'crescita' ( cfr. Eph.4 , 1 5 s. ; Col. I , 1 8 : Cristo come &.pxT} ). In quarto luogo, collegando l 'immagine della XEq>aÀ.l) della Chiesa con l'immagine della sizigia di Cristo con la Chiesa, la superiorità di Cristo divie­ ne superiorità del Diletto ( cfr. Eph. 5 ,2 2 .2 5 ), mentre dall'e­ quazione O'WI-lCl = uap; = j'U'JTJ ( cfr. Eph. , ,28 - 3 2 ) il rap­ porto della xEcpa.À1) rispetto al O'WIJ.a risulta anche concepi­ to come cura che il capo ha del corpo ( cfr. Eph. 5 ,29 s . ). In quinto luogo, anche ora viene rilevata l'unità del cor-

1 32

Excursus terr.o

po . Tuttavia non deve più essere posta in rilievo soltanto la unità delle varie membra fra di loro (cfr. Eph. 4,3 s. 1 r - r 6; Col. 3 , r ; ), ma anche l'u�ità dei due gruppi che compongono l'umanità, i Giudei e i gentili ( dr. Eph. 2 , 1 5 s . ; 3 ,6 ). Infine, secondo Col. 2 , 1 0 , Cristo è anche capo delle Po­ tenze del mondo. L'interpretazione di Col. 2 , 1 9 è sl contro­ versa, ma in Col. 1, I 6 s. è evidente la medesima situazione: Cristo è colui nel quale e per il quale il tutto è creato e nel quale sussiste. Insomma è chiaro che, secondo San Paolo, la Chiesa in generale o le singole locali rappresentazioni di essa vengono intese come corpo di Cristo. Soltanto che nella I Cor. e in Rom. l'equazione ÈxxÀ 1')CTLa. = CTWIJ.Cl è più presupposta che espressa. L'importanza delle asserzioni consiste qui nel con­ fronto di questo 'corpo' col corpo umano, con riguardo alla molteplicità delle membra e all 'unità del corpo, e con riguar­ do alt resi al rapporto di queste membra fra di loro. Invece nella lettera agli Efesini e in quella ai Colossesi l'equazione EXXÀT)CTLa. = CTWlla. è esplicita e il rapporto dell' equazione CTWJ.UL = ÈxxÀT)CTLa. rispetto ali' altra XEcpa.À 1} = Xpt.CT't'6t; è posto in rilievo sulla base dell'equazione CTWIJ.CI + XEcpa.li) = Xpt.cr't'ét;. Qui CTWIJ.a. è occasionalmente anche il tutto. Si dimostra quindi che sull a base di un'equazione, ancora indeter­ minata in r Cor. e Rom. , Chiesa = 'corpo' e 'corpo' = Cristo è risultata, nella lettera agli Efesini e in quella ai Colossesi, una pregnante equazione : Chiesa = a.À.i} = Cristo. Questa differenza non è soltanto oggettivamente di grande importanza - essa innalza la Chie­ sa sulla sfera delle comunità umane, alla quale essa pure ap­ partiene -, ma lo è anche per la questione della derivazione di questo particolare concetto di CTWIJ.CX "':Ou Xpt.CT"tOU . Essa fa sorgere il problema se l'Apostolo non abbia interpretato il concetto di CTWIJ.t:X. "tOU Xpt.CT";OV in rapporto alla Chiesa de.

1 3'

Tò cr� 'tOu Xpc.�-:ou

ducendolo da un uso linguistico diverso da quello di cui ab­ biamo finora fatto menzione. Per quanto concerne il giudaismo orientale facente parte del mondo dell 'Apostolo, il concetto di crwp.a. per indicare una comunità un1ana o il cosmo si trova nei LXX tanto ra­ ran1ente quanto nel resto della letteratura giudaica. Invece il concetto di XEcpaÀ.l) , per indicare il principe o il capo o il condottiero di uomini e di comunità, ricorre come tradu­ zione di ro' i, che tuttavia può essere reso anche in altro mo­ do. A prescindere dall'antitesi capo-coda ( = alto e basso) in Deut. 28 , 1 3 .44 ; Is. 9 , I 3 s. ; Iub. 1 , 1 6 ; I Hen. I 03 , I I ; Ab. 4 , 1 5 h ; · Philo, praem. 1 24 s . , XE und die ,

I 44

Excursus quarto

Ne abbiamo una riprova immediata nel fatto che l'Aposto­ lo chiama la Chiesa anche 'tÒ 1tÀi)pw�J,a. 'tou 1tÀT)pouiJ,É'JOU. •••

EXCUR S U S QUARTO

Tò 1tÀi) pw�J,a.

Che cosa significa 1tÀi)pw�J,a? Il suo significato non si può dedurre semplicemente dal concetto greco, assai vario, indicante «ciò che riempie, ciò che rende completo, ciò che è pieno di qualche cosa , ciò che è portato alla sua misura piena» , ed ancora «la somma pie­ na o la pienezza, la sovrabbondanza», ed anche « il riempi­ mento, il riempire» 46• Il significato che 1tÀ.1}pw�J,a. ha nel nostro passo non si · può dedurre nemmeno dalle altre lettere paoline o dal Nuo­ vo Testamento in genere, giacché nella lettera ai Colossesi e in quella agli Efesini abbiamo a che fare con uno speciale uso linguistico anche per quanto riguarda questo concetto. Mentre nelle altre lettere paoline ricorre in tutto sei volte e con diversi significati, lo troviamo nelle sole lettere agli Efe.. sini e ai Colossesi altre sei volte e in senso unitario. Qui esHerkunft dieser Vorstellung bei dem Apostel Paulus, BZ, N .F. 2, 19,8, pp. 1031 2 3 ; J. A. T. Robinson, The Body. A Study in Pauline Theology, 1 9'2. ; H. Schlier, Relig. Unters. ; Id., Christus ; Id., art. XE(i)a.À.i), GLNT v, coll. 363-390 = ThWb III , pp. 672-682 ; Id., art. Corpus Christi, RAC II, coli. 437--4' 3 ; K. L. Schmidt, art. fxxÀ.T}o-ia, GLNT IV, coli. 149o-I ,8o = ThWb III, pp. .502-, 39 ; Tr. Schmidt, Der Leib Christi, 1 9 1 9 ; Th. Soiron, Die Kirche als Leib Christi, 1 95 1 ; W . Straub, Die Bildersprache des Apostels Paulus, 1937; F. de Visscher, Les J1dits d'Auguste Jé­ couverts à Cyrène, 1 940, pp. 89-97. n 8 ; A. Wikenhauser, Die Kirche als der my­ stische Leib Christi nach dem Apostel Paulus, 1 937. 46. Cfr. Liddeli-Scott, W . Bauer, s.v. Così anche nei commenti si trova u� gran numero di traduzioni e d'interpretazioni del nostro concetto. I Padri greci, it., S. Tommaso, Lutero, Klopper, Abbot, Prat, I , p. 357, n. 1; 11, p. 34 1 , n. 2; Benoit, o.c. , p. 3,4, hanno prevalentemente complementum� supplementum ; Teodoreto, Ligthfoot (Kolosser, p. 261 ), von Soden, Tr. Schmidt, ]. Schmid, Meinertz, Wiken­ hauser, Huby, Cerfaux hanno plenitudo. Altri ritiene che in questo modo la Chie­ sa sia designata come «la somma totale di tutto ciò che esiste in Cristo» (Haupt), «la piena esplicazione del Cristo� ( Knabenbauer, Rendtorff), «l'opera perfetta, la perfezione,. (Oltramare), ecc.

T� 'Jtl:i)pwll«

I4�

so ha già quasi un significato tecnico, e, come termine tec­ nico, si suppone senz'altro noto e non viene ulteriormente chiarito. Anzitutto è usato polemicamente in Col. 2 ,9 ed ha quindi già avuto una certa importanza nella eresia colossese. Buon metodo è quindi dedurne il significato specifico dai contesti e, in genere, dall'uso linguistico di queste due lettere. I . In esse troviamo 'tÒ 1tÀ:i)pwlJ.a. �ou DEou (Eph. 3 , 1 9 ) o 'tÒ 'JtÀ.i}pwiJ.a. --ri)� DE6't'T)�O� (Col. 2 ,9 ) o anche semplicemente �ò 'JtÀ.i)pwiJ.a. ( Col. I , 1 9 ), per indicare il pleroma di Dio o della divinità. 2 . In quest'ultimo passo Cristo è il 'JtÀ.i)pwp,a. o il luogo, la casa, lo spazio del 1tÀ.i)pwp.a.. Si tratta del 1tÀ:f) pwp.a. 'tOU Xp'-O"'tou (Eph.4 , 1 3 ) . . 3 · Ma anche r EXXÀ.T)CTLa., in quanto crwp,a. �ou Xp'-Ci'tOV, è 'tÒ 1tÀ.'ripwlJ.a (di Cristo ) (Eph. 1 ,2 3 ) . 4· Inoltre si deve osservare che ripetutamente si parla di �a.v �ò 1tÀ.1ipwp,a ( Eph. 3 , 1 9 ; Col. r , r 9 ; 2 ,9 ; cfr. Eph. 4 , 1 3 ), quindi si presuppone che questo 1tÀ.1}pwp,a comprenda tutto i1 1tÀ.i)pwp,a. ' . Infine·, si parla anche di una partecipazione a questo 1tÀ.1}­ PWIJ.a., e precisamente a ) di un xa:ta.v'tav ... Et� lJ.É�pov i)lt.­ xt.at; �ou 'JtÀ.i)pwiJ.a.�o� �oo XpLcr"tou (Eph.4, 1 3 ), quindi di un arrivo al 1tÀ.i}pw1J.a. o di un inserimento nel 1tÀ.i}pw1J.a.; b) di un 1tÀ.T) pouv, al passivo, a proposito dei fedeli, dove questo 1tÀT)poucrDaL avviene, in Col. 2 , 1 0 , mediante il batte­ simo, in Eph. 3 , 1 9 , mediante la gnosi . llÀT)poucrDaL in senso assoluto è dunque un essere introdotti nel 1tÀ.i)pwlJ,a e quin­ di un divenir 'pieni' nella 'pienezza', mediante la 'pienezza'. In Eph.4,1 0 1tÀ.T)pouv è usato all'attivo in rapporto all'a­ scensione di Cristo, ciò che si può intendere o come un ( nel senso filoniano del­ la parola 1tÀT)pouv , v. infra ), o, con riguardo a 4 , 1 3 e 1 , , come «includere nel pleroma» . In quest'ultimo caso sarebbe identico al medio di 1 ,2 3 47, dove è detto che Cristo è colui che «riempie» il tut�o in tutti. 47 · Cfr.

e

come

BI.-Debr. S 316,1 , secondo cui il medio deve essere inteso in 4,10.

ih

senso attivo

Excursus quarto

IIÀ.i)pw�J,a è dunque, nelle nostre lettere, un concetto uni­ tario : il pleroma di Dio, il quale ha 'corporalmente' preso dimora in Cristo, è presente nel 'corpo' di Cristo, la Chiesa. Appunto mediante la Chiesa, che è il luogo del pleroma suo e quindi di Dio, Cristo introduce il tutto nel pleroma, quel tu.tto di cui egli , essendo asceso al cielo, ha già preso pos­ sesso. Egli lo introduce nel pleroma in quanto fa pervenire i fedeli al pleroma ( totale o pieno ). Comunque questo concetto possa essersi formato, qualun­ que sia l'uso che può aver contribuito al suo svolgimento, esso non si trova mai in Platone, nell'Antico Testamento, nella Stoa, in Filone, nel Corpus Hermeticum 48 ; né nell'A.T. o nella Stoa ( dove è notevole il fatto che manchi il sostanti­ vo itÀ.i) pw�J.,a con que�to significato specifico) od altrove, tranne che nella gnosi o in prossimità ad essa, si trovano 1tÀ.i}pWIJ.Cl e 7tÀ.1) pouv nel vario e tuttavia unitario signifi­ cato ·che si rinviene nelle lettere agli Efesini e ai Colossesi. Quindi è molto pro�abile che l'Apostolo, assunto il concet·

48.

Per la storia del concetto di 1tÀ:qpT}t;, 1tÀ.T)pouv, 1tÀ.i)ptùJJ.a , abbiamo una ricca bibliografia, ma nessuna monografia di sintesi. Per quanto concerne la nostra que­ stione citerò le seguenti opere: S. Aalen, Begrepet 1tÀ.i)pWJ,La. i Kolosser- og E/eser­ brevet, TTK 23, 1 9, 2 , pp. 49-67 ; P. Benoit, Corps, Tete et Plérome dans les épitres Je la captivité, RB 63, 1 9, 6 , pp. '-44, spec. pp. 31-44 ; R. Bultmann, Das Evange­ _lium ]ohannes, 1 9, 3 , p. , I , n. 7; L. Cerfaux, La théologie de l'Église, pp. 244-247. 2'7 s. 267.274 s . ; Id., Le Christ, pp. 32o-322 ; G. Delling, art. 7tÀ.'i}pl)t;, 1tÌ..T}p6w, "J;À.i}pwJ..La. X"tÌ.. . ThWb VI, pp. 283-309; M. Dibelius-H. Greeven, An die Kolosser, l:."pheser, Philemon, 19,3, excursus a Col . I 1 9 ; J. Dupont; Gnosis, 1 949, pp. 4 1 9427 ; ''3-476; 49 1 s. ; J. Gewiess, Die Begriffe 1tÀ.i}pWJ..L4 tmd �À.1')povv. Vom Wort des Lebens, Festschrift fur ]. Meinertz, 1 95 1 , pp. 1 28-141 ; J . B. Lightfoot, St. Paul's Epistles lo the Colossians and to Philemon, 1 88 2 pp. 257-273; W . Lock, art. Pie­ roma, Dict. Bibl. IV pp. I ss. ; W. L. Knox, pp. 1 63-166 ; C. L. Mitton, pp. 94-97 ; F. R . Montgomery Hitchkock , The Pleroma as the Medium of the Self-realisation o/ Christ, The Expositor, VIII 24, 1 922, pp. 1 3,-I ,o; Id., The Pleroma o/ Christ, ChQuR 1 2, , 19.37, pp. 1 - 1 8 ; C. F. D. Moule, «Fulness» and «Fili» ;, the NT, ScJTh .f, 19, 1 , pp. 79-86 ; Mussner, pp. 46-64 ; Pcrcy, pp. 76-78.384-386 ; J. A. Robinson, St. Paul's Epistle to the Ephesians2, 1 907, pp. 42-44; 87-89 ; 1 10 s . ; 2''-2 59 ; Id., The Church as the Fulfolment of the Christ, Exp. T. v 7, 1 898, pp. 241 -2,9 ; J. Schmid, pp. 1 82-193 ; 420 s.; Tr. Schmidt, pp. I 8o-191 ; G. Scholem, Les grantls courants de la mystique iuive, 1 9,0, pp. 279 ss. ; 4 1 2 s.; A. F. Simpson, art. Piero­ ma, ERE x, pp. 62-66 ; X . M . a Vallisoleto, Christi «Pleroma)) iuxta Pauli concep­ tionem, VD, 14, 1 93 4 , pp. 49- , , ; \Vikenhauser, pp. I87- 1 9 1 . ,

,

1 47

T� �À��«

,

to dalla sua forma primitiva, l abbia originalmente appro­ fondito. Le Odi di Salomone per prime sono una testimonianza ab­ bastanza buona della diffusione del concetto. Così 1tÀ.i}pw­ p,a. 49, quale designazione della sfera di Dio, si trova in Ode 2 6 ,7 : «E dalla sommità delle altezze fino ai loro contraf­ forti il pleroma è_ suo» . Cfr. I 7,7 : «Ed egli, che possiede la conoscenza e mi ha fatto crescere, è l'Altissimo in tutto il suo pleroma » ; I 9 ,5 ; 3 6 ,6 . Nello stesso significato 1tÀ.i}pw1J.a. è usato in Ignazio, Eph. e Trall. intr. Quale dimensione di­ vina 7tÀ.i]pwp.. a. è divenuto poi termine tecnico presso i Va­ len tiniani. Ma anche il Redentore è luogo del pleroma. Di lui è detto in Ode Sal. 7 , I I : « Poiché egli è eterno, pleroma degli Eoni e loro padre» 50, mentre in precedenza era stato detto ( vv. 7 ss. ): « Il padre della conoscenza è la parola della conoscenza . Colui che ha creato la sapienza è più sapiente delle sue crea­ ture. E colui che mi ha creato sapeva, ancor prima che io fos­ si, che cosa avrei fatto se fossi stato creato. Perciò egli ha avuto misericordia di me nella sua immensa misericordia, e mi ha concesso che lo potessi pregare e partecipassi della sua natura» . Non si può negare che, a leggere queste frasi , il pensiero corre giustamente a Io. I , I 6 . L' Ode Sal. 4 r , 1 3 dice : « Il figlio dell'Altissimo è apparso nel pleroma del Padre suo. E la sua luce irraggiò dalla parola che dali' eternità era in lui » . Nelle Odi di Salomone occasionalmente si parla anche di 1tdv --rò 1tÀ.TtPWIJ.a. : I 7,7 ; 7 , I 3 . Il credente, e qui si tratta dello gnostico, partecipa a questo pleroma mediante la gno­ si . Così dice Od. Sal. 7 , I 3 : «Poiché egli ha tracciato la sua strada verso la conoscenza, l'ha fatta larga e lunga e l'ha con49· Il contesto dimostra che non si t�atta di una parola del gruppo -:tÀ.tt.�, come suppone il Delling, o.c., p. 299, n. 14, con W. Frankenberg, Das Verstiindttis der ·

Oden Salomos, 1 9 1 1 . ,o. Cfr. il J..LOVOYE'J-i}c; ut6c; dei doceti, che porta in sé e poi nasconde -:ò -:;l.TtPWt-LCl "tWV OÀ.WV C1LWVWV perché gli Eoni non possono sopportare il p.ÉyEao; e la oo;C1 3uvaJ..LEWc; ( Hippol ., El. VIII, 1 0,3, pp. 229 s.). In Act. Thom. 1 47, p. 2,6, 1 2 s. l'apo­ stolo in preghiera dice : xat r.av crou -tò -=:l.T)r;wJ..La lv lJ..Lot l7tÀ.T)pwDT).

Excursus quarto

1 48

dotta fino al pleroma» . L'ascensione celeste dell'anima, che è una crescita, termina in Od. Sal. 3 5 ,6 con queste parole: �E io divenni grande mediante il suo dono e trovai riposo nel suo pleroma » . È un caso che l' Ode 3 6 , che descrive in­ sieme la celeste ascensione, la rinascita e la cresci ta dello gnostico, richiami anche altrove espressioni della lettera agli Efesini pur senza presentare una dipendenza da essa ? « lo trovai riposo nello spirito del Signore al cospetto del suo pleroma e della sua doxa, mentre lo lodavo con l'allestimen­ to dei suoi canti ( ? ). Egli ( lo Spirito ) mi generò al cospetto del Signore, e mentre io ero uomo, venni chiamato 'lo splen­ dente' , 'il figlio di Dio' , per cui ero lodato fra i lodati e gran­ de fra i grandi. Infatti, come la grandezza è dell'Altissimo, cosl egli ( lo Spirito ) mi ha fatto, e come suo ( dell'Altissimo) è il rinnovamento, cosl egli (l'Altissimo ) mi ha rinnovato. Ed egli mi ha unto col suo pleroma, e io divenni uno dei suoi intimi . E la mia intimità era in salvezza, e io fui saldamente fondato nello Spirito della potenza ( economia ? ) » . Cfr. Od. Sal. 7 , I o s . ; 1 9 , I 5 . Tuttavia il concetto di 1tÀ.T) pouv in senso assoluto manca nelle Odi. Il concetto di 1tÀ.i)pwp.a. questo dimostrano appunto, nel loro complesso, i passi citati è dunque derivato dal mondo linguistico e ideologico che in séguito troviamo an­ che nelle Odi di Salomone. Una conferma si ha nel fatto che in Eph. e Col. , sia in generale sia per quanto riguarda il con­ cetto di 1tÀ.i}pw1J.a, ritroviamo un elemento caratteristico del­ la mentalità gnostica che non si trova né riell'Antico Testa­ mennto, né nella Stoa e nemmeno nel giudaismo, cioè un concetto spaziale usato per rappresentare una dimensione spi­ rituale o un processo spirituale. In Eph. 4 , 1 3 si parla del �É­ -rpov i) À.t.xtaç -tou 1tÀ.T)PWIJ.a.-roç, della misura di grandezza del pleroma di Cristo. Anche altri concetti ivi usati danno l'idea di qualcosa di spaziale. Cfr. anche il CTWlJ4-rt.xwç in Col. 2 ,9 . D'altro canto, il 1tÀ.i}pw1J.a. -tou DEou si dischiude mediante la gnosi radicata nella fede e nell' amore ( Eph 3 , 1 9 ; cfr. 4, I 3 ) . Se si uniscono insieme l'una e l'altra nozione, come il con-

-

.

Eph.

I,2J

1 49

testo induce a fare, ciò significa che questa gnosi dischiude una dimensione e che questa dimensione, il pleroma di Dio, ha la proprietà di poter essere dischiusa appunto mediante la fede, l'amore e la gnosi . La �pienezza' di Dio è, per espri­ merci con formula concettosa, uno � spazio' che Dio ha incluso aw�J,a.�t.xwç in Cristo, che Cristo include nel suo corpo, la Chiesa , che il membro del corpo, il fedele, include in sé nel­ la fede, nell'amore e nella conoscenza. In altre parole, il con­ cetto gnostico di pleroma permette all'Apostolo di concepi­ re e di rendere concepibile il carattere antologico di processi interiori e di interiori realtà. Se dunque la Chiesa in Eph. 1 ,2 3 accanto alla denomina­ zione di �ò O'WIJ.a. 't'OU Xpt.a-�oO ha anche quella di 't'Ò 7tÀ.1)­ pwp,a. �oO 'tà. 7ta:v'"ta. Èv 1ttXO't,V 1tÀ.T)POVIJ.Évov , essa, in que­ sto modo, viene designata come lo 4Spazio' della pienezza di Cristo, riempito mediante questa stessa pienezza. Essa non è la pienezza di Dio come tale, e non è nemmeno la pienez­ za di Dio incorporata in Cristo, ma è il luogo in cui si è sta­ bilita ed è -presente la pienezza di quel Cristo che, per mez­ zo di essa, include il tutto e il cosmo nella sua pienezza. Es­ sa è quella dimensione della pienezza di Cristo mediante la quale e nella quale Cristo introduce il tutto. Questo infatti, come tale, non è il pleroma, anche se con la sua ascensione - supposta giusta la nostra interpretazione di 4 , 1 0 Cristo ne ha preso possesso e l'ha rivendicato. Questo 7tÀ.1) poucr�a.t. del tutto avviene E.v 1ttXt1t,V, da in­ tendersi in senso maschile, come anche in 4 ,6 . Così è già accennato ciò che risulta più chiaro in seguito, cioè che la introduzione del tutto nel pleroma di Dio avviene soltanto attraverso la Chiesa, e, in essa, attraverso il singolo, il quale in questo luogo della pienezza di Cristo può essere condotto dalla pienezza di Cristo al pleroma di Dio. -

I morti son giunti alla vita

MORTI NEi PECCATI RICEVONO LA VITA E SONO, I.N CRISTO, COLLOCATI NEI CIELI ( 2 , 1 - 1 0 )

3· I



Ka.t UIJ.tip(lyJJ.ou À.vcra�, -r'Ì)v [xitpt1v, Év ""ril trt1pxt ttù-rou, 15 "tÒv v61J.ov "twv tv-roÀ.wv Év 86y1J.t10't.'J Xt1"tapy1)ua�, tva -roùc; 8vo x-r!an Év aù"t� Etc; iva xttt.vòv 6.vitpt.mov 1tot.wv Etpi)'VT)v, 16 xt1L à1toxt1-t(lÀ.À.ci.ç.n 'toùc; à.lJ,cpo-rÉpovc; Év lvt O'WIJ.a."tt. -t� itE(il 8t.cì -rou tr'taupou , à.1tox-rELvt1c; -t'i)v è:xDpt1v Év t1Ù-t� . 17 xal llDwv Eu­ TJ YY EÀ.!CTa"to Etpi}vT)v VlJ.L'V -ro�c; IJ.t1XpiLv xt1t El.pi}vT)v -toi:� Èyyvc; 18 l5 t. s .. · (XU"tOU EXOIJ.EV -ri)v 1tPOO't1ywyT)v OL UIJ.cp6"tEpOt. Év lvl 1t'VEV­ -r IJ4"tt. 1tpÒ� "tÒ'V 1tt1"tÉp(l. 19 apt1 OU'V ouxi'tL EO'"rÈ ç.É'VOf. Xt1l 1ttipot.­ XOt., aÀ.À.à Ètr-rÈ CTUIJ.1tOÀ.t't(Xt. 'tW'V ayiwv Xt1L OLXELOt. 'tOU DEou, 20 È1tot.xoOOJJ.T)DÉv-tEc; É1tL 't� DEJJ.EÀ.'tp -rwv a1totr-r6À.wv xt1l 1tpocpT)-rwv, 8v-ro� cixpoyw'Vt.rtLOV a.u-rou Xpt.tr-rou 'IT)trou , 21 Év (!l 1t4trt1 otxo8o1J.'Ì) CTUvrtp1J.oÀ.oyov1J.É'VT) t1V;Et. Etc; va.òv iiyLov Év xvpitp, 22 Év (!l xat VIJ.E�� CTUVot.xoOoiJ.Ei:trDE Etc; xa-roLXT)-ri}pt.ov -tou itEou Èv 1tVEVIJ.(l'tt.. ·

u Perciò ricordate che un tempo voi - i gentili nella carne, detti 'prepuzio' da quella che è detta 'circoncisione' fatta con mani nella carne - 12 che voi in quel tempo eravate separati da Cristo, lon­ tani dalla comunità d'Israele e stranieri alle disposizioni piene di promessa, senza speranza e senza Dio nel mondo . 13 Ma ora voi siete in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate 'lon­ tani' ora siete venuti 'vicino' nel sangue di Cristo. 14 Giacché egli è la nostra pace, colui che ha fatto di ambedue uno ed ha abbattuto il muro divisorio del recinto, l'inimicizia nella sua carne, 15 la legge dei precetti, che sono statuti, ha annullato

Eph. 2,IZ

181

allo scopo di fare in lui, di due, un unico uomo nuovo, fondando pace, 16 e di riconciliare a Dio l'uno e l'altro in un sol corpo mediante la croce, egli che in lui ha ucciso l'inimicizia. 17 Ed egli venne e «annunziò pace » a voi «lontani e pace ai vicini» ; 11 giacché mediante lui ambedue abbiamo in un unico Spirito accesso al Padre. 19 Ora dunque non siete più stranieri ed ospiti , ma siete concitta­ dini dei santi e membri della casa di Dio, 20 edificati sul fonda­ mento degli apostoli e profeti , dove la chiave di volta è Cristo Ge­ sù, 21 nel quale ogni edificio costruito cresce a tempio santo nel Signore, 22 nel quale anche voi siete coedificati ad abitazione di Dio nello Spirito.

Per sé, ciò che l'Apostolo ha esposto in 2 , 1 - 1 0 sull 'opera meravigliosa di Dio nei riguardi degli ex-gentili, poteva ba­ stare. Che cosa c'è di più grande che essere risuscitati da morte e dai peccati ed essere stati salvati nei cieli in Cristo dall'assalto preponderante del mondo ? Certamente nulla . Ma per l 'Apostolo il fatto· presenta anche un altro aspet­ to; e con riguardo ad esso si può ancora una volta chiarire il miracolo avvenuto ai cristiani .ex-gentili . Esiste non soltan­ to l'aspetto moralistico, ma anche l'aspetto storico di que­ sto evento : gli ex-gentili sono stati salvati insieme con Israe­ le, e in una Chiesa formata appunto di ex-giudei ed ex-gen­ tili . È questo il concetto che l'Apostolo svolge nei vv . 1 1 -2 2 . Gli ex-gentili vengono anzitutto esortati a considerare la loro precedente situazione in rapporto ad Israele. Il OL6 si riferisce al concetto fondamentale di 2 , 1 - 1 0 , e, più che mo­ tivarlo, lo continua. Il senso del collegamento è circa que­ sto : poiché siete stati salvati , considerate ora anche il vostro mutàto rapporto rispetto ad Israele. MvT)IJ.OVEVEL'J qui non è tanto un ricordare, quanto· piuttosto il pensare ad un fatto, il considerare una situazione di fatto, come, per es ., in Gal. 2 , 1 0 ; Col. 4 , 1 8 ; 2 Tim. 2 ,8 ; giacché non si riferisce soltanto a ciò che l'Apostolo presenta del passato degli ex-gentili , ma nnche al loro mutamento e alla loro situazione presente . Ciò che caratterizzava il loro passato viene direttamente

I lontani son venùti vicino

espresso soprattutto nel v. I 2 , anche se il v. I I già ne dava un cenno col denominarli all'uso dei Giudei. IIo'tÉ è prolet­ tico e viene ripreso nel v. I 2 mediante il complemento di tempo in dat. 't4) xa.t.p4) EXE�'V� . Esso sta naturalmente in contrapposizione al 'VU'V del v. I 3 . Allora essi erano soltan­ to «gentili nella carne>> 1 • 'E'V cra.px� è qui da intendere in senso letterale 2• Ciò viene chiarito immediatamente, in quan­ to essi vengono designati come axpo�ucr-r�a, che qui, come in Rom. 2 ,2 6 ; 3 ,3 o ; Gal. 2 ,7 , significa gli incirconcisi , gli èi..v­ SpEc; axpo�UCT't�Cl.'V EXO'V'tEc; ( Act. I I ,3 ). Questa designazione proviene «da quella che è detta cir· concisione compiuta sulla carne da mani di uomini » , dun­ que dai Giudei . IIEpL-rop,i) è, da un canto, il giudaismo, i cir· concisi ( cfr. Act. I 0,45 ; 1 1 ,2 ; Rom. 3 , 30; 4 ,9 . I 2 ; 1 5 ,8 ; Gal. 2 , 7 ss. I 2 ; I j ,8 ; Col. 3 , 1 I ; 4 , 1 I ; Tit . I , I o ) , dall'altro, anche la condi�ione di circonciso, la circoncisione : per es. , Rom. 2 , 2 5 ss. A quest'ultimo significato soltanto s'addice propria­ mente l'aggettivo XELP01tO�T}'toc; , che ha un significato spre-· giativo, giacché esso è pensato in contrapposizione a «fatto da Dio» 3 • Se dunque il giudizio di « incirconcisi» proviene agli ex· gentili da una siflatta «circoncisione», con ciò è già detto che esso è del tutto relativo e che questa distinzione - circonci­ sione, incirconcisione - in confronto ad un'altra, non ha nul­ la di determinante . Paolo adduce questo giudizio perché vuo­ le chiarire agli ex-gentili che la differenza tra gentili e Giudei, anche come è vista dal giudeo, da un canto sussiste effettiva­ mente, dall'altro però, è qualcosa che non va oltre la sfera della carne se è rappresentata come un motivo di vanto per i Giudei nei confronti dei gentili, se ciòè è intesa in senso giudaico. 1.

L'articolo pone in rilievo la totalità dei gentili.

2. La

ripetizione dell'articolo può mancare in attributi preposizionali (cfr. 3A;

Phil. I , I 6 ; 2 Thess.J,I4, ecc. Bl.-Debr. § 272 ; Radermacher, p. 1 17).

3 · Nell'A.T. sono designati cosl gli idoli pagani (cfr. Lev.26,1 .30; Is.2,18; Dan. 5,4.23 LXX, ecc.); nel Nuovo Testamento il tem!>io giudaico (cfr. Mc. 14,58; Act. 7,4 8; 17,24; Hebr.9,1 1 .24).

Eph.

2,1 2 ·

Molto più importante è un altro significato che si trova realmente nella circoncisione, di cui la circoncisione o l'in­ circoncisione sono soltanto un sintomo : la distinzione, reale nella storia della salvezza, tra Giudei e gentili Questo reale svantaggio, questa genuina inferiorità nei confronti col giu­ deo mette conto considerare , per ammirare la grandezza del mutamento e la dimensione della presente situazione di gra­ zia dei cristiani ex-gentili . Con la ripresa dell' O'tL e la sostituzione di 1tO'tÉ con 't(i) xa1.p@ EXEiv� il v . 1 2 dice: ( xaw.vi} X'tLO"Lç.: 2 Cor. 5 , 1 7 ; Gal. 6 , 1 ; ) 34• Tutta l'espres· sione, che in Eph. 4 ,24 ( cfr. Col . 3 , 1 0 ) è riferita a singoli cri· stiani, ricorre in senso generale in lgn., Eph. 20, 1 , dove è detto che l'economia generale di Dio mira Etc; 'tÒv xaw.vòv livDpw1tov '11)crovv Xpt.CT'touv, e dove questo uomo nuovo, che è Gesù Cristo, appare come l' àpxi} preparata da Dio. Ma la concezione di lgn . , Eph. 2 0 , 1 è indipendente dal no· stro passo. Importante è l'aggiunta tv a.Ù't{il 35 da intendere in senso pregnante. Cristo ha voluto attuare in sé l'unico uomo nuo· vo, a formare il quale dovevano essere creati ambedue i grup­ pi umani. Per questo doveva essere abbattuta la siepe del­ la Legge : perché Giudei e gentili avessero, in Cristo, vita appunto come unico uomo nuovo. Quest'unico uomo nuovo non esiste in se stesso, ma è ciò che è, o meglio, chi è, in Cristo. L'unico uomo nuovo è quindi, secondo quanto risulpiano dell' lv« del v. 1 5 . Cfr. p. 8 1 : «ora c'è soltanto uno, dove prima c'erano due esseri (diversi )». Cfr. anche p. 104 ai vv. 1 6 e 1 7 : «All'unico soma corri­ sponde anche un unico Pneuma ... ». Resta del pari un enigma come possa il Mussner, a conforto della sua tesi , rinvia­ re (p. 87, n. 5 2 ) a Bauer, s.v. Etc; 1 b. Quivi il Bauer dice espressamente che E(c; viene usato a.'VE­ pwi}'ij'Va.t- 'toi:ç a.twut-v ; ma soprattutto Asc. Is. , dove, nel cap. 1 I della redazione attuale, abbiamo, giustapposte , cro­ cifissione e risurrezione di Gesù , e poi : «E io vidi quando egli inviò i suoi dodici apostoli ed ascese. E io Io vidi , ed egli era nel firmamento, ma non si era mutato nella loro sem­ ·bianza, e tutti gli angeli del firmamento lo videro e lo ado­ ·rarono . . . ». Il primo «e io vidi. . . » è certamente una inter­ pretazione ecclesiastica del secondo. Anche in altri luoghi della letteratura gnostica ed ecclesiastica si è conservato il motivo del Cristo che ascende pubblicamente in cielo ed è visibile agli angeli : cfr. Iren. , Epid. c. 84 ; Exc. ex Th eod. I 8 ; 1to modo ha aperto l'accesso al trono di Dio : 4,14 ss.; 6,19 s.; 9,1 1 ss. 24 ; 1 0, 19 ss. Cfr. anche cap. 10: v. ' dO"EPXOlJ.EVO� Etc;. "tÒV x6ap.ov, v. 10 lv > , e per questo accesso, che consiste in Cristo e nel suo corpo, entrano nell'unico Spirito. Di nuovo è pos­ sibile scorgere la Trinità nelle sue operazioni : il 1ta:ti} p ( cfr. 1 , 1 7 ; 3 , 1 4 ; 4 ,6 ; .5 ,2 0 ; 6, 2 3 ; Col. I , r 2 ; [ 3 , 1 7 ] ), in presenza del quale noi veniamo ad essere ; il Figlio, Cristo, per il qua­ le e nel quale possiamo stare alla presenza del Padre ; l 'uni­ co Pneuma, per virtù del quale noi , anche ora, effettivamen­ te, in Cristo e per Cristo, stiamo, insieme, alla presenza del Padre. I vv. 1 9-22 espongono qual è il significato di questa ope­ ra di pace compiuta da Cristo ; spiegano quindi il v . 1 8 e il v . I 3 , indicando che cosa siano presentemente coloro che un tempo furono pagani, e concludono tutto il brano. Anch'es­ si sono accuratamente articolati 53 • L'Apostolo espone, uno dopo raltro, tre concetti : che cosa ora essi sono, su che co­ sa sono fondati, qual è lo scopo che incessantemente li sol­ lecita. Già al termine del brano precedente era affiorata la Chiesa come celeste creatura di Dio ( 2 ,6 ss. ). Ora, al termine di tut­ to il brano, essa viene designata in sostanza come l �dificio di Dio nei cieli . Tale edificio essa è in quanto Chiesa ·:on­ creta formata, sulla terra, da ex-giudei ed ex-gentili. Questa è, nella sua realtà , l 'edificio ·:eleste. Anzitutto, mediante una ripresa e un superamento di con­ cetti tratti dal v . I 2 ( e I 3 ) viene negativamente rilevato 54 che gli ex-gentili non sono più ;Évot. xa.t 7tcipot.xot.. $Évo� 55 53· Ciò è stato ben rilevato da W. Nauck, Eph.2,19-22 ein Tauflied? ( Ev. Th. 1 3 , 1953, pp. 362-37 1 , cfr. p . 364). Certo, che qui preesistesse u n inno o proprio un inno battesimale, non è dimostrato. Occorrerebbe scoprire concrete allusioni al battesimo per poter confermare l'ipetesi di un inno battesimale. Supposto che qui sottostia un inno battesimale, esso, a mio avviso, sarebbe da dividere i n quat­ tro strofe. Ma non dovrebbe proprio questo brano dimostrare che Paolo passa istintivamente allo stile dell'inno? 54· Per upa OU'V cfr. Rom.5 , I 8 ; 7,3 .25 ; . Gal.6,to; I Thess., ,6, ecc . Esso serve ad introdurre 0 '.ma formula conclusiva o una conseguenza di fatto. Cfr. Blass-De­ brunner S 45 1 ,2 b. 55· Cfr. GLNT VIII, coll. '-1o2 =ThWb v, pp. 1-36 (Stiihlin); K. L. Schmidt,

216

I lontani son venuti vicino

è l'immigrato, il non cittadino, che in Hebr. r r , r 3 ( cfr. Act. I 7 ,2 I ) sta a�canto a 7ta.pE1t{,ÒTU..LO �, colui che per breve tem­ po dimora come straniero in terra straniera. ( Cfr. anche Gen. 2 3 ,4 ; Ps. 3 8 , I 3 LXX, ecc. ). ITcipoLxoc; 56 è del pari lo stra­ niero, il non cittadino, tuttavia, in contrasto con ;Évo�, non è un semplice 1ta.pE1ttOT}(J.O�, ma, pur come forestiero, vive nella 1tOÀ.Lt; con certi diritti e come residente. Il termine ri­ corre in I Petr. 2 , 1 I accanto a 7ta.pE1tLOT)(J.O�. Tuttavia que­ sta differenza è irrilevante per il nostro passo, dato che in esso deve essere posto in rilievo il senso complessivo di �Évot. xa.t 7tcipoLXOt,: la mancanza di patria, che ora non esi­ ste più. Gli ex-gentili non sono più senza patria, anzi sono divenuti 7tOÀ.L"ta.t., perché O'U(J.1tOÀ.i:"ta.t. 'tW'V aytwv. Chi sia­ no qui i 'santi' è difficile dire . Certamente non sono i patriar­ chi e i pii dell'Antico Testamento , come intende il Crisosto­ mo. Probabilmente non sono nemmeno i fedeli, come per lo più s'interpreta, intendendo 'fedeli' ex-giudei o cristiani in genere. A ciò osta soprattutto il parallelo con OLXELOL -tov 1lEov che rimanda piuttosto agli angeli 57 o ai giusti perfetti, di cui si parla già in I , I 8 . Naturalmente si tratta di membri della Chiesa sulla terra, che nella loro forma d'essere sono distinti dagli angeli. Ma ciò non vuoi dire che essi - nella speranza ! - non vivano già, nella Chiesa, in comunità con gli angeli 58• Scorgiamo sul fondo il concetto della iivw 'IEpouaa.Ài)(J. di Gal. 4, 2 6 ; ma ci si può richiamare anche a Phil. 3 ,20 e specialmente alle immagini della lettera agli Ebrei (per es. , . I 2 , 1 8 ss . ; cfr. I r , I O. I 6 ; I 3 , I 4 ), tanto più che anche nel no­ stro passo questa città celeste 59 appare subito come tempio lsraels Stellung zu den Fremdlingen und Beisassen und lsraels Wissen um teine Fremdling- und Beisassenschaft, Judaica I, 1946, pp. 269-296 . ,6 . Cfr. ThWb v , pp. 84o-8,.2 ( K. L. e M. A. Schmidt); Deissmann, N. Bib. pp.

'4 s. Cfr. Staab, ad l., Asting, pp. 1o6 a.; Wikenfutuser, p. 16o; Stihlin, GLNT VIII, col. 83 = ThWb v, p. 29, � 2 s. , s . Paolo nel nostro passo allude a ciò che viene cosl espresso da Diogn.5,9: t�t yij� li..a"tpl.�OVCTW, ci).,).,'fv oùpa;v� �o)..t."tEVOV"tClt.. 59· Cfr. R. Knopf, Die Himnzelstadt, Ntl. Studien, G. Heinrici zu seinem sieb­ zigsten Geburtstag dargebracht, 1914, pp. 2 1 3-2 19.

.,7.

.

Eph. 2,19

21 7

celeste. Cfr. altresì Apoc. 2 I ,2 . I O ss . ; Herm. , Past. v. 3; s. 1 , 1 ss . ; 9 · Qui come in I Henoch 8 9 s. ( Cfr. Test. XII Lev. I o ), la ( futura ) Gerusalemme celeste e il tempio confluisco­ no in un'unica immagine ed ambedue vengono del pari rap­ presentati come una casa. I Ci'UIJ.1tOÀi:"tat. sono chiamati an­ che OLXEtot- "tou i)Eou, appartenenti alla casa di Dio 60 ( cfr. Gal. 6 , 1 0 ). Il contrario sarebbe à.À.Ào"tpt.ot-. La Chiesa non è soltanto la città del cielo, ma anche la celeste casa di Dio . Cfr. I Henoch 5 3 ,6 : «Dopo ciò ai giusti ed eletti farà apparire la casa della sua assemblea . . . » . Così anche in I Tim. 3 , I 5 la E.xxÀT)CTLCX. DEou �WV"toç viene espres­ samente designata come otxoç i)Eou . Cfr. anche 2 Tim. 2,20 ss. ; I Petr. 2 ,3 ss . ; 4 , I 7 ; Hebr. 3 , I ss . D'altro canto, si può rinviare a I Henoch 1 4, I O ss . , dove il cielo è descritto come casa di Dio ( cfr. Io. I 4 ,2 ). Del cielo si può, per es., dire : « Qui io ebbi un'altra visione : le abitazioni dei giusti e le dimore dei santi . Qui scorsero i miei occhi le loro abitazioni presso gli angeli della sua giustizia e le loro dimore presso i santi ; essi . . . intercedevano e pregavano per i figli degli uo­ mini. Giustizia scorreva come acqua al loro cospetto ... In quel luogo i miei occhi scorsero gli eletti della giustizia e del­ la fedeltà . . . Io vidi la sua (loro ? ) abitazione sotto le ali del Signore degli spiriti. Tutti i giusti ed eletti brillavano davan­ ti a lui come lo splendore del fuoco . . . » ( I Henoch 39 ,4 ss . Cfr. 4 I ,2 ; 2 Henoch 6 1 ,2 s. ). In Hag. 5 b. 1 2 h ; B.B.b. 98 a l' immagine dell' abitazione di Dio è già sistematizzata. Anche in Filone, per es., somn. I, 2 5 6 ; · Act. Io. 95 p. 1 98 ,9 s . ; Act. Thom. 2 7 p. 1 42 , 17 s. e specialmente presso i Mandei . si parla dell' abitazione di Dio , della casa della vita e simili. Il concetto di otxoç DEou come familia dei, nel passo di Eph. di cui stiamo trattando, non viene svolto; vi rimane predominante, come nella tradizione accennata, l'immagine della ol.xoOo(J.i) . Giacché, come in I Henoch 7 I ,; ss. la caCfr. E. Kasemann, Das wandernde Wolk Gottes, 1938, pp. 96 s.; per ow�o� cfr. GLNT VIII, coli. 337-4-'o = ThWb v, pp. I 22·I6I (Michel); specialmente coll. 377 SS. = pp. I 36 S. 6o.

218

I lontani son v�lltsti vicin!J

sa celeste si alterna con l'edificio celeste, cosl avviene anche qui, dove si parla del fondamento della Chiesa al quale ap­ partengono anche gli ex-gentili : la Chiesa appare come otxo­ SoiJ.i) e i suoi membri come sue pietre. Essi sono ' sopraele­ vati ' , come è detto con una proposizione participiale, sul fondamento degli apostoli e dei profeti 60 bis . Il genitivo --rw'J CÌ1t�CT"t"OÀ.W'J xa.t 1tpOq>T)--rW'J indica gli apo­ stoli e profeti non in quanto abbiano posto il fondamento o poggino sul fondamento, ma in quanto costituiscono il fon­ ·damento, come Cristo è la chiave di volta. Per quanto riguar­ da il contenuto, si ha un concetto affine in M t. I 6 , I 8 . Apoc. 2 I , I 4 dice la stessa cosa. Gli à.1tOO'"'"toÀ.oL xa.t 1tpocpfi'"taL ri­ corrono insieme in 3 ,' e, in una serie di doni elargiti dal Cristo glorioso, in 4, I I . E s 'intende parlare non degli apo­ stoli in senso lato, come, ad es. , in Did. I I ,3 ss. , ma delle autorità riconosciute, dei ' santi' apostoli ( 3 ,, ). I itpocpfi--ra.L non sono profeti dell'Antico 61 , ma del Nuovo Testamento, quali sono menzionati anche in I Cor. I 2 , 2 8 ; I 4 ; Act. S , I ss. ; I I ,2 7 ; I 3 , I ; 1 , , 3 2 ; 2 1 , I o ; Apoc. 1 6,6 ; 1 8 ,20.24 ; 2 2 ,6.9; Did. I I ,3 ss . ; 1 3 , I ; I , , I s . 62 Fondamento della Chiesa rappresentata come edificio ce­ leste sono quindi : I . coloro che sono investiti d'autorità in virtù del principio della missione e dell'incarico diretto; 2 . coloro che sono investiti d'autorità per carismi . Le Autorità apostoliche e profetiche divengono il fondamento dei gentili che dalla loro lontananza giungono nella �icinanza di Dio, cioè nella Chiesa quale divino edificio già attuale. Tuttavia la chiave di volta è Cristo. , .A.xpoywvLa.i:o� è la _pietra che porta a conclusione l'edificio e lo rende compat6o bi•.

Per lr.or.xo6or.u�v in contesti ecclesiologici cfr. 1 Cor.3,10.1 2.14; I Petr.2,, var.; Col. 2,7 ; Herm ., Past. v. 3,8,9 ; s. 9,,,1 . 'O tE�J,O.. Loc; è il fondamento (cfr. I Cor. 3,10 ss. ; Rom. 1 5,20 ; Hebr. I I ,Io; 2 Tim. 2,1 9; Apoc. 2 1 ,14.19). ·6 1 . Cosl Crisostomo, Teodoreto, Arnbrosiaster, Girolamo, Tommaso, Beck, Klop­ per, Prat II, p. 340, Rengstorf, GLNT I, coli. 1 1'4 ss. = ThWb I, p. 432, Mussner, p. 108. (;2. Cosi Teodoro Mops., Pelagio, Vilmar, Huby, Benoit, p. 3,8, n. 2, Wiken­ ,hauser, pp. 161 ,176 s., Staab, Masson, Ph. Vielhauer, Oikodome, 1 940, pp. 1 26 s.,

ecc .

Eph .

219

.2,.2o

to 63 • E si aggiunge che in essa '7td�a. ol.xoOOIJ.Tt tru'Ja.piJ,o).. �­ youiJ.ÉVTJ a.u;EL Ma questa descrizione della s truttura della Chiesa non è in contrasto con I Cor. 3 , I O ss. ? lvi è detto che l'Apostolo ha posto il fondamento, e il fondamento colà posto è Cristo. Qui invece sono gli apostoli e i profeti il fondan1ento della Chiesa, e Cristo è la pietra che chiude e tiene compatto l'e­ dificio. Ma le due immagini si possono faciltnente conciliare . Giac· ché apostoli e profeti sono il fondan1ento della Chiesa, ne1 senso della lettera agli Efesini, naturalmente in quanto han· no posto quello che è il fondamento nel senso della lettera ai Corinti, cioè Cristo ( cfr. Eph. 3 , I ss . ). Viceversa l'aposto· lo, secondo I C or. 3 , I o ss. , pone il fondamento che è Cristo in tal guisa che egli, l'apostolo, diviene con ciò stesso fon· damento per i fedeli membri della Chiesa. Ponendo egli il fondamento, Cristo, nel suo evangelo - il fondamento è il Cristo «annunciato» ( cfr. 2 C or. I , I 9 ) - , questo fondamento non può essere distinto dali' apostolo e dal suo apostolato (cfr. Gal. I , I 5 ss. ). Non si accede a Cristo se non attraverso gli apostoli e profeti che l'hanno annunciato e che, nel loro annuncio stesso, sono divenuti e rimangono fondamento. Nella coscienza dell'Apostolo evidentemente è avvenuta una chiarificazione a questo riguardo . A confronto con la prima lettera ai Corinti ciò non costituisce contraddizione, ma im· plica uno spostamento del punto di vista, con una progressi­ va chiarificazione. Del resto Col. 2 ,7 conferma la concordan· za di 1 Cor. 3 e di Eph. 2 ,20, in quanto colà il Cristo, nel qua· le i membri della Chiesa mettono radici e �ono 'sopraeleva­ ti' ( = sul fondamento degli apostoli e profeti ), è colui che . • •

63. Cfr. J. Jeremias, Der Eckstein, Angeles, 1, 192,, pp. 6'-70; ZNW 3 1 , 1930 , pp. 264-280; GLNT II, coll. 735 ss. = ThWb I, pp. 792 s . ; ZNW 38, 1937, pp. 1 '41 5 7 ; GLNT VI , coll. 739 ss. =ThWb IV, pp. 277-279; inoltre Wikenhauser, p. 161 ; Benoit, o.c., p. 358 ; ' l ' s.; Dahl, p. 258 ; Warnach, p. 6 1 , n. 64 ; Cerfaux, La thio­ logie, pp. 260 s.; Vielhauer, o.c. , p. 1 27 ; Hanson, p. 1 3 1 ; Michel, GLNT v n , col. 868 = ThWb IV, p. 892 ; Schelkle, RAC I, pp. 233 s.; Dibelius, Rendtorff, Huby; O. H. Withaker, The Chief Corner Stonc, Exp. T. 8, 1 92 1 , pp. 470 ss. Contra Pcrcy, pp. 329 ss. ; 48' ss. ; Masson, ad l. ; Mussner, pp. 108 s.

.220

l lontani son venuti vicino

essi hanno 'ricevuto' nella tradizione 64 • La Chiesa come edificio celeste non soltanto è già costrui­ ta, ma è anche in perenne costruzione. Ciò è con maggior precisione spiegato sotto un duplice riguardo nei vv. 2 1 s . , in due proposizioni relative parallele. Anzitutto presenta difficoltà l'espressione 1téiO"a. otxo8o1J.i} . In senso grammaticalmente corretto significa «ogni edificio» . I l significato sarebbe accettabile, se Paolo avesse pensato alle varie comunità singole, le quali , peraltro, nella nostra lettera non hanno alcuna importanza. La traduzione « tutto l'edifi­ cio» , nel senso di «tutto ciò che è stato sovracostruito», è . una scappatoia artificiosa 65• , Così l espressione 1tdo-a. otxoSoiJ.i} deve essere forse inte­ sa nel senso di 1t ; Abbot: «Tutto ciò che da tempo è incorporato ... ogni elemento costitutivo dell'edificio•; Masson : «una costruzione parziale che è adattata alla costruzione in corso per fonnare il tempio santo nel Signore�. 66. Cfr. Se A C al. 67. Cfr. Rom. 3 ,2 o ; 1 1,26; Act.2,36; 17,26; Dibelius, ad l. 68. Cfr. Bauer, s.v.

Eph.

2,2I

22 1

la Chiesa o per il XOOlJ.O� in quanto awp,a. . Il riferimento al­ la Chiesa come otxooop,i} è un segno che l'Apostolo fonde istintivamente l'immagine della Chiesa come CTWIJ4 e quella della Chiesa come otxooop,i) . Egli vede dunque la sua essen­ za come un fenomeno la cui struttura è del pari reale e per­ sonale. Considerata l'origine dell'immagine, anche questa fu­ sione di corpo ed edificio è una caratteristica dell'allegoresi gnostica dell'edificio. Non occorre fare qui la storia del concetto di otxooop,T) ed otxooOIJ.EL'V 69• Essa, attraverso i circoli giudeo-apocalittici, risale all'Antico Testamento. Dopo il Nuovo Testamento il concetto ebbe larga diffusione negli scritti cristiani apocrifi e nella gnosi. Per l'equiparazione di otxooop,i} e crwp,a. rin­ vio soltanto al Pastore di Erma s. 9 , dove il corpo dell' utò� 'tOU DEoO è identico al 1tupyo�, alla città celeste, alla dimora dei santi, all'Eone Ekklesia. · Come testimonianza della tradi­ zione di tali immagini è importante anche Act. Thom. 6 s. ( pp. 1 09 s. ) 70• Qui al fondo sta l' immagine dell' anthropos, costituito di capo e di corpo, il quale (o il cui cr� che è anche O"ocp�a. ) costituisce la celeste otxooop,i} . Dalle premesse di un tal linguaggio risulta comprensibile il modo di esprimersi dell'Apostolo quando dice che «in» Cristo «cresce» tutto fa parte della conoscenza della situazione cristiana, cioè dell ' del tutto inaugurato con la sua « ascesa al cielo » , in quanto quel­ la sua pienezza, nella quale egli introduce il tutto in tutti co­ loro che credono, nel Pneuma già si è stabilita nel suo cor­ pO, la Chiesa. Cristo nella sua «ascesa in_ cielo » ha �?er sé rivendicato il dominio sull'universo in guisa da assumere, mediante la sottomissione delle Potenze, la signoria su di esso. Tale rivendicazione viene soddisfatta ora che egli , nella .sua gloria , ha trovato il suo 7tÀ1}pwf..la. nella Chiesa, suo cor­ po, e soddisfatta in quanto egli include nella sua pienezza il tutto in tutti gli uomini che credono . Il 7tÀ11POV'V di 4 , r o è il presupposto per il 1tÀ1)pouai)a.L di I ,2 3. In questo si ha il compimento di quello, in questo viene perfezionato e com­ pletato quello. TCÀTJPW(J.a Év É(J.oL (É)�).T)�witfi (Acl. Tho111.147, rò malsicuro.

p.

256,1 I ss.). Questo testo

è pe·

Eph.

4,11

Di qui risulta l' intima corrispondenza di ciò che segue con ciò che è stato rilevato nella nota esegetica 13 : egli, che è disceso sulla terra e che con la sua ascesa nella regale di­ mensione di Dio ha ora 1 riempito' della sua sovrana presen­ za la terra e i suoi cieli, egli si è anche creato ciò con cui e in cui manifestare tale riempimento del cosmo : il suo corpo, la Chiesa , la quale è il pleroma da lui assunto e dominato. Questo sarà l'argomento del nostro brano, come vedremo. Paolo è cosciente di questo rapporto: lo dimostra l' ag­ giunta che si trova nel v. 1 I con quel nuovo au-,;6c; : xat av"tòc; EOWXE'V, che potrebbe essere tradotto : «Ed egli è co­ lui che diede ». Ma nel v. I 1 viene del pari ripreso il col­ legamento coi vv. 7 e 8 , come se il v. 1 1 continuasse sem­ plicemente i vv. citati . Nel v. 1 I , da un canto viene illustrato il dono della xti­ pt.c;, dall'altro si rileva che questo dono è stato concesso da Cristo stesso. Proprio questo punto di vista comporta anche un collegamento col v . 8 , in quanto l'espressione EOWXE'V o6p.a..,;a.. .,;ot:c; à:vDpw1tot.c; viene ora meglio specificata . Ma sul rapporto occorre dire un'altra cosa. Nelle argomentazio­ ni dei vv. I I ss. Paolo non soltanto specifica i 'doni ' elargi­ ti da Cristo ed in essi la 'grazia' concessa secondo la sua mi­ sura, ma chiarisce anche qual è il fine per cui Cristo ha con­ cesso questi doni : edificare l 'unico corpo di Cristo e ridurre ogni cosa in sua signoria. In questo modo l 'enunciato dei v v. 1 2 ss . , e quindi tutta la trattazione, si ricollega al suo punto di partenza, cioè al concetto dell'unità della Chiesa. A questa unità è dunque ancora rivolto il pensiero dell' Apo­ stolo. Essa non soltanto è preesistente ( 4 ,4-6 ) , non soltanto deve essere custodita ( 4 , 1 -3 ) , n1a costituisce anche lo scopo dei vari ' doni ', dei ministeri e dei ministri che Cristo ha con­ cesso per l'edificazione dell'unico corpo. Che cosa sono questi singoli l doni' ? Generalmente par­ lando l'Apostolo comprende fra essi i depositari e ammini­ stratori di determinati ministeri ed uffici esistenti per la� . . .

13. Questo rapporto potrebbe però risultare anche intendendo diversamente la proposizione finale del v. tob.

3 08

l molteplici doni di Cristo

Chiesa e nella Chiesa. Essi vengono fatti risalire a Cristo e, per principio, riconosciuti come qualcosa che è stato dato ( da Cristo ). Cosl essi sono anche, come abbiamo visto, qualcosa in cui la xcipL� è stata concessa nella misura disposta da Cri­ sto. Sono, se così si può dire, realizzazioni della xcipL�. In essi e nella loro opera si attua e vive la xcipLç. Il nostro contesto quindi non dice che Cristo, per l'edificazione della Chiesa, ha concesso carismi , nel senso di doni straordinari quali noi conosciamo da I Cor. 1 2 ss . Se noi volessimo usare il concetto di carismi anche per i doni di Cristo ora menzio­ nati, dovremmo dire : i depositari e amministratori di quei determinati ministeri ed uffici, di cui fa menzione Paolo, sono carismi 14• Ma nel nostro contesto non sono denominati a questo modo. L'Apostolo fa peraltro comprendere che in essi la xcipL� si è concretizzata in forma varia e molteplice secondo il beneplacito di Cristo. La scelta dei ministeri o dei depositari di tali ministeri, i quali pure sono �doni' , è de­ terminata, in certo senso, da una visione 'storica' , o, per me­ glio dire, da una prospettiva soteriologica, in un certo sen­ so già percettibile, della Chiesa nascente. Paolo ci dice il nome di tali depositari o destinatari e am­ ·tninistratori di 'grazia' differenziata, i quali per se stessi o per la loro attività sono fondamento dell'edificio della Chie­ sa, diffondono e, in definitiva, custodiscono e spiegano l'e­ vangelo che edifica. Sono quattro gruppi : al primo posto stanno «gli apostoli » , come in I Cor. 12,2 8 ss . In 2,20 sono �tati designati come fondamento della casa di Dio, la Chiesa, e in 3,.5 caratterizzati come i «santi apostoli » , i depositari della rivelazione. Ad essi, secondo 3,1 ss., appartiene Paolo stesso. Ciò, tuttavia, non significa che nel nostro passo si debba presupporre la presenza di un concetto più ampio e generale di «apostoli» e si debba quindi pensare ad una più vasta cerchia di apostoli. Si tratta anche qui di una dignità appartenente alla storia della salvezza, sviluppatasi sotto que­ sto nome : probabilmente, quindi, si indicano con esso i pri14.

Cfr. Masson, ad l.

Eph. 4,:c:c

mi apostoli e Paolo stesso 15•

Accanto agli apostoli , come secondo gruppo, vengono «i profeti» , che già in 2 ,20 e 3 ,5 erano strettamente uniti agli apostoli. Si tratta, come si può inequivocabilmente vedere, di profeti del Nuovo Testamento, anch'essi annoverati da Paolo tra i fondamenti della Chiesa. Essi sono considerati i carismatici per eccellenza dei primi tempi della Chiesa, direi quasi i rappresentanti dei carismatici in genere; ciò che tra­ disce del pari una situazione più recente e selezionante. So­ no, se cosi si può dire, i resti dei molteplici carismatici della parola nominati in I Cor. I 2- I 4, almeno nella misura in cui anch'essi erano depositari della rivelazione. Il terzo gruppo è quello degli Eua.yyEÀ!-a-ra.(, raramente menzionati nel Nuovo Testamento. È difficile dire perché se ne fa menzione qui. Forse ha ragione Harnack 16 quando afferma : « Perché le comunità alle quali è indirizzata la let­ tera agli Efesini non sono state fondate da Paolo, ma da mis­ sionari» . Comunque, nel pensiero di Paolo si ricollegano ancora al concetto di apostoli e profeti, nel senso che essi e il loro ministero sono destinati alla Chiesa totale. Nel Nuo­ vo Testamento sono detti ' evangelisti ' Filippo ( Act. 2 I , 8 ; cfr. 8 ,4 s . I 2 . 3 5·4o ) e Timoteo ( 2 Tim. 4,5 ; cfr. I Thess. 3, 2; Phil. 2 ,22 ). ·o Eua.yyEÀLa-ri)c; è il missionario che annun­ cia l'evangelo dell'Apostolo ( 2 Tim. 4,2 ). Egli quindi non l 'ha ricevuto direttamente per rivelazione, ma dalle mani degli apostoli. Per questo viene menzionato accanto agli apostoli e ai profeti 1 7 • La sua attività all'interno e all'esterno di una 15. Huby ed altri intendono qui gli apostoli nel senso di r Cor. 1 5 ,7; Rom . 16 ,7 ; Did. 1 1 . ar. A . Harnack, Mission und Ausbreitung des Christentums in den er­ sten drei ]ahrhunderten, 1923\ vol. I, p. 33'; "\i/. L. Knox, p. 368; A. Fridrichsen,. The Apostle and bis Message, 19 47 ; von Campenhausen, Der urchristliche .4po­ stelbegriff, Studia Theologica I, 1948, pp. 96-130; H. Greeven, Propheten, Lehrer,. Vorsteher bei Paulus, ZNW 44, 19,2/'53, pp. I-43 · Per il concetto di apostolo in generale cfr. GLNT I, coli. 1o88-rr96 = ThWb I, pp. 406·448 (Rengstorf); M. Goguel, L'Eglisc Primitive, 1 9 47, pp. 88- 109. 16. Cfr. Harnack, o.c. , p. 334· 17. Cfr. GLNT III, coli. 1 103 ss. = ThWb n, pp. 734 s. (Friedrich). Anche J'�utore di un Vangelo viene poi chiam�t� tu(lyytÀt.,-··ni; ( cfr. Hippol., Antichr.56; Tert .,. lldv. Prax.21.23, ecc. ).

310

I molteplici doni di Cristo

comunità è attività straordinaria . Nella coscienza della Chie­ sa primitiva essi sono i continuatori dell'opera degli aposto­ li, come si può scorgere, per es. , in Euseb. , hist.eccl. III, 3 7 , 2 s. ; v, 1 0,2. Un quarto gruppo, nel nostro passo, è formato da «pasto­ ri e maestri » . Nel pensiero dell'Apostolo essi sono stretta­ mente collegati \ come dimostra la congiunzione xal. e la mancanza di articolo davanti a OLOciaxaÀoL. Chi fossero es­ si, e quali il loro ufficio o ministero, non si può certo chia­ rire mediante la formula che stiamo considerando 18• In pra­ tica però la loro funzione può essere stata spesso comune 19• È noto che il concetto di 'itOLIJ..'rlV in Io. x o; Hebr. I 3 ,2o ; I Petr . 2 ,25 viene applicato con valore originario a Gesù ( cfr. Apoc. 2 ,2 7 ; I 2 , 5 ; I 9 , 1 5 ). Con 1tOLlJ.rLL'VELV viene anche indi­ cata l'attività di Pietro in rapporto a tutta la Chiesa ( lo.2 1 , I 6 ) e poi quella degli È1tLCiX0'1tOL ( Act. 2o ,2 8 s . ) e dei 1tpEa­ �\rtEpOL ( I Petr. 5 , 2 s. ) in rapporto a chiese locali 20• Quindi il '1tOt.p.i)v è visto come il condottiero o la guida della Chie­ sa O della comunità, come il depositario della xvaÉpVT)CTL� di cui parla I Cor. 1 2 ,28. «Pastori» sono i 1tpo�CT"tcip.EVOL di Rom. I 2 ,8 ; I Thess. j ,I 2 , gli E'1tLCTX0'1tOL di Phil. I , I ; I Tim. 3 ,2 ; Tit. I ,7 , gli i)yovp.Evot di Hebr. I 3 ,7 . I 7 .24, i 1tpEcr�u­ �Epot di Act. I 1 ,3 0 ; 1 4,2 3 ; 1 ,,2 ss. 22 s . ; I 6 ,4 ; 20 , I 7 ; 2 1 , I 8 ; lac. j , 1 4 ; I Tim.j, I 7.I 9 ; Tit. I ,) ; z Petr. j, I ; 2 lo. 1 ; 2 . 3 Io. I 1 18. Così, per es., Tommaso, Estio, Brenz, Bisping, von Sodèn, Meyer, Haupt, West­ oott, Scott, Rendtorff, Staab, GLNT u, coli. 1 1 '0 s. =ThWb 11, p. 16o (Rengstorf). Contra, per es., Klopper, Huby, Dibelius, Masson. 19. Cfr. Hebr. 1 3 ,7; Did. I ,,I . Comunque, non è solo da notare che �li uni -� �li altri sono menzionati separatamente, ma anche che ·:-:�4.t:i}v, ·:ome in Herm., .Past. ·v. I ,,, I È1t�xo1to�, sta prima di St.SO:c;xcx.Ào;. In .1Jid. 1 5 ,1 s ..�li bt!-:;xor.ot. xa.L :St.�xovc•. assumono "t'Ì}v ÀEt.'tovpyi.a.v -:w•J 1tPOC911"tWV xa.L ot.Sa.crxO:Àwv. 20. Cfr. anche lgn., Rom.9,1; Philad.2,1 . 2 1 . Cfr. gli enunciati di Asc. Is. 3 ,2 1 ss., un frammento -:he risale alla fine del I ·secolo o al principio del II: «E dopo, quando egli è vicino, i suoi disce�li abban­ .doneranno l'insegnamento dei dodici apostoli e la fede, il loro am�re e la loro pu rezz a, e molte a.(:JÉCTEt.� sorgeranno nell'imminenza della sua parusia. E in quei _giorni vi saranno molti che ameranno l'ufficio, anche se sono privi di saggezza ; ·� molti anziani diverranno ingiusti e saranno pastori violenti delle lor;> pecore, •::: Giventeranno predoni (di pecore), perché esse non trovarono pastori santi... E \'i

Eph. 4,II.

311

Con OLO�axaÀ.oL sono forse indicati quei «dottori» del­ le comunità che, nell' elenco di I Cor. I 2 , 28 s., vengono a trovarsi acc3nto agli apostoli e ai profeti, e in Act. I 3, 1 ; Did. I 3 , I s . ; 1 5 , 1 s . accanto ai profeti. La loro presenza è presupposta anche nelle lettere pastorali ( 2 Tim.4,3 ), nelle quali l'Apostolo stesso si dice OLÒ�axaÀ.oc; ( 1 Ti m. 2 , 7 ; cfr. 2 Tim. I , 1 1 ). G· ià in Hebr. 5 , 1 2 ; lac. 3 , 1 ; Barn. 1 ,8 ; 4,9 vie­ ne sottolinea ta la loro importanza ; in Herm . , Past. s. 9 , 1 5 ,4; 1 6 , 5 ; 2 5 , 2 essi vengono immediatamente accanto agli apo­ stoli . Col concetto cristiano di Ot.OO..vxaÀ.oc;, al suo primo ap­ parire, si indica uno 'stato' concreto, a cui compete l'istru­ zione generale della comunità , che si svolge precisamente in forma di spiegazione didascalica dell 'evangelo apostolico o della tradizione apostolica, come pure di esegesi dell'Antico Testamento 22 • Da I Cor. 1 4 ( cfr.· Herm . , Past. s . 9 ,2 5 ,2 ) ri­ sulta che per l'esercizio di un tale ministero occorreva un carisma e che quindi esso aveva carattere carismatico. Oltre ad essere basato sul carisma esso ha fondamentalmente ca­ rattere di 'ufficio' . Viene esercitato nel carisma, dal quale pe­ rò anche se trae la sua forza e la sua efficacia persuasiva, non trae la sua autorità . Da ciò risulta che 'doni ' del Cristo glorioso, dimostrazio­ ne della sua charis , non sono solamente quelle persone che hanno fondato la Chiesa e diffuso l 'evangelo, ma anche quei depositari e amministratori della 'grazia' che operano pre­ sentemente nella Chiesa, edificata e sempre da edificare. Gli uni e gli altri sono stati 'concessi' da Cristo, quindi non in ciò si distinguono, ma soltanto nella misura della charis che sarà molta bestemmia e vanagloria alrapprossimarsi del Signore, e lo Spirito San­ to si rit i rerà da molti. E in quei giorni non vi saranno molti profeti, né tali da dire cose certe, tranne alcuni qua e tà, a ·:ausa dello sç>irito dell'errore, della im­ pudicizia, della vanagloria e dell'avidità, che sarà in coloro che vengono chiamati servi di lui e che lo accolgono. E fra di essi nascerà grande discordia, tra pastori ed anziani re:iprocamente. Poiché negli ultimi giorni dominerà grande invidia ... )). I 1toLf,livE�11 che si contrappongono ai 'itpEÒ"�v"tEPOl., sono qui gli l1t,CTX01tOl.. Essi portano il titolo di r.�Lf,livEt; .z.z. Cfr. Harnack, o.c., pp. 280 ss.; H. Bruders, Die Ver/tlSsung der Kirche bis 17,, 1904, pp. 336 ss.; GLNT 11, -:oli. II26-rr,, = ThWb II, pp. 1 ,o-r62 (Rengstorf); Scott, aJ l. •

312

I molteplici doni di Cristo

opera in loro. Questa misura è maggiore dove un ministero serve alla fondazione e alla prima diffusione della Chiesa, minore dove è destinato alla sua conservazione e al suo am­ pliamento. Peraltro, i ministeri di cui si è parlato stanno sullo stes­ so piano non solamente in quanto sono tutti ' doni' di Cristo, ma anche in quanto servono tutti all'unico grande scopo al quale, mediante essi , serve tutta la Chiesa. Questo scopo è spiegato sotto diversi aspetti e a poco a poco chiarito nel successivo periodo ( i vv. I 1-16 sono un periodo unico). Il v. 1 2 indica senza dubbio lo scopo più immediato per il raggiungimento del quale Cristo ha 'concesso' i suoi 'do­ ni' . Quale esso sia non si può tuttavia affermare con sicu­ rezza, poiché il rapporto intercorrente fra le tre espressioni introdotte da 1tp6c; o da ELe; .. . ELe; non si può stabilire con certezza . Comunque si può dire : I. le tre espressioni pre­ posizionali sono sl tutte dipendenti da EOWXE'V 23, ma, al con­ �ario di quanto è sostenuto da una esegesi un tempo quasi generale, non possono essere spiegate semplicemente come se tutte dicessero la stessa cosa 24• 2 . Nulla autorizza - anzi appare illogico - riferire la prima espressione, oppure la pri­ ma e la seconda, soltanto all' ultimo gruppo dei pastori e maestri . 3. È del tutto probabile che i due ELe; non esprima­ no concetti paralleli 25, ma abbiano senso diverso, ossia che le prime due espressioni preposizionali siano più strettamen­ te congiunte 26, sicché il secondo Etc; sia uguale al 1tp6c;. Presupposto questo, la proposizione si può forse cosl in­ tendere: egli ha concesso gli uni come apostoli . . . per27 , o meglio, in vista 28 della dotazione dei santi ( cioè dei mem­ bri della Chiesa ) per l'attività o il lavoro29 del ministero ( = 23. Il carattere predicativo degli accusativi non impedisce tale dipendenza. Diver­ samente intende il Dibelius. 24. Cosl Crisostomo, Teofilatto, Ecumenio, Calvino, Bengel, e altri. 25 . Cosl Harless, Bisping, Hofmann, von Soden, Meyer, Kahler, Westcott. 26. Cfr. Vulg., Lutero, Riickert, de Wette, Weiss, Dillersberger, Dibelius. 27. Cfr. Eph.4,29 ; I Tim.4,8 ; 2 Cor . 1 o ,4 , ecc . 28. Cfr. 1 Cor. 1 2,7 ; Bisping, ad l. : «al fine di». 29. "Epyov, qui come in I Thess. 1 ,3 ; ,,1 3 ; .2 Thess.I,II; Iac.I,�J, dovrebbe essere

Eph. 4,:r2

31 3

per il ministero ) inteso all'edificazioòe del èorpo di Cristo. Se si intende così, l' O�XOOOIJ.'Ìl 'tOU awp.a:to� si attua nel xa.­ 'tClP'tLOlJ.Ò� 30 'tW'J aytW'J, cioè mediante il ministero che gli apostoli ecc. esercitano attraverso l'incarico o il lavoro o an­ che l 'ufficio del ministero al quale il Signore glorioso li ha assegnati . Questa interpretazione presenta certi caratteri di probabilità : infatti la trattazione successiva offre appunto informazioni riguardanti questa edificazione del corpo, quin­ di in essa si considera anche la preparazione dei singoli mem­ bri della Chiesa. È però possibile intendere anche in altro modo I' espressione Epyov OLa.XO'Vta� e quindi tutta la pro­ posizione. Quando si tratta di ..!-x!o:.:;, quello siria· ·co, invece, è alquanto più chiaro: et ego quoque animadverti staturam meam ere· :scere se�undttm laborem eius. Come �i vede, qui è individualizzata l'immagine del· .l'uomo primordiale·redentore ( Urmens:b-Erloser) crescente in tutta la sua gran· dezza per opera della gnosi , e il destino c!cl redento è identificato con quello del Re:lentore. In Eph.4,I 3 si tratta però del corpo di Cristo che deve pervenire nelle sue mem· bra alla totale grandezza del pleroma di Cristo; si tratta della crescita del corpo di Cristo (la Chiesa), il quale si trova perennemtnte incamminato verso Cristo, ·suo capo, e quindi, in certo senso, verso se stesso. Le immagini, nell'uno e nel· l'altro caso, sono prese dallo stesso mondo concettuale; ma la situazione con esse nppres'-ntata è del tutto diversa. Esse però offrivano ali'Apost�lo la possibilità di esporre in modo chiaro ai suoi lettori la situazione della Chiesa, la quale, per quante concerne l'essere, si trova col suo caiJO, per quanto concerne l'esiste:1za, cioè nelle sue membra, non cessa mai di crcs:ere verso il suo capo. Per l'eminente gr.-:ndezza del Redentore, corrispondente alla sua funzione cosmi­ ca cfr. 5 Esdr.2,42 ss.; Elchasai in Hippol., El. IX, I 3,2 s.; Epiph., haer. XIX, 4; xxx, I7; LIII, I; Ev. Petr. x, 39 s.; Acl. Perp. et Felic.4, p. 37 Knopf; Hcrm., Pasl. s . 9,6�1 . Cfr. \YJ. Brandt, Elchasai. I9I2, pp. 59 s. Per il tutto, Dibelius, .-zd /.; Jonas, G:msis I, pp . 320 ss . Cfr. anche I QH XI, I I: «Giacché tu mi hai concesso di comt>rendere siffatte opere meravigliose, c mi hai concesso di conos:ere il mi· stcro della tua grandezza)>. K. Schubert, Der Sektenkanon von En Feshcha :md die An/ar.ge der judischen Gnosis, ThLZ 78, I9,3, coli. 49,.,o6, osserva a que· sto propcsito (col. '02, n. 26 ) che l'espressione «mistero di grandezza» poggia for· se su spe�ulazioni riguardanti la dimensione di Dio quali altrov� si trovano per la prima \·olta in bocca � R�bbi Johanan ben Zakkai (Hag.b. I3a).

Epb. 4·1 I·lj

capo, il «totus Christus» . Questo però è un corollario non direttamente espresso nella nostra formula . In questo modo si è chiarito l'enunciato dei vv. I I-1 3: ii Cristo glorioso ha 'concesso' i suoi 'doni', cioè i deposi­ tari della grazia variamente ripartita, a motivo della dota­ zione dei santi per il ministero, per edificare il corpo, il suo corpo, la Chiesa. Il fine da lui proposto, che deve essere con­ seguito con l'edificazione è : I . che i membri della Chiesa pervengano all'unità nella fede e nella conoscenza del Figlio di Dio; 2 . che essi, per la via che a ciò conduce, giungano all' «uomo perfetto» , a Cristo che è il capo, e quindi s'avvi­ cinino a lui e sti�no presso di lui; 3 · che essi , in questo mo­ do, percorrano tutto lo spazio della grandezza del pleroma di Cristo, della sua dimensione. L' edificazione del corpo di Cristo, la Chiesa, che avviene con l'aiuto dei depositari e amministratori della charis concessi da Cristo a questo fine , si compie in una sempre più profonda apertura della dimen­ sione di Cristo . Questa apertura si attua n1ediante un acco­ stamento generale a lui , il capo, in un'unica fede e in un'u­ nica conoscenza del Figlio di Dio. Tuttavia una tale edificazione del corpo di Cristo per mez­ zo dei ministri della sua grazia non è lo scopo ultimo pro­ posto da Cristo. L'edificazione della Chiesa non è fine a se �tessa. Essa avviene per il tutto, come dice la proposizione finale dei vv. I 4- I 5, nella quale non si considera più il pro­ cesso della crescita in sé, ma ciò che avviene in questa cre­ scita , con questa crescita e per questa crescita. Il v. I 6 quin­ di riassume ciò che è stato detto nel v . 7· La proposizione finale introdotta da tva dipende probabilmente dalla pro­ posizione principale dei vv. I I I 2. È quindi coordinata a JJ.ÉXPL xa.."ttt'J'ti) aw�J,E'J 44, ma ne rappresenta pure una spie­ gazione, in quanto in essa vengono presentate le ulteriori conseguenze di quella 'concessione' di Cristo e di quella do­ tazione dei santi. La vasta e generale avanzata nella fede e nella conoscenza fino a Cristo al termine della sua dimensio-

44·

Così S. Tommaso, Bisping, von Soden, Wohlenbcrg, Haupt, Westcott.

3 20

I molteplici doni di Cristo

ne non consente più che le singol� membra del corpo che è la Chiesa siano vi)1tLOt,. N1)1tLO..u5wvr.�6J,�.Evo�. Bauer, s.v.; Liddell-Scott, s.v.

32 1

quali le OLOacrxaÀ.LaL �wv à"VDpw7twv di Col.2,22 ( = ls. 2 9 , 1 3 ), che in Col. 2 , 8 sono dette i) q>LÀ.ocrocpl.a xa.t .. à1tci"t1} xa"tà "ti) 'V '7tapaoocrL'V "tW'V àvDpw1tw'V , quindi a qualche dot­ trina 'eretica', pagana nella sostanza 49• Paolo usa intenzio­ nalmente un'espressione generica. Il suo sguardo si posa su tutto il cosmo degli uomini, dal quale i venti spirituali pe­ rennemente investono la Chiesa per penetrarvi e avvolgere e travolgere le sue membra, che non sono state rese invul­ nerabili una volta per sempre contro tali correnti, ma devo­ no difendersi dallo spirito del tempo nella fede comune gradualmente maturante. Nelle due espressioni preposizionali che ora seguono l'im­ magine, già in se stessa poco unitaria, muta ; pure il con­ cetto risulta chiaro. Tali espressioni non sono precisazioni da riferire soltanto a -rfi� OLOacrxaÀi.a�, ma a tutta la propo­ sizione, e servono evidentemente ad illustrare ancora la si­ tuazione dei cristiani nel mondo o il carattere di questo mon­ do. Probabilmente la seconda espressione integra la prima. KuaELa significa «gioco dei dadi » 50• Al concetto si collega facilmente l'idea dell'inganno, sicché xuaEVEL'V può significa­ re senz'altro «ingannare» 51 • Questo giuoco degli uomini, che concerne anche la loro OLOacrxaÀi.a, si attua E'V 1ta.voupyi.�. llavoupyi.a significa « scaltrezza, malignità» e simili ( cfr. 1 Cor. 3 , 1 9 ; 2 Cor. 4 , 2 ; 1 1 ,3 ; 1 2 , 1 6 ) 52• La furberia dunque de­ signa il modo di giocare ; il gioco a sua volta è la sfera nel­ la quale si innalzano le correnti spirituali che sconvolgono i ·

49· Cfr. Hebr. 1 3,9 : Sl.5axt1� 'ltOl.XLÀ.a.t.c; xa.t �Évat.'ij� 'tii ; È1tLXOPT}'Ytcxc;. tAcpi) qui significa «giuntura, articolazione » 64 e non « senso del tatto» o « toccare» ( tactus )65 ( significato che il termine, per se stes­ so, ha ). Con 7taaa. cicpi) sono indicati i 'doni' di Cristo, i depositari e intermediari della grazia, i quali appunto eser­ citano il loro ministero in funzione dell'unità. Naturalmen­ te con ciò non è di fatto escluso che anche altri membri del corpo possano essere ciq>a.t, quando si pongano ad esclusivo servizio dell'unità. Ma Paolo pensa ai ministri e ai ministeri nel v. I I . Ciò risulta dal fatto che viene ripetuto il cenno alla diversa misura della l grazia' o della sua owpEa. Tfi� E1tt,­ XOP1}Yta� ( gen . qual. ) caratterizza ogni aq>i) in quanto ga­ rantisce aiuto, È1tLXOPT}YEL, cioè sostiene e provvede ( cfr. Phil. I , I 9 ; Col. 2 , 1 9 ). La funzione delle «giunture» che ten­ gono unito il corpo ha carattere d'assistenza . Questa E1tLXO6 1 . Ktt"ta con l'ace. in luogo di un altro genitivo. 62. Cfr. von Soclen, Klopper, Haupt, Westcott ; diversamente Dibelius. 63. Cfr., per es., G. H. Whitaker, JThSt 3 1 , 1930, pp. 48 s.: «il primo participio esprime posizione, il secondo movimento; · il primo relazione a Cristo, il secondo la stessa relazione in atto» . l:'JJ..t �t.�ti�Ew, per sé, può significare anche «convincere», «istruire» e sim . : I Cor. 2,16 ( ls.40,14), cfr. Act. 19 ,33 ( ? ). Ma nel nostro passo, considerando che è colle­ gato con cruva.pJ.LoÀ.oyE�v e che Paolo rimane, nel complesso, entro l'ambito del­ l'immagine, un tal significato è molto improbabile. 64. Cfr. Lightfoot, Robinson, ad l. , Bauer, s.v. 6, . Cosl Crisostomo, Teodoreto, Meyer, Hofmann, Wohlenberg c altri. ·

I molteplici doni di Cristo

p1)y{,a, è attiva nella misura posseduta da ciascuna parte, naturalmente come dono di Cristo. In questo modo si po­ ne in rilievo ancora una volta il concetto fondamentale del­ la molteplicità delle 'parti' 66 del corpo di Cristo che coope­ rano all'unità e per effetto dell'unità, e il concetto della lo­ ro inscindibile funzione. Questo è dunque il corpo di cui si tratta : esso è quel cor­ po che è composto in unità e conserva nell'unità, mediante l'opera soccorrevole delle molteplici giunture, ognuna delle quali agisce secondo la propria misura, che è poi quella che le è stata concessa da Cristo. E questo corpo, nella sua to­ talità, procedendo da Cristo attua la «crescita di se stesso» . La formula è di nuovo molto complicata . I l rilievo espres­ sivo determinato dall 'affermazione che l'intero co rpo . pro­ cura la crescita del corpo, è sorprendente, anche se si tien conto che esso è occasionato dalla notevole distanza del sog­ getto dall'oggetto del verbo. Del resto viene ancora rilevato : I . la crescita del corpo, che Cristo cura mediante i suoi do­ ni, viene attuata anche dal corpo per se stesso. L'espressio­ ne pregnante suona quindi : « il corpo cura la crescita del corpo curata da Cristo» ; 2 . il corpo nella sua crescita mira · alla otxoOOIJ.TJ di se stesso, anche se è già sempre edificato (cfr. 2 , 2 1 s . ). In altri termini , esso compie la sua edifica­ zione soltanto come edificio di Dio e in perenne attuazione dell'edificio; 3 · il corpo compie questo accrescimento di se stesso a sua edificazione nella forma dell'a�ore. Il processo dell'accrescimento è un pro-cedere, o meglio, il pro-cedere dell'amore. Ma resta da chiedersi : il v. I 6 riassume proprio il conte­ nuto dei vv. I 1- I 5 , in forma nuova e stringata e tutta o­ rientata all'immagine del corpo di Cristo ? Dove rimane, nel v. 1 6 , il concetto che conclude tutto il ragionamento del bra­ no citato, cioè che il corpo nella sua crescita porta anche l 'u­ niverso a crescere verso Cristo? Il v . 1 5 deve essere inteso soltanto nel modo consueto? O è il v. 1 6 che deve essere .

.

66. Cfr. A C pc Vulg syrpe JJ.fÀouc;. Cosi Calvino, Scott, Percy, p. 414, Hanson, p. 1 3 , , GLNT VI, col. 1 '33, n. 8 1 = ThWb IV, p. '71 , n. 81 ( Horst).

Eph.

4,17-24

interpretato ancora diversamente, ossia con maggior preci­ sione ? Il termine O'WIJ.a. è forse usato in significati diversi , sl da indicare, in 1tav 'tÒ O"WIJ.a., la Chiesa, il corpo di ·�ri­ sto del v. I 2 , e in 't'lÌ'V auçl') O"l,'J 'tOU CTWIJ..a.'toc; non più la Chiesa, ma il corpo del mondo che la Chiesa nella edifica­ zione di se stessa fa crescere verso Cristo ? In questo caso la ripetizione di O"WIJ.a. sarebbe avvenuta per ragioni di con­ tenuto, ma dovrebbe essere spiegata sia la mancanza di 'tOU XpLO"'tOU sia la ripetuta indicazione dello scopo, altrimenti non necessaria : ELc; otxoOOIJ..'lÌ '-' Eau'tou . Che Paolo con aw­ lJ.a possa intendere anche il corpo del mondo è dimostrato da Co/. 2 , 1 9 67 , passo parallelo di Eph. 4 , 1 6 , peraltro diver­ samente orientato. Se questa interpretazione è giusta, nel v. 1 6 Paolo avreb­ be effettivamente di mira l'intero processo della 'edificazio­ ne' che egli ha già esposto nei vv. 1 1 - 1 5 : l'intero corpo del­ la Chiesa, compaginato dai depositari della grazia di Cristo, cura la crescita del corpo del mondo da Cristo a Cristo, nel­ la particolare edificazione che ha luogo nell'amore. La Chie­ sa cura la propria edificazione e, con ciò, la crescita del cor­ po del mondo verso Cristo. 2 . CARATTERE ES SENZIALE DELLA VITA CRIS TIANA ( 4 , 1 7-24 ) l 17 Tou"to oÙ'V À.Éyw xat (.lap-rvpo�at. è.v xupL�, ll11XÉ-rt. v(.liic; 'ltEpt.1ta­ "tE�'V xat}w; xat "tà. ED'V11 7ttpt.1ta"t E� È.'V IJ.a"tat.6"t'1']-tL "tou voòc; aò"tw'V, 18 è.axo-tWIJ.É'VOL "t'll Ot.a'Vot� O'V-tEç, rt7t11À.À.o'tpt.WJ.1É'Vot. "t'ij� �wilc; "tOV aEou , Ot.CÌ "tÌ)'V ay'VOt.(lV "t'Ìl'V où crav È.v aÒ"to�c;. OLCÌ "tÌ)V 1tWpWCTt.'V "tijc; xapo!ac; aò-rwv, 19 ot"t t.-vtc; a1t11À.Y11X6"ttc; Èa.u"toùc; �a.pÉowxa'V -tii à.aEÀ.yE'q. Etc; È.pya.cr!a.v 4xaDapa!a.c; 1tciCM]; È.v 7tÀ.EovE;Lq.. 20 VILE�c;

67. Nemmeno in Co/. 1 ,1 9 si parla soltanto del corpo del cosmo. Ciò risulta dal concetto di a.v;T}cr� anche qui espresso. Qui Paolo vede la Chiesa nascosta nel corpo cosmico di Cristo. Di conseguenza ha ragione il Dibelius di richiamarsi dal contesto al crW&J.« cosmico. Ma in Eph.4, r6 a co,fro'ltÒ con Col.2,19 non viene indicata, coi medesimi tennini, «un'altra cosa, o un altro lato della medesima ·�o­ sa � , ma soltanto un altro lato della cosa. 1 . Cfr. M. Dibelius, Clavier, von Arseniew, Das christliche Leben (Epheser 4, 176,9) in ThBI 9, 1 930, pp. 341-347·

330

Carattere essenziale della vita cristiana

SÈ oùx ov-tw� È�aitE"tE 'tòv Xpt.a-r6v, 21 Et yE aù-ròv i)xovaa-rE xaL Èv CXÙ"t{!) ÈOt.O�XDT)'tE, xatlwç EO''tt,'V aÀ.'liDEt.rt Èv 't� 'IT)O'OU, 22 «Ì1toDÉ­ O"Drt� ù�-téi� xa-rà -t'i}v Atp�.o;Épav à.vaa--rpocpi)v 'tÒV 1trtÀ.rtt.òv ii.vDpw1tov -ròv cpDEt.POJ.lEvov xa'ta ":à; È1tt.Dut..c.�a.ç -ri}ç à:n:a'tT)ç, 23 «iva.vEovvDa.� 8è "t� '7t'VEVIJ.(X.'tt. 't?U vo:,ç V(..LW'V, 24 xat Èvovaaa-Da.t. "tÒV X(X.f.VÒV av­ &pw'JtOV "tÒV Xrt'ttX DEòv X'tt.aì)É'V'trt E'V Ot,Xrtt.oavvn xa.t oat.O't'l')'tt. 'ti}� UÀ.T)DEia.�. 17 Questo dunque dico e attesto nel Signore, che voi non viviate più come vivono i pagani nel loro vano pensare, 13 ottenebrati nel loro intelletto, estraniati dalla vita di Dio, perché in essi abi ta ignoranza e i loro cuori sono induriti ; 19 essi , perché snervati, si sono abban­ donati alla dissolutezza per compiere impurità d'ogni sorta per avi­ dità. 20 Ma voi non avete cosi appreso Cristo, 21 se è vero che l'a­ vete ascoltato e in lui siete stati istruiti , come egli in Gesù è veri tà : 22 voi dovete deporre l'uomo vecchio della vostra vita precedente, il quale va in corruzione nelle brame dell 'inganno , 23 e dovete rinno­ varvi per mezzo dello Spirito, nel quale voi pensate, 24 e rivestire l'uomo nuovo, che è creato secondo Dio nella giustizia e santità della verità. ·

Dopo aver esortato i membri della Chiesa a custodire la unità nella pace ed essere quindi venuto a parlare dei diver· si 'doni' che servono ali' edificazione deli 'unico corpo di Cri &to, l'Apostolo riprende la sua paraclesi . Ma invece di 1ta.· pl1xa.Àw ou'V, ora usa un'altra espressione, la quale però per­ mette di comprendere assai bene la grande importanza che egH attribuisce alla nuova esortazione a vivere una vita cor· rispondente alla divina chiamata. La formula introduttiva del nuovo brano ha un tono so­ lenne e insistente che risulta non soltanto dall ' accoppiamen­ to dei verbi ÀÉyw xa.ì llap'tupoiJ.a.L 2 , ma anche dali'aggiunta del complemento E'V xupL(fl." Map'tupolJ.at. ha qui il senso di pa.y!aitT}"tE Etc; 'JÌJJ.Épa.v rt1tO· Àu"tpwaEwc;. 31 1t«i.aa 1t1.xp!a. xa.t Du(.J.Òc; xa.t 6py1) xat xpa.uyl) xat �À.tLO"cpT}JlLCL &:p&1}-tw acp, VJ.I.W'V CTÙ'V 1cacrn xa.x(�. 32 y('VECTDE Etc; &:l­ li)louc; XPT)O""to(, Ei)a1tÀayxvot., xa.pt.�6JJ.Evot. Éav"totc; xa.itwc; xat o DEòc; Év Xpt.O""t� ixa.p(cra-to vJJ,tv. l ""(LVECTDE OV'V JJ.t.JlE"tCLt ":OV DEOV , wc; "tÉxva. ayct1t1}"tci, 2 xa.t 1tEpt.1ta.­ "rEL"tE tv tiya1tn, xaDw; xat o Xpt.a"tòc; i)ya1t'JlCT.Ev iJJ..l «ic; xat '7tapÉ6wuv Éa.u'tÒV Ù1tÈp TJJlW'V 1tpoacpopàv xa.t Dvul.av "t� DE(i) Etc; 6Q111}v EVwOLCLc;. •

25

Perciò deponete la menzogna e dite la verità, ciascuno al suo pros­ simo, poiché noi siamo membra gli uni degli altri. 26 Adiratevi, ma non peccate. Il sole non tramonti sulla vostra ira, 27 e non date luogo al diavolo. 28 Il ladro non rubi più, piuttosto s'affatichi e si procuri il bene col lavoro delle sue mani, affinché abbia da donare al bisognoso. 29 Nessuna cattiva parola esca dalla vostra bocca, ma una buona parola ad edificazione, quando sia necessario, sicché fac­ cia del bene a chi l'ascolta. 30 E non aftliggete lo Spirito Santo , dal cui sigillo siete stati segnati per il giorno della redenzione. 31 Ogni amarezza e cruccio e ira e schiamazzo e bestemmia sia da voi allon-

Epb. 4,25-5,2

·

tanata, tnsteme con ogni cattiveria. 32 Siate amorevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi , perdonatevi a vicenda , come anche Dio in Cristo vi ha perdonati . 1 Siate dunque imitatori di Dio come figli diletti, � e camminate nel­ ramore, poiché anche Cristo vi ha amati, ed ha offerto se stesso per noi , oblazione e vittima, a Dio in soave profumo.

Dopo l'enunciazione dei tratti essenziali della vita cristia­ na l'Apostolo passa ad una paraclesi specifica che è una spie­ gazione dell'ammonimento fondamentale. Queste ammoni­ zioni particolari vanno da 4,25 a 6 ,20 ed hanno un partico­ lare carattere, pur costituendo una paraclesi generica in cor­ rispondenza dell'aspetto generale della lettera. L'oggetto del­ la paraclesi concerne tutti i cristiani . Essa, peraltro, venendo enunciata mediante esempi, è molto concreta. Si tratta di esortazioni tipiche che s'addicono non a questa o a quella comunità in particolare, bensì ai cristiani ex-gentili in gene­ re. Forse si tratta di una parenesi per neofiti 1• Ciò potrebbe essere confermato non soltanto dal fatto che le ammonizioni singole non sono che una specificazione dell' ammonizione fondamentale, quella cioè riguardante la deposizione dell 'uo­ mo vecchio e l'assunzione dell'uomo nuovo, ma anche dal contenuto dei singoli elementi della parenesi ( ad es . , di 4, 28 e 5,3 ss. ) e dalle loro motivazioni ( per es . , in 4 , 3 0 ; ' ' 8 . 1 4 ) . Ma non si può trascurare che il cristiano è sempre un neofita. La sua vita è, anche nei singoli momenti, una pe­ renne ripetizione esistenziale di ciò che è avvenuto nel bat­ tesimo, una sempre nuova conquista e rappresentazione del­ l 'essere che si è dischiuso nella fede col battesimo. La pa­ renesi per neofiti così intesi ha un carattere tipico, ma non viene esposta sistematicamente. È soltanto un complesso di esempi sotto i quali si può, a stento, scorgere un certo or­ dine generale. Quindi non persuade la divisione dell'intero brano ( 4 , 2 5-6 ,2 0 ) in un gruppo di divieti ( fino a 5 , 1 4 ) e in un altro di precetti ( 5 , 1 5-6,9 ): una serie di precetti infatti 1. Cfr. Ph . Carrington, The primitive Christian Catechism, 1 940, exct�rs11s a Eph. ,,14; Dahl., o.c., p. 261 ; Lueken, p. 264, n. 3, .

p. 7'· Dibelius,

La prova dell'amore

si trova già in 4 , 2 )- .5 , 1 4 . Forse è meglio distinguere ammo­ nimenti che hanno di mira la vita individuale ( 4 ,2 .5-) , 2 1 ), ed altri che concernono la vita sociale ( _5 ,2 2-6 ,9 ). Peraltro questi due generi di ammonimenti sono intimamente colle­ gati ( .5 ,2 1 -2 2 ). Oltre a ciò l'Apostolo, in 6 , x o-2o, ritorna al­ le esortazioni di carattere individuale. Quindi , rinunciando ad altri punti di vista superiori, ci si può accontentare di porre, nel complesso, questa distinzione : 4,2 _5-_5 , 2 , ammo­ nizioni prevalentemente dipendenti dal punto di vista del­ l' à.yci7tT} ; 5 ,3- 1 4 , ammonizioni che in sostanza hanno di mi­ ra la vita cristiana pura e luminosa. Il brano ) , 1 )-2 1 volge l'attenzione alla sobria ebrietas dell' esjstenza cristiana da acquisire nel culto. Esso fa da tramite alla parte successiva ( .5 ,2 2-6 ,9 ), che contiene il cosiddetto «codice familiare» . Que­ sto codice familiare è costituito, conforme alla tradizione, da ammonizioni rivolte agli uomini e alle donne ( .5 , 2 2-3 3 ), ai figli e ai genitori ( 6 , 1 -4 ), agli schiavi e ai padroni ( 6 ,;-9 ). A conclusione della parenesi è trattato il tema di un estremo combattimento. Proprietà di questa parenesi è anche il suo carattere tra­ dizionale eppur cristiano. Di questo carattere essa parteci­ pa con la parenesi apostolica e cristiano-primitiva in genere. Questa vive del tesoro della tradizione, cioè non soltanto della tradizione della comunità, ma anche del passato giu­ daico ed ellenistico. Certo questa tradizione è dall'Apostolo non soltanto scelta criticamente e in parte t:orretta, ma anzi­ tutto ordinata al contesto della vicenda salvifica cristiana, e quindi impregnata di motivi cristiani, come si può appunto scorgere ad ogni passo nel nostro brano (cfr. 4 , 2 .5 . 3 o. 3 2 ; .5 , 1 s . 5 .6 .8 . 1 4 , ecc. ). I n questa sintesi di tradizione e d i esi­ genza cristiana attuale viene enunciato questo stato di fat­ to : l'esistenza cristiana è l'apertura critica, escatologica, di quella 4 naturale' . Nella sintesi di ammonizione e di motiva­ zione dedotta dalla vicenda salvifica e dall'accadimento sal­ vifico si viene a dire che tale esistenza si attua nell'ambito e sulla base dl una storia cristiana. Il v . 2 .5 riprende ci1toDÉa�at. e lo riferisce ad una condot-

ta particolare : si richiede l'abbandono della menzogna in un senso generale, valido per tutti i casi . Oppure CÌ1toDÉIJ,E'VOL non è ancora un'ammonizione, ma la constatazione di un fatto già avvenuto : «Giacché voi avete abbandonato la men­ zogna, dite . . . ». In questo caso 'tÒ �EOOoc; richiama i) &.1t«'t1) ( v. 2 2 ) e sta in antitesi con 1) à.À:i)DELCX. ( v. 24 ) ed indica la vita menzognera di un tempo. At-6 collega naturalmente que­ sta ammonizione particolare a tutto ciò che è stato detto (dr. 2, I I ; 3, I 3 ). L'ammonizione positiva viene espressa con una remini­ scenza di Zach. 8 , 1 6 2 , senza che si abbia una citazione vera e propria . Più libera è la formula che Paolo usa in Col. 3 ,9 : l-l'lÌ \f;EUOECTDE Ei ç àÀ.À.'ri À.ou ç l bis . L'abbandono dell'uomo vecchio comporta che nei riguar­ di del prossimo ci si astenga dalla menzogna e si rispetti la verità . Giacché l'uomo nuovo, come risulta chiaro dal con­ testo e dall'alternarsi del motivo, è del pari ' membro' del corpo di Cristo. E 'membro' è un termine che indica non soltanto il rapporto del singolo cristiano rispetto a Cristo, ma anche (e qui in primo luogo) il rapporto dei cristiani tra di loro. Essere 'membro' , nella nostra formula che suona co­ me un'eco di Rom. 1 2 ,4 ; I Cor. I 2 , I 2 ss ., significa appartene­ re al prossimo : in pratica esistere per esso ed essere oggetto di richiesta da parte sua. Ciò implica una situazione non soltanto antologica, ma anche morale. Poiché essere mem­ bro comporta l 'unione non soltanto dell'uno con l'altro, ma di ambedue con Cristo nel suo corpo, ogni danno arrecato all'unione reciproca comporta anche danno dell'intero orga­ nismo, cioè del corpo e, per esso, di Cristo stesso. Per con­ seguenza la menzogna e ogni altro torto è un'offesa non so­ le al prossimo, ma a tutto il corpo, e quindi a Cristo 3 •

•••

2 . LXX leggono 1tp6� invece di IJ.E'ta. Sul participio + esortativo come introduzio­ ne alla parenesi cfr. Hebr. 10,19; 1 2,1 ; Iac. 1 ,21 ; I Petr. 1 , 1 3 ; 2 Petr.3,14. 2 bit. Cfr. per la tradizione Test. XII Ruben 3,9 ; Dan. 1 ,3; 2,1 .4; , , r ; 6,8 ; Did., , 2 ; Barn.2o,2 ; I Clem.35,2 ; Herm., Past. m. 3 ; 8 ,8 ; 1 2.3,1 ; s. 9,1 ,,2, ecc . 3· Cfr. Westcott, ad l. : «La falsità è innaturale: è slealtà verso Cristo in cui tutti siamo».

3'4

1...4 prova dell'amore \

La menzogna offusca la visione che il prossimo ha della verità. Ma nel prossimo è ingannato il membro del corpo e quindi il corpo in questo membro. Analogamente l'ira pro­ voca una chiusura nei riguardi del prossimo : in tal modo nel membro adirato tutto il corpo è abbandonato alla vani­ ficante vanità dell'ira 4• Occorre quindi ammonire, col Sal­ mista ( Ps.4,5 ) , di non peccare nell'ira . Ciò significa che esi­ ste anche un'ira nella quale non si pecca. Ma su questo con­ cetto Paolo non insiste. Comunque, l'ira in cui non si pecca non è quella che dura . Nell'ira tenace si disfrena la tenden­ za distruggitrice e annientatrice della passione che determi­ na l'irato e la sua ira. Il cristiano viene quindi ammonito a porre termine alla sua ira al termine del giorno 5• lla.popyt,ap.oc;, che qui naturaln1ente non significa «im­ pulso all'ira » (cfr. 3 Reg. 1 5 , 3 0 , ecc. ), ma, come in ler. 2 1 ,5 ( accanto a Dv(.16c; e ad òpyi) ), ÉpEt ouoÈ a'tEvoxwpl,a.v . "Evoucra.L oùv 'ti)v tlapé'tT}'ta 't'lJV 1ttXV'tO'tE EXOU>, « rimuovere» , «a­ bolire» e simili. Cfr. , nel N.T . , Mt. 2 1 ,43 ; Io. I o, I 8 ; Act. B , 3 3 b (JS. j J ,8 ). Kax(,a, è da intendere in senso generico, come ad es . , in Rom. I ,29 ; 1 Cor. 5 ,8 ; I 4 , 2 0 ; Col. 3 ,8 ; Tit. 3 , 3 ; I Petr. 2 , I . 1 6 ; lac. I ,2 I . Ogni cattiveria, ogni sorta di malitia o nequi­ tia rattrista lo Spirito Santo di Dio, che nel suo gaudio si è impadronito di noi e col suo sigillo ha fatto del nostro es­ sere un essere di gaudio perché sorretto dalla speranza. Ma Paolo non collega l' afflizione dello Spirito Santo di •••

Eph. 4,32

36 1

Dio ad un unico determinato contegno dei cristiani. Lo di­ mostra non soltanto il fatto che egli ha allargato ed insieme ricapitolato le cinque forme d'ira mediante il complemento tJ'Ùv 1tciun xaxt�, ma anche l'ammonizione positiva che se­ gue nel v. 3 2 . In questa ammonizione è infatti possibile scor­ gere sia una certa anti tesi con ciò che è sta to detto nel v . 3 I , sia l' esplicazione fondamentale della vita cristiana in rapporto col prossimo. Le sue caratteristiche sono : bontà, misericordia, prontezza al perdono. Xp'r) CT"toç, in argomenti affini al nostro, è usato come ag­ gettivo qualificativo dell'uomo anche in I Clem. I 4 ,4 ; (Prov. ·2 , 2 r ) e serve ad indicare la mitezza e la gentilezza. Cfr. an­ che XPT)Ci"tO'tT}ç ( 2 Cor 6 , 6 ), accanto a Ci1tÀ.ayx'Va otx�t.p­ p,ou in Col. 3 , I 2 , accanto a tJ.axpoi}uiJ.LCL in Ga/. 5 ,2 2 . Per EU0"1tÀ.ayxvoç cfr. I Petr. 3 ,8 , dove sta con at. Èau�oi:� di 4 ,3 2 , che si ba­ sa sul perdono di Dio in Cristo. È nel reciproco perdono che i cristiani imitano Dio. L'esigenza di un tale perdono si è im­ posta loro, come dimostrazione del perdono di Dio, nel bat­ tesimo e in ciò che il battesimo comporta. Ma anche 5 ,2 in­ dica in che cosa si concretizza l' «imitazione di Dio » : nel vi­ vere nell'amore. Peraltro l'ammonizione di 5 , 2 viene ulte­ riormente motivata nella proposizione introdotta da xaDw�. Questa motivazione, a sua volta , non è altro che spiegazio­ ne di 1tEpt1ta�Ei:v ÈV àya1tn . Si potrebbe dire : r « imitazio­ ne di Dio>> si attua nella « imitazione di Cristo» , nella vita vissuta nell' amore, di cui è fondamento e norma l' amore che ci è stato dimostrato da Cristo come vittima; si attua nella vita vissuta nell'amore, la quale ha quindi nel sacrifi­ cio di Cristo la sua norma e il suo impulso. Dicendo «amore di Cristo» si pensa ad un atto d'amore, a quell'amore che Cristo e, per mezzo di lui , Dio ( cfr. 2 ,4 ), ha dimostrato. È un atto d'amore che abbraccia e concerne 'voi' e 'noi'. Esso è consistito, come dice la formula della professione di fede ( cfr. 5 ,2 5 ; Rom.4,2 5 ; Gal. 1 ,4 ; 2 , 2o; Tit. 2 , 1 4 ), nell'offerta che Cristo ha fatto di se stesso, « Per noi» , come vittima a Dio. Il carattere «liturgico-veterotestamentario» di tutta la for­ mula impedisce naturalmente che si possa distinguere esat­ tamente tra 1tpocrcpopa e 1>ucrta ( cfr. Ps. 3 9 , 7 ; Hebr. 1 0 , 5 . [ 1 0 . 1 4 . I 8 ] ; Dan. 3 ,3 8 LXX ; Barn. 2 ,4 ). Esso rende anche difficile decidere a che cosa si debba riferire il complemento �{il DE@. Probabilmente è riferito, come spesso nei LXX , al­ respressione successiva, alla quale meglio s' adatta, anzi è ·-

La dimostrazione della luce

necessario, un complemento. 'Oo-�i] EÙwo!a.t; è una locuzio­ ne, consueta nei LXX, con la quale si indica l'offerta accetta a Dio : Ex. 2 9 , 1 8 : ÒÀ.oxa.u'tw�a xup!� ELç ou�i] v Euwo!ac; (cfr. Ex. 2 9 ,2 5 ; Lev. I ,9 . 1 3 . 1 7 ; 2 ,2 .9 , ecc. ). Per il senso tras lato cfr . , per es. , Dan. 4,3 7 a Lxx : Eyw ' ' . . . 7t �pt,, 'tT)ç _ _ \V, UXT)ç v..o v 't@ Ù�LCi't� ilvata.ç itpoao!o-w ELç ÒO"IJ.i) v Euwo!aç 't(il XVPL� xat 'tÒ apECT'tO'V ÈVW7tLOV ClÙ'tOU 1t0t/r)o-w . Cfr. anche Phil. 4 , 1 B ; Test. XII Lev. 3 ,6 . L'amore che Cristo «ci » ha dimostrato è dunque il sacri­ ficio gradito a Dio che egli ha volontariamente offerto per il nostro bene . Esso costituisce la base, l'esigenza , la norma di un corrispettivo amore, che consista in una vita vissuta nell'amore. Nella riproduzione di quel modello noi attuiamo, come «figli diletti » , l'imitazione di Dio, divenuto in tal mo­ do, in Cristo, nostro modello. L ' imitatio Dei in senso paoli­ na è una riproduzione del sacrificio di Cristo inteso come modello. Con l'esortazione ad una siffatta imitatio Dei ha termine la prima parte della paraclesi particolareggiata di Paolo. 4 · LA DIMO S TRAZIONE DELLA LUCE ( 5 ,3- 1 4 ) 3 � O p'VELa. OÈ xtxt axa.DapCiL(% 1taaa. ii r.À.EO'VE�La. IJ.T}OÈ O'VO(J.a.­ �Éaitw È'V VIJ.� v, xa.itw� 1tp É1tEt. ay io t.� , "' xat txtc;xp6"t1')� xa.t IJ.W· poÀ.oy ia. il EÙ"t ptcx.c; ( Lc. 7 ,3 5 , ecc. ; I Petr. I , I 4 ; 2 Petr. 2 , 1 4 20 ) . L'essere luce si dimostra nella condotta di coloro che alla luce appunto devono la vita e della luce vivono. Tale essere viene custodito e comorovato dal fatto che se ne vive come di cosa ricevuta. Siffatta esistenza conservante e com­ provante «l'esser luce » si concretizza nel 'frutto' della luce, nel quale la luce si concede come dono per mezzo di coloro che la custodiscono e la dimostrano nella loro esistenza illu­ minata. Sintetizzando, questo frutto è triplice : I ·. '1taO"a a­ yaDwcrvvT) , ogni genere di bontà o benignità ( cfr. Rom. I 5 , I 4 ; Gal. 5 ,2 2 ; 2 Thess. 1 , 1 I ; . Barn. 2 ,9 ; cfr. anche LXX 2 Chr. 2 4 , 1 6 ; Ps. 5 1 ,5 ; 2 Esdr. I 9 , 2 5 . 3 5 ). Il contrario di àyaDwbrosi, sed tenebrae, quia sicut quilibet videtur esse, quod principaliter est in ::o, sicut tota civitas videtur esse rex, et quod rex facit, civitas dicitur facere: ila, 4uando peccatum regnat in homine, tunc lotus homo dicitur peccatum et lene­ brae... Non dicuntur lux per essentiam, sed per partecipationem. Secondo Estio l'espressione ha nn ..:alore polemico che egli spiega cosl : notandus est hic locus ad­ versus imputatores, pro iustitia inhaerente. Nam quomodo lux, in quibus verum iustitiae lumen non inest? Id vero tale esset, ac si quis aerem tenebrosum im· putatione vocet lucidum. 20. Cfr. I Henoch 93,2 : «figli della giustizia,. ; IOI,I : «figli del cielo,.; 105,2 : «fi­ gli della verità» ; 1oo,6 : figli della terra ; lubil. x 5 ,26 : «figli della perdizione,.; CD 8,1 2 ; 16,7 . Grande importanza hanno nei testi di Qumrin i figli della luce bn; ·wr e i figli delle tenebre bnj bJk. Cfr. Fr. Notscher, Zur theologischen Termino­ logie der Qumrantexte, 1956, pp. 97-99. Per un esame complessivo ·:fr. P. Dac­ ' quino, Filii Lucis in Eph.J,B-14 in VD 36� 1958, pp. 221-224.

Eph.

,,9-IO

3 7.5

cnJ'VT} è xa-xLa- ( cfr. 4,3 I ); - 2 . «giusttzta» , « rettitudine», nel senso di 4 ,2 4 ; 6 , I 4 ; Rom. 4 , I 3 ; 6 , 1 3 . I 6 . I 8 s . , ecc. ; 3 · «verità» , o « veracità» ( cfr . 4 , 1 .5 . 2 I . 2 4 ; 6 , 1 4 ). Essere buono, giusto, veritiero è il dono di quella luce che, dal bat­ tesimo, è l'essenza dei cristiani, di quella luce che essi custo­ discono e comprovano in una esistenza che vive della luce. La luce che essi sono nel Signore e come 'figli' della quale essi vivono , fa sì che producano quel frutto di bontà, di giu· stizia e di verità che brilla e illumina. Una simile luce vissuta come figli della luce richiede pe­ ra]tro una esame e una decisione, aggiunge Paolo nel v . I O . aoxt-IJ,ci�El.'V può avere l'uno o l'altro significato, o ambedue insieme, come qui, o, ad es . , in Rom. I ,2 8 ; I 2 ,2 ; I Cor. 3 , I 3 , e forse anche in I Cor. I 6 ,3 ; Rom. I 4 , 2 2 ; 2 Cor. 8 ,2 2 ; Did. I I , I I ; lgn . , Smyrn. 8,2 . Questa decisione appurante deve a­ ver luogo per ciò che è EÙapEO''tO'V "t(i) xupL�. Per r espres­ sione cfr. Sap. 4 , I o ; Test. XII Dan. 1 ,3 ; Rom. I 2 , I ; I 4, I 8 ; 2 Cor. 5 ,9 ; Phil.4, I 8 ; I Clem. 49 ,5 ; Ign . , Smyrn. 8 , 2 ; Herm. , Past. s . , , 3 ,2 ; ed anche Co/. 3 ,20 : EÙapEO''tO'V Èv xup(�, ed Hebr. I 3 ,2 I ; I Clent. 2 I , I ; 6o,2 ; 6 I ,2 : EÙcipEO''tO'V È'VW1tl.O'V DEou. Quando i cristiani, dopo attento esame e matura de­ cisione, s'impegnano in ciò che ha e costituisce il beneplacito di Dio, essi scelgono la luce della quale vivono (e che è la loro essenz3 ). In questo modo diffondono la luce nel bene, nel giusto, nel vero che essi compiono. Ma l' ammonizione dell' Apostolo mira ancora più in là. Egli è convinto che, per i cristiani, esser luce implica altre conseguenze, che vengono enunciate con le parole del v. I I h : JJ.éiÀ.À.o'V OÈ xat ÈÀÉYXE"tE. Questa esortazione positiva è preceduta da un'altra negativa che le fa come da sfondo ( v . I I a) e che prolunga con un xat l'esortazione del v. 8 e co­ stituisce, rispetto ad essa , un'antitesi . Il v. I I a si collega quindi, come spesso in Paolo, con ciò che precede e con ciò che segue. La condotta brillante e illuminante dei figli della luce im­ pedisce naturalmente di partecipare alle W"tÒç q>Cl'VEpova-ilat. I vv. I 3 e 1 4 a sono enunciati in forma assai sentenziosa ed hanno un significato generale : appunto per questo il loro preciso valore deve essere dedotto dal contesto concreto delle ar­ gomentazioni in cui sono inseriti . Ci si può quindi chiedere, a proposito di \ntò 't"OV cpw't"Òç cpa'VEpouai}a.L, se Paolo, di­ cendo cpwç, non abbia istintivan1ente pensato a Cristo, il quale, nella citazione del v. 1 4 h, appare appunto come cpwc;. Ciò non è escluso da quanto è stato fin qui espresso a pro­ posito del cpw� che è l'essenza dei cristiani che di esso vivo­ no. a.'VEpov'V però deve avere un significato concordante si a con quello di ÈÀÉYXEL'V , sia con la motivazione che il v . I 4 a offre al v . 1 3 . In altri termini, cpa'VEpov'V deve signifi­ care non soltanto « portare alla luce » , ma anche « far appari­ re» nel senso di « far splendere» o « risplendere» . Infatti il Holzhausen e Bisping prendono in considerazione la possibilità che Paolo pensi alla 1topvd.a di certi «misteri». 25. L uso di xa' con valore intensivo ( = «anche solo») in unione col verbo ì..iyEt.V è frequente. Cfr. Haupt, p. 200, n. 2. .24.

'

La dimostrazione della luce

v. 14 non vuoi dire : «tutto ciò che viene n1 an ifes t a to entra nella luce » o «diviene manifesto » , ma vuoi di re e dice : « tut­ to ciò che cpetvEpov"t'at. è luce » . Ciò ha un senso sol tan to se si può tradurre : « tutto ciò che viene �lla luce» , cioè pervie­ ne allo splendore, «è luce» . Forse cpavEpovv ha assunto tale significato attraverso il concetto escatologico del termine, cioè attraverso il concetto di cpavEpouv Èv o6çn (Col. 3 , 4 , cfr. r Io . 3 ,2 ) . In sostanza s i vuoi dire che quel discoprimen· to, al quale i cristiani vengono esortati e in cui si attua pri­ mamente il loro «esser luce» , diviene una « rivelazione» dei pagani, nel senso radicale del termine. Non solo le loro 10pe­ re', che sono opere delle tenebre, e non solo le tenebre ven· gono portate alla ltice dall ' ÈÀÉYXE!,V dei cristiani : essi stes · si , i pagani , sono trasferiti nella luce, sì da divenire anche essi luce, rendendosi manifesti nella misura in c:.ti , ·:ompe­ netrati dalla virtù della luce, vengono da essa trasformati : trasformati al punto che, illuminati nell'intimo, d ivengono luce illuminante. Poiché ciò avviene qua ndo si diventa cristiani, e poiché questo è il valore di ÈÀÉYXEt.v, nel quale appunto si dimo· stra «l'essere luce» dei cristiani, ai battezzandi , all'atto del battesimo, viene rivolto il grido : «Cristo brilla come luce su di voi, se vi levate dal mortale sonno di questo .mondo ! » . 4LÒ À.ÉyEt. era già servito i n 4,8 ad introdurre una citazione (cfr. Iac. 4 ,6 ). Altrove Paolo usa xailwç "'{ Éypa7t"t"at. (cfr . r Cor. 2 ,9, ecc . ) 26 La locuzione richiama il ...brano precedente in senso generale e non univoco , introducendo una ci tazio­ ne d'origine incerta m a che, comunque, non risulta da una combinazione di diversi passi dell'Antico Testamento, ad es. di Is. 6o, 1 s . ; 2 6 , 1 9 .2 1 con ,5 1 , 1 7 , come gi à supponeva lp­ polito in de Antich. 65 ( Bon ,vetsch p. 45 ) e in Dan. IV , _5 6 , 4 ( Bonwetsch p. 3 2 8 ) 27, e nemmeno di 4 Esdr. I 0 ,3 5 s. con 5 5 , come sostiene Hilgenfeld . Giacché, a prescindere dal fat­ to che la forma del brano citato nei primi due stichi rivela senz'altro che si tratta di un testo originario, il pensiero in •

26. Ma cfr. anche Rom. I , , Io; 2 Cor.6,2 ; Gal. 3,16. 27. Anche S. Tommaso, Brenz, Estio, Hofmann, Bisping.

Eph. J,I4

379

esso contenuto non si può ricavare dalle succitate combina­ zioni. Quindi si è presto pensato che questi stichi siano sta­ ti citati da un testo apocrifo, per es. dall'Apocalisse di Elia o di Enoc ( Epiph . , haer. 4 2 , 1 2 , 3 [ Holl II, 1 7 9 s . ) G : ex se­ creto Henochi ), ovvero, come hanno pensato Eutalio ed al­ tri , da un apocrifo di Geremia . Ma anche a questo riguar­ do vale la dichiarazione di S . Girolamo : ego . . . omnes edi­ tiones veterum scripturarum ipsaque Hebraeorum volzuni­ na diligenter eventilans numquam hoc scriptum inveni. Per· ciò vari altri Padri della Chiesa, tra cui Severino di Gaba­ la 28, ritennero con Teodoreto che si tratti di un antico inno cristiano. Con essi si sono trovati d'accordo numerosi ese­ geti moderni, in parte modificando l'interpretazione nel sen­ so che si tratti di un inno battesimale 29 • Allo stato presente · delle cose, questa rimane l' interpretazione più probabile, tanto più che Clem. Alex. , Protr. IX , 84,2 ( Stahlin p. 6 3 , 1 7 ss. ) cita queste proposizioni e fa loro seguire quella che ne era forse la continuazione originaria. Considerato dal punto di vista formale il v. I 4 h si presenta come un tristico con omoteleuto . Tipicamente semitica è la struttura delle pro,posizioni, nelle quali il verbo precede il soggetto 30• Natural­ mente è difficile dire se il terzo stico sia stato modificato dai cristiani in senso parenetico . S� può invece essere d'accordo col Peterson che preferisce chiamare 5 , 1 4 un versetto litur­ gico piuttosto che un inno 31 • Dal punto di vista del contenuto lo si può definire un gri­ do di risveglio, simile ad altri che conosciamo da altri testi. Si rammenti il grido dei misti nelle Ranae di Aristofane ( 340 ss. ) : Eye:Lpe:. cpÀoyÉa� ÀaiJw'ltciÒaç Év XEpcrt yàp f)xe:L, " Ia.xx', w "Ia.xxe:, vvx'tÉpou "";EÀ.E'ti]ç, cpwo-c:pépoç tio-'t'i) p , o il grido rivolto ai misti che si trova in Firm. Mart. , de errore 28. Cfr. Staab, Pauluskommentare, p. 3 1 1 . 29 . Cosi Klopper, von Soden , Wohlenberg, Abbot, Ewald, Scott, Huby, Dibelius, Masson, ]. DOlger, Sol salutis2, pp. 364 ss., Lundberg, o.c. , pp. 172-178 ; W. L. Knox, p p . 198 ss . A. Resch, Agrapha, TU v, 4 , 1889, pp. 32 ss.; 224 ss.; 289 s., ritiene Eph.,,I4 logion di Cristo. 30. Cfr. E. Norden, Agnostos Theos 1913, pp. 2'7 s.; ( 204 ss.). 3 1 . Cfr. E. Peterson, p. 133. ·

,

3 80

La dimostrazione della luce

pro/. rel. 2 2 , I ( Ziegler) : Da.ppEi:'tE, J.LUO"'tClL �ou DEou O"EO"wu­ IJ.É'Vou. EO"'tat. yàp T)IJ.LV Èx 1tovwv CTW'ti) pta. , che, come il versetto liturgico di Eph. 5 , 1 4 , contiene una esortazione e una promessa . In uno scritto alchimistico primitivo 32 si leg­ ge : E")'ELpa.t. t; u ALOou xa.t ci.vci0"�1)Dt. Èx 'tou 'tcicpou xa.t E�EyÉpD1) '"t"L Èx '"t"OU O"XO'"t"OU� . Cfr. Act. Thom. I I O ( Bonnet ' , !\ ' , ·'· 't " E� U'7t'VOU XCX.L' p . 22 I ,2 I SS . ) : (X,'V(X.O"'"t"i)-ut, XC1.. 'L (1'V(1'V1)'f'O'V ' \ntO(.l'Vi)aDl')'tL utòc; �a.O"LÀ.Éwv \ntcipxwv , e l Ode Sal. 8 3 ss . , la cui terminologia anche per altri riguardi richiama il bat­ tesimo e la lettera agli Efesini : «Sorgete e state saldi, voi che per un certo tempo giaceste infermi . . . ! Voi che eravate spregiati sorgete, poiché fu esaltata la vostra giustizia. Giac­ ché la destra del Signore è con voi ed egli è il vostro soccor­ ritore»; Corp. Herm. I , 2 7 : "'n Àa.ot, ii'VOpEc; YTl'YE'VEtc;, ot IJ.ÉDn xat u1tv� Èa.u 't où c; ÈxoEowxo'tEc; �n ci.y"VwO"t� 'tou DEou , vT) �•aaDE, '7tauO"a.O"DE oè: xpa1ta.LÀWV'tEc; xa.t DEÀyo ­ lJ.E'VOL V'7t'V� CÌÀ.oy�. Cfr. Corp. Herm. VII , I ; Philo, som n. I , I 64; 11 , 2 9 2 , ed infine il frammento di una raccolta di inni manichei M 7 n. 2 : «Scuoti l 'ubriachezza nella quale ti sei assopito , rompi gli indugi e sorgi. Salvezza su di Te dal mondo del gaudio, dal quale per amor Tuo sono mandato» 33 • Che il nostro versetto liturgico abbia rapporto col batte­ simo, risulta non soltanto dal contesto ( v. 8 ! ) , ma anche da testi paralleli, in cui si scorge una simile terminologia bat­ tesimale. Si può ricordare, ad es . , Ode Sal. I 5 , I ss . : «Come il sole è gioia per coloro che bramano il giorno, così mia gioia è il Signore. Egli infatti è il mio sole, e i suoi raggi mi hanno fatto sorgere, e la sua luce ha disperso ogni tene­ bra dal mio volto . . . ». Cfr. Ode Sal. I I , particolarmente i vv . I 3 s. ; 4 1 . Inoltre Lit. Mand. p . I 86 ( Lidzbarski ) : «Che è il mio giorno fra i giorni ? Un sol giorno. Che è la mia ora fra le ore? Una sola ora. Che è il mio giorno fra i giorni ? Il giorno in cui è sorto lo splendore (i) o6�a. ) da Manda g'Hai•••

32. Cfr. R. Rcitzenstein, HMR, pp. 64.233 s. 31 4 . 33· Cfr. R. Reitzenstein, IEM, p. 3 ; H. Jonas, Gnosis 1, pp. 127 ss. ; B. Noack. Das Zitat in Eph.J,I4, StTh v, 19,2, pp. '2-64.

Bph. J,I4

38 1

je . . . Nel mio giorno sorse su di noi lo splendore del giorno

del sole e ci illuminò oltre misura». Cfr. pp . I 9 2 s . Si veda anche Didasc. Syr. p. 2 I ( Achelis pp . I 09 s. ), dove ai cri­ stiani ex-giudei è detto : «Voi dunque, che avete creduto in lui, avete veduto la grande luce di Gesù Cristo», e ai cri­ stiani ex-gentili : «Voi avete già creduto e siete stati battez­ zati in lui, e una grande luce è sorta su di voi». A questa terminologia si riallaccia la continuazione del nostro verset­ to liturgico che si trova in Clem. Alex., Protr. IX , 84,2 ( Stah­ lin p. 63 ) : ò ""riic; à.va.cr"tcicrEwno malvagi per se stessi , ma a cagione della intensificata attività del 7tOVT) po; O Ot.a�OÀ.O� ( 6 , 1 6 . 1 I ) O dei 'lt\Jé:V(J.tl.'tt.­ Xft 'tij� 1tOVT) pLa.� ( 6 , I 2 ) 5 • Sono «giorni malvagi » perché do­ minati dal Malvagio o dalle Potenze malvagie. Considerati «.in sé» ( e in questo caso si potrebbe dire più esattamente : considerati in rapporto alla loro provenienza e alla loro ori­ gine essenziale) essi sono del tutto buoni. Infatti, general­ mente parlando, sono giorni nei quali può essere compiuto il bene in un senso particolare. 'O xa.t.péc; significa: I . l'era escatologica come tempo di Dio (cfr. Ga/. 6,9 ; 2 Thess. 2 ,6 ; 1 Tim. 6 , I ; ; I Cor. 4 ,5 ; I Petr. r , ; ; ; ,6 ) che già avanza nel tempo presente ( 1 Cor. 7 , 2 9 ; cfr. I Tim. 2 ,6 ; 2 Tim. 4 , 3 ; Tit. 1 ,3 ); 2. il tempo presente come tempo della decisione ( Rom. 1 3 , 1 I ), e quindi anche 3· il XC1Lp�; EU1tpOCTÒEX'tOç di 2 Cor. 6 , 2 , che si è concentrato nell'offerta della riconciliazione con Dio avvenuta in Cristo e che si manifesta di volta in volta nell'evangelo. I giorni malvagi sono anche, e prima di essere malvagi, il tempo in cui i cristiani viventi nella luce del gior­ no sorgente, ad esso appartenenti e illuminati dalla sua lu­ ce, possono cus�odire questa luce del tempo e questo tempo di luce, decidendosi per l'essenza , cioè per la luce di questo tempo. Essere saggi e fare incetta del tempo 6 significa quin­ di : nei giorni dominati dal Maligno utilizzare· il tempo in ·

Mc. 16,14 \VJ ( Freer-Logion ): ò cxLWv oÙ"t'o; u1tÒ 'tÒ'V cra'tCl\'ci'V !cr'ti.'V. Il Y.at.pòc; "':':J'JT}p6c; di Ecclus ,.· I ,I I LXX non ha direttamente a ·:he fare ·: :>n questo ' : Cfr.

.••

concetto.

6. 'E�ayopci�EcrDcxT. 'tÒ'V xcx1.p6v qui e in Co/.4,5 non significa, come in Dan. LXX 8 2,8 Y.C:'�PÒV t�cxyopci�EW, «guadagnar tempo», ma, in ·:orrispondenza all'altro si�nificat:J di t!;cxyopci�Et.'V ( Polyb.3,42,2 ; Plut., Crass.2,5 ), «fare incetta del tem­ po,., Cfr. Plut ., Sert.6,6 ( ,71 a): XClt.pòv WVE�:rDaL o Tit.9 ( 374 a): 'tci) Xrll.� xP'il­ ulc::.t.. Cfr. Dauer, s.v.

e

L'ebbrezza nello Spirito

modo che esso, che è appunto decisamente il tempo della de­ cisione di Dio, appaia come tale e quindi come buono e sal­ vifico . Sfruttare il tempo significa utilizzarlo e farne incetta in ciò che esso è : la situazione salvifica che Dio ha offerta nell'evangelo. Chi fa ciò è ' saggio' in senso esistenziale. La ammonizione che ha inizio nei vv. 1 5 s. può quindi essere resa così : o�Ei:cDa.t. 'tÒV DE6v.

399

ot xa.D' lv« EXtXO"'tOc; "t''Ì}V ÈC'LV'tOU yvva.i:xa. OU't� �ov, il ·o t yvvi} tv« cpo�'ij"ta.L 'tòv & 11opa..

à.yct1ta"t'W w; Ectv­

Siate soggetti gli uni agli altri nel timore di Cristo. 22 Le mogli ai loro mariti come al Signore ; 23 infatti il marito è il capo della moglie, come anche Cristo è il capo della Chiesa, egli, il salvatore del corpo. 24 Ma come la Chiesa si assoggetta a Cristo, cosl anche le mogli ai mariti in tutto. 25 Voi mariti amate le vostre mogli , co­ me anche Cristo ha amato la Chiesa e si è donato per essa, ==) al :fi­ ne di santificarla, egli che l'ha purificata mediante il lavacro, nella parola, 27 per presentare egli stesso a sé gloriosa la Chiesa, senza macchia o ruga o altro simile, affinché sia santa e immacolata. 23 Così anche i mariti devono amare le loro 1nogli come i propri corpi . Chi ama la propria moglie ama se stesso . 29 Infatti nessuno ha mai odiato la propria carne, ma la nutre e cura, come anche Cristo la Chiesa ; 30 giacché siamo membra del suo corpo . 31 «Perciò l'uomo abbandonerà padre e madre e si unirà alla sua donna, e i due saran­ no una carne sola» . 32 Questo mistero è grande. Io lo riferisco a Cristo e alla Chiesa. 33 Ad ogni modo anche voi, ciascuno di voi ami la propria moglie come se stesso, c la moglie tema il marito. 21

Sotto il precetto generale raccomandante la reciproca su­ bordinazione «come è ispirata dal timore di Cristo» ( Kahler ), stanno le . successive ammonizioni concernenti la convivenza nella famiglia . In essa la massima importanza spetta alla po­ sizione del marito e della moglie e al loro rapporto recipro­ co. Quindi l'Apostolo si rivolge anzitutto ad essi. Egli esorta con frase breve, in terza persona, le mogli alla subordinazio­ ne ( v. 2 2 ) e giustifica questa esortazione col rinvio al rap­ porto esemplare della Chiesa con Cristo ( vv. 2 3-24 ). Esorta poi i mariti ad amare le loro mogli ( v. 2 5 a ) con un duplice rinvio al rapporto di Cristo con la Chiesa ( vv. 2 5 b 2 7 e 2 83 2 ). Una · ammonizione conclusiva , che ripete e riassume in ordine inverso le due precedenti rivolte alle mogli e ai ma­ riti, conclude la prima parte del «codice familiare» ( v . 3 3 ). Già questo sommario formale permette di comprendere quanto la motivazione di una esortazione per sé semplice urgesse nel cuore dell'Apostolo. Nel v. 2 2 Paolo raccoman­ da ,.. nzitutto alle donne ( spose ) di star soggette ai loro 7 ma-

7· "T '\"" · r:1c S'>esso, il posscs3ivo: c�r . 1 Cor. 7,2 ; Tit.2 , 5 ; r Petr. 3,1 . ' I rec; sione corrisponde o quella del v. 28 : a 8• 'ne; -r@ xupt� è quindi una locuzione abbreviata, da inten­ �ere alla luce dei vv. 2 3 s . La stessa motivazione iv i addot­ ta è sorprendente e degna di nota. Nessuna introduzione la prepara ; essa è addotta come immediatamente comprensibi­ le e pienamente convincente. In essa si tratta anzitutto del­ ,_o stato dell'uomo nel matrimonio, in rapporto alla propria donna. Come Cristo -� il capo della Chiesa , così il tnarito è il capo della propria moglie . Qui dunque il motivo della su­ bordinazione della moglie è diverso da quello che l'Apostolo adduce in I C or. I 1 , 2 ss . 9 a giustificare la necessità che l �t donna sia velata durante il servizio divino. In quel passo il motivo è che la donna, per sua natura ( dalla creazione ), è �6ça, splendore dell'uomo. Nel nostro passo Paolo argomen­ ta stabilendo la posizione o condizione reciproca dell'uomo e della donna nel matrimonio e deducendone che tale posi­ zione o condizione corrisponde a quella che intercorre tra Cristo e la Chiesa . In altri termini , egli dice che l'uomo e In donna nello stato matrimoniale già si trovavano nello stes· so rapporto di Cristo con la Chiesa e lo riproducevano nel loro rapporto reciproco. Ora occorre che a questo rapporto corrisponda il conte-

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8. Cfr. Estio, ad l. : Christo, id est, in viris suis considerantes Christum dominum, qui est caput et sponsus ecclesiae ; Bengel, ad l. : oboedientia praestata viro intuitu Christi, ergo etiam ip$/ Christo ; Bisping, ad l. : «Il marito di fronte alla moglie rappresenta Cristo, poiché egli è il capo della moglie, come Cristo è il ·:apo della Chiesa». Naturalmente qui con xvp1.oç non è indicato lo stesso marito, come in­ tende 1\fussner ( p. 148). Contra Nieder, Motive, pp. 61 s. 9· E diverso anche da quello addotto, per es. da los., c . Ap.2,20 1 .

·Eph. _s,.2.2

gno ; lo stato deve essere consolidato in una condotta :arri­ spandente . Quindi lo stesso v. 24 trae immediatamente le conseguenze del v. 2 3 . Nel vivere il matrimonio, se lo si vuoi vivere seguendo l'ammonimento dell'Apostolo, si con­ serva, riproducendolo, il rapporto di Cristo con la Chiesa e della Chiesa con Cristo. La posizione di Cristo è quella di x E cp a À.l} della Chiesa . Ciò implic3 la sovraordinazione di Cristo. Tale sovraordinazione si attua nell'obbedienza della Chiesa. Se il matrimonio riproduce, tra l'uomo e la donna, il rapporto e il contegno di Cris to e della Chiesa, ciò signi­ fica che la donna è «in tutto» subordinata all'uomo. Il com­ p1emento E'V 7ta.'J'"t� fa apparire completa questa subordina­ zione della sposa, che in ciò riproduce la subordinazione del­ la Chiesa a Cristo. Qui non si tratta dell 'uomo e della donna in genere, come talora s'interpreta, ma del singolo uomo e della sineola donna uniti dal vincolo matrimoniale . Certo bisogna pure considerare che Cristo come XEcpaÀ. i} implica anche una sovraordinazione specifica . Secondo 1 ,2 2 ; 4 , I j s. ; Col. I , I 8 , t a!c sovraordinazione deve essere precisata nel senso che . Cristo è tal capo della Chiesa, che essa cresce da lui a lui c se ne avvantaggia . La Chiesa, sottostando a Cristo, ubbidisce a colui che è il suo Signore per il bene di lei stes­ sa e che la fa crescere da sé a sé. Quindi anche per la ripro­ duzione di q�esto l matrimonio celeste' cioè per r unione ' terrena tra l'uomo ·e la donna, occorre tener presente la va­ lidità della subordinazione delll donna all'uomo, che è si­ gnore di lei per il bene di lei stessa. In questo modo la su­ bordinazione della donna , si manifesta di nuovo la sophia di Dio), come si può dire che Cristo è il salI I . Cfr. G. \Vobbermin, Religionsgeschichtliche Studien, 1 896, passim; excursus s . v. a 2 Tim . r , r o (Dibelius-Conzelmann ): qui altra bibliografia. P. W . (Dornseiff) . CTW"ti)p; Nilsson , pp. 1 74 s. ; 371 ss. 1 2 . Quanto sia forte questo ritegno si comprende appena si osserva l'importanza capitale che ha il titolo di 'sotér' negli scritti gnostici o gnosticizzanti, ad es., nel­ le fonti valentiniane , o anche negli Atti degH Apostoli apocrifi . Giustamente il Wobbermm, o.c. , p. 1 1 2, osserva che le designazioni tecniche delle due parti del canone valentiniano del Nuovo Testamento sono o crw-ti)p (non ò xvpt.oc;! ) e 6 Ù1t6cr-toÀ.oc; ( = Paolo ! ). 1 3 . Cfr. anche le Diciotto Benedizioni, 1 ; Gn. R. 17 (45d); tra l'altro Strack-Biller­ beck I, p. 69 ; inoltre lgn., Eph. 1 ,1 ; Magn. intr.; Philad. 9,2 ; Smyrn. 7,1 ; Polyc., Phil. intr.; 2 Clem.2o,5 ; · Ode Sal.41 ,I I .

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�,25

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vatore? In che senso essa, che è il suo 'corpo', deve essere salvata ? Il suo corpo era dunque perduto ? Lasciamo, per il momento, sospesa la questione e proce­ diamo nell'esame del testo. Nel v . 2 5 l'Apostolo si volge ai mariti con una espressiva allocuzione. Anche ad essi rivolge una breve ma fondamentale esortazione : «Amate le vostre mogli ! » . L'esigenza che il n1arito ami la propria moglie cor­ risponde quindi ali' esigenza della subordinazione della mo­ gl ie al marito. Anche l'esigenza che impegna il marito viene immediatamente confortata da un rinvio a Cristo e alla Chie­ sa, rinvio che rimane sulla linea del precedente, pur distin­ guendosene in alcuni particolari . Ora infatti il rapporto tra mari to e moglie non solo viene maggiormente chiarito nel confronto col rapporto tra Cristo e la Chiesa , ma risulta fon­ dato -in esso. La particella xaDwc; implica, con1e abbiamo vi­ sto, l'uno e l'altro significato: comparativo e causale. Nel passo parallelo 5 , 2 il significato causale giunge perfino a prevalere. L'amore del marito verso la moglie e quindi il loro rap­ porto reciproco sono dunque intesi come reale riproduzio­ ne di quell'amore di Cristo per la Chiesa su cui essi si fon­ dano. Tuttavia qui la considerazione non riguarda un rap­ porto sussistente tra Cristo e la Chiesa , ma un atto di Cri­ sto, un suo atto d'amore compiuto per la Chiesa . Di tale at­ to s'era fatto cenno nel v. 2 3 , in quella apposizione in cui Cristo era detto salvatore del corpo. Dell' &.ya1tfj O"aL di Cri­ ·sto si era già parlato in 5 ,2 ( cfr . Gal. 2 ,2 o ; Rom. 8 ,3 7 ). Che la Chiesa sia l'oggetto di questa prova d'amore di Cristo è un'affermazione singolare in Paolo e nel Nuovo Testamento 1 4 • Ed ora sorge ancora la domanda come si debba intende­ :re che Cristo ha amato la Chiesa, cioè, come è detto in se­ guito, che egli si è dato per essa . Che col termine ·chiesa' s'in tenda la cerchia degli ascoltatori e dei discepoli di Gesù 14. lgn., Polyc.,,I è forse una reminiscenza del nostro passo e parla inoltre del­ l'amore attuale di Cristo pe� la Chiesa. Cfr. invece 1 Clem.49,6 : Èv �yti'Jt'[) 'i'tpo­ CTElaaE-ro iuuic; o 8E0'1t6-rT)c;· 814 ·t"i}v , Cfr. von S�den. .

Eph. ,,26

dersi conto di questa interpretazione. Anzitutto Cristo si è donato per santificare la Chiesa . Il complemento a\rr 1rv è anticipato per un particolare rilievo, il cui valore peraltro non è ben chiaro. Forse si vuoi dire : «essa, e nessun altro » . Avremmo quindi un'altra antitesi implicita. L' àyt.ci�Et.'V, in­ dicato come lo scopo della donazione di Cristo per la Chiesa, si compie in quanto egli la «purifica mediante il lavacro nel­ la parola» , cioè mediante il battesimo . La santificazione ha il suo fondamento nell'offerta che Cristo fa di se stesso, ma si attua con la purificazione operata nel battesimo. Conse­ guentemente à:y"ci�El.v deve essere in teso nel senso di 1 C or. 6,I I , cioè come un'opera di ' santificazione' sacramentale, co­ me una elevazione nella sfera di Dio 1 6• I cristiani, di cui Cri­ sto è à.yt.aCTIJ.Oc; ( I Cor. 1 ,30 ), sono da lui i}yt.aCTJ..LÉ'VOl. ( I Cor. I ,2 ) Dopo il battesimo essi sono la 7tpocrcpopà. . . . EÙ1tp6crSEx'toc;, T}yt.aCTJ.lÉ'VT) E'V 'it'VEU(.lrt'tt. ày{.� ( Rom. I ) , I 6 } . Rispetto a queste asserzioni il concetto espresso nel nostro passo si diversifica in quanto la santificazione operata nel battesimo si riferisce alla Chiesa nella sua totalità. An­ che in altri luoghi di Paolo la morte di Cristo è posta in re­ lazione con la santificazione sacramentale operata nel batte­ simo, intesa come l' avvenimento che porta e comunica la ·salvezza ( dr. I Cor. 1 , I 3 ; Rom. 6 , I ss. ; Co/. 2 , 1 2 ). Singolare è solo l'affermazione che la morte di Cristo ha proprio come scopo una tal santificazione sacramentale. Ciò significa che per la nostra lettera il battesimo, o la santificazione della Chiesa totale da esso operata, ha un valore determinante. L'atto stesso del battesimo viene definito « purificazione me­ diante il lavacro nella parola>> . Non esistono altri passi, né in S. Paolo né nel Nuovo Testamento, in cui il verbo xaita­ PL�EL'V sia espressamente collegato col battesimo 17 • T� Àou.

16. Per tiqn.cit;Er.v in generale dr. Bauer, s.v. ; GLNT I , coll. 298-304 = ThWb I , pp. 1 1 2 - I 14 (Procksch). In Hebr. s i parla dell' tiyr.tit;Er.v Sr.à "tOU tS,ou aq...a­ "tO� "tÒV )..a6v (dr. 13,12). lvi il concetto di ciyr.cit;Er.v ha un orientamento 'cul­ tuale', ma è riferito unicamente alla morte di Cristo (cfr. 2,1 1 ; 9,1 3 ; I 0,10.1 4.29 ). Cfr., a questo riguardo, E. Kisemann, Das wandernde Volk Gottes, 1 938, p. 83 ; F. ]. Schierse, o.c. , p. 1 _5 2. Did. 1o,, parla della ÉXXÀ.TJCT� -i) ciyt.aCT&Ei:CTa. 17. Probabilmente però in Ac1. 1 .5,9 : �ii 1t'CT"tEt. xa&ap(CTa.� �«1� xa.pSLa� aù�wv

Moglie e marito

�p{il è complemento di modo. La purificazione ha luogo me­

diante il lavacro e nella forma di lavacro. Tò À.ou'tp6v signi­ fica «il bagno», «il lavacro» , ed è d 'uso frequente per indi­ 1 care lavacri sacramentali 8 • Il complemento "tOU voa:tot; per sé non è necessario, ma deve ·essere indicato accanto a pfiJJ.a., che è l'altro elemento costitutivo del battesimo come istitu­ zione soteriologica. Il complemento E'V pi}lJ.CX."tt. non si rife­ risce né ad à:yt.ci�Et. v, che non ha alcun bisogno di comple­ menti, né a xatla.p��Et.v , col quale E'V pi}J.l.a'"tL sarebbe del tutto anormale dal momento che lo strumento della purifi­ cazione sta in dativo strumentale (cfr. Act. 1 5 , 9 ). 'Ev pi)­ J.tCl"tt. si riferisce piuttosto a 't� À.ou'tpli'> e, come in 6 ,2 ; ( 4, 1 9 ), deve essere inteso nel senso di « accompagnato da ». •piiiJ..a non significa qui «parola» in genere, né «formula di aggregazione», né «ordine» di Cristo 1 9 , e nemmeno «parola di Dio» o « di Cristo», o > , « mettere a disposizione » 25 • Nel nostro passo deve essere inteso nel senso che ha in 2 Co r. I I , 2 , dove l 'A­ postolo, come paraninfo ( e padre? ) 2s, ha pare giovane. Ma il significato di questa ,fJiovinezza, non più -:hiaro, ·� si ngolare : ot o�v IJ.E'ta.voi):;u.v-;EEt.'V e nel DaÀ:rtEt.'V . 'Ex"tpÉq>EL'V significa « allevare» , «educare» , detto, i n genere, d i bimbo (cfr. 6 ,4 ; Herm. , Past. v. 3 ,9, 1 ) e «nutrire», come 't'pÉq>Et.'V ( cfr. LXX Gen.45 ,7 . 1 I ; Ps. 2 2 , 2 ). 9ciÀ1tEL'V vuoi dire « proteggere» e « curare>> ( I Thess. 2 ,7 ) . I due verbi si trovano uniti anche in altre locu33· Cfr. Strack-Billerbeck II, pp. 393 s.; GLNT VII, coll. 1439 ss. = ThWb IV, pp. 1092 s. (Jeremias ) . 34· Diversamente Bisping, Beck, von Soden, Westcott, Knabenbauer, Robinson, Huby, Dibelius. Ma alb loro interpretazione contrasta anche l' w� tav-r6v di .5 ,33 . Cfr. T. Berakh. 2 4 a. Se in Eph.,5,28 a si prescinde dal contesto e dalla terminolo­ gia, si può dire con W . Knox, p. 200, che la proposizione è «Un luogo comune stoico)) . Cfr. Plut., coniug. praec. 33 ( mor. 1 42 e ) . · 3'· Cfr. R. Bult mann , Theologie, pp. 1 96.2�9 . .;! 30.

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Moglie e marito

zioni, ad es. , in Vit. Aes. 1 c. 9 p. 2 .5 0 , I 3 , tlaÀ.1tEf.'V in rap­ porto al contegno del marito verso la moglie in P. Rainer 3 0 ,20. Nel nostro passo ÉX""rpÉcpEL'V, trovandosi accanto a tl'ci. À.1tELv e riferendosi alla yuvi) , significa «nutrire», anche in considerazione della situazione di cui s' intende parlare. Ciò non esclude che vi sia implicito il senso di « allevare» , « educare» 36• La y u v i) , di aii qui s i tratta, è appunto la Chiesa, i cui membri sono sempre di nuovo VTJ1t"OL (cfr. 4 , I 4 ) . Anche la Chiesa nella sua totalità «cresce» ( cfr. 2 ,2 I ; 4 , I 5 s . ). Pu� sembrare che, nei vv. 2 8 e 2 9 , le argomentazioni del­ l' Apostolo si siano completamente allontanate dal concetto che l'ha finora guidato, il concetto cioè che il matrimonio ter­ reno è una riproduzione di quello tra Cristo e la Chiesa . Ma non è così . Infatti nei vv. 2 9 a e 3 0 esso subitamente ricom­ pare. Anche l ' Éx"tpÉcpEL'V xat �aÀ.1tEL'V ha il suo modello idea­ le nel comportamento di Cristo verso la Chiesa . Essa è suo 36 . Rispetto al substrato storico-religioso mette conto osservare che .o;pÉ ( cfr. I Cor. 1 I , 1 1 ; Phil. 1 , 1 8 ; 3 , 1 6 ; 4 , 1 4 ). Da nota­ re che questa conclusione accenna al modello «Cristo-Chie­ sa» soltanto mediante il xaL posto davanti ad UIJ.Etc;, e che per conseguenza, non viene più detto w� �à. Èa..u�wv aW11CX­ �a., ma semplicemente wc; Èau�6v, pe r -:ui risulta chiara la sostanza del pensiero. Si ribadisce l'es igenza dell 'amore da parte del marito e del timore da parte della moglie '18 , timo­ re che ora tiene il posto dell'ubbidienza . Questo cpo�oc; por­ ta naturalmente l 'impronta del cpo�oc; Xpt