Lettera agli Efesini. Introduzione, versione e commento 9788810206102

La comunità cristiana, che emerge da questo scritto, scorge la propria identità e missione non in progetti o risorse dov

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Lettera agli Efesini. Introduzione, versione e commento
 9788810206102

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LETTERA AGLI EFESINI

!l'interno dell'epistolario paolina, la lettera agli Efesini occupa un posto di grande ri­ lievo, certo anche per la solennità veramente ieratica dello stile, ma ancor più per la den­ sità e ricchezza del suo messaggio. Entrambi gli elementi rendono lo scritto particolar­ mente affascinante e attuale. La sua importanza non è dovuta solo al fatto di trovarsi inserita nel canone dei libri ispi­ rati, ma soprattutto al fatto che getta una luce inattesa sulla natura fondamentale della Chiesa vista come corpo di Cristo. La comunità cristiana, che emerge da questo scritto, scorge la propria identità e missio­ ne non in progetti o risorse dovuti all'inventiva dell'uomo, ma in un atto insindacabile di grazia. Tutto ha origine e si fonda in quel disegno di amore gratuito ed eterno che, travol­ gendo ogni ostacolo o potenza avversa, opera l'unità di tutti, ebrei e pagani, in Cristo. Questa lettera, commentata in modo magistrale e con viva partecipazione di fede dal no­ to biblista Romano Penna, ci ricorda con forza che la Chiesa, se vuole meditare e vive­ re il suo mistero, deve fare non della sociologia ecclesiastica o dell'ascetismo etico; de. ve invece celebrare «il Dio del Signore nostro Gesù Cristo» (1, 17), perché egli è all'origi­ ne di questo modo nuovo di fare comunità, avendo creato in Cristo l'uomo nuovo che cam­ mina nell'amore come figlio diletto. Questo di R. Penna è il primo commento critico di ampio respiro alla lettera agli Efesini condotto a termine da un biblista italiano.

ROMANO PENNA,

professore emerito di Nuovo Testamento nelle Università Pontificie, è studioso di

scienze bibliche con autorevolezza internazionale. Le sue pubblicazioni gravitano attorno a due poli maggio­ ri: la complessa figura di Paolo di Tarso e il rapporto tra il cristianesimo delle origini e i suoi interlocutori giu­ daici ed ellenistici. Presso le EDB ha pubblicato: L'ambiente storico-culturale delle origini cristiane, 52006;

Paolo scriba di Gesù, 2009; L'evangelo come criterio di vita, 2009; Lettera ai Romani. Introduzione, versio­ ne, commento. Volume unico, 201O; ha curato i volumi Antipaolinismo: reazioni a Paolo tra ili e ili/ secolo, 1989; Il Giovannismo alle origini cristiane, 1991; Il profetismo da Gesù di Nazaret al montanismo, 1993; Apocalittica e origini cristiane, 1995; Qumran e le origini cristiane, 1997; Fariseismo e origini cristiane, 1999.

LETTERA AGLI EFESINI Introduzione, versione, commento di

ROMANO PENNA

EDIZIONI DEHONIANE BOLOGNA

Prima edizione: settembre 1988 Ristampe: ottobre 2001 luglio 2010

©

1988 Centro editoriale dehoniano

Via Nosadella, 6 - 40123 Bologna EDB®

ISBN

978-88-10-20610-2

Stampa: Laser Copy Center, Milano 2010

Abbreviazioni

(Qui vengono date solo le abbreviazioni bibliografiche; per quelle delle fonti anti­ che, cf. GLNT, l, pp. 21" -62•. Di alcuni periodici non si trova qui la sigla, perché il loro titolo è dato per disteso nella Bibliografia)

AB

Analecta Biblica

ABi

Anchor Bible

AG

Analecta Gregoriana

ANRW

Aufstieg und Niedergang der Romischen Welt

AThANT

Abhandlungen zur Theologie des Alten und Neuen Testa­ ments

AThD

Acta Theologica Danica

BAC

Biblioteca de Autores Cristianos

BBB

Bonner Biblische Beitrage

BbETh

Beitrage zur biblischen Exegese und Theologie

BCM

Biblioteca di Cultura Moderna

BCR

Biblioteca di Cultura Religiosa

BEThL

Bibliotheca Ephemeridum Theologicarum Lovaniensium

BGU

Berliner Griechische Urkunden

BHTh

Beitrage zur Historischen Theologie

Bibl

Biblica

BibTheolBull

Biblical Theology Bulletin

BJ

Bible de Jérusalem

BJRL

Bulletin of the John Rylands University Library of Manche­ ster

BSR

Biblioteca di Scienze Religiose

BSt

Biblische Studien

BU

Biblische Untersuchungen

BWANT

Beitrage zur Wissenschaft vom Alten und Neuen Testament

BZ

Biblische Zeitschrift

BZNW

Beihefte zur Zeitschrift fiir die Neutestamentliche Wissen­ schaft

CBQ

Catholic Biblica! Quarterly

CEI

Traduzione italiana della Bibbia a cura della Conferenza epi­ scopale italiana

6

Abbreviazioni

CNT CSEL CTNT

Commentaire du Nouveau Testament Corpus Scriptorum Ecclesiasticorum Latinorum Commentario Teologico del Nuovo Testamento

DBS DS

Dictionnaire de la Bible, Supplément Dissertation Series

EB EKK

Etudes Bibliques Evangelisch-Katholischer Kommentar zum Neuen Testa­ ment Ephemerides Theologicae Lovanienses The Evangelica! Quarterly Evangelische Theologie The Expository Times

EThL EvQuart EvTh ExpTim FRLANT FThS FzB

Forschungen zur Religion und Literatur des Alten und Neuen Testaments Frankfurter Theologische Studien Forschungen zur Bibel

Grace ThJ

Grande Lessico del Nuovo Testamento (traduzione italiana del Theologisches Worterbuch zum Neuen Testament) Grace Theological Journal

HThKNT HzNT

Herders Theologischer Kommentar zum Neuen Testament Handbuch zum Neuen Testament

ICC

The International Criticai Commentary

JBL JEThS JQR JSNT JThSt

Journal of Biblica! Literature Journal of the Evangelica! Theological Society The Jewish Quarterly Review Journal for the Study of the New Testament J ournal of Theological Studies

MS SNTS

Society for New Testament Study, Monograph Series

NCBC NHC NHS NICNT NRTh NT NTS

The N ew Century Bible Commentary N ag Hammadi Codices Nag Hammadi Studies New International Commentary to the New Testament Nouvelle Revue Théologique Novum Testamentum New Testament Studies

GLNT

Abbreviazioni

7

PG PL

Patrologia Graeca (Migne) Patrologia Latina (Migne)

QD

Quaestiones Disputatae

RAC RB RechSR RGG RHPhR RivBibllt RSTh

Reallexikon fiir Antike und Christentum Revue Biblique Recherches de Science Religieuse Religion in Geschichte und Gegenwart Revue d'Histoire et de Philosophie Religieuses Rivista Biblica (italiana) Regensburger Studien zur Theologie

SANT SB SBL DS SBS Scuola Catt SNT SNTS MS SPCIC

Studien zum Alten und Neuen Testament Studi Biblici Society of Biblica! Literature, Dissertation Series Stuttgarter Bibel-Studien La Scuola Cattolica Studien Zum Neuen Testament Society for the New Testament Study, Monograph Series Studiorum Paulinorum Congressus lnternationalis Catholi­ cus Studia Patavina Studia Theologica Studien zur Umwelt des Neuen Testament Svensk Exegetisk Arsbok

StPat StTh SUNT SvenskExegArs ThLZ ThZ TILC TOB TU

Theologische Literatur-Zeitung Theologische Zeitschrift Traduzione Interconfessionale in Lingua Corrente Traduction Oecuménique de la Bible Texte und Untersuchungen zur Geschichte der altchristli­ chen Literatur

us

UT

Unam Sanctam Urban Taschenbiicher

WUNT

Wissenschaftliche Untersuchungen zum Neuen Testament

ZKTh ZThK ZNW

Zeitschrift fiir Katholische Theologie Zeitschrift fiir Theologie und Kirche Zeitschrift fiir die Neutestamentliche Wissenschaft

Prefazione

Nel1976 iniziai un corso di esegesi sulla lettera agli Efesini al Pontificio isti­ tuto biblico, dietro invito dell'allora rettore prof. Carlo M. Martini S.I., ora cardi­ nale arcivescovo di Milano, al quale va tuttora la mia più viva riconoscenza. Il presente lavoro porta finalmente a compimento ciò che allora fu iniziato, e voglio confidare che il non breve tempo intercorso sia opportunamente servito a far maturare tanto il metodo quanto i risultati della ricerca. Intendo qui ringra­ ziare soprattutto alcune biblioteche, che hanno cortesemente favorito i miei studi: a Roma quelle dell'Istituto biblico e dell'Istituto archeologico tedesco, e a New York quelle della Fordham University e dello Union Theological Seminary. Nel consegnare queste pagine alla stampa, sento anche di dover ricordare cordialmente gli amici e gli alunni, che hanno accompagnato a vari livelli e in varia misura la mia fatica, rendendo/a meno improba e, spero, utile a molti.

Roma, Pentecoste 1988

Romano Penna

INTRODUZIONE

All'interno del primo epistolario cristiano, la lettera agli Efesini occupa un posto di grande rilievo: non tanto per la sua qualità specificatamente epistolare, che è piuttosto carente, quanto invece per la densità del suo messaggio, a cui è omogeneo un tipico stile letterario di carattere ieratico. Entrambi gli elementi rendono il testo particolarmente affascinante. Eppure si tratta di uno scritto estremamente complesso, al punto che mentre alcuni commentatori ne fanno un'espressione della maturità di Paolo, altri lo giudicano un vero e proprio mosaico di tessere tratte dalle varie lettere dell'apostolo dopo la sua morte. E mentre c'è chi vi scorge la quintessenza del paolinismo , c'è anche chi vi intra­ vede un chiaro segno di transizione dal patrimonio paolino a quello del cosid­ detto proto-cattolicesimo . 1 Non dobbiamo sorprenderei troppo , dunque , se Efe­ sini è stata paradossalmente definita come «la Waterloo dei commentatori».2 In ogni caso , questa lettera, che è forse la meno occasionate di tutte quelle del corpus paolino, ha qualcosa da dire ai lettori di oggi, ben al di là dei suoi ori­ ginari condizionamenti storici. 3 La sua attualità non deriva soltanto dal fatto di essere inserita nel canone biblico (che conferisce allo scritto un valore sovratem­ porale) , ma soprattutto dal suo tema di base, che concerne la natura fondamen­ tale della chiesa come corpo di Cristo. Se la comunità cristiana di oggi e di sem­ pre vuoi essere fedele alla propria originaria coscienza di dovere tutta la propria identità ad un insindacabile atto di grazia, radicato nel mistero del beneplacito di Dio , e tutto il proprio impegno ecumenico alla straordinaria unificazione di ebrei e pagani in Cristo, allora essa deve rifarsi alla lettera agli Efesini.4

1 Vedi alcuni giudizi disparati, raccolti in F. F. BRUCE, The Epistles to the Colossians, to Phi­ lemon, and to the Ephesians, NICNT, Grand Rapids Mi 1984, p. 229. Oltre alle più comuni introdu­ zioni al NT (cf. Feine-Behm-Kftmmel, Wikenhauser-Schmid, George-Grelot, Conzelmann-Linde­ mann), cf. anche B . S . CHILos, The New Testament as Canon: an lntroduction, London 1984, pp. 311-328. Per una messa a punto critica slil cosiddetto protocattolicesimo, cf. V. Fusco, Sul concetto di protocattolicesimo, in RivBiblt (1982) , 30, pp . 401-434; La discussione sul protocattolicesimo nel Nuovo Testamento. Un capitolo di storia dell'esegesi, in ANRW 25, di prossima pubblicazione. 2 E. J. GOODSPEED, The Meaning of Ephesians, Chicago 1933, p. 15. 3 Cf. N. A. DAHL, lnterpreting Ephesians: then and now, in «Currents in Theology and Mis­ sions» (1978) , 5, pp. 133-143. 4 La costituzione conciliare del Vaticano II sulla chiesa, Lumen gentium, nei suoi otto capitoli cita Ef 33 volte, di cui ben 17 nel solo c. 1 : EV 11284-307 intitolato «ll mistero della chiesa». Nel suo grande commento, M. BARTH, Ephesians, ABi 34-34A, Garden City NY 1974, l, p. 3 , lamenta che

per lungo tempo Ef sia stata oscurata, specialmente negli ambienti protestanti, dalla preferenza per le lettere ai Galati e ai Romani (che, com'è noto, trattano piuttosto dell'individuo giustificato per fede).

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Panorama storico sull'uso e la critica di Efesini

Qui si vede con ogni chiarezza che per meditare e vivere il mistero della chiesa non basta fare della sociologia ecclesiastica, poiché anzi questa non scalfi­ sce minimamente la sua vera identità, né è sufficiente buttarsi a corpo morto nel dinamis�o della testimonianza etica, poiché ciò presuppone la ferma consape­ volezza di stare già per grazia sul piano di un nuovo essere; si impara, invece , a celebrare «il Dio del signore nostro Gesù Cristo , il padre della gloria» (1,17) , che è all'origine di una nuova societas, un modo nuovo di stare insieme tra gli uomini (cf. 2,1 1-22), poiché ha creato un uomo nuovo, che cammina nell'amore come figlio diletto (cf. 4,24; 5 ,1-2) . l. pANORAMA STORICO SULL'USO

E

LA CRITICA DI EFESINI

l. L'antichità cristiana ha universalmente riconosciuto Efesini come let­ tera paolina autentica, anche se questa qualifica non aveva certo la stessa por­ tata attribuitale dal più recente metodo storico-critico .5 I primi indizi di un'utilizzazione e quindi dell'esistenza di Efesini si hanno forse già alla fine del I sec. verso l'anno 95 nella I lettera di Clemente, Ad Cor. 36,2 («gli occhi del cuore» = Ef 1 ,18); 38,1 («ciascuno si sottometta al suo prossimo» : cf. Ef 5 ,21); 46,6.7 («forse che non abbiamo un solo Dio e un solo Cristo e un solo spi­ rito di grazia riversato su di noi e una sola speranza in Cristo? . . . poiché siamo mem­ bra gli uni degli altri»: Ef 4,4-6.25) . Forse anche nella Didaché 4,10.11 («AI tuo servo o alla tua serva, che sperano nello stesso Dio, non comandare con asprezza. . . ; infatti egli non verrà a chiamare facendo preferenze . . . E voi servi siate sottomessi ai vostri signori. . . con verecondia e timore») , è presente un richiamo alla parenesi di Ef 6,9.5. Diverso è il caso di Ignazio, Ad Eph. 12,2, che scrivendo agli efesini menziona l'apostolo Paolo , di cui dice: «Egli si ricorda di voi en pasè-i epistole-i>>; ma il significato letterale di questa espressione greca non è «in tutta la lettera» (come se facesse riferimento a Efesini) , bensì «in ogni lettera», con evi­ dente intenzione iperbolica. 6 Invece, una probabile eco della nostra lettera si trova ili Policarpo di Smirne, Ad Phil. 1,3 («per grazia siete salvati, non per le opere» = Ef 2,5.8.9) ;7 e poi nel «Pastore» di Erma, Mand. 3,1 («Ama la verità ed esca dalla 5 TERTULLIANO, De praescr. 36, agli inizi del III sec . scrive: «Passa in rassegna le chiese apo­ stoliche, ... là dove si leggono proprio le lettere autentiche ( ipsae authenticae litterae) loro scritte dagli apostoli. .. Sei vicino all' Acaia? Hai Corinto. Se non sei lontano dalla Macedonia, hai Filippi e Tessalonica. Se puoi recarti in Asia, hai Efeso ...». Qui Tertulliano intende gli scritti originali, anche se questo giudizio non è certo frutto di un'indagine scientifica! 6 Vedi la questione posta da questo passo , trattata in T. K. ABBOTT, A Criticai and Exegetical Commentary ·on the Epistles to the Ephesians and to Colossians, ICC, Edinburgh 1 897, pp. IX-X. 7 Più problematico è il testo di PoucARPO, Ad Phil. 12,1 («come è detto nelle Scritture: "se vi adirate cercate di non peccare" e "il sole non tramonti sulla vostra ira"»), che corrisponde letteral­ mente a Ef 4,26 (per di più già definito sorprendentemente «Scrittura>> come il Sal 4,5là citato) . La difficoltà sta nel fatto che il testo greco di questa lettera è presente in otto codici , dove però s'inter­ rompe bruscamente in 9,2; dei capitoli seguenti, il13 è trasmesso da EusEBIO, HE III 36,1 4 , mentre i cc. 10.11.12.14 sono presenti solo in un'antica versione latina {sulla cui base è stata fatta una retro­ versione in greco da Harnack-Gebhardt-Zahn, Leipzig 1876).

Panorama storico sull'uso e la critica di Efesini

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tua bocca ogni sorta di verità»: cf. Ef 4,25.29; «e non addurre tristezza allo spirito sacro e veritiero»: cf. Ef 4,30) e Sim. 9,13,5 (dove si dice che i credenti nel Signo­ re «formeranno un solo spirito, un solo corpo»: cf. Ef 4,4; vedi anche Sim. 9,18,4: «la chiesa di Dio sarà un solo corpo, un solo pensiero, una sola mente, una sola fede, un solo amore»). Tutte queste testimonianze depongono a favore della conoscenza di Efesini già tra la fine del sec. I e la prima metà del sec. II; ma nessuna di esse cita espres­ samente il nostro scritto come «lettera agli Efesini». Anzi, Marcione (secondo quanto ci attesta Tertulliano, A dv. Mare. 5,17) la considera come «lettera ai Lao­ dicesi» (certamente sulla base di Col 4,16). Solo a cavallo tra il II e il III sec. ab­ biamo le prime testimonianze esplicite del suo «titulus»: così nel Canone Mura­ toriano (riga 51),8 in Ireneo di Lione (Adv. haer. 5, 2, 3: «come dice il beato Pao­ lo nella lettera agli Efesini», e cita Ef 5,30; cf. anche Adv. haer. 1, 8, 5 = Ef 5,13), e in Clemente Alessandrino (Strom. 4,65; Paed. 1,18). Nella tradizione mano­ scritta, invece, il titolo appare solo nel sec. IV con i grandi codici SABD, poiché l'antico papiro p46 (attorno al 200)8bis ne è privo. I primi commenti alla lettera vengono composti nei secoli IV-V. In occi­ dente si contano appena i due commenti dell'Ambrosiaster (PL 17,393-426) e di s. Girolamo (PL 26,467-590), piuttosto affrettati e asciutti. Nella chiesa d'orien­ te, invece, sono più numerosi: tra tutti spicca quello di s. Giovanni Crisostomo (PG 62,9-176), composto in forma di omelie e perciò più vivace e denso, anche se qua e là si abbandona volentieri alla polemica e ad un taglio etico nell'inter­ pretazione del testo; ma ci sono anche le opere di Teodoreto di Ciro (PG 82,505558) e più tardi di s. Giovanni Damasceno (PG 95,821-856), per non dire di s. Efrem Siro9 e poi di Ecumenio e Severiano di Gabala.10 2. Nel medioevo i commenti a Efesini si moltiplicano, e tra il sec. IX e il sec. XV se ne contano quasi una cinquantina. 11 Tra le produzioni maggiori, pos­ siamo segnalare (oltre a Eutimio Zigabeno nella chiesa d'oriente: sec. XII) il commento di Tommaso d'Aquino nella chiesa d'occidente (sec. XIII).12 Il dot-

8 Qui Ef è addirittura al secondo posto nell'elenco di appena sette lettere attribuite all'apo­ stolo Paolo: «ad Corinthios prima (probabilmente 1-2Cor unite insieme), ad Ephesios secunda, ad Philippenses tertia, ad Colossenses quarta, ad Galatas quinta, ad The&salonicenses sexta (probabil­ mente 1-2Ts unite insieme), ad Romanos septima»; poco oltre si dicono onorate dalla chiesa catto­ lica ancP,e Fm, Tt, 1-2Tm, mentre si rifiutano due altre lettere (ai Laodicesi e agli Alessandrini). sbos La recente proposta di Y.K. KtM, Paleographical Dating of P"' to the Later First Century, in Bibl (1988), 69, pp. 248-257, che data il papiro poco prima del regno di Domiziano (!), mi lascia alquanto scettico. 9 Cf. S. Ephraem Syri Commentarii in ep. D. Pauli nunc primum ex armenio in latinum ser­ monem a patribus Mekitharistis translati, Venetiis 1893, pp. 140-156. 10 Del commento di questi due autori a Ef ci sono solo giunti dei frammenti, pubblicati da K. STAAB, Pauluskommentare aus der griechischen Kirche, Mtinster 1933, rispettivamente pp. 448-452 e pp. 304-313. 11 Cf. l'elenco in J. GNILKA, Der Epheserbrief, HthKNT X/2, Freiburg-Basel-Wien 1971 , pp. X-XI. 12 Cf. S. Thomae Aquinatis Doctoris Angelici Super Epistolas S. Pauli Lectura, ed. R. Cai, Torino 8 1953, Il, pp. 1-87.

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Panorama storico sull'uso e la critica

di

Efesini

tore Angelico, purtroppo, fa la sua esegesi sul testo latino della Volgata, come appare evidente per esempio da 1,22; 3 ,15; 5,32. Il suo commento utilizza come fonti soprattutto la Bibbia, a volte s. Agostino, Dionigi l'areopagita e la Glossa Ordinaria; esso è inevitabilmente di tipo teologico (cf. per es. su Ef 1,21 il discorso sugli angeli e su Ef 4,13 la distinzione tra «corpus Christi verum» e «cor­ pus Christi mysticum») e procede in maniera scolastica. Pur nella sua esposi­ zione perlopiù veloce , l'Aquinate ci offre qua e là delle interessanti posizioni esegetiche (come su Ef 2,14; 4,4) . 3. Nell'età moderna si fanno strada i primi interrogativi circa l'originalità letteraria e teologica di Efesini, che condurranno all'attuale posizione di diffuso scetticismo sull'autenticità della lettera. Il primo dubbio è testimoniato da Era­ smo da Rotterdam (nel 1519) ed è causato dallo stile di Efesini, che secondo il dotto umanista non sembrava corrispondere esattamente a quello di s. Paolo.13 Sul finire del secolo XVI , Teodoro di Beza, successore di Calvino e attento cul­ tore di testi biblici , riteneva che la lettera non poteva essere indirizzata solo agli efesini ma anche ad altre comunità dell'Asia Minore, a motivo del suo indirizzo testualmente problematico e del suo tono generale. Ma il primo a negare esplici­ tamente l'autenticità di Efesini è stato il sociniano inglese E. Evanson nel 1792. 14 Nel secolo scorso poi proliferano gli studi sulla nostra lettera, in specie sullo stile , sul contenuto, e sul rapporto con Colossesi. La maggior parte di essi propende per la non autenticità dello scritto.15 Tra i commenti, resta tuttora interessante quello di T. K. Abbott, nella collana «) e c'è motivo per dubitare che si possa applicare a lui il principio enunciato da Norden; 2) la variazione nelle suddette lettere è appunto di tono soggettivo, non propriamente di stile letterario, come si con­ stata invece in Ef; 3) se dietro a Ef c'è una situazione storica concreta (vedi più avanti), Paolo avreb­ be dovuto dimostrare un tono più energico; 4) per spiegare la mancanza di questo tono, non serve mettere in campo la vecchiaia di Paolo, poiché Fm, che nell'ipotesi tradizionale sarebbe contempora­ nea di Ef, documenta proprio un tono molto personale e deciso.

Efesini e le altre lettere paoline

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che alcune di esse sono appena ricordate, mentre altre assumono un diverso rilievo in un nuovo contesto. Inoltre, bisognerà anche notare alcune significative assenze. Esaminiamo qui di seguito alcune caratteristiche del quadro teologico. l . Il discorso sulla chiesa, che costituisce il centro d'interesse tipico della nostra lettera, offre alcune evidenti e interessanti novità rispetto alle altre let­ tere paoline. Già a livello lessicale si possono fare alcune constatazioni. La fre­ quenza del termine ekklésia nell'epistolario paolina tocca il massimo in 1Corinzi (con 22 ricorrenze) e il minimo proporzionale in Romani (5 volte , e nel solo c. 16) ; le 9 ricorrenze in Efesini sono pari a quelle di 2Corinzi , ma in realtà segnano il massimo proporzionale , tenuto conto della relativa estensione dello scritto .56 Ciò sarebbe di ben poca importanza, se non vi si accompagnassero due altre considerazioni. L'una riguarda l'uso del temine soma, «corpo» , in senso ecclesiologico : 8 ricorrenze su 9 hanno questo significato (cf. Ef 1 ,23 ; 2,16; 4,4 . 12. 16bis ; 5 ,23.30; non 5,28) , mentre in 1Corinzi esso designa la chiesa solo 4 volte (cf. 1Cor 10,16. 17; 12,13.27) su ben 44!57 L'altra riguarda l'uso del termine pliroma, «pienezza»: in senso ecclesiologico esso non è mai stato usato nel NT (17x) , se non soltanto in Ef 1 ,23 (cf. il commento ; comunque Efesini è lo scritto che lo impiega più di · ogni altro: 4x) . Già di qui, dunque , si può intuire un certo spostamento di ottica teologica, che denota una diversa «forma mentis» . Ciò si conferma in base ad ulteriori pre­ cisazioni. Il termine «chiesa» in Efesini, contrariamente a tutte le lettere prece­ denti, non designa più una comunità locale (così per esempio in Rm 16, 1 ; 1Cor 1 ,2 ; 16, 19; 2Cor 1 , 1 ; 8 , 1 ; Gal 1 ,2.22; Fil 4,15; 1Ts 1 , 1 ; 2,14; Fm 2 ; anche in Col 4,15.16 si conserva ancora questo significato) , ma sempre e soltanto la chiesa nel suo insieme, non solo come semplice somma di chiese particolari, bensì come entità universale, cattolica, unica e addirittura personificata (cf. Ef 1 ,22; 3 , 10.21 ; 5 ,23 .24.25 .27.29.32) .58 Perciò la nostra lettera, anche se promana dal­ l'area dell'Asia Minore, tuttavia non formula tanto problemi propri di quelle chiese specifiche , ma opera un processo di astrazione e quasi di contemplazione ,

56 Nelle altre lettere la situazione è la seguente: Gal 3x, Fil 2x, Col 4x, lTs 2x, 2Ts 2x, lTm 3x, Fm lx. 57 Nelle altre lettere: Rm lx su 13x, 2Cor mai su 9x , Col Sx su 8x. 58 È discutibile se questo concetto di chiesa si trovi già nelle lettere paoline autentiche: tutt'al più sarebbero da considerare i tre passi di lCor 15,9; Gal l ,13; Fi1 3,6, dove ricorre l'espressione ((ho perseguitato la chiesa di Dio» (in Fil manca la specificazione (>) . J . GNILKA , La lettera ai Filippesi, CTNT X/3 , Brescia 1972, p. 316, ritiene di sl , mentre F. MussNER, Der Galaterbrief, HfhK1N IX, Freiburg-Basel-Wien 41981, p. 79 (tr. it. : La lettera ai Galati, Brescia 1986) , suggerisce che si tratti di una semplice autodesignazione della prima comunità cristiana: in effetti, la sua ricor­ renza in una dichiarazione autobiografica di carattere formulare e il parallelo con 1Ts 2,14 («Voi siete diventati imitatori delle chiese di Dio che sono in Giudea . . . >>) lasciano intendere che la prospet­ tiva non sia quella «cattolica>> propria di Ef; .persino L. CERFAUX , La Théologie de l'église suivant Saint Paul, US 54, Paris 41965 , (tr. it. : La Teologia della chiesa secondo s. Paolo , Roma 1969) , rispettivamente pp. 94, 93, 298, ritiene che in tutti e tre i casi si tratti della chiesa particolare di Geru­ salemme.

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Efesini e le altre lettere paoline

prendendo in considerazione la chiesa come tale; in questo senso, vedi la pre­ ghiera formulata in Didaché 10,5 : «Ricordati, Signore, della tua chiesa . . . e rac­ coglila dai quattro venti nel tuo regno che hai preparato per lei». Il taglio del discorso è tipico di un momento posteriore al primo costituirsi delle varie comunità cristiane. A questa prospettiva appartiene anche la men­ zione degli «apostoli e profeti» come fondamento della chiesa {in 2,20) e come destinatari della rivelazione del mistero di Cristo (in 3 ,5 : qualificati come «santi») .59 In 2,20a essi vengono definiti themélios, «fondamento» , sul quale viene edificata la chiesa, e ciò contrasta con 1Cor 3 , 1 1 , dove a Cristo soltanto viene seccamente riconosciuta questa funzione ( = «Nessuno può porre un altro fondamento oltre a quello posto, che è Gesù Cristo») ; è vero che si aggiunge subito nel v. 20b che la chiesa ha «come pietra angolare, lo stesso Gesù Cristo», ma ormai c'è un cambiamento non solo nella metafora bensì anche nel concetto stesso. Infatti in Efesini «gli apostoli e profeti» sono elevati insieme a Cristo al rango di base portante della chiesa, mentre in !Corinzi si dedicava una lunga sezione (cf. 1Cor 1 , 10-4,21) a spiegare proprio il contrario, che cioè i ministri della chiesa (compresi gli stessi Paolo e Pietro , oltre ad Apollo) non sono altro che semplici servitori (cf. 1Cor 3,5: diakonoi; 4,1: hyperétai e oikonomoi) nei quali bisogna stare attenti di non gloriarsi (cf. 1Cor 3,21-23). Quanto poi a 3,5, vi si scorge un ulteriore distanziamento dall'ecclesiologia paolina. Qui infatti non è possibile che Paolo parli di altri apostoli, senia inglobare se stesso nel loro gruppo, visto che nelle sue lettere è costante la rivendicazione di una tale quali­ fica. Ma allora è del tutto improbabile che sia il Paolo storico ad autodesignarsi come «santo» (dato che per umiltà in lCor 15,9 si dichiara persino indegno di essere chiamato apostolo ; cf. anche Ef 3,8; 1Tm 1,15) . D'altronde, il contesto è tutto imperniato più sul ministero personale di Paolo che non del gruppo aposto­ lico ,60 al quale viene semplicemente esteso l'intervento rivelatore di Dio , che in Gal 1 , 12. 15s l'apostolo riservava solo a sé e nei termini di un'esperienza indivi­ duale molto più concreta di quanto avvenga qui. In sostanza, è netta la sensa­ zione che a scrivere queste cose non sia Paolo, ma un altro, diverso da lui , il quale guarda ormai agli apostoli e soprattutto a Paolo stesso come a grandezze del passato, che vengono venerate e celebrate come iniziatori di una tradizione di vita ecclesiale che si perpetua nelle nuove generazioni. Con il testo di 4,11 si completerà questa considerazione di uno speciale rapporto esistente fra il mini­ stero apostolico, che sta all'inizio della storia della chiesa, e i ministeri successivi che da quello derivano e ad esso restano subordinati. 61

59 Lo stesso PERCY, Die Probleme, pp. 332-336, 356, ammette di trovare proprio in questi passi la difficoltà maggiore per l'autenticità della lettera. 60 Cf. la frequenza del pronome di prima persona singolare in 3,2.3.4.7. 6 1 Sull'insieme di 3,1-7, cf. H. MERKLEIN, Das kirchliche Amt nach dem Epheserbrief, SANT 33, Miinchen 1973, specialmente pp. 159-231, e le molteplici, feconde suggestioni che se ne trag­ gono; ne segnaliamo due : con l'espressione «santi apostoli» Ef ha creato un teologumenon simile a quello di Luca circa i «dodici apostoli» (cf. p. 192) ; inoltre . per Ef il ministero nella chiesa resta

Efesini

e le altre

33

lettere paoline

2. Anche la cristologia conosce dei notevoli sviluppi tematici. Lo si può constatare sotto diversi aspetti. Innanzitutto, c'è un discorso sulla funzione cosmica di Cristo come pantokrator (cf. 1 , 10; 2,22 ; e la concezione soggiacente a 3 ,8-1 1 ; 4, 13) , che non trova riscontro nelle lettere paoline autentiche,62 ma sem­ mai soltanto nella vicina Colossesi. Inoltre e di conseguenza, in Efesini, diversa­ mente da Paolo , è molto scarso il ricorso alla eroce e al sangue di Cristo (cf. solo 1,7; 2, 16) ,63 mentre è molto rimarcata l'affermazione della risurrezione di Cristo (cf. 1 ,20-22: abnorme confessione di fede incentrata solo sulla risurrezione; 2,5-6; 4,8-10) . In terzo luogo , spicca il titolo cristologico di «capo (kephalé) della chiesa» (1 ,22; 4,15; 5,23) , che semmai accosta la nostra lettera a Colossesi (vedi più avanti) ,64 ma la distanzia dalle grandi lettere paoline: là, infatti, quando si parla della chiesa come corpo (cf. sopra) non si isola mai a parte il Cristo come capo, al punto che nell'apologo sul corpo umano e le sue membra (cf. 1Cor 12,14-26) la menzione del capo (1Cor 12,21) fa semplicemente parte di quella concernente ogni altro membro del corpo, senza alcuna sottolineatura di qual­ che suo valore metaforico . Infine, è dato constatare che Efesini attribuisce a Cri­ sto , come agente in proprio , alcune operazioni che le altre lettere paoline (com­ presa Colossesi) riservano a Dio: così in Ef 2,16 è Cristo che riconcilia (mentre in Col 1 ,20 è Dio) e in 4,11 è ancora lui a donare i ministeri nella chiesa (mentre in 1Cor 12,28 è Dio). In sostanza, ora la figura di Cristo emerge nelle dimensioni di una statura gigantesca. Egli è molto più grande della chiesa, poiché la sua signoria si estende al cosmo intero (cf. il concetto della anakephalafosis in 1 , 10) . In ogni caso , anche se la lettera insiste molto di più sul rapporto di Cristo con la chiesa che con l'insieme delle realtà create, tuttavia egli, a differenza di quanto avviene nelle grandi lettere paoline , non si identifica con essa come proprio corpo perso­ nale, ma, da una parte , la sovrasta come suo capo (cf. sopra) e , dall'altra, si con­ fronta con lei agapicamente come suo sposo (cf. 5,22-32) . 3. Per quanto riguarda l'attesa escatologica, essa passa totalmente in seconda linea. I vari studi sul tema, pur con varie sfumature , sono d'accordo su questa conclusione.65 Si potrebbe già notare che mancano alcuni termini tipici,

molto di più di un fenomeno della storia o di una semplice funzione della chiesa stessa, poiché è vin­ colato alla charis di Dio e al dono del Cristo risorto (cf. p. 202) . 62 D testo di 1Cor 8.6b («c'è un solo signore, Gesù Cristo, mediante il quale sono tutte le cose») riguarda la mediazione primordiale di Cristo nella creazione e non l'insediamento di lui risorto a capo di tutte le cose. unifi­ 63 Per di più, la menzione della croce in 2,16 è in un originale contesto ecclesiologico ( cazione di giudei e pagani) del tutto inconsueto a Paolo, che ne parla sostanzialmente in prospettiva soteriologica ( giustificazione dell'individuo, sia esso giudeo o pagano; cf. Rm 3,25; 4,25; 5 , 9) o come &rimo pannello del dittico riguardante l'evento pasquale (cf. Fil 2,8-11). Qui tuttavia, delle tre ricorrenze (Col 1 ,18; 2,10. 19) , solo la prima presenta una chiara uti­ lizzazione del titolo in rapporto alla chiesa; cf. i commenti. 65 Cf. G. BoRNKAMM , Die Hoffnung im Kolosserbrief. Zugleich ein Beitrag zur Frage der Echtheit des Briefes, in Studien zum NT und zur Patristik, E. Klostermann zum 90. Geburtstag darge=

=

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Efesini e le altre lettere paoline

come il sostantivo parousta (che però manca anche in Romani) e il verbo elpt­ zein (che però manca anche in 1Tessalonicesi; il sostantivo elpis , «speranza» , è presente invece in Ef 1 , 18; 2,12; 4,4) . Ma soprattutto sono assenti alcuni con­ cetti importanti per Paolo in questa materia, come quello dell'incontro col Cri­ sto venturo , quello della risurrezione dei morti, e quello del giudizio finale (cf. la discussione su 6,8. 13) .66 La menzione della «speranza» (cf. i passi citati) e della «redenzione» (apolytr6sis) a venire (cf. 1 ,14; 4,30) sa di sopravvivenza di idee tradizionali in un nuovo contesto concettuale. Il vocabolario della «sal­ vezza» (1,13; 2,5 .8) ormai non è più orientato al futuro ma al presente (vedi per es . il contrasto con Rm 8,24; 13, 1 1 ) , e mentre in Rm 6,5.8 la risurrezione del cri­ stiano è un evento del futuro escatologico, in Ef 2,5-6 leggiamo con sorpresa che i cristiani sono già stati «convivificati con Cristo , conrisuscitati e fatti consedere nei cieli»! (vedi anche 5 ,5) . In particolare , i nuovi concetti di Cristo-capo, della tensione verso l'intera pienezza di Dio (cf. 3, 19) e della crescita dei cristiani (cf. 2,21 ; 4,15 . 16) si collocano nella prospettiva di un aspetto spaziale-verticale della satvezza più che cronologico-orizzontale: non si guarda tanto al Salvatore che deve venire quanto piuttosto all'attuale Signore e capo della chiesa e del cosmo. Per spiegare questo fenomeno non basta richiamarsi alla tendenza generale di tutto il corpus paolino, che mostrerebbe un interesse costantemente decre­ scente per i temi strettamente escatologici.67 Infatti, da una parte, il mutamento qui è troppo marcato e , dall'altra, esso va inserito nel quadro generale degli argomenti che militano a favore dell'inautenticità di Efesini. 4. C'è poi da rilevare la vistosa assenza del tema della giustificazione, che, maturato gradualmente nella biografia teologica dell'apostolo , era diventato un argomento determinante nelle lettere ai Filippesi , Galati, Romani. Siamo qui di fronte ad un capitolo centrale della teologia paolina, alla quale esso è stato acquisito mediante molta passione personale· di Paolo , che lo elaborò e difese pugnacemente contro il giudeo-cristianesimo. Dopo Romani, esso è diventato un punto irrinunciabile del paolinismo. Eppure, nella nostra lettera è ridotto ai minimi termini. Il testo che più di ogni altro entra in conto è 2,8-9 («Per grazia infatti siete salvati, con la mediazione della fede ; e questo non viene da voi, ma è dono di Dio : non sulla base delle opere , perché nessuno se ne vanti») ; ma esso appare solo un relitto del paolinismo, poiché risulta come smarrito in un contebracht, TU 77, Berlin 1961 , pp. 56-64 (lo studio prende anche in considerazione Ef) ; F. J. STEIN­ METZ, Protologische Heilszuversicht. Die Strukturen des soteriologischen und christologischen Den­ kens im Kolosser- und Epheserbrief, FlbS 2, Frankfurt 1969; A. LINDEMANN , Die Aufhebung der Zeit. Geschichtsverstiindnis und Eschatologie im Epheserbrief, SNT 12, Giitersloh 1975; H. E. LoNA, Die Eschatologie im Kolosser- und Epheserbrief, FzB }Js, Wiirzburg 1984. 66 In Ef non ci sono più le intere sezioni di contenuto escatologico che (ad eccezione di Gal, dove però il silenzio in materia si spiega per una pressante questione concreta d'altro genere che assorbe l'apostolo, e che invece non ha confronti in Ef) caratterizzano tutte le lettere paoline: cf. Rm 5,1ss; 8,17ss; 13,llss; 1Cor 13 e 15; 2Cor 4,7-5 ,10; Fil 3,10-21; 1Ts 4 e 5. 67 Cosl già Ch. H. Dono, The Mind of Paul: Change and Development, in BJRL (1934) , 18, pp . 69-1 10, specie pp. 93-101 .

Efesini e le altre lettere paoline

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sto di altro interesse teologico. Già al semplice livello lessicale, infatti, manca to­ talmente in Efesini il verbo dikaioun, «giustificare», che è un vocabolo portante del relativo tema paolino; lo stesso va detto di alcuni suoi derivati (dikafoma, df­ kaios, dikafosis),68 mentre il sostantivo dikaiosyne, «giustizia», almeno due volte su tre (cf. 4,24; 5,9; diverso forse è il caso di 6,14 che comunque riprende una me­ tafora da Is 59,17; Sap 5,18 che diverge da lTs 5,8; cf. il commento) non indica più, né il gratuito e salvifico intervento di Dio, né la nuova condizione del cristia­ no in quanto a lui donata a prescindere da suoi meriti condizionanti, ma designa ormai «giudaicamente» la condizione derivante dall'osservanza della legge mo­ rale come volontà divina, al punto che in 5,9 la giustizia fa parte di una serie di virtù (insieme alla bontà e alla verità). Ciò denota uno spostamento di accento dalla polemica paolina contro le «opere della legge», che qui manca del tutto (di «legge» si parla solo in 2,15 ma non in senso soteriologico bensì ecumenico, sia pure per proclamarne l'annullamento), verso una positiva valutazione delle «opere buone» (2,10; questo concetto ha già un fondamento in Paolo, mai però in questa forma: Rm 13,3; 2Cor 9,8; Gal 6,10; Fil l,6, ma si sviluppa nelle Pasto­ rali: 1Tm 2,10; 5,10; 2Tm 2,21; 3,17; Tt 1,16; 3,1) . 69 5. Infine,70 ricordiamo la particolare utilizzazione dell'AT, che viene fatta in Efesini. La totale assenza delle classiche formule d'introduzione delle citazio­ ni bibliche («sta scritto» o «la Scrittura dice»), così frequenti in Paolo,71 da sola non è ancora significativa, poiché la stessa cosa succede anche in l Tessalonicesi e Filemone. Più originale è la formula diò léghei, «perciò dice» (4,8; 5,14: in que­ sto secondo caso non si tratta di un testo biblico; cf. il commento), lasciata senza soggetto, che si ritrova solo in Gc 4,6 (vedi il semplice «dice» in 2Cor 6,2; Eb 1,5.6.7.13; 2,6.12; 3,15). Ma soprattutto (e a differenza anche di lTessalonicesi, Filemone) constatiamo in Efesini un vero ricorso all'AT, non solo nel senso di un generico impiego del lessico e della fraseologia dei LXX, ma come riporto

68 L'aggettivo dikaios, «giusto>>, ricorre una sola volta in 6,1 ma al neutro, senza alcun rappor­ to con la nostra tematica. 69 Mi pare comunque esagerato dire con MERKLEIN, Das kirchliche, p. 28, che «la giustificazio­ ne nelle Homologumena è fondamento e premessa della chiesa, mentre viceversa in Ef la chiesa è premessa della riconciliazione con Dio e la giustificazione diventa funzione dell'ecclesiologia>>; egli infatti non sembra tener conto del fatto che strutturalmente Ef antepone un discorso sulla libera gra­ zia di Dio (cf. 1,3-14; 2,1-7) a quello sulla costituzione della chiesa (cf. 2,1 1-22; 4,7-16). TuttaVia, cf. ib. nota 71 la critica alla posizione di E. KA.SEMANN (Il problema teologico del motivo del corpo di Cri­ sto, in Prospettive paoline, SB 18, Brescia 1972, pp. 149-174, 172-174), secondo cui «dove l'ecclesiolo­ gia passa in primo piano ... la cristologia perderà la sua importanza decisiva» (p. 173): giustamente Merklein fa notare che in Ef la chiesa resta ancorata all'evento-Cristo e che in essa lo spostamento non è dalla cristologia all'ecclesiologia, bensì dalla dottrina sulla giustificazione a quella sulla chiesa. 70 Ma si potrebbe anche ricordare il diverso concetto di hamartia, «peccato>> (in Ef solo 2,1 al plurale), e la diversa e più positiva concezione del matrimonio in Ef 5,22-6,4 rispetto al giudizio criti­ co che ne è dato in 1Cor 7, di cui scompare l'esaltazione della verginità perché ne scompare la moti­ vazione dell'imminenza .escatologica. 71 Cf. R. PENNA, Atteggiamenti di Paolo verso l'Antico Testamento, in RivBibllt (1984), 32, pp. 175-210, specie pp. 179s.

36

Efesini e le altre lettere paoline

di testi interi: vedi soprattutto 1 ,22a (= Sal 8,7) ; 2,17 ( = Is 57,19) ; 4,25 (= Zc 8 , 16) ; 4,26 ( = Sal 4 ,5) ; 5 ,31 ( = Gn 2,24) ; 6,2.3 ( = Es 20 , 12; Dt 5, 16) ; 6,14. 15 . 17 ( = Is 59 , 17 ; Sap 5 , 18) . In tutti questi casi, la Scrittura viene citata senza alcuna introduzione, quindi senza conferirle un particolare risalto o espli­ cita autorità normativa (l'unica eccezione è 4,8 dove si cita Sal 68, 19 ma assai liberamente ritoccato) . L'autore, a differenza di Paolo , la inserisce normal­ mente nella propria composizione, come se facesse semplicemente parte del proprio pensiero. Ciò significa certamente che l'autore possiede la s. Scrittura ex corde , come un vero patrimonio ideale da cui non può prescindere. Ma ancor più se ne deduce che egli evita di stabilire un esplicito rapporto di dipendenza o di compimento rispetto alle antiche Scritture d'Israele , al punto che l'unica for­ mula di citazione introduce indifferentemente un passo biblico ( = Sal 68 , 19 ritoccato , in Ef 4,8) e un testo liturgico cristiano ( = Ef 5, 14) F2 Questa prassi, tutt'altro che tradire una forma di antisemitismo (al contrario , in 2,11-22 si afferma apertamente che i gentili sono entrati a far parte di Israele) , lascia intra­ vedere che nella chiesa la componente di origine pagana (o giudeo-ellenisiica) è ormai in preponderanza non solo numerica ma anche culturale. 6. In conclusione, dobbiamo onestamente osservare che la nostra lettera denota in generale un nuovo clima di pensiero teologico . Efesini testimonia una evidente evoluzione nei confronti del corpus paolino autentico, tale che non sarebbe credibile attribuirla ad una semplice maturazione dell'apostolo . L'im­ probabilità di un medesimo autore dipende soprattutto dalla troppo breve distanza cronologica rispetto alle grandi lettere di Paolo (secondo la posizione tradizionale, Romani risalirebbe all'anno 57 ed Efesini agli anni 61-63 , con un intervallo di soli 4-5 anni ; anzi, secondo la tesi tradizionale , Efesini sarebbe addirittura contemporanea di Filippesi, poiché proverrebbe dalla stessa prigio­ nia) . A conforto di una tale possibilità, ci si potrebbe riferire ai due dialoghi di Platone , La Repubblica e Le Leggi.13 Ma la loro distanza nel tempo è assai con-

72 Giustamente M. PEscE, Funzione e spazio della Scrittura nell'attività apostolica paolina. Ipotesi di ricerca, in «Annali di storia dell'esegesi» (1984) , l , pp. 75-108, specie pp. 90-96, afferma che per Paolo tutto il nucleo sostanziale del Vangelo è contenuto in promessa nella Scrittura (cf. Rm 1 , 1-2; 15,3-13; lCor 10,1-1 1 ; 2Cor 1 ,20) . Proprio qui si misura la distanza con Ef, secondo cui «il mistero di Cristo . . . non fu reso noto alle altre generazioni dei figli degli uomini come (invece) ora fu rivelato ai suoi santi apostoli e profeti nello Spirito» (3,4-5): cf. A. T. LINCOLN, The Use ofthe Old Testament in Ephesians, in JSNT (1982) , 14, pp. 16-57. 73 Un confronto sommario fra i due dialoghi fa vedere che, pur nella concordanza circa il «comunismo» come ideale costante , dal primo al secondo si sono operate non poche variazioni: circa l'origine dello stato (cf. Rep. 369b-371b: dal fatto che nessuno basta a se stesso ma ha molti bisogni ; Leg. 677a-682b: conseguente il diluvio primordiale, il patriarcato e la costituzione della città) , l'enu­ merazione delle forme di stato (cf. Rep. 543a-569c: aristocrazia, timocrazia, oligarchia, democrazia, tirannide che è la peggiore; Leg. 708e-712b: tirannia, monarchia, democrazia, oligarchia che è la peggiore) , lo stato ideale (cf. Rep. 576b-580c: si stabilisce un'opposizione tra la somma felicità dello stato regio e la somma infelicità dello stato tirannico; Leg. 693d-696b: la costituzione migliore è quella mista tra la monarchica [Persia) e la democratica [Atene]) , la figura del governante (cf. Rep. 484a-485 : il filosofo [cf. 586c-588a: distanza fra il re-filosofo e il tiranno] ; Leg. 709e ; 710e-711a;

La dipendenza di Efesini da Colossesi

37

siderevole (cioè, una quarantina d'anni, da ca. il 390 a ca. il 350 a.C.), tale da legittimare una vera variazione nella psicologia culturale di uno stesso scrittore. 6. LA

DIPENDENZA DI EFESINI DA CoLOSSESI

Oltre ai tre vangeli sinottici, le due lettere agli Efesini e ai Colossesi pre­ sentano l'unico caso di una possibile sinossi fra scritti interi nell'ambito del NT. All'interno dello stesso epistolario paolino non ci sono altri casi di una corri­ spondenza tanto stretta a livello sia lessicale che fraseologico e un po' meno a livello di pensiero . Il fatto è stato notato da tempo /4 e il problema che esso pone è stato risolto in vario modo : priorità di Efesini su Colossesi; priorità di Colos­ sesi su Efesini ; ipotesi miste (l'autore di Efesini imita e poi interpola Colossesi, o viceversa) . La questione poi si complica in rapporto a quella dell'autenticità delle lettere (tutte e due? una sola? e quale?) . Oggigiorno i più ritengono che sia Efesini a dipendere da Colossesi, comunque si risolva l'interrogativo dell'auten­ ticità soprattutto di Colossesi. Ma procediamo con ordine. 75 1 . Le affinità letterarie. È stato calcolato che più di un terzo delle parole di Colossesi riappare in Efesini. 76 Inoltre, ci sono degli interi brani che ricorrono quasi alla lettera nelle due epistole: Ef 6,21-22: «Ma perché sappiate anche voi ciò che mi riguarda e quel che faccio, sarà Tichico a informarvi di ogni cosa, lui che è fratello diletto e fedele ministro nel Signore, e che ho inviato a voi proprio per questo , affin­ ché conosciate come vanno le nostre cose e conforti i vostri cuori» .

Col 4,7-8 : «Ciò che mi riguarda, sarà Tichico a informarvi di ogni cosa, lui che è fratello diletto e fedele ministro e conservo nel Signore , e che ho inviato a voi proprio per questo , affin­ ché conosciate come vanno le nostre cose e conforti i vostri cuori».

711e-712a: un principe giovane e virtuoso) , la legislazione (cf. Rep. : ci si limita all'idea del Bene, alle quattro virtù cardinali sapienza - fortezza -temperanza -giustizia, e si polemizza con le favole dei poeti; in Leg. invece si propone una legislazione minuta e dettagliata) . 74 Cf. VAN RooN, The Authenticity , pp . 4-8; nel secolo scorso lo studio maggiore in materia è stato di HoLTZMANN, Kritik der Epheser und Kolosserbrief, Leipzig 1872 . 75 Il confronto letterario e tematico fra i due scritti è stato studiato soprattutto da MITTON, The Epistle, pp. 55-97, e da P. BENOIT, Rapports littéraires entre les épltres aux Colossiens et aux Ephésiens, in Neutestamentliche Aufsiitze. Festschrift J. Schmid, Regensburg 1963 , pp. 11-22 ; cf. anche MERKLEIN, Das kirchliche, pp. 28-39. 76 Secondo MmoN, The Epistle, p. 57, delle 1570 parole di Col i1 34% si ritrova in Ef, men­ tre delle 241 1 parole di questa il 26,5% è �n comune con Col.

38

La dipendenza di Efesini da Colossesi

Ef 5 ,19-20: « . . . parlando tra di voi con salmi e inni e canti spirituali, cantando e lodando il Signore con il vostro cuore , ringraziando sempre per ogni cosa Dio padre nel nome del Signore nostro Gesù Cristo» .

Col 3 , 16-17: « . . . esortandovi con salmi, inni, canti spirituali , con grati­ tudine cantando a Dio con i vostri cuori ; e tutto ciò che fate, in parola od opera, tutto (sia) nel nome del signore Gesù, ringraziando Dio padre per mezzo di lui» .

Anche il codice domestico di Col 3, 18-4,1 si ritrova quasi totalmente in quello di Ef 5 ,22-6,9 con la differenza che qui è assai più sviluppato (specie nella parenesi ai mariti) ; se ne ricava la netta impressione che sia stata proprio Colos­ sesi a fornire la griglia di base a Efesini, che infatti la segue fedelmente . Un altro fenomeno , messo particolarmente in luce da Mitton ,77 è quello della conflazione , per cui un solo passo di Efesini raccoglie in sé elementi di due o più passi che in Colossesi sono separati; per esempio: Ef 1 ,7: «Nel quale abbiamo la reden­ zione mediante il suo sangue , la remis­ sione delle cadute» .

Col 1 , 14: «nel quale abbiamo la reden­ zione , la remissione dei peccati» ; 1 ,20: «mediante il sangue . . . » .

Ef 1 , 15-16: «Perciò anch'io , appresa la vostra fede nel signore Gesù e l'amor� verso tutti i santi, non cesso di ringra­ ziare per voi , facendone memoria nelle mie preghiere».

Col 1 ,4: «Avendo . (noi) appresa la vostra fede nel Cristo Gesù e l'amore verso tutti i santi» ; 1 ,9: «Perciò anche noi. . . non cessiamo di pregare per voi».

Ef 4,16: «A partire dal quale tutto il corpo , compatto e unito per ogni giun­ tura, garante della forza propria di cia­ scuna componente, cresce integral­ mente edificandosi nell'amore» .

Col 2,2: «uniti nell'amore» ; 2, 19: «Dal quale tutto il corpo , sostentato e unito per le giunture e i legami, cresce inte­ gralmente secondo Dio» .

Questi esempi si possono moltiplicare (cf. Ef 2, 1-5 e Col 2,13 ; 3 ,6 ; inoltre Ef 2,11-15 e Col 1 ,21s; 2,11-14; e ancora Ef 4, 1-4 e Col 1 , 10; 3 , 12. 13 . 14 . 15 ; ecc . ) . Essi sono la prova migliore della dipendenza di Efesini da Colossesi. Ma se ne deduce anche che l'autore di Efesini con ogni probabilità non aveva sot­ t'occhio il testo scritto di Colossesi, se si eccettua il caso di Ef 6,21-22, che però riporta Col 4,7-8 in maniera acritica, poiché il plurale personale «le nostre cose» in Colossesi fa senso (essendo la lettera inviata da Paolo e da Timoteo : cf. Col 1 , 1) mentre in Efesini è un'incongruenza (poiché essa risulta inviata dal solo Paolo: cf. Ef 1 , 1). Certo l'autore di Efesini doveva avere un'intima familiarità con Colossesi, e il fatto sembrerebbe spiegarsi al meglio con l'identità del17

Cf.

MrrroN, The Epistle,

pp.

63-67 .

La dipendenza di Efesini da Colossesi

39

l'autore per ambedue le lettere, scritte a brevissima distanza di tempo l'una dall'altra. Ciò parrebbe confermato da alcune affinità tematiche, come il titolo cristo­ (cf. Col 1 ,16; 2,10; 2,19),78 il tema della «pace» conclusa median­ 79 te il sangue di Cristo (cf. Col 1 ,20 ed Ef 2,14-15), il tema dell'uomo vecchio e dell'uomo nuovo (cf. Col 3,9-10 ed Ef 4,22-24),80 ecc.

logico di «capò»

2.

Le divergenze concettuali distanziano però

le due lettere, tanto più che

esse sono constatabili nel medesimo lessico impiegato. Alcuni casi li abbiamo già 8 accennati. 1 Qui ne riportiamo alcuni altri. Il concetto di

soma,

«corpo», ha in entrambe le lettere un riferimento alla

chiesa; la differenza sta nel fatto che in Colossesi (1 ,18; cf. 2,19) è ancora perce­ pibile un probabile passaggio semantico da un originario significato di timbro stoico (che intende il «soma» in riferimento al cosmo) al nuovo concetto di cor­ po come definizione ecclesiologica, mentre in Efesini

è ormai normale l 'uso

del

termine solo nel secondo senso. 82 Il concetto di pléroma, «pienezza», sperimenta pure uno slittamento di sen­ so; infatti in Colossesi ( 1 ,19; 2,9) esso indica la pienezza della divinità in quanto risiede in Cristo, tutt'al più con un orientamento soteriologico nel secondo testo; in Efesini invece (1 ,23; 3,19; 4,13; cf. 4,10) esso ha sempre un riferimento eccle­ siologico, sia che serva per definire la chiesa stessa, in 1 ,23, sia che rappresenti il 83 traguardo a cui la chiesa deve tendere. Il concetto di

mysterion,

«mistero»,

è

tipico delle due lettere; ma in Colos­

sesi ( 1 ,26s; 2,2; 4,3) esso ha una chiara connotazione cristologica: anche se predi­ cato fra i gentili, esso si identifica semplicemente con Cristo; invece in Efesini ri­ ceve una trattazione diversificata; 84 ma nei testi paralleli a Colossesi (essenzial­ mente Ef 3,3.4.9; cf. 6,19) esso passa a designare non più l'annuncio di Cristo fra le genti, bensì la convergenza ecumenica dei pagani nella sola chiesa, sicché

78 Ma Col 2,10 («Cristo .. . è il capo di ogni principato e di ogni potestà») non ha riscontri in Ef, dove il titolo ha solo un riferimento ecclesiologico. 79 Ma in Col la pace è prodotta da Dio (mentre in Ef direttamente da Cristo) ed è a livello co­ smico tra Dio e le cose della terra e dei cieli (mentre in Ef è a livello ecumenico tra giudei e pagani). 80 Ma il lessico non è lo stesso (i verbi sono diversi: in Col apekdynai, «svestire», in Ef apo­ thésthai, «deporre»; così gli aggettivi per «nuovo»: in Col ne6s, in Ef kain6s) e la prospettiva in Ef è molto più accentuatamente morale: infatti, i verbi in Col sono all'aoristo (e alludono molto più chia­ ram�n!e al battesimo), mentre in Ef sono all'infinito presente e alludono ad un incessante impegno quotldtano. 8 1 Cf. le precedenti note 78, 79, 80. 82 Vedi i commenti a Col, specie quelli di E. Lohse, J. Gnilka, P. Pokomy. 83 Nella teologia di Col è centrale la sovranità di Cristo sul cosmo; Ef la riprende, ma per ac­ cenni, sviluppandola invece in chiave ecclesiologica (cf. J. ERNST, Pleroma und Pleroma Christi. Ge­ schichte und Deutung eines Begriffs der paulinischen Antilegomena, BU 5, Regensburg 1970, pp. 153197). 84 «Mistero» è l'eterno disegno di Dio di intestare tutte le cose in Cristo (cf. 1,10) ed è anche la realtà matrimoniale (cf. 5,32).

40

Rapporto con altri scritti del NT

«alla missione fra i popoli si oppone ora la chiesa come risultato di questa mis­ sione».85 I destinatari poi della rivelazione del mistero in Col 1 ,26 vengono detti semplicemente «i santi», sia che con essi si intendano tutti i cristiani (così comu­ nemente) oppure i predicatori del Vangelo (così P. Benoit) o addirittura gli an­ geli (così E. Lohmeyer), mentre in Ef 3,5 essi vengono specificati come «i santi apostoli e profeti», con un evidente restringimento di significato. Infine, la ekkles(a, «chiesa», in Col 4,15 designa ancora, come nelle altre let­ tere paoline, una comunità particolare, anzi «domestica» («la chiesa che si radu­ na in casa di Ninfa»), mentre ormai in Efesini essa indica sempre e soltanto la chiesa universale (cf. sopra). 3. In conclusione, è quanto mai logico pensare alla priorità cronologica di Colossesi rispetto a Efesini e alla dipendenza letteraria e in parte concettuale di questa rispetto a quella.86 Non sembra comunque potersi trattare di una dipen­ denza letterale o di copiatura: sia il fenomeno della conflazione che il grado di originalità dottrinale proprio di Efesini inducono invece a ritenere che l'autore di Efesini conoscesse molto bene Colossesi, quasi a memoria (così Mitton), e ad essa si sia ampiamente ispirato per trattare alcuni temi di suo personale (e comu­ nitario) interesse. Ma proprio queste considerazioni inducono anche a ritenere che l'autore di Efesini non sia Paolo: nell'ipotesi dell'autenticità, infatti, le due lettere dovrebbero essere contemporanee, ma allora come spiegare gli sposta­ menti concettuali nell'uso di alcuni termini identici e ugualmente importanti?87 7.

RAPPORTO CON ALTRI SCRITTI DEL

NT

La nostra lettera presenta alcuni addentellati con altri scritti del canone neotestamentario, tali da rivelare un certo qual imparentamento, sia a livello let­ terario che tematico. Il fatto, di cui è difficile dare una valutazione,88 è stato stu­ diato anche dettagliatamente, e noi qui ci accontentiamo di alcuni accenni. l. Efesini e Luca-Atti.89 Sono state contate dieci parole che nel NT ricorro­ no solo in questo gruppo di scritti. Inoltre, ci sono delle affinità nella fraseologia:

85 MERKLEIN, Das kirchliche, p. 32. 86 Questa è la posizione oggi pressoché

unanime tra gli studiosi; in senso contrario, cf. J.

CouTIS, The Relationship of Ephesians and Colossians, in NTS (1958) 4, pp. 201-207.

87 Anche BENOIT, Rapports littéraires, p. 21 («La voce è di Giacobbe, ma le mani sono di Esaù»!), conclude che è ben difficile attribuire all'apostolo l'imitazione di Col, che risulta un'opera­ zione attenta e ben riuscita, ma troppo elaborata e faticosa; egli allora ricorre all'ipotesi dell'inter­ vento di un discepolo-segretario, che però è una semplice scappatoia (cf. sotto, pp. 59-63). 88 Per esempio, c'è chi in base ad alcune affinità tra Ef e Lc-At ha concluso che Luca è anche l'autore di Ef (cf. Exp Tim 79, 1968, p. 296); ma allora perché At non dà alcuna informazione sulle lettere di Paolo, compresa Ef? 89 Cf. MITION, The Epistle, pp. 198-220.

Rapporto con altri scritti del NT

41

«nella giustizia e santità» (Ef 4,24; cf. Le 1,75: «in santità e giustizia»), «poter re­ sistere» nella prova (Ef 6,13; Le 21,15), «con ogni umiltà» (Ef 4,2; At 20,19), «la sua eredità fra i santi» (Ef 1,18; cf. At 20,32: «l'eredità fra tutti i santificati»). So­ prattutto, si constatano alcuni temi in comune: l'enfasi posta sulla risurrezione­ ascensione (ma per Ef 1,19s; 2,5s; 4,8-10 si dirà meglio risurrezione-esaltazio­ ne ) ,90 l'interesse per il popolo d'Israele come matrice e componente della chiesa, l'importanza attribuita agli apostoli come fondamento della chiesa stessa, l'atte­ nuazione dell'attesa escatologica. 2. Efesini e 1Pietro. 91 Qui il fenomeno è più accentuato, poiché riguarda una corrispondenza che è insieme lessicale e tematica e che si constata in almeno quattro casi: Ef 1,3 ( 1Pt 1,3: formula iniziale di un'euloghia posta in apertura di lettera, come in 2Cor 1,3); 1 ,20-21 (cf. 1Pt 3,22: « ... in virtù della risurrezione di Gesù Cristo, il quale è alla destra di Dio, essendo salito al cielo ed essendo sta­ ti sottomessi a lui angeli e potestà e potenze»); 2,18-22 (cf. 1Pt 2,2-6: tema dei cri­ stiani come tempio santo e spirituale, in crescita, con Cristo quale pietra angola­ re); 3,2-6 (cf. 1Pt 1,10-12: «Su questa salvezza indagarono e scrutarono i profeti... e fu loro rivelato che non per se stessi, ma per voi erano ministri di quelle cose che ora vi sono state annunciate da coloro che vi hanno predicato il vangelo nel­ lo Spirito santo»). È difficile non ammettere che tra i due scritti è intercorso qualche speciale rapporto. =

3. Efesini ed Ebrei. A richiamare l'attenzione su questa parentela è stato A. Vanhoye,92 che, a parte un'indagine statistico-lessicale riconosciuta non mol­ to fruttuosa, ha messo in luce un certo grado di affinità a livello sia di espressioni (una quindicina) che di temi (cinque teologici e cinque parenetici). Tra le espressioni esclusive ai nostri due scritti, ricordiamo soprattutto: «fondazione del mondo» (Ef 1 ,4; Eb 4,3; 9,26), «illuminare» riferito ai cristiani (Ef 1 ,18; cf. Eb 6,4; 10,32), «la legge dei precetti» (Ef 2,14s; cf. Eb 7,16: «la leg­ ge del precetto»), «estranei e forestieri» (Ef 2,19; cf. Eb 1 1 ,13: «estranei e pel­ legrini»), la «ricchezza di Cristo» (Ef 3,8; cf. Eb 1 1 ,26), relazione tra il «cuore» e la «fede» (Ef 3,17; Eb 3,12; 10,22), analoga designazione perifrastica di Dio (cf. Ef 4,6 ed Eb 2,10), «sangue e carne» invece dell'abituale inversione dei due termini (Ef 6,12; Eb 2,14),. «la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio» (Ef 6,17; cf. Eb 4,12). Quanto ai temi comuni, si tratta dei seguenti: a) la glorificazione di Cristo espressa nelle sue tre componenti di sessione alla destra di Dio, di superiorità sulle potenze angeliche, di sottomissione di ogni cosa ai suoi piedi (con allusione

90 91

92

a. G. LoHFINK, Die Himmelfahrt Jesu, SANT 26, Mflnchen 1971, pp. 86-87. Cf. MrrroN, The Epistle, pp. 176-197; vedi anche GNILKA, Der Epheserbrief, pp. Cf. l'ottima analisi di A. VANHOYE, L'épitre aux Ephésiens et l'épftre aux Hébreux,

(1978), 59, pp. 198-230, specie pp. 215ss.

22-23. in Bibl

42

Rapporto con altri scritti del NT

al Sal 109(110) , 1 , e, cosa più originale, con uguale riporto del Sal 8,7 in una rein­ terpretazione cristologica dell'originario senso antropologico) (cf. Ef 1 ,20-22; Eb 1 ,2-4; 2,5-9) ;93 b) l'opera redentrice di Cristo non è solo espressa nei termini di una rede�zione e remissione dei peccati avven':lta mediante il sangue di Cristo (cf. Ef 1 ,7 ; 2,13; Eb 9,11-12. 14. 15.22 ; 10, 19) , ma anche e soprattutto in quanto egli ha reso libero e fiducioso l'accesso (prosagoghe) a Dio (cf. Ef 2,18; 3,12; Eb 4,16; 10,19) ; c) il concetto della morte sacrificale di Cristo «quale ablazione e vittima a Dio in odore di soavità» (Ef 5 ,2) è tipico di tutta Ebrei (cf. perlomeno i termini prosphora e thysfa rispettivamente in Eb 10,10 . 14 e 9,26; 10,12) ; d) la stessa cosa vale per quanto Ef 5,26 dice su Cristo (e non su Dio) come agente di santificazione e di una purificazione sacramentale, che si ritrova solo in Eb 1 ,3; 7,11; 10,22; 13,14; e) infine , il tema della vocazione celeste dei cristiani, varia­ mente espresso in Ef 1 , 18 ; 2,5-6. 19.21 , trova un'analoga trattazione in Eb 3 , 1 . 6. 14; 12,22.94 4. Efesini e Giovanni. Il rapporto della nostra lettera col quarto Vangelo , purtroppo, non è ancora stato analiticamente studiato.95 Ma sono indubbi i motivi di accostamento . Vedi le espressioni: «prima della fondazione del mondo» (Ef 1 ,4 ; Gv 17 ,24) , la misura del dono (Ef 4,7; Gv 3 ,34) , il Cristo che discende e sale al cielo (Ef 4,10; Gv 3 , 13) , camminare nella luce (Ef 5,8; Gv 12 ,35s) , la manifestazione delle opere nella luce (Ef 5 , 1 1 . 13 ; Gv 3 ,20-21 ; i due passi usano lo stesso verbo elégchein nello stesso contesto con lo stesso senso di «riprovare» , invece che «convincere») , pregare «in nome di» Cristo (Ef 5 ,20; Gv 16,23-24) , purificare con la parola (Ef 5,26 ; Gv 15 ,3) . In particolare , la cosiddetta preghiera sacerdotale di Gesù in Gv 17 è ricca di addentellati con Efesini: tra tutti spicca il tema dell'unità della chiesa, che non ha altrove nel NT una sottolineatura così forte come in questi due scritti ( Gv 17 ,11 .21-23 ; Ef 2, 14-18; 4,3-6) ; ma vedi pure i temi della verità (Gv 17 , 17 . 19 ; Ef 4,21 . 24; 5 ,9) , della concezione negativa di questo mondo (Gv 17 ,9. 14s ; Ef 2,2; 6,12) , dell'amore del Padre per il Figlio (Gv 17 ,23 ; 3 ,35 ; Ef 1 ,7) e del potere dato a lui su ogni cosa (Gv 17 ,2; Ef 1 ,21s) , oltre alla sottolineatura dell'amore in generale come norma di vita (passim) . Sarebbe interessante, inoltre, studiare quel clima vagamente gnostico (e qumrànico) che sembra particolarmente acco­ munare i nostri due scritti.

9J Giustamente VANHOYE, L'épltre aux Ephésiens, p. 221 , fa notare che pur essendo questi elementi di uso tradizionale, nel senso che si ritrovano in altri passi del Nf, tuttavia è cosa propria di Ef ed Eb la loro presenza simultanea in uno stesso esposto cristologico. 94 Quanto ai temi parenetici, si dovrebbero confrontare i seguenti testi: a) Ef 5,2-5 con Eb 13,1-6; b) Ef 5 , 1s.6ss con Eb 13 ,7-9 ; c) Ef 5 , 15-20 con Eb 13,9.15; d) Ef 5,21 con Eb 13,17; e) Ef . 6,18-20 con Eb 13, 17b-19; e poi anche f) Ef 4,30 con Eb 10,26.29. 9 5 Mi risultano solo le osservazioni di W. Lock, in Hastings Dictionary ofthe Bible, l, pp. 716717 (citato in J. C. KIRBY, Ephesians: Baptism and Pentecost. An lnquiry into the Structure and Pur­ pose of the Epistle to the Ephesians, Montreal 1968, pp. 166-168) .

Lo sfondo culturale

43

5. Conclusione. I numerosi contatti segnalati tra Efesini e i quattro scritti

suddetti non possono comunque essere gonfiati. Resta il fatto che le rispettive differenze sono ancora maggiori, sia nello stile che nella tematica di fondo. Per­ ciò, le somiglianze constatate, tanto nel linguaggio che nella teologia, non pos­ sono essere spiegate come una dipendenza letteraria diretta, da nessuna delle due parti, poiché il fenomeno è sostanzialmente sporadico e non investe la struttura generale del pensiero dei rispettivi autori. Piuttosto, si deve pensare alla loro appartenenza ad un comune momento storico-ecclesiale, che esercita la propria influenza sui suoi vari portaparola.96 Questi scritti, inoltre, si pongono in parte e in gradi diversi nel solco della tradizione paolina, a cui per vari motivi sono debitori, ma che ciascun autore interpreta secondo il proprio genio e la propria situazione. Con ogni probabilità, tutti si collocano e partecipano ad uno stadio avanzato della storia della chiesa primitiva ( = ultimi due decenni del I sec.), quando la relativa distanza dalle origini permette loro sia di ripensare ai personaggi del passato (apostoli e Paolo) con maggiore distacco e venerazione insieme, sia di approfondire con più sistematicità alcuni aspetti della realtà cri­ stiana (come il tema del sacrificio di Cristo in Ebrei e quello della chiesa in Efe­ sini, Luca-Atti) , sia di respirare una uguale atmosfera culturale (come in Efesini e Giovanni). 8. Lo

SFONDO

CULTURALE

Di ogni libro biblico è importante chiedersi in quale ambiente culturale es­ so si collochi e a quali correnti ideali del suo tempo sia eventualmente debitore. La sola canonicità infatti rischia di astrarre, cioè di disincarnare la s. Scrittura in una sfera mitica o comunque astorica. Ma normalmente il linguaggio biblico non è una «creatio ex nihilo», bensì assume e trasforma per via di osmosi non pochi elementi ambientali nella propria esposizione del mistero rivelato. 97 La nostra lettera non solo non si sottrae a questa universale legge di inculturazio­ ne, ma più di molti altri scritti canonici e persino paolini presenta un acuto caso del genere. La stessa discussione fra gli studiosi ne è una potente testimonianza. I numerosi rapporti esistenti tra Efesini e l'A T (cf. pp. 35-36), l'epistolario pao­ lino (in particolare Colossesi) e altri scritti del NT (cf. sopra), non bastano

96 Su questa conclusione concordano sia MIITON, Ephesians, p. 17 e 18, sia VANHOYE, L 'épt­ tre aux Ephésiens, p. 229; essi si dividono invece sull'autenticità della lettera (il primo contrario, il secondo favorevole) . Ma Vanhoye a p. 230 propone la composizione di Ef negli anni 60, contempo­ ranea ad Eb, mentre a proposito di 5,2 scrive che essa «si situa esattamente al punto di transizione tra Pl [con questa sigla è inteso tutto il corpus paolino, comprese le pastorali: cf. p. 199 nota 7; ma forse l'autore qui intende Paolo ] ed Eb. Questo testo apre il passaggio alla dottrina del sacrificio redentore. Partendo dalla prospettiva esistenziale di Paolo sulla passione di Cristo, esso la prolun­ ga in un senso sacrificate e prepara così una elaborazione ulteriore, fecondissima, che si realizza in Eb» (� 223); di qui l'autore sembra suggerire questa successione: Paolo - Ef - Eb. Cf. R. PENNA, Cultura/acculturazione, in Nuovo dizionario di teologia biblica, a cura di P. Rossano, G. Ravasi, A. Girlanda, Milano 1988.

44

Lo sfondo culturale

affatto a spiegare il livello dottrinale più caratteristico di Efesini, che sta nella ecclesiologia (cf. i concetti di corpo e pleroma) , nella cristologia (cf. Cristo come capo del cosmo e della chiesa) e nella soteriologia (cf. l 'idea di partecipare fin d'ora a Cristo «nei cieli»).

È lecito e doveroso chiedersi: questo universo concet­

tuale ha forse degli agganci con il mondo-ambiente? A una tale domanda, vista l 'originalità di Efesini nel concerto degli altri primi scritti cristiani, occorre subi­ to rispondere affermativamente, sotto l'ovvia condizione ·che si possa individua­ re nel terreno storico di Efesini (grosso modo: nella seconda metà del I sec. d.C.)

qualche falda religioso-culturale che possa essere confluita a formare la fisiono­ mia propria della lettera e a conferirle il suo sapore tipico. Orbene, la ricerca scientifica in questo campo, sviluppatasi tutta nel nostro secolo, ha sostanzial­ mente messo in luce quattro possibilità; qui le presentiamo in un ordine che non segue rigorosamente la cronologia delle proposte avanzate ma la loro minore o maggiore pertinenza e complessità.

l. In primo luogo, la lettera rimanda con ogni probabilità ad uno sfondo 98 Ciò è stato assodato da vari studi specifici, tutti degli anni sessanta. Oltre al possibile confronto formale e tematico fra l'euloghia iniziale di Ef 1 ,3-14

qumriinico.

e 1QS 1 1 , 15b-10a, si può constatare sui due versanti non solo una fraseologia co­ mune (cf. Ef 1 ,5b con 1QS 8,6: «gli eletti del beneplacito» ; Ef 1 ,7; 2,7 con 1QS 4,3.5: «la grandezza della sua misericordia»; Ef 1,11 con 1 QS 2,2: «gli uomini del­ la sorte di Dio»; Ef 1 ,18a con 1QS 2,3: «egli illumini il tuo cuore»; Ef 1 ,18b con 1QS 1 1 ,7: «l'eredità nella sorte dei santi»; Ef 2,22 con 4QFlor 1 ,6: «santuario umano»; Ef 3,5 con 1QS 8,16: «come i profeti rivelarono con il suo spirito santo»; ecc.), ma anche una serie di concetti fondamentali che indubbiamente accostano Efesini a Qumran. Così

è per «mistero»

e la sua valenza apocalittica

(

=

nascon­

dimento-rivelazione del piano salvifico di Dio alla fine dei tempi), «Verità» come designazione dell'insieme della rivelazione divina

(cf.

1QS 1 , 1 1s; 5,10; 6,15;

1 QpAb 7,10; ecc. ), una certa connessione tra la comunità e il mondo celeste (cf. 1 QS 1 1 ,7s; 1 QH 3,21 -23), la comunità come casa di Dio

(cf.

1 QS 8,4-10; 9,5s;

1QH 7,8s) , la parenesi sui figli della luce (cf. 1 QS 3,19-21 ; lQM). Queste affinità, pur essendo notevoli e interessanti, sono però tutto som­ mato abbastanza generiche e non permettono di concludere in favore di una 99 dipendenza diretta. È più verosimile pensare che entrambe le parti siano

98

Cf. J. CoPPENs, Le «mystère» dans la théologie paulinienne et ses parallèles Qumraniens, in DESCAMPS, Littérature et théologie pauliniennes, Bruges 1960, pp. 142-165, specie pp. 154ss; KuHN, Der Epheserbrief, pp. 334-346; F. MussNER, Beitriige aus Qumran zum Verstiindnis des Ephe­ serbriefes, in Neutestamentliche Aufsiitze. Festschrift l. Schmid, Regensburg 1963, pp. 185-198; J. MuRPHY-O'CoNNOR, Who wrote Ephesians?, in «Bible to-day» (1965), 18, pp. 1201-1209; H. BRAUN, Qumran und das Neue Testament, Tiibingen 1966, l, pp. 215-225. 99 Del tutto affrettata e indimostrata è la tesi di MuRPHY- O'CoNNoR, Who wrote Ephesians?, p. 1202, che vede nell'autore di Ef un segretario di Paolo convertito dall'essenismo.

ed. A.

Lo sfondo culturale

45

espressione di una comune base culturale impregnata di apocalittica, o che Efesini provenga da un ambiente in qualche modo condizionato dall'essenismo (per esempio dopo la dispersione della comunità di Qumran con i fatti del 70; cf. la presenza a Efeso di alcuni discepoli del Battista secondo At 19,1-7). In­ fatti, resta vero che nella letteratura di Qumran non si rinvengono i tratti più caratteristici di Efesini, né l'ecclesiologia (cf. corpo, pleroma, membra), né la cristologia (nessun confronto possibile col maestro di giustizia né con il o i messia attesi), e tantomeno la prospettiva ecumenica e universalistica della no­ stra lettera.1 00

2. Altri si sono rivolti all'ambiente greco-romano, puntando l'interesse sulla filosofia stoica e la sua vasta diffusione al tempo delle origini cristiane. 101 Infatti alcune componenti di Efesini sono omogenee con questo versante cultu­ rale. Già la fraseologia di 1,23 richiama il pensiero della stoà, secondo cui «nel mondo non c'è nulla di vuoto, bensì esso è una compatta unità, la quale è il ne­ cessario risultato della cospirazione e dell'accordo che tiene insieme le cose cele­ sti e quelle terrestri» (Diogene Laerzio 7,140); così pure 4,6 riecheggia nella forma un'espressione panteistica (cf. Marco Aurelio 7,9: «Uno è il mondo, uno è il dio che lo pervade, una la sostanza, una la legge, una la ragione comune a tutti gli esseri pensanti, una la verità; una quindi sarà la perfezione di tutti gli esseri»); cf. anche 3,18. Ma è proprio l'idea di universalità e quella correlativa di unità che stabilisce un nesso tra Efesini e lo stoicismo, tanto più che essa si concretizza nel concetto di «corpo» come designazione del «tutto cosmico» da una parte e della società dall'altra/ 02 e nel concetto di «capo» della società, anche se questo nella letteratura classica è piuttosto raro. 103 Ciò che accomuna Efesini a questo am­ biente è perciò anche una certa ottimistica serena visione del «corpo», a cui è estraneo il pessimismo dualistico dello gnosticismo. Tuttavia, queste concezioni sono presenti anche nel giudaismo ellenistico, che combina insieme il monoteismo ebraico, la tradizione sapienziale e appunto

00

Cf. KuHN, Der Epheserbrief, p. 346. Vedi soprattutto J. DuPONT, Gnosis. La connaissance religieuse dans les épitres de S. Paul, Louvain-Paris 1949, pp. 461-467; MussNER, Christus; P. BENOIT, Corps, t€te et plérome dans les épitres de la captivité, in RB (1956), 65 pp. 5-44 (tr. it. a cura di P. Rossano in: P. BENOIT, Esegesi e teologia, Roma 1964, pp. 397-460); sul concetto di «COrpo» nell'ellenismo, cf. E. ScHWEIZER, in GLNT, XIII, coll. 629-652. 102 Il «Corpo» come designazione del cosmo si trova per esempio in PLATONE, Tim. 30b (soma 1011 pantos) e in SENECA, Epist. 95,52 («tutto ciò che vedi, in cui è racchiuso il divino e l'umano, unum est: membra sumus corporis magni» ); come designazione della società umana e politica si trova per esempio in Crisippo (cf. voN ARNI M, SVF, II, p. 124: «spesso un soma consiste di molti corpi distinti, come una ekkles{a o un esercito o un coro, dei quali però a ciascm.to spetta una sua propria vita, pen­ siero e apprendimento»), in SENECA, De clem. 1 ,5,1 (dove all'imperatore vien detto: Tu animus rei publicae es, il/a corpus tuum) e nel celebre apologo di Menenio Agrippa (in T. LIVIO 2,32). 10 3 Cf. CuRzio RuFo, Hist. 10,9,1-4 (= dopo Alessandro Magno le province vanno in rovina, cum sine suo capite discordia membra trepidarent) e TAciTO, Ann. 1 ,12s (unum esse rei publicae cor­ pus... Quo usque patieris, Caesar, non adesse caput reipublicae?). 1

1 01

46

Lo sfondo

culturale

la visione universalistica e unitaria delle cose , come attesta ampiamente Filone Alessandrino ;104 ciò dimostra almeno che l'operazione culturale di Efesini non è unica nel suo genere e forse anche che il suo autore potrebbe dipendere proprio da questo ambiente (cf. pp. 63-65) . Soprattutto però va rilevato che né nello stoicismo né in Filone c'è l'idea di un > (così DFG Vg AmbstJ Ma «il Diletto>> da solo acquista una chiara e solenne portata titolare. 4 Cf. R. PENNA, IL Sangue di Cristo nelle Lettere paoline, in ed. F. VATIIONI, Sangue e antropo­ logia biblica, Roma 1980, Il, pp. 789-813. 65 Vedi per esempio P. Oxy. 722 (atto di emancipazione di una schiava, dell'anno 91 d.C.) in PENNA, L'ambiente storico-culturale, p. 1 12. ,

94

Commento

costosa, consistente appunto nel «sangue del Diletto» (cf. anche 1Pt 1 , 18-19) . La terminologia impiegata implica dunque un paragone, come sempre , zoppi­ cante. Infine, va notato il presente indicativo échomen , «abbiamo» ; in rapporto al precedente aoristo «ci colmò della sua grazia» , esso allude discretamente ad una redenzione, il cui farsi non è relegato al passato né è limitato ad un momento puntuale , ma che invece caratterizza l'oggi del cristiano , essendo sem­ pre disponibile per una personale appropriazione (nel battesimo?) . «La remissione dei peccati» (letteralmente: «delle cadute») : è apposizione del precedente sostantivo «redenzione», che qui appunto viene specificato. Il senso fondamentale è che la liberazione o riscatto dell'uomo secondo la fede cri­ stiana non è radicale, se non lo sottrae a un insieme di negatività, deficienze , su cui Dio solo può intervenire mediante il suo perdono: nella dimensione umana c'è un livello in cui egli solo può agire, annullando per grazia tutto ciò che inquina il rapporto con lui (cf. 2,5; Col 2,13b; 2Cor 5 , 19) ; e ciò avviene appunto mediante il sangue del Diletto.66 «Secondo la ricchezza della sua grazia» è una locuzione di sapore qum­ rànico ,67 simile ad altre nella stessa lettera (cf. 1 ,18; 3 ,8. 16) ; la formulazione più vicina è quella di 2,4 («Dio , essendo ricco in misericordia . . . ») . È la terza volta in poche righe che appare il concetto di charis (vv. 6a.6b.7b) . Tale frequenza esprime il fatto che dalla grazia di Dio non si può prescindere, e che essa è insieme inesauribile e sempre attingibile, e infine che essa è il motivo originario della celebrazione gioiosa attuata dalla comunità cristiana con la presente eulo­ ghia. vv . 8-10: il mistero della volontà di Dio come progetto di intestare ogni cosa in Cristo risorto. L'unità della strofa è data, oltre che dal tema, dalla ricor­ renza del terzo aoristo indicativo e dal fatto che col seguente v. H l'attenzione si sposterà da un orizzonte cristologico ad uno più marcatamente ecclesiologico . «Che68 riversò abbondantemente in noi con ogni sapienza e intendimento». La frase è legata a quella precedente sulla grazia, di cui viene qui affermato un dono generoso senza calcoli (cf. 2Cor 9,8s) . Ma in più ora si specifica e si sottoli­ nea una nuova dimensione di effetti prodotti nel cristiano dalla charis divina:

66 Questo tipo di «liberazione» ha valore primario. D a essa dovrà profluire anche una libera­ zione di tipo sociale e politico, che fa altrettanto parte dell'identità cristiana. Ciò è variamente sug­ .gerito dalla nostra lettera: l) la stessa signoria di Cristo non è limitata ad un ambito puramente spiri­ tuale, ma è a dimensione cosmica (cf. 1 ,9-10) e comporta la vanificazione di ogni sorta di potere ten­ dente a schiavizzare l'uomo (cf. 1 ,20-22a) ; 2) la apoljtrosis attuale è solo parziale, essendo destinata ad una ulteriore compiutezza finale; quindi c'è una riserva escatologica, che agisce come istanza cri­ tica su ogni presente forma di vita (cf. 1 , 14; 4,30) ; 3) la charis, «grazia», di Dio non si esaurisce nella sfera dell'individuale, ma tende per natura sua a instaurare nuovi rapporti vicendevoli tra gli uomini (cf. 4,32) ; 4) l'esortazione ai padroni in 6,9 ricorda loro che in ultima istanza non c'è distinzione davanti a Dio tra loro e i loro servi, fruendo tutti della stessa dignità. 61 In lQS 4,3.5 si legge l'espressione equivalente b•rob fiisadaw, «nella grandezza della sua misericordia» (cf. ib. 11,14). 68 La frase . greca comincia con una attractio relativi come il v. 6b: cf. nota 61 .

1,3-14

95

essa non causa soltanto la remissione dei peccati, ma elargisce al cristiano anche una nuova componente sapienziale, una originale comprensione del mondo e della storia. Infatti il suo dono implica «ogni sorta di sapienza e di intendi­ mento»69 (cf. Dn 2,23 LXX: «Ti confesso, Signore, ... perché mi hai dato sa­ pienza e intendimento»). I due sostantivi, sophfa kai phr(mesis, sono sinonimi e si integrano a vicenda in quanto il primo indica una conoscenza intellettuale e profonda come stato costante del beneficiario, mentre il secondo allude piutto­ sto a una capacità di penetrazione attiva nel mistero rivelato (cf. Pro 1 0,23 LXX: «Ridendo lo stolto compie cose malvage, ma la sapienza genera all'uomo intendimento» ) .70 La concatenazione logica dei concetti è questa: il v. 9 dirà che la sapienza e l'intendimento consistono nella conoscenza del mistero della vo­ lontà di Dio, mentre il v. 10 specificherà in che cosa consiste tale mistero. «Avendoci fatto conoscere il mistero della sua volontà». Il concetto di my­ sterion tou thelematos autou11 implica una sfumatura semantica che allude a qualcosa di operativo; è una decisione nascosta che però dovrà essere eseguita: non dall'uomo, ma da parte di colui (Dio) a cui appartiene «il mistero della sua volontà». Perciò non si tratta assolutamente di una volontà divina moralistica­ mente connotata, cioè orientata a dettare delle esigenze per la condotta umana: nulla di più lontano dal contesto dell'affermazione del ·v. 9. Qui è Dio che mani­ festa un suo piano di azione. L'unico vero sfondo possibile per comprendere questa tematica ci è dato dall'apocalittica giudaica con la sua riflessione sulla storia, di cui si dice che gli esiti futuri appartengono ai misteri della conoscenza e della volontà di Dio. Così infatti leggiamo nella Regola della comunità di Qum­ ran: «Tutto ciò che sarà fu nel tuo beneplacito. All'infuori di te non c'è alcun al­ tro al quale tu abbia a rispondere sulla tua intenzione, che comprenda tutto il tuo santo disegno, che contempli la profondità dei tuoi misteri (ct5meq razeyklì) e penetri tutte le tue meraviglie» (1QS 1 1 ,18-19). Il mistero di Dio inoltre ri­ guarda non l'indefinito divenire storico, ma precisamente il tempo ultimo, «il compimento del tempo» (�mar haqqez: 1QpHab 7,2), poiché «tutti i tempi di

69 GNILKA, Der Epheserbrief, p. 77, collega questo complemento col seguente participio aori­ sto gnorisas, spiegando che «sapienza e intendimento» non sono un dono al cristiano, ma specifica­ zioni dell'attività rivelante di Dio. È vero che questa costruzione trova un'analogia in Ge r 10,12 se­ condo la versione dei LXX («egli ha fissato il mondo con sapienza e con intelligenza ha disteso i cieli») e 1QS 4,18 ( un semplice appel­ lativo epistolare e nel «noi» una aggregazione dello scrivente alla condizione generale di peccato , da cui nessuno è esente (cf. v. 3a: «noi tutti») . Lo stato spirituale dell'uomo fuori di Cristo è presentato con l'immagine della morte , secondo un certo linguaggio metaforico constatabile altrove nel NT (cf. Le 15 ,24.32; Ap 3,1)165 e anche a Qumran!66 La distinzione tra «cadute>> (paraptomata) e «peccati» (hamartiai) è letteraria, non reale: si tratta di sino­ nimi; la ripetizione del concetto e l'uso. dei termini al plurale sta a indicare la prospettiva esistenziale e non metafisica dell'autore, per il quale, a differenza di Paolo, il peccato è un atto concreto, non una condizione previa.167 Questa idea è vv.

165

Paolo, al contrario, parla preferibilmente di morte al peccato (cf. Rm 6,2.10, 1 1 ; 7,8; 8,10;. cf. però 7 10) 166 Cf. I QH 3, 19s: «Ti ringrazio , Adonai, perché hai liberato l'anima mia dalla fossa e dallo Sheòl dell'Abaddon, mi hai tratto su a una altezza eterna . . . » (trad. L. Moraldi) . 167 Mentre in Paolo paraptoma ricorre I l volte e hamartia 58 volte (di cui solo 7 al plurale, e quasi sempre in contesto tradizionale), in Ef il primo termine ricorre 3 volte (l, 7; 2, 1 .5) e il secondo ,

.

·

2,1-3

127

sottolineata dal verbo «camminare» (peripatein ), che indica metaforicamente il comportamento etico della vita quotidiana (cf. Rm 6,4; 8,4; 13,13; 14,15; 1Cor 3,3; 7,17; ecc.)_168 L'avverbio «Una volta» (pote: vv. 2a.3a) esprime chiaramente lo stadio passato dell'esistenza precristiana; il giudizio su quel periodo, quindi, è formulato dal punto di vista del presente cristiano e della sua novità contrasse­ gnata dalla redenzione, e serve a sottolineare il contrasto tra i due momenti; la nostra lettera ama insistere su questa contrapposizione (cf. 2,2.3.11.13; 5,8.29).169 Quella fase ormai superata dal cristiano viene descritta con tutta una serie di complementi, che la qualificano assai pesantemente. Li passiamo singolar­ mente in rassegna. «Secondo l'eone di questo mondo» (v. 2b). È curiosa la personificazione del concetto di eone (lett. = durata di tempo, e, nei LXX, eternità), 170 che in quanto tale si accosta allo gnosticismo. m Nel nostro caso si tratta di un genitivo epesegetico, sicché il peso della frase cade sul concetto di «questo mondo», chia­ ramente connotato in senso negativo. L'autore dunque personifica questo mon­ do come entità malvagia, secondo un patrimonio culturale proprio già dell'apo­ calittica (cf. 4Esd 8,1) e poi soprattutto dello gnosticismo (cf. CH 6,4; NHC II 42,30-32 = Vangelo di Tommaso 56), che ha ampiamente lasciato il segno negli scritti del NT (cf. Mt 12,32; Le 16,8; Gv 8,23; 9,39; ecc.; Rm 12,2; 1Cor 1,20; 2,6; 3,18.19; 5,10; 7,31; Gal 1,4; 1Tm 6,17; 2Tm 4,10; ecc.). «Il principe che ha dominio nell'aria» (v. 2c). La frase è parallela alla prece­ dente, la cui negatività viene rincarata nel senso di una demonizzazione dell'am­ biente di vita dell'uomo (cf. Ef 6,12; 2Cor 4,4; Gv 12,31; 14,30; 16,11); nella sua letteralità la frase è simile a Test. Ben. 3,4 dove si parla di Beliar «che vive nell'a­ ria», ma riecheggia anche la demonologia medio-platonica di Plutarco, che fa dello spazio sublunare la sede di alcune categorie di demoni (en to-i periéchonti: De fs. et Osir. 361 B ) .1 72

una sola volta (qui) al plurale. Vedi anche E. BEsT, Dead in Trespasses and Sins (Eph. 2.1) in JSNT (1981}, 13, pp. 9-25, che riconosce all'espressione un senso non causale (morti a causa dei...) ma de­ scrittivo (morti nei ... ) 168 L'uso del verbo in questo senso (assente dal greco classico; ma cf. EPITIETO, Diatr. 1,18,20) nel NT è proprio degli scritti paolini (eccettuate le Pastorali} e deriva dall'ambito del pensiero giu­ daico, come indica già l'uso veterotestamentario del concetto di «strada»; cf. F. NOTSCHER, Gottes­ wege und Menschenwege in der Bibel und in Qumran, BBB 15, Bonn 1958. 169 Sul tema, cf. P. TACHAU, «Einst» und «Jetzt» im Neuen Testament, FRLANT 105, Gottin­ gen 1972, specie pp. 134-143. Nel nostro caso, la frase deriva da Col 3,7: l'uso del verbo all'aoristo (periepatésate) esprime la puntualità, non la durata, del comportamento, che è ritenuto ormai supe­ rato e isolato nella sua lontananza. 170 a. H. SAssE, in GLNT, l, coli. 531-560, e in RAC, l, 193-204. 171 Cf. H. JoNAS, Lo gnosticismo, tr. it., Torino 1973, pp. 73-74; FIWRAMO, L'attesa, pp. 94s. 172 a. J. P. COULIANO, Esperienze dell'estasi dall'ellenismo al medioevo, BCM 926, Bari 1986, pp. 39-57 («Demonizzazione del cosmo e dualismo gnostico»), pp. 101-116 («Incubazione e catalessi in Plutarco»). Vedi anche Enoch slavo 31,4: «il diavolo è lo spirito del male delle regioni più basse»; e soprattutto Ascens. ls. 9,14 («il dio di quel mondo»); 10,10.12; 11,23; NHC, VI, 37, 10-11 (« ... l'aria dove sono gli dèi e gli angeli»). .

128

Commento

v. 2d: l'espressione «figli della disobbedienza» è un ebraismo per dire «i di­ sobbedienti, i ribelli» (a Dio), come anche in 5 ,6 (cf. Col 3,6);173 con essa viene designato non un gruppo particolare (quantunque spesso nell'AT occorra il tema della disobbedienza del popolo eletto: cf. Nm 11,20; 14,43; Pt 1 ,26; 9,7.23s; ecc.) ma l'insieme di coloro, ebrei e pagani, che «ora» nel tempo dèll'annuncio evangelico non accolgono «la parola della verità, il buon annuncio della sal­ vezza» (1,13). Sullo sfondo c'è il concetto paolino della fede come obbedienza (cf. Rm 1,5; 10,16; 11,23.30-31; 16,19.26). Il v. 3a è parallelo del v. 2a e ripete lo stesso concetto, solo cambiando il verbo (cf. 4,22!), per rimarcare la generale condotta malvagia.174 Il v. 3b-c sottolinea la situazione «carnale» della vita pre-cristiana, la quale dunque non è solo stimolata al male da forze esterne (così in 2,2c-d), ma anche da tendenze e appetiti insiti nell'uomo, che lo tradiscono dall'interno. Qui l'au­ tore da una parte presuppone l'idea paolina di carne in senso assai negativo, come antitesi non solo passiva ma anche attiva di tutto l'uomo al piano salvifico di Dio (cf. Gal 5,19-20; Rm 8,5-8), e dall'altra la sviluppa nella direzione dì un tendenziale dualismo antropologico mediante la distinzione tra «carne» e «opi­ nioni» (o «intenzioni, modi di pensare» ).175 «Eravamo per natura figli dell'ira». Pur non essendo specificata, si intende certamente qui l'ira di Dio (cf. 5,6; Col 3,6), come anche in Paolo (cf. Rm 1 ,18; 2,5.8; 3,5; 4,15; ecc.) e altrove nel NT (cf. Mt 3,7; Gv 3,36; Ap 19,15). Si tratta di un antropomorfismo, frequente nella letteratura greca, latina, israelitica, usato per rendere plastica l'idea della reazione di Dio che condanna e punisce l'uomo trasgressore dei suoi voleri (nell' AT, è spesso la reazione del Dio geloso, che vede tradito il proprio amore per Israele ).176 Alla questione, se qui l'autore in­ tenda riferirsi all'ereditarietà del peccato originale, bisogna probabilmente ri­ spondere in forma negativa. Infatti, anche se a partire dalla polemica antipela­ giana il passo fu ripetutamente inteso in quel senso/77 un'esegesi aderente al

173 Cf. locuzioni simili nell'AT (2Re 7,10; Is 57,4; Pro 31,2), a Qumran (1QS 1,10; 1QH 5,25; 6,30; CD 6,15) e nel NT (Le 16,8; l Ts 5,5; Ef 2,3). 174 La qualifica della vita passata (anestraphemen), che riguarda pure il mittente («anche noi»), così come è presentata in Ef 2,3 non può risalire a Paolo, il quale in Gal (cf. l ,22: «avete udito della mia condotta, anastrophe, di una volta nel giudaismo») tutt'altro che proclamarsi «per natura figlio d'ira» dice invece a Pietro: «noi siamo per natura giudei e non pagani peccatori» (2,15)! 1 75 II sostantivo dianoia (propr. «mente») non ricorre mai in Paolo; qui probabilmente deriva da Col 1,21, pur essendo originale l'uso del plurale. 176 Vedi l'ampia trattazione in GLNT, VIII, coli. 1073-1254 (a cura di H. Kleinknecht, O. Gre­ ther, J. Fichtner, E. Sjoberg, O. Procksch, G. Stahlin). BARTH, Ephesians, l, pp. 23ls la definisce come «la temperatura dell'amore di Dio» . 177 Ma al di fuori di quella polemica, il complemento physei ha praticamente valore avverbiale e significa soltanto «realmente, davvero» o al più «totalmente», come si deduce con sufficiente chia­ rezza dal commento di s. Giovanni Crisostomo: «Operando secondo le passioni edonistiche, ab­ biamo esasperato Dio e l'abbiamo provocato all'ira: cioè, eravamo ira (orghe emen) e nient'altro. Come infatti chi è figlio di un uomo è veramente uomo (physei anthropos), così anche noi eravamo figli d'ira come gli altri: cioè, nessuno era libero, ma tutti facevamo cose degne d'ira ... Queste cose in­ fatti non sono degne di amore, ma di ira e dell'estremo castigo« (PG 62, 32). Invece, sulla connessione col peccato originale, cf. J. MEHLMANN, Natura filii irae. Historia

129

2 ,4-7

testo metterà in luce i seguenti motivi contrari: il contesto non è quello di una speculazione sulle origini del male, né di una riflessione antropologica, bensì consiste in una semplice descrizione della situazione peccaminosa dell'uomo, per dire che essa è stata superata· dalla misericordia di Dio e che quindi per il cri­ stiano appartiene solo al passato . In questo contesto, il complemento «per natura» (physei) aggrava certamente le tinte, e da un punto di vista lessicale e concettuale appartiene ad una mentalità d'impronta ellenistica e non ebraica (mentre ebraica è l'espressione «figli dell'ira» ; cf. il v. 2d) ; tuttavia, il suo uso non è in prospettiva filosofica, come anche già nel greco dei LXX178 e in Flavio Giuseppe, 179 dove esprime solo un dato di fatto radicato e distintivo. Alla frase si darà dunque questo significato: eravamo realmente e totalmente soggetti all'ira di Dio, come lo sono tutti. Questa sezione termina in sospeso, senza una frase principale. È tutta un grande anacoluto, dove l'accavallarsi dei complementi ha fatto perdere di vista all'autore la conClusione logica del periodo mediante il risvolto positivo della situazione negativa ampiamente descritta (al complemento oggetto di 2,la, «E voi» = kaì hymas, non segue il verbo principale). Ma il risvolto viene con i vv . 4-7 , i quali iniziano però un nuovo periodo sintattico. 4-7 :

L'intervento misericordioso di Dio. La nuova sezione si apre con una decisa opposizione alla precedente. Il «ma» iniziale esprime ed evidenzia la svolta radicale operatasi a livello antropologico per iniziativa divina. Queste infatti sono le fondamentali componenti tematiche dei nostri versetti: il libero e ricco intervento salvifico di Dio , la sua concretizzazione in Cristo e il suo effetto in coloro per i quali è stato operato. Esse si fondano in un unico insieme logico e sintattico, a conferma del fatto che non si può parlare di uno di questi aspetti senza trattare contemporaneamente anche degli altri. Già in 1 ,7c si cantava «la ricchezza della sua grazia». Qui, con una sola lieve variante lessicale , si riafferma la stessa abbondanza e prodigalità della sor­ gente divina nel concedere grazia e promozione all'uomo. Il concetto di «miseri­ cordia» (cf. anche Tt 3,5; lPt 1 ,3) viene contestualmente ribadito dai sinonimi «agape» (v. 4b)180 e «grazia» (vv . 5c.7b) ; anzi, tra il v. 4a («ricco di misericorvv.

interpretationis Eph 2,3 eiusque cum doctrina de peccato originali nexus, AB 6, Romae 1957; su que­ sta linea, oltre al commento di H. Schlier, ad loc. (più sfumato è J. Huby) , si attesta ancora D. L. TuRNER, Ephesians 2:3c and »Peccatum Originale«, in Grace· ThJ (1980) , 1, pp. 195-219. Contro questa posizione si schierano commentatori tanto cattolici (J. Gnilka, R. Schnackenburg, R. Fabris, J. Erns guanto protestanti (C . . L. Mitton, M. Barth). 1 E interessante notare , per esempio, il contrasto concettuale tra ARISTOTELE, Cael. 271 a 33 («dio e la natura non fanno nulla stoltamente» : oudèn maten) , e Sap 13,1 («tutti gli uomini sono per natura stolti»: mataioi physei) . 179 In Ant. 7,130 si dice di Davide che era «per natura (physei) giusto e timorato di Dio» , e in Ant. 13 294 che i farisei «sono per natura (physei) moderati in materia di punizioni». tSò Abbiamo qui un bel caso di accusativo dell'oggetto interno, dove il sostantivo «amore» (agape) è di radice uguale a quella del verbo «amare» (agapdn) e ne rafforza l'idea come suo oggetto interno; la costruzione , frequente nel NT, è propria sia del greco classico che dell'ebraico e quindi dei LXX (cf. BLAss-DEBRUNNER-REHKOPF, Grammatica, §153) .



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130

Commento

dia») e il v. 7� («la sovraeminente ricchezza della sua grazia») si forma una sorta di inclusione ,� che rinserra in maniera compatta tutto il passo intermedio in una omogenea unità tematica. Fra i tre concetti c'è anche una progressione seman­ tica: il termine greco éleos, tradotto con «misericordia» (che in italiano com­ porta già un �tteggiamento attivo che va al di là della semplice commiserazione) , propriamente significa «compassione , pietà» e quindi esprime un sentimento soggettivo statico ; ad esso «l'agape»( qui definita «grande»!) aggiunge un aspetto dinamico di propensione favorevole e totalmente gratuita; il tutto culmina nella «grazia» (charis ) , che implica già l'idea di un effettivo beneficio come dimostra­ zione della benevolenza. Tutto l'evento cristiano , dunque, sta sotto l'insegna della generosa, libera e trionfante �isericordia divina (cf. anche Rm 15,9) . 181Essa infatti trionfa della morte in cui . «noi» eravamo immersi (il v. 5a ha valore di ripresa di tutta la pre­ cedente sezione dei vv. 1-3 , in specie il v. 3a) , e il pronome di prima persona plu­ rale include tutti gli effettivi destinatari di quella misericordia. Essa si manifesta essenzialmente come atto di salvezza dalla morte (interiore: cf. sopra) e quindi come un dono di vita. Ma la vita concessa al cristiano, come sempre nel NT (cf. Gv 20,3 1 ; At 3,15 ; Rm 5 , 10; 2Cor 4, 10; Col 3,3; 2Tm 1 , 1 ; Eb 7,16; 1Gv 5 , 11-12; Ap 7 , 17) , è essenzialmente connessa con Cristo, sia in quanto proviene da lui, sia in quanto è una partecipazione alla sua. Quest'ultima sfumatura viene appunto qui apertamente proclamata, addirittura mediante il conio di un neolo­ gismo greco (synzoopoiefn = «convivificare»), che l'autore deriva insieme all'in­ tera frase da Col 2,13 («e voi, essendo morti nelle cadute e nel prepuzio della vostra carne, vi convivificò con lui, graziandovi tutte le cadute») . A questo ven­ gono associati due altri verbi composti, molto rari in greco: synegheirein = «con­ risuscitare» e sygkathizein = «far consedere» . Occorre precisare che la preposi­ zione syn, «con» , esprime qui in primissimo piano l'associazione del cristiano con Cristo e quindi la condivisione della sua vita, della sua risurrezione e persino della sua intronizzazione nei cieli; solo in seconda istanza e molto lontanamente è presente in essa, in questo passo , un riferimento alla ritrovata comunione di pagani ed ebrei in Cristo . 182 Con tutta probabilità, con l'uso di questi verbi l'autore allude a ciò che si è verificato nel battesimo. Ciò viene comprovato dal raffronto con tre altri passi neotestamentari. Già in Rm 6,4-S l'apostolo Paolo aveva presentato per primo il battesimo come un evento di partecipazione alla sorte di Cristo , mediante l'uso di una serie di verbi composti («con-sepolti», «con-sociati» , «con-crocifissi» , 181 N el mondo greco, la «misericordia» (éleos) è trattata in modi diversi: nello stoicismo è considerata una delle passioni e quindi non degna del saggio (ma EPITI'ETO, Diatr. 1 , 18,9, la racco­ manda invece dell'odio ) ; tuttavia, alcune iscrizioni la personificano addirittura come divinità a se stante (cf. IG 4, 1282) , e nella gnosi del Corpus Hermeticum 13,7 il rigenerato è detto «oggetto di misericordia da parte del dio». 182 Cosi vorrebbe BARTH, Ephesians, I, p. 220; ma il fatto che questo sia un tema fondamen­ tale di Ef noil significa automaticamente che occorra vederlo trattato in ogni affermazione, tanto più che gli stessi verbi composti usati in Col 2,12. 13 non hanno affatto una tale dimensione comunitaria.

2,4-7

131

«con-vivremo»). Inoltre, il testo di Col 2,11-13, che sta chiaramente all'origine del nostro, tratta con tutta evidenza di ciò che è avvenuto «nel battesimo» (2,12), dipendendo a sua volta dal precedente passo di Romani. Intine, anche Tt 3,3-7 presenta «il lavacro di rige:perazione» come il momento privilegiato in cui si manifesta la «misericordia» divina in favore di «noi» che «una volta» eravamo «insipienti, disobbedienti, traviati», ecc. Dunque, anche Ef 2,5-6 ha presente il momento decisivo del battesimo, che segna la svolta epocale nell'esistenza del cristiano. C'è però una differenza rispetto al tema paolino del morire e risorgere con Cristo / 83ed è che il nostro testo non accenna alla prima componente dell'anti­ tesi: per Efesini il battesimo non è un momento di morte (che qui caratterizza invece lo stadio anteriore ! ) ma solo di risurrezione e di vita. Non solo, ma a dif­ ferenza di Rm 6,8, che vede la risurrezione del battezzato riservata al futuro escatologico, qui invece essa è già avvenuta nel battesimo stesso. Questa pro­ spettiva, del resto, è conforme alla confessione di fede cristologica di 1 ,20-22 dove si celebra solo la risurrezione di Cristo e si tace della sua morte. Il Cristo della lettera, infatti, a parte alcuni passi pur importanti (cf. 1 ,7; 2,16; 5,2.25), è sostanzialmente il Glorioso, colui che è «salito al di sopra di tutti i cieli» (4,10) . A lui il battezzato è conformato, al punto da essere detto egli stesso non solo ri­ sorto ma anche asceso, essendo ormai «seduto con lui nei cieli» (2,6). Una si­ mile prospettiva teologica, tutt'altro che indurre i lettori ad atteggiamenti di di­ sincarnazione o di disprezzo del contesto storico, tende solo a ricordare loro la nuova dignità acquisita, interiore ma profondamente reale, che conferisce al battezzato (come al Risorto: cf. 1 ,21) una libertà radicale nei confronti di qualsi­ voglia forma terren.a di potenza mortificante. La frase finale del v. 7 in realtà ha valore consecutivo: ciò che si è verificato a pro dell'uomo, sia nel battesimo che nella risurrezione di Cristo come suo ul­ timo fondamento, mostra a tutti la sovrabbondante ricchezza della grazia di Dio. Ancora una volta viene sottolineata la sua connotazione cristologica (cf. v. 7c), poiché è in Cristo che si rivela a noi la bontà di Dio. 1 84 Nella dibattuta que­ stione (cf. anche 3,9) se gli «eoni futuri» vadano intesi nel senso gnostico di per­ sonificazioni celesti intermedie o nel senso temporale di età cronologiche succes­ sive, 1 85 la seconda opzione è la migliore, anche perché l'aggettivo «futuri» (che

183

Cf. R. C. TANNEHILL, Dying and Rising with Christ. A Study in Pauline Theology, BZNW

32, Berlin 1967; E. ScHWEIZER, Die «Mystik» des Sterbens und Auferstehens mit Christus bei Paulus, in Beitriige zur Theologie des Neuen Testaments, ZUrich 1970, pp. 183-203; A.J.M. WEDDERBURN,

Baptism and Resurrection. Studies in Pauline Theology against Its Graeco-Roman Background,

WUNT 44, TUbingen 1987 (cf. p. 84: Col ed Ef «prepararono la strada all'idea di una resurrezione già avvenuta nel battesimo»). 184 Abbiamo inteso en chrest6teti come un complemento modale, rendendolo con un avverbio; sul concetto di «bontà di Dio» in Paolo, cf. M. A. S ions, La «chrest6tes» de Dieu selon l'Apotre Paul, in ed. L. DE LoaENZI, Pau/ de Tarse, Apotre du notre temps, Rome ; 1979, pp. 201-232. 185 Negli scritti copti di Nag Hammadi sono testimoniati entrambi i significati: per il primo, cf. «L'apocalisse di Adamo» in NHC, V, 85,1-3; per il secondo, cf. il trattato su «Il pensiero della nostra

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Commento

traduce il participio greco «sopravvenienti») rimanda chiaramente ai tempi a venire . Il significato globale è che gli effetti vivificanti della bontà di Dio , mani­ festatasi storicamente in Cristo e singolarmente nella rinascita dei battezzati, perdurano nel tempo a dimostrazione di quella stessa bontà; essa rifulge invaria-. bilmente davanti a tutte le generazioni umane, offrendo loro sempre la stessa possibilità di vita in pienezza. La sua «sovrabbondanza» è garanzia di inesauribi­ lità; e la sua sola proclamazione è un implicito invito ad attingervi con fiducia (cf. Eb 4,16; 10,22) . Il tema di una testimonianza alle generazioni future è già presente in Sal 22,31s ; 48, 14; 7 1 , 18; 78,6; 102,19 («Questo si scriva per la gene­ razione futura, e un popolo nuovo darà lode al Signore» ) .

8-10: Ripresa dell'annuncio ed esortazione. Questi versetti sanno di ricapito­ lazione conclusiva. Da una parte presentano un compendio del tema della grazia divina, ma in termini di teologia paolina (vv. 8-9) ; dall'altra, il discorso culmina in un appello di carattere morale (v. 10) . La prima frase (v. Sa) è un vero assioma della fede cristiana. La salvezza dell'uomo , cioè la sua piena riuscita storica ed escatologica, dipende alla radice da un atto del tutto gratuito , cioè immeritato , della sovrana e largamente magnanime, disinteressata bontà di Dio . Se questo concetto è fondamental­ mente di impronta paolina,186 l'espressione «siete salvati» va già oltre la coricet­ tualità dell'apostolo. Essa cerca di tradurre il greco este sesosménoi, che può valere tanto «siete stati salvati» quanto «siete salvi» ;187 in ogni caso connota la vita cristiana come uno stato continuo di salvezza, anche se radicato nel passato della morte-risurrezione di Cristo . Paolo invece usava praticamente sempre il verbo «salvare» al futuro , per indicare una condizione escatologica (cf. Rm 5 ,9: «saremo salvati mediante lui dall'ira» ; 13 , 1 1 : «ora la nostra salvezza è più vicina di quando abbiamo cominciato a credere» ; ecc.), 1 88 per indicare una situazione di promozione definitiva e integrale. La novità presente del cristiano era da lui descritta con tutto un altro vocabolario : giustificati, redenti, liberati, riscattati, riconciliati , nuova creatura, in Cristo e nello Spirito . Ebbene, è a tutto questo insieme semantico che l'autore di Efesini allude, quando parla di «salvezza» , condizionando cosi anche il successivo linguaggio teologico . Storicamente parvv.

grande potenza» in NHC, VI, 47, 1 5 -17. Il primo senso è sostenuto per esempio da H. ScHLIER , pp . 136-138; LINDEMANN, Die Aufhebung, pp. 129-132; per il secondo, cf. R. ScHNACKENBURG, p. 97; LoNA , Die Eschatologie, pp. 364-368. 186 L'uso teologico del termine charis nel NT, sl.i circa 89 volte, è presente ben 37 volte nelle sole quattro cosiddette grandi lettere di s. Paolo (Rm, 1-2Cor, Gal) , a cui si aggiungono le 21 volte del rimanente epistolario paolino (senza contare la sua presenza nei saluti epistolari iniziali e finali) . Cf. almeno Rm 3,24: «giustificati gratuitamente per la sua grazia». 187 In greco, infatti, il verbo al perfetto implica una doppia sfumatura, di passato e insieme di presente: esso esprime un'azione che si è già compiuta precedentemente , ma che perdura tuttora nei suoi effetti . 188 Solo in Rm 8, 24 Paolo si riferisce al passato con l'aoristo passivo, letteralmente: «nella speranza noi siamo stati salvati» (trad. CEI) ; ma il senso è quello suggerito dalla traduzione della Bible de Jérusalem: «car notre salut est objet d'espérance» !

2,8-10

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lando, non è escluso che il nostro mittente, mediante questa sottolineatura della dimensione attuale della salvezza, intendesse opporsi a qualche apocalittico giu­ deo-cristiano che rimandava solo al futuro gli effetti della redenzione (cf. l'uso accentuato dell'avverbio «adesso» in senso soteriologico in 2,13; 3,5.10; 5,8). Il paolinismo però ritorna a galla nel complemento «con la mediazione del­ la fede»;189 grazia e fede sono per Paolo concetti correlativi (cf. Rm 3,24.28: «giu­ stificati per grazia», «giustificati per fede»), in quanto la prima raggiunge l'uomo solo mediante la seconda, che descrive un atteggiamento di totale apertura, di­ sponibilità e accoglienza del dono di Dio: essa è l'unica via omogenea, che per­ mette alla grazia di raggiungere il suo risultato. rimanendo grazia (e mentre in Ef 2,5-6 la «conrisurrezione» dei cristiani è connessa con la grazia, in Col 2,12 essa lo è con la fede). È in questo senso che la salvezza è un dono, un regalo.190 Que­ sto punto fondamentale del credo cristiano è qui evidenziato con il tipico lin­ guaggio paolino del contrasto con le «opere» (cf. Rm 1 1 ,6), intese negativamen­ te come autorealizzazione dell'uomo («questo non viene da voi» ) e quindi come causa di vanto o senso di autosufficienza davanti a (o al posto di) Dio.191 Il v. 10 comincia col riassumere in un enunciato generale (v. 10a) quanto detto finora: «infatti siamo sua fattura». La traduzione letterale dovrebbe essere: «di lui infatti siamo fattura», dove in primo piano sta la figura di Dio come agen­ te ultimo e sovrano. Il cristiano in definitiva deve a lui e non certo a se stesso la propria identità (cf. 1 Cor 15,10: «per la grazia di Dio sono quello che sono»). In­ fatti noi siamo «creati in Cristo Gesù». Ritorna qui lo stesso concetto di 2Cor 5,17: «se uno è in Cristo, è una nuova creazione». L'origine dell'identità del bat­ tezzato è da Dio; ma la sua natura profonda consiste nell'unione con Cristo, non solo nella sua mediazione (cf. anche 1 ,4 ) . Il testo però prosegue su un nuovo registro. L'identità cristiana si misura non solo a livello di una nuova ontologia, cioè nel dono di un nuovo essere (che resta però in ogni caso l'aspetto primario!), ma anche a livello dell'agire, di un nuovo comportamento etico. L'autore svilupperà questo tema soprattutto nei seguenti capitoli 4,17-6,17. Ma fin d'ora, a mo' di assioma, egli prospetta ai letto­ ri la necessità di «opere buone», come conseguenza e scopo192 del loro nuovo sta­ tus di redenti.

189 La stessa formulazione del complemento di mezzo dià pisteos è tipica di Paolo: mai usata nei Vangeli né in Atti, essa ricorre 18 volte nell'epistolario paolino (di cui una sola nelle pastorali), e 4 volte in tutti gli altri scritti. 190 Il soggetto del v. 8b è il pronome dimostrativo neutro torlto, che non si riferisce al femmini­ le pistis: quindi non si vuoi dire di per sé che la fede è un dono (questa idea è tutto sommato molto rara nel NT: cf. Mc 9,24; Le 17,5; Gv 6 ,29; Fil 1 ,29 ) , ma che lo è tutto il processo della salvezza. 191 Il tema del «Vanto» nel NT (cf. i vocaboli kauchtiomai, kauchema, kauchi!sis) è praticamen­ te esclusivo di s. Paolo: esso ha costantemente una profonda valenza teologica, non psicologica; vedi J. SANCHEZ BoscH,