La comunità del discepolo prediletto. Luci e ombre nella vita di una chiesa al tempo del Nuovo Testamento

Basandosi sul corpo degli scritti paolini, su Luca/Atti e su Matteo, si è ricostruita a grandi linee la storia della chi

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La comunità del discepolo prediletto. Luci e ombre nella vita di una chiesa al tempo del Nuovo Testamento

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RAYMOND E.

BROWN

LA COMUNITA' DEL DISCEPOLO PREDILETTO luci e ombre ne l l a vita di una chiesa

al tempo de l Nuovo Testamento pagg. 240

-

L. 9.000

PAUL BEAUCHAMPS

SALMI GIORNO E NOTTE

(In preparazione)

RAYMOND E. BROWN

LA COMUNITA' DEL DISCEPOLO PREDILETIO luci e ombre nella vita di una chiesa al tempo del Nuovo Testamento

titolo originale THE COM M U N ITY OF BELOVED DISCI PLE pubb licato da Pau l ist Press

-

New York

traduzione dalla lingua inglese GI AMPAOLO NATALINI

© 1979 by

RAYMOND E. BROWN, SS

© per la lingua italiana CITTADELLA EDITRICE

-

Assisi· 1982

Prefazione

Nel seminario di studio del lontano 19.55, il mio primo lavoro scritto come candidato al dottorato presso l'univer­ sità Johns Hopkins di Baltimora era dedicato al Vangelo e alle lettere di Giovanni 1• A quel tempo non potevo certo immaginare che stavo iniziando una relazione amo­ rosa, che sarebbe durata un lustro, con la raccolta di scritti neotestamentari più avvincente e ricca di rischi. Se uno si mettesse a contare i miei articoli su Giovanni a partire dal 19 5.5, penso che dovrebbe segnalare almeno un articolo all'anno, senza contare un commento pic­ colo (1960) e un altro in due volumi della collana Anchor Bible (1966, 1970) al Vangelo. (La preparazione del presente volume ha richiesto la rassegna e il compendio di buona parte della letteratura su Giovanni apparsa dopo la pubblicazione del commento in due volumi, per cui coloro che studiano tale commento possono trovare qui un supplemento aggiornato). E ora, sempre nella collana Anchor Bible, sto preparando il commento alle lettere che spero di pubblicare nel 1981. In mezzo a un fiume di parole di questo genere, si corre un vero pericolo di perdere di vista la foresta fissando gli alberi, ragion per cui mi sono deciso a dar vita a un piccolo libro che l Pubblicato come -4< The Qumran Scrolls and the Johannine Gospel and Epistles », in CBQ 17 (1955), 403-19 ; 559-74.

sintetizzasse la mia postztone nei confronti della comu­ nità cristiana giovannea. Mi auguro, con questo libro, di comunicare nel contempo l'amore per Giovanni e l'entusiasmo per il suo pensiero così avvincente e non privo di rischi. Si tratta di un pensiero che segna un mo­ mento saliente in seno all'antica cristologia ed eccle­ siologia, ma che presenta tutt'oggi gravi pericoli. Le origini immediate di questo libro risalgono agli studi da me effettuati per preparare dei lavori per due occa­ sioni particolari 2• Nel dicembre del 1977, allo scadere del mio mandato presidenziale presso la Society of Bi­ blica! Literature, tenni in qualità di presidente, il di­ scorso di prammatica rivolto all'assemblea di tale società riunitasi a San Francisco 3• Nel febbraio del 1978 tenni tre conferenze ( « Shalfer Lectures >>) presso l'università di Yale 4, un'iniziativa, questa, che· era stata onorata in precedenza da eminenti studiosi di Giovanni, quali R. Bultmann, C. H. Dodd ed E. Kasemann. Il materiale usato in quelle due occasioni è stato ora completamente riscritto e ampliato in modo da rappresentare una storia coordinata della comunità di Giovanni, e io desidero 2 Gli

argomenti giovannei trattati m queste due occasioni vengono segnalati sotto, note 3 e 4; in precedenza, però, mi ero assunto l'im­ pegno di scrivere l'articolo, « Johannine Ecclesiology - The Commu­ nity 's Origins », in lnterpretation 31 (1977), 379-93. L'articolo parla del periodo preevangelico della storia giovannea; mentre l'articolo in ]BL segnalato nella nota 3 tratta del periodo evangelico e le « Shaffer Lectures >> della nota 4 trattano il periodo postevangelico. La « Paul Wattson Lecture » tenuta alla Catholic University di Washington, DC, nell'ottobre del 1977 (« "That They All May Be One": Unity and Diversity in John's View of Christianity at the End of the First Cen­ tury » ) era una miscellanea del materiale pubblicato da ultimo in lnterpretation e in ]BL. 3 « "Other Sheep Not of This Fold": The Johannine Perspective on Christian Diversity in the Late First Century », in ]BL 97 (1978), 5·22. 4 Il titolo di queste tre conferenze sulle lettere di Giovanni era il seguente : , in Biblica! Research

15 ( 1970) , 19-3 1 ; « Christology in the Fourth Gospel », in Biblical Research 21 (1976), 29-37. Sundberg trova più passi con cristologia

bassa che con cristologia alta ( « Isos », 24), e pensa che Giovanni elevi

_talmente il Figlio da trasformare la propria teologia in un binitarismo. 93 Penso che Sundberg esageri un po' l'atteggiamento giovanneo pre­ sentando la cristologia bassa troppo bassa (il subordinazionismo non è la

categoria adatta) e la cristologia alta troppo alta. Per quanto concerne quest'ultimo punto, va osservato che Giovanni tiene sempre presente la distinzione tra la divinità del Figlio preesistente e quella del Padre. Pur affermando > , come vedremo nel prossimo capitolo quando stu­ dieremo i rapporti della comunità giovannea con gli altri gruppi all'epoca in cui fu scritto il Vangelo . Ciò spiega anche il grave contraccolpo e la rabbia che traspaiono nelle lettere, quando alla fine il dissenso scoppierà al­ l'interno . L 'apertura ai Gentili comportò uno spostamento geogra­ fico della comunità giovannea (totale o parziale) ? Molti studiosi hanno ipotizzato uno spostamento del genere, allo scopo di conciliare le fondate origini palestinesi con la tradizione della composizione a Efeso in Asia Minore 103• 102

102 « People of God » (nota 6), 12 1-22. 103 Per le teorie concernenti il luogo di composizione del Vangelo, si

veda il mio commento, Giovanni, I, Cittadella, CXXIII�, e la ricostruzione di Boismard nell'Appendice l, in fondo.

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C'è un allu sione a un trapianto della comunità in Gv 7, 3 5 dove « i giudei » si chiedono se Gesù non abbia in­ tenzione di andare « nella diaspora dei greci per ammae­ strare i greci » ? Alcuni interpreti hanno letto il genitivo in questo versetto come un genitivo esplicativo : « nella diaspora che consiste di greci, cioè di ebrei che parlano greco » . Ma perché gli ebrei di Gerusalemme accenne­ rebbero al fatto che Gesù troverebbe un ascolto miglio re e più sicuro in mezzo a ebrei che parlano un'al tra lingua? Un'ipotesi più plausibile è quella secondo la quale Gesù potrebbe sfuggire ai tentativi degli ebrei di ucciderlo, rifugiandosi presso i Gentili ; in questo caso il geni ti vo è un genitivo di direzione : « la diaspora tra i greci » . Questa proposta ironica (che secondo le regole dell'ironia giovannea predice incon sci amente quello che accadrà) fa­ rebbe diventare G esù un ebreo della diaspora, che vive in mezzo ai Gen tili ammaestrandoli con successo. È anche questo u n ri t rat to della comunità giovannea ? Un'apertura verso i Gentili (con o senza uno spostamento geografico) e la necessità di interpreta re loro il pensiero giovanneo richiedevano molto di più della spiegazione occasionate e parentetica dei termini ebraici o aramaici. Sarebbe stato necessario adattare il linguaggio giovanneo in modo da interessare un uditorio più vasto . Kysar 104 ci ricorda che, sebbene espressioni quali « Figlio di Dio » e « Io SoNo » abbiano uno sfondo tipicamente vetero e inter­ testamentario, l'uso che ne fa Giovanni poteva essere tenuto in giusto conto dai greci pagani . Se ciò è vero, l'esistenza di « paralleli » con la terminologia e il pen­ siero giovannei presenti in molte parti della letteratura ellenistica e pagana diverrebbero più comprens ibili Non si tratterebbe più di un Giovanni che prende in prestito da una letteratura diversa (o viceversa) , quanto piutto­ sto di un tentativo giovanneo di rendere Gesù comprensi­ bile a un 'altra cultu ra G . MacRae 1a; si muove nella stessa '

.

.

104 Maverick Gospel (nota 85), 40.43. l05

64

«

The Fourth Gospel and Religionsgeschichte

�,

in CBQ 32 ( 1970),

direzione quando sostiene che Giovanni potrebbe essere stato esclusivamente universalista nel presentare Gesù in una moltitudine di fogge simboliche, rivolgendosi a uo­ mini e donne di ogni cultura, in modo che essi capissero che Gesù trascendeva ogni ideologia. Una tale apertura avrebbe portato la comunità ad allon­ tanarsi di molto dalle sue posizioni originarie in mezzo agli ebrei, compresi i discepoli di GBat. Ciò nonostante, agli occhi di Giovanni anche la proclamazione ai Gentili sarebbe stata la continu azione di quello che aveva fatto GBat quando aveva rivelato Gesù a Israele ( l , 3 1 ), inten­ dendo « Israele » nel modo in cui l'intende il quarto Vangelo.

24 : « Il messaggio di Giovanni afferma che ci si può avvtcmare a Gesù in vari modi, però egli può essere compreso soltanto in termini cristiani, e non giudaici o greci o gnostici • · 65

I l fase : period o in cui veniva scritto i l Van gelo l RAPPORTI DE LLA COMU NITA' GIOVAN NEA CON GLI AL TAl GRUPPI

Ho già detto che il periodo preevangelico necessario alla comunità giovannea per acquisire caratteristiche proprie abbracciò alcune decine di anni, dal 50 all'BO (nota 3 1 ), e che il Vangelo fu scritto intorno al 90 d. C. Questo capitolo prenderà in esame le idee della comunità giovan­ nea a proposito dei vari non credenti 106 e credenti all'e­ poca in cui veniva scritto il Vangelo. Nella sua ricostru­ zione della storia giovannea, Martyn (Appendice I, in fondo) è del parere che sulla scena del quarto Vangelo si potrebbero distinguere almeno quattro gruppi diversi, compresi gli stessi cristiani giovannei . Temo di aver pra­ ticamente raddoppiato gli attori; prima, però, di esamina­ re i sette gruppi da me scoperti (compresi i cristiani gio­ vannei) , vorrei soffermarmi sul significato dei rapporti della comunità giovannea con tanti « estranei » . Alla fine del capitolo precedente, abbiamo parlato della probabilità che l'entrata di Gentili in seno alla comunità giovannea abbia comportato un certo adattamento del pensiero giovanneo in maniera che questo risultasse mag­ giormente comprensibile ed esercitasse un'attrazione mag­ giore, e abbiamo fatto notare una certa apertura alle implicazioni di ciò che la descrizione giovannea di Gesù 106 se

« Non credenti » dal punto di vista giovanneo, secondo il quale , uno non crede in Gesù, non crede neppure in Dio (5, 38; 8, 4647).

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poteva significare per coloro che provenivano da altre culture . L'universalismo non è certo assente da una teo­ logia che tra l'altro afferma : « Dio ha amato tanto il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia la vita eterna . . . perché il mondo si salvi per mezzo di lui » ( 3 , 1 6- 1 7 ) . Comunque, come si può vedere dai versetti seguenti (3, 1 8-2 1 ) , il dualismo è un fattore che modifica in maniera determinan­ te questa visione universalistica . Il . genere umano viene diviso in non credenti e credenti, in coloro che preferi­ scono le tenebre e coloro che preferiscono la luce, in coloro che sono condannati e in coloro che posseg­ gono già la vita eterna. Dal momento che la comunità giovannea si identifica con i credenti, non desta sor­ presa il fatto che la maggior parte di coloro che sono al di fuori della comunità siano considerati più o meno immersi nelle tenebre. Nessun altro Vangelo si abbandona a una tale diagnosi dei rapporti comunitari in termini di opposizione. Se, però, l'inevitabile accentuazione dell'op­ posizione conferisce dei toni piuttosto foschi a questo capitolo del mio libro, il lettore non deve dimenticare la luce che risplende all'interno della comunità di fede giovannea e che rappresenta il punto focale di tutto il discorso del quarto V angelo. Ho voluto precisare ciò, perché altrimenti si potrebbe avere l'impressione che la comunità giovannea si definisse in termini negativi 107 • Come appare chiaro dalle lettere, i cristiani giovannei hanno la tendenza a considerare se stessi come una comunione (koinonia : l Gv l , 3 ) , in seno alla quale prevale un forte senso di famiglia, tanto che ci si chiama comunemente « fratello » (intendendo con ciò anche « sorella »), appunto perché i membri sono 107 Nutro un grande rispetto per l'opera di Wayne Meeks, ma appari­ rà chiaro che io do una sfumatura diversa alla situazione giovannea. Condivido l'esitazione di M. de Jonge, « Jewish Expectations about the Messiah according to the Fourth Gospel )>, in NTS 19 ( 1973), 264 : « Non sono sicura che Meeks abb ia ragione quando egli suppone che questa identità sociale fosse largamente negativa ». ",

"

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tutti figli di Dio . La massima « Amatevi gli uni gli altri � costituisce il comandamento principale (Gv 1 3 , 34; 1 5, 1 2 ) , e questo amore reca gioia e pace a coloro che condi­ vidono la stessa visione di Gesù ( 1 5, 1 1 ; 1 4 , 2 7 ) . L' ele­ vata cristologia giovannea non si riduce a un testo astratto di ortodossia che non ha nulla a che vedere con la vita della comunità. Se è di cruciale importanza credere che Gesù è la Parola di Dio preesistente che proviene da Dio ed è Dio, lo è perché ora sappiamo quale aspetto ha vera­ mente Dio : egli è davvero un Dio di amore che ha amato il mondo a tal punto che ha voluto fare dono di se stesso, nel proprio Figlio ( 3 , 1 6 ; l Gv 4, 8-9), e non limitarsi a inviare qualcun altro. Ed è questa visione di Dio e di Gesù a esigere che il cristiano giovanneo, che è figlio di Dio, si comporti in una maniera degna del Padre suo e di Gesù suo fratello : « Da ciò vi riconosceranno che siete miei discepoli : dall'amore che avrete l'uno per l'altro » (Gv 1 3 , 35) . Alcuni studiosi obiettano che proprio questo senso di amore all'interno e di opposizione all'esterno fecero della comunità giovannea una specie di gruppo esclusivo che sviluppò un genere di linguaggio esoterico incomprensibile per coloro che non ne facevano parte. Meeks 108 afferma : « Soltanto un lettore che abbia una perfetta familiarità con il Vangelo nel suo insieme oppure sia, per altra via attraverso mezzi non letterari, in dimestichezza con il suo simbolismo e Io sviluppo delle sue tematiche . . . può forse comprendere il suo doppio senso e i suoi passaggi im­ provvisi Per un estraneo, anche se si tratta di uno che ricerca con interesse (come nel caso di Nicodemo), il .

« Man from Heaven » (nota 8), 57. Su questo punto egli si allinea con H. Leroy, Riitsel und Missverstiindnis (BBB 30; Bonn, Hanstein, 1968 : si veda la mia recensione in Bib 51 [ 1970 ] , 152-54) il quale sostiene che il linguaggio della comunità giovannea, come appare dal quarto Vangelo, è una forma particolare di eloquio, una specie di linguaggio enigmatico, incomprensibile agli estranei, e assume il signi­ ficato di una sorta di trionfo narcisistico di fronte aH'incapacitA di comprendere degli estranei.

108

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dialogo rimane opaco ». A mio parere, ciò esagera la dif­ ficoltà degli artifici letterari giovannei 109 e non dà un'idea corretta della posizione del lettore (presumibilmente un cristiano giovanneo) . Io scorgo un parallelo pedestre nei racconti di Sherlock Holmes nei quali appaiono realmente due personaggi che tentano di capire l onnisciente Holmes . Questi rimane piuttosto oscuro per il Dr. Watson, un po' tardo di comprendonio, mentre il lettore, più vivace di mente, coglie indizi che sfuggono a Watson ; però Holmes , che ha una penetrazione maggiore di quella del lettore, costituisce pur sempre per questi uno stimolo . Alla stessa maniera, nel racconto giovanneo il lettore possiede una mente più lucida della persona completamente ottusa che parla con Gesù . L'interlocutore personifica l'esperienza giovannea secondo la quale esistono molti le cui menti sono radicate alla terra e trovano Gesù del tutto incompren­ sibile. Questo giudizio si trova altrove nel NT (2 Cor 4 , 4) ; anzi, il fraintendimento giovanneo e il doppio senso praticamente producono su « quelli di fuori » lo stesso effetto della parabola sinottica (Mc 4 , 1 1 - 1 2 ) . Ma Gio­ vanni va oltre i Vangeli sinottici, in quanto il dialogo con Gesù acquista il significato di una sfida lanciata al lettore giovanneo perché comprenda più di quanto non faccia Nicodemo o la donna Samaritana. Il Vangelo non è una proclama per uso interno con l'intento di esaltare la vittoria sugli estranei; il suo scopo è quello di stimo­ lare la stessa comunità giovannea a capire Gesù più profondamente (20 , 3 1 ) . Gesù viene da Dio, per cui egli rimane al di là della capacità di comprendere di ognuno e in una certa misura il fraintendimento percorre tutto il Vangelo (e non soltanto pochi passi letterari) , costituen­ do un aspetto della visione che Giovanni ha della realtà. '

109 Una breve spiegazione degli artifici letterari giovannei (ironia, frain­ tendimento, doppio senso) si trova nel mio commento, Giovanni, I, Cittadella, CLXV-VI. Ne sono buoni esempi 3 , 3-5; 4, 7-15. La scelta che Meeks fa di Nicodemo può darsi non suflraghi davvero il punto di vista di Meeks; alla fine Nicodemo diverrà un seguace pubblico di Gesù (nota 128, più avanti) .

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Per dirla con F. Vouga 110 lo scopo di questo fraintendi­ mento è « convincere i credenti a diventare cristiani », spingere i lettori ad aprire gli occhi su di sé, togliere loro di dosso ogni presunzione. L 'aspetto negativo non ha quindi il sopravvento su quello positivo nel quarto Vangelo. Il problema caratteristico del Vangelo riguarda il rapporto dei credenti con Dio, attraverso Gesù e in Gesù . In questo capitolo, comunque, non affrontiamo questo problema, per rispondere al quale l'evangelista, come egli dice, ha scritto il Vangelo (20 , 3 1 ) . Il problema che ci interesserà riguarda il rapporto dei credenti giovannei con la gamma composita dei non cre­ denti e di altri credenti. È questo un problema al quale il Vangelo risponde soltanto indirettamente tramite infelici indicazioni di polemiche e conflitti. l non credenti rlntracciabili nel Vangelo

Prima di finire questo 'capi tolo vedremo che Giovanni considera come non credenti persone che affermano di credere in Gesù. A ogni modo, in questa sezione il mio programma è quello di prendere in esame tre gruppi di persone che non avanzano alcuna pretesa di credere in Gesù : « il mondo », « i giudei » e i seguaci di GBat. I gruppo :

«

il mondo

>>

Dal momento che il versetto > ) non è priva di verità. Probabilmente, all'inizio, la comunità giovannea si rivolse da « i giudei » ai Gentili convinta dell'amore di Dio per il mondo, e la persuasione 74

che uomini di ogni sorta preferivano le tenebre alla luce deve essere arrivata in seguito a un'amara esperienza. I cristiani devono continuare con ogni mezzo a cercare di testimoniare Cristo in varie maniere agli occhi del mondo, ma non dovrebbero restare stupiti di rivivere in parte l'esperienza giovannea . II gruppo :

«

i g iudei

»

L'espulsione dalle sinagoghe aveva avuto luogo alcuni anni prima che venisse scritto il Vangelo; ma, come ab­ biamo detto alle pagg. 45-46, i cristiani giovannei con· tinuavano a essere perseguitati o, per meglio dire, a es· sere messi a morte da « i giudei » . Ciò significa che, no· nostante che i loro contatti con i Gentili si fossero fatti più stretti (sul piano fisico o teologico) , essi continua­ vano a vivere in un luogo in cui c'erano delle sinagoghe. Vouga 1 17 fa osservare che, sebbene occasionalmente nel Vangelo i riferimenti nei confronti de « i giudei » non siano ostili, quelli riguardanti « i grandi sacerdoti e gli scribi » mantengono sempre un tono di ostilità. Con que­ sto titolo lo scrittore giovanneo intende probabilmente censurare aspramente le autorità della Sinagoga le quali espellendo coloro che avevano deviato, avevano seguito le direttive della classe che si era imposta a Jamnia tts . Esistevano molte zone geografiche con sinagoghe di una certa importanza, per cui è facile capire questa interazione continua di ostilità ; ma quello che è interessante è il fat­ to che l Apocalisse, nonostante che la sua attenzione sia concentrata esclusivamente sulla bestia di Roma e il culto dell'imperatore, trova il tempo per attaccare le sinagoghe dell Asi a Minore, quella di Smirne e di Filadelfia (Ap 2 , 9 ; 3 , 9 ) . Ancora una volta, quindi l'indicazione di Efeso ,

'

'

,

1 7 Le cadre historique, 66-70 . 1 us Si veda pag. 20 . Gli scribi erano di solito del partito dei farisei, e a Jamnia i farisei presero in mano le redini del potere tenuto in pre­ cedenza dal Sinedrio di Gerusalemme dominato dalla classe sacerdotale.

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quale località della comunità giovannea conserva la sua validità. Dal momento che ci sono tanti riferimenti a « i giudei » , alcuni 119 hanno pensa to che il quarto Vangelo fosse un trattato missionario destinato all a conversione degli ebrei e che fosse tuttora in atto uno sforzo energico per rea­ lizzare un'opera del genere. Ritengo insostenibile questa posizione: i suoi sostenitori, nel citare documenti a suo sostegno, confondono la storia passata della comunità giovannea con la situazione al momento in cui veniva scritto il Vangelo. È fuori dubbio che il Vangelo riveli tracce di discussioni tra cristiani ed ebrei, compresi quei temi a noi noti tramite altri scritti del NT o di cristiani del periodo immediatamente posteriore : per esempio, la violazione del sabato da parte dei cristiani e di conse­ guenza la violazione della Legge data da Dio a Mosè ( 5, 1 6 ; 7, 1 9 .22-24) ; l'inesistenza della resurrezione di Ge­ sù ( 2 , 1 8-22 ) ; l'incredibilità dell'eucarestia (6, 52) ; il fat­ to che Gesù non fosse un grande maestro (7 , 1 5 ) ma fosse solo capace di ingannare le persone ignoranti ( 7 , 4 9 ) . Pe­ rò si tratta soltanto di temi secondari; la controversia do­ minante di cui il Vangelo è la cassa di risonanza riguar­ dava la divinità di Gesù 120, come abbiamo visto . A so­ stegno della tesi giovannea vengono addotti abbondanti argomenti tratti dalla Scrittura (5, 39-40 .45-47 ; 6, 3 1 3 3 ; 7 , 23 ; 8 , 34-57 ; 1 0 , 34-36) . Ad ogni modo, si tratta di argomenti all'ordine del giorno nelle prime dispute tra i cristiani giovannei e i capi della Sinagoga, dispute che 1 19 K. Bornhauser, Das ]ohannesevangelium : eine Missionsschri/t fur Israel (Giitersloh, Bertelsmann, 1928 ) ; J. A. T. Robinson , « The Desti­ nation and purpose of St. John's Gospel », in NTS 6 ( 1 959-60), 1 173 1 ; W. C. van Unnik, « The Purpose of St. John's Gospel », in Studia Evangelica l , 382-4 1 1 . 120 S. Pancaro, The Law i n the Fourth Gospel (NovTSup 42 ; Leiden, Brill, 1 975) , dimostra che anche le dispute sulla Legge e il Sabato erano diventate dispute cristologiche, in quanto la sovranità del comportamento del Gesù giovanneo proviene dal suo essere sopra e al di là della Legge.

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porteranno all'espulsione dalle sinagoghe 121 • Se essi fan­ no parte dell'eredità giovannea, non è perché esista an­ cora uno sforzo formale per convertire « i giudei » . Non voglio dire con questo che i cristiani giovannei avrebbero respinto chi si fosse convertito tra gli ebrei non credenti ; intendo mettere in dubbio il fatto che essi mandassero nelle sinagoghe dei missionari armati del quarto Vange­ lo. (Se la comunità giovannea viveva presso le sinago­ ghe, può darsi che si sia verificato il movimento inverso negli sforzi missionari, cioè, il tentativo da parte delle au­ torità della Sinagoga e dei parenti di recuperare gli apo­ stati giovannei) . L'insistenza con la quale il Gesù gio­ vanneo sottolinea a « i giudei >> l'impossibilità di giun­ gere alla fede senza che Dio lo conceda (6, 37 .39.44 .65) è segno che presso i circoli giovannei non esisteva nes­ suna speranza concreta a favore di quella gente. Io scor­ go altre ragioni per spiegare la presenza di argomenti scritturali già usati in tempi passati. Primo, qualsiasi grup­ po religioso staccatosi da un altro gruppo conserverà nel proprio arsenale argomenti atti a giustificare la posizione ora assunta. Il loro scopo è quello di istruire la genera­ zione seguente in modo da evitare il pericolo di una ri­ caduta, anche se non c'è nessuna speranza che gli avver­ sari della prima ora vengano persuasi da quegli argo­ menti 122 • Secondo, come vedremo più avanti (sotto il Gruppo IV) c'erano dei credenti in Gesù ancora nascosti nelle sinagoghe; ora lo scrittore giovanneo desiderava ve­ ramente incoraggiare costoro a confessare Gesù, anche se questo avrebbe significato la loro cacciata dalle sinago­ ghe. Gli argomenti presenti nel Vangelo fornivano ai cri121 Martyn,

History (nota 18), svolge un lavoro eccellente nel mettere in luce come l'interpretazione midrashica della Scrittura era l'arma con la quale venivano combattute le battaglie tra la comunità giovannea

e la Sinagoga. lZ2 I protestanti inglesi che colonizzarono il Nuovo Mondo, vi porta­ rono con sé il ricordo del rifiuto del cattolicesimo, anche se non sarebbe stato prevedib ile alcun incontro con i cattolici in quel luogo.

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stiani giovannei le munizioni da usarsi per avere ragione di coloro che essi sapevano essere cripto-cristiani . Forse, ancora una volta, non è fuori luogo dedicare un ' po di spazio alla riflessione sul significato che può avere oggigiorno l 'atteggiamento giovanneo nei confronti de « i giudei ». A seconda delle regioni e delle epoche, nel primo secolo ci furono rapporti di vario genere tra ebrei che credevano in Gesù ed ebrei che non credevano, e questi rapporti non furono sempre ostili . Presso la cri­ stianità giovannea, a causa della sua storia peculiare, tro­ viamo l'esempio di un rapporto all'insegna della massima ostilità e, a cominciare dal secondo secolo, questa ostilità, portata all'estremo, diverrà la norma, dando origine a una situazione che si perpetuerà nei secoli . (Purtroppo, in questi ultimi secoli la situazione di Gv 1 6 , 2 è stata capovolta con il risultato di una tragedia, in quanto sono stati i cristiani a mettere a morte gli ebrei pensando di dare gloria a Dio) . Non possiamo che rallegrarci se nella metà del secolo ventesimo, in parte per la reazione susci­ tata dall 'olocausto, la situazione è cambiata, tanto che è stato portato avanti un tentativo sincero di intesa da ambedue le parti. Tuttavia, ho la sensazione inquietante che la d�coltà giovannea di fondo sia ancora Il davanti a noi . Agli ebrei, infastiditi dai tentativi fatti dai cristiani per convertirli, rimbalza la domanda cristiana, che può es­ sere formulata con le parole di Gv 9 , 22 : perché sono arrivati a ritenere che chiunque riconosce Gesù come Mes­ sia non può più far parte della sinagoga ? I cristiani hanno reagito a quella scelta strappando alla sinagoga gli ebrei che si convertivano . Tutt'e due le parti in causa, allora come adesso, devono fare i conti con il problema di cre­ dere in Gesù, pur restando ebrei osservanti : un proble­ ma che in ultima analisi riflette quello della compatibilità di cristianesimo e giudaismo . Questo problema incomin­ ciò a essere sollevato dalle parole di Gesù concernenti la sua proclamazione e l 'accoglienza ostile da parte dei fa­ risei : « Nessuno mette il vino nuovo in otri vecchi, al­ trimenti il vino rompe gli otri » (Mc 2, 22) . 78

III gruppo : i seguaci di Giovanni il Battista

Giovanni descrive i primi seguaci di Gesù come discepoli di GBat, e lo stesso movimento giovanneo può aver af­ fondato le sue radici in mezzo a discepoli di questo ge­ nere (specialmente il Discepolo prediletto: si veda pag. 3 3 ) Desta, perciò, una certa meraviglia il fatto che nel quarto Vangelo si trovi una gran quantità di dichiarazioni in forma negativa nei confronti di GBat . Questi non è la luce ( 1 , 9 ) ; non è prima di Gesù ( l , 1 5 .30) ; non è il Messia, né Elia, né il Profeta ( 1 , 1 9-24 ; 3 , 28) ; non è lo sposo ( 3 , 29) ; deve diminuire mentre Gesù deve cre­ scere ( 3 , 30) ; non ha operato nessun miracolo ( 1 0 , 4 1 ) . Tutto ciò rientra in un quadro in cui il ministero di GBat, nel suo complesso, appare come quello di uno destinato a rendere testimonianza a Gesù e a rivelarlo a Israele ( 1 , 29-34; 5 , 33 : non che Gesù avesse bisogno di una testi­ monianza umana del genere [ 5 , 34 ] ) . Tutto ciò diventa chiaro quando veniamo a sapere in 3 , 22-26 che alcuni dei discepoli di GBat non seguirono Gesù (al contrario di quelli di l , 3 5-3 7 ) e si opposero con zelo al gruppo di persone che lo stava seguendo . Se ancora una volta leggiamo il Vangelo parzialmente come un'autobiografia della comunità giovannea, siamo indotti a sospettare che i cristiani giovannei avessero a che fare con tali discepoli e che le dichiarazioni negative debbano essere intese, in chiave apologetica, dirette contro di loro. G . Baldensperger avanzò un'ipotesi del genere alla fine del secolo scorso e a volte il motivo anti-Battista è stato grandemente esagerato nell'interpretazione del quarto Vangelo 123• A ogni modo, le esagerazioni non dovrebbero indurci a trascurare i dati di fatto. Nessuno dei Vangeli sinottici assume un atteggiamento di riserva altrettanto spinto nei confronti di GBat, né può vantare una serie .

123 Nell'ambito della sua tendenza a vedere lo gnosticismo dappertutto, Bultmann asseriva che l'evangelista era stato uno dei settari gnostici di GBat.

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cosl ampia di dichiarazioni negative. D'altra parte, proprio · essi ci forniscono ulteriori prove sull'esistenza di seguaci di GBat che non si misero subito al seguito di Gesù. L'episodio, comune a Matteo ( 1 1 , 2- 16) e a Luca (7 , 1 8� 3 ) , in cui GBat invia dei discepoli per chiedere a Gesù se è colui che deve venire, è un indizio delle difficoltà a proposito di Gesù esistenti in seno al gruppo dei seguaci di GBat 124• In At 1 8 , 24- 1 9 , 7 , Luca ci parla di Apollo e di un gruppo di dodici uomini di Efeso (il luogo, secondo la tradizione, della composizione del quarto Vangelo) che erano stati battezzati soltanto con il battesimo di GBat. Apollo credeva già in Gesù, mentre gli altri avevano bi­ sogno di essere istruiti ( 1 9 , 4) . Nelle Recognitiones dello Pseudo-Clemente, un'opera del terzo secolo basata su fonti più antiche, si dice che i seguaci di GBat asserivano che il loro maestro e non Gesù fosse il Messia 125 • Queste scarse testimonianze , per quanto non decisive, rendono almeno plausibile il fatto che la comunità giovannea fosse in contrasto con i seguaci di GBat non cristiani 126• Il fatto che essi nel Vangelo vengano confutati, non con un attacco 1 24 Per capire �rché i seguaci di GBat avrebbero trovato difficile ac­ cettare Gesù, è utile distinguere tra la predicazione storica di GBat (la quale può darsi non si fosse riferita direttamente a Gesù) e la reinterpretazione cristiana di tale predicazione . Per una breve tratta­ zione, si veda il mio libro, La nascita del Messia (Cittadella, Assisi,

1981), 376-80.

12:5 Esistono problemi

a proposito di questo riferimento ; si veda il mio commento, Giovanni, I , Cittadella, 62 . 126 Pu rvi s � Fourth Gospel » (nota 55), 19 1-98, connette il gruppo di GBat con la Samaria e avanza l'ipotesi che essi fossero gnostici dositeani (Dositeo si suppone sia stato un discepolo di Simon Mago ,

della Samaria [At 8, 9 ] ) . A ogni modo, io penso che il gruppo di GBat avesse ancora un'incidenza nella storia giovannea al tempo in cui veniva scritto il Vangelo . Le negazioni su GBat non si trovano proprio nei capitoli iniziali che riflettono le primissime origini della comunità. Giovanni fa una digressione in 10, 40-42 per riportare GBat alla fine del suo ministero: egli ha dato una vera testimonianza di Gesù ma non era in grado di operare miracoli come lui. Molti studiosi riten­ gono che il Prologo sia un'aggiunta posteriore al Vangelo; se hanno ragione, appare chiaro che anche in questo stadio avanzato si è cercato con cura di evitare ogni esagerazione nei confronti di GBat.

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diretto contro di loro in quanto non credenti, bensl tra mite un'attenta correzione dell'errata sopravvalutazione di GBat, può voler dire che i cristiani giovannei nutrivano ancora speranze per la loro conversione, speranze che l'episodio di Atti testè citato giustificherebbe. L episodio in Gv 3 , 22-26 attribuisce ai discepoli non credenti di GBat un invidia nei confronti di Gesù e una stima esclu� siva per le prerogative del loro maestro, ma non ce li descrive in un atteggiamento di odio verso Gesù, metten� doli sullo stesso piano de « i giudei » e del mondo che lo odiano. Forse le loro stesse origini nel movimento di GBat resero i cristiani giovannei meno severi nei riguardi dei loro antichi fratelli che non avevano preferito le tene­ bre alla luce ma avevano semplicemente scambiato una lampada per la luce del mondo 127• �

'

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Altri cristiani presenti nel Vangelo

È chiaro che, nella prospettiva dello scrittore giovanneo, ci sono delle persone che dicono di credere in Gesù ma che, in realtà, non possono più essere considerati dei veri credenti. Egli parla in maniera esplicita di « giudei che avevano creduto » ma che Gesù respinge (8, 3 1 ss) e di discepoli che « si ritirarono e non andavano più con lui » (6, 66) . Altri riferimenti più sfumati nei con fronti di cristiani che non hanno raggiunto il grado di compren­ sione di Gesù proprio della comunità giovannea sem­ brano essere impliciti nella caratterizzaziorie di un disce­ polo come Filippo il quale è stato insieme a Gesù cosl tanto tempo, pur non arrivando ancora a conoscerlo ( 14 , 9 ) . Da indicazioni del genere io penso che in generale si possano scoprire almeno tre gruppi di cristiani non giovannei, che m In 1, 8 si sottolinea che GBat non era la luce, che resta il ruolo privilegiato di Gesù (anche 8, 12) . Però 5, 35 dice che Gesù descrive GBat come « la lampada che arde e illumina � alla cui luce la gente si allie ta.

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vanno ad aggiungersi, come IV, V, VI gruppo, ai tre gruppi dei non credenti. IV gruppo : i cripto-cristiani ( ebrei cristiani in seno alle sinagoghe )

Gv 1 2 , 42-43 costituisce il riferimento più chiaro a un gruppo di ebrei che furono attratti da Gesù al punto di poter essere considerati dei credenti in lui , ma che avevano paura a professare pubblicamente la loro fede nel timore di venire espulsi dalle sinagoghe. (Si veda a pag. 20 per quanto riguarda questa espulsione) . Giovanni nutre un certo disprezzo nei loro confronti, perché secondo lui essi preferiscono la lode degli uomini alla gloria di Dio . Egli narra l'episodio del cieco nato del cap . 9 come l 'esem­ pio di un individuo che rifiuta di scegliere la via facile di nascondere la propria fede in Gesù, preferendo pagare lo scotto deli'espulsione a causa della sua confessione di fede che Gesù è da Dio (9, 22-2 3 .33-3 8 ) . Il cieco nato personifica la storia della comunità giovannea, una comu­ nità che doveva essere piuttosto intollerante nei riguardi di coloro che avevano rifiutato di fare la difficile scelta che era toccato fare a loro . Gli apprezzamenti negativi di Giovanni su « i giudei » che non credevano in Gesù potrebbero venire estesi in larga misura anche ai cripto­ cristiani; perché nella mentalità di Giovanni , per il fatto di non confessare pubblicamente Gesù, essi davano prova di non credere neppure loro veramente in lui. Allo stesso modo de « i giudei », i cripto-cristiani avevano scelto di passare per i discepoli di Mosè piuttosto che per i discepoli di « quel tale » (9, 28) . Però Giovanni dà l'impressione di rivolgere loro implicitamente un appello nella persi­ stente speranza di esercitare un'influenza su di loro . Come ho già ipotizzato sopra, l'inclusione nel Vangelo di argo­ menti scritturali cosi numerosi diretti contro le posizioni degli ebrei può darsi faccia parte di un tentativo di con­ vincere i cripto-cristiani a lasciare le sinagoghe. 82

È difficile ricostruire i particolari della cristologia e della ecclesiologia dei cripto-cristiani basandosi sul punto di vista di Giovanni 128 • Si può congetturare che secondo loro i cristiani giovannei avevano senza necessità causato l 'azio­ ne della Sinagoga contro se stessi con conseguenze tragi­ che. Sembrerebbe che essi non condividessero l'alta cri­ stologia del gruppo giovanneo, perché può darsi che, come i destinatari del1a lettera agli Ebrei, non sentissero il bisogno di esaltare Gesù al di sopra di Mosè, rinun­ ciando a tutta la loro eredità cultuale . Non dovevano provare molto gusto a polemizzare con i capi della Sina­ goga come faceva Giovanni. È interessante leggere Gv 9 dal loro punto di vista : per essi il cieco nato può darsi non fosse un eroe quanto piuttosto un esaltato insolente che si comportava in maniera maleducata nei confronti di coloro che gli ponevano delle domande, divertendosi a dare delle risposte spiritose invece di informazioni concrete. All'esortazione giovannea ad abbandonare le 1 28

Nella mia ricostruzione io mi limito dal punto di vista metodologico a chiari riferimenti che riguardano coloro che credono in Gesù, pur rifiutandosi di confessarlo pubblicamente. Sono in disaccordo con quelli che considerano Nicodemo come un cripto-cristiano, una ten­ denza presente nell'articolo, per altri versi interessante, di M. de Jonge, « Nicodemus and Jesus », in B]RL 53 ( 1971 ) , 337-59, ristampato in ]esus (nota 2�), 29-47, sempre dello stesso autore. Il ruolo di Nico­ demo non è quello di illustrare o impersonare il comportamento di un gruppo contemporaneo all'esperienza giovannea, ma quello di mostrare come alcuni che erano attratti da Gesù non lo compresero subito. Presumibilmente alcuni non arrivarono mai a capirlo (gli abitanti di Gerusalemme in 2, 23-25), ma altri come Nicodemo sl. Quando costui si presentò da Gesù la prima volta di notte (3, 2), aveva paura; e apparve subito che egli non capiva per niente Gesù (3, 10). In seguito, però, lo vediamo prendere indirettamente la parola in difesa di Gesù di fronte ai farisei (7, 50) . La sua apparizione finale illustra la parola di Gesù in 12, 32-33 : « E quando sarò sollevato da terra, attirerò a me tutti gli uomini. Ciò diceva per indicare di quale morte doveva morire ». Nicodemo esce allo scoperto pubblicamente dopo la crocifis­ sione per la sepoltura di Gesù ( 19, 39) . Egli viene associato con Giu­ seppe d'Arimatea, che era stato un discepolo segreto di Gesù « per paura dei Giudei » , ma che ora, nel richiedere il corpo di Gesù, rende pubblica la sua fede ( 19, 38) . 83

sinagoghe, i cripto-cristiani potevano rispondere ricor­ dando che Gesù era un ebreo che aveva operato allJin­ terno della Sinagoga, così come avevano fatto Giacomo e Pietro . Secondo la loro valutazione, l'espulsione dei cristia­ ni giovannei poteva imputarsi in eguale misura tanto al loro radicalismo quanto all'intransigenza della Sinagoga . Mantenendo il silenzio, essi avrebbero pensato non tanto di peccare di vigliaccheria quanto di dare prova di pru­ denza . Essi avrebbero continuato a operare dall'interno per riportare i capi della Sinagoga offesi a quella tolleranza verso i cristiani che era esistita un tempo . La storia ha dimostrato che la loro strategia non ebbe futuro, perché il movimento cristiano proseguirà sul sen­ tiero indicato da Giovanni, allontanandosi sempre più dall a Sinagoga . Senza però la possibilità di uno sguardo retrospettivo di questo genere, può darsi che la scelta tra uno scontro o un compromesso non abbia assunto i contorni di un problema chiaro, agli occhi di molte per­ sone che vivevano alla fine del primo secolo. E anzi, in seguito, nella storia del cristianesimo, ci sono state molte occasioni in cui non era facile decidere se per il bene del Vangelo era meglio rompere con l'istituzione oppure restare e lavorare ostinatamente all'interno di essa, nel tentativo di cambiarla. A lungo andare quale delle due posizioni dà realmente prova di maggiore coraggio? V gruppo : le chiese dei giudeocristiani con una fede inadeguata

Praticamente tutti gli studiosi ammettono che i cripto­ cristiani rientrino in quella gamma di gruppi ecclesiali delineata da Giovanni; ma io ora sostengo l'esistenza di un gruppo che ha incontrato minore riconoscimento . Penso, infatti, che esistessero anche dei giudeocristiani che ave­ vano abbandonato le sinagoghe (o che ne erano stati espulsi) , che erano conosciuti pubblicamente come cri­ stiani, che avevano formato delle chiese, e che tuttavia 84

verso la fine del .secolo dovevano fare i conti con l'atteg­ giamento ostile di Giovanni nei loro confronti. La loro esistenza è indicata dalla presenza nel Vangelo di ebrei che erano pubblicamente credenti o discepoli ma la cui mancanza di vera fede viene condannata dall'autore 129• Il primo esempio chiaro di ciò si trova in 6, 60-66 . Il discorso sul pane di vita che precede immediatamente viene tenuto in una sinagoga (6, 59) ; ed è qui che ve­ diamo l'obiezione decisamente ostile de « i giudei » alla affermazione di Gesù di essere il pane di vita, sia che ciò debba essere inteso come rivelazione divina discesa dal cielo ( 6, 4 1 -4 2 ) , sia come carne e sangue eucaristici ( 6 , 5 3 ) . Ma a questo punto Gesù lascia la sinagoga ed en tra in discussione con coloro che Giovanni chiama i suoi « di­ scepoli » . In precedenza, nel Vangelo questo termine in­ dicava coloro che accompagnavano Gesù pubblicamente, tant'è vero che in 6 , 67 si può leggere che tra i discepoli ci sono i Dodici . (Se Giovanni mette in cattiva luce alcuni di questi discepoli, vuol dire che egli non ci autorizza a pensare che egli intenda parlare di cripto-cristiani delle sinagoghe) . Alcuni di questi discepoli notori di Gesù si lamentano, dicendo che quello che lui ha affermato nella sinagoga è difficile da capire e non merita attenzione. Probabilmente la loro difficoltà riguarda l'ultima parte del discorso di Gesù, cioè che il pane di vita è la sua carne che deve essere mangiata, così come deve essere bevuto il suo sangue, in modo che colui che si nutre di essi possa avere la vita 130• Rispondendo, Gesù insiste nel dire che le sue parole sono Spirito e vita, e avverte 129 Vorrei adesso modificare il mio articolo in ]BL (alla nota 3) cer­

cando di essere più preciso per quanto riguarda i tratti caratteristici di questo gruppo. Gesù mostra sfiducia nei gerosolimitani di 2, 22-25 che credevano in lui sulla base dei segni, ma non sono sicuro che essi rientrerebbero nel gruppo che ho ora all'esame . 130 È chiaro che in questo episodio Giovanni si è spostato dal mini­ stero storico nell'ambito della vita della Chiesa, e la scelta che Giovanni fa di introdurre l'insegnamento eucaristico nel discorso del pane di vita assume un certo significato ecclesiologico per la comunità giovannea.

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che alcuni fra i discepoli non credono veramente. La scelta di coloro che vengono a lui e credono dipende dal Padre. « Da allora » , dice Gv 6, 66, « molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui » . Avanzo l'ipotesi che qui Giovanni si riferisca a dei giudeocristiani che non devono più essere considerati dei veri credenti in quanto non condividono l'opinione che Giovanni ha sull'eucarestia 131 • Un altro esempio di giudeocristiani dalla fede insufficiente può essere rappresentato dai fratelli di Gesù in 7 , 3-5 . Si dice che essi inci tano Gesù a salire in Giudea per compiervi i suoi miracoli, invece di continuare a farli quasi di nascosto 132 • Siccome Giovanni considera ciò né più e né meno che un invito rivolto a Gesù perché si n1anifesti al mondo, egli commenta l'episodio dicendo che perfino i fratelli non credevano in Gesù. Questa affermazione, che appare in un Vangelo scritto alla fine del secolo, desta una certa sorpresa 133 • Era ben noto che Giacomo, il « fratello del Signore », aveva ricevuto la visione di Gesù risorto ( l Cor 15, 7 ) ed era stato un apostolo che aveva ricoperto la carica di guida della chiesa 131

Alcuni vorrebbero interpretare questo episodio alla luce della lotta interna descritta da l Gv, per cui il passo sarebbe diretto contro una concezione eucaristica sostenuta dai secessionisti giovannei di cui par­ leremo nella Terza Fase, più avanti. Comunque, il contesto generale di Gv 6 riguarda i gruppi esterni ( « i giudei »; i Dodici che rappresentano le Chiese Apostoliche), per cui sono del parere che anche in questo caso si tratti di un gruppo esterno. Ricorderò Ignazio; io credo che egli combattesse su due fronti (nota 303) e che l'errore eucaristico che io voglio qui ricordare apparteneva ai suoi nemici giudeocristiani piut­ tosto che ai suoi nemici doceti (i quali pure avevano delle difficoltà eucaristiche). 132 Data l'opposizione giovannea ai segni come prodigi, la loro richiesta è un segno di miscredenza (si veda 2, 23-24 ; 4, 48; anche Mc 8, 12 ; Mt 12, 39) . 133 La loro mancanza di fede prosegue una sequenza di reazioni a Gesù iniziata in 6, 66 : alcuni discepoli non accompagneranno più Gesù (6, 66) ; Simon Pietro quale portavoce dei Dodici continua a credere in Gesù (6, 68-69) ; Giuda, uno dei Dodici, lo tradirà (6, 7 1 ) ; e i suoi fratelli non credono in lui ( 7 , 5). 86

di Gerusalemme (Gal 1 , 1 9 ; 2 , 9 ; At 1 5 ; 2 1 , 1 8 ) ; anzi, sia nella tradizione giudaica che in quella cristiana egli era morto come martire all'inizio degli anni 60 134 • Stando alla tradizione posteriore, altri fratelli del Signore sareb­ bero succeduti a lui nella guida di Gerusalemme, mentre si riteneva che i parenti di Gesù fossero degli esponenti di primo piano nelle chiese della Palestina nel secondo secolo 135 • Alla luce di ciò, l'affermazione di Giovanni che i fratelli di Gesù, i quali volevano che egli salisse a Geru­ salemme, non credevano veramente in lui non può essere elusa facilmente come un semplice ricordo storico che in un primo momento alcune persone della cerchia familiare di Gesù non avevano avuto una reazione positiva di fronte al suo ministero (si veda Mc 3 , 2 1 .34-35; 6 , 4) . Giovanni ci dà un quadro in qualche modo negativo della interferenza della madre di Gesù a Cana (2 , 1 - 1 1 ) , un episodio che trova un parallelo in 7, 1 - 1 0 nell'interfe­ renza dei fratelli 136 • Ma Giovanni ha cura di « redimere >> l 'immagine della madre di Gesù presentandola come una credente ai piedi della croce ( 1 9 , 25-27 ) , mentre non dà prova dello stesso riguardo nei confronti dei fratelli 137• Anzi, in 1 9 , 25-27 c'è sottinteso che i veri fratelli di Gesù sono i discepoli credenti (si veda anche 20, 1 7- 1 8 ) , dal momento che la madre di Gesù diventa la madre del 134

Giuseppe Flavio, Antichità XX ix [ 200-3 ] ; Eusebio, Hist. II xxiii 1 1-19 (da Egesippo}. 1 35 Eusebio , Hist . III xi ; xxxii ; IV xxii 4. 1 36 In tutt'e due i casi si rimprovera l'interferenza dei parenti perché non è ancora venuta l'ora o il tempo di Gesù, però più avanti si acconsente alla richiesta. 137 Un esempio di come la conoscenza del ruolo positivo di Giacomo potrebbe avere indotto Giovanni a modificare l'asprezza dei suoi com­ menti sui fratelli si trova in Luca/ Atti . La descrizione favorevole di Giacomo in Atti induce Luca a modificare l immagine evangelica ne­ gativa dei parenti di Gesù proveniente da Marco : per esempio, Luca omette Mc 3 , 2 1 ; la sua scena in 8, 21 (che fa seguito a 8, 15) è più positiva di Mc 3, 33-35 ; e Le 4, 24 non ha un tono così offensivo se viene paragonato a Mc 6, 4. '

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Discepolo prediletto 138• Di conseguenza, sono propenso a ritenere che la cattiva luce in cui Giovanni pone i fratelli conservi, nelle sue intenzioni, un significato vali­ do . Ciò si inserisce a proposito nella presente discussione se si pensa che Giacomo , il fratello del Signore, ebbe durante la sua vita come seguaci molti giudeocristiani di Gerusalemme che erano più conservatori di Pietro e di Paolo (Gal 2 , 12) , e che dopo la sua morte egli divenne l'eroe per eccellenza agli occhi dei giudeocristiani del secondo secolo che a poco a poco si separeranno dalla « Grande Chiesa » 139• Un altro riferimento giovanneo ai giudeocristiani dalla fede insufficiente è più problematico. In 8 , 3 1 si inizia un lungo dialogo tra Gesù e « quei giudei che avevano creduto in lui » . Questa designazione andrebbe presa alla lettera, invece di concludere che, siccome pisteuein viene usato con il dativo e non con eis ( a quell'insieme di fattori che noi abbiamo chiamato comunità giovannea, dove tu tti condividono la tradizione proveniente dal Discepolo prediletto e tu tti recano te­ stimonianza (Gv 1 5 , 27) . Riconosco che a dare sostegno alla posizione di Culpepper c'è quel senso di collegialità giovannea dovuta · al fatto di essere discepoli 196• È per questo che quando l'autore delle letter� usa « noi » , spes­ se volte egli intende includere i lettori appartenenti al suo stesso livello, vale a dire, i suoi « fratelli » (una de­ signazione che ricorre quindici volte in l Gv) . Comunque, ci sono altre volte in cui il « noi » rappresenta i trasmet­ titori e gli interpreti della tradizione che sono distinti dal « voi » a cui ci si rivolge ( l Gv l , 1-5) ; in questo caso, infatti, coloro ai quali l'autore si rivolge sono i suoi « figliolini » (una designazione che ricorre sette vol­ te in l Gv) . Malgrado uno sforzo sincero della comunità giovannea di raggiungere una democrazia basata sul di­ scepolato 197, era inevitabile che alcuni fossero da un pun­ to di vista storico più vicini al Discepolo prediletto e che altri fossero più attivi nello scrivere e nel recare testi1 95 lvi, 258-59 ; 288-89. I

criteri contemplano gruppi di discepoli che fanno risalire le proprie origini a un fondatore del quale conservano l'insegnamento, con regole e pratiche riguardanti l'appartenenza al gruppo e la continuità . 196 lvi, 274-75. Culpepper accentua l'importanza della partecipazione della comunità alla composizione del Vangelo. Ritengo però che egli esageri nel fare della comunità l'autore del Vangelo . L'evangelista era un pensatore e drammaturgo notevolmente dotato. È lui l'autore, non la comunità ; da qui la necessità di distinguere tra scuola e comunità. 1"' Si veda P. Moreno Jiménez, « El disdpulo de Jesu Cristo segU.n el evangelio de S. Juan », · in · Est Bib (197 1 ), 269-31 1 .

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monianza. È ad essi che io riservo il termine « scuola giovannea » nell'ambito della più ampia « comunità gio­ vannea » . In particolare, io lo uso per coloro che si sen­ tivano cosl vicini al Discepolo prediletto da cercare di tramandare la sua tradizione attraverso un 'interpretazio­ ne scritta . Tra costoro sono da includere l'evangelista, il redattore del Vangelo (e qualsiasi altro scrittore abbia contribuito) , l'autore delle lettere, e i trasmettitori della tradizione ai quali essi si associavano nel loro serivere : in poche parole, il « noi » di Gv 2 1 , 24 ( « Noi sappiamo che la sua testimonianza è vera » ) e di l Gv l , 1 -2 ( « Quello che abbiamo udito . . . noi lo proclamiamo a voi ») . è parallelo a « quello che abbiamo udito . . . visto .. . contemplato . .. toccato »; in altre parole, l 'inizio del ministero quando Gesù, per la prima volta, stabilì un rapporto cori i suoi discepoli 239 • L'autore di l Gv non forza la tradizione giovannea dando questo significato alla parola « principio » , perché esso appare nel Vangelo in 2 , 1 1 ; 6, 64 ; e 1 6 , 4 . Infatti, un parallelo particolarmente felice di l Gv l , l è Gv 1.5 , 27 : ,

«

A mio parere, la lezione m igli ore di questo versetto applica il titolo « vero Dio » a Gesù; si veda il mio ]esus God and Man (Milwaukee, Bruce , 1967 ; oppu re New York, Macmillan, 1972), 18-19 (trad. it. Gesù Dio e uomo, Cittadella, Assisi). 239 Si veda I. de la Potterie, « La notion de " commencement" dans les écrits johanniques », nella Schiirmann Festschrift (nota 186), 379403 , spec. 396-402 . Questo è anche il significato di « prin cipio » in 1 Gv 2, 7.24; 3, 1 1 ; 2 Gv 5, 6. � chiaro, che l'autore delle lettere è consapevole che il termine ha pure uno sfondo culturale che si ri­ chiama alla Genesi (e alla creazione), per es., l Gv 3, 8 che può essere paragonato a Gv 8, 44 come un'eco congiunta di Gn 2, 17; 3, 19. 238

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« Anche voi mi renderete testimonianza perché siete stati con me fìn dal principio » . Quello che egli realmente fa allo scopo di confutare i suoi avversari consiste nel dare la preferenza a uno degli usi giovannei di « princi­ pio » , controbilanciando cosi l'importanza esagerata data dai suoi avversari a quell'altro uso (cioè, al significato di prima della creazione e alle sue implicazioni per la pree­ sistenza) . Per quanto riguarda i termini « parola » e « vi ta » , la prima cosa che il prologo del Vangelo ci dice ( l , 1 -5 ) è che la Parola era alla presenza di Dio e che ciò che aveva avuto origine, in lei era vita (echeggiando il racconto della creazione in Gn 1 -3 ) . Soltanto più avanti nel prologo del Vangelo incontriamo un riferimento alla incarnazione quando la Parola divenne carne ( 1 , 1 4 ) . Ma nel prologo della lettere ( l , 2) l 'autore pone l 'accento sulla vita eterna, non soltanto « come essa era alla pre­ senza del Padre » , ma anche come essa « è stata rivelata a noi » . Anzi, il primo riferimento della lettera alla « pa­ rola di vita » ( l , l ) la rende equivalente a « quello che abbiamo udito >> , una « vita manifestatasi visibilmente come noi abbiamo visto e ne rendiamo testimonianza » . In altre parole, per l 'autore della lettera la « parola di vita » è il messaggio del Vangelo secondo il quale l'esi­ stenza terrena di Gesù in mezzo agli uomini è portatrice di vita. Infine, anche l 'accento posto sull'incarnazione è diverso nei due prologhi, come si può vedere se si confron­ ta il commento del Vangelo sulla Parola-fatta-carne in l , 1 4 c, « Abbiamo visto la sua gloria » , con il commento della lettera in l , l , « Abbiamo udito, e abbiamo veduto con i nostri propri occhi . . . abbiamo contemplato, e toccato con le nostre mani » . L'accento è ora sulla qualità osser­ vabile e tangibile della proclamazione e quindi sull'esi­ stenza terrena di Gesù 240, come viene assicurata dalla testimonianza della scuola giovannea . Come s i comporta il presbitero di fronte al fatto che i 240 P. Bonnard, « La première épitre de Jean est·elle johannique? � , in L'Evangile de ]ean (nota 41 ) , 301-5, è eccellente su questo punto. 141

secessionisti mancano di dare un significato salvifico alla morte di Gesù ? Non c'è dubbio, come abbiamo visto, che l'accento principale viene posto dal Vangelo sulla morte come rivelazione. Ma nel Vangelo esistono sparsi qua e là (6, 5 1 ; 1 1 , 5 1 -52 ; 1 2 , 24 ; 1 8 , 1 4 ) riferimenti secondari al valore salvifico della morte di Gesù che avrebbero potuto servire agli scopi dell'autore 241 • In par­ . ticolare, possiamo ricordare che in Gv l , 29 GBat parla di Gesù come de « l'Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo » . I secessionisti potrebbero aver interpretato ciò semplicemente nel senso che Gesù distrugge il pec­ cato portando la luce ; ma è fuori dubbio che l'autore di l Gv vi avrebbe visto un riferimento alla morte re­ dentrice di Gesù, se avesse pensato che l 'immagine ri­ guardava il Servo sofferente di Jahvè o l'agnello pasqua­ le 242 • Ciò avrebbe confermato la sua teologia dell'espia­ zione : « Il sangue di Gesù , suo Figlio, ci purifica da ogni peccato » ( l , 7 ) ; « Egli è vittima di espiazione per i nostri peccati , e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo >) (2, 2 ; cfr . Gv 1 1 , 5 1 -52 ) . La frase di l Gv 3 , 1 6 : « Da questo abbian1o conosciuto cosa significa amare: poiché Cristo ha dato la sua vita per noi », ci dimostra come l 'autore avrebbe commentato Gv l O, 1 5 , « Per queste pecore io do la mia vita >) , il passo sopra esaminato dal punto di vista dei secessionisti . L'autore vede il dono della propria vita da parte di Gesù, non puramente diretto allo scopo di prenderla di nuovo, ma a quello di espiare : « In questo consiste l'amore : non nel fatto che noi abbiamo amato Dio, ma che egli ha 24 1

G. Richter, « Die Deutung des Kreuzestodes in der Leidensges­ chichte cles Johannesevangeliums (Joh 13-9) », in Bib Leb 9 ( 1968), 2 1-36, sosteneva che esistessero due interpretazioni della morte di Gesù in Giovanni. Oltre quella già discussa (nota 236), ci sarebbe stata un'altra visione che vedeva la morte di Gesù come un esempio morale di amore e di umiltà; e la visione di l Gv sarebbe stata più vicino alla seconda. 242 Si veda il mio commento, Giovanni, l, 77-82, pe r tre diverse interpretazioni de « l'Agnello di Dio ,.,

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amato noi e ha mandato il suo Figlio come vttttma di espiazione per i nostri peccati » ( l Gv 4, 1 0 ) . L'importanza che Gesù abbia nella sua vita versato il sangue viene sottolineato nel passo già notato : Gesù Cristo « è venuto con acqua e sangue, non con acqua soltanto, ma con acqua e sangue » (5, 6) 243• Un Gesù davvero uomo che fu battezzato e versò il proprio sangue è colui che l'autore qualifica come « il vero Dio e la vita eterna » (5, 2 1 ) . In una maniera più chiara , quindi, di quanto appaia nel Vangelo, il Gesù di l Gv è un redentore, anche se l 'autore, da autentico giovanneo, non dimentica mai il ruolo di Gesù come rivelatore: « Cristo si è rivelato per togliere i peccati » ( 3 , 5) . L'importanza del tema della fede è evidente nel quarto Vangelo, se si pensa che pisteuein , « credere » , vi ricorre novantotto volte, con una media di circa cinque volte a capitolo. Probabilmente non esistevano difficoltà da parte dei secessionisti per credere in Gesù, di conseguenza non c'è motivo che la lettera insista sul tema della fede (nove casi di pisteuein, una media di due a capitolo) . Nelle lettere l'accento si sposta su homologein , « confes­ sare » , una parola che non è estranea al Vangelo ( tre volte) ma che in proporzione è molto più frequente nelle lettere (sei volte) . L 'autore e i suoi avversari potevano essere d'accordo che la vita eterna consiste nel ricono­ scere che Gesù Cristo è l 'inviato di Dio ( Gv 1 7 , 3 ) , ma l 'autore sta cercando di far fuori i suoi avversari insistendo su una confessione pubblica nella quale si riconosca che questo invio o questa venuta è stata « nella carne » ( l 243

Spesso si pensa che questo passo sia in relazione con Gv 19, 34 dove si dice che sangue e acqua scorrono dal costato di Gesù morto. I secessio­ nisti avrebbero potuto interpretare questo fatto come il simbolo che la morte non aveva avuto alcuna influenza sul potere di dare vita proprio di Gesù. A ogni modo, 19, 35 è un'aggiunta parentetica che sottolinea il realismo dell'accaduto; e alcuni studiosi ritengono che un redattore abbia aggiunto questa parentesi in annonia con l Gv 5, 6. Si veda pagg. 109-10 a proposito del rapporto tra il redattore e l'autore delle lettere.

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Gv 4 , 2 ; 2 Gv 7 ) . Senza questa veste umana, sostiene l'autore, la vita eterna non ci sarebbe stata rivelata ( 1 , 1-2) . B . Etica

Pur rappresentando la cristologia il campo di battaglia principale tra l'autore e i secessionisti, ci furono anche delle schermaglie sulle conseguenze che la cristologia im­ plicava per il comportamento dei cristiani . Dalla con­ danna di posizioni etiche che l'autore di l Gv considera false, possiamo ricostruire di riflesso tre aspetti del pen­ siero dei secessionisti. Primo , gli avversari professavano un 'intimità con Dio tale da essere perfetti o senza peccato. Le seguenti vanterie citate da l Gv riflettono, a quanto pare , le loro opinioni : Se ci vantiamo : « Siamo in comunione con Lui » ( l ' 6) . Se ci vantiamo : « Siamo liberi da ogni colpa » ( 1 , 8). Se ci vantiamo : « Non abbiamo commesso pec­ cato » ( 1 , 1 0) . Chi dice : « Io Lo conosco » ( 2 , 4) . Chi dice di rimanere in Lui ( 2 , 6 ) . Chi dice di essere nella luce ( 2 , 9 ) . Se qualcuno dice : « lo amo Dio » ( 4 , 20 ) . Secondo , gli avversari non danno molta importanza alla osservanza dei comandamenti (2, 3-4 ; 3 , 22 .24 ; 5 , 2-3 ) . Terzo, gli avversari sono vulnerabili sul tema dell'amore fraterno. Consideriamo uno alla volta ciascuno di questi punti, cercando di trovare in Giovanni la base logica della posizione dei secessionisti, per poi esaminare in che modo risponde l 'autore delle lettere, rifacendosi anche lui a Giovanni.

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l . lntimità con Dio e innocenza

La maggior parte delle « vanterie >> o « pretese » sopra elencate può essere facilmente giustificata sulla base del Vangelo di Giovanni. Essere in comunione con Dio e restare o dimorare con lui è uno dei grandi doni che il Gesù giovanneo concede a coloro che credono in lui 244 • La sua preghiera finale dice : « Che tutti siano una cosa sola, come tu sei in me, o Padre, e io in te , affinché anche loro siano [ una cosa sola ] in noi . . . affinché l'amore con il quale tu hai amato me sia in loro e io in loro » ( l 7, 2 1 . 2 6 ; anche 6, 56 ; 1 4 , 23 ; 1 5 , 4-5 ) . L'affermazione « Io conosco Dio » non desta stupore in una tradizione in cui Gesù promette che coloro che lo conoscono davvero conosceranno anche il Padre ( 14 , 7 ; 1 7 , 3 .25-26) . L'affer­ mazione di essere nella luce è comprensibile dal momento che Gesù è > . Dato che, a differenza dei non credenti, il credente è liberato dal peccato, i secessionisti di fatto si limitano a semplici ri­ tocchi espressivi quando affermano di essere liberi dalla colpa di peccato. Infatti, nell'episodio del cieco nato com­ pare proprio l'espressione « colpevole di peccato » (echein hamartian ) . L'uomo che era nato cieco (e per questo ac­ cusato di essere nato nel peccato: 9, 34) viene illuminato . Ai farisei , d'altro canto, viene detto che se essi ricono­ scessero la loro cecità, non sarebbero « colpevoli di pec­ cato >> , ma siccome essi affermano di vedere, il loro peccato rimane (9, 4 1 ) . Si deduce logicamente che il cieco che ha riconosciuto apertamente la propria cecità non è colpevole di peccato, e il suo peccato non rimane 246• L'evangelista desiderava che il lettore del Vangelo si identificasse con il cieco nato, e i secessionisti hanno fatto proprio ciò, considerando se stessi come coloro che sono stati illuminati e quindi sono liberi della colpa . Ma i secessionisti potevano giustificare, rifacendosi al Vangelo di Giovanni, l'altra forma della loro pretesa di innocenza : « Noi non abbiamo peccato » ? Questa affer­ mazione significa che essi non avevano mai peccato durante la loro vita, oppure che non avevano peccato da quando erano divenuti credenti 247 ? Questo ultimo significato po246

Si veda anche Gv 8, 24 : « Se non arriverete a credere che IO SONO, voi morirete sicuramente nei vostri peccati »; 15, 22 : « Se non fossi venuto e non avessi loro parlato, essi non sarebbero colpevoli »; e 16, 8-9 : Il Paraclito dimostrerà che il mondo sbaglia « riguardo al peccato, in quanto essi si rifiutano di credere in me ». Tutte queste frasi implicano che i credenti non saranno più colpevoli di peccato. 247 La distinzione sarebbe senza significato per coloro che leggessero Gv 3 , 17-2 1 nel senso che la luce portata da Gesù rende semplicemente visibile quello che le persone sono già, per cui « colui che opera nella

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teva avere un fondamento in Giovanni tramite un'analogia tra i cristiani e Gesù . Gesù è il Figlio di Dio; coloro che credono in lui sono figli di Dio ( Gv l , 12) . Può darsi che i secessionisti affermassero che essi, divenendo figli di Dio, diventavano senza peccato , allo stesso modo in cui il Figlio di Dio era senza peccato (8, 46) : « Chi di voi mi potrà convincere di peccato? » . Non avevano tutti i cristiani giovannei ricevuto l'insegnamento che a essi era stato donato lo Spirito che dà potere sul peccato (20 , 22-2 3 ) 248 ? Non era stato loro insegnato che chiunque crede nel Figlio non viene giudicato ( 3 , 1 8 ; 5, 24) ? Dopo tutto, Gesù aveva detto a Pietro : « Chi ha· fatto il bagno , non ha bisogno di lavarsi . . . egli è tutto puro » ( 1 3 , l O) . Il fatto che la tradizione giovannea conducesse essa stessa alla tesi di un'assenza del peccato dopo essere diventati credenti viene illustrato vividamente dal comportamento dello stesso autore della prima lettera, il quale, sebbene respinga l'affermazione degli avversari : « Noi non abbia� mo peccato » ( l , l O ) , arri va poi a fare quasi la stessa affermazione proprio in analogia con l'assenza di peccato in Cristo . In 3 , 5-6 egli dice : « Voi sapete che Cristo si è rivelato per togliere i peccati e in lui non vi è peccato. Ognuno che dimora in lui non pecca » . In un altro testo egli associa la rivendicazione dell'innocenza con l'essere generati da Dio : « Chiunque è nato da Dio non commette peccato, perché il seme di Dio dimora in esso : e non può peccare perché è stato generato da Dio » ( 3 , 9 ) . Poiché sia l'autore sia i suoi avversari sembrano profes­ sare un'innocenza e un certo perfezionismo, in che cosa consiste la differenza tra le due parti ? L'autore considera l'innocenza çome la conseguenza appropriata della gene­ razione divina e quindi come un obbligo che incombe sul cristiano . Io intendo la sua frase « non può peccare » verità » si riferirebbe a un individuo che è senza peccato al momento di incontrare Gesù. 248 Per il significato, l'estensione e l'esercizio del potere sui peccati implicato in questo testo, si veda il mio commento, Giovanni, II, 1 3 12- 1 7 .

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nel senso che egli coerentemente non può peccare, perché altrove egli riconosce che i cristiani possono venir meno al « dovere » . Nel confutare il perfezionismo dei suoi avversari egli dice : « Figliuoli miei, vi scrivo queste cose, affinché non pecchiate . Ma se qualcuno avesse pec­ cato , abbiamo un avvocato presso il Padre, Gesù Cristo giusto » (2, 1 ) . Gli avversari, dal loro canto, nel loro perfezionismo considerano la mancanza di peccato come una verità realizzata e non come un obbligo semplice­ mente. Per essi, il credente è senza peccato, e non possono neanche contemplare la possibilità dell'eccezione : « se qualcuno avesse peccato » 249 • Mi si lasci dire, tra parentesi, che io faccio queste osser­ vazioni trovandomi in parte d'accordo e in parte in di­ saccordo con il recente libro di J. Bogart che affronta questo argomento (nota 202 ) . Tutt'e due riconosciamo i germi del perfezionismo in seno al quarto Vangelo stesso, e uno sviluppo del perfezionismo in orientamenti diversi nell'autore delle lettere e nei suoi avversari (orien­ tamenti che Bogart chiama rispettivamente ortodossi ed eretici) . Non mi trovo, invece, d'accordo con una tendenza presente nel pensiero di Bogart da lui espressa nel modo seguente (pag . 134) : « Il perfezionismo eretico vi [ al Vangelo di Giovanni ] è necessariamente congiunto ? Si sviluppò in maniera naturale da esso ? No, perché la teologia (cioè la dottrina di Dio e della creazione) , l'an­ tropologia e la soteriologia che stanno alla base del Van­ gelo di Giovanni non sono gnostiche » . Più avanti (pag. 1 35 ) Bogart rende esplicita la sua supposizione : « Al tempo in cui fu scritta l Gv , alcuni cristiani giovannei erano diventati gnostici . . . forse la comunità giovannea subì un afflusso di Gentili pro-gnostici che non avevano 249 Anche per i secessionisti, comunque , l'impossibilità di peccare pro­ verrebbe dalla fede in Gesù. Come vedremo più avanti , alle pagg. 177-78 , un ulteriore passo sulla strada da loro intrapresa li avrebbe portati ad affermare un'impeccabilità antologica derivante dal fatto che l'illuminato sarebbe venuto nel mondo come una scintilla della divinità; e questo passo avrebbe spinto i secessionisti in seno allo gnosticismo.

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mai accettato le dottrine bibliche basilari di Dio e del­ l'uomo » . Questa supposizione è quanto mai indimostra­ bile e, a mio parere, non è affatto necessaria . (Egli di fatto introduce nel periodo tra il Vangelo e le lettere uno svi­ luppo del quale noi abbiamo documenti soltanto nel pe­ riodo posteriore alle lettere; egli legge negli inizi dello 'scisma la sorte dei secessionisti dopo lo scisma) . Inoltre io penso che Bogart tralasci una via di mezzo tra le sue due tesi alternative ; o il quarto Vangelo conduce di per sé e naturalmente al perfezionamento eretico , oppure c'è sta­ to un affiusso esterno per giustificare il perfezionismo ere­ tico. Il vero problema è quello di sapere se l'incipiente perfezionismo del Vangelo poteva venire plausibilmente (anche se erroneamente) interpretato in maniera tale da portare al perfezionamento dei secessionisti . Io ho cer­ cato di dimostrare che ciò era possibile ; ma era anche pos­ sibile che esso venisse interpretato in maniera tale da por­ tare al perfezionamento dell'autore, per cui sono d'accor­ do con Bogart nel dire che nel Vangelo non esisteva nes­ sun orientamento connaturale verso il pensiero dei seces­ sionisti. 2 . L} osservanza dei comandamenti

Un altro modo di contestare da parte dell'autore di l Gv il perfezionismo degli avversari è quello di metterlo in stretta relazione con l'« osservanza dei comandamenti » (2 , 3 ; 3 , 22.24 ; 5 , 2-3 ) . Senza mezzi termini egli bolla come bugiardo colui che afferma : « io conosco Dio » sen­ za osservare i comandamenti (2, 4) . Che cosa ci può dire l'accusa di non osservare i comandamenti a proposito del­ l'etica dei secessionisti ? Facciamo prima di tutto una di­ stinzione tra pratica e teoria. In pratica, i secessionisti e­ rano individui dai liberi costumi che vivevano una vita immorale? C'è un passo in l Gv (2, 1 5- 1 7 ) in cui l'autore mette in guardia contro la mondanità : « la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita » . Ma è molto difficile essere certi che questo passo 1 49

sia diretto contro gli avversari 250, in quanto si può sem­ plicemente trattare di un'esortazione pastorale generale rivolta ai propri seguaci . D'altronde l'autore non ram­ menta mai nessun vizio particolare dei secessionisti, e questo in un'epoca del cristianesimo in cui le liste dei vizi sono ben documentate, specialmente negli scritti po­ lemici 25 1 • L'autore chiama i propri avversari « falsi pro­ feti » ( 4, 2 ) , la stessa accusa sollevata in 2 P t 2 , l contro gli avversari dell'autore petrino ; ma non c'è nulla in l Gv che rassomigli anche lo n t an amen te ai toni ora tori con cui 2 Pt 2 , 1 3- 1 4 si scaglia contro il comportamento degli avversari : « Essi sono uomini corrotti e laidi, si delizia­ no nelle loro seduzioni, facendo baldoria con voi. Hanno gli occhi pieni di adulterio e insaziabili di peccato . . . Han­ no il cuore esercitato alla cupidigia » . Il fatto che l'au­ tore giovanneo mantenga un silenzio su cose del genere dà adito alla possibilità che i secessionisti sbagliassero so­ prattutto sul piano teorico . È chiaro che la loro teoria a­ vrebbe potuto in ultima analisi essere messa in pratica, ed è forse per questo pericolo che l'autore si scaglia con forza contro la teoria. La spiegazione più plausibile dell'atteggiamento dei se­ cessionisti verso i comandamenti è che essi non attribuis­ sero un valore salvifico alla pratica morale e che questa posizione scaturisse dalla loro cristologia . Se essi non at­ tribuivano valore salvifìco alle vicende terrene di Gesù, al modo in cui egli era vissuto e morto, perché avrebbero dovuto credere che l'esistenza terrena del cristiano aves­ se a che fare con la salvezza ? Dopo tutto, non aveva detto il Gesù giovanneo : « Voi non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo » ( 1 5, 1 9 ) , e « Essi non sono del 2SO I commentatori generalmente osservano che il significato « mondo » in questo passo, reso in italiano con « mondanità », non è lo stesso significato di mondo in 4, 5 dove si dice che gli avversari appartengono al mondo, cioè, al regno del diavolo. 2Sl Gal 5, 19·2 1 ; l Cor 6, 9·1 1 ; 2 Cor 1 2 , 20 ; Rm 13, 13 ; l Pt 4, 3. � probabile che liste del genere fossero prepaoline e facessero parte del primitivo insegnamento cristiano (]BC art. 79, # 161 ) . 1 50

mondo come io non sono del mondo » ( 1 7 , 1 6) ? Se la vita eterna consiste nel conoscere Dio e colui che egli ha mandato (l 7, 3 ) , l'affermazione di intimità con Dio po­ teva benissimo essere fatta senza per questo dare rilievo a quello che si fa nel mondo. Non sono mai stato d'accordo con Rudolph Bultmann 252 che il Gesù giovanneo sia un rivelatore senza una rivela­ zione. Il fatto stesso però che Bultmann abbia potuto fare un rilievo del genere sta a indicare fino a che punto la cri­ stologia domini nella proclamazione giovannea. In una poderosa opera sul concetto giovanneo di verità , I . de la Potterie 253 dimostra che il concetto ebraico « fare la ve­ rità » (AT, Qumran) , che significa compiere fedelmente le prescrizioni della Legge, è stato interpretato nella let· teratura giovannea nel senso di aderire alla verità di Gesù. La battaglia primitiva cristiana sul rapporto fede e opere (Paolo, Giacomo) viene risolta da Gv 6, 28-29 nel senso che la fede in Gesù è la sola opera di Dio. Il quarto Van­ gelo è piuttosto carente nel precisare direttive morali in confronto con i Vangeli sinottici . Matteo può raccogliere i comandamenti etici di Gesù nel Discorso della Monta­ gna, creando cosi il codice morale escatologico del Mes­ sia; in Giovanni non esiste una raccolta del genere. In M t 7 , 1 6 si pone in rilievo il criterio del comportamento morale : « Li riconoscerete dai loro frutti » ; in Gv 1 5 , 5 l'espressione « portare frutto » viene a indicare l' adesio­ ne a Gesù : « Colui che rimane in me e io in lui porta molto frutto » 254• In tutt'e tre i sinottici il discepolato è contrassegnato dal fare la volontà di Dio (Mc 3 , 3 5 ; Mt 1 2 , 50 ; Le 8, 2 1 ) per Gv 8 , 3 1 , invece, « Se voi perse­ verate nella mia parola, voi siete veramente miei disce,

252 Theology of the New Testament (2 voll.; New York, Scribers,

altro non rivela che di essere il Rivelatore ». AnBib, 73-74 ; Roma, Istituto Biblico, 1977) I, 480-83 ; 516. 254 A nche Giovanni conosce l 'importanza delle azioni buone e di quelle cattive, ma tutto ciò è curiosamente intrecciato con la cristologia (3, 1955), II, 66 : Egl i

«

253 La vérité dans Saint ]ean (2 voli.;

19-2 1 ; 9, 3).

15 1

poli » . Il rilievo dato al pentimento/cambiamento (me­ tanoia/metanoein) , che ha un ruolo cosl importante nella proclamazione del regno da parte del Gesù dei sinottici (Mc l , 4 . 1 5 ; 6, 1 2 ) non trova riscontro in Giovanni 255 ; ciò che purifica è la parola pronunciata da Gesù ( 1 5 , 3 ) . Giovanni non cita nessun peccato specifico del comporta­ mento morale, per lui esiste soltanto un grande peccato, quello di rifiutare di credere in Gesù ( 8 , 24 ; 9 , 4 1 ) . Par­ ticolarmente interessante, se si riflette alle sue implica­ zioni, è l'affermazione del Gesù giovanneo a proposito del mondo ( 1 5, 22) : « Se non fossi venuto e non avessi parlato loro, non avrebbero colpa » . È quindi del tutto possibile che la mancanza di interesse da parte dei seces­ sionisti verso i comandamenti possa avere avuto le sue radici nel ruolo dominante della cristologia e nella man­ canza di direttive etiche specifiche nella tradizione gio­ vannea. In che modo allora l'autore della lettera può confutarli se lui stesso è legato a questa tradizione ? È interessante osservare che egli non fa alcun tentativo di citare delle direttive etiche precise, presumibilmente perché egli non ne possiede nessuna che possa essere accettata come auto­ ritativa 256• Egli fa appello piuttosto all'esempio della vita terrena di Gesù in generale quale modello per la vita del cristiano, un argomento, questo, che è in sintonia con la differenza esistente tra la sua cristologia e quella dei suoi avversari. Egli non nega, né potrebbe farlo, la possibi­ lità di dimorare in Dio - ciò è Vangelo sia per lui che per i suoi avversari - ma mette questa inabitazione in stretto rapporto con la necessità di « camminare come Cristo ha camminato » ( l Cv 2 , 6 ) . Egli non nega la spe­ ranza di vedere Dio come Egli è, ma fa presente l'esigen­ za che l'individuo che coltiva una tale speranza dovrebbe 255

L'idea di pentimento o cambiamento di vita sembra presupposta in 5, 14; 8, 34 . 256 Si veda la nota 212, a proposito del fatto indicativo che l'autore fa a meno di citare la tradizione sinottica. 152

� rendersi puro come Cristo è puro » ( 3 , 3 ) . II segno di colui che non è figlio del diavolo è quello di praticare la giustizia « come Cristo è giusto » (3 , 7 ) . Questo kathos ( « come ») etico, sebbene utile, è notevolmente vago in fatto di particolari ; per cui si ha un'illustrazione efficace di quello che io intendevo quando dicevo che l'autore è svantaggiato nel suo tentativo di confutare gli avversari. La stessa tradizione non offriva confutazioni chiare alle nuove tesi sostenute dai secessionisti .

3 . L'amore fraterno m

Se gli avversari non ponevano l'accento sul valore salvi­ fico dei comandamenti, potevano realmente giustificare la loro posizione basandosi sul Vangelo giovanheo dal mo­ mento che il Gesù giovanneo aveva di fatto parlato di comandamenti per i suoi discepoli ? Resta il fatto che questi riferimenti in Giovanni sono sempre legati alla richiesta di amare ( 1 3 , 34-35 ; 14, 1 5 .2 1 ; 1 5 , 1 0 . 1 2 . 1 7 ) . È come se per la tradizione giovannea esistesse un solo comandamento che riassumesse tutti gli altri : « Questo è il mio comandamento : che vi amiate l'un l'altro come io vi ho amati » ( 1 5 , 1 2 ) . > . Perché egli mette in risalto la speranza di una rivelazione futura? Nel versetto seguente egli passa a spiegare ( 3 , 3 ) : « Chiunque ha questa spe­ ranza in Dio, purifica se stesso come Cristo è puro » . In altre parole, egli mette in risalto le benedizioni future perché esse dipendono dal genere di vita che un cristiano conduce, e quindi l'escatologia futura può servire come correttivo dell 'etica dei secessionisti. Un movente etico analogo si trova in 2 , 2 8 : « Figliuoli, rimanete in Cristo, affinché quando egli apparirà, ci si possa sentir sicuri e non essere da lui svergognati nella sua venuta » . Simil­ mente in 3 , 1 8-1 9 : « Figliuoli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con opere e in verità : da questo cono­ sceremo che siamo dalla verità e rassicureremo il nostro cuore davanti a Dio » (si veda anche 4 , 1 7 ) . Per l'autore delle lettere, i doni sfoggiati nella escatologia realizzata giovannea non sono di per sé un termine (come lo sono per gli avversari) ma la fonte di una fiducia per il futuro, purché coloro che sono già figli di Dio continuino a vivere una vita degna del Padre che essi un giorno vedranno faccia a faccia . La gravità dello scisma contribuisce a dare tinte fosche all 'escatologia futura dell'autore, in quanto quest'ultimo fa ricorso al linguaggio dell'apocalittica giudaica e cri­ stiana . Gli avversari, con il loro falso insegnamento, sono gli anticristi e i falsi profeti, che sono i tradizionali araldi degli ultimi tempi ( 2 , 1 8 .22 ; 4, 1 -3 ) 264 • La loro indiffe­ renza al peccato è l'iniquità (anomia) definitiva propria 264 L'autore presuppone

che il lettore sia già a conoscenza di tali segni apocalittici : « Voi avete sentito che l'anticristo sta per venire ,.. (2, 18) . Probabilmente una conoscenza del genere, di cui non c'è traccia nel quarto Vangelo, sarebbe provenuta da un periodo antico della tradizione giovannea. Ciò solleva la questione se l'Apocalisse sia un'altra testimonianza della sopravvivenza di Wl filone apocalittico giovann eo (si veda nota 5 ) .

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della lotta finale ( 3 , 4 ) . Nell'uso di queste immagini egli si avvicina a Mc 1 3 , 22 : « Sorgeranno falsi cristi e falsi profeti » ; e a 2 Ts 2 , 1 - 1 2 che parla del « mistero della iniquità » . Tutti questi segni costituiscono la prova che « è l 'ultima ora >> ( l Gv 2 , 1 8 ) : essi servono ad avvertire coloro che danno poco peso ai comandamenti che l'ora del giudizio, in cui Cristo rivelerà se stesso (2, 28) è arrivata. Ma per coloro che mantengono il vero Vangelo che è stato proclamato fin dall'inizio c'è un incoraggia­ mento : « Le tenebre stanno passando e la luce vera già risplende » (2 , 8) 265 • D . Pneumatologia

L'autore di l Gv assicura i suoi lettori: > , essi dovrebbero esaminare le manifestazioni del­ lo spirito per verificare se lo spirito che esse riflettono appartenga a Dio ( 4, l ) . Ciò induce a credere che gli avversari possano essersi autodefiniti maestri e profeti e abbiano preteso di parlare sotto la guida dello Spirito. Nell'elenco che Paolo fa dei carismi o delle manifestazioni dello Spirito ( l Cor 1 2 , 28 ) , egli mette i profeti e i maestri rispettivamente al secondo e al terzo posto ; e A t 1 3 , l ci mostra profeti e maestri svolgere la funzione di guidare la chiesa di Antiochia nella quale non erano presenti apostoli 266 • Non è chiaro se un ordinamento del genere abbia prevalso anche nelle chiese domestiche della comu­ nità giovannea e se ci fossero profeti e maestri in seno alla comunità dell'autore o tra gli stessi secessionisti. ( In 265

Mentre in Gv 3, 19 luce e tenebre sono presenti simultaneamente, l Gv prevede una successione. G. Klein , « " Das wahre Licht scheint schon " », in ZTK 68 (197 1 ) , 261-326, usa questa differenza come indie� di due autori distinti . 266 Almeno non era presente nessun membro dei Dodici , che è quello che Luca di solito intende con « apostoli ». 1 62

quest 'ultimo caso potrebbe essere stata proprio l'esisten­ za di figure del genere a essere considerata dall'autore come un'aberrazione contraria alla tradizione) u7 • I profeti e i maestri secessionisti che pretendevano di parlare sotto l'ispirazione dello Spirito potevano giustifi­ care i loro ruoli facendo appello alla tradizione giovan­ nea che noi conosciamo trami te il quarto Vangelo? Lo Spirito occupa un posto di primo piano in molti libri del NT, ma il ruolo personale dello Spirito nel quarto Vangelo, sotto il titolo di « Paraclito », è unico . Altrove 268 ho dimostrato che il Paraclito assomiglia talmente al Gesù giovanneo da potersi dire che egli è la continua presenza di Gesù dopo che questi è salito al cielo, e che svolge nei confronti di Gesù la stessa funzione rivelatoria che Gesù svolge nei confronti del Padre. L'idea del Paraclito che rimane per sempre ( 1 4 , 1 6) relativizza nel pensiero giovanneo l'indugio della parusia . Non dà luogo a nessuna tragedia il fatto che Gesù non sia ancora ritor­ nato, perché egli è ritornato in una maniera davvero reale nel Paraclito e attraverso il Paraclito. Il Gesù gio­ vanneo dice ai suoi discepoli : � È meglio per voi che io me ne vada , perché se non me ne vado, non verrà a voi il Paraclito » ( 1 6 , 7 ) . È il Paraclito , lo Spirito Santo, che insegna al credente ogni cosa ( 1 4 , 26) e guida il cre­ dente verso tutta la verità ( 1 6 , 1 3 ) . Ed è il Paracli to che rende testimonianza a Gesù insieme al credente gio­ vanneo ( 1 5, 25-26) . Presumibilmente il profeta o il mae­ stro secessionista avrebbe giustificato la sua proclama­ zione cristologica definendola una testimonianza resa sotto la guida dello Spirito, cosa che rientra perfettamente nella tradizione giovannea . Vorrei osservare incidentalmente che non trovo alcuna prova per supporre che i profeti e i maestri secessionisti '11J7 Il fatto che in l Gv 2, 27 non si ammetta la necessità di maestri ha lo scopo di proteggere la comunità dell'autore dai maestri secessio­ nisti, ma non va inteso come un'indicazione assoluta che non ci siano mai stati maestri in precedenza nella storia della comunità. 268 Appendice V nel mio commento, Giovanni, II, 1490-99. 1 63

fossero dei carismatici nel senso di essere degli entusiasti, degli estatici o degli invasati . Una cosa è certa : l'autore della lettera non lo lascia mai intendere. (Talvolta una supposizione del genere riflette una cattiva interpreta­ zione della nozione paolina di carisma ; in l Cor 1 4 , 1 -2 i1 carisma del profeta viene tenuto chiaramente distinto dall'esperienza, di stampo maggiormente estatico, del par­ lare in lingue) . Sono propenso a ritenere che la situazione giovannea possa essere vicina , sia nel tempo sia nell'atmo­ sfera, a quella descritta nella Didachè in cui, pur essen­ doci profeti e maestri ( 1 3 , 1-2 ; 1 5, 2 ) , la linea di demar­ cazione fra i due è tenue 269, dal momento che il profeta insegna ( 1 1 , l 0-1 1 ) . Anzi, il profeta può differire dal maestro soltanto nel fatto di non essere un maestro con dimora fissa ( l O, 7-1 1 , l ) , tanto che non c'è sempre un profeta nella comunità ( 1 3 , 4) . Sono dell'idea che l'am­ maestrare con la parola o l'azione, non in estasi, sia il contrassegno del profeta sia nella Didachè che tra i se­ cessionisti giovannei 270• Come si comporta l'autore delle lettere di fronte alla affermazione dei profeti e maestri secessionisti di essere guidati dallo Spirito nel loro insegnamento ? A dire il vero ciò che è interessante è quello che egli non dice . Il primo aspetto del suo eloquente silenzio è la scarsità delle citazioni riguardanti lo Spirito in l Gv : in questo modo lo scrittore evita di dare soddisfazione agli avversari. Lo Spirito viene citato soltanto in due sezioni della lettera. La prima è 3 , 24-4 , 6 . 1 3 quando l'autore insiste sull'esame e sui criteri per distinguere lo Spirito di Dio e lo spirito di 269

Anche tra apostolo e profeta in Didachè 1 1 , 3-6 la linea di demar­ cazione è tenue : l'apostolo che si ferma tre giorni è un falso profeta . . no H . Conzelmann, « " Was von Anfang war " » , in Neutestamentliche Studien fur Rudolph Bultmann (BZNW 2 1 ; Berlin, Topelmann, 1954), 194-201 , spec. 20 1 , n. 22, ha ragione su questo punto contro Kasemann. Il chrisma o unzione di l Gv 2, 20.27 che ogni credente giovanneo riceve da Cristo non è una specie di carisma tipico degli entusiasti, bensl una capacità di interpretare la tradizione sotto la guida dello Spirito.

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inganno proprio del diavolo. La seconda è 5, 6-8 , un passo nuovamente diretto contro gli avversari ; in esso la testi­ monianza dello Spirito viene strettamente legata alla te­ stimonianza resa dal battesimo e dalla morte di Gesù . Per il resto la prima lettera passa sotto silenzio molte altre funzioni attribuite allo Spirito nel Vangelo. Per esempio, nel Vangelo il cristiano è figlio di Dio per essere stato generato da Dio ( l , 1 3 ) o per essere stato generato dallo Spirito (3 , 5-8) ; in l Gv si parla soltanto della generazione da parte di Dio ( 3 , 9 ; 4 , 7 ; 5, 1 . 1 8) . Presu­ mibilmente l'autore non negherebbe che lo Spirito è il Paraclito, però non lo dice mai. Piuttosto egli sottolinea quello che nel Vangelo è soltanto accennato, vale a dire , che Gesù è il Paraclito (si veda Gv 1 4 , 1 6 : « un altro Paraclito » ) . Si vede ciò nell'unico riferimento della let­ tera al Paraclito ( 2 , 1 -2), il quale ritrae Gesù in questo ruolo, dicendo che egli intercede per noi presso il Padre in qualità di vittima espiatrice . Il secondo aspetto del silenzio eloquente dell'autore è che quest'ultimo non si azzarda a correggere l'insegna­ mento degli avversari facendo uso di frasi rette dallo « io » autoritativo tipiche di un ministro della Chiesa rivestito della responsabilità di salvaguardare la fede . Quando abbiamo esaminato le chiese dei cristiani apo­ stolici (pagg. 100- 1 0 1 ) , abbiamo visto la crescente istituzio­ nalizzazione dei ministeri ecclesiali verso la fine del primo secolo . In particolare, il vuoto verificatosi nel campo dell'insegnamento in seguito alla morte degli Apostoli fu in molti luoghi colmato dalla comparsa di gruppi di vesco­ vi-presbiteri in ogni città. Al presbitero si faceva osser­ vare che egli « deve essere attaccato fermamente alla dottrina sicura, che è conforme all'insegnamento trasmes­ so, per essere in grado di esortare gli altri nella sana dottrina e di confutare quelli che vi si oppongono » (Tt l , 9) . Abbiamo visto che la comunità giovannea differiva su questo punto dalle chiese apostoliche, perché nella tradizione giovannea la posizione del Paraclito come maestro rivestito di autorità e il dono del Paraclito a ogni 1 65

credente avrebbe relativizzato il rruntstero dell'insegna­ mento di qualsiasi chiesa ufficiale 271 • Penso che questa situazione spieghi perché l'autore delle lettere non sia in grado di correggere in nome del suo ministero i propri avversari, anche se chiama se stesso un presbitero. Egli deve piuttosto fare appello alla guida interiore del cri­ stiano, cosa che è in conformità con la tradizione gio­ vannea : « Voi avete ricevuto l 'unzione del Santo, per cui voi tutti avete conoscenza » ( l Gv 2 , 20) 272 : « l'un­ zione che avete ricevuto da Cristo dimora in voi, e non avete bisogno che alcuno vi ammaestri >> (2, 27 ) . Se gli avversari affermano di essere dei maestri guidati dallo Spi­ rito, l'autore ricorda ai suoi lettori che ogni cristiano giovanneo è un maestro tramite lo Spirito-Paraclito e nello Spirito-Paraclito (che egli nomina soltanto indiret­ tamente come « unzione » poiché i suoi avversari accen­ tuano il loro particolare possesso dello Spirito) Z7J . Egli preferisce seguire questa via invece di affermare che lui è un maestro guidato dallo Spirito, particolare. Se egli ha un suo peso nell'ammaestrare, questo è dovuto al fatto Z71 Sebbene la testimonianza del Discepolo prediletto fosse molto im­ portante per la comunità giovannea (Gv 19, 35; 2 1 , 24), costui non viene mai considerato come un apostolo. Dal momento che l'efficacia della sua testimonianza era attribuita al Paraclito, al momento della sua morte non si sentì in maniera determinante il bisogno di sostituirlo ( 2 1 , 20-23) . m I n questa traduzione do preferenza alla lezione pantes (nomin . masch . : « tutti ») rispetto a panta (ace. neutro: « ogni cosa »). Coloro che accettano quest'ultima lezione traducono: « per cui voi conoscete ogni cosa ». Z7J Tutti gli studiosi sono concordi nell'ammettere che in questa « un­ zione » o « crisma » (chrisma) sia implicato lo Spirito, sebbene alcuni pensino che l'unzione avvenga direttamente attraverso lo Spirito, men­ tre altri pensano che ciò avvenga tramite la parola ricevuta da Gesù e che il ruolo dello Spirito consista nell'interiorizzazione della parola. Si veda J. Michl, « Der Geist als Garant cles rechten Glaubens », in Vom Wort des Lebens (NTAbh l , Erganzung ; M. Meinertz Festschrift ; a cura di N. Adler ; Miinster, Aschendorf, 195 1 ), 142-5 1 . La frase in l Gv 2, 27, « la sua unzione vi ammaestra su ogni cosa », sembra echeggiare Gv 14, 26 : « Il Paraclito, lo Spirito Santo, che il Padre manderà in mio nome, vi insegnerà ogni cosa ». 166

che egli fa parte del « noi » proprio dei trasmettitori della tradizione della scuola giovannea, un gruppo che non sostituisce il Paraclito ma è di questi lo strumento. I secessionisti sbagliano, ma ciò non viene messo in luce da parte dell'autore con un'affermazione autoritativa: « Io dico che voi sbagliate >> 274, bensl con la costatazione che essi hanno rotto la comunione (koinònia) con i credenti che sono tutti unti dalla Parola e dallo Spirito, e che, quindi, riconoscono istintivamente la verità quando que­ gli scrittori e predicatori che sono stati cosl intimamente uniti al Discepolo prediletto parlano e dicono : « Noi vi proclamiamo il Vangelo che abbiamo ricevuto fin dal­ l' inizio » . Questa è una maniera molto indiretta di correggere, ed è del tutto ovvio che l'attacco sarebbe stato parato dai secessionisti che avanzavano il loro « noi » a giustifica­ zione della loro interpretazione della tradizione e che avrebbero potuto appellarsi ai credenti giovannei in virtù della loro « unzione » per riconoscere l'opera dello Spi­ rito nei maestri secessionisti. Di fronte a un problema del genere, all'autore non restava che richiedere un esame delle manifestazioni dello Spirito per vedere quale delle due parti avesse ragione, quale delle due parti riflettesse lo Spirito di Dio come opposto a quello dell'anticristo ( 4 , 1-3 ) . Probabilmente nell'avanzare questa richiesta, l 'au­ tore si esponeva a un rischio grave, perché egli stesso prestava il fianco all'accusa · di bestemmiare contro lo Spirito Santo (Mc 3 , 29 e parr .) . Sebbene la chiesa della Didachè debba anch'essa affrontare il grave problema dei falsi profeti e maestri, l'autore di quest'opera si rifiuta di appoggiare qualsiasi genere di esame : « Non mettete alla prova né giudicate qualsiasi profeta che parli in Spi­ rito ; perché ogni peccato sarà perdonato, ma questo pec­ cato non sarà perdonato » (Did. 1 1 , 7 ) . A ogni modo, l'esame che il presbitero giovanneo propone è di carattere 274 Colui che nella tradizione giovannea usa l'« Gesù, l'« 10 SONO � .

10

»

autoritativo è

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dottrinale e torna a van taggio della sua postz1one: « Da questo potete riconoscere lo Spirito di Dio : chiunque confessa Gesù Cristo venuto in carne, riflette lo Spirito che appartiene a Dio, mentre chiunque nega l'impor­ tanza di Gesù riflette uno spirito che non appartiene a Dio » ( 4 , 2-3 ) Gli avversari, avrebbero inevitabilmente prestato poca attenzione a un criterio del genere che, come l'autore ammette onestamente, una volta accettato, equi­ valeva a essere d'accordo con l'autore e con quelli che nella comunità giovannea costituivano il suo partito : « Noi apparteniamo a Dio e chiunque ha conoscenza di Dio ci ascolta, mentre chiunque non appartiene a Dio si rifìu ta di ascoltarci » ( 4 , 6). Che l 'esame dell'autore fosse inefficace lo si può capire dalla sua stessa ammissione che « il mondo >> ascolta i suoi avversari ( 4 , 5) . « Il mondo » è la parola ingiuriosa normale del lessico giovanneo per indicare i non credenti; ora , però, essa viene dirottata dalle persone esterne alla comunità che si rifiutano di credere in Cristo, ai secessio­ nisti che si rifiutano di credere in Cristo nel modo in cui viene predicato dall'autore : « Questa gente appar­ tiene al mondo : ecco perché il loro modo di parlare è quello del mondo » ( 4 , 5 ) ; « Molti sono i seduttori ap­ parsi nel mondo, i quali non confessano Gesù Cristo venuto in carne » (2 Gv 7 ) . Ma al di là dell'ingiuria pura e semplice, questi riferimenti al successo nel mondo sembrano indicare che, dal punto di vista numerico, gli avversari stiano guadagnando terreno rispetto ai seguaci dell 'autore . ns . È chiaro che, dal loro punto di vista, i 8ecessionisti non avranno dato una valutazione del loro successo in termini di appartenenza al mondo . Dopo tutto, .

'Z7S

Per quanto concerne la causa di questo successo, si potrebbe ipo­ tizzare che la cristologia e l'etica dei secessionisti fossero meno dure di un'interpretazione del Vangelo che poneva l'accento sulla croce e sui comandamenti. L'idea che la salvezza dipendesse semplicemente dalla presenza della Parola nel mondo può darsi abbia esercitato un'attra­ zione sulle persone entusiaste delle religioni misteriche e delle varie filosofie religiose ellenistiche.

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il mondo era costttutto da coloro che preferivano le tenebre alla luce (Gv 3 , 1 9 ) e i secessionisti proclama­ vano di essere nella luce ( l Gv 2 , 9 ) . Il successo sarebbe stato per loro la dimostrazione che essi erano la vera comunità giovannea che realizzava la preghiera di Gesù, il quale aveva previsto una serie di conversioni (Gv 1 7 , 20) . Essi sarebbero stati persuasi che i loro convertiti erano il dono fatto dal Padre a Gesù , che cosl continuava a rendere noto il suo nome come un segno per il mondo ( 1 7 , 2 3 .26 ) . L'autore, invece, avendo contro le statistiche, vedeva il successo dei propri avversari in un'altra luce. Siccome il Paraclito è « lo Spirito di verità che il mondo non può accettare poiché non lo vede né lo riconosce » ( 1 4 , l 7 ) ed è uno Spirito che prova che il mondo ha torto ( 1 6, 8-1 O), il successo dei secessionisti nel mondo è un segno che essi hanno fallito l'esame degli spiriti. Il loro non è lo Spirito di Verità ; essi appartengono al Principe di questo mondo. Gesù ha messo in guardia i suoi se­ guaci: « Se il mondo vi odia, ricordatevi che esso ha odiato me prima di voi. Se voi apparteneste al mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo » ( 1 5 , 1 8- 1 9 ) . Il suc­ cesso è proprio un segno che gli avversari non apparten­ gono a Cristo; è un segno che viene a rafforzare la con­ vinzione pessimistica dell'autore che « l'ultima ora » sia alle porte ( l Gv 2 , 1 8) .

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IV fase : dopo le lettere IL DISFACI MENTO DELLA COMUNITA' GIOVANNEA

L'autore delle lettere sembra essere stato un buon profeta nel proclamare che la divisione tra i suoi seguaci e i secessionisti era il segno de « l 'ultima ora >> . Nel secondo secolo avremo testimonianze di scritti giovannei e di alcuni elementi del pensiero giovanneo, ma dopo le let­ tere non avremo più traccia di una comunità giovannea distinta e separata. Non si può escludere la possibilità che una comunità discendente diretta dei seguaci dell' au­ tore o dei secessionisti (o comunità risalenti a tutt'e due le parti) sia sopravvissuta senza lasciare tracce nella storia ; resta però di gran lunga più probabile che i due gruppi siano stati assorbiti rispettivamente dalla Grande Chie­ sa n6 e dal movimento gnostico . I seguaci dell'autore avrebbero reso il proprio contributo giovanneo alla Grande Chiesa, mentre i secessionisti avrebbero reso il proprio contributo giovanneo allo gnosticismo ; in ogni caso , però, la comunità giovannea avrebbe talmente adattato la proT16 Come ho già spiegato in precedenza, us� questo

termine per in­ tendere la Chiesa del I I secolo che discendeva dai cristiani apostolici del primo secolo, nel cui seno le chiese trovarono un legame più stretto tra loro a causa della crescente struttura comune basata su un episco­ pato e presbiterato che si riconoscevano reciprocamente. Ignazio, Smirn. 8, 2, dice : « Ogni qualvolta appare il vescovo, sia presente la congregazione, così come dovunque è Gesù Cristo, là c'è la chiesa cattolica » (be katbolikè ekklèsia) .

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pria eredità a vantaggio del gruppo più grande che la peculiare identità del cristianesimo giovanneo a noi noto attraverso il quarto Vangelo e le lettere avrebbe cessato di esistere. Secondo il mio piano, procederò con ordine, dimostrando questa tesi un passo dopo l'altro ; prima, però, per comodità del lettore voglio tracciare un sunto di quelli che, a mio parere, sono stati i fatti . Se il ramo della comunità giovannea facente capo all'au­ tore si fuse a poco a poco con i cristiani apostolici (pagg. 94- 1 0 3 ) , esso portò con sé l 'alta cristologia giovannea della preesistenza , proprio perché rautore delle lettere, nella sua lotta contro i secessionisti, aveva salvaguardato tale cristologia contro ogni interpretazione che avrebbe condotto al docetismo o al monofisismo. D'altra parte, proprio il fatto che un'ecclesiologia imperniata sul Para­ clito non aveva offerto nessuna garanzia reale contro i pericoli dello scisma, aveva finito per indurre i suoi se­ guaci ad accettare una struttura divenuta nel secondo secolo dominante nella Grande Chiesa, ma del tutto estra­ nea alla tradizione giovannea, una struttura, appunto, basata sul magistero autoritativo dei presbiteri-vescovi . I secessionisti, privi di quella specie di influenza modera­ trice che i seguaci dell'autore avrebbero potuto esercitare su di loro se non fosse scoppiato lo scisma rn, proseguiro­ no imperterriti nella loro superalta cristologia fino al docetismo vero e proprio. Dopo aver ammesso che l'esi­ stenza terrena di Gesù non aveva alcuna reale importanza salvifica, ora essi cessavano del tutto di ri tenerla qualcosa di reale. Dopo aver considerato se stessi come figli di Dio tramite la fede in Gesù per scelta di Dio, ora essi cominciavano a spostare indietro tale scelta a prima della loro comparsa sulla terra, venendo a considerare se stessi divini per origine a imitazione di Gesù . A somiglianza del Figlio, anche essi erano venuti nel mondo, ma, a diffem L'inevitabil� reazione dei secessionisti alle due parole con cui l Gv li aveva apostrofati sarebbe stata quella di proseguire nella dire� zione condannata : dopo uno scisma le posizioni tendono a irrigidirsi.

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renza di lui, essi avevano perduto la strada, per cui era ora suo compito mostrare loro la strada della patria cele­ ste. Il fatto che questi secessionisti portassero con loro il Vangelo giovanneo offrì ai doceti e agli gnostici, di cui essi ora condividevano il pensiero, una nuova base su cui costruire una teologia ; anzi, servì come catalizzatore della crescita del pensiero gnostico cristiano. La Grande Chiesa, che aveva accettato elementi della tradizione gio­ vannea quando aveva accolto nel suo seno i cristiani gio­ vannei che condividevano le opinioni dell autore, si mo­ strò in un primo momento cauta di fronte al quarto Vangelo perché esso aveva dato origine a errori e veniva usato per sostenere errori. Alla fine, però, dopo aver aggiunto le lettere al Vangelo come una guida alla giusta interpretazione, la Grande Chiesa (come ci viene illu ­ strato da lreneo, intorno al 1 80 d. C.) difese il Vangelo come ortodoso contro i suoi interpreti gnostici . Passiamo ora a dimostrare il processo di cui ho fin qui sintetizzato i punti. '

La storia del quarto Vangelo nel secondo secolo

Tutte le prove in nostro possesso stanno a indicare che il quarto Vangelo riscosse un'ampia accoglienza prima tra i cristiani eterodossi che tra quelli ortodossi Il più antico commento sul Vangelo a noi noto è quello dello gnostico Eracleone ( 1 60-1 80 d. C.) m. Il Vangelo godeva di una grande stima presso gli gnostici Valentiniani (per es. Tolomeo), tanto che Ireneo nel confutarli dovette ns .

278 Usata per i pri m i anni del secondo secolo , questa terminologia indica quei cristiani che in seguito furono ri tenu ti eterodossi o orto­ dossi, per esempio, in base ai criteri di Ireneo ( no ta 203 ) . Nel concetto di « eterodosso » io inchido t ut ta una varietà di elemen ti gnostici, doceti, encratici e montanisti . T/9 Rimane oggetto di dibattito se e in quale misura Eradeone sia stato un esponente dello gnosticismo valentiniano. Si veda E. H. Pagels, The ]ohannine Gospel ( nota 12), 17-19. ·

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mettere in discussione la loro esegesi di Giovanni 280• Le Odi di Salomone hanno delle affinità con Giovanni, e molti studiosi pensano che esse siano gnostiche o semi­ gnostiche 281 • Nella biblioteca gnostica di Nag Hammadi (nota 2 1 9) , di recente pubblicazione, ci sono ampie testi­ monianze di dimestichezza con le idee giovannee . Per esempio, c'è una cristologia della Parola (Logos) nel Trattato Tripartito , e una cristologia dello « Io SoNo » nella Seco nda Apocalisse di Giacomo ; cos1 pure ne Il Tuo­ no , nella Mente Perfetta e nella Protenoia Triforme (dove viene congiunta a una narrazione doceta della morte di Gesù) . Montano (intorno al 1 70 d . C.), che diresse in Asia Minore un movimento imperniato sulla profezia proferita in stato di estasi e sotto l 'ispirazione dello Spi­ rito, si considerava l'incarnazione del Paraclito giovanneo . D'altro canto, è difficile dimostrare un uso indiscutibile del quarto Vangelo negli seri tti an tichi della Chiesa ri­ tenuti ortodossi. Non esiste alcuna citazione specifica di Giovanni in Ignazio di Antiochia 282 • Più curiosa è l'assenza di citazioni nella lettera di Policarpo di Smirne ai Fi­ lippesi ( 1 1 5- 1 35 circa) , in quanto Eusebio dice che Po­ licarpo avrebbe ascoltato Giovanni, e Policarpo dimo­ stra di conoscere circa diciotto opere del NT. Il momento in cui Policarpo si avvicina di più agli scritti giovannei è quando riecheggia l Gv 4 , 2-3 (2 Gv 7 ) : « Chiunque non confessa che Gesù Cristo è venuto nella carne è un anticristo » .