Il marxismo e le arti. Principi di metodologia critica marxista
 889710505X, 9788897105053

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N un’età come la nostra, di totale marasma sia dell’estetica sia della critica d’arte, è indispensabile che il marxismo faccia sentire impe­ riosamente la sua voce, e che lo faccia con tutta l’accortezza richiesta dal caso: non cioè con squilli di tromba, con appelli propagandistici, ma per la via della ricerca scria, pacata, capace di sondare convincentemente i pro­ blemi in profondo. Tramite svariati passaggi mediani interrelati fra loro, questo libro conduce il lettore dal campo generale dell’estetica marxis­ ta, cosi come essa sì e venuta costituendo lungo la sua storia, all’ambito - sempre generale - della metodologia, e poi dalla metodologia alla cri­ tica concreta delle arti, indagando circa il modo in cui il critico marxista si rapporta (deve rapportarsi) alle opere singole, quali singoli problemi egli affronta, di quali procedimenti c strumenti si avvale, come perviene alla formulazione di giudizi di valore. Numerosi esempi esplicativi, tratti prin­ cipalmente dalla letteratura, dalle arti figurative, dalla musica, dal teatro c dal cinema, accompagnano e illustrano volta per volta, ciascuno nel suo ambito, i vari tratti del percorso, in vista del chiarimento del passaggio, con i mezzi del marxismo, dall ’astrattezza dei principi di teoria alla concretezza dei risultati delle rispettive letture critiche poste in atto»

Già ordinario di Storia della filosofia all’Università degli Studi di Bologna, già direttore della rivista quadrimestrale * Marxismo oggi», Guido Oldiuni si è occupato della circolazione del pensiero di Hegel in Europa, di metodologìa rinascimentale, di storia del cinema e, inin­ terrottamente per tutta la durata della sua carriera, dei problemi filoso­ fici del marxismo. Tra i suoi lavori principali, La cultura filosofica napo­ letana deir Ottocento (Laterza, 1973), Il realismo di Chaplin (Laterza, 1981), Napoli e ì suoifilosofi (FrancoAngeli, 1990), Inestetica di Hegel e le sue conseguenze (Laterza, 1994), La disputa del metodo nel Rinascimento (Le Lettere, 1997), L"idealismo italiano tra Napoli e l’Europa (Guerini, 1998), Hegel e Phegelismo nella Francia dell’ottocento (Guerini, 2001 ), Il cinema nella cultura del Novecento (Le Lettere, 2006), Gybrgy Lukacs e i problemi del marxismo del Novecento (La Città del Sole, 2009).

Prezzo: 18 curo ISBNV7S SS -971 OS ir

< opcrtina : Antonia Soironova,

( o/nposizionc gca/nefrica. 1922.

Guido Oldrini

le arti Principi di metodologia critica marxista

EDIZIONI

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IL MARXISMO E LE ARTI Principi

di metodologia critica marxista

TITOLO: Il marxismo e le arti S TAMPA: ARTI GRAFICHE EDI TORIALI SRL. URBINO I EDIZIONE Febbraio 2014 COLLANA RICERCHE ISBN: 978-88-97105-05-3

© EDIZIONI NEMESIS S.c.a r.L. 2014 viale Lunigiana, 46 20125 Milano www.edizioninemesis.it [email protected]

PREMESSA

Se ogni lavoro storico e critico ha l’obbligo di giustificare le ragioni del proprio venire in essere, tanto più ciò vale quando,

come nel presente caso, i bisogni del tema (arte e marxismo) sono poco o per nulla riconosciuti. Chiunque sa dei dubbi tradiziona­ li circolanti in proposito sul marxismo, difficili da far tacere: che

cosa ha a che vedere il marxismo con le arti ? come può interessar­ si all’arce, esprimersi circa i problemi dell’arte, una dottrina nata sul terreno economico, principalmente per scopi politici? Non

sono, si badi, dubbi che riguardano soltanto il senso comune o la sfera dei profani; no, risulta come di frequente ci inciampino - inaspettatamente - anche dei quotati specialisti. Al marxismo

si consiglia per lo più di girare al largo da questioni che non lo

concernono e che non sa trattare, oppure, se ci si imbatte in trat­ tazioni marxiste dell’argomento, le si ricusa senza discuterle, con superciliosi sguardi di scherno. Sta dunque davanti ai teorici del

marxismo tutto un preliminare lavoro di comprova della fattibi­

lità dell’impresa da mettere in atto. Vediamo anzitutto di giustificare la cosa storicamente. Per un motivo o per l’altro, estetica, teoria dell’arte, critica artisti­

ca in ogni campo (letterario, teatrale, musicale, figurativo ecc.) hanno sempre giuncato un ruolo importante nell’ambito della

maturazione dei popoli e delle lotte di classe del loro tempo. Questo ruolo - emerso nella antichità classica, diventato social­ mente significativo già nel Rinascimento - si è venuto ulterior­

mente intensificando via via che, con l’Illuminismo, il romanti­ cismo, lo sboccio dell’età moderna, ha preso un profondo rilievo il rapporto della creatività dell’uomo con la sua vita sociale, e la­

cerazioni, contraddizioni, scontri interni della società borghese in fase di sviluppo sono sempre più passate al centro del mondo della creatività artistica. Esempi insigni di programmi e organigrammi di lavoro intesi a trascinare questo insieme di problemi

dentro la cultura ci vengono segnatamente grazie alla cultura

classica tedesca (da Lessing a Schelling e a Hegel), dopo i cui cxploiis nulla resta pii........ piesio campo come prima. Poiché il

4 II. .MARXISMO E LE ARTI

marxismo è esso stesso uno dei frutti di questo processo, poiché la sua teoria incarna al più alto grado lo sforzo di dar consapevo­ lezza agli uomini del carattere sociale delle loro produzioni, la cosa dovrebbe riuscire tanto più vera e valida per esso. Eppure non è affatto così. In tutta la sfera dei problemi che

riguardano l’arte non solo sussistono i grandi vuoti provocati dalla conventìoadexcludendum di cui dicevo prima, ma una qual certa indifferenza, una qual certa sottovalutazione, l’idea che,

tutto sommato, si tratta di problemi di secondo piano continua largamente a dominare anche tra le file dei marxisti. Solo poco

per volta, e in casi isolati, i teorici marxisti si sono spinti fino a vincere le loro remore; non da molto si è compiuto il passo, in virtù del quale sono stati riconosciuti i fondamenti ed elabora­ ti i lineamenti di un’estetica marxista qua talis. Indispensabile

c insostituibile per l’avanzamento in quest’ambito, come anche nell’ambito della critica (critica letteraria), il contributo del fi­ losofo marxista ungherese Gyòrgy Lukacs; tuttavia persino il

così ingente e influente corpus dei suoi saggi crìtici va utilizzato con circospezione, se solo si pensa a come esso viene scanden­ dosi disugualmente nel tempo e se ne tengono in conto genesi e decorso. Tramite il suo contributo critico Lukacs porta sì in

essere qualcosa che per mole, qualità e ponderatezza nel marxi­ smo non si era mai visto prima, ma lo fa poco alla volta, in fasi

successive e tra loro diverse, ossia anche quando, all’inizio, egli

non domina ancora criticamente bene tutto il campo o ne è di­ stratto e sviato da motivi polemici; oppure quando, in tarda età,

con padronanza ormai sicura della teoria estetica marxista, i suoi interessi si rivolgono prevalentemente ad altri campi, d’ordine etico-ontologico, e sui problemi della metodologia della critica

egli non ha più tempo né modo di tornare, non comunque in for­

ma programmatica. Credo che ciò di cui oggi si sente più fortemente il bisogno sia una generalizzazione di questa esigenza metodologica rimasta a mezzo. Non mi si sbandieri davanti, per favore, la circostanza della crisi epocale del nostro tempo; non mi si dica che parlo di cose superate, di dottrine scavalcate e definitivamente spazzate

via dagli accadimenti del 1989-91 (dissoluzione dei paesi sociali­ sti, cosiddetto “crollo dei muri”, dominio mondiale incontrasta-

Premessa 5 to del “nuovo ordine”, cioè dell’imperialismo americano) e dal­

le svolte ideologiche che, sull’onda della proclamata “fine delle

ideologie”, si sono venute imponendo nella teoria e storiografia critica (decostruzionismo, postmodernismo, forme di pseudoheideggerismo tra le più varie), come se si trattasse di qualcosa di pacìfico e una volta per sempre stabilito. Neppur questo è così.

Sono certissimo semmai del contrario. Anche dopo quanto acca­ duto non ritengo ci sia nella ricerca, storiograficamente e criticamente parlando, proprio nulla da cambiare. Che, come avviene

di norma, cambino nel tempo i punti di vista non significa affat­ to che debba cambiare il concetto dell’oggetto. È buona nonna - se non si vogliono arbitri - che sia la storiografia a regolarsi sul suo oggetto, c non l’oggetto sui ghiribizzi della storiografia. I

problemi sono c restano nella sostanza esattamente quelli di pri­ ma, e solo in relazione a essi sarà dunque da affrontare, secondo il quadro generale che verrò schizzando, anche la questione della

esigenza metodologica accennata. Intento deH’autore del presente libro, ben consapevole dei lìmiti entro cui il libro si muove e senza alcuna pretesa di innova­ zioni di grido, è appunto quello di avviarla, di attivarla, non pun­

tando ad altro che a un riordinamento funzionale dei principi della estetica e della critica marxista. Una volta assodati, ricono­ sciuti e riordinati questi principi, chiarezza mi sembra soprattut­ to vada fatta dal punto di vista della metodologia, ossia sul piano

dei criteri del loro impiego in campo critico. Mettiamola così: il marxismo ha la sua da dire nell’ambito della sfera delle arti, ma il modo in cui vuol dirla e la dice non si riduce certo a un assembra­ mento di giudizi formulati a casaccio. Se ogni giudizio estetico (marxista) si fonda su principi (marxisti), i principi richiedono a

loro volta adeguati criteri di applicazione. Ora gli ingranaggi in

base a cui funziona questo meccanismo, presi uno per uno, sono o dovrebbero essere già parte del patrimonio di cultura di ogni

marxista cosciente; siccome però non mi risulta siano mai stati accorpati in una esposizione comune, credo e spero che una loro sintesi ordinata possa riuscire di qualche utilità: possa venire in­ contro ai bisogni dei marxisti eventualmente dubbiosi o incerti; possa, nel caso, servire a metterli meglio al riparo da ogni conte-

stazione sia di

pi ini ipio < he di uh

(odo.

6 II marxismo e le arti

Conformemente alla giusta osservazione critica rivolta da Gramsci a Croce, qui si terranno il più possibile distinti i compiti dell’estetica e della critica, riconoscendo come proprio della pri­ ma «quello di elaborare una teoria delFarte e della bellezza»,

e come proprio della seconda, della «critica in atto», quello di «fare la storia dell’arte in concreto, delle “espressioni artistiche

individuali”». A ragion veduta nel titolo del presente lavoro non c’è la minima limitazione e preclusione del campo di problemi, di per sé senza limiti, che concernono l’arte. A quel «rapporto,

oggettivamente sussistente, tra arte e realtà», che la critica mar­ xista fin dai primordi mette al centro delle proprie considerazio­ ni, qui si guarda solo in quanto tale «rapporto è il punto di par­ tenza e il traguardo» di tutti i possibili «tipi di critica feconda»

(Lukàcs), a prescindere dal genere d’arte, dalle tematiche, dagli orientamenti stilistici volta a volta in questione; poiché l’auto­

nomia della creazione artistica in genere, non meno che quella delle singole opere d’arte, restano per il marxismo un dato di fat­ to e un presupposto fondamentale.

Severa sarà piuttosto, dal lato critico, la disputa con gli av­

versari. La impongono le circostanze odierne, deprimenti come non mai, in modo che più non si potrebbe. Quando oggi, apren­

do le riviste culturali e i libri storici e critici di maggior successo,

si viene subito travolti da un’orgia di inneggiamenti a modelli ermeneutici come quelli del post-strutturalismo e del post-mo­ dernismo, non può non sorgere qualche dubbio circa lo status di

sanità della ricerca. Anche studiosi aperti al nuovo provano un

senso profondo di frustrazione, di sbandamento. Possibile che il secolo xxi si incammini così ciecamente verso dei ‘post’ tanto indeterminati, possibile che la cultura si arrenda tutta quanta, senza riserve, a un tale relativismo senza principi ? Non è questo

solitamente il modello secondo cui la cultura procede. Persino le rotture, gli sconvolgimenti rivoluzionari più spinti usano as­ sumere in essa un carattere dialettico, di sconvolgimenti che di­ struggono conservando e innalzando le acquisizioni del passato.

Accade ci siano acquisizioni passate assurte di prepotenza a pa­ trimonio di metodo; in ogni caso i principi metodologici già ri­ conosciuti validi non hanno la transitorietà degli abiti da passeg­

gio, non vanno e vengono con le mode. Né il sopravvenire dello

Premessa 7 scardinamento storico di una ideologia, il trapasso da un'ideolo­ gia dominante a un’altra (non esistono ovviamente culture senza ideologie), fa da sé piazza pulita di tutte le acquisizioni prece­ denti. I marxisti ne sono così sicuri che, forti del loro metodo, non hanno la benché minima intenzione di levare alte le mani

in segno di resa. Se nel corso del presente lavoro sono di con­

tinuo chiamati in causa orientamenti di pensiero ostili o estra­ nei al marxismo, è - si capisce - perché ciò riesce indispensabile al confronto. Mai però alcun confronto significa qui cedimen­ to, concessione. I tanti sforzi compiuti da critici sedicenti filo­ marxisti di varia provenienza, specialmente francesi e americani, per scendere a patri con proposte del genere di quelle a sfondo

post-modernistico appaiono a chi scrive irrimediabilmente falli­ mentari; frontale, insuperabile, il cozzo con la loro mancanza di senso storico e le loro approssimazioni relativistiche. Grava insomma sul marxismo la responsabilità di opporre il

suo metodo alle pseudo novità prospettate dalla maggior parte della cultura d’oggi. Non c’è nulla di strano in questo, non vi si cela alcun ‘dogmatismo’ sospetto. Né sotto il profilo ideologi­ co né sotto quello metodologico le procedure marxiste operano

qualcosa di sconosciuto e inesistente nelle altre procedure. Solo che operano diversamente, su basi loro proprie. È proprio anche

del marxismo un continuo bisogno di rinnovamento, di messa a punto, di confronto. Metodologicamente non è il pluralismo come tale che i marxisti respingono. Ben venga la pluralità delle voci, quando serve; inoltre modi plurali di guardare alla realtà,

diversità di impostazione e di giudizio, sussistono a buon diritto - sono anzi sempre sussistiti — anche tra i marxisti stessi. Ma solo

dall’uso consapevole del marxismo come metodo può derivare e venire assicurata l’unità nella diversità. Non aggiungo altro, salvo - del tutto a margine - un chia­

rimento autobiografico, che spiega anche soggettivamente i motivi della genesi di questo libro. Due sono le ricerche cui ho atteso nell’ultima fase della mia attività, frutto entrambe del la­ voro di una vita: una storia generale del cinema (7/cinema nella cultura del Novecento. Mappa di una sua storia critica^ Le Lette­ re, l icenze 2006, pp. 73K) c una biografia intellettuale di Lukacs

(Gyrò^y /

e i problemi del marxismo del Novecento* La Città

8 II marxismo e l e arti

del Sole» Napoli 2009, pp. 550), Bene, pur apparentemente così

distanti tra loro nel tema, esse sono in realtà tenute insieme dal loro unitario metodo soggettivo di ricerca: proprio dall’uso ra­ gionato di quella metodologia marxista che il presente testo si sforza, trattandola a sé, in forma separata, di mettere a fuoco e illustrare anche oggettivamente. Con l’occasione avverto che in

taluni squarci dei capitoli I, III e V del testo sono rifuse sezioni di tre studi precedentemente apparsi nella rivista «Marxismo

oggi» (X, 1997, n. 2, pp. 16-22, XVI, 2003, n. 2, pp. 121-132 e XXIII, 2010, n. 3, pp. 17-29); che, dove nel testo è personal­ mente chiamata in causa la figura di Lukàcs, tengo presenti, e se del caso riproduco, pagine della mia testé citata monografia su di lui; e che lo stesso taccio, per le pagine sul cinema, con l’altra mia monografia citata. Quanto inoltre si legge qui al § 2 del cap. V corrisponde, salvo qualche variante e ritocco, alla sostanza di

un saggio cortesemente anticipato dal «Giornale critico della fi­ losofia italiana» (XCI, 2012, fase, n, pp. 538-56).

Milano, maggio 2013

I CENNI SUL MARXISMO COME TEORIA GENERALE

Uno degli argomenti più diffusi su cui, prima dell’avvento del pensiero classico tedesco, segnatamente della filosofìa di He­ gel, si usava far leva contro la filosofia come scienza era quello

della molteplicità irriducibile delle sue forme, dei suoi significati e dei suoi esiti. Tante filosofie, altrettante verità, senza possibile conciliazione tra loro. Tutti sanno delle critiche che nelle Lezio­

ni sulla storia della filosofìa Hegel dirige a quest’ultima, la storia della filosofia, intesa come «filastrocca di opinioni», da taluni - sottolinea l’autore - definita addirittura «galleria delle paz­

zie o almeno dei traviamenti delFiiomo». L’apparente contrasto

interno della locuzione di «storia della filosofia» (che cioè la fi­ losofia ha per scopo la verità assoluta, mentre la sua storia non racconta che il transeunte, destinato a perire, sembrando cosi «offrire Io spettacolo di sempre nuovi mutamenti del comples­ so totale»), - questo contrasto si scioglie grazie alla distinzione da operarsi tra l’essenziale c l’inessenziale di una dottrina, tra la sua verità intcriore e la sua storia esterna, come ben mostra a esempio, secondo Hegel, il caso del cristianesimo. Nonostante

che la storia della filosofia sembri a prima vista costituita solo da fatti accidentali, di importante e imperituro resta in essa che la

successione dei fatti mantiene comunque sempre un nesso con l’universale, cioè con il loro scopo, con la loro finalità ultima. Il marxismo non accetta questo genere di soluzione, perché - e lo prova già il linguaggio (“nesso con l’universale”, “finalità

ultima”) - essa si fonda, idealisticamente, sulla ipostasi fantasti­ ca dello spirito come fonte di ogni processualità reale e quindi anche come giustificazione di una teleologia della storia. Non sussistendo non solo uno spirito trascendente, ma nemmeno un unico soggetto storico-sociale («considerare la società come un

unico soggetto», afferma Marx nella introduzione ai Grundrisse, «significa considerarla in modo falso, speculativo»), la verità non può inai avere per il mat sismo il senso di verità assoluta, né

IO Zz MARXISMO E LE ARTI

per la filosofia può parlarsi in esso, come fa Hegel, di «sistema

organico della verità ». Ma anche se non si accetta Hegel o non se ne seguono fino in fondo i suggerimenti, Hegel offre la chiave per

una corretta argomentazione del problema (una volta che la si

trasponga su basi materialistiche): la pluralità delle forme e delle vie non cancella l’unitarietà della sfera di riferimento, semmai

stimola la messa in chiaro delle tesi a confronto, smaschera pre­ giudizi, contribuisce a respingere scelte fasulle o interessate o che si provano sbagliate. D’altronde non credo venga più in mente a nessuno l’idea scettica (di uno scetticismo paradossale, spinto fino alle sue estreme conseguenze) che, in ragione della pluralità delle filosofie, non si abbia più da filosofare affatto.

Per la considerazione storiografica del marxismo si riprodu­

ce una situazione singolarmente analoga a quella testé schizzata. Anche per esso si usa dire da ogni parte, e lo si dice proprio come arma critica contro di esso, che non esiste il marxismo, giacché di marxismi ne esistono tanti e diversi, che si annullano recipro­ camente, anch’essi cioè - come le filosofie - l’uno inconciliabile

con l’altro. Ora la molteplicità storica dei marxismi è un fatto in­

dubbio, facile da constatare e non contestabile da nessuno. Non

solo: ma è proprio questo riconosciuto stato di fatto che genera le perplessità maggiori, che suscita nei marxisti stessi sconforto

c scoramento. Sorge così di riflesso un fenomeno di scetticismo disincantato, supercilioso, le cui manifestazioni si traducono in pronunciamenti di questo tenore: il marxismo non esiste o, dove esso proclama di esistere, il suo concetto non ha senso; ciascuno ha il diritto di essere marxista a modo suo e a suo piacimento; o ancora, da parte di intellettuali che pure lavorano nel campo del marxismo e con idee di matrice marxista, “io non sono mar­ xista”, “non mi credo marxista”, “non mi identifico con il marxi­ smo” ecc., fino alla ricorrente quanto scipita c insulsa boutade

che neanche Marx era marxista, boutade la quale non corrispon­ de affatto alle idee di Marx né merita si perda tempo in diatribe per confutarla. (Del resto, se Cristo avesse assistito alle azioni

e formulazioni teoriche di un qualsiasi papa, si sarebbe dichia­ rato senz’altro non cristiano.) Contro questo genere di pronun­ ciamenti va replicato esattamente come sopra circa le filosofie: la molteplicità dei modi di guardare a una cosa non sopprìme

Cenni su/, marxismo come teoria

generale

11

la cosa stessa» seminai, ripetendola, variandola, la conferma e la rafforza. Neanche qui deve accadere quanto Hegel denunciava per la storia della filosofìa: che cioè la «diversità di sistemi» (per noi, di marxismi) cui dà luogo sia accampata a pretesto per poter

meglio «in realtà lavarsene le mani». 1. Il retroterra storico-concettuale del marxismo come teoria Le basi classiche del marxismo si trovano nelle idee dei suoi fondatori, nelle teorie di Marx e di Engels. Avremo via via modo di vedere quanto avanti essi si spingono anche sul terreno che ci

riguarda, l’estetica, e non soltanto tramite giudizi occasionali. Di una teoria generale in loro mancano gli svolgimenti, non i

prìncipi. Questi si collegano - direttamente o indirettamente, esplicitamente o implicitamente - al ricchissimo tessuto di ar­ gomentazioni c discussioni che entrambi ci hanno lasciato, e da

lì debbono essere tratti fuori, organizzati e svolti in conformità con il nocciolo dei problemi che i vari campi della teoria volta per volta scandagliano. Questioni come la natura del diritto e della

politica, della scienza e dell’arte, dell’etica e dei valori spirituali in generale, anche se o dove non trovano un posto specifico nelle

loro trattazioni, tornano in loro di continuo, con una pregnanza e una rilevanza che inducono fin da subito i loro seguaci a tentamina per riprenderle, incanalarle, renderle internamente omo­ genee e reciprocamente articolate, come se si trattasse già di fatto di complessi dottrinali autonomi; complessi i quali, fondati su basi materialistiche oggettive, si impongono con tanta più forza

quanto più ci si innalza nella sfera dei valori oltre l’oggettività materiale, fino a quelle sfere superiori, in cui le oggettivazioni appaiono con tutta evidenza come prodotti soggettivi, coscienti,

delle forze che li pongono in atto. La dialettica di soggettività e oggettività propria delle oggettivazioni umane domina dunque già centralmente fin dalle prime formulazioni, ancorché non svi­ luppate ovunque a teoria, dei classici del marxismo. Ciò merita rilievo in specie per il fatto che tutta una lunga età della filosofìa europea moderna, da Dilthey a Simmel, da Husserl ai francesi

Derrida e Deleuze, vive con la costante preoccupazione di difen­

dersi per un verso « conno la naturalizzazione positivistica della

vita c dello spirilo-, pri l’altro contro «la minaccia storicisti-

12 II marxismo e le arti

ca» (Derrida). Senza sua colpa, del tutto a torto, il marxismo fa

le spese delle due accuse insieme, quasi che esso costituisse una

minaccia - altrettanto naturalistica che storicistica - contro la vita dello spirito.

Vero che la dottrina dei classici non ha saputo imporsi con

la fermezza dovuta. Molte circostanze hanno giuncato a sfavore di un suo corretto chiarimento. Anzitutto quella che, non essen­ do inai riusciti Marx e Engels, per motivi indipendenti dalla loro volontà, a portare a compimento la costruzione di un sistema

filosofico del marxismo, i marxisti venuti dopo di loro si sono

trovati assai spesso spiazzati e indifesi nei confronti degli avver­

sari, privi di un sistema dottrinale da opporre alle loro critiche; donde incertezze, passi falsi, equivoci, causa degli sfiguramenti

teorici provocati nel marxismo da quegli elementi allotti, estra­ nei alla sua essenza, che in una fase ben precisa della ripercus­ sione ideologica delle lotte di classe, e segnatamente durante il

periodo della li Internazionale (dagli anni della sua fondazione fino a tutta la prima guerra mondiale), si sono venuti insinuando e fissando nella dottrina, corrodendola come un tarlo. La controversia investe direttamente la questione di vecchia data circa la valenza dello statuto teorico del marxismo, cioè a dire

l’ampiezza del suo raggio di incidenza, il suo ambito di applicabi­ lità alle varie discipline e le sue correlative potenzialità scientifiche.

Il sociologismo volgare largamente invalso con la II Internaziona­ le (c protrattosi poi ben oltre quel periodo, fino a inglobare anche gran parte dello sviluppo del marxismo sovietico nel periodo sta­

liniano) tagliava corto senza troppi complimenti, riconoscendo al marxismo dignità di scienza solo sul piano economico e, privo di un sistema dottrinale in proprio, andandosi a incagliare per il re­

sto nelle secche di quell’eclettismo incoerente, secondo cui occor­ rerebbe completare’ le dottrine economiche di Marx dall’esterno, a esempio con Mach sul piano fisico, con Kant sul piano etico e,

su quello estetico, con un mélange tra le teorie kantiane e le teorie positivistiche deH’artc (inprimisy la teoria del milieu sociale di Taine): si pensi particolarmente allo sviluppo che le tradizioni della

socialdemocrazia russa hanno avuto in Plcchanov c quella della so­ cialdemocrazia tedesca in Franz Mehring. (Vedremo più da presso i termini della questione nel cap. IL)

Cenni sul marxismo come teoria generale 13 E proprio in ragione di questa assenza di principi che il mar­ xismo della II Internazionale va incontro a deformazioni e pro­

fondi sfiguramenti, sia dal punto di vista politico sia da quello filosofico. Pesano soprattutto i gravi limiti economicistici in cui incappa quel marxismo, segnatamente i seguenti: che la teoria di Marx vi viene ricondotta e ridotta al solo campo economi­ co; che di essa vi si fa una dottrina unilineare, dove (’economia

determina rigidamente tutti gli altri piani della realtà (determi­ nismo d’ordine filosofico, fatalismo in campo politico); peggio ancora, che una volta interpretatala in tal modo e dichiaratane

l’incompletezza, vi si postula l’esigenza di un completamento’ dall’esterno nel senso testé accennato. Certo sarebbe ingiusto dire di un Bebel o di un Liebknecht, di Kautsky o già anche di Lassalle, che essi, per via dei loro er­

rori durati una vita, non sono stati buoni socialisti in lotta, an­ corché nebulosamente, per la emancipazione rivoluzionaria del

proletariato. I documenti storici, la loro prassi politica concre­ ta smentirebbero siffatti giudizi. Ma se, in luogo dello slancio soggettivo pratico, al centro della riflessione mettiamo, come è indispensabile si faccia qui, i principi, allora appare innegabile che il nesso tra movimento operaio, risveglio delle masse prole­ tarie all’autocoscienza e all’azione e principi teorici resta in loro sempre superficiale. Vero punctum dolens per tutti è proprio la

teoria. Da studioso della storia della socialdemocrazia tedesca, Mehring non ha difficoltà ad ammettere che, anche nella fase del

suo maggior fulgore, la prassi della socialdemocrazia «era molto più avanzata della teoria» ; che anzi, in fatto di teoria, «l’intero

modo di pensare del comuniSmo scientifico [...] le mancava quasi

completamente»1. Né Lassalle, con i suoi seguaci e successori, né la stragrande maggioranza dei marxisti della II Internaziona­ le - come Lenin comprende bene - sono penetrati dalla teoria di Marx fino al punto di fare di essa la base generale della loro concezione del mondo. Sia gli uni che gli altri, pur da matrici

I. E Mehring, Geschichte derdeutseben Sozialdemokratie [1897-98], in Gesdmmfhe ScbriftetL hrsg. voli ìli. Hòhlc/H. Koch/J. Schleifstein, Dietz Verlag, Berlin 1960-78, Bale I ? (< he qui cito nella trad, di M. Montinari. Storia della odr^.t, I dreifiiger Jahre> cit., p. 231. Abbondante la letteratura cri­ tica in materia. Con riferimento al problema dell’eredità culturale nella teoria dell’arte, si veda in generale il volume collettaneo sovietico ProblcHM nadedijd v ic^riì iskusstVA^ a cura di M. Lifsic, Iskusstvo, Moskv.» I9K i

Cenni sul marxismo come teoria generale 35 die si tratterebbe di arte socialista. La politica culturale comuni' sta consiste nel fornire al proletariato Parte migliore e più pura, non permettendo che il suo gusto venga corrotto dalla politica di vertice, ridotto a essere nulla più che uno strumento politico. La politica è solo il mezzo, la cultura il fine1.

Ma con gli anni "30 l’atteggiamento in proposito dei teorici

marxisti più influenti va molto oltre, ben al di là del semplice enun­ ciato del problema. E un effetto della piega universalistico-storici­

stica impressa da Gramsci e Lukàcs alla problematica del marxismo, che faccia breccia in loro con tanta forza l’insegnamento ininterrot­

to dei maestri circa l’esigenza per la dottrina di ima rielaborazione

critica dell’eredità del passato borghese classico. L’uno e l’altro ten­

gono molto saldamente fermo al punto che, come filosofìa, come

concezione del mondo, il marxismo poggia sopra i capisaldi delle

conquiste già operate dalla cultura universale dell’umanità, e non sta e non potrebbe stare senza di esse; ma in pari tempo, che c com­ pito del pensiero marxista rielaborarc a fondo questa eredità, pla­

smandola in corrispondenza della prospettiva che all’umanità si apre dalla più elevata piattaforma del marxismo stesso. Anche qui la loro convergenza segnala una precisa differenziazione dal filone so­ cialdemocratico refluito nel pensiero della II Internazionale, troppo

spesso dimentico delle migliori tradizioni rivoluzionarie borghesi e delle tendenze culturali che, a loro tempo, le avevano favorite e ac­ compagnate. Le resistenze in contrario, i casi isolati, le battaglie dei singoli non bilanciano il conto; poiché anche chi, come Mehring,

quelle tradizioni non dimentica, troppo spesso - abbiamo visto - le accoglie e incorpora qua tales, senza rielaborarle criticamente: nel

che Gramsci e Lukàcs scorgono e denunciano un impoverimento del marxismo, che finisce per deformarlo. 1. G. Lukacs,Felvilagositasid(Precisazioni), «Voròs Ujsàg», 18 aprile 1919 (rist. in Forradalomban. Cikkek, ianidmanyok, 1918-1919, a cura di AL Mestcrhàzi, MagvetÒ Kiadó, Budapest 1987, pp. 105-6, passo qui tradotto dalla citazione che ne fa B. KÒP£CZI,L/4Xm« in 1919, «The New Hungarian Quar­ terly», XX, 1979, n. 75, p. 112; nella versione francese del volume La République des ('onseiIs. lìudapesl 1919, con pref. di J. Gaucheron, Les Editeurs l;ra»va’s Rcunis. Paris 1979. pp. 155-6, esso è riportato insieme con un altro < oevo intervento pubbli* imi« bt in der!.iienitur[ 1932] Jn appendice a Klein, Georg t ukiits in Pedin, < h .. p. ? ?.. ibid., pp. |6? V

160 II marxismo e le arti

Il commercio prende il posto del comuniSmo nelle analisi cultu­ rali [...]. Il disdegno intellettuale per la cultura di massa da parte dei progenitori marxisti dei Cultural Studies è ora rovesciato in favore di un’affermazione positiva della cultura di massa» dove Tunica cosa che non si può menzionare è la classe Di fatto il marxismo è una teoria della trasformazione a mezzo della lotta, e la classe ri acqui sta qui il suo posto come un aspetto dinamico del mutamento storico1. 3. Fenomenologia di casi controversi Con le argomentazioni critiche di cui sopra siamo sostan­ zialmente tornati al punto donde si era partiti, la polarità dia­

lettica di cultura e militanza. Questo difficile bilanciamento tra sollecitazioni contrastanti e apparentemente inconciliabili diviene ancora più complicato (e porta, anche in casi illustri, a

soluzioni non convincenti), quando si tratta dell’atteggiamento critico da assumere c dei giudizi di valore da formulare nei

confronti di autori, la cui personalità, la cui attività creativa e la cui notorietà internazionale trascendono di gran lunga Tesi to di questa o quella loro opera singola, per imporsi con il carat­

tere di un punto di svolta così influente nella stona del Parte da sconvolgere Passetto dei parametri formali fin lì riconosciuti o almeno tale da lasciarsi dietro, formalmente, ripercussioni sto­ riche di lungo periodo. Nell ’ambito della fenomenologia di casi controversi che la storia delParte presenta, ne trasceglierò qui

di seguito, a semplice scopo esemplificativo, quattro soltanto, tratti da arti diverse (musica, letteratura e cinema), e non ne­

cessariamente i più significativi, tanto meno gli unici possibili.

Gli autori richiamati sono, nelPordine, Wagner, Proust, Joyce e Luchino Visconti (cui, per motivi chiariti in seguito, aggiungo

uno sguardo sul film che il regista polacco Andrzej Wajda ha desunto dal poema di Adam Mickiewicz Pan Tadeusz). Sebbene mi senta in dovere di dichiarare subito che, trat­ tandone, non avanzo alcuna pretesa di poter essere io a sta-

L E. Leslie, Marxism Against Cultural Studies y in As Radical as Reality Itself: Essays on Marxism and Art for the 2T‘ Century. cd. by M. Beau­

mont, A. Hemingway, E. Leslie, |. Roberts, Pc tri lang, Ox lord BernBerlin ?(M)7V p.

.

Principi marxisti di storia e cr / tica delle arti 161 bilire la soluzione corretta dei casi in questione, se non altro

per motivi di competenza, li trascelgo come quelli o taluni di quelli verso cui più la critica marxista appare in difficoltà o in imbarazzo: sia per 1*incapacità di venire a capo del novum cui si trova di fronte, sia per i sospetti e le riserve pregiudiziali, di

principio, che vi nutre contro, talora filosoficamente non sen­

za fondamento, ma tuttavìa svianti dal punto di vista critico­ estetico. Non e tanto la pericolosità dell’impasse che con simili casi controversi è in giuoco per la critica marxista, quanto la misura della sua accortezza, della coerenza nell’espletamento

dei suoi compiti: perché cioè, da un lato, la critica non si sen­ ta spinta ad abdicare eccezionalmente, data l’eccezionaiità dei casi, al carattere militante che la sua ideologia le impone, e per­

che, dall’altro, non sia invece la militanza a gettar ombra sulla

coerenza del giudizio critico. Va ricordato intanto che non è nuovo né isolato nell’arte il fenomeno della discrepanza tra le idee personali di un creatore,

eventualmente animate da uno spirito frutto di meschinerie re­ trive, c le doti artistiche, la genialità espressiva delle sue compo­

sizioni. Con Wagner ci viene appunto incontro un caso (il “caso Wagner”, secondo l’apposita formula di Nietzsche), in cui le idee non stanno in linea con l’elevatezza dell’arte. Di quale sia il fa­

scinoso potere che la borghesia esercita su di lui dopo il 1848,

della sua capacità di far la vittima proprio mentre passa dalla par­

te dei dominatori, più in generale del «cerchio magico oscuro

della reazione wagneriana», Adorno ci dà descrizioni pregnanti e dimostrazioni convincenti, citando a conferma il giudizio di Thomas Mann:

In realtà [...] l’arte di Wagner è un dilettantismo reso monumenta­ le, elevato sino alla genialità, dall’estrema energia volitiva. L’idea medesima di una fusione delle arti implica qualcosa di dilettante­ sco e nel dilettantismo sarebbe naufragata, se non le avesse tutte assorbite con forza sublime il suo inaudito genio espressivo l.

L Manin, / timi Hiebani Jl àgners, cit., p. 413 (trad., pp. 454-5); < il. une vie, Slatkine, Geneve 2012.

PRINCIPI MARXISTI DI STORIA E CRITICA DELLE ARTI

165

sua vita, a Venezia, nc leggeva qualche passo ai suoi, spesso con esclamazioni di ammirazione1.

Di fronte ai punti alti di Wagner non trattiene l’ammirazio­

ne neppure il dubitoso Mann. Certe parti del Tristan, come il X atto, «col suo drammatico realismo», lo trovano

entusiasta. Il canto di Isotta “Piccola e frale barca” la scena piena di tensione tra i due, a partire da “Signora, comandatemi”, e domi­ nata dal tema introduttivo “Se tu ignorassi ciò che desidero”, tutto ciò ha una potenza espressiva quasi insuperabile.

Sono le cose da lui scritte a Emil Praetorius nel dicembre 1949, dopo che ha già pubblicato il Doktor Faustus, requisito­

ria violenta contro l’irrazionalismo musicale del suo protago­

nista, Adrian Leverkiihn, questa si vera barbarie. Ma un’ope­ ra come il Parsifal va per lui ancora oltre: «Quell’opera della

vecchiaia, che molti sottovalutano, è in fondo la più interes­ sante di tutte. C’è dentro la musica più stupefacente... »I. 2. Quarant’anni prima, nell’agosto del 1909, aveva confessato

a Walter Opitz: sono andato a Bayreuth, dove ho assistito al Parsifal'. [...] la com­ mozione spirituale è stata molto forte. Talune cose, F«incante­ simo del venerdì santo», il battesimo, la grandiosa musica che accompagna il cambiamento di scena del terzetto e Findimen­ ticabile quadro finale, questo estremo trionfo del Romanticismo, restano pur sempre irresistibili. Quanto alla musica, è quel che c’è di più moderno e avanzato. Nessuno e andato oltre, li ‘pro­ gresso’ di Strauss è una ciancia. Del Parsifal vivono e si nutrono tutti. Che tremenda arte espressiva! Gli accenti della costrizione e del tormento, in cui Wagner si è esercitato per tutta la vita, è solo qui che trovano la loro intensità definitiva. L’anelito di Instano è largamente superato da questo Miserere. Particolari acutissimi, stringenti. Ma tutto ciò ha ancora un futuro?3

I. M ann,

2. ibid.. pp. ' X ìbid.. pp. OS (».

< ti . p XS6.

166 II marxismo e le arti

E anche con il Wagner di Adorno, nel 1952, Mann trov«a un accordo, in specie dove Adorno

parla deH’opera wagneriana come testimonianza dei primordi della decadenza borghese: «Non c c un solo momento di deca­ denza, nell’opera di Wagner, cui la sua energia creativa non abbia saputo strappare istanze ricche di avvenire». È un veder le cose in grande

alla questione del “futuro” viene qui data addirittura una ri­ sposta positiva. Non spetta a me il compito di una più approfondita indagine del problema. Certo è che in un caso come il “caso Wagner” (ma non in esso soltanto) alla critica marxista si richiede l’impiego di

criteri altri dagli usuali, soprattutto totalmente esenti da pregiudi­

zi c schemi artificiosi. Ritengo artificioso, non giustificato, vedere nell’« invenzione wagneriana dei cromatismo», con il Jameson interprete di Adorno, un semplice analogon delle invenzioni tec­ nologiche del mondo dell’industria, «un modello in scala ridotta dei mutamenti che possiamo aspettarci di trovare nel macrocosmo

della storia socio-economica»2; oppure assumere verso Wagner, con il Kracauer del libro su Offenbach, lo stesso atteggiamento di satira invelenita, di ridicolizzazione, proprio a Offenbach mede­ simo, atteggiamento fortemente influenzato dalle scelte di quel Nietzsche, che «dava un alto giudizio delle opere di Offenbach

come antidoto allo spirito di Bayreuth ». Per Kracauer la contrap­ posizione con Wagner si delinea così: Senza dubbio Oflenbach lo attaccò anche per questo, che avver­ tiva in lui un'ostilità di principio. Lui e Wagner rappresentavano L Ibid,, p. 874. Tutto ciò naturalmente non vuol dire che si debba accedere alla procedura del biografo americano di Wagner, Ernest Newman, il quale ricorda sempre Mann - a Wagner «perdona tutto per amore delle opere - , come se queste non avessero niente a che vedere col pensare» (Mann, Die EntstcbungdesDr. Faustus, cit., p. 149; trad.» p. 229). Elementi equivoci, bar­ barici, Mann li sentiva infatti già direttamente presenti nella “musica” di Wa­ gner (cfr. J. Death ridge, Post-mortem on Isolde, in Richard Wagner, fase, di «New German Critique», n. 69» 1996, p. 122). 2. JAM I.SON, Marxism and Form. ( rad. < il., pp. 27. W.

Principi marxisti di storia e critica delle arti 167 infatti due mondi reciprocamente esclusivi. Questi ammaliava il pubblico con un fascino ardente, che era di tal peso da puntare a travestirsi ancor sempre in forma di rinuncia; quello era la quin­ tessenza della tenerezza c della gaiezza, c si gratificava proprio così [...]. Wagner mirava a effetti monumentali c nel Gesani tkuns twerk cercava di sublimare l’arte a religione; Offenbach preferiva il piccolo, ciò che non potesse incorrere nel sospetto di essere una fantasmagoria ampollosa, c lasciava l’arte al suo posto. In Wagner risuonava sempre più chiaramente la bramo­ sia deH’emancipazione; lui, Offenbach, era emancipato e libero come un uccello1. Di simili interpretazioni, sociologicamente pretenziose non meno che esteticamente incomprensive, il marxismo - insegni il Wolfgang Harich studioso di Nietzsche - deve far piazza pulita una

volta per sempre. Quanto più profóndo, allora, il giudizio di Mann

su Wagner «rivoluzionario», rivoluzionario «come artista»; Wagner - scrive Mann - ha vissuto la cultura moderna, la cultu­ ra della società borghese, attraverso le forme da essa assunte nel melodramma. La posizione dell’arte, o almeno di ciò che artisti­ camente doveva rappresentarla nel mondo moderno, gli divenne il criterio per giudicare il generale valore della cultura borghese. Nessuna meraviglia che l’odiasse e sprezzasse. Egli vedeva l’arte trasformata in mezzo festaiolo e voluttuario, l’artista abbassato a schiavo del denaro e la superficialità e il pigro andazzo quotidia­ no sostituirsi alla sacra serietà e alla religiosa consacrazione delia bellezza. Vedeva con dispetto uno sperpero di mezzi straordinari, e non per attuare quel grande ideale che aveva in mente, bensì per raggiungere la cosa che egli come artista sopra ogni altra disprez­ zava: l’effetto. Non vedendo intorno a se nessuno soffrire di quel­ le cose per cui egli tanto si afflìggeva, ne inferì l’indegnità delle condizioni politiche e sociali che quella cultura avevano prodotto e con la quale erano congiunte; e la necessità, quindi, di un rivol­ gimento rivoluzionario12.

1. S. Kracaui-R. humites Offenbach und das Paris seiner Zeit [1937], Werke, Bd. 8. hrsg. von I. B< lkrr

der Nibclungem piegandola a fini

206 II marxismo e le arti

manifestamente reazionari. «Wagner usò mitologia e saga per

creare drammi musicali che, a dispetto del, o a causa del, loro pessimismo aggravarono in ultima istanza l’impotenza politica della borghesia tedesca», denuncia Kracauer1; e peggio ancora

avviene più tardi nella Germania di Weimar, presso gli epigoni

del culto delle saghe. Die Nibelungcn (1923-24), adattamento filmico in due episodi della saga germanica, realizzato da Thea

von Harbou e Fritz Lang, si inserisce nel quadro delle tante mes­ se in scena weimarianc di opere di Hàndel, Hebbel e Wagner, portandosi dietro le loro stesse deformazioni prospettiche: mo-

numentalità, gigantismo scenografico, esasperazione della fun­

zione mistificante del mito, intesa ad accreditare e approvare la più sciagurata, irrazionale e retriva eredità romantica. Già Hegel esprime forti riserve verso la poesia pseudo-epica di quel genere di saghe. Contro le loro messe in scena teatrali e filmiche valgono - naturalmente con molte aggravanti - le argomentazioni svol­ te da Hegel: che cioè vi «manca la realtà determinata di un sal­

do terreno intuibile, cosicché [...] il racconto tende già verso un

tono da saltimbanchi » ; che gli avvenimenti di cui si tratta «per la coscienza nazionale sono solo storia passata completamente spazzata via dal tempo»1 23 ; insomma, che la veste pseudo-epica

resta soltanto una veste, senza rapporto organico con ciò su cui

sì fonda ogni vera epopea, lo spirito del popolo. In riferimento alle saghe nordiche, se ne rende ben conto Ibsen ancor prima di segnalarsi tra i drammaturghi di punta, come risulta dalla scon­ fessione esplicita che ne fa in una lettera a Bjornson:

Sulla nostra antica storia possiamo ora tracciare un frego; i norve­ gesi di oggi non hanno evidentemente a che fare con il loro passa­ to più di quanto i pirati greci abbiano con la schiatta che salpò alla volta di Troia, sostenuta dagli dei

Il fattore storico ha infine influenza anche sull’atteggiamento della critica verso i generi artistici. I generi non si lasciano ma­ nipolare a piacere dalle mode o dai capricci dei critici. Abbiamo 1. Kracauer, Jacques Offenbach? cit., p. 187. 2. Hegel,Àsthetik? cit., pp. 950-2 (trad., pp. 1181-3). 3. Lettera del 16 settembre 1864, in Iiisen, l'ita dalle lettele, » n.. p. ?8.

Principi marxisti di storia e critica delle arti 207 riscontrato l'esistenza di norme oggettive che li regolano; con

l’aiuto del fattore storico, cioè con la storicizzazione delle nor­

me, la critica deve anche sotto questo aspetto saper convertire le norme in prassi. Diverrà così possibile far chiarezza sul peso

storicamente diverso che i diversi generi acquistano o perdono nel corso del tempo. Come un certo tipo di pittura, certe forme musicali, soprattutto le differenziazioni nella sfera della lettera­

tura (drammaturgia, lirica ed epica, nell’epica novella e roman­ zo) vengano imponendo il loro peso nel tempo, tutto ciò acqui­

sta contorni definiti solo alla luce della verifica critica sul terreno dei generi. Se teniamo presente quanto argomentato dei generi

in sede di teoria (cfr. cap. II, § 3), ne conseguono direttive corri­

spondenti per la critica. Tanto i generi mediano la produttività della creazione artistica, regolandola in modo che essa appaia co­ erente con gli oggetti o i processi rappresentati, altrettanto la cri­ tica verifica sia l’appartenenza dell’opera al genere rispettivo, sia

la coerenza c riuscita dell’esito finale. Mai e poi mai, però, questa verifica offre alla critica un alibi opportunistico; mai c poi mai

essa sostituisce la critica stessa. Il semplice accertamento della sussumibilità dell’opera sotto un genere non ne certifica mai ipso facto anche il valore. Con ciò, ini rendo conto, non risulta stilato che un elenco di questioni particolari. Ma anche si risalisse alla congerie di tutte le altre questioni del campo, la prospettiva resterebbe pur

sempre la stessa: che cioè da condizione pregiudiziale affinché la critica operi correttamente in funzione storica fa che questa sua operosità sfrutti altresì a ogni momento la storia in funzio­ ne critica. Per il marxismo (materialismo storico) si tratta di una via obbligata. Se esso vuol perseguire i suoi fini con rigore,

se i principi teorici cui fa appello non ammettono si prescinda dai due campi categoriali che ne innervano il metodo, imma­

nenza e storicità, allora questo suo apparato di categorie divie­ ne portante e determinante anche per la critica. Di qui l’ine­

vitabile presa di distanza, il dissenso, lo scontro del marxismo nei confronti di ogni tipo di critica insensibile alla questione, in specie di quella la cui prassi, pcr un verso o per l’altro, viola subdolamente i prim ipi storico-immanenti oppure li combatte senz’altro a viso apri lo.

208 II marxismo e le arti

Di questo confronto-scontro del marxismo con le svariate correnti antistoricistiche attive nella critica mi limiterò di segui­

to a uno schizzo sommario, puramente esemplificativo, poiché, stante la natura del presente lavoro (che non é quella di una sto­ ria della critica), non riesce nemmeno ipotizzabile il proposito di

fornire un diagramma completo della totalità del quadro. A in­ teressare è qui solo come in risposta si atteggia la polemica mar­ xista. Nel suo asse principale essa investe le correnti della critica che, quand’anche non si affidino puramente e semplicemente ai

musageti della reazione culturale mondiale, inclinano comunque verso forme di antistoricismo, di sprezzo della considerazione storica: o verso un generico rifiuto del sussidio della storia nelle argomentazioni critiche; o verso la promozione di orientamen­ ti artistici e opere la cui natura accusa de visu la perdita di ogni rapporto dell’arte con la storia reale; oppure ancora versp quel­

la modernizzazione storica del passato - sempre combattuta da

Marx - che interpreta e deforma la storia alla luce dell’attualità.

Non sto parlando unicamente, si badi, di fenomeni venuti in essere ora. La crisi del concetto di storia risale a ben più indietro. Già le principali tendenze storiografiche posteriori al 1848 ap­ piattiscono e annacquano il progresso in un che di linearmente

continuo, senza più contraddizioni, di modo che esso divenga socialmente compatibile con il liberalismo di compromesso fa­ vorito dallo sviluppo capitalistico; del tutto in analogia con l’ap­

piattimento e l’annacquamento del concetto filosofico di svilup­ po determinatosi, a seguito del crollo della filosofia di Hegel,

dalla scomparsa della dialettica. L’affermarsi di concezioni sto­ riografiche come quelle di Ranke, Droysen, Burckhardt, o poi

quella di Tainc, e, nell’arte, di modelli corrispondenti (modello Burckhardt, teorie di Ricgl c della sua scuola) sono sintomi certo molto diversi, ma sul punto unificati tra loro - del processo di sviluppo in corso, orientato all’imbrigliamento dei contrasti storici reali. Come la sociologia viene sganciandosi dall’econo­ mia e l’economia classica cede il posto all’«economia volgare»

(Marx), mandando a fondo ogni legame con l’oggettività, così la storia si mette sulla strada di una modernizzazione in chiave soggettivistica, dove è inevitabile che il curioso, l’aneddotico, lo

stravagante abbiano il sopravvento e finiscano poeti per volta con

Principi marxisti di storia e cri tica dille arti 209 [’occupare interamente la scena. Il vecchio storicismo, lo storici­ smo classico, cercava di scoprire, interpretare e spiegare la storia risalendo alle «vere forze motrici della storia nella loro realtà

oggettiva» (Lukàcs); il nuovo antistoricismo, quali che ne siano il baricentro e le fonti filosofiche, dalla storia oggettiva devia in

modo sempre più marcato, fino al risultato di una sua pressoché totale sostituzione con il prodotto dell’arbitrio soggettivistico.

A modello principe di questa « falsificazione apologetica della storia» Lukàcs eleva l’antistoricismo di Nietzsche, divenuto cosi

influente da rappresentare il retroterra ideologico - espresso o segreto - della più gran parte degli indirizzi teorico-storiografici a lui posteriori. Per le nostre considerazioni è indispensabile tenere sempre presente questo retroterra. Antistoricismo, soggettivizzazione della storia, liquidazione in storia della dialettica non sono per

nulla faccende riguardanti solo il postmodernismo dei nostri gior­

ni. Quali e quanto importanti antecedenti essi abbiano lo prova lo sviluppo filosofico del Novecento. I suoi primi decenni testimo­

niano, da Dilthey a Simmel, da Husserl a Scheier, da Benjamin a Kracaucr, fino - per certi tratti - anche a Bloch, un fervore con­

tinuo, un imperversare di epistemologie “costruttivistiche”, che insieme con il reale trascinano con sé anche il destino della sto­ ria. E parimenti avviene per la dialettica. La “differenza" in luogo della dialettica fa già la sua comparsa all’interno della dialettica di

Croce, segnando il punto del suo massimo sviamento da Hegel. In Heidegger, dove la dialettica scompare del tutto, compare al suo posto la differenza ontologica"; e per questa strada il differenzialismo discende poi lungo la filosofia francese del secondo Nove­ cento, da Foucault a Derrida e a Deleuze, con ulteriori rigurgiti di vario genere negli Stati Uniti. A premessa dell’edizione italiana del più noto dei lavori di Deleuze, Difference et repetition (1968),

Foucault ci insiste espressamente, scrivendo:

Per liberare la differenza, occorre un pensiero senza contraddizio­ ne, senza dialettica, senza negazione: un pensiero che dica sì alla divergenza, un pensiero affermativo il cui strumento è la disgiun­ ziune; mi pensiero del molteplice - della molteplicità dispersa e nomade < In n\t>„t>drrm‘, p. 87. .uhiita .i giusta ragione il decoS< ril/ìolllSIIM» < OHM

«II*

Midi f «
Avan­ guardia -> Novità nell’arte

Letteratura d’appendice, II, 89 Limiti della critica idealistica,

Modernizzazione soggettivis­ tica della storia -> Antisto­

III, 116-9 Linguaggio autonomo delle

ricismo Mondo reale come riferimento

singole arti, II, 60 sgg.

Linguaggio

avanguardistico,

IV, 221-2 Lotta critica su due fronti (contro propaganda e arte

per l’arte), III, 116 sgg.;

primario per l’arte, II, 52, 78-9 Monologo interiore, IV, 220-1

Naturalismo versus realismo,

IV, 192-4; 217-8

IV, 150 sgg. Lotta di classe nella cultura,

Nazionalità c popolarità -> Popolarità e nazionalità

IV, 149-50,156-60; V, 267

dell’arte Normatività (inesistente) nella

Manipolazione del gusto e dei bi­

estetica, II, 66; IV, 135-6 Novella, II, 77-8 Novità nell’arte, I, 32 sgg.; IV,

sogni, V, 243 sgg., 260,262 Marxismo come teoria generaIe, 1,9 sgg. Marxismo della II Internazio­

214-5,217-8, 221-2

nale, I, 12-4 Materialismo storico e dialet­

Oggettività e immanenza della opera d’arte, II, 57; IH,

tico, I, 19, 26; IV, 207 Mediazione ideologico-criti-

107-8, 115; IV, 140-1; V,

ca con gli oggetti, III, 99,

103

257 Opere ‘aperte’, II, 68

280 II marxismo e le arti

Parassitismo critico della deca­ denza, V, 252 sgg., 258-60 Particolarità come categoria centrale dell’estetica, II,

vo e modello critico, I, 19» 37-8; II, 43, 74; IV, 182-

98 Realtà sociale e arte

Storicità

Partiticità in estetica, III, 126-

di arte e critica Recezione e fruizione dell’arte,

8 Per-sé autonomo dell’arte, II,

V, 233 sgg. Responsabilità culturale e so­

64-7.

67-8; III, 108.

ciale della critica» V, 238,

Personalità umana secondo il

marxismo, 1,29; II, 55-6 Pluralismo, III, 98, 103-5 Pluralismo in estetica, II, 65-

6; III, 105; IV, 147; V, 242 Popolarità e nazionalità dell’arte, II, 86 sgg.; IV,

203 sgg. Popolarità versus smo, II, 93-4 Postmodernismo

popolari­

242, 256 sgg. Retroterra storico-sociale di

arte e critica ■> Storicità di arte e critica Riproduzione allargata, 1,27-9

Rispecchiamento e creatività artistica (dialettica tra), II, 58-9; III, 126 Romanzo borghese moderno, IV, 156, 188

Antistori­

cismo Potere sociale dell’arte, V, 239

*ggPreliminari dell’attività critica,

IV, 135 sgg. Premi Oscar (farsa dei), V, 263-4 Processuali tà creativa del l’arte,

III, 108 sgg. Processualità del lavoro criti­

co, III, 108-9 Pubblico (fenomenologia del), V, 238-9,245-6

Scelte alternative non econo­ miche, IV, 138 9 Sfavorevole ruolo del capita­

lismo per l’arte, II, 41; III, 131, V, 244-5 Sistematica del sapere -> Unità sistematica del marxismo Sociologismo volgare, II, 45,

48; III, 119 sgg. Soggettività personale dell’artista, III, 126

Spazio e tempo artistici, III,

Purovisibilismo, IV, 147-8

Ì09 sgg. Specialismo critico -> Compe­

Rapporto dell’artista con il

tenza specialistica Sperimentalismo artistico

proprio tempo, IV, 143-4

Realismo come metodo creati­

- > Avanguardia ncH’artc

/Novità

Indice degl i argomin ti 281 Spontaneità e coscienza (dia­

lettica tra), IV, 184-5 Statuto teorico del marxismo, I, 12, 18-9 Storia (scienza della), I, 16-7,

24 5 Storicità di arte e critica, II, 78 sgg.; IV, 150 sgg., 188,198

sggStoria dell’estetica marxista,

HI, 119; IV, 154,204 Unità sistematica del marxis­ mo, I, 25-6 Utopia nell’arte, IV, 205

Valore in estetica

- » Giudizi estetici di valore Valori d’ordine economico, IV

138 Valori etici -» Etica ed estetica

Vita quotidiana in rapporto li, 42 sgg. all’arte, II, 52 3; V, 241-2. Storia in funzione critica - » Storicità di arte e critica Storicità dell’apparato catego­ riale della estetica -» Cate­ gorie estetiche

Strumentario

metodologico,

III, 103, 106 Sviluppo biografico degli au­ tori, lì, 80 sgg. Sviluppo storico del senso ar­

tistico, V, 244-5 Teatro in Scandinavia, II, 92-3 Tecnica e progresso tecnologi­ co, III, 129 sgg.; V, 255 Tecnologia (suoi effetti recetti­

vi), V, 241 Tempo oggettivo (dissoluzione

del), IV, 220, 229-30 Temporalità nell’arte figurati­ va » Spazio c tempo artis­

tici Tipico estetico, II, 66-7 Totalità intensiva dell’arte, II, 68; IV, 194

Umanesimo dell’arte, II, 56:

INDICE DEINOMI

Adler, Friedrich, 24

Baudelaire,

Adler, Viktor, 14

162,194 Bazin, André, 256 Beaumont, Matthew, 160

Adorno,'Ihcodor Wiesengrund,

193,195-6,199,205,276,

Charles,

60-1,

393,428-9,442-5,522 Ady, Endre, 272

Bebel, August E, 13-4 Beethoven, Ludwig van, 60,

Ambrogio, Ignazio, 71, 202,

85,144,239,247 Belinskij, Vissarion G., 45, 47,

273 Ambrus, Janos, 22

80,86-8,153,201-2 Belke, Ingrid, 167

Ariosto, Ludovico, 117 Aristarco, Guido, 173, 175-7 Aristotele, 26,141

Belloni, Emanuela, 113 Bellucci, Novella, 144

Arnaud, Eraldo, 22, 31

Beltsikov (Beltschikow), N. E,

Arnaud, Maria Grazia, 203

Arzeni, Bruno, 62

122 Benjamin, Walter, 31,

Aubert, Jacques, 81, 83, 172 Auerbach, Erich, 171-2, 219-

209,225,228,241 Bcnscler, Frank, 20, 101, 184,

20

190 Bensussan, Gerard, 51

Bach, Johann Sebastian, 85,

Berg, Alban, 229

239 Balzac Honoré de, 43-4, 46,

Berger, John, 76

68, 77, 94, 117, 162, 182, 184, 187, 190-2, 196-7, 200 Baron, Samuel FL, 122

Barrault, Jean-Louis, 109

132,

Bergner, Dieter, 24 Bergson, Henri, 168-9 Bernstein, Eduard, 14-5, 25

Beutin, Wolfgang, 24 Bibesco, Antoine, 169 Binni, Walter, 144

Barrière, Michel, 192 Bartels, Adolf, 192 Bartók, Bela, 58,91, 143, 202

Bjornson, Bjornstierne, 206 Bloch, Ernst, 31, 132, 155-6,

Baseggio, ( 'risi ina, 90 Basscnge, Friedt u h. S9

Boccaccio, Giovanni, 77

209,218,228 Roggeri, Maria Luisa, 27

284 II marxismo e le arti

Boll, Heinrich, 196 Bonfand, Alain, 113 Bordwcll, David, 256

Cassata, Letterio, 51 Cavalcanti, Guido, 118

Cechov, Anton P., 78, 174

Borgius, WM 268 Bortolotto, Mario, 161

Cernysevskij, Nikola) G\, 45,

Boudon, Raymond, 100

157-8, 202, 272 Cezanne, Paul, 84, 130, 144,

Boulez, Pierre, 61 Bourget, Paul, 121

Bowman, Herbert E*, 88 Brandes, Georg, 124 Brecht, Bertolt, 41, 78, 83)

70-1, 80, 121-2, 151-4,

196, 228 Chiosano, Italo A., 90 Choe, Hyondok, 100

Chopin, Fryderyk, 61

132, 185) 222-3,228 Bredel, Willi, 184

Codino, Fausto, 38, 64 Colli, Giorgio, 252

Brenner, Karin, 23 Briand, Nicolas, 73 Brombert, Victor, 194

Conrad, Joseph, 221 Conti, Elio, 27

Bruckner, Anton, 162 Brunetierc, Ferdinand, 122 Bucharin, Nikola) L, 21, 49,

Courbet, Gustave, 81 Coutinho, Carlos N., 172

122, 129 Buchner, Georg, 89, 115> 190 Burckhardt, Jacob, 208 Burgel, Tania, 123

Biirger, Peter, 222, 227 Buschinger, Danielle, 164 Butor, Michel, 229

Buzzi, Giancarlo, 169

Calderon de la Barca, Pedro, 107 Callegari, Giuliana, 176

Cantimori, Delio, 27 Caravaggio (Michelangelo

Merisi, detto il), 145 Carlyle, Ihomas, 179 Casalegno, Andrea, 93 Cases, Cesare, 37, 72, 75, 99, 148, 190, 197, 265

Corrector, Eva L., 194

Crespi, Alberto, 264 Croce, Benedetto, 6, 36, 72,

110-1, 116-9, 198, 209,

249

Cuccu, Lorenzo, 112 Dante Alighieri, 43, 71, 118, 142 Deathridge, John, 166 Debussy, Claude, 164

De Caria, Giovanni, 163 De Gaetano, Roberto, 261 Delacroix, Eugene, 60 Deleuze, Gilles, 11, 113» 169, 209-10, 247, 252, 256,

261 Demetz, Peter, 66 Denisov, Edison V», 61 Derrida, Jacques, 1L2, 209-

10,256

Indice dei nomi 28 5

117,119,145,150 Di Bartolomeo, Lisa, 177

Eorsi, Istvan, 20 Eraclito, 110 Erdélyi, Agnes, 64

Dickens, Charles, 47, 89, 121

Ernst, Paul, 192, 201

Diderot, Denis, 44, 70, 151, 205, 247

Eschilo, 201

Dietzgen, Josef, 24 Dilthey, Wilhelm, 11,209

Fahle, Olivier, 113

Dioniso, 75 Dobroljubov, Nikolaj A., 45,

Faulkner, William, 220

De

Sanctis,

Francesco,

88,

80,90, 151,202, 272 Dolfini, Giorgio, 37 Dormii, Stefan, 223 Dos Passos, John, 124-5, 220 Dostoevskij, Fedor M., 48,

185,197 Dotti, Ugo, 216 Dreyer, Carl Th., 144, 149, 263 Droysen, Johann G-, 208 During, Eugen, 19,163 Dvorak, Antonin, 81,91

Eagleton, Terry, 76,212, 228 Eastwood, Clint, 263 Eckermann, Johann P., 83-4 Ejzenstejn, Sergej Mm 83, 144,

149,230, 263-4 Elizabeth I Tudor, regina

dTnghilterra, 79 Ellenbogen, Wilhelm, 14

Engell, Lorenz, 113 Engels, Friedrich, 11-2, 14-5,

19, 25, 312, 36-7, 41-52, 56,66,68,70,88,116,1234, 127, 136, 139, 142, 146,

Fancelli, Maria, 189 Fehér, Ferenc, 22 Fctscher, Iring, 156 Feuchtwanger, Lion, 204 Feuerbach, Ludwig, 19, 23, 121,162 Fiedler, Konrad, 112, 147 Fieguth, Rolf, 180

Fielding, Henry, 200 Filippini, Enrico, 241

Fischer, Ernst, 41, 156, 222

Flaubert, Gustave, 73, 193-4. 218 Fontane, Theodor, 81, 190,

195 Ford, Henry, 125

Foucault, Michel, 209-10 France, Anatole, 60,91, 196 Franco, Vittoria, 155 Frank, Bruno, 204

Freeden, Michael, 100 Freiligrath, Ferdinand,

142 Freud, Sigmund, 212 Gadamer, Hans G., 233

Garin, Eugenio, 266

156, 159, 163, 179, 1«3>

Gaucheron, Jacques, 35 Genette, Gerard, 256

186 7, 197» 199 >01» >68 9

Gcrratana, Valentino, 16

123.

286

ÌL MARXISMO E LE ARTI

Gervink, Manuel, 61, 85

Habermas, Jùrgen, 102,156

Gesù Cristo, 10 Giacometti, Alberto, 143

Hadjinicolau, Nicos, 157

Hahn, Eric, 211 Handel, Georg E, 206

Giotto di Bondone, 130 Glinka, Michail L, 91

Glockncr, Hermann, 192 Godard, Jean-Luc, 229-30 Goethe, Johann W., 34, 43-4, 66, 70-1,77, 79, 84, 110, 115, 118, 136, 142, 147, 164, 180-1, 188-90, 192,

Harbou, Ihea von, 206 Ha rich, Wolfgang, 167

Harkness, Margaret, 187 Haug, Wolfgang, 100 Hauptmann, Gerhart, 172 Hauser, Arnold, 104,129,197,

203-4,229

198,221,257 Gogol’, Nikolaj V., 82, 152,

Haussmann, Georges E., 84 Hawkes, David, 100

247 Goldoni, Carlo, 174

Hebbel, Christian E, 78, 205-

Gombrich, Ernst H., 107-8, 145,239 Goncarov, Ivan A., 151 Goncourt, Huot de (Edmond

e Jules), 193,196

6 Hecht, Werner, 222 Hegel, Georg W. E, 3, 9, 11, 23, 32-3, 36, 47, 57-9, 635,68-72,74,79, 139, 179, 183,

Gor’kij, Maksim (pseud, di

189-90,

192, 206,

208-10,216,256-7

Aleksej M. PeSkov), 47,

Heidegger, Martin, 115, 209-

78,94,247

10,260 Heine, Heinrich, 44, 47, 79,

Gramsci, Antonio, 6, 16, 201, 25, 32, 35-6, 47, 51, 57, 86, 88-9, 92, 98, 101, 116-9, 129, 145, 150, 153, 155, 188-9, 266 Gramsci, Delio, 153

202,

181, 188,190,192,202 Hème de Lacottc, Suzanne,

113,247 Hemingway, Andrew, 160 Hemingway, Ernest, 220 Herder, Johann G., 47

Grandjard, Henri, 62, 242

Herwegh, Georg, 123

Griin, Karl, 43 Guattari, Felix, 261

Hettner, Hermann, 122 Hinderer, Walter, 183

Guerra, Augusto, 17 Guesde, Jules, 46

Hinterhaiìser, Hans, 172 Hitchcock, Alfred, 263

Guglielmi, Giuseppe, 210

Hochhuth, Rolf, 196

Guizot, Francois P. G., 79

Hoffmann, Ernst Ih. A., 195 Hòhle, 'Ihomas, 13

Indice dei nomi 287 Holderlin,

Friedrich,

115,

156,205 Holz, Hans Heinz, 211 Hoppe, Wilfried, 24 Horthy von Nagybanya, Mik­

los, 143

Kitano, Takeshi, 248

Klatt, Gudrun, 31 Klee, Paul, 61 Klein, Alfred, 22,37, 159

Kliem, Manfred, 43 Knepler, Georg, 58

Hugo, Victor, 81 Husserl, Edmund, 11,209

Koch, Hans, 13 Kodaly, Zoltan, 91

Ibsen, Henrik, 43, 68, 81, 92-

Kofler, Leo, 223 Kopeczi, Béla, 35

3, 124-5, 148, 168, 172, 193,201,206,240,247 Ingres, Jean-Auguste D., 60 Irrlitz, Gerd, 211

Jahn, Jurgen, 64 Jameson, Fredric, 131-2, 166, 212, 227-8 Janacek, Leos, 91

Kopp, Hermann, 211 Kosing, Alfred, 19 Kracauer, Siegfried,

166-7.

206, 209 Kurosawa, Akira, 248

Labica, Georges, 51 Labriola, Antonio, 14-8, 20-1, 25,32,45-6

Jaurès,Jcan,45

Lafargue, Paul, 44-5,48

Jauss, Hans R., 233 Johnston, Marlo, 194

Lang, Fritz, 206, 255 Lassalle, Ferdinand, 13, 15,

Joyce, James, 81, 83, 160, 168,

22-4,43,47,70,183 Lebedev, Aleksandr, 152

171-2,220 Jung, Werner, 20 Kafka, Franz, 172 Kandinskij, Vasilij, 61

Kant, Immanuel, 12,23-4,189 Kautsky, Karl, 13-5,45

Kautsky, Minna, 187 Kazin, Alfred, 125-6

Lenin (pseud, di Nikolaj V. I. Uljanov), 13-4,18,22,245, 32-4, 46-7, 49, 58, 64,

68, 70, 126-7, 139, 151, 159,185-6,243 Leonardo da Vinci, 168 Leopardi, Giacomo, 144, 156

Lermontov, Michail J., 82, 94,

190 Kerényi, Kàroly, 164

201 Leslie, Esther, 159-60 Lessing, Gotthold E., 3, 18, 23, 44, 47, 151-2, 188,

Keresztesi, Katalin, 58 Kim Ki-duk, 2-18

195,202,247 I .cutrat, Jean-Louis, 261

Kelemen, Janos, 190 Keller, Gottfried, 77, 94, 162,

288 II marxismo e le arti Lewis, Sinclair, 240 Liebknecht, Karl, 13-4

Lifsic (Lifschitz), Michail A.,

31, 34, 41, 44-5, 48-51,

Manzoni, Alessandro, 73, 117

Manzoni, Giacomo, 161 Marietti Solmi, Anna, 38 Markels, Julian, 157, 212

54-5,87,140, 153-4,158 Liguori, Guido, 51

Marosi, Teréz, 58 Maróthy, Jànos, 58, 99

Liszt, Franz, 60, 162 Lodato, Nuccio, 176

Martorano, Vincenzo, 113 Marx, Karl, 9-14, 16, 18-9, 22, 24-5, 27-33,41-51,56,64,

Lòwy, Michael, 185 Ludz, Peter C., 104 Louis-Philippe d’Orléans

(Luigi Filippo, re dei Fran­

cesi), 178 Lukàcs, Gyòrgy (Georg), 4, 6-8,16,20,22-6,31 -2,34-

66,68, 70, 101, 106, 116,

153, 156,159,183,186-7,199200, 208, 211-2, 244-5, 123,

138-40,

142,

252, 268-9 Maszkowska, Grazina, 177

8, 44, 49-53, 56-60, 64-8,

Matarazzo, Raffaello, 265

72-4, 76-7, 89, 93-4, 98, 100, 104-6, 120, 123-4,

Maupassant, Guy de, 60, 78, 193-4

127-9,136,142,146,154-

Mayer, Hans, 238

5, 158-9, 162, 168, 172,

Mazzini, Giuseppe, 180 Mazzucchetti, Lavinia, 62 McLellan, David, 100

182-98, 199, 204, 209, 217, 224-6, 228, 234-7, 239-40,265 Lunacarskij, Anatolij V., 31, 139 Luxemburg, Rosa, 16, 178

Mehring, Franz, 12-4, 16-8, 22-4,35,42-3, 45-9, 123 4,142,155

Lyotard, Jean-Fran^ois, 211

Melani, Lapo, 222 Merker, Nicolao, 59

Mach, Ernst, 12, 24

Merleau-Ponty, Maurice, 229 Mesterhàzy, Miklós, 35, 155

Mahler, Gustav, 161,164, 219

Mészaros, Istvàn, 100,

Mallarmé, Stéphane, 168

185 Metscher, Thomas, 24

Mann, Heinrich, 204

Mann, Thomas, 37, 61-2, 73,

81,83-4,90,94, 110,115, 161,163-8, 197,221,235, 240 Mannheim, Karl (Kàroly), 139, 267

103,

Mezei, Gyòrgy L., 155 Mickiewicz, Adam, 160, 17781 Mies van der Robe, Ludwig,

83 Miller, Arthur, 148

Indice dei nomi 289 Mirbeau, Octave, 121

Mizoguchi, Kenji, 248 Molière (pseud, di Jean-Baptis­

Pagani-Cesa, Giovanna, 55 Palmier, Jean-Michel, 51

te Poquelin), 247 Mondrian (Piet Mondriaan,

Panzieri, Renato, 27 Pasternak, Boris L., 48 Penderecki, Krzysztof, 61

detto), 229 Monet, Claude, 60

Perrclli, Franco, 92 Picasso, Pablo, 130, 235

Mon ’nger, Markus, 264 Montinari, Mazzino, 13, 64,

Picco, Emilio, 23

2^2 Moreau, Pierre, 122 Mozart, Wolfgang A., 247

Murnau, Friedrich W., 255 Muscetta, Carlo, 265

Napoleone (Napoleon Bona­ parte), 179-80 Nemcova, Bozena, 92 Newman, Ernest, 166 Nietzsche, Friedrich W., 161, 163,

197, 209 10, 212,

23,25,45-9,79, 122, 1

>

151,157-8 Pocar, Ervino, 62 Pojar, Bfetislav, 91

Polano, Sergio, 197 Polizzi, Gaspare, 189 Pollock, Jackson, 216 Pontoppidan, Henrik, 182 Prxtorius, Einil, 165

Predai, René, 264

Prevost, Claude, 190 Proust, Marcel, 61, 85, 107

Oelssner, Fred, 18

Jacques,

Piovesan, Renzo, 121 Plechanov, Georgij V., 12, I 5.

Prawer, Siegbert S., 42,183

252-3,271 Nicvo, Ippolito, 175

Offenbach,

Pichat, Laurent, 193 Pietschmann, Klaus, 263

166-7,

206 Omero, 142 Opitz, Walter, 165

Orrjohn, 177 Ortese, Anna Maria, 62 Ostrovskij, Aleksandr N., 90, 151,201 Ostro wska, Elzbieta, 177 O’ Sullivan, Simon,, 261

121, 160, 168-72, 197 Puskin, Aleksandr S., 87, 89 90,94,110,153,178,187,

204 Raabe, Wilhelm, 93

Raffaello Sanzio, 107-8

Ragghianti, Carlo L., 110-3

Rancière, Jacques, 261 Ranke, Leopold von, 208

Ottwalt, Ernst, 184-6

Ray, Satyajit, 248 Rcboux, Paid, 107

Pacini, ( l'ianlorrii/o, 1 ?.?

Rcmbranch, I larincns/oon v •«

290

II MARXISMO E LE ARTI

Rijn, 83,128,156,196

Schonberg, Arnold, 61,81,83,

Resnais, Alain, 229-30 Richardson, Samuel, 200

85, 229 Schopenhauer, Arthur,

Richter, Friedrich, 19

197,205 Scott, Walter, 179,187, 204 Scmprun, Jorge, 196

Ricoeur, Paul, 256

Riegl, Alois, 208 Riemann, Hugo, 58 Roberts, John, 160 Robison, Arthur, 255 Rolland, Romain, 60, 227 Romagnoli, Alberto, 172

Ronga, Luigi, 164 Rosenkranz, Karl, 71, 217 Rosental (Rozental’)» M., 122 Rossini, Gioacchino, 60 Rousseau, Jean Jacques, 247

Ruge, Arnold, 71, 217

162,

Seppmann, Werner, 211 Serceau, Daniel, 264 Shakespeare, William, 34, 43, 68, 71, 79, 89, 107, 142, 183,240,247

Shama, Simon, 83 Shaw, George B., 247

Sibelius, Jan, 91 Simmel, Georg, 11, 68, 209 Simone, Giuseppe, 129 Sirk, Douglas (Detlev Sierck),

Sagave, Pierre-Paul, 90

265 Smetana, Bedrich, 91 Sofocle, 54,136, 201

Salinari, Carlo, 43, 51 Saltykov-Scedrin, Michail E.,

Solomon, Maynard, 45 Solzenicyn, Aleksandr L, 196

82,90,151 Sandkiihler, Hans-Jorg, 24

Sorel, Georges, 17,45

Santi Farina, Margherita, 125

Spielmann, Yvonne, 113

Santucci, Antonio A., 153 Sapegno, Natalino, 51

Spitzer, Leo, 99 Spriano, Paolo, 36 Sproede, Alfred, 179-80

Russo, Luigi, 118

Scarponi, Alberto, 20, 101,

Sombart, Werner, 14

104 Schandorph, Sophus, 124 Scheier, Max, 209 Schelling, Friedrich W., 3 Schiller, Friedrich, 73-4, 77,

Staiger, Emil, 234 Stalin (pseud, di Iosif V.

89,137,189,238 Schleifstein, Josef, 13

Stendhal (pseud, di Henri Beyle), 60, 94, 187, 190

Schlosser, Julius von, 110-1

Stifter, Adalbert, 81

Schmidt, Conrad, 14,146,199 Schmitt, Carl, 271

Stipcevic, Niksa, 51 Stockhausen, Karlheinz, 216

Dzugasvili), 185

Steiner, George, 197, 216 Steklov, Jurij,151

Indice dei no mi 291 Strada, Vittorio, 48-9

Visconti, Luchino, 160, 173-7

Straus Halevy, Genevieve, 169

Vol taire (pseud, di Fran^oisMarie Arouet), 205

Strauss, Richard, 165 Stravinskij, Igor E, 81

Voza, Pasquale, 51

Styron, William, 196

Swift, Jonathan, 205 SzikN I 47 9,104,155

Szonoi r

>,77,148

Tàine, Hino Wittfogel, Karl A., 50

196,204 Tónnies, Ferdinand, 131

Wittgenstein, Ludwig, 216 Woehrlin, William E, 154

Trnka, Jin, 91-2 Trockij (pseud, di Lev D,

Wolff, Christian, 26

Bronstein), 14 Turconi, Sergio, 51 Turgenev, Ivan S„ 62, 82, 151, 242 Tyrlova, Hermina, 91

Ulivieri, Mirella, 222 Veblen, Thorstein, 125 Verga, Giovanni, 173, 216

Vertov, Dziga» 210 Vischer, Fried rie h Ile, 'l.l-lO

Wólfflin, Heinrich, 112 Wong Kar-wai, 248 Woolf, Virginia, 171-2, 219-20 Wyspianski, Stanislaw, 177-8, 180

Zagari, Bianca, 222 Zeman, Karel, 91 Zepke, Stephen, 261 Zola, Émile, 46, 84, 125» 174, 193,196

Zorino, Maria, 131 Zweig, Arnold, 235

INDICE GENERALE

PREMESSA

p.3

I ' '"“’l SUL MARXISMO COME TEORIA GENI rinterra storico-concettuale del marxismo com

2. 3.

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