Il marxismo e le arti. Principi di metodologia critica marxista
 889710505X, 9788897105053

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N un'età come la nostra, dì totale marasma sia dell'estetica sia della critica d'arte, è indispensabile che il marxismo faccia sentire imperiosamente la sua voce, e che lo faccia con tutta l'accortezza richiesta dal caso: non cioè con squilli di tromba, con appelli propagandistici, ma per la via della ricerca seria, pacata, capace di sondare convincentemente i problemi in profondo. Tramite svariati passaggi mediani interrelati fra loro, questo libro conduce i l lettore dal campo generale dell'estetica marxista, così come essa si è venuta costituendo lungo la sua storia, all'ambito - sempre generale - della metodologia, e poi dalla metodologia alla crìtica concreta delle arti, indagando circa i l modo in cui il critico marxista si rapporta (deve rapportarsi) alle opere singole, quali singoli problemi egli affronta, di quali procedimenti e strumenti si avvale, come perviene alla formulazione di giudizi di valore. Numerosi esempi esplicativi, tratti principalmente dalla letteratura, dalle arti figurative, dalla musica, dal teatro e dal cinema, accompagnano e illustrano volta per volta, ciascuno nel suo ambito, i vari tratti del percorso, in vista del chiarimento del passaggio, con i mezzi del marxismo, dall'astrattezza dei principi di teoria alla concretezza dei risultati delle rispettive letture critiche poste in atto.

GUIDO OLDRINI

Già ordinario di Storia della filosofìa all'Università degli Studi di Bologna, già direttore della rivista quadrimestrale « M a r x i s m o o g g i » , G U I D O O L I I RI NI si è occupato della circolazione del pensiero di Hegel in Europa, di metodologia rinascimentale, di storia del cinema e, ininterrottamente per tutta la durata della sua carriera, dei problemi filosofici del marxismo. Tra i suoi lavori principali, La culturafilosoficanapoletana dell'Ottocento (Laterza, 1 9 7 3 ) , // realismo di Cbaplin (Laterza, 1981), Napoli e i suoifilosofi(FrancoAngeli, 1990), L'estetica di Hegel e le sue conseguenze (Laterza, 1994), La disputa del metodo nel Rinascimento (Le Lettere, 1997), L'idealismo italiano tra Napoli e l'Europa (Guerini, 1998), Hegel e l'hegelismo nella Francia dell'Ottocento (Guerini, 2001 ), Il cinema nella cultura del Novecento (Le Lettere, 2006), Gyòrgy LukJcs e

i problemi del marxismo del Novecento (La Città del Sole, 2009).

Prezzo: 1K curi» ISUNV/S-Ko «riUS 11', ; ( 'opertina : Antonia Solronova, (

'oiiipashioiH'geometrica,

EDIZIONI

Gl'ino

O i, i) R i N i

IL MARXISMO E L E ARTI

P R I N C I P I DI M E T O D O L O G I A C R I T I C A

MARXISTA

P R E M E S S A

Se ogni lavoro storico e critico ha l'obbligo di giustificare le ragioni del proprio venire in essere, tanto p i ù c i ò vale quando, come nel presente caso, i bisogni del tema (arte e marxismo) sono poco o per nulla riconosciuti. Chiunque sa dei dubbi tradizionali circolanti in proposito sul marxismo, difficili da far tacere: che cosa ha a che vedere il marxismo con le arti ? come p u ò interessarsi all'arte, esprimersi circa i problemi dell'arte, una dottrina nata sul terreno economico, principalmente per scopi politici? N o n sono, si badi, dubbi che riguardano soltanto il senso comune o la sfera dei profani; no, risulta come di frequente ci inciampino - inaspettatamente - anche dei quotati specialisti. A l marxismo si consiglia per lo p i ù di girare al largo da questioni che non lo concernono e che non sa trattare, oppure, se ci si imbatte in trattazioni marxiste dell'argomento, le si ricusa senza discuterle, con superciliosi sguardi di scherno. Sta dunque davanti ai teorici del marxismo tutto un preliminare lavoro di comprova della fattibilità dell'impresa da mettere in atto. Vediamo anzitutto di giustificare la cosa storicamente. Per un motivo o per l'altro, estetica, teoria dell'arte, critica artistica in ogni campo (letterario, teatrale, musicale, figurativo ecc.)

TITOLO: Il marxismo e le arti STAMPA: ARTI GRAFICHE EDITORIALI SRL. URBINO I EDIZIONE Febbraio 2014 C O L L A N A RICERCHE ISBN: 978-88-97105-05-3

hanno sempre giuocato un ruolo importante nell'ambito della maturazione dei popoli e delle lotte di classe del loro tempo. Questo ruolo - emerso nella antichità classica, diventato socialmente significativo già nel Rinascimento - si è venuto ulteriormente intensificando via via che, con l'Illuminismo, il romanticismo, lo sboccio dell'età moderna, ha preso un profondo rilievo il rapporto della creatività dell'uomo con la sua vita sociale, e la-

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cerazioni, contraddizioni, scontri interni della società borghese

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dentro la cultura ci vengono segnatamente grazie alla cultura

in fase di sviluppo sono sempre p i ù passate al centro del mondo della creatività artistica. Esempi insigni di programmi e organigrammi di lavoro intesi a trascinare questo insieme di problemi classica tedesca (di Lessing a Schelling e a Hegel), dopo i cui exploit* nulla resi.» più in quesio campo come prima. Poiché il

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II MARXISMO E LE ARTI

PREMESSA

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marxismo è esso stesso uno dei frutti di questo processo, p o i c h é

to del "nuovo ordine", cioè dell'imperialismo americano) e dal-

la sua teoria incarna al più alto grado lo sforzo di dar consapevo-

le svolte ideologiche che, sull'onda della proclamata "fine delle

lezza agli uomini del carattere sociale delle loro produzioni, la

ideologie", si sono venute imponendo nella teoria e storiografia

cosa dovrebbe riuscire tanto più vera e valida per esso.

critica (decostruzionismo, postmodernismo, forme di pseudo-

Eppure non è affatto così. In tutta la sfera dei problemi che

heideggerismo tra le p i ù varie), come se si trattasse di qualcosa di

riguardano l'arte non solo sussistono i grandi vuoti provocati

pacifico e una volta per sempre stabilito. Neppur questo è così.

dalla conventio adexcludendum di cui dicevo prima, ma una qual

Sono certissimo semmai del contrario. Anche dopo quanto acca-

certa indifferenza, una qual certa sottovalutazione, l'idea che,

duto non ritengo ci sia nella ricerca, storiograficamente e critica-

tutto sommato, si tratta di problemi di secondo piano continua

mente parlando, proprio nulla da cambiare. Che, come avviene

largamente a dominare anche tra le file dei marxisti. Solo poco

di norma, cambino nel tempo i punti di vista non significa affat-

per volta, e in casi isolati, i teorici marxisti si sono spinti fino a

to che debba cambiare il concetto dell'oggetto. E buona norma

vincere le loro remore; non da molto si è compiuto il passo, in

- se non si vogliono arbitri - che sia la storiografia a regolarsi

v i r t ù del quale sono stati riconosciuti i fondamenti ed elabora-

sul suo oggetto, e non l'oggetto sui ghiribizzi della storiografia. I

ti i lineamenti di un'estetica marxista qua talis. Indispensabile

problemi sono e restano nella sostanza esattamente quelli di pri-

e insostituibile per l'avanzamento in quest'ambito, come anche

ma, e solo in relazione a essi sarà dunque da affrontare, secondo

nell'ambito della critica (critica letteraria), il contributo del fi-

il quadro generale che v e r r ò schizzando, anche la questione della

losofo marxista ungherese G y ò r g y Lukacs; tuttavia persino il

esigenza metodologica accennata.

così ingente e influente corpus dei suoi saggi critici va utilizzato

Intento dell'autore del presente libro, ben consapevole dei

con circospezione, se solo si pensa a come esso viene scanden-

limiti entro cui il libro si muove e senza alcuna pretesa di innova-

dosi disugualmente nel tempo e se ne tengono in conto genesi

zioni di grido, è appunto quello di avviarla, di attivarla, non pun-

e decorso. Tramite il suo contributo critico Lukacs porta sì in

tando ad altro che a un riordinamento funzionale dei principi

essere qualcosa che per mole, qualità e ponderatezza nel marxi-

della estetica e della critica marxista. Una volta assodati, ricono-

smo non si era mai visto prima, ma lo fa poco alla volta, in fasi

sciuti e riordinati questi principi, chiarezza mi sembra soprattut-

successive e tra loro diverse, ossia anche quando, all'inizio, egli

to vada fatta dal punto di vista della metodologia, ossia sul piano

non domina ancora criticamente bene tutto il campo o ne è di-

dei criteri del loro impiego in campo critico. Mettiamola così: il

stratto e sviato da motivi polemici; oppure quando, in tarda età,

marxismo ha la sua da dire nell'ambito della sfera delle arti, ma il

con padronanza ormai sicura della teoria estetica marxista, i suoi

modo in cui vuol dirla e la dice non si riduce certo a un assembra-

interessi si rivolgono prevalentemente ad altri campi, d'ordine

mento di giudizi formulati a casaccio. Se ogni giudizio estetico

etico-ontologico, e sui problemi della metodologia della critica

(marxista) si fonda su principi (marxisti), i principi richiedono a

egli non ha più tempo né modo di tornare, non comunque in for-

loro volta adeguati criteri di applicazione. Ora gli ingranaggi in

ma programmatica.

base a cui funziona questo meccanismo, presi uno per uno, sono

Credo che c i ò di cui oggi si sente p i ù fortemente il bisogno

o dovrebbero essere già parte del patrimonio di cultura di ogni

sia una generalizzazione di questa esigenza metodologica rimasta

marxista cosciente; siccome p e r ò non mi risulta siano mai stati

a mezzo. Non mi si sbandieri davanti, per favore, la circostanza

accorpati in una esposizione comune, credo e spero che una loro

della crisi epocale del nostro tempo; non mi si dica che parlo di

sintesi ordinata possa riuscire di qualche utilità: possa venire in-

cose superate, di dottrine scavalcate e definitivamente spazzate

contro ai bisogni dei marxisti eventualmente dubbiosi o incerti;

via dagli accadimenti del 1989-91 (dissoluzione dei paesi sociali-

possa, nel caso, servire a metterli meglio al riparo da ogni conte-

sti, cosiddetto "crollo dei muri", dominio mondiale incontrasta-

stazione sia di pi ine ipio < In di UH lodo.

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II MARXISMO E LE ARTI

PREMESSA

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Conformemente alla giusta osservazione critica rivolta da

scardinamento storico di una ideologia, il trapasso da un'ideolo-

Gramsci a Croce, qui si terranno il p i ù possibile distinti i compiti

gia dominante a un'altra (non esistono ovviamente culture senza

dell'estetica e della critica, riconoscendo come proprio della pri-

ideologie), fa da sé piazza pulita di tutte le acquisizioni prece-

ma « q u e l l o di elaborare una teoria dell'arte e della b e l l e z z a » ,

denti. I marxisti ne sono così sicuri che, forti del loro metodo,

e come proprio della seconda, della « c r i t i c a in a t t o » , quello di

non hanno la benché minima intenzione di levare alte le mani

« f a r e la storia dell'arte in concreto, delle "espressioni artistiche

in segno di resa. Se nel corso del presente lavoro sono di con-

i n d i v i d u a l i " » . A ragion veduta nel titolo del presente lavoro non

tinuo chiamati in causa orientamenti di pensiero ostili o estra-

c'è la minima limitazione e preclusione del campo di problemi,

nei al marxismo, è - si capisce - p e r c h é ciò riesce indispensabile

di per sé senza limiti, che concernono l'arte. A quel « r a p p o r t o ,

al confronto. Mai p e r ò alcun confronto significa qui cedimen-

oggettivamente sussistente, tra arte e r e a l t à » , che la critica mar-

to, concessione. I tanti sforzi compiuti da critici sedicenti filo-

xista fin dai primordi mette al centro delle proprie considerazio-

marxisti di varia provenienza, specialmente francesi e americani,

ni, qui si guarda solo in quanto tale « r a p p o r t o è il punto di par-

per scendere a patti con proposte del genere di quelle a sfondo

tenza e il t r a g u a r d o » di tutti i possibili « t i p i di critica f e c o n d a »

post-modernistico appaiono a chi scrive irrimediabilmente falli-

(Lukacs), a prescindere dal genere d'arte, dalle tematiche, dagli

mentari; frontale, insuperabile, il cozzo con la loro mancanza di

orientamenti stilistici volta a volta in questione; p o i c h é l'auto-

senso storico e le loro approssimazioni relativistiche.

nomia della creazione artistica in genere, non meno che quella

Grava insomma sul marxismo la responsabilità di opporre il

delle singole opere d'arte, restano per il marxismo un dato di fat-

suo metodo alle pseudo novità prospettate dalla maggior parte

to e un presupposto fondamentale.

della cultura d'oggi. Non c'è nulla di strano in questo, non vi si

Severa sarà piuttosto, dal lato critico, la disputa con gli av-

cela alcun 'dogmatismo' sospetto. Né sotto il profilo ideologi-

versari. La impongono le circostanze odierne, deprimenti come

co né sotto quello metodologico le procedure marxiste operano

non mai, in modo che p i ù non si potrebbe. Quando oggi, apren-

qualcosa di sconosciuto e inesistente nelle altre procedure. Solo

do le riviste culturali e i libri storici e critici di maggior successo,

che operano diversamente, su basi loro proprie. È proprio anche

si viene subito travolti da un'orgia di inneggiamenti a modelli

del marxismo un continuo bisogno di rinnovamento, di messa

ermeneutici come quelli del post-strutturalismo e del post-mo-

a punto, di confronto. Metodologicamente non è il pluralismo

dernismo, non p u ò non sorgere qualche dubbio circa lo status di

come tale che i marxisti respingono. Ben venga la p l u r a l i t à delle

sanità della ricerca. Anche studiosi aperti al nuovo provano un

voci, quando serve; inoltre modi plurali di guardare alla realtà,

senso profondo di frustrazione, di sbandamento. Possibile che

diversità di impostazione e di giudizio, sussistono a buon diritto

il secolo x x i si incammini così ciecamente verso dei 'post ' tanto

- sono anzi sempre sussistiti - anche tra i marxisti stessi. M a solo

indeterminati, possibile che la cultura si arrenda tutta quanta,

dall'uso consapevole del marxismo come metodo p u ò derivare e

senza riserve, a un tale relativismo senza principi? Non è questo

venire assicurata l'unità nella diversità.

solitamente il modello secondo cui la cultura procede. Persino

Non aggiungo altro, salvo - del tutto a margine - un chia-

le rotture, gli sconvolgimenti rivoluzionari p i ù spinti usano as-

rimento autobiografico, che spiega anche soggettivamente i

sumere in essa un carattere dialettico, di sconvolgimenti che di-

motivi della genesi di questo libro. Due sono le ricerche cui ho

struggono conservando e innalzando le acquisizioni del passato.

atteso nell'ultima fase della mia attività, frutto entrambe del la-

Accade ci siano acquisizioni passate assurte di prepotenza a pa-

voro di una vita: una storia generale del cinema {Il cinema nella

trimonio di metodo; in ogni caso i principi metodologici già ri-

cultura del Novecento. Mappa di una sua storia critica, Le Lette-

conosciuti validi non hanno la transitorietà degli abiti da passeg-

re, Firenze 2006, pp. 7 3 8 ) e una biografia intellettuale di Lukacs

gio, non vanno e vengono con le mode. N é il sopravvenire dello

{(iyoìgy

l tikàcs e i [troh/emi del marxismo del Noiwcento, La C i t t à

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II MARXISMO E LE ARTI

del Sole, Napoli 2009, pp. 550). Bene, pur apparentemente così distanti tra loro nel tema, esse sono in realtà tenute insieme dal

I

loro unitario metodo soggettivo di ricerca: proprio dall'uso ra-

CENNI S U L M A R X I S M O

gionato di quella metodologia marxista che il presente testo si

COME

TEORIA

GENERALE

sforza, trattandola a sé, in forma separata, di mettere a fuoco e illustrare anche oggettivamente. C o n l'occasione avverto che in taluni squarci dei capitoli I, III e V del testo sono rifuse sezioni

Uno degli argomenti p i ù diffusi su cui, prima dell'avvento

di tre studi precedentemente apparsi nella rivista « M a r x i s m o

del pensiero classico tedesco, segnatamente della filosofia di He-

o g g i » (X, 1997, n. 2, pp. 16-22, X V I , 2003, n. 2, pp. 121-132

gel, si usava far leva contro la filosofia come scienza era quello

e X X I I I , 2010, n. 3, pp. 17-29); che, dove nel testo è personal-

della m o l t e p l i c i t à irriducibile delle sue forme, dei suoi significati

mente chiamata in causa la figura di Lukacs, tengo presenti, e se

e dei suoi esiti. Tante filosofie, altrettante verità, senza possibile

del caso riproduco, pagine della mia testé citata monografia su

conciliazione tra loro. Tutti sanno delle critiche che nelle Lezio-

di lui; e che lo stesso faccio, per le pagine sul cinema, con l'altra

ni sulla storia della filosofia Hegel dirige a quest'ultima, la storia

mia monografia citata. Quanto inoltre si legge qui al § 2 del cap.

della filosofia, intesa come « f i l a s t r o c c a di o p i n i o n i » , da taluni

V corrisponde, salvo qualche variante e ritocco, alla sostanza di

- sottolinea l'autore - definita addirittura « g a l l e r i a delle paz-

un saggio cortesemente anticipato dal « G i o r n a l e critico della fi-

zie o almeno dei traviamenti d e l l ' u o m o » . L'apparente contrasto

losofia i t a l i a n a » ( X C I , 2012, fase, n , pp. 538-56).

interno della locuzione di « s t o r i a della

filosofia»

(che cioè la fi-

losofia ha per scopo la verità assoluta, mentre la sua storia non Milano, maggio 2013

racconta che il transeunte, destinato a perire, sembrando così « o f f r i r e lo spettacolo di sempre nuovi mutamenti del complesso t o t a l e » ) , - questo contrasto si scioglie grazie alla distinzione da operarsi tra l'essenziale e l'inessenziale di una dottrina, tra la sua verità interiore e la sua storia esterna, come ben mostra a esempio, secondo Hegel, il caso del cristianesimo. Nonostante che la storia della filosofia sembri a prima vista costituita solo da fatti accidentali, di importante e imperituro resta in essa che la successione dei fatti mantiene comunque sempre un nesso con l'universale, cioè con il loro scopo, con la loro finalità ultima. Il marxismo non accetta questo genere di soluzione, p e r c h é - e lo prova già il linguaggio ("nesso con l'universale", "finalità ultima") - essa si fonda, idealisticamente, sulla ipostasi fantastica dello spirito come fonte di ogni processualità reale e quindi anche come giustificazione di una teleologia della storia. N o n sussistendo non solo uno spirito trascendente, ma nemmeno un unico soggetto storico-sociale ( « c o n s i d e r a r e la società come un unico s o g g e t t o » , afferma Marx nella introduzione ai Grundrissc, «significa considerarla in modo falso, s p e c u l a t i v o » ) , la verità non p u ò inai avere per il marxismo il senso di verità assoluta, né

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II MARXISMO E LE ARTI

per la filosofia p u ò parlarsi in esso, come fa Hegel, di « s i s t e m a

CENNI SUL MARXISMO

COME TEORIA

GENERALE

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la cosa stessa, semmai, ripetendola, variandola, la conferma e la

organico della verità » . M a anche se non si accetta Hegel o non se

rafforza. Neanche qui deve accadere quanto Hegel denunciava

ne seguono fino in fondo i suggerimenti, Hegel offre la chiave per

perla storia della filosofia: che cioè la « d i v e r s i t à di s i s t e m i » (per

una corretta argomentazione del problema (una volta che la si

noi, di marxismi) cui dà luogo sia accampata a pretesto per poter

trasponga su basi materialistiche): la p l u r a l i t à delle forme e delle

meglio « i n realtà lavarsene le m a n i » .

vie non cancella l ' u n i t a r i e t à della sfera di riferimento, semmai stimola la messa in chiaro delle tesi a confronto, smaschera pre-

1. // retroterra storico-concettuale del marxismo come teoria

giudizi, contribuisce a respingere scelte fasulle o interessate o che

Le basi classiche del marxismo si trovano nelle idee dei suoi

si provano sbagliate. D'altronde non credo venga p i ù in mente

fondatori, nelle teorie di Marx e di Engels. Avremo via via modo

a nessuno l'idea scettica (di uno scetticismo paradossale, spinto

di vedere quanto avanti essi si spingono anche sul terreno che ci

fino alle sue estreme conseguenze) che, in ragione della p l u r a l i t à

riguarda, l'estetica, e non soltanto tramite giudizi occasionali.

delle filosofie, non si abbia p i ù da filosofare affatto.

D i una teoria generale in loro mancano gli svolgimenti, non i

Per la considerazione storiografica del marxismo si riprodu-

principi. Questi si collegano - direttamente o indirettamente,

ce una situazione singolarmente analoga a quella testé schizzata.

esplicitamente o implicitamente - al ricchissimo tessuto di ar-

Anche per esso si usa dire da ogni parte, e lo si dice proprio come

gomentazioni e discussioni che entrambi ci hanno lasciato, e da

arma critica contro di esso, che non esiste // marxismo, giacché

lì debbono essere tratti fuori, organizzati e svolti in c o n f o r m i t à

di marxismi ne esistono tanti e diversi, che si annullano recipro-

con il nocciolo dei problemi che i vari campi della teoria volta per

camente, anch'essi cioè - come le filosofie - l'uno inconciliabile

volta scandagliano. Questioni come la natura del diritto e della

con l'altro. Ora la m o l t e p l i c i t à storica dei marxismi è un fatto in-

politica, della scienza e dell'arte, dell'etica e dei valori spirituali

dubbio, facile da constatare e non contestabile da nessuno. N o n

in generale, anche se o dove non trovano un posto specifico nelle

solo: ma è proprio questo riconosciuto stato di fatto che genera

loro trattazioni, tornano in loro di continuo, con una pregnanza

le perplessità maggiori, che suscita nei marxisti stessi sconforto

e una rilevanza che inducono fin da subito i loro seguaci a tenta-

e scoramento. Sorge così di riflesso un fenomeno di scetticismo

mina per riprenderle, incanalarle, renderle internamente omo-

disincantato, supercilioso, le cui manifestazioni si traducono in

genee e reciprocamente articolate, come se si trattasse già di fatto

pronunciamenti di questo tenore: il marxismo non esiste o, dove

di complessi dottrinali autonomi; complessi i quali, fondati su

esso proclama di esistere, il suo concetto non ha senso; ciascuno

basi materialistiche oggettive, si impongono con tanta p i ù forza

ha il diritto di essere marxista a modo suo e a suo piacimento;

quanto p i ù ci si innalza nella sfera dei valori oltre l'oggettività

o ancora, da parte di intellettuali che pure lavorano nel campo

materiale, fino a quelle sfere superiori, in cui le oggettivazioni

del marxismo e con idee di matrice marxista, "io non sono mar-

appaiono con tutta evidenza come prodotti soggettivi, coscienti,

xista", "non mi credo marxista", "non mi identifico con il marxi-

delle forze che li pongono in atto. La dialettica di soggettività e

smo" ecc., fino alla ricorrente quanto scipita e insulsa boutade

oggettività propria delle oggettivazioni umane domina dunque

che neanche Marx era marxista, boutade la quale non corrispon-

già centralmente fin dalle prime formulazioni, a n c o r c h é non svi-

de affatto alle idee di Marx n é merita si perda tempo in diatribe

luppate ovunque a teoria, dei classici del marxismo. C i ò merita

per confutarla. (Del resto, se Cristo avesse assistito alle azioni

rilievo in specie per il fatto che tutta una lunga età della

e formulazioni teoriche di un qualsiasi papa, si sarebbe dichia-

europea moderna, da Dilthey a Simmel, da Husserl ai francesi

rato senz'altro non cristiano.) Contro questo genere di pronun-

Derrida e Deleuze, vive con la costante preoccupazione di difen-

ciamenti va replicato esattamente come sopra circa le filosofie:

dersi per un verso « ioni io la naturalizzazione positivistica della

la molteplicità dei modi di guardare a una cosa non sopprime

vita e dello spirilo-, pei l'altro contro « l a minaccia storicisti-

filosofìa

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II MARXISMO E LE ARTI

CENNI SUL MARXISMO

COME TEORIA GENERALE

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c a » (Derrida). Senza sua colpa, del tutto a torto, il marxismo fa

E proprio in ragione di questa assenza di principi che il mar-

le spese delle due accuse insieme, quasi che esso costituisse una

xismo della II Internazionale va incontro a deformazioni e pro-

minaccia - altrettanto naturalistica che storicistica - contro la

fondi sfìguramenti, sia dal punto di vista politico sia da quello

vita dello spirito.

filosofico. Pesano soprattutto i gravi limiti economicistici in cui

Vero che la dottrina dei classici non ha saputo imporsi con

incappa quel marxismo, segnatamente i seguenti: che la teoria

la fermezza dovuta. Molte circostanze hanno giuocato a sfavore

di Marx vi viene ricondotta e ridotta al solo campo economi-

di un suo corretto chiarimento. Anzitutto quella che, non essen-

co; che di essa vi si fa una dottrina unilineare, dove l'economia

do mai riusciti Marx e Engels, per motivi indipendenti dalla loro

determina rigidamente tutti gli altri piani della realtà (determi-

v o l o n t à , a portare a compimento la costruzione di un sistema

nismo d'ordine filosofico, fatalismo in campo politico); peggio

filosofico del marxismo, i marxisti venuti dopo di loro si sono

ancora, che una volta interpretatala in tal modo e dichiaratane

trovati assai spesso spiazzati e indifesi nei confronti degli avver-

l'incompletezza, vi si postula l'esigenza di un 'completamento'

sari, privi di un sistema dottrinale da opporre alle loro critiche;

dall'esterno nel senso testé accennato.

donde incertezze, passi falsi, equivoci, causa degli sfìguramenti

Certo sarebbe ingiusto dire di un Bebel o di un Liebknecht,

teorici provocati nel marxismo da quegli elementi allotri, estra-

di Kautsky o già anche di Lassalle, che essi, per via dei loro er-

nei alla sua essenza, che in una fase ben precisa della ripercus-

rori durati una vita, non sono stati buoni socialisti in lotta, an-

sione ideologica delle lotte di classe, e segnatamente durante il

corché nebulosamente, per la emancipazione rivoluzionaria del

periodo della II Internazionale (dagli anni della sua fondazione

proletariato. I documenti storici, la loro prassi politica concre-

fino a tutta la prima guerra mondiale), si sono venuti insinuando

ta smentirebbero siffatti giudizi. M a se, in luogo dello slancio

e fissando nella dottrina, corrodendola come un tarlo.

soggettivo pratico, al centro della riflessione mettiamo, come è

La controversia investe direttamente la questione di vecchia

indispensabile si faccia qui, i principi, allora appare innegabile

data circa la valenza dello statuto teorico del marxismo, cioè a dire

che il nesso tra movimento operaio, risveglio delle masse prole-

l'ampiezza del suo raggio di incidenza, il suo ambito di applicabi-

tarie all'autocoscienza e all'azione e principi teorici resta in loro

lità alle varie discipline e le sue correlative potenzialità scientifiche.

sempre superficiale. Vero punctum dolens per tutti è proprio la

Il sociologismo volgare largamente invalso con la II Internaziona-

teoria. D a studioso della storia della socialdemocrazia tedesca,

le (e protrattosi poi ben oltre quel periodo, fino a inglobare anche

Mehring non ha difficoltà ad ammettere che, anche nella fase del

gran parte dello sviluppo del marxismo sovietico nel periodo sta-

suo maggior fulgore, la prassi della socialdemocrazia « e r a molto

liniano) tagliava corto senza troppi complimenti, riconoscendo al

p i ù avanzata della t e o r i a » ; che anzi, in fatto di teoria, « l ' i n t e r o

marxismo dignità di scienza solo sul piano economico e, privo di

modo di pensare del comunismo scientifico [...] le mancava quasi

un sistema dottrinale in proprio, andandosi a incagliare per il re-

c o m p l e t a m e n t e » . Né Lassalle, con i suoi seguaci e successori,

sto nelle secche di quell'eclettismo incoerente, secondo cui occor-

né la stragrande maggioranza dei marxisti della II Internaziona-

rerebbe 'completare' le dottrine economiche di Marx dall'esterno,

le - come Lenin comprende bene - sono penetrati dalla teoria

a esempio con Mach sul piano fisico, con Kant sul piano etico e,

di Marx fino al punto di fare di essa la base generale della loro

su quello estetico, con un mélange tra le teorie kantiane e le teorie

concezione del mondo. Sia gli uni che gli altri, pur da matrici

1

positivistiche dell'arte {inprimis, la teoria del milieu sociale di Taine): si pensi particolarmente allo sviluppo che le tradizioni della socialdemocrazia russa hanno avuto in Plechanov e quella della socialdemocrazia tedesca in Franz Mehring. (Vedremo più da presso i termini della questione nel cap. II.)

1. F. M E H R I N G , Geschichte der deutschen Sozialdemokratie [1897-98], in Gesammelte Schrifteti, lirsg. von Ih. Hohle/H. Koch/J. Schleifstein, Dietz Verlag, Berlin 1960-78, II.ile I .' (i In- i|iii cito nella trad. di M . Montinari, Storia della s).

stica: musicisti che sono anche pittori, pittori che sono anche romanzieri, o viceversa. M a in primo luogo questa circostanza non sposta neanche di un millimetro la questione della specificità del linguaggio, p o i c h é ogni artista polivalente non p u ò che servirsi, volta a volta, del linguaggio autonomo richiesto da ogni sua singola opera; in secondo luogo è difficile, è molto raro, che anche negli artisti polivalenti non domini la decisa prevalenza di un interesse determinato. Vedi il caso degli importanti scambi di influenza tra Paul Klee e svariati compositori musicali del N o vecento (Boulez, Denisov, Penderecki ecc.) o dei molteplici interessi visivi, auditivi e letterari coltivati dal gruppo « D e r blaue R e i t e r » , segnatamente da Kandinskij, pur sempre centralmente orientati sul pittorico; l'esperienza pittorica di S c h ò n b e r g dura un breve periodo soltanto, e del complesso della sua attività - giudica la critica - non rappresenta che un episodio. Talaltra volta 1

accade invece, senza alcun danno per l'autonomia, che certe strepitose intuizioni e acquisizioni di linguaggio originino da altre arti, come Thomas Mann crede di vedere in Wagner: « I l cromatismo implacabile del tema della morte è una concezione letteraria e non lo sono meno il fluire delle acque del Reno, i blocchi massicci dei sette accordi che erigono il W a l h a l l a » . Similmente « t r o p p a p r e t e s a » gli pare « c h i a m a r musica l'accordo in mi bemolle che costituisce il preludio dell'Oro del Reno. Non era musica, ma un'idea acustica: l'idea del principio di tutte le c o s e » . Mentre per Baudelaire avviene il contrario: dapprima pressoché ignaro del linguaggio musicale, dopo l'incontro con Wagner si sente totalmente trasmutato e trasportato da esso: « o r a lo coglie tale fanatismo da suggerirgli l'ambizione di comporre musica con il linguaggio, di emulare con esso il compositore: tentativo che ha avuto grandi conseguenze per la lirica francese » . 2

1. Cfr. M . GKRVINK, Arnold Schònberg undseine Zeit, Laaber-Verlag, Laaber 2000, p. 165. 2. In. M A N N , / eulin inni OV/V/w- Richard ÌVagners, nel suo Ade/ des Geistes. Sei licei/ \cr\inlir : uni l'i ubi, in dei lliinianilàt. Hermann Fischer, Slockholm

62

II MARXISMO

E LE AR TI

L'ASSETTO

TEORICO DELL 'ESTETICA

SECONDO IL MARXISMO

63

Da questo punto di vista uno scambio e una interrelazione

poi si trova bruscamente di fronte a un terribile evento (la morte

tra linguaggi si rende possibile solo in senso traslato. Se nella

di un fratello) e di colpo avverte che il dolore « attraverso quelle

prefazione del 1880 all'edizione dei suoi romanzi Turgenev « d i -

note musicali non aveva possibilità alcuna di esprimersi » . Q u i

chiara che un poeta deve pensare per immagini »

è evidente che

si vede bene come la soggettività del sentire dell'artista debba

si riferisce a immagini letterarie, non pittoriche. Tra autonomia

ogni volta adeguare l'espressione al « m e z z o o m o g e n e o » il cui

della singola arte e sua funzione espressiva sussiste infatti uno

linguaggio risulta il p i ù consono per il compito in parola.

strettissimo nesso, che non si lascia spezzare né aggirare. Qual-

Connessa con la questione dell'autonomia e separatezza del-

che tempo fa, in schizzi d'impronta autobiografica raccolti sotto

le arti sta l'altra, quella della loro sistematica, del loro rispettivo

il titolo di Corpo celeste, la scrittrice italiana Anna Maria Ortese

ordinamento, che un pregiudizio - la cui responsabilità per gran

ha dato una rappresentazione icastica di questo indisgiungibi-

parte ricade su Hegel - intende sotto forma di ordinamento ge-

le legame tra bisogno espressivo e linguaggio per esprimerlo .

rarchico. L'indebita cristallizzazione gerarchica del sistema delle

Come rendere all'esterno ciò che si sente interiormente? La pu-

arti deriva in Hegel dal suo idealismo oggettivo, e in doppio sen-

rezza e dolcezza dello sguardo di un bambino richiede un dise-

so: nel senso che per Hegel l'estetico forma un grado, e un grado

gno; ma quando l'emozione si estende al movimento presente

soltanto, di questa gerarchia sistematica, e nel senso che, entro il

nella natura in generale, ai suoi fenomeni e ai 'messaggi ' che da ,

grado dell'estetico, il suo principio (l'ideale) si auto-differenzia

esso vengono, « p i ù intensi e segreti del s e n t i r e » , questi - ritie-

concettualmente, a sua volta, in un sistema delle arti, creando la

2

ne la scrittrice - non è p i ù possibile e non conviene « r e n d e r l i

gerarchia anche tra esse. L'esigenza di una rettifica materialistica

coi pastelli. La penna, d u n q u e » , cioè la letteratura. E altrettanto

a Hegel nasce di qui. Il venire in essere sia delle forme d'arte come

vale per il campo della musica. La scrittrice vi compie degli studi,

delle singole produzioni creative non è mai, per il marxismo, il risultato di un processo deduttivo, dall'alto (dall'idea) al basso

1945, pp. 419-20 (Nobiltà dello spirito. Saggi critici, trad. di B. Arzeni/L. Mazzucchetti/E. Pocar, Mondadori, Milano 1956 , pp. 459-60). Interessante,^ contrario (dalla musica alla letteratura), che Mann stesso esperimenti con Tonio Kroger quello che aveva scorto in Wagner: « Q u i introdussi, forse per la prima volta, - scrive nel suo saggio autobiografico del 1930 - la musica come elemento stilistico e formale. Qui per la prima volta la composizione narrativa in prosa era intesa come tessuto spirituale di motivi, come quel complesso musicale di rapporti che appare più tardi, su più vasta scala, nella Montagna incantata. Benché si sia affermato che questo è un esempio di "romanzo come architettura di idee", la tendenza a siffatta concezione dell'arte risale al Tonio Kroger. Soprattutto il "tema conduttore" della parola non vi era più trattato come ne IBuddenbrook , col solo criterio naturalistico-fisionomico, ma aveva acquistato un'ideale trasparenza di sentimento che lo smeccanizzava e lo innalzava sul piano musicale» ( T H . M A N N , Saggio autobiografico, in Romanzo di un romanzo e altre pagine autobiografiche, trad. di E. Pocar, Mondadori - Il Saggiatore, Milano 1972, p. 29). 2

1. Cfr. H . GRANJARD, Ivan Tourguénev et les courantspolitiques et sociaux de son temps [1954], Institut d'étudesslaves de l'Université de Paris, Paris 1966 , p. 23. 2

2. D i seguito cito dalla riedizione del volume di A . M . ORTF.SF, Corpo celeste [1997], Adelphi, Milano 2011, pp. 63-5.

(alle sue determinazioni fattuali), cioè il risultato di un processo di differenziazione dialettica immanente all'idea stessa, ma suppone il procedimento opposto: che le singole forme d'arte e le arti nascano storicamente nel corso dello sviluppo d e l l ' u m a n i t à , si trasformino e infine, se del caso, scompaiano, a seguito delle spinte storico-sociali, dei bisogni, delle esigenze volta per volta provenienti dalla vita degli uomini in società. Ne promana la necessità che il marxismo rinunci a qualsiasi gerarchia del sistema delle arti. L a loro classificazione non contempla gerarchie. Non ci sono arti alte e arti basse. D i nessuna arte si p u ò dire che essa non sappia esprimere la p i ù alta vita spirituale dell'uomo. A v r à sì, ciascuna, una forma diversa per esprimerla, la esprimerà p i ù o meno direttamente, ci si avvicinerà lungo vie dirette oppure traverse, ma sarà sempre egualmente espressione della spiritualità umana. Che, poniamo, l'architettura non si riferisca all'uomo con la stessa pregnanza immediata del disegno, né il disegno .i

sentenziare

c o n l i Messa (he quelli

pregnanza della poesia, non autorizza

.ini

manchino di una loro potenzialità

64

IL MARXISMO

E LE ARTI

L'ASSETTO

TEORICO DELL'ESTETICA

SECONDO

IL MARXISMO

65

artistico-evocativa. I presunti 'limiti' additati e denunciati in

sono anzitutto espressioni dettate dalla struttura dell'in-sé delle

certe forme di linguaggio, rispetto ad altre reputate p i ù nobili, si

cose, forme di rispecchiamento del processo della realtà oggetti-

ritrovano di fatto anche presso queste ultime. La pittura non ha

va, derivanti in ultima istanza - al pari degli altri concetti logici

p i ù 'limiti' di quanti ne abbia la letteratura, solo - bisogna che

- dai problemi quotidiani di vita degli uomini.

i marxisti insistano sul punto - raffigura i suoi oggetti in modo

Se la determinazione hegeliana del senso e del valore del-

diverso; e così dicasi per il teatro rispetto alla musica o per il ci-

le categorie logiche merita una speciale considerazione presso

nema rispetto al teatro. Nessuna delle cosiddette arti 'minori', se

il marxismo, è proprio in v i r t ù della circostanza che essa ha il

sono arti, difetta di spiritualità p i ù delle 'maggiori' o di qualsiasi

merito di indagarne la genesi muovendo dalla realtà, dalla con-

altra forma d'arte in generale. Come le altre, esse godono e si

nessione tra logica e storia. Grazie alla sua base materialistica,

servono delle proprie specificità di linguaggio, le quali, se poste

il marxismo fa un passo oltre Hegel nel riconoscimento della

in atto creativamente, non tolgono mai loro nulla quanto al rag-

genesi ontologica delle categorie logiche, della loro derivazione

giungimento di risultati artistici.

dalla « d i a l e t t i c a vivente della r e a l t à » . G i à molto prima di ogni

In realtà il vero punto teorico di discrimine va cercato altro-

riflessione consapevole, linguaggio e lavoro operano nel senso

ve. Perché gli stimoli produttivi insiti nell'uomo imbocchino la

della generalizzazione universalizzante delle esperienze acquisi-

via della creatività artistica occorre che le composizioni poste in-

te, creando una scala di categorie - dall'individuale fino all'uni-

atto ubbidiscano alle esigenze e rispettino le leggi del compor-

versale - entro cui la p a r t i c o l a r i t à occupa un posto intermedio:

tamento estetico, le une e le altre - abbiamo visto - differenti

un posto, si badi, che è una sfera, un settore, un campo di forze in

da quelle gnoseologico-scientifiche. Della triade categoriale lo-

movimento, non un semplice punto fisso. Il ruolo specifico della

gica di universalità, particolarità e i n d i v i d u a l i t à , la principale-

p a r t i c o l a r i t à nel campo dell'estetica consiste proprio in ciò, che

categoria di riferimento per la scienza è infatti l'universalità, con

essa non vi opera - come nella scienza - da momento di passag-

cancellazione di ogni tratto soggettivo concernente lo scienzia-

gio dell'individuale nell'universale e viceversa, bensì da processo

to che ricerca; mentre diversamente le cose stanno per l'estetica,

formativo attivo, organizzativo del movimento: un vero « m e z z o

dove, in ragione della necessaria compresenza nel prodotto arti-

m e d i a t o r e » (vermittelndeMitte), capace di funzionare in quan-

stico della peculiarità del soggetto agente, da chiave di volta per

to « c e n t r o di movimenti centripeti e c e n t r i f u g h i » . Lukacs ne

la definizione dello specifico terreno estetico fa la categoria della

trae la seguente conclusione:

p a r t i c o l a r i t à . Ne dobbiamo la formulazione e illustrazione p i ù chiara ancora una volta a Lukacs . Questi, muovendosi lungo la 1

linea di pensiero che da Hegel porta a Marx e a Lenin, comincia con il constatare che la triade logica menzionata esprime non il punto di vista soggettivo di chi considera, ma la risultante dei nessi interni dell'oggetto considerato; che cioè quelle categorie 1. Cfr. specialmente G. LUKACS, A kidónósség mint esztétikai katégoria (Sulla particolarità come categoria dell'estetica), Akadémiai Kiadó, Budapest 1957 (ried. a cura di A . Erdélyi, Magvetó Kiadó, Budapest 1985; ed. tedesca Uber die Besonderheit als Kategorie der Àsthetik, hrsg. von J. Jahn, AufbauVerlag, Berlin-Weimar 1985, ma già nei Werke, Bd. 10, Probleme der Àsthetik, cit., pp. 539 sgg.; ed. italiana Prolegomeni a un'estetica marxista, trad. di F. Codino/M. Montinari, Editori Riuniti, Roma 1957); e il cap. 12 della sua grande Àsthetik, cit., II, pp. 193 sgg. (trad. II, pp. 984 sgg).

Soltanto assumendo la particolarità {Besonderbeit) come punto centrale del rispecchiamento estetico della realtà si è in grado di spiegare la specifica unità dialettica tra fattore soggettivo e fattore oggettivo come principio animatore contraddittorio dell'intera sfera . 1

In questa sfera la p a r t i c o l a r i t à forma dunque il punto di partenza e di arrivo del movimento sia verso l'alto (l'universalità) che verso il basso ( l ' i n d i v i d u a l i t à ) , e un punto centrale tale sottolinea Lukacs, a garanzia del pluralismo estetico - che • p u ò essere in sé I. Ibid., p.

(issalo

in una posizione qualsiasi all'interno

(M,«/t-. U.l IO. p ' ' I; ll.l,I.. p. 1 |7).

66

LÀSSETTO

IL MARXISMO E LE ARTI

TEORICO DELL

'ESTETICA

SECONDO IL MARXISMO

67

di questo c a m p o » . Impossibile stabilire a priori con esattezza la

alismo critico; il volume sulla Particolarità

esamina i problemi

posizione del punto intermedio, p o i c h é la personalità creatrice

teorici sia di contenuto che di forma del tipico; e nell'Estetica,

si manifesta sempre nell'opera con piena autonomia. L'esteti-

dove Lukacs si limita solo a chiarire gli aspetti p i ù caratteristi-

ca non ha carattere normativo, non tollera prescrizioni: « u n a

ci del suo rapporto con la p a r t i c o l a r i t à , esso viene ricollegato

considerazione generale dell'estetica deve contentarsi di rico-

sintomaticamente alla problematica dello Zwischengebiet: « I l

noscersi incompetente a trovare qui di volta in volta un criterio

tipico è appunto quel campo intermedio in cui l ' i n d i v i d u a l i t à

c o n c r e t o » . M a c i ò senza che questa incompetenza a prescrivere

di uomini, situazioni, azioni ecc. si condensa in una universaliz-

secondo norme, a trovare un criterio concreto, dia luogo - come

zazione che p e r ò non sopprime ma anzi intensifica questa loro

ipotizzava Peter Demetz - a l l ' i r r a z i o n a l i t à o all'arbitrio, senza

individualità» .

1

alcun pregiudizio per la natura scientifica dell'estetica; lungi dal

1

Riassumendo quanto detto riguardo alla specificità del ter-

comprometterla come scienza, essa ne rappresenta piuttosto una

reno dell'estetica e al ruolo in essa della categoria della particola-

condizione, non tornando a svantaggio se non di quel 'dogmati-

r i t à : sta tra le principali acquisizioni del marxismo l'intelligenza

smo' che tanto spesso le viene assurdamente imputato:

del fatto che le categorie logiche vi appaiono non come il prodotto di un'astrazione del pensiero, ma come il rispecchiamen-

Il fatto che dai principi più generali e più astratti della teoria del < rispecchiamento non si possa dedurre direttamente alcun criterio e principio estetico è dunque - ritiene Lukacs - uno svantaggio solo dal punto di vista di un dogmatismo che voglia prescrivere regole rigorose e deducibili in via formale. Proprio così si dà una motivazione estetico-filosofica al fatto, fondato in sede storica e teorica, della pluralità delle arti o, all'interno di ogni arte, degli stili e delle opere individuali . 2

Un'importante sottospecie (Erscheinungsform) della particolarità o, meglio, il modo in cui la p a r t i c o l a r i t à si manifesta artisticamente è il « t i p i c o e s t e t i c o » . Il tipico non ha affatto nel marxismo un'origine sociologica, non si identifica affatto, anzi confligge, con la grigia "media" dei fenomeni cara al naturalismo; esso si ricollega piuttosto alla dialettica interna delle categorie logiche e - ammaestra ancora Lukacs - scaturisce letterariamente, come il concetto di simbolo, dall'uso che del termine fa Goethe. Che cosa il tipico significhi nella letteratura e nell'arte, a differenza che nella scienza ( « m o l t e p l i c i t à del t i p i c o » , cioè pluralismo), lo illustrano a profusione i suoi saggi critici dal '30 in poi, sino al pamphlet del 1957 sul Significato attuale del re1. Cfr. P. D E M E T Z , Marx, Engels und die Dicbter. Zur Grundlagenforschung

to nella coscienza umana del processo sociale oggettivo. C o s ì opera appunto anche la p a r t i c o l a r i t à in estetica. Essa media tra universalità e individualità in modo tale, che il prodotto d'arte soddisfa il bisogno sociale di pervenire - e non ci si perviene che con l'arte - a un'unità immediata e sensibile, totalmente concentrata, delle grandi pulsioni d e l l ' u m a n i t à e di c i ò che, per via evocativa, viene suscitato n e l l ' i n t e r i o r i t à soggettiva del singolo. Il tipico artistico fissa questo punto d'incontro. Per suo mezzo le opere d'arte divengono il rispecchiamento concreto, sintetico, delle tappe di sviluppo del genere umano nel corso del cammino che esso va compiendo alla ricerca e al ritrovamento di se stesso. 3. Ilper-séproprio

dell'arte nella sua struttura e nel suo rife-

rimento ai generi Il risultato di quella forma d'oggettivazione umana superiore che è l'oggettivazione estetica prende il nome di opera d'arte. Il suo essere proprio così e solo così ne fa un per-sé autonomo, rigidamente chiuso verso l'esterno. Posta di contro al soggetto creatore (come anche agli altri soggetti in generale), essa è un in-sé non diverso dall'in-sé di tutti gli oggetti naturali o sociali, ma tuttavia un in-sé sui generis, con le caratteristiche proprie del per-sé. Che cosa significa, che cosa comporta questa sua autono-

des Marxismus, Deutsche Verlags-Anstalt, Stuttgart 1959, p. 272. 2. LUKACS, Àsthetik, cit., II, pp. 256-7 (trad. II, pp. 1042-3): dove sono ripresi, quasi alla lertcra, passi che figurano già nel volume sulla

Particolarità.

i . Ibid.. I l , p . UtS (K...I II. p

IOKNÌ

68

II MARXISMO

E LE ARTI

L'ASSETTO

mizzazione esclusiva? Nella logica di Hegel la categoria del per-

TEORICO DELL'ESTETICA

SECONDO IL MARXISMO

69

generale. N o n spetta a una trattazione del genere della presente

sé affiora dapprima come momento della qualità (compiutezza

il compito di discuterli da vicino. La p i ù gran parte delle con-

dell'essere qualitativo, che va oltre lo stadio dell'esser-per-altro

siderazioni che seguono si fondano su teorie e concetti definiti

e in questa negazione del negativo vale come autoaffermazione,

dai trattati generali di estetica. Q u i vi si farà richiamo solo di

autocoscienza in generale). Secondo Lukacs, essa appartiene alle

sfuggita, nella misura in cui essi da un lato, esteticamente, richie-

geniali scoperte logiche di Hegel, ma nessuno in seguito, tranne

dano di venir ricondotti sul terreno del marxismo, e dall'altro

i marxisti (Marx stesso, Engels, Lenin), ne ha riconosciuto l'im-

appartengano a quella cerchia di questioni che p i ù direttamente

portanza, sicché essa è praticamente scomparsa dalla

filosofìa

posteriore. Tanto p i ù significativo il rilievo che dal marxismo le

si ripercuotono sui principi, l'articolazione e la messa in pratica della metodologia critica.

viene conferito in sede estetica. Essa esprime qui la situazione

Cominciamo da quanto riguarda l'assetto strutturale delle

per cui il comportamento produttivo si oggettiva in una confi-

opere d'arte. Ciascuna di esse possiede un suo proprio contenu-

gurazione individuale insieme autonoma (per-sé, non per-altro)

to, una sua propria forma, una sua articolazione interna, una sua

e definitiva, ossia in un per-noi che appare nella forma - ma solo

estensione d'ordine temporale e/o spaziale, una sua realizzazio-

nella forma - di un in-sé. (Che nella Philosophie des Geldes la

ne esteriore a mezzo della tecnica. Consegue direttamente dal

possa far valere anche Simmel deriva da un fraintendimento for-

contesto unitario e dalla necessaria organicità della sua struttura

malistico tipico del neokantismo.) Come siffatto per-sé autonomo, l'opera d'arte possiede un

che gli elementi che la compongono stiano in strettissimi rapporti tra loro: rapporti validi, essenziali, per ogni opera, quale

proprio mondo, la cui natura si caratterizza per la sua forma di

che sia il tipo d'arte cui l'opera appartiene, p o i c h é - sussistendo

totalità intensiva, autosufficiente, definita una volta per tutte e

ciascuna nel suo ambito come completa in se stessa - tutte ne

chiusa in se stessa. Naturalmente ogni artista ha pieno diritto di

riproducono ogni volta di nuovo le stesse fattezze. C o s ì è in pri-

attenersi come meglio crede, con la p i ù assoluta libertà di scelta, a

mo luogo per i rapporti tra forma e contenuto. Sempre nell'arte

questi principi imposti dalla legalità dell'arte. Neanche le cosid-

la forma scaturisce dalla dialettica interna del contenuto, è essa

dette "opere aperte" vi contraddicono; neanch'esse sconfessano

stessa in tensione dialettica con il contenuto, è - ancor meglio

un ben inteso concetto di "chiusura". Esse non sono altro se non

- la forma propria di quel contenuto. Circa il punto che la con-

opere chiuse, la cui struttura e il cui obbiettivo è di presentarsi

dizione p e r c h é un'opera conti per l'arte essa deve essere « forma-

come aperti, privi di confini e conclusioni; sicché, pur con tutta

ta artisticamente » , cioè possedere la forma che la rende arte, il

la loro p r o b l e m a t i c i t à sotto il profilo estetico, esse non si presen-

marxismo non nutre il minimo dubbio. D a paradigma fa qui il

tano né possono valutarsi diversamente da come accade per qual-

modello hegeliano delle lezioni di Estetica, segnatamente la mes-

siasi altra opera d'arte. U n certo grado elastico di varianza circa il

sa in rilievo della « v e r a o r i g i n a l i t à » dell'opera d'arte, identica

tipo di struttura riesce sempre inevitabile per l'arte, sta anzi per

con quella sua « v e r a o g g e t t i v i t à » che « r i u n i s c e il soggettivo e

essa sempre all'ordine del giorno; l'Ibsen di Casa di bambola,

l'oggettivo della rappresentazione in tal modo che nessuno dei

dramma rientrante certo tra le opere considerate chiuse, non d à

due lati conserva p i ù , l'uno verso l'altro, nulla di e s t r a n e o » ' .

per nulla affatto al destino ultimo della sua protagonista la stessa

Hegel chiarisce il concetto nei seguenti termini:

chiusura stringente riscontrabile, poniamo, nei drammi di Shakespeare o nei romanzi di Balzac. Una volta tenuti ben fermi questi presupposti, diventa p i ù

La vera opera d'arte [...] rivela la sua autentica originalità solo con l'apparire come l'unica creazione propria di uno spirito che è uno

agevole dominare l'insieme dei problemi concernenti la struttura, i dispositivi, l'apparato e le funzioni dell'operi d'arte in

I. I II i : i I . Vlliilil.. . il . |>|>

10 ' si;i; ( l i . u l . , |>|>. \M sgj;.).

70

IL MARXISMO

E LE ARTI

L'ASSETTO

e che non raccatta né raffazzona nulla dall'esterno bensì lascia che il tutto, in rigorosa connessione, venga a prodursi da se stesso in un solo getto e in un solo tono, così come la cosa è in se stessa riunita. Se invece le scene ed i motivi vengono collegati non da se stessi, ma soltanto dall'esterno, la necessità interna della loro unione non esiste, ed essi appaiono come uniti solo accidentalmente da una terza soggettività estranea'. Naturalmente la formulazione di Hegel va riveduta e riadattata in chiave materialistica, liberandola dal pregiudizio dell'idealismo che questa originalità dell'arte sia riconducibile allo « s p i r i t o che è u n o » , in attività di libera autoproduzione, cioè che sussista in astratto, come presupposto, una « razionalità del contenuto in se stesso v e r o » , o che ad agire sia « il sostanziale come una potenza in s é » . Per il marxismo, dove punto di par-

TEORICO DELL 'ESTETICA SECONDO IL MARXISMO

71

plice "messa in forma", ma - includendo in sé, concentrati, tutti gli elementi dell'esperienza estetica, esprimendo il grado massimo di condensazione del contenuto - è la cosa stessa, l'opera d'arte, in quanto opera formata. Questo risultato che la forma compiuta dell'opera produce dissolve da sé ogni possibile controversia intorno all'essenza e ai confini del cosiddetto "bello artistico". Non c'è nell'arte altro bello che quello prodotto dalla forma. Poiché il bello (la forma come bellezza) non si identifica con l'entità metafisica teorizzata da Hegel, contro di lui gli estetici post-hegeliani di qualsiasi provenienza, da Ruge a Rosenkranz, da Vischer a Cernysevskij, hanno ragione di sostenere che, elevando l'entità metafisica del bello a essenza dell'arte, la sfera artistica ne esce troppo idealizzata e ristretta. M a anche questa assunzione per il marxismo resta equi-

2

tenza in questo come in ogni altro problema del sapere resta sempre la concezione materialistica della realtà e della storia, si tratta non già - come erroneamente accaduto in pur geniali pensatori materialistici del passato (Diderot, Cernysevskij) - di opporre alle formulazioni idealistiche dell'estetica incentrate unilateralmente sul concetto di forma principi polemici contenutistici, che deneghino la forma o le sottraggano valore, ma di conferire alla forma quel valore che le spetta corrispondentemente alla teoria estetica marxista, ossia al riconoscimento della categoria di forma fondata sulla dialettica di rispecchiamento e creatività. Se ci ricordiamo delle locuzioni usate da Lenin nei suoi commenti alla logica hegeliana ( « forma essenziale » , « essenza formata » )\ veniamo subito in chiaro di come il marxismo si dimostri già lì

voca, almeno se e finché non si fa pregiudizialmente chiarezza sul nocciolo del problema: che cioè una cosa è la proclamazione del bello come contenuto esclusivo dell'arte (divieto fatto all'arte di rappresentare il brutto), un'altra il riconoscimento del bello come risultato ultimo della rappresentazione, quale che ne sia il contenuto (eventualmente anche il brutto). Solo quest'ultimo punto - parzialmente intravvisto già da Cernysevskij - è il punto 1

decisivo. In un'estetica non p i ù chiusa entro limiti pseudo-classicistici, p i ù ancora in un'estetica marxista, manca ogni motivo per l'esclusione del brutto dal contenuto della rappresentazione, così come del resto sempre attestato presso i veri grandi classici della letteratura, nei tragici greci, in Dante, in Shakespeare, in Goethe e via dicendo.

in possesso di strumenti che gli consentono di tener fermo all'es-

D i là dai problemifinqui affrontati della struttura dell'opera

senzialità del rapporto in cui anche nell'arte la forma sta con il

d'arte e della natura del bello artistico, entrambi universalmente

suo proprio contenuto; lato o fattore attivo del comportamento

validi per tutte le sfere dell'arte senza distinzione, sta in terzo

estetico, essa non è un'aggiunta estrinseca alla cosa, la sua sem-

luogo una ulteriore questione di principio: la questione - disat-

1. Ibid., pp. 303-4 (trad., p. 333). A tale chiarimento segue, da esempio, una

1. N . G . TSCHERNYSCHEWSKIJ, Die àsthetische Beziebungen der Kunst zur

severa, puntuale, magistrale critica del Gòtz von Berlichingen di Goethe, che

ÌVirklichkeit, Aufbau-Verlag, Berlin 1954, p. 210 (Arte e realtà, trad. di I. Am-

sia Marx e Engels nella critica del Franz von Sickingen di Lassalle, sia Lukacs

brogio, Ed. Rinascita, Roma 1954, p. 165): dove si lamenta che nell'ideali-

nel saggio su questa loro polemica con Lassalle tengono di certo presente.

smo non ci sia una sufficientemente netta «differenziazione tra il bello, come

2. Ibid., p. 305 (trad., p. 335).

oggetto dell'arie, e la forma del bello, che è in effetti attributo necessario di

3. latiti, Quadernifilosofici,in Opere complete, Ed. Rinascita/Editori Riuni-

ogni opera d'arie •• (' fi .un li< I IIKÀCS, lìeilràge zur Gescbichte der Astbetik,

ti, Roma 1954-70, XXXVIII, p. 135.

. il., p. 168, risi, p 181. n .i.l . p 18 ' )

72

IL MARXISMO

LÀSSETTO

E LE ARTI

TEORICO DELL 'ESTETICA

SECONDO IL MARXISMO

73

tesa o fraintesa dalla p i ù gran parte delle estetiche idealistiche,

g e t t i v i t à , dei criteri oggettivi per le opere singole e per il processo

estetica di Croce inclusa - del nesso che sussiste tra opere singo-

creativo individuale di ogni singolo scrittore . 1

le, genere artistico d'appartenenza delle opere (inteso come una data tipologia o una sottospecie della loro sfera) e forme d'arte

Soggettivamente i generi sorgono dunque come strumenti

rispettive cui opere e genere rimandano. N o n si tratta qui pro-

d'ausilio di cui si servono gli autori, come espedienti suggeriti

priamente di un nesso di « s u s s u n z i o n e l o g i c a » ; il nesso viene

dalle esigenze della loro prassi creativa. Per portare un esempio

meglio definito - secondo il suggerimento di Lukacs - dalla ca-

canonico, nella letteratura classica tedesca domina la radicata

tegoria d e l l ' « i n e r e n z a » , la stessa che riveste tanta importanza

convinzione che ogni genere persegue una finalità specifica, che

per la determinazione della specificità del rispecchiamento este-

esso si distingue dagli altri grazie alla sua forma e che proprio

tico (unità di essenza e fenomeno, di universale e individuale).

questa « f o r m a è il mezzo con cui esso raggiunge il suo

1

fine».

In tal modo « l ' o p e r a singola e il genere cui appartiene vengono

Basti quanto al riguardo precisa Schiller nel suo scritto del 1792

posti, per principio, s i m u l t a n e a m e n t e » ; « i l genere e l'arte non

Sull'arte tragica:

sono, rispetto all'opera - che è la sola a sussistere per sé - conLa ragione ultima cui si rapportano tutte le regole di un genere

cetti generali » . G i à in Hegel la teoria dei generi artistici funge da strumento decisivo per dominare la storia generale dell'arte e, come rileva la storiografia critica p i ù acuta, p i ù attenta al problema (Peter Szondi, Cesare Cases ecc.), i generi perdono la loro rigidità, tendendo a trasformarsi da categorie sistematiche in categorie stori-

poetico determinato si chiama fine di questo genere poetico; il legame dei mezzi tramite i quali un genere poetico raggiunge il suo fine si chiama la sua forma. Fine e forma stanno dunque l'uno verso l'altra nel rapporto p i ù stretto. Questa è determinata da quello e prescritta come necessaria, e il fine compiuto sarà il risultato della forma felicemente osservata . 2

che. Trattando nell'Estetica dello « s v i l u p p o d e l l ' i d e a l e » , Hegel si sofferma a illustrare quella sua « t o t a l i t à di differenze essenziali, che devono comparire e realizzarsi come t a l i » e che egli chiama, « n e l l ' i n s i e m e , le forme particolari d e l l ' a r t e » . O r a , accan2

to al « s i s t e m a delle singole a r t i » , vi prende subordinatamente corpo la teoria dei generi, specificazione ulteriore di come l'arte si manifesta nei suoi prodotti. Quest'ultimo aspetto ha p e r c i ò un nesso teorico-pratico essenziale con il concetto dell'arte e il suo sviluppo. Lukacs, che ci lavora sopra avendo sempre in mente l'assetto della letteratura, ne conferma in pieno impostazione e

finalità:

Similmente si atteggiano in seguito p e r s o n a l i t à altrettanto influenti della letteratura, da Manzoni a Flaubert e a Thomas Mann. In pari tempo p e r ò sia le esigenze che i metodi creativi vengono mutando dietro l'influsso delle trasformazioni storiche, cioè risentono in profondo di quanto frattanto accade nel corso di sviluppo dei rapporti della vita sociale. L'uno e l'altro aspetto, il soggettivo e l'oggettivo, giuocano in misura tale la loro parte sull'incidenza delle leggi dei generi per l'arte che il marxismo non p u ò esimersi dal compito di sottoporre a un vaglio rigoroso la questione, tanto p i ù in quanto dalla letteratura critica ordinaria essa viene trattata spesso superficialmente: o secondo schemi

La teoria dei generi è infatti in qualche modo una zona intermedia - e al contempo una zona di mediazione concettuale - tra le formulazionifilosofichegenerali dei problemi ultimi dell'estetica e gli sforzi soggettivi degli scrittori per giungere a dar forma perfetta alle loro singole opere. La teoria dei generi è la zona dell'og-

1. G . LUKACS, Schriftsteller undKritiker [1939], in Probleme des Realisnius, Aufbau-Verlag, Berlin 1955 , p . 290 (rist. in LUKACS, Essays iiber Realismus, 2

Werke, Bd. 4, Luchterhand, Neuwied-Berlin 1971, p p . 396-7; trad. nel s u o voi. Il marxismo e la critica letteraria, cit., p . 453). 1. D a E Seuil l.EH, Kleinere firosaische Schriften (IV, 1808 = Nationalausga-

1. LVKÀCS,Àsthetik,

cit,.,

I, p p . 688-9 ( t r a d . I, p p . 597-8).

2. H E G E L , Àsthetik, c i t . , p. 309 (trad., p. 339).

he, X X , p p . 168 9 ) , i In- i p i i > i l o ,/««•«. e d . p a r N . Iti

M I

o n d o la versione francese d e i

V i n i . I'.IIIS 1998, p . 127.

Textes esthéti-

74

IL MARXISMO E LE ARTI

L'ASSETTO

TEORICO DELL'ESTETICA

SECONDO IL MARXISMO

75

accademico-formalistici, o, peggio, dal Iato estrinseco della mag-

valore eterno, metastorico; mentre per il marxismo la storicità

giore o minore p o p o l a r i t à dei generi, del loro impatto ricettivo

della realtà oggettiva determina anche la storicità della dottrina

ecc.; mentre mai o quasi mai se ne rapporta l'impatto alle leg-

e delle categorie dell'estetica. Tutte le forme espressive ne vengo-

gi oggettive dell'estetica. C o n giusta ragione dunque Raymond

no condizionate. Esse non sono mai casuali n é arbitrarie. Nella

Williams addita per la soluzione del problema la strada della te-

premessa all'edizione italiana della Teoria del dramma moderno

oria estetica suggerita dal marxismo:

di Szondi, Cases insiste sul carattere di oggettività storica delle forme, sostenendo che ognuna di esse (intesa in senso lato, come

La classificazione per generi, e le teorie a supporto dei vari tipi di classificazione, si possono certo lasciare agli studi accademici e formalistici. Ma la ricognizione e l'investigazione dei rapporti complessi tra queste differenti forme del processo sociale materiale, inclusi i rapporti tra processi a ognuno di questi livelli nelle diverse arti e nelle forme d'opera, sono necessariamente parte di qualsiasi teoria marxista. Il genere, da questo punto di vista, non è né un tipo ideale né un ordine tradizionale né un insieme di regole tecniche. È nella condizione pratica e variabile e persino nella ' fusione di ciò che sono, in astratto, i differenti livelli del processo sociale materiale che ciò che ci è noto come genere diviene una specie nuova di evidenza costitutiva'.

« s t r u t t u r a istituzionale del g e n e r e » ) « n o n è espressione individuale suscettibile di ogni p i ù arbitrario sperimentalismo, bensì ferma struttura che deriva il suo rigore dall'essere espressione o enunciazione (Aussage) di un modo d'essere dell'intera esistenza u m a n a » . Che esse si impongano, come tali, solo grazie al ge1

nio e al talento dell'artista non toglie che il loro venire in essere sia condizionato e filtrato dalle mediazioni storico-sociali. Nella misura in cui sorgono come strumenti capaci di veicolare bisogni creativi, rispondono a categorie e a leggi oggettive dell'estetica, che si tratta di intendere secondo la loro specificità. Altrettanto va detto dei generi artistici. Se l'arte opera in generale omogeneizzando la realtà che rispecchia (tramite i mezzi

Domandiamoci infatti: che cos'altro vuol dire Lukacs,

di cui si serve nei suoi diversi campi, i colori nella pittura, i suoni

se non questo, quando per la teoria dei generi parla di « z o n a

nella musica ecc.), i generi non fanno altro che porci di fronte

d e l l ' o g g e t t i v i t à » ? In polemica con l'idealismo soggettivo di

ad altrettante specificazioni di questo processo di omogeneiz-

Schiller, che dei generi fa delle semplici Empjindungsiveisen, del-

zazione sempre in atto nell'arte. N o n li si inventa a capriccio;

le « m a n i e r e di s e n t i r e » , egli li concepisce invece « c o m e meto-

come le forme d'arte, anch'essi non sono casuali; come le forme,

di creativi, che derivando da fondamenti sociali oggettivi sono

anch'essi vanno compresi nella loro necessità, dedotti dagli svi-

oggettivamente decisivi per l'intera r a f f i g u r a z i o n e » . M a il mar-

luppi, dai contrasti, dalle circostanze della storia della società.

2

xismo spinge la sua critica ben oltre Schiller, fino a investire il

Non dipende dunque dall'arbitrio dei singoli, ma dall'oggetti-

modo in cui anche l'idealismo oggettivo di Hegel concepisce la

vità delle leggi dell'estetica, che ogni genere d'arte costituisca

storicità. Torniamo anche qui al problema, discusso sopra, della

un mondo a sé stante, fondato su principi estetici propri e ori-

reale natura della storicità delle categorie. Poiché per l'idealismo

ginari. Storicamente i diversi generi sorgono in modo del tutto

hegeliano essa sta in diretta connessione con il mondo ideale del-

indipendente l'uno dall'altro, quando sussistono le concrete esi-

lo spirito, è inevitabile che anche le categorie estetiche si portino

genze storico-sociali che li rendono possibili e ne determinano o

sempre dietro - nonostante il loro carattere storico, in contrasto

ne favoriscono la genesi (nascita della tragedia dai ditirambi in

con esso - un certo grado di idealità, di a t e m p o r a l i t à , cioè un

onore di Dioniso, nascita del balletto dalle cerimonie propiziatorie dei cacciatori ecc.). Questa determinazione storico-sociale

1. R. WILLIAMS, Marxism andLiterature, Oxford University Press, OxfordNew York 1977, p. 185. 2. G . L u K À C S , ZurFrage der Satire [1932], in Essays iiber Realismus [Werke, Bd.4),cit.,pp. 102-3.

I. ( '.. CASKS, Intruda none | 1962] a P. SZONDI, Teoria del dramma moderno, IS'M) -IWiO, l i i i . i i u i i . I*n i m i 197 2, p . x (rist i n C. CASF.S, Saggi e note di letteratura tedesia. I III.IIHII. I I 9 6 . | > . \ \\). l

76

II MARXISMO E LE ARTI

L'ASSETTO

TEORICO DELL 'ESTETICA

SECONDO IL MARXISMO

77

è cosi forte, così cogente, che p u ò persino portare alla scomparsa

quadro; e così dicasi in letteratura per un romanzo rispetto a una

di certi generi tradizionali (la poesia epica) oppure alla nascita

novella, in musica per una sinfonia rispetto a un quartetto. Se

di nuovi generi (la pittura di genere nell'Olanda del Seicento, il

non influisce sull'esito, il genere non resta per altro indifferen-

romanzo borghese nell'Europa moderna) . Genere indica in tal

te quanto alle caratteristiche della composizione e alla natura,

senso - cito conclusivamente la formulazione che ne d à Lukacs

alle proporzioni, all'impatto ecc. della « q u a l i t à s o g g e t t i v a »

- 1 ' « u n i t à dialettica di una stabilità fondamentale dei p r i n c i p i »

dell'intervento dell'artista sul materiale compositivo. Nell'edi-

(il genere sempre identico a se stesso) « e di una infinita possi-

ficazione di una cattedrale, a esempio, il ruolo dell'intervento

bilità di sviluppo delle determinazioni sia essenziali che superfi-

soggettivo dell'autore è minore di quanto non sia nel teatro il

c i a l i » (diversità delle opere sussunte sotto uno stesso genere). Il

ruolo del drammaturgo; e nell'ambito stesso della letteratura si

1

problema estetico che con esso si pone è p e r c i ò duplice. La sua

è già autorevolmente riconosciuto che per la lirica « l a q u a l i t à

essenza - Lukacs spiega - va compresa e analizzata

soggettiva [...] acquista una importanza che d à a tale momento una funzione qualitativamente diversa rispetto all'epica e alla

sotto due aspetti diversi, e interdipendenti proprio in questa loro dualità. E cioè, da un lato, come la necessaria reazione a determinati bisogni prodotti dallo sviluppo della civiltà e dallo sviluppo (condizionato da quello) degli uomini e dei loro rapporti reciproci e con la natura ecc.; e, dall'altro [...], come elaborazione di categorie specificamente estetiche, che, come i mezzi ideali e più adeguati di soddisfare a questi bisogni, permettono nello stesso tempo al carattere specificamente estetico dei singoli modi di comportamento e delle opere a cui danno origine traducendosi in prassi artistica, di raggiungere una perfetta coerenza e autonomia estetica . 2

drammatica» . 1

In secondo luogo il carattere legalmente oggettivo delle forme dei generi non comporta alcun rigido normativismo, t a n t ' è vero che la loro storia offre casi numerosi e significativi di trapasso o interdipendenza o anche feconda interazione reciproca tra esse, senza che ne vada per questo della legge formale prescritta dalla tipologia di genere. A risentirne sono, in ciascuna, per un lato il suo rapporto 'estetico' con generi diversi, per l'altro il suo rapporto 'storico' con quelli di essi che le sono p i ù prossimi. L'avvicinamento sempre p i ù deciso tra epica e drammatica in età moderna, già inizialmente rilevato da Goethe e da Schiller, poi

Duplice dunque anche la rilevanza, la validità della consta-

messo in pratica per il romanzo da Balzac, è fenomeno che tutti i

tazione. In primo luogo vale il principio che, rispetto all'esito

grandi teorici e storici della letteratura sottolineano con vigore,

artistico conclusivo, l'inerenza al genere non decide n é influisce

come un segno di arricchimento interno, di progresso; lo scar-

sulla qualità dell'opera. La qualità di un quadro di genere non

to tra "tematica" e "forma" vi arriva fino al punto da far parlare

differisce, per questa inerenza, da quella di un qualsiasi altro

Szondi di « s i t u a z i o n e di a n g u s t i a » per « q u a s i tutti i drammi moderni sfuggiti a l l ' e p i c i z z a z i o n e » .

1. Terry Eagleton fa l'esempio estremo dei commenti di John Berger sulla pittura a olio nei suoi Ways of Seeing del 1972: « O i l paintings, Berger claims, only developed as an artistic^ewjr when it was needed to express a certain ideologica! way of seeing the world, a way of seeing for which other techniques were inadequate. Oil paintings creates a certain density, lustre and solidity in what it depicts; it does to the world what capital does to social relations, reducing everything to the equality of objects. The painting itself becomes an object - a commodity to be bought and possessed; it is itself a piece of property, and represents the world in those t e r m s » (T. EAGLETON, Marxism and Literary Criticism [1976], Routledge, London-New York 2. ^S7 sgg (Trinerei reiuari/ues sur la littérature russe, 1846). I. Ibid., |>. 367. Si II/.I IK u n n i mi Insogno di scomodare 1.11 - S I C (suo il saggio

88

II MARXISMO E LE ARTI

LASSETTO

TEORICO DELL'ESTETICA

SECONDO

IL MARXISMO

89

Giudizi che stanno in un singolare benché inconsapevo-

E parimenti implicito n e l l ' « appassionata aspirazione all'og-

le rapporto di c o n t i n u i t à diretta con quello di Engels, quando

g e t t i v i t à » propria delle tendenze compositive dei grandi artisti

nell'ottobre del 1845, per l'organo dei cartisti inglesi « T h e Nor-

il bisogno che le loro opere entrino in contatto « c o n le correnti

thern S t a r » , descrive così la situazione della Germania verso il

sociali oggettive che vivono sotterranee nel popolo e chiedono di

declino del secolo XVIII:

essere e s p r e s s e » ' . Grazie a un tal genere di approccio i contrasti tra le diverse componenti dello sviluppo sociale e nazionale dei po-

Essa era tutta una massa di putrefazione e di decadenza repellente [...]. Non c'era istruzione, né mezzi di agire sulla coscienza delle masse, né libertà di stampa, né spirito civico, neppure un commercio esteso con altri paesi; non c'era altro che bassezza ed egoismo [...]. L'unica speranza di un miglioramento si vide nella letteratura del paese. Questo periodo politico e sociale vergognoso lu in pari tempo il grande periodo della letteratura tedesca'. In Italia, paese che tanti paralleli ha con la Germania dal punto di vista dello sviluppo storico, per via del loro comune ritardo nella trasformazione interna dei rapporti economico-sociali (in senso capitalistico) e di quelli politici (ritardata conquista dell'unità nazionale) in vista della costruzione di uno Stato borghese moderno, la sfera dell'arte occupa altrettanto un posto di spicco. Se Gramsci esalta il carattere « m i l i t a n t e » della critica di Francesco De Sanctis, la sua lotta « p e r la creazione ex novo in Italia di un'alta cultura n a z i o n a l e » , c i ò è perché vi scorge il 2

nesso stretto da lui sempre cercato come critico tra letteratura e vita, tra arte e civiltà. L'idea stessa di una storia della letteratura italiana viene crescendo in lui, dal 1848 in avanti, parallelamente allo sforzo di afferrare e ritrarre l'incidenza sulla letteratura del

poli intervengono direttamente come fattori influenti sul pathos evocativo delle costruzioni artistiche e sulla loro intera architettura formale. A imo scrittore come Dickens viene spontaneo in ogni momento di riferirsi agli usi popolari, di attingere esempi e spunti dal popolo. Nel quadro impressionante che egli p i ù volte fornisce del via vai nella grande città capitalistica, l'ironia bonaria con cui ritrae il disorientamento o la sprovvedutezza del più umile proletario non va mai disgiunta dal balenio di rilievi così acuti degli scompensi sussistenti tra le classi, che ne escono notazioni capaci di far le veci di una critica sociale aperta. Talora si danno anche congiunture particolarmente favorevoli perché cultura e arte si muovano in questa direzione, puntando a far propri, come centrali, i problemi della vita del popolo. E non solo nel senso della comparsa, entro le opere, di scene popolari apposite, come avviene già di frequente in Shakespeare, Schiller, Biichner, Puskin ecc., ma in quello più specifico che il rapporto al popolo tiene il ruolo principale e detta il modello costruttivo dell'opera in questione. Nel quaderno 21 delle sue note dal carcere Gramsci amplia il problema fino a interrogarsi sulla « q u i s t i o n e del perché e del come una letteratura sia popolare » , e risponde:

suo rapporto con l'avviato processo di costruzione della nazione La "bellezza" non basta: ci vuole un determinato contenuto intellettuale e morale che sia l'espressione elaborata e compiuta delle aspirazioni più profonde di un determinato pubblico, cioè della nazionepopolo in una certa fase del suo sviluppo storico. La letteratura deve essere nello stesso tempo elemento attuale di civiltà e opera d'arte, altrimenti alla letteratura d'arte viene preferita la letteratura d'appendice che, a modo suo, è un elemento attuale di cultura, di una cultura degradata quanto si vuole ma sentita vivamente .

e con la vita nazionale tutta quanta. Responsability ofArt to Society in Belinsky's Estbetics, «Science and S o c i e t y » , estate 1949, pp. 243-57), ecco che cosa un biografo americano di Belinskij non può fare a meno di annotare di fronte all'empito filo-nazionale di questo suo scritto del 1846: « I n reading over Belinski's argumcnts in the course of this article, one may well wonder when a national literature has ever been so honoured and so burdened by national obligations» ( H . E . B o w M A N , Vissa-

2

rion Belinski 1811A 848: A Study in the Origini of Social Criticism in Russia, Harvard University Press, Cambridge Mass. 1954, p. 183). 1. F. ENGELS,DeutscheZustande (i), in M E W , cit., Bd. 2, pp. 566-7 (trad. VI,

I. I.UKÀCS, Schrifixte/ler

pp. 19-20)..

pp.

2. G R A M S C I , Quaderni del carcere, cit., I, p. 426, e 111, pp.

IKK

i 18

und Kritiker,

cit., pp. 286-7 (rist., pp. 393-4; trad.,

SO).

.'. ( Ì H A M S ( ' l , , l j » . l i / f i ni ,1, li ,II ,, I, . < i l . I 11, |>. .» | 1 V

90

L'ASSETTO

IL MARXISMO E LE ARTI

TEORICO DELL 'ESTETICA

SECONDO

IL MARXISMO

91

Si badi bene: c i ò che Gramsci addita a fine non è, o non è

Per la letteratura, per la drammaturgia, specialmente per

soltanto, il portato esclusivo della teoria marxista. Grandi arti-

la musica, si sa come in Boemia, a partire dalla rivoluzione del

sti di tutte le parti del mondo e di tutti gli orientamenti hanno

1848, una vitalissima efflorescenza della questione nazionale le

espresso in età moderna le stesse convinzioni. All'indomani del

segni a fondo. Il patriottismo di Smetana fa tutt'uno con la sua

crollo del nazismo, quando per l'Europa si prospetta la possi-

musica. Egli si muove sulla scia del motto di Glinka, secondo

b i l i t à di una rinascita p i ù vera della democrazia, Thomas Mann

cui è il popolo che crea la musica, poi dai musicisti riordinata e

ipotizza, profetizza e si augura che anche « l ' a r t e [...] trovi la

sistemata. "La vita dei cechi è nella musica", suona un suo pro-

via verso il "popolo", cioè, per dirla in modo non romantico,

prio slogan del periodo delle lotte per la fondazione di un teatro

verso le m a s s e » . Storicamente, d'altronde, e non certo a caso,

nazionale. N o n credo ci sia testo musicale dove il legame con il

questo legame appare in larga misura presente specie presso

popolo abbia p i ù peso e presa che nella Sposa venduta (1866),

l'arte e la letteratura di quei paesi, come i paesi slavi e gli scan-

né che ci sia lezione di patriottismo musicale maggiore di quello

dinavi, dove esse si vanno per la prima volta formando. Quan-

di Lihuse (e poi di Ma Vlasi); danze, cori ecc. in Smetana o in

do nel 1857, con i suoi Schizzi provinciali, Saltykov-Scedrin si

Dvorak, mito e portata della lingua nazionale in J a n à c e k sono

schiera polemicamente dalla parte dei contadini, ecco che D o -

lì ad attestare quale incidenza la questione abbia per la musica.

broljubov scrive subito di lui: « e g l i ama questo popolo e vede -

(Qualcosa di simile potrebbe ripetersi per l'operosità del primo

in questi lavoratori umili e ingenui molti istinti buoni e gene-

Sibelius in Finlandia; mentre per l'Ungheria va ricordato, a un

1

rosi, a n c o r c h é poco sviluppati o mal o r i e n t a t i » . Solo qualche

livello incomparabilmente p i ù alto, il nome di Béla B a r t ó k e an-

anno dopo, a riforma economica già attuata, un realista della

che quello di Z o l t à n K o d à l y , il quale ultimo, reduce dal lungo

potenza di Tolstoj non manca, persino in una commedia scioc-

lavoro di elaborazione del bagaglio di musica popolare svolto

ca e retriva come Una famiglia contadina (1863-64), di far ba-

in stretta u n i t à con B a r t ó k , nel 1951 pubblica la monumentale

lenare in sottofondo la convinzione - espressa dal personaggio

edizione del Corpus musica: popularis hungarica, portando con-

di una convinta novatrice - che, se qualcosa di nuovo vivacizza

temporaneamente a compimento una riforma radicale dell'inse-

la società russa, c i ò lo si deve non a fenomeni di superficie ma a

gnamento della musica in Ungheria.)

2

"cause p i ù profonde, che hanno radici nello svolgimento della

Due parole mi siano pure consentite, visto che ci troviamo

vita popolare". E p i ù e p i ù frattanto, con Ostrovskij e altri, nel

in area slava, sul fecondo impulso che il legame con la popola-

teatro russo si risente l'eredità imperitura del Boris Godunov,

rità imprime al cinema di pupazzi dell'era socialista ceca. Ra-

dove Puskin aveva fatto per la prima volta del popolo il vero

gioni storiche specifiche, e cioè l'importanza secolare del ruolo

protagonista drammatico.

svolto nel paese dal teatro di marionette, unica forma di protesta nazionale popolare consentita contro l'oppressione asburgica,

1. Cfr. la sua lettera del gennaio 1946 al prof. Pierre-Paul Sagave, in T H . M A N N , Lettere, a cura di I.A. Chiusano, Mondadori, Milano 1986, p. 612.

spiegano p e r c h é la scuola filmica ceca di animazione (Hermina Tyrlovà, Jifi Trnka, Bfetislav Pojar, Karel Zeman) si imponga so-

Questo è anche lo spirito che domina nella sezione conclusiva aggiunta dei

prattutto nel campo del film a pupazzi. In particolare Trnka arri-

suoi "moniti all'Europa" ( T H . M A N N , Achtung, Europa! Aufsàtze

va a risultati cospicui. Pervaso dallo stesso amore squisitamente

zur Zeit,

Bermann-Fischer, Stockholm 1938), dove si parla esplicitamente di « u m a n e -

popolare di un Anatole France per i contes de fées e il teatro di

simo sociale» e di « l o t t a grandiosa» - la lotta di liberazione dell'Europa dal

marionette, egli elabora, con l'apporto di una squadra esperta

fascismo - « c h e di molto trascende la democrazia borghese» ( T H . M A N N , Moniti all'Europa, trad. di C. Baseggio, Mondadori, Milano 1947, p. 351). 2. N . A . DOBROLIOUBOV, Textesphilosophiques choisis, Éditions en Iangues étrangères, Moscou 1950, p. 69.

d i collaboratori, la materia e la forma dei suoi propri film a pupazzi. Ne nutre re:

quello

stesso

il s o t t o / o n d o

i li< «là

IIIII.I

la ricchezza del mondo del folcloa tutta la migliore arte nazionale

92

II MARXISMO E LE ARTI

L'ASSETTO

TEORICO DELL 'ESTETICA

SECONDO IL MARXISMO

93

ceca, alla pittura, alla narrativa (di un'autrice, poniamo, come

dovere per una grande i m p r e s a » , il 3 dicembre 1865 le scrive:

Bozena N é m c o v à , al cui racconto Princ Bajaja il regista si rifa

« I n patria non sono mai riuscito ad attingere una coerente vita

direttamente per il suo proprio Bajaja del 1950), soprattutto alla

spirituale; p e r c i ò ero una persona nella mia produzione e un'al-

musica dei compositori sopra menzionati. N o n contano tanto,

tra a margine - e per questo anche la produzione non appariva

nei suoi film, dramma e azione. Contano il meditato trattamento

c o m p i u t a » . La "grande causa", la "coerente vita spirituale" 1

del materiale folcloristico, la cura attenta, riflessiva, persino con-

Ibsen ora ne è persuaso - sono altra cosa; valori che si attingo-

templativa, con cui egli lo maneggia e lo dispone, il « c a r a t t e r e

no non presso l'accademismo dei circoli 'alti', ma in basso, nel

poetico e m i t i c o » (Trnka), cioè genuinamente popolare, di cui

popolo.

sa circondarlo, senza per questo togliergli vitalità. Attingendo a

Nonostante tutto ciò, p o p o l a r i t à resta naturalmente un con-

piene mani a un patrimonio di straordinaria ricchezza culturale,

cetto da maneggiarsi con estrema cautela, ancor p i ù che quello di

egli d à il meglio di sé proprio in quei film della m a t u r i t à come

nazionalità. Troppo spesso altrimenti si incappa in equivoci o si

Bajaja, poi come Stare povésti

ceské (Vecchie leggende ceche,

slitta nel fasullo. Facilissimo che la nazionalità venga circonfusa

1953), dove p i ù diretto si avverte l'impatto tematico del folclore

da orpelli menzogneri; facilissimo che per p o p o l a r i t à si spacci

nazionale, dove è la vita del popolo a fare da centro.

un popolarismo d'accatto. Là come qui, insomma, a incarnarle,

Contemporanea e similare (non per sfondo sociale) a quella,

facendosi valere, debbono essere concetti più seri e veri di quelli

dei paesi slavi, la riforma del teatro in Scandinavia. G i à molto

filistei ordinari, sempre stranamente così cari alla sociologia vol-

prima della stesura dei suoi capolavori, Ibsen rivendica il valore

gare. Dovunque bisogna che il marxismo ne stia alla larga. Pole-

del carattere intimamente nazionale e popolare del teatro, tanto

mizzando con il burocratismo di quella variante della sociologia

che in sostegno di una petizione personale avanzata al governo

volgare che era la critica sovietica ufficiale nell'era staliniana,

(agosto 1860), gli viene fatto di scrivere:

Lukacs sottolinea energicamente p i ù volte - qui ne trascelgo una - come un tal genere di critica mostri

L'esperienza dei paesi civilizzati ha [...] sufficientemente determinato che l'arte drammatica, in tutte le epoche in cui la si è coltivata, molto più che ogni altra arte, si è manifestata come un fattore essenziale nell'educazione del popolo, un dato di fatto che ha la sua ovvia spiegazione in un suo più stretto ed immediato rapporto con la realtà . 1

Il viaggio che alla m e t à degli anni '60 compie in Italia gli fa poi scoprire la g r a n d i o s i t à dell'arte classica e della tragedia greca. C o s ì , rivolgendosi alla suocera, la scrittrice Magdalene Thoresen, per lamentare « l e consapevoli menzogne della nostra cosiddetta vita pubblica e la miseria di tutti i nostri

di non avere alcuna idea di quel che sia il reale legame fra lo scrittore e il popolo, e il suo rapporto di influenza reciproca con la concezione del mondo e Io stile artistico [...]. Lo scrittore può e deve elevarsi, ideologicamente e artisticamente, al di sopra del terreno di classe dal quale è partito, ma se si staccasse del tutto da questo terreno egli perderebbe proprio la sua specifica forza letteraria. Così Tolstoj è legato ai lati deboli e forti della classe contadina russa, Raabc a quelli della piccola borghesia tedesca del suo tempo. Un burocrate della letteratura confonde invece Tolstoj con se stesso, capace com'è di scrivere da un punto di vista qualsiasi. E ciò che scrive ha il valore che può avere . 2

chiacchieroni, sempre facondi quando si tratta di cianciare su "una grande causa", ma senza alcuna v o l o n t à , v i r t ù o senso del

1. Ibid., pp. 33-4. Z. G . LUKACS, Deutsche I.iteratur in zwei Jahrhunderten (Werke, Bd. 7),

1. H . IBSEN, Vita dalle lettere, a cura di F. Perrelli, Iperborea, Milano 1995, p.

I iiihicrhand, Neuwied lleilin 1964, pp. 449-50 (trad. in G. L U K À C S , Scritti

20. (Molto significativa la vicinanza con gli argomenti che saranno propri del

sul realismo, a t u r a i l i A * .is.iligno, l'inaiidi, l'orino 1978, p. 680): donde

Gramsci delle Cronache teatrali.)

viene .Hit he la « u . i / i o i n

n / . i i u n i o i l i r segue nel leslo.

94

IL MARXISMO E LE ARTI

L'ASSETTO

TEORICO DELL'ESTETICA

SECONDO IL MARXISMO

95

Per grandi scrittori come Balzac e Stendhal, Keller e Tol-

mostra, per compiutezza e rigore, un'estetica matura, in grado

stoj, Thomas Mann e Gor'kij - tanto per far nomi che Lukacs

di poter rivaleggiare e competere vittoriosamente con qualsiasi

sublima a modelli di realismo - non conta essenzialmente una

altra estetica oggi esistente.

scelta ideologica prioritaria, pregiudiziale e diretta; la loro scelta di artisti consiste piuttosto in questo, che « e s s i penetrano in forma tipica nella vita del popolo, la rispecchiano, danno ai problemi del popolo una v a l i d i t à generale » . Solo a condizione che la p o p o l a r i t à sia presa e intesa nel suo giusto senso essa si conquista il diritto di venire inclusa tra i fattori qualificanti del comporre artistico, come d'altronde Lukacs stesso spiega appositamente a proposito di G o r ' k i j : La grande missione della letteratura è dunque quella di dare all'uomo coscienza di sé. Perciò essa deve essere popolare. Ma il carattere popolare non comporta affatto una semplificazione dei problemi e neppure una funzione meramente propagandistica. Essa scaturisce necessariamente dal fatto che la grande letteratura affronta i problemi reali da un angolo visuale superiore, scava fino alle più profonde radici dell'attività e della passività, dei pensieri e dei sentimenti umani. Non è un caso che poeti come Lermontov e Puskin abbiano tanto influito sull'opera di Gor'kij. Queste influenze attestano la validità di una grande, umanistica concezione della missione della letteratura . 1

Direi che la comprovata attribuzione di una "missione" all'arte non solo sancisce in via definitiva il ruolo di "parte organica" che l'estetica tiene nel quadro della teoria marxista, ma ne rivendica l ' i m p r e s c i n d i b i l i t à , l'importanza e l'efficacia. Senza l'estetica il marxismo non sarebbe la teoria generale che vuol essere e che è. D i p i ù , l'estetica da esso elaborata (risultato di tutto il processo marxista di ricerca dalle origini a oggi) si

1. G . LUKACS, Die ìnenschlicbe Komòdie des vorrevolutionàren Russland [1936], nel suo volume Der russische Realismus in der Weltliteratur, AufbauVerlag, Berlin 1952 , p. 2 8 4 (Werke, Bd. 5, Luchterhand, Neuwied-Berlin 1964, pp. 310-1; trad., La letteratura sovietica, Editori Riuniti, Roma 1955, p. 44). Sul tema Lukacs tornerà ulteriormente altrove, specie nella terza parte del suo libro del 1957, Die Gegenwartsbcdeutung des kritischen Realismus, poi in Essays iiber Realismus, cit., pp. 562- \. 2

Ili P R I N C I P I DI M E T O D O L O G I A IN C A M P O

MARXISTA

ESTETICO

Nei limiti di quanto serve alla presente ricerca, si sono riassuntivamente illustrati sopra i lineamenti della teoria marxista dell'estetica in generale. Si tratta di passare ora - sempre soltanto in generale - dalla teoria alla metodologia, cioè al chiarimento del criterio di impiego dei principi teorici, per aver poi modo di discutere meglio, di svolgere indagini p i ù approfondite sulla concreta prassi critica marxista nei confronti delle arti. Nelle pagine che seguono tratterò appunto la metodologia come la sfera intermedia che tramezza, collegandole, tra la sfera della teoria (l'estetica) e quella delle sue disparate e multiformi applicazioni (la critica vera e propria). 1. Il sottofondo ideologico della metodologia Il riconoscimento del marxismo come teoria generale e la conseguente giustificazione di una teoria estetica marxista comportano inevitabilmente delle conseguenze anche sul piano metodologico. Vale qui anche per il marxismo, n é p i ù n é meno, c i ò che si ritiene valido per qualsiasi altra teoria. Ogni teoria generale ha una sua estetica, ogni estetica una sua metodologia (intesa come metodologia generale del giudizio critico). Intraprendendo la difesa del metodo marxista come strumento di indagine e ricerca, i marxisti non fanno altro che difendere la valenza metodologica della loro propria teoria; il metodo del marxismo come teoria estetica è appunto il metodo estetico marxista. C i ò significherebbe già da sé, senza altri commenti, un riconoscimento e una giustificazione di principio della metodologia marxista anche in campo estetico. Trattandosi per altro di un punto delicato, meritevole di riflessione e chiarimento, mi sia consentito di aggiungere qualche ulteriore rilievo a carattere sia polemico che propositivo. Innumerevoli sono inlatti gli equivoci che gravitano intorno alla questione. Per chiarirla occorre in primo luogo sbarazzarsi

98

II MARXISMO E LE ARTI

PRINCIPI DI METODOLOGIA

MARXISTA

99

di un pregiudizio, legato alla incomprensione o alla non piena

privilegia nei confronti degli altri, e di conseguenza fa valere an-

comprensione del concetto di ideologia. Che cos'è e come fun-

zitutto, il proprio metodo. N o n c'è via di scampo. P o i c h é ognu-

ziona l'ideologia? Sono soprattutto Gramsci e Lukacs - due dei

no compie una scelta, che opera selezionando, accettando qui

massimi teorici marxisti del Novecento e, tra i marxisti, due dei

e scartando là, il dogmatismo in questa accezione figura come

teorici p i ù sensibili al problema dell' ideologia - che ne precisano

ineliminabile.

adeguatamente il concetto, sia sottolineando « q u a l e importan-

Correlativamente va tenuto presente che il privilegiamento

za vitale abbia l'ideologia per il funzionamento di una qualsiasi

che i marxisti fanno del loro metodo poggia non su asserzioni e

s o c i e t à » , sia analizzando le procedure secondo cui essa opera e

assunzioni allotrie rispetto agli oggetti di cui volta per volta si

le forme in cui viene messa in pratica. L'ideologia, tutte le ideo-

tratta, ma sul riconoscimento (naturalmente da provare tramite

logie nascono sempre oggettivamente dallo sviluppo economico,

indagini concrete) della maggior capacità della ricerca marxista

ma soggettivamente si affermano mediante una falsa coscienza,

di penetrare nell'essenza oggettiva degli oggetti, quale che sia il

determinata anch'essa, in ultima istanza, da quello sviluppo. Sta

campo specifico indagato (politica, scienza, filosofia, arte ecc.).

nella loro essenza la duplicità, per cui esse ingannano, ma insie-

Vediamo di chiarire meglio il senso di questo rapporto con l'og-

me regolano consapevolmente, secondo fini (rispondenti a de-

gettività. Se sta nell'essenza del marxismo - e fa quindi da ovvio

terminati interessi di classe), le masse umane, la vita ordinaria,

punto di partenza, irrinunciabile per un marxista - l'assunto che

degli uomini, agendo da veicolo teorico o pratico dei conflitti

ogni disciplina del sapere mira alla messa in luce della legalità

sociali, nell'intento di "organizzare il consenso", di guidare e -

oggettiva dei rispettivi oggetti, allora si richiede che, per questo

dove e come possibile - di manipolare le coscienze.

fine (cioè per un efficace raggiungimento della mediazione con

Purtroppo il marxismo si porta dietro il pregiudizio che la

gli oggetti), certe tecniche, certi strumenti, un certo patrimonio

sua dottrina, così drasticamente critica dell'ideologia, sia pro-

di concetti ecc. siano mobilitati e messi in pratica. Senza idee,

prio essa soltanto per essenza ideologica e dogmatica. A prima

senza strumenti concettuali, niente conoscenza; la mediazione

vista appare dunque come se la sostanza della disputa stia nel

ideologica è nella scienza - anche la p i ù schiettamente oggetti-

contrapporre al presunto ideologismo e dogmatismo del metodo

va o protesa all'oggettività - comunque indispensabile. N o n si

marxista un metodo p i ù aperto, la d i s p o n i b i l i t à metodologica al

tratta affatto, ripeto, di un pregiudizio ideologico del marxismo;

'pluralismo' delle voci. Si dice (nel caso migliore): il marxismo è

in ogni altra dottrina avviene lo stesso. Come ha mostrato una

una voce, anche solida, anche rispettabile, anche indispensabile,

volta, genialmente, Cesare Cases in riferimento a Spitzer , persi1

ma solo una voce tra le tante, accanto alla quale ne risuonano

no la critica che, concentrandosi ex professo sullo stile, si chiama

altre pur degne di attenzione, che sarebbe dunque profittevo-

critica stilistica ha i suoi presupposti ideologici inconsapevoli,

le ascoltare e integrare nel marxismo, pena l'incompiutezza o

ancorché nascosti dietro l'apparato del sistema del suo sedicen-

l'unilateralità dei suoi risultati. U n suggerimento ragionevole,

temente neutro descrivere e interpretare, cioè del suo pseudo-

del cui buon senso non c'è motivo di discutere, ma a condizione

oggettivismo.

che la reprimenda (l'accusa di dogmatismo) non sia rivolta e non

L'ideologia interviene dunque sempre, e lo fa ogni volta di

vada a colpire il marxismo soltanto. Chiunque si avvede infatti

nuovo in c o n f o r m i t à al suo statuto, orientando secondo princi-

dell'inevitabilità che un tal genere di reprimenda concerna in via di principio l'insieme degli orientamenti di pensiero impegnati nella ricerca. Tutti i ricercatori, a qualsiasi corrente essi appartengano, sono per necessità 'dogmatici' allo stesso modo, nella misura in cui ciascuno

di

essi - espressamente

t.u i t . u n e n t e

1. Cfr. C. CASES, Ilimiti della critica stilistica (i), « S o c i e t à » , XI, 1955, p. 6 3 (rist., con il titolo Leo Spitzer e la critica stilistica, nel suo voi. Saggi e note di letteratura tedesca, < il.. |>|>. ,'8S 6). Qualcosa di simile argomenta per la musii .1 IVI A H I ) I I I V . M 11*11.1 e lutili,),

i i l , pp.

179

sgg.

100

II MARXISMO

E LE ARTI

PRINCIPI DI METODOLOGIA

pi. M a al vincolo di questo esorbitante « p o t e r e d e l l ' i d e o l o g i a » non si sfugge ignorandolo o denegandolo. G l i espedienti antiideologici architettati in età moderna, segnatamente i tentativi di opporre al cogente meccanismo di funzionamento dell'ideologia « u n o strumento neutro di a n a l i s i » , come avviene con Max Weber, cadono tutti senza eccezione sotto la spietata critica indirizzata da Istvàn Mészaros a quella che egli chiama giustamente « l ' i d e o l o g i a della neutralità m e t o d o l o g i c a » . Scrive M é s z a r o s : 1

MARXISTA

101

si può [...] scorgere chiaramente l'orientamento sociale implicito nell'intera procedura. Poiché - lungi dall'offrire una prospettiva adeguata per 1 ' indagine critica - 1 ' invocata adozione generale della struttura metodologica neutrale supposta equivale, di fatto, a non consentire nemmeno che si sollevino i problemi di importanza effettiva. Invece la stipulata procedura metodologica 'comune' ottiene l'effetto di trasformare l'impresa del "discorso razionale" nella dubbia pratica di produrre metodologia per amore della metodologia: una tendenza più pronunciata nel ventesimo secolo che mai prima . 1

In nessun luogo il mito della neutralità ideologica - l'autoproclamata Wertfreiheit ola neutralità di valore della cosiddetta "scienza sociale rigorosa" - è più forte che nel campo della metodologia. Ci si presenta invero spesso con l'asserto che l'adozione dell'intelaiatura metodologica invocata esenterebbe automaticamente chiunque da ogni controversia sui valori, dal momento che essi sono sistematicamente esclusi (o meglio "messi tra parentesi") tramite quello stesso metodo scientificamente adeguato, evitando in tal modo complicazioni non necessarie e assicurando l'oggettività desiderata e un risultato incontestabile [...]. La validità non messa in causa della procedura raccomandata la si suppone auto-evidente in virtù del suo carattere puramente metodologico. In realtà naturalmente questo approccio alla metodologia è pesantemente gravato da un contesto ideologico conservatore . 2

Grandi teorici marxisti del Novecento come Gramsci e L u kacs hanno del resto già ben chiarito che in Marx il termine ideologia non ha solo il senso negativo - « d e t e r i o r e » Io definisce Gramsci - di "illusione", di "falsa coscienza"; esso incarna altrettanto, e in senso non meno pregnante, una valenza p i ù alta, p i ù incisiva, « l ' a s p e t t o di massa di ogni concezione

filosofica»:

regolando consapevolmente secondo fini, rispondenti a determinati interessi di classe, la vita degli uomini, creando per suo mezzo « i l terreno in cui gli uomini si muovono, acquistano coscienza della loro posizione, lottano e c c . » , o - dice analogamente Lukacs - intervenendo come « q u e l l a forma di elaborazione ideale della realtà che serve a rendere consapevole e capace di agire la prassi sociale degli u o m i n i » . 2

Resta così infatti fuori campo, come "metaforica", come "ideologica", una vasta area di fattori socialmente vitali. Ideologico qui diviene giustappunto tutto quanto risulta estraneo all'ideologia di una simile procedura. N o n difficile smascherare - come fa M é s z a r o s - V escamotage ideologico fittizio che vi è sotteso:

Ora ogni siffatta mobilitazione dell'ideologia riveste necessariamente un colore. Sarebbe irragionevole pensare che Videologia marxista (sottolineo di proposito questa locuzione) non faccia quanto fanno nel loro campo anche tutte le altre teorieideologie, con in p i ù p e r ò il vantaggio di avere (ciò che le altre 1. Ibid.,p. 233. 2. Cfr. GRAMSCI,Quaderni del carcere, cit., II, pp. 868-9, 1282; G . LUKACS,

1. Cfr. I. M É S Z A R O S , Pbilosopby, Ideology and Social Sciences: Essays inNega-

Zur Ontologie des gesellschaftlicben Seins (Werke, B.de. 13-14), hrsg. von F.

tion and Affirtnation, Wheatsheaf Books, Brighton 1986, pp. 14-6; The Pow-

Benseler, Darmstadt-Neuwied 1984-86, II, p. 398 (Per l'ontologia dell'essere

er ofIdeology, Harvester Wheatsheaf, New York-London-Toronto 1989, pp.

sociale, trad. di A . Scarponi, Editori Riuniti, Roma 1976-81, II/2, p. 446).

232 sgg. Non sorprende troppo che la letteratura critica e la manualistica de-

Molto preciso quanto in proposito scrive N . TERTULIAN, Le concepì d'idéolo-

gli ultimi trent'anni sul concetto di ideologia (lavori come quelli di Raymond

gie dans V«Ontologìe»,

Boudon, David McLellan, David Hawkes, Michael Freeden, Hyondok Choc,

etici M a r x » , n. 44, 2008, p. 119: « C ' e s t justement ce caractèrefonctionnelex

Wolfgang Haug e così via) brillino per la totale assenza di richiami, anche sol-

instrumentai tic l'idéologie en tant qu'arme de combat pour la solution d'un

tanto negli apparati bibliografici, a quesri importanti lavori di Mészaros.

> (infili social qui «si niis en .iv.ini par Lukacs dans sa définition du concept

2. MÉSZAROS, lite Power oj'Ideology, cit., p. 232.

il ' idéologie ••

in AlterMondialisme, antiCapitalisme, fase, di « A c -

102

IL MARXISMO

E LE ARTI

PRINCIPI DI METODOLOGIA

MARXISTA

103

non hanno) un consapevole concetto critico dell'ideologia stes-

suo modo, del proprio patrimonio di pensiero fanno uso in vi-

sa. Colpisce la superficialità con cui questo importante comples-

sta del fine da raggiungere. Se il critico marxista è marxista, lo è

so problematico viene in genere trattato. Poiché è il marxismo

solo p e r c h é ritiene che lo strumentario ideologico e metodolo-

l'unica dottrina che dispone di un vero concetto critico di ideo-

gico marxista spiani la via alla ricerca, all'apprensione del reale,

logia, suscita comprensibile sconcerto che i critici del marxismo

alla mediazione con gli oggetti, meglio di quanto non faccia ogni

vi attingano a piene mani, naturalmente senza dirlo, solo quando

altra teoria-ideologia, ogni altra dottrina (un punto su cui tor-

si tratta di usare ideologia nella sua accezione critico-negativa e

n e r ò con p i ù precisione, per l'estetica, nel prossimo paragrafo).

proprio solo al fine di screditare come ideologiche le prospet-

Si vede dunque qui bene quanto il sottofondo ideologico valga

tazioni del marxismo; mentre non c'è in loro la minima con-

a ogni riguardo come determinante per l'impianto e la messa in

sapevolezza né dell'ineliminabile carattere ideologico di ogni

opera della metodologia. È proprio di ogni ideologia che essa

prospettazione qualsivoglia, n é del fatto che non si d à niente di

condizioni, appresti e alimenti lo strumentario di cui si serve la

p i ù ideologico dello screditamento dell'ideologia del marxismo,

metodologia; è proprio di ogni strumentario metodologico che

funzionando essa solo in tanto in quanto si fonda su un comples-

esso stia in stretta connessione con la centralità di un'ideologia

so di idee alternative, cioè su una ideologia altra, avversa a quella

e con le direttive, atte a validarlo, da essa provenienti. Senza un

screditata. « Ideologia è » , rileva a giusta ragione, da un punto d i ,

tal preciso "mandato ideologico" (ideological commitment, nel-

vista prossimo a Habermas, l'inglese J.B. Thompson in apertura

la terminologia di Mészaros, al quale qui di nuovo mi rifaccio),

di una raccolta di suoi studi sul tema, « i l pensiero dell'altro, il

sono impossibili scelte orientate in direzione di un fine, cioè una

pensiero di qualcun altro rispetto a sé. Caratterizzare un pun-

metodologia ragionata e conseguente: « E c c o p e r c h é ogni im-

to di vista come 'ideologico' è già criticarlo, p e r c h é 'ideologico'

portante sistema di pensiero, incluso l'orientamento della critica

non è un termine n e u t r a l e » . L'una operazione ideologica vale

sociale marxiana, è simultaneamente e 'incorreggibilmente' an-

dunque quanto l'altra; ma con la differenza che l'una, quella

che una i d e o l o g i a » ' .

1

marxista, conserva una precisa coscienza critica del carattere ideologico di quanto viene facendo, mentre l'altra non sa niente di se stessa, oppure - il più delle volte - lo sa ma lo tace, mistificando coscientemente le sue operazioni.

Che cosa si tratta allora di fare per l'estetica, ove a venir chiamata in causa sia la metodologia? Quanto sono venuto fin qui dicendo non sta forse in contrasto con la prassi metodologica ordinaria? Più ancora: non ne va forse, in quanto precede, del va-

Non sta dunque nella componente ideologica la differenza

gheggiato 'pluralismo', questo principio-feticcio sbandierato per

di fondo tra ricerca marxista e non marxista. Scelta, imposta-

ogni dove a modello di qualsiasi procedura che si voglia giusti-

zione, punti d'avvio della ricerca possono essere i p i ù diversi.

ficare come legittima, come autenticamente democratica? C o n -

C i sono ricerche a matrice idealistica, spiritualistica, struttura-

viene che sul punto ci si intenda bene. Se il processo estetico ha

Ustica, fenomenologica ecc., dietro cui naturalmente si celano le

la natura di quello descritto sopra, cioè costituisce una forma sui

ideologie corrispondenti; p e r c h é mai non dovrebbe esistere, con

generis di apprensione della realtà (di una realtà filtrata estetica-

altrettanta ragionevolezza, una ricerca critica di orientamento

mente), è naturale che i processi qui posti in atto operino paral-

marxista? Il critico marxista è un critico come ogni altro: non

lelamente ai generali processi di apprensione della realtà che ci

un critico animato da pregiudizi ideologici a fronte di altri critici

insegna la gnoseologia: con l'importante differenza che, mentre

che non lo sarebbero, ma un critico che dell'ideologia si serve

la gnoseologia punta alla verità di quanto appreso, l'altro tipo di

alla stessa stregua degli altri, nel senso cioè che tutti, ciascuno a

apprensione, l'apprensione estetica, punta alla validità

1.

J.B.

THOMPSON,

I 9 8 S , |>p. 1-2.

Studies in the Iheory o/ Ideology,

l'oliiy l'ivss, O x f o r d 1. M f s / À U O S ,

lite

l'ine, i / Ideolooy,

i i l . , |>|>. 2 i I 2.

dell'arte.

104

PRINCIPI DI METODOLOGIA

II MARXISMO E LE ARTI

Ora, secondo il marxismo, le verità gnoseologiche non hanno un carattere pluralistico. Del pluralismo ne va dunque solo nella

MARXISTA

105

(Che è poi anche, sia detto di passata, l'ordinario procedimento seguito dalla scienza.)

misura in cui esso riveste il senso di una designazione ideologica

M a , pur tenendo conto delle differenze, non si vede la ragio-

sbagliata. Termine estremamente equivoco, gravido di ideolo-

ne p e r c h é il discorso non debba valere, in via analogica, anche per

gismi camuffati da m o d e r n i t à post-ideologica, deideologizzata,

l'accertamento di quella verità d'ordine estetico che è la validità

esso contrassegna in realtà il marchingegno di compromesso

dell'arte. Semmai la natura p i ù complessa di quest'altro genere

buono per ogni ricerca che si abbandona a un relativismo senza

di accertamento nasce dalla unicità dei suoi oggetti di riferimen-

principi; come tale, indica tutt'al più lo stato preparatorio della

to, le opere d'arte, queste sì, per loro essenza, insuperabilmente

ricerca, non il suo vero criterio di metodo. Una volta Lukacs, di-

pluralistiche; il che rende certo p i ù difficile l'accordo sui giudi-

scutendone con Arnold Hauser, esce a definirlo « u n o slogan del

zi. M a se la confluenza e il confronto di p i ù giudizi diversi pro-

tutto v u o t o » :

venienti da p i ù lati favorisce il processo d'approccio ricercato, ciò avviene sempre nel senso di un relativismo che non intacca

Si crede che riguardo alle stesse questioni possano esistere più verità. La verità c'è però sempre soltanto al singolare [...]. Verità è ciò che noi dobbiamo rianimare e riportare in vita tramite il marxismo. Questo dovrà venir preparato grazie a lunghe discussioni; ma se anche dibatteremo per trent'anni su una questione, il risultato sarà alla fine una sola verità '.

minimamente, quanto ai principi, la natura non-pluralistica del valore in sé dell'opera. E proprio questo valore in sé che consente di stabilire, per ogni giudizio singolo, se si tratta di un giudizio 'corretto' oppure 'sbagliato', come il processo oggettivo tendenzialmente infinito della storia viene poi via via confermando o smentendo; ma a questo punto il modello pluralistico ha perso ormai il suo senso, mostrandosi sotto falsa veste per quello che

E p o i c h é l'esito del processo, per lungo e complicato che

è: un puro slogan (lo slogan vuoto di cui diceva Lukacs), foriero

sia, non p u ò essere che univoco, nel suo posteriore scritto sulla

p e r ò , con la sua vuotezza, di una carica ideologica precisa, altret-

democratizzazione (1968) egli liquida senz'altro il problema del

tanto capziosa che pericolosamente menzognera.

pluralismo come semplicemente « fuorviarne » : Pluralistica può essere la fondazione di una manipolazione delle idee neopositivistica. Il marxismo conosce per ogni domanda soltanto una risposta, quella conforme alla realtà oggettiva. Essa però si forma non ad opera dei deliberati di una istanza quale che sia, ma pervia di ricerca, di analisi ecc., e deve essere criticamente vagliata con esattezza nelle discussioni, per cui non di rado trascorre un certo tempo prima che una verità venga riconosciuta tale universalmente . 2

Credo proprio non ci siano dubbi riguardo al senso del battage propagandistico in favore del pluralismo. A scherno e onta degli ideologi che lo esaltano come una conquista o un complemento della deideologizzazione, esso riveste unicamente il senso per cui, di ogni contrasto ideologico di principio, cominciando da quello che sta a base di tutti gli altri, il contrasto tra visione capitalistica e socialistica del mondo, viene messo in luce e lasciato aperto alla libera discussione 'pluralistica' un lato solo, un solo valore (l'altro essendo dato a priori per 'vecchio', perento); si discute - se questa p u ò mai chiamarsi discussione - solo all'interno dei valori già accettati della formazione sociale dominante.

1. Cfr. A. HAUSER, Im Gesprdcb mit Georg Lukacs, con Nacbwort di P.Ch. Ludz, Beck, Miinchen 1978, p. 26 (rist. parzialmente, con il titolo Nacbfiinfzigjabre, in LvKÀCS,Autobiograpbische Texte, cit., p. 376). 2. G . LUKACS, Demokratisierung beute und morgen, hrsg. von L. Sziklai, Akadémiai Kiadó, Budapest 1985, p. 169 (L'uomo eia democrazia, trad. di A. Scarponi, Lucarini, Roma 1987, p. 148).

C o s ì la deideologizzazione, lungi dal favorirlo, cancella piuttosto con un tratto di penna ogni autentico confronto ideologico. Q u i piemie corpo e assume tutto il suo valore l'insegnamento del marxismo. Evidenziando il sottofondo ideologico della metodologia,

esso p o n i

decisamente freno agli stravolgimenti

106

PRINCIPI

IL MARXISMO E LE ARTI

metodologici criticati. N o n è solo un'operazione prò domo sua.

DI METODOLOGIA

MARXISTA

107

tal genere non hanno nel marxismo spazio alcuno e vanno lascia-

Compreso nel suo giusto senso, utilizzato a dovere, il marxismo

te subito da parte, trovandosi in contrasto con i principi estetici

conserva per la cultura tutto il suo potenziale di grimaldello

marxisti sopra illustrati. Richiamiamoli qui in sintesi, per co-

metodologico, di strumento privilegiato di ricerca. L a formu-

m o d i t à di esposizione: sono quelli che attengono all'oggettivi-

la coniata in tarda età da Lukacs, che agli intellettuali marxisti

tà dell'arte, alla sua rigorosa immanenza, al tutto in sé unitario

additava il compito di un « d u p l i c e m o v i m e n t o » , « r i t o r n a r e a

costituito dall'opera singola: sempre indifferente restando, dal

Marx nel metodo, e nella realtà andare avanti nella spiegazione

punto di vista dell'immanenza artistica, il soggetto dell'opera,

marxista dei fenomeni di o g g i » , mantiene intera la sua attuali-

che si tratti cioè di una Madonna di Raffaello oppure di un car-

tà, imponendosi come un che di metodologicamente primario.

nale dipinto di Tiziano, delle tragedie storiche di Shakespeare

Formule, principi, procedure della metodologia marxista, lungi

oppure del Principe costante di C a l d e r ó n de la Barca.

dall'essere superfetazioni o forzature ideologiche o accessori di

Non si s o t t o l i n e e r à mai abbastanza quanto da criterio di

complemento, operano da strumentario concettuale generale,

o p e r a t i v i t à primaria della metodologia estetica marxista deb-

dunque da vie di accesso, all'indagine dei problemi del reale;

bano fare lo stabilimento di un nesso determinante con l'in-sé

in ogni caso con il loro aiuto una q u a n t i t à di problemi posso-

oggettivo dell'opera d'arte e la penetrazione dell'analisi critica

no venir risolti meglio che prescindendo da essi. Non c'è in essi

dentro di esso. Se il « c o m p i t o del poeta è penetrare n e l l ' i n t i m i t à

proprio ombra alcuna di vecchiume, proprio nulla di perento;

delle c o s e » , come una volta ebbe a scrivere Proust al suo colle-

oggi hanno la stessa validità, forse anche una validità maggio-

ga Paul Reboux (maggio 1898), compito correlativo del critico

re, di quella che avevano ieri. Entro questi limiti mi sembra che

è quello di penetrare n e l l ' i n t i m i t à dell'opera d'arte, la "cosa" di

ritrovi piena giustificazione l'aggettivo "marxista" apposto al

cui si occupa lui. Il suo significato, il suo valore l'opera d'arte

termine "scienza". Nell'ambito scientifico della teoria dell'arte,

li ha in deposito dentro se stessa; spetta al critico di ritrovarli e

la locuzione "estetica marxista" significa non già estetica con

trarli fuori, sondandone con spregiudicatezza la consistenza an-

contenuto marxista, il che sarebbe senz'altro un assurdo; bensì

che molto oltre o persino contro gli intenti dell'autore. G i à fa

teoria dell'arte, estetica - nella loro piena universalità di scienze,

differenza, lo abbiamo visto, tra autori coscienti e non coscien-

conformi ai bisogni universali del genere umano - elaborate a

ti; nel primo caso la consapevolezza p u ò far sì che non corra un

partire da principi metodologici marxisti.

grosso divario tra intenzione e realizzazione. M a quando non è così - e spesso non è così - il critico pigro o superficiale o non

2. Criteri di operatività

in estetica dello strumentario meto-

spregiudicato rischia di condurre l'analisi del tutto fuori strada. C i ò è tanto p i ù vero in ragione della natura complessa che

dologico marxista Una volta riconosciuta la fondatezza di questa impostazione

presenta l'oggettività artisticamente significativa di ogni singola

dei problemi di ricerca, come far loro fronte con lo strumentario

opera. In che cosa precisamente questa oggettività consista appa-

metodologico proprio del marxismo? Quali criteri operativi il

re spesso difficile da stabilire, p o i c h é essa non si identifica certo

marxismo pone in atto per una metodologia estetica conseguen-

né con la tematica dell'opera n é con la sua apparenza di super-

te ? C 'è un primo aspetto del quesito che risulta da sé evidente,

ficie. A un primo e non approfondito approccio all'opera tanti

nemmeno meritevole di discussione. L a pretesa di intendere il

suoi aspetti riescono ingannevoli: dal supposto o conosciuto in-

sottofondo delle direttive ideologiche come una ideologia mo-

tento dell'autore al modo estrinseco della sua attuazione. Ernst

nocratica (esclusivismo ideologico) o come un comodo passe-

Gombrich porta l'esempio della Madonna delprato di Raffaello

partout di partito (burocratismo) o come una esasperazione fra-

(Kunsthistorische Must imi di Vienna). L'attenzione immediata

zionistica di idee circa le correnti d'arte (settarismo),

di ehi osserva si appunta sull'ammirabile perfezione delle figure

pretese di

108

IL MARXISMO

E LE ARTI

PRINCIPI

DI METODOLOGIA

MARXISTA

109

ritratte, la Vergine e i due bimbi cui è diretto il suo sguardo. Ma

sta del risultato. Non esiste dunque, non p u ò esistere per la cri-

se si pone il quadro a raffronto - come fa Gombrich - con gli ab-

tica un criterio fisso che detti le sue regole di comportamento.

bozzi preparatori, ne risulta qualcosa di diverso, di esteticamente

L'unica legalità cui il critico ha diritto di appellarsi è quella che

p i ù significativo, p e r c h é p i ù prossimo alle mire del pittore: « C i ò

vien fuori dallo specifico oggetto artistico indagato, irripetibile

che egli cerca a p i ù riprese di ottenere è il giusto bilanciamento

per qualsiasi altro caso. Carattere di legge ha bensì l'operazione

tra le figure, il giusto rapporto capace di dare la migliore armonia

critica presa in astratto, non potendo essa configurarsi diversa-

per l ' i n s i e m e » . Solo passando dagli abbozzi all'opera compiuta

mente da come la sto ora descrivendo, ma la sua forma concreta

ci rendiamo conto degli sforzi costata al pittore la vera oggettivi-

si determina solo in rapporto di dipendenza dalla concretezza

tà artistica del quadro (pari alla sua q u a l i t à ) :

dell'oggetto artistico qua talis. Ecco le ragioni del rilievo che prende la processualità cre-

Ogni cosa nel quadro sembra al suo posto confacente, e l'equilibrio e l'armonia che Raffaello ha ottenuto con il suo strenuo lavoro sembrano così naturali e senza sforzo che a mala pena ce ne accorgiamo. Eppure è proprio questa armonia che rende la bellezza della Madonna più bella e la dolcezza dei bimbi più dolce . 1

Il caso portato a esempio da Gombrich spiega particolarmente bene come sia con difficoltà che si precisa il quid artistico di un'opera. M a non si tratta di un caso isolato. In realtà sempre la critica è posta di fronte a opere che, come opere d'arte, sono degli in-sé solo apparenti, dietro a cui si cela la sostanza di un per-sé spirituale: non dunque il morto in-sé della natura, per complicato che anch'esso possa essere, e neppure il per-sé della forza organica vitale, ma un per-sé sui generis, d'altra specie, frutto della creatività dell'arte. Ora ogni creatività implica un processo. L'oggetto artistico compiuto si definisce e si lascia afferrare solo al termine del processo che lo realizza: un processo intrecciato e stratificato di componenti, esteticamente valide non tanto nella loro separatezza quanto nel loro congiungersi insieme, nel rapporto di ciascuna con tutte le altre. Solo quando le componenti congiunte si prospettano sotto forma di un unico e specifico oggetto d'arte, non p i ù confondibile con alcun altro, solo allora p u ò avere inizio quell'altro processo parallelo che è il processo di ricostruzione critica. Poiché la presenza o l'assenza di una data componente dipende dalla libera scelta dell'autore, sta al critico di vagliare quanto adeguata sia questa scelta in vi-

ativa dell'oggetto. Perché una sua penetrazione critica avvenga correttamente, centrale diventa l'analisi non solo delle sue componenti costitutive, ma del modo che esse hanno di congiungersi in processo, nell'oggetto-processo creativo dell'arte. È per altro un processo anche quello che compie il critico. Egli deve non già mettersi dal punto di vista soggettivo dei propositi dell'autore, che poi spesso le realizzazioni concrete sconfessano, bensì - tenendo stabilmente saldo il principio secondo cui dominante per il giudizio resta comunque sempre l'oggettività dell'opera - deve risalire indietro dall'esito delle realizzazioni al processo del loro farsi, al modo in cui sono venute in essere. Dell'insieme degli elementi costitutivi della struttura dell'opera, cui si è già cursoriamente accennato in precedenza (contenuto, forma, articolazione interna ecc.: cfr. cap. II, § 3), ce n'è uno meritevole a questo punto di qualche rilievo p i ù attento: la sua dimensione spaziale e/o temporale. Se non conta o conta poco, per le leggi generali dell'estetica (valide universalmente), il divario di peso che spazio e tempo hanno nelle differenti arti, per la problematica critica qui affrontata tale divario diventa rilevante. In arti come la musica e la letteratura, della t e m p o r a l i t à non c'è nemmeno bisogno di dire; chiunque comprende da sé che una sinfonia, un dramma o un romanzo hanno il loro decorso temporale, un preciso sviluppo interno articolato per fasi (movimenti, atti, capitoli), e che questo decorso produce significative e importanti ricadute sul piano formale. La grandezza della capacità creativa di un autore risalta e si mette in luce anche grazie alla giustezza degli snodi temporali architeti.ni. (Le Réflexions sur le théàtre di Jean-Louis

1. E . H . G O M B R I C H , '//>. IS.

It.iiT.mll pollano non pei nulla a epigrafe l'adattamento teatra-

110

IL MARXISMO E LE ARTI

PRINCIPI DI METOD OL O GIÀ MARXISTA

111

le dell'aforisma di Eraclito, secondo cui « p e r il teatro il tempo

come anche la pittura abbia un tempo interno, se non altro per

conta q u a l c o s a » ed esso non p u ò « c e s s a r e di trovarsi 'in cammi-

via delle fasi temporali della costruzione dei suoi oggetti (argo-

no' » ) . Talora il predominio lo acquista proprio la p u n t u a l i t à di

mento, quest'ultimo, naturalmente valido ancor p i ù per la scul-

una data circostanza. Il Goethe del Faust tentenna parecchio pri-

tura e l'architettura). Se già Croce vede con ragione nel critico

ma del ritrovamento della giusta collocazione per la scena chiave

colui che rifa il processo creativo dello scrittore o del pittore,

« Bosco e spelonca » ; Puskin, nella grandiosa scena notturna alla

risalendo ai motivi, ai sentimenti ecc. che ne hanno ispirato le

fontana tra il falso Dmitrij e Marina del Boris Godunov, stringe

rispettive costruzioni, sicché - come critico - non gli « r e s t a , per

ammirevolmente insieme la tragedia dell'impostura del potere

ben possedere quel che rappresenta, se non leggere la poesia o

e la tragedia dell'amore in una maniera che non avrebbe senso

contemplare il quadro un'altra volta, facendoseli risonare e vi-

artistico se non proprio in quella precisa circostanza.

brare d e n t r o » ', energici passi avanti in questa direzione la critica

Non c'è dubbio: è il decorso temporale che in arti come la

idealistico-figurativa di derivazione crociana compie con il corso

musica e la letteratura decide della riuscita o meno di un passag-

di pensiero che porta da Schlosser a Ragghianti. È interessante e

gio, che stabilisce il nesso vivente dei momenti di un'opera, pur

significativa l'autocritica di Ragghianti a un certo punto del suo

naturalmente con tutte le doverose precisazioni da apportare

personale itinerario di studioso. Il convincimento in lui soprav-

nei singoli casi. Rievocando l'esperienza della genesi del Doktor

venuto della impraticabilità dell'ipotesi che l'analisi dell'opera

Faustus, Mann commenta:

pittorica « p o t e s s e verificarsi in v i r t ù della sola categoria spaziale, senza necessariamente implicare quella t e m p o r a l e » , lo indu-

Un'opera d'arte la si porta sempre per intero dentro di sé e quand'anche la filosofia estetica pretende che le opere della parola e della musica, a differenza da quelle dell'arte figurativa, siano legate al tempo e alla sua successione, anch'esse però cercano di essere tutte presenti in ogni istante. Nell'inizio vivono la metà e la fine, il passato imbeve il presente e anche nell'estrema concentrazione su questa si insinua la preoccupazione per ciò che verrà'.

ce poco per volta a orientarsi verso l'idea che l'introduzione del concetto di temporalità avrebbe potuto aprire la strada al chiarimento che l'opera d'arte, anchefigurativa,non si poteva continuare [...] a concepirla come unfatto, staticamente, ma come un fare, cioè un processo [...]: introducendo così nella considerazione critica il concetto e la funzione di tempo, e mostrandone l'utilità ermeneutica, oltreché la necessaria complementarità logica .

Chiaro comunque che qui, come nella musica, fondata su

2

soluzioni timbriche e ritmiche, la t e m p o r a l i t à resta dominante e una spazialità esiste tutt'al p i ù in senso ideale, mentre l'oppo-

A questo trapasso, poi divenuto un motivo ricorrente del la-

sto avviene nell'architettura, nella scultura e nell'arte figurativa,

voro metodologico di Ragghianti, cooperano intensamente - lo

dove domina la spazialità; p i ù controverso è se vi abbia luogo

confessa lui stesso - le riflessioni che dal 1933 in poi egli viene

anche un decorso temporale. Torna a merito della critica idea-

facendo a p i ù riprese sull'arte del cinema, p o i c h é

listica, nel quadro del generale influsso esercitato da Croce in estetica durante la prima m e t à del Novecento (quel Croce che,

l'elemento caratteristico che differenziava il cinema di fronte alle altre arti figurative era appunto il tempo, l'organizzare lo spazio

non per nulla, Julius von Schlosser definiva « l ' e s p e r i e n z a fondamentale della mia v i t a » ) , lo sforzo di aver tentato di provare 2

I. B. C R O C E , Nuovi saggi di estetica [1920], Laterza, Bari 1969, p. 268; La critica e la storia delle artifigurative.Questioni di metodo [1934], Laterza, Bari 1. M A N N , Die Entstehung des Doktor Faustus, cit., p. 148 (trad., p.228).

I946 , pp. 8-9. 99. 2

2. Citato da C.L. RAGGHIANTI, Profilo della critica d'arte in Italia [ 1948],

?.. ( '.I.. R A G G H I AN i i. / aite e la (litica,

Vallecchi, Firenze 1973, pp. 86, 93.

9S.

Vallecchi, Firenze 1951, pp. 90-1,

112

IL MARXISMO

E LE ARTI

PRINCIPI DI METODOLOGIA

(valori figurativi) in una serie temporale [...]. Ma per giungere a questo era necessario che dalle vincolanti categorie descrittive di spazialità e di temporalità si passasse al concreto intendimento del fare od opera come storia: nel che, poi, l'artefigurativaveniva ad unificarsi con la poesia e con la musica'. Contro « tutte le concezioni spazialistiche e quindi natural i s t i c h e » dei teorici precedenti, da Fiedler a W ò l f f l i n , egli punta in sostanza a far valere « l ' i n t r i n s e c a s p a z i o - t e m p o r a l i t à di ogni conoscenza od attività artistica, ovvero il suo carattere di processo o di storia » ; e sempre p i ù gli si viene chiarendo lo snodo teorico secondo cui le « o p e r e artistiche c o n c r e t e » non sono complessi di « i m m a g i n i s t a t i c h e » , ma

113

Nonostante il loro accentuato retroterra idealistico, propositi e proposte del genere di questi, ben riassunti dalla tesi del « c a r a t t e r e cinematografico della v i s i o n e » , incidono a fondo sulla metodologia critica. La base materialistico-dialettica del marxismo, che fa leva su un concetto molto p i ù concreto di oggettività dell'arte, gli consente l'ulteriore passo avanti di additare in questa oggettività storica concreta della creazione, a mezzo della storicità delle categorie estetiche, l'elemento risolutivo del problema. Se dunque da lì torniamo al punto donde si era partiti, l'esplicitazione dei criteri di operatività in estetica della metodologia marxista, vediamo che il suo meccanismo complessivo consiste sostanzialmente in questo: muovere dal per-sé dell'opera d'arte come processualità spirituale (incardinata nel suo in-sé

fenomeni pragmaticamente caratterizzati da produzione, da esecuzione successiva, da operazioni di accumulazione o di riduzione, da interventi continui o discontinui verificabili, ed anche da concrezioni, stratificazioni, elaborazioni di elementi storici e da reti di relazioni constatabili, e ciò dalla pittura allo spettacolo e al cinema. Sono parole tarde, del 1969 . M a già nel volumetto del 1936 2

su Cinematografo e teatro, che sviluppava le tesi del saggio sul cinema di tre anni prima, Ragghianti riassumeva il suo modulo critico in una forma destinata a restare per lui definitiva:

oggettivo); individuarne e coglierne dall'interno, tramite categorie estetiche di natura storica, l'impianto formale; controllare se e fino a che punto esso sia coerente, organico, funzionale, esteticamente risolto ecc.; e da lì trarre le motivazioni per il giudizio sull'esito della creazione artistica in esame. e le teorie del film, in Carlo Ludovico Ragghianti e il carattere cinematografico della visione, coorti, redaz. di E . Belloni, Charta, Milano 2000, pp. 86-7, e più di recente nel volume - per molti tratti discutibile - di V. MARTORANO, Percorsi della visione. Ragghiatiti e l'estetica del cinema, ErancoAngeli, Milano 2011, p. 32). Dei tratti distintivi e dei limiti della tesi di Ragghianti circa il cinema come « a r t e

Bisogna osservare che una pittura o una scultura non esistono, per lo spettatore, per colui che contempla criticamente (cioè ricostruisce quel processo, quel travaglio di realizzazione formale - che gli appare nella sua compatta e coagulata conclusione - in tutti i suoi elementi) fulmineamente. Con un'occhiata, per quanto magica, non si esaurisce un'opera d'arte in tutta la completa complessità dei suoi rapporti, nella sua storia insomma, che bisogna ritrovare e rideterminare al modo stesso che avvenne per l'artista. Dunque l'opera d'arte dev'essere motivata, ripercorsa, "svolta", dallo spettatore. Dunque il tempo, come elemento attivo, come "tempo ideale", è presente anche in una pittura, o in una scultura . 3

1.

MARXISTA

Ibid., p. 96.

figurativa»

dissi a suo tempo nel saggio I^a teorica cinema-

tografica in Italia durante il fascismo, « G i o v a n e critica», I, 1964, n. 4, pp. 67 sgg. (rist. nel mio volume Problemi di teoria e storia del cinema, Guida, Napoli 1976, pp. 25 sgg.), e più tardi anche in recensioni al volume sullo «Spettacol o » della citata trilogia Arti della visione; ma si noti come il nocciolo della questione riappaia di continuo nel tempo, a esempio quando si contesta a Gilles Deleuze, teorico dell' «image-mouvement»

e dell' «image-temps» nel ci-

nema, di non aver «attaché la mème importance au concept de l'espace» (Y. SPIELMANN, Digitalisation: image-temps et image-espace, in Le Cinema selon Deleuze, ed. par O . Fahle/L. Engell, Verlag der Bauhaus Universitàt WeimarPresses de la Sorbonne Nouvelle, Weimar-Paris 1997, p. 516; S. H È M E DE L A C O T T E , Deleuze: philosophie et cinema. Lepassage de l'image-mouvement à Vimage-temps, L'Harmattan, Paris-Budapest-Torino 2001, pp- 21 sgg.). Nessun ulteriore apporto al problema viene dal lavoro di A . BONFAND, Le cinema sature: essai sur les relations de la peinture et des images en mouvement, in, Paris 20 1 I ', < n i è g i u s t o si guardi solo nel modo in cui l'autore stesso

2. Le cito dal suo saggio Tempo sul tempo, in C.L. R A G G H I A N T I , Arti dclLi

Vi

visione, Einaudi, Torino 1975-79, III, pp. 127-8, 146.

suggerisce, i

3. Ibid., II, p. 20 ([«asso riportalo .nulli- da I . < u< < u, ( '.ir/o I Ragghianti

p e i s p c t t i v f pili'IIOIIK i m l o e n p i t

ioè •• i ornine nn< suite d ' "études d e cas"» schizzati «selon une

114

IL MARXISMO E LE ARTI

PRINCIPI DI METODOLOGIA

MARXISTA

115

Come si vede, le difficoltà d'approccio all'opera d'arte sono

che la critica gli spettasse in proprio e che esso soltanto vi fosse

molteplici, insidiose, intricate, zeppe di complicazioni. M a que-

legittimato. Per fare buon uso della critica non occorre certo es-

ste complicazioni, queste difficoltà soggettive d'approccio non

sere marxisti. U n qualsiasi confronto con la prassi critica ordi-

ne modificano e non ne sminuiscono in alcun modo il caratte-

naria lo prova ad abundantiam; le cose che Thomas Mann, non

re di struttura definita e oggettiva. Neanche la smitizzazione

marxista, ha scritto su Goethe sono di gran lunga p i ù profonde di

dell'aura che circonda l'opera d'arte va spinta troppo a fondo,

tante altre scritte da marxisti. In secondo luogo, non è vero che la

oltre il dovuto. Che certe opere nascano senza aura, senza ori-

pecca dell'ideologismo disturbi o svii la critica marxista bene in-

ginari intenti artistici precisi (come nel caso di un quadro com-

tesa. Abbiamo visto come dalla p r i o r i t à irrecusabile dell'oggetto

missionato, di una poesia glorificatoria, delle composizioni mu-

scaturisca anche - non p u ò essere altrimenti - il principio della

sicali celebrative di un evento, di singoli scritti letterari del tutto

immanenza della critica. Nessuna dottrina p i ù del marxismo lo

estemporanei), e vengano riconosciute come opere d'arte solo

erige a caposaldo delle sue procedure. Ogni interferenza esterna

p i ù tardi, a posteriori, non toglie nulla al loro eventuale statu-

dell'ideologia con l'in sé delle opere d'arte provoca quei disastri

to artistico. N o n c'è metodologia migliore di quella ispirata ai

che nella storia della critica marxista si sono così spesso verificati,

principi critici del marxismo per venire a capo di ogni situazione,

non solo durante lo stalinismo, e che sono anzi tuttora all'ordi-

pur singolare, che si presenti. Essa esige che i sondaggi di appro-

ne del giorno. N o n si p u ò accettare o respingere un autore (un

fondimento del lavoro critico intorno a una data opera spazino

pittore, un musicista, un poeta, un drammaturgo), secondo il

dappertutto. Poiché il marxismo sa che dietro ogni apparenza

grado in cui questi si conforma o non si conforma alla ideologia

sta un'essenza, p o i c h é questa essenza si fonda sull'intero giro di

dell'interprete; tanto meno si possono deformare e falsificare

rapporti che l'artista e la sua opera hanno con il mondo (storia,

le sue opere per renderle ideologicamente accettabili (si pensi a

società, scontri di classe ecc.), ne consegue che, a partire dall'in-

casi illustri: al caso Bùchner nella falsificazione nazista o al caso

telaiatura formale dell'opera indagata, tutte le componenti che

H ò l d e r l i n nella falsificazione di Heidegger). In chiave marxista,

l'hanno determinata e portata in essere entrino altrettanto tra le

il principio - sopra difeso - della necessaria mediazione ideolo-

componenti dell'indagine critica. Nel prossimo capitolo vedre-

gica con l'oggetto significa tutt'altro: non già che si indaghi pro-

mo p i ù in dettaglio come tutto c i ò di fatto si articola. Q u i basti

iettando dall'esterno l'ideologia sull'oggetto (ne andrebbe altri-

ribadire quanto la constatazione dei legami tra ideologia e meto-

menti proprio della legalità oggettiva ricercata), ma che, grazie

dologia ci ha già insegnato. Professionalmente la deontologia del

ai suoi strumenti, si renda possibile scoprire, illuminare e trarre

critico marxista non differisce da quella di ogni altro critico, se

fuori dall'oggetto le leggi (la struttura, il senso, i valori) che gli

non per la ricchezza di contenuti che l'ideologia marxista, la vi-

sono immanenti. Teoria scientifica, ricerca critica in ogni campo,

sione marxista del mondo, il marxismo come teoria vi apportano

anche nel campo dell'estetica, per il marxismo non vogliono dire

in p i ù ; il suo vantaggio sta nel fatto che, grazie al marxismo, egli

altro che questo.

svolge il suo compito in forma metodologicamente p i ù capace, p i ù fondata, p i ù cosciente, cioè a dire p i ù comprensiva della totalità dei problemi dell'estetica.

3. Deduzioni complementari dalle premesse di metodo Mille ulteriori problemi dovrebbero venir discussi per dare

Da parte del marxismo c i ò non significa p e r ò affatto -

un quadro compiuto e articolato del funzionamento della meto-

non deve significare - un disinteresse verso quanto culturalmen-

dologia marxista in campo estetico. Q u i di seguito mi l i m i t e r ò

te gli sta intorno, un atteggiamento settario nei confronti della

solo al chiarimento dei pochi punti che, o sono già impliciti nelle

disciplina della critica come tale. In primo luogo, sarebbe assur-

premesse ili niciodo esposte, oppure ne discendono direttamen-

do che il marxismo la pretendesse a un diritto di i v i lusiv.i, quasi

te e ne latino da « « i m p l e m e n t o . Illustrandoli, avrò cura ili indi-

116

II MARXISMO

E LE ARTI

PRINCIPI DI METODOLOGIA

MARXISTA

117

massa di sentimenti, di quale atteggiamento verso la vita circoli nell'opera d'arte stessa. Anzi che ciò sia ammesso dalle moderne correnti estetiche si vede nel De Sanctis e nello stesso Croce .

care, volta per volta, il complesso problematico o il contesto dei principi cui queste deduzioni complementari si riallacciano.

1

M i è già accaduto di richiamare, a conclusione del § 2 del II capitolo, il « g r a n d e quadro storico-sistematico» entro il quale Marx,

E ancor meglio altrove (quaderno 23):

Engels e i loro seguaci più conseguenti trattano sempre i problemi dell'arte e la « l o t t a critica su due f r o n t i » che necessariamente ne

Pare certo che l'attività critica debba sempre avere un aspetto positivo, nel senso che debba mettere in rilievo, nell'opera presa in esame, un valore positivo, che se non può essere artistico, può essere culturale e allora non tanto varrà il singolo libro - salvo casi eccezionali - quanto i gruppi di lavori messi in serie per tendenza culturale .

deriva per la metodologia marxista in campo estetico: da un lato contro «1'"autonomia" idealisticamente gonfiata dell'arte e della letteratura » , dall'altra contro 1 ' « identificazione volgare e meccanica di letteratura e propaganda politica » . L'approfondimento metodologico avviato con le analisi del presente capitolo mi consente di

2

chiarire meglio che cosa questa duplice lotta comporti. Tutte le forme di metafisicheria idealistica o para-idealistica,

Giustissimi suggerimenti. Solo che Gramsci non si ferma a

a cominciare da quelle - anche raffinate - che predicano o aval-

essi. Punto centrale del suo intervento è che egli batte in breccia

lano lo scollamento dell'arte dal suo contesto sociale, il marxi-

contro il metodo critico crociano. L a distinzione fatta valere da

smo le respinge tutte senza complimenti. Si badi bene: non ogni

Croce tra poesia e non-poesia, cioè tra espressioni di primo gra-

idealismo ha per conseguenza diretta degli effetti estetici di tipo

do, autenticamente poetiche, ed espressioni di secondo grado,

formalistico. C i ò avviene principalmente quando, muovendo da

prosastiche o retoriche, conduce a una concezione dell'arte dove

schemi idealistici, ci si appella alla forza trainante delle idee in

decisivo diviene il trionfo degli squarci di poesia, della genialità

modo tale che si perde facilmente di vista la loro genesi. La forma

di singoli frammenti: « s e r e n a p o e s i a » come « s f e r a di pure qua-

diventa allora un che di separato; non è p i ù quella componente

lità senza il predicato di e s i s t e n z a » , dice Croce , la quale - pur

che, come abbiamo visto, si stringe in legame dialettico con l'in-

senza perdersi nei preziosismi e virtuosismi dell'"arte per l'arte"

tera struttura dell'opera, con il suo per-sé autonomo unitario. La

o nelle vacuità della "poesia pura" - sta al di fuori di ogni pre-

funzionalità dei ritrovati formali non p u ò venir scoperta e por-

cisa connessione con la struttura del reale. Per la metodologia

tata alla luce se non in unione con l'insieme delle componenti

estetica ne derivano due effetti di non poco conto: una procla-

donde l'opera d'arte risulta; altrimenti, presi a sé, i ritrovati for-

mata « i n d i f f e r e n z a » verso « l e parti convenzionali o struttura-

mali restano puri espedienti esteriori, compiacimenti estetizzan-

l i » dell'opera poetica e, p o i c h é del « b e l l o in quanto bello non

ti senza presa.

si danno distinzioni e d i v i s i o n i » , l'annientamento della validità

3

Metodologicamente esemplare in proposito è l'atteggia-

estetica dei « g e n e r i d ' a r t e » . Certo Croce condanna a parole

mento assunto da Gramsci verso la critica di Croce. Va precisato

il frammentismo; ma nella sua pratica critica, quando esamina

anzitutto che la contrapposizione a Croce non nasce in Gramsci

Ariosto, Balzac, Manzoni ecc., si comporta proprio così, con ri-

solo sul terreno della definizione dei compiti della critica in ge-

sultati che - specie nel caso delle opere p i ù grandiose (la Comme-

4

nerale, come avviene dove (quaderno 15 del carcere) egli suggerisce l ' o p p o r t u n i t à di tener conto, oltre che dei valori poetici o in mancanza di essi, anche dei valori culturali:

I.

Quaderni del carcere, cit., Ili, p. 1793.

GRAMSCI,

1. Ibid., Ili, p. 2230. \. B . CROCI:, /,// poesia. Introduzione alla critica e storia della poesia e della

Posto il principio che nell'opera d'arte sia solamente da ricercare il carattere artistico, non è per nulla esclusa la r i i c u a di «piale

letteratura \ I91S|. I . . . . i / . i . B a r i I 9 S 3 , p . 12. I. Ibid.. p p . ) \ sgt; . I ' I l .. K

KK

. I K S sgg.

118

II MARXISMO

E LE ARTI

PRINCIPI DI METODOLOGIA

dia di Dante, il Goethe del Faust, i romanzi di Tolstoj) - provocano restrizioni e gravi inconseguenze. Che cosa di fatto impedisce alla critica di Croce di svolgere

MARXISTA

119

Non si danno nella Commedia valori d'arte (poesia) accanto a valori non poetici, puramente strutturali; si danno invece « p a r t i della struttura che diventano fonte di poesia. Togliete

il suo compito fino in fondo? Gramsci risponde: l'incompiu-

queste e la poesia s v a n i s c e » . D i p i ù Gramsci aggiunge: « I o , scri-

tezza del suo apparato, l'erroneità del suo metodo. Le pretese

vendo del Paradiso, sono arrivato alla conclusione che dove la

dell'estetica idealistica crociana (culminanti nella rivendicazio-

costruzione è debole, è debole anche la p o e s i a » . Perciò al sedi-

ne del carattere di liricità dell'arte) e le procedure della sua cri-

cente atteggiamento filodesanctisiano preso da Croce egli con-

tica (condotta essenzialmente « p e r f r a m m e n t i » ) isolano ogni

trappone senz'altro la vera natura della critica di De Sanctis:

1

passo poetico dalla struttura dell'opera cui il passo inerisce, impedendo di vedere come e quanto la struttura faccia anch'essa da componente integrante e sostanziale della qualità artistica dell'opera. Prendiamo il famoso canto X d e l l ' « I n f e r n o » dantesco avente a tema il « d r a m m a di C a v a l c a n t e » , episodio assai problematico per « l a tesi del Croce sulla poesia e la struttura della C o m m e d i a » . Rispetto a Croce, i rilievi critici danteschi, di Luigi Russo, poi soprattutto quelli di Gramsci, mettono la questione sotto una diversa luce. A l lettore - osserva Gramsci Dante fornisce tutti « gli elementi p e r c h é il dramma sia ricostruito e questi elementi sono dati dalla struttura » .

La critica del De Sanctis è militante, non 'frigidamente' estetica, è la critica di un periodo di lotte culturali, di contrasti tra concezioni della vita antagonistiche. Le analisi del contenuto, la critica della "struttura" delle opere, cioè della coerenza logica e storicoattuale delle masse di sentimenti rappresentati artisticamente, sono legate a questa lotta culturale: proprio in ciò pare consista la profonda umanità e l'umanesimo del De Sanctis [...]. Piace sentire in lui il fervore appassionato dell'uomo di parte che ha saldi convincimenti morali e politici e non li nasconde e non tenta neanche di nasconderli. Il Croce riesce a distinguere questi aspetti diversi del critico che nel De Sanctis erano organicamente uniti e fusi . 2

Dante non interroga Farinata solo per "istruirsi", egli lo interroga perché è rimasto colpito dalla scomparsa di Cavalcante. Egli vuole che gli sia sciolto il nodo che gli impedì di rispondere a Cavalcante; egli si sente in colpa dinanzi a Cavalcante. Il brano strutturale non è solo struttura, dunque, è anche poesia, è un elemento necessario del dramma che si è svolto . 1

Naturalmente Gramsci ne trae conclusioni che scavalcano di gran lunga la portata dell'episodio esaminato: Senza dubbio anche la struttura dell'opera ha valore di poesia. Con la sua tesi il Croce riduce la poesia della Commedia a pochi tratti e perde quasi tutta la suggestione che si sprigiona da essa. Cioè perde quasi tutta la sua poesia. La virtù della grande poesia è di suggerire più che non dica e suggerire sempre cose nuove. Bisognerebbe dunque mettere bene in chiaro che tale virtù di suggestione che promana dal dramma di Cavalcante promana dalla struttura dell'opera.

A l centro del tipo di critico marxista proposto da Gramsci sta per l'appunto questa esigenza desanctisiana di procedere fondendo le due cose, « l a lotta per una nuova cultura, cioè per un nuovo umanesimo, la critica del costume, dei sentimenti e delle concezioni del mondo con la critica estetica puramente artistica nel fervore a p p a s s i o n a t o » ; anzi, propriamente parlando, non si tratta nemmeno di fondere cose diverse, bensì di far scaturire la critica da principi, dove la fusione di cultura e critica estetica si è già prodotta, dove essi sono già la risultante venuta in essere con quella fusione. Anche contro l'altro lato della questione, il sociologismo volgare, bisogna dire qualcosa in p i ù di quanto, troppo genericamente, si è detto sopra. I principi metodologici di cui siamo ora in possesso ce lo consentono senza riserve. D a l chiarimento del rapporto tra estetica e metodologia non vengono fuori 1. Ibid., 1, p. S.'8.

1. GRAMSCI,Quaderni

deltareere, i i l . , I, p. 5 18.

.'. Ibid., 111. |». INK

120

IL MARXISMO E LE ARTI

PRINCIPI DI METOD OL O GIÀ MARXISTA

121

conseguenze in una sola direzione, in direzione anti-idealistica.

tenta di generalizzazioni categoriali che contrastano con la ca-

Ovvio che l'opposizione alla storiografia monografica, all'iso-

tegoria della particolarità dell'arte, e si sussumono sotto queste

lazionismo dell'indagine, all'impressionismo lirico, alla critica

generalizzazioni fenomeni che sono per natura molto diversi tra

per frammenti sia nel marxismo decisa, intransigente e totale.

loro. Ne viene un risultato svisante; letteralmente il critico "non

M a non meno totale è il suo rifiuto, il suo netto respingimen-

vede" - non sa vedere - c i ò che gli sta davanti. Se suo compito è

to del corno opposto dell'alternativa (fondata su una polari-

di trarre fuori dal prodotto d'arte la qualità artistica originale,

tà sbagliata), cioè dell'inclinazione contenutistica per l'arte di

inimitabile, che vi è presente, per questo scopo occorre uno sfor-

propaganda, a tema politico o sociale; p o i c h é - e qui ci vengono

zo di penetrazione critica interna in quella o r i g i n a l i t à , non una

di nuovo in soccorso importanti saggi di Lukacs,

Scbrijìsteller

sussunzione sotto la generalità del noto; altrimenti l'elemento

und Kritiker, già prima utilizzato, e il posteriore Parteidichtung

originale sfugge. G i à nella vita quotidiana, quando due persone

(1945) - siffatto afflato politico-sociale non è in grado di offri-

fanno la stessa cosa, non sempre la cosa fatta è la stessa o è una

re alla metodologia marxista nessun criterio valido sul terreno

cosa fatta allo stesso modo; nell'arte poi non lo è proprio mai.

dell'estetica, valido non riuscendo a renderlo, come sappiamo,

C h i studia, poniamo, la corrente del psicologismo letterario in

se non il suo « f o n d a m e n t o universalistico e l'appassionata aspi-

Francia tra Ottocento e Novecento, incentrato sulla vita delle

razione a l l ' o g g e t t i v i t à » . Naturalmente Lukacs non esclude che,

classi superiori, non p u ò collocare per analogia Proust nella ca-

l'arte possa avere anche un ruolo propagandistico; rileva solo

sella di un qualsiasi Paul Bourget; chi studia i riflessi sociali della

che « l a pregnanza efficace di un manifesto o di un verso di pro-

letteratura europea ottocentesca non p u ò confondere o appaiare

paganda spesso non coincide che casualmente con l'autentico

Dickens con Octave Mirbeau (il quale ultimo, sia detto di pas-

valore pittorico o p o e t i c o » , mentre missione dell'arte è di far

sata, nel romanzo Le journal d'une femme de chambre ha, a sua

si che l'esperienza individuale dell'artista, nutrita del succo di

volta, parole di fuoco nei confronti di Bourget). Una corretta

« t u t t a la società nel suo movimento e nelle sue t r a s f o r m a z i o n i »

scelta di campo marxista esige che il critico si schieri per i risulta-

ridondi a vantaggio dell'universalità dell'effetto estetico .

ti artistici di Dickens contro quelli del democratico Mirbeau, per

1

Per l'estetica marxista il contenutismo rappresenta un peri-

i risultati artistici di Proust contro quelli prodotti dal vezzeggia-

colo ancor maggiore del formalismo. L'incapacità di valorizzare

mento dell'aristocrazia del danaro in Bourget. In ogni caso egli

a dovere le componenti dell'opera d'arte, peggio, il privilegia-

si deve lasciar guidare a un'indagine di natura tale che, sulla base

mento unilaterale dell'una componente (il contenuto) sull'al-

dei principi di metodologia estetica marxista, in luce siano messi

tra (la forma) porta alla subordinazione o all'annullamento

non concetti sociali astratti, come nella scienza, ma descrizioni

proprio di ciò che nell'arte è p i ù specifico, di ciò che la rende

dell'unità formale propria solo di ciascuna determinata opera.

arte. Viene qui trascurato un principio fondamentale dell'atti-

Certo lo schematismo astrattamente contenutistico che

vità critica in campo estetico: il ritrovamento di quei nessi for-

domina nella sociologia volgare le offre un facile terreno di ma-

mali interni all'opera che, soli, fanno dell'opera l'in-sé artistico

novra. Per via della sua vaghezza, della multilateralità delle sue

cercato. Orientandosi verso l'astratto contenuto, ci si comporta

fonti, del suo continuo protrarsi e riprodursi, riesce difficile com-

distrattamente, superficialmente, e in doppio senso: ci si accon-

misurarne esattamente l'estensione. Sicuro è solo questo, che essa sconta sempre limiti ideologici e critici di fondo. D a un lato

1. Cfr. G. LUKACS, Pdrtkòltészet (Poesia di partito), nel suo voi. lrodalom és demokrdcia, Szikra, Budapest 1947, pp. 113-4 (ed. tedesca nel suo voi. Marxistnus und Stalinismus, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1970, pp. ~ I 2; trad. in Marxismo e politica culturale, l.inaudi, Torino I96S, pp. -iS 6)

l'assunto del causalismo, il suo rigido attenersi all'immediatezza degli effetti delle serie causali ne fa un'eredità tramandata dal materialismo illuministico, che neanche i progressi materialistici sui cessivi (I cucii», u li. < c i iiyscvskij) sono in grado di superare;

122

IL MARXISMO E LE ARTI

PRINCIPI DI METODOLOGIA

MARXISTA

123

dall'altro pesano su di essa le deformazioni del marxismo della

liniano (come provano le battaglie polemiche della "corrente"

II Internazionale, pure intriso di determinismo. Cosi, in luogo

facente capo al « L i t e r a t u r n y j k r i t i k » ) , e non solo entro i confini

della concezione marxista relativa al nesso dialettico tra classe

dell' Unione Sovietica.

e individuo, per la sociologia volgare vale lo schema della loro

Si tratta per vero di una questione di vecchia data. Storica-

identità meccanica; l'appartenenza dell'individuo a una classe

mente già Marx e Engels convivono con i prodromi dell'imporsi

vi opera deterministicamente, da necessità insormontabile, sic-

di formule come "arte a tesi" e "arte di tendenza", formule che

ché l'elemento umano, soggettivo, spirituale, su cui fa leva l'ar-

entrambi respingono subito, oltre che per la constatazione del-

te, finisce schiacciato in mezzo ai meccanismi anonimi operanti

la pochezza dei loro risultati artistici, già direttamente in linea

nella società. Tipico l'atteggiamento in proposito di Plechanov.

di principio, per la loro insostenibilità teorica. Esse nascono a

Come e quanto a fondo il sociologismo permei anche la sua cri-

rimorchio del tentativo di rispecchiare nell'arte i primi grandi

tica si vede bene a l l o r c h é egli esterna il convincimento che critici

movimenti di protesta anticapitalistica (rivolta dei tessitori della

antimaterialistici orientati in senso sociologico, come Hettner

Slesia ecc.), con echi anche nella letteratura del tempo. Senza qui

e Brunetière, vengono involontariamente incontro al materiali-

voler riandare alla polemica insorta tra Herwegh e Freiligrath

smo storico con il loro disvelamento proprio di c i ò che nel ma-

sull'impegno dell'artista, polemica di « i m p o s t a z i o n e puramen-

terialismo storico sarebbe il fine da provare: la « d i p e n d e n z a ,

te formalistica » (giacché Herwegh difende sì la necessità poetica

c a u s a l e » dell'arte dalla società , tema poi del suo saggio omoni-

della "tendenza", ma di una tendenza qualsivoglia), e senza nep-

mo del 1912-13. M a Plechanov è solo un esempio probante tra

pur riaprire il lungo e irrisolto dibattito in merito del marxismo

i tanti; la distanza da Plechanov di, poniamo, Bucharin non è

della II Internazionale , d'altronde necessariamente irresolubile

poi molta; e forme di sociologismo incapaci di sganciarsi da quel

a mezzo dei suoi principi, fermiamo per un momento l'attenzio-

1

1

« t r a t t a m e n t o sociologico della p o e s i a » a Bucharin tanto caro

ne, con Lukacs, sull'unico aspetto del problema che qui interes-

continuano a riscontrarsi anche p i ù tardi, durante il periodo sta-

sa, quello teorico-metodologico. Anche dove esso vien trattato, come in Mehring, non senza sensibilità per l'estetica, a capo se

1. G.W. PLECHANOW, Kunst undLiteratur, hrsg. von N . F . Beltschikow, Dietz Verlag, Berlin 1955, p. 178 (trad. nei swì Scritti di estetica, a cura di G . Pacini,

ne viene in realtà soltanto tramite il supporto dell'etica, la sublimazione dei valori dell'arte in valori che ne trascendono l'imma-

Samonà e Savelli, Roma 1972, pp. 156-7). Le dure critiche che in suo libro egli

nenza. Neanche Mehring è infatti « i n grado di indicare concre-

dirige a Cernysevskij (assenza di una teoria complessiva del sapere, contrad-

tamente che cosa sia una tendenza conforme ai fini d e l l ' a r t e » ;

dittorietà delle formulazioni, loro scarsa chiarezza, loro inconseguenza ecc.:

neanch'egli si disbriga dell'irresolutezza tra gli opposti poli dei

cfr. G. PLECHANOW, N.G. Tschernischcwskij. Eine literar-historisene Studie,

bisogni propri all'arte ("arte pura") e dell'"arte di tendenza".

J.H.W. Dietz, Stuttgart 1894, pp. 38 sgg.) non impediscono che talune di esse si ritorcano altrettanto contro di lui. Si faccia in generale conto, per questo aspetto, che sulla critica del marxismo della II Internazionale gravano pesantemente i debiti contratti con le generalizzazioni sociologiche del positivismo francese, soprattutto con Hippolyte Taine. Le regole « D e la m é t h o d e » da Taine esposte a conclusione del suo volume Les philosophes francais du XlXe siede (Hachette, Paris 1860 , pp. 317 sgg.) egli le trasporta poi tali e quali 2

nei suoi studi di estetica, Essais de critique et d'bistoire, Philosophie de l'art, ecc. (Cfr., per Plechanov, la pref. di M . ROSENTAL a Kunst undLiteratur, cit.,

Il limite di questa concezione - commenta Lukacs - è la posizione del problema della "tendenza" come problema del rapporto tra arte e morale. Il carattere soggettivistico ed idealistico della "tendenza" emerge allora in primo piano: la "tendenza" è una istanza etica, un dover essere (Sollen), un ideale che lo scrittore contrappone alla realtà; non tendenza (nel senso marxiano) della

p. x x n i ; S.H. BARON, Plekhanov: The Eather ofRussian Marxism, Stanford University Press, Stanford CA 1963, pp. 309-10; e anche, per l'influsso di Faine sulla critica, P. MoREAU, Paris I960', pp. 124-5.)

critique litlérairc

en l'ranee. Armami ( 'olili,

I. C i r . l'enden;kiin\l Debalte 1910-1912: Dokumente zur Literaturtheorie und 1 iteralurkrtlik dei ieinliilionareii detitschen Sozialdemokratie, h r s g . v o n T . Ilurgrl, Ak.ul. ini.

V. i III*. II. • In. I W . 7

124

IL MARXISMO

PRINCIPI DI METODOLOGIA

E LE ARTI

stessa evoluzione sociale, divenuta cosciente nel poeta, ma norma soggettiva che si pretende sia osservata dalla realtà . 1

MARXISTA

125

Quando poi un critico inglese gli domanda in tutta serietà che cosa egli immaginava che accadesse alla signora Alving dopo la caduta del sipario degli Spettri, « Ibsen rise » , racconta

M a se in estetica a prevalere deve essere sempre l'oggettività

il critico, « e col suo modo di pronunciare strascicato, melli-

immanente al prodotto d'arte, niente delle due formule ricor-

fluo e premeditato, disse: "Non lo so. Ognuno deve scoprirlo

date, "arte di tendenza" e "arte a tesi", resta in piedi. Nell'arte,

da solo. Io non mi sarei mai sognato di decidere una questione

secondo Engels, le "tesi" hanno un valore solo quando scaturi-

così difficile...''» . 1

scono - per far qui uso di categorie estetiche hegeliane - dall'in-

Se ora confrontiamo il superiore distacco di Ibsen con la

terno della "situazione" e "azione" dell'opera; quando sono

prassi battagliera di Dos Passos, ci accorgiamo subito di che cosa

cioè tesi dell'opera, non dell'autore che sull'opera le proietta.

in quest'ultima non va. D a combattivo, progressivo esponente

E la "tendenza" p u ò tutt'al p i ù valere come un analogon mor-

dell'epilogo estremo della beat generation, egli opera con l'in-

bido dell'"arte a tesi", secondo l'istanza etica testé criticata in

tento di spostarne la « p r o t e s t a radicale » , ma solo individualisti-

Mehring. Ogni altra pretesa di metodo che si orienti in direzione

ca, direttamente sul piano della società, in un modo che Alfred

delle formule della sociologia volgare porta inevitabilmente fuo-

Kazin descrive così:

ri strada. Un paio di esempi tratti dalla storia letteraria possono illu-

Protagonista della sua opera è ormai la società, quella società vittima del dolore e del senso immanente di condanna di cui gli individualisti della generazione bruciata erano stati fino allora le vittime solitarie. Per lui la generazione bruciata diventa tutte le generazioni bruciate, dal principio dell'era moderna in America in poi; tutte quelle che si sono sentite perire nel fuoco della guerra, o lottando su per le balze ghiacciate del capitalismo moderno .

strare bene, l'uno in opposizione all'altro, Vimpasse creata dalle inconseguenze del complesso problematico di cui sto parlando. L'uno attiene alla sapiente coscienza critica di Ibsen; l'altro all'insipiente prassi letteraria di Dos Passos. Soggettività e oggettività dell'opera d'arte stanno in Ibsen sempre ben distinte. Egli ha chiarissimo che i personaggi di un dramma vivono di vita

2

propria, senza bisogno che - anzi escludendo che - l'autore li forzi con le sue idee e i suoi intenti. Subito dopo le polemiche suscitate dagli Spettri, così scrive a Sophus Schandorph, un intellettuale della cerchia di Georg Brandes:

In The Big Money, terza e ultima parte della trilogia U.S. A. (1931-36), dove figura anche un ritratto a tutto tondo dell'economista Thorstein Veblen (con la sua « t e n d e n z a a mettersi dalla

Si cerca di rendermi responsabile delle opinioni, espresse da taluni personaggi del dramma. Eppure non c'è in tutto il testo una sola opinione, una sola enunciazione da parte dell'autore. Anzi me ne sono ben guardato. Il metodo, il genere di tecnica che sta alla base formale dell'opera, proibisce assolutamente di per sé che lo scrittore faccia capolino nelle battute. Il mio intento è stato di suscitare nel lettore l'impressione di vivere, nel corso della lettura, uno squarcio di realtà. Ma niente contrasterebbe di più quest'ultimo intento dell'introduzione delle opinioni dell'autore nel dialogo .

parte dei lavoratori invece che con la classe p r o f i t t a t r i c e » ) , gli squarci apertamente rivoluzionari dell'episodio dell'incontro di Mary French con Ben Compton oppure le pagine delle sezioni documentaristiche, a esempio quelle sulla carriera di Henry Ford, contengono requisitorie anticapitalistiche così forti da far impallidire ogni naturalismo positivistico alla Zola. Tanto p i ù sensibile ne appare il loro limite, in quanto le sezioni documentaristiche stanno - anche strutturalmente, sotto il profilo letterario

2

1. LUKACS, Mùvészet és tdrsadalom, cit., p. 118 (trad., I, p. 105).

1. Ibiti.yy. 1 I O I

2. Lettera da Roma del 6 gennaio 1882, in IBSF.N, Vita dalli- Iclli-n-, cit., |>.

2. A . K A Z I N , OH

108.

na,

Nativi- in nini,h |

1942], clic c i t o dalla t r a d . d i M . Santi Fari-

Sfnii.i dilla Itili-ialina ,inn i n .ma.

1 . o i i g . m e s i cW (

Milano

I

9 S 2 , |>. 4 3 0 .

126

IL MARXISMO E LE ARTI

PRINCIPI DI METODOLOGIA

- fuori dall'ambito narrativo, come sezioni a sé stanti; le requisi-

MARXISTA

127

Naturalmente l'unica p a r t i t i c i t à immaginabile per l'arte è quella

torie intervengono così dall'esterno, senza formare componenti

connessa alla sua immanenza e a c i ò che questa immanenza di per

organiche dello sviluppo interno del racconto. Anche Kazin, che

sé svela. Essa non è altro se non il riconoscimento che la natura

pure ne esalta a torto la « f o r z a » - « q u e l l a forza dell'arte, che sa

processuale della realtà oggettiva, sia naturale che sociale, ha in

saldare insieme tante vite e farle vivere così intensamente, men-

sé una direzione di sviluppo; che l'arte, rispecchiando la realtà,

tre ci sfilano d a v a n t i » - deve sconsolato ammettere dell'insieme

ne rispecchia anche, accentuandolo, il processo immanente; che

del romanzo: « m a per il resto è un'ecatombe brillante, è uno dei

dunque in quest'ambito p a r t i t i c i t à significa « e s c l u s i v a m e n t e la

romanzi tragici p i ù freddi e p i ù meccanici che e s i s t a n o » '.

presa di posizione verso il mondo rappresentato quale essa pren-

Insomma, il problema concernente l'autonomia dell'esteti-

de forma nell'opera con mezzi a r t i s t i c i » '.

ca non si risolve per nessuna delle due vie dell'alternativa in di-

A l centro della teoria marxista del rispecchiamento estetico

scussione, né per la via idealistica né per quella sociologica, bensì

passa così quella peculiare istanza di oggettività del marxismo, per

solo grazie al «tertium

datur della soluzione materialistico-dia-

cui il rispecchiamento della realtà oggettiva non solo non esclu-

lettica » offerta dal marxismo. Essa consiste proprio in ciò, che

de, ma anzi coinvolge una presa di posizione di parte. Nello stesso

mentre vengono respinti con energia i falsi estremi in cui incappa

modo in cui Lenin considera partitica 1 ' « o g g e t t i v i t à intensifi-

la teoria estetica della II Internazionale, l'"arte per l'arte" (for-.

cata » del materialismo storico, il rispecchiamento che ha luogo

malismo decadente) e P"arte a tesi" (propaganda, agitazione), si

nell'arte intensifica la realtà ritratta. Per questo la vera sostanza

assegna in pari tempo al rispecchiamento artistico il compito di

ideale di ogni opera d'arte Lukacs la vede espressa nella « l o t t a »

venire a capo della dialettica di fenomeno ed essenza insita nella

di conquista, da parte del creatore, di ciò che gli appare come este-

realtà oggettiva. Chiaro che ogni volta che si parla di oggettività

ticamente significativo, irrinunciabile per l'effetto artistico:

per l'arte se ne parla come di una determinazione specificamente artistica, dotata di tutti i crismi che l'arte richiede. In primis, tra questi, sta la p e r s o n a l i t à dell'autore. Il processo soggettivo che la porta a realizzazione possiede una dinamica voluta, impressa, indirizzata dalla p e r s o n a l i t à dell'autore. Rispecchiare significa ed esige il guardare in un certo modo a una certa cosa, secondo una certa prospettiva. Come il pittore ritrae un vaso o un volto

Così la realtà rispecchiata e plasmata dall'arte, presa nel suo insieme, implicafindal primo momento, già una presa di posizione di fronte alle lotte storiche del presente in cui vive l'artista. Senza questa presa di posizione non gli sarebbe possibile prendere per oggetto del lavoro artistico come particolare caratteristico proprio questo e nessun altro momento della vita . 2

dall'alto o dal basso o di profilo, così il romanziere tratteggia con simpatia, antipatia, indifferenza ecc. i suoi personaggi. Persino

C i ò vale, si capisce, per ogni genere d'arte, la letteratura come il

il p i ù 'obbiettivo' degli autori - l'autore che p i ù crede di essere

teatro, la pittura come la musica; per l'effusione Urica in poesia come

tale - colora inevitabilmente la rappresentazione di tratti o tona-

per la concentrazione di unritratto,sia esso pittorico o musicale.

lità particolari, che si contraddistinguono rispetto a quelli messi in rilievo da altri autori. Il risultato finale segnala e consacra ("aura") l'originalità della scelta; riferendosi a Lenin, ma in un senso che non comporta nulla di ideologico, Lukacs parla dell'effetto così ottenuto come di una « p a r t i t i c i t à d e l l ' o g g e t t i v i t à » . 2

1. Ibid.,

P

P

. 450-1.

2. LUKACS, Muvészet és tdrsadalom, cit., p. 158 (trad., I, p. 16.'). IVi il rimando liik.u siano a Lenin, cfr. V.I. Li NIN, Sull'arie e la lei7iraiut.i. I d Progress,

Mosca 1977, p. 62 (= Opere complete, cit., I, p. 412); su questo specifico senso di « p a r t i t i c i t à » , cfr. anche, di L U K A C S , Tendenzoder Parteilichkeit? [1932], in Essays iiber Realismus, cit., pp. 29-34; Friedrich Engels als Literaturtheoretiker, cit., pp. 70-1 (rist., pp. 522-3); e i passi del volume sulla Besonderheit che cito qui di seguito. 1. L U K A C S , Il ber die Besonderheit als Kategorie der Àsthetik, in Probleme der Àsthetik (Werke. Itd. 10). i il., |>. 7 1 0 (ed. ungherese, A kulònóssegecc., cit., p. 2 4 3 ; trad., p. I 8 S ) 2. ibid., pp. 71.' iiiiLfli.p 16; n.id, pp. 187 8).

128

II MARXISMO

PRINCIPI

E LE ARTI

Infatti - prosegue Lukacs - tutti i lineamenti dell'uomo, anche se è rappresentato isolatamente, portano in sé le tracce del suo destino, delle sue relazioni con gli uomini che lo circondano, dell'esito delle tendenze che muovono la sua vita interiore. Così ogni artista, prendendo a soggetto - direttamente o indirettamente - i destini degli uomini, deve anche prendere posizione di fronte ad essi; basta richiamarsi ai ritratti di Rembrandt . 1

"Partiticità dell'arte" e "arte a tesi" o "di tendenza" non sono p e r c i ò la stessa cosa. Le differenzia il diverso grado di immanenza del loro rapporto con l'oggetto: queste ultime, che nella struttura oggettiva del reale - del reale artistico - si immettono come idealità provenienti dall'esterno; l'altra, che sta in accordo con le leggi di sviluppo, orientate in una certa direzione, su cui la struttura del reale artistico si fonda. Ne deriva che in ogni rispecchiamento artistico riuscito partiticità e oggettività si corrispondono reciprocamente e tendono anzi, in ultima istanza, a sovrapporsi, a coincidere tra loro. A due altre e ultime deduzioni dalle premesse di metodo voglio qui ancora, concludendo, accennare brevemente. La prima, riguardante la questione del metodo in relazione al "mezzo omogeneo", la introduco solo per mostrare che va messa subito da parte. C 'è pure un motivo se tutte le indagini metodologiche precedenti sono state sempre condotte in senso generale. La metodologia generale dell'arte non conosce aspetti o tratti di indagine specifica a seconda della specificità delle arti. Che cosa debba fare nello specifico la critica di ogni arte, come essa debba adattare a quell'arte quanto prescritto in generale, su questo la metodologia non p u ò pronunciarsi. Come sfera della generalità

DI METODOLOGIA

MARXISTA

129

quando, poniamo, due diverse arti (architettura e scultura, scultura e pittura, letteratura e musica) concorrono insieme a uno stesso fine, oppure quando uno stesso suggerimento di metodo p u ò applicarsi a p i ù arti per analogia. Molta maggiore attenzione merita invece, metodologicamente, un secondo punto, tanto p i ù in quanto gli equivoci vi sono frequenti. M i riferisco agli interrogativi mal posti sul ruolo della tecnica e sugli influssi del progresso tecnologico nell'arte. Circa la tecnica non ho a ragion veduta finora detto nulla, se non - cursoriamente - per il cenno anticipato in sede di definizione dell'assetto strutturale dell'opera d'arte. Là, parlando d e l l ' i n - s é dell'opera come di un che di già realizzato, si è omesso il riferimento all'ovvio corollario che ogni realizzazione implica di necessità una prassi realizzativa, la mediazione di una procedura tecnica idonea; e si è potuto farlo senza danno, in quanto - come là spiegato - tutto ciò che nell'arte ha rilevanza, tutto c i ò che concerne da presso la forma artistica, appartiene intrinsecamente alle categorie dell'estetica. La tecnica non è una categoria estetica né si lascia dominare dall'estetica come disciplina. Ha certo anch'essa interrelazioni con l'estetica, ma estrinseche, non di genere immanente. La si potrebbe definire in breve come l'insieme dei procedimenti a mezzo dei quali la forma viene espressa. Presuppone dunque che la forma sia già raggiunta; non entra come fattore costitutivo del processo della creazione artistica. Il valore artistico di un'opera - lo ha già ben rilevato il sociologo Arnold Hauser - non dipende dalla natura del mezzo tecnico impiegato dall'artista, ma esclusivamente dal modo in cui egli Io impiega'.

dei principi, essa lascia che - nel rispetto dei principi generali la critica di ogni singola arte o di ogni gruppo d'arti sussumibili

D i qui non solo la differenziazione di forma e tecnica, ma

sotto un unico mezzo omogeneo porti a esecuzione, entro quel

- punto polemicamente messo a fuoco da Gramsci e Lukacs nel-

mezzo, il compito metodologico richiesto, senza p e r ò che questo

le recensioni al Lehrbuch di Bucharin - anche il loro contrasto

equivalga mai alla pretesa di una metodologia specifica propria.

di principio rispetto alla loro essenza (sebbene naturalmente

(Vedremo p i ù avanti quali conseguenze negative, formalistiche,

nella concretezza del prodotto artistico sussista un interscam-

si ingenerino nella critica da una pretesa siffatta.) Saranno tutt 'al

bio fecondo tra esse). Se la tecnica ha una tendenza immanente

p i ù possibili suggerimenti indiretti, trasversali, come avviene I. A . I IAUSI H. / «• /«•. 880).

154

IL MARXISMO

E LE ARTI

PRINCIPI MARXISTI DI STORIA E CRITICA DELLE ARTI

155

e in Lenin, in Lukacs, in tutti i più seri studiosi marxisti militanti

per la saldatura tra le idee e l'ambito politico, istituzionale e

torna di continuo, insistito, un consimile afflato circa l ' u n i t à di

culturale donde esse provengono, per il coinvolgimento nelle

principio esistente tra studio, sapere, cultura e processo di uma-

battaglie ideali degli uomini di quelle che sono le esigenze di

nizzazione dell'uomo. Che l'umanesimo di Cernysevskij sconti

trasformazione e rinnovamento dei loro concreti rapporti di

l'arretratezza economica della Russia zarista, che si muova « n e l -

vita. Esempi probanti di che cosa significhi per il marxismo

lo spazio ristretto del suo "democratismo" c o n t a d i n o » ' , non ha

un tal genere di militanza (capace di fare della cultura un'ar-

grande importanza; l'importante è che esso impregni di sé e pla-

ma della militanza e della militanza un'arma della cultura) li

smi l'indirizzo della critica. Per il marxismo si tratta di una ere-

offrono nomi di critici quali Mehring, Gramsci, Lukacs, signi-

d i t à di non poco conto, da inglobare responsabilmente.

ficativi anche per la posizione eminente che essi occupano nella

Un punto è in ogni caso fuori questione: la critica del critico

storia del movimento operaio e nel quadro della maturazione

marxista non p u ò restringersi e rinchiudersi entro un contesto

e propagazione del marxismo: Mehring come direttore della

di dispute accademiche. L o impediscono il patrimonio delle sue

rivista « D i e neue Z e i t » , divenuta il centro riconosciuto della

idee, organizzate in ideologia, e la natura delle sue funzioni. Per

battaglia culturale proletaria; Gramsci come grande leader di

via di tali idee e funzioni, il critico marxista risponde a obblighi,

partito capace di essere altresì un grande interlocutore cultura-

incarichi, compiti precisi. L o fa, è vero, non da funzionario, da

le; p i ù ancora Lukacs, come figura di un prestigio intellettuale

burocrate, ma da intellettuale; la sua intellettualità non è p e r ò

guadagnatosi a livello internazionale. Pochi altri pensatori del

un'intellettualità disimpegnata; è l ' i n t e l l e t t u a l i t à corrisponden-

suo tempo, che io sappia, hanno quanto lui fatto della militan-

te ai requisiti di una cultura che ritiene di dover intervenire di

za l'ininterrotto stimolo operativo nell'ambito del loro cam-

continuo sul giuoco di influenze e controinfluenze comunque

po di studi prediletto, senza per questo mai tradire l'essenza

attive nella società, cioè appunto di una cultura militante. Ora

dei valori da salvaguardare come fini autonomi della cultura, si

impegno e militanza significano lotta senza quartiere contro i

tratti di scienza, di filosofia o di arte. Mai nelle sue prese di po-

loro opposti: contro l'indifferentismo, contro il qualunquismo,

sizione critico-scientifiche e critico-estetiche prevale la tenden-

contro l'assenteismo, contro quel filisteismo piccolo-borghese,

za a un'esasperazione soggettivistica o propagandistica, a una

sempre schiavo delle mode, dove la registrazione passiva della

pretesa palingenetica, a uno scatenato settarismo; vige piutto-

communis opinio prende sistematicamente il luogo dell'esame

sto in esse - per usare le parole che lui stesso usa polemizzando

critico di una tale opinione ("immaginario collettivo"); dove si

con il Bloch utopico - « i l sobrio pathos della reale conoscenza

celebra il perenne trionfo dei luoghi comuni p i ù estemporanei,

r i v o l u z i o n a r i a » . La quale « c o n o s c e n z a r i v o l u z i o n a r i a » com-

volta a volta gratificati come il non plus ultra dell'ultima moda,

porta a sua volta la consapevolezza delle implicazioni di natura

naturalmente sostituiti di lì a poco con altri luoghi comuni nuo-

ideologica della cultura in duplice senso: nel senso del ricono-

vi, di analoga inconsistenza.

scimento che l'ideologia e la prassi politica debbono fare alla

Una militanza così intesa è connaturata alla critica mar-

1

cultura circa l'efficacia del suo ruolo militante; e in quello del

xista. Tramite le tesi del materialismo storico, storia ideale e storia reale le si ridisegnano dinnanzi sempre come comparti non separati n é separabili; sempre vigile in essa sta l'attenzione 1. LIFSCHITZ, Die philosopbische Anschauungen Tschernyschewskis, cit., p. 209 (giudizio, questo, condiviso anche dalla critica liberal-occidcntalc: cfr. W.F. WoEHRLIN, Chernyshevskii: Un-Man and the fourualist', I larvarli University Press, Cambridge Mass. 1971, pp. 209 IO).

1. G. L U K À C S , Die Erhschaft dieserZeit [ 1935], nella raccolta dei suoi Esztétìkai iràsok 1930-1945, a cura di L . Sziklai, Kossuth Kònivkiadó, Budapest 1982, p. 150 (ed. tedesca, Ernst Bloch und Georg Lukacs. Dokumente zum 100. Gehurtstag, hrsg. von M . Mesterhàzi/G. Mezei, M T A Filozófiai Inté/ei-l.ukàis Animimi, Hud.ipesr 1984, p. 252; trad. con il titolo L'eredità di ,/uest 'epoca, in < •. I in» Ai s. Intellettuali e irrazionalismo, a cura di V. Franco, I I S, Pisa 198 I. |. .'90

156

IL MARXISMO E LE ARTI

PRINCIPI MARXISTI DI STORIA E CRITICA DELLE ARTI

157

condizionamento ideologico che la cultura subisce in dipen-

quale non possono venire se non suggerimenti parziali, ancor-

denza della sua posizione e delle sue scelte di classe.

ché talora proiettati in direzione altra rispetto alla letteratura:

È precisamente lungo questa via che diviene legittimo parla-

come avviene quando, nell'ambito della critica d'arte figurativa,

re di un ruolo della lotta di classe anche nella scienza, nell'arte,

si compie il tentativo di valorizzare la lotta di classe sotto forma

nella cultura in generale. G i à anteriormente al 1848, punto d'av-

di « i d e o l o g i a p e r i m m a g i n i » ' , tentativo purtroppo fuorviante,

vio dello scontro tra borghesia e proletariato, Marx e Engels ne

a causa dell'arruffio sgangherato delle sue basi teoriche di soste-

additano l'incidenza sulla creazione della scienza sociale classica

gno. Analogo ripensamento sociologico della locuzione, fronte

della società borghese, l'economia politica; e non è per noi di se-

a fronte con il romanzo, tenta l'americano Markels in un testo

condaria importanza che entrambi vengano corredando le loro

dove, facendo perno sulla categoria marxiana di « immaginazio-

analisi economico-politiche con continui rimandi alla storia del-

ne l e t t e r a r i a » , la ricerca si muove con questo duplice intento:

la cultura, alla filosofia in primo luogo, ma anche alla letteratu-

« p r i m o , identificare singolarmente una campionatura rappre-

ra e alla storia dell'arte tutta quanta. Nell'arte specialmente la

sentativa di opere letterarie che lottano nel senso della imma-

narrativa e il dramma offrono per la trattazione del problema un

ginazione di classe così essenziale per il marxismo; e, secondo,

terreno privilegiato. Notorio che il moderno romanzo borghese

suggerire talune implicazioni di questa lotta, utili a comprendere

si costruisce intorno a situazioni che portano a evidenza il ruo-

il rapporto della letteratura alla cultura e alla società » . Limite

lo giuocato dagli scontri di classe. Anche dove i rapporti socia-

pregiudiziale e insuperabile di un tal genere di lavori resta che la

2

li dominanti sono arretrati, come in Russia, fortissimo è il loro

dimensione sociologica assorbe in sé e soffoca quasi del tutto la

influsso sulla delineazione dei personaggi di drammi e roman-

dimensione estetica, sicché - esteticamente parlando - essi la-

zi; si pensi ai personaggi maschili di Anna Karenina (Karenin,

sciano il tempo che trovano.

Konstantin Levin) o alle parole che nel Cadavere vivente Tolstoj

La critica marxista deve saper fare, con i propri mezzi, infi-

mette in bocca al suo protagonista, Fedia Protasov, un gentiluo-

nitamente di p i ù . Se si dà un rapido sguardo indietro ai capisaldi

mo decaduto: "Per tutti noi, del nostro ambiente, nel quale sono

della sua storia, giustificazioni almeno generiche dell'incidenza

nato, non ci sono che tre partiti, tre soli: la carriera burocratica,

sull'arte di questo complesso problematico le troviamo già ra-

ammassare danaro, accrescere quel sudiciume nel quale si vive".

gionevolmente formulate da Plechanov, sebbene le conseguenze

Cercare la lotta di classe nella lirica elegiaca o nella pittura di

che egli poi ne trae appaiano inaccettabili. Egli dice, a proposito

paesaggio certo è p i ù difficile; ma non impossibile indagare il re-

dell'analisi del rapporto tra arte e realtà nello studio omonimo

troscena da cui, tramite molti nessi mediani, deriva nell'artista

di Cernysevskij :

lo stimolo a quel genere di creazioni. Lo si è d'altronde fatto in pittura per Rembrandt, in letteratura per H ò l d e r l i n e per Leopardi: casi estremi, irripetibili, ma proprio per questo tanto p i ù sintomatici. Che nella critica una locuzione come lotta di classe trovi di norma pochissimo spazio, e che, quando Io trova, raramente lo trovi nel senso giusto, naturalmente non stupisce. Il campo di ricerca cui qui si fa riferimento sta in tutto e per tutto al di là non solo della tradizione critica ordinaria ma persino della sfera della marxologia borghese (Ernst Fischer, Iring Fetscher, Jiirgen Habermas, sotto certi aspetti anche la marxologia di Blixli), dalla

I concetti umani di bellezza si manifestano nelle opere d'arte. Questi concetti sono, come noi vediamo, molto diversi nelle diverse classi sociali, quando non siano anche contrapposti. La classe che in una certa epoca domina nella società domina anche nella letteratura e nell'arte. In queste essa porta a espressione la sua visione del mondo e i suoi concetti. Ora però in una società 1. Cfr. il lavoro di N . HADJINICOLAU, Histoire de l'art et lutte de dasse, Francois Maspcro, Paris 1973. 2. I. M A H K I I S. llu Mai \ian Imaginatioti: Representing Class in Literature, Monililv K c v K - w l'i. ss. N. iv Vini, >()()), p. 12.

158

IL MARXISMO E LE ARTI

PRINCIPI MARXISTI DI STORIA E CRITICA DELLE

che si sviluppa dominano classi diverse in diversi tempi. Inoltre ogni classe ha anche la sua propria storia: essa si sviluppa, perviene a fioritura e al dominio e giunge da ultimo alla suafine.Mutano corrispondentemente le sue vedute letterarie e i suoi concetti estetici. Di qui le diverse vedute letterarie e i diversi concetti estetici nella storia: i concetti dominanti in una certa epoca sono in un'altra già invecchiati . 1

L'aspetto del giuoco vicendevole del dominio di classe, con le lotte che ne derivano e i riflessi che si determinano sul terreno della cultura, lascia intrawedere a Plechanov anche il giuoco di condizionamenti volta per volta subiti dai concetti estetici e dalle lotte per l'affermazione di questa o quella linea di tendenza dello sviluppo artistico. M a è solo molto p i ù avanti, all'altezza della m a t u r i t à marxista di Lifsic e Lukacs, che la questione prende per la critica la piega che deve prendere. A l di là degli schematismi, dei settarismi ultrasinistri, della scolastica pseudomarxista, guadagna sempre p i ù campo nel marxismo l'idea della lotta di classe come fattore culturale di continuo attivamente all'opera. Lifsic ne estende senz'altro l'ambito operativo a tutt'intera la storia dell'umanità:

ARTI

159

quella della lotta di classe nella cultura, la presa di consapevolezza piena, da parte del marxismo, di un problema che non è soltanto suo: Noi marxisti sappiamo - scrive - che la letteratura è una parte, un prodotto e al tempo stesso un'arma della lotta di classe. Un prodotto peculiare e una peculiare arma [...]. Cioè a dire, la letteratura è una parte, ancorché una parte peculiare, del fronte ideologico di lotta del proletariato. Il metodo creativo della nostra letteratura sorge dalle lotte di classe - ancorché in modo peculiare - altrettanto del metodo della conoscenza, altrettanto della concezione del mondo del proletariato. Questo metodo creativo, che poggia sulla dialettica materialistica, sulla nostra concezione del mondo, è perciò altrettanto l'erede di tutti i contenuti, i metodi, le tendenze progressive, rivoluzionarie, dello sviluppo umano avutosi fin qui, come le altre parti della nostra forma ideologica di lotta . 1

Proprio lì si vede bene come la lotta di classe, al pari dell'ideologia, non sia niente di specifico del marxismo, ma solo un tratto - certo nel marxismo accentuato - di quanto la storia generale della cultura presenta sotto forma di "eredità culturale":

La lotta di classe nella letteratura è la lotta delle sue tendenze legate al popolo contro l'ideologia del dominio e della schiavitù, contro il torpore religioso, la rozzezza primitiva, la trivialità raffinata, la leziosaggine servile. E questo tener fermo al punto di vista di classe lungo l'intera storia dell'arte mondiale non significa affatto ripartire le opere d'arte per gruppi sociali diversi. No, ciò significa sottoporre l'eredità del passato a un'analisi reale, concreta, e, dopo che se ne è valutata tutta la grandezza che le spetta, afferrare tanto le contraddizioni come anche le penose divagazioni della storia dell'arte, per giudicarle dal punto di vista della chiara divisione di classe che ne consegue, dal punto di vista della lotta proletaria del presente . 2

La specificità della letteratura può anche in questa questione consistere soltanto in ciò, che essa batte in modo specifico la stessa via che Marx, Engels e Lenin ci hanno esemplarmente mostrato riguardo ai campi dell'economia, della filosofia ecc.: la via dell'appropriazione e della rielaborazione dialettico-materialistica delle più preziose conquiste dello sviluppo umano fino a oggi . 2

Ammissioni un po' reticenti della cosa vengono talora persino da interlocutori schierati su posizioni dichiaratamente avverse a quelle del marxismo, come sono i critici dei cultural studies americani. Una loro esponente, Esther Leslie, chiude così il saggio che dedica allo scontro del marxismo con quel

Sulla stessa linea di pensiero di Lifsic, Lukacs sostiene e di-

tipo di studi:

mostra, congiungendo la questione della "eredità culturale" con I . ( ì . I .UKÀCS, /)./> libi- in Air 1 iterai tir \ 1932], in appendice a K L E I N , Georg 1. PLECHANOW, N.G. Tscbernischewskij, cit., p. 57. 2. l.l i-se m r/, Der I eiiinisniiis

unii ili,- Kiinslkrilik.

i il., p.

I nkaes in Berlin. • n . p !p. 27. W.

1. S. KRACAUER, Jacques Offenbach und das Paris seiner Zeit [1937], Werke, Hd.8, hrsg. von I. 11. Il« . Sulu kamp, Frankfurt a . M . 2005, p. 2051. T u . M A N N , Ruhaid H'.ignei und der Ring der Nibelungen» [1937], nel suo voi. Idei de* der Nibelungen,

piegandola a fini

206

II MARXISMO E LE ARTI

PRINCIPI MARXISTI DI STORIA E CRITICA DELLE

ARTI

207

manifestamente reazionari. « W a g n e r u s ò mitologia e saga per

riscontrato l'esistenza di norme oggettive che li regolano; con

creare drammi musicali che, a dispetto del, o a causa del, loro

l'aiuto del fattore storico, cioè con la storicizzazione delle nor-

pessimismo aggravarono in ultima istanza l'impotenza politica

me, la critica deve anche sotto questo aspetto saper convertire

della borghesia t e d e s c a » , denuncia Kracauer ; e peggio ancora

le norme in prassi. D i v e r r à così possibile far chiarezza sul peso

avviene p i ù tardi nella Germania di Weimar, presso gli epigoni

storicamente diverso che i diversi generi acquistano o perdono

del culto delle saghe. Die Nibelungen (1923-24), adattamento

nel corso del tempo. Come un certo tipo di pittura, certe forme

1

filmico in due episodi della saga germanica, realizzato da Thea

musicali, soprattutto le differenziazioni nella sfera della lettera-

von Harbou e Fritz Lang, si inserisce nel quadro delle tante mes-

tura (drammaturgia, lirica ed epica, nell'epica novella e roman-

se in scena weimariane di opere di H à n d e l , Hebbel e Wagner,

zo) vengano imponendo il loro peso nel tempo, tutto c i ò acqui-

portandosi dietro le loro stesse deformazioni prospettiche: mo-

sta contorni definiti solo alla luce della verifica critica sul terreno

n u m e n t a l i t à , gigantismo scenografico, esasperazione della fun-

dei generi. Se teniamo presente quanto argomentato dei generi

zione mistificante del mito, intesa ad accreditare e approvare la

in sede di teoria (cfr. cap. II, § 3), ne conseguono direttive corri-

p i ù sciagurata, irrazionale e retriva e r e d i t à romantica. G i à Hegel

spondenti per la critica. Tanto i generi mediano la p r o d u t t i v i t à

esprime forti riserve verso la poesia pseudo-epica di quel genere

della creazione artistica, regolandola in modo che essa appaia co-

di saghe. Contro le loro messe in scena teatrali e filmiche valgono

erente con gli oggetti o i processi rappresentati, altrettanto la cri-

- naturalmente con molte aggravanti - le argomentazioni svol-

tica verifica sia l'appartenenza dell'opera al genere rispettivo, sia

te da Hegel: che cioè vi « m a n c a la r e a l t à determinata di un sal-

la coerenza e riuscita dell'esito finale. Mai e poi mai, p e r ò , questa

do terreno intuibile, cosicché [...] il racconto tende già verso un

verifica offre alla critica un alibi opportunistico; mai e poi mai

tono da s a l t i m b a n c h i » ; che gli avvenimenti di cui si tratta « p e r

essa sostituisce la critica stessa. Il semplice accertamento della

la coscienza nazionale sono solo storia passata completamente spazzata via dal t e m p o » ; insomma, che la veste pseudo-epica 2

resta soltanto una veste, senza rapporto organico con c i ò su cui si fonda ogni vera epopea, lo spirito del popolo. In riferimento alle saghe nordiche, se ne rende ben conto Ibsen ancor prima di segnalarsi tra i drammaturghi di punta, come risulta dalla sconfessione esplicita che ne fa in una lettera a Bjornson:

sussumibilità dell'opera sotto un genere non ne certifica mai ipso facto anche il valore. Con c i ò , mi rendo conto, non risulta stilato che un elenco di questioni particolari. M a anche si risalisse alla congerie di tutte le altre questioni del campo, la prospettiva resterebbe pur sempre la stessa: che cioè da condizione pregiudiziale affinché la critica operi correttamente in funzione storica fa che questa sua o p e r o s i t à sfrutti altresì a ogni momento la storia in funzio-

Sulla nostra antica storia possiamo ora tracciare un frego; i norvegesi di oggi non hanno evidentemente a che fare con il loro passato più di quanto i pirati greci abbiano con la schiatta che salpò alla volta di Troia, sostenuta dagli dei'. Il fattore storico ha infine influenza anche sull'atteggiamento della critica verso i generi artistici. I generi non si lasciano manipolare a piacere dalle mode o dai capricci dei critici. Abbiamo 1. KRACAUER, Jacques Offenbach, cit., p. 187. 2. HEGEL, Jsthetik, cit., pp. 9 5 0 - 2 (trad., pp. 1181-3). 3. Lettera del 16 settembre 1864, in IBSEN, Vita dalle lettere. « n., p. 2K.

ne critica. Per il marxismo (materialismo storico) si tratta di una via obbligata. Se esso vuol perseguire i suoi fini con rigore, se i principi teorici cui fa appello non ammettono si prescinda dai due campi categoriali che ne innervano i l metodo, immanenza e s t o r i c i t à , allora questo suo apparato di categorie diviene portante e determinante anche per la critica. D i qui l'inevitabile presa d i distanza, il dissenso, lo scontro del marxismo nei confronti di ogni tipo di critica insensibile alla questione, in specie di quella la cui prassi, per un verso o per l'altro, viola subdolamente i pritu ipi storico-immanenti oppure li combatte senz'altro a viso .ipeito.

208

II MARXISMO E LE ARTI

PRINCIPI MARXISTI DI STORIA E CRITICA DELLE ARTI

209

D i questo confronto-scontro del marxismo con le svariate

l'occupare interamente la scena. Il vecchio storicismo, Io storici-

correnti antistoricistiche attive nella critica mi limiterò di segui-

smo classico, cercava di scoprire, interpretare e spiegare la storia

to a uno schizzo sommario, puramente esemplificativo, p o i c h é ,

risalendo alle « v e r e forze motrici della storia nella loro realtà

stante la natura del presente lavoro (che non è quella di una sto-

o g g e t t i v a » (Lukacs); il nuovo antistoricismo, quali che ne siano

ria della critica), non riesce nemmeno ipotizzabile il proposito di

il baricentro e le fonti filosofiche, dalla storia oggettiva devia in

fornire un diagramma completo della t o t a l i t à del quadro. A in-

modo sempre p i ù marcato, fino al risultato di una sua pressoché

teressare è qui solo come in risposta si atteggia la polemica mar-

totale sostituzione con il prodotto dell'arbitrio soggettivistico.

xista. Nel suo asse principale essa investe le correnti della critica

A modello principe di questa «falsificazione apologetica della

che, quand'anche non si affidino puramente e semplicemente ai

s t o r i a » Lukacs eleva l'antistoricismo di Nietzsche, divenuto così

musageti della reazione culturale mondiale, inclinano comunque

influente da rappresentare il retroterra ideologico - espresso o

verso forme di antistoricismo, di sprezzo della considerazione

segreto - della p i ù gran parte degli indirizzi teorico-storiografici

storica: o verso un generico rifiuto del sussidio della storia nelle

a lui posteriori.

argomentazioni critiche; o verso la promozione di orientamen-

Per le nostre considerazioni è indispensabile tenere sempre

ti artistici e opere la cui natura accusa de visti la perdita di ogni

presente questo retroterra. Antistoricismo, soggettivizzazione

rapporto dell'arte con la storia reale; oppure ancora versp quel-

della storia, liquidazione in storia della dialettica non sono per

la modernizzazione storica del passato - sempre combattuta da

nulla faccende riguardanti solo il postmodernismo dei nostri gior-

Marx - che interpreta e deforma la storia alla luce dell'attualità.

ni. Quali e quanto importanti antecedenti essi abbiano lo prova lo

N o n sto parlando unicamente, si badi, di fenomeni venuti in

sviluppo filosofico del Novecento. I suoi primi decenni testimo-

essere ora. La crisi del concetto di storia risale a ben più indietro.

niano, da Dilthey a Simmel, da Husserl a Scheler, da Benjamin a

G i à le principali tendenze storiografiche posteriori al 1848 ap-

Kracauer, fino - per certi tratti - anche a Bloch, un fervore con-

piattiscono e annacquano il progresso in un che di linearmente

tinuo, un imperversare di epistemologie "costruttivistiche", che

continuo, senza p i ù contraddizioni, di modo che esso divenga

insieme con il reale trascinano con sé anche il destino della sto-

socialmente compatibile con il liberalismo di compromesso fa-

ria. E parimenti avviene per la dialettica. La "differenza" in luogo

vorito dallo sviluppo capitalistico; del tutto in analogia con l'ap-

della dialettica fa già la sua comparsa all'interno della dialettica di

piattimento e l'annacquamento del concetto filosofico di svilup-

Croce, segnando il punto del suo massimo sviamento da Hegel. In

po determinatosi, a seguito del crollo della filosofia di Hegel,

Heidegger, dove la dialettica scompare del tutto, compare al suo

dalla scomparsa della dialettica. L'affermarsi di concezioni sto-

posto la "differenza ontologica"; e per questa strada il differenzia-

riografiche come quelle di Ranke, Droysen, Burckhardt, o poi

lismo discende poi lungo la filosofia francese del secondo Nove-

quella di Taine, e, nell'arte, di modelli corrispondenti (modello

cento, da Foucault a Derrida e a Deleuze, con ulteriori rigurgiti

Burckhardt, teorie di Riegl e della sua scuola) sono sintomi -

di vario genere negli Stati Uniti. A premessa dell'edizione italiana

certo molto diversi, ma sul punto unificati tra loro - del processo

del più noto dei lavori di Deleuze, Différence et répétition

di sviluppo in corso, orientato all'imbrigliamento dei contrasti

Foucault ci insiste espressamente, scrivendo:

(1968),

storici reali. Come la sociologia viene sganciandosi dall'economia e l'economia classica cede il posto a l l ' « e c o n o m i a v o l g a r e »

Per liberare la differenza, o c c o r r e u n pensiero senza c o n t r a d d i z i o -

(Marx), mandando a fondo ogni legame con l'oggettività, cosi

ne, senza dialettica, senza n e g a z i o n e : u n p e n s i e r o c h e d i c a sì alla

la storia si mette sulla strada di una modernizzazione in chiave

d i v e r g e n z a , u n pensiero affermativo il c u i s t r u m e n t o è la d i s g i u n -

soggettivistica, dove è inevitabile che il curioso, l'aneddotico, lo

zione;

stravagante abbiano il sopravvento e finiscano p o t o per volta con

e n o m a d e < Ite n o n l i m i l i

u n p e n s i e r o «lei m o l t e p l i c e -

della m o l t e p l i c i t à dispersa

n é raggruppi nessuna delle costrizioni

210

IL MARXISMO E LE ARTI

PRINCIPI MARXISTI DI STORIA E CRITICA DELLE

della stessa; un pensiero [...] che si rivolga [...] a una molteplicità di punti notevoli che si sposta via via che se ne distinguono le condizioni e che insiste, sussiste in un giuoco di ripetizioni . 1

Questo in particolare il tratto che al binomio Derrida-Foucault appare come imprescindibile (di fatto come il vero obbiettivo del loro attacco): la presa di distanza « d a Hegel, dall'opposizione dei predicati, dalla contraddizione, dalla negazione, da tutta la d i a l e t t i c a » . Dei « s e g n i » differenzialistici del pensiero proposto Deleuze stesso dice che essi « p o s s o n o essere ricondotti a un antihegelismo generalizzato: la differenza e la ripetizione hanno preso il posto dell'identico e del negativo, d e l l ' i d e n t i t à e della c o n t r a d d i z i o n e » . Intanto che la terminologia decostru2

zionistica viene presa a prestito da Heidegger e 1' « antihegelismo g e n e r a l i z z a t o » fa da anticamera ali'antimarxismo, si ripresenta sotto altra salsa T'eterno ritorno" di Nietzsche: La ripetizione non è né la permanenza dell'uno né la somiglianza del multiplo. Il soggetto dell'eterno ritorno non è lo stesso, ma il differente, non il simile, ma il dissimile. Non l'Uno ma il multiplo, non la necessità, ma il caso. E ancora: Né lo stesso né il simile tornano, ma lo Stesso è il tornare di ciò che torna, vale a dire del Differente: il simile è il tornare di ciò che torna, vale a dire del Dissimile. La ripetizione nell'eterno ritorno è lo stesso, ma in quanto si dice unicamente della differenza e del differente . 3

ARTI

211

postmodernismo costituiscono di fatto componenti interconnesse di un processo avanzante in parallelo, che si accompagna, dal lato ideologico, con la cancellazione della dialettica storica delle classi. Colpiti sono in primo luogo proprio gli elementi storico-progressivi del marxismo, la concezione marxista della realtà e della storia. Facile riscontrare come in Marx non si dia mai nulla di somigliante alle epistemologie costruttivistiche; egli conosce e studia sempre soltanto l'oggettività dei processi storici reali. D i riflesso, alle distorsioni della teoria della storia in generale si legano strettamente le distorsioni storiografiche in campo critico. Entro la generalità di quella che Lyotard chiama la « c o n dizione postmoderna » nuovi criteri di valutazione vengono infatti proclamati anche per l'arte, tanto p i ù in quanto il postmodernismo stesso ha la sua genesi nella riflessione estetica, nasce pervia diretta « d a l l o spirito dell'arte m o d e r n a » '. C o n la medesima disinvoltura con cui si erge a teoria delle n o v i t à dei nostri giorni, esso scende sul terreno critico inalberando la pretesa di saggiare l'arte tramite strumenti inartistici per essenza, mentre invece trascura proprio tutto c i ò che sta alle spalle dell'arte e le dà senso e fondamento. Prima che un giudizio critico venga espresso, occorre il suo scavo adeguato. La critica che si affida all'ispirazione, che avanza aujourlejour, non va molto lontano; peggio ancora, snatura i problemi, in misura tale da deformarli irrimediabilmente. Quando per superficialità o incompetenza ci si piega alle mode del tempo, a fuochi d'artificio come quelli del decostruzionismo postmodernistico, a feticci assurdi come 1'"immaginario collettivo" (in realtà sempre plasmato dalle manipolazioni p i ù diverse), ci si allontana già a priori dalle possi-

Una falsa p r o f o n d i t à , insomma, che lascia la storia comple-

bilità di penetrazione e chiarimento dell'oggetto scelto per l'in-

tamente in balìa dell'accidentale, dell'imponderabile, e che così facendo la depotenzia e la calunnia, non senza certo obbiettivi precisi. Fenomeni quali la destoricizzazione, il neoliberismo e il

1. Cfr. Wege aus der Moderne. Sddusseltcxte der Postmoderne-Diskussion, hrsg. von W. Welsch, V C H Acta Humaniora, Weinheim 1988, p. 41; G. IRRLITZ, Postmoderne-Philosopbie, ein dstbetische Konzept, «Weimarer Beit r à g e » , 1990, n. 3, pp. 357 sgg. (entrambi richiamati da E . H A H N , Postmo-

1. M . FOUCAULT, Theatrum Philosophicum, pref. a G . D E L E U Z E , Differenza

derne Asthetisierung - Konzept und Realitdt, in Gescheiterte Moderne? Zur

e ripetizione, trad. di G. Guglielmi, Il Mulino, Bologna 1971, pp. xill-xiv.

Ideologiekritih des l'osinioderiiismiis, hrsg. von H . Kopp/W. Seppmann, Neue

2. G . D E L E U Z E , Différence et répétition, Presses Universitaires de Frante, Pa-

Impulse, l'ssen 200.'. p. Ut. Nello stesso volume collettaneo H . H . H O L Z ,

ris 1968, p. 1 (trad. cit., p. 3).

lrr.itionalf.niir. Model

3. Ibid., pp. 164 S, 384 (irad., pp. 20 i, i76).

si i ii/ioiiismo • orni

ne

l'o\i moderne,

p. 87, addila a giusta ragione il dico-

di. nule I, 1,i siali d< i LIMIMI Mirrili liii Subji kt ivil al • )

212

II MARXISMO

E LE ARTI

PRINCIPI MARXISTI DI STORIA E CRITICA

DELLE

ARTI

213

dagine, vero e unico compito della critica. È da simili pretese e

così generiche, così improduttive, da non poter riuscire di alcun

simili distorsioni che la critica marxista deve guardarsi attenta-

aiuto per l'estetica e la critica marxista.

mente; è contro di esse che deve esercitare una ripulsa severa e implacabile. (Non prendo nella benché minima considerazione

5. Sul complesso problematico dell 'arte d'avanguardia

i farfugliamenti autocritici dei postmodernisti pentiti dell'ulti-

Un ultimo complesso problematico da richiamare, in ordine

ma ora intorno a non si sa bene quale "nuovo realismo". Poiché

alla delineazione dell'atteggiamento della prassi critica marxi-

le "teorie" tramite cui esso viene escogitato restano per i post-

sta, è quello concernente l'arte nota come "arte d'avanguardia".

modernisti ancora le loro precedenti, un ravvedimento di questo

Si tratta del termine d'uso per riferirsi in senso generalissimo,

tipo ha la stessa fondatezza e conduce agli stessi insulsi risultati

del tutto indeterminato, a un movimento, una tendenza, una

delle cosiddette "ontologie" costruite in base alle premesse della

corrente, che fanno o che si propongono e pretendono di fare

filosofia analitica.)

da battistrada nello sviluppo dell'arte. Quando ciò non resta p i ù

Sappiamo ormai come il marxismo disponga di armi affila-

soltanto un proposito, ma propositi e ideazioni si realizzano nei

te a sufficienza per farlo conseguentemente. Purtroppo accade

fatti, nei prodotti d'arte, subentra allora l'altro senso - storio-

che Io sbandamento si intrufoli anche nel suo proprio campo o

graficamente p i ù preciso - del termine avanguardia, secondo cui

tra le file dei suoi alleati. C o s ì talvolta neppure critici in linea

esso definisce quei raggruppamenti di tendenze artistiche che,

di principio nettamente avversi al postmodernismo fanno molto

entro un particolare contesto, si rapportano polemicamente con

meglio dei postmodernisti da loro criticati, come documenta-

le tendenze formali dominanti, sprezzate come accademismo. In

no gli svariati e ben noti tentamina della sociologia britannica

realtà, a rigor di termini, non c'è nessun tipo d'arte che possa

della letteratura (Jameson, Williams, Eagleton). Secondo Julian

riservare a sé la qualifica di arte d'avanguardia. Una tal qualifi-

Markels, a esempio, con il suo The Politicai Unconscious Jame-

ca ha infatti il carattere di determinazione relativa in rapporto

son completa « un processo, cominciato in Marxism and Form,

ad altro, a qualche altro tipo d'arte che si suppone le rimanga

di torsione della storia in t e l e o l o g i a » . Giunto al paragrafo fina-

indietro, o p e r c h é inferiore e di minor qualità, o p e r c h é ormai

le del suo libro, un libro che inizia con lo slogan « S t o r i c i z z a r e

superata dal tempo; e a sé riserva il senso di una originalità di

s e m p r e ! » , « J a m e s o n - annota Markels - innova ortografando

nuovo conio, capace essa sola di additare la via per un reale rin-

"History" con l ' H maiuscola e descrivendola come "l'esperienza

novamento artistico. S e n n o n c h é l'estetica riconosce nell'origi-

della Necessita'»

(un che di estraneo ai traguardi raggiunti dal

nalità il tratto distintivo indispensabile di ogni arte che sia arte.

marxismo almeno dopo la fine della II Internazionale). D'altron-

Non esiste operazione davvero creativa, artistica, se non quan-

de la trattazione anche molto critica cui, per parte sua, Eagleton

do venga realizzato qualcosa di autenticamente originale; non

sottopone il postmodernismo si accompagna con forme di mar-

p u ò dunque l'originalità valere da contraddistinzione specifica

xologia spuria, dove Marx sta in stretta vicinanza di Nietzsche e

dell'arte d'avanguardia. D i specifico invece vi è in essa questo,

Freud, e dove le valutazioni storiche di natura estetica, comprese

che essa aspira a diventare arte sotto forma di rottura dichiarata e

quelle sul marxismo, sono una mistura di astrattezze così vaghe,

organizzata di tutto l'insieme di schemi, principi, procedimenti

1

2

ecc. fin lì propri all'arte antecedente, nell'intento o di rovesciar1. F. JAMESON, The Politicai Unconscious: Narrative as a Socially Symbolic

la e soppiantarne le leggi, le leggi dell'estetica dominante, oppu-

Act, Cornell University Press, Ithaca NY 1981, p. 103 (cit. da MARKELS, The

re di sottrarsi senz'altro al dominio di qualunque legge estetica

Marxian hnagination: Representìng

in generale (ammessa la plausibilità della pretesa).

Class in Literature, cit., p. U S ) .

2. D i EAGLETON cfr. soprattutto Du lllusion of Postmodernism [1986], Blackwell, Oxford 1996, e Vie Ideology of the Aesthelic, Blackwell. Oxford 1990, pp. 366 sgg. (resro su cui ritornerò . n u o t i nel paragrafo seguente).

Quale arie oggi di (alto chiamiamo arte d'avanguardia? Quali raditi sloiulte di i tstve le sono assegnate e riconosciute?

214

II

MARXISMO

E LE

ARTI

PRINCIPI MARXISTI DI STORIA E CRITICA DELLE

ARTI

215

Più o meno quelle riconducibili agli sconvolgimenti venutisi a

sarebbe per definizione soltanto il linguaggio dell'arte d'avan-

produrre con l'inizio del secolo scorso, con la preparazione, lo

guardia, come quello che godrebbe di un'assoluta libertà, si ca-

scoppio e le conseguenze della prima guerra mondiale. Lì si dà

ratterizzerebbe per i valori del pluralismo e della differenza, e si

il terreno adatto alla germinazione di una pluralità di correnti

svincolerebbe dagli impacci della mimesi realistica.

d'arte le quali, a n c o r c h é disunite tra loro, prendono a muoversi

C o s ì almeno nelle enunciazioni. D i fatto la critica cade spes-

tutte insieme con l'intento di infrangere schemi precostituiti e

so preda della trappola dei movimenti che il nuovo lo inalbera-

giudicati conformistici, sbandierando l'urgenza di rivolgimenti

no solo come insegna o, p i ù in generale, della sopravvalutazione

che, dal momento ideativo delle opere fino alla loro realizzazio-

astratta e unilaterale delle pretese novità di sviluppo dell'arte.

ne, ne modifichino in profondo struttura, forma compositiva e

Una novità artistica significativa non p u ò che essere il frutto di

linguaggio. Naturalmente sempre, quando sorgono nuove cor-

una trasformazione reale; per significare qualcosa dal punto di vi-

renti d'arte, i loro inizi si prospettano come un che di sconvol-

sta dell'arte, bisogna che rispecchi e rielabori una realtà mutata.

gente, di rivoluzionario; ma il complesso problematico dell'arte

G l i apologeti del nuovo a ogni costo sono p e r ò spesso indifferen-

d'avanguardia cui faccio qui riferimento, l'avanguardia storica

ti o incomprensivi verso le cause. Le insegne dei loro programmi

del primo Novecento, è quella che meglio assomma in sé i tratti

rimangono per lo p i ù solo di carattere negativo ("basta con");

generali del fenomeno e fa così da modello anche per analoghe

in positivo è facile invece che essi si abbandonino ai superficia-

o similari insorgenze di manifestazioni successive. Contestati

lismi p i ù sconsiderati. Per un movimento di pensiero come per

vengono fondamentalmente da esso i parametri estetici ottocen-

una tendenza artistica il venire avanti sbandierando solo il "non

teschi; rispetto a quei parametri, la nuova arte ne incarna altri,

più" (neo, post ecc.), senza precisare bene il verso dove, oppure

elevando le novità poste in essere per infrangere regole giudicate

accettando acriticamente il dove immaginario di qualche moda

non p i ù valide a regole nuove dell'arte d'avanguardia.

dell'attualità, non realizza altro che il trasferimento passivo di

Dove p e r ò passi il vero punto di demarcazione tra vecchio e nuovo, dove il nuovo abbia vera rilevanza, non è cosa che si

un'esigenza a un'altra introiettata dall'esterno, mancante come tale di rigore e di saldezza.

stabilisce a tavolino. G l i equivoci intorno al concetto di nuovo

Mai tanto equivoca come in questo ambito si mostra la pre-

sono frequenti in arte, come mi è già occorso di rilevare sopra,

dominanza dello spurio sull'autentico. Intendo riferirmi a quelle

a proposito di quell'importante problema di storia della cultu-

scelte sedicenti novatrici, 'trasgressive', dietro a cui in realtà non si

ra che è, anche per l'estetica marxista, il problema della "eredi-

nasconde se non un dissimulato conformismo (un anticonformi-

tà culturale" (cfr. cap. I, § 3). Quanto là stabilito in generale va

smo conformistico) o, nel migliore dei casi, uno sperimentalismo

ripetuto e adattato qui al campo delle modernizzazioni pretese

estremamente problematico, incapace di trasgredire alcunché. Per

dai movimenti d'avanguardia. Bisogna che ci si accordi anzitut-

un'avanguardia così orientata, proprio questo mi pare il rischio

to sul senso della terminologia, che non ci si fermi alle semplici

più grave: che cioè essa insegua il mito dello sperimentalismo per

enunciazioni, soprattutto che si distingua bene l'autentico dallo

lo sperimentalismo, scambiando il mezzo con il fine e ricadendo

spurio. La questione di sapere se, quando e a quali condizioni un

così in un accademismo di segno opposto a quello combattuto;

determinato linguaggio artistico è "moderno" non si lascia deci-

poiché, quanto più avanza in essa il gusto dello sperimentalismo,

dere né con dichiarazioni di principio n é in base alle mode del

tanto p i ù ciò produce per risultato che gli esperimenti girino in

tempo. La vaghezza che connota il termine di m o d e r n i t à nella

tondo e a vuoto. L'effetto di disturbo cercato resta in tal caso mi-

p i ù gran parte dei discorsi sia politici che culturali e la sprovve-

nimo; ogni anomalia viene riassorbita senza danno. È divenuto

duta incoscienza con cui esso viene solitamente usato trovano un

ormai pacifico pei unii, e comprovato dai fatti, che le forme ideo-

riscontro puntuale anche nella storiografia delle ani. Moderno

logiche di sviluppo del < apitalismo maturo si articolano in modo

216

PRINCIPI MARXISTI DI STORIA E CRITICA DELLE ARTI

IL MARXISMO E LE ARTI

217

tale da poter non solo tollerare pseudo-trasgressioni di quel tipo,

Certo, in contrasto con lo spurio, sussiste dal lato opposto

ma da favorirle, integrarle nel sistema e renderle proprie, a titolo di

un problema vero del nuovo in arte. Neanche l'arte sta ferma du-

comfort esotico, se non addirittura stimolante.

rante il processo in avanti della storia.

Da smitizzazione dell'enfasi aleggiante senza controllo intorno a certe formule dell'avanguardia, da prova della loro mancanza di rigore e di saldezza, vale in secondo luogo la caducità dei miti idoleggiati. Notorio l'autocompiacimento che l'avanguardia ostenta per la propria qualità di teoria e pratica dell'arte à la page, contro il passatismo intristito della tradizione. E p pure, a guardar bene, nulla c'è di tanto effìmero e transeunte quanto la mitologia dell'avanguardia. Sempre di nuovo, nuovi miti scalzano e scavalcano miti precedenti, resi così tutti rapidamente obsoleti; novatori apparsi dapprima di gran grido, circonfusi da un'aura di spregiudicatezza, risultano di lì a poco già dimenticati. Si sa come Adorno maturi relativamente presto la

Non c'è dubbio che la lotta del nuovo contro il vecchio - riferisco parole di Lukacs - è un momento decisivo del moto dialettico della realtà; è giusto pertanto che la storia e la critica letteraria dedichino la massima attenzione all'analisi di questa lotta e ai caratteri essenziali che contraddistinguono il nuovo che sta sorgendo. Ma i momenti essenziali di ciò che è realmente nuovo e progressivo possono essere individuati solo nella conoscenza del movimento d'insieme e delle tendenze reali ad esso immanenti. Nella realtà delle cose si intersecano continuamente gli indirizzi e i fenomeni più diversi, la cui novità essenziale non può in alcun modo essere intesa sulla scorta di caratteri esteriori che danno nel vistoso o nello stupefacente . 1

consapevolezza del rapido Invecchiamento della musica moderna (1955); in Language and Silence (1958, con posteriori accresci-

La messa in luce ragionata di questi aspetti del nuovo è pro-

menti) un critico della intelligenza e del brio di Steiner, pronto

prio quanto di continuo sta p i ù al centro delle preoccupazioni

a far leva con disinvoltura sui paradossi di Wittgenstein, getta là

critiche del marxismo. Esso ne constata l'esistenza, ne compren-

con sicumera, quali grandiosi e inarrivabili picchi del moderni-

de e ne spiega la genesi, il significato, la necessità storica, ma

smo artistico, nomi di pittori (Jackson Pollock) o di musicisti

insieme colloca tutto c i ò in prospettiva, cioè guarda oltre la sua

(Stockhausen), sui quali oggi ben pochi anche tra gli avanguardi-

limitata e ripetitiva contingenza. Nella storia reale tendenze al

sti sarebbero disposti a giurare. Come registra la storiografìa p i ù

nuovo sorgono molto prima di qualsiasi avanguardia. L'affac-

seria, il feticcio di un nuovo senza intrinseca giustificazione non

ciarsi del problema in età moderna, i suoi primissimi anteceden-

ha presa alcuna in estetica. Criticamente vale in generale quan-

ti, risalgono tra l'altro proprio ad anni coevi con la nascita della

to Ugo Dotti si domanda riguardo alle p i ù recenti vicende della

teoria marxista, quando, venuto a fine il "periodo artistico", l'ar-

narrativa italiana:

te rivendica il suo diritto di spaziare ovunque, di avere a sua materia non p i ù soltanto il "bello" del classicismo canonizzato da

verso quali orizzonti, nel suo progressivo mutamento si orienta il romanzo attuale? Che esso non sia più quello trasmessoci dalla grande arte realista del pieno e tardo Ottocento è un fatto scontato, ma che anche quello sortito dalle stesse grandi avanguardie letterarie ed artistiche europee del primo Novecento sia venuto via via declinando, anche indipendentemente dalle critiche molto serrate da parte di una corrente di pensiero molto notevole ancorché oggi non più di moda, la marxista, è un fatto altrettanto scontato . 1

1. U. D O T T I , Gii scrittori e la storia, la narra ti va dell'Italia unita e la trasformazione del romanzo (da I erga a oggi). Ar.ignu, lori no .'() I.'. |> l" ". 1

Hegel, ma anche i tratti del reale che al bello sono estranei o addirittura opposti, così come esplicitamente riconosciuto dai teorici posthegeliani dell'"estetica del brutto" (Ruge, Rosenkranz). Quel realismo letterario che noi oggi chiamiamo "classico", intriso della bruttezza ritratta dalla prosa capitalistica, porta in sé un che di intrinsecamente altro rispetto al classicismo del "periodo artistico"; e, dopo la crisi del 1848, anch'esso deve poco per volta recedere in favore ili un altro genere di prosa, la prosa della triste I. I . U K À t s,.\,/.;///>/.//. ' )

242

IL MARXISMO E LE ARTI

DALLA

RECETTIVITÀ

DELL'ARTE...

243

diani, settimanali, rotocalchi, pubblicistica del p i ù vario genere,

del marxismo e dei grandi dirigenti di partito (Lenin, in primo

tenore e orientamento, mezzi di comunicazione di massa ci river-

luogo, ma anche da noi Togliatti), la pubblicistica di orienta-

sano addosso ogni giorno una serqua di notizie e giudizi non neu-

mento o ispirazione marxista ha quasi sempre ostentato e ostenta

tri, tutt'altro, su cultura, letteratura, pittura, musica, teatro, cine-

tuttora di riferirsi al problema con la massima noncuranza: ba-

ma ecc., cui riesce impossibile a chiunque di sottrarsi.

sta vedere come in Italia se ne occupano gli organi quotidiani di

Per via del carattere infinitamente pluralistico dell'espe-

stampa, « l ' U n i t à » , « i l m a n i f e s t o » , « L i b e r a z i o n e » , muoven-

rienza estetica, sarebbe vano il tentativo di formulazione di una

dosi cioè, per quanto riguarda arte e cultura, in direzione spesso

casistica precisa abbracciante l'intera gamma delle circostanze

diametralmente opposta a quella delle loro stesse pagine politi-

fattuali immaginabili e del loro modo di ripercuotersi sulla quo-

che. (A esempio, pagine politiche di aspra critica dell'imperia-

tidianità di vita del recettore. C i sono casi - ma i casi significativi

lismo americano fianco a fianco con pagine sul cinema che, ce-

di questo tipo sono pochi - in cui l'artista stesso si auto-propone

lebrando Hollywood, celebrano senza avvedersene l'apologetica

esplicitamente come propagandista di un'idea o di uno scopo,

dell'imperialismo.) Quelle magagne dell'estetica marxista cui mi

sicché le sue opere implicano una componente ideologica diretta

è occorso già di accennare sopra, il cedimento alle pressioni della

e puntano direttamente a produrre un effetto sociale. M a le vie

moda, l'eclettismo inconseguente, il dualismo irrisolto tra posi-

della recezione sono molteplici, insondabili, la recezione scava

zioni opposte, inconciliabili (soggettivismo sfrenato, da un Iato,

per lo p i ù inconsapevolmente, e persino tramite autori che non si

e dall'altro, soprattutto, sociologismo, questa trappola mortale

propongono affatto un tale fine, che anzi - valga Turgenev come

per l'estetica marxista), - magagne del genere vi restano sempre

esempio - respingono in via pregiudiziale l'idea dell'uso in arte

sostanzialmente impregiudicate quando sono in causa le manipo-

di tesi preconcette. C o s ì constata per l'appunto un già citato stu-

lazioni che passano attraverso l'informazione quotidiana.

dioso francese di Turgenev: « I lettori di Turgenev si sono rico-

C i ò è di tanto maggior rilievo in quanto la prassi manipola-

nosciuti nelle sue opere e hanno reagito vigorosamente davan-

toria non opera mai o quasi mai in forma scoperta, che sarebbe

ti all'immagine che vi hanno trovato della loro g e n e r a z i o n e » .

facile smascherare e rintuzzare, ma in veste sottilmente capziosa,

Insomma, tanto che con il pubblico si sia di fronte ad atteggia-

a un alto grado di raffinatezza e sofisticazione. Faccio qui solo

menti di passività indifferente o a un basso grado di capacità di

un esempio, per altro molto sintomatico: il ricorso allo slogan

penetrazione, quanto che per la penetrazione un pubblico avver-

dell'"immaginario collettivo", ambigua figura spesso imbraccia-

tito chieda ausilio alla critica, sempre quest'ultima ha un gran

ta come passe-partout giustificativo di ogni sorta di delirio e or-

1

daffare con i problemi della recettività. Che il controllo sopra

rore estetico, e contro la cui invadenza neanche la critica marxi-

l'orientamento ideologico di una informazione così diffusa e

sta sfodera adeguate armi di resistenza e di difesa, quando non vi

così influente sia questione della massima importanza dovrebbe

acceda anzi essa stessa o non vi si adegui passivamente. Colpisce

risultare chiaro a tutti senza bisogno di commenti.

soprattutto questa passività, questa accettazione remissiva. M a i

Ora accade invece che dal marxismo non si guardi sempre

che si indaghi circa il retroterra, le matrici, le fonti storico-socia-

con sufficiente rigore a questo complesso problematico, come se si

li da cui scaturisce la massa di sentimenti e di rappresentazioni

trattasse, con esso, di qualcosa di secondario o inessenziale o tra-

attive, non puramente subite o mitiche, di un tale immaginario.

scurabile, come se i suoi effetti non fossero dello stesso rango di

Senza minimamente sottoporlo a critica, senza fare alcun con-

quelli determinati dalle scelte in campo politico. M i esprimerò di

to degli effetti indotti dalla pratica della manipolazione, capace

proposito brutalmente: a dispetto degli ammonimenti dei classici

di costruire a piacere, in ogni momento, tramite gli strumenti mediatici, tutti gli immaginari che vuole, ci si limita all'accogli-

1. GRANDJARD, Ivan l'ourguénev, cit., p. 12.

mento e al riconoscimento del fenomeno in sé e per sé, l'imma-

244

II MARXISMO E LE ARTI

ginario come immaginario, giustificandolo a guisa di valore, anzi dandogli uno spazio spropositato, trovandogli una spiegazione colta, con il pretesto della sua rispondenza alle leggi della "psicologia collettiva" ; mentre, ripeto, le circostanze storiche che ne condizionano la genesi, l'influenza decisiva che hanno su di esso le tradizioni, il costume, l'economia, i rapporti sociali, i contrasti di classe ecc. vengono sistematicamente trascurati o lasciati da parte o anche esclusi in via pregiudiziale da ogni discussione relativa all'argomento. Deriva da c i ò l'occultamento pressoché completo del fenomeno - d'altronde macroscopico nel capitalismo maturo - della manipolazione industriale del gusto. L'ostilità del capitalismo per l'arte, già ben presente a Marx, non ha fatto da allora che crescere viepiù nel tempo. C i si sbaglierebbe considerando la manipolazione alla stregua di un fenomeno indifferenziato, di uno statusfisso.Essa è piuttosto un processo, con fasi e caratteristiche le cui determinazioni qualitative mutano nel tempo come nello spazio. Essenziali sono le forme in cui la manipolazione si manifesta. Ideata p e r c h é agisca in parallelo sul prodotto (l'opera d'arte) e sul suo consumatore (il pubblico), essa presuppone la creazione di prodotti standardizzati e mercificati, che siano capaci di rispondere ai bisogni del consumatore, cioè di venire incontro ai gusti del pubblico. Rientra pertanto negli slogan produttivi dell'industria la demagogia dell'asserto che il gusto del pubblico abbia a farla da istanza dirimente, assicurandosi la

DALLA

RECETTIVITÀ

DELL'ARTE..

245

che non solo i cinque sensi, ma anche i sensi detti spirituali, la sensibilità pratica (la volontà, l'amore ecc.), in una parola, la umana sensibilità, l'umanità dei sensi, c'è soltanto mediante l'esistenza del suo oggetto, mediante la natura umanizzata [...]. Dunque, si richiede l'oggettivazione dell'ente umano, e sotto l'aspetto teorico e sotto quello pratico, tanto per rendere umani i sensi dell'uomo quanto per creare la sensibilità umana corrispondente all'intera ricchezza dell'ente umano e naturale'. Altrettanto accade con i bisogni. La produzione, che nasce da essi, è a sua volta produttrice di bisogni nuovi. N o n si limita a procurare un oggetto al consumo, ma gli d à anche « l a sua determinatezza, il suo carattere, il suofinish»,

« p r o d u c e n d o come

bisogno nel consumatore i prodotti che essa ha originariamente creati come oggetti » . Chiarissime, di nuovo, le parole della introduzione di Marx ai Grundrisse: La produzione fornisce non solo un materiale al bisogno, ma anche un bisogno al materiale. Quando il consumo emerge dalla sua immediatezza e dalla sua prima rozzezza naturale [...] esso stesso come propensione è mediato dall'oggetto. Il bisogno che esso ne avverte è creato dalla percezione dell'oggetto stesso. L'oggetto artistico - e allo stesso modo qualsiasi altro prodotto - crea un pubblico sensibile all'arte e capace di godimento estetico. La produzione produce perciò non soltanto un oggetto per il soggetto, ma anche un soggetto per l'oggetto . 2

p r i o r i t à su ogni altra istanza, compresa la creativa. Ora non c'è dubbio che si tratta solo di demagogia. N é i bisogni né i sensi

Se le cose stanno così, se è (anche) l'oggetto prodotto - il

dell'uomo esistono per natura, come fossero già lì da sempre;

prodotto artistico - a mediare la propensione del fruitore, al-

entrambi sono il risultato di un processo, maturano con lo svi-

lora il richiamo al gusto del pubblico come giustificativo della

luppo. Parlando dello sviluppo storico del senso artistico, Marx

corrività della produzione funge solo da pretesto demagogico,

lo chiarisce diffusamente nel terzo dei suoi celebri manoscritti

dietro a cui si nascondono in realtà gli orientamenti, gli interessi,

del 1844:

gli obbiettivi, i fini ecc. dell'apparato industriale: l'imposizione dall'alto di certi filoni e generi artistici, di una merce standar-

È soltanto mediante la dispiegata ricchezza oggettiva dell'ente umano che vengono in parte sviluppati, in parte prodotti la ricchezza della soggettiva umana sensibilità, un orecchio musicale, un occhio per la bellezza della forma, in sensi capaci di fruizioni umane, sensi che si affermano quali umane forze essenziali. ( ì i a e -

dizzata. Sono osservazioni valide certo per l'arte in generale, ma 1. K . M A R X , Okonontisdj-pbilosophische Manuskripte aus demJahre 1844, in MEW, cit., Ergaimmgsband, Erster Theil, pp. 541-2 (trad. III, p. 329). 2 . Vì:\\V l'.iideilmig .i MAIIX, Grundrisse der Kritik der politiscbeu (Ekonomie, i i l . , p . 2 7 ( t r a d . I . |>

!• t In n a

l.'-i). I In s e n s o a n a l o g o h a la d i s t i n z i o n e s e m p r e teidi

e

in. m i e t a •.

258

IL MARXISMO

DALLA

E LE ARTI

RECETTIVITÀ

DELL'ARTE...

259

di (in precedenza) affatto inesistente; non solo la permea tutta

menti che attengono a una visione del mondo), cioè non appena

(dall'esterno), ma la fa venire originariamente in essere, lascia

si richiedono precise assunzioni di responsabilità da parte della

che (dall'interno) essa prenda organicamente vita. In secondo

critica, ecco subito affiorare e manifestarsi in essa le magagne del

luogo, non si danno mai forme di autborship a mezzo servizio.

parassitismo. Conformemente allo stato di crisi che sempre si

P u ò certo accadere che un autore riesca solo in parte nei suoi in-

determina nell'intellettualità preda della decadenza, nell'intel-

tenti, non li mandi tutti a buon fine o anche fallisca; ma le doti

lettualità che ha smarrito o va smarrendo ogni capacità di con-

creative, se di vero autore si tratta, gli appartengono in toto e le

trollo sul reale, la cultura filmica abdica proprio alla funzione,

sue opere, se riuscite, le esprimono e ne rifulgono altrettanto

la funzione critica, spettamele per compito. Poiché la teoria di

come totalità compiute, chiuse in se stesse, non già certo per toc-

questa critica manca di una linea direttrice guida, di saldi para-

chi isolati o sprazzi allusivi.

metri di giudizio, la sua prassi operativa è, in ogni singolo caso,

Perché invece la tanto decantata autborship di questo o quel

accidentale, incerta, arbitraria (fino all'assurdo di giudizi dia-

regista di Hollywood manca di stabilità e consistenza? p e r c h é

metralmente opposti sullo stesso organo di stampa per lo stesso

tanto spesso si dissolve come nebbia al sole? Semplice: p e r c h é

film), ma si vede nell'insieme costretta ad andare passivamente a

essa non corrisponde affatto ai criteri e alle qualità di una au-

rimorchio di tutto ciò che le si trova via via squadernato davanti.

tborship autentica. N o n discuto, si capisce, delle qualità singo-

L'indistinzione diventa così il tratto distintivo del suo com-

le di singoli prodotti; discuto dei principi in base ai quali li si

portamento, dove - va da sé - qualsiasi capriccio riesce giustifi-

giudica. Come sempre, solo i principi dell'estetica possono qui

cato. Le impressioni, le inclinazioni soggettive, l'abbandono al

fare da discrimine e fornire risposte conseguenti. Il raffinato sno-

'gusto' prendono il posto dei giudizi selettivi. Avendo ogni cosa

bismo degli apologeti di questo genere di autborship sarà anche

10 stesso valore di ogni altra, nel caos che si genera la critica non

molto moderno (anzi, postmoderno), molto alla moda; non per

dispone che della risorsa di annasparvi dentro a casaccio. Peggio

questo ha qualcosa a che vedere con l'essenza della questione che

ancora: posta di fronte al disastro della situazione oggettiva, re-

ci occupa. Posto come viene posto dall'attuale critica filmica, il

agisce non con la denuncia del disastro, ma con la delibazione

problema del cinema d'autore è e resta dunque a limine un fal-

compiaciuta e accattivante dei detriti che esso provoca; e, per

so problema. Piena validità teorica mantiene invece il problema

una mala intesa cinefilia, si lascia trainare verso filoni, generi, au-

dell'autore nel cinema: intendo quello del rapporto della sog-

tori proposti e imposti dai grandi gruppi finanziari, poi subito

gettività creatrice dell'autore, quale che nel cinema egli sia, con

naturalmente sanzionati anche dalla moda. Senza p i ù nemmeno

l'opera compiuta (con il film). Problema, questo sì, realmente

11 paravento del "film d'autore", prodotti dell'artigianato me-

centrale per l'estetica, che va riconosciuto e risolto come proble-

dio e basso vengono di continuo contrabbandati quali prodotti

ma estetico generale; ogni tentativo di modernizzarlo altrimenti,

d'arte e i loro autori innalzati al rango di "grandi realizzatori", di

per quanto raffinato, non p u ò che distorcerlo.

"maestri del cinema". Ne segue la sconnessione assiologica, l'in-

Anche solo dalle risultanze del sommario quadro ora trac-

versione dei valori, cui mi riferivo sopra. Come è p i ù volte ac-

ciato tutti capiscono come ne vada proprio di ciò che per la

caduto nello sviluppo storico reale della società borghese che le

critica è o dovrebbe essere la cosa centralmente decisiva, cioè

sue contraddizioni, i suoi tratti sociali negativi ecc. venissero fat-

il livello del giudizio, della valutazione critica: donde dipende

ti sparire a mezzo di un'apologetica forzata, così il parassitismo

anche il suo grado di incidenza sul giusto orientamento critico

della decadenza conduce qui a una mistificazione sistematica del

dello spettatore. N o n appena ci si inoltra sul terreno dell'assiolo-

prodotto filmico, all'evasione nella sfera di una pseudo-critica

gia (individuazione e scelta dei valori estetici, loro argomentata

costruita artificialmente, che spaccia per analisi, per 'approfon-

derivazione da principi, loro connessione con la cerchia di eie

dimenti', solo dell»

vuole

frasi: frasi dierro la facciata pomposa

260

II MARXISMO E LE ARTI

delle quali non si nasconde in realtà altro che la completa capitolazione della critica di fronte all'esistente.

DALLA

RECETTIVITÀ

DELL'ARTE..

261

Toni esaltati, al limite del parossismo, tale programma assume di nuovo soprattutto in Francia. A tener banco, a dettar

Questa capitolazione ha carattere troppo frastagliato, trop-

la linea, sono in prima fila le escogitazioni capziose di Deleuze e

po sfrangiato, p e r c h é se ne possano esporre, anche solo per som-

Rancière. (Su entrambi esiste ormai una letteratura filmica così

mi capi, tutte le forme. Della fenomenologia delle forme in cui

strabordante, e pressoché tutta quanta apologetica, da non ri-

essa si dispiega mi limito ad additare qui le linee direttrici. Le

chiedere qui ulteriori commenti.) I loro studi sul cinema, la loro

p i ù sofisticate di esse si intrecciano tutte quante con la sogge-

Cinéphilosophie

zione, consapevole o inconsapevole, al fenomeno della manipo-

francese « C r i t i q u e » (2005) - , mirano a una sorta di « m o b i l i -

- per usare il titolo di un fascicolo della rivista

lazione, favorito nel cinema dalla circostanza che, per via delle

t a z i o n e » stilistica del cinema conforme al loro proprio modo di

sue così ingenti cointeressenze commerciali, in nessun'altra

valorizzare l'arte, mettendo l ' « accento sull'arte come s e g n o »

sfera della cultura la manipolazione regna sovrana quanto nel-

e prendendo il cinema a pretesto per costruirci sopra o trarne

la cultura fìlmica. La trappola ha radici già nei supporti estetici.

schemi, modelli operativi, stimoli formali ecc., con pochissimi

C o n l'invasione nella cultura dei ritrovati del postmodernismo,

agganci al referente donde muovono; sicché i loro non sono

l'estetica incappa in una situazione duplicemente problematica:

mai esami oggettivi dell'oggettività del referente, ma piuttosto

da un lato, nel pauroso impoverimento dell'apparato categoria-

compiaciute invenzioni. Si è scritto bene di loro, e proprio da

le classico (si pensi solo alle conseguenze negative che derivano

un francese: « R a n c i è r e e Deleuze inventano ognuno il proprio

dalle semplificazioni della "differenza ontologica" di Heidegger,

rapporto con il cinema e, per testimoniare di quest'ultimo, la

la quale spazza via d'un colpo un intero patrimonio di catego-

propria scrittura » .

1

2

rie); dall'altro, nel fenomeno inverso, cioè nel fatto che i trucchi

C o s ì l'insieme di tutti i fattori negativi dell'apparato cate-

manipolatori del postmodernismo, anche per via della sprovve-

goriale ricordato, l'assenza o la trascuranza di categorie estetiche

dutezza di chi li usa, spingono a elevare senza controllo gli effetti

essenziali, l'incapacità di chiarire esteticamente il concetto di ge-

della manipolazione a categorie.

nere filmico, la continua confusione di tecnica e forma, lasciano

M a il cattivo esempio viene ancora una volta dall'alto della

campo libero alle farneticazioni p i ù incontrollate, le quali - pro-

dottrina. È in sede dottrinaria che fanatismo cinefilo e parassiti-

prio p e r c h é ormai senza controllo - spaziano per l'intera esten-

smo compiaciuto trovano alimento, grazie a 'teorie' cui sfugge

sione del campo, producendo equivoci a ripetizione, concatenati

interamente di mano il complesso problematico del ruolo del

tra loro. La cinefilia favorisce il culto del linguaggio 'libero', nel

cinema nell'arte e del suo giusto collocamento entro il contesto

senso di arbitrario; l'arbitrio linguistico va a caccia di innovazio-

dell'estetica. Si assiste de visti al fenomeno per cui, giuocando sui

ni tecniche ovunque possibile, crogiolandovisi dentro con l'illu-

pruriti artistici di tanti intellettuali à la page (filosofi cresciuti

sione di sperimentarvi un novum di chissà quale portata (ciò che

con l'uzzolo del cinema, cineasti provenienti dalla critica filmi-

in estetica è un assurdo); l'esasperata celebrazione del tecnicismo

ca), viene perseguito un estremismo avanguardistico, ipercinefi-

trapassa, a sua volta, in qualcosa di prossimo al mito di un genere

lo, dove il cinema fa da centro e i ruoli tra arte e critica si invertono. Non più la critica come riflessione a posteriori sull'arte, ma

1. Cfr. S. O' SULLIVAN, Front Aesthctìcs to the Abstract Machine: Deleuze,

- capovolgimento del paradigma, complice la deriva postmoder-

Guattari and Contemporary Art Practice, in Deleuze and Contemporary Art,

nistica - un'arte che degli strumenti operativi della critica si serve per la creazione dei suoi prodotti; non p i ù dunque il cinema

ed. by S. Zepke/S. O' Sullivan, Edinburgh University Press, Edinburgh 2010, pp. 189 sgg. 2. J.L. L E U T R A T , La notte del cinefilo. Jacques Rancière e il cinema, in Politica

inquadrato entro le leggi dell'estetica, ma l'estetica rimodellata

delle immagini. Su /an/ues Rancière, a cura di R . De Gaetano, Luigi Pellegrini

in base al "pensiero del cinema" (genitivo soggettivo).

lui., C o s e n z a 201

I.p. i V

262

IL MARXISMO E LE ARTI

DALLA

RECETTIVITÀ

DELL'ARTE...

263

inedito, il cinema degli "effetti speciali" (proprio gli effetti p i ù

ne, dalla televisione, dalla p u b b l i c i t à , dalla moda) è il cosiddetto

esteriori e peggiori prodotti dalla tecnica!); e l'insieme di tut-

"gusto del pubblico"? Qui, non c'è dubbio, le mistificazioni e le

ti questi fenomeni, spacciati per n o v i t à , rischiano seriamente il

mitizzazioni acritiche sono all'ordine del giorno: si va dai casi

paradosso di provocare una retrocessione del cinema a ciò che di

montati ad arte (il caso Hitchcock, il caso Wenders, ora anche il

fatto esso era ai primordi, uno spettacolo da baraccone, da "fiera

caso Eastwood) fino all'imbellettatura cult del cinema di intrat-

delle meraviglie".

tenimento. Altro che bellettristica! L'intrattenimento non ha a

Correlativamente, sul piano critico, la manipolazione agisce

che fare se non con il puro smercio commerciale.

nel senso di trasformare la funzione del giudizio in una sorta di

A due altre forme di condizionamento esterno cui la criti-

servizio a natura eterodiretta. Grave al massimo, e sconsolan-

ca soggiace vorrei qui ancora brevemente accennare. La prima

te, imperdonabile, considero questo: che la deriva faccia leva

riguarda la devota ubbidienza tributata al paradigma d'origine

sull'avallo e il sostegno aperto della stragrande maggioranza

critico-letteraria - ma ora divenuto una preoccupazione ossessi-

della critica. N o n ci si imbatte p i ù in una critica che, sulla base

va anche per campi critici come quello musicale e quello filmico

di principi, detta scelte e modelli di giudizio, ma, al rovescio, è

- che risponde al nome di "canone", dalla critica fìlmica statuni-

piuttosto essa che si acconcia compiacentemente a eseguire in-

tense subito sfruttato a vantaggio del rilancio della canonizza-

carichi commissionati dall'esterno. N o n conoscendo evidente-

zione di Orson Welles (in specie della sua opera d'esordio, Ci-

mente il suo mestiere o, diciamo meglio, pervertendolo, essa fa

tizen Kane). M a p e r c h é mai Welles e non, poniamo, Ejzenstejn

proprio il contrario di quello che dovrebbe fare: anziché valoriz-

o Cari Theodor Dreyer? Come locuzione dal connaturato carat-

zare criticamente i valori e combattere e resistere contro l'avan-

tere relativistico, il canone non si giustifica di per sé con nulla ; 1

zata dei disvalori, spaccia questi per quelli e così li promuove;

si p u ò far valere da canone, a piacere, qualsiasi nome, qualsiasi

anziché dispensare ammonimenti, fornire istruzioni, mettere in

prodotto che venga incontro agli entusiasmi o agli interessi della

guardia il pubblico dall'universo filmico manipolato, vi si ade-

consorteria del momento.

gua e vi si integra e vi si muove a pieno agio: peggio, accoltolo

L'altra forma di servilismo conformistico verso l'esterno si

con benevolenza, si crede in dovere di reclamizzarlo e di rilan-

esercita tramite le robuste operazioni messe in atto a sostegno

ciarlo ulteriormente.

di festival, incontri pubblici, manifestazioni varie. Per il film che

C o n tutta evidenza, c'è qui molto di p i ù che un semplice

vince qualche premio a un festival qualsiasi (ce ne sono ormai

conformismo. C ' è connivenza, c'è c o m p l i c i t à , c'è difesa di un si-

ovunque tutti i giorni) scatta subito un ritornello di incensamen-

stema. L'incultura si sposa di fatto con la reazione (travestita in

ti. Clamoroso il caso - da me già denunciato p i ù volte in toni

panni moderni), la manipolazione ideologica con l'apologetica

aspri - di quella farsa tanto grottesca quanto influente che è l'as-

hollywoodiana (filoimperialistica). Lungi dall'essere qualcosa di

segnazione annuale dei "premi Oscar", una combine vergognosa

accidentale e di neutro, gli scivoloni della critica figurano come

di interessi prettamente commerciali e interessi accentuatamen-

l'esito ultimo di un disegno preciso. Persino il frequente ricorso

te ideologici, di nuovo in senso filoamericano. Screditata ab

che la critica, subendo il fascino della psicoanalisi e della psicolo-

origine sul piano critico (per via di giurie anonime e prezzolate,

gia statunitense, fa al già discusso stereotipo dell'"immaginario

scelte faziose oltre che penose, esclusione sistematica dalla rosa

collettivo" rientra nel repertorio dei fattori di condizionamento della manipolazione. Che cosa p u ò mai valere questo immaginario per il cinema, se non anch'esso sottoposto preventivamente a vaglio critico? C h i garantisce che la sua genesi non sia manipolata, così come sicuramente manipolato (dalla grande prodir/.io-

1. Sintomatico che nella presentazione editoriale del recente manuale musicale Der Kanon der Musik. Theorie und Geschichte (hrsg. von K. Pietschmann/M. wald-Fuhrmann, edition text+kritik, Munchen 2 0 1 2 ) si riconosca che p e r a d e s s o •• la questione di sapere che cosa sia e come sorga un canone resta a n i o i a i n n i » I n a l i l a ••.

264

II MARXISMO

E LE ARTI

DALLA

RECETTIVITÀ

DELL'ARTE...

265

dei candidati e dei premiati sia di autori come di film di autentico

una valorizzazione dei valori trionfa in essa quello di un relati-

prestigio), essa non è mai stata tanto fiorente quanto oggi. Ogni

vismo qualunquistico senza principi, incapace di discrimine as-

volta di nuovo viene mobilitato a suo sostegno l'intero apparato

siologico, indifeso verso ogni bruttura; operativi vi restano solo

dei mezzi di comunicazione di massa: lancio pubblicitario anti-

gli aggiustamenti di comodo compiuti aujour le pur.

cipato (in modo da creare l'utile atmosfera di suspence), grande

Cesare Cases denunciava un tempo per la critica stilistica, e cioè

battage giornalistico, servizi speciali da parte di inviati speciali,

l'impossibilità, restando entro le sue procedure, « d i creare [...]

collegamenti televisivi in diretta, e via dicendo. Se un vero inte-

una gerarchia di valori che giustifichi il giudizio critico come

resse del pubblico per la cosa non c'è, come di fatto non c'è, lo si

giudizio di valore e s t e t i c o » , ha naturalmente

crea artificiosamente ex nihilo, lo si inventa. A destra non meno

per la così sprovveduta critica del cinema. « N o n si p u ò fare del-

1

Quanto

tanto p i ù senso

che a sinistra, sulla stampa sedicente progressiva , la critica si d à

la critica » , ammoniva anche Carlo Muscetta a proposito dello

daffare con cronache e commenti ad hoc, fingendo di prendere (o

sconsiderato revival dei film di Matarazzo, « p r e s c i n d e n d o dal

prendendo davvero) la farsa sul serio e discutendone a lungo in

giudizio di v a l o r e » . L'omologazione di tutto « i n un generale

tono altrettanto serioso che compiacente. Esistono persino cri-

trionfo del d i s i m p e g n o » non solo trova « l ' u n i v e r s a l e consen-

1

tici i quali menzionano premi e nominations come se si trattasse

so della pigrizia intellettuale, del ristagno e t i c o - p o l i t i c o » tipi-

di reali titoli di merito, di - li si definisce proprio così -* "ricono-

co dei nostri giorni, ma, secondo lui, mette anche « in evidenza

scimenti prestigiosi"; critici che - non lo si crederebbe - "fanno

l'inadeguatezza della teoria e della pratica di tanta critica di tipo

il tifo" p e r c h é questo o quel film venga premiato; critici che, per

strutturale, semiologico e s o c i o l o g i c o » . E la situazione, come

deferenza verso il cliché, hanno sempre in bocca per prima la pa-

si è visto, diviene di gran lunga peggiore con la penetrazione del

2

rola Oscar e non sanno muovere un passo, scrivere un 'pezzo',

postmoderno, specie nella critica filmica: dove si stravolgono

dare un giudizio, senza allusioni o richiami a quel "prestigioso"

bellamente anche i metri di misura, si fa un 'genere' non solo del

premio. P u ò immaginarsi qualcosa di p i ù discordante da c i ò in

"film d'autore" ma persino del melodramma alla Matarazzo o

cui dovrebbe consistere la funzione (discretiva, orientativa) della

alla Douglas Sirk (coniando slogan di approvazione come "ca-

critica ?

polavori del mèlo"), e si forgiano a ruota libera titoli di credito e

Bisogna insomma arrendersi all'evidenza. La china lungo

di merito per ogni spazzatura immaginabile. Se già riguardo alla

la quale si lascia scivolare, la sua deriva parassitaria, tolgono alla

« g r a n massa della produzione c r i t i c a » del suo tempo in cam-

critica ogni capacità di orientamento . In luogo del principio di

po letterario Lukacs arrivava al punto di parlare di una « p r o s t i -

2

tuzione delle o p i n i o n i » , per la critica filmica del tempo nostro 1. Del deplorevole spettacolo offerto in proposito dal critico d e l l ' « U n i t à » , Alberto Crespi, ho avuto occasione di occuparmi minutamente a parte {Ejzenstejn, la critica del cinema e «l'Unità»,

questa formula p u ò divenire senz'altro moneta corrente. Ma così la funzione stessa della disciplina ne esce annientata.

« M a r x i s m o o g g i » , XXIII,

2010, n. 1, pp. 123-135); ma la stessa identica riprovazione va espressa anche per la critica di tutti gli altri quotidiani italiani di sinistra, « L i b e r a z i o n e » , « i l manifesto», « i l Fatto Q u o t i d i a n o » , non di un ette diversi, sul punto, dal-

3. Responsabilità

sociale e doveri della critica

A ogni livello della sua a t t i v i t à (dalla vita familiare agli in-

la più corriva stampa di destra.

segnamenti della scuola, su su fino ai gradi p i ù alti della cul-

2. Scritti in tema di critica anche recenti ( M . M O N I N G E R , Filmkritik in der

tura) sopravviene istintivamente nell'uomo il bisogno di un

Krise. Die "politique des auteurs", Gunter Narr Verlag, Tùbingen 1992; D.

giudizio che orienti e regoli q u e l l ' a t t i v i t à . C h i si proponesse

SERCEAU, La théorie de l'art au risque des «à priori».

De la letture des fìlms

à la symbolique des images, L'Harmattan, Paris-Budapcst-Torino 2001; R . PRÉDAL,La rire c h e

critique de cinema. Armami

debolissimi

C o l i n , Paris

a r g i n i i l a o p p o n e alla sua d e r i v a .

2004) n o n

sanno sugge

1. C.ASES, Ilimiti della critica stilistica (II), cit., p. 273 (rist., p. 294). 2. C . Musei i i A, Il giudizio di valore. Pagine critiche di storicismo integrale, l i o n a e e i , K O I I I . I !')'>.'. p p " I l

266

DALLA

II MARXISMO E LE ARTI

di stendere un trattato d i pedagogia critica dovrebbe occuparsi in successione e in connessione di tutti gli stadi della trafila

RECETTIVITÀ

DELL'ARTE...

267

più consapevoli di se stesse e quindi più concretamente attive e fattive . 1

del percorso formativo. Il compito che mi tocca qui è diverso, p o i c h é non concerne problemi pedagogici generali (che ba-

M i ricollego a quanto argomentato fin dall'inizio del presen-

sta siano ricordati), ma questioni di natura già direttamente

te lavoro. Come non si d à mai una cultura pura, indipendente,

critico-estetica; muove c i o è dall'alto, non dal basso della vita

così la sfera intellettuale non conosce per principio scelte inno-

quotidiana, o almeno gli spetta di affrontare i suoi problemi a

centi. È una illusione del relativismo sociologico alla Mannheim,

livello culturale. La critica d'arte va appunto riguardata come

derivante dall'assunto di Alfred Weber d e l l ' i n t e l l e t t u a l i t à come

un settore importante della cultura e, alla stregua della cultura,

sfera « s o c i a l m e n t e i n d i p e n d e n t e » {jreischtvebende Intelligenz),

va messa di fronte a tutte le r e s p o n s a b i l i t à che le competono.

che essa stia e operi au-dessus de la mèlée. In un modo o nell'al-

Sue funzioni precipue sono, lo sappiamo, il sondaggio della

tro, in superficie o nei recessi, l ' i n t e l l e t t u a l i t à si trova sempre

q u a l i t à degli oggetti da essa presi in considerazione, gli oggetti

ideologicamente coinvolta e schierata. Piaccia o non piaccia ai

d'arte, e il connesso sforzo di orientamento in una data direzio-

suoi rappresentanti, ne siano essi consapevoli o inconsapevoli,

ne del pubblico cui si rivolge. Per fare c i ò con rigore, essa deve

nella cultura è all'opera di continuo quel genere di lotta di classe

fondarsi su principi e dedurre ogni volta da essi le sue linee di-

descritta in precedenza, a n c o r c h é lì essa assuma la forma di "bat-

rettrici; soprattutto deve aver ben chiaro in mente che ogni sua

taglia delle idee"; ogni idea, ogni giudizio, ogni argomentazione,

mossa (un parere suggerito, un articolo di giornale, un saggio

ogni valutazione culturale prendono necessariamente le mosse

critico, una trattazione di elevato livello teorico) si porta dietro

da complessi problematici, le cui radici affondano nel contesto

inevitabilmente delle conseguenze e comporta dunque, già solo

sociale generale. Grazie a tale forma mediata e traslata, la cultura

per questo, delle r e s p o n s a b i l i t à .

rappresenta la continuazione con i suoi propri mezzi della dialet-

Quali che siano le circostanze esterne, sempre la critica è parte in causa di una causa che la trascende. Nella « s e m p l i c e

tica oppositiva tra le forze degli uomini in lotta, tra gli scontri di classe che hanno luogo nella società.

o n e s t à i n t e l l e t t u a l e » Max Weber additava la p i ù alta v i r t ù dei

Corrispondentemente avviene per la critica. A l l ' « e n o r m e

dotti. Ma la presa in considerazione della loro r e s p o n s a b i l i t à

potere s o c i a l e » di letteratura e arti in genere, al loro impatto

esige qualcosa di p i ù : esige che non ci si accontenti di agire

continuo e costante sulla vita degli uomini, fa da pendant il ruo-

onestamente entro le circostanze, ma che, ove occorra, si agisca

lo di mediazione giuocato dalla critica estetica. Come sezione

contrapponendo a esse un piano di reazione attiva, capace di

della cultura incaricata di interpretare l'arte, anch'essa vi si trova

modificarle. La r e s p o n s a b i l i t à dell'intellettuale si giudica pro-

coinvolta in pieno, e questo coinvolgimento la vede necessaria-

prio da questo: dal ruolo che le sue scelte e decisioni giuocano

mente schierata. Ecco p e r c h é parlavo sopra di un'incombenza

nel quadro del processo storico-sociale, dei rapporti in cui esse

che le tocca senza scampo. C o n ciò, si capisce, non sollevo solo

si inseriscono, delle tendenze che ostacolano o favoriscono. Il

semplici questioni di deontologia professionale (come sarebbe

maggior storico italiano novecentesco della filosofia, Eugenio

l'inammissibilità di cointeressenze, di compromessi, del ricorso

Garin, ne era tanto convinto - pur non essendo ideologicamen-

a lenocini, di reazioni fintamente imparziali); no, per incomben-

te marxista - da citare con approvazione la tesi di Gramsci, se-

za intendo assai di p i ù , una responsabilità estesa a campi assai p i ù

condo cui,

vasti, una responsabilità d'ordine sociale. In ragione del nesso

se scrivere storia s i g n i f i c a fare storia del presente, è grande l i b r o d i

1. Cit. d a 1.. G A R I N , / ./ tultimi italiana tra '800 e '900. Studi e riterd.ie, I.a-

s t o r i a q u e l l o che nel presente aiuta le forze in s v i l u p p o a d i v e n i r e

i c r / a , B a r i 196.'. |>. I".

268

IL MARXISMO E LE ARTI

DALLA

ineliminabile che la storia dell'arte ha con la storia oggettiva, il critico responsabile e metodologicamente accorto non p u ò prescindere dalla valutazione di questo nesso. Dipende solo dalle sue capacità ricostruttive esplicitarne il senso: vagliare e mostrare se, come, quanto e p e r c h é le opere di un determinato autore o di un determinato orientamento artistico, in circostanze date, spingano avanti o indietro, inclinino verso il progresso o verso la reazione: vadano cioè criticamente sostenute o combattute. Prendere posizione - e una posizione aperta, esplicita, se occorre polemica - è un dovere cui la critica non p u ò sottrarsi mai, almeno quando lavori con il fine di salvaguardare la dignità e serietà della propria disciplina. L'apporto del marxismo in argomento è di un rilievo senza paragoni. Messaggi, modelli ed esempi fattuali di c i ò che signi-

RECETTIVITÀ

DELL'ARTE...

269

L'evoluzione politica, giuridica,filosofica,religiosa, letteraria, artistica ecc. riposa sull'evoluzione economica. Ma esse reagiscono tutte anche l'una sull'altra e sulla base economica. Non è che la situazione economica sia la sola causa attiva e tutto il resto nient 'altro che effetto passivo. Vi è al contrario un'azione reciproca sulla base della necessità economica che, in ultima istanza, si impone sempre [...]. Lo stesso vale per tutti gli altri fatti casuali o apparentemente casuali nella storia. Quanto più il terreno che stiamo indagando si allontana dal terreno economico e si avvicina al terreno ideologico puramente astratto, tanto più troveremo che esso presenta nella sua evoluzione degli elementi fortuiti, tanto più la sua curva procede a zigzag. Ma se Lei traccia l'asse medio della curva troverà che, quanto più lungo è il periodo preso in esame e quanto più esteso è il terreno studiato, tanto più questo asse si avvicina e corre parallelamente all'asse dell'evoluzione economica . 1

fica responsabilità della critica ci vengono g i à direttamente dai fondatori della concezione materialistica della storia. Prendia-

Donde il grande ostacolo che per la comprensione critica

mo il giovane Marx impegnato nella « c r i t i c a » delle « c o n d i z i o -

delle cose rappresenta, agli occhi di Engels, « l ' a b b a n d o n o im-

ni t e d e s c h e » . Certo non è ancora lì, la sua, una critica estetica.

perdonabile in cui è lasciata, nella letteratura, la storia econo-

Ma quale e quanto grande responsabilità comporti in genere la

m i c a » , e il facile scivolare della critica nello scolasticismo, nello

critica delle sfere superiori dell'attività umana dalle sue parole

schematismo, nell'arbitrio delle ricostruzioni storiche di como-

emerge chiaramente. La critica che si cimenta con il suo ogget-

do, a margine di ogni responsabilità.

to - Marx afferma - « è la critica che sta in mezzo alla

mischia».

I più seri sviluppi ulteriori della dottrina del marxismo si sono

Essa non si diletta del suo lavoro come di un lavoro fine a se stes-

indirizzati per la stessa strada, secondo il disegno schizzato sopra,

so, ma opera in quanto « m e z z o » (Mittel); « l a critica non è una

dagli immediati eredi dei fondatori fino ai nostri giorni. Mai forse

passione del cervello, essa è il cervello della passione » , vale a dire

anzi si era sentito così intenso, così pressante, il bisogno del suo

uno strumento di lotta, « u n ' a r m a » . Se non esiste e non p u ò

apporto quanto lo si sente ai nostri giorni; e non è certo lo slogan

1

esistere la pretesa 'innocenza' della cultura, se essa non si risolve

post- '89 del "crollo dei muri", della "fine delle ideologie", a poterlo

mai in un neutro apparato di concetti, c i ò accade p e r c h é - ha

smentire. Siamo oggi di fronte a una situazione estremamente pro-

cura di aggiungere e precisare p i ù tardi Engels - cultura presup-

blematica per la cultura e per la critica, indifese o incapaci di difen-

pone che gli uomini si siano sviluppati a una socialità matura e

dersi contro l'apatia generalizzata. L'intellettualità sembra aver

che questo sviluppo, di cui cultura e critica sono componenti, ri-

perso ogni stimolo combattivo, ogni gusto per l'indipendenza

posi sullo sviluppo economico della società. Proprio il marxismo

dal conformismo o dal falso anticonformismo delle mode. Gior-

lo sostiene e lo dimostra, naturalmente al livello di quella consa-

no dopo giorno se ne constata la capitolazione all'incontrastato

pevolezza culturale alta di cui danno prova le parole di una nota

predominio di slogan, modelli, pseudo valori derivanti per un ver-

lettera del vecchio Engels al suo corrispondente Borgius, in data

so dalle leggi di mercato, per l'altro, ideologicamente, dalle mene

25 gennaio 1894:

dell'imperialismo a guida americana, attivo su scala mondiale.

1. K. M A R X , Zur Kritik der Hegelsthen Rechtsphilosoplii,: i'iiiliiluiig | 1 S i V 44], in M E W , «-ir.. Bei. l,pp. 380-1 (rr.ul. MI, pp. 192 3).

ENI.II S,

I. MI W , eie, l Ihrr

kinnl

.'«). p '()(, (i,:ul. E, pp. 227-8); ed. solo parziale in MARX und I il, i.ilnr. < il., 1, p. 95.

270

IL MARXISMO E LE ARTI

DALLA

RECETTIVITÀ

DELL'ARTE...

271

Si faccia solo un confronto con i decenni centrali del secolo

L'aspetto p i ù grave della cosa, il suo veleno sottile, mi pare

passato. Fintanto che era sussistita prima la minaccia aperta del

stia proprio in c i ò : che lentamente e insensibilmente, ma anche

fascismo, e poi, nel dopoguerra, si era creata una sorta di equili-

inarrestabilmente, un intero modo di pensare, un'intera forma

brio tra i due blocchi politici mondiali dominanti (secondo gli

mentis, estesi fino al linguaggio (alla terminologia, all'uso di

accordi di Jalta), la cultura trovava ancora spazio per muover-

certi concetti, locuzioni ecc.), vengono introiettati e fatti propri

si con relativa indipendenza. In una strutturazione del mondo

senza resistenza dalla p i ù gran parte dei gruppi intellettuali, com-

retta da due blocchi contrapposti, lo stato oggettivo delle cose

presi quelli che militano o dicono di militare nel campo avverso.

impediva ogni predominio unilaterale; il potere dell'un blocco

La critica democratica parla assai di frequente Io stesso identico

veniva, in ogni circostanza significativa, immediatamente con-

linguaggio dei filo-imperialisti, attingendo a piene mani - non

trobilanciato da quello dell'altro. Se ideologia significa anche,

importa quanto consapevolmente - a un gergo intriso di formule

come abbiamo visto, capacità di imposizione di un interesse

derivate da Nietzsche o da Cari Schmitt; la teoria estetica, pres-

particolare spacciato per generale, allora l'ideologia dominante

soché digiuna di marxismo, si crogiola dentro l'eccentricità del-

sapeva di dover comunque sempre fare i conti con altre pseudo

le varie forme d'avanguardia come fossero il non plus ultra per

generalità dello stesso tipo, ma di segno opposto; nell'auto-

l'arte; e l'esemplificazione di debolezze, cedimenti, incoerenze

creazione di miti, trappole, inganni, immagini fasulle o illuso-

ecc. potrebbe continuare ancora a lungo. Una resa davvero pre-

rie, sapeva di non potersi spingere oltre un certo grado, pena il

occupante. Né si tratta solo, si badi, di innocui compiacimenti,

rischio di rovinose smentite. Essa era bensì ovunque all'opera,

di civetterie linguistiche senza conseguenze. Come sempre, an-

squadernando ovunque le sue faziose grossolanità, ma mai unila-

che qui la parola veicola la cosa, e la cosa, il risultato, consistono

teralmente, mai in forma esclusiva. Non dominava insomma con

appunto nella vittoria su tutta la linea dell'ideologia della reazio-

quella monocorde pienezza, che innalza le idee di un'ideologia

ne, tanto p i ù pericolosa proprio in quanto ora ammantata da una

fino al livello di « i d e e dominanti d e l l ' e p o c a » .

patina di 'modernità'.

La crisi dell'89 p u ò dunque al massimo aver posto fine a

In secondo luogo, l'unilateralità del battage ideologico ne

quella ideologizzazione limitata. M a che cosa succede dopo il

acuisce le punte anche sotto il profilo del contenuto del messag-

"crollo dei muri"? Succede che il crollo travolge, insieme con i

gio trasmesso. D a quando l'ideologia dominante sa - o almeno

muri, i limiti della ideologizzazione, e che quest'ultima si espan-

si immagina - di poter contare sul suo dominio incontrastato e

de ora senza p i ù remore, a macchia d'olio, si fa interamente pa-

illimitato, ecco che essa rioccupa, in latto di contenuto del mes-

drona del campo, si universalizza: diventa - sotto la maschera

saggio, posizioni che, per ragioni tattiche, erano state pruden-

del suo contrario, della deideologizzazione - l'ideologia genera-

temente messe da parte durante la fase dell'equilibrio dei bloc-

le dell'imperialismo trionfante. Per questo riguardo l'89, lungi

chi e della "competizione pacifica". Il messaggio acquista ora di

dal segnare la "fine delle ideologie", ne segna piuttosto l'inizio

nuovo tutta la sua valenza ideologica immediata. Nella stampa,

in senso proprio, nel senso peggiore, p i ù radicale del termine.

nella pubblicistica, nei mezzi di comunicazione di massa, nello

L'atmosfera dominante viene formando una cappa che lascia

spettacolo, nell'arte (specie in certe forme d'arte come il cine-

senza respiro; si impone un monopolio a senso unico. Mentre

ma, p i ù di altre, abbiamo visto, asservito alla prepotenza delle

le generazioni p i ù giovani crescono all'oscuro delle possibilità

leggi del mercato capitalistico), non si parla p i ù per vie traverse;

di alternative, nella cultura stagna qualcosa come l'accettazione

si dice pane al pane, si chiamano le cose, senza mezzi termini,

predeterminata dei confini del campo di dibattito; è l'esistente

con il loro nome. I padroni chiamano di nuovo orgogliosamente

che impera con tutto il bagaglio del suo fariseismo; di ciò che sta

capitalismo il capitalismo; lo stesso fanno i padroni della politica

di là dall'esistente non si (a più nemmeno questione.

con le poi it ielle monetarie da Maastricht in avanti; e non meno

272

II MARXISMO E LE ARTI

DALLA

RECETTIVITÀ

DELL'ARTE...

273

dei grandi gruppi finanziari internazionali, la stampa, l'arte, lo

in tema di responsabilità. Stante la sua inveterata abitudine di

spettacolo agitano a gran voce, come una bandiera, l'ideale del

comportarsi alla stregua di una consorteria chiusa in se stessa,

'liberalismo' (leggi: del liberismo economico sfrenato, del capi-

gelosa delle sue prerogative, nessuna via di salvezza si profila da-

talismo selvaggio). In luogo di quella cauta apologetica indiretta,

vanti alla critica filmica se non con il ripudio, da un lato dell'iso-

che procedeva filtrando il messaggio ideologico con opportune

lazionismo, dall'altro di tutti gli sconci che la deturpano e la

mediazioni, torna in auge l'apologetica diretta: la prassi brutale,

soffocano. C i sono urgenze precise. Urge anzitutto una presa di

burbanzosa, arrogante, della difesa dello status quo, dell'ordine

coscienza dello stato di paralisi del cinema di oggi, che sia anche

di cose esistente, del dominio del capitalismo, anzi, tramite le

una presa di distanza dal complesso di cause che lo provocano;

mene imperialistiche, il progetto nemmeno p i ù nascosto della

urge un radicalismo barricadiero non disposto a fare sconti, a

sua estensione a livello planetario.

mercanteggiare con la manipolazione dominante; urge si respin-

Occorre, cosi io credo, una svolta radicale delle cose. C i ò

ga con fermezza quel pseudo ribellismo post-modernistico, che

che dalla critica oggi si richiede va in direzione diametralmente

finisce proprio con il portare acqua al mulino di tutte le insensa-

opposta a quella riscontrata. Serve il colpo d'ala che ne faccia

tezze irrazionalistiche donde la crisi si genera; urge insomma che

una critica sveglia, attenta, disinibita, coraggiosa, soprattutto

la critica entri o rientri in possesso dei suoi propri mezzi, riacqui-

pienamente consapevole dello stato in cui si trovano le cose e

sti i suoi diritti, affronti di petto, consapevolmente, i compiti che

delle difficoltà che essa ha di fronte. Se ci si riflette sopra bene,

ha davanti.

ci si rende conto che non è poi pretesa impossibile da soddisfa-

Tutto ciò, va da sé, non investe solo il campo della pubblici-

re. Neanche dove l'attuale deriva parassitaria giunge agli estre-

stica spicciola, né pertiene solo a eventuali exploits della protesta

mi stigmatizzati nella critica filmica, neanche lì c'è motivo per

militante. V i sono coinvolte questioni assai p i ù profonde, que-

abbandonarsi allo sconforto, rassegnarsi e alzare definitivamen-

stioni teoriche ed estetiche d'ordine generale: quelle dove niente

te le braccia in segno di resa. Non faccia da spauracchio troppo

p u ò venir deciso, se prima non si coglie e si analizza la posizione

minaccioso la congiuntura sfavorevole del momento. La storia

dell'essere degli uomini nel nostro tempo (basi storiche, rappor-

dell'arte e della letteratura ha conosciuto ben di peggio. Persino

ti sociali, contrasti di classe ecc.); quelle che all'estetica si richia-

durante i periodi dell'oscurantismo p i ù buio, a esempio durante

mano come guida - certo non prescrittiva - per il rilevamento,

le tenebre dello zarismo, si è pur sempre trovato tra i critici un

l'apprezzamento, la delibazione del mondo artistico volta per

qualche Cernysevskij, un qualche Dobroljubov pronto a levare

volta posto in essere. Quando Dobroljubov, nelle sue lunghe

alta la testa e la protesta, nel senso che al termine protesta dava

esposizioni sui doveri della critica, dalla critica pretendeva che

il poeta ungherese Endre Ady ( « i o non mi lascio c o m a n d a r e » ) .

essa non si lasciasse allettare dai fenomeni di superficie, ma ri-

Ora è pensabile, è ragionevolmente sperabile che voci di prote-

cercasse e accertasse ogni volta di nuovo in quale misura le opere

sta di tal genere sappiano levarsi per la critica anche nell'era del

esaminate fossero « e s p r e s s i o n e delle aspirazioni naturali di una

capitalismo globalizzato; che, contro l'incantesimo della rasse-

certa epoca e di un dato p o p o l o » ', non faceva altro che mettere

gnazione, contro la deriva del parassitismo, almeno presso certe

il suo radicalismo al servizio del superamento di un impasse di-

frange della critica p i ù responsabile insorga uno scatto d'indi-

venuta pregiudizievole, anzi deleteria per la critica.

pendenza e di orgoglio. Torniamo ancora una volta, come massimamente indicati-

Detto altrimenti, si impone qui insomma, apertis verbis, il problema della responsabilità culturale della critica del cinema.

vo, come paradigmatico (per la sua alta valenza rappresentativa nell'ambito dell'influsso sul pubblico), al caso della critica filmica, con cui mi pare opportuno concludere questi rilievi generali

1. Cfr. N . A . DOBKOI (iiiiov. Ilregno delle tenebre e,litri saggi, trad. di I. Ambrogio, l'diloii Hiiiniii, Uom.i l ' ) S 6 , pp.I3H sgg. (cita/, a p. 153).

274

IL MARXISMO E LE ARTI

DALLA

RECETTIVITÀ

DELL'ARTE...

275

Siccome il cinema è (anche) una branca della cultura e la critica

non darebbe senso. La storiografia conosce molto bene la serqua

cinematografica (anche) cultura essa stessa, credo legittimo la si

di incidenti occorsi alla cultura schiava di una mala intesa attua-

possa discutere alla stregua di come si discute ogni altro speci-

lità. Realmente attuali non sono le mode, ma - come da sem-

fico reparto culturale. Il critico - anche il critico di cinema - è

pre predica il marxismo - i sempre nuovi bisogni della vita degli

per definizione un intellettuale. Ora ci sono momenti della sto-

uomini in società. È per l'assolvimento di essi che il marxismo

ria d e l l ' u m a n i t à , punti di crisi o di svolta, all'altezza dei quali

combatte, naturalmente anche sul terreno estetico. Oggi da esso

l'intellettuale non p u ò tirarsi indietro. Quando ne va dell'es-

ci si attende soprattutto una ripulsa ragionata, una sconfessione

senza stessa della cultura, o anche soltanto di quella branca della

in piena regola, dell'accomodamento acritico della critica, della

cultura che p i ù lo coinvolge come specialista (nella fattispecie,

sua capitolazione nei confronti dello status quo. Sarebbe davvero

il cinema per il critico cinematografico), egli è chiamato ad as-

una tragedia che le conquiste del suo pensiero finissero nel di-

sumersi tutte le sue responsabilità fino in fondo. Problemi sto-

menticatoio, sepolte sotto le rovine dell'89. Quanto l'intelletto

rici soggettivi e oggettivi in situazioni del genere si intrecciano

conquista di valido nel corso della storia non si lascia cancella-

inestricabilmente. Dal punto di vista storico-oggettivo, con il

re; proprio un principio marxista che ci è noto (e nella storia dal

sopravvenire di uno stato di crisi sorgono, di rimpetto a chi con-

marxismo già impiegato con successo), cioè il principio della

sidera, un insieme di circostanze, una rete di vicende, un campo

"eredità culturale", smentisce la praticabilità di una simile follia.

di relazioni, un tessuto di fenomeni in sé affatto nuovi, con cui

Nel pensiero già riuscito vittorioso non ci sono rovine; ogni suo

diventa ineludibile fare i conti; ma in pari tempo si richiede ine-

risultato positivo persiste; e da lì prende spunto anche ogni suo

ludibilmente, da parte del soggetto in causa, che alla novità della

ulteriore avanzamento.

situazione intervenuta venga data una risposta, che il soggetto prenda posizione e reagisca responsabilmente di fronte a essa. Compito specifico della critica filmica è proprio questa assunzione di responsabilità settoriale. Oltre che l'analisi e il chiarimento interpretativo dei singoli film di cui si occupa, le appartengono in proprio un'altra serie di adempimenti. È essa che deve suggerire le direttive p i ù opportune per far luce sulla crisi, per orientarsi dentro la débàcle;

essa che deve dispensare ammonimenti,

fornire istruzioni, mettere in guardia il pubblico dall'universo filmico manipolato; essa che deve sollevare tutti i dibattiti necessari intorno ai quesiti del momento. Inclusione ed esclusione dei temi, loro diversa accentuazione, stabilimento di nessi reciproci tra circostanze, tendenze, influenze ecc. si lasciano determinare in campo critico solo a seguito del corretto scioglimento dell'insieme dei complessi problematici che ho affrontato sopra. Qui, come del resto su tutto quanto il terreno della manipolazione, la critica estetica marxista ha ancora davvero molto daffare, un compito immenso da assolvere. N o n si finirebbe mai di elencare le risorse critiche che il marxismo oltre. Parlarne come di cosa del passato, sul metro dell'attualità immediata.

INDICE DEGLI A R G O M E N T I (al numero di pagina è premesso il numero del capitolo cui la 'voce' fa riferimento)

Bellettristica, IV, 145-6

Allegoria, IV, 225-6 Antistoricismo

nella

critica,

IV, 208 sgg., 228; V, 253-

Besonderheit -» Particolarità Brutto e bello artistico, II, 71; IV, 217-8

4, 260 Antropomorfismo estetico, II, 53; III, 130

Canone critico, V, 263-4

Apologetica ideologica -» Pa- Capitalismo

maturo

(dipen-

rassitismo critico della de-

denza del marxismo dal),

cadenza

I, 26 sgg.

Apologetica ideologica diretta, V, 272

Categorie estetiche (specificità

Arte a tesi e di tendenza, III, 123 sgg.; IV, 184-5 Artisti coscienti e non coscienti, II, 82-3, 107 Assetto strutturale del prodotto d'arte, II, 69 sgg. Assoluto e relativo (dialettica di), IV, 137-9,226 Aura e ritualità dell'arte, III, 114,126,132-3; V , 2 4 l Auteur theory filmica, V, 25658. no, II, 53; V, 236, 240 Autonomia della teoria marxista, I, 16-7 Avanguardia in arte, IV, 21331 protesta,

e storicità delle), II, 56-8, 74-5 Cinefilia, V, 254-5,257 Coerenza

e/o

correttezza

critica, IV, 147-9,

161,

196-7 Competenza specialistica, IV, 135, 147, Compiti e doveri della critica marxista, IV, 135 sgg.; V, 269,272,274-5 Contenuto/forma -> Forma e

Autocoscienza del genere uma-

Avanguardia

Catarsi -» Evocazione

contenuto Controversie

interpretative,

IV, 160 sgg. Costruzioni in storia -> Antistoricismo Creatività artistica -> Rispec-

come moto di

chiamento e creatività ar-

IV, 218-9, 221

tistica

278

IL MARXISMO E LE ARTI

INDICE DEGLI ARGOMENTI

Critica filmica, III, 111-2; IV, E r e d i t à culturale, I, 32-9; IV, 148-9, 173-81,229-31; V, 158-9; V, 253,275 246-65,272-4

Estetica come "parte organica"

Critica in chiave oggettivistica, IV, 186

del marxismo, II, 42 sgg. Etica ed estetica, IV, 141; V,

Critiche di Gramsci a Croce, III, 116-9

238

Cultura e militanza -» Militanza

tico -» Parassitismo critico della decadenza

ne forme di ideologia della reazione

ricismo reale, V, 238

tecnologia

*

IV, 198 sgg.

Dialettica di assoluto e relativo -> Assoluto e relativo pecchiamento -> Rispecchiamento artistico no, III, 126; IV, 187 Differenza

versus

dialettica,

marxista

dell'arte

(rapporto

al) -> Autoco-

Generi artistici, II, 72 sgg.; IV, 206-7; V, 255-6 arti, II, 63-4

verso

Globalizzazione

ideologica

unilaterale, V, 270

costruttivisti-

che -> Antistoricismo Equivoci formalistici, III, 116; IV, 147-8

Letteratura d'appendice, II, 89

autonomo

Linguaggio

delle

avanguardistico,

IV, 221-2 Lotta

collettivo,

IV,

154, 211; V, 243,262-3 Immanenza gettività

artistica

IV, 150 sgg. IV, 149-50,156-60; V, 267

e

tica della storia -> AntistoMondo reale come riferimento primario per l'arte, II, 52, 78-9 Monologo interiore, IV, 220-1 Naturalismo versus realismo, IV, 192-4; 217-8 Nazionalità

e popolarità

Popolarità

e



nazionalità

dell'arte N o r m a t i v i t à (inesistente) nella

sogni, V, 243 sgg., 260,262

estetica, II, 66; IV, 135-6 Novella, II, 77-8 N o v i t à nell'arte, I, 32 sgg.; IV, 214-5,217-8,221-2

Marxismo della II Internazionale, I, 12-4 Materialismo storico e dialettico, I, 19,26; IV, 207

-» O g -

Mediazione ideologico-criti-

immanenza

ca con gli oggetti, III, 99,

dell'opera d'arie

soggettivis-

critica su due fronti

(contro propaganda e arte

le, I, 9 sgg.

Immaginario

Modernizzazione ricismo

III, 116-9

Marxismo come teoria genera-

Ideologia: funzioni e distorsio-

Epica e drammatica, II, 77

della reazione, V, 270 sgg. Modernismo artistico -» Avan-

suo genere, II, 72,76

Manipolazione del gusto e dei bi-

ni, III, 97 sgg.; V, 270 sgg. Epistemologie

205-6 Moderne forme di ideologia

1,31

105; IV, 137, 140 sgg.; V,

Dramma moderno, IV, 148, 172

149 sgg. Mitologia e arte, II, 54-5; IV,

Lotta di classe nella cultura,

258-9, 265

l'avanguardia, IV, 224 sgg.

stampa

per l'arte), III, 116 sgg.;

Giudizi estetici di valore, III,

IV, 209-10; V, 260 Dissenso

umano

Gerarchia (insostenibile) tra le

Dialettica di essenza e fenome-

della

Ineguaglianza dello sviluppo,

Linguaggio

scienza del genere umano

Dialettica di creatività e ris-

Inadempienze

singole arti, II, 60 sgg. Genere

III, 128 Militanza (suo ruolo nella cultura e nella critica), IV,

Limiti della critica idealistica,

Destoricizzazione -> Antistoricismo

Mezzo omogeneo, II, 59-63;

guardia -> N o v i t à nell'arte

Funzione storica della critica,

Deideologizzazione, V, 270

Compiti della critica mar-

III, 120-1 Forma e tecnica -> Tecnica e

Defeticizzazione estetica del

intellettualità critica -»

Inerenza dell'opera d'arte al

Forma e contenuto, II, 69-71,

Decostruzionismo -» Antisto-

Impegno indefettibile della

marxista, V, 242-3 Fine delle ideologie -> Moder-

Decadenza e parassitismo cri-

Immanenza della critica, H I , Metodologia estetica del marxismo, H I , 97 sgg., 128 115; IV, 140-1

xista

Evocazione, II, 53; V, 234, 237

279

103

O g g e t t i v i t à e immanenza della opera d'arte, II, 57; III, 107-8, 115; IV, 140-1; V, 257 Opere 'aperte', II, 68

280

INDICE DEGLI ARGOMENTI

IL MARXISMO E LE ARTI

Parassitismo critico della decadenza, V, 252 sgg., 258-60 Particolarità centrale

come categoria dell'estetica, II,

64-7.

vo e modello critico, I, 19, 37-8; II, 43, 74; IV, 182-

8

Realtà sociale e arte -> Storicità

67-8; III, 108.

Recezione e fruizione dell'arte, R e s p o n s a b i l i t à culturale e sociale della critica, V, 238,

Personalità umana secondo il marxismo, I, 29; II, 55-6

242, 256 sgg. Retroterra

storico-sociale di

arte e critica -> S t o r i c i t à di

Pluralismo in estetica, II, 65-

arte e critica

Popolarità

e

nazionalità

dell'arte, II, 86 sgg.; IV, 203 sgg. Popolarità

popolari-

smo, II, 93-4

Rispecchiamento e creatività artistica (dialettica tra), II,

IV, 156, 188

sgg.; IV, 150 sgg., 188,198

Valori d'ordine economico, I V 138

sggdell'estetica

marxista,

II, 42 sgg. Storia in funzione critica Storicità dell'apparato categoriale della estetica -» Categorie estetiche metodologico,

III, 103, 106 tori, II, 80 sgg.

miche, IV, 138-9

Sviluppo storico del senso artistico, V, 244-5

Sfavorevole ruolo del capita-

sggPreliminari dell'attività critica, IV, 135 sgg. Premi Oscar (farsa dei), V,

lismo per l'arte, II, 41; III,

Teatro in Scandinavia, II, 92-3

131, V, 244-5

Tecnica e progresso tecnologi-

Sistematica del sapere -> Unità sistematica del marxismo

263-4 Processualità creativa dell'arte,

Sociologismo volgare, II, 45,

Processualità del lavoro critiPubblico (fenomenologia del),

Spazio e tempo artistici, III,

Purovisibilismo, IV, 147-8

Specialismo critico -> Compe-

proprio tempo, IV, 143-4 Realismo come metodo creati-

Sperimentalismo artistico -»

Avanguardia

nell'arte

T e m p o r a l i t à nell'arte figurativa -» Spazio e tempo artisTipico estetico, II, 66-7 Totalità intensiva dell'arte, II,

tenza specialistica con il

vi), V, 241

tici

109 sgg.

V, 238-9, 245-6

Tecnologia (suoi effetti recetti-

del), IV, 220, 229-30

Soggettività personale dell'artista, III, 126

co, III, 108-9

co, III, 129 sgg.; V, 255

Tempo oggettivo (dissoluzione

48; III, 119 sgg.

III, 108 sgg.

Rapporto dell'artista

-> Giudizi estetici di valore

Sviluppo biografico degli au-

Scelte alternative non econo-

Potere sociale dell'arte, V, 239

Storicità di arte e critica, II, 78

Strumentario

Romanzo borghese moderno,

Postmodernismo -> Antistoricismo

Valore in estetica

24-5

= -> S t o r i c i t à di arte e critica

Riproduzione allargata, 1,27-9

58-9; III, 126 versus

mo, I, 25-6 Utopia nell'arte, IV, 205

I, 12, 18-9

Storia

Pluralismo, HI, 98, 103-5 6; III, 105; IV, 147; V, 242

III, 119; IV, 154, 204 Unità sistematica del marxis-

Storia (scienza della), I, 16-7,

V, 233 sgg.

Per-sé autonomo dell'arte, II,

lettica tra), IV, 184-5 Statuto teorico del marxismo,

98 di arte e critica

Partiticità in estetica, III, 126-

S p o n t a n e i t à e coscienza (dia-

281

68; IV, 194

/Novità Umanesimo dell'arte, II, 56;

Valori etici -» Etica ed estetica Vita quotidiana in rapporto all'arte, II, 52-3; V, 241-2.

INDICE DEI N O M I

Adler, Friedrich, 24

Baudelaire,

Adler, Viktor, 14

Charles,

60-1,

162, 194

Ad orno, Theodor Wiesengrund, 193,195-6,199,205,276, 393, 428-9,442-5, 522

Bazin, A n d r é , 256 Beaumont, Matthew, 160 Bebel, August E , 13-4 Beethoven,

Ady, Endre, 272 Ambrogio, Ignazio, 71, 202,

Ludwig van, 60,

85,144,239, 247 Belinskij, Vissarion G . , 45, 47,

273

80,86-8,153,201-2

Ambrus, J à n o s , 22 Ariosto, Ludovico, 117

Belke, Ingrid, 167

Aristarco, Guido, 173, 175-7

Belloni, Emanuela, 113

Aristotele, 26, 141

Bellucci, Novella, 144

Arnaud, Eraldo, 22, 31

Beltsikov (Beltschikow), N . F.,

Arnaud, Maria Grazia, 203 Arzeni, Bruno, 62

122 Benjamin,

Aubert, Jacques, 81, 83, 172 Auerbach, Erich, 171-2, 21920

Walter, 31,

132,

209,225,228,241 Benseler, Frank, 20, 101, 184, 190 Bensussan, Gerard, 51

Bach, Johann

Sebastian, 85,

Berg, Alban, 229 Berger, John, 76

239 Balzac H o n o r é de, 43-4, 46, 68,77, 94, 117, 162, 182,

Bergner, Dieter, 24 Bergson, Henri, 168-9

184, 187, 190-2, 196-7,

Bernstein, Eduard, 14-5, 25

200

Beutin, Wolfgang, 24

Baron, Samuel FI., 122

Bibesco, Antoine, 169

Barrault, Jean-Louis, 109

Binni, Walter, 144

Barrière, Michel, 192

Bjornson, Bjornstierne, 206

Bartels, Adolf, 192

Bloch, Ernst, 31, 132, 155-6,

B a r t ó k , Béla, 58, 91, 143, 202 Baseggio, ( Bassenge,

risi i n a ,

l i n d i i