I paradossi dell'uguaglianza. Una proposta non utopica di giustizia sociale 9791280048158

219 46 10MB

Italian Pages 234 Year 2023

Report DMCA / Copyright

DOWNLOAD FILE

Polecaj historie

I paradossi dell'uguaglianza. Una proposta non utopica di giustizia sociale
 9791280048158

Citation preview

Il progetto editoriale di Società aperta ha al suo centro quella costellazione di valore politico e morale che coincide con il liberalismo. Nella essenziale varietà delle sue versioni, il liberalismo è un esito contingente delle complesse vicende in cui si genera la modernità europea, ma si irradia come insieme di valori politici e morali qua e là per il mondo, dettando i mutevoli assetti delle istituzioni fondamentali che, limitando l'esercizio dei poteri politici e sociali, tutelano le libertà fondamentali delle persone. Le nostre fragili e imperfette democrazie politiche trovano nello stato di diritto, l'artefatto liberale per eccellenza, la giustificazione stabile dell'esercizio temporaneo del potere politico e le sue mutevoli scelte pubbliche. Interpretazioni alternative del liberalismo sono al centro del conflitto democratico e costituiscono, entro le democrazie contemporanee, le linee del disaccordo politico. La tensione essenziale è fra un liberalismo che tende a limitare lo spazio dello Stato e a dilatare lo spazio delle transazioni di mercato, e un liberalismo che affida allo Stato e alla scelta pubblica compiti di giustizia distributiva. In questo caso riconosciamo il rapporto storicamente più significativo tra liberalismo e socialismo come motori della riforma sociale. Oggi liberalismo e democrazia, in tandem, si trovano a fronteggiare nell'arena globale la grande sfida dei regimi "democratici" illiberali e dei regimi autocratici. E, al tempo stesso, devono mettersi alla prova per favorire la transizione al verde e al blu (l'ambiente e il digitale), al centro della recente agenda dell'Unione europea ai tempi della pandemia, l'inclusione sociale e la riduzione delle crescenti diseguaglianze. Per questo Società aperta si propone di offrire al lettore le tessere più illuminanti del complesso mosaico del liberalismo. Salvatore Veca

Titolo originale: Equality and partiality © 1991 by Thomas Nagel

Equality and partiality was originally published in English in 1991. This translation is published by arrangement with Oxford University Press. Mim Edizioni srl is solely responsible lor this translation from the originai work and Oxford University Press shall have no liability lor any errors, omissions or inaccuracies or ambiguities in such translation or lor any losses caused by reliance thereon. Equality and partiality è stato pubblicato originariamente in inglese nel 1991. Questa traduzione è pubblicata in accordo con la Oxford University Press. Mim Edizioni srl è l'unica responsabile di questa traduzione dall'opera originale; Oxford University Press non è responsabile di eventuali errori, omissioni, imprecisioni, ambiguità o eventuali perdite di significato in tale traduzione. Traduzione di Rodolfo Rini

© 2023 - Edizioni Società Aperta (Milano) Piazza Don Enrico Mapelli, 75 - 20099 Sesto San Giovanni (Mi) Telefono: +39 02 24861657 / 21100089 E-mail: [email protected] www.edizionisocietaaperta.it Isbn: 9791280048158

Distribuzione: A.L.I. -Agenzia Libraria lnternational L'editore ha effettuato, senza successo, tutte le ricerche necessarie al fine di identificare gli aventi titolo rispetto ai diritti della traduzione. Pertanto resta disponibile ad assolvere le proprie obbligazioni.

Indice

Prefazione alla seconda edizione italiana di Ian Carter

I

Ringraziamenti

9

1. Introduzione

11

2. Due punti di vista

19

3. Il problema dell'utopia

31

4. Legittimità e unanimità

47

5. Il test di Kant

57

6. La divisione morale del lavoro

71

7. L'ugualitarismo

83

8. Problemi di convergenza

97

9. Problemi di struttura

109

10. Uguaglianza e motivazione

123

11. Opzioni

151

12. Disuguaglianza

163

13. Diritti

175

14. Tolleranza

193

15. Limiti: il mondo

211

Bibliografia

225

Indice dei nomi

229

Prefazione alla seconda edizione italiana

Ian Carter

Nelle vite di tutti i giorni facciamo delle cose utili a promuovere i nostri interessi e quelli dei nostri cari. Per esempio, a scuola e all'università io ho fatto del mio meglio per sviluppare i miei talenti, dopodiché ho cercato un'occupazione appagante e ho investito i miei guadagni. Tu hai cambiato lavoro quando hai ricevuto l'offerta di uno stipendio maggiore. Un nostro amico è un bravo genitore e vuole offrire ai suoi figli le migliori opportunità possibili. Un'amica artista ha dipinto un bel quadro e lo ha messo all'asta con l'idea di venderlo a chi offre di più. Non tendiamo a condannare queste scelte. Anzi, la maggior parte di noi le considera aspetti della vita sociale assolutamente normali e accettabili. Allo stesso tempo, sappiamo che le differenze di talento e fortuna, insieme all' accumulo di queste scelte su grande scala, portano nel tempo a diseguaglianze economiche e sociali, diseguaglianze di classe e diseguaglianze ereditate. Diseguaglianze che le persone di orientamento progressista considerano un disvalore, perfino un'ingiustizia. Chiunque abbia pensato seriamente all'ideale dell' eguaglianza è consapevole di questo rompicapo morale. Guardando più da vicino, però, vediamo che ci sono diversi modi di interpretarlo. Un modo comune di dare senso alla tensione appena esposta è ipotizzare che esista un conflitto tra moralità, da un lato, e autointeresse, dall'altro. Questa prima ipotesi ignora, però, la dimensione morale delle scelte individuali: perseguire i propri interessi e quelli dei nostri cari è,

II J paradossi dell'uguaglianza

entro certi limiti, non solo moralmente permesso ma a volte anche lodevole. Un altro modo di intenderlo è come conflitto tra etica pubblica ed etica privata, come moralità della scelta sociale versus moralità delle scelte individuali. Questa seconda ipotesi è empiricamente implausibile, perché non è possibile separare questi due ambiti in maniera netta: le nostre scelte individuali sono spesso inseparabili dalle loro ricadute nell'ambito pubblico. Nel libro I paradossi dell, uguaglianza, Thomas N agel esplora un ulteriore modo di affrontare il problema, ossia interpretandolo come un conflitto tra due aspetti della moralità dell'agente individuale. In primo luogo, ciascuno di noi ha una propria vita da vivere, e pretende che gli altri riconoscano la validità del proprio interesse a viverla nel migliore modo possibile insieme a quelli con cui ha, o stabilisce, dei legami. Questo è il punto di vista "personale" della moralità individuale. In secondo luogo, ciascuno di noi, come persona morale, deve riconoscere l'eguale status morale degli altri, e con questo le pretese e i doveri reciproci che derivano dalla giustizia distributiva, tenendo in conto egualmente tutti i punti di vista personali di tutti i membri della propria società. In breve, ciascuno di noi ha un eguale status che implica delle pretese a un eguale trattamento. Questo è il punto di vista "impersonale" della moralità individuale. Concepire il problema in questo modo, come tensione tra due prospettive morali della stessa persona, rende la questione della sua risoluzione politica da un lato più interessante, dall'altro più difficilmente trattabile. Thomas Nagel è uno dei più importanti filosofi viventi. Professore Emerito di Filosofia e Diritto presso la New York University, ha ricevuto diversi premi e riconoscimenti, tra cui, nel 2008, il prestigioso Premio Balzan, "per la profondità e la coerenza della sua originale prospettiva filosofica, incentrata sulla tensione essenziale fra un punto di vista oggettivo e impersonale e un punto di vista soggettivo e personale". I paradossi dell,uguaglianza è tra i lavori di Nagel che meglio

Prefazione alla seconda edizione italiana III

esplorano questa "tensione essenziale". Pubblicato per la prima volta nel 1991, il libro appartiene a ciò che si usa ormai chiamare l'età d'oro della filosofia politica anglosassone - il periodo che occupa gli ultimi decenni del '900 e che ha visto gli interventi influenti di grandi teorici liberali ed egualitari americani quali John Rawls, Thomas Scanlon, Michael Walzer e Ronald Dworkin, oltre a quelli dello stesso N agel. Le discussioni tra questi filosofi americani costituiscono il contesto accademico in cui nasce il presente lavoro. La questione al centro della loro attenzione era quella della natura di una società giusta intesa come sistema di cooperazione che genera benefici e oneri la cui distribuzione è, almeno in parte, responsabilità della società stessa, e che richiede quindi delle soluzioni politiche. In Italia, filosofi quali Salvatore Veca e Sebastiano Maffettone, lavorando in parallelo su problemi affini, hanno aiutato a far conoscere questi autori al pubblico italiano attraverso la promozione di traduzioni e discussioni. Grazie anche ai loro sforzi, l'interesse in Italia per le teorie della giustizia è cresciuto nel tempo, fino a diventare una parte del mainstream della disciplina anche in questo Paese. Il pensiero egualitario di N agel è chiaramente influenzato dagli scritti di alcuni dei suoi contemporanei, in particolar modo di Rawls e Scanlon, ma è anche fortemente originale in quanto l'attenzione alla doppia prospettiva morale, personale e impersonale, è un aspetto che contraddistingue il suo contributo. Infatti, la valenza morale del punto di vista personale viene spesso trascurato dai teorici della giustizia, molti dei quali hanno interpretato il proprio compito esclusivamente come quello di sviluppare un resoconto coerente del punto di vista impersonale. Particolare è anche l'approccio di N agel alla discussione dei problemi filosofici, perché la sua prospettiva è quella di un filosofo generale: N agel è famoso non solo per le sue opere di filosofia pratica - di filosofia morale, politica e del diritto ma anche per i suoi contributi fondamentali alla filosofia della mente, alla metafisica e all'epistemologia. Si tratta quindi di un

IV J paradossi dell'uguaglianza

pensatore che non ha paura di affrontare temi di grande portata. E questo può spiegare, almeno in parte, perché non entra in minuzioso dettaglio analitico - a differenza, per esempio, del suo contemporaneo G.A. Cohen, autore cui faremo riferimento più avanti - né cita nei dettagli la letteratura corposa sulla giustizia distributiva. Come filosofo generale, si può dire, Nagel vola più in alto: ha qualcosa di saggio e intelligente da dirci e cerca di dirlo nel modo più diretto e semplice possibile attraverso un testo accuratamente costruito ma scorrevole. Il titolo originale dell'opera, Equality and Partiality, coglie perfettamente il punto centrale di Nagel: la prospettiva impersonale si può dire imparziale, perché la sua premessa fondamentale è il dovere di dare eguale peso agli interessi di tutte le persone anziché privilegiare arbitrariamente gli interessi di qualcuno in particolare (o i propri interessi, o quelli di qualche altro individuo o gruppo con cui si hanno dei legami speciali). La prospettiva personale, quindi, risulta parziale, perché ha come premessa fondamentale il fatto che ciascuno di noi ha degli impegni che favoriscono alcuni individui rispetto ad altri, impegni che pongono dei limiti alla nostra capacità e al nostro dovere di seguire i dettami impegnativi della moralità perfettamente imparziale. Per Nagel, come vedremo, il punto di vista imparziale ha a che fare con la promozione dell' eguaglianza. Di qui, la contrapposizione di eguaglianza e parzialità. Forse perché "uguaglianza e parzialità" non suona tanto bene in italiano, per l'edizione italiana del libro si è scelto il titolo più suggestivo I paradossi dell,uguaglianza. La presenza in ciascuno di noi dei due punti di vista crea in effetti delle contraddizioni tra le nostre intuizioni normative, contraddizioni che N agel vorrebbe chiarire nella speranza di porre le basi per una migliore comprensione dell'idea di giustizia. In questo senso, anche "i paradossi dell'uguaglianza" coglie il senso del libro, benché valga la pena di sottolineare che si tratta di paradossi solo nel senso lato del termine.

Prefazione alla seconda edizione italiana V

Quanto agli scopi e al metodo di indagine, è importante sottolineare che N agel non mira a costruire una soluzione definitiva al problema della tensione tra i due punti di vista un compito teorico, ai suoi occhi, eccessivamente ambizioso. Egli tenta, invece, di chiarire la natura del problema, soprattutto rintracciando alcune implicazioni egualitarie del punto di vista impersonale e ragionando sui diversi modi, e i diversi gradi, in cui tale punto di vista potrebbe o dovrebbe cedere spazio al punto di vista personale. Ciò significa spiegare e illustrare la difficoltà del problema, nella convinzione che non sia stato ancora preso abbastanza sul serio dai teorici politici progressisti. La tendenza a trascurare il problema della tensione tra i due punti di vista morali ha portato, secondo N agel, a teorie che risultano eccessivamente utopiche, proprio perché focalizzate esclusivamente sulle implicazioni del punto di vista oggettivo, impersonale o imparziale. In alcuni casi la conseguenza di quest'utopismo è stata la semplice inefficacia: la teoria, troppo distaccata dagli interessi reali delle persone, non motiva sufficientemente a seguire i propri dettami normativi e rimane quindi priva di ricadute pratiche. In altri casi, molto più nefasti, lo stesso utopismo ha alimentato esperimenti politici autoritari con effetti disastrosi. Quest'ultimo fatto rivela il senso in cui il libro di N agel non è solo il frutto delle sue interazioni con altri filosofi anglo-americani in discussioni astratte sulla natura della società giusta, ma è anche l'espressione di una riflessione sugli sviluppi politici concreti dello stesso periodo. Il contesto storico-politico di questo libro è quello dell'ascesa del liberalismo economico negli anni '80 e la perdita di fiducia nelle capacità dell'essere umano di costruire una società genuinamente egualitaria senza classi sociali o privilegi di nascita. Il crollo drammatico dei regimi comunisti, nel 1989, avviene proprio durante la stesura del libro. Per N agel, la diagnosi del fallimento dell'esperimento comunista, nella misura in cui tale esperimento sia stato condotto in buona fede, sta nel fatto di aver trascurato non solo

VI J paradossi dell'uguaglianza

i limiti della natura umana ma anche la centralità, in qualunque teoria morale e politica minimamente plausibile e realistica, del punto di vista personale. Alla luce di questa riflessione può sembrare che N agel sia fortemente influenzato dal realismo politico. Una tale interpretazione potrebbe piacere a quei lettori italiani che guardano con sospetto lo stile analitico e astratto tipico della teoria normativa anglosassone. Sarebbe un errore, però, etichettare Nagel come un realista politico, come sarà evidente per chiunque voglia leggere solo la sua introduzione a questo libro. Il realismo politico duro e puro, per Nagel, sottovaluta le nostre capacità di realizzare un progetto politico in base a un punto di vista impersonale, come se dovessimo accettare come limite insuperabile della natura umana ogni tendenza a comportamenti comunemente giudicati malvagi. N agel riconosce l'esistenza di vincoli di fattibilità, tra i più importanti dei quali vi è la nostra difficoltà psicologica a scegliere l'alternativa imparziale quando sono in gioco gli interessi fondamentali nostri o dei nostri cari. Come dice Rawls, però, "i limiti del possibile non sono dati da ciò che è reale" .1 Riconoscere i limiti della natura umana non significa rassegnarsi all'impossibilità di miglioramenti nelle motivazioni delle persone o nei tipi di istituzioni che regolano il nostro comportamento. A Nagel non manca affatto quell'apertura mentale teorizzata da Salvatore Veca come "il senso della possibilità" .2 Tra i pensatori egualitari, N agel è uno di quelli che maggiormente hanno fatto i conti con la realtà, ma non tanto nel senso dei realisti politici, quanto nel senso di riconoscere che anche la parzialità fa parte della nostra realtà, che questa realtà è non solo un fatto naturale ma è anche morale; e non si tratta, quindi, di affrontare un semplice conflitto tra moralità egualitaria

1 John Rawls, The Law of Peoples, Cambridge, Mass.: Harvard University Press, 1999, trad. it., Il diritto dei popoli, Torino, Comunità, 2001. 2 Salvatore Veca, Il senso della possibilità. Sei lezioni, Milano, Feltrinelli, 2018.

Prefazione alla seconda edizione italiana VII

e interessi individuali, ma di rendere conto di una dualità, più complessa e meno trattabile sul piano teorico politico, all'interno della stessa moralità individuale. In questo senso, vale la pena di notare che la posizione di N agel è opposta anche a una forma più sofisticata di realismo politico, un realismo che non si limita al mero riconoscimento di vincoli di fattibilità che restringono la rilevanza della teoria morale normativa. Il senso più sofisticato di realismo è quello secondo cui le pratiche politiche sono caratterizzate da un tipo di normatività diverso rispetto a quella della moralità di tutti i giorni, una normatività propria della sfera dell'azione politica che, data la necessità per il politico di consolidare il proprio potere, si discosta necessariamente dall'insieme di norme morali che regolano l'interazione tra i cittadini. N agel non si pronuncia su questo tipo di realismo, ma è importante tenere presente che, nella sua prospettiva, la politica serve, invece, proprio ad aiutare a realizzare la moralità del cittadino, perché serve a chiarire pubblicamente il giusto peso che ciascuno può o deve dare ai propri interessi, da una parte, e alle pratiche imparziali, dall'altra. "Sul terreno della teoria politica la giustificazione deve affrontare gli individui due volte: dapprima come interpreti del punto di vista impersonale e successivamente come interpreti di ruoli particolari all'interno di un sistema impersonalmente accettabile" (cap. 3). Come attori morali sentiamo continuamente la tensione tra i due punti di vista. La politica, mirando a realizzare alcuni aspetti della moralità imparziale attraverso i suoi processi democratici e meccanismi coercitivi, permette all'individuo di "affrancarsi" da una parte dell'onere psicologico dell'impegno morale impersonale, alleggerendo il peso della tensione interna tra prospettiva personale e prospettiva impersonale e chiarendo i confini tra le due. Secondo Nagel, il compito centrale della filosofia politica è proprio quello di specificare questa divisione del lavoro morale. In tale prospettiva, e con buona pace dei realisti, l'interesse di Nagel è per un unico

VIII J paradossi dell'uguaglianza

tipo di normatività: quella morale, sia pure con un doppio aspetto, che esiste all'interno di ciascun individuo e che la politica può aiutare a realizzare.

Veniamo, allora, al tentativo di Nagel di chiarire la tensione essenziale tra le due prospettive. Innanzitutto, è importante notare che per Nagel il punto di vista imparziale non è quello dell'utilitarismo, nonostante quest'ultima filosofia venga spesso intesa come quella imparziale per eccellenza. Come direbbe Rawls, il punto di vista dell'utilitarista è sì imparziale, ma non prende sul serio la separatezza delle persone e le questioni distributive che ne derivano. L'utilitarista adopera ciò che Nagel, altrove, ha chiamato "il punto di vista del conglomerato" .3 Gli individui sono gli elementi fungibili di un grande insieme del quale dobbiamo massimizzare la quantità di benessere. Per l'utilitarista, quindi, la scelta imparziale è quella che massimizza l'aggregato di utilità, a prescindere dall'identità dei singoli individui che beneficiano o perdono e a prescindere dalla distribuzione dei beni. Al punto di vista del conglomerato, Nagel contrappone l'approccio dei "confronti a coppie": dobbiamo confrontare i miei benefici con i tuoi, i tuoi con quelli di un terzo, e così via, fino a esaurire tutti i confronti possibili tra gli individui. Questo metodo è più complesso ma ha il pregio di prendere sul serio in partenza il punto di vista personale. Per Nagel, l'imparzialità deve comportare una qualche forma di universalizzabilità: le nostre scelte saranno imparziali nella misura in cui possano risultare accettabili anche quando ci si mette nei panni di ciascuna delle altre persone in gioco. Ma l'universalizzabilità da sola può anche essere interpretata in maniera utilitaristica, come ha argomentato R.M. Hare. 3 Thomas Nagel, Equality, in T. Nagel, Morta! Questions, Cambridge, Cambridge University Press, 1979, trad. it., Questioni mortali, Milano, Il Saggiatore, 1986.

Prefazione alla seconda edizione italiana IX

La discussione da parte di N agel di questo difficile problema spicca per la sua limpidezza. Prende in considerazione l'universalizzabilità kantiana e spiega il rischio di creare un filtro troppo forte - vale a dire, il rischio di escludere come "parziale" praticamente ogni alternativa di scelta sociale. Finisce per adoperare il test dell'unanimità previamente sviluppata da Scanlon. Secondo questo test, una soluzione distributiva è davvero imparziale se non può essere ragionevolmente respinta come base per un accordo generale raggiunto liberamente. L'idea di N agel, poi, è che il teorico politico deve cercare di mostrare quali progetti e impegni personali si possono considerare ragionevolmente accettabili e quali invece possono essere ragionevolmente respinti. La legittimità di un sistema politico ed economico verrà raggiunta attraverso la convergenza delle diverse prospettive personali nel rispetto di questo test di unanimità. Si tratta, chiaramente, di una condizione di unanimità ipotetica, non di unanimità reale. Nagel arriva poi all'idea che l'imparzialità deve implicare l'eguaglianza. Nella sua discussione del problema della convergenza, prende in considerazione, e respinge, alcune alternative all'eguaglianza, tra cui l'idea meno impegnativa di un "minimo garantito", ossia la proposta di istituire meccanismi di redistribuzione che mantengano un minimo di benessere o risorse per tutti - una posizione che oggi i filosofi politici chiamerebbero una forma di "sufficientismo" .4 Questa alternativa può essere ragionevolmente respinta dai membri più svantaggiati della società: per permetterla di passare il test di unanimità, dovremmo assumere arbitrariamente come "normali" o "naturali" i possessi e le maggiori opportunità delle persone più ricche e avvantaggiate, persone che dovrebbero fare dei sacrifici maggiori se volessimo mirare invece all' eguaglianza, o almeno a una minore diseguaglianza. N agel mostra

4 Vedi, a proposito, Harry G. Frankfurt, On Inequality, Princeton, N.J.: Princeton University Press, 2015, trad. it., Sulla disuguaglianzia. Perché ugu,"!!."'"'~" economica non è un'ideale Ders,qçuz:re. Guancia, Milano, 2015, cap. 1.

X I paradossi dell'uguaglianza

in maniera convincente che, alla luce del test di unanimità, tale sacrificio da parte dei membri più ricchi della società non può essere ragionevolmente respinto. Questa conclusione porta Nagel a una posizione più vicina al "principio di differenza" di Rawls. Viste le basi scanloniane delle argomentazioni egualitarie di N agel, è interessante notare che lo stesso Scanlon, quando ha argomentato più di recente contro la diseguaglianza economica e sociale, si è concentrato soprattutto sulle sue conseguenze in termini di altri valori: la diseguaglianza economia può creare ineguali status sociali che, stigmatizzando i meno avvantaggiati, può diminuire il loro benessere; può dare ai ricchi un livello di controllo sulle vite degli altri che può a sua volta risultare dannoso per l'equità nei rapporti politici; e così via. 5 Scanlon parla anche dell'importanza dell"'uguale considerazione" (equal concern), che è più simile al punto di partenza di N agel. Tuttavia, non sembra essere al centro dell'attenzione di Scanlon, come lo è invece per N agel, l'idea che l'eguaglianza economica e sociale sia implicata direttamente dall'idea di imparzialità e che questa sia a sua volta costitutiva dell'idea di giustizia. Per Nagel, con buona pace di molti altri egualitari odierni, l'eguaglianza, non solo formale ma anche sostanziale, ha valore intrinseco. Anche se richiede uno sforzo notevole dell' immaginazione, quindi, siamo spinti dal ragionamento di Nagel verso la conclusione che il punto di vista imparziale, che fa parte del nostro senso morale individuale, richiede molta più eguaglianza economica e sociale rispetto ai livelli esistenti nelle società liberaldemocratiche contemporanee. Visto però che Nagel riconosce anche l'importanza morale del punto di vista personale, una questione importante per la realizzazione di una società egualitaria diventa quella della motivazione personale a partire dalla situazione attuale. 5 T.M. Scanlon, Why Does Inequality Matter?, Oxford, Oxford University Press, 2018, trad. it., Perché combattere la uzs>