La filosofia imperfetta. Una proposta di ricostruzione del marxismo contemporaneo

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CENTRO STUDI DI MATERIALISMO STORICO H Centro Studi sul Materialismo Storico (Csms) è un’associazione scien­ tifica e culturale che si è costituita per promuovere ed attuare lo studio, lo sviluppo e la divulgazione del materialismo storico stesso, inteso come scien­ za della società e della storia e, in particolare, della società e della storia mo­ derna e contemporanea. Gli studiosi che ne hanno promosso la fondazione constatano che, per complesse ragioni di ordine storico e teorico, lo sviluppo del materialismo storico interessa ben poco, nell’attuale congiuntura culturale e politica ita­ liana, sia ai tradizionali partiti e sindacati “di sinistra” sia all’ambiente acca­ demico e specialistico. Si tratta di un fatto da registrare senza compiacimen­ to, che non deve assolutamente portare verso forme di isolamento settario, ma può al contrario dar luogo ad iniziative autonome di studio, comunica­ zione, dibattito di tesi differenziate ed anche contrapposte. Non si sente, certo, il bisogno di una restaurazione del materialismo sto­ rico, che “significherebbe il ritorno a uno stato di partenza che nel frattem­ po si è corrotto”, e neppure di una rinascita del materialismo storico, che “significherebbe il rinnovamento di una tradizione che è stata nel frattempo sepolta” (Habermas). E, tuttavia, a differenza di Habermas, gli studiosi che hanno promosso la fondazione del Csms non ritengono che il progetto di “ricostruzione del materialismo storico” possa pagare il prezzo della sepa­ razione sistematica fra lavoro e interazione e fra la teoria dello sviluppo sociale e la teoria dell’agire comunicativo. Anche il progetto di un puro “ritorno a Marx” è estraneo ai fondatori del Csms. Dentro Marx, infatti, esistono ambiguità e problemi che devono essere discussi e sviluppati alla luce della passione teorica e dell’esperienza storica. Ambigua e sterile sarebbe poi ogni parola d’ordine di “difesa del marxismo” che non facesse i conti con le storie differenziate dei marxismi reali, e con i loro opposti destini di filosofie della rivoluzione, da un lato, e di ideologie di legittimazione, dall’altro. I fondatori del Csms si sforzeranno anche di evitare le frettolose etichettature spregiative verso le molte tenden­ ze dell’economia, della filosofia e della storiografia contemporanea cui pure sono spesso fortemente avversi. Il materialismo storico non è infatti una de­ nominazione di origine controllata che abiliti a lanciare scomuniche ed a ri­ lasciare patenti di ortodossia. Due cose, tuttavia, stanno particolarmente a cuore ai fondatori del Csms: la unitarietà disciplinare del materialismo storico, da un lato, l’oriz­ zonte problematico del rapporto fra teoria e prassi, dall’altro. Il materialismo storico, infatti, non può rinunciare a svilupparsi sulla base teorica, pratica ed epistemologica, della sua unitarietà disciplinare. L’innesto, eclettico e frettoloso, di discipline sorte sul terreno della divi­ sione accademica del lavoro intellettuale, da un lato, e la disarticolazione in “aspetti”, filosofico, sociologico, economico, politologico, eccetera, dal­ l’altro, non sono compatibili con lo sviluppo del materialismo storico. D’al­ tra parte l’invocazione astratta all’unitarietà della disciplina resta del tutto priva di contenuto, se non si tenta di entrare nel merito dei singoli contri­ buti reali di conoscenza sorti sul terreno di questa divisione del lavoro intel­ lettuale, che oggi è molto spesso un orizzonte non facilmente superabile con

generici discorsi sulla “totalità” e sul metodo dialettico. In secondo luogo, il materialismo storico non può svilupparsi a lungo sulla base del sistematico divorzio fra teoria e pratica, fra riflessione ed emancipazione. I fondatori del Csms sono consapevoli del pericolo di una ri­ flessione teorica svincolata da pratiche sociali e politiche concrete, e non ritengono certo sufficiente il riferimento ad una fantomatica ed ambigua “autonomia della pratica teorica” . E, tuttavia, fra teoria e pratica non vi è coincidenza immediata, se non si vuole ridurre il materialismo storico ad una giustificazione'storicistica di tutte le svolte politiche o ad una fenome­ nologia degli “stati di coscienza” delle varie “composizioni di classe” e dei soggetti sociali che vengono di volta in volta inseguiti. Questa collana di studi è uno degli strumenti di cui il Csms intende do­ tarsi. Con molta modestia, pazienza e determinazione, cercheremo di offri­ re materiale utile, alternando contributi specialistici a contributi divulgativi, opere di bilancio e di sintesi ad opere del tutto aperte, problematiche e “provvisorie”. Gli studiosi italiani che hanno fondato il Csms sono ragio­ nevolmente ottimisti sulle prospettive del loro lavoro, perchè si ritengono parte di un movimento, italiano ed internazionale, di ripresa e di sviluppo del materialismo storico, che, al di là delle superficiali mode del presente, darà forse frutti pratici in un futuro non troppo lontano. CENTRO STUDI DI MATERIALISMO STORICO Presidente: Giuseppe Bazzi Comitato di Direzione: Giuseppe Bazzi, Michele Cangiani, Giovanni Iorio Giannoli, Augusto Illuminati, Gianfranco La Grassa, Costanzo Preve, Maria Turchetto Redazione: c/o Franco Angeli Editore Viale Monza, 106 - 20127 Milano

I lettori che desiderano essere regolarmente informati sulle novità pubbli­ cate dalla nostra Casa Editrice possono scrivere, mandando il loro indiriz zo, alla "Franco Angeli Editore, Casella Postale 17130, 20100 tlilano", or dinando poi i volumi direttamente alla loro libreria.

COSTANZO PREVE

LA FILOSOFIA IMPERFETTA UNA PROPOSTA DI RICOSTRUZIONE DEL MARXISMO CONTEMPORAN EO

FRANCO ANGELI

Copyright © 1984 by Franco Angeli Editore, Milano, Italy. E' vietata la riproduzione, anche parziale o ad uso interno o didattico, con qualsiasi mezzo effettuata, cctnpresa la fotocopia,-non autorizzata.

INDICE

Introduzione P arte prima: Il Laboratorio filosofico di Marx Un vicolo cieco: il problem a delle tr e fonti e delle tr e p arti integranti Per una c r it ic a genealogica del m aterialism o storico Il discorso filosofico g rande-narrativo in Marx Il discorso filosofico d e te r m in is tic o -n a tu ra lis tic o in Marx Il discorso filosofico ontologico-sociale in Marx Il problem a dei fraintendim enti filosofici di Marx

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Parte seconda: Le avventure filosofiche del marxismo 1 . Il

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c o n c e tto di formazione ideologica Nè ortodosso nè rinnegato: Karl K autsky e il marxismo Friedrich Engels: fondatore del marxismo o rientale o ispiratore del marxismo occidentale? L a filosofia di Lenin: il m atrim onio fra d ia le ttic a e m aterialism o Il provvidenziale es aurim ento progressivo del marxismo orien tale Il vicolo cieco del paradigm a teorico del marxismo occidentale L a parabola te o ric a e l'e s i to storico dell'operaism o italiano Il significato storico e teorico della sto ria del marxismo

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P arte te rza: Solo un Dio può ancora salvarci. Alienazione ed intrascendibilità del mondo contemporaneo nel pensiero di Martin Heidegger pag. 107 1. Il destino della sto r ic ità contem poranea: pensare filosoficam ente il XX Secolo 2. Weber e Heidegger: un confronto necessario fra due radicalità filosofiche 3. Marx e Heidegger in Italia: storia di un m ancato incontro 4. L 'a nalisi heideggeriana del presente: un dispositivo di inversione 5. L 'analisi heideggeriana del passato: un dispositivo teleologico , 6. Weber, Heidegger, Marx: un confronto produttivo ancora t u t t o da com piere P a rte quarta: L 'U topia si occupa solo del presente. Il pensiero di Ernst Bloch 1. Il multiversum blochiano: u nità di te m p o r a lità e di sto r ic ità 2. L a c r itic a biochiana alla religione ed il m aterialism o storico - 3. Il recupero blochiano della tradizione giusnaturalistica 4. Il significato profondo della te o ria biochiana dell'U to p ia Concreta 5. L'invito blochiano a studiare la storia del m aterialism o 6. Experimentum mundi: l'o ntologia della possibilità del Nuovo nella sto ria 7. Sulla feconda am biguità d ell'ontologia biochiana P arte quinta: Un discorso filosofico attu ale. L'O ntologia d ell'E ssere Sociale di Gyorgy Lukàcs 1. Una proposta filosofica sis te m a tic a ma a p e r t a 2. Può il marxismo im parare dall'espe rie nza ? L 'e se m p io lucacciano 3. U n'introduzione al bilancio d e l l'e r e d it à filosofica del passato

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4. U n 'interpreta zione del pensiero borghese del Novecento 5. Il lavoro com e form a originaria e modello della prassi 6. Un felice paradosso filosofico 7. Alcuni problemi della riproduzione sociale 8. La r ea ltà m a teria le del "m om ento ideale" 9. Problemi filosofici della nozione negativa di ideologia 10. Problemi filosofici della nozione positiva di ideologia 11. Il significato ontologico-sociale della estraneazione 12. L a d ia le ttic a di p a rtic o la rità e di g en e ralità nel marxismo 13. L a d ia le ttic a di e t ic a e di politica nel marxismo 14. L 'a u to n o m ia relativa della form a filosofica del discorso

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INTRODUZIONE

Un ap pa rente paradosso storico s ta al c e n tr o del nostro p rese n te filosofico. "Il grande problem a d e l l'e p o c a (come scrive Lukàcs e c o r r e tt a m e n te rileva il tr a d u tto re italiano d e lla sua autobiografia "Pensiero Vissuto", A lberto Scarponi) è l'individualità". Il problem a dell'individualità, cioè della particolarizzazione delle singole personalità um ano-sociali, non è un problem a g en ericam ente m etafisico o trasc en d e n ta listico , ma è un problem a integralm ente storico, ed anzi s to ric a m e n te del t u t t o d e te rm in a to , in quanto è s tr e t t a m e n t e connesso con la creazione per l'individuo di condizioni di vita astrattam ente casuali, insorte con il declino delle so c ietà organiche, ca sta li e divise in c e ti e con l 'e m e r g e r e dei rapporti sociali c a pita listici nel loro progressivo e c o n tra d d itto rio te n tativ o di manipolare e colonizzare sem pre più la vita quotidiana. Il paradosso di una individualità um ano-sociale che non può più d eterm inarsi sulla base "sostantiva" d ell'a p p a rte n e n z a a c e ti (o a "classi" concepite com e Soggetti Universali Sostantivi, del tipo di una Classe O peraia sostantivizzata e resa gigantesca ed e t e r n a ) , ma deve vivere fino in fondo la propria casu a lità senza per questo scivolare nel disperato sradic am ento d e l l'in te lle ttu a le cosmopolita (per i più colti o ac c u ltu ra ti) o nel nichilismo autodistruttivo del conformismo non-conform istico di massa (per i più fragili ed indifesi), è a t u tt i gli e f f e t t i un paradosso dell'oggi. Come dice molto bene Lukàcs, "il divenire dell'uom o in quanto uomo è, com e processo complessivo, la medesim a cosa del costituirsi d e ll'e sse re sociale in quanto specie d 'e s s e r e peculiare. Nell'iniziale sta to gregario l'u o m o singolo quasi non si distingue dalla m era singolarità, che è p re se n te ed o p erante in ogni punto della natu ra inorganica ed organica. Ma il salto che -sebbene in un lungo periodo di te m p o - lo tra s f o r m a da en te natu ra le ad e n te sociale, fino dall'inizio si impone con intensità ed estensione sempre maggiori" (cfr. "Ontologia d e ll'E s se re Sociale", R o m a ,1981,II,2,p ag .570). Il passaggio dalla singolarità alla p a r tic o la rità individuale è dunque un passaggio ontologicam ente connesso (per l'e s s e r e umano

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sociale) con la generalizzazione di rapporti sociali in cui l'astra zione del lavoro e la ca su a lità della collocazione sociale sono ormai elem enti strutturali. La form a della p a r ti c o la rità individuale è dunque filosoficam ente "tip ic a" della generalizzazione e dell'approfondim ento del modo di produzione c a p ita listico alm eno quanto lo è la form a del "lavoro" (ca pitalistico diviso). Certo, la presenza dell'individuo (l'individuo, ricordiamolo ancora una volta, nella sua a s tra tte z z a d e te r m in a ta dalla sua s tr u ttu r a le casualità, non l'individuo posto in modo tra sc e n d e n ta le com e Origine delle S celte Sociali A lternative, cui non crediam o p e r nulla) è coessenziale alla s tr u ttu r a fondam entale dei processi sociali. Questi u ltim i, com e afferm a Lukàcs (cfr. "O ntologia",I,pag.337) "muovono im m e d ia ta m e n te da posizioni teleologiche, d e te r m in a te in senso alternativo, di singoli uomini, tu ttav ia , dato il decorso causale delle posizioni teleologiche, queste sfociano in un processo causale c o n tra d d itto ria m e n te unitario dei complessi sociali e della loro t o t a l i t à e producono connessioni legali generali", che di nuovo pongono problemi su cui si es e rc ita n o ancora una volta le decisioni altern ativ e dei singoli. In generale, tu tta v ia , l'individuo ta rd o - c a p ita lis tic o che c e r c a di au tocom prende re la propria tip ic ità , singolarità, e p artic o la rità , rilu tta a p e r ta m e n te di fronte alla prospettiva t e o r i c o - p r a tic a di una considerazione ontologico-sociale di questa p a r tic o la rità stessa. L 'a utoc om pre nsione es istenzialistica della p a r tic o la rità individuale evita in generale di considerare L esserei (cioè, l'e s s e r e esistenziale nel mondo) so tto l'a s p e t t o della s tr u t t u r a l i t à e della d eterm inatezza d e l l'e s se r c i-c osi ca pita listico. La soggettività è sem pre più personalizzata, quanto più l'individualizzazione è le g a ta alla casu a lità della collocazione sociale ed all'im p e r so n a lità necessaria delle s tr u ttu r e riproduttive sociali. Il " c a p ita le " non è nè’ una so r ta di an tropom orfico soggetto onnipotente e tu tto p ia n ific a n te nè un insieme di im prenditori innovatori e /o di ta g lia to ri di cedole, così la "classe operaia" non è nè un m egasoggetto dai muscoli ip e rtrofici e dalla mem oria di e le f a n te nè un insieme di operai dai c o lletti bianchi e blù che votano in una assem blea sindacale. E' inevitabile, tu ttavia, che la d eterm in a tez za ontologica dell'individualità venga spesso p en s ata , falsa m e n te ma com prensibilm ente, so tto il dominio della c a te g o ria di soggetto. Si t r a t t a , in alcuni casi, di un puro e sem plice e r r o r e di prospettiva, un "e rro re disinteressato", am p ia m e n te correggibile. In a ltri casi, invece, si t r a t t a di una "deformazione in te r e s s a ta " per scopi di manipolazione ideologica, asso lu ta m en te incorreggibile. In questo caso, la reazione, ontologicam ente inevitabile, dell' individualità

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p a rtic o la re offesa, assume l'a s p e t t o nec essario dell'individualismo globalmente a n t i- m a r x is ta ed anticom unista, a n t ite tic o - p o la r e al soggettivismo d is t ic o - s o c ia le . L'individualità conosce in fa tti soltan to "posizioni teleologiche", m entre la ca te g o ria di soggetto, quando è p e n s a ta com e te rm in ale , iniziale e finale, di una t o t a l i t à espressiva, è tit o la r e di u n 'esse n za che prete n d e co n ten e re in sè, in modo im m an e n te, una teleologia necessaria. Q uesta p resunta te leologia è ovviamente il supporto te o rico di una concezione del comuniSmo com e utopia sin te tic a , in cui pubblico e privato, individuale e collettivo si fonderanno insieme, "soluzione definitiva d e ll'e n ig m a della storia ". U n'analisi d isin ca n tata della storia del marxismo ci p e r m e t t e di com prendere com e il m aterialism o storico e la c r itic a dell'eco n o m ia politica siano s ta ti en tra m b i incorporati in una form a filosofica del discorso del tipo che sopra si è brevem ente d es critto . Ambizione di questo s c ritto è p o r ta r e un piccolo con trib u to all'elim inazione di questa sc iag u rata ca m ic ia di forza. Il m ateria lism o storico, com e il prigioniero rinserrato in una tre m e n d a ca m ic ia di forza dai suoi c a rc e rie ri, di cui parla Jack London nel romanzo "Il Vagabondo delle Stelle", non ha smesso e non s m e tte r à comunque di sognare nuovi mondi, vie di uscita, evasioni impossibili. E' tu tta v ia profonda convinzione dello scrivente che il m aterialism o storico finirà con l'e s s e r e sfianc ato e soffoc ato da questa ca m ic ia di forza, finché l'o d io sità di q u e s t'u l tim a provocherà una reazione di rig etto ta le da far p re f e r ir e a p e r ta m e n te anche le visioni del mondo più assurde, irrazionalistiche e regressive, purché a p p a r e n te m e n te non com prom esse con la m e ta fisic a im m a n e n tistic a di un Soggetto che m arcia cantando verso l'U to p ia S in tetica di una S ocietà inte g ralm e n te T rasparente. Crediamo che una proposta sostitutiva di questa ca m ic ia di forza filosofica già esista, anche se non anc ora ben sviluppata ed a r ti c o la ta , e sia appunto un discorso teo rico di tipo ontologico-sociale, in grado di ac com pagna re la c r e s c it a di conoscenza e la c o r r e tte z z a dell'azione p r a tic a che possono avvenire sulla base del m a teria lism o storico. Vi sono però in proposito delle difficoltà, e ci lim ite re m o qui a menzionarne alcune. In prim o luogo, com e è del resto del t u t t o evidente, non b asta che una d e t e r m in a ta f o rm a filosofica del discorso (in questo caso di tipo ontologico-sociale) venga "proposta", e variam ente arg o m e n ta ta . Bisogna anche che essa venga r e a lm en te presa in considerazione, ed a c c e t t a t a e n tro un lasso di te m p o non troppo lungo. O ra, le possibilità c o n c r e te che la form a filosofica del discorso di tipo ontologico-sociale "passi" in gruppi consistenti di "m arxisti" italiani

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sono p e r o ra molto poche. Da un lato, la fram m entazione produttiva e sociale che risulta d a l l'a ttu a le fase di sottomissione reale del lavoro al ca p ita le produce "sp o n tan e am e n te " una speculare "fram m entazione filosofica", nei discorsi post-m oderni della perd ita del ce n tro , della c a d u ta della d ia le ttic a , dell'in effa b ile m istica del fram m ento, e s a t t a m e n t e il contrario, cioè, del punto di vista ontologico-sociale. D a ll'a ltr o lato, infine, il discorso filosofico di tipo ontologico-sociale è s tr e t t a m e n t e connesso, nel suo a s p e tt o di "filosofia p r a ti c a " , con la conseguente "democratizzazione della vita quotidiana",, la fine di ogni m istica dei capi e degli a p p a rati e di ogni esistenza "tra s c e n d e n te " di p a r titi ed organizzazioni totalizzanti. Le tradizionali organizzazioni "sto rich e " del movimento operaio però, sia nei paesi a "socialismo rea le" (dove si sono m e tam o rfo sate in appa rato p o r ta n te di un tipo inedito di capitalism o b u rocratico di sta to ) , sia nei paesi occidentali (dove si sono ormai imposte come am in istra to ri delegati della forza-lavoro organizzata den tro il modo di produzione capita listico ), non possono avere alcun interesse ad un reale abbandono delle ideologie m anipolatorie del Soggetto, del Fine e della Utopia S intetica , in nome delle quali legittim ano il proprio monopolio politico. Se, d 'a l t r o canto, abbandonano le form e teoriche le gate alla tr ia d e so g g e tto - fin e - u to p ia s in te tic a , ormai am piam ente sb e ffeg g iata dagli in te lle ttu a li universitari e della c o s id d e tta "c u ltu ra d'avanguardia", lo fanno per ab b ra cciare form e di razionalismo c ritico, di ideologia sistem ica , di scambio politico, e c c e te r a , che rappresentano soltanto l'a ltra faccia della manipolazione stru ttu r a le della r ea ltà sociale. In ogni caso, il discorso di tipo ontologico-sociale interessa loro ancor meno di quanto alla Chiesa interessi il messaggio evangelico delle origini. Per fortuna, però, la c r e s c ita della determ ina tez za ontologica delle individualità storiche nel tem po prese nte è un fenomeno di massa, e questa peculiare form a di "soggettività" è alla lunga incom patibile (a differenza, ed anzi in opposizione, di quanto dicono pessim istic am e n te i francofortesi) con le arroganti ideologizzazioni m anipolatorie dei ce ti politici cresciuti p a ra ssita ria m e n te intorno al monopolio della "rappresentanza p o litico-sinda ca le" del movim ento operaio. Non c ' è ovviamente in questo nulla di necessario, di f a ta le e di pre d e te rm in a to . L 'i n te n s ità e l'esten sio n e delle individualità storiche nel tem po prese nte è un f a t t o ontologico-sociale (nel suo nesso d ia lettic o fra il massimo della casu a lità nella collocazione sociale ed il massimo di p a rtic o la rità che si dà l'individualizzazione cosciente di questa ca su a lità ), ma la possibilità che questo processo di individuazione porti al comuniSmo è appunto s o ltan to una "possibilità c o n c r e ta " , e nulla di più.

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In secondo luogo, non crediam o c e r ta m e n te che la form a filosofica del discorso che proponiamo, di tipo ontologico-sociale, e che tra ia m o e s p lic itam en te dalla prospettiva te o ric a d e ll'u ltim o Lukàcs, sia la "filosofia" definitiva, u ltim a, e "fin a lm e n te s c o p e rta " , del m aterialism o storico e della c r itic a de ll'e c o n o m ia politica. Da un lato, così come non crediam o, sul piano della riflessione epistem ologica, ad un "m eto d o scien tifico definitivo", an alogam ente non crediam o ad "una fo rm a filosofica del discorso definitiva". L 'ontologia d e ll'e sse re sociale è per lo scrivente quindi in prim a istanza una risposta determ inata all'incorporazione del m aterialism o storico in una "grande narrazione" m anipolatoria ed ideologica, in quella che abbiamo definito una " c am icia di forza", e com e ta le deve essere giudicata e co n sid erata, non c e r to com e una philosophia perennis cui fare appello con tro il periodico ed e te r n o ritorno del sem pre eguale "idealismo soggettivo". D a l l 'a l t r o lato, non crediam o c e r to che Lukàcs sia andato molto più in là di un'im postazione provvisoria e la rga m ente gene rica del problem a di cui ci occupiamo. Certo, questo b a s ta (ed avanza!) perchè lo scrivente lo giudichi in p e r f e t t a coscienza com e il maggiore filosofo m arxista del secolo (essendo, appunto, com pito del filosofo quello di im postare te o re tic a m e n te i problemi, non c e r to quello di "risolvere" le contraddizioni p ro d o tte inevitabilm ente dalla prassi dei soggetti storici co n c reti). Con questo riconoscim ento, però, si può forse scrivere un capitolo della sto ria della filosofia del Novecento, ma si fa poca strad a . In questo saggio lo scrivente non ritiene purtroppo di essere già in grado di fa re dei passi avanti sulla via filosofica a p e r ta dalla "Ontologia" lucacciana (la cui le ttu r a ed il cui studio dovrà in larga misura dare per presupposti, cosa relativam ente agevole, dato l'a l t o livello della traduzione ita lia na di A lberto Scarponi), e ripiegherà su di un com pito più modesto, ed indubbiamente più facile: l'individuazione e la t r a c c ia di un percorso teorico che, partendo da contraddizioni filosofiche p rese n ti nel pensiero di Marx, ed attraversando alcuni problemi te orici del marxismo tradizionale e dei punti alti del pensiero del Novecento (in p a rtic o la re Heidegger e Bloch), sfo ci infine n e ll'a c c e tta z io n e consapevole della prospettiva te o ric a luc ac cia na individuata com e la migliore (o, se si vuole, la meno peggiore, e ci si scusi la c a ttiv a espressione in lingua italiana) di cui possiamo disporre oggi. Questo percorso te o ric o viene sviluppato in cinque parti, interconnesse, ma anche parzialm ente autonom e. D all'im possibilità di ùn mero " ritorno a Marx" (prim a p a r te ), attrav erso l'im possibilità di una m era "difesa del marxismo" (seconda p a r te ), fino alla possibilità di una radicale riform a della f o rm a filosofica del discorso

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con cui pensare il m a teria lism o storico, in vista di un suo necessario sviluppo (terza , q u a r ta e quinta p a rte ). Nella prima p a r te si a f f ro n te r à , senza ipocrisie e senza voler difendere inutili "re n d ite di posizione", la form a filosofica del discorso di Marx. Allo scrivente sem bra si possano individuare in Marx tr e d if fe re n ti "discorsi filosofici", che coesistono talvolta co n tra d d itto ria m e n te : un primo discorso, di tipo gran d e -n a rrativ o (si t r a t t a di una form a di teleologia sociale in cui un sogge tto pieno garantisce con la perm anenza della sua id e n tità iniziale, in una te m p o ra lità cum ulativa, om ogenea e lineare, l'inevitabile realizzazione finale del suo p r o g e tto originario, dando luogo cosi ad un quadruplice mito, del soggetto, dell'origine, del fine e della trasparenza); un secondo discorso, di tipo d e te r m in is tic o -n a tu ra lis tic o (si t r a t t a del f a tt o che Marx, profondam ente influenzato dal co n c e tto illuministico di "storia n atu ra le" , pensa talvolta il suo pro g etto te o ric o sotto la dominanza d ell'analogia con la s tr u ttu r a te o ric a delle scienze o tto c e n te s c h e della natu ra , e dello stesso darwinismo); un terzo discorso, di tipo ontologico-sociale (in cui non c ' è nessuna teleologia a u t o m a t ic a della sto ria -so lo il lavoro come "form a originaria" e "modello" è u n ità di ca u sa lità e te leologia-, nessun "paradigm a della produzione", nessuna grande narrazione, nessun d e te rm in is m o n a tura listico). E' ev identem ente questo terzo "discorso filosofico" che deve essere valorizzato, sviluppato, a r r ic c h ito ed aggiornato. In questo senso, il "rito rn o a Marx" è del t u t t o possibile ed auspicabile. T uttavia, essendo questa te rz a form a del discorso filosofico marxiano spesso m e sco lata con la p rim a e con la seconda, è meglio scoraggiare ogni facile illusione di un "ritorno" ad un Marx univoco, co m p atto , cristallino com e acqua di fonte. Nella seconda p a r te si e f f e t t u e r à una le ttu r a " o r ie n ta ta " delle avventure filosofiche del "m arxism o". Lo scrivente dà per sc o n ta to il f a tt o che fra pensiero marxiano e "m arxism o" vi è una specifica discontinuità, quasi fisiologica, dovuta al ruolo te o ric o di K autsky ed ancor più alle nec essità di id e n tità te o ric a della socialdemocrazia te desc a. T u tto questo è ormai am p iam en te noto, e spesso è taciu to soltanto per m alafede. A ltre cose non sono però del t u t t o sc o n ta te , e vale forse la pena ripeterle. In primo luogo, vi sa rà una m o d e ra ta, ma convinta, "difesa di Engels", le tto com e p ensatore originale e fecondo di contraddizioni assai utili, anche se d a ta to . Engels è in f a tti molto spesso sottoposto ad operazioni di "s q uartam ento te o rico " molto stru m e n tali. Isolando infatti lo Engels d e lla " d ia le ttic a della n a tu ra " è in fa tti chiaro che lo si può far f a c ilm e n te diventare il fondatore del"m arxism o o rientale"

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(il cosiddetto Diamat, fondato ' su di una gnoseologia del riflesso d e ll'e sse re nel pensiero e su una pseudo-ontologia della storia naturalizzata in nome di una - p e r a ltro g iu sta - n a tu ra storicizzata). D 'a l t r a p arte , isolando lo Engels sostenitore della tesi sul "p ro le ta ria to come soggetto storico ere d e della filosofia classica te d e sc a " lo si può far fac ilm e nte diventare il fondatore del "m arxismo occidentale" (fondato sulla u nità di soggetto ed o g getto, p ro le ta ria to e storia, e s a tt a m e n te com e la filosofia classica te d e sc a si basava sulla unità di soggetto e di oggetto, borghesia idealtipicizzata e storia razionalizzata d ia le ttic a m e n te ) . Lo scrivente ritiene che Engels non debba essere sottoposto ad incresciosi squa rta m e nti filosofici isolando p arti strumentalizzabili e che questo grande "classico" non abbia "fondato" proprio nulla. In secondo luogo, vi sarà una ca u ta , forse meno convinta, ma sostanziale, "difesa del Lenin filosofo". Lenin ha c e r c a t o una sua p a rtic o la re via al m atrim onio fra m aterialism o e d ia le ttic a , anche se poi, a l l ' a t t o p ratico, il "m ate rialism o" è pensato so tto il prim ato della tesi gnoseologica del rispecchiam ento, e la d ia le ttic a è p en s ata talvolta so tto il p rim ato della contraddizione semplice. E ' possibile tu ttav ia spiegare questo f a tt o collegandolo alla congiuntura sto ric o -p o litic a di quegli anni, non c e r t o per giustificazionismo storicistico, quanto per la n ecessità di "situ are " c o r r e tt a m e n te il pensiero filosofico di Lenin. Vi sono però (alm eno) due aspetti irrinunciabili n ell'approccio filosofico di Lenin: il discorso di tipo ontológico-sociale d e te r m in a to prevale in lui quasi sempre su quelli (pur presenti) di tipo g rande -na rrativo o. d eterm in is tic o -n a tu ra lis tico ; il program m a di connessione e la stic a fra m aterialism o e d ia le ttic a è s tr u ttu r a lm e n te superiore alle posizioni differenzialistiche e sistemiche. In terzo luogo, non vi sarà invece alcuna concessione, neppure p eriferic a e di d ettaglio, ai programmi di "salvataggio" di quanto ancora re sta del "m arxismo orien tale " e del "m arxismo o ccidentale". Le differenze fra i due sono c e r to im portanti sul piano della c o r r e t t a ricostruzione degli eventi storici, ed è chiaro che, ad esempio, il "livello te o rico " di un Karl Korsch non può essere seriam ente paragonato a quello di uno Zdanov o di un Mitin. In sede però di bilancio te o rico , l'a s p e t t o principale è la s o tto lin e atu ra della loro profonda e s e g re ta solidarietà a n tite tic o -p o la re , mentre secondario diviene l'a s p e t t o del pur alto "livello di qualità" dei marxisti occidentali risp etto agli ideologi di p a r tito confezionatori delle indigeste pillole del "m ate rialism o dia lettic o " sovietico. Si insisterà anche sulla sostanziale s te rilità dei tentativi di "liberalizzazione parziale", di "integrazione" e di riform a delle

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s tr u ttu r e te o rich e p o rta n ti dei due marxismi: il m aterialism o dialettic o sovietico non può essere c a m bia to qualitativam ente innestandovi sopra spezzoni esistenzialistici, positivistici, sistem ici, così com e il modello economico sovietico non può essere cam biato qualitativam ente con riforme "effic ien tistich e"; il marxismo occidentale non può essere q u alitativam ente cam biato enfatizzando in modo ipertrofico, a ll'in te r n o d e ll'u n ità s o g g e tto -o g g e tto che lo ca ra tte riz z a , il ruolo del "s o ggetto", com e l'esperienza del cosiddetto "operaism o italiano", ta n to ricca di insegnamenti, mostra bene a chiunque ne voglia veram ente t r a r r e un bilancio teorico. In q uarto luogo, infine, alla luce delle prec ed en ti considerazioni, si insisterà ancora sul f a tto che senza l'abbandono esplicito e convinto di moltissime "rendite di posizione" marxiste non ci può essere nè un confronto produttivo fra m aterialism o storico ed i cosiddetti "punti alti del pensiero borghese" nè una ricostruzione filosofica della "dicibilità" della c r it ic a m arxiana d ell'econom ia politica n e l l'a ttu a le situazione storica. Nella terza p arte si p rende rà in esam e l'insie m e del pensiero di Martin Heidegger com e punto alto del pensiero borghese novecentesco, degno di essere "c o n fro n ta to " con il m aterialism o storico. La filosofia di Heidegger è co n siderata, in prim o approccio, com e una grande m e ta f o r a te o ric a di una tr a g ic a situazione p ra tic a del nostro secolo, l'u n ità fra alienazione ed intrascendibilità del modo di produzione ca pita listico, che però Heidegger non nomina mai, preferendo espressioni com e "epoca d e ll'im m a gine del mondo" e com e "coronam ento" della storia della m e tafisica occidentale. L 'interrogazione heideggeriana del marxismo non è esplicita com e in Max Weber, ma è quasi sem pre più radicale. E' facile accorgersi di questo, non appena vengano evitate le facili e t i c h e t t a t u r e di Heidegger com e "vecchio conservatore" (H aberm as), le interpretazioni esistenzialistiche, neorazionalistiche ed es te tic o -n ic h ilistic h e , molto diffuse in Italia, oppure i frettolosi confronti e conciliazioni con Marx o con il marxismo, anch'essi presenti nella le t t e r a t u r a filosofica secondaria. In Heidegger l'interrogazione radicale della società capita listico -b o rg h ese è c a r a tte r iz z a ta da una significativa evoluzione da un primo momento, in cui la c r itic a è co n d o tta s o g g e ttiv istic am e n te,so tto il segno della ca te g o ria di "anonim ità" (si veda l'analisi della trasform azione del Wer in Man in "Essere e T em po", della chiac chie ra , della curiosità e dell'equivoco), ad un secondo mom ento, in cui la c r itic a è c o n d o tta ontologicam ente, so tto il segno della c a te g o ria di "tec n ica " com e vera e propria "im-posizione anonim a" ( G e -s te ll). Il passaggio dalla soggettivistica cr itic a alla ch iac ch ie ra anonima (Gerede) alla

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c r it ic a ontologica della im-posizione anonim a (G estell), attra v e rso il link interm edio del c o n c e tto di "immagine del mondo" (W elt-bild), com e superam ento d ell'in ca n tesim o epistem ologico dell'opposizione polare fra soggetto ed o g getto, è una m e ta f o r a filosofica che in te rroga in modo radicale il capitalism o com e u nità (in Heidegger non d ia le ttic a ) di alienazione e di intrascendibilità. T uttavia, questa grande u n ità te o ric a non d ia le t tic a di alienazione e di intrascendibilità, pur essendo in grado di tra s f o r m a r e l'alienazione in un c o n c e tto ontologico (alle soglie dunque della giusta equazione fra form a di valore ed alienazione, tipica della c r it ic a dell'eco n o m ia politica) e s o p r a tt u tto di legare insieme sia il "capitalism o occidentale" sia il cosiddetto "socialism o rea le" , non contiene, ma anzi evita con pervicace e voluta c e c i tà l'e s a m e dialettic o della reinterpretazione delle possibilità con ten u te nel passato. Sostituendo in fa tti allo storicism o (cui vuole opporsi) una so rta di fata listico destinalism o (che a ltr o non è se non un'inversione di 180% dello storicismo, e dunque uno storicism o rovesciato e c a m bia to di segno), il pensiero di Heidegger decade in una storia, s to ric istic a m e n te p r e d e te r m in a ta ed unilineare, della c a d u ta destinale da Platone a Taylor, da A ristote le a Stalin, ed in questo modo 1"'in tra sce n d ib ilità della alienazione" viene le g itti m a t a in modo del t u tt o m etafisico, fino a c a d ere so tto il livello d ell'analisi w eberiana della razionalizzazione c r e sc e n te , che è a n c h 'e s s a una form a di destinalismo, linguisticam ente più sorvegliato e mille volte più a r tic o la to nei dettag li, anche se meno rigoroso n ell'im p ia n to teorico e n ell'interrogazione filosofica del presente. Nella quarta p a r te verrà in te rro g a to il pensiero di Ernst Bloch, visto so tto Z an g o latu ra dell'opposizione d e te r m in a ta al destinalism o heideggeriano. Bloch è un pen sato re che m e tte al c e n tro proprio quella "rein terp reta zio n e delle possibilità con ten u te nel passato" che è appunto e s tr a n e a sia ai paradigmi filosofici "m arx isti" sia alla c r itic a differenzialistica di questi ultimi. L a biochiana distinzione s tr a te g ic a fra " n o n -co n tem p o ran e ità " ed "a rr e tra te z z a " (con la s c e lta esp lic ita della prim a contro la seconda) p e r m e tte una vera resa dei conti con la te m p o r a lità sto r ic is tic a e con il suo "supporto sostanziale", l'u m a n esim o a s tr a tto . E ' molto im p o rta n te , in f a tti, che il multiversum blochiano sia un c o n c e tto filosofico che rompe rea lm en te sia con le s tr u ttu r e teo rich e g rande -na rrative che con quelle di tipo d e te r m in is tic o -n a tu ra lis tic h e , cui si è f a tt o sopra cenno. L 'im p o rtan z a te o ric a del pensiero blochiano non si ferm a c e r to qui. In primo luogo, Bloch è 'un p ensatore che a t t u a una "centralizzazione te o ric a " della c r it ic a della religione com e prem essa

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im m anente, lo gic o-storica , della c r itic a d ell'econom ia politica. La c ritica della religione (e si leggano "Religione in e r e d ità " ed "Ateismo nel Cristianesim o") non deve essere scam b iata per la negazione a s t r a t t a d e ll'"e s iste n z a nel cielo" di una " e n tit à cosale c h iam a ta Dio", in quanto la c r itic a positivistico-ingenua della religione sta al m aterialism o storico com e l'ec onom ia "razionale" ricardiana sta alla c r it ic a dell'eco n o m ia politica. In secondo luogo, Bloch è il p ensatore che inserisce a p e r ta m e n te il giusnaturalismo come fonte e p a r te in te g r a n te del m aterialism o storico (e questo non è "innocente" poiché, per esempio, nell'elencazione delle "tre fonti", Lenin si e r a scordato del giusnaturalismo, che non ha c e rto uno " s ta tu t o epistem ologico" inferiore a quello della p ro g e ttu a lità del socialismo utopistico). In Bloch (si veda "D iritto natu ra le e dignità um ana") il giusnaturalismo è c e r to una "filosofia p ra tic a " che deve servire per quella scienza della liberazione che egli chiam a l'" o r to p e d ia del ca m m inare e r e t t i " , ma finisce con il diventare anche (e s o p r a ttu tto ) la negazione te o r e tic a d e te r m in a ta delle le ttu re destinali, pessim istiche e d ispe ra te della so c ie tà borghese alla Heidegger ed anche alla H orkheimer e Adorno. In terzo luogo,. Bloch è il pensatore che riesamina radic alm en te e ridefinisce integ ralm e n te la nozione di utopia e di "agire utopico", modificando la nozione classica di " p ro g e ttu a lità astra tta da tavolino" contrapposta al cosiddetto "m ovimento reale che abolisce lo s ta to di cose p rese n ti" , ed anche la nozione di "sogni im potenti ed irrealizzabili" contrapposta alla "conoscenza scien tifica delle leggi oggettive del movimento della storia ". Non bisogna dim e n tic are mai che "l'u to p ia biochiana si occupa solo del p r e se n te " , m entre la nozione regressiva ed infausta di utopia com e p r o g e ttu a lità a s t r a t t a è da trovare semmai nel tentativo, sem pre fru s tra to , di p r o ie tta r e nel futuro un modello sta tic o di "econom ia razionale". In quarto luogo (ed è questa una rilevante novità, che non p e r m e tte fre tto lo se e t i c h e t t a t u r e e "s tro n c a tu re " di Bloch com e "Schelling m arxista") Bloch è, so p ra ttu tto , il pen sato re che infrange l'u n ila te ra le p o larità a s t r a t t a fra il marxismo orien tale (che sostiene la d ia le ttic a della natura , e respinge la considerazione u n itaria del nesso sogg e tto -o g g etto ) ed il marxismo occidentale (che sostiene l'u n ità s o g g e tto -o g g etto , e respinge la d ia le ttic a della n atu ra ). In Bloch (e si vedano opere com e " S o g g e tto -O g g e tto " , e s o p r a ttu tto "Das Materialismusproblem") la specifica, originale com presenza dei temi della d ia le ttic a della n a tu ra e d e ll'u n ità so g g e tto - o g g e tto non deve essere in te r p r e ta t a com e e c le ttic o pasticcio e concordismo ad ogni costo, ma come un'originale via filosofica che sblocca le p olarità irrigidite.

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In quinto luogo, infine, Bloch è se ria m e n te o rie n ta to verso una fondazione ontologica della prassi, come risulta evidente esaminando "E xperim entum mundi", la "sum m a" s is te m a tic a biochiana. Bloch vede bene com e senza ontologia la prassi non può essere se n sata ed o rie n ta ta , e diventa a rb itra ria , manipolatoria, so g g e ttiv is tic o -a s tr a tta . Egli connota la prassi com e "ru o ta r fuori al di là d e ll'im m e d ia to " , e com e m omento im m anente alla te m p o r a lità che scioglie ogni tra sc e n d e n ta listic a fissità del soggetto, che non può più essere concepito com e originario (come avviene, ad esempio, nelle concezioni n e o - u tilita ristic h e e n e o -c o n tra ttu a lis tic h e ). E, tu ttavia, lo scrivente ritiene che in Bloch il non concepire la prassi com e "lavoro" p o r ta n ec essariam en te ad una grande indeterm inatezza del co n c e tto di prassi stessa, fino a rovesciarla inevitabilmente nel suo contrario, la prassi com e contemplazione. Q uesto può c e r to avvenire contro le esplicite intenzioni di Bloch, in quanto in lui l'oscillazione fra "sogno di una cosa" e " l o tta per realizzare il sogno" cade quasi sempre sul secondo te rm in e, ma è a p e rto il varco te o rico ai blochiano-contem plativi che possono le g ittim a m e n te enfatizzare u n ila te ra lm e n te il primo te rm ine. Nella quinta, ed ultim a p a r te il pensiero ontologico di Lukàcs viene in te rro g a to proprio a p a r tire dalla "m ancanza" che lo scrivente crede di individuare nello sforzo ontologico blochiano: la centralizzazione di un c o n c e tto di prassi s to ric a m e n te più d eterm in a to , che sappia c o rre la re ontologicam ente la sp e cific ità delle individualità c o n c re te p articolari con le legalità "oggettive" del movimento del modo di produzione capita listico . Parlando di Lukàcs, è evidente che non ci si riferisce a f f a t t o al "primo Lukàcs" (che in "Storia e Coscienza di Classe" ha s c r it to il capolavoro te o rico del "marxismo occ id e n tale", la cui tradizione riteniam o debba essere invece inte g ralm e n te abbandonata), e neppure al "secondo Lukàcs" (che nella "Distruzione della Ragione" ha t e n t a t o un impossibile compromesso con gli a s p e tti "razionalistici" del "m arxismo orien tale ", m entre riteniam o che q u e s t'u ltim o debba essere visto come il c o rrela to a n tite tic o - p o la r e dell'irrazionalism o borghese, e per nulla a f f a t t o un "principio superiore" ad esso), ma a quello che potrem o per brevità definire il "terzo ed ultim o Lukàcs", p o r ta to re di una proposta a p e r ta di ricostruzione della form a filosofica del discorso del m a teria lism o storico sulla base es plic ita di una ontologia d e ll'e sse re sociale, individuato nella sua determ in a tez za e nella sua storic ità . E' il c a r a t t e r e " a p e rto " della proposta che s o p r a ttu tto interessa allo scrivente, cui non in te ressa c e r to fare una monografia apologetica sull'u ltim o Lukàcs nè tan to m e n o sottoscrivere t u tt o quanto Lukàcs ha d e t to o s c ritto (a p a r tire dal jptoblem a della

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esistenziale" (diventando una so rta di chiave lessicale per le corporazioni professionali dei filosofi e s o p r a tt u tto degli psicologi), provocando la reazione, a n tite tic o -p o la re , di coloro che vollero a d d irittu ra ca nce lla re la parola dal linguaggio m arxista (e si pensi soltanto a Louis Althusser). Alla fine, il gioco e ra diventato "a somma zero". In Lukàcs la d ia le ttic a fra individuo, genere e specie (che contiene ovviamente anche il momento della "estraneazione") non porta mai a dichiarazioni, ap p a re n te m e n te es tre m is tich e e g ratific anti, ma generiche, sulla "incom patibilità ontologica" del capitalism o con l'uom o o con la n a tu ra "in generale" (come avviene in posizioni che vanno dai coccodrilli borghesi del Club di Roma ai più sinceri e stimabili ecologisti antiborghesi apoc alittici), ma sfocia in una concezione sto rico-ontologica dello "s ta tu to " della estraneazione. S o p ra ttu tto due punti sono messi in evidenza. Da un lato, l'individualità generica e co n c re ta dei singoli cre sce , nel capitalism o, sulla base a s t r a t t a della ca sualità della collocazione sociale non più sostantivizzata dai ce ti e dalle corporazioni, ed è appunto questo c a r a t t e r e ontologico-specifico della individualità che e n tra in c o n flitto con le esigenze s tr u ttu ra li di manipolazione della riproduzione del sistem a ca pita listico, la cui logica è appunto quella di reprim ere, deviare, soffocare ogni reale tendenza dell'individualità c o n c reta all'universalità reale del genere umano (e vi è qui un vero progresso qualitativo in rapporto alle concezioni sulla "disum anità a s t r a t t a " del capitalism o che "m e rc ific a t u t t o " o che sem plicem ente "manipola" attraverso i m ass-m edia). D a ll'a ltro lato, la differenza ontologica fra individualità (sviluppata fin che si vuole) ed universalità del genere è m a ntenuta, contro ogni organicismo, trasparenzialism o, mito della "ricomposizione in te g rale " fra pubblico e privato, in modo da fondare una sorta di "individualismo com unista" che leghi insieme il rifiuto di ogni atom ism o borghese con il rifiuto di ogni olismo sociale organicistico. La lo tta delle classi sa rà sem pre più una lo tta di individui coscienti, sem pre meno disposti ad inneggiare a duci e d u c e tti "operai", capi ca rism a tic i ed individui cosm ico-storici, grandi tim onieri e leaders saggi e preveggenti. Si gioca qui una " p a rtita filosofica" (s o p ra ttu tto in It.alia) non meno im p o rta n te della p a r ti ta vinta dalla nazionale italiana ai mondiali di calcio. Il percorso filosofico che qui si è riassunto, per com odità del le tto re, è ovviamente un tipico caso di "posizione teleologica" in filosofia, ed è soggetto a t u t t e le determinazioni ontologiche della form a-m odello di "lavoro". Se esso p rese n ta errori ontologici di fondo, sia n ell'in terp reta zio n e storiografica di Marx e del marxismo successivo, sia so p ra ttu tto nella p ra tic a b ilità co n c re ta della

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prospettiva che vuole aprire, esso fallirà, e non po trà avere sviluppo. Lo scrivente non è a f f a t t o preoc cupato dalle inevitabili supe rfic ialità che non possono non risultare da una tr a tta z io n e "enciclopedica", che m e tte in campo pensatori del calibro di Marx, Engels, Heidegger, Bloch, Lukàcs, e c c e te ra . Questo è dato per sc ontato, ma non è molto grave, d a ta la disponibilità in lingua ita lia na di o ttim e monografie specialistiche su questi pensatori (che verranno spesso p e ra ltro richiam ate in n o ta o nel te sto , in modo che il le tto r e in te ressa to possa approfondire per suo conto). Il vero problem a, ovviamente, è soltanto quello della e f f e ttiv a e c o n c r e ta p ra tic a b ilità filosofica della prospettiva te o ric a che qui viene indicata. Sulla pars destruens vi sarà probabilm ente un accordo quasi generale. Sono pochi coloro che sostengono a p e r ta m e n te oggi concezioni g rande -na rrative, d e te r m in is tic o -n a tu ra lis tic h e , o che difendono il m aterialism o dialettic o staliniano, oppure form e ingenue e " cum ulative" di storicismo. L'opposizione n e t t a dello scrivente a ll'"o p e ra ism o " p o trà sem brare a qualche le tto r e m aniacale ed eccessiva, ma bisogna m e tte r e in conto la s p e c ific ità della situazione italiana, in cui la m a trice te o ric a "o p e ra ista" ha dato luogo a form e di u ltra -sogge ttivism o di tipo neo-gentiliano. H eidegger in te ressa per ora in Italia quasi soltanto alle varie form e di nichilismo di tipo post-m oderno, e Bloch è le tto molto spesso soltan to dai teologi, in form a g ene ralm e nte d epotenziata e concordistica. Inoltre, molte opere che interesserebbero il nostro arg o m e n to non sono s ta te anc ora t r a d o t te , e costringono cosi a sapienziali e faticose le ttu r e specialistiche in lingua tedesca. E' sulla pars costruens che invece vi saranno maggiori difficoltà. L "'O n to lo g ia d ell'E ssere Sociale" re s ta (nonostante l'o t t i m a traduzione) un libro poco le tto e poco studiato. Lo scrivente ritiene tu ttav ia che il lungo festival del nichilismo soggettivistico s ti a per finire, le luci si stiano spegnendo, e professa in proposito un sobrio e m oderato ottim ism o.

P arte Prima IL LABORATORIO FILOSOFICO DI MARX

Entrando nel laboratorio filosofico di Marx, si ha l'im pressione che non manchi nulla di essenziale per fare ric e rc a , condurre analisi, esam inare reperti, classificare secondo le n e c e s sità co n c re te che possono via via e m erg ere. Non vi è neppure un p a rtic o la re disordine, anche se molto va perduto per capire la logica che presiedeva al modo co n c reto con cui Marx collocava t u t t a l'a t tr e z z a tu r a . T uttavia, ogni ric e rc a to re ha le sue abitudini (e spesso le sue manie, le sue idiosincrasie) partico la ri, e soltan to il pigro e l'in d if f e r e n te lascierebbero t u tt o com e stava prima, senza to c c a re niente. Un periodo di disordine e di confusione è dunque da m e tte re in conto, prim a che i "coltelli e gli stili" trovino posto nei loro rispettivi c a ss e tti ed i reagenti chimici vengano se p a ra ti dalle a r a n c ia te (1). Inoltre, non esiste turism o organizzato verso il laboratorio filosofico di Marx. Ogni viaggiatore deve organizzarsi il viaggio per conto suo, pur sapendo che forse troverà le stanze d'alb e rg o già o ccupate e che po trà p erd e re alcune coincidenze. Esistono, ce rto , anche dei " t u tto com preso" che vantano prezzi p a rtic o la rm e n te bassi, ma il viaggiatore finirebbe con il non vedere nulla, all'infuori delle faccie d e l l'a u tis ta e della g u id a -in te r p re te . Conviene dunque m e tte r e in conto un po' di f a tic a in più, ma r isp e tta re i propri tem pi soggettivi di studio e di comprensione. In ogni caso, cento anni di interpretazioni (ed alcune centinaia, almeno, di libri di o ttim o livello) sbarrano la str a d a del viaggiatore verso il " c o n ta tto originale ed a u te n tic o " con Marx. Certo, è sempre possibile allontanare con un gesto sovrano t u t t a la " l e t t e r a t u r a secondaria", e lasciare che i te s ti di Marx parlino da soli. Questo a tte g g ia m e n to , semireligioso, e pieno di "pathos d e ll'a u te n tic ità " , è quanto di più a n tim a rx is ta si possa im m aginare. E' comprensibile che il "c re d e n te " p r e te n d a di leggere la "Bibbia" fingendo che la c r itic a delle form e e tr e c e n to anni di esegesi biblica non esistano, e che si possa " a sc o lta re d ir e t ta m e n te la parola di Dio" senza neppure

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sapere chi era no i sem iti, gli antichi egizi, la redazione sa cerdotale, t u t t a la "Lebensjesuforschung" (ric e r c a sc ien tifica sulle fonti della vita di Gesù), e c c e te ra . Il c re d e n te ha forse il d iritto di fare così, ma il m a te r ia lista storico c e r ta m e n te no. Del resto, b a s ta fare pochi esempi con c reti per capire che questo " a tte g g ia m e n to ingenuo" non è neppure praticabile. Si prenda un te s to di Marx considerato g ene ralm e nte facile ed "im m e diato", com e il "M anifesto del P artito Comunista". Indubbiamente, questo te s to appare facile, se paragonato ai primi te sti filosofici del giovane Marx oppure alla densità ste nogra fica dei "Grundrisse". Eppure, questa fac ilità è più ap pa rente che reale. Il valore se m antico delle parole è cam biato negli ultimi c e n toc inquant'a nni, ed il le tto r e è inevitabilmente p ortato al gioco delle analogie storiche superficiali con il presente: chi sono oggi i "socialisti aristo c ra tic i" ? ; chi sono oggi i "socialisti piccolo-borghesi" ? Certo, a seconda delle sue sim patie o antip atie politiche il le tto re del "M anifesto" troverà facilm ente le analogie che gli servono. Ma questa fac ilità analogica è del t u t t o illusoria. E' chiaro che bisogna scavare più profondam ente nella sp e cific ità storica, ed il le tto re italiano (per quanto desideroso di " c o n ta tto au ten tico " sia) si a c co rg erà di non poter " s a lta r e " le utilissim e note introduttive di Em m a Cantimori Mezzomonti (2). Prendiamo ancora il primo libro del "C apitale" di Marx. Ecco una le ttu r a "classica" dei marxisti (che g ene ralm e nte "saltano" il secondo ed il terzo volume, e solo molto r a r a m e n te si avventurano nella prosa le tte r a r i a delle "Teorie sul Plusvalore"), che generalm ente viene consigliata com e "indispensabile" ai principianti. Abbiamo in proposito "raccom andazioni im perative" molto autorevoli, e del t u t t o opposte, da p a r te di chi consiglia di " s a lta re " la prim a sezione (ad esempio Louis Althusser) e da p a r te di chi consiglia invece di leggere so p ra ttu tto la prim a sezione (ad esempio Paul D. Dognin). F acciam o anche l'ip o te si che il principiante ignori queste autorevoli raccomandazioni im perative, insieme con tu tta la (sterm in ata ) le tte r a tu r a secondaria sulla "fo rm a di valore" e sul to r m e n ta to rapporto fra Hegel e Marx. R e s ta il f a tt o che la prim a sezione è e ffe ttiv a m e n te difficile, e nello stesso tempo indispensabile: se il principiante si im punta a leggerla, ne rim arrà forse im pa n ta n ato e non riuscirà a continuare la le ttu r a (esistono esempi autorevoli di uomini politici, ed anche di te orici famosi che non sono riusciti ad andare o ltre la ventesim a pagina del "C apitale", a causa della terribile prim a sezione); se il principiante, invece, corre subito alla scorrevole e facile seconda sezione, potrà

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tranquillam ente per t u tt o il resto della sua vita pensare che Marx sia sta to un d o ta to allievo di Ricardo, di tendenze socialiste, e con una forte cu ltu ra filosofica te desc a. Anche qui, dunque, il " c o n ta tto autentico" può giocare b r u tti tiri. O rientarsi sulla migliore " l e t t e r a t u r a secondaria" diventa allora a s so lu ta m en te necessario (3). Prendiamo, infine, i famosi "L ineam enti" (i Grundrisse) di Marx. Qui, il le tto r e italiano può scegliere a d d irittu r a fra due diverse traduzioni e due diverse edizioni. Inoltre, vi sono anche ottim i lavori di " l e tt e r a tu r a secondaria" che aiutano ad a f f ro n ta r e i "L ineam enti", in t u tt o o in p arte . Il le tto r e si renderà conto di essere egualm ente in alto mare, in quanto sui "L ineam enti", lo si voglia o no, si è svolta negli ultimi anni una vera e propria "b a tta g lia te o ric a " (in p artico la re in Italia) fra chi ha voluto contrapporli al "C apitale" (come te s to "seg reto " e gnostico del ComuniSmo, m entre il "C apitale" sarebbe com prom esso con la n e fa sta ideologia del "socialismo del lavoro") e chi invece li ha le tti su di una linea di continuità t e m a t ic a con il "C apitale" stesso. Si può, ce rto , ignorare questo d ib a ttito , denso di implicazioni teo rich e, e s o p r a tt u tto politiche, così come una persona, in pieno sole, può ignorare la propria ombra chiudendo gli occhi, ma si sarà comunque "dentro" questo d ib a ttito , non appena si vorrà organizzare una propria personale opinione sui rapporti fra "L ineam enti" e "C apitale" (4). I tr e esem pi che sono s ta ti qui f a tti (e che m ettono in guardia dall'opinióne, volonterosa ma ingenua, che si sia all'anno zero nella le ttu r a del "M anifesto", dei "L ineam enti" e del "C apitale") sono però ancora poca cosa, se si rifle tte al problem a della collocazione storica d e ll'o p e ra di Marx nel suo tem po. In proposito anche i "principianti" dello studio del m aterialism o storico ricorderanno il breve s c ritto di Lenin del marzo 1913 (dedicato al tren tesim o anniversario della morte di Marx), in tito la to "Tre fonti e tr e p arti integranti del marxismo" (in cui, com e c e r to si ricorderà, Lenin parla della filosofia te d esc a, dell'eco n o m ia politica inglese e del socialismo francese). Quando lo scrisse, Lenin aveva c e r ta m e n te le sue buone ragioni (s o p ra ttu tto , l'intenzione di "universalizzare" il significato storico del marxismo, m ostrando che la cultura te d esc a non e r a che una delle fonti, e non l'unica, com e dicevano alcuni "p a trio ti" della socialdem ocrazia te d esc a). In questo senso, cr itic a re questo te s to di Lenin (che è, inoltre, un te s to d'occasione), già am piam ente discusso e c r it ic a to (in p artico la re dalla scuola althusseriana) non avrebbe molto senso, al di fuori di una sua storicizzazione integrale. Lo scrivente ne farà tu tta v ia egualm ente un obiettivo polemico (in p a r te "di com odo"), per c e rc a re di m ostrare

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com e non si deve im postare il problem a te o ric o delle "origini del marxismo", e per converso, com e si può im postare una cr itic a genealogica del m aterialism o storico. T ra c c e r e m o allora prim a un breve schizzo della situazione a p o r e tic a e dei vicoli ciechi cui p o rta lo sviluppo co e re n te della p r o b lem atic a delle t r e fonti e delle tre p arti in tegranti, per poi passare ad un'im postazione diversa, a nostro parere meno e c l e t t i c a ed a p o re tica , d e l l'in te r a q u e s tio n e ,. la quale impostazione, infine, non "risolve" nulla, consegnandoci invece del t u tt o irrisolto il problem a della com presenza di tr e diverse forme filosofiche del discorso dentro Marx. Definire tu ttav ia "del tu tt o irrisolto" il problem a della com presenza è un eccesso di ca u te la metodologica e di m odestia t e o r e tic a , in quanto, com e il le tto re può agevolm ente capire da solo, la com presenza di tr e discorsi filosofici è in r e a ltà c a r a tte r iz z a ta dalla dominanza del "m igliore" di gran lunga dei tr e . C 'è dunque, già dentro Marx, un inizio di soluzione, che si t r a t t a di non lasciar ca d ere, ma di sviluppare con coerenza e con precisione.

1. Un vicolo cieco: il problema d elle tre fonti e d elle integranti

tre

parti

Il grande marxista italiano Antonio Labriola (sempre molto c ita to , a causa del nuovo p a trio ttis m o del made in Italy, e tu ttavia evidentem ente non le tto e tan to m e n o studiato) disse già a suo tempo cose a c u te , e parzialm ente definitive, sul com e non im postare il problem a dei rapporti fra filosofia, econom ia e politica in Marx. Egli polemizzò contro la sto rio g rafia dei " f a t to r i" (cioè contro la separazione metodologica s is te m a tic a . dei " f a t to r i" economico, culturale, e c c e te r a ) , che egli genialm ente vedeva com e l ' a l t r a f a c c ia della te ndenza a costruire filosofie della storia. E ' curioso, in proposito (m a non c ' è purtroppo qui lo spazio per soffermarvisi) che il suo grande allievo Benedetto Croce respinse, a parole, le filosofie edificanti e teleologiche della storia, ma recuperò inte g ralm e n te nella sua Controriforma della d ia le t tic a (la d ia le t tic a dei distinti) lo sp e zzettam ento feticistico in " f a t to r i" differenziati tipico delle filosofie borghesi del Novecento. Il te ntativo teorico labrioliano di far passare il principio della u n ita r ie tà disciplinare del m aterialism o storico e della non separabilità in via di principio dei d iffe ren ti " f a t to r i" si rivelò nec essariam en te donchisciottesco, per due ordini essenziali di ragioni. In primo luogo, non interessava al p a r tito politico socialista del

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tem po (quello di T urati, ma il discorso può essere tranquillam ente prolungato), il cui economicismo s tr u ttu r a le non poteva che pensare l'econom ia com e " f a tto r e dom inante". In secondo luogo, non poteva essere recepito dal mondo ac cadem ico ed universitario, che si stava proprio allora consolidando sulla base della separazione metodologica e della "non belligeranza" fra le discipline. La "grandezza" di Labriola è allora proprio quella di uno Spinoza, ed è quella di un grande "isolato", as soluta m ente non integrabile e per nulla " in tellettu ale organico" (5). Lenin fu (e questo può anche essere storio g rafic am e n te dimostrato>) un "labrioliano" filosofico, nel senso che non c r e d e tte mai alla scomposizione te o ric a del marxismo in " f a t t o r e filosofico" (da risolvere secondo l'im postazione della grande filosofia d ia le ttic a hegeliana), in " f a t to r e econom ico" (da im postare secondo la te o ria della continuità t e m a t ic a con la te o ria del valore sm ithia no-rica rdiana ), ed in " f a t to r e politico" (in cui occorreva proseguire le tradizioni giacobine sostanziandole con la promozione degli esperti e dei te c n o c ra ti, come suggerivano Comte e Saint-Sim on). S ta di f a tto , però, che cosi fu spesso intesa la te o ria delle tr e fonti: tr e fonti, che davano luogo a tr e distinti fa tto ri, uno dei quali a sua volta dominante. Le prem esse per la "giungla a p o re tic a " erano cosi poste. Il " f a t to r e econom ico", pensato isolata m ente com e ce n trale , produce una p ro blem atic a della pianificazione staliniana (se il "potere politico" è monopolio del co siddetto p a r tito del p r o letariato ) oppure una pro b lem atic a di tipo sraffiano (se il "p o tere politico" deve essere diviso é c o n t r a tta to con a ltr e forze). In entram bi i casi, ovviamente, Marx è a t u t t i gli e f f e t t i un continuatore degli economisti classici, m entre la pro b lem atic a della "fo rm a" del valore e del lavoro è consegnata alle innocue ch iac chie re dei filosofi (considerati, chissà perchè, degli esperti in "fo rm e " , com e i giudici dei concorsi di bellezza). I filosofi non possono ovviamente "risolvere" questo problem a, e riescono al massimo ad "avvertire" (del t u tt o in ascoltati) che vi è u n 'u n ità fra te o ria del valore e dell'alienazione. A loro volta i "politici" non riescono a trad u rre a livello politologico questa p roblem atic a, e ripiegano sulle forme di rappresentanza dei m eriti (individuali e sociali) e di soddisfacim ento dei bisogni (individuali e sociali). La babele dei linguaggi (oppure la loro co rte se indifferenza reciproca, tip ica di u n 'e p o c a in cui la spartizione concordata ha sostituito in te g ra lm e n te lo scontro fra le idee) è a questo punto inevitabile, in quanto è le g itti m a t a dalla falsa p roblem atica della "dominanza" di un " f a t t o r e " . O ccorre dunque coraggiosam ente

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abbandonare ogni tendenza all'"a g g a n c io " del m aterialism o storico alla " trin ità delle fonti", comunque concepite. In primo luogo, le " t r e fonti" non possono essere cucite insieme per concordismo te o ric o ad ogni costo. Esse hanno r e tr o te r r a filosofici diversi: la filosofia morale della "sim p atia" di Adam Smith è incompatibile con la lo tt a a morte per il riconoscimento e la conseguente d ia le ttic a servo-signore di Hegel (per non fare che un esempio e le m e n ta re ). L 'im p ia n to teorico di Smith è rigorosamente "robinsoniano", m entre Hegel ha semmai tendenze opposte (anche se in Smith 1'"individuo" funziona di f a tt o com e " t o ta l ità espressiva" autonoma, e s a tt a m e n te com e l'A ssoluto hegeliano). In secondo luogo, l'incorporazione te o ric a del m aterialism o storico in una delle "fonti e parti in te g ra n ti" produce e f f e tt i devastanti. D entro la form a filosofica della filosofia classica tedesca, la c r it ic a d ell'eco n o m ia politica diventa inevitabilm ente lo svolgimento tem poralizzato d ia le ttic a m e n te dell'autocoscienza com unista di u n 'u n ità so g g e tto - o g g e tto (la civiltà um ana). D entro la forma filosofica del discorso d ell'econom ia politica inglese, la cr itic a d ell'eco n o m ia p o litica diventa inevitabilm ente la soluzione a c c e tta b ile delle insufficienze della te o ria classica del valore-lavoro (e dunque la base te o ric a d ell'eco n o m ia p o litica del socialismo, quando non deve ac c o n te n ta rs i di essere un "pezzo" di economia keynesiana o sraffiana). D entro la form a filosofica del socialismo utopistico francese, la c r it ic a dell'eco n o m ia politica diventa inevitabilm ente una scienza d ell'am m inistraz ione razionale delle "cose" (e dunque dei rapporti sociali cosalizzati, e ridotti a stadi di sviluppo della tecnologia e dei sistem i sociali complessi) (6). Si t r a t t a allora di tr e te o rie as soluta m ente diverse, il cui t r a t t o comune è quello di non essere a f f a t t o la continuazione, logica e storica, del pro g etto marxiano. Esse, possono anche o ste n ta re l ' e t i c h e t t a di "m arxismo", ma questo non fa che p o rta re confusione. E' forse meglio, dunque, c e r c a r e di im postare l'i n t e r o problema in modo diverso. 2. Per una critica genealogica del m aterialism o storico In prim a approssimazione, p o trem o definire la genesi te o ric a del m aterialism o storico come la produzione di una "nuova scienza" fac ilita ta da una "m e ta fisic a influente". Gli epistemologi sanno benissimo com e questa sia una situazione comune a t u t t e le scienze, ma talvolta lo dim enticano, quando si t r a t t a di sputare sugli "elem enti m etafisici" del pensiero di Marx (7). Si t r a t t a di una "m e ta fisic a influente" unitaria nella sua p r o b lem atic a, e perciò

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assolutam ente non "spezzabile" nelle tr e p a rti in te g ran ti di cui sopra. Come sanno bene gli storici della scienza, "gli scopritori fisici si sono differenziati dagli sterili speculatori non p erc hè non avessero nessuna m e tafisica nelle loro t e s t e , ma per il f a t t o che avevano una buona m etafisica, m entre i loro avversari ne avevano una cattiva; e perchè legarono la loro m e tafisica alla loro fisica, p iu ttosto di te n ere se p arata , l'u n a d a l l'a ltr a " (W. Whewell). Questo vale per Cartesio come per Newton, per Darwin com e per Einstein, per Freud come per Marx. La " m e ta fisic a influente" anticip a in form a confusa cose che poi potranno essere provate, indica program m i di ricerca, suggerisce m e ta fo re , stim ola l" 'im m a g in a rio scientifico". Il giovane Marx si trovo' di fronte una scienza sociale borghese che incorporava una ca ttiv a metafisica: l'individualismo possessivo, il pre-giudizio della n a tu ra lità assoluta dei rapporti sociali, la consacrazione d e l l'e te r n i tà d e l l'e s is te n te in nome della sintesi suprema delle scissioni. Egli fu fo rte m e n te influenzato da una buona m etafisica, la te o ria dell " 'e n t e natura le generico", ca pace in quanto ta le di trasform azione, l'u to p ia lib e rtaria del supe ra m ento integrale della divisione del lavoro in una com unità di ca c c ia to ri, pescatori e c r it ic o - c r itic i, l'id e a le di una traspa renza in tegrale fra individuo e società una volta superato il mondo delle merci, che intorbidano t u tt o ed impediscono di "vedere" i veri rapporti umani che stanno oltre il mondo reific ato del denaro (8). Si tr a t ta v a di una "buona m e ta fisic a ", che presentava un c a r a t t e r e a p e rto ed espansivo. In quanto ta le , essa e r a del t u tt o al di qua del m a teria lism o storico (che fu concepito prim a), ed ovviamente m olto lontana ancora dalla c r it ic a d ell'eco n o m ia politica (che fu co n cepita dopo). Il "m ate rialism o storico" (come te o ria della genesi, s tr u ttu r a e trasform azione dei modi di produzione in generale) p o trà essere concepito prima, in quanto non e r a poi così lontano dalle teorie s e tte c e n te s c h e dell'evoluzione e del progresso degli "stadi sociali" (ca ccia, pastorizia, a g ric oltura, com m ercio). La " c ritic a dell'eco n o m ia politica" (come te o ria della specifica genesi, s tr u ttu r a e trasform azione del modo di produzione ca p italistico) venne logicam ente dopo, possedendo un grado di com plessità molto superiore. Insistiamo ancora una volta sul f a tt o che non vi sono m olte m etafisiche influenti, che confluirebbero in modo disordinato nella genesi di una te o r i a scientifica. Vi sono, c e rto , molte componenti culturali, e gli storici delle idee fanno benissimo a classificarle ed a rintracciarne la genesi. T uttavia, rin tra c c ia re la genesi sto ric o -c u ltu ra le delle varie componenti ideali non è la stessa cosa del ricostruire la genealogia di un p rodotto com e il m aterialism o

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storico. Q u e s t'u ltim a è un ita ria, perchè unitario è il campo problem atico instaurato dalla m e tafisica influente. Si t r a t t a del perseguim ento dell'u o m o integrale, del superam ento della scissione, della riconquista della t o ta lit à p erduta nel destino della civiltà. La m e ta fisic a influente cade, si sta c c a com e il prim o stadio di un razzo v e tto re , non appena l'au to n o m ia disciplinare della te o ria dei modi di produzione "decolla" e conquista la sua autonomia. Da quel momento in poi, il m aterialism o storico può essere coltivato anche dai "non c re d en ti" nella p ra tic a b ilità d e ll'u to p ia sin te tic a , che diventa una "filosofia privata", e s a tt a m e n te com e lo sc e ttic is m o sulla conseguibilità dei "fini ultim i". Diciamo questo in modo volutam ente rigido ed es tre m is tic o , perchè in r e a ltà la "filosofia privata" continua a d e te rm in a re il modo co n c reto con cui si sviluppa l'a u to n o m ia disciplinare della scienza della società. A differenza del primo althusserism o (che pure ha avuto i suoi m eriti storici), lo scrivente non crede nella separabilità "visibile" fra ideologia e scienza. M etafisica influente e sviluppo della ric e rc a s c ien tifica (che prim a sono s ta ti paragonati a due stadi di un razzo vettore) devono ora essere pen sati come intre ccio fittissimo, com e un vero e proprio nodo gordiano. C o n c re ta m en te, per Karl Marx fu cosi. Marx fu p r ec o cem en te consapevole della autonom ia disciplinare di quanto era riuscito a cre a re (e, in questo senso, lo ripetiam o ad nauseanti, e ra "m arxista " al 100%), e perseguì per t u t t a la vita il suo program m a di ricerca. Ma egli accom pagnò questo program m a con discorsi filosofici eterogenei, dentro i quali e r a linguisticam ente c o s tr e tto a "dire " le cose che stava mano a mano scoprendo. Lo scrivente ha isolato per com odità (in form a fo rz a ta m e n te id e al-tipica ) tre di questi discorsi filosofici: il grande-narrativo, il d e te rm in is tic o -n a tu ra lis tic o , e l'ontologico-sociale. A dire il vero, questa tric o to m ia p o trebbe fac ilm e n te diventare una dicotomia: il discorso d eterm in is tic o -n a tu ra lis tic o è in fa tti una variante "scie n tistica " della grande narrazione, e non ne differisce q u alitativam ente (se non per una non essenziale mimesi linguistica delle scienze della n a tu ra d e ll'O tto c e n to ) . L a vera differenza filosofica è fra i primi due, ed il terzo. T uttavia, la tric o to m ia è forse più ch iara, e comunque la sua discussione lascierà meno equivoci. 3. Il discorso filosofico grande-narrativo in Marx Negli ultim i anni (in p a rtic o la re dopo alcune recenti sc operte della marxologia più avvertita e più filologicam ente a t te n t a ) la questione del rapporto fra il cosiddetto "giovane Marx" ed il Marx

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maturo ha assunto aspetti del t u t t o nuovi. Da un lato, la marxologia ufficiale sovietica (o te desc o orientale) aveva preso a t t o a malincuore dell'esistenz a di un "giovane Marx" (sapendo p e r f e tt a m e n te che t u t t a 1'"operazione" di politica cultu rale poggiante sul giovane-marxism o non e r a "gestibile" dal Diam at ma soltanto dall'um anesim o socialdem ocratico a t t e n t o ai "valori"), e lo aveva rubricato nel ruolo di apprendista al m e stie re di "m a rx ista m aturo". Questo Marx maturo, n a tu ra lm e n te, e ra ridotto a ideologo della legittimazione del marxismo terzinternazionalistico (attra verso una serie di* "tagli te m a tic i" cui farem o cenno nella seconda p arte di questo sc ritto ). D a ll'a ltr o lato, il cosiddetto giovane-m arxism o (che non bisogna mai confondere con lo "studio" del giovane Marx, cosa,, questa, del t u t t o positiva) si e r a c o s titu ito com e vera e propria c orrente di pensiero sul presupposto di una "autonom ia", anzi di una vera e propria com pletezza ed arm onia te o ric a delle opere giovanili di Marx. La tesi di fondo del giovane-m arxism o potrebbe riassumersi in questo modo, forse semplificando un poco: se Marx non avesse mai più s c ritto una riga dopo ['"Ideologia T edesca" sarebbe egualm ente da annoverare fra i massimi pensatori mai esistiti. La lo tt a fra giovan-m arxismo e vecchio-m arxism o (che potrebbero entram bi essere studiati prescindendo p aradossalm ente da Marx, essendo composti con m ateriali rispettivam ente pro m eteic o -id ealistici e positivistico-evoluzionistici) è s ta to un episodio molto im p o rta n te della c u ltu ra europea, in quanto dietro il suo (esile) scherm o si giocavano poste politico-sociali rilevanti. T uttavia essa funziona da ostacolo per la comprensione di un f a tt o teorico di grande interesse: nel giovane Marx è p rese nte, fin dall'inizio, una tendenza ad una rappresentazione ontologico-sociale dei fenomeni sociali (con la distinzione fra alienazione ed oggettivazione), ed una tendenza e n f a tic a m e n te g ra n d e -n a rra tiv a (con la ricerca di un soggetto radicale su cui "poggiarsi" in modo privilegiato per l'em ancipazione to ta le d ell'u m an ità). Nel giovane Marx la rappresentazione ontologica dei fenomeni sociali è tu tta v ia prese nte soltan to com e tendenza, in quanto m anca ovviamente anc ora una fondazione ade g u ata alla c r it ic a d ell'econom ia politica. Q uesta tendenza è però agevolmente visibile, non appena ci si riesca a liberare dello scherm o p rodotto da t u t t a la " l e t t e r a t u r a secondaria" di tipo giovane-m arxista (9). F a re m o in proposito soltanto pochi cenni. In primo luogo, occorre com prendere che fin dal'inizio, sul piano più s tr e t t a m e n t e metodologico Marx si riallaccia d ir e tta m e n te ad Hegel, e non invece a quella c o rren te sostanzialm ente neofic h tia n a (e dunque idealistico-soggettiva), rap p rese n tata da Hess e dagli hegeliani di sinistra, ed in cui rien tra

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anche un c e r to F euerbach. La dura cr itic a del giovane Marx alle ipostatizzazioni hegeliane (m essa in luce p a rtic o la rm e n te dalla scuola di Della Volpe) ha f a tt o troppo spesso d im e n tic are la "solidarietà profonda" di Marx con Hegel, b a s a ta sulla consapevolezza rea listica d e l l'e s is te n te di contro a mere volontà utopiche fondate sull'intenzione (e si legga in proposito il fondam entale saggio di Lukàcs del 1926 intito la to "Moses Hess ed i problemi della d ia le ttic a idealistica", in cui il "c olle gam e nto d ir e tto " di Marx con Hegel è a d e g u a ta m e n te arg o m e n tato ) (10). In secondo luogo, occorre rivendicare al giovane Marx la c r itic a radicale al principio dell'individualità irriducibilm ente egoistica sostenuto da Max S tirner, senza c a d ere n e l l'e r ro r e di far diventare l'an a rc h ic o Stirner l'an tesig n a n o dei diritti dell'individuo em pirico di contro alle astrazioni dell "'essenza um ana" ed alla divinizzazione della società. L'individuo em pirico si oggettiva in fa tti in form a "a lie n a ta " nella quotidianità della vita c a p ita listic a , ed ogni anarchism o m etodologico che assolutizzi l'individualità em pirica e le sue manifestazioni den tro q u e s t'u ltim a finisce con l'av a lla re la_ vita a lie n a ta , accam pando il p re te s to della lo tt a all'orga nicism o ed al principio o lis tic o -a u to rita rio (11). In terzo luogo (e si t r a t t a , in senso assoluto, del punto teo rico più im p o rta n te ) occorre valorizzare fino in fondo t u t t e le recenti scoperte filologiche sul giovane Marx, che vanno t u t t e nella direzione di un d eclassam ento delle p r e te se della com pletezza e della autonom ia del pensiero del "giovane Marx" rispetto ad un fan to m atic o "Marx m aturo" e di una valorizzazione del c a r a t t e r e di ricerca e di studio, di work in progress, delle opere giovanili di Marx, sia di quelle edite che di quelle inedite (12). La valorizzazione, m etodologicam ente fondam entale, della tendenza ontologica del pensiero del giovane Marx com e work in progress in direzione della c r itic a d ell'eco n o m ia politica resterebbe tu tta v ia ambigua ed insufficiente se non si a m m e t te s s e f ra n ca m en te che questa te ndenza ontologica coesiste con una so r ta di antropomorfizzazione della sto ria , cioè con la fondazione del senso e della direzione della storia in un soggetto collettivo tito la re di ciò che è s ta to definito "grande narrazione". La "grande narrazione" è, in p rim a approssimazione, l'incorporazione del m ateria lism o e della d ia le t tic a den tro una filosofia del soggetto. Il sogge tto gran d e -n a rrativ o ha a sua volta perduto le c a r a tte r is tic h e formali e tra sc e n d e n ta listic h e di derivazione ca rte sia n a e k an tian a in direzione di una in tegrale storicizzazione e sociologizzazione. Esso ga ra n tisc e , con la perm anenza della sua id e n tità originaria fondam entale, la realizzazione finale di un pro g ra m m a iniziale che è a sua volta p e n s a to com e b as ato sulla

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propria "essenza vera". E' appunto a p a r tire da questa " e s s e n z a propria" che il Soggetto diviene portatore di un p r o g e tto di filosofia della storia (13). Nel laboratorio del pensiero del giovane Karl Marx l'ebreo è il prim o tito la r e , ide altipic am e nte a s tr a tto , del processo di disalienazione radicale pensato con il supporto di un Soggetto. Si t r a t t a , ovviamente, di un "soggetto" assai p a rtic o la re , il solo c a p ac e di " s a lta re " il mondo reific ato della id e n tità nazionalistica e borghese (e dunque lim ita ta e p a rtic o la re ) nel suo possibile passaggio d ir e tto dai c e ti e dalle corporazioni feudali, in cui e r a discrim inato e ghettizzato, alla nuova com unità sociale com unista in cui l'em ancipazione sarebbe s t a t a ad un te m p o giuridica e filosofica, individuale e collettiva. N ell'eb reo il massim o di astrazione negativa, il denaro com e equivalente g ene rale spogliato da ogni determ inazione p artico la re , che ne aveva fino ad allora conn o tato la n a tu ra sociale, poteva d ia le ttic a m e n te rovesciarsi nel massimo di astrazione positiva, l'em ancipazione to ta le e com piuta, nel d iritto e nei f a tt i (14). La figura dell'eb reo fu ben p re sto so stitu ita , com e ben si sa, dalla figura del proletario, tit o la r e di c a te n e radicali, e p e r ta n to unico soggetto in grado di em an c ip are, insieme a se stesso, l'i n t e r a um anità. Come è facile n o ta re , il passaggio dalla figura idealtip ic am e n te astra tta d e ll'e b r e o alla figura, altretta n to idealtip ic am e n te a s t r a t t a , del p roletario, rappresenta, den tro l'a n c o ra in c e r ta tendenza ontologico-sociale del pensiero del giovane Marx, la m e ta fo ra filosofica del passaggio dal punto di vista della circolazione al punto di vista della produzione, senza p e r a ltr o che questo passaggio com porti ancora una te o ria com piuta della d eterm inatezza s tr u ttu r a le della produzione c a p ita listica . Q uesta te o ria verrà dopo, in seguito al fecondo incontro di Marx con l'e c o n o m ia p o litica classica, e più ancora con lo studio sto ric o -so c ia le del capitalism o inglese. L 'edificazione di una te o ria di tipo sostanzialm ente impersonale (quale il m a teria lism o storico, e più ancora quella sua specificazione d e te r m in a ta che si chiam a c r itic a d ell'eco n o m ia politica) su di un presupposto filosofico incardinato su di un Soggetto a s tra tto - c o lle ttiv o , quale il P ro le ta ria to , non deve a f f a t t o stupire. Si t r a t t a di un paradosso relativam ente facile a com prendersi, se appena si rifle tte con o n e s tà al modo di costituirsi delle te o rie scientifiche: da un lato esse si em ancipano abbastanza presto dalle d e term ina nti influenze an im istic o - a r tif ic ia listic h e , e perciò f o rte m e n te m a gico-antropom orfiche, che ne facilitano la na s c ita e lo sviluppo, d a l l'a ltr o lato esse non diventano mai "pure" e p e r f e tt a m e n te indenni dalle problem atiche filosofiche di tipo soggettivistico ed idealistico. Q uesta com presenza di idealismo e di m aterialism o sfugge quasi

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sempre ai punti di vista filosoficam ente unilaterali, che non riescono le tte ra lm e n te mai a sopportare, sul piano te o re tic o , questa compresenza stessa. Da un lato, in fa tti, i sostenitori esistenzialistico-soggettivistici del giovane-marxism o (e più in generale d e ll'in te r o "m arxismo" ridotto a punto di vista della prassi di un soggetto assolutizzato) scrivono migliaia di pagine, ac u te e virtuose quanto p e r f e tt a m e n te inutili, per tra d u rre il m aterialism o storico nel Punto di V ista di un Soggetto (radicalm ente) T ra sfo rm ato re, salvo poi abbandonare co m p le ta m e n te il m aterialism o storico stesso quando questo Soggetto T ra sfo rm ato re sem bra sociologicamente sparito, o quanto meno la tita n te (si pensi a Jean-Paul S a rtre , o meglio anc ora ad André Gorz). D a ll'a ltro lato, invece, i sostenitori str u ttu r a lis tic i del m aterialism o storico com e Processo senza Soggetto sono c o s tr e tti ad arram p ica rsi sui vetri per negare l'evidenza del f a tt o che in Marx una concezione gran d e -n a rrativ a del P ro le ta ria to com e Soggetto Privilegiato della Storia universale perm ane anche dopo la c osiddetta " r o ttu r a epistem ologica" (e si pensi ad Althusser, e più ancora agli althusseriani più schem atici e sem plificatori). Se sottoponiam o l 'in te r a questione ad una pur somm aria analisi storica ci accorgiam o che le tendenze filosoficam ente antropom orfizzanti (inevitabile supporto di una filosofia idealistica che pensa la S toria come un continuum te m p o ra lm e n te omogeneo in cui un Soggetto realizza il suo Destino) coesistono s tr e t ta m e n te con tendenze opposte, di tipo impersonale e disantropomorfizzante, che utilizzano m assicciam ente la distinzione fra soggetto ed oggetto. Q uesta s t r e t t a coesistenza e com presenza m ostra, t r a l'a l tr o , t u t t a la su p erficialità a n tid ia le ttic a della tesi che propugna l'esistenza di un Pensiero Originario, preso c ra tic o ed in generale preplatonico, che non conosceva per nulla la scissione fra so g g e tto ed oggetto, e che p ro m e tte nel prossimo futuro possibile l'e m e rsio n e di un Nuovo Pensiero, che sarà del t u tt o al di là di questa scissione in cui si è consumato il destino della m e ta fisic a e della T ecnica del mondo occidentale (15). Nel pensiero presocratico, in f a tti, figlio di una cu ltu ra orale e di una civiltà della memoria e s tr a n e a in gran p a r te alla sc rittu ra , non si e ra ancora d a ta co m piutam ente la separazione fra un "soggetto", cioè la personalità pensante autonoma, ed un "o g g e tto " , cioè una zona della conoscenza che deve essere del t u t t o a s t r a t t a (separazione che è, appunto, il nucleo del platonism o più antico); ma questa m ancata separazione coesisteva con il massim o di personificazione soggettiva delle forze impersonali della n a tu ra e della storia, in quanto la psicologia dell'ap p ren d im en to mnemonico e della

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registrazione orale esigeva che il conten u to da mandare a mem oria fosse una serie di azioni, e ciò presuppone a sua volta degli a tto r i o agenti. La c o n tro p a rte del rifiuto della c u ltu ra orale (basata, appunto, su di una integrale antropomorfizzazione m itica delle forze n aturali e sociali) è s ta ta , inoltre, la d o ttr in a della "psiche autonom a" (cioè dell'an im a , se p a r a ta dal corpo, e potenzialm ente im m ortale ), in cui un soggetto si se p ara dal proprio o g getto di riflessione; processo, questo, che riantropomorfizza in modo nuovo e qualitativam ente diverso le forze natu ra li e sociali, q u es ta volta sulla base della distinzione fra soggetto ed o g g etto (16). La lunga storia del pensiero o cc ide ntale (dalla filosofia g re c a al marxismo di Marx) si compie dunque so tto il segno di una intim a com presenza fra tendenze disantropomorfizzanti (negazione d e te r m in a ta del dominio assoluto del mito tipico delle cu ltu re orali) e tendenze riantropomorfizzanti (che si riformano c o ntinuam ente sulla base della distinzione fra soggetto ed oggetto, m odalità gnoseologica s tr u ttu r a le con cui si è s to r ic a m e n te com piuta in O ccidente la disantropomorfizzazione al tem po degli antichi G reci). In Marx (in p a rtic o la re nel giovane Marx) la te o ria del soggetto privilegiato, il cui punto di vista p e r m e tte di "sciogliere l'e n ig m a della storia" (l'e b re o , prima, per un brevissimo periodo, il pro letario poi) non si pone dunque com e un residuo m itic o -a n tro p o m o rfic o di filosofie della sto ria e di religioni di salvezza (per usare un linguaggio alla Lowith, una laicizzazione im p e r f e tta della escatologia giud a ico -cristian a nel linguaggio dell'eco n o m ia politica), ma si colloca com e una vera e propria p rem essa (potenzialm ente, ma solo potenzialm ente, antropom orfizzante) di una teoria che è nella sua più intim a essenza in te gralm e nte disantropom orfizzata, la c r it ic a d ell'eco n o m ia politica, appunto, b a s a ta sulla c r itic a radicale del robinsonismo e della assolutizzazione (questa sì, del t u t t o antropom orfica) dello homo oeconom icus capitalistico -b o rg h ese . Certo, la c r itic a d ell'econom ia politica non può mai essere in te g ralm e n te disantropom orfizzata (come volle a suo te m p o la scuola althusseriana, per ca dere nel "soggettivismo delle s tr u ttu r e " , la cui "personificazione" è più pericolosa in quanto è talvolta d ifficilm ente riconoscibile), ma di questo non bisogna preoccuparsi fuori misura. La sola riantropomorfizzazione "pericolosa" della c r itic a d ell'econom ia politica è, appunto, la trasform azione integrale del marxismo in grande narrazione edifican te, in cui il "comuniSmo" funziona come "utopia sin te tic a " e si vuole com e soluzione "in teg rale" della storia. Marx usa c e r to queste espressioni, di tipo integ ralm e n te grande-narrativo, la cui te ndenza innegabile è quella di antropom orfizzare la storia. Q ueste espressioni sono però quasi

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sempre usate in d e te rm in a ti "c o n te sti rilevanti", c a r a tte riz z a ti dallo sforzo di derobinsonizzare l'e c o n o m ia politica e più ancora di scoprire i vizi ipostatici della filosofia hegeliana, basati t u t t i in ultim a istanza sulla trasform azione di punti di vista soggettivi della borghesia te d esc a del te m p o in manifestazioni impersonali dello Spirito (oggettivo ed assoluto). Il co n testo rilevante, in tegralm ente disantropomorfizzante, coesiste dunque, in com presenza necessaria, con una form a linguistica riantropom orfizzata, la "grande narrazione". Solo la comprensione piena ed onesta di questa compresenza p e r m e tte , dunque, di evitare rea lm en te l'in c an te sim o grande-narrativo, pur prese nte in Marx (17). 4. Il discorso filosofico determ inistico-naturalistico in Marx Come si è visto nel p ara g ra fo p rec ed en te, la c r itic a m arxiana dell'econom ia politica, il cui a s p e tto dom inante è l'antirobinsonism o e la polem ica contro la personificazione m e ta fisic o -id e a listic a delle forze storiche e sociali, nasce e si sviluppa den tro un discorso spesso antropom orfizzante, in cui il P ro le ta ria to, sogge tto privilegiato del processo storico, ne risolverà l'en ig m a fino a ll'u to p ia sin te tic a ch iam a ta "comuniSmo". E' questo l 'a s p e tto filosofico-idealistico del pensiero marxiano. Vi è però anche, in am bigua compresenza, un secondo as p etto , che p otrem o som m ariam en te definire sc ientistic o-idea listico, in cui viene soggettivizzata una e n t ità cosalm ente impersonale defin ita Produzione Moderna, che sostituisce in p a r te (mai del tu tto ) la nozione di ComuniSmo come p ro g e tto in trin se co -im m an e n te alla " n a tu r a essenziale" del P roletariato. La s t r u t t u r a te o rica d ell'idealism o "scie n tistico " non è diversa, negli a s p e tti essenziali, dalla s tr u ttu r a te o ric a dell'idealism o "filosofico". In entram bi i casi, infatti, una d o ttrin a diventa inte g ralm e n te ideologia di legittim azione sociale di com portam enti politici d e te rm in a ti, e questo può avvenire sia in nome di una filosofia dello Spirito (come nel caso di B e nede tto Croce e più in generale del crocianesimo borghese italiano), sia in nome del possesso privilegiato del metodo e della conoscenza "scientifica" della n atu ra e della società (come nel caso del positivismo borghese, in Italia ed altrove). Dire che il "comuniSmo" è lo sbocco inevitabile, sc ie n tific a m e n te prevedibile, della n a tu ra d inam ica della produzione cap ita listica moderna, che socializza le forze produttive e polarizza i rapporti di produzione, non è diverso dal dire che il "comuniSmo" è il passaggio dalla p reistoria alla storia a t t u a t o dal p r o le ta ria to rivoluzionario. La prima proposizione suona anzi più "scie n tifica ", edunque più "convincente", in u n 'e p o c a sto r ic a in cui la scienza

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diventa la principale, se non l'u n ic a, ideologia di le gittim azione sociale (18). In Marx (ed ha poco senso a t trib u ire al solo Engels dichiarazioni scientistiche, nell'ingenua ed infondata intenzione di "salvare" Marx da ogni cad u ta d e te r m in is tic o -n a tu ra lis tic a ) si possono agevolmente trovare decine di citazioni che possono le g ittim a re una le ttu r a del m aterialism o storico com e te o ria delle "lega lità n ec essarie" di tipo n atura listico applicate a quella p a rtic o la re "sezione" della n a tu ra c h iam a ta "società" (19). Q uesta le ttu ra , come è noto, fu s to ric a m e n te f a t t a , e diventò sto ric am e n te dominante, nel "m arxism o" della Seconda e della Terza Internazionale. E ' possibile, ed anzi necessario chiedersi: si t r a t t ò di un fraintendim ento della le tte r a e dello spirito di Marx, o di un co e re n te sviluppo della sua impostazione te o ric a fondam entale? Alcune riflessioni ci aiuteranno forse a rispondere a questa domanda. A ben r ifle tte r e , una ricognizione a t t e n t a al laboratorio teorico di Marx ci p e r m e tte di a ffe r m a r e tranquillam ente che la sua preoccupazione principale non fu mai quella di form ulare la critic a d ell'econom ia p o litica in modo da farle "superare" i controlli di tipo "epistemologico" cui erano so tto p o ste le ipotesi scientifiche del te m p o (in p r a tic a , l'induttivismo di S tuart Mill, cui si sottopose volentieri lo stesso Darwin), quanto quella di trovarne una "form a d'esposizione" d ia le ttic a soddisfacente. T u tto questo è orm ai assai noto, e non vogliano qui ripeterlo (20). E ' forse meno noto, ed appunto per questo ancora più degno di riflessione, che Marx ebbe sem pre un interesse vivo, c o stan te, mai episodico e saltuario, per i progressi che si stavano facendo nelle scienze naturali ed applicate. Questo interesse non e ra fondato sul p ro g e tto di "incorporazione" della propria sc o p e rta (il m aterialism o storico com e te o ria della genesi, sviluppo e declino di d e te r m in a ti modi di produzione, in p artico la re quello capitalistico) in un'enciclopedia generale delle scienze di tipo positivistico, ma si basava su di una a c u ta consapevolezza di tipo interdisciplinare, ostile a quella esa sp e ra ta divisione ac ca dem ico-universitaria delle discipline che fu un prodotto (spesso non voluto, ed anzi avversato a parole) del grande positivismo europeo d e ll'O tto c e n to . Il m a teria lism o storico restava in Marx qualcosa di ben distinto dalla chim ica, fisica, biologia, mineralogia, geografia, e c c e te ra . Esso aveva il suo oggetto ed il suo metodo peculiare, ma il suo sviluppo sarebbe risultato a s fittic o e monco, senza una ricca e consapevole informazione nel cam po delle scienze della n a tu ra e d ell'in d u stria (21). Marx stesso si impegnò a fondo in questo campo, e questo impegno com portò n ec essariam en te l'uso e l'abuso di m e ta fo re di tipo natura listico , d e term inistic o e scientistico

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tipiche del linguaggio delle scienze della n atu ra del tem po, basate sul paradigma della n ecessità, ca te g o ria assolutam ente p o rta n te di t u t t o il linguaggio sc ientifico d e l l'O t to c e n to (22). L 'id e a le laplaciano, rigorosam ente d eterm inistico e n ecessitaristico, è in fa tti c e n tr a le , n e ll'O tto c e n to , non ta n to nelle singole scienze p articolari (le quali, com e ben spiega Gaston Bachelard, avevano tempi di sviluppo ben differenziati e problemi specifici di "a sse sta m e n to epistem ologico" non suscettibili di essere sem plificati e ridotti ad un unico modello), quanto nella "ric ad u ta filosofica" con la quale le scienze "si presentavano" alla sintesi culturale dom inante. Questo non significa, ovviamente, che la storia delle scienze d a l l'O t to c e n to al Novecento sia s t a t a un semplice trapasso dalle "sicurezze" predittive e d eterm inistiche ad una so rta di generale indeterm inism o (sarebbe, questa, una vera c a r ic a tu r a della storia del pensiero scientifico). E ' invece possibile dire, con t u t t a tranquillità, che la c a te g o ria di n ecessità aveva un ruolo assolutam ente c e n tr a le n e ll'im m a gine della scienza o tto c e n te sc a , finendo inoltre con l'in d ic are due significati del t u t t o eterogenei l'u n l'a l tr o , il nesso di cau sa lità rigorosa, da un lato, la f e rre a prevedibilità ed anticipazione degli esiti, d a ll'a ltr o . Qui sta , fra l'a l tr o , la radice di quell'equivoco (filosoficam ente assai poco spiegabile), t a n to diffuso s o p r a tt u tto a fine O tto c e n to , che faceva d e ll'id e a le scien tifico qualcosa di sim ulta neam ente m eccanicistico (basato cioè su di una c a u sa lità rigorosam ente nec essita n te) e teleologico (in grado di prevedere, cioè, un esito in modo ta lm e n te infallibile da far pensare che questo esito fosse s ta to is c ritto fin da principio nella "n a tu ra stessa" del fenomeno) (23). La paradossale compresenza di m eccanicism o e di teleologismo, tipica dell'im m a g in e sc ien tifica o tto c e n t e s c a (che e r a poi l'im m agine che giungeva allo stesso Marx), p e r m e tte di com prendere la sostanziale inutilità di t u tt i quegli schemi di le ttu r a (alla Lucio Colletti, per intenderci) che retro d a ta n o a ll'O t to c e n to la contrapposizione polare fra in te lle tto s c ien tifico -an a litico , buono, e ragione d ia le ttic o -c o n tra d d itto ria , cattiva. Il necessitarism o teleologico e r a infatti prese nte (ed anzi, f o r te m e n te presente) sia nelle te o rie scientifiche di tipo rigorosam ente em pirico-induttivo sia nelle generalizzazioni enciclopediche di tipo d ia lettic o , senza che fosse possibile una n e t ta separazione fra le due (24). Anche Marx, ovviamente, è spesso irre sistib ilm en te a t t r a t t o da questa com presenza di m eccanicism o e di teleologismo, e talvolta, m e tte egli stesso il m aterialism o storico e la c r it ic a dell'econom ia politica so tto il dominio della ca te g o ria della n ecessità (m ettendo fra parentesi t u t t e le altre c a te g o rie ontologiche, in primo luogo la

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c a te g o ria della possibilità) (25). Ciò non deve stupire, e nem m eno scandalizzare: ciò che invece stupisce, e s in c eram en te scandalizza, è il ritardo del m aterialism o storico a c e n t'a n n i dalla m orte di Marx a "sganciarsi" da un paradigm a scientifico o tto c e n te s c o , supe ra to ormai da molto tempo. Il ritardo è c a r a tte r is tic o anche della sto riografia e della c o s id d e tta marxologia. Ingenera stupore e sdegno, ad esempio, il p erm a n ere della leggenda che vuole Marx mendicare, alla p o rta della casa di Darwin, il permesso di dedicare "Il C apitale" al grande n a tu ra lista (26). Marx am mirava in f a tti moltissimo Darwin, ma non ne feticizzò mai il metodo, in primo luogo, e non attrib u ì mai al darwinismo te o rico una n a tu ra te le o lo g ic o -m e ta fisic a , in secondo luogo (quasi volesse "le g ittim a re " una le ttu r a te le o lo g ic o -d e te rm in is tic a della propria opera assim ilandola a quella darwiniana). Marx non permise mai alla propria autoconsapevolezza s c ien tifica l'irruzione di una immagine te le o lo g ic o -n e c e ss ita n te della propria concezione dell'accum ulazione del capitale (così com e non perm ise mai un'antropom orfizzazione filosofic o-ide alistic a del ruolo storico del P ro le ta ria to ), nonostante alcune evidenti concessioni a ll'im m a g in e o tto c e n t e s c a della scienza. Impedì questo la sua consapevolezza filosofica di tipo ontologico-sociale, cui ora brevem ente accennerem o. 5. Il discorso filo so fico on tologico-sociale in Marx La comprensione della dominanza specifica, inMarx, di un discorso filosofico di tipo ontologico-sociale sugli altri due tipi di discorso (pur presenti) g rande -na rrativo e d e te r m in is tic o -n a tu ra lis tic o produce due e f f e t t i fondam entali. In primo luogo, in negativo, interdice t u t t a una se rie di fra in te n d im e n ti radicali della filosofia del m aterialism o storico, che lo tr a sf o r m e r e b b e ro in una (mediocre) filosofia della sto r ia (27). In secondo luogo, in positivo, promuove a ttiv a m e n te una concezione filosofica del mondo la quale, di per sè, non è ancora " m ate rialism o sto ric o " nè ta n to m e n o " c ritic a d ell'econom ia po litica ", ma che funziona da cornice e da quadro per il loro sviluppo creativo e non dogm atico. In conclusione della prim a p a r te di questo s c r it to accennerem o brevem ente ad alcuni fraintendim enti radicali della filosofia del m aterialism o storico. Non esiste ancora, purtroppo, una vera e propria te o ria m a te ria listic a del "frain ten d im e n to sis te m a tic o " del marxismo com e p a r te di una più generale ed am pia te o ria dell'ideologia com e falsa coscienza e com e coscienza n ec essariam en te falsa. Il "fra in te n d im e n to " non può essere in genere ricondotto

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soltanto a questioni di "conoscenza" (teo ria razionalistica d e ll'e r ro r e ) \ o a questioni di "in teresse" ( te o ria econom icistica dell'egoism o, individuale o di gruppo), e neppure ad una m era interazione fra i due . elem enti f a t t a in nome del "buon senso". Il fraintendim ento è forse una vera e propria form a d 'esis ten z a n ec essaria della lo tt a fra ideologie in una congiuntura sto ric a d e te rm in a ta , che deve essere d a t a per sc o n ta ta . Vi è però una tendenza molto fo rte oggi, di tipo a s tra tto -ra z io n a listic o , che intende lo ttare contro i fraintendim enti più fastidiosi e strum entali del m aterialism o storico finendo con l ' a c c e t t a r e il te rr e n o in cui sono sorti questi ultimi: si t r a t t a di q u ell'inca ntesim o epistemologico e di quell'insistenza di tipo gnoseologico che ha in te g ra lm e n te d im e ntic ato Marx (in cui logica, d ia le ttic a e te o ria della conoscenza si identificavano in ultim a istanza) per perdersi nei mille meandri di Popper, L akatos, Feyerabend, Kuhn, e c c e te ra . Si t r a t t a di una tendenza ste rile, che non fa che ripetere, in form a im poverita e linguisticam ente involuta, posizioni teo rich e notissim e nella storia della filosofia occidentale dai tem pi almeno di K ant e di Hegel. L 'ista n z a c r itic is ta , che inte rd ice (con la dolce forza della ragione, non c e r to con il "braccio a r m a to " dei poliziotti) i fraintendim enti di tipo m e tafisico del m aterialism o storico (dallo scrivente distinti nei due gruppi g rande -na rrativo e d e t e r m in is tic o -n a tu ra lis tic o ) non può essere g a r a n tita da una gnoseologia che sisovrapponga ad una ontologia, duplicandola, ma può essere so d d isfa tta solam ente da una c o r r e tt a concezione ontologica delle c a te gorie specifiche d e ll'e sse re sociale, oppure, altrim en ti d e tto , da una c r it ic a im m anente a ll'uso sc o rr e tto di queste categorie. Si è qui distinto, per chiarezza, fra "interdizione" di ca ttive concezioni del marxismo e "promozione" di una c o r r e t t a concezione di esso. Si t r a t t a in r ea ltà di un unico movim ento del pensiero, chesi sviluppa d ia le ttic a m e n te su di una base ontologico-sociale, cui ora ac ce nnerem o brevem ente in positivo. La proposizione ontologico-sociale fo ndam entale del pensiero marxiano è fondata sull'esistenza di una sola scienza, la scienza della storia, c a r a tte r iz z a ta "filosofic am ente " dalla processualità, e " s c ie n tific a m e n te " dalla spe cific ità . Nel m om ento in cui Marx fa della produzione e riproduzione della vita um ana il problem a c e n tr a le , com pare la doppia determinazione di una insopprimibile base natu ra le e di una in in te r ro tta trasform azione sociale di questa ( l'e sse re sociale nel suo insieme ed in ogni suo singolo processo presuppone l'e ss e r e della n atu ra inorganica ed organica). Tuttavia, questa ap parente, cristallina "sem p licità" m onistica nasconde grandi difficoltà di c o r r e tto o rie n ta m e n to filosofico. Elenchiamone alcune,

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senza alcuna p r e te s a di com pletezza (28). In primo luogo, la "n a tu ra" , inorganica ed organica, non può essere filosoficam ente intesa com e il "fondo" sul quale viene e d ific a ta la "storia". E ' noto che questa concezione, già c r it ic a ta a suo tem po da Benjamin, fu propria del pensiero soc ialdem oc ra tic o e secondinternazionalistico, che vedeva il "lavoro um ano" c r e a to r e di ogni ricchezza com e a ttiv ità che si "fondava" sulla inesauribile saccheggiabilità delle risorse naturali e sociali, cui e r a possibile "dar fondo" in modo pressoché illim itato. Oggi questa concezione si p re s e n ta in modo specularm ente rovesciato (pensiamo al "pessim ismo ecologico" del Club di Roma e più ancora di posizioni "verdi" te desc he), insistendo sui "lim iti" invalicabili del "fondo natu ra le" cui possiamo attin g e re , e proponendo cam biam enti nel "modo di distribuzione" (che dovrebbe basarsi sul rifiuto del "consumismo"). Sebbene lavisione del mondo ecologico-igienistica sia indubbiamente più sim patica del delirio industria listico -p ro m eteic o occ orre notare che esse si fondano sulla stessa a d i a le ttic a concezione destoricizzata della "n à tu ra com e fo n d o ".'In Marx, invece, la trasform azione sociale della base natu ra le è p e n s a ta inscindibilmente con il "m ovimento" di questa base n atu ra le stessa, che nella sua processualità (i cui tem pi, ovviamente, non coincidono con i p ro g e tti soggettivi degli ingegneri) non si lascia mai dare com e "fondo" s ta tic o delle azioni umane (29). i In secondo luogo, l'esiste n za ontologico-sociale di una sola scienza, la scienza della storia, non significa a f f a t t o che vi sia a u to m a tic a m e n te anche un solo "paradigm a scientifico" unificato, valido per le c osiddette scienze della n a tu ra come per le cosiddette scienze storico-sociali. La prim a questione verte sulla form a filosofica del discorso m arxiana, che è incardinata sul rifiuto metodologico e s is tem a tic o di considerare in modo astorico lo sviluppo del nesso n a tu ra -s o c ie tà ; la seconda questione concerne invece il co n c reto d ib a ttito epistem ologico nelle scienze della n a tu ra e nelle scienze storico-sociali, che va dalla "vecchia alleanza" o tto c e n te s c a fino alle proposte attu a li di "nuova alleanza" (attraverso il divorzio t r a " n a tu r a " e "cu ltu ra" alla svolta del Novecento, prima, e l'im itazione dei modelli formali e l'espulsione della sto ria f a t t a dal neopositivismo a pplica to alle scienze sociali, dopo). Vi è, indubbiamente, una "difficile alleanza" fra i paradigmi prevalenti nelle scienze natu ra li e quelli dominanti nelle scienze storico-sociali, che nasce, appunto, dalla e s tre m a diffico ltà di conciliare il principio generale della pro ce ssu alità sto ric a (naturale e sociale, ovviamente) con la determ inazione partico la re della sp e cificità s tr u ttu r a le (che a t tie n e alla plu ralità bachelardiana delle singole scienze naturali ed alla pluralità m arxiana dei singoli modi di produzione sociali). E'

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questa, tu ttav ia , una "sfida te o r i c a " che può nasce re soltanto sulla base ontologico-sociale d ell'esis ten z a dell'unica scienza della storia (30). In terzo luogo, l'attrib u zio n e alla processualità d ia le ttic a (della n a tu ra e della sto ria im personalm ente e /o antro p o m o rfica m e n te naturalizzata) di una n a tu ra te leologica im m anente (dovuta a ciò che som m ariam ente definirem o l'irre sistib ile fascino della logicizzazione hegeliana della storia) po rta alla esiziale conseguenza che Lukàcs definisce in modo geniale com e " s to ria spogliata dalla form a sto ric a " . Q uesta "s to ria spogliata dalla form a storic a" dim e n tic a che la conoscenza "tipicizzata" del passato avviene soltan to post , festum (è l'a n a to m ia d e ll'u o m o la chiave per capire l'a n a to m ia della scimmia, così com e l'e c o n o m ia borghese fornisce la chiave per l'ec onom ia an tica ), e che dal f a tt o che l'a n t i c h i t à classica nasca con necessità ontologica, venga so stitu ita in modo altrettan to necessario ontologicam ente dal feudalesimo, e c c e te r a , non si può a f f a t t o dedurre che dall'eco n o m ia schiavistica la servitù della gleba "derivi" in term ini logico-razionali. La n ecessità, filosoficam ente fondam entale, di enfatizzare t a n to la presenza nella sola ca te g o ria del "lavoro" del doppio a s p e tto della ca u sa lità e della teleologia (fino a se m b ra re m aniacalm ente noiosi) è dovuta proprio al f a tt o che non vi è c o n c r e ta m e n te altro modo di m e tte r e in guardia dalla "storia spogliata dalla form a s to r ic a " (31). Le tr e diffico ltà sopra indicate non sono c e r to le sole che sorgono sul te r r e n o della proposizione ontologico-sociale che a ff e r m a l'esiste nza di una sola scienza, la scienza della storia. Delle tr e , è c e r to l'u lti m a la più indicativa e la più delicata: ciò che in fa tti inevitabilmente d im entica o tr a s c u r a la "storia spogliata dalla form a storic a" non deve essere d im e n tic a to o tr a s c u r a to all'in te r n o di una form a filosofica del discorso che voglia appunto sfuggirle. Vi sono in proposito alm eno due ordini di problemi di rilevanza s trateg ic a. In prim o luogo, la generale p rocessualità d ia le ttic a che muove i complessi sociali non avviene in una te m p o r a lità lineare omogenea, ma procede solo all'in te rn o di specifiche discontinuità storiche, che sono appunto la form a tem porale d 'esis ten z a dei modi di produzione. Il cosiddetto comuniSmo primitivo, ad esempio (ma il te rm in e dovrebbe essere abbandonato in favore del te rm in e, più neutro, ma anche più c o r r e tto , di "s o c ie tà prim itive"), p r e s e n ta specifiche legalità ontologiche-sociali che gli sono del t u t t o peculiari, e che sono dunque c a ra tte r iz z a te dalla ca te g o ria ontologica della necessità; per contro, l'evoluzione del comuniSmo primitivo in direzione di una form a di s t a t o di tipo a n tic o - o r ie n ta le o as ia tic o è una pura e semplice possibilità (m entre l'evoluzione d ir e t ta al capitalism o è una vera e propria im possibilità ontologico-sociale, a meno che si cre d a

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a ll'e sis te n z a "rea le " e c o n c re ta della so c ie tà m e rc an tile semplice) (32). Il modo di produzione schiavistico (il cui studio ha f a tt o r e c e n te m e n te enormi progressi, m ostrando ancora una volta la to ta le e r r o n e ità del punto di vista alla Karl Korsch o alla Polanyi che lim ita s tr e t ta m e n te la vigenza del metodo s to r ic o -m a te ria lis tic o al solo modo di produzione capitalistico) è an c h 'esso c a r a tte r iz z a to da m odalità di riproduzione dominate da una legalità sociale necessaria, m e n tre è una m era possibilità la sua evoluzione verso form e di tipo feudale. In quanto al modo di produzione feudale, è ormai divenuto un luogo comune sancito da t u t t a la migliore sto rio g rafia il f a tt o che esso non contenesse dentro di se l'im m a n e n te e necessaria transizione al capitalism o, ma che q u e s t'u ltim a è s t a t a solo una possibilità storica, sviluppatasi p e r a ltr o sulla base di azioni teleologiche di agenti p ro toca pita listici e poi ca p ita listici (33). Indubbiamente il modo di produzione feudale non è mai s ta to in grado di procedere ad una reale "unificazione econom ica" del mondo (vista d a , Marx com e l'e le m e n to s p e c if ic a ta m e n te "progressivo" del capitalism o), ed in questo sta una delle sue qualitative differenze dal modo di produzione capitalistico. # In comune però vi è una determ inazione ontologico-sociale di fondo: anche nel modo di produzione capita listico vi sono determinazioni costitutive r e t t e dalla c a te g o ria della n ecessità (ad esempio, le crisi econom iche), m entre vi sono a ltre determinazioni co stitutive r e tt e sola m e nte dalla c a te g o ria della possibilità (ad esempio, la transizione al socialismo ed al comuniSmo) (34). E' questa, ovviamente, una distinzione basilare. Si t r a t t a , p era ltro , di una condizione necessaria, ma non ancora sufficie n te, per acquisire uria vera e propria fondazione ontologico-sociale della filosofia del m ateria lism o storico; la semplice afferm azione del nesso d ia lettic o n e c e s sità della crisi/possibilità della transizione è in f a tti tipica di un "m arxism o" com e quello di Rosa Luxemburg o dei neo-k a n tian i di inizio secolo, e non b asta, se non vi si aggiunge la caratterizzazione del "lavoro" come form a originaria e modello della prassi sociale e si tr a l a s c ia di dire che la realizzazione dell'uom o integrale è una petizione p r o m e te ic o -o listic a , e s tr a n e a alle determinazioni ontologiche dell'individuo, il quale si può invece le g ittim a m e n te porre il program m a realistico dello sviluppo della particolarità, che diventa una possibilità reale sulla base del comuniSmo, e solo su questa base (35). Queste due determinazioni essenziali si riconducono e n tra m b e al f a tt o che la sto r ia è descrizione e comprensione di processi irreversibili (se la sto ria dovesse to r n a r e sempre al punto di partenza, cesserebbe di èssere storia, ed è appunto questo f a tt o che p e r m e tte

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al m aterialism o storico di p arlare di sviluppo e di progresso in chiave non ideologica). Il lavoro (nel suo doppio c a r a t t e r e di posizione teleologica, inesistente della n a tu ra inorganica ed in quella organica, e di modello della prassi sociale) produce situazioni e livelli storici irreversibili, che fanno diventare sempre nuove situazioni che ad una prim a analogia potrebbero sem brare a p p a ren te m en te le stesse (il ritorno alla sessualità o alla tecnologia degli antichi Egizi è impossibile, e la stessa ipotesi f an ta scien tific a del cosiddetto dopo-bomba non ci farebbe comunque recuperare l'infanzia perduta d ell'u m an ità; una ragione in più, , questa, per lo tta r e contro le ipotesi "s term inistic he" della guerra atom ica) (36). Il modo di produzione capitalistico, ad esempio, produce una situazione assolutam ente irreversibile per quanto concerne la divisione (sociale e tecnica) del lavoro, l'integrazione del m e rc a to mondiale e la riduzione del tempo di lavoro necessario per la riproduzione della vita um ana associata, e c c e te ra : ogni "regresso" al feudalesimo, a ll'a sia tism o , ecc., è impossibile dal punto di vista ontologico-sociale, anche se il fascino delle facili analogie m e tte su questo punto fuori s tra d a molti teorici e c o m m entatori. Producendo una sem pre maggiore astrattizzazione del lavoro ed una sem pre maggiore ca su a lità nella collocazione individuale e sociale dentro l'organizzazione (sociale e te c n ic a ) del lavoro,il singolo individuo si trova co n fro n ta to con una situazione storica irreversibile, che non ha più nulla in comune con quella degli antichi egizi, dei greci classici, dei servi della gleba medioevali o dei borghesi del S ette ce n to ./ Egli è ora c o s tr e tto a "giocare t u t t e le sue c a r te " sull'irreversibile te rr e n o dell'astrattiz za zio n e del lavoro (il te rm ine non esclude - ma anzi contiene - il "nuovo" problem a del n e o -a rtig ia n a to specializzato nella c osiddetta individualizzazione del prodotto) e della casualità del suo inserim ento den tro di questa. E' questo il problem a della particolarità, che non può essere risolto nè dalle utopie anti-individualistic.he, di tipo olistico ed organicistico (che pensano sem pre se stesse com e una so r ta di Superindividuo unificato ed antropom orfizzato, in cui i singoli "atom i sociali" verrebbero "scio lti"), s c iag u ratam e n te sostenute anche e s o p ra ttu tto all'in te r n o del movimento operaio storico, nè ta n to m e n o dalle forme di neo-individualismo borghese (di tipo utilita ris tic o e /o c o n tra ttu a listic o ), che ritengono di poter anc ora giocare la salvaguardia della p a rtic o la rità um ana individuale all'in tern o dei "m eriti e dei bisogni" che si riproducono sulla base della divisione cap ita listica del lavoro sociale (37). Nessuno può c e rto dire oggi come si realizzerà (nè se si realizzerà) la possibilità storic a, ontologicam ente resa possibile dall'irreversibilità del capitalism o stesso, della p a r ti c o la r i tà com unista

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dell'individuo (in questo senso, m arxianam ente, non si possono scrivere r ic e tte per le osterie dell'avvenire) (38). E' c e rto però che su questo punto si regge la form a filosofica del discorso marxiana, di tipo ontologico-sociale: l'irreversibile processualità del discontinuo divenire storico ha prodotto una costellazione specifica (il modo di produzione capitalistico, nel suo più am pio senso di unità di determinazioni ( economiche, giuridico-politiche, e tic o -m o ra li, a r tistic h e , filosofiche, e c c e te ra ), in cui sono possibili ontologicam ente modalità di vita associa ta che prim a non lo erano. E' questa, a nostro parere, la formula filosofica principale del m aterialism o storico. Essa non è dunque nè di tipo grande-narrativo (non vi è in fa tti un Superindividuo antropom orfizzato che fa da "p o r ta to r e " alle utopie sintetiche), nè di tipo d e te rm in is tic o -n a tu ra lis tic o (eesendo la modalità teleologico-causale del lavoro propria soltan to dell'ontologia d e ll'e sse re sociale, ed e s tra n e a a ll'e s s e re inorganico ed organico). Sembra sicuro che Marx abbia sostanzialm ente condiviso questa impostazione fondam entale (sia pure con secondarie ambivalenze ed am biguità). Essere "m arxisti" è dunque t u t t o r a possibile e necessario, anche sul te rre n o della filosofia. 6. Il problema dei fraintendim enti filosofici di Marx Nella seconda p a r te di questo s c ritto si chiarirà com e non esista a rigore' una storia lineare-cum ulativa di fraintendim enti della "purezza originaria" marxiana, ma vi sia soltan to una storia discontinua di "formazioni ideologiche" in cui per forza di cose il "nucleo marxiano" non è che una com ponente. Il problem a del "fraintendim e nto" non può dunque essere im postato sulla base razio n alistic o -d id attico -sco lastica degli "errori" f a tti da superficiali ignoranti (sebbene a proposito del "m arxism o" chiunque si senta in grado di dire le prim e b analità che gli passano per la te s ta ) , ma fa p a r te in te grante del problem a storico delle "ideologie di legittim azione" del po te re (oppure, se si preferisc e il linguaggio heideggeriano, delle "immagini del mondo" che si impongono con inesorabile ed irreversibile nec essità tem porale). Premesso doverosam ente questo, è chiaro che si pone anche un problem a te o re tic o specifico conc ernente il fra inte ndim e nto filosofico del discorso marxiano. In linea generale esso si riconduce sempre alla dimenticanza della prevalenza del discorso ontologico-sociale sugli altri due sopraindicati, che vengono in varie misure ipertrofizzati e resi u n ila te ra lm e n te prevalenti (39). In via subordinata il fraintendim ento prende forme diverse, a prim a vista molto e tero g en e e. Non disc u te re m o qui il "frain ten d im e n to econom icistico",

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che di t u t t i è il più noto e diffuso; esso non a ttie n e in f a tti la form a filosofica del discorso marxiana, ma è un vero e proprio stravolgim ento radicale di tu tto l'a p p a ra to c a te goria le del m aterialism o storico, di cui non rimane, in un c e rto senso, pie tra su p ie tra. La " l e t t e r a t u r a secondaria" è in proposito assai vasta, e ben poco rimane da aggiungere (40). Altri fra inte ndim e nti sono invece meno noti, e m eritano un breve cenno di segnalazione, n ec essariam en te frettolosa. Ci lim iterem o qui a tr e "cattive filosofie" del m a teria lism o storico, meritevoli di un sommario esam e. In primo luogo, occorre insistere sul f a tt o che la filosofia del m aterialism o storico non è, e non può essere, la riflessione epistem ologica sul "paradigm a delle scienze sociali". A prim a vista, sem brerebbe una vera e propria ovvietà. E 1 facile infatti per l'osservatore non prevenuto capire che il m aterialism o storico (per la sua genesi, il suo sviluppo, il suo oggetto, il suo metodo, e c c e te ra ) è cosa ben d istin ta dalla "sociologia", ed anche dalle cosiddette "scienze sto ric h e" (41). Inoltre, dovrebbe essere ancora più facile capire che il m aterialism o storico non è, e non può essere, la descrizione della fenomenologia degli " s ta ti di coscienza" e delle "m odalità d'azione collettiva" dei cosiddetti soggetti sociali. Q uesta descrizione è ovviamente necessaria, ed utilissim a (la conoscenza sociologica non è in f a tti "ideologia", ma è a t u tt i gli e f f e tt i un pezzo im po rta n te della rappresentazione m a te ria listic a del mondo sociale), ma non è c e rto la "filosofia" del m aterialism o storico. S torica m ente però la si è spesso s c am b iata per q u e s t'u ltim a , in una v arietà di form e d ifferenti, che vanno da un c e r to sa rtrism o francese (in p artico la re Gorz), fino al n efa sto paradigm a filosofico del cosiddetto "operaism o italiano". La riduzione d e l l'o g g e tto e del metodo del m aterialism o storico alla "descrizione p a r te c ip a n te " delle forme di a ttiv ità e di coscienza di "soggetti storico-sociologici" via via rumoreggianti sul proscenio del tem po p rese n te ha p o rta to (e, d 'a ltro n d e , non poteva che p o rta re ) alla paradossale e sgangherata coincidenza della "falsificazione epistem ologica" delle prete se "scientifiche" del m aterialism o storico, da un lato, e dell " 'a c c e r t a m e n to sociologico" d e ll'in c a p a c ità p r a ti c a dei soggetti sociali a fare subito, presto e bene la "rivoluzione com unista", d a ll'a ltro . In questo modo il "paradigm a della disillusione" (che studia la ciclica alternanza fra le stagioni d ell'im pegno ed i giorni del distacco) è l'inevitabile conclusione filosofica di t u t t e le "descrizioni p a r te c ip a n ti" che si vogliono fondative del significato te o ric o del m aterialism o storico (42). In secondo luogo, occorre ribadire in ogni occasione che la

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filosofia del m aterialism o storico non può "sta c c a rsi" mai dai c o n c e tti fondamentali del m aterialism o storico stesso e dalla "specificazione d e te r m in a ta " che questi c o n c e tti stessi trovano in quella partico la re "form a" s to r ic o -m a te ria lis tic a c h ia m a ta c r itic a dell'eco n o m ia politica. Anche in questo caso ci troviamo davanti ad una assoluta ovvietà, che a prima vista sem bra ad d irittu ra una vuota e pretenziosa tautologia. Non è purtroppo così. Come sappiamo, vi sono sto ric am e n te state molte filosofie che si sono volute "apologetiche" del marxismo (dal "D ia m a t" allo storicism o), e che si sono sviluppate in modo to ta lm e n te autonomo dal m aterialism o storico, che non è una religione di salvezza, ma una te o ria dei modi di produzione sociale. Non possiamo dunque stupirci che anche gli "avversari" del marxismo siano caduti n e l l'e r ro r e di "dim entica re " che la te o ria dei modi di produzione e delle formazioni econom ico-sociali non è soltanto il nucleo p o rta n te del m aterialism o storico, ma è anche p a r te integrante della sua form a filosofica del discorso. B enedetto Croce, ad esempio, ha d e c r e ta to il "tra m o n to " del marxismo con argomentazioni di vario tipo, v a r ia m e n te . valutabili, che non toccano comunque mai la valenza p ra tic o - tra s f o rm a tiv a che sc atu risc e da un c o r r e t t o uso dei c o n c e tti sto ric o -m a te ria lis tic i come quello di modo di produzione (a ltra cosa, in fa tti, è la valutazione crociana del m a teria lism o storico com e "canone metodologico", discendente da una interpretazione del m arxism o com e storicism o, e non com e te o ria della discontinuità tem p o rale dei modi di produzione) (43). B enedetto Croce è un critico "laico" del marxismo. Vi sono, però, critici "religiosi" che dim enticano spesso e volentieri che il m aterialism o storico è pur sempre una te o ria dei modi di produzione, ed una valutazione filosofica di esso non può tr a la s c ia r e questo asp etto . Un esempio ci è dato dal filosofo Augusto Del Noce, che resta pur sempre un acu to in te r p re te filosofico delle tendenze suicide im m anenti allo sgangherato "storicism o m arxista" italiano. L 'analisi di Del Noce sul karakiri culturale ed ideologico d e ll'ita lo -m a r x ism o è t u t t o r a secondo lo scrivente insuperata (em p iric am en te "visibile" nei verbosi " d ib a ttiti" pluralistici dei festival d e ll'" U n ità " e nella consunzione progressiva delle giunte "rosse" e di ogni residuo di id e n tità "differenziale" di sinistra), e costituisce un "rimosso" inevitabile per i sem pre meno numerosi " c re d en ti" nella cosiddetta "eccezionalità in positivo" del caso Italia nell'E uropa contem poranea. Quando, tu ttavia, Augusto Del Noce passa ad esam inare "filosoficam ente" il m aterialism o storico, dim entica sem plicem ente che si t r a t t a pur sem pre di una te o ria ontologico-sociale d e te rm in a ta dei modi di produzione sociali (ed è perciò in base a questa sua

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p r e te sa che deve essere giudicato), per trasfigurarlo in una sorta di im m anentism o radicale o in un ateism o prom eteico, inevitabilmente nichilistico. C erto, questa interpretazione "serve" ideologicamente a rafforzare l'i d e n t i t à te o ric a del "nuovo" integralism o cattolico, ma può soltanto fondarsi sopra una sostanziale ignoranza della specifica valenza ontologico-sociale della filosofia marxiana (44). Croce e Del Noce non sono ovviamente i soli esempi possibili di questa "dim enticanza" della te o ria dei modi di produzione. Ve ne sono molti altri. In proposito, il più "grande" dei teorici contemporanei di questa tendenza è forse il polacco Leszek Kolakowski. La sua "grandezza" (nel senso di exemplum negativum, da cui p era ltro c ' è molto da im parare) risiede proprio nel f a tto di "incarnare" (nel senso di una moderna figura di una so rta di Fenom enologia dello Spirito di "gallerie" marxiste esemplari) una c a rrie ra filosofica in cui si passa da una prim a fase di se tta ris m o soggettivistico staliniano (tra v estito da "m ate rialism o d ia le ttic o " ), ad una seconda fase di umanesimo riform ista di marxismo dialogico (a m e tà fra la morale d e ll'"inte nzione" e l'au to n o m ia del " f a tto r e econom ico"), per finire in una te rz a fase di consapevole ripudio d e ll'in te r a tradizione m arxista e dello stesso nucleo marxiano originario, popperianam ente ridotto ad un p rogetto u to p is tic o -a u to rita rio basato sulla dia le ttic a . In t u t t e e tr e queste "fasi" il m aterialism o storico non è mai una sobria e m odesta te o ria dei modi di produzione, ma è sem pre altro: te o ria generale della n a tu ra e della storia, umanesimo radicale, p rom eteism o utopistico, e c c e te ra . Questo "a ltro" è sem pre giu stam e n te c r itic a to (a posteriori), ma finisce ovviamente con l'assorbire in te g ralm e n te tu tto il m aterialism o storico. D 'a l t r a p a rte , la c r itic a di Kolakowski è "irresistibile", se non si è p rim a f a t t a chiarezza sulla specifica prevalenza d ell'ontologia sociale sui discorsi grande-narrativo. e d eterm in is tic o -n a tu ra lis tico . Ove la chiarezza sia invece fa tta ,q u e s ta c r itic a diventa debole e sovente p rete stu o sa , finendo con il mancare in te gralm e nte il suo bersaglio te o ric o (45). In terzo luogo, infine, occorre respingere d e c isa m en te t u t t e quelle varianti te o rico-filosofiche del pensiero " m a te ria lis ta " che legittim ano una sorta di "doppio livello" della te o ria marxista: un primo livello, iconoclasta, capace di lasciarsi alle spalle t u tt e le ideologie consolatorio-edificanti e t u t t e le idolatrie di capi, ca p etti e "duci", m um m ificati o viventi, del movimento operaio; un secondo livello, iconomane, destinato a re s ta r e sem pre invischiato nel fascino carism a tic o d e l l 'a u t o r i t à ’ a-razionale del leader politico "sacra le", ed incapace di a ttin g e re in te g ra lm e n te la p o r t a t a della critic a genealogica delle ideologie del p o te re (46).

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Esistono, ovviamente, molte varianti di questa te o ria del "doppio livello", che p o trem o definire come una so r ta di "a risto c ra tic ism o gnoseologico" (che rim anda a ll'id e a ro m a n tic a di "genio") applicato alla filosofia m arxista, e che presuppone indiscutibilm ente l'influenza del pensiero di Nietzsche, grande te o ric o del f a tt o che le "p ersonalità" capaci di superare i pregiudizi del volgo furono, sono e sem pre saranno delle eccezioni. Non può essere questa la sede di una enum erazione, che pure p rese nterebbe qualche motivo di in te resse (ci si im b a tte re b b e in f a tti in pensatori che passano per u ltr a - e g a li ta r i e su p e r-d e m o c ra tic i, e che hanno invece s is te m a tic a m e n te sostenuto la perennità della scissione fra dirigenti e d ire tti, fra coscienti ed inconsapevoli, fra illuminati ed "oscuri", e c c e te r a ) . Il lavoro di Régis D ebray so p rac ita to (e curiosam ente sconosciuto in Italia) ci sem bra da questo punto di vista assolutam ente esem plare (rappresentando, fra l'a l t r o , uno dei possibili esiti te o rici della scuola althusseriana, che è sempre s t a t a ossessionata dalla scissione fra scienza ed ideologia nel m arxism o-m oderna versione d e l l' averroismo medioevale e della sua teoria della "doppia verità"): e s e m p la rità che risiede nel f a tt o di avere e f f e ttiv a m e n te individuato un evento storico reale, l'in c a p a c ità della c r it ic a marxiana d ell'eco n o m ia politica di farsi p o litica conc reta , e la sua ap p a ren te oscillazione destinale fra c a rism a e consenso, te o ria a s t r a t t a per pochi palati raffinati, del t u t t o in e ffe ttu a le ed im potente, e volgarizzazione em otiva ed econom icistica che invece "smuove le m ontagne" e modifica la storia, in una direzione però ben diversa da quella ipotizzata a suo te m p o da Karl Marx. In questo senso D ebray "segnala" un vero problem a, storico e filosofico, in modo assai più convincente della ricostruzione alla Kolakowski ed alla Del Noce del supposto "senso" del marxismo (47). E, tu tta v ia , si è qui in presenza di una questione filosofica ce n trale , sulla quale non si possono fare concessioni di nessun tipo: la consapevolezza m arxiana della natura g e n e a lo g ic o -d ia le ttic a del modo di produzione capitalistico, del suo sviluppo e delle sue contraddizioni, non è, e non può essere, qualcosa che è accessibile solo ad alcuni, alla p o r t a t a di pochi privilegiati, di pochi nicciani oltre -u o m in i. Al contra rio, l'irre v ersib ilità specifica della generalizzazione del modo -di produzione ca p italistico sta in ciò, c h e ' per la prim a volta lo sviluppo filosofico della p a r tic o la rità individuale può o n tologicam ente indirizzarsi nella tendenza alla formazione di una individualità personale consapevole e co scie nte di t u t t i i nessi sociali fondam entali. E 1 questo, in fa tti, il messaggio filosofico fondam entale di Marx, il solo, in un c e rto senso, del tu tt o irrinunciabile. Ogni am biguità in proposito deve essere sc iolta (48). Con questo, ovviamente, non si è che all'inizio di un lungo lavoro

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filosofico. La storia, per ora, non conosce che dirigenti e diretti, sempre più arro g an ti, i primi, sem pre più ripiegati nel privato, i secondi (e, del resto, perchè mai i privati ripiegati - dovrebbero "ridispiegarsi" nel pubblico, se q u e s t'u ltim o è sem pre più il luogo plebiscitario-consensuale cui si è ch iam a ti ad avallare scelte economiche e p o litico -m ilita ri f a t t e da pochi "e sp e rti" in base a giochi di simulazione, war gam es ed a ltre proiezioni m anipolatorie di " d a ti" ? ). Esempi storici recenti (e meno recenti) ci fanno però c a u ta m e n te pensare a possibili inversioni di tendenza: di contro a l l'è te r n o ritorno d ell'arro g a n za dei sem pre eguali duci e du ce tti politico-sociali la form a filosofica del discorso marxiano, robustam ente ontologico-sociale, fondata sullo sviluppo del m aterialism o storico c o r r e tt a m e n te inteso e della cr itic a dell'eco n o m ia po litica c o r r e tt a m e n te p r a ti c a t a , apre ad una concezione del mondo rivolta a t u t t i e s o p r a tt u tto accessibile a tu tti. E stran e a ad ogni a risto craticis m o gnoseologico e ad ogni "pathos d e l l'a u te n tic ità " essa si sviluppa a p a r tire dalla vita quotidiana, d ia le ttic a m e n te e la b o r a ta (essendo, appunto, la quotidianità c a p ita listica qualcosa di s p e c ific a ta m e n te a s tr a tto ) , e non conosce prim ogeniture di sesso, razza, nazionalità, e ta n to m e n o tito li di studio universitario.

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NOTE 1. Il riferim en to è al bellissim o libro di M ario V e g etti (c fr. "Il c o lte llo e lo stilo " , Il S aggiatore, 1979). V e g etti c e rc a di tra c c ia re una storia genealogica della ragione sc ien tific a, p a rte n d o dalla p o la rità fra homo sapiens ed homo necans n e ll'a n tic h ità g reca, fra l'esp erien z a p ra tic a del c o ltello d e ll'a n ato m o e del m acellaio e la sistem atizzazione te o ric a cum ulativa dello stilo per sc rittu ra del d o tto " te o ric o ". La considerazione genealogica della p ra tic a sc ien tific a (e del suo rapporto con la sistem atizzazione te o ric a ) è la sola a lte rn a tiv a valida e p ra tica b ile alle sto rie teleologiche. Non vi è allora nulla da stupirsi del fa tto che la "professionalità filosofica" acquisita da Mario V egetti nello studio d e ll'a n tic h ità (V e g etti è in fa tti un a n tic h is ta di professione) abbia una rica d u ta c o n cre ta nel modo di a ffro n ta re i problem i del m arxism o nel p re sen te (cfr. M ario V e g etti, "Potenza d e ll'a straz io n e e sapere dei so g g e tti", in A u t-a u t, 175-176), in cui la considerazione genealogica delle ideologie contem poranee non fa concessioni allo stucchevole ch iacch iericcio a n tid ia le ttic o , differen zialistico , d e c e n tra to , e così via fram m entando. 2. Si veda M arx-Engels, "M anifesto del p a rtito com unista", Einaudi, 1962 (m a ora anche l'edizione negli O scar Mondadori è c o rre d a ta con le introduzioni di Emma C antim ori M ezzom onti). U n 'in te llig e n te introduzione divulgativa al "M anifesto" può esse re le tta in "M arx, Engels e il socialism o prem arxiano di Eric J. Hobsbawn (c fr. "S toria del m arxism o", 1, Einaudi, 1978). 3. A proposito delle "raccom andazioni im perative" si veda Louis A lthusser, "Com e leggere II C a p ita le ", in "F reud e L acan", E ditori R iuniti, 1977. A lthusser si rivolge ai p ro le ta ri, che hanno l'esp erien z a d ire tta dello sfru tta m e n to e dei braccio di ferro con il padrone a proposito del tem po di lavoro, ma non po treb b ero essere in grado di leggere le fum isterie hegeliane con ten u te nella prim a sezione del "C apitale" di Marx. A lthusser consiglia di lasciare siste m a tic a m e n te da p a rte la prim a e la quinta sezione, e di c o n ce n tra rsi invece sulla te o ria del plusvalore assoluto e relativo. S o ttolinea invece l'im p o rtan z a della prim a sezione Paul-D om inique Dognin, "Les se n tie rs escarp és de Karl M arx", C erf, 1977 (due tom i, uno di te s ti di Marx, uno di note di com m ento e c ritic a ). In q u e st'o p e ra utilissim a Dognin riporta le varie redazioni successive che Marx fece della prim a sezione, il continuo to rn are sulle espressioni u sa te, l'evidente insoddisfazione per la d iffic o ltà di legare la prim a sezione con quelle successive. A lthusser e Dognin sono indubbiam ente due "m arxologi la u re a ti". Eppure, dicono e scrivono cose assolutam ente opposte. Il le tto re prin cip ian te non deve dunque spaventarsi, e cerca're di usare la sua te s ta . 4. Non vi è qui purtroppo spazio per una su ffic ie n te analisi della questione. Lo scrivente condivide in linea di m assim a le posizioni (vedi per tu tte G ianfranco La G rassa, "Il valore com e astrazione del lavoro", Dedalo, 1980) ten d en ti a co lleg are d ia le ttic a m e n te i "L ineam enti" ed il "C apitale", m entre non condivide le posizioni (vedi per tu tte Antonio N egri, "Marx o ltre M arx", F e ltrin e lli, 1979) che contrappongono i "L in ea m e n ti", te sto se g reto del comuniSmo, al "C apitale", im pregnato di ideologia so c ialista del

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lavoro. T ornerem o su questo problem a nella seconda p a rte di questo sc ritto , in rap p o rto alle posizioni teo rich e derivate dal cosiddetto "operaism o italian o ". 5. Si veda Antonio L abriola, "S critti filosofici e politici" (due voli.), Einaudi, 1973. Il saggio introduttivo, di Franco Sbarberi, è ricco di utilissim e indicazioni m etodologiche. Su L abriola si vedano anche gli studi di V alentino G e rra ta n a , u sciti a suo tem po nella "S toria del m arxism o c ontem poraneo", F e ltrin e lli, 1974, e nella "S toria del m arxism o", II, Einaudi, 1979. 6. Lo scrivente ha già am piam ente sviluppato questo punto nel suo contributo apparso nel volume co llettivo "Il m arxism o in m are a p erto ", F ranco Angeli, 1983. Può quindi p e rm e tte rsi qui un'esposizione abbreviata. 7. Q uesto è p a rtic o la rm e n te vero per m olti epistem ologi popperiani, capacissim i di te n e r conto delle "m eta fisic h e influenti" nell'elaborazione delle te o rie sc ie n tific h e , ma che non sono disposti a perdonare asso lu tam en te nulla al m aterialism o storico, da loro siste m a tic am e n te confuso con gli e lem en ti di filosofia della sto ria che lo hanno a iu ta to a nascere (penso a Dom enico S ettem b rin i, M arcello Pera, D ario A ntiseri, e c c e te ra ). E ' questo un esem pio classico di fa tto re "e x tra te o ric o " nella valutazione delle te o rie . 8. Sulla m eta fisic a dell'"individualism o possessivo" si veda il classico te s to di Craw ford B. M acpherson, Libertà e proprietà alle origini del pensiero borghese, M ondadori, 1982, ma anche A lbert O. H irschm an, Le passioni e gli interessi, F e ltrin e lli, 1979. Lo scrivente ha a n tic ip a to le tesi di fondo di cui sopra in Costanzo Preve, La contraddizione e la differenza del pubblico e del privato, in Fenomenologia e società, 19-20, 1982. 9. Consigliabile è in proposito la m essa a punto di G. L ukàcs, 11 giovane Marx, E ditori R iuniti, 1978. In una direzione m olto positiva, sul piano m etodologico, va anche il re ce n te prezioso co n trib u to di F. S. T rincia e R. Pine Ili, Critica del soggetto e aporie della alienazione, F ranco Angeli, 1982. 10. L 'en fa si an tih eg elian a della scuola dellavolpiana è giunta infine, con p ensatori com e C olletti e Bedeschi, al to ta le rifiuto della d ia le ttic a e della c ritic a d ell'eco n o m ia p o litica. Il fa tto che Marx si ricolleghi d ire tta m e n te ad H egel (sul piano teo rico profondo, ovviam ente, in quanto dal puntò di vista generazionale e biografico il suo rapporto " d ire tto " e ra ovviamente con i Giovani H egeliani) non deve e sse re inteso com e una dichiarazione di hegelo-m arxism o: q u e st'u ltim o è in fa tti una sc ia g u ra ta filosofia, id ea listico -so g g ettiv a e to ta lm e n te g ra n d e -n a rra tiv a , della unità so g g e tto -o g g e tto e della confusione siste m a tic a fra alienazione ed oggettivazione, m entre la tesi del "collegam ento d ire tto " fra Marx ed H egel, bene a rg o m e n ta ta nel saggio lucacciano del 1926 so p ra c ita to , è una polem ica d e te rm in a ta contro le interp retazio n i neo fich tian e ed u ltra id e a listic h e del giovane Marx. 11. A questo proposito il re ce n te libro di F e rru cc io A ndolfi, L'egoism o e l'abnegazione, Franco Angeli, 1983 (uno studio m o nograficam ente a cc u rato e ricchissim o di utili inform azioni di d e tta g lio sui rapporti fra il giovane Marx e Max S tirn er, vero antesignano del bisognism o individualistico po st-m o d ern o ), va in direzione del tu tto opposta alle note dello scrivente.

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Andolfi c ritic a il Marx dell'Ideologia T edesca per non aver saputo in te g ra re il principio d ell'individualità, proposto da S tirn er, n ella sua pro sp ettiv a del socialism o. Si t r a t t a di una c ritic a del tu tto a s t r a t t a ed a sto ric a , analoga, in un c e rto senso, al rim provero fa tto a Marx di non aver saputo in te g rare le ragioni del robinsonism o d entro la c ritic a d ell'eco n o m ia po litica. Le ragioni dell'individuo c ontro la so c ie tà , così com e S tirner le tem a tizz a , non sono integrabili nè a llo ra nè adesso, essendo l'individuo stirn erian o pensato com e d ifferenza non d ia le ttic a , sc a rto irriducibile, m asso e rra tic o ed atom o vagante. 12. F acciam o in proposito so ltan to due esem pi. O livier-R ené Bloch (c fr. Marx, Renouvier, et l'histoire du matérialisme, in La Pensée, 191, 1977) dim ostra agevolm ente che le conosciutissim e pagine m arxiane della Sacra Famiglia sulla sto ria del m ate ria lism o non sono in gran p a rte che note di le ttu ra copiate ed e la b o rate sulla base di un Manuale di filosofia moderna apparso a Parigi nel 1842, e dovuto al futuro sp iritu a lis ta francese Renouvier. Jurgen Rojahn (c fr. Il caso dei cosiddetti "manoscritti econ om ico-filosofici dell'anno 1844", in Passato e Presente, 3, 1983) dim ostra a n alitica m en te che la "bibbia del giovane-m arxism o", fa stid io sa m en te c o n tra p p o sta per cin q u an ta anni al Capitale, pur non potendosi ridurre a sem plici n o te di le ttu ra , è ben lontana d a ll'e sse re q u e ll'o p e ra nuova e com piuta prop ag an d ata dalla leggenda g io vane-m arxista. Si t r a t t a di e ste si appunti di lavoro, in cui i quaderni di e s tr a tti ed i quaderni di com m enti non possono esse re c o n ce ttu a lm e n te se p a ra ti, un vero e proprio work in progress. Le sc o p e rte filologiche di O. R. Bloch e di J. Rojahn non danneggiano a f fa tto l'im m agine del giovane Marx, com e è del resto asso lu tam en te evidente. Danneggiano invece (m a si t r a t t a di un vero sollievo, di una vera liberazione!) la p re te sa dell'id eo lo g ia giov an e-m arx ista di c o n trap p o rre le n o te di le ttu ra di un giovane studioso alla c ritic a d ell'eco n o m ia p o litica . 13. Lo scrivente non rip ete qui le analisi di d e tta g lio sul c o n c e tto di "grande narrazione" c o n ten u te nel suo contributo al libro collettivo II marxismo in mare aperto, Franco Angeli, 1983. 14. Per una ricca introduzione alla figura dell'ebreo in Marx si veda il fondam entale saggio di Bruno Bongiovanni, Figure marxiane della mediazione: l'ebreo e il denaro, in R ivista di S toria C ontem poranea, I, 1983. N ota giustam ente Bongiovanni che "la scuola um anistica te d e sc a da cui sc a tu rirà la c o rre n te so cialista più a g g u e rrita e meglio d o ta ta sul piano teo ric o p a rte dunque dal denaro inteso com e mediazione o ltre (e prim a) che com e form a fenom enica del valore. A ll'inizio il cuore della riflessione è lo scam bio e non la produzione. Il lavoro, com e presunto se g re to che svela l'esse n za e la dinam ica del valore, v errà dopo, grazie alla lezione, del resto largam ente riconosciuta, d èli'eco n o m ia politica. L 'e b re o senza p a tria e' il suo doppio-1'uom o che nel suo tra g itto è diventato orgogliosam ente individuo sm arrendo però i propri legam i con l'essen za um ana-precedono, sul piano teo rico com e su quello e tic o , l'o p e ra io " . .15. Lo scrivente si rifa qui e sp lic ita m e n te alla m agistrale analisi del nesso fra tendenze disantropom orfizzanti ed inevitabili riantropom orfizzazioni con la quale Lukàcs inizia la sua m agistrale E stetica. Il valore filosofico di queste pagine è fino ad ora rim asto in Italia pressoché ign o rato (come

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g iu stam en te rileva Guido Oldrini sul G iornale c ritic o della F ilosofia ita lia n a, III, 1982). Lo scrivente riprenderà questo tem a essenziale nella quinta p a rte di questo s c ritto , d e d ic ata alla valorizzazione c ritic a della Ontologia dell'E ssere Sociale di Lukàcs. 16. Una a deguata com prensione di questo processo com porta una conoscenza a c c u ra ta (o, quanto m eno, una su ffic ie n te dim estichezza) della sto ria della filosofia greca. Il m igliore stru m en to c ritic o re sta forse il te s to di E ric A. Havelock, Cultura orale e civiltà della scrittura. Da Omero a Platone, L aterz a , 1973. Le a ttu a li mode irrazionalistiche diffuse in Ita lia (sovente sulla base di suggestioni heideggeriane e travalicando le ste sse intenzioni di studiosi seri com e Giorgio Colli) im pediscono di fa tto un c o n ta tto razionale e d ia le ttic o con l'a n tic h ità greca, e fanno di tu tto per im porre lo scarno e g ro tte sc o paradigm a: dalla sapienza o riginaria, num inosa ed inaccessibile, ma a u te n tic a , alla c ad u ta d estinale n ella scissione fra so g g e tto ed oggetto. Lo scrivente è m olto pessim ista sulla possibilità di invertire, a breve term in e, q u esta sc ia g u ra ta tendenza. 17. Si vuole quindi, con queste osservazioni, in sistere sul fa tto , filologicam ente d im ostrabile, che in Marx il "c o n te sto rilevante" te o ric o -p ra tic o non è mai quello della filosofia della sto ria di tip o e d ific a n te , g ra n d e-n a rrativ o . Gli elem en ti antropom orfizzanti sono quindi quasi sem pre subordinati alla s tru ttu ra disantropom orfizzata della c ritic a d e ll'e co n o m ia p o litica come te o ria sc ie n tific a dei modi di produzione sociali d e te rm in a ti. 18. Jurgen H aberm as è il teo rico contem poraneo che ha m aggiorm ente (e g iu stam en te) in sistito sul fa tto che oggi la "scienza" funziona direttam ente com e ideologia, senza passare più a ttra v e rso la mediazione di ideologie sc ien tistic h e. 19. Ha ragione, n e ll'e sse n zia le , Sebastiano T im panaro (c fr. Sul materialismp, N istri-L isch i, 1975) a respingere le troppo a f f r e tta te separazioni fra un Marx, d ich ia ra to imm une da ogni "c a d u ta " sc ie n tistic a , ed uno Engels, reso responsabile di tu tte le "in fam ie" te o ric h e possibili. Le "tentazioni" sc ien tistic h e sono in fa tti p resen ti anche in Marx. 20. Si vedano gli studi della m igliore m arxologia (R e ic h elt, Rosdolsky, e c c e te ra ), unanim e nel focalizzare l'a tte n z io n e sulla "fo rm a d'esposizione" che Marx si sforzò di dare alla sua o pera fondam entale II Capitale. Si vedano anche le tesi dello scrivente, esp o ste in II Marxismo in mare aperto, c it., pagg. 32-46. 21. U n 'o p e ra preziosa è in proposito quella di A. G uerraggio e F. Vidoni, Nel Laboratorio di Marx: scienze naturali e m atem atica, F ran co Angeli, 1982. Q uesta puntuale analisi d e ll'a rtico la zio n e com plessiva degli in teressi .ed interv en ti sc ien tific i di Marx giunge a conclusioni asso lu tam en te a n tisc ie n tistic h e , e che tendono a superare l'a ssu rd a contrapposizione fra una Marx "um anistico" ed un Marx "sc ie n tific o ". G uerraggio e Vidoni (op. c it., pag. 55-61) chiariscono com e Marx, che ha pure p o stu lato la possibile edificazione fu tu ra di una so rta di unica scienza (capace di unificare n a tu ra e so cietà) non è andato di fa tto o ltre un uso m eta fo ric o di questa espressione. La nozione di "sto ria n a tu ra le " (che Marx usa talv o lta anche per la sto ria um ano-sociale) deriva invece da un uso illum inistico e se tte c e n te s c o , so rto in polem ica con le concezioni provvidenzialistiche e m etafisich e (sia della n a tu ra che della sto ria ), e non c onnota a ffa tto

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m eccanicam ente una (indebita) naturalizzazione s c ie n tistic a del mondo sto ric o e sociale. Si t r a t t a di una precisazione "sem an tica " di grandissim o sig n ific a to anche teo rico . 22. 11 fondam entale libro di S. S. Praw er (c fr. La biblioteca di Marx, G arzanti, 1978) ci a iu ta a com prendere il "processo di produzione" della prosa m arxiana (e d ita ed inedita) a p a rtire dalla sua conoscenza della le tte r a tu r a m ondiale, c lassica e m oderna, ma non parla delle m eta fo re sc ien tific h e, e deve perciò esse re in te g ra to con il libro di G uerraggio e Vidoni (di cui alla n o ta 21). 23. E 1 u tile , in proposito, una conoscenza della "crisi dei fondam enti" della scienza o tto c e n te sc a , cosi com e si m anifestò a cavallo dei due secoli. Del tu tto fuorviam i sono invece le le ttu re che enfatizzano la ro ttu ra fino al punto di evocare un "com inciam ento assoluto delle scienze" nel Novecento, com e se gli uomini d e ll'O tto c e n to fossero s ta ti del tu tto privi della consapevolezza della p ro b lem aticità di un paradigm a troppo rigidam ente n e ce ssitaristico . Si evocano così "crisi della ragione" che sono quasi sem pre p re te sti per liquidare il "m ate ria lism o sto rico " in nom e della liquidazione dei paradigm i n e c e ssita ristic i o tto c e n te sc h i. 24. La te o ria darw iniana dell'evoluzione ( n ie n t'a f f a tto " d ia le ttic a " , ed aliena da ogni utilizzo d ella "contraddizione") e ra n o to ria m en te re c e p ita in chiave te le o lo g ic o -n e c e ss ita ris tic a (e viene an co ra oggi ra ffig u ra ta nei posters d id a ttic i com e una "c a te n a evolutiva a sc en d e n te " dal m agm a vulcanico all'u o m o bianco d alla fro n te spaziosa). D 'a ltr a p a rte , nonostante la fastid io sa "leggenda" c o lle ttia n a , la d ia le ttic a non incorpora a f fa tto un teleologism o n e c e ssita ristic o e non è a f fa tto in "contraddizione" con la logica a ris to te lic a (si veda, per co m in ciare, la voce D ialettica di Enrico R am baldi per la Enciclopedia Einaudi, ed ancor m eglio quel piccolo capolavoro di chiarezza, com petenza in te lle ttu a le ed inform azione di Enrico B e rti, Logica aristotelica e dialettica, C appelli, 1983). E ' p e ra ltro vero (c fr. B e rti, op. c it., pag. 48) che in M arx, a cc a n to ad una sostanziale a c c e tta z io n e del principio a ris to te lic o di non contraddizione, sono p resen ti tendenze a rite n e re la " re a ltà c o n tra d d itto ria " fa ta lm e n te d e stin a ta a "m o rire" con la esplosione di q uesta ste ssa contraddizione. 25. Si veda H elm ut F le isch e r, Marxismo e storia, Il Mulino, 1970. Con grande chiarezza e so b rie tà F leischer analizza d e tta g lia ta m e n te la nozione di "n e ce ssità sto ric a " , con osservazioni p e n e tra n ti anche sul cosiddetto "determ inism o econom ico". In piena sin to n ia con l'u ltim o Bloch e con l'u ltim o Lukàcs egli rifiu ta l'in te rp re ta z io n e d e te rm in istic a del m arxism o c o n te n u ta nella frase "la lib e rtà non è che coscienza della n e c e ssità " . 26. Q uesta leggenda è s ta ta defin itiv am en te s f a ta ta da M argaret F a y (cfr. Marx e Darwin, un romanzo poliziesco, in Monthly Review, ed. ita l., 7, 1980). Q uesta leggenda fu co ltiv ata ed in tra tte n u ta p e r suggerire iin 'an alo g ia fra il p ro g e tto te o ric o m arxiano e quello darw iniano, ma i fa tti sono altri; la le tte r a di c o rte se rifiu to d ella dedica s c r itta da Darwin non e ra indirizzata a Marx, che non c 'e n tra v a per nulla, ma al genero di M arx Hyndman e si riferiva ad un lib re tto di divulgazione a n tic le ric a le di q u e st'u ltim o . Lo scrivente ha a sc o lta to rip e te re q uesta leggenda in alm eno due occasioni (1982 e 1983) d urante palu d ati e dottissim i convegni accad em ici su. Marx. A proposito di M arx, l'ignoranza è non solo

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c o n se n tita, ma è doverosa. 27. In questo senso, e solo in questo senso, il punto di vista ontologico-sociale (pur scoraggiando tendenze gnoseologiche) adem pie una funzione di tipo criticista, e dunque a n ti m etafisico in senso kantiano. 28. Si veda L ukàcs, Ontologia, I, pag. 264-67. La com prensione a deguata di questo principio "m onistico" m arxiano presuppone ovviam ente una c o rre tta im postazione dei problem i già p resen ti n ella filosofia classica g reca e ted e sc a. L 'is ta n z a c ritic istic o -k a n tia n a (com e si è d e tto nella nota p re ce d en te ) deve e sse re in te g ralm en te te n u ta p re se n te , ma non può essere re c u p e ra ta che a ll'in te rn o del rifiu to hegeliano di distinguere gnoseologia ed ontologia, logica, d ia le ttic a e te o ria della conoscenza (in questo modo l'is ta n z a c ritic is ta diventa te o ria m ate ria listico -g e n ea lo g ic a d ell'ideologia e delle ragioni d ella perm anenza d ella falsa coscienza). Lukàcs s ta dunque siste m a tic a m e n te con Hegel c ontro K ant. D 'a ltr a p a rte H egel logicizza la sto ria so tto il dom inio di una nozione non sem plicem ente processuale, ma p ienam ente tele o lo g ico -p re d ittiv a, di d ia le ttic a . E ' questa la radice della "sto ria spogliata d alla form a sto ric a " (c fr. Ontologia, pag. 354). 29. Una concezione della "n a tu ra com e fondo" è p re sen te (se non vado e rra to ) anche in lavori ita lia n i di sicura im postazione sto ric o -m a te ria lis tic a (si veda il p e ra ltro o ttim o libro di L aura Conti, Questo Pianeta, E ditori R iuniti, 1983). Lo stesso H eidegger, grande c ritic o della manipolazione te c n ic o -m e ta fis ic a della n a tu ra c o n ce p ita com e "fondo", ten d e poi a defin irla per differen za com e "sfondo" di una sapienza um ana p re -s o c ra tic a che am bisca solo disvelare e non anche m anipolare n ich ilistic am en te . A questo punto, non vi è filo so ficam en te una "d ifferen za" qu alitativ a fra il lasciare lo sfondo com e stava prim a oppure il tr a tta r lo com e un pozzo senza fondo. 30. A questo proposito si veda p a rtic o la rm e n te M arco R evelli, Storia e scienze sociali: lo sviluppo storico, in Gli stru m en ti della ric e rc a , tom o 3, La nuova Italia, 1983, ed anche M aria T u rc h e tto , La fondazione weberiana dell'econom ia neoclassica, in M etam orfosi, 8, Franco Angeli, 1983. La c u ltu ra d e ll'O tto c e n to appare c a ra tte riz z a ta da una conciliazione tr a le dim ensioni dell'indagine della n a tu ra , l'in te rp re ta z io n e della so c ietà e la concezione della sto ria, conciliazione r e tt a d alla c a te g o ria di "evoluzione" e d a ll'id e a che il tem po (lineare) c o stitu isc a la dim ensione fondam entale della "le g a lità ". I c o n ce tti di "legge n a tu ra le dello sviluppo sociale" (econom isti classici) e di "sto ria n a tu ra le della so c ie tà " (sociologia di Spencer) rendono l'id e a di ta le paradigm a evoluzionistico, che regge la "vecchia alleanza" fra n a tu ra e c u ltu ra. Q uesta alleanza è m essa in crisi a lla svolta del N ovecento, e nello stesso tem po le discipline sociali cercano di g a ran tirsi lo s ta tu to di "scienze" da un lato espungendo la dim ensione sto ric a (per cui: sc ien tific o = sto ric a m e n te in variante), d a ll'a ltro considerando essenziale il requisito d ella coerenza logica (per cui: sc ie n tific o = assiom atizzabile). Vi sono oggi in te re ssa n ti tendenze che reagiscono a q u esta vera e propria "espulsione n eopositivistica della sto ria" d e tta te , alm eno in p a rte , dalla esigenza di pensare " s c ie n tific a m e n te " il m utam ento sto rico (si pensi a Prigogine e Thom ). L a nuova alleanza è però una "d ifficile alleanza" (com e lo e ra del resto già per Marx, m entre la "fa cile alleanza" e ra sem m ai propria di Sm ith, e più an co ra di Spencer e

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dei darw inisti sociali). Su questo nodo di problem i è in preparazione un num ero m onografico d ella rivista M etam orfosi. 31. Il te m a del "lavoro" n e ll'o n to lo g ia m arxiana sarà tra tta to più d iffu sam en te nella quinta p a rte di questo s c ritto , ded icato alla Ontologia lucaccian a, nella quale del re sto lo scrivente si riconosce p ienam ente. 32. Si veda il saggio di M ichele Cangiani, Il tem po del lavoro (in Aa. Vv. Il marxismo in mare aperto, c it.). Cangiani esam in a la ricca le tte r a tu r a sulle c om unità prim itive, m arx ista e non (C lastres, Sahlins, T erra y , G odelier), in u n 'o ttic a ten d e n te ad evidenziare (c o n tro ogni riduzionism o alla Marvin H arris) le differenze q ualitative che c ara tte riz z a n o le com unità prim itive nei c onfronti degli a ltri modi di produzione p re c a p ita listic i ed in p a rtic o la re del modo di produzione c ap italistic o . 33. La le tte ra tu ra è in proposito ste rm in a ta . In Italia è p re se n te una vivace scuola (V e g etti, Lanza, Carandini, Schiavone, Mazza, e c c e te ra ) che è orm ai in grado di studiare il modo di produzione schiavistico con su ffic ie n te d e term in atezza e sp e c ific ità , senza l'a u s ilio di schem ini unilineari e n e c e ssita ristic i dello sviluppo storico. A ncora più copiosi sono ovviam ente gli studi sul modo di produzione feudale e la transizione dal feudalesim o al c ap italism o (dalla orm ai c lassica discussione fra Dobb e Sweezy, fino alla grande m edievistica fran cese ed alla scuola p o lac ca di Kula e Topolski). E ' dunque chiaro che coloro che conservano una visione della sto ria "spogliata dalla form a sto ric a " non hanno alcuna a tte n u a n te c u ltu ra le , ma sono del tu tto incorreggibili. 34.. I te o ric i del "c ap italism o organizzato" hanno ad esem pio n e g ato la n a tu ra o n tologicam ente n e cessaria della crisi c a p ita lis tic a , provocando veri e propri disastri te o ric i (a volte in nom e d ella " d ia le ttic a " , com e nel caso di H orkheim er e di M arcuse). Per co n tro , una visione o n to lo g ic o -n ec es$ ita ristic a della "crisi c a p ita lis tic a " sem bra pienam ente fondata e del tu tto convincente (vedi, per com inciare, Giuseppe Bazzi, Alla ricerca di una nuova teoria marxista della crisi, in II marxismo in mare aperto, c it., ed ancora G ianfranco Pala, L 'ultim a crisi, F ranco Angeli, 1982). 11 le tto re a tte n to non ha d iffic o ltà a capire che la tesi o n to lo g ic o -n e c e ssita ristic a d ell'in ev itab ile e sisten za della crisi c a p ita lis tic a non ha asso lu tam en te nulla a che vedere con la tesi del cosiddetto inevitabile crollo del c ap italism o (la c o sid d e tta Zusammenbruchstheorie). 35. La pigra ripetizione dello slogan ultim ativo di Rosa Luxem burg (Socialism o o b arbarie!) non ci a iu ta in fa tti m olto. N ella tradizione del m arxism o o c cid en ta le , in fa tti, lo slogan luxem burghiano e ra rip etu to in m ille form e com e un invito ad agire subito e com unque, pena l'arriv o inevitabile della b arb arie. Il c o n c e tto di "b a rb arie " è in g enere poco u tile per o rie n ta rsi nel p re sen te storico: la m aggior p a rte dei com ponenti del gruppo francese Socialism e ou Barbarie (a com inciare dal suo leader, il g re c o -fra n c e se C astoriadis) è tran q u illa m e n te p a ssa ta da un c o n ce tto di b arb arie = consum ism o n e o -c a p ita listic o ad un c o n c e tto di b arbarie = to ta lita ris m o sovietico. Il fa tto è che la "b arb arie" non è mai un modo di produzione, ma è talv o lta un'opinione personale di tipo esisten zialistico . Quando invece la "b a rb arie " non è un'opinione, ma un fa tto reale, oggettiv ato in lager n azisti, bom bardam enti a to m ici, to rtu re siste m a tic h e , e c c e te ra , il modo m igliore per c o m b a tte rla re sta sem pre lo studio m ate ria listic o del perchè

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la riproduzione di un d e te rm in a to modo di produzione richiede la m essa in a tto su larg a sc a la di c e rti co m p o rtam en ti. D e tto questo, è però vero che un nocciolo im p o rta n te di v e rità è c o n ten u to n e ll'a lte rn a tiv a fra socialism o e barbarie: il su p eram en to del cap italism o è oggi possibile, ontologicam ente possibile, ed è p e r questo che la sua riproduzione a lla rg a ta approfondisce l'estra n ea z io n e . 36. Si veda G. L ukàcs, Cultura e potere, Editori R iuniti, 1970, pag. 164-67. Si t r a t t a di u n 'in te rv ista a L ukàcs di un g io rn alista tedesco di form azione filosofica. Vi sono qui equivoci m olto curiosi e significativi. L ukàcs pa rla del "lavoro" com e form a ontologica d e ll'u n ità fra c au salità e teleologia, insiste sulla c a te g o ria d ella irrev e rsib ilità sto ric a , e c c e te ra . E ' chiaro che qui si p arla della c ateg o ria di "lavoro", e non del c o n cre to processo di produzione c ap italistic o , in cui il "lavoro a s tra tto " è in corporato e sottom esso, fino al m assim o di "degradazione" d e s c ritta da Braverm an e da a ltri studiosi e testim o n i. Il g io rn alista n a tu ra lm e n te equivoca subito, sostenendo che solo l'a rtig ia n o "si riconosce p sicologicam ente" nel proprio "lavoro ben fa tto " , m entre l 'o p e raio -m a ssa d ella c a te n a di m ontaggio non può c e rto riconoscersi nel proprio "lavoro" (m a sem m ai nel tem po libero, nel consum o, e c c e te ra ). Sbaglierebbe dunque L ukàcs nel p a rla re ta n to di "lavoro". Q uesto equivoco è asso lu tam e n te significativo. E ntram bi gli in te rlo cu to ri hanno ovviam ente ragione, ma parlano di cose a sso lu tam en te diverse. Ha ragione il giornalista fra n c o fo rtese (che poco dopo, del tu tto a sproposito, c ite rà e n tu sia stic a m e n te H orkheim er e Adorno) nel so sten ere che l'a s tr a tte z z a del lavoro diviso non è qualcosa in cui l'u o m o c o n cre to possa "rico n o scersi". H a ancora più ragione L ukàcs, il quale, seguendo Marx, sostiene (ovviam ente del tu tto in asco ltato ) che la sola a lte rn a tiv a te o ric a al riconoscim ento della sp e c ific ità o n to lo g ico -so ciale d ella c a te g o ria di lavoro è la ric a d u ta in form e m etafisich e e d e te rm in istich e della sto ria. 37. R iprenderem o questi tem i nella quinta p a rte di questo sc ritto , nella quale so ste rrem o , fra l'a ltr o , che u n 'e tic a filosofica com unista non può svilupparsi che sulla base d ella fe rre a esclusione di ogni tip o di olismo org an icistico , da un lato, e di individualism o robinsonistico, d a ll'a ltro . R iteniam o che i fondam enti di q u esta concezione siano già rin tra cc iab ili inv Marx. 38. N ella term inologia lucaccian a l'u o m o " p a rtic o la re " è o rie n ta to so ltan to verso la c erc h ia im m ediata dei propri bisogni ed in te re ssi, m en tre è l'u o m o "individuale" che, nel suo modo di e sse re , di pen sare e di ag ire, si colloca a ll'a lte z z a sto ric a del "genere um ano". Quindi 1'"in d iv id u alità" (a' volte: "p e rso n a lità") è c a ra tte ris tic a d ell'u o m o "g en erico ". A sua volta la " g e n e ric ità per sè" im plica la coscienza del rapporto con il "genere um ano", m entre la "g e n eric ità in sè" vede questo rapporto com e m ero fa tto oggettivo non problem atizzato. Nel c o n te sto del nostro discorso (che non ha di m ira u n 'o rto d o ssia n e o -lu c ac c ia n a, ma u n 'elaborazione o n to logico-sociale) il term in e " p a rtic o la rità " connota però m eglio il fa tto che lo sviluppo della p e rso n alità non può avvenire a ttra v e rso una ro ttu ra u n ila te ra le ed a s tr a tta con i propri bisogni ed in te ressi "im m e d iati" cui co n tra p p o rre a ltre tta n to a s tra tta m e n te una " g e n e ric ità um ana". Per questa ragione si è volutam ente m antenuto il term in e " p a rtic o la rità " .

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39. E ' ovviam ente questa la tesi fondam entale di t u tt a la prim a p a rte di questo lavoro. Si rim anda ancora il le tto re al fondam entale capitolo dell'O ntologia lu cacciana in tito la to 1 principi ontologici fondamentali di Marx. Lo scrivente non segue tu tta v ia L ukàcs su di un punto di non secondaria im portanza: n ella Ontologia Marx è p re se n ta to com e un a u to re che non cade p ra tic a m e n te mai in form e g ra n d i-n a rrativ e e d e te rm in istic o -n a tu ra lis tic h e , ma è pressoché sempre ben saldo su di un discorso o ntologico-sociale. Lo scrivente ritien e q uesta tesi indifendibile, nella form a "ortodossa" d a ta le da Lukàcs. 40. L 'im p o n e n te bibliografia che d em istifica il "fra in te n d im e n to econom icistico del m aterialism o sto rico " va da L abriola ad A lthusser, da G ram sci a B ettelh eim , e c c e te ra . T uttavia, non b a sta c e rto m e tte re in guardia dal frain ten d im en to econom icistico, se il c o n te sto rilevante della polem ica a n ti-e c o n o m ic istic a è l'esaltaz io n e dem enziale dei flussi desid eran ti della "v italità della bestia proletaria... un anim ale vivo, feroce coi suoi nem ici, selvaggio nella considerazione di sé, delle sue passioni" (c fr. Antonio Negri, Il dominio e il sabotaggio, F e ltrin e lli, 1978, pag. 65). E' questo solo l'alter ego dello homo oeconom icus, passato dal furore della produzione a ll'o rg asm o del consum o. Per una c ritic a sobria e convincente del frain ten d im en to econom icistico del m aterialism o storico si vedano in g enerale gli sc ritti di G ianfranco La G rassa e M aria T urchetto; si veda anche il libro di V alerio R om itelli, Critica dell'econom ia politica e teoria delle forze produttive, Franco Angeli, 1982. 41. Vi è in linea di principio una grande prossim ità fra discipline sto rich e e sociologiche, ed in p a rtic o la re fra sociologia sto ric a e sto ria sociale (c fr. P e ter Burke, Sociologia e storia, Il Mulino, 1982). E ntram be sono ovviam ente una com ponente fondam entale d e ll'a c c re s c im e n to della conoscenza sulla base del m aterialism o storico. Il te s to di G. T herborn, Scienza, classi, società, Einaudi, 1982, è utilissim o per com prendere com e sia "a sso lu tam e n te non sostenibile e sem plicem nte fuorviante p a rla re di una sociologia m arxista o del m arxism o com e di una sociologia...ow ero di una convergenza fra m arxism o da una p a rte e sociologia ed econom ia d a ll'a ltra " (op. c it. pag. 474). Purtroppo l'edizione ita lia n a del lavoro del T herborn è com prom essa da una presentazione del sociologo non m arxista Luciano Gallino, che m e tte in guardia proprio contro questa tesi, intorno alla quale l'in te ro libro è co stru ito . 42. Si veda in proposito il bel libro di A lbert O. H irschm an, F elicità privata e fe licità pubblica, Il Mulino, 1983. Più in g enerale la situazione filosofica del m arxism o italian o è sem pre s ta ta sc iag u ra ta m en te c a ra tte riz z a ta (e qui purtroppo Giovanni G entile c 'e n tr a per qualcosa) dall'ossessivo prim ato d ella soggettività e della prassi (con i bei risu lta ti finali che stanno so tto gli occhi di tu tti) . Il p rim a to "ontologico" d e ll'a ttiv ità dei so g g etti non è in fa tti s ta to e s a lta to solam ente nelle form e e strem e p o lito lo g ico -d irig istich e di Mario T ronti oppure d e cad en tistico -d em en ziali di Antonio N egri, ma è s ta to anche purtroppo "m esso al cen tro " dell'universo sociale dal populismo com unista (Ingrao e T rentin) e dall'o p eraism o psiuppino (Foa e Basso). Q uesto "fuoco di sb a rram e n to soggettivistico" ha prassi com e a ttiv ità , lasciandosi sem pre c e rc a to la verità nella filo so ficam en te alle spalle un deserto.

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43. Si veda Carm elo V igna, Le origini del marxismo teorico in Italia, C ittà Nuova, 1977. L 'e s te s a ra cc o lta di docum enti c u ra ta da Vigna docum enta bene i veri e propri frain ten d im en ti sullo " s ta tu to te o ric o " del m aterialism o sto rico f a tti da Croce e G entile (ed è a d d irittu ra im pressionante l'a n a lo g ia con i frain ten d im en ti odierni di tipo so g g e ttiv istic o -o p era istic o ). Chi vuole d ile tta rsi con una ennesim a stucchevole e g io rn alistic a "liquidazione" del m aterialism o sto rico può leggere il libro del c o lle ttia n o m inore Giuseppe Bedeschi, La parabola del marxismo in Italia, 1945-1983, L aterz a , 1983. Ciò che tram o n ta p a rab o licam en te non è com unque mai la te o ria dei modi di produzione, a questi signori sem pre sim p atica m e n te del tu tto ignota o in d iffe re n te . 44. Si veda Augusto Del N oce, Il suicidio della rivoluzione, R usconi, 1978. L 'a c u to esam e di Del Noce sulle tendenze sto rico -filo so fich e im m anenti a ll'ita lo -m a rx is m o gram sciano (che è cosa com unque del tu tto diversa dalla ricostruzione a u te n tic a del pensiero di A ntonio G ram sci) docum enta la su b a lte rn ità dello storicism o (questo ingenuo e ra c litism o che sa n tific a il m ovim ento tem p o rale in "a vanti") alle ben più solide rappresentazioni "ra d ic a li", laicistich e e post-m o d ern e del p re sen te storico. Il rigoroso sviluppo dello storicism o "uccide" il m arxism o m eglio di ogni a ltro nem ico "e ste rn o " (e d è per questo che, secondo lo scrivente, la form a filosofica del discorso m arxiana non può e non deve esse re uno storicism o, ma un 'o n to lo g ia d e ll'e sse re sociale, che non sa n tific a mai in modo ingenuam ente e ra c lite o il sem plice divenire sto rico assolutizzato). La c ritic a di Del Noce è assai scom oda per la sin istra p o p u lis ta -sto ric ista (sia ita lia n a che ita lio ta ), che ha p re fe rito ignorarlo (con alcune parziali eccezioni, si veda F rancesco C ìafaloni, Quaderni P iacentini, 69, 1978). Quando Del Noce passa invece ad esam in are Marx, lo fraintende ra d ic alm en te , essendo ossessionato dal suo problem a (il problem a d e ll'a te is m o "ra d ic a le " delle m oderne so c ie tà seco larizzate e consum istiche), che ovviam ente non è quello di Marx. E ' possibile allora utilizzare Del Noce per co n trap p o rre il pensiero di Karol W oitila al m oderno "m arxism o su icid ato ", com e fanno i delnociani in te g ralisti italiani (B uttiglione, Form igoni, e c c e te ra ). 45. Si veda Leszek Kolakowski, Main Currents of marxism. Its Origins, Growth, and Dissolution, 3 voli., Clarendon Press, O xford, 1978. Si t r a t t a di un lavoro di grande im pegno, ed è forse il più in te llig e n te m anifesto a n ti-m a rx ista disponibile oggi sul m erc ato librario. Esso si propone di illum inare lo "stra n o destino di u n 'id e a che è c o m in c ia ta com e um anesim o p ro m eteico ed è c u lm in ata n ella m ostruosa tira n n ia di S talin ". Il pensiero di M arx è collegato s tre tta m e n te al "m ito d e ll'id e n tità " , di tipo m itico -e sc ato lo g ic o , di cui è ovviam ente responsabile la " d ia le ttic a " (anche se in Marx il raggiungim ento d e ll'u n ità ed il su p eram en to d ell'alienazione non significano il riassorbim ento d ella sto ria um ana n ell'A ssoluto "p re e s is te n te " , ma la realizzazione di sè d e ll'u m a n ità che è "assoluta" n ella sua ste ssa finitudine). O vviam ente, IColakowki "condivide" l'in te rp re ta z io n e di Marx d a ta in Storia e Coscienza di Classe di Lukàcs (che è la fam osa id e n tità di so g g e tto ed o g g e tto , di p ro le ta ria to e senso della sto ria , esp lic ita m e n te respinta da L ukàcs ste sso - ma questo non in te ressa a Kolakowski). Q uesto Marx id ea listic a m e n te in te rp re ta to può dar

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luogo al leninism o ed allo stalinism o com e sviluppi non necessari ma in un c e rto senso " le g ittim i", ed è l'a n tic a m e ra di una propensione irrazio n alistica e di un possibile trad im en to della ragione. 11 le tto re a tte n to n o te rà che tu tto lo sforzo teo ric o dello scrivente è rivolto contro l'in te rp re ta z io n e di Marx com e "filosofo della id e n tità " fra so g g e tto ed o g g etto (la tesi, appunto, sposata da Kolakowski). 46. Si veda Régis D ebray, Critique de la raison politique, G allim ard, 1981. Secondo D ebray il politico ed il religioso sono orig in ariam en te sovrapposti, la sto ria della n a sc ita delle ideologie è la sto ria della loro apparente dissociazione, ed infine le ideologie si riducono in u ltim a istanza a delle credenze, necessarie alla sopravvivenza di qualsiasi gruppo sociale organizzato. La tesi fondam entale di D ebray si basa sull'im p o ssib ilità "ontologica" di elim inare l'a s p e tto "religioso-ideologico" d a ll'a g ire um ano c ollettivo, com preso quello che si richiam a al "m arxism o". 47. Il notevole lavoro di D ebray com bina insiem e, con geniale e c le ttism o , e le m en ti cultu rali tipici della tradizione c o n serv atrice (S chm itt, Julien Freund, Dumézil) e c a ra tte ris tic i della tradizione "di sin istra" (in p a rtic o la re A lthusser e S a rtre ). Secondo D ebray, le "idee" non riescono a m obilitare nessuno, e so ltan to il sacro m obilita, essendo gli im perativi della credenza ad un m ito e dell'appartenenza ad un gruppo delle vere e proprie "form e a p riori" d e ll'e siste n z a sociale organizzata. Vi è una "perm anenza nel tem po di tu tti gli a s p e tti essenziali del c o m p o rtam en to p o litico ", che è in u ltim a istanza di tipo sa c ra le-re lig io so e non razionale. Lo stesso pensiero di Marx è secondo D ebray pieno di lapsus religiosi, com e quello secondo cui il comuniSmo scriverà sulle sue bandiere alcuni m o tti sociali (laddove l'e s is te n z a ste ssa delle "bandiere" rim anda ad un im perativo di appartenenza di un gruppo che si d em arca da un a ltro , che ha, appunto, "b an d iere" di colore diverso). Il "politico" è p ro d o tto psicologicam ente d a ll'a n g o scia , individuale e sociale, ed è qualcosa di originario, che non può essere per nulla co n ce ttu a liz za to dalla c ritic a d ell'eco n o m ia politica, che cred e ingenuam ente n e ll'e lim in a b ilità sto ric a dell'alien azio n e religiosa e p o litica . L 'ic o n o c la stia delle intenzioni te o ric h e m arxiane c ro lla com e un c a ste llo di c a rta di fro n te alle tendenze ico n o latrich e delle m asse (e degli stessi in te lle ttu a li), bisognose di capi c arism atici e di simboli. Le analisi di D ebray non sarebbero in te re s sa n ti, se non fossero accom pagnate da due in te re ssa n ti posizioni: in prim o luogo, D ebray decide di rim anere eg ualm ente so c ialista e m arxista, in modo del tu tto in -fo n d ato , a m età fra la scom m essa p ascalian a e l'is ta n z a e tic a personale; in secondo luogo, D ebray p o rta una serie di ra cc ap p ricc ian ti esem pi sulla perm anenza del "religioso" nel "socialism o re a le " , dalle processioni davanti alla m umm ia di L enin alla difesa del "sacro suolo della p a tria " e dei "sacri confini", e c c e te ra . Qui ’ sta , a p a rere dello scrivente, l'e le m e n to di m aggiore debolezza del pensiero di D ebray. Egli descrive i riti g ro tte sc a m e n te ico n o latrici del socialism o reale e le m asse m obilitate di fro n te a tom be egiziane di leaders defunti e ne deduce la m itica o rig in a rietà della sa c ra lità religiosa del p olitico. Come sem pre, afferm azioni esisten zialistich e sul pathos c arism atico vengono g iu stific a te con fo to g rafie "em piriche" di ste rm in a te schiene di guardie rosse osannanti Mao T setung, che "d im o strereb b ero ",

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appunto, l'o rig in a ria s a c ra lità del p olitico. N ella q u a rta p a rte di questo s c ritto , d e d ic a ta ad E rnst Bloch, to rn ere m o sulla n e cessaria distinzione fra mito ed utopia, senza la quale non vi è mqdo di sep arare l'id e n tità c u ltu rale di d e stra da quella di sinistra. 48. Non sono dunque a c c e tta b ili interp retazio n i "nicciane" del comuniSmo m arxiano. In prim o luogo, la c ritic a genealogica delle ideologie non può "fondarsi" (com e avviene in N ietzsche ed anche in D ebray) su qualcosa di originario in senso etologico, sociobiologistico e m etafisico. In secondo luogo, il superam ento della p a rtic o la rità a lie n a ta d ell'uom o borghese (e p ro letario , che ne è ovviam ente il necessario c o rre la to sto ric o -te o ric o ) non può essere c o n n o ta ta mai in term ini di Uber-m ensch, sia che si voglia tra d u rre questo term in e con la parola super-uomo (alludendo ad una g erarc h ia v e rtica le di valori e di collocazione sociale), sia che lo si voglia tra d u rre con la parola oltre-uom o (alludendo ad una "d ifferen za" nei confronti dell'u o m o d ia le ttic o , schiavo delle ideologie e della falsa coscienza). Il term in e lucacciano "sviluppo dell'individualità" (nel suo rapporto con il genere) re sta a tu tt'o g g i l'u n ic o il quale, nonostante alcuni equivoci secondari, è sostanzialm ente fedele a ll'in ten zio n e filosofica del comuniSmo m arxiano, e stran e o ad ogni "m ito d e ll'id e n tità " (Kolakowski) e ad ogni "in e lu tta b ilità del p o litico" (D ebray).

P a rte S econda

LE AVVENTURE FILOSOFICHE DEL MARXISMO

L 'indagine condotta nel laboratorio filosofico di Marx non è s ta ta , crediam o, un fallim ento, ed i risultati non devono essere ac colti con nichilistico disincanto. Da un lato, è apparsa impossibile la "restaurazione del discorso filosofico originale marxiano", ove q u e s t'u ltim o venga ingenuam ente visto com e "puro e cristallino com e acqua di sorgente"; è impossibile e regressivo, in f a tti, il "ritorno ad uno sta to di parte nza che nel f ra tte m p o si è c o r r o tto " (Habermas). D a ll'a ltr o lato, occorre rivendicare con forza, in modo p ac ato ma convinto, la dominanza del discorso filosofico di tipo ontologico-sociale sugli altri due discorsi "m eta fisici" (di tipo grande-narrativo e di tipo d e te rm in is tic o -n a tu ra lis tic o ) già nello stesso Marx. Il m aterialism o storico e la c r it ic a d ell'econom ia politica non hanno dunque bisogno di c e r c a r e una filosofia ad e g u ata fuori di Marx, ma hanno t u t t o l'in te re s s e ad esigere dalla filologia marxiana seria e più in generale dall'indagine marxologica la piena valorizzazione degli elem enti ontologico-sociali presenti nel discorso marxiano. Q uesta p rem essa è necessaria, e si potrebbe rip etere cen to volte, fino alla nausea. Senza com prenderne il significato, in fa tti, si f:mposta male fin dall'inizio il d elicato problem a della discontinuità fra pensiero marxiano e marxismo successivo. Vi sono molti modi, a nostro pa re re , di im postare male questo problem a, anche solo sul piano terminologico. Un primo modo, a nostro p are re fuorviarne, consiste nel chiedersi se Marx sia o non sia mai s ta to "m arx ista ". In proposito lo scrivente è p o r ta to a dare pochissima im portanza alla fam osa frase d e t t a da Marx stesso: "Io non sono marxista!" Certo, Marx, da buon padre fondatore, non e ra un se m plificatore, un banalizzatore, un r ic e rc a to re di semplici schemini tu t t o f a r e di filosofia della storia, ed in questo senso non e r a "m arx ista ". Ma questa è u n 'a sso lu ta ovvietà. In rea ltà, Marx è sta to a t u t t i gli

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e f f e t t i un m a rxista, un consapevole sostenitore del c a r a t t e r e sis te m a tic o del m aterialism o storico ed un propugnatore della superiorità te o ric a della c r itic a d ell'eco n o m ia politica sui punti di vista "borghesi" di spiegazione sto ric o -so c ia le ( c a ra tte r is tic a , questa, al 100% m arxista). Marx non è invece s ta to il traguardo del "primo ch ilom etro" di una f a n to m a tic a ta p p a ciclistic a a cronom etro d enom inata "m arxism o", alla fine della quale ci sia il traguardo finale, il Sapere Assoluto del M aterialism o Storico. In questa form a, il problem a del "m arxism o di Marx" è in larga p arte nom inalistico ed ideologico, e degrada facilm ente a ch iac chie ra da caffè. Dal m om ento, però, che i negatori sistem a tic i di ogni relativa continuità fra Marx ed il marxismo successivo non ci aiutano a te m atizz are la corrispondente discontinuità relativa (che pure esiste ), ma creano visioni m etafisiche di un Marx purissimo alla fonte, dopo il quale giungono i grandi crim inali m istificatori (Engels e Kautsky per primi), è forse bene s to rc e re il bastone d a l l 'a l t r a p a rte , e so stenere invece che Marx è s ta to il "primo dei m arxisti" (essendo, appunto, costitutivo del marxismo un ce rto grado di "im purità", che distingue appunto le te o rie sociali d a ll'a c q u a distillata). Un secondo modo, a nostro p a re re ancora più fuorviarne, consiste nel chiedersi se t u t t i i libri "m arx isti" non firm ati d ir e t ta m e n te da Marx siano una "a fferm azione" oppure una "deformazione" del marxismo. Il caso dell'"A n tid u h rin g " (firm a to da Engels) è in proposito assolutam ente esem plare. L '"A ntiduhring" non è s ta to nè u n 'affe rm az io n e nè una deformazione del marxismo, ma più se m plicem ente una sua "m anifestazione", una sua "form a di esistenza" sto ric am e n te d e te rm in a ta . Il le tto r e deve qui avere pazienza, e non pensare subito a dispute di lana caprina. E' infatti costitutiva della storia del marxismo la successione di avventure filosofiche e teoriche, di aggiunte o di omissioni. Certo, l'" U r t e x t " di Marx esiste, a differenza della prim a ste su ra dei poemi omerici e delle saghe germaniche. Ma questo " U r te x t" non è un feticcio, non appa rtiene alla sfera del magico, del mitico, del numinoso, in una parola, dell'Originario. La storia dei "m arxism i" non è a f f a tt o un rotolare n ell'In a u ten tico , com e se II Primo F raintendim ento Originario del malvagio Engels avesse avuto la funzione della tentazione di Èva nel Paradiso T e r r e s tr e oppure della Conversione della aleth eia in orthotes da p a r te di Platone, che secondo Heidegger contiene già in nuce t u t t a la storia m a led e tta del tram o n to dell'O c cid e n te . E' curioso, in fa tti, che questo a tte g g ia m e n to , del t u t t o "m eta fisico " , sia tipico di coloro che trovano Engels "troppo m etafisico".

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Lo scrivente cercherà di seguire u n 'a l t r a strada: la storicizzazione integrale delle "formazioni ideologiche" in cui costitu tiv am e n te è s t a t a inc o rp o rata (e non poteva non esserlo) la c r itic a d ell'econom ia politica marxiana. 1. Il co n cetto di formazione ideologica A p a re re dello scrivente, è impossibile a t tin g e re una nozione c o r r e t t a del rapporto fra pensiero m arxiano ed incorporazione di questo pensiero nei marxismi successivi (con la relativa d ia le ttic a fra continuità e discontinuità) senza il c o n c e tto di "form azione ideologica". Ciò che co n ta, ovviamente, non è la "parola" (se in f a tti il te rm in e di "formazione ideologica" non piace, appare troppo scolastico, s tr u ttu ra listic o , e c c e te r a , se ne può tran q u illam en te coniare un altro) ma il c o n c e tto di cui questa parola è veicolo. T u tti coloro che si avvicinano al m a terialism o storico, ed ai suoi c o n c e tti fondam entali, sanno bene che la distinzione fra "m odo di produzione", da un lato, e "formazione e c onom ic o-socia le", d a ll'a ltr o , rappresenta qualcosa di equivalente alla distinzione fra massa e peso, velocità ed accelerazione, a proposito dei c o n c e tti della fisica. Si t r a t t a di una distinzione basilare, senza la quale si instaura una babelica confusione di linguaggi, ed ogni discussione sulle form e di economia, di p roprie tà , di p o te re politico, e c c e te r a , appare del t u tt o priva di senso co n c reto ( l ) . E' curioso, allora, che ciò che viene gen e ralm e n te am m esso senza contestazione a proposito dei c o n c e tti "fondativi" del m aterialism o storico, non venga invece riconosciuto ed applicato quando si passa ai te ntativi di storicizzazione m a te ria listic a "nel mondo delle idee". In proposito g en e ra lm e n te dominano due a tte g g ia m e n ti, entram bi sbagliati, che definirem o brevem ente del " t u t t o o nie n te", da un lato, e della "quantificazione dei pezzi", d a ll'a ltro . Il prim o a tte g g ia m e n to (quello del " t u t t o o nie n te") consiste nel chiedersi se l 'a u t o r e Tizio o l 'a u t o r e Caio siano "m arxisti" oppure non lo siano. In proposito ci si rita glia un personale pezzo di "m arxism o originario" (a u te n tic o ed ortodosso), scelto nel grande corpus marxiano, e si sottopone al controllo di qualità l'a u t o re "m a rx ista " in questione. Questo a tte g g ia m e n to m erceologico può anche avere motivazioni comprensibili ma, a p are re dello scrivente, p o r ta a ben poco. Ci si chiede: Engels è m arxista? Rosa Luxemburg è m arxista? Lenin è m a rxista? G ram sci è m arxista?. Rispondere con un si o con un no è del t u t t o ste rile. Ciò che conta, in fa tti, è a c c e r t a r e in quale modo, conc reto, specifico ed irripetibile, gli

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elem enti originali marxiani vengano fusi insieme con altri elem enti teorici, e s o p r a tt u tto so tto quale dominanza te o ri c o - p r a tic a c o n c r e ta avvenga questo processo inevitabile di fusione. Il secondo a tte g g ia m e n to (quello della "quantificazione dei pezzi") viene gen e ralm e n te a d o t ta t o per co rreggere quello che viene considerato l'u n ila te r a le estre m ism o del primo. Così com e, nella vita p ratica, non è realistico chiedere t u t t o o niente, così, analogam ente, nella "vita te o ric a " occorrono dei "compromessi". Si quantificano allora, a seconda dei propri gusti e delle proprie n ecessità, i "pezzi" di marxismo au te n tic o nei singoli autori. Gramsci, allora, diventa per il 50% m arxista, e per il residuo 50% bergsoniano, crociano, soreliano, e via etic h e tta n d o . Secondo l'esiziale opinione di Mao Tsetung il "compagno" Stalin e r a per il 70% buono e solo per il 30% cattivo. E così via pesando, e magari rubando qualcosa sul peso, secondo le inveterate abitudini di molti cosiddetti "e serc en ti" (2). E ntrambi gli a tteg g iam e n ti sono inadatti a cogliere il nesso fra continuità e discontinuità fra il pensiero marxiano ed i successivi marxismi. La nozione di "formazione ideologica" appare invece molto più utile e c o n c r e ta (3). L'incorporazione del m aterialism o storico e del pensiero marxiano "a u te n tic o " (che è a sua volta una m era astrazione, come si è ripetuto fino alla nausea nella prim a p a r te di questo s c ritto ), in una "formazione ideologica" è allora a t u tt i gli e f f e t t i una "form a di esistenza necessaria" del marxismo, così com e ogni modo di produzione esiste soltanto nella form a c o n c r e ta di incorporazione in una formazione econom ico-sociale (4). Nella "formazione ideologica" confluiscono, e si gerarchizzano sotto la dominanza di una d e te r m in a ta form a filosofica del discorso (che poi orien ta la prassi co n c re ta dei vari agenti sociali, che non hanno a ltro mezzo di auto ra p p re sen tarsi la propria prassi se non i"linguaggi" sc atu ren ti dalla form a filosofica del discorso stesso), i m ateriali culturali più diversi ed eterogenei: il fascino delle analogie storiche, i prodotti d e ll'im m a ginario individuale e sociale, la laicizzazione im p e r fe tta delle ideologie religiose dominanti, il fascino discreto d ell'econom ia politica borghese, i linguaggi professionali e variam ente influenzati dalla tecnologia, l'in d e b ita estrapolazione di nozioni tipiche delle scienze della natura, l'illusione dei ceti inte lle ttu a li di essere un gruppo sociale "disinteressato", e c c e te ra . L 'elencazione di questi " m ate riali" (qui f a t t a in modo empirico e disordinato) è ovviamente del tu tt o insufficiente per com prendere in che modo funziona co n c re ta m e n te una "formazione ideologica". O ccorre l'ana lisi c o n c r e ta della

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situazione c o n c reta (principio valido anche nella "s to ria delle idee") per com prendere so tto quale sp ecifica dominanza t u t t o ciò avviene (5). La co s iddetta "storia del marxismo" può dunque e s iste re soltanto nella form a della storicizzazione m a te r ia lis tic a delle formazioni ideologiche dentro le quali il "m ate rialism o storico" è incorporato. T u tto questo, ovviamente, pone molti problemi "epistem ologici", che qui p o trem o solo elencare. * In prim o luogo, vi è uno specifico problem a delle "perm anenze". Esiste un qualcosa che possiamo chiam are "nucleo rivoluzionario del marxismo", e che perm ane in t u t t e le "formazioni ideologiche" in cui è prese nte il "m ate rialism o sto ric o "? Si t r a t t a di una questione molto im portante. Fuorviante, a p are re dello scrivente, sarebbe porre il problem a in term ini di "dominanza di un co n c e tto fondam entale irrinunciabile" (ad esempio, l'u n ità te o ria-p ra ssi, l'id e n tità so g g e tto -o g g e tto , la te o ria del valore-lavoro, la stessa nozione di sottomissione reale del lavoro al ca pitale). Ogni co n c etto , in fa tti, è sfigurato, se non se ne indica il valore di posizione. E' forse meglio dire che il m a teria lism o storico vive soltanto come sistem a armonico e flessibile di c o n c etti, i quali cambiano tu tti il valore di posizione a seconda della formazione ideologica in cui sono incorporati (6). In secondo luogo, cade ogni p r e te s a di scrivere una storia "continua", cumulativa, teleologica del marxismo. Una simile storia è una semplice "storia sa cra" , a fine p re d e te rm in a to , un racconto ed ifican te, e nulla più. Di simili storie ne esistono molte, ma esse non ci dicono nulla sul "m arxism o", ma rivelano soltanto l'ideologia specifica di chi le ha s c ritte . In terzo luogo, trovano spazio le storie multidisciplinari ed enciclopediche del marxismo (come la r ec en te "Storia del Marxismo Einaudi"), ma unic am e n te so tto il punto di vista d e l l'u tilit à del ^ m a te r ia le specialistico di consultazione per studiosi. Contributi illuminanti (ed illuminanti proprio perchè profondam ente specifici ed inseriti nella congiuntura sto ric a d e te r m in a ta ) possono trovare posto ac c a n to a te s ti del t u t t o inutili. Anche qui, però non esiste un c rite rio per definire "o gge ttivam e nte" se un d e te rm in a to te s to è utile o inutile, in quanto il giudizio di "u tilità " è funzione del pro g etto te o rico di apprendim ento del le tto r e (7). Le note che seguiranno non ambiscono, ovviamente, ad essere l'abbozzo di una "storicizzazione m a te ria listic a delle formazioni ideologiche dentro le quali il m a teria lism o storico fu via via incorporato". A questo scopo, sarebbe invece utile un saggio bibliografico, che utilizzi i ricchissimi m ateriali esistenti (anche in

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lingua ita lia na).' Si t r a t t a di una semplice e te le g r a f ic a elencazione di "nodi p roblem atic i" della storia del marxismo, ad uso del le tto re. Lo scrivente deve in fa tti es p licitare pienam ente al le tto re la sua personale le ttu r a della storia del marxismo, in quanto solo in questo modo è possibile collegare il "bilancio teorico" di questa storia con le "risposte d e te r m in a te " che si sono avute in alcuni pensatori em inenti del XX Secolo (Heidegger, Bloch, Lukàcs, e c c e te ra ). 2. N è ortodosso nè rinnegato: Karl Kautsky e il marxismo A suo tem po, nell'irrip e tib ile m omento della diffusione del marxismo della II Internazionale, Karl K autsky fu definito il "papa rosso" del socialismo. E, in e f f e t t i , Kautsky fu veram ente un pò "papa", anche se non ebbe mai a disposizione un collegio di cardinali ed una s a n ta inquisizione. La sua cultu ra enciclopedica, la tendenza un pò p e d a n te sca m en te te d esc a alla sis te m a tic ità , la sua collocazione s tr a t e g ic a nella rivista Neue Z eit, il prestigio di "c o ntinuatore d ir e tto " dei classici del marxismo fecero di lui una figura ce n trale , che viene g iustam ente stu d ia ta ed analizzata dalla moderna storiografia delle idee marxiste (8). In questa sede, ci interessa soltanto esam inare due asp etti di Kautsky teorico del marxismo: il K autsky "fondatore" del marxismo sec'ondinternazionalistico (la cui "formazione ideologica*' è c a r a tte r iz z a ta d all'id ea di crollo del capitalism o e di c o r r e la ta ascesa politica del p r o le ta r ia to organizzato); il Kautsky "divulgatore" dei classici, in cui la semplificazione gioca un ruolo qualitativo nello stravolgimento d e l l'in te r a pro b lem atic a marxiana di c r itic a dell'eco n o m ia politica. Come rileva g iustam ente il grande studioso Georges Haupt, Kautsky (assai più di Engels) può essere considerato il vero fondatore del "m arxismo" (9). Il movim ento politico della classe operaia organizzata, che tendeva ad em arginare insieme con l'an a rc h ism o teo rico anche le figure sociali "m arginali" ed i lavoratori non qualificati o comunque non "o rg an izz ag li", e si basava sem pre più su una c o n c r e ta figura operaia la cui "composizione di classe" derivava dalle c a r a tte r is tic h e della seconda rivoluzione industriale, espresse nell'E uropa di fine O tto c e n to una specifica domanda di "visione del mondo". K autsky ebbe il grande merito di "rispondere" a questa domanda, a questo vero e proprio m andato sociale. La te o ria m arxiana del plusvalore fu dunque dep u ra ta dalle cosiddette "fum isterie hegeliane" (considerate una perd ita di tem po per professori di filosofia) ed in corporata in una vera e propria visione complessiva della storia, gradualistica ed

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evoluzionistica (e qui, com e è ovvio, il darwinismo divulgativo ebbe la sua funzione), c a r a t t e r i i z a t a da due "so g g etti" in rapporto inversamente proporzionale: il sistem a capita listico , avviato ad un inevitabile crollo econorqico-sociale, ed il p r o le ta r ia to organizzato, avviato all'egem onia n um erica e culturale. Proponiamo di chiam are questo marxismo "formazione ideologica kautskiana". Esso non fu c e rto un semplice "e rro re " di K autsky (non scherziamo!), ma fu il riflesso necessario di un m andato sociale e di una congiuntura sto ric a determ in a ta. Essendo a sua volta la "formazione ideologica kautskiana" esposta in dottissimi volumi il cui peso avrebbe sc hiac cia to qualunque m arxista che si fosse trovato so tto lo sc a ffa le al momento del crollo del capitalism o, essa dovette subire un ulte rio re processo di semplificazione e di divulgazione, Come dice a c u ta m e n te Czeslaw Milosz in "La m ente prigioniera" (".. I capi del Novecento -H itle r ad esempio - hanno a t tin to il loro sapere unic am e nte da opuscoli di divulgazione, il che spiega tr a l 'a l t r o l'incredibile confusione esiste n te nelle loro te s te . Ciò che contraddistingue infatti il sapere volgarizzato è la sensazione che t u t t o sia comprensibile e chiaro.."), la divulgazione non è mai innocente, ma dà luogo a fra m m e nti di verità m escolati con rappresentazioni ideologiche che divengono quasi sem pre dominanti. Grande fondatore e divulgatore del suo "m arxism o" (che ce rto riteneva con falsa coscienza necessaria - cioè in p e r f e tt a buonafede - conform e all'originale marxiano, così com e a suo tem po S. Paolo fece con Gesù Cristo) Karl Kautsky ebbe in sorte una lunga vita c a r a tte r iz z a ta da una fondam entale coerenza (come g iustam ente rileva Massimo Salvadori nel suo utilissim o libro italiano su Kautsky) (10).p Non fu, ce rto , "ortodosso" (e com e poteva esserlo, visto che l'ortodossia non esiste se non com e co n c e tto dell'ideologia religiosa e non ha spazio alcuno nel mondo m a teria listico della storicizzazione delle formazioni ideologiche), ma non fu neppure "rinnegato". Lenin ebbe c e rto le sue ragioni pratich e per definirlo così (e lo scrivente, a m m irato re della figura storica di Lenin, condivide queste ragioni), ma oggi, in sede di ricostruzione sto ric a e di storiografia critica , questa " e tic h e tt a " deve essere sta c c a ta . Kautsky non rinnegò a f f a t t o la sua "ortodossia kautskiana", e si com portò anzi, di fronte al " f a t to nuovo" della rivoluzione russa del 1917 e di fronte s o p r a tt u tto allo scioglim ento della C ostituente del 1918, in modo p ie nam e nte "ortodosso". Il c o n c e tto di "formazione ec o nom ico-sociale", che serviva a Lenin per dedurre una t a t t i c a politica co n c reta , gli e r a estra neo, avendo egli sem pre ragionato sulla sola base della nozione di tendenze generali del modo di

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produzione c a p ita listico (anzi, peggio, del sistem a sociale basato sulla p ro p rie tà privata, che è t u t t ' a l t r a cosa). Il co n c e tto di "anello debole del sis tem a mondiale im perialistico", familiare a Lenin, gli e ra estraneo, avendo egli sem pre ragionato sulla base della transizione al socialismo a p a rtire dai "punti alti" della produzione ca p italistica. Kautsky non fu dunque un tr a d ito re ed un rinnegato. C oe re n te m en te kautskiano fino in fondo, egli mostrò che ci si può continuare a definire "m arxisti" pur senza im parare nulla dall'esperienza. Il "m arxism o kautskiano" è oggi una sorta di "rep e rto archeologico", qualcosa di a p p a r te n e n te al passato, come l'a n t ic a e la media Stoà, lo gnosticismo o rientale, la cristologia bizantina, l 'averroismo latino, il libertinism o erudito del Seicento, e c c e te ra . T uttavia, a differenza di queste rispettabili forme culturali, non c ' è nel kautskismo nessun passato da " r is c a t ta r e " (per c iv e tta re con il linguaggio di Ernst Bloch), ma soltanto un "esem pio negativo" da te n e re p rese n te, per almeno due ordini di ragioni. In prim o luogo, il kautskismo ha vissuto molto a lungo su una mistificazione qualitativam ente c a ric a di equivoco, quella di una "ortodossia m arxista" che aveva alla sua "d e stra" qualcosa ch iam a ta "revisionismo" (nella fa ttisp e c ie , le coerenti posizioni di Eduard Bernstein, per nulla a f f a t t o più "a d estra " di quelle di K'autsky, com e a suo te m p o fu genialm ente rilevato d a Lukàcs). Ciò che, e f f e ttiv a m e n te , i revisionisti "rivedevano" (e si veda in proposito l'e s a u r ie n te ra c c o lta di docum enti di Iring F e tsc h e r) e r a in fa tti il m aterialism o storico marxiano n ell'insiem e, e questo fu ben com preso da molti pensatori, fra i quali Lenin e Rosa Luxemburg. T uttavia, la "difesa kautskiana d e ll'ortodossia" fu ancora peggiore d e l l 'a t t a c c o revisionista, perchè non perm ise di evidenziare quello che e ra il fondam entale "m om ento di verità" dell'offensiva te o rica revisionista, la segnalazione del divorzio to ta le fra te o ria e prassi nel marxismo secondinternazionalistico (11). In secondo luogo, la formazione ideologica kautskiana riuscì nella difficile im presa di cucire insieme a filo doppio i due "discorsi filosofici" più m etafisici già presenti in Marx, tralasciando sis te m a tic a m e n te invece il migliore, quello ontologico-sociale. La nozione kautskiana di capitalism o è in f a tti pienam ente in corporata in un discorso d e te rm in is tic o -n a tu ra lis tic o . Si t r a t t a dell'evoluzione "a u to m a tic a " di un organismo complesso, analogo agli "organismi complessi" di cui si parla nelle scienze della natura, e che può essere studiato con leggi di tipo natu ra le (certo, forse più tendenziali e più s ta tistic h e , com e del resto la rivoluzione della fisica contem poranea imponeva anche alle scienze della n a tu ra ). La

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nozione kautskiana di p r o le ta r ia to - è invece inc o rp o rata in un discorso di tipo grande-narrativo. Si t r a t t a di una c r e sc ita cumulativa della coscienza p olitico-sociale di un soggetto, che cre sce insieme alla c r e s c it a della grande industria moderna, fino alla piena "comprensione" delle cose, u n ità di gnoseologia e di ontologia, di maggioranza e l e tto ra le alle urne e di egem onia morale sul resto della società (12). E' comprensibile, c e rto , che Kautsky abbia c o struito in questo modo il suo "m arxism o", che ebbe, insieme alla sua corposa " r e a ltà " , una sua corposa "razionalità". Esso provoca in noi una so rta di e f f e t t o di lontananza, senza però alcuna nostalgia. Non c ' è in fa tti in Kautsky alcuna am biguità, non c ' è nessuna ambivalenza. T u tto è in Kautsky as soluta m ente chiaro, e t u t t o è asso lu ta m en te falso. Questo non potrebbe essere d e tto di Engels, in cui c ' è invece qualcosa di am biguam ente fecondo di contraddizioni. 3. Friedrich Engels: fondatore del marxismo orientale o ispiratore del marxismo occidentale? A proposito del pensiero di F riedrich Engels è c r e s c iu ta negli ultim i o tta n t'a n n i una vera e propria "leggenda n era ", che rende difficile un rapporto sereno e storicizzato con questo classico del marxismo. Il "m arxism o antiengelsiano" è oggi un fenomeno teo rico di grande im portanza cultu rale , che si frappone come un filtro d e fo rm an te fra lo studioso contem poraneo ed i te sti engelsiani. O cc o rrerà dunque p arla rne subito, prim a di dare una valutazione di fondo della n a tu ra del "m arxismo di Engels". Il marxismo antiengelsiano può essere definito, in prim a approssimazione, un vero e proprio erro re teorico, filologico e storiografico, che viene però compiuto "con qualche ragione", cioè in base a motivazioni quasi sempre giuste. Questo "e rro re te o rico " si fonda su due colonne p ortanti, e n tra m b e degne di esam e ac c u ra to . In prim o luogo, il marxismo antiengelsiano è una m e ta fo ra te o ric a per indicare l'avversione al discorso filosofico di tipo d e te r m in is tic o -n a tu ra lis tic o , in base alla convinzione ( e r r a ta ) che Marx sia s ta to del t u t t o immune da questa deformazione, e che occ orra dunque "salvarlo" dal suo troppo invadente ed enciclopedico amico. Ma così non è, com e abbiamo c e r c a t o di m ostra re nella prim a p a r te di questo sc ritto . In secondo luogo, il marxismo antiengelsiano è una m e ta fo ra te o ric a per indicare l'avversione (pienam ente giustifica ta) per il m aterialism o d ia lettic o sovietico-staliniano, che sem bra avere avuto nell' Anti-Duhring e nella D ia lettica della Natura di Engels le sue fonti teoriche

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principali. Ma cosi non è, in quanto, com e indicherem o fra poco, il Diamat sovietico è una specifica formazione ideologica che occorre storicizzare fe r re a m e n te , e non risale a prim a del 1931. Si vuole, insomma, salvare Marx e condannare Stalin, obbiettivi entram bi a lta m e n te commendevoli, che usano però Engels com e vero e proprio capro espiatorio. Tuttavia, a differenza di Kautsky, Engels non è s ta to il "fondatore " organico di una formazione ideologica. Certo, l'id e a di crollo e la c o r r e la ta nozione di ascesa irresistibile del p r o le ta r ia to sono presenti anche in Engels, ma non sono, come in Kautsky, as soluta m ente " p o rta n ti" del suo discorso. In Engels, anzi, vi sono a p p a re n te m e n te posizioni e c le ttic h e , che sem brerebbero indicare uno scarso rigore: l'o ttim is m o sull'irresistibile ascesa del p r o le ta ria to organizzato si mescola al pessim ismo cosmico della fine en tro p ica del mondo; l'evoluzionismo della vittoria "tranquilla" ed a u to m a tic a dei p roletari, che im parano dagli stessi borghesi l'a d d e s tr a m e n to m ilitare che verrà poi loro buono al m omento giusto si mescola allo studio di uno s tr a t e g a com e von Clausewitz, teorico della congiuntura bellica specifica, della cosa giusta da fare al m omento giusto. Non si t r a t t a però di e c le ttis m o superficiale, quanto di compresenza n ec essaria di opposti non mediabili nel pensiero, ma "scioglibili" soltan to nella r e a ltà co n c re ta . Il pensiero di Engels è il "luogo teorico" della irresolubilità logica della contraddizione, o ltre che il "luogo polemico" della b a t ta g lia di idee contro le interpretazioni u ltr a m e ta f isic h e delle scienze n aturali e sociali del suo tem po. Se, invece, il pensiero di Engels viene d isa rtico lato ed unilateralizzato, lo si può far diventare ad d irittu ra l'iniz iatore di due tradizioni as soluta m ente opposte. Nulla di più facile, ma anche nulla di più fuorviarne e di sostanzialm ente inutile. Secondo alcuni, in fa tti, Engels è il vero "fo n d ato re " del m aterialism o dialettic o staliniano, cioè del "m arxism o orientale". Engels perseguì in e f f e t t i un pro g etto te o ric o di dialettizzazione filosofica delle scienze della n a tu ra del suo tem po, che non e r a ai suoi occhi incompatibile (come in r e a ltà è, almeno nella form a generalizzante che Engels e r a p o r ta to a dargli) con la specifica determ ina tez za delle c a te gorie del m a teria lism o storico. Questo pro g etto fu da Engels consegnato a quaderni per uso personale (poi pubblicati per la prim a volta in URSS nel 1925 s o tto il titolo di "D ia le ttic a della n a tu ra " ) , che non furono c e r to sc ritti per soddisfare com m ittenze e s te r n e o per co stru ire un "sistem a a u to rita rio ". Oggi siamo p o r ta ti ad associare gli sforzi filosofici sistem a tic i ed onnicomprensivi con l'a u t o rit a r is m o politico (e non del t u t t o a to rto , se pensiamo che la scienza funziona anche da ideologia della legittim azione ed " in terd ic e" c e r ti com portam enti,

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com e rispettivam ente H aberm as e Foucault hanno bene spiegato), ma questo non è sem pre del t u t t o e s a tto . Nel S e tte c e n to , ad esempio, uomini non sospettabili di a u to rita rism o , com e Denis D iderot, perseguirono autonomi progetti di d ia le ttic a della natu ra . Le n o te " d iale ttic h e" di Engels risalgono agli anni fra il 1873 ed il 1883, e sono del t u t t o coeve a ll'a lla r g a m e n to enciclopedico di interessi che spingeva Marx a studiare le so c ie tà primitive. Chi legge Engels si accorge che non c ' è in lui nessuna tendenza a "chiudere il cerchio" ed a costruire quelli che a suo tem po V oltaire ridicolizzava com e i t r a t t a t i di m e ta - fisico - teologo — cosmo scemologia. E' dunque del t u t t o e r r a to istitu ire una continuità lineare fra le esercitazioni m ateria listico '-d iale ttich e di Engels ed il "m aterialism o dia lettic o " sovietico, e si finisce così con il perde re di vista la specificità di entram bi (13). Sarebbe p e r f e tt a m e n te plausibile, inoltre, far diventare Engels il vero "ispiratore" del cosiddetto "m arxism o occ ide ntale". E' sta to Engels a lanciare la parola d'ordine del p r o le ta r ia to com e soggetto storico erede della filosofia classica te d esc a. Ora, se non vogliamo usare il c o n c e tto di "filosofia classica te d esc a" come "co n ce tto -rip o stig lio " buono a t u t t i gli usi, e perciò generico sinonimo di cultu ra ad a lto livello di cui il p r o le ta r ia to dovrebbe appropriarsi (acquistando presum ibilm ente i dischi di Beethoven a rate e leggendo riassunti sinottici di G oethe, Schiller ed Hegel), il te rm in e "filosofia classica te d e sc a " non può che significare te c n ic a m e n te "filosofia della a ttiv ità ' fondativa del soggetto" (F ic h te ), in primo luogo, e "filosofia d e l l'id e n ti tà so g g e tto - o g g e tto " (Hegel), in secondo luogo.. Se le parole hanno ancora un senso, allora, il p r o le ta ria to (ovviamente ideal-tipicizzato) sostituisce la borghesia com e soggetto storico p o r ta n te sia d e ll'a tti v ità che d e l l'id e n tità (nel doppio a s p etto di te o ria e di prassi). Si t r a t t a del paradigm a filosofico del marxismo occidentale in form a pressoché pura (14). N atu ra lm en te, Engels non è nè il fondatore del marxismo o rientale nè l'isp ir a to re se g re to del m arxism o occidentale. Il fa tto che si possano fac ilm e n te ed in modo non sofistico d im ostrare ambedue le tesi ci m ostra ancora una volta che in filosofia si può d im ostrare quasi t u t t o (e cioè quasi nie n te), se non ci si a ttie n e f e r re a m e n te al metodo della storicizzazione integrale delle formazioni ideologiche ed al valore di posizione dei c o n c e tti nelle situazioni storiche d e te rm in a te . Il pensiero di Engels, dunque, deve essere c o rre la to al suo, tempo. Il suo co n c re to a s p etto di a t t u a l i t à consiste n e l l'a p e r tu r a filosofica alle scienze della n a tu ra e ne ll'ista n z a enciclopedica, che

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non è mai regressiva, se pensa se ste ssa come t o ta lit à provvisoria sem pre d e s tru ttu ra b ile . Lo stesso "Antiduhring" non è più le tto , dai critici avvertiti ed intelligenti, com e manuale del socialismo e te sto canonico di legittim azione, ma com e sintesi provvisoria che fu " tr a s f o r m a ta " in manuale dal "socialismo a vapore" della li internazionale (15). r* 4. La filosofia di Lenin: il matrimonio fra d ialettica e m aterialism o Così com e Marx non fu il fondatore del "m arxism o" (ma lo fu nell'essenziale Kautsky, fra il 1882 ed il 1891), così Lenin non fu il fondatore del "leninismo" (m a lo fu nell'essenziale Stalin, fra il 1924 ed il 1931). L a tesi che qui esponiamo può essere facilm ente v erificata, s o p r a tt u tto se si leggono i docum enti te orici sui "punti essenziali del leninismo" (con le divergenze fra Trotsky, Stalin e Zinoviev) e, s o p r a ttu tto , le significative differenze fra le due successive opere di Stalin, Principii del leninism o (aprile 1924) e Questioni del leninism o (gennaio 1926). In meno di due anni si era già c o s titu ita una sco lastica definitoria, pro n ta a funzionare da ideologia della legittim azione e da "m arxism o monopolistico di sta to ". T uttavia, il pensiero di Lenin può egua lm e nte essere studiato nella sua determ ina tez za storica, una volta che si sia messo in guardia dal confonderlo con la scolastica " m a rx ista -le n in ista " . Esso è solo se condariam ente un pensiero "filosofico", essendo invece ricchissimo di contributi originali sulle classi, la te o ria del p a r tito politico "m a rx ista ", l'im perialism o, lo s ta to di transizione, e c c e te ra . E' difficile gerarchizzare i te m i del suo pensiero intorno ad un asse ce n trale . Ad esempio, la c e n tr a li tà della "te o r ia del p a rtito politico" (e co rrela tiva m ente del marxismo com e te o ria di p artito, in cui il p a r tito diventa custode della purezza e della cre ativ ità della dottrin a ) è c e r to c a r a t t e r i s t i c a del "leninismo", ma non lo è del pensiero di Lenin, in cui la te o ria del p a r ti to coesiste, a "pari grado di im portanza", con la te o ria dello sta to , dell'im perialism o, delle classi. Non è questa la sede per discutere a n a litic a m e n te il pensiero di Lenin (essendo questo un t r a t t a t o filosofico, e non un te s to di "m ate rialism o storico" s tr e t t a m e n t e inteso), Da un lato, è facile c r itic a re le sue inadeguatezze, purché si sappia riconoscere che a t u t t 'o g g i non possediamo una te o ria dello s ta to e del p a r tito politico che abbia veram ente "superato" Lenin. T u tti sanno che Lenin ha "sottovalutato" l'im p o rta n za dei "d iritti borghesi" di libertà presenti nello sta to capitalistico, eppure, quando si passa

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all'analisi c o n c r e ta dello sta to c a p ita listico oggi, si scopre che esso non è a f f a t t o "d e m o c ra tic o ", ma in te g ra lm e n te "corporativo". L 'e sp e rie n za sto ric a della fusione perversa fra p a r tito , sindacato e s ta to nei paesi a "socialism o reale" (con conseguente creazione di una "borghesia rossa" u n ific ata intorno alla nomenklatura di p a rtito ) ha spinto molti marxisti (orientali ed occidentali) ad ipotizzare una separazione strutturale, nella transizione, fra sindacato, p a r ti to e s ta to "m arxisti"; ma questa non è che una parola d 'o rd in e ancora del t u t t o a s tr a tta , e non è c e r to anc ora po st-le n in ista. Il solo punto del pensiero di Lenin che può essere considerato popperianam ente "falsifica to " è forse la sua tesi fo rte della "putrefazione delle forze produttive" nel capita lism o im perialistico, per cui la "classe operaia" dovrebbe funzionare da "volano" del progresso tecnologico. Nel cosiddetto "terzo mondo" è a n c o ra vero, m entre nel cuore del sis tem a mondiale im perialistico (dalla California al Giappone alla G ermania) i borghesi si sono dim o stra ti capacissimi di sviluppare le "forze produttive". Qui Lenin paga il prezzo dell'uso a c r itic o del c o n c e tto kautskiano secondinternazionalistico di "forze produttive", com e qualcosa di sostanzialm ente "e ste rn o " ai rapporti di produzione, e p e r ta n to di sostanzialm ente " n e u tra le " per quanto concerne la organizzazione della divisione te c n ic a del lavoro sociale. Passando alla form a filosofica del discorso di Lenin, lo scrivente è p o r ta t o a darne una valutazione m olto positiva. Cerchiam o di spiegarci (anche perchè andrem o su questo punto cóntro co rren te , essendo molto diffusa l'opinione che Lenin sia in filosofia un "cane m orto"). Abbiamo rip etu to ad nauseam che la "questione fondam entale" in filosofia non è il presunto "prim a to d e l l'e s s e re sul pensiero", e c c e te r a , ma risiede nell'evitare l'incorporazione delle proprie conoscenze n aturali e sociali in una form a filosofica del discorso g ra n d e -n a rra tiv a e d eter m in is tic o -n a tu ra lis tic a . Ebbene, Lenin m ostra quasi sem pre nei suoi sc ritti filosofici di possedere questa c a p a c ità (16). In Lenin (così com e il c o n c e tto di modo di produzione si p re se n ta quasi sem pre soltanto nella form a della formazione economico'-sociale) il discorso filosofico generale si p r e s e n ta quasi sem pre soltanto nella form a della congiuntura te o ric a specifica. E' questo, lo ripetiam o, il punto essenziale. Senza intenderlo bene non si ca p irà mai com e in M aterialismo ed Em piriocriticism o ( sc ritto nel febbraio - o tto b re 1908) ci sia molto "m ate rialism o ", - nella form a della te o ria realistico-gnoseologica del rispecchiam ento nel pensiero di una r e a ltà e s iste n te indipendentem ente da q u es t'u ltim o , e ci sia invece poca " d ia le ttic a " , m e n tre invece nei Quaderni

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F ilosofici (sc ritti fra il 1914 ed il 1917) ci sia a p p a ren te m en te pochissimo "m ate rialism o " e sia invece presente un altissimo grado di " d ia le ttic a " . In Lenin c ' è in f a tti una topologia filosofica flessibile, co stru ita su q u attro p a r a m e tr i mobili: il m aterialism o (punto di vista d ell'intera zione p r a ti c a fra soggetto ed oggetto); l'idealism o (punto di vista della soggettività che pensa sè ste ssa in modo ipertrofico); la m e tafisica (punto di vista s ta tic o d e ll'im m obilità e della ipostatizzazione); la d ia le ttic a (punto di vista dinamico del cam biam ento e del rovesciamento). Ci sono dunque sem pre in Lenin q u attro combinazioni filosofiche possibili: idealismo e m e ta fisic a (e -); idealismo e d ia le ttic a (- e +); m aterialism o e m e tafisica (+ e -); m aterialism o e d ia le ttic a (+ e +). Q ueste q u a ttro combinazioni sono però dei veri e propri "regni c o m b a tte n ti" che esistono soltanto nella loro relazione conflittu ale e nel loro co n c reto valore storico di posizione, e non sono mai pensabili com e sistemi filosofici riassumibili ed insegnabili. Nel m om ento in cui, ad esempio, la specifica combinazione fra m aterialism o e d ia le ttic a si irrigidisce e si solidifica in un sistem a chiuso, chiam a to ad esempio "m ate rialism o d ia lettic o " (manualizzato e manualizzabile all'in fin ito ), è a p e rto il varco per la trasform azione im m anente del m aterialism o in idealismo e della d ia le ttic a in m etafisica. Si potreb b e ro fare qui molti esempi, ma Io spazio lo impedisce. Se quanto d e tto sopra è vero, non esiste il "siste m a filosofico" di Lenin, ma solo una " p r a tic a filosofica" di Lenin. Questo non significa, ovviamente, che Lenin abbia avuto sem pre ragione, ed i suoi congiunturali avversari sem pre to rto . Su questo, la discussione deve essere del t u t t o libera, e non può essere d ogm a tic am e nte a c c e t t a t a nessuna auctoritas sta tu a le (17). M aterialismo ed em piriocriticism o è tu tta v ia , a p a re re dello scrivente, un libro giusto nell'essenziale. In proposito lo scrivente condivide la tesi a rg o m e n ta ta a suo te m p o da Dominique L ecourt. Lenin se la prende con l'in d e term in ism o filosofico, che è un fall out idealistico della rivoluzione sc ien tifica dei primi anni del Novecento, e non si oppone invece a f f a t t o ai concreti risultati scientifici della fisica contem poranea. Le polemiche, -di tipo paleopositivistico, contro i filosofi idealisti, die tró i quali occhieggiano i pope ortodossi, dietro i quali si leva l'o m b ra dello zar, sono del tu tt o d a t a te (m a congiunturalm ente comprensibili, siamo nel pieno della reazione politica dopo il 1905), ma non è a f f a t t o d a t a t a la tesi di fondo, che si erge con tro la manipolazione filosofico-idealistica dei risultati delle scienze della n a tu ra (18). Anche i Quaderni F ilosofici sono, a p a re re dello scrivente, una

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grande scuola di filosofia. Essi sono (se pensiam o a quando furono sc ritti) la prim a guerra mondiale riflessa nel linguaggio filosofico. La prim a guerra mondiale fu in f a tti un vero sconvolgimento pratico , inte g ralm e n te d ia lettico, dell'universo sociale che si presupponeva "noto". La civiltà europea si converti in pochi giorni in barbarie legalizzata, migliaia di operai diventarono guerrafondai (contro la loro presunta "essenza" p a c ifista ), migliaia di borghesi si .scoprirono pacifisti (contro la loro presunta "essenza" guerrafondaia), il capitalism o della libera im presa si pianificò im m e d ia ta m e n te in vista dello sforzo bellico, e così via. Poiché t u t t o e ra in movimento, Lenin cercò di pensare filosoficam ente il "movimento". A questo proposito, la te o ria gnoseologica del rispecchiam ento appare a s tr a tta m e n te giusta, ma poco utile, m e n tre le intuizioni d ia lettic h e di Hegel appaiono fecondissim e (19). A p are re dello scrivente, i due p a ra m e tri filosofici dell'idealism o e della m etafisica , trovano un m omento di fusione in una te o ria u n ific ata della co s iddetta differenza, m e n tre gli altri due p a r a m e tr i, il m aterialism o e la d ialettica, trovano il loro specifico m om ento di fusione nella te o ria u n ific ata della contraddizione. Le filosofie della contraddizione e le filosofie della differenza sono dunque assolutam ente incompatibili, ma non può e s iste re una "riga divisoria" fissa, -manualizzabile ed insegnabile a s tr a tta m e n te . E ' questo, a parere dello scrivente, l'essenziale dell'insegnarpento filosofico di Lenin (2 0 ). 5. Il provvidenziale esaurim ento progressivo del marxismo orientale Il complesso processo storico che prende il nome di "costruzione del socialismo in Urss" (e di cui E. H. Carr re sta secondo noi a tu tt 'o g g i lo storico insuperato) provocò n e c es sariam en te un m u ta m e n to qualitativo di funzione della te o ria marxista: da "ideologia di legittim azione di p a r ti to " , priva di poteri coercitivi e di un braccio secolare (come e r a al te m p o di Kautsky e della II Internazionale) divenne una "ideologia di legittim azione di sta to " , d o ta ta di monopolio della forza e del t u tt o legibus soluta. E' sintom atico (e si veda in proposito il III volume delle L u ttes de classe en Urss di Charles B e ttelheim , in due tomi) che chi c e rc a di periodizzare ad e g u a ta m e n te questo m u ta m e n to di funzione si avvolge da solo in una te la di ragno term inologica: non è mai chiaro se una ta le te o ria fa p a r te del "nucleo rivoluzionario del pensiero m a rxista", del "m arxismo s to ric a m e n te c o s titu ito ", della "formazione ideologica bolscevica", dello "stalinismo vero e proprio", e c c e te r a . Alla fine (e B ettelheim scrive la prefazione del

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libro dopo aver s c r it to il libro intero) sa lta tu tto , c ' è un black out generale, co rto circuito, l'ac cu m u lo di tensione è eccessivo, e Bettelheim conclude che la rivoluzione del 1917 è s ta ta la grande illusione del XX Secolo (21). Eppure, i bolscevichi non si illusero soltanto di rompere con la II Internazionale. Ruppero veram ente, e causarono una "discontinuità fo rte " nella storia del cosiddetto "m ovimento operaio". Questa discontinuità, evidente e visibile nel "cielo della politica", non fu forse così grande per quanto riguarda il nucleo duro della "teoria". Alcuni studiosi (primo fra t u tt i Louis Althusser) argom entarono a suo tem po come vi sia s t a t a una "continuità s e g re ta " fra il marxismo della II e quello della III Internazionale, definibile te le g r a f ic a m e n te com e il nesso econom icism o/um anesim o: la reto ric a sul progresso in arrestabile delle forze produttive, delle quali il socialismo pianifica la cre sc ita , è fondata con una parallela re to ric a "um anistica" del p roduttore e dell'uom o nuovo p r o m e te ic a m e n te fabbro del futuro. Althusser traduc e qui in linguaggio "m arx ista " un'intuizione espressa in modo molto più profondo dallo Heidegger della L ettera sull'U m anesim o (come n o te re m o nella terza p a r te di questo s c ritto ), e che coglie e f f e ttiv a m e n te un a s p e tto reale: il ca rattere inte g ralm e n te "um anistico" della scienza, e dunque l'a ss u rd ità di contrappqrre le "due cu ltu re", la m e tafisica alla te c n ic a (22). Altri studiosi, capaci di g e t ta r e lo sguardo o ltre il "punto cieco" del marxismo althusseriano, l'in c a p a c ità di prendere te o ric a m e n te in considerazione la nozione di sottom issione reale del lavoro al ca p ita le com e "sch eletro " della riproduzione dei rapporti ca pitalistici di produzione, riuscirono ad andare un po' più avanti sul te rr e n o della "c ontinuità" fra i marxismi della II e della III Internazionale: l'id e a che il capitalism o sia già in grado di socializzare nell'essenziale le forze produttive, lasciando il socialismo ere d e di questa socializzazione, che si t r a t te r e b b e soltanto di "c o m p le tare " (La G ra ssa -T u rc h e tto ). o In questa posizione lo scrivente si riconosce, e non vale dunque la pena rip etere in dettag lio l'argom entazione. Può essere invece utile sviluppare u n 'a lt r a questione, a questa p e r a ltr o parallela: la logica d e ll'esa u rim en to interno del "m arxism o" che si è pensato com e "interno" a questo processo di socializzazione (ca p italistica) delle forze produttive, il marxismo del "socialismo rea le", qui chiam a to per com odità "m arxismo o rientale". La genesi del "m aterialism o d ia lettic o " staliniano è complessa. Prima della sua afferm azione, ci fu una darw iniana " l o tta per la vita" con a ltr e varianti di "m arxismo" (alm eno tr e ) , alla fine della

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quale il Diamat em erse vincitore. Si t r a t ta v a , in e f f e t t i , della "specie te o ric a più a d a tta " . Una prim a forma, assolutam ente in a d a tta , fu quella variante c o lta e filosofica di "m arxism o occ id e n tale" (Lukàcs e Korsch), e la b o ra ta negli am bienti degli in te lle ttu a li comunisti fuori dall' Urss. Teorizzando l'u n ità fra soggetto ed o g getto (cioè, fuor di m e tafo ra, fra p r o le ta r ia to e processo storico), correlava s tr e t t a m e n t e le form e di coscienza del p a r ti to con quelle del p r o le ta r ia to em pirica m ente dato. U nità di idealismo e di empirismo, non e r a a d a t t a a "le g ittim a re " la r e a ltà sovietica, c a r a tte r iz z a ta dal f a tt o che e ra ormai il t "p a rtito " a c r e a r e , con a t t o politico d 'im perio, il "p ro le ta ria to di fabbrica" (vedi i Piani Quinquennali), e non viceversa (23). Una seconda form a, a n c h 'e s s a in a d a tta , fu il cosiddetto "m ate rialism o m e ccanicista" (Bucharin). A differenza del primo, questo e r a un p rodotto autoctono sovietico. Sia tr a t ta v a di una m e tafo ra filosofica del rifiuto di im prim ere una accelerazione a rtific ia le allo sviluppo delle forze produttive m ediante scelte economiche che "violentavano" il sano rapporto "m a te ria le " fra s tr u ttu r a econom ica (kulaki + NEP) e so v ra stru ttu ra politica. Una terza forma, a n c h 'e s s a in a d a tta , fu il cosiddetto "idealismo menscevizzante" (Deborin). A nch'essa p rodotto autoctono sovietico, il suo sincero e reale rapporto con la d ia le ttic a (ed il gruppo deboriniano può essere considerato il "gruppo di am ici m a terialisti della d ia le ttic a hegeliana" già a suo te m p o auspicato da Lenin in un famoso articolo) lo abilitava a capire fino in fondo il c a r a t t e r e manipolatorio e stru m e n ta le dell'uso staliniano della d ia lettic a. Il Diamat vince dunque in questa b a tta g lia filosofica secondo il migliore stile burocratico: una risoluzione ufficiale del C. C. del Pcus (b) del 25-1-1931. Si t r a t t a , a nostro pare re , della data di nascita del Diamat. Il Diam at non è in f a tti una filosofia fra le a ltre , un punto di vista che si co nfronta libe ram e n te con altri, ma è solo una sacra theologia, una scolastica di partito , una vera e propria o n to - te o -lo g ia dello stalinismo. R ip erco rre re le posizioni del Diam at sui più svariati problemi (dalla controversia lysenkoiana sulla g en e tic a al rifiuto della m eccanica quantistica, dall'origine della vita sulla t e r r a alla negazione dell'esisten z a del modo di produzione asiatico, e c c e te r a ) è c e r to utile per l'inform azione, ma occorre farlo senza cadere in una "leggenda fuorviarne": l'inc o m p ete n za ed il diletta n tism o dei burocrati di p a rtito , incapaci di risp e tta re l'au to n o m ia disciplinare dei veri scienziati e degli specialisti (in questo modo, fra l'a l tr o , il processo a Galilei diventerebbe un f ru tto d ell'incom petenza della

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Curia romana) (24). Lo sviluppo del Diamat è ovviamente del t u tt o incompatibile con l'e siste n z a di a ltr e scuole (legalizzate), di altri punti di vista, di un "pubblico dei le tto r i" (per riprendere l'espressione kantiana). Cosi com e gli sc ritto ri dovettero diventare "ingegneri di anim e", i filosofi dovettero m etaforizzare in una cosmologia generale la (falsa) n a tu ra lità del m eccanism o unico fra politica, econom ia ed ideologia del sis tem a staliniano. Ogni opinione diversa, non appena aspirasse a sistem atizzarsi ed a "organizzarsi", era subito illegalizzata, così com e del resto succedeva alle "linee alternative" in politica econom ica o n e l l 'a r t e m ilitare (25). La funzione principale del Diamat è quella di far apparire naturale ed obbligata la s c e lta staliniana sulla base d ell'u n ità metodologica fra n a tu ra e storia. Si è f a tt o così perchè non si poteva, anche volendo, fare diversam ente. Qui non ci sono opinioni confliggenti (cioè chiacchiere, oppure com plotti della quinta colonna), ma solo inesorabili n ecessità, e la libertà non è dunque a ltr o che coscienza della n ec es sità storica. Il D iam at vede dunque, in un c e rto senso, esaurire la sua funzione non appena sia sta to instau rato un solido senso comune sulla n ecessità -co sì della riproduzione del sistem a sociale sovietico. Come la scala di cui parla Wittgenstein, esso può essere anche g e t ta t o , una volta che ci si sia saliti. Dopo il 1953 ed il 1956 (m o rte di Stalin • e XX Congresso del PCUS) il D iam at esiste anc ora com e " e t ic h e tt a " della filosofia sovietica di s ta to , ma com incia a morire, a svuotarsi, in direzione di un'altra, diversa, form a filosofica del discorso, la c o s id d e tta "direzione sc ien tifica della s o c ie tà " , l'ideologia della "rivoluzione te c n ic o -s c ie n tif ic a " , portata avanti da specialisti "ne u trali" espressione però di un popolo sovietico non più diviso in classi. Nella form a staliniana, in fa tti, il Diamat e r a s tr u ttu r a to in modo da essere troppo ostile all'artic o laz io n e funzionale degli specialismi che si in stau ra n e c es sariam en te in un sis tem a sociale complesso. Si tr a t ta v a del punto di vista "filosofico", del ce to politico bolscevico di origine operaia, di una ideologia della "id e n tità fo rte " che non poteva che essere liberalizzata. La liberalizzazione del Diamat (dopo il 1956) -è comunque s t r e t t a m e n t e "c o n tro lla ta " , e non p e r m e t t e c e r to la n a s c ita di un'"opinione pubblica di pensatori m arxisti". 11 po te re continua ad avere un carattere "m onolitico" (anche se la natu ra fo n dam entalm ente c a p ita listic a della so c ie tà di tipo sovietico da luogo continuam ente a tensioni fra istanze politiche ed interessi economici in concorrenza), ed ha sem pre meno bisogno del "m arxism o" come fondam ento della propria legittimazione. Gli

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ideologi ufficiali di s ta to sono sem pre meno cre d u ti, ed essi stessi credono sem pre di meno a quanto devono te orizzare. E' e s a tt a m e n te questo l'in a rr e s ta b ile processo che qui viene definito l'esa u rirsi progressivo ed im m anente del marxismo o rientale . In O ccidente, in am bito "m arx ista ", le so c ietà di tipo sovietico vengono analizzate secondo p a ra m e tri diversi. La vecchia tesi " tro ts k y s ta " , en unciata prim a del 1940 (società a s tr u ttu r a fond am e n talm en te socialista ed a so v ra stru ttu ra politica "d e g e n e ra ta " ) , appare oggi d ifficilm ente difendibile. A ltre le ttu r e sono oggi più diffuse, e ne c ite r e m o qui soltanto tre: la so c ie tà sovietica com e "modello di funzionamento" di un peculiare sistem a politico; la so c ietà sovietica com e dispotismo o rientale, variante moderna del modo di produzione asiatico; la so c ie tà sovietica come tipo p a rtic o la re di rapporto sociale di produzione inte g ralm e n te capitalistico. La p rim a le ttu r a (di cui in Italia la sovietologa R ita Di Leo si fa chiassosa banditrice) propone di lasciare c a d ere del t u tt o ogni riferim ento alle ca te g o rie marxiane di c r it ic a dell'eco n o m ia politica. Esse "appesantirebbero" inutilm ente il problem a "tec n ico " di sapere com e funziona concretam ente il modello sovietico di società, c a ra tte r iz z a to dalla dominanza del f a t t o r e politico su quello economico. Bisogna studiare invece mille problemi p ratici (come vengono sc elti i deputati, com e si viene am messi all'U niversità o ricoverati in ospedale, com e vengono sc elte le l e tte r e dei le tto r i ai giornali, e c c e te r a ) , e non perdersi nel c e r c a r e di ca la re la r ea ltà sovietica negli "s terili" schemi del m ateria lism o storico. Si t r a t t a di una variante della scuola ita lia n a dell "'a u to n o m ia del politico", che ha il m e rito di rendere esplicito il suo disprezzo per il valore conoscitivo specifico delle c a te gorie della c r it ic a d ell'econom ia politica (26). La seconda le ttu r a raccoglie stimoli di studiosi noti, com e W ittfogel e Bahro, e sistem atizza (in modo però unila te ra le) la com presenza di dominio di classe e di assenza di pro p rie tà (giuridica) privata dei mezzi di produzione in un "incantesim o analogico" con il marxiano modo di produzione asiatico. In questo modo la divisione c a p ita lis tic a del lavoro e le specifiche m odalità del suo approfondim ento sono se m plic em e nte "ig n o ra te", m entre giganteggiano in prim o piano le abitudini g ro tte sc h e e prepotenti dei nuovi despoti neroniani tipici del socialismo reale (con il loro codazzo di p a re n ti, adulatori, flabellatori ed opportunisti) (27). La te rz a le ttu ra , che re s ta s tr a t e g ic a m e n te la più giusta e convincente (sul "lungo periodo", quando la riattivazione ca te g o ria le delle c a te g o rie m arxiste p o tr à aver dato i suoi fru tti) , è al

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m om ento a t tu a le indebolita da alcuni seri fa tto ri storici congiunturali. In prim o luogo (si pensi al caso di Charles B ettelheim ) questa le t t u r a si è c o s titu ita s to ric a m e n te in Occidente com e "rovescio te o ric o " di un'adesione p r a tic a al p rogra m m a politico della sinistra maoista della rivoluzione culturale cinese. Venuto meno questo r e f e r e n te storico c o n c r e to (che aveva attiv a to reali pratich e sociali antica p ita listich e a ll'in te r n o di un sistem a sociale presunto "socia lista") si è co rrela tiv a m en te indebolita anche la connessa elaborazione te o rica. In secondo luogo, la te o ria sulla n a tu ra sociale " c a p ita listic a " dei paesi a socialismo reale può rafforzarsi soltanto se viene condivisa e p r a ti c a t a da se ttori, in te lle ttu a li e sociali, dell'opposizione nei paesi d e ll'E s t. Q uesta opposizione però (anche quando si vuole a n tic a p ita lis tic a e quando a f f e r m a d i ' f a r rife rim en to al m a teria lism o storico) è gen e ralm e n te sch ierata, sul piano te o ric o , sulla posizione della negazione n e t t a del c a r a t t e r e "cap italistic o " delle so c ietà in cui vive. La questione non è a f f a t t o p u ra m e n te defin ito ria e nom inalistica (di "lana ca p rin a"), ma è il segnale ed il sintomo del f a tt o che si usano ancora c a te g o rie c o n c ettu ali molto diverse, e che si è ancora molto lontani dall'univocità dell'uso del m a teria lism o storico presso i se tto ri critici e di opposizione ad Est ed a Ovest (28). Q uesto dialogo, la cui n ec es sità ed urgenza è indubitabile, non verrà però a c c e le ra to o f a c ilita to d a l l'e c l e tt is m o te o ric o o dal pluralismo pasticcione delle opinioni. Il f a tt o che nei paesi a "socialismo reale" sia venuta meno la credenza nella riform abilità del "m arxism o monopolistico di s ta to " è una condizione nec essaria (in negativo), ma non ancora sufficiente, per un uso c ritic o del m aterialism o storico in quelle situazioni. In proposito il fu tu ro è del t u t t o a p e rto , e nessuna previsione se ria può essere qui f a t t a . 6. Il vicolo ciec o del paradigma teorico del marxismo occidentale M entre la cosiddetta "costruzione del socialismo in un solo paese" (pianificazione ec onom ica + p r o p rie tà giuridica s ta ta le dei mezzi di produzione + monopolio del p o te re politico da p a r te del p a r t i t o - s t a t o + trasform azione del marxism o in -ideologia di legittim azione) dettava fe r re a m e n te le regole " te o ric h e " dello sviluppo del marxismo o rientale, in O ccidente gli in te lle ttu a li critici e gli operai rivoluzionari godevano, nel ca m po della te o ria , di una maggiore lib e rtà di movimento. Fin dagli anni '20 si costituirono (per opera s o p r a tt u tto di Lukàcs e di Korsch) le due varianti te o rich e possibili all'in te r n o del paradigm a filosofico del marxismo occidentale. In una p rim a posizione (giovane Lukàcs) il p r o le ta r ia to

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diventa l'unico soggetto in grado di fare la storia e di com prenderla com e sua creazione senza falsa coscienza, m entre la borghesia non può intendere te o ric a m e n te il suo c a r a t t e r e provvisorio e tran se u n te , le g ata c o m 'è alle ca te g o rie pseudonaturalistiche della sua economia p o litica e della sua sociologia. Il pro letariato em pirico però (come insieme an agrafico di operai con c reti) potrebbe anche risultare provvisoriamente incapace di assum ere il suo destino storico, e su b e n tra allora il "p a rtito com unista" come rap p rese n tan te degli interessi storici e della t a t t i c a politica del p r o le ta r ia to id e a l- tip ic a m e n te concepito. In una seconda posizione (Karl Korsch) ci si rifiuta però di se p arare m etodologicam ente il p r o le ta r ia to sociologico, sto r ic a m e n te dato, ed il p r o le ta r ia to filosofico, ricostruito in via id e a l-tip ic a , e si preferisc e im boccare in modo c o e ren te la s tr a d a della "deduzione" delle c a te g o rie teoriche dal co m p o rtam e n to co n c re to dei soggetti sociali collettivi e dai livelli di coscienza che essi via via esprimono. Si t r a t t a di uno sviluppo consequenziale (nelle nuove congiunture storiche del XX secolo) della definizione classico -m arx ia n a di comuniSmo com e "movim ento reale che abolisce lo s ta to di cose p rese n ti" , in contrapposizione all'u to p ism o degli "ideali da realizzare". Sebbene il capolavoro te o ric o del "m arxism o occ id e n tale" sia sta to co s tru ito in base allo svolgimento c o e re n te della prim a posizione (si t r a t t a di Storia e coscienza di classe di Lukàcs, in cui il p r o le ta r ia to fu t r a t t a t o , per la prim a e l'u lti m a volta, come vero "erede" della filosofia classica te d esc a), la seconda posizione e r a indubbiamente più fedele alle istanze "m a te ria lis tic h e " della te o ria marxiana. Non vi e ra solo la "deduzione" delle ca te g o rie teoriche dal movim ento storico reale; ci si trovava di fronte anche ad una "negazione d e te r m in a ta " del marxismo ufficiale terzinternazionalistico, divenuto in te g ralm e n te co p e rtu ra te o ric a (m anipolata dagli ideologi di p a r tito ) dei piani quinquennali staliniani. La storia c o n c r e ta di Karl Korsch è in proposito as soluta m ente para d ig m atica , e la vita di questo com unista te desc o p re se n ta a s p e tti "tipici" del d ram m a del comuniSmo novecentesco, che ricordano le ideali "figure" di una Fenomenologia dello Spirito m arxista del XX secolo: la collaborazione con K autsky nei te ntativi di socializzazione giuridica del capitalism o te d esc o dopo il 1919; il passaggio alla militanza nel comuniSmo te d esc o degli anni '2 0 ; la fronda c r itic a a ll'in te r n o di questo comuniSmo, fino al destino di espulsione ed em arginazione politica; l'ade sione a ll'an arc h ism o politico ed alla fiducia n e l l'a u to a ttiv i tà delle masse e dei consigli operai e contadini; l'em igrazione negli USA e la fiducia nel crollo

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del capitalism o, sotto p o sto alle terribili tensioni degli anni '30; l'abbandono del marxismo, una volta verific ata la to ta le incapacità delle masse e della classe operaia di riacquistare una pur minima c a p a c ità di azione politica indipendente dal sindacalismo neocorporativo o dai p a r ti ti comunisti stalinizzati (se, in f a tti, non c ' è nessun movim ento reale che abolisce lo s ta to di cose presenti, non si vede bene la ragione di m a n ten e re in piedi la finzione dell'esisten z a di un comuniSmo m arxista "privilegiato" nei confronti delle te o rie utopistiche o delle pratich e riform iste quotidiane). Karl Korsch, am ico di B ertolt Brecht e considerato il suo "m a e stro di marxismo", fu anche au to re negli anni '30 di una delle poche monografie su Karl Marx in grado di resistere a ll'u su ra del te m p o (il suo libro Karl Marx è in f a tti ancor oggi leggibile con p ro fitto ). Pochi però in te se ro fino in fondo il significato storico del suo assoluto radicalism o teorico, una s o r ta di "spinozismo sociologico" che non faceva concessioni sulla unità di principio, rigorosam ente monistica, fra storia e te o ria (o meglio, fra processo storico co n c reto ed elaborazione te o rica risultante da una autoriflessione rigorosa dei contenuti del processo storico stesso). Al m aterialism o storico viene n ega to ogni po te re di "tra sc e n d im e n to " del processo storico, in una imm anenza s to ric istic a mai più raggiunta nei pensatori successivi. Dal punto di vista p u ra m e n te teorico, il marxismo occidentale dopo Korsch non può più avere storia, p erc hè la formulazione korsciana è as soluta m ente insuperabile. V arianti annacquate ed incoerenti del korscismo possono invece sopravvivere molto più a lungo, gonfiandosi come palloni nei periodi in cui "le masse si muovono" (in ondate m a ssic cia m e nte m a ssific ate ), ed afflosciandosi lam en to sam e n te quando le masse non si muovono più e si riscompongono in atom i sociali fra m m e n ta ti dalle controffensive c a p ita listich e (29). Non vi è qui lo spazio per studiare queste varianti minori ed incoerenti del rigoroso pensiero korsciano. Esse non presentano comunque alcun interesse teorico. Può invece essere di qualche u tilità ripercorrere la parabola au to d istru ttiv a e l'e s i to nichilistico della sola "formazione ideologica" m a rxista c u ltu ra lm e n te rilevante nella sto ria d e ll'Ita lia degli ultimi decenni: il co siddetto "operaism o italiano". 7. La parabola teorica e l'e sito storico dell'operaism o italiano Vi è un modo, probabilm ente inevitabile, ste rile, di affro n ta re la sto ria del marxismo

ma as soluta m ente italiano: quello di

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e len c are cronologicam ente t u t t i i citta dini con passaporto italiano (o naturalizzati) che si sono occupati di m arxism o negli ultim i anni, fino a cucinare una salsiccia lunga ovviamente alcune c e n tin a ia di metri. Un a ltr o modo, che a t tie n e assai più alla "s to ria del Paese" c h iam a to Italia che alla sto ria del m a teria lism o storico, è quello di fare la storia dei "vincenti" (per cui di T oglia tti si fa la storia, ma di Bordiga si ritiene che non valga la pena di parlarne) oppure la storia di "perdenti" canonizzati dai vincenti stessi che ritengono di poterli utilizzare per loro scopi (tipico il caso dell'uso che di G ramsci, morto nel 1937, fec e Paimiro T og lia tti dopo il 1943). E' questo un modo sicuro per far diventare la "s to ria" qualcosa di inutile e di noioso, una legittim azione del p r e s e n te per mezzo del passato: con tro questa "s to ria" l'invettiva di Nietzsche sa rà sem pre giu stifica ta, e sa rà sem pre inevitabile la te ntaz ione di "azzerare t u t t o da capo". Sono in f a tti molti i " m iti" , asso lu ta m en te ingiustificati, ma resistenti, che girano intorno al co siddetto "m arxism o italiano". Ad esempio, di Antonio Labriola è giusto dire t u t t o il bene possibile (si t r a t t a in f a tti, in senso assoluto, di uno dei più profondi e ricchi pensatori marxisti mai esistiti, meritevole di essere t u t t o r a le tto e studiato), ma è un mito intollerabile quello della sua p resunta "influenza" sul co n c reto movimento operaio italiano (sia nella variante T u ra ti che in quella T o gliatti). Antonio Labriola deve essere (assai più p ro fic uam ente ) studiato com e un p ensatore asso lu ta m en te isolato, senza che questo pregiudichi asso lu ta m en te la sua "grandezza". A differenza di Labriola, G ram sci fu un m arxista che uni r ea lm en te la te o ria e la prassi (com e si suol dire), in p artico la re nel decisivo biennio 1919-20. T uttavia, l'estrapolazione ideologica successiva di ele m e n ti del pensiero gram sciano isolati dal loro co n testo rilevante (come l 'apologia d ell'o p eraio "p ro d u tto re " f a t t a in p a rtic o la re da Giorgio Amendola, ove in Gramsci siano inscindibili gli aspetti "p ro d u tto re " e "rivoluzionario" della figura operaia degli anni '20) ha p o r ta to ad equivoci ed a mistificazioni fra n c a m e n te intollerabili. Dopo il 1945, sem bra allo scrivente che il solo tentativo italiano di considerare il m a teria lism o storico com e possibile u n ità fra te o ria e p r a ti c a sia s t a t a quella costellazione di posizioni definibile come "operaism o italiano". Q uesta tesi può sem brare di prim o ac chito una scandalosa e n o rm ità, e ci a f f r e ttia m o ad arg o m e n ta rla som m ariam ente , esplicitandola: che ne è allora (potrebbe fo n d ata m en te o b ie tta re qualcuno) di T ogliatti e di Ingrao, di Della Volpe e di Colletti, di Badaloni e di Luporini, di Pesenti e di Basso? O ccorre su questo fa re una precisazione. Il cosiddetto

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"m arxismo ufficiale" italiano, dopo il 1945 e la guerra partigiana, si è sviluppato istituzionalizzando e riproducendo in modo allargato una dicotom ia stru ttu ra le: da un lato T ogliatti, il suo p a r tito nuovo ed il suo p rim ato della politica, che possono essere studiati cosi come si studia Cavour e Depretis, Crispi e Giolitti, prescindendo in te g ralm e n te dalla c r itic a dell'eco n o m ia politica; d a ll'a ltr o , u n 'a tt iv ità marxologica di alto livello, quasi esclusivamente universitaria, che ha vissuto "a ll'o m b ra p rotettiva del grande p a r tito " , senza p r a tic a m e n te nessun punto effettiv o di tangenza con esso. Si possono dunque studiare (lo si è f a tto , e lo si farà c e rto ancora) le posizioni gnoseologico-epistemologiche di Della Volpe, l'involuzione significativa di Colletti, la rigorosa filologia marxiana di Luporini, e c c e te r a , in modo as soluta m ente indipendente e se p arato dalle linee politiche co n c rete del PCI e del sindacato, dal rapporto con il ce n tro sinistra al comprom esso storico, dalla treg u a produttiva alla co s iddetta alternativa. E' questa la storia d e l l'a tti v ità culturale e pubblicistica dei marxisti italiani, non ce rto del m arxism o italiano che ha am bito costituirsi com e unità d ia le ttic a fra te o ria e pratiche sociali che si sono volute come a n ti- c a p ita lis tic h e (30). Certo, anche il "m arxism o togliattian o " (che è s ta to in grado di costituirsi e di riprodursi in una vera e propria "formazione ideologica" flessibile e co e ren te ) si è ideologicam ente rife rito a ce rti a s p e tti del pensiero di Gramsci (l'e gem onia, il rapporto fra inte lle ttu a li e masse, il p a r tito com e moderno Principe macchiavellico, la "terza via filosofica" fra il m e ccanicista Bucharin e l'id e a lis ta Croce, la nec essità di " c o m p le ta re " il Risorgimento, e c c e te r a ) in nome di una unità fra la te o ria e la prassi. La nozione soggettivistica di "prim ato della politica", inserita dentro una te m p o ra lità storicistico-cum ulativa, portava però inevitabilmente ad un prim a to della t a t t i c a sulla prospettiva storica (rilevata a proposito di Togliatti dal sem pre inascoltato Lukàcs), fino a quel vero e proprio "suicidio dolce" di ogni id e n tità com unista e marxista avvenuta sotto la s e g re te r ia di Enrico Bqrlinguer, ad un tem po erede legittim o del to g liattism o e suo affossatore inevitabilmente coerente (31). Uno dei pochissimi (forse l'unico) in te lle ttu a li marxisti italiani se ria m e n te paragonabili a Gramsci fu invece Panzieri, anim atore della rivista Quaderni Rossi e p o r ta to re di una serie di idee-forza d estina te a "fare storia" n e ll'Ita lia co ntem poranea. Raniero Panzieri (come Antonio Gramsci) in te r p re ta la c r itic a dell'eco n o m ia politica secondo un approccio duplice:dal punto di vista del "soggetto" enfatizza il prim ato del soggetto stesso in terpretandolo come

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a ttiv ità in a t to (il "c a p ita le " pianifica dunque l'estorsione del plusvalore e dunque program m a c o s c ie n te m e n te la stessa riproduzione del rapporto di produzione, m e n tre la "classe operaia" con le sue lo tte determ in a in ultim a istanza il cap ita le stesso com e suo "residuo oggettivato" in macchine ed in tecnologia); dal punto di vista d e ll'" o g g e tto " a d o tta in te gralm e nte le scienze sociali (in p artico la re l'in c h iesta sociologica e la modellistica del com patibilism o economico della distribuzione dei redditi) sviluppatesi nella società cap ita listica novecentesca. Si t r a t t a dunque di un innesto originalissimo di elem e nti filosofici relativam ente " a rc a ic i" t r a t t i dalla tradizione ita lia na (l'idealism o soggettivo di Giovanni Gentile, a sua volta erede della riform a u ltra soggettivistica della d ia le ttic a hegeliana f a t t a da Spaventa, e c c e te r a ) su di un "corpo" ultram oderno, quello, appunto, d ell'eco n o m ia politica, della sociologia, della psicologia sociale (32). In Panzieri c ' è unità fra la proposta te o ric a , nuova ed originale, e le p ra tic h e politiche e sociali che ne derivavano. La "soggettivizzazione" del c o n c e tto di ca p ita le , pensato "k a n tia n am e n te " com e unità della coscienza della pianificazione globale (dim enticando perciò che non c ' è mai un ca pitale, ma solo m olti diversi capitali in c o n flitto reciproco, in un processo che deve perciò essere pensato com e rigorosam ente im personale), implica n ec essariam en te la speculare "soggettivizzazione" anche del suo antagonista, la classe operaia (ed è questo, l'a s p e tto arcaico, gentiliano) (33). D 'a l t r a p a r te , l'uso massiccio d ell'in ch ie sta sociologica e dei dati economici porta a supe ra re ogni concezione filosoficam ente idealtipica della classe operaia (come in Storia e Coscienza di Classe, in cui il p ro le ta ria to è tra sfig u ra to in una sorta di arc h etip o puro, ed è depurato da ogni inquinamento bassam e nte sociologico ed economico), in vista di un c o n c e tto di "composizione di classe" com e unica form a di manifestazione c o n c r e ta m e n te em pirica della classe operaia stessa (ed è, questo, l'a s p e tto modernizzante, anglosassone). La novità te o ric a della "b re c c ia " di R aniero Panzieri può essere v erificata nella stessa storia degli ultimi v ent'anni in Italia: il p a r tito te o rico "panzieriano" si è realizzato com e p a rtito vittorioso proprio dividendosi e potendo farsi carico della divisione. Ancora una volta, la brillante intuizione di Hegel nella Fenom enologia dello Spirito può essere s to r ic a m e n te verificata in un caso partico la re (34). Un primo p a r tito te o ric o - p ra tic o , nato dalla brec cia panzieriana e poi inte g ralm e n te autonomizzatosi, ha assunto la forma filosofica che p o tre m o in primo approccio definire una variante di "idealismo

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soggettivo". Si t r a t t a della scuola della co sid d etta autonomia del politico: il suo nucleo te o rico è l'esa lta zione della soggettività (come s tr u ttu r a fondante del reale) nella form a più "pura" possibile, senza neppure il problem a d e ll'a n c o ra m e n to della id e n tità ad un p ro g e tto "oggettivo" di transizione (il cui stesso c o n c e tto è anzi respinto). Una simile s tr u ttu r a te o ric a di "esaltazione incondizionata della soggettività "deve necessariam en te p o r ta r e ad un crollo verticale, fa ta lm e n te im m anente, della stessa nozione di "identità" (sprovvista appunto di ogni contenuto "oggettivo"): la conseguenza non può che essere quella di una soggettività che si svuota mano a mano perdendo la sua identità (e, in e f f e tt i, questa forma di idealismo soggettivo oscilla pendolarm ente fra u n 'esaltazione vuota della fo rm a -so g g e tto e la liquidazione sapienziale di ogni id e n tità qualsivoglia di "s oggetto co nc reto") (35). Le conseguenze di questa form a filosofica del discorso idealistico-soggettiva sono molto gravi, su piani assai diversi. In primo luogo, sul piano della ricostruzione storiografica del passato la concezione ipertrofizzante e soggettivistica dell'autonom ia del p olitico p o rta a m istificare profondam ente sia la rivoluzione borghese sia la rivoluzione socialista, che vengono ridotte b ru ta lm e n te alla sola dimensione politica e così svuotate di ogni significato per quanto a ttie n e alla n a tu ra dei rapporti sociali di produzione (36). In. secondo luogo, sul piano della considerazione teorica della politica, l ' enfatizzazione ossessiva della sua c e n tr a lità tole m a ica po rta curiosam ente ad un suo svuotamento in considerazioni di disincanto esistenzialistico o in modellistiche politologiche e sociologistiche (37). In terzo luogo, sul piano, decisivo per lo scrivente, della identità filo so fica di fondo, si è in presenza di una fata le, im m anente tendenza alla autodistruzione nichilistica di ogni id entità fino alla enfatizzazione di una so r ta di "crinale" e di filo teso sull'abisso (38). Un secondo p a rtito te o ric o - p ra tic o , an c h 'e sso nato dalla brec cia panzieriana e poi in te gralm e nte autonomizzatosi, ha invece assunto la form a filosofica che p o trem o in prim o approccio definire una variante di "idealismo oggettivo" (39). Si t r a t t a della scuola della co sid d etta com posizione di cla sse:' i l suo nucleo teoripo è il tentativ o di m a n ten e re .differenziati i due elem enti dell'acc en tu az io n e del p rim ato del soggetto (nella form a d e l l'a tti v ità eversiva prom anante dalla composizione di classe ast rattizz ata d e ll'o p e ra io -m a ssa ) e della autonom a m a te ria lità d ell'esis ten z a d e ll'o g g e tto (la te o ria del valore-lavoro, la classe operaia co n c re ta nella sua d e te r m in a ta composizione tecnica e politica, e c c e te r a ) . L 'e quilibrio è però necessariam en te instabile (40). In fa tti, m entre nel prim o "p a rtito

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te o rico " (in modo co e re n te m e n te suicida) c ' e r a una c e n tr a lità d ell'a ttività pura sganciata da ogni riferim ento oggettivo (che finiva perciò inevitabilmente o nella politologia sistem ica o n e ll'in e ffa b ilità esistenzialistica del crinale cacciariano), qui l'a t t i v i t à stessa, come c a te g o ria filosofica, e n t r a in crisi quando e n tra in crisi la co n c re ta composizione di classe cui si fa riferim ento (41).Si attiva quindi la contraddizione s tr u ttu r a le tipica di questo secondo p artito , che lo p o rta n ec e s sa ria m e n te o ad esiti inte g ralm e n te "m em orialistici" oppure ad esiti integ ralm e n te "utopistici", a seconda se l'in te re sse maggiore venga p o rta to sulla storiografia delle classi subalterne oppure sulla pensabilità filosofica della transizione al comuniSmo, visto com e qualcosa di inte g ralm e n te "a ltro " dal capitalism o borghese (42). Un terzo p a r tito te o ric o - p ra tic o , an c h 'e sso nato dalla brec cia panzieriana e poi inte g ralm e n te autonomizzatosi, ha invece assunto la form a filosofica che p otrem o in prim o approccio definire una variante di "idealismo assoluto" (43). Si t r a t t a di una scuola che p o trem o connotare come propugnatrice di un capitalism o com unista (oppure, ma è lo stesso, di un comuniSmo capitalistico): portando alle e s tre m e conseguenze la tesi filosofica di fondo del marxismo "oc cidenta le", l'id e n tità s o g g e tto -o g g e tto (m a espungendone però la d ia le ttic a e quindi il trasc en d im en to del reale im m ediato), si giunge alla id e n tità integrale fra esistenza della r e a ltà c a p ita listica (nei suoi a s p e tti di produzione, circolazione consumo) e possibilità ontologica della form a di esistenza com unista dentro di essa. Il comuniSmo è l'orizzonte del consumo di beni e servizi privi ormai di "valore" ( - lavoro), fruito da un unico sogge tto collettivo privo di memoria storica; questi beni e questi servizi sono prodotti da macchine in te g ralm e n te autom atizz ate , m entre il soggetto fruitore è a ffid a to alla a u to m a tic ità m acchinica, in te g ra lm e n te p o st-m ode rna , di flussi desideranti. Vi è così una to ta le com presenza (che assume il c a r a t t e r e di id entità, in senso filosofico) fra soggetto (autovalorizzazione di contenuti vitali "com unisti" da p arte di soggetti sociali p o st- d ia le ttic i e post-m oderni) ed oggetto (m a tu rità del comuniSmo fondata sull'estinzione integrale della legge del valore-lavoro). L 'unico e le m e n to "m a te ria le " (chiamiamolo così) della differenza fra capitalism o e comuniSmo è lo scontro soggettivo fra opposte volontà soggettive: da un lato, il potere, cioè il comando capitalistico, form a a ttu a le di t u t t e le p recedenti mostruose form e di po te re della storia, che c e r c a di re-im p o rre l'in fam ia del lavoro produttivo e della legge del valore in una confezione "socialista", quando ormai non rim arrebbe che "consum are" , gratis i prod o tti "senza valore" delle macchine

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post-m oderne; d a l l'a ltr o lato, la potenza, cioè la forza vitale m e ta fisic a m e n te pro m an a n te dai "nuovi" soggetti sociali (giovani, donne, e c c e te r a ) . N onostante le apparenze rizomatiche, aforism atiche, disperse, a c e n t r a te e derealizzanti, questa scuola p re s e n ta un sistem a ferreo di pensiero in cui t u t t o "si tie n e" con e s tr e m a coerenza. Vi è, in primo luogo, u n 'in te rp re ta z io n e di Marx in cui i Grundrisse sono le tti contro il Capitale, con il p r e te s to di leggerli " o ltre " . In secondo luogo, vi è u n 'in te rp reta zio n e d e l l'in te r a filosofia occidentale in cui una p resu n ta linea Macchiavelli-Spinoza-M arx è opposta a quellaH obbes-R ousseau-H egel: la potenza contro il po te re , la differenza contro la d ia le ttic a , il vivo con tro il morto. In terzo luogo, vi è u n 'in te rp reta zio n e della storia del capitalism o com e manipolazione continua da p a r te di una soggettività borghese dispotica e malvagia: dallo s ta to - c o n c o rr e n z a allo s ta to - p ia n o allo sta to - c r is i fino allo s ta to - n u c le a r e - d e i t e r r o r e - e - d e l - r i c a t t o . In quarto luogo, vi è u n 'in te rp re ta z io n e della sto ria del socialismo come progressione f ata le dell'imposizione c o a t t a della legge del valore-lavoro fino al disciplinamento au to rita rio d e l l'in te r a so c ietà ed allo s ta to "a zteco ". In quinto luogo, infine, vi è u n 'in te rp re ta z io n e del comuniSmo come " a ttiv ità a ttu a le " di una sorta di grande "m u ltiform e farfa lla ", soggettività piena, autoespressiva, utopia sin te tic a , sintesi di desiderio ricco e di suo soddisfacim ento tecnologico, in uno scenario (per lo scrivente orribile e mostruoso) da fantascienza p o st-m o d e rn a (44). Come per Heidegger la "ripetizione" della m e tafisica (e non la sua pura "m essa agli atti") è il luogo della possibilità sto r ic o -te m p o r a le del suo "o ltre p assam e n to ", analogam ente il m arxista italiano è c o s tr e tto a " r ip e te re " mille volte le tr e possibili varianti di svolgimento dell'o p eraism o panzieriano, ed in partico la re la terza, in quanto q u e s t'u ltim a incorpora in form a esem p larm en te mostruosa l'e s i to in tegrale della riduzione sis te m a tic a del m aterialism o storico a soggettivismo v italistico-esistenziale (45). La scuola del "comuniSmo c a p ita listico " si vuole a d un tem po c r itic a radicale del socialismo reale ( l'im p ero azteco) e del movimento operaio sto ric o (l'organizzazione c o n tra ttu a le del /valore di scambio eternizzato e g estito dalle c o r r o tte burocrazie sindacali) ed apologia radicale della quarta rivoluzione industriale (com e viene p re se n ta ta dai ca p ita listi stessi: fine del lavoro, te m p o libero illim itato per tu tt i, to ta le informatizzazione della società, pienezza del consumo, nuove soggettività, e c c e te r a ) . Essendo unità di c r it ic a radicale e di apologia radicale essa finisce con il "c onsum a re " ogni spazio interm edio con la vera e propria cultura " ra d ic a le " , che cre sce

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a utonom am ente a ll'in te r n o della r e a ltà ca p ita listic a . La crisi di id e n tità del marxismo italiano è dunque le g a ta con mille fili alle ragioni storiche che hanno p o r ta to al "dispiegam ento" di questa visione del mondo. 8. Il sign ificato storico e teorico della storia del marxismo Si è molto insistito, nella prim a p a r te di questo s c ritto , sul f a tt o che è possibile (e necessario) to r n a r e a Marx, in quanto in Marx non c ' è solo una fondazione sostanzialm ente c o r r e t t a del m aterialism o storico e della c r itic a d ell'eco n o m ia politica, ma c ' è anche una form a filosofica del discorso di tipo ontologico-sociale che "dom ina" altri discorsi, pur innegabilm ente presenti, di tipo g rande -na rrativo e d e te rm in is tic o -n a tu ra lis tic o . R itorno a Marx, dunque, possibile, nel duplice senso disciplinare e filosofico. Tuttavia, questo ritorno a Marx non po trà avvenire mai in form a diretta, ma soltan to attra v e rso il necessario passaggio della de-costruzione (o, se si vuole, della d e - stru ttu ra z io n e ) dei marxismi s to ric a m e n te costituitisi negli ultim i ce n to anni. Non può essere in fa tti casuale che c e n t'a n n i di marxismo abbiano pro d o tto una situazione sto ric a in cui appare chiaro che il program m a marxiano di c r itic a dell'eco n o m ia p o litica non ha potu to realizzarsi a f f a tt o . E non è neppure un caso che pensatori epocali del Novecento (com e Weber ed Heidegger, di cui ci occuperem o nella terza p a r te di questo sc ritto ) siano giunti alla conclusione che questo program m a non è realizzabile perchè è ontologicam ente impossibile, in quanto "m eta fisico " (anche se Weber e Heidegger danno al te rm in e "m e ta fis ic a " due significati assolutam ente ■opposti). D im ostrare la possibilità " a s t r a t t a " ed atem porale della realizzazione del comuniSmo, prescindendo dall'esp e rie n za storica, è per un m a rx ista serio una s tr a t e g ia te o ric a asso lu ta m en te suicida. * La "ripetizione" (usiamo co s c ie n te m e n te questa espressione heideggeriana) della storia ( m e ta fisic a ) dei marxismi novecenteschi p o rta purtroppo a prendere a t t o d e ll'e s e m p la rità non casuale di due esiti opposti ma convergenti: per il marxismo o rientale, l'assunzione* del socialismo reale com e orizzonte intrascendibile, non suscettibile di transizione al comuniSmo (anche se l'ideologia ufficiale "finge" che questa transizione sia anc ora un orizzonte possibile), da gestire con metodi sistem ici di riduzione della com plessità sociale; per il marxismo occid e n tale, l'assunzione del capitalism o reale com e orizzonte intrascendibile, da consum are però in modo com unista attivando l'im m ag in a rio sociale, i flussi desideranti, ed i cosiddetti nuovi soggetti.'

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Questo esito non è un "destino", ma è indubbiamente un "evento epocale". Sul piano teorico, nulla è più inutile d e ll'o ttim ism o messianico-sociologico, che continua a procla m are che le masse ed il loro movimento "caveranno le ca stagne dal fuoco"ai te o rici,ch e la teoria e la riflessione filosofica non sono a f f a tt o necessarie, in quanto le "m asse" sono di per se lo scrigno del passato, del prese nte e del futuro. La storia del marxismo è indispensabile, perchè solo attraverso la "ripetizione" di esiti sto r ic o -te o r ic i, in p a r te contingenti, in p a r te p re d e te rm in a ti, si potranno aprire spazi, per un reale tr asc en d im en to s to r ic o -te o r ic o di questi esiti stessi. In questo senso, è istruttivo sia lo studio di "formazioni ideologiche" che hanno coinvolto milioni di persone (come l'evoluzionismo kautskiano, il m aterialism o d ia le ttic o staliniano e lo storicism o politicistico to gliattiano) sia lo studio di pensatori isolati e privi di influsso p ra tic o , ma radicali ed esem plari nella loro posizione te o rica (come Karl Korsch, Amadeo Bordiga o Anton Pannekoek). Sono inoltre spesso le estremizzazioni più c o e r e n te m e n te ripugnanti (e lo scrivente considera tali, ad esempio, la giustificazione cosmologica dei processi di Mosca f a t t a dal Diam at oppure la coniugazione del comuniSmo con la distruzione po st-m o d e rn a della storia, della mem oria e della d ia le ttic a ) quelle che ci insegnano di più, in quanto non si nascondono o p p ortunistica m ente in una pappa di parole, di distinguo, di felpate allusioni, ma mostrano allo scoperto "che cosa avviene" al m aterialism o storico quando lo si sottopone a demenziali te ra p ie ortopediche. La ripetizione te o ric a della storia dei marxismi novecenteschi è però a n c h 'e s s a insufficiente. O ccorre in te g rarla con lo studio di quelle filosofie "borghesi" (che non hanno mai dichiarato di voler essere "m arx iste " o "com uniste") che hanno finito con l'a f f r o n ta r e anc h 'e sse il nodo teorico di cui ci stiam o occupando: l'a p p a re n te intrascendibilità dell'universo sociale capita listico , la sua resistenza ai cam biam enti, il fallim ento delle str a te g ie soggettivistico-attivistiche di uscirne fuori, la spiegazione del perchè l'u n ic a cosa che sembra " f a t a le " nel XX secolo è la "ripetizione" di una tem p o ralità sto ric a che se m b ra im personalm ente im perm eabile a qualsivoglia s tr a te g ia di trasform azione cosciente. Ci occuperem o in questa o t t i c a di Martin Heidegger, in quanto ci sembra essere sta to il te o ric o novecentesco che, sia pure in form a m e tafo rica e non riconoscibile a prim a vista, ha più radicalm ente tem atizz ato il capitalism o com e unità di alienazione integrale e di intrascendibilità stru ttu ra le.

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NOTE 1. In Italia, in cui in questa fase storica prevale il disprezzo più to ta le per la dete rm inate zza dei c o n ce tti marxiani, la scuola pavese di Fulvio Papi continua a m e t t e r e al c en tro del suo interesse il c o n c e tto .di "modo di produzione" (cfr. Silvana B orutti, Il modo di produzione capitalistico in Marx, Zanichelli, 1976). Per sem plificare, potrem m o distinguere due grandi approcci definitori alle nozioni di modo di produzione e di formazione econom ico-sociale: la prima, che enfatizza il ruolo s tr a te g ic o dei rapporti di produzione nei confronti di quello di forze produttive (cfr. Gianfranco La Grassa, Struttura econom ica e società, Editori Riuniti, 1973); la seconda, che enfatizza maggiormente il ruolo s tr a te g ic o della "crescita delle forze produttive" (cfr. Maurice Godelier, Modo di produzione e formazione econ om ico-sociale, in Enciclopedia Einaudi). 2. La soluzione della "questione di Stalin " in base alla quantificazione dei pezzi (70% buono, 30% cattivo) è s t a ta una vera e propria sciagura per coloro che la hanno presa sul serio. La considerazione genealogica e d ia le ttic a dello stalinismo è s t a ta cosi in te g ralm en te sostituita dall'attribuzione dei voti e delle percentuali, che ricorda molto i "voti" che i giornali sportivi danno ai giocatori di calcio dopo le pa rtite , e che sono quanto di più arbitrario e soggettivo ci si possa immaginare. Si veda in proposito la bella messa a punto di Patrick Tissier, Chine: l'im possible rupture avec le stalinism e in Les Temps Modernes, 394, 1979. 3. Il c once tto di "formazione ideologica" è am piam ente usa to da Charles Bettelheim nella sua fondamentale opera in più volumi Le lotte di classe in Urss (Etas Libri, 1975 e 1978). Lo sforzo di B ettelh eim è di m ostrare come l'orig inale pensiero marxiano, filtra to prima da Kautsky e Plechanov e poi da Lenin, si a r tic o la infine in una "formazione ideologica bolscevica" (che si vuole "m arx ista " e fonda anzi una sua ortodossia) che infine si autonomizza c o m ple ta m e nte dalla c r itic a dell'e conom ia politica, divenendo "economia politica" della costruzione di un capitalism o burocratic o di s ta to fa tto passare con falsa coscienza necessaria per socialismo, società ■ di transizione al comuniSmo marxiano. A sua volta, questa "economia politica del socialismo" si duplica in una filosofia m etafisico-cosm ologica della natura, c h ia m ata "m ate ria lism o d iale ttico", ed in un normativismo giuridico a u to ritario , che si lascia alle spalle lo stesso garantismo giuridico borghese. Nel terzo volume (in due tomi) de ll'o p e ra (per il m om ento-1983- non ancora disponibile in lingua italiana) Bettelheim lascia p r a tic a m e n te cadere l'impostazione pre ce dente , in c e n t ra t a sull'uso sistem atico del c o n c e tto di "rapporto di produzione capitalistico" per connotare l'U rss (sulla base dell'articolazione della divisione sociale del lavoro dom inata da un approfondimento specifico della divisione tecnica capitalistica del lavoro), per a derire di f a tto ad una visione dell'Urss come dispotismo di tipo asiatico. Non si può, in proposito, dim enticare llesito negativo e la sc o n fitta sto rica della linea di Mao Tsetung in Cina, cui B ettelh eim e ra legato nel m omento in cui scrisse i primi due volumi dell'opera, e che ai suoi occhi rappresentava la "c r it i c a p ra tica " dello stalinismo. Un'appassionante discussione sull'uso p ra tico del c o n ce tto di "formazione

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ideologica" si ha in B e tte lhe im -L inha rt. Débat sur le marxisme e t le léninisme, rivista Communisme, 27-28, 1977. L inhart si m ostra qui c apace di migliorare, articola re e concretizzare in positivo il c o n c e tto di "formazione ideologica". 4. Lo stesso scrivente, ovviamente, non si considera a f f a t to un "m arx ista . ortodosso". Una simile auto-attribuzione vanificherebbe il significato teorico di questo scritto. Non esistono, infatti, i "m arxisti ortodossi". Lo scrivente c e r c a fa ticosam e nte una sua strada (e dispera di trovarla se il suo cam m ino fosse destinato a non incrociare mai altri sentieri percorsi da a ltri) verso un "m arxism o a u te n tic o ", che si c a r a tte riz ze rà inevitabilmente a ll'in te rn o di una "formazione ideologica" d e te rm ina ta . 5. Vi è qui una situazione analoga a! d ib attito fra "internisti" ed " e stern isti" nella storia della scienza. Gli "e sternisti" hanno m etodologicam ente ragione, anche se spesso sono forza tam e nte imprecisi nel d e tta g liare gli a spe tti più propriam ente formalizzati delle teorie scientifiche (e qui gli "internisti" sono talvolta più convincenti). Anche le formazioni ideologiche hanno a spe tti teorici che non sono a f f a t to deducibili dai "m andato sociale" e stern o (Kautsky non pensa c erto su "comando" della direzione della Spd, ma è chiaro che è qu e st'u ltim o l 'a s p e t t o dominante della questione). 6. Per capire questo f a tto è pa rtico la rm e n te utile il già c ita to Dizionario Marx Engels, Zanichelli, 1983. 7. Aproposito della c it a t a Storia del Marxismo Einaudi sono infatti possibili almeno q u a ttro o cinque diversi "percorsi di l e t t u r a " , t u t t i legittimi. 8. E strem am e n te d e tta g liata e ricca di informazioni è in proposito la fondamentale monografia di Marek Waldenberg, 11 papa rosso Karl Kautsky, Editori Riuniti, 1981. 9. Pressoché definitivo è in proposito il saggio di Georges Haupt, Marx e il marxismo, in Storia del marxismo, Einaudi, I. Molto utili sono anche i saggi di Andrea Panaccione e di Richard J. G e ary in Storia del marxismo contemporaneo, Feltrinelli, 1974. 10. Si veda Massimo L. Salvadori, Kautsky e la rivoluzione socialista, Feltrinelli, 1976. Salvadori e ra interessato (e l'anno di edizione del libro è significativo) a dim ostrare che Kautsky, e non c e r to Gramsci (cui Salvadori dedicò studi a c c u r a ti) , fu uno dei precursori del cosiddetto "eurocomunism o", come sintesi di socialismo econom ico e di democrazia politica. Salvadori ha ragione, nel senso che Gramsci rappresenta una variante del marxismo terzin ternazio nalistico (in cui l'egem onia del moderno principe non è p e n sa ta dentro le forme della democrazia politica p a rla m e n ta re pluripartitica), m entre Kautsky fece sempre esplicitam ente coincidere la d itta tu r a del p ro letaria to con la maggioranza pa rla m e ntare "proleta ria ". Ha, se è possibile dirlo, doppiam ente ragione, nei confronti del concordismo furbesco e del trasform ism o teorico, di chi allora volle vedere in Gramsci un "p recursore del compromesso storico". A distanza però di pochi anni la vera e propria estinzione pre coc e del "compromesso storico" ci fa capire meglio che la miseria del p r o g e tto non meritava in fondo la mobilitazione t e o r ic a di personaggi pur sempre degni come Gramsci e Kautsky. 11. Si veda Iring Fetscher, Il marxismo (tre volumi), Feltrinelli, 1970. Il

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saggio di Lukàcs cui si è f a tt o cenno è II Trionfo di Bernstein, pubblicato nel 1924 (ora in Lukàcs, Scritti politici giovanili, L aterza, 1972). 12. Per comprendere il c a r a tt e r e s t r u t tu r a l e della te o r i a kautskiana nel de te rm ina re la funzione dell'ideologia nella Socialdemocrazia ted e sc a fino alla prima guerra mondiale consigliamo il t u t t ' o r a insuperato te s to di Erich Matthias, Kautsky e il kautskismo, De Donato, 1971. Nel fondamentale libro di Ferruccio Maggiora, Il dibattito sull'econom ia nell'am bito del marxismo, Loescher, 1978, vi è forse qualcosa di ancora più im portante: il chiarim ento di come la generica "idea" di crollo del capitalismo, siste m a tic a m e n te divulgata dalla formazione ideologica kautskiana, abbia prodotto e f f e t t i molto più devastanti della esplicita "teo ria " del crollo del capitalismo (ad esempio, Rosa Luxemburg). Q u e st'u ltim a può infatti essere almeno individuata, discussa, f a t t a oggetto di polemiche e di obiezioni, m entre la prima ingenera un "senso comune" crollistico, che è l 'a l t r a fa ccia del "senso comune" ottim istic o sulla c resc ita continua della coscienza proletaria. 13. E' questa una c a r a tt e r is ti c a che possiamo trovare nelle tendenze teoriche più disparate. Nello scientism o a rro g a n te di Lucio Colletti, ad esempio (cfr. Tra marxismo e no, Laterza, 1979 e Tramonto dell'ideologia, Laterza, 1980), è c o stan te la tendenza ad istituire una linea continua, viziata di m etafisica antiscientifica e t o ta l it a ri a , da Schelling ad Hegel ad Engels a Lenin fino a Stalin, per finire nei sessantottini c ritici romantici della società industriale (Cini, B aracca, T onie tti, e c c e t e r a ) . Nessuna storicizzazione è cesi possibile, poiché Colletti mostra di ignorare (fra le a ltr e cose) anche il "valore di posizione" dei c o n ce tti filosofici nelle congiunture storiche d e te rm in a te . E ' curioso, tuttavia, che molti marxisti italiani ostili allo scientism o c olle ttiano (appunto Cini, Baracca, Sbardella, e c c e t e r a ) cadono nella stessa tentazione, spinti dal duplice in te nto di salvare Marx e di condannare Stalin. 14. I marxisti occidentali odierni (nelle varianti sa rtria n e, marcusiane, e c c e t e r a ) saranno indubbiamente orripilati d a ll'id e a di avere Engels come progenitore, così come a suo tem po il vescovo anglicano Wilberforce fu orripilato d a ll'id e a di avere una scimmia come progenitrice. Ma giunge sem pre il m om ento dèi disincanto, com e disse bene Max Weber. 15. Un esempio di le t t u r a intelligente dell'Antiduhring (che lo scrivente raccomanda c ald a m e n te al le t t o r e ) è contenuto nel saggio di Michael Vester, Quando i professori litigano, in Aa.Vv. L'Antiduhring: affermazione o deformazione del marxismo?, Angeli, 1981. 16. A proposito degli s c r itti filosofici di Lenin, lo scrivente consiglia di utilizzare il volume III delle Opere S c e lte (in sei volumi) delle edizioni Progress-Editori Riuniti, 1973. 17. Come già. nel caso di Engels, non si t r a t t a d i . dare p a te n ti di ortodossia filosofica. Lenin è s t a to m um m ificato com e un faraone egizio, e composto per l'adorazione ritu ale sulla piazza rossa di Mosca. I filosofi sovietici dissidenti, che vogliono aprire uno spazio per il pensiero indipendente nella cam icia di forza d e ll'"ortodossia " leninista sovietica, sono ovviamente c o s t r e t t i a chiosare singole frasi e singole "p a r o le tte " di Lenin in funzione antidogm atica. T uttavia , Lenin è s t a t o t r a s f o rm a to in mummia da Stalin, e non è d ir e t t a m e n t e responsabile. Anche n e ll'a n tic o E g itto la c as ta dei

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sacerd o ti aveva bisogno (m a te ria listic a m e n te ) della mummia del faraone, ed anche nel medioevo la c o rp o re ità delle reliquie e ra p re fe rita ai vaporosi discorsi filosofici sul logos. 18. Si veda in proposito Dom inique L ec o u rt, Lenin e la crisi delle scienze, E ditori R iuniti, 1974. 19. Si veda in proposito R aya Dunayevskaya, F ilosofia e rivoluzione, F e ltrin e lli, 1977 (in p a rtic o la re pagg. 106-131). 2 0 . Si veda Giovanni B ottiroli, La contraddizione e la differenza, G iappichelli, T orino, 1980. B ottiroli è anche a u to re di " le ttu re " o rie n ta te del pensiero filosofico di Mao T setung e del pensiero psico an alitico di Lacan. 21. Si cade in questo modo v ittim a di una illusione eguale e c o n tra ria , che defin irem o "illusione d e fin ito ria ": appiccicando u n 'e tic h e tta su di un fenom eno sto rico si pensa così di "possederlo", e di aver fa tto i conti te o ric i con esso una volta per tu tt e . 22. Come so ste rrem o con forza n ella terz a p a rte di questo sc ritto , è appunto n ella ra d ic a lità del "m onism o te o re tic o " (c ap a ce di legare insiem e la so lid arie tà se g re ta , che si p re se n ta com e dualism o insanabile, delle c o sid d ette c u ltu re um anistica e sc ien tific a) che M artin H eidegger ha una sp e c ifica e d e te rm in a ta "su p erio rità " su p en sato ri neokantianam ente dualisti (ad esem pio Max W eber, ma anche Jurgen H aberm as). 23. La le tte r a tu r a secondaria sul "m arxism o o c cid en ta le " è vastissim a. Si segnala in q uesta sede so lta n to il saggio, docu m en tato e preciso, di Lubom ir Sochor, Lukàcs e Korsch: la discussione filosofica degli anni '20, in Storia del Marxismo, III, I (c it.). 24. In modo a cu to ed in te llig e n te A lexandre A dler in te rp re ta u n 'in te ra tendenza della cu ltu ra sovietica com e un grande te n ta tiv o (sc o n fitto sul piano sto rico , ma ricco di insegnam enti per noi oggi) di opporre al soggettivism o m anipolatorio del Diamat una ric e rc a , p e r nulla a sto ric a ita anzi assai d e te rm in a ta , delle " re g o la rità e dei ritm i oggettivi d e ll'e siste n z a , so p ra ttu tto là dove questa sem bra quasi del tu tto priva di razionalità evidente". A dler c ita in proposito i romanzi di Bulgakov, la ric e rc a di Vigodskij per una psicologia razionale di ispirazione fenom enologica, fondata su e le m en ti sem an tici prelin g u istici, i lavori della scuola di B achtin nel cam po della sociologia d ella le tte ra tu ra , e c c e te ra . Secondo A dler, gli o g g e tti n o e tic i di q uesta ric e rc a di razionalità sovietica sono p re cisa m e n te quelli che il p o tere politico tra s c u ra o respinge: il folklore contadino (V ladim ir Propp), il m erc ato agricolo e il suo sistem a di prezzi oggettivam ente d e te rm in a ti (K ondratiev e Feldm an), la sto ria degli in te lle ttu a li russi e del loro posto n ella v ita nazionale (Tinjanov e Sklovskij), l'o ttim izzazione d ella produzione in una so c ie tà ad a lto ritm o di sviluppo tecnologico (K antorovic), la te o ria c ritic a delle utopie le tte ra rie , del linguaggio c o rre n te e del freudism o (B achtin e la sua scuola). E si potreb b ero qui aggiungere, secondo lo scriv en te, anche gli studi m arxologici di Rubin sulla te o ria del valore. Si veda A lexandre Adler, Politica e ideologia nell'esperienza sovietica, in Storia del marxismo, Einaudi, IV. 25. Così com e i pensatori u fficiali erano c o s tr e tti a m etaforizzare il c o n te n u to politico -d isp o tico dello stalinism o in "c aso p a rtic o la re " di una cosm ologia generale d ia le ttic o -m a te ria lis tic a , analo g am en te i p en sato ri di

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opposizione dovevano m etaforizzare il loro dissenso (la sto ria bizantina com e c ritic a del dispotism o sta tu a le , la logica m a te m a tic a com e c ritic a del Diamat, la sem iologia com e p ro te s ta co n tro la degradazione della lingua a ttra v e rso la strum entalizzazione p ropagandistica, la sociologia com e accusa verso l'irra z io n a lità dei processi decisionali, e c c e te ra ). Su questo tem a ha pagine convincenti A. Adler (c ita to n ella n o ta p re ce d en te ). 26. Si veda R. Di Leo, Il modello di Stalin, F e ltrin e lli, 1977. 27. N ella q u a rta p a rte di questo sc ritto , parlando dello specifico approccio di E rnst Bloch al giusnaturalism o, arg o m en terem o com e il rilancio di q u e st'u ltim o sia una reazione determ inata ai c o m p o rtam e n ti, di tipo sovente fe u d a le -a sia tic o , della nuova borghesia b u ro c ra tic a di s ta to e del suo modo dispotico e stra cc io n e di g e stire la "cosa pubblica". Si t r a t t a però, a p a rere dello scrivente, di un'apparenza necessaria a livello del consumo e della circolazione (in cui e ffe ttiv a m e n te la borghesia b u ro c ra tic a del socialism o reale appare m eno e ffic ie n te e più arro g an te d ella vecchia borghesia idealtip icizzata del c ap italism o o tto c e n te sc o - che p e ra ltro non e siste neppure più in O ccid en te, - e si vedano le sp ic ca te tendenze crim inali di gran p a rte d ella borghesia ita lia n a c ontem poranea), dovuta al fa tto che la "produzione" è invece p e n sa ta com e n e u tra le e na tu ra le . 28. Lo scrivente considera in proposito n e cessaria la le ttu ra d e ll'o ttim o saggio di Johann P. Arnason, Prospettive e problemi del marxismo critico nell'E st europeo, in Storia del Marxismo, Einaudi, IV. Arnason espone in modo p a rtic o la rm e n te preciso le diverse " le ttu re " delle so c ie tà a socialism o reale f a tte dai m arxisti c ritic i ungheresi (K onrad-Szelenyi, B ence-K is, la scuola della " d itta tu ra sui bisogni", cui va la sua approvazione). Comune a t u tt e q ueste scuole, è il rifiu to della te o ria "occid en tale" che connota le so c ietà del "socialism o re ale" com e so c ietà in te g ralm en te c ap italistic h e. Vi è qui in problem a di com unicazione in te lle ttu a le e sociale (n ell'u so delle c ateg o rie m arxiste) che non può essere a ffro n ta to se riam en te qui. 29. Lo scrivente dà qui una nozione specifica e precisa di "m arxism o o c cid en ta le ", per forza di cose idealtipicizzata: Karl K orsch ra p p resen ta il ’ punto più a lto e più c o ere n te di un in te g rale vicolo cieco; proseguendo per la sua stra d a c 'è solo l'abbandono c o ere n te del m aterialism o storico, oppure l'ip o c risia e la doppia v e rità p erm an en te d e ll'o p eraism o populistico-sociologico. Ci sem bra invece m eno feconda la nozione di "m arxism o o c cid en ta le " inteso com e m arxism o degli in te lle ttu a li universitari che teorizzano su di un m aterialism o sto ric o scollegato stru ttu ra lm e n te ad una prassi a d eg u ata di m assa (c fr. P erry Anderson, Il dibattito nel marxismo occidentale, L aterz a , 1977); questo tipo di m arxism o è c a ra tte ris tic o . anche (e so p ra ttu tto ) di quei m arxisti "o rien ta li" che rifle tto n o c ritic a m e n te sul socialism o reale senza essere però in grado di innescare alcuna prassi rivoluzionaria (e riguarda perciò la Cina e l'U n g h e ria , la C ecoslovacchia ed il V ietn am ). Il m arxism o occid en tale non è allo ra una c a te g o ria g eo g rafica (pensiero ad Ovest della V istola e della Moldava) oppure di sociologia degli in te lle ttu a li (pensiero a d a tta to agli standards di riconoscim ento della com unità universitaria degli scienziati sociali),- ma rap p re se n ta una possibilità sto ric a di sviluppo

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del m aterialism o sto rico (che a nostro p a re re è da abbandonare e da so stitu ire integralm ente con l'o n to lo g ia sociale). 30. Lucio C o lle tti (c fr. Intervista p o litico-filosofica, L aterza, pp. 15-16) c hiarisce m olto bene tu tto questo: "D ella Volpe ste sso e ra un in te lle ttu a le di vecchio tipo, che ebbe sem pre com e base che dovesse esserci una divisione del lavoro tr a te o ria e p o litica . La p o litica doveva essere la s c ia ta ai politici di professione". Ogni paragone fra un fenom eno esclusivam ente teo rico (com e il dellavolpism o) ed un fenom eno p ra tic o -p o litic o (com e l'o p era ism o panzieriano) è privo di qualsiasi significato. 31. M entre abbondano, in Italia, le analisi po litich e, sto rich e e politologiche sul Pei degli anni '70 e dei prim i anni '80 e sul significato della se g re te ria di E nrico B erlinguer in rapporto alle c o n c re te "linee p o litich e" (dal com prom esso sto rico a ll'a lte rn a tiv a d e m o c ra tic a ), m anca una. riflessione approfondita sulla dissoluzione c u ltu rale dell'universo c u ltu rale to g lia ttia n o che si b avuta in questi anni. T o g lia tti cercò sem pre di "governare" e di "a m m in istrare " il pluralism o c u ltu rale del Pei, riportando le varie c u ltu re (da G eym onat a Sereni, da A licata a Della V olpe, e c c e te ra ) ad una "id e n tità c u ltu rale di fondo" riconoscibile ed anche "spendibile" nella b a tta g lia delle idee. Luigi Longo c re d e tte di p o ter am m in istra re il to g lia ttism o in modo contin u istico (anche se fu cap a ce di a tti coraggiosi, com e la condanna d e ll'in te rv e n to sovietico in Cecoslovacchia nel 1968 e la sostanziale adesione ai con ten u ti radicali del m ovim ento stu d en tesco d e ll'e p o c a ), e ne preparava in questo modo la fine. B erlinguer è invece un esem pio di "p olitico puro", che p o rta alle e stre m e conseguenze il to g lia ttia n o p rim a to della p o litica (ta ttic a m e n te concepito) com e separazione in teg rale d a ll'id e n tità teo ric a e c u ltu rale : il to g lia ttism o esplode dunque anche c u ltu ra lm e n te in m ille pezzi, dal d em ocraticism o m etodologico e pred icato rio di Ingrao a ll'o rg an ic ism o in te g ralistico di Rodano, dal n e o co n trattu alism o di V eca al nichilism o in te g rale di C acciari, d a ll'iste rism o politologico di T ronti a ll'e c le ttis m o privo di principi di T o rto re lla . C ento fiori possono fio rire , in aiuole a c c u ra ta m e n te re c in ta te . 32. Lo scrivente ha a n tic ip a to q u esta le ttu ra di Panzieri in Metamorfosi, 2, A ngeli, 1980. L 'o p eraism o è s ta to m etodologicam ente a ffro n ta to com e "form azione ideologica o p e ra ista " , sulla base della quale avvengono poi le divisioni e le scissioni. Nel saggio di M etamorfosi si parlava di due operaism i risu ltan ti dallo sdoppiam ento d e ll'o rig in a ria u nità instabile panzieriana: l'o p eraism o di destra, evoluto nella c o sid d etta autonom ia del p olitico, ideologia e so terica del c e to politico stra cc io n e che cercò di fare lo sg a m b etto alla De sul te rre n o del com prqm esso sto rico (finendo con le ossa ro tte , d a ta la m aggiore c a p a c ità d ella De di governare le contraddizioni della so c ietà civile c a p ita lis tic a ), e l'o p era ism o di sinistra, evoluto nella cosiddetta autonom ia del sociale, ideologia del cosiddetto "m ovim ento del 1977", confusa reazione al p ro g e tto del com prom esso sto rico stesso.In questo m odo eran o sa c rific a ti quegli , "o p e raisti" che avevano c o ntinuato a collocarsi al fianco degli "operai c o n c re ti" (Bologna, Revelli, la rivista Primo Maggio, e c c e te ra ), di cui invece si fa qui cenno. 33. Lo scrivente condivide qui la c ritic a a Panzieri f a tt a da G ianfranco La G rassa (c fr. Dalla fabbrica alla società. L 'ideologia della pianificazione globale del capitale, in Aa.Vv. Circolazione e form e del politico, Angeli,

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1980). Il pensiero di Panzieri è troppo c o e re n te e radicale p e r essere rid o tto a sem plice istanza a u to g e stio n ale-d e m o cra tic a (com e fanno alcuni in te rp re ti, com e M ancini, M angano, R ieser). La com prensione panzieriana del fa tto che il "c a p ita le " non è una "c o sa ", ma un "ra p p o rto sociale di produzione" viene d e clin ata (già nello stesso Panzieri, ed ancor più negli o peraisti successivi) com e rapporto fra due so g g etti in "opposizione reale": il com ando c a p ita listic o contro il co m p o rtam en to collettiv o p ro le ta rio in fabbrica. In questo modo, fra l'a ltr o , il c o n c e tto di "crisi c a p ita lis tic a " è rid o tto a quello di "opposte volontà c onfliggenti" (chiave per capire fenom eni com e la co sid d etta "scuola di M odena", che negli anni '70 ha am bito a funzionare com e "consigliere econom ico del sin d a ca to " sulla base di un m arxism o rid o tto al pensiero di Sraffa e di R icardo). E ' un fa tto curioso, anche se del tu tto secondario, che Lucio C o lle tti, nem ico furioso dell'o p eraism o teo ric o e p ra tic o , abbia d ed ic ato gran p a rte delle proprie energie teo rich e a c o m b a tte re la nozione di "contraddizione d ia le ttic a " in nom e della nozione di "opposizione re a le " , e s a tta m e n te , cioè, in nome della nozione chiave u sata dagli o p e raisti ste ssi. Si veda, su questo, la predica nel d e se rto di C. Preve, Le sventure della d ialettica, in "U nità P ro le ta ria ", 1-2, 1981. 34. H egel si esprim e in questo modo: "Un p a rtito prova a se stesso di essere il p a rtito vincitore solo in quanto si scinde a sua volta in due p a rtiti. In e f fe tti, m ostra così che possiede in se ste sso il principio che fino a poco prim a com batteva e che ha soppresso la u n ila te ra lità con la quale e ra e n tra to in scena a ll'in iz io . L 'in te re ss e che si era sp e z ze tta to all'in izio fra lui e l'a ltr o s'indirizza adesso in te ra m e n te a se ste sso , e dim entica l'a ltr o , dal m om ento che questo in te resse trova in lui solo l'opposizione che lo assorbiva. N ello stesso tem po tu tta v ia l'opposizione è s ta ta elev ata nell'.elem ento superiore vittorioso e ci si p re sen ta d en tro so tto una form a c h ia rific a ta . In questo modo, lo scism a n a scen te in un p a rtito , che assom iglia ad un infortunio, m anifesta p iu tto sto la sua fo rtu n a" (c fr. H egel, La phénoménologie de l'esprit, A ubier, t. II, p. 123). 35. Principali esponenti di questa tendenza sono s ta ti in Italia Mario T ronti, A lberto Asor Rosa, M assimo C acciari. O ccorre dare atto a questi teo rici di aver re a listic a m e n te d iagnosticato la to ta le incapacità del sociale, visto nella sua ap o litica autonom ia, a re siste re e so p ra ttu tto a vincere c ontro l'iniziativa c a p ita lis tic a quando q u e s t'u ltim a decida di sceg liere il te rre n o del "p olitico". Vi è indubbiam ente qui un a sp e tto m olto "len in ista" (assai superiore al c h ia cc h e ric cio luxem burghiano sul "sociale che si socializza" a u to m a tica m en te e sp o n tan eam en te in direzione com inista, m entre il "politico" sarebbe pura su p erfetazione p a ra ssita rla ed in au te n tica ). T uttavia, la ste ssa e ffe ttu a lità del politico non può e sse re pensata (e tantom eno a g ita ) se il politico stesso è sra d ica to dalla sua base sociale e dalla sua id e n tità sto ric a , e rid o tto ad un insiem e di tec n ich e neu tre. Ad esem pio, l'e s a lta z io n e f a tta da T ronti della dicotom ia (sviluppata in p a rtico la re da S ch m itt) am ico/nem ico coincideva sto ric a m e n te con la politica di com prom esso sto rico , che di fa tto scioglieva l'id e n tità opposizionale destra/sinistra in una m istificazione u n ita ria (il popolo italian o d e m o c ratica m en te ra p p re se n tato dai p a rtiti e dai sin d acati, da un lato , c ontro la crisi econom ica ed il terro rism o dem enziale, d a ll'a ltro ).

102 L 'irrig id irsi della dicotom ia sch m ittian a senza neppure la fondazione ontologica del senso che dovrebbe leg ittim are q uesta dicotom ia p o rta alla crisi irreversibile di q uesta form a di idealism o soggettivo. 36. Si veda, ad esem pio, Mario T ro n ti, Stato e Rivoluzione in Inghilterra, Il Saggiatore, 1977, e R ita Di Leo, Il modello di Stalin, F e ltrin e lli, 1977. Il Crom well di T ronti e lo Stalin della Di Leo non sono c e rto figure sto rich e c o n c re te , ma sem plici m eta fo re filosofiche (in te g ralm en te id ea listico -so g g ettiv e ) della p o litica com e " a rte del governare". In e n tram b i i casi il conten u to m a te ria le dei rapporti di produzione è considerato irrile v an te, m entre giganteggia in prim o piano il "personaggio". E ' chiaro che nè per T ronti nè per la Di Leo il problem a dei rapporti di produzione ha il minimo sig n ificato . Si t r a t t a per loro di pura scolastica m arx ista, n u li'a ltro . 37. Si veda M. T ro n ti, Il tempo della politica, E ditori R iuniti, 1980, ed A. Asor R osa, La fe licità e la politica, in Laboratorio Politico, 2, 1981. La nevrotica insistenza sulla c e n tra lità assoluta d e ll'a g ire politico sulle a ltre dim ensioni della vita um ana si rovescia inevitabilm ente nelle considerazioni d isin ca n tate sulla "po litica che non dà nessuna fe lic ità " . Nella rivista Laboratorio politico, che esce da due anni sulle m acerie del com prom esso sto rico , la politica è p e ra ltro in te g ralm en te dissolta in politologia ed in sociologism i di varia n a tu ra . Il m assim o di idealism o soggettivo, in filosofia, si unisce con il m assim o di scientism o e di positivism o n e ll'a p p ro c c io con le scienze sociali. Non c 'è tu tta v ia , in questo, niente di stran o (e si rim anda qui ancora una volta alla nozione lucacciana di so lid arie tà a n tite tic o -p o la re fra esistenzialism o e neopositivism o). 38. Su questo punto è istru ttiv o l'itin e ra rio filosofico di Massimo C acciari. P a rtito da una interp retazio n e d e lla filosofia della Krisis (e della figura di N ietzsche) com e enfatizzazione dello sfondam ento in teg rale di ogni "c e n tro " , e passato a ttra v e rso u n 'in te rp re ta z io n e neorazionalistica è te c n o c ra tic a di H eidegger (di cui si p a rle rà nella terz a p a rte di questo s c ritto ) fino ad un c o ere n te rifiu to d e ll'a g ire tele o lo g ico lucacciano com e filosofia del p ro -g e tto , C acciari è approdato alla in te g rale m essa in discussione di ogni differen za fra sin istra e d e stra (cfr. Diorama Letterario, 56-57, feb b raio -m arzo 1983, che c ontiene gli a tt i di un d ib a ttito fra C acciari e gli esponenti della "nuova d e stra " te n u to a Firenze il 27-11-1982). C acciari è s ta to a cc u sa to di neo-nazism o, in modo sciocco ed ingiusto, ed i m ess media italiani hanno p erd u to u n 'a ltra buona occasione p e r p arlare dei veri problem i teo rici in gioco. C acciari è invece un p e n sa to re esem plare, un vero exemplum negativum, per p e rco rre re un ideale tra c c ia to di suicidio ritu a le di u n 'id e n tità filosofica di sin istra. M entre la "d e stra " è in grado di pensare radicalm ente la d ifferenza fra gli individui so tto il dominio della categ o ria di diseguaglianza, la sinistra si è rivelata incapace di p e n sare radicalmente la differenza insieme con l'eguaglianza. Questo co m p o rtereb b e l'a c c e tta z io n e dell'im postazione lucacciana (che verrà analizzata nella quinta p a rte di questo sc ritto ), secondo la quale gli individui diventano ta n to più d iffe re n ti quanto più il c ap italism o li a stra ttiz z a , ed è appunto q u e sta astrattizzazione individualizzante il presupposto ontologico per il perseguim ento dell'eguaglianza com unista c o n tro l'eg u a g lia m e n to om ogeneizzatore

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c ap italistic o . Per leggere le argom entazioni di rifiu to to ta le di C acciari verso la prospettiva lu cacciana si veda la rivista Metaphorein 8, Napoli, Pironti, 1982. 39. Si vedano i lavori della rivista Primo Maggio, ed in p a rtic o la re teo rici com e Sergio Bologna e Marco Revelli. 40. La sto ria dell'organizzazione Lotta Continua non può c e rto essere m eccanicam ente f a tta seguendo uno schem a se m p lifica to ed unidim ensionale (e si veda Luigi Bobbio, Lotta Continua. Storia di una organizzazione rivoluzionaria, Savelli, 1979). T u ttav ia, leggendo le co sid d ette Tesi sul M aterialismo p ubblicate in occasione del I Congresso dell'O rganizzazione (che non fu mai e sp lic ita m e n te "o p e ra ista ", ed anzi spessissim o prese le distanze in modo e sp lic ito d a ll'o p e ra ism o stesso) em erge la p o la rità sopraindicata. Da un lato , il m aterialism o viene id e n tific a to con il m ovim ento delle m asse nei suoi c o n te n u ti com unisti, con un esp licito p rim a to d e ll'a ttiv ità e della prassi com e fa tto re di conoscenza del reale; d a ll'a ltro , viene e sp lic ita m e n te a c c e tta ta la te o ria del valore-lavoro, com e fondam ento "ontologico" oggettivo cui a n co rare la p ra tic a politica e sociale. 41. La contraddizione stru ttu ra le della scuola della com posizione di classe è espressa in modo insuperabile da Guido De Masi in Primo Maggio, 13, pp. 5-6. A d ifferen za d e ll'e n fa si g ram sciana ed am endoliana sul lavoro produttivo e s u ll'e tic a del "lavoro so tto padrone" (la scuola della composizione di classe sa p e rfe tta m e n te che secondo Marx essere un lavoratore produttivo è una "d isg razia"), si connota il comuniSmo sostanzialm ente com e liberazione dal lavoro p iu tto sto che com e liberazione del lavoro in senso cogestionale od a u to g e stio n ale. Quando ò lo stesso cap italism o che ris tru ttu ra la fabbrica distruggendo il lavoro produttivo e colpendo la com posizione di classe b a sa ta su ll'o p e ra io -m a ssa , la scuola d ella com posizione di classe non può c e rto opporsi a questo in nome d e ll'e tic a del lavoro. In un c e rto senso, questa scuola tra sfo rm a "la scala che si b u tta via, una volta che la si è u sa ta per salirci" (l'esp ressio n e di sapore w ittg en stein ian o connota la te o ria del valore-lavoro e del lavoro produttivo) in una so rta di "ram o in cui si sta seduti e che viene segato proprio da chi ci s ta sopra". Il c ap italism o m oltiplica le figure sociali leg a te alla circolazione ed a quello che un tem po e ra chiam ato "lavoro im produttivo", base di una ideologia e di un com p o rtam en to politico di tipo "ra d ic a le ", e Sergio Bologna (si veda la La tribù delle talpe, F e ltrin e lli, 1978, p. 149), esponente d ella scuola della composizione di classe, proclam a: "A m o il rosso e il nero, colori del comuniSmo e d e ll'a n a rc h ia , odio il rosa ed il viola, colori deL m ovim ento radicale e del neofem m inism o". T u ttav ia l'a ffe rm a z io n e di com p o rtam en ti di tip o "rosa e viola" è in q uesta congiuntura un fa tto socialm ente inevitabile, e la scuola della com posizione di classe è c o s tr e tta alla più to ta le im potenza p o litica (alm eno provvisoriam ente). 42. L 'im potenza del p re se n te , c a ra tte riz z a to d a ll'a g ire politico senza principi del "c e to po litico " leg ato ai p a rtiti ed ai sindacati neocorporativi, po rta n ece ssa riam e n te al c u lto della m em oria della classe com e rifugio e risarcim en to psicologico in un pa ssa to che deve esse re salvato com e prem essa per- un fu tu ro che assum e sem pre più l'a s p e tto della

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testim onianza e tic a o d e ll'u to p ia . T u ttav ia, la scuola della composizione di classe, a differen za di quella d e ll'a u to n o m ia del p olitico, salva i co n ten u ti e tic i e sto rici fondam entali d ell'em ancipazione com unista. Come si c h ia rirà m eglio n ella q u a rta p a rte di questo s c ritto (d e d ic ata a Bloch) il pensare il p a ssa to so tto la c ateg o ria di m em oria sto ric a ed il pensare il futuro s o tto la c ateg o ria di utopia sono i presupposti per un a tte g g ia m e n to filosofico non sc h ia c c ia to su di un p re sen te assolutizzato e feticizzato. 43. Ci riferiam o qui p rincipalm ente al pen sato re padovano A ntonio Negri (e solo in seconda istanza a te o ric i secondari del comuniSmo post-m oderno, com e O reste Scalzone, Piperno, V irno, C astellano, e c c e te ra ). C ostoro sono divenuti le v ittim e sa c rifica li ed i c ap ri e sp iato ri della trag e d ia sto ric a avvenuta nel n o stro paese negli anni '70. E ' evidente che la c ritic a dello scrivente non ha nulla a che vedere con i "teo re m i giurid ici" che hanno rid o tto v e n t'a n n i di sto ria ad un unico, grande com p lo tto (lo scrivente condivide anzi l'im postazione g a ra n tis tic a diffusa in Italia da in te lle ttu a li onesti e non im b arb ariti com e R ossana Rossanda e Luigi F errajo li). Da un punto di vista s to ric o -te o ric o , invece, lo scrivente ritien e che con la (c o e re n te ) teorizzazione di A ntonio Negri nessun compromesso c u ltu rale sia possibile, e che so ltan to con la sua decostruzione filosofica in te g rale sia possibile fa re progressi. Lo scrivente ritien e che il pensiero di Negri sia il peggio che si possa avere p arten d o dal m ate ria lism o storico oggi in Italia (lo stalinism o, che e ra an co ra peggiore, appare "s u p era to "). E ' per questo che o cco rre studiarlo con s e rie tà e p recisione. 44. Per com prendere questo è n e cessario docum entarsi su una serie di riviste (da Potere Operaio a Rosso, da Linea di Condotta à Metropoli, da Pre-print a Magazzino). In esse la g ra fic a è alm eno a ltr e tta n to im p o rtan te del c o n ten u to c u ltu rale , ed anzi spesso " d e tta " la chiave di le ttu ra del conten u to ste sso (e si pensi alla rivista Frigidaire). Antonio N egri ha s c ritto una decina di libri, che qui per ragioni dispazio non' possono esse re riassu n ti e p re se n ta ti, ma che docum entano (in uno stile espositivo che non può e ssere se p a ra to dal co n ten u to , si veda la re ce n te biografia Pipe-line, E inaudi, 1983) una linea di pensiero c o e re n te . Si t r a t t a di una in te rp reta zio n e epocale del c o n c e tto di "p ra ssi", cioè di a ttiv ità , senza passare attraverso il modello del lavoro (com e U rform e V orbild, ovviam ente, non come apologia del sudore della fro n te e delle mani callo se), arrivando così ad un c o n c e tto C ontem plativo della prassi ste ssa , cioè ad un comuniSmo im m aginato e fa n ta s tic a to com e pienezza " a ttu a le " del consum o collettivo c a p ita listic o (in un mondo in cui lavorano so ltan to le m acchine). Vi sono in q u esta scuola i filoni te m a tic i più diversi: il rifiuto del lavoro, l'ap o lo g ià della devastazione dei su p e rm erc ati, l'am e ric an ism o e la c u ltu ra rad icale nella sua form a più kitsch, il rifiuto p ra tic o del terro rism o p ro g e ttu a le m a la giustificazione te o ric a di quello d iffu so -d esid era n te , una concezione della politica alla Pannella e della filosofia com e elogio dell'a sse n za di m em oria, differenzialism o fe ro c e m e n te a n tid ia le ttic o , lacanism o alla D eleuze, e c c e te ra . La c ritic a di q uesta scuola può e sse re im p o stata in m olti modi. In prim o luogo, tu tto il c o n ce tto negriano di c ap itale com e "com ando senza valore" cade di fro n te ad una c o r re tta in te rp reta zio n e della c ritica m arxiana

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dell'eco n o m ia p o litica . In secondo luogo, u n 'a n a lisi o ntologico-sociale (non e siste pen sato re più d istan te da N egri d e ll'u ltim o L ukàcs) m ostra com e l'o d io verso la d ia le ttic a , il d ifferenzialism o, e c c e te ra , siano p ro te s te a priori im potenti c o n tro l'alien a zio n e c a p ita lis tic a . In terz o luogo, u n 'an alisi di "antropologia filo so fica" (pensiam o agli sc ritti di L asch sulla cu ltu ra ta rd o c a p ita listic a del narcisism o) m ostra com e il modello n e g rista di sog g ettiv ità eversiva sia solo la "scim m ia oscena" dell'individuo borghese. 45. Lo scrivente non si a s p e tta nulla, ovviam ente, dalla scuola del comuniSmo c a p ita listic o e da quella d e ll'a u to n o m ia del p olitico. Q u e st'u ltim a è anzi la vera prosecuzione, logica e sto ric a , del soggettivism o m onocentrico staliniano, n e ll'e p o c a però della c a ta s tro fe dei so g g e tti sto ric i e dei valori sostantivi, ed ecc o p erch è può b u tta re via com e ferrivecchi il Diamat, l 'e tic a del lavoro, e c c e te ra , conservando so ltan to il vuoto form alism o a s tr a tto d e ll'a zio n e, riem pibile di volta in volta in modo in -fo n d ato . La stessa sc o p e rta d e ll'a u to n o m ia del politico (intesa com e abbandono in te g rale d e ll'id e a u to p istic o -m a rx ia n a della administration des choses e della derivabilità m eccanica dell'azio n e p o litica dai m ovim enti sociali) è di fa tto vuota e priva di u tilità p ra tic a reale. Un discorso diverso occo rre fare per la scuola della composizione di classe. Il suo "soggettivism o" ha avuto una fo rte c arica "o g g e ttiv istic a", p erch è contestava la riduzione della sto ria del m ovim ento operaio a storia degli operai q u a lifica ti ed organizzabili. Il suo a u to re non è S chm itt, ma E. P. Thompson. La carica um anistica e rivoluzionaria degli ad eren ti a questa scuola dovrebbe preservarli dalla sban d ate ciniche, superom istiche o d e ca d en tistic h e tip ich e dei seguaci delle a ltre due scuole.

P arte T erza SOLO UN DIO PUÒ ' ANCORA SALVARCI. ALIENAZIONE ED INTRASCENDIBILITÀ' DEL MONDO CONTEMPORANEO NEL PENSIERO DI MARTIN HEIDEGGER

La m a n ifesta in c a p a c ità , sto ric a e te o ric a , dei "m arxism i" novecenteschi di p o rta re avanti il program m a di c ritic a d ell'eco n o m ia p o litic a e di farsi "m ovim ento reale che abolisce lo s ta to di cose p re se n ti" è alla base di quella so rta di nevrosi depressiva che sem bra aver co lto il pensiero co n tem p o ran eo (e la ste ssa tendenza a lla psicologizzazione, quando non a d d irittu ra alla psicosom atizzazione, del linguaggio filosofico a ttu a le è una m anifestazione su p e rfic iale di q uesto f a tto ). In cam po " m a rx ista " , si è visto com e q u esta "in c a p a c ità " sia s ta ta id eologicam ente m a sch e ra ta con la separazione orm ai esp lic ita fra program m a m arxiano della transizione e gestione siste m ic a del socialism o reale assu n to com e orizzonte in tra sce n d ib ile , da un lato , e con la fuga in avanti del comuniSmo del consum o sulla base del m acchinism o c a p ita listic o , d a ll'a ltr o la to . La "c risi del m arxism o" viene cosi "riso lta " con una so rta di "adesione" alla su p e rfic ie dei fenom eni sociali, che si le g ittim a te o re tic a m e n te con il rifiu to della d ia le ttic a e l'ap o lo g ià delle differen ze. A suo tem po, V o lta ire aveva ra p p re se n ta to , nel suo racco n to fa n ta stic o Micromegas, un gigante e x tr a te r r e s tr e in grado non solo di ridicolizzare le p re te s e p ro m eteic h e degli esseri um ani, ma anche di "g iu d icare" la filosofia di L ocke com e una form a di pensiero sen sato il quale, una volta razionalm ente condiviso da tu tt e le c re a tu re pensanti, avrebbe p o tu to risolvere gran p a rte dei problem i degli esseri um ani ste ssi. Ai "m a rx isti" d e ll'u ltim a p a rte del XX Secolo non è d a ta c e rto la po ssib ilità di seg u ire l'ese m p io razio n alistico d e ll'illu m in ista V o lta ire. Sebbene m olti sognino inco n tri ravvicinati del te rz o tipo e siano pronti a com m uoversi per la sto ria del piccolo e x tr a te r r e s tr e E Ti, non verrà mai nessun e x tr a te r r e s tr e a dirci che la "filo so fia di M arx" è la più sen sata

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e s iste n te sul m e rc a to delle idee. Il fa tto ste sso , anzi, che la filosofia di M arx si sia m o stra ta poco " p ra tic a b ile " (per usare un c o rte se eu fem ism o ), e che i "m arxism i" successivi si siano d ib a ttu ti fra p ro m eteism o fa llim e n ta re e conciliazione fo rz ata con l'e s is te n te , ha s c a te n a to nel "pensiero borghese" alcune reazioni id e a l-tip ic h e , degne di essere discusse filo so fic am e n te. Individuerem o qui tre di q u este "reazioni filo so fich e", ma non farem o m iste ro del f a tto che consideriam o tra g ic a m e n te se ria so lta n to la te rz a fo rm a di reazione, che sa rà perciò l'u n ic a che ce rc h e re m o di d isc u te re an a litic a m e n te in q u esta te rz a p a rte di questo sc ritto . Una p rim a fo rm a di reazione di fro n te a ll'in c a p a c ità s tru ttu ra le dei "m arxism i" del N ovecento di "rea liz za re " il program m a m arxiano co n siste nel te n ta re di "d e d u rre " i cam pi di lavoro fo rzato a p e rti nei paesi a "socialism o rea le" dallo stesso p ro g e tto filosofico di Marx. Q u esta form a di reazione ha c e rto v aria n ti religiose fo n d am e n talistich e (ad esem pio Solzenitsyn) e v arian ti laiche più "d ig erib ili" ai m ass-m edia (ad esem pio i nouveaux philosophes fra n ce si). Sebbene alcuni esponenti di q uesta c o rre n te di pensiero abbiano s o ffe rto d u ram e n te sulla propria pelle il dispotism o b u ro cratico del lavoro forzato che scrive il nom e di Marx sulle proprie b andiere (m a non è q uesto il caso dei nouveaux philosophes, episodio di protagonism o n a rc isistic o di se ssa n to ttin i delusi am p lifica to dai m ass-m ed ia), e m e ritin o perciò risp e tto , o alm eno silenzio, è bene d ire che un m a rtire non fa g iu sta una cau sa, e che q u esta " te o ria " non può essere se ria m e n te p re sa in considerazione. Non si t r a t t a ta n to del fa tto che in q u esto modo vi è una rile g ittim az io n e apolo g etica del cap ita lism o o c c id e n tale, che riacq u ista un a s p e tto p rese n tab ile di fro n te ad un "m ondo o rien tale " assim ilato al despotism o a s ia tic o ed a Genghiz Khan. Q uesta rileg ittim azio n e apologetica può benissim o esse re f a tta (o non f a tta ) , in q uanto a ttie n e al le g ittim o cam po delle "opinioni", ed il m a terialism o sto ric o non può com unque co n siste re nel "p re fe rire " l'O v est (disoccupazione + opinione pubblica, sia pure m anipolata) oppure l'E s t (piena occupazione + m anipolazione d ir e tta , senza finzione di opinione pubblica). Come dice b rilla n te m e n te Bloch, il problem a non può co n sistere nella sc elta della "noia p lu ralistic a" co n tro la "noia m onolitica", o viceversa. Il cuore del problem a sta n ell'im p o ssib ilità di prendere sul serio , sul piano filosofico, una te o ria che prima riduce M arx in modo se m p lific a to rio ad un unidim ensionale fau to re dell'om ologazione universale e del livellam ento fo rzato , in nom e della sadica volontà di potenza del p ensiero d ia le ttic o ( tu tta la prim a p a rte del n o stro s c ritto va co n tro questa concezione), poi riduce il m arxism o e la sua sto ria

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com p lessa, d iffe ren ziata e p lu ralistic a ad avanzam ento di un fan to c cio m eccanico im pazzito ( tu tta la seconda p a rte del nostro s c ritto va co ntro q uesta concezione), ed infine e s tra e il coniglio dal cap p ello , la grande sco p erta del f a tto che le stra g i del rivoluzionario cam bogiano Poi Pot, so ste n ito re di una pianificazione fo rzata di un sistem a econom ico e rm e tic a m e n te chiuso e di un livellam ento sociale a u to rita rio , derivano in linea r e tta dalla d ia le ttic a hegeliana, dallo s ta to co m m erciale chiuso di F ic h te , e s o p r a ttu tto dalla te o ria m arx ista del pluslavoro e del plusvalore. C om prendiam o che un sim ile filosofia da drive in venga p ro p ag an d ata (ci sono anche i "bam bini di D io", i c re d e n ti nel "g rande cocom ero" e gli ad o ra to ri di S a ta n a ), ma rite n iam o poco serio ferm arsi ad analizzarla (1). Una seconda form a di reazione di fro n te a ll'im p o te n z a dei m arxism i novecenteschi (in p a rte co lleg a ta alla prim a, pensiam o ad a u to ri com e Popper) si basa sulla s tra te g ia ep iste m o lo g ic a della "falsifica zio n e" del m arxism o. Si è d e tto del co lleg a m e n to fra q u este due form e di reazione al m arxism o. Q uesto co lleg am en to si basa sul rifiu to sis te m a tic o della d ia le ttic a . La d ia le ttic a è in fa tti rite n u ta qualcosa di "c a ttiv o " per due ragioni: la p rim a, di c a r a tte r e te o ric o , co n siste nel f a tto che la d ia le ttic a si s o ttra e ep istem o lo g icam en te ai proced im en ti di fa lsific a b ilità , ed è p e rta n to in com patibile con il m etodo sc ie n tific o , com unque d efin ito ; la seconda, di c a r a tte r e p ra tic o , vede n ella d ia le ttic a l'in e v itab ile ideologia della le g ittim az io n e di un p o te re assoluto, stru ttu ra lm e n te in -co rreg g ib ile, che p rete n d e governare in nom e di una "scienza non fa lsificab ile". L 'in c re d ib ile successo m ondiale di un p en sato re com e Sir K arl Popper co n siste appunto nel f a tto che la sua filosofia lega insiem e i due a s p e tti, te o ric o e p ra tic o , di c ritic a alla d ia le ttic a , e si p re s ta in o ltre ad esse re " fa c ilm e n te p red ic ab ile" p e r il suo c a r a tte r e sis te m a tic o , dogm atico e se m p lific ato . Indubbiam ente, q u esta seconda form a di reazione è più seria della p rim a, in quanto co n tien e un m om ento em p iristic o di v erità, che può essere valorizzato, m en tre la prim a degrada inev itab ilm en te a rom anzacelo di appendice. Il m om ento em p iristic o di v e rità che è in ev itab ilm en te co n ten u to nelle te o rie epistem ologiche del nesso v e rific a b ilità /fa ls ific a b ilità (che obbligano, appunto, lo si voglia o no, a p a rla re dei " f a t ti" , e che sono anche disposte, com e avviene nel caso di Popper, ad a m m e tte re che i " f a tti" non p arlan o da soli, ma d en tro d e te rm in a te " m e ta fisic h e in flu e n ti" e te o rie g en erali) è p erò a u to m a tic a m e n te indebolito d a ll'ista n z a a n tisto ric a di sco p erta del M etodo D efinitivo, del T ribunale E pistem ologico di ultim a istan za, che b o ccia o promuove senza appello le te o rie

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"s c ie n tific h e ". Sappiam o che la stessa "trib ù degli epistem olog i" è o rie n ta ta allo scioglim ento di questo T ribunale, e che la F alsificazione del M arxismo è orm ai divenuta so lta n to più un p ro d o tto p er ro to calch i, m entre gran p a rte degli espistem ologi "veri" è su posizioni ben più c ritic h e . T u tta v ia, il m ito del m arxism o com e T eoria del Gulag U niversale è g en eralm en te sp a cc iato insiem e con il m ito del m arxism o com e Pseudoscienza orm ai D efinitivam en te F a lsific a ta , secondo il siste m a delle vendite noto com e " o ffe rte sp eciali". E ' questa la ragione p er cui non è possibile p rendere sul serio queste due form e di reazione alla (innegabile) m iseria del m arxism o contem p oraneo (2). Vi è però una terza reazione all'im p o te n za tra sfo rm a tiv a dei m arxism i novecenteschi, l'u n ic a , a p a re re dello scriv en te, realm en te degna di analisi e di studio. Si t r a t t a di un appro ccio al mondo sto ric o e sociale di tipo ontologico, che oppone al p ro g etto trasfo rm ativ o del m arxism o una posizione te o ric a e s p lic ita , secondo la quale, al punto in cui siam o giunti, il mondo non può più essere tra sfo rm a to , p er ragioni sia antropologiche sia, so p ra ttu tto , ontologiche. Il p ro g e tto m arx ista sarebbe quindi o n to lo g icam en te im possibile, m om ento di un "d e stin o " che si t r a t t a orm ai so ltan to più di com pren d ere, essendo la "tra sfo rm a zio n e " un'illu sio n e in tern a alla sua s ta tic ità , e la "te m p o ra lità " una dim ensione della sua fissità. Il sig n ific ato del pensiero di M artin H eidegger, che verrà esam in ato più avanti, trova in questa p ro sp ettiv a, sto ric am e n te d e te rm in a ta , il suo valore di posizione ed il suo punto di tangenza con la c ritic a d ell'eco n o m ia p o litica. 1. Il destino della storicità contemporanea: pensare filosoficam ente il XX Secolo La negazione filosofica, ad un tem po antropologica ed o n tologica, della p ra tic a b ilità del p ro g e tto m arxista di transizione al comuniSmo, assum e nel grande pen siero borghese del N ovecento un c a r a tte r e nuovo, sto ric a m e n te d e te rm in a to . A prim a vista, sem b rerebbe che non vi sia a ltro che un aggio rn am en to della vecchia te si classica del pessim ism o antropologico (g ià analizzata g en ialm ente da H orkheim er ne Gli inizi della filo so fia borghese della storia, opera tu tto ra u tilissim a). Essendo la "n a tu ra um ana" o n to lo g icam en te c a ttiv a , o rie n ta ta alla lo tta , all'acq u isizio n e ed al dom inio, non sarebbe rea listico porsi obbiettivi di em ancipazione sociale com un itaria (3). Non è q uesta la sede per d isc u te re ad e g u atam e n te se il

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rad icam en to ontolo g ico -so ciale del pessim ism o antro p o lo g ico (la "n a tu ra um ana c a ttiv a " ), che c a ra tte riz z a il pensiero borghese classico e l'"individualism o possessivo" trovi la sua origine in una secolarizzazione del p e c c a to originale cristian o oppure derivi la ic a m e n te dal m eccanicism o se ic e n te sc o . La te o ria p essim istica della "n atu ra um ana" ha com unque due padri e due padroni, l'u n o "relig io so" e l'a ltr o "laic o ", quanto b a sta per rend ere inutili ed un p o ' ridicole le d ia trib e fra sp iritu a listi e c le ric a li, da un la to , a te i, m angiapreti e laici, d a ll'a ltr o , te se a rib u tta re sui rivali tu tte le resp o n sabilità delle b ru ta lità p o litich e e sociali avvenute dopo la pubblicazione del c a rte sia n o D iscorso sul Metodo. (4). La polem ica filosofica co n tro le concezioni a sto rich e e p essim istico -an tro p o lo g ich e della "n a tu ra um ana" è c e rto ancora di a ttu a lità , in p a rtic o la re nel mondo anglosassone, in cui robuste tradizioni di "individualism o possessivo" (solo su p e rfic ialm en te laico) si in tre ccian o p erversam ente con ideologie t r a t t e dalla co sid d etta "sociobiologia". Vi è qui un cam po te o ric o e filosofico, o ltre che d ec isam en te " s c ie n tific o " , tu tto da conoscere e da a ra re . E, tu tta v ia , la negazione filosofica n o v ecentesca della p ra tic a b ilità del p ro g e tto com unista m arxiano non è a f f a tto la sem plice prosecuzione "lin e a re " del vecchio discorso "p e ssim istico " sulla "n a tu ra um ana", ma p re se n ta un significativo a sp e tto di novità, che deve essere evidenziato e bene individuato. In caso c o n tra rio , si può disegnare un "continuum lin e a re " fra il pessim ism o di S. A gostino, di Thom as Hobbes e Max W eber (passando per M achiavelli). O perazione p e rfe tta m e n te plausibile, ma del tu tto sc o la stic a , ed asso lu tam en te in u tile per chi ric e rc a nozioni d e te rm in a te . Il pessim ism o novecentesco viene in f a tti dopo la grande indagine hegeliana delle c a te g o rie del p ensiero m oderno, viene dopo la c r itic a m arxiana d ell'eco n o m ia p o litic a , viene dopo l'ed ific az io n e di una "visione del mondo" che ha preso il nom e di "m arx ism o ", ed è in grado di te n e r co n to di tu tt i questi fa tto ri, cosa del tu tto im possibile per il vecchio pessim ism o calvinistico sulla "n atu ra u m an a". Per dirla in modo fo rz a ta m e n te te le g ra fic o , esso non so stien e che il mondo non può essere tra sfo rm a to , p erc h è la n atu ra um ana è quella che è, ma che, a questo punto dell'evoluzione storica, il mondo non può più esse re tra sfo rm a to , d a ta la com plessificazione irreversibile che si è c r e a ta con la so cietà in d u striale, che sarebbe diventata orm ai a d d irittu ra p o st-in d u stria le . Il pessim ism o borghese novecentesco ce rc a dunque una sua via p er la q u ad ra tu ra filosofica del cerchio: la trasfo rm azio n e di un c o n c e tto a sto ric o p er sua n a tu ra com e quello di "destino in e lu tta b ile " in un c o n c e tto sto ric a m e n te d eterm in a to

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( l'in tra s fo rm a b ilità di un modo di produzione, in te g ra lm e n te assunto ad orizzonte in tra sce n d ib ile della vita um ana). Da un la to , si a ffe rm a in m ille modi che l" 'in te r o " non può più essere d e tto , in quanto l'in e v ita b ile p ro life ra re degli specialism i leg ati alla com plessificazione s tru ttu ra le e sistem ica della so c ie tà rende possibile "d ire " so lta n to logiche regionali, fram m en ti di esperienza, operazionism i p a rtic o la ri. D a ll'a ltr o la to , una cosa almeno si continua a d ire s u ll'" in te ro " (preventivam ente sp e zz etta to negli specialism i regionali): che esso è, appunto, in trascen d ib ile. Il m o tto diventa allora: in ev itab ilità degli specialism i, in tra sce n d ib ilità d e ll'in te ro . Il c e rch io viene chiuso, il d eserto c re sc e , scende la c a lo tta d 'a c c ia io . Il m arxism o novecentesco è s ta to a n c h 'e sso quasi sem pre prigioniero di questa logica, che ha c e rc a to so lta n to di rovesciare. Da un la to , l'in e v ita b ilità d e ll'o riz zo n te degli specialism i è sta to assunto nella form a teleologica della "politicizzazione degli sp ecialism i", assunti così com e era n o "d a ti" (in una a p p a ren te , ma ingannevole " n e u tra lità " ) nella divisione sociale del lavoro. D a ll'a ltro la to , una cosa alm eno si continuava a dire su lI'" in te ro " (che il " p a rtito " ricom poneva m etten d o insiem e i cocci degli specialism i); che ci voleva un "im pegno a ca m b ia rlo ". Il m o tto diventa allora: filosofia d e ll'e n g a g e m e n t, politicizzazione degli specialism i. Come si è visto nella seconda p a rte di q uesto sc ritto , il m arxism o novecentesco non poteva nascondere a lungo la debolezza di questo program m a, e la sua sostanziale s u b a lte rn ità al ben più c o e re n te e rigoroso disincanto borghese. Da un la to , l'a tte g g ia m e n to soggettivo di "im pegno" (la filosofia dell'engagem ent) è in tessu to di visioni m is tific a te del rapporto fra passato , p re se n te e fu tu ro , in cui la grande narrazione teleo lo g ica fa tu tt'u n o con le utopie sin te tic h e regressive della conciliazione defin itiv a delle contraddizioni. In q ueste condizioni, l'"im p eg n o " non può essere m an ten u to a lungo, ed il "d isin can to " (l'abbandono d elle credenze ingenue nelle u topie sin te tic h e ) fa p ra tic a m e n te tu tt'u n o con il "disim pegno". Un im pegno che si basa su ll'illu sio n e non può che essere seguito da un disim pegno che si basa sul disin can to . D a ll'a ltro la to , il program m a di politicizzazione degli specialism i in co n tra inevitabili d iffic o ltà . La segm entazione e la regionalizzazione del sapere che gli sp ecialism i a ttu a n o in te g ra lm e n te (e su cui si basano) non può essere in f a tti tin ta di rosso, in q u a n to questa com partim en tazio n e è p ien am en te in co rp o rata in una divisione sociale e te c n ic a del lavoro funzionale alla riproduzione dei rapporti sociali c a p ita listic i di produzione. P o rtare fino in fondo il proprio "sp ecialism o ", fa re bene il proprio

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" m e s tie re " , essere stim a ti dalla co m u n ità ac ca d em ica degli sp e cia listi (in modo da essere riconosciuti com e "uno dei loro", e c c e te ra ) fa e n tra re in evitabilm ente in crisi il program m a di politicizzazione degli specialism i a p a r tire dallo sp ecifico degli specialism i stessi. L a divisione sociale del lavoro che si realizza nel ca p ita lism o p e rm e tte in fa tti a gruppi r is tr e tti di filosofi e scienziati di polem izzare co n tro la p resunta " n e u tra lità della scien za", ma non p e rm e tte c e rto di in ta c c a re il m eccanism o riproduttivo dei rapporti sociali borghesi in cui questa scienza è in c o rp o rata. Le tra tta z io n i filosofiche del "pensiero del N ovecento" reg istran o g en e ralm e n te q u esta im passe, si accorgono d e ll'in tre c c io fra specialism i te c n o c ra tic i e disincanto pessim istico che connota il p en siero borghese, am biscono su p e ra re il "punto m o rto " delle concezioni ingenue dell'im p eg n o . E, tu tta v ia , sgom ente di fro n te alla -situ a zio n e b lo c c a ta , ripiegano su un presu n to "pen siero debole", ca p ace di "salvare" l'in d iv id u alità fino ad ora tro p p o sc h iac cia ta dagli "insiem i m is tific a ti" dello S ta to , del P a rtito , d ella Chiesa, e via via m aiuscoleggiando. Alla "c risi" viene to lto ogni c a r a tte r e so c iale, d e te rm in a to , ontologico, per en fa tizz arn e, e tra sfo rm a rla in Krisis, gli a s p e tti e s te tic i ed e siste n zia listici. Vi è qui un punto di grande im portanza filosofica. Polem izzare co n tro la "crisi" in nom e del "progresso" (o, peggio an c o ra, opporre l'o ttim ism o della volontà al pessim ism o della ragione) non ha v eram en te alcun senso. In questo m om ento, se si a ffro n ta n o le cose con p ro sp ettiv a ontologica, vi è crisi, e non c e rto progresso. A ltra cosa è invece tra s fo rm a re il d ato ontologico della crisi in "filosofia e s iste n zia listico -p o sitiv istica della c risi", com e sfondo te o ric o che m aschera la propria to ta le s u b a lte rn ità ai punti a lti del pensiero . borghese stesso. P ensare filo so ficam en te il XX Secolo non può dunque sig n ificare la rim ozione (o la banalizzazione) di quello che è s ta to sopra d efin ito il terzo tip o di reazione alle d iffic o ltà del m arxism o nel N ovecento: la connotazione del ventesim o secolo com e vicolo cieco e d ell'o riz zo n te c a p ita listic o com e u n ità ontologica di alienazione e di in tra sce n d ib ilità. T u tti i pen sato ri di valore del N ovecento hanno ovviam ente to c c a to q uesto punto (lo scrivente non ritie n e c e rto di aver sco p erto nulla). T u ttav ia, p er non p erd erci nella selva dei nom i, fino a sm a rrire il problem a, o c c o rre rà individuare il pensiero che è s ta to più coeren te e radicale nel te m atizz are q u esta u n ità on to lo g ica di alienazione ed in tra sc e n d ib ilità , questo nesso che nella sua ap p a ren te in d eterm in atezza è in re a ltà la sola negazione d e te rm in a ta (e fin ora asso lu tam en te vincente) agli sforzi del m arxism o del N ovecento. Crediam o di individuare questo pensiero

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in M artin H eidegger, e non in Max W eber (com e ci si potrebbe a s p e tta re ) p er ragioni che verranno qui te le g ra fic a m e n te esposte. 2. Weber e Heidegger: un confronto necessario fra due radicalità filosofiche Max W eber è s ta to uno dei più grandi p en sato ri d ella sto ria co n tem p o ran ea, ed i panni di " c o n fu ta to re del m arxism o" gli vanno c e rta m e n te s tr e t ti. S tudiare W eber p er avere alcuni arg o m en ti per "c o n fu ta re " M arx è forse una delle cose più stupide che si possano fa re nel N ovecento (secolo in cui p e ra ltro non m ancano p ossibilità di fa re cose m olto stupide). T u tta v ia, m olti libri d ed icati al rap p o rto W eber-M arx sono c o s tru iti proprio su questo im pianto, e seguono un copione prevedibile. A ll'inizio, vi è un " a tta c c o " te o rico , che si pone il problem a della co m p atib ilità o meno dei modelli id e a l-tip ic i m axw eberiani con i c o n c e tti m arxiani a ffe re n ti i modi di produzione. A questo livello del discorso, una c e rta "c o m p a tib ilità " sem bra essere possibile, e si t r a t t a solo di vedere fino a che punto la separazione m axw eberiana fra produzione e distribuzione possa "accom pagnarsi" alla c e n tr a lità m arxiana dei rap p o rti sociali di produzione (5). Ben p resto , tu tta v ia , si arriva al dunque, alla "filosofia p ra tic a " : M arx avrebbe pensato il modo di produzione c a p ita listic o so tto il segno della tra sfo rm a b ilità , attu an d o con il c o n c e tto di p ro le ta ria to e s o p ra ttu tto di comuniSmo una secolarizzazione della escato lo g ia g iu d a ico -cristian a nel linguaggio d e ll'eco n o m ia p o litica , m entre Max W eber, sobrio ered e del d isin can tam en to illum inistico del mondo, avrebbe co m unicato ai co n tem p oranei l'a m a r a v erità della chiusura definitiv a, sulle nostre te s te , della " c a lo tta d 'a c c ia io " della so c ie tà in d u striale m oderna. Con la p recisione e la ra d ic a lità tip ic a dei grandi p en sato ri, Max W eber c lassifica in e f f e tti due id e a l-tip i di "so cialista": l'in tellettu a le, spesso so c ialm en te srad ic ato e prigioniero di irre a listic i sogni p alin g en etici, quasi sem pre ignaro del funzionam ento co n c reto dei m eccanism i di riproduzione di una so c ie tà com plessa e funzionalm ente d iffe re n z ia ta , che "c re d e" alla p ra tic a b ilità c o n c re ta degli u to p istic i sogni m arxiani; l'operaio, che è invece ben rad icato nella concretezza della produzione, ed è, alm eno in Europa (ma non in A m erica) naturaliter so cia lista (e non è p erciò convincibile con conferenze di sociologia e di econom ia p o litica in favore del sistem a c a p ita listic o ), ma che può essere te n u to a bada ed ad d o m esticato con una form a di "socialism o di s ta to " assistenziale com patibile con la so c ietà borghese m oderna. In questo modo, in e f f e tti, Max W eber can cella la sp e c ific ità della

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c ritic a m arxiana d e ll'eco n o m ia p o litica: l'in te lle ttu a le vuole la c a ta rs i universale, la realizzazione d e ll'a sso lu to e l'u to p ia sin te tic a , t u tt e cose che non si possono o n to lo g icam en te avere; l'o p e ra io vuole a lti sa la ri, servizi sociali, garanzie su ll'o ccu p azio n e, tu tt e cose che si possono avere in un ca p ita lism o "so cia lm e n te c o rre tto " . L 'o p e ra io cre d e di essere m a rx ista, ma è al m assim o un ricardian socialist spontaneo; l'in te lle ttu a le cre d e di esse re m a rx ista, ma non è che un so g n ato re rom antico in rita rd o . E ' d ifficile so tto v a lu ta re la forza di q u esta te o ria "d isin c a n ta ta " . Essa funziona com e forza sociale, ed ha im p reg n ato anche il senso com une non filosofico. A questo proposito, si possono fa re alcune in te re ssa n ti osservazioni su ll'a tte g g ia m e n to che tengono verso Max W eber m olti in te lle ttu a li. Alcuni, spesso i più grandi (da Lukàcs, fino a M arcuse, Adorno e H aberm as), si rendono p e rfe tta m e n te co n to del fa tto che W eber è alternativo a M arx, e che non si t r a t t a c e rto di inso len tirlo (e ta n to meno di ignorarlo) quanto di m e tte re allo sc o p erto le radici m e tafisich e ed irra zio n alistic h e del suo "d isin can to " (che viene sp a cc iato p er to ta lm e n te razio n alistico e " re a lis tic o " ). Essi capiscono bene, p er dirla in breve, che si può c e rto essere w eberiani, ma che è p e rf e tta m e n te possibile essere an tiw eb erian i senza con questo ca d e re nel ridicolo. A ltri, quasi sem p re meno grandi, ritengono invece che il w eberism o (ed esiste , ch e cc h e se ne dica, un vero e proprio w eberism o ortodosso) sia la conditio sine qua non p er pensare la m odernità. Come a suo tem po V o lta ire pensava che solo un m e tafisico inguaribile poteva non a d e rire all'evidenza del p ensiero di L ocke, così oggi il v o lterrian o in rita rd o pensa che chi non segue Max W eber deve avere qualche ta b e m e ta fisic a nella te s ta . Si pone, allo ra, un problem a che definirem o in breve com e quello della a p p a re n te "ovvietà" del w eberism o, del suo p rese n tarsi com e "evidenza sis te m a tiz z a ta " , che non può essere se ria m e n te m essa in dubbio (e qui il paragone con Locke ac q u ista una p a rtic o la re pregnanza). Senza a ffro n ta re di p e tto questa ap p aren te evidenza, e questo e f f e tto di "ovvietà", ci si perde n ec essariam en te in analisi p a rtic o la ri, spesso u tili, ma fuorviam i (6). Gli elem e n ti d e ll'a p p a re n te ovvietà del senso com une che il w eberism o ha trasm esso alla visione filosofica del XX secolo sono s o p r a ttu tto due. In prim o luogo, W eber (facen d o proprie n ell'esse n zia le alcune te si di R ic k e rt, ed invece respingendo il "dualism o fo rte " di D ilthey) rifiu ta l'ip o te s i che vi sia una d iffe ren za q u alitativ a sostanziale nei modi di inten d ere le scienze dello sp irito risp e tto a quello della n a tu ra . V aria lo scopo (l'in te r e s s e per i'individuale delle une, p er il gen erale delle a ltre ),

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ma non il m etodo. In secondo luogo, W eber resta u ra su di un a ltro piano il dualism o m etodologico (n eg ato in via di principio) fra le scienze sto ric o -so c ia li c a ra tte riz z a te in senso "convenzionalistico" (convenzionalism o dei punti di vista a p a rtire dai quali si e f f e ttu a la dotazione di senso) e "p ro b ab ilistico " (si vedano i c o n c e tti di "p o ssib ilità og g ettiv a" e di "causazione ad e g u ata") e le scienze n atu ra li (in cui invece i rapporti causali sono espressi in term in i legali-ogni volta che X allora Y) (7). E ' a p e rta cosi la p o rta p er una separazione s tr u ttu r a le fra filosofia, scienze sociali e scienze della n a tu ra , con due conseguenze te o ric h e di fondo. In prim o luogo, in W eber l'u n ic a ca te g o ria filo so fica " fo rte " rim ane quella d ella " s c e lta di valo re" (che si a ttu a a ll'in te rn o di un Olimpo p o lite istic o di valori irre la ti, m e tafo ra n ic h ilistica per in d icare la più rad icale negazione di ogni o n to lo g ia), ed essa si rivela poi ta n to "debole" da non p o te r re siste re alla p o st-w eb e rian a c r itic a alla "m e ta fisic a " di tip o neopositivistico. L a filosofia è dunque d e le g ittim a ta , e può so ltan to più condurre u n 'esisten z a larvale com e m etodologia c ritic a delle scienze sociali (8). In secondo luogo, in Weber si ha una sp e cifica (e curiosa) c e c ità del f a tto che il probabilism o ed il convenzionalism o nascono proprio n e ll'a m b ito delle scienze della n a tu ra (si pensi alla c o sid d e tta "crisi dei fo n d am en ti"), e solo dopo vengono "tra v a sa ti" nel cam po delle scienze sociali. Quando si è in presenza di un f a tto di ta le im portanza non si può pensare ad una "svista" da p a rte di un uomo ac u to , co lto ed in fo rm ato com e Max W eber, ma è più rea listico c o n g e ttu ra re che si tr a t ti di una dim enticanza filo so ficam en te voluta: la dim ensione ontologica, n eg a ta ai processi sociali, viene invece a ttr ib u ita ai processi n a tu ra li negando a d d irittu ra il probabilism o ed il convenzionalism o com e elem e n ti di indebolim ento di qu esta stessa "ontologia ingenua". Un pezzo di mondo, dunque, quello delle scienze n atu ra li, si basa su una o n to lo g ia 'in g e n u a e ra ssic u ra n te , che sa rà l'a n tic a m e ra del p ostw eberiano uso della scienza com e ideologia di leg ittim azio n e del p o te re politico. Un a ltro pezzo di mondo, quello delle scienze sociali, deve rinunciare a ll'in u tile fondazione on to lo g ica, ma conserva un im pianto "sc ie n tific o " flessibile, c a ra tte riz z a to dal convenzionalism o e dal probabilism o. Un te rz o pezzo di mondo, infine, quello della filosofia, vede im pallidire la sua consistenza (in te g ra lm e n te de-on to lo g izzata e p ie n am e n te in -fo n d a ta ) nel d estino inesorabile di avere com e unico o g g etto il "d isin c a n to " . La "ra d ic a lità filosofica" di Max W eber ci sem bra dunque più ap p a ren te che reale: il mondo della n a tu ra è in trascen d ib ile,

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p erch è in esso si danno le g a lità o n to lo g icam en te fe rre e ; il mondo d ella so c ie tà è invece trasc en d ib ile nella sfe ra della coscienza, ma diviene ontologicam ente in trascen d ib ile una volta che si sia co m piuta la com plessificazione c a p ita listic a della razionalizzazione di tu tt i gli am biti di vita; il se n tim en to di disagio e di alienazione è un d estin o esisten ziale inevitabile in questa situazione so c iale, ma esso non ha alcuna rilevanza ontologica; la filosofia, in fin e, non può che rip e te re a ll'in fin ito q u esta co n statazio n e, ed è q u esto l'u ltim o "universale" che le sia rim asto , a razionalizzazione co m p iu ta. Ne consegue uno "sp ezz ettam en to te o ric o del m ondo", che è la p rem essa lo g ic o -sto rica p er la m anipolazione " a rtific ia lis tic a " (c o n c e ttu a lm e n te neopositivistica, filo so fic am e n te e siste n z ia listic a , e stru ttu ra lm e n te a n ti-o n to lo g ic a ) del mondo so ciale, n ec essaria ad un ca p ita lism o che aveva p erd u to ogni fiducia nella riproduzione "a u to m a tic a " della sua p se u d o n atu ralità (9). La " ra d ic a lità filo so fica" di M artin H eidegger ci sem bra invece (nel paragone con Max W eber) del tu tto rea le e con seg u en te. Come ce rch erem o som m ariam en te di arg o m e n tare , essa p re se n ta alcune c a r a tte r is tic h e "m o n istich e" che ne fanno il vero oppositore radicale al m a terialism o sto ric o in q uesto secolo. In prim o luogo, H eidegger riesce a pensare insiem e, in fe rre a u n ità m etodologica, le tr e com ponenti che W eber aveva "sp e z z e tta to ": filosofia, scienze della n a tu ra , e scienze sociali. In secondo luogo (sulla base di questa fe rre a u n ità m etodologica) H eidegger riesce a pensare in modo " fo rte " la sua te si " m e ta fisic a " fo n d am en tale, l'u n ità di alienazione e di in tra sce n d ib ilità del mondo co n tem p o ran eo (in W eber, invece, solo l 'in tra sc e n d ib ilità è p e n sa ta , in senso debole, com e o n tologica, m e n tre l'alien a zio n e è re se c a ta da ogni fondam ento s tr u ttu r a le e co n seg n ata al mondo psicologico della clau stro fo b ia p er chiusura di " c a lo tta d 'a c c ia io " ). In te rz o luogo, H eidegger riesce a svolgere q u esta sua te si fo rte prima in una form ulazione "sem p lice" (so tto il dom inio della ca te g o ria di "so g g etto ") e poi in una form ulazione più com plessa ed im personale (in cui la c a te g o ria di "so g g etto " non è più p resu pposta ma è subordinata in te g ra lm e n te alla sua genesi o n to lo g ica). Se H eidegger avesse ragione, il p ro g e tto m arxiano di c ritic a "p ra tic a " d e ll'e c o n o m ia p o litic a diventerebbe rea lm en te "o n to lo g icam en te im possibile". Una c ritic a m arxista ad H eidegger (com e quella che qui te n tia m o , sia pure in modo ancora in c e rto ) è dunque n ec essaria, ed im p ro c ra stin a b ile . Essa deve però avere alm eno due c a ra tte r is tic h e : il prim o luogo, deve rico n o scere senza vergogna la su p e rio rità te o re tic a del rigoroso monismo m etodologico di H eidegger sulla m aggior p a rte dei p en sato ri del N ovecento; in secondo luogo, deve c o n c e n tra re i suoi a tta c c h i ed

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il suo rifiu to soltan to dove il suo rifiu to è m a te ria listic a m e n te g iu stific a to (nel caso del no stro discorso, la nozione se g re ta m e n te sto ric istic a del c o n c e tto heideggeriano di te m p o ra lità , cui Bloch oppone un multiversum assai più "m a te ria lis tic o " ). T u ttav ia, prim a di iniziare q uesto discorso, vi è an co ra un ultim o problem a, a ttin e n te al "fuoco di sb a rra m e n to " che le in te rp retazio n i ita lia n e di H eidegger hanno a p e rto , da alm eno v e n t'a n n i, co n tro questa prosp ettiv a. Svolgerem o allo ra una breve indagine sulla " le tte r a tu r a filo so fica" secondaria su H eidegger, senza la p re te sa di farn e una rassegna c r itic a e s a u rie n te , ma con lo scopo lim ita to di m o strare c h ia ra m e n te al le tto re com e il modo di co n sid erare filo so ficam en te il rapp orto fra H eidegger e Marx che viene qui proposto si contrapponga (su quasi tu tt i i punti te o ric a m e n te rilevanti) alla m aggior p a rte delle "coniugazioni" M arx-H eidegger co n su ete in Italia oggi. 3. Marx e H eidegger in Italia: storia di un m ancato incontro Il panoram a filosofico ita lia n o a proposito di H eidegger p resen ta due in te re ssa n ti c a r a tte ris tic h e : da un la to , diffusione relativ am en te p reco ce della p ro b lem atic a h eideggeriana, traduzioni di o ttim o livello, le tte ra tu r a secondaria am pia e ricca di analisi e di inform azioni; d a ll'a ltr o la to , assenza pressoché to ta le di un vero co n fro n to M arx-H eidegger, che avvenga sul te rre n o rad icale d e ll'in te rp re ta z io n e o n to lo g ico -so ciale del d estino del modo di produzione c a p ita listic o (com unque m e tafo rizzato ). U n' (a p p a re n te ) contraddizione di questo tip o non può ovviam ente essere del tu tto ca su a le. Essendosi il m arxism o italian o sviluppato s o tto il segno dello sto ric ism o , non vi sono neppure le condizioni m inim e (di co m u n icab ilità linguistica) p er far in te rag ire p ro fic u am en te e pro d u ttiv am en te due p ro b lem atic h e che sem brano a prim a vista asso lu tam en te e te ro g e n e e : M arx, visto sto ric istic a m e n te com e l'a s s e r to r e della p o sitiv ità d ell'acc u m u la zio n e lin eare del tem po sto ric o che prepara via via le condizioni p er le "m agnifiche so rti e progressive" del sup eram en to d e ll'a r re tr a te z z a , non può e ffe ttiv a m e n te avere nulla in com une con H eidegger, visto e siste n z ia listic a m e n te com e n e g a to re del "senso" o ggettivo della sto ria al di là della d eterm in atezza del v iv e re -p e r-la -m o rte del singolo individuo. Un sim ile " dialogo filosofico " si degrada in ev itab ilm ente in una (poco d iv e rte n te ) com m edia degli equivoci. E lencherem o som m ariam ente qui alcuni di questi equivoci. In prim o luogo, appare fra n c a m e n te poco u tile (ed è poco più di una sem plice esorcizzazione verbale) m e tte re in guardia dallo

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stu d iare la p ro b lem atic a filosofica h eideggeriana accam p an d o il p re te s to di un presu n to "H eidegger n a z ista ". Non possiam o qui (per ragioni di spazio) d isc u te re tu tti i problem i sto rio g ra fic i sulla collocazione di H eidegger du ran te la crisi della repubblica di W eim ar (1929-1933), sulla adesione di H eidegger alla "p resa del p o te re " da p a rte di H itle r (1933-1934), e s o p r a ttu tto su ll'e v id en te ed orm ai p ienam ente d im o stra to allo n ta n am e n to e presa di distanza di H eidegger risp e tto al regim e nazista (1934-1945). Il f a tto che H eidegger non fu mai un p en sato re "org an ico " del nazionalsocialism o, e che non può neppure essere se ria m e n te co n sid erato un suo "a p o lo g eta in d ire tto " , può esse re orm ai d ato com e d im o stra to dalla sto rio g rafia filo so fica; ancora a p e rto è invece il problem a della ap partenenza (o m eno) di H eidegger a quella c o rre n te di pensiero, tip ic a m e n te te d e sc a , che viene g en e ralm e n te d efin ita della "rivoluzione co n se rv a tric e ", e che trova in E rnst Junger e s o p ra ttu tto in M oeller van den Bruck due esp o n en ti di rilievo. La sostanziale m ancanza, in H eidegger, di elem e n ti te o re tic i "o rg a n ic istic i" (m assicc iam en te p re se n ti nel p en siero te d esc o rivoluzionario-conservatore) ci p o rtereb b e però ad esclu d e re anche q u esta seconda (e ffe ttiv a m e n te più plausibile) ap p a rten en za (10). In secondo luogo, app are fuorviante anche l'indicazio n e filosofica (au to rev o lm en te so ste n u ta da Jurgen H aberm as) che vede in H eidegger una so rta di "vecchio c o n serv ato re", "n o stalg icam en te a t ta c c a to a ll'u n ità prem oderna degli am biti (m o d ern am en te d iffe re n z ia ti) della scienza, d e ll'a r te e della m orale. H aberm as, im p eg n ato in una b a tta g lia (che lo scriven te condivide in te g ra lm e n te , e vorrebbe anzi u lte rio rm e n te radicalizzare) co n tro il c o sid d e tto "p o st-m o d ern o ", finisce con l'a ss im ila re H eidegger a posizioni che non hanno nulla a che fa re con il suo pensiero, incasellandolo in una tipologia di v arian ti del pensiero an ti-m o d ern o com e "pensiero co n serv ato re": i g iovani-co n serv ato ri, i v ec ch i-c o n serv ato ri, ed infine i n eo -c o n serv ato ri. Qui H aberm as, o ltre a scam b iare H eidegger per un "o rg a n ic ista " n o stalg ico della to ta lità m istic am e n te vissuta, ripropone co n seg u e n tem e n te una form a di w eberism o agg io rn ato agli anni '80 (e q u esto è, ovviam ente, un suo d iritto ) (11). In te rz o luogo, e s o p r a ttu tto , app are ancora più fuorviante la le ttu ra di H eidegger com e p en sato re esiste n z ia lista . Si t r a t t a di un equivoco e s tre m a m e n te in te re ssa n te , se si pensa che q u esta le ttu ra fu tip ic a di uno dei m assim i conoscitori di H eidegger in Ita lia , il filosofo piem ontese P ietro Chiodi, il quale sapeva p e rf e tta m e n te che H eidegger respingeva d ec isa m en te l'in te rp re ta z io n e del suo p ensiero com e "e sisten z ialistic o " (e considerava qu esta

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in te rp re taz io n e com e il frain te n d im e n to m assim o, il più im perdonabile e fuorviante), e pure non teneva co scie n tem en te nessun co n to di questo esp lic ito atte g g ia m e n to heideggeriano. E videntem ente, la le ttu r a di Essere e Tempo com e di una so rta di m anuale esiste n zia listico per l'im p eg n o ed il rischio, co n tro l'a n o n im ità ed i com prom essi della vita quotidiana, b anale e troppo spesso in a u te n tic a , e ra un f a tto sto ric a m e n te quasi obbligato per una generazione di in te lle ttu a li provenienti d a ll'a n tifa sc is m o e dalla resistenza e p o rta ti a m etafo rizzare questi u ltim i com e " a u te n tic ità " co n tra p p o sta alla " in a u te n tic ità " del fascism o e del collaborazionism o. Non ha dunque m olto senso polem izzare co n tro la le ttu ra "e siste n z ia listic a " di H eidegger, così com e non avrebbe senso polem izzare co n tro l'op erazio n e di Tom m aso volta a fare di A risto te le un p en sato re naturaliter cristian o . Si t r a t t a di un episodio sto ric o , che bisogna prim a co m p ren d ere, per poi p o tersen e co n g ed are, in modo risp etto so , ma anche irreversibile (12). In q u arto luogo, appaiono im produttivi gli inviti a leggere H eidegger in chiave s o p ra ttu tto "e rm e n e u tic a ". Il pensiero heideggeriano è in f a tti, in senso fo rte una ontologia (ed anzi u n 'o n to lo gia d ec isa m en te sto ric a e sociale, sia pure m etafo rizzata lin g u isticam en te in form a d iffe re n z ia listic a e d e stin a le ), e non c e rto u n 'e rm e n e u tic a ; esso da luogo ad una "p ra tic a filo so fica" di tipo erm e n eu tico , ma questa p ecu liare "p ra tic a te o ric a " non deve essere scam b iata per una "filosofia d e ll'in te rp re ta z io n e " (ch e, appunto, e s iste , ma è a ltra cosa). Se fuorviante appare la tendenza a sch iac cia re H eidegger su G adam er (che è invece veram ente un e rm e n e u ta , nel senso più pieno ed a u te n tic o del te rm in e ), ancora più fuorviante, e del tu tto infondato, è il far d iven tare H eidegger un p en sato re com patibile con una so rta di "e rm en e u tic a del nichilism o" che ha avuto re c e n te m e n te un c e rto successo nel p anoram a filosofico italian o contem poraneo. Si istitu isc e in fa tti un rap p o rto di co n tin u ità te m a tic a (del tu tto in e siste n te ) fra la rad icale c ritic a nietzschiana dei "valori" p la to n ic o -c ristia n i, inverati n ella so c ietà borghese co n tem p o ran ea, ed il congedo heideggeriano dal p ensiero m e tafisico (quando in re a ltà H eidegger è s ta to un p en sato re rad icalm en te a n ti-n ie tz sc h ia n o , an co ra più an ti-n ietz sc h ian o di quanto lo è s ta to il L ukàcs d ella Distruzione della Ragione); la c ritic a n icciana dei valori m orali, so m m ata alla c r itic a h eideggeriana della m e ta fisic a , finisce con il le g ittim a re una so rta di "sfondam ento ontologico p e rm a n e n te ", che diventa p arad o ssalm en te una erm e n eu tica del nulla. T u tta v ia , (così com e non ci si deve stu p ire delle le ttu r e e siste n zia listich e del p en sato re meno esiste n zia lista che ci sia) non bisogna stu p irsi troppo di una

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le ttu r a n ich ilistica a p p lica ta al p en sato re m eno nichilista che vi sia; il doppio crollo della cre d ib ilità (in senso fo rte ) del p ensiero la ico -b o rg h ese, da un la to , e del p ensiero sto ric is ta -m a rx is ta , d a ll'a ltr o , ha c re a to una congiunturale, sto ric a situazione di "d e le g ittim az io n e te o re tic a d e ll'e s is te n te " , che si m etaforizza filo so fic am e n te in un innocuo, co n fo rm istico nichilism o m etodologico, p e rfe tta m e n te com patibile con l'a c c e tta z io n e della riproduzione dei rapporti sociali borghesi (13). In quinto luogo, appare del tu tto infondata la tend en za a leggere il p en siero di H eidegger com e una so rta di "leg ittim azio n e te o ric a del p rim a to fondativo della prassi p o litic a ". La trasfo rm azio n e d ell'o n to lo g ia d iffe ren zialistic a heideggeriana in una te o ria d ell'azio n e c o s tru ita sul m odello d e ll'a ttu a lis m o g entiliano (tra v e s tito -g o ffa m e n te -d a "autonom ia del p o litico ") poteva avvenire soltan to in Italia, cioè in una situazione g eo g ra fic am en te e sto ric a m e n te c a ra tte riz z a ta dalla co n tin u ità so tte rra n e a del dominio del p ensiero gentiliano, id e alistic o -so g g e ttiv o , da un la to , e dalla decadenza irreversibile dello sto ricism o m a rx ista, d a ll'a ltr o . La "sin erg ia " di questi due processi (larg am en te inconsapevoli l'u n o d e ll'a ltr o ) ha c a ra tte riz z a to gli anni '70 in Ita lia , e non può essere com presa senza fa re rife rim e n to alla dissoluzione d ell'o p eraism o te o ric o in una form a di m achiavellism o di seconda ca te g o ria . Avendo H eidegger (secondo questa tendenza) d im o stra to che d e ll'E sse re com e ta le non è più Nulla, l'a z io n e p o litica diventa il c e n tro archim edico, svincolato da qualsivoglia lim ite o n to lo g ico -so ciale, d e ll'a g ire um ano nel Cosmo (un cosm o, ovviam ente, senza più " c e n tro " ) (14). In sesto luogo, infine, occo rre ev itare la via, in v itan te ma scivolosa, delle troppo facili conciliazioni fra H eidegger e Marx. Le ap p a ren ti som iglianze fra la c r itic a heideggerian a del mondo "m oderno" ed a ltr e , analoghe c ritic h e , possono in fa tti tr a r r e in inganno e le g ittim a re le ttu re "c o n co rd istich e ", più a tte n te a c la ssific a re facili analogie che a riconoscere differen ze rad icali di m etodo e di o g g etto (15). Non b a s ta , in f a tti, individuare H eidegger e M arx com e i p en sato ri che più rad ic alm en te hanno c e rc a to di p en sare il c a r a tte r e "p la n e ta rio " della te c n ic a m oderna facendone l'o g g e tto privilegiato del loro pensiero: è questa una condizione n e c e ssa ria , ma non su ffic ie n te per p en sare radicalm ente il rapporto fra H eidegger e M arx. Se si vede questo rapporto "d alla p a rte d e ll'o g g e tto " (ipostatizzando, cioè, l'o g g e tto ) si è p o rta ti a p ensare che M arx e H eidegger abbiano una nozione di te c n ic a com e f a ta lità d estin ale che si im pone con l'in e so ra b ilità di un processo n atu ra le, e si t r a t t i perciò di im p arare ad " a sc o lta rla " , a "fru irn e ", a

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"co g liere l'o c c a sio n e " che essa ci dà p er uscire dal circolo vizioso della "rip etizio n e" d e ll'a g ire m e tafisico . Se si vede questo rapporto "dalla p a rte del so g g e tto " (ipostatizzando, cioè, il so g g e tto ), si è p o rta ti a pensare che la produzione, sto ric a m e n te sp e c ific a ta com e c a p ita listic a , operi la crisi del so g g etto ; la p erd ita d e ll'E sse re viene così in te rp re ta ta com e p erd ita del "so g g e tto ", d is tru tto dalla sottom issione rea le del lavoro al c a p ita le e violen tato dalla T ecnica. In en tra m b i i casi ogni rapporto produttivo fra H eidegger e Marx è reso im possibile da questo doppio m ito d ell'O rig in e , di un E ssere Pieno, mano a m ano p erd u to n e ll'in e so ra b ile p re c ip ita re della civiltà o cc id e n tale verso il T ram onto, da un la to , oppure di un S oggetto P ien o ,d istru tto progressivam ente dal dispiegarsi del "C ap itale" com e astrazio n e re a le , p ro d u ttric e di e f f e tt i "o g g e ttiv a n ti" , d a ll'a ltr o ( 16 ) .

Non aggiungerem o qui a ltr e " le ttu re h eideg g erian e" che riten iam o fo rte m e n te fuorviam i. Lo ste sso aggettivo "fuorviarne" è del resto poco heideggeriano (H eidegger pensa in fa tti la p ra tic a filosofica com e un se n tie ro che p e n e tra nel bosco, p erm e tte n d o di tra rn e legna per scald arsi, e non com e un itin e ra rio da p erc o rrere in modo tu ristic o o co m m erciale ). Volevamo qui p e rc o rre re un nostro se n tie ro filosofico, e si dovevano to g lie re gli o staco li dalla stra d a . Un ultim o o staco lo deve forse essere an co ra to lto : l'in te rm in a b ile discussione sulla co sid d etta Kehre del pensiero h eid eg g erian o ,e sul quando e dove situ a rla (Kehre sig n ifica "svolta", e ci si chiede se H eidegger abbia rea lm en te "sv o ltato " da una prim a posizione, e tic h e tta b ile com e e siste n z ia listic a , o com unque so g g e ttiv istic a, ad una seconda posizione, di tipo an tiso g g e ttiv istic o d ic h iarato , definibile com e "o n to lo g ic a"). Si t r a t t a di un problem a in te rp re ta tiv o serio, degno di analisi filologica e di riflessione: tu tta v ia essendo la no stra o ttic a m olto " o rie n ta ta " sul rapporto diagnosi h eid eg g e ria n a/crisi del m a teria lism o sto ric o (un punto di vista assai preciso e d e te rm in a to ), in te rp re te re m o la Kehre non com e "svolta", ma com e radicalizzazione ed approfondim ento di un unico itin e ra rio filosofico: la tem atizzazione d ella inscindibile u n ità di alienazione e di in tra sc e n d ib ilità del mondo sto ric o -so c ia le co n tem p oraneo, visto so tto l'a s p e tto rigorosam ente ontologico. Già in Essere e tem po H eidegger pensa in fa tti l'im p e rso n a lità s tru ttu ra le della esistenza dei singoli nel cap ita lism o com e una c a te g o ria ontologica (e p e rta n to non com e un "e sisten z iale "), lasciando però spazio lin g u istic am e n te a possibili frain ten d im en ti esiste n zia listici; sviluppando il suo pensiero l'im p e rs o n a lità s tru ttu ra le del mondo co n tem poraneo p e rtie n e sem p re di più alla so c ie tà com e ta le , e sem pre m eno al so g g e tto . Qui, e solo qui, è

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il luogo filosofico d e ll'in c o n tro con la m arxiana c ritic a d e ll'eco n o m ia p o litica , che non ha a n c h 'e ssa nulla a che vedere con le grandi narrazioni e d ific a n ti del so g g e tto d is tic a m e n te co llettiv o (17). 4. L'analisi heideggeriana del presente: un dispositivo di inversione L 'a n a lisi heideggeriana è s ta ta c o rre tta m e n te d e fin ita da uno studioso te d esc o com e u n ità sis te m a tic a fra c r itic a della conoscenza e c ritic a della so c ietà. La c ritic a heideggeriana della conoscenza non dà p erò luogo ad una varian te del n e o c ritic ism o nè ta n to meno della epistem ologia, ma assum e la form a s tru ttu ra le della "scep si", cioè della m essa fra p are n tesi d ell'ap p are n za "positiva" del mondo (l'a tte g g ia m e n to è ontologico, m entre il linguaggio con cui la "scep si" viene a rtic o la ta p resen ta tr a c c e fenom enologiche ed erm e n eu tich e ) per rin tra c c ia re le condizioni ontologiche che d eterm in an o questa apparenza "positiva" ste ssa . La c ritic a h eid eg g eriana della so c ie tà non dà luogo ad una "te o ria c ritic a " b a sa ta su di un uso sis te m a tic o della " d ia le ttic a n eg ativ a", ma si fonda m onisticam ente sopra un principio sem plicissim o ed ap p a re n te m e n te m olto povero (a prim a vista) (18). Q uesto principio inverte e s o p ra ttu tto mina alle fondam enta il presupposto (quasi sem pre im plicito, e co n sid erato troppo ovvio per n e c e s sita re una dim ostrazione) d ell'u m an esim o o cc id e n ta le , cioè il rap p o rto so g g e tto -o g g e tto . Q uesto rapporto, com e è noto, viene g en e ralm e n te co n cep ito in due varianti: quella id e a listic a , p er la quale il so g g etto produce l'o g g e tto , in condizioni p a rtic o la ri; quella re a lis tic o -m a te ria lis tic a , p er la quale il so g g etto r if le tte l'o g g e tto , in condizioni p a rtic o la ri. Le due v arian ti sono c e rto b a sa te su d ifferen ze m olto im p o rta n ti, e la discussione di queste d ifferen ze ha p ro d o tto una le tte r a tu r a filosofica v astissim a e spesso di grande valore: il razionalism o (che si basa sulla riflessione dialogica di secondo grado fo n d ata sulla distinzione fra so g g e tto ed o g g etto ) ed il m isticism o (che si basa sulla intuizione m uta di prim o grado fo n d ata sulla indistinzione fra so g g etto ed o g g etto ) fanno en tram b i p a rte di questa costellazio n e, in quanto v arian ti a n tite tic o -p o la ri d ell'iso la m en to m etodologico deire c a te g o rie autonom izzate di so g g e tto e di o g g etto (19). In v ertire q uesto approccio è m olto d ifficile, in quanto q u e s t'u ltim o ha alle spalle la forza d 'in e rz ia del linguaggio (ed in f a tti H eidegger ha g iu stam e n te so tto p o sto il linguaggio a torsioni in au d ite, e rro n ea m en te sc am b iate per "gergo della a u te n tic ità " e te n ta tiv o di stu p ire il le tto re , o m eglio l'a s c o lta to re ): è d ifficile

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" fa r p a rla re l'im p e rs o n a le ", in quanto è pur sem pre un so g g etto p a rtic o la re che te n ta di usare il linguaggio consueto p er piegarlo in una direzione c o n tra ria , la "voce d e ll'E s se re " (20). Per più di q u a ra n t'a n n i M artin H eidegger ha c e rc a to di pensare una cosa sola, un a p p a ren te paradosso che va con tro le co llau d ate ce rtez ze ap p a ren ti del senso com une: quanto più si pensa la re a ltà sociale so tto il dom inio della c a te g o ria di so g g etto (o peggio, di a ttiv ità di un so g g e tto ), ta n to più allora l'o g g e tto che n e c essariam en te gli si contrappone appare dom inato da una sem pre m aggiore im m od ificab ilità. Vi sono, c e rto , evidenti sim ilitudini con il pensiero o rie n ta le , indiano e s o p ra ttu tto cinese: anche nel tao ism o cinese classico l'a t tiv ità è p e n sa ta so tto il segno della to ta le in c a p a c ità a m odificare. Q ueste sim ilitudini p o rtan o però fuori stra d a . Il p ensiero heideggeriano è un pensiero rad icalm en te o cc id e n ta le , e non ha nulla a che vedere con le "acclim atazio n i" a f f r e tta te di filosofie " o rie n ta li" , n a te in c o n te sti sto ric i molto d iffe re n ti. H eidegger ha com in ciato m olto p re sto a c e rc a re di dar voce alla im p erso n alità ontolo g icam en te p ro m an an te dal mondo m oderno, e non vi è in proposito che da leggere Essere e Tempo (21). L 'im p o stazio n e heideggeriana del problem a d e ll'E sse re esclude p reg iu d izialm ente la "descrizione" di questo E ssere com e qualcosa che "ci stia davan ti".O cco rre p assare a ttra v e rso una so rta di an a litic a esiste n zia le , che p a rta d a ll'e sse re -n e l-m o n d o com e unico spazio (te o ric o e p ratico ) in cui può avvenire la d ia le ttic a fra im p erso n alità s tru ttu ra le e personalizzazione esisten ziale d e ll'e sp e rie n z a di q u esta im p erso n alità. O ccorre n o ta re subito che non si è davanti ad un "m anuale di esistenzialism o a u te n tic o " , ma ad una sem plice "m ossa filosofica" per e n tra re in rapporto con l'E sse re (il quale non si dà com unque se non nella fo rm a sp ecifica d e ll'E s se rc i, cosi com e - p er fa re u n 'an a lo g ia gey m o n attian a - la v erità asso lu ta non si dà se non nella form a della v erità relativ a). E ' in te re ssa n te osservare che le tr e determ inazioni essenziali d ell'im p e rso n a lità n e c essariam en te in a u ten tica del mondo analizzate da H eidegger (la ch iac ch ie ra - G erede - , la c u rio sità - N eugier - , l'e q u iv o c o - Z w eideutigkeit - ) non sono a f f a tto m eri "esisten ziali" a sto ric i e fuori dallo sp azio -tem p o , e non sono neppure c a r a tte r is tic h e psicologiche della fre n e tic a vita b erlin ese e più in g en erale m etro p o litan a viste da un cam pagnolo rad ic ato nel suo villaggio, ma rappresentano c a r a tte r is tic h e o n to lo g ico -so ciali del d ecad im ento della "sfe ra pubblica borghese" nel XX secolo (22). In Essere e Tempo la c ritic a a ll'in a u te n tic ità im personale del mondo m oderno è ancora f a tt a s o tto una fo rm a lin g u istica che

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" p ro m e tte " illu so riam en te l'a p e rtu ra di "spazi di a u te n tic ità " (l'a ssu m e re su di se il proprio destino, il v iv e re -p e r-la -m o rte , il su p eram en to della "coscienza volgare" con la decisione a n tic ip a tric e ). Non è dunque casuale che si sia p o tu to c o s tru ire , proprio sulla base di Essere e Tempo, u n 'in c re d ib ile filo so fia della "p o ssib ilità" esisten ziale del su p eram en to , alm eno p arziale, d ella vita in a u te n tic a del mondo m oderno. H eidegger prende invece u n 'a ltr a stra d a . Dopo Essere e Tempo radicalizza u lte rio rm e n te l'a n a lis i o n to lo g ico -so ciale d e ll'im p e rso n a lità s tr u ttu r a le del mondo m oderno. In q u esto periodo si colloca il suo in te re ssa n te dissidio con E rnst Junger, che è tu tto r a di strao rd in a rio sig n ific ato filosofico: en tra m b i assum ono la T ecn ica m oderna com e "d estin o " d ell'u o m o contem p o ran eo , ma so lta n to Junger ritie n e che si possa an d a re "o ltre la lin ea" sta b ilita da essa p er mezzo di una decisione esiste n zia lm e n te rischiosa e di una se rie di esperienze fisico -p sich ich e personali. Si può d ire che Junger abbia veram en te esistenzializzato Essere e Tempo nel modo più c o e re n te ed anche più suggestivo: la so lid a rie tà a n tite tic o -p o la re fra un m assim o di personalizzazione e s iste n z ia listic a d e ll'e sp e rie n z a ed un m assim o di a c c e tta z io n e fa ta lis tic o -d e s tin a le d ell'in v o lu cro "te c n ic o " del mondo m oderno è in Junger m assim a (ed è questo, fo rse, il motivo più profondo d e ll'a ttu a le revival jungeriano, che coincide con il m assim o di rifiu to per una prosp ettiv a di tipo o n to lo g ico -so ciale) (23). H eidegger sa invece che "o ltre la linea" non si può an d are, enfatizzan do il p rim a to della v o lo n tà -d elia -v o lo n tà com e so stitu to d elle vecchie m e tafisich e o n to -te o -lo g ic h e orm ai tra m o n ta te . E' q uesto , non a caso, il periodo del suo studio di N ietzsche, co n sid erato id e a ltip ic a m e n te e p a ra d ig m a tic a m e n te com e l'e s ito inevitabile ed il coro n am en to del te n ta tiv o di andare " o ltre la lin ea" con la m era decisione a n tic ip a tric e dell'im p eg n o personale (24). N ella L ettera sull'um anesim o il rifiu to del trasc en d im en to so g g ettiv istico del destino sto rico J n nom e d ella decisione a n tic ip a tric e (n u trita quasi sem pre di uno sciag u rato pathos d e ll'a u te n tic ità ) assum e fin alm en te una form a espressiva di c rista llin a chiarezza. Vi sono, c e rto , delle "esperien ze" alle spalle della L ettera sull'um anesim o: la g u erra m ondiale, che aveva trav o lto la G erm ania insiem e con il regim e h itle ria n o , ed i prodrom i della g uerra fredda fra U sa ed U rss, viste sem pre da H eidegger com e p o rta tric i di una cu ltu ra s to ric o -p o litic a in tim am en te solidale (l'a m e ric a n ism o ed il comuniSmo com e varianti d ell'in v era m ento te cn ic o d ella m e ta fisic a ) (25).

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H eidegger si avvicina al m arxism o con un m ovim ento di pensiero che sem bra avere due tem p i. In prim o luogo, secondo H eidegger "M arx, in quanto esp erisc e l'alien a zio n e , raggiunge una dim ensione essenziale della sto ria : è perciò che la concezione m arx ista della sto ria si pone al di sopra di ogni a ltro "sto rio g ra fism o " (H isto rie)". Si t r a t t a di un "rico n o scim en to " f a tto da H eidegger a M arx che non ha nulla a che vedere con il pallido giovane-m arxism o (che contrappone u n 'in te rp re ta z io n e u m a n istic o -e siste n z ia listic a della alienazione, a ttr ib u ita al giovane M arx, al Marx del C apitale), in quanto concede al pensiero di Marx di essere s ta to un pensiero ontologico, che v erte su ll'E sse re nella sua dim ensione sto ric a . In secondo luogo, H eidegger sostiene che "è n ecessario che ci si liberi dalle ingenue rappresentazioni relative al m a teria lism o e dalle c ritic h e su p e rfic iali che dovrebbero colpirlo. L 'e sse n za del m aterialism o non sta n e ll'a ffe rm a z io n e che tu tto è pura m a teria , ma p iu tto sto in una determ inazione m e ta fisic a , secondo cui tu tto l 'e sse n te appare com e m a te ria le del lavoro. L 'e sse n za m oderna e m etafisica del lavoro è a n tic ip a ta nella Fenom enologia dello Spirito di H egel com e il processo au to -o rg an izz an te si della produzione incondizionata, cioè com e l'o g g ettiv az io n e del rea le da p a rte d ell'u o m o inteso com e so g g e ttiv ità " . Il m a terialism o del lavoro, secondo H eidegger, è tip ico sia del nazionalism o che d ell'in tern azio n alism o : "Ogni nazionalism o è m e ta fisic a m e n te antropologism o e com e ta le soggettivism o. Esso non è su p erato m ed ian te il sem plice internazionalism o; anzi m ed ian te questo si esten d e e si eleva a sistem a. Il nazionalism o non viene in ta le modo inn alzato e su p erato n e ll'h u m a n ita s, così com e l'individualism o non è su p e ra to m ediante un collettiv ism o privo di sto ria . Il co llettiv ism o è la so g g e ttiv ità d ell'u o m o posta a livello della to ta lità . Esso p o rta a com pim ento la sua incondizionata au to affe rm az io n e. Q uesta non si lascia elim in are; non solo: un p ensiero che ne m edia solo un a s p e tto non è neanche in grado di esp erirla in modo su fficie n te. D a p p e rtu tto l'u o m o , esilia to dalla v e rità d e ll'E s se re , gira su se stesso com e animai rationale". Qui H eidegger (il quale, del tu tto en passant, coglie due a sp e tti essenziali dello stalinism o sto ric o , il suo nazionalism o g ran d e-ru sso tra v e stito da internazionalism o e la sua enfasi sul lavoro stachanovizzato e di potenza " illim ita ta " ) coglie a c u ta m e n te , meglio di ce n tin a ia di inutili tom i sul m arxism o te o ric o ap o lo g etica m en te ric o stru ito , com e "il processo au to -o rg an izz an te si della produzione incondizionata, cioè l'o g g ettiv azio n e del reale da p a rte d ell'u o m o in teso com e so g g e ttiv ità" sia la s tr u ttu r a p o rta n te del m aterialism o sto ric o (co n cep ito in senso g ran d e -n a rrativ o ) e del m aterialism o

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d ia le ttic o (concepito in senso d e te rm in is tic o -n a tu ra lis tic o , ove la n a tu ra sia an tro p o m o rfizzata e p e rta n to d o ta ta di un teleologism o d ia le ttic a m e n te espressivo). In o ltre, H eidegger non pensa neppure che tu tto questo sia s ta to un " e rro re d 'in te rp re ta z io n e " , co rreg g ib ile m ediante l'a ffin a m e n to della c ritic a te s tu a le e della m arxologia filologica, ma colloca l'in te r a nozione so g g ettiv istica di m a terialism o in una se rie sto ric a g e n e tic a m e n te in dagata (in linguaggio m a rx ista, la falsa coscienza è in n a n zitu tto coscienza n e c essariam en te falsa). L 'a c u ta valutazione heideggeriana del m arxism o novecentesco c o n ten u ta nella L ettera sull'U m anesim o è in te g ra ta dalla analisi m etafo rizz ata del ca p ita lism o o cc id e n tale co ntem poran eo c o n te n u ta nel te s to L'Epoca dell'im m agine del mondo. Le cinque m anifestazioni essenziali del mondo m oderno (il mondo della m e tafisica ) indicate da H eidegger sono tu tt e determ inazioni ontologiche d e ll'E sse rc i c a p ita listic o contem poraneo: la scienza m a te m a tic a della n a tu ra , che si pensa so g g e ttiv istic am e n te com e "p re c e d e n te " e com e fondativa del mondo m oderno, e che è in r e a ltà seconda; la te c n ic a m eccan ica, che viene pen sata com e "d e riv ata " dalla scienza m a te m a tic a della n a tu ra , e che in r e a ltà la p reced e sul piano logico e storico; la riconduzione d e ll'a r te n ell'o riz zo n te d e ll'e s te tic a , riflessione d e ll'a r te su se ste ssa e quindi sua estinzione; la trasfo rm azio n e della cu ltu ra in p o litica cu ltu rale ; la sdivinizzazione che, in quanto s ta to di indecisione risp e tto a Dio ed agli D ei, ha riem p ito ciò che aveva prim a svuotato con la ricerca sto rio g ra fic a e psicologica sul m ito. Anche qui, solo uno sciocco può p a rla re di " c ritic a rom an tica della scienza": la sp e c ific ità , sto ric a m e n te d e te rm in a ta , del cap italism o co n tem p o raneo è fo to g ra fa ta con una ta le vivezza di colori da far risu lta re "s fu o c a te " le ta n to apprezzate fo to g ra fie w eberiane (26). A p p aren tem e n te, H eidegger non p arla di ciò di cui i m arx isti vorrebbero p a rla re . T u tta v ia, proprio dove, H eidegger sem b ra a prim a vista più lontano d a ll'a p p ro c c io o n to lo g ico -so ciale di L ukàcs (l'u n o , che m e tte in guardia dalle illusioni di padroneggiare gli e siti dei p ro g e tti fin a listic a m e n te o rie n ta ti al "dom inio" su qualcosa; l'a ltr o , che lim ita fe rre a m e n te alla "fo rm a " d e ll'a g ire lavorativo, te leo lo g ica m ente o rie n ta to , la p ro p rie tà di raggiungere uno scopo) m e tte in guardia in re a ltà co n tro la stessa cosa: l'illu sio n e so g g e ttiv istic a, o n to lo g icam en te s-fo n d a ta , e perciò p re te stu o sa m e n te autofo n d ativ a, di uscire dalla durezza della co stituzione m a te ria le del modo di produzione c a p ita listic o , se g re ta m e n te im personale e perciò del tu tto im perm eab ile ad una serie di "decisioni so g g ettiv e". Oggi sappiam o che la p ro b lem atica

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della sostituzione della p ro p rie tà giuridica pubblica alla p ro p rie tà giuridica privata dei mezzi di produzione, e la p ro b lem atic a della sostituzione del piano al m e rc a to (per vincere la co sid d etta "an arch ia della produzione c a p ita lis tic a " ) ha co n tin u ato a far g irare su se stesso l'u o m o com e animai rationale. (27). R e sta il f a tto che, se la diagnosi an tiso g g e ttiv istic a è comune ad H eidegger ed ai m arxisti o rie n ta ti in senso o n to lo g ico -so ciale (com e lo scriv e n te ), diverse sono le prospettive di prognosi: in H eidegger (che lo disse anche e s p lic ita m e n te ), solo un Dio può ancora salvarci (in a ltre p aro le , un in te rv en to , per ora im prevedibile, e s te rn o al continuum sto ric o che rap p rese n ta se stesso con una im m agine del mondo u m a n istic o -sc ie n tific a ); in Lukàcs, il rito rn o ad una concezione o n to lo g ico -so ciale del processo sto ric o è d ic h ia ra ta possibile e p ra tic a b ile senza alcun in terv en to divino, ma p er opera degli individui a sso c ia ti, ove p erò questi individui sappiano c o stitu irsi in " p a rtic o la rità " di tip o nuovo, recidendo il cordone om belicale con la pura sin g o larità se ria le . Il p roblem a, qui, hon è c e rto quello di fa re scom m esse o ttim istic h e o dichiarazioni sapienzialm ente p essim istich e (si tr a tte r e b b e com unque di "opinioni" o n to lo g icam en te poco fo n d ate). E ' invece u tile ch ied erci in che modo H eidegger giunge al disin can to della frase te rrib ile : "solo un Dio può ancora salvarci". Egli vi giunge dopo aver a ttiv a to un dispositivo fe rre a m e n te teleo lo g ico di le ttu ra d ell'esp e rie n za o c c id e n ta le , che può essere in te re ssa n te rip e rc o rre re b revem ente (28). 5. L 'analisi heideggeriana del passato: un dispositivo teleo lo g ico In H eidegger, la sto ria p rec ip ita d e stin a lm e n te nel tem po p re se n te , dopo aver perco rso una serie di ta p p e , tu tt e rico stru ib ili alla luce del p rese n te tra m o n to d e ll'O c c id e n te . E ' già s ta to rilevato (e non è c e rto d ifficile ac co rg erse n e) che H eidegger, in un c e rto senso, rovescia il percorso della Fenom enologia dello spirito di H egel, i In H egel lo S pirito, a n c h 'e sso su p erperso n ale e sem pre o n to lo g icam en te organizzato, p erc o rrev a una se rie di ta p p e co n cep ite com e un fondam entale "a c c re sc im e n to d ell'esp e rie n za sto ric a " : il processo era fe rre a m e n te im p u tato alla sostanza co n cep ita com e so g g e tto , ed in questo modo la tito la r ità d ell'esp e rie n za era g a ra n tita . H eidegger rovescia l'im p u tazio n e soggettiva d e ll'a c c re sc im e n to d ell'esp e rie n za in p erd ita progressiva d e ll'E sse re cau sa ta d a ll'ip e rtro fia del so g g e tto stesso . A p a re re dello scrivente dopo ta n te ch iacch iere sul "ro v esciam en to " di H egel da p a rte di M arx, il primo, a u te n tic o , "ro v escia to re" di H egel è sta to

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H eidegger, e soltanto H eidegger. Si t r a t t a , in o ltre , di un rovesciam ento in te g ra lm e n te m a te ria listic o di H egel, in q u anto si pren d e m a te ria listic a m e n te a tto di c e n to c in q u a n t'a n n i di sto ria p o st-h e g e lia n a . In H eidegger la "differen za onto lo g ica" gioca lo ste sso ruolo conoscitivo che in H egel giocava la "d eterm in azio n e riflessiv a", ed il fa tto che la p rim a si pensi com e d eterm in azio n e non d ia le ttic a non riveste una grande im portanza. In g en e rale , è possibile d ire che l'in sisten z a sulla contrapposizione p o lare fra d ia le ttic a e d ifferenza è un a rtific io gnoseologico stu p id am e n te p o st-m o d e rn o , in quanto da H egel a H eidegger lo "sciv o lam en to " progressivo della d eterm inazione d ia le ttic a in d eterm in azio n e d ifferen ziale rivela p iu tto sto , nel r a r e f a tto mondo della term in o lo g ia filo so fica, l'a u m e n to della "durezza" im personale (ed im p erfo rab ile a ll'a ttiv ità ) della riproduzione dei rap p o rti sociali c a p ita listic i (29). H eidegger, com e è noto, è un ac u to c o m m e n ta to re dei p re so c ra tic i. Egli si tie n e lontano sia dal m arxism o razio n alistico ap p lica to a ll'a n tic h ità (si pensi a F a rrin g to n ), sia dal sapienzialism o di derivazione nicciana (evidente anche in acu tissim i in te rp re ti com e C olli), sia, infine, dal m a terialism o g e n e tic o -d ia le ttic o (si pensi a Thom son ed a S o h n -R eth e l). E ' s u ffic ie n te , p er H eidegger, che risu lti c h ia ra , nei p re so c ra tic i, l'assen z a di una vera dicotom ia a rtic o la ta sulla distinzione fra so g g e tto ed o g g etto , rad ice del d estino m e tafisico d e ll'E s se re (30). A nche l'a n a lisi h eideggeriana di P latone e di A risto te le è e s tre m a m e n te rad ic ale , nella sua se m p lic ità . Non vi è in lui quasi tra c c ia di analisi di sociologia sto ric a (o di antropologia sto ric a , luogo in cui il multiversum del possibile decorso tem p o rale p o treb b e meglio ap p a rire ). P latone com pie l 'a t t o originario, g en e tic a m e n te fondativo (e sappiam o che là dove c 'è l'o rig in e , là c 'è an ch e la fine, là dove c 'è P lato n e, c 'è già, fin da subito anche N ietzsche): la conversione della aleth eia in orthotes, della v e rità com e m o d alità di apparizione e di disvelam ento d e ll'E s se re in v e rità com e m o d alità di rap p resentazione "g iu sta " di un so g g e tto . Da questo punto, il d estin o inesorabile d e ll'O c c id e n te è già in te g ra lm e n te p re d e te rm in a to : da A risto te le a C artesio , da K ant a N ietzsch e, il tem po del destino, originario quanto fa ta le , segna l'ap p ro fo n d im en to del dom inio im personalm ente m e tafisico sul mondo. Non possiam o qui so ffe rm a rc i sulla (spesso ac u tissim a ) in te rp re taz io n e heid eg g eriana dei vari a u to ri (anche qui, un esam e co m parativo con le h eg eliane Lezioni sulla Storia della F ilosofia sarebbe utilissim o; ogni au to re , a p p a re n te m e n te u ltra p erso n alizz ato , è in re a ltà in se rito in un continuum te m p o ra lm e n te om ogeneizzato funzionale alla te si p re d e te rm in a ta in an ticip o d a ll'a u to re ) (31).

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Si t r a t t a , dunque, di un dispositivo inte g ralm e n te teleologico: il passato è ricostruito com e visibilità filmica della precipitazione di un grave in un punto, in un te m p o in te g ralm e n te spazializzato. La tra tta z io n e heideggeriana del p rese n te, com e u nità di alienazione compiuta e di impossibile tr asc en d im en to (solo un Dio può ancora salvarci), è le g ittim a ta (secondo i più vieti canoni storicistici) da una le ttu r a unilineare del tem po storico, che tr a sc u ra ogni possibile "uscita la te r a le " e, più in generale, ogni possibile "padroneggiam ento della prassi". Meglio questo, c e rto , della pappa umanistica e sto ric istica delle "m agnifiche sorti e progressive". T uttavia, non si è in presenza di u n 'a lte rn a tiv a te o ric a di nessun genere. 6. Weber, Heidegger, Marx: un confronto produttivo ancora tu tto da com piere Se non es iste una vera alternativa te o ric a convincente alla (pur grandem ente d ifetto sa) filosofia del m aterialism o storico, non esiste tuttavia neppure una possibilità im m edia ta , da p a r te di q u e s t'u ltim a , di giungere ad una p raticabile sintesi di conoscenza del mondo e di tra sfo rm a b ilità di q u e s t'u ltim o . Un confronto produttivo fra Weber, Heidegger e Marx sarebbe c e r to utilissimo, ma esso s te n ta a decollare. Non si t r a t t a solo del f a tto , già a m piam ente docum entato nelle pagine prec ed en ti e c e r to rilevante, che i tr e autori vengono analizzati e discussi sem pre s e p a r a ta m e n te , da weberologi, heideggerologi e marxologi. Si t r a t t a di una am biguità s tr u ttu r a le del mondo "m oderno" (cui, tr a l'a l t r o , il cosiddetto post-m oderno filosofico te n t a di dare una soluzione) (32). 11 "m oderno" non è in fa tti un "a rc h e tip o ", s ta tic a m e n te fisso, d o ta to di c a r a tte r is tic h e univocamente descrivibili, ma è un "processo" dinamico, che incorpora una serie di slitta m e n ti (non solo teorici, ma in te g ralm e n te te o ric o - p r a tic i) , che potrem o definire, in prim o approccio e con molta approssimazione, uno slitta m e n to problem atico e complesso dalla ragione alla razionalità alla razionalizzazione. Non vi è qui nulla di fata listico , e non si t r a t t a d e ll'e s ito inevitabile della scelta di Ulisse di ascoltare il ca n to delle Sirene o di Platone di t r a t t a r e l 'e s s e r e com e se fosse un en te. Si t r a t t a di qualcosa di specifico e di d eterm in a to , che a ttie n e in te gralm e nte al movim ento profondo dello sviluppo del modo di produzione capitalistico. I grandi pensatori che furono attivi durante quello che potrem o definire il "periodo classico del moderno" (da Kant a Hegel a Smith) ce rcaro n o t u tt i di rin tr a c c ia re la ragione nella storia: vi fu

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chi identificò sem plicem ente la ragione con il progresso dei com m erci e dell'industria inteso com e supporto sostanziale dell'incivilim ento dei costumi sociali (Smith); chi rifiutò di iden tifica re la ragione d ir e tta m e n te con il corso storico, ma la correlò con esso com e idea regolativa dei com p o rtam e n ti umani (Kant); chi infine non si a c co n ten tò di questa correlazione "debole" (che separava ancora in modo troppo illuministico il reale conc reto e l'id e a le a s tr a tto ) , ma volle in modo più " f o r te " pensare insieme la ragione ed il decorso storico stesso (Hegel). In t u t t i tr e i casi, però, il "m oderno" era il luogo della ragione, anche se per alcuni, r e f r a t t a r i alla d ia le ttic a , esso nasceva dal medioevo per sottrazione di superstizioni ed addizione di conoscenze, m entre per altri, d ia lettic i, esso sviluppava, negando e conservando, elem e n ti già presenti nel decorso storico passato. Gli stessi negatori della ragione dovettero (com e Schopenhauer) collocarsi su questo te rr e n o "m oderno", se non a ltro per rifiutarlo in te g ralm e n te com e "illusione". Con l'avvento del positivismo e la generalizzazione dell'industrializzazione, durante l ' " e t à della borghesia", la ragione assunse sem pre più il c a r a t t e r e lim itativo della razionalità. Si t r a t t ò di u n 'a p p a re n te ritorno alla razionalità illuministica, che si poneva però su! te rr e n o della in tegrale autonomizzazione disciplinare delle scienze naturali e sociali. Q ueste scienze assumevano da un lato specifici "stili di razionalità", m entre d a l l'a ltr o erano c o s t r e t t e a rinunciare ad un'unificazione filosofica b a s a ta su di un co n c e tto sostantivo di ragione. La "visione del mondo" positivistica (con il connesso "rom anticism o della scienza") non può essere scam biata in alcun modo per qualcosa di analogo alla p rec ed en te costellazione classico-m oderna (tipica di K ant, Smith e Hegel), in quanto essa si limitava ad enfatizzare apolo g etica m en te la somma dei "risu ltati" raggiunti dalle varie scienze p artico la ri (le enciclopedie positivistiche non sono dunque qualcosa di omogeneo alla Enciclopedia hegeliana). La razionalità positivistica non è neppure la "conseguenza" applicata della ratio calc o listico -q u an titativ a che si fa risalire a Cartesio, in quanto essa vive esclusivam ente nelle p r atich e pluralistiche degli "stili di razionalità" delle singole scienze, che non sono però (come opinano i gnoseologi) mere condizioni epistem ologiche di auto -riflessio n e delle scienze stesse, ma incorporano d ir e t ta m e n te (come g iustam e nte nota Heidegger) una p a rtic o la re m essa-a-disposizione del mondo stesso (33). Lo scivolamento degli stili di razionalità in p ratich e di razionalizzazione è dunque (per usare ancora un term ine heideggeriano) " f a t a le " . Il capitalism o, a u to leg ittim ato si all'inizio

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com e ragione, co stituitosi in modo a rtic o la to attraverso stili di razionalità, si riproduce attrav erso procedim enti di razionalizzazione. Si t r a t t a , ancora una volta, di un processo unitario, che deve essere pensato in modo rigorosam ente monistico. In Marx esistono t u tt i i presupposti per pensare il "moderno" com e un processo unitario incorporante ragione, razionalità e razionalizzazione. Max Weber, invece, disarticola la "ragione" in una p luralità n e o-ka ntiana m ente irre la ta di politeismo dei valori, la "razionalità" in un rapporto mezzi-fini ed infine la "razionalizzazione" in un destino storico ineluttabile. Martin Heidegger, più m onisticam ente, ontologizza la ragione "m eta fisica " com e com pim ento sto ric o -d e stin a le della te m p o ra lità occidentale, ed unifica così anche la razionalità e la razionalizzazione com e le due faccie inseparabili, te o rica e p ra tic a , d ell'in teg ra le ' messa-a-disposizione impersonale del mondo ridotto ad im-posizione anonima (G e -s tell). Nello s ta to c a ta s tr o fic o , grande-narrativo e d e te rm in is tic o -n a tu ra lis tic o , in cui i marxismi sto ric am e n te co s titu iti hanno ridotto il m aterialism o storico e la critica dell'econom ia politica, il pensiero di Marx appare f ra n ca m en te, a prima vista, inferiore a quello di Weber o di Heidegger. Ovviamente, il te rm in e "inferiore" deve essere inteso com e "pensiero assai meno in grado di com prendere e di tra s f o r m a r e il mondo". Il mondo, infatti, non si com prende per nulla applicandogli un dispositivo teleologico (in avanti o in indietro), e non si tra s f o r m a a f f a tt o imputando il processo di trasform azione ad un soggetto sradic ato e svincolato da ogni presupposto ontologico-sociale. Come si è d e t to nella seconda p a r te di questo sc ritto , il ritorno a Marx è possibile per noi soltanto a ttraversa ndo a ritroso (ripetendo, per c iv ettare con il linguaggio heideggeriano) i marxismi sto ric a m e n te costituiti. Nel caso co n c reto dei "m arx isti ita lia n i"; di questi anni, ripetendo senza sta nca rsi la formazione ideologica s to r ic is tic o -to g lia ttia n a e quella operaistica. Non to rn erem o su questo punto, già am piam ente arg o m e n tato . A prirem o invece il problema dei "grandi pensatori" co ntem poranei, i quali hanno c e r c a t o di a f f ro n ta r e sul te rr e n o del m a teria lism o storico (alm eno com e volontà soggettiva di adesione e di appartenenza, che è anche il caso dello scrivente) il com pito della riform a radicale della forma filosofica del discorso m arxista. Ve ne sono molti, anche e s o p r a ttu tto poco noti. Le mode filosofiche di oggi non si interessano a loro, oppure, se lo fanno, li piegano in direzioni che nulla hanno a che fare con le loro intenzioni te o rich e di fondo, oppure ne enfatizzano a s p e tti del t u t t o secondari m utando del

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t u t t o il co ntesto rilevante delle loro affermazioni. D iscuterem o brevem ente alcune soluzioni teoriche d ate da E rnst Bloch e Gyorgy Lukàcs ai problemi che abbiamo ap e rto . Esse non sono c e rto definitive, e non possono quasi mai essere divelte dal co n testo storico congiunturale in cui vennero pensate . La valorizzazione del multiversum tem p o rale blochiano e del carattere ontologico-sociale della lucacciana c a te goria di lavoro deve essere intesa com e un primo passo, n e c es sariam en te ancora insufficiente, in una direzione che si lasci alle spalle gli esiti bloccati dei marxismi contemporanei ed il loro disincantato rovescio a n tite tic o -p o la re , il crudo destinalismo di Martin Heidegger (34).

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NOTE 1.

Per una introduzione ai te s ti dei nouveaux philosophes si veda M u ra -P ie re tti-G a lea zz i, I Nuovi F ilosofi, C ittà Nuova, 1978. E ' d ifficile, com unque, p ren d ere filosoficam ente sul serio chi m e tte insiem e F ich te, Marx e N ietzsche in un gruppo di "m ae stri p e n sa to ri" del dominio dispotico sulle plebi in nom e di un "popolo" sublim ato in s ta tu a lità senza legge. Per com prendere il fenom eno (e ffim ere ma significativo) dei nouveaux philosophes o c co rre te n e re so p ra ttu tto in conto due fa tto ri: in prim o luogo, si tr a t t ò di un fenom eno vezzeggiato, accom pagnato, sponsorizzato dai m ass-m edia, com e mai era a ccad u to prim a (furono in fa tti i media c a p ita lis tic i, fra il 1976 ed il 1978, a d e te rm in a re la form a in cui si discusse pubblicam ente della cosiddetta "crisi del m arxism o", p redeterm inandone in p a rte gli e siti te o ric o -p ra tic i): in ‘ secondo luogo, com e notò a suo tem po Goran T herborn (c fr. Problemi del socialism o, 21, 1981), la "crisi del m arxism o" di cui si parlò a cavallo fra gli anni 70 e gli anni '80 fu un fenom eno g eo g raficam en te e sto rica m en te sud-europeo, p a rtic o la rm e n te fran cese ed italiano (dovuto dunque al modo specifico in cui avvenne il "riflusso" di una p re ce d en te politicizzazione "m arx ista " di co n sisten ti s tra ti di in te lle ttu a li e giovani). A ltra cosa, ovviam ente, è il fenom eno sto rico -m o n d iale della crisi oggettiva della form a terz in te rn az io n a listic a del m arxism o n e ll'a ttu a le periodo storico. 2. Lo scrivente rim anda qui al suo saggio pubblicato in Aa.Vv. Il marxismo in mare aperto, Angeli, 1983. Non si vuole c e rto qui disprezzare come irrilevante il com plesso di problem i che ruota intorno al tem a della " fa lsific a b ilità " (per un'introduzione a questa p ro blem atica si veda la convincente voce di S. A m sterdam ski, V erificab ilità/F alsificabilità, in Enciclopedia, Einaudi, 1981). Si vogliono invece ria ffe rm a re con forza due punti chiave. In prim o luogo, se si concepisce il m aterialism o sto rico com e una grande narrazione e d ific a n te , u m a n istic o -sin te tic a e /o n a tu ra lis tic o -te le o lo g ic a , esso è e ffe ttiv a m e n te inverificabile ed in falsificabile: i popperiani avrebbero su questo punto ragione, se non si co stru issero siste m a tic a m e n te un fa n to c cio polem ico in esiste n te c ontro il quale duellare e vincere fa cilm e n te . In secondo luogo, il m aterialism o sto rico ha e ffe ttiv a m e n te bisogno di una propria epistem ologia (che non è, dunque, un "lusso"), ma q u e st'u ltim a deve esse re om ogenea e c o ere n te con l'o g g e tto stesso di cui si occupa, e non può esse re dunque che u n 'epistem ologia in teg ralm en te sto rica : in proposito rite n iam o che la via tra c c ia ta da B achelard sia quella c o rre tta , m entre quella tra c c ia ta da Popper non lo sia. 3. Si veda Max H orkheim er, Gli inizi della filosofia borghese della storia, Einaudi, 1978. Vi è però una differenza rad icale fra l'antropologia filosofica "p essim istica" dei p ensatori classici (M achiavelli, Hobbes, e c c e te ra ) e l'o d ie rn o pessim ism o antro p o lo g ico -filo so fico . Il prim o era un pessim ism o c e n tra to sui c o m p o rtam en ti attivi di un e sse re um ano lasciato alle sue pulsioni in una sorta di " s ta to di n a tu ra " (e si rispondeva a q uesta m alvagità um ana con la doppia s tra te g ia , parzialm ente c o n tra d d itto ria , di raffo rzam en to del Leviatano sta tu a le tito la re del monopolio della forza m ilita re, da un lato , e della trasform azione delle

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pericolose ed im prevedibili passioni in innocui e prevedibili interessi econom ici, d a ll'a ltro ), m entre il secondo è un pessim ism o passivo (il mondo non si ritiene più qualitativam ente tra sfo rm a b ile , ma appare al so g g etto contem plante so tto la form a della im m o d ificab ilità s tru ttu ra le e p e rm a n en te ). Non è chi non veda la differenza fra i due diversi "stad i sto rici" di questo pessim ism o filosofico borghese. In linea generale, o ccorre ten e rsi lontani dalla facile tendenza a sc a ric are sul m eccanicism o c artesia n o t u tt i i mali n a tu ra li e sociali degli u ltim i tre secoli (com e ad esem pio fa il fisico a m ericano F ritjo f C apra, a u to re di libri, in te ressa n ti ma sb ag liati, com e II Tao delia Fisica, Adelphi, 1982, ed il recentissim o The tum ing point). Più p re cisa m e n te, o ccorre congedarsi dalla visione filosofica del mondo, se g re ta m e n te sto ric istic a , che vede il Moderno, dal d iciassettesim o secolo in poi, affe rm arsi nella form a unilineare della secolarizzazione (cioè nella derivazione a n a litic a , per sottrazione, di a sp e tti della sua p reistoria teologica e religiosa). In questo modo si finisce con il presupporre una fan to m atica Origine Medioevale Semplice, gonfia di illusioni religiose e di a sp e ttativ e escato lo g ich e, da cui il moderno sarebbe nato per sottrazione, togliendo mano a mano da questa to rta originaria t u tt e le fe tte che l'an a lisi chim ica aveva dich iarato im m angiabili. Il filosofo ted e sc o Hans Blum enberg (polem ico so p ra ttu tto con K. L ow ith e C. S ch m itt, ma si potreb b ero anche aggiungere Weber e lo stesso H eidegger) è forse oggi il m aggiore c ritic o delle interp retazio n i sto ric istic h e del moderno com e sottrazione secolarizzante (che è, non dobbiam o d im e n tic arc e lo , la stessa cosa, ap p are n te m en te rovesciata, e dunque a som m a zero, della addizione progressistica - il tem po viene co ncepito in e n tram b i i casi com e e n tità om ogenea e so stanzialistica che toglie illusioni, da un lato , ed aggiunge conoscenze, d a ll'a ltro ). L 'a u to re più. in te re ssa n te , se si vuole stu d iare "sul cam po" il problem a della co n ciliab ilità o m eno fra m aterialism o storico e procedure idealtipicizzanti m axw eberiane, è c e rta m e n te K arl Polanyi. Il paragone che si vuole qui suggerire non è dunque quello, asso lu tam en te consunto, fra W eber e Marx (W eber sarebbe il "M arx della B orghesia" e , a llo ra, p erchè non P a re to ? Keynes? Popper?), ma quello fra Locke e W eber. Pensatore ep o cale, ed organico ad una classe, è colui che riesce a "siste m atizz are " ad a lto livello filosofico delle "apparenze n e ce ssa rie" p ro d o tte dalla re a ltà sociale in cui vive. L ocke sistem atizza la m etodologia e m p iristic a, il rifiuto del c o n c e tto di sostanza e delle idee in n ate , la m ente com e tab u la rasa (da riem pire in te g ralm en te , dunque, in modo "borghese"), il nesso fra s ta to di n a tu ra , c o n tra tto sociale e le g ittim ità della p ro p rietà privata, e c c e te ra (e si vedano gli studi di C raw ford B. M acpherson sul possessive individualism ). W eber sistem atizza la distinzione fra opzione di valore filosofica, po lite istic a m ente infondata, scienze sociali e scienze della n a tu ra , la concezione della m odernità com e so ttrazio n e (di illusioni) ed addizione (di conoscenze) dal medioevo, il disincanto e lo sc e ttic ism o sulle p re te se " p ra tic h e " del m arxism o, e c c e te ra . Si vedano gli studi w eberiani di Maria T u rc h e tto in Metamorfosi, 6, Angeli, 1982, ed in M etamorfosi, 8, 1983. Lo studio parallelo di Marx, H eidegger e W eber (asso lu tam en te insolito in Italia) p e rm e tte alla T u rc h e tto alcune

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" s c o p e rte ", a p p are n te m en te ovvie, ma ricche di significato teo rico (ed anche politico). Q ueste "sco p e rte " non possono stru ttu ra lm e n te essere fa tte dagli studiosi (sto ric isti) del solo Marx, dagli studiosi (neorazionalisti e positivisti) del solo W eber, e dagli studiosi (nichilisti) del solo H eidegger. E ' evidente che un sim ile "program m a di rice rca " può considerarsi appena iniziato. 8. Non è casuale, in fa tti, che gli a m m irato ri italian i di Weber siano i più ace rrim i nem ici d e ll'in se g n am en to della filosofia nelle scuole secondarie superiori ita lia n e , ed am biscano so stitu irla in teg ralm en te con un pool di "scienze sociali" te n u te insiem e, appunto, dalla m etodologia w eberiana. Q uesto a tte g g ia m e n to , ad un tem po p ia tta m e n te positivistico e profondam ente nichilistico, è a sso lu tam en te conseguente con il dogm atism o "w eb erista". 9. Se la som m aria ricostruzione di W eber fa tte in queste righe è anche solo parzialm ente plausibile, ogni ten ta tiv o di "pieg are" in senso socialista l'a p p a ra to c a te g o ria le di Max Weber appare poco convincente. Nella sua ultim a opera (c fr. Theorie des Kommunikativen Hendelns, Suhrkam p, 1981, in p a rtic o la re vol.I, cap. II) Jurgen H aberm as, che non aveva mai condiviso la stro n c a tu ra m arcusiana e lucacciana di W eber, si ricollega esplicitam ente alla distinzione w eberiana di "razio n alità form ale" e di "razio n alità m a te ria le ", e prende le mosse d a ll'irre v e rsib ilità di questa differenza di sistem i di agire nelle so c ie tà m oderne. H aberm as (il quale, ricollegandosi alla hegeliana Filosofia dello Spirito di Jena, che concepisce lavoro ed interazione com e d iffere n ti m odalità nel processo di form azione dello Spirito O ggettivo, aveva già p re ce d en te m e n te w eberizzato Hegel) intende c e rto so g g ettivam ente vedere g a ran tita una prospettiva di razionalizzazione evoluzionistica e non con tin g en te delle norm e d e ll'a g ire um ano (di modo che la prospettiva di una so c ietà so c ialista, e tic a m e n te "c o n cilia ta" non riposi sui fondam enti decisionistici di irrazionali decisioni di valore, ovvero soffochi nel c a rc e re di un m odello te c n o c ra tic o di socialism o). Non si vede però com e questo nobile obbiettivo possa essere raggiunto mantenendo in ta tto l'a p p a ra to c ateg o ria le con il quale la so cietà borghese pensa se stessa (la sistem atizzazione m axw eberiana del senso com une, appunto). Si t r a t t a , a p a rere dello scrivente, di un "equivalente filosofico" dei te n ta tiv i econom ici di fondare il socialism o su basi sra ffia n e e n eo -ric ard ia n e. 10. Lo scrivente rim anda qui alla sua com unicazione dal tito lo Una tragedia moderna: Martin Heidegger nel 1933, te n u ta in un convegno internazionale di studi su Fascism o oggi. Nuova destra e cultura reazionaria negli anni '80 ( Cuneo, novem bre 1982 ). Per u n 'in te rp re ta z io n e che "sch iac c ia " eccessivam ente H eidegger sul nazionalsocialism o si veda, ovviam ente, la Distruzione della Ragione di Lukàcs. M ateriali (di notevole livello) per u n 'in te rp re ta z io n e di Heidegger a ll'in te rn o della cosiddetta "rivoluzione co n serv atrice" si hanno in Lectures de Heidegger, num ero 37, printem ps 1982, della rivista francese della "nuova d e stra " Nouvelle Ecole (saggi di Guillaum e Faye e P atrick Rizzi, P atrick Simon e R obert S teuckers). 11. Si veda J. H aberm as, Moderno, P ost-m ódem o, Neo-conservatorism o, in A lfabeta, 22, 1981. Secondo la diagnosi di H aberm as, la fuga dall'im pegno

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a c ap ire alla radice le contraddizioni che em ergono nel mondo m oderno si m anifesta nella autocoscienza di cui si vuole postumo risp e tto alla propria epoca, al di là del tem po a ttu a le , post-m oderno. Q uesto darebbe luogo, in o ltre , a tr e e siti sostanziali, d iffere n zia ti ma convergenti: la posizione dei giovani conservatori, te o ric i di una so g g e ttiv ità d e c e n tra ta , u to p istic am en te libera dagli im perativi del lavoro e della u tilità , che dà luogo ad una evasione p u ram en te e s te tic a dal m oderno; la posizione dei vecchi conservatori, p o rta to ri di un rom antico rim pianto verso la to ta lità espressiva originaria p erduta e la p re ra z io n a lità arm o n ico -o rg a n icistica , non d ifferen ziata nei tr e m oderni am biti della scienza, d e ll'a rte e della m orale, che dà luogo ad una istanza di im possibile restaurazione delle posizioni p re-m oderne; la posizione dei neo-conservatori, te o ric i della n e u tra lità delle scienze, sia n atu rali che sociali, dell'au to n o m ia del politico e del confinam ento d e ll'a rte in una dim ensione s tre tta m e n te privata (non im porta se fru ita individualm ente oppure in sp e tta c o li di m assa), che da luogo ad una istanza di razionalizzazione più spinta, a ttu a ta a rro g a n tem e n te senza più alcuna coscienza in felice ed autoriflessione filosofica. La classificazione proposta da H aberm as sem bra allo scrivente geniale ed a sso lu tam en te condivisibile. T uttavia (com e g ià d e tto nella nota 9 del p re sen te capitolo) appare poco realistico opporre una v ariante di sinistra d e ll'a p p a ra to c ateg o ria le m axw eberiano alle m istificazioni del co sid d etto pensiero post-m oderno: i c o sid d etti "m oderni am biti d iffe re n z ia ti", così com e H aberm as li c a ta lo g a , rappresentano un'interpretazione del m oderno, e non possono a ffa tto darsi com e "ovvi", com e H aberm as fa. 12. Si veda in proposito P. Chiodi, L'esistenzialism o di Heidegger, T a y lo r,1955, ed anche L'ultim o Heidegger, T aylor, 1960. Lo scrivente ha conosciuto P ietro Chiodi a ll'u n iv e rsità di T orino, e non può che ricordarlo com e m aestro di filosofia, in senso m orale com e te o re tic o . 11 "secondo H eidegger" ovviam ente ripugnava a Chiodi, in quanto gli sem brava abbandonare la sicura via "e sisten z ialistic a " p e r l'" a ssu n to ro m antico della messa in questione d e ll'e sse re in quanto e sse re " . Al razionalism o piem ontese di Chiodi il m e tte re insiem e mondo della m etafisica (e delle interrogazioni sul "senso") e mondo della tec n ica (e delle applicazioni p ra tich e della razionalità form ale d iffere n zia ta si in discipline sc ie n tific a m e n te con tro llab ili) appariva veram ente una follia ed un "d ecadim ento del pensiero". Vi sta qui forse (a p a re re dello scrivente a sso lu tam en te n efasto ) l'in flu sso su Chiodi di Nicola A bbagnano, un im portantissim o pe n sa to re degli anni '50 e '60, che è p e r lo scrivente un vero e proprio exemplum negativum. Chi non conosce (sta re i per dire, "a m em oria") il Dizionario F ilosofico di Nicola Abbagnano non può sapere c o n c re ta m e n te che cosa voglia dire la so lid a rie tà a n tite tic o -p o la re fra esistenzialism o e neo-positivism o, la m etafisica della possibilità esistenziale di s c e lte alte rn a tiv e sulla base del rifiu to più to ta le del m aterialism o sto rico , indeb itam en te sc h ia c c ia to sul peggiore hegelism o. 13. Si veda Gianni V a ttim o , Al di là del soggetto: N ietzsche, Heidegger e l'erm eneutica, F e ltrin e lli, 1981, e più in g e n era le gli studi che V a ttim o ha ded icato al "pensiero negativo". Come A bbagnano (negli anni '50) separava m eccanicam ente e contrapponeva le c a te g o rie di possibilità e di n e ce ssità

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(scegliendo la prim a co n tro la seconda, tipica dei "m arx isti" cred e n ti nel necessita rism o sto ric o ), così V a ttim o (negli anni '80) separa m eccanicam ente e contrappone la differen za e la d ia le ttic a (scegliendo la prim a c ontro la seconda, tipica dei soliti "m arx isti" che si ritiene continuino a c re d e re nel n ecessitarism o sto rico ). La c a ra tte ris tic a principale di V a ttim o (che ne fa un pensatore in te ressa n te ) è quella di "esistenzializzare" il c o sid d etto "secondo H eidegger" (m en tre Chiodi riteneva che si potesse so ltan to esistenzializzare il prim o), togliendo ogni carica ontologica reale alla concezione heideggeriana di E ssere, che resta com e "sfondo" di un mondo orm ai privo di "fondam enti". Si t r a t t a però di un esistenzialism o in te g ralm en te contem plativo (m en tre quello di Chiodi e ra attivo e laic am en te tra s fo rm a to re ), tip ic o della "cad u ta dei valori" dopo la sbornia degli anni '70. 14. Si veda l'in te rp re ta z io n e heideggeriana di Massimo C acciari, Pensiero negativo e razionalizzazione, M arsilio, 1977. In Italia vi sono purtroppo quasi solo gli s c r itti di F rancesco C iafaloni e di R a ffae le Sbardella (usciti sulla quasi introvabile rivista Unità Proletaria) che docum entano la c o n tin u ità teo rica fra il gentilianesim o ed il c o sid d etto pensiero negativo (che è in re a ltà una form a di ultrapositivism o e di a c c ettaz io n e del c o sid d etto "d a to " ). 15. Un serio conoscitore di H eidegger com e Franco Volpi (c fr. Adorno e Heidegger: soggettività e catarsi, in Nuova Corrente, 81, 1980) m ostra, ad esem pio, un a tte g g ia m e n to "conco rd istico " nei confronti della problem atica adorniana e di quella heideggeriana. Allo scrivente le differenze sem brano m olto più significative delle ap p are n ti analogie. 16. Ci riferiam o a te n ta tiv i filosofici, in te re s sa n ti, ma ancora in su fficien ti, di te n ta re un co n fro n to produttivo fra H eidegger e Marx. Dalla p a rte d e ll'" o g g e tto " si individua in un confuso c o n c e tto di planetarietà l'e le m e n to com une dei due p en sato ri (c fr. K ostas Axelos, Marx e Heidegger, G uida, N apoli, 1977). Dalla p a rte del "so g g etto " si cerca di c o rre lare la perd ita di q u e st'u ltim o (che evid en tem en te preesisteva in form a "piena" in una te m p o ra lità originaria) al c re sc e re della astrazione reale della produzione c a p ita listic a (c fr. D aniele Goldoni, 11 mito della trasparenza, U nicopli, Milano, 1982). 17. Fra i (m olti) in te rp re ti che non vedono la K ehre com e una svolta te m a tic a , ma com e una radicalizzazione (o ltre allo stesso H eidegger, che sa rà pur sem pre un testim o n e a tte n d ib ile ), si veda Vincenzo V itiello, Heidegger: il nulla e la fondazione della storicità, A rgalia, Urbino, 1976 (che vede l'esp erien z a del Nulla com e fa tto sto ric o -d e te rm in a to , e non com e "e sisten z iale " sovratem porale, e dà perciò una le ttu ra rad icalm ente an tie sisten z ia listic a dello stesso Essere e Tempo). 18. Si veda Hans K ochler, Skepsis und G esellschaftskritik im Denken Martin Heideggers, V erlag A nton Hain, 1978. In questo studio, assolutam ente fondam entale, si segnala com e solo a ttra v e rso un sa lu ta re "bagno" nel pensiero heideggeriano il m arxism o contem poraneo p o trà liberarsi d a quei presupposti m etafisici che ispirano una c o n d o tta volontaristica d e ll'e sp erie n za individuale e c o lle ttiv a. Si t r a t t a esattam en te della posizione dello scrivente. 19. Ci si scusi la sem plificazione, che non rende ovviam ente ragione alle

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radici profonde del razionalism o e del m isticism o. 20. Per una bibliografia u tilissim a allo studio dei problem i linguistici della filosofia heideggeriana si veda Franco Volpi, Interpretare H eidegger. Rassegna di studi sulla vita, l'opera e l'incidenza, in Fenomenologia e Società, 15, 1981. 21. Si è qui utilizzata la traduzione di P ietro Chiodi per Essere e Tempo e Sentieri Interrotti, di A ndrea Bixio per la L ettera sull'um anesim o e di Gianni V attim o per La questione della Tecnica. Per un'introduzione gen erale al pensiero di H eidegger si veda, per com inciare, la m onografia di Gianni V attim o, Introduzione a Heidegger, L a te rz a , m olto ricca anche di bibliografia ragionata. 22. Si tr a t t a di qualcosa di noto s o p ra ttu tto dopo la diffusione d ll'o p e ra di Jurgen H aberm as, Storia e critica dell'opinione pubblica, L aterz a , 1974. Il decadim ento com unicativo della sfera pubblica borghese è qualcosa di s tru ttu ra le , che ap p artie n e c o stitu tiv a m en te alla sem pre m aggiore o p a cità dei m eccanism i di riproduzione sociale c a p ita lis tic a . T u tto questo è a n tic ip a to da H eidegger. Quando egli p arla di "c h ia c ch iera " (G erede) com e m odalità norm ale della com unicazione contem poranea non intende c o n trap p o rre i discorsi essenziali, seri e gravi, delle co ntadine ai su p erficiali scam bi di opinione degli im piegati m etropolitani (com e opina Adorno, Terminologia filosofica, E inaudi, 1975, p. 147), ma intende co nnotare il c a ra tte re tirannico della com prensione illusoria veicolata d a ll'in e s is te n te "m e d ie tà " d e ll'a tm o sfe ra "pubblica" contem poranea. Quando egli parla di "c u rio sità " (N eugier) allude alla fine della "m eraviglia" di fronte a vere novità, ed alla n e ce ssità di riem pirsi con tin u am en te di qualcosa di "nuovo": ma la dispersione e l'irre q u ietez z a rendono appunto im possibile l'esperienza della reale "novità". Quando egli p arla di "equivoco" (Z w eideutigkeit) allude a ll'a zio n e congiunta della ch iacch iera e della c u rio sità , per cui tu tt o si sa, di tu tto si p arla e si finisce in ta l modo per non sapere p re cisa m e n te che cosa si sappia e che cosa no. Si tr a t t a di c a ra tte ris tic h e stru ttu ra li del m oderne capitalism o, che vive sull'obsolescenza p ro g ram m ata, sulla d itta tu ra della pub b licità e sulla flu id ità dell'opinione pubblica. 23. 'L 'a tte g g ia m e n to di Junger è ben diverso da quello di H eidegger. Si veda, per fare un solo esem pio, il romanzo Ludi Africani, L onganesi, 1974, pp. 5-6: "...la noia penetrav a in me com e un veleno m ortale ogni giorno di più. Mi sem brava a sso lu tam en te im possibile p o te r "d iventare" qualcosa: già la parola mi ripugnava, e dei mille im pieghi che la civiltà può o ffrire , nem m eno uno mi sem brava a d a tto a me. P iu tto sto mi a ttirav a n o le a ttiv ità m olto sem plici, com e quella del p e sc a to re , del c a c c ia to re o de! boscaiolo; però, da quando avevo se n tito dire che i guardaboschi oggi sono diventati quasi degli im piegati co n ta b ili, che lavorano più con la penna che con il fucile, e che i pesci si pescano con la b arca a m otore, anche questo mi e ra venuto a noia... Di giorno in giorno si rafforzava la ripugnanza verso ogni cosa u tile ...le regioni in cui era possibile agire sem bravano irraggiungibili. Là m 'im m aginavo u n 'a u d a c e so c ie tà di uom ini, il cui sim bolo era il fuoco, il cui elem en to era la fiam m a—supponevo, con ragione, che fosse possibile in co n trare i figli n a tu ra li della vita so ltan to voltando le spalle a ll'o rd in e c o stitu ito —avevo in fondo ragione, in quanto

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ponevo l'in s o lito al di là della sfe ra sociale e m orale che mi circondava... ero a ttir a to da una zona, nella quale si esprim eva, pura e senza scopo, la lo tta delle potenze n a tu ra li". 24. H eidegger stesso (nella sua nota Intervista politico-filosofica del 1966 allo Spiegel, si veda Metaphorein, 4, 1978) dichiara e sp lic ita m e n te che i suoi sem inari su N ietzsche te n u ti so tto il nazism o furono da lui concepiti com e una form a m eta fo riz za ta , c rip tic a m e n te esopica, di polem ica contro l'in te rp re ta z io n e di N ietzsche com e "filosofo nazionale ted e sc o " favorita in tu tti i modi dal regim e. Su questo si può c e rto d iscu tere a lungo. E ' chiaro, tu tta v ia , che l'in te rp re ta z io n e heideggeriana di N ietzsche non è utilizzabile per la "cu ltu ra di d e s tra " , non è neppure politicam en te spendibile in funzione "a n tic o m u n ista ", ed infine non è neanche una vera e propria form a di apologetica in d ire tta del cap italism o (com e a ffe rm a-m a su questo punto lo scrivente non lo se g u e -il L ukàcs della Distruzione della Ragione). 25. Dice H eidegger nella L ettera sull'umanesimo: "Chi prende il comuniSmo solo com e " p a rtito " o com e "concezione del m ondo", pensa in modo a ltr e tta n to angusto di quelli che reputano che con il term ine "am ericanism o" si indichi solo, e per di più in modo spregiativo, un p a rtico la re stile di v ita". 26. Una le ttu ra m arxista d e ll'E p o c a dell'im m agine del mondo deve in re a ltà ancora com inciare. Lo scrivente ne ha dato un inquadram ento ancora in su fficien te in M etamorfosi, 6, 1982. 27. Per dirla nel modo più e sp lic ito possibile, il pensiero heideggeriano sarebbe s ta to p e r i m arxisti uno scrigno chiuso da s e tte chiavistelli senza l'elab o razio n e te o re tic a dell'esperienza storica della sc o n fitta del p ro g e tto p ro m eteic o -so g g e ttiv istic o del S e ssan to tto , della fine della rivoluzione c u ltu rale cinese (1966-1976), e so p ra ttu tto del fallim en to della p ro p rietà giuridica pubblica e della pianificazione econom ica cen tralizzata del socialism o reale. Non c 'è , ovviam ente, un rapporto m eccanico di causa ed e f fe tto . S em plicem ente, diventa c o n c re ta m e n te visibile la frase sibillina e sapienziale che parla d e ll'"u o m o che gira su se stesso com e animai rationale". 28. In un in te re ssa n te saggio di Mimmo Porcaro (c fr. Charles B ettelheim : un lungo addio, in Lineamenti, 2, Angeli, 1983) la c a te g o ria di "dispositivo teleologico" è applicata alle tesi di fondo del te rz e volume (in due tom i) di C harles B ettelh eim ded icato allo stalinism o. B e tte lh e im , che sostiene l'esiste n z a in URSS di un inedito "c ap italism o di p a rtito " , in cui uno s tra to dom inante c o stitu ito si in m eccanism o unico di p a r tito - s ta to e se rc ita il suo p o tere assoluto su di una massa di dom inati dispersi ed atom izzati, applica un analogo "dispositivo teleo lo g ico " alla rivoluzione russa del 1917, che viene d e ru b ricata a rivoluzione popolare-borghese (non so cialista) proprio alla luce di quello che sappiam o essere venuto dopo. Il problem a è allora quello di co nciliare una grande spregiudicatezza a n alitica con il rifiu to dei dispositivi teleologici. 29. U n 'in terp re ta z io n e della d ia le ttic a hegeliana non contrapposta a s tra tta m e n te al m etodo e rm e n e u tic o -d iffe re n z ia le heideggeriano è c o n te n u ta in G adam er, La d ialettica di H egel, M a rietti, 1973. Secondo H eidegger, in Hegel l'essenza della m etafisica viene per la prim a volta

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"p en sata asso lu tam en te": l'esse n za della m eta fisic a è l'o b lio d e ll'e s s e re , l'onticizzazione d e ll'e sse re , e Hegel è proprio colui che ha co ncepito l'A sso lu to com e il sistem a co n ce ttu a le di t u tt e le determ inazioni o ntiche, com e la ragione che si incarna in ogni a sp e tto della re a ltà . H egel sarebbe dunque l'a n tic a m e ra del m arxism o, che renderebbe in te g ralm en te sociali tu tte le determ inazioni già preventivam ente on ticizzate da Hegel. 30. U n 'in te re ss a n te analisi filosofica d e ll'o rig in e della m etafisica a p a rtire dal pensiero p re so cra tic o (che tie n e conto anche della riflessione di H eidegger) è contenuta in Aldo Masullo, M etafisica, M ondadori, 1980. In H eidegger non vi è mai un ten ta tiv o di analisi sociologica ed antropologica d e ll'a n tic h ità greca (com e si può trovare, ad esem pio, in G ern et o in V e rn an t), ma il suo pensiero è sem pre ta lm e n te stim o la n te e profondo da riu scire comunque a m etaforizzare filo so ficam en te la re a ltà sociale d e ll'e p o c a . 31. G ran p a rte della le tte ra tu ra secondaria su H eidegger illu stra in d e tta g lio la sto ria heideggeriana della m etafisica o c cid en ta le . Si segnala qui solo V alerio Cavallucci, Heidegger: m etafisica e tecn ica, A ce, 1981; e P ietro De V itiis, Heidegger e la fine della filosofia, La Nuova Italia, 1974. 32. Il p o st-m oderno filosofico ha c e rto rap p o rti con quello a rtistic o , le tte ra rio , a rc h ite tto n ic o , ma deve essere rigorosam ente d istin to da questi u ltim i. Si t r a t t a di una "in terp re ta zio n e nich ilistica del m oderno" che rappresenta se stessa com e em ancipazione definitiva e finale dalle illusioni d ia le ttic h e del m oderno stesso. Non a caso uno dei suoi te o ric i (c fr. Jean -F ran q o is L yotard, La condizione post-m oderna, F e ltrin e lli, 1981) proviene dall'esp erien za del gruppo fran cese di e stre m a sinistra Socialism o o barbarie. Il p re ce d en te teleologism o e sc ato lo g ic o , a tte s o con uno spirito m essianicam ente teso al com pim ento in uno s ta to d 'a n im o da speranza pascalian a, si rovescia (in modo a d ia le ttic o e p e rta n to p ia tta m e n te differen zialistico ) in assolutizzazione del p re se n te , che viene " c a ric a to " di tu tta la p re ce d en te tensione escatologica dispersasi nei frattem p o . 33. Si veda in proposito l'u tilissim o studio di Bianca Maria d'Ip p o lito , All'ombra della tecn ica, Esi, 1981. Lo studioso di epistem ologia e di storia della scienza che m eglio ci aiuta a com prendere il nesso fra te o re tic ità ed o p e rativ ità nello sviluppo delle scienze è, a p a re re dello scrivente, G aston B achelard (e se ne veda l'o ttim a antologia a cura di Giuseppe S ertoli, La ragione Scientifica, B ertan i, V erona, 1974). 34. Così com e questa terza p a rte non è s ta ta una m onografia su H eidegger, ma esclusivam ente una valorizzazione della c a p a c ità heideggeriana di rifle tte re te o re tic a m e n te l'im p e rso n a lità della riproduzione dei rapporti sociali (in quanto essa può a iu ta re il m ate ria lism o sto rico a disfarsi di un c o n c e tto di soggetto g ra n d e-n a rrativ o , di tecn ica n e u tra le -o p e rativ a e di storia teleo lo g ica), a nalogam ente la quarta e la quinta p a rte di questo saggio, che verranno d e d ic ate a Bloch ed all'O ntologia di L ukàcs, non sono m onografie su questi a u to ri, ma sem p licem en te l'introduzione alla discussione di alcune soluzioni teoriche da loro d a te . Il le tto re di queste note non può p e rta n to re a listic a m e n te a sp e tta rs i m olte di più di quanto viene annunciato.

P arte Q u arta L'UTOPIA SI OCCUPA SOLO DEL PRESENTE: IL PENSIERO DI ERNST BLOCH

N ella sua "A utobiografia" Gyorgy Lukàcs, giunto ad o tta n ta c in q u e anni di e t à , in grado ormai di tr a r r e un bilancio filosofico del Novecento, ricorda la sua conoscenza con Bloch in questi term ini: "Su di me ebbe enorme influenza Bloch, lui in f a tti mi convinse con il suo esempio che e r a possibile filosofare alla m aniera tradizionale. Fino a quel m om ento io mi ero im m erso nel neokantism o del mio te m po, ed adesso incontravo in Bloch il fenomeno che qualcuno filosofava come se l 'i n t e r a filosofia odierna non esistesse, che era possibile filosofare al modo di A ristotele o di Hegel" (1). Si t r a t t a di un'osservazione molto ac u ta , che ci po rta d ir e t ta m e n te al cuore del problem a che ci interessa. Se in f a tti è vero (come non riteniam o di essere riusciti a d im ostrare, m a com e abbiamo almeno suggerito) che den tro il laboratorio filosofico marxiano passano tre form e filosofiche del discorso in tr e c c ia te insieme, so tto la dominanza p e ra ltro della migliore fra le tre (quella ontologico-sociale), che il marxismo novecentesco ha inte g ralm e n te percorso alcune possibilità storiche co n c re te (non c e r t o destin a lm en te p re d e te r m in a te , ma co n ten u te almeno come possibilità oggettive), e che infine il v ertice filosofico del pensiero borghese del Novecento ha "preso di p e tto " questa situazione di scollam ento fra teoria e prassi, le gittim ando il "verdetto definitivo" d e ll'u n ità fra alienazione ed intrascendibilità del mondo moderno con una te o ria della te m p o ra lità sto ric a che precipita d es tina lm ente in un "punto zero" del p rese n te ed in un "buco nero" da cui ormai solo un Dio può anc ora tira rc i fuori, possiamo dire allora che solo un pensiero che osi prendere a l t r e t t a n t o "di p e tto " questo verdetto è degno di essere studiato, considerato, e preso s u l , serio (2). 'A noi sem bra che E rnst Bloch sia un p ensatore del genere. Egli

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"c e r c a " di filosofare, in e f f e tt i, al modo di A ristotele e di Hegel, in un m om ento storico in cui i gerghi specialistici non sono c e rto il f r u tt o di un c o m plotto di corporazioni universitarie cui bastereb b e opporre la buona volontà dell'intenzione divulgativa, ma solo il p o rta to "ontologico" d e ll'approfondim ento della divisione del lavoro in te lle ttu a le. Egli " c e r c a " di farlo, perchè si rende p e r f e tt a m e n te conto d e ll'u n ità d ia le t tic a che lega l 'e s t r e m a pluralità irripetibile e non omologabile delle esperienze um ane (e pochi pensatori del Novecento sono in grado com e Bloch di r isp e tta re vera m en te questa pluralità) a l l'u n ità c o n c e ttu a le con la quale la ragione e l 'in te lle tto cercano di strin g e re insieme questa p luralità dispersa. In Bloch il massimo di monismo ed il massimo di pluralismo concettuali coesistono a rm o n icam en te , mostrando nella p r a tic a com e non abbia senso la contrapposizione polare fra pensiero che am bisce alla to ta lit à e pensiero che mira alla conoscenza del p articola re . In Bloch, al contra rio, la te m a t ic a filosofica ha c e r to un forte m om ento "m onistico", in quanto il suo pensiero, complesso ed a r tic o la to , si gerarchizza intorno al multiversum (cioè, appunto, a l l'in tr e c c io complesso fra sto r ic ità e te m p o ra lità ), ma è appunto questo fo rte m om ento "m onistico" che gli p e r m e tte di r isp e tta re la p lu ralità incomponibile e diffe ren ziata del reale conc reto, che non viene collocato nel continuum sto ric istico ed omogeneizzato, d estin a to a ca dere te leologica m ente in un "buco nero" (3). Quando, com e avviene nel caso di Bloch, si c e r c a di pensare in senso fo rte la reinterp re taz io n e, alla luce della m odernità, delle possibilità storiche c o n ten u te nel passato e non a t t u a t e , si s o tt r a e la m odernità stessa ad ogni destinalism o f a ta listic o , e si disinnesca lo sc iagurato m eccanism o grande narrativo e d e t e r m in is tic o -n a tu ra lis tic o . Non ha dunque molto senso accusare Bloch (come ha f a tt o , in modo molto ingeneroso, Leszek Kolakowski in Mairi Currents of Marxism) di essere un tardo hegeliano pasticcione, incapace di analisi c o n c r e ta e di precisione , e di a p p a rte n e re al grande gruppo degli u topisti to ta lita r i, la cui confusa es catologia p ro m e te ic a si rovescia n e c e s sa ria m e n te in dominio buro cratico sopra una soc ietà atom izzata e privata della possibilità di avere un'opinione pubblica. Il multiversum blochiano, lungi d a ll'e s s e re un coacervo pasticcione di nozioni poco precise, è al co n tra rio una risposta d e t e r m in a ta all'universum unidim ensionale della tem p o ralità ca p ita listic a e della riproduzione dei suoi rapporti sociali. Questo universum viene dato come "ovvio" e non problem atico dagli apologeti " d ire tti" del capitalism o, m a viene anche a c c e tta to , nell'essenziale, da pensatori com e Heidegger (e lo si è visto nella

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terza p a r te di questo sc ritto ) , che vedono il p rese n te alla luce di un destino inesorabile che si è compiuto alla luce di una filosofia della sto r ia teleologicam ente im m anente allo svolgimento di ciò che e r a già contenuto in una Origine m itizzata e numinosa. 1. Il multiversum blochiano: unità di tem poralità e di storicità Come si è visto (nella terza, p a r te di questo s c r itto ) Martin Heidegger ha saputo rifiu tare il punto di vista esplicito del Soggetto che, pretendendo di f a r e la sto ria a p a r ti r e dalla manipolazione della n a tu ra , ripete inesorabilm ente il destino della m e tafisica , ma ha finito con il tr a sfo rm a re la te m p o ra lità sto ric a in un nuovo, grande Soggetto personale (anche se "im personale" rispetto ai singoli esseri umani co n c reti). Sarebbe un grave erro re (di cui è meglio subito sbarazzarsi) pensare che Bloch si opponga ad Heidegger ristabilendo il p rim ato d e l l'a tti v ità soggettiva "generica" d e ll'u o m o di contro al pessimismo ( a l t r e t t a n t o "generico") di chi pensa che ogni a ttiv ità è comunque inutile e "ripetitiva" e che solo un Dio può ancora salvarci. E' questo purtroppo il modo con cui Bloch è p re se n ta to da gran p a r te della m anualistica filosofica ed anche da m olta l e t t e r a t u r a secondaria specializzata: di contro alla " c o rr e n te fre d d a" del marxismo, che confida solo sulla c r e s c ita delle forze produttive, del PNL e delle tonnellate di acciaio, si ergerebbe una "c o rre n te calda", di cui Bloch sarebbe magna pars, che m e tte invece al c e n tro la prassi del soggetto, i sogni, l'im m aginario sociale, insomma, tu tto ciò che è qualitativo e non c a rte sia n a m e n te "quantitativo" (4). Se tu tta v ia Bloch fosse solo uno dei ta n ti pensatori "che hanno messo l 'a c c e n t o sulla prassi", sul soggetto, s u ll'a ttiv ità , e c c e te r a , esso sarebbe poco significativo (ed avrebbe ragione Kolakowski). Se qualcuno c e r c a il p rim ato della prassi e la c o rr e n te calda, si rivolga pure a Stalin, m aestro insuperabile n e ll'a tti v a r e ['"im m aginario sociale" e nel pensare il m aterialism o storico" so tto il punto di vista della prassi e d e ll'a ttiv ità . 11 significato teorico epocale di Bloch s ta invece proprio nel f a tt o che in lui non c 'è alcun prim a to della prassi (soggettivisticam ente a s t r a t t a , così com e è in ogni filosofi-' del soggetto), ma c ' è soltanto un p rim ato ontologico della te m p o ralità diffe ren ziata della sto r ia umana, che im pedisce appunto di omogeneizzare sto ric is tic a m e n te i tem pi concreti dei com p o rtam e n ti individuali e collettivi. La sola cosa "calda" è questa. Chi c e r c a invece il "c alo re " p ro tettiv o della com unità

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operaia e pro letaria, si cali pure il passam ontagna sul volto oppure p artecipi ai raduni di massa di milioni di giovani, donne, soggetti sociali, e c c e te ra . Il prim ato ontologico della te m p o ralità d ifferenziata nella storia umana, che ci sem bra ce n tra le nel pensiero di Bloch (e che vediamo com e "opposizione d e t e r m in a ta " al destinalismo heideggeriano), può dar luogo, a p are re dello scrivente, a due possibili esiti d iffe renti: il primo, positivo, che sbocca in una teoria ontologica delle possibilità co n c re te della prassi um ana di m odificare il "dato" storico, cui viene to lta ogni f a ta lità ed ogni presunta intrascendibilità destinale; il secondo (che lo scrivente non condivide), che può sboccare in una M etafisica contem plativa del Multiversum tem porale. Vediamo i due asp etti s e p a ra ta m e n te . P arlare di te o ria ontologica delle possibilità co n c re te da p arte della prassi um ana di m odificare il "dato" storico (cui viene tolta ogni presunta intrascendibilità destinale, ce rto , ma anche ogni contingenza casuale, che è la p rem essa della s c e lta esistenzialistica disa n co rata da ogni ontologia sociale fondativa) significa p arla re del c a r a t t e r e in te g ralm e n te storico del multiversum tem porale. E' questo un punto di grande importanza, sul quale non si possono fare concessioni a mistiche della m u ltite m p o ra lità ir re la ta ed ineffabile (che pretendono contrapporre l'in e ff a b ilità del tempo filosofico soggettivo t a l l'in a u te n tic ità "cosale" del tem po della scienza ca rtesian a , presunta fonte di tu tti i mali) (5). Una concezione storica (e m a te ria listic a ) del multiversum deve in fa tti avere almeno tre c a r a tte r is tic h e s tru ttu ra li: in prim o luogo, il multiversum deve essere pensato senza alcun monismo originario, com e se ci fosse un Tem po Originario, Denso e C om patto, da cui derivano com e mille ruscelli ta n te te m p o ra lità storiche d iffe re n ti, figlie di un unico, grande Padre Chronos; in secondo luogo, il multiversum deve essere pensato in modo inte g ralm e n te storico, senza so stituire perciò al c o n c e tto di "a rr e tra te z z a " inteso com e " r e s ta r e indietro" (Zuruckgebliebenheit) un co n c e tto a l t r e t t a n t o a s t r a t t o di "non con tem p o ran e ità " (Ungleichzeitigkeit) com e adorazione contem plativa della presunta a u t e n tic ità popolar-contadina; in terzo luogo, il multiversum non può essere pensato com e qualcosa che fluisce verso un Grande Tempo Finale d estin a to ad inverarlo ed ad a u ten tica rlo (la fine dei tempi, appunto), in cui fin alm en te la sto r ia possa riposare su se stessa, p a c if ic a ta e realizzata. Poiché, molti parlano di multiversum senza te n ere rigorosam ente p rese n te che esso deve avere queste tre c a r a tte r is tic h e essenziali (senza le quali esso è solo un universum che dispone di un guardaroba a mille travestim enti) vale forse la pena ferm arsi un poco su

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q u e s t'i m p o r ta n te nodo di problemi. La prim a c a r a t t e r i s t i c a essenziale del multiversum, a nostro p are re , è la sua orig in a rie tà nella fluidità e r a c lit e a (sulla quale si innesta, em ergendo da essa, l'azione um ana d a t r i c e di form e e di simboli), ed il rifiuto del presupposto m e tafisico di una "d e n sità tem porale originaria", m a tric e ed origine d ia le t tic a d e l l'e te r n o ritorno del sempre eguale oppure (m a si t r a t t a della stessa soluzione, ap p a re n te m e n te opposta) della possibile ricostituzione di questa "situazione te m p o rale a u te n tic a " , di f ro n te alla quale l'i n t e r a sto ria umana è deiezione, in a u te n tic ità , apparenza del divenire, caduta. Esistono, c e r to , molte varianti possibili di questa concezione. Secondo una variante "debole", il destino nichilistico della n e c e s s ità storica è già isc ritto nella ste ssa a c ce tta zio n e del principio secondo il quale l'E sse re , in una c e r t a misura "divenga" qualcosa che non sia il . proprio rigoroso auto risp ec ch ia m en to (questa variante "debole" lascia però del tu tt o im pregiudicato il se ed il com e sia possibile il riattin g im e n to della a u t e n t i c i t à originaria, e si lim ita a m e tte r e in guardia contro le illusioni nei confronti della te m p o ra lità che si vuole progressiva) (6). Secondo una variante " f o r te " il solo ed au te n tic o superam ento del nichilismo tem porale in cui vive il mondo moderno sta nella duplice acce tta zio n e dei principi ( a p p a re n te m e n te co n tra d d itto ri) della originarietà del tem po (ci fu un "tem po originario" più a u te n tic o di questo) e della fa ta lità del tempo (il d istac co dal "tem po originario" fu un destino ineluttabile, e solo l'a c c e tta z io n e ero ic a di questo distacco p e r m e tte di differenziarsi dal gregge umano che vive nel tempo ca rtesian o degli orologi dim enticando le proprie origini). I principi m etafisici di o rigina rie tà e di f a ta lità del tempo, discendenti entram bi dal presupposto della d e n s ità primigenia da cui si "sprigiona" la s to r ic ità , ci sem brano incompatibili con il multiversum (nella ste ssa versione che Bloch ne ha dato) (7). La seconda c a r a t t e r i s t i c a del multiversum ci sembra essere il rapporto fra l'" o s c u r i tà d e l l 'a t t i m o vissuto" (che rende impossibile una "scienza", filosoficam ente autoespressiva, del presente storico ove q u e s t'u ltim o venga m etodologicam ente reciso dal passato e dal futuro), da un lato, e la d ia le ttic a fra a r r e tr a te z z a e n o n -co n te m p o ra n e ità in cui questo a t tim o oscuram ente vive, d a ll'a ltr o . Non possiamo tu ttavia qui (com e sarebbe forse necessario) dare tu tti i significati possibili dei tre c o n c etti blochiani di oscurità d e l l 'a t t i m o vissuto, di a r r e tr a te z z a e di non c o n tem p o ran e ità (8). II punto essenziale che ci sem bra invece con c ern ere d ir e t ta m e n te il m a teria lism o storico ci pare essere questo: l'esp e rien z a della

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te m p o ralità sto ric a, non potendo essere mai integrale (a causa della sua ontologica oscurità), non p e r m e tte la costituzione scien tifica di un "sapere--sul progresso dei tempi" (nel senso di un sapere "positivo"), ma soltanto la costituzione filosofica di un sapere "c ritic o" sulla non co n te m p o ra n e ità dei processi storici um ano-sociali. Si tratta di un ap p a ren te "depotenziam ento epistemologico" da cui p era ltro il m a teria lism o storico ha molto da guadagnare e ben poco da perdere. N e ll 'a ttr a v e rs a m e n to del guado che po rta dalla d ia le t tic a e r r a t a ed unilineare d e ll'a r r e tr a te z z a (b a sa ta sulla spazialità semplice d e ll'in d ie tro -a v a n ti) alla d ia le ttic a complessa della non co n te m p o ra n e ità ( b a sa ta sulla r o ttu r a di questa spazialità semplice), il pensiero c ritic o co rre il rischio (inevitabile) di rim anere e s te t ic a m e n t e a ffasc in ato dalla ricchezza vitale e "sostantiva" dei mondi sociali "non c o ntem porane i", fino a ll'id o la tria f e ti c is tic a della "sem plicità contadina originaria" e più in generale di tu tt o quanto è comunque pre-in d u stria le. Si t r a t te r e b b e di una sottile v e n d e tta che il pensiero lineare-cum ulativo compie contro il pensiero critico che c e rc a di detronizzarlo (fino a far ido la trare la ste ssa " a r r e tra te z z a " come esempio genuino ed au te n tic o di non c o n te m p o ra n e ità da salvare). Anche se non vi è teleologia sto ric a im m anente al tempo impersonalizzato, vi è però ontologicam ente una tendenza al rapporto fra l'individuo ed il genere, resa possibile nell'unificazione ca p ita listic a del mondo Come presupposto lo gic o-storico, e la cui realizzazione tendenziale (mai in te g ra lm e n te a ttu a b ile , per la ontologica non-coestensività fra individuo e genere) verrebbe u lte rio rm e n te o s ta c o la ta dalla perm anenza dell'individuo in com unità prec ap ita listich e sa ld ate insieme in modo s tr u ttu r a lm e n t e mitico ed organicistico. Ci sem bra che molti "blochiani" dim entichino questo, feticizzando la non c o n tem p o ran e ità in contemplazione es tetizzante di una presunta " a u te n tic ità " p o p o la r - c o n ta d in a (9). L a terza c a r a t t e r i s t i c a del multiversum è- infine la ro ttu ra integrale con il te m a della "fine dei tem pi". Si è già molto insistito sul f a tt o (filosoficam ente evidente, ma spesso trasc urato) che pro b lem atic a del Fine e p r o b lem atic a dell'O rig in e sono la ste ssa cosa, e non ci ritornerem o. Vi sa rà sem pre un passato da r is c a tta re , u n 'e r e d it à da fa re propria, un. a t tim o vissuto che viene esp erito o scuram ente per l'o p a c ità della latenza tem porale. In Bloch c ' è (forse) un'am bivalenza su questo punto. Da un lato, l'u n ila te r a le insistenza sul te m a a risto te lic o della en telech ia del processo sto r ic o -te m p o r a le può la sciare varchi m etafisici aperti nella direzione di un 'attrib u z io n e di un fine p r e - s c r i t t o nella temporalizzazione (pur m u ltila terale) d ell'esperienza. D a ll'a ltro ,

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l'iscrizione d e ll'utopia nel solo prese nte com e orizzonte ad un tempo oscuro ed illuminato d a ll'a r c o fra passato e futuro docum enta (come d e tta g lie re m o meglio più avanti) u n 'ista n za dec isa m en te antiteleologica del pensiero blochiano (10). Tenendo presenti i rilievi sui tr e punti sopra discussi, ci sem bra che il multiversum blochiano rappresenti una negazione determ inata (cioè, collo ca ta s to ric a m e n te in una congiuntura partico la re ) di due specifiche filosofie della storia: il marxismo co siddetto storic istico, che temporalizza in modo unila te ra lm e n te coercitivo il divenire storico nella cam icia di forza dei cosiddetti "cinque stadi" (variante staliniana), o che temporalizza in modo inform e il passato in un continuum cumulativo ed omogeneizzato (variante sto ric istico -ita lian a ); il destinalismo heideggeriano, c a p ac e di "f o to g r a f a r e " c o r r e tt a m e n te il prese nte com e dominio di un m eccanism o impersonale che si pensa com e soggettività ricca di storia e di umanesimo, m a incapace di vedere il passato altro che come dispositivo teleologicam ente o r ie n ta to alla trasformazione mondializzata della m e tafisica occidentale in te c n ic a p la n eta ria. Sbagliano, dunque, coloro che considerano Bloch un au to re che c e r c a nel passato pre-m o d ern o una soluzione filosofica per sfuggire al mondo moderno, in quanto Bloch non intende "sfuggire", quanto rispondere alla "situazione bloccata" derivata dalla solidarietà a n tite tic o -p o la re fra storicism o (teleologico) e destinalismo ( a lt r e tta n to teleologico). Sbagliano, tu ttavia, anche coloro che, inte rp re tan d o Bloch in modo eccessivam ente concordistico, atten u a n o la c a ric a distruttiva del pensiero blochiano verso ogni form a di storicism o, e vedono Bloch (insieme con Benjamin ad esempio) com e una s o r ta di " c o rr e tto r e " degli e c ce ssi unilineari dello storicism o stesso (11). La creazione di un grande m inestrone filosofico in cui aggiungere (in qualità di "gusti" e di "sapori") Bloch e Benjamin non è di alcuna u tilità per chi si prefigge finalità teoriche an ti-grandinarrative. Meglio indagare gli asp etti specifici di Bloch (sulla religione, sul giusnaturalismo, sul m aterialism o, e c c e te r a ) , come ce rc h e re m o ora brevem ente di fare. 2. La cr itica biochiana alla religione ed il m aterialism o storico Il pensiero di E rnst Bloch rappresenta, nel suo insieme, un approfondimento ed una radicalizzazione della marxiana c r itic a alla religione. In questo senso, egli non è un "teologo", in quanto il suo discorso filosofico non si indirizza nè verso una sorta di sapere "teologico" positivo sulle tr a c c e (o sulle assenze) del "divino" nella storia, nè tantom eno verso una so rta di nuova "teologia negativa",

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in cui il "divino" riempie lo spazio della D ifferenza Ontologica fra l'incondizionato e gli enti mondani. Bloch può ce rto essere "usato" da teologi di vario tipo (in p artico la re dalla co s iddetta "teologia della speranza"), ma questa operazione te o rica com porta necessariam en te uno svilimento ed u n 'atten u az io n e della radicalità della posizione biochiana di c r itic a della religione (12). Bloch non è neppure un " e seg e ta biblico", anche se la sua le ttu r a della Bibbia presuppone una conoscenza non superficiale dei problemi interpretativi sorti sul terreno della c r itic a "scientifica" delle fonti e delle redazioni dei testi biblici, ed è in generale com patibile con i "punti alti" di questa tradizione in te rpre tativa, brilla n tem en te iniziata dal capolavoro di Spinoza intito la to T rattato teologico-politico. L 'e se g esi biblica è una disciplina storico-filologica del tu tto autonom a dal m aterialism o storico, il quale, ove debba essere applicato ai contesti sto ric o-ge ogra fici cui la Bibbia fa riferim ento, non può che essere una teoria dei modi di produzione p r e - c a p ita listic i, in cui le istanze economiche, politiche ed ideologiche si combinano in modo del tu tt o diverso da quanto avviene nel modo di produzione ca pita listico, indagato dalla c ritica dell'eco n o m ia politica opportunam ente sviluppata (13). Infine, Bloch non è un "filosofo d ella religione", in quanto l 'o g g e t to della sua indagine filosofica non si inserisce nel continuum sto ric o -p ro b le m atico istituito da questa p artico la re "sezione" del sapere filosofico, che da un lato ca ta loga, sul piano storico, le d iffe ren ti mediazioni razionali (o irrazionali) della fede religiosa, e d a l l'a ltr o lato prende posizione, sul piano te o re tic o , sulle d iffe ren ti soluzioni d ate volta a volta al rapporto fra uomo e Dio (14). Teologia, esegesi biblica e filosofia della religione sono dunque tre dimensioni verso cui "apre" il pensiero blochiano, ma non rappresentano l'o g g e t to e l'intenzione della biochiana c r it ic a della religione. Indagando le opere biochiane s p e c ific a ta m e n te d ed ica te alla c r itic a della religione (in p a rtic o la re R eligione in ered ità e s o p ra ttu to A teism o nel Cristianesimo) ci si accorge in f a tti della com presenza di due dimensioni teoriche integ ralm e n te s to ric o -m a te ria lis tic h e : in primo luogo, in fa tti, Bloch si ricollega direttam ente a Marx (trascurando la tradizione feu e rba cchiana e s o p r a tt u tto "m arx istica" , sia secondo - che terzinternazionalistica) nella rad ic alità della c r itic a alla form a della alienazione religiosa; in secondo luogo (e questo a p are re dello scrivente è anc ora più im p o rta n te) Bloch rappresenta una risposta c o n c r e ta m e n te determ inata (e dunque sto ric am e n te specifica) ad una situazione

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sto ric a presente, c a ra tte r iz z a ta ad Est da nuove fia m m a te di integralism o religioso (e si pensi alla Polonia di papa Woitila) e ad Ovest da un debole "dialogo" fra cosiddetti marxisti e cristiani, fondato su di un comune riferim ento ai "valori". Q uesta situazione non poteva ovviamente essere "prevista" da Marx, ed essendo del tu tt o nuova deve essere indagata in t u t t a la sua peculiare sp e cific ità , integralm ente novecentesca (15). Non sarà tuttavia inutile un breve richiamo alla n a tu ra te o ric a della c r it ic a marxiana alla religione. Vi sono in proposito in fa tti molti luoghi comuni e molti fraintendim enti, che possono prendere le form e più svariate. Vi è chi ritiene, in f a tti, che l'a teism o di Marx sia, in un c e r to senso, fondativo del m aterialism o storico, che sarebbe appunto un'elaborazione sis te m a tic a , rigorosam ente im m anentistica, della " s c e lta filosofica a t e is tic a " di Marx, cui t u tt e le c a te g o rie specifiche della c r itic a d ell'eco n o m ia politica sarebbero subordinate f e rre a m e n te (16). Vi è chi ritiene, invece, che l'a teism o di Marx sia poco più di un'"opinione personale" di Marx stesso intorno alla non-esistenza di u n 'e n t i t à cosale a s tro n o m ic o - g a la ttic a convenzionalmente d e fin ita "dio" da coloro che sono ta n to ingenui da crederci, del t u tt o separabile, in via di principio, dalla nozione di s f ru tta m e n to capita listico e di estorsione del plusvalore, le quali, p e rm e tte n d o di ca p ire il m eccanism o di riproduzione delle "ingiustizie sociali", servono da base te o ric a per la l o t t a d i r e t t a al perseguim ento p ra tic o della "vera giustizia sociale" (17). E ntram be le "opinioni" sono infondate, e non possono reggere ad un confronto filologico onesto con i testi originali marxiani. In Marx la cr itic a alla religione è una prem e ssa lo gic o-storica alla c r itic a d ell'eco n o m ia politica, da cui non può essere assolutam ente scissa e se p a ra ta . Non vi è in Marx una negazione parallela, ma ir re la ta (e p e r ta n to separabile) della " n a tu r a li tà sovrastorica" dei raporti di produzione cap ita listici, da un la to, e della esistenza di u n 'e n t i t à cosale a s tro n o m ic o - g a la ttic a c h ia m a ta "dio", d a l l 'a l t r a , e neppure vi è una cr itic a politico -m o rale al capitalism o sfocia nte in un radicale im m anentism o storico a p a r tire dalla "negazione a s t r a t t a " della presenza del "divino" nella storia. Vi è invece un'unica c r itic a al dominio impersonale e s e r c ita to sugli uomini c o n c re ta m e n te inseriti in rapporti storico-sociali dal reificarsi delle ipostatizzazioni a s t r a t t e (ad un tempo sociali, economiche, religiose, e c c e te ra ); a ll'in te r n o della tradizionale inseparabilità m arxiana fra ca ttiv a gnoseologia e falsa ontologia, il vizio ipostatico nel mondo della conoscenza e della te o ria fa tu tt 'u n o , inscindibilmente, con il dominio p r a tic o -p o litic o dell'u o m o sull'uom o (18).

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E rnst Bloch non fa che radicalizzare l'im postazione classico-m arxiana. La sua c ritica della religione non é infatti una variante d e ll'a te ism o , configurandosi invece come una critica , id e a l-tip ic a m e n te radicale, al dominio dell'u o m o sull'uomo m ediato dall'ipostasi divina. Cristiani ed atei non vengono più isolati in "opposizione reale" e contrapposti s ta tic a m e n te (gli uni, che dicono si ad un Dio padrone ad un tempo personalizzato e cosifica to , gli altri, che dicono che "dio" non è che un'illusione per i deboli di spirito e di carne), com e fa tu tto il pensiero idealistico, sia nella variante "c ristia na" che nella variante cosiddetta "laica". N e ll 'o t tic a biochiana, in te gralm e nte d ia le ttic a , solo l ' a t e o può essere un buon cristiano, e solo il cristiano può realm ente essere ateo. iNon vi è qui in f a tti soltanto la ripresa della consapevolezza (che già fu classica m ente engelsiana) del doppio c a r a t t e r e am bivalente dell'ideologia religiosa, ad un tempo ac ce tta zione fa ta lis tic a dello s f r u tta m e n to e p ro te sta contro lo sfru tta m e n to in nome di una so c ietà migliore, ma vi è in più la comprensione piena del f a t t o che non vi è nessuna "opposizione reale" fra atei e cristiani, credenti e n o n -cred e n ti, ma vi è solo una "contraddizione d ia le ttic a " fra sostenitori del dominio ed oppositori del dominio, attr a v e r sa ti entram bi v erticalm ente dalla presenza o dall'assenza della co sid d etta "credenza" (19). La pregnanza della c r it ic a biochiana della religione non può comunque essere intesa prescindendo da un'analisi della congiuntura te o rica presente, den tro la quale è ben collocata. Vi sono infatti due novità storiche, che attendono di essere "spiegate" alla luce del m aterialism o storico, e che non tollerano di essere f re tto lo s a m e n te rimosse: in prim o luogo, il socialismo reale ha d im ostra to am piam ente di non essere a f f a tto in grado di "superare" la c osiddetta "alienazione religiosa", nonostante esorcizzi questo f a tt o con rimandi improbabili ai "ritardi nella coscienza delle masse", ignoranza, superstizione, com plotti d e ll'im peria lism o e via tergiversando; in secondo luogo, il dialogo fra "m arxisti e cristiani", iniziato con molte belle speranze, non procede, e si è anzi im pantanato in generiche chiacchiere sui "valori" ed in inconcludenti polemiche contro il consumismo, l'am erica n ism o , la m e n ta lità "radicale", la prevalenza d ell'av ere su ll'e ssere , ed altri b la -b la - b la superficiali. La rad ic alità biochiana è in proposito una vera b o c c a ta di aria fresca. Bloch comprende bene come il "socialismo reale", nella sua c r itic a econom icistica del capitalism o, finisca con l'assolutizzare ed ipostatizzare l'ista n z a economica in modo anc ora più a s tr a tta m e n te rigido di quanto faccia lo stesso capitalism o monopolistico

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o cc ide ntale (che in f a tti "laicizza" e secolarizza l'ista n z a econom ica in modo post-m oderno, sciogliendo apparentem ente le determinazioni produttive m ateriali nel flusso della comunicazione e dello scambio simbolico); il noioso insegnam ento s ta ta le di tipo ateistico , con la p edante elencazione delle ragioni "scie n tifich e " che proverebbero la "non esistenza" di una "cosa" c h ia m a ta "dio" finisce con il ribaltarsi nel suo contrario. In primo luogo, in f a tti, la coscienza individuale singola, d isg u stata d a ll'in a tte n d ib ilità del marxismo monopolistico di s ta to ridotto ad ideologia b u ro cratica della manipolazione ripiega sul libero esam e filosofico an c o rato a temi "tra sc e n d e n ti" (in cui la "trascendenza" è p e r a ltr o solam ente una risposta "im m a nente " e d e t e r m in a ta alla p r e te s a di monopolio della p e rm a n en te manipolazione b u r o c r a ti c o - p a r titi c a ). In secondo luogo, inoltre, la coscienza collettiva di opposizione è " c o s tr e t ta " ad usare le chiese e le confessioni religiose come specifico mezzo di lo tta con tro la p r e te s a di controllo to ta le dello s ta to "socialista reale" sulla " s o c ie tà civile" (usiamo qui questo te rm in e nonostante la sua im precisione), com e l'esp e rien z a polacca m ostra in modo abbastanza chiaro ed a r tic o la to (20). La comprensione biochiana di questa r e a ltà è piena e profonda. Da questa "situazione b lo c c a ta " non si esce tu ttav ia abbandonando la m arxiana c r itic a della religione per stipulare compromessi "ragionevoli" fra a te i e c re d e n ti (questo deve c e r to essere f a tt o sul piano giuridico e legislativo, per f a r cessare ogni "discrim inazione", ma non c e r to sul piano della radicalità te o ric a , che g iustam ente non conosce compromessi), ma solo approfondendo l'analisi delle ragioni che hanno p o r ta t o alla com presenza fra divulgazione ateistico -p o sitiv istica e riduzionismo econom icistico del marxismo, da un la to, e reazione idealistica contro questa com presenza, d a ll'a ltr o . La r a d ic a lità biochiana è d 'a ltro n d e a s so lu ta m en te inutilizzabile per il cosiddetto "dialogo" fra marxisti e cre d en ti. Questo dialogo ha, com e è noto, conosciuto alti e bassi significativi. Al tem po della gu erra fredda, nel pieno dello scontro simbolico fra il comuniSmo di Stalin e la chiesa di Pio XII, la contrapposizione polare fra ne o -sc o la s tic a e m aterialism o d ia lettic o sovietico nascondeva una s e g re ta solid arietà di fondo f r a i due sistem i dogm atici contrapposti (21). Al tempo del disgelo, nel pieno delle grandi speranze sulla distensione e la "convergenza" fra i due sistemi sociali, il dialogo si stabili sulle fragili basi del minimo comun denom inatore "um anistico" (i "valori"), in cui i cre d en ti avrebero rinunciato alla d o ttr in a della p ro p rie tà privata com e "diritto n a tu ra le " ed i m arxisti, per co n tra c c a m b ia re , avrebbero

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rinunciato u n ila te ra lm e n te al "m ate rialism o dia lettic o " (individuato come spiegazione im m an e n tistica ed a t e is tic a della natu ra ) per conc entra rsi sul solo "m ate rialism o storico" (rid o tto ad una so rta di sociologia s c ien tifica in te g rale e ad un r ic e tta rio per la giustizia sociale) (22). Al tem po della nuova guerra fredda, in cui ora ci troviamo, la ripresa fondam e n talistica ed in te gralistic a delle religioni (in p a rtic o la re dell'Islam , ma anche del catto lice sim o woitiliano e del p r o te sta n te sim o d e ll'A m e r ic a reaganiana) sem bra stravincere di fronte ad un "m arxism o" incerto sulla sua id e n tità e privo di prospettive. L a c r itic a biochiana della religione passa attrav erso queste tre fasi storic o -p o litic h e restando e s tra n e a alla miseria te o ric a del m aterialism o d ia lettic o , d ell'um ane sim o generico ed in terclassista dei "valori comuni e dificanti" ed infine della "crisi del marxismo". Essa sopravvive a tu t t e e tre, in vista di una fase nuova (per il m omento c e r to non anc ora all'orizzonte) in cui la radicalità m arxiana d ell'unica ed identica c r it ic a della religione e d ell'eco n o m ia politica possa trovare mom enti p r a tic o - s to r ic i di applicazione e di attuazione (23). * 3. Il recupero blochiano della tradizione giusnaturalistica L 'im p o rta n tissim o libro di E rnst Bloch D iritto Naturale e Dignità Umana non può essere considerato soltan to un contributo storiografico a ll'in te rp re ta z io n e sto ric o -filo s o fic a del d ir itto n atu ra le moderno, ma deve essere visto come una vera e propria "opera d'indirizzo", che va ben al di là delle singole soluzioni d a t e ai vari problemi discussi (che sono, ovviamente, opinabili e so g g e tte a possibile c r itic a e correzione), per raggiungere il livello d ella vera e propria "integrazione filosofica" del m aterialism o storico contem poraneo (24). T re ci sembrano le dimensioni teoriche p a r tic o la rm e n te degne di discussione: in primo luogo, la giusta valutazione d ia le ttic a d e l l'e r e d it à filosofica borghese, in opposizione d e te r m in a ta al bilancio negativo u n ila te ra lm e n te dato da pensatori come Horkheimer; in secondo luogo, il rifiuto di considerare il pensiero politico marxiano so tto l'a s p e t t o della negazione frontale dello "spirito" del giusnaturalismo, con la conseguenza pericolosa di in te r p re ta r e Marx in chiave decisionistica e positivistico-giuridica; in terzo luogo, il c a r a tte r e " d e te rm in a to " della valorizzazione biochiana del giusnaturalismo, volta a polemizzare contro il disprezzo per i "diritti umani" tipico delle legislazioni del cosiddetto "socialismo reale". Esaminiamole dunque brevem ente. Sulla prim a questione, Bloch r ap p rese n ta un vero e proprio

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superam ento della "situazione b loc ca ta" c r e a ta s i a p a r tire da due posizioni non dialettic h e, s c ia g u ra ta m e n te a n tite tic o -p o la ri: da un lato, il marxismo sovietico, sulla scia di un breve articolo di Lenin, continua sta n c a m e n te a rip e te re la f o rm u le tta delle "tre fonti e tre parti integranti del marxismo" (che d im entica, fra l'a l tr o , t u t t a una serie di fonti "possibili", dal m aterialism o edonistico francese del S e tte c e n to fino al giusnaturalismo, appunto, "fonti" del tu tt o inutilizzabili per le g ittim are interpretazioni a u to rita r ie , organicistiche ed econom icistiche del m a terialism o storico); d a l l'a ltr o , il marxismo occidentale (e si veda il fondam entale saggio di Horkheimer del 1936, in tito la to Egoismo e movimento di libertà, in cui tu tti i temi della posteriore D ialettica dell'Illum inism o vengono già a n tic ip a ti), incline ad applicare in modo non d ia lettic o un dispositivo teleologico a t u tt o il passato borghese (ed a d d irittu r a p re-b o rg h e se), che conterre b b e fin dal principio le prem esse to ta lit a r ie d e s tin a te ad inverarsi inevitabilmente nel capitalism o monopolistico e s o p r a tt u tto nel socialismo reale. Nel prim o caso, com e è evidente, l 'e r e d i t à progressista borghese è di f a t t o im poverita, con la conseguenza di incentivare l'u n ila te r a le ripudio dei suoi a s p e tti libe rtari e rivoluzionari ed il disprezzo per la "dem ocrazia borghese"; nel secondo caso (che, ripetiam o, vede in Egoismo e movimento di libertà di Horkheimer la sua insuperata bibbia teorica) si c e r c a di dim o stra re che nel movimento rivoluzionario borghese erano presenti fin dall'inizio, o a d d irittu ra predom inanti, quegli asp etti di inum anità che si sarebbero poi m a n ifesta ti in modo a pe rto e bru tale nel fascism o (l'avversione nei confronti del pia ce re , l'ideologia della com unità popolare, l'im piego stru m e n ta le della ragione al servizio di interessi puram e nte m a te ria listic i, l'id o la tr ia della produttività econom ica ed in breve la riduzione d e ll'e sis te n z a um ana alle c a te gorie del calcolo e d e ll'u tilit à ) (25). L a le t t u r a biochiana del giusnaturalismo c o n te n u ta in D iritto Naturale e D ignità Umana è g iustam ente d i r e t t a contro questo dispositivo teleologico horkheim eriano, che si prete n d e d ia le ttic o , ma che ricorda invece c e r ti t r a t t i fata listici e destinalistici tipici del pensiero di Heidegger. Per Bloch "la rivoluzione borghese è s ta ta c e r ta m e n te , nella maggior p a r te dei problem i, più borghese che rivoluzione, ma essa non si è lim ita ta a com piere - con la liquidazione dei privilegi di classe - un lavoro colossale di preparazione e di sgombero, ma contiene in sè anche la prom essa, ed il nocciolo utopistico e co n c reto di quella promessa, a cui la vera rivoluzione può re s ta r e fedele. Il contenuto dei diritti umani, libertà, eguaglianza, fra tellanza, la te n t a t a ortopedia d ell'a n d a m e n to e r e tto , dell'orgoglio virile, della dignità um ana, trascendono di

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gran lunga l'orizzonte borghese". In questo modo Bloch collega d ia le ttic a m e n te il giusnaturalismo rivoluzionario borghese ed il m aterialism o storico dal punto di vista della finalità em an c ip ato ria reale, senza che questo collegam ento com porti a f f a tt o la negazione della " r o ttu r a " , te o ric a ed espistemologica, che separa invece gli apparati c onc ettuali giusnaturalistico e marxiano, che sono in e f f e tt i qualitativam ente diversi (26). Q uesta riflessione ci p o rta d ir e t ta m a n te alla seconda questione. Marx, indubbiamente, non è un giusnaturalista, e la produzione co n c e ttu a le della nuova te o ria s to r ic o -m a te ria lis tic a si basa su di una discontinuità nei confronti della vecchia teoria (per usare il linguaggio di Kuhn, è un nuovo paradigm a, una rivoluzione scientifica). T uttavia, questo non com porta a f f a t t o un a tte g g ia m e n to filosofico di disprezzo e di irrisione nei confronti delle finalità em anc ipatorie del giusnaturalismo classico (presi di mira sono, sem m ai, i "nuovi" u tilita ris ti, come Bentham ). Non è neppure possibile p arla re di una contrapposizione polare fra l'a s t r a t t i s m o giusnaturalistico ed il co siddetto "realism o" di Hegel, e neppure di una contrapposizione fra un modello politico-giuridico giusnaturalistico ed u n ' modello h egelo-m arxiano (27). Più in generale, non c ' è a f f a tt o in Marx la base te o rica per giustificare una "preferenza" s to r ic o -m a te ria lis tic a per il "virile disincanto" delle varie form e di decisionismo e comunque di positivismo giuridico (i quali, invece, sono realm ente mossi da disprezzo ed irrisione nei confronti delle problem atiche giusnaturalistiche, scam b iate talvolta per "filosofie del garantism o" ed in generale dell'individualismo a s tr a tto ) . In sintesi, invece, si può fo n d ata m en te sostenere che il pensiero politico marxiano è e stra neo, sul piano te o re tic o , a ll'a p p a r a to ca te g o ria le giusnaturalistico, m entre è del tu tto affine e solidale con le intenzioni em an c ip ato rie di alcune componenti della scuola del d iritto n a tu ra le , ed è infine ostile alle ciniche spacconate che stanno alle spalle del cosiddetto "decisionismo". Passando alla terza questione, infatti, non si può non riconoscere che il soggettivismo s e tta rio che ha dom inato la co sid d etta "costruzione del socialismo" ha molto più a che fa re con il decisionismo politico (che si d o ta in gene rale di u n 'autocoscienza giuridica di tipo positivistico, e dunque irrid en te ai "valori", anche se a questi ultimi ip o c ritam e n te ci si inchina negli innocui "pream boli") che con la pro b lem atic a classica del giusnaturalismo, sem pre a t t e n t a a non ido la trare u n ila te ra lm e n te lo S tato. Il normativismo giuridico sovietico (questo equivalente o r ien tale del feticism o e d e ll'a s tr a t tis m o giuridico occ id e n tale), in generale ostile

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alle p ro blem atiche giusnaturalistiche ed alle te m a tic h e "utopiche" della c o s id d e tta "estinzione della norm a giuridica", è del tu tt o incapace di assicurare la co s id d e tta "c e rte z z a del d iritto "; ma questo non avviene per carenze "te c n ic h e " nella legislazione o nella procedura, procedendo invece dalla n ec es sità di riprodurre in un c e r to modo i rapporti sociali complessivi vigenti nel socialismo reale (28). E rnst Bloch stesso fu v ittim a di questa situazione, e la pagò sulla propria pelle e su quella di alcuni fra i suoi migliori allievi. E' difficile non vedere in D iritto Naturale e D ignità Umana un libro in te g ra lm e n te storico, un'opposizione d e t e r m in a ta ad una situazione in cui siamo tu tti anc ora im mersi (29). 4. Il sign ificato profondo della teoria biochiana d ell'U top ia Concreta Come è noto, Bloch è il grande pen sato re novecentesco dell'U to p ia. Alcune sue opere classiche (dal G eist der U topie, disponibile in lingua ita lia na, al monum entale Prinzip Hoffnung, sc ia g u ra ta m e n te non ancora disponibile) rappresentano un patrimonio te orico già consolidato nella migliore c r itic a filosofica internazionale (30). La teoria biochiana d e ll'U to p ia non può essere assim ilata ad a ltr e teorizzazioni novecentesche, pur interessanti (che vanno da Buber ad Huxley, da Orwell a Mannheim, da Marcuse a Baczko), essendo c a r a tte r iz z a ta da m odalità peculiari irripetibili (31). Molti sono gli asp etti che suggeriscono di p rende re molto sul serio la riflessione biochiana sull'a g ire utopico. T uttavia, nel co ntesto del discorso che qui viene fatto (lim itato alla valorizzazione degli a s p e tti ontologico-sociali), ci lim iterem o a segnalare due dimensioni teo rich e fondamentali: in prim o luogo* il rapporto d ir e tto Bloch-Marx, cioè la le g ittim ità s to r ic o -m a te ria lis tic a di un discorso su ll'U topia che assuma fino in fondo il c a r a t t e r e "m arxiano" di questa categoria; in secondo luogo, la funzione odierna, contem porane a, novecentesca, della c a te g o ria di Utopia, dal punto di vista d ella filosofia politica e del m aterialism o storico. Sulla prim a questione, è necessario non p a r tire con il piede sbagliato (32). In prim o luogo, infatti, l'in te rp re ta z io n e del m aterialism o storico com e "passaggio del socialismo dall'u to p ia alla scienza" deve sobriam ente s c a r ta r e t u tt e le varianti in c e n tr a te sull'opposizione fra i sogni ed i p ro g e tti cervellotici (utopici, appunto) e la f e r r e a prevedibilità n e c e s sita ris tic a , s c ien tifica m en te dim ostrabile (e si è polemizzato contro questa concezione della "scienza" nella prim a p a r te di questo s c ritto ); se si vuole

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conservare ad ogni costo questa espressione (che riteniam o comunque infelice, e dunque sa crificabile), occorre d ra stic a m e n te lim ita rla ad una nozione di "c au sa lità s tr u ttu r a le " a f f e r e n te la transizione f r a diversi modi di produzione, in cui l'in te ra zio n e d ia le ttic a fra le istanze economiche, politiche ed ideologiche non può essere mai f ru tto di m ere "volontà utopiche", ma è sempre fe r re a m e n te " lim ita ta " dalle possibilità c o n c r e te isc ritte nei modi di produzione stessi (33). In secondo luogo, occorre blochianam ente insistere sul f a tt o che in Marx non vi è mai una polemica a n ti- u to p ic a co n d o tta in nome del "sano realismo": l'orizzonte del possibile p o litico-soc iale è in Marx questione di fondazione ontologica, com patibile dunque con le ca te g o rie utopiche della "coscienza anticip an te " e della "possibilità co n c re ta " (34). I marxismi posteriori a Marx hanno invece sviluppato l'opposizione a s t r a t t a u topia /rea lism o in anti-u to p ism o program m atico, finendo con il perde re di vista che ad un c e r to punto l ' anti-u to p ism o pregiudiziale diventa a n ti- re a lism o ed in c a p a c ità a "vedere" le possibilità reali nuove o f f e r t e dal divenire storico (come ben vide Marcuse nella Fine d ell'U top ia). In Bloch la teoria filosofica d e ll'U to p ia C oncreta è sem pre anche (ed inscindibilm ente) una te o ria o n to lo g ic o -m a te ria listic a della Possibilità R eale (che com prende, ovviamente, anche il sogno ad occhi ap e rti, l'im m aginario le tte ra rio ed artistic o , la coscienza an ticip an te , e c c e te r a ) . In questo senso (m a si t r a t t a di un significato fondam entale) Bloch è pienam ente fedele, nel metodo, alle intenzioni teoriche di Marx (che abbiamo in te r p r e ta t o , n ella prim a p a r te di questo sc ritto , com e il fondatore "scientifico" della d o ttr in a della Possibilità R eale della transizione dal capitalism o al socialismo, respingendo la d o ttr in a della N ec essità Im m anente di questa transizione), che sviluppa ovviamente con il suo inim itabile, stile espressionistico e con le sue specifiche com ponenti culturali. Passando alla seconda questione (che è, in fondo, l'u n ic a che vera m ente ci prem e, essendo il problem a della "ortodossia marxologica" di Bloch di secondaria im portanza), ci si accorge agevolmente che la teoria biochiana d e ll'U to p ia ha un valore stòrico di posizione attualissim o nella situazione cu ltu rale odierna, c a r a tte r iz z a ta dallo sbandam ento d e l l'id e n ti tà filosofica della "sinistra" e dall'aggressivo avanzare di una cu ltu ra di "nuova d e s tra " , che ambisce a ll'e g e m o n ia negli anni '80 di questo secolo. Non si vuole qui "strum entalizzare" la teoria biochiana d ell'U to p ia, riducendola alla bassa cucina delle polemiche spicciole con tro la nuova D estra (35). Al contra rio, si intende qui segnalare la teoria biochiana dell'U to p ia C oncreta come com ponente fondam entale di

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u n 'id e n t ità culturale sto ric o -m a te ria lis tic a della sinistra marxista. Nella te o ria biochiana il mito è c o r r e tt a m e n te inserito n e l l'id e n tità a nticipante di una com unità sto ric a, vive com e com ponente s tr u ttu r a le del presente storico, allude all'im possibilità di raggiungere una (del resto indesiderabile) "razionalità p e r f e tt a " inte g ralm e n te dem itizzata, e non è perciò mai messo in opposizione frontale a l l 'agire u to p ic o -a n tic ip a n te , che anzi feconda in continuazione (36). Il modello utopico non può coniugarsi in alcun modo, invece, con la "c u ltu ra di d e s tra ", in cui il "m ito" rinvia all'originario com e fondam ento a n ti- s to r ic o e del tu tt o m e ta - sto r ic o , rifiuta il tempo com e "fu tu ro ", com e novum, com e non-ahcora (per usare un'espressione ontologica biochiana), ed è dunque una p e r f e t t a a n ti-u to p ia , f a c ilm e n te trasform abile in un'u to p ia regressiva. Il rife rim en to all'originario com e sede di u n 'a u t e n t i c i t à numinosa m e ta te m p o ra le , d e g r a d a ta dal fluire dec ad e n te del tempo, è in fa tti ad un tempo una p e r f e t t a utopia regressiva e dunque una radicale an ti-u to p ia. In Bloch l'u to p ia com e "esercizio m entale sui la terali possibili" del tempo è possibile esclusivamente com e "p re s e n te storico", e si distingue in modo qualitativo dalle prefigurazioni g e o m e tr ic o -to ta lita r ie di un futuro irrigidito e progra m m a to (come temono invece Kolakowski e Popper) (37). L 'u to p ia vive infatti, in Bloch, come principio-speranza, non come p ro g e tto m a n iacalm ente onni-pref ig urante. La sua realizzazione integrale implicherebbe la sua m orte, la chiusura dell'orizzonte storico del futuro, il nevrotico rifiuto di ferm are la fre cc ia del tempo. L 'U to p ia C oncreta è dunque, ad un tempo, una teoria ontologica della Possibilità Reale ed una teoria s to r ic o -d ia le ttic a della T em poralità: il m a te r ia lista storico può tranquillam ente rivendicare questa fondam entale dimensione teorica, senza farsi spaventare dalle m e sse-in -g u ard ia degli assolutizzatori del presente feticizzato nella sua im m utabilità (38). 5. L'invito blochiano a studiare la storia del m aterialism o Il m a terialism o storico marxiano, come è noto, non è un m aterialism o filosofico "speculativo", nè richiede "fondazioni" m aterialistico -sp ec u la tiv e di alcun tipo. E' noto (e lo si è ricordato nella seconda p a r te di questo s c ritto ) che l'in c a se lla m e n to del m aterialism o storico d entro una teoria generale di tipo "speculativo" (quale è s t a t a di f a t t o il m aterialism o dialettic o sovietico) non è mai un'operazione innocente. I prezzi da pagare sono molto alti, e vanno dall'edificazione di una "visione del

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mondo" a te o - m a t e r ia l is ti c a di tipo quasi sempre scientistico-positivistico (nemica della "cultura um anistica" ed ingenuamente subalterna alle manipolazioni te cn o c ra tic h e) fino all'elaborazione di una ideologia di legittim azione statuale. Resta il f a tt o che u n 'a tt iv ità filosofica m aterialistico-speculativa non è mai elim inàbile, risultando dal doppio fenomeno convergente degli scienziati che rifletto n o sulla globalità delle proprie conoscenze, da un lato, e dei filosofi che vogliono far in teragire la propria "speculazione" con i dati offe rti loro dalle scienze della natura. Questa convergenza è un f a tto progressivo, e non bisogna c e rto spaventarsi dalle inevitabili g en e ricità e dai veri e propri errori che il non-specialista fa quando abbandona il suo campo. Si tr a t ta di un prezzo molto basso da pagare, più basso, in ogni caso, dell'iso la m en to reciproco cui sarebbero altrim en ti condannate le discipline scientifiche e la riflessione filosofica (39). Il "m ate rialism o speculativo" non ci dice nulla, dunque, sui modi di produzione, ma ci segnala a tteg g iam e n ti filosofici destinati ad influenzare in d ire tta m e n te a n c h e l'ap p ro cc io alla teoria specifica dei modi di produzione, stessi. Si è già segnalata positivam ente (nella terza p a r te di questo sc ritto ) la messa in guardia heideggeriana contro il "m aterialism o" inteso come teoria della produzione incondizionata a p a rtire dal "lavoro" c r e a to r e e signore di t u t t e le cose. Si pensi ai disastri filosofici causati in Italia dalle conseguenze del dellavolpismo (escludendo parzialm ente da queste pesanti responsabilità Galvano Della Volpe stesso), che aveva inte g ralm e n te ridotto il "m aterialism o" a metodologia scientifica a n tid ia le ttic a , fino a sfociare nella "distruzione" collettiana del m aterialism o storico. E si pensi infine a ll'a tm o s fe ra di opportunistico agnosticismo verso i problemi di "visione del mondo" c re a ta dallo "storicism o in tegrale" del co siddetto ita lo-m arxism o to g liattian o (sulla quale ha s c ritto indim enticabili pagine Sebastiano Timpanaro). Poiché "speculare sulla m a te ria " è largam ente inevitabile, ta n to vale alm eno che lo si faccia nel modo più proficuo e fecondo possibile o, se se vuole, creando meno danni possibili (40). E' nel quadro di queste considerazioni che possiamo apprezzare la storia biochiana del m aterialism o. Si è p a rla to , in proposito, di Bloch com e di uno "Schelling m arxista". L 'a nalogia è stim olante, ma può condurre anche fuori strada, se si "schiaccia" eccessivam ente la p roblem atica biochiana sulla "filosofia della n a tu ra " dei romantici. Ernst Bloch viene in f a tti d op o la grande "crisi delle scienze" di inizio secolo, ed è a p a rtire da essa che deve essere giudicato, nel suo doppio a s p e tto di storico e di filosofo

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del "problem a del m aterialism o" (41). Ernst Bloch non è, ovviamente, un filosofo della scienza. Egli non indaga sui meccanismi e sulla logica della scoperta sc ientifica, ma "specula" sulla nozione filosofica di m a teria . Seguendo l'indicazione di Lenin, non p retende insegnare agli scienziati specialisti la "nozione c o r r e t t a " d e ll'" o g g e t to " che essi stanno studiando, ma a t tu a una "riflessione di secondo grado" su questo stesso oggetto, attraverso l'e s a m e storico delle idee di m ateria e di materialism o. Un grande g en e tis ta co n tem porane o ha scritto: "Alcuni specialisti hanno consigliato di lim ita re il term ine "evoluzione" alla sola evoluzione biologica, lo non condivido il loro punto di vista, poiché mi sembra im p o rta n te tr a s m e t t e r e l'idea che m utam ento e sviluppo sono c a r a tte r is tic h e del mondo inorganico come della materia vivente e delle faccende um ane". Più in là, questo gene tista chiarisce con molti esempi com e la scienza moderna, intesa in modo filosoficam ente dinamico, non solo non scoraggi, ma anzi ' attiv a m e n te incoraggi una visione dina mic o-speculativa della m ateria come c a p a c ità di c re a r e in in te r ro tta m e n te n o v ità evolutive (42). E' questa, indubbiamente, "speculazione", e non c e r to riflessione d eterm in a ta sui marxiani modi di produzione. T uttavia, dopo i disastri provocati da tu tti gli storicism i integrali che hanno prete so espellere la natura ed il m aterialism o da una co e re n te visione del "moderno", e più ancora ridurre il m a terialism o storico a "sociologia", il te ntativo blochiano di riscrivere la storia del m aterialism o appare un ritorno alle intenzioni del pensiero se tte c e n te s c o , il quale sapeva m olto bene com e die tro la m etafora della "n a tu ra " e della " m a te ria " si stavano giocando questioni sociali 'di fondo (43). E 1 inte ressa nte (e c e r to non casuale) che Bloch riesca ad apprezzare c o n tem p o ran e am en te il teologo rivoluzionario Thomas Munzer e l ' a t e o m a te ria lista barone d'Holbach; soltanto una situazione filosoficam ente e provincialmente a r r e t r a t a , che distingue gli uomini in clericali e m angiapreti, può stupirsi che sia lo s t e s s o au to re ad a f f r o n t a r e con approccio analogo il nocciolo rivoluzionario della teologia ed il nucleo e m a n c ip a to re del m aterialism o, as p etti, entram bi, della stessa dinamica r e a ltà (44). 6. E x p e r im e n tu m m undi: l'o n t o lo g ia d e lla p o s s ib ilità d e l N u ovo n e lla s to r ia

La valutazione blochiano nel suo

positiva che è s ta ta qui data del pensiero complesso non sarebbe ta le se t u t t e le

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componenti fin qui e n u m e ra te (concezione multilineare e differenziata della te m p o r a lità storica, rad ic alità della critica religiosa, valorizzazione d e l l'e r e d it à giusnaturalistica borghese, c e n tr a lità dell'anticipazione utopica, profondità e genialità del suo m aterialism o speculativo) non confluissero t u t t e in una salda e coe rente visione ontologica della storia. Allo scrivente un'im m agine di Bloch "m aniaco della soggettività" e cultore di P rom eteo e dei Titani non interessa per nulla. Il ventesimo secolo è pieno di cantori del titanism o e di apologeti della "prassi che ha successo", sempre pronti a sputare sui perdenti e ad incensare i vincitori (ma Ernst Bloch, che parla del " r is c a tto " dei vinti, e che vede in Thomas Munzer il simbolo della "provvisorietà" della sc o n fitta, non rientra c e r to nel gruppo di costoro). T u tte le componenti filosofiche che abbiamo sopra so m m ariam en te e le n c a te non varrebbero anzi un soldo b uca to (su questo lo scrivente p referisc e esprim ersi con triviale franchezza) se dovessero essere " c am b iate di segno" ed acquistare una valenza anti-ontologica ed idealistico-soggettiva. La filosofia contem poranea è in f a tti piena di chiacchiere sul tem po come categoria p e rc e ttiv a in cui migliaia di "soggetti sociali" irre la ti si sprofondano a m e tà fra lavori a part tim e, e s e rc ito industriale di riserva, e rifiuti del lavoro di vario tipo; di riscoperte del "religioso" in stile falso-indiano e vetero-contadino; di contrapposizione dei "diritti umani innati" alla rivoluzione sociale ed alla critic a delle diseguaglianze e della p ro p rie tà privata; di chiacchericcio sull'utopia com e fuga in avanti ed alibi per evitare i discorsi concreti sul possibile storico hic e t mine; di riscoperte di un "nuovo m aterialism o" sulla base dei taro c ch i, d e ll'astrologia , del "sapere delle donne" e dei manuali di Jane Fonda; e c c e te ra , e c c e te ra . T utti i "tem i" blochiani sono in f a tti apparentem ente molto di moda oggi, nella misura in cui possono essere declinati in forma irrazionalistica e s o p r a tt u tto violentem ente anti-ontologica. Si t r a t t a , tu ttav ia , di tem i blochiani senza Ernst Bloch, il quale non c 'e n t r a per nulla con t u t t o questo, e ci ha lasciato con Experimentum mundi un te s ta m e n to filosofico di enorm e importanza teorica e s o p ra ttu tto di forte impronta ontologica, sul quale ben pochi equivoci sono possibili. Experimentum mundi è un'o p era profondam ente c a la ta n e l l'a tm o s fe ra dei primi anni '70 di questo secolo, che risentivano ancora della scossa storic a, confusa ma generosa, del S essantotto europeo. Essa è ad un te m p o un'esposizione sis tem a tic a di c a te gorie filosofiche (logico-ontologiche, secondo la tradizione di Hegel), un repertorio di problemi aperti e non risolti della filosofia m arxista, un insieme di piccoli saggi in un c e rto senso compiuti in se stessi

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come i migliori aforismi adorniani. T u tta la ricca problem atica biochiana vi trova una sorta di "a sse sta m e n to " , che non ha nulla a che fare con la manualizzazione ed il compendio facilm ente riassumibile e ripetibile (Bloch non può essere soggetto a riassunti e schematizzazioni, data la fusione fra forma e contenuto tipica delle sue opere), ma che illumina re tro sp e ttiv a m e n te il significato filosofico di t u t t a la sua p re c e d e n te a ttiv ità te o ric a (45). L 'ontologia di Bloch non è una "descrizione" delle c a r a tte r is tic h e modali d ell'E ssere, ma è una te o ria descrittivo-processuale del n on-essere-ancora (46). La modalità fondam entale del n o n - e sse re -a n c o ra è ovviamente la categoria della "possibilità". Quando Bloch parla di "possibilità" in senso ontologico, ne sviluppa due significati fondamentali: in primo luogo, la possibilità è una espressione modale della m a te ria in quanto essere processuale; in secondo luogo, la possibilità è il luogo delle c o n c rete condizioni parziali della realizzazione di quanto è "volta per volta" possibile (che è a sua volta u nità di un f a tt o re soggettivo, la maggiore o minore c a p a c ità di tra s f o r m a r e il dato, e di un f a tt o re oggettivo, la maggiore o minore trasfo rm ab ilità del dato). In en tra m b i i casi, la "n e ce ssità" non rappresenta mai la modalità fondam entale del n o n - e sse re -a n c o ra (e questo preclude ogni possibilità di le ttu ra di Experimentum mundi in chiave g rande-narrativa o d e te r m in is tic o -n a tu ra lis tic a ), ma è sem pre ontologicam ente subordinata alla possibilità, così com e lo spazio è subordinato al tempo, ed il p re se n te al futuro (47). La possibilità è anche una " fo rm a d 'e s s e rc i" della prassi, che è la c a te g o ria fondam entale della ontologia biochiana, che può essere dunque d efinita com e una fondazione ontologica del p rim ato della prassi umana sulla base di una concezione della " m a te ria " com e di un es sen te -in -p o s sib ilità (definizione che, non p erm e tte n d o l'in se rim en to di Bloch nè nel marxismo orien tale nè in quello occidentale, costringe a rivedere t u t t i gli schemi consueti) (48). La c e n tr a li tà ontologica della prassi in Bloch deve essere ovviamente ben compresa; in prim o luogo, non si t r a t t a di una "filosofia della prassi", nella misura in cui questa espressione allude al rifiuto di una considerazione dia le ttic a della n atu ra , m entre in Bloch è la concezione della m a teria com e es sen te -in -p o s sib ilità che fonda la prassi stessa; in secondo luogo, non si t r a t t a di una concezione della prassi com e "im m ediatezza" (e si pensi alia c r itic a hegeliana del "darsi della conoscenza" concepito com e un improvviso "colpo di p istola"), in quanto in Bloch il ruotare ciò che ci sta davanti ed il p o r ta r e il vissuto fuori dall'im m ediatezza ancora oscura e confusa significa anche collocarlo su un piano superiore a

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quello d e ll'e m o tiv ità in d e te rm in a ta , ossia inserirlo nel processo dell'oggettivazione e d ell'astraz io n e c o n c ettu ale (49). La nozione biochiana di prassi si presta c e rto a molte considerazioni. In primo luogo, essa è c e r to anche "lavoro", ma il lavoro non è mai, come nella Ontologia lucacciana, la form a originaria ed il modello della prassi stessa; è questa c e r to una scelta degna di riflessione (50). In secondo luogo, essa è il principale f a tt o r e storic o-filosofic o che p o trem o definire an ti-n ich ilistico (e questo è in te ressa n te e nuovo per il d ib a ttito filosofico italiano, nel quale, per influenza anche di pensatori come Severino, la prassi è divenuta sinonimo di nichilismo), in quanto è momento costitutivo della proce ssualità d e ll'e s s e re -in -te n s io n e (51). In terzo luogo (ed è forse il punto più im p o rta n te ), la prassi è il fa tto re che realizza nella storia ciò che Bloch chiama la tendenza, e che egli oppone alla "legge", intesa com e "ciò che tiene ferma la ripetizione" (52). Il f a t t o che la prassi sia inserita in una sorta di tendenza la ten te nella processualità storica, da un lato, e nello stesso tem po sia considerata com e il f a tt o r e decisivo della storia, d a ll'a ltr o , è c e rto un e lem e n to d 'a m b ig u ità dell'ontologia biochiana. Non c ' è in proposito soltan to una m ancanza di rigore te rm inologico (come ha osservato Adorno) e neppure una confusione filosofica sis te m a tic a m e n te in tr a tte n u ta (come ha opinato Kolakowski). Bloch ha inteso invece rispecchiare (qui lo scrivente esprim e la propria personale opinione) un e le m e n to di am biguità e di ambivalenza rea lm en te e s iste n te nella ontologia del m ateria lism o storico, che e f f e ttiv a m e n te oscilla fra una incorporazione d e ll'a g ire tr a s f o r m a to re in una sorta di cau sa lità s tr u ttu r a le rad ic ata nelle leggi di movimento im m ane nti ai modi di produzione ed una enfatizzazione d ell"elem ento di novità p o r ta t o nella storia dall'iniziativa umana co n c reta (53). Experimentum mundi è d 'a ltro n d e p r o g ra m m a tic a m e n te una ontologia di un sistem a ap e rto , un eccezionale sforzo linguistico di te n e re a p e r te insieme le vie d e ll'a fo ris m a e dell'osservazione micrologica e le strad e della categorizzazione sistem a tic a delle nozioni filosofiche. Si t r a t t a di un libro che abbiamo appena incom inciato a leggere, e che darà i suoi primi f ru tti storici quando incom incerem o a prenderlo sul serio com e un vero e proprio lib ro-spartiacque, che si colloca nello spazio interm edio fra la chiusura della storia dei vecchi marxismi e l'a p e r t u r a di una storia di marxismi in tegralm ente rinnovati.

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7. Sulla feconda ambiguità d ell'ontologia biochiana

La mancanza di "precisione" del linguaggio filosofico blochiano è dunque un motivo di forza, e non di debolezza. Bloch considera il passato come u n 'u n ità dia le ttic a di tendenze all'asse rv im en to e di tendenze all'em ancipazione (in sintonia con un pen sato re che gli è a p p a re n te m e n te ta n to lontano, nello stile e nei contenuti, com e Jurgen H abermas, ed in opposizione a pensatori più affini a lui nel linguaggio, com e i "vecchi signori" di F ra n c o f o rte e lo stesso Heidegger), analizza il presente com e ciò che rim arrebbe sem pre oscuro se non fosse f a tt o "ru o ta re " in direzioni p rogettuali, e concepisce il futuro com e luogo in cui l'u to p ia (che, in quanto ta le, trova nel prese nte il suo luogo di formazione) si dispiega e si m anifesta, a i u ta t a dalle tendenze dinamiche c o n te n u te nella stessa r e a ltà "m a te ria le ". Ernst Bloch è dunque la prima risposta, del cuore e d e ll'in te lle tto , della fantasia e della ragione, alla spietatezza delle diagnosi di Weber e s o p r a tt u tto di Heidegger su ll'in tra sce n d ib ilità del m eccanism o riproduttivo della soc ietà ca p ita listic a . Q uesta risposta non può e non deve essere linguisticam ente "sorvegliata" e c o n c e ttu a lm e n te " formalizzata"; in comune con le avanguardie artistic h e e le t t e r a r i e Bloch ha la consapevolezza della nec essità di a t tu a r e una rivoluzione nel linguaggio (analoga, del resto, alla consapevolezza che porta Heidegger a distinguere fra "filosofia" e "pensiero"). La questione te o ric a essenziale si trova tu tta v ia altrove, al di là delle mille questioni di d ettag lio che non possono non nascere d a ll' arialisi della s te rm in a ta enciclopedia filosofica biochiana (che non è mai, in nessun m omento, un "pensiero ed ific a n te " , che ambisca "consolare" i vinti e farli sperare contro ogni "evidenza dei f a tti" ) . Il punto di reale am biguità è l 'a t te g g ia m e n to generale di Bloch verso la possibilità di edificazione di un futuro em ancipato (e com unista). M entre nella Ontologia lucacciana non si va o ltre ad una ca u ta e sobria esplorazione della "possibilità ontologica" di un futuro em an c ip ato e com unista e della negazione di fa tto ri m etastorici (di tipo sociobiologistico o sistem ico -so ciale ) in grado di renderla impossibile, in Bloch (nonostante i suoi riferim enti m etaforici alla r ea ltà del diavolo com e sopravvivere dell'"avversante" contenuti in Experimentum mundi) vi è c e r to qualcosa di più di una m era teoria "fredda" della possibilità ontologica del comunismo.E' p rese n te in Bloch una vera e propria scommessa emotiva sulla tendenza generale, che non è' mai (come si

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è d e tto sopra) edificazione ed o ttim ism o irrazionalm ente p rogram m atico, ma che è pur sem pre una esaltazione della prassi umana in t u t t e le sue forme. Non si t r a t t a qui di rim proverare Bloch per non aver definito in form a più precisa le forme fondamentali della prassi um ana (e del resto Bloch non sarebbe più tale senza la sua voluta to rre n zialità m ultiform e). Si t r a t t a , invece, di vedere in Bloch la compresenza di due tendenze filosofiche fondamentali, delle quali l'una è in te gralm e nte prom eteic a, tita n ic a , e r o m an tica m en te te s a all'infinito, m entre l 'a l t r a ontologizza le possibilità del finito, n atu ra le e sociale, di trasfo rm arsi, di cam biare forma e qualità, di non rim anere sempre eguale, di trovare dimensioni sempre diverse in una te m p o ra lità ricca e m ultiforme, mai sc hiac cia ta sul tempo capita listico dell'orologio e sullo spazio della proprietà privata (54). Lo scrivente non nasconde la sua preferenza verso un'ontologia del finito e delle sue forme, e qui Bloch non ci soccorre più. Senza un bagno nel to r re n te blochiano, tu ttavia , neppure un'ontologia del finito diviene possibile. O ccorre im parare, prim a, da chi ha filosofato sem pre "come A ristote le e Hegel", com e se l'in te ra filosofia contem poranea, irrigidita nella gabbia dei linguaggi accadem ici, non esistesse neppure.

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NOTE 1. Si veda Lukàcs, Pensiero Vissuto, Ed. Riuniti, 1983, p. 44. Quando Lukàcs parla di Bloch, si è generalm ente in presenza di una valutazione di fondo a lta m e n te positiva del pensatore tedesco, di cui è continuam ente s o tto lin e a ta la "classicità", m entre si c ritica n o altri elem enti teorico-politic i di fondo (valutazione delle avanguardie storiche, problema del tem po, e c c e t e r a ) . Quando Bloch parla di Lukàcs (cfr. Bloch, Tagtraume vom aufrechten Gang, Suhrkamp, 1977, passim) la valutazione è ancora più positiva, in quanto mancano in generale persino critiche specifiche (al di fuori d e ll'a cc u sa di " c e c i tà c r ìtic a " verso le avanguardie storiche). Il libro di Bloch sulla storia del m aterialism o è d 'a ltr o n d e dedicato da Bloch all "'a m ic o di gioventù" Lukàcs. Lo studio che il letto re ha so tto gli occhi non è una monografia critica su L ukàcs e Bloch, e neppure un esam e siste m a tic o delle convergenze e delle divergenze dei due autori. Lo scrivente intende solo sottolineare s iste m a tic a m e n te la comune ba tta glia teo rica , filo-ontologica ed anti-soggettivistica, dei due a uto ri, che li contrappone in modo n e tt o alla solidarietà a n tite tic o - p o la r e fra esistenzialismo e neopositivismo, tipica del pensiero e della prassi del nostro tempo. Non c ' è , fra l 'a l t r o , nessun "concordismo opportunistico", ma una esplicita sc e lta (filo-lucacciana) da pa rte dello scrivente. Tuttavia (e qui si arriva al dunque), lo scrivente è molto c onte nto del f a tt o che i due vecchi autori si sentissero solidali nel loro sforzo teorico, pe rchè a nch'e gli li legge come sostanzialmente solidali. 2. 11 Dio di Heidegger è infatti molto spesso un "padrone" del mondo, m entre in Bloch, come vedremo, lo eritis sicut deus rende impossibile una teologia del padre-padrone. 3. Lo scrivente deve molto, ed è pienam ente d 'a cc o rd o , con la fondamentale monografia di R em o Bodei, Multiversum. Tempo e storia in Ernst Bloch, Bibliopolis, 1979. Bodei ha il m erito di centralizzare la valutazione di Bloch del c o n c e tto di multiversum tem porale , di cui vede bene l 'incom patibilità assoluta con le filosofie storicistiche della storia. E' questa anche la tesi di fondo dello scrivente nella qua rta pa rte di questo scritto. 4. E ' questo forse il modo privilegiato con cui leggono Bloch i simpatizzanti per il cosiddetto "m arxismo occidentale ": p rim a to della attività, esaltazione della prassi comunque e dovunque, unità so gge tto-ogge tto. 5. Vi è qui la radice della g rotte sc a koinè filosofica che rappresenta la sistematizzazione (non dia le ttic a ) del senso comune elaborato dai "soggetti" (definiti "nuovi", e quasi sem pre vecchi come il cucco) liberati, e cioè resi disoccupati, dalla razionalizzazione capitalistica della produzione. Gli operai che bollano la cartolina sarebbero schiavi del tem po c artesia n o quantitativo, m entre la qualità del vero rapporto con il reale sarebbe a tt i n ta (o attingibile) con trainings di induismo se m plificato gestito industrialm ente da managers capitalistici del "bisogno di misticismo" che esprim erebbero gli em argin ati. Scrittori positivisti (come Lucio Colletti) tendono a collocare questo rifiuto del "tem po delle scienze" a ll 'i n te r n o di un unico blocco irrazionalistico e "bergsoniano" di

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rifiuto del mondo moderno. Si t r a t t a invece di un'esasperazione g r o tte sc a m e n te esistenzialistica di un a tte g g ia m e n to integralm ente positivistico di accettaz ione della "superficie" visibile del mondo p ost-m oderno (che è a n ti - d i a l e t t ic o e s a tt a m e n te come quello di Colletti). 6. Si veda E. Severino, Destino della necessità, Milano, 1980. 7. I principi filosofici della originarietà e della f a ta lità del tem po rapprese ntano, a p a rere dello scrivente, il connotato filosofico principale della "nuova d e stra" degli anni '80 (insieme con il principio di differenza i n te r p r e ta to come radicale diseguaglianza fra gli uomini). Si rimanda qui alla ricchissima pubblicistica della "nuova d e stra" (Elem enti, Nouvelle Ecole, e c c e t e r a ) . 8. Indispensabile strum ento di lavoro è la monografia di Remo Bodei c ita ta nella nota 3. A p.15-16 Bodei fa la distinzione fra non-contem poraneità ed a rre tra te z z a . Più avanti (p. 37) è c it a ta una c ritica argom enta ta (dallo scrivente non condivisa) di uno sc r i tt o lucacciano degli anni '30, rimasto lungamente inedito, a proposito del c o n c e tto blochiano di n o n-contem poraneità. Più avanti ancora, in pagine fondamentali, Bodei elenca q u a ttr o nozioni di a tt i m o ( l 'a t t i m o nei suoi c a r a tt e r i di repentinità e di disc ontinuità granulare; l 'a t t i m o come nunc stans, nunc aeternum 6 come congelarsi e rallentare del tem po, quale "a tt i m o immenso"; l 'a t t i m o come ' Jetzt-Z eit, tem p o -o ra con cui si spezza il continuum della storia; l 'a t t i m o come momento solenne della decisione anticipatrice, come segno della a u te n tic ità ) . Bodei riconduce la prima nozione a Hegel, ed illustra poi posizioni di Bachelard; co n n ette la seconda con i mistici, parla del Faust e del giovane Lukàcs; esamina la terza in rapporto a Benjamin (di cui occorrerebbe esaminare con attenzione le fondamentali Tesi sulla filosofia della storia, quasi sem pre mal i n te r p r e t a te d a ll 'a tt u a l e moda benjaminiana in Italia, che ha assunto ormai a spe tti francam ente demenziali); si riferisce nella q u a rta allo Heidegger di Essere e Tempo. 9. Sembra allo scrivente che queste posizioni siano diffuse so p ra ttu tto fra i verdi tedeschi. Più in generale vi è qui una singolare compresenza fra ammirazione delle avanguardie storiche (e più in particola re dell'espressionism o e del montage) ed ammirazione d e ll 'a u te n ti c it à contadina. In questo senso queste posizioni sono "fedeli" a Bloch (che era in ca n tato sia dal cabaret espressionista che dai villaggi contadini della Turingia). Lo scrivente (che concorda invece con le posizioni teoriche della Ontologia lucacciana) ritiene che la n on-c onte m pora ne ità che viene confusa con il rispetto fe ticis tico di ogni tipo di arre trate zz a sia una nozione che non tiene conto della novità storica p o r ta ta dal capitalismo, che p e r m e tt e la "transizione antropologica" dalla singolarità alla pa ttico larità. 10. E' questo, in senso assoluto, il problema più im p o rta n te che dovrà essere risolto in futuro dalla filologia biochiana. Già ora la migliore le t t e r a tu r a secondaria si è impegnata su questo. Il notevole t e s to di H. H. Holz, Logos Spermatikos.Ernst Bloch Philosophie der unfertigen Welt, Luchterhand, 1975, documenta chia ram e nte ,come Bloch attribuisca una finalità im m anente sia alla storia che alla natura. Per usare il linguaggio della E stetica di Lukàcs, è indubbio che vi sono in Bloch fortissime tendenze all'antropom orfizzazione filosofica della na tura . Lo scrivente

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(che non condivide per nulla questa tendenza) ha deciso però di enfatizzare altri aspetti del pensiero blochiano, che lo collocano in un'opposizione determ inata allo storicism o ed al destinalismo. Ogni pensatore si muove in una congiuntura storica d e te r m in a ta , occupa spazi e ne lascia liberi altri. Questo avviene per Bloch, come per chiunque altro. 11. Questa versione edulcorata, m oderata, ed "e d u c a ta " di Bloch è sostanzialmente presente nel t e s to di Bodei, so p ra citato , ed anche nelle divulgazioni scolastiche (cfr. Sergio Moravia, Pensiero e civiltà, III, Le Monnier, 1982). Ancora più dannose sono le confusioni fra Bloch e Benjamin, f a tt e a p a rtire da superficiali analogie nella t e m a ti c a teorica. 12. Per essere più precisi, Ernst Bloch può essere leg ittim am en te usa to sia dalla cosiddetta "teologia della speranza" sia dalla cosiddetta "teologia della rivoluzione". «Nel primo caso, si enfatizza un principio squisitam ente ontologico riferito alla natura ed alla storia (il "principio speranza", appunto), nel secondo caso, si tende verso u n'i nte rpreta zione "z elotica" di Gesù ed in ogni caso verso una lettura "politica" dei vangeli. Entrambe le lettu re sono e stra n e e al m aterialism o storico ed anche alla ontologia de ll'e sse re sociale, ma non possono neppure essere defin ite ostili. 13. Si veda Hindness-Hirst, P re-capitalist modes of production, Routledge & Kegan, London, 1975. E' c e r to impossibile "d edurre" il profetism o ebraico a partire dall'istanza ideologica del modo di produzione a n tic o -o rie n ta le (e non deve essere questo l 'obbiettivo di un m aterialism o storico bene inteso), ma è c e r to che senza un'a pprofondità conoscenza dei meccanism i sociali di riproduzione p re -c a p ita listici in Giudea non si può neppure intendere a degua ta m ente Isaia e Gerem ia. In Bloch c ' è molto spesso la tendenza a "forzare" il t e s to biblico (a ll'in te r n o di più generali tendenze erm eneutiche tipiche del pensiero c onte m poraneo), ma non si è mai in presenza di manipolazioni o di falsificazioni. 14. La filosofia della religione è c a r a tte r iz z a ta oggi da uno slitta m e n to da posizioni "fenom enologiche" (assai forti negli ultimi tr e n t 'a n n i ) a posizioni a p e r ta m e n te "antropologiche" (si veda, ad esempio, la voce Religione, sc r i tt a da Marc Auge, Enciclopedia Einaudi, 1980). Bloch è sostanzialmente e stran e o ad e n tra m b e le tendenze, consapevole della limitatezza e della parzialità delle spiegazioni fenomenologiche e delle riduzioni *sociologistiche o antropologico-sociali. 15. Le opere biochiane cui si fa riferim ento sono Religione in eredità, Queriniana, 1979, ed Ateism o nel Cristianesimo, Feltrinelli, 1971. Dato il c a r a tt e r e di questo saggio, Io scrivente non può neppure sunteggiare som m ariam ente queste opere fondamentali, limitandosi a darne un giudizio t e o r e tic o di fondo. Studiosi a c c r e d ita ti di Bloch (come il padre gesuita Giuseppe Pirola ed il t r a d u t t o r e italiano delle due opere sovracitate, F ra n c esc o Coppellotti) si sono molto sforzati, nel generale disinteresse della cultura italiana (in t u t t e le sue varianti, laica, c attolica , e "m arxista "), di chiarire il reale significato dell'espressione "ateism o nel cristianesimo". 16. E' questa la posizione del noto filosofo italiano Augusto Del Noce, sostanzialmente condivisa dai teorici del movimento catto lico -in teg ra lis ta Comunione e Liberazione (Buttigliene, Formigoni, e c c e t e r a ) . Questo non

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deve stupire, e neppure provocare indignazione. Trattandosi di metafisici, per i quali ogni "pensiero" deriva linearm ente da un "fondamento" unico ed originario, non è un caso che riducano il "marxismo" ad una sorta di "filosofia del fondamento originario" (identificato con la negazione radicale di Dio). Ad essi è e stran e a non solo la determinatezza delle categorie della c r itic a de ll'e conom ia politica, ma anche la critica biochiana al culto religioso di un Dio visto come Padrone e despota teologico-politico. 17. Questa posizione è diffusissima, anche se ra ram ente esplic ita ta . N ell'am bito filosofico, si t r a t t a di un equivalente teorico della posizione ricardia n-m arxista. Come i neo-ricardiani ritengono che Marx abbia sem plicem ente " c o r r e t t o " gli economisti classici inglesi, inserendosi però nello stesso am bito problem atico (per i neo-ricardiani, come è noto, Hegel non è mai e sistito ), analogam ente alcuni ritengono che Marx, inserendosi nello stesso am bito problem atico del dibattito positivistico sull'esistenza o meno di "dio" (Moleschott, Du Bois-Reymond, Haeckel, e c c e t e r a ) , abbia concluso, sulla base della divulgazione astronomica, chim ico-fisica, biologica, e c c e t e r a , di "non aver bisogno di questa ipotesi per spiegare il mondo". Il marxism o sovietico, ad esempio, sviluppa in modo parallelo ,la divulgazione a te istic a degli argom enti sulla "non esistenza di dio" e l'insegnam ento dogmatico delle "leggi econom iche del socialismo". 18. Su questo punto Marx è successore conte m pora ne am ente di Hegel e di Feuerbach. Marx sa bene come una cattiva gnoseologia produce una falsa ontologia, ed è assai lontano dalla critica gnoseologica kantiana a qualsivoglia posizione ontologica. 19. Secondo l'im postazione dello scrivente, la c ritica biochiana dell'alienazione religiosa deve essere intesa, in prima approssimazione, come una prosecuzione di Marx e come un m iglioram ento rispe tto ad Engels. Questo non significa a f f a t to , ovviamente, che Bloch "la pensi e s a tt a m e n te come Marx e com e Engels su t u t t a una se rie di questioni". Su molti punti Bloch la pensa in fa tti diversamente. La questione " s tr a te g i c a " è u n 'a ltr a : in Bloch, come in Marx, senza c ritica della religione niente critica dell'e conom ia politica. 20. L 'esperienza polacca è c e r to sp ecifica e del t u t t o peculiare (ed infatti non appare estendibile a paesi come l'U ngheria , la G erm ania orientale, la stessa U rs s),m a presenta pur sempre aspetti paradigm atici (come del resto la rivoluzione culturale cinese di Mao Tsetung, ad un tem po cinese ed universale). Il filosofo Kolakowski (già c rit i c a to nella prima p a rte di questo sc ritto ) rapprese nta un esempio di reazione idealistica all'ideologia del socialism o di stato, che non a caso assume sem pre di più aspe tti "religiosi" (e sa tta m e n te nel senso c ritic a to da Bloch). Autori come Michnik e G erem ek hanno invece com piutam ente teorizzato la funzione della Chiesa c atto lica in Polonia come specifica form a di resistenza della "società civile" nella sua lotta per l'a utonom ia rispetto allo Sta to (abbandonando così ogni residuo di critica marxiana alla religione). Il pensiero di Bloch è ovviamente del t u tt o e str a n e o alle teorizzazioni di Kolakowski e di Michnik. 21. Non a caso, l'esposizione più "p a rte c ip a n te", c hiara e comprensiva del m aterialism o dialettico sovietico è dovuta ad un sa c e rd o te c attolico che

171 si pene dal punto di vista del tomism o n e o-scola stic o (cfr. Gustav A. W etter, D ialectical Materialism, Praeger, 1958). I due sistemi, dogmatici e chiusi, si contrappongono sta tic a m e n te e p r e te sc a m e n te come castelli di c a r t a di verità rivelate ed invariabili. Marx e Tommaso d'Aquino non c 'e n t r a n o ovviamente per nulla, e restano meri p re te sti per giustificare il conflitto fra "visioni del mondo" se g re ta m e n te solidali. 22. Non si intende qui polemizzare con pensa tori valorosi e meritevoli (come Giulio Girardi) che effe ttiv a m e n te perseguirono la separazione fra materialism o d ialettico e materialism o storico in vista di una "unità d'azione" fra marxisti e "c rede nti" per la comune attuazione di trasformazioni rivoluzionarie. Una simile p iattafo rm a comune (che lo scrivente condivide integralm ente) è ad esempio operante in paesi come il Nicaragua. La polemica è invece d i r e t t a contro le sgangherate riduzioni del m aterialism o storico a sociologia (c a r a tt e r is ti c h e degli anni '60). 23. La c r itic a biochiana della religione è dunque un a sp e tto parziale e particolare della sua complessiva "ontologia della speranza", fondata sulla negazione della possibilità di definire "impossibile" ciò che non si è ancora verificato nella storia (o che si è già verificato in modo embrionale ed incompiuto), ma che non per questo deve essere an tic ip a ta m en te negato e connota to come "assolutam ente impossibile". Lo scrivente non ci vede dunque alcun prom eteism o (che gli sarebbe odioso), ma solo un coere nte sviluppo di t e m a tic h e già rintracciabili in Marx. 24. Ci riferiam o a Naturrecht und Menschliche Wurde, F rankfurt am Main, 1961. Il libro di Bloch non è s t a t o ancora t r a d o t t o in italiano (ma esiste una traduzione francese). Si t r a t t a di un tes to ad un tem po storico e teorico, sc r i tt o in una prosa ad un tem po profonda e divulgativa, di a ffascinante le ttu ra . Non resta che sperare che una buona traduzione venga fa tt a il più presto possibile, e che giunga in un clima filosofico e culturale meno avvelenato d e ll 'a tt u a l e dalle tendenze decisionistiche, irrazionalistiche e più in generale po st-m o d ern e (di derivazione francese). 25. Il fondamentale t e s t o cui si è f a tt o riferimento, Egoismo e movimento di libertà è c o nte nuto nella raccolta di saggi di Max Horkheimer, Teoria critica, II, Einaudi, 1974. E' inte ressa nte (e c e r to non del t u t t o casuale) che Horkheimer sia passato da questa diagnosi radicale e disperata del "passato borghese", presente nelle sue posizioni degli anni '30 e '40, alle posizioni di ripiegam ento intim istico ultraborghese e francam ente anticomunista degli anni '60. In ogni caso il t e s to horkheim eriano resta un capolavoro, di fronte all'a ntigiacobinism o dozzinale e straccione dei nouveaux philosophes francesi, per i quali "x è sempre già conte nuto in y" (in questo caso, i Gulag in Robespierre, Beria in Hegel e Poi Pot in Fichte). E' anche interessante il f a tt o che Jurgen Habermas (spesso errone a m e nte considerato un "seppellito re" de ll'inim ita bile radicalità dei vecchi signori francofortesi ed un annacquatore del loro "terribile disincanto") abbia sviluppato posizioni molto più sobrie, ragionevoli e m aterialistiche, capaci di tener conto (e s a t t a m e n te come Bloch) del doppio c a r a t t e r e d e ll'e re d ità filosofica borghese. Si veda Jurgen Habermas, L 'intrico di m ito e di illuminismo: osservazione sulla "D ialettica dell'Illuminismo" dopo una rilettura, in Fenomenologia e Società, 21, marzo 1983. Haberm as è dunque un "m iglioratore" dei francofortesi, e

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non il contrario, alm eno dal punto di vista del bilancio c ritic o -d ia le ttic o del rapporto fra passato e presente storico. 26. Si veda Reinhard Kuhnl, Due forme di dominio borghese: liberalismo e fascism o, Feltrinelli, 1973. Il libro del Kuhnl è uno dei pochissimi disponibili in lingua italiana che utilizzi esplicitam ente il Bloch del Naturrecht contro il dispositivo fatalistico-teleologico alla Horkheimer-Heidegger. 27. Si veda N. Bobbio, Studi hegeliani, Einaudi, 1981, e s o p r a ttu tto N. Bobbio e M. Bovero, Società e Stato nella filosofia politica moderna, Il Saggiatore, 1979. Lo scrivente è sostanzialmente d 'a cc o rd o con Bobbio ed è invece in forte disaccordo con Bovero. Bobbio ricostruisce d iale ttica m e n te il rapporto fra la tradizione del diritto naturale e la filosofia di Hegel, mostrando come questa ne costituisca insieme il compim ento e la dissoluzione: se essa "proseguiva, sia pure con una ricchezza di strum enti concettuali senza precedenti, la stessa strada" che portava ad individuare nello s t a to " il punto culm inante del processo storico", il coronam ento di questa visione generale è "la considerazione della supremazia della legge, intesa come la più alta manifestazione della volontà razionale dello sta to " . Bobbio accentua c e r t o gli elem enti sta ta lis tic i del giusnaturalismo (ed in questo senso Bloch ne rappresenta l'opposto, in quanto a ccentua siste m a tic a m e n te tu tti gli elem enti antista ta lis tici, che pure sono presenti), ma lo fa, in fondo, a buon diritto. I n a cc ettabile è invece l'invenzione di Bovero di un fanto m atico "modello hegelo-m arxiano" (in Marx non c 'è , infatti, nessuna "supremazia della legge", come in Hegel, e non c ' è neppure uno "spazio specifico" per la teoria politica, come del resto Bobbio ha a suo tem po brillantem ente dim ostrato), che è possibile cucire insieme solo con m olte forzature. Chi veram ente apprezza Marx e Hegel, li separa sempre a c c u ra ta m e n te (come fanno sia Bloch che Lukàcs), e sa bene che lo hegelo-marxism o non esiste. 28. Si veda Marxismo e teorie del diritto (a cura di R iccardo Guastini), Il Mulino, 1980. 29. Si veda Karola Bloch, Memorie della mia vita, M arietti, 1982. 30. Si veda E. Bloch, Spirito dell'U topia, La Nuova Italia, 1980. Ai fini del nostro discorso è però assai più im portante la summa filosofica intitolata Das Prinzip Hoffnung (di cui si veda l'edizione econom ica in tre volumi, per complessive m illesettecento pagine circa, pubblicata dalla Suhrkamp nel 1982). Fondamentali so p r a t tu t t o le pp. 50-387 (d edicate alla categoria di "coscienza a nticipante") ed in p a rtico la re le pp. 258-288 (dedicate alla categoria di "possibilità"). 31. Si veda l 'o tt i m o saggio di B. Baczko, Utopia, in Enciclopedia Einaudi, 1981. Ad esso è allegata anche una preziosissima bibliografia. 32. Un diffuso e rro re , ad esempio, consiste n e ll 'a ttr ib u ir e a Marx la tito larità di una " c o rre n te calda" del marxismo, che recepisce le componenti utopiche, m entre Engels sa rebbe l'iniziatore della c o rre n te "fredda", determ inistica, scientistica, positivistica (anche Bloch cade talvolta in questo equivoco). In realtà l'ipotesi (u ltra -u to p is tica ) dell'estinzione dello sta to e della sua integrale sostituzione con una "com unità sociale" tras p are n te e del t u tt o p o s t - s t a tu a l e è di Engels (com e ha brillantem ente

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a rg o m e n ta to in Italia lo studioso Danilo Zolo in molti precisi saggi), il quale p e raltro non fa che sviluppare c o e r e n te m e n te la concezione marxiana del comuniSmo come robinsonismo sociale p e r f e t ta m e n t e compiuto. 33. Nel secondo volume del suo Prinzip Hoffnung E. Bloch esemplifica a nalitica m ente le varie progettazioni utopiche (Gioacchino da Fiore, Moro, Bacone, e c c e t e r a ) . L 'a g i r e utopico di Gesù Cristo non può c e r to essere a nti-c a p ita lis tic o (essendo radic ato in una formazione sociale an tic o -o rie n ta le, a sua volta dipendente dal modo di produzione schiavistico romano; non v 'e ra a quei tem pi nessun modo di produzione capitalistico), ma comprende una "latenza" a ntic ipa nte d e ll'a g ire sociale utopico di modi di produzione non ancora esistenti. 34. Una a deguata dimostrazione di questa tesi non può essere qui f a tt a per ragioni di spazio. Si rimanda ai due volumetti di s c r itti m arx-engelsiani c urati da Roger Dangeville Utopism e e t communauté de l'avenir e Les utopistes, P e tite collectio n Maspéro, Paris, 1976 (che si vorrebbe veder t r a d o tti in lingua italiana). 35. In Italia molti c om m e nta tori si sono re c e n te m e n te a cc o rti della "nuova d e stra" e della sua offensiva culturale. F ranco Fortini ha sc r itto alcuni saggi brevi (in form a d 'a r tic o lo di giornale) a ssolutam ente indimenticabili. Italo Mancini ci ha d a to un saggio di grande respiro, im pegnato ed informato, che utilizza m assicciam ente gli sc ritti di Bloch (cfr. Italo Mancini, Il Pensiero Negativo e la Nuova Destra, Mondadori, 1983). Marco Revelli, infine, ha am piam ente utilizzato l'opposizione m ito/utopia in una direzione te o r ic a to ta lm e n te condivisa dallo scrivente (al di là di divergenze di dettaglio). 36. Si veda Jon Elster, U lisse e le Sirene.Indagini sulla razionalità e l'irrazionalità, Il Mulino, 1983, ed anche, se pure meno e ffic ac e, Johan Goudsblom, N ichilism o e cultura, Il Mulino, 1982. In e ntram bi questi autori la polemica contro il razionalismo a s t r a t t o non porta a rivalutare forme di irrazionalismo (come in parecchi saggisti italiani), ma conduce alla sottolineatura dell'inevitabile e positiva c om p le m e n ta rie tà fra razionalità i m p e r f e tta ed immaginario sociale: c o m p le m e n ta rietà, questa, che trova in Ernst Bloch un teo rico acuto ed a rticola to. 37. Si veda Leszek Kolakowski, Marxismo, utopia e antiutopia, Feltrinelli, 1981. Nella prim a p a r te di questo sc r i tt o si è già polemizzato am piam ente c ontro la' concezione di Popper e di Kolakowski. 38. Il pensiero p ost-m oderno è in proposito quanto di più lontano e di più ostile ci possa essere alla riflessione filosofica di Bloch. Nel pensiero post-m oderno coesiste il massimo di polemica an ti-u to p is tic a (l'utopia sarebbe una t r a c c i a di pensiero diale ttico, incom patibile con un "pensiero debole" che vuole fruire inte gralm ente dell'assolutizzazione del presente) con il massimo di p r e te s a che l'u to p ia sia ormai "realizzata" (con la morte del valore-lavoro e l'i n t e g r a l i tà dell'orizzonte del consumo fruito da un corpo senza organi e da grandi macchine desideranti). 39. La tradizione filosofica anglosassone, in generale molto a tt e n t a ai rapporti fra filosofia e scienze della n a tu ra , è in proposito esem plare (e si pensi ad autori come Needham e Whitehead). Un esempio di "m aterialism o speculativo" è il famoso tes to di Prigogine-Stengers, Einaudi, 1981 (e si veda l'uso di questo t e s to nel saggio di Giannoli-Illuminati in Aa.Vv. Il

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marxismo in mare aperto, Angeli, 1983). Vi è in Italia il malvezzo, diffuso dalla scuola colle ttiana , a considerare il " m ate ria lism o speculativo" una sorta di vergogna rom a n tic o - te d e sc a , tipica di dile tta n ti come Hegel e Schelling, cui si opporrebbe la sobria considerazione razionale della scienza tipica degli anglosassoni- La re a l tà è però assai diversa. Il "m aterialism o speculativo" è fiorente ovunque, dalla Cina a l l ’Inghilterra, dalla Francia alla Germania, e si t r a t t a invece di giudicare i contenuti concreti che di volta in volta si possono r in tra cc iare nelle sintesi filosofico-sc ientifiche dei vari auto ri via via considerati. 40. Per una sobria sintesi in proposito si può vedere l'a gile libro di A. Pacchi, Materia, Enciclopedia Filosofica Isedi, 1976. Come è possibile agevolmente c o n s ta ta r e , il m aterialism o storico non c 'e n t r a per nulla, e nello stesso tem po è impossibile so ttr a r s i alla sensazione che un c o r re tto approccio alla nozione filosofica di " m a t e r ia " finisca, per influenzare anche il nostro modo di declinare la te o r i a dei modi di produzione. 41. Alludiamo a Ernst Bloch, Das M aterialismusproblem, seine G eschichte und Substanz, Suhrkamp, 1972. Anche questo fondamentale lavoro, concepito da Bloch e parzialm ente realizzato fin dagli anni '30 (e questo costringe ad un lavoro c ritico di collocazione di questo lavoro nella stessa congiuntura storica che vede il Nietzsche di Heidegger ed il te s to di Sohn-Rethel su Lavoro In tellettu ale e Lavoro Manuale), non esiste a f f a t t o in lingua italiana. Chi non conosce la lingua tede sc a può farsi u n'i dea dell'approccio blochiano alla filosofia della n a tu ra leggendo il lib re tto di Bloch sulla F ilosofia del Rinascim ento, Il Mulino, 1981 ( o ttim a m e n te introdotto da Remo Bodei). Un o ttim o strum ento bibliografico per orientarsi nei problemi della concezione biochiana della " m a te r ia " si ha nel numero monografico di Aut Aut, 173-174, 1979. Lo scrivente tende in generale ad a c c e t t a r e le riserve espresse da Hans Heinz Holz (ed anche da Lukàcs in • molti passi della Ontologia delPEssere Sociale) sulla concezione biochiana di " m a te r ia " , ma ritiene anche che il problema principale, nella situazione filosofica italiana contem poranea, sia quello di far leggere Bloch. Le riserve specifiche possono venire dopo. 42. Si veda Theodosius Dobzhansky, Diversità genetica e uguaglianza umana, Einaudi, 1975, p. 108. Dobzhansky separa a c c u r a ta m e n te quelli che chiama i "tre tipi conosciuti di evoluzione", cosmica, biologica ed umana, e nello stesso tem po insiste sul c a r a t t e r e ontologico della novità che l'evoluzione porta con sè. Egli insiste anche sul f a tt o che "la cosmologia moderna è cosmologia evolutiva". 43. Si veda Post-Schm idt, Che c o s'è il m aterialismo?, L aterza, 1976. La finalità em ancipato ria del m ate ria lism o borghese è sta ta ampiamente studiata da Alfred Schmidt anche in rapporto al pensiero di Feuerbach. Il fa tto che il marxismo secondinternazionalistico abbia ridotto il "m aterialism o" a pura divulgazione scientifica popolare e quello terzinternazionalistico lo abbia com pendiato in manuali di propaganda ateistica rappresenta un trad im en to dello stesso pensiero borghese s e tte c e n te s c o , che legava insieme edonismo ed incivilimento dei costumi, divulgazione sc ientifica ed emancipazione politica. 44. E' questo l 'a s p e t t o dominante, ed emancipativo, del pensiero blochiano. In Bloch non vi è alcuna contraddizione logica nella valorizzazione di elem enti

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c ulturali, a prima vista t a n t o diversi, quali il m aterialism o a te istic o e la teologia biblica. Sotto questo a sp e tto Bloch non è un successore di Schelling (come ritiene Jurgen Haberm as, cui si deve l'appellativo di "Schelling m arxista" cui prima si è f a tt o cenno), ma lo è semmai di Spinoza. E' il pensato re olandese, in fatti, che supera inte gralm ente la disputa terminologica sugli attrib u ti di Dio e /o della m ate ria (anche se, ovviamente, l'analisi spinoziana del profetism o è priva di carica escatolo gica e rivoluzionaria), nella sua tensione verso un monismo reale (in Bloch, ovviamente, dialettico, m entre in Spinoza prevalgono gli aspe tti meccanicisti). 45. Disponiamo f o r tu n a ta m e n te di u n 'o t ti m a edizione italiana di Experimentum mundi (cfr. Ernst Bloch, Experimentum mundi, Queriniana, 1980). La nota introduttiva del t r a d u t t o r e italiano, Gerardo Cunico, è molto utile sul piano informativo ed è anche p e n e tr a n te sul piano t eo re tic o , sottolineando giustam ente le intenzioni ontologiche di Bloch, messe talvolta fra parentesi da alcuni c o m m e n ta to ri. Cunico è invece poco in te res sa to ai problemi teorici del "m arxism o" di Bloch, ed è questo un orizzonte che t ras cu ra del tu tto . Experimentum mundi è dedicato alla "m em oria di Rosa Luxemburg", ed è s t a to sc r i tt o fra il 1972 ed il 1974 con l'essenziale collaborazione di Burghardt Schmidt. Lo scrivente non condivide t u t t e le "soluzioni ontologiche" da te da Bloch in questa grande opera (trovandosi più vicino alle soluzioni ìucacciane), ma ritiene fe rm a m e n te che un esam e comparativo serio delle soluzioni biochiane e Ìucacciane, f a tt o con confro nto e rigore di scuola, potrebbe p o rtare a passi in avanti qualitativi nell'e dificazio ne di una forma filosofica del discorso del m aterialism o storico a ll'a ltezza dei tempi. 46. L 'e s se r e è dunque inteso come "late nza ", e ciò differenzia l'ontologia biochiana da t u t t e le ontologie, classiche e moderne (ivi com presa quella di Hartmann, che Bloch mostra di non apprezzare). 47. Sulla c ategoria di possibilità, si veda so p r a t tu t t o p. 174 ssg. 48. La c e n t r a l i tà della "prassi" in Bloch non è però sim m e tric a alla c e n t r a l i tà ontologica del "lavoro" in Lukàcs. In Lukàcs il "lavoro" non è una categoria fondativa da cui dedurre le c ategorie g e rarc hic am e nte inferiori che vengono dopo, nè t a n to m e n o richiede di essere ontologicam ente "fondato" su qualcosa che lo precede (ma è invece, come chiarirem o nella quinta p a r te di questo sc ritto , una mera forma originaria e modello della spe c ificità storica del c o m p o rtam e n to umano o rientato ai fini). In Bloch, invece, la "prassi" si fonda e ffe ttiv a m e n te sopra un pre ce dente c o n ce tto di m ateria come tendenza e come latenza, ed infatti compare in forma esp licita soltanto alla fine del libro (p.269 ssg.). Lo scrivente è p o r t a t o a rite nere più sobriam ente e f fic a c e una concezione ontologica de ll'a g ir e umano che non richiede una preventiva "fondazione" (ed è p e r ta n to m aggiorm ente o r ie n ta to verso Lukàcs), ma nello stesso tem po riconosce la leg ittim ità de ll'a pproc c io blochiano. 49. Questo secondo punto è giustam ente rilevato dal t r a d u t t o r e Cunico, che rifiuta p e rta n to ogni le t t u r a irrazionalistica di Bloch. 50. Il lavoro è pa ragonato in Bloch al "re m a re seguendo la c orre nte", coadiuvando così la forza della tendenza: "il lavoro a nzitutto ruota in avanti il corso delle cose e non a sp e tta che c o rra per c onto suo, è quel

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che visibilmente muove e al tem po stesso si muove nella storia umana" (p. 179). Siamo dunque ben lontani dalla c en tralità lucacciana della categoria di "lavoro". Assai simile all'approccio lucacciano è invece la trattaz ione che Bloch fa del nesso inscindibile che lega insieme le categorie di c ausalità e di teleologia (p. 151 ssg.). La differenza sorge inevitabilmente nel f a tt o che in Bloch la teleologia è connessa con la latenza im m anente nelle "cose", m entre in Lukàcs la teleologia non ha nulla a che fare con le "cause finali" di un mondo anim isticam ente concepito come antropomorfizzato. 51. E si veda a p. 278 e seguenti. Il f a tt o che in Italia si sia potuta r e ce n te m en te diffondere in modo così ampio una tendenza come quella di Emanuele Severino, che ripete in mille guise l'equazione fra prassi e nichilismo, ed in conseguenza fra verità ed immobilità, a u te n tic ità e s ta tic ità , può essere compreso soltanto come reazione determ inata a ll'e ra c litis m o ingenuo dello storicism o diffuso nella "s inistra" italiana, per il quale ogni movimento era positivo, ogni movimento era progresso. Con la eliminazione delle due opposte confliggenti idiozie sorgeranno anche le premesse per una sobria considerazione del rapporto fra prassi e nichilismo. 52. Si veda a p. 181. Il c once tto blochiano di "tendenza" è p e raltro molto diverso da quello lucacciano di "prospettiva". La prospettiva è una possibilità c oncre ta , che lega insieme presente e futuro, la tendenza è un vero e proprio modo d 'e sse re della materia come essente-in-possibilità. 53. Adorno (cfr. Terminologia F ilosofica, Einaudi, 1975, pp. 57-59) è p e r fe t ta m e n t e in grado di vedere nel linguaggio "giornalistico" di Bloch una protesta d e te rm in a ta contro la "coscienza re ifica ta" e la filosofia burocratica del Diamat, "mescolanza di termini fissi e di indifferenziazione linguistica". A differenza di Adorno, .Kolakowski (in Main Currents of marxism) accusa Bloch di essere del t u t t o privo di rigore e di precisione. Strana accusa, da p a rte di chi non può ignorare il f a tt o che nel Diamat dei filosofi ted e sc o -o rie n tali il rigore term inologico c 'è , ma è appunto una forma linguistica della reificazione concettuale. 54. Su questo punto, e soltanto su questo punto, lo scrivente ritiene che Kolakowski abbia ragione, o quanto meno colga un essenziale elem ento di debolezza di un "m arxismo" che crede invece di trovare nel "prometeismo" un punto di forza. L 'e l e m e n to prom eteic o non aiuta il pensiero rivoluzionario. Si t r a t t a di una cattiva filosofia, che ritiene che l'Uomo possa fare t u tt o e diventare tu tto . Quanto di meno ontologico vi sia.

Parte

Quinta

UN DISCORSO FILOSOFICO ATTUALE. L'ONTOLOGIA DELL'ESSERE SOCIALE DI GYORGY LUKACS

Come si è visto nelle p arti prec ed en ti, non c ' è ragione di tr a r r e un bilancio n ichilisticam ente sconsolato dell'esperienza storica del Novecento. In primo luogo, non t u tt i i "m arxism i" devono essere posti sullo stesso piano, in un gran calderone di in a u te n tic ità e pro m e te ic a follia, com e se si dovesse sem pre ripartire da zero e l'esperienza storica delle generazioni p r ec ed en ti alla nostra valesse meno di niente (si ricorda qui la valorizzazione che della "m em oria sto ric a" dei proletari ha g iustam e nte f a t t o la scuola ita lia na della "composizione di classe", cui si è f a tt o cenno nella seconda p arte di questo s c ritto ). Alcuni "m arxism i" hanno in fa tti voltato dec isa m en te le spalle alla tensione tr a s f o r m a tric e , ontqlogico-sociale, con ten u ta nel pensiero m arxiano originario, scegliendo invece di valorizzare str u m e n ta lm e n te gli aspetti grande-narrativi e d ete r m in is tic o -n a tu ra lis tic i, suscettibili di essere usati per l'edificazione di "scienze del p o te re " e della manipolazione sociale. In proposito occorre ovviamente ca p ire (ed in questo talvolta molti rispettabili storici delle idee rivelano strane incomprensioni) che non si t r a t t a mai di "e rrori" correggibili con ampie spiegazioni razionalm ente ben congegnate, ma di "m arxismi" degradati in specifiche ideologie della legittim azione sociale. Altri "m arxism i", invece, meno com prom essi con il "p o te re " (che non è comunque mai u n 'e n t i t à m e ta fisic a m e n te negativa, demonizzabile in quanto ta le ) , hanno sc elto la strada "non ideologica", e sono allora caduti in errori veri e propri. Il più comune è s ta to quello di pensare che il m aterialism o storico e la cr itic a dell'econom ia politica potessero funzionare da "filosofie di se stessi" (di "autofilosofie", se ci si p e r m e tte un'espressione un po' balorda), com e se si potesse "s a lta r e " com e inesistente o irrilevante il problem a della form a filosofica del discorso dentro la quale sono invece inevitabilm ente declinati ( l).

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E 1 questa allo ra la ragione per cui si è scelto c o s cie n tem en te di condurre avanti una "valorizzazione" del pensiero di Ernst Bloch nei confronti del pensiero di Martin Heidegger (e si veda la p a r te terza e q u a rta del p re se n te sc ritto ) . La form a filosofica del discorso heideggeriana inserisce intuizioni geniali ed a c u te osservazioni sul tem po p re se n te a l l'in te r n o di u n a form a filosofica del discorso di tipo d e s tina listico-diffe re nzia listico, una vera e propria filosofia teleologica della storia che vorrebbe opporsi alla te m p o ra lità sto ric istica in nome di una considerazione più " a lta " del tem po, e finisce poi con il ricadérvi d en tro per il suo rifiuto (p eraltro consapevole) della d ia le ttic a m a teria listica . Il pensiero di Ernst Bloch è s ta to allora valorizzato non c e r to per concordismo e c le ttic o o per opportunismo teorico, ma perchè si è rite n u to che Bloch (il quale, com e t u t t i i pensatori v era m en te grandi, ha p ensato in fondo una cosa sola, il c a r a t t e r e di multiversum del te m p o sto ric o )è s ta to nei f a tti un'opposizione determ inata (sto ric a m e n te d e te rm in a ta ) a questo "pessim ismo ontologico" che ha alle spalle u n 'in te rp re ta z io n e globale della sto r ia d e ll'O c cid e n te . Abbiamo tu ttav ia , nella p a r te finale della p a r te qu arta del presente sc ritto , sollevato alcuni dubbi su lla ' determ in a tez za delle c a te gorie filosofiche biochiane. Il multiversum tem porale è c e r to molto im p o rta n te , ma si t r a t t a di una condizione necessaria, e tu ttavia di per se non ancora su fficiente, per il perseguim ento di una form a filosofica del discorso non g ra n d e -n a rra tiv a e non d e te rm in is tic o -n a tu ra lis tic a . O cc o rre che, d en tro il multiversum tem porale, si riesca anche a p ensare la determ ina tez za sto ric a della prassi um ana co n c reta , che è funzione del te m p o storico in cui è inserita e quasi in c a stra ta , ma che p rese n ta a s p e tti irrinunciabili (per l'appunto, una "fo rm a" , se ci si passa l'a b u s a ta , ma irrinunciabile parola) di c a r a t t e r e ontologico-sociale, che occorre p az ie ntem ente esam inare. D e tt o altrim en ti (ed in modo n e c es sariam en te un po' scolastico e banale) la pars destruens che Bloch a t t u a versus Heidegger è p e r f e tt a , ma la pars costruens appare viziata da tendenze globalistiche e totalizzanti, che lo scrivente non si sente di "sposare" (m a su cui lascia perm a nere un dubbio ed un beneficio d'inventario). Un discorso diverso si vorrebbe qui fare per l'O ntologia dell'E ssere Sociale di Gyorgy Lukàcs (2). Qui il te rr e n o sem bra sicuro, ed una prospettiva sobria sem bra aprirsi. L a quinta p a r te di questo s c r it to è dedicata dunque ad una valorizzazione di alcuni asp etti filosofici cruciali di q u e s t'o p e r a . Non tra tta n d o s i di una "m onografia" su q u e s t'o p e ra molti a s p e tti verranno tr a la sc ia ti, altri tra tta ti superficialm ente, m e n tre lo sforzo principale sarà

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c o n c e n tra to nella s o tto lin e atu ra della proposta filo so fica presente in q u est'o p e ra. Vi sono però da fare ancora due prem esse di c a r a t t e r e generale, per ridurre al massim o gli equivoci: il c a r a t t e r e di "opera ap e rta " della Ontologia, in primo luogo; la n a tu ra di "bilancio filosofico di u n'esperienza sto r ic a " , in secondo luogo. 1. Una proposta filosofica sistem atica ma aperta La rovinosa ca duta dei "sistem i c e n tr a ti " (quelli che prom ettevano di risolvere tu tti i problemi e di dar risposta ad ogni tipo di domanda) ha provocato n e ll'u ltim o decennio gli e f f e t t i della ca duta di una m e te o rite . Fuga generale, un enorm e buco nel suolo, panico fra i sopravvissuti. Passato un po' di tem po, la ric e rc a delle "colpe" e, s o p r a ttu tto , dei "colpevoli". Filosoficam ente parlando, il colpevole principale è sta to individuato nello "spirito di sistem a ", nelle p r e te se "totalizzanti" del m aterialism o sto ric o ,' nel suo presunto razionalismo a s tra tto , e c c e te r a . La form a d e ll'a fo ris m a e del fra m m e n to è s ta ta individuata come più genuina, au te n tic a , vera, del presunto "spirito chiuso" del m aterialism o storico. Certo, ben presto ci si è ac corti che non è facile im itare Nietzsche oppure Adorno, così come i poeti della dom enica si accorgono ben presto che non è facile im ita re Rilke oppure Rimbaud. Era inevitabile, e c e r to anche utile. Alcuni com inciano anche a capire (ed è ciò che in te ressa in questa sede) che si può essere m olto più dogm atici, rigidi, s e tta ri e chiusi scegliendo la form a espressiva d e ll'a fo ris m a m entre si può essere aperti al nuovo, fecondi e creativi tenendo ferm o il principio della gerarchizzazione delle opinioni filosofiche intorno ad un nucleo p o rta n te che non viene mai dim e n tic ato e ta n to m e n o abbandonato. Per fare un solo esempio storico, "illu stre ", si pensi a Spinoza (ma, volendo, si pensi pure ad Hegel, in cui il "siste m a" non può ce rto esere s ta c c a to dal "m etodo" com e una pelle secca). La vaporosa am biguità d e ll'a f o ris m a è molto spesso il veicolo privilegiato all'intuizione di verità che non troverebbero posto nella pedante elencazione di ca te g o rie del pensiero, ma nei più superficiali fautori delle mode diventa un alibi p e rm a n en te per la superficialità e la mancanza di rigore. Leggere l'O ntologia d ell'E ssere Sociale è in proposito u n'esperienza in te lle ttu a le in te ressa n te. Lukàcs tende continuam ente, e spesso p ed a n te sc a m e n te , ad una sis te m a tic ità ed a una " a r c h ite ttu r a " in cui t u t t e le p arti si fondono arm onicam ente intorno al c o n c e tto di "lavoro" com e form a originaria e come modello della prassi umana d e te r m in a ta (nel modo di produzione

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capitalistico, non c e r to in una so rta di "azione sociale in generale", dalle caverne del paleolitico alla fabbrica californiana p e r f e tt a m e n te au tom atizzata). T u tto viene ricondotto al "lavoro" e t u tt o vi converge, dalle osservazioni filosofiche critiche su W ittgenstein, Bloch e S artre all'elencazione hartm anniana delle c a te gorie "ontologiche" d e ll'a g ire umano d eterm ina to. E, tu ttav ia , sbagliano molto, a nostro pa re re , coloro che individuano in questa peda n te sca s is te m a tic ità una variante senile, "m arx ista ", dei lavori ontologici del filosofo ac cadem ico tedesco Nicolai H artm ann. Certo, l'influenza di H artm ann è im p o rta n te, in partico la re nella ripresa del c o n c e tto a risto telico di "agire te leologico", ma non deve neppure essere sopravvalutata. H artm ann piace a Lukàcs, così come gli piace Thomas Mann in le tte ra tu r a . S o p ra ttu tto , evitare l'avanguardia, il suo a tte g g ia m e n to estre m istico e dissacrante, la sua p r e te sa di "rifondare t u t t o da zero", la sua apologia dei "nervi spezzati di uno zingaro", per poi finire troppo spesso n e ll'a c c a d e m ia , nella consacrazione postum a, nel conformismo non-conform istico (vi sta qui, nel rifiuto to ta le dell'avanguardia, filosofica ed a r ti s tic a , il maggiore e lem e n to dj^ lontananza fra Lukàcs e Bloch, amico invece di quasi ogni avanguardia). Lo scrivente, che condivide in pieno la ripugnanza lucacciana per lo "spirito di avanguardia", non vorrebbe qui sofferm arsi troppo (e, del resto, l'analisi delle avanguardie storiche è ormai un problema storiografico che non ha più nulla a che fare con l'a t te g g ia m e n to da prendere verso lo "spirito di avanguardia"). La questione di fondo è u n 'a lt r a : l'O ntologia lucacciana è del t u t t o indipendente dalle intenzioni teoriche di H artm ann, ed in essa i conc etti di lavoro, cau sa lità , teleologia, possibilità, nec essità , casualità, e c c e te ra , hanno un "valore di posizione" del t u t t o diverso (3). T u tte queste nozioni e questi c o n c e tti, spesso allineati molto "s is te m a tic a m e n te " nell'O ntologia lucacciana, valgono spesso come m e tafo re filosofiche di u n '" a l t r a " cosa, di u n 'a l t r a realtà storico-sociale: la difficile transizione dal capitalism o al socialismo, il f a tt o che per cento anni questa "transizione" non è s ta ta a d e g u atam e n te pensata e co n c ettualizz ata com e "lavoro", come agire teleologico, ma è s t a t a invece s c ia g u ra ta m e n te a t t u a t a come violenza s is te m a tic a sui "dati" ontologico-sociali che risultano da un'indagine non manipolata sulla società um ana sviluppata ca pita listic a m e n te . Se qu e s t'in te rp re ta z io n e , che qui anticipiam o, è alm eno in p a r te giusta, ne discendono subito alcune conseguenze. In primo luogo, se la nozione di "lavoro" in Lukàcs ha come valore di posizione il riferim ento d e te rm in a to a ll'a g ir e umano nella prospettiva della

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"transizione al socialismo" (e tu tti sanno, d 'a l t r a p a rte , che il c o n c e tto di "prospettiva" è ce n tra le in Lukàcs anche per quanto concerne la critic a le tte r a r i a ) , ogni analogia con H artm ann diviene povera e fuorviarne, non avendo H artm ann mai avuto alcuna intenzione di concettualizzare un agire o rie n ta to antica p ita listico che si fondasse però su di una conoscenza "ontologica" del capitalism o in ciò che questo modo di produzione ha di specifico e di s to ric a m e n te d eterm inato. In secondo luogo, le stesse "opinioni di occasione" che Lukàcs esprim e di volta in volta (ad esempio, sulla rifoipnabilità del socialismo reale, che lo scrivente as soluta m ente non condivide, come ha già avuto modo di es plicitare nella seconda p a r te di questo sc ritto ) , e che occorre c e rto ricostruire e registrare con acribia filologica (data l'im porta nza storica del p ensatore), diventano sotto c e r ti asp etti periferiche e marginali risp etto al discorso ce n trale , che è allora quello del "lavoro" com e m e tafo ra (di tipo m etafisico -in flu en te , in analogia a quanto d e tto su Marx nella prim a p a r te di questo sc ritto ) di un agire umano orien tato , nella transizione al socialismo, a non violentare i dati ontologico-sociali della r e a ltà (4). In terzo luogo (ed è ciò che più conta, in senso assoluto) l'O ntologia diventa u n 'o p e ra as soluta m ente aperta, ap e rta cioè a correzione ed a integrazioni. Non si t r a t t a , cioè, di "prendere o lasciare", com e se un filosofo più che o tta n te n n e potesse essere in grado di fare u n '" o p e r a com piuta", in cui t u t t o è d e tto , t u t t o è discusso, t u t t o è com pleto. Il c a r a t t e r e "ap erto " della Ontologia sta nel f a tt o che, se ci si consente un'espressione impropria, il riferim ento ad essa è s o p r a tt u tto di prospettiva, ed in nessun caso di t r a t t a di "tavole della legge". Quasi ogni punto specifico può essere discusso, migliorato, approfondito. L 'o p e ra è un "lavoro in progressione" (un work in progress) e la stessa cornice s is te m a tic a appare in larga misura provvisoria, com e una prima stesura, e nulla di più. Per com prendere meglio questo f a tto , è forse utile fare un breve excursus storiografico su Lukàcs, in cui l'O ntologia non venga fuori com e un fungo dopo la pioggia, ma venga ben com presa nella sua genesi sto ric a, e non solo teorica. 2. Può il marxismo imparare dall'esperienza? L 'esem pio lucacciano L'O ntologia di Lukàcs (i cui c o n c e tti, come si è d e t to sopra, hanno un valore di posizione, e non possono essere ce rto analogicam ente a c c o s ta ti ad opere com e quelle di H artm ann) non è soltanto u n 'o p era che possiede un c a r a t t e r e intrin se ca m e n te aperto,

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nonostante l'involucro sistem atico. E' anche u n 'o p e ra che possiede una dote assai ra ra nei lavori filosofici, quella di " te n e r conto dell'esperienza sto ric a " , in modo non liquidatorio e distruttivo, ma c o n c re ta m e n te e d ia le ttic a m e n te storico. Ci si p e r m e tta qui un brevissimo excursus personale, indegno di u n 'o p era di tipo filosofico, ma forse utile al le tto re per non cadere in equivoci. Lo scrivente ap pa rtiene ad una generazione che non ha f a tt o l'esperienza co nc reta del fascismo e dello stalinismo, ma che ha ricevuto una "socializzazione politica" (e p e r ta n to anche teorica) f o rte m e n te d e te r m in a ta dà una cultu ra politica di tipo an ti- fa s c is ta , da un lato, e da un insieme di miti politico-filosofici che provenivano d ir e tta m e n te da una radicalizzazione di "sinistra" (o presunta ta le) del modello terzinternazionalistico, d 'a l t r o lato. A questo punto, essendo il S essantotto un pezzo di storia passata, e non più di a t tu a l ità , è possibile capire meglio le ragioni che rendevano inevitabile la com presenza di te m a tic h e u ltra -o c c id e n ta li, come l'a n tia u to r ita r is m o e l'assem blearism o consigliare (motivato con argomentazioni in cui si mescolava la tradizione consiliaristica del movimento operaio e la c r itic a psicoanalitica alla personalità a u to rita ria ed a l l ’eterodirezione) e di te m a tic h e u ltr a -o r ie n ta li e terzomondiste, com e il leninismo del p a rtito , il guerrigliero eroico, e la solidarietà internazionalistica. Una elencazione pedante degli "spezzoni culturali" del sessan to ttism o teo rico troverebbe c e r to gravi contraddizioni ed ingenuità (pensiamo alle "ricostruzioni" astiose di un Lucio Colletti), ma sarebbe del t u t t o incapace di "spiegare" la determ inatezza concreta della fusione di questi etero g en e i spezzoni culturali nella congiuntura sto ric a specifica. Molti sessantottini, rifluiti e p en titi, p ro ie tta n o a s tr a tta m e n te nel passato alcune consapevolezze tipiche del p rese n te, e si m ostrano così assolutam ente incapaci di im parare qualcosa dall'esperienza. Recriminano, respingono il tem po prese nte, oppure, al contrario, contrappongono al passato " id e o lo g ic o -a stra tto " un fantom atico presente "r e a lis tic o - c o n c r e to " . Due ottim i modi per "non im parare dall'esperienza" (5). In to ta le co n tra sto con questo a tte g g ia m e n to (tipico non c e rto soltanto della generazione dello scrivente, ma sicuram entq presente in essa in modo rilevante) l'O ntologia di Lukàcs è un esempio concreto di com e il marxismo teo rico può im parare qualcosa dall'esperienza, e di com e non vi può mai essere una pura autocorrezione di errori logici o gnoseologici che non giunga a " t ra s fe r ire " nell'elaborazione te o ric a il peso sto ric o co ncreto di esperienze sociali, individuali e di massa. L'O ntologia è infatti, a tu tt i gli e f f e t t i , un co n c en tra to

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filosofico di esperienza storica, in cui il bilancio del passato viene " f ilt r a to " nelle c a te gorie concettuali per servire ai com piti del p re se n te in direzione del futuro. Per capire quello che diciamo occorre sapere che l'O ntologia è u n 'o p era del "terzo ed ultim o" Lukàcs, che viene dopo una stagione te o rica ricca di opere il cui significato te o re tic o è spesso molto diverso, ed anzi ap p a re n te m e n te confliggente con le tesi fondamentali dell'O ntologia. ^11 Lukàcs che qui indichiamo come "prim o" Lukàcs è il Lukàcs definito dall'opera Storia e Coscienza di Classe. Abbiamo f a tt o rife rim en to a q u e s t'o p e r a nella seconda p a r te di questo s c ritto ( d ed ic ata anche al "m arxismo occ id e n tale") e non rip eterem o 1 rilievi f a tti a questo capolavoro teorico. Basti qui dire che Storia e Coscienza di Classe trova il suo irripetibile valore di posizione nella congiuntura storica degli anni '20, ed il suo rapporto con l'O ntologia è un rapporto di discontinuità, e non c e r to di continuità lineare. Lukàcs non "ruppe" con Storia e Coscienza di Classe perchè "obbligato" dal Komintern (o perchè non voleva p sic ana litica m ente rompere con il p a r tito -m a m m a , che lo aveva sgridato per il suo "idealism o"), ma perchè ritenne au to n o m a m e n te che ci fosse un "e rr o r e " nel concepire il rapporto fra p r o le ta r ia to e processo storico come u n 'u n ità d ia le ttic a so g g e tto - o g g e tto e nel confondere alienazione con oggettivazione storica, Certo, oggi sappiamo che il "rendersi conto di questo e rr o re " non e ra un processo di autocorrezione illuministica, ma e r a il riflesso nel pensiero della sc o n fitta storica del p ro le ta ria to , che "non si lasciava più pensare" so tto la dominanza della c a te g o ria te o ric a di " a ttiv ità " e di " a t t u a l i t à della rivoluzione". T uttavia, re s ta il f a tt o che (a to r to o a ragione è u n 'a l t r a questione - ma noi crediam o comunque "a ragione") Lukàcs compì una tipica azione esem plare: t r a r r e le conseguenze filosofiche di un'espe rienza p r a tic a (6). Il Lukàcs che qui indichiamo com e "secondo Lukàcs" è il Lukàcs definito dall'o p era La distruzione della ragione. Lo scrivente non ritiene che ci si trovi qui di fronte ad un capolavoro teorico paragonabile a Storia e Coscienza d( Classe, in quanto non si è qui di fronte alla stringe nte coerenza te o re tic a di quell'opera. A differenza di come molti pensano, non crediam o che la "debolezza" di q u est'o p e ra consista nell'ingiusto tr a t t a m e n t o riservato al cosiddetto "pensiero negativo", a Schopenhauer, a Kierkegaard, s o p r a tt u tto a Nietzsche. Questo co s iddetto "ingiusto t r a t ta m e n to " (che consisterebbe n e ll'is titu ire una "linea continua" fra questi pensatori e lo sbocco nazionalsocialista della crisi te desc a, com e se q u e s t'u ltim o fosse già contenuto nella teologia d ell'u ltim o Schelling, nelle obiezioni a n t id ia le ttic h e di Trendelenburg a Hegel, nella

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c r itic a genealogica nicciana alla m orale, e c c e te r a ) deve essere collocato nella te si di fondo del libro, che è, in fondo, un libro su Hegel e sulla d ia le t tic a hegeliana (nel senso che ci si chiede il perchè della "m a n c a ta e r e d ità " e s o p r a tt u tto del "m an c ato sviluppo" della d ia le ttic a hegeliana nel suo a s p e tto progressivo). E' allora comprensibile che Lukàcs usi la "m ano p es an te " verso Schopenhauer, N ietzsche, e c c e te r a . Non si può negare che costoro si contrapposero fro n ta lm e n te ai contenuti te o ric o - p ra tic i potenzialm ente c o ntenuti nella dia le ttic a hegeliana, ed anzi si opposero in t u t t i i modi al suo sviluppo. La "debolezza" di q u e s t'o p e ra non consiste neppure, secondo lo scrivente, nella co s iddetta rigidità e s c h e m a tic ità della coppia opposizionale razionalismo/irrazionalismo. Lukàcs ritiene in f a tti che il razionalismo a s tr a tto , a n tid ia le ttic o , laicistico-positivistico, abbia una carica irrazionalistica potenzialm ente maggiore, nei suoi e f f e t t i sociali, dell'irrazionalism o ingenuo e d ic h ia ra to (e non vi è dunque nessuna rigidità nella coppia opposizionale). La "debolezza" di q u e s t'o p e ra consiste invece proprio nel suo giudizio sul " m ate rialism o dia lettic o " (anche e s o p r a tt u tto staliniano), che appare talvolta come un alleato oggettivo, o almeno com e un com pagno di strad a a c c e tta b ile , laddove si t r a t t a di qualcosa con cui nessun comprom esso te o ric o è possibile (7). Essendo Lukàcs assolutam ente "interno" alla costruzione del "socialismo reale" è chiaro che un simile a tte g g ia m e n to gli era del t u t t o estra neo. R e s ta il f a tt o che, rappresenta una come c e rch erem o di dim o stra re, l'O ntologia "discontinuità fo rte " con la base filosofica della Distruzione della Ragione. Q u e s t'o p e ra si presentava in fa tti com e una "variante colta e civilizzata", e dunque "p resenta bile ", del marxismo orientale (che era comunque troppo stupido per essergliene grato). L'Ontologia p a r te invece da un giudizio, reciso ed esplicito, di to ta le rifiuto del "m arxismo o rientale" comunque definito, che viene messo sullo stesso piano storic o -e p o ca le del pensiero borghese capitalistico. E ' questa discontinuità fo rte che p e r m e t t e di connotare l'O ntologia com e opera del "terzo ed ultim o Lukàcs". In questa sede, ci in te ressa sottolineare ancora una volta che è filtr a ta qui, filosoficam ente, un'esperienza storica. Non è un " p e c c a to m ortale" e neppure una "vergogna incancellabile" aver rite nuto possibile un ac com odam ento con lo stalinismo nella situazione storica di scontro frontale con il fascismo. U n 'in te r a generazione di rivoluzionari, quasi sem pre soggettivam ente sinceri, ha f a tt o questa esperienza. Ciò che conta, invece, è congedarsi da questa esperienza. Il "congedo filosofico" non consiste a f f a t t o nel far dichiarazioni te a tr a l i di pentim ento e di abiura, ma si fonda su di un

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"superam ento teorico" reale della posizione p rec ed en te. Il c a r a t t e r e antistalinista dell'O ntologia non può in fa tti consistere nel num ero di ingiurie d ed ica te a Stalin, ma si radica nell'elaborazione te o r e tic a dell'esperienza sto ric a dello stalinismo, e, nello stesso tem po, delle ragioni profonde della debolezza s tr a te g ic a di t u tt o l 'an tistalinism o del pensiero del co siddetto "m arxism o occ ide ntale". Cerchiam o dij'esaminare meglio questo punto. 3. U n’introduzione al bilancio d ell'ered ità filosofica del passato L'Ontologia lucacciana presenta un profilo te o r e tic a m e n te unitario, c a ra tte riz z a to dal sis tem a tic o antisoggettivismo. Questo antisoggettivismo, tu tta v ia , si specifica c o n c r e ta m e n te in tr e dimensioni sistem a tic h e, che qui tr a t t e r e m o brevem ente: la sis te m a tic a valorizzazione degli a s p e tti m ateria listici della logica d ia le ttic a di Hegel, contro ogni c e n tr a li tà (pur talvolta p rese n te in Hegel) d e ll'u n ità so g g e tto - o g g e tto e della to ta lit à olistico-organicistica; la sis te m a tic a valorizzazione del discorso ontologico-sociale già a m piam ente p re se n te in Marx, con tro ogni e s tre m is tic a unilateralizzazione degli a s p e tti (pur talora presenti) grande-narrativi e d e te rm in is tic o -n a tu ra lis tic i; il sistem a tic o , parallelo e convergente rifiuto di ogni ipotesi di rivitalizzazione, comunque m a sche ra ta e comunque m otivata, degli opposti marxismi archeologici, a n tite tic o -p o la ri, che abbiam o definito "m arxism o o rien tale " e "m arxism o o ccidentale". La prim a dimensione s is te m a tic a che Lukàcs compie, si è d etto , è la valorizzazione degli a s p e tti m a te ria listic i del pensiero hegeliano. E ' impossibile esporre qui, per ragioni di spazio, il ricco contenuto te o rico del capitolo dell'O ntologia in tito la to Falsa e vera ontologia di H egel (8). T occ herem o p e rta n to solam ente due punti che ci sem brano rilevanti. In primo luogo, Lukàcs sa p e r f e tt a m e n te che in Hegel il concepire la sostanza com e soggetto, l'id e a com e unità so g g e tto - o g g e tto e la processualità s to ric a com e te leologia im m anente allo Spirito non sono c a r a tte r is tic h e p eriferic he e casuali, ma sono mom enti costitutivi della c o n c e z io n e . hegeliana. E, tu tta v ia , in Lukàcs c ' è la consapevolezza ac u ta del f a tt o che la d ia le ttic a hegeliana non si riduce in te g ralm e n te all'esposizione sis te m a tic a d e ll'u n ità fra soggetto ed oggetto, e non è, p e rta n to , sem pre e dovunque una d ia le ttic a semplice (ed è in te re ssa n te che studiosi tedeschi contem poranei della d ia le ttic a , sia hegeliana che marxiana, distinguano una sorta di "d ia le ttic a e n f a tic a di esposizione" da un tipo diverso di d ia le ttic a , che definiscono " d ia le ttic a rid o tta di esposizione"), ma può essere utilizzata per un

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tr a t t a m e n t o "finito" della contraddizione (e del resto Hegel ha messo in guardia con tro un pensiero di tipo ingenuamente era cliteo , ipnotizzato dal fascino della cosiddetta "furia del dileguare"). Ci sarebbero, dunque, già in Hegel, i presupposti teorici per il superam ento delle form e g randi-narrative di pensiero (9). In secondo luogo, Lukàcs non si limita a sostenere a s tr a tta m e n te la tesi della possibilità di un t r a t t a m e n t o finito della contraddizione già in Hegel, ma individua nel c o n c e tto di "determ inazione riflessiva" e nel suo co e ren te sviluppo il luogo te o rico per una presa esplicita di distanza da) continuum d ia lettic o grande-narrativo, c a r a tte riz z a to s tr u ttu r a lm e n te (come si è d e tto nella p rim a p a r te di questo s c ritto ,1 d ed ica ta a Marx) dal presupposto di una soggettività tito la re di una id e n tità s to ric istic a m e n te continua (10). Lukàcs dà dunque gli elem enti fondam entali per una le ttu ra di Hegel che non solo non è g rande -na rrativa, ma anche prelude ad una separazione del "problem a Hegel", da un lato, e del problema "hegelo-m arxism o", d a ll'a ltr o . La confusione fra i due è sempre s ta ta esiziale: o si "sputava su Hegel", oppure si , e r a hegelo-m arxisti. Lukàcs ci d im ostra invece, in modo p a c a to e convincente, che tertium datur, e che questo tertium deve essere valorizzato fino in fondo. Una seconda diménsione s is te m a tic a del pensiero lucacciano si realizza nella le ttu r a ontologico-sociale del pensiero originale di Karl Marx. Su questo punto con ci so ffe rm erem o , in quanto t u t t a la prima p a r te di questo s c ritto è s t a t a ispirata d ir e t ta m e n te dal. fondamentale capitolo della Ontologia in titola to I principi ontologici fondamentali di Marx. Ricordiam o in questa sede soltanto i due punti cardinali d ell'in terp reta zio n e ontologica di Marx: in primo luogo, la possibilità del rapporto non e s tra n ia to fra individualità partico la re e genere umano è ontologicam ente c onsentita dallo stesso processo di astrattizzazione ca u sa to dal rapporto ca p italistico di produzione, ma questo non com porta affatto un'utopia o r g a n ic o -d i s tic a in cui un Soggetto recupera in te g ralm e n te la propria essenza umana alienata; in secondo luogo la p a rtic o la rità individuale non è mai coestensiva al genere, e la dia le ttic a fra partico la re ed universale non può mai pacificarsi in una densità tem porale che "chiude la sto ria ". Come dice bene Lukàcs (Ontologia, p. 324), "noi qui neghiamo ogni forma generalizzata di teleologia non soltanto nella n a tu ra inorganica ed organica, ma anche nella so c ietà e ne lim itiam o la validità ai singoli a t ti di q uell'agire um ano-sociale la cui form a più esplicita ed il cui modello è il lavoro". E con questo ogni interpretazione gran d e -n a rrativ a e d e t e r m in is tic o -n a tu ra lis tic a della form a filosofica

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del discorso marxiana è respinta e s p lic ita m e n te (11). Una terza dimensione del pensiero lucacciano (dallo scrivente auto n o m am en te elaborata nella seconda p a r te di questo sc ritto , d ed ica ta al marxismo ed alla nec essità di studiarne la sto ria per non doverne sempre " r ip e te r e " alcuni esiti negativi) è ra d ic a ta nel congedo da entram bi i marxismi, orien tale ed o cc ide ntale. Nei confronti del pensiero staliniano Lukàcs e f f e t t u a una vera e propria ro ttu r a qualitativa, anche se nella propria ricostruzione au tobiografica si notano maggiori elem enti di continuità: ma questo non è a f f a t t o co n tra d d itto rio , in quanto in Lukàcs c ' è sem pre la com presenza fra la rivendicazione d e ll'u n ità biografica della vita c o n c r e ta dell'individuo e della continuità della sua esperienza, da un lato, e della discontinuità fra le formazioni ideologiche e culturali "universali", d a l l'a ltr o (12). Nei confronti degli a s p e tti idealistici del marxism o occidentale c ' è in Lukàcs sem pre la massima e s tra n e ità , e la tranquilla consapevolezza della c o m p le m e n ta rie tà (e non altern ativ ità ) di q u e s t'u ltim o con lo stalinism o (13). 4., U n'interpretazione del pensiero borghese del N ovecento L 'e t e r n o rimando delle posizioni dei marxismi orien tale ed occidentale, il loro palleggiare senza scopo in un campo da tennis ormai senza s p e tta to ri, m ostrano bene com e vi siano costellazioni ideologiche che sembrano in "opposizione rea le", ma che costituiscono in r e a ltà una se g re ta u n ità te o ri c o - p r a tic a in solidarietà a n tite tic o -p o la re . N ell'O ntologia Lukàcs te n ta u n 'in te rp re ta z io n e complessiva della situazione filosofica del Novecento, den tro la quale è per nec essità collocato il suo te ntativo di rilancio del m a teria lism o sto ric o in una prospettiva te o rica ontologico-sociale. Non c ' è in Lukàcs nessuna concessione alla te ndenza (molto diffusa oggi s o p r a tt u tto in Italia) di in te r p re ta r e il Novecento some secolo della "esplosione del c e n tro " e fine dei sistem i c e n tr a ti o tto c e n te sc h i, luogo storico della fram m entazione e della dispersione, in cui si consumano le presunte "certezze classiche" ancora condivise nei S e tte c e n to e n e ll'O tto c e n to . Così, in e f f e t t i , il Novecento "appare" a prim a vista, nel suo ap p a ren te pluralismo f r a m m e n ta to senza spazio e senza tem po (14). In Lukàcs il Novecento appare in primo approccio com e il luogo storico c o n tra d d itto rio in cui sono confliggenti due tendenze opposte; da un lato, l'ista n z a storica di emancipazione com unista, resa ontologicam ente possibile dalla stessa unificazione c a p ita listic a del mondo (come pensava del resto già Marx), e che si oggettivizza

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sul piano collettivo nelle classi progressive e sul piano individuale nelle individualità p articolari che vogliono uscire da un rapporto e s tra n ia to con il genere; d a l l'a ltr o , la reazione con tro questa istanza sto ric a di em ancipazione, che sceglie sempre più il te rr e n o della manipolazione perm a n en te della politica e della soc ietà (15). Questa reazione è sostanzialm ente unica n e lla ' sua s tr u ttu r a t e o r i c o - p r a tic a di fondo ad Est ad Òvest, anche se si prese nta filosoficam ente com e u nità c o n tra d d itto ria di tendenze teoriche ap p a re n te m e n te opposte. Ad Est, domina un marxismo monopolistico di s ta to in cui il soggettivismo s e tta r io del prim a to della direzione politica è in solidarietà a n tite tic o -p o la re con il romanzo cosmologico falsa m e n te "scie n tifico " c h iam a to m aterialism o d ialettico. Ad Ovest, domina una forma di pensiero generalizzatasi in senso comune in cui la formulazione soggettivistica ed esistenzialistica dei problemi sociali e dei "valori e tic i" cui far riferim ento è in solidarietà a n t ite tic o - p o la r e con una concezione inte g ralm e n te neopositivistica delle scienze naturali e sociali, prem essa per un uso massiccio della "scienza" (dall'econom ia politica a l l 'a r t e m ilitare dell'equilibrio del t e r r o r e g ara n tito da missili " s c ie n tific a m e n te b ila n ciati") com e ideologia di legittimazione politico-sociale. In proposito l ' e s a t t a formulazione lucacciana (che lo scrivente fa in te g ralm e n te propria) è quella della "solidarietà a n t ite tic o -p o la re nella storia contem poranea fra neopositivismo ed esistenzialism o" (16). Q uesta formulazione p re s e n ta due a s p e tti, e n tra m b i im portanti: da un lato (e si può qui fare u n 'ana logia con Heidegger) si è in presenza di u n 'in te rp reta zio n e m etodologicam ente monistica del Novecento, che r ifle tte l'u n ità com plessa del reale c o n c re to nella form a d e ll'u n ità c o n tra d d itto ria fra opposti a n t ite tic o -p o la ri nel campo d e ll'" id e a le " , auto n o m am en te e s iste n te e p e r ta n to non ridotto a riflesso, m e cc an ic am e n te so v rastru ttu ra le, di un f an to m atic o " f a t t o r e economico"; d a ll'a ltr o (e qui la differenza con Heidegger è palese) q u e s t'u n ità c o n tra d d itto r ia non è p e n s a ta come la precipitazione fa ta le e destinale della storia d e ll'O c c id e n te in un punto tem p o rale chiam ato "p r e s e n te " , ma viene visto com e il coronam ento di "tendenze" confliggenti nel passato, prive comunque di qualsivoglia a u t o m a tic ità unidirezionale, così com e è nelle filosofie teleologiche della storia. Analizziamo som m ariam ente il primo as p etto . Abbiamo a suo te m p o privilegiato Heidegger su Weber com e in te r p r e te filosofico "radica le" del Novecento, in quanto ci è se m b ra to di individuare in Heidegger un approccio monistico al reale. Se, in f a tti, il reale è co n c reto nella sua unità, anche il pensiero che lo " r i f l e t t e " deve

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assum ere una sua co n c re ta unità te o re tic a . Heidegger si rifiuta (a differenza di Weber) di scorporare m etodologicam ente i valori filosofici e le scienze, da un lato, e di enfatizzare le differenze fra le metodologie delle scienze della natura e le scienze sociali, d a ll'a ltro . Questo c o r r e tto approccio filosofico gli p e r m e tte d i' "pensare" la società ca pita listica (da lui mai definita esplic itam en te come ta le ) come d a tità rigorosam ente impersonale in sè, che produce però l'apparenza necessaria del massimo di personalizzazione esistenzialistica nella scelta "um anistica" dei valori economici, politici e filosofici, e del massimo di pseudo-oggettività del mondo delle scienze, sia "pure" che "a pplicate" (ed è questa, appunto, la radicalizzazione d e ll'a p p a re n te scissione fra soggetto ed oggetto come p o rta to destinale dell 'inveram ento te cnic o del pensiero metafisico). Su questo punto Lukàcs non è lontano dall'approccio metodologico heideggeriano (che è, appunto, rigorosamente "m onistico"). Vi è in lui, però, u n 'articolazione c o n c reta molto maggiore, dovuta a ll'uso del metodo dialettic o ed al rifiuto del sapienzialismo differenzialistico. T ra tta n d o del neopositivismo, Lukàcs vede benissimo i risvolti n ec essariam ente m istico-esistenzialistici insiti in questa interpretazione filosofica delle scienze, ma distingue a c u ta m e n te fra una variante te o ric a (di cui è individuato com e massimo esponente Carnap) che a c c e t t a ed interiorizza inte g ralm e n te la manipolazione capita listica ed una variante te o rica (che trova in W ittgenstein l'ese m p io più in te ressa n te) che esistenzializza la reazione psicologica alla manipolazione c a p ita listica vivendola in modo conflittu ale, senza però abbandonare l'ap p ro cc io neopositivistico all'universo sociale e natu ra le (17). La tra tta z io n e lucacciana dell'esistenzialism o è .(a p are re dello scrivente) indebolita dal f a tt o che Lukàcs connota com e massimo esistenzialista proprio Heidegger (dando di Essere e Tempo quella le ttu r a "esistenzialistica" che fu tipica in Italia di P ietro Chiodi, dallo scrivente non condivisa e respinta nella te rz a p a r te di questo saggio). Lukàcs distingue due forme di esistenzialismo, una chiusa e sorda verso il m aterialism o storico (quella di Heidegger), destin a ta a rip etere all'in fin ito la disperazione di fronte al vicolo cieco cui il capitalism o ha p o r ta to la singola esistenza umana, ed u n 'a lt r a che ambisce essere la filosofia esistenziale del m aterialism o storico (quella di S a rtre ), senza però riuscire ad esserlo, a causa della acce tta zio n e del neopositivismo com e metodologia scientifica e conseguente rifiuto della visione dia le ttic a della natura (18). Lukàcs vede la fusione a n tite tic o -p o la re dell'esistenzialism o e

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del ' neo-positivismo com e tipica anche della teologia contem poranea. Nella quarta p a r te di questo saggio, dedica ta a Bloch, abbiamo già rilevato la superiorità relativa di Bloch rispetto a Lukàcs nell'analizzare la filosofia della religione (ove superiorità significa soltanto maggiore " ra d ic a lità "). In proposito non è a f f a tt o rilevante l'osservazione secondo cui Lukàcs "non sentiva il fa tto religioso" (19). La filosofia della religione di Lukàcs si s tr u ttu r a in due te m i fondamentali. In primo luogo, vi è u n 'in te rp reta zio n e del cristianesim o e della sua perm anenza nella storia: contro Nietzsche e contro t u t t e le riduzioni del Cristianesimo a platonism o per le masse risentite ed individiose, Lukàcs parla del fascino storico della figura, p e ra ltro inte g ralm e n te um ana, di Gesù Cristo, com e forma originaria e modello di rapporto fra il p a rtic o la re e l'universale, ca pace di sopravvivere al fa tto (cui Lukàcs da m olta importanza) che la parusia, cioè il secondo avvento di Gesù e la conseguente instaurazione del regno di Dio, non si è ve rific a ta (20). In secondo luogo, vi è u n 'in te rp re ta z io n e delle correnti principali della teologia contem poranea (qui Lukàcs m e tte insieme sia i c a tto lic i che i p r o te sta n ti) com e seconda ta p p a del cosiddetto "compromesso bellarm iniano", che secondo Lukàcs inaugurò il gentlem an's agreem ent fra religione, scienze e so c ie tà n e ll'e p o c a ca pita listica (21). La teologia contem poranea abbandona ogni pre te sa di dim ostrare l'esiste nza "cosale" di Dio (come e n t i t à dota ta di coscienza antropom orfica in qualche punto del tem po o dello spazio), ed in questo modo abbandona di f a tt o anche la funzione feudale e medioevale di essere d ir e t ta m e n te un'ideologia di legittimazione dei rapporti sociali, per diventare una forma di esistenzialismo popolare, in te g ra lm e n te psicologizzato, in cui si "risponde" a quei bisogni esistenziali fondam entali cui la scienza non potrebbe dare risposta (22). Passiamo ora al secondo asp etto . Il passato storico non è mai visto in Lukàcs come una prem essa al destino teleologico ed unilineare in cui viviamo. Non vi è mai (come troppo spesso in Heidegger) una " c a te n a filosofica continua" che va da Parmenide a Spengler: Parmenide e Platone non sono gli iniziatori di nulla, così come Nietzsche non è il "coronam ento" di nessuna tendenza fatale. Vi è, ce rto , una tendenza filosofica generalissima che Lukàcs individua com e fondam entale, e che definisce com e "tendenza al c a r a t t e r e disantropomorfizzante del rispecchiam ento scientifico" della rea ltà, che trova comunque le sue radici nella stessa vita quotidiana dell'individuo associato; ma questa tendenza è accom pagnata robustam ente da una tendenza contraria, antropom orfizzante e spesso ri-a ntropom orfizzante, che p arte

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a n c h 'e ssa dalla vita quotidiana. Non c ' è , dunque, com e in Heidegger, una tendenza f a ta listic a m e n te destinale, p r e d e te r m in a ta e teleologica, della storia della filosofia o cc ide ntale, ma lo sviluppo di una u nità d ia le ttic a co n tra d d itto ria fra tendenza al rispecchiam ento disantropomorfizzante della r e a ltà processuale e tendenza alla riantropomorfizzazione di questo processo, che viene e f f e t t u a t a anche, e s o p r a ttu tto , dai grandi filosofi (23). Vi è qui un punto di importanza fondam entale. Molti pensano che ci sia, da un lato, una tendenza, tipica dei "semplici" e degli ignoranti, al pensiero antropom orfico e teleologizzante, f ru tto di un rispecchiam ento "rozzo" dei f a tti m ateriali della vita quotidiana, m entre i dotti, i filosofi, gli in te lle ttu a li, incarnerebbero fa te ndenza al disincanto, alla razionalizzazione, alla rinuncia ad ogni antropomorfizzazione ed ad ogni te leologia a s t r a t t a ( tra c c e di questa concezione sono riconoscibili negli autori più diversi, da Croce a Gramsci ad Althusser, ed assumono una forma c a ric a tu ra le nei più stupidi dei loro ripetitori) (24). Lukàcs respinge questa dicotomia, rassicurante quanto falsa. L 'u n i tà co n tra d d itto ria , che lega insieme la tendenza disantropomorfizzante e quella riantropom orfizzante, è costitutiva di tu tti i grandi pensatori, da A ristote le a Leibniz, da Hegel a Marx, e passa dentro il loro pensiero. Il le tto r e sa che t u t t a la prima p a r te di questo saggio è una le ttu r a di Marx in questa chiave d e te rm in a ta (m en tre Lukàcs sem bra invece "salvare" Marx da questa dicotomia c o n tra d d itto ria , ponendolo al di là di essa) (25). Lukàcs dedica, ad esempio, analisi profondissim e al pensiero di A ristotele: da un lato, A ristotele è il p ensatore che anticipa genialm ente le c a r a tte r is tic h e str u ttu r a li d e l l 'agire teleologico, limitandolo f e r re a m e n te alla sola prassi umana; d a ll'a ltr o , è il p ensatore che estende alla n a tu ra una considerazione teleologica finendo con il pensarla in modo in te g ra lm e n te antropom orfico (26). Si è prim a f a tt o l'ese m p io di Hegel: da un lato, Hegel è il pensatore delle determinazioni riflessive e della costitu tiv ità della loro interazione d ia le ttic a , in modo che non si può mai dare una visione antropom orfizzante del processo storico in quanto tale; d a ll'a ltr o , è il pen sato re che, concependo la sostanza com e soggetto, finisce con il perde re alcune delle conquiste f a t t e a suo tem po da Spinoza, e con il ricostituire in modo antropom orfico una sto ria dello Spirito com e risulta to "e n fa tic o " ed autoespressivo di uno svolgimento d ia le ttic o semplice e pie n am e n te teleologico (27). Crediamo che gli esempi f a tti (da A ristote le a Hegel) siano indicativi. Lukàcs riesce a connotare (in modo radicalm ente unitario) la situazione p re se n te com e "so lid arie tà a n tite tic o -p o la re

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ffa esistenzialism o e neo-positivismo" proprio perchè non ricostruisce in modo unilineare duemila anni di storia della filosofia (come fa H eidegger), ma c e r c a di pensare fino in fondo la c o n tra d d itto r ie tà m ultilineare (che passa dentro tu tti i più grandi pensatori) fra tendenze disantropomorfizzanti e tendenze riantropomorfizzanti. E ' questa una tendenza che egli ovviamente estende in modo p artico la re alla te o ria e s te tic a , ma che purtroppo non possiamo d o cum entare in questa sede, in cui sei siamo posti un obiettivo te o ric o del t u t t o differente: m ostrare come la p arte " s iste m a tic a " della riflessione ontologica lucacciana, che ora a ffro n terem o , non sa lta fuori com e un fungo dopo la pioggia, ma em erge d ia le ttic a m e n te da un esam e genealogico di tendenze te o ric o - p ra tic h e non unilineari e p re d e te rm in a te , e viene dopo u n 'in te rp reta zio n e della filosofia occidentale com e unità p r o ce ssu ale-co n trad d itto ria di tendenze antropom orfizzanti e disantropomorfizzanti e dopo una doppia diagnosi di rifiuto teorico (della solidarietà a n t ite tic o -p o la re fra esistenzialism o e neopositivismo, da un lato; della rivitalizzazione degli a n tite tic o -p o la ri marxismi o rientale ed occidentale, d a ll'a ltr o ) . A questo punto, possiamo finalm ente discutere brevem ente la proposta ontologica lucacciana, seguendo lo stesso tr a c c ia to della p a r te sis tem a tic a della Ontologia (28). 5. Il lavoro com e forma originaria e m odello della prassi Come si è già rilevato poco sopra, Lukàcs nega ogni' form a generalizzata di teleologia non soltanto nella n a tu ra inorganica ed organica, ma anche nella società (intesa com e un 'u n ica processualità, olisticam ente p re d e te r m in a ta ) , e ne lim ita la validità ai singoli a t ti di q uell'agire um ano-sociale la cui form a più esplicita ed il cui modello è il lavoro. O ccorre fare qui subito una distinzione prelim inare. La nozione di "lavoro" può essere inse rita in due con testi rileganti assolutam ente differenti, che ne d ettan o le regole di declinazione (ed ovviamente di polemica su diverse concezioni). In un primo co ntesto rilevante, il c o n c e tto di "lavoro" è ce n tra le per il m aterialism o storico e la cr itic a d ell'eco n o m ia politica, e la sua c o r r e tt a interpretazione (che p o rta a respingere t u t t e le nozioni di lavoro sc hiac cia te su Hegel, Smith o Ricardo, e c c e te r a ) è com pito del m aterialism o storico stesso, in una " l o tta senza fine" c ontro le nozioni astoriche, aspecifiche e quindi m etafisich e di lavoro. In un secondo co n testo rilevante, il c o n c e tto di "lavoro" è c e n tr a le per la form a filosofica del discorso in cui viene p ensato il m aterialism o

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storico stesso, ed è qui (e solo qui) che si pone il problem a del lavoro come form a esplicita e com e modello. Senza una f e rre a distinzione fra i due contesti rilevanti, il regno della confusione è inaugurato, e l'analisi te o ric a si blocca im m e d ia ta m e n te (29). Inserita nel co n testo rilevante del m a teria lism o storico e della c r itic a dell'econom ia politica, la nozione di "lavoro in generale" sem plicem ente non e siste (se non, ovviamente, com e "astrazione ideale", di f a tt o mai c o n c r e ta m e n te applicabile in una analisi d e te r m in a ta ) . Per quanto concerne il m ateria lism o storico, infatti, l'" u n i t à te o ric a minima" da cui p a rtire è sem pre il lavoro diviso (e dunque mai il "lavoro"): dalla dissoluzione delle com unità primitive alla formazione degli s ta ti nobiliari e sace rd o ta li, dal modo di produzione schiavistico a quello feudale, e c c e te r a , il "lavoro diviso" si m a nifesta in una ricca gam m a di forme te cn ic h e, sim boliche, etico -relig io se, che uniscono ovviamente il piano s tr u ttu r a le e quello funzionale. Per quanto concerne la c r it ic a d ell'econom ia politica, inoltre, 1'"unità te o ric a minima" da cui p a r tire è sem pre il lavoro ca p italistico diviso (e dunque mai il "lavoro"): dalla sottomissione formale a quella reale del lavoro al cap ita le fino all'approfondim ento "im personale" del rapporto di produzione capita listico nella form a a p p a r e n te m e n te " n e u tra " del processo "tec n ico " del lavoro, e c c e te ra , il "lavoro c a p ita listico diviso" si m a nifesta in una ricca gam m a di forme che solo l'indagine em pirica e lo studio co n tinuam ente aggiornato può a d e g u atam e n te docum entare. Ogni te ntativo di p arla re del "lavoro" saltando le determinazioni essenziali del "lavoro diviso" ed ancor più del "lavoro' ca p italistico diviso" significa uscire consapevolm ente dal m aterialism o storico in direzione di " m eta fisich e del lavoro" di vario tipo e colore, oggi presenti in gran numero sul " m e rc a to politico" (30). Diverso è invece il co n testo rilevante dello scontro str a te g ic o fra forme filosofiche del discorso altern ativ e e confliggenti, che si pongono il problem a di " in te r p r e ta r e filosoficam ente" il m aterialism o storico stesso. In questo co n testo il problema principale non è quello della determ inazione delle modalità differenziate con cui la "divisione del lavoro" si p re se n ta nei vari modi di produzione, ma è quello dell'individuazione delle modalità diffe re n z ia te con cui la filosofia pensa la "sp ecificità " d ell'esse re sociale rispetto a quello n aturale. E' qui, allora, che si pone il problema della c a te g o ria del "lavoro" com e u nità specifica di cau sa lità e teleologia, di forma originaria e di modello per la prassi umana (31). Le filosofie g randi-narrative (con cui si è già polemizzato)

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m ettono alla storia (preventivam ente spogliata della forma storica) una so rta di "diavolo in corpo". Il massim o di "animismo" si unisce qui p aradossalm ente con il massimo di "a rtificialism o" (se ci si consente il linguaggio alla Piaget): il flusso te m p o rale è d o ta to di un "supplem ento di senso" e di anima e di una impersonale teleologia sovrastorica, che da un lato è priva di una "fo rm a um ana", e d a l l'a ltr o enfatizza gli a s p e tti antropom orfici del modello di homo faber in vario modo " c o s tr u tto r e del comuniSmo" e lavoratore nei c a n tie ri del socialismo (32). Le filosofie d e te r m in is tic o -n a tu ra lis tic h e , d 'a l t r a p a r te , partendo dalla giusta considerazione ontologica che " l'e s s e r e della sfera della vita è b a s a to inelim inabilm ente sulla natu ra inorganica così com e l'e s s e r e sociale su ll'in te r o essere n atu ra le" (considerazione, questa, sis te m a tic a m e n te d im e n tic ata dai vari storicismi ed umanesimi integrali), dim enticano che la diversità qualitativa fra le due sfere riposa sulle tr e determinazioni essenziali del lavoro, della posizione teleologica che lo produce, e s o p r a tt u tto infine della decisione alternativa che n e c es sariam en te p recede q u e s t'u ltim a (33). Le decisioni altern ativ e, in f a tti, producono sequenze causali in vario modo necessarie, che a loro volta danno luogo a specifiche "soglie di irreversibilità" storica. L 'a n a lo g ia fra c o m p o rtam e n to animale e co m p o rtam e n to umano (tipica non solo di c o rre n ti "reazionarie" legate alla sociobiologia ma anche di corren ti "d e m o c ra tic h e" legate a varie forme di etologia c o m p arata ) rappresenta una giusta e sana reazione alle formulazioni retoriche sull'inim itabile unicità dell'U om o (che al tem po di Marsilio Ficino e di Pico della Mirandola ebbero c e r to una funzione progressiva, p erduta p era ltro da tem po), ma finisce in ultim a istanza con il far dim e n tic are che il mondo animale non dà luogo a sequenze di "modi di produzione" socialm ente alternativi nell'-ambito della stessa specie. E ', questo, un punto teo rico ovvio, ma e s tre m a m e n te rilevante, forse ancor più della questione della differenza fra l'a p e e l ' a r c h i t e t t o (Marx), o della questione della com petenza com unicativa differenziata come connotato sp e c ific a ta m e n te "um ano" (H abermas) (34). La filosofia ontologico-sociale indaga invece "la r e a ltà oggettiva per scoprire lo spazio reale per la prassi rea le". La " r e a ltà essente in se" non è a f f a tt o un dato cosale e s tern o al sogge tto che d e v e . essere f o to g ra fa to o in vario modo " risp e cc h iato ", ma è un processo che si costituisce con d e te rm in a ti livelli di irreversibilità: il "ricam bio organico" con la n a tu ra modifica irreversibilm ente la natura come "imm ediatezza"; il lavoro c a p ita listic o diviso ed il m e rc a to mondiale fanno diventare il neo-prim itivism o (così come il neo-schiavismo o il n eo-feuda lesim o industriale) qualcosa di

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q u alitativam ente diverso dal vero primitivismo, che è qualcosa di irreversibilm ente perduto, così com e gli antichi G reci. La r e a ltà sociale, essente in sè, non è una m e ra " f in a lità senza scopo" (secondo l'e f f ic a c e definizione d ata da Kant del mondo organico), ma è un co n c reto insieme di possibilità ontologiche, che non passeranno però mai dalla potenzialità alla a t tu a l ità (pqr usare l'in s u p e ra ta term inologia di A ristote le) senza il d e te rm in a n te intervento della posizione teleologica um ano-sociale. Per rip e te re qui un esempio già f a tt o altrove, il modo di produzione capita listico contiene in sè ontologicam ente la "crisi" com e risulta to necessario di migliaia di posizioni teleologiche di im prenditori ognuno dei quali, preso s e p a ra ta m e n te , intraprende n e l l'o ttic a illusoria d e ll'arm o n ia econom ica, dell'equilibrio econom ico generale, e c c e te r a ; d ' a l t r a p a rte , contiene in sè la potenzialità ontologica della transizione al socialismo, che non si a t t u e r à p e r a ltr o mai senza un insieme processuale di posizioni teleologiche coscienti degli individui e delle classi. Il "lavoro" non è che la "fo rm a originaria" ed il "m odello" di questa posizione sp e c ific a ta m e n te teleologica. In quanto "fo rm a originaria" rimanda ad un insieme di a t ti che rendono il "ricarribio organico con la n a tu ra " qualcosa di co s c ie n te m e n te posto, che sviluppa in seguito in processuale irreversibilità livelli specifici di produzione sociale organizzata e complessa. In quanto "modello" il lavoro si differenzia da a ltre form e di a ttiv ità um ana "originaria", quali ad esempio il gioco, che incorporano m odalità qualitativam ente d iffe ren ti d e ll'in tr e c c io ontologico fra posizioni teleologiche. Il rapporto fra lavoro e gioco è ovviamente di grande com plessità e di enorm e interesse filosofico, e possiamo qui solo accennare all'esistenz a di questo problem a. Non mi sem bra tu tta v ia che il "gioco assolva una funzione servile n e ll'a m b ito del paradigm a marxiano del lavoro", e vi sia perciò una g era rc hia di valori e di dignità: il lavoro rim anda però ontologicam ente o ltre sè stesso, m entre il gioco è c a r a tte r iz z a to d all'im m a n e n te autosoddisfacim ento. L a dimensione ludica non produce livelli di irreversibilità ontologico-sociale, ma vive ontologicam ente n e l l'e te r n o ritorno del sempre eguale, solo ap p a re n te m e n te comprom esso dalla p luralità polim orfa d e ll'a g ire ludico stesso (35). La differenza qualitativa fra gioco e lavoro è qui illustrata sotto il segno di una m odalità ontologico-sociale, e non com porta quindi "gerarchie" di valori, apologie del sudore sulla fronte, condanna d e l l'homo ludens com e p e c c a to re , ed a ltr e sciocchezze. Il lavoro è dunque "modello" (Vorbild) della prassi non c e rto perchè riassume ed incorpora in sè t u t t e le dimensioni della prassi stessa (che è

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s f a c c e tta ta , inesauribile, ricca di significati e di dimensioni irriducibili a form e ide al-tip ich e di qualsiasi sorta), ma solo in quanto esprim e appieno quella che è la c a r a tte r is tic a più tipica della prassi, la trasform azione. Senza una base nella prassi reale, nel lavoro, com e sua form a originaria e suo modello, la stessa esaltazione del c o n c e tto di prassi generica si converte n ec essariam en te in una so rta di contemplazione idealistica (e non deve allora stupire che il massimo di attivismo soggettivistico u n ilaterale n e ll'a g ir e politico - pensiamo al "terro rism o sociale diffuso", s c ia g u ra ta m e n te propagandato e a t tu a t o negli anni '70 in Italia - coesista tranquillam ente con una immagine del comuniSmo com e desiderio di consumo da p a r te di soggetti sociali "ricchi di bisogni" esaudibili da un universo di m acchine cibernetiche incorporanti orm ai l'in te r o generai in tellect umano). La stessa trasform azione non può più essere le tte r a lm e n te pensata come un insieme complesso di posizioni teleologiche, ma sem plicem ente " a cc ad e " con la sapienziale solennità d e ll'" e v e n to " e con l'indicibilità del "m istico" (36). E' questa, ovviamente, una concezione filosoficam ente degenerativa del prassismo generico e dell'attiv ism o sganciato da qualsiasi visione ontologica dei processi sociali. Ben maggiore rispetto m e ritan o le preoccupazioni di chi te m e conseguenze "riduzionistiche" della nozione di lavoro come modello della prassi (ed è questo quasi sempre il caso degli apologeti filosofici della ontologia della speranza di Ernst Bloch) (37). Sfugge p e ra ltro spesso a costoro quello che definirem o un felice paradosso filosofico contenuto n ell'enfasi lucacciana sul lavoro com e forma originaria e come modello, e che ora d iscuterem o brevem ente: il f a tt o che è proprio la form a filosofica del discorso di tipo ontologico-sociale, in c e n tra ta sul lavoro come form a originaria e modello della prassi, a dare t u t t e le garanzie di po te r funzionare come antidoto e vaccino (ci si passi l'im m agine biologica) alle interpretazioni del m aterialism o storico come "paradigm a della produzione", economicismo riduttivo ed apologia del lavoro com e fonte di ogni ricchezza. 6. Un felice paradosso filosofico Il marxismo della II Internazionale, com e è noto, si costituì sostanzialm ente come teoria della rivendicazione "in teg rale" dei f ru tti del "lavoro" inteso com e fonte di ogni ricchezza. La "colpa" in proposito non è ta n to di Kautsky (il quale non poteva ignorare a tal punto la differenza te o ric a fra Adam Smith e Karl Marx),

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quanto delle volgarizzazioni di tipo lassalliano diffuse dalla socialdemocrazia te desc a. Era del resto la ste ssa "composizione di classe" che faceva da supporto storico e sociologico alla socialdemocrazia a fare da " c o m m itte n te " ad una simile concezione lavoristica (che definirem o d 'o ra in poi "paradigm a della produzione"). Meno noto è forse il f a tt o che dentro lo stesso processo in te lle ttu a le di Karl Marx è riscontrabile una tendenza a prendere sempre più esp lic itam en te le distanze da qualsiasi possibile equivoco di tipo "produttivistico": si va in f a tti da alcune formulazioni dell'Ideologia tedesca e s o p r a tt u tto della Prefazione del '59 o della L ettera a Kugelmann (che in e f f e t t i possono consentire filosofie della storia intrise di m e tafisica produttivistica talvolta "ingenua") alle decise ed esplicite note "antilavoristiche" c o n ten u te nella Critica al rogramma di Gotha (1875) ed ancor più nelle Glosse al Manuale di econom ia politica di A. Wagner (1879-8 0 ). L'evoluzione marxiana in proposito era , da un lato, u n 'autode pura zione cr itic a interna al suo pensiero (che non cessava mai di "c orre ggersi" e di riformularsi), e si confrontava, d a l l'a ltr o lato, con gli equivoci dei primi "m arxisti" che calavano il suo pensiero negli stam pi consueti del pensiero borghese dom inante, intriso di econom icism o e di positivismo (38). L 'e n f a s i antiproduttivistica resta c e r t o in Marx qualcosa di ambivalente: da un lato (come ha fra l 'a l t r o rilevato Stanley Moore) Marx respinge sempre i "valori" u til ita ris tic i e produttivistici del capitalism o borghese, fino a "rie m p ire" la sua idea di comuniSmo futuro con un "im m aginario" ricavato da estrapolazioni di tipo "classico", gli antichi otium ed humanitas, in sostanza gli antichi G reci coniugati allo sviluppo delle forze produttive; d a l l'a ltr o , le continue apologie del c o n c e tto di "produzione che si sviluppa senza lim iti" (accom pagnate dalle critich e feroci a t u t t i gli econom isti che anche solo ipotizzano "limiti alla produzione") non sono c e r to casuali in Marx, ma docum entano tendenze a considerare talvolta la " n a tu r a " com e un "fondo inesauribile" cui si può sem pre far ricorso (39). Si apre qui ovviamente uno spazio per l" 'in te r p re ta z io n e " . Non sbaglia, dunque, chi (come Agnes Heller) prende a t t o del f a tt o che, sulla base della m era filologia marxiana, è possibile sostenere con buoni argom enti sia un "paradigma del lavoro" (come fa in fa tti il Lukàcs dell'O ntologia) sia un "paradigm a della produzione". Non è possibile qui discutere in d ettaglio le ragioni teo rich e (non t u tt e chia ra m e n te e s p lic ita te ) per mezzo delle quali la Heller respinge entram bi i paradigm i filosofici (definendo, fra l'a l tr o , il

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"paradigm a" lucacciano del lavoro un cartesianesirno m a teria listico, ed un " te n ta tiv o inc oerente ed au to c o n tra d d itto rio di riplasmare il marxismo sulla base del paradigm a del lavoro"). Le argomentazioni della Heller si sviluppano "a c a s c a ta " , in tr e momenti successivi: in primo luogo, vi è una cr itic a del paradigma della produzione, il quale, facendo della "produzione" destoricizzata e desimbolizzata il "m om ento soverchiante" e la "variabile indipendente" dello sviluppo storico (la cui c a te n a progressiva è la " c re sc ita delle forze produttive"), diventa una rozza filosofia della storia; in secondo luogo, vi è una cr itic a del paradigm a del lavoro, la cui a u to c o n tr a d d itto r ie tà consisterebbe n ell'in serim e n to della "posizione teleologica" dei singoli individui (che in e f f e t t i non è una "filosofia della sto ria ", ma un semplice modello della prassi sp e c ific a ta m e n te umana) in una filosofia della storia scaglionata in tr e momenti costitutivi (la produzione, intesa com e a r r e tr a m e n to della barriera della natu ra e s te r n a , la de-naturalizzazione dei singoli a t to r i, intesa com e a r r e tr a m e n to della b a r r ie r a della n a tu ra interna, ed infine la universalizzazione delle integrazioni) in ' cui la "produzione" è la forza m otrice; in terzo luogo, vi è una vaga e confusa "proposta altern ativ a" , b a s a ta su una " s t r u t t u r a di oggettivazioni che ogni essere um ano deve appropriarsi p e r sopravvivere in un dato am biente cultu rale " (le cui com ponenti sarebbero tre: l'u so degli oggetti f a tti dall'uom o, l'osservanza d ell'in sie m e c u ltu ra lm e n te definito dei costum i, l'uso del linguaggio com une). La Heller vuole, ev identem ente, c r it ic a r e s o p r a tt u tto il paradigm a della produzione (con il quale si intende il marxismo monopolistico di s ta to dei paesi a socialismo reale, dei quali l'U ngheria fa p a r te , pur essendo c e r to il più "liberale" in senso assoluto). E' questo il suo obbiettivo principale, al punto da. vedere n ell'O ntologia un paradigm a della produzione " m a sc h e ra to " e riform ulato, una filosofia della storia che "si vergogna" (40). L'equivoco in cui cade la Heller è a nostro p a r e re sintom atico, e carico di possibili insegnam enti filosofici. Il "progresso storico" nella Ontologia (di cui la Heller individua c o r r e t t a m e n t e i tr e momenti costitutivi, anche se li riform ula nell'insopportabile e stopposo linguaggio della sociologia funzionalistica e della "teo ria dell'azione sociale") non è a f f a t t o una "filosofia della storia " la cui direzione è se gnata dalla "produzione come forza m o tric e " , ma è solo un "insiem e di possibilità ontologiche c o n c r e te " , spe cific am e n te ed inscindibilm ente colleg a te ai vari modi di produzione m a rxianam ente concepiti. Per fa re un esempio, la "universalizzazione delle integrazioni" non è la sincronizzazione finale armonica delle posizioni teleologiche di tu tte le personalità "com uniste" sviluppate

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e riconciliate con il genere sulla base della ricchezza produttiva più a l ta possibile, ma è solo una possibilità sto ric a che ontologicam ente sorge esclusivamente sulla base del capitalism o e della astrattizzazione casuale degli individui, tutti ormai giuridicam ente "eguagliati"; nel modo di produzione schiavistico ed in quello feudale l'"universalizzazione" non è ontologicam ente possibile, così come il passaggio dalla singolarità alla individualità non è possibile sulla base delle so c ie tà di ca cc ia e di ra c c o lta (41). Il modo di produzione ca pita listico è in f a tti filosoficam ente un campo di possibilità ontologiche q u alitativam ente nuove. In senso "positivo", è qualitativam ente nuova la possibilità di sviluppo generico-universale della personalità umana; in senso "negativo", è anche qualitativam ente nuova la possibilità di un pericoloso squilibrio fra sis tem a umano ed am biente natura le (e si vedano in proposito le fondamentali posizioni, dallo scrivente la rga m ente condivise, di G. Bateson e di A. Wilden) (42). Il punto filosoficam ente c e n tra le non è allora soltanto la ripetizione ad nauseam che il lavoro è la "fo n te " di ogni ricchezza soltanto per i pensatori borghesi e non c e r to per Marx (per il quale essere un lavoratore "produttivo" e r a una disgrazia!), e neppure' la s o tto lin e atu ra nec essaria che in Marx la vera ricchezza è sem pre in ultim a istanza l'a u m e n to del tem po lib e rato ed a rric c h ito (ove i due a ttrib u ti usati riassumano tu tt i e t r e i "m om enti costitutivi" della Heller). Questo è già largam ente noto (43). Si t r a t t a invece di capire com e la posizione teleologico-sociale del lavoro ha prodotto soglie ontologiche di irreversibilità in cui le posizioni alternative degli "a tto r i sociali" (per usare l'orribile linguaggio in uso nelle social Sciences contem poranee) sono divenute per la prim a volta nella storia cariche di "possibilità oggettive" in direzione del superam ento della estraneazione oppure, al contrario, in direzione di un approfondim ento degli squilibri c a ta s tr o fic i fra sistem a umano ed am biente naturale. E ' questo, a p a re re dello scrivente, un felice paradosso filosofico. , Soltanto l'en fasi ontologico-sociale sulla c a te goria di "lavoro" può in r e a ltà c o m b a tte r e e f f ic a c e m e n te c ontro i prom eteism i produttivistici del "lavoro" i quali (come già a suo tem po a c u ta m e n te osservato da Walter Benjamin nelle sue Tesi di filosofia della storia) identificano lo "sviluppo tecn ic o " con il "filo della c o rre n te " in cui la classe operaia nuota. La c a te g o ria ontologico-sociale di lavoro è dunque incompatibile sia con il pessimismo c a ta s tr o fis tic o di chi oggi ha già a prioristica m ente d e c r e ta to che la specie umana è f a ta lm e n te destin a ta a non poter "c ontrollare" il mostruoso G e -ste ll che ha prodotto, sia con

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l'o ttim ism o idiota di chi a s p e tta la fe lic ità e la pace sociale dalla computerizzazione e dallo sviluppo d ell'ingegneria genetica. Essa non è in fa tti il supporto "nascosto" di una filosofia della storia, (come pensa Agnes H eller), m a la prem e ssa ontologica che p e r m e tte di intendere un arco di possibilità storiche del t u tt o de te rm in a te . Se questo è vero, il co n testo rilevante in cui Lukàcs parla di "lavoro" nella Ontologia non è lo stesso in cui si muovono A ristotele ed Hartmann. E' invece un co n testo specifico, inscindibile da una analisi m a te ria listic a delle tendenze storiche del modo di produzione ca p italistico in questo scorcio del XX secolo (44). 7. Alcuni problemi della riproduzione sociale 4 La riproduzione sociale è un "complesso di complessi", c a ra tte riz z a to da una gerarchizzazione flessibile e sem pre mutevoli di questi "com plessi", che hanno tem pi e m odalità di sviluppo non omogenei. Vi è qui un elem e nto comune a pensatori molto diversi (da Lukàcs a Bloch allo stesso Althusser-), uniti dal comune rifiuto di concepire il tem po storico com e una " t o t a l i t à espressiva sem plice" ( c a r a tte r is tic a , q u e s t'u ltim a , comune a t u t t e le varie forme di h e g e lo-m arxism o e di storicism o, com preso lo storicismo positivistico, che feticizza la " c re s c ita delle scienze" e delle forze produttive) (45). E' infatti e r r a to , come rileva Lukàcs, "s e p a ra re la s to ric ità dalla socialità e, come avviene spesso, a c c e t t a r e l'u n a e negare l'a l t r a . Dalla circostanza che storia e sociologia vengono insegnate in c a tte d r e d istinte non consegue per nulla che nel processo di sviluppo d e ll'u m a n ità storia e so c ie tà siano fa tto ri reciprocam ente autonom i" (46). L 'u n i tà dello sviluppo fra storia e so c ie tà consiste s p e c ific a ta m e n te in ciò, che non soltan to i vari "complessi" relativam ente autonomi della riproduzione u m ano-sociale (dal linguaggio all'eco n o m ia, dal d iritto alla sessualità, dalla guerra alla produzione a r ti s tic a ) hanno un c a r a t t e r e storico e perciò mutano nel tem po (in modo non gen e rica m en te e r a c l i t e o - t u t t o m u ta - m a con soglie d e te r m in a te di irreversibilità), ma m uta anche la collocazione di ogni singolo "complesso" nella gerarchizzazione riproduttiva dell'insiem e sociale (il "politico" n e ll'a n tic h ità , il "religioso" nel feudalesimo cristiano europeo, 1'"econom ico" nel capitalism o di concorrenza, e c c e te r a ) . Si t r a t t a di una "doppia determinazione te m p o rale ", che rappresenta la croce e la delizia degli "storici" marxisti, la maggioranza dei quali ha già p e r a ltr o a t t u a t o Con successo il "salto 'epistemologico'" da una sto rio g rafia ancora econom icistica e riduttivistica ad una storiografia più avvertita e

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rnultidirnensionale, in grado di recepire i più diversi stimoli (dalle Annales alla orai history) (47). 0 II nesso di sto r ic ità e di socialità è riscontrabile nell'evoluzione te m p o rale (mai te leologica m ente p r e d e te r m in a ta ) dei vari "complessi". Questo è ben visibile, ad esempio, nella sto ria sociale dell'alim entazione, in cui non vi è c e r to solam ente il "passaggio" dal crudo al co tto (con t u t t e le sue ovvie conseguenze di c a r a t t e r e sim bolico-rituale, stu d iate in p a rtic o la re dagli stru ttu r a lis ti francesi), ma è riscontrabile e docum entabile una "unificazione a lim e n tare" d e ll'u m an ità, come p o rta to del m e rc a to mondiale (inesistente, ad esempio, al tem po degli antichi, in cui il disgusto e la ripugnanza per i cibi non consueti erano fenomeni assai diffusi). Questa "unificazione a lim e n tare" non è a ltro che un "cam po di possibilità alternative", ontologicam ente parlando: solo le scelte consapevoli degli " a tto r i sociali" possono in f a tti decidere se la vasta e ricca varietà culinaria ed alim e n tare verrà conservata in un mondo unificato (come è sperabile), oppure se l'unificazione a lim e n ta re avverrà so tto il segno di un impoverim ento standardizzato a base di hamburger e di chips e di una eliminazione progressiva di t u t t e le peculiarità a lim e ntari (con l'esclusione del consumo di prestigio o d e l l'e c c e n t r ic ità socialm ente prevista) (48). Nella storia sociale della sessualità ciò è ovviamente ancora più visibile e ricco di insegnamenti. E' chiaro, in fa tti, che il coito di Enea e di Didone non è eguale a quello di Romeo e G iulietta o a quello di Vronskij e di Anna Karenina. Non ci sta qui soltan to una generica evoluzione che p rese n ta soglie di irreversibilità di c a r a t t e r e n i e n t 'a f f a t t o ciclico (ad esempio, b a s te r à ricordare com e oggi considerando l'e n o rm e maggioranza degli uomini - l'a ttra z io n e sessuale fra fratelli e sorelle possa giudicarsi estinta; oppure come sem pre più il rapporto sessuale avvenga fra soggetti giuridicam ente liberi ed a ffe ttiv a m e n te consenzienti, da cui deriva la non ac c e tta z io n e sociale - probabilm ente irreversibile - dello stupro o del matrim onio com binato). E neppure vi è soltan to il fenomeno ontologico della autonomiizzazione di livelli simbolici via via raggiunti dalla sessualità umana, in piena eterogene si dia le ttic a dei fini che erano s ta ti originariam ente proposti (ad esempio, la legittimazione spiritualizzata d e ll'a m o r e omosessuale c o n ten u ta nel Convito di Platone è servita per "nobilitare" il rapporto eterosessuale successivo; oppure, la spiritualizzazione stilnovistica della "donna an g e lic a ta ", che era in origine e s p lic ita m e n te s e p a r a ta dalla sessualità, si è evoluta via via nell "'a m o re rom antico", esp lic itam en te risessualizzato). Indubbiamente, dall'asc esi spiritualistica cristian a è so rta la moderna in te rio rità e ro tic a

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borghese, che in definitiva fu da essa p re p a ra ta storicam ente. Questa " i n te rio rità e r o tic a borghese" è una soglia ontologico-sociale irreversibile, ed è sul suo te rr e n o che si apre una vasta gamma di atteg g iam e n ti possibili, che vanno dalle moderne ideologie della "superiorità m aschile" alle teorizzazioni fem m inistiche, di tipo an c h 'esse differenzialistico ed asto rico (la "differenza originaria",del "maschile" e del "fem m inile", pro c la m a ta in modo consapevolmente ad ialettico, è l'e le m e n to filosoficam ente comune che unisce in solidarietà a n tite tic o -p o la re il conservatorism o sessuale maschilista ed il femm inismo , n a tu ra listic o -m e ta fisic o ). L 'u n ila te ra le conservatorismo di questi a tte g g ia m e n ti, riprodotto oggi dalla manipolazione industriale d e ll'e ro tism o e dell'im m aginario sessuale quotidiano (che è oggi un fenomeno di massa - ogni condanna esclusivamente m oralistica della pornografia rischia di non c o g lie r n e i c a r a tte r i " s tru ttu ra li" che essa ha nella moderna società), insieme con l'u ltim a tr in c e a ideologica della difesa della diseguaglianza fra uomo e donna (la te o ria della " c o m p le m e n ta r ie tà " ), non potranno nascondere a lungo il fa tto che vi è oggi uno spazio ontologico nuovo per una reale, bila te ra le "eguaglianza" nel rapporto fra i sessi, che p o tr à forse in futuro lasciarsi alle spalle le "opposizioni" fra emancipazione e liberazione ed i co n tra sti fra il perseguim ento della "differenza specifica" fra i sessi e la tensione verso l'um ano - comune che li unisce (49). Anche il linguaggio ha ovviamente una storia sociale che non prese nta im m anenti teleologie, ma è co n n o tata da, discontinuità e da soglie ontologiche di irreversibilità. Vi è, in primo luogo, una discontinuità " f o r te " fra comunicazione animale e comunicazione umana, che spesso è messa in ombra dallo "specialism o" degli etologi e dei semiologi, i quali quasi sem pre conoscono migliaia di im portantissim i p articolari te cn ic i ■delle loro due discipline, ma trascurano la questione del c o r r e tt o o rien tam e n to filosofico da dare al problema. A spetti essenziali della comunicazione animale trapassano indubbiamente quasi im m utati nella comunicazione umana, m entre aspetti qualitativam ente nuovi sorgono in relazione con il "lavoro" s p e cific ata m en te um ano-sociale; in prim o luogo, il linguaggio diventa l'organo ed il medium della c o ntinuità d ell'esse re sociale, luogo non ta n to della cum ulatività illim ita ta dell'esperienza trasm issibile fra le generazioni quanto della ste ssa possibilità del m utam ento qualitativo di essa; in secondo luogo, (poiché, come dice Hegel, solo per gli uomini "il noto in genere, appunto, perchè noto, non è conosciuto") la sp e cific ità irreversibilm ente differenziale sta nel f a tt o che per l'uom o sociale la "conoscenza com porta una dilatazione estensiva ed intensiva d e ll'ignoto" (con i connessi

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m em enti dell'inform azione, della generalizzazione e del senso). L'oscillazione n ec essariam en te ontologica del linguaggio fra il polo del noto (da com unicare) ed il polo d e ll'ig n o to (da svelare), co stitutiva della spe cific ità d e ll'e s s e re sociale, ha p rodotto il te rre n o obbligato della considerazione filosofica del linguaggio. Come è noto, vi è s ta ta una sis te m a tic a trasc urate zz a d ell'im p o rtan z a del medium simbolico da p a r te dei numerosi riduzionismi econom icistici della r e a ltà (com e ad esempio lo stalinismo, che creava però c o n tem p o ran e am en te una orwelliana neo-lingua per rendere più difficile ogni comunicazione te ndente al trascendim ento consapevole della r e a ltà p olitico-sociale d a ta ). Vi è oggi, invece, una tendenza del t u tt o opposta, che m e tte il linguaggio al c e n tro della considerazione filosofica. Q uesta tendenza, che enfatizza le dimensioni linguistiche dell'uom o, si scinde grosso modo in due parti: da un lato, vi è chi ritiene che il linguaggio è il medium privilegiato per "svelare" la r e a ltà (pensiamo a ll'e r m e n e u tic a , ma s o p r a tt u tto a Heidegger, che non può essere assolutam ente ridotto a q u e s t'u ltim a ); d a l l'a ltr o , vi è chi ritiene che il linguaggio è il medium privilegiato per "c o stru ire" la re a ltà (pensiamo al secondo W ittgenstein, al movimento analitico di Cambridge e di Oxford, che ha influenzato le teorie sociologiche dell'interazionism o simbolico e della "costruzione della r ea ltà sociale", ed ancor più all'odierno p r o g e tto di ricostruzione del m aterialism o storico sulla base di una teoria generale d e ll'a g ire comunicativo di Jurgen Haberm as). Non possiamo in questa sede d isc u te re le debolezze dei disvelatori e dei c o s tru tto r i d ell'E s sere attra v e rso il linguaggio. A proposito di Heidegger, si è già d e t t o com e la c o r r e t t a istanza heideggeriana di una conoscenza ontologico-sociale del tempo prese nte, m onisticam ente r a p p rese n tato in una "im m agine del mondo" che lega insieme filosofia, scienza della n a tu ra e scienze sociali, sia n e c es sariam en te vanificata dalla sua concezione unilineare e destinale della te m p o ra lità sto ric a, che rende le tte r a lm e n te "im pensabile" la prassi tr a s f o r m a tric e e, connotando il "lavoro" com e a ttiv ità nichilistica ed "u m an istica ", deve nec essariam en te scivolare in una nozione sapienziale ed evocativa del linguaggio. A proposito di H aberm as, si è visto com e l'iniziale separazione fra lavoro ed interazione (te n a c e m e n te m a n te n u ta ed anzi sem pre più approfondita negli ultimi anni) abbia rapprese ntato un "punto di fuga" dal quale ormai la " te o r ia d ell'ag ire comunicativo" si sta allontanando in velocità uniform em ente a c c e le r a ta dal s is te m a solare e pla n eta rio del m aterialism o storico. Q uesta teoria ha ormai una sua peculiare logica di c r e s c ita e di

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"cornplessificazione" che diventa sem pre più un o g getto monografico per habermasologi professionali (50). E' in te ressa n te, invece, n o ta re come il problem a ontologico del linguaggio si p r e s e n ta regola rm ente in c e r ti "snodi" fondamentali del processo storico (pensiamo al movimento dei sofisti ed al Cratilo di Platone, da un lato, ad Herder ed alla linguistica rom antica, d a l l'a ltr o ) . La tendenza linguistica contem porane a è a n c h 'e ssa le g a ta al superam ento irreversibile di alcune soglie ontologico-sociali, dovuto alla mondializzazione del modo di produzione ca p ita listic o (e non è un caso che soltanto dopo che il sistem a-m ondo si è v eram ente a ttu a t o , gli storici possano re tro d a ta r e varia m ente la sua com parsa, come fanno Braudel e s o p r a ttu tto Wallerstein). L 'unificazione linguistica del mondo non si m anifesta soltan to nella diffico ltà e n e ll'a ffa n n o con c u i , le varie lingue nazionali ce rcano di resistere alla koinè sem p lific ata e banalizzata d ell'inglese giovanile, com m erciale e te cnic o (anche qui, vi è la com presenza d ia le ttic a della nuova e positiva possibilità ontologica d ella comunicazione universale - non raggiunta al tempo di a ltre p recedenti "lingue veicolari", com e il greco, il latino, l'a ra b o , il fra nce se - e del negativo impoverim ento operazionale della comunicazione linguistica nell'inglese as a foreign language, incorporante m odalità esistenzialistico-positivistiche di rapporto con il mondo nella sua ap p a ren te a s e t t i c a " n e u tr a lità espressiva") (51). L 'unificazione linguistica del mondo è un fatto ontologico, c a r a tte r iz a to filosoficam ente d alla com presenza di una nuova m odalità a s tra tto -u n iv e rsa le della comunicazione linguistica, da un lato (ormai t u t t a l'u m a n ità è a s tr a tti z z a ta dalla generalizzazione mondializzata del m e rc a to e della produzione ca p ita listic a , che rende omogeneo il medium linguistico-espressivo), e dal sim ultaneo moltiplicarsi di linguaggi specialistici e se tto r ia li, dovuti alla fram m entazione ed alla cornplessificazione della produzione. Oggi, dunque, la com presenza del massimo di com unicabilità " a s t r a t t a " dell'esp e rie n za um ana e del massimo di incomunicabilità fra linguaggio comune e linguaggi specialistici è un "f a tto " ontologicam ente d ia lettico. Non possiamo dunque stupirci d e ll'atte n zio n e che il pensiero contem poraneo dedica al problema del linguaggio, anche se possiamo dolerci delle tendenze idealistiche ed irrazionalistiche che sono g en e ralm e n te veicolate attraverso la filosofia del linguaggio contem poraneo (52). Considerazioni analoghe possono essere f a t t e anche per il diritto. Lukàcs riprende nell'O ntologia considerazioni già f a t t e su Storia e Coscienza di Classe a proposito della tendenza idealistica a feticizzare i rapporti giuridici ed a sta c c a r li dai rapporti

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econom ico-sociali che il "d iritto " esprim e in form a f alsa m e n te a s e tt ic a e "form alizzata" (la polem ica contro la feticizzazione idealistica del " d iritto " è forse il m aggiore e lem e n to di continuità fra le due opere, per il resto ta n to diverse) (53). L'illusione "giuridica" si m anifesta, com e è noto, in form e diverse nel capitalism o occidentale e nel socialismo reale, ma è in u n 'u ltim a istanza "unica" (il che fa diventare Kelsen e Visinskij assai più vicini di quanto se m bre rebbero a prim a vista): l'autonomizzazione illusoria del sis tem a di norme giuridiche (sia di d iritto pubblico che di d iritto privato) produce, a livello sia di ideologia che di falsa coscienza, l ' e r r a t a convinzione che siano i rapporti "legali" a d e te rm in a re i rapporti sociali, e non viceversa. Ad Ovest, c e r ta m e n te , prevale l'illusione giuridica dell'eguaglianza form ale dei "punti di partenza" degli individui, titolari a s t r a tta m e n te degli stessi d iritti e doveri e p o rtato ri di "lib e r tà in generale"; ad E st, invece, l'abolizione della p ro p rie tà giuridica privata dei mezzi di produzione e la conseguente p ro p rie tà giuridica pubblica di essi viene f a t t a passare per appropriazione reale dei produttori sulle condizioni della produzione; in en tra m b i i casi, comunque, l'illusione giuridica r ap p rese n ta una form a di falsa coscienza necessaria che deve essere "s u p e ra ta " da una analisi s to r ic o -m a te ria lis tic a ispirata ad un'ontologia d e te r m in a ta d e ll'e s s e re -c o s ì sociale e politico (54). Q uesta non è comunque che la n ec essaria c r it ic a "in negativo" dell'illusione giuridica. In positivo occ orre però rilevare che vi è anche qui una soglia di irreversibilità ontologica, d e t e r m in a ta dal potenziale em ancipativo contenuto nella fo rm a lità e n e l l'a s tr a t te z z a del d iritto borghese, superiore sia alla "saggezza tradizionale" della giustizia del cadì musulmano (per usare l'espre ssione di Max Weber), sia alla ca su a lità inform ale dei "processi popolari" (da quello f a tt o a S ocrate a quelli svolti d urante la rivoluzione culturale cinese). A ltra cosa è, ovviamente, la "giuridicizzazione ossessiva di tu tti gli am biti di vita", sc io cc am e n te voluta da tu tti i fe tic isti del d iritto e g iustam e nte te m u ta da chi, com e Jurgen H aberm as, vede in essa una form a di "colonizzazione" di tipo nuovo del quotidiano. E ' comunque c e r to che il "superam e nto" d e l l'a s tr a t te z z a della "fo rm a giuridica" non po trà rito rn are alla p e rd u ta inform alità primitiva (che comunque non è mai e s istita in form a "laic a" , ma sem pre e soltanto intrisa di riti e di m iti), e che il comuniSmo è al di là, e non al di qua, della soglia ontologica irreversibile p ro d o tta dal d ir itto borghese form ale ed a s t r a t t o (che però, come la ste ssa "in te r io r ità e r o tic a borghese", non è che un punto di partenza) (55).

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La stessa "econom ia" è, infine, un complesso autonomo della riproduzione sociale complessiva. Come si sa, uno dei problemi principali del m aterialism o storico consiste nella determinazione precisa d e ll'a u to n o m ia specifica d ell'"ec onom ic o" nei differenti modi di produzione, ed in che misura esso sia (per usare un linguaggio altljusseriano) " d e te rm in a n te in ultim a istanza". L eggerm ente diversi sono i problemi che sorgono da una giusta valutazione filosofica de ll'"e c o n o m ia " a l l'in te rn o di una prospettiva di tipo ontologico-sociale. Si ha qui, in fa tti, una lo tta "filosofica" su s due fronti opposti (ed a n t ite tic o -p o la ri): da un lato, la sopravvalutazione sis te m a tic a del ruolo "autonomo" d ell'econom ia nella riproduzione sociale, le g a ta alla valutazione d ell'econom ia come "regina" delle scienze sociali ed al f e tic istic o ed illusorio "isolam ento d ell'econom ico" dagli altri complessi; d a ll'a ltr o , la sottovalutazione idealistica della nozione m arxiana di sfru tta m e n to (connessa con le note distinzioni fra lavoro e forza-lavoro, valore d 'u so e valore di scambio, e c c e te r a ) , com e se la riproduzione c a p ita listica potesse "fondarsi" sopra un rapporto di "dominio" sostanzialm ente sganciato dalla estorsione del plusvalore. In questa " l o tta filosofica" occorre sem pre ribadire vere e proprie ovvietà. Ad esempio, non è mai e s is tita una vera e propria "econom ia pura" che abbia funzionato senza violenza (56). N atu ra lm en te, "al livello del pensiero a s t r a t t o si può delineare senza contraddizione il co n c e tto di puram e nte econom ico", ed è anzi decisiva per la teoria l'elaborazione di questo c o n c e tto (le "leggi dell'eco n o m ia", e c c e te r a ) . La ste ssa "violenza" non è poi un f a tto re astorico, m e ta fisic a m e n te cosale, e prese nta a n c h 'e s s a soglie di irreversibilità ontologica in rapporto alla sua "n e c e ssità funzionale" per la riproduzione d e ll'econom ico (la stessa c r u d e ltà di Hitler non ha nulla a che fa re , neppure a livello di superficiale analogia, con quella, poniano, di Assurbanipal, Nerone o Genghiz Khan, a meno che si cre d a n e l l'" e t e r n o ritorno del sem pre e gua le ", al marchio di Caino ed al kantiano "m ale rad ic ale "). Non si è qui di fronte ad un mero f a t t o "genealogicam ente ricostruibile" (si pensi agli studi di Foucault sui corpi ribelli ed i corpi "docili", ed alle differenze fra le str a te g ie di controllo attrav erso le esecuzioni ca p ita li "crudeli" che annientavano il corpo e le tecniche panoptiche di incarcerazione); il rapporto fra econom ia e violenza è sem pre un rapporto o n to logico-dete rm inato, che gli "econom isti" devono sempre "d im en tica re " per a lim e n ta re la falsa coscienza necessaria con cui esercitan o la loro " t r is te scienza". Q uesta "dim enticanza" non è ovviamente eguale per tu tt i, ed occ orre fra n ca m en te distinguere fra la pleiade di spocchiosi r o te a to ri di pipa che

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incitano ai "sacrifici" a ffian c ati ai mezzibusti televisivi e studiosi com e Gunnar Myrdal o Joan Robinson (57). Avendo l'in te r o essere sociale una costruzione ontologica u nitaria (il lavoro, in quanto elem e n to ultimo, non u lte r io rm e n te scindibile, della sf e r a economica, è fondato su di una posizione teleologica e p e r ta n to tutti i momenti che producono la s t r u t t u r a e la dinamica della sfera econom ica sono anch'essi a t t i teleologici d i r e t ta m e n te o in d ire tta m e n te orien tati verso il processo lavorativo o messi in moto da esso) la sfera econom ica non si diffe renzia in nulla dai resta nti campi della prassi sociale. In questo senso la sfera d e ll'e c o n o m ia non ha a f f a tt o nella " te c n ic a " il suo presunto "m om ento fondam entale" (come riteneva Bucharin) e non co s titu isce neppure una so rta di "seconda n a tu ra " che si distinguerebbe q u alitativam ente per s t r u t t u r a e dinam ica dalle a ltr e p a rti d e l l'e s s e re sociale (come ritenevano Plechanov e Stalin). Il f a t t o però che non si possa a f f a t t o contrapporre in termini m e ta fisic o -a sso lu ti, senza gradini, la sf e r a economica alla so v rastru ttu ra non le g ittim a a f f a t t o la riduzione del complesso delle posizioni teleologiche e n tro l'e s s e r e sociale ad un "m inestrone uniforme ed indifferenziato" (58). La soglia ontologica irreversibile, qualita tiv a m en te nuova, con la quale il capitalism o spezza il p rec ed en te continuum tem porale (a sua volta già d ifferenziato in un ricco multiversum), è infatti c a r a tte r iz z a ta dalla doppia com presenza di una m odalità s to r ic a m e n te specifica: da un lato, il rapporto di produzione c a p ita listico rivoluziona inc essa nte m ente le forze produttive, distruggendo sem pre più le m odalità "naturali" del ricambio organico con la n a tu ra stessa; d a l l'a ltr o , il fu rto di tem po di lavoro - com e dice Marx - diventa progressivam ente (anche se non te leologica m ente) una "ben misera base" per la produzione e la distribuzione della ricchezza. Il c a r a t t e r e ontologicam ente d e te r m in a n te del "m om ento economico" (che sconsiglia l'adozione affrettata di formulazioni "interazionistiche" e pluralistiche che dichiarano "a bolita" ogni distinzione fra s t r u t t u r a e so v rastru ttu ra ) non sta dunque in ingenue rappresentazioni grafiche e topologiche (per le quali l'e c o n o m ia " s ta so tto " , fa da "zoccolo" alla p o litica ed alla ideologia), e neppure nella sua presunta esenzione dalla s t r u t t u r a teleologica d e ll'a g ire um ano-sociale, ma risiede esclusivamente nella c e n tr a lità riproduttiva d e ll'e sto rsio n e del plusvalore e del suo realizzo come pro fitto nella so c ie tà mondializzata del capitalism o. Ovviamente, com e tu tti i complessi riproduttivi, anche l'e c o n o m ia ha un "m om ento ideale", che è tipico e ca r a tte r iz z a n te dell'ontologia d e ll'e s s e re sociale, cui ora brevem ente fa re m o cenno.

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8. La realtà m ateriale del "momento ideale" A prim a vista, l'a ffe rm a z io n e lucacciana secondo cui "il momento essenzialm ente se p arato rio d e ll'e sse re sociale è costituito non dalla fabbricazione di prodotti, ma dal ruolo della coscienza" può sem brare la prim a proposizione di un m anifesto filosofico idealistico. Si. tr a t te r e b b e però di un'im pressione e r r a ta . In fa tti la delim itazione m a te ria listic a d e l l'e s s e re della n a tu ra rispetto a l l'e s s e re sociale deve a t trib u ire alla coscienza un ruolo decisivo ed attivo perchè l'ontologia specifica del complesso problem atico dell'individuo socializzato c o n tra d d itto r ia m e n te nel modo di produzione c a p ita listico (la libe rtà, la possibilità, la necessità) si lascia analizzare soltan to attra v e rso l'analisi del ruolo attivo della coscienza (59). Nel lavoro la posizione teleologica pro d o tta nella coscienza (cioè un m om ento ideale) deve p r ec ed ere la realizzazione m a teria le, e la stessa ap p a ren te "leg a lità oggettiva" (inesorabilm ente indipendente dalla consapevolezza cosciente che se ne ha) delle co sid d ette "leggi economiche" è in definitiva la som m atoria im personalizzata ed autom atizzatasi di originari "e le m e n ti primi teleologici", le posizioni alternative degli individui. N ell'ontologia del lavoro in f a tti già Marx ha m ostrato che la tradizionale contrapposizione fra teleologia e ca u sa lità non è sostenibile; m e n tre in fa tti la dinam ica d e ll'e sse re n atu ra le è d e t e r m in a ta dalla ca u sa lità senza la teleologia, l'in tr e c c ia r s i di cau sa lità e te leologia è una c a r a tte r is tic a ontologica p rim a ria d e ll'e sse re sociale. L a decisione alternativa degli uomini non re s ta però al livello del lavoro sem plice, al mero ricambio organico con la n a tu ra , ma è d i r e t t a alla coscienza di altri uomini, in modo che essi com piano da sè, " s p o n tan e am e n te ", gli a t t i lavorativi desiderati dal so g g e tto della posizione (60). L a r e a ltà m a te ria le del m om ento ideale è dunque in tr e c c ia ta in e strica bilm ente alla r e a ltà m a te ria le delle ideologie. Il "m om ento ideale" non può dunque essere a c c o s ta to ed id e n tific a to con le s tr u ttu r e m a te ria li neurofisiologiche del cervello e con le loro funzioni (si pensi a Cabanis ed a L a M e ttrie, m a anche a Vogt e Moleschott), ma è la speciale funzione dell'u o m o com e soggetto d e l l'a tti v ità lavorativa sociale (un sogge tto, ovviamente, complesso, non suscettibile di divenire il fan to c cio gran d e -n a rrativ o di una filosofia della storia p r e - i s c r i t t a nella pro ce ssu alità c o n c re ta ) (61). L a diversa (e spesso altern ativ a) tra tta z io n e della r ea ltà m a teria le del m om ento ideale occupa l'i n t e r a sto r ia della filosofia occidentale (m a anche cinese ed indiana). Spinoza, ad esempio, aveva già collegato le idee a d e g u ate, espresse con le parole del

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linguaggio, proprio con la c a p ac ità di riprodurre nello spazio reale una form a d ata in parole. Anche Hegel aveva già espresso con assoluta esattezza la peculiarità fondam entale d e l l'a tti v ità vitale umana: la c a p a c ità dell'u o m o (come essere pensante) di guardare in se stesso come standosene " a p a r te " , com e in qualcosa d 1" a ltro " , com e in un oggetto speciale o, in a l tr e parole, di tr a sfo rm a re gli schemi della sua propria attività n e l l'o g g e tto di essa medesima (62). Marx, con la sua m e tafo ra d e ll'a p e e d e l l'a r c h it e tto , è erede sia di Spinoza che di Hegel: l'uom o ha la n ec es sità di un m om ento di "estraneazione" è di "alienazione" delle cose da se stesso come p rem essa ontologica della sua stessa presa di coscienza ideale (e qui ha ragione Hegel), ma insieme (e qui ha to rto Hegel e ragione Spinoza) la sua a p p a ren te alienazione non è altro che la necessaria oggettivazione nel mondo esterno del suo essere sociale, c a ra tte r iz z a to dal lavoro come modello di unità fra cau sa lità necessaria posta da una teleologia e form a originaria della prassi um ana rivolta alla trasformazione. I "m arxismi" successivi a Marx hanno in generale perduto la c a p a c ità di t r a t t a r e in modo adeguato la p ec ulia rità m a te ria le del "m om ento ideale", dando luogo ad una gam m a di posizioni che vanno da una "spiritualizzazione" e s tr e m a del m om ento ideale stesso, spogliato di ogni determ inazione m a teria le (ad esempio in Max Adler), fino ad una cancellazione arro g a n te m e n te econom icista e n atu ra listic a di ogni "idea lità " (in Plechanov, ma s o p r a tt u tto nella teoria e nella prassi dello stalinism o, che occultava così m ald estra m e n te il f a tt o che la p resu n ta "oggettività sociale" era quasi sempre il "risu ltato volontaristico delle risoluzioni del p a r ti to " ) (63). Di tanto in ta n to , ovviamente, pensatori in vario modo "m arxisti" hanno c e r c a t o una via personale di approdo al "m om ento ideale", ingegnandosi di evitare la soluzione neo -k a n tian a , f o rm a lis tic o - a s tr a tta , della separazione fra r e a ltà fenom enica ed id e alità a s t r a t t a , per la quale in definitiva si lo tt a c ontro il capitalism o mossi da un imperativo c a te g o ric o di tipo morale e si concepisce il comuniSmo com e un "ideale regolativo" e com e un c o n c e tto -lim ite scisso dall'esp e rie n za quotidiana. Antonio Gramsci, com e è noto, deve essere considerato ancor oggi un teorico notevole della "autonom ia specifica" del momento ideale (teoria d ell'eg em o n ia e della gu erra di posizione, teoria degli in tellettuali organici, e c c e te r a ) , superiore di gran lunga in freschezza e profondità a buona p a r te dello stucchevole "gram scismo" successivo, la cui mancanza di sviluppo deve essere im p u ta ta alla sua precoce

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incorporazione in una ideologia di legittimazione di un ceto p o litic o -p a rtitic o . In Gramsci, tu ttavia, la form a filosofica del discorso che fa da "supporto" alle sue numerose e geniali osservazioni su ll'a utonom ia specifica d ell'id ea le non è a f f a tt o un'ontologia sociale b a s a ta sul "lavoro", ma è un "paradigm a della produzione" di tipo storicistico, che sincronizza la "coscienza del produttore" com unista con la socializzazione c a p ita listic a della produzione sociale. Muta dunque lo stesso "valore di posizione" del ruolo del "m om ento ideale", e m uta anche il nesso fra ca usalità e teleologia. La "dem ocrazia dei produttori" ed il moderno Principe voluti da Antonio Gramsci non sono dunque a f f a t t o qualcosa di "inseribile" in modo indolore nella prospettiva dell'O ntologia, ma fanno p a r te di un "complesso teorico" radicalm ente diverso (anche se di grande qualità e di tu tto rispetto, storico e culturale) (64). Un discorso parzialm ente diverso deve essere f a t t o a proposito del cosiddetto "m arxismo di Mao T setung", del quale non discuterem o c e r ta m e n te qui gli asp etti legati sp e c ific a ta m e n te alla rivoluzione cinese (come rivoluzione di tipo nazionale e contadino), limitandoci ad una brevissima riflessione sul ruolo m a teria le del "m om ento ideale" nel suo pensiero. In Mao Tsetung il "m om ento ideale" non appare sotto l'a s p e t t o d e ll'a d d e s tra m e n to educativo, di tipo spesso confuciano (pensiamo a Liu Sciao Chi ed ai suoi sc ritti su com e diventare un "buon com u n ista "), ma assume talvolta una vera dimensione ontologico-sociale, co-fondativa della r ea ltà sociale intesa nella sua dimensione più am pia. Ciò non avviene però mai in modo sis te m a tic o ed univoco, ma è sempre più o meno "annegato" in considerazioni f ra m m e n ta rie ed e stem p o ra n ee , le gate a congiunture politiche ed a lo tte di fazione quasi sem pre oscure ed ingarbugliate, che solo la p ietas e la fides dei maoisti occidentali potevano elevare a corpus d ia le ttic o e m a teria listico di dottrine co e ren ti. La ste ssa storia della Rivoluzione Culturale è in proposito istruttiva, per quel poco almeno che possiamo ricostruire: costante è la polemica contro la "n e u tr a lità " della scienza e della tecnica applica te alla produzione industriale ed agricola, fino a parlare esplic itam en te di una vera e propria " te o ria reazionaria delle forze produttive" come nem ico ideologico principale nella "fase storica del socialismo". La ro ttu ra con il "paradigm a della produzione" (che, come si è visto, non è s tr u ttu r a lm e n te in grado di tener conto del "m om ento ideale" se non nella fo rm a sfigurata e m is tifica ta della "coscientizzazione" pedagogica) è indubbiamente visibile, ma non vi è neppure un approdo al "pa ra d ig m a del lavoro" in senso ontologico (approdo che non aveva probabilm ente i presupposti minimi necessari, sul piano storico e sociale, per essere

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c o scie n tem en te perseguito) (65). La transizione al socialismo è in f a tti una processualità c o s cie n tem en te perseguita, ed è inconcepibile senza u n 'a d e g u a ta considerazione- della r ea ltà m a teria le del momento ideale. Q u e s t'u ltim o non è però qualcosa di "aggiunto", di contorno al p ia tto principale, ma è un elem ento costitutivo della transizione stessa, concepita com e azione teleologica. 9. Problemi filosofici della nozione negativa di ideologia Il momento ideale com prende sem pre anche, in modo ontologicam ente costitutivo, un m omento ideologico. Nel corso della lunga sto ria del pensiero filosofico si sono periodicam ente rip re se n ta te posizioni che, in vario modo ed usando d iffe renti linguaggi e terminologie, hanno annunciato di voler "far piazza pulita di ogni tr a c c ia di ideologia", fino al raggiungimento di una p e r f e tt a "tra sp aren z a" (o autotraspa re nza , la cosa non cam bia a f f a tt o nell'essenziale). Come è noto, è in circolazione u n 'in te rp re ta z io n e di Marx che, appoggiandosi su citazioni r ea lm en te ricavabili dalle sue opere (ma non dal loro spirito complessivo, come noi crediam o), vede in Marx il radicale elim inatore di ogni trac cia di ideologia e di falsa coscienza. Secondo una versione ingenua di questa interpretazione, il geniale Marx sarebbe del tu tto immune dal m om ento ideologico, m entre tu tto il marxismo successivo non sarebbe che una mostruosa galleria ideologica degli orrori; secondo una versione più sofistica ta , anche in Marx vi sarebbero momenti ideologici rilevanti, d e s tin a ti però ad essere via via elim inati dal "processo storico" e dai suoi più geniali continuatori, fino al raggiungimento di una situazione o ttim a le di pieno scientifico e di vuoto ideologico. Q uesta interpretazione "tra sparenz ia listica" deve però essere respinta. Al contra rio, esiste ontologicam ente una specifica "inamovibilità della mediazione ideologica". Secondo la determ inazione generale che Marx fornisce dell'ideologia, essa è lo stru m e n to sociale con il cui ausilio gli uomini com battono in con fo rm ità ai propri interessi i co n flitti che nascono dal contra d d itto rio sviluppo economico. Se questi "interessi" fossero però qualcosa di chiaro, trasp a ren te , cosalm ente "dato" d a ll'e ste rn o , non esisterebbe ovviamente neppure lo spazio ontologico per la possibilità m anipolatrice di soggetti che (com e si è d e t to poco sopra) si dirigono alla coscienza di altri uomini, in modo che essi compiano da sè gli a t t i lavorativi d es id erati dai soggetti della posizione. O ccorre dunque una determ inazione più r i s t r e t t a della

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p recedente, m a anche più precisa, di ideologia: essa consiste nel f a tt o che con l'ausilio delle ideologie gli uomini portano alla coscienza e co m b atto n o i loro conflitti sociali (66). Lo "spazio ideologico" è dunque un sistem a complesso di "regni c o m b atten ti". Non è prevedibile che esso possa scom parire in una " t o ta l ità p a c if ic a ta " (così com e non è prevedibile che possa scomparire in una "scienza p e r f e t t a dell'am m inistrazione delle cose" lo spazio specifico d e ll'"e c o n o m ic o "). In questo "spazio" si inseriscono d ia le ttic a m e n te le posizioni teleologiche dei soggetti, che non sono ovviamente mai m ere richieste econom iche di tipo cosale-operazionistico (del tipo: c o s tru ite le Piramidi!; lavorate nelle miniere di argento!; p a r ti te per la guerra!; a c c e t t a t e il regolamento di disciplina della fabbrica!), ma che incorporano sem pre elem enti mitici, linguistico-simbolici, e più in generale "ideologici". In proposito è necessario non ca d ere in errori di tipo classificatorio-valutativo (già com messi, ad esempio, da Engels, influenzato qui dal positivismo d ell'e p o c a ), tendenti a dividere le ideologie in due grandi classi: le ideologie "stupide e primitive", prive di qualsiasi base sperim entale e sprovviste di argomentazioni razionali, e le ideologie " a c c e tta b ili" , anche se prive di vera e propria dignità sc ien tifica (ed a questo proposito la c r itic a lucacciana ad Engels, svolta nell'O ntologia, è di grande acutezza) (67). L'ideologia utilizza m assicciam ente, ad esempio, l'"a n alo g ia": Gesù pensa se stesso come il p ro fe ta Isaia, L ute ro pensa se stesso nelle vesti di Paolo, Robespierre si rap p rese n ta la propria p ra tic a politica attrav erso le toghe dei Gracchi, Lenin c e r c a di non ca d ere negli errori f a tt i dai giacobini francesi, e così via. Si è qui in presenza di una modalità costitutiva della produzione ideologica. Essa ha in f a tti una duplice, c o n tra d d itto ria , inscindibile natu ra ontologica: in negativo, fornisce ai soggetti delle posizioni teleologiche inseriti nel con flitto sociale una falsa rappresentazione della n a tu ra e della società, e p e rta n to anche ‘della loro interrelazione s tr u ttu r a le con essa; in positivo, fornisce a questi stessi soggetti uno spazio di possibilità, linguistica e con c ettu ale, per la conduzione s tr a te g ic a v ittoriosa di questi co n flitti stessi. Essa è comunque ineliminabile, e vive appunto soltan to nella modalità della relazione co nflittuale (senza che però questo, com e vedremo, elimini del tu tt o il problema ontologico della "v e rità" delle opposte rappresentazioni conflittuali) (68). In negativo, ovviamente, l'ideologia è sem pre s t a t a u n 'a r m a per le classi dominanti (cui ha sem pre anche fornito, in generale con un fo rte "sconto", la falsa coscienza n ec essaria per rappresentare

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se ste sse come emanazione del volere degli dei, prima, di un unico Dio, poi, d e ll'u m a n ità unific ata da.lla razionalità e dalla libe rtà, infine). Dal punto di vista della c r it ic a d ell'eco n o m ia politica, il problem a è ovviamente quello della soglia ontologica tem p o ralm e n te irreversibile in cui ci troviamo s to r ic a m e n te oggi, il modo specifico e d e te r m in a to in cui si pone per le classi dominanti oggi la produzione funzionale della mistificazione ideologica. Lo scrivente condivide in proposito (con qualche divergenza di d ettaglio) l'im postazione che da in proposito l'O ntologia: la questione " s tra te g ic a " fondam entale per la f o rm a filosofica del discorso bo rg h e se -c a p ita listic a è l'abolizione "c o n c e ttu a le " dello spazio teorico fra fenomeno ed essenza dei f a t t i sociali, la cancellazione della ste ssa possibilità linguistica di disoc cultare le form e di falsa coscienza necessaria per la riproduzione dei rapporti di produzione dom inanti. Di qui vengono, ad, esempio, l ' a t t a c c o alla d ia le ttic a , g iu stam e n te individuata dal pensatore borghese più "epocale" del tem po p rese nte, sir Karl Popper, com e "nem ico irriducibile" della manipolazione ca p ita listic a p e rm a n en te dell'eco n o m ia e della p o litica (che viene rib attez za ta da Popper "ingegneria sociale a spizzico"), e la riproposizione in diverse salse della te o ria della deideologizzazione, cioè della "fine delle ideologie", che sarebbero ora in te gralm e nte so stitu ite da "im perativi sistem ici" di tipo in te g ralm e n te tecnico e neutrali risp e tto alla produzione filosofica ed ideologica (69). Il f a tt o che la produzione c a p ita listic a venga p r e s e n ta t a dagli ideologi borghesi so tto il segno ideologico della "n a tu r a lità " e della "n e u tr a lità " non se m bre rebbe a prim a vista una novità ontologica. Da sem pre, le classi dominanti hanno p re se n ta to il loro dominio com e "n a tu ra le ". T uttavia, una novità ontologica esiste, e p rese n ta a s p e tti p ro m e tte n ti ed a s p e tti problem atici: in prim o luogo, in fatti, la s te ssa generalizzazione e mondializzazione del modo di produzione capita listico ha "u n ific ato ", per la prim a volta nella storia, lo "spazio ideologico" in cui si svolge il con flitto fra le classi, m e tte n d o le basi per una "sintassi comune" della presa di coscienza; in secondo luogo, invece, l'inevitabile e di per se assai positivo crollo della "vecchia sintesi" ideologica m arx ista-le n in ista non ha per ora pro d o tto gli elem enti minimi necessari ad una "nuova sintesi", lasciando spazio soltanto a ciniche apologie del decisionismo politico, da un lato, ed alla disseminazione differenzialistica dell'irresp o n sab ilità socialm ente organizzata, d a l l'a ltr o (70). La questione del ruolo "positivo" dell'ideologia resta però a p e r ta , e d a questo ora ac ce nnerem o brevemente.

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10. Problemi filo so fic i della nozione positiva di ideologia Come rileva a c u ta m e n te Lukàcs, se qualcuno - anche dopo un periodo molto lungo di oblìo - volesse rendere m etodologicam ente a t tu a l e Platone o Cartesio, gli bastereb b e ritornare al metodo in se e per sè. Essendo invece la d o ttr in a marxiana una sintesi di nuovo genere fra filosofia e scienza, il suo rinnovamento deve legarsi organicam ente a una conoscenza te o ric a della situazione a ttu a le , e ad una a u to c r itic a rigorosa degli esiti e dei fallim enti delle rivoluzioni pro letarie. E' questo ovviamente un com pito per il m aterialism o storico e per la c r it ic a dell'eco n o m ia p o litica di oggi, cui non possiamo neppure ac ce n n are. E' invece utile rip etere ancora una volta che, dal punto di vista filosofico, questo program m a scientifico non può essere neppure c o r r e tt a m e n te posto se si p arte con il "piede sbagliato" della separazione assoluta fra scienza ed ideologia (71). Il marxismo infatti inserisce se stesso nel complesso problem atico delle ideologie in modo as soluta m ente consapevole, senza alcuna illusione di "avalutatività pura" e senza alcuna propensione a stabilire un dilem m a rigido fra scienza e ideologia per quanto concerne il proprio " s ta tu t o epistem ologico". Questo dilem m a rigido è definito da Lukàcs "pura m e tafisica a base gnoseologica", e si m a n ifesta in form e assai diverse, u nificate tu tt e dalla feticizzazione u ltrarazionalistica di una p resu n ta separabilità pura fra ideologia e scienza. Ovviamente, vi è una separazione specifica fra i due complessi, fo n d ata sulla loro funzione n ell'esse re sociale: la sc ie n tific ità si fonda su ll'in te n to di riconoscere la realtà oggettiva così c o m 'è in-sè, m entre l'id e o lo g icità si fonda sulla base della rappresentazione conflittu ale degli interessi con là quale i soggetti costruiscono le loro posizioni teleologiche. I due complessi sono però coestensivi e consustanziali, ed ogni separazione assoluta sfocia filosoficam ente in una vera e propria " m e ta fis ic a a base gnoseologica". In primo luogo, infatti, è vano decidere (come ritiene invece necessario Max Weber) se l ' oggettivazione cui si intende pervenire sia scienza o ideologia: il pensiero di Marx, ad esempio, non ha mai c e r c a t o di nascondere la propria genesi sto ric o -so c ia le con una " a te m p o ra lità " c o s tru ita in form a gnoseologica, e si è anzi sempre collocato dentro la lo tta di classe del tempo. La s c ie n tific ità e /o l'id e o lo g icità dei risultati cui si perviene sono intessute insieme nella stessa posizione teleologica (la quale, non bisogna dim enticarlo, ha sempre nel lavoro la sua f o rm a originaria ed il suo modello). In secondo luogo, infine, la gnoseologia non è mai

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l'o rg a n o a d a tto per distinguere l'ideologia da ciò che l'ideologia non è; è la funzione sociale infatti che decide se qualcosa diventa o no ideologia, e su questo f a tt o la gnoseologia per sua n a tu ra non ha nulla da dire (72). La chiarezza teorica su questo punto è essenziale (e ta n to più lo è, se pensiamo che scuole ricche di m eriti storici com e quella di Louis Althusser sono e n t r a te in crisi irreversibile anche e s o p r a tt u tto per l'in c a p a c ità di padroneggiare la delica tissim a d ia le t tic a di elem ento scientifico ed e le m e n to ideologico a ll'in te r n o dell'unica posizione teleologica che li produce en tra m b i). L 'e le m e n t o ideologico, che non può ontologicam ente essere elim inato, deve essere invece padroneggiato e " te n u to so tto controllo". Questo non può però essere f a t t o sulla base delle m e tafisiche a base gnoseologica, e neppure sulla base delle tr a s c u r a te superficialità, di tipo g en e ra lm e n te storicistico, che proclam ano l'irrilevanza del f a tt o r e ideologico o filosofico per quanto riguarda l'ad e sio n e ad un pro g ra m m a p o litic o - p a r titic o co n c reto . E ' questa, com e è noto, la posizione "filosofica" ufficiale del PCI (forse l'unica), secondo cui il p a r ti to com unista è una organizzazione politica che chiede a chi ne fa p arte soltanto di riconoscersi nel program m a politico che propone e per la definizione del quale stabilisce d e te r m in a te regole (il centralism o dem o cratico , obbligatorio ovviamente solo per gli isc ritti, la cui adesione è del tu tt o volontaria, potendo sem pre i dissenzienti "andarsene" n e ll'a m p ia società civile estern a, di cui si sancisce l'irreversibile gestione pluralistica e d e m o c ra tic a ), m e n tre non gli chiede invece di condividere una d e t e r m in a ta filosofia e ta n to meno una sua p a rtic o la re interpretazione (73). Si t r a t t a , a p a re re dello scrivente, di una posizione filosofica molto p roblem atica, e sin c eram en te insoddisfacente. Nessuno può ovviamente rimpiangere il " p a rtito ideologico", che stabilisce con riunioni della direzione (composta di politici professionali, e non c e r to di specialisti) il v erd e tto di sc ie n tific ità su questioni di fisica o di biologia ed il v e rd e tto di co rre tte z z a filosofica sull'esistenza o meno di Dio o s u ll'in terp re ta zio n e di Lenin, Gramsci o Marx. E' questo un "superam e nto" dello stalinismo che tu tti si augurano irreversibile, con il quale però il problem a della "ideologicità" di un program m a politico d a to (che è fo rm a lm e n te a l tr a cosa, ma che si ide n tifica poi di f a t t o con la "linea politica") non è a f f a tt o "chiuso", ma risulta appena "a p erto " . Il program m a politico e la linea p o litica non vengono infatti elaborati nel vuoto p n eum atico di una presunta "n e u tr a lità " ideologico-filosofica, ma sono an c h 'essi posizioni teleologiche

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c o n c r e ta m e n te inte ssu te di sc ie n tific ità e di ideologicità (cioè, di una rappresentazione della r e a ltà in sè, che si chiede di a c c e tta r e , e di una interpretazione della r e a ltà per sè, che si chiede di condividere). Non si t r a t t a allora di "chiedere" l'a c c o r d o sulla valutazione della d ia le ttic a trasc en d e n ta le di K ant o della scienza della logica di Hegel, e neppure sulla trasform azione dei valori in prezzi (una simile concezione del "pluralismo delle opinioni" può venire in m ente ovviamente soltan to ad un filosofo professionista). Si t r a t t a invece di capire che non vi può essere nessuna fondazione seria di un program m a politico (e dunque neppure di una "linea politica") al di fuori di un'esp licito accordo su di una "posizione teleologica fo n d a m e n ta le " , che rimanda ovviamente ad una serie di opzioni filosofiche lim ita te (74). A questo proposito la sola garanzia con tro la strumentalizzazione ta ttic o -p o litic a della teoria non può c e r to consistere nell'elim inazione di q u e s t'u ltim a , so stitu ita da affermazioni generiche e dalla quotidianità p a rla m e n ta re , ma può risiedere solo nella c o r r e tt a valenza della te o ria stessa. In caso contrario, la manipolazione soggettivistica della linea politica può diventare ancora maggiore in mancanza assoluta di una filosofia politica e di un'ideologia di o rientam e nto. Una politica rivoluzionaria (e talvolta anche solo se ria m e n te riform istica) non può c e r t o basarsi sul pluralismo delle "opinioni filosofiche" fondam entali, com e se l'esiste n za della "estraneazione" fosse una option casualm ente sostenuta a seconda dei gusti, e com e se l'o r ie n ta m e n to ideologico fosse un extra facoltativo poco rilevante per l'azione p ratica. A questo proposito, invece, la r e a ltà m a teria le ed ontologica della estraneazione non si la scia ricondurre al relativismo s c e ttic o -p lu ra listic o delle opinioni c o rte s e m e n te confliggenti in cortesi dibattiti; essa non è un articolo di fede da imporre ai "c re d en ti" nel comuniSmo marxiano, ma rap p rese n ta un punto di partenza sia per una teoria dell'individuo che per una teoria della so c ietà (ed è questo, appunto, il problem a storico della democrazia e delle sue form e di esistenza c o n c r e ta , che è possibile a f f ro n ta r e in senso ontologico-sociale soltanto dopo aver acquisito idee chiare sulla questione della estraneazione) (75). 11. Il sign ificato on tologico-sociale della estraneazione U n 'a d e g u a ta trattaz io n e ontologico-sociale d e ll'estran e az io n e è resa difficile dagli equivoci se m antici che si sono accum ulati su questo term ine. Per evitare le deformazioni principali, occorre subito "considerare l'estra n ea zio n e un fenomeno esclusivamente

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sto ric o -so c ia le, che si p r e s e n ta a d e t e r m in a te altezze dello sviluppo e da quel momento assume nella sto ria form e sem pre d iffe re n ti, sem pre più chiare. La sua costituzione, dunque, non ha nulla a che vedere con una generale condition humaine e ta n to meno possiede una universalità cosm ica". E' questo, ovviamente, un punto di p a rte n z a teorico necessario (d im e n tica to non solo dalle filosofie esistenzialistiche più ban a lm e n te astoriche, ma anche da filosofie più nobili com e quella di Hegel, che generalizzava l'e stra n e a z io n e in form e logico-speculative per fondare meglio il pensiero assoluto, la cui incarnazione ade g u ata e r a il so g g e tto - o g g e tto identico), ma non anc ora sufficiente: il f a t t o che non es ista una estraneazione com e c a te g o ria generale o, ta n to meno, so v ra-sto ric a, antropologica, ma che l'estra n ea zio n e abbia sem pre un c a r a t t e r e sto ric o -so c ia le, ed in ogni formazione ed ogni periodo venga sem pre messa in moto ex novo dalle forze sociali rea lm en te o p era n ti, non ci dice anc ora qualcosa di essenziale sulla n a tu ra d e ll'estran e az io n e s p e c if ic a ta m e n te um ana (76). Per im postare c o r r e tt a m e n te il problem a occorre tener conto del f a tt o che la posizione teleologica del lavoro, pur essendo nell'essenziale m onisticam ente u n ita ria e non u lte r io rm e n te riducibile, si sviluppa d ia le ttic a m e n te in due direzioni potenzialm ente divergenti: lo sviluppo delle c a p ac ità um ane e lo sviluppo della p ersona lità umana. Per form ulare ciò in modo più preciso: lo sviluppo delle forze produttive è n ec e s sa ria m e n te anche sviluppo delle c a p a c ità umane, ma - e qui em erg e p la stic am e n te il problema d e ll'estran e az io n e - lo sviluppo delle c a p a c ità umane non produce obb lig a to riam en te q u ello della personalità um ana (77). Il problem a d ell'estran e az io n e non si fonda dunque, in modo m etafisico, sulla "scissione originaria d e l l'u n ità " , sulla c o s id d e tta "deiezione", e c c e te r a , ma risiede esclusivam ente nello spazio d ia le ttic o co n c reto che sorge dalla contraddizione fra sviluppo delle c a p a c ità e sviluppo della personalità. Insistiamo qui sul term ine di "contraddizione d ia le t tic a " , in quanto fra c a p a c ità e p e rsona lità non esiste a f f a t t o una "opposizione reale": lo sviluppo della personalità dipende anche, per m olti a s p e tti, da un più elevato ed approfondito livello delle singole c a p a c ità , e solo sulla necessaria base di queste ultim e può fondarsi. Una personalità ricca e m ultila terale priva di c a p a c ità co n c rete , da un lato, ed uno sviluppo m ultiform e di c a p a c ità trasform ative c o n c r e te sulla base di un impoverimento della personalità, d a ll'a ltr o , sono en tra m b e astrazioni prive di conten u to storico reale. La continuità specifica del processo storico (senza la cui

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presupposizione m a te ria listic a il " te m p o " si fra n tu m e re b b e in spezzoni sp englerianam ente irre la ti) consiste proprio nella determ inazione c o n c r e ta delle discontinuità dentro le quali si svolge, in modo sempre diverso e peculiare, la d ia le ttic a fra sviluppo delle c a p a c ità e sviluppo (o sottosviluppo) della personalità. Il "progresso" non è dunque a f f a t t o "e stra n ia rn e " per sua n a tu ra (se ci si p e r m e tte u n 'affe rm az io n e di sapore kantiano, la proposizione "il progresso è e s tra n ia n te " non è nè un giudizio analitico, nè un giudizio sin te tic o a priori o a posteriori - ci si invischierebbe qui in una m e ta fisic a a base gnoseologica), ma piuttosto progresso (delle ca p a c ità ) ed estraneazione (della personalità) sono lati di un complesso co n c re to che possiede in ultim a istanza un'unica p rocessualità di tipo ontologico-sociale (78). Q uesta d ia le t tic a re s ta in generale per il pensiero "borghese" (ed anche per quello che si e t i c h e t t a com e "socialista" e "com unista") un segreto nascosto da s e tte sigilli. La c o n tra d d itto r ie tà del progresso, in f a tti, "non viene intesa nella ideologia borghese per quel che è, un c a r a t t e r e intrinseco di ogni movimento in avanti della so c ietà, ma viene invece ossific ata in, u n 'u n ic a sem plicistica antinomia, nella quale si ha, da un lato, una adesione più o meno assoluta e, d a l l'a ltr o , un rifiuto in sostanza T otale. La prim a linea muove d a ll'e p o c a delle illusioni c irc a il libero com m ercio e giunge alla venerazione per l'odierno capitalism o, l ' a l t r a com incia, diciam o, con Schopenhauer, passa per Spengler e arriva a l l 'a t t u a l e nichilismo". Una simile antinom ia irrigidita è riscontrabile anche nel pensiero della co sid d etta "sinistra" (sit venia verbo!); da un lato, il pensiero riform ista e socialdem ocratico re s ta in generale ferm o all'uom o sponta nea m ente c r e a to d all'eco n o m ia capita listica , di cui vengono " r e a lis tic a m e n te a c c e t t a t e " le tendenze e s tra n ia n ti a considerare il nesso pubblico-privato so tto il segno del decisionismo manipolatorio e del consumo di prestigio; d a l l'a ltr o , l'a l a e s tr e m is tic a tende a considerare il m u ta re dell'uom o nel flusso della sto r ia come conseguenza della sua propria prassi, com piuta in maniera consapevole (come risposta consapevole) ed au to -o rg a n iz z a ta (79). L a solidarietà a n tite tic o -p o la re fra queste posizioni può essere ovviamente d e t ta g l ia t a , ma non sarebbe questo il problema principale. Come si è d e t to sopra, l'e stra n e a z io n e non esiste se non nella form a specifica di un complesso d e te r m in a to di estraneazioni che hanno una scansione storica discontinua (dunque, la d ia le ttic a fra c a p a c ità e personalità non è la stessa, se non in un senso generico e f o r m a le - a s tr a tt o , in Caio Giulio Cesare ed in Dante Alighieri, in Newton ed in Einstein). In proposito è bene dire che,

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così com e il complesso di estraneazioni deriva da un risulta to "non co scie n tem en te voluto" di una serie di posizioni teleologiche originarie la cui "risu ltan te" è un complesso di legalità ontologiche nuove, analogam ente, nel processo sociale ed individuale di lo tta contro l'estraneazione la prassi c o n c r e ta ha la prio rità sul co siddetto "rispecchiam ento cosciente" degli interessi (ed è del resto filosoficam ente insuperata l'im postazione teorica di Lenin, che vedeva nella prassi spontanea "di risposta" dell'uom o la "fo rm a em brionale della coscienza") (80). O ccorre dunque rifiutare un a tte g g ia m e n to pu ram e n te "coscienzialistico" verso le posizioni teleologiche rivolte con tro il contem poraneo complesso di estraneazioni. E' questa la ragione per la quale, in Lukàcs, la "vita quotidiana" rappresenta l'e le m e n to prim ario, non u lte rio rm en te riducibile (vi è qui un'evidente analogia con la form a del "lavoro"), a partire dal quale si originano le posizioni teleologiche, in vario grado "c o scien ti", tendenti ad approfondire l'estra n ea zio n e oppure, a ltern ativ am en te , a c o m b a tte r e con tro di essa. E' s ta ta , probabilm ente, la lunga consuetudine di Lukàcs con il romanzo e più in generale con la l e t t e r a t u r a a produrre, com e " r ic a d u ta filosofica", la valorizzazione ontologico-sociale della form a della quotidianità com e modello, non u lte r io rm e n te riducibile, della d ia le t tic a fra le tendenze es tra n ia m i e d isestranianti den tro l'e s s e r e sociale (81). Vi sarebbero da fa re in proposito decine di osservazioni filosofiche ma, non potendolo fare, ci lim ite re m o a sottoline are i due punti forse più rilevanti. In prim o luogo (com e si è già an tic ip a to nell'introduzione di questo lavoro) lo sviluppo economico sem bra aver acquisito, nel capitalism o, il c a r a t t e r e della tota le illim itatezza, m entre in tu tt e le s o c ie tà p rec apita listiche esistevano lim iti stru ttu ra li allo sviluppo illim itato. Q uesta c a r a tte r is tic a ontologica, specifica del capitalism o, fa diventare l'estra n ea zio n e un fenomeno sociale universale (nel suo nesso di illim itato sviluppo delle c a p a c ità e di illim itata manipolazione della personalità), che predomina tr a gli oppressori così com e tr a gli oppressi, tr a gli sfru tta to ri così come tra gli sfru tta ti. Nelle so c ietà a sviluppo lim ita to (pensiamo alla G recia classica ed anche, sia pure in f o rm a qualitativam ente assai più lim ita ta , al Rinascim ento europeo) per una p a r te degli individui sembrava esserci alm eno negli s ta ti iniziali un modo per sfuggire all'estran e az io n e generale, ora ciò è del tu tto escluso: l'estra n ea zio n e degli s f r u t t a t i ha il suo e s a tt o corrispettivo in quella degli s f ru tta to ri. Questa- generalizzazione "necessaria" della realtà ontologica della, estraneazione è però sim ulta neam ente una

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generalizzazione della "possibilità ontologica generalizzata" della l o tt a contro di essa (82). In secondo luogo, Lukàcs dà del prese nte una valutazione assai realistica, lontana sia dal pessimismo aprioristico sia d a ll'o ttim ism o storico (ed in proposito sono da respingere le interpretazioni e r r a te di Lukàcs com e "ultim o o ttim is ta storico" del XX secolo). Secondo Lukàcs, "da un lato il problema d ell'estran e az io n e non è mai sta to così diffuso - e proprio nella sua f o rm a d ir e t ta , ap e rta , espressa, d a l l'a ltr o non si è mai dato un periodo di a lta socialità in cui la ribellione a u te n tic a , p r a tic a , contro il sis tem a economico dominante e con tro la sua ideologia fosse così debole e in e ffic ac e com e nel r ec en te passato" (83). Q uesta valutazione lucacciana è ta n to più fondata quanto più pensiamo a ll'in c a p a c ità dei movimenti giovanili antica p ita listici del S essantotto a tr a sfo rm a re l 'an ticap italism o in una vera e propria "passione durevole", ca pace di resistere all'assolutizzazione giovanilistica del valore c e n tr a le da dare alla giovinezza stessa. Sta qui la base ontologica di ciò che Lukàcs definisce 1"'avvizzimento del sogge tto n e ll'a r c o che va dallo specialismo alla stravaganza", i due poli estre m i dell'estrane az ione che il capitalism o sviluppa in base alla sua peculiare d ia le ttic a di a c crescim en to delle c a p a c ità ( a ttra v e rso lo specialismo) e di particolarizzazione delle individualità (attra v erso il conformismo non-conform istico del pullulare di singolarità stravaganti) (84). Lo specifico modo con cui si p rese n ta la processualità c a p ita listic a contem poranea, nel suo con tra d d itto rio movimento fra nec essità ontologicam ente es tra n ia n ti e possibilità ontologicam ente disestranianti, è dunque la base filosofica salda e sicura con cui si possono porre sia i problemi dell'individuo che quelli della società, che non sono ovviamente due po la rità indipendenti ed ir re la te , ma due " a sp e tti" dello stesso complesso problem atico. Lo scrivente se p a re rà ora i due a s p e tti per m ere ragioni scolastico-espositive: la d ia le t tic a "individuale" fra singolarità e p a r tic o la rità , da un lato; la d ia le ttic a "sociale" fra e t ic a e politica, d a l l'a ltr o . La ricomposizione to c ch e rà s o p r a ttu tto a ll'intellige nza del le tto re . 12. La d ialettica di particolarità e di generalità nel marxismo Il punto di partenza ontologicam ente essenziale per intendere la s to r ic ità essenziale dell'uom o consiste nel concepirlo com e p rocessualità in divenire. Già Marx a suo tem po affe rm ò che la storia t u t t a è una trasformazione continua della n a tu ra umana, ed è questo, appunto, il fondam ento m arxiano della antropologia e della psicologia storica. Non bisogna però concepire questa processualità

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in modo ingenuamente e ra cliteo , com e una semplice tautologica afferm azione sul divenire com e "base sostanziale" d e l l'e s s e re sociale: si può in questo modo approdare al semplice storicism o o a d i rittu r a al nietzschiano " e te rn o ritorno del sem pre eguale". Anche la proce ssualità della personalità umana possiede le c a r a tte r is tic h e essenziali, ontologico-sociali, del lavoro: la produzione di soglie ontologiche irreversibili, l'u n i t à specifica di ca u sa lità e teleologia, l'in sie m e d e term in a to di posizioni teleologiche alternative, e c c e te r a . N ell'O ntologia Lukàcs pone il problem a della processualità ontologica della p ersona lità umana muovendo dalle "classiche" posizioni di G oethe e di Spinoza. In sintesi, infatti: "La personalità um ana, solo quando inte nda anche se ste ssa com e u n 'e n t i t à processuale e non s ta tic a , non d a t a una volta per tu tt e , può nel processo della sua autorealizzazione conservarsi, riprodursi a un livello superiore, come p e rm a n e n te m e n te nuova rispetto a se stessa. Una ta le personalità pro ce ssu ale-esse n te deve però... concepire... anche il proprio am biente com e un processo. Un ta le modo di concepire il mondo soggettivo e oggettivo è dunque il presupposto teorico per l 'autoconservazione p ra tic a della personalità in un mondo anc h 'esso processuale, ma che si muove in m aniera indipendente; tu ttavia l'elevarsi a questo automovimento può essere solo il risultato di una c a p a c ità di decisione interna" (85). Q uesta concezione è già presente in G oethe in te ssu ta di elem enti romantici e titan ic i. N ell'essenziale, tuttavia, Goethe coglie già in modo c om pleto il nesso inscindibile che unisce il divenire processuale di ogni personalità con la necessità per l'uom o di agire senza conoscere tu tte le circostanze che d eterm inano la sua prassi, e quindi senza p o te r evitare l'estra n ea zio n e delle proprie pratiche co n c rete . L a processualità non può dunque evitare l'estra n ea zio n e , ma q u e s t'u l tim a non è a f f a t t o un "destino" esterno, quanto un momento d ella processualità ste ssa , che contiene dunque al suo interno anche la possibilità di "dich ia ra re la guerra con tro la propria auto-reific az io n e psichica" e la s t a t i c a cristallizzazione di momenti già trascorsi. L a sto ria della grande filosofia ci consegna, se sappiamo leggerla -con attenzione, esempi concreti di "progresso teorico" nel modo di supe ra re impostazioni lim ita te del rapporto fra prassi ed estraneazione. Ad esempio, Spinoza compie una correzione profonda "r isp e tto a ll'antropologia filosofica greca, per cui il dominio dell'u o m o sui propri a f f e tt i non è più quello della ragione sugli istinti (il che può ancora essere reific ato in un f a t t o trasc en d e n te , com e appunto avvenne nel cristianesim o), ma quello degli a f f e t t i più forti su quelli più deboli", e questa correzione segna sul piano te o rico il com pim ento d e ll'autoc ostituzione

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processuale, te rr e n o - im m a n e n te , d ell'uom o (86). Il riportare la dinam ica processuale all'im m anenza (di contro alle vecchie form e trascendenti) p e r m e tte di capire il nocciolo razionale ed il m om ento di verità delle filosofie della storia (pensiamo a Vico o a F ich te ) ed anche delle svariate divisioni degli uomini in " c a ste spirituali". Si t r a t t a di tentativi, necessariam en te scolastici e rigidi, di concettualizzare il divenire processuale e la differenza qualitativa fra le personalità (87). Un fo rte m om ento di verità è anche conten u to nelle enfatizzazioni m e tafisich e ed unilaterali della libertà. L a s tr u ttu r a ontologica prim aria della libe rtà non è a f f a tt o la cosiddetta "coscienza della n e c e s sità ", che non ne è del resto neppure lo stadio conclusivo. In prim a istanza,la lib e rtà si pone com e rifiuto assoluto di lasciarsi com andare e di avallare con un assenso servile ciò che si sa comunque aver avuto provvisoriamente successo. Questo m omento " m eta fisico -a sso lu to " della libe rtà, che ha ovviamente anche asp etti esteriori ridicoli e donchisciotteschi, nel suo to ta le rifiuto di qualsivoglia "m ediazione", si fonda però su un presupposto ontologico del tu tt o e s a tto , che com prende a sua volta due a s p e tti c orrela ti: da un punto di vista soggettivo, ciò che d e te rm in a l'individuo come personalità partico la re è proprio la possibilità di assenso o di rifiuto alla " d a tità " sto ric a im m ediata, in quanto q u e s t'u ltim a richieda di essere approvata e valutata positivamente; da un punto di vista oggettivo, ciò che d eterm in a la processualità sto ric a è c e r to un d e te rm in a to insieme di soglie di irreversibilità sociale (ed il donchisciottism o consiste propriam ente nel rifiuto della coscienza di a c c e t t a r e la soglia di irreversibilità sto ric a), ma è anche la to ta le assenza di predeterm inazioni e di p resunta razionalità del reale intesa come inesorabilità di q u est'u ltim o . Il dire no ai provvisori vincitori non è dunque solo un a t t o di coraggio morale a s t r a t t o , ma è anche un riconoscimento del f a tt o ontologico ' che la processualità sto ric a non si a r r e s t a mai, e recupera continuam ente possibilità storiche che se m b ra essersi la sciata definitivam ente indietro. Ciò non è a f f a t t o in c o n tra sto con il principio della soglia di irreversibilità, com e può se m bra re a prim a vista: irreversibile ontologicam ente è infatti la costellazione d e te r m in a ta dalla discontinuità sto ric a (appunto: non reversibile) dei modi di produzione sociali (in questo senso, la "bella conciliazione" fra pubblico e privato tipica della polis grec a non tornerà mai più); ontologicam ente reversibile è invece una situazione storica c a r a tte r iz z a ta dalla possibilità sociale di decisioni alternative. In questo caso, colui che perde ha il d iritto di non a c c e t t a r e nella coscienza la propria sc o n fitta (88).

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Con questo non fac cia m o però che aggirarci intorno alla p e rife ria teorica del problema. Secondo Lukàcs, "l'u su a le generalizzazione filosofica di un 'u n ica e -m e tafisica m en te -in d iv isib ile lib e rtà è una vuota costruzione in te lle ttu a le " . Lo sviluppo della so c ie tà produce in fa tti sem pre nuovi campi della prassi um ana in cui ciò che di solito viene chiam ato lib e rtà in generale appare riem pito di contenuti diversi, plasm ato da s tr u ttu r e diverse ed op era n te con diversa dinamica. Q uesta "m o lte p licità" delle sfere im pedisce loro di fondersi del tu tt o in c o m p le ta unità (per esempio la lib e rtà giuridica e quella morale), anche se la s tr u ttu r a dell'azione teleologica è ontologicam ente unitaria. Da un lato, in fa tti, la cre sc ita sto ric a in direzione della com plessità sociale richiede che tale pluralismo delle lib e rtà possa ricevere una fondazione ontologica, di contro al m ero c o n c e tto a s tr a tto , m e ta fisic a m e n te unitario, della libertà com e viene assunto in molti sistem i filosofici; d a l l'a ltr o , co n tem p o ran e am en te , la vita quotidiana produce in continuazione una sensazione, u nitaria anche se indistinta, di fare la propria vita da se mediante decisioni alternative, e per questo non può mai scom parire del tu tt o dalla vita em otiva degli uomini quel complesso di esperienza interiore su cui poggia l'id e a filosofica u n itaria della lib e rtà (89). L a com presenza d ia le t tic a di m olteplicità e di u n ita r ie tà nella ca te g o ria della lib e rtà ha rilevanti conseguenze per lo sviluppo processuale della personalità. La personalità processuale dell'uom o non cre sc e infatti in modo linearm ente cumulativo, ma diviene solo attrav erso una d ia le ttic a fra particolarità, o rie n ta ta in linea di massim a verso la ce rch ia im m edia ta dei propri bisogni ed interessi, ed individualità, che nel suo modo di essere, di pensare e di agire, si colloca a ll'a lte z z a sto ric a del genere umano. Il "genere umano" non ha però neppure esso una c r e sc ita lineare cumulativa, ma ha una sto ria discontinua, spezzata da soglie ontologiche di solito irreversibili, che fanno diventare la lo tt a della personalità individuale per la conquista della g e n e r ic it à - p e r - s è (co sc ien tem e n te voluta e consapevolm ente vissuta) qualcosa di s p e cific ata m en te storico (90). Ora, la "persona che vuole per mezzo di decisioni individuali rompere con la propria estraneazione, per poter com piere soggettivam ente ta le r o ttu r a deve possedere una prospettiva, in ultim a analisi - ma solo in ultim a analisi - di n a tu ra sociale, o r ie n ta ta , anche se in termini tragici, verso una qualche m anifestazione della g e n e r ic ità - p e r -s è , e questo per poter e f f e ttiv a m e n te sollevarsi nel proprio interno al di sopra della sua p a r tic o la rità intrisa di estraneazioni ed aggrovigliata in esse". Questo vale ovviamente per una m olteplicità di figure, tragiche e

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storiche, da Antigone al carabiniere Salvo d 'A c q u isto , ma non ca r a tte r iz z a a f f a t t o soltan to i "casi lim ite" d ell'eroism o, investendo anche il problem a della vita quotidiana e della concezione del mondo di ogni singolo individuo. In prim a approssimazione, la concezione del mondo è il medium necessario per d ia lettizzare e far divenire c o s cie n tem en te una determ inazione riflessiva la "differenza" fra le g e n e r ic ità - in - s è volta a volta im peranti e s to ric a m e n te vincenti e la tensione verso la g e n e r ic it à - p e r - s è dell'uom o. La cosa può essere f o rm u lata diversam ente, per coloro che possono provare ripugnanza per questo linguaggio hegelianeggiante: la concezione del mondo è un campo di forze psichico fra la riproduzione della re a ltà e la reazione ad essa (91). Questo "cam po di forza" non è sem pre sta to lo stesso dalle caverne ad oggi. Con l'irreversibile fine degli antichi G reci, il crollo della vita regolata d a ll'e ss e re -d e lla -p o lis distrugge la tu te la sociale che l'io n o n -p a rtic o la re trovava in quella co n d o tta di vita. La crisi che ne deriva rende possibile il cristianesim o ed il suo lungo dominio ideologico, giacche l'io n o n -p a rtic o la re , divenuto senza p a tria n e ll'a n tic h ità , sem bra trovare un te rren o di sviluppo con l'ausilio di una estraneazione religiosa; ma soltan to l'e p o c a di crisi che vede la n a s c ita della moderna so c ie tà borghese provoca la soglia, ontologicam ente irreversibile, in cui la d ia le t tic a fra person a l ità -p a rtic o la re e n o n -p a rtic o la re può avvenire s o tto il dominio d e l l'a s tr a t te z z a "universale" e dell'estran e az io n e generalizzata (come si è già d e t to nell'Introduzione di questo s c ritto ) (92). A questo punto, la "singolarità" dell'individuo p a rtic o la re assume la f o rm a del "privato" in modo rad ic alm en te nuovo: davanti a sè ha in fa tti uno sta to di estraneazione generale, ed in essa il cre sce re della vita privata ad unico modo di esistenza dell'u o m o singolo apre il problem a della sensatezza o d e ll'a s s u r d ità d ella v ita puram e nte individuale. Il problem a, ripetiam o, è nuovo, non analogicam ente assim ulabile alle specifiche estraneazioni della polis dei greci o del medioevo cristiano (93). Di fronte all'estran e az io n e , la s t r u t t u r a dei com p o rtam e n ti dell'individuo socializzato nel capitalism o è di tipo fo ndam entalm ente "diadico": da un lato, vi sono diverse stra te g ie c om portam e ntali di ac c e tta z io n e e di approfondim ento d ell'estraneazione; d a l l'a ltr o , vi sono tendenze, rese ontologicam ente possibili dalle "novità" sociali e sto ric h e che il capitalism o porta con se, di lo t t a dell'individuo in direzione della g e n e r ic it à - p e r - s è . In p r a tic a , la "diade" non esiste mai in f o rm a pura, e non è in quanto ta le che una vuota astrazione priva di contenuto co n c reto , dato

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l'insopprimibile pluralismo e la radicale m oltep licità d elle libertà. L 'a c c e t ta z io n e d ella estraneazione è da Lukàcs d e fin ita b rilla n tem en te una f o rm a di volgarità. L 'e sse n z a storic o -o n to lo g ica della "volgarità" (prescindendo qui d alla r icc a fenomenologia dei c om portam e nti concreti) s ta in ciò che a suo tem po Marx nei Grundrisse definì com e "a u to c o m p iac im e n to soddisfatto" delle realizzazioni lim ita te che di volta in volta u n 'e p o c a sto ric a consegue (e Marx mostrò anche che persino l'e s a lta z io n e b a s a ta su un frain te n d im e n to dell'u o m o della polis fu ideologicam ente n ec essaria per dare slancio storico-universale alla trasform azione d e ll'assolutism o feudale in so c ie tà borghese). L 'a u to c o m p ia c im e n to soddisfatto e volgare del prese nte (da non confondersi c e r to con la consapevolezza delle soglie sto ric h e di irreversibilità che differenziano o ntologica m ente il prese nte c a p ita listico del passato prec ap ita listico ) è p a rtic o la rm e n te visibile nei "sistem i ideali e se ntim e ntali d ell'e stra n e a z io n e moderna, i quali, pur essendo al massim o grado conform istici, sem brano n e ll'im m e d ia to iperm oderni, ripudiano ogni cosa del passato ed ogni tradizione". E' questo un a tte g g ia m e n to tipico del cosid d etto "conform ism o non conform istico" (i cui esponenti Lukàcs definisce "apprezzati collaboratori della, manipolazione universale"), la cui s tr u ttu r a te o re tic a , che si basa in genere (anche se non sem pre) su filosofie di tipo esistenzialistico-neopositivistico, riposa su un vero e proprio odio verso la sto ria e l'" e r e d i t à " della tradizione. Q uesto conformism o non-conform istico nutre in genere una p a rtic o la re a n tip a tia verso il XIX secolo, in quanto questo secolo cercò almeno (sia pur fra mille incoerenze ideologiche) di a ff ro n ta r e i c o nflitti fra p a r tic o la rità e g e n e ric ità puntando a p e r ta m e n te alla c a ta rsi ed alla conciliazione (e questa è cosa che non può che d isturba re chi vuole l'a d a t t a m e n t o ap e rto , c e la to o rimosso alla manipolazione im perante). Secondo Lukàcs, "un essere sociale che sia o rie n ta to in prevalenza e anzi, com e acca de spesso, potenzialm ente in m aniera esclusiva verso i bisogni della p a r tic o la rità , produce per n ec es sità ontologica la noia a livello di massa proprio quando sem bra aver soddisfatto i suoi bisogni" (e qui si fa r ife rim en to alla moda degli happenings, alle varie form e di voyerismo sessuale, fino al culto della droga ed all'am m ira zio n e ed a d d irittu r a alla p r a tic a degli omicidi "im m otivati"). Si ha qui a che f a r e con qualcosa di nuovo (in quanto tale non assimilabile per analogia alla ricca massa di com p o rtam e n ti autodistruttivi c a r a tte r is tic i del crollo del mondo antico - lo spillone dei punks non è la ste ssa cosa del cilicio degli an a co reti, l'ero in o m a n e non è eguale allo s tilita , i capelli lunghi

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non sono l'a c c o n c ia t u r a "alla moda degli Unni" della Costantinopoli di Procopio di Cesarea, e c c e te ra ): ^(enfatizzazione unila te ra le ed a s t r a t t a , iperm oderna e f alsa m e n te n o n -conform istic a, della " lib e rtà assoluta" della p a r ti c o la rità di espandersi in tu tte (!) le direzioni, po rta alla c o n tra d d itto r ia coesistenza di una "onnipotenza a s t r a t t a e di una c o n c r e ta impotenza". T u tto si può a s tr a tta m e n te fare, e nulla in r e a ltà ha il benché minimo senso; alla lunga, com e già rilevato a suo tempo da Thomas Mann, " l 'a n im a non può vivere di non-volontà, e non voler fa re una cosa non è un contenuto di vita". Nello stesso te m po, tu ttavia, ciò che sem bra a n t ite tic o al conformism o n o n -conform istic o dei c o n te s ta to r i "di sua M aestà" e dei vari buffoni di c o r te del capitalism o, il serio e serioso specialism o professionale, non riesce ad essere u n 'a lte r n a tiv a durevole. Dalla m era dedizione ad un lavoro non deriva nessun innalzamento dell'individuo al di sopra della sua p a rtic o la rità (come si è d e t to sopra, lo sviluppo es tre m o delle c a p a c ità è la p rem essa ontologica per lo sviluppo della personalità, ma non è la medesima cosa), al massimo si ha un "appassionato avvizzire della personalità nella dedizione sp ecifica" al lavoro, scisso dalla tensione significante verso la g e n e r a lità - p e r -s è . In questo caso, dunque, il soggetto in quanto tale avvizzisce per lo più n ell'a m p io arco che va dallo specialism o alla stravaganza (94). Ancora una volta, e con insistenza, precisiam o che lo "scacco" cui va incontro il tentativo di "realizzare" la p a r tic o la rità dell'individuo nel capitalism o non è qualcosa di co n n a tu ra to alla finitezza della condition humaine. Q u e s t'u ltim a , ovviamente, è la base ontologica natu ra le imprescindibile, e la tr a g i c ità - in - s è della vita um ana p r e m a tu ra m e n te in te r r o tt a si staglia com e fondo ineliminabile d e ll'e sse re sociale (anche qui, però, la vita umana " d o t a ta di senso" con consiste in un insieme quantitativo di anni, ma in un insieme complesso di relazioni e di oggettivazioni um ano-sociali, come del resto già d e t t o a suo tempo dagli antichi G reci). Lo sc ac co è qualcosa di ontologicam ente d e te r m in a to , ed il f a tt o che spesso si psicosomatizzi in disagio esistenziale ed in turbe psicologiche è c e rto assai im po rta n te sul piano em pirico, ma resta filosoficam ente derivato. La via dell'assunzione d ia le ttic a del c o n flitto fra sviluppo della p a r ti c o la rità ed acquisizione della p e rsona lità è dunque un terreno obbligato per l'individuo as tra ttiz z a to dal capitalism o. A pe rta m e n te , questa r e a ltà viene n e g a ta da pochi: dai fra ncofortesi ai seguaci di F rom m , dai personalisti cristiani a ll'a m p ia g am m a di freudiani varia m ente e s e rc ita n ti, è a prim a vista un solo coro, un solo grande co n c erto di voci che ripetono a gran voce lo stesso ritornello

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(sviluppando u n ila te ra lm e n te il proprio io l 'e s i t o obbligato è la nevrosi n arc isistica - o cc o rre aprirsi alla m o ltep licità del reale!!!) (95). Sono pochissime, invece, le voci che dicono a p e r ta m e n te ed in modo d ir e t to ciò che invece appare più essenziale: la quotidianità che c e r c a una conciliazione stabile con la vita m anipolata nel capitalism o è condannata all'avvizzim ento nella propria p a r tic o la rità , e non vi è in definitiva alcuna altern ativ a a l l'a n tic a p ita lis m o com e "passione durevole" e stru ttu ra zio n e di senso da d are alla propria vita. In questa form a, la definizione di "passione durevole" d a t a alla quotidianità processualm ente an tic a p ita lis tic a è ovviamente una frase vuota. E ' ovvio, in fa tti, che la m e ra istanza a n tic a p ita listic a , se p a r a ta dalle sue form e c o n c r e te di esistenza, è u n 'a stra z io n e introvabile (eppure, anche l'id e alism o u n ila te ra lm e n te a s t r a t t o del al m a teria lism o sociale dell'hom m e ed citoyen contrapposto a ll'egoism o del bourgeois è qualcosa di sostanzialm ente nuovo nella storia, e non ha nulla a che vedere con l 'a n t i t e s i fra "corpo" ed "anim a" delle religioni). Nella r e a ltà a c ca d e spesso, inoltre, che una persona c o m b a tta con passione contro u n 'estra n eaz io n e che l'o p p rim e fo rte m e n te ed in pari tempo trasc u ri del t u tt o altri campi, a l tr e estraneazioni (e Lukàcs n o ta c o r r e t t a m e n t e com e nel noto romanzo E adesso, pover'uomo? di F alla d a un padre e un figlio, che sono sinceri e convinti attiv isti nella lo tta per la liberazione degli operai, cioè lottan o c o n tro questa estraneazione, nei confronti della madre e della figlia rimangono invece oppressori e s f r u t ta t o r i del peggior tipo piccolo-borghese, cioè forze estra n ia n ti per gli a ltri e per se stessi) (96). Idealismo a s t r a t t o e c o n tra d d itto r ie tà reale nel c o m p o rtam e n to quotidiano accom pagnano n e c es sariam en te il tentativ o di indirizzare in modo a n tica p ita listico la personalità processuale dell'individuo verso la g e n e r ic ità - in - s è (e del resto, già nella grande filosofia classica te d esc a le figure d e ll'a n im a bella e del filisteo erano già s ta te previste ed a n a litic a m e n te discusse). T uttavia, solo l'a u to c o m p ia c im e n to volgare fissa re a lm e n te questi momenti attribuendo loro valore in sè ed impedendo la loro considerazione com e form e di estraneazione. In proposito, il socialismo n e o -ka ntiano, che già vide l'im possibilità del capitalism o di t r a t t a r e l'u o m o com e fine e non com e mezzo per l'accum ulazione, possedeva un f o r te m om ento di v erità, indebolito però dall'enfatizzazione della morale dell'intenzione ( c o n trap p o s ta a quella del risultato) e dal rifiuto di considerare l'e stra n e a z io n e com e un insieme di c a te g o rie ontologiche (97). «

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L 'e n o r m e d iffic o ltà (di cui siamo t u tt i a tto n iti sp e tta to ri) di tr a sfo rm a re l'a n tic a p ita lis m o in una passione v eram ente "durevole" per un num ero rilevante, o almeno significativo, di individui non è evidentem ente soltanto un problem a di conoscenza o di "chiarezza c o n c e ttu a le " (del tipo: d ite ci esattam en te ed in modo univoco che cosa voglia dire essere a n tica p ita listi ed allora lo sarem o, ma non prima!). Come 'si è già rilevato, la posizione teleologica non presuppone a f f a t t o la p e r f e t t a e lucida coscienza delle sue m odalità specifiche di realizzazione. Si è qui p iu tto sto di fronte, anc ora una volta, ad un f a t t o ontologico: la forza della manipolazione p ar tic o la ris tic a della p ersona lità um ana è oggi assai rilevante; l'a n tic a p ita lis m o com e "passione durevole" non può confinarsi nel privato senza subire danni molto gravi, e richiede un agire organizzato, di tipo e tic o -p o litic o . E' questo un problem a filosofico cui non si può sfuggire. 13. La. d ia lettica di e tic a e di p olitica nel marxismo L 'im possibilità di confinare la "passione durevole" a n tic a p ita lis tic a alla sf e r a della d ia le t tic a privata fra p a r ti c o la rità ed individualità è fondata sull'elevatissim o grado di socializzazione sto ric a - della p e rsona lità um ana contem poranea: così com e la p a r ti c o la rità " tra s c r e s c e " in individualità senza che si possa stabilire un lim ite fra le due sfere o n tologicam ente riconoscibile, an alogam ente l'e tic a " tra s c r e s c e " in politica sulla base p e r e n to ria m e n te u n ita ria dell'o n to lo g ia d e l l'e s s e re sociale (98). Il rapporto fra e t ic a e p o litica è c e r ta m e n te un problem a complesso. Nella storia, si è d a ta sia l'opzione per la fondazione della decisione um ana su di un unico s is te m a normativo, sia l'opzione per una fondazione dualistica. Nel primo caso, si può rifiutare l'e siste n z a di regole specifiche del "co m p o rtam en to politico", ed a ffe r m a r e l'e siste n z a di un unico sis tem a normativo, quello morale (è la posizione, ad esempio, di un Erasm o da R o tte r d a m ); oppure si può rifiutare l'e s is te n z a di regole specifiche del "c o m p o rta m e n to m orale" ed a f f e r m a r e l'e s is te n z a di un unico sistem a normativo, quello p olitico (è la posizione, ad esempio, di un Thomas Hebbes). Nel secondo caso, a c c e t t a t a e d a t a per sc o n ta ta l'e s is te n z a di più sistem i normativi (in g ene rale , nella form a d u alistica del rapporto f r a e t ic a e politica) si può o p ta re per la prevalenza del sistem a normativo d e ll'e tic a su quello della politica (è la posizione, ad esempio, di un Kant); oppure si può o p ta re per la prevalenza del sis tem a normativo della p olitica su quello d e l l 'e t i c a (è la posizione, ad esempio, di Hegel) (99).

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La r e a ltà co n c reta , ovviamente, è molto più ricca di questa classificazione somm aria in q u attro "tipi ideali" (assai più maxweberiani, tr a l'a l tr o , che v eram ente marxiani). T uttavia, è possibile avvertire subito la profonda insufficienza di una fondazione unila te ra lm e n te aprioristica dèi c o m portam e nto e tico o politico (la cultura di d e s tra , del resto, fonda entram bi su di una f a n to m a tic a "s a c ra lità " originaria), così com e di un dualismo irre la to, che sfocia nec essariam en te nell'insolubile dicotom ia fra decisionismo politico cinicam ente am oralistico e falsa m e n te " c o n c re to ", da un la to, e m oralità a s t r a t t a della purezza formale dell'intenzione, d a ll'a ltr o . Il rifiuto di una considerazione u n ita ria m e n te ontologica d e ll'e s s e re sociale, del resto, ha com e conseguenza necessaria questa dicotomizzazione, più o meno consapevole ed in vario modo artic o la ta . In colui che è forse il più grande filosofo italiano contemporaneo,, N orberto Bobbio, la dicotom ia f r a e t ic a e politica è risolta in una sorta di "proceduralism o tragico": di fronte al caotico disordine della vita econom ica e sociale del capitalism o (ed alla evidente incapacità del "movimento com unista" di a f f e r m a r e una civiltà libera dall'estrane az ione ) il pensiero m ette ordine, urt ordine ovviamente sem pre fragile e co n tin u am en te revocabile, attrav erso continue distinzioni e precisazioni di significati, di am biti, di sfere. L a riconosciuta a u to rità morale di Bobbio si fonda anche e s o p r a ttu tto sull'indiscutibile spessore della sua riflessione filosofica, la quale, sul problem a della dem ocrazia, si riallac cia d ir e t ta m e n te ad Immanuel Kant: com e g ara n tire p roce dura lm e nte delle comuni regole del gioco, prescindendo del tu tto dal f a tt o che gli uomini siano angeli o diavoli, ma presupponendo però che siano alm eno intelligenti (100). La tra g ic ità del proceduralismo bobbiano s ta nel f a tt o che non è riscontrabile in Bobbio alcuna fondazione ontologico-sociale dei com portam enti al di là di richiami ad una so r ta di neo-giusnaturalism o (esistono d iritti umani non negoziabili al di là del mero principio di maggioranza) (101). La funzione ordinatrice del pensiero, la dolce forza della ragione, è il solo argine al caos irre la to del politeismo dei valori e della polim orficità priva di direzione d e ll'a g ir e umano nel mondo. In Bobbio la lo t t a a c c a n ita della p a r tic o la rità contro le sue degenerazioni narcisistiche e variam ente estetizzanti è sempre sostenuta ed approvata, senza però che vi sia, c o m e ( in Lukàcs, il riconoscim ento ontologico-sociale di una d ia le t tic a fra il "dato" (le premesse econom ico-sociali c o s titu ite dalla mondializzazióne cap ita listica de ll'u m a n ità , unico presupposto per un socialismo

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possibile) e la "possibilità" (la sc elta a n t ic a p ita listic a com e unica reale passione durevole d o t a t a di senso storico effettivo). Chi vuole andare o ltre K ant, non può comunque fingere che K ant non sia mai esistito. A nalogam ente, l'essenziale del pensiero di N orberto Bobbio deve essere considerato una soglia filosoficam ente irreversibile: occorre respingere sia la dicotomizzazione ir re la ta fra e tic a e p o litica (in cui decisionismo cinico e moralismo dell'intenzione si sostengono in solidarietà a n tite tic o -p o la re ), sia la loro fusione a f f r e t t a t a , ed occ orre invece studiare paz ie ntem ente lo spazio s to r ic o -te o r ic o che si ap re fra i due term ini (102). Con questo, però, il problem a è s ta to appena im postato in termini generali ed a s tr a tti . Per procedere, o c c o r re rà porre almeno tre dom ande te o ric a m e n te decisive: in primo luogo, esiste una teoria m a rx ista della politica?; in secondo luogo, esiste nel marxismo uno spazio autonom o per l'e t i c a ? ; in terzo luogo, è in grado la f o rm a filosofica del discorso di tipo ontologico-sociale di m e tte r e le basi per una reale (e non solo verbale) unificazione dello spazio d e l l 'e t i c a e della politica? (103). L 'e siste n z a nel m ateria lism o storico di una autonom a teoria della politica è ovviamente dubbia. Ad esempio, ha ragione Bobbio nel rilevare l'assenz a di un insieme di apriori che p e r m e tta n o di definire un ordinam ento d e m o c ra tic o inteso com e "form a politica" di una p a rtic o la re s tr u ttu r a econom ica. P o tre m o riassumere in tre principi il nucleo di regole ideali di questo ordinam ento: il suffragio universale e libero; la com petizione tr a gruppi politici organizzati, con conseguente possibilità per i citta dini di scegliere fra soluzioni diverse e di associarsi per d eterm in a rle; il principio della maggioranza num erica per le elezioni e le deliberazioni, a p a t to che non siano lim itati e d ir itti delle minoranze. T uttavia, il proceduralism o pluralistico (in positivo) ed il rifiuto del sistem a a p a r tito unico che "organizza" e g e m o n ic am en te l 'i n t e r a soc ietà "civile" (in negativo) non possono c e rto diventare La teoria m arxista della politica. Si t r a t t a , c e r to , di una condizione necessaria, ma non ancora sufficiente. Una te o ria della p o litica ispira ta ad una visione ontologico-sociale riconosce, ovviamente, l ' insopprimibile m olteplicità pluralistica d elle libertà, ma non può rinunciare all'incorporazione del "politico" nella pro ce ssu alità dinam ica delle trasformazioni - di un modo di produzione. Da un lato, infatti, non si può continuare a porre il problem a di una "p o litic a com unista" nei termini di una interpretazione c o r r e tt a del c o n c e t to "a u te n tic o " di " d i tta tu r a del pro letariato " in senso m arxiano e leniniano, ed è in ogni caso impossibile (se si vuole re s ta r e fedeli ad una impostazione r e a lm en te ontologico-sociale dei problemi d ella transizione) ca dere

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in form e di giustificazionismo filosofico, varia m en te arg o m e n ta to , della mancanza di "diritti civili" nei paesi a "socialism o rea le" , quasi si t r a t ta s s e di d iritti di lib e rtà borghesi, superflui o facoltativi (104). D a ll 'a ltr a p arte , però, non si può neppure ac cettare l'invalicabilità dell'orizzonte e s tra n ia n te del capitalism o come "luogo" dello scambio politico e d e ll'in fin ita , conflittu ale, co n tra tta zio n e di interessi (nobilitati talvolta te rm inologicam ente com e bisogni di soggetti sociali "ric ch i"). Un simile proceduralism o "c o n flittu a le " non è mai, in genere, " tra g ic o " , perchè a c c e t t a l'a u to c o m p ia c im e n to volgare dei "m eriti" e dei "bisogni" così com e questi ultim i si determ in a n o nel s o p p ra ffa tto rio caos delle estraneazioni in reciproco co nflitto. E' vero che (incolpevole Bobbio!) questa sc iag u rata tendenza sem bra oggi filosoficam ente vincente "a sinistra": nel disincanto generale del politeismo irre la to dei valori, privi di "fondam ento ontologico" ma n o n - d i prezzo c o rre n te di m e rc ato , scom parso l'E ssere (m a non le curve di preferenza del consum atore ), i m eriti ed i bisogni si organizzano " d e m o c ra tic a m e n te " per a c c e d e re al " m e r c a to politico". E' possibile che il m a teria lism o storico non abbia ancor oggi u n 'a d e g u a ta te o ria del politico e che occ orra costruirla; è sicuro, comunque, che dovrà farlo in una lo tt a senza compromessi e senz'alcuna conciliazione possibile contro q u e s t'a u to c o m p ia c iu to pluralismo irre la to della volgarità c a p ita lis tic a m e n te e s tra n ia ta. Anche l'e siste n z a di uno spazio autonom o nel m aterialism o storico per l'etica è qualcosa di te o re tic a m e n te dubbio. N ell'O ntologia non vi sono che le prem esse generali per una discussione di questo im p o rta n te problem a, le cui dimensioni teoriche sono s o p r a ttu tto due: in prim o luogo, se si dia o meno in Marx uno spazio autonomo per l ' e t i c a , in te sa com e teoria della giustizia, oppure se il marxismo, c o r r e t t a m e n t e inteso, sia "al di là" della giustizia; in secondo luogo, prescindendo del t u tt o da com e si poneva il problem a Marx, se sia opportuno o meno n e l l 'o t t i c a della ricostruzione del m a terialism o storico un rilancio della I p roblem atica sp e c if ic a ta m e n te ed e s p lic itam en te di tipo e tico (105). A prim a vista può se m b ra re che nel m a teria lism o storico marxiano non ci sia alcuno spazio per l 'e t i c a . Marx tende talvolta a vedere nei discorsi di tipo " e tic o " una variante di una "concezione giuridica" della società, in cui appunto la "giustizia" è un c o n c e tto giuridico o le gale, collegato alla legge ed ai d iritti che gli uomini hanno so tto di essa: il supe ra m ento dello s f r u tta m e n to di tipo capitalistico non dà luogo, dunque, ad una "giustizia socialista" in luogo della p re c e d e n te "ingiustizia ca p ita lis tic a " , ma pone il

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problema della produzione, della circolazione e del consumo "al di là" delle concezioni etico -g iu rid ic h e di eq u ità e di giustizia (106). Una simile in te rpre taz ione "a m o ralistic a" di Marx non è del tu tto s c o r r e t ta , ma è incom pleta, e finisce dunque con il diventare sbagliata. In primo luogo, in f a tti, la c r it ic a m arxiana al capitalism o è isp ira ta ad una considerazione processuale della "dimensione ontologica posseduta dalla lib e rtà" (George B renkert), in cui il term ine "libertà" è ontologico nella misura in cui esiste come m olteplicità attiv a m e n te c r it ic a delle estraneazioni del capitalism o, ed ha perciò uno " s ta tu t o " superiore a quello della "giustizia" inteso com e p e r f e t t a eq u ità retributiva; in secondo luogo, la stessa p roblem atica della giustizia non può essere rid o tta ad un apriori giuridico-form ale d e ll'e q u ità , in quanto è fondativa della stessa teoria marxiana d e ll'e sto rsio n e del plusvalore e d ella c r itic a all'apparenza dello "scam bio equo" che avverrebbe fra ca p ita le e forza-lavoro in base al valore (107). In Marx c ' è dunque uno spazio autonom o per l ' e t i c a in base alle nozioni ontologiche di lib e rtà (in prim a istanza) e di giustizia (in seconda istanza).In proposito il frain te n d im e n to è però pressoché "assicurato", in quanto non ci vuole l e tte r a lm e n te nulla a "dim entica re " la p a r o le tta "ontologico" (che significa che le nozioni di lib e rtà e di giustizia hanno valore unicam ente nella processualità d ia le ttic a del superam ento d ell'estran e az io n e particolare-individuale e collettivo-sociale, m e n tre fuori da questa p rocessualità sono solo scatole vuote), considerando così la lib e rtà un apriori a s t r a t t o della possibilità formale di sc elte alternative e la giustizia una norma ideale d e ll'e q u a retribuzione (e questo avviene, in genere, nei "m arxisti p en titi" , in cui l'a n tic a p ita lis m o non è una passione durevole, ed è g en e ralm e n te sostitu ito dal filocapitalism o straccione). Un rilancio della p ro b le m a tic a e t ic a del m a teria lism o storico è dunque una " p o rta s t r e t t a " da cui bisogna comunque passare, pur sapendo che il carrozzone dei "valori" è oggi occu p ato da posizioni del tu tt o ostili ad una im postazione ontologica d e l l'e s s e re sociale. Se questo, poi, darà luogo ad una " e tic a sis te m a tic a " (m a lo scrivente non lo crede possibile), o soltan to ad una c r it ic a e t ic a sis te m a tic a m e n te im m anente alle estraneazioni (e questo appare invece possibile,ed è in questa o ttic a che si colloca l'O ntologia), non è ovviamente possibile ora stabilirlo. L 'unificazione fra e t ic a e politica appare invece ontologicam ente p ro b le m a tic a , in quanto quest'"unificazione" è a l tr a cosa dalla "fondazione u nita ria" d e l l'e tic o e del politico. Si t r a t t a in fa tti di problemi diversi. Da un lato, infatti, la considerazione ontologico-processuale d e ll'e s s e re

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sociale (che trova nel lavoro la sua f o rm a originaria ed il suo modello) è indubbiamente fondativa del sapere e tic o e politico, e precede sul piano logico questi ultim i, che senza di esse sono un "sapere senza fondam enti" s tr u ttu r a lm e n te a p e r to alla manipolazione es tra n ia n te . D a ll'a ltro lato, però, il "sogno" della conciliazione finale nel comuniSmo d e ll'e tic o e del politico rimanda ad una concezione o listic o-organic istica dell'individualità con la sto r ic ità sociale, che tratta com e coestensive u n ità ontologicam ente complesse che invece non lo sono a f f a tt o . In questo senso, l'i d e n t i t à "assoluta" d e l l'e tic o e del politico deve m e tte r c i in sospetto (così come, del resto, la loro separazione assoluta, d ic o to m ic o -irr e la ta ) (108). Vi è qui qualcosa di analogo alla vexata quaestio del rapporto f r a filosofia e "scienza" nel m a teria lism o storico, su cui varrà la pena spendere qualche parola, ispirandoci ad un punto di vista ontologico-sociale. 14. L'autonom ia relativa della forma filosofica del discorso Il rapporto fra filosofia e scienza nel m ateria lism o storico è, in prima approssimazione, u n 'u n ità c o n tra d d itto ria . L a "definizione conclusiva" di questo rapporto è resa impossibile non solo dagli "spostam enti sem antici" dei due term ini nella storia, ma dalla stessa " c re s c ita della conoscenza" che il m aterialism o storico p e rm e tte . Di ta n to in tanto, c e rto , si fanno avanti pre te se teoriche di vario tipo alla "soluzione definitiva" della questione, di cui occorre però diffidare. In proposito ci sem bra che si diano due vie principali: la prima, che definirem o gnoseologico-epistemologica; la seconda, che definirem o ontologico-sociale. E n tram b e hanno dalla loro buonissime ragioni, che m eritano di essere esam inate; la seconda, tuttavia, sembra averne qualcuna di più, ed è per questo che concluderem o questo studio indicando alcune soluzioni e so p ra ttu tto alcune linee di sviluppo filosofico del problem a (109). La via gnoseologico-epistem ologica alla discussione del rapporto fra filosofia e scienza nel m a terialism o storico ha alle spalle una rispettabile tradizione (oltre che una monum entale bibliografia), ed ha anche conseguito alcuni risultati teorici irreversibili. La riflessione sullo " s ta tu t o epistem ologico" del m aterialism o storico (scienza, quasi-scienza, scienza sociale probabilistico-tendenziale, disciplina, metodologia di ric e rc a sto ric o -so c ia le, filosofia, religione di salvezza im p e r f e tta m e n te laicizzata, e via elencando) ha p rodotto intere biblioteche, i cui sc affa li potrebbero essere ordinati a p a r tire da due punti opposti "ideali": ad un estrem o, la tesi che nega ogni c a r a tte r e sc ientifico al m aterialism o storico, che sarebbe una

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religione filosofica di salvezza m a sch e ra ta da "scienza", in cui la prete sa "scienza" avrebbe la doppia funzione di a u to-illudere i propri seguaci e di le g ittim a r e le loro p r e te se al monopolio del potere politico; a l l'a ltr o es tre m o , la tesi che a ff e r m a il c a r a t t e r e integralm ente scientifico del m aterialism o storico, in cui la "s cientificità" sarebbe, per così dire, auto-espressiva, non avendo più bisogno alcuno di una f o rm a filosofica del discorso d en tro cui essere enunciata (ove l'esp re ssio n e "autoespressività della scienza" sia sinonimo di "superfluità della filosofia"). Sono pochi, ovviamente, i sostenitori " e s tr e m is ti" , unilaterali ed integrali, di una di queste due tesi opposte; l'im m e n s a maggioranza si colloca in una vasta gam m a di posizioni "in te rm e d ie " , che rim andano però t u t t e , in ultim a inappellabile istanza, ad una dominanza (o talvolta, più c a u ta m en te, ad una preferenza) di uno dei due poli su ll'a ltro opposto: o la filosofia domina sulla scienza, o la scienza domina sulla filosofia. La via ontologico-sociale alla discussione di questo rapporto rifiuta fin dall'inizio di e n tra re nella trappola di questa dicotom ia polarizzata. Non si t r a t t a qui s o ltan to di rip e te re che ogni disciplina scientifica costituisce il proprio metodo ed il proprio oggetto dentro un'indispensabile m e tafisica influente, la cui "influenza", appunto, perdura a lungo; e neppure soltanto di rip e te re che la d ia le ttic a fra tendenze disantropomorfizzanti del rispecchiam ento scientifico della natu ra e della soc ietà ( c a ra tte riz z a te entram be u n ita ria m e n te dalla storicità) e tendenze riantropomorfizzanti d e ll'im m a g in e filosofica di questo rispecchiam ento è co stitutiva della p rocessualità com plessa della conoscenza; e neppure infine di rip e te re che il "m om ento ideale" non è mai co s titu ito da una piena, tr a s p a r e n te coscienza del progetto teleologico, ma invece, a p a rtire dalla "quotidianità" in cui si forma, com prende al suo interno elem e nti coscienti ed elem enti inconsci. T u tto questo lo si è già d e tto , e possiamo qui darlo per scontato. Si t r a t t a di com prendere fino in fondo che nel m aterialism o storico sia la filosofia che la scienza hanno una fondazione ontologica u n itaria, insieme con uno s ta tu to epistemologico diverso (non si vuole in f a tti qui negare che un problema di " s ta tu to epistem ologico" comunque esista) (110). N ell'O ntologia Lukàcs chiarisce, in prim o luogo, "che a priori non c 'è nessun confine d eterm inabile con esattezz a fra generalizzazioni scientifiche e filosofiche (e perfino oggi, in un periodo in cui la divisione del lavoro p o r ta ad erigere barriere artificiose, feticistiche , fra i vari rami del sapere, di fronte a d ate generalizzazioni è difficile stabilire se hanno c a r a t t e r e filosofico o scientifico)". T uttavia, m entre nelle scienze il metodo

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deila generalizzazione si fa sem pre più sp ic c a ta m e n te disantropom orfizzante, al suo culmine esso c o n te m p o ra n e a m e n te provoca , nella filosofia l'a n tro p o c e n trism o . Il te rm ine contem poraneam ente deve essere s o tto lin e ato , perchè, in contrapposto alla fondam entale tendenza antropom orfizzante delle a rti, il metodo della filosofia non co m p o rta mai una r o ttu r a con quello delle scienze. L'antropom orfizzazione, in una filosofia "scie n tifica ", è infatti sem pre s tr u ttu r a lm e n t e " t e n u ta sotto controllo" dal metodo delle scienze, in quanto "a ntropoce ntrism o" significa solo che "per la filosofia l'essenz a e il destino del genere umano, il suo donde e verso-dove, costituiscono un problem a ce n tra le perm a n en te , pur se di continuo m u ta to in rapporto a l l'e p o c a sto ric a" . Di continuo, nella sto ria , siamo di fronte a "paradossi" che sono solo a p p a r e n te m e n te tali: la prova ontologica d ell'esis ten z a di dio, che dai punto di vista della sua logica im m anente è c o s tru ita in m aniera c o r r e t t a , fa nasce re da elem e n ti disantropomorfizzanti un complesso c o n c e ttu a le antropom orfizzante; l'in te ro a p p a ra to m a te m a tic o d e ll'a stro lo g ia rinascim entale, a p p a re n te m e n te del tu tt o disantropom orfizzato, e ra messo al servizio spirituale di un antropom orfism o estrem o; infine, e s o p r a ttu tto , la processualità irreversibilm ente disantropom orfizzante del pensiero umano è la prem essa per lo sviluppo del soggetto a personalità individuale ( i l i ) . Sono, questi, paradossi solo apparenti. Proprio a p a r tire da Marx, secondo Lukàcs, è sta to superato quel dualismo fra filosofia e scienza che e ra ancora predom inante in Hegel, e che conduceva ad una "in a c c e tta b ile arroganza della filosofia verso la scienza". Per la filosofia il punto d'appoggio d 'A rch im ed e è 1' essere-sp ecifico ; la filosofia può e deve richiedere soltan to che ogni scienza non e ntri il co n tra sto con la spe cific ità d e ll'e s s e re le cui leggi essa te n ta di m e tte re in luce. D 'a l t r a p a rte , però, la scienza e s e r c it a un controllo vicendevole sulle generalizzazioni filosofiche, sponta nea m ente antropom orfizzanti, impedendo che am biti specifici e p articolari vengano s c o r r e t ta m e n te estesi a ll'E s s e r e in generale. A p p aren tem e n te, si t r a t t a di considerazioni del tu tt o ovvie. Sappiamo però che non è cosi: la vicendevole arroganza, variam ente m a sche ra ta , prevale in generale sul controllo vicendevole. Vi sarebbe in proposito una lunga storia da ricostruire, cui non possiamo neppure ac ce n n are. L im i ta ta m e n te al m a teria lism o storico, ci rimane solo da respingere la concezione, s c ie n tistic a m e n te ingenua, secondo la quale si tr a t t e r e b b e soltanto di a ttin g e re uno s ta tu to epistemologico' sic u ra m e n te "scientifico" per poter lasciarsi alle spalle ogni possibile fo rm a filosofica del discorso e diventare

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to ta lm e n te auto-espressivo. E' questa u n 'en n e sim a variante del mito della trasparenza. Il m aterialism o storico e la c r itic a dell'eco n o m ia p o litica non crescono di f a tt o che a ll'in te r n o di una form a filosofica del discorso d e te rm in a ta . Esserne consapevoli è comunque meglio che illudersi di essere "immuni" da ogni possibile ideologia (112). Con questa considerazione possiamo vera m ente chiudere. Non ci illudiamo, ovviamente, di aver "provato" la superiorità specifica della proposta ontologica di Lukàcs sulle proposte, poniamo, di E rnst Bloch o di Martin Heidegger. Abbiamo, anzi, riservato am pio spazio a queste ultim e, che restano punti alti, ed ineludibili, del pensiero del Novecento. Siamo s ta ti, tu ttav ia , espliciti n ell'in d ica re una via d 'u s c it a a l l 'a t t u a l e crisi filosofica. E' giusto, a questo proposito, confidare nella dolce forza d ella ragione.

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NOTE 1. Come si ricorderà, si è già polem izzato alla fine della prim a p a rte del p re sen te s c ritto c ontro la tendenza a pensare che le c ateg o rie del m aterialism o sto rico , una volta che siano c o rre tta m e n te com prese n ella loro d e term in atezza sto rica pecu liare, siano già di per se filosoficam ente autoespressive. Si t r a t t a di una reazione del tu tto com prensibile, contro l'invadenza delle filosofie d ella sto ria e d ifica n ti e teleologiche, ma in cui ci sem bra non si debba cadere. 2. Si veda Lukàcs, Ontologia dell'E ssere Sociale (due voli, in tre tom i), E ditori R iuniti, 1976 e 1981. Il tra d u tto re e c u ra to re , A lberto Scarponi, è anche autore di pregevoli saggi sull'O ntologia (usciti su Critica Marxista) che in generale lo scrivente condivide p ienam ente. 3. Lukàcs dedica ad H artm ann la seconda p a rte del prim o volume dell'O ntologia. Se il le tto re vuole iniziare con un te s to sem plice e chiaro di introduzione al pensiero di H artm ann può vedere Nuove vie della ontologia, La Scuola, B rescia, 1975. Si t r a t t a di u n 'o p e ra u sc ita nel 1942, che può servire com e prim o passo verso l'a n a lis i del pensiero teleologico (c fr. T eleologisches Denken, Berlin, De G ru y ter, 1951). 4. Nel p e ra ltro o ttim o libro di Guido N eri, Aporie della realizzazione. F ilosofia e ideologia nel socialism o reale, F e ltrin e lli, Milano, 1980, sono invece m esse al c en tro le opinioni "c o n cilia to rie " di Lukàcs sulla rifo rm a b ilità del socialism o reale, c o n trap p o ste a quelle, ben più "severe", di Bloch. Q uesto è giusto, e c e rto q ueste inform azioni devono essere d ate. T uttavia, qui si segue u n 'a ltr a stra d a , quella d e ll'a n a lisi filosofica delle posizioni ontologiche, a nostro p a rere inconciliabili con il "socialism o reale". 5. Per la generazione politica cui ap p artie n e lo scrivente, kautskism o e stalinism o sono qualcosa di lontano nel tem po e nello spazio, e sono poco più reali dell'illum inism o fran c e se o della riform a p ro te s ta n te . In quanto ai m iti del m arxism o terzom ondista (da Mao a Guevara) essi hanno c e rto avuto un ruolo d e te rm in a n te , m a so ltan to com e "m iti". Lo storicism o to g lia ttian o , involucro del co sid d etto " p a rtito nuovo", e l'o p era ism o italiano di derivazione panzieriana, sono invece s ta ti i due elem en ti reali, sul piano politico e c u ltu ra le , da cui dem arcarsi e con cui fa re i c o n ti. Lo scrivente è s ta to perciò c o s tre tto , d a ll'in c a n te sim o inelim inabile d ella analogia sto rica , a leggere l'O ntologia senza p o ter capire fino in fondo quello che un contem poraneo di L ukàcs avrebbe p otuto probabilm ente capire. 6. Lo scrivente non condivide quindi per nulla le le ttu re "a ttu a liz za n ti" di Storia e Coscienza di Classe, sconsigliate e sp lic ita m e n te dallo stesso Lukàcs, e te s ta rd a m e n te riproposte da mille lu cacciani m inori. Q uesto fa tto ricorda m olto la te s ta rd a abitudine di m olti heideggeriani a considerare H eidegger un " e siste n z ia lista " , n onostante Heidegger stesso abbia in sistito per q u a ra n t'a n n i a d ich ia ra re del tu tto infondato questo a tte g g ia m e n to . N a tu ralm e n te, Storia e Coscienza di Classe è un classico, che deve essere stu d iato in modo a n alitico com e uno dei massimi capolavori del pensiero del N ovecento, o ltre che com e un ideal tipo teo rica m en te insuperabile del m arxism o o c cid en tale (com e arg o m en tato nella seconda p a rte di questo sc ritto ).

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7. Si dim en tica spesso che n ella Distruzione della Ragione Lukàcs ritiene W eber un p e n sa to re altrettanto irrazio n alista di N ietzsche e di H eidegger. Chi ha le tto la terza p a rte di questo saggio sa che lo scrivente non a c c e tta la riduzione lucacciana di Heidegger a pensatore irrazionalista e nazistegg iante, p o rta to re di un nichilism o esisten zialistico ed estetizz an te chiam ato " v iv e re -p e r-la -m o rte " . H eidegger è invece analizzato com e un punto a lto del pensiero del N ovecento, che pa rla del modo di produzione c ap italistic o in modo assai più profondo (sia pure m etaforizzato) di quanto fa cc ia lo stesso Max W eber. Se però l'in te rp re ta z io n e che lo scrivente dà di H eidegger si dim ostrasse del tu tto infondata, ed insostenibile (m a lo scrivente ovviam ente non lo c red e ), allora la stro n c a tu ra lucacciana di H eidegger apparirebbe (sem pre allo scrivente) del tu tto g iu stific ata. 8. Secondo L ukàcs (c fr. Ontologia, I, p.255) "H egel stesso non ha mai concretizzato la serie d ia le ttic a , che va d a ll'id e n tità alla div ersità e d ifferenza fino alla opposizione e alla contraddizione. Solo nei classici del m arxism o essa è s ta ta o p e ran te, ma poi anche su q u esta è caduto l'oblìo. L 'im p o rtan z a di ta le differenziazione è enorm e, giacché la svalutazione della d ia le ttic a da p a rte dei suoi avversari poggia per lo più, e talvolta con relativa le g ittim ità , sul fa tto che i suoi fa u to ri operano esclusivam ente con le form e più sviluppate, più e stre m e , d ella c o n tra d d ito rietà , dim enticando le form e in te rm ed ie". Lukàcs riassum e l'o n to lo g ia hegeliana com e segue (op. c it. p. 223): "H egel concepisce la re a ltà com e una to ta lità di com plessi in sé, cioè relativ am en te, to ta li; la d ia le ttic a oggettiva consiste nella genesi reale e n ell'a u to d isp ie g am en to , interazione e sintesi reale di questi com plessi; perciò anche l'asso lu to in quanto quintessenza di questi m ovim enti to ta li non p o trà mai sollevarsi alla im m obilità di una indifferenza trasc e n d e n te risp e tto ai m ovim enti con creti; al c o n tra rio , in quanto sintesi c o n c re ta di m ovim enti reali, è - ferm a restando la sua assolutezza, esso ste sso m ovim ento, processo". 11 m ovim ento hegeliano, secondo Lukàcs, non è mai passibile di un riposo finale, ma non si m an ifesta neppure mai nella form a del continuum ingenuam ente e ra c lite o , in quanto è consustanziale alle determ inazioni riflessive, di cui parliam o nelle note successive. 9. Nelle c irc a cen to pagine a stam p a che Lukàcs d edica ad Hegel questo fa tto è rip etu to alm eno dieci volte, con argom entazioni filologicam ente e te o re tic a m e n te di altissim o in te resse . Solo ragioni di spazio im pediscono di rip o rtare le necessarie citazioni. Per una a c c u ra ta inform azione bibliografica sulla ricchissim a discussione te d e sc a sui rapporti fra la d ia le ttic a m arxiana e quella hegeliana (in cui appunto si distingue fra d ia le ttic a e n fa tic a e d ia le ttic a rid o tta di esposizione) si veda O tto K allscheuer, Marxismo e teorie della conoscenza, pp. 472-82, in Storia del Marxismo, E inaudi, 1982. 10. L ukàcs non distingue, sulla sc o rta di Engels, fra m etodo a p erto e sistem a chiuso in H egel, come m olti, senza averlo neppure le tto , pensano. Lukàcs separa (Ontologia, I, pp. 225-26) la sc o p e rta hegeliana delle "determ inazioni riflessive" (ad esem pio, so g g etto , ed ogg etto ) dalla specifica soluzione hegeliana dei problem i a p erti da q uesta sc o p e rta , la trasform azione della sostanza in soggetto. Secondo H egel, "la prossima verità del singolo immediato è dunque il suo venir riferito ad a ltro . Le

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determ inazioni di q uesta riflessione sono quel che chiam iam o determinazioni riflessive". Poco dopo (op. c it. pp. 234-35) L ukàcs collega alla riflessività delle determ inazioni c o n c re te in cui il so g g etto e l'o g g e tto sono incorporati (senza mai darsi in fo rm a p ura e se p a ra ta ) il problem a che più ci in te ressa in q uesta sede. L a conservazione e la p e rd ita d e ll'id e n tità sono un processo re ale, una p ossibilità ontologica. E' questione sc ie n tific a di prim o piano - dice L ukàcs in modo esp lic ito sta b ilire se una nazione, una classe, e c c e te ra , giù giù fino all'individuo, conserva o perde la propria id e n tità . Q u e st'u ltim a è in fa tti a n c h 'e ssa una determ inazione riflessiva, e non può c e rto darsi in modo g ran d e-n a rrativ o com e pienezza del so g g etto o in modo d e te rm in istic o -n a tu ra lis tic o com e leg a lità a u to m a tic a d e ll'o g g e tto . Si t r a t t a appunto (com e il le tto re a tte n to avrà c e rta m e n te co lto ) di una negazione e sp lic ita di una visione del m arxism o di tipo d ia le ttic o -te le o lo g ic o . 11. N elle c irc a c en to cin q u an ta pagine a stam p a d e d ic a te a d isc u te re il c a r a tte r e o n tologico-sociale d ella filosofia di K arl Marx L ukàcs si preoccupa, con puntigliosa coerenza, di respingere tu tti i frain ten d im en ti accum ulati in c e n to anni di sto ria del m arxism o. Vi è dunque qui anche una so rta di breve sto ria del m arxism o. L ukàcs sostiene (Ontologia, I, p. 354) che i "residui della filo so fia d e lla sto ria h egeliana d en tro il m arxism o possono condurre fino ad a ffe rm a re in term ini logici la n e ce ssità teleologica del socialism o", e che "anche Engels in qualche occasione ha subito il fascino della logicizzazione h egeliana d ella s to ria " . Il ritorno di Engels a Hegel s ta nella "sto ria spogliata d ella form a sto ric a " , cioè nel p rim ato inconsapevole del modo logico su quello sto ric o di co nsiderare gli eventi. F orm a filosofica del discorso di tipo ontolo g ico -so ciale significa, per lo scrivente, rifiuto consapevole d e lla logicizzazione d ella storia. 12. Un elem en to p a rtico la rm e n te trag ico d ella v ita um ana individuale sta in fa tti anche nel presupposto di c o n tin u ità d e ll'e sp erie n za m orale e politica: ad esem pio, l'e rg a sto la n o continua a sc o n tare , dopo anni ed anni, le conseguenze di un " fa tto " a to m ica m e n te concluso, indipendentem ente da qualsivoglia ro ttu ra coscienziale, p en tim en to o congedo. In Italia questo fa tto è reso p a rtic o la rm e n te trag ico d a ll'e siste n z a di c en tin aia di " te rro ris ti" che hanno ro tto id ealm en te con le loro azioni di lo tta a rm a ta , ma non possono rom pere con le conseguenze penali dei loro a tti, e dal fa tto che la sc iag u ra ta c a te g o ria del "p en titism o " ha u lte rio rm e n te reso priva di senso la c a te g o ria m orale di "espiazione d ella pena": il p e n tito è d iventato, per autonom asia, colui che non espia la pena. I "corpi rinchiusi" di Curcio e di Franceschini si autonom izzano sem pre più d alla form azione ideologica c rista lliz z a ta nel libro L 'A pe e il Comunista. Ancora una volta, la trag ed ia um ana non si riduce mai a ll'e rr o r e p o litico-ideologico. 13. Lo scrivente condivide in proposito il duro giudizio lucacciano sulla filosofia di S a rtre (c fr. O ntologia, passim, in p a rtic o la re p. 171, II), m entre trova talv o lta eccessiva la tendenza a stro n c a re siste m a tic a m e n te E rnst Bloch riducendolo a so ste n ito re del tem po soggettivizzato nella coscienza dell'individuo e co n trap p o sto a ll'o g g e ttiv ità del fluire tem porale. Secondo l'in te rp re ta z io n e di Bloch d a ta dallo scrivente n e lla q u arta p a rte di questo saggio, Bloch non può e sse re se m p lic istic am en te assim ilato ai so sten ito ri sogg ettiv istici del "p rim a to del tem po coscienziale su quello

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degli orologi", in quanto si t r a t t a di un pen sato re che ha una concezione ontologica del tem po. E 1 vero, però, che L ukàcs si scag lia in due occasioni proprio c o n tro quelle che ritie n e siano le insufficienze d ella concezione ontologica biochiana del tem po (O ntologia, I, pp. 94-95, e II, p. 437). 14. Si veda, ad esem pio, il libro co lle ttiv o Crisi della ragione, Einaudi, Torino, 1979. N on o stan te la p lu ra lità dei c o n trib u ti, di diseguale valore ed assai d iffe re n z ia ti, questo libro è s ta to in grado, grazie anche ad un sapiente battage pub b licitario , di p re sen ta rsi con un identikit facilm en te riconoscibile e "spendibile" nel m erc ato delle idee filosofiche: la fine irreversibile dei sistem i c e n tra ti (e si alludeva in form a m e ta fo ric a al m arxism o), la proclam azione del destin o epocale della fram m entazione (e si alludeva ad un insiem e com plesso, da Benjam in al "som m erso c a p ita lis tic o " ). Il ten tativ o di opporsi a q uesta tendenza (si veda La ragione fra crisi e progetto, num ero 2 di M etamorfosi, Angeli, 1980) è in q uesta fase sto ric o -p o litic a n e ce ssa riam e n te frag ile, p erchè c e rc a di opporsi ad u n '"a p p are n z a n e c e ssa ria ", e sisten z ialistic o -p o sitiv istic a , della quo tid ian ità c a p ita lis tic a così com e si p re se n ta alle determ inazioni irre la te d e ll'in te lle tto sc ien tific o ed ancor più a lla sen sib ilità epiderm ica d ell'o g g i. Per un a ltro esem pio di ricostruzione " fra m m e n ta ta " della filosofia del N ovecento si veda R om eo Bodei, F ilosofia (in La cultura del 900, 1, M ondadori, 1981), ed ancor più la p a rte filosofica, c u ra ta da Cesare P ianciola, d e ll'o tta v o volume del M ateriale e l'Immaginario, L oescher, 1983. 15. La m anipolazione è sem pre p e n sa ta com e "o n tologica" anche da K arel Kosìk (c fr. D ia lettica del concreto, Bom piani, 1965). E ' un punto, questo, n iente a f fa tto ovvio, dal m om ento che siam o a b itu a ti a pensare la m anipolazione in modo f ra n co fo rtese, com e consum ism o indotto dalla pubblicità di pro d o tti che esaudiscono bisogni non necessari oppure come propaganda p o litica che a ttiv a com ponenti d e ll'in co n scio di tipo sad o -m aso ch istico m alam ente represse d alla so ttile c ro sta della civiltà. La m anipolazione è invece ontologica perchè è costitutiva d e ll'u n ità c o n tra d d itto ria , specifica del modo di produzione c a p ita listic o e quindi n iente a f f a tto "a sto ric a " , fra la n e c e ssità di riprodurre i rapporti c a p ita listic i di tipo astrattizzante (ed e stra n ia rn e ), in tro ie tta ta im personalm ente dal c ap itale com e valore che si valorizza, e l'e m e rg e re di p e rso n alità c o n c re te astrattam en te in grado di rovesciare q uesta estraniazione. 16. Q uesto fu com preso a suo tem po anche da Louis A lthusser, il quale, seguendo (e sem plificando) H eidegger, si a cco rse che l'um anesim o c 'è perchè c 'è l'econom icism o, e non c e rto nonostante q u e st'u ltim o . Q ualcosa del g enere com prese anche a suo tem po E tienne Balibar (c fr. Irrazionalismo e marxismo, in Monthly Review, 6, 1978), che vede bene com e l'irra zio n a lism o si sviluppa non c e rto nonostante il razionalism o, ma proprio a cau sa del razionalism o stesso, che rim ane il "vero" an tag o n ista, oggi, del m aterialism o sto ric o (posizione, q u e sta, probabilm ente non condivisa da Ludovico G eym onat). Il pensiero p o st-m o d ern o (sia nelle sue varianti soft, alla V attim o, che n elle sue v arianti hard, a lla comuniSmo del desiderio di N egri) è non a caso a ffa sc in a to d alla C alifornia com e "figura dello sp irito " , per la com presenza fra m icroprocessori e m acrobiotica,

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fabbriche robotizzate ed a rtig ia n a to hippie, razzi spaziali e s e tte religiose. L a form ulazione lucaccian a è una sem plice elaborazione filo so fica del senso com une quotidiano, ove q u e st'u ltim o venga d ia le ttiz z a to e so tto p o sto ad una se rie di determ inazioni riflessive. Si pensi ai "p o litic i" di oggi, che si presentano com e un "pieno" di valori e tic i ed esistenziali (alcuni dei quali am biscono ra p p re se n tare un analogo "pieno so c iale", ricco di virtù, m entre a ltri, non m eno ip o criti, vorrebbero "riem pire un vuoto" di valori con il loro im pegno), quali la lib e rtà , l'eg u a g lia n za , la giustizia, e c c e te ra , per poi le g ittim a re il loro c o n cre to agire politico con gli im perativi tecn ici risu ltan ti dalle scienze "positive": per vincere l'in fla zio n e, com e dice sc ie n tific a m e n te l'eco n o m ia p o litica , bisogna licenziare la g e n te e tag liare i servizi sociali; per ev itare la g u e rra , com e dice sc ien tific a m e n te la scienza p o litica , bisogna equilibrare gli a rm a m e n ti ed a c c re sc e rli fino alla "soglia dissuasiva". Oggi, per "vedere" c o n cre ta m en te la psicosom atizzazione d ella so lid arie tà a n tite tic o -p o la re fra esistenzialism o e neo-positivism o, b a sta ap rire il televisore; cam biando velocem ente canale, si p o trà anche avere un e f fe tto filosofico di derealizzazione e sm aterializzazione dei rapporti sociali di produzione, so s titu iti da rapporti sim bolici. 17. Quando L ukàcs, in t u tt a se rie tà , propone u n 'a n alo g ia fra Carnap e Tom m aso d'A quino (pensatore e se m p lare , il prim o, del capitalism o, il secondo invece del mondo feudale) coglie un punto sto rica m en te essenziale. Tom m aso d'A quino propone una soluzione m o d era ta e re a listic a alla sostanzializzazione delle essenze ideali e te rn e (indifendibile orm ai n ella form a e stre m istic o -p la to n ic a dei " re a lis ti" del secolo p re c e d e n te , com e Guillaum e di Cham peaux) che è e stre m a m e n te funzionale alla ideologia della leg ittim az io n e del mondo sociale d e ll'e p o c a (e che viene in fa tti respinta dai fran cescan i spirituali di a llo ra, c ritic i del feudalesim o in nom e del pauperism o evangelico, che scelgono una form a di nom inalism o filosofico radicale; c 'è solo il singolo cristiano praticante il m odello di C risto, non c 'è nessuna Chiesa re ale, ta n to meno se essa è c o rro tta ; c 'è solo il singolo francescano spirituale p ra tic a n te il modello di S. F rancesco, non c 'è nessun Ordo F ranciscanus, tan to m eno se esso accum ula ricchezze), anche se viene provvisoriam ente resp in ta d a ll'a rre tra te z z a teologica dei papi d e ll'e p o c a . La " s ta tic ità " e la "perm anenza" delle com unità sociali m edioevali vengono filo so ficam en te m etaforizzate in una form a di realism o a ris to te lic o delle essenze im m utabili. A differen za del feudalesim o, il cap italism o vive in te g ralm en te la "fu ria del dileguare", rivoluziona p e rm a n en te m e n te la so c ie tà e la n a tu ra , risp e tta la m em oria sto ric a ed il p a ssa to so ltan to n ella fo rm a irrig id ita e co m m ercializzata dei musei e delle esposizioni a p agam ento, * e ra p p resen ta perciò il proprio integ rale disancoram ento ontologico e la propria n e ce ssità im pellente di m anipolare i propri "o g g e tti" in una form a filosofica a n ti-e sse n z ia listic a ed o p erazionalistica (di cui C arnap fu c e rto insuperabile teorizzatore). In W ittgenstein, invece, il disagio e sisten ziale riesce a trovare una form a filosofica che si accom pagna alla riduzione in te g ralm en te neo -p o sitiv istica del mondo (che lo p o rta parad o ssalm en te, ma non troppo, ad am m irare Stalin; e si veda l'a ffa s c in a n te saggio di T erry E agleton, W ittgenstein's Friends, in New L e ft Review, 135, 1982, p. 86 ssg). In fro n ta le opposizione

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con la le ttu ra lu caccian a di W ittgenstein (in ca rn an te "una p ro te s ta a priori im potente c o n tro la m anipolazione universale d ella vita n e ll'a m b ito del c ap italism o con tem p o ran eo ", vedi Ontologia, I, p. 60) il filosofo fran c e se Dominique L ec o u rt (c fr. L'ordre e t le s jeux, G ra sset, 1981) valorizza W ittgenstein non so ltan to c ontro Popper ed il suo a u to rita rio tribunale epistem ologico davanti al quale sir K arl convoca tu tte le scienze e le p ra tich e p o litich e c o n tem p o ran ee, m a anche co n tro l'"o n to lo g ia ", che L eco u rt vede fo u c au ltia n am e n te com e filosofia del rispecchiam ento di un mondo chiuso ed im prigionato. Lo scrivente è d 'a c c o rd o con la prim a b a tta g lia , ma non c e rto con la seconda, concependo lu caccian am en te l'o n to lo g ia com e filosofia d ella lib e rtà. 18. Lo scrivente ha già am p iam en te m otivato (nella q u a rta p a rte di questo sc ritto , d e d ic a ta a Bloch, ed in riferim e n to so p ra ttu tto a Sebastiano T im panaro) le ragioni teo rich e che portano a respingere la soluzione s to ric istic a d ella separazione fra d ia le ttic a d ella n a tu ra e d ia le ttic a della sto ria (così com e essa è p ra tic a ta da S a rtre , ed in gen erale dagli a n ti-en g e lsian i siste m a tic i). Non bisogna a sso lu tam en te confondere l'iso la m e n to m etodologico d ella c a te g o ria di lavoro com e form a ontologica e modello d e ll'a zio n e um ana (c a te g o ria sp ecifica d e ll'o n to lo g ia sociale, e p e rta n to non a ffe re n te i com plessi inorganici ed organici), con la separazione m etodologica fra universo n a tu ra le ed universo sto ric o -so c ia le . Si t r a t t a di due sc e lte filosofiche a sso lu tam en te diverse (ed a lte rn a tiv e ): la prim a p o rta verso l'o n to lo g ia d e ll'e s s e re so ciale, la seconda verso il co sid d etto sto ricism o m arxista. 19. Si veda l'A utobiografia di L ukàcs (op. c it. p. 27). Secondo L ukàcs, c 'e r a nella sua fa m ig lia una to ta le indifferenza verso la religione, che costituiva solo una p a rte del protocollo dom estico, in quanto e n trav a nella conclusione di m atrim oni e nello svolgim ento di a ltr e cerim onie. T u ttav ia, è im possibile analizzare le opere del giovane L ukàcs senza ten e r conto del suo ten ta tiv o di esprim ere in una form a lin g u isticam en te u ltra laiciz za ta c ontenuti religiosi tr a tti dal rom anticism o e dalla filo so fia di K ierkegaard. 20. Ad una analisi più ravvicinata, si possono n o ta re due a tte g g ia m e n ti lievem ente diversi nella considerazione filosofica lu ca cc ian a sulla " te n u ta tem porale d ella fede c ris tia n a " . Secondo una p rim a o ttic a (c fr. Ontologia, I, pp. 14-15) la parusia prom essa da Gesù C risto non si è v e rific a ta , ma questo "fa llim e n to della rivelazione m assim a e c en tralissim a non fu in grado di annullare la fede c ris tia n a " , perchè m ise in m oto un m eccanism o ric o rre n te di " rip e te rsi di parusie so stitu tiv e " di tipo e stre m istic o (G ioacchino da F iore, e c c e te ra ), da un lato , e di riproduzione di una religione quotidiana, c a u ta ed am m in istrativ a, d a ll'a ltro . L a forza tran q u illa di q u e sta religione quotidiana si basa su una ontologia religiosa che a ltro non è se non l'elaborazione " c o lta " d ella tendenza del pensiero quotidiano alla antropom orfizzazione: c a r a tte r e teleologico del cosm o e dello sviluppo sto rico , edificio a n tro p o c en trico del cosm o che, governato dall'o n n ip o ten za di dio - il quale la e s e rc ita tele o lo g ica m en te - , fa d ella vita um ana il c e n tro d e ll'universo. Secondo u n 'a ltr a o ttic a (c fr. Ontologia, II, p. 681), l '" i n ta t to fascino che da quasi due millenni irra d ia dall'im m ag in e della p e rso n alità del G esù n e o te sta m e n ta rio " , e che ne f a appunto un caso unico non rip etib ile da "parusie so stitu tiv e " (e c ic lic a m e n te rito rn a n ti, fino alla

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norm alizzazione), s ta nel fa tto che "l'in c o n c ilia b ilità p ra tic a fra la predicazione e tic o -u m a n a e la vigente so c ie tà "diventa un m odello ed una form a originaria nella " lo tta d e ll'u m a n ità per la propria g e n e ric ità " . Le due o ttic h e , a p a re re dello scrivente, p resen tan o differen ze non irrilevanti: nel prim o caso, si a ttiv a , in modo tale da richiam are pensatori c ic lic o -rip e titiv i (da Alberoni a Kuhn), una serie di m eccanism i illusori di parusìe rico rre n ti d e stin a te a frac a ssa rsi co n tro gli elem en ti "fissi e s ta tic i" d ella vita quotidiana, l'e te rn o ritorno d e ll'illu sio n e teleologica definitiva; nel secondo caso si valorizza in C risto un m odello, esem plare ed irrip e tib ile, di rapporto fra la sin g o larità e la g e n e ric ità d ell'uom o. 21. Con il term ine "com prom esso bellarm iniano" L ukàcs allude alla posizione del cardinale c a tto lic o R oberto B ellarm ino, che e ra disposto ad e c c e tta re l'ip o te si copernicana com e a rtific io gnoseologico, ma non com e re a ltà o n to lo g ic o -n atu rale (posizione condivisa dal p a sto re p ro te s ta n te O siander, ma non da G alileo G alilei, che subì per questo il noto processo). Lukàcs enfatizza al m assim o la p o rta ta di questo com prom esso bellarm iniano, individuando in esso la radice genealogica d e ll'in te ra gnoseologia contem poranea, fino a K ant e s o p ra ttu tto al neo -k an tism o , da Lukàcs p a rtic o la rm e n te avversato. 22. Lukàcs non si fa per questo in ca n tare da gran p a r t e 'd e l l a teologia contem poranea, ivi com preso quel s e tto re (che L ukàcs definirebbe d o tato di "conform ism o non con fo rm istico ", cioè di a p p are n te scandalosità che nasconde u n 'im m a n en te tendenza di conciliazione se g reta con il sistem a econom ico-sociale dom inante) che p arla di "m o rte di D io", oppure di "in teg ra lé dem itizzazione". Lo scrivente è d 'a c c o rd o con L ukàcs nel considerare com e poco seria t u tt a la produzione teologica in c e n tra ta su variazioni psicologistiche alla E rich From m , e che c e rc a per la religione un confortevole c an tu cc io nei c en tri di igiene m entale e di risarcim ento risacralizzante a rtific io so , previsto istitu zio n alm en te per c o n tro b ilan ciare le nevrosi depressive per eccesso di desacralizzazione e di secolarizzazione; non è invece d 'a c c o rd o con L ukàcs quando q u e st'u ltim o m e tte anche Bloch nell'in n o cu a com pagnia dei te ra p isti esistenziali tra v e stiti da p re ti e da p asto ri. 23. Le prim e cen to pagine d ella m onum entale E stetica lucacciana (trad . di Anna M arietti Solmi, Einaudi, 1970) sono d e d ic ate alla m agistrale analisi (che serve di base a ll'in te rp re ta z io n e dello scrivente) della genesi e dello sviluppo del processo di disantropom orfizzazione sc ie n tific a e di riantropom orfizzazione filosofica. Ciò che L ukàcs definisce "falsa disantropom orfizzazione" è in sostanza ciò che nel linguaggio dello scrivente è s ta to più volte d e fin ito com e tendenza a c o stru ire una "grande narrazione". Non c 'è qui tra c c ia d e ll'a ffa s c in a n te (e però in teg ralm en te a n tropom orfica) sto ria d estin ale d ella filosofia o c cid en tale f a tt a da H eidegger, e già c r itic a ta nella terz a p a rte di questo saggio. 24. B enedetto Croce (e si veda F ra n c esc o V alentini, La Controriforma della dialettica, E ditori R iuniti, 1966) ria ttu a tem i filosofici tipici della d e stra hegeliana, concependo la religione com e filosofia degli incolti e la filosofia com e religione dei co lti. G ram sci ed A lthusser non sono, ovviam ente, "cro cian i", ma c 'è in loro la tendenza a se p a ra re n e tta m e n te senso comune e consapevolezza c o lta , ideologia e scienza, fino a teorizzare

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n e cessariam en te la scissione fra dirigenti e d ire tti sublim ata in scissione fra due form e di conoscenza aventi s ta tu to qualitativ am en te diseguale. In Lukàcs è invece sem pre esplicito che la teleologia e 11antropom orfizzazione passando d e n tro classici del calibro di A risto tele ed Hegel, passano so p ra ttu tto anche nei cosid d etti "m oderni d e te n to ri del sapere m arxista". 25. Vi è qui una non coincidenza fra il saggio dello scrivente e l'O ntologia. Si è d e tto non coincidenza, in quanto non vi è alcuna divergenza sulla questione te o ric a cen trale : in M arx la form a filosofica del discorso è onto lo g ico -so ciale, nella m isura in cui Marx c e rc a di im postare in modo siste m a tic a m e n te non teleologico nodi c o n ce ttu a li teleologizzati da A risto tele e da Hegel, i suoi due più grandi predecessori. 26. Per L ukàcs Marx va "e sa tta m e n te nel senso di A risto tele " (c fr. Ontologia, II, p. 47) a proposito della tra tta z io n e del fondam ento ontologico del problem a del lavoro, ovvero della " s tru ttu ra ontologica della posizione teleologica". In L ukàcs l'ap p rezzam en to di A risto tele è ' m olto diverso d a ll'a tte g g ia m e n to di Heidegger verso A risto tele . A causa del suo "dispositivo teleologico" (cui si è fa tto cenno) Heidegger tende ad enfatizzare la nozione di actualitas com e esistenza, attuazione di una poten zialità, realizzazione di u n 'essen za, m om ento di ulteriore approfondim ento d ella sc e lta p lato n ica di far esistere l'Essere. A risto tele diventa così una tappa della m eta fisic a o c cid en ta le , in se rita nel dispositivo teleologico heideggeriano. L 'A risto te le di Lukàcs è invece quello che nella M etafisica p recisa che "ogni potenza è nello stesso tem po potenza di due cose c o n tra rie , giacche, se da una p a rte ciò che non ha la potenza di e sistere non può essere p ro p rietà di alcuna cosa, d a ll'a ltr a p a rte tu tto ciò che ha la potenza di e sistere può anche non passare a ll'a tto . Quindi, ciò che ha la potenza di essere può essere ed anche non essere; epperò la m edesim a cosa è potenza di essere e di non e ssere" (c fr. Ontologia, II, p. 41). A d ifferen za della c o sid d etta bouleusis (il "puro volere", la decisione che si vuole fondativa), la proairesis a ris to te lic a pon e-in -essere una cosa (che potreb b e anche non essere) "il cui principio risiede in colui che la produce e non n e ll'o g g e tto p ro d o tto ", m entre il puro volere n ich ilistic am en te srad icato da ogni dim ensione ontologica è d e stin a to a veder volatilizzarsi il proprio scopo ed a veder diventare integ ralm en te "e stran e o " il proprio stesso p ro d o tto . Non si può non pensare a tu tti gli sgangherati "p rim ati della prassi" di quei m arxism i novecenteschi in cui la prassi (di cui ci si riem pie la bocca) è siste m a tic a m e n te p e n sa ta com e assoluta, autofondativa, priva di dim ensione ontologica. 27. Un im p o rta n te s e tto re del m arxism o fran c e se , di derivazione althusseriana, ha respinto Hegel in nome di Spinoza proprio per so tto lin e are la p resen zialità s tru ttu ra le , o n tologicam ente c o stitu tiv a , dei rapporti sociali, e per respingere la d ia le ttic a " e n fa tic a " , teleo lo g ica, g ra n d e-n a rrativ a . Si veda, per tu tti, P ierre M acherey, Hegel ou Spinoza, M aspero, 1979. A parere dello scrivente, la "m obilitazione" di Spinoza c o n tro Hegel è giusta se essa è lim ita ta ad una "m ossa teo rica " c o n tro lo storicism o (che è quasi sempre una form a un po' sg an g h erata di h egelo-m arxism o), m entre diventa sb a g lia ta quando, ignorando l'a s p e tto "non e n fatic o " delle determ inazioni riflessive hegeliane, respinge l'in te r a d ia le ttic a in nome del differenzialism o (e si vedano gli s c ritti su Spinoza di A ntonio N egri).

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R iassum iam o brevem ente le ragioni che ci p ortano a valorizzare la ricostruzione lucaccian a di contro a quelle di H eidegger e di Bloch. A nalogam ente ad H eidegger, Lukàcs c e rc a di pensare sin cronicam ente il p re sen te secondo un dispositivo d ia le ttic o di inversione: quanto più si pensa la re a ltà sociale so tto il dom inio d ella c a te g o ria di a ttiv ità di un soggetto, tan to più l'o g g e tto che nece ssa riam e n te gli si contrappone appare dom inato da una (falsam en te ontologica) im m odificabilità. A differen za di H eidegger, L ukàcs non applica alla sto ria del passato un dispositivo teleologico, ma radica la d ia le ttic a fra tendenze disantropom orfizzanti e tendenze riantropom orfizzanti in una sto ria "a m olte u sc ite possibili", e quindi non sto ric istic a m e n te unilinearizzata. Qui vi è, anche, la m aggiore coincidenza fra Lukàcs ed E rnst Bloch. A d ifferen za di Bloch, L ukàcs non c e rc a un ' radicam ento o n to lo g ic o 'd e lla prassi n ella d ia le ttic a della n a tu ra , ma esclusivam ente in uno sviluppo d ella nozione di "lavoro" com e m odello e form a originaria. 29. L a com m edia degli equivoci ed il regno della confusione teo ric a è di solito in tra tte n u to dai "filosofi del lavoro" professionali. In genere ignari d ella d ete rm in a te z za delle c ateg o rie m arxiane (che essi p igram ente ritengono o g g etto sp ecialistico per m arxologi fa n a tic i ed a ltri talm udisti) essi confondono il piano m etafisico d ella "essenza del lavoro um ano" con le form e fenom eniche di esistenza c o n c re ta di questo lavoro stesso. In proposito l'u m an esim o c ristia n o del lavoro si fonda spesso su di una analogia a n tro p o m o rfic o -a rtific ia listic a con Dio, "fa b b ric a n te del mondo e d e ll'u o m o ". In p e rfe tto accordo con la concezione di Robinson Crusoè, Dio avrebbe d a to il prim o stock g ra tu ita m e n te , il c ap itale iniziale da investire (la n a tu ra , ovviam ente), che si tra tte re b b e di " fa r f ru tta re " a sua maggior gloria. 30. Si rim anda ai num erosi studi di G ianfranco L a G rassa. Già in R aniero Panzieri è ovviam ente p re sen te l ' id ea -fo rza che il processo di lavoro c a p ita listic o non incorpora so ltan to m odalità "tec n ich e " di produzione, ma con tien e m odalità socio -p o litich e di dom inio di classe. Q uesta id ea -fo rza è giusta, m a è p urtroppo com prom essa da una concezione non-ontologica del rapporto di c a p ita le , che appare com e qualcosa di "p osto" 'd a ll 'a tt i v it à operaia. Ciò che in Panzieri è an co ra " te n u to so tto controllo" dal suo sobrio istin to m a te ria listic o diventerà puro idealism o soggettivo e gentilianesim o operaio nelle versioni di T ronti e di N egri, p ila stri d ella c a ta s tro fic a "ideologia ita lia n a " . Il " c a p ita le " non è in fa tti una posizione teleo lo g ica (nel senso che è pianificabile dai c a p ita lis ti), m a è una risu lta n te im personale, non teleo lo g ica, di milioni di a tt i teleologici (in cui ovviam ente anche la c a s u a lità gioca un grande ruolo). 31. Si consiglia il bel saggio di V itto ria F ranco, 11 lavoro com e "forma originaria" nell'O ntologia di Lukàcs, in C ritic a M arxista, 3, 1977. La F ranco m o stra di saper cogliere l'esse n ziale d ella questione. 32. A fferm a L ukàcs (c fr. Ontologia, I, p. 10): "L 'o n to lo g ia religiosa sorge dunque per la via opposta a quella d e ll'o n to lo g ia sc ien tific o -filo so fic a: questa indaga la re a ltà oggettiva per scoprire lo spazio reale per la prassi reale (dal lavoro a ll'e tic a ) ; quella muove dai bisogni di un com portam ento verso la vita, dai ten ta tiv i di dare un senso alla propria vita da p a rte dei singoli uom ini n ella q uotidianità e c o stru isce un im m agine del mondo che,

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sem m ai, potrebbe c o stitu ire una garanzia di appagam ento per quei desideri che si fanno se n tire nel bisogno religioso". 33. Cfr. L ukàcs, Ontologia, II, p. 147. Non è un caso che Lukàcs possa connotare le c a ra tte ris tic h e essenziali del "lavoro" soltanto nella seconda p a rte s iste m a tic a dell'O ntologia, d e d ic ata alla "riproduzione". La "riproduzione" (atten zio n e, non la "produzione", che è un'astrazio n e potenzialm ente econom icistica!) è in fa tti il prim o m om ento ontologico-processuale c o n c re ta m e n te e siste n te . Anche Marx (si veda l'O ntologia, II, p. 140) inizia la sua analisi d ella riproduzione sociale c a p ita lis tic a dalla m erce (nella sua u n ità d ia le ttic a di valore d'u so e di valore di scam bio), anche se q u e st'u ltim a non può essere assolutam ente stu d iata al di fuori del suo nesso essenziale con il processo di lavoro c ap italistic o . A nalogam ente per L ukàcs "il lavoro c o stitu isc e il punto di parten za ontologicam ente più a d a tto per l'esposizione del discorso su ll'esse re sociale in g en ere", m en tre è la riproduzione la prima re a ltà processuale o n tologicam ente co n cre ta . 34. Ci sta qui un com plesso nodo di problem i. Lo scrivente è convinto che senza una sp ecifica arm onia fra mondo anim ale e mondo um ano non vi sarà comuniSmo alcuno, e che ogni tipo di m anipolazione siste m a tic a delle specie anim ali (b ru tale e crudele, oppure s o fistic a ta ed "indolore") rimanda ad una concezione filo so fica sto ric istic a ed a n ti-n a tu ra lis tic a che gli è e stra n e a . T u ttavia è filo so ficam en te sem pre l'u o m o "sociale" che decide com e t r a tta r e gli anim ali, in modo sem pre sto rica m en te specifico. L 'am icizia fra uom ini ed anim ali, sognata (g iu stam en te) da ecologi, etologi e n a tu ra lis ti, non potrà mai essere un "rito rn o alla n a tu ra " , ma solo il raggiungim ento di uno scopo co sc ie n te posto dall'u o m o sociale sulla base della irreversibile "m odernità". Diversi sono ovviam ente i problem i filosofici dei paradigm i etologici e sociobiologistici. Per una buona bibliografia si L'Etologia, L oescher, 1979; ed anche veda Continenza-Som enzi, l'in te re s s a n te saggio di Sergio Manghi, La sociobiologia e la critica "marxista", in Q uaderni P iacentini, 7, 1982. 35. Si rim anda qui a ll'u tilissim o saggio di Amedeo V igorelli, Il lavoro, il gioco e la festa , contenuto in M etam orfosi, 7, Angeli, 1983. V igorelli esam ina prim a la collocazione filosofica del gioco a ll'in te rn o del paradigm a del lavoro in Marx, e si sofferm a poi sulla liberazione festiva del gioco in Michail B achtin. Vigorelli non cade n e ll'e rro re banal-sociologico di co n trap p o rre polarm ente lavoro e gioco (contrapposizione polare che non e siste com unque nella re a ltà sto ric a - ilpioniere am ericano, ste reo tip o dell'hom o faber cap italistic o , lavora e gioca hard), e neppure propone un "paradigm a del gioco" com e base giocosa di una via div erten te al socialism o. Ma finisce tu tta v ia con il so sten ere la tesi d ella funzione vicaria e servile del "gioco" in Marx, e so p ra ttu tto in L ukàcs (cui sem bra co n trap p o rre B achtin, com e colui che seppe c ap ire la funzione ontologica s tra te g ic a del gioco per la ricom posizione del corpo sociale diviso in classi). V igorelli sem bra mosso in prim a istanza da una c arica polem ica contro i paradigm i la b u ristic o -a u to rita ri del "lavoro", che lo scrivente condivide e n tu sia stica m e n te. L a questione mi sem bra però u n 'a ltra : il lavoro produce livelli di irrev e rsib ilità ontologica, sulla cui base si sviluppano in modo p rocessualm ente d ia le ttic o posizioni teleologiche

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coscienti; il gioco non sembra avere questa caratteristica. Detto questo, nel comuniSmo lavoreremo indubbiamente di meno e giocheremo indubbiamente di più. Un argomento, questo, in favore del comuniSmo. 36. Vi è qui la chiave teo ric a per com prendere p a rte dello sbandam ento filosofico avvenuto re ce n te m e n te in Italia. Si pensi a lla "risc o p e rta del m istico" in B aget Bozzo e C acciari, alle m eta fo re sc ie n tistic h e ricavate da Thom e Prigogine di M arram ao, fino al pendolarism o teo rico di Antonio Negri dai Grundrisse a Pannella. T u tto questo irrazionalistico brancolare g ira anche intorno al rifiu to di c onsiderare la prassi com e qualcosa di onto lo g ico -so ciale, com e una "determ inazione riflessiva". 37. Penso a studiosi com e F rancesco C oppellotti, G erardo Cunico, L aura Boella. _ Il "lavoro" sem bra a m olti in su fficien te per "fondare" a d eg u atam en te la prassi d ella trasform azione. Le ste sse posizioni di Am edeo V igorelli ( c ita te n ella n o ta 35) fanno p a rte di q u esta costellazione teo rica. 38. I "m u tam en ti di opinione" di Marx sono g e n era lm e n te re g is tra ti nelle biografie di Marx (da quella c lassica di Mehring a quella re c e n te di Mac L ellan), m a vengono ra ra m en te tem a tizz a ti in modo adeguato. 39. Si veda S. M oore, Marx on thè Choice betw een Socialism and Communism, Harvard U niversity Press, 1980. E ffe ttiv a m e n te in Marx vi è la specifica com presenza fra due teo rie q u a litativ am en te diverse: secondo la prim a, socialism o e comuniSmo sono da co llo care in successione tem porale sulla base del "livello delle forze p roduttive" (se il livello è basso, il comuniSmo è o ntologicam ente im possibile e rim ane u n 'ista n z a u to p ic a , vista l'in c a p a c ità antropologica dell'individuo borghese a produrre secondo le c a p a c ità ed a lim ita re i bisogni facendo a m eno del calcolo in "tem po di lavoro re ale"); seguendo la seconda, il comuniSmo è un principio "superiore" (e non solo tem poralm ente "successivo") al socialism o, perchè si basa sull'uom o nuovo, rinnovato, d isin te re ssa to , unito al genere, e c c e te ra . Nel libro di G uerraggio-V idoni già c ita to in precedenza sono invece d o cu m e n tate dichiarazioni d 'a lla rm e di Marx sul "saccheggio" della n a tu ra da p a rte d e lla produzione borghese c a p ita lis tic a , che stanno però in am bigua com presenza con le lodi f a tte a R icardo com e so ste n ito re della positività della produzione illim itata . 40. Si veda A. H eller, Paradigma della produzione e paradigma del lavoro, in C ritic a m arx ista, 4, 1981, ed anche il fascicolo speciale di A u t-a u t, 157-58, 1977, d e d ic ato a L 'ultim o Lukàcs e la scuola di Budapest. Sulla scuola di B udapest si veda anche l'o ttim o saggio di Johann P. Arnason, Prospettive e problemi del marxismo critico nell'E st europeo, in S toria del M arxismo, IV, Einaudi, 1982. Le posizioni della H eller sono sostanzialm ente respinte da c o m m en tato ri italiani com e V itto ria F ranco, A lberto Scarponi e Guido O ldrini, m entre sono viste con m aggior sim p atia da a ltri c o m m en tato ri com e Am edeo V igorelli e L aura Boella. Lo scrivente condivide le " fin a lità e tic o -p o litic h e " della scuola di Budapest, ten d en ti ad una dem ocratizzazione rad icale delle so c ie tà d e ll'E s t europeo, m en tre è d ecisam en te avverso sul piano filosofico a tu tte le fondazioni "bisognistiche" del socialism o ed in p a rtic o la re a lla consapevole stro n c a tu ra della H eller d ella O ntologia dell'E ssere Sociale. La H eller è ovviam ente in lo tta co n tro ogni filosofia d e lla m anipolazione ed ogni " d itta tu ra

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b u ro c ra tic a sui bisogni" (e si veda anche Mihàly V ajda, Sistem i sociali oltre Marx, F e ltrin e lli, 1980); il modo m igliore di leg ittim are filosoficam ente q u e sta giusta istanza p o litica non può però fondarsi sull'abbandono d elle valenze o n to logico-sociali d ella filosofia m arxiana in direzione di m odellistiche id ea l-tip ic h e di antropologia filosofica. 41. L 'an tro p o lo g ia filo so fica può qui utilizzare i risu lta ti degli etnologi e degli antropologi (si veda M aria A rioti, Produzione e riproduzione nelle società di caccia-raccolta, L oescher, 1980). I m iti ed i riti, fem m inili e m aschili, fanno ontologicam ente p a rte di q ueste so c ietà com e la crisi econom ica fa p a rte del cap italism o . L 'ip o te si del "selvaggio illum inista" non corrisponde a ffa tto , com e è noto, alle re a ltà sto rich e osservate dagli antropologi. La successione (ovviam ente non u n ilineare e non p re d e te rm in a ta ) dei modi di produzione non è una filosofia d e lla sto ria "m a s c h e ra ta ", m a solo il quadro ontologico che sta b ilisc e livelli di irrev ersib ilità sp ecifici a p a rtire dai quali si aprono costellazioni di p ossibilità nuove. Ed è appunto il lavoro (e non il gioco) che d e te rm in a questi livelli di irrev e rsib ilità sto rica. 42. Si veda G. B ateson, Verso un'ecologia della mente, Adelphi, Milano, 1976, e le voci Comunicazione ed Informazione di A. Wilden sulla Enciclopedia, Einaudi. Come è s ta to osservato da m olti co m m e n ta to ri (fra gli a ltri M ichele Cangiani ed Augusto Illum inati) in B ateson la riconduzione del dom inio p ro g e tta n te alla separazione c a rte s ia n a fra res exten sa e res cogitans è assai notevole, la c ritic a dell'u m an esim o è ben più c irc o stan z iata e persuasiva di quelle pa ralle le di H eidegger e F oucault, e vi è in più la m essa in guardia c o n tro ogni ideologia d e ll'u m a n ità asso c iata in una so rta di gu e rra di conquista verso l'a m b ie n te n a tu ra le . I risu lta ti te o ric o -p o litic i raggiunti da B ateson (forse il punto più a lto del pensiero ecologico contem poraneo) devono e ssere, secondo lo scrivente, collo cati in te ra m e n te in una form a filosofica del discorso di tipo o n tologico-sociale: la ste ssa c o n c re ta possibilità di inversione di tendenza di un rapporto squilibrato u o m o -n atu ra non può che basarsi sul già raggiunto livello di " a rre tra m e n to d ella b a rrie ra n a tu ra le " . II term ine "b a rrie ra " è c e rto odiosam ente m eccan icistico (evoca l'im m ag in e di qualcosa che si "sp o sta"). E ' chiaro tu tta v ia che la ste ssa m ondializzazione del problem a ecologico ed il fa tto che l'u m a n ità abbia alm eno la p ossibilità a s tr a tta di porsi il problem a del rapporto con la n a tu ra a livello "m ondiale" sono f a tti resi possibili dal nuovo terre n o o n tologico-sociale contem poraneo, q u alitativ am en te diverso dal paleolitico e dal neo litico , da cui ci separano le soglie di irrev e rsib ilità tem porale che il lavoro ha via via prodotto. 43. Si vedano com unque, n e ll'O n to lo g ia , le osservazioni di Lukàcs sulla gio rn ata lavorativa e sul "tem po lib ero ", a p. 509 ssg., ed a p. 777 ssg. 44. Ancora una volta, lo scrivente richiam a l'a tte n z io n e sul fa tto che il "c o n te sto rilevante" in cui L ukàcs p a rla di "lavoro" nell'O ntologia non è lo ste sse di A risto tele e di H artm ann. In un periodo com e questo, in cui tu tti parlano di W ittgenstein e di "giochi ling u istici", questo vorrà pur dire qualcosa. 45. E ' su q u esta base alm eno che lo scrivente ha rite n u to di p oter im parare un po' di filosofia m a te ria listic a sia da L ukàcs che da A lthusser (indipendentem ente dalle stucchevoli ed inutilizzabili distinzioni fra chi è

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per e chi è contro H egel). In en tram b i, in fa tti, la to ta lità è processuale e non è nè "presupposta" nè "espressiva". 46. Si veda L'Ontologia, II, p. 451. 47. F ra questi sto rici m arxisti c itiam o , alla rinfusa, V ilar, T opolski, Perry Anderson (c fr. D all'antichità al feudalesimo, M ondadori, 1978). Il problem a è sem pre quello di acquisire la c a p a c ità di "conoscere la sto ria e non di rico n o scerla", com e scrisse M aurice G odelier. Una volta concepito il p re sen te com e sto ria in perenne fase di stru ttu ra zio n e - scrisse A lfred Schm idt nel 1975 - non è l'a rb itrio dello sto rico , m a la situazione sto ric a a d ecidere di ciò che viene alla rib a lta e di ciò che rim ane più sullo sfondo. 48. Si veda l'O ntologia, p. 148. L a sto ria d e ll'a lim en taz io n e non è d 'a ltro n d e una m èra . "m oda" sn o b istico -a n n alistica , ma è una com ponente sto rico -so ciale dell'evoluzione dell'u o m o . Essa ha su p e rato anche la d iffic ile soglia d ella m anualistica sc o la stic a (c fr. Scipione G uarracino, Storia dell'E tà medioevale e moderna, Bruno M ondadori). 49. Si veda l'O ntologia, II, p. 149. C ontro le falsificazioni (di tipo sia m aschilistico che fem m inistico) sulla "d iffere n za ontologica" (di tipo cioè a sto ric o -o rig in a rio ) fra uomo e donna si veda Ida Magli, Matriarcato e potere delle donne, F e ltrin e lli, 1978, ed anche Èva C a n ta rella, L'ambiguo malanno, E ditori R iuniti, 1981. Considerazioni acutissim e sulla "sociopsicologia d e ll'a ttu a le gu e rra fra 1 sessi" sono f a tt e da Christopher L asch, La cultura del narcisismo, Bom piani, 1981, pp. 2 0 9 -2 2 9 . Inutile aggiungere che non e siste a f fa tto un c o n flitto m eta fisic o fra "uom o" (spontaneam ente o rie n ta to alla d ia le ttic a ed al dom inio sa do-m asochistico) e "donna" (sp o n tan eam en te o rie n ta ta al d ifferenzialism o a n tid ia le ttic o ed alla tenerezza p o lim o rfa), ma esistono, da un lato , tensioni fra i sessi che solo una indesiderabile "utopia androgina" (L asch, p. 229) potrebbe "an n u llare", e, d a ll'a ltro , un insanabile c o n flitto teo rico -filo so fico fra uomini e donne d ia le ttic i e uomini e donne d iffere n zia listici. 50. Una sintesi della posizione lucacciana sul linguaggio si ha nell'O ntologia, II, pp. 187-205 e p. 388 ssg. A proposito di H aberm as si vedano le note 9 e 11 della terza p a rte e la n o ta 25 della q u a rta p a rte . H aberm as p a rte da due istanze teo rich e del tu tto condividibili: in prim o luogo, a ffe rm a che "il progrèsso delle forze produttive ha p o rta to ad una scom posizione a lta m e n te d iffere n zia ta dei processi lavorativi... ma il potenziale cognitivo che è p e n e tra to in q u esta socializzazione della produzione non ha alcuna a ffin ità s tru ttu ra le con quella coscienza p ra tic o -m o ra le che può sorreggere i m ovim enti sociali che prem ono per un rivoluzionam ento d ella so c ietà borghese. Perciò il progresso dell'industria non pone a f fa tto al posto d e ll'iso lam e n to degli operai, com e a ffe rm a il m ovim ento com unista, la loro associazione rivoluzionaria, ma solo una nuova organizzazione del lavoro al posto della vecchia" (c fr. Per la ricostruzione del m aterialism o storico, p. 120); in secondo luogo, H aberm as non cred e a f fa tto che il sem plice sviluppo del linguaggio senza b a rrie re sia già di per sè realizzazione del regno d ella lib e rtà (in presenza d ella produzione c a p ita lis tic a ), ma ritiene che, nella relazione tra l'e le m e n to "m a te ria le " del bisogno e l'e le m e n to "ideale" del linguaggio, si co stitu isco n o i presupposti d ella com petenza com unicativa universale avente com e possibile o g g e tto la c ritic a m ate ria le

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del dom inio. H aberm as ha c e rto una grande considerazione per il "m om ento ideale" n e ll'e co n o m ia . Il "lavoro" non è però, com e ritien e H aberm as, una m odalità id e a l-tip ic a d ella produzione in g en erale, dispendio di a ttiv ità um ana ed agire stru m e n ta le conform e a regole tecn ich e di previsione (per una c ritic a a q u esta "riduzione p o sitiv istica d ella nozione di lavoro" si veda tu tta u n 'a m p ia le tte r a tu r a secondaria, da Krahl alla H eller, da Gozzi a F e rra ro a M arzocchi, e c c e te ra ), ma è una form a o riginaria d e ll'a g ire che produce soglie ontologiche irreversibili, e dunque anche diversi livelli sp ecifici di "in terazio n e so c iale". Il "m om ento ideale" d e ll'in te raz io n e sociale non può essere dunque isolato dal processo di produzione, il cui m utam en to rivoluzionario non si lascia "rid u rre" alle m odalità linguistiche d e ll'a lla rg a m e n to d ella com petenza com unicativa. H aberm as segue però u n 'a ltr a via, e ci si p e rm e tta in proposito una piccola testim onianza personale. Avendo lo scrivente c h ie sto ad H aberm as alcune precisazioni di d e tta g lio sulla d iffere n za fra il suo p ro g e tto rico stru ttiv o del m arxism o ed il p ro g e tto ontologico lucacciano (in occasione di un sem inario filosofico ten u to in Italia nel se tte m b re 1983), H aberm as ha c o rte se m e n te risposto di non p o terle d are, non avendo le tto per nulla l'O ntologia. Si t r a t t a di u n 'a fferm az io n e asso lu tam en te sin to m a tic a , d a ta l'in d isc u tib ile s ta tu ra in te lle ttu a le e m orale d ella persona. 51. Ci si intenda bene. Non si vuole c e rto so sten ere che l'"e sse n z a " della lingua inglese è di tipo em p iristico ed operazionistico, m en tre, poniam o, il fran cese ha in sè la finesse m entre il tedesco sarebbe "filo so ficam en te profondo". Come tu tti sanno, l'in g le se è la lingua di Blake e di Virginia Wolf, di Poe e di Shakespeare. Si allude qui a quella so rta di basic english, che s ta diventando una lingua "universale" senza p o rtare con sè alcun fall out c u ltu rale di tipo re alm en te universalistico (com e e ra il caso del greco n e ll'a n tic h ità classica, che si portava d ie tro la trag e d ia , l'e p ic a , la filosofia, insiem e con alcune a ltre b a g a tte lle ), e d e ll'in g le se come medium d ell'universalism o c a p ita listic o am ericano, che si p re sen ta com e il "destino fa ta le " d e ll'u m a n ità nel D uem ila. In proposito lo scrivente p re fe risc e di gran lunga lo sciovinism o eu ro p eistico del m itterandism o fran cese (che c e rc a giustam ente di "d ifen d ere" la lingua e la cu ltu ra francofona) al ruere in servitium di gran p a rte d e ll' in te llig h e n tia italiana a ffa sc in a ta d a ll'a lte z z a dei g ra tta c ie li di M anhattan. 52. Con questo, si intende s o p ra ttu tto d ire due cose. In prim o luogo, pensatori com e W ittgenstein e H aberm as re stan o "epocali" (si condividano o meno le loro tesi) proprio in quanto individuano nel "linguaggio" un com plesso strategico per la definizione d e ll'a g ire sociale contem poraneo (che è "linguistico" in un senso ontologicam ente sp ecifico e d ifferenziato d a ll'a g ire sociale schiavistico o feu d ale). In secondo luogo, la riflessione ontologica sul linguaggio è resa oggi pressoché im possibile dalle n e faste influenze del riduzionismo sociobiologistico, da un lato , e della derealizzazione po st-m o d ern a del mondo, che tende a ridurre i rapporti sociali a "scam bio sim bolico" (si veda B audrillard e L y o tard , ma anche le riviste ita lia n e Aut-aut ed A lfabeta, fo rte m e n te colonizzate da questa tendenza d erealizzante ed a n tim a te ria listic a ). 53. Per le considerazioni lucacciane sul d iritto si veda Storia e Coscienza di

251 Classe, Sugar, 1968, pp. 135-43, e si veda l'O ntologia, li, pp. 2 0 5 -2 4 e pp. 478-82. 54. L 'illu sio n e giuridica è p a rtic o la rm e n te p re se n te negli s c ritti "te o ric i" d ella scuola ita lia n a c o sid d e tta dei n e o -g a ra n tisti (F e rra jo li, in p a rtico la r modo). In g enerale i "g a ra n tisti" individuano nel d iritto pubblico ed in quello penale i "punti-chiave" della riproduzione sociale borghese com plessiva. E ' in re a ltà il d iritto privato il luogo fondam entale d ella "form alizzazione a s tr a tta " del dom inio c ap italistic o (c fr. E tto re Gliozzi, Dalla proprietà all'im presa, Angeli, 1981). 55. E ' per questo che non si può in genere avere alcuna "com prensione" di tipo populistico o terzom ondistico per i "rito rn i" al d iritto islam ico di un K hom einy o di uno Z ia U1 Haq. Tagli delle m ani, lapidazioni, trasfusioni fo rza te per i condannati a m orte, e c c e te ra , non sono solo " a tro c ità " im perdonabili, ma veri e propri "rito rn i ind ietro " nei confronti d ella soglia di irrev e rsib ilità borghese del d iritto . Un discorso filosofico del genere deve essere f a tto anche contro la to rtu ra , ed in gen erale anche co n tro la pena di m o rte. N ella ste ssa o ttic a deve esse re difeso l'irre v e rsib ile d iritto d ella donna a d ecidere se a b o rtire oppure no. Poiché anche la depenalizzazione dei " re a ti" non è qualcosa di p u ram en te casuale o convenzionalistico, m a p re se n ta soglie ontologiche di irrev e rsib ilità , la "d ifesa d ella vita" oppure la "p o litic a d e m o g rafica di n a ta lità " non può com unque essere f a tt a in alcun caso ri-penalizzando il " re a to " di aborto. 56. Si veda Ontologia, II, p. 728. O vviam ente, la violenza non è p re sen te so ltan to in periodi p a rtic o la ri (com e l'accum ulazione o rig in aria), e non è neppure su ffic ie n te rilevare che la violenza (so tto form a di guerre e di spese per gli a rm a m e n ti) è un fa tto re s tru ttu ra le di "soluzione" delle crisi c a p ita listic h e . L a violenza è in re a ltà una form a d 'e siste n z a n e cessaria delle c a te g o rie econom iche, finché alm eno q ueste u ltim e abbiano com e "base" una divisione a n ta g o n istic a del lavoro ed una distribuzione in eg u a litaria del consum o. 57. L 'ec o n o m ista che a g ita la p ip a -to te m per le g ittim a re " sc ie n tific a m e n te " l'e te r n ità della produzione c a p ita lis tic a e la "giustezza" d ella distribuzione in eg u a litaria del p ro d o tto è ovviam ente quasi sem pre una fastidiosa m a c c h ie tta inconsapevole d ello " s ta tu to epistem ologico" d ella propria disciplina (in com pagnia con gli sciam ani esquim esi e gli aruspici e truschi, anche se spesso m olto m eno a tte n d ib ile ). Le eccezioni sono però num erosissim e. C itiam o qui Gunnar Myrdal (c fr. L 'obiettività nelle scienze sociali, Einaudi, 1973) e Joan Robinson. D ella Robinson si vedano i num erosi s c ritti sulla teo ria dello sviluppo e sulla filosofia econom ica. In Omaggio a Joan Robinson (c fr. P o litica ed econom ia, 9, se tte m b re 1983) Dom enico Mario N uti ricorda le lezioni d ella Robinson "agli studenti del prim o anno, che ascoltavano un po' sgom enti le c ritic h e se rra te ad un corpo di d o ttrin e che non avevano an co ra im p a rate " e l'a tte g g ia m e n to sem pre più s c e ttic o e p essim istico su di una "scienza" che contribuisce a ttiv a m e n te a lla creazione di disoccupazione e ra c c o n ta le favole delle "a sp e tta tiv e razionali". Un in te re s sa n te sintom o teo rico della fine dell'illu sio n e n ell'u n icità " s c ie n tific a " d ella teo ria econom ica sta nel fa tto che il m iglior m anuale per l'in seg n a m en to d e ll'e co n o m ia nella scuola secondaria (c fr. B ianchi-C am panella, Economia politica, Hoepli, 1983) sia

252 giunto al to ta le abbandono d ella finzione di una teo ria econom ica, ed alla e sp lic ita tra tta z io n e siste m a tic a delle grandezze m acro e m icro-econom iche secondo q u a ttro teo rie a ltern ativ e: classica e sra ffia n a , n e o -classica e m arginalistica, keynesiana e m arxista. 58. Si veda l'O n to lo g ia , II, p. 341 e pp. 362-64. 59. Si veda G. L ukàcs, L'uom o e la rivoluzione, Ed. R iuniti, 1973, pp. 35-36 ed an co ra p. 24 ssg. 60. Si veda L ukàcs, Ontologia, II, p. 337 ed ancora pp. 335-51. 61. Si veda l'o ttim o lavoro di E. Ilienkov, Logica dialettica, Mosca, Progress, 1978, in cui la tratta z io n e del "m om ento ideale" è forse ancor più com pleta ed e sa u rie n te che nell'O ntologia. Lo scrivente non è un e sp e rto di filosofia sovietica, e non è in grado di giudicare adeguatam ente Ilienkov. T uttavia, Logica d ialettica sem bra un piccolo capolavoro teorico, ricco di inform azione e di equilibrio, che non sem bra avere nulla in comune con le enciclopedie ideologiche del Oiamat. La so tto lin e a tu ra che Ilienkov fa d ell'ideal'noe (m om ento ideale) appare anzi l'em b rio n e di una im plicita polem ica con il "m ate ria lism o d ia le ttic o " com e sco lastica sta tu a le . 62. In Spinoza, per esem pio, un circolo può essere d e fin ito com e una "figura in cui le linee tra c c ia te dal c e n tro alla circo n feren za sono eguali". T uttavia q u esta definizione "non esprim e a ffa tto l'esse n za del circolo, ma so ltan to una c e rta sua p ro p rie tà " , e per giunta una p ro p rietà derivata, secondaria. A ltro è quando la definizione racch iu d erà in sè "la causa più prossim a della cosa". A llora il circolo deve e ssere d efin ito nel modo seguente:" ... la figura d e s c ritta da una c e rta linea, un capo della quale è fisso e l 'a l t r o è m obile". Q u e st'u ltim a definizione o ffre il modo di costruire una cosa nello spazio reale. Qui la definizione nominale nasce insiem e con l'azione reale del corpo p ensante nel contorno spaziale d e ll'o g g e tto d e ll'id e a . In tal caso l'u o m o possiede anche l'id e a a d eg u a ta , e non so ltan to segni, espressi in parole. E q uesta è la concezione m a te ria listic a della n a tu ra d e ll'id e a le . L 'id e a le e siste laddove si ha la fa c o ltà di ricostituire l'o g g e tto nello spazio, servendosi d ella parola, del linguaggio, in com binazione con il bisogno d e ll'o g g e tto , più la sicurezza m ate ria le d e ll'a tto d ella creazione (c fr. Ilienkov, op. c it., pp. 268-69). 63. Si veda Lukàcs, Ontologia, 11, p. 337. .64. Si veda Gian Carlo Jo cteau , L eggere Gramsci, F e ltrin e lli, 1975. 65. Si veda Mao T setung, Discorsi inediti, M ondadori, 1975, e so p ra ttu tto Su Stalin e sulI'URSS, Einaudi, 1975. T u ttav ia, neppure i sinologi specializzati sono per ora in grado di spiegare fino a che punto Mao condividesse i c ontenuti p o litico -c u ltu ra li delle "cam pagne" che la sin istra cinese faceva a suo nome (contro Confucio e Lin Piao, co n tro il d iritto borghese nel socialism o, sulla d itta tu ra del p ro le ta ria to , e c c e te ra ). In q u este "cam pagne" (per quanto è dato giudicare studiando le c en tin aia di artico li teorici pubblicati in francese ed in inglese in quegli anni) si faceva uso di "e le m en ti" del pensiero m arxista (com e la Critica al Programma di Gotha) e ffe ttiv a m e n te incom patibili con la sistem atizzazione sc o lastic a del m arxism o-leninism o staliniano. Im portanti sono anche gli s c ritti d e ll'u n ic a vera "m en te teo rica " della c o sid d etta "banda dei q u a ttro " , Chang Chunchiao (c fr. V ento d e ll'E st, 38, 1975).

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66. Si veda Lukàcs, Ontologia, II, pp. 452 e 727 ssg. 67. Per la c ritic a di L ukàcs ad Engels si veda l'O ntologia, II, pp. 460-64. Engels distingue fra le stu p id ità a n tropom orfiche prim itive, di tipo anim istico, che servono da base alla produzione ideologica delle so c ietà p re ca p ita listic h e , ed ideologie di tipo più m oderno (e fa l'esem p io del socialism o ricardiano inglese) le quali, pur essendo sc ien tific am e n te in e s a tte , p e rm e tto n o la presa di coscienza a n ta g o n istic a d ella classe su b altern a dei sa lariati nel capitalism o. Lukàcs non am a giustam ente il term ine "stu p id ità ", che ci farebbe assum ere di fro n te al passato un a tte g g ia m e n to ra z io n a listic o -a stra tto . Non si vede in fa tti perchè l'annuncio di Gesù del prossim o avvento d e ll'a n n o di m isericordia del Signore, il m ovim ento d o n a tista del tardo Im pero Rom ano, l'an n u n c io di G ioacchino da Fiore delle tre E tà, e c c e te ra , debbano esse re più "stupidi" della teo ria d e lla distribuzione secondo il "lavoro" tip ic a del socialism o ricardiano o della teo ria keynesiana delle a sp e tta tiv e razionali dei pro d u tto ri e dei consum atori. S to ricam en te, sono sem m ai m olto più "stupidi" questi ultim i, dal m om ento che vi è la possibilità ontologica di una spiegazione assai più d ia le ttic a e com plessiva d ella p ro c essu alità sociale e delle sue tendenze c o n tra d d itto rie (si s ta qui ovviam ente scherzando). 68. Per un approfondim ento bibliografico e teo rico di queste questioni si veda F erruccio R ossi-L andi, Ideologia, Isedi, 1978. Lo scrivente non condivide com unque la tendenza alla riduzione m assiccia del problem a filosofico d ell'id eo lo g ia alla se m io tica ed a lla ossessiva so tto lin e a tu ra del " c a ra tte re in ten sam en te linguistico d e ll'id eo lo g ia", p re se n te n ella pur notevole sintesi di R ossi-L andi. Vi è qui un nodo di problem i che non possono essere a ffro n ta ti a d eg u a ta m en te in q u esta sede (in sintesi: il com plesso rapporto fra linguistica ed ontologia sociale). 69. Lo scrivente condivide p e rta n to n e ll'essen ziale il giudizio filosofico di Ludovico G eym onat (c fr. Riflessioni critiche su Kuhn e Popper, Dedalo, 1983). 70. In com une vi è ovviam ente il culto filosofico della "su p erficie" e la contrapposizione alla d ia le ttic a del vecchio d e tto simplex sigillum veri.La sostanziale so lid a rie tà a n tite tic o -p o la re fra Popper e C o lle tti, da un lato , e gli irresponsabili differen zialisti post-m o d ern i, d a ll'a ltro , è o c c u lta ta da fa tto ri secondari di stile , s c rittu ra , e " d e stin a ta ri sociali". 71. Si veda L ukàcs, Ontologia, II, p. 554. Lo scrivente ritie n e la posizione lu caccian a, filo so ficam en te ferm a sulla in se p ara b ilità ontologica di fondo fra scienza ed ideologia, superiore non so ltan to al folklore italiano di cui è esponente oggi Lucio C olletti (in cui la m eta fisic a a base gnoseologica assum e a sp e tti a lle g ra m en te rom aneschi), ma anche alle ben più nobili, ma a ltr e tta n to ste rili, posizioni " s e p a ra to n e " di Galvano D ella Volpe e di Louis A lthusser. 72. Si veda L ukàcs, Ontologia, II, pp. 541-50. Si t r a t t a di dieci pagine circa, che m eritere b b ero di essere analizzate in d e tta g lio , cosa im possibile qui per ragioni di spazio. L ukàcs rileva che m en tre nella re a ltà "le cose giuste possono essere d e tte con e strem a veem enza e quelle sbagliate con l'a tte g g ia m e n to della più sovrana im p a rzia lità", con l'esig e n za della a v alu tativ ità si vuole in g enerale tranquillizzare una "coscienza p rofessionale", quella dello studioso in quanto studioso. T uttavia, con la

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sincera intenzione soggettiva di non dare giudizi di valore si può so ltan to stab ilire se il so g g e tto intende o no o g g ettivare una ideologia, il che a sua volta non ha nulla da vedere con il fa tto che quanto viene oggettivato funzioni o ggettivam ente - volutam ente o no - da ideologia. Del re sto , in Max Weber l'in ten zio n e avalutativa, so ggettivam ente p erseg u ita con e strem a onestà in te lle ttu a le , sfocia nella costruzione della te o ria ultraideologica della gabbia d'acciaio, m eta fisic a d e ll'in tra sc e n d ib ilità assoluta del capitalism o c o stru ita con m ateriali gnoseologici raffin atissim i. 73. La più re ce n te form ulazione di q u esta nota distinzione può essere le t t a in un saggio di G abriele G iannantoni in R in ascita, 39, o tto b re 1983. G iannantoni aggiunge anche la propria "convinzione filosofica personale", l'e s se re cioè G ram sci il punto più alto d ella tradizione m arxista in O ccidente. La questione non è tu tta v ia quella del c o rte se pluralism o delle opinioni filosofiche p resenti nel " c e to dei c o lti" , ma potrebbe essere fo rm u lata provvisoriam ente così: quale concezione ideologica esp lic ita sta alla base di quelle p a rtic o la ri posizioni teleologiche che si chiam ano com prom esso sto ric o , a lte rn a tiv a d e m o c ratica , a lte rn a tiv a di sin istra, e via p lu ralistic am e n te cam biando (di linea po litica)? 74. Con questo non si vuole c e rto intendere che la form a filosofica del discorso di tipo o n tologico-sociale deve diventare il "presupposto teorico" per il raddrizzam ento c u ltu rale ed ideologico del PCI. E 1 anzi vero in un c e rto senso il c o n tra rio . Lo scrivente ritien e che so ltan to n e ll'e v e n tu a lità (al p re sen te del tu tto im probabile) che gli agenti sociali p resenti ed organizzati nel PCI com incino a porre posizioni teleologiche c o ere n ti in grado di dar luogo a le g a lità sociali sensate un discorso di tipo o ntologico-sociale può iniziare in Italia ad avere quella che si chiam a nel b ru tto linguaggio delle scienze sociali una "co m m itte n za ". Le rovine provocate nello scorso decennio dal decisionism o degli "o p e raisti" e dal d isastro ideologico-sociale delle c o sid d ette "regioni rosse" sono in fa tti di tale p o rta ta da rendere im probabile un rinnovam ento in tern o di questo p a rtito . 75. Lo scrivente condivide in fa tti la posizione teo ric a (ben p re sen te anche nel PCI) secondo la quale senza dem ocrazia ra p p resen tativ a non c 'è dem ocrazia alcuna. Q uesto re sta però una so rta di postulato a s tra tto -fo rm a le , valido solam ente in negativo com e rifiu to esp licito d ella c o sid d e tta "dem ocrazia popolare" dei paesi d e ll'E st europeo. In positivo o ccorre uno studio sul m eccanism o c o n cre to di funzionam ento delle form e d ella rappresentanza, che oggi riproducono la so c ietà c a p ita lis tic a in modo g eneralm ente più m afioso e crim inale di un tem po. Anche la dem ocrazia, com e il lavoro, è in fondo un a tto teleologico, non certo nel senso che essa debba estinguersi alla fine del processo so s titu ita d a ll'o lism o organicistico del g e n e re -p e r-sè , ma nel senso che essa vive c o n c re ta m e n te solo com e insiem e di posizioni teleologiche degli agenti sociali a p a rtire dalla situazione ontologica di estraneazione. La filosofia di tipo n e o -g a ra n tista ed a n ti-d ia le ttic o , diffusa in Italia, ritien e invece che la "rappresentanza" sia una s o rta di form a pura, irre la ta , di individui a to m ic a m e n te isolati che si incontrano n ella "so cietà civile". 76. Si veda L ukàcs, Ontologia, II, pp. 559-60 e pp. 585-86. Ogni interp retazio n e psicologistica, o filo so ficam en te e sisten z ialistic a, della

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"e stran eazio n e", rende le tte ra lm e n te impossibile l'u so di q u esta c ateg o ria . 77. Si veda Lukàcs, Ontologia, II, pp. 562-70. 78. Per l'en n e sim a volta insistiam o sul fa tto che q u esta c o n c re ta p ro c essu alità non può avere un c a ra tte re g ran d e-n a rrativ o (non e siste in fa tti un unico so g g etto tito la re del "senso ultim o" d ella to ta lità processuale) e neppure d e te rm in istic o -n a tu ra lis tic o (il "progresso" non contiene in se alcuna finalizzazione ten d en te alla "conciliazione" fra c a p a c ità e p e rso n alità, nè tantom eno l'a u m e n to delle c a p a c ità "d e te rm in a " lo sviluppo della p e rso n alità - si veda la citazione di W right Mills a p. 563). 79. Sulla d ia le ttic a del pensiero borghese si veda l'O ntologia, II, pp. 741-42; sui due e strem i polari del pensiero "so cialista" si veda invece a p. 757 ssg. I rifo rm isti a c c e tta n o re a listic am e n te la s tru ttu ra ontologica d ella qu o tid ian ità c a p ita lis tic a , finche le tendenze e stra n ia m i li pervadono fino al m idollo (si veda la nota 74); gli e stre m isti sono quasi sem pre incapaci di tra sfo rm a re l'a n tic a p ita lism o in una "passione durevole" a cau sa del loro a tte g g ia m e n to u ltra so g g e ttiv istic o e ra d ic alm en te a n ti-o n to lo g ico verso l'e s s e re sociale. 8 0 . Sulla p rio rità d ella prassi (che, ovviam ente, non ha nulla a che fa re con il soggettivism o a n ti-o n to lo g ico d elle c o sid d ette "filosofie d ella p rassi") e sulla sp o n tan eità com e embrione d ella coscienza (che, ovviam ente, non ha nulla a che fa re con la feticizzazione e stre m istic a della sp o n ta n eità della rude razza pagana) si veda L ukàcs, Ontologia, II, pp. 732-38. 81. Si veda in proposito la m ag istrale analisi del capolavoro di T olstoj La morte di Ivan Ilic, in Ontologia, II, pp. 751-52. Gli esem pi tr a t t i dalla sto ria d ella le tte r a tu r a sono però troppo num erosi per essere c ita ti tu tti. B asti dire che vi è qui la "prova provata" della c o n tin u ità profonda fra l'E stetica e l'O ntologia, che appartengono en tram b e allo stesso com plesso te o rico -p ro b le m a tic o . 82. Si veda L ukàcs, Ontologia, II, pp. 731-32. La citazion e t r a t t a da Engels nel suo Antiduhring è un capolavoro di acutezza e di preveggenza. 83. Si veda L ukàcs, Ontologia, II, p. 754 ssg. Si t r a t t a di una constatazione assai lucida, che non p e rm e tte l'a ttrib u z io n e a L ukàcs di una so rta di "ottim ism o sto rico ". E ' q u e sta invece l'opinione di C esare Cases (c fr. L'uomo buono, nel volume a più voci a c u ra di Guido Oldrini "Il m arxism o della m atu rità " di L ukàcs, Napoli, Prism i, 1983). Lo scrivente, che ha im parato m oltissim o d alla superiore pazienza, a m a b ilità ed am icizia di C esare Cases, non può asso lu tam en te seguirlo su questo punto. 84. Si veda L ukàcs, Ontologia, II, p. 760. In q uesta densissim a pagina sono co n ten u ti gli e le m en ti filosofici minimi per sviluppare ontologicam ente una a d eg u a ta "m e ta fis ic a della gioventù". Già Hegel aveva a suo tem po filo so fic am e n te le tto il passaggio ontologicam ente irreversibile dalla giovinezza a lla m a tu rità com e rinuncia alla realizzazione totale di sè dell'individuo nel mondo in favore d ella d e term in atezza d ella a ttiv ità lavorativa inevitabilm ente sp ecializzata, da accom pagnarsi al riconoscim ento nella coscienza m orale della razionalità del reale. L ukàcs a c c e tta n e ll'e sse n zia le la soglia hegeliana d e ll'irre v e rsib ilità fra giovinezza e m a tu rità , ma non ne assolutizza e s te tic a m e n te il c a ra tte re "trag ic o " (com e vorrebbero gli in te rp re ti benjam in ian o -irrazio n alistici che si sono le tte ra lm e n te " g e tta ti" sul giovane L ukàcs del tem po del suo am ore per

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Irm a Seidler). Al c o n tra rio , il solo modo "razionale" di a c c e tta re la tra g ic ità im m anente a q u esta soglia di irrev ersib ilità è la dialettizzazione fra c a p a c ità (specializzata) e p e rso n alità (g e n e ra le -p e r-s è ). In direzione c o n tra ria va la feticizzazione a te m p o ra listic a ed aprocessuale d ella gioventù com e nunc aeternum (m en tre la filosofia classica ted e sc a parlava più c o rre tta m e n te di Verjungen, di "ringiovanim ento" d e ll'u m a n ità ), che non pub stru ttu ra lm e n te dar luogo ad alcuna "passione durevole". 85. Si veda L ukàcs, Ontologia, II, p. 715. La scelta di G oethe è p a rtico la rm e n te fe lice , in quanto q u e st'u ltim o unisce e lem en ti illum inistici (pensiam o al K ant che definisce l'illum inism o l'u s c ita dell'uom o da uno s ta to di m inorità che l'u o m o deve im putare a se stesso) ed elem enti rom antici ed id e a listico -o g g e ttiv i, che gli p e rm e tto n o di d iale ttizz are uomo, n a tu ra e so c ietà. La teorizzazione goethiana degli elem en ti "inconsci" d e ll'a g ire um ano p e rm e tte di e v itare l'a tte g g ia m e n to razionalisticam ente u n ila te ra le , che concepisce le posizioni teleologiche com e "poste" in p e rfe tta coscienza. 86. Si veda L ukàcs, Ontologia, II, p. 718. La valorizzazione lucaccian a di Spinoza (e si vedano le note di Scarponi in Pensiero Vissuto, c it., p. 230) è dovuta al fa tto che per L ukàcs il superam ento "p ra tic o " dellap a rtic o la rità (nell'"individuo") im plica l'im m an en za te rre n a e quindi rifiu ta la religione, la. quale, rim andando a ll'a ld ilà tale superam ento p ra tico , tende a m antenere gli uomini n ella condizione di "persone p a rtic o la ri" . Spinoza è d 'a ltro n d e sem pre in te rp re ta to in L ukàcs com e un filosofo d e ll'a sso lu ta im m anenza e di fa tto com e un " d ia le ttic o spontaneo". 87. Ad esem pio F ic h te , nei Lineamenti dell'ep oca presente aveva diviso la sto ria del mondo in cinque epoche: la prim a, quella dell'innocenza del genere um ano, e rà guidata d a ll'is tin to ; la seconda, quella della "incipiente p e cc am in o sità ", e ra dom inata d a ll'a u to rità c o ercitiv a e d alla fede assoluta; la terz a, quella d ella "com piuta p e cc am in o sità ", c a ra tte riz z a ta d a ll'a sse n za di ogni a u to rità e d a ll'in d iffe re n z a verso la v erità; vi eran o poi an co ra la q u a rta e la quinta, le epoche d ella scienza e d e ll'a rte , in cui l'u m a n ità avrebbe progressivam ente su p e rato l'e s tra n e a z io n e . Il giovane Lukàcs, nel dialogo giovanile Sulla povertà dello spirito aveva diviso gli uomini in tre "c a s te sp iritu a li" , quella d ella v ita ordinaria e quotidiana (che si perde nella m o lte p lic ità inessenziale d ella vile in fin ità d e lla vita), quella d e ll'o p e ra (che si c o n ce n tra in modo om ogeneo a lla realizzazione, e che è appunto c a ra tte riz z a ta d alla "povertà dello sp irito " ), ed infine quella della vita vera ed a u te n tic a (d o ta ta di bontà selvaggia e sp ie ta ta , c ie c a ed avventuriera). In proposito è da n o ta re che t u tt a la sv a riata c a s istic a filosofica delle epoche e delle c a s te deve e ssere in te sa com e una fase "p re p a ra to ria " a lla com prensione d ia le ttic o -p ro c e s su a le d ella p e rso n alità in divenire. Q u e st'u ltim a , però, non conosce nè c a s te (superiori o in ferio ri), nè epoche di "coronam ento". L a p ro c essu alità conosce in fa tti posizioni teleologiche, ma non contem pla "stad i finali" e conclusivi del m ovim ento storico. 88. Si t r a t t a di un nodo di problem i di grande im portanza filosofica. La sp ecifica d ia le ttic a sto ric a fra reversibilità ed irrev e rsib ilità non può essere ovviam ente irrig id ita in un form ulario m eccanico. T u tta v ia , la "situazione" del singolo nella congiuntura sto ric a d e te rm in a ta non è mai una

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m anifestazione della condition humaine, ma è sem pre in rapporto con il modo c o n cre to con cui la p a rtic o la rità d e ll’individuo lo tta per la g e n e ra lità -p e r-sè d ell'uom o. N elle so c ietà p re c a p ita listic h e q u esta lo tta si svolgeva ovviam ente al di qua di soglie o n to logico-sociali realm ente g e n e ra li-a s tra tte . Pensiam o ai G racchi o alla resisten za dei repubblicani rom ani contro il cesarism o: nel linguaggio d e ll'a n tic o p o e ta latino Lucano il dilem m a fra valori soggettivi e n e ce ssità sto ric a si espresse nel verso V ictrix causa diis placuit, sed vieta Catoni (c fr. Ontologia, I, p. 93). Può succedere anche (c fr. Ontologia, II, p. 759) che "la dedizione a una causa di progresso può assum ere negli individui che la difendono form e um anam ente e stra n ia te e, all'inverso, n ella d ifesa di ciò che è so cialm ente nocivo può aversi in sè, anche se in via eccezionale, una c o n d o tta soggettiva um anam ente pu ra". Il fa tto che il "m om ento sociale" sia soverehiante, m a non esclusivo, è dovuto o n tologicam ente ad una m odalità assai precisa: l'individuo non è m ai coestensivo al genere, la pro cessu alità individuale non è mai coestensiva alla p ro c essu alità sto rica . 89. Si veda L ukàcs, Ontologia, II, pp. 352-54. 90. Si veda già la n o ta 38 d e lla prim a p a rte di questo sc ritto . Parlando di Marx, lo scrivente ha volutam ente e v ita to di approfondire il tem a della d ia le ttic a fra p a rtic o la rità e g e n e ra lità , ritenendo filologicam ente opportuno di "d are a L ukàcs quello che è di L ukàcs". R ipetiam o tu ttav ia che l'im postazione lucacciana ci sem bra del tu tto affin e a quella di Marx, la cui filosofia abbiam o già d e fin ito com e solidam ente o ntologico-sociale. 91. Si veda L ukàcs, Ontologia, II, p. 744 e p. 584. Per la seconda definizione si veda G. L ukàcs, Marxismo e politica culturale, Il S aggiatore, 1972, p. 211. In proposito, L ukàcs ricorda a rg u ta m e n te com e William Jam es iniziasse le sue lezioni sul pragm atism o con una citazione di C hesterton, il cui conten u to approvava senza riserve. Diceva C hesterton: "Vi sono individui - ed io tra questi - che ritengono che per un uomo la cosa p ra tica m en te più im p o rta n te sia la sua concezione del mondo. Per un a ffitta c a m e re che esam ina il suo inquilino è c e rto m olto im p o rta n te conoscere le e n tra te di co stu i, ma an co ra più im p o rta n te è conoscere la sua filosofia". Secondo L ukàcs, "se si sviluppa fino in fondo questo pensiero, si giunge a scoprire nelle azioni di ciascun uomo un p a rtic o la re nesso siste m a tic o che, da un lato , è d e te rm in a to dal suo essere sociale, e d a ll'a ltro , conferisce a tu tte le sue azioni im m ediate una u n ità di cui spesso egli stesso non è consapevole, o ne ha una consapevolezza fa lla c e ". D e tto questo, se allo scrivente è possibile aggiungere qualcosa di ontologico a ciò che hanno già b rilla n te m e n te d e tto C hesterton, Jam es e L ukàcs, finche esisteranno a ffitta c a m e re ed inquilini ogni discorso sulla g e n e ra lità -p e r-sè dell'uom o rim a rrà una m era petizione di principio e reg n erà so ltan to l'estra n e a z io n e d e ll'e q u o canone. 92. Si veda L ukàcs, Ontologia, II, p. 587. 93. Si veda L ukàcs, Ontologia, II, p. 654. 94. Lo scrivente ha qui autonom am ente rielab o ra to (senza alcuna p re te sa di o rig in alità - d 'a lt r a p a rte il suo accordo con L ukàcs è qui to ta le ) tem i cui l'O ntologia dedica alm eno duecen to pagine. Per una prima indicazione: sulla volgarità, pp. 603-4; sul conform ism o non-co n fo rm istico , p. 782; sulla noia, pp. 779-81; su ll'a n tip a tia verso l'O tto c e n to , p. 527; sulla com presenza

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di onnipotenza a s t r a t t a e c o n c r e ta impotenza, p. 434; sull'avvizzimento del soggetto f ra specialismo e stravaganza, p. 760. 95. Sullo homo psychologicus come form a d 'e siste n z a conte m pora ne a di quello che era un tem po l'hom o oeconom icus si veda lo studio magistrale di Christopher Lasch sul narcisismo (che lo scrivente considera un capitolo "psicologico" dell'O ntologia). T u tta la ricchissima pubblicistica di tipo psicoanalitico e varia m ente psicologico, da cui siamo alluvionati, è di pochissima u tilità , quando ignora la d e te rm in a n te ontologico-sociale della estraneazione nel moderno capitalismo. O ltre al Lasch, indichiamo qui soltanto due studi tedeschi: Klaus O tto m e y e r, Comportamento sociale ed economia, Musòlini, 1977, ed a ncora Michael Schneider, Nevrosi e lo tta di classe, Il Form ichiere, 1976. Si t r a t t a di due testi non a caso spariti dalle librerie, e pressoché introvabili, i cui d ife tti non possiamo analizzare a d eg u a ta m en te in questa sede. 96. T u tta questa p roblem atica è svolta in modo analitico nell'Ontologia, II, pp. 608-16. 97. Per una c r it i c a al formalismo etico kantiano si veda l'O ntologia, II, p. 599. Tuttavia (cfr. Ontologia, II, p. 414) Lukàcs aggiunge a cu ta m e n te che "proprio un ra ppre se ntante fa n atic o della rilevanza esclusiva dell'intenzione, Kant, non appena si m e t t e a parlare di fenomeni e tici in qualche misura concreti, è c o s t r e t t o a reintrodurre dalla porta di servizio nella d ia le ttic a e tic a le conseguenze". L 'a t t e g g i a m e n to antiontologico contraddistingue p e raltro i neo-kantia ni assai più dello stesso Kant (cfr. Ontologia, II, p. 652). 98. Il le t t o r e a t t e n t o avrà c e r t o no tato che m en tre nell'O ntologia il significato di pa rtic o la rità è univocamente negativo e quello di individualità univocamente positivo, lo scrivente usa con maggiore disinvoltura il termine di "p a r tic o la r ità " in senso ora positivo ora negativo. E 1 questa una sc elta del t u tt o consapevole. Lo scrivente ritiene in fatti che una concezione sobriamente ontologica della pa rtic o la rità non p e r m e t t a di andare oltre, nel p re sen te momento storico, ad una d ia le ttic a im m anente alle sue tensioni interne (in direzione della generalità): l'individualità allora non è una " id e n tità filosofico-antropologica" distin ta dalla pa rtico la rità , ma una mera dimensione teleologica della p a r tic o la r ità stessa. 99. Si veda Norberto Bobbio, Da Machiavelli in poi, un problema insolubile, in Rinascita, 24, giugno 1982. 100. Nel P rogetto filosofico per la pace perpetua Kant a f fe r m a che, se anche la costituzione repubblicana è la più a d a t t a al d ir itto degli uomini, essa non potrebbe conservarsi che in uno Stato di angeli, m entre "il problema della costituzione di uno Stato è risolvibile, per quanto l'espressione possa sem brare dura, anche da un popolo di diavoli, purché siano d otati di intelligenza". In Kant (com e in Adam Smith) c ' è ovviamente la tesi, tipicam ente borghese, d e ll'a rm o n ia come som m atoria di egoismi confliggenti disposti a proceduralizzare il proprio c o nflitto, m entre Bobbio, pensato re del XX secolo, non crede più alla "m ano invisibile". 101. In Bobbio la tensione fra positivismo giuridico (pensiamo ai suoi studi su Kelsen) e giusnaturalismo (pensiamo a c e r t e sue prese di posizione pubbliche solo ap p are n te m en te "s tr a n e " , come quella sul d ir itto di aborto) è continua.

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102. Negli ultimi t r e n t'a n n i, Bobbio è sempre s t a to in grado di dire alcune ovvietà teorico-politiche a ssolutam ente note (ma non conosciute, come direbbe Hegel), come il f a tt o che il PCI non ha e non ha mai avuto una vera teoria politica, oppure che il PSI si sta s to rica m en te trasform ando in una banda Bassotti di assaltatori organizzati alla diligenza pubblica. E 1 questo un f a tt o storico apparentemente inesplicabile, che diventa però comprensibile se si pone mente alla funzione della ragione nel pensiero di Norberto Bobbio. Q u e st'u ltim a pone ordine (un ordine trasce ndenta le in senso kantiano e c e n t r a t o sulla produzione ordinatrice del soggetto che organizza l'esperienza e le da form a) in un caos mostruoso e senza forma, dove il sonno della ragione produce mostri. Non appena però questa funzione ordinatrice si adagia n e ll ' auto appagam ento cessa di essere tragica e diventa volgare, cosa che può avvenire nei bobbiani minori, e che non avviene invece mai in Norberto Bobbio. 103. Queste tre domande non sono mai esplic ita m e nte a f fr o n t a te nell'O ntologia. Lo scrivente elabora qui autonom a m e nte delie possibili risposte in u n 'o t t i c a ontologica personale, e non intende c erto nascondersi dietro l'auctoritas lucacciana. 104. La questione m erita di essere maggiorm ente c hia rita , dal momento che l 'a t t e g g i a m e n to soggettivo verso il cosiddetto "s'ocialismo reale" è una questione di rilevante interesse filosofico, cui è impossibile sottrarsi in modo opportunistico. In prima, generale approssimazione, la questione della definizione e s a t t a della n atura del modo di produzione vigente in URSS non è una questione nominalistica, di lana caprina, priva di e f f e t t i conoscitivi, ma è fondativa ed o rientante gli approcci successivi; in proposito, lo scrivente a c c e t t a nell'e ssenziale le tesi di Gianfranco L a Grassa sulla na tura sociale c a p italis tic a dei paesi a socialismo reale. In seconda istanza, questa connotazione non ci dice ancora nulla di specifico, se non conosciamo il funzionamento reale delle società socialiste; in proposito, la "m ancanza di libe rtà" che sarebbe ivi vigente è una determinazione assolutam ente "vuota" in u n 'o t t i c a ontologico-sociale, che non tollera la riduzione della m olteplicità complessa degli a tt i teleologici alternativi ad un solo modello (è un texano più libero di un ucraino? è un newyorkese più libero di un moscovita? - domande filo sofic am ente prive di senso). In terzo luogo, tuttavia , ogni giustificazionismo di tipo filosovietico (che lo scrivente ritiene p e r f e t ta m e n t e legittim o parlando del N icaragua o dell'Angola - lo scrivente è qui in linea di massima d 'a cc o rd o con Gabriel Garcia Marquez e con chi riconosce che - ahimè - senza l'URSS i nicaraguensi verrebbero le t t e r a lm e n te sbranati) appare appunto ingiustificato non appena si assuma u n 'o t t i c a ontologico-sociale; è infatti impossibile tollerare l'indifferenza e la mancanza di "d iritti civili" in un siste m a sociale com e se fosse un'inezia te o r e tic a m e n te irrilevante. Si t r a t t a invece di un'estraneazione specifica, nuova, di cui occorre severam ente r i n tr a c c ia r e la genealogia, le cause, le tendenze, senza cadere in form e di storicistico giustificazionismo. Il "cossuttism o" non è c e r to una filosofia, e non m erita che ripugnanza e disprezzo. 105. In proposito l'O ntologia ci soccorre poco. Un utilissimo strum ento di lavoro è invece la ra c c o lta di saggi c onte nuta in Marxismo e giustizia, Il Saggiatore, 1983, ed in generale tu tt o il d ib a ttito (in buona p a r te in lingua

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inglese) accesosi intorno al saggio di Rawls, Una teoria della giustizia, Feltrinelli, 1982. Lo scrivente non può qui neppure a cc ennare alle ragioni che lo portano al rifiuto della proposta teo rica di so stituire Rawls a Marx, sostenuta in Italia pa rtico la rm e n te dal " m arxista pe ntito" Salvatore Veca. Nella ra c c o lta di saggi so p ra c ita ta lo scrivente si riconosce s o p r a ttu tto nel bel contributo di Zyiad I. Husami, Marx sulla giustizia distributiva, che ha utilizzato larga m e nte nell'a rgom entazione. 106. E' questa la posizione sostenuta nei saggi (contenuti nella raccolta Marxismo e giustizia c i t a t a nella nota p recedente) di Alien W. Wood, La critica marxiana della giustizia e di Robert C. Tucker, Marx e la giustizia distributiva. E 1 questa anche la posizione di Rawls, che è servita in buona parte da " p re te sto " ai rawlsiani italiani per sostenere che il marxismo, con il suo rifiuto d e ll 'e ti c a , è inservibile per una filosofia pra tica , di tipo n e o - c o n tr a ttu a lis ta , che voglia "m isurarsi" con i soliti "veri problemi" del presente. 107. Si veda l'utilissim o saggio di Maurizio Viroli, E tica e marxismo. A proposito dì una recente discussione, in "Problemi della transizione", 9, 1982. 11 saggio di Viroli è p a rtic o la r m e n te im portante in quanto prende in esame testi ignorati o non raccolti nel volume sopra citato Marxismo e giustizia. Fondam entale in proposito è il saggio di George G. Brenkert, Freedom and Private Property in Marx, in "Philosophy and Public Affairs", 1978, 2. E' qui che Brenkert parla della ontological dimension that freedom possesses, sulla quale lo scrivente è to ta lm e n te d'a cc ordo, come tu tto questo' libro docum enta a m piam ente. La posizione dello scrivente è tuttavia leggerm ente diversa da quella di Brenkert, in quanto si a c c e tta n o anche le considerazioni di Husami sul significato c ritic o - im m a n e n te della idea di "giustizia" in Marx. Uno sviluppo filo soficam ente coere nte di tu tto questo complesso affascinante di problemi re sta ancora comunque largam ente da fare. 108. Ci pare questa anche la posizione di Lukàcs nell'O ntologia. Ad ogni buon conto, sta qui la ragione della c au tela dello scrivente ne ll'u sa re il termine di individualità con il significato di "superam ento integrale della p a rtico la rità dell'uom o". 109. Riprendiamo qui nell'essenziale le tesi già esposte in modo più analitico nel saggio Cosa possiamo chiedere al marxismo (nel tes to collettivo Marxismo in mare aperto, Angeli, 1983, cit.). Alcune di queste tesi erano però esposte in modo ancora implicito e di conseguenza poco chiaro: l'im postazione onlologico-sociale restava sullo sfondo. Qui, invece, si intende esplicitarla nel modo più aperto. 110. E' questo un punto te o r e tic o di importanza str a te g ic a . La via ontologico-sociale non è a f f a t t o , giova dirlo in modo esplicito, una dichiarazione di guerra a ll'a utonom ia specifica della gnoseologia e dell'epistem ologia. E ntram be le discipline esprimono fino in fondo problemi reali legati al rispecchiamento scientifico del mondo non appena q u e st'ultim o, resosi cosciente della necessità di una disantropomorfizzazione consapevole, a t t u a una "riflessione di secondo grado" su se stesso. A questo proposito, la gnoseologia è inte ssuta di una vasta gamma di posizioni alternativ e, che vanno dalla intentio obliqua di Kant alla intentio recta del realismo gnoseologico nelle sue forme più disparate, dalla

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separazione di tipo c ritic ista f ra piano d e ll'e sse r e e piano del conosc ere alle riunificazioni di tipo d ialettico fra logica form ale, logica d ia le ttic a e teoria della conoscenza. L'epistem ologia, d 'a l t r a p a r te , conosce a n ch 'e ss a varie posizioni alternativ e, le quali però, secondo lo scrivente (si veda nota precedente) possono essere t u tt e ricondotte a due correnti principali: la c o rre n te il cui principale esponente è Karl Popper, che tende a sottoporre la legittim ità delle p retese conoscitive delle scienze ad un tribunale filosofico falsif icazionista, più o meno flessibile; e la c o rre n te il cui principale esponente è Gaston Bachelard, che tende ad una storicizzazione imm anente alla s t r u t tu r a processuale differe nzia ta delle varie scienze (al plurale), rinunciando esplicitam ente ad un tribunale filosofico falsificazionista. La discussione gnoseologica ed epistemologica non è dunque a f f a t to impedita, irrisa, o so ttovalutata da u n 'o t t i c a sobriamente ontologico-sociale, che le riconosce invece un am bito specifico di studio e di dibattito. 111. Si veda Lukàcs, Ontologia, II, pp. 520-21; pp. 423-26; pp. 440-43; pp. 550-51; ' pp. 436-37. Si consiglia ovviamente al le tto r e di studiare autonom am ente le pagine qui indicate, ma si segnala anche che il rifiuto di una considerazione ontologica se p a ra ta di filosofia e di scienza percorre tutta l'O ntologia lucacciana. 112. Vi sono, in proposito, indimenticabili pagine di Engels sull'illusione degli scienziati e degli economisti di essere "liberi" da ogni influenza ideologica e filosofica. Come osserva c o r r e t ta m e n t e Lukàcs (cfr. Marxismo e politica culturale, c it., p. 221), "la gran maggioranza delle lo tt e f ra concezioni del mondo nel nostro tem po avviene ancora in modo tale che - nel migliore dei casi - viene "persuaso" soltanto chi è già persuaso. E perfino un obbiettivo tan to modesto come quello di rafforzare in una c e r t a misura i seguaci della propria concezione del mondo, viene raggiunto in modo assai problem atico. Quando si verifica una perturbazione sociale, queste difese artificiali si dimostrano quanto mai incapaci di opporre una resistenza". Senza una salda filosofia, infatti, non c ' è passione durevole di alcun tipo; e le filosofie non possono - f o r tu n a ta m e n te - essere imposte per d ecreto.

C e n tr o S tu d i d i M a te r ia lis m o S to r ic o

1. G. Bazzi, M. Cangiarli, G.I. Giannoli, A. Illuminati, G. La Grassa, C. Preve, M. Turchetto, M a r x i s m o i n m a r e a p e r t o , r i l e v a z i o n i , i p o t e s i , p r o s p e t t i v e 2. Costanzo Preve, L a f i l o s o f i a i m p e r f e t t a . U n a p r o p o s t a d i r i c o s t r u z i o n e d e l m a r x is m o c o n te m p o r a n e o

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