Empedocle. Studio critico. Traduzione e commento delle testimonianze e dei frammenti

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TRENI UNIVERSITY LIBRARY

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EMPEDOCLE

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STUDIA

PHILOLOGICA ---1-

ETTORE BIGNONE

EMPEDOCLE STUDIO

CRITICO

TRADUZIONE E COMMENTO DELLE TESTIMONIANZE E DEI FRAMMENTI

“L’ERMA” di BRETSCHNEIDER - ROMA 1963

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STUDIA

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PHILOLOCICA-1

1. BIGNONE E. Empedcxrle 1963 Ristampa

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Torino .

19 J 6

Milano.

1935

2. FERRO 1"J A G. Sofocle 1963 Ristampa

anast.

delfediz.

epicurea Ed. H. Usener 1963 Ristampa anast. dell'ediz. Leipzig. 1887

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AVVERTENZA

Mi sono proposto di porgere quanto fosse necessario a co¬ noscere intimamente una delle più complesse figure deir eia classica éreca. A riirarla nella vita e nelle , opere è dedicata la prima parte di questo volume, lo Studio critico, di cui non altro dirò, se non che volli potesse essere letto da ogni persona colta; perdo tutto il lavoro di indagine e discus¬ sione filologica che è necessario fondamento (Pun tale studio ho relegato nelle note e nelle Appendici. Qualche chiarimento maggiore richiede la seconda parte, che comprende le traduzioni. Esse sono divise in tre gruppi: (A) Testimonianze (i), (B) Frammenti, (C) Imitazioni. E merito del Diels avere raccolte le testimonianze degli

scrittori

antichi su Empedocle (2): si deve notare però che egli non ne diede una raccolta compiuta, ma solo una scelta. Per ragioni dù spazio volle evitare inutili ripetizioni di notizie e scev^are le attestazioni genuine dalle false, recando solo le prime. Ques o

(1) Nelle citazioni, ove non sia indicato l’autore e il pas^, esse sono richiamate con la sigla a cui segue il numero d’ordine della testimonianza. i/nr

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Parte prima

30

-

L’uomo e l’opera

tonici, la falsificazione dell’anedottica alessandrina; su questo terreno mal certo che si sgretola e frana ad ogni passo, son cresciuti i ciuffi deH’ingenua agiografia popolare, che circondò il suo santo di una bizzarra fioritura di leggende. I critici,

e

particolarmente il Bidez, cercarono di

porvi un poco di ordine, separando il vero dalla fin¬ zione, in qualche punto credo di poter muovere io stesso qualche passo più oltre: ma quel che si salva come documento storico da questa ricerca non è molto. È vero che tutto può “avere la sua parte nel rico¬ struire la vita di un antico, così la leggenda — la lunga ombra che la sua persona ha gettata nella storia — come il documento risentito della sua vita intima; ma quando quest’uomo è un profeta sentiamo che i pochi tratti che ne restano sono sempre assai scarsi e ci occorre raccogliere e convergere su di lui quanto pos¬ siamo della luce del suo tempo. Del resto Platone che come artista si rende ben conto degli uomini e delle età, ha giustamente chia¬ mato Empedocle, le Muse siciliane ; vi sono più linea¬ menti in lui, nell’arte sua e nel suo pensiero, che solo nella cultura della sua patria si comprendono esatta¬ mente: vediamo di rintracciarli.

Appena dugentocinquant’anni (i) aveva la vita el¬ lenica della Sicilia quando Empedocle nacque, ma

(i.) Sulle prime colonie siciliane vedi particolarmente Meyer

Cesch. ci. Alterthìiììis. II, 470 sgg.

Capitolo li

-

Empedocle e Petà sua

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già aveva assunte forme proprie ed una opulenza af¬ fatto sconosciuta alla patria antica: fra poco dovrà entrare con essa in guerra. Aperta su tre mari, mista di stirpi, la civiltà greca v’era cresciuta su di un terreno più ricco; se l’Attica era arida e la Grecia « aveva avuto sempre a com¬ pagna la povertà » (l), la Sicilia, giovane terra di co¬ lonie, fertile, posta in mezzo ai commerci del Mediterraneo, ha bagliori di fasto orientale. Su questo suolo ardente e in questa stirpe greca bulicano più sangui e più vite vi confluiscono in una varietà splendida e tragica. Fenici, Cartaginesi e Sicani dànno tutti qualche carattere alla nuova gente : il fasto delle sue corti non ha in Grecia paragone ; la sua arte rivela qualche tratto egiziano, come i colossali giganti del tempio di Zeus a Girgenti; la crudeltà di certi suoi tiranni (Falaride (2) ad esempio), ricorda il carattere fenicio; come il famoso

toro

di

bronzo si direbbe un mo¬

struoso idolo canaanita. Se per la mistione di stirpi, per la

rapida vita

rigogliosa, per la grandezza delle sue città, essa ri¬ corda altre terre di colonie come TAmerica, un tratto notevolissimo dà alla civiltà siciliana un lineamento

(1) Sull’Attica vedi Thuc.^ I, 2 ; Her., VII, 102 : ri} ‘EÀÀdói TievCtj f.tèv atei nove aiùvTQOfpóg èart. (2) Sulla storicità di Falaride (cfr. Pind., P. I, 96, sgg.) e sugli elementi reali della leggenda, v. Freemann,/f/s/oo' o/Sicily, Oxford, 1900, voi. II, App. VII, p. 458 sgg. Luciano è co¬ stretto a paragonarlo con personaggi mitici tanto la sua figura esce dalla vera tradizione greca : ol EnelQcùveg y.al Uirvov.diÀ,mai xal BovolQiòeg xal 0aÀdQi3e$i Bis. acc., 8; cfr. Ver. Hist., II, 23.

52

Parte prima - L’uomo e topera

proprio. La tradizione greca si rivela anche in questo. La vita della Sicilia non è solo commerciale, è anche riccamente artistica, con una tendenza più viva che in Grecia alla forma decorativa. Empedocle filosofo e poeta, con un singolare amore per il fasto esterno che s’accompagna alla sua politica democratica, è ben figlio della Sicilia. Qui le monete per la prima volta prendono un va¬ lore

artistico,

con

la

quadriga e la testa di donna

dalle labbra sensuali. I suoi tempii sono più grandi e vistosi di' quelli della Grecia. Non hanno, è vero, la grazia consumata e sobria dell’Acropoli ateniese; ma se li guardate di lungi, il quadro naturale in cui si insce¬ nano è scelto con arte meravigliosa. Staglino essi i loro colonnati sul gran drappo verde della montagna, come a Segesta. o s’ergano per diversi piani ed an¬ goli di luce sulla rossa cerchia delle m.ura agrigentine, la loro maestà non rivela meno la tecnica dell’archi¬ tetto che quella del decoratore. Così pure uno dei più singolari esempi di estetismo greco nell’età classica, è dato da Segesta, dove Filippo' di Crotone, vincitore olimpico, ha dopo morte, per la sua bellezza, un tem¬ pietto e sacrifici come un eroe (i). La vita siciliana è così per più tratti simile alla nostra rinascenza: giovine, a\'ida, splendida, è inquieta ed agitata. La tirannide, che è la forma di governo specifica della Sicilia, vi ha tutti i caratteri di un’am¬ biziosa monarchia militare (2).

(1) V. Herod., V. 47: (5tà Si TÒ icovTov y.dAAog ijvsiy.aio naQÙ ’Eyeazaiiùv rà oSóelg dÀÀog' èal yÙQ tov tàcpov aSrov ijQwiov lÓQvactfievoi ^valjjai aèzòv lÀdaxovtai. (2) V. Meyer, III, p. 628.

Capitolo li



Empedocle e l’età sua

33

In una gente ellenica che aveva così ferme tradi¬ zioni di libertà, il Signore, per mantenere la sua do¬ minazione, doveva circondarsi di fasto e di splendore. Fulgori d’arte, grandi imprese militari che trascendono i limiti della ristretta politica greca (l), splendide vit¬ torie agonali e fondazioni di città a cui Pindaro ed Eschilo davano il suggello della

consacrazione

ar¬

tistica (2), tutto questo barbaglio di grandezza do¬ veva ripagare gli Fileni della libertà perduta e porre la figura del principe in una luce magnifica e ferma, sopra gli odii e le ambizioni, come un semidio. Ma a differenza di molte signorie della rinascenza, la tiran¬ nide non ha generalmente il consenso del popolo, e il

(1) Sui disegni politici di Ippocrate di Gela osserva il Freeiilan, II, p. 104: “ We bere see one marked difference

betvveen old Greece and thè Greek settlements elsewere. No man, not Kleomenés himself, would bave even dreamed of spreading bis power as king or tyrant, over all Greece or over all Peloponnésos. In Sicily such an ambition might seeni not wholly unreasonable ; and though it never was actually carried out, ruler after tuler was able to take not a few steps toward it „. (2) Sulla fondazione di Etna vedi Diod. XI, 49; Pino. Pyt/i., Ili, 69; Nem., I, 6; e tutta la Pitia I; Aeschyl., fr. 6 sgg. N. Sullo splendore delle arti siciliane vedi Pindaro e Bacchilide nelle odi siciliane, passim. Luciano attribuisce anche a Falaride (non sappiamo se dalla tradizione storica o per ricostruzione verosimile), abitudini di governo, simili a quelle di Lorenzo il Magnifico nel distrarre il popolo : Lue., Plialaris, 3: zòv òri(xov èv d-éaig diavofiaìg xal TTavìjyvQsai kuI ót^f.to&oipiaig dtfjyov- I maggiori artisti del tempo Calamide e l’eginete Onata lavorano i doni votivi di lerone per la vit¬ toria olimpica. E. Signore, I podi filoscji della Graia.

5

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Parte prima • L'uomo e Vopera

tiranno non amato non l’ama (l). Nelle odi siciliane di Pindaro continuamente passano attraverso alle grandi prospettive eroiche che ricongiungono il Signore ad una stirpe divina, susurrate parole, prudenti e caute, che consigliano moderazione, e rendono il senso vivo di quella civiltà altrettanto inquieta quanto magni¬ fica (2). Nella vita politica di Empedocle, il campione della libertà civile, ritroveremo infatti il sospetto violento, non molto dissimile da quello che traeva agli eccessi gli uomini della rivoluzione francese (3). Ma ciò che è particolarmente notevole in Sicilia è il mancarvi l’intima forza sicura e tranquilla di una salda tradizione, che costituisce invece il nerbo della politica in Grecia, particolarmente fra le stirpi doriche. Terra di colonie, la vita delle nuove città rassomiglia a quelle d’America nei primi secoli dopo la scoperta. Eisse sono, come osserva giustamente il Meyer, costri¬ zioni artificiali (4); son cresciute in poche genera¬ zioni. Agrigento aveva appena un secolo e già Pindaro la chiama bellissima delle città

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Siracusa, una

delle più grandi città del Mediterraneo, era in gran parte opera di un sol principe (5). Se, come voleva l’antica saggezza greca, « la costituzione era l’anima

(1) Vedi Meyer, /oc. cit.; cfr. Herod., VII, 156: vofiloag (se. PéÀcjv) Sijuov elvat avvoiìirjfta ày^aQiTÒìzaTOv. Sulla tiran¬ nide siciliana cfr. anche Freeman, II, 51 sgg. (2) Vedi particolarmente Pino., Pyth. I, 83 sgg.

(3) Cfr. Bidez, p. 127. (4) Meyer, loc. cit. p. 633.

(5) Vedi Ern. Curtius, Storia greca (trad. it.), II, p. 491 sg.

Capitolo II • Empedocle e letà sua

35

della città > (1), in questi bei corpi era un’anima gio¬ vane, irrequieta, incostante e pronta agli eccessi. ♦ % ♦

Così ricca e commista di spiriti diversi e tumul¬ tuosi, la Sicilia doveva essere un ottimo campo al crescere e diffondersi della mistica. Elementi mistici sono in tutta la cultura greca a partire particolarmente dal VI secolo ; e l’Attica col suo fervore di agile vita ingegnosa, sempre alle scolte delle nuove idee, era stata neH’età di Onomacrito una delle sedi principali deH’orfismo. Ma le correnti orfiche in nessun luogo più ampiamente si estesero che nella Sicilia e nell’Italia meridionale. Qui troviamo le iscri¬ zioni delle laminette orfiche

col

loro appassionato

linguaggio rituale, qui abbiamo i più grandi profeti dell’antica mistica greca, Pitagora ed Empedocle (2). Il clima spirituale della vita propriamente

greca,

nell’Attica particolarmente, è troppo terso, perchè la

(1) IsocR.,

VII,

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TtoÀiTsla, zoia’ùtì'iv

nóÀeag otòhv iteQov ì}

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vì^aig. (2) Per le correnti orfiche della Sicilia nota che di un ’Oq(pevg KafiaQLvatog parla Suida s. v. (Vors., II, 164,9); così pure è ricordato un Timocle di Siracusa fra gli scrittori orfici (tbtd., 163, 15). Su Empedotimo siracusano e su di una sua visione estatica vedi Rohde, Psyche II, 94 n. sg. ; cfr. Vapro, fr. 560 Bucheler, il Rohde però cerca di provare che egli sta sem¬ plicemente un personaggio fittizio creato da Eraclide Pontico. Sulle laminette orfiche vedi ciò che ne diremo più oltre e Harrison, Prolcgomena to thè study of Greek Religion, 2‘ ed., 1908, p. 572 Sgg. ; COMPARETTI, Laminette orfiche, 1910.

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Parte prima - L’uomo e Fopera

mistica possa mai vincere interamente. I valori mi¬ stici sono ombratili, inquieti, suffusi di tristezza e di penombra, e non possono prevalere di fronte alle due soleggiate realità che tengono il culmine nella civiltà greca: lo Stato con la sua forma umana e tangibile nella città e \ intellettualismo dei filosofi, quella sot¬ tile aria montana delle intelligenze in

cui tutto il

mondo prende le forme nitide e precise dei concetti intellettivi. La mistica ha due forme e due gradi : \ascesi nella vita, e il trasumanare, il congiungersi con Dio (l) dopo la morte. L’ascesi è essenzialmente l’entrare e con¬ fondersi della persona umana in un tipo, in una forma prefissa che ha bagliori di divinità. Ciò che è Xiviitatio Christi per l’uomo del Medioevo, è con sen¬ sualità più violenta il rivivere il sacro mistero della vita di Dioniso nelle orgie bacchiche. Per l’orfico v’è una particolare imitatio Orphet (2) ; per il pitagorico tutta la vita è sotto la regola e il paradigma del maestro, che esso riproduce anche nella coscienza il¬ lusoria de’ vari stadi delle sue peregrinazioni ante¬ riori (3). (1) Cfr. nelle laminette orfiche koì (A,ay.aQi.aié, &EÒg vii xtùòòhv del xaXelv.

1 captivi, Sandron, 1904, App. p. 121 sgg.) ha già posto a fronte questi versi con i primi dei Captivi di Plauto (.'Ir/., .1, 69 sgg.) ed ha aggiunti altri confronti di etti alcuni molto significativi. Più incerto è il tipo del campagnuolo i’A-/go(7T2rogi, il burbero, la donna di Megara, che non SI sa quanto potessero accostarsi a quelli che piacquero poi alla commedia nuova. * lì Pascai. (Plauto.

Capitolo li

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Empedocle e Cetà sua

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commedia romana (i). L’uomo vi appare più solo, isolato di fronte a sè stesso ed ai suoi

intimi pro¬

blemi. *

* *



Un altro elemento ha dato la Sicilia alia mistica : la folla. Le sue città sono ben altrimenti popolose che in Grecia : in qualche misura la Sicilia doveva già presentare il carattere che conserva anche ora. Sotto la minaccia continua di guerre, di fronte alla pres¬ sione degli stabilimenti fenici e sicani, la campagna vi doveva essere poco abitata; folte d’uomini invece le città; assai minore che nell’Attica v’era certamente la proprietà minuta con i suoi costumi semplici ed

Per Plauto ed Epicarmo cfr. Varrò, de poetis ap. Prisc. IX, p‘2 \ “ deinde ad Siculos se applicavi! (se. Plautus). „ Anche lo Scol. Crucquiano ad Hor., Ep. II, I, /