La logica di Teofrasto. Studio critico e raccolta dei frammenti e delle testimonianze

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Luciana Repici

La logica Teofrasto

di Studio

critico

e

e raccolta dei frammenti

delle testimonianze

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SAN DIEGO

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PER LA STORIA DELLA STORIOGRAFIA FILOSOFICA 2.

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CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE CENTRO DI STUDIO PER LA STORIA DELLA STORIOGRAFIA FILOSOFICA Direttore:

Gabriele Giannantoni

Pietro Rossi (presidente), Guido Calogero, Vincenza Celluprica, Barbara Faes de Mottoni, Gabriele Giannantoni, Antonio San-

Consiglio scientifico: tucci,

Valerio Verrà.

alle regole del Centro, questo volume è stato sottoposto all'eall'approvazione di Gabriele Giannantoni e di Francesco Adorno.

In conformità

same

e

LUCIANA REPICI

La logica

di

Teofrasto

Studio critico e raccolta dei

frammenti

e delle testimonianze

SOCIETÀ EDITRICE

IL

MULINO

Copyright

CNR

©

1977.

CL

27-1097-8

Centro di Studio per

la

Storia della Storiografia Filosofica

WAY

79

INDICE

"g)

PARTE PRIMA Gli Studi moderni sulla logica di Teofrasto

Le

1.

edizioni delle opere di Teofrasto; la questione

dei frammenti logici

p.

9

2.

Gli studi di C. Franti, di E. Zeller, di H. Maier

H

3.

Da

4.

L'opera di

5.

Dal Bochenski

6.

Indagini ulteriori

7.

Altri contributi storiografici

F.

Solmsen

a

A. Becker

15

L M,

Bochenski

17

8.

La più recente

9.

Conclusioni

a J.

Lukasiewicz

storiografia

19

22 24 27 29

PARTE SECONDA Le opere logiche I.

IL

di Teofrasto

I problemi della ricostruzione della logica di Teofrasto

catalogo delle opere logiche teofrastee

1.

Il

2.

Le

33 33

fonti per la ricostruzione della logica di Teo-

frasto

37

3.

Altre questioni

4.

Delineazione del metodo

40 42

Dell'affermazione e della negazione 1

.

L'opera

2.

I

3.

Conclusioni

testi

45 45 47 77

in.

Analitici Primi 1

IV.

VI.

L'opera

2.

I

3.

Conclusioni riassuntive sugli Analitici Primi

testi

Analitici Secondi 1

.

.

.

L'opera

2.

I

3.

Conclusioni

testi

1.

L'opera

2.

I

3

Conclusioni

Le

81

81 81

157

159

159 159 164 167

Topici

.

p.

testi

167 168 176

opere logiche

179

Testimonianze e frammenti

193

Bibliografia

227

Indici

233

altre

PARTE TERZA

PARTE PRIMA

GLI STUDI MODERNI

SULLA LOGICA DI TEOFRASTO

GLI STUDI MODERNI SULLA LOGICA DI TEOFRASTO

Le

1.

frammenti

La

edizioni delle opere di Teofrasto; la questione dei logici.

sità

ha avuto un avanche alla comples-

storiografia sulla logica di Teofrasto

vio relativamente recente, ed

è, rispetto

dell'argomento, poco ricca di spunti e di interpretazioni.

Ciò soprattutto per

la

mancanza

di

una raccolta sistematica

degli scritti conservati, per altro trasmessi dalle fonti antiche

solo in

forma frammentaria. Intanto,

le

più antiche edizioni

Theophrasti Opera, ed. Gemusaeus et Camerarius, Basileae, 1541, e b) Theophrasti Opera pleraque graeca et latina, ex biblis J.V. Pinelli, Hanoveri, 1605. A queste, seguivano altre due edizioni, quella di J. Schneider, Theophrasti Opera et Excerpta, 4 tomis compredi tutte le opere teofrastee sono:

a)

1818-1821, e infine quella di F. Wimmer, Theophrasti Eresii Opera quae super sunt omnia, 3 tomis comprehensa, Lipsiae, 1854-1862 \ Ma né l'edizione di Schneider né quella, più volte ristampata, di Wimmer, forniscono un'esposizione sistematica ed esauriente dei testi utihensa, Lipsiae,

li

alla ricostruzione della logica teofrastea.

tali

testi,

del resto,

Una

collazione di

non compare neppure nell'opera

di F.

Wehrli, Oie Schule des Aristoteles, voli. I-X, Basel-Stuttgart, 1944-1959 (1967-1969^) nella cui raccolta le argomentazioni logiche di Teofrasto sono riportate per quel tanto che il

^ L'opera, ripubblicata a Parigi nel 1866, ha avuto una ristampa più recente a Frankfurt a.M. nel 1964. Dello stesso autore cfr. anche le Lectiones Theophrasteae, Vratislaviae, 1844.

9

nome

di lui è connesso nelle fonti

con quello di

Eudemo

e

nel fascicolo dedicato a quest'ultimo ^

È

La logique de Théophraste, 1947, che si realizza un tentativo serio e critico di inquadrare il materiale a disposizione secondo criteri espositivi e argomentativi volti alla ricostruzione di un vero e proprio sistema logico. La pubblicazione del Bochenski è anche la prima monografìa specifica sull'argomento. Lo stesso autore aveva, per altro, già fornito in proposito una semplice raccolta di passi scelti in Elementa Logicae Graecae, Roma, 1937, pp, 76-82, ispirandosi al medesimo criterio argomentativo e sistematico nella posteriore Formale Logik, Freiburg, 1956 (ora in traduzione italiana. La logica formale, a cura di A. Conte, 2 voli., Torino, 1972, I pp. 138-144). Si è avuta infine pochi anni fa la pubblicazione dell'opera di A. Graeser, Oie logischen Fragmente des Theophrast, Berlin, 1973, nella quale l'autore ha raccolto appunto i frammenti conservati di questa parte della filosofia teofrastea, senza però tentare poi un'interpretazione globale solo con I.M. Bochenski,

Fribourg-en-Suisse,

e sistematica dei testi e limitandosi invece al

commento

ana-

litico dei singoli passi.

Pressocché trascurati quindi nelle più antiche edizioni frammenti logici non hanno avuto i in sostanza un'esposizione tanto completa e soddisfacente da permettere allo studioso di collocare nella sua giusta luce la posizione teofrastea in materia, e questo, come si diceva all'inizio, ha finito per condizionare lo sviluppo della relativa storiografia. Ulteriori difficoltà, d'altra parte, sono sorte anche in relazione allo stesso catalogo delle opere logiche di Teofrasto cosi come è conservato in Diogene Laerzio \ difficoltà connesse per un verso con l'abbondanza dei titoli, a cui fa riscontro la scarsezza dei testi, e per un altro con il problema dell'attendibilità dello stesso Diogene. Il primo studio critico del catalogo diogeniano si deve a H. Usenet, Analecta Theophrastea, Leipzig, 1858 (successiBerlin, vamente ripubblicato in Kleine Schriften, Leipzig 1912, I pp. 50-88). Le ipotesi di lavoro che stanno alla base delle opere teofrastee,

&

di tale studio relative a correzioni, integrazioni, interpreta-

10

Eudemos von Rodos,

2

Cfr. voi. Vili,

5

Cfr. D.L. V, 42-50.

Basel, 1955.

zioni anche, del testo, sono tuttora in gran parte valide

ed

accettate dagli studiosi. In linea generale, l'Usener è del pa-

secondo una tradizione ormai accettata dalla moderna il catalogo diogeniano possa ritenersi assai attendibile in quanto risale con ogni probabilità all'elenco delle opere teofrastee redatto dal peripatetico Ermippo, birere,

storiografia, che

bliotecario alessandrino e discepolo di Callimaco, vissuto ver-

so la fine del II sec. a.C.

^.

All'opera di Usener,

seguirono

altri

studi

genere,

del

Howald, Die Schriftenverzeichnisse des und Theophrast, «Hermes», LV (1920), pp. 204-

quali quello di E.

Aristoteles

221, e ancora quello di B. Milt, Schweizerische Theophraslforschung und schtveizerische Theophrasteditionen im 16. Jh. und ihre Bedeutung, «Gesnerus», III (1946), pp. 72-93.

primo fornisce un nuovo esame dell'intero catalogo mentre il secondo presenta, oltre ad un sommario delle opere attribuite a Teof tasto, anche un elenco di tali opere ritrovato in Svizzera nel sec. XVI. Di

essi,

il

degli scritti teofrastei,

2.

Gli studi di C. Franti, di E. Zeller, di H. Maier.

Ma

l'opera che segna l'inizio dell'interesse e degli studi

veri e propri sulla logica teofrastea è certamente quella di

C. Franti, Geschichte der Logik im Abendlande,

1858 \ Uno dei punti sicuramente più

Leipzig,

interessanti delle pa-

gine dedicate dal Franti alla trattazione della logica di Teofrasto è quello relativo al

do

l'autore,

il

problema

modo

in cui questi risolve, secon-

della modalità. Tale

modo

si

rivela,

per Franti, chiaramente caratterizzato da orientamenti formalistici: ed è proprio nel «formalismo» che egli ritrova la

teofrastea. In effetti, argomenta una considerazione «formale» del giudizio po-

peculiarità della logica

Franti, solo

teva portare Teofrasto a sostenere,

al

contrario di Aristo-

pagine 68-70 della raccolta Kleine Schriften ricordata. Secatalogo teofrasteo è formato in sostanza da quattro diverse elencazioni, delle quali le prime due seguono un ordine alfabetico; la terza, che comprende i paragrafi 48 e 49, non risponde propriamente a nessun criterio, e l'ultima infine torna al criterio alfabetico, ma non possiede alcuna rigorosità (Op. cit. p. 57 ss.). ^ L'opera fu ripubblicata in edizione anastatica nel 1927, e da questa edizione sono appunto tratte le citazioni fatte qui di seguito. "*

Cfr.

alle

condo Usener,

il

11

.

che non sussiste equivalenza tra affermazioni e nega-

tele,

zioni nell'ambito del possibile. Il risultato di questa osser-

vazione

è,

possibile

come rileva il Franti, che le protasi negative non si comportano diversamente dalle altre

spetto alle operazioni di conversione:

compongono

tra

i

del ri-

termini che

la

una 'separazione' (proprio in quanto predicazione negativa è visto formalmente co-

infatti c'è

rapporto di rapporto di separazione), che rende necessaria versione ^.

il

me

la

con-

Allo stesso criterio formalistico si riconduce anche, sel'uso teofrasteo per cui dall'unione di due protasi modali scaturisce sempre una conclusione che, quanto a determinazione modale, consegue sempre alla premessa più debole tra quelle poste. I logici medievali hanno cosi formulato questo principio, sconosciuto alla prassi aristote-

condo Franti,

lica in

sede di logica modale: peiorem sequitur semper con-

clusio partem. Cosi, rispetto al nesso di ria e di

una

una protasi necessa-

assertoria, la conclusione sarà assertoria in quan-

to Teofrasto ha considerato che ciò che è assertorio,

necessario; in tal caso poiché

soggetto e predicato,

tra

il

non

si

ancora, rispetto

al

è

sillogismo che contiene quelle

premesse non può che concludere in

Ed

non

esclude una separazione

modo non

necessario

^

nesso di una assertoria e di una pos-

e di una possibile) il ragionamento formale adottato da Teofrasto risulta, secondo Franti, ancora più evidente. La conclusione è infatti in questo caso solamente possibile, nel senso che, poste quelle premesse, non può aversi come conclusione che un'asserzione problematica, la quale esprime cosi un rapporto di predicazione più debole rispetto a quello espresso dalla relazione assertoria ^ sibile (o di

una necessaria

Quanto

infine

ad un'altra famosa dottrina,

sillogismi ipotetici e disgiuntivi, che,

la teoria dei

sconosciuti

come

tali

ad Aristotele, sono parte integrante della logica stoica. Franti è del parere che l'elaborazione di tali forme sia da attribuirsi senz'altro a Teofrasto ed Eudemo, i quali, per mezzo di questi «ampliamenti assai importanti» della sillogistica aristotelica, occuperebbero direttamente una posizione intermedia

7

Op. Op.

8

Ibid.

6

12

cit.,

cit.,

I, pp. 370-375. pp. 362-364.

tra

il

punto

di vista di Aristotele, che

considerazione su

tali

sillogismi,

non sofferma

la

sua

e quello della logica for-

male, che procede invece proprio attraverso implicazioni di questo tipo ^. Considerazioni relative alla logica di Teofrasto sono rintracciabili anche nell'opera di E. Zeller, Die Philosophie der Griechen in ihrer geschichtlichen Entwicklung dargestellt, II Teile, II Abt.:

Aristoteles

Tubingen, 1862

Secondo

^^.

una

die àlteren Peripatetiker,

Zeller, occorre anzitutto chiarire,

il metodo adoperato da Teofrasto ed pur non avendo abbandonato i principi

in linea generale, che

Eudemo

nella logica,

generali e tavia

i

tratti caratteristici della logica aristotelica, è tut-

maggiormente applicato a singole

analisi, a ricerche su

Per quanto riguarda poi in particolare le tesi teofrastee, a proposito per esempio dei cinque nuovi modi aggiunti secondo le fonti, da Teofrasto alla I figura dei sillogismi assertori di Aristotele, Zeller ritiene che di fatto Teofrasto non abbia compiuto per questa via sostanziali progressi rispetto alla posizione singoli aspetti di questa

aristotelica '\

quella dottrina

^\

Molto più interessante invece

egli giudica l'in-

troduzione, in logica, dei sillogismi ipotetici e disgiuntivi,

la

sce senz'altro a

orme del Franti, attribuiTeofrasto ed Eudemo, con particolare riguar-

do

cosiddetti 'totalmente ipotetici', a quelli ipo-

cui elaborazione anche Zeller, sulle

ai sillogismi

e infine a quelli comparativi, ossia a quelche 'argomentano partendo dalla maggiore, minore uguale misura' ^^ L'opera di H. Maier, Die Syllogistik des Aristoteles, 2 voli., Tubingen, 1900, rappresenta un'altra tappa nella storia della storiografia relativa alla logica antica. Anch'essa, come quella del Franti, affronta una vasta serie di problemi e fornisce una quantità notevole di materiale documentario sulla sillogistica di Aristotele, e di riflesso anche su quella dei primi Feripatetici e di Teofrasto in particolare. Ma antetici 'per prolessi', li

9

Op.

cit., pp. 375-392. L'opera, ripubblicata a Lipsia nel 1921, ha una traduzione italiana. E. Zeller-R. Mondolfo, La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico, Parte II, Voi. II, (tomo III): Aristotele e i Peripatetici piti antichi, Firenze, 1966; da essa sono tratte le citazioni seguenti. 11 Op. cit., p. 348. ^^

12

Ibid.,

13

Op.

cit.,

pp. 356-358.

13

ch'essa poi risente spesso di quella mancanza di rigore critico che ha indotto i più moderni interpreti a ritenere ormai superate molte delle ipotesi avanzate dall'autore. Cosi, per esempio, Maier giudica «disastrosa per il futuro» l'introduzione dei cinque nuovi modi teofrastei nella sillogistica assertoria ^\ anche se non ritiene che tali modi costituiscano già di per sé una vera e propria IV figura, contenendo essi piuttosto il «germe» di quella che la tradizione indica come figura galenica '^

A l'altro

proposito della sillogistica modale, osserva Maier tra che in questo campo Teofrasto ed Eudemo si distac-

cano in maniera rilevante dal maestro '^ La principale innovazione che essi apportarono al sistema aristotelico è rappresentata, secondo Maier, dalla tesi per cui le protasi universali negative possibili si convertono per sé e dalla dimostrazione che di tale tesi essi davano. La dimostrazione infatti, argomenta Maier, è basata sull'idea che, se è possibile che A non apsiano sepapartenga a nessun B, è anche possibile che A e rati l'uno dall'altro; se ciò è vero, allora è anche possibile viceversa che neppure appartenga ad alcuno degli A ''. La posizione di Aristotele è in proposito diversa perché, secondo Maier, egli non supera quella confusione tra piano logico e piano metafisico che gli fa considerare come equipollenti le protasi universali negative possibili e quelle affermative. fatto,

una simile conversione è respinta da Aristotele

se della duplicità dei sensi del possibile, l'uno,

che Maier identifica con

la possibilità

dal

Di

sulla ba-

senso stretto,

il

punto

di vista

me-

senso largo, che egli fa coincidere con la possibilità dal punto di vista logico (M2) '^ Ora, è proprio una tale duplicità di piani che, secondo Maier, Teotafisico (Mi), e l'altro,

il

frasto avrebbe respinto,

deducendone

cosi correttamente le

tesi della convertibilità delle protasi universali sibili,

negative pos-

anche se essa non è che, in sostanza, una corretta de-

14

Op. cu., ILI p. 98. Op. cit., pp. 124-136, e cfr. pp. 206-217. 16 Op. cit., pp. 43-44. Op. cit., p. 46 ss. 1^ Op. cit., pp. 47-48. Seguendo le indicazioni del Bochenski {La logique de Théophraste cit. infra), d'ora in avanti il senso stretto del possibile, 15

1"^

possibilità

monovalente, sarà indicato col simbolo M,, e quello largo, simbolo M2.

possibilità bivalente, col

14

duzione da indicazioni aristoteliche *^. Anche l'uso del principio di sopra illustrato, secondo cui peiorem sequìtur semper conclusio partem, è dovuto secondo Maier ad una trattazione più rigorosa della sillogistica aristotelica, ed insieme alla nuova impostazione che Teofrasto diede alla logica modale "^

Da

3.

F.

Solmsen a A. Becker.

Sul problema dei cinque nuovi modi assertori introdotti da Teofrasto tornava anche F. Solmsen in Die Entivicklung der aristotelischen Logik una Rhetorik, Berlin, 1929. Egli è del parere che l'elaborazione di tali modi dimostri quanto platonici, fondamento delpoco la stratificazione degli

'

operi

l'assiomatica

aristotelica,

teofrastea,

cui criterio resta

il

all'interno

tuttavia

della

sillogistica

ancora aristotelico;

la qual cosa impedisce che si possa parlare propriamente in Teofrasto di una IV figura vera e propria^'.

A

proposito poi della dottrina dei sillogismi ipotetici,

Solmsen ritiene che un particolare tipo di tali modi, ha buone probabilità di essere fatto risalire a Teofrasto direttamente ^. Si tratta dei sillogismi ipotetici cosiddetti comparativi, ai quali abbiamo già accennato, che argomentano partendo dalla maggiore, minore uguale misura, e che si riallacciano immediatamente al omonimo. Secondo il Solmsen, è assai verosimile in realtà che Teofrasto conoscesse queste forme di sillogismi ipotetici, come si può arguire da

un frammento anonimo, nel quale l'ignoto autore riproduce sotto forma sillogistica (cioè mediante ragionamenti formati da due premesse e una conclusione) le argomentazioni di quel adoperando anche le variabili terministiche e sforzanle forme cosi ottenute sotto tre schemi ^^ Ora, se è vero da un lato che il contenuto del frammento si

dosi di sussumere

muove

nell'ambito della problematica aristotelica ^^ è vero

'9

Cfr. op.

-0

Op. Op. Op.

2'

22

cit.,

p.

cit.,

p.

46.

cit.,

p.

cit.,

p.

55 e 65 e

47. ss. ss.

cosiddetto frammento logico fiorentino, pubblicato da A. Vogliano in Papiri della Società Italiana, IX (1929) n. 1095, pp. 164-168. ^^ Come ha dimostrato anche R. Philippson, // frammento logico fiorentino, «Rivista di Filologia e d'Istruzione Classica», VII (1929), pp. 495506. 2^

Il

15

pure d'altra parte in primo luogo che nei suoi Topici Aristotele non fa uso di sillogismi, e in secondo luogo che il contenuto dell'opera teofrastea intitolata doveva con ogni probabilità riguardare la riduzione di tali sillogismi cosi ottenuti a schemi ^\ secondo il significato del verbo Lv. greco Anche secondo H. Scholz, Abriss der Geschichte der Logik, Berlin, 1931, il posto che Teofrasto ed Eudemo oc-

cupano

nella storia della logica è di rilevante interesse so-

prattutto in relazione all'elaborazione della dottrina dei

logismi ipotetici e disgiuntivi,

un campo

sil-

in cui essi sarebbero

secondo l'autore,

i veri e propri precursori della logica Insieme, essi hanno gettato infatti, come rileva Scholz, le basi della logica proposizionale, proprio con l'immettere nel sistema aristotelico tali modi ipotetici e disgiuntivi; né d'altro canto va dimenticato l'apporto propriamente

stati,

degli Stoici

"^.

teofrasteo alla formalizzazione della logica con l'elaborazione delle cinque regole inferenziali aggiunte ai quattro

modi

ari-

^ Tuttavia, argomenta Scholz, questo non toglie nulla al merito particolare degli Stoici, quello che essi propriamente conservano nella storia della logica e che consiste in sostanza nell'elaborazione della logica proposizionale rigorosamente dedotta ^^ A. Becker, Die aristotelische Theorie der MóglichkeitschlUsse, Berlin, 1933, ritorna su quello che certamente è il problema più interessante posto dall'interpretazione della logica teofrastea, cioè quello relativo alla modalità dei giudizi ^ Egli sostiene in pratica che la conversione della premessa universale negativa possibile può aversi solo in base alla considerazione, fatta appunto da Teofrasto ed Eudemo, secondo cui è possibile solo ciò che non è necessario che non sia, vale a dire tenendo presente il significato univoco della possibilità (Mi)^. Ciò comporta, secondo Becker, che con stotelici della I figura dei sillogismi categorici

25 Op. cit., p. 38 ss., 58 ss., 69 ss.; frammento logico fiorentino, «Rivista di VII (1929), pp. 507-510.

Il

.

e dello stesso autore cfr. anche Filologia e d'Istruzione Classica»,

26 Cfr. p. 74 della traduzione italiana, Storia della logica, a cura di E. Melandri, Milano, 1962.

27

^ 29 30

16

Ibid.

Op. Op. Op.

cit.,

p. 75.

cit.,

pp. 65-67.

cit.,

p. 66.

ed Eudemo ritennero non opporanche solo non necessaria, la definizione aristotelica della possibilità. E alla stessa conclusione conduce per l'autore anche l'uso teofrasteo del principio peiorem sequitur semper conclusio partem ^\ Questi diversi orientamenti nella determinazione modale aristotelica rispetto a quella sostenuta da Teofrasto ed Eudemo, dipendono in conclusione per l'autore dal fatto che i giudizi modali sono concepiti da Aristotele nel senso di quelle che Becker chiama «Strukturformeln», impostazione quest'ultima che i successori di Aristotele persero evidentemente di vista ^^ tutta probabilità Teofrasto

tuna,

4.

L'opera di

Ma

I.

M. Bochenski.

l'esposizione più completa ed accurata di

scritti logici di tali scritti

tutti

gli

Teofrasto, e insieme anche dei problemi che

pongono,

sia in relazione alla logica aristotelica sia,

più in generale, in relazione all'evoluzione della logica, risale a I.M. Bochenski, La logique de Théophraste, sopra ricordato. Fondandosi in particolare sull'autorità di Alessandro di Afrodisia, spesso a scapito di altre fonti, il Bochenski

un quadro questi appare per un verso

fornisce in sostanza

della logica di Teofrasto in

cui

sotto molti aspetti

vatore della problematica aristotelica; e per

un

un inno-

altro,

sempre

l'erede e l'interprete di quella problematica stessa. L'analisi

dei testi dimostra infatti, secondo le argomentazioni del Boil sistema teofrasteo riprende, integra, e per qualche verso corregge anche, idee ed orientamenti di quello aristotelico, ponendosi però all'interno di esso, anche là dove le tesi di Teofrasto sembrano divergere di più da quelle di Aristotele ^\ D'altro lato, e proprio di conseguenza, l'autore tende a non sopravvalutare il ruolo avuto da Teofrasto come precursore degli Stoici, perché egli rimane in pratica per il Bochenski un aristotelico, il quale però, attraverso l'uso di un formalismo più rigoroso di quello aristotelico e proprio portando alle estreme conseguenze alcuni spunti aristotelici.

chenski, che

^1

Loc.

cit.

32

Op. Op.

cit.,

p. 67.

cit.,

pp. 125-126.

^3

alla

nota precedente.

È

il

caso della dottrina della modalità.

17

Cosi è per esempio a doppia relazione della parola, significata e significante insieme - dottrina che

prepara il terreno dello stoicismo proposito della dottrina teofrastea

^"^,

della

corrisponde poi in pratica a quella del stoico - ^\ ovvero a proposito della dottrina dei sillogismi ipotetici, altra

famosa teoria della logica

Ampio

stoica

^

.

Bochenski alla trattazione teofrastea della sillogistica assertoria, con la relativa deduzione dei cinque nuovi modi annessi da Teofrasto alla I figura aristotelica ^^; ma la parte più interessante dell'opera di Bochenski è forse quella dedicata alla sillogistica modale, nella cui elaborazione l'autore scopre il vero merito di Teofrasto logico ^. A questo riguardo, egli è del parere che il sistema modale teofrasteo, se esaminato dal punto di vista della logica formale, appare basato su un significato unilaterale (Mi) della possibilità come 'non necessità di non essere', e non invece su un senso bilaterale (M2) di essa, come 'non necessità di essere' e insieme 'non necessità di non essere', quale è invece adoperato da Aristotele. L'uso di un senso del possibile univocamente determinato non implica però, secondo Bochenski, che Teofrasto abbia avuto del tutto chiara la distinzione dei due ambiti della possibilità e delle conseguenze che derivano all'interno di un sistema modale quando si assuma l'una l'altra delle due accezioni ^^. È proprio un uso di tal genere d'altra parte che consente a Teofrasto di risolvere, per il Bochenski, una serie di problemi lasciati aperti da Aristotele, come per esempio la conversione della premessa universale negativa possibile ^; in secondo luogo, di introdurre nel proprio sistema modale il principio peiorem sequitur sem34

Op. Op. Op.

rilievo è dato dal

pp. 126-127. pp. 39-41 ^ cit., pp. 103-121. Per un'attribuzione decisamente stoica di questi sillogismi si era pronunciato già per esempio K. Duerr, Alte und neue Logik, «Annuaire de la Société Suisse de Philosophie», s.t. 1942, pp. 104-122; dello stesso autore cfr. Moderne h'istorische Forschung im Gebiete der antiken Logik, «Studia Philosophica», XIII (1953), pp. 72-98. 3^ In proposito, Bochenski non ritiene che essi costituiscano una IV figura: op. cit., pp. 54-66. Studi sul problema furono pubblicati in quegli 35

cit.,

cit.,

anni da J. W. Stakelum, Why 'Galenian Figure'?, «The New Scholasticism», XVI (1942), pp. 242-256, e da P. Henle, On the Fourth Figure of the Syllogism, «Philosophy of Sciences», XVI (1949), pp. 94-104. 3« Op. cit., pp. 67-102. 39

18

Op.

cit.,

^ Op.

cit.,

pp. 90-91. 74 e ss.

p.

e da ultimo di costruire un sistema per conclusio partem modale molto più omogeneo, semplificato e coerente di quel"*'

;

^^.

lo aristotelico

5.

Dal Bochenski

a J. Lukasiewicz. J. T. Clark, Conventìonal Logic Prelude to Transition, Woodstock

Della logica teofrastea

Modem

and

Logic.

A

1952, sottolinea intanto due aspetti:

College Press

quello

relativo alla cosiddetta quantificazione del predicato, e quello relativo alla trattazione dei sillogismi ipotetici

'^\

()

Quanto

alla

prima tesi, essa ricorre in un testo anonimo pubblicato dal Waitz ^, nel quale si legge che, qualora non si aggiunga una anche al predicato, giunuova determinazione dizi del tipo

(a) Fenia possiede la scienza

(b) Fenia

non possiede

possono essere entrambi

veri,

la scienza

secondo Teofrasto. Ora,

vera forza di significazione di tale istanza non dovette,

la se-

condo Clark, uscire per Teofrasto dai limiti di una generica, per quanto corretta, esigenza. Ciò infatti, avrebbe potuto condurre Teofrasto a riconoscere che in questo caso non il termine 'scienza' è il vero predicato, bensì 'possiede', a cui primo appartiene come uno dei suoi argomenti relata, secondo la terminologia della logica formale moderna ''^ Ma seppure generica, la motivazione di Teofrasto rimane per il Clark di rilevante interesse, perché si riallaccia alla più evidente differenza tra logica tradizionale e logica moderna, la quale consiste essenzialmente, secondo l'autore, nel fatto che, mentre la prima ferma la propria considerazione quasi escluil

^^

Op.

cit.,

^'^

Op

cit.,

19-23.

19 e

p.

ss.

95 ss. Dello stesso autore cfr.: Notiones historiae logicae formalis, «Angelicum», XIII (1946), pp. 109-123; Notes historiques sur les propositions modales, «Revue des Sciences Philosophiques et Theologiques», XXVI (1937), pp. 673-692; De consequentiis Scholasticorum earumque origine, «Angelicum», XV (1938), pp. 92-109; Ancient Formai Logic, Amsterdam, 1951, in particolare alle pp. 72-76; A History of Ancient Formai Logic, Notre Dame-Indiana Univ. Press, 1961. p.

43

pp.

^

Aristotelis

45

Op.

cit.,

Organon Graece,

p.

Lipsiae, 1844-46, voi.

I, p.

40 (ad 17b

16).

20.

19

sivamente sulle funzioni che implicano una generalizzazione semplice (per es. di S nella formula 'S è P'), la seconda si occupa al contrario di funzioni che implicano una serie di generalizzazioni coordinate, sia ipotetiche sia logicamente determinate "^, Quanto poi alle formulazioni dei vari tipi di sillogismi ipotetici che possono essere ricondotti ragionevolmente a Teofrasto, il Clark scrive che di primo acchito essi potrebbero essere identificati con le moderne leggi del calcolo in cui i simboli rappresentano proposizioni, ma che di si collocano nel contesto della logica terminiAristotele ^\ Le fonti antiche, infine, tramandano

fatto poi essi stica

di

un'altra dottrina teofrastea destinata anch'essa ad avere for-

( ).

tuna nella storia della logica, vale a dire quella delle propo«per prolessi» Tali proposizioni sono caratterizzate dal fatto che in esse, accanto predicato), se ai due termini definiti (A soggetto, e ne aggiunge in più un terzo al quale appartengono sia l'uno

sizioni cosiddette

=

=

sia l'altro dei termini dati ^. Ora, giudizi cosi formati sono per Teofrasto equivalenti a quelli categorici '*^. A proposito di questa dottrina, scrive il Clark che questa forma di riso-

luzione delle protasi categoriche in implicazioni formali, cosi

come

nozione di 'quantificazione', non sono che un natu-

la

rale (tradizionale) sviluppo della logica aristotelica^^.

Anche J. Lukasiewicz, Aristotle's Syllogistic from the Standpoint of Modem Formai Logic, Oxford, 1957^ ^\ riconosce, a proposito della sillogistica modale di Teofrasto ed Eudemo, che la tesi da essi sostenuta della convertibilità della protasi universale negativa possibile corregge certamente

46 47

Op. Op.

cit.,

pp. 20-21.

eli.,

p. 23.

48

Cfr. Alex.

49

Loc.

Aphr.

in

An. Pr. 378.12-20.

379.9-11. 50 Op. cit., p. 22. Poco più di una menzione facciamo qui del libro di J. ZURCHER, Aristoteles Werk und Geist, Paderborn, 1952, che attribuisce la maggior parte degli scritti dell'attuale corpus aristotelicum a Teofrasto. La critica moderna ha del tutto smentito le tesi di Zurcher. Cfr. A. MansiON, Het Aristotelisme in het historische perspectief, Bruxelles, 1954; E. cit.,

Barbotin, Le Corpus aristotelicum LIV (1954), pp. 676-680; G. Reale,

est-il

authentique?

,

«Revue Thomiste»,

Ziircher e un tentativo di rivoluzione nel campo degli studi aristotelici, in Aristotele nella critica e negli studi contemporanei, suppl. al voi. XLVII della «Rivista di filosofia neoscolastica»,

Milano, 1956, pp. 108-143. 51 Ora anche in traduzione logistica di Aristotele, Brescia,

20

/.

italiana, J.

1964.

Lukasiewicz-C. Negro, La

sil-

Terrore più grave della teoria aristotelica della contingenza ^\

Anche

se,

A

del resto, tale convertibilità risulta, secondo Luka-

dalla

siewicz,

stessa

definizione

aristotelica

del

possibile ^^

proposito poi della regola peiorem sequitur semper conil nesso for-

clusio partem, l'autore arriva alla conclusione che

assertoria e da una premessa minore necessaria, con conclusione necessaria, rifiutato da Aristotele e accettato invece da Teofrasto ed Eudemo, è in realtà valido, come può essere dimostrato attraverso esempi formati

mato da una premessa maggiore

sul modo in barbara di I figura ^. Solo che, come scriveva giustamente S. McCall ^^ Teofrasto pone in evidenza la debolezza della premessa assertoria di barbara, e questo gli consente di asserire anche la debolezza della conclusione, mentre il Lukasiewicz, ponendo l'accento sulla forza della premessa necessaria, deve poi dedurne la forza della conclusione; Aristotele infine non sembra a sua volta aver accentuato né l'una né l'altra delle due soluzioni, e in tal modo il suo sistema può evitare la rappresentazione spazializzata.

Per quel che riguarda infine i nuovi modi assertori elabosecondo le fonti antiche da Teofrasto, Lukasiewicz è del parere che tali modi, pur ricavabili da indicazioni di Aristotele, sono poi «senza tetto» [homeless] nella sua sillogistica; Teofrasto li sistematizzò appunto, dando loro un posto ben preciso all'interno della I figura, ma introducendo con ciò una importante modifica alla definizione che di questa figura Aristotele aveva dato, e invece di ritenere I la figura in cui il medio fa da soggetto nella premessa maggiore e da predicato nella premessa minore, egli considerò I quella figura in cui il medio fa da soggetto in una delle premesse e da predicato nell'altra "^, In conclusione, per Lukasiewicz l'adozione di una nuova definizione della figura sillogistica, che corregge quella di Aristotele, indica in Teofrasto l'uso di un procedimento altrettanto valido quanto l'elaborazione di una vera e rati

propria

52 53

54

IV

Op. op. Op.

55

S.

56

Op. Op.

57

figura ".

cit., cit., cit.,

p. 200. pp. 94-200. pp. 183-187.

McCall,

Aristotle's

cit.,

p. 27.

cit.,

pp. 27-28.

Modal

Syllogisms,

Amsterdam, 1963,

p.

16.

21

6.

Indagini ulteriori.

Sulle

forme ipotetiche

e disgiuntive dei sillogismi nella

logica teofrastea, tornava anche J. Mau, Stoische Logik. Ihre Stellung gegenuher der aristotelischen Syllogistik una der

LXXXV (1957), pp. 147-158, sostenendo in particolare la tesi che già Teofrasto ed Eudemo dovevano aver sviluppato in questo campo indimodernen Aussagenkalkiil, «Hermes»,

cazioni rintracciabili nei testi aristotelici ^.

K. Berka, nel suo saggio relativo alla teoria della modariproponeva invece il problema della modalità nella logica di Teofrasto ^^ Il sistema modale teofrasteo, argomenta infatti Berka, è basato su un significato della possibilità diverso da quello adoperato da Aristotele nei suoi Primi Analitici. Mentre quest'ultimo usa in effetti un senso bilaterale del possibile (M2), Teofrasto si serve al contrario di un senso unilaterale di esso (Mi); ed è proprio in virtù di questo, che egli è in grado di sostenere la conversione della premessa universale negativa contingente, respinta da Aristotele, e di rifiutare viceversa l'equivalenza posta da Aristotele lità nell'antichità,

tra protasi universali affermative e protasi universali negative

della possibilità.

Inoltre,

l'autore

riconosce che è proprio

primo ad adoperare nella sillogistica modale la regola peiorem sequitur semper conclusio partem, sostenendone per altro l'applicabilità a tutto l'ambito della sillogistiTeofrasto

il

ca stessa.

Da

ultimo, proprio sulla base di queste diverse im-

postazioni metodiche, Teofrasto può, secondo Berka, respin-

gere

come non

valide alcune serie di implicazioni sillogistiche

riconosciute ed accettate invece da Aristotele, senza che ne risenta la coerenza e la compattezza del suo sistema.

L'importanza di Teofrasto nella storia della logica è doW. & M. Kneale, The Oevelopment of Logic, Oxford, 1962, soprattutto ad alcune originali soluzioni da

vuta, secondo

lui fornite a questioni poste dalla logica aristotelica^. Cosi,

per esempio, in relazione

^

p.

alla

collocazione dei cinque nuovi

156.

K

antice, «Filosoficky Casopis», Berka, theorii modalìtaty (1957), pp. 40-59 (riassunto in «Bibliotheca Classica Orientalis», III (1958), pp. 381-383, Zur Theorie der Modalitat in der Antike). ^ pp. 100-112. L'opera è stata tradotta in italiano, Storia della logica, a cura di A.G. Conte e L. Cafiero, Torino, 1972. ^^

I

22

K.

modi

assertori che Teofrasto aggiunse a quelli già posti

da

Aristotele nella I figura, rileva Kneale che è solo la definizio-

ne che noi diamo di figura a decidere se i nuovi modi appartengano meno ad una figura a sé, perché invero Aristotele mostra di conoscere tutti gli argomenti che in genere si portano a sostegno della IV figura ^^ In effetti, argomenta Kneale, se si assume che la figura sia uno schema argomentativo distinto e separato da altri schemi del genere, non v'è dubbio che la possibilità di combinazione delle premesse indicata da Teofrasto con i suoi modi sia veramente qualcosa di diverso rispetto alle altre figure elaborate da Aristotele, nel senso che la prova per assurdo di tali modi riconduce sempre all'interno del loro stesso schema ^. A proposito poi dell'uso teofrasteo della regola peiorem sequitur semper conclusio partem, Kneale è del parere che una tale innovazione ha il vantaggio di semplificare di molto talune tesi della logica modale aristotelica, anche se poi ritiene che ciò renda in un certo senso incoerente il sistema teofrasteo. Secondo Kneale, è infatti impossibile ammettere contemporaneamente che tale principio sia costantemente applicabile, che sia universalmente valido il metodo aristotelico della riduzione indiretta e che possano ritenersi corrette alcune implicazioni sillogistiche riconosciute da Teofrasto ". Quanto all'elaborazione dei sillogismi ipotetici, Kneale scrive che né Aristotele né i Peripatetici dovettero arrivare ad un alto livello di approfondimento di questi modi, come è dimostrato dal fatto che già gli antichi

li ritenevano un'innovazione prettamente stoica e dal fatto che lo stesso Boezio dice esplicitamente che nell'ambito peripatetico non fu fatto in questo campo alcun sostanziale progresso ^. Se d'altra parte si potesse far risalire a Teofrasto quella forma particolare di sillogismi ipotetici detti 'per qualità', Kneale riconosce che si dovrebbe in tal caso ammettere che Teofrasto ha aperto nuove prospettive all'indagine logica, in quanto le forme riportate sono, malgrado non si possa essere sicuri dei dettagli dell'interpretazione, che potrebbe essere stata distorta dai

61

Op.

62

Ibld.

«

Op. Op.

cit.,

p. 101.

cit.,

p. 102.

cit.,

p.

105. Cfr. Boeth.

De

syll.

hyp. 831 C.

23

commentatori, perfettamente valide e per di più trattano specificamente di ciò che la logica moderna chiama 'proprietà' e 'classi' '\

Anche A. N.

Prior, Formai Logic, Oxford, 1962-, si inproblemi posti da Teofrasto nella storia della logica dal punto di vista della logica formale moderna, esaminando in questa prospettiva per esempio l'analisi teofrastea delle

teressò

ai

protasi cosiddette 'per prolessi' e l'uso di

un senso semplice

del possibile (Mi)^.

A

proposito poi delle forme inferenziali del tipo

Se

dove

e

Q

Q; ma non-Q; perciò

hanno funzione

e valore

non tanto

di termini

semplici, quanto anche e soprattutto di vere e proprie proposizioni

-

si

tratta

qui ovviamente delle forme inferenziali

ipotetiche e disgiuntive

tali

-

scrive Prior che sia Aristotele che

occuparono di esse, ma che solo con gli Stoici schemi furono descritti ed adoperati in modo organico e

Teofrasto

si

7. Altri contributi storiografici.

Sul problema dei cinque nuovi sillogismi assertori di Teofrasto, la cui corretta risoluzione costituisce ancor oggi

uno

dei problemi aperti nell'interpretazione della logica aristotelica e di

quella teofrastea, tornava anche G. Patzig, Die ari-

Ontersuchungen Uher das Buch A der Ersten Analytiken, Gòttingen, 1963^ ^^ Egli ritiene che già con la sola elaborazione di questi nessi sillogistici, Teofrasto si è distaccato dalle esigenze aristote-

stotelische Syllogistik. Logisch-philologische

65

op.

6^

Cfr. rispettivamente alle pp. 122-124 e 190 e

6^

Op.

degli

stoici

cit.,

cit.,

nel

p. 108.

anche T. Kotarbinski. Legons sur p.

ss.

Che Teofrasto, insieme ad Eudemo, sia il precursore campo delle forme ipotetiche e disgiuntive ha sostenuto

p. 3.

l'histoire

de

la

logique,

Paris,

1964.

68.

^ L'opera è stata tradotta in inglese, Aristotle's Theory of Syllogism. Logico-Philologkal Study of Book A of the Prior Analytics, transl. by J. Barnes, Dordrecht, 1968. Da questa edizione sono tratte le citazioni che seguono.

A

24

liche circa

valore estensionale dei termini della

il

circa soprattutto la perfezione dei

I

figura e

modi che ne fanno

parte,

respingendo pertanto la definizione che di tale figura Aristotele ha fornito, cioè la definizione per cui tale figura è cosi formata da avere il termine maggiore che deve esser detto del medio e questo a sua volta del minore ^^, e limitandosi ad accettare il criterio per cui è prima quella figura in cui il medio è predicato di una premessa e soggetto dell'altra '^. Ciò che sembrava a Franti «un'interpretazione superficiale» delle indicazioni aristoteliche ''\ rimuove invece per Patzig tutta

una

serie di difficoltà riscontrabili all'interno del sistema ari-

stotelico

modi

'",

mentre non v'è dubbio per lui che si tratta di non di una figura separata dalle

aggiunti alla I figura e

altre '\ Il

motivo per

il

quale Teofrasto ed

Eudemo

si

separarono

modale sta, secondo operarono una trasformazio-

dal proprio maestro in fatto di logica

N. Rescher

^\ nel fatto

che

essi

ne nel modo aristotelico di rappresentare le protasi modali, trasformazione a cui lo stesso Aristotele ultima maniera potrebbe essere stato interessato '^ La più evidente differenza tra il procedimento aristotelico e quello teofrasteo consiste poi, per Rescher, in ciò. Aristotele assume espressioni categoriche (vere) per caratterizzare i rapporti atemporali tra

6^

Cfr, Aristot., Art. Pr.,

70

Op.

ai., pp.

I,

4.

112-113.

7^

Geschtchte der Logik,

'2

Cfr. loc.

cit.,

I

p.

367.

cit.

7^ p. 127, 130, 131. Dello stesso parere J. Moreau, Aristote et son école, Paris, 1962, p. 261. Il problema ha avuto vasta eco tra gli studiosi

in quegli anni. Cfr. tra gli altri, D. D. Merril, Reduction to the Fourth 12'^ Century Figure, «Mind», LXXIV (1965), pp. 66-70; A. I. Sabra, Oefence of the Fourth Figure of the Syllogism, «Journal of ^'arburg and Courtland», XXVIII (1965), pp. 14-28;' L. E. Rose, Arisiotle's Syllogistic and the Fourth Figure, «Mind», LXXIV (1965), pp. 382-389, e Premise order in Aristotle's Syllogistic, «Phronesis», XI (1966), pp. 154-158; N. Rescher, Galen and the Syllogism, Pittsburgh, 1966, in cui è contestata la veridicità della tradizione che attribuisce a Galeno la paternità della IV figura sillogistica, attraverso l'esame di un testo arabo del XII secolo; dello stesso autore cfr. New Light from Arabie Sources on Galen and the Fourth Figure of Syllogism, «Journal of the History of Philosophy», III (1965). pp. 27-41.

A

"^^

Criticai

Aristotle's

Approach

1964, pp. 75

Op.

Theory of Modal Syllogisms and Its Interpretation, «The to Science and Philosophy», ed. M. Bunge, New York,

152-177. cit.,

p.

172.

25

quelli che in termini di logica

moderna

si

chiamano

'gruppi';

cosicché, proposizioni del tipo (a)

Nessun S

(b)

Ogni S

è

è

richiedono per lui un reale rapporto di esclusione (o di pretempo ed ogni condizione. Teofrasto ha invece, secondo Rescher, esteso la propria considerazione a proposizioni universali sottoposte a riferimenti temporali, andicazione) sotto ogni

ticipando con ciò l'uso stoico del riferimento temporale nell'analisi delle implicazioni logiche

^^.

La conclusione

è però,

secondo Rescher, che in sostanza tutte le innovazioni apportate da Teofrasto al sistema aristotelico cosi come è enunciato negli Analitici Primi, non provocano una rottura della struttura di quel sistema, ma ne incrinano la coerenza per ciò che riguarda la metodologia e il sapere scientifico ^.

Uno

studio specifico sulla logica modale di Teofrasto

si

è

con M. Mignucci, Fer una nuova interpretazione della logica modale di Teofrasto, «Vichiana», II (1965), pp. 221-211 L'idea di base dell'autore è che in pratica Teofrasto abbia inteso il possibile non tanto nel senso di ciò che ha la capacità di essere e di non essere, quanto piuttosto come complesso di avvenimenti che hanno luogo per lo più di rado casualmente ^^. Proprio in virtù di questo Teofrasto può sostenere, secondo Mignucci, la conversione della premessa universale negativa possibile, respinta da Aristotele, e rifiutare viceversa l'equipollenza, ammessa da Aristotele, tra avuto in

Italia

.

protasi possibili universali negative e protasi possibili uni-

In sostanza quindi, la teoria modale di Teofrasto si spiegherebbe, secondo l'autore, come lo sforzo di conservare l'aspetto propriamente fattuale della contingenza ^, e in ciò poi la reale differenza tra il sistema modale aristotelico e quello teofrasteo, e non nell'assunzione di un versali affermative

significato

76 77

78 79

26

Op. Op. op. Op.

80

Ibid.

81

Op.

^^.

monovalente della

cit. cit.,

p.

173.

p.

175.

p.

272.

cit. cit.

cit.,

possibilità ^\

Quanto

regola peiorem sequitur semper conclusio

alla

partem, Mignucci ne fa risalire i criteri ispiratori ad alcune argomentazioni svolte da Aristotele negli Analitici Secondi ^, attribuendole poi un significato molto particolare nell'ambito

,

della logica di Teofrasto. «L'Eresiano

gnucci

-

-

scrive infatti

il

Mi-

nel tentativo di adeguare sempre più la sillogistica ad

non considera più l'estremo minore del come mero ed indeterminato soggetto del termine medio, ma lo concepisce come come il sogdella scienza,

sillogismo

getto della dimostrazione che al limite coincide con l'oggetto stesso della scienza e della ricerca» ^.

La più recente

8.

storiografia.

Osserva R. Bianche, La logique et son histoire, Paris, 1970, a proposito delle protasi cosiddette 'per prolessi', di cui esistono cenni di trattazione nella logica teofrastea, che il termine non definito, per es. C, che in tali protasi si aggiunge in più rispetto ai due termini già noti e definiti, A e B, non è espresso da Teofrasto sotto forma di una variabile. Il che fa pensare, secondo l'autore, che non solo Aristotele, ma anche coloro che perfezionarono il suo insegnamento, non ebbero del tutto chiaro il significato e la portata logica dell'uso della variabile, mentre il fatto che siano usate lettere al posto dei termini concreti sottintende soltanto una pura e semplice funzione di abbreviazione ^.

Riguardo poi ai nuovi modi sillogistici introdotti da Teoanche Bianche ritiene che essi, più che costituire una

frasto,

figura separata,

si

ricolleghino alla I figura aristotelica, della

quale riprendono in un certo senso la stessa definizione ^\ Molto più interessante l'autore giudica in verità il contributo

&2

Cfr.

I,

*^

Op.

cit.,

6, 74b 26-39, 75a 28-37. Sul problema tornava anche W. Wieland, Die aristotelische Theorie der Notwendigkeitsschliisse, «Phronesis», XI (1966), pp. 35-60, per il quale è chiaro che le critiche che Teofrasto ed Eudemo portano al sistema modale di Aristotele si fondano proprio sul presupposto che, date due premesse modalmente determinate, la conclusione deve conseguire alla modalità della premessa minore, ossia appunto sul presupposto che sia vera la regola peiorem sequitur semper conclusio partem 4,

73a 21-24;

p.

276.

(cfr. p. 53). 84 85

Op. Op.

cit.,

p. 84.

cit.,

pp. 85-86.

27

dato da Teofrasto a proposito della dottrina della modalità. Seguendo in pratica l'interpretazione del Bochenski ^, egli sostiene che Teofrasto conobbe ed usò il significato monovalente della possibilità (Mi), introducendo in logica la regola peiorem sequitur semper conclusio partem^' Quanto infine alla questione dei sillogismi ipotetici, Bianche ritiene che l'ammettere la presenza di tali forme nella logica teofra.

stea è tutt'uno

con

il

un completamento

riconoscere in ciò

della dottrina aristotelica dei sillogismi categorici, e che sarà

proprio questa dottrina logica, insieme a quella tipicamente stoica degli indimostrabili, a diventare, già in Boezio e poi in tutta la logica classica, uno degli elementi caratterizzanti della teoria sillogistica in generale ^^

Ultimo in ordine di tempo è lo studio di A. Graeser, Oie logischen Fragmente des Theophrast, già ricordato, il quale comprende insieme all'edizione dei frammenti, anche un commento alle singole dottrine.

Esaminando

tra l'altro la questione relativa alla dottrina

del predicato da aggiungere, Teofrasto in proposizioni del tipo della

quantificazione

Tenia possiede

(a)

(b) Tenia

secondo

la scienza

non possiede

la

scienza

perché si abbia una reale opposizione tra le due alternative, Graeser si domanda se ciò non sia determinato in un certo senso dalla pratica aristotelica di considerare proprio Taver scienza' come predicato, oppure dal fatto che si vuole sottolineare la necessità di attribuire

espressioni

una quantificazione

parole che non figurano né

come predicato

di

una certa protasi

a quelle

come soggetto né

^^.

Rifacendosi poi all'interpretazione di Lukasiewicz ^, anche Graeser è del parere che i cinque nuovi modi teofrastei non formino propriamente una IV figura, ma che siano piuttosto modi indiretti della I figura aristotelica ^\ Egli si chiede

^^

La logique de Théophraste,

87

Op. Op. Op.

88 89

28

cit., cit.,

cit.

infra.

p. 89. p. 66.

*

Aristotle's Syllogistic,

9>

Op.

cit.,

cit.

pp. 86-87.

p. 84.

cit.,

pp. 38-42.

piuttosto se

il

fatto che Alessandro di Afrodisia



indimostrabili' ^\

non debba

definisca

li

pensare che l'evidenza di tali modi sia meno immediata di quella dei quattro modi aristotelici della I figura ^\ Quanto alla dottrina dei sillogismi ipotetici, che costituiscono il terreno d'incon'né

perfetti

far

tro tra la logica aristotelico-peripatetica e quella stoica ^, ci

sono, secondo Graeser, pochissime probabilità di ricostruirne fisionomia all'interno della logica teofrastea, sia a causa di

la

una mancanza

di informazioni

da parte delle fonti,

sa del fatto che già nei testi antichi

vengono

fatte

fusioni con argomentazioni megarico-stoiche ^^

sia a cau-

molte con-

È dunque

babile che Teofrasto se ne sia occupato, anche se

non

pro-

è poi

secondo Graeser ^, in che misura veramente possa esser fatta risalire a per questa via l'elaborazione prima dei cinque indimo-

altrimenti confermabile, egli l'abbia fatto, e se lui

strabili,

9.

me i

come credeva Franti

^\

Conclusioni.

Se ora un giudizio complessivo può esser tratto dall'esapanorama bibliografico, esso riguarda anzitutto

di questo

problemi

lasciati aperti dall'odierno stato degli

studi.

Che

Teofrasto abbia un ruolo rilevante nella storia della logica, è riconosciuto concordemente da tutti i critici e gli interpreti.

Divergenza è nata invece nella determinazione dell'esatta Da quest'ultimo punto di vista, sono ormai venute meno quasi del tutto le tesi di Franti, sostanzialmente accettate anche da Zeller e Maier, che attribuivano portata di quel ruolo.

Teofrasto posizioni di logica proposizionale (stoica). Dal Bochenski in poi, la storiografia ha via via ridimensionato questa interpretazione, nel senso soprattutto a

di ricollegare la logica teofrastea al

modello aristotelico e di

delimitare con sempre maggiore chiarezza

i

logica e quella degli Stoici, la quale riceve

92

In An. Pr. 69.29.

93

Op. Op. Op. Op.

^ 95 96 97

cit., cit.,

cit. cit.,

confini tra questa

dunque per que-

p. 80. cfr.

pp. 42, 44, 46.

p. 90. p. 92.

Gcschichte der Logik,

cit.,

I, p.

386.

29

sto verso già scarsa

nuova luce e nuovi arricchimenti ^^ Per il resto, la documentazione storiografica non offre, come si è

che spunti, più meno approfonditi, per l'interpretazione di singole questioni della logica di Teofrasto ^. E da visto,

questo punto di vista, la dottrina della modalità è quella che ha avuto più vasta eco presso gli studiosi. I risultati raggiunti sono spesso interessanti, ma comunque per questa via sempre limitati e parziali, rispetto alle indicazioni che solo un esame complessivo ed esauriente della posizione teofrastea può dare. Certo è che la logica di Teofrasto non è di facile interpretazione ed esposizione. E ciò sia perché non è stato conservato alcun frammento diretto, sia perché, e proprio di conseguenza, è spesso assai dubbio estrarre dalle fonti l'originale tesi teofrastea senza interferenze aristoteliche che. Molti sono allora

i

problemi

specifici posti

stoi-

da una

rico-

struzione di questa logica, soprattutto in relazione allo stato attuale del materiale a disposizione. alla ricostruzione di

un sistema,

Ma

è poi solo rispetto

e all'interno di esso, che

i

singoli spunti delle dottrine logiche di Teofrasto acquistano

un senso

e

un orientamento; diversamente,

le

sue

tesi,

al

modo frammentario in cui ci sono state conservate, finirebbero per restare sparse annotazioni, frammenti appunto, di dubbia collocazione e spiegazione. Ora, è proprio da questo punto di vista che meglio si può comprendere, a mio avviso, la

funzione mediatrice della logica teofrastea tra

il

precedente

aristotelico e la successiva elaborazione stoica. Cioè, è in de-

con critempo, rende

finitiva la ricostruzione del sistema che, interpretato

storico-evolutivo

terio

e

possibile la più adeguata

critico

nello

stesso

comprensione del retroterra

filoso-

fico che la logica di Teofrasto sempre presuppone e delle indicazioni che essa poteva dare alla posteriore speculazione

logica.

* La nuova interpretazione della logica stoica è cominciata con J. Lukasiewicz, Philosophische Bemerkungen zu mehrwertigen Systemen des Aussagenkalkuls, «Gamptes rendus de Séances de la Société des Sciences de Varsovie», Classe III, XXXIII (1930), pp. 52-77. stessa opera di Graeser si basa soprattutto sull'edizione matica del materiale documentario. et Lettres ^^

30

La

siste-

PARTE SECONDA

LE OPERE LOGICHE DI TEOFRASTO

.

PROBLEMI DELLA RICOSTRUZIONE DELLA LOGICA DI TEOFRASTO

L

catalogo delle opere logiche teofrastee.

II

L'elenco più antico e completo delle opere logiche di

Teofrasto è quello riportato da Diogene Laerzio

' ' '

attendibilità in linea generale,

gione di dubitare. toli

^:

(42)

'

D.L. V, 42-50.

2

Cfr. supra,

.

Il

come

si

è visto

testo diogeniano riporta

''' ''''''

',

della cui

~,

non

i

seguenti

c'è rati-

'*

^

^

' ''

^

^

10-11.

testo qui dato è quello dell'edizione di H.S.

Long, Oxford, 1964. anche Alex. Aphr. In An.Pr. 123.18, 156.29, 326.21, 328.2, 317.17, 390.2; Simpl. In De caelo 553.4; Suid. s.v. 5 Cosi anche Alex. Aphr. Quaest. I, 26; Galen. De Hip. et Fiat, plac. V, 213 (Kuhn); Suid, s.v. ^ Alex. Aphr. In An. Pr. 340.19-20, e Suid, s.v. riportano ^

11

4

Cosi

lo stesso

titolo.

340.14. 2

cit., I,

'

riporta invece Alessandro di Afrodisia, In An. Pr.

7

Lo

'

stesso

Diogene

(V, 50).

Questa

registra ancora

la lezione del

p. 52) corregge

Long

{loc. cit.).

''

(V, 45) e

.

Usenet {Analecta Theophrastea,

33

(43) ...

''' ''' (44)

.

.

' '''''''

'''

.

''

'

^

/

(45)

ò

' '' ' '' (46)

..._

^^

'

'*

'' ' (47)...

c

'

'

c.

^ Lo stesso titolo compare in Galeno (XIX, 42, XIX, 47 [Kuhn]) e Boezio {In De ini. 9.24, 12.3-6, 102.26). riporta invece Alessandro {In An.Pr. 11.14, 66.7, 273.18, 367.13, 378.19, 379.9; In Top. 290.28; In Het. 273.18). Altrove (V. 46), Diogene riferisce

' Cosi anche Alessandro di Afrodisia {In Top. 55.24; In Mei. 381.13, 408.18) e Simplicio {In Cai. 415.15). Cfr. nota 7. '» Cfr. nota 9.

34

.

(48)

.

.

(49)

.

.

.

'' ''

'"

'' '

'

''' '

(50)

'"^

" Fin qui

catalogo di Diogene Laerzio, nel quale

il

compaiono invece questi -

vid

^,

/ /,

— '^

— sia '^



,

non

altri titoli:

riportati

riportato da

riportato

da

da Filopono e Da-

Alessandro di Afrodi-

Alessandro

di

Afro-

Ora, l'unico criterio capace di orientarci nella distribuzione e nella sistemazione per ordine di questi titoli è ovvia-

mente

problematica aristotelica dQÌVOrganon, alla quale fanno riferimento. Tenuto quindi conto di questo, e insieme del fatto che in molti casi si tratta di titoli simili concernenti lo stesso argomento, si può tentare, ai fini della ricostruzione del catalogo delle opere logiche di Teofrasto, il seguente ordine di disposizione: la

tutti questi scritti

>2 '^ '4 15 'i>

Cfr. anche Ateneo IV, 130d. Cfr. nota 7.

Philop. In Cai. 7.20; David, In Porph. Isag. 102.4. In Top. 340.14.

Loc.

cit.,

154.16.

35

.

-

/^ Isagog.

Philop. In Cat. 1 20\ David, In Porph.

102 A

Philop. In Cat. 7.20

IL

ol

— D.L. V, 44;

Gal. XIX, 42, XIX, 47 (Kuhn); Boeth. In de 9.24, 12.3-6, 17.24, 102.26

-

'

int.

Alex. Aphr. In An. Pr. 11.14,

66.7, 273.18, 367.13, 378.19, 379.9; In Top. 290.

28; In Met. 273.18

III.

- D.L. V, 46

'''

- D.L. V, 42; Alex. Aphr. In An. Pr. 123.18, 156.29, 317.17, 326.21, 328.2, 390.2; Simpl. In de caelo 533A; Suid. s.v. — D.L. V, 50

IV.

— D.L. V, 42; Aphr. In An. Pr. 340.19-20; Suid. s.v.

Alex.

' — D.L. V, 45 ' — D.L. V, 47

' '

- D.L. V, 47

V.

VI.

VII.

ed

- D.L. V, 42;

Vili.

' '''''' -

^

.

V.213 (Kuhn); 01

''

' —

/ —

D.L. V, 45

D.L. V, 49

42;

et Plat.

D.L. V, 49

>

' -

V,

Suid. s.v.

- D.L. V, 45

. 36

D.L.

Oe Hipp.

- D.L. V, 45

IX.

s.v.

- D.L. V, 49

Alex. Aphr. Otiaest. 1.26; Galen.

plac.

Suid.

XII.

''

- D.L. V, 45; Alex. Aphr. In Top. 55. 24, In Met. 381.13, 408.18; Simpl. In Cat. 415.15

Tà XIII.

XIV.

/

cf!

D.L. V, 49

-

' -

D.L.

V, 42;

Suid,

S.V.

Alex. Aphr. In An. Pr. 340.14

'''''''/^''''','','

D.L. V, 43

XV.

'

D.L. V, 49

-

'

- D.L. V, 43

' -

D.L. V, 46

' —

XVI.

-

XVII.

Alex. Aphr. In Top. 154.16

-

XVIII.

D.L. V, 46

Alex. Aphr. In Top. 378, 27

XIX.

- D.L. V, 42

'''

XX.

''

XXI.

''

XXIII.

Le

— D.L. V, 45

'''

XXII.

2.

- D.L. V, 43

— D.L. V, 49

- D.L. V.44; Athen. IV, 130d

fonti per la ricostruzione della logica di Teofrasto.

La questione

delle fonti complica

indubbiamente

la

ri-

costruzione del sistema logico di Teofrasto. Ciò nella misura in cui tutte le testimonianze di cui cabili tra

il

II e

il

V

disponiamo sono

secolo dell'era cristiana, in

collo-

un periodo

cioè nel quale la logica stoica era ormai largamente diffusa e affermata. In fluenzati,

un

certo senso, tutti gli autori ne sono in-

soprattutto

rispetto

alla

terminologia

adoperata;

e questo, insieme al fatto che continuano ad operare in essi

interferenze aristoteliche, rende ogni nostra fonte relativa-

37

mente sospetta di riportare le tesi teofrastee ponendosi da un punto di vista che è di volta in volta aristotelico stoico. In questa prospettiva, è quindi necessario assumere nei confronti delle fonti un atteggiamento critico e adoperare sempre una certa cautela interpretativa, tenendo presenti, là

documentazione

della

dove

lo stato

lo consente, testi ausiliari di

confronto e di riprova. D'altro lato, l'attendibilità di una fonte in sede logica, viene misurata non tanto sulla base, per esempio, della maggiore minore antichità relativa, quanto piuttosto in virtù della sua capacità di evitare grossi errori teorici

fusioni

,

superficialità, in

una parola,

petenza in materia. Cosi Apuleio, vissuto nel II

sec.

con-

in virtù della sua

d.C, autore

com-

tra l'altro di

come l'omonimo aristotelico, che fonte cronologicamente più antica, non può essere con-

uno

scritto

è la

siderato testimonianza altrettanto sicura; anzi, le scarne

men-

zioni che egli fa della logica di Teofrasto dimostrano proprio

sua dubbia attendibilità.

la

Alessandro di Afrodisia, invece, vissuto nel III il

sec.

più famoso dei commentatori greci di Aristotele, è

giore tra le nostre fonti di informazione e insieme sospetta, perché, oltre a dare prova di

la la

una conoscenza

d.C, mag-

meno diretta

dei testi aristotelici e teofrastei, egli dimostra molta competenza in materia. Anche la sua testimonianza però deve essere assunta criticamente, in quanto egli tende alcune volte a interpretare tesi propriamente teofrastee in

e specifica

chiave stoica.

Un

solo accenno alla logica di Teofrasto troviamo ancora

in Sesto Empirico, vissuto tra

può

essere considerato

il

II e

una fonte

il

III sec. d.C. Sesto

sicura,

perché contro

la

una polemica antidogmatica puntuale e consapevole, confutando l'esistenza di un criterio del vero '^ negando la validità del'apodissi in quanto processo all'infinito '^ e sostenendo da

logica dei suoi predecessori stoici e aristotelici egli svolse

la circolarità viziosa del procedere sillogistico, in cui premessa maggiore, che serve a provare la conclusione, è sua volta convalidata da una induzione che contiene in sé

ultimo la

a la

conclusione stessa 18 19

19

38

Loc. Loc. Ibid.

cit.

II, 85.

cit.

II,

II,

234

234 ss.

'^.

ss.

Anche Galeno, che sembra essersi occupato di logica con molta competenza, può essere accolto come testimonianza non sospetta. Egli ebbe tra l'altro probabilmente conoscenza diretta delle opere logiche di Teofrasto, se è vero, come egli stesso afferma, che scrisse un commento allo scritto teofra-

.

Steo

Quanto può

a

Diogene Laerzio, anch'egli

in

un

certo senso

essere annoverato tra le fonti per la ricostruzione della

logica teofrastea, e fonte relativamente sicura tra l'altro, in

quanto fornisce un catalogo delle opere logiche di Teofrasto, che, come si è detto ^^ è assai attendibile perché basato su quello redatto da Ermippo, bibliotecario alessandrino. Del IV sec. d.C. è solo la testimonianza di Temistio, il commentatore di Aristotele, la cui unica citazione della logica teofrastea va tuttavia considerata come attendibile ed autorevole.

Con

Boezio, vissuto tra

zio le testimonianze del

V

il

480

e

il

324 d.C, hanno inicome pare, ebbe

secolo. Anch'egli,

conoscenza diretta delle opere teofrastee, e le argomentazioni che riporta possono essere accettate come quasi sempre corrette ed accurate.

Pure del V secolo è Ammonio, commentatore di Aristocontemporaneo di Boezio. A differenza di quest'ultimo però, egli sembra essere una fonte sospetta, perché le menzioni che fa delle tesi logiche di Teofrasto sono spesso superficiali e tali da far dubitare comunque che abbia avuto tele e

mano

sotto

i

testi originali.

Discepolo di

Ammonio

fu Simplicio,

un

altro dei

com-

mentatori di Aristotele del V sec. d.C. Le uniche due citazioni che egli riporta della logica teofrastea documentano una

competenza in materia, e quindi la sua può essere nuta una testimonianza relativamente sicura.

certa

Molto più controversa no, anch'egli discepolo di si alla

lettera

tavia,

non

i

rite-

è invece l'attendibilità di Filopo-

Ammonio. Filopono riprende qua-

commentarii di Alessandro di Afrodisia; tutad evitare errori più meno notevoli di

riesce

interpretazione.

20

Cfr. Supra, p. 11.

39

Altre fonti sono: Proclo, commentatore neoplatonico, vissuto tra

(a)

il

(b)

numerosi testi ne cronologica

412

e

di autore

anonimo,

di

dubbia collocazio-

^^;

un frammento papiraceo, probabilmente

(e)

il

485 d.C;

d.C, che con tesi

del

;

III

sec.

tutta verosimiglianza riporta alcune delle

sostenute da Teofrasto nell'opera

610

(d)

Stefano di Alessandria, vissuto tra

e

il

(e)

Eustrazio, metropolita di Nicea, vissuto tra

il

1120, noto tra

il

641 d.C;

1050

e

il

per aver scritto dei commentarli aìVEtica Nicomachea e agli Analitici Secondi di Aristol'altro

tele.

La maggior parte delle fonti è, come si vede, di epoca dunque tanto maggiore approccio critico quan-

tarda; occorre

to più lontana è dall'età di Teofrasto la fonte considerata.

Nella raccolta sistematica dei frammenti logici teofrastei, perdi

un ruolo importante una fonte per l'assunzione il

E

l'assunzione

ciò, svolge

più

il

rifiuto

motivo della competenza rifiuto di una testimonianza. saranno tanto più sicuri quanto il

nell'economia generale del

la dottrina riferita si inserisce

sistema

3.

se

ne distacca.

Altre questioni.

Ulteriore difficoltà per la ricostruzione della logica teo-

) .

mentre per molte delle dotmaggioranza dei casi) viene fatto esplicitamente il nome di Teofrasto, vi sono d'altra parte alcune testimonianze in cui viene adoperata una fraseologia diversa, variamente conformata. Ricorrono per esempio espressioni in frastea è costituita dal fatto che, trine riferite (ed è la

cui di

si

()

parla di

espressioni, la

(se.

contrapposti

prima è forse

la

a

ancora Ora, di queste

più facilmente comprensibile,

2' Cfr. C. A. Brandis, Scholia in Aristotele^, in: Aristotelis Opera, V. Berolini, 1870; Th. Waitz, Aristotelis Organon Graece, cit.; PhiloPHONUS, In Aristotelis Analytica Priora commentaria cum Anonymo in libro II, Berolini, 1909 = C.A.G. XIII. 3.

voi.

40

quanto è chiarita da un passo di Alessandro di Afrodisia, sono immediatamente ed esplicitamente in cui gli identificati con Teofrasto ed Eudemo ^-. La seconda pone invece qualche problema a causa della sua genericità. Da un sono gli Stoici, e i lato infatti è provato che i allora non possono che essere coloro i quali si occuparono di logica in un periodo precedente ai primi e con teoriche di un certo rilievo, cioè appunto i Peripatetici più antichi, e quindi in pratica Teofrasto ed Eudemo. Dall'altro lato però, un'identificazione di questo tipo lascia sempre ovviamente un margine di dubbio per la mancanza di ulteriori conferme e specificazioni esplicative. Vi sono poi anin

-

che altre più sporadiche espressioni, quali

'nonnulli Peripatetici', Theophrastus et ceteri'.

',

in questi,

come anche

nei casi precedenti, è solo

della dottrina riportata, e

modo

il

in cui questa

il

può

essere

collocata all'interno del sistema, a far decidere ancora

volta se e

come

essa

può entrare

Ma

contesto

una

nella considerazione della

logica teofrastea.

Ma

questione che sembra realmente complicare il criterio interpretativo di questa logica sorge in relazione al fatto che nelle fonti un gran numero di tesi è attribuito contemporaneamente a Teofrasto ed Eudemo, i cui nomi sono anzi spesso usati al modo di un'endiadi. Ora, in proposito, per un la

verso ha ragione Zeller di ritenere che esiste una certa priorità del primo rispetto al secondo, visto che il nome di Teofrasto ricorre da solo a proposito di dottrine originali e

vanti ^; per

con

no

il

un

altro verso poi,

può

rile-

essere verosimile supporre

Bochenski che le dottrine logiche di Aristotele non siacomprese nel 'corpus' attuale delVOrganon e che mol-

tutte

te di esse, discusse per altro all'interno della scuola,

non siano

ed Eudespiegherebbe allora proprio in relazione alle dottrine logiche dell'Aristotele ultima maniera, ampliate e integrate in sistema dall'uno e dall'altro dei due state poi redatte per iscritto: l'accordo di Teofrasto

mo

testimoniato dalle fonti,

22 23

si

In An. Pr. 124.8. E. Zeller-R. Mondolfo, La

,

filosofia dei Greci, cit., p. 445 e nodelle prc^proposito del concetto di posizioni cosiddette 'per prolessi', dei 5 nuovi modi assertori, dei sillogismi per ipotesi.

ta 6. Cosi, in effetti a

41

come suppone Moreau

discepoli ^^ Anzi,

^^ proprio in quansviluppano gli insegnamenti dell'ultimo Aristotele, non è da escludere che ci sia stata negli

to

Teofrasto che

sia

antichi tro dei

Eudemo

una certa insicurezza nell'attribuzione all'uno all'aldue delle innovazioni apportate al sistema aristotelico.

Rimane però ancora valido

l'interrogativo che a questo propo-

poneva il Wehrli, se cioè la compresenza dei due nomi nelle fonti nasconda una reale collaborazione di lavoro tra Teofrasto ed Eudemo, oppure se si tratti di incertezza da parsito

si

te delle fonti stesse sull'attribuzione specifica all'uno

tro dei

due

di dottrine che

Comunque sia di ciò, la questione Allo stato attuale della documentazione, posizione delle antiche testimonianze, che sem-

con

lo stesso criterio ^^

non

è risolvibile.

in effetti, la

all'al-

entrambi trattavano evidentemente

brano non distinguere l'apporto specifico di Teofrasto ed Eudemo alle varie dottrine, deve essere assunta come tale. Del resto, essa non implica mai ambiguità confusione tra i due discepoli, ma una sostanziale identità di riflessioni che già gli antichi sottolineano e rispettano.

Delineazione del metodo.

4.

() Com'è

la logica è chiamata propriamente 'analitica' da Aristotele perché si tratta di un tipo di conoscomposizione del ragionascenza connessa con l'analisi

)

noto,

()

mento

in

forme

sillogistiche,

del

sillogismo

(-

in proposizioni e di queste a loro volta in termini.

Da

questo punto di vista, l'ordinamento degli scritti che compongono il corpus dell'attuale Organon, non è casuale, ma rispecchia una precisa metodica di trattazione. Cosi, le Categorie trattano delle

forme generali del pensiero, mettendo

in evi-

denza che la semplice enunciazione di un'entità linguistica, la

meno

complessa, non costituisce di per sé giudizio, e quindi non è passibile di verità falsità. Perché si dia opposizione di vero e falso, è necessario che l'enunciazione semplice diventi

-^ 25

J.M. BocHENSXi, la logique de Théophraste, cit., p. 125. Moreau, Aristote et son école, cit., p. 261. F. Wehrli, Die Schule des Aristoteles, Heft Vili: Eudemos von

J. 26

Rodos,

42

cit.,

p. 79.

proposizione, ovvero connessione di termini altrimenti

non

si-

che è appunto il tema del De interpretatione. La necessità del passaggio agli Analitici è poi determinata da ciò: se il vero e il falso esistono in funzione delle forme primarie del giudizio (affermazione e negazione); se proprio in queste

gnificativi:

forme consiste

il

discorso, e se è infine l'opposizione di con-

traddizione a scindere

il

()

vero dal falso, sarà allora utile

pere, ai fini della costruzione del

metodo

casi le operazioni sulle proposizioni

colo logico

^^

sa-

apodittico, in quali

diano luogo ad un

cal-

legittimo. Inoltre, all'interno della

da considerare che occorre anzitutto esaminare e descrivere le modalità della forma-tipo di ragionamento, il sillogismo appunto [Analitici Primi), e solo dopo determinare il ragionamento scientifico per ciò che lo si distingue da quello dialettico [Analitici Secondi). In questo senso, la dottrina della dimostrazione e della scienza che la stessa analitica, c'è

possiede, trattata appunto negli Analitici Secondi, rappresen-

tano veramente

il

culmine dell'intera analitica aristotelica

^^

Ulteriori discussioni su schemi di argomentazione interamente di probabilità, sono poi svolte da Aristotele nei Topici e negli Elenchi Sofistici. Questo sviluppo discorsivo all'interno àuVOrganon non corrisponde naturalmente al disegno originario di Aristotele ^^ ma obbedisce al criterio sistematico con cui Andronico di Rodi pubblicò le opere aristoteliche intorno alla prima metà del I

fondati su criteri dialettici

sec. a.C.

Ora, noi sappiamo, come risulta dal catalogo di Diogene Laerzio di sopra riportato ^, che Teofrasto compose molte opere logiche. Ma della maggior parte di esse, si sono conservati solo i titoli, e i frammenti superstiti delle rimanenti possono essere ricondotti a quattro scritti principali:

Ub

Vopposizione {Cat. 6, 6a 17; 10, 33 ss, su 4 e V, 10; Cat. 10, 12a 1; 13a 1 e ss., su cui cfr. Met. V, 22; Cat. 7, su cui cfr. Met. V, 15), e la conversione {An. Pr. II, 8-10). -'

Tali operazioni sono:

cui cfr. Met.

I,

An. Post., I, in particolare 1-6. pensa per esempio che gli Elenchi Sofistici e Topici siano stati composti molto prima degli Analitici, e specialmente degli Analitici Primi, che con la loro teorica del sillogismo analitico-formale, rappresentano la piena maturità della speculazione logica di Aristotele. Cfr. F. Solmsen, Die Entuncklung der aristotelischen Logik und Rhetorik, cit., infra. -^0 D.L. V, 42-50: cfr. stipra, pp. 33-35. 28

Cfr.

-^

Si

i

43

'

(a)

{De affirmatione

et ne-

gatione)^^;

(h) (e)

(Analytica Priora)

^^;

(Analytica Posteriora)

^^;

(Topica) ^\

(d)

A

mio

avviso,

un

criterio capace di orientarci nella distri-

buzione di questi titoli, e quindi nella ricostruzione del sistema logico teofrasteo, è certamente quello dell'analogia (anzi, in alcuni casi, l'omonimia) di essi con i corrispondenti che compongono VOrganon aristotelico. Per questo aspetto, i titoli (b), (e) e (d) non creano particolari problemi, visto che hanno precisa corrispondenza con titoli aristotelici. Qualche difficoltà sembrerebbe nascere a proposito dello scritto

Ma

di cui al titolo (a).

tale difficoltà

può

essere facilmente

rimossa se si pensa che affirmatio e negatio sono le forme primarie del giudizio, i modi di base in cui si esprime la proposizione.

E

ciò

rimanda

allora

matica dibattuta da Aristotele nel clusione, a

me

pare,

come

immediatamente

De

alla

te-

interpretatione. In con-

del resto anche

il

commento

dei

possa tentare una ricostruzione della logica di Teofrasto sulla base di un criterio analogico rispetto alla problematica aristotelica, partendo cioè dal Oe affirmatione et negatione per arrivare agli Analitici (Primi e Setesti

dimostrerà, che

condi) e infine

44

ai

si

Topici.

^1

Cfr. titolo II del nostro catalogo:

32

Cfr. titolo III:

33

Cfr. titolo VII:

ibid.

34

Cfr. titolo XII:

supra, p. 37.

ihid.

mpra,

p.

36.

.

DELL'AFFERMAZIONE E DELLA NEGAZIONE

1.

L'opera

'

con cui quecompare nel catalogo laerziano \ ricorre in altre fonti, come Galeno ^ e Boezio \ Alessandro di Afrodisia inmentre sempre nel catalogo vece riporta a'. È molto probabile di Diogene ^ si ritrova Il titolo

sto scritto

'*,

che questi diversi

Usener sosteneva

doveva essere la

distinzione

^,

titoli il

.

indichino un'unica opera:

titolo originale e

in realtà

E

quella

,,

donde potrebbe essere

rela-

compren-

tiva all'affermazione e alla

to

già

in effetti, poiché

primaria dei giudizi è proprio

negazione \ de appunto come unico genere, tanto

come

completo del trattato

quan-

la

stato derivato

il

titolo

quale ricorre più frequentemente citata l'operetta teofrastea. In tal modo, però, non viene ulteriormente chiarito

con

il

forme no forme abbreviate dello

se le

sezioni di esso.

famosa già

Comunque

nell'antichità.

me-

siano

e

stesso

scritto

sia di ciò,

si

*

ovvero

titoli

di

tratta di un'opera

Boezio, per esempio, vi fa

riferi-

D.L. V, 44. XIX, 42 e XIX, 47 (Kuhn). 3 In De int., 9.24, 12.3-16, 17.24, 102.26. ^ In An.Pr., 11.14, 66.7, 273.18, 367.13, 378.19, 379.9; In Top., 290. 28; In Mei., 273.18. 5 D.L., V, 46. 6 H. Usener, Analecta theophrastea, cit., p. 62. ^ Cfr. Aristot., De int., 5, 17a 8 ss. 8 Cosi BocHENSKi, [La logique de Théophrasie, cit., p. 27) e Graeser, {Die logischen Fragmente, cit., p. 50). 1

2

45

mento più

volte nelle sue edizioni del

commento

Aristotele, per

il

anche se è poi

difficile

gli

cui

De

interpretatione di

è probabile che l'abbia usata,

dire se egli abbia avuto

occhi l'edizione originale del

trattato ^

È

meno

sotto

del resto lo

'^

ad affermare che Porfirio, vissuto tra il 232 301 d.C, scrisse un commentario a questa composizione teofrastea, mentre sappiamo che anche Galeno, come testimonia egli stesso ", ne pubblicò uno di ben 6 libri. I testi a disposizione indicano che questo scritto teofrasteo si muove, come vedremo, all'interno della problematica aristotelica del De interpretatione-, ciò tuttavia con tali peculiarità che già gli antichi ne intuirono le novità implicite rispetto a quella stessa problematica che pur ne costituisce lo sfondo: stesso Boezio

e

il

come

Teofrasto,

suole fare altrove,

quando

tratta delle stesse cose

che appunto sono state precedentemente trattate da Aristotele, anche nell'opera Dell'affermazione e della negazione si serve di alcuni degli stessi termini di cui si è servito Aristotele in questo scritto [se. De interpretatione). Lo stesso Teofrasto, del resto, fornisce prova del fatto che è questa un'opera di Aristotele: di tutto ciò infatti di cui egli si occupa dopo il maestro, tocca superficialmente quegli argomenti che sa essere stati trattati precedentemente da Aristotele, mentre sviluppa più accuratamente altre questioni non esposte da Aristotele. Anche qui fa lo stesso. E infatti ciò che Aristotele espone in questo scritto Dell'espressione, è esaminato da lui in maniera superficiale; ma ciò di cui il suo maestro non fa cenno, egli cura con più attento modo di considerazione '^.

In realtà, tutte le nostre fonti concordano nel presentare opera logica di Teofrasto da un lato come un ribadire il sistema aristotelico attraverso un minuzioso esame di tutte le sue parti, e dall'altro come integrazione e correzione della stessa dottrina aristotelica là dove essa si presenta più de-

l'intera

non adeguatamente

poco chiara

bole

sviluppata.

deltà interpretativa, questa di Teofrasto, che però farci

perdere di vista

i

contributi originali da lui forniti

l'evoluzione della logica, tivi di

^

10 11

12

46

raggiunti spesso

fe-

al-

attraverso tenta-

revisione critica di alcuni punti salienti dello stesso

sistema aristotelico.

Cfr.

Thomas,

Una

non deve

J.

Non

sfugge a queste considerazioni ge-

Isaac, Le Peri Hermeneias e 1953, pp. 28-29. int., 17.24-27 = fr. 5.

Paris,

In De XIX, 42 (Kuhn) = In De tnt., 12.3-16

fr.

6.

=

fr.

3.

Occident de Boèce à Saint-

nerali, come subito vedremo, neppure questa operetta Dell'affermazione e della negazione.

2. I testi.

(

1

)

L'argomento dello

discorso significativo, cioè

è intanto

scritto la

sicuramente

il

proposizione:

E Teofrasto invero in quell'opera che egli scrisse sull'affermazione e sulla negazione, trattava del discorso espressivo '^. La collocazione del contesto è quindi

già

immediatamente

perché si dia una possifalsità, è necessario che gli elementi sembilità di verità plici e slegati dell'atto apprensivo, i termini cioè ^^, si combinino in una proposizione '\ E viceversa, è proprio l'opposizione di contraddizione che, col suo criterio del vero e del falso, garantisce non solo il semplice legame dei termini, ma anche la loro connessione significante, la quale risiede appunto in un giudizio, attribuzione di un predicato ad un soggetto, sussunzione proposizione. E solo quei giudizi per i quali sussiste tale opposizione sono per Aristotele apofantici '^ È poi proprio rispetto a questo tipo di proposizioni che si pone la prima distinzione qualitativa del giudizio, quella cioè onde esso è affermativo negativo '^, intendendosi per affermazione l'attribuzione di qualcosa a qualcos'altro, e per negazione invece la separazione di qualcosa da qualco-

Per Aristotele

aristotelica.

infatti,

s'altro '\

) (),

De ini., 9.24-26 = fr. 4. De int. Aristotele mostra

'^

BoETH. In

**

Qui

e Aristotele

il

nel

) ()

(

verbo

che

:

(

di conoscere solo il nome capp. 2 e 3. In Poet. 20, 1465b 20-21, lettera discorso queste sono le parti:

cfr.

()(),

ogni nome congiunzione verbo ». articolo caso e proposizione Ma l'autenticità del passo sembra essere dubbia. Come nota D. W. LucAS, {Aristotle, Poetics, Oxford, 1968, p. 199), gli elementi indicati non sono omogenei, in quanto nell'ordine di successione progressiva dal semplice al complesso, l'api^pov è chiaramente fuori posto. scrive

sillaba

(),

'5

la

Cfr.

De

ini.

«di

()),

«In

l,16a 11:

effetti,

il

vero e

il

(), ()

falso consistono nel-

congiunzione e nella separazione». '^

De

'^

Loc.

cit.,

5,17a 7

'8

Loc.

cit.,

6,17a 25-26.

int.

4,17a 1-5 e

ss.

ss. •

47

È quanto verosimilmente anche Teofrasto sosteneva, do ancora a Boezio ^^: Invero Porfirio afferma di aver mostrato che ciato sono affermazione e negazione in questi

stan-

specie dell'enun-

le

commentari su Teofra-

sto che egli pubblicò.

In quanto quindi possibilità di attribuire un predicato ad un soggetto, viceversa di separarli nella posizione stessa del giudizio,

siste

il

criterio

il

discorso apofantico è enunciazione

un rapporto, per

cativa di

signifi-

quale, e in virtù del quale, sus-

il

dell'opposizione di contraddi-

verità-falsità

zione. Proprio quindi da questa constatazione di base del-

l'immediata evidenza del giudizio come affermazione e negazione, potrebbe essere stato derivato

il titolo con cui ricorre generalmente indicato questo trattato teofrasteo.

Sappiamo del resto che l'argomentazione

(2)

sto derivava

da queste considerazioni

di Teofraimportanti con-

altre

seguenze. Essendo dunque duplice la relazione condo la distinzione del filosofo Teofrasto, da un (

per

ascoltatori,

spetto alle cose

convincere

i

( -), quali

di cui chi parla

se-

rispetto agli

lato

qualche cosa, e dall'altro invece

significa

gli ascoltatori

della parola,

)

si

ri-

propone di

- soltanto nell'ambito della relazione rispetto

ascoltatori valgono la poetica e la retorica

agli

(...). Della relazione prenderà cura in modo spefalso e dimostrando il vero, ciascuna

della parola rispetto alle cose invece ciale

il

filosofo,

confutando

il

delle quali cose esige che sia inferita toria per

La

mezzo

si

una

contraddit-

certa

evidenti.^

di

notizia è per altro confermata anche da

autore anonimo

un

testo di

~^:

In effetti, dice Teofrasto, avendo la parola come uniche relazioni, da un lato quella rispetto agli ascoltatori e dall'altro quella rispetto alle cose, della prima si occupano poeti e retori, della seconda invece i

filosofi.

I due brani concordano intanto su un fatto: cioè sul conoscimento da parte di Teofrasto di un duplice ambito

48

De

^

19

In

20

Amm.

21

Schol Brandis 94a 16-19

int.

In

17.24-27

De

int.

fr.

5

65.31-66.10 (ad 17a 6)

=

fr.

7b.

=

fr.

7a.

ri-

se-

onde esso è per un verso

^^

mantico del

significativo

presso chi ascolta del messaggio di chi parla, e per

un

altro

poi anche significante se riferito al contenuto del messaggio stesso. È rispetto al primo di questi ambiti semantici che vali canoni della poetica e della retorica, mentre è solo nel secondo momento che può e deve intervenire l'opera propria del filosofo. Questa dottrina, e quindi anche la testimonianza di Ammonio di sopra riferita, è stata inserita da alcuni interpreti in un'opera teofrastea sulla retorica intitolata -\ E in effetti, anche Aristotele parla proprio nella

gono

Retorica,

modo

stesso

allo

in

cui

(

)

Ammonio

sostiene aver

fatto Teofrasto, della necessità di adeguare le modalità del-

l'esposizione

all'ascoltatore

immaginazione

^\

e

sua

alla

da un lato nulla vieta di pensare che Teouna simile problematica anche nella sua opera retorica ^\ dall'altro è tuttavia chiaro il legame che unisce questa argomentazione alla logica. È infatti il discorso significativo, ossia quello propriamente apofantico, a costituire l'oggetto di una ricerca logica, come già Aristotele aveva rilevato ^, tutti gli altri tipi di discorso non soggiacendo necessariamente al criterio vero-falso, e non interessando quindi da questo punto di vista l'attività dello scienziato, ma in

Ora però,

se

frasto abbia esaminato

senso specifico quella del retore e della sua capacità di scearmoniosamente nel con-

gliere le parole adatte e di legarle

testo secondo misura le sostenere,

perata da

come

,

Ammonio

fantico del

,

ed opportunità. Seppure quindi si vuoil Bochenski ^\ che l'espressione adoper indicare l'ambito propriamente apo-

fa

e

cioè la

sia

commentatore e non direttamente 'è però dubbio che la dottrina proposta teofrastea, non rientra nell'ambito di una delimitazione del discorso signifiin

realtà

dello

stesso

cativo per ciò che lo

si

distingue da quello non-significativo,

^ Che è altrettanto correttamente 'parola' 'discorso'. ^ Cfr. M. ScHMiDT, Commentatto de Theophrasio rhetore, 1839, p. 52; A. 14-15;

J.

Mayer, Theophrasti

Oe

Stroux,

24

Cfr. Rhet.

25

Cfr.

A.

Cfr.

De

Ili,

Halle,

Leipzig, 1910, pp. Theophrasii virtute dicendi, Leipzig, 1912, p. 2. 1,

1404a

libri,

11.

Graeser, Die logischen Fragmente des Theophrast,

cit.,

p. 60. 26 27

I.

int.

4,

17a 4-7. logique de Théophraste,

M. Bochenski, La

cit.,

p.

39.

49

di cui tipico esempio è la preghiera, che è un discorso, ma che di per sé non è né vera né falsa ^^ Ora, poiché, come abbiamo visto, Teofrasto si occupa nel De affirmatione et negatione proprio del discorso significativo, è lecito concludere che anch'egli si proponeva di separare, ai fini della costruzione di un metodo rigorosamente apodittico, l'argomentazione retorica da quella propriamente scientifica. Apprendiamo anzi dall'ultima parte della testimonianza di Ammonio che molto probabilmente lo stesso Teofrasto applicava nella sua trattazione quel principio per cui tanto la confutazione del falso quanto la dimostrazione del vero richiedono a loro volta la decontraddittoria attraverso duzione di una certa

ognuno

dei

immediatamente evidenti. Cioè: l'assunzione di contraddittoria, confutadue corni

delóvL

toria rispetto al falso e dimostrativa rispetto al vero, esige la

immediate ed evidenti. Per

posizione di

,

, ^ ,

altro,

questa dottrina teofrastea, cosi come è qui esposta, riporta

direttamente nell'ambito di quel legame di continuità che posero tra l'ascoltatore, cui tende il messaggio lin-

gli Stoici

significhe come unione di significati, si concreta nella parola ^^ e i Abbiamo cioè le cose reali in senso lato, i dati quindi per un verso la posizione di Aristotele, il quale pone la parola come medio tra le affezioni dell'anima e il linguag-

guistico,

il

canti, e

un

gio scritto ^\ e per

biamo ed il sembra

~^'.

altro quella degli Stoici che,

detto, rapportano, con

il

come

tramite della parola,

le

ab-

cose

all'ascoltatore ^^

L'opinione di Teofrasto ora, pone in sostanza un rapporto cosa-parola-ascoltatore, che amplia per questa via la prospettiva aristotelica, ma che non conosce ancora, almeno per quel in proposito questa: egli

che possiamo ricostruire,

^

le

complesse implicazioni del con-

Oe int. 4, 17a 3. Cosi in Zenone (SVF 11.166) e Crisippo (SVF 11.122). Il termine sta ad indicare un 'qualcosa' che chi parla intende significare adoperando un certo segno; esso è immediato quanto al suo grado di adeguazione all'oggetto significato, ma mediato in relazione alla parola, che fornisce la materia adatta al processo di significazione. 30 Pohlenz, Die Stoa. Geschichte einer cfr. geistigen Bewegung, Gòttingen, 1959, trad. it., La Stoa. Storia di un movimento spirituale, Firenze, 1967, I, p. 62, nota 7. Cfr. Aristot.,

29

:

50

.

31

Cfr.

De

32

Cfr.

Sext.Emp. Adv. Math. Vili. 11

int

1,

16a 3

ss.

= SVF

11.166 citato.

cetto stoico di

^\

Comunque

sia,

questa dottrina teo-

una precisa articolazione

frastea rappresenta chiaramente

se-

mantica, per un verso innovatrice rispetto alle indicazioni aristoteliche e per un altro anticipatrice di quella che sarà la

concezione degli

stoici.

(3) Alla caratterizzazione apofantica è riconducibile del resto anche la protasi, secondo Teofrasto: Invero,

definizione

( () sarebbe

protasi

della

anche quella che Ari-

stotele ha dato intorno al giudizio

nel Da' ìnterpretatione.

quale «appartiene l'essere vero e l'essere falso». Non solo, ma la definisce anche in senso proprio; in effetti, protasi e giudizio, anche se sono la medesima cosa rispetto all'oggetto, differiscono poi in relazione alla definizione. In quanto,

Essa è infatti un discorso

allora,

il

)

vero

discorso è

al

falso, è giudizio;

ma

quanto si dice Ovvero: il di-

in

in senso negativo, è protasi.

in senso affermativo

scorso apofantico trova la propria completa ragione nell'essere vero falso; la protasi, invece, nel come sono disposte queste cose. Perciò, le proposizioni che riportano le stesse cose ma non in modo simile, questi sono discorsi; protasi invece sono quelle proposizioni che non

sono le stesse (...) 11.3 - Poiché dunque non un genere è la protasi neppure una qualche natura diversa da ciò di cui si predica, e in cui è per essa la ragione d'essere, come appunto è rispetto ai generi, per questo allora essa consta chiaramente dell'affermazione e della nee

()

gazione di cui sensi

Non

si

predica

(...)

11.13

-

Che

la

protasi

si

dica in molti

sembra pensare anche Teofrasto nel eli' affermazione. definisce pertanto se non come affermazione e negazione ^^.

la

Oltre frasto,

al

giudizio, quindi, anche la protasi ha, per Teo-

una sua struttura

significativa,

anche se poi

di significazione consiste, a differenza che per

il

tale forza

giudizio,

non

più nell'opposizione vero-falso, quanto piuttosto in quella affermazione-negazione, cioè nella determinazione qualitativa della protasi stessa.

La protasi

si

riconnette cosi all'antifasi

fondamentale del discorso apofantico, tenuto però conto che, avendo essa come primitivo significato quello di 'domanda dialettica' ^^ può essere solo affermata negata ^ e che, come

premessa del sillogismo, essa prescinde poi dal vero e dal falso per esprimere solo l'appartenenza la non-appartenenza ^^ La tesi è quindi, nella sostanza, aristotelica, perché

^3

^^ 35

Cfr. I. M. BocHENSKi, La logique de Théophraste, Alex.Aphr. In An.Pr. 10.13-11.16 (ad 24a 16) = Cfr. Aristot., Top. I, 10, 104a 8-11.

^

Cfr. ancora Aristot.,

37

Cfr. Aristot.,

De

An. Post.

int., I,

12,

cit., fr.

p.

40.

8.

11, 20b. 22-24.

77a 37.

51

.

appunto Aristotele aveva

già sostenuto che «la protasi è un negativo di qualcosa rispetto a qualcosa» ^^ Ciò che nel commento sopra riferito Alessandro vuole mettere in evidenza è ora il fatto che in pratica Ari-

discorso affermativo

stotele aveva già dato

una specie

di definizione del concetto

di protasi, oltre che nel passo degli Analitici, analizzato nelsi è fatto cenno, anche nel Oe interpreintendendo qui per protasi quel a cui appartiene l'esser vero Tesser falso, che è poi proprio il di-

la

testimonianza cui

tatione

^^^

scorso definitorio del giudizio.

Ma

protasi e giudizio diffe-

che, mentre quest'ultimo è significativo in quanto sussiste per esso il criterio vero-falso, la protasi esprime invece la reale opposizione logica, che è quella appunto di affermazione e negazione ^

riscono

d'altro

canto

per

il

fatto

Da

questo punto di vista, allora, come osserva giustamente una qualche altra anche Alessandro, essa non è un genere entità di natura diversa da ciò di cui consta, ma ritrova nelle stesse forme predicative in cui si esprime (cioè appunto affermazione negazione) la propria ragione d'essere. Visto il contesto in cui quest'ultima annotazione di Alessandro è inserita, è lecito credere che una tale argomentazione fosse accettata in pieno da Teofrasto, anche perché ciò si inquadra perfettamente in quello che, secondo quanto lo stesso commentatore riferisce, Teofrasto riteneva a proposito della protasi. Occorre infatti chiarire da che punto di vista Teofrasto si poneva quando affermava, come dice Alessandro nel brano riferito, che della protasi si parla in molti sensi Ora, proprio perché non è un genere unico, comunque una qualsiasi entità univoca separata dalle forme stesse di cui consiste, e proprio perché, invece, essa esiste in quanto quelle forme, ossia affermazione appunto e negazione, sono poste, la protasi non è più un monovalente, ma almeno bivalente, perché due sono

(o7)'*^

38

An.Vr.

I,

39

Oe

4,

40

hoc.

int.

cit.,

1,

6,

24a 16-17.

17a 3

-

6,17a 35.

17a 31-32.

*i Forse, non è causale il richiamo all'omonima espressione aristotelica proposito dell'essere (cfr. Met. IV, 2, 1003a 32), se è vero, come è vero, tra l'altro, che Teofrasto scrisse, secondo lo stesso Alessandro {In Top. 378.27), un'opera intitolata

a

52

/.

le sue modalità di essere ^~. Ciò sembra veramente essere confermato anche dall'ultima espressione del brano di Alessandro, dove viene ricordato come Teofrasto, che è verosimil-

mente

il

soggetto della frase, desse una

definizione

della

quanto appunto affermazione e negazione, che corrisponde poi per altro anche all'analoga definizione aristo-

protasi in

telica.

(4) Nella misura in cui poi la definizione è dichiarativo, sia pure di tipo particolare, essa sare, secondo Teofrasto, Boezio "^

la

un discorso può interes-

considerazione logica. Dice infatti

Invero, Teofrasto, nell'opera Dell'affermazione e della negazione, che la definizione è un discorso unico e che bisogna enunciarla senza soluzione di continuità. cosi insegnava:

Affermazione e negazione sono, come abbiamo visto, le forme del discorso apofantico immediatamente unitarie, tutte le altre forme essendo piuttosto unitarie per collegamento ^. In questo secondo ambito si pongono appunto i discorsi definitori, che sono apofantici e unitari ma da quest'ultimo punto di vista solo per collegamento. Cosi, il discorso definitorio dell'uomo, enunciato tramite l'espressione:

'animale terrestre bipede', e che rientra ovviamente nella casistica dei discorsi apofantici, è poi per altro verso

unitario nel senso che

i

termini che lo

compongono

anche

costitui-

scono un'unità e non una molteplicità, ma un'unità che risulta in questo caso dal collegamento dei termini stessi, e non da un criterio estrinseco, quale potrebbe essere per esempio il fatto che essi termini siano stati espressi in un certo ordine di successione '^\ In verità però, per Aristotele, la definizione è ciò che coglie ed esprime l'essenza di un oggetto, "'^, il suo e quindi l'unitarietà del discorso definitorio ha immediati risvolti metafisici in quanto rispecchia l'unità della sostanza, rispetto alla quale non si pongono problemi di ordinamento, in quanto nulla in essa può essere

Cfr. I. M. BocHENSKi, La logique de Théophraste, Graeser, Die logischen Fragmente des Theophrast, cit., p. ^•2

43

^ « ^

In

De

int.

102.26-28

Cfr. Aristot., Cfr. loc. Cfr.

cit.,

An. Post.

De

int.

= 5,

fr.

cit.,

p.

40;

A.

62.

9.

17a 9

ss.

ila 13. II,

10.

53

distinto come posteriore anteriore ''^ Ora, dal brano di Boezio di sopra riportato, è assai dubbio inferire se l'ammissione da parte di Teofrasto della necessaria unitarietà del discorso definitorio producesse poi anche implicazioni di carattere metafisico meno ^\ È verosimile tuttavia che le tendenze immanentistiche della sua ontologia abbiano indotto Teofrasto a restringere la propria considerazioi^e della defi"^^

nizione a quell'aspetto onde essa,

come

particolare tipo di

discorso apofantico, rientra nell'ambito della discussione pu-

ramente logica (3)

Una

^.

teoria propria aveva anche Teofrasto a propo-

sito delle protasi particolari e singolari.

da vari autori.

tata

l'espressione:

...

Si legge cosi in

La

notizia è ripor-

Alessandro di Afrodisia

^^:

non appartenere a qualcuno, si dice in senso innon appartiene a nessuno è vero dire

definito (e in effetti, di ciò che

che non appartiene a qualcuno, anche se appartiene a qualcuno. Ora, ha chiamato {se. Aristotele) indefinita quella protasi che enuncia il vero in modo non determinato; infatti è vero dire che il caldo non è proprio di qualche inverno, anche se il caldo non è proprio di nessun inverno; e allo stesso modo anche uomo non appartiene a qualche cavallo, perché appunto non appartiene a nessuno. Parlava in questo modo dell'indefinito anche Teofrasto nel Dell'affermazione. L'essere qualcosa e l'essere altro egli definisce come indeterminati, in effetti; l'essere qualcosa perché si predica secondo verità di tutte le cose che sono, e sia di tutto ciò che è qualcosa, sia di tutto ciò che è non-qualcosa; l'essere altro poi perché anch'esso si predica secondo verità sia di ciò che è qualcosa e non-qualcosa, sia di ciò che è semplicemente altro).

Scrive ancora Boezio

^^:

Pertanto, in questo appunto soprattutto differiscono le due enunciazioni particolari 'un certo uomo' e 'Platone', perché quando dico

^

Cfr. Met.

"^

Cfr. A.

VII, 12, 1038a 33.

Graeser, Die logischen Vragmente des Theophrast,

cit.,

p. 62. ^^ Secondo G. Reale, Teofrasto e la sua apor etica metafisica, Brescia, 1964, pp. 135-156, Teofrasto avrebbe smarrito le dimensioni fondamentali

della metafisica

aristotelica.

^

A. Graeser, op, cit., p. 62, avanza l'ipotesi che si possa trattare di una argomentazione da inserire nell'ambito di quella più vasta discussione svolta dallo stesso Teofrasto nei suoi Topici a proposito dei cosiddetti

'predicabili'. 51 52

54

In An. Pr. 66.2-10 (ad 26a 39) = fr. lOa. In De int. 139.25 - 140.12 = fr. lOb.

'Platone'

ho indicato con

la

uomo

parola a quale

io intenda riferirmi

nomino; quando viceversa dico 'un certo uomo', in certo qual senso ho respinto la determinazione numerica e ho riportato la proposizione all'unicità, ma di chi io intenda parlare, questa proposizione particolare non mi ha reso evidente. 'Un certo uomo' infatti può essere Socrate, Platone, uno qualunque dei singoli individui le cui determinazioni Cicerone e la determinazione propria di quell'unica persona che

proprie sono diverse tra loro a causa della stessa singolarità e per natura. Pertanto, a ragione Teofrasto chiamava proposizioni particolari del tipo: qualche uomo è giusto, particolari indefinite; si sottrae infatti una parte al termine uomo, che è universale sia per definizione sia per natura, ma quale sia poi questa parte e da quale proprietà sia definita, non è ulteriormente specificato.

La notizia nimo '^:

Teofrasto chiamava

E

infine in

un

è del resto anche in

la

testo di autore ano-

proposizione particolare indefinita.

Ammonio,

il

quale afferma ^:

Le proposizioni particolari differiscono dalle singolari per il fatto che le singolari danno luogo al giudizio rispetto ad una certa cosa determinata, per esempio Socrate, mentre le particolari, se anche dimostrano di prendere in considerazione qualcosa di unico, non fanno conoscere niente di determinato, ma possono essere vere rispetto ad una cosa qualsiasi. Cosi, quando diciamo: qualche uomo è giusto, la protasi è vera in relazione a Socrate non più di quanto lo sia in relazione a Platone ad Aristide. Pertanto giustamente la proposizione smgolare Teofrasto considerava come definita e quella particolare invece come indefinita. testi

I

come

sono,

condo Teofrasto, qualche

uomo

il

si

vede, sufficientemente chiari:

è giusto, è indefinito,

golare, nel quale

il

soggetto è

il

mentre

il

giudizio sin-

singolo, l'individuo appunto,

Questo secondo aspetto

è invece definito.

se-

giudizio particolare, del tipo ad esempio:

della questione è

testimoniato per altro in Teofrasto solamente dal brano di

Ammonio comunque to che, dal

che abbiamo riferito per ultimo. L'intera tesi è aristotelica. Anche Aristotele infatti si rende con-

punto

di vista sillogistico, l'espressione

non appartiene « fr.

Schol.

Waitz

{Aristotelis

a qualche

Organon)

C

voi.

I,

p.

40 (ad 17a 16)

12)

=

fr.

lOd.

=

lOc. 54

In

De

int.

90.12-19 (ad 17a 38 -

b

55

è indefinita, in quanto vale sia rispetto a

non appartiene

(1) sia d'altra

Da un

C

nessun

parte rispetto a

non appartiene ad ogni C^\

(2) altro

secondo

dizi

a

la

punto

di vista, però,

quando,

distinti

i

giu-

quantità in universali, particolari e indefiniti,

Aristotele arriva a dare di questi ultimi una caratterizzazione

più precisa, egli afferma che indefiniti sono quei giudizi che, la non appartenenza, non hanno poi ulteriore determinazione quantitativa, né in senso universale né in senso particolare ^. In effetti, per Aristotele,

pur esprimendo l'appartenenza

una coppia

di giudizi indefiniti

non dà luogo

a

nessuna

anti-

Proposizioni del tipo

fasi.

uomo

è bianco

- uomo non

è bianco

possono essere ragionevolmente entrambe vere, perché l'affermazione non risulta in questo caso affatto contrapposta in

modo

punto

contraddittorio alla negazione ".

E

di fatto poi, dal

di vista sillogistico, le protasi indefinite

sono consi-

come tali che, non possedendo una quantifinon hanno una vera e propria forza sillogistica se

derate sempre cazione,

non

in quanto sono riconducibili alle proposizioni particolari, delle quali acquistano cosi la capacità inferenziale "\ Da que-

sto

punto

di vista,

affermare,

come

fa

appunto Teofrasto,

che le protasi particolari sono indefinite, non è in pratica che un perfezionamento tecnico dell'uso aristotelico, ed è del tutto plausibile pensare, come suggerisce il Bochenski ^^, che proprio tale definizione teofrastea elimini dalla sillogistica la considerazione di protasi non determinate quantitativamente.

55

Cfr.

56

Afi. Pr.

4, 26b 14-16; cfr. 5, 27b 20 e 6, 28b 28. 24a 17. 57 De int. 7, 17b 30-35. 58 Cfr. Aristot., Top. ITI, 6, 120a 6 ss.; An. pr. I, 4. 26b 23; 15, 35b 11; 16, 36b 13; 19, 38b 36; 21, 40a 1. Cfr. I.M. Bochenski, La logique de Théophraste, cit., p. 42; A. Graeser, Die logischen Fragmente des Theophrast, cit., pp. 62-63. 59 Op. cit., p. 42.

56

An. Pr. I,

1,

I,

Altrettanto interessante è d'altra parte

condo Ammonio, Teofrasto sosteneva

la

tesi

che,

se-

a proposito delle pro-

tasi singolari, le quali, al contrario delle particolari, egli definiva determinate ^. Affermando cioè che proposizioni del tipo: 'Socrate è bianco', hanno una quantità logica determi-

nell'ambito di una diTeofrasto cercava evidentemente di assegnare un valore logico preciso a questo tipo

nata

quindi possono

e

rientrare

scussione propriamente logica ^\ di protasi che, in

quanto

sono escluse in Aristotele la ragione che dà scienza, tutte le scienze avendo

singolari,

dall'ambito sillogistico a qualsiasi livello, per

per

singolo

lui del

non

si

piuttosto per oggetto l'universale Aristotele

non considera mai

a differenza

golari,

che nel

^'.

E

di fatto, negli Analitici

in senso operativo

De

i

interpretatione,

egli piuttosto alla distinzione rilevata dei giudizi

giudizi sin-

attenendosi

secondo

la

loro quantità (universali, particolari, indefiniti) e questa ap-

punto adottando

nella trattazione ^.

In conclusione, quindi, anche questo aspetto della tesi teofrastea ricavabile dal brano di Ammonio, di sopra riportato, è da intendere nel senso della sistematizzazione di un'incongruenza aristotelica nata sulla base della diversa trattazione che le protasi singolari hanno nel De interpretatione e negli Analitici ^. (6)

Ancora

a proposito della trattazione delle proposi-

abbiamo un'altra testimoniananonimo, il quale afferma ^^:

zioni particolari in Teofrasto, za, quella di

) )

uno

scoliasta

Alessandro, e recentemente anche Filopono, credono che il non appartenere a tutti e il non appartenere a qualcuno differiscano solo per l'enunciazione mentre

(

(

^

Cfr.

il

testo di cui alla nota 54.

Aristot. De int. 7, 17a 38 - b 1 ss. « Cfr. ancora Aristot., Met. Ili, 6, 1003a 15; VII, 11, 1036a 28; XI, 2, 1060b 20; XIII, 9, 1086b 5; 10, 1087a 17. ^^ Cfr. An. Pr. I, 1, 24a 15, già ricordato. ^ Probabile, come suggerisce il Bochenski, La logique de Théophrasie, cit., 43 sulla scorta di W. Jager, Aristoteles. Grtindlegung einer p. Geschichte seiner Entwicklung, Berlin, 1923, trad. it. Aristotele. Prime linee di una storia della sua evoluzione spirituale Firenze, 1968 (4. a ristampa), infra, che si tratti di una incongruenza dovuta al fatto che il De interpretatione risale ad un'epoca di composizione più recente rispetto a quel^'1

Cfr.

,

la degli Analitici. Cfr. J. Lukasiewicz, Aristotle's Graeser, Die logischen Fragmente des Theophrast, 65

Schol. Brandis 145a 30-37 (ad 24a 15) :=

fr.

Syllogistic, cit.,

cit.,

p.

47;

p. 64.

11.

57

Teofrasto crede che differiscano anche per il significato. Il non appartenere a tutti, in effetti, significa l'appartenere alla maggior parte; il non appartenere a qualcuno al contrario significa l'appartenere almeno ad uno. E tramite questo è possibile ritrovare un Aristotele che predispone il non appartenere a tutti come tale che adduce il non appartenere a qualcuno, ovvero anche il non appartenere a qualcuno come tale che adduce qualche volta 'il non appartenere ad ognuno', e che fa ciò in base all'intraprendente pensiero di Teofrasto.

La

tesi di

fondo è chiara: secondo Teofrasto,

proposi-

la

zione che dice (a)

A

non appartiene

A

non appartiene

a

tutti

i

e l'altra che dice

(b)

sono differenti

sia

stanza. Infatti,

come

caso

si

rispetto alla

a

qualche

forma che rispetto

alla

so-

spiega lo scoliasta anonimo, nel primo

sottintende chiaramente che

A

appartiene

gior parte di B, e nel secondo invece che

alla

mag-

A

appartiene ad questo proposito, già

solo dei termini indicati da B. A Franti ^ notava che l'indicazione dell'anonimo andrebbe qui

uno

probabilmente invertita nel senso di riferire il caso (a) all'ambito di un'appartenenza di A ad uno solo dei termini indicati da B, e il caso (b) viceversa all'ambito di un'appartenenza di A alla maggior parte dei termini indicati da B. Ma, come sottolinea il Bochenski ^\ non è affatto sicuro che Teofrasto intendesse porre una simile distinzione, senza dire che la posizione stessa espressa nel testo è chiaramente non valida sia dal punto di vista aristotelico sia da quello teofrasteo, giacché le due espressioni distinte sono formal-

mente

differenti,

ma

sostanzialmente equivalenti

^.

(7) Nell'ambito della trattazione teofrastea delle proposizioni

particolari

è

da inserire anche

autore anonimo, nella quale

si

legge

la

testimonianza di

^^:

^

Geschichte der Logik, cit., I, p. 359 nota 39. Op. cit., p. 43; cfr. A. Graeser, op. cit., pp. 64-65. ^ «Le fait que Théophraste» scrive Bochenski {op. cit., p. 43) «ait pu les distinguer ainsi prouve suffisamment que des notions extralogiques avaient, de son temps, une grande influence sur les logiciens pour qu'un disciple d'Aristote de sa taille et de sa formation ait pu introduire une 67

telle

thèse». Schol.

69

58

Waitz

[Aristotelis

Organon)

voi. I, p.

40 (ad 17b 16)

=

fr.

12.

()

Dice Teofrasto che in taluni casi, se non si aggiunge un'ulteanche al predicato, l'antifasi determinazione sarà vera nel medesimo tempo. Per esempio, egli sostiene, quando diciamo: Fenia possiede la scienza, Fenia non possiede la scienza, entrambi i giudizi possono essere veri. riore

L'argomentazione teofrastea, per quanto è lecito ricostrui-

non ulteriormente con-

re attraverso questo testo, del resto

fermabile, è allora

la

Data una coppia

- Fenia

seguente. di giudizi particolari,

possiede

ad

es.

la scienza

- Fenia non possiede

scienza

la

quanto indeterminati, secondo ciò che, come abbianon danno luogo cosi come si presentano ad alcuna opposizione di contraddizione, ma possono al contrario essere entrambi veri sotto il medesimo rispetto: Fenia può essere in effetti nello stesso tempo esperto di medicina e non di matematica, senza che si verifichi con ciò un'opposizione contraddittoria. essi, in

mo

visto, lo stesso Teofrasto pensava,

Di fronte

a casi

come

il

in

modo da

un

ottenere per esempio

- Fenia possiede qualche

- Fenia non

-

predicato del-

proposizione, ossia attribuire ad esso appunto

-,

la

secondo Teo-

questi, occorre allora

frasto determinare quantitativamente anche

scienza

possiede qualche scienza

ovvero anche

- Fenia possiede ogni

scienza

- Fenia non possiede ogni rispetto alle cui antifasi vale invece di contraddizione,

onde non solo

sere entrambi veri,

ma

sussiste

i

scienza

pienamente giudizi

anche

il

il

principio

non possono

es-

criterio vero-falso.

La tele

tesi sembra per altro in polemica con quanto Aristoaveva sostenuto in relazione all'impossibilità che dal

giudizio

-

ogni

uomo

è

ogni animale

59

consegua qualcosa di vero

^^

In

altri

termini, per Aristotele

una determinazione quantitativa

attribuire anche al predicato

(egli fa qui il caso di una determinazione universale) dà luogo a qualcosa di inutile e di assurdo, toccando piuttosto la determinazione all'oggetto (cioè il soggetto della proposizione) a cui consegue la determinazione stessa (che è poi il predicato di quella proposizione). Rispetto però al caso di

proposizioni nelle quali

il

soggetto è la singola individualità,

che Aristotele in realtà non considera, occorre invero precisare a quale determinazione tra quelle indicate dal predicato, quell'individualità inerisca, altrimenti la proposizione risulterebbe indeterminata, come Teofrasto riteneva, e non potrebbe quindi avere a rigore neppure un contraddittorio. Come quindi rileva giustamente Kneale^', Aristotele avrebbe potuto capovolgere l'argomentazione teofrastea e affermare

- qualche

scienza

non

è posseduta da Fenia

in cui allora la determinazione quantitativa è solo una, e cioè al soggetto della proposizione. Ma sarebbe di nuovo in piedi se si dicesse ad es.

quella legata

- qualche uomo non

possiede tutta

la

il

problema

scienza

vale a dire rispetto a qualunque caso siano richieste due de-

terminazioni quantitative perché in tutti quei giudizi,

comuni

sia

posta l'antifasi, ovvero

alla scienza e alla filosofia,

una quantificazione multipla unica, come quando diciamo richiedono

- ogni evento ha una causa

che

comunque non

e

^".

Ora, è assai verosimile che la tesi teofrastea sia sorta sulla base di una confusione sull'esatto significato del termine 'predicato', che Teofrasto sembra di fatto adoperare in un senso diverso da quello che è presente in Aristotele. Negli esempi considerati da Teofrasto in effetti non la 'scienza' è il vero predicato, bensì 'possiede', il primo termine essendo piuttosto quello che la logica moderna definisce un

60

"0

Cfr.

^^

The development

'2

Cfr. ibid.

De

int.

7,

17b 12

ss.,

of Logic,

e An. Pr. I, 27, cit., p. 112.

43b 17

ss.

argumentum volta non è

(

relatum) del 'possedere'; e questo a sua quantitativamente, né deve poi realmente esserlo nell'ambito della casistica esaminata ^^ Si tratta d'altra parte di una confusione già posta dai testi aristotelici, in quanto vi è un luogo degli Analitici Primi^"^, in cui Aristotele, a differenza che nel resto della sillogistica, pone l'istanza che la copula del giudizio può ben essere caratterizzato

espressa non dalla relazione dell'appartenenza, ma da altre connotazioni per quanti sono i sensi in base ai quali un termine è un altro termine e secondo i quali è vero dire che un

termine è un altro termine, arrivando cosi in pratica alla i termini non devono essere necessariamente 'predicati' gli uni degli altri ^^ Proprio quest'ammissione di una connotazione di relazione diversa dal rapporto predicativo espresso dall'appar tenere, anche se qui il discorso aristotelico riguarda i termini (maggiore-minore-medio) e non propriamente il soggetto e il predicato della proposizione, ammissione non più riscontrabile nella sillogistica, può avere ingenerato, secondo il Bochenski ^^, nella concezione teofrastea quella equivocità sul termine 'predicato', onde poi Teofrasto avvertiva l'esigenza di una doppia quantificazione.

conclusione che

Una proposti za',

ma

stotele,

volta riconosciuto infatti che nella coppia di giudizi

da Teofrasto 'possiede',

in

il

vero predicato

non

è

la

'scien-

quanto appunto, come voleva Ari-

la non appartenenza) può essere un modo diverso da quello che ne esprime la pre-

l'appartenenza (o

espressa in

dicazione, cade propriamente l'istanza teofrastea, giacché, co-

me

si

è detto,

il

predicato messo in

non ha poi bisogno

tal

modo

in evidenza

di essere ulteriormente quantificato.

Occorre tuttavia tenere presente che la motivazione teoper quanto forse non del tutto esplicitata, mette capo ad una considerazione della logica a più quantificatori, frastea,

^3 Cfr. I.M. Bochenski, La logique de Théophrasie, cit., p. 45; J. T. Clark, Conventional logie and modem logie, cit., pp. 20-21; A. Graeser, Die logisehen Fragmente des Theophrast, cit., p. 65. 74 I, 36, 48a 40b 9. 75 Loe. eli., (48b 4 ss.): «Si voglia dichiarare, ad esempio, che i contrari sono oggetto di un'unica scienza. Poniamo invero che A indichi: essere

un'unica scienza, e B:

A

nozioni contrarie tra loro. In tal caso, apparche i contrari siano un'unica scienza, ma nel senso che è vero dire dei contrari che essi sono oggetto di un'unica scienza». 76 La logique de Théophraste, cit., p. 45, tiene a

non

le

già nel senso

61

diversamente dal punto di vista aristotelico rigorosamente ancorato ad una logica per questo aspetto monisticamente determinata.

.^

Del resto, anche la terminologia adoperata da Teofrasto rappresenta propriamente qualcosa di nuovo rispetto all'uso aristotelico. Il termine è infatti sconosciuto

come

,

ad Aristotele, ed è probabile che sia stato proprio Teofrasto ad usarlo per primo nel significato di 'quantificatore'. Anche perché il verbo che ricorre spesso nei testi aristotelici, non sembra per altro avere nel contesto il significato di 'quantificare', mentre a sua volta il termine tale

,

affine

al

precedente, compare in Aristotele piut-

tosto nel senso di 'distinzione' (8)

Lo

stesso principio di contraddizione, del resto, era

trattato da Teofrasto

Leggiamo

'definizione' ".

infatti in

secondo un particolare punto di

Alessandro di Afrodisia

vista.

'^:

Assumendo dunque e ponendo da sé che ciascuna cosa è proprio questa di cui si parla non lo è, l'avversario sembrerà fare una petizione di principio e presupporre ciò che si ricerca, poiché appunto di questo trattava l'indagine. La confutazione infatti, in quanto ha luogo in relazione ad altri e a partire dalle cose che l'interlocutore ammette (,..), può realizzarsi anche per mezzo di tali cose. In tal modo né vi sarà sillogismo da premesse prime né c'è il rischio di fare una petizione di principio, qualora l'interlocutore convenga sul fatto che ciascuna cosa è quel qualcosa di cui si parla non lo è. Quella è infatti la causa del fatto che chi pretende di dimostrare le cose note per sé e di renderne ragione, sia messo alle strette e rimanga confuso; cose che del resto, se si assumono per dimostrazione, portano a fare una petizione di principio. Come infatti diceva Teofrasto nel Dell'affermazione, forzata e contro natura è la dimostrazione di questo principio.

La

notizia è anche in Siriano '^

Che questo sia vero anche noi abbiamo assunto, e cioè il fatto che la privazione non può sussistere nella forma. Ma se è cosi, neppure l'uomo in-quanto-uomo è non-uomo. Non ugualmente chiara è l'applicazione di ciò al principio di contraddizione. Cosicché acquista

^

Per il primo termine cfr. H. Bonitz, Index Aristotelicus, in: AriOpera, voi. V, Berolini, 1870, 644b 5; per il secondo cfr. ibid., rispettivamente, quanto al primo significato, 200a 56, e quanto al secondo, stotelìs

200b

1.

8 '^

62

In Met., 273.8-20 (ad 1006a 11) In Met., 68.26-32 (ad 1006b 33)

= fr. = fr.

13a.

13b.

vigore l'aiÌermazione di Teofrasto, il quale sostiene che del tutto insensati sono coloro che vogliono a tutti i costi dare ragione di questo assioma. In effetti, colui che pone mano a ciò, elimina la necessità di

una dimostrazione

e di

un

discorso.

La prima testimonianza, quella intanto utile per

di Alessandro,

collocazione di questa

la

tesi,

può

essere

giacché

il

commentatore sostiene che Teofrasto ne discuteva nel Dell'affermazione anche se non è poi ulteriormente specificato ,

argomentazione fosse inserita ^. In linea generale poi, sia Alessandro che Siriano insistono sul fatto che, secondo Teofrasto, il principio di contraddizione non è in nessun caso dimostrabile, a meno che non si voglia fare una petitio principii, essendo esso piuttosto il fondamento di ogni dimostrazione. Ora, in effetti, Aristotele pone le basi di tale assioma nel De interpretatione, parlandone invero a più riprese ^^ Ma è solo nella Metafisica che egli ne tenta anche una deduzione, mettendo capo all'affermazione che, se una dimostrazione c'è dell' questa può essere semplicemente apagogica, ossia fondata sulla riduzione all'assurdo di tutti gli argomenti che contro l'imprescindibilità del principio possono essere in quale preciso contesto tale

,

problema è allora di stabilire se, come suppone Bochenski ^\ sia stato appunto il carattere del procedimento adoperato da Aristotele nella Metafisica a provocare in Teofrasto l'idea della forzosità ed innaturalezza di una dimostrazione dell'assioma, e se vi sia stato quindi da parte di ritrovati ^^ Il

Teofrasto un tentativo di critica di questa impostazione. La questione non è ovviamente risolvibile, almeno allo stato attuale della documentazione. Anche in questo caso, tuttavia, c'è da tenere presente l'immanentismo dell'ontologia di Teo-

come già in precedenza si è avuto modo di osservada questo punto di vista, è verosimile che una dimostra-

frasto,

re

^^;

^^

A. Graeser, op.

Cfr.

cit.,

66.

p.

Il

Bochenski, (La logique de

De ini. 9, afFermando che Teofrasto avrebbe colto l'occasione per sviluppare una teoria generale degli riunendo gli sparsi accenni di Aristotele in proposito Théophraste, in

cit.,

p. 33) la riporta nell'ambito di

modo

tal

nei vari trattati. «i

Post.

cfr. I,

82

11,

6,

17a 32-32;

7,

17b 36

-

18a 12;

9,

18a 27-30. Cfr. anche A^.

77a 10-25.

IV.3-4.

^ La logique ^ Cfr. supra

de Théophraste,

cit.,

p. 46.

pp. 53-54.

63

zione del principio di contraddizione quale quella che Aristotele compie in sede metafisica, dove essa appare legata alla ricerca delle cause e dei principi, non rispondesse più ai suoi

che una trattazione di tale principio potesse colambito strettamente logico, a prescindere da qualsiasi implicazione di carattere ontologico. Già del resto a proposito della dottrina teofrastea della necessaria unitarietà

interessi, e

locarsi per lui in

del discorso definitorio ^\ risultava assai dubbio sostenere che

una

Teofrasto risvolti di tipo metaessendo apparso piuttosto probabile che definizione, che è un particolare tipo di discorso apo-

tale dottrina avesse in

fisico (ontologico),

anche

la

fantico, rientri nel

mente

punto

di vista di

.

una discussione pura-

^

logica.

(9) I giudizi contraddistinti dal fatto che in essi il predicato è indeterminato, in quanto congiunto con una negazione,

erano chiamati da Teofrasto Afferma Alessandro di Afrodisia^:

In relazione al sillogizzare e in relazione al poter consolidare demolire tramite un sillogismo una formulazione, dice {se. Aristotele) che è differente il saper discernere e separare le protasi che hanno una forma negativa e quelle che sono affermazioni derivanti da negazioni. Si riferisce qui a quelle protasi che Teofrasto denomina Ne parlava anche egli stesso nel De interpretatione dimostrando che non sono negazioni di affermazioni (...).

>.

Leggiamo

d'altra parte in

Ammonio

^^:

Delle due antifasi indefinite formatesi in relazione alle protasi ora poste da noi, l'una chiama Aristotele semplice, e cioè quella che ha il predicato definito, in quanto è per ciò stesso più semplice della seconda; e l'altra invece indeterminata, per essere in essa il predicato indeterminato. Il suo discepolo Teofrasto denomina quest'ultimo tipo di protasi per il motivo che diciamo di seguito (...). Spostando egli dunque nel diagramma le protasi nel senso in cui anche noi le abbiamo subordinate, e disponendo sotto la semplice affermazione la negazione indeterminata, necessariamente poi sotto la negazione semplice egli pone la rimanente negazione indefinita. Sia per perché appunto questo Teofrasto chiamava tali protasi ne traspone l'ordinamento nel diagramma, e sotto la semplice affermazione disponeva la negazione di questa, e sotto la semplice nega-

,

64

^5

Cfr. nota precedente.

86

In An. Pr. 396.34-397.4 (ad 5ib 5)

87

In de

int.

,

=

161.5-11; 25-32 (ad 19b 19)

fr.

=

14a. fr.

14b.

zione d'altra parte l'aiÌermazione sia perché tali protasi si formano in seguito al fatto che è stato trasposto il predicato determinato e posto quello indeterminato. ;

,

La Ne

notizia è ancora in Stefano,

quale sostiene ^^

il

quindi un'affermazione indefinita, che Teofrasto chiamaperché viene trasposta la negazione «non» dair«è», terzo ulteriore elemento della predicazione, al predicato, perché egli scambia l'ordine di tali protasi nel diagramma (...). Per questi motivi dunque Teofrasto ritenne di denominare tali protasi.

va

E

risulta

infine in

Giovanni Italo

^^:

>

Il predicato che assume inoltre la particella negativa «non», non dà luogo ad una negazione, ma piuttosto ad una affermazione, sia pure non in senso assoluto bensì nel senso di quelle protasi che Teofrasto chiamava e Aristotele invece indefinite.

La

tesi teofrastea di

fondo è qui quella per cui proposi-

zioni del tipo

A

.

^

è

non-B

che Aristotele chiamava propriamente indefinite, erano denominate da Teofrasto DiiR-

perché di un uso terminologico del genere: mentre infatti nel brano riportato Alessandro non ci dà alcuna indicazione in proposito, sia Ammonio invece, che Stefano e Giovanni Italo, tentano al contrario una deduzione di tale uso del tutto sconosciuto ai testi aristotelici. Secondo Ammonio, l'origine della terminologia usata in questo caso da Teofrasto va ricercata nel fatto che egli operava uno spostamento (secondo il significato immediato del verbo greco nel diagramma aristotelico quale è ri-

cile

invece stabilire

il

8^)

costruibile attraverso

un passo

del

De

interpretatione *, in

Ve come terzo termine della predicazione, si possono avere due modi di formulazione dell'antitesi diversamente conformati a seconda che la al predicato. negazione non sia collegata all'è, appunto, cui Aristotele stabilisce che, posto



^

In De int. 40.22-27 = fr. 14c. Joannes Italus, Schol. Brandis 121a 45

apud Waitz {Aristot. Organon) voi. ^ 10, 19b 19-31. Cfr. An. Pr. I, il

commento

I,

=

fr.

14d.

Cfr.

Anonymus

p. 41.

46,

51b 5

ss.,

a cui si riferisce

appunto

di Alessandro di sopra riportato.

65

Come (1) (3)

per esempio in

uomo uomo

è giusto è

(2)

non giusto

(4)

uomo non è giusto uomo non è non giusto

da cui risulta che la coppia {l)-(2) e la coppia (3)-(4) sono opposizioni contraddittorie, mentre le coppie (l)-(3) e (2)(4) sono rispettivamente due affermazioni e due negazioni, essendo stati i termini «è» — «non è» aggiunti ai termini «giusto» - «non giusto». Teofrasto, secondo Ammonio, spostava l'ordine di questo diagramma aristotelico, nel senso di porre

(1) (3) in

modo

A A

è

A A

(2)

non

tale cioè

non-B

è

(4)

non è

è

non-B

che l'opposizione affermazione-negazione

si

abbia all'interno delle coppie (l)-(3) e (2)-(4), facendo quindi si che, rispetto alla prima coppia, all'affermazione semplice corrisponda la negazione indeterminata, e rispetto alla seconda invece, che alla negazione semplice corrisponda l'affermazione

indeterminata. In (l)-(4) e (2)-(3)

caso, ovviamente, rispetto alle coppie

tal

non

c'è

più antitesi,

ma

i

giudizi

possono

contrario essere entrambi veri. Ovvero, sostiene ancora

^)

monio, Teofrasto non ancora

il

fa

che 'tramutare'

(il

al

Am-

verbo greco è

predicato determinato in predicato in-

con l'aggiunta della particella negativa non. come si vede, possibili, perché sia nell'uno che nell'altro senso i giudizi conseguono regolarmente e danno luogo ad antitesi valide. Dello stesso parere di Ammonio è per altro anche Giovanni Italo nella testimonianza riferita. Stefano riporta invece un'altra motivazione dell'uso teofrasteo, oltre quella di Ammonio secondo cui la determinato,

Entrambe

le

soluzioni sono,

terminologia adoperata dipende,

come abbiamo

visto,

scambio dell'ordine delle proposizioni nel diagramma telico. Dice cioè Stefano che proposizioni del tipo

A sono secondo Teofrasto

^

è

dallo aristo-

non-B

perché in pratica in

non si fa che spostare la negazione non dall' è, terzo elemento della predicazione, al predicato della proposizione stessa. Di per sé, anche questa potrebbe essere una spiegaesse

66

.

come

zione corretta,

dall'esame nel diagramma teo-

risulta

frasteo della coppia di giudizi (2)-(4), in cui, proprio da

un

negazione appare appunto semplicemente scambiata di posto, e una volta compare davanti al termine è e una volta davanti al termine predicato. Tale scambio è tra l'altro perfettamente valido, perché, come già Aristotele aveva sostenuto. Ve non esprime altro che l'ulteriore predicazione del giudizio, terzo termine di relazione oltre al soggetto e al predicato. A proposito di queste diverse spiegazioni, il Bochenski ^^ ritiene che sia preferibile quella riportata da Ammonio, prima di tutto perché è meglio ar-

punto

di vista formale,

la

gomentata e in secondo luogo perché Ammonio è vissuto in epoca relativamente più antica rispetto a quella di Stefano, nella cui doppia motivazione il Bochenski ritrova anzi una reale incertezza da parte dell'autore nello stabilire quale delle due formulazioni possa esser fatta risalire direttamente a Teofrasto.

In conclusione, quale che

sia l'origine della

terminologia

adoperata, non c'è dubbio che questa di Teofrasto è una considerazione più puntuale di

uno schema

logico,

il

cui risul-

tato più evidente sono le operazioni sulle proposizioni con-

dotte in

modo da

ottenere implicazioni diverse,

ma

altret-

tanto valide, rispetto a quelle di Aristotele. Notevole è poi

anche l'introduzione di una terminologia appositamente coniata per designare questo tipo di proposizioni, terminologia che, come si è detto, è del tutto sconosciuta ad Aristotele. (10) Al

Oe

affirmatione et negatione appartiene anche

quest'altra dottrina teofrastea, ricostruibile attraverso

guente passo di Alessandro di Afrodisia

il

se-

^^:

È invero possibile che, tra le cose che si predicano separatamente secondo verità, alcune si predicano secondo verità anche congiunte, mentre per altre ciò non è possibile. Intorno a questo Aristotele ritiene opportuno che si debba indagare più approfonditamente, come anche di altre questioni di cui espone le linee generali. Ne parla anch'egli nel Oe interpretatione ma più diffusamente lo fa Teofrasto nel eli' afférmazione

Intanto

il

luogo del Oe interpretatione cui qui Alessandro un passo in cui Aristotele esamina in pratica

fa riferimento è

^'

La logique de Théophraste,

92

Jn An.

Pr.,

cit.,

367.9-14 (ad 49a 6)

pp. 47-48.

=

fr.

15.

67

le

condizioni in virtù delle quali

secondo verità

due

si

passa dalla predicazione

separatamente presi, alla predicazione simultanea di entrambi ^\ In effetti, vi sono dei predicati che appartengono secondo verità ad un soggetto sia separatamente sia congiuntamente, come animale e bipede rispetto a uomo; e vi sono d'altra parte predicati che convengono ad un soggetto separatamente ma non congiuntamente, come per es. calzolaio e buono rispetto ancora ad

uomo 94 Da

di

attributi,

.

questo punto di vista, si va allora incontro a cose assurde sia credendo, per il solo fatto che due determinazioni si predichino separatamente di un sostrato, che sia poi necessario che risulti vera la predicazione congiunta di essi ^^; sia d'altra parte ritenendo che tutte le connessioni siano possibili in senso assoluto ^. La soluzione che Aristotele offre è per un verso che occorre sapere in quali casi si può fare e in quali invece non si può fare la connessione ^, e per un altro che un termine si predica semplicemente, appartiene secondo verità, in tanti sensi per quante sono le diverse categorie ^. La testimonianza di Alessandro ci dice in proposito solamente che Teofrasto trattò più diffusamente

(

di le

)

quanto non fece Aristotele tali questioni; ma fino a quagrado di approfondimento non è poi ulteriormente preci-

.

sabile ^.

(11) Un'altra innovazione di carattere tecnico- terminologico è testimoniata dalle fonti a proposito della dottrina teofrastea

delle

proposizioni

Alessandro di Afrodisia

^3

^^:

Scrive

infatti

De

int. 11, 20b 31ss In realtà, è vero predicare

^

sia l'uno che l'altro dei due termini separatamente di uomo; ma non si può affermare che, se è vero che qualche uomo è calzolaio ed è buono, egli sia poi anche un buon calzolaio: loc. cit.,

20b

35. 95

Loc.

96

21a 5 ss. Loc. cit., 21a 6-33. An. Pr. I, 37, 49a 6

9^ 98

Loc.

ctt.,

20b

37.

cit.,

ss.,

a cui

si

riferisce

appunto

il

commento

ri-

portato di Alessandro. 99

Secondo Graeser, Die logischen Fragmente des Theophrast,

cit.,

annotazione rientra nella discussione sui predicabili, nella quale l'autore inseriva anche la dottrina teofrastea della definizione (su cui cfr. supra, p. 56 nota 50). 100 In An.Pr., 378.12-23 (ad 49b 27) = fr. 16a. p.

68

69,

questa

Quello che dice {se. Aristotele) è che in protasi cosi conformate da avere in sé tre termini, quali sono appunto quelle che egli ha esposto ora, e che in una parola sono chiamate da Teofrasto certo modo tre termini; predica B, anche A si predica universalmente, in tale proposizione ai due termini, A e B, in qualche modo già determinati, se ne aggiunge in più un terzo, di cui si predica B, ma che non è definito ed evidente come gli altri) - in tali protasi dunque, che per la sola enunciazione sembrano differire dalle categoriche, come dimostrò Teofrasto nel Dell'affermazione, afferma Aristotele che la proposizione assunta in modo che di ciò della cui totalità si predica B, anche A si predica universalmente, significa: di tutto quanto si dice B, di tutto questo anche A si dice. Questo è stato invero dimostrato.

hanno

(in effetti, tali protasi

se infatti dico:

E

altrove

in

un

()

di ciò della cui totalità

si

^'^

Nel Dell'affermazione Teofrasto assume la proposizione che dice: si predica anche A si predica, come potenzialmente uguale all'altra: di ciò della cui totalità si predica B, anche A si predica

di ciò di cui

universalmente.

La

notizia è riportata d'altra parte anche in

.

autore anonimo

un

testo di

'^^:

Delinea dunque Aristotele un altro genere di protasi che Teofrasto Constano invero tali proposizioni di un medio indefinito e di due estremi definiti, come nella prima figura: A si predica di ciò che si predica di C; e nella seconda: ciò che si predica di A, si predica anche di B; e nella terza infine: di ciò di cui si predica A, si predica anche B. Sembrano dunque tali protasi non essere semplici, ma avere la capacità di comprendere un sillogismo. Dice invece Teofrasto che una proposizione del genere è potenzialmente uguale alle categoriche, e che non c'è alcuna differenza tra il dire: A non si predica di nessun B, e il dire: di ciò della cui totalità si predica B, A non si predica universalmente, ancora tra il dire: A si predica di ogni B, e il dire: di ciò della cui totalità si predica B, anche A si predica universalmente.

chiama

(pLL)

sono dunque secondo Teofrasto

Protasi quelle del tipo

A

si

,

predica di tutto ciò della cui totalità [si

predica

nelle quali cioè, oltre ai termini dichiarati e definiti, si

assume 101

102

in più (questo

il

senso del verbo

In An.Pr. 379.9-11 (ad 49b 30) 190a 5

Schol. Brandis 189b 43

= =

fr. fr.

A

e B,

16b. 16c.

69

da cui appunto

un terzo termine, per predicano sia A che B. Non solo, ma tali protasi, che quindi racchiudono in sé un sillogismo in potenza, differiscono per Teofrasto dalle categoriche solo per l'enunciazione, in quanto dire per esempio )

altro indeterminato,

A

ma

si

in pratica

del quale

si

predica di ogni

equivale a dire

A

si

predica di tutto ciò della cui totalità

predica

[si

ovvero dire ancora

A

non

si

predica di nessun

equivale a dire

A

non

si

predica di tutto ciò della cui totalità [si

predica

Se inoltre si potesse far risalire direttamente a Teofrasto anche quella parte dell'argomentazione dell'anonimo nella quale tali protasi risultano organizzate secondo le figure sillogistiche '°\ la tesi in questione risulterebbe di gran lunga più completa ed originale. Nel brano dell'anonimo riportato, infatti, vi è una parte centrale in cui è detto chiaramente che tali protasi constano di un medio (indefinito) e di due estremi (determinati), rappresentabili attraverso tre diverse combinazioni, e cioè:

Figura

A

si

predica di ciò che

si

predica di

C

Figura Ciò che

si

predica di A,

si

predica anche di

Figura hi Di

ciò di cui

si

predica A,

si

predica anche

che rientrano in pieno nella definizione aristotelica di figura sillogistica.

^^

70

Come

fa

Prantl, Geschichte der Logik,

cit.,

I,

p. 377.

La struttura del contesto non consentirebbe però

di attri-

buire a Teofrasto una schematizzazione del genere, in quanto il

nome non

suo

ricorre in questo caso esplicitamente,

come

invece nella prima parte della testimonianza, che riporta la terminologia adoperata per designare questo

accade

dove è riportata la tesi per sono ritenute identiche alle categoriche "^. Comunque sia di ciò, va qui sottolineato il fatto che anche questa volta ci troviamo di fronte all'uso di un termine tecnico sconosciuto ad Aristotele: come prima è infatti una denominazione non riscontrabile nel vocabolario deìVOrganon '^^ Accanto a questa caratteristica tipo di protasi, e nell'ultima,

cui

tali

,

protasi

,

terminologica, vi è nella tesi teofrastea,

do è per tà:

il

altro aristotelico ^^,

un

il

cui contesto di fon-

ulteriore elemento di novi-

fatto cioè che le protasi in questione siano poste

come

equivalenti a quelle categoriche, a differenza di quanto Aristotele aveva invece sostenuto

'^^

né quanto dire per esempio

sussiste alcuna identità,

spressione, tra

il

A

si

Per Aristotele infatti non all'essere né quanto all'e-

predica di tutto ciò di cui

si

[predica e

il

dire

A

si

predica di tutto ciò della cui [totalità

si

predica

perché potrebbe ben darsi che appartenga a C, ma non a tutto ciò che è indicato da C '^^ Difficile dire però, vista l'esiguità della documentazione, a che cosa fosse finalizzata in Teofrasto l'equivalenza posta *^. Vero è comunque, come giustamente rilevava Bochenski ^'^

1^ Così almeno Bochenski, La logique de Théophraste, cit., pp. 49-50. >^5 La questione sarà ripresa in sede sillogistica, perché sono, come si vedrà un particolare tipo di sillogismi ipotetici. 1^ Cfr. An.Pr. 1, 41, 49b 14 e ss.; 13, 32b 25 e ss.; An.Post. I, 21, 82b 5 e ss. '0^ An.Pr. I.41.49b 14, prima ricordato. 108

Ibid.

Il Bochenski {La logique de Théophraste, cit., p. 50) pensa ad una «convention de langage». 1*0 Op. cit., pp. 50-51; cfr. A. Graeser, Die logischen Fragmente des Theophrast, cit., pp. 71-72. 10^

71

che questa

tesi teofrastea

ed

presenta notevoli caratteristiche di

quanto con tale argomentazione proposizione arriva a comprendere ben quattro elementi costitutivi, ossia: i due termini determinati (soggetto e predicato), il termine, sostrato, indeterminato e la forma implicativa, che svolge la funzione della copula. originalità

attualità,

in

l'analisi logica della

E

ciò a differenza del

Analitici considera al

posizione

punto di vista di Aristotele che negli massimo tre parti costitutive della pro-

^^'.

(12) Sempre nel

De

ajfirmatione et negatione Teofrasto

esaminava ancora alcune questioni relative

La

alla

modalità dei

emerge dal resoconto che ne ha fatto Boezio in un brano che ritengo opportuno inserire in questo contesto perché costituisce una specie di commentario al cap. 13 del e interpretatione di Aristotele, in cui è esposta, com'è noto, la deduzione degli enunciati modali ^'". Per comodità di esposizione, si dà qui di seguito il brano in due parti. Scrive dunque Boezio "^ giudizi.

alle

posizione

sua

in

proposito

forse di più ciò bisogna dire, che, come stanno le cose rispetto affermazioni, cosi stanno rispetto alle negazioni, secondo quanto

Teofrasto con molto acume riconobbe? Nelle protasi affermative infatti, fu dedotta l'implicazione per cui e l'essere semplicemente e il possibile conseguono al necessario, e per cui né l'essere semplicemente né il necessario conseguono al possibile. La stessa cosa apparirà chiara a chi esamini la questione a fondo, anche rispetto alle protasi negative.

negazione che si appone al necessario e che lo fa appadi proposizione negativa che dice: non è necessario, infrange la forza della necessità e riporta tutta la proposizione al possibile. Ciò che infatti non è necessario, infranto il rigore della necessità, si riconduce alla possibilità. Ma la necessità non consegue né alla possibilità né all'essere semplicemente. Giustamente pertanto l'essere semplicemente e ciò che è contingente che sia conseguono alla necessità infranta e ridotta al possibile, dal momento che la proposizione negativa dice che non è necessario che sia. Viceversa chi dica: è possibile che sia, e aggiunga a questo la particella disgiuntiva negativa, elimina il possibile e richiama tutta la proposizione all'eterna necessità in forma negativa, in quanto non è possibile. Ciò che infatti non è possibile che accada, non può aver luogo; ma ciò che non può accadere che sia, è necessario che non sia. Perciò, una certa qual forza di necessità ha

In

effetti,

rire sotto

'^^

In

la

forma

De

21b 6 soggetto e

12,

ìnt.

della proposizione,

il

ss. il

Aristotele considera solo due elementi predicato, non avendo la copula nessuna

funzione. "2 Cfr. I.M. BocHENSKi, La logique de Théophraste, 113 In De int. 387.27-388.20 fr. 17a.

=

72

cit.,

p.

87.

proposizione nella quale diciamo che qualcosa è impossibilitata ad Ma sia ciò che è semplicemente sia il possibile conseguono al necessario. Il non necessario che sia, d'altra parte, è aperto alla possibilità. Giustamente dunque il non necessario che sia, che appartiene alla possibilità, conseguirà alla proposizione che dice che non è possibile che sia. Diverse sono allora le disposizioni delle proposizioni, pur essendo la stessa la loro pregnanza; cosicché tutto consegua alla necessità e non sia invece la necessità a tenere dietro alla possibilità. la

essere.

La

tesi è

quale è

la

qui quella propriamente aristotelica, secondo

la

necessità ad implicare negli enunciati modali la

semplice assertorietà ovvero

la possibilità

^^"^^

e

non

la possi-

ad implicare viceversa la necessità ovvero la semplice assertorietà. Il problema che ora Boezio vuol far emergere è che questo assunto deve poter valere tanto rispetto alle protasi affermative quanto rispetto a quelle negative. E in effetti, le protasi affermative non pongono eccessivi problemi, in quanto, se per qualcosa è necessario essere, allora non solo essa è (assertoriamente), ma è anche possibile, nel senso che è impossibile che non sia. Se ne deduce di conseguenza che, se per una certa cosa è possibile essere, non è allora ovviamente né necessario né impossibile che sia. Ma, secondo Boebilità

zio,

una

tale conseguenzialità della possibilità rispetto alla ne-

deve potersi verificare anche nell'ambito delle protasi modali negative, ed è a questo punto che egli si richiama

cessità,

nell'esposizione a Teofrasto.

La deduzione sità

che qualcosa

si

tal modo. Dalla non necesdalla negazione di 'è necessario

svolge ora in

sia (cioè,

sia'), deriva l'ammissione secondo cui quel qualcosa è semplicemente, ovvero l'ammissione della sua pura possibilità di essere. D'altra parte, dalla non possibilità che un qualcosa sia (ossia, dalla negazione di 'è possibile che sia'),

che

sia, ovvero la necesche esso non sia. Ora, se ciò che è necessario è anche a maggior ragione possibile, e se d'altra parte possibile è ciò che non è necessario che sia, e quindi può realmente non essere, è chiaro allora che l'ammissione della non necessità di essere comporta l'ammissione della possibilità di non essere, comporta cioè da un lato la non impossibilità di non essere, (ovvero appunto la non necessità di essere) e dall'altro la non

deriva l'impossibilità che quel qualcosa sità

114

Cfr. Aristot.

De

ini.

13,

22b 10

e

ss.

73

impossibilità di essere (e dunque, la

non

necessità di

non

es-

Dire insomma che qualcosa è possibile, significa riconoscere che per essa non è necessario né essere né non essere. E fino a questo punto, l'argomentazione di Boezio ci riporta all'interno della deduzione aristotelica, mettendo capo tra l'altro anche ad un concetto bivalente della possibilità (M2), quale è quello esposto da Aristotele nel cap. 13 del De insere).

terpretazione

^'^.

Subito di seguito

un

al

testo precedente però, Boezio

ulteriore problema. Egli scrive infatti

Sorge a questo punto una questione alquanto il

pone

^'^:

difficile.

possibile consegue al necessario, e d'altra parte

il

Infatti, se

non necessario

il limite del possibile, perché il non necessario non implica ciò che diciamo che è necessario? In effetti, se il possibile consegue al necessario e se d'altra parte il possibile è non necessario che sia, deve derivarne che è la necessità ciò che predichiamo del non essere necessario. Tale questione si risolve in questo modo. Sebbene ciò che non è possibile che sia abbia la forza della necessità, tuttavia differisce da essa in quanto questo enunciato ha forma affermativa e quello invece negativa. Cosi anche le espressioni: è possibile che sia, e: non è necessario che sia, in tanto differiscono in quanto l'una è affermativa e l'altra negativa, pur essendo la medesima la loro forza di significazione. Ma l'affermazione della possibilità e quella della contingenza conseguono alla necessità. E d'altra parte, sebbene ciò che diciamo non necessario che sia equivalga alla possibilità e sia ad essa conforme, si tratta tuttavia in qualche modo di una negazione. Giustamente pertanto, la negazione con la quale diciamo che qualcosa non è necessario che sia, non consegue all'affermazione che dice: è necessario che sia. Fu Teofrasto, uomo di grande erudizione, a trovare questa solu-

è

zione a tale questione.

La quaestio subdifficilis che qui Boezio pone, riferendone per altro anche la soluzione adottata da Teofrasto, è dunque

'^5

ragionamento di Aristotele è qui quello per cui, se qualcosa è sia, allora è a maggior ragione possibile che sia. Ma poiché la possibilità implica in quanto tale l'essere e il non essere, ne consegue che per quella stessa cosa non è impossibile non essere, ovvero che non è necessario essere. Si arriva cosi all'assurdo di ammettere che per una stessa cosa è necessario essere e non è necessario essere. La contraddizione si evita appunto soltanto ponendo il possibile da un lato come non impossibile che non sia (cioè, come non necessario che sia), e dall'altro come non impossibile che sia, ovvero come non necessario che non sia, ricorrendo quindi in pratica ad una possibilità determinata in senso bivalente (M2): cfr. 22b II

necessario che

11-24. 116

74

In

De

int.

388.29

-

389

=

fr.

17b.

la

seguente. Se la necessità che sia implica ovviamente la

possibilità che sia, e se d'altra parte la possibilità stessa implica la

non

una cosa, per non necessario essere, ossia

necessità, allora è chiaro che per

cui è necessario essere, è anche

l'affermazione della necessità che sia implica la sua stessa

Secondo Boezio, Teofrasto ovviava

questa formale delle proposizioni. In realtà infatti, l'espressione con la quale nego la possibilità differisce dall'altra con cui affermo la necessità, perché appunto, quando dico che qualcosa non è possibile che sia, esprimo la negazione della sua possibilità, e quando viceversa dico che qualcosa è necessario che sia, esprimo soltanto l'affermazione della sua necessità. Analogamente, l'espressione secondo cui affermo la possibilità è diversa dall'altra in base alla quale nego la necessità, perché ancora, quando dico che qualcosa è possibile, esprimo l'affermazione della sua possibilità, e quando viceversa dico che qualcosa non è necessario che sia, allora esprimo la negazione della sua necessità. Eppure in entrambi i casi l'affermazione e la negazione conseguono reciprocamente l'una all'altra, nel senso che per una certa cosa per cui è possibile essere, è ovviamente non necessario (cioè appunto solamente possibile) essere; ovvero nel senso che ciò che non è possibile che sia, è in realtà necessario che non sia. In entrambi i casi ancora ognuna delle due espressioni è il limite dell'altra, secondo il criterio per cui l'affermazione della non necessità implica la possibilità e la negazione della possibilità, a sua volta, la necessità, ovvero la negazione della necessità comporta l'affermazione della possibilità e l'affermazione della necessità comporta la negazione della possibilità e viceversa.

negazione difficoltà

'*'.

ricorrendo ad un criterio

In pratica allora, qualora

non

si

di

a

distinzione

dica che la possibilità che sia

si rendono equipoldue enunciati che sono invece formalmente differenti: tratta infatti da un lato dell'affermazione della possibilità

è equivalente alia

necessità che sia,

lenti si

e dall'altro della negazione della necessità.

E

la

contraddizione

permane, posto che il necessario implichi il possibile. Occorre invece pensare che ciò che è possibile che sia, è invero non impossibile, e che tra la possibilità e la non-imposinoltre

1^^

13,

Che

22b 14

era poi lo stesso già ricordato.

problema posto da Aristotele

in

De

ini.,

ss.,

75

non sussiste differenza specifica, in quanto per qualcosa per cui è possibile essere, è strettamente non impossibile essere. Ma ciò che non è impossibile che sia, è anche non necessario che non sia. E questo allora toglie la contraddizione che nasceva dall'ammissione che il necessario implica il possibile e che quest'ultimo sia poi solamente il non necessario. Se infatti si pone il possibile come equivalente alla non necessità di non essere, si può accogliere senza contraddizione il fatto che il necessario implichi il possibile, perché se ne dedurrà in tal caso che per una cosa per cui è necessario essere è anche non necessario non essere, ovvero di nuovo essere secon-

sibilità

do

la possibilità.

In questo modo allora, stando alla testimonianza di Boemette capo ad un concetto della possibilità determinata in senso monovalente (Mi), e ciò pone Teofrasto su un piano di considerazioni diverso da quello di Aristotele, la cui soluzione, come si accennava di sopra ^^^ è piuttosto nel senso di I vantaggi una possibilità determinata in senso bivalente di un tale uso appariranno ancora più evidenti in sede di sillogistica modale, perché ricorrono in questo ambito, come si vedrà, alcune dottrine nelle quali è riproposto in pratica tale concetto della possibiHtà e nelle quali proprio per questo l'argomentazione riesce, cosi come qui nella tavola delle implicazioni modali, più organica, fluida e semplificata rispetto a quella aristotefica. Avremo quindi modo di ritornare sulla questione. Notiamo comunque intanto che già nel quadro sinottico-deduttivo degli enunciati modali del De affirmatione et negatione, Teofrasto, stando a quanto dice Boezio, metteva in evidenza un senso della possibilità, quello cioè monovalente, che Aristotele conobbe ^^, ma non usò poi nella sua analitica '^ zio, si

^^'^,

(13) Ultima delle testimonianze relative a questa operetta teofrastea è quella di Alessandro di Afrodisia, nella quale

leggiamo

^'^

Cfr. alle pagine di cui alla nota

1'^

Per

phraste,

cit.,

conclusioni pp. 87-91.

tali

De

120

Cfr.

121

La definizione

An. Pr. 122

76

''^i

int.

13,

cfr.

22b 14

I.

ss,

13, 32a

logique

de

Théo-

già ricordato.

classica della possibilità bivalente

18 ss. In Top., 290.24-29 (ad 120a 27). 1,

115.

M. Bochenski, La

ricorre proprio

in

Ma anche se fosse stato posto che queste tre sole virtù siano conoscenze, in cinque modi ciò si potrebbe demolire secondo lo schema indicato. Ovvero, per mezzo di: ogni; di: nessuna; di: più; di: meno; per mezzo dell'espressione: non proprio queste tre sono le virtù che sono state enumerate nella formulazione di ricerca. Di queste cose sembra che anche Teofrasto abbia parlato alla fine dell'opera Dell'afjertnazione.

del

La tesi è qui propriamente aristotelica: si tratta infatti problema dell'opposizione delle proposizioni, esaminata

De

da Aristotele sia nel

È

interpretatione

non

si

zione a tale dottrina, che

si

probabile, visto che

conoscono tratti

di

^^ sia nella

topica

^"^

altre notizie in rela-

un commentario

alla

trattazione che dell'opposizione multipla delle proposizioni

Aristotele ha dato sia in relazione

al porsi della contrarietà logica *^ sia in relazione a problemi più strettamente dialettici ^^.

e retorici

3.

Conclusioni.

L'esame dei

testi

ha fatto dunque emergere

le

seguenti

tesi di rilievo:

a)

il

discorso apofantico, ossia significativo, è l'unico ogget-

to di

b)

una

significativo è poi quel discorso

che

si

pone come medio

tatore per e)

logica rigorosamente apodittica

la

protasi

il

'^^;

(ma

è

anche parola)

non

è

un genere

,

tra la cosa significata e l'ascol-

quale esso significa qualche cosa unico, di cui

si

^^^;

parla

ritrovando essa piuttosto nelle forme predicative di cui consta (cioè, l'affermazione e la negazione), la propria

d)

•^;

natura: della protasi

si

parla

anche

è

un discorso

123

la definizione

dichiarativo, e

come

23a 26 ss. Top. Ili, 6.1206a 6-31. 1^ Cfr. loc. cit. alla nota 123. 1^ Cfr. loc. cit. alla nota 124. Cfr. anche Bochenski, La logique de Théophraste, cit., p. 52, e A. Graeser, Die Logischen Fragmente des TheoCfr. 14,

»24

phrast,

cit.,

pp. 74-75.

127

Cfr. supra, pp. 47-48.

128

Supra, pp. 48-51. Supra, pp. 51-53.

129

77

tale, può rientrare nell'ambito mente logica '^;

e)

una discussione pura-

proposizioni particolari esprimono un rapporto di predicazione in certo senso indefinito, a differenza delle sin-

le

golari,

in esse f)

di

che sono sempre determinate nella misura in cui ^^^; il soggetto è il singolo individuo

l'uso di

una doppia quantificazione, del tutto nuovo

ri-

spetto alla problematica deìV Organon, nella quale tuttavia l'argomentazione resta inserita

g)

la

^^^;

trattazione del principio di contraddizione

come

quella

della

^

definizione,

all'interno

si

della

colloca,

logica

quanto più è insoddisfacente una dimostrazione di esso data in senso apagogico e in sede metafisica h)

le il

proposizioni

e

'^^;

quelle

cui termine tecnico adoperato per designarle

sembra

essere un'innovazione del tutto teofrastea, rappresentano

uno

dei primi esempi di operazioni formali sulle propo-

sizioni di i)

uno schema

logico

''^^;

considerazioni sulla tavola delle implicazioni modali dedotta da Teofrasto in questa operetta, inducono ad ammettere che egli usò in senso monovalente la possibilità (Mi) cosa che, seppur nota ad Aristotele, non è stata da lui resa operante nell'analitica ^^^.

le

In conclusione, pur non offrendo, come si è visto, il delle testimonianze elementi tali che permettano di dimostrare l'esistenza di vere e proprie innovazioni di carattere dottrinale, non v'è dubbio che nelle tesi teofrastee, quali emergono dalle fonti, possono essere rintracciati spunti

panorama

una teoria logica il cui livello di elaborazione e di contenuto sembra alquanto originale e rilevante. La tesi della relazione della parola con le cose, che prelude alla dottrina stoica del la teoria della doppia quantificazione; l'uso di

;

^^3 131

132 133 ^^'f

135

78

Supra, pp. 53-54. Supra, pp. 54-58. Supra, pp. 58-62. Supra, pp. 62-64. Supra, pp. 64-67; 68-72. Supra, 72-76.

di termini tecnici del tutto sconosciuti

ad Aristotele per

indi-

care alcuni tipi particolari di proposizioni (quelle cioè per

metatesi e per prolessi); l'adozione di un senso monovalente della possibilità, rifiutato

zio notevole nella

da Aristotele e che avrà invece spa-

sillogistica

modale

mio avviso, le più interessanti danno a Teofrasto un ruolo di

teofrastea:

queste,

a

argomentazioni che relativa novità rispetto ad Aristotele, all'interno della cui problematica egli continua tuttavia ad essere inserito. tra

le

79

ANALITICI PRIMI

III.

1.

L'opera.

Insieme

al

De

affirmatione et negatione già esaminato,

Taltro scritto teofrasteo su cui siamo relativamente

ben do-

cumentati, è quello che risponde al titolo di Analitici Primi \ Il trattato, verosimilmente in tre libri, riprende, per svilupparle poi con criteri propri, le tesi sostenute da Aristotele nell'opera

omonima. In

particolare, inoltre, le dottrine con-

servate sono tutte collocabili all'interno della problematica

sviluppata da Aristotele nel I libro dei suoi Pri?ni Analitici, ed è assai verosimile che esse facessero parte pressocché interamente del primo dei tre libri che le fonti dicono Teofrasto aver scritto ^ Nulla è stato invece conservato a proposito degli altri due libri, probabilmente perché il commentario di Alessandro di Afrodisia al II libro degli Analitici Primi di Aristotele è andato interamente perduto \

2.

I

testi.

(A) La (1)

sillogistica assertoria

La conversione

della

premessa universale negativa.

' .

Sappiamo che Teofrasto aveva originale. Scrive

in proposito una teoria Alessandro di Afrodisia ^

''': la citazione del titolo ricorre in D.L. 1 V, 42; Alex. Aphr. In An.Pr. 123.18 156.29, 326.21, 328.2, 388.17, 390.2; Simpl. In De caelo, 353.4 Suid. s.v. 2 Cfr. I.M. BoCHENSKi, La logique de Théophraste, cit., pp. 35-36; A. Graeser, Die logischen Fragmente des Theophrasi, cit., pp. 51-52. ^ Cfr. ancora Bochenski, loc. cit. 4 In An.Pr. 31.4-11 (ad 25a 14) = fr. 19a.

Teofrasto ed

Eudemo

niversale negativa

si

modo

in

converte per

più semplice dimostravano che sé:

chiamavano

l'u-

infatti l'universale

negativa privativa universale. In tal modo poi essi conducevano la dimostrazione: si ponga che A non si predichi di nessun B; se non si predica di nessun B, allora A è separato e distinto da esso (ciò che è separato in effetti, si separa da ciò da cui è separato). In tal caso, è separato da ogni A. Ma se è cosi, anche non si predica di nessun A. Cosi dunque Teofrasto ed Eudemo. Aristotele invece sembra dimostrare che tale protasi si converte per sé usando una riduzione all'assurdo.

E

altrove aggiunge"^:

Meglio dunque dire che le cose esposte dimostrano che bisogna che anche sia separato da A, se A è separato da B, cosa che del resto Teofrasto assumeva, in quanto evidente, senza dimostrazione.

La

notizia è d'altra parte anche in Filopono

^

Cosi dunque Aristotele dimostra che l'universale negativa si consé. I discepoli di lui, invece, Teofrasto ed Eudemo, provano la medesima tesi in modo più semplice e chiaro. Dicono infatti che se A non si predica di nessun B, esso è separato da tutte le parti di B: ciò che è separato in effetti si separa da ciò da cui è separato. Cosicché anche non apparterrà a nessun A. Ciò che è infatti separato, è tale in relazione a qualcosa: infatti è separato da qualcosa. Ma ciò che si

verte per

dice in relazione a qualcosa,

si

chiaramente dunque anche

dice in relazione a ciò in cui

non appartiene

a

si

converte;

nessun A.

conversione della premessa universale dunque la seguente. Posta una protasi universale negativa, il cui segno sia espresso con A^B, la dimostrazione il simbolo e\ tale quindi che si dia: della conversione di tale protasi in un'altra inversa di uguale quantità e qualità, ha luogo, secondo Teofrasto, in base al criterio per cui, se A non si predica di nessun B, ciò significa che quello è separato da questo. Ovviamente allora, sarà separato da A, cioè non si predicherà di nessun anche

In relazione

alla

negativa, la tesi di Teofrasto è

3

Loc.

cit.,

34-13-15

=

fr.

19a.

In An. Pr. 48.11-18 (ad 25a 16) = fr. 19b. Adopererò d'ora in avanti la tipologia classica per indicare minazione delle protasi, e cioè: 6

"7

a e i

82

= = — =

premessa premessa premessa premessa

universale universale particolare particolare

affermativa negativa affermativa negativa

la

deter-

A, come appunto volevasi dimostrare. Il rapporto di predicazione universalmente negativo è infatti ritenuto tale da indicare, secondo Teofrasto, la privazione universale dell'un onde, se tra A e non ce alcun ne darà viceversa ovviamente se neped A. Ciò consente allora a Teofrasto di dedurre pure tra la conversione della premessa universale negativa in un modo che è certo logicamente meno complesso, e più lineare, di quello adoperato da Aristotele. Per provare infatti la tesi termine rispetto

all'altro,

tipo di relazione,

non

se Aé'B, allora

ad una dimostrazione che mette capo in sostanza ad un circolo vizioso. Se infatti per Aristotele Ae'B non implica B^A, deve implicare la contraddittoria di questa, almeno deve esserci un qualche C tale da essere predicato

egli ricorre

di

A

e di

ma

;

se ciò è vero, allora

non

sarà più vera la tesi

secondo cui si era ammesso appunto che A non si predica di nessun ^ Tale ragionamento presuppone chiaramente la conversione della premessa particolare affermativa, in quanto, se da Aé-B non deriva per conversione Be' A, deve derivarne allora B/A; e poiché questa si converte in A/B, solo in questo modo si ottiene la contraddittoria della tesi iniziale, AeB, il che crea per l'appunto l'antifasi. Ma di quest'ultima conversione, Aristotele deve in realtà ancora parlare ^. Non solo, ma la dimostrazione della conversione della premessa particolare affermativa è fatta proprio sulla base di quella della premessa universale negativa '^. Si ha cosi in pratica un circolo vizioso nel procedimento, che non dovette sfuggire evidentemente a Teofrasto. di partenza, Aé-B,

Da

questo punto di vista infatti, la sua tesi rappresenta il qualmodo per evitare qualsiasi siasi petitio prìncipi, in quanto basata appunto sulla semplice equivalenza tra l'essere separato e la non appartenenza universale, e dunque in conclusione su una schematizzazione spaziale (estensionale) dei termini, che sembra essere un'inmiglior

,

25a 14-16. 25a 20-22. '^ Ibid. Cfr. G. Patzig, Aristotle's Theory of Syllogism, ss., 162 ss.

8

Art. Pr.

9

Cfr. loc.

I,

2,

cit.,

cit.,

pp.

138

83

novazione del tutto teofrastea ^\ L'osservazione di Franti relativa al 'formalismo' '^ di questa dimostrazione, da lui ritenuta per altro molto 'comoda' '\ non sembra essere in realtà molto corretta, se è vero, come dice Alessandro nel secondo dei brani riportati, che Teofrasto assumeva tale tesi senza dimostrazione, in quanto evidente per sé. E questo allora rende Teofrasto molto meno formalista di Aristotele ^^, pur restando il fatto che l'argomentazione qui esposta, per quanto forse più intuitiva, è d'altra parte più fluida e logicamente meno complessa di quella aristotelica.

(2) I cinque nuovi

modi

sillogistici della

I figura.

Un'altra dottrina collocabile all'interno della sillogistica

da parte di Teopur avendo la loro ragione in alcune indicazioni di Aristotele, non sono stati poi da lui chiaramente esplicitati e dedotti ^\ assertoria, è quella relativa all'elaborazione

frasto di cinque nessi sillogistici, che,

tro

Dopo

aver commentato l'esposizione aristotelica dei quat-

modi

di I figura,

Alessandro d'Afrodisia scrive

'^

dunque dimostra che proprio questi quattro sillogismi hanno luogo in modo specifico nella prima figura. Teofrasto invece a questi quattro aggiunge altri cinque modi, i quali non sono né perfetti né indimostrabili. Di essi fa menzione invero anche AristoAristotele

posti

tele, di alcuni proseguendo in questo stesso libro, di altri nel libro seguente, il secondo, agli inizi. Ai primi tre, che si ottengono per conversione della conclusione rispettivamente del primo, del secondo e del terzo indimostrabile, Aristotele accenna all'inizio del secondo libro, si abbiano più conclusioni rispetto alle premesse poste. Agli altri due invece Aristotele accenna in questi stessi luoghi, dove dice che dei nessi asillogistici sono perfetti asillogisticamente quelli che hanno uguale schema, mentre quelli che, pur essendo asillogistici, hanno una premessa universale negativa e sono di schema diverso deducono qualcosa dall'estremo minore al mag-

dove

ricerca se è possibile che

stesse

^' Cfr. I.M. BocHENSKi, La logique de Théophraste, cit., A. Graeser. Die logischen Fragmente des Theophrast, cit., p. 75. '2 Geschichte der Logik, cit., I, p. 361.

'3

Op.

ai.,

^*

Cfr.

I.

I

p.

56;

p. 364.

M. BocHENSKi, La logique de Théophraste,

cit.,

p.

55\

A.

Graeser, Oie logischen Fragmente des Theophrast, cit., p. 75, già ricordati. '5 Sono quei modi che Lukasiewicz {Aristotle's Syllogistik, cit., p. 27) definisce homeless nella prospettiva aristotelica. 16

84

In An.

Pr.,

69.26

-

70.21 (ad 26b 30)

=

fr.

23a.

giore. Sono questi ultimi due nessi secondo la prima figura, l'uno formato da una premessa maggiore universale affermativa e da una premessa minore universale negativa, l'altro formato da una premessa maggiore particolare affermativa e da una premessa minore universale sono di uguale sono sillogistici negativa. Gli altri nessi oltre questi non hanno la premessa minore universale negativa. Di essi, schema l'uno ottavo, l'altro nono chiama Teofrasto. Convertite invero entrambe le premesse, se ne deduce una conclusione particolare negativa, che congiunge l'estremo minore al maggiore. Se tale conclusione si convertisse, ciascuno di questi due nessi sarebbe ovviamente e necessariamente sillogistico, giacché dimostrerebbe la tesi per conversione della conclusione. Ma poiché non si converte, rispetto alla dimostrazione dell'assunto, tali nessi sono asillogistici, in quanto se ne può dedurre sillogisticamente qualcosa di diverso. Ne abbiamo accennato perché stiamo parlando dei modi topici.

Altrove poi, lo stesso Alessandro sostiene

'^

assuma dunque in primo luogo nella prima figura il nesso formato dalle due seguenti premesse: A appartiene ad ogni B, non appartiene a nessun C. Rispetto a questo nesso, non si deduce alcuna congiunzione di A con C, e perciò il nesso è asillogistico in quanto incapace di dimostrare l'assunto. Se ne deduce invero qualcosa sillogisticamente, ma tale che si congiunge l'estremo minore al maggiore. Convertite infatti entrambe le premesse, si ha che appartiene a qualche A, giacché C non appartiene a nessun e che Si

sillogistico

(-;)

converte nella particolare. Da queste preC non appartiene a qualche A, C assumendo nella conclusione il ruolo di termine maggiore e A quello di termine minore al contrario di come si era stabilito. In nessun caso però si converte la particolare negativa, di modo che, operata la conversione, si possa ottenere la conclusione proposta, giacché in tal caso sarebbe stato questo nesso sillogistico, ma non anapoditticamente. A proposito di una simile connessione di protasi, dunque, questo si dimostra e in questo modo. E quanto poi all'altro nesso, che ha la premessa maggiore particolare affermativa e la minore universale negativa, per conversione di entrambe le premesse, dimostra anch'esso che C non appartiene a qualche A, al contrario di come erano disposti i termini. Sono questi i due sillogismi ultimi dei cinque, aggiungendo i quali a quelli già posti nella prima figura, Teofrasto dice essere nove i modi della figura stessa. Questi sillogismi sono ultimi perché non dimostrano la tesi in senso assoluto come fanno invece gli altri per conversione della conclusione. Degli altri tre poi, che si formano per conversione rispettivamente del primo, del secondo e del terzo modo l'universale affermativa

messe,

si

deduce

si

allora che

(),

della

prima

figura,

Aristotele fa cenno cominciando

il

secondo libro

come abbiamo già detto e qui di nuovo ricordiasono quei modi che si collocano prima degli ultimi due se-

degli Analitici Primi,

mo, e condo 17

la

disposizione di Teofrasto.

in An.Pr. 109-29

-

110.21 (ad 29a 19)

=

fr.

23b.

85

La

notizia è riportata d'altra parte anche da Boezio, nel

quale leggiamo

^^

Teofrasto ed Eudemo invero aggiungono a questi quattro modi cinque, dei quali Aristotele dà la ragione nel secondo libro deAnalitici Primi, cosa che sarà meglio spiegata in seguito.

altri gli

E

altrove lo stesso Boezio scrive

^^:

Questi quattro nessi dunque Aristotele stabili per la prima figura Ma Teofrasto ed Eudemo ne aggiunsero altri cinque, e con loro sembra essere d'accordo anche Porfirio, studioso di grande competenza. E questi modi sono allora di tale genere.

nei suoi analitici.

Questa l'esposizione

di Boezio

Quanto dunque abbiamo detto

,

^°:

dianzi, è dimostrato

da Aristotele

Prendendo spunto proprio da questo, Teofrasto ed Eudemo pensarono di aggiungere alla prima fi-

nel secondo libro dei Primi Analitici.

gura

altri sillogismi,

che sono di genere tale da essere chiamati

'

cioè quasi per rifrazione e conversione della proposizione.

Ed

è dunque il quinto modo, quello che da due universali affermative deduce una particolare affermativa in questo modo: se A è ad ogni e ad ogni C, se ne può certamente dedurre che il termine A è a

termine C. Ma poiché questa protasi universale, come si è converte in senso particolare, premesso che il termine A si predica di tutto il termine C, la conclusione si dice allora essere che il termine C si predica di qualche A. Ciò può essere dimostrato tramite il seguente esempio. Se in effetti le protasi sono cosi disposte: ogni cosa giusta è bene, ogni virtù è giusta, se ne può certamente dedurre che ogni virtù è bene. Ma poiché questa proposizione si contutto

detto,

il

si

18

De

19

Op.

11.813

syll.cat., cit.,

814

C =

C = fr.

fr.

23c.

23d.

20 Op. cit., 815 A = fr. 23e. Va tuttavia notato che questo brano di Boezio genera qualche perplessità. In effetti, come si vedrà dal contesto, tutti gli esempi di cui egli si serve per illustrare i nuovi modi sillogistici, la cui elaborazione è attribuita senz'altro a Teofrasto ed Eudemo, non ricadono nella definizione aristotelica della I figura, ma propriamente in una quarta possibilità di schema; la loro forma è invece resa da Boezio secondo quella stessa definizione. L'incertezza qui rilevabile è forse dovuta al fatto che Boezio conosceva già una vera e propria IV figura sillogistica, ma non trovava conferma nella tradizione che il passaggio dai cinque nuovi modi ad un nuovo schemia (il IV appunto) fosse una realtà operante già in Teofrasto.

Da

sottolineare infine la presenza nel testo di alcune espressioni, quali per

es.

'si

quod

A

fuerit in

ecc.',

omni

et

fuerit in

omni C, posset equidem concludi

che denotano una qualche ambiguità nel probabile tentativo

trasformare le regole sillogistiche in leggi.

86

di

verte per sé, di modo che, al particolare, qualche bene è virtù, se ne ricava un sillogismo e una conclusione particolare da due preè messe universali affermative. La sua forma è allora la seguente:

A

è ad ogni C, e dunque C è a qualche A, come in: ad ogni B, ogni cosa giusta è bene, ogni virtù è giusta, qualche bene è virtù. Si dice quindi per conversione e per rifrazione, perché ciò che è stato dedotto in senso universale, convertito, dà luogo ad una deduzione in senso particolare. Il sesto modo della prima figura, è quello che consta di una universale negativa e di una universale affermativa, e che deduce per conversione una conclusione universale. In d'altra parte è ad ogni effetti, se il termine A non è a nessun B, e C, se ne può ovviamente dedurre che il termine A non è a nessun C. Ma poiché l'universale negativa si converte, diciamo allora che il termine C non è a nessun A. Come per esempio, da: nessun bene è male, e: ogni cosa giusta è bene, se ne può dedurre: nessuna cosa giusta è male. Ma da questa per conversione, deduciamo che nessun male è giusto. Il settimo modo della prima figura è quello che da una universale affermativa e da una particolare affermativa deduce per conversione una particolare affermativa. Se infatti il termine A è ad ogni B, si predica di qualche C, può allora darsi che il termine A e il termine si predichi di qualche C. Ma poiché la particolare affermativa si converte per sé, la conclusione ha luogo per conversione e per essa si dice che il termine C si predica di qualche A. Come per esempio, da: ogni bene è virtù, e: qualche cosa giusta è bene, si può dedurre che qualche cosa giusta è virtù. Ma poiché la particolare affermativa si converte, diciamo che qualche virtù è cosa giusta. L'ottavo modo della prima figura si ha tutte le volte che da una universale affermativa e da una universale negativa, si deduce una particolare negativa. Se infatti il termine A è predicato di ogni B, e non si predica di nessun C, non se ne può dedurre che il termine A non si predica di nessun C. Perché invero non si possa, è spiegato nell'analisi. Ma poiché l'universale negativa si converte per sé, si può dire per conversione che il termine C non si predica di nessun B; ma si predica di qualche A, poiché l'universale affermativa si converte per sé nella particolare; perciò, il termine C non si predicherà di qualche A. Cosi per esempio, da: ogni bene è cosa giusta, e: nessun male è bene, non si può dedurre che nessun male è giusto; ma si può piuttosto operare una conversione in modo tale da avere: nessun bene è male, qualche cosa giusta è bene, e dunque qualche cosa giusta non è male. Il nono modo della prima figura è quello che da una particolare affermativa e da una universale negativa, deduce una particolare negativa per conversione. Se infatti il termine A si predica di qualche B, ma non si predica di nessun C, non se ne può dedurre che A non si predica di qualche C. Perché non si possa, anche questo abbiamo spiegato nell'analisi. Ma poiché l'universale negativa si può convertire, si d'altra dirà allora che il termine C non si predica di nessun B, e che parte si predica di qualche A; C pertanto non si predicherà di qualche A, come nell'esempio: qualche bene è cosa giusta, nessun male è bene, qualche cosa giusta non è dunque bene.

87

sta

Vi è infine in proposito anonimo, il quale dice ^^

la

testimonianza di uno scolia-

Teofrasto dice che sono nove i sillogismi della prima figura, come abbiamo detto. Sembra però che anche Aristotele abbia fatto menzione di nove modi, e cioè: dei quattro indimostrabili; dei tre di cui parla qui, che si ottengono per conversione della conclusione dei primi tre modi di prima figura (il quarto infatti non si converte), e di altri due, dei quali parlava nel primo libro, dove diceva che tra i nessi asillogistici, quelli che hanno le protasi di schema diverso e una premessa universale negativa, sillogizzano qualcosa di diverso rispetto a ciò che si era posto in precedenza. già

La

Teofrasto è allora che non quattro, come voma nove sono i modi sillogistici che si possono dedurre validamente all'interno della I figura assertoria. I cinque nuovi sillogismi, a detta dello stesso Alessantesi di

leva Aristotele ^^

2' Schol. Brandis 188a 4-12 = fr. 23g. Un posto a parte spetta alla seguente testimonianza di Apulecio {De int. XIV. 193.7-13 = fr. 23f), resa ulteriormente problematica dalla lacuna presente nel testo:

Verum

prima formula quattuor solos indemostrabiles proquinque enumerant. nam propositionem iungens indefinitam colligensque illationem indefinitam """" hoc supervacaneum est tradere, cum indefinita prò particulari accipi(a)tur et idem futuri sint modi, qui sunt ex particularibus.» «

didit,

La

Aristoteles

Theophrastus

in

ceteri

et

qui espressa da Apuleio potrebbe essere interpretata nel senso che mentre Aristotele avrebbe posto nella I figura quattro indimostrabili (il termine è tra l'altro propriamente stoico), Teofrasto ed altri ne avrebbero invece posti cmque. Ma ciò sarebbe chiaramente errato, come rileva Bochenski, {La logique de Théophraste, cit., p. 16 nota 22), prima tesi

in pratica,

di tutto perché modi teofrastei non sono affatto indimostrabili, e in secondo luogo perché Teofrasto annoverava non cinque, ma nove modi nella I figura. Fa tuttavia giustamente rilevare Graeser, [Die logischen Fragmente i

des Theophrast, cit., p. 81) che Apuleio dimostra altrove (cfr. ancora De int. IX.188.4-11) di conoscere assai bene la distinzione tra i nessi aristotelici e quelli teofrastei; e pertanto l'espressione del brano riferito potrebbe essere intesa nel senso che Aristotele ritenne validi nella I figura quattro indimostrabili, e che d'altra parte Teofrasto avrebbe aggiunto a questi un quinto sillogismo indefinito. In che senso poi questo sillogismo sia indefiall'altro in ferio, nito; se Apuleio intenda qui riferirsi al modo in darii e perché infine Teofrasto avrebbe aggiunto un solo sillogismo, è tuttavia impossibile a chiarirsi a causa della lacuna del brano. 22

88

Cfr.

An. Pr.

1.1

-

se

1.2

-

se

L3

-

se

1.4

-

se

I,

4:

AaB AeB AaB AeB

25b 37-40)

allora

AaC AeC

{barbara:

BaC,

{celarent:

25h 40-26a

e BiC,

allora

AiC

{darti:

26a 23-25)

e BiC,

allora

AoC

{ferio:

26a 25-30).

e BaC, allora e

2)

dro di Afrodisia, non sono né perfetti né indimostrabili": tanto è vero, che essi si ricavano proprio attraverso un processo dimostrativo applicato ai quattro modi della I figura aristotelica. E del resto, la stessa idea prima per la formazione di questi nessi è già in Aristotele. Egli aveva infatti in qualche modo accennato alla possibilità di ricavare dalle stesse premesse più conclusioni in tutti quei casi in cui sia possibile convertire le conclusioni stesse ^\ L'unica eccezione

questa procedura, nell'ambito della I figura, è il quarto la cui conclusione particolare negativa non dà luogo ad una conversione necessaria ^. Ma Aristotele, evidenziana

modo,

do il fatto che in tutte le figure, quando non si ha sillogismo, non si costituisce alcun nesso valido nel caso in cui le preentrambe negative, somesse siano entrambe affermative stiene che, qualora si diano una premessa negativa (assunta in forma universale) e una premessa affermativa (universale particolare), si realizzano modi corretti, ma cosi conformati da mediare nella conclusione l'estremo che è minore nelle premesse all'estremo che è maggiore nelle premesse stesse, al contrario di quanto avviene nella prassi sillogistica normale "^ Cosi, posto il nesso di protasi A^B (o A/'B) e BcC, si ottiene una conclusione valida solo convertendo entrambe le premesse e trasponendole in modo che l'universale negativa diventi la premessa maggiore e quella particolare affermativa, nella quale

si

convertono

sia

l'universale che la

particolare affermativa, la minore; perché solo in questo caso si

rientra

nell'ambito di

un modo

sillogisticamente valido,

cioè quello in ferio di I figura. Solo che la conclusione cosi

ottenuta congiunge

il

termine maggiore

mente da quanto avviene Rispetto

al

modo

sillogismi validi,

una

in tutti gli altri

al

minore, diversa-

modi

riconosciuti ^\

possono ottenere due partendo dall'assunzione di due premesse, in ferio, quindi,

si

delle quali affermativa (universale

particolare) e l'altra

negativa universale.

termine adoperato è stoico: cfr. SVF 11.241 ss. Gli indimostrasono per Crisippo quelle forme (egli ne pose cinque) 'evidenti senza dimostrazione' (cfr. D.L. VII.79). Cfr. anche SVF IL p. 77.26. Per tutto cfr. M. Pohlenz, La Stoa, cit., I p. 91, 475. 24 An.Fr. II, 1, 59a 3. 25 Loc. cit., I, 2,25a 23-26. 26 Loc. cit., L, 7, 29a 19-27. 2^

bili

Il

(vóLoL)

27

Ibid.

89

Ora, Teofrasto riprende amalgamandole ed organizzandole tutte queste sparse annotazioni di Aristotele, ed arriva

modi

cosi all'elaborazione dei seguenti cinque 1.3

se

A^B

(da:

1.6

se

AeB

(da: 1.7

e

1.8

se

se

B^C, e

B^C,

allora

allora

B^C,

A^B

se

A^B

e

A/B

(da:

BeC, e

allora

comprende

C^A KeC

celar ent)

-

OA darti)

-

CoA

B/A, allora Co A

e B(?C, allora

se Bé'C e

barbara)

-

e B/'C, allora A/'C

B^C

se

AaC

allora

e BiC, allora

(da:

1.9

e

AeB

se

se

(da:

A

e BaC, allora

A^B

se

sillogistici:

-

ferio)

CoA

B/A, allora

CoA

-

ferio)

sono stati abbiano secondo Boezio, sia poi essa meno un'innovazione teofra^^ Essi sono validi stea ^^ la denominazione infatti appunto per conversione: i primi tre per conversione della conclusione e gli ultimi due per conversione e trasposizione delle premesse ^^ E questo ripropone ancora una volta la questione della IV figura, perché è evidente che operando in tal modo si ottengono risultati che vanno più in là di quanto i testi non lascino intendere. Come si vede, i Si

indicati in seguito

allora perché questi nessi, che

come

indiretti della I figura,

'

^

BocHENSKi, La logique de Théophraste, cit., pp. 56-57 nota 206. Un'espressione del genere ricorre anche in Filopono, il quale scrive Cfr.

^ {in

An. Pr. 78.10-20):

«Oltre questi, ci sono ancora i sillogismi i quali derivano dai primi per semplice conversione per sé della conclusione. Se per esempio la conclusione è universale negativa, il sillogismo sarà il seguente: pietra non si predica di nessun animale, animale si predica di ogni uomo, pietra non si predica di nessun uomo e uomo non si predica di nessuna pietra, giacché sappiamo che la privativa universale si particonverte per sé. Se invece la conclusione è universale affermativa, sarà parcolare affermativa, la conclusione del sillogismo ,

ticolare

affennativa:

l'universale

particolare affermativa si particolare affermativa. deriverà nessuna conclusione con-

affermativa e

la

convertono entrambe nella stessa protasi, ossia

Da una vertita,

sione,

particolare negativa invece non poiché una protasi del genere è tale che non mantiene

ma

anzi

^ Sono

.

stanno

90

la

per

i

la fa

modi che secondo Alessandro

ultimi

la

conver-

cadere». nella

disposizione

(cfr.

il

teofrastea

testo di cui alla nota 17},

perché

non

dimostrano

sillogismi 1.5

-

1.9 rientrano, dal

punto di

vista della dispo-

premesse, nell'ambito della I figura aristotelica: il medio è infatti regolarmente contenuto nell'estremo maggiore della prima premessa (è cioè il soggetto di essa), e d'altra parte contiene l'estremo minore nella seconda premessa (è in pratica il predicato di essa), oltre ad essere medio anche per posizione ^\ Ma la loro conclusione convertita media l'estremo che è minore nelle premesse all'estremo che è maggiore nelle premesse stesse, invertendo quindi l'ordine di soggetto e predicato e contraddicendo cosi alla prassi usuale della sillogistica ^^ Occorre allora che i nessi indicati siano trasformati in modo tale che la disposizione formale delle premesse e della conclusione non violi nessuna delle condizioni poste da Aristotele. Tenuto conto inoltre che la prassi generalmente accettata considera A come estremo maggiore e C come estremo minore, i modi 1.5 - 1.9 possono essere sizione

delle

cosi trascritti: e

se

B^A B^A

se

B/A

e

CaB,

-

se B(?A e

QB,

allora

-

se

B^A

GB,

allora

5'

-

se

6'

-

7'

-

8'

9'

C^B,

allora

e C(?B, allora

e

allora

AiC AeC AiC AoC AoC

In tal modo però, sono stati dedotti dei sillogismi che, pur essendo validi, non ricadono propriamente sotto nessuna delle schematizzazioni a cui possono essere ridotte le definizioni aristoteliche delle tre figure sillogistiche, avendosi piuttosto in questo caso una quarta modalità di caratterizzare la posizione del medio rispetto agli estremi ". Se questi modi

^'

An. Pr.

È appunto I,

4,

la

definizione

aristotelica

della

I

figura

assertoria:

cfr.

25a 35-37.

Cosi Aristotele in An. Pr. I, 4-6. In pratica però, Aristotele, proprio col dare le indicazioni utili per la formazione di nuovi modi sillogistici (cfr. An. Pr. I, 7 e II, 1, citati) ha lasciato intatte le possibilità di una IV figura, a patto che ovviamente egli abbia intuito che quelle forme possono essere trasformate, attraverso lo scambio dei termini nella conclusione, in modi com.unemente accettati. Per la questione cfr. A. Trendelemburg, Logische IJntersuchungen, Leipzig, 1870, 2 voli., II p. 342 e ss.; F. Uberweg, System der Logik und Geschichte der logischen Lehren, Bonn, 18855, pp. 326-345; W. D. Ross, Aristotle's Prior and Posterior Analytics, Oxford, 1949, pp. 301 ss.; I. M. BocHENSKi, La logica formale, cit., I, pp. 100-102, e History of formai lo^2

^^

91

possono tuttavia essere inquadrati in uno schema, esso è certamente quello della I figura, in quanto il medio fa una volta da soggetto e una volta da predicato nelle premesse; ma la disposizione dei termini è tale da configurarsi in una maniera esattamente opposta a quella della I figura stessa ^\ Comunque sia, i testi indicano chiaramente che lo stesso Aristotele considerava, sia pure implicitamente, i sillogismi 1.5 - 1.9 come validamente dedotti, malgrado essi violino poi in qualche misura la prassi normale (comunemente accettata) del metodo sillogistico. E d'altra parte il fatto che le premesse siano disposte in modo tale che il medio faccia da predicato in una premessa e da soggetto nell'altra, è il segno che ci troviamo di fronte alla prima delle possibilità di mediare il medio agli estremi, cioè alla I figura. I nuovi modi teofrastei ora, che, rispetto al problema lasciato aperto da Aristotele, rappresentano una soluzione tanto valida quanto l'introduzione effettiva di una IV figura sillogistica ^', rimuovono al-

meno (a)

tre difficoltà derivate dall'esame dei testi aristotelici:

respingono

criterio di estensionalità

il

che interagisce in

Aristotele nella descrizione della I figura assertoria; (b) ab-

bandonano

gic,

pp. 70-71;

cit.,

G. Patzig,

^

l'idea della perfezione dei

modi

di questa stessa

Kneale, The development of Logic, cit., Theory of Syllogism, cit., pp. 109-118.

p.

101

ss.;

Aristotle's

tanto dal punto di vista della posizione, quanto dal punto medio rispetto agli estremi nelle premesse, possono ragionevolmente dedursi quattro possibilità di combinazione, come risulta dai seguenti schemi, in cui A e C sono gli estremi e

In

effetti,

della funzione grammaticale del

di

vista

il

medio:

a)

Posizione

FIGURA

2^

4a

3-

A

I

C c

A

II

A

IH

C C

A

IV b)

Posizione

FIGURA 1

I

II

III

IV ^5

92

pred. pred. pred. pred.

Lukasiewicz,

a

2a

4a

3^

(A)

sogg.

(B)

(B)

sogg.

(A)

(A)

sogg.

(B)

(B)

sogg.

(A)

Aristotle's Syllogistic,

pred. pred. pred. pred. cit.,

(B) (B) (C) (C)

p. 26.

sogg. fC) sogg. (C) sogg. sogg.

(B) ÌB)

mettono capo in pratica ad una nuova definizione quanto il medio fa ancora una volta da soggetto e una volta da predicato; ma non è poi ulteriormente figura; (e)

della I figura, in

precisato, al contrario di ciò che sostiene Aristotele ^^ in qual'altra delle sue funziole delle due premesse svolga l'una ni ^^ La dottrina tuttavia, cosi come ci è presentata dalle te-

stimonianze, non fa di Teofrasto un formalista ante

ram

^^

ma

litte-

costituisce piuttosto la deduzione a sistema di in-

tuizioni già aristoteliche

^^.

Tra l'altro, non tutti gli accenni di Aristotele utili per formazione di nuovi sillogismi validi sono stati resi operanti da Teofrasto. Cosi per esempio, non si possono attribuire a lui quegli ulteriori ampliamenti della sillogistica assertoria dei quali parla Apuleio ^^'. la

Aristone Alessandrino e alcuni dei Peripatetici più giovani intro-

ducono inoltre altri cinque modi con conclusione universale: tre nella prima figura e due nella seconda, che danno luogo a conclusioni particolari. [Ma] è del tutto inopportuno dedurre il meno da ciò a cui è annesso di più.

Si tratta qui di nessi sillogistici deducibili in base ad un passo di Aristotele nel quale sono indicate quelle che in termini di logica moderna si chiamano 'leggi di subordinazione', in virtù delle quali se A si predica di ogni B, a maggior ragione deve predicarsi di qualche B, ovvero se A non si predica di nessun B, a maggior ragione non si predicherà di qualche B'*'. Ora, di sillogismi con conclusione universale ne troviamo effettivamente due nella I figura {barbara e celarent)

e

due

nella II {cesare e camestres),

avendo invece

la

III

fi-

gura sillogismi a conclusione solo particolare. Rispetto (1)

se

alla

I

A^B

e

da: (2)

^ 37 3S

3^

B^C,

abbiamo

allora

se

B^C,

A^B

allora

allora:

AiC

se A^zB e B^^C, allora

se A(?B e

da:

figura

A^C

AoC keC

e BaK e BoC, allora AoC {baroco)

se

Analogamente un verso '^:

e per

Co A

allora

se Bé-A e B/'C, allora

da:

Ancora

essere attribuite a Teofrasto, perché nel passo

in base ad Aristot.,

An. Pr.

I,

7.

sono [An. Pr., I, 6): CaB, allora AzC {darapti: 28a 18-26) CaB, allora AoC {felapton: 28a 26-30) CaB, allora AiC {disamis: 28b 7-11) OB, allora A/C {datisi: 28b 11-15) CaB, allora AoC {bocardo: 28b 15-21)

I sillogismi della III figura aristotelica

A^B AeB

111.1

-

se

111.2

-

se

111.3

-

se

A/B

111.4

-

se

IIIJ

-

se

III.6

-

se

AaB AoB keB

e e

e e e

e C/B,

allora

AoC

{ferison:

28b 31-35)

In base ad Aristot. An. Pr. II, 1. In base ad Aristot. An. Pr. I, 7.

95

di

Alessandro ricordato

il

suo

nome non compare

ferenza che nel contesto precedente, nel quale tore ha illustrato

A

nuovi sillogismi

i

proposito però del primo

il

mai, a dif-

commenta-

relativi alla I figura ^^

modo

della III figura (in

darapii), Alessandro scrive^':

Dei sei sillogismi che compongono la terza figura, il primo nell'ordine è formato da due premesse universali affermative e deduce il particolare affermativo per conversione della premessa minore. Può invero ottenersi anche per conversione della premessa maggiore, ma bisognerà convertire, in tal caso, anche la conclusione. Proprio per annoverando tale sillogismo come diverso dal questo, alcuni precedente dicono che sono sette i modi di questa figura. Il primo è dunque quello formato da premesse entrambe universali ed entram-

(),

be affermative.

Gli «alcuni» di cui parla qui Alessandro, possono essere base di una testimonianza di Apuleio, che

identificati sulla

appunto Apuleio ^^:

riferisce fatti

Nella terza figura affermative, deduce

il

il

dottrina a Teofrasto. Dice

stessa

la

in-

primo modo è quello che, da due universali

particolare affermativo tanto direttamente quan-

dall'altra inversamente (...). Non importa infatti che dall'una due premesse si prenda il soggetto, perché non importa quale delle due [conclusioni] si enunci prima. Pertanto, non giustamente ritenne Teofrasto che a motivo di ciò questo modo sia non unico, ma

to

delle

duplice.

La

tesi

che

si

può

attribuire a Teofrasto secondo questi

un raddoppiamento di darapti. avrebbe allora nient'altro che un'ulteriore applicazione del metodo da lui già adoperato a proposito dei modi di I figura. In effetti, il sillogismo di III figura in darapti testi

Con

è

dunque

in sostanza

ciò, si

(a)

se

A^B

e

OB,

allora A/'C

può, per conversione della conclusione, diventare (b)

^ 51

52

96

se

A^B

e

C^B,

allora

Cfr. BocHENSKi, La logique de Théophraste, In An. Pr. 95.25-30 (ad 28a 10) = fr. 24a.

De

ini.

XI. 189.19-27

=

fr.

24b.

OA cit.,

p. 61.

ovvero, tenuto conto dello scambio dei termini nella conclusione, se

(b')

che

come

è,

stessa III

CaB

e

A^B,

allora

OA

vede, una connessione valida all'interno della Che si tratti ora di nessi validi, è dimo-

si

figura.

il modo (a) prova, come vuole Aristoper conversione della premessa minore:

strato dal fatto che tele ",

A^B

se

mentre

modi

i

e BzC, allora

AiC

{darii, di I)

come

(b) e (b') provano,

spiega Alessandro

nel brano citato, per conversione della premessa maggiore. Si

ha cosi rispetto

a (b):

se

B/A

e

in cui bisogna convertire

C^B,

allora

A/C

A/'C per ottenere la conclusione

voluta, e rispetto a (b'): se

B/C

In questi ultimi due

e

allora

casi, però, la

uno dei due modi

traverso

AaB,

assertoria, bensì attraverso

deduzione non è fatta

uno

malmente parlando, proprio che

modo

at-

posti da Aristotele nella I figura

in

modi che Teofraschematicamente e for-

dei nuovi

sto aveva teorizzato e che rientrano,

gnifica allora

GA

una IV

figura ^.

Questo

si-

sono in pratica due forme del primo

ci

della III figura, e cioè (a)

se

(b)

se

A^B A^B

e

CaB,

allora

e CaB, allora

A/C C/A

delle quali la seconda può ben essere ottenuta per semplice conversione della conclusione della prima, e per conseguente scambio degli estremi A e C, come rileva Apuleio, il quale, come abbiamo visto, critica tuttavia proprio per questo la soluzione adottata da Teofrasto ^^

^ e

Secondo

per ectesi:

^

Cfr.

^^

Cfr.

p. 82,

La

il

cfr. il

quale esso è dimostrabile tra

An. Pr.

modo

A.

7'

I,

6,

l'altro

anche per riduzione

28a 19-25.

esposto di sopra a p. 91.

Graeser, Die logischen Fragmente des Theophrasi,

notizia è riportata invero anche da Galeno, Inst. Log.

cit..

11.7:

97

da chiedersi perché questa reduplicazione della III figura. In effetti, se la prova del sillogismo in questione può avvenire validamente anche per conversione della premessa maggiore, come risulta dalla deduzione di sopra esposta, ciò significa che tra le due formulazioni di esso sussiste una differenza che è reale almeno quanto quella che si dà nella II figura tra C'è,

adesso,

portasse a sette

modi

i

se Bé-A e

(a)

(b)

BaC, allora Cé-A e BaC, allora AeC (cesare)

BeA

da:

se

se

B^A

e

B^C, allora CeA B^C, allora AeC [camestres)

se B^^A e

da:

come sembra

suggerire lo stesso Alessandro ^^ ovvero, nella

stessa III figura tra se

(e)

kiB

e

CaB,

A/B

da:

se

se

A^B

da:

se

allora

OA A/C

e C^^B, allora

(disamis)

e (d)

e C/B, allora Ci

AaB

A

e CiB, allora

A/C

(datisi)

«Per conversione della conclusione, nella terza figura si ottiene [una nuova conclusione] solamente in relazione al primo modo.» Il

.

,.

testo greco

,

va però corretto nel senso indicato da Bochesnki {La logique de Théophraste, cit., p. 62 nota 212), cioè deve essere sostituito con in modo che l'argomentazione si riferisca appunto al primo modo della III figura, e non al terzo [datisi), che in realtà non può essere raddoppiato.

Posto

infatti

e

se

GB,

allora

A/C

[datisi]

una tale connessione può essere dimostrata solo tramite la conversione della premessa minore, come già Aristotele sosteneva (cfr. An. Pr. 1, 6, 28b 11-15), per avere cosi se

Qualora

si

AaB

e B/C, allora A/'C [darii, di

converta infatti

la

premessa maggiore,

si

I).

ottiene

un

del tipo se

B/A e BiC,

allora

A/C

che non corrisponde a nessuna forma valida. ^ Subito di seguito al brano di sopra riportato:

98

cfr.

fr.

24a.

sillogismo

in

quanto ovviamente non

si

tenga conto,

come

fa Aristo-

premesse e dei simboli ". Ma valide, allora è chiaro che deve essere sono distinzioni se tali accettata anche quella doppia posizione di darapti, che dà luogo, secondo quanto abbiamo visto, a due implicazioni rigorosamente deduttive '^^ Se ora si deve credere ad Ammonio, Teofrasto pensava che i modi della II e III figura, lungi dall'aver bisogno di quelli della I per essere dimostrativi, sono invece conclusivi in sé e per sé. Dice infatti il commentatore ^^ tele, della disposizione delle

Bisogna dunque sapere che Aristotele era dell'opinione che i sillogismi della seconda e terza figura sono tutti imperfetti mentre Boeto (...) era al riguardo di parere opposto. (22) D'altronde, di Aristotele, sembr? vivere su anche Teofrasto, il discepolo tale questione un'opinione contraria a quella di Aristotele stesso.

(),

()

In proposito, il Bochenski sostiene che la notizia non possa essere assunta come assolutamente certa, perché a parte la scarsa attendibilità della fonte, che in questo caso non è ulteriormente confermabile, rimane d'altra parte il fatto che in realtà i modi elaborati da Teofrasto, come risulta dalla testimonianza di Alessandro di sopra riportata, sono tutti dimostrabili senza essere perfetti *^ È però probabile che qui Ammonio intendesse riferirsi a quell'aspetto della questione per cui i sillogismi di II e III figura hanno secondo Teofrasto, dal punto di vista dimostrativo, la stessa capacità deduttiva di quelli di I, che quindi non sono più le condizioni della validità degli altri

^'.

Ancora in relazione alle forme della III figura, sappiamo, questa volta con un margine maggiore di sicurezza, che Teofrasto sosteneva un'altra dottrina. La tesi ricorre in Filopono e in uno scoliasta anonimo. Scrive Filopono ": Teofrasto invero poneva questo sillogismo come quarto, in quanto ha bisogno di due conversioni; Aristotele invece come terzo (...)

^

Cfr.

58

Ibid.

59

In An.Pr. 31.11-23 (ad 24b 18) = fr. 25. logique de Théophraste, cit., pp. 64-65. Cfr. A. Graeser. Die logischen Fragmente

Bochenski, La logique de Théophraste,

cit.,

pp. 63-64.

^ La ^^

des

Theophrast,

cit.,

83. 62

In An. Pr. 105.28-30 (ad 28b 5)

=

fr.

26a.

99

altrove egli sostiene

63.

Bisogna invero sapere che questo nesso era disposto da Teofrasto a quello suddetto, perché quest'ultimo è provato per conversione, e il primo invece solamente per riduzione all'assurdo.

come quinto, facendolo quindi precedere

Leggiamo

d'altra parte in

un autore anonimo

^:

Teofrasto, discepolo di Aristotele, e Alessandro, commentatore di entrambi, danno un'altra disposizione della figura, avuto riguardo al modo di dimostrazione. Il sillogismo che è terzo nella nostra disposizione, quello che ha la minore universale affermativa e la maggiore particolare affermativa, egli pone come quarto, perché ha bisogno di due conversioni, come sarà dimostrato; e quel sillogismo che è invece quarto nella nostra disposizione, egli colloca come terzo perché necessita di un'unica e sola conversione. E ancora, il quinto modo, che ha un'universale negativa e una particolare negativa, egli annovera come sesto perché manca della dimostrazione più forte di tutte, ossia di quella diretta, ed è invece dimostrativo solo per riduzione all'assurdo. Il sesto modo, che ha una particolare affermativa e una universale negativa, egli dispone al contrario come quinto, perché è dimostrativo da entrambi i punti di vista, cioè sia direttamente sia per riduzione all'assurdo.

la

in

Secondo queste testimonianze allora, Teofrasto dava alun ordinamento diverso da quello di Aristotele,

III figura

base

considerazione

alla

correttezza dei

modi che

la

che nella dimostrazione della

compongono

si

ricorre a procedi-

menti più meno complessi, e che quindi è primo nell'ordine quel sillogismo la cui deduzione avviene in modo più semplice. Da un lato, pertanto, Teofrasto enumerava come quarto il nesso che Aristotele poneva invece per terzo, cioè disami s, perché appunto il metodo dimostrativo della sua validità è fondato su una duplice conversione. Per rendere infatti valido

se A/'B e CaV), allora A/'C

i

disami s)

occorre convertire la premessa maggiore e trasporla in mo-

do da avere: se

C^B

«

Ibid.,

^

Schol. Brandis

100

e B/A, allora

110.4-7 (ad

28b 31)

=

fr.

OA

{darii, di I)

26b.

155b 8-19 (ad 28a 17)

=

fr.

26c.

anche la conclusione cosi ottenuta deve essere convertita perché si abbia la reale riprova del sillogismo di partenza ^^ E in effetti, il sillogismo posto come quarto da in cui, però,

Aristotele, e cioè: se

AaB

e

GB,

A/C

allora

(datisi)

è dimostrativo per semplice conversione della premessa mi-

nore: se

A^B

A/C

e BiC, allora

{darii, di I)''.

due modi

Dall'altro lato, poi, anche gli ultimi figura

devono essere scambiati

della III

secondo Teofrasto, penultimo sillogismo,

di posto,

perché quello che è per Aristotele

il

vale a dire: se

AoB

e

CaB,

allora

AoC

(bocardo)

prova in realtà tramite un procedimento di riduzione all'assurdo che è logicamente più complesso e formalmente meno stringente della riduzione diretta per conversione. Per dimostrare infatti la validità di bocardo, occorre dapprima assumere come falsa la sua conclusione e quindi come vera la sua contraddittoria, cioè AaC Bisogna poi porre questa come prima premessa del nuovo sillogismo se

AaC

e

OB,

KdB

allora

(barbara, di I)

conclusione è tuttavia falsa perché contraddittoria di (AoB) assunta come vera. In tal caso, se la conclusione è falsa, deve esserlo anche una delle la cui

una

delle tesi di partenza

premesse da cui essa deriva; CaB, deve esserlo allora A^C; sere vera, per

il

e poiché

ma

non può

essere falsa

se è falsa questa,

deve

principio di contraddizione, l'altra,

es-

AoC,

come volevasi dimostrare ^\ Molto più semplice è invece dimostrazione della validità di ferison: se

65

Cfr. Aristot.

66

Loc. Loc.

67

cit. cit.

28b 28b

An.Pr.

e

I,

6,

GB,

28b

allora

la

AoC

7-11.

11-15. 15-21.

101

in cui basta convertire la se

Non

ci

AeB

premessa minore per avere:

e B/C, allora

AoC

{ferio, di I)''

sono fondate ragioni per non attribuire

a

Teo-

frasto questa tesi, anche perché la motivazione di tale spo-

stamento zione,

ci

(e cioè

il

modo di dimostracomplessi) rientra nella

fatto che, rispetto al

meno

sono sillogismi più

tendenza propria della logica teofrastea, già altrove notata, ad operare su schematizzazioni logiche. In conclusione, possiamo quindi ricostruire l'ordine della

modo:

III figura secondo Teofrasto in questo III.l

-

se

A^B

e C^zB,

allora A/'C {darapti)

C^B,

allora

OA

(darapti)

e

C^B,

allora

AoC

{felapton)

se

AeB A^B

-

GB,

allora

se

AiB

e

C^B,

allora

II 1.1 a

-

se KaV> e

II 1.2

-

se

II 1.3

-

II 1.4

-

111.3

-

se Aé-B e C/B, allora

II 1.6

-

se

AoB

(4) Teofrasto e la

C^B,

e

IV

A/C AiC

(datisi)

(disamis)

AoC (ferison) AoC (hocardo)

allora

figura.

Nell'ambito della sillogistica assertoria rientra anche da ultimo una testimonianza di autore anonimo il quale scrive ^^: Oltre queste, sembrò dunque impossibile ad Aristotele e a quelli si desse un'altra figura sillogistica, in quanto sembrava impossibile che il medio si rapportasse ai due estremi secondo qualche altra disposizione oltre quelle esposte. Teofrasto ed Eudemo, però, aggiunsero ai modi già posti da Aristotele nella prima figura, alcuni altri nessi, di cui parleremo subito di seguito e in base ai quali alcuni moderni hanno creduto di poter formare anche una quarta figura, riferendone la paternità a Galeno.

della sua cerchia che

Il brano, che costituisce un'ulteriore conferma del fatto che Teofrasto elaborò piuttosto modi indiretti della I figura aristotelica, deve essere collocato all'interno della tradizione che attribuisce la trattazione di una vera e propria IV figura

28b 31-29a

68

Cfr. loc.

69

Anonym. In De

102

cit.,

5.

hit. et Art., ed.

Minas 56

=

fr.

27.

Galeno

a

'^

Nei

testi

alcun riferimento ad

di quest'ultimo,

un

tuttavia,

sostenendo

tale uso,

non

esiste

egli piuttosto

sono solamente tre figure di sillogismi categorici '^ È stato Lukasiewicz a spiegare in qual modo, tuttavia, una tradizione del genere possa essere stata fatta risalire a Galeche

no

ci

sibile

a

un

^l Sulla scorta infatti di

dimostrare che

Galeno soltanto

la

anonimo

altro testo

IV

paternità della

", è pos-

figura fu attribuita

un equivoco. Ora, è probabile, che, ponendosi da un punto di vi-

sulla base di

come pensa Lukasiewicz

^"^

polemico nei confronti di Aristotele e dei Peripatetici, anonimo, pur avendo probabilmente frainteso non avendo sottomano le opere di Galeno, abbia adoperato il nome di quest'ultimo per dare credito ad una sua personale opinione che non ha riscontro nei testi. Fatto sta che, come rileva giustamente Bochenski ''\ fu proprio l'equivoco in cui è incorso l'anonimo del quale abbiamo riferito il passo, a far sorgere nella tradizione l'idea che il principio di cui consta

sta

l'autore

la

IV

figura potesse essere

un

ulteriore criterio esplicativo dei

nuovi modi di Teofrasto.

(B)

La

(1) 1/ necessario e

modale

sillogistica il

possibile

Scrive Alessandro di Afrodisia

^^:

( ),

il necessario è da un lato necessario in senso assoluto da un altro necessario secondo definizione conìe quando diciamo per esempio: uomo si predica per necessità di ogni grammatico qualora sia grammatico (questa non è in effetti una protasi necessaria in senso assoluto; anche Teofrasto dimostrò la differenza di questi ambiti semantici: grammatico non si predica infatti in senso assoluto di uomo e viceversa l'uomo non è sempre gramma-

()

Poiché e

tico), ecc.

E

altrove egli aggiunge

Prantl, Geschichte der Logik,

70

Cfr. C.

7i

Cfr. Inst. Log. 26.13-17.

72

Aristotle's Syllogisttc,

7^

[Ammon.] In An.

7^

Loc.

"75

La

76 77

"^i

cit.,

I

p.

571 e II

p.

390.

pp. 38-42.

Pr. I.IX.23-30.

cit., p. 41. logica formale, cit., I, p. 191, In An. Pr. 25-29 (ad 25a 9)

.

cit.,

=

Loc. cit., 156.29-127.2 (ad 32a 18) 141.5 (ad 30b 31).

fr.

=

20a. fr.

20b;

cfr.

Loc.

cit.,

140.32-

103

Teofrasto dunque nel primo libro degli Analitici Primi, parlando del necessario, cosi scrive: «Terzo, l'appartenere (tò quando infatti qualcosa appartiene allora non è possibile che non appartenga». dei significati

-): La base

(),

qui attribuita a Teofrasto è dunque quella in quale egli distingueva tre significati dell'avayxaLov.

tesi

alla

Essi sono:

È la necessità pura e semplice, a) il necessario che esiste indipendentemente da qualsiasi tipo di condizionamento, absolute appunto, ed indica in senso proprio ciò che non può non essere, ovvero ciò che è impossibile che sia diversamente da come è; .

b)

il

,

necessario

mente necessario perché

ossia ciò che è relativa-

sussiste in base al fatto che

sono

poste altre cose da cui esso dipende, e che proprio in quecose da cui consta trova la sua ragione d'essere.

ste

altre

Da

quest'ultimo punto di vista,

uomo

pio:

si

me

in pratica

bia

acquisito

grammatico

la protasi

che dice per esem-

predica per necessità di ogni grammatico, espri-

una necessità

meno

l'uomo abne fanno un

relativa al fatto che

quelle conoscenze che

e che è tale ancora solo fino a

quando una con-

dizione del genere sussista, mentre d'altra parte la nozione di

grammatico non inerisce immediatamente

mo come

a quella di uo-

)

nozione di razionale di bipede. L'argomentazione è qui sostanzialmente aristotelica, perché il senso a) e il senso b) sono rispettivamente la necessità assoluta la

e la necessità relativa (tò

appunto Aristotele '*. Accanto a questi due poi anche

un

frodisia, ovvero: e)

/"/

Teofrasto ne poneva sempre Alessandro d'A-

significati,

. ,

terzo,

necessario

come

come

()

di cui parla

ci



dice

Tale identificazione del

necessario con l'assertorio

può

quando qualcosa

senza alcuna ulteriore specificazio-

essere spiegata nel senso che

ne di necessità di possibilità, allora non è possibile che non sia che sia diversamente da come è: in altri termini.

78

An.Pr.

I,

10,

30b 31-33;

cfr.

anche 14, 33a 26-27 e 15, 34b 21. p. 81; A. Becker,

Werhli, Die Schule des Aristoteles, cit., Vili, Die aristotelische beone der Mòglichkeitschliisse cit.,

Cfr. F.

,

104

p.

37.

è necessariamente. Ora, è probabile che questo terzo senso

nascesse in Teofrasto dall'esame della pro-

dell'

blematica di un famoso passo di Aristotele ^^ Ma sta di fatto che una tale posizione dà luogo ad un nesso di enunciati modali in cui alla necessità di essere, nella quale è compreso

come

in certo senso l'assertorio

ciò che ha, per ragioni di

intrinseca evidenza, forza di necessità, consegue

non

ovviamente

non Di conseguenza, la possibilità di essere è determinata nel senso della non impossibilità di essere o, che è lo stesso, della non necessità di non essere. Laddove l'impostazione aristotelica ^ è in realtà quella per cui dalla posla non-possibilità di

essere ovvero l'impossibilità di

essere.

sibilità di essere

discende

non

la

la

semplice assertorietà, quindi

e

dunque anche

la

necessità di

possibilità di

Qui

la

non

essere

la

necessità

necessità di essere ovvero

non impossibilità di essere di non essere. Donde poi,

semplicemente definita dalla non-

è

non essere

dall'impossibilità di

non

essere.

Aristotele dimostra più chiaramente che altrove di

conoscere un significato bivalente della possibilità (M2), in

quanto essa implica, come

si

vede, tanto

modo

la

non

necessità

il semappartenere in quanto non possiede il rigore della necessità, e quindi può non essere) tanto la non necessità di non essere. Nella deduzione teofrastea, al contrario, torna quell'uso di un significato monovalente della possibilità (Mi),

di

essere (nella quale è in qualche

inserito

plice

che già abbiamo visto emergere dal quadro sinottico degli *^ enunciati modali esposto nel De affirmatione et negatione e che risulterà ancora dall'analisi delle argomentazioni seguenti.

(2)

ha conversione

della

premessa universale negativa

della possibilità.

Anche questa tesi teofrastea ci è testimoniata da Alessandro d'Afrodisia, che afferma *^

79

Oe

ste, cit., p.

9, 19a 24 73 nota 249.

int.

ss.

Cfr. I.M,

Bochenski, La logique de Théophra-

^

An. Pr.

8^

Cfr. supra, pp. 14-76.

82

In An. Pr. 41.21-24 (ad 25b 19)

I,

13,

32a 16-19.

=

fr.

21a.

105

Aristotele dunque per questi motivi non ammette che l'universale negativa della possibilità si converta per sé. Teofrasto dice al contrario che anche questa protasi si converte allo stesso modo delle altre negative. Di questa disparità, parleremo più a lungo quando tratteremo delle protasi possibili.

Altrove poi,

egli ribadisce ^^

Teofrasto ed Eudemo, come abbiamo ricordato all'inizio, sostengono che l'universale negativa del possibile si converte per sé allo stesso modo dell'assertoria e della necessaria. Che dunque si converte, essi dimostrano in questo modo: se é possibile che A non appartenga non appartenga a nessun a nessun B, allora è anche possibile che A. In effetti, se è possibile che A non appartenga a nessun B, allora é possibile che A, quando appunto si dà la possibilità che non appartenga in senso universale, sia separato da ogni B. Ma se é cosi, allora sarà separato da A; e in tal caso, é allora anche possibile che non appartenga a nessun A.

anche

La

notizia è riportata anche da

nimo. Nel primo di

essi,

leggiamo

due

testi di

autore ano-

^:

Teofrasto dice che anche questa protasi

si

converte per sé

al

modo

stesso delle altre universali negative.

Nel secondo poi,

lo scoliasta afferma

^^:

In relazione alla protasi universale negativa in materia di possiTeofrasto ed Eudemo, con i quali sono d'accordo quasi tutti I moderni, hanno opinione diversa da Aristotele. Essi sostengono infatti che la protasi universale negativa del possibile si converte per sé come l'assertoria e la necessaria. E questo essi tentano di dimostrare anche con due procedimenti: attraverso il modo per ectesi e attraverso la riduzione all'assurdo. La dimostrazione per ectesi é dunque la seguente: «se è possibile che bianco non stia a nessun uomo, é possibile che bianco sia separato da ogni uomo; e quindi anche uomo può essere separato da ogni bianco». La dimostrazione per assurdo é poi questa: «se è falso l'essere possibile che uomo non si predichi di nessun bianco, quando sia vero: é possibile che bianco non si predichi di nessun uomo, sarà allora vero che non è possibile che uomo non si predichi di nessun bianco». Queste sono in effetti rispettivamente un'affermazione e una negazione. Ma se é cosi, sarà anche vero che per necessità uomo appartiene a qualche bianco: in effetti, le protasi del possibile che assumono la negazione prima della modalità sono equivalenti alle necessarie. Qualora però sia vero che per necessità uomo bile,

8^ 84

85

106

=

fr. 21b. /;; Afi. Pr. 220.9-16 (ad 36b 35) fr. 21c. Scholia Brandis 150a 8-10 (ad 25b 14) fr. 21d. Anonym. In De ini. et An., ed. Minas 100

=

=

appartiene a qualche bianco, sarà anche vero che per necessità bianco appartiene a qualche uomo. Ma si era posto esser possibile che bianco non appartenga a nessun uomo. Pertanto, la stessa nozione da un lato è possibile che non appartenga in senso universale, e dall'altro è necessario che appartenga in senso particolare, il che crea per l'appunto l'antifasi.

La

tesi

teofrastea è

quindi in sostanza quella per cui

premessa universale negativa del possibile dà luogo ad una conversione perfetta, proprio come l'assertoria e la nela

una volta operata la conversione, si ottiene un'altra premessa che è della stessa quantità, qualità e

cessaria, giacché,

modalità di quella di partenza. Di tale convertibilità, Teofrasto dava anche una dimostrazione nella quale si assume che, se è possibile che A non si predichi di nessun B, è allora anche possibile che A e siano separati; in tal caso, nulla sia separato da A, osimpedisce che, ovviamente, anche non si predichi di nessun A. Risia è anche possibile che corre qui ancora una volta l'idea della separazione, ovvero della considerazione spazializzata, tra i termini che era alla base della dimostrazione teofrastea della conversione della

premessa universale negativa assertoria *^; ma, come rileva giustamente il Bochenski ^\ questa volta si tratta in ogni caso di una tesi che non ha riscontro nei testi aristotelici e che anzi Aristotele rifiuta esplicitamente. Per Aristotele, infatti, posto che possa accadere ad A di non appartenere a nessun B, ne consegue che non è poi necessario che possa accadere anche a di non appartenere a nessun A, in cui la non-necessità della proposizione convertita è direttamente proporzionale al fatto che il rapporto tra i termini è inteso come appunto non necessario, come tale cioè che non esclude sempre la possibilità contraria ^.

(

nella

86

Cfr. supra, pp. 81-84.

^^

La logique de Théophraste,

88

Cfr.

An. Pr.

I,

17,

36a 35

cit., -

p.

37a

)

74. 9.

In

effetti,

per Aristotele, se

tesi

,

se

AMeB,

allora

BMeA

esprime la possibilità del rapporto predicativo, si assume come cui vera poiché le premesse contingenti affermative (contrarie e contrapposte) si convertono sempre nelle negative corrispondenti, risulta allora che può accadere a di appartenere ad ogni A, cioè BMaA. Tale conclusione è però falsa secondo Aristotele, perché, di nuovo, se può accadere (quindi non è necessario che sia) che un termine si predichi della totalità in

107

Dal secondo dei brani

di autore

anonimo

riportati,

ri-

adoperava anche altri due procedimenti per la dimostrazione della conversione in questione. Il primo di questi metodi è impropriamente denominato dallo scoliasta «per ectesi», basandosi esso piuttosto sull'idea della separazione dei termini ^^. Il secondo è invece costituito da una riduzione all'assurdo, la cui applicazione ricorre in verità anche in un brano di Alessandro di Afrodisia, nel quale però l'argomentazione è riferita non a Teofrasto e ad Eudemo, ma più genericamente ad «alcuni discesulta inoltre che Teofrasto

poli».

Dice dunque Alessandro ^: Parve ad alcuni

di

poter dimostrare per riduzione all'assurdo la

convertibilità della premessa universale negativa possibile. Della stessa

dimostrazione si servirono anche i discepoli di Aristotele. Se infatti è possibile che A non appartenga a nessun B, allora è anche possibile che non appartenga a nessun A. Se è falsa quest'ultima, sarà vera la contraddittoria; ma la contraddittoria di: è possibile che non ap-

un altro, non è poi ugualmente affatto necessario che possa accadere a quest'ultimo di predicarsi della totalità del primo. E dunque la tesi non è dimostrata. Da questo punto di vista, inoltre, nulla impedisce, secondo Aristotele, che, mentre per un verso può accadere ad A di non appartenere alla totalità di B, può ben darsi d'altra parte che non appartenga per necessità a qualche A. Cosi, può ben darsi che bianco non si predichi della totalità degli uomini; sarebbe però falso affermare che viceversa è possibile che anche uomo non si predichi di tutto ciò che è bianco, perché anzi in effetti uomo si predica per necessità di qualche bianco, e la necessità di essere implica sempre la non-possibilità di non essere. di

*^

90

. . . " , '-' , , > Graeser, Die logischen Fragmente des Theoprast, In An. Pr. 223.3-14 (ad 37a 9):

Cfr. A.

,^,*

, ^ ^>

.

{>

è la prim.a volta

p. 76.

--

-* ', '-

'

Non

cit..

, '. -

.

|

comunque che compare

in

»

Alessandro

tale generica

denominazione. Anche a proposito del raddoppiamento di darapti, infatti, Alessandro riferisce la dimostrazione ad 'alcuni', e anche in quel caso l'idencon Teofrasto ed Eudemo era apparsa legittima dal tificazione dei

punto

108

di

vista

della

ricostruzione

della

dottrina:

cfr.

suprj,

pp.

96-99.

partenga a nessuno, è l'espressione: non è possibile che non appartenga a nessuno, la quale sembra essere equivalente all'altra: è necesappartiene per necessità a sario che appartenga a qualcuno. Allora qualche A. Poiché però la particolare affermativa necessaria si converte, anche A appartiene per necessità a qualche B. Ciò che è appunto impossibile, perché si era posto come ipotesi esser possibile che A non si predichi di nessun B, e si trattava del possibile secondo definizione. Ma se è impossibile tale conclusione allora è impossibile anche l'ipoappartenesse per necessità a qualche tesi a cui conseguiva. Ora, che A, era stato dedotto dall'espressione 'non è possibile che non appartenga a nessuno'. Sarà dunque vera la contraddittoria, essere cioè non si predichi di nessun A. possibile che

Sulla base quindi di questo brano di Alessandro e della testimonianza dell'anonimo prima esposta, il procedimento

è in pratica cosi ricostruibile.

La

tesi

da dimostrare è

allora:

AMé-B,

allora

se in

cui,

come

indica la possibilità del rap-

è detto,

si

BMeA

porto di predicazione tra il soggetto A e il predicato B. Assumendo ora per assurdo come vera la contraddittoria di BMéA (cioè: è possibile che non si predichi di nessun A), sarà allora vero che non è possibile che non si predichi di nessun A, ossia che è necessario che si predichi di qualche A (BN/A, in cui indica la necessità che un

rapporto

tale

si

dia).

Quest'ultima però, converte nell'altra

identica per qualità, quantità e modalità, cioè

AN/B; ma

es-

sendo essa falsa in quanto contradditoria della tesi di partenza, determina ovviamente la verità dell'ipotesi col rendere falsa la tesi da cui è stata derivata. Ora, in effetti, l'argomentazione si regge evidentemente su un senso della possibilità tale da coinvolgere solamente la non necessità di non essere; diversamente infatti la dimostrazione non è logicamente stringente. Aristotele infatti rifiuta anche tale riduzione all'assurdo come prova di una convertibilità del genere

91 ,

Posta

91

Cfr.

infatti la tesi di cui

An.Pr.

I,

se

AM^B,

17,

37a 9-31.

sopra

allora

BM^A

109

per Aristotele è chiaro che assumendo come vera la contraddittoria di 'è possibile che non si predichi di nessun A', poiché è proprio della possibilità tanto l'essere quanto il non non essere "^", risulta in conclusione sia la necessità di essere

(BN/A) qualche

non

sia la necessità di

però, tra

il

A

(BNoA). In tal caso, non si predichi di possibile che non si

essere

dire che è necessario che

(BNoA)

e

predichi di nessun A,

il

dire che è

non

c'è vera e propria contraddizione,

prova non è valida e l'ipotesi di conversione non risulta confermata. Ricompare dunque anche in questo caso l'uso da parte di Teofrasto di un senso monovalente della possibilità (Mi), se è lecito, come sembra, far risalire direttamente a lui un tale procedimento per assurdo ^\ e quindi in conclusione la

(3) Affermazioni e negazioni nell'ambito del possibile

rie

L'opinione di Teofrasto in proposito emerge da una sesi dà subito di seguito il testo.

di testimonianze di cui

Scrive intanto

Ammonio

^^

Cosi dunque Aristotele. Al contrario, i suoi discepoli Teofrasto ed Eudemo, e anche i Platonici, non ammettono che la protasi possibile negativa si converta nell'afÌermativa possibile, perché non permane il possibile come per lo più del quale si parla. In effetti, i sillogismi si sviluppano a partire da quelle che riguardano il possibile come per lo più. Se infatti è possibile per lo più che nessun uomo sia esadattilo, è possibile ancor meno (' che ciascun uomo qualche uomo lo sia.

(

/

-),

)

Alessandro d'Afrodisia dal canto suo sostiene

95.

modo tale da coinvolgere quindi tanto la non necessità di essere non necessità di non essere: cfr. De int. 13, 22b 10 ss. ^^ Cosi I.M. BocHENSKi, La logique de Théophraste, cit., pp. 74-76. Secondo M. Mignucci, Per una nuova interpretazione della logica modale di Teofrasto, cit., pp. 242-244, non si può affermare che questi abbia fatto uso di una riduzione del genere perché né il brano di Alessandro, ^2

quanto

In la

e riferisce esclusivamente la dimostrazione della che parla solo di conversione in questione basata sulla separazione dei termini, né quello dell'anonimo, che sarebbe di epoca neoplatonica tarda, costituiscono prove decisive. È comunque soprattutto il silenzio del commentatore, solitamente fonte precisa e ben documentata, che induce, secondo Mignucci {op. cit. p. 244), a mettere in dubbio la paternità teofrastea di tale dottrina. 94 [Amm.] In An.Pr. 45.42-46.2 (ad 32a 16) = 22a. 95 In An. Pr. 158.24-159.13 (ad 32a 9) = fr. 22b.

110

Proprio del possibile è

il

convertirsi, cioè

il

fatto che le afferma-

ambito conseguono reciprocamente l'una all'altra... Bisogna invero sapere che una tale conversione secondo Teofrasto, che in verità non di protasi non è corretta se ne serve neppure. Lo stesso è in effetti il motivo del dire che l'uni-

zioni e le negazioni formatesi nel suo

()

versale negativa

possibile

si

converte per

come

sé,

l'assertoria

necessaria, e del dire che le affermazioni della possibilità

non

si

e la con-

vertono nelle negazioni, come invece ritiene Aristotele.

Lo

Stesso

Alessandro

altrove

afferma ^^

Se infatti qualcuno definisse anche queste protasi possibili secondo come appunto fa Teofrasto, non sarebbe vero in tal caso il convertirsi reciproco delle affermazioni e delle negazioni della

la

definizione,

possibilità.

Leggiamo

infine ancora in

Ammonio^:

Se dunque le conversioni della possibilità non sono ammissibili quanto non conservano il possibile come per lo più, è chiaro che Teofrasto ed Eudemo, e anche i Platonici, non convertono neppure i modi della prima figura. In base a tali conversioni infatti, erano nella prima figura imperfetti e deduttivi i sillogismi con premessa minore negativa e otto di numero. in

In conclusione, Teofrasto era dunque del parere che le non si implichino a vicenda, contrariamente a quanto pensava in proposito Aristotele ^^. Ovvero, secondo questa tesi, l'ammissione della possibilità di essere non coinvolge necessariamente la possibilità di non essere (queste sono infatti, in relazione alla possibilità, rispettivamente un'affermazione e una negazione). Il che è come dire che in pratica la non necessità di essere non implica immediatamente la non necessità di non affermazioni e le negazioni del possibile

essere.

È qui chiaramente presupposta la determinazione monovalente della possibilità (Mi) come ancora una volta semplice non-necessità di non essere, giacché, nel caso che si assuma

^

al

contrario la caratterizzazione bivalente della pos-

^*

,

In An. Pr. 199.10-13 (ad 34b 27) = fr. 22c. in An. Pr. 49.7-12 = fr. 22d. Cfr. An.Pr. I, 17, 32a 29-31, in cui tra l'altro

^ [Amm.] per indicare negative,

cioè

connettersi

il e

reciproco

non

sta

delle

tanto

protasi

nel

il

termine adoperato affermative e

possibili

senso

della

convertibilità

premesse (cosi H. Maier, Die Syllogistik des Aristoteles, cit., ILI p. 15), quanto piutosto in quello appunto della reciproca conseguenzialità di tali protasi. Cfr. F. Weurli, Die Schule des Aristoteles, cit., Vili p. 81; A Graeser, Die logischen Fragmente des Theophrast, cit., p. 76. delle

Ili

sibilità stessa

(M2),

si

ritorna ovviamente di

nuovo

nell'am-

missione aristotelica della reciproca convertibilità delle posespressioni aiÌermative e negative. Unico è d'altra parte,

sibili

come

dice Alessandro,

motivo che

il

giustifica nella prospet-

tiva teofrastea sia la convertibilità della

negativa possibile,

sia

ora

gazioni della possibilità

il

premessa universale

fatto che le affermazioni e le ne-

non conseguono reciprocamente

^ ,, /

une

alle

altre ^.

Ma

intanto, la tesi teofrastea

si

le

colloca in

ad un passo aristotelico assai controverso, nel quale Aristotele introduce, all'interno della possibilità bivalenrelazione

te,

ed

un'ulteriore distinzione tra

dei quali l'uno copre tutto l'ambito

di ciò

che

teristiche

e che quindi

di

per esempio

il

non possiede

di ciò che

continuità proprie

caso del crescere

le carat-

è necessario (è

dell'incanutire per l'uo-

mo), e l'altro riguarda invece ciò che è propriamente che sia, ovvero ciò che può essere indifferentemente in un modo piuttosto che in un altro, ovvero ancora ciò che si dice derivare dal caso, In particolare, secondo Ammonio, l'annotazione di Teofrasto prendeva in considerazione il fatto che dal punto di vista di ciò che può acca-

'*^.

dere per lo più, non è esatto sostenere la reciproca implicanza delle proposizioni affermative e negative della possibilità, che invece Aristotele fa valere anche in questo caso ^^\

perché per questa via

,

, si

deve

far

poi corrispondere

a quello cioè che

può

allo

acca-

maggioranza dei casi, ovvero ciò che può accadere nella minoranza dei casi, che smentisce chiaramente la validità del rapporto parallelo tra affermazioni e negazioni della possibilità ^^^ In

dere

^

nella

M. BoCHENSKi, La

logique de Théophraste, cit., p. 75 e Prior and Posterior Analytics, cit., p. 44. 1^ An. Pr. I, 13, 32b 4-22, e cfr. anche 3, 25a 36-b 18. Il fatto che poi in realtà tale distinzione non operi all'interno della sillogistica modale di Aristotele, ha fatto pensare che si tratti in entrambi i casi di interpolazioni. Cfr. A. Becker, Die aristotelische Theorie der Móglichkeitschlusse, cit., pp. 76-88; I. M. Bochenski, Storia della logica formale, cit., p. 117. ^01 Loc. 13-16. Il passo, già controverso, è tuttavia ulteriorcit. 32b della riga 14, su cui cfr. W. D. Ross, Aristotle's mente complicato dal Prior and Posterior Analytics, cit., pp. 328-329. '^ Cfr. A. Graeser, Oie logischen Fragmente des Theophrast, cit., p. 77. Secondo I. M. Bochenski, La logique de Théophraste, cit., p. 22-23, Ammonio non può essere considerato come fonte sicura, anche in base al confronto con altri luoghi nei quali la sua testimonianza è altrettanto sospet Cfr.

W. D. Ross,

112

I.

Artstotle's

ogni caso, per un verso è vero che di fatto Aristotele adopera nella sua sillogistica modale un significato bilaterale della possibilità '^^ dalla quale dipende ovviamente la reciproca conseguenzialità delle protasi possibili affermative e negative che egli sostiene. Per un altro verso, Teofrasto, per quanto lascia intendere Alessandro, aveva, come si è notato, un'unica motivazione per sostenere sia la tesi della conversione della premessa universale negativa possibile, sia ora questa del fatto che le affermazioni e le negazioni del possibile

E

tale

non conseguono vicendevolmente le une alle altre. motivazione non può che consistere in una assunzione

della possibiHtà unilaterale

Quanto monianza

all'ultimo

di

dei

Ammonio,

'^.

brani

riferiti,

esso concerne

il

ancora una

testi-

caso dei sillogismi

I figura con entrambe le premesse contingenti, di cui maggiore affermativa e la minore negativa. Poste per esempio due premesse contingenti, entrambe universali, la maggiore affermativa e la minore negativa, non si dà per Aristotele sillogismo con una simile connessione di protasi se non a patto di convertire la minore negativa nell'affermativa corrispondente '°^ Tutto ciò presuppone naturalmente ancora una volta la presenza in Aristotele di un senso della possibilità interpretata da un punto di vista bilaterale. Quan-

di la

to a Teofrasto, se, come si è visto, egli non ammetteva il conseguire reciproco di affermazioni e negazioni del possibile, allora egli doveva verosimilmente respingere anche un procedimento del genere di quello qui adoperato da Aristotele '^,

Rimane da

fare ancora

una considerazione a proposito modale '^^ Secondo Aristotele,

della struttura dell'enunciato

l'espressione

ta.

Il

MiGNucci invece {Per una nuova interpretazione

di Teofrasto,

269

fondando

della logica

modale

proprio su questo testo, attribuisce a Teofrasto una concezione del possibile tale che, indicando le eventualità discontinue proprie di ciò che è necessario, esaurisce l'ambito della pura e semplice fattualità del contingente {loc. cit., p. 270). '^^ Cfr. An.Pr. I, 13, 32a 18-21: è il possibile secondo definizione. '^ Cfr. I.iM. BoCHENSKi, Storia della logica formale, cit., p. 142. '05 An. Pr. I, 14, 33a 5 ss.; il caso è analogo anche quando si tratti di premesse entrambe negative. >06 Cfr. F. Wehrli, Die Schule des Aristoteles, cit., Vili p. 82. ^^ Su cui cfr. I.M. BocHENSKi, Storia della logica formale, cit., p. 142; A. Graeser, Die logische Fragmente des Theophrast, cit., p. 79. eh.,

ss.),

in

pratica

113

(a) è possibile

che a ciò a cui appartiene B, appartenga an[che A

ha due diversi

significati:

(

1

può appartenere anche A può appartenere B, può appartenere an-

a ciò a cui appartiene B,

)

(2) a ciò a cui

[che A''\

Come

vede, nel caso (1) la modalità determina soladell'intera proposizione, mentre nel caso (2)

si

mente una parte

il conseguente. In ogni caso però rimane il fatto che per Aristotele l'enunciato (a) non differisce per nulla dall'altro

essa investe sia l'antecedente sia

(a')

E

per

A

è possibile appartenere ad ogni

d'altro canto, la distinzione qui esposta

richiede ovviamente

un

^^.

da Aristotele

significato bilaterale della possibilità.

Se quindi Teof tasto ne restrinse, come sembra, la portata alla semplice monovalenza, allora egli può ben aver inteso gli enunciati modali come tali che la modalità investa in

non una entrambe ovvero enunciati modali del tipo

essi l'intera struttura del giudizio, e

parti

di esso,

'è possibile

(4) Sillogismi

Leggiamo

che:

A

le

appartenga a B'

con entrambe

le

premesse necessarie

in Alessandro di Afrodisia "°:

Teofrasto nel primo libro dei suoi Vrimi Analitici, parlando di quesillogismi, non si serve di una dimostrazione per ectesi per provare che sono deduttivi i nessi posti, ma ne differisce la trattazione in quanto c'è bisogno di una riduzione all'assurdo, non essendo ancora chiaro ciò che accade col porre le protasi miste, e non essendo d'altra parte neppure noto ciò che consegue da premesse miste. sti

'^

È quanto emerge

Ma

dall'analisi dell'

in

An.

Pr. I, 13,

32b

contesto è notoriamente controverso: Cfr. A. Becker, Die aristotelische Theorie der Móglichkeitschlusse, cit., p. 36-37, e W. D. Ross, Aristotle's Prior and Posterior Analytics, cit., p. 389. 25-29.

114

il

109

Loc.

110

In An. Pr. 123.18-24 (ad 30a 9)

cit.

32b 29-30.

=

fr.

28.

commento

Il

di Alessandro

si

riferisce qui a quel

passo

con premesse necessarie, per i quali valgono gli stessi criteri di deduzione e di prova esposti a proposito della sillogistica assertoria, nota che soltanto due tra tali modi fanno registrare una disparità di dimostrazione rispet-

degli Analitici in cui Aristotele, parlando dei sillogismi

entrambe

to agli

le

omonimi

casi assertori, e cioè

(1) se

BNjA

e

BNoC,

(2) se

ANoB

e

CN^B,

allora

allora

ANoC ANoC

(baroco, di II)

(bocardo, di lll)''\

infatti, avendo le premesse entrambe assertosono dimostrativi per riduzione all'assurdo ^^^ avendo entrambe le premesse necessarie, richiedono, secondo Aristotele, una prova per ectesi ^'\ Quanto ora a Teofrasto, dice Alessandro, come abbiamo visto, che egli adoperava in

Mentre

rie, essi

proposito la riduzione all'assurdo, senza tuttavia illustrarne il procedimento.

Secondo il Bochenski ^^\ tale dimostrazione è cosi ricoConsideriamo il modo in haroco con entrambe le premesse necessarie. struibile.

se

BN^A

e

BNoC,

allora

ANoC

supponiamo ora per assurdo che sia vera la contraddittoria assumiamo cioè come vera KhAaC: l'esser possibile che A si predichi di ogni C. Ponendo questa come seconda premessa del sillogismo che ha come prima premessa BN^A, si ottiene:

e

della conclusione cosi ottenuta;

"1 An. Pr.

I,

8,

30a 6-14. An. Pr. I, 5, 27a 36 - b 3, e 6, 28b 15-21. alla nota 111. In effetti, se in (1) e (2), si pone qB = D,

112

Cfr. rispettivamente

11^

Cfr. loc.

cit.

due modi validi DNizA e DNeC, allora ANeC {camestres, di II) la cui conclusione (ANeC) pone a maggior ragione la validità della conclusione del sillogismo di partenza (ANoC); e (2') se ANé-D e CN^D, allora ANoC {felapton, di III). Pur essendo però la dimostrazione rigorosa, sia (1) che (2) danno luogo a sillogismi di prova che non escono dall'ambito della rispettiva figura. si

ottengono

altri

(1') se

W. D. Ross, Aristotle's Prior and Posterior Analytics, cit., p. 317, e G. Patzig, Aris t ode' s Theory of Syllogism, cit., pp. 156 ss. 11^ La logique de Théophraste, cit., pp. IG-ll; e cfr. A. Graeser, Die logischen Fragmente des Theophrast, cit., pp. 86-87. Cfr.

115

e

se

AM^C,

allora

BM^C

(barbara, di I)

conclusione è solamente possibile perché, da un termine maggiore (B) è legato al medio da un rapporto necessario, ma dall'altro il termine minore (C) sta rispetto al medio in un rapporto solo possibile; e quindi il legame della conclusione tra gli estremi (B e C) non può che essere semplicemente possibile ^^^ Ma perché la conclusione del sillogismo di prova cosi ottenuta, BM