Compendio di storia della filosofia [2. ed.]
 9788870948851, 8870948854

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Giuseppe Barzaghi

Compendio di Storia delia Filosofia €SD

Questo compendio di storia della filosofia intende presentare, in modo ovviamente sintetico ma cardi­ nale, cioè secondo una struttura teoretica di fondo, sia il pensiero dei singoli autori, sia l’intero percorso storico del pensiero filosofico. Esso si presenta come lo strumento per ('inquadramento essenziale del pensiero di ogni filosofo e delle connessioni teoreti­ che che attraversano le diverse riflessioni. 11 suo fine è quello di aiutare lo studente a possedere una visio­ ne sinottica del filosofare nella storia e di accompa­ gnarlo nel lavoro di memorizzazione.

Giuseppe Barzaghi O.p., sacerdote domenicano, è Dottore in Filosofìa e Teologia. E Docente di teologia fondamentale e dogmatica presso la Facoltà Teologica dell’Emilia Romagna e di filosofia teoretica presso lo Studio Filosofico Domenicano di Bologna. Socio cor­ rispondente della Pontificia Accademia di San Tommaso d’ Aqui no, è Direttore della “Scuola di Anagogia”.

ISBN 978887094-885-1

Giuseppe Barzaghi

Compendio Storia delia Filosofia Seconda edizione

T u tti i lib ri e le altre a ttiv ità d e lle E d iz io n i S tu d io D o m e n ic a n o p o s s o n o e sse re co n su lta te su: w w w .e d iz io n istu d io d o m e n ic a n o .it

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Labia doctoris suntfavus distillans, quando brevibus et paucis verbis multa et m agna insinuant.

Tommaso d’Aquino

S o m m a r io

Introduzione

13

Q uadro teoretico generale DELLA STORIA DELLA FILOSOFIA

14

S toria della filosofia antica

I Milesi ed Eraclito (sec. VI a.C.)

21

Il pitagorismo (sec. VI a.C.)

24

Senofane e gli Eleati (sec. VI a.C.)

26

I Pluralisti (sec. V a.C.)

29

Empedocle di Agrigento

30

Anassagora di Clazomene

31

Atomisti: Leucippo e Democrito

31

I Fisici Eclettici (sec. V a.C.)

32

I Sofisti (sec. V a.C.)

32

Protagora di Abdera

33

Gorgia di Leontini

33

Prodico di Ceo

34

Ippia e Antifonte

35

Gli Eristi

. 36

I Sofisti politici

36

Socrate (470-399 a.C.)

37

7

Il circolo dei Socratici minori (sec. V-IV a.C.)

39

Antistene di Atene

39

Aristippo di Cirene

40

Fedone di Elide

41

Euclide di Megara

41

Platone (427-347 a.C.)

42

Aristotele (384-322 a.C.)

53

Accademia e Liceo

67

Sviluppo e decadenza delle scuole socratiche minori

67

Epicuro (341-270 a.C.) e il «Giardino»

69

Stoicismo

70

Scetticismo

73

Medioplatonismo

74

Neoplatonismo

75

Plotino (205-270 d.C.)

75

Porfirio (233-305 d.C.)

79

Proclo {412-485 d.C.)

79

S toria della filosofia medievale

Caratteristiche della filosofia di fronte alla Rivelazione divina

83

Severino Boezio (470-520)

84

Giovanni Scoto Eriugena (810-877 ca.)

86

Dialettici e antidialettici

89

8

Dialettici

89

Antidialettici

90

La scuola di Chartres

91

La mistica speculativa: la Scuola di S.Vittore

91

La mistica affettiva

92

La disputa circa gli universali

93

Filosofia araba e ebraica

95

Tommaso d'Aquino (1225-1274)

96

Bonaventura da Bagnoregio (1221-1274)

102

Giovanni Duns Scoto (1266-1308)

102

Guglielmo da Ockham (1300-1350)

104

Maestro Eckhart (1260-1327)

104

Storia della filosofia moderna

Umanesimo e Rinascimento ('400 - '500)

109

Platonismo e Aristotelismo

111

Nicolò Cusano (1401-1464)

112

Bernardino Telesio (1509-1588)

114

Giordano Bruno (1548-1600)

114

Tommaso Campanella (1568-1639)

115

La rivoluzione scientifica Francesco Bacone (1561-1626)

116

Nicolò Copernico (1473-1543)

117

Galileo Galilei (1564-1642) '

117

Renato Cartesio (1596-1650)

9

118

Reazioni al cartesianismo

122

Nicola Malebranche (1638-1715)

123

Benedetto Spinoza (1632-1677)

123

Tommaso Hobbes (1588-1679)

125

Giovanni Locke (1632-1704)

126

Goffredo Guglielmo Leibniz (1646-1716)

127

Gian Battista Vico (1668-1744)

131

Giorgio Berkeley (1685-1753)

133

Davide Hume (1711-1776)

134

Illuminismo

136

Emanuele Kant (1724-1804)

137

Il Romanticismo (700-'800)

146

Giovanni Fichte (1762-1814)

147

Federico Guglielmo Giuseppe Schelling (.1775-1854)

148

Giorgio Hegel (1770-1831)

153

Federico Herbart (1776-1841)

161

Storia della

filosofia contemporanea

Arturo Schopenhauer (1788-1860)

165

L'Ottocento italiano

175

L'Ottocento francese

180

Augusto Comte (1798-1857)

181

Il positivismo

182

10

Destra e sinistra hegeliana

185

Ludovico Feuerbach (1804-1872)

186

Max Stimer (1806-1856)

186

Carlo Marx (1818-1883 )

187

Soeren Kierkegaard (1813-1855)

190

Federico Nietzsche (1844-1900)

191

Enrico Bergson (1859-1941)

193

Il Neoidealismo

195

a) Angloamericano-. Francesco Bradley (1846-1924) Gioisia Royce (1855-1916)

195 195

b) Italiano: Benedetto Croce (1866-1952) Giovanni Gentile (1875-1944)

196 197

Lo storicismo

198

Guglielmo Dilthey (1833-1911)

198

Osvaldo Spengler (1880-1936)

199

Max Weber (1864-1920)

200

Il pragmatismo

201

Edmondo Husserl (1859-1938)

202

Alessio Meinong (1853-1920)

204

Max Scheler (1874-1928)

204

Nicola Hartmann (1882-1950)

204

Il neopositivismo

205

Ernesto Mach (1838-1916)

205

Gottlob Frege (1848-1925)

206

11

Ludovico Wittgenstein (1889-1951)

206

Bertrando Russell (1872-1970)

207

Il «Circolo di Vienna» (1929) e i successivi sviluppi

208

Esistenzialismo

211

Carlo Jaspers (1883-1969)

211

Martino Heidegger (1889-1976)

212

Gianpaolo Sartre (1905-1980)

214

La rinascita della metafisica

215

12

I n t r o d u z io n e

Il presente compendio di storia della filosofia intende presentare, in modo ovviamente sintetico ma cardina­ le, cioè secondo una struttura teoretica di fondo, sia il pensiero dei singoli autori, sia Tintero percorso storico del pensiero filosofico. Esso si presenta come lo strumento per l'inquadramento essenziale della riflessione di ogni pensatore e delle connessioni teoretiche che attraversano le diver­ se riflessioni. Il suo fine è quello di aiutare lo studente a possedere una visione sinottica del filosofare nella storia e di accompagnarlo nel lavoro di memorizzazione.

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Q u a d r o t e o r e t ic o g e n e r a l e DELLA STORIA DELLA FILOSOFIA

La storia della filosofia si articola speculativamente in tre movenze dialettiche, per le quali il nostro periodo contemporaneo segnerebbe la possibilità di un ritorno critico positivo al valore metafisico della riflessione classico-medievale per dissolvimento dell'antitesi gnoseologistico-antimetafisica della modernità. Tesi: Periodo classico-medievale Supposta l'identità intenzionale tra pensiero ed essere, si cimenta nella soluzione del problema ontologico circa l'uno, il molteplice, il divenire, in due momenti: 1) Momento premetafisico o di metafisica implicita: lo spirito naturalmente religioso dell'uomo tenta una spiegazione in termini immaginosi del problema, attraverso il mito e la poesia. 2) Momento esplicitamente metafisico: lo spirito natu­ ralmente religioso dell'uomo si orienta verso soluzioni razionali del problema: - Intuendo l'esigenza di un principio-fondamento (arche) di tutte le cose (Milesi). -Constatando empiricamente l'aspetto dinamico e mol­ teplice dell'essere (Eraclito). - Affermando logicamente l'aspetto statico e unitario del­ l'essere (Eleati).

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-Postulando la duplice dimensione della realtà: una empirica, immanente e transeunte; l'altra metempirica, trascendente e immutabile (Platone). -Argomentando la trascendenza del fondamento della realtà esperita, attraverso il principio di causalità (Aristotele) o la nozione di creazione (Filosofi cristiani). Antitesi: Periodo moderno-contemporaneo Presupposta l'assoluta alterità tra pensiero ed essere, si procede allo smantellamento critico del sapere meta­ fisico, concentrandosi sul problema gnoseologico: si tratta di un ciclo autorisolventesi, per dissolvimento del presupposto, in tre momenti: 1) Momento incoativo: a) indirettamente: come riflesso dell'andare in sé del metodo della nuova scienza fisico-matema­ tica: dalla qualità alla quantità, perché «tentar l'essenza è cosa vana» (Galileo). b) direttamente: quanto alla stessa teoria filoso­ fica della conoscenza. Con Cartesio, il soggetto (cogito) è originariamente chiuso in se stesso e solo mediatamente aperto alla realtà: ciò che si conosce non è più immediatamente l'essere, ma l'idea; il recupero dell'essere avviene in modo mediato attraverso l'idea di Dio (metafisica ra­ zionalista, ontologismo, occasionalismo). Ma è una via senza sbocco!

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2) Momento tematico: con Kant il dualismo gnoseolo­ gico viene teorizzato, con la diagnosi critica preclusi­ va del «ponte» teologico (idea di Dio) verso la realtà. Noi abbiamo scienza solo del fenomeno e non della cosa in sé, perché le condizioni di possibilità dell'e­ sperienza sono le stesse della possibilità degli ogget­ ti dell'esperienza. Dunque la problematica metafisi­ ca diviene problematica critica: l'unità fondamentale è data dall'azione sintetizzatrice del soggetto sul materiale molteplice e diveniente delle intuizioni empi­ riche; la metafisica non ha valore scientifico perché pretende di oltrepassare l'am bito dell'esperien za possibile. 3) Momento risolutivo, secondo due prospettive: a) Quanto al toglimento della cosa in sé: il pensie­ ro del fenomeno è intrascendibile: la cosa in sé, essendo inattingibile, non è un dato, né può essere inferita, perché pensarla come esterna al pensiero è contraddittorio (= pensata e non pensata insieme!). - Argomento: (mi.) Il pensiero è pensiero del fenomeno producendolo; (ma.) il fenomeno è lo stesso essere; (co.) il pensiero è pensiero dell'essere producendolo (Idealismo). - N.B. Il recupero dell'identità tra pensiero ed essere non è sulla base dell'intenzionalità, ma sulla base dell'identità fisica]

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b) Quanto al recupero dell'intenzionalità: la causa­ lità produttiva del pensiero rispetto all'essere non consta, né è dimostrabile. - Ciò che consta è la presenza eidetica dell'es­ sere come distinto dall'atto di pensare (= in­ tenzionalità secondo la Fenomenologia). - Ciò che consta è la presenza esistenziale del­ l'essere com e essere-nel-m ondo secondo l'unità del vissuto esistenziale (= inten­ zionalità secondo l'Esistenzialismo). Sintesi Ritorno alla metafisica classico-medievale (tesi), riconoscen­ done il valore di posizione incontrovertibile, per autone­ gazione della sua negazione (anti-tesi), in due momenti: 1) Momento premetafisico: l'intenzionalità dell'essere nel­ l'esistenzialismo si ferma all'evocatività del linguaggio poetico-metaforico. Ma l'intenzionalità, come tale, non può bloccarsi a un solo aspetto dell'essere (il vissuto esi­ stenziale); essa si dirige di diritto e di fatto alla totalità dell'essere, fino a tematizzarne il soggetto: l'ente in quan­ to ente. 2) Momento esplicitamente metafisico: ricostituita la base gnoseologica, si riapre la possibilità della teoresi metafisica.

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S to r ia DELLA FILOSOFIA ANTICA

I Milesi ed Eraclito (sec. VI a.C.) 1. Il primo passo del pensiero filosofico, come passag­ gio all'interpretazione razionale della realtà, ha due livelli problematici: a. cosmologico (esplicito), che consiste: - nella ricerca del Principio-Fondamento (ArchePhysis), dal quale vengono, nel quale consistono, al quale ritornano tutte le cose; - nell'identificazione di questo Principio con un ele­ mento della realtà; - nella caratterizzazione teologica di questo stesso Principio (to theion). b. antropologico (implicito) che consiste nell'affer­ mazione dell'immortalità: - impersonale: come conseguenza teorica del discorso cosmologico: perché il Principio divino eterno, che è in noi, ci dà vita, permane dopo la nostra morte; - personale: come influsso, razionalmente non giustifi­ cato, della fede orfica: con il concetto di retribuzione. 2. Talete è l'iniziatore della filosofia della Physis e afferma a livello: a. Cosmologico che: - il Principio della realtà è l'Acqua, perché il nutri­ mento di tutte le cose è umido e i semi di tutte le cose hanno ima natura umida; - «tutto è pieno di Dei» perché il Principio è divino ed è sostanza di tutto. b. Antropologico che: ranima, cioè il principio vitale di ogni cosa, essendo il divino in noi, è immortale.

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3. Anassimandro afferma a livello: a. Cosmologico che: - l'Arche, il Principio, è YApeiron = illimitato spazial­ mente e indeterminato qualitativamente, perché solo l'infinito e non un elemento della realtà può esser concepito come principio ingenerato e generante, abbracciante (periéchein) e reggente (chybernan); - dall'Apeiron le cose si generano attraverso una separazione dei contrari (caldo-freddo) a causa di una colpa originaria (ingiustizia), per la quale le vicende temporali, nelle quali si consuma lo scontro polemico di vicendevole sopraffazione dei contrari, sono interpretabili come espiazione di quell'ingiu­ stizia (= l'esercizio del limite); - YApeiron è il divino che compenetra tutte le cose. b. Antropologico: nulla. Tuttavia possiamo rilevare una forte componente religiosa che attraversa la stes­ sa visione cosmologica, riscontrando il parallelismo tematico con l'Orfismo circa la genesi del mondo e la stessa vicenda mondana letta in termini di ingiusti­ zia e di colpa da espiarsi. 4. Anassimene afferma a livello: a. Cosmologico che: - YArche è l'Aria infinita, sintesi tra piano taletiano (Arche = elemento) e piano anassimandreo (Archè = infinito), perché meglio si presta a quelle variazio­ ni che stanno all'origine delle cose; - dall'Aria infinita le cose derivano attraverso il pro­ cesso di condensazione (da cui l'acqua e la terra) e di rarefazione (da cui il fuoco).

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b. Antropologico: nulla; tuttavia è importante sottoli­ neare come Anassimene renda coerente il discorso della Fisiologia dei Milesi, argomentando le modalità fisiche della generazione delle cose dal Principio (con­ densazione-rarefazione), superando la base semplicemente intuitiva ed extrateoretica dei predecessori. 5. Eraclito di Efeso (detto l'Oscuro, per il suo stile in­ voluto), a livello: a. Cosmologico, pone a tema due livelli di lettura della realtà, quello logico e quello fisico: - logico (anche se non esplicitamente tale), per il quale la perenne mobilità del tutto (panta rei) è intra­ scendibile. Il divenire non è solo puro fluire ininter­ rotto, ma è soprattutto armonia e sintesi dei contrari: gli opposti si consignificano (non sapremmo che cosa sia la giustizia se non ci fosse l'ingiustizia). Perciò la guerra è la madre di tutte le cose, e nello stesso tempo è il principio della loro riconciliazione, cioè la pace (Hegel ante litteram). - fisico, per il quale, in conformità alla filosofia della Physis, il principio delle cose è identificato con il Fuoco, perché esso esprime in modo paradigmatico, sul piano della natura, l'idea della mobilità nella quale i contrari si conciliano: esso è «bisogno» (distrugge) e «sazietà» (dà vita). Il fuoco è Dio: è do­ tato d'intelligenza (logos) ed è la regola o la legge che governa tutte le cose. b. Antropologico: afferma, in modo coerente al sistema fisico, che l'anima dell'uomo è fuoco; ma in modo inconciliabile con il sistema fisico, che l'anima umana:

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ha un logos profondo, che la pone al di là del mondo fisico ed è immortale (immortalità personale). Questa incongruenza è però giustificabile extrateoreticamente, con la componente orfica del suo pensiero religioso.

Il pitagorismo (sec. VI a.C.) 1. Con il pitagorismo si fa evidentemente più esplicita la coalizione, nella filosofia delle origini, tra il mo­ mento teoretico e quello di fede, in una visione com­ plessivamente sapienziale e religiosa della realtà. 2. Quanto alla scuola il Pitagorismo nacque come vera e propria vita o Ordine religioso. - Pitagora, il fondatore, era considerato e venerato come un nume; non scrisse nulla. - Filolao, contemporaneo di Socrate, fu il primo di­ vulgatore delle dottrine della scuola. Per sé, l'in­ segnamento era di carattere esoterico. 3. Quanto al pensiero: a. Cosmologico: i Pitagorici sostengono una conce­ zione matematizzante della realtà. ' - Il Principio delle cose è il numero e i suoi elementi, perché i cidi cosmici e lo stesso sviluppo della vita sono regolati da leggi traducibili numericamente. - Il numero è inteso arcaicamente come visualizzabile in modo geometrico: un insieme di punti geometri­ camente disposti, per cui l'I è il punto; il 2 la linea; il 3 la superfide; il 4 il solido; il cubo è la terra; la pirami­ de è il fuoco; l'ottaedro è l'aria; l'icosaedro è l'acqua (secondo un'estensione analogica).

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- Il numero è costituito a sua volta di due elementi fondamentali: illimitato o interminato, e limitante o terminante, così che nel numero pari prevale l'aspet­ to d'illimite (es: 4 = ::) mentre nel dispari prevale l'aspetto di limite (es. 5 = - Il numero intesse armonicamente, cioè secondo proporzione, la stoffa del mondo, che è «cosmo» (= ordine). b. Antropologico: i Pitagorici propongono le loro tesi sia sul piano teorico sia su quello pratico. - Piano teorico, in modo consequenziale ai principi cosmologici, sostengono che l'anima è armonia degli elementi corporei. In modo inconciliabile con le pre­ messe cosmologiche, ma conciliabile con la fede orfica, sostengono la dottrina della metempsicosi: l'anima è divina e immortale; è caduta in un corpo per una colpa originaria; è destinata alla purificazione attraverso il ciclo delle reincarnazioni. N.B. tuttavia, in questo retaggio di dottrine orfiche, Apollo, dio della ragione e della scienza, prende il posto di Dioniso, dio dell'orgia entusiastica. - Piano pratico, nel quale si mescolano misticamente scienza e fede. La vita pitagorica è una purificazione dell'anima attraverso la scienza. Essa contempla pra­ tiche di purificazione del corpo, attraverso l'ascesi e l'astinenza, e dell'anima attraverso diversi stadi: la musica (= il primo tramite della lettura matematica della realtà), l'ascolto silenzioso dell'insegnamento del maestro (principio di autorità: ipse dixit), lo studio del cosmo.

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N.B. anche su questo versante, alla celebrazione orgia­ stica del «mistero» (orfismo), si sostituisce la celebra­ zione speculativa dello studio e dell'insegnamento.

Senofane e gli Eleati (sec. VI a.C.) 1. Con Senofane di Colofone e Parmenide di Elea, la ri­ flessione filosofica si rigorizza teoreticamente, sia in campo teologico, sia in campo più specificamente onto­ logico. Zenone di Elea e Melisso di Samo si assumono rispettivamente il compito della difesa indiretta e del­ l'organizzazione sistematica delle tesi di Parmenide. 2. Senofane sviluppa a fondo la critica alla visione mi­ tologica in campo teologico secondo due movenze. a. Pars destruens: denuncia il ridicolo antropomorfismo della religione olimpica, perché Dio non nasce né pe­ risce, né si muove da luogo a luogo. L'uomo crea Dio a sua immagine e somiglianza (Feuerbach ante litteram). b. Pars construens: - Identifica Dio con il Cosmo, affermando l'assoluta unicità del Dio-cosmo, ma in un senso né materialisti­ co, né fantastico (perché queste categorie e determi­ nazioni non sono ancora maturate). - Non esclude un politeismo (pluralità di dei) non mi­ tico, proponendo come principio delle cose la Terra, ma non come principio del Cosmo (ingenerato). - Propone elevate idee morali (meglio la Sapienza che la forza fisica), tuttavia non fondate filosofica­ mente su una chiara antropologia. 3. Eleatismo: in tre momenti:

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a. Posizione della Tesi = Parmenide: si danno tre possibili vie del sapere: - Della assoluta verità. È quella dell'essere: l'essere è e il non essere non è; né è pensabile, né è dicibile. Perciò l'essere è: A) ingenerato e incorruttibile, perché dal non essere non viene nulla giacché non è e dall'essere non viene nulla giacché già è; B) im m utabile e chiuso nella necessità del lim ite (Sfera), perché solo il non essere è manchevole; C) uguale a se stesso e indivisibile, perché solo il non essere (che non è) può dividere. - Dell'errore: è quella del non essere, che i sensi sem­ brano attestare con l'esperienza del divenire. - Dell'opinione plausibile: è quella che riconosce due forme supreme della realtà: giorno e notte; ma conduce alla non verità se non si riconosce ulteriormente che entrambe le forme sono essere. Dunque, ogni nota differenziale si risolve nell'identità assoluta dell'es­ sere con se stesso. b. Difesa indiretta della Tesi parmenidea = Zenone: nasce la confutazione dialettica, quale riduzione all'as­ surdo della tesi contraddittoria (Antitesi), che avrà grande influsso sulla sofistica, sul metodo socratico e oltre. - Argomenti contro il movimento: A) Della «dicotomia»: il movimento non c'è, perché è assurdo che il mobile percorra in un tempo finito infiniti tratti; ogni distanza è divisibile all'infinito: metà della metà, della metà ecc.

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B) Di «Achille»: il movimento non c'è, perché il più veloce (Achille) non può raggiungere il più lento (Tartaruga), giacché dovrebbe raggiungere prima il punto in cui si trovava alla partenza l'inseguito; poi il punto in cui si trovava l'inseguito quando l'inseguitore aveva raggiunto il suo punto di partenza... e così all'infinito. C) Della «Freccia»: il movimento non c'è, perché la freccia in volo occupa uno spazio identico (immobile) in ciascuno degli istanti in cui è divisibile il tempo del suo tragitto; così anche nella loro totalità. D) Dello «Stadio»: basato sulla relatività della velocità. - Argomenti contro la molteplicità: È impossibile che esistano molteplici unità perché: A) dovrebbero essere ciascuna nello stesso tempo infinitamente piccola (= non avere massa o spessore, altrimenti sarebbe divisibile e non più una: dunque è un nulla) e infinitamente grande (= ciò che è dotato di una sia pur piccola grandezza è infinitamente divisibile, perciò dovrebbe essere infinito in gran­ dezza, composto di infinite parti); B) dovrebbero essere nello stesso tempo in numero finito (= tante quante sono) e infinito (= tra l'una e l'altra ci saranno altri esseri e così via all'infinito); C) dovrebbe esistere lo spazio come loro possibilità; ma se esistesse lo spazio dovrebbe trovarsi in qual­ cosa, cioè in uno spazio e così si avrebbe uno spazio di uno spazio alTinfinito. c. Organizzazione sistematica dell'eleatismo = Melisso: Tessere

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- sempre era e sempre sarà, perché la generazione im­ plicherebbe non essere; - è infinito, perché non essendo generato né corrutti­ bile non ha né principio né fine. (N.B. Parmenide lo diceva finito!); - è uno, perché due infiniti si limiterebbero e non sarebbero tali; - è immobile, perché non c'è vuoto nel quale spostarsi; - è incorporeo, perché se avesse dello spessore avreb­ be delle parti. Il protocollo fenomenologico (l'esperienza sensibile) va negato perché è in contraddizione con il protocollo logico dell'essere uno-immutabile. La molteplicità sarebbe am­ missibile solo se rispettasse le esigenze dell'essere-uno. N.B. La conclusione di Melisso apre la via ai pluralisti, i quali ammetteranno un molteplice nel quale l'esigen­ za dell'essere-uno viene rispettata. Il superamento del logicismo eleatico avviene solo sul­ la base dell'esperienza riconoscendola come unica solida base e serbatoio di ogni contenuto enunciabile: «Se si bada ai puri ragionamenti, sembra che si debba giungere a tali conclusioni (quella degli Eleati); ma se si bada ai fatti, opinare in questo modo sembra ap­ prossimarsi alla follia» (Aristotele, Della generazione e della corruzione, 1,8,325 a 15-20).

I Pluralisti (sec. V a.C.) I Pluralisti (Empedocle, Anassagora, Leucippo, De­ mocrito) tentano una prima conciliazione tra i principi eleatici e l'esperienza del molteplice diveniente, attri­

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buendo la proprietà dell'essere parmenideo-melissiano al molteplice stesso. Tuttavia, restando imbrigliati nell'arcaica mentalità fisica, non riescono a dare una soluzione plausibile alle aporie di fondo, soprattutto in ambito antropologico.

Empedocle di Agrigento 1. Cosmologia: il mondo si costituisce sulla base di: a. quattro elementi («radici delle cose») originari e qua­ litativamente immutabili che si mescolano o si scindono tra loro: Acqua, Aria, Fuoco, Terra (ottica eleatica + fisici anteriori); b. due principi o forze cosmiche e divine, Amore e Odio, che sono cause efficienti del movimento di mescolanza (Amore) e di separazione (Odio), secon­ do un alternarsi ciclico (ottica eraclitea), e conducono o all'assoluta unità e perfezione della Sfera (Amore) o alla distinzione e separazione (Odio) attraverso l'in­ termedia nascita del cosmo e delle cose individue. 2. Antropologia: a. in modo conseguente con la teoria fisica, E. sostiene: - la costituzione fisica della stessa anima sulla base dei quattro elementi; - la somiglianza fisica come base della conoscenza, secondo il principio gnoseologico per il quale «il simi­ le conosce il simile»: l'acqua conosce l'acqua; il fuoco conosce il fuoco, ecc. b. in modo non conseguente e aporetico rispetto alle teorie fisiche, E. sostiene l'immortalità delTanima

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umana, che sarebbe un demone caduto in un corpo a causa di una colpa originaria e destinato al ciclo delle reincarnazioni purificatrici (Orfismo)

Anassagora di Clazomene Il mondo si costituisce sulla base di: a. infiniti semi (spennata) originari e qualitativamente inal­ terabili (Omeomerie) e differenziati, originariamente mescolati (ottica virtualmente eleatica = la qualità e la quantità del­ l'essere non subiscono mutazione: nulla nasce da nulla); b. un'Intelligenza {Nous) illimitata e non mescolata alle cose, che è causa del movimento che genera la totalità delle cose, ponendo ordine nella mescolanza originaria (ottica di superamento del piano eracliteo e fisicistico solo in modo intuitivo). c. «Tutto è in tutto e ogni cosa in ogni cosa».

Atomisti: Leucippo e Democrito 1. Cosmologia: il mondo si costituisce sulla base di: a. Atomi molteplici = l'originario qualitativamente indif­ ferenziato, quantitativamente e geometricamente diffe­ rente, visibile solo dall'intelletto come pura forma geo­ metrica (ottica virtualmente eleatica), in perenne movi­ mento caotico pre-cosmico, ad es. pulviscolo atmosfe­ rico (ottica virtualmente eraclitea). b. Un movimento vorticoso dovuto alla presenza del vuoto, nel quale gli atomi di forma simile si connetto­ no e originano le cose qualitativamente differenziate. Il moto agisce secondo un'assoluta necessità meccanica

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(ottica eraclitea, superata nell'intuizione di un rap­ porto causale necessario). 2. Antropologia: a. dal punto di vista psicologico: l'anima umana è co­ stituita di atomi uguali a quelli del corpo; b. dal punto di vista gnoseologico: gli effluvi di atomi che entrano in contatto con i sensi generano la conoscenza; c. dal punto di vista morale: i beni dell'anima sono superiori a quelli del corpo.

I Fisici Eclettici (sec. V a.C.) Con i Fisici Eclettici si segue un ritorno al «monismo» dei fisici pre-eleatici e pre-pluralistici, senza rigore teo­ retico. Diogene di Apollonia e Archelao di Atene (mae­ stro di Socrate) identificano il Principio della realtà con l'Aria infinita (Anassimene), caratterizzandola come intelligenza (Anassagora). La concezione cosmologica che ne risulta è fondamen­ talmente teleologica.

I Sofisti (sec. V a.C.) II movimento sofistico (pensatori che insegnano una sapienza «apparente» a scopo di guadagno) nasce come contestazione critica delle aporie della filosofia del­ la Physis e come cultura umanistica: riflessione che ha come centro l'umano. Esso si caratterizza per una me­ todologia empirico-induttiva (opposta al deduttivismo dei fisici) e per una finalità pratico-pedagogica (inse­ gnamento e acquisto dell'crete). Si sviluppa in tre fasi:

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a. I grandi maestri rispettosi della morale: Protagora, Gorgia, Prodico di Ceo, Ippia, Antifonte. b. Gli eristi = maestri del contendere dialogico amora­ le (cf. Platone, Eutidemo). c. Sofisti politici teorizzatori dell'immoralismo: Crizia, Trasimaco, Callide.

Protagora di Abdera 1. Piano teoretico: assoluto relativismo secondo: a. il principio: «l'uomo è misura di tutte le cose» = il singolo individuo è il criterio della verità; non si danno verità assolute; b. l'applicazione del metodo delle Antilogie = attorno a ogni soggetto è possibile dedurre ragioni contrarie che si elidono vicendevolmente; perciò la sapienza {aretè) sta nel saper rendere più forte il discorso che situazionalmente appare più debole, qualunque ne sia il contenuto. 2. Piano pratico-morale: a. in modo conseguente all'impostazione teoretica: non esistono valori morali assoluti; perciò il discorso teologico-religioso è insignificante; b. in modo non conseguente e aporetico rispetto alle premesse: assoluto valore del bene utile.

Gorgia di Leontini 1. Piano teoretico: un preciso nichilism o secondo un'ottica eleatica ribaltata negativamente, a. Enunciazione: -l'essere non esiste (= nulla esiste), perché le sue

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proprietà intrinseche determinate dai pensatori pre­ cedenti si escludono a vicenda: uno e immobile (elea­ tismo), ma anche molteplice e diveniente (eraclitismo e pluralisti); - se anche esistesse, non sarebbe conoscibile, perché il pensiero è pensiero del non essere e non dell'essere, giacché se il pensato non esiste, l'essere non è pensa­ to (es. penso la chimera che non esiste!); - se anche fosse conoscibile, non sarebbe comunicabile, perché le parole non possono esprimere un contenu­ to reale diverso da esse (colori; suoni ecc.) e il conte­ nuto non potrebbe esser pensato in modo identico da diversi soggetti: non sarebbero più diversi ma un identico soggetto. b. Conseguenza: la Parola è priva di potere veritativo (sganciata dall'essere), ma carica di potere persuasivo (muove i sentimenti), con fine pratico-consigliativo (= Retorica) o con fine teorico-estetico (= Poetica). 2. Piano pratico-morale: a. in modo conseguente: una relativistica etica della situazione (= la norma varia secondo i soggetti); b. in modo non conseguente e ingiustificato date le premesse teoriche: il valore presupposto e indiscusso della morale tradizionale.

Prodico di Ceo 1. Piano teoretico: la conseguenza ultima della rottura del ponte epistem ologico: essere-pensiero-parola. Perciò, oggetto del suo studio è la sinonimica, cioè

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l'indagine linguistica sulle sfumature di significato tra i diversi sinonimi, in vista di un discorso persuasivo. 2. Piano pratico-morale: utilitarismo etico non di stam­ po edonistico, ma basato su un razionale calcolo dei piaceri e dell'utile morale. Perciò, P. sostiene l'identità tra l'utile e il divino, giacché gli uomini considerano dio ciò che è giovevole alla loro vita.

Ippia e Antifonte 1. Sono i rappresentanti della sofistica «naturalistica» che non si rifugia nel linguaggio, ma rivaluta la «natu­ ra», opponendola alle arbitrarie e instabili opinioni degli uomini. 2. Ippia: a. fonda tutta la sua pedagogia non sull'abilità «anti­ logistica» (Protagora), né sulla «retorica» (Gorgia), né sulla «sinonimica» (Prodico), bensì sulla «Polimathia» = Enciclopedismo matematico-naturalistico, acquisi-. bile attraverso l'arte («mnemotecnica»): si tratta di un sapere e un saper fare molte cose. b. oppone Physis e Nomos, perché la Natura è princi­ pio di unione e comunione tra gli uomini; la Legge positiva, invece, è principio di divisione e discrimi­ nazione tra gli uomini. 3. A ntifonte radicalizza l'opposizione tra natura e legge positiva e apre indirettamente le porte all'immo­ ralismo dei sofisti politici, perché invita a seguire la «natura» (= sensibilità e spontaneità, che è la verità) e a trasgredire la «legge positiva» (= arbitraria rottura

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dell'egualitarismo naturalistico tra gli uomini, che genera l'opinione).

Gli Eristi 1. Gli Eristi portano alle estreme conseguenze l'Antilogismo protagoreo, secondo una artificiosità dialet­ tica (= Sofismi) che distrugge lo stesso argomentare. 2. Arrivano a negare la possibilità dello stesso contrad­ dittorio dialogico, perché si ha contraddittorio quando si pensa e si parla in modo diverso della medesima cosa; ma quando si pensa e si parla in modo diverso non si pensa né si parla della medesima cosa, bensì si pensa e si parla di cose diverse (perciò non ci si contraddice).

I Sofisti politici 1 .1 Sofisti politici portano alle estreme conseguenze le tesi della sofistica naturalistica, ribaltandola: la Natura non è fondamento dell'egualitarismo, ma della discri­ minazione tra gli uomini. a. Un uomo debole deve essere soggiogato e soc­ combere. b. Un uomo forte, superuomo, si pone al di là della legge, non reprime, ma esalta i propri istinti, per il cui vantaggio si istituisce la nozione di «giusto». «Giusto è il vantaggio del più potente» (Trasimaco). 2. Gli dei sono un'invenzione dei legislatori per intimi­ dire i più forti, per far rispettare le leggi (Crizia).

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Socrate (470-399 a.C.) 1. Sulla scia delle contestazioni sofistiche, Socrate pro­ pone un superamento della filosofia della Physis, a fa­ vore di un orientamento antropologico del filosofare, ba­ sato sull'identificazione uomo = anima = io pensante e operante moralmente. La filosofia è finalizzata alla cura dell'anima (Etica); il suo metodo è dialogico-dialettico. 2. Quanto all'aspetto teoretico la «Sapienza umana» socratica è innovatrice sia sul piano antropologico, sia sul piano teologico: a. Piano antropologico: S. distingue nell'u om o YAnima (= essenza dell'uomo, suo principio vitaleoperativo) e il corpo (= strumento dell'anima). E iden­ tifica l'Anima (Psychè) non con una specie di «fanta­ sma» (Omero), o con un «demone» (Orfismo), o con un elemento sensibile principale (Fisici), bensì con la coscienza pensante e operante. b. Piano teologico: S. oltrepassa l'ottica antropomorfistica della religione olimpica, quella cosmologiconaturalistica dei Fisici e quella agnostico-ateistica dei Sofisti, riproponendo l'intuizione anassagorea (Dio­ nigi di Apollonia e Archelao di Atene) di un DioIntelligenza ordinatrice. E la motiva con ragioni antropologiche: - il teleologismo che caratterizza il complesso degli organi del corpo umano; - la particolare Provvidenza che regge la vita degli uomini; - l'analogia, anima umana : corpo = Dio : mondo.

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3. Quanto all'aspetto etico: la sapienza socratica ha come fine specifico la «cura dell'anima» che si realizza: a. compiutamente con la Felicità (Eudaimoma): consi­ stente nell'autarchia, cioè nell'autonomia (perché ciò che è perfetto e divino non ha bisogno di nulla) e caratterizzata da Enkràteia (= dominio di sé e della propria pulsionalità) e Eleutheria (= libertà dalle pas­ sioni che rendono schiavi); b. strumentalmente con la virtù che è scienza o cono­ scenza del bene e del vero e quindi misura o calcolo razionale del piacere e dell'utile rispetto all'anima. Perciò il vizio è solo ignoranza; non si pecca volonta­ riamente ma solo per mancanza di conoscenza (intel­ lettualismo etico, che trascura il dinamismo relativa­ mente autonomo della libertà: «Video meliora proboque, sed deteriora sequor!» dirà poi Orazio). 4. Quanto alla metodologia: la sapienza socratica «cura l'anima» con il «dialogo» che: a. si struttura per domanda e risposta, a partire dalla professione di ignoranza di Socrate che capovolge, a modo di preambolo scettico, il monologo sofistico; b. si sviluppa secondo i due momenti dialettici dell'zronia socratica (= l'unico sapere per il quale Socrate è ritenuto saggio è il «sapere di non sapere»): - Pars destruens o confutazione: rincalzante domanda sul «che cos'è» un dato soggetto di disputa porta a successive definizioni denunciate come manchevoli e implicanti contraddizioni (per smantellare i sofismi occorre «definire» con rigore). L'interlocutore è «purificato» quando si riconosce ignorante!

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- Pars construens o maieutica: Paròma, così purificata, se è «gravida», può partorire la verità con l'aiuto di una buona «levatrice» (Socrate non dà la verità, ma la fa partorire dall'anima del discepolo).

Il circolo dei Socratici minorì (sec. V-IV a.C.) L'insegnamento di Socrate si evolve secondo due linee di sviluppo: a. per unilaterale sottolineatura di un suo aspetto (Socratici minori): - etico: quanto all'autodominio: Antistene (Scuola Cinica); quanto al calcolo dei piaceri: Aristippo (Scuola Cire­ naica); quanto alla scienza come fonte di moralità: Fedone (Scuola di Elide); - dialettico-controversistico: Euclide (Scuola Megarica); b. per approfondimento complessivo e fondazione me­ tafisica della dottrina: Platone (Socratico maggiore).

Antistene di Atene 1. Tesi etiche di ispirazione socratica: a. Per continuità con Socrate: - la felicità è virtù, cioè autodominio = bastare a se stessi non avendo bisogno di nulla! - le ricchezze e i beni per l'uomo sono soltanto nel­ l'anima. b. Per sviluppo antitetico: - l'autodominio comporta un'individuazione antisociale: dò che possediamo veramente e liberamente sono solo le nostre rappresentazioni, il nostro modo di pensare;

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- 1'autodominio comporta l'esaltazione della fatica iponos) e dello sforzo antiedonista: il piacere non va mi­ surato, ma evitato! - Il bene dell'anima consiste nella assenza di illusio­ ni fallaci (atyphia) e nella mancanza di gloria e di fama sociale (adoxia). 2. Tesi gnoseologiche di ispirazione sofistica: la ricerca del «che cos'è» ha un orientamento non essenzialistico (Platone) e dunque m etafisico, ma nom inalistico (cf. Prodico) ed empiristico, perché «il principio dell'i­ struzione è la ricerca dei nomi».

Aristippo di Cirene 1. Tesi etiche di ispirazione socratica. a. Per continuità con Socrate: - La felicità è virtù, cioè autodominio e libertà; - il piacere non è un male in se stesso, ma va vissuto con misura. b. Per sviluppo antitetico: - L'autodominio è fondato sulla virtù intesa come arte di possedere il piacere sempre, senza però esserne vittima lasciandosi possedere da esso; - il piacere è sempre bene, qualunque ne sia la fonte (= Edonismo); è soprattutto, se non essenzialmente, fisico e consiste in un «movimento lieve» (il movi­ mento violento è dolore), coglibile solo nell'istante presente (monochronos edoné). 2. Tesi gnoseologiche di ispirazione sofistica: le nostre personali affezioni (stati soggettivi): - sono l'unico termine certo della nostra conoscenza

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(istanza protagorica) e non le cose da cui esse deri­ vano (sensismo fenomenistico); ma sono incomuni­ cabili intersoggettivamente (istanza gorgiana); - non si può filosofare sulla «natura» delle cose (Fisica), ma su «ciò che di bene e di male si trova in esse» (Etica).

Fedone di Elide È un socratico unilaterale perché coglie nella dottrina del maestro solo l'aspetto di onnipotenza della ragio­ ne (logos) in campo morale. Il logos può vincere qual­ siasi passione e dominare qualsiasi temperamento.

Euclide di Megara 1. Tesi di ispirazione socratica: a. Per continuità con Socrate: - la virtù è conoscenza del Bene ( - Saggezza, Dio, mente); il vizio è frutto d'ignoranza; - la dialettica ha un carattere etico: purifica eticamen­ te e religiosamente lo spirito dall'errore. b. Per sviluppo antitetico: la dialettica assume una veste puramente controversistica, fino a dilettarsi del puro virtuosismo eristico (Eristi, Dialettici es. Eubulide, Diodoro Crono, Stilpone). 2. Tesi di ispirazione eleatica: a. Il Bene, come l'Essere eleatico, è uno, sempre identico a se stesso, immobile, non ammette accanto a sé il con­ trario male (= non essere). b. Quanto alla logica, ammette solo l'argomento dialet­ tico per riduzione all'assurdo (Zenone); non invece

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l'argomento per analogia, perché il simile è identico e il dissimile non si dà.

Platone (427-347 a.C.) «Chi possiede una visione d'insieme è dialettico, chi non la possiede non lo è» (Rep. VII, 537 c). Tesi: la dottrina platonica: A) dal punto di vista sistematico-genetico: è il primo ten­ tativo di sintesi, su base postulatoria, del pensiero fi­ losofico nei suoi vari aspetti, secondo uno sviluppo cir­ colare e politicamente motivato (cf. Lettera VII). Dalla politica «vissuta» (ingiusta vicenda di Socrate), per mezzo della ricerca e della fondazione dei criteri della giustizia (quanto all'essere = Teoresi metafisico-dialetti­ ca; quanto al dover essere = Riflessione etico-religiosa), si ritorna alla politica «teorizzata»; B) dal punto di vista emblematico-simbolico: è riassunta nel celebre «mito della caverna» (Rep. VII, 513 a): 1) quanto alla prospettiva onto-gnoseologica: - mondo sensibile: nella caverna e all'entrata. Le ombre sul fondo della caverna rappresentano le parvenze sensibili delle cose (immaginazione). Le statue portate sulle spalle dagli uomini fuori della caverna e le cui forme si proiettano come ombre sono le cose sensibili (credenza); - mondo sopraseìisibile: fuori della caverna e al di là del muretto. Gli uomini che portano sulle spalle le statue e sono nascosti dal muretto sono le cose vere, il vero essere, cioè le Idee; il sole che li illumina ed è fonte luminosa è l'Idea del Bene (scienza: dianoia­

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m atem atica e noesis-filosofia, sia dialettica che intuitiva). 2) quanto alla prospettiva etico-mistico-religiosa: - uscita del saggio dalla caverna = liberazione asce­ tica dal mondo sensibile; - visione del sole = contemplazione del Bene e del Divino. 3) quanto alla prospettiva politica: - ritorno del saggio nella caverna = il filosofo, dopo aver contemplato la verità, sente come doveroso il ritorno tra i suoi compagni incatenati nella caverna con il volto rivolto sul fondo, dove vedono le ombre ritenute la realtà, per «liberarli»; - rischio del saggio = non più abituato al buio della caverna, può passare per pazzo ed essere ucciso (allusione a Socrate).

Esplicitazione: M etafisica:

1. Inferenza del soprasensibile (—> Fedone). a. Crisi della filosofia della Physis: le cause fisiche non sono le vere cause: es. Socrate sarebbe in carcere perché vi si è recato con le sue gambe, non invece perché ha reputato giusto rispettare le leggi patrie. b. Il guadagno platonico (la «seconda navigazione», cioè quella realizzata non più in forza del vento del sapere precedente, ma in forza delle proprie energie). - Postulato base: esiste una realtà in sé e per sé: l'essere in sé, il bello in sé.

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- Conseguenza: se esiste qualcosa d'altro oltre l'esse­ re in sé e per sé, esso ha la sua ragion d'essere nella «partecipazione» all'essere in sé. Il fondamento, la causa per cui una cosa è quello che è, è la Presenza, o la Comunanza, o la Partecipazione, o l'Imitazione della realtà in sé e per sé. Es.: una cosa è bella per la bel­ lezza in sé che in essa è presente. - Precisazione: il rapporto di «partecipazione» è mediato dal Demiurgo (Dio-artefice) che plasma la Chora (= spazialità) informe avendo come modelloparadigma l'essere in sé e per sé (-*Timeo). 2. Analisi del soprasensibile: a. La realtà soprasensibile è l'Idea {idea o eidos), non come contenuto pensato, ma come essere, cioè essen­ za (ousia), natura specifica (physis), principio o fonda­ mento ontologico {arche) di una cosa. b. Caratteristiche delle idee: - secondo l'istanza parmenidea: . anti-relativistica = Perseità, contro il soggettivismo protagoreo-sofistico (-* Cratilo); . anti-mobilistica = Immutabilità, contro il mobilismo eracliteo (—► Pedone); . anti-nichilistica = Pienezza di essere (perciò il Divino); - secondo l'istanza anti-parmenidea («Parricidio» Sofista): ..M olteplicità: ogni idea è Identica a se stessa per essere quello che è; Diversa dalle altre per essere quello che è. L'idea di Diverso implica il non-essere relativo (= non essere l'Altro).

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. Immanenza: perché sono ciò che permane identico e stabile nelle cose che sono ad esse relative per presenza (parousia), comunanza (koinonia), parteci­ pazione (metessi), imitazione (mimesi). . Trascendenza: perché l'Assoluto ha una dimensio­ ne diversa da quella dell'esperienza sensibile: è separato, nell'Iperuranio = «mondo al di sopra del cielo» (Dualismo). . Gerarchicità: coordinamento e subordinazione. N.B. Secondo la Repubblica: le molteplici idee sono colle­ gate tra loro secondo una scala gerarchica al vertice della quale sta l'idea del Bene, che è causa di tutte le altre per­ ché ogni idea è quello che è in quanto riflette la perfezio­ ne del Bene. Il primato va alle idee dei valori etid ed este­ tici; a livello inferiore sono le idee degli enti matematici. Secondo il Filebo (istanza pitagorica dell'ultimo Pla­ tone), la struttura della realtà è interpretabile secondo 4 supreme categorie: (1) illimite, (2) limitante, (3) una Causa intelligente che determina (4) il misto. Secondo un'ipotetica ricostruzione delle «Dottrine non scritte» (Aristotele), la struttura della realtà dipende dall' Uno (= principio di ordine e misura, Forma) e dalla Diade grande-piccolo (= principio illimitato, materia), che generano le Idee Numeri o Numeri ideali, dalle quali dipendono le Idee di ogni cosa e gli Enti matematici e figure geometriche. C osmologia :

1. Quanto all'esistenza del mondo sensibile: Il De­

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miurgo (Dio-Artefice), per pura bontà, avendo come modello il mondo ideale, plasma la «spazialità» infor­ me come sua copia sensibile; ne nasce il «Cosmo» co­ me realtà «intermedia» tra il puro non-essere e l'essere assoluto. 2. Quanto alla consistenza del mondo: a. Il mondo incorruttibile: è tutto ciò che è prodotto direttamente dal Demiurgo: il cosmo con la sua Ani­ ma; gli dei inferiori; le anime umane. b. Il mondo corruttibile: è tutto ciò che è prodotto dagli dei inferiori: il corpo dell'uomo; la parte irra­ zionale dell'anima; gli animali mortali. G noseologia e dialettica:

1. L'origine della conoscenza: a. conoscere è ricordare (Anamnesi), b. perché: - Presupposto a livello mitico: l'anima preesiste secon­ do la dottrina della metempsicosi Orfico-Pitagorica. - Presupposto discepolare: la maieutica socratica. - Dimostrativo sperimentale: uno schiavo, ignaro di no­ zioni geometriche, risolve problemi di geometria: le nozioni le trae dalla propria anima (-» Mellone). - Dimostrativo quasi deduttivo: l'esperienza sensibile ci mostra il più o il meno (es.) uguale, ma noi posse­ diamo la nozione di «uguale» in sé o perfetto; non derivandoci dall'esperienza, essa è stata attinta da una conoscenza al di là della nostra vita empirica (ciò vale per ogni nozione assoluta = in sé e per sé) (-* Fedone).

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2. Il valore della conoscenza: (-* Repubblica): a. I gradi del conoscere: sono proporzionali ai livelli dell'essere: - sensibile = Opinione (Doxa); - quanto alle immagini = Immaginazione (Eikasia); - quanto agli oggetti = Credenza (Pistis); - intelligibile = Scienza {Episteme); - quanto agli oggetti matematici = Conoscenza me­ diana {Dianoia); - quanto alle Idee = Intellezione {Noesis). b. La «Teoria» della Verità: - per avvicinamento e immersione: la Filosofia condu­ ce alla conoscenza della Verità, che consiste nella considerazione dei rapporti reciproci di inclusione ed esclusione tra le Idee {Noesis), secondo un duplice movimento ideale dato dalla Dialettica: . Ascensionale = processo dimostrativo: dal sensibile alle Idee; da Idea a Idea, fino all'Idea di Bene; . Discensionale = processo sistematico: dalle Idee ge­ nerali a quelle più particolari in esse contenute, per divisione (-* Fedro); - per allontanamento: l'Arte non porta alla conoscen­ za della Verità, perché avviene per imitazione della realtà sensibile che a sua volta è imitazione di quella soprasensibile; - per invasamento divino (inconscio) (-» Fedro): si ri­ volge alla parte meno nobile dell'anima (emotività) per persuaderla senza istruirla (es. Retorica e Poesia). «Chi invece, privo della follia ispirata dalle muse, giunge alle porte della poesia, convinto che basterà

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la tecnica a renderlo poeta, sarà un poeta mancato e la poesia di chi è assennato sarà eclissata da quella di chi è preso da follia» (Fedro, 245 a). Etica

e religione:

1. Aspetto morale: a. momento fondativo: - La pienezza della verità e dell'essere non sta nel mon­ do sensibile, ma sta nel mondo ideale metempirico. - La vita sensibile è morte, e la vera vita comincia dopo la morte, perché: A) secondo il mito = Dottrina Orfica: Nell'uomo c'è un principio divino, immortale e preesistente al corpo; decaduto in esso a causa di una colpa originaria; destinato a reincarnarsi ciclicamente per espiare la colpa commessa; merita il premio della liberazione dal corpo e dal ciclo delle reincarnazioni se si purifi­ ca orficamente; B) secondo il logos dimostrativo: L'anima è immortale: Fedone: 1) Deve «rinascere», giacché ogni cosa si genera dal proprio contrario: dalla vita la morte e dalla morte la vita. 2) Preesiste al corpo ricordando le Idee, non deri­ vanti dalla esperienza sensibile. 3) È affine alle cose immutabili ed eterne, giacché le può conoscere. 4) È eterna, giacché implicando essenzialmente la vita, esclude la morte, come l'Idea di vita esclude l'Idea di morte (= è immortale).

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Repubblica: non può essere distrutta dal suo male specifico che è il vizio. Fedro: è principio del movimento, e in quanto «principio» è ingenerabile e incorruttibile, b. momento attuativo: - nell'al di qua secondo il logos: il vero filosofo de­ sidera la morte e ad essa si prepara con la filosofia, intesa come fuga dal mondo (= beni esterni) e dal corpo (= tomba dell'anima), e come cura dell'anima: secondo virtù, cioè conoscenza (= il puro sapere in­ tellettuale, cf. Fedone; Repubblica; Leggi) e non se­ condo i piaceri del concupiscibile (= ricchezze) e del­ l'irascibile (= onori). Questo per assimilarsi il più possibile a Dio (Teeteto; Leggi). - nell'al di là secondo il mythos: A) per le anime che hanno vissuto in piena giustizia vi sarà Premio (Isole dei Beati) B) per le anime che hanno vissuto in piena ingiusti­ zia vi sarà Castigo eterno (Tartaro) C) per le ingiustizie sanabili vi sarà una Temporanea punizione (palude Acherusiade) D) quanto alla metempsicosi: F edone: solo le anime non completamente pure, ma

neppure totalmente ingiuste si reincarnano sotto diverse forme di vita animale, secondo il tenore di vita precedente. R epubblica : dopo mille anni di vita ultraterrena, tutte le anime devono reincarnarsi, dopo aver scelto il Paradigma della propria vita.

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F edro: l'anima è come un carro alato, tirato da due

cavalli (parti alogiche dell'anima) e guidato da un au­ riga (= ragione), al seguito degli dei e diretto alla con­ templazione della verità celeste. Per la difficile salita alla sommità del cielo, alarne anime cadono in un corpo: la vita umana così originata è tanto più per­ fetta, quanto più quelle anime hanno contemplato la Verità. Dopo diecimila anni tutte le anime tornano al seguito degli dei; le anime dei filosofi dopo tremila. Timeo : il Demiurgo forma le anime e le pone nelle stelle. Per una colpa esse cadono in un corpo. Il ciclo delle reincarnazioni è per le anime cattive; il premio per le buone è il ritorno alla stella. 2. Aspetto mistico-religioso: Il ritorno dell'anima all'Assoluto comincia con l'Amore (Eros), demone intermedio figlio di Penili (povertà) e Poros (espediente), che nasce dalla percezione della Bel­ lezza, che tra le Idee è quella che in modo più evidente traluce nella sensibilità. Passando attraverso i gradi del­ l'amore fisico, dell'amore spirituale per le anime, la giu­ stizia, le scienze, l'anima anela alla visione del Bello in sé, cioè del Bene Assoluto (-* Convito; Fedro). P olitica:

1. La Politica si fonda sull'etica perché ne è orna esplicitazione necessaria (tipica concezione greca). 2. Formare lo Stato è formare l'uomo, perciò lo Stato ha ima struttura simile all'anima dell'uomo e la «città ideale» è dentro l'uomo stesso (-*■ Repubblica).

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Classi sociali

Parti dell’anima - ► V irtù corrispondenti

( Jo v e rn a n ti-F ilo so fi - ► E d u c a z i o n e d ia le ttic a

co m e a p e r tu ra sin o t-

R a z io n a le

—►

S a p ie n z a ( s o p h t ' a )

(.l o g b i s t i k ó n )

c o n te m p la tiv o ­

s e d e d e l p e n s ie ro

p ru d e n z ia le

d o m in a i d e sid e ri

lica al tu tto { p a n ) e all’in te r o ( o l o n ) . ( C o n t e m p l a t o il « B e n e

In sé » p l a s m a n o «e stessi e lo sta to In c o n fo rm ità ad esso.

C u sto d i-g u e rrie ri

—►

E d u c a z i o n e g in n ic o -

Ira s c ib ile

F o r t e z z a (a n d r e i a )

te n d e n z a a ll’ira

n o n la sc ia rs i v in c e re d a i p ia c e r i

m u sicale p e r ir r o b u ­

e d a i d o lo ri

stite il co ra g g io . P ossed im en ti co m u n i: m ogli, fig li, b e n i. E u n z i o n e v ig ila tric e

sul b e n e c o m u n e sia t|iianto a ll’in c r e m e n lo sia q u a n to alla d ilesa.

P ro fe ss io n isti

—►

(c o n ta d in i, a rtig ia n i m ercan ti) 1e d u c a z i o n e n o n

sp e ciale, m a se m p lic e p a d ro n a n z a d elle te c n ic h e se tto ria li. P r o d u z i o n e d e i b e n i.

C o n c u p is c ib ile d e s id e r io d ei p ia c e r i

T em p eran za d is c ip lin a d e i d e sid e ri

3. Lo Stato Ideale {-* Repubblica), nel quale c'è Giustizia, ha una struttura analoga all'anima umana e alle sue virtù: «Ogni parte concorre gerarchicamente al bene del tutto secondo la propria natura». 4. Il tipo di governo migliore è l'Aristocrazia = governo dei migliori, che realizza la Giustizia (dikaiosyne) per il concorso ordinato di ogni classe e di ogni cittadino al bene totale. 5. Le degenerazioni del governo derivano dalla preva­ lenza indebita di una parte sull'altra. a. Timocrazia: sostituisce alla virtù il criterio dell'onore. b. Oligarchia: sostituisce alla virtù il criterio della ricchezza. c. Democrazia o Demagogia: per rovesciamento del­ l'oligarchia corrotta. d. Tirannide: l'assoluta libertà degenera in ima priva­ zione di libertà. 6. Lo Stato Reale o «Secondo», come imitazione di quel­ lo Ideale (-* Leggi; Politico). Al suo vertice non sta l'i­ deale Governante-Filosofo, ma la Legge-Costituzione che «imita» il Politico «ideale» come: a. Monarchia = governo di uno solo (può degenerare in Tirannide). b. Aristocrazia = governo di più ricchi (può degene­ rare in Oligarchia). c. Democrazia = governo del popolo (può degenera­ re in Demagogia); è la migliore, supposto lo stato di corruzione delle altre; ma è la peggiore, supposto lo stato di perfetto ordine nelle altre (-> Politico). 7. La Costituzione più realistica è quella «mista» (-> Leggi):

sintesi tra Monarchia (autorità) e Democrazia (libertà) ed è fondata sul criterio del «Giusto mezzo» = Calcolo equilibrato su dò che è conveniente, opportuno, dovero­ so secondo l'essenza delle cose nelle diverse situazioni. N.B. Aporie del pensiero platonico: 1) A livello metafisico: l'intuizione del rapporto parte­ cipativo tra mondo sensibile e mondo ideale non è giustificata filosoficamente dall'invenzione «mitica» del Demiurgo. Occorre: a) porre Dio (personale) al di sopra del Divino (im­ personale) -> Aristotele. b) Identificare il mondo intelligibile (Divino) con l'oggetto dell'Intelligenza divina -»■ Medio e Neopla­ tonismo. c) Provare la dipendenza causale effidente (creazione) del mondo sensibile da Dio -> filosofia cristiana. 2) A livello antropologico: a) la concezione dualistica, che oppone anima e cor­ po, non consente soluzioni equilibrate in campo mo­ rale (per sé dovrebbe condurre a eccessi rigoristid!); b) l'immortalità dell'anima non è sostenuta da argo­ mentazioni rigorose; c) l'intellettualismo etico di stampo socratico lascia in ombra il valore della libertà e della responsabilità.

Aristotele (384-322 a.C.) Tesi: Il pensiero aristotelico rappresenta: A) la prima sistemazione organica del sapere filosofico: a) quanto all'essere, con le sdenze teoretiche: Metafisica, Fisica, Matematica; b) quanto all'operare immanente, con

le scienze pratiche: Etica e Politica; c) quanto all'operare transitivo o fattivo, con le scienze poietiche, cioè le Arti. B) la prima rigorizzazione metafisica della «seconda navigazione» platonica, come sintesi conciliativa del­ l'eleatismo e dell'eraclitismo. Esplicitazione: S cienze T eoretiche

1. La Filosofia Pròna o Teologia (o Metafisica: Andronico di Rodi, I sec. a.C.) è un sapere altamente speculativo e fine a se stesso, ed è scienza: a. delle Cause e dei Principi supremi (tò dia tv, arche): - causa formale = forma o essenza delle cose (eidos; tò tien einai); - causa materiale = ciò di cui è fatta una cosa (tò ex ou); - causa efficiente = ciò da cui proviene il movimento e il mutamento; - causa finale = ciò in vista di cui una cosa diviene (tò ou eneka); b. dell'ente in quanto ente (to on he on): - Dal p.d.v. semantico: l'ente non ha significato univo­ co (Parmenide) ma polivoco, sempre in riferimento a un principio e a una unità determinata. Come «sano» si dice di tutto ciò che a diverso titolo si riferisce alla «salute», così «ente» si dice di tutto ciò che a diverso titolo si riferisce alla «sostanza» (ousia). - Dal p.d.v. ontologico si distingue: A) l'ente per sé (tò on kath'autó) o secondo le diverse figure di Categorie = i supremi «generi» dell'ente,

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che si evidenziano secondo i generi di predicazione: 1° quando il predicato si identifica con lo stesso soggetto: es. «Socrate è uomo» = Sostanza o essenza ('ousia; tì es tv, tò tì en einai); 2° quando il predicato indica ciò che inerisce in­ trinsecamente al soggetto: - in modo assoluto, seguendo: . la materia = Quantità (posón); . la forma = Qualità (poión); - in modo relativo: rispetto ad altro = Relazione (pròs ti) 3° quando il predicato indica ciò che è estrinseco al soggetto: - in modo parziale: merendo al soggetto . quanto al principio = Azione (poiein); . quanto al termine = Passione (paschein); - in modo totale: . come misura del soggetto: . secondo il luogo: . non considerando l'ordine delle parti = Dove (poti) . considerando l'ordine delle parti = Giacere o Sito (keisthai); . secondo il tempo = Quando (potè); . non come misura del soggetto = Avere o Habitus (ékein). B) l'ente per accidente (tò on katà symbebekòs) = non esprime l'essenza del soggetto, ma ciò che gli acca­ de casualmente, es.: «il medico è bianco»; C) l'ente come vero = l'essere del giudizio vero;

D) l'ente come Potenza = capacità di essere; essere in potenza, es. il bronzo è in potenza la statua; E) l'ente come Atto = essere; essere in atto, es. ora sto scrivendo, cioè attuo la mia capacità (potenza) di scrivere. È condizione, regola e fine della poten­ zialità, perché la potenza dice assolutamente ordine all'atto; c. della sostanza (ousia): A) Che cos'è la sostanza: - ciò che non inerisce ad altro e non si predica di altro = materia; forma; sinolo; - ciò che può sussistere per sé separatamente = la forma (perché dà l'essere; è almeno concettualmen­ te separabile); il sinolo (= materia + forma); - ciò che è qualcosa di determinato (f òde ti) = forma; sinolo; - ciò che è intrinsecamente unitario e non per ag­ gregazione = forma; sinolo; - ciò che è atto o in atto = forma; sinolo. Dal punto di vista metafisico, però, la sostanza per eccellenza è la Forma. Essa è ontologicamente ciò che struttura intimamente una cosa e logicamente può essere in­ tesa come la specie pensata. B) Esiste una sostanza separata o soprasensibile, perché: - mi. Esiste un movimento (e un tempo) eterno, perché sempre si danno e si daranno un prima e un poi; - ma. il movimento implica un 1° motore immobile,

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perché tutto ciò che è in moto è mosso da altro (motore) e nella concatenazione dei motori non è possibile un processo all'infinito, dunque ci si ar•resta a un 1° non mosso (che muove come oggetto d'amore); - co. Dunque esiste un 1° motore immobile eterno. C) La natura del motore immobile: - Esso è Atto Puro, scevro di potenzialità, perché è la causa immobile eterna del movimento eterno. - È Pensiero di Pensiero (nòesis noèseos), la vita più per­ fetta, Dio: . non pensa il mondo nel suo limite, perché ciò sarebbe imperfezione; . non ama il mondo (diverso e altro da lui) ma è da esso amato. - È Unico, ma ha sotto di sé, gerarchicamente con­ nessi, altri cinquantacinque motori che presiedono al movimento delle 55 sfere subordinate al 1° mobi­ le (= cielo delle stelle fisse). 2. La Filosofia seconda. A) La Fisica quanto all'universo fisico: realtà sensibile intrinsecamente mobile (= natura), a. Il Movimento è «atto di ciò che è in potenza in quanto in potenza»; è passaggio dall'essere in po­ tenza all'essere in atto e suppone la materia come sostrato. Non è passaggio dal non essere all'essere, perché dal nulla non viene nulla; né è passaggio dal­ l'essere all'essere, perché ciò che già è non viene a essere:

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- rispetto alla sostanza, il moto è la generazione e la corruzione, - rispetto alla qualità, il moto è Yalterazione, - rispetto alla quantità, il moto è Yaumento e la dimi­ nuzione, - rispetto al luogo, il moto è la traslazione. b. HTempo è «misura del movimento secondo il prima e il poi» (arithmòs kmèseos katà tò pròteron kaì hysteron). c. Il Luogo è «il primo immobile limite del contenente»; perciò è contraddittoria la nozione di «vuoto» = luogo in cui non c'è nulla. d. L'Infinito è pura potenzialità e imperfezione (con­ cezione greca): Dio è finito perché è perfetto. e. Il mondo sensibile: - sublunare è costituito di sostanze corruttibili la cui materia è data dai quattro elementi trasformabili l'uno nell'altro (terra, acqua, fuoco, aria); - celeste è costituito di sostanze sensibili ma incor­ ruttibili, la cui materia è Yetere (quintessenza) che ha la potenza del puro moto locale. B) Psicologia o scienza dell'anima: a. Definizione di Anima = «entelechia prima di un corpo fisico che ha la vita in potenza». b. Partizione dell'Anima: (o facoltà dell'anima umana). - A. Vegetativa = principio che governa la genera­ zione, la nutrizione, la crescita. - A. Sensitiva = principio che governa: . le sensazioni: il senso è ciò che è capace di ricevere le forme sensibili senza la materia;

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. le appetizioni: desiderio del piacevole come conse­ guenza della sensazione; . il movimento : ha come motore il desiderio. - A. Razionale = principio del pensiero e della deli­ berazione e della scelta. In quanto può pensare tutto, non ha una natura ed è scevro di ogni mesco­ lanza con la corporeità. . nel suo aspetto passivo-recettivo = intelletto passi­ vo rispetto all'intelligibile. . nel suo aspetto attivo = intelletto agente che pone in atto le forme intelligibili contenute potenzial­ mente nelle sensazioni. Questo intelletto è immorta­ le e eterno, impassibile; è nell'anima, ma viene dal di fuori perché spirituale. 3. La Matematica riguarda quegli aspetti aritmetico­ geometrici delle realtà sensibili, ma che sono solo enti di ragione (contro i platonici). S cienze pratiche

1. Si tratta della filosofia delle cose dell'uomo. Un sa­ pere finalizzato o subordinato alla prassi. 2. L'Etica = scienza del bene umano, a. Fondazione: - mi. Fine ultimo dell'uomo è la Felicità (Eudaimonia); - ma. La Felicità non è un bene esterno, come la ric­ chezza, perché questa è un mezzo e non un fine, e nemmeno come l'onore, perché questo è semmai una conseguenza. Non è un bene del corpo come il pia­ cere, perché questo non è specificamente umano.

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È invece un bene dell’anima, un'attività dell'anima se­ condo ragione o virtù (areté); - co. Fine ultimo dell'uomo è dunque l'esercizio del­ la virtù. b. Principio dell'atto umano è la volizione delfine, che è bene vero per il virtuoso, apparente per il vizioso; cuore dell'atto umano è la scelta dei mezzi supposta la deliberazione o riflessione razionale sui mezzi con­ venienti per il raggiungimento del fine. c. La virtù è la perfezione dell'attività umana secon­ do la ragione, sia rispetto al conoscere, sia rispetto al volere. La virtù etica è il giusto mezzo tra difetto ed eccesso nei sentimenti, nelle passioni, nelle azioni. d. Divisione delle virtù: - rispetto all'affettività = virtù etiche (a capo delle quali sta la giustizia); - rispetto alla conoscenza = virtù dianoetiche: . per la conoscenza pratica = Saggezza (phrónesis); . per la conoscenza teoretica = Sapienza (sophia): scienza speculativa, la metafisica. e. Perciò l'etica: - è fonte di felicità sovrumana, secondo le virtù dia­ noetiche, perché l'intelletto è il divino in noi come Dio è pensiero di pensiero. Ma è propriamente fonte di felicità umana, secondo le virtù etiche; - è principio dell'amicizia perfetta, cioè dei buoni in quanto tali, perché l'amicizia imperfetta o accidenta­ le è fondata sull'utile e sul piacere; - è criterio del piacere onesto, giacché il piacere è il

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riflesso soggettivo di un bene oggettivamente posse­ duto, attraverso la propria attività. Il piacere può essere conveniente naturalmente (cioè in quanto per­ fezione connaturale all'attività umana), moralmente (cioè in quanto segue le attività più nobili delle quali si diletta il virtuoso). 3. La Politica o Teoria dello stato. a. Fondamento dello stato è la naturale socievolezza dell'uomo: - l'uomo è dotato di parola che indica il giusto e l'ingiusto, mentre gli altri animali sono dotati solo di voce, che indica piacere e dolore; - chi non ha bisogno di nulla, bastando a se stesso, o è una belva o è un dio! b. Le diverse forme di stato: Costituzioni rette e secondo natura, che hanno di mira Tinteresse comune: . Monarchia = governo di un uomo eccezionale. . Aristocrazia = governo di un gruppo di uomini di valore. . Politia = via media tra la democrazia (demagogia

-

che favorisce indebitam ente l'interesse dei più poveri) e l'oligarchia (che mira all'interesse dei ric­ chi). Essa valorizza il ceto o classe media tra poveri e ricchi, perché l'amicizia è garantita dalla somi­ glianza. In concreto è la più conveniente. - Costituzioni che hanno di mira l'interesse privato: . Tirannide = degenerazione della monarchia. . Oligarchia = degenerazione dell'aristocrazia.

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. Democrazia (demagogia) = degenerazione della Politia. c. Lo stato ideale - Lo stato felice e fiorente è quello virtuoso. - Le sue condizioni: . la popolazione non deve essere né troppo esigua né troppo numerosa, perché la città sia autosufficiente e facilmente governabile; . il territorio non deve essere né troppo piccolo né troppo grande, perché sia sufficiente alle necessità della vita; facilmente difendibile e difficilmente attaccabile; . la qualità dei cittadini: sintesi tra spirito nordico (impulsivo e libero ma non intelligente) e spirito orientale (intelligente e abile tecnicamente, ma non vivace spiritualmente e schiavo). - Funzioni dei cittadini nella città-stato: - Cittadini in senso lato sono: . i contadini = forniscono l'alimentazione (sono «schiavi» per natura); . gli artigiani = producono strumenti e manufatti; . i commercianti = producono la ricchezza. - Cittadini in senso stretto = coloro che hanno parte nell'amministrazione della giustizia e del governo della città: . i guerrieri = si occupano della difesa dello stato; . i consiglieri = stabiliscono ciò che è utile per la comunità e i diritti-doveri dei cittadini; . i sacerdoti = si occupano del culto.

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d. L'educazione dei «cittadini» alla virtù: - suppone una buona disposizione naturale, le abitudini e i costumi; - interviene con ragionamenti e discorsi; - orienta all'ideale della pura contemplazione = «vivere in pace e fare le cose belle». S cienze poietiche

1. Sono le scienze produttive. 2. In senso stretto o per se stesse: a. secondo l'utilità pragmatica = Tecnica o arte integrativa e completiva della natura; b. secondo il diletto = Arti belle che imitano la natura. - Fondamento è il Bello, che ha per supreme forme l'ordine, la simmetria, il definito. - Per es. l'arte Poetica imita le cose, non come pura riproduzione cronachistica (storia), ma con il rap­ presentare il particolare sotto l'aspetto universale, secondo possibilità e verosimiglianza. Essa produce la catarsi = purificazione delle passioni. 3. In senso lato o sotto un certo aspetto, cioè come «Organon» (Alessandro di Afrodisia) o strumento per ogni tipo di sapere: Analitica e Retorica. 4. L'Analitica (o Logica) si occupa del rigore argomen­ tativo. a. Rispetto ai termini = ciò in cui si risolve la proposizio­ ne come in soggetto e predicato. Sono le «Categorie» = la Sostanza e gli altri nove suprem i generi di predicati.

b. Rispetto alla proposizione (Prótasis) = enunciazione nella quale si mettono in relazione tra loro due termini secondo un giudizio affermativo (katàphasis) o negativo (apóphasis). - Quanto all'estensione del soggetto la proposizione può essere: . universale: «tutti gli uomini sono mortali»; . particolare: «qualche uomo è bianco»; . singolare: «Socrate è bianco». - Quanto al modo del rapporto- tra soggetto e predi­ cato la proposizione può essere necessaria o possibile. c. Rispetto alla stessa argomentazione: A) Dal p.d.v. del rigore formale: il Sillogismo è l'argo­ mentazione per la quale, a partire da un antecedente nel quale si mettono in relazione (positiva o negativa) due termini con un terzo, si inferisce un conseguen­ te, nel quale i due termini sono posti in relazione diretta fra loro. La conseguenza è necessaria ma non necessariamente vera. - Es.: Antecedente = Premesse: maggiore: Tutti gli uo­ mini (termine medio) sono mortali (estremo magg.); minore: Socrate (estremo minore) è uomo (termine medio). Conseguente = Conclusione: Socrate (soggetto, estremo min.) è mortale (predicato, estremo magg.). - Dalla diversa disposizione del termine medio (Sub-Prae; Bis-Prae; Bis-Sub) nascono le 3 figure del Sillogismo. - Dalla quantità (universale-particolare) e qualità (affermativa-negativa) delle proposizioni nascono i modi del sillogismo.

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- Il rigore del meccanismo inferenziale è regolato da leggi che garantiscono la coerenza del passaggio ma non il contenuto di verità. Così, da un antecedente falso può venire un conseguente vero (mi. L'uomo è una gallina; ma. Tutte le galline sono dotate di libe­ ro arbitrio; co. L'uomo è dotato di libero arbitrio); B) Dal p.d.v. del rigore materiale: 1° la Dimostrazione è il Sillogismo scientifico, cioè che porta alla conoscenza della verità, sapendo: - che una cosa è = dimostrazione del che è (óti), nella quale il medio dimostrativo è l'effetto (es.: mi. Ti­ zio è citato in Tribunale; ma. Chi è citato in Tribu­ nale è libero; co. Tizio è libero); - ;perché una cosa è tale = Dimostrazione del perché idiòti), nella quale il medio dimostrativo è la causa: è la dimostrazione per eccellenza (es. mi. l'uomo è animale razionale; ma. ogni animale razionale è libero; co. l'uomo è libero). 2° L’analisi dimostrativa consiste nel risolvere la pro­ blematicità del conseguente nella sua ragione o per­ ché articolata nell'antecedente, preconoscendo: - del soggetto (uomo): che è (= giudizio di esistenza) e che cos'è (= definizione essenziale per genere pros­ simo [animale] e differenza specifica [razionale]). - del predicato o proprietà (libero): che cosa significhi il termine che lo indica (def. nominale). - dei principi: che sono veri: . propri = Premesse; . comuni = Assiomi (principio di non contraddizione) e che sono guadagnati induttivamente: dal partico-

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lare all'universale, secondo il processo: sensazione - * memoria -» esperimenti - * ragione. 5. Retorica e Dialettica che si occupano della persuasione argomentativa. a. Dialettica = ambito delle dimostrazioni che non procedono da principi primi e necessari, ma da pre­ messe semplicemente probabili, cioè fondate sull'opi­ nione della maggior parte o dei più sapienti. b. Retorica = analoga alla dialettica e applicata all'am­ bito della deliberazione (consigliare, lodare, biasimare, esortare, persuadere). A) Aspetto formale = Tecniche argomentative persua­ sive rispetto: . all'oratore = apparire Autorevole per Saggezza, Onestà e Benevolenza; . agli uditori = muovere le passioni valutando tem­ peramenti, età, ceto; . al discorso in sé: logico persuasivo: - secondo l'induzione = uso dell'esempio: fatto sto­ rico, parabola, favola. - secondo la deduzione = uso dell'entimema: sillo­ gismo tronco, nel quale si tace una premessa (cioè un passaggio) e si assumono come principi genera­ li dei luoghi comuni: (tópoi): 1) possibile-impossibile; 2) passato; 3) futuro; 4) grandezza (ingrandire-sminuire). Sono i quadri nei quali si muovono le argo­ mentazioni persuasive! B) Aspetto materiale = l'oggetto inteso dall'argo­ mentazione persuasiva determina il genere della stessa:

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( Ig g e tto

A tto

U tile

C o n s ig lia re -s c o n s ig lia r e A s s e m b le e p o litic h e

D e lib e r a tiv o

G iu s to

D ife n d e r e -a c c u s a r e

G iu d iz ia rio

B e llo -B e n e E lo g ia r e -b ia s im a r e

U d ito r io G iu d ic i

G en ere

A s s e m b le e c e le b r a tiv e E p id itt ic o

Accademia e Liceo 1. Accademia: la scuola di Platone ebbe nei suoi suc­ cessori, Speusippo e Senocrate, uno sviluppo di tipo pitagorico, in qualche modo nella linea dell'ultimo Platone: quello delle idee-numeri. 2. Liceo (o Peripato): la scuola di Aristotele si sviluppò in senso naturalistico-. a. Teofrasto («dicitore divino»): si allontanò dalla me­ tafisica di Aristotele, negando l'esistenza di un moto­ re primo e di una finalità; si occupò di caratterologia. b. Stratone si orientò verso le tesi degli atomisti, interpretando i fenomeni naturali sulla base dei sem­ plici principi materiali.

Sviluppo e decadenza delle scuole socratiche minori 1. Scuola Cinica: fondata da Antistene, ebbe il suo radicalizzatore in Diogene di Sinope (il Socrate impazzito): a. andava gridando: «Cerco l'uomo», con una lanterna accesa nella piena luce del giorno = il vero uomo è al di là delle incrostazioni sociali e delle consuetudini. Viveva come un cam, dentro ima botte, perché rifiutava le sovra­ strutture culturali, ostacolo alla spontaneità della natura. b. Professava perciò l'assoluta libertà di parola (parresìa) e l'assoluta libertà di azione (anaìdeia): orinava davanti a tutti, come un cane.

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c. La vera virtù è l'autarchia: non aver bisogno di nulla, essendo abituati o temprati dalla fatica naturale. 2. Scuola Cirenaica: a. Egesia (il persuasore di morte): la vita del saggio consiste in una indifferenza rispetto all'esistere, per­ ché il bene è il solo piacere, ma la felicità non è rag­ giungibile. b. Anniceride: oltre al piacere si deve ammettere anche il valore dell'amicizia, della gratitudine e della pietà familiare. c. Teodoro ((l'Ateo): - il vero piacere non è quello transitorio ma quello stabile che è la gioia della saggezza-, - distrusse ogni opinione sugli dei. 3. Scuola Megarica: a. Eubulide: erista di stampo eleatico, rifiuta la nozio­ ne di molteplicità e quella di movimento. Celebre è il suo paradosso del «Mentitore»: io sto mentendo; dico il vero o dico il falso? Nell'uno come nell'altro caso io sto insieme mentendo e non mentendo = assurdo. Questa è la contraddizione che si dà ammettendo il moltepli­ ce della discorsività. b. Diodoro Crono: negò la nozione di potenza ari­ stotelica, perché tra essere e non essere non si dà un terzo. Se ciò che è non può non essere, è necessaria­ mente: il futuro è tanto necessario quanto il passato e il presente, dunque il tempo non c'è. c. Stilpone: il solo giudizio valido è l'identico: «Socrate è Socrate»; se fosse valido il giudizio non identico

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«Socrate è bianco», allora non potrebbe esser bianca un'altra cosa, per es. «la gallina è bianca», giacché la copula è significa uguale: perciò Socrate sarebbe gallina.

Epicuro (341-270 a .C .)eil «Giardino» 1. Logica o Canonica (= Regola della verità): i criteri sono: a. Sensazione = essendo passiva rileva oggettivamen­ te i dati; l'errore è soltanto nell'opinione che giudica scorrettamente intorno alla sensazione. b. Prolessi = i concetti sono anticipazioni di ciò che si può trovare nell'esperienza. c. Sentimenti di piacere e di dolore che indicano ri­ spettivamente ciò che è conforme a natura (da ri­ cercarsi) e ciò che è contrario (da fuggirsi). 2. Etica: a. La Felicità consiste nell'Atarassia, cioè la tranquillità d'animo (securitas): - il vero piacere è quello catastematico, cioè nell'assen­ za del dolore (sul piano corporeo si dice aponìa); - il piacere è naturale, ma va calcolato con saggezza. b. Cause dell'infelicità: - timore degli dei: inutile perché essi non si occupa­ no di noi; - timore della morte: sciocco, perché quando essa c'è noi non ci siamo più; finché noi siamo essa non c'è. c. Quadrifarmaco: - non temere gli dei; - non temere la morte; - favorire il piacere, che è a disposizione di tutti;

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- non temere il male, perché o è breve nella durata, o si può facilmente sopportare. 3. Fisica: professione di materialismo atomistico: a. I corpi sono costituiti di atomi che si aggregano casualmente in forza di una deviazione (clinamen) nella loro caduta nel vuoto. b. Anche l'anima è corporea e dunque mortale. N.B. Il più celebre epicureo dell'età romana fu Lucrezio (I a.C.).

Stoicismo 1. La Stoà («Portico», dove ci si riuniva per le lezioni) è la scuola fondata da Z enone di Cizio (333-262 a.C.). È in qualche modo la prima sintesi del pensiero greco in tutto il suo percorso storico e speculativo (il mondo materiale è immanentizzato nel Logos, interpretando la nozione eraclitea con i lineamenti del pensiero di pensiero aristotelico), e copre una estensione temporale che arri­ va fino al periodo cristiano, come Seneca (I sec. d.C.) e Marco Aurelio (II sec. d.C.). 2. Il Logos (termine di origine Eraclitea) è l'assoluto che permea di sé il mondo in ogni sua fibra: nel pensiero umano, nella natura, nel comportamento. 3. Logica: comprende retorica e dialettica. a. Retorica: disciplina oratoria e ampia nel discorrere (simbolo è la mano aperta). b. Dialettica: disciplina argomentativa e stringata nel discorrere (simbolo è il pugno chiuso):

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- Criterio di verità è la rappresentazione catalettica o comprensiva, che si genera attraverso: 1° Sensazione —impressione. 2° Rappresentazione = immagine intellettiva (simbolo è la mano aperta). 3° Rappresentazione com prensibile = il nostro assenso (simbolo sono le dita della mano curvate). 4° Rappresentazione catalettica = comprensione (sim­ bolo è il pugno chiuso). 5° Scienza = comprensione rigorosa (simbolo della mano che avvolge e stringe il pugno chiuso). - Conoscenza intellettiva: - i significati = le forme del conoscere, cioè gli espri­ mibili (lektà): concetti, giudizi e sillogismi. . Sono gli immateriali. . Gli S. hanno approfondito la logica di verità dei giu­ dizi ipotetici e disgiuntivi (trascurati da Aristotele: lo­ gica del «calcolo dei predicati», che considera il con­ tenuto dei termini), .come applicazione immediata nel particolare del principio di non contraddizione. Es.: se A allora B; ma A; dunque B. Se A allora B; ma non B; dunque non A ecc. («calcolo delle proposizioni», cioè indipendentem ente dal contenuto dei termini). - I significanti = le parole e il linguaggio, cioè gli universali, studiati e regolati dalla grammatica. 4. Fisica: a. Dio è il Logos che si esprime nella produzione della Physis; il Logos è il sane di tutte le cose: il Tutto è PhysisLogos.

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b. Ogni ente è corporeo, ma non tutto è corporeo: il pensiero e il suo contenuto non lo sono. c. Il Logos è fuoco: ma nel senso che il fuoco, che è alla radice di ogni cosa corporea, è permeato dalla razio­ nalità del Logos. d. Essendo prodotto dal Logos, il mondo è come deve essere inevitabilmente, necessariamente: dunque il Logos è Provvidenza, Destino, Fato. e. Se tutto è necessario, ma il mondo e le cose del mondo si generano e si corrompono, allora tutto è de­ stinato a ritornare eternamente nei minimi particolari individui (eterno ritorno dell'uguale): dalla conflagrazione universale (ekpyrosis), intesa come purificazione, si pas­ sa all'apocatastasi o ricostituzione universale del mondo e dei suoi avvenimenti, in modo ciclico, eternamente. 5. Etica: a. Se tutto è necessario perché prodotto razional­ m ente del Logos e dunque sottoposto al Fato e Destino, la libertà dell'uomo non si dà, se non nel senso per il quale il saggio è «libero» in quanto conforma il proprio volere al Fato: ducunt volentem fata, nolentem trahunt. Zenone, di fronte ai segnali della prossima morte, diceva al Destino: «Vengo, perché mi chiami?». b. Il fondamento dell'etica è l'inclinazione naturale all'autoconservazione e al compimento di se stessi come appropriazione di sé (= oikeiosis). c. L'appropriazione di sé consiste nella conformità al Logos:

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- la felicità è la contemplazione della verità del Tutto; - l'agire conseguente a questa contemplazione è un agire retto secondo il Logos, è un katorthoma: un'azio­ ne retta; - l'azione retta è l'azione virtuosa che ha compenso e felicità in se stessa, non nella ricompensa; - la virtù si articola in quattro modi che sono le quattro virtù cardinali: saggezza, giustizia, tempe­ ranza, fortezza; - ostacolo alla vita virtuosa sono le passioni (malattie dell'anima): la felicità virtuosa del sapiente è apatia = assenza di passioni; - tra saggio e stolto c'è un salto qualitativo insuperabi­ le, non si ammettono gradualità nella stoltezza e nella saggezza: anche se ogni uomo può essere saggio.

Scetticismo 1. Pirrone (360-270 a.C.) a. Sintetizzò l'eleatismo megarico con alcune istanze della filosofia orientale (fu con Alessandro Magno in India). b. Le tre regole fondam entali per la felicità del saggio: 1° Sapere che le cose sono indifferenti, immensurabili e indiscriminabili, perché TEssere-Physis è immutabile e uno; il mondo della molteplicità e del divenire è solo illusorio (regno della doxa = opinione): una cosa determinata «è e non è» e quindi «né è né non è» (un cavallo, in quanto è cavallo, non è casa, pecora, uomo ecc.), è contraddittoria.

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2° Dunque le nostre opinioni circa le cose del mondo non possono essere né vere né false: se non nell'illu­ sione che è appunto l'ambito dell'opinione. 3° Il saggio è tale perché è indifferente (atarattico), sospende il giudizio (epoché) sulle cose, non parla delle cose ma tace {afasia), non patisce nulla (apatia: ne sen­ tire quidem). c. L'assoluta indifferenza è divina: P. venne conside­ rato «come un dio». 2. N eoaccadem ici (Seconda e Terza Accadem ia): A rcesilao (315-240 a. C.) e C arneade (219-129 a.C.): a. non si può esser certi della verità perché le opinio­ ni sono le più varie e contrastanti; b. le dimostrazioni si fondano sull'indimostrabile. 3. Eclettici (Quarta e Quinta Accademia): F ilone di L arissa e A ntioco di A scalona (n sec. a.C.):

a. La verità oggettiva esiste, ma non è detto che noi la conosciamo certamente: è probabile; b. si opera una giustapposizione delle più diverse opinioni filosofiche senza la possibilità di giustifica­ zione teoretica.

Medioplatonismo 1. Segna la rinascita del discorso metafisico con la sin­ tesi di platonismo e aristotelismo. 2. Nasce ad Alessandria d'Egitto e si diffonde in Occi­ dente nel II sec. d. C. 3. Rappresentante significativo fu A lbino

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di

S mirne :

a. Le idee dell'Iperuranio platonico sono il contenuto del pensiero di pensiero, cioè del Dio aristotelico: sono Yintelligibile primo. b. Le forme immanenti alle cose sensibili, cioè le forme aristoteliche, sono Yintelligibile secondo. c. Il mondo dipende assolutamente da Dio nel suo essere perennemente in generazione. d. L'uomo deve assimilarsi a Dio attraverso l'intelletto, che è la parte superiore e incorruttibile dell'anima.

Neoplatonismo Nasce con la scuola di A mmonio S acca (175-240 d.C.) ad Alessandria d'Egitto: A. fu educato cristianamente e poi ritornò al paganesimo. Questa scuola si sviluppò a Roma con Plotino e Porfirio, e ad Atene con Proclo.

Plotino (205-270 d.C.) 1. Il Principio A ssolu to è l'Uno, perché: a. l'ente fisico riceve unità daH'anima; b. l'anima riceve unità dallo Spirito; c. lo Spirito riceve unità dall'Uno che è originario: nessuno unifica l'Uno. 2. Caratteristiche dell'Uno:

a. infinita attività produttrice; b. illimitato: non è idea (come in Platone), né ousia (come in Aristotele). In questo senso è ineffabile, cioè al di là dell'essenza e del conoscere; c. assoluta semplicità (ragion d'essere del complesso e molteplice);

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d. assoluta potenza attiva-, e. il Bene stesso. 3. Natura dell'Uno: è al di sopra a. dell'essere (eidos - ousia) = Super essere; b. del pensiero = Super pensiero; c. della vita = Super vita-, perché sono suoi prodotti. 4. Attività dell'Uno: la natura dell'Uno è pura e libera attività auto-ponentesi, perché: a. non è per caso, come le cose sensibili; b. non è per necessità, come ciò che a esso consegue; c. non è per libera scelta, giacché presupporrebbe ciò che va scelto; d. non è per natura, visto che trascende Yousia; e. è, dunque, il suo stesso operare autoponentesi, cioè pura volontà di essere ciò che è: causa sui. 5. Prodotti dell'Uno: tutte le cose emanano spontanea­ mente dall'Uno, come la luce si irraggia per cerchi con­ centrici successivi: Uno~Spirito~Anima~Materia. 6. Struttura dell'emanazione: le Ipostasi. a. L'Uno, Prima Ipostasi, rim anendo in se stesso (= senza esaurirsi) produce un'Alterità o Indetermi­ nato, che è la materia intelligibile, la quale, rivolgendo lo sguardo all'Uno o contemplandolo, si determina e si costituisce come Spirito-Nous. b. Lo Spirito-Nous, Seconda Ipostasi, è il mondo delle Forme. - Nel suo rivolgersi contemplativo all'Uno si fa feconda-

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re e riflettendo su di sé genera il pensiero e il molteplice (= Pensante e Pensato). - Esso è tutte le cose. È Vita. È cosmo intelligibile, mondo delle idee. Ogni idea è pensante e pensata e con­ tiene in sé tutte le altre idee, perché ogni idea è Spirito: se non contenesse tutte le altre idee, lo Spirito sareb­ be fuori di sé. - È incorporeo, infinito e assoluta bellezza: perché è Cosmo. - Caratteristiche del Cosmo intelligibile: . Essere o Ousia. . Stabilità o stasi (rispetto ai contenuti immutabili). . Movimento (attività spirituale). . Identico con se medesimo. . Diverso per la distinzione di pensante e pensato, c. L'Anima, Terza Ipostasi, è generata dall'attività dello Spirito che pone un'Alterità o Indeterminato, che rivolgendosi allo Spirito si determina appunto come Anima. - L'Anima ha come funzione quella di dar vita alle cose sensibili: ordina, regge, comanda; produce, genera, fa vivere. - Confina con il sensibile. - È movimento ed è principio del movimento. - Se l'U no è Principio e lo Spirito è uno-molti, l'Anima è uno-e-molti. - Nell'Anima c'è una molteplicità gerarchica. 1° Anima Suprema o Universale: è l'Ipostasi. 2° Anima del tutto o del Mondo, che pone, regge e governa il mondo.

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- Sua parte infima è la Physis, che produce l'universo sensibile: è l'intelligibile che si riflette nella materia. - Sua parte suprema è il Logos, che come forma razionale produce la forma {eidos). Questa struttu­ ra la materia. L'eidos non è vitale e quindi è forma determinante, ma non produttiva. 3° Anime particolari, che vivificano i corpi: la loro gerarchia è determinata dalla maggiore o minore capacità di contemplazione, cioè dal maggiore o minore distacco dal corpo. 7. La materia sensibile: è privazione estrema della potenza generativa dell'Uno. a. Essendo mancanza e privazione di bene non genera. b. E immagine più indeterminata della materia intel­ ligibile (cioè dell'esemplare). c. Non è capacità di ricevere la forma, ma inerte pos­ sibilità di rifletterla. 8. L'uomo: è la sua anima, anzi nell'individuo umano ci sono tre anime e dunque tre uomini: a. anima tangente lo Spirito; b. anima discorsiva o io in senso stretto; c. anima vivificante il corpo: non è l'anima che è nel corpo, ma il corpo che è nell'anima. - Ciò è dovuto a una colpa originaria non volontaria. - Una seconda colpa si dà se l'anima ha eccessiva cura del corpo e non tende alla contemplazione. 9. La contemplazione: è il processo che riconduce al­ l'Uno attraverso l'oltrepassamento delle differenze. La

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Processione dall'Uno è per posizione dell'Alterità-diffe­ renziazione; il Ritorno all'Uno è per toglimento delle differenze. 10. L'Estasi: è il mistico indiarsi (entrare in Dio, nel­ l'Uno), attraverso il superamento della propria coscien­ za riflessa: spogliandosi di tutto, tutto si semplifica. «Distaccati da tutto» (Enneadi, V, 3,13).

Porfirio (233-305 d.C.) 1. Importante il tentativo di conciliare Platone e Aristo­ tele, soprattutto con il commento alle opere aristoteliche. 2. Di grande rilievo nella storia della logica e della metafisica è l'opera Isagoge: una introduzione ai cin­ que predicabili (genere, specie, differenza, proprio e accidente) per capire i predicamenti di Aristotele. Proprio nell'esordio di quest'opera, viene formulato da P. un problema che susciterà nel Medioevo la cele­ bre disputa circa gli universali: generi e specie sono entità esistenti in se stesse o sono concetti della nostra mente; se esistono in sé, sono corporee o incorporee; se incorporee, sono separate dalle cose o immanenti alle cose sensibili?

Proclo (412-485 d.C.) 1. Il processo che presiede alla generazione di tutte le cose è circolare e scandito in tre momenti: a. Manenza (monè) = l'essere presso di sé da parte del Principio-Uno: garantisce il fatto che la Processione non è un'aggiunta al Principio, ma un modo di decli-

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narsi dello stesso, secondo somiglianza. b. Processione (proodos) = Uscita dal Principio-Uno. c. Conversione (epistrophè) = Ritorno al Principio-Uno. 2. Ogni realtà procedente è un misto composto di illi­ mite e limite: a. Yillimite sta dalla parte della Processione; b. il limite sta dalla parte del Ritorno.

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S toria DELLA LI LOSOLIA MEDI EVALE

Caratteristiche della filosofia di fronte alla Rivelazione divina 1. La filosofia nel medioevo è caratterizzata dal con­ fronto con la rivelazione ebraico-cristiana. 2. I modelli all'interno dei quali si possono schemati­ camente riassumere i diversi atteggiamenti filosofici in questo confronto sono tre: a. Modello univocistico o inclusivista, di tipo razionalistico, che sottolinea la continuità o identità sostanziale tra i contenuti della filosofia e quelli del Cristianesimo: - dal punto di vista filosofico-culturale, abbiamo la figura della filosofia che fagocita il Cristianesimo: Gnosticismo (I-II sec.); - dal punto di vista cristiano, abbiamo la figura del Cristianesimo che fagocita la filosofia: es. S. Giustino (m. 165). b. Modello equivocistico o esclusivista, di tipo fideistico, che sottolinea la discontinuità radicale e disomogeneità assoluta tra i contenuti della filosofia e quelli del Cristianesimo: - dal punto di vista filosofico: es. Neoplatonismo; - dal punto di vista cristiano: Tertulliano (m. dopo il 220). c. Modello analogico, né inclusivista né esclusivista, per discontinuità sostanziale o assoluta e continuità modale o relativa tra i contenuti della filosofia e quelli del Cristia­ nesimo: san Tommaso d'Aquino (1225-1275). Il Cristia­ nesimo è soprannaturale quanto alla sostanza, la filosofia è naturale quanto alla sostanza. Ma nel Cristianesimo si

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danno alcune verità che sono soprannaturali quanto al modo perché sono rivelate, ma naturali quanto alla so­ stanza, perché possono essere conosciute razionalmen­ te indipendentemente dalla rivelazione: sono i pream­ boli della fede, o le verità naturali presupposte alla fede. - Verità sostanzialmente soprannaturali: Trinità di Dio, Incarnazione, Divinizzazione dell'uomo. - Verità sostanzialmente naturali (filosofiche) e modal­ mente soprannaturali: esistenza di Dio Creatore, im­ mortalità dell'anima, libertà e responsabilità dell'agire umano, legge morale naturale, virtù morali. 3. Nella periodizzazione si è soliti distinguere: a. Periodo patristico, cioè dei Padri della Chiesa, che è oggetto della Patrologia: II-V sec. b. Prescolastica: VI-IX sec. (Boezio, Scoto Eriugena). c. Prima Scolastica: IX-XII sec. (sant'Anseimo, Scuola di Chartres, Scuola di san Vittore, Abelardo). d. Seconda Scolastica: XHI sec. (san Tommaso d'Aquino, san Bonaventura, Duns Scoto). e. Terza Scolastica: XIV sec. (Maestro Eckhart, Guglielmo da Ockham).

Severino Boezio (470-520) 1. «Fidem si poteris rationemque coniunge». 2. La filosofia si divide in teoretica e pratica: a. La filosofia teoretica considera speculativamente. - Yintellettibile = oggetto puramente spirituale o im­ materiale: Dio, Angeli, anima umana separata dal corpo. È studiato dalla Teologia.

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. Boezio è il primo teorizzatore della prova a priori dell'esistenza di Dio: se Dio è il meglio del meglio ed esistono beni minori, è impossibile che non esista. . Elabora la distinzione reale nelle creature tra id quod est e esse, che verrà usata da san Tommaso. Solo in Dio si dà identità tra id quod est e esse. - L'intelligibile = oggetto spirituale che è nella mate­ ria: anima come forma del corpo. È studiato dalla Psicologia. - Il naturale = i corpi, studiati dalla Fisiologia. Essa comprende anche il Quadrivium: Aritmetica, Geometria, Musica, Astronomia. b. La filosofia pratica considera l'agire dell'uomo ri­ spetto al fine morale: - dell'uomo singolo: Monastica; - dell'uomo in famiglia: Economica; - dell'uomo in società: Politica. c. Lo strumento espressivo del filosofare è il Trivium: Grammatica, Retorica e Dialettica o logica, tre vie che servono ad esprimere la verità conosciuta attraverso la filosofia. - La logica è un'arte scientifica: in quanto giustifica le leggi del ragionare è scienza (docens); in quanto applica le leggi per ben ragionare è arte (utens). - Commentando l'Isagoge di Porfirio, B. tocca il tema degli universali, che aprirà la celebre disputa succes­ siva. In un primo momento B. seguì la tesi aristoteli­ ca, in un secondo quella platonica.

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Giovanni Scoto Eriugena (810-877 ca.) 1. È di tendenza neoplatonica (traduce il corpus areopagiticu m , cioè le opere d ello Pseud o D ionigi Areopagita, sec. V). 2. Rapporti tra fede e ragione: a. la filosofia speculativa è intermedia tra la fede e la visione beatifica di Dio; perciò essa assume i conno­ tati della religione. b. La religione-filosofia è la comprensione razionale della fede e come tale è teologia (anche se E. non usa questo termine). c. Una volta data la Rivelazione divina, la ragione può e deve comprenderne il contenuto: si tratta di una ese­ gesi filosofico-allegorica della Scrittura. Esempi: Pietro (Fede) e Giovanni (Ragione) corrono al sepolcro (Scrittura); prima entra Pietro e poi Giovanni. Gesù (Fede) chiede l'acqua (Soccorso) alla Samaritana (Ragione). 3. La metafisica: da buon platonico, E. fonde insieme lo­ gica e metafisica (Dialettica), perciò usa un termine lo­ gico per intendere un dato metafisico. La «Divisione del­ la Natura» corrisponde alla «Creazione della Natura». a. La Divisione (del genere nelle specie e delle specie negli individui) e l'Analisi (o risoluzione degli individui nelle specie e delle specie nel genere) corrispondono rispettivamente all'Uscita (Exitus) delle creature da Dio e al Ritorno (Reditus) delle creature a Dio. La Divi­ sione della natura è perciò il vedere come si produce l'universo e come ritorna a Dio.

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b. La Natura è tutto ciò che è e tutto ciò che non è (il non essere va qui inteso come alterità o diversità nel senso platonico: una cosa per essere se stessa non deve essere le altre cose). - Tutto ciò che è: 1° Natura non creata che crea = Dio; 2° Natura creata che crea = Idee o Archetipi in Dio = Essenza di Dio; 3° Natura creata che non crea = Mondo o Cosmo; 4° Natura non creata che non crea = Dio nell'ottavo giorno. - Tutto ciò che non è comprensibile, ed è quindi al di là dell'essenza = Dio in se stesso. La conoscenza di Dio ha tre livelli: 1° Affermativo = Dio è essenza, natura creata che crea. 2° Negativo = Dio non è essenza, è infinito. 3° Superlativo = Dio è iperessenziale, al di là del­ l'essenza. c. Che cos'è la Natura creata che crea? È la stessa essen­ za di Dio. Creare per E. equivale a Manifestare: da buon platonico ritiene che essendo Dio infinito è incom­ prensibile anche a se stesso; per creare deve compren­ dersi e quindi deve finitizzarsi, cioè determinarsi essen­ zialmente. Le Idee o Archetipi sono la manifestazione di Dio a se stesso: in quanto sono finiti si distinguono da Dio; in quanto manifestano Dio, sono Dio stesso. d. La Natura creata che non crea, cioè il Mondo, è Sim­ bolo di Dio, Teofania, che si risolve totalmente in Dio.

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e. L'Uscita: - Dio è puro spirito e concepisce un mondo pura­ mente spirituale. - Anche l'uomo è concepito come un angelo. - In previsione del peccato originale, inteso come un allontanamento dalla spiritualità, Dio crea il Cosmo sensibile, come scala per il ritorno alla spiritualità. - La bisessualità dell'uomo dipende dal fatto che l'uomo, creato sensibilmente, si deve riprodurre sensibilmente. - Il vero mondo è quello ideale; il mondo sensibile è la semplice coagulazione (concretizzazione) delle forme ideali. - Nell'intelletto umano esistono le forme intelligibili astratte, che sono la dimensione più perfetta del mondo, perché più vicine alla spiritualità. - La morte dell'uomo, cioè la separazione dell'ani­ ma dal corpo, è l'ultim o gradino dell'Uscita e il primo del Ritorno. f. Il Ritorno: - naturale, cioè del datum: 1° resurrezione del corpo senza sesso; 2° reintegrazione del corpo nell'anima; 3° reintegrazione dell'anima nell'Idea; - soprannaturale, cioè per donum gratiae: 1° Scienza plenaria = l'anima integrata nel mondo ideale conosce tutte le idee. 2° Sapienza contemplativa dell'essenza di Dio = l'ani­ ma compie la sintesi in Dio. 3° Mistica risoluzione nella tenebra superluminosa.

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«Erit Deus omnia in omnibus, quando nihil erit nisi solus Deus».

Dialettici e antidialettici Il problema dei pensatori cattolici della prima scolasti­ ca fu quello dell'uso della filosofia nella comprensione del dato di fede. I dialettici erano coloro che ritenevano indispensabile la filosofia; gli antidialettici, invece, rite­ nevano che quest'uso fosse un ostacolo e una fonte di errori. D ialettici

a. Roscellino di Compiègne (1050-1120): È un nomina­ lista. Sostiene che ciò che esiste è individuo; generi e specie non hanno esistenza ontologica. L'universale è un puro flatus vocis, una funzione verbale che serve a comunicare tra due intelletti un gruppo di individui somiglianti. Conseguenza teologica di questa imposta­ zione è che nella Trinità ci sono individui: triteismo; non un solo Dio ma tre dei, visto che la natura comu­ ne è solo flatus vocis. Ebbe come scolaro Abelardo. b. Sant'Anseimo d'Aosta (1033-1109): - Il rapporto tra fede e ragione è circolare: si crede per intendere e si intende per credere. Il fondamento di tutto è la fede: credo ut intelligam; ma il credere spinge al capire: intelligo ut credam. - Presupposta la fede, A. cercò di provare la necessità della Trinità e dell'Incarnazione.

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- Il modo di procedere è tripartito: preghiera di domanda ~ analisi concettuale ~ preghiera di gioia. - Anche la prova dell'esistenza di Dio (l'argomento ontologico o a priori) ha una collocazione contempla­ tiva: il punto di partenza è il Salmo 52: «Lo stolto pensa: Dio non esiste». Perché è stoltezza pensare che Dio non esiste? È stoltezza e assurdo, perché per pensarlo non esistente bisogna pensarlo esistente. Sarebbe come dire: ciò che esiste necessariamente non esiste! (= il cerchio è quadrato, cioè è non cerchio!). Infatti, con il termine Dio noi pensiamo ciò di cui non si può pensare nulla di superiore (id quo maius cogitari nequit); ora, questo non può essere solo pensato, per­ ché se per ipotesi lo si pensasse in alternativa anche come esistente, si penserebbe un ente superiore a quello di cui non si può pensare nulla di superiore: si penserebbe cioè Vassurdo, che è impensabile. Ecco perché è stolto chi pensa che Dio non esiste: per pen­ sarlo non esistente deve pensarlo e pensandolo lo intende come esistente! - Se Dio è l'essere per essenza, tutto il resto è per par­ tecipazione: è creatura. A n t id ia l e t t ic i

S. Pier Damiani (1007-1072). Per non cadere in ere­ sia, come alcuni dialettici, è meglio lasciar perdere la filosofia. - La costituzione delle cose, anche di quelle ideali, dipende dall'atto libero e arbitrario di Dio creatore.

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- Per capire il mondo e Dio occorre e basta la fede. - In quanto onnipotente, Dio può fare anche l'assurdo. N.B. Questa tesi dell'assoluta onnipotenza di Dio, tale da poter fare anche l'assurdo è assurda! L'assurdo è nulla; potere l'assurdo è potere nulla, cioè impotenza!

La scuola di Chartres 1. Bernardo di Chartres (m. 1124 ca.): Noi vediamo più lontano degli antichi perché «siamo come nani sulle spalle di giganti». Cristianizza Platone, attribuen­ dogli la teoria della creazione della materia. 2. Gilberto Porretano (1076-1154): Formalismo = la creatura è la concrezione di una certa materia con la sua forma particolare attraverso l'essenza, che è la for­ ma generica (es. corporeità, umanità ecc.) che la fa sus­ sistere e essere. 3. Teodorico di Chartres (m. 1154 ca.): cerca di concor­ dare il Genesi con la fisica del Timeo platonico.

La mistica speculativa: la Scuola di S. Vittore 1. Ugo di S. Vittore (1096-1141): a. La mistica specidativa è l'interpretazione allegorica della Sacra Scrittura: - a livello materiale: secondo la lettera; - a livello spirituale: secondo la ragione che scorge l'al­ legoria, che presuppone però il preciso senso letterale. b. Le scienze che consentono la lettura materiale della Scrittura sono:

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1° scienza teorica = teologia, matematica e quadriviuw, 2° scienza pratica = etica monastica, domestica e politica; 3° scienza meccanica = arti servili; 4° scienza logica = grammatica e argomentativa: dimostrativa, dialettica e retorica; 2.

Riccardo di S. Vittore (m. 1173):

a. La mistica speculativa è un atto psicologico. b. Scala della conoscenza mistica: - Cogitatio = conoscenza sensibile: . nell'immaginazione secondo l'immaginazione; . nell'immaginazione secondo la ragione. - Meditatio = conoscenza razionale: . nella ragione secondo l'immaginazione; . nella ragione secondo la ragione. - Contemplatio = conoscenza intellettuale: . sopra la ragione e non oltre la ragione; . sopra la ragione e oltre la ragione (Mistica).

La mistica affettiva San Bernardo di Chiaravalle (1091-1153): 1. La filosofia è la conoscenza amorosa della verità che è Cristo crocifisso. 2. La verità si presenta come una scala affettiva che attraverso l'umiltà porta a Cristo: 1° gradino = verità severa: è la disciplina, che portando al riconoscimento della propria miseria, muove a compassione e genera la carità-,

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2° gradino = verità pia: la carità genera l'ardore dell'a­ more che provoca le lacrime della purificazione; 3° gradino = verità pura: estasi mistica, che unisce alla volontà divina. L'uomo vuole ciò che Dio vuole che egli voglia.

La disputa circa gli universali 1. Nasce dalla problematica sollevata dall'Isagoge di Porfirio tradotta da Boezio: generi e specie sono nella mente o fuori della mente; se fuori, sono corporei o incorporei; se incorporei, sono immanenti nelle cose o separati dalle cose? 2. Nominalismo (Roscellino di Compiègne, maestro di Abelardo) = gli universali sono solo flatus vocis, puri nomi con i quali cataloghiamo individui simili. O biezione di Abelardo: la logica si ridurrebbe a grammatica, ma ciò che è corretto grammaticalmente («l'animale è uomo») non è necessariamente corretto logicamente. 3. Realismo (Guglielm o di Champeaux, maestro di Abelardo, che sostenne tre teorie): a. Ultrarealismo = generi e specie sono sostanze nume­ ricamente individue. Conseguenza assurda (obiezione di Abelardo) sarebbe che gli individui della specie sarebbero accidenti deH'unica sostanza. b. Indifferentismo: - positivo = l'universale è l'aspetto per il quale alcune entità sono indifferenti positivamente tra loro. Obie-

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zione: ma l'uguaglianza in un aspetto comune è an­ cora intesa come genere e specie numericamente uno, come neH'Ultrarealismo; - negativo = l'universale è l'aspetto per il quale alcu­ ne entità sono indifferenti tra loro negativamente. Obiezione: ma che cos'è l'universale come indiffe­ renza negativa? . 4. Concettualismo (Pietro Abelardo 1079-1142): a. nell'universale occorre distinguere: a) la vox = funzione grammaticale del predicato (ciò che può essere predicato di più cose); b) il sermo = la funzione veritativa nel giudizio che collega soggetto e predicato, quanto alla compren­ sione concettuale. b. Abelardo è il fondatore del metodo del sic et non, cioè della valutazione disputata delle tesi. c. La logica è importantissima perché è il primo rifles­ so nella nostra mente del Logos divino. 5. Concettualismo realista o Realismo concettuale e modera­ to (sant'Anseimo; san Tommaso d'Aquino). a. Universale in re, cioè nell'individuo = è qualcosa dell'individuo, perché altrimenti non si potrebbe for­ mulare con verità il giudizio «Pietro è uomo». b. Universale post rem = concetto o intentio elaborata dall'intelletto nell'intelletto: - intentio prima = universale metafisico, che non è né uno né molteplice ed è termine della definizione; - intentio secunda = generi e specie, ciò che può essere predicato di più cose.

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c. Universale ante rem = essenza divina, della quale l'universale metafisico è una somiglianza creaturale.

Filosofia araba e ebraica 1. Dopo la chiusura delle scuole filosofiche di Atene da parte di Giustiniano (529), la filosofia greca ritornò con pienezza nel mondo occidentale, nel XIII secolo, attraverso l'Oriente, cioè con i pensatori arabi ed ebrei. 2. Avicenna - Ibn Sina (980-1037): a. Arabo di tendenza neoplatonica, ma interprete di Aristotele. b. Non si dà opposizione tra la fede (Corano) e la ragione filosofica. c. L'intelletto agente è separato ed è comune a tutti gli uomini; solo l'intelletto possibile è proprio di cia­ scun individuo. d. Dio è il suo stesso essere ed è l'essere necessario; le creature sono enti contingenti e in esse c'è distin­ zione reale tra essenza e essere. 3. Averroè - Ibn Rushd (1126-1198): a. È il grande «Commentatore» arabo di Aristotele. b. Il Corano va interpretato filosoficamente, perché i simboli sono per i semplici, mentre i concetti sono per i saggi; ma in caso di contrasto tra fede e ragione occorre seguire la fede. c. L'intelletto agente è comune a tutti gli uomini; pro­ prio di ogni individuo è l'intelletto passivo, che è la pura cogitativa, cioè una facoltà corporea. L'intelletto possibile è lo stesso intelletto agente in quanto si

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rispecchia nel passivo generando l'intelletto materiale (che conosce). d. Dio è l'essere per sé necessario; tra le creature vi sono degli enti che sono necessari per partecipazione (come i cieli) che non si corrompono e gli enti contin­ genti, che nascono e periscono. 4. Mosè Maimonide (1135-1204): a. Ebreo che segue una filosofia insieme aristotelica e neoplatonica. b. La filosofia ha come compito la conferma razio­ nale della Legge mosaica (cioè della Rivelazione). c. Condivide la teoria averroista dell'intelletto passivo.

Tommaso d'Aquino (1225-1274) 1. La filosofia è la sapienza umana: a. è un complesso di discipline scientifiche di ordine naturale, cioè coltivate con il semplice lume della ragione, con diverse metodologie e con diversi gradi di certezza; b. come tale è la beatitudine naturale dell'uomo, per­ ché tutte le arti e le scienze sono finalizzate alla per­ fezione dell'uomo che è la sua beatitudine; c. è motivo di diletto e di amicizia (conversazione) tra gli uomini. 2. Come metodologia generale, la filosofia implica: a. una obiettiva cautela critica nelle affermazioni (tem­ peramento filosofico); b. il confronto con opinioni diverse al fine di guada­ gnare la conoscenza più certa della verità: lo studio

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della filosofia non serve a sapere che cosa dicono gli uomini ma a conoscere la verità; - il confronto con le opinioni vere arricchisce il sapere; - il confronto con le opinioni erronee dà solidità al sapere vero posseduto, perché si è smantellato il suo contrario. Del resto non esiste ima dottrina a tal punto falsa da non contenere del vero mescolato al falso; c. il dubbio metodico nel sollevare i problemi circa il vero (universalis dubitatio de ventate), perché non sia un vero presunto. 3. Rispetto alla fede la filosofia ha tre compiti: a. istituire i preamboli della fede, cioè le verità naturali che fungono da presupposto razionale per quelle di fede: es. esistenza di Dio creatore; immortalità dell'anima; libertà e responsabilità dell'agire umano; esi­ stenza di una legge morale naturale; b. elaborare delle analogie concettuali per spiegare i misteri rivelati: e in questo senso la filosofia è anche la premessa maggiore del sillogismo teologico, che porta alla comprensione (non dimostrazione) della fede; c. difendere la fede dalle presunte contestazioni ra­ zionali: sono false o sono non necessarie, perché: - Dio è l'unica fonte della ragione e della fede, se vi fosse tra loro opposizione vi sarebbe una assurda opposizione in Dio; - i misteri della fede non sono evidentemente incon­ traddittori, nel senso che esorbitano dalla diretta verificazione e dalla diretta falsificazione.

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4. Le parti della filosofia vengono evidenziate secondo i diversi livelli dell'ordine che è oggetto della ragione: ontologico, operativo e poietico. 5. L'ordine ontologico, semplicemente considerato dalla ragione, è oggetto delle parti teoretiche: a. se l'oggetto non dipende dalla materia, abbiamo la Metafisica: - si chiama Teologia filosofica, se l'oggetto (Dio) esclu­ de assolutamente la materia; - si chiama Transfisica (l'Ontologia dei moderni), se l'oggetto non include né esclude la materia (es. l'ente in quanto tale). b. se l'oggetto dipende dalla materia sensibile: - secondo l'essere ma non secondo la considerazio­ ne dell'intelletto, abbiamo la Matematica, che consi­ dera la quantità in quanto misurabile: . matematica Pura: Aritmetica (quantità discreta) e Geometria (quantità continua); . matematica Applicata: applica i principi matemati­ ci alla realtà fisica: Musica (subalterna all'aritmeti­ ca), Ottica (sub. alla geometria), Astronomia (sub. ad entrambe); - secondo l'essere e secondo la considerazione del­ l'intelletto, abbiamo la Fisica o Filosofia della natura, che considera la natura del moto e delle cose mobili e anche il principio intrinseco del moto, cioè Yanima (Scienza dell'anima o Psicologia). 6. L'ordine operativo, che la ragione considerando fa, è oggetto delle scienze pratiche:

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a. nella ragione stessa, abbiamo la Filosofia razionale o Logica (comprese anche le altre arti liberali): - è scienza del procedimento razionale; - è arte che guida il processo scientifico; b. nelle azioni volontarie, abbiamo la Filosofia morale o Etica. 7. L'ordine poietico, che la ragione considerando fa nelle cose esterne, è oggetto delle Arti meccaniche: sono la guida delle operazioni transitive, riferite a ciò che è altro dal soggetto agente in quanto agente. 8. M

e t a f is ic a

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a. Tom m aso è un aristotelico che non rifiuta le lezioni più profonde e tecnicamente rigorose del platonismo. b. La prova dell'esistenza di Dio è condotta secondo l'insegnamento di Aristotele: dal contingente (moto, cioè passaggio dalla potenza all'atto) al necessario (Motore immobile, cioè Atto puro). c. Il rapporto Dio-mondo è letto in termini di crea­ zione, secondo il paradigma platonico della partecipa­ zione. Se Dio è Atto puro è l'Essere per sé sussistente (= Essere Assoluto, semplicissimo): non può essere che unico; tutto ciò che è distinto da Dio è essere per partecipazione, cioè è composto realmente di essenza e essere (è la definizione di creatura). d. Il mondo potrebbe essere creato dall'eternità, perché la creazione è la dipendenza radicale dell'essere per partecipazione dall'Essere per sé sussistente, non la generazione produttiva.

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- L'eternità di Dio è però la durata di una vita in istante insuccessivo. - L'eternità del mondo è una durata per successione temporale. 9.

A

n t r o p o l o g ia

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a. L'uomo è composto di anima e corpo. b. L'anima è l'unica forma sostanziale del corpo e insieme è una sostanza spirituale. - È l'unica forma sostanziale = ciò per cui il corpo del­ l'uomo ha questa particolare fisionomia; ciò per cui vive, respira, digerisce, ama, pensa. - È una sostanza spirituale = può sussistere indipenden­ temente dal corpo, perché è spirituale (dunque immor­ tale), avendo delle operazioni che sono sue proprie, indipendenti dal corpo: l’autocoscienza (il sapere di sapere) esclude la corporeità perché una attività che sia mediata da un organo corporeo non ha capacità autoriflessiva (es. la vista non vede se stessa, il tatto non tocca se stesso, l'udito non ode se stesso ecc.). c. L'unica anima razionale esercita le attività che sono proprie dell'anima vegetativa, dell'anima sensi­ tiva e dell'anima intellettiva, con specifiche facoltà: - facoltà intellettive: intelletto agente (individuale); intelletto possibile (individuale); volontà; - facoltà sensitive: . interne apprensive: senso comune; cogitativa; immaginativa; memoria; . interne appetitive: concupiscibile e irascibile (sedi delle passioni);

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. esterne apprensive: vista, udito, olfatto, gusto, tatto; . esterna locale: locomotoria; - facoltà vegetative: generativa; accrescitiva; nutritiva. 10. ETICA: è quella aristotelica, sul piano naturale, ma più elaborata, compiuta e sistemata, sia dal punto di vista naturale sia dal punto di vista soprannaturale: a. Il fine ultimo della vita umana è la visione beatifica di Dio. b. I mezzi per raggiungere il fine ultimo sono gli atti umani, cioè liberi e deliberati, perfezionati dalle virtù: - naturali o acquisite: prudenza, giustizia, fortezza e tem­ peranza (con le loro molteplici parti e virtù annesse); - soprannaturali o infuse con la grazia santificante: fede, speranza e carità, con i rispettivi doni dello Spirito Santo e beatitudini evangeliche corrispondenti. 11. T. è soprattutto teologo: un philosophans theologus. Con lui la teologia assume la fisionomia di una scienza: a. subalterna alla scienza di Dio e dei beati, per quan­ to concerne la premessa di fede; b. elaborata dalla ragione, sia nella procedura discorsiva sia per la mediazione di una premessa filosofica. c. Per es.: mi. Cristo è Dio fatto uomo (premessa di fede, evidente a Dio); ma. Ogni uomo è libero (premessa di filosofia, evidente anche all'uomo); co. Cristo è libero (conclusione teologica: opus fid ei et rationis).

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Bonaventura da Bagnoregio (1221-1274) 1. La conoscenza è un itinerario della mente a Dio, in tre gradi: 1° grado = rivolte le spalle alla luce divina, conoscia­ mo le cose create da essa illuminate: - impronte di Dio = cose puramente materiali; - immagini di Dio = l'uomo. 2° grado = rivolgiamo la conoscenza alla luce divina, attraverso la sua immagine creaturale: ranima del­ l'uomo: - ragione = serve a farci conoscere le realtà fisiche; - intelletto = consente di conoscere l'intelligibile; - mente = attraverso la grazia ci fa penetrare nella luce stessa di Dio, che è soprannaturale. 3° grado = la luce divina non è più mezzo conoscitivo, ma oggetto assoluto di conoscenza immediata. 2. La conoscenza assoluta di Dio è mistica: una spe­ cie di morte e di tenebra. «Moriamur igitur et ingrediamur in caliginem».

Giovanni Duns Scoto (1266-1308) 1. La nozione di essere è univoca e non analoga: è il puro positivo contrapposto al negativo (non essere): la dif­ ferenza tra Dio e creatura sta nella modalità infinita del­ l'essere divino e in quella finito dell'essere creaturale. 2. La prova dell'esistenza di Dio è una specie di via media tra quella a priori e quella a posteriori, sulla base delle proprietà dell'essere:

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a. Dio è essere infinito che esiste necessariamente, perché: - mi. esiste necessariamente un primo e infinito nel­ l'ordine dell'essere; - ma. l'essere infinito esistente necessariamente è Dio; - co. esiste Dio. b. Esiste un primo nell'ordine dell'essere, perché pro­ prietà dell'essere è la producibilità. - Qualcosa è producibile: - non dal nulla = assurdo; - non da se stesso = assurdo; - da altro: - come da principio non prodotto = sarebbe provata la tesi; - come da un prodotto: - arrivando a un primo = sarebbe provata la tesi; - andando all'infinito = si escluderebbe un primo e dunque la producibilità: assurdo! c. Il primo nell'ordine dell'essere esiste necessariamente, perché è possibile: - se esistesse una causa della sua impossibilità, non sarebbe più primo nell'essere: come dimostrato; - ciò che è impossibile che non sia è necessario. d. Il primo nell'ordine dell'essere esistente necessa­ riamente è infinito, perché: - come primo nell'ordine dell'essere produttivo ha in sé tutta la capacità produttiva: infinita causalità; - come primo nell'ordine dell'essere è perfettissimo = conosce infinitamente ed è infinitamente buono come infinitamente desiderabile.

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3. La bontà delle cose dipende dall'assoluta volontà di Dio, senza determinazioni intrinseche; e così anche nell'uomo la volontà è superiore alla ragione. 4. L'individuo non è tale in forza della materia, ma in forza di una forma propria dell'individualità: Yecceitas.

Guglielmo da Ockham (1300-1350) 1. Apre la via nuova della logica nominalista. 2. La metafisica è impossibile, perché realistica è solo la conoscenza empirica. 3. Tra fede e ragione non si dà armonia = fideismo. 4. La legge morale non è prescritta perché è buona, ma è buona perché prescritta da Dio: se Dio avesse voluto essere lodato attraverso la bestemmia, bene sarebbe stato bestemmiarlo.

Maestro Eckhart (1260-1327) 1. Predicatore e mistico speculativo, che nella scuola tomista seguì la linea neoplatonica. 2. La Teologia-. a. Dio è uno, è una negazione della negazione. b. Dio è privo di tutte le cose e perciò è tutte le cose. c. Chi cerca Dio secondo un modo, prende il modo e lascia Dio che è nascosto sotto il modo. d. Tutte le cose insieme a Dio non sono di più di Dio solo. e. «Cogli Dio in tutte le cose, perché Dio è in tutte le cose».

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f. «Prima che le creature fossero, Dio non era Dio, ma era quello che era». 3. L 'Antropologia: a. L'intelletto è il tempio di Dio. b. «Il fondo di Dio è il mio fondo e il mio fondo è il fondo di Dio». c. Se non vi fosse alcuna mediazione tra Dio e l'ani­ ma, essa vedrebbe senz'altro Dio; perché Dio non conosce mediazione, e non può sopportare media­ zione. Se l'anima fosse spoglia di ogni mediazione, Dio le si darebbe completamente. d. Nella parte più intima ed alta dell'anima, dove non penetra mai il tempo, dove non risplende mai un'immagine, Dio crea l'intero mondo. e. «L'uomo, che è sollevato al di sopra del tempo nel­ l'eternità, opera con Dio quel che Dio ha operato da mille anni, e tra mille anni farà». f. «Perciò prego Dio che mi liberi da Dio, perché il mio essere essenziale è al di sopra di Dio, in quanto noi concepiamo Dio come inizio delle creature». 4. La Mistica: a. «L'occhio nel quale vedo Dio è lo stesso occhio nel quale Dio mi vede: il mio occhio e l'occhio di Dio non sono che un unico occhio, una visione, una conoscenza, un amore». b. Questa conoscenza è qualcosa della vita dell'ani­ ma, dell'intelligenza. Questa conoscenza è senza tempo, senza spazio, senza qui e ora. In questa vita, tutte le cose sono una sola, e tutte le cose insieme riu­ nite, tutto nel tutto.

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c. «La cosa più elevata e ultima, alla quale l'uomo possa rinunciare, è di rinunciare a Dio per Dio». d. A chi rinuncia a sé solo un istante, tutto sarebbe dato: «Nel regno dei cieli è tutto in tutto, e tutto una sola cosa, e tutto è nostro». e. «Da questo fondo più intimo devi compiere tutte le tue opere "senza perché"». f. Beati pauperes spiritu dice il Vangelo: «in questa povertà, l'uomo raggiunge quell'eterno essere che egli è stato, e che ora è, e che sarà in eterno».

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S toria DELLA FI LOSOFI A MODERNA

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Umanesimo e Rinascimento ('400 -'500) Interpretazioni A) Della frattura con il medioevo trascendentista, teo­ centrico e universalista, a favore dell'immanentismo, dell'antropocentrismo e dell'individualismo. Burckhardt ('800) con Cassirer e Dilthey: nella dinami­ ca di rinascita culturale, l'Um anesim o è causa e il Rinascimento effetto. a. Umanesimo ('400) = momento filologico-letterario. b. Rinascimento ('500) = momento filosofico-sdentifico. B) Della continuità con il medioevo, nel senso di un rinnovamento religioso che parte dal sec. XII. Burdach ('900): il Rinascim ento come tale ha due effetti: a. Rinascita degli studi classici. b. Nascita degli studi scientifici. Il concetto di Rinascimento A) Il termine e il tema sono di origine religiosa: rinascita dell’uomo nuovo, spirituale, in Dio B) Il significato più ampio indica il rinnovamento globa­ le dell'uom o, cioè com prensivo anche delle realtà terrene. C) È il ritorno al principio: cioè ai classici, alla comunità primitiva, alla natura, a Dio.

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Tematiche principali: Uomo ~ Natura ~ Storia

A) Uomo 1. L'uomo è padrone di se stesso e del proprio agire: «libero e sovrano artefice di se stesso» (Pico della Mi­ randola). [N.B. già san Tommaso aveva descritto l'uo­ mo come «suorum actuum dominus» e, proprio per questo, a immagine di Dio]. 2. La libertà dell'uomo è circoscritta da elementi con­ dizionanti: Fortuna ~ Caso ~ Provvidenza. 3. L'uomo è un «microcosmo» [N.B. Anche san Tom­ maso lo concepisce così, sulla scia di Dionigi Ps. Areopagita], 4. La felicità è l'armoniosa e completa realizzazione delle possibilità umane.

B) Storia 1. Nascita della prospettiva storica con la riscoperta dell'antico-classico (in parallelismo con la scoperta della prospettiva ottica in pittura: Piero della Francesca) 2. Progresso e superiorità dei moderni sugli antichi, «come nani sulle spalle di giganti» [N.B. questa espressione è di Bernardo di Chartres, sec. XII]. C) Natura Naturalismo: la natura è una forza vitale, piena, che va studiata e vissuta. 1. Magia: la natura è mossa da forze intrinseche simili a quelle dell'uomo, coordinate dalla simpatia univer-

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sale. Così l'uomo può incantare la natura per posse­ derla, come può incantare un suo simile, per lo stes­ so scopo. 2. Presupposti per la nascita della nuova scienza: sco­ prire il principio della natura conoscendola per espe­ rienza, al fine di dominarla utilmente. D) N.B. Si assiste a ima progressiva laicizzazione della cultura, anche se questo non significa opposizione al cristianesimo e alla religione. Es. L. Valla negò la supe­ riorità della vita monastica rispetto a quella laicale, eppure fu nominato segretario pontificio.

Platonismo e Aristotelismo La riscoperta dei classici è anzitutto la lettura diretta di Platone ('400) e Aristotele ('500): volta a volta visti in stretto legame (cf. M. Ficino) o in opposizione tra loro (Raffaello: La scuola di Atene): trascendenza contro immanenza. A) Platonismo: ha come centro Firenze: Accademia fondata da Cosimo de' Medici (Lorenzo il Magnifico, Poliziano, Ficino, Pico della Mirandola). Il platonismo era visto come salvaguardia del cristianesimo, della reli­ gione e del senso problematico e soggettivo della vita umana. Ma con Platone, in realtà si intendeva un com­ plesso che raccoglieva Orfismo, Pitagorismo, Erme­ tismo, Neoplatonismo [N.B. una bella confusione, al­ tro che riscoperta dei Classici... soltanto nell'800 si distinguerà Platone da Plotino].

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B) Aristotelismo: ha come centro l’Università di Padova. Si tratta di un aristotelismo anti-tomista e teorizzatore della «doppia verità»: fede e ragione sostengono tesi tra loro opposte, ma questo non fa difficoltà perché si pongono su due piani diversi. Si danno due correnti aristoteliche: 1. Averroista: unicità dell'intelletto immortale; 2. Alessandrista: nulla v'è di immortale nell'uomo (interpretazione di Alessandro d'Afrodisia, ripresa da Pomponazzi). C) N.B. L'aristotelismo fu insieme innovatore e con­ servatore: riportò l'interesse sullo studio della natura, ma fu l'ostacolo principale contro il quale dovette scontrarsi Galileo!

Nicolò Cusano (1401-1464) 1. Secondo Cusano: mi. il sapere consiste nel conoscere l'ignoto per com­ parazione con il noto. E due sono gli oggetti conosci­ bili: l'infinito e il finito, ma. Ma conoscere per comparazione: - l'infinito è impossibile, perché non risponde a pro­ porzione e quindi resta ignoto, non saputo; - il finito è possibile, ma la precisione delle combina­ zioni nelle cose, supera il «congruo adattamento» proporzionale matematico tra noto e ignoto. Si pos­ sono cioè trovare infinite similitudini tra le cose, che non sono mai perciò precise in modo esclusivo. Do­ ve si dà un più o meno, non si è nella precisione

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assoluta! Quindi, anche il finito rimane ignoto, non saputo. co. Sapere è dunque riconoscere di non sapere: sape­ re di non sapere. Questa è la dotta ignoranza. 2. Dio è al di là della coincidenza degli opposti perché è il massimo assoluto. Es.: il massimo è ciò di cui nulla può essere maggiore: è il massimamente grande; d'altra parte, il minimo è ciò di cui nulla può essere minore: è il massimamente piccolo. Ma, in quanto entrambi massi­ mamente tali nella loro dimensione quantitativa, essi sono coincidenti: massimo e minimo, gli opposti, coin­ cidono. Svincolando, cioè sciogliendo, le due nozioni dalla concrezione quantitativa del grande e del piccolo, esse si risolvono nel massimo assoluto, al di là della con­ traddizione. 3. E proprio perché il massimo assoluto assorbe in sé il minimo, «essendo tutto ciò che può essere», Dio è l'attualità di tutto il possibile. 4. Il mondo, l'universo, non è che Yesplicazione, nel modo della concrezione, di quell'essere che è complicato in Dio. Dunque il rapporto di complicazione, esplica­ zione-contrazione vuol dire che tutte le cose sono in Dio (complicazione), che Dio è in tutte le cose (esplicazione). Ma, m entre la complicazione indica l'identità del mondo con Dio, l'esplicazione non indica l'identità di Dio con il mondo, perché il mondo è la contrazione di Dio.

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5. Dio e mondo sono identici nell'essere il massimo, ma Dio lo è nell'assolutezza della decontrazione, il mondo lo è nella finitezza esplicata della contrazione. 6. Il De docta ignorantia è distribuito in tre libri. Il primo libro tratta del massimo assoluto che tutti indicano con il nome Dio; il secondo libro tratta del massimo contratto, cioè del massimo la cui unità è contratta nella plura­ lità: ed è l'universo; il terzo libro tratta del massimo contratto e assoluto, cioè l'uomo-Dio, Cristo.

Bernardino Telesio (1509-1588) 1. Tutta la realtà è materiale e sensitiva. 2. Anche lo spirito umano è essenzialmente un sentire. 3. Ma nell'uom o c'è una forma suiper-addita, cioè l'anima, infusa immediatamente da Dio, che è immor­ tale e capace di unirsi a Dio.

Giordano Bruno (1548-1600) 1. La natura è un universo animato dallo stesso spirito di Dio. 2. Dio e mondo sono due aspetti distinti di un'unica realtà totale: la natura naturans è Dio; la natura naturata è il mondo. Il loro rapporto è di complicazione (Dio) ed esplicazione (mondo), come diceva Cusano. 3. L'immanentismo è dato dal fatto che Dio e mondo sono due modi diversi di un'unica realtà esistente. 4. L'universo è infinito: nel suo insieme è immutabile, ma è intrinsecamente animato da un'attività spontanea. 5. La morale consiste nella follia eroica («eroico furore»),

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quale amore per rinfinita natura divina: «L'eroico in­ gegno si contenta piuttosto di mancar degnamente nell'aìte imprese [...] che di riuscire a perfezione in cose men nobili e basse». [N.B. più che un eroico furo­ re mi sembra la cretinata di un isterico: uno che va alla cieca fa la stessa cosa. Il vero «eroico furore» - e secon­ do me assai più rispondente alle esigenze metafisiche di un corretto immanentismo - è quello della carità: agire in modo grande (cioè divino) anche nelle cose piccole, non in modo piccolo nelle cose grandi],

Tommaso Campanella (1568-1639) 1. Panpsichismo: ogni cosa è dotata di un sentire co­ sciente: (a) sensus inditus o innato e attivo, per cui ogni cosa sente se stessa e sa di essere; (b) sensus additus o acquisito e passivo, per cui ogni cosa sente l'altro da sé; (c) sensus abditus, offuscamento del senso di sé, nel sentire l'altro da sé. 2. L'originario senso di sé (inditus) è la prima assoluta certezza, indubitabile («anche illudendomi devo essere cosciente di me che mi illudo [...]»: precede Cartesio) e implica tre «primalità»: potenza (di sentire), sapere (di essere), voler (essere e amarlo), che sono i tre aspetti dell'Essere come tale (e in Dio sono le tre persone). 3. La religione è il legame originario tra l'essere di ogni cosa e il Principio assoluto di tutto. Religio indita è quel­ la innata in ogni cosa (senso innato di dipendenza da Dio); Religio addita è quella rivelata per l'uomo: il cristia­ nesimo, al quale appartengono anche Socrate, Pitagora, Platone, ecc. Il Cristianesimo è la verità assoluta.

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4. Politicamente, prospetta quindi una teocrazia univer­ sale. La Città del Sole: comuniSmo assoluto (di beni, donne, figli, case), governato da un principe-sacerdote, con tre ministri (corrispondenti alle tre primalità).

La rivoluzione scientifica F rancesco B acone (1561-1626)

1. La nuova scienza nasce con una eminente finalità pratica, cioè tecnica: conoscere la natura per dominarla. «Activum et contemplativum res eadem sunt, et quod in operando utilissimum, id in scientia verissimum» (azione e contemplazione sono la stessa cosa: e ciò che è sommamente utile nell'operare è anche sommamen­ te vero nella scienza). 2. Il Novum Organimi (contrapposto al vecchio Organon aristotelico - N.B. Bacone dice: «i veri classici siamo noi, che abbiamo tante esperienze») consta di due parti: a. Pars destruens: critica della sillogistica aristotelica (priva di controllo empirico) e abbattimento dei pre­ giudizi o idoli: - idola tribus = errori legati alla natura umana; - idola specus = errori dovuti al carattere individuale; - idola fori = errori del linguaggio; - idola theatri = errori dovuti alla tradizione. b. Pars construens: costruzione del sapere attraverso l'induzione = salire dall'esperienza alla legge generale dei fenomeni: - tabula praesentiae = contesti nei quali compare un fenomeno;

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- tabula absentiae = contesti nei quali il fenomeno non compare; - tabula graduum = l'intensità di presenza del feno­ meno nelle varie circostanze; - vindemiatio prima = prima interpretazione e formulazio­ ne di un'ipotesi circa la struttura o forma del fenomeno; - experimentum. crucis = esperimento cruciale di con­ trollo dell'ipotesi. 3. N.B. Bacone non riuscì mai ad elaborare una teoria scientifica nuova, perché non capì - come invece Ga­ lilei - che doveva sottoporre a esperimento un'ipotesi formulata matematicamente. N icolò C opernico (1473-1543)

1. Astronomo che sostituì all'ipotesi tolemaica (Tolo­ meo, II sec. d.C.), detta geocentrica (tutti gli astri ruota­ no intorno alla terra), l'ipotesi eliocentrica: tutti i piane­ ti, compresa la terra, girano attorno al sole e la terra intorno al proprio asse. 2. Ipotesi geocentrica e ipotesi eliocentrica rappresenta­ rono i due massimi sistemi (Galilei): solo con Newton si ebbero argomenti decisivi a favore dell'eliocentrismo. 3. I due sistemi videro scontrarsi tra loro due modi di intendere la scienza: quello aristotelico, qualitativo, geo­ centrico e quello innovatore, quantitativo, eliocentrico. G alileo G alilei (1564-1642)

1. Perfezionò il cannocchiale: scoprì i satelliti di Giove (contro l'ipotesi geocentrica) e le macchie solari (con­ tro la tesi dell'incorruttibilità dei cieli).

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2. Polemizzò con gli aristotelici e i teologi sostenendo la teoria copernicana e dicendo che la Bibbia ci inse­ gna come si vada in Cielo e non come sia fatto il cielo. 3. In un primo tempo, obbedì all'ingiunzione del Santo Uffizio di non professare la teoria copernicana; poi disobbedì: condanna 1633. 4. Secondo Galilei, la natura è scritta in termini matema­ tici. la nuova scienza deve leggere la natura in questi termini. «Tentar l'essenza è cosa vana». 5. Oggettivi sono soltanto i valori quantitativi della materia (estensione, figura, peso, moto); le qualità sono modi di sentire soggettivi.

Renato Cartesio (1596-1650) 1. Ricostruire da capo tutto il sapere in modo rigoroso: senza pregiudizi e in modo evidente. 2. Nasce il soggettivismo idealistico e il realismo mediato: l'originario evidente è il soggetto pensante; l'uscita dal soggetto è attraverso la prova dell'esistenza di Dio at­ traverso la sua idea (non esiste soltanto l'io pensante, ma anche Dio); attraverso il «ponte teologico» (resi­ stenza di Dio, appunto, che non è ingannatore) si recu­ pera l'esistenza del mondo esterno, ma con le caratteri­ stiche della pura estensione e moto locale, le sole ad esse­ re oggetto sicuro di scienza. 3. Il metodo del sapere rigoroso. I) Considerazioni sulle scienze: 1) Ciò che in tutti è:

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a. uguale = buon senso = capacità di distinguere il vero dal falso; b. diverso = opinioni = dovute al modo di condurre il pensiero. 2) Occorre un buon metodo: a. Nelle discipline tramandate non c'è, perché: - la teologia è solo pratica; - la filosofia è verosimile e dubbia; - la matematica è rigorosa ma scarsamente sfruttata; - la morale non dice che cos'è la virtù. b. Rifondazione del sapere. II) Regole 1) Sospensione del giudizio su quanto precedentemente accolto, in vista di una fondazione più certa. 2) Regole del metodo (che riunisce i vantaggi della logica-geometria-algebra, senza i loro difetti): a. Evidenza = chiarezza e distinzione. b. Analisi = dal complesso al semplice. c. Sintesi = dal semplice al complesso. d. Enumerazioni complete = attraverso tutti i passaggi necessari. Morale provvisoria 1) Non basta abbattere la casa (sapere) per costruirne

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una nuova; occorre abitarne un'altra nel frattempo (provvisoria). 2) Massime: a. Obbedire alle leggi e ai costumi del proprio paese (compresa la religione e le opinioni moderate); b. Costanza nelle azioni intraprese;

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c. Vincere se stessi piuttosto che la fortuna (stoici­ smo); d. Coltivare la ragione. 4. Prima verità: l'esistenza dell'io. Ricerca della verità indubitabile: la prima verità: ma. indubitabile = vero; dubitabile = falso; mi. sensi e sogni = dubitabili dubitare = indubitabile co. sensi e sogni sono falsi; il dubitare è vero: nel senso che non posso dubitare di dubitare, mentre dubito. ma. ma non si può dubitare senza esistere mi. Io dubito; co. dunque esisto. Cogito ergo sum! Corollari: - Prima verità = Penso, dunque sono. Io esisto, come pura res cogitans, anima senza corpo (perché ho dubi­ tato di avere i sensi). - Regola ricavata = Chiarezza e distinzione è il crite­ rio di verità. - Esisto solo io con le mie cogitationes, cioè con le mie idee, che si distinguono in avventizie (cioè provenienti dall'esterno, per es. l'idea di albero, ma se ho am­ messo d'essere il solo essere esistente, posso ammet­ tere che le ho fatte io), fittizie (cioè fatte da me, per es. l'idea di chimera) e innate (cioè in me, ma non fatte da me: l'idea di Dio). 5. La seconda verità: l'esistenza di Dio. a. Prima prova:

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mi. Ho l'idea di perfezione, ma in quanto dubitante, io sono imperfetto; ma. ora, l'imperfetto non è causa del perfetto; co. dunque, non sono causa di questa idea, ma c'è Dio che me la infonde. b. Seconda prova: se fossi solo, mi sarei dato tutte le perfezioni di cui ho idea e di cui però sono privo; dunque, non sono il solo essere esistente: ma c'è Dio, che è la sede di queste perfezioni. c. Terza prova: l'idea di Essere Perfetto (Dio) implica l'esistenza, pena il non essere perfetto: dunque, Dio esiste. d. Corollario: 1'esistenza di Dio è garanzia di verità, perché essendo perfetto ci infonde idee chiare e distinte di cui possiamo fidarci. (N. B. ma questo non è un circolo vizioso? Si dimostra l'esistenza di Dio come garanzia della verità delle nostre dimostrazio­ ni. E la dimostrazione dell'esistenza di Dio chi la garantisce?). La stessa obiezione vale per l'ipotesi del «genio ingannatore». 6. Terza verità: il mondo o le verità dedotte da quelle sopra provate. Il principio di indagine: chiarezza e distinzione: - la materia = estensione priva di forme sostanziali: res extensa, pura quantità e movimento locale per combinazione delle parti estese; - il corpo = pura macchina; - l'anima è creata da Dio: è legata al corpo (ha le pas­ sioni), ma ne è indipendente, cioè immortale. Non

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vitalizza il corpo, ma lo guida o dirige attraverso quel punto di contatto che è la ghiandola pineale, dalla quale fluiscono gli «spiriti vitali». N.B. Questo è l'esito del «dualismo cartesiano» tra anima e corpo: due realtà assolutamente separate, che non si sa come possano essere coordinate! 7. L'errore consiste in ima precipitazione della volontà rispetto al giudizio dell'intelletto: non si seguono tutti i passaggi (enumerazioni complete).

Reazioni al cartesianismo 1. Circa il problema dei rapporti ragione, tradizione e fede: - Libertini ~ deisti = non atei, ma negatori della perso­ nalità di Dio (opposti ai teisti) e del valore delle reli­ gioni storiche (accusate di antropomorfismo). - Oratorio = cattolici simpatizzanti di Cartesio in fun­ zione apologetica. - Giansenisti ~ Pascal = il metodo cartesiano non è né contro né a favore della fede. - Vico = senso della storia e superficialità del cogito cartesiano. 2. Circa il problema del dualismo tra res cogitans e res extensa: - Geulinx e Malebranche = occasionalismo: solo Dio agi­ sce con l'occasione dei moti delle cose materiali. - Spinoza = panteismo: estensione e pensiero sono entrambi attributi di Dio.

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- Leibniz = monadologia: esiste anche nella materia un principio attivo o entelechia. - Berkeley = smaterializzazione delle cose.

Nicola Malebranche (1638-1715) 1. Soltanto Dio agisce: Geulinx, indipendentemente/ aveva sostenuto: «Chi non sa come l'operazione av­ venga, non si può dire che operi». 2. La materia è propriamente inerte: le cosiddette azioni dei corpi sono in realtà l'occasione con la quale si mani­ festa l'agire divino. 3. La conoscenza avviene attraverso le idee che fluisco­ no da Dio e non sono causate dalle cose in noi: noi ve­ diamo direttamente le idee in Dio; e le idee sono le fogge secondo le quali si configura l'estensione corporea.

Benedetto Spinoza (1632-1677) Ethica ordine geometrico demonstrata 1. Deus sive natura: se la sostanza è «ciò che esiste in sé e si può concepire per sé, cioè non ha bisogno di altro per esistere», allora soltanto Dio è sostanza. Perciò la natura non può essere un'altra cosa rispetto a Dio: Dio è tutto, infinito, senza nulla di esterno. 2. Pensiero e estensione non sono dunque che due attributi dell'unica sostanza divina: non ne derivano, ma le si identificano. Così «ordo et connexio idearum idem est ac ordo et connexio rerum». 3. Le diverse cose non sono sostanze, ma modi dell'unica sostanza.

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4 .1 processi di modificazione Sono un dato di esperienza, ma non sono una aggiunta a Dio: sono distinti l'uno dall'altro e si susseguono causalmente; ma presi tutti insieme non conseguono né si aggiungono a Dio, bensì sono Dio. Il processo di sviluppo è la natura naturata-, Dio è la natura naturante. Il rapporto tra natura natu­ rante e natura naturata è lo stesso che c'è tra la defini­ zione di triangolo e il suo avere la somma degli angoli interni pari a 180°. 5. Tutto è dunque necessario: sia il singolo modo, sia la totalità dei modi. Ogni singolo modo è necessariamente connesso agli altri secondo l'ordine necessario che è Dio. Tutti i modi presi insieme sono necessariamente così come sono perché sono Dio secondo uno dei suoi attributi. 6. La necessità del singolo modo è dovuta al suo assolu­ to legame con gli altri modi. La necessità del tutto, inve­ ce, è assolutamente slegata da altro, perché non rientra in un altro rapporto più grande: è una libera necessitas. 7. La beatitudine dell'uomo (particolare modo della sostanza divina, insieme esteso e pensante) consiste nella possibilità di identificarsi con la sostanza e la libertà divina stessa, sorpassando il suo modo particolare, per il quale è schiavo. 8. Il passaggio dalla particolarità del modo schiavo alla identificazione con la sostanza divina libera, non è qualcosa di prescrivibile, ma è solo descrivibile: non ha senso infatti la libertà di scelta.

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9. Il passaggio alla libertà è dunque naturale, attraver­ so tre gradi, corrispondenti a tre forme di conoscenza: - immaginativa: inadeguata, perché coglie le immagini generiche (universali) delle cose e i collegamenti tra esse come forzati e passivi. Si ha così la condizione di passionalità e di schiavitù; - razionale: adeguata, in quanto comprendiamo il perché della necessità del collegamento tra gli eventi e ce ne sentiamo attivamente partecipi. Capire il perché di una certa passione è già un dominarla; capire la necessità universale di ciò che accade ci libera dalle speranze, dalle delusioni e dai timori; - intellettiva: assoluta, in quanto coglie la totalità delle cose intuitivamente e non discorsivamente: sub specie aeternitatis. La mente si identifica con lo stesso ordine divino che essa conosce. 10. Nella conoscenza intuitiva di Dio, le passioni ven­ gono trasformate in un amor Dei intellectualis: quando la mente si riconosce identica a Dio, non ammette nulla come altro da sé e, quindi, amando Dio ama sé e amando sé ama Dio e ama tutto. Non v'è nulla da odiare né da desi­ derare, come diverso da sé: resta semplicemente l'a­ more di Dio come amore di sé e come amore di tutto.

Tommaso Hobbes (1588-1679) 1. Materialismo: tutto è corpo e le sue leggi sono geometrico-meccaniche. 2. Anche la conoscenza, cioè il mirabile fenomeno dell 'apparire cosciente, è frutto di meccanismi fisici: sensazioni, memoria, esperienze.

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3. La scienza ha una finalità eminentemente pratica o utilitaristica. 4. Lo Stato è frutto di un patto: dalla condizione naturale di bellum omnium contra omnes, nella quale homo (est) homini lupus (Plauto) per via dell'egoismo illimitato, si passa alla condizione civile, nella quale gli individui rinunciano ai propri diritti a favore di un sovrano asso­ luto, che garantisca la pace sociale. 5. Dio è inconoscibile, dunque la verità teologica è in realtà una funzione cultuale che dunque va regolata dallo Stato. Il cattolicesimo va bandito perché eversivo dello stesso Stato.

Giovanni Locke (1632-1704) 1. Teoria della conoscenza: - Originariamente la mente è tabula rasa (= niente idee innate). - L'idea è ciò che noi conosciamo (id quod cognoscitur). - Le idee si dividono in semplici e complesse: - Le idee semplici derivano: - o dalla sensazione (idee delle cose esterne) e indicano: - o qualità primarie (estensione, figura, moto, solidità) e oggettive, - o qualità secondarie (colori, odori ecc.) e soggettive. - o dalla riflessione (idea del conoscere e del volere). - Le idee complesse derivano dall'azione di composi­ zione, correlazione e astrazione dell'intelletto e sono: -sostanza (es. pietra, animale ecc.) = complesso di qualità;

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-m odo di essere (es. figura, mobilità ecc.) = carat­ teristica di qualcosa; - relazione (es. causa ed effetto, somiglianza ecc.) = fonte delle idee generali e del linguaggio. 2. La conoscenza certa si fonda sulla intuizione della connessione immediata tra idee: matematica e dimostra­ zione dell'esistenza di Dio. 3. N. B. il problema grosso, non tematizzato da Locke, è come passare dalle idee che noi conosciamo alla realtà cui corrispondono: che cosa garantisce la corri­ spondenza? Questo è il «problema gnoseologico» del­ l'età moderna, nato con l'impostazione cartesiana del conoscere originariamente le idee e non le cose. 4. Politicamente, Locke non ammette la tolleranza del­ l'ateo (è dimostrabile l'esistenza di Dio) e del cattolico, che fa capo a una autorità straniera (Papa). 5. Il monarca non è assoluto e dispotico, ma garante dei diritti del cittadino, altrimenti può essere destituito con una rivolta.

Goffredo Guglielmo Leibniz (1646-1716) 1. Recupera la filosofia classica (Aristotele) pur nelle istanze della filosofia moderna (cartesiana). 2. La spiegazione dei fenomeni in termini di numero, figura e movimento (modernità) si concilia con la spie­ gazione nei termini aristotelici dell'ammissione delle forme sostanziali:

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- la res extensa deve essere misurata con i criteri del numero-figura-movimen to; - la res extensa, però, può avere la concretezza della materia solo se determinata da una forza o atto che è simile all'entelechia aristotelica e che Leibniz chiama monade. 3. M onadologia

a. La monade è, come la sostanza individua aristotelica, il fondamento di ogni realtà e il soggetto ultimo di ogni predicazione. Perciò, ogni predicato vero di un sog­ getto appartiene alla sua sostanza: per es., quando diciamo: «Cesare passò il Rubicone», questo significa che il «passare il Rubicone» appartiene alla sostanza che è Cesare. b. Ogni monade, dunque: - è chiusa in se stessa perché perfetta = «non ha finestre». - contiene in se stessa tutta la sua storia e la sua esi­ stenza è lo sviluppo di questa storia; - contiene in se stessa tutto l'universo, perché in forza di tutti i predicati veri che le appartengono è in rela­ zione con il resto’ dell'universo; - rispecchia in se stessa l'intero universo secondo il suo particolare «punto di vista»; - contiene in se stessa tutte le altre monadi, cioè l'intero universo, come rappresentazioni; - è percettiva, ma non ogni monade è appercettiva (icosciente delle rappresentazioni come l'uomo): an­

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che per noi le minime percezioni non sono coscienti, per es. il rumore di una particella d'acqua che fa parte dello sciacquio di un'onda; - è orientata (appetizione) al futuro, nel quale si manife­ sta gradualmente la sua rappresentazione dell'uni­ verso, secondo la virtualità spontanea dell'entelechia (che ha il fine in sé). c. Il rapporto tra la vita interiore (metafisica) della monade e la realtà (fisica) esterna è determinato dall'armonia prestabilita da Dio (ancora però estrinseca­ mente, come due orologi perfettamente sincronizzati. N.B. secondo lo stesso modello dell'occasionalismo di Geulinx!). d. Il mondo materiale non è che un fenomeno interno alla monade, cioè una rappresentazione: la rappresen­ tazione di una composizione di parti una esterna all'altra. e. Lo spazio (rapporto di coesistenza) e il tempo (rap­ porto di successione) non toccano le monadi, giacché queste non sono corpi, ma requisiti dei corpi: dunque sono pure rappresentazioni di rapporti: N.B. questo fa sì che Leibniz tenda a togliere ogni consistenza al mondo corporeo. f. Comunque, ogni monade è incorporata in un orga­ nismo di cui è l'anima. Essendo essa immortale, fa sì che ogni organismo sia immortale: tuttavia soltanto l'immortalità dell'uomo può dirsi personale, perché la continuità è conservata dalla sua memoria cosciente.

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g. N. B. Il problema capitale e irrisolvibile in Leibniz è questo: concependo la monade come una sostanza perfetta e compiuta in se stessa, non può poi pensare di renderla principio vitale di un corpo. e D io (Ottimismo leibnizianol) a. La realtà è costituita di elementi semplicissimi combinati tra loro: fattone l'elenco e caratterizzando cia­ scuno di essi con un numero, sarà possibile, attraver­ so il calcolo combinatorio, risolvere ogni problema.

4. L'U niverso

b. Gli elementi semplici originari sono i possibili, cioè i concetti non contraddittori in se stessi, presenti nel pensiero divino. Siccome non tutti i possibili sono compossibili, essi tendono a coalizzarsi tra loro secondo la compossibilità e costituiscono diversi mondi. c. Dio sceglie la combinazione più ricca, il migliore dei mondi possibili, e la attua. La perfezione consiste nella massima varietà possibile nella minima complessità. d. Teodicea = giustificazione di Dio dall'accusa di aver creato il male. Dio permette il male, cioè una certa mancanza di perfezione nel mondo (la minima possibile), altrimenti il mondo non si distinguerebbe da Dio. e. La libertà umana: N. B. se il mondo è copia esatta di un pensiero divino e non può dunque subire aggiunte o sottrazioni nella sua combinazione, allora la libertà dell'uomo è inevitabilmente impossibile. Anche gli eventi incerti sono soggetti al calcolo com­ binatorio delle probabilità.

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f. La distinzione tra verità di ragione (rapporti eterni necessari tra i possibili: es. leggi matematiche) e verità di fatto (accadimenti: es. Cesare che attraversa il Rubi­ cone) non è significativa, perché se tutti i predicati sono contenuti sostanzialmente nel soggetto, anche gli accadimenti storici sono delle verità analitiche, necessarie, di ragione. Per Dio anche le verità di fatto sono verità di ragione. E anche per noi, se potessimo ispezionare con colpo d'occhio le sostanze individue: e quindi la differenza tra i due tipi di verità non è oggettiva, ma soggettiva, cioè dovuta alla nostra limi­ tatezza conoscitiva. g. Il principio che regola la conoscenza delle verità di ragione è il principio di non contraddizione (determina il possibile)-, il principio che regola la conoscenza delle verità di fatto è il principio di ragion sufficiente (deter­ mina l'esistente di fatto: c'è una ragione per cui qual­ cosa accade - esce dal possibile - e accade in un modo piuttosto che in un altro). h. La felicità umana consiste nella conoscenza e nell'a­ more dell'ordine universale: che è lo stesso amore disinteressato di Dio.

Gian Battista Vico (1668-1744) 1. Anticartesiano e fondatore di quel senso storico della realtà molto più affine a quello che sarà il romanticismo piuttosto che aH'illuminismo. 2. Verum ipsum factum:

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a. conosce soltanto chi fa = - la matematica è scienza rigorosa perché il suo oggetto lo facciamo noi; - il mondo della civiltà e quindi della storia è fatto da noi; - gli artefatti, in quanto nostri prodotti, sono per noi intelligibili; - il verificare (= verum facere), proprio della nuova fisica, è corretto ma coglie solo la superficie delle cose, perché dò che noi facciamo è l'esperimento e non la natura delle cose; - anche le idee chiare e distinte sono alla superficie delle cose; - solo Dio, che è autore della natura, conosce inti­ mamente (intus legit) le cose; b. la certezza del cogito cartesiano è superfidale, perché è un segno della mia esistenza, ma non la conosce, per­ ché non la produce. (Solo Dio è propriamente; io esisto ex-sisto fuori dal nulla, ma non sono propriamente). 3.

La «scienza nuova» è la scienza della civiltà e della

sua storia: a. questa scienza ha due sezioni: -filologia che ha per oggetto il certo e studia le parole, che sono il veicolo espressivo con il quale si manife­ sta il progressivo sviluppo dell'umanità; - filosofia che ha per oggetto il vero e studia i principi eterni che presiedono a questo sviluppo: la «storia ideale eterna» dipende dalla Provvidenza divina, di cui gli uomini sono strumenti.

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b. Il senso della storia è il convergere progressivo della coscienza umana con la Provvidenza. - La storia della civiltà passa attraverso tre stadi che corrispondono allo stesso sviluppo conoscitivo del singolo: . Epoca degli dei: dominio del senso; gli uomini sono «bestioni feroci». . Epoca degli eroi: dominio della fantasia-, gli uomini sono poeti. . Epoca degli nomini: dominio della ragione; gli uomini inventano la scienza. - La storia si sviluppa secondo corsi e ricorsi tra le sue epoche: la civiltà culminante degenera al primo livello, ma in modo meno oscuro, così da innescare una nuova e più perfetta forma evolutiva. 4. Il linguaggio nasce nella forma poetica (epoca degli eroi): preconcettuale, ma già tutta nella verità. È «l'u­ niversale fantastico» da cui poi nasce il concetto con le sue convenzioni (epoca degli uomini).

Giorgio Berkeley (1685-1753) 1. Esse est perdpi = l'essere si riduce al suo essere per­ cepito, perché se la materia è l'insieme delle sue qualità colte dalla mente, non esiste in se stessa, cioè indipen­ dentemente dalla mente. 2. Il motivo è dato dal presupposto empiristico: la mate­ ria, che ha proprietà geometrico-meccaniche, causa le sensazioni. Il che equivale a dire che le qualità prima­ rie (rapporti matematici) causano le qualità secondarie

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(colori, suoni, sapori ecc.). Ma siccome questo non ha senso: - perché anche le caratteristiche della materia sono mentali (rapporti matematici); - perché è assurdo concepire la materia come inerte e nello stesso tempo come causa della sensazione, allo­ ra si deve concludere che essa non esiste fuori della nostra percezione e come sua causa. 3. L'estensione stessa è fatta di qualità secondarie: non basta la vista, occorre anche il tatto. E la materia è sem­ plicemente un'idea generale. 4. Il fatto che noi percepiamo subendo, può essere spie­ gato soltanto ammettendo che le nostre sensazioni ci vengono da Dio, lo Spirito divino ne è la causa: lo spirito è attivo, le idee (rappresentazioni coscienti) sono passive (prodotte e ricevute) e sono il linguaggio immediato di Dio al nostro spirito.

Davide Hume (1711-1776) 1. Scetticismo: perché tutto viene polverizzato in una se­ rie di impressioni slegate tra loro e prive di nessi causali. 2. La nostra conoscenza ha come contenuto impres­ sioni e idee: - impressioni = percezioni in presenza di un oggetto: sono forti e vivaci; - idee = immagini sbiadite delle impressioni: non sono né forti, né vivaci, non testimoniano la presenza di un oggetto.

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3. L'abitudine che abbiamo maturato nel veder conti­ nuamente associate certe impressioni, per continuità o successione, fa sì che, al presentarsi di ima delle due, la nostra mente vi associ l'idea dell'altra e l'abitudine la vivacizzi a tal punto da darle la forza di un'impressio­ ne. Ma ciò fonda la credenza naturale e non la scienza. 4. L'associazione delle idee determina la nascita di idee di relazione fattuale: spazio-tempo; causa-effetto; sostanza: - spazio e tempo = sono astrazioni dei presunti rapporti di contiguità e successione tra impressioni soggettive; - causa e effetto = sono dovute alla credenza psicologi­ ca, che interpreta la semplice successione (hoc post hoc) con la dipendenza (hoc propter hoc). Dal fatto che vedo seguire sempre il fumo al fuoco, quando vedo il fu­ mo, ma non il fuoco, immagino che esso ci sia come sua causa: ma questo non consta; - sostanza: è dovuta alla credenza che un fascio di im­ pressioni simili che si susseguono a intervalli, sia qual­ cosa di stabile e uno, perché la fantasia tampona gli intervalli dando il senso della permanenza. Per es. se all'apertura e chiusura ripetuta degli occhi si susse­ guono le stesse impressioni, sono portato a ritenere che di fronte a me ci sia una realtà stabile, perché mentre tengo chiusi gli occhi creo con la fantasia con­ tinuità tra l'impressione precedente e quella successi­ va. Anche ciò che chiamiamo io è un puro fascio di sensazioni. 5. Le pure relazioni tra idee astratte (non dati di fatto), fondano la scienza: la matematica.

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6. La morale è dovuta al sentimento di simpatia, per il quale sentiamo l'utile e il dannoso per gli altri come se fosse il nostro: e chiamiamo il primo bene e il secondo male. 7. La religione non nasce da esigenze conoscitive, ma da esigenze emotive: bisogno di protezione e aiuto. 8. La Scuola scozzese (Tommaso Reid) oppose a Hume la filosofia del senso comune (intuizioni spontanee pre­ cedenti il filosofare) per sconfiggere il suo scetticismo. Ma non ha valore teoretico!

Illuminismo 1. Si assiste al passaggio dalla razionalità (razionalismo delle idee eterne) del '600 alla ragionevolezza (utilità pratica) del '700. 2. i n g l e s e : Deismo: subordinazione del Cristianesimo alla interpretazione razionale, che cancella come miti­ co ciò che non si può spiegare 0ohn Toland); Moral sense: sentimentalismo o estetismo etico (Shaftesbury, Hutcheson, Butler); nascita dell'economia politica (Man­ deville: vizi privati/benefici pubblici), Utilitarismo (Smith, Bentham). 3. t e d e s c o : Scolastica leibniziana (Cristiano Wolff); Estetica (Baumgarten); valore del progresso indefinito (Lessing: se dovessi scegliere tra la verità e l'aspirazione alla verità sceglierei la seconda). 4. i t a l i a n o : Giuristi (Genovesi, Beccaria, contro la pena di morte).

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5. FRANCESE: a. Voltaire (1694-1778): importò rilluminismo dall'Inghilterra. Sostenne un deismo anti-fanatico, criticando ogni religione positiva (ebraismo e Cristianesimo) a favore della religione razionale. b. Gian Giacomo Rousseau (1712-1778): - La civiltà corrompe la natura, con il conformismo, la prepotenza e la discordia. - Lo stato di natura è innocente e felice («mito del buon selvaggio»): il criterio educativo potrebbe esse­ re sintetizzato così: «sbagliando si impara»; niente artificialità imposte. - La società deve essere ricondotta alle esigenze della natura (che non,vuol dire ritorno allo stato di natura): cioè al primato del sentimento e della coscienza. - Il contratto sociale prevede: (1) rinuncia del singolo ai propri diritti a favore della comunità in cui tutti sono uguali; (2) la volontà generale non è la volontà di tutti, ma è il bene comune, impersonato anche da un solo uomo; (3) la sovranità dello stato è la sovranità diretta dei cittadini (non rappresentata).

Emanuele Kant (1724-1804) 1. L'intenzione di K. è quella di rendere scientifica la metafisica così come Newton ha reso scientifica la fisica e come, del resto, è scienza tutta la matematica. 2. Ma la matematica e la fisica sono scienze rigorose in quanto si fondano su principi sintetici a-priori, cioè prin­ cipi che sono insieme:

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a) estensivi del sapere: sintetici, cioè tali per cui il predi­ cato non è contenuto nel concetto del soggetto e solo l'esperienza ci testimonia il loro legame, ma seìiza garantirne la necessità e l'universalità ~ lezione deriva­ bile dall'empirismo-, b) universali e necessari: a-priori, cioè tali per cui il pre­ dicato è già contenuto nel concetto del soggetto e come tale lo ridice semplicemente (tautologie). In quanto analitici non estendono il sapere ~ lezione derivabile dal razionalismo. 3. L'applicazione di questo paradigma alla metafisica determina: a) l'apertura del problema critico = riflessione sulle condizioni di possibilità della conoscenza; b) negazione del valore scientifico della metafisica tra­ dizionale (osservazione critica: ma è ovvio! Se per far correre veloce un podista si prende come paradigma univoco il ciclismo, il podista non è più podista ma ciclista! Il che è un gran pasticcio); c) costruzione di una metafisica della natura-, d) limitazione della ragione scientifica a questo campo e assegnazione dei temi classici: Dio, anima e libertà alla fede razionale e all'ambito della morale. 4. C ritica della Ragion P ura

Problema: Come sono possibili giudizi sintetici a-priori? Ipotesi: «rivoluzione copernicana»: provare a far ruo­ tare il soggetto su se stesso, piuttosto che le cose attor­ no al soggetto = è il soggetto che condiziona le cose e non le cose il soggetto.

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Risposta: Le condizioni di possibilità dell'esperienza sono le stesse della possibilità degli oggetti di espe­ rienza. Il che significa che l'oggetto della scienza lo costruiamo noi, è fenomeno = sintesi di forme a-priori (universali e necessarie) del soggetto e di contenuti aposteriori (estensivi del sapere) derivati dall'esperien­ za: è la connessione necessaria del diverso. a. Estetica trascendentale: studio delle forme a-priori della sensibilità (N.B. trascendentale = condizione apriori della possibilità di ogni esperienza): - Spazio e tempo non sono realtà assolutamente esi­ stenti (Newton) né pure relazioni (Leibniz). - Spazio e tempo sono le forme della nostra intuizione sensibile: la condizione necessaria per cui una cosa può essere oggetto della nostra esperienza è di inquadrarsi dentro queste due forme. Ciò che non si inquadra dentro queste due forme non può dun­ que costituirsi come oggetto di scienza (fenomeno), perché, andando al di là di ogni esperienza possibile, è solo pensabile (noumeno), ma non conoscibile scien­ tificamente (= necessariamente e universalmente). - Spazio è forma della sensibilità esterna; il tempo è forma della sensibilità interna. b. Logica trascendentale: - Analitica trascendentale: studio delle forme a-priori dell'intelletto. - Analitica dei concetti: 1) deduzione trascendentale delle categorie o forme a-priori dell'intelletto, che inquadrano o unificano

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i fenomeni costituendo l'oggetto di scienza vero e proprio: si deducono dalla struttura e dai tipi di giudizio: S tru ttu ra d el giu d izio

D iv is io n e

T ip i

d ei g.

di g.

P a r tic o la r i

Unità M olteplicità

U n iv e rsa li

Totalità

A ffe r m a tiv i

Realtà Negazione Lim itazione

S in g o la ri A m p iezza del soggetto

La

copula

se c . la

se c . la

quantità

qualità

N e g a tiv i I n fin iti

I p o te t ic i

Sostanza Causa

D is g iu n tiv i

Azione recipr.

P r o b le m a tic i

Possibilità

A s s e rto ri

Esistenza

A p o d ittic i

Necessità

C a te g o r ic i R a p p o r to tr a

s. e p.

M o d alità del rapp orto

se c . la

s e c . la

relazione

modalità

tr a s. e p.

C a te g o r ie

2) Lo schematismo trascendentale è il modo con il quale le categorie o forme dell'intelletto determina­ no a-priori la forma dell'intuizione generale (tempo) entrando così anch'esse a costituire l'oggetto di

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conoscenza. Così la sostanza determina il tempo secondo lo schema della permanenza; la causa se­ condo quello della successione; l'esistenza secondo quello della presenza in un dato tempo; la necessità secondo quello della presenza in ogni tempo, ecc. È il criterio o la regola in base alla quale l'intuizione si determina a-priori secondo un concetto. 3) Chi opera l'unificazione oggettiva attraverso l'ap­ plicazione dello schematismo è l'io trascendentale (non l'io empirico), cioè l'appercezione (= coscienza) dell'oggetto. - Analitica dei principi: 1) Sulle categorie si fondano anche i principi della cono­ scenza scientifica della natura. Sulla categoria della sostanza si fonda il principio di conservazione della materia; sulla categoria di causa quello di causalità ecc. 2) In opposizione a Hume, il principio di causa ha valore oggettivo perché è soltanto l'hoc propter hoc che fonda l'hoc post hoc oggettivo. Dal fatto che due impressioni si succedono non segue che og­ gettivamente si succedano; se vedo prima il tetto e poi la casa, non segue che le due realtà siano in successione, anzi sono simultanee realmente. Per­ ché ci sia oggettiva successione occorre un rappor­ to di dipendenza o causalità tra ciò che precede e ciò che segue. - Dialettica trascendentale: lo studio dell'MSO puro dei concetti della ragione, cioè quando si confonde la

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funzione regolativa di un'idea con la rappresentazio­ ne di una realtà-, quando si pretende di oltrepassare conoscitivamente la condizione dell'esperienza possibile. 1) Si danno tre discipline paradossali: - Psicologia razionale = studia l'anima come sostan­ za semplice, mentre è semplicemente l'idea unifi­ catrice di tutti i fenomeni psicologici. - Cosmologia = studia il mondo nella sua totalità, mentre questo è solo l'idea unificatrice dei feno­ meni dell'esperienza estera. - Teologia razionale = studia Dio come causa perfet­ tissima del mondo, mentre non è altro che l'idea unificatrice di tutti i fenomeni secondo il modo dell'infinito. 2) Queste discipline cadono in antinomie nelle loro argomentazioni. Per es. si sostiene in modo incon­ trovertibile sia che il mondo è eterno, sia che ha avuto un'origine. L'antinomia si dissolve se si am­ mette che mondo non è una realtà in sé, ma l'idea che raccoglie appunto tutti i fenomeni esterni. 3) Le prove classiche dell'esistenza di Dio non hanno valore: - La prova ontologica (sant'Anselm o-CartesioLeibniz-Kant precritico1) non ha valore perché im-

1 N e L ' u n ic o a r g o m e n to p o s s ib ile so sten ev a ch e la p o s s ib ilità r e a le ch e n o n co in cid e c o n la p o ssib ilità lo g ic a d e lla sem p lice in co n ­ tr a d d itto r ie tà - im p lic a u n a e siste n z a ; m a n o n si dà se n o n l'e siste n z a di D io , ch e p re ce d e la p o ssib ilità .

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plica un salto dal piano logico a quello ontologico: primo, perché le categorie di Possibile (ciò che si adatta alle nostre forme a-priori di spazio, tempo, categorie), Reale (ciò che l'esperienza mi attesta) e Necessario (ciò che è sempre effetto di una causa posta), che vengono usate nelle dimostrazioni, non consentono l'oltrepassamento dell'esperien­ za possibile; secondo, perché quando dico che l'idea di essere perfettissimo implica l'esistenza, pena contraddi­ zione, intendiam o l'esistenza come concetto, mentre essa è semplice posizione empirica, fat­ tuale. 100 talleri reali non sono più perfetti essen­ zialmente di 100 talleri possibili; semplicemente cadono nella mia esperienza mentre gli altri no. - La prova cosmologica (dall'esistenza delle cose all'essere necessario) e quella fisico-teleologica (dalla finalità naturale all'intelligenza ordinatrice) devo­ no appoggiarsi ultimamente alla prova ontologica. 5. C ritica della R agion P ratica

Scopo: dimostrare che la ragione da sola, senza influs­ so delle inclinazioni sensibili, può dirigere la volontà e solo così la volontà è buona. Differenza: mentre la ragion pura non può conoscere validamente senza l'apporto della sensibilità, la ragion pratica lo esclude radicalmente. Conseguenze: il discorso su Dio, l'anima, la libertà, che veniva escluso dalla scienza perché oltrepassante l'e­ sperienza possibile, qui trova la sua giusta collocazio­ ne ma, appunto, a modo di postulato e non di prova.

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Argomentazione: a. La ragione deve operare da sola nel determinare la volontà affinché ci sia moralità: se vi fosse il condizio­ namento dalla sensibilità, l'agire sarebbe determina­ to dalla necessità causale e quindi non eticamente responsabile. b. Il principio regolativo è il dovere per il dovere: non il do­ vere come rapporto di necessità del mezzo al fine («devi comportati in un certo modo se vuoi essere felice»: que­ sto è l'imperativo ipotetico, condizionato dalle inclinazioni sensibili), ma come pura forma del dovere assoluto («devi perché devi»: questo è l'imperativo categorico). c. L'esistenza dell'imperativo categorico, cioè di una legge morale con valore universale, è evidente come un dato di fatto della ragione. d. Quali sono le condizioni di possibilità di questo dato originario e assoluto? - Se devi perché devi, puoi: se c'è un comando c'è anche la possibilità di eseguirlo e di trasgredirlo, cioè si dà la libertà dell'agire (1° postulato). - La libertà che aderisce al dovere per il dovere è buona moralmente e merita in premio la felicità. - Ma, antinomia della ragion pratica: l'uomo virtuoso non sempre è felice, anzi capita spesso il contrario. - Soluzione dell'antinomia: se non è felice nell'al di qua sarà felice nell 'al di là: dunque l'anima è immortale ed esiste Dio sommo giudice remuneratore (2° e 3° postulato).

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e. Quali sono i contenuti della legge morale? - Non sono i contenuti empirici, perché si cadrebbe nella necessità fenomenica. - È la stessaforma universale: «Agisci in modo tale che la massima (il principio guida) delle tue azioni possa valere come principio di una legislazione universale». - Un esempio potrebbe essere il principio evangeli­ co: «non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te stesso». In questo senso, K. sostiene che la religione è essenzialmente un insegnamento etico {La religione nei limiti della pura ragione). 6. C ritica del G iudizio

Scopo: superare il salto che c'è tra mondo fenomenico della scienza e mondo noumenico della morale. Ipotesi: se esiste una intelligibilità della natura anche al di là del nostro influsso categoriale, si potrebbe pensa­ re che il fondamento della natura sia la stessa Ragione che è fondamento della legge morale. Argomento: il giudizio coglie una intelligibilità in un dato particolare: a. il giudizio determinante = giudizio scientifico applica l'urdversale deirintelletto al molteplice dell'intuizione. b. il giudizio riflettente = trova una finalità nella natura: 1) con la contemplazione della bellezza = il giudizio este­ tico è la sintesi di sentimento e conoscenza: senso della finalità o dell'armonia tra l'immagine sensibile e il nostro intelletto: - il bello è il senso della pienezza;

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- il sublime è il senso deH'infinito avvertito di fronte agli spettacoli naturali che ci superano, sui quali proiettiamo la nostra grandezza in quanto persone, soggetti morali. 2) con la riflessione su\Yordine della natura: ci fa avver­ tire l'esistenza di Dio (postulato della ragion pratica).

Il Romanticismo ('700-'800) 1. Il termine indica la civiltà romanza nel senso di me­ dievale, ma interpretata come «civiltà germanica», alla quale idealmente ci si ispira. 2. Caratteristiche: - Esaltazione del sentimento, dell'immaginazione creatri­ ce, dell'intuizione (Schiller), contro la conoscenza scien­ tifica (o pretesa tale), promossa dall'inumirdsmo. - Esaltazione della Natura, non in senso cartesiano meccanicistico, ma in senso somoziano e vitalistico o organicistico (Goethe). - Primato del genio individuale nella sua capacità crea­ trice, che lo colloca nella natura in modo magico (Novalis). - Tesi dell'unione finito-infinito, colta mediante la poe­ sia (forma filosofica) e lo stretto legame tra arte, reli­ gione, filosofia (Schlegel). - Riscoperta del Medioevo come unità organica di fede e cultura (Jacobi) e senso del Popolo, per opposi­ zione alla immagine iUuministica dell'età oscura sor­ passata dal Rinascimento. - Sottolineatura del valore della Storia (Herder) come vita di un Popolo.

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- Opposizione al classicismo di maniera ma non ai classici, esaltati da Hòlderlin e Leopardi.

Giovanni Fichte (1762-1814) 1. La Dottrina della scienza è il tentativo di dare una forma sistematica al sapere come assoluto. 2. Caratteristiche: a. certezza = evidenza fondamentale; b. sistematicità = connessione delle proposizioni in funzione della certezza. 3. Principio fondamentale, che ha la forma della certezza e contiene ogni altro contenuto: a. non è il principio di identità: A = A, perché è solo formale e ipotetico (se A c'è, allora A = A); b. è l'autoposizione dell'Io: Io sono (Egoità) che pone A e l'essere A = A. 4. La struttura della scienza in tre principi: a. Primo principio o tesi = l'Io si autopone originariamente. Io = Io è l'evidenza e il contenuto fondamentale. b. Secondo principio o antitesi = l'Io si oppone al non-lo: perché l'Io non si sa come tale, cioè come Io (autoco­ scienza), se non per opposizione a un non-lo (che esso stesso pone, giacché è l'originario). c. Terzo principio o sintesi = l'Io oppone nell'Io, all'io divisibile (particolare) un non-io divisibile (particolare): perché se l'opposizione fosse assoluta, Io e non-lo si annullerebbero a vicenda e non si darebbe coscienza. L'autolimitazione degli opposti è la condizione della loro conservazione e unità.

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5. L'articolazione e implicazione dei tre principi: la sin­ tesi degli opposti (terzo) non sarebbe possibile senza l'atto di opposizione (secondo); ma a sua volta l'atto dell'opporre non sarebbe possibile senza l'atto di porre assoluto (primo). 6. L'atto di opposizione (secondo principio) è un'esigenza etica e non teoretica. Se non si desse, l'Io non si realiz­ zerebbe come attività morale sollecitata da un impera­ tivo categorico: l'oltrepassamento di un ostacolo che si protrae all'infinito. 7. Il non-Io (cioè l'oggetto, la realtà, la cosa in sé) è in funzione della realizzazione della nostra libertà e nasce per una produzione inconsapevole dell'immaginazione. 8. L'idealismo di Fichte è etico e non teoretico. N.B. in qualche modo, rimane realista. Vi sarebbe pieno ideali­ smo se si riconoscesse che anche l'atto di porre assolu­ to (primo principio) non sarebbe possibile senza l'atto di opporre (secondo) e che questo atto di opporre è sempre atto dell'Io. 9. Il compito dell'Io divisibile di uguagliare l'Io assolu­ to (cioè di diventare Dio) è infinito, perché anche l'opposizione dell'io divisibile al non-io divisibile è una immediata contraddizione (tanto quella tra Io e non-Io assoluti).

Federico Guglielmo Giuseppe Schelling (1775-1854) 1. Fasi del pensiero di S.: «filosofia negativa» (considera l'idea come suprema realtà essenziale, senza cogliere

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1'esistenza) e «filosofia positiva» (considera l'esistenza della realtà del mondo e della storia come rivelazione divina). 2.

La «filosofia negativa» o «filosofia dell'identità»

= l'Assoluto è identità di natura e di spirito: il criticismo di Fichte assolutizza il soggetto; il dogmatismo di Spinoza assolutizza l'oggetto. La sintesi di S. consiste nel dire che l'Assoluto trascende la distinzione soggetto/ogget­ to essendo pura Identità dei due. a. La filosofia è scienza, cioè un sistema di proposizioni logicamente coordinate e dedotte da una proposizione fondamentale, che esprime l'incondizionato: [«Io sono Io» o «Io sono» (Soggetto); -» «non-Io» (Oggetto): perché non c'è soggetto senza oggetto e non c'è oggetto senza sog­ getto; -» «Rappresentazione»: cioè la mediazione tra soggetto e oggetto] l'Io sono è l'Io Assoluto, che non è classe né appartiene a una classe, perché è al di là della concettualità ed è colto nell'intuizione intellettiva. b. La filosofia della natura studia l'Assoluto partendo dall'oggetto, andando verso il soggetto; la filosofia trascendentale, invece, studia l'Assoluto partendo dal soggetto e andando verso l'oggetto. c. Filosofia della natura: dall'oggetto al soggetto. 1) La «spaccatura» tra soggetto e oggetto nasce con il sorgere della riflessione: la pura sensibilità non la conosce. 2) Il superamento della spaccatura si è proposto nel­ la storia della filosofia in due sensi: 149

- causale = con il realismo (per il quale l'oggettivo causa il soggettivo) e con il criticismo (per il quale il soggettivo causa l'oggettivo); - non-causale = con Spinoza (parallelismo sostanziale tra pensiero ed estensione) e con Leibniz (armonia prestabilita). 3) La tesi di S. = nella «rappresentazione», lo «spirito dormiente» (cioè la natura) si desta. La natura (spiri­ to visibile) è un sistema teleologico che tende allo spirito umano (natura invisibile), nel quale essa prende coscienza di sé attraverso la rappresentazione. 4) Prova: l'Assoluto è un unico eterno atto insuccessivo di conoscenza, nel quale si danno tre momenti: - oggettivazione ideale di sé (natura naturans), espres­ sa esternamente nel mondo (natura naturata); - soggettivazione di sé, espressa esteriormente nella rappresentazione concettuale; - riconoscimento della compenetrazione di ideale e reale, cioè spirito e natura in un'unica assolutezza. 5) Il compito della fisica speculativa è quello di rico­ stru ire lo schem a fon d am en tale e n ecessario (a priori) della teleologia della natura naturans, che si manifesta nella natura naturata (a posteriori). 6) La natura = spirito irrigidito e materializzato, ma dotato di vita (contro il meccanicismo): - l'anima del mondo è il principio vivificatore che muove lo sviluppo organico della natura; - i diversi gradi della natura si sviluppano progres­

so

sivamente e secondo una tensione di opposizione tra polarità costitutive (eraclitismo-romanticismo). d. Filosofia trascendentale = conoscenza del rapporto finito/infinito, o cose/Assoluto, passando dal sog­ getto all'oggetto: 1) l'Assoluto è pura Identità, Semplicità e nulla cade fuori di esso; 2) la Differenza e la Distinzione delle cose non può essere fuori dell'A ssoluto: dunque dipende dal punto di vista della coscienza empirica, che concettualizza e coglie fenomenicamente l'Assoluto, secondo la serie reale (natura) e la serie ideale (soggettività); 3) dal punto di vista dell’Assoluto, le due serie coinci­ dono, perché svanisce l'opposizione reale-ideale: l'Identità dell'Assoluto Real-idealismo supera l'oppo­ sizione di realismo e idealismo; 4) in quanto ideale, l'A ssoluto si esprime nell'Idea (Verbo), che è la vera essenza di ogni cosa finita (■natura naturante), che è perciò infinita ed eterna; 5) dalla accusa di panteismo, S. si difende dicendo che egli non confonde Dio con la natura naturata, né dissolve il cosmo in Dio: ma che si deve ammettere che tutto è immanente in Dio (e allora sarebbe pan­ teista anche san Paolo); 6) Dio sta al mondo come l'antecedente al conse­ guente, il soggetto al predicato, il manifestante sé alla manifestazione di sé: si distinguono; 7) la natura naturata è frutto di una «caduta», cioè di un atto libero, non deducibile: dalla analisi delle idee

DI

non vengono che idee e non fatti. Si può solo dedurre la possibilità delle cose finite, non la loro realtà fattuale; 8) il male è privazione di bene: «perché il male non fosse, non dovrebbe essere nemmeno Dio». La sua condizione di possibilità, nell'uomo, è data dal pas­ saggio dall'inconscio-sensuale alla personalità: due stati e momenti diversi. Anche in Dio c'è questa na­ scita della personalità, ma è simultanea (come dal Padre al Verbo), così da non consentire la possibilità dell'errore e del male. e. Filosofia dell'arte = «vero organo della filosofia»: 1) l'Assoluto può essere colto da un'intuizione intel­ lettuale e non descritto (non ha parti). 2) L'intuizione estetica manifesta l'unità di conscio e inconscio, di ideale e reale. 3) Il genio artistico agisce: - coscientemente con la sua tecnica, - incoscientemente per l'agire spontaneo della facoltà che produce la natura. 4) L'opera d'arte è la manifestazione finita (imma­ gine) dell'Assoluto infinito attraverso la materia del Simbolo (mondo dell'esistenza poetica). 3. La «filosofia positiva» si occupa delYesistente e non dell'essenza (come la «filosofia negativa») e si orienta al Dio Personale. a. Il passaggio dall'essenza all'esistenza, dalla filoso­ fia negativa alla filosofia positiva, è dato dalla fede = l'esigenza che l'io umano ha di un Dio personale re­ dentore della sua caduta.

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b. La filosofia positiva è la ricostruzione storica di que­ sta esigenza umana, o della coscienza religiosa: dalla religione deca-mitica, alla religione chiara-rivelata (cristianesimo), alla religione filosofica, che è la com­ prensione della fede (mediata dalla religione rivelata). c. Tre sono le età o periodi del Cristianesimo: - Petrino - secondo legge e autorità - PADRE - Paolino - secondo la libertà - FIGLIO -G iovanneo - secondo legge e libertà - SPIRITO SANTO d. La comprensione ultima è mistica.

Giorgio Hegel (1770-1831) «Se venisse distrutto un granello di polvere, rovine­ rebbe l'intero universo». 1.

Spinozismo: senza Spinoza è impossibile cominciare

a filosofare, ma con Spinoza è impossibile andare avanti nella filosofia. a. Aspetti condivisibili: - la filosofia è scienza dell'Assoluto dal punto di vista dell'Assoluto; - «ordo et connexio idearum idem est ac ordo et connexio rerum» (Spinoza): l'idea è l'ordine; - il sistema si costruisce «per un andamento irresi­ stibile, puro, senza accoglier nulla dal di fuori» (Scienza della logica). b. Aspetto non condivisibile: l'Assoluto non è «so­ stanza» statica, ma nel suo farsi.

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2. Idea = Essenza assoluta; Verità o Senso del Tutto; Struttura del Tutto; Spirito Autocosciente, cioè indiffe­ renza concreta di soggetto e oggetto, o di spirito e natura. Non è una nozione astratta. In questa linea, «tutto ciò che è reale è razionale e tutto ciò che è razio­ nale è reale». 3. La Dialettica è la logicità che costituisce ogni realtà: è l'idea nel suo costituirsi in modo irresistibile (necessario) e autonomo. Si sviluppa in tre momenti: a. Tesi = momento astratto o intellettuale: ogni determi­ nazione viene considerata come un assoluto, separata, isolata dalle altre (astratta) e opposta. Es. la nozione di vita viene concepita come assolutamente isolata dalla nozione di morte, che è il suo opposto. Gli opposti si escludono. b. A ntitesi = momento dialettico o negativo-razionale: ogni determinazione isolata e finita o astratta, nel suo opporsi assoluto - cioè isolato e non relativo - al proprio opposto, viene a identificarsi con esso: con­ traddizione. Es. la nozione di vita, opponendosi in modo assoluto - e non relativo - alla nozione di morte, viene ad identificarsi con essa. Se la vita (= non-morte) per costituirsi come tale escludesse assolutamente (cioè non relativam ente) la morte (= non-vita), non potrebbe costituirsi come non-morte (si deve escludere il riferimento, la relazione) e quin­ di sarebbe la non-non-morte, cioè la morte (npn-nqnmorte), cioè la non-vita: la vita sarebbe la non-vita. Contraddizione! È Yautosoppressione delle determina­

zioni isolate e isolanti. N. B. lo stesso discorso vale per i rapporti: soggetto/oggetto; Dio/mondo; causa/ef­ fetto; infinito/ finito (perché finito e infinito non pos­ sono stare l'uno di fronte all'altro: l'infinito vive nel finito) ecc. c. Sintesi = momento speculativo o positivo-razionale: è la determinazione concreta, cioè non astratta o isolata dalle altre. Si concepisce «l'unità delle determinazio­ ni nella loro opposizione». La contraddizione, dovu­ ta all'astrattezza o isolamento delle nozioni intellet­ tuali, è tolta togliendo il loro isolamento, cioè conce­ pendo la loro unità e relazione: la vita, per essere con­ cepita come vita, cioè non-morte, deve essere concepi­ ta con il suo opposto, cioè con la morte di cui è nega­ zione - e viceversa. N. B. lo speculativo o positivorazionale è il vedere il positivo nel negativo, cioè il toglimento della contraddizione come negazione di nega­ zione. Quindi Hegel non nega il principio di contrad­ dizione. «Tutto ciò che è reale è razionale e tutto ciò che è razionale è reale». 4. Superamento dello gnoseologismo kantiano o negazione della «cosa in sé». a. Il concetto di «cosa in sé» è contraddittorio, perché: se la concepiamo come cosa in sé, concependola non è più in sé ma in noi, cioè è conosciuta (le determina­ zioni di cosa, in sé, inconoscibile, sono determinazioni conoscitive!), non è fuori della rappresentazione. La cosa in sé non è cosa in sé, dunque è contraddittoria: non esiste.

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b. Lo stesso movimento dialettico della storia della filo­ sofia porta al superamento del presupposto realisticocriticistico della cosa in sé (cf. schema introduttivo): - tesi: periodo classico-medievale: immediata afferma­ zione dell'identità di certezza (soggettivo) e verità (oggetti­ vo) = il pensiero pensa l'essere, la realtà, che è comun­ que indipendente ed esterna al pensiero (realismo); - antitesi: periodo moderno fino a Kant incluso: af­ fermazione della opposizione di certezza e verità = il pen­ siero non pensa l'essere, la realtà, ma è chiuso nelle sue rappresentazioni (fenomeni), che non possono attingere la realtà in se stessa, in quanto indipenden­ te ed esterna al pensiero; - sintesi: idealismo hegeliano: affermazione mediata di certezza e verità = il pensiero non può non pensare l'essere e l'essere non può non essere pensato dal pensiero: sono la stessa cosa, pena la contraddizione di un non-pensato/pensato, o di un non-conosciuto (cosa in sé) / conosciuto (il che vuol dire la stessa cosa). La mediazione è la dimostrazione della identità, per mezzo della negazione della sua negazione, cioè il toglimento della contraddizione dell'antitesi. Nulla cade fuori del pensiero. 5. Il Sistema = la struttura dell'Assoluto. a. L'Idea è l’Assoluto Autocosciente (Pensiero di Pen­ siero) nel suo progressivo (Storia) automanifestarsi, secondo una perfetta Circolarità. «Tutto ciò che è reale è razionale e tutto ciò che è razionale è reale». b. Articolazione del Sistema: Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio:

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Idea in sé = «Dio nella sua eterna essenza prima della creazione del mondo»: oggetto della LOGICA (Tesi) che studia la struttura metafisica della Realtà: A) Logica dell'Essere: categorie nell'immediatezza con sé (Tesi): - essere (Parmenide - Tesi); - non-essere (Budda - Antitesi); - divenire (Eraclito - Sintesi). B) Logica dell'Essenza: categorie correlate nella media­ zione con altro da sé (Antitesi): - essenza (Tesi); - esistenza (Antitesi); - attualità (Sintesi). C) Logica del Concetto: categorie nella mediazione con sé: - Soggettività formale (Tesi): concetto-giudizio-sillo­ gismo. - Oggettività materiale (Antitesi): meccanismo-chi­ mismo-teleologia. - Idea (Sintesi) di soggettività e oggettività: - Vita (Tesi), - Conoscenza (Antitesi), - Autocoscienza (Sintesi): è il reale che coincide con la sua intelligibilità. Idea per sé = Natura o Idea nella forma del suo esser Altro da sé: oggetto della FILOSOFIA DELLA NATURA (Antitesi), che studia lo svilupparsi della vita nella con­ tingenza e accidentalità dei fenomeni naturali: dalla esteriorità dello spazio all'interiorità vitale dell'animale.

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A) Meccanica (Tesi), B) Fisica (Antitesi), C) Organica (Sintesi). Idea in sé e per sé = Spirito o Autocoscienza Assoluta: oggetto della FILOSOFIA DELLO SPIRITO (Sintesi), che studia il ritorno circolare in sé dellTdea come indifferenza, nella distinzione, di soggetto e oggetto. A) Spirito soggettivo = attività psichiche (Tesi): a) A nim a = principio vitale del corpo: oggetto dell'Antropologia (Tesi). b) Coscienza = sapere apparente: oggetto della Fenomenologia dello spirito (Antitesi); 1) Coscienza: ritiene che l'oggetto le stia di fronte in modo indipendente (Tesi): - certezza sensibile (Tesi), - percezione (Antitesi), - intelletto (Sintesi). 2) Autocoscienza = scopre che l'in sé dell'oggetto è la coscienza stessa: autoaffermazione dello spirito (Antitesi): - dialettica servo-padrone = l'affermazione di sé di fronte all'altro da sé implica il riconoscimento della propria dipendenza dall'altro; - dialettica dell'alienazione = «coscienza infelice» per proiezione della propria personalità nel DioSignore. 3) Ragione = certezza che la coscienza ha di essere ogni realtà: tutto è coscienza (Sintesi). c) Spirito = sfera della coscienza nel rapporto con gli altri: oggetto della Psicologia (Sintesi):

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1) Teoretico (Tesi), 2) Pratico (Antitesi), 3) Spirito Libero (Sintesi): nella relazione con gli altri. B) Spirito oggettivo (Antitesi): la libertà nell'esteriorità. È il mondo delle leggi. a) Diritto astratto = insieme dei rapporti esteriori tra individui (Tesi). b) Moralità = Manifestazione dell'universale (legge - dovere per il dovere kantiano) alla coscienza (Antitesi). c) Eticità = dedizione alla comunità con capacità di sacrificio (Sintesi): 1) Famiglia (spirituale) (Tesi), 2) Società civile (economia) (Antitesi), 3) Stato (eticità consapevole di sé) (Sintesi). C) Spirito Assoluto = l'idea è l'Assoluto e si sa come tale (Sintesi) a) Arte = sapere l'Assoluto nell'esteriorità della cosa bella (Tesi) 1) Simbolica = orientale - Sublime (Tesi), 2) Classica = greca - Serenità (Antitesi), 3) Romantica = cristiana - Interiorità (Sintesi). b) R eligione = manifestazione dell'Assoluto attra­ verso una rappresentazione: è pensiero rappresentati­ vo e non concettuale (Antitesi): 1) Naturale = il finito scompare nelTinfinito indif­ ferenziato (Tesi): - Magica, - Induismo-Buddismo, - Persia-Egitto.

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2) Individuale = contrapposizione finito/infinito (Antitesi): - Greca (Bellezza), - Romana (Utilità), - Ebraica (Sublimità). 3) Assoluta = unione di finito e infinito o infinito nel finito = Cristianesimo (Sintesi): - Regno del Padre, - Regno del Figlio, - Regno dello Spirito Santo. c) Filosofia = Sapere Assoluto dell'Assoluto nell'ordine del concetto: «è l'Idea eterna, in sé e per sé, che si produce e si fruisce eternamente, come spirito asso­ luto» (Sintesi): - Poiché l'Assoluto si realizza come Pensiero di Pen­ siero attraverso lo spirito umano, Filosofia è la Storia e la Storia della Filosofia = Storicismo. - La Storia, vista dal punto di vista dell'Assoluto, si svolge come deve svolgersi: c'è una «Astuzia del­ la Ragione» (Provvidenza) che indirizza gli scopi particolari a un risultato universale e l'Eroe è colui che intuisce la direzione della Storia. La guerra è un male per gli individui (accidentalità) ma non per la vita dell'Assoluto. - Epoche storiche: 1) Mondo Orientale: libertà solo del monarca; 2) Mondo greco-romano: libertà di molti', 3) Mondo germanico: libertà di tutti. N. B. la forma di Stato perfetta è quella prussiana e il sistema filosofico definitivo è quello hegeliano.

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Federico tìerbart (1776-1841) 1. Realismo: l'esperienza attesta una realtà in divenire; ma l'elaborazione concettuale (logica) arriva a testimo­ niare che la realtà è immutabile (eleatismo). 2. La combinazione della mutevolezza empirica e im­ mutabilità sostanziale delle cose porta a una soluzione di tipo democriteo: vi sono molti «reali» immutabili (semplici e immateriali), che variano estrinsecamente secondo le relazioni tra di loro, determinanti azioni (perturbamenti) e reazioni (autoconservazione). 3. Anche la conoscenza (psicologia) è determinata dalle relazioni dell'anima con le cose: l'io non è altro che il complesso delle masse consolidate che sono le rap­ presentazioni solidamente legate tra loro, come reazioni (autoconservazione) ai perturbamenti provenienti dal­ le cose. 4. In questa linea, la psicologia sperimentale ha la possi­ bilità di calcolare quantitativamente i processi psichici. 5. L'estetica si configura come scienza dell'estimazione dei valori: dunque è etica. 6. La linea di fondazione psicologica dei concetti trascen­ dentali kantiani fu seguita anche da Federico FRIES (1773-1843).

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S t o r ia DELLA FILOSOFIA CONTEMPORANEA

Arturo Schopenhauer (1788-1860) 1. Il mondo è la mia rappresentazione. Questo enun­ ciato è una verità a priori, cioè espressione della forma di ogni possibile e immaginabile esperienza. a. Rappresentazione = ciò che è oggetto per il soggetto. - Soggetto = il conoscente non conosciuto come tale. - Oggetto = rappresentazione o Fenomeno = = è la sintesi tra le forme pure della sensibilità, cioè spazio (posizione) e tempo (successione) con quella dell'intelletto, cioè il principio di ragione (causalità = rapporto effetto-causa). Può essere chiamato materia. Schemi equivalenti: * Intuizione empirica + (Posizione + successione) + causalità = materia. * Intuizione empirica + Sensibilità + intelletto = fe­ nomeno. È l'intuizione del mondo che è per l'intelletto, mediante l'intelletto e neU'intelletto. b. Il rapporto soggetto-oggetto è immediato: il rapporto causale riguarda soltanto la realtà concepita. Non c'è oggetto senza soggetto e soggetto senza oggetto. Falsi sono quindi: - l'idealismo che ritiene che l'oggetto sia effetto del soggetto; - il realismo che ritiene che il soggetto sia effetto del­ l'oggetto; - il materialismo che ritiene che l'oggetto possa essere senza soggetto.

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c. Il noumeno, o cosa in sé, è l'essenza del mondo. d. La scienza non coglie Tintinna natura o essenza del mondo, ma solo il rapporto tra le rappresentazioni: suo carattere è la sistematicità e non la certezza. - Le scienze naturali cadono nell'errore materialistico. - La matematica è una conoscenza sistematica. Con essa si sa che una cosa è così, ma non perché è così. - L'etica razionale ha come sua massima espressione l'etica stoica: ma è contraddittoria perché è un voler vivere senza dolore quando la vita è essenzialmente dolore. (N.B. Schopenhauer sottolinea invece la supe­ riorità di chi pone la virtù in se stessa come fine, an­ che tra le più penose sofferenze: es. Cristo; penitenti indiani). e. La filosofia ha la missione di dichiarare in astratto l'essenza del mondo intero (parti e tutto): pone a problema tutto. - 1 concetti che la scienza collega tra loro nel giudizio e nell'argomentazione sono rappresentazioni astratte di rappresentazioni empiriche. - Contrapposto al sapere scientifico (conoscenza astratta) sta il sentimento (conoscenza concreta). 2. Il noumeno o essenza del mondo è volontà. a. Tutte le scienze hanno a che fare con i rapporti tra le rappresentazioni, secondo il principio di ragione, ma non ci offrono l'essenza delle rappresentazioni: descrivono le forme dei fenomeni (morfologia) e spiegano i cambiamenti (eziologia: meccanica, fisica,

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chimica, fisiologia). Presentano come ignota la forza naturale che è l'intima essenza dei fenomeni. b. La filosofia vuole scoprire l'essenza del fenomeno, ma non è possibile ricorrendo alle inform azioni esterne: sono sempre raccolte in fenomeni. c. Il soggetto conoscente non è solo puro conoscere, ma è anche corpo: le cui affezioni sono veicolo per l'intelletto verso l'intuizione del mondo come rap­ presentazione: - Conosciuto esternamente, il suo corpo è un oggetto tra oggetti, cioè fenomeno, rappresentazione. - Conosciuto intimamente, il suo corpo manifesta l'intima essenza del fenomeno: il corpo è volontà. d. Il corpo è volontà aggettivata: l'identità di corpo e vo­ lontà non è deducibile, ma è immediatamente data. Il «Nodo cosmico» è questo: l'azione del mio corpo non è altro che l'atto del mio volere oggettivato. Per analogia (per non cadere in un falso egoismo teoretico o soli­ psismo rappresentativo) ammettiamo che l'essenza di ogni corpo, cioè di ogni fenomeno, è volontà. e. L'essenza della volontà non può rientrare negli sche­ mi della rappresentazione: sarebbe fenomeno e non noumeno: - il fenomeno ha una causa, motivo, perché (in base al principio di ragione). Tutto ciò che è motivato deli­ beratamente o determinato dal carattere o dalle cir­ costanze non è pura volontà (il fenomeno razionale

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è determinato dai motivi; quello animale dagli sti­ moli; quello inorganico dalle cause). - Il noumeno non ha una ragione o un perché. f. La volontà si manifesta in ogni forza cieca naturale: è unica, individua e intera in tutti i fenomeni. È assoluta. g. La volontà si obiettiva in diversi gradi, che sono i mo­ delli degli individui: si tratta delle idee platoniche, cioè le specie, immutabili forme di tutti i corpi naturali. h. La lotta che troviamo nella natura è segno del con­ flitto tra il superiore e l'inferiore per impadronirsi della materia altrui: è la tendenza a una obbiettivazione sempre più alta-, è la manifestazione di un'idea più alta. Si tratta del dissidio essenziale della volontà: una polarità tensionale (es. yin e yang). i. Nell'uomo, la lotta è la legge deìl'hom o homini lupus: la ragione è un mezzo che la volontà si dà per la conservazione della specie e dell'individuo nella ressa dei fenomeni in conflitto. Ma in realtà questo è il conflitto della volontà con se stessa, perché è l'uni­ ca realtà. 3. Le idee sono al di là del principio di ragione, cui

soggiacciono gli individui; conoscendo l'idea il co­ noscente non è più individuo, si scioglie dal servizio alla volontà e contempla eternamente. a. L'idea è l'immediata e adeguata oggettività della cosa in sé: al di là dell'individuo, della spazio-temporalità e del principio di ragione.

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b. L'idea è feconda nell'arte perché sviluppa forme che sono nuove rispetto al concetto anonimo: - l'idea è Yunitas ante rem = infranta nella pluralità; - il concetto è Yunitas post rem = ricostruita dalla plu­ ralità. È utile alla vita e fecondo nella scienza, ma sterile nell'arte. c. Conoscendo l’idea, il soggetto non è più individuo, ma è Yeterno che contempla eternamente: «Mens aetema est, quatenus sub aetemitatis specie concipit» (Spinoza). d. In questa conoscenza, soggetto e oggetto non sono più distinguibili: - la volontà è Yin sé dell'idea e del singolo; dunque in questa conoscenza la volontà conosce se stessa. Tolto il mondo come rappresentazione, rimane la volontà come impulso cieco. - Nella condizione contemplativa, il soggetto si co­ nosce come contenente il mondo oggettivo, come sua condizione. «Hae omnes creaturae in totum ego sum et praeter me aliud ens non est» (Upanisad). e. La conoscenza contemplativa è Yarte: opera del genio (assimilabile ai folle) che riproduce le idee eterne. - La contemplazione è conoscenza geniale, verticale, al di là del principio di ragione, implica Yoblio della pro­ pria persona e dei suoi rapporti. - La scienza, all'opposto, è conoscenza razionale che si protrae razionalmente all'infinito, nella linea orizzontale.

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f. Condizioni della contemplazione estetica: - oggettivamente: l'idea; - bello e sublime coincidono; - diciamo bella una cosa quando è oggetto di con­ templazione estetica; - rendendoci oggettivi, obliamo noi stessi come individui e conosciamo idee e non cose; - soggettivamente: la coscienza del conoscente. Obliato l'individuo con le sue tensioni volitive (desideri e speranze, interesse) sopraggiunge la pace: - sentimento della bellezza: contemplando le idee, il puro conoscere prende il sopravvento senza lotta; - sentimento del sublime: quando le idee hanno una forte ostilità verso la volontà-corpo umano, ma la contemplazione si rivolge tranquillamente a queste paurose forme; - sentimento dell'eccitante: è l'opposto del sublime; promette l'esaudimento della volontà. g. Ogni cosa, anche inorganica, è bella in quanto pale­ sa un'idea: gravità, solidità, fluidità, luce ecc. sono le idee che si esprimono in rocce, acque, edifici ecc. h. Le varie arti: - Architettura: sviluppa fino all'evidenza il contrasto tra solidità e gravità, per le quali sono conosciute nella pietra le manifestazioni della volontà. - Pittura storica e scultura-, rappresentano il massimo grado di oggettivazione della volontà, cioè l'uomo. - Poesia: il poeta è l'uomo universale; nella lirica dei veri poeti si riflette l'intim o di tutta l'um anità.

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N.B. l’allegoria e il simbolismo sono una contraddizio­ ne nell'arte, perché implicano un lavorio astratto al di là dal concreto intuito. Ma nella poesia sono van­ taggiosi, perché nella poesia le parole danno direttamente il concetto che deve portare all'intuizione del concreto evocato nella rappresentazione della fanta­ sia dell'ascoltatore. - Musica: è l'arte più sublime. - In essa non si trova la riproduzione di un'idea qualsiasi degli esseri che sono al mondo. - Va al di là delle idee e potrebbe sussistere anche senza il mondo: «esprime la quintessenza della vita e delle sue manifestazioni». - È quindi oggettivazione e immagine dell'intera volontà. - «Il mondo è ima musica materiata quanto mate­ riata volontà». Es. i suoni più gravi dell'armonia esprimono i gradi infimi della natura inorganica; la voce cantabile o melodia esprime la vita umana con i suoi diversi gradi di oggettivazione della volontà: desiderio-appagamento-noia ecc. - «La musica è la vera filosofia». i. L'arte è essenzialmente la fioritura della vita, ma non redime totalmente l'uomo dalla vita: lo fa solo per brevi istanti. Il passaggio decisivo è nel!etica-mistica. 4. La filosofia pratica è in realtà sempre teoretica, cioè descrittiva del mondo, e quindi è servizio della volontà; la vera redenzione è l'oltrepassamento della stessa volontà (n o lu n ta s ).

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a. La filosofia non può fare altro che chiarire e spie­ gare ciò che è dato: la nozione di «dovere assoluto» è una contraddizione. b. La filosofia porta a limpida coscienza astratta quel­ la essenza del mondo che per ciascuno si esprime come sentimento: intelligibile in concreto. c. Il mondo come rappresentazione nasce come servizio della volontà che usa per i propri scopi la ragione: la volontà vuole sempre la vita, che nel suo oscillare tra nascita e morte caratterizza gli individui. Il passato e il futuro riguardano gli individui; la volontà il Presente che è la forma della vita. d. Quando i singoli fenomeni, le rappresentazioni, non agiscono più come motivi della volontà, la volontà liberamente si sopprime. e. La volontà è assolutamente libera: - La necessità riguarda il mondo, nel quale vige il rapporto causa-effetto. - La libertà è una nozione negativa: negazione della necessità fenomenica. f. L'uomo è l'oggettivazione più alta della volontà, ma anche fenomeno individuale e quindi soggetto alla necessità. - Come fenomeno empirico, l'uomo è determinato e necessitato nelle sue azioni dal suo carattere. - Come coscienza è il luogo in cui la volontà si ri­ ferisce a se stessa: qui può arrivare ad autonegarsi. Pre-

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sentandosi nel fenomeno, la libertà genera il dissi­ dio: l'ABNEGAZIONE. g. La volontà è assolutamente libera, non ha un fine ultimo: è aspirazione infinita: - nel fenomeno si manifesta come lotta tra la vita e la morte; - l'aspirazione infinita è sempre dolore: ostacolo tra il desiderio e l'appagam ento. Perciò la VITA È ESSENZIALMENTE DOLORE. h. Tre atteggiamenti estremi nella vita umana: - poderoso volere = grandi passioni, - puro conoscere = contemplazione, - letargia della volontà = noia. i. Giacché la volontà è tutta intera degli individui, ma gli individui ne rappresentano un frazionamento, nasce la lotta dell'egoismo: è il contrasto della volontà con se medesima. l. La giustizia si dà quando si percepisce la propria essenza come identica in tutti gli altri individui. - La giustizia temporale è con il contratto sociale con il quale ciascuno favorisce il bene di tutti perché vi vede compreso il proprio bene. Ancora egoisticamente. - La giustizia eterna consta una volta superato il velo di Maja del mondo come rappresentazione nel quale vittima e aguzzino appaiono come distinti: in realtà sono la stessa cosa. m. Compresa l'identica stoffa che lega il tutto (= supera­ to il velo di Maja) consideriamo come nostri i dolori

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del mondo: la virtù è di colui che scopre che tormenta­ tore e tormentato sono tutt'imo. N.B. la dottrina cri­ stiana vieta di rendere male per male. n. Il grado supremo della giustizia è la COMPAS­ SIONE, con la quale si rompe il velo di Maja. o. Conoscendo il tutto e il suo dolore, il virtuoso non può più affermare la vita, ma passa asceticamente a rinnegarla: povertà, castità. L'ASCESI è negazione della volontà di vivere. p. Il cristianesimo esprime con la religione vedica il mas­ simo del rinnegamento di sé: prendere la propria croce. q. Questo rinnegamento di sé non ha nulla a che vedere con il suicidio che è in realtà l'ultima affermazione della volontà di vivere: il suicida vuole la vita, scon­ tento solo delle condizioni a lui toccate; poiché non può cessare di volere, cessa di vivere. r. Il rinnegamento di sé è dovuto a una metamorfosi trascendentale, consentita dalla Grazia santificante: è una condizione mistica. s. Il nulla che risulta dal rinnegamento di sé, e quindi dalla soppressione del mondo, non è il Nulla assolu­ to (nihil negativum), che è contraddittorio. - Filosoficamente si presenta come negativo. - Misticamente si presenta come positivo: UNIONE CON DIO, secondo i mistici. È nulla solo per chi conserva la volontà di vivere, ma non per chi ritiene nulla il mondo.

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L'Ottocento italiano 1. Giacomo LEOPARDI (1798-1837): poesia filosofica. a. Pessimismo: la natura è matrigna. b. Nichilismo: vana è la sostituzione della fede in una Provvidenza trascendente con la fiducia nel progres­ so umano. Tutto dal nulla, tutto torna nel nulla, tutto è nulla. 2. Pasquale GALLUPPI (1770-1846): lettore di Kant in traduzione italiana; ma fu filosofo del senso comune come Reid. a. Kant è uno scettico. In realtà, la coscienza attesta con sicurezza resistenza del me; la sensazione testimo­ nia la realtà del fuori di me. b. I concetti di sostanza, causa, identità e diversità non sono categorie soggettive, ma oggettive. 3. Giandomenego ROMAGNOSI (1761-1835): la «filo­ sofia civile» = Tincivilimento nasce dalla tendenza ad armonizzarsi degli interessi in conflitto, ma senza esclusione della decadenza. 4. Giuseppe MAZZINI (1805-1872): religione dell'av­ venire è missione del popolo italiano, secondo il prin­ cipio «Dio e patria», in alternativa al Cristianesimo. 5. Antonio ROSMINI (1797-1855): tenta di conciliare il criticismo kantiano con Tommaso d'Aquino e Agostino. a. L’essere ideale o idea dell'essere è divino ma non è Dio: fonda la capacità di conoscere del soggetto, ma è astratto, pur essendo eterno, assoluto e necessario.

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b. L'idea dell'essere è la forma a-priori che viene a determinarsi attraverso il materiale sensibile, nel giu­ dizio (es. Socrate è bianco). c. L'essere ha tre forme: reale, ideale e morale. Que­ ste forme hanno tre gradi di realizzazione. - In Dio coincidono realmente: «Essere per sé sussi­ stente», «Essere per sé noto» e «Essere per sé amato» sono l'una nell'altra (Circuminsessione). - Nell'uomo, la forma ideale è presente astrattamente, cioè separata dalla sua sussistenza e quindi sollecita nell'uomo la tensione ad eguagliare la realtà assolu­ ta che essa rappresenta. - Nelle cose non c'è l'essere ideale e quindi non c'è aspirazione: sono solo sentite e appartenenti (pro­ prietà) alle menti (= soggetti compiuti). d. L'etica caratterizza i soli soggetti compiuti, cioè le persone («soggetti intellettivi volitivi»), che, ricono­ scendo l'ordine oggettivo, lo devono rispettare («Serva ordinem!»), giacché lo possono anche trasgredire compiendo il male. 6. Vincenzo GIOBERTI (1801-1852): La protologia: - «è l'analisi del principio costitutivo dello spirito umano, e della cognizione che abbiamo dell'essere nello stato immanente del nostro pensiero»: «Dio è l'obbietto unico e continuo della mente umana, in cui si conoscono tutte le altre cose, e che le rende conoscibili colla sua luce»; - è «scienza dell'ente intelligibile intuito per via del pensiero immanente, cioè è la filosofia o scienza prima,

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e il fondamento di tutto lo scibile umano». Non è l'ontologia perché: l'ontologia contempla l'ente nel­ l'atto secondo, cioè come oggetto di riflessione e del pensiero successivo e vi mescola del soggettivo; la protologia contempla l'ente nell'atto primo e come principio creativo e costitutivo dello spirito, piutto­ sto che come oggetto suo proprio: dunque non lo soggettivizza psicologicamente; - è «la scienza dell'atto creativo o sia della formula ideale che lo esprime compitamente». a. Il primo assoluto è l'Idea o Ente, o Dio: la realtà originaria, oggetto immediato e eterno della cogni­ zione; da non confondersi con il concetto psicologico. b. L'Idea-Ente è oggetto di intuizione (ontologismo) e di riflessione (psicologismo): - L’intuizione è il pensiero immanente, insuceessivo, non psicologico ma ontologico: intende assolu­ tamente l'Assoluto cioè Dio, cioè l'Idea o Ente, che lo crea proprio rivelandoglisi senza presupporlo. Non è dunque un atto psicologico ma un'attività, preconcettuale e pregiudicativa, nella quale tutti i veri sono circuminsedenti gli uni negli altri: cioè perfettamente connessi per reciprocità e paralleli­ smo nell'unità dell'Idea. - La riflessione è il pensiero successivo, psicologico, che giudica riflettendo su se stesso attraverso la parola: in esso si discorre da un vero all'altro, secondo il prima e il poi, e le dipendenze gerarchi­ che nel molteplice dei concetti. È l'ordine del giu­

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dizio e del ragionamento dialettico: che divide e congiunge l'unità originaria attraverso l'armonia degli opposti. c. Nel giudizio prendiamo coscienza riflessa del pri­ mo ontologico, cioè l'Idea-Ente, dividendone l'unità e ricostituendola dialetticamente: 1° giudizio = l'Ente è (il predicato ripete riflessivamente ciò che è il sog­ getto) è ancora incompleto; 2° giudizio, più completo per la presenza di un terzo termine = L'Ente crea 1'esistente (il terzo termine - l'esistente = ex-sistere esce dal primo - l'Ente - attraverso il secondo - crea). d. La «formula ideale», che esprime la densità del­ l'Idea e di tutto in essa, ha un duplice verso: - Uscita: L'Ente crea l'esistente. - Ritorno: L'esistente ritorna all'Ente. Secondo il modello di analisi e sintesi di Scoto Eriugena. e. La percezione dell'ente puro crea il pensiero im­ manente; la percezione delle esistenze crea il pensie­ ro successivo. Noi conosciamo l'Assoluto ma non as­ solutamente. Perché lo conosciamo relativamente alle esistenze. Quindi la mente introduce nell'Assoluto il molteplice reale delle esistenze. Il vero obiettivamen­ te e assolutamente è uno e infinito. Noi, pensandolo, lo moltiplichiamo e limitiamo riflessivamente. Tutta­ via l'unità infinita di esso traluce all'intuito e riverbe­ ra nella riflessione e ci appare nella relazione logica. Mediante la relazione logica, tutti i veri fanno un so-

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10 vero. L'unità del Logo è rifatta dalla logica. Il Logo in quanto da noi si conosce è una gerarchia di rela­ zioni che salgono le une sulle altre finché si giunga a una relazione suprema che tutte le abbraccia. Tale relazione suprema è la formula ideale. Ogni rela­ zione è espressa da un giudizio; e la formula ideale è 11 giudizio supremo. Tutto dunque è relazione. La formula ideale è un sistema di relazioni. L'ordine è il complesso delle relazioni. La somma delle relazioni è dunque la metessi della relazione assoluta, cioè Dio. f. Rapporto Dio/mondo: Dio è intuito in due modi che rispondono ai due stati del pensiero: - Il pensiero immanente percepisce Dio come ente puro. - Il pensiero successivo percepisce Dio come ente in relazione colle esistenze; e questo ancora in due modi: . Il modo cosmologico: è l'intuito di Dio nel mondo, vedendo Tarmonia e la bellezza che lo governa, si confonde Tesistente con l'ente. Se ci si arresta qui si diventa panteisti. . Il m odo teologico: pone il mondo in D io, non confondendo le esistenze con l'ente. Perciò si danno tre aspetti della conoscenza di Dio: - Aspetto ontologico: Dio è l'ente puro. «È la vera cognizione di Dio a priori» per cui si considera l'en­ te senza le esistenze (teologia imperfetta dell'A. T.: Dio è l'ente. Mancano tutti gli attributi).

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- Aspetto cosmologico: Dio è nel mondo. Si confonde Dio con le esistenze (pseudoteologia degli eleati. Dio è il tutto). - Aspetto teologico: il mondo è in Dio. L'ente si di­ stingue (senza separarlo) dalle esistenze (teologia perfetta secondo la formula cristiana: l'uomo - e conseguentemente tutte le esistenze - è in Dio). g. Nella scienza come nella natura, e nell'idea tutto è in tutto.

L'Ottocento francese 1. Tradizionalismo o filosofia della restaurazione: rea­ zione aH'illuminismo con il recupero del concetto teo­ logico dell'ordine sociale e dell'autorità (De Maistre; De Bonald; Lamennais). 2. Eclettismo: il criterio di verità è il senso comune o il buon senso (Vittorio Cousin). 3. Ideologismo: studio della psicologia sperimentale, della «ideologia» come studio dei fatti psichici (De Tracy; Cabanis). 4. Spiritualismo: Maine de Biran (1766-1824): la co­ scienza dell'Io è data dalla intuizione della nostra energia interiore, del nostro senso intimo, che si traduce in una morale dello sforzo e nella perfezione della mistica (cristiana). 5. Socialismo utopistico: fiducia religiosa nel valore del progresso sociale attraverso il lavoro.

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a. Saint-Simon (1760-1825): la storia è un succedersi di epoche critiche (innovative) e di epoche organiche (stabili). Attraverso la filosofia positiva, la scienza e l'organizzazione industriale, si giungerà (dopo il Medioevo e la Riforma) alla nuova stabile epoca del nuovo cristianesimo (N.B. che però non ha nulla a che vedere con il Cristianesimo). b. Carlo Fourier (1772-1835): la molla del progresso è «il sistema di attrattiva industriale», cioè l'organizza­ zione del lavoro come festa, in falansteri dove tutti i beni sono comuni e vige la libertà dei rapporti sessuali. c. Giuseppe Proudhon (1809-1865): «la proprietà pri­ vata è un furto»; è un furto l'interesse sul denaro, perché solo il lavoro ha valore. Per una società giusta occorre abolire il denaro e ricorrere allo scambio diretto tra lavoro e beni. Così, anche Roberto Owen (1771-1858).

Augusto Comte (1798-1857) 1. La storia umana si evolve secondo tre stadi che cor­ rispondono a tre modi psichici dell'uomo: a. Stadio teologico = l'uomo religioso riconduce i fe­ nomeni naturali a una causa soprannaturale. b. Stadio metafisico = l'uomo filosofo spiega i feno­ meni naturali riconducendoli a principi quali le es­ senze delle cose. c. Stadio positivo = l'uomo scienziato non spiega più il perché, cioè la causa dei fenomeni, ma il come.

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2. La filosofia «positiva» ha una funzione organizzatri­ ce dei risultati della ricerca scientifica. Essa classifica le diverse scienze, a partire dalla Matematica, sotto i due quadri della Fisica inorganica e della Fisica organica. A) Fisica inorganica: Astronomia, Fisica, Chimica; B) Fisica organica: Fisiologica (Biologia e Psicologia) e Sociologica (Sociologia). 3. Il criterio che guida la scienza è l'applicazione pratica: «dalla scienza la previsione, dalla previsione l'azione». 4. La Sociologia scientifica (di cui C. è il fondatore) si divide in statica (che ha per oggetto l'ordine sociale) e dinamica (che ha per oggetto il progresso sociale) e stu­ dia la storia come progressiva divinizzazione dell'umanità. 5. La visione pseudo-scientifica di C. giunge, alla fine, a caratterizzarsi in termini religiosi: nello stadio defini­ tivo la trinità positiva sostituisce la Trinità cristiana. Il Grande Essere (Dio) è l'Umanità; il Grande Feticcio è la Terra-, il Grande Mezzo è lo Spazio. C. è il «pontefice» di questa religione e ne fissa anche il calendario liturgico.

Il positivismo A)

C a ratteri gen erali

1. Nasce in Francia con Comte, ma si sviluppa su linee diverse in Inghilterra, Italia e Germania. 2. Primato del metodo sperimentale (in linea generale) e una certa opposizione all'idealismo.

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3. Determinismo e materialismo: tutto può essere deter­ minato scientificamente e le grandi scoperte della scienza promettono applicativamente la felicità defi­ nitiva per rumanità. B)

P o s it iv is m o In g l e s e

1. Geremia BENTHAM (1748-1832): a. Utilitarismo = procurare la massima felicità al mag­ gior numero di persone, attraverso il calcolo dei piaceri. b. La valutazione morale è matematica = calcolo dei piaceri e dei dolori connessi: trovare piaceri certi, intensi, duraturi, fecondi, puri (non implicanti dolori conseguenti), estesi al maggior numero. c. Egoismo e altruismo coincidono: il vero bene privato è legato al bene altrui. Per capirlo c'è la sanzione penale, inflitta a chi non lo riconosce ancora. 2. Giovanni STUART MILL (1806-1873) a. Empirismo: le proposizioni universali - su cui si fonda la deduzione - non sono altro che generalizzazio­ ni dell’esperienza. E l'esperienza è frutto di associazione delle sensazioni, secondo contiguità e somiglianza. b. Probabilismo: non possiamo stabilire leggi necessa­ rie per i fenomeni, ma solo la probabilità del loro ripetersi. c. Etica associazionista: il senso morale si fonda sulla associazione della propria felicità a quella altrui. Dall'egoismo si passa all'altruismo perché si esperi­ sce che non c'è la nostra felicità se non insieme a quella dell'altro.

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3. Erberto SPENCER (1820-1903): a. Evoluzionismo = dottrina biologica secondo la quale le specie viventi sono il risultato di mutazioni geneti­ che, selezionate dall'ambiente naturale come più adatte e trasmesse come caratteri ereditari. b. S. estende la nozione di evoluzione a tutta la realtà: da quella cosmologica a quella psicologica e sociale. Essa è il progresso dal semplice al complesso, dall'indefinito al definito, dall'omogeneo all'eterogeneo. Sia i principi conoscitivi sia quelli pratico-morali sono frutto di evoluzione: sono a priori per l'indi­ viduo, ma a posteriori (cioè frutto di adattamento) per la specie. c. Proprio perché la filosofia dell'evoluzione spiega le trasformazioni, non può spiegare il dato originario (= non frutto di evoluzione), che rim ane perciò l'Inconoscibile per definizione. C)

P o s it iv is m o I t a l ia n o

Roberto ARDIGÒ (1828-1920) 1. Il dato di fatto è inalterabile: perciò «il fato è divino». Negazione di ogni trascendenza (N. B. la­ sciò per questo il sacerdozio). 2. Contro Spencer, nega l'Inconoscibile, affermando semplicemente YIgnoto, cioè il non ancora noto: nulla è trascendente, dunque tutto è conoscibile. 3. La filosofia ha il compito di spingere le scienze all'estremo limite delle possibilità conoscitive: la peratologia (peras = limite) è appunto la dottrina del limi­ te, dell'estremo.

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D)

P o s it iv is m o T e d e sc o

1. Materialismo piuttosto grossolano: il cervello secerne il pensiero (Carlo Vogt); l'uomo è ciò che mangia (Giacomo Moleschott). 2. Empiriocriticismo = critica dell'esperienza imme­ diata: originarie sono le sensazioni che precedono la distinzione tra soggetto (psichico) e oggetto (fisico). La scienza, cioè l'organizzazione concettuale e logica delle sensazioni, ha una pura funzione «economica»: permette di prevedere con probabilità i fenomeni e di pilotarli favorevolmente. Riccardo AVENARIUS (1843-1896); Ernesto MACH (1838-1916). Avvia la stagione critica verso il Positivismo classico.

Destra e sinistra hegeliana 1. Il sistema hegeliano sortì effetti diversi: da una parte, vi furono aperti oppositori (Kierkegaard e Nietzsche), da un'altra gli indifferenti (Herbart e Schopenhauer) e infine la Scuola vera e propria. 2. La Scuola hegeliana, dopo la morte del maestro, prese due linee di tendenza tra loro opposte: una con­ servatrice della lettera del maestro (destra), l'altra rivo­ luzionaria (sinistra). Questa denominazione (destra e sinistra) deriva da D. F. Strauss che la conia per analo­ gia con la corrispondente divisione parlamentare. 3. La «destra» hegeliana concentrò la propria attenzio­ ne su temi filologici e storiografici e assunse una posi­ zione, sul tema religioso, che vedeva la compatibilità tra la religione tradizionale e il pensiero di Hegel. Ebbe scarso successo.

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4. La «sinistra» hegeliana cercò un sostanziale ripensa­ mento del sistema, sgretolando la concezione religiosa tradizionale: D. F. Strauss, opponendo al «Gesù stori­ co» il «Cristo della fede», vide nel primo una proiezione mitica espressiva del valore ideale del secondo. Una posizione simile fu assunta da Feuerbach.

Ludovico Feuerbach (1804-1872) 1. Partendo dalla figura hegeliana della «coscienza infe­ lice», contrappone l'umanismo al teismo, vedendo nell'idea del Dio personale una proiezione di una esigenza uma­ na: «l'uomo crea Dio a sua immagine e somiglianza». 2. Se Hegel idealizzava il reale, F. corporalizza e sensi­ bilizza l'ideale: prima divinizzando l'uomo; poi divi­ nizzando la natura, dalla quale l'uomo dipende (L'uo­ mo è ciò che mangia). 3. L'uomo che F. esalta è la società umana unificata dall'a­ more, non l'individuo: in questo senso egli è comunista.

Max Stimer (1806-1856) 1. In opposizione alla umanità di Feuerbach, S. esalta l'individuo. 2. La società, qualsiasi essa sia, schiavizza l'uomo: per­ ciò S. professa l'anarchismo. 3. Qualsiasi progetto ideale o fine da perseguire su­ bordinano l'individuo umano; per questo S. dice: «Ho riposto la mia causa nel nulla».

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Carlo Marx (1818-1883) 1. M. si oppone principalmente alla concezione secondo la quale le idee hanno un potere operativo sulla realtà: questa è pura illusione e chi la professa crede che «il mondo cammini sulla testa anziché sui piedi». Il sarca­ smo di M. arriva a qualificare autori come Feuerbah, Stimer e Bauer - di indole ancora speculativa, «ideolo­ gica» - come La sacra famiglia. Essi portano ancora, nel loro pensiero, elementi di religiosità, pur criticando la religione. La religione, invece, va eliminata eliminando il suo motivo, che è Yalienazione. 2. Se la religione è «il gemito della creatura oppressa [...] l'oppio per il popolo», essa è il riflesso della condizione di oppressione che dipende dalla alienazione dell'uomo espropriato del proprio lavoro e quindi di se stesso. 3. Non sono le idee che condizionano la situazione vitale ma, al contrario, è la situazione materiale dell'esi­ stenza che condiziona il modo di pensare: perciò, non è importante interpretare il mondo ideologicamente, ma cambiarlo praticamente. La filosofia deve essere perciò azione. 4. La realtà primaria è Materia e la scienza che la con­ sidera è il Materialismo. 5. Materialismo dialettico = la materia è in continua evo­ luzione dialettica: una opposizione di forze che urtan­ dosi si oltrepassano progressivamente, in nuove sinte­ si. I principi di questa dialettica sono (Engels): passaggio dalla quantità alla qualità (= l'incremento quantitativo

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implica una rivoluzione sostanziale, cioè il passaggio a un nuovo piano qualitativo - ad es. l'acqua sotto i cento gradi si riscalda, sopra si muta in vapore); unità e lotta tra gli opposti (= principio motore dell'evoluzione, per intrinseca contraddizione di ima situazione); nega­ zione della negazione (= l'oltrepassamento di ogni situa­ zione è la sua negazione; l'oltrepassamento dell'oltrepassamento precedente è negazione della negazione). 6. Materialismo storico = diagnosi scientifica dei passaggi dialettici che si sono verificati e la conseguente progno­ si di quelli che si verificheranno. 7. La base interpretativa: a. Il progresso economico è determinato dalla evolu­ zione dei modi e dei mezzi di produzione. b. I modi e i mezzi di produzione determinano i rap­ porti di produzione, cioè i rapporti tra Lavoro (operaio) e Capitale (datore di lavoro, che possiede i mezzi di produzione). c. Le fasi storiche dell'evoluzione dei rapporti di pro­ duzione sono: Feudalesimo (Tesi); Capitalismo (Antitesi); ComuniSmo (Sintesi). d. Il passaggio dialettico da una fase all'altra è deter­ minato dalla lotta di classe, cioè dalla opposizione tra operai e datori di lavoro. e. Con il cambiamento dei rapporti di produzione vengono sconvolte anche le sovrastrutture sociali, cioè la filosofia, la religione, l'arte e la politica.

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8. Analisi diagnostica: a. Il Capitale nasce dallo sfruttamento del lavoratore: l'accumulazione del capitale dipende dallo sfrutta­ mento dei meccanismi di estraniazione legati al lavo­ ro e al costituirsi della proprietà privata. b. La proprietà privata è la conseguenza necessaria dell'espropriazione del prodotto del lavoro. c. Il valore di scambio, cioè il prezzo di una merce, dipen­ de dalle ore di lavoro umano necessario per produrla. d. I padroni pagano il lavoro (attraverso il salario) meno di quello che vale: il capitale impiegato (c) dal padrone per acquistare le merci (M), cioè le materie prime, le macchine e il lavoro degli operai è inferiore alle entrate del capitale (C) dovute alla vendita del prodotto. La differenza tra c e C è il profitto. e. Il profitto è indice del fatto che il capitalista guada­ gna più di quanto ha speso: è il plus-valore del pro­ dotto dovuto al plus-lavoro non retribuito e quindi espropriato. f. Il salario è la retribuzione del lavoro secondo il minimo necessario a soddisfare le necessità vitali del lavoratore: questa situazione disumanizzante viene controbilanciata con l'anelito religioso. g. Il Capitale guadagna solo producendo; ma il pro­ durre di più e al minor costo (per battere la concor­ renza degli altri capitalisti) implica una super produ­ zione, cioè l'eccesso dell'offerta di prodotti rispetto

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alla domanda: nascono così le crisi economiche che causano fallimenti e disoccupazione. I capitalisti dimi­ nuiscono di numero e i proletari aumentano. h. I proletari, organizzati nelle fabbriche, maturano una coscienza di classe, sfruttata ma forte. Inevitabil­ mente, il proletariato procede alla rivoluzione, elimi­ nando i pochi capitalisti rimasti e dando vita alla società comunista. 9. La società comunista avrà le seguenti caratteristiche: • (1) assenza di proprietà privata; (2) tutto il potere sarà della classe lavoratrice; (3) non più sfruttati, né sfrutta­ tori; (4) ciascuno avrà secondo i propri bisogni; (5) superamento dello Stato. 10. Il problema della dottrina marxista sta tutto nell'in­ congruenza tra la previsione scientifica del progresso dialettico della storia e l'esortazione rivoluzionaria. 11. La forma leninista - Vladimir Ilio Ulianov o LENIN (1870-1924) - del marxismo accentua la «mistica rivo­ luzionaria», affidando al Partito Comunista il ruolo di forza propulsiva della rivoluzione proletaria, attraver­ so una fase di Dittatura del Proletariato, prolusiva al pieno ComuniSmo.

Soeren Kierkegaard (1813-1855) 1. 11 rapporto tra uomo e infinito non si risolve nella dialettica razionale che pone identità tra reale e razio­ nale: l'esistenza è irriducibile al concetto.

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2. K. distingue tre tipi di esistenza: a. estetica = si risolve nel gusto per Vistante e la sedu­ zione: il che però genera dispersione e noia. b. etica = è la scelta della stabilità del matrimonio: il che però chiude l'individuo nei parametri sodali e ne ali­ menta il senso di colpa per la sua capadtà di fare il male. c. religiosa = è il superamento di ogni criterio assoda­ to: il rapporto con Dio è possibile solo nella fede che è paradosso e scandalo (es. di Abramo e Isacco). 3. La fede si fonda sull'angoscia (= coscienza del vuoto che accompagna la possibilità di sbagliare legata alla libertà) e sulla disperazione (= «malattia mortale» o pec­ cato di egoismo intrascendibile) ed è l'ammissione che solo a Dio tutto è possibile (speranza). 4. Il rischio dell'esistenza è quello di perdere la fede, cioè di perdere l'unico aggancio con l'Assoluto, possibile all'individuo (non è lo Stato, né la Chiesa).

Federico Nietzsche (1844-1900) 1. Ciò che esiste è il puro divenire caotico e la vita è minacciosa e terribile. 2. Ciò che chiamiamo «mondo», cioè il complesso dei fatti, delle verità, della morale, della religione, della meta­ fisica, è «errore»: perché è frutto di una proiezione utili­ taristica e rassicurante; è la volontà di potenza che preten­ de di dominare per non atterrire. a. I fatti (alberi, colori, suoni ecc.) - contro il Positivi­ smo - non esistono, esiste il flusso vitale: il concetto

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di sostanza ha una funzione rassicuratrice. Esistono le interpretazioni plurime, pluriprospettiche e caotiche, senza la stabilità neppure del soggetto interpretante. b. La inorale dipende geneticamente dalla utilità: è la proiezione sublimante «l'umano troppo umano», cioè l'istinto di conservazione di fronte alla minaccia del fondo violento dell'uomo. - Con il passar del tempo, l'utile si ammanta di norma, di autorità e di abitudine. - L'altruismo è un egoismo mascherato: si ama sem­ pre qualcosa di sé più di qualche altra cosa di sé (es. nel sacrificio amo più la mia fama che la mia vita). c. La religione e la metafisica sono una proiezione ras­ sicurante nell'aldilà di una stabilità: ma siccome Tal di là non c'è, esse sono nichilistiche perché negano l'al di qua. d. La verità è una maschera di menzogna che copre l'orrore della vita pura: anche i «filistei» che negano Dio ma affermano dottrine assolute (progresso, ideali politici, guadagno ecc.) ricadono in questa maschera: «Dio è morto» è la negazione di ogni immutabile. 3. L'arte ha due modi: a. l'estetica del mondo ideale: tramuta la realtà cupa, orrida dell'istinto e delle passioni secondo il criterio della misura e dell'individuazione (aspetto apollineo dopo il razionalismo socratico). Mitologia olimpica; arti plastiche; epica. b. l'estetica del vitalismo: «sì alla vita», al flusso vitale nella sua crudezza, contro l'individualismo (aspetto

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dionisiaco + aspetto apollineo prima di Socrate). Tra­ gedia e musica. 4. Il superuomo (oltreuomo) è colui che smaschera i valori («trasvalutazione dei valori»): dice gioiosamente di «sì alla vita» nella sua situazione di orrore e dolore, perché accetta il divenire, ma attivamente e non suben­ dolo passivamente. La volontà di potenza raggiunge il suo culmine immedesimandosi con l'inquietudine del divenire caotico (relativismo assoluto). 5. L'eterno ritorno dell'uguale: non è dottrina metafisica ma il modo con il quale il superuomo interpreta il divenire. È l'esclusione del senso, della direzione e della finalità del­ l'esistenza: tutto è caotico e non definitivo, perché an­ che il passato è il futuro e viceversa (anche il passato non è un immutabile macigno). 6. «La formula per la grandezza dell'uomo è amor fati; non voler nulla di diverso da quello che è, non nel futuro, non nel passato, non per tutta l'eternità. Non solo sopportare ciò che è necessario, ma amarlo» (Ecce homo).

Enrico Bergson (1859-1941 ) 1. L'errore dello spiritualismo è quello di isolare la vita spirituale dalla Terra, così da renderla un miraggio. 2. La vita del corpo e quella dello spirito si trovano sullo stesso cammino dell'evoluzione che porta dal primo al secondo.

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3. L'evoluzione è un puro fluire continuo, cioè «durata»: il continuo progredire del passato che rode l'avvenire crescendo su se stesso, perché la durata è coscienza cioè spirito. Senza coscienza non c'è durata. 4. L'atteggiamento pratico del conoscere, procede con «metodo cinematografico», cioè prefiggendosi un fine come punto di stasi del movimento e ritagliando nel movimento tanti fotogrammi statici e collegandoli poi tra di loro, per poter dominare utilmente il divenire. a. Le idee e le forme immutabili della metafisica classi­ ca hanno questa caratteristica e sono fotogrammi privilegiati. b. Anche la scienza moderna procede con questo metodo, pur non privilegiando particolari fotogram­ mi su altri. 5. La vera conoscenza, che coglie la durata e si immer­ ge nel divenire, è l'intuizione: a. che non ha finalità pratiche; b. coglie l'assoluto nel suo slancio vitale e creativo. 6. La materia è lo slancio vitale che ricade su se stesso. 7. Nell'uomo lo slancio vitale si sviluppa liberamente nelle forme della vita spirituale: arte, religione, filosofia, morale: a. una società «chiusa» evidenzia queste forme se­ condo le caratteristiche pratiche della staticità, tipiche della umanità comune-, b. una società «aperta» evidenzia l'aspetto vitale di queste forme, perché dinamica e non utilitaristica, tipi­ ca di una umanità eroica, santa, mistica.

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Il Neoidealismo A ) A n g l o a m e r ic a n o :

Francesco Bradley (1846-1924) 1. Fuori dello spirito non c'è e non può esserci alcuna realtà: la coscienza trascendentale non è un fatto e dunque non può essere oggetto della scienza - che coglie fatti. 2. Il contenuto dell'esperienza umana, cioè ogni deter­ minazione, è contraddittorio: perché ogni contenuto è una relazione tra qualità, e non essendo la qualità identica alla relazione, dovrà essere in relazione con la relazione... all'infinito. Dunque, esso è pura apparenza: la realtà è l'Assoluto. 3. Ma 1'esistenza dell'Assoluto è la condizione dell'esi­ stenza delle determinazioni apparenti che sono appa­ renze della Realtà Assoluta: sono dunque conservate nell'Assoluto, ma non si sa come.

Giosia Royce (1855-1916) 1. Il pensiero non ha realtà esterne a sé, ma produce il proprio oggetto. 2. Il valore del conoscere è la capacità di trasformare la realtà: pragmatismo. Il Neocriticismo: recupero delle forme a-priori kantia­ ne, lasciando cadere il discorso contraddittorio sulla cosa in sé. Le forme a-priori della nostra conoscenza coincidono con l'esperienza stessa e il suo frutto (Er­ manno COHEN, 1842-1918); il processo di oggettiva­ zione o determinazione, nel suo fieri, è la realtà (Carlo

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NATORP, 1854-1924); il processo di oggettivazione del vissuto avviene attraverso l'attività simbolica, che uni­ versalizza (Ernesto CASSIRER, 1874-1945). B ) It a l ia n o :

Benedetto Croce (1866-1952) 1. La realtà è storia e tutto si risolve nella storia (storici­ smo assoluto = la filosofia è storiografia). 2. La vera storia è quella contemporanea, perché in essa si congiungono e si distinguono passato e futuro. 3. Secondo C., Hegel confonde la dialettica degli opposti con il nesso dei distinti. Tra vero e falso c'è opposizione e il loro reciproco rapporto segna la loro interdipendenza dialettica; tra spirito teoretico e spirito pratico, invece, come tra vero e bene, non si dà opposizione ma distin­ zione: è possibile pensare il vero senza volere il bene, ma non è possibile volere il bene senza pensare il vero. Tra questi due gradi circola infinitamente lo spirito. 4. Lo spirito teoretico ha due gradi: filosofia (universale) e arte (particolare). Anche lo spirito pratico ha due gra­ di: etica (universale) e economia (particolare). Secondo i «distinti»: vero, bello, bene, utile. 5. L'economia è la volontà relativa all'utile: comprende anche la scienza, che nasce con eminente finalità prag­ matica. In essa compare la figura dell'errore, che è ima precipitazione volontaristica, esclusa dallo spirito teo­ retico (altrimenti si cadrebbe nello scetticismo).

1%

Giovanni Gentile (1875-1944) 1. Gentile criticò quale rimasuglio metafisico le quattro forme dello spirito, così come la distinzione tra pensiero e volontà, che ne sta alla base. Anche la distinzione tra pensiero e volontà è un contenuto del pensiero come atto del pensare assoluto e intrascendibile. 2. Attualismo: pensare la realtà come esterna al pensiero è contraddittorio. Come per Berkeley, la realtà è pensa­ bile solo in relazione all'attività pensante, per la quale essa non è più sem p licem ente un possibile, ma un'attuale conoscenza. Si tratta dell'olfrepassamento delle funzioni della coscienza precedenti l'attualità della coscienza stessa, ancora naturalisticamente presenti nell'idealismo classico. 3. Il pensiero pensante è trascendentale: è intrascendibile in ogni senso, perché è la condizione di ogni contenu­ to pensato; non ha un'origine, perché gli sarebbe con­ traddittoriamente esterna; non è mai compiuto, cioè finito come un suo oggetto o contenuto, ma pura atti­ vità o attualità infinita. 4. Il pensiero è «creatore» della realtà: in questo senso è la totalità, che essendo in divenire mostra la fisiono­ mia del pensiero quale divenire assoluto. 5. Ma l'io trascendentale, il pensiero puro come atto, è anche al di sopra del divenire, perché lo contiene come sua coscienza: tutto il contenuto (gli uomini, gli animali, le cose) è mortale, ma è appunto contenuto

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nella coscienza immortale della sua mortalità, che è appunto l'attualità dello spirito. 6. Occorre unificare la «logica dell'astratto» (logica classica, analitica, l'hegeliana «logica dell'intelletto» isolante) con la «logica del concreto» (logica dialettica, o logica speculativa): le determinazioni quali concetto, giudizio, sillogismo, principi primi, che vengono descritti («istoria») isolatamente dalla logica dell'astratto, sono concepite unitariamente nella logica del concreto, la quale non è altro che la riflessione del pensiero su se stesso. La logica dell'astratto si riferisce alla struttura logica della realtà, la logica del concreto riflette sul pensiero che ha come contenuto e crea la struttura della realtà. La dialettizzazione delle due logiche significa che non si può dare l'una senza l'altra: come non c'è fuoco (pensiero concreto) senza combustibile (pensiero astratto). Lo

storicismo

Nasce dalla posizione hegeliana che identifica la realtà con il divenire storico-spirituale, ma con la sottolinea­ tura della conseguente negazione di qualsiasi immuta­ bilità metafisica.

Guglielmo Dilthey (1833-1911) 1. Anche la coscienza è un fenomeno storico e finito. 2. L’Erleben (il vissuto) è la coscienza, intesa come spiri­ to umano individuale, ed è il sapere immediato.

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3. Il sapere mediato dal giudizio sull'Erleben è il fatto (cioè qualcosa di indeducibile) scientifico. E le scienze si distinguono in scienze della natura e scienze dello spirito. 4. Le scienze della natura, lasciando l'Erleben alle spalle, si rivolgono ai suoi contenuti spiegando le leggi del mondo fisico (Positivismo). 5. Le scienze dello spirito si rivolgono direttamente alVErleben e cercano di capire il senso della vita umana: sono storia, economia, politica, diritto, religione, lette­ ratura, arte, filosofia. 6. L'oggetto di queste scienze è «creato» dall'uomo che conosce e quindi non gode della certezza immediata dell 'Erleben. C'è la possibilità dell'errore: la scienza è fallibile. 7. Se dunque non esiste un sapere incontrovertibile, la conoscenza storica è relativistica, ma salva dall'assolu­ to scetticismo in quanto afferma la verità di ogni visione del mondo: le diverse visioni del mondo sono rifrazioni del raggio dell'unica verità. N.B. così egli ricade però in una concezione in qualche modo metafisica.

Osvaldo Spengler (1880-1936) 1. La storia ha una fisionomia biologica, per cui ogni civiltà attraversa le tappe della fanciullezza, della gio­ ventù, della maturità e della senilità. 2. Se l'intelletto si ferma al divenuto fattuale, la ragione, invece, tende al vitale diveniente che è divino.

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3. La civiltà occidentale è al «tramonto»: non è un pos­ sibile rimedio, perché è una questione fisiologica. 4. Non esiste una verità eterna.

Max Weber (1864-1920) 1. La vita è una realtà irrazionale, nel suo fluire caotico. 2. L'attribuzione di senso e di valore alla vita dipende dall'atteggiamento scientifico, che astrae elaborando un punto di vista sotto il quale leggere i fenomeni. Ma la spiegazione scientifica è sempre unilaterale e in questa sua unilateralità può essere ribaltata. Per es. si può vedere l'influsso causale dell'economia sul comporta­ mento etico-religioso dell'uomo, ma è anche possibile seguire un'altra linea interpretativa ribaltando la serie causale: l'atteggiamento etico-religioso dell'uomo in­ fluisce sul suo comportamento economico (l'etica pro­ testante dell'ascesi lavorativa influisce nella formazio­ ne della mentalità capitalistica). 3. Il sapere scientifico è avalutativo: la scienza può dire come si può dominare tecnicamente la nostra vita, ma non può determinare il senso delle nostre scelte. Ma anche le scienze storiche ci pongono di fronte al fatto che le scelte dipendono dai valori che nascono dalla determinazione di un punto di vista, ma questo non ha motivo al di là di una pura scelta. 4. Il destino della nostra civiltà ci determina nella di­ mensione di una vita senza Dio.

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Il p ra g m a tis m o

È la corrente di pensiero che sottolinea la natura es­ senzialmente pratica del conoscere: pragma significa azione. La conoscenza non tende alla scoperta della ve­ rità, ma alla conservazione della vita umana. 1. Carlo PEIRCE (1839-1914): a. Il senso delle cose è costituito dall'agire dell'uomo su di esse e dai suoi effetti. b. Dunque agire è insieme interpretare: il senso vero delle cose consiste nel successo operativo (cf. Bacone). c. La logica che guida il nostro agire è quella della probabilità. 2. Guglielmo JAMES (1842-1910): a. «Empirismo radicale», cioè tutto è suscettibile a discussione e a nuove verifiche, perché ciò che chia­ miamo «fatto» non è altro che una nostra costruzione, la nostra elaborazione di un materiale indifferenziato. b. Una ipotesi scientifica è vera se funziona nel rag­ giungimento di determinati scopi. Allo stesso modo una fede (anche religiosa) è vera se funziona nel modo di vivere della persona. c. Non esiste una verità assoluta precostituita all'a­ zione dell'uomo: la verità è un prodotto dell'uomo e soggiace alla prova sperimentale della sua efficacia; ma per poterla verificare occorre che sia ambientata nella fede in senso generale o comune (non solo reli­ gioso) del termine. d. La fede è inevitabile perché siamo sempre in una situazione di «scommessa» (Pascal); anche lo scettici-

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smo è una fede che implica il rischio della sconfitta o della riuscita. 3. Giovanni DEWEY (1859-1952): a. «Strumentalismo»: la razionalità non è una cono­ scenza relativa a principi primi assoluti, ma alla rela­ zione mezzi/fini. b. Ogni nostra indagine non è altro che la ricerca del nostro adattamento biologico all'ambiente in cui viviamo. c. Non esistono dati presupposti all'indagine: sia l'oggetto (alberi, animali ecc.) sia il soggetto sono risul­ tato dell'indagine. Gli oggetti prendono forma du­ rante l'indagine e il significato che essi esprimono funge da base per la prosecuzione dell'indagine stes­ sa; ciò vale anche per la persona conoscente. d. I principi logici si generano con l'indagine stessa ed hanno una semplice funzione procedurale.

Edmondo Husserl (1859-1938) 1. Rifondazione della filosofia come scienza rigorosa: non come evidenza di verità immutabili, ma come esperienza vissuta della coscienza (Erlebnis), cioè come fenomenologia. 2. La scienza dei fenomeni ha come suo principio l'intuizione, cioè il vedere originario nel quale le cose si donano al di là delle interpretazioni abituali: a. Lo «psicologismo» sbaglia teorizzando la cono­ scenza della verità come reazione psicologica, men­ tre pretende che questa sua teoria abbia invece un valore assoluto, non psicologistico.

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b. Così, si deve distinguere tra intuizione del fatto {questo rosso) e intuizione dell'essenza (esser rosso): dal fatto si genera psicologicamente la conoscenza, ma l'evidenza è dell'essenza e della sua distinzione dal­ l'intuizione del fatto; analogamente si distingue tra verità di fatto e verità di ragione. 3. La visione intuitiva coincide con il cogito cartesiano: il suo oggetto è il mondo ma non inteso come esistente indipendentemente o esternamente, quale natura (la fenomenologia sospende il giudizio - epoche - circa 1'esistenza naturale perché non è un dato originaria­ mente offerto). Esso è piuttosto il noema, cioè l'oggetto della noesi (l'atto del cogito): considera anche i valori e i sentimenti, ma non in quanto valori e sentimenti ma in quanto oggetti. 4. Il cogito di H. non è propriamente identico a quello cartesiano, in quanto quest'ultimo è - a suo giudizio ancora naturalistico perché individuale. Il cogito di H. ha le caratteristiche dell'io trascendentale: la coscienza intrascendibile, assoluta, fuori del tempo, che abbrac­ cia il tempo, vedendo il flusso illimitato dei fenomeni. 5. Ma l'Io trascendentale di H. non è produttivo, come quello dell'idealismo, né riceve estrinsecamente i propri contenuti, come nella posizione realistica: in entrambi i casi ci si trova di fronte al naturalismo. La coscienza trascendentale è puro apparire o manifestazione dei con­ tenuti: si tratta dell'antica teoria dell'intenzionalità, ri­ proposta da pensatori come B. Bolzano (1781-1848) e F. Brentano (1838-1917). Si tratta della relazione che in­

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tercorre tra la coscienza e ciò di cui essa è cosciente: il conoscente in atto e il conosciuto in atto sono la stessa cosa nell'atto del conoscere (Aristotele).

Alessio Meinong (1853-1920) 1. Gli oggetti della coscienza intenzionale sono sia quelli empirici, sia quelli matematici e ideali, sia quelli immaginari e quelli assurdi: si tratta dunque della totalità degli oggetti, in quanto oggetti. 2. La scienza fenom enologica come scienza degli oggetti in quanto oggetti è la nuova ontologia.

Max Scheler (1874-1928) 1. La fenomenologia ha per oggetto anche i valori, cioè l'essenza dei beni. 2. La fenomenologia delle relazioni tra i valori può essere il fondamento di un'etica universale.

Nicola Hartmann (1882-1950) 1. L'ontologia fenomenologica consiste in un'analisi dell'ente in quanto ente, così come esso si mostra nel­ l'esperienza: prima della distinzione tra realismo e idealismo. 2. Il necessario non può essere assoluto, né l'Assoluto, perché è ciò che è determinato da altro e si fonda su altro. Dunque YAssoluto è contingente, nel senso che è senza fondamento: è, ma potrebbe anche non essere. 3. Il fondamento di tutto è la pura esistenza inspiega­ bile della totalità.

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Il n eo p o sitiv ism o

1. La razionalità è quella della scienza, cioè del sapere empirico: il neopositivismo si configura come empiri­ smo logico. 2. Il sapere metafisico è privo di senso perché le uni­ che proposizioni dotate di senso sono quelle che si riferiscono al dato immediatamente esperito: «princi­ pio di verificazione». 3. Il criterio ultimo della scienza è l'accordo intersogget­ tivo nel quale solo può essere controllato il dato dell'e­ sperienza. 4. La filosofia si risolve nella pura analisi logica del linguaggio.

Ernesto Mach (1838-1916) 1. I cosiddetti «fatti» sono costruzioni elaborate attra­ verso le sensazioni. 2. Le sensazioni non sono effetti della realtà a noi esterna, ma sono aggregazioni che si rispecchiano con­ cettualmente con una funzione pratica: rendono possibi­ le una previsione del futuro, perché l'azione umana abbia un'efficacia meno fallibile. L'imprevedibile non è controllabile. 3. Le sensazioni sono indipendenti da loro, sono autono­ me: le relazioni sono soltanto estrinseche e accidentali-, ecco perché non si può dare un sapere assoluto come quello della metafisica classica o dell'idealismo hegeliano.

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Gottlob Frege (1848-1925) 1. La logica moderna e la logica matematica rispec­ chiano queste tesi: il soggetto di una proposizione è l'individuo e ogni individuo è indi-pendente dall'altro; i predicati di una proposizione sono riferibili soltanto all'individuo. Nel caso della proposizione «l'uomo è mortale», il soggetto è a sua volta un predicato («Pietro è uomo»), quindi va decomposta in più pro­ posizioni aventi come soggetto degli individui. 2. Il linguaggio logico diviene improprio quando al posto del soggetto individuo indicato da un nome proprio si usa un nome generale: la logica simbolica corregge questo errore.

Ludovico Wittgenstein (1889-1951 ) 1. La ragione non ha capacità inferenziali in ordine all'esistente: essa ha un puro potere rigoroso solo nelle tautologie («o piove o non piove» è una proposizione sempre vera, ma non ci dà informazioni esistenziali); non può dimostrare l'esistenza di Dio a partire dall'e­ sistenza del mondo, perché la realtà empirica può essere semplicemente osservata. 2. «Principio di verificazione»: una proposizione ha senso solo se è verificabile empiricamente. Le proposi­ zioni metafisiche (metempiriche), che per natura loro non possono essere verificabili empiricamente, sono prive di senso, cioè né vere né false. Dunque anche lo scetticismo, relativamente a questi temi o problemi, è privo di senso.

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3. Rispetto a questi temi è corretto l'atteggiamento mistico: «su ciò di cui non si può parlare, è meglio tacere», indica l'autenticità dell'atteggiamento di fron­ te a ciò che ha la somma importanza.

Bertrando Russell (1872-1970) 1. Le basi della matematica, come quelle della logica e della filosofia, possono essere permeate da contraddizio­ ni, per cui ogni sistema è fondato su semplici ipotesi (si­ stemi ipotetico deduttivi) e non su evidenze originarie. 2. L'idea di Classe o di Tutto (cioè l'estensione di un'idea) è un'idea aporetica. In particolare: le classi normali sono quelle che non contengono se stesse come ele­ mento (es. la classe degli uomini non è un uomo); le classi non normali, invece, sono quelle che contengono se stesse come elemento (es. la classe dei concetti è un concetto). La contraddizione di questa nozione si evi­ denzia nel momento in cui ci si chiede se la classe delle classi normali (cioè che non contengono se stesse) è normale o no (contiene se stessa o no). Se si risponde di sì, cioè che è normale: si cade in contraddizione, per­ ché allora, essendo una delle classi normali - cioè essendo elemento di se stessa - , è non normale; se si risponde di no, cioè che è non normale: si cade ancora in contraddizione, perché allora, essendo non normale è elemento di se stessa, e quindi è normale perché l'ipotesi originaria era che essa fosse la classe delle classi normali - cioè contenente tutte le classi normali.

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3. Secondo R., la soluzione dell'antinomia è data dalla «teoria dei tipi»: si tratta di evitare le classi non nor­ mali, così che le caratteristiche dei loro elementi non siano caratteristica della stessa classe. O, in altri termi­ ni: il concetto predicato di una proposizione non può essere della stessa estensione o inferiore del concetto che ne è soggetto. Non si può dunque dire «il bianco è bianco» o «il colore è bianco».

Il «Circolo di Vienna» (1929) e i successivi sviluppi 1. Com ponenti: M aurizio SCHLICK (1882-1936); Rodolfo CARNAP (1891-1970); Otto NEURATH (1882-1945); Kurt GOEDEL (1905-1978). 2. Proposta di una «scienza unificata» di carattere spe­ rimentale, fondata sul principio critico di verificazio­ ne. La filosofia si configura come empirismo logico. 3. Con Wittgenstein, si nega la possibilità di un sapere sintetico a priori (cioè la necessaria connessione del diverso), perché i dati deU'esperienza immediata sono autonomi, irrelati, indipendenti. 4. Carnap elabora l'idea di un «sistema di costituzione» o «albero genealogico dei concetti»: si tratta di oltrepas­ sare le rappresentazioni soggettive degli oggetti per vedere la struttura degli oggetti e i loro rapporti. a. Gli elementi fondamentali sono i dati vissuti- i derivati sono gli oggetti psichici propri, gli oggetti fisici, gli oggetti psichici altrui e gli oggetti spirituali.

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b. Gli oggetti spirituali si riconducono agli oggetti psichici; gli oggetti psichici altrui si riconducono agli oggetti fisici in cui si esprime il loro comportamento; gli oggetti fisici si riconducono agli oggetti psichici propri - che li rilevano - ; gli oggetti psichici propri sono riconducibili alle relazioni reciproche tra i dati vissuti elementari. 5. Convenzionalismo: secondo Neurath, i dati empirici sono il criterio della scienza, ma questa si esprime intersoggettivamente attraverso il linguaggio. Il linguaggio scientifico è extrasoggettivo e intersoggettivo perché si fonda su una convenzione riconosciuta dai principali scienziati. Si tratta di proposizioni protocollari, cioè a modo di verbale circostanziato sui diversi dati che con­ corrono nell'esperienza personale, redatto con lin­ guaggio fisicistico. Proprio per questo motivo, queste proposizioni non sono di valore assoluto, ma sono sempre precisabili, modificabili. 6. Carlo POPPER (1902-1994), nella linea di Neurath, ribadisce il convenzionalismo, per il quale la scienza è tutta nel valore intersoggettivo del linguaggio, ma questo non è garanzia di assolutezza degli stessi enun­ ciati cosiddetti scientifici. a. Il principio di verificazione è esso stesso inverificabile e dunque privo di senso come un qualsiasi enunciato metafisico. b. D'altra parte, l'esperienza è fatta di casi individui e non di leggi universali: non basta un numero seppur altissimo di casi uguali per verificare una legge che

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ha la pretesa dell'universalità. Basta invece un sem­ plice caso contrario per falsificare una legge univer­ sale. Non potrò mai verificare la proposizione che dice «tutti i gatti hanno la coda», perché non potrò mai esaurire empiricamente la conoscenza fattuale di tutti i gatti. Ma basta un gatto senza coda, per smen­ tire quella legge, cioè per falsificarla. Al principio di verificazione si sostituisce il principio di falsificazione. c. La metafisica non è un sapere scientifico perché i suoi enunciati non possono per definizione essere falsificati daU'esperienza. 7. K. Goedel: il Teorema di Incompletezza (Tutte le assio­ matizzazioni coerenti dell'aritmetica contengono propo­ sizioni indecidibili = non si può stabilire se siano vere o false) è la traduzione in termini matematici del parados­ so di Epimenide: «Tutti i cretesi sono mentitori» e «Epimenide è Cretese»; altra formulazione: Io sto mentendo. Si tratta di un'autofagia, come «vietato vietare». a. Il problema era quello di tradurre in termini mate­ matici (numeri) gli enunciati. La soluzione fu quella di un codice, cioè di un numero che indica un simbolo o una successione di simboli (es. numero di targa). Così si può arrivare ad avere enunciati su enunciati dell’aritmetica. b. La conclusione è la seguente: ogni sistema assio­ matico coerente è «incompleto»; vi sono enunciati veri dell'aritmetica che i metodi dimostrativi del si­ stema non sono in grado di dimostrare.

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Esistenzialismo 1. Esistenzialismo è termine che vuole indicare, come la sua etimologia (da ex-sistentia = mantenersi fuori del nulla), l'orientamento all'essere da parte dell'uomo, che non è già essenzialmente costituito, ma deve costituir­ si, divenire sempre ciò che egli è. 2. L'esistenza è dunque la pura possibilità, cioè la pura libertà e decisione di sé. 3. L'uomo è l'individuo, il singolo, che nella sua dimen­ sione esistenziale è pina intenzionalità (= essere fuori di sé per riferimento al mondo). 4. Gli autori ai quali si ispira l'esistenzialismo sono Kierkegaard, Nietzsche e la fenomenologia di Husserl.

Carlo Jaspers (1883-1969) 1. La v era filosofia non è una descrizione positiva e oggettivante del mondo, come la scienza, ma è l'au­ tentico porsi dell'uomo di fronte al Totalmente Altro o Tutto-Avvolgente. 2. Il Tutto-Avvolgente non è propriamente oggettivabile, proprio perché avvolge ogni oggetto: a. equivale all'Essere per contrapposizione agli enti. b. è l'Essere di Parmenide; l'Apeiron di Anassiman­ dro; il Logos di Eraclito; il Nirvana dell'induismo e del buddismo; il Tao del taoismo. 3. Si tratta della Trascendenza assoluta, che viene sem­ plicemente evocata e non dimostrata (il Dio della tradi­ zione metafisica e del Cristianesimo sono un'oggetti-

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vazione non pertinente del Tutto-Avvolgente), attraver­ so il «naufragio» di ogni oggetto e di ogni sicurezza. 4. Il vero naufragio nel quale si rivela la Trascendenza si ha soltanto nello sforzo di dare consistenza duratura a sé e a tutto ciò che importa e che inevitabilmente si perde: in que­ sto venir meno appare l'inevitabilità della Trascendenza. 5. Il naufragio dell'esserci è cifra della Trascendenza. Se il Tutto-Avvolgente non è Tesserci, cioè un ente, si manifesta inevitabilmente come non essere dell'esserci, cioè come suo naufragio. 6. La rassegnazione è l'atteggiamento della pace, che è accogliere l'Essere nel suo silenzio indecifrabile. 7. L'autentica filosofia è quella aperta allo scacco dell'e­ sistenza.

Martino Heidegger (1889-1976) 1. La fenomenologia è ontologia: lasciar vedere Tesse­ re senza ricondurlo a principi metafisici, ma nella sua temporalità. 2. L'essere non è forma, presenza, oggetto (come vorrebbe l'ontologia classica, da Parmenide a Hegel e Nietzsche), che blocca il divenire, rendendo impossibile la storia. Non è neppure il concetto generalissimo comune a tutti gli enti (sarebbe sempre qualcosa di oggettivo). L'essere è la differenza dall'ente. 3. La «differenza ontologica» tra essere e ente è tale per cui Tessere, essendo altro dall'ente, si configura

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come non-ente, come Nulla: non il nulla assoluto ma il nulla relativo o trascendenza rispetto all'ente. Nulla inteso come nessuna delle determinazioni oggettive (Nec-ulla) che sono gli enti. 4. Usando un'immagine: l'essere è la luce che lascia tra­ sparire gli enti; è il mostrarsi o l'apparire degli enti. Essendo l'apparire stesso degli enti, l'essere si sottrae all'apparire, come la luce, che facendo vedere gli og­ getti, si sottrae alla visibilità perché non è un oggetto. L'essere è perciò la verità: alétheia, il non-nascondimento, léthe (nascondimento). N.B. Con E. Severino, si può istituire un'analogia tra l'essere di H. e la coscienza trascendentale di Husserl, anche se H. rifiuta l'aspetto di soggettività che caratte­ rizza invece quest'ultima. 5. Lasciando trasparire gli enti, l'essere non è fondamento, né principio, ma pura finitezza aperta alla possibilità del futuro e quindi anima del divenire. 6. Essendo l'apparire dell'ente, l'essere non è l'ente ma è sempre presso l'ente e ne condivide la finitudine e perciò è esso stesso un puro accadimento storico, un evento, senza perché né fondamento. 7. L'esistenza dell'uomo è progetto solo come compren­ sione dell'essere, al di là dell'ente. a. L'ente è oggetto di dominio e della tecnica. b. L'essere è lo spazio della libertà, della possibilità, del futuro.

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8. L'ex-sistentia dell'uomo è un progettarsi, perché aper­ tura non garantita al futuro: Vessere-nel-mondo è un esser-gettato, pura fattualità. a. L'esistenza inautentica è chiusura su ciò che Yuomo è già, coincide con l'epoca della metafisica e si estende all'epoca della tecnica. È il nichilismo come oblio del­ l'essere. - L'uomo si adegua al ciò che si dice, si fa, si pensa (perciò, parola = chiacchiera; cultura = curiosità; problemi = equivoci) in modo impersonale; - nell'agire usa le cose, aggettivate scientificamente, come strumenti. b. L'esistenza autentica è apertura alla possibilità radi­ cale: alla possibilità dell'impossibilità che è la morte. - «Essere-per-la-morte» (che non è un memento mori) è l'apertura del progetto al proprio naufragio, cioè senza garanzia di definitività e solidità. - L'uomo si considera pastore e non padrone dell'essere. Il sentimento che rivela questo modo è l'angoscia di fronte all'autenticità del divenire, che non ha rime­ dio (neppure la volontà di potenza di Nietzsche). - Lasciar essere anche l'inautenticità del divenire de­ terminato dalla tecnica è autenticità. - Il lasciar essere è il comprendere l'essere che non pro­ duce gli enti ma li lascia apparire.

Gianpaolo Sartre (1905-1980) 1. L'esistenza è coscienza, «l'essere per sé» che per la­ sciar apparire «l'essere in sé», cioè le cose, si annulla, è nulla.

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2. Come nullità, la coscienza è anche libertà, cioè non essere determinati: si è «condannati» a scegliere ciò che non potrà mai essere definitivo. Per il fatto stesso che scelgo di vivere, scelgo tutto ciò che accade e ne sono responsabile. 3. L'angoscia segnala lo scacco cui tutti i progetti e le attività umane sono soggette: per cui «è la stessa cosa ubriacarsi in solitudine o guidare i popoli». 4. L'unica filosofia che S. riconobbe come valida (nel­ l'ultima fase del suo pensiero) fu il marxismo, ma in una forma corretta, per cui il materialismo è sciolto nell'esistenzialismo.

La rinascita della metafisica La rinascita del pensiero strettamente metafisico nella contemporaneità ha assunto due vesti teoretiche: quel­ la della riscoperta del pensiero di Tommaso d'Aquino e quella di un ritorno rigoroso all'esordio classico del­ la metafisica, Parmenide. 1. La rinascita del pensiero tomista è legata a tre nomi fondamentali: Gilson, Maritain, Fabro. a. Stefano GILSON (1884-1978), storico della filoso­ fia medievale, ha sottolineato le differenze tra la meta­ fisica di Aristotele e la rielaborazione che di essa ha fatto Tommaso d'Aquino. - La metafisica trova il proprio pieno quadro di rigorizzazione tematica con la rivelazione ebraico-cri­ stiana: la determinazione del nome di Dio «Colui

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che è» (Es. 3, 13), cioè in termini di essere, porta la metafisica al suo pieno compimento. - La filosofia, dopo la rivelazione cristiana, per esse­ re vera filosofia deve determinarsi come «filosofia cristiana». b. Giacomo MARITAIN (1882-1973) pone una di­ stinzione tra la natura e lo stato della filosofia: - Per natura o essenza, la filosofia e la metafisica non implicano una strutturale subalternità alla rivelazio­ ne: quanto a procedura e quanto a contenuti sono autonome. - Per suo stato o condizione storica, la filosofia può indirettamente guadagnare contenuti importanti an­ che dalla stessa rivelazione: per es. il concetto di creazione dal nulla è rivelato, ma può essere poi fon­ dato teoreticamente dalla ragione metafisica. - D'altra parte, però, il particolare statuto epistemo­ logico della filosofia morale (deve guidare l'agire del­ l'uomo situato nella storia, verso il suo fine ultimo) fa sì che essa debba strutturalmente subalternarsi alla rivelazione, dalla quale sola può apprendere quale sia di fatto la condizione attuale deH'uomo (stato di natura decaduta e redenta) e del suo vero fine ulti­ mo, quello soprannaturale. c. Cornelio FABRO (1911-1995) sottolinea l'impor­ tanza teoretica che nella metafisica di san Tommaso ha la nozione di esse ut actus essendi (essere come atto d'essere), per contrapposizione all'accentuazione essenzialista della scolastica più tarda e della stessa

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ontologia moderna. Nello stesso tempo, egli mette in luce il fulcro platonico del discorso metafisico di san Tommaso: la dottrina della partecipazione. 2. Il discorso teoretico della filosofia neoclassica si carat­ terizza per un diverso Ritorno a Parmenide. a. Gustavo BONTADINI (1903-1990) ritorna a Par­ menide scorgendo nel suo principio il cardine di tutta la metafisica e il criterio per la rigorizzazione della dimostrazione dell'esistenza del Dio creatore. - Il discorso protologico (o primo discorso metafisico: Metafisica = Protologia) è il discorso rigoroso circa Tessere, che guadagna per via direttissima o breve (per contrapposizione alla via lunga del tomismo) la figura teoretica del Dio creatore. - La rigorizzazione della prova dell'esistenza di Dio creatore avviene attraverso il toglimento dell'apparente contraddizione del divenire: A) Il protocollo fenomenologico attesta il divenire come annullamento dell'essere. B) Il protocollo logico attesta la necessitas essendi et permanendi dell'essere secondo il principio di Par­ menide: «Tessere non può non essere». C) La conciliazione dei due protocolli, di per se stessi incontestabili, avviene con la formulazione ad hono­ rem del principio di Parmenide: l'essere non può es­ sere originariamente limitato dal non essere. Il che equi­ vale a dire che il divenire non può essere originario: questo è il principio di creazione.

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D) Non si toglie il divenire, ma si toglie l'apparen­ te contraddizione del divenire, dovuta alla nostra visione astratta e non concreta dell'intero, che è appunto l'atto creatore. L'aspetto di contraddizio­ ne del divenire è il trampolino di lancio dell'infe­ renza metempirica dell'esistenza di Dio creatore: l'atto creatore si presenta empiricamente come annul­ latore (= non essere dell'essere che compare nel di­ venire); essendo l'intero dell'essere, nell'atto crea­ tore il divenire è salvato. E) La trascendenza dell'atto creatore è rispetto all'immediatezza del dato empirico del divenire, non rispetto all'intero dell'essere, che è perfettamente immanente alla pura trasparenza del pensiero (lezione dell'idealismo, depotenziata dell'aspetto produttivo dell'essere da parte del pensiero) e che è recuperata mediante l'inferenza dialettica nel ci­ mento dei due protocolli. F) Non c'è alterità assoluta tra Dio creatore e mondo: l'unico reale è Dio, il creatore (Dio + mondo = Dio), che pone il mondo come altro, ma proprio perché posto come altro non è altro rispetto al porre e si risolve tutto nell'esser posto (il mondo è nulla fuori dell'atto creatore che è Dio stesso). G) L'atto annullatore (= l'atto creatore in quanto pone l'essere limitato dal non essere) che appare empiricamente nel suo versante negativo (da cui lo scandalo teoretico e l'esigenza dell'oltrepassamento metempirico), in quanto atto è un positivo.

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b. Emanuele SEVERINO (1929) ritorna a Parmenide in modo più radicale, cioè riassumendo il principio parmenideo «l'essere è e il non essere non è», nel suo senso più originario: l'essere non è il non essere. - La legge dell'essere, di ogni ente in quanto tale, è che non può non essere: è contraddittoria l'identificazione del positivo e del negativo - Ogni ente, anche se insignificante o effimero come un sospiro, non può non essere: e se non può non essere è eterno! A) L'errore che sta a fondamento della concezione metafisica occidentale è la «fede nel divenire», cioè la persuasione che le cose siano nulla. Il nichilismo è la matrice comune alle posizioni filosofiche dell'Occi­ dente: «Pensare che le cose escono dal nulla e vi ri­ tornano è pensare che le cose sono nulla, ossia che l'essere è il nulla». B) S. denuncia quale «Follia» questa interpretazione del divenire: la fede nel divenire, come oscillazione delle cose tra l'essere e il nulla, che per l'Occidente è l'evidenza originaria. . Follia, perché identifica l'essere e il nulla, il positi­ vo e il negativo. . Interpretazione, perché non si limita a ciò che con­ sta, ma lo trascende con un di più che viene iniet­ tato erroneamente, cioè sulla base di un errore. C) 11 «principio di non contraddizione» - nella sua formulazione classica: una cosa non può essere e non essere nello stesso tempo e sotto lo stesso

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aspetto - che vuole essere la difesa più rigorosa della incontraddittorietà dell'essere, in realtà è esso stesso la forma peggiore della contraddizione: è in se stesso contraddittorio perché ammette un tempo nel quale si dà quella identità di essere e non esse­ re che invece lo stesso principio di non contraddi­ zione intende respingere. . Se una cosa non può essere e non essere nello stesso tempo, significa dire che può essere e non essere in tempi diversi, cioè che non si dà contrad­ dizione nell'ammettere un tempo in cui quella stessa cosa non sia. . Ma solo se la cosa fosse diversa dall'essere, po­ trebbe essere indifferente all'essere e al non essere; e di conseguenza questa indifferenza garantirebbe l'incontraddittorietà del tempo in cui la cosa non è. . Ora, la cosa non è qualcosa di diverso dall'essere! Se infatti fosse tale, essa sarebbe non essere tertium non datur - e allora nel momento in cui si predicasse l'essere della cosa si predicherebbe l'essere del non essere: il che è contraddittorio! Se la cosa fosse diversa dall'essere, non sarebbe; dire che ciò-che-non-è è, im plica contraddizione: l'identificazione del positivo e del negativo. . Non c'è un tempo in cui la cosa possa non essere, perché quel tempo o istante sarebbe l'identità simultanea dell'essere e del non essere: ciò che appunto il principio di non contraddizione intende condannare.

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D) Dunque, non si può consentire che la cosa sia nel tempo, perché non si può consentire che l'essere sia nel tempo. L'essere in quanto essere è dunque eterno. E) In termini dialettici la nozione di eternità e indivenibilità di ogni ente può essere sintetizzata con questa sequenza: L'ente o essente è originariamente unito al pro­ prio altro = = (essere unito = non essere altro che è diverso da essere altro) = = ogni determinazione è negazione della propria negazione, cioè della propria alterità e quindi è sempre con essa: se A non è non A, A è non non A, cioè porta nella propria essenza la compagnia dell'altro, cioè della sua totalità per definizione intangibile e indefettibile = = impossibilità che Tessente non sia = = esclusione del divenir altro dell'essente = = eternità dell'essente in quanto essente = = relazione originaria tra la totalità degli essenti che esclude il loro originario isolamento e quindi il loro divenir altro per uscire dalTisolamento = = il divenire è necessariamente il sopraggiungere degli eterni (essenti) nel cerchio dell'apparire = = il risultato del divenire contiene totalmente ciò da cui esso risulta (l'origine, il cominciamento) = = l'origine non deve annullare la propria esistenza concreta per diventare altro = = es. non può apparire che la legna è cenere,

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o che lo stesso (= sostrato permanente) è insieme legna e cenere. Ma quell'eterno che è la legna con­ tinua ad apparire quando incomincia ad apparire quell'eterno che è la cenere (= quando appare la cenere, non appare e non può apparire che la legna è ancora legna, ma appare ancora la legna) = = la «memoria» non conserva i barlumi del passa­ to, ma lo mostra intatto, nel suo essere ciò che da sempre e per sempre esso è. F) Il divenire va inteso come «il processo della rive­ lazione dell'immutabile»: non è il venire dal nulla e il tornare nel nulla delle cose, ma l'apparire e scomparire, nell'orizzonte della nostra esperienza, di ciò che è eterno. . L'orizzonte dell'apparire, nel quale entrano ed escono gli eterni, è la condizione del divenire e im­ plica la situazione di contraddizione che è l'uomo: apparire finito dell'infinito. . Ma si deve dare anche un apparire infinito del­ l'infinito, al quale cioè l'apparire di ogni singolo essente non si sottrae mai e per il quale la contrad­ dizione dell'apparire finito dell'infinito è tolta: questa è la Gioia, che è l'Inconscio (non nel senso psicanalitico ma gnoseologico) dell'uomo. G) Il Cristianesimo appartiene alla Follia dell'Oc­ cidente; ma se accettasse la verità dell'essere, cioè l'eternità del tutto, potrebbe presentarsi di fronte al tribunale della verità dell'essere come problema (jpossibilità di essere lo stesso fondo della Verità) e non pura Follia. Questo rimane un problema.

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Annotazioni

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Le frecce

BARZAGHI G . , C o m p e n d i o d i S to r ia d e lla F ilo s o f ia , 2 “ ed . TOMMASO D’A q UINO, L a v irtù d e lla p r u d e n z a T o m m a s o d ’A q u i n o , L a v ir tù d e lla s p e r a n z a

LOMBARDO C ., S u lle A lt e V ie d e l T o r d e s G é a n t s CA RBO N E G . M ., L ’e m b r i o n e u m a n o : q u a lc o s a o q u a lc u n o ? , 4 a e d .

SCHOOYANS M ., E v o lu z io n i d e m o g r a fic h e . T r a f a l s i m i t i e v e r ità T o m m a s o d ’A q u i n o , L a v irtù d e lla f e d e TO M M A SO D’A q u i n o , L a le g g e d e l l ’a m o r e . L a c a r ità e i d i e c i c o m a n ­

d a m en ti P uccetti

R, -

C a r b o n e G . - B a l d in i

V., P i llo l e

c h e u c c id o n o .

Q u e llo c h e n e s s u n o ti d ic e s u lla c o n tr a c c e z io n e , 2 “ ed. T o m m a s o d ’A q u i n o , C r e d o . C o m m e n t o a l S im b o lo d e g l i a p o s t o l i SALV IOLI M ., R e n e e m a le . V a r ia z io n i s u l te m a T o m m a s o D’A QUINO, L a p r e g h ie r a c r istia n a . I l P a d r e n o s tro ,

l ’A v e M a r ia e 'altre p r e g h ie r e BARZAGHI G . , L ’in t e llig e n z a d e lla f e d e . C r e d e r e p e r ca p ire ,

sap ere p er cred ere ARNOULD j

C a i n o e l ’u o m o d i N e a n d e r t b a l. D io e l e s c ie n z e

B a r z a g h i G .,

L o sguardo della sofferenza

P a n e R ., L itu r g ia creativ a. P r e su n te a p p lic a z io n i d e lla r ifo rm a litu rgica

SCHOOYANS M .,

Conversazioni sugli idoli della modernità

ROCCHI G . , I l c a s o E n g la r o . L e d o m a n d e c h e b r u c ia n o

GABBI L., C o n fe s s io n i d i u n e x m a n a g e r . Q u a le e tic a d ’im p r e s a ? C l a v e r i e P ., U n v e s c o v o r a c c o n ta l ’Is la m M a z z o n i A . ( e d .) , S ta m in a li. P o s s ib ilità te r a p e u t ic h e M azzoni

A. - M a n f r e d i R., A ID S

e s is te a n c o r a ? S toria e p r e v e n z io n e

ANATRELLA T ., F e l i c i e s p o s a ti. C o p p ia , c o n v iv e n z a , m a tr im o n io

224

SciiÒNBOKN C ., S fid e p e r la C h ie s a PERTOSA A ., S c e lg o d i m o r i r e ? E u ta n a s ia e a c c a n im e n t o te r a p e u tic o ROCCHI G ., I l le g is la t o r e d is tr a tto . L a le g g e s u lla f e c o n d a z i o n e a r t ific ia le CARBONE G . M ., L e c e l lu le s t a m in a li , 2 a ed. CARBONE G . M ., L a f e c o n d a z i o n e e x tr a c o r p o r e a , 4 a ed.

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Itinerari della fede

M e l o n i S., I s t i t u t o s a n C l e m e n t e , I M ir a c o li E u c a r is tic i e l e r a d ic i

c r is tia n e d e l l ’E u ro p a , 3 a ed. SCHÓNBORN C ., G e s ù M a e s tr o . S c u o la d i v ita C o G G I R ., P ic c o lo c a te c h is m o e u c a r is tic o , 4 a ed . PEDERZINI N ., B e n e d e t ti, b e n e d ic ia m o . C e le b r ia m o la s p e r a n z a P a n e R . , I l C r e d o p a r o l a p e r p a r o l a . S p u n t i p e r la r i f l e s s i o n e

e p e r la c a t e c h e s i B e n e t o l l o V ., I s t i t u t o s a n C l e m e n t e , P i c c o l o c a t e c h i s m o

s u l s a c r a m e n t o d e l l a p e n it e n z a P E D E R Z I N I N ., U n a c a r e z z a r a v v i v a l ’a m o r e . L a d o l c e f o r z a

d e lla ten erez z a

BONAPARTE N ., C o n v e r s a z io n i s u l c r is tia n e s im o . R a g i o n a r e n e lla f e d e B a r z a g h i G ., L a S o m m a T e o lo g ic a d i s a n T o m m a s o d ’A q u in o

in u n s o ff io P e d e r z i n i N ., S p o s a r s i è b e llo ! , 6a e d . PEDERZINI N ., G l i a n g e li c a m m in a n o c o n n o i B i f f i G ., L ’A B C d e lla f e d e . P r o p o s ta s in te tic a p e r l ’A n n o d e lla f e d e ,

3 “ ed. P e d e r z i n i N ., M e t t e r e o r d in e , 1 9 “ e d . S c h Ò n b o r n C , S u lla f e lic it à . M e d it a z io n i p e r i g io v a n i B i f f i G ., L a f o r t u n a d i a p p a r te n e r g li. L e t t e r a c o n fid e n z ia le

a i c r e d e n ti, 2 “ e d . P e d e r z i n i N ., L i s c i a t i a m a r e , 9“ e d . P e d e r z i n i N ., L a s o lit u d in e P e d e r z i n i N ., S t a i c o n m e, 4“ ed .

SCHÓNBORN C ., A b b i a m o o tte n u t o m is e r ic o r d ia . I l m is te r o d e lla D iv in a M is e r ic o r d ia

226

M a s t r o s e r i o N ., I l g i u b i l e o C a v A LC O LI G ., L a b u o n a b a t t a g l i a P E D E R Z IN I N ., A v e M a r i a , 3 a e d . C a r p in A ., L a c a t e c h e s i s u l l a p e n i t e n z a e l a c o m u n i o n e e u c a r i s t i c a C o s t a R ., C o s t a G ., L a s c e r à s u o p a d r e e s u a m a d r e P e d e r z i n i N ., L a v i t a o l t r e l a m o r t e , 6 a e d . P e d e r z i n i N ., L o S p i r i t o S a n t o , 5 a e d . P e d e r z i n i N ., I l s a c r a m e n t o d e l p e r d o n o , 6 a e d . P e d e r z i n i N ., R i s c o p r i a m o / ' e u c a r i s t i a , 5 a e d . P e d e r z i n i N ., I l s a c r a m e n t o d e l b a t t e s i m o , 4 a e d . B i f f i G ., L ' e r e d i t à d i s a n t a C l e l i a B i f f i G . , L o S p i r i t o d e l l a v e r i t à . R i f l e s s i o n i s u l l ’e v e n t o p e n t e c o s t a l e B if f i G ., I n c o n t r o a c o l u i c h e v i e n e . D i s c o r s o a i g i o v a n i B i f f i G ., L a r i v ì n c i t a d e l C r o c i f i s s o . R i f l e s s i o n i s u l l ’a v v e n i m e n t o p a ­ s q u a le B if f i G ., I l q u i n t o e v a n g e l o , 1 l a e d .

Filosofia

M o n d i n B ., E t ic a e P o litic a , 2 a ed. M ONDIN B ., L a m e ta fis ic a d i S a n T o m m a s o d ‘A q u in o e i s u o i

in t e r p r e ti, 2 a ed . M o n d i n B .,11 p r o b l e m a d i D io , 2 a ed. RUFFINENGO P . P ., O n t o n ò e s is , I n t r o d u z io n e a lla m e ta fis ic a

p e r u n a m ic o p a s t ic c ie r e MANZI A ., L a p a u r a d e l l ’u o m o c o n t e m p o r a n e o G o r i u p L ., I l r is c h io è b e l l o M a z z a n t i A. M . (ed.), V e r ità e m is te r o V a n n i R o v i g h i S ., F ilo s o f ia d e lla c o n o s c e n z a BERTUZZI G . (ed.), L ’o r ig in e d e ll’O r d in e d e i P r e d ic a to r i e l ’X Jniversità

d i B o lo g n a S a l v i o l i M ., I l T e m p o e l e P a r o l e CARPI O . L . , I l p r o b l e m a d e l r a p p o r to f r a v irtù e fe l i c i t à n e lla f i l o s o f i a

m o r a le d i I m m a n u e l K a n t L o b a t o A ., L a d ig n ità d e l l a p e r s o n a u m a n a . P r iv ile g io e c o n q u is ta A a . V v ., D a lla P r im a a lla S e c o n d a S c o la s t ic a P ia z z a G ., I l n o m e d i D io . D na sto ria d e lla p r o v a o n to lo g ic a EM ILIAN I A ., D io è la m ia s p e r a n z a EM ILIANI A ., D n a n u o v a v ia a lla r ic e r c a d i D io P i e t r o s a n t i R ., L ' a n im a u m a n a n e i t e s t i d i S a n T o m m a s o A a . V v ., C r is t ia n e s im o n e lla p o s t m o d e r n it à e p a id e i a c ristia n a

d e lla lib e r tà B o c h e n s k i J . , N o v e le z i o n i d i lo g ic a s im b o lic a B a s t i G ., F i lo s o f ia d e l l ’u o m o , 3 a ed . E m i l i a n i A ., A s c e s a s p ir it u a le a D io S i m o n B . M ., E s is te u n a « in t u iz io n e » d e l l ’e s s e r e ? TO M M A SO d ’A q u i n o , L ’ess er e e la p a rtecip a z ion e. C o m m e n to a l lib r o

d i B o e z io « D e E b d o m a d ib u s » M a n f e r d in i T ., C o m u n ic a z io n e e d e ste tic a in S a n t’A g o s tin o A a . V v ., L a n u o v a e v a n g eliz z a z io n e e i l p e r s o n a lis m o cristian o

228

M a n f e r d i n i T . , E s s e r e e v e r it à in R o s m in i R O SS IG N O T TIM ., P e r s o n a e t e m p o in B e r d ja e v FIORENTINO E ., G u id a a lla t e s i d i la u r e a (esaurito) A a . V v ., L ’in c o n t r o c o n D io . G l i o s t a c o l i o d ie r n i: m a t e r ia lis m o

e e d o n is m o EMILIANI A ., D a g l i e n t i f i n i t i a l s u p e r e n t e in f in it o e p e r s o n a l e c h e

con osce e am a LORF.N7. D ., I f o n d a m e n t i d e l l ’o n t o lo g ia t o m is ta S t r u m ia A., In tr o d u z io n e a lla fi l o s o f i a d e lla s cien z a (esaurito) BASTI G ., I l r a p p o r to m e n te -c o r p o n e lla f i l o s o f i a d e lla s cien z a (e sa u rito ) A a . V v ., E t ic a d e ll'a tto m e d ic o BERTUZZI G ., L a v e r it à in M a r tin H e id e g g e r

LO REN Z IN IM ., L ’u o m o in q u a n t o p e r s o n a A a . V v ., C o s c ie n z a m o r a l e e r e s p o n s a b ili t à p o lit ic a A a . V v ., C r is i e r is v e g lio d e lla c o s c ie n z a m o r a le d e l n o s tr o t e m p o

Aa. V v ., H o m o

lo q u e n s (e sa u rito )

T o m m a s o d ’A q u i N O , P a g in e d i f i l o s o f i a , 2 a ed .

229

Teologia

B e r n i n i R ., L a vita con sacrata. T e o lo g ia e s p iritu a lità C a k p in A ., In d is s o lu b ilità d e l m a tr im o n io . L a tr a d iz io n e d e lla C h ie s a

a n tic a

TESTI C. A., S a n t i p a g a n i n e lla T e r r a d i M e z z o d i T o lk ie n PlZZORNI R ,, A m o r e e civ iltà

PllCCETTI R ., 1 v e l e n i d e lla c o n tr a c c e z io n e M a g n a n in i P .-M a c c a f e r r i A ., A n a lisi g ram m aticale d e ll’a ram aico bib lico

MlLBANK J ., I l fu l c r o s o sp eso , H e n r i d e L u b a c e i l d ib a ttito in to r n o a l s o p r a n n a tu r a le C o g g i R ., T r a tta to d i M a r io lo g ia . I m is te r i d e lla f e d e in M aria, 2" ed . CHIESA O r t o d o s s a R u s s a , F o n d a m e n t i d e lla d o ttr in a s o c ia le M ONDIN B ., L ’u o m o s e c o n d o i l d is e g n o d i D io , 2 a ed . BARILE R. ( e d ,) , I l r o s a r io . T e o lo g ia , s to ria , s p ir itu a lità PASINI G ., I l m on ach eS im o n e lla R u s ’ d i K ie v PA N E R., L a C h ie s a a r m e n a . S to r ia , s p ir itu a lità , is titu z io n i M o n d i n B ., L a T r in ità m is te r o d ’a m o r e , 2 a ed . C o m m is s io n e T e o l o g ic a I n t e r n a z io n a l e , D o c u m e n ti 1 9 6 9 -2 0 0 4 ,2a ed.

DERMINE F . M ., C a r is m a tic i, s e n s it i v i e m e d iu m L i v i A ., F ilo s o f ia e T e o lo g ia BARZAGHI G ., L a S o m m a T e o lo g ic a in C o m p e n d i o BOSCHI B ., D u e T e s ta m e n ti, u n a s o la s to r ia O l m i A , ( e d .) , I l p e c c a t o o r ig in a le tr a t e o lo g i a e s c ie n z a B o s c h i B ., G e n e s i. C o m m e n t o e s e g e t ic o e te o lo g i c o C a r p in A ., D o n n a e s a c r o m in is t e r o . L a tr a d iz io n e e c c le s ia l e :

a n a c r o n is m o o f e d e l t à ? S p a t a r u D ., S a c e r d o ti e d ia c on es se . L a g e ra rc h ia ecclesiastica

secon do i P a d ri C ap p a d o ci

CAKPIN A., C ip r ia n o d i C a r ta g in e . I l v e s c o v o n e lla C h ie s a , la C h ie s a n e l v escov o C o u s iN H . - L é m o n o n J . P . , L e d iv e r s e c o r r e n t i d e lla r e lig i o n e e b r a ic a A b a d i e P . - C o u s i n H . - L é m o n o n J . P . , I l m o n o t e is m o s p e c ific it à

e o r ig in a lità d e lla f e d e e b r a ic a

230

C o u s i n H . - L é m o n o n J . P . - M a s s o n n e t J . - M é a s s o n A .,

C o m e g l i e b r e i le g g e v a n o i t e s t i s a c r i A b ADIE P.-M A SSO N N ET ] . , I l c u lto n e lla s o c ie t à g iu d a ic a C o m b y J . - L é m o n o n J .P . - M a s s o n n e t J .- R i c h a r d F . , L a civ iltà g r e c o ­

r o m a n a e la civ iltà g iu d a ica LÉMONON J . P . - R i c h a r d F . , G l i E b r e i e l ’I m p e r o R o m a n o a i t e m p i

d i G esù CO G GI R ., R ip e n s a n d o L u t e r o C a r p in A., A n g e li e d e m ò n i n e lla s in te s i p a tr istic a d i Is id o r o d i S iv ig lia CARBONE G . M ., L ’u o m o im m a g in e e s o m ig lia n z a d i D io CHARAMSA C ., D a v v e r o D io s o ff r e ? CARPIN A ., L a R e d e n z io n e in O r ig en e, s a n t'A n s e im o e s a n T o m m a s o

S u h A ., L e r iv e la z io n i p r iv a t e n e lla v ita d e lla C h ie s a BARZAGHI G ., S o lilo q u i s u l D iv in o A a . V v ., A p p r o fo n d im e n t o c o n c e t t u a le d e lla f e d e e in c u ltu r a z io n e DA CRISPIERO M ., T e o lo g ia d e lla s e s s u a lità ( e s a u r ito ) PERINI G ., I S a c r a m e n ti: b a t t e s i m o C o n fe r m a z io n e E u c a r is tia - I I PERIN I G ., I S a c r a m e n ti e la g r a z ia d i C r is to R e d e n t o r e - 1 M a t t io l t V ., L a d iffic il e s e s s u a lità ( e s a u r ito ) C a r p in A., L ’E u c a r is tia in I s id o r o d i S iv ig lia A a . V v ., L a c o s c ie n z a m o r a le e l ’e v a n g e liz z a z io n e o g g i G i ì ERARDINI B ., S a n ta o P e c c a t r ic e ? ( e s a u r ito ) SEMERARO M ., I l R is o r t o tr a n o i (e s a u r i t o ) A a . V v ., L e s è t t e r e lig io s e : u n a s fid a p a s t o r a le TESTA B . (e d .), L a n u o v a e v a n g eliz z a z io n e d e ll'E u ro p a n e lM a g is te r o

d i G io v a n n i P a o lo I I VICARIATO DI R o m a , P r o n tu a r io t e o lo g i c o in p r e p a r a z io n e

a g li O r d in i e a i M in is te r i S p i a z z i R., C r is tia n e s im o e cu ltu ra A a . V v ., I l m a t r im o n io e la f a m ig lia CAVALCOLI C ., L a b u o n a b a tta g lia BARILE R ., L a f a t i c a d i u n o s c r ib a BlA GI R ., C r is to p r o fe t a , s a c e r d o t e e re

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F in it o d i stam pare'.

novem bre 2 0 1 4 , SA B Snc, Budrio (B O )

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