Scienza e terminologia medica nella letteratura latina di età neroniana: Seneca, Lucano, Persio, Petronio 3631312296, 9783631312292

Il libro analizza le conoscenze mediche degli scrittori più rappresentativi dell' età neroniana, periodo nel quale

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Scienza e terminologia medica nella letteratura latina di età neroniana: Seneca, Lucano, Persio, Petronio
 3631312296, 9783631312292

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Scienza e terminologia medica nella letteratura latina di età neroniana. Seneca, Lucano, Persio, Petronio

Studien zur klassischen Philologie Herausgegeben von Prof. Dr. Michael von Al brecht

Band104



PeterLang

Frankfurt am Main ·Berlin Bern · New York Paris Wien .

·

·

Paola Migliorini

Scienza e terminologia medica nella letteratura latina di età neroniana Seneca, Lucano, Persio, Petronio



Peterlang

Europiiischer Verlag der Wissenschajten

Non est vivere, sed valere vita est. MARZIALE

Prefazione

Questo libro prende le mosse da un più vasto programma di ricerca che ha lo scopo di appurare in quale misura la medicina antica abbia influenzato dal punto di vista concettuale e terminologico gli scrittori non tecnici dei primi due secoli dell'Impero. Fin dalle prime indagini peraltro è risultato piuttosto evidente che, almeno nel I sec. d. C., e nell'età neroniana in particolare, le conoscenze medi­ che dovevano far parte del patrimonio conoscitivo degli uomini di cultura. II periodo neroniano rappresenta quindi un'epoca assai ben caratterizzata da que­ sto punto di vista, tanto da meritare una indagine autonoma, anche se articolata sugli autori principali dell'epoca. È dunque giustificata una ricerca sulla presen­ za di concetti e termini medici nei principali esponenti della letteratura dell'età di Nerone. Come vedremo meglio nel corso del lavoro, in essi tali conoscenze non appaiono affatto superficiali, ma denotano, in genere, una preparazione piut­ tosto solida dal punto di vista dottrinale. Alla luce della particolare connotazione dell'epoca abbiamo ritenuto opportuno analizzarne singolarmente gli esponenti più rappresentativi, e cioè Seneca, Lucano, Persia e Petronio, per verificare la reale entità di tali conoscenze. Alla fine della ricerca avremo modo di accertare non solo che tali conoscenze esistono e sono abbastanza estese, ma anche che in buona misura vengono integrate da questi autori nel loro sistema espressivo e piegate ai loro fini letterari. L'illustrazione di questo processo costituisce lo scopo precipuo della presente ricerca. I collegamenti tra i vari autori che si manifestano anche in questo campo sono uno degli aspetti della ben nota unità culturale dell'epoca: è a tutti noto che si tratta di prosatori e poeti che gravitavano nello stesso ambito culturale (pur appartenendo anche a circoli letterari diversi)' ed erano più o meno in stretti legami fra loro; ne risulta inevitabile che nella loro produzione restino, in varia misura, tracce consimili degli interessi e delle conoscenze del periodo''. Per !imitarci, per esempio, al puro dato biografico, Lucano è legato a Seneca da uno stretto rapporto di parentela che si traduce in una costante influenza anche letteraria. Persio, di cinque anni più vecchio dell'autore della Pharsalia, ebbe gli stessi maestri (come Io stoico Anneo Cornuto) e, pur appartenendo ad * **

S u i c i rcol i letterari del l ' età neroniana vd. C!ZEK 1984, pp. 201-220. V d., per es., S ULUVAN 1968.

9

un diverso circolo culturale (quello di Trasea), fu a lui unito da un legame di amicizia; inoltre è ragionevole ammettere che non solo conobbe Seneca, ma ne

fu anche influenzato, come

è possibile ricavare qua e là dalla sua opera. A Luca­ è, in certo senso, legato Petronio, con le probabili allusioni alla Pharsalia (si trana di un problema ancora aperto, variamente interpretato dai critici) nel Bel­ lum civile"'.

no

Accingendoci ad affrontare in maniera sistematica i temi medici trattati da questi autori, cercheremo di dare un quadro il più possibile completo, proceden­ do, per ragioni di chiarezza espositiva, ad una distinzione per argomenti. L'esa­ me, cioè, dei singoli passi sarà condotto, in linea di massima, sulla base di que­ sta classificazione: anatomia, fisiologia, profilassi, patologia, terapia. Ovviamen­ te non si tratta di una suddivisione rigida, ma solo orientativa, dal momento che non necessariamente tutti questi argomenti sono affrontati da ciascun autore. Verranno anche affrontati problemi di terminologia, particolanne nte in rap­ porto ai tecnicismi medici presenti in questi poeti e prosatori, che pure non scri­ vono opere di medicina"". Naturalmente non si

è tentato di trattare partitamente

di ogni termine medico che compare nella loro produzione, ma solo di quelli che per qualche motivo presentano particolare rilevanza. Alla fine della trattazione dei singoli autori verranno tratte alcune conclusioni relative a ciascuno di essi; alla fine del lavoro un sintetico quadro generale rac­ coglierà e riassumerà i principali risultati della ricerca. Precisiamo che in questo libro lo dal titolo

è confluito parzialmente un precedente artico­ La lingua della medicina in Seneca, Munus amicitiae IL Scritti in

onore di Alessandro Ronconi, Firenze 1 988, pp. 22-56.

È

stato, invece, ripreso

interamente, sia pure con qualche piccola modifica e con gli opportuni aggiorna­

La terminologia medica come strumento espressivo della satira di Persia, "Quaderni di Anazetesis" 2, 1 990. In particolare, nel

menti bibliografici il lavoro

riproporre tale studio, abbiamo tenuto presente la poderosa opera del Kissel

(Aules Persius Flaccus, Satiren, hrsg. iibers. u. komm. von W.

KISSEL, Heidel­

berg 1 990) nel frattempo uscita, ormai utile punto di riferimento per ogni studio­ so di Persio. In seguito la ricerca verrà continuata e completata con indagini sugli autori latini del II sec. d. C., già in stadio di avanzata elaborazione. Un vivo ringraziamento va infine al prof. Silvano Boscherini che mi ha seguito in questo lavoro con i suoi consigli e suggerimenti.

••• V d. per es. GRIMAL 1 97 7 , in particolare pp. 239-260; HtrrCH INSON 1 982; S ULLIVAN 1 982. •••• È certo diffici le, i n detenninati casi , operare i n sede teorica una di sti nzione ri gorosa fra tennine tecnico e non tecnico (vd. per es. AUNEI 1 99 1 , p. 4 1 ). Con DEVOTO ( 1 940, p. 378) considereremo tennini tecnici tutte quelle parole che, i ndi pendentemente dal l a l oro presenza nel l i nguaggio comune o in altre sfere, assumano, prive di qualunque elemento affettivo, un significato particolare ed uni voco nel l ' ambito del l a pratica medica.

IO

Indice

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Introduzione generale l. Seneca

Introduzione . . . . . . . .. . . .. . . . .. .. . .. Fisiologia . . . . .. . . . . . . . . .. .. . . . . . .. . . Profilassi medica . . . .. .... . . .. . .. . .... .. . . . . . . .. . . . Patologia: . ... ....... .............. ........................ ............ ......... ... ........................ l. Malattie dovute a discrasie umorali: .. . ..... . . .. . . .. l. l. provocate dagli abusi alimentari .. .. . . . . . . . . . . l. 2. provocate da discrasie umorali non connesse con l'alimentazione . 2. Malattie non ricollegabili a discrasie umorali . . . . . . . . . . Terapia Osservazioni sulle Tragedie . ........................................................ .......... ...... Conclusione . . . . . .. . .. . .... .. . . .. .. .. .. . . . .. ..... .. . .

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Il. Lucano

Introduzione ....... ......... .. .... . . . ... ..... . . .. . .. . ... Le parti anatomiche .. . . . ......................................................................... Fisiologia: .... ... .. ... . . . .. .. . . . .. .. ... .... . . ...... . . . . . .. . ..... . . . ... . . . . Funzione vitale del sangue.. . . . . . . Rapporto sangue-spirito vitale ... ... ... .. . . ... . .. . . .... ... .. .. .... . Patologia: . ................................................................................................... l. La descrizione della peste ... . .. . . ... . . .. ... . . .. . . . Tradizione letteraria e conoscenze scientifiche: Lucano e Seneca . . . Quadro nosologico della peste. .. ... ...................................................... 2. Descrizione delle morti per morsi di serpente ... .. . . . . .. . . . . . . . . .. 3 . Procedimenti terapeutici degli Psilli .. .. . ... . ... . .. .. ... . . .. . .. ... .. . Conclusione . . .. . . .... ...... . .. . ... ......

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III. Persio

Introduzione ... .. . .. ....... ... . . .. .... .. . . .. .. . ...... .. . . . . . .. . . . Terminologia medica impiegata in senso proprio: .. .. . ... . . . . . . . . Profilassi medica....................................................................................... .

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Il

... . ... ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Indagine cli nica o diagnostica ........ ... . . . . .. .. .. .. .. ... . . . ... ... ... .. . ..... .... ... .... . . .. ... . . . .... Patologia: . .. .. malattie dennatologiche e relative al la bile . .... . . . .. . .. .... ..... . .. .... . .. .. . . . ... .. ....... . .. .. . . . .. .. idropisia . . .... ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . affezioni ulcerose .... . .... ... . . .. . ... .. chiragra . .. . . ... .. . . . ..... . .. .. . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . .... . .. . . . . . . ... ... . .. .. .. .... . . .. varici .... .... Tenninologia medica impiegata i n senso traslato: .... . .. . . . . . . . . . . . ... . . . . . . . . . . . . . . . l. Metafore mediche con valore moralistico ... .. ...... ... . . . . .. . ... . . 2. Metafore mediche di critica letteraria: . ... . .. . . . . . .... .. ... . . . . . . . . . . . 2. l. metafore indirizzate contro i poeti e la poesia del tempo ... . 2. 2. metafore di critica l etteraria vera e propria .. ... .. . .. ..... ..... .. . 2. 3. apprezzamento dell a propria poesia .. . . . . .. .... ....... . ...... . .. .. . . 3. Altre metafore mediche............................................................................. Conclusione . . ... ... . . ... . ..... .. ... .. . ... .. .. . . . . . .. ........ . . ..

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IV. Petronio

Introduzione . . . . ... . . . .............................. ...... Patologie e relative terapie: .. .. . . ............ . .. . . . .. ... .. . . . Febbre terzana . . . . . ...... ... . ... . .. ... ... . . . .. ..... . . . .. . . Abstinentia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I problemi gastro-intestinali di Tri malchione . . .. ... .. ... ... . . ... . .. .. . La carne d'anatra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Lana conchyliata . . . .. . ... . . ... . .. ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Follia poetica e fol lia amorosa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . .. ...... .. .. .... ... . . . .. . . . . . .. . . L'i mpotenza di Encolpio .... . . . . . .. .... ..... . .. . .... . . .. . . .. . Osservazioni sul la l i ngua .............................. ........... .... ............ ... ... ... ...... Concl usione . . . .. ............. .... . .... .. . ... ... ... . . ... .. .... .

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Conclusione generale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Autori antichi citati

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Indice delle parole

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Aranea Acetum .. . .

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Opere moderne citate . . . . . .. . . .. ... . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Introduzione generale

Per capire meglio le ragioni e la portata dell'influenza della medicina, sia pure a diversi livelli, in tutti e quattro gli autori oggetto della nostra indagine e nella civiltà contemporanea' e per inquadrare la nostra ricerca nell'ambito storico-cul­ turale pertinente, è opportuno ricordare il processo che aveva reso l'ambiente in cui essi operavano particolarmente ricettivo all'ars

medica, a lungo avversata

nei secoli precedenti. Ovviamente, quando si parla di penetrazione della medici­ na nel mondo romano, bisogna tenere ben distinti due piani, da un Iato quello sociale. dall'altro quello scientifico: come è noto, infatti, l'ostilità' manifestata fin dalla prima comparsa dei medici greci a Roma riguardava la "professione"3, non l'ars in se stessa, ed era legata anche al fatto che quanti la esercitavano erano stranieri• e per Io più schiavi. Dal punto di vista scientifico e conoscitivo, invece, l'interesse per la medici­ na greca è evidente fin da Catone' ed è documentato ampiamente nella letteratu­ ra latina del

I sec. a C. sia in prosa• che in poesia; per quanto concerne quest'ul­

tima, basti pensare ai continui accenni a nozioni mediche e all'uso, talora, di ter­ mini special istici in Catullo, Orazio, Virgilio e Ovidio', per rendersi conto di

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Per un ' ut i l e si ntesi del processo di assi m i l azione della medi c i n a n e l l a c u l tura romana vd. KOELBING 1 977, pp. 1 90- 1 96. Per le polemiche contro i medici greci (per le quali cfr. per es. Pi i n. nat. 24, 5 ; 29, 1 4-28 ) vd. M AZZI N! 1 982- 1 984, p p . 75-90. V d. s ul l ' argomento FISCHER 1 979; KUDLIEN 1 986; VEGETI! 1 989. S u l l a diffusione della medicina greca a Roma vd . ROESCH 1 982; ANDRÉ 1 987. I n particola­ re, per la polemica di Pl i n i o vd. MIGLIORINI 1 989; M ANUU 1 989; M ARASCO 1 992. La q uestione è stata affrontata ri petutamente da BoscHERINI 1 970, BOSCHERINI 1 993 (A) e, in particolare, BoSCHERINI 1 993 (8), p. 94 (dove viene messo i n evidenza a n c h e i l ruolo svolto dal l a med icina, secondo Catone, nella formazione d i u n c i ttad i n o romano). Cfr. per es. i riecheggi ame nti varroniani del trattato i ppocratico De aere, aquis. locis i n Varro rust. l , I l , 2 ; l , 1 2, 1 -2. Per es., per le conoscenze mediche i n Varrone, vd. SA LL­ MANN 1976; L EHMANN 1 982; BOSCHERI NI 1 993 (A). Per quel che ri guarda Cicerone, vd. ORTH 1 925. Per quel che concerne l a diffusione di norme i g i e n iche e d i principi propri della medicina greca cfr. anche Vitr. l , 4, 1 -5; 8, 3, 28-34. V d . per es. tra g l i studi p i ù recenti M A ZZIN! 1 988. Pe r q uanto riguard a le conoscenze mediche nei poeti menzionati , ci l i m i ti amo, solo per citare qualche l a voro s ul l ' argomen­ to, a ricordare BOUCHET 1 927 ; MATIHESIUS 1 937; L EJSS 1 939.

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come vi sia stato nei poeti lati ni , sulla scia di quel li ellenistici, un progressivo accoglimento dell a scienza del la natura e, quindi , anche del la scienza medica•. Comunque, nei due secol i che i ntercorrono fra l 'arri vo di Arcagato e il decreto di Cesare che conferiva la ci ttadi nanza ai medici greci (Svet. lui. 42, 2)9, si assi­ ste anche ad una graduale e progressiva accettazione del l a medicina come pro­ fessione'0 (confermata poi dal l ' iniziativa di Augusto " ) , anche se essa conti nua­ va ad essere considerata i ndecorosa per un ci ttadino romano. La discri m i nante nei ri g uardi del l a tÉXVll medica riflette un atteggiamento propri o di tutto i l mondo antico, ampiamente esempl ificato i n Pl atone e Ari stotele che n e avevano chiaramente disti nto l ' aspetto conoscitivo ed etico da quello pi ù propriamente banausico12• Era questo i l motivo per cui sia Cicerone (che non annoverava l a medicina fra l e artes libera/es)" s i a Varrone (che invece, n e l l i bro V I I I del l e Disciplinae, le attribuiva u n a funzione educati va) , p u r riconoscendo c h e questa scienza poteva far parte del patri monio cul turale di un uomo l i bero, escl udeva­ no che potesse essere praticata come professione da un ci ttadino romano••. Una vol ta che la medicina ebbe, per così dire, "diritto di ci ttadinanza" i n siem e a quanti la professavano, ne conseguì un graduale innal zamento sociale dei medi­ ci che si trovarono anche nel le condizioni di poter fondare scuole e di d ar v i ta ad una traditio scienti fi ca sempre più autorevole", cosicché andò d i m i n uendo gradualmente la di stanza che separava i due l i vel l i , quel lo appunto sociale e quel l o scientifi co••. I l m utato atteggi amento nei ri guardi di questa categori a fu , dunque, favorito anche dall ' affermarsi a Roma di personal ità notevoli per capacità e preparazio-

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Basti ricordare le ri petute traduzioni di Arato di Soli a parti re dal l sec. a. C. fino al V d. C. (Varrone, Cicerone, Germanico, Avieno) e la traduzione di N i candro ad opera di Macro. D'altra parte sappiamo anche che lo stesso Nicandro aveva messo in versi i l Pro­ gnostikon i ppocratico e che, quindi, già nel l ' età el lenistica la sci enza medica e ra assurta a di gnità poetica. V d. per es. STOK 1993, p. 408. Vd. RAwsoN 1985. Come è noto, A ugusto (Svet. Aug. 42, 4) non inserl i medici nel decreto di espu lsione degl i stranieri. Per una rapida sintesi della questione e la bibliografia relativa vd. anche Plsi 1983 , pp.

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Cfr. Cic. off. l, l5 I ; fin. 5, 7. Per la medicina in Varrone vd. BOSCHERINI 1993 (A). pp. 740-751. Per il rapporto fra medicina ed arti l i bera l i vd. KuDUEN 1976; BosCHERINI 1993 (8), pp. 89-101. MAZZIN! 1988, p. 48, n. 4 osserva giustamente: «l concetti di una medicina come scienza speri mentale, con un suo ambi to di indagine e come professione socialmente utile, d i stin­ ta dalla divinazione e dalla ciarlataneria, sembrano ormai acquisiti nella Roma del 1 sec. a. C.>>. V d., per il ruolo del medico in età i mperiale, NUTTO N 1970.

ne, primo fra tutti Ascl epiade di B i t i n i a" (amico di L. Li c i n i o Crasso e d i Cicerone••, molto apprezzato dai ceti romani p i ù elevati 19) , g i à maestro di reto­ rica e poi medico di successo. Ideatore di una dottri n a medica di concezione atom i s t i c a , egli l i m i tava al massimo l ' i mpiego dei farmaci e sosteneva l a necessità d i u n ' azione preventiva e terapeutica prevalentemente basata s u l l a dietetica'• e su un regi me di vita i n c u i avevano un ruolo prem i nente g l i eserci­ zi fi sici , i massaggi e l 'idroterapia''· Questi criteri terapeutici non erano di per sé particol armente i nnovati v i , i n quanto erano presenti in tutta la tradizione med ica greca", ma egli l i appl icò i n modo tal mente organ i co e s i s tematico, escl udendo ogni metodo di carattere eccessi vamente d rastico, da as s u merne quasi l a paterni tà agli occhi dei contemporanei e da meri tarsi la fama di curare, secondo la nota defini zione di Cel so ( 3 , 4, l) tuto, celeriter, iucunde'-'. Q ueste concezi o n i , sia pure in parte mod i ficate, s i ritrovavano anche nel l a s c u o l a metod i c a ( fondata da Temi sone, a l l ievo di Asclepiade, v i s s u to n e l l a pri m a metà del I sec. a . C.)'\ il cui rappresentante più famoso al l ' epoca d i Nerone fu Tessalo di Tralles25• Propri o Ascl epiade, con le sue aspre argomentazi oni antiempiriche, fu i l pri mo ad avviare quelle accese di scussioni sul " metodo" (che costituirono come il reale punto di svolta per l'atteggiamento dei Romani nei riguardi dell a medi c i -

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S u l ruolo esercitato da Asclepiade, autore, a quanto sappiamo, d i un trattato dal titolo De tuenda sani/ate (cfr. Cels. l , 3, 1 7 ; cfr. anche 2, 1 4) e di u n ' opera i n d icata d a l l a tradi z i o­ ne come Salutaria praecepta (cfr. Cael. A u r. acui. l , 1 1 2 ss.), cfr. Cels. praef 2; I l ; Scrib. Larg. praef p. 3 , 1 6 ss. ; Pii n. nat. 26, 1 2. S u l l a figura d i Asclepiade, dopo Ippocra­ te il medico più famoso del l ' anti c h i tà, vd. WE!LMANN 1 908 ; PIGEA U D 1 98 1 , pp. 1 7 1- 1 96; RA WSON 1 982; HARJG 1 983; MANULI 1 989; VAL!ANCE 1 990. Cfr. Cic. de ora/. l , 62. Suo a l l ievo fu anche i l famoso medico di A u gusto A ntoni o Musa, che fu coperto di onori per aver sal vato A ugusto (Svet. Aug. 59, 8 1 ; Dio Cass. 5 3 , 30). S u l l a d ietetica antica in generale vd. EDELSTEIN 1 967 (8). Si ricord i che in Ps. Gal. def 9 ( 1 9, 35 1 K.), che risale, come è noto, al I sec. d. C., è espressa l ' affermazione c h e l ' arte medica è quella che offre una d ieta a chi è sano e una terapia a chi è mal ato; vd. anche MAZZIN! 1 989. Per alcuni uti l i accen n i alle principali norme d i etetiche i n Seneca e a l l a questione relali va al medico OlextTilnK6ç v d . LA PENNA 1 994; p e r i l problema d e l l e spe­ c i a l i zzazioni a Roma è bene ricordare anche MUDRY 1 985 (A). Cfr. Cels. 2, 1 4, l; Plin. nal. 26, 1 3 . V d. FISCHER 1 979 (8). V d. WOHRLE 1990 e, in particolare, per la ginnasti ca terapeutica, pp. 5 3 ; 93 -96; 1 02 - 1 06. S u l t i po di rapporto medico-paziente i nstaurato da Asclepiade, vd. per es., DEICHGRÀBER 1 970, pp. 87 ss. e 349 ss. Cfr. Cels. praej. I I . Sul problema dei rapporti d i Asclepiade con Tem i sone, menzionato anche da Seneca (ep. 95 , 9), vd. PIGEAUD 1 993. S u l l a cronologia di Tem i sone, morto pre­ s u m i b i l mente attorno al 50 o 40 a . C., vd. PIGEAUD 1 982; RAwsoN 1 985. V d. PIGEAUD 1 993, pp. 587-599.

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na), particolarmente intense proprio nel la prima metà del I sec. d. C., quando, al l e scuole tradi zionali (empirica e dogmatica) si aggi unsero quella metodica e , verso la metà del secolo, quel la pneumatica'•, le cui concezioni di base poggia­ vano sulla pneumatologia stoica27• Di quest ' u l tima scuola (risalente ad Ateneo di Attal ia, al l ievo di Posidonio)18, come è noto, il vero fondatore è considerato Agati no di Sparta (da al tri ri tenuto l ' i n i ziatore del la corrente "eclettica", la quale fondeva le concezioni pneumati­ che con quel le empiriche e metodiche)"'. che, come sappiamo dalla vita Persii, faceva parte della cerchi a di L. Anneo Comuto30 e quindi fu probabi l mente i n contatto con Seneca, ol tre che con Persi o. Tal i sette erano, ovviamente, in aperto contrasto fra di loro e le polemiche reci proche dovettero creare un clima vi vace di discussioni e di batt iti sui di versi metodi «di acquisizione del sapere medico, la natura di questo sapere, la sua o ri ­ gine, il s u o fi ne»31• La testimonianza pi ù antica per noi è quel la del l ' i ntrod uzione al De medicina di Celson. Inoltre, per poter megl io val utare l a complessità cultu­ rale dell 'epoca neroniana e i l ruolo in essa esercitato dalle scuole mediche33, non va dimenticato che esse erano strettamente connesse con quel le fi l osofi che più accreditat&' (si ri cordi, per esempio, oltre al già citato legame fra lo stoicismo35 e la scuola pneumatica, quel lo fra lo scetticismo di Enesidemo e certi aspetti del

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Vd. WEUMANN 1 895; KUDLIEN 1962; KUDLIEN 1968; VERBEKE 1 987, pp. 1 9 1 -206. La differenza fondamentale, come è noto, consisteva nel fatto che per gli pneumatici l ' a­ ria i nspirata (che servi va anche a refrigerare la temperatura del l ' organi smo) costitui va pane i ntegrante dello pneuma psichico (deri vato dalle esalazioni del sangue), ali mentan­ dolo e rinnovandolo continuamente. Vd. in proposito YERBEKE 1 987, p. 1 94 e n . 44 (che ri manda a Gal. de usu respir. 5 [4, 502 K.)); ibid. p. 196 e n . 5 1 (dove è ci tato Ps. Gal. def 74] 1 9, 366 K.)). Vd. WELIMANN 1893 (B); WELLMANN 1 895, pp. 5-1 1 ; KUDLIEN 1 962. Vd. WELLMANN 1 893 (B); WELLMANN 1 895, pp. 1 1 - 1 2; VERBEKE 1 987, p. 1 9 1 . Per una rapida si ntesi sul l ' argomento vd. anche GOUREVITCH 1 993, pp. 1 35-1 3 7 ; DE FILIPPIS CAP­ PA! 1993 , pp. 70-71. Per questo l i beno della famiglia degli Annei, maestro di retorica a Roma attorno al 50 d. C., che ebbe fra i suoi all ievi anche Lucano e Persio, ci l i m i tiamo a rinviare a VON ARNIM 1 894; LAPI DGE 1 987, pp. 1 402- 1 405. GOUREVITCH 1 993 , p. 1 24. Vd. TEMKJN 1 935; MUDRY 1 982; STOK 1 991; MUDRY 1 993. S u l l e scuole mediche sone in ambiente greco-romano vd. MUDRY 1 985 (A); THIVEL 1986; SCONOCCHJA 1988, pp. 1 1 -27. Vd. EDELSTBN 1 967 (B); MAZZIN! 1 988, pp. 48-49 (e n. 5, cui si rimanda per l ' ampia sel ezione bibliografica sui rapponi fra medicina e fi l osofia). Tendenze stoiche e forse anche influenze del l a scuola sesti ana, dal punto di vi sta fi losofi­ co e morale. sono ravvi sate da SCONOCCHI A 1 988 (pp. 1 7 , 1 9 e n . 1 5 , 20) anche in Scribo· n io Largo, attivo sono Claudio, che viene tradizional mente considerato seguace del l ' o­ rientamento empi rico-scenico.

pensiero asclepiadeo),. i n un intreccio i ndi ssol ubi le che troverà i l suo culmine nel l a fi gura del medico-filosofo teori zzata da Galeno. Per completare i l quadro culturale entro cui , i n quest' epoca, matura l a note­ vole diffusione del l a scienza medica va ricordata anche l a grande i nfluenza eser­ ci tata, a partire dalla fine del I sec. a. C. , da quel la che Seneca defi nisce (nat. 7 , 32) nova secta, cioè la scuol a dei Sestii37, u n ambiente i n parte connesso con i l pitagorismo ( e , quindi , anche per ragioni filosofiche, parti colarmente i nteressato al l a di etetica e a l l a medici na) in cui , i nsieme al l a d i ffusione del l o s toic i s mo popol are3", erano assai vivi gli interessi "natural istici" ed enciclopedi ci39• II filo­ sofo e retore Papi ri o Fabiano (forse l ' ultimo maestro di Seneca)40, abi l e nel l a diatri ba ci nico-stoica, che fu il vero organi zzatore del l a scuola, e c h e probabi l ­ mente fu molto attivo nel l ' arco di tempo che v a dagli ultimi anni di Augusto ai pri mi di Ti berio••. era, infatti , un filosofo " natural ista"" e, appunto nel l ' ambito dei suoi i nteressi encicl opedico-natural istici , trattò anche di ri medi deri vati da animal i . Sestio Nigro ( fi gl i o di Q. Sestio) , più vol te menzionato d a Seneca, aveva scritto i n greco un ' opera di medi cina" (presumi bi l mente i nq u adrabi l e negli anni che vanno dal 1 0/20 al 4 0 d. C.)44• Analogamente, s e non seguace d i questa setta, al meno vicino a certi aspetti dottrinari , come i l vegetarianismo" e l ' ascetismo etico sestiano, fu l ' al tro maestro di Seneca, Sozione. Seguace dei Sesti , secondo l a tradi zione, peral tro ampiamente discussa (la tes ti monianza di Qui nti l i ano [inst. lO, l, 24] non è concordemente accettata dag l i studi osi46) , è anche lo stesso Celso, che fu di poco anteriore al filosofo cordovano.

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V d . EDELSTEIN 1 967 (C). Di questa scuola, fi orita sono Augusto e attiva fi no verso l a fine del regno di Tiberio, Seneca dà q uesta defi n i zione (nat. 7 , 32, 2): Sextiorum nova et Romani roboris secta. Del l ' ampia bibliografia su q uesta setta ci l i mitiamo a menzionare i fondamenta l i stud i d i LANA 1 953 (= 1 973); SETAIOLI 1 988, p p . 367-374; CAPITANI 1 99 1 , c u i rimandiamo per una rassegna si stematica d i studi su l l 'argomento. Vd. 0LTRAMA R E 1 926, pp. 1 53 - 1 89; 263 ; J . M . ANDR� 1 987, p. 1 3 . Per VON A RNI M 1 923 l ' etica sesti ana è del tutto stoica. Una posizi one mediana, che riconosce gl i elementi stoi­ c i senza sottoval utare gli i n flussi della d iatri ba, si ha in S ETAIOLI 1 988, p. 369. Com u n ­ que, c o m e osserva CAPITANI 1 99 1 , p. 1 23 , proprio le sol lecitazioni d i q uesta s c u o l a su Seneca possono aver contribuito ad i n d i ri zzarlo verso l o stoicismo. Per gli i n flussi d i q uesta scuola su Seneca vd. MARTINAZZOLI 1 945 . p. 232; CUPA IUOLO 1 975, pp. 85 ss. ; CiTRONI MARCHETTI 1 99 1 , pp. 44-46. Vd. G RI M AL 1 992, pp. 1 69- 1 7 3 ; MAzzou 1 99 1 , pp. 1 75 - 1 76. LANA 1953 ( = 1 973, p . 365). Cfr. Sen. ep. 40, 1 2; Pl i n . nat. 36, 1 25. Su q uesto p u n to concordano g l i studiosi mode rn i , tranne VON ARNIM 1 923, c h e ri tiene Sestio padre l ' autore del l 'opera med ica. Vd. CAPITANI 1 99 1 , p. 1 03 . V d . LANA 1 953 (= 1 97 3 , p. 38 1 ). Per la q uestione vd. CAPITANI 1 99 1 , pp. 1 07- 1 1 5 .

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Dimostra l 'intreccio e le connessioni culturali del l ' età neroniana anche il fatto che sia possibil e ipotizzare un certo collegamento tra Asclepiade e Sestio Nigro (sul l a base di Dioscoride e Galeno che definiscono quest'ultimo "asclepiadeo", ma la questione è oscura e una sol uzione risulta assai complessa)", che è stato anche supposto essere l 'intermediario fra lo stesso Asclepiade e Celso per quel che con­ cerne l ' uso in quest' ultimo del vino nella cura del morbus cardiacus (3, 1 9)'". Inoltre, proprio al la fi lantropia del la scuola dei Sestii è stata anche ricol legata la ben nota figura del medicus am icus (del medi co, cioè, l egato al proprio pazi ente da un rapporto di affettuosa sol lecitudine) deli neata già da Cicerone, ma particolarmente viva i n quest 'epoca••. A ciò si aggiunge il fatto che, in questo stesso periodo, raggiunge il c u l m i ne (e vi si mantiene anche nel II d. C.) quel l a particolare cura sui, i ntesa sia nel senso di azione profil attica.IO sia di intervento medico vero e proprio, che già si era del ineata nel secolo precedente. Sono ben note, infatt i , l e testi moni anze di autori del I sec. a. C., da Cicerone" ad Orazi o52, sul l ' i m portanza di u n regime sal utare di vita, cioè moderato e senza eccessi, basato su una serie di norme comportamentali e, prevalentemente, su una corretta al i mentazione". I n età imperiale tutte queste esigenze trovano espressione nel grande spazi o dato al la dietetica da Celso, che di stingueva (praef 75) fra quella destinata ai san i ( tratta­ ta nel I libro) e quella dedicata ai malati (trattata nei l i bri I II-V)s.. Tale cura della propri a persona, insomma, gradualmente assunse una posizione centrale nel­ l 'ambito del l ' arte del vi vere teorizzata da ogni indiri zzo filosofico (raggiungen­ do l 'apice con Epitteto)". Ad essa, come è stato osservato giustamente"', è stret-

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Vd. CAPITANI 1 99 1 , pp. 1 05- 1 07. Vd. CAP!TANI 1 99 1 , pp. l l 2- l l 3, n. 95. 49 Sulla figura del medicus amicus, peraltro consueta nel l a società romana del l sec. d. C., vd. MUDRY 1 980; P!SI 1 983, p. 10 (e n. 5); MAZZIN! 1 982- 1 984, pp. 87-90; KUDLIEN 1 986. pp. 205-207. Per altre considerazioni su questo tema vd. anche GOUREVITCH 1 974; CAPITANI 1 99 1 , p. 1 1 4, n. 99. 50 Come è noto, FoUCAULT 1984 (= 1 986, p. 43), citava come esempio di questa attenzione alla prevenzione lo stoico Musonio Rufo. di età neroniana, il quale sosteneva (frg. 36 Hense) 'tÒ &tv 6q>CX1W.>OI!ÉVOUç �toùv 'tOÙçaq)/;E-drops e aqua inter culem vd. CAPI rANI 1 975, pp. 47 s. 2 1 0 O'r. Cels. 3 . 2 1 . 2 wr.oris nimia abundamia.

In questo contesto l 'esempio del la tumefazione patologica serve a Seneca per di mostrare come l ' i ra sia ben lontana dal contribuire al la magnitudo animi. Que­ sta, dice i nfatti , è un " gonfiore" (tumor) e non " grandezza", come in u n fisico affe tto da idropisia, non si può parl are di "accrescimento" (incrementwn), ma di "gonfiore pesti lenziale" (pestilens abundantia). I tenni ni impiegati non sono tec­ nici , ma hanno anche una valenza medica. Il tumor, in questo caso metaforico, è anche il " gonfiore" patologico; l 'abundantia è l ' equivalente l atino di 1tÀ.ij9ropa211 • Celso, nel capitolo in cui di stingue vari tipi di idropisia ( 3 , 2 1 , 1 -2: timpanite, l eu­ coflegmasia o iposarca, asci te) , afferma che il dato comune è (§ 2) umoris nimia abundantia. In questo stesso passo troviamo termini impiegati anche da Seneca, come intelllus (riferito al ventre e non al corpo i n generale) e tumor, per i ndicare non un 'enfiagione generalizzata, ma vari turgori sempre nell a zona addominale. Questi i ndizi ci permettono di capire che Seneca è bene i n formato sulle caratteri­ stiche dell a malattia, ma si limita solo a dei cenni essenziali , perché una descrizio­ ne particol areggiata non sarebbe pertinente al contesto. Al nostro, i nfatti , interessa sol o che ri sulti efficace il paral leli smo fra il " gonfi ore" del l ' i ra e quel l o dell a malattia; una completa semeiotica del l ' idropisia sarebbe superflua. Seneca accenna ancora una volta al l ' idropisia, sempre senza menzioname i l nome tecnico, i n He lv. 1 1 , 3 . Anche i n questo caso egli allude a l solo sintomo che gli i n teressa, la sete insaziabi le (non enim sitis il/a sed morbus est), che gli per­ mette di fare un paral lelo con l ' animo mai sazio di ricchezze, secondo u n ' imma­ gine tradi zionale, ma consueta soprattutto nel la diatri ba212• U n 'espressione analo­ ga è usata da Seneca i n nat. 4, 1 3 , 1 1 , dove però si parla solo di febbre e non vi sono indizi per supporre che ci si riferisca al l ' idropisia. ITfERIZIA

Sempre nel lo stesso paragrafo deli ' ep. 95, dopo l 'idropisia, con la perifrasi inde suf­ fusio luridae bilis et decolor vultus, è fatta allusione ali 'itterizia, malattia indicata i n tutta la letteratura latina con l e espressioni formulari morbus regius o morbus arqua­

tus211. Anche per questa malattia, derivata da discrasia di bile gialla"' e, quindi , da pro­ blemi di funzionamento epaticom, una delle cause può essere l 'eccesso di vino21•.

2 1 1 V d. J. A N DRE 1 963 , p. 50. 2 1 2 Cfr. A ri st. Nicom. l I SO b, 29 ( l ' i ntemperante è s i m i l e a l l ' i d ropico); Teles 39, 2; 42, 8 ; Pl ut. cup. div. 524 A ; Stob. 3 , 4 1 9, 7 H . 2 1 3 C o m e è noto, i l term i n e tecnico p e r l ' itterizia e r a aurugo, non i mpiegato da Celso, c h e prefe ri sce morbus arquatus e morbus regius: vd. CAPITANI l 9 7 5 , p. 47 1 , n . 76; BOSCHERI ­ NI 1 99 1 , pp. 1 92- 1 93.Vd. a n c h e J . ANDRE 1 988, pp. 9; I l ; 1 3 . 2 1 4 Cfr. per es. G a l . ad Glauc. de med. meth. 2, l ( I l , 74 K . ) ; Ps. G a l . introd. seu medie. 1 3 ( 1 4. 7 3 5 K.); def 276 ( 1 9, 423 K.). 2 1 5 Cfr. G a l . in Hipp. aphor. conun. 4, 62 ( 1 7 B, 742 K.). 2 1 6 Cfr. H i pp. int. 36 (7, 257 L.).

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Analogamente a quanto avviene in tutto il passo, anche questa vol ta Seneca evita ogni definizione specialistica, battendo l 'accento sulla sintomatologia fon­ damentale. Suffusio, che, riferito agl i occhi , è termine tecnico per indicare la cataratta217, è qui impiegato per all udere al travaso di bile gialla, che era conside­ rato l ' agente patogeno del l ' i tteri zia""· Luridus è un aggetti vo frequentemente u s a t o in poesi a ed i n d i ca una tonal i tà d i gial l o gri g i o - n e rastro, pri v a d i spl endore"•. È , infatti , attestato come attri buto del la pel l e che h a perso i l suo candore per i l sopraggi ungere della vecchiaia220 oppure ha assunto una parti cola­ re pi gmentazione in segui to a processi patologici di varia natura22 1 : nel caso di Plauto, nel quale il vocabolo è testi moniato per la pri ma volta, esso indica i l colorito particolare di chi soffre d i a tra bilis, cioè di "bi l e nera", l ' u more che, i n base all a concezione ippocratica, si riteneva secreto dalla miJzam. La pri ma u t i ­ l i zzazione di luridus al i ' i nterno di un contesto descri t t i vo del l ' i tterizi a è i n Lucrezio, 4 , 307: lurida . . . fiunt quaecumque tuentur arquati. I n Seneca i l tenn i ­ ne è connesso con bilis per indicare la colorazione gial lastra di questo umore presente nel fegato221, i l cui travaso provoca appunto l ' i tterizia. La presenza,

2 1 7 Cfr. Cels. 6 , 6 , 35 Suffusio quoque, quam Graeci hypochysin nominanr, ifllerdum oculi potentiae, qua cernit, se opponit; 7, 7, 14; Scrib. L..a rg. 38 ad suffusiones oculorum. quas Graeci V1I"OXVJ.Iara dicunt; Pl in. nat. 25, 1 58; 29, 1 1 7; 29, 1 22 ecc . ; Chiron 1 7 ; 56 (bis); Veg. mulom. l, 25, 3 ; 2, 1 6, l ecc . ; Marcel!. 8, 1 7 ; 8, 66 ecc. Per u n esame del term i n e suffusio i n Celso e i n Pl inio i l Vecchio vd. A N KE 1 873, p. 592; CAMOLETTO 1 986, p. 1 3 3 . Una completa rassegna delle testimonianze d i \m6xumç e d i su!fusio si ha i n CA PITANI 1 975, p. 5 1 0, n n . 230 e 23 1 . A questi studi va aggi unta però u n ' osservazione: i l termine suffusio (con o senza i l gen. oculorum) è attestato fi no ai med ici tardi con i l s i g n i ficato d i "cataratta" (cfr. Theod. Prisc. eup. faen. 38); sol tanto i n Cassio Fel i ce ha u n val ore d i ver­ so i n q uanto è i mpiegato per i ndicare la platicoriasi, cioè la paralisi della pupilla. Cass. Fel . 29 p. 57, 8 et nominalllr talis suffusio platycoriasis id est dilaratio pupulae. Pe r q u e ­ sta malattia cfr. anche Veg. mulom. 2, 16, 3. 2 1 8 Tal e valore di "versamento" è poi testi moniato anche i n Pl i n i o il Vecch i o (nat. 22. 1 04); cfr. anche i l verbo suffundere, usato per esprimere lo stesso concetto i n Pl i n i o (cfr. per es. nat. 20, 1 42; 2 1 , 1 35 ; 22, 49) e nei medici tardi (cfr. per es. Chiron 22; 54; Veg. mulom. l ' 26; l . 38). 2 1 9 V d . J . ANDRé 1 949, p. 1 37. 220 Cfr. Hor. epod. 17, 21 s. Fugit iuvemas et verecundus color l reliquit ossa pelle amicta lurida. Sempre come conseguenza della vecchiaia cfr. anche Hor. camz. 4, 1 3 , I O luridi

dentes. 22 1 Cfr. Plaut capr. 595 s. viden tu il/i maculari corpus totum macu/is luridis? l arra bilis agitar hominem; Lucr. 4, 307 (332) per cui vd. subito dopo nel testo. Luridus detto degli itteric i è attestato anche i n Marcel l . med. 22, 20 Arra/i regis medicamenrum, quod facit ... ad iocineris vitia et. . . ad eos, qui colorem luridum lzabem; nel CG L (I l , 1 25 , 22) luridus è dato come l 'equivalente di i.KtEpuc6ç, còxp6ç.

222 Cfr. per es. Ps. H i pp. nat. horn. 5-8 (6, 40-52 L.); Gal. de elem. ex Hipp. 2, l ( l , 492 K.). 223 Un al tro vocabolo attestato per indicare i l colore giallastro della b i l e è flavus, testi monia-

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subito dopo, di decolor224 vultus, che di tale travaso è i l s i n tomo esterno p i ù appari scente, fa pensare c h e luridus non s i a solo la connotazione di un colore, ma che, date le attestazioni poetiche precedenti , abbia anche un valore causati ­ vo: l a bile è lurida, perché rende lurida la pell e225• TA BES

Proseguendo in ep. 95 , 1 6 il suo elenco di mal i connessi con l ' ali mentazione Seneca usa la peri frasi tabesque t in se t putrescentium,226 che offre I ' opportu ­ nità di fare qualche considerazione sulle conoscenze med iche di Seneca. Tabes è il term i n e tecnico latino per i ndicare tre diversi tipi di deperi mento organico, corri s pondenti , secondo la disti nzione che ne dà Celso (3, 22, 2)227, ai termi n i greci chpoQ>i.a, KUXE!;ia, Q>Sicrtç. L' accostamento con putrescere fa capi re che Seneca intende qui ri feri rsi al la KUXE!;ia, quel tipo di tabes dovuto al l a decom­ posi zione degli al i menti , di cui Celso dà questa defi n i zione ( 3 , 22, 2): A ltera species est quam Graeci KCtXEsiav appellane, ubi malus corporis habitus est, ideoque omnia alimenta corrumpunturm. Come abbiamo vi sto in precedenza (vd. paragr. Dispepsia) , però, S e neca ammette che nel lo stomaco avvenga la "cottura" degl i al i ment i , che escl ude una possi bile putrefazione. Egli comunque conci lia le due teorie, affermando, con una m arcata i mpl icazione moral istica, che la putrefazione si ha quando l o stoma­ co non digerisce bene a causa di cibi non san i , vol ti , cioè, a soddisfare solo la gol osi tà (come, per esempio. il garum), che tendono a ri manere crudi; si tratta, dunque, di un processo che si veri fi ca non in situ azioni normal i , ma in quel le

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to p e r la pri ma volta i n Porph . ad Hor. sat. 2, 3 , 1 4 1 e, i n e poca successiva (V secolo), i n Cass. Fel . 57, p. 1 45, l 6 jlavi fellis i d est rubei quod Graeci xamhen cholen vocant. Per i l s i g n i ficato d i deco/or (anc h ' esso term i n e d i uso poetico) cfr. S e n . nat. 2, 40, 6 deco/oratur id, cuius color vitiatur, non mutatur. Secondo J. ANDR É 1 949, p. 1 26, decolor denota la col orazione tipica del bi l i oso. In realtà q u i , come abbiamo visto, si tratta di b i l e g i a l l a che c a u s a l ' i tterizia e n o n d i bile nera che è a l l a base del l ' i racondia i n senso patolo­ gico. Dopo Seneca luridus, detto della bile, è testi moniato nel l a Mulomedicina Chironis (Chi­ ron ! 56) e i n Marce l l o Empirico (30, 9), nel quale l ' espressione ha ormai u n buon grado d i tec n i c i zzazi one. In se è lezione dei cod i c i , accettata dagli antichi editori , ma ritenuta i n sanabi l e da REY­ NOLDS 1 965. I n Celso tabes è anche i mpiegato come l ' equivalente latino del greco q,Sicrtç (2, l , 8 8 ) e può i n d i care un fenomeno di deperi mento organico dovuto a vari e affezio n i . S u i valori del term i n e vd. DEBRU 1 988, pp. 1 9-3 1 . Ce lso (praef 20) fa risal i re a Prassagora e Pl i stonico l a teori a d e l l a decomposizione d e g l i a l i menti , che è ricond ucibile a d Empedocl e ( v d . WELLMANN 1 90 1 , p. 3 4 ; M uDRY I 982, p. 1 04) .

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che i nteressano la patologia129, quando la putrefazione può essere anche accom­ pagnata da un eccessivo calore del lo stomaco130• La concezione di Seneca sem­ bra avere affin i tà con quella della scuola pneumatica, di cui abbiamo una testi ­ monianza anche i n Gal eno111 , che attribuisce la "cottura" al l ' azione del lo pneu­ ma e la d i s pepsia ad un'alterazione di questo. PODAGRA E A LTRE MALATTIE A RTICOLARI

Ancora al § 1 6 del l ' ep. 95 , Seneca accenna anche alla podagra ( . . . et retorri­ di digiti articulis obrigescentibus), una delle malattie articolari più d i ffuse nel mondo antico112, la cui eziologia veniva fatta risal i re al la corruzione dei ci bi nell o stomaco113• Mentre i n altri passill4 Seneca impiega tranquillamente i l term i ­ n e tecnico, qui , coerentemente con quanto h a fatto per tutte le affezi oni morbose menzi onate precedentemente, egl i ricorre ad una perifrasi che ne evi denzia i dann i sul l ' organi smo. L'efficacia del l ' espressione nasce dal l ' accostamento, per i ndicare le dita rinsecchite dagli acidi urici e le articolazioni irrigidite, di due ter­ mini quasi contrapposti , ma entrambi consueti per desi gnare la natura disseccata dal sole (retorridus)115 o i rri gidita dal freddo e dal gelo (obrigescere)"•. Ancora una volta, dunque, per esi genze espressive, più che sti li stico-lettera­ ri e , l egate alla ricerca di un real ismo psi cagogico di valenza moral istica (che richiama, per esempio, quello dei moral isti del I sec. d. C., come Persia e Giove­ nale) , Seneca lascia da parte i puri tecnicismi , troppo neutri e obiettivi per rag­ giungere Io scopo che si propone. Anche per quel che ri guarda la podagra si assi ste al l ' uso di un cri terio l i ngui­ stico analogo: i l termine tecnico è impiegato in mol ti passi in cui , al di là delle motivazioni occasionali , si coglie anche un i nteresse preciso per la malattia. In

229 Ep. 95 , 25 quam foedi ilaque peslilenlesque rucws sunt, quanrum fasridium sui exhalanti­ bus crapulam velerem! scias pulrescere sumpla, non concoqui. Cfr. anche nal. 4, 1 3 , S. Per u n 'analisi denagliata del passo vd. GouREVITCH 1 974, p. 3 1 3 . 230 Cfr. anche nar. 4 B, 1 3, S . 23 1 Gal. de exper. med. l 03 ( 1 9, 673 K.). 232 Del l 'argomento trana GOUREVITCH 1 984, pp. 220-247. 233 Cfr. Gal. de sanir. 1uenda 6, 7 (6, 4 1 5 K.). 234 V d . infra Sen. ep. 78, 9. Cfr. anche ep. 53, 6; 67, 3; bear. 17, 4; nal. 3 , 1 6, 2; ira 2, I l , 2. Per podagra cfr. Cels. l, 9, l ; 2, 8, I O; 4, 3 1 , l . 235 Cfr. per es. Varro rusl. l , 9, 5 ; Col um. 3 , 1 2, 2; Sen. ep. 1 2. 2; ira 3 , 1 5 , 4. I n ep. 66, 5 l , a proposito di Muzio Scevola, l ' aggeni vo è usato nel suo senso proprio come attri buto di

manus. 236 Cfr. per es. Pacuv. lrag. 14 R'. nocri ni interveniar, frucrus per pruinam obriguerinl. Luci l . 666 M. Pars (sci i . segelis) ... obrigescil frigore. L' impiego in senso patologico di obrigescere, è testi moniato dopo Seneca in epoca tarda, in Chi ron 587 si iumenro nervi obriguerinr haec remediare.

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questi casi Seneca, egli stesso vitti ma di gravi dolori arti col ari, si sofferma i n attente descri zioni del la si ntomatologia di tale affezione, oppure l a uti l i zza come efficace ed i m mediato termi ne di paragone per le grandi sofferenze del l 'anima, per le qual i , come per l a podagra, si possono trovare delenimenta piuttosto che remedia231• I n un passo del l ep . 7 8 , però, qualche paragrafo dopo aver i m pi egato i l term i n e tecnico ( § 9) , Seneca usa la peri frasi ( § 1 9) . . . et artus in diversum articulis exeuntibus tortosn•. Nella pri ma parte, cioè, dove egli si sofferma a descri vere i vari si ntomi nel l oro manifestarsi , usa il termine tecnico senza nes­ suna d i ffi coltà; al § 1 9, i nvece, i n un punto di maggior enfas i , dopo aver consi­ gliato di ri volgere l 'attenzione dal l e proprie sofferenze fi siche ad al tre conside­ razi on i , rial lacciandosi al l ' ultimo esempio menzionato (un tale che non cessò mai di ridere sotto le torture), concl ude: ( § 1 8 fine) non vincetur dolor ratione, qui victus est risu ? ( 1 9) Quidquid vis nunc licet dicas, destillationes e t vim con­ tinuae tussis egerentem viscerum partes et febrem praecordia ipsa torrentem e t sitim et artus i n diversum articulis exeuntibus tortos. Nel crescendo con cui ven­ gono menzi onati mal i via via sempre pi ù gravi , dal sempl i ce raffreddore fino al l 'artri te che non solo provoca sofferenza, ma anche deformazione del l e artico­ l azioni, è evidente una volontà di scol pire (secondo una esi genza real i stica ti p i ca della sati ra) certi dettagl i per dare maggiore efficacia al concetto. Al § 2 1 del l ' epistola 95 l ' attacco moralistico d i Seneca si estende anche al l e donne, la c u i attuale corruzione è emblemati zzata d al l ' osservazione c h e an c h ' es­ se ai suoi tempi soffrono di podagra, mentre lppocrate aveva osservato che si tratta d i u n m ale che non col pi sce l e donnen•. Questa osservazione s i ri trova anche i n Celso (4. 3 1 , l) e questo è uno dei casi in cui , come vedremo megl i o , si potrebbe i poti zzare una sua conoscenza d i retta da parte del nostro. Celso però, non fa distinzione morali stica di epoche, ma si l i m i ta ad osservare che non sono esenti da questo male l e donne quibus menstrua suppressa sunt. S i osservi come i n S eneca il l i n guaggio si adegui al crescendo del l ' i m peto moral i stico: s e , al § 20, quando ri feri sce le parole di Ippocrate, usa l ' espressione p edes laborare e , per l a situazione odierna, pedibus aegrae sunt, al la fi n e d e l § 2 1 , dopo u n l u n go elenco di di ssol utezze fem m i n i l i di tutti i generi , concl ude con tono s prezzante che non c ' è da stupirsi se il più grande medico del l ' antichi tà s i a stato smenti to, cum tot feminae podagricae>""' calvaeque sint. Del la podagra Seneca parla abbastanza d i ffusamente con una si ntomatologia '

237 Beat. 1 1 , 4 non perveni ad sanitatem, ne perveniam quidem ; delenimenta magis quam remedia podagrae meae compono, contentus si rarius accedit et si mimts verminatur. 238 Cfr. anche ira 3, 3 3 , 3 . 2 3 9 Cfr. H i pp. aphor. 6 , 28-30 (4, 570 L. ) ; cfr. anche Gal. i n Hipp. aphor. comm. 29 ( 1 8, A , 4 3 K . ) ; P s . Gal. de venae sect. adv. Erasistr. 5 ( I l , 1 65 K . ) . V d . S ETAIOU 1 988, p p . 1 1 3 - 1 1 5 . 240 Per q uesto term i n e cfr. anche Cels. 4, 3 1 , 8 e 9.

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piuttosto preci sa nel passo (ep. 5 3 , 6) in cui sostiene che, a differenza di quel l i d e l corpo, i mali del l 'ani ma, quanto p i ù sono gravi , tanto meno vengono avverti­ ti. Fra le malattie menzionate vi è anche la podagra, indicata con il suo nome tecnico"'. La semeiotica indicata è la seguente: i piedi dol gono, le articolazioni accusano del le fitte (articuli punctiuncu/as sentiunt) ; poi , nella fase concl amata dell a malattia, le estremità si deformano (ubi ut ta/aria coepit intendere et utro­ sque distortos pedes feci t, necesse est podagram fateri)'"· Quest' ultimo si ntomo, che è il più appari scente, è indicato con distortos pedes (come pure podagra distortus è detto chi è affetto da podagra in ep. 67 , 3, mentre in ep. 78, 1 9 lo stesso concetto è espresso con artus . . . tortos) e si contrappone al la di storsione non dovuta a malattia, cui si accenna con extorsissew. Nel l 'epistola 78 Seneca, a proposito del la podagra e delle altre malattie art i ­ colari , fa anche delle osservazioni sulla localizzazione d i certi tipi d i dol ori ; egli affe rma cioè che quell i più violenti hanno luogo nel le parti pi ù magre del corpo (§ 8 Maximi do/ores consistunt in macerrimis corporis partibus: nervi articuli­ que et quidquid aliud exile est acerrime saevit cwn in arto vitia concepir) e sono di i ntensità tale che poi lasciano le parti come intorpidi te, senza più sensibi l i tà ( § 8 cito ha e partes obstupescunt e t ipso dolore sensum doloris amittunt . . . § 9 S ic podagra et cheragra et omnis vertebrarum do/or nervorumque interquiescit cum il/a quae torquebat hebetavit; omnium istorum prima verminatio vexat, impetus mora extinguitur et jinis do/endi est optorpuisse). In questo passo Seneca, assu­ mendo una posizione possibilista, accenna a due di verse spiegazioni del fatto che, dopo questi forti dolori (relativi alla podagra, al la chi ragra, alle vertebrae e ai n ervi), le parti si intorpidiscono e perdono sensi bi lità: l . l o spiritus o pneuma vitale che circola nel l 'organismo subi sce una qualche

al terazi one e, quindi , si i ndebol isce (sive quia spiritus naturali prohibitus cursu et mutatus in peius vim suam qua viget admonetque nos perdit) ; 2. l ' umore "corrotto", che non trova via di uscita, rimane come bloccato in certe parti del corpo e toglie a queste ogni sensibilità (§ 8 sive quia corruptus umor, cum desiit habere quo confluat, ipse se elidit et iis quae nimis imp/evit excutit sensum). La prima eziologia riconduce alla dottri na de llo pneuma e del la malatti a come conseguenza della sua alterazione'", la seconda ad una di scrasia umorale. Il verbo con cui è indicato lo stato di torpore delle parti interessate è obstupesco

241 Cfr. anche ira 2, I l , 2. 242 Cfr. Gal. in Hipp. de nat. hom. lib. comm. 2, 5 ( 1 5 , 1 25 K.). 243 Extorquere ed extortus sono impiegati anche i n ep. 1 04, 18 per all udere alla di storsi one di ani colazioni in seguito a fatti traumatici.

244 Cfr. per es. Gal . de meth. med. 1 2, 5 ( I O, 840-845 K.).

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che ha lo stesso val ore di obtorpesco'•', a sua volta corri spondente al greco KCX'tcxvcxpKaOJ.lat; si tratta di un vocabolo già attestato i n Ci cerone ( do m 1 3 5 ) , ma c h e viene i mpiegato per i l dolore soprattutto i n ambi to medi co-veteri nario'... . Questo verbo è forse la chiave per capire presso quali fonti Seneca abbia atti nto queste teorie. Da Galeno (de loc. affect. 2, 2 [8, 73 K . J ) sappiamo che A rchi gene (pneumatico, ma considerato talora i l fondatore del la scuola eclettica),.,, fi orito nel l 'età di Trai ano, parlava di vcxpKcOOllç Jtovoç'""' a proposito di un certo tipo di dolore (somi gliante a quello provocato dal contatto con la torpedine, che rende la parte come i ntorpidita, ma dolente se costretta a muoversi) che egl i ri teneva veri­ ficarsi escl usi vamente nei tend ini (È7tÌ VEupatç). Questo medico era all ievo d i Agati no'•• e d è probabile, qui ndi , che queste concezioni ri guardanti dolori tipici del le " parti più magre del corpo" facessero parte del bagaglio culturale del la scuo­ la, anche se poi sono da Galeno attribuite princi pal mente ad Archi gene. Anche i l fatto c h e Seneca, come abbiamo vi sto nel passo precedente, parl i di punctiuncu/as per indi care i l ti po di sensazione dolorifica propria del la podagra e del l a chiragra è riconducibile, sempre a quel che riferisce Galeno (ibid. cap. 8 [8, 90 K . ] ) , a quan­ to diceva Archi gene dei dolori artritici (in polemica con Asclepiade, per i l q uale, in queste affezioni, i tendini non sono interessati dalla sofferenza) , e cioè che si tratta di un dolore che si avverte come una puntura (VUYJ.lCX'tcOOT) ç). A nche l ' i m piego di torquere per i ndicare i l dolore provocato dal l a podagra (per quanto il termine sia comunemente attestato nei medici proprio per i dolori di forte i ntensità)250 sem bra non essere casuale, ma rispondere al l ' esi genza di sceg l iere un verbo che, con il suo valore eti mologico, fosse anche al l usivo del­ l' ezi o l o g i a di tale dol ore : tale scelta, cioè, sembrerebbe in l i nea con q uanto sosteneva l a scuola pneumatica o, pi ù preci samente, stando al l a nostra fonte, A rch i gene, i l quale spiegava questa patologia con una reale dolorosa contorsione dei tend i n i (Gal . ibid. cap. 8 [8, 95 K.] 'tà OÈ vEùpcx OtCX'tttVE'tCXt 'tE KCXÌ crKÀ.T)­ puvE'tcxt crucr'tpE$OJ.lEVCX). Inol tre, lo stesso raffr onto con i dolori del l a testa, orecchi , denti ed occhi , si ri trova nel passo di Galeno ( ibid. cap. 8 [8, 1 00 K . ] ) , che menziona queste parti proprio per di mostrare, i n polemica c o n A rchi gene, che un dol ore profondo, come quel l o che si avverte nei tend i n i , non può trovars i solo i n queste parti anatomiche. .

Vd. Th . l. L. IX, 26 1 , 82. Cfr. Sen. ep. 59, 12; 78, 8 ; Marcel ! . l , l . Cfr. Scrib. Larg. I l ; Pii n . nat. 36, 56; Pelag. 270; Marce l l . l , I l . V d . WELLMANN 1 895 (A); WELLMANN 1 895 (8), pp. 1 9-22. Il concetto di dolore accompagnato da "torpore" (vo:pKcOOT] ç) che i n teressa l a parte affet­ ta da podagra si ri trova anche in un testo pneumatico, Ps. G a l . introd. seu medie. 1 3 ( 14, 756 K . ) . 249 V d . Introduzione generale. 250 Cfr. per es. Cels. l , 5, l : 2, 7, 6; 4, 1 5 , l .

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I l testo di Seneca, dunque, in parte appare consentire con quanto Galeno attri­ bui sce ad Archi gene, in parte con quel lo che dice Galeno stesso. È evidente, qui ndi , che la sua fonte, presumibil mente dossografica, doveva riportare entram­ be queste eziologie. Di do/or n ervorum parla anche Celso in l , 9, l , mentre i n 2, l , 6 accen na genericamente al l e malattie che possono colpi re sia le articolazioni che i nervi. presumibil mente i tendini (qui in articulis nervisque modo urguent modo quie­ scunt). La podagra era un problema di sal ute che riguardava Seneca da vicino, come ricaviamo da beat. 1 7 , 4 (non perveni ad sanitatem, ne perveniam quidem ; de/e­ nimenta magis quam remedia podagrae meae compono, contentus si rarius accedit et si minus verminatur"' : vestris quidem pedibus comparatus. debiles. cursor sum). Seneca gioca sul significato reale e metaforico dei termini medici : sanitas (cfr. 6, l ; 9, 4) indica sia la condi zione ideale del saggio sia la guari gione da una malattia; podagra è la malattia articolare di cui anch 'egli soffri va, ma è anche l ' immagine metaforica di uno spi rito turbato, non in buon equili brio. Egl i differenzia i nol tre remedium e delenimentum, dando a quest ' ultimo un val ore più attenuato ri spetto al l 'altro: il delenimentum, cioè, è solo un calmante, non un vero e proprio remedium per la sua gotta"'. Unico accenno alla periodicità degli attacchi del male, notoriamente pi ù acuti in pri mavera ed autunnom, si ha in nat. 3, 1 6, 2 (quemadmodum ad tempus podagra respondet). FEBB RJ F ra l e malattie legate agl i eccessi al imentari nel ! ' ep. 95 è menzi onata anche la febbre, che per gli antichi (tranne che per Erasistrato) era appunto una patol ogia (del ti po "caldo e secco")"" e non un sintomo; ciò non toglie che essa potesse anche accompagnarsi ad altri tipi di affe zioni, complicandone i l quadro. Fra le cause scatenanti la medicina tradizionale riconosceva anche uno smodato i mpie­ go di cibi "acri", per la difficile concoctio che ne derivava"'. Nel l 'epistola 95 , 1 7 Seneca accenna alla mol tepl icità di febbri disti nte dalla medicina antica, ma ovviamente si limita a menzionare solo qualche si ntomo.

25 1 Per il valore eti mologico di verminari vd. supra verminariones. 252 Questo termine ha u n ' attestazione in ambito medico soltanto nel V sec. in Cel io Aurelia­ no (chron. l, l , 7), che lo i mpi ega, pe rò, nel senso di "remissi one" temporanea del male. 253 Cfr. Gal. in Hipp. aphor. comm . 55 ( 1 8 A, 94 K.). 254 Cfr. Cels. 3, 3. Gal. de remper. l, 2 ( l , 522 K.). Per Erasi strato, per cui la febbre era u n si ntomo, cfr. P s . G a l . illlrod. seu medie. 1 3 ( 1 4, 729 K.). 255 Cfr. Ps. Gal. de caus. morb. l (7, 6 K.); Gal. in Hipp. epid. /ib. VI comm. 5 ( 1 7 B , 300 K.): de merh. m ed. 1 1 , 1 5 (l O. 788 K.).

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sia pure abbastanza preciso, nel la innumerevole casi stica previ sta256• Egl i distin­ gue, i n fatt i , tra:

-febrium genera impetu saevientium, - febrium genera tenui peste repentium, -febrium genera eum horrore et . . . membrorum quassatione. Il pri m o accenno sembra al l udere al le febbri che, secondo Cel so, si presenta­ no accompagnate da grande calore dell ' organismo; i l secondo, forse , a quel l a tipica del l a tisi , che è defi nita ( 3 , 2 3 ) febricula levis dal l o scri ttore medico257; i l terzo a quel l e che, appunto, si presentano con i brividi , quel l e d i c u i Pl i n i o d i ce (nat. 26, 7 1 ) febres qua e cum horrore veniunt"". Va osservato i nol tre che impetus è term i ne tecnico, usato comunemente da Cel so259 per indi care gli attacchi del la malattia (accessiones). Ad al tri tipi di febbri Seneca accenna ri petutamente nel corso del le sue opere, ma dato che non si tratta di patologie legate agl i abusi ali mentari ne ri mandiamo l a trattazione a d un apposito paragrafo, a l termi ne di questa sezione s u l l a patologia. l . MALATIIE DOVUTE A DISCRASIE UMORALI l . 2. provocate da discrasie umorali non connesse con l 'alimentazione DISCRA S I E DI SANGUE E BILE GIALLA

Del le discrasie di sangue e di bile dovute al le cause più d iverse Seneca parla i n ri petute occasioni . Per quanto ri guarda il sangue, un accenno molto chiaro ad un suo abnorme " ri bol l im ento" si ha, i n ira 2, 1 9, 3 -4, nel passo in cui è i l l ustrata l ' eziologia del­ l ' i ra, g i à esami nato per l ' as petto fi siologico260• La di scras i a del sangue che s i crea i n questi attacchi (ira 2. 36, 4 ) , percepi bile anche dal pal lore o d al l ' eccessi­ vo rossore d i chi è i n preda al i ' i ra26 1 , può essere così intensa da provocare addì-

256 Cfr. Cels. 3 , 3 , 1 -6. Per la ti pologia della febbre i n a ltri passi d i Seneca i n c u i non sembra esserci collegamento con g l i abusi ali mentari , vd. infra (paragr. Febbre). 257 Cfr. anche A re!. chron. l . 8 . 258 Cfr. a n c h e Pl i n . (/ebres frig ida e ) ; S v e t . gram m . 1 7 (/ebris Jrig idae cum h orrore

tremellles).

259 Cfr. per es. Cels. 2, 4, l (in ipso acllli morbi imperu) ; 2. S, l (impetus morbi); 3, 6, 9 (in ipso febris impetu); 3 , 1 8, 2 (levato accessionis impetu). 260 V d. supra (paragr. Fisiologia ). 26 1 Ira 3 , 4, l ut de ceteris dubium sit, nulli certe adfectui peior est vultus, quem in prioribus

libris descripsinws: asperum et acrem et mmc subducto retrorsus sanguine fugatoque pallelllem, nunc in os omni calore ac spiritu verso subrubicundum et similem cruento, uenis tumentibus, oculis mmc trepidis et exilientibus, nwzc in uno obtutu defixis et hae­ rentibus. V d. anche l , l , 3 .

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rittura rottura di vene e conseguente offuscamento del la vista per la fuori uscita del sangue (luminum suffudit aciem in oculos uehementius umor egestus). In ira 3, 9, 4 Seneca, sempre in riferimento al i ' i ra, accenna anche ad una discrasia di bile gial la, indicando in modo abbastanza preciso i l suo processo di formazione262• Per i ndicare coloro che hanno problemi di irasci bilità, Seneca usa l ' espressione quibus stomachus"" suspectus est"" e sostiene che il modo per tem­ perare la bile è l ' al i mentazione (bilem cibo temperant). Questa affe rmazione ha una sua esattezza medica, in quanto anche Cel so (4, 1 2, 6) consiglia certi tipi di cibi (jaciles) per lo stomaco che soffre di bi le'os. Fra questo passo e il precedente (ira 2, 36, 4) non vi è contraddi zione, ma anzi Seneca di mostra di conoscere bene le concezi oni mediche su li ' eziologia del l ' i ra e del ruolo che i n essa riveste la bile gialla",.; un aumento abnorme di questo umore, infatti , è dovuto al surri scaldamento del sangue che, appunto, diventa bi lioso e quindi si surriscalda sempre di più in una sorta di circolo vi zio­ so""7. Le sue osservazioni sono in questo passo piuttosto precise e in linea con le concezioni mediche del tempo: la fatica fisica favori sce la formazione del la bile perché accresce i l calore mediano (calorem in media conpellit), cioè vicino al cuore (cfr. ira 2, 1 9, 4 calor . . . motu adquiritur precedentemente citato) e altera il corso del sangue (nocet sanguini cursumque eius uenis /aborantibus sistit). Un ' al t ra causa può essere la mal attia o l 'età. Anche queste due preci sazioni hanno un ' esatta rispondenza medica: per quel che riguarda la pri ma, infatti , si ri teneva che certe patologie potessero favorire la formazione di bile gialla268, per quel che ri guarda la seconda, era convinzione comune che i vecchi fossero tem­ peramenti più "secchi "269 e quindi , dato che si attri buiva una particolare abbon­ danza di questo umore ai temperamenti "caldi" e "secchi"270, più soggetti a tale

262 Cfr. anche nat. 2, 59, 9. 263 Per un concetto analogo, in cui i l grado di i rascibilità è connesso allo stomaclws cfr. ira 3, 3 3 , 3. Cfr. anche stomachosus in ira l , 4, 2. 264 Per un valore analogo del termine cfr. Pl in. nat. 20, 54 (sc i i . alium) lltmores suspectos

sanar. 265 Cfr. anche Gal. de tuenda 6, 7 (6, 4 1 1 K.). 266 Per la concezione secondo cui la bile gialla provoca l ' i ra cfr. Gal. de humor. lib. ( 1 9, 492 K.). 267 Cfr. per es. Gal . de sympt. caus. 2, 5 (7, 1 9 1 - 1 93 K.); in Hipp. de acUI. morb. victu Ub. comm. 2, 30 ( 1 5, 569 K.). 268 Per l e patologie che favoriscono la discrasia di bile gialla cfr. Gal. in Hipp. aphor. Ub. comm. 4, 2 ( 1 7 8 658 K.). 269 Cfr. Gal . de temper. 2, 2 ( 1 , 58 1 -582 K.); de sanit. lltenda 6, 3 (6, 397 K.). 270 Ovviamente i l calore dei vecchi è di verso da quello dei giovani . perché è in fase di esau­ ri mento ed è poi segui to dal freddo; per questo, dice Seneca, i vecchi sono "scontrosi" e " q u e ru l i " (come i m a l a t i e i convalesce n t i ) e, q u i n d i , la l o ro i ra è d e l t i p o sine

incremento.

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tipo di discrasie"' . Da notare in questo passo anche una considerazione di tipo psico­ somatico: il corpus attenuatum e infirmum esercita la propria influenza sullo spi ri to. A d i scras i e d i bile g i a l l a Seneca accenna anche in a l t ri punti del l e s u e opere172• In ben . 5 , 1 2, 6 , per esempio, c ' è l ' osservazione che, quando nel l o sto­ maco ammalato vi sia troppa bile, questa altera la sostanza del c i bo e provoca sofferenza (stomachus morbo vitiatus et colligens bilem quoscumque accepit cibos. mutar et omne alimentum in causam doloris trahir)m. Per quanto ri guarda il l e s s i c o , m ancano in questo pas so term i n i tecn i c i del l a l i n g u a m e d i c a ; v a comunque osservato c h e morbo vitiari, è i mpiegato anche da Celso ( 3 , 22, 2 morbo vitiata corpora) e bilem colligere è attestato i n Seneca anche i n ira 2 , 26, 3 come peri frasi per indicare l ' i rasci b i l i tà. A d i sturbi bil iari di cui soffri va l o stesso Seneca si accenna i n ep. 5 5 , 2 (mihi

tamen n ecessarium erat concutere corpus, ut, sive bilis insederat faucibus, discuteretur, si ve ipse ex aliqua causa spiritus densior erat, extenuaret illum iac­ tatio, quam profuisse mihi sensi). L' espressione bilis insederat faucibus proba­ bil mente è al lusiva ad un senso di amaro in bocca come è normale in chi soffre di questo tipo di disturbi274• Da notare che molti termini usati sono deci samente tecnici: concutere275 corpus, per i ndicare l 'azione del l a gestatio cui egli ri corre come ri medio, insidere detto del l a bile, discutio, per indicare i l " l i berarsi " d i questo d i sturbo. Quest' u l timo verbo, comunemente i mpiegato da Celso per i n d i ­ care l a risoluzione di m alattie, è usato spesso i n questo senso anche da S eneca; anzi , in qual che caso, vi sono singolari ri spondenze con l o scri ttore medico276• Per quanto ri guarda l ' affezione i ndicata i n questo stesso passo con l ' espres­ sione spiritus densior, si veda il paragrafo rel ativo al l a destillatio. Di sti molazione del la bi l e dovuta, i nvece, a mal di mare, Seneca parla i n ep. 5 3 , 3 , in c u i l ' accenno perti nente al l ' eziologia del d i sturbo (nausia enim me segnis haec et sine exitu torquebat, quae bilem movet nec e.ffu n dit) e l ' i mpiego di n u merosi termini del lessico medico ( vexare, torquere, e.ffundere)m d i mostra­ no la sicura competenza del nostro in relazione a questa patologia.

27 1 272 273 274

Cfr. Gal . de sani/. 111enda 6, 3 (6. 390 K.); Plut. viri. mor. 450 F. Per un cenno fugace cfr. prov. 3, 1 3 . Cfr. Gal. in Hipp. de ac11t. morb. vic111 1ib. comm. 2 , 2 9 ( 1 5 , 5 64 ss. K.). Cfr. G a l . de sympt. ca11s. l , 4 (7. 1 05 K.); in Hipp. de aclll. morb. viclu lib. comm. 2 , 29

( 1 5 , 567 K.). 275 Cfr. Cels. 3 , 6, 13 ; 3 , 2 1 , 12 (da cui, secondo i l Th . l. L. IV, 1 1 8, 63 deri verebbe S e n . ep. 55, 2; 1 5 , 6). 276 È detto della febbre i n ben. 6, 8, l , come in Cels. praef 69; di morbi in ben. 6, 36, 2, come i n Cels. 3 , 2, 6; d i malum i n ep. 95, 34, c o m e i n Cel s. 3 , 2 1 , 4. V d . a n c h e Th. l. L. v. 1 37 3 , 44-66. 277 Vexare è comu nemente i mpiegato nel lessico medico per i nd i care la sofferenza fisica (cfr. , per es., Scrib. Larg. 40; 95; 1 39; Cels. 2, 6, 7 ; 4, 1 4, 4); torquere ( pe r cui vd. anche

55

DISCRASIE DI BILE

N ERA :

LA MALATTIA MENTALE

Raccogliamo sotto questa sezione tutte le malattie mentali menzionate da Seneca, anche se solo in un caso egli accenna chi aramente a d iscrasi a d i bile nera e non fa mai riferimento alla bile gial la (tradizional mente considerata alla base della phrenesis e della mania). Seneca accenna ripetutamente nelle sue opere al la malattia mentale indi cata di volta in volta con i termini phrenesis, dementia, insania, senza che si possa­ no real mente individuare differenze patologiche sostanzi al i . Gli accenni sono, infatti , sempre mol to fugaci e non lasciano quasi mai trapel are competenze mediche specifiche, ma si limitano per lo più a ripetere osservazi oni di carattere comune. Pri ma di osservare i si ngoli passi è opportuno fare una premessa sul s ig nifi­ cato dei termini impiegati . Come è noto, infatti , nonostante c h e a part i re d a l l sec. a. C., in parallelo con una sempre più preci sa differenziazione delle malat­ tie mentali nella medicina greca278, si sia tentato a più ri prese di fi ssare per cia­ scuna termini diversi, nella maggior parte dei casi i vocabol i relati vi continuano ad essere i mpiegati con molta libertà. Senza voler indugiare su questo argomen­ to, su cui vi sono numerosi studi anche recenti"•, ricordiamo sol tanto che, nonostante il tentativo di Cicerone (Tusc. 3 , 9- 1 0 ; 3 , 1 1 ) di operare una d i stin­ zione fra insania, dementia e furor, nel l ' uso del suo tempo i l term ine p i ù comu­ nemente impiegato rimane il primo. In epoca imperiale, i nvece, a part i re dal l sec. d. C. con Celsom, Seneca e Plinio il Vecchio, si afferma, come equivalente o quasi di insania, l ' i mpiego di phrenesis che gradual mente tende a prevalere nel l 'uso'"'· I due termi ni , infatti, sono impiegati senza sostanzial i d i fferenze, come per

supra, ep. 78, 9) è un verbo impiegato frequentemente da Cel so per i nd i care forti dol ori particolarmente degl i intestini (2, 7, 6), ma anche di testa ( 1 . 5, 1 ), e di m i l za (5 , 1 8 , 4) ;

effundere, qui detto a proposito del la bile, richiama il passo di Celso ( 1 , 3, I l ), i n c u i ,

278 279 280

28 1

56

sempre a proposito della nausea d a navigazione, è impiegato p e r l a pituita (cfr. anche Cels. 4, 1 8, 4 in cui è riferito a stomachus e venter). V d. infra cap. Persio (paragr. Malattie dermatologiche e relative alla bile). Per una rapida si ntesi della questione vd. MAZZINI 1 990, pp. 45-50. Come osserva PIGEAUD 1 987, p. 8, Celso è i l pri mo autore med ico che tenta d i defi n i re l ' ambito del l ' insania; egl i, infatt i , impiega, oltre a insania (che traduce s i a mania sia melancholia, malattie solitamente annoverate fra le cron iche), anche phrenesis (malattia trad izional mente considerata acuta), che è un tipo di insania e defi n i sce l a patologia psi­ chica accompagnata da febbre (2, l , 1 5 ; 3, 1 8, 1 -2). Vd. anche PIGEAUD 1 98 1 , pp. 249255 ; PIGEAUD 1 994, pp. 259-279. Per l 'analisi dei passi di Cicerone e degl i autori del l sec. d. C. in cui viene affrontato i l problema della definizione del le malattie mentali in latino v d . STOK 1 980; PIGEAUD 1 98 1 . Per Cicerone vd. anche GRAFI-lGNA 1 990, pp. 237-243.

DISCRASIE DI BilE llo"ERA: LA MAU.TilA MENTALE

Raccog li amo sono questa sezione tutte le malatlic mcnln l i menzi onate da Seneca. anche se solo i n un caso egli accenna chinnnncnlc n discrasi a di bi l e nera e non fa mai ri ferime nto alla bil e gialla (lrad i zionnlmcnle considerata alla base della phnnesis e del la mania) . Seneca accenna ri petmamente nelle sue opere alla mnlntl i a mentale i ndicata

di volta in volta con i termini phrenesis, dementia, ÌII.WIIia. senza che si possa­ no realmente individuare differenze patologiche sos1anziali. Gli accenni sono,

i nfatti . s e m p re m o l t o fu g a ci e non lasciano quasi mai t ra pe l a re competenze mediche specifiche. ma si limitano per Io più a ripetere osservazioni di carattere comune.

è opportuno fare una premessa sul s i gn i fi ­ è noto, infatti , nonostante che a parti re d a l I sec. a. C.. in paral l elo con una sempre pi ù precisa differenziazione del l e malat­ tie mentali nella medicina greca!":'&, si sia tentato a più riprese di fi ssare per cia­ sc una termini diversi, nella maggior parte dei casi i vocaboli relativi continuano ad esse re i mpiegati con mol ta libertà. Senza voler indugiare su questo argomen­ to. s u cui ,; sono numerosi studi anche recenti'79, ricordiamo soltanto che, nonostante il tentativo di Cicerone (Tusc. 3, 9- 1 0 ; 3, 1 1 ) di operare una distin­ zione fra ir.sar.ia. ununria e furor, nel l ' uso del suo tempo il termine più comu ­ nemente impiegato rimane il primo. I n epoca imperiale, invece, a parti re d al I sec. d. C. con Celso=-'. Seneca e Plinio il Vecchio, si afferma, come equival ente o quasi ài ir.sar.ia. l im pi ego di phrenesis che gradualmente tende a prevale re Pri ma di

osservare

i singoli passi

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nell 'uso"':. I due termini. infatti , sono impiegati senza sostanziali differenze, come per

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7, 6), ma anche di lesta ( 1 , 5, 1 ), e di m il za (5. 1 8, 4): c�- qui det:!1> a proposito della bile, richiama i l passo di Celso ( l , 3 , Il ). in c u i . S>:mpR a �"'Sit� ddla nausea da navigazione, è i mpiegato p e r l a pituita (cfr. anche Ccis. -4, l S_ 4 i.:l .:-.ri è riferito a stomachus e venter). \'d. �.,�..: Clf· Per-sio \par.!gr. Malattie dermatologiche e relative alla bile). Per = !'2p(� si:::.!e:Si della questione vd. MAZZIN! 1 990, pp. 45-50. c� ='--:l P:�-\t"D 1 987. p. 8, Celso è il pri mo autore medico che tenta di defi n i re ! '�to de:r:.�-:�: egli. infani . i mpiega, oltre a insania (che traduce s i a mania s i a _..:;_;,...._.,o.._•.:.:_ t:>1l..lttic sc>litam�nte annoverate fra le c ro n i c h e ) , n n c h c phrenesis (malania � .:..'Clsider:11a acuto), che è un tipo di ln.wmia c d c fì n i scc In pu to l og i a psi ­ .::� Jo..'\."\.� . di febbre (2, l , 1 5 ; 3, I K, 1 -2). Vd. nnche I'IOEAIID 1 98 1 . pp. 2�9:55: P:•.:::K.� !�. pp. :.59-279 . � t ':l:!oL.:..� dei pz.;si di Cicerone c degl i muori dci i hcC. d. C. in cui v i e n e nll'rontato i l proti=t. J.ei:l deiini zione d �I l e mn l n n i e mcnlnli in lnllno v d. S T< IK 1 91!0: I'Jor�-u:n 1 98 L � c�.:ome �.i. � GR.-\Fl-lGNA 1 990, pp. 2.n 2-1:1. puti.:.."'il.-met::e � ,Ji intestini (2,

:-:-'S :-9 :S>; GUMMERE 1 967 "'. Sulla base di tutte queste considerazioni si può concludere che Seneca conosce assai bene il morbus comitialis e che, per quanto concerne la semeiotica e l a tera­ pia di questa affezione attinge ad una fonte, presumi bil mente metodica, che aveva molti punti di contatto con le idee esposte in Teodoro Prisciano e Celi o Aureli ano. Quanto alla li ngua, la chiarezza nel l 'esposizione dei si ntomi e la precisione teori­ ca non si traducono in questo caso nel l ' impiego del la terminologia medica. PESTIS, PESTILENTIA

Seneca accenna numerose volte nelle sue opere ai concetti di peste e pesti len­ za, da un lato i nserendosi in una vasta tradizione letteraria, dal l 'altro accostan­ dosi al tema con interesse puramente scientifico. Dato che si tratta di un argo­ mento ampiamente studiato in epoca recente"", ci limi teremo soltanto ad al cune considerazioni marginal i , indispensabili per completare i l quadro di cui ci stiamo occupando. Ritorneremo, invece, sul l ' argomento esclusi vamente i n funzione di Lucano, quando affronteremo il rapporto di questo poeta con Seneca per quanto riguarda la descrizione della peste. In molti di questi passi , sia che venga usato il termine pestis o pestilentia"" , quel­ lo che conta è solo l 'allusione ad un tipo di malattia "contagiosa", letale, che semina sofferenza e morte e da cui non mettono al riparo neppure un fisico robusto ed una cura attenta del la propria salute'"". Manca cioè, nella maggior parte dei casi , ogni interesse da parte di Seneca per l 'eziologia di questa forma patologica, e i rari detta­ gli semiologici167 non consentono di formulare alcuna ipotesi di ti po diagnostico.

361 ar. Cel s. 3, 27, l ; 6, 1 8, 9A (subiris et gravissimis morbis correpli su/11). 362 Vd. SBLENDORJO CUGUSI 1 99 1 , pp. 263-27 1 . 363 Per morbus comirialis e l e altre denominazioni del l 'epi lessia vd. J . ANDRÉ 1 988. pp. I l · 1 3 ; 80SCHERINI 1 99 1 , pp. 1 92- 1 93. 364 Vd. P!SI 1 989, cui si ri manda anche per l ' ampia bibliografia su l l 'argomento. S u l tema del la peste vd. anche SCHMITZ 1 993, pp. 1 -35; 40-49. 365 Vd. P!s1 1 989, pp. 72-79. l due termini sono spesso i mpiegati nel l e opere di Seneca anche non i n relazione alla cosiddetta "peste", ma con un valore metaforico molto ampio. S u questi termini v d . anche BODSON 1 99 1 . pp. 220-224. 366 Cfr. per es. Helv. 7, 4; ep. 75, 7; ira 3, 5, l ; c/em. l , 25, 4 (per pesrilenria). 367 Per la febbre c fr. rranq . 7, 4; per pal/or e macies cfr. ira 3, 26, 4.

74

Anche q uando questi vi sono, come nel l ' ampia descri zione del l a funesta pestis nel l ' O edipus (per l ' anal i s i dettagliata del l a quale ri mandiamo ai l avori speci fici sull ' argomento)'"". ri sentono tal mente dell a tradizione l etteraria che è d i ffi c i l e cogl i ervi uno spunto di particolare com petenza " c l i n i ca" senecana. Così , i l languor che alligat artus, i l rubar sul volto, le maculae . . . leves s u l l a pel l e , i l vapor flammeus n e l cervel lo, i l sangue sulle guance e l a fi s s i tà del l o sguardo , i l suono nel l e orecchie, l ' epistassi dal naso, l a rottura dell e vene, l a sete terri bile, l a debi l i tazione fisica cd anche la stessa defi nizione d i sacer ignis,.. (che pascitur artus) hanno tutti precisi riferi menti letterari , ben individuati dal l a critica370• È quindi praticamente impossibile avanzare u n ' i potesi d i diagnosi s u questa " peste", i n quanto la si ntomatologia descritta sembra pi uttosto mi rare a creare un "quadro" nosologico emblematico pi uttosto che a deli neare una pato­ logia attend i bi l e" ' . Anche l ' espressione ignis sacer, data l a sua genericità e l a moltepl icità d e i fenomeni morbosi c u i poteva appl icars i , serve solo a caratteriz­ zare letterari amente i l passo e non è di aiuto nel l a sua i nterpretazione medica. La descrizione sembra infatti corrispondere solo in parte al quadro morboso del l ' ignis sacer'" descri tto da Cel so, u n ' affezione di tipo cutaneo (caratterizzata sempre da rossore e tumefazione del la pel le) e riconduci bile, fra l ' al tro, anche al l ' eri s i pela; i n fatti, a quanto testi moniano le fonti antiche, questo termi ne aveva

368 V d . PISI 1 989, pp. 63 -69. 369 Per il vi gore della metafora sacer ignis per indicare l ' erisipela vd. BosCHERINI 1 99 1 , p. 191. 370 Per i debiti d i Seneca con Tuc idide, Lucrezio e Virgi l i o i n ciascuno d i questi punti vd. PISI 1 989, pp. 64-66. 37 1 È comunque sempre difficile interpretare la realtà nosologica di queste pesti lenze, anche se d i volta i n volta si sono tentate identificazioni; per que l l a d ' Atene, per esempio, che costituisce i l model l o letterario per tutte le descrizioni successi ve, GRMEK 1 99 1 , p. 202, avanza l ' i potesi che si trattasse di o �Epov o I ' ÈK7tÀEK'tLICOV. Anche i n questo caso si scoprono l e conoscenze mediche del l ' autore, da qualunque parte gli siano deri vate'""' . Cazzani ga'"n m i n i ­ m izza l ' i nfl usso che può aver avuto su di lui il medico di Nerone A ri s tomaco Seni or""' (cui è attri buita l ' i nvenzione di un antidoto di sessantuno i n g redienti detto raÀllVTt). autore di un poemetto elegiaco di 1 74 versi ( Theriaka) traman­ datoci d a G aleno""', senz'al tro posteriore all 'opera di Lucano, con cui comunque mostra qualche affinità contenutistica""" ; a nostro avviso, però, questo ti po di contatti non può essere sottoval utato, tenendo conto del grande i n teresse del l ' e­ poca di Lucano (e di quella successi va)""' . sia in ambito greco che lati no, per tutto ciò che concerne i veleni e del la conseguente grande di sponi b i l i tà di fonti cui att i ngere. S i ricordi che proprio nella prima metà del I sec. (attorno al 30 d . C.) è col l ocata l a fi ori tura di Sostrato ad A l essandri a , che, ol tre ad essere medico, fu zoologo di grande fama e si occupò in una del le sue opere anche di ani mali velenosi (ilEpÌ. �ÀTt'tWV KUÌ. OUKÉ'troV)'"" ; appare q u i ndi tutt ' a l tro che i n verosi m i l e che Lucano, vi vendo nel l e stesso ambiente soc i a l e e c u l t u ra l e , abbia avuto contatti personali con il medico di Nerone e da questo abbia ricevu­ to i n formazioni " mediche" sulla sintomatologia provocata da certi veleni. B i sogna i noltre tenere presente che anche nel caso che Seneca non si sia occupato i n maniera specifica degli effetti del veleno, era pur sempre vicino al l a scuol a d e i Sesti i , nel l a quale doveva essere vivo l ' i nteresse per q ueste ricerche nel l ' am b i to delle propri età terapeutiche dei semplici60J. Seneca poteva pertanto

596 Come è noto i l FRITZSCHE 1 892, pp. 1 2- 1 3 , convinto d i certe somi g l i anze fra Lucano ed E l i a n o , che è stato d i mostrato indi pendente dal l a tradi zione n icandrea (WELLMANN 1 8 9 1 , pp. 3 2 1 ss.), ritiene che entrambi possano aver avuto l a stessa fonte. 597 V d . CAZZANIGA 1 957, p. 28. 598 V d . SCHNEIDER 1 85 8 ; W ELLMANN 1 894. 599 V d. G a l . de alli id. l , 5 ( 1 4, 32 K . ) ; ad Pison. de ther. 6 ( 1 4, 233 K.). 600 V d . SALEMME 1 972, p. 1 29, i l q u a l e l o ritiene del 67-68. 60 1 Il m e d i c o eclettico A rc h i gene (vissuto tra il 50 e il 1 1 3 ), che aveva fatto precedere l a descrizione d e l l e terapie contro i veleni di animali velenosi d a q u e l l a d e l l e patologie rel a­ t i v e , d i pendeva dalla stessa fonte di Nicandro. 602 V d . WELLMANN 1 894, p. 339. 603 Pe r gli i n te ressi natura l i stici e farmacol ogici propri d i questa setta e dei suoi adepti (si ricordi che Sestio N 1 gro fu u t i l i zzato come fonte da Pl i n i o il Vecc h i o e D i oscoride) vd. so pratt utto CA rrr,\ Nl 1 99 1 . pp. 98- 1 07 .

1 23

fungere da i ntermediario tra questa scuola e Lucano per alcuni di questi dati. Al tre conoscenze potevano forse deri vargli dai med ici pneumatici ed eclettici (dei quali abbiamo messo in evidenza contatti con Seneca e Lucano). L'eclettico Archi gene (fiorito negl i anni dal 50 al 1 1 3)""' è considerato l ' autore del ncpì i.o­ �oÀ.rov KaÌ ÒllÀlltllpirov $ap!lci.Krov605, in cui l a trattazione di veleni si articola i n sintomatologia e terapia: non è affatto inverosimile che l ' i nteresse per l ' argo­ mento si fosse già manifestato nel l 'ambito del la scuola. S i può affermare che l ' i nteresse di Lucano è prevalentemente rivolto ali 'a­ spetto anatomico e medico per le opportunità di esasperata enfati zzazi one offer­ tegl i da certe descri zion i ; ma egli mostra anche di conoscere la trad i zione ofiolo­ gica, sia nel suo ramo poetico che in quello più propriamente tecnico. Anzi , trat­ tandosi di una materia su cui non sempre le fonti erano concord i , Lucano poteva scegl iere fra varie opzioni e possibi l ità letterarie. Purtroppo, poiché i gnoriamo gran parte di questa tradi zione, non siamo in grado di stabi l i re se certe di scre­ panze fra Lucano e le fonti greche siano innovazioni del poeta o vadano attri bu i ­ t e a varietà di fonti. Abbi amo osservato, ad esempio, alcune coi ncidenze escl usi­ ve con Eliano: tale è i l caso del veleno che risale l u ngo l 'asta. mancante nel l a tradi zione greca precedente e presente solo i n Eliano, oltre c h e i n Lucano e P l i ­ n i o . Poiché difficil mente El iano avrà tratto il motivo d a i due lati n i . è naturale supporre che attingesse ad una fonte comune perd uta""', forse il medico Sostrato. Sebbene sia possibile supporre che certi dati l ucanei possano essere s tati ricavati dal model lo letterario costituito da Macro, il particol are rapporto con S eneca e le conoscenze mediche ri velate da Lucano ci i nducono a non escl udere che anche nel caso dei serpenti egli ri el abori nozi oni pervenutegl i , se non d i rettamente dal l a l �ttura di opere del l o zio ( l ' i potesi che nel de si tu A egyptiorum Seneca potesse aver trattato l 'argomento è, comunque, assai plausi b i l e ) , a lm eno d a l ­ l ' ambiente culturale in c u i entrambi vivevano. Per quanto ri guarda l a tradizione letterari a precedente relativa al l a trattazione di argomenti med i c i , non mancano precisi ri feri menti v i rg i l i an i e orazi ani607; sono soprattutto notevoli i debiti con Ovidio, i n particol are con le Metamorfosi: oltre ai punti di contatto già segnalati dal Pichon possiamo ri cordare 4, 287-88 (ossaque nondum adduxere cutem) e met. I , 27 (macies adduxerat artus) ; 289290 (frigidus artus l alligat . . . torpor) e met. I , 548 (torpor g ra vis l alligat artus) ; 4, 369-370 (vacuis venis) e met. 8 , 820 (in vacuis venis ) ; 4, 370 (clausit-

604 Vd. M0RLAND 1 956, pp. 84-85. 605 Vd. RHODE 1 863. 606 Vd. FRITZSCHE 1 892, pp. 1 2- 1 3 , che sottol inea cene somigli anze fra Lucano ed El iano, i l quale a sua volta è indi pendente dalla tradizione nicandrea ( W ELLMA NN 1 89 1 , pp. 3 2 1 ss.). ri tiene che entrambi possano aver avuto la stessa fonte, presumi bi l mente Sostrato. 607 Per questi ed altri vd. PICHON 1 9 1 2, pp. 2 1 9-264. V d. anche HOSIUS 1 893 , pp. 3 80-397.

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que animam) e met. 7, 604 (vitalesque vias . . . clausit) ; l , 246 (deriguere metu) e met. 7 , 1 1 5 ; per abrasaefauces di 6, 1 15 cfr. Scrib. Larg. 2 15 abrasa corpora. Per quanto riguarda il lessico, i n Lucano come i n Seneca, sono attestati termi ­ ni o espressioni del l 'ambito medico che s i ritrovano in epoca successi va, a volte i n età tarda""" . Raramente si potrà pensare che si tratti di i nnovazioni l ucanee , ma i n qual che caso ciò non è escluso: è così per l ' espressione membra rigentia ed al tre ri p rese da Quinto Sereno, che proprio in Lucano (come anche i n altri poeti ) trova s pesso formule e si ntagmi uti l i per i suoi esamet ri . Più di frequente si dovrà pensare ad una tradizione preesistente, forse favorita anche dalla medicina popolare; ma di essa nel naufragio di tanta parte della produzione antica, s i sono conservate solo sporadiche tracce.

608 Cfr. per es. anhelirus (4, 622; 756) nel senso di "suspirium", docu mentato in Pl i n . nat. 9, 1 3 ; C h i ron 360; angusto (4, 327), attestato solo i n Cae l . Aur. chron. 3 , 1 30 ; 5 , 1 1 7 ; acw. l , 1 50 (cfr. Pelag. 2 1 0, 7 ) ; compages (6, 1 77), nel senso di "struttura ossea del cranio", i mpi egato anche i n Pi i n. /Ja/. I l , 1 32; curro, detto del sangue (per c u i vd. supra).

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Cap. III Persio

INTRODUZIONE

La satira di Persio è stata oggetto negli ultimi decenni di un notevole i nteresse da parte di studiosi e critici che, in l i nea di massi ma, hanno teso ad una ri valuta­ zi one o perlomeno ad una più meditata valutazione del la sua concettosa e spesso oscura poesia600• Anal i zzate le caratteri stiche salienti del la li ngua e svi scerata l a Jmitationstechnik"10, s i è parlato, a proposito della tecnica espositiva•" del poeta, di "descri zi one straniata"6'2, sono stati messi in l uce i diversi l ivel l i l i nguistici613 che caratteri zzano i l suo sti le, defi nito "pol i l i ngui stico e anti normati vo"61., e a proposito del l a sua abi l i tà nel sovrapporre piani metaforici a quel li real i6'" si è fano anche qualche convi ncente accostamento con la tecnica del l e i mmagi n i

609 V d . p e r e s . S ULLJ VAN 1 972. G l i studiosi hanno variamente cercato d i moti vare l 'oscu rità d i Pers i o attri buendola, come nel caso di BRAMBLE 1 974, pp. 2- 1 2, all 'esigenza (p. 1 2) «to escape from the oppressive weight of convention>> . PASOLI 1 968 ( = 1 98 2 [ A ] ) , l a ricol l ega ( p . 90) al gusto stoico per la concisione espressiva e ri manda a Cic. de ora/. 3 , 66; BELLA N DI 1 972 ne trova le moti vazioni nel la matrice stoica di Persio. Per una panora­ m i c a degli studi p i ù recenti si ri nvia a SQUILU.NTE SACCONE 1 976; SQUILU.NTE SACCONE 1 98 5 . V d. anche BIONDI 1 97 8 ; 8ELLA N DI 1 988. 6 1 0 S u l l a l i n g u a in generale vd. ERDLE 1 968; PARAfORE 1 968; CUPA I UOLO 1 97 3 ; BARDON 1 975 ( A ) ; BARDON 1 975 (B), pp. 689 ss. Vd. anche D E MEO 1 983, p. 233. S u l l a tecnica i mitativa v d . , per es., HENSS 1 955. Solo per citare qualche esempio di tecnica i m ita t i va vd. per Luc i l io, oltre ai l avori di FISKE 1 909 e di REITZENSTEIN 1 924, RASCHKE 1 976; per Oraz i o FARANDA 1 95 5 ; per Properzio BRUGNOU 1 969. 6 1 1 Forse mai come nel caso di Persio sono state i mpiegate tante defi n i zioni per descri vere g l i elementi fondamentali di tal e tecnica: si parla dunque di . Ai vv. 8 8 - 8 9 i l mal ato si ri volge al medico perché di agnosti chi la sua affe­ zi one, el encando i si ntomi che avverte, dicendo: 'inspice, nescio quid trepidat

mihi p ectus et aegris l faucibus exsuperat gravis halitus, inspice sodes '. lnspi­ cere ( i m piegato comunemente nel lessico medico, con un valore quasi tec n i ­ co) , equi valente a bttcrKo7t€ ro, è usato comunemente p e r l a d i agnostica e atte­ stato, anche con val ore assol uto, sia in ambi to letterari o che negli scri ttori tec­ n i ci634. La conoscenza dei pri mi accertamenti diagnostici eseg u i t i dai med i c i del

63 1 Pe r i l pri mo caso cfr. ep. 68, 7 ; per i l secondo Helv. l , 2. Yd. anche supra. cap. Seneca (para gr. Fisiologia). 632 Pe r una l i sta s i m i l e cfr. Hor. episr. l , 1 8 , 96- 1 03 ; ars 3 1 2-3 1 5 ; Sen. ep. 82, 6. 633 Per l a descrizione c l i n ica e l a patologia nel Corpus Hippocraricum vd. E. D . PHILLI!'S 1 97 3 . Pe r l 'ausc u l tazione, si ricord i que l l a relativa agli "sfregamenti" del polmone contro la p l e u ra, paragonata al rumore prodotto da strisce di cuoio nuovo (H i pp. morb. 2, 59 1 7 , 92 L. 1), o ppure ai ra ntol i , c h e veni vano paragonati al rumore del l ' aceto ri bol l ente (ibid. 6 1 ( 7 , 94 L. J). 634 Cfr. Plaut. Pers. 3 1 6; Ce l s. 3 , 4, 8 ; Col um. 6, 1 2, l ; Cae l . A u r. chron. 3 , 52; Cass. Fel . 76, p. 1 8 1 , I l s. Per una rassegna completa del l e anestazion i , si veda Th. l. L. V I I . 1 952, 7584; 1 95 3 , 1 -5 .

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tempo risulta evidente soprattutto dai vv. 1 07- 1 09 del la stessa sati ra (vv. 1 071 09 'tange, mise r. venas et pone in pectore dextram; l n il cale t hic. Summosque pedes attinge manusque; l non frigent '). A quanto si ricava di qui , essi esamina­ vano p ri ma di tutto i l pol so"" del paziente: dal la frequenza del suo battito rica­ vavano i l pri m o segno di un 'eventuale affezione. Per indicare tale atto Persi o i m pi ega l 'espressione tangere venas (equivalente, dal punto di vista semantico, al greco nilv oUYJlcilV a7ttEo8at), attestata i n ambito letterario636, ma, almeno a quanto ci ri sulta, non uti l i zzata nel lessico special i stico. S ubito dopo appura­ vano i l grado di calore del corpo, in quanto i l caldo e i l freddo delle mem bra erano considerati si ntomi di malattia"''. Il calore corporale veniva defi n i to coi verbi frigere e ca/ere, come attesta Cel so (2, 4, 4): mali etiam morbi signum est ... caput et pedes manusque calidas habere ventre et lateribus frigentibus, aut frigidas extremas partes acuto morbo urguente, aut post sudorem inhorre­ scere.,.; (2, 6, 7) cui febre non quiescente exterior pars friget, interior . . . ca/et. Per i ndicare la maniera del l 'accertamento diagnostico Persio, forse anche per ragioni di variatio, usa attingere"'• che non è term i ne speci fico del lessico spe­ ciali stico. Poco dopo (v. 1 1 3 ) si ha temprare, che, pur essendo attestato con v a ri e accezi oni nel l a terminologia medica... , i n ambito l etterari o è i mp i e gato per

635 Accenna a l l ' esame del polso nella medicina antica Plsi 1 983, p. 38, n . 63 . 636 Cfr. Luci l. 642 M; Sen. ep. 22, l non potest medicus per epistulas cibi alll balinei tempus eligere : vena tangenda est (cfr. anche nat. 4, 1 3 , I l febris . . . non tacru venarum . . . deprehenditur); Gel i . 1 8, I O, 4. 637 Cfr. anche Cato agr. I l O; Cels. 3, 2, 3 ; 3, 6, 7. Nel Corpus Hippocraticum (epid. 6, 2, 20 [5, 288 L.]), si ntomo di abbassamento della milza è l ' avere piedi , gi nocchia e mani calde, naso e orecchie fredde.

638 Cfr. anche Cels. 2, 7, 6 ca/or a wem arriculorum prout in pedibus manibusve aut alia qua/ibet parte sic est ut eo /oca nervi conrrahanrur, aut si id membrum ex levi causa Jatigatum aeque frigido ca/idoque offenditur, podagram cheragramve ve/ eius articuli, in qua id sentirur, m orbum futurum esse denuntiat ; 2, 7, 1 2 si . . . extremae . . . parres frigescunr; 2, 7, 34 quod suppurar ... ipsum calidiusque est. . . ; in H i pp. aph. 7, l (4, 578 L.) leggiamo: E:v 'toìow ò!;Écn vouOJiJ.Wcrt 1)1'1)!;tç àKpCll'tll p irov KetKév.

639 Cfr. Tac . ann. 6, 50 (sci i . medicus) pulsum vena rum auigit; Gel i . 1 8, l O, 4 allingere venam. 640 Temprare può i n d icare accertamenti d i tipo medico- veteri nario (cfr. Col u m . 8 , 5 , 1 7 ; 8, I l , 8) oppure può i nd icare l a speri mentazione d i u n medicamento per saggiarne l ' efficacia curativa (cfr. Cels. praef. 37 temptaturum (sc i i . medicum) ... remedia simi­ lia illis, quae vicino malo saepe succurrerinr; cfr. anche 3, I l , 2 ; 3, 1 5 , 4; 3, 2 1 , 4; 3 , 3 1 , 8 ; 4 , 1 2, 6 ; 4, 3 1 , 1 ). Temprare, o p i ù spesso i l passi vo temptari, è usato a n c h e per le malattie che colpiscono determinate parti del corpo: per i l primo caso cfr. per es. Cel s. 2, 8, I O; 4, 3 1 , l ; per il secondo Cels. 2, 17, 2; 3 , 2 1 , 4; 4, 12, 6; 4, 2 1 , 2 ; Pl i n .

nat. 24, 1 74.

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l ' esame s fi gmologi co641 , al l a stessa stregua di tangere venas o manum tange­

re"'2. Dunque in questo passo al la precisione clinica del contenuto corri sponde u n l i nguag g i o c h e al terna abil mente termini del lessico med ico e d espressioni p i ù propri amente letterarie. PATOLOGIA

Per quanto questa sezi one sia dedicata al la termi nologia medica i m pi egata i n senso propri o , è opportuno premettere una preci sazi one di carattere generale. I n n anzi tutto va sottol i neato che proprio i n questo ambito i l lessico s pecial i stico è pi ù copioso e perti nente, come era del resto logico attenders i , dato I o scopo prec i puo del l a satira persiana. Inoltre, anche quando manchi la defi n i zi one spe­ cifica, l a m al attia appare spesso ben focal i zzata med iante dettagl i si ntomatol ogi­ ci che rendono i l quadro i ncisivo e real i stico, come nel caso del l ' affezione gene­ ral mente identificata con l ' idropisia (3, 85- 1 02) . Per mettere in evidenza e q u i n ­ d i sti gmatizzare i mal i del la società, infatti , niente è più efficace c h e "vi sual i z­ zarli " comparandol i con preci se patologie. Anche in questo caso, ai fi ni di una più organica trattazione dei vari lemmi , possiamo operare una classificazione di comodo del le varie malattie: Malattie dermatologiche e relative alla bile

SCABIOSUS

Nel l a seconda satira, nel l ' ambito di un contesto i n cui viene bol l ata l ' insazia­ bi l e avi d i tà di denaro che i nduce gli uomi ni a ri vol gere agl i dei i ndegni voti , è del i neata l a figura del secondo erede che prega per la morte del pri mo"'', addu­ cendo a propri a giustificazione la grave malattia di quest ' ultimo, ormai condan­ nato: ( v v. 1 3 - 1 4) nam et est scabiosus et acri l bile tumet. La l a p i d ari a i casti c i tà di questi term i n i evoca l ' i mmagine di un i nd i v i d u o ri pu g n ante ri coperto di croste e " gonfio per la bi le": poco i m po rta se i l q ua­ d ro n o s o l o g i c o non ri s u l ta chi aro con i m medi atezza, dato che al l a prec i s i one

641 Cfr. Ov. mel. I O, 289 saliulll lemplalae pollice venae; heroid. 20, 141 dumque suo lemp· rat salienlem pollice venam; Qui n t. I l , 3, 88 a/ii su/11 qui res imitalione signijicanl. ul si aegrum 1emp1an1is venas medici simililudine alli cilharoedum formalis ad modum percu· 1ientis nervos manibus oslendas; Svet. Tib. 72 . . . exislimans (sc i i . Tiberius) lemplalas ab eo (sc i i . a medico) venas. 642 Cfr. S e n . ben . 6, 1 6, 2 si . . . (sc i i . medicus) manwn rangi1; Pii n. episl. 7, l , 4 porrexi manum ulque (sc i i . medicus) langerel dixi. 643 Bo 1 98 5 , p. 1 09 osserva l 'analogia di questo passo con Hor. sal. 2, 6, 1 0- 1 3. Per q uesti passi vd. o ra KJSSEL 1 990, pp. 305-306.

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c l i n i ca di scabiosus si accompagna la genericità del l a succes s i va peri frasi . I l d e ttagl i o s i ntomatologico agevola la vi sual i zzazione d e l mal ato p i ù d i u n a eventual e defi n i zione medica. Scabiosus è u n term i ne di u s o tecni co-settoria­ le, equi valente al greco ljfOlpolOT]ç, attestato i n epoca i m peri a l e prevalente­ mente i n ambi to agricolo e veteri nari o per indi care sia l a scabies che i ntarl a il frumento s i a l a malattia che affl i gge g l i animali con croste puru l e n te"'"'. In rel azione ad esseri umani l ' aggettivo appare attestato per l a pri ma volta i n questo passo di Persia, m a è frequente in epoca tarda"''· Dato che i l sostan t i vo scabies è i l term i ne tecnico per indicare anche u n ' affezione dermato l o g i ca (non ben identi fi cata, ma probabi l mente simile al l ' eczema) .... attestata i n tutto l ' arco del l a classici tà''", era naturale l ' i mpiego di scabiosus per i n d icare chi ne era affetto. L' eziopatogenesi del la scabies veniva ricondotta al le manifestazioni pernicio­ se del l a rra bilis"'". Nel l ' espressione acri bile tumet, pur costituita da vocabol i propri del l essico medico, non ri sulta chiaro però a quale patologia ci si ri feri sca. Le interpretazi oni degli studiosi osci llano tra l ' itteri zia e, seguendo gli scol i i , la pazzi a•·... Teoricamente entrambe sono sosteni bi l i , perché i l term i ne bilis può avere duplice valenza: può i ndicare da un lato la di scrasia bi l i are che porta al morbus regius, dal l ' al tro, metaforicamente, un viol ento attacco d ' i ra. Fi n da Omero infatti quest 'umore era considerato la causa scatenante di furori anche violenti.,. e, tanto nel mondo greco quanto in quel lo latino, era frequente l ' i m'

644 Cfr. per es. Pers. 5, 74; Col um. I l , 2, 83 s . ; Pl in. 11at. 29. 37; 32, 22; per la scabies che interessa le piante cfr. Pi i n. nat. 17, 223 ; 1 9, l 76; 3 l , 33: Col um. 6, 32, 3. 645 Cfr. per es. Theod. Pri sc. er1p. jaen. 9 1 ; Cael. Aur. acui. 3 , 1 8, 1 7 7 ; Diosc. l , l 1 4, p. 95 , I l ; 3, 1 6 1 , p. 443, 5: Marcel l. 6, 25. 646 Cfr. per es. Cel s. 5, 28, 1 6 A ; Pl in. nat. 23, 20; 23, 1 1 7. 647 Sen. beat. 27, 4; Iust. 36, 2, 1 2. In senso traslato scabies è sinoni mo di il/ecebra: cfr. Cic. leg. l , 47 ; Hor. epist. l, 1 2, 1 4; M art. 5, 60, l l ; 6, 37, 4; l l , 7, 7. V d . l.ACKENBACHER 1 937, p. 1 3 1 . 648 Le cause del prurito nel la scabies sono esami nate per es. i n G a l . de sympt. differ. lib. 2 . 6 (7, 1 97 K.). 649 Cfr. Scho/. ad Pers. 2, 1 3- 1 4 Namque est scabiosus. Merito spera/, eum esse cito mo­ riwrum, et deos precatur, qui illum videant et ple11um scabie et velremellli ciro/era frequentius excitarì. Et acri bile, id est me/ancho/ia. Danno al l ' espressione il significato di " i tterizia" CONINGTON 1 893'; LEISS 1 939, p. 20; SCI VOLEITO 1 956; G J LDERSLEEVE 1 979; BARR 1 987, p. 9 I ; di "pazzia" KtSSEL 1 990, p. 305 e n. 25. Intende i n vece e si lascian o trascinare dal l e proprie i ncli nazioni . Date queste premesse, non è impossibile che l ' attributo mascula i nseri sca nel contesto non tanto la notazione di un aspetto "virile" o "maschio", ma pi uttosto un accenno al l a " potenzial ità" costituzionale di questa bile. Dato che gli antichi ri tene­ vano g l i uom i n i pi ù "bil iosi" del le donne690, l 'aggetti vo "quantifica'' l 'entità della bile: non si parla genericamente di bile, ma di bile mascula, ossia del la quantità di cui è dotato u n organi smo maschile""' . lntumescere (equi valente di tumescere e cor­ rispondente del greco oi.oo.i.vEtV, xpoç: cfr. Gal. de sanit. 111end. 4, 4 (6, 254 K . ) . 7 3 5 Pau l . epit. p. 1 08 , 3 , L . luridi supra modum pallidi; lsid. orig. I O, 1 62, l luridus, quod si pallidus, a loro dictus, quod Jwiusmodi lrabeat cutem. I n ambito medico pallidus è atte­ stato anche per i n d i care la particolare colorazione che possono assumere, come conse­ guenza d i certe patologie, l ' urina (Cels. 2, 6, 1 2; cfr. 5, 26, 8), i l muco (Scrib. Larg. 1 25 ; C h i ron 344) e d anche determ i nate piaghe (Cels. 2 , 6 , 5). 736 Per i l valore s i n o n i m i co in genere di pallor e lweus e sull ' utilizzazione letterari a d e l l a termi nologia c romatica, vd. BARAN 1 983, p p . 374 s .

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e Marziale pallidus è connesso anche con di sturbi dispeptici dovuti ad eccessi al i mentari737• La di versità dei termini i mpiegati per espri mere lo stesso concetto non comporta contraddizi one, in quanto malattie di verse possono avere l a stessa sintomatologia. J. André ha dimostrato che in latino pallere e pallidus non i nd i ­ cano sol tanto un generi co pallore ma implicano la sfumatura cromatica d i " gial­ lo chiaro"738• Di particolare interesse è il fatto che Marzial e usa pallere a propo­ sito del l o zol fo ( 1 , 4 1 , 4 pallentia sulphurata) . Ancora una volta in Persio una nota cromatica (pallere) da un lato ci ri porta al si ntomo più appari scente (il colo­ ri to gial l astro) di affe zioni che mettono in causa il fegato o la m i l za , dal l ' al tro ha anche un ' i m p l i cazione più profonda, i n quanto può ri chi amare alla mente i "miasmi sulfurei " che i l mal ato emette. Per quanto ri guarda a/bus riferito al ventre al v. 98, l ' aggetti vo può indicare sempli cemente'39 il colore innaturale del la pel le tesa per il troppo ci bo. A nostro avviso però è possi bi le cogliervi un richiamo all ' i dea espressa da pallere. A /bus, corri spondente al greco A.k:uKoç, è l 'aggettivo comunemente i m pi egato nella let­ teratura latina come equi valente di pallidus, per indicare il colorito esan g u e di un ammal ato'..,, i n contrapposi zione a candidus, che i ndica quel l o di una persona sana"' ; del resto significati vo è anche l 'accostamento già fatto con pallor in O ra­ zio (epod. 7 , 1 5 a/bus. ora pallor inficit). Nel lo stesso poeta, a/bus, detto del corpo, è attestato a proposi to dell 'idropico (carm . 2, 2, 1 5 - 1 6 aquosus albo l corpore /anguor) , a cui forse si ri chiama Persio, sia che i n questo passo si tratti propriamente di idropi sia, sia che si abbia solo una hydropismi su.ffusio nel l ' am­ bito d i affezioni epati che, come nel caso del passo ci tato di Cel i o Au re l i ano. Sempre i n poesia a/bus è accostato allo zol fo in Vi rgi l i o (Aen. 7 , 5 1 7 su/purea Nar a/bus aqua'•'). L'equi valenza di a/bus al l ' i dea del pallore non compare nella

737 Cfr. Hor. sat. 2, 2, 75-77 dulcia se in bilem vertent stomachoque tumultum l tema feret pituita. Vides ut pallidus omnis l cena desurgat dubia? Cfr. anche Porph. ad Hor. sat. 2, 2, 21 a l bum: pallidum, ut Persius; Mart. 9, 48 , 8 ructat adl111 c aprum pallida Roma

meum.

738 Lo confenna i l fatto che sono spesso accostati a tenn i n i che hanno questo valore e sono talora i mpiegati per mi neral i ed oggetti i ndubbiamente "gial l i ". V d . J . A NDRE 1 949, p. 1 42. 739 Cfr. anche JAHN 1 843 (= 1 %7), p. 1 63. l commentatori in genere rinviano a Ps. A c r. ad Hor. sat. 2, 2, 21 album sci/icet nimietate palloris; et hoc propter nimios cibos sepe comingit, ut Persius (3, 98): Atque albo ventre lavatur. 740 Tac. ann. l 5, 64 ore ac membris in ... pallore a/benti bus; cfr. anche Porp h . ad Hor. carm. 2, 2, 1 5 album . . . corpus pro pallido dictum est; vd. Th. l. L. I 1 503 , 55-7 1 . 74 1 Cfr. Serv. ad Verg. georg. 3 , 82 aliud est candidum esse, id est quadam nitenti luce perfu­ sum ; aliud album, quod pallori constar esse vicinum; cfr. anche Sen. ep. 1 22, 4 i n cui a/bere è impiegato a proposito di quanti sono morbo pallentes. 742 Per il colore a/bus delle acque sulfuree si veda anche le A lbu/ae aquae presso Roma

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letteratura medica, dove l ' aggettivo non è mai impi egato per i ndicare la col ora­ zi one del l a pel le, anche se è spesso accostato a pal/idus per contraddistinguere vari tipi di espurgo o di ascessi743• In epoca tarda però Cel io Aureli ano afferma che i l col orito di chi soffre di mi l za è p lumbeus'... ed è signi fi cati vo che uno degl i epi teti p i ù consueti per i l piombo sia propri o albus740; i l piombo però è anche luteus'""' e in Gellio (2, 26, 8) si dice che il colore luteus i mplica qualche tocco d i a /bus. Ecco quindi che il cerchio si chiude e tutti gli aggettivi presenti nel passo di Persi o vengono a ricol legarsi tra loro, sia perché implicano sfumature cromati ­ che analoghe, s i a perché sono impiegati per indicare le medesime cose. I nol tre, al di là di ogni specifica connotazione, hanno tutti in comune il fatto di essere attestati s i a i n rel azione a malattie che interessano il fegato e la m i l za sia, i n ambito m i neralogico, i n riferi mento allo zol fo. Una buona conoscenza del la si ntomatologia e la capacità di renderla plausi bi­ l e d al p u n to d i vi sta medico, anche con i l ricorso a termini non special i stici , accentua l ' effi caci a del l ' i ntero quadro. Il real i smo del la scena ri schia addirittura di preval ere s ul l ' intendi mento moral istico e fa quasi di menticare che l ' i mmagine del malato i n saziabi l e è solo una metafora del l 'anima avida dei piaceri . Affezioni u lcerose

Osserviamo adesso gli ultimi versi del la terza sati ra, che fanno parte di un contesto vari amente spiegato dagli studios i : il pedagogo, o chiunque sia il perso­ naggio che parl a, ri mprovera il giovane di avere un animo fragi le, facil mente di sori entabi l e , pronto a vaci llare per un nonnulla e ad al lontanarsi dal retto com­ portame n to . Per quanto sia sano, davanti ad un cibo poco raffi nato reagi sce come se avesse qual che seri a affe zione nel l a bocca (vv. 1 1 3 - 1 1 4 temptemus jau­

ces; tenero latet u lcus in ore l putre quod haut deceat plebeia radere beta) . La termi nologia i m piegata per svil uppare questa ennesi ma comparazi one tra i mal i del l ' an i m a e quel l i del corpo è decisamente tecnica.

( Pi i n. nat. 3 1 , l 0), di cui Seneca (nat. 3, 20, 4) dice: hoc minus tibi videbitur mirum, si notaveris Albu/as et fere sulphuratam aquam circa canales suos . . . durari; Mart. l , 1 2, 2 canaque sulphureis Albula fimrat aquis. 743 Cfr. per es. Cels. 2, 8, 22 rufimr . . . cruentum . . . album ... pal/idum (sc i i . sputum); 5, 28, 1 2 I ca//us . . . aut a/bus aut pal/idus. I n 5 , 28, 1 9 a/bus è impiegato a proposito de l l a macchia bia ncastra d i una varietà di viti l i gi ne: alplros voca/llr, ubi color a/bus est. In Sclrol. ad Prud. cath . 8 , 27 luteus, i mpiegato per defi n i re i l colorito del l ' iuerico, viene c h iosato con plumbeus. 744 Cae l . A u r. chron. 3, 52. 745 J . A N DR� 1 949, p. 27 , osserva che i n Pl inio i l Vecchio vi sono sed ici esempi di plumbrmr album, contro due sol tanto di p/unrbrmr candidum. 746 Cfr. Pl i n . /ra/. 34, 1 7 1 .

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Ulcus i ndica nel l essico special istico una piaga in vari e parti del corpo7•7 ed è attestato comunemente anche nella letteratura non medica, sia nel suo senso pro­ prio748, sia metaforicamente in relazione all 'anima7••. In questo caso si tratta di u n ' affezione, definita da Celso (6, I l , 3) aptha, che interessa il cavo orale : 2, l , 1 8 : tum si qua inbecillitas oritur, proximtmt est, ut infantes tenerosque adhuc pueros serpentia ulcera oris, quae A IPBA ç Graeci nominant7"', vomitus, noctur­ nae vigiliae, aurium umor, circa umbilicum inf/ationes exerceant. S e operiamo un raffronto lessi cale e concettuale fra i passi di Cel so e di Persio, pos­ siamo osservare notevol i coincidenze pur nella loro ovvia di versi tà. Ad ulcera oris del l ' uno corri sponde nel l ' al tro u/cus in . . . ore e il concetto espresso median­ te teneros pueros trova ri spondenza nel l 'espressione in tenero ore. Anche negli accenni dietetici si registra affin ità, sia pure " per contrasto". Celso consiglia cibi /enes"' , che cioè abbi ano proprietà Ienitive e sfiammanti ; Persio afferma che l ' u/cus putre non dovrebbe essere "sfregato" con plebeia beta . L' affe rmazi one di Persio è i ndubbiamente i ronica, m a è u g u a l m e n t e s i g n i fi cativa l a s c e l t a del l ' ortaggio: l a bietola è s ì u n c i bo "povero", m a è comunque un cibo non fenis, acerm e non raffi natom. L' idea della "ruvidi tà" del la bietola ( l ' antitesi di ciò che può essere "Ienitivo" ed emol l i ente) è sottol i ­ neata d a radere, che indica "sfregarnento brutale", attestato frequentemente s i a nel l essico medico, in ambi to chi rurgico7"', sia i n ambito n o n tecnico per i n d i ­ care i rri tazioni organiche, per esempio del la gola"'. I term i n i i mpiegati ai vv. 1 1 3 - 1 1 4 sono quasi tutti tecnic i ; la precisione semantica confe ri sc e evidenza ancora maggiore al l a metafora medica. Ol tre a temptare, di cui si è parl ato, compare fauces, che i ndica la parte superiore del l ' esofago, dall a radi ce della l i ngua fino ali ' i n i zio della gola756. L' accostamento di fauces ed os non è casua-

747 Sulla differenza fra ulcus (piaga incancrenita) e ••ubws vd. DEGL' I NNOCENTI PI ERINI 1 987, p. 1 39, n. 7. 748 Cfr. Lucr. 6. l 148; Hor. epist. I, 16, 24; Sen. nar. 3, l , 2; Pi i n. nat. 22, 1 50; 3 1 , 97. 749 Cfr. Ace. trag. 565 R3 iam iam absumor: conficit animam l vis volneris, ulceris aestus; Sen. ep. 68, 8 Quid in orio facio? Ulcus meum curo. 750 Cfr. anche Cels. 2, 7, I O in faucibus ulcus reperietur; 6, I l , 3 verum ea longe peri ·

culosissima sunr ulcera, quas aprhas Graeci appellanr, sed in pueris.

75 1 Cfr. Cel s. 6, I l , 6 cibus esse debet lenis. 752 Cfr. Cels. 2, 22, 2. 753 Cfr. Mart. 1 3 , 8, l inbue plebeias ... o/las; cfr. anche Petron. 1 1 9, 9. Sulla bietola si veda J. ANDRÉ 1 96 1 , pp. 1 8-3 1 . 754 Cfr. per es. Cels. 5 , 28, 1 4 D (clavum . . . radere); 8, 2, 2-3 ; 8, 3 , I l (os radere). I n senso fi gurato i l verbo ha il valore di "sferzare", "offendere": cfr. Pers. l . 1 07 ; 5 , 1 5 ; Quint. 3 , l. 3. 755 Cfr. Lucr. 4 , 528 ; Quint. I l , 3, 1 3 ; ibid. 20. 756 Cfr. Pl i n . nat. I l , 1 79.

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l e , perché da Celso757 sappiamo che la fase più grave si ha quando la m al attia è arri vata ad fauces'$8: nel passo di Persi o si parl a addiri ttura di os putre, cioè di uno stad i o molto avanzato del male. Di questa possibile evoluzione tratta Cas ­ s i o Fel i c e ( 3 6 , p. 80, 7 ) , il quale i ndicando la terapi a opportuna afferma: sed si forte n imis sordida cum putredine apparuerit (sci i . aph tha) , ervi pollinibus

tenuissimis admixto melle deterges. Putris, i mpi egato da Persio anche in senso metaforico"". è termine proprio del l e s s i co medico, attestato comunemente per indicare processi di putrefazione del tess u to organico che possono essere arrestati con opportuni medi camenti700• Chiragra

Nel l a q u i n ta satira, ai vv. 52-64, Persio fa una breve rassegna delle inclinazio­ ni degl i uomi ni , che sol itamente passano la loro vita correndo dietro a interessi di vari o genere, sal vo poi lamentarsi di aver sprecato il proprio tempo quando sopraggiungono le mal attie. Come ri sulta dai versi successivi , secondo il poeta il modo corretto d i vi vere è dedicarsi total mente al lo studio del la fi l osofia e alla ri cerca del l a virtù. Anche in questo passo, per stigmatizzare certe intemperanze umane, Persi o si avval e di una termi nologia specifica dei fenomeni patologici . Per al l u de re all e conseguenze a l i vello fisico degli eccessi al i mentari è men­ zionata la chi ragra761 (gotta del l e mani) che, con la podagra (gotta dei piedi ) , era molto d i ffusa nel mondo greco-romano'"'· Esse erano considerate mal attie "da ricchi", perché ritenute conseguenza di stravizi al i mentari'63 e sessual i'... e , come

7S7 6, l i , 3 haec ulcera a gingivis incipiunt; deinde palatum rorumque os occupa m ; twn ad uvam faucesque descendunt, qui bus obsessis non facile fit, ut puer convalescat. 7S8 Per ulcus in faucibus cfr. Ce l s. 2. 7, l O. 7S9 Si veda infra. 760 Cfr. Cels. S, 22, 2 putrem vero camem continet neque ultra serpere patitur et leniter exest mel . . In Celso, in riferi mento a ulcus (sia pure non della bocca). è testi moniato (S. 26, 3 1 B ) l ' uso di putrescere: modo ulcus nigrum est, quia caro eius corrupta est, idque vehementius etiam plllescendo ùllendilllr. 76 1 S u l l a c h i ragra vd. FlsKE 1 909, p. 1 4 1 ; HENSS 1 9SS, p. 283. 762 Vd. GOUREVITCH 1 984. 763 Cfr. G al de sanit. tuend. 6, 7 (6, 4 1 5 K.); in Hipp. aploor. comm. l , 49 ( 1 8 A, pp. 82-84 K . ) ; per quel che riguarda i l v i no cfr. Seren. 706 s. S i veda anche Enn. sat. Ya h l . 3 mmz · quam poetar podager. in cui podager è l 'equi valente di vinosus. Per il signifi cato del term i n e in q uesto contesto vd. GRILLI 1 978. 764 Cfr. Cels. l , 9, l ; 4, 3 1 e 34; Sen. ep. 24, 16 libidines (sc i i . adferzmt) pedum, manuum, articulorum omnium depravationes. Galeno afferma anche (in Hipp. epid. lib. VI comm. S. 26 1 1 7 B, 288 K . ] ) che l ' attività sessuale aggrava la malattia e adduce come conferma ( in Hipp. aphor. comm. 28 1 1 8 A, 40-43 K.)) l ' affermazione i ppocratica che gli eunuchi non ne sono affett i . Per questa con vi nzione cfr. anche Cels. 4, 3 1 , l . .

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tali , trovavano ampio risalto sia nel le descri zioni dei medici sia nel l e stigmatiz­ zazioni moral istiche di poeti e prosatori'"'. Dal le testimonianze in nostro posses­ so ri sulta comunque che il quadro clinico ri levato dagli antichi era sempre quel lo del la fase terminale di queste patologie, quando il processo i n fi am matorio legato al l ' azione degl i acidi urici si manifesta all 'esterno con vere e proprie deforma­ zioni ossee. La gotta viene defi nita nodosa da Orazio (epist. i , l , 3 1 ) e Ovidio (Pom. 1 , 3 , 23), /apidosa da Persia (vv. 58-59 sed cum lapidosa cheragra l fece­ rit 7"" articulos veteris ramalia fagi). La sintomatologia del la gotta costituiva il prototipo di tutte le malattie artico­ lari767. Infatti, pur avendo i medici greci e latini'68 disti nto tra forme oggi defi ni­ bil i mono-ol igo-articolari (come l a chi ragra, la gonagra e l a podagra)'69 e poliar­ tritiche770, secondo una classificazione abbastanza simile a quel la del la medicina attuale771 , le di verse malattie e si ndromi reumatiche venivano però raggruppate indistintamente sotto il nome generico di morbus articularism. Il motivo di ciò va ricercato probabilmente nel fatto che si ri sal iva prevalentemente ad u n ' ezio­ patogenesi di tipo umorale, cioè alla convinzione che u n eccesso di u more si potesse fi ssare nel le articolazioni e provocare la malattiam . Ritornando al passo di Persia, l ' espressione lapidosa cheragra viene general­ mente spiegata con frasi del tipo "la gotta che i rri gidisce le g i u nture come se fossero di pietra"m. Tale interpretazione trova conferma negli scoli i nei quali si legge: /apidosam chiragram dici t articularem morbum, id est do/orem manuum,

765 Oltre al passo di Seneca citato precedentemente cfr. Hor. sar. 2, 7 , 1 5 ; Mart. l , 98, 2; 9, 92, 2. 766 Fecerit è lezione di a VX; il CLAUSEN 1 956 accetta fregerir d i P F (come pure, ora, KlssEL 1990; v d. anche ibid. p. 634). 767 Affronta l 'argomento LUNEDEI 1 964- 1 967, p. 1 1 6. 768 Cfr. Theod. Prisc. log. 1 1 2; Cael . Aur. chron. 5, 28; l si d. orig. 4, 7, 3 1 . 769 Cfr. Cael. Aur. chron. 5 , 27 podagra pedum ranrummodo do/or est. 770 Cfr. Cael. Aur. chron. 5, 27 arthrilis vero eriam cunclorum arriculorum sive mulrorum (sci i . do/or esr). 77 1 L'ordinamento nosologico attuale di tal i patologie si basa su due entità prototi piche, i l reumatismo acuto primario o febbre reumatica ( a c u i si p u ò ri condurre i l quadro d e l got­ toso) e il cronico primario o artrite reumatoide. Per un esame più dettagl iato della que­ stione si rimanda a LUNEDEI, 1 964- 1 967, p. 1 05. 772 Cfr. per es. Theod. Pri sc. /og. 1 1 2 arrhrilicis omnium ex articu/orum commorionibus

subito inirium passionis emergir. podagricis vero ex uno prius articulo est inirium el prin­ cipiwn ... ; ischiadicis vero ex uno coxae arliculo tormenta suppeditanr; Cae l . A u r. chron. 5, 2, 28 aliquando a pedibus sumens do/or exordium cereros arricu/os implicavi/. Anche Galeno (de comp. med. secund. loc. 1 0, 2 ( 1 3, 33 1 -332 K . J) afferma che l 'a rtrite e la podagra sono mali della stessa natura. 773 Cfr. Gal. in Hipp. aph. comm. 6, 49 ( 1 8 A, 82-84 K.); de sanir. tuend. 6, 7 (6, 4 1 5 K.). 774 V d. SCIVOLETIO 1 956 ad v.

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quia chiragricorum articuli tubercula habent, quae lapidis duritiem exercent et sunt ramo rum fere tumidorum similitudine pares. Tutti i commentatori indistin­ tamente ri mandano a Orazio (sat. 2, 7 , 15) e vedono nel passo di Persi o una vari azione e i nsieme u n ' accentuazione del la metafora orazi anam. L' i nterpreta­ zi one corrente di lapidosa cheragra è certo indi scuti bi le, ma la maggior parte degli studiosi si l i mita ad anal i zzare la metafora e il rapporto con Orazio, senza approfondire l ' effettivo significato del l 'espressione. Si tratta solo di un ' i mmagi­ ne più o meno effi cace, più o meno riecheggiante Orazio, oppure racc h i ude anche u n reale si gnificato dal punto di vi sta medico? Una preziosa indicazione è fornita da Celi o Aureliano che, pur essendo del V sec. d. C., ha come fonte prin­ ci pal e S orano, e riporta pertanto concezioni mediche del l 'epoca pregal enica: (chron. 5, 3 1 -3 3 ) ... tunc articuli tumentes inflantur ac deinde durescunt et soli­

dilati saxeam faciunt qualitatem . . . aliquando humore purulento ve! mucilento collecto aut viscoso generent poros, quos nos transitus dicere poterimus. Dehinc etiam lapides sufficiant, qui quidem articulos solvant et cutem distendant atque erumpentes promineant. O l tre che d i durezza saxea del le articolazioni affette dal la gotta, Cel io Aure­ liano fa menzione anche del formarsi di pori e lapides che si mani festano al l 'e­ sterno con protuberanze ossee. I l concetto è ulteriormente chiari to da Alessandro di Tral l e s (V sec. d. C.) nel quale leggiamo: (2, 265 ) ad magnas passiones, id est ad tuberosos et calcitrosos et ad /apidosos porros generatos. Anche l 'Ori basio lati no usa i l term i n e lapidosus trattando la medesima patol ogia: (syn. 9, 56, 3 1 3 5 Aa, p . 3 89) nam flegmaticus humor aut acidus generai aut hia/odes, diu

autem in articulis perseverans non solum pinguior, sed et viscosus efficitur, et tubi lapedosi exinde per nodos nascuntur, quos Greci poros vocant. In questi due autori sono menzionati espl icitamente i pori o tubi lapidosi, che stanno ad i nd i ­ care u n a prec i sa formazione patologica ben nota anche al la medicina moderna: i tofi peri articolari77•, ossia le concrezioni di acido uri co che si deposi tano i ntorno al l e articolazioni . S u l l a base di questi testi si può avanzare l ' i potesi che tanto i l nodosa di O razio quanto i l /apidosa d i Persio siano qualcosa di pi ù di semplici metafore, basate s u u n ' i m magine visiva, cioè su l i 'aspetto esterno del gottoso. Nel caso di Orazio, nodosa può al l udere al le protuberanze ossee ben visibi l i , ma

775 Vd. H ENSS 1 95 5 . p. 283; LA PENNA 1 979, p. 72. I l FISKE 1 909, pp. 141 S . , vede nei vv. 5859 e n e i precedenti u n ' i m itazione anche di Luc i l io, in particol are d i 3 3 1 M . V d . ora anche K I SSEL 1 990. p. 634. 776 G a l e n o descrive attentamente la natura dei tofi e il loro processo di formazione: cfr. G a l . de alim . fac. l , 5 ( 6 , 495 K . ) ; de metlz. med. 1 4, 4 ( I O, 956 K.); in Hipp. epid. VI lib. comm. l . 6 ( 1 7A , 8 3 5 K . ) ; de comp. med. secund. loc. I O, 2 ( 1 3 , 332 K.). Anche GOURE­ VITCH 1 984. p. 228, n. 2 3 , respingendo la vecchia i nterpretazione del CONINGTON. che comparava g l i effetti d e l l a gotta sulle articolazioni a quel l i della grand ine, ritiene che nel passo d i Persio si a l l uda ai tofi .

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anche i mp l icare la consapevol ezza che tal i m a n i fes tazio n i si veri fi cano nei nodim delle articolazioni. Nel passo ci tato Cel io Aureliano, trattando del l ' evolu­ zione della passio arthritica, afferma: . . . et facile ex articulo in articulum venit dolor nec desinens priusquam cunctos invaserit nodos. Per quanto riguarda Persia, il termine lapidosa sembra i m p l i care conoscenze patologiche ben precise e in questo passo va probabi l mente vi sta la testimonian­ za di una sua preesistente diffusione a livello dì medicina popolare, dato che in epoca tarda appare chi aramente come tecnìcismo. La cheragra sarebbe lapidosa non tanto perché rende le articolazioni simili a pietre, ma perché è origi nata dal formarsi dì tubi o pori lapidosi; oltre all ' i mmagine della durezza saxea che la malattia conferi sce alle articolazioni , si dovrebbe vedere nel l ' aggettivo anche l ' al lusione ai lapides che si formano nel liquido articolare. Si tratterebbe pertan­ to dì una sorta dì enallage, in quanto l 'epiteto viene riferito al l a malattia anziché al la sua causa patogena. Dal punto di vista semantico il termi n e è un calco dì ì..t 8roo11ç. aggettivo che Galeno= impiega per indicare la concrezione patologica di umori nel l 'organismo. Sulla base dì queste consi derazi oni appare preferi bi l e la l ezione jecerit in quanto la chiragra è lapidosa non tanto perché "ha spezzato le articolazioni" (jregeritf"', quanto perché, deformandole con nodosìtà che richiamano appunto i rami vecchi degli alberi , le ha rese simili a questi . Varici

Fra le malattie che interessano gli arti inferiori Persio, i n un passo fortemente parodistico (5, 1 89- 1 9 1 ) , accenna alle varici , un' affe zione ben nota agli antichi . Questa patologia è descritta da Celso"". i l quale sostiene che le uniche terapie efficaci sono l ' intervento chirurgico oppure l a cauteri zzazione. Di varices tratta anche Pl inio il Vecchio, secondo il quale esse col pi scono p i ù fac i l mente gli uomini che le donne'"'; come esempio di coraggiosa sopportazione del dolore egli riporta il caso di Gaio Mario, menzionato anche da Cicerone782• Se ne dedu-

777 Per la descrizione dei nodi articulorum cfr. Pi i n. nat. I l , 2 1 7 ; Pl i n i o menziona le giu nture anche in nat. 24, 1 3 . 778 Gal. de meth. med. 14, 4 ( I O, 956 K.). 779 Si ricordi che alcuni critici che accettano la lezione fregerit . . . ramalia vi scorgono anche un doppio senso di tipo sessuale, come WrrKE 1 970, pp. 95 s. 780 Cfr. Cels. 7, 3 1 , l igitur vena omnis, quae noxia est, aut adusta tabescit aut mam1 eximi·

tur. Si recra est, si quamvis trafiSI'ersa tamen simp/ex, si modica est, ea melir1s aduritur. Si curva est et velut in orbes quosdam inplicatur pluresque imer se involvuntur, urilius eximere est. 78 1 Cfr. Pii n. nat. I l , 252. 782 Cic. Tusc. 2, 53.

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ce che esempio embl ematico di q uesto ti po di affezione fosse appunto Cai o Mario, l a cui " storia" personale e pol itica non fa certo pensare ad un tipo seden­ tario. S u l l a base di questo esempio, si può forse anche spiegare perché Persi o c h i am i varicosi i centurioni (v. 1 89 dixeris haec inter varicosos centuriones), gente avvezza al l e l u nghe marce, e dunque a grossi sforzi desti nati a ri percuoter­ si s u l l a c i rcolazione. Il termine i mpiegato dal poeta, varicosus, tipico del sermo cotidianus ed equi valente di KtpcrWSTtç. non è tecni co"", ma è attestato nella let­ teratura latina fi n da Luci lio e Pompon io7B< ed è impiegato preval entemente da poeti comici e sati ric i , con una forte connotazione negativa. La malattia è fra quel l e che provocano i rri sione perché in qualche modo deformano i l fi sico, ren­ dendo grottesca e caricaturale la parte col pita. In G i o v e n a l e varicosus compare nel la sesta sati ra78', dove il s i g n i fi cato d i sp regiati vo del termi ne riceve ri sal to da tutto i l contesto. Anche in Persio il vocabolo conserva pienamente il senso di repulsione provocato dal la malattia7116 ; esso h a i l solo scopo di introdurre una pennellata utile a focal i zzare la tipologia fi si ca e " mentale" dei m i l i tari , quale è deli neata da tutto il passo787• Può dars i , c o m e è stato sostenuto788 , c h e l ' uso d a parte del poeta di varicosus s i a dovuto al l ' i m i tazione di Luci l i o ; è certo però che non è questo l ' unico aggettivo in -osus i mpiegato da Persio con valore spregiativo. In al tre sati re sono attestati verruco­ sus, scabiosus, venosus189, sempre in contesti in cui il tono pungente e c ritico del l ' autore è più scoperto. L' idea delle l i m i tate facoltà i ntel l ettive dei centurioni è accentuata dal nesso, attestato solo in Persio, crassum ride(190• Crassus, che i n senso proprio indica spessore, g rassezza, densità, è ampiamente attestato i n senso metafori co per i n d icare l a stupidità79' .

783 Stranamente ERNO\JT 1 949, p. 70, lo ritiene tecnico, m a , per quanto n e sappiamo, n o n esi­ stono attestazioni i n scrittori di medicina. Per quel che riguarda l ' etimologia. l o studioso d i m ostra che varicosus non può essere fano risa l i re a varicare (''avere le gambe d i varica­ te"}, come i ntende, per es., i l G ILDERSLEEVE 1 979 che trad uce «stradd l i ng». Per i l val ore spregi ati vo del term i n e vd. ora anche KISSEL 1 990, p. 755. 784 Cfr. Luc i ! . 801 M . ; Pomp. com. 89. 785 l u v. 6, 397. 786 V d. LA PENNA 1 979, pp. 57 s. 787 Per l ' atteggi a mento sprezzante riguardo al l ' i ntel l i genza dei centurioni e dei soldati in ge nere cfr. anche Pers. 3 , 77-8 5 ; luv. 3 , 248 ; 1 6, 24. V d. anche HARVEY 1 98 1 , p. 1 80. 788 Vd. FA RANDA 1 95 5 , p. 534, n. l . 789 Ved i infra. 790 H A RVEY 1 98 1 , p. 1 80, rimanda a Antiph. 1 44, 8 K. aSpòv yEÀciaat. Per l ' uso avverbiale del l ' aggett i vo neutro (cfr. anche Pers. 6, 35 spire/li ... surdum), vd. LùFSTEDT 1 956", p. 4 1 9. 79 1 Cfr. Varro Men. 487 Astbury sensibus crassi homulli non videmu ' quid jiat? Mart. 9, 22, 2 populus crassaque turba ; Apul. mel. 1 , 3 crassis auribus et obstinato corde. In Persio il

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Con l ' i mpiego del tem1ine e l ' identi ficazione di " grassezza" con " stupidità" è adombrata la comune convinzione che l 'eccesso di cibo appesanti sca l ' i ntel letto. L' obes ità, per quanto possa essere i nd i ce d i benessere, è s e m p re v i sta con sospetto dai Latini, proprio perché ri tenuta causa di i ntorpidi mento del pensie­ ro'"'. Da questa identi ficazione nasce anche il valore traslato del l 'aggettivo, per cui anche il ridere può essere crassus: modo di d i re che si è conservato anche nel la nostra li ngua.

TERMINOLOGIA MEDICA IMPIEGATA IN SENSO TRASLATO

Nelle metafore mediche"", subordi nate agl i i ntendimenti psi cagogici oltre che estetici.,.. del poeta, raggiunge spesso un l i vel lo v i rtuos istico l a capacità di sfruttare le ri sorse lessicali e si ntattiche dell a l i ngua: al le iuncturae acres e al valore pol isemico dei termin i si aggiunge i l significato metafori co, spesso non uni voco, ma i mplicante una sovrapposi zi one di campi semanti c i . A l l a potenza espressiva del la metafora contribuisce assai spesso anche i l d i vari o i nconsueto fra il campo metaforico emittente e quel lo ricevente''". Nel caso d i Persi o appa­ re particolarmente cal zante la vecchia e contestata legge che proclama tanto più sorprendente ed efficace la metafora e tanto p i ù accen t uato i l "carico semanti co" del l a parola quanto più sono di stanti l ' oggetto d i c u i s i parla e quel lo cui lo si accosta796• Anche nel caso della terminologia medica i mpiegata in senso traslato possia-

tennine

è attestato anche in 5, 60 come attributo di dies. G l i scol i i ad v. così commenta­

no: «crassos dies

dicit. in quibus obtuse et sine ulla ratione vixerunt>>.

792 Per un concetto anal ogo cfr. anche l , 20 (ingentis . . . Tttos); l , 3 1 (Romulidae sawri); 3 , 8 6 (torosa iuventus). Fra i tanti studiosi che hanno ri l evato l ' accostamento obesità-ottu­ sità mentale si ricordi S KOVIERA 1 973, pp. 40 s. 793 Come è stato osservato (SQUILLANTE SACCONE 1 976, p. 98, n . 3 ) , i n Persi o l a metafora ri sponde solo ad esigenze espressive e non è più funzionale a l l a c h i arezza del testo, come per es. i n Cicerone (cfr. de orat. 3, 1 57) e Q u i n ti l iano (8, 6, 8). La critica moderna però concorda nel riconoscere alle metafore un altro ti po d i "funzional i tà", cioè, la capac i tà di col legare, al di l à del loro significato specifico e del l ' articolazione d i alettica d e l l a sat i ra , le vari e p a rti d e i compon i menti c o n un fi l o conduttore d i base, i navverti bi l e ad una l e tt u ­

1 968, p. l O; V IANSINO 1 975, pp. 445-456; 1 982 (D) (= 1 985, p. 4 1 4). 794 V d . SQUIU.O.NTE SACCONE 1 985, p. 1 792, n . 22. 795 G i u stamente osserva WEINREICH 1 976, che, come la si ngola parola non ha u n ' esistenza r a superficiale. S i veda i n proposito D ESSEN PASOU

i solata n e l l a l i ngua, così la si ngola metafora apparti e n e al c o n testo d e l s u o c a m p o metaforico, n e l quale occupa un posto preci so.

796 Vd. ULLMANN 1 962 (= 1 966 , p. 340). Fra quanti non condividono l a val i d i tà d i questa affennazione basti ri nviare a WEINREICH 1 976, p. 62.

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mo, per comodità di trattazi one, operare una sorta di schematizzazione del l e metafore, distinguendo: l . Metafore mediche con valore moral istico; 2. Metafore mediche di critica letteraria; 3. Al tre metafore mediche.

Natural mente - non sarebbe neppure i l caso di ripeterl o - non si tratta di una suddivi sione rigorosa, i n quanto, per esempio, anche nel l e metafore di critica let­ teraria è presente un palese i ntendi mento moral istico797, e comunque tutte ri spon­ dono ad esi genze espressi ve. l. METAFORE MEDICHE CON VALORE MORALISTICO

Anche nel la sati ra terza ( vv. 3 1 -34) espressioni del lessico medico sono uti­ l i zzate per al l udere a di ssol utezza di costumi . II filosofo stoico (o i l poeta stes­ so, come i n tendono alcuni ) , esortando i l gi ovane di scepolo a prosegu i re s u l l a strada del l a fi l osofia, gli pone davanti come esempio da n o n i m i tare i l disci nto Natta, reso ottuso e i nsensibile dai vizi . Per i ndi care la mancanza di sentimenti cui l ' ha portato la di ssol utezza, Persio uti lizza l ' i mmagine del grasso che rico­ pre i suoi organi vital i (vv. 32-33 sed stupet hic vitio et fibris increvit opimum l

pingue)798• Come s i è appena ricordato, per gli antich i l ' obesità era si ntomo di stupi d i tà o comunque di una scarsa l ucidità di pensiero. I termini impiegati per espri mere questo concetto hanno u n ' ampia diffusi one in ambito poetico-l etterari o, ma sono propri anche del la termi nologia medica. Fibra i n poesia i ndica prevale ntemente il fegato o il cuore. In Celso è i mpiegato per all udere sia a parti del cuore che del pol mone799 • Opimus e pinguis hanno Io stesso significato, ma il secondo termine è usato i n funzione sostanti va, al la maniera virgi liana. Il verbo increscere, con il suo carattere special i stico, arricchi sce l ' i mmagi ne di una duplice connotazione, anatomica e patologica; esso è infatti comunemente i mpiegato i n medicina per indicare sia l 'accrescimento (normale o abnorme) del l ' organi smo o di una sua parte800 , sia la formazione di varie nosologie. Dunque l ' opimum pingue di Natta è il tessuto adi poso che si forma in seguito a eccessi al i mentari e, siccome incre­ scit come una malatti a, i mplica l ' allusione a vizio e di ssol utezza. Segue l ' i nvocazione da parte del poeta a Giove perché colpisca con la sua puni zione i tiran n i , facendo sì che ad un tempo si rendano conto di che cosa sia

797 Per l a fu s i o n e d e i d u e e l e menti , mora l i smo e critica l etterari a , nella pri m a sati ra vd. 8RAMBLE 1 974, pp. 26-66. 798 Per esempi analoghi nei Vangeli si ri manda a quanto d i ce CONINGTON 1 893', ad v. 3 2. 799 Ce l s. 4, l , 4. 800 Un esempio del pri mo caso è Cels. l , 3, 32, del l 'altro Cels. 5 , 26, l A .

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la virtù e provino rimorso per essersene tenuti lontan i . Quest ' ultimo concetto è espresso al v. 38 virtutem videallt imabescamque re/icta. L' i m mag i n e , la cui efficacia è g i à stata a m p i a m e n t e e v i d e n zi ata d a l l a critica80' , acqui sta particol are concretezza espressi va dal l ' i mpiego di intabescere che, come il più comune tabesco, evoca con i mmediatezza l ' i dea del l ' estrema consunzione e della putrefazione"". In senso trasl ato intabescere è i mpiegato i n relazione all 'anima tormentata d a u n affanno!iQJ; particolann e nte s i g n i fi cativo è l 'esempio di Seneca, che usa l 'espressione intabescere vulneri (Helv. 1 6, 5)..,. a proposi to di Elvia, incapace di rassegnarsi al l ' esi l i o del figlio. Persi a augura ai tiranni di "marci re" per il ri morso, come "marci rebbero" fi s i camente se fossero tormentati da una malattia che la vita dissoluta può aver loro procu rato. Per bol lare quanti di mostrano nel l oro comportamento ottusità mentale e disonestà d'animo, Persia ricorre in varie sati re ( 1 , 79-82; 2, 72; 5 , 77) al termi ­ n e lippus""' , specifico nel lessico medico per i ndicare u n t i po d i affezione oculare forse identi ficabi le con il tracoma. Per quanto ri guarda l , 79-80 (hos pueris monitus patres infundere /ippos l cum videas) , sol itamente si i nterpreta il passo come una stigmati zzazione di quanti criticano le opere dei tragici antichi806, bol ­ lati con epiteti del tipo venosus e verrucosus 1101 • Lippi, attri buto di patres, ma in realtà riferito concettualmente agli " occhi" del la mente, secondo la maggior parte dei cri tici indicherebbe ottus i tà i ntellet­ tuale808: come quando gli occhi sono col piti dalla lippitudo è i mpossibile avere nitida la vista, altrettanto è impossibile avere chiaro il pensiero quando, metafo-

801 V d. per es. MARMORALE 1 94 1 . 802 lntabesco è impiegato fra g l i altri d a Col umella (4, 3. 5 ) , a proposito d e l l ' erba c h e marc i ­ sce;

tabesco,

i n ambito medico, è usato da C e l s o p e r i n d i care l a degenerazi o n e patologica

contr. exc. 3 , 9 insanabili malo tabescere). Si ricordi tabes, con cui si i n d i ca una malatti a p e rn i c i osa (cfr. Ce l s . 2, 7, 28; 3, 22, l ), di tabidus e tabificus, fra l ' al tro documentati come attri buti d e l l a lues (cfr. Verg. Aen. 3, 1 36- 1 38 tabida . . . lues; Amm. 1 9, 4, l lues tabifica). Fra le altre attestazioni basti qui ricordare Se n. Oed. 358 fel/e nigra tabidrun spumai iecur; Oed. 79 tabifica caeli vitia. delle vene varicose (cfr. anche Sen. anche i l valore di

Per il valore di q uesti termi n i vd. DEBRU

803 804 805 806

1 988, pp. 1 9 -3 1 .

mel. 2, 780; Quint. 1 2, I O, 77. ar. anche intabescere dolori (Sen. Poi. 5, 2). Cfr. Ov.

1 976, pp. 57 s. 1 979, ad. /. Altri , come i l Bo 1 985, p. 8 1 , i ntendono hos . . . monitus connesso con docere del v. 69, cioè con g l i i nsegnamenti dati d a i padri ai fi gl i .

Sull 'efficacia morfologica del term i ne vd. BARDON Vd. per es. BAREW

807 Vd . infra. 808 Consueto è il ri nvio ad H or. sal. l , l , 1 20 Crispini scrinia lippi; l , 3, 25 eum tua (sc i i . vitia) pervideas oculis ma/a lippus inunctis; I, 5, 30; epist. I, I , 29; I, 2, 52. V d . SCIVO­ LEITO 1 956, ad v. Per una rapida rassegna delle al tre poss i bi l i i n terpreta z i o n i si ri manda a JENKINSON 1 980, ad v.

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ricamente, sia la mente ad esserne affetta. Può così verificarsi che siano propri o i padri a " i n fondere" nei figli certe idee sulle opere antiche. È certo i n negabi l e che nel l ' epi teto lippus è insita l ' idea di cecità i ntel lettuale, ma la presenza d i infon­ dere aggi unge al passo ulteriori implicazioni. Soli tamente questo verbo viene i nterpretato come se significasse infundere in aures, e viene suggerito il confron­ to con un ' es pressione analoga attestata i n Luci li o""'. Il verbo è però comunemen­ te usato anche nel lessico medico per i medicamenti che vanno "instil lati" non solo per fauces e in aures, ma anche in ocu/os •••, come nel caso dei col l i ri , che sono i l consueto ri medio per la lippitudo. Dato che qui è accostato ad un tecnici­ smo come lippus, non è i mpossibile supporre che il poeta ne tenga presente la valenza medica. La concatenazione sarebbe la seguente: mentre normal mente è il medico ad infundere negli occhi un prodotto curativo, stavolta sono i padri . lippi, "ci sposi", bisognosi essi stessi di cura, a pretendere di infundere, cioè di instillare, dei rimedi nei fi g l i . F u o r d i metafora, padri n o n s an i moral mente"" pretendono di erigersi a depo­ si tari delle " tecniche della sal ute" e dunque di ciò che è morale. Se ne ricava un sostegno al i ' i nterpretazione che riferisce hos ... monitus a heroas sensus. . . doce­ mus del v. 69 e non ai versi 76-78. Nel l a formulazione del Bo, >.

847 Lo studi oso (Bo 1 985, p. 89) raffronta l ' espressione a n c h e con Hor. epod. 1 5 , 12 (nam siquid in Fiacco viri est) e con Petron. 44, 14 (sed si nos coleos haberemus, non ramum sibi piacerei). V d. ora anche KISSEL 1 990, p. 249. 848 Ars 409 s. ego nec studium sine di vite vena l nec rude quid prosit video ingenium.

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conti ene; ma mentre la metafora oraziana poggia su u n ' al tra metafora (i fi l oni del l e miniere o le vene acquifere derivano i l loro nome dal l a somiglianza del l e loro rami ficazioni con i l si stema di vene e arterie del l ' organi smo vi vente), quella di Persi o deri va invece da una realtà corporea concreta. Per indicare la maggior energia degli antichi (e quindi la superiore i ntensità del la loro ispirazione) , Persio ricorre al l ' i mmagine dei testicol i , si mbol i di v i ri ­ l ità, c h e sono organi particol armente vascolarizzati . L'affermazione c h e oggi non si scriverebbero certe cose se si conservasse ancora una qualche testiculi vena degl i avi equi vale a negare che quel la "ricchezza sanguigna" si sia mantenuta nel l e nuove generazi oni , che di conseguenza sono mol l i , fi acche e, i n senso metaforico, i ncapaci di al tezza di ispirazione. S u l l a base di queste considerazi oni venosus può essere i n teso come " ri cco d i vene" e q u i ndi "dotato di mol to vi gore" o megl io d i al tezza d i i spi razi one, i l che sarebbe in l i nea col giudizio tradizionale su Accio84•. Orazio lo defi n i ­ s c e a ltus (epist. 2 , l , 5 5 -56), Ovidio animosi . . . oris ( am . l , 1 5 , 1 9) , Q u i n t i ­ l i ano (l O, l , 97) afferma c h e h a virium . . . plus ri spetto a Pacuvio. I l passo d i Persi o potrebbe es sere u n a ri presa orazi ana, col riconosci mento del l ' inge­ nium e , i mp l i c i tamente, la negazione del l ' ars. Ne sarebbe conferma i l ben noto g i u d i zio d i Vel l eio Patercol o1150, già ci tato da alcuni studiosi"" per soste­ n ere che venosus all ude alla vi gorosità di sti le. Nel la val utazione cri t i ca di Vel l e i o non c'è solo i l generico riconosci mento di quel vi gore, ma una consa­ pevole contrapposi zione tra l ' azione esterna del labor limae e l a potenza del ­ l ' ingenium. Con verrucosus, i l poeta i ntende mettere in evidenza che la poesia d i Pacuvio ha del l e escrescenze che ne deturpano l 'aspetto"", fuor di metafora, che m anca del necessario labor limae. È superfluo soffermarsi ancora sul signi ficato del ter­ mi ne, il cui valore semantico e la cui applicazione traslata riconducono al con­ cetto del l a mancanza di labor limaf!ID, come è general mente riconosci uto. A nche chi ri prende la spiegazione del lo scoliasta e vede nel termine una val utazione estetica dell A n tiopa , ammette che verrucosus contenga un'al l usione al valore '

849 V d. DEGL' I NNOCENTI PIERINI 1 980, p. 28. 850 Ve l i . 2, 9, 3 clara elia m per idem aevi spatirmz Juere ingenia in togatis Afranii, in tragoe­

diis Pacuvii atque Accii, usque in Graecorum ingeniorum comparationem evecti, ma­ gnumque imer hos ipsos facientis operi suo locum, adeo quidem, ut in illis limae in hoc paene plus videatur fuisse sanguinis. S u l l a posizione d i Ve l l e i o Palercolo c i rca l a poesia arcaica v d . DEUA CORTE 1 937; SANTINI 1 970. 85 1 Si veda M A RX 1 88 3 ; TARTARI CHERSONI 1 97 1 , p. 35 1 . 852 Pe r verrucosus attestato i n senso propri o, come soprannome d i Q u i n to Fab i o M a ss i m o cfr. p e r e s . C i c e rone (Brut. 5 7 ) e Seneca (ben. 2, 7 , l ; 4 , 30, 2). 853 Così SANTINI 1 980, p. 7.

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letterario""'. L' appl icazione ad Accio e Pacuvio degl i epiteti venosus e verruco­ sus implica il riconoscimento da parte di Persio di una scal a di valori fra i due tragi c i : di Accio viene messo in evidenza il pregio ossia l ' i ntensità e l a forza di ispirazione, (che fa passare in secondo piano le debolezze sti l i stiche) ""; di Pacu­ vio è sottoli neato i l difetto: le forti carenze formal i""' che sminui scono i l valore i ndubbio del suo ingenium. In concl usione, Persio, pur con le consuete riserve di matrice cal l i macheo­ oraziana, si mostra esti matore della poesia tragica arcaica, espression e del vero genus sublime, che non ha niente in comune con quello col tivato dai contempo­ ranei con i loro versi enfatici e vuoti857• 2. 3. Metafore di apprezzamento della propria poesia

Nel l a prima sati ra, nell 'ambito della polemica contro l a poesia al ti sonante di moda al suo tempo, Persio ricorre ad alcuni termini del lessico medico. usati con valore metaforico. Ne ri sulta un quadro fortemente allusivo, in cui , al di là del significato più evidente, si possono cogliere i mplicazioni più sotti l i . Ai vv. 1 23- ! 25 i l poeta s i augura di aver lettori s i m i l i a quel l i c h e sanno apprezzare i comici greci arcaici ; essi soltanto saranno i n grado d i cogliere l ' alto l i vello dei suoi versi e di entusi asmarsi per essi ( 1 23 - ! 25 audaci quicumque adflate Cratino l iratum Eupolidem praegrandi cum sene palles, l aspice et haec, si forte aliquid decoctius audis. l lnde vaporala lector mihi ferveat aure). Per espri mere questo concetto Persio ricorre a term in i tecnici come decoctius, vaporatus, fervere, impiegati metaforicamente. Decoctius viene normal m ente col l egato con crudus del v. 92.,. (sed numeris decor est et iunctura addita crudis) dove l 'aggettivo sta ad indicare, come osserva Scivoletto, «i versi rozzi , non levi gati>>. Aliquid decoctius è il contrario, cioè al lude a qual cosa d i " ben ela­ borato"..,.. Lo Scivoletto, i l Bo, e quanti interpretano i n modo analogo, ri tengono che la metafora tragga spunto dal fatto che i cibi migliorano con la cottura. Il

854 V d . Vn.LENEUVE 1 9 1 8 ; PASOU 1 968 ( = 1 982 (A (, p. 3 1 1 ) ; SQUILU.NTE SACCONE 1 980. p. 6. Cfr. anche Schol. ad Pers. ad v. 855 Così sostiene, per es . • Bo 1 985, ad /. ; cfr. anche SAtorr i NI 1 980. pp. 3- 1 3. 856 A cci o rappresenta l ' i n verso di quanto avviene nella poesia contemporanea, in c u i una esa­ sperata esigenza di levigatezza (cfr. Pers. l , 63-66) si accompagna a contenuti tron fi e vuoti . Per la polemica contro i verba rogae dei poeti del tempo, vd. B ELLA N DI 1 972, pp. 336 s . 857 Come osserva SANTINI 1 980, p. 2 e n. 5, esprimono i l d i sprezzo d i Pers i o n e i r i guard i

genus sublime» propri dei contempora n e i grande, prae/argus ( l , 1 4). dia poema/a ( l , 31 ). res grandes ( l , 68).

d e g l i > e rimanda ad H or. sat. 2, 275. 869 Vd. per es. Scrvor.EITo 1 956, ad. v. ; JENKI NSON 1 980, ad v. , che ri manda a Ps. H i pp. regim. 4, 89 (6, 644- 652 L.); LEE in LEE-BARR 1 987, ad v. ; KISSEL 1 990, pp. 347-348.

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non è poi pri va di fondamento. I tennini impiegati in questa i m magine, i n fatti , sono tratti dal lessico del la patologia ed è noto che la pituita (o phlegma) , uno degli umori ritenuti costitutivi del l 'organismo, determina al terandosi malatti e di vario genere, dal catarro a gravi forme di affezioni pol monari . Purgatus è term i ­ ne tecnico del lessico medico uti l i zzato p e r indicare la " puri ficazi one" di un organismo o di una ferita. È i nteressante notare che Persio uni sce un dato rel igioso tradizionale (gli dei mandano i sog n i ) con uno scienti fi co (le condizioni del corpo i n fl uenzano i sogni): su questo contrasto gioca l ' efficacia del la sua immagine. I sogni i n viati dagl i dei possono essere veri o fal s i , perché così essi vogl iono; questi di c u i parl a Persi o però sono purgatissima. cioè non hanno infl uenze esterne l egate al le condi zi oni fi siche; dunque sono attendibi l i . Non ha grande i m portanza distin­ guere i l ti po di sogno dov uto al la pituita da quel lo generato da altri umori , come è consueto nel l a medicina antica. Il phlegma è solo un esempio per indicare che, appunto, non ci sono i nterferenze i n questo li mpido sognare: non ci sono incubi, non ci sono turbamenti , è solo i l normale sogno di un individuo sano1110 : dunque è un sogno " vero" , perché è l 'elaborazione dei dati recepiti durante il giorno. Nel gruppo di tennini tecnici e non tecnici i n -osus, sapientemente utili zzati da Persio a scopo caricaturale o comunque spregiativo, meri ta qualche osserva­ zione rabiosus di 3, 8 1 . L' efficacia del l ' attri buto può essere apprezzata solo tenendo presente l ' intero contesto: vv. 78-84 quod sapio satis est mihi. Non ego

curo l esse quod Arcesilas aerumnosique Solones l obstipo capite et figentes lumine terram, l murmura cum secum et rabiosa silentia rodunt l atque expor­ recto trutinntur verba labello, l aegroti veteris meditantes somnia, gigni l de nihilo nihilum, in nihilum nil posse reverti. G l i esegeti hanno più volte messo in ri lievo l 'effi cacia pittorica del passo i n cui, attraverso le parole del rozzo centurione, i filosofi appai ono procedere pen­ sos i , con lo sguardo ri vol to a terra, mentre «rodono i loro mormori i e i loro rab­ biosi s i l enzi»"": la forte carica mi metica del l ' i mmagine è ottenuta dal poeta med i ante audaci accostamenti di termini e di valori semantici. Il verbo rodere regge due sostantivi contrastanti fra loro (murmura e silentia), mentre l ' aggetti­ vo rabiosus, attri bui to per enallage al secondo, oltre a mod i ficare i n certo modo i l concetto del si lenzio evocando l ' idea del la "rabbia" (emozionale o patol ogica che sia, essa viene sempre associata ad un comportamento scomposto e "rumo­ roso") , si coll ega perfettamente al verbo non solo dal punto di vista formale mediante l ' al l i tterazione, ma anche per i l significato, dato che entrambi sono ter­ mini tecnici del lessico veteri nario. Rabiosus, impiegato fi no al la tarda lati nità

870 Cfr. Ps. H i pp. regim. 4, 88 (6, 642 L). 87 1 Così traduce per es. LA PENNA 1 979, p. 50, che sotto l i nea anche l ' efficac i a del l ' a l l i ttera­ zione. Vd. anche FA RA N DA 1 955, p. 5 1 9.

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anche in autori non special istici , riferito ad esseri umani ha già un precedente i n Plauto (capt. 547). Rodere, anch 'esso in senso proprio specifico d e g l i animal i , conserva, anche quando è utilizzato in riferimento agli uomi nim, u n a certa i ca­ sticità semanti ca. In senso concreto l ' idea del mangiare in modo rabbioso è già i n Ovidio (met. 1 3 , 69 1 ) ; in Persio, sul piano del la metafora, i fi l osofi non solo " mangiano", ma rodunt (il che dà l ' idea del l ' aggressi vità) i loro stessi silenzi carichi di rabies. Nel passo è i nol tre presente un'ulteriore sfumatura: rodere, i n ambito medico, è impiegato anche per i ndicare s i a l ' azione di medicamenti cor­ rosi vi'"' sia i l diffondersi di certe affezioni che rodunt il corpo, oppure l ' azione stessa del dolore87": da un lato dunque i due termi ni sono affi ni in quanto preva­ lentemente attri buiti ad animal i , dali ' al tro anche perché sono entrambi i mpi egati nel lessico del la patologia.

CONCLUSIONE

L' analisi l i ngui stica effettuata, pur essendo limitata agli esempi p i ù significa­ tivi e non avendo quindi la pretesa di essere esaustiva, è comunque sufficiente a dare un ' idea del l ' utilizzazi one del lessico medico da parte di Persia. Ciò che colpisce non è tanto i l gran numero di termini special istici i m piegati in sei sole sati re (che pure è già un fatto notevole), ma l ' abi lità con cui vengono scel ti e accostati vocaboli di di versi l i velli di tecnici zzazione e di differenti ambiti di impiego, la cui effettiva pol ivalenza semantica è sfruttata a fi n i espressi v i . La dizione pregnante e allusiva del dettato persiano, più volte sottol i n eata d al l a cri­ tica, trova così nelle i mmagini mediche una efficacissima esempli fi cazione.

872 Cfr. Sen. ep. 95 , 2 1 aeque nivem rodunr, so/acium stomachi aestuantis. 873 Cfr. per es. Ce1s. 5, 26, 21 A quae res efficit, ut neque rodentibus medicamelltis . . . sit uten­ dum; 7, 3, 2 estque inter causas timoris, si sensus in vulnere rodelltium non est. 874 Cfr. per es. Ce1s. 5, 28, 17 A nam et rubet (sc i i . impetigo) . . . exulcerata est et rodi­ tur; ibid. 1 7 B in summa cllte jinditur et vehementius roditur; 1 8 A . . . cutis . . . rubet /evi­

terque roditur.

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Cap. IV Petronio

INTRODUZIONE

Nel Satyricon sono n umerosi i passi in cui vengono affrontati argomenti d i carattere medico o compare la termi nologia special i stica; fin d a u n a pri ma l ettu­ ra, però, è possi bile osservare che Petronio non mostra un effettivo i nteresse per l e questioni mediche in sé, ma uti l i zza certe descri zioni (spesso succi nte) d i patologie e terapie oppure espressioni del lessico medico a fi n i escl usi vamente letterari875• Nel corso di questa i ndagine cercheremo di chiari re tali finalità, ana­ l i zzando attentamente i passi più significativi ed osservando brevemente, perché i l q uadro generale sia completo, quell i i n cui g l i accenni sono solo m arg i n al i .

PATOLOGIE E RELATIVE TERAPIE

FEBBRE TERZANA

Un accenno all a febbre terzana si ha nel capitolo 1 7 , 7-9 in cui la sacerdotes­ sa d i Priapo, Quart i l l a pretende da Encolpio e dai suoi compagn i un ri s arci mento per aver d i sturbato una ceri monia dedicata al dio. La donna afferma che al l a fi ne di quella notte terribile, si era sentita come se avesse avuto un attacco di terzana; chiesto al d i o in sogno un ri medio, l e era stato suggeri to quello p i ù opportuno. Dopo essersi raccomandata che i giovani non divul ghino i segreti del la ceri mo­ nia, ottiene facil mente che i due autori del sacrilegio (inexpiabile scelus) , Encol­ pio e Ascilto, si prodighino per la sua " gu ari gione". Come si capisce d ai capi tol i success i v i ( 1 8-26) , i l " ri medio" consiste in una serie di violenze sessual i cui vengono sottoposti i giovani da p art e di Quarti l l a e dal l a sua ancell a , una s o rta d i ri to o rg iastico c h e culmina con l e " nozze" d i G i tone con l a piccola Pannichide876• Esa m i niamo dunque i l passo in cui si accenna all a terzana. N e l l e paro l e d i Quart i l l a v i è s o l o qualche a l l usi one a l l a patologia: § 7 lpsa quidem illa nocte vexata tam periculoso inhorrui frigore ut tertianae etiam impetum timeam ; § 8 . . . mai or enim in praecordiis dolor saevit. I riferi menti trovano ris co ntri a b b a s t a n z a p r ec i s i nei t e s t i m e d i c i e i t e rm i n i i m p i e g a t i s o n o i n p a r t e

875 Per i l problema i n generale vd. SOVERINI 1 975- 1 976. 876 Sul rito vd. PI NNA 1 978; COSCI 1 980.

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tecnici877 • Va i nol tre notato che il nome stesso del l a donna fa subito pensare ad una malatti a grave, la febbre quartana""'. Nel passo di Celso relativo a questo tipo di febbre, analogo, come è sottoli­ neato espl icitamente al paragrafo successivo, ad un ti po di terzana, l eggiamo: (3, 3, l) et quartanae quidem simpliciores sunt. bzcipiunt fere ab horrore, deinde ca/or erumpit, finitaque febre biduum integrum est: ita quarto die revertitur. In un al tro capitolo (3, IO, 2), dove si parla di terapie per g li attacchi febbri l i , Cel so afferma: at si in praecordiis injlammatio et do/or est, primo superimponenda sunt cataplasmata reprimentia, ne, si calidiora fuerint, plus eo materia concur­ rat (3) at si neque infiammatio neque febris sed tantum praecordiorum do/or est, pratinus calidis et siccis fomentis uti /icet. Raffrontando i passi di Petroni o e di Cel so è possibi le osservare che la si ntomatologia accennata nel l ' uno, è verifi ca­ bile nel l ' al tro: l 'accenno al l ' attacco i mprovviso dell a febbre (tertianae impetum ; impetum morbi) trova corri spondenza (non verbale ma concettuale) i n ca/or erumpit di Celso; i l brivido che l 'accompagna (inhorrui) può ricol legarsi ad ab horrore, mentre il dolore ai praecordia rientra nel l a semeiotica anal i zzata nel testo medico. Quanto ai vocaboli utilizzati , impetus, per indicare l ' i rruenza del­ l 'attacco febbrile e impetus morbi, in riferi mento al l a violenza in genere delle malattie, sono attestati comunemente anche i n Cel so""'. Per quel che riguarda la terapia impiegata, nel passo di Petronio si accenna al la pratica di chiedere rimedi mediante l 'incubatio (§ 7 et ideo m edicinam som­ nio petii iussaque sum vas perquirere atque impetum morbi monstrata subtilitate lenire). Se la descrizione della malattia, per quanto succi nta, possiede una sua precisione scienti fica, il ri medio non è ri preso dal l a medicina del tempo, ma dal la tradizione "rel i giosa" e dalla superstizione popolare. In questi passi non è presente un reale interesse medico, ma la medicina e i l suo lessico servono soltanto a sottol ineare l 'ambiguità d e l contesto: vi è i n fatti un "gioco" sui termini medicina e remedium (vd. anche 1 8 , 3 e 5; 1 9, 2) con i qual i si allude ai riti sessual i che consentiranno all a donna la " guari g i one" dal l a "malattia" e nel contempo garantiranno i l perdono a i profanatori del l a ceri monia sacra, rendendol i adepti del culto priapico""'. Petronio mostra d i conoscere bene la semeiotica delle febbri terzana e quartana, ma i dettagl i che la caratteri zzano hanno solo una funzione sti li stica. in quanto costitui scono un espediente atto a vivaci zzare, con l ' ambiguità e il doppio senso, la vicenda narra ta.

877 Per qualche osservazione sulla termi nologia med ica impiegata in questo passo vd. anche ARAGOSTI-COSCI-COTROZZI 1 988, pp. 57-58. 878 Per un' analoga intuizione sul gioco di parole connesso con il nome d i Quarti l l a si veda SCHMEUNG 1 %9, p. 9; vd. anche PRI ULJ 1 975, p. 52; PELLEG RINO 1 986, p. 1 98 . 879 V d. supra Seneca (para gr. Patologia). 880 V d. CoSCI 1 980, p. 1 99, n. 3.

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ABSTINENTIA

Durante la cena, in un momento in cui Tri malchione si è allontanato ad /asa­ num , un commensale, Seleuco (satyr. 42, 2-6) , ri feri sce di essere stato al funera­ le dell 'amico Crisanto, morto ugual mente nonostante fosse stato abstinax, cioè si fosse messo a dieta (non sappiamo per quale tipo di malattia) e fosse stato ben c i n q u e gi orni senza mangi are né bere (quinque dies aquam in os suum non

cmziecit, non micam panis)""' · S e l e uco, dunque, i roni zza sui d igiuni a scopo terapeutico suggeriti dal l a medicina tradi zionale: in realtà i l digiuno porta al la morte. L e parole d e l perso­ nag g i o tradi scono una totale sfiducia nei medici del tempo e nei l oro metodi terapeutici (medici il/um perdiderunt, immo magis malus fatus; m edicus enim nihil aliud est quam animi consolatio). Questo atteggiamento si addice bene al personaggio che, fin dal i ' esordio, ha manifestato la sua di ffidenza nei ri guardi d i u n o d e i pri ncipi i gienico-sanitari c h e , dali 'epoca di Asclepiade erano di venuti fondamental i per i Roman i : il bagno quotidiano. Come ri fi uta le pratiche di i g i e­ ne medica, così egl i nega ogni valore alle prescri zioni terapeutiche più consuete, qual i l' abstinentia, cioè i l divi eto di somministrare al malato cibo o acqua per un certo numero di giorni (il l i mite era stabi lito i n base ai cosiddetti giorni c ri tici e variava a seconda del l e di verse teorie). Come abbiamo già osservato nel capitolo relati vo a Seneca, Cel so (2, 1 6, 1 ) , che i l l ustra chi aramente le caratteri stiche del l 'abstinentia terapeutica, ritiene che, sebbene non vi sia niente che aiuti un malato più di una tempestiva absti­ nentia, non si debba neppure eccedere con il sottoporlo a esagerate privazioni. Nei pri m i giorni è bene tenerlo a digiuno, ma la durata di questo va stabi l i ta in base al l e forze del malato. Mediamente , comunque, secondo Cel so ( 3 , 4, 1 0) , la durata giusta è di quattro giorni. Nel passo di Petronio si parla di un'astensione total e dal l 'acqua e dal cibo per la durata di cinque giorn i , secondo quanto stabi l i vano, come dice Celso, i medici antichi882• Nonostante questa ri gida osservanza delle prescri zioni mediche, il

88 1 Per l a c u ra d e l l e malattie con l ' asti nenza vd. Ps. Gal. illlrod. seu medie. 13 ( 1 4, 7 3 1 K.). Nel Corpus Hippocraticum u n ' inedia d i sette giorni conduce a l l a morte. 882 Ce l s . 3, 4, 6 p/erique ex allliquis tarde daballt, (sc i i . cibum) saepe quilllo die, saepe

sexto; et id fortasse ve/ in Asia ve/ in Aegypto cae/i ratio patitur. Asclepiades ubi aegrum triduo per omtlia fatigarat, quartwn diem cibo destinabat. Al ThemisotJ twper, 11011 quan ­ do coepisset febris, sed quando desisset, aut certe levata esse< t>, considerabat; et ab il/o tempore expectato die tertio, si 11011 accesserit febris, statim ; si accesserat, ubi ea ve/ desierat, ve/ si adsidue in!Jaerebat, certe si se inclinaverat, cibum dabat. D i astensione total e dal c i bo e dalle bevande, parla anche Pl i n i o (28 , 5 3 ) , senza specificare i l n u m e ro d e i giorn i , i n un passo in cui fa riferi mento pre valenteme nte a l l e dottri ne di Asclepiade. Cae l . A u r. acut. 2, 1 28, a proposito del la pleurite, criticando l e teorie d i Prassagora , affer-

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paziente è, dunque, morto. Nel le parole di Seleuco (medici il/um perdiderunr, immo magis ma/us fatus) cogl iamo l ' eco del la cattiva fama di cui godevano i medici a Roma e dell 'osti l ità di cui erano oggetto da parte di certi ambienti811l . Quel l e che seguono im medi atamente (immo magis ma/is Jacus) correggono i n parte i l pri mo giudizio. I medici non sono degl i assassini: sempl i cemente non servono a nulla. Il motivo del medico che n ih il a/il((J est quam animi conso/atio , è l ' esaspe­ razione d i u n ' idea tradi zionale sugl i effetti consolatori , ol tre che terapeutici , del l a medicina; qui è detto in tono critico, ma i l concetto è l o stesso che i n Seneca (ep. 90, 2 0 e 24) , i l quale, ri conoscendo a questa 'tÉXYll l a forza del consiliwn ... oltre al l ' efficacia dei remedia, vede l ' aspetto pos i t i v o di tale fun­ zione consolatori a, nel momento i n cui la malattia appare i ncurabi l e e non vi è più spazio per l 'azione terapeutica (§ 24). Petronio ri balta i term i n i del proble­ ma: negando ogni effi cacia ai medicamenti , resta solo l ' aspetto meramente consol atori o885• Di "asti nenza" Petronio parla anche in altri due passi del Satyricon, ( 1 1 5 , 1 6 ; I l i , 3 - 1 3), nei qual i però s i tratta di astensione volontaria dal ci bo, consi stente in una sempli ce fruga/itas (la capacità di moderarsi nel l ' al i mentazione, una del le norme i gienico-sani tarie suggeri te dai medici del tempo) nel primo caso1116 , nel ­ l ' inediaflB1 con conseguenze patologiche nel secondo, rel ativo al l a matrona d i Efeso888 • Questo passo è tutto giocato su un ampio impiego parodistico di termini del

ma: Numquam igitur sexta die cibum iudicamus dandum, longa est enim ieiunitas. Per Temisone di Laodicea qualsiasi metodo di cura per qualsiasi malattia cominciava con tre giorni di digi uno. 883 Cfr. per es. Pi i n. nat. 29, I l (hinc il/a infe/icis monumemi inscriptio: turba se medicorum

perisse). 8 84 Anche Cicerone (Cic. lAel. 3, 5: Ci c. Tusc. l , I l i ; 3, 77), come Seneca, dà ampia testi­ monianza di questa funzione "psicologica" dell 'arte med ica, ma entrambi non la riduco­ no a questo sol tanto. Cfr. anche Ps. Qui nt. decl. mai. 8, 9, p. 1 60 H . medicina, quid prae­

stas, nisi ut iuxta te nemo desperet? 885 PIGEAUD 1 98 1 , p. 349. 886 In 1 1 5 , 1 6 (cibus a••idum strangulavit, abstinentem frugalitas) i l verbo abstinere è s i n on i mo di "essere fruga l i " , ma esserl o in modo esagerato, tanto da a rri vare a l l a morte. È u n a concezione coerente con quanto afferma Ce lso, p e r i l q u a l e ( 1 , 2, 8) Ubi

ad cibum ventum est, numquam utilis est nimia satietas. saepe inutilis nimia abstinen­ ria. 887 Per il suicidio "romantico" mediante inedia vd. I'EcERE 1 975, p. 56. 888 Per alcune osservazioni l inguisti che su questo passo vd. FRAENKEL 1 974, pp. 687-689; anche RASTIER 1 97 1 , pp. 1 025 - 1 056; SOVERINI 1 980, pp. 97- 1 05.

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lessi co medico (abstinentia-, inedia-, exulceratus""' , se replerem) , u ti l i zzati spesso con una doppia valenza. L'abstinentia è di ci nque giorni (§ 3 quintum iam diem sine alimento trahebara"l), proprio come consigli avano certi medici antichi che abbiamo vi sto di sapprovati da Cel so (3, 4 , 6): la differen za è che, in quel caso si trattava di un procedi mento terapeutico, i n questo di un digiuno che avrebbe dovuto portare al la morte. Dopo questo periodo la matrona è abstinentia sicca, cioè, propriamente, "disseccata dal digi uno": proprio questa iunctura su cui tanto si è di scusso""" scopre la valenza medica dei termini e permette un ' i n ­ terpretazione che sembra essere sfuggi ta al la critica. Anche siccus, i nfatti , come abstinentia. ha un duplice significato, negativo o positi vo, a seconda che s i a impiegato n e l s i g n i fi cato di "magro" , "secco" o i n q u e l l o d i "asc i u tto", cioè privo di tutti gli umori viziosi e, qui ndi , i n sostanza, "sano"89�. Ne è conferma il verbo siccare impiegato nel lessico medico per i ndicare azi oni terapeutiche o medicamenti che li berano il corpo o le sue parti dagli umori i n eccesso""' . Pro-

889 Per u n 'abstinentia di tipo erotico vd. 1 1 2, 2, abstinuit dove già MO!LER 1 96 1 , p. 2 1 2, aveva visto u n ' i ronica all usione al l i n guaggio medico. 890 Inedia è u n termine consueto i n ambito medico e, quindi, non è necessari o sonoli neame l 'aulicità, come PECERE 1 975, p. 58 e PACCHIENI 1 978, p. 46, n . 1 8. 89 1 Exu/ceratus è un term i ne tecnico del lessico medico. V d. Th. l. L. V l , 2 1 03-2 1 04. 892 L' espressione, senza l ' ablativo cibo è impiegata da Celso, con il valore di "ri mpinzarsi d i ci bo" ( 1 , 3 , 1 9 utilis [sc i i . vomitusl plenis, biliosis omnibus, si ve/ nimium se rep/erwll, ve/ pafUm concoxerunt; cfr. anche l , 2, 1 0). PECERE 1 975, p. 1 08, n. 1 9 1 , ritiene che l a locuzione rep/evit s e cibo rientri "nel gusto per le immagini rozze e colorite d e l l a l i ngua popolare". 893 Per le q uestioni relative a quintum iam diem sine (4) alimento trahebat vd. SOVERINI 1 980, pp. 1 04- 1 05 . 894 V d. PECERE 1 975, p p . 1 06- 1 07 ; PACCHIENI 1 978, p . 50. 895 Cfr. per es. Cat. 23, 12 corpora sicciora cornu; Gran. 277 siccis . . . /acertis; Pl i n . nat. 34, 65 corpora graci/iora siccioraque. Per la siccitas del l 'organismo, intesa come uno stato di sal ute, cfr. anche Varro ap. Non. p. 634 L. Persae propter exercitationes puerilis modi­ cas {se j consecuti corporis siccitatem, ut n eque spuerent n eque emungerenlllr su.fflatove corpore essem; Cic. Tusc. 5, 99 adde siccitatem quae consequitur hanc continentiam in

victu, adde imegritatem valewdinis; sen. lO summam in eo esse corporis siccitatem. A nche nel lessico medico l 'aggettivo siccus è impiegato per indicare un tipo di comples­ sione fi sica: Cels. l , 3 , 13 ante omnia awem norit quisque naturam sui corporis, quo­

niam a/ii graciles, a/ii obesi suni, a/ii ca/idi, alii Jrigidiores, a/ii umidi, a/ii sicci; alias adstricta, alias reso/uta alvus exercet. In ambito patologico il term i n e i ndica u n ' affezione o un ' u lcerazione non accompagnata da fuoriuscita di umori (cfr. Ce l s. 4, 1 2, 2 ; Scrib. Larg. 32; Pl i n . nat. 20, 243 ; 28, 1 69). Cfr. anche Ps. H i pp. u/c. l (6, 401 L.) 'tÒ yàp é,TJpòv 1:où ÙytÉoç tcrn. K