Sacralità e geometria. Un itinerario sapienziale dalle origini al Rinascimento 8856402254, 9788856402254

Il saggio è volto all'identificazione e alla decifrazione dei rapporti proporzionali racchiusi all'interno di

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Sacralità e geometria. Un itinerario sapienziale dalle origini al Rinascimento
 8856402254, 9788856402254

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lUca maccaferri

Sacralità e geometria Un itineriario sapienziale dalle origini al rinascimento

STORIE DEL MONDO 13

www.mauropagliai.it © 2012 edizioni PoliStamPa Via livorno, 8/32 - 50142 firenze tel. 055 737871 (15 linee) [email protected] - www.leonardolibri.com iSBn 978-88-564-0225-4

Sommario

Prefazione introduzione l’immaginario geometrico umano: costanza e mutamento dalle origini all’età del rinascimento i le origini ii in meSoPotamia iii in egitto iV in grecia V a roma Vi nel medioeVo Vii a firenze

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In memoriam luigi Vignali (1914-2008)

noi sappiamo ora che vi fu una grande civilizzazione, che si sparse su tutta la terra, non solo prima della nostra presente finezza, ma prima eziandio della nostra più lontana barbarie. gioVanni da Schio, 1845

Prefazione

Per gli architetti rinascimentali considerare la loro attività una scienza era un assioma, e per loro era ovvio che un edificio dovesse corrispondere ad un unico sistema di rapporti matematici e proporzionali. rapporti che erano sotto gli occhi di tutti, ma non da tutti comprensibili perché appartenenti a quel “grandissimo libro” individuato da galileo nell’universo, che “prima non può intendersi se prima non s’impara a intendere la lingua e conoscere i caratteri ne’ quali è scritto. egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri sono triangoli, cerchi e altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intenderne umanamente parola: senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro labirinto”. Questa evidente verità era giunta agli architetti rinascimentali attraverso un’esperienza secolare maturata dalle aree geografiche le più diverse, come ci ricorda luca maccaferri in questa sua ricerca. Una ricerca svolta in chiave storicista che ci fa comprendere il valore e i limiti, con la fortuna e la sfortuna di tanti rapporti matematici e proporzionali che sono stati definiti in una prospettiva addentellata nell’estetica, nella storia del pensiero e nella cultura figurativa. luca maccaferri non è nuovo a questi studi. negli anni scorsi, ha pubblicato articoli e saggi come Dunamei summetros a Babilonia: magistero proporzionale ed urbanistica regolare nel vicino Oriente antico (2003), uno studio sulla Storia della famiglia Antinori e del suo palazzo (2007), e delle Osservazioni sugli affreschi della Cappella di Palazzo Medici Riccardi in Firenze (2012). ora, con l’affermare che le conoscenze scientifiche e tecniche sono patrimonio culturale, viene a recuperare studi che furono cari a rudolf Wittkower, e a dimostrarci come lo studio dei rapporti matematici e proporzionali può fungere da mezzo creativo, divulgativo e formativo d’impegno civile e d’interesse sociale. Luigi Zangheri

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introdUzione

nel presentare una ricerca volta all’identificazione ed alla decifrazione dei rapporti proporzionali racchiusi all’interno di insigni monumenti artistici del passato, riteniamo non disutile sottoporre all’attenzione del discreto lettore l’evidenza di uno status quaestionis che, solo se ne voglia prendere atto, testimonia di come presso le antiche civiltà sacerdotali (egitto, mesopotamia, cina…) il costante impiego di matrici geometriche a carattere simbolico-mensorio nelle disposizioni della sacra ars costruendi, costituisse il cuore di quell’intimo magistero in cui essa custodiva il principio immutabile della sua autorità; ed ancora testimonia di quanto codesta scienza della diagrammazione affondasse le sue radici nell’humus di un vero e proprio “continente sommerso” dell’intelletto, o sia di una superiore cosmologia arcaica a base astronomica che venne poi universalmente adombrata nei miti dei diversi popoli per i quali fu il necessario comune lievito. gli studiosi che pur sotto differenti angolazioni si avvicinarono a questa remotissima cultura, per la quale “creare” significa “misurare”, si trovarono al cospetto di una passione per la misura senza pari centrata sul numero e sui tempi indirizzata ad ogni ambito dello scibile, al punto che non vi era pressochè alcun fenomeno o alcun oggetto che non fosse commensurabile rispetto a qualsiasi altra cosa. Un siffatto furor mensurandi obbediva ad una visione unitaria del mondo in cui la realtà, nel senso ontologico, era appunto una: la regolarità della macchina cosmica, ineluttabilmente dominata da una necessità assoluta di ordine matematico che costituiva la stessa natura degli astri, o sia degli dei-numeri, identificabili mediante suoni, colori, direzioni, poligoni et similia. la contemplazione della danza dei pianeti e dei ritmi siderali permettevano di riflesso all’uomo di liberarsi delle servitù del fato e di attingere all’eternità attraverso la celebrazione di miti e l’esecuzione di riti, in ottemperanza ai principi supremi di esattezza (maat in egitto, rta in india) desunti dagli archetipi celesti, princìpi di verità che determinavano le

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Sacralità e geometria

unità fondamentali di peso, lunghezza, tempo. l’ineludibile accordo fra terra e cielo si reggeva in ultima analisi sull’amara coscienza, tramandata dai miti cosmogonici, della rottura di un ordine iniziale immutabile, di una sghembatura del mondo responsabile dell’obliquità dell’eclittica terrestre e dello zodiaco. la disgrazia provocò l’esilio dell’uomo dalla serena immutabilità dell’età dell’oro nel triste divenire, sancendo in lui il bisogno di ricostituire, nell’accordo del macrocosmo al microcosmo, la necessaria mediazione col divino. ecco allora che in questo tutto armonico la creazione architettonica per eccellenza, il tempio, veniva a fungere da vera e propria riproduzione del cosmo, atta a rispecchiare una realtà trascendente. esso era quindi costruito in aderenza ad una data diagrammazione, che ne statuiva le proporzioni sacre simboleggianti l’idea formante della bellezza. imitazione, Bellezza e Verità trovano infatti nell’espressione creativa una conferma della loro identità di base, così che la perfetta imitazione di una forma intelligibile fa la bellezza dell’opera annunziandone al contempo la verità, cioè il suo essere conforme alle leggi di armonia che la sottendono. a questi principi direttori dobbiamo ricondurci se ci interroghiamo sul significato del numero nelle arti figurative, e ai fini di una corretta intellezione della geometria sacra riteniamo utile seguire la deriva di questo “continente nel tempo” (per dirla con giorgio de Santillana) verso epoche a noi più vicine. la concezione arcaica, dopo avere improntato di sé i grandi centri di cultura antica, si conservò sostanzialmente intatta nella scuola pitagorica, vera epitomatrice delle scienze anteriori, ove il numero era posto a fondamento dell’intelligibile ordine dell’universo e della celeste armonia delle sfere (che marius Schneider stabilì essere corrispondente al seguito di intervalli fra le armoniche musicali, sovrapponibile ai rapporti tra i pianeti). Secondo quanto tramandato dalle fonti antiche i pitagorici, in seno al loro programma basato sulla triade di silenzio, musica e matematica, elaborarono e definirono dei calibratissimi canoni estetici aventi la loro ragion d’essere nel concetto di unità d’insieme dell’opera: la bellezza non risiede dunque in un mosaico di frammenti indipendenti, bensì nell’accordo logico ed armonioso delle parti tra loro. Questa ricerca si affermava col ritmo (base acustica della teoria dei numeri) e colla simmetria, il cui significato primo era quello di “commensurabilità”, di misurabilità delle parti col tutto. Un’illuminante passo di Plutarco (Questioni conviviali, 113) chiarisce in maniera inequivoca la suddetta identità misurazione = creazione: “… la geometria non tratta altro che gli accidenti e le proprietà 10

introduzione

delle estremità o dei limiti dei corpi; e Dio non fece il mondo in altro modo che ponendo dei termini alla materia che prima era infinita… Ebbene i numeri e le proporzioni, in quanto applicati alla materia, la circoscrivono come se fosse delimitata da linee e, tramite le linee, da superfici e profondità… Perciò essendo fissati i termini a ciò che prima era indeterminato ed infinito, il tutto divenne, e continua ad essere, armonioso in tutte le sue parti”. in ordine a ciò lo stesso concetto di idea fornito da Platone (che tramandava ed interpretava un retaggio pitagorico) è pienamente intelligibile nel suo significato di perfezione concreta, visibile in quanto riflesso degli archetipi divini. le metodologie applicative corrispondenti a questa consonanza geometrica si basano sul principio della cosiddetta “simmetria dinamica”, locuzione concettualmente riesumata dall’americano Jay hambidge nelle pagine del Teeteto platonico (147 d148 a) per indicare la “commensurabilità in potenza” tra le superfici delimitate da elementi lineari incommensurabili (ovvero irrazionali). in termini pratici il sistema permetteva di produrre e gestire graficamente sistemi di superfici armonicamente correlati secondo un’ordinata catena di partizioni corrispondenti al tema direttore di partenza (contrariamente a quanto avviene nel campo delle proporzioni aritmetiche razionali, responsabili di simmetrie “statiche”). la permanenza nell’opera d’arte di questa ratio, di questo rapporto invariante, prende le mosse dal concetto di analogia o proporzione geometrica (a:b=b:c) adombrato da Platone come introduzione al concetto di proporzione nel Timeo (31 B-c), il più dichiaratamente pitagorico dei suoi dialoghi: “Ma che due cose sole si combinino senza una terza non è possibile… Il più bello dei legami è quello che di sé stesso e delle cose legate ne fa assolutamente una sola; ed a far questo nel miglior modo è appropriata la proporzione”. la verifica statistica della presenza di una siffatta scompartizione d’insieme in temi omogenei, eseguita agli inizi del secolo scorso dall’università di Yale su di un considerevole campione di manufatti e grandi monumenti architettonici greci, ebbe un riscontro positivo nella quasi totalità dei soggetti appartenenti al periodo classico dal Vi al iV secolo a.c. tra queste la scansione largamente più diffusa risultò essere la “sezione” (eudosso di cnido), ovvero la sezione aurea, la più semplice delle proporzioni geometriche continue, in cui i tre termini si riconducono a due a/b=b/(a+b), e quella al contempo capace di produrre il maggior numero di combinazioni armoniche. Se questa non è la sede indicata per una fenomenologia della celeberrima proporzione e delle sue ben note proprietà matematiche e geometriche (ricorderemo 11

Sacralità e geometria

solo il suo ruolo fondamentale nella crescita omotetica organica, nella spirale logaritmica, nella serie di fibonacci, nelle membra del corpo umano), risulterà utile, in merito alla sua effettiva rilevanza, una considerazione che prende nuovamente le mosse dalla dottrina platonica. nel Filebo (51 c) si dice che “La bellezza della linea retta e del cerchio, del piano e delle figure solide da questi formate… non è, come quella di altre cose relativa, ma tale sempre e assolutamente”. ebbene, considerando che il numero-idea, l’essenza della figura geometrica (l’archetipo) era soprattutto una serie di “punti aventi posizione”, nulla di più efficace per racchiudere in una immagine significativa il progressivo ingranarsi dei livelli di questa scientia antiqua, della visione delle arcane “monadi” pitagoriche disposte in cielo secondo il disegno del pentagramma perfetto (esclusivamente retto, come ben noto, da rapporti aurei). la figurazione celeste (riscoperta da Knapp negli anni trenta) corrisponde a cinque levate eliache del pianeta Venere nel corso di otto anni ed è un mirabile esempio di quella perduta capacità sinottica che stava a fondamento dell’antica aritmosofia astrale. ancora nel Timeo Platone proiettando nello spazio tridimensionale l’unità di tempo di forma pentagonale ci offre una testimonianza, a livello macrocosmico, dell’analogo salto di scala tra linee e superfici che caratterizza la simmetria dinamica: la mancata affiatabilità (leggi: commensurabilità) tra i pentagoni adagiati su di un piano si risolve nella dimensione immediatamente successiva con la sfera dei dodici pentagoni o dodecaedro, assunto dal demiurgo come l’intelaiatura del “tutto”. il senso da noi attribuito a questa premessa risiede in ultima analisi nell’assioma che “nulla si può muovere se non in rapporto a ciò che è fisso”. l’arte in quanto mediatrice tra questo mondo e l’altro evade dalla sfera dell’esperienza storica contingente per riferirsi necessariamente a quel nucleo intellettuale di verità sottratto al tempo ed allo spazio che permane immobile al centro della storia. dal tronco di tale “filosofia perenne”, incentrata sulla sinfonia del numero, si sono via via diramate nei secoli, attraverso le più eterogenee vie di trasmissione, le plurime declinazioni delle estetiche artistiche fino all’età del rinascimento, epoca in cui ancora perdurava il tema dell’unità del cosmo, magistralmente delineata da luca Pacioli nel suo De divina proportione, uscito dai torchi nel 1509. ma quando nel 1683 claude Perrault osa dichiarare che le proporzioni sono belle soltanto perchè ad esse siamo avvezzi, il divorzio tra la scienza costruttiva e la sua simbologia è oramai già definitivamente avvenuto. 12

l’immaginario geometrico Umano: coStanza e mUtamento dalle origini all’età del

rinaScimento

il carattere distintivo che sin dall’alba dei tempi appartenne al genere umano senza soluzione di continuità alcuna fu l’innato bisogno di comunicare verità spirituali trascendenti attraverso la natura simbolica della realtà. le espressioni formali che inverarono con successo questa operazione mimetica di stampo metafisico sono state definite “opere d’arte”1. attraverso il seguente excursus, che ripercorre alcuni momenti fondamentali della nostra civiltà, ci proponiamo di evidenziare (seppur in maniera episodica e frammentaria2) la ricorrente presenza di determinate invarianti costitutive di tipo geometrico e matematico all’interno di insigni realizzazioni architettoniche appartenenti a differenti epoche, luoghi e culture. Questa particolare lettura della costanza delle forme geometriche (medesimi concetti simbolici) condotta attraverso il mutamento degli stili (differenti temperamenti individuali)3 sortirà l’esito di esplicitare

1 ananda Kentish coomaraswamy (1877-1947), grande luminare del sapere e massimo interprete della concezione estetica propria della Philosophia Perennis o filosofia tradizionale (comune tanto alla simbologia orientale che a quella occidentale in virtù dell’emanazione da un’unica antichissima verità), argomenta che il vocabolo arte non indica alcunchè di tangibile, bensì una competenza che applicata alla cosa la rende definibile con quella parola: la perfezione dell’opera d’arte si verifica quindi nell’effettiva unità di forma (intesa non come figura tangibile ma come idea, eìdos) e materia; si veda a. K. coomaraswamy, Come interpretare un’opera d’arte, milano, rusconi, 1977, pp. 15-31 [ed. orig. london, 1943]. 2 l’assunto e la vastità del tema hanno fatto sì che gli eventi architettonici presentati nel corso della trattazione siano stati da noi selezionati in base ad un criterio di emblematicità, privilegiandone al massimo il valore di exemplum. 3 Per quanto attiene la nozione di artista e di stile rimandiamo ad a. K. coomaraswamy, op. cit., pp. 32-70. facciamo inoltre notare che Siegfried giedion (1889-1968) nelle sue ultime opere identificò nella costanza e nel mutamento la

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Sacralità e geometria

la sostanziale continuità esistente tra le diverse epoche ed aree geografiche prese in esame.

i. le origini l’immenso repertorio di elementi naturali in cui era immerso l’uomo delle origini costituì l’inesauribile fonte di stimoli che permise alla sua sviluppata potenzialità intellettiva4 di intendere e comunicare significati di tipo metaforico attraverso l’intrinseca armonia5 delle figure geometriche, espressioni simboliche della relazione con il mondo o, più propriamente dal punto di vista dell’estetica tradizionale, matrici metafisiche soggiacenti al mondo fisico6. la figura del cerchio, colma di rimandi ad elementi cosmici quali la volta celeste, il sole e la luna, può a buon diritto ritenersi l’elemento fondante dell’immaginario primitivo. il cerchio fu utilizzato in una miriade di varianti, dagli oggetti di uso quotidiano, alla ruota, alle sepolture, alla forma della stessa dimora archetipica (fig. 1). a questo proposito titus Burckhardt afferma che: nelle civiltà primitive ogni abitazione è considerata l’immagine del cosmo, perchè la casa o la tenda “contiene” e “avvolge” l’uomo a guisa del grande mondo. tale idea si è conservata nel linguaggio dei

fondamentale antinomia attorno alla quale si dipana il filo della manifattura umana; si vedano in particolare S. giedion, L’eterno presente: le origini dell’arte, milano, feltrinelli, 1965 [ed. orig. new York, 1962] e id., L’eterno presente: le origini dell’architettura, milano, feltrinelli, 1969 [ed. orig. new York, 1964]. 4 la capacità cranica dell’uomo moderno varia tra i 1400 e i 1500 c.c., quella dell’uomo di cro-magnon era di 1600 c.c. e quella dell’uomo di chancelade di 1700 c.c. 5 a. K. coomaraswamy (op. cit., p. 29) annota che “armonia” fu anzitutto un termine utilizzato dai falegnami per indicare l’arte del “giuntare” e che, sia nella tradizione greca sia in quella indiana, fu inevitabile che il Padre e il figlio fossero dei “falegnami”, dimostrando che tale teoria deve risalire all’era neolitica, o addirittura allo stadio “iletico” o “primordiale”. 6 “L’uomo si ritrova corporalmente, in modo metaforico, nel corpo della natura, nello stesso modo incui ritrova la natura nel suo corpo” (S. resnik, “il corpo, la geometria e l’idea di numero”, Conoscenza religiosa, 1-2, 1979, pp.10-28: 11).

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i. le origini

fig. 1 Spagna, luogo di assemblea circolare degli abitanti preistorici dell’isola di hierro nelle canarie.

popoli più diversi, dato che si parla della “volta” o della “tenda” del cielo e del suo “colmo” per indicare il polo7.

tale forma fu adottata anche nella disposizione generale delle capanne, rispondenti su di uno spazio interno tondeggiante, in obbedienza ad una matrice d’impianto che attraverso i millenni ne conservò l’intimo significato simbolico (figg. 2 e 3). Volendo inquadrare questo fenomeno in una corretta prospettiva storica, luigi Vignali osserva che:

fig. 2 regno Unito, sezione ipotetica di una capanna circolare neolitica in pietra nel Kent. il diametro era di circa quattro metri e mezzo ed un albero sradicato sosteneva il tetto.

t. Burckhardt, L’arte sacra in oriente e in occidente, milano, rusconi, 1976, p. 46, nota 1 [ed. orig. lyon, 1958]. 7

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Questo concetto di introversione poi, così evidente negli agglomerati primitivi, si trasforma, con il passare di secoli e secoli, nel campiello, nella piazzetta del borgo quando, abbandonato lo schema suggerito dal segno iniziatico – il cerchio –, l’influsso di altri segni, più geometricamente complessi, determinerà nuovi spazi per la vita in comune ed un diverso modo di intendere e gestire la socialità8.

fig. 3 Un rundling prussiano antico: villaggio circolare con santuario, idoli ed ara sacra del fuoco al centro.

l. Vignali, Diagrammazione, Esoterismo, Architettura, casalecchio di reno (Bo), grafis, 1994, p. 6. 8

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i. le origini

il modello geometrico del triangolo, configurante la triade sociale originaria, apparve nella rappresentazione del ventre materno, del “recipiens” corporeo femminile (fig. 4), ed assurse a matrice formale delle cosiddette figurine di Venere, primo esempio si scultura a tutto tondo di soggetto umano9.

fig. 4 restituzione grafica di alcune veneri preistoriche.

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cfr. S. resnik, op. cit., pp. 12-17.

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le vestigia dei tumuli piramidali, che un tempo punteggiavano la valle del fiume mississippi (fig. 5), sono solo un esempio (e ve ne potrebbero essere innumerevoli altri) di come antiche culture cosiddette “preistoriche”, possedessero una completa padronanza nella gestione di complesse geometrie quadrangolari nelle tre dimensioni10.

fig. 5 ricostruzione grafica del tumulo preistorico di cahokia presso St. louis, la più vasta delle piramidi tronche statunitensi: occupa una superficie di alcuni acri e raggiungeva originariamente l’altezza di 27 metri.

cfr. B. rudofsky, Le meraviglie dell’architettura spontanea, Bari, laterza, 1979, pp. 85-88 [ed. orig. new York & london, 1977]. 10

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i. le origini

dall’elaborazione di questi primi segni nacquero grandi opere megalitiche delle quali il santuario di Stonehenge (fig. 6) costituisce l’esempio più paradigmatico. l’ordinamento della sua ritmica di pieni e di vuoti combina diverse geometrie all’interno di un unico grande disegno: l’astronomo britannico Sir norman lockyer (1836-1920) per primo verificò l’esistenza di complesse relazioni tra il cromlech, i fenomeni celesti ed il supporto fisico del territorio circostante11.

fig. 6 regno Unito, Stonehenge.

nell’ambito di una dotta dissertazione sul retaggio tradizionale costruttivo, elémire zolla rilevò che il tempio12, così come ogni altro manufatto nello stato primordiale, doveva … prestarsi alla contemplazione e ripetere simbolicamente il modello del cosmo quale struttura di piani digradanti dall’essere al divenire13.

11 cfr. n. Pennick, Sacred Geometry. Symbolism and Purpose in Religious Structures, freshfields, capall Bann Publishing, 1994, cap. iii. 12 facciamo notare che, in latino, templum significa originariamente il recinto sacro destinato alla contemplazione del cosmo. 13 e. zolla, “la città perfetta”, L’Approdo letterario, Xiii, 37 (n.S.), 1967, pp. 6898: 70.

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Per quanto concerne altre opere ciclopiche quali la sterminata teoria dei 2935 menhir14 di carnac e le taule15 di minorca, o di scala minore come la caverna dipinta di galdar (fig. 7), oggi non siamo più in grado di decifrarne i significati16. esisterebbe quindi una sorta di “curvatura del tempo” che ci impedisce di cogliere gli eventi più remoti. a questo proposito Vignali sostiene che:

fig. 7 la caverna preistorica dipinta di galdar, nell’isola di gran canaria, è notevole per la configurazione quadrata e la decorazione geometrica. il disegno mostra un murale nero, rosso ed ocra, in seguito distrutto dall’umidità.

i menhir sono singole pietre erette di dimensioni considerevoli, rifinite oppure allo stato grezzo. 15 Una taula, ovvero tavola, è una scultura-architettura composta da una lastra di pietra eretta conclusa da una orizzontale dalla forma, appunto, di tavola. le pietre presentano una lavorazione accurata, con angoli vivi e superfici levigate. 16 S. giedion (L’eterno presente: le origini dell’arte, cit., p. 10) constatò come il significato di talune forme simboliche primordiali fosse da considerarsi irrimediabilmente perduto. 14

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i. le origini

… esaminando il rapporto dei segni con il loro significato (ossia l’informazione o il messaggio), vedremo che esso potrà mutare nel tempo. dando a questo rapporto forma matematica avremo: m/t = S ove m è il messaggio, t è il tempo, S è la significazione. con il variare del tempo (t) avremo un diverso grado di significazione ed, infatti, per t tendente all’infinito avremo l’annullamento del significato. accade cioè che, con il passare del tempo, il messaggio (costituito dal linguaggio dell’architettura) perde sempre più la sua capacità d’informazione e quindi non siamo più in grado di capire e decifrare completamente l’opera e di comprenderne l’intima essenza e l’uso17.

la soluzione di questa impasse esegetica passa attraverso la messa a fuoco di talune invarianti costitutive di tipo matematico e geometrico all’interno delle arti primitive. la prima analisi di questo genere fu compiuta da max raphael nel suo saggio Prehistoric Cave Paintings18, ove rilevò che le proporzioni delle raffigurazioni di animali potevano essere ricondotte a pochi tipi ricorrenti quali 1:1, 1:2, 2:3, 2:5, 3:5, 3:4, 3:7, 4:7. i rapporti di 2:3 e 3:5 vanno a corrispondere con buona approssimazione al valore irrazionale della sezione aurea19, particolarmente impiegata nelle pitture della caverna di altamira in Spagna (periodo magdaleniano, circa XX-XV millennio a.c.). da parte nostra, esaminando lo schizzo di un bisonte (fig. 8) ivi ritratto20, abbiamo messo in evidenza come la figura sia regolata dal cerchio, dal quadrato e dal rettangolo a modulo √221.

l. Vignali, op. cit., p. 7. new York, Pantheon Books, 1945, pp. 28-29. 19 la prima definizione scritta a noi pervenuta della sezione aurea (appellativo coniato da leonardo da Vinci) risale al iii secolo a.c. (la sua nozione è in realtà infinitamente più antica) ed appartiene ad euclide: “un segmento è detto diviso in media ed estrema ragione quando il segmento intero è in relazione con una delle sue parti, come questa lo è con la minore” (Elementi, libro Vi). il valore del rapporto aureo è espresso dal numero irrazionale (1 + √5)/2 = 1,618… 20 il disegno da noi analizzato, tratto da e. cartailhac/h. Breuil, La caverne d’altamira à Santillane près Santander (Espagne), munchen, 1906, è stato ripubblicato in aa.VV., Raffaello e la sezione aurea. Catalogo della mostra, Roma, 27 marzo30 aprile 1984, Bologna, Bora, 1984, p. 25. 21 il modulo è dato dal rapporto fra i lati. 17 18

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Sacralità e geometria

fig. 8 Spagna, grotta di altamira: studio di una pittura raffigurante un bisonte. in evidenza le suddivisioni proporzionali.

giorgio de Santillana sottolinea che: … nel periodo neolitico, si è rivelato… un protopitagorismo, un insieme di concezioni cosmografiche in cui terra e cielo s’incontrano, in cui cifre, ritmi, alfabeti, giochi come gli scacchi e quadrati magici, le qualità delle cose, le proprietà degli alberi e delle piante, il destino degli uomini, i poteri degli dei e degli astri, coi miti del loro divenire, s’intrecciano e s’intricano, direbbe rimbaud “comme un opéra fabuleux”22.

all’orizzonte di questo periodo protostorico appartiene quasi certamente uno stupefacente reperto archeologico quale un dodecaedro quasi regolare in pietra (fig. 9) rinvenuto nelle antichissime capanne in pietra del monte loffa (Veneto)23.

22 g. de Santillana, “la storia da riscrivere”, in id., Fato antico e Fato moderno, milano, adelphi, 1985, pp. 53-77: 71. 23 S. de’ Stefani, “intorno un dodecaedro quasi regolare di pietra a facce pentagonali scolpite con cifre scoperto nelle antichissime capanne di pietra del monte loffa”, Atti del R. Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, serie Vi, tomo iV, 1886, pp. 3-25. come avremo modo di vedere più avanti la geometria pentagonale è totalmente governata dalla sezione aurea.

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i. le origini

fig. 9 dodecaedro quasi regolare in pietra.

noi riteniamo che l’applicazione di proporzioni di tipo irrazionale, e segnatamente della sezione aurea, da parte degli ignoti artisti del paleolitico, possa essere riconducibile a quell’atto di ispirazione intellettuale che, secondo la teoria dell’arte intrinseca alla Philosophia Perennis comune a tutte le culture tradizionali, scaturisce da un’intuizione di carattere supercosciente e sovraindividuale24. Un’indagine sulla predilezione intellettuale per determinate forme venne effettuata nel 1875 dall’inventore della psico-fisica theodor gustav fechner (1801-1887), tramite un esperimento di statistica estetica25. lo studioso invitò un campione di persone ad esprimere un

mentre la psicologia moderna vede nell’ispirazione la spinta di una volontà istintiva e subconscia, la filosofia tradizionale vi scorge un’innalzamento dell’artista al livello supercosciente degli archetipi; si veda a. K. coomaraswamy, op. cit., pp. 43-58. 25 t. g. fechner, Vorschule der Aesthetik, Breitkopf & hartel, leipzig, 1876. 24

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Sacralità e geometria

giudizio di preferenza per un certo numero di differenti rettangoli (compreso il quadrato) ed osservò che le scelte si distribuivano con un evidente massimo delle frequenze in corrispondenza del rettangolo aureo. Parallelamente, le ricerche pionieristiche condotte dal tedesco adolf zeising (1810-1876) avevano posto in rilievo il ruolo direttore della sezione aurea nella morfologia del mondo animale, in botanica, nell’arte greca, nella musica ed in maniera particolare nell’uomo26. in un saggio del 185427 lo studioso analizzò la fluttuazione del rapporto tra l’altezza totale e l’altezza dell’ombelico di una persona durante le fasi della crescita. al raggiungimento dell’età adulta (circa 21 anni) tale rapporto si arrestava, per un soggetto di sesso maschile, sul valore di metri 1,625 (molto prossimo al valore aureo di 1,618). nel 1917 lo scienziato britannico d’arcy Wentworth thompson (1860-1948) diede alle stampe il libro On Growth and Form28, opera di fondamentale importanza per la conoscenza della morfologia degli esseri viventi. in questo studio, dai caratteri decisamente innovativi, d’arcy thompson applica una chiave di lettura matematica e fisica all’analisi dei processi biologici, riuscendo così ad evidenziare in maniera incontrovertibile come anche la più semplice forma organica sia definibile attraverso i concetti di spazio e numero, in sostanziale aderenza al “dio geometrizza sempre” di retaggio platonico. Una sezione del saggio è dedicata alle strutture degli scheletri dei radiolari, organismi microscopici del plancton marino di particolare interesse in funzione della loro varietà formale e regolarità geometrica. analizzando le illustrazioni di radiolari (fig. 10) disegnate dal naturalista tedesco ernst haeckel, d’arcy thompson afferma che: in una di queste vediamo un ottaedro regolare, in un’altra un pentagono regolare (il dodecaedro) e in una terza un icosaedro regolare. in tutti i casi le figure appaiono perfettamente simmetriche… Se

26 cfr. m. c. ghyka, Esthétique des proportions dans la nature et dans les arts, Paris, editions du rocher, 1987, pp. 34-37 [ed. orig. Paris, 1927]; id., The Geometry of Art and Life, new York, dover, 1977, pp. 107-109 [ed. orig. new York, 1946]. 27 a. zeising, Neue Lehre von den Proportionen des Menschlichen Korpers, leipzig, r. Weigel, 1854. 28 d. W. thompson, Crescita e forma – edizione ridotta a cura di J. t. Bonner, torino, Bollati Boringhieri, 1992 [ed. orig. cambridge, 1917].

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i. le origini

fig. 10 circogonia icosahedra e circorregma dodecahedra.

aggiungiamo a queste figure il tetraedro regolare… ed il cubo che è rappresentato… dallo scheletro delle spugne exactinellidi, abbiamo la serie completa dei cinque poliedri regolari della geometria, ovvero dei “solidi platonici” degli antichi matematici29.

la scoperta è assai notevole, dal momento che la presenza dell’icosaedro30 e del dodecaedro31, ad indici32 irrazionali, stabilisce un netto confine tra la geometria degli esseri viventi33 e la geometria dei sistemi cristallini inorganici34 (invariabilmente legata a numeri interi), ove i due suddetti poliedri sono assenti. l’importanza della presenza

29 ibidem, p. 186. Per una disamina dei solidi platonici si veda m. c. ghyka, The Geometry of Art and Life, cit., pp. 40-50. 30 Solido a 12 vertici costituito da 20 triangoli equilateri; i 12 vertici sono pure vertici di 3 rettangoli aurei perpendicolari uno all’altro ed aventi un comune centro di simmetria. 31 Solido a 20 vertici costituito da 12 pentagoni; la geometria pentagonale è regolata dal valore aureo che esprime il rapporto tra la diagonale ed il lato. 32 Si dicono indici i numeri che esprimono le relazioni delle facce del poliedro con i tre assi primari. 33 cfr. m. c. ghyka, Esthétique des proportions dans la nature et dans les arts, cit., cap. V. 34 ibidem, cap. iV.

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Sacralità e geometria

fig. 11 figure gnomoniche.

dell’icosaedro e del dodecaedro nella morfologia organica risiede nella loro natura di amplificazioni spaziali del pentagono regolare35, le cui proporzioni piane e solide sono rette dal numero aureo Ф36. d’arcy thompson ebbe infatti modo di verificare come la sezione aurea, la progressione Ф37 e la serie di fibonacci38 avessero la caratteristica di produrre una successione di forme simili (fig. 11) tramite un processo di “crescita gnomonica”39.

35 cfr. m. c. ghyka, Il numero d’oro. Riti e ritmi pitagorici nell’evoluzione della civiltà occidentale, roma, arkeios, 2009, pp. 56-60 [ed. orig. Paris, 1931]. 36 l’uso del simbolo Ф per esprimere la sezione aurea venne introdotto verso il 1910 dall’inglese William Schooling: la scelta fu in parte dovuta al fatto che Ф è la prima lettera del nome di fidia, le cui sculture sono informate dalla detta proporzione. 37 nella progressione (o serie) geometrica 1, Ф, Ф2, Ф3,…Фn ogni termine è dato dalla somma dei due precedenti; la particolarità di questa serie è di essere al contempo additiva e geometrica. 38 la serie di fibonacci (da filius Bonacci, soprannome del matematico leonardo Pisano, che la riscoperse nel 1202) corrisponde alla particolare serie additiva 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, 89, … in cui ogni termine è la somma dei due precedenti ed il rapporto di un termine col precedente converge rapidamente al valore Ф. 39 d’arcy thompson mutuò il termine gnomone (= conoscenza, guida) dall’antica teoria greca dei numeri visibili, ovvero considerati geometricamente, secondo una concezione dottrinale-matematica di stampo pitagorico. Secondo la definizione di erone di alessandria (i secolo d.c.) si dice gnomone qualsiasi figura che aggiunta ad un’altra conservi la similitudine fra la figura risultante e quella originaria.

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i. le origini

Basandosi poi sullo studio delle conchiglie dei molluschi (in particolare quella del nautilus) illustrò le proprietà di una curva algebrica intimamente connessa alla crescita gnomonica: la spirale equiangolare o logaritmica40, il cui inviluppo conserva immutata la forma originaria (figg. 12 e 13). Vediamo che ogni camera successiva di una spirale di nautilus…, ogni curva o parte di curva della conchiglia dei gasteropodi… può venire immediatamente descritta nelle sue caratteristiche determinanti… con la semplice constatazione che ogni incremento costituisce uno gnomone dell’intera struttura preesistente41.

ogni spirale logaritmica è geometricamente esprimibile attraverso il modulo del suo rettangolo caratteristico42. le modulazioni più diffuse legate alla crescita gnomonica organica (fig. 14) sono quelle a tema √Ф e Ф43.

fig. 12 Spirale equiangolare.

fig. 13 Un esempio di crescita gnomonica ai raggi X: nautilus Pompilius

40 la spirale equiangolare, già nota all’egitto e alla grecia, deve la sua codificazione matematica moderna a cartesio (prima metà del XVii secolo); fu in seguito ribattezzata “logaritmica” da Bernoulli in ragione del fatto che gli angoli vettori intorno al polo sono proporzionali ai logaritmi dei successivi raggi. 41 d. W. thompson, op. cit., p. 206. 42 il rettangolo caratteristico (vedi figura 14) è originato dall’intersezione della curva con tre raggi uscenti dall’origine, separati da tre angoli retti. 43 cfr. m. c. ghyka, The Geometry of Art and Life, cit., pp. 93-97. facciamo notare (vedi figura 14) che il rettangolo aureo è il solo rettangolo il cui gnomone sia quadrato (in particolare B, c, d sono i rispettivi gnomoni di a, a+B, a+B+c).

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Sacralità e geometria

fig. 14 Progressione gnomonica in tema Ф: rettangolo caratteristico = rettangolo aureo.

nel 1919 l’accademico americano Jay hambidge (1876-1924) pubblicò sulla rivista The Diagonal i risultati di un’indagine da lui condotta su di un grande numero di scheletri umani: ebbene i dati non solo confermarono la presenza nel corpo umano di una commodulazione proporzionale appartenente al tema della sezione aurea o a quello “consonante” della √5 (fig. 15), ma evidenziarono anche che ogni singolo scheletro, indipendentemente dalla diversa interrelazione proporzionale, risultava ubbidire ad un preciso tema armonico44. alla luce di queste considerazioni, la naturale corrispondenza che in uno stato primordiale sussisteva tra le forme create dall’uomo e l’uomo stesso (come “forma” a sua volta creata da un principio superiore), può essere efficacemente racchiusa nella definizione di san tommaso d’aquino: “l’Arte è l’imitazione della Natura nel suo modo di operare”45. come avremo modo di osservare nel corso dei seguenti

data l’estrema rarità del periodico in questione rimandiamo il lettore alla sintesi contenuta in m. c. ghyka, Esthétique des proportions dans la nature et dans les arts, cit., pp. 198-212. 45 l’aquinate (1225-1274), facendo proprio un retaggio tradizionale, affermava che l’arte è imitazione della natura delle cose, non delle loro apparenze: questa 44

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i. le origini

fig. 15 corpo maschile in tema √5.

capitoli, la risonanza della profonda verità insita in questo enunciato rimarrà, almeno fino al XV secolo46, un elemento fondante dell’escatologia dottrinale che presiedeva alla sacra ars costruendi.

verità che dirige l’artefice è ciò che il medioevo chiamava synteresis, ovvero l’intelletto pratico considerato come prolungamento dell’intelletto universale da cui sono state fatte tutte le cose naturali; si veda a. K. coomaraswamy, “la filosofia dell’arte medioevale e orientale”, in id., Il grande brivido. Saggi di simbolica e arte, milano, adelphi, 1987, pp. 45-73 [ed. orig. Princeton, 1977]. 46 leon Battista alberti (1404-1472), primo grande teorico dell’architettura rinascimentale, considerava “… la natura, cioè Idio” come “optima e divina maestra di tutte le cose” (l. B. alberti, I primi tre libri della famiglia, firenze, g. c. Sansoni, 1911, p. 236).

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Sacralità e geometria

ii. in meSoPotamia le composite vestigia tramandateci dalle antiche civiltà mesopotamiche testimoniano di una capillare diffusione delle forme circolari e quadrate nei luoghi d’origine delle prime manifestazioni architettoniche. il sole e il cosmo sono infatti perfettamente individuati dalla forma circolare e la società, nella sua endogena organizzazione, è ugualmente ben identificata nella razionalità del quadrato47.

negli ultimi secoli del iV millennio a.c., durante l’apice della civiltà sumera, la pianta dei templi acquistò una forma regolare48, a testimonianza del metodico studio della geometria e della matematica coniugato alla ricerca formale. la grande maestria tecnica conseguita nella modellazione dello spazio interno ed esterno traspare dai resti del cosiddetto tempio d di Uruk (circa 3000 a.c.), la cui planimetria (fig. 16) disegna un rettangolo dell’esatto rapporto di 8:5 (80x50 m)49. nel complesso monumentale di tell asmar formato dal tempio di Susin e dal palazzo dei governatori (fine iii-inizio ii millennio a.c.), si identifica un nuovo assetto planimetrico (fig. 17), caratterizzato da assialità ortogonali entro spazi di forma prevalentemente quadrata e rettangolare50. tali trame ad angoli retti, apportatrici di ordine ed esattezza, assurgeranno a vera e propria matrice urbanistica a Persepoli (Vi-V secolo a.c.). gli edifici più imponenti, entrambi a pianta quadrata, sono la grande apadana di dario e la sala del trono di Serse (fig. 18), le cui diagonali evidenziano allineamenti con altri elementi della planimetria51.

l. Vignali, op. cit., p. 8. cfr. S. lloyd, “architettura dell’asia anteriore antica”, in S. lloyd/h.W. muller/r. martin, Architettura mediterranea preromana, milano, electa, 1972, pp. 13-15. 49 cfr. S. giedion, L’eterno presente: le origini dell’architettura, cit., pp. 210-213; sottolineiamo che nella concezione estetica medioevale dei costruttori di cattedrali (si veda sotto § Vi) questo rapporto sarà considerato l’equivalente musicale (sesta maggiore) della sezione aurea. 50 cfr. S. lloyd, op. cit., p. 23. 51 Per quanto attiene le rimanenti costruzioni dell’apadana, riteniamo che l’edificio del “tesoro” sia stato proporzionato secondo la modulazione di √3 (vedi figura 18). 47 48

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ii. in mesopotamia

fig. 16 Uruk, pianta del tempio d.

fig. 17 tell asmar, ricostruzione planimetrica del tempio di Susin e del palazzo dei governatori.

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Sacralità e geometria

fig. 18 Persepoli, pianta generale: in evidenza i principali allineamenti delle diagonali ed il rettangolo a modulo √3 (in basso a destra).

l’imponente ziqqurat del dio della luna di Ur (fine iii millennio a.c.), caratterizzata da un sistema di scalinate ascendenti di accesso alle tre piattaforme sovrapposte (fig. 19), evidenzia la messa in opera di un segno fondamentale per il controllo degli alzati: il triangolo rettangolo52.

52 tale squadra, nella sua forma canonica ad angoli di 30°, 60°, 90° (équerre égyptienne) sarà massimamente impiegata nell’ambito dell’arte costruttiva egiziana e gotica.

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ii. in mesopotamia

fig. 19 Ur, ziqqurat del dio della luna: facciata nord-est (parzialmente ricostruita). in evidenza il contributo ordinatore dell’équerre égyptienne.

Un altro triangolo notevole (fig. 20), ampiamente noto in caldea ed in egitto, consentiva di tracciare un angolo retto sul terreno tesando secondo intervalli di 3, 4 e 5 unità una corda suddivisa da nodi in 12 segmenti53. Questo triangolo rettangolo rivestiva un ruolo basilare nell’agrimensura e nella fondazione degli edifici sacri (fig. 21), operazioni che, al di là del loro indubbio valore pratico, erano pervase da alti significati simbolici54. all’inizio della costruzione del santuario, la cerimonia del “tendere la corda” stabiliva il tracciato sacro del tempio fissandone l’orientamento a riferimenti celesti (un pianeta od una costellazione)55.

53 il triangolo, ubbidiente alla legge 32+42=52, è l’unico ad avere i lati in proporzione aritmetica. 54 cfr. n. Pennick, op. cit., pp. 47-49. Secondo quanto affermato da Plutarco (i-ii secolo) nel suo Iside e Osiride (373 f-374 B), gli egiziani visualizzavano la natura dell’universo attraverso “la figura del triangolo più bello”, corrispondente a quello con i lati in proporzione a 3, 4, 5. 55 da un antico documento egiziano apprendiamo che thutmosis iii era solito tendere e sciogliere il nastro metrico durante la cerimonia per la posa della prima pietra (a. Badawy, Ancient Egyptian Architectural Design, Berkeley & los angeles, University of california Press, 1965, pp. 3-4, 8-11).

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Sacralità e geometria

fig. 20 costruzione di un angolo retto tramite l’ausilio di una fune suddivisa in 12 parti uguali ed un sistema di picchetti.

fig. 21 egitto, giza: sezione schematica della piramide di Khafre (iii millennio a.c.).

l’utilizzo di questa squadra, successivamente nota col nome di “triangolo sacro di Pitagora”56, presupponeva la conoscenza di nozioni generalmente attribuite all’assai più recente scienza ellenistica. otto neugebauer, insigne studioso delle scienze antiche, pronuncia a questo riguardo parole assai esplicite: oggi sappiamo che tutte le conoscenze matematiche concrete che vengono attribuite ai filosofi greci più antichi erano note da parecchi secoli, benchè senza il sostegno di alcun metodo formale che potesse essere considerato una dimostazione dai matematici del iV secolo57.

56 Pitagora di Samo (Vi secolo a.c.) fondò la sua scuola a crotone dopo aver compiuto lunghi soggiorni in egitto ed in mesopotamia; si vedano in proposito: giamblico, Vita pitagorica; m. c. ghyka, Il numero d’oro, cit., tomo i, cap. i e tomo ii, cap. i; aa.VV., PITAGORA 2000. Atti del convegno internazionale, Roma, 22-23 settembre 1984, roma, Borsa grafica, 1985. 57 o. neugebauer, Le scienze esatte nell’antichità, milano, feltrinelli, 1974, p. 179 [ed. orig. Providence, 1957].

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ii. in mesopotamia

delle numerose prove addotte dallo studioso a supporto della sua tesi, citiamo una tavoletta d’argilla babilonese (circa 1600 a.c.), dalla cui decifrazione risulta che la diagonale del quadrato fu ottenuta partendo dal lato (fig. 22): tale procedimento, afferma neugebauer, … costituisce una prova sufficiente del fatto che il teorema “di Pitagora” era noto più di mille anni prima del filosofo greco58.

gli studi condotti da giorgio de Santillana (1901-1974) nel campo del mito e della scienza arcaica presso il massachussetts institute of technology forniscono un ulteriore prezioso contributo sul complesso retroterra culturale dell’arte edificatoria nell’antica mesopotamia: le piramidi a gradini di caldea, l’arca del mito di gilgamesh come quella di noè, la stessa arca dell’alleanza erano documenti metrici intesi a conservare, oltre ogni catastrofe, i dati fondamentali che mettevano l’uomo in rapporto col divino59.

fig. 22 restituzione grafica di tavoletta in argilla con scritte cuneiformi e disegni geometrici: il teorema di Pitagora a Babilonia.

ibidem, p. 53. g. de Santillana, “fato antico e fato moderno”, Tempo presente, Viii, 9-10, 1963, pp. 9-24: 14. 58 59

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Sacralità e geometria

e ancora, discutendo della torre di Babele (etemenanki) alla luce della scoperta delle tavolette cuneiformi Smith, de Santillana afferma che: era una grande piramide a gradini, come le altre ziggurat, e si direbbe che fu deciso di farne una somma teologica. Si voleva eternare la scienza, fermare il tempo, dominando il fato. i maestri d’arte vollero mettere nella costruzione tutte le proporzioni, distanze e armonie planetarie, cicli e ricorrenze, le unità di misura e di musica, quadrature, poligoni e rapporti60.

in riferimento a queste considerazioni riteniamo rivesta un particolare interesse la forma urbis di Babilonia che, in seguito alla ricostruzione del Vi secolo a.c., fu delimitata da una cinta muraria di forma rettangolare irregolare avente il perimetro di circa 8 chilometri61. l’inusitata linearità della cinta, della rete stradale, nonché la precisione riscontrata dagli archeologi nella realizzazione esecutiva, sono indice di un possibile tracciato geometrico ordinatore dell’insieme (figg. 23 e 24). Una verifica eseguita in punta di compasso evidenzia come accanto al primetro reale ne esista uno ideale sotteso, di forma rettangolare regolare, del quale l’unica porzione costruita si ravvisa nei due tratti formanti un angolo retto. da tale rettangolo ideale, avente modulo √3, una serie di trasformazioni geometriche, rispondenti a necessità rituali e/o topografiche (la città risulta divisa in due settori dal corso del fiume eufrate), fissano le coordinate del perimetro reale pur mantenendo con quello ipotetico precisi punti di contatto62.

ibidem. cfr. S. lloyd, op. cit., pp. 59-65. 62 la nostra ricostruzione si trova in accordo col pensiero di henri frankfort in merito alla genesi della città mesopotamica: “… gli antichi… sapevano come progettare una città… in modo da sfruttare ogni caratteristica del terreno; e… non esitavano a progettare uno schema totalmente astratto su un sito quando le circostanze incoraggiavano tale impresa”, cit. da h. frankfort, “town Planning in ancient mesopotamia” (ii) in Town Planning Review, XXi, 1950, pp. 99-115; trad. it. (parziale) “l’urbanistica nell’antica mesopotamia”, Casabella, liii, 559, 1989, pp. 53-58: 58. 60 61

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ii. in mesopotamia

fig. 23 Babilonia, pianta della città nel periodo tardo babilonese.

fig. 24 Babilonia, ipotesi diagrammatica interpretativa dell’assetto planimetrico.

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Sacralità e geometria

Un tale disegno, regolato da rapporti irrazionali, rappresenta un’applicazione a scala urbana della cosiddetta “simmetria dinamica”. Questa locuzione, concettualmente desunta da un passo del Teeteto63 di Platone, fu coniata da Jay hambidge64 per indicare la commensurabilità esistente tra le superfici costituite da elementi lineari incommensurabili65. Si dicono perciò “dinamici” i rettangoli a modulo irrazionale (fig. 25) costruiti attraverso il ribaltamento della diagonale del quadrato (e dei successivi rettangoli) e del semiquadrato (rettangolo Ф)66. Si può notare che tracciando la perpendicolare alla diagonale passante per uno dei vertici, il rettangolo viene diviso in reciproco e

fig. 25 Progressione dei primi quattro rettangoli dinamici: √2, √3, √4, √5.

147 d-148 a. i primi studi di hambidge sull’argomento furono pubblicati sulla rivista The Diagonal nel 1919-20 ed in seguito riuniti nel volume dal titolo The Elements of Dynamic Symmetry, new York, dover, 1967 [ed. orig. new York, 1926]; in lingua italiana si rinvia a c. Bairati, La simmetria dinamica. Scienza ed arte nell’architettura classica, milano, libreria editrice Politecnica tamburini, 1952. 65 Questa proprietà e dovuta al fatto che i rapporti di similitudine tra le superfici sono proporzionali al quadrato del corrispondente rapporto lineare fra i lati: se questo rapporto è irrazionale, con l’elevazione al quadrato l’irrazionalità scompare. 66 cfr. J. hambidge, op. cit., pp. 17-27; analogamente lo studioso americano definì “statici” (da cui “simmetri statica”) tutti i rettangoli il cui modulo era costituito da un numero intero o frazionario (ibidem, pp. Xii-Xiii). 63 64

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ii. in mesopotamia

gnomone (fig. 26) ed il rapporto tra le aree è commensurabile67. in accordo con il significato della parola “simmetria” proprio dell’età classica68, denotante la giusta commodulazione tra il tutto e le parti, le superfici dinamiche risultavano perciò agevolmente scompartibili in suddivisioni armoniche consonanti al tema specifico (√3 nel caso di Babilonia). la larga diffusione di simili dispositivi nel mondo antico è stata oggi avallata dallo storico ed epistemologo della matematica Paolo zellini: lo studioso, giunto al termine di una vasta ricerca sul ruolo del numero nei secoli, ha dichiarato che il concetto geometrico di numero come qualcosa che può crescere o diminuire, pur rimanendo idealmente simile a sé stesso, era già caro agli egiziani, agli indiani ed ai cinesi prima ancora di essere adottato dalla scuola pitagorica69.

fig. 26 il rettangolo dinamico √n può essere ripartito in n rettangoli simili.

67 Si definisce “reciproco” di aBcd (vedi figura 26) il rettangolo simile eBcf in cui il rapporto tra il lato orizzontale e quello verticale (modulo) è l’inverso del corrispondente rapporto nel rettangolo originale aBcd; ibidem, pp. 30-38. 68 Si veda m. c. ghyka, Esthétique des proportions dans la nature et dans les arts, cit., p. 170, nota 1. 69 Si veda l’intervista concessa da zellini a f. Prattico, “tutto il sacro che c’è nei numeri”, La Repubblica, 3.1.1998, p. 33; il corpus di studi su cui poggiano le argomentazioni ivi trattate é stato successivamente pubblicato col titolo di Gnomon. Una indagine sul numero, milano, adelphi, 1999.

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Sacralità e geometria

iii. in egitto il segno maggiormente rappresentativo della civiltà sorta sulle rive del nilo è costituito dal triangolo equilatero, simbolo della divinità e di perfezione assoluta, generato da una doppia équerre égyptienne70 (fig. 27). dall’armonica fusione del quadrato (in pianta) e del triangolo (in alzato) ha origine la piramide, forma stereometrica perfetta, eterna, materializzazione concreta di quella costanza e di quell’ordine che stanno alla base dell’architettura egiziana71. durante il periodo dell’antico regno l’elevatissimo livello di questo magistero sapienziale è testimoniato dal complesso monumentale di giza (fig. 28). delle tre piramidi è quella di Khufu che si presta alle considerazioni più interessanti. le prime indagini documentate, eseguite dagli scienziati di napoleone72, stabilirono che la cosiddetta grande Pira-

fig. 27 identità fra triangolo equilatero e doppia équerre égyptienne.

70 triangolo rettangolo con angoli di 30°, 60° e 90°. ricordiamo che le forme trangolari rappresentavano il corrispettivo analogico della legge di strutturazione ternaria dell’universo, secondo una concezione che avrebbe in seguito occupato un ruolo centrale nell’ambito della dottrina pitgorica; si veda a. fabre d’olivet, Pitagora. I versi d’oro, Bari, laterza, 1931 [ed. orig. Paris, 1813]. 71 cfr. c. norberg-Schulz, Il significato nell’architettura occidentale, milano, electa, 1974, p. 6. 72 i rilievi furono eseguiti nel corso della campagna d’egitto (1798-1801) e successivamente pubblicati nella Description de l’Egypte, Paris, imprimerie imperiale, 1809-1828 (12 voll.).

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iii. in egitto

fig. 28 giza, da sinistra a destra: piramide di menkure, Khafre, Khufu (o grande Piramide).

mide era allineata con il nord vero e di conseguenza ogni lato corrispondeva ad un punto cardinale. Successivamente i matematici Jarolimek e Kleppisch73 misero in evidenza come la sezione nord-sud della medesima piramide fosse regolata da numeri in progressione geometrica con ragione √Ф (fig. 29).

fig. 29 giza: sezione schematica della grande Piramide, ove y/x = z/y = √Ф.

73 Jarolimek pubblicò i risultati dei suoi studi nel 1890, Kleppisch nel 1921. noi facciamo riferimento alle sintesi di m. c. ghyka, Esthétique des proportions dans la nature et dans les arts, cit., cap. Viii; e di c. Bairati, op. cit., pp. 10-23.

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Sacralità e geometria

l’attendibilità di questi dati è suffragata da erodoto, secondo la cui testimonianza, appresa da fonte egiziana, nella grande Piramide il quadrato dell’altezza equivale esattamente all’area di ciascuna delle facce laterali. traducendo in linguaggio algebrico le notazioni usate sopra otteniamo: y2 = zx y2 = z2 – x2

sostituendo otteniamo z2 – x2 = zx da cui dividendo tutti i termini per x2 si ha (z2/x2) – (z/x) – 1 = 0

la cui soluzione offre come radice positiva Ф. Un altro sistema di proporzioni consonanti al valore aureo è definito dalla camera del re (fig. 30), parallelepipedo ad angoli retti avente base e altezza risprttivamente uguali ad un doppio quadrato ed alla sua semidiagonale74. Questo peculiare volume, di cui il rettangolo Bcgf, di modulo √5/2, corrisponde all’impalcatura propor-

fig. 30 grande Piramide: schema volumetrico della camera del re.

74

cfr. m. c. ghyka, The Geometry of Art and Life, cit., pp. 61-62.

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iii. in egitto

zionale generale di un uomo a braccia aperte75, presenta notevoli proprietà nei confronti della geometria della sfera, dell’icosaedro e della piramide stessa76, testimoniando ancora una volta la predilezione per stilemi compositivi capaci di riprodurre nell’edificio le stesse leggi di equilibrio armonico che regolano l’accrescimento degli esseri viventi. i dati metrici definitivi della grande Piramide77 confermarono la validità degli studi summenzionati ed accertarono la fondatezza di quelle teorie che avevano indicato la presenza del numero trascendente π78 all’interno dell’insigne monumento: il rapporto tra l’altezza originaria ed il perimetro risulta infatti uguale al rapporto tra il raggio e la circonferenza di un cerchio, ovvero 2π (fig. 31).

fig. 31 grande Piramide: h. 2π = perimetro di base.

Vedi sopra § i. cfr. m. c. ghyka, The Geometry of Art and Life, cit., pp. 63-66. 77 i. h. cole, Survey of Egypt – Paper Nr. 39: Determination of the Exact Size and Orientation of the Great Pyramid of Giza, cairo, government Press, 1925. Si riassumono qui i dati metrici principali della piramide di Khufu: altezza originaria = 146,729 metri; lato medio = 230,362 metri; perimetro = 921,45 metri (questi dati ridussero il già esiguo margine di errore ad un valore inferiore allo 0,1%). 78 o. neugebauer (op. cit., pp. 65-66) riscontrò l’utilizzo del valore π nell’ambito delle fonti documentarie della matematica babilonese, confutandone così la consueta attribuzione ad archimede (iii secolo a.c.). 75 76

43

Sacralità e geometria

in epoca a noi più vicina i calcoli compiuti da livio catullo Stecchini79, professore di storia della scienza ed esperto di unità di misura antiche, hanno permesso di dare un senso compiuto alle precedenti ricerche esplicitandone il significato sotteso: l’idea di fondo della grande Piramide era che doveva essere una rappresentazione dell’emisfero settentrionale della terra, una semisfera proiettata su superfici piatte come si fa in cartografia… la grande Piramide era una proiezione su quattro superfici triangolari. l’apice rappresenta il polo e il perimetro l’equatore. Questo è il motivo per cui il perimetro è in rapporto 2π rispetto all’altezza80.

alcuni studi dell’assetto territoriale della piana di giza hanno svelato l’esistenza di correlazioni notevoli tra i singoli monumenti (fig. 32):

fig. 32 la spirale di fibonacci nell’assetto planimetrico di giza secondo torun (sinistra) e le correlazioni notevoli tra il rettangolo di legon ed il rettangolo aureo di torun (destra). 79 la presentazione più accessibile dell’opera di l. c. Stecchini si trova in appendice al volume di P. tompkins, Secrets of the Great Pyramid, new York, harper & row, 1971, pp. 287-382. 80 ibidem, p. 378.

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iii. in egitto

il ricercatore erol torun ha dimostrato che utilizzando la sommità delle tre piramidi come traccia per il disegno di una determinata spirale di fibonacci81, la Sfinge risulta essere in posizione baricentrica rispetto al quadrato generatore del rettangolo aureo nel quale è inscritta la suddetta curva; il matematico John legon82 ha messo in evidenza come le tre singole piramidi siano idealmente racchiuse da un rettangolo avente i lati proporzionali a √2 e √383; l’ingegnere robert Bauval84 ha proposto a sua volta un ulteriore livello di lettura, di carattere archeoastronomico, secondo cui le piramidi rappresentano un enorme diagramma riproducente la disposizione e la magnitudo delle tre stelle della cintura di orione, costellazione questa ritenuta sede della rinascita ultraterrena del faraone85. la concezione spaziale egiziana, così intimamente legata al carattere immutabile del paesaggio naturale, … non mira a simbolizzare una presa di possesso dinamica dell’ambiente circostante, ma sembra piuttosto voler rappresentare una condizione eterna. Sia l’organizzazione ortogonale che quella assiale adempiono perciò allo stesso proposito: quello di ricreare un ambiente circostante eternamente valido86.

il tempio di luxor, massimo conseguimento dell’egitto del nuovo regno, costituisce l’esemplare traduzione lapidea di questa caratterizzazione simbolica. il filosofo ed egittologo alsaziano rené adolphe Schwaller de lubicz (1887-1961), che consacrò gran parte della sua 81 a. Badawy (op. cit., pp. 24-25) riferisce che sia il sistema aritmetico di fibonacci, sia quello geometrico della sezione aurea, venivano combinati al fine di ottenere una struttura architettonica secondo un progetto armonico rispondente a regole che potevano essere apprese senza essere trascritte. 82 J. legon, “a ground Plan at giza”, Discussions in Egyptology, 10, 1988, pp. 35 e segg. 83 abbiamo verificato (vedi figura 32) che questo rettangolo di modulo √2/√3 individua partizioni notevoli (1 e √2) all’interno del rettangolo aureo di torun: i risultati delle due ricerche sono perciò perfettamente compatibili l’uno con l’altro. 84 r. Bauval, “a master Plan for the three Pyramids of giza based on the configuration of the three Stars of the Belt of orion”, Discussions in Egyptology, 13, 1989, pp. 7-18. 85 Si vedano sopra (§ i) le considerazioni a proposito dei manufatti umani come rappresentazione sacra di modelli cosmici. 86 c. norberg-Schulz, op. cit., p. 7.

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Sacralità e geometria

vita allo studio del monumento, lo definì il Partenone dell’egitto, dimostrando come la sacra struttura fosse stata costruita secondo rigorose proporzioni armoniche87. dal punto di vista strettamente planimetrico la macchina templare, lunga più di 240 metri ed asimmetrica, è rigorosamente allineata su tre assi separati ed ogni parete, colonnato, sala o santuario è riferito ad uno di essi (fig. 33).

fig. 33 Pianta del tempio di luxor: in evidenza il sistema dei tre assi direttori.

tutte le principali caratteristiche architettoniche sono regolate da un diagramma geometrico rappresentante le serie armoniche musicali88 e sono allo stesso tempo conformi ad uno scheletro umano dimensionato secondo le più recenti ricerche biometriche89 (fig. 34).

87 Per quanto concerne i risultati delle ricerche di r. a. Schwaller de lubicz si veda Il tempio dell’uomo, roma, edizioni mediterranee, 2000 [ed. orig. Paris, 1957]; faremo inoltre riferimento alla eccellente sintesi curata da J. a. West, Il serpente nel cielo, milano, armenia, 1981 [ed. orig. new York, 1979]. 88 tale diagramma combina entrambi i sistemi armonici: quello degli strumenti ad arco, basato sulla divisione a metà della corda fondamentale, e quello degli strumenti a fiato, fondato sulla divisione della fondamentale in un rapporto di 4:1; ibidem, p. 168. 89 in conseguenza di ciò le varie sezioni del corpo umano si trovano ad essere in relazione complessa, ma sempre armonica, l’una rispetto all’altra, in completo accordo con i risultati delle ricerche di hambidge (si veda sopra § i); questa nozione è ignorata dai biometristi che operano empiricamente e statisticamente.

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iii. in egitto

fig. 34 tempio di luxor: scompartizione geometrica e biometrica secondo gli intervalli armonici.

l’analisi della pianta del santuario superiore90 (fig. 35) rivela una dialettica progettuale disciplinata dalla legge di accrescimento progressivo propria della serie dei rettangoli dinamici91. anche in questo caso, in rispetto a considerazioni di tipo armonico, le proporzioni della camera centrale interna sono nel rapporto 8:9, musicalmente il tono.

cfr J. a. West, op. cit., p. 162. tale serie risponde a precisi criteri di commensurabilità e controllo proporzionale delle aree (si veda sopra § ii). 90 91

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Sacralità e geometria

fig. 35 Santuario superiore del tempio di luxor.

l’insieme delle intenzioni e delle modalità compositive trasfuse dalla civiltà egiziana nell’arte del costruire, costituiva la cristallizzazione della corrispondenza analogica che, in virtù del principio dell’armonia universale, sussisteva tra il macrocosmo celeste ed il microcosmo umano.

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iV. in grecia

iV. in grecia la civiltà greca, rapportata alla sovrana immutabilità ieratica espressa dagli egiziani, denota un più manifesto equilibrio di polarità tra il fisico ed il metafisico, carattere che si traduce in primis nella perfetta sintonia dei manufatti architettonici col variegato paesaggio naturale dell’ellade. Questo breve attimo, cristallizzato nei monumenti, in cui la bilancia rimane in equilibrio, è l’attimo di kairos, del giusto luogo nello spazio e nel tempo, termine che per estensione significa pure “la giusta misura fissata”92. a questo proposito lo stesso rené guénon (1886-1951) aveva esplicitamente sottolineato che esisteva, di fatti, nell’antichità, quella che si potrebbe chiamare una geografia sacra, o sacerdotale, e la posizione della città e dei templi non era arbitraria, ma determinata in base a leggi molto precise…93

le approfondite e pionieristiche indagini condotte in questa direzione dall’accademico francese Jean richer94 accertarono come l’intero mondo greco fosse oggetto di una grande “modulazione planetaria” in base alla quale la disposizione geografica dei grandi centri di culto disegnava sul territorio determinate costellazioni zodiacali. in virtù di questa strutturazione topologica i santuari greci manifestavano un impianto distributivo eterogeneo ove le individualità dei singoli edifici erano racchiuse (sia metaforicamente che concretamente) all’interno del “temenos” (recinto), elemento primario per la definizione di un interno rispetto ad un esterno e per la materializzazione stessa del luogo95. nel punto più alto e significativo all’interno della città era situato l’agorà con il tipo edilizio per eccellenza: il tempio (fig. 36).

92 cfr. P. Philippson, “il concetto greco di tempo nelle parole aion, chronos, Kairos, eniautos”, Rivista di storia della filosofia, a. iV, fasc. ii, 1949, pp. 81-97. 93 r. guénon, Il re del mondo, roma, atanòr, 1952, p. 85 [ed. orig. Paris, 1927]. 94 J. richer, Geografia sacra del mondo greco, milano, rusconi, 1989 [ed. orig. Paris, 1967]; ma si veda anche n. lockyer, The Dawn of Astronomy, london, cassel and company, 1894, pp. 412-424. 95 l’acropoli di atene ed il santuario di olimpia sono due celebri esempi di questa concezione spaziale; cfr. c. norberg-Schulz, op. cit., p. 39.

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Sacralità e geometria

fig. 36 atene, ricostruzione dell’acropoli.

il tempio sacro greco, dotato di un’organizzazione generale di tipo ortogonale, costituisce una sorta di forma organica variabile regolata da quei tipici orientamenti stilistici conosciuti, in epoca più tarda, col nome di “ordini”. la teorizzazione del dorico, dello ionico e del corinzio è contenuta all’interno del più antico trattato architettonico a noi pervenuto: il De Architectura dell’architetto romano Vitruvio (i secolo a.c.)96. Questa opera, dalla non facile esegesi (accentuata peraltro dalla mancanza delle tavole grafiche che originariamente la corredavano), presenta un quadro del processo compositivo architettonico

96 Per i rimandi al De Architectura faremo riferimento a: g. morolli (a cura di), L’Architettura di Vitruvio nella versione di Carlo Amati (1829-1830), firenze, alinea, 1988.

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iV. in grecia

apparentemente basato su multipli interi e razionali di modulo97, non riscontrabili però (secondo i rilievi eseguiti) in alcun tempio dell’epoca classica (Vi-iV secolo a.c.). muovendo da queste premesse Jay hambidge sperimentò la sua teoria della simmetria dinamica su numerosissimi manufatti e monumenti della grecia classica98. in tutti i suoi studi egli dimostrò con logica e rigore matematico che la grande architettura greca del Vi, V, iV secolo era basata sull’impiego di rapporti irrazionali fra i lati dei rettangoli che formano le diverse composizioni99. Quanto riscontrato da hambidge è in sostanziale accordo con la coeva speculazione matematica di stampo pitagorico che vedeva i numeri come vere e proprie forme geometriche spazialmente interagenti: è perciò probabile che Vitruvio, nel suo trattato, adottasse dei canoni (già volgarizzati dai greci del suo tempo) mirati ad ottenere, attraverso una certa approssimazione dovuta all’impiego di una simmetria statica a coefficienti numerici interi, effetti prossimi a quelli della metodologia progettuale originaria100. 97 Vitruvio, De Architectura, iii, ii-iii e iV, i-ii-iii-iV; ma per una differente quanto acuta interpretazione del portato vitruviano, nella direzione dell’impiego di rapporti irrazionali, si veda m. c. ghyka, “the Pythagorean and Platonic Scientific criterion of the Beautiful in classical Western art”, in f. S. c. northrop (ed.), Ideological Differences and World Order, new haven, Yale University Press, 1949, pp. 90-116: 93. 98 hambidge pubblicò i risultati delle sue ricerche, oltre che nella citata rivista (da lui fondata) The Diagonal, nei due seguenti saggi: Dynamic Symmetry: the Greek Vase, new haven, Yale University Press, 1920; The Parthenon and other Greek Temples: their Dynamic Symmetry, new haven, Yale University Press, 1924. Per ampie sintesi dell’opera di hambidge rimandiamo il lettore a m. c. ghyka, Esthétique des proportions dans la nature et dans les arts, cit., pp. 165-220; ed a c. Bairati, op. cit., pp. 36-77. 99 a sostegno di questa ipotesi sta il fatto che l’adozione di moduli razionali con le relative unità di misura aritmetiche sarebbe stata incompatibile con la scienza matematica di stampo geometrico della grecia classica per motivi di ordine sia teorico che pratico; si veda in proposito c. Bairati “la geometria greca e l’uso di rapporti irrazionali nell’architettura classica del Vi, V, iV sec. a.c. - conferme alla teoria di hambidge” (relazione letta nell’ambito del 1° convegno internazionale sulle proporzioni nelle arti “De Divina Proportione”, milano, 27-29 settembre 1951), Atti e Rassegna Tecnica della Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino, Vi, 4 (n.S.), 1952, pp. 105-109. 100 come già accennato sopra alla nota 97, a proposito di questa vexata quaestio m. c. ghyka (Il numero d’oro, cit., pp. 82-84, 100-101) produce valide argomenta-

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Sacralità e geometria

nel corso delle sue indagini hambidge ebbe modo di rilevare che le modulazioni di gran lunga più comuni erano quelle di Ф e √5. lo studioso americano identificò nel Partenone di atene101 (V secolo a.c.) l’esempio paradigmatico di questa filosofia architettonica, individuando al suo interno i seguenti temi geometrici omogenei (fig. 37): a. il rettangolo √5;102 b. il rettangolo aureo; c. il rettangolo composto da un quadrato più un rettangolo √5 reciproco; d. il rettangolo composto da un rettangolo aureo reciproco più metà rettangolo aureo; e. il rettangolo che si ottiene sottraendo due quadrati da un rettangolo del tipo (a).

fig. 37 modulazioni armoniche del Partenone.

zioni a favore dell’ipotesi che Vitruvio fosse altrettanto bene a conoscenza delle metodologie di proporzionamento secondo rapporti irrazionali, motivandone la reticenza espositiva nel De Architectura in base al carattere di estrema segretezza riservato alla trasmissione degli elementi fondanti del magistero professionale (si ricordi che la geometria costituiva l’essenza dell’arte regale dell’architettura). 101 cfr. c. Bairati, La simmetria dinamica, cit., pp. 64-73. 102 il rettangolo √5 è ottenibile anche dalla composizione del rettangolo aureo (Ф) con il suo reciproco (1/Ф).

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iV. in grecia

le principali partizioni architettoniche sono perciò organizzate come segue: • la pianta è costituita da due rettangoli del tipo (c) giustapposti in posizione reciproca (fig. 38);

fig. 38 Partenone: schema proporzionale planimetrico.

• la facciata presenta un rettangolo di inviluppo generale formato da un quadrato più tre rettangoli del tipo (e). la linea ideale di demarcazione tra elementi portanti (colonne) e quelli portati (trabeazione) divide l’altezza in media ed estrema ragione (ovvero secondo il rapporto aureo) permettendo la scomposizione del prospetto in quadrati e rettangoli √5 (fig. 39); 53

Sacralità e geometria

• il fianco è formato da due rettangoli analoghi a quello della facciata con un rettangolo del tipo (e) frapposto al centro.

fig. 39 Partenone: schema proporzionale del prospetto frontale.

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iV. in grecia

l’analisi di hambidge coinvolge poi ogni singolo elmento del Partenone, dimostrando come l’intera macchina templare, comprese le anomalie degli intercolunni103, sia sapientemente orchestrata da una commensurabilità fra il tutto e le parti secondo il tema √5104. lo spettatore classico leggeva e gustava lo spartito della musica geometrica liberamente composta nella facciata secondo un’estetica simbolizzata dal pensiero di Platone (423-347 a.c.)105. il filosofo greco vedeva nell’arte la possibilità di riavvicinarsi alle idee archetipe sulle quali, attraverso l’opera del demiurgo, fu costruito il progetto divino da parte della “mente ordinatrice che continuamente geometrizza”. egli sosteneva la necessità di ammirare nelle opere d’arte non le superfici estetiche ma la logica ed il criterio interno della loro composizione: la bellezza della linea retta e del cerchio, del piano e delle figure solide da questi formate… non è, come quella d’altre cose, relativa, ma tale sempre e assolutamente106.

l’architettura dunque, sintetizza efficacemente rosario assunto, … secondo Platone… non ha niente in comune con le arti che imitano la realtà sensibile; e la sua bellezza è bellezza razionale: fondata sull’idea di cui le forme dell’architettura sono mimèsi, e non sulla natura di cui sono imitazioni le arti che piacciono ai sensi. Queste ultime sono arti produttrici di immagini; l’architettura è arte produttrice di cose107.

Platone individuava quindi nella struttura geometrica e nel numero i soli responsabili della nostra percezione, o meglio, ricostruzione del

103 l’intercolunnio normale è composto da 6 rettangoli aurei, mentre quello d’angolo, più stretto, è dato da 4 rettangoli di tipo (b) reciproci. 104 Si trattava, nel caso del Partenone come più in generale delle grandi opere architettoniche dell’età classica, di una commensurabilità basata sulla composizione di rettangoli e dei relativi gnomoni, così che tutti gli elementi risultavano o simili o disposti in modo da ristabilire la similitudine. 105 Platone tramandava ed interpretava un retaggio pitagorico fondato sulla natura armonica ed unitaria dell’universo e di conseguenza all’armonia nell’ordine sonoro corrispondeva la proporzione nello spazio. 106 Filebo, 51 c. 107 r. assunto, “introduzione alla storia della filosofia come storia dell’architettura”, L’Arte, iii, 9, 1970, pp. 5-27: 8.

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Sacralità e geometria

mondo fenomenico, così da stabilire, nel suo Timeo, una corrispondenza geometrica fra i poliedri regolari (fig. 40) ed i 4 elementi naturali (fuoco, aria, acqua e terra).

fig. 40 i solidi platonici.

dei cinque solidi cosiddetti “platonici” scelse come simbolo per l’armonia del cosmos108 il dodecaedro (o sfera dei dodici pentagoni)109, la cui conformazione pentagonale cela al suo interno l’intima connessione con il valore aureo, la serie Ф e la crescita omotetica organica (fig. 41). la ritrovata consapevolezza di questo antico magistero in epoca moderna può essere idealmente ricondotta all’enunciato del Principio

termine greco indicante bellezza ed ordine. Un’acuta esegesi dei valori simbolici insiti nel dodecaedro è fornita da g. de Santillana, “Prologo a Parmenide”, in id., Fato antico e Fato Moderno, cit., pp. 81153: 133-143. 108 109

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iV. in grecia

di analogia, formulato nel 1893 da august thiersch come il postulato guida dell’arte occidentale: … dall’analisi delle più rimarchevoli testimonianze architettoniche di tutte le epoche abbiamo appurato che in ognuna di queste una forma fondamentale è ripetuta in modo tal che le singole parti attraverso la loro disposizione diano luogo a figure simili. l’armonia risulta quindi generata dalla ripetizione della forma fondamentale dell’opera in tutte le sue suddivisioni110.

fig. 41 esempio di crescita omotetica ed armonica governata dal numero aureo. in evidenza il pentagono stellato, simbolo dell’uomo e segno di riconoscimento per i pitagorici.

a. thiersch, “die Proportionen in der architektur”, in Handbuch der Architektur, iV, i, leipzig, gebhardts, 1893, pp. 38 e segg. 110

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Sacralità e geometria

V. a roma il patrimonio ispirativo del retaggio culturale greco viene recepito dalla civiltà romana e da questa interpretato alla luce della sua aspirazione di egemonia culturale e politica: la grande eterogeneità di temi architettonici denoterà perciò un nuovo e più marcato realismo nei confronti del divenire umano, mutuato dalla volontà di rappresentare il momento storico per marcarne la successione111. dalla capitale, dal microcosmo cittadino della Roma caput mundi, si dipanava l’immagine cosmologica di un universo dinamico che, grazie alla cerimonia di fondazione112, assumeva simbolicamente i connotati di spazio centralizzato, orientato e quadripartito113. in accordo a questo rito primordiale universale114, l’augure compiva la scelta ispirata del sito115 e quindi procedeva alla sua inaugurazione, al termine della quale il luogo, essendovi contemplato lo spazio, era diventato un tempio116 (fig. 42). a questo punto ogni cosa procedeva secondo una geometria: nel luogo prescelto veniva eretto un palo attorno al quale era tracciato un cerchio, così da formare un orologio solare117. attraverso le ombre proiettate sul cerchio si perveniva alla costruzione di una doppia vesica piscis, figura delle iconografie sacre di ogni tempo118, i cui assi individuavano l’orientazione dei futuri cardo (nord-sud: asse del mondo) e

111 la praxis romana era la manifestazione storica dell’ordine divino; cfr. c. norberg-Schulz, op. cit., pp. 56-57. 112 la medesima cerimonia era valida nella fondazione delle città come in quella dei templi, poiché tempio e città sono omologhi; cfr. e. zolla, op. cit., p. 95. 113 lo spazio così definito nei limiti dell’orizzonte era detto templum; vedi sotto. 114 la conoscenza di tale rito, praticato dalle civiltà più diverse, ci è pervenuta sufficientemente integra solo nel caso dell’india e di roma. 115 cfr. e. zolla, op. cit., pp. 81-83. 116 ibidem, pp. 85-86. 117 la costruzione di questo gnomone era subordinata all’utilizzo del cosiddetto triangolo pitagorico (triangolo rettangolo dai lati proporzionali ai numeri 3, 4, 5) per ottenere un angolo retto con il terreno (vedi sopra § ii); un ulteriore avallo dell’importanza di questa squadra è fornito dallo stesso Vitruvio (De Architectura, iX, ii). 118 la vesica piscis, o mandorla, responsabile della mediazione fra circolo e quadrato, fra tempo ed eterno, rappresenta l’idea di stabilità ricavata dal divenire; per una magistrale esegesi di questo simbolo si veda l. de freitas, “il punto della Bauhutte e la vesica piscis”, Conoscenza religiosa, 1-2, 1979, pp. 152-173.

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V. a roma

fig. 42 Schema raffigurante la simbolica suddivisione dello spazio compiuta dall’augure.

decumanus (est-ovest: traiettoria dell’eclittica) nonché, scendendo di scala, degli assi del tempio sacro119 (fig. 43). la profonda continuità esistente tra questa cerimonia e la sintassi costitutiva dei canoni proporzionali fu messa in luce dalle approfondite

fig. 43 determinazione dell’orientamento degli assi dell’edificio sacro: quadratura simbolica del cerchio.

Per le varie fasi del procedimento geometrico si vedano t. Burckhardt, op. cit., pp. 24-26 ed e. zolla, op. cit., pp. 83-85. 119

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Sacralità e geometria

indagini condotte dall’ingegnere tedesco ernst mossel120. egli non partì da alcuna teoria a priori, bensì dallo studio comparato di un grandissimo numero di monumenti antichi, databili dall’epoca egiziana a quella medioevale, per giungere alla constatazione che i diagrammi geometrici derivati da una pianta, da un alzato o da una sezione erano riconducibili all’inscrizione in un cerchio, o in più cerchi concentrici, di uno o più poligoni regolari121. il cerchio direttore risultava perciò suddiviso a volte in 4, 8 o 16 parti (quadrato o ottagono) e, più frequentemente, in 5, 10 o 20 parti (pentagono o decagono)122 (fig. 44). mossel riteneva che il genere di segmentazione polare da lui individuato rappresentasse una più o meno diretta trasposizione sul piano

fig. 44 Schemi proporzionali tipo dell’arco di trionfo e della basilica cristiana primitiva secondo mossel.

120 e. mossel, Die Proportion in Antike und Mittelalter, munchen, Beck, 1926; id., Urformen des Raumes als Grundlagen der Formgestaltung, munchen, Beck, 1931; una sintesi corredata da un ampio commento ne è fornita da m. c. ghyka, Il numero d’oro, cit., pp. 107-135. 121 le tecniche di suddivisione della circonferenza e di inscrizione in essa dei suddetti poligoni erano un retaggio di origine pitagorica; si veda a. reghini, Per la restituzione della geometria pitagorica, roma, ignis, 1935, cap. iV. 122 il metodo di mossel, applicandosi tanto ai piani verticali che a quelli orizzontali, racchiude idealmente il corpo dell’edificio in una sfera (dall’indubbio significato cosmologico) e permette il simultaneo controllo proporzionale di tutte le sue partizioni. Un ulteriore elemento di interesse, suscettibile di notevoli implicazioni, risiede nel fatto che i diagrammi piani, con i loro poligoni e frammenti di

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V. a roma

progettuale della quadratura simbolica del cerchio di orientamento ed affondasse perciò le radici nell’antico rito augurale di fondazione. Questa interpretazione, condivisa da ghyka123 e da Burckhardt124, acquista ulteriore credito alla luce di alcuni passi del De Architectura dedicati al tracciamento della “rosa” dei venti125 (avente forma poligonale radiocentrica), al proporzionamento del corpo umano126 (perfettamente inscrivibile in un cerchio ed in un quadrato) ed ai criteri progettuali del teatro greco127 (3 quadrati inscritti) e romano128 (4 triangoli equilateri inscritti). il tempio di Vesta ed il Pantheon di adriano, analizzati dal prof. Wiener129, denotano due particolari diagrammazioni planimetriche dovute alla suddetta interazione tra circonferenza e poligoni regolari. il tempio di Vesta (ii secolo a.c.), periptero circolare, è il più antico edificio in marmo conservato nella capitale. la sua pianta è regolata da quattro pentagoni che individuano con i loro vertici l’ampiezza dei 20 intercolunni. a titolo di completezza abbiamo verificato graficamente (fig. 45) che il cerchio direttore dei suddetti poligoni e la circonferenza esterna della cella sono fra loro in relazione armonica: la seconda taglia il semidiametro del primo in un punto che lo divide secondo la proporzione aurea130. il Pantheon di adriano (ii secolo), dedicato a “tutti gli dei”, costituisce un esempio paradigmatico di struttura sacra raffigurante la terra (portico colonnato quadrato) e il cielo (cupola celeste sferica) simbolicamente correlati attraverso l’axis mundi materializzato dall’oculo zenitale131 (fig. 46). poligoni inscritti nel cerchio direttore, corrispondono geometricamente a proiezioni o sezioni dei cinque poliedri regolari (solidi platonici), armonicamente collegati in ragione della loro inscrizione nella medesima suddetta sfera; cfr. m. c. ghyka, Il numero d’oro, cit., pp. 124-135. 123 ibidem, pp. 107-110. 124 t. Burckhardt, op. cit., pp. 58-60. 125 Vitruvio, De Architectura, i, iV. 126 ibidem, iii, i. 127 ibidem, V, Viii. 128 ibidem, V, Vi. 129 m. c. ghyka, The Geometry of Art and Life, cit. pp. 143, 146-149. 130 facciamo notare che il canone vitruviano (De Architectura, iV, Viii) prescrive per il diametro della cella il rapporto di 3/5 di quello totale, fornendo così un’ottima approssimazione (0,6) del valore aureo (0,618). 131 cfr. r. guénon, “il simbolismo della cupola”, in id., Simboli della scienza sacra, milano, adelphi, 1975, cap. 39 [ed. orig. Paris, 1962].

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Sacralità e geometria

fig. 45 analisi della pianta del tempio di Vesta secondo Wiener.

fig. 46 Veduta interna del Pantheon di giovan Battista Piranesi.

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V. a roma

fig. 47 analisi della pianta del Pantheon secondo Wiener.

la base armonica direttiva è un quadrato, suddiviso dinamicamente secondo il rapporto Ф, entro il quale è inscritto un cerchio. la distanza tra questo circolo interno e quello esterno è dato dalla parte aurea del piccolo quadrato centrale ottenuto dalla scompartizione interna. in modo analogo le dimensioni del portico colonnato sono calibrate sulla sezione aurea del quadrato di base (fig. 47). la perpetuazione nel tempo dei riposti principi della diagrammazione era assicurata dalla trasmissione ereditaria, sotto forma di segreto, del magistero professionale, che avveniva all’interno della famiglia dell’architetto e nell’ambito delle corporazioni o collegi di artigiani muratori e tagliapietre (Collegia Fabrorum), la cui fondazione era tradizionalmente attribuita al leggendario numa132.

132

cfr. m. c. ghyka, Il numero d’oro, cit., pp. 267-271.

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Sacralità e geometria

Vi. nel medioeVo in seguito all’editto di tolleranza, promulgato da costantino nel 313, i cristiani d’occidente concretizzarono l’esigenza di propri luoghi cultuali pubblici in una tipologia basata sul modello spaziale di tipo longitudinale della basilica forense romana. a questa prima forma di chiesa133 era riconducibile l’impianto originario della cattedrale dedicata a cristo Salvatore (oggi S. giovanni in laterano), la cui primitiva aula basilicale, databile all’epoca dell’editto134, era imperniata sul rapporto di 5/3135 (fig. 48).

fig. 48 analisi della pianta di S. giovanni in laterano in roma.

chiesa deriva dal greco “ekklesia” = riunione. le dimensioni planimetriche dello spazio originario sono state desunte dal rilievo eseguito da girolamo rainaldi prima del rinnovamento borrominiano del 1647-49. 135 il rapporto 5/3 (musicalmente un intervallo di sesta maggiore), in quanto costituito da due elementi successivi della serie di fibonacci (si veda sopra § i), rappresenta l’approssimazione di un modulo irrazionale e materializza un rettangolo dalle caratteristiche propriamente “dinamiche”; cfr. m. c. ghyka, Esthétique des proportions dans la nature et dans les arts, cit. pp. 219-220. 133 134

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Vi. nel medioevo

le proporzioni generali, conformemente alla prassi seguita dai Collegia Fabrorum romani136, furono riferite alla volumetria interna, consuetudine questa evidenziata da guglielmo de angelis d’ossat nell’ambito dell’architettura paleocristiana: … a roma… il predominante interesse riconosciuto alla formulazione degli ambienti interni portava a valutazioni proporzionali esattamente commisurate alle dimensioni degli spazi coperti e non inglobanti gli spessori murari.137

la primitiva fabbrica di S. Pietro in roma, completata nel 329 secondo una pianta a croce latina, fu realizzata per assolvere alla doppia funzione di chiesa e di martyrium138. il monumento, studiato da mossel139, rivela una diagrammazione basata sulla segmentazione decadale di un cerchio direttore e di un conseguente dimensionamento delle partizioni architettoniche secondo il numero aureo (fig. 49). nel 330 costantino trasferì ufficialmente la capitale a costantinopoli, la nuova Civitas Dei sul Bosforo, e di conseguenza il baricentro politico-culturale dell’impero romano venne ad essere spostato verso oriente. la chiesa di Santa Sofia di costantinopoli, eretta per volontà di giustiniano e consacrata nel 537, segnò una netta rottura con la tradizione edilizia cristiana precedente, concretizzando nella sua architettura l’avvenuta sintesi tra stilemi ellenistico-romani e bizantini140.

136 i collegi edili dell’epoca romana si perpetuarono ininterrottamente attraverso l’epoca delle invasioni barbariche ed anche dopo la caduta dell’impero d’occidente; cfr. m. c. ghyka, Il numero d’oro, cit., pp. 270-273. 137 g. de angelis d’ossat, “Spazialità e simbolismo delle basiliche ravennati”, in XVII Corso di cultura sull’arte ravennate e bizantina, ravenna, longo, 1970, pp. 313-333; ora in id., Realtà dell’architettura. Apporti alla sua storia 1933-78, roma, carucci, 1982, t. i, pp. 367-384: 374. 138 erano detti martyria i luoghi legati alla venerazione dei martiri o dei luoghi santi; anche questi ambienti erano riconducibili al tipo della basilica romana. 139 e. mossel, Die Proportion in Antike und Mittelalter, cit., pp. 73-76. 140 l’organismo chiesastico, che si richiama ad un modello teorico a pianta centrale, è stato effettivamente concepito come combinazione di spazio centralizzato e longitudinale.

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Sacralità e geometria

fig. 49 lo schema proporzionale sotteso alla primitiva basilica di S. Pietro secondo mossel.

i costruttori (mechanikoi)141 antemio di tralles ed isidoro di mileto concepirono una struttura a doppio involucro, costituita da una cupola a baldacchino inserita all’interno di un più ampio rettangolo, che consentì la libertà di progettazione necessaria per conseguire l’effetto di luminosità e smaterializzazione plastica contemplabile all’interno. 141 nel periodo bizantino il termine mechanikos indicava un architetto con una solida conoscenza della matematica; cfr. c. mango, Architettura bizantina, milano, electa, 1974, p. 24.

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gli schemi proporzionali da noi proposti, lungi dall’essere esaustivi per un tema così complesso, hanno lo scopo di mettere in luce i criteri impiegati per il dimensionamento planivolumetrico di massima dell’edificio. la pianta (fig. 50) presenta una diagrammazione di tipo “aggregativo”, in cui al quadrato centrale, fulcro della composizione, si attestano via via una serie di partizioni in tema Ф e √5-1142. la qualifica-

fig. 50 Santa Sofia di costantinopoli, diagrammazione proporzionale planimetrica. 142

la definizione dell’abside è risolta attraverso la giustapposizione di due qua-

drati.

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fig. 51 Santa Sofia di costantinopoli, diagrammazione proporzionale della sezione longitudinale, ove aBcd = Ф, efmn = mlrS = √2, fhim = = PQgf = √3, oPfe = √5-1, ot/eh = 2, ot/ad = √5.

zione spaziale dell’alzato (fig. 51), dovuta all’interazione tra quadrati e rettangoli dinamici, evidenzia la suddivisione in tre campiture proporzionali principali. all’interno di quest’ambito il rettangolo Ф funge da trait de union tra il settore centrale, caratterizzato da una progressione ascendente interna a tema √2, √3, 2, ed i due laterali in cui le scansioni volumetriche derivano dall’abbassamento delle successive diagonali originate dalle rispettive matrici quadrate. il nascosto significato dei rapporti geometrici maggiormente ricorrenti nell’architettura cristiana del V e Vi secolo fu indagato da de angelis d’ossat, autore di alcune significative considerazioni a proposito della sacralità simbolica a loro attribuita: … partendo dal numero uno e dal quadrato che lo geometrizza – simboli dell’Uno platonico come del dio Padre – si passa facilmente a considerare la diagonale come il solo fatto geometrico connesso ad una precisa misura, derivante dal quadrato. la simbologia è immediata: dall’Uno Padre vien generato l’unico divino figlio. Perciò la √2 rappresenta, in questa riposta teologia dei numeri, la divinità del cristo, mentre la radice del successivo numero 3… caratterizza evidentemente lo Spirito Santo… in un clima culturale che accordava tanta impor-

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tanza alla rappresentazione matematica di simboli teologici, potrebbe anche esser giustificata la frequente applicazione del numero d’oro, considerato sempre come ideale simbolo di perfezione… se non come eventuale punto d’incontro e di superamento dottrinale.143

Questi sacri segni proporzionali, compresenti nell’architettura di Santa Sofia, erano fondamentali per la realizzazione dell’edificio sacro quale immagine miniaturizzata del cosmo, secondo una concezione platonico-cristiana che si riconnetteva ad un portato sapienziale di stampo pitagorico144. Una nuova forma di religiosità ebbe origine all’inizio del iV secolo con la nascita del sistema cenobitico, costituito da singole comunità di cristiani gravitanti attorno all’edificio monastico. Pochi decenni più tardi il monachesimo raggiunge l’occidente e qui, soprattutto dopo la caduta dell’impero romano e l’espansione islamica del Vii secolo, svolgerà attraverso l’ordine dei benedettini145 una fondamentale azione di coesione economica e sociale in seno alla società medioevale. all’interno di questo “paesaggio sacro” la lenta transizione da modelli romani a stilemi più propriamente romanici146 si avvalse dell’opera dei mastri comacini, depositari e continuatori dell’antico magistero costruttivo romano147.

g. de angelis d’ossat, op. cit., p. 376. r. assunto (op. cit., p. 9) individua il principale punto di confluenza tra le dottrine di derivazione platonica (si veda sopra § iV) e le Sacre Scritture nell’ambito culturale ebraico di lingua greca di alessandria d’egitto: qui nel i secolo a.c. venne redatto il Liber Sapientiae (in seguito uno dei testi fondamentali del platonismo medioevale), in cui è scritto che dio ha tutto ordinato “secondo misura, numero e peso” (Xi, 21). 145 dal loro fondatore, S. Benedetto da norcia (480-553). 146 il termine “romanico” fu coniato attorno al 1820 da de caumont con l’intento di chiarire non solo il carattere “latino” di tutta l’architettura del V-Xii secolo, ma soprattutto stabilire la sua diversità dall’arte “germanica” (termine un tempo erroneamente assegnato all’arte gotica). 147 i comacini mutuarono il loro nome dall’isola fortificata del lago di como (comacina) sulla quale si stabilirono alcuni ex-membri dei Collegia Fabrorum romani in seguito al collasso dell’impero. Questi costruttori altamente specializzati si confederarono poi in gilde laiche di “liberi muratori” o “frammassoni” (da freemasons) e prestarono la loro opera nei maggiori cantieri dell’europa medioevale; cfr. n. Pennick, op. cit., pp. 91-93 e m. c. ghyka, Il numero d’oro, cit., pp. 273-293. 143 144

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fig. 52 cluny, ricostruzione del complesso abbaziale.

le peculiarità fondamentali dell’architettura romanica, derivanti dalla combinazione della basilica paleocristiana con il motivo della torre, simbolo di protezione divina e di aspirazione trascendente, trovarono un’espressione compiuta nella terza chiesa del grande complesso abbaziale di cluny, in Borgogna (fig. 52). la ricostruzione planimetrica di cluny iii (1088)148 ci ha consentito di evidenziare un proporzionamento ad quadratum attuato secondo i ricorrenti temi di Ф e √3 (figg. 53 e 54). in italia, dove il romanico mantenne un carattere fortemente autoctono, dovuto in primo luogo alla contiguità della tradizione classica, il duomo di modena (1099) rappresenta un caso emblematico in cui l’impaginato architettonico combina l’antico magistero romano col nuovo orientamento nordico ad triangulum (figg. 55 e 56). a proposito di questa caratteristica del monumento, Vignali puntualizza che:

cluny iii venne distrutta durante la rivoluzione francese ed oggi ne rimane solo un frammento del transetto meridionale. 148

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fig. 53 cluny iii, planimetria a croce di lorena.

fig. 54 cluny iii, diagrammazione “ad quadratum”.

in esso appare evidente, nel proporzionamento della facciata e nell’armonico rapporto fra le membrature costituenti il complesso, l’adozione della metodologia gotica ante litteram, vale a dire l’uso della équerre égyptienne per definire le dimensioni e le volumetrie dell’architettura.149

149

l. Vignali, op. cit., pp. 24-26.

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fig. 55 duomo di modena, diagrammazione della facciata.

fig. 56 duomo di modena, ideogramma cosmologico di riferimento rappresentante l’eclittica celeste e le case dei pianeti.

la realizzazione del primo monumento propriamente gotico150, avvenne nel corso del quarto e quinto decennio del Xii secolo, periodo in cui l’abate Suger modificò radicalmente l’antica abbazia carolingia di S. denis151 secondo le modalità che avrebbero determinato e contraddistinto il nuovo stile architettonico152. Sviluppatosi nella regione

150 Per una sintetica definizione delle principali caratteristiche dello stilema gotico si veda l. grodecki, Architettura gotica, milano, electa, 1976, pp. 9-20; per le diverse etimologie del termine “gotico” si veda l. charpentier, I misteri della cattedrale di Chartres, torino, arcana editrice, 1972, pp. 51-52 [ed. orig. Paris, 1966]. 151 il coro della chiesa, consacrato nel 1144, assunse il valore di prototipo per le cattedrali gotiche; si veda o. von Simson, La cattedrale gotica, Bologna, il mulino, 1988, cap. iV [ed. orig. london, 1956]; si veda anche S. Valtieri, “logica senza preconcetti nel rinascimento gotico dell’ile-de-france”, L’architettura. Cronache e storia, XiX, 220, 1974, pp. 616-626. 152 Sottolineiamo con von Simson (op. cit., pp. 83-84) che il gotico non costituisce la logica “evoluzione” del romanico (nel periodo della loro effettiva coesistenza le due scuole rimangono separate), bensì una vera e propria sintesi in senso innovativo ed antiromanico di elementi costruttivi già noti; charpentier

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dell’ile-de-france153, il sistema gotico si esprimeva nel “funzionalismo geometrico” della cattedrale, ineguagliata sintesi estetica in cui l’estrema trasparenza dell’involucro lapideo ben raffigurava l’idea di quello splendor veritatis che la teologia medioevale poneva alla base della rivelazione soprannaturale154. la complessa e proteiforme realtà escatologica simboleggiata dall’edificio sacro scaturiva dall’applicazione della dottrina pitagorica all’interpretazione dell’universo cristiano: S. agostino (354-430), tramite lo studio della musica, da lui definita “la scienza del ben modulare”, individuò nell’armonia degli accordi musicali155, determinati da precisi rapporti matematici156, l’eco di una superiore realtà metafisica. i medesimi intervalli, espressi sotto forma di proporzioni visuali, concretizzavano la fondamentale capacità della geometria sacra di indirizzare la mente alla contemplazione dell’ordine divino157. il numero era platonicamente ritenuto fonte di ogni perfezione dottrinale ed estetica e di conseguenza ogni manufatto eseguito “ad arte” o “secondo verità” doveva necessariamente manifestare l’applicazione di determinate leggi numeriche158. (op. cit., passim) individua un elemento fondamentale alla definizione dello stilema gotico nell’apporto sapienziale giunto in occidente a seguito della prima crociata in terrasanta (1096-1099). 153 charpentier (op. cit., cap. ii) rilevò la corrispondenza archeoastronomica tra la forma della costellazione della Vergine e la disposizione geografica delle maggiori cattedrali francesi dei secoli Xii e Xiii dedicate a “notre-dame”; abbiamo già evidenziato sopra (§ iii) come la piana di giza fosse informata da una correlazione celeste analoga. 154 Una lucida disamina del portato tradizionale proprio della Philosophia Perennis nell’ambito del pensiero medioevale è fornito da a. K. coomaraswamy, “la filosofia dell’arte medioevale e orientale”, cit., passim. 155 Secondo la tradizione narrata da giamblico (251-325/6) fu Pitagora a scoprire l’armonia musicale e le sue leggi, intuendo che le medesime consonanze perfette erano egualmente prodotte da pesi (di martelli battuti su ferro) e da lunghezze (di corde vibranti) che rispondessero alla stessa proporzione (Vita Pitagorica, 115-121). 156 il rapporto più ammirevole, secondo agostino, è quello dell’unisono 1:1; seguono nell’ordine i rapporti 1:2 (l’ottava), 2:3 (la quinta) e 3:4 (la quarta), ovvero gli intervalli degli accordi perfetti pitagorici. 157 nel medioevo questa funzione della geometria era detta anagogica. 158 Per agostino le condizioni della bellezza sono il numero, l’uguaglianza, l’unità e l’ordine; cfr. a. K. coomaraswamy, “la filosofia dell’arte medioevale e orientale”, cit., pp. 68-73.

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all’inizio del Xii secolo la filosofia agostiniana della bellezza fu ripresa e sintetizzata in terra francese dalla scuola neoplatonica della cattedrale di chartres e dal movimento antispeculativo ed ascetico delle comunità monastiche di citeaux e clairvaux159. la speculazione teologica di chartres, volta alla conciliazione tra il portato platonico e biblico, concepiva il cosmo come un’opera architettonica creata da dio (fig. 57), sommo architetto dell’universo, in base alle leggi della matematica e della geometria (“secondo misura, numero e peso”)160.

fig. 57 Bible moralisée, cod. 2554: dio come architetto dell’universo.

cfr. o. von Simson, op. cit., p. 39 e segg. cfr. J. P. Brach, Il simbolismo dei numeri, roma, arkeios, 1999, pp. 56-58 [ed. orig. Paris, 1994]. 159 160

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la metafisica cistercense161, modellata sull’estetica di San Bernardo da clairvaux (1090-1153), aveva dato origine ad un’architettura caratterizzata dalla disadorna perfezione esecutiva e dall’estremo rigore proporzionale nella cui pratica erano già impiegati diversi elementi che avrebbero poi caratterizzato il nuovo stile dell’ile-defrance162. il “maestro muratore”163, servendosi di squadra e compasso, sviluppava geometricamente “in loco” tutte le grandezze della pianta e

fig. 58 marchi di lapicidi di epoca gotica.

ibidem, pp. 61-65. gli architetti cistercensi avevano familiarità con elementi quali l’arco acuto, la sequenza di campate trasversali identiche e gli archi rampanti: cfr. S. Valtieri, op. cit., pp. 618-619. 163 il costruttore di cattedrali medioevali, l’architetto in termini moderni, iniziava il suo apprendistato nella cava assieme al tagliapietre. Successivamente, in base alla sua abilità artistica, diveniva frammassone ed eventualmente, giunto all’eccellenza del magistero, maestro della fabbrica (magister operis). i marchi dei lapicidi, vere e proprie armi di confraternite incise sui monumenti, erano irriproducibili senza conoscerne l’esatta chiave geometrica; cfr. m. c.ghyka, Il numero d’oro, cit., pp. 274-281. 161 162

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dell’alzato utilizzando determinate figure piane quali quadrato, triangolo, cerchio ed i restanti poligoni regolari164. la realizzazione di una costruzione cultuale comportava di norma un tracciamento ad quadratum per l’impianto planimetrico ed una diagrammazione ad triangulum per l’architettura emergente: tale infatti era la regola seguita dai francs- maçons165. l’aura di sacralità che avvolgeva la forma quadrangolare traspare dal taccuino dell’architetto piccardo Villard de honnecourt166, in cui è rappresentato il metodo per dimezzare le dimensioni della pianta di un chiostro167. la costruzione, detta “qua-

fig. 59 dimezzamento della superficie del quadrato secondo Villard de honnecourt.

164 o. von Simson (op. cit., p. 60) argomenta che la predilezione medioevale per la proporzione “secondo la vera misura” (rettangolo 1:√2, ottenuto tramite l’abbassamento della diagonale del rispettivo quadrato), ereditata da Vitruvio (De Architectura, Vi, iii) e correlata all’aura di perfezione di cui era rivestito il quadrato nel medioevo (perfetta simmetria quale immagine oggettiva del bello; numero quattro come simbolo di perfezione morale), sarebbe da mettere in relazione con l’espressione geometrica del rapporto di ottava determinato non in termini di rettangolo 1:2 (“due” simbolo della materia secondo Boezio), bensì di quadrato come rappresentazione di dio Padre (identità quest’ultima ampiamente condivisa, come esposto sopra, da de angelis d’ossat). 165 cfr. l. Vignali, op. cit., p. 26; n. Pennick, op. cit., pp. 110-111. 166 attivo nel secondo venticinquennio del Xiii secolo. 167 Questa costruzione, nella quale entrano in gioco grandezze incommensurabili quali lato e diagonale del quadrato, era già nota all’antichità preclassica (vedi sopra § ii) e fu tramandata al medioevo anche attraverso Platone (Menone, 82 B85 e) e Vitruvio (De Architectura, iX, i).

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dratura”, permetteva di raddoppiare o dividere per via geometrica la superficie del quadrato “secondo la vera misura”168 (fig. 59). la cosiddetta équerre égyptienne (fig. 60), che tanta parte ebbe nella materializzazione dell’architettura egiziana, ritornò in auge quale elemento per la composizione ad triangulum dei monumenti gotici169: l’immediatezza applicativa e la generazione di una buona condizione statica per l’arco acuto ne favorivano l’impiego per il dimensionamento di massima degli alzati delle cattedrali, come avvenne nel caso di chartres170 (fig. 61).

fig. 60 costruzione dell’arco acuto in base alla doppia équerre égyptienne.

fig. 61 cattedrale di chartres, proporzionamento delle navate.

168 i lati e le superfici dei due quadrati in gioco (vedi figura 59) stanno rispettivamente nei rapporti di 1:√2 e 1:2. 169 Si ricorda che il triangolo equilatero si identifica con due squadre egiziane aventi in comune il cateto maggiore. 170 il palinsesto della cattedrale gotica e, segnatamente, di chartres, rappresenta l’evidenza di come i sistemi proporzionali fossero ad un tempo lo strumento creativo di una superiore armonia ed una scienza delle costruzioni operativa, ovvero una teoria della stabilità elaborata nel corso di esperienze millenarie ed espressa in simboli.

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la cattedrale di notre-dame a chartres (1194-1220)171, massimo conseguimento artistico dell’epoca, costituisce un unicum monumentale in cui la trasparenza cristallina della sua anatomia strutturale rivela all’osservatore la totale compenetrazione tra realizzazione tecnica ed estetica. il maestro di chartres fece della sua composizione l’evocazione perfetta della cosmologia “geometrica” della omonima scuola (fig. 62), concependo la proporzione come divina articolazione che pervadeva la pianta172, gli alzati173 e le relative decorazioni scultoree174. in particolare vogliamo porre in evidenza come la squadra egiziana aBc175 faccia parte di un coerente sistema armonico volto a

fig. 62 cattedrale di chartres, planimetria parziale raffigurante la mistica “successione delle tre lastre”.

171 la cattedrale romanica di notre-dame a chartres (Xi secolo) fu distrutta da un incendio il 10 giugno 1194 ed in seguito ricostruita secondo lo stilema gotico. 172 il complesso tema dell’impianto planimetrico (vedi figura), ispirato alle divine proporzioni delle tavole della legge mosaiche ed informato da grandezze astronomiche e geodetiche, da Ф e da π (analogamente alla piramide di Khufu), celava al suo interno il principio della quadratura geometrica del cerchio; si veda l. charpentier, op. cit., capp. Xii-XV. 173 la facciata occidentale è informata da scompartizioni proporzionali rispondenti alla “vera misura”; cfr. o. von Simson, op. cit., pp. 183-184. 174 le statue della medesima facciata occidentale rivelano la sistematica applicazione della sezione aurea; ibidem. 175 la squadra aBc (in evidenza nella figura 61), che rappresenta musicalmente l’intervallo “perfetto” di ottava (aB:ac=1:2), fissa il punto di imposta della volta ogivale.

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materializzare gli intervalli di una scala musicale gregoriana nelle scansioni orizzontali e verticali della fabbrica lapidea176; ed ancora come l’intradosso della soprastante volta ogivale177 sia modellato in conformità al simbolo tradizionale dell’uomo: la stella a cinque punte178 (figg. 63 e 64).

fig. 63 cattedrale di chartres, la scala geometrica: le lunghezze oblique corrispondono alle altezze del tono.

fig. 64 cattedrale di chartres, la scala geometrica trasposta sul piano della navata.

176 Si veda l. charpentier, op. cit., cap. XVi. non possiamo astenerci dall’osservare le notevoli analogie di tipo geometrico-musicale che intercorrono tra il tempio di luxor (§ iii) e la cattedrale di chartres. 177 la quota della chiave di volta dell’ogiva (m 37) materializza un accordo perfetto di quarta. 178 l’esplicitazione di questo antichissimo simbolo permette di comprendere la fondamentale importanza attribuita dal maestro di chartres all’integrazione dell’elemento umano nelle complesse armonie proporzionali della cattedrale.

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Una successiva illuminante testimonianza dell’interazione tra geometrie quadrate e triangolari è documentata dalle minute delle riunioni degli architetti impegnati nella costruzione del duomo di milano179, iniziato nel 1386-87 secondo un’impostazione planimetrica ad quadratum180 (fig. 65).

fig. 65 duomo di milano, pianta con diagrammazione “ad quadratum”.

dopo pochi anni emersero delle difficoltà ed il consiglio della fabbrica convocò diversi esperti italiani e stranieri per stabilire a quale modalità compositiva avesse dovuto attenersi l’alzato della cattedrale milanese. nell’adunanza dei capomastri del 2 maggio 1392 il terzo punto dell’ordine del giorno fu: “Utrum ecclesia ipsa… debeat ascendere ad quadratum an ad triangulum”. l’adozione del quadrato, proposta da

179

Pubblicate in Annali della Fabbrica del Duomo di Milano, milano, 1887-1880,

3 voll. 180 Secondo la nostra ricostruzione (vedi figura) il tracciato regolatore della pianta, riferito alla volumetria interna, è informato da accordi perfetti di unisono (1:1), di ottava (1:2) e di quarta (4:3), nonché dal numero aureo nella definizione della zona absidale.

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antonio di Vincenzo (fig. 67), sanciva l’equivalenza tra la larghezza e l’altezza dell’edificio, mentre l’impiego del triangolo equilatero, indicato dal matematico piacentino gabriele Scovolaca (detto Stornalochus), fissava la sezione del grande tempio attraverso la doppia équerre égyptienne181 (fig. 66).

fig. 66 duomo di milano, progetto “ad triangulum” di gabriele Scovolaca (con riferimenti cosmologici).

fig. 67 duomo di milano, progetto “ad quadratum” di antonio di Vincenzo (il triangolo equilatero è aggiunto per confronto).

la deliberazione fu: “… quod ipsa posset ascendere usque ad triangulum sive usque figuram triangularem et non ultra”. l’edificazione degli alzati venne perciò iniziata secondo l’impostazione di Stornalochus proseguendo fino all’altezza dei pilastri delle navate laterali, momento in cui il consiglio della fabbrica decise di cambiare l’impianto geometrico a favore di un minore sviluppo altimetrico

181 l’organismo risultante da questo proporzionamento ad triangulum si armonizza alla perfezione con la trama dell’ideogramma cosmologico evidenziato nella facciata del duomo di modena.

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(fig. 68). l’idoneo strumento proporzionale per regolare l’abbassamento delle navate fu individuato nel triangolo pitagorico182. la scelta rappresentava un’ulteriore conferma che concetti come stabilità, bellezza e verità erano riuniti nella perfezione della matematica tramite forme geometriche. il clima spirituale che caratterizzò il magistero artistico di quest’epoca può essere efficacemente racchiuso nella sentenza pronunciata dal maestro parigino Jean mignot a proposito dei criteri da seguire nella prosecuzione del duomo: “Ars Sine scientia Nihil”183.

fig. 68 duomo di milano, progetto (realizzato) nato dalla combinazione del triangolo equilatero col triangolo pitagorico.

triangolo rettangolo proporzionale ai numeri 3, 4, 5 (si veda sopra § ii). i profondi contenuti dottrinali insiti in queste parole sono stati lucidamente esplicitati da a. K. coomaraswamy, “ars sine scientia nihil”, in id., Il grande brivido, cit., pp. 177-180. 182

183

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Vii. a firenze

Vii. a firenze l’indagine conoscitiva condotta nell’ambito delle antiche matrici proporzionali dell’ars costruendi ci ha permesso di prendere in esame un plurimillenario patrimonio di segni geometrici e strumenti compositivi, i cui elementi, nella loro complessità ed eterogeneità, costituiscono il riferimento primo, il vocabolario di base di quell’esprit de geometrie che sta a fondamento della tradizione architettonica toscana. l’evidenza di questo motivo conduttore è tratteggiata con chiarezza nelle parole di lorenzo gori montanelli: credo si possa affermare che la costante fondamentale dell’architettura toscana sta nel rapporto strettissimo, quasi imprescindibile, che essa ha sempre con la geometria, sentita e concepita non come semplice dato di conformazione, ma come ordine formale. ogni qualvolta noi ci troviamo di fronte ad un’opera significativa avvertiamo che la matrice entro la quale l’immagine di quest’opera ha preso consistenza, prima nella mente del suo ideatore e poi nella figurazione conclusiva, è una matrice geometrica, intesa cioè a dare innanzi tutto una esatta precisazione logica e definizione formale dell’impianto spaziale dell’opera stessa. Questa prima costante deriva da un’altra più ampia e universale costante della tradizione toscana: la ricerca della definitezza… di cui il senso geometrico è il naturale mezzo formale184.

l’edificio che esemplarmente traduce in pietra questa sensibilità estetica è il Battistero di San giovanni in firenze, ideale punto di partenza cronologico e tematico dell’intera tradizione. l’insigne monumento, realizzato nella prima metà del V secolo185 secondo una con184 l. gori montanelli, La tradizione architettonica toscana, firenze, olschki, 1971, p. 3. 185 recentemente Piero degl’innocenti (Le origini del bel San Giovanni. Da tempio di Marte a Battistero di Firenze, firenze, cUSl, 1994) attraverso meticolose indagini estese al contesto politico, religioso ed urbano, nonché alle peculiarità costruttive ed alla committenza, ha portato alla luce elementi probanti relativi alla cronologia ed alla primitiva identità dell’odierno battistero fiorentino. Secondo la condivisibile ricostruzione, che nella sostanza conferma la veridicità della tradizione popolare ed erudita, il monumento fu realizzato come sacrario augurale e apotropaico dedicato a marte per celebrare la “miracolosa” vittoria dell’esercito imperiale romano guidato da Stilicone sul barbaro radagaiso, avvenuta nel 406 alle porte di firenze. il tempio, che mantenne la sua originaria dedicazione fino

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Sacralità e geometria

fig. 69 firenze, Battistero di San giovanni: schemi della proiezione dei raggi solstiziali all’interno del primitivo sacrario dedicato a marte.

figurazione a pianta ottagonale con copertura a cupola archiacuta186, si riconduce all’archetipo dell’edificio cosmico187 e, segnatamente, al Pantheon188, di cui rappresenta la sapiente ed evoluta reinterpretazione in chiave poligonale189.

alla caduta del paganesimo, venne riconsacrato al culto cristiano probabilmente già alla fine del V secolo. 186 nella sua redazione originaria la cupola, priva della lanterna (realizzata nel 1150) era assai probabilmente conclusa da un occhio zenitale con una sfera appesa al centro avente la funzione di gnomone solare (fig. 69); ibidem, pp. 153157 e cap. Vii. 187 la configurazione planimetrica accentua il simbolismo dell’asse cosmico, in quanto l’ottagono è il luogo geometrico di passaggio fra il quadrato della terra ed il circolo del cielo; cfr. r. guénon, “l’ottagono”, in id., Simboli della scienza sacra, cit., cap. Xlii. 188 Si veda sopra § V. 189 Per una completa disamina delle caratteristiche spaziali, tecniche e costruttive del San giovanni in rapporto al Pantheon ed alla prassi edificatoria tardoromana, si veda g. de angelis d’ossat, “il Battistero di firenze: la decorazione tardo romana e le modificazioni successive”, in IX Corso di cultura sull’arte ravennate e bizantina, ravenna, longo, 1962, pp. 221-232; ora in id., Realtà dell’architettura, cit., t. i, pp. 337-347: 340-342, tavv. lXXiV-lXXV. a proposito della maturità della concezione strutturale alleggerita a doppio involucro murario del monumento fiorentino, sottolineiamo che già più di un secolo or sono aristide nardini despotti mospignotti (Il Duomo di San Giovanni oggi Battistero di Firenze, firenze,

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lo studio proporzionale da noi eseguito sulla spazialità interna del San giovanni ha rivelato nelle membrature del piano verticale una correlazione ritmica di modulazioni dinamiche imperniate sul valore aureo e sulle prime due radici irrazionali190, ad ulteriore riprova che l’assoluto equilibrio stereometrico d’insieme nasceva dalla perfetta armonizzazione delle esigenze statiche e tecniche con le istanze simboliche proprie della diagrammazione191 (fig. 70).

fig. 70 firenze, Battistero di San giovanni: diagramma proporzionale della sezione nord-sud, ove gm/dg = af/hl = Ф, eh/hl = af/df = √2, ci/ac = √Ф, Bh/hl = √3.

f.lli alinari, 1902, pp. 125-126) aveva affermato che l’ardita soluzione a speroni adottata nella volta a padiglione (forse la prima nel suo genere) dovette inequivocabilmente costituire il necessario precedente formale per la cupola doppia di Santa maria del fiore, messa in opera da filippo Brunelleschi un millennio più tardi. 190 lo schema interpreativo da noi proposto trova conferma nella trattazione di P. degl’innocenti sia per ragioni metodologiche – in quanto l’autore, ripercorrendo l’iter progettuale, afferma che “Materialmente il progetto doveva consistere soprattutto in modelli e poi in alcuni disegni… redatti in proiezione ortogonale, secondo un concetto che potremmo definire a impronta di sezione piana in scala” (op. cit., p. 176, nota 44) – sia per la natura dell’esito finale, in quanto le notevoli affinità proporzionali con l’alzato di Santa Sofia di costantinopoli (vedi sopra § Vi) sono in linea con l’ipotesi di una provenienza orientale da parte dell’architetto e delle maestranze (op. cit., cap. Vi). 191 cfr. l. gori montanelli, op. cit., pp. 5-6.

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il Battistero, cuore della vita religiosa della firenze medioevale, era simbolicamente legato alla Basilica di S. miniato al monte192 da una corrispondenza escatologico-zodiacale in base alla quale i due complessi cultuali, complementari tra loro, materializzavano le porte celesti della città, connotandola come recinto sacro193. il significato di un disegno dottrinale di così ampio respiro era affidato in massima parte alle sottili e sofisticate ragioni di ordine geometrico e matematico che presiedettero alla progettazione del monumento194. il dimensionamento di massima della facciata, realizzata ad quadratum (fig. 71), rispettava l’analoga impostazione planimetrica ed altimetrica della struttura basilicale, basata sulla progressione musicale 1:2:3 che legava il rapporto di larghezza fra le navi (1:2, musical-

fig. 71 firenze, Basilica di San miniato: la facciata e il ritmo del quadrato.

fig. 72 firenze, Basilica di San miniato: la modulazione interna.

192 l’attuale redazione architettonica di S. miniato è dovuta a lavori di progressivo rifacimento e ampliamento di un precedente luogo di culto, avviati dal vescovo ildebrando nel 1018 e conclusisi nel 1207 (data incisa sul pavimento marmoreo della basilica); cfr f. gurrieri/l. Berti/c. leonardi, La Basilica di San Miniato al Monte a Firenze, firenze, cassa di risparmio di firenze, 1988. 193 Si veda r. manetti, Le Porte Celesti. Segreti dell’architettura sacra, firenze, aletheia, 1999. 194 Per l’esegesi diagrammatica e simbolica di S. miniato, della quale daremo qui un breve resoconto, faremo riferimento a r. manetti, op. cit., pp. 56-71.

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mente un’ottava) alla modulazione della navata centrale (2:3, musicalmente una quinta)195 (fig. 72). la maglia quadrata costituiva solo il punto di partenza di un itinerario diagrammatico che, attraverso successive trasformazioni geometriche, “disegnava” con estremo rigore lo spartito della facciata risolvendone con coerenza ed unitarietà le apparenti anomalie compositive e stilistiche196 (figg. 73, 74, 75, 76). il modus operandi adottato nella progettazione di San miniato è la compiuta testimonianza di un magistero armonico in grado di combinare “ad arte” le modulazioni proprie degli accordi musicali pitagorici (simmetria statica) con le modulazioni irrazionali basate sulle trasformazioni geometriche del quadrato (simmetria dinamica)197.

fig. 73 firenze, Basilica di San miniato: il rettangolo √2.

fig. 74 firenze, Basilica di San miniato: il rettangolo pitagorico 3, 4, 5.

cfr. l. gori montanelli, op. cit., pp. 15-17. a titolo di completezza segnaliamo che questo percorso sapienziale culminava in una complessa costruzione volta ad ottenere la quadratura geometrica del cerchio, ovvero la simbolica congiunzione tra terra e cielo, analogamente a quanto rilevato da l. charpentier a proposito dell’impianto planimetrico della cattedrale di chartres (vedi sopra § Vi). 197 Per ulteriori illuminanti considerazioni sulla logica architettonica dello “stile geometrico” fiorentino del medioevo ed alla particolare relazione dialettica che legava la ricerca compositiva e proporzionale con quella musicale e poetica, 195 196

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fig. 75 firenze, Basilica di San miniato: il rettangolo aureo.

fig. 76 firenze, Basilica di San miniato: i rettangoli aurei.

l’adozione di una siffatta articolazione proporzionale rappresenta, a nostro modo di vedere, una peculiarità distintiva che connoterà la prassi edificatoria fiorentina fino all’epoca rinascimentale198. la fondatezza di questo assunto è avallata dalla conformazione di due grandi realizzazioni urbane di epoca medioevale199: la chiesa di Santa maria novella ed il palazzo dei Priori (l’odierno palazzo vecchio). rimandiamo a e. guidoni, Arte e urbanistica in toscana 1000-1315, roma, Bulzoni, 1970, pp. 25-47 e 179-214. 198 riteniamo sottolineare qui alcune considerazioni di guénon in merito alla presunta soluzione di continuità del retaggio tradizionale nell’ambito delle corporazioni artigianali: “Taluni indicano con precisione la metà del secolo XV come data di tale perdita dell’antica tradizione, perdita che comportò la riorganizzazione, nel 1459, delle confraternite di costruttori su nuovi fondamenti, ormai incompleti. È opportuno notare che a partire da quest’epoca le chiese cessarono di essere orientate regolarmente” (r. guénon, Autorità spirituale e Potere temporale, milano, luni, 1995, p. 33, nota 1 [ed. orig. Paris, 1929]). 199 nel corso del duecento il comune di firenze fu oggetto di una straordinaria espansione economica e demografica che ebbe notevoli ripercussioni sulla compagine del costruito: le ultime due decadi del secolo, che videro l’apogeo di questo processo, furono segnate dalla geniale personalità di arnolfo da cambio (12321302), artefice di una nuova unità urbana organizzativa e formale; si veda la sintesi di g. fanelli, Firenze architettura e città, firenze Vallecchi, 1973, vol. i, cap. iV.

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in Santa maria novella200 (fig. 77), conformata ad una impostazione strutturale di tipo gotico, il dimensionamento di massima dell’impianto architettonico venne attuato attraverso il dispositivo dell’équerre égyptienne, ugualmente responsabile del ritmo 2:1 (musicalmente un’ottava) intercorrente tra la navata maggiore e quelle minori; a questa semplice scansione fanno riferimento le successive modulazioni in tema Ф e 4/3 (musicalmente una quarta). il palazzo dei Priori201, tradizionalmente attribuito ad arnolfo, materializzava con l’omonima piazza un unicum monumentale di scala urbana che per intenti e dimensioni non avrebbe avuto pari sino all’esecuzione delle grandi opere brunelleschiane.

fig. 77 firenze, chiesa di Santa maria novella: la modulazione interna. 200 l’attuale fabbrica fu iniziata nel 1278 modificando ed ampliando le costruzioni sacre preesistenti, delle quali il primo nucleo datava al iX secolo (ibidem, vol. i, pp. 41 e 77-79). la facciata sull’omonima piazza, principiata nel corso del trecento, deve la sua attuale redazione all’arte di leon Battista alberti. 201 il palazzo dei Priori, secondo palazzo pubblico cittadino (il primo, iniziato nel 1255, fu il palazzo del capitano del Popolo in via del Proconsolo), fu iniziato

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la notevole compattezza stereometrica del parallelepipedo turrito, originariamente isolato all’interno del minuto tessuto edilizio, fu ulteriormente sottolineata e ritmizzata da un rivestimento in bugnato all’antica202 e da uno spartito proporzionale203 in grado di integrare ogni parte in un insieme armonico. la maestria dell’artefice si espresse ancora una volta attraverso la combinazione del sistema aritmetico con quello geometrico, applicando il primo al piano verticale secondo i rapporti musicali di 1:1 (unisono), 1:2 (ottava) e 2:3 (quinta), ed il secondo alla scansione orizzontale in modo che il punto di suddivisione in media ed estrema ragione corrispondesse all’asse della preesistente torre, assurta ad elemento di equilibrio per l’intera composizione (fig. 78). la studiata disimmetria di facciata, concepita in funzione di una visione preferenziale obliqua del palazzo, prelude con estrema coerenza alla nuova sensibilità prospettica dell’epoca rinascimentale204. la cosiddetta perspectiva artificialis del Quattrocento205, propriamente definita da erwin Panofsky come la “forma simbolica” di una

nel 1298 in seguito all’atterramento di alcune preesistenti case ed al reimpiego di un’antica torre, inglobata e trasformata in quella attuale; ibidem, vol. i, pp. 72-74. 202 la rusticazione, ispirata non a modelli romani, bensì ai castelli medioevali, si dffuse poi nell’architettura civile del Quattrocento insieme ad altri elementi propri del palazzo dei Priori, quale la simmetrica composizione dei tre piani sovrapposti con portale centrale ad arco ed il cortile porticato a piano terreno; ibidem, vol. i, p. 74. 203 Per quanto attiene le caratteristiche proporzionali faremo riferimento a l. gori montanelli, op. cit., pp. 59-63. 204 Questa condivisibile lettura è proposta da guidoni nell’ambito della esegesi architettonica del palazzo dei Priori (op. cit., pp. 224-229). ad ulteriore supporto della sua tesi lo studioso ricorda che il medesimo punto di vista diagonale fu in seguito prediletto da Brunelleschi in una delle sue due famose tavolette prospettiche; per l’esatta ricostruzione topografica della tavoletta in questione rimandiamo a g. de angelis d’ossat, “Un carattere dell’arte brunelleschiana” [1942], ora in Realtà dell’architettura, cit., t. ii, pp. 847-852: tav. cXciii. 205 la prospettiva lineare centrale rinascimentale fu codificata da filippo Brunelleschi presumibilmente nel corso del primo quarto del XV secolo; cfr. P. Sanpaolesi, “ipotesi sulle conoscenze matematiche, statiche e meccaniche del Brunelleschi”, Belle Arti, 1951, pp. 25-54; id., Brunelleschi, milano, club del libro, 1962, pp. 41-53.

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fig. 78 firenze, Palazzo dei Priori: scansione proporzionale della facciata.

particolare concezione del mondo206, fu lo strumento stilistico concettuale che attraverso la riduzione dell’infinito al limite umano, l’integrazione in senso oggettivo della realtà conosciuta207, istituì quel fondamentale distacco critico dal dato spaziale architettonico rivelaSi veda e. Panofsky, “la prospettiva come forma simbolica” [1927], in id., La prospettiva come “forma simbolica” e altri scritti, milano, feltrinelli, 1961, pp. 37-117. 207 Una lucida analisi della renovatio del pensiero estetico rinascimentale nei confronti di quello medioevale è offerta da r. assunto, La critica d’arte nel pensiero medioevale, milano, il Saggiatore, 1961, pp. 307-325. 206

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tosi poi in sede storiografica la conditio sine qua non per l’apprendimento della lezione dell’antico ed il conseguente rinnovamento delle arti figurative208. il disegno, assurto in quest’ottica a forma ed essenza del visibile divenne così l’ideale punto di confluenza delle molteplici simbologie diagrammatiche ereditate dalla tradizione medioevale e riesumate dall’archeologia antiquaria, in virtù della certezza incorruttibile della matematica quale strumento di conoscenza del divino. a tale proposito rudolph Wittkower sottolineava che gli artisti rinascimentali aderivano fermamente al postulato pitagorico “tutto è numero”; ispirandosi a Platone e ai neoplatonici e col sostegno di una lunga serie di teologi da agostino in poi, essi erano persuasi della struttura matematica e armonica dell’universo e di ogni creatura. Posto che le leggi dei numeri armonici pervadevano ogni cosa, dalle sfere celesti alla più umile vita sulla terra, le nostre anime stesse dovranno conformarsi a quest’armonia209.

l’immagine dell’uomo quale imago dei inscritto nel cerchio e nel quadrato, desunta dal trattato vitruviano210, divenne simbolo emblematico della crrispondenza tra microcosmo umano e macrocosmo celeste e, al contempo, il riferimento primo nella teorizzazione della pianta centrale, forma perfetta dell’architettura rinascimentale211. a questi archetipi formali dovette riferirsi filippo di Ser Brunellesco (1377-1446) nella genesi compositiva della Sacrestia Vecchia di San lorenzo212, in cui quadrato (cubo) e cerchio (sfera) costituiscono i moduli fondamentali dell’organizzazione spaziale (fig. 79). l’analisi proporzionale condotta sulla sezione longitudinale della cappella ha evidenziato come la scansione volumetrica interna dei due vani

208 analoga funzione ebbe la filologia nei confronti degli studia humanitatis: per questi temi e per quanto concerne il concetto di “rinascimento” nella sua accezione più ampia rimandiamo a e. garin, L’Umanesimo italiano, Bari, laterza, 1952 [ed. orig. Bern, 1947]; id., Medioevo e Rinascimento, Bari, laterza, 1954. 209 r. Wittkower, Principi architettonici nell’età dell’umanesimo, torino, einaudi, 1964, p. 29 [ed. orig. london, 1949]. 210 Vitruvio, De Architectura, iii, i. 211 cfr. r. Wittkower, op. cit., pp. 8-33. 212 Una approfondita disamina del monumento, eseguito probabilmente nel periodo 1421-28, è fornita da g. fanelli, op. cit., vol. i, pp. 189-193.

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fig. 79 firenze, Sacrestia Vecchia di San lorenzo: scansione armonica della sezione trasversale.

coperti a cupola sia organicamente conformata ad una concatenazione aurea213, a conferma della grande vitalità di una tradizione celebrata agli albori del XVi secolo da fra’ luca Pacioli di Borgo nel suo trattato dedicato alla “divina proporzione”, simbolo perfetto della mediazione214.

il collegamento armonico tra il vano maggiore e quello minore è assicurato da una modulazione in tema √2. 214 l. Pacioli, De Divina Proportione, Venetiis, a. Paganius Paganinus, 1509; per l’esame dell’opera del Pacioli e della grande influenza che ebbe sulla koinè culturale del suo tempo rimandiamo a m. c. ghyka, Il numero d’oro, cit., passim. 213

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fig. 80 firenze, cupola di Santa maria del fiore: diagrammazione basata sull’adozione dell’équerre égyptienne.

riteniamo di concludere idealmente la nostra trattazione con l’analisi diagrammatica del capolavoro brunelleschiano, la cupola di Santa maria del fiore215, “erta sopra i cieli, ampla da coprire chon sua ombra tutti i popoli toscani” (l. B. alberti), entità figurativa ad un tempo riassuntiva e ordinatrice dell’organizzazione urbana e territoriale216.

i termini entro i quali si manifestò la costruzione brunelleschiana erano già stati definiti dai precedenti interventi succedutisi nel duomo fiorentino, per i quali rimandiamo all’approfondita analisi stilistica e proporzionale di l. gori montanelli, op. cit., cap. V. 216 Per la restituzione della dimensione tecnica, critica e filosofica dell’intervento brunelleschiano rimandiamo a g. fanelli, op. cit., vol. i, pp. 172-186; c. l. ragghianti, Filippo Brunelleschi. Un uomo, un universo, firenze, Banca toscana, 1977, pp. 198-250. 215

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nell’ambito di una approfondita indagine sulla cultura scienifica di filippo Brunelleschi, Vignali ha plausibilmente restituito la genesi compositiva ed i presupposti matematici della grande cupola, sperimentalmente costruita attraverso una pionieristica “curva delle pressioni” e geometricamente definita secondo l’esclusivo impiego dell’équerre égyptienne217 (fig. 80). dal sintetico esame di questi exempla possiamo prendere atto con sufficiente cognizione di causa dell’avvenuta sintesi tra stilemi “gotici” ad triangulum e stilemi “romani” ad quadratum nella firenze del primo rinascimento, ad onore di quella fondamentale continuità tradizionale che caratterizza l’eterno presente di giedioniana memoria, secondo cui eX nihilo nihil.

217

l. Vignali, “arte e scienza”, Strenna storica bolognese, XXXiX, 1989, pp. 425-

438.

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finito di stampare in firenze presso la tipografia editrice Polistampa luglio 2012