Romani all'opera. I negotia nell'immaginario cinematografico 9788871404127, 8871404122

Il volume propone un'indagine sul rapporto tra storia, mondo romano e cinema. Il punto di vista è quello delle atti

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Italian Pages 160 [159] Year 2009

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Romani all'opera. I negotia nell'immaginario cinematografico
 9788871404127, 8871404122

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ROMAni All’OpeRA I negotia nell’immaginario cinematografico

ARti e MestieRi nel MOndO ROMAnO AnticO collana edita con il patrocinio dell’Assessorato della piccola e Media impresa, commercio e Artigianato della Regione lazio comitato scientiico: Filippo coarelli, Università di perugia Giuseppe della Fina, Università dell’Aquila Gianfranco Gazzetti, soprintendenza etruria Meridionale

in copertina: la ricostruzione di una fullonica in una scena di Rome (M. Apted, 2005).

© Roma 2009, edizioni Quasar di severino tognon s.r.l. via Ajaccio 41-43, 00198 Roma - tel 0685358444 email: [email protected] e-isBn 978-88-7140-611-4

ARti e MestieRi nel MOndO ROMAnO AnticO

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carlo Modesti pauer

ROMAni All’OpeRA I negotia nell’immaginario cinematografico

ediZiOni QUAsAR

per Giorgio, Lorenzo e Elisabetta

L’Autore ringrazia per la preziosa collaborazione in sede di revisione del testo Cecilia Ricci (Università del Molise), Salvatore Monda (Università del Molise) e Leopoldo Santovincenzo (RAI). Per l’organizzazione dei fogli elettronici del catalogo dei titoli si ringrazia Walter Ambrosini.

pARte 1 – il cineMA, lA stORiA e il GeneRe “ROMAnO”

La storia in un minuto Quando non era possibile una storia del cinema, già il cinema delle origini guardava alla storia passata. All’alba del XX secolo la necessità di soggetti da realizzare era in crescita, collegata al bisogno di incrementare i cataloghi delle visioni, tanto nel formato “in scatola” del Kinetoscopio di edison, quanto in quello su schermo del Cinématographe lumière e degli innumerevoli epigoni. in questa fase l’invenzione di edison, come quelle di latham, le Roy, Alberini e skladanowsky1, è sconitta dalla maneggevolezza e praticità del modello dei celebri fratelli francesi. All’indomani delle presentazioni uiciali, i lumière sono subissati di richieste, centinaia di ordini ai quali in quel momento possono solo rispondere: “per ora è un pezzo unico”. tuttavia, nel volgere di pochi anni, la difusione industriale del cinematografo di loro ideazione è capillare, e in ogni parte del mondo un operatore può presto girare brevi “documenti d’attualità” che hanno come presupposto contingente quello di ripercorrere il sentiero estetico della fotograia. il cinema del 1896-1904 risponde prevalentemente a una domanda di rappresentazione in movimento di quella realtà che solo quarant’anni prima cominciava ad essere fotografata, appena dopo i primi esperimenti tra il 1820 e il 1850 di niepce, daguerre, Bayard, talbot e eastman; quest’ultimo vera cinghia di trasmissione col cinema, per l’invenzione e commercializzazione della pellicola a rullo in celluloide (1891). il successo iniziale del cinematografo nel periodo a cavaliere dei due secoli va ascritto principalmente agli aspetti di novità fantasmagorica e di curiosità tecno-scientiica2: sono questi i motivi d’attrazione d’insieme piuttosto che il “potenziale narrativo” vero e proprio di una storia che non c’è, perché praticamente impossibile “raccontare” in un minuto o poco più; anzi, quando un nucleo primitivo di racconto si propone, passa inosservato. destinata ad essere spazzata rapidamente via dal mercato, l’invenzione di edison farà appunto in tempo a presentare, in quelle scatolone di legno su cui per 10 centesimi si appoggiavano gli occhi per osservare le brevi proiezioni (igg. 1-2), il primo esempio di storia al cinema con tanto di “efetti speciali”3: he Execution of Mary, Queen of Scots prodotto da edison nel 1895, ilmato in esterni da Alfred clark e William Heise. tuttavia, come s’è detto, l’esito non fu quello sperato; la visione in quel piccolo formato (meno di un attuale visore ipod e senza la nitidezza della tecnologia digitale) rendeva diicile la comprensione della teatrale messinscena del “quadro” ricostruito: la decapitazione di Maria stuarda, un soggetto poi riproposto nella sua completezza una decina di volte dal cinema e che fra le altre vide come interpreti della regina cattolica Katharine Hepburn 7

Fig. 2. Uno dei primi locali che ofriva il cinetoscopio. San Francisco, 1899 ca.

Fig. 1. Il cinetoscopio di Edison.

diretta da J. Ford e la diva svedese Zarah leander4, chiamata dall’UFA nazista diventata orfana di Marlene dietrich, la “traditrice” passata alla democrazia UsA5. la sequenza della durata di un minuto, è però indicativa delle potenzialità del mezzo nel suo testimoniare la presenza di comparse che saturano l’inquadratura, circondando il luogo della decapitazione dove la scena è aidata agli “impersonatori protagonisti”: è l’epifania di un genere, nel quale a partire dagli anni dieci, e per oltre mezzo secolo, il mondo greco-romano sarà il protagonista dei tanti set cinematograici impegnati a ricostruire il passato. Rivedendo anni dopo su “grande schermo” l’Esecuzione di Mary, regina di Scozia, lo storico francese sadoul vi notò un “precorrimento dei ilm d’arte francesi e italiani”6 che in europa costituiranno i vertici produttivi della neonata industria di celluloide. se gli stati Uniti inaugurano il genere con il XVi secolo, in europa la Francia guarda a Roma. il primo esperimento storico dei lumière è Néron essayant des poisons sur des esclaves (promio, 1896), una manciata di secondi forse ispirati a un dipinto di poco precedente (ig. 3), che apre in termini d’immaginario anche il sotto-genere sulla crudeltà degli imperatori e sulle persecuzioni dei cristiani di cui il nerone di peter Ustinov rappresenterà l’apogeo7. intanto, per compiere il necessario salto di qualità verso l’industria culturale, il cinema deve risolvere alcune questioni decisive, fra le quali il problema dei brevetti e l’accordo sugli standard internazionali, ad esempio il tempo di ripresa e proiezione. in questo periodo, infatti, la durata varia dai 12 ai 48 fotogrammi al Fig. 3. Néron essayant des poisons sur des esclaves secondo e quando successivamente si assesterà (Mazerolle Alexis-Joseph, 1859). 8

sui 20 secondi, il compromesso è raggiunto almeno in questa fase “muta” (con il cinema sonoro si passerà infatti a 24), che vede anche afermarsi il formato 35 mm (1909). per ritrovare i primi Romani all’opera, seppure indirettamente come legionari e carneici, si deve guardare al boom delle Vite e passioni di cristo8 (ig. 4). lo sfruttamento commerciale della narrazione evangelica comincia in dalle origini (già nel 1897 si contano quattro pellicole sul tema) e in italia, appena un paio d’anni più tardi, si ha notizia di una Passione di Gesù di luigi topi (1899 ca.)9. il pubblico per la prima volta viene identiicato come un potenziale e vasto “mercato internazionale”, il cui primitivo e più profondo elemento aggregante è l’appartenenza alle diverse confessioni cristiane, tutte aventi in comune la fabula evangelica. per questi brevissimi ilm è ovviamente eccessivo parlare di cinema storico-cristologico, si tratta in realtà di tableaux vivants, di regola ispirati alle cosiddette rappresentazioni sacre messe in scena più che altro durante il periodo pasquale, secondo una tradizione spettacolare del cristianesimo che aveva fatto carta straccia, oltre mille anni prima, dell’antico divieto divino – “non ti farai né adorerai alcuna immagine” – come appare nell’elenco biblico (cfr. Esodo 20, 2-17). Grande impulso in questo senso venne dal poverello d’Assisi, che incentivò notevolmente la consuetudine col suo presepio vivente concepito in funzione di spettacolo emozionante-ediicante per il volgo analfabeta. È un terreno già coltivato da secoli su cui gli impresari del cinema “fenomeno da baraccone”, snobbato dalle élite, si gettano avidamente, traducendo il desiderio idolatrico soddisfatto dal commercio di santini e immaginette, in evento animato: l’intento di stupire anima anche il principale concorrente dei lumière, l’illusionista Georges Méliès, progenitore inconsapevole del cinema di inzione e degli efetti speciali. Grazie a un guasto della macchina da presa, Méliès scopre l’immenso potenziale antinaturalistico del cinema e a lui si deve la prima rappresentazione di un miracolo quando nel 1898 presenta Le Christ marchant sur les eaux, breve rievocazione, purtroppo perduta, del mitico prodigio sul lago di tiberiade. in questo sotto-ilone, si giungerà, attraverso il musical, ai Romani-marines di Jesus Christ Superstar (n. Jewison, 1973) e alle visioni problematiche di scorsese (he Last Temptation of Christ, 1988) e Godard (Je Vous salue, Marie, 1985), passando per pasolini (Il Vangelo secondo Matteo, 1964) e Rossellini (Il Messia, 1976). Qui si può ricordare che il primo lungometraggio in tema sarà prodotto dal cinema italiano con il Christus di Giulio Antamoro (1916) e la diva leda Gys nel ruolo della Vergine10 (ig. 5).

Fig. 4. La Naissance, la Vie et la Mort du Christ (D'Alice, 1906).

Fig. 5. Christus (Antamoro, 1916). L’annunciazione nel ilm ripropone il celebre dipinto del Beato Angelico.

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per concludere, nell’ambito del genere non si può dimenticare che a Roma nel 1897 il Museo Foto-elettrico le lieure, in sintonia con i trucchi di Méliès e la natura di attrazione fantasmagorica o meglio di tecno-magia del proto-cinema, ofriva tanto una dimostrazione dei raggi X come “visione dell’invisibile” a 40 centesimi, quanto la Grotta di lourdes con “apparizione e sparizione della Madonna a Bernardette” ma a 25 centesimi.11 Qualche mese prima nel 1896, un operatore lumière, il torinese Vittorio calcina, aveva ripreso per la prima volta in una “attualità” un ponteice cattolico: leone Xiii. Vi si vede il papa seduto che benedice, attorniato da prelati; poi in esterni di passaggio in carrozza, sempre benedicente; inine disceso dal veicolo, si dirige verso una panchina, si siede e rivolge i saluti inali alla macchina da presa12. Alla ricerca dell’equilibrio per ripercorrere gli accadimenti del cinema delle origini e la formazione del genere storico e greco-romano in particolare, le mutazioni da seguire come traccia essenziale sono parallelamente la durata (la sua deinizione entro uno standard accettabile) e lo sviluppo della narrazione (la determinazione della professione di sceneggiatore). la lunga durata si presentò presto come una necessità, quando si ebbe l’imprevista opportunità di una luce suiciente per riprendere un evento interamente nel suo svolgersi. per la prima volta negli stati Uniti, a carson city il 17 marzo 1897 si disputava un incontro di boxe all’aperto; assicurandosi per una forte somma l’esclusiva delle riprese, enoch J. Rector issò su 3.000 metri di pellicola un’ora e mezzo di ilm. Vincolato dai limiti riproduttivi del momento (un rullo), l’autore fu costretto ad un primitivo montaggio che ridusse l’evento del Match di boxe Corbett-Fitzsimmons a 7 minuti: le potenzialità narrative erano tuttavia evidenti, non solo per raccontare la cronaca13. Alla magia dei ilm di Méliès si deve il passaggio da un paio di minuti ad un quarto d’ora di spettacolo: al limite tra fantastico e fantascientiico (per l’adozione di fonti letterarie quali J. Verne e H.G. Wells) e venato di situazioni comiche, l’ex prestigiatore presentò nel 1902 il suo ilm più conosciuto, degli oltre cinquecento noti, Le Voyage dans la lune lungo 14 minuti (ig. 6). la storia secondo Méliès si trova però già nel suo Jeanne d’Arc del 1900, dodici quadri per un quarto d’ora, con rogo e apoteosi inale. come lui altri autori, per lo più inglesi, conquistano il primo vero e proprio pubblico cinematograico, frequentatore delle iere, delle prime sale e dei music-hall, allora deputati ad accogliere le proiezioni di vedute e attualità. in Francia nasce nel 1896 la pathè, prima e longeva14 società di produzione cinematograica, e nel 1901, quando charles pathè si associa con Ferdinand Zecca, inizia la produzione industriale di pellicole con una ripartizione strutturale che è possibile organizzare sommariamente in tre grandi generi: il comico, il dramma realista e il ilm storico. Già dal 1905 sono in azione, come sarà poi per la produzione hollywoodiana, gruppi di specialisti composti da sceneggiatori, scenograi, operatori, registi e altre maestranze che si concentrano contemporaneamente su altrettante pellicole: molte sono di comici quali Max linder e Andrè deed (cretinetti) i primi nomi celebri della storia del cinema a cui solo nel 1913 si aggiungerà quello di charles chaplin. con Quo Vadis? (1902) la pathé sancisce l’ingresso dei Romani al cinema: il tema è ancora una volta cristiano, ma il romanzo da cui è tratto il ilm lo colloca nel genere delle 10

ricostruzioni storiche, perché il ruolo centrale della Roma di nerone è decisivo nello sviluppo della vicenda. scritto dal polacco Henryk sienkiewicz, pubblicato nel 1895, il romanzo favoleggia dei primi cristiani a Roma e dell’incontro di pietro, sulla via della fuga, con cristo, cui segue l’inevitabile dietrofront ino al leggendario martirio. se ne contano altre sei versioni, delle quali si tornerà a parlare più avanti. di questo protokolossal della pathé, sadoul ricorda la scena nella quale si vede “un reziario abbattere un mirmillone in presenza di ventinove comparse romane incoronate di rose, bene allineate davanti a un colonnato antico dipinto su tela”15 dall’illustratore lorant-Heilbronn (ig. 7). i gladiatori sono i professionisti più rappresentati dopo i legionari nella storia del cinema: qui la scena riempita da iguranti prelude ai grandiosi movimenti di massa diretti tra breve dai maestri italiani.

Fig. 6. Le Voyage dans la lune (Méliès, 1902). Fig. 7. Un’illustrazione di Lorant-Heilbronn.

Verso la ine della sua carriera, incapace di rinnovare lo stile che lo ha reso famoso, Mèliès si getta in un visionario e impossibile La civilisation à travers les âges (1908), insuccesso preconizzatore del gigantesco Intolerance (d.W. Griith, 1915), del quale è interessante riproporre la brochure16: Uno dei ilm più artistici che sia mai stato presentato. Via via drammatico, patetico, naturalistico, comico, satirico, ironico, divertentissimo sempre. 1. Caino e Abele. Il primo delitto (4000 a.C.) 2. I druidi, sacriici umani (500 a.C.) 3. Nerone e Locuste provano i veleni sugli schiavi (anno 65) 4. Le catacombe di Roma, persecuzione dei cristiani (anno 200) 5. Fustigazione con un gatto a nove code (1400) 6. Le forche sotto Luigi XI (1475) 7. L’inquisizione, la camera delle torture (1490) 8. Aggressione notturna. Signori e ruiani (1630) 9. I tempi moderni. Un’aggressione notturna (1906) 10. La conferenza dell’Aia (1907) 11. Il trionfo del Congresso della Pace

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nello stesso anno, negli stati Uniti, il cinema è ormai un fenomeno di massa. nati nel 1905 i nickelodeons, le prime sale ampie e confortevoli che ofrivano spettacoli a costi popolari17, avevano raggiunto numeri imponenti con circa diecimila esercizi attivi su tutto il territorio (ig. 8). l’ofensiva produttiva nordamericana stava ailando le armi, preparandosi a rivaleggiare con la Francia, allora prima industria mondiale da cui gli americani plagiano le ispirazioni, tanto che anche oltreoceano l’antichità in pellicola ha il suo capostipite in un Nero and the Burning of Rome (1908) di edwin porter; e presto gli stati Uniti si sarebbero confrontati anche con l’italia, dove l’anno decisivo è il 1905 e la storia s’intreccia sin da subito con la inzione. La presa di Roma (1905) di Filoteo Alberini, girato in occasione del 35° anniversario dell’evento storico del 20 settembre 1870, è il primo ilm italiano a soggetto. Alberini è un fotografo di Orte, esercente e inventore; si trasferisce prima a Firenze e poi a Roma, dopo aver brevettato nel 1895 il suo “Kinetografo”. nella capitale costruisce il primo “stabilimento italiano di manifattura cinematograica”, gli studi Alberini-santoni dalle parti di via Appia nuova18. nel 1904 Alberini apre a piazza esedra il “Moderno”, il primo cinema di Roma (oggi multisala Warner). la proiezione de La presa di Roma è organizzata in piazza, a ridosso delle mura romane nei pressi della breccia di porta pia. È un successo, in un tripudio di inni patriottici e stupore infantile per quei fanatismi luminosi della storia. centomila persone si accalcano per assistere al ilm anche nei giorni seguenti, poi, grazie al cinema ambulante, la visione sarà possibile in tutta italia propagandando laicità e unità. l’azione del ilm si svolge in circa dieci minuti attraverso “sette quadri” che ricostruiscono le fasi inali della vicenda. l’ultimatum alle truppe pontiicie, l’attacco e le cannonate che aprono il varco, la bandiera bianca fatta issare da pio iX sulla cupola di san pietro e, nel settimo ed ultimo quadro, l’apoteosi con l’italia (interpretata da una ragazza) circondata dal re Vittorio emanuele ii, cavour, Mazzini e Garibaldi, i “padri della patria”19 (ig. 9).

Fig. 8. L’interno di uno dei primi nickelodeons degli Stati Uniti.

Fig. 9. La presa di Roma (Alberini, 1905).

A partire da questo avvenimento, si delinea in italia lo sviluppo del cinema di inzione in un crescendo impressionante di pellicole prodotte20, di nuove sale cinematograiche inaugurate e di neonate attività imprenditoriali, collegate al comparto industriale cinematograico che si va deinendo sempre più come luogo autonomo nell’ambito dello spettacolo di massa. Già nel 1907 alla cines di Alberini e santoni si erano aiancate altre manifatture cinematograiche quali la Ambrosio, l’Aquila Film e la Rossi e Co. a torino; la 12

Bosetti e la Comerio a Milano; la Manifattura Cinematograi Riuniti e la Troncone e Co. a napoli. il primo grande successo internazionale, con la Ambrosio di torino, lo irma l’ex tipografo e attore teatrale luigi Maggi nel 1908 con il ilm Gli ultimi giorni di Pompei 21, la cui accuratezza delle ricostruzioni suscita ammirazione e imitazione. Un critico francese ancora nel 1911 scrive: “in dal momento della sua presentazione, [Gli ultimi giorni di Pompei] rivoluzionò il mercato per il suo senso artistico, la sua messinscena accurata, l’eicacia dei suoi trucchi, la ampiezza della concezione e della esecuzione, nonché per la eccezionale qualità della fotograia”22. in questa direzione Maggi sarà infatti il primo cineasta della storia del cinema a usare migliaia di comparse. nel 1910 gira Il granatiere Roland, ancora con Ambrosio, mettendo in scena il mito di napoleone Bonaparte. per le scene di massa della ricostruzione delle campagne militari arriverà ad usare per la prima volta 2000 iguranti23. come si vedrà, aldilà del valore letterario, la spettacolare esplosione del Vesuvio de Gli ultimi giorni di Pompei tornerà più volte sullo schermo; questa storia di amore e lava rovente nella celebre città romana, ovunque nota perché restituita al presente proprio grazie alle modalità della sua scomparsa24, è ripresa come icona universale dell’antico già pochi anni dopo, con lo stesso titolo, da G. Vidali (1913) e da M. caserini e e. Ridoli (1913)25. il plot ofre lo spunto per coniugare erotismo e catastrofe, una diade carsica che aiora nelle pellicole più diverse e di cui la vicenda di pompei appare quale ouverture delle modernizzazioni hollywoodiane antitelevisive anni settanta: un titolo per tutti L’inferno di cristallo (1974). se in italia la via al genere storico sta per caratterizzare la cinematograia attraverso un uso del mondo antico unico, in Francia la societé Film d’Art fondata nel 1907, con l’intento di attrarre un pubblico colto ino a quel momento refrattario al cinematografo considerato un intrattenimento popolare, guarda alla modernità e realizza L’Assassinat du duc de Guise (1908) diretto da charles le Bargy e André calmettese, ambientato nel 1588. per la prima volta un compositore di fama, camille saint-saëns, scrive una partitura appositamente per un ilm di inzione da eseguire live com’era uso all’epoca. la proiezione è ancora nei 18 minuti, ma l’incontro tra autore musicale e industria cinematograica segna una svolta fondamentale, avviando un intreccio estetico risolutivo per la deinizione dell’essenza espressiva del nuovo mezzo. A questo punto, a ridosso del 1910, il cinema attraversa la sua prima crisi. i nickelodeons ofrono prodotti sempre più scadenti e stereotipati, i prezzi si abbassano e la concorrenza si fa accanita. Fatta eccezione per il genere comico (slapstick) capace di comunicare grazie alle sue eccezionali caratteristiche fondamentalmente circensi e dunque corporee, il cinema ricorre a storie “già scritte”: tutta la letteratura traducibile in immagini, attingendo a romanzi, racconti, novelle, lavori teatrali26, opere liriche, ecc. Una domanda di “contenuti” determinata dalla incalzante necessità di dotarsi di una inzione narrativa funzionale a colmare il “vuoto” diegetico delle attualità documentarie e a oltrepassare la banalità delle pantomime teatrali che ormai saturavano le sale di tutto il mondo. sono nate intanto le prime riviste specializzate, si discute sia di produzione e costi, sia di qualità e di professionalità, mentre si pone in evidenza come il pubblico borghese sembra essere il target da conquistare. il nascente cinema europeo dà fondo alla cultura artistica e letteraria del XiX secolo individuata da produttori e autori quale 13

luogo di sintesi narrativa dei rispettivi trascorsi nazionali, e parallelamente avvia il recupero dei motivi palingenetici delle identità attraverso i richiami al passato, laddove possibile, anche remoto. non è del tutto casuale che il primo lungometraggio italiano sia l’Inferno (1911) della Milano-Films, un successo mondiale che a napoli ha trovato tra i suoi spettatori Benedetto croce, Matilde serao, Roberto Bracco27 e Antonio scarfoglio, presenze rilevanti dell’intellighenzia che fanno quasi un lasciapassare per la deinizione della “settima arte”. l’Inferno, basato visivamente sulle incisioni di Gustavo doré, era costato 100 mila lire ma rientrò abbondantemente dei costi “colossali” perché rimase in circolazione nelle prime visioni ino al 1920. con i suoi 71’ segna, con molti altri ilm coevi di altri paesi, il passaggio allo standard di durata del lungometraggio la cui media attuale è di 90’. Dal primato alla crisi: una storia italiana l’avvio della produzione di inzione storica coincide dunque con la nascita del cinema italiano; la scelta come soggetto del Risorgimento nel suo momento più signiicativo, visto ne La Presa di Roma di Alberini, non trovò tuttavia un seguito adeguato28; mentre sono oltre un centinaio i ilm ispirati al mondo antico tra il 1909 e il 1926, che scendono a circa sessanta se si escludono le pellicole cristologiche e le agiograie di martiri e santi. l’italia ha messo in circolazione un terzo della produzione mondiale su questi argomenti: i temi e i personaggi raccontati coprono più o meno tutto il periodo storico della Roma antica spaziando da Rea Silvia o l’origine di Roma (A. degli Abbati, 1910) a Teodora imperatrice di Bisanzio (e.M. pasquali, 1909)29. specchio del suo tempo, il cinema italiano sceglie il passato di grandezza per portare sullo schermo una mitologia popolare, resa visivamente dalle ricostruzioni “colossali” apprezzate in tutto il mondo, che sa coinvolgere il pubblico borghese attraverso la rilettura della storia anche per via letteraria. in quel momento, la giovane italia a imitazione delle grandi potenze europee, aveva intrapreso, quasi all’indomani dell’unità, una politica coloniale che vide impegnato a fasi alterne il Regio esercito a partire dall’episodio di dogali (1887), passando per la bruciante disfatta di Adua (1896), ino all’occupazione della libia (1911). A prescindere da considerazioni di ordine politico, l’avventurismo coloniale è anche il segno di un tentativo di sprovincializzare una cultura nazionale assai fragile; è l’invenzione, benché tragicamente sulla pelle dell’Africa, di un italia “universale” che vorrebbe sussumere quel “particulare” issato secoli addietro come carattere culturale dal Guicciardini, quando intervenne nel dibattito politico del XVi secolo in glossa delle notazioni del Machiavelli, il quale aveva preventivamente notato il ruolo nefasto del clero nella mancanza di tensione morale di un ipotetico popolo italiano. che tutto ciò si riletta nel consumo culturale di una società la quale, seppure lentamente, procede all’adozione delle forme produttive di massa, è un fatto estetico incontestabile di cui, ad esempio, il Manifesto dei Futuristi e quel che ne segue è certamente l’esito artistico più compiuto. la teoria avrà uno sbocco anche nel cinema con il “Manifesto della cinematograia futurista”30 di Marinetti (sottoscritto da Bruno corra, enrico settimelli, Arnaldo Ginna, Giacomo Balla e Remo chiti) pubblicato nel 1916, stesso anno del ilm da lui diretto con A. Ginna Vita futurista. 14

il ruolo di d’Annunzio, che qui è impossibile anche solo tratteggiare, è poi centrale nella proposta ben nota di estetizzazione della politica, indice di una lucidità teorica – per quanto venata di eccessi megalomani – che fece del Vate l’impresario della Belle époque italiana, ino a condurlo alla scrittura delle insopportabili didascalie di Cabiria (ig. 10), eseguite per pagare i debiti di uno stile di vita provocatoriamente osceno e troppo oltre le proprie possibilità. sono proprio queste didascalie, nell’ormai inestricabile legame tra “arte e mercato”, una sintesi perfetta della distruzione deinitiva di ogni ideale poetico tardo-romantico.

Fig. 10. Cabiria (Pastrone, 1913).

A sostegno viscerale dell’impresa contro la libia, lo scrittore pescarese non fa certo mistero del suo razzismo nei confronti dei discendenti di Annibale – i “maomettani” come si diceva allora dei popoli islamici – quando scrive in un suo componimento del 1912 questa esortazione ai soldati, chiarendo chi avessero di fronte secondo lui: Occhio alla mira ferma, o cristiani Solo chi sbaglia il colpo è peccatore. Vi sovvenga! Non uomini ma cani 31.

la messa in scena al cinema del passato di grandezza della Roma repubblicana in lotta contro la rivale cartagine trova le sue fonti in romanzi quali Salammbô (G. Flaubert, 1862) e Cartagine in iamme (emilio salgari, 1906) che, iltrati dalla fascinazione dell’avventurismo coloniale giolittiano, sono riproposti in pellicola, il primo con Salammbô (A. Ambrosio, 1911) e il secondo con l’epico Cabiria (G. pastrone, 1914). e poi, ancora coniugando seduzione visiva e temi poetici per intercettare il pubblico più vasto possibile, oltre al saccheggio delle tragedie romane di shakespeare Julius Caesar e Antony and Cleopatra32, si attinge ai poemi storici di pietro cossa: Nerone (1872), Messalina (1876), Mario e i Cimbri (1864), Cleopatra (1879) e Giuliano l’Apostata (1892), tutti ridotti in pellicola con una particolare attenzione anche maliziosa a nerone e Messalina. l’altro referente con diversi adattamenti cinematograici, di cui si dirà, è lo Spartaco del romanziere Rafaello Giovagnoli33, citato da Antonio Gramsci come esempio di romanzo nazionalpopolare34. Ma c’è spazio anche per la comica in un Tontolini Nerone (1910) e 15

nella serie di Kri Kri35: Kri Kri Giulio Cesare (1906); Kri Kri e il ‘Quo vadis?’ (1912); Kri Kri gladiatore (1906) tutti prodotti dalla cines di Alberini e santoni che oggi si direbbero “instant movie” satirici36. con questi numeri e premesse si conigura l’inizio di un trionfo che troverà l’arteice dell’Ur-kolossal del genere storico greco-romano nel cineasta enrico Guazzoni: è lui che nel 1913 conquista il mondo con Quo Vadis? (ig. 11), il primo ilm che riuscì ovunque a catturare l’attenzione del pubblico per più di due ore37. la Roma di Guazzoni è grandiosa e spettacolare: il regista-pittore si pone il problema della conquista dello spazio e della prospettiva nell’arte cinematograica, disponendo i suoi personaggi su diversi piani di profondità (individuo, masse, ambiente naturale o architettonico) così da ottenere una composizione cinematograica che riempie l’inquadratura di “memoria”, ilmando un paesaggio che è quello “reale” della campagna romana degli anni dieci, ma in cui la “tecnomagia” del cinema fa rivivere il mondo classico e le sue storie. in un gioco tra presente e passato, per costruire l’arena dove sarebbero stati ricreati i giochi dei gladiatori, si sceglie il campo di corse dei parioli38 mentre la facciata del senato e i templi romani sono realizzati nella vasta piana di centocelle dove non c’è ancora l’aeroporto “F. Baracca” e aiorano i resti della villa c.d. “ad duas lauros”39.

Fig. 11. Quo Vadis? (Guazzoni, 1913).

Quo Vadis? costa 500 mila lire e incassa dieci volte tanto, imponendo un immaginario di riferimento ripreso con rispetto ancora da Ridley scott nel 2000 con Gladiator. nel ilm “il possente Bruno castellani (Ursus) aveva letteralmente rubato le scene agli interpreti principali. la stessa regina d’inghilterra, che aveva assistito alla prima del ilm alla Albert Hall di londra, nel complimentarsi con il regista e gli attori presenti alla cerimonia, si rivolse a castellani chiamandolo Ursus ed esprimendogli la sua simpatia”40. le sequenze chiave del kolossal di Guazzoni diventeranno fonte per le sceneggiature negli anni a venire: la corsa con i carri, l’incendio della città, i cristiani gettati ai leoni, i giochi del circo. Ugualmente, deve molto al muscoloso Ursus del Quo Vadis? il celeberrimo Maciste (il camallo genovese Bartolomeo pagano, ig. 12) reinventato da d’Annunzio per Cabiria. Maciste è una riduzione popolare dello stravolgimento concettuale dell’über Mensch nietscheano operato dal poeta, che volgarizza in ‘superuomo’ il più ilologico ‘oltreuomo’41. l’esito americano 16

Fig. 12. Il “Maciste” Bartolomeo Pagano.

Fig. 13. Primo Carnera nell’incontro con Max Baer.

dell’idea del ilosofo tedesco sarà invece il fumetto superman42 e bisognerà attendere il “feto cosmico” del inale di 2001: A space Odyssey (s. Kubrick, 1968) per trovare al cinema una più corretta trasposizione dell’intuizione di nietzsche, di cui il regista del Bronx fu attento lettore. il fascismo mussoliniano tenterà inine una traduzione isica del personaggio dannunziano attraverso lo sfruttamento politico-propagandistico del gigantesco pugile friulano primo carnera, del quale il regime vietò la pubblicazione sui giornali delle foto a terra dopo il K.O. nell’incontro con Max Baer (14 giugno 1934, ig. 13), evidentemente inadeguate per un “superuomo”. il successo di Giovanni pastrone è nella imponente progettualità: Cabiria si gira in tunisia, in sicilia, sulle Alpi, e i set di cartagine e siracusa vengono ricostruiti in studio seguendo i consigli degli archeologi; per una partitura musicale originale la produzione si rivolge al maestro ildebrando pizzetti che, combattuto tra la preoccupazione di svendere la sua arte ad uno “spettacolo da baraccone” e un’allettante proposta economica, scriverà “la sinfonia del Fuoco”. Alla ine lo spettacolo durerà oltre tre ore e l’impatto è ovunque notevole, specialmente negli stati Uniti dove contribuisce (con Maggi e Guazzoni) ad inluenzare i padri del kolossal hollywoodiano: d.W. Griith e c.B. de Mille43. Ancora oggi Martin scorsese che non a mai fatto mistero di amare il cinema italiano, ne parla così44: “Ho visto cabiria di Giovanni Pastrone per la prima volta negli anni Settanta e, come molti americani che scoprirono il ilm in quel periodo, sono rimasto sbalordito. Prima di tutto, mi sorprese il fatto che molte delle innovazioni che pensavamo fossero americane – il sontuoso movimento della macchina da presa, la difusione della luce, lo stesso senso di ambizione epica – hanno avuto origine con questo ilm. In secondo luogo, e in maniera ancora più signiicativa, sono rimasto colpito dal ilm stesso, dalla sua straordinaria espressività, la sua maestosità visiva ed emotiva, le sue incredibili proporzioni, la sua maestria. È un ilm epico praticamente fatto a mano, dalle scenograie ai costumi al carrello, un’invenzione dello stesso Pastrone che precorre i binari per la macchina da presa”.

intanto in europa tira il vento della resa dei conti inale e dopo otto mesi anche l’italia si getta nel massacro della Grande Guerra. la produzione cinematograica ne risente e dal 1917 è crisi. tuttavia se nel dopoguerra le cinematograie di Francia45 e Germania sapranno ripren17

dersi, come anche quelle di altri paesi europei, si pensi alla danimarca di c.t. dreyer o alla svezia di Victor sjöström e Mauritz stiller, in italia il passaggio al fascismo è rapido e doloroso: il mondo del cinema ha bisogno di libertà e molto denaro e alle energie intellettuali impegnate nel settore questi due fattori vengono improvvisamente a mancare. ne segue un collasso produttivo che non consente a quell’industria prebellica, sviluppatasi ancora sostanzialmente su base regionale, di proseguire nel suo assestamento in una direzione nazionale. solo un dato: dalle 220 pellicole prodotte nel 1920 si precipita alle 18 del 1930. il maestro elementare di predappio all’inizio punta sulla radio e, per un maggiore controllo, nel 1928 nomina suo fratello Arnaldo vicepresidente della neonata eiAR46. Quando si registra l’unico ritorno dei Romani, questo sarà tutto costruito ancora intorno alla propaganda coloniale e coinciderà con le celebrazioni per l’inaugurazioFig. 14. Manifesto del ilm Quo Vadis? (G. Jacoby e ne di cinecittà. durante il fascismo il mito G. d’Annunzio, 1924). di Roma antica doveva rivivere nella realtà della retorica di piazza Venezia; il cinema di inzione, sottoposto a censura, deve volgere altrove il suo sguardo, così il solo personaggio mimetico incaricato di unire passato e presente sarà scipione nel kolossal di carmine Gallone Scipione l’Africano (1937). Gallone aveva già diretto un fortunato remake di Gli ultimi giorni di Pompei (1926) che insieme a Quo Vadis? (G. Jacoby e G. d’Annunzio, 1924) (ig. 14) e Messalina (Guazzoni, 1923) (ig. 15) costituirono le scintille inali della grandeur anteguerra. Da Hollywood al Tevere il mito di Roma e in generale della classicità per il popolo degli stati Uniti è visibile anche al visitatore più sprovveduto che si rechi a Washington, dove gli ediici simbolo, per primo il campidoglio sede del congresso, manifestano tutta l’ammirazione per la Repubblica nata sul tevere ventitré secoli prima. l’altro mito fondamentale, consustanziale all’architettura e alla forma politica della neonata Repubblica presidenziale (1788), è di carattere teologico-teistico. Racchiuso nella Bibbia tradizionalmente presente in ogni camera d’albergo, ancora oggi emerge palese al turista comune quel richiamo a dio (biblico-teologico), sempre visibile anche nell’invocazione (teistico-massonica) “in God we trust” stampata sul dollaro. non è dunque necessario uno sforzo di immaginazione per mettere in collegamento i richiami leggendari alle legioni romane nelle loro diverse fasi operative, con le diferenti rappresentazioni degli eserciti americani, da Davy 18

Crocket (1909) a he Green Berets (1968)47. come per i Romani, almeno così li immaginano gli americani, l’azione militare dei militari UsA è giustiicata a partire dalla signiicazione escatologica del concetto dinamico di “frontiera” che sostituisce temporaneamente, nel periodo compreso dalla ine del XViii secolo alle soglie del XX, quello immobile di “conine”. la violazione di quest’ultimo, chiarito e codiicato nella storia nazionale raccontata già da Griith nel problematico Birth of a Nation (1915), rende facilmente comprensibili le reazioni alle più drammatiche e sconvolgenti date della storia americana: il 7 dicembre 1941 e l’11 settembre 2001, lutti collettivi variamente rielaborati al cinema, com’è costume dell’industria culturale UsA, in un macro-genere che può essere succintamente descritto come bible and rile. dire dunque che le pattuglie di Giubbe Blu sulle tracce dei “pellerossa” riecheggiano le legioni di cesare a caccia di Galli è un’afermazione provvista di precise basi culturali: quantomeno nell’identiicazione della missione civilizzatrice, fondamento etnocentrico – all’epoca non ancora sottoposto a revisione48 – della tradizione occidentale quando si relaziona all’“altro”. Un possibile riscontro di questa mitologia può trovarsi in un romanzo popolare, di enorme successo e di carente qualità letteraria, rivelatore essenziale della cultura nordamericana nella sua evidente sintesi delle suggestioni sopra accennate: Ben Hur (1880). l’autore, lewis Wallace, generale dell’esercito nordista che ha combattuto durante la Guerra civile americana, divenuto poi senatore, governatore e inine ambasciatore, non è solo un militare professionista, è anche un fervente lettore delle sacre scritture. Mescolando abilmente Roma, Bibbia e Il conte di Montecristo, compone un best seller al quale il cinema si interessa da subito realizzando nel 1907, a due anni dalla morte dello scrittore, una prima versione di 20 minuti49. È fatale che qualche anno dopo, nel 1925, sia stato proprio Ben Hur il colossale guanto di sida gettato da Hollywood al cinema storico-romano di Guazzoni e pastrone. A precederlo c’è il leggendario e perduto Cleopatra (J.G. edwards, 1917), le ultime due copie sono andate distrutte in due incendi, con la vamp heda Bara50 che insieme alla diva italiana Giovanna terribili-Gonzales in Marcantonio e Cleopatra (Guazzoni, 1913) e Helen Gardner nel britannico Cleopatra (c.l. Gaskill, 1912) – fortemente inluenzati da shakespeare e sardou – si pongono come le progenitrici di oltre sessanta ilm (tra cinema e tv) ispirati alla regina d’egitto con i vari cesare e Antonio di contorno. prima di Ben Hur, nei dintorni di Roma il regista di Cleopatra Gordon edwards, specializzato in grandi produzioni per la Fox51, dirige una vita di nerone (Nero, 1922)52 poco memorabile, forse perché distratto dalla nascita del nipotino Blake edwards, il futuro regista della serie di commedie La Pantera Rosa53. contemporaneamente, louis Mayer, samuel Goldwyn e irving halberg, si preparano ad ingaggiare una battaglia produttiva tra major, prime di tutte con Fox e paramount. i tre danno vita alla Metro Goldwyn Mayer che al suo esordio nel grande cinema mette in cantiere l’ultimo grandioso kolossal dell’era del muto superato solo dal coevo Napoléon del francese Abel Gance (1927). Fig. 15. Messalina (Guazzoni, 1923) 19

Fig. 16. Ben-Hur. A Tale of the Christ (Niblo, 1925). 1. Manifesto del ilm; 2. Una scena con R. Novarro alla guida del carro; 3. Cameracar per le riprese della sequenza della corsa (il carro è di Messala); 4. Niblo e il direttore della fotograia girano una sequenza a Gerusalemme ricostruita in California presso i Culver Studios.

la sida lanciata dalla neonata MGM si aida al best seller di Wallace. per Ben Hur (F. niblo, 1925) i preparativi cominciano nel 1923 e si decide di girarlo in italia, (ig. 16) nell’idea di risparmiare e realizzare al contempo una pellicola che superi gli straordinari Guazzoni e pastrone sul loro terreno. le condizioni politiche e sociali costringeranno però la corazzata della MGM a fare rientro a Hollywood. dopo un anno e più di lavorazione, Mayer e halberg sostituiscono il regista charles Brabin con Fred niblo, e George Walsh l’interprete di Ben Hur con Ramón novarro54, allora all’apice della carriera; poi soprafatti dagli eventi – l’aumento vertiginoso dei costi per raggiri e trufe dei fornitori italiani, l’incendio su una Galea durante le riprese per una scena di battaglia navale e la diidenza del neonato regime fascista, perplesso sull’immagine della Romanità suggerita dalla sceneggiatura – riportano il ilm in patria. costato quasi quattro milioni di dollari (ma c’è chi dice oltre sei) non rientrò subito pienamente nella spesa; solo la sequenza della corsa delle bighe, di cui niblo è fortemente debitore alla spettacolare ricostruzione fatta da Guazzoni per Messalina (1923), costò 250.000 dollari e fu girata con decine di macchine da presa contemporaneamente. Alcune scene, prevalentemente quelle religiose, furono girate in 20

technicolor e, come spesso accade nel cinema, tra gli assistenti alla regia c’era il ventiduenne William Wyler che nel 1959 tornerà a Roma per dirigere il Ben Hur da 11 Oscar. la frase di lancio del ilm di niblo fu “il ilm che ogni cristiano dovrebbe vedere!”. Gli esperimenti sul sonoro cominciarono contemporaneamente all’apparizione del cinematografo lumière, ma fu edison a porre il problema, comprendendo sin da subito che il nodo da sciogliere stava nel trovare un sistema pratico di sincronizzazione tra la registrazione ottica e quella sonora55. Una lunga serie di brevetti e fallimenti56 condurranno allo scontro tra Fox e Warner attorno alla ine degli anni Venti, vinto dalla prima con il suo Movietone. Benché il primo ilm sonoro sia generalmente considerato he jazz singer (A. crosland, 1927), vi era stato un precedente l’anno prima con Don Juan (A. crosland, 1926) che non era parlato ma dotato di musica e rumori, mentre il primo ilm con dialoghi completamente sincronizzati fu Lights of New York (B. Foy, 1928), un poliziesco ambientato in tempo reale durante il proibizionismo (1920-33). i costi per passare da un sistema (muto) all’altro (sonoro) erano notevoli e s’intrecciarono con il crollo di Wall street e la Grande depressione, così l’afermarsi completo del “cinema parlato” fu un processo lento che si concluse solo alla metà degli anni trenta57. i primi Romani parlanti di Hollywood hanno la irma del realizzatore di kolossal per antonomasia, il regista con gli stivali icona della paramount: cecil Blount deMille, conservatore del sud, fervente cristiano repubblicano di destra che amava dirigere i suoi ilm seguendo il motto delle tre B, boobs, blood and Bible!58. preceduto dai muti he Ten Commandments (1923) and he King of Kings (1927), il primo rifatto dallo stesso deMille (1956) e il secondo da nicholas Ray (1961), la prima incursione demilliana nelle antichità romane è he Sign of the Cross (1932), ennesima versione rimaneggiata del romanzo Quo Vadis? al quale gli sceneggiatori mescolano il dramma teatrale di Wilson Barrett he Sign of the Cross (1896), quasi un plagio di sienkiewicz. Assieme a claudette colbert, nel ruolo di poppea a mollo nel latte, in un’indimenticabile seppur breve interpretazione di un nerone misogino ed efeminato c’è charles laughton59, il quale tornerà nella toga come senatore Gracco in Spartacus (s. Kubrick, 1960). secondo il critico Filippo sacchi all’epoca recensore del ilm sul corriere della sera, la colbert è una “perfetta creatura di lussuria”, mentre Fredric March s’impone con “maschia e gagliarda vivezza… nella splendida, corrusca, iattante igura di Marco”; e anche se Roma è “più americana del necessario” e nei “quadri sterminati e sontuosi, entro cui si inseguono e si accavallano visioni celestiali o marziali, voluttuose o terribili, martiri, pretoriani, cortigiane, plebei, quadrighe in corsa, donne nude, folle in tumulto, belve azzannanti, ci sarà una certa dose di rettorica, alquanto cattivo gusto e una cultura storica da opera-ballo”, per l’autore della critica deMille è comunque un “formidabile creatore di spettacoli”60. nel 1933 la civiltà di Roma trova spazio anche nel musical Roman scandal (F. tuttle, 1933) attraversato da risvolti parodistici suggeriti proprio dal pomposo Il segno della croce. il ilm costruisce un viaggio nel tempo con il più semplice degli espedienti, il sogno del protagonista, e le coreograie di Busby Berkeley sono meccanismi perfetti che rappresentano in allegoria spettacolare la gioiosa capacità di cooperare del popolo americano, compatto e solidale in reazione alla spaventosa crisi economica. il viaggio nel tempo aveva trovato la sua origine in un curioso e perduto ilm di 13 minuti della pathè, Back to Life After 2,000 Years (1910), in cui proprio il mondo dei cesari era il pretesto narrativo: un antico romano esce dalla tomba e si ritrova nella Roma del 1910. la storia antica è dunque il luogo di partenza di un tòpos classico del cinema di fantascienza, per di più mesco21

Fig. 17. C.B. DeMille dirige Claudette Colbert in Cleopatra (DeMille, 1934).

Fig. 18. Claudette Colbert e Warren William in Cleopatra (DeMille, 1934).

lata a una dose di horror (il risveglio dal sepolcro è un elemento altrettanto essenziale del genere61). la Warner produrrà nel 1969 il debole 2000 years later (B. tenzer), ispirato al prototipo della pathè, in cui l’antico romano Gregorius inisce nel XX secolo, sballottato tra cinema e tv in una serie di situazioni da commedia. si tratta dell’unico antico romano che abbia mai lavorato per un network televisivo. presente trasversalmente nella ilmograia di deMille, l’amata diade sesso-peccato troverà un luogo ottimale di realizzazione in Cleopatra (1934)62 (ig. 17) dove la raigurazione della relazione tra cesare, cleopatra e Antonio è funzionale ad accentuare tatticamente la declinazione “sensuale” e poco storica del ilm. caratterizzato da sontuose scenograie art-dèco, Cleopatra rispecchia senza alcuno scrupolo ilologico l’estetica del tempo: in una sequenza a casa di calpurnia che riceve ospiti altolocati mentre cesare è in egitto, deMille mette in scena un memorabile cocktail da attico di Manhattan con abiti da sera e paillettes. la diva claudette colbert è una voluttuosa e inida cleopatra, cesare è interpretato da uno stonato Warren William (ig. 18) e Antonio è il demilliano Henry Wilcoxon (tra le comparse si farà notare uno schiavo: il ventiquattrenne david niven). Reduci dai trioni di King Kong, schoedsack e cooper attingono ancora al catastroico, questa volta con chiare allusioni al crack del ’29, riproponendo la loro versione di he Last Days of Pompeii (1935). in questa storia di un fabbro che diventa gladiatore, il lavoro, nella sua forma più classica e prometeica, è per la prima volta protagonista a Hollywood di un kolossal storico-romano (v. infra p. 72). i cambiamenti politici e sociali che intercorrono tra la depressione e la ine della seconda Guerra Mondiale, investono anche e soprattutto il cinema come fedele specchio culturale della società americana; questo elemento ne segna dal punto di vista del genere storico-romano la sparizione temporanea a favore di una produzione che guarda ad altre fonti, del passato ma assai più del presente, alle quali attingere per sviluppare soggetti e sceneggiature. sono gli anni di Frank capra, John Ford, Howard Hawks, Josef von sternberg e di Orson Welles. A costoro si aggiungono gli esuli europei, principalmente tedeschi ed ebrei, fuggiti dai rivolgimenti totalitari che investono il Vecchio continente, primo fra tutti Fritz lang63. inine a scompaginare il genere poliziesco arriva dall’inghilterra, chiamato dal produttore di Via col vento per dirigere un ilm sul disastro del titanic, Alfred Hitchcock che girerà invece Rebecca (1940). Al tragico afondamento si opposero gli armatori americani preoccupati di spaventare i viaggiatori dei loro transatlantici64. 22

sul fronte industriale lo strapotere delle Major nel funzionamento dello studio system fa parlare da tempo di monopolio; le società di Hollywood controllano la distribuzione e il circuito delle sale, tanto che alla ine, dopo la pausa bellica in cui il cinema UsA raggiunge incassi e numeri di spettatori da record, una storica sentenza della corte suprema nel 1948 impone a Fox, MGM, paramount, Warner, columbia, ecc., di vendere le loro catene di sale cinematograiche con cui controllavano tutta la iliera dell’industria. per ritrovare il genere storico-romano, dopo tre lustri di oblio, si deve attendere il 1951 quando Mervyn leRoy riapre le pagine di Quo vadis per la MGM che torna a girare a Roma dopo l’abbandono nel ’24 durante la lavorazione di Ben Hur. I romani in technicolor, tra fede e storia nel frattempo il fascismo aveva costruito nel 1936 gli studi per “l’arma più forte” inaugurando cinecittà, laddove trenta anni prima Alberini aveva realizzato i teatri di posa della cines, poi distrutti da un incendio (quasi certamente doloso65). saccheggiata dai tedeschi nel ’44, occupata dagli acquartieramenti alleati e poi dagli sfollati, cinecittà negli anni dell’immediato dopoguerra aveva visto iorire l’esperienza neorealista, decisiva per gli sviluppi del cinema italiano, ma aveva anche ripreso la strada popolare del genere storico-romano con l’esperto e scaltro regista Alessandro Blasetti, già fascista con poche incertezze66, ora fervente cattolico e paciista. chiamato dalla Universalia Film controllata dal Vaticano per dirigere il kolossal agiograico Fabiola (1949)67, Blasetti si inserisce con Genina, che esalta Maria Goretti prossima santa in Cielo sulla palude (1949), nel clima delle imminenti celebrazioni per l’Anno santo 1950. l’obiettivo di pio Xii è chiaramente il mantenimento dell’egemonia culturale e morale sul corpo sociale femminile: oltre alla celebrazione della “santità” nelle donne delle origini imperiali (popolarizzata appunto da Fabiola), e del martirio infantile (la contadina undicenne Maria Goretti ammazzata da un balordo impotente nel 1902), il Vaticano interviene sulla Madonna stessa con il dogma dell’Assunzione (1950), aggiungendo un ulteriore tassello alla divinizzazione della qeotovko~. limpida è la scelta pontiicia nell’uso strategico del cinema: da una parte la rilettura in tempo reale del neorealismo secondo un’estetica esplicitamente cattolica (molto oltre il prete da cln di Roma città aperta), dall’altra il recupero di un genere popolare fondamentale per il cinema italiano qual’è quello storico-romano, permeato di signiicati catechistici. tratto dal romanzo del cardinale nicholas Wiseman (Fabiola o La Chiesa delle catacombe, 1854) Fabiola68, in pellicola già nel 1913 e nel 1918, celebra l’eroismo dei martiri cristiani durante la cosiddetta persecuzione di diocleziano; costato la notevole cifra di 500 milioni, il ilm pareggia i conti e ne incassa 13 di più. la distanza dalla realtà del clericalismo medievaleggiante di quella italia del 1950 è tale che alla ine il giudizio del ccc69 sarà paradossalmente paradigmatico: “la visione è ammessa solo per gli adulti di piena maturità morale. Opportunamente corretto, il ilm potrebbe forse ottenere una migliore classiica”70. “Opportunamente corretto” signiicava ovviamente nel linguaggio clericale “con i tagli censori dovuti”: verosimilmente gli abiti delle “prime cristiane” non erano conformi alla morale di pio Xii. “Adulti di piena maturità morale” signiicava invece che un contadino padre di sei igli poteva “rimanere scandalizzato” dalla visione. in gioco c’è in realtà un conlitto tra immaginari: quello del martirio e quello delle comunità giudeo-cristiane primitive, quello agiograico veicolato dalla pedagogia cattolica e 23

quello tendenzialmente più aperto al realismo storico spettacolare proposto dal cinema. il Vaticano infatti giudicava insuicienti le ingerenze della dc sulle sceneggiature e più in generale non del tutto eicace il controllo della produzione cinematograica. sono gli anni in cui Fellini deve far visionare al cardinale siri il suo Le notti di Cabiria (1957), la storia di una prostituta scritta fra gli altri con pasolini. Ricorda il regista: “la censura aveva proibito il ilm e io non volevo che bruciassero i negativi. così, seguendo il consiglio di un amico gesuita intelligente e forse un po’ spregiudicato, padre Arpa, andai a Genova da un cardinale famoso, considerato uno dei papabili e forse anche per questo assai potente, per chiedergli di vedere il ilm. in una minuscola saletta di proiezione situata proprio dietro il porto, aveva fatto mettere, al centro, una poltrona comprata il giorno prima da un antiquario, una specie di trono con un gran cuscino rosso e le frange dorate. il cardinale arrivò a mezzanotte e mezza sulla sua Mercedes nera. A me non fu concesso di restare nella sala e non so se l’alto prelato vide davvero tutto il ilm o se dormì; probabilmente padre Arpa lo svegliava nei momenti giusti, quando c’erano processioni o immagini sacre. Fatto sta che alla ine disse: ‘povera cabiria, dobbiamo fare qualcosa per lei!’. e penso che gli sia bastata una semplice telefonata”71. per Fabiola di grande interesse è la recensione del futuro sceneggiatore dei Vitelloni e La dolce vita ennio Flaiano; se ne ripropone un ampio stralcio, testimonianza nitida per questo preciso periodo storico del rapporto tra Roma antica e il cinema italiano: «dopo aver visto questo ilm (impresa non agevole perché dura tre ore) si è anzi indotti a credere che l’impero Romano è un tentativo della storia per fornire conforti a tutte le nostre tesi. le guerre puniche di Cabiria e di Scipione servirono benissimo al nazionalismo dannunziano di Federzoni e di Mussolini: e il pubblico applaudì, ritenendo che il Mediterraneo avesse conservato la stessa importanza che ai tempi di Attilio Regolo e traendo da questa certezza buone previsioni politiche e militari. Ma ecco: i senatori, i pretoriani, le matrone pullulanti in quei ilm non fanno a tempo ad invecchiare che vengono assunti in Fabiola a dimostrare un’altra tesi, questa sfavorevole; Roma deve adeguarsi o perire, giungere ad un accordo con le masse cristiane o rinunciare al suo predominio. la tesi è troppo allettante, ofre un parallelo tra il iii secolo e il XX secolo: perché non dimostrarla? e come dimostrarla se non stabilendo che i cristiani sono i comunisti di quel periodo? e riunendoli perciò in cellule, interessandoli a questioni annonarie, alimentando le loro speranze nell’arrivo delle truppe di costantino-stalin? e chi sono questi antichi romani se non sordidi capitalisti peggiorati dal paganesimo? come osano pretendere che l’impero resti in piedi senza i cristiani al governo? […] Forse a questa storia ha nociuto l’eccessiva preoccupazione degli sceneggiatori di renderla “moderna” e gradita anche al pubblico che predilige i ilm polizieschi e i grandi processi. si è voluto arricchire lo spettatore, dandogli due ilm invece di uno e non lesinando nelle scene di massa: e così tutto il primo tempo e buona parte del secondo sentono di pittura uiciale, di vita e costumi degli antichi romani»72.

la riscoperta del cinema americano da parte del pubblico dal 1945 in poi, dopo il digiuno imposto dalla legge Alieri73 (1938), è evocata da Flaiano. l’interesse per il mercato italiano (dove si arriveranno a staccare nel 1954 oltre ottocento milioni di biglietti) è enorme e a riprova si può aggiungere che Fabiola è distribuito dalla Warner. intanto la paramount e la Fox avevano ripreso il ilone “sesso-peccato” con due kolossal biblici: Samson and Delilah (c.B. deMille 1949) con Victor Mature ed Hedy lamarr e David and Bathsheba (H. King, 1951) con Gregory peck e susan Hayward. Vi è dunque una evidente attenzione per un ritorno al genere e non casualmente la rivale MGM, determinata a dare battaglia sullo stesso fronte, avvia un scontro che culminerà nel delirio produttivo di Cleopatra (1963), apprestandosi a sbarcare a cinecittà dove ha spostato le 24

riprese di Quo Vadis, inizialmente previste presso i propri stabilimenti a Borehamwood, in inghilterra. dietro al sacro infatti si annida sempre il profano: “Gli americani decidono di girare a Roma Quo Vadis e sfruttare così i capitali accumulati in italia con il noleggio e bloccati dal divieto di esportazione di valuta. il macchinoso espediente in uso ino ad allora per aggirare l’inconveniente – l’utilizzazione di istituti religiosi aventi sede sia in italia che in America – «costava» loro circa il 25% della somma esportata. la produzione in italia che usava i fondi congelati del noleggio, permetteva invece l’esportazione legale della pellicola inita. per questa era necessaria una autorizzazione ministeriale, che nel caso di Quo Vadis fu concessa per due miliardi”74. sottratto per divergenze d’opinione a John Huston, che si rifarà nel 1966 col tombale he Bible75, il ilm viene aidato a l’esperto leRoy – già fondatore del gangster-movie con il memorabile Little Caesar (1930) e del chain-movie con l’altrettanto pregevole I Am a Fugitive from a Chain Gang (1931) – che ha a disposizione, issato in 7 milioni di dollari, il più grande budget mai visto dai tempi di Via col vento. il regista, assistito da Anthony Mann, si avvarrà di 20.000 comparse reclutate tra i “borgatari” amati da pasolini; le abili maestranze italiane, molto apprezzate dagli americani, attrezzeranno oltre 100 set con gigantesche ricostruzioni scenograiche, statue ciclopiche e sfarzosi arredamenti in seguito riciclati in decine di ilm; per le scene clou sono disponibili 63 leoni, 7 tori e 450 cavalli con annessi domatori da circo e stuntman che presto afolleranno centinaia di “sandaloni” e “spaghetti western”; il costumista Herschel Mccoy realizza 32.000 abiti, 11.000 dei quali da altrettanti disegni originali, e ottiene un record neppure superato da Cleopatra (26.000). A ciampino, unico aeroporto di Roma allora, arrivano Robert taylor, deborah Kerr e peter Ustinov: si apre la stagione dei paparazzi che seguono le star hollywodiane in giro per la città. A farsi le Vacanze romane stanno per arrivare anche Gregory peck e Audrey Hepburn, accompagnati da William Wyler, che si fa un’idea di cinecittà in vista dell’imminente ritorno di Ben Hur. sul rapporto con la storia antica della produzione cinematograica UsA, si può ricordare quanto ebbe ad afermare molti anni più tardi peter Ustinov in un intervista televisiva76. Ustinov racconta che la sua parte per nerone nel Quo Vadis di leRoy, di cui si discuteva dal 1948, era in bilico perché egli era ritenuto troppo giovane; l’attore trentenne replicò che l’imperatore all’epoca aveva neppure 30 anni e se i produttori avessero atteso ancora a lungo lui sarebbe stato anzi troppo vecchio. dopo qualche tempo Ustinov ricevette la conferma per il ruolo, accompagnata da una nota che diceva: “le ricerche storiche efettuate hanno provato che lei aveva ragione”. la sottomissione della verità fattuale alla legge dello star system è semplicemente sintetizzata in questo ricordo di un attore, per il quale alla ine l’incarnazione dell’imperatore “dannato” fu il trampolino di lancio basato sulla rivalità con il nerone di charles laughton. il fatto che la produzione abbia accettato la segnalazione di Ustinov, per la quale non erano necessarie competenze di nessun tipo, a parte sfogliare l’enciclopedia Britannica alla voce corrispondente, non signiica che vi fosse nell’attore anche una volontà di “rileggere” l’ultimo dei Giulio-claudii, ma piuttosto una sagace osservazione british per entrare da protagonista nella più sfarzosa produzione spettacolare del tempo. di storia non si interessa la produzione, che ignora perino l’epoca in cui vive nerone, e in fondo neppure lo stesso Ustinov. l’immagine di nerone, ovviamente in modo smaccato quella all’interno della costruzione per banali tesi ideologiche del Quo Vadis e consimili, è incatenata all’immaginario 25

Fig. 19. La crociissione a testa in giù dell’apostolo Pietro in Quo Vadis (LeRoy, 1951).

Fig. 20. L’ultima cena in Quo Vadis (LeRoy, 1951).

ediicato nel corso di venti secoli di falsità e censure, di una parte della storiograia romana prima (Damnatio memoriae) e della chiesa cattolica poi, in questo caso per dimostrare l’impossibilità dell’autonomia della storia dopo la Rivelazione. Gli ascoltatori che alla radio avevano appreso la notizia della “scoperta” della tomba di pietro77, avrebbero poi visto la rappresentazione dello stesso mitico mondo antico in una “visione” capace di radicarsi nell’immaginario e assurgere a rango di conoscenza: a metà del ilm Quo Vadis si assiste alla leggendaria crociissione a testa in giù dell’apostolo pietro, ai piedi del colle Vaticano dove sarà ediicata la basilica costantiniana. la sequenza (ig. 19) non è di derivazione pittorica – come invece quella dell’ultima cena (ig. 20) –, mancano la folla e i carneici, come si vede viceversa nelle due più note opere in argomento, l’afresco michelangiolesco e la tela di caravaggio78. la scelta di non attingere alla pittura rinascimentale è dettata dalla necessità di proporre un’immagine “iconostatica”, di breve durata (pochi secondi) e tuttavia memorabile come l’illustrazione di un “santino” del XiX secolo. Questo esempio, tra i più fecondi sull’argomento dell’intera storia del cinema, testimonia l’intreccio tra industria culturale, storia e interessi teologico-politici che caratterizza seppure in forme diverse (a Hollywood si impone la visione protestante e una grande attenzione all’ebraismo) non solo le pellicole in cui il mondo romano è direttamente affrontato nei suoi legami con il cristianesimo, ma in generale anche l’epoca Repubblicana. Questa è ancora per lo più presentata come pagana (sinonimo di corrotta, barbarica e viziosa) o come propedeutica dell’avvento del cristo; a meno che non si tratti dell’uso politico-allegorico della Repubblica, specie nella sua fase di crisi quando si parla di Giulio cesare per esaltarne il decisionismo o al contrario plaudendo ai tirannicidi79. nel caso di Quo vadis non c’è dunque margine anche solo per tratteggiare l’imperatore seguendo il dibattito storico, e la “leggenda nera” diventa l’inossidabile paradigma di riferimento della rappresentazione di nerone, con aggiunta la befa fonica, nomen omen. Lo sviluppo del ilm storico-romano e la nascita della tv intanto un nuovo elettrodomestico cambia la vita al pubblico delle sale cinematograiche e scompiglia progressivamente e in profondità le regole dello spettacolo. in italia la televisione prenderà il via solo nel 195480, ma negli stati Uniti costituiva già da tempo un problema per il cinema: introdotta nel 1939, riprende la trasmissione con regolarità nel do26

poguerra registrando una rapida espansione che vede nel 1952 il 4% di famiglie dotate di un apparecchio televisivo, l’89% nel 1960 (oltre 50 milioni di televisori)81. All’inizio degli anni cinquanta il cinema è dunque impegnato sia sul fronte della concorrenza interna, sia contro la seduzione del nuovo prodotto, benché le caratteristiche della tv non siano ancora direttamente in conlitto con le sale e i loro ilm. c’è da aggiungere che un contributo alla crisi viene anche dal cinema stesso. A cinquant’anni dalla nascita c’è ormai un pubblico di seconda e terza generazione, abituato al linguaggio cinematograico in da bambino (si pensi al prodotto disney praticamente senza rivali al mondo), che non è più disposto ad entusiasmarsi di fronte a produzioni esauste e standardizzate. l’industria culturale, proprio perché caratterizzata in tale ambito, si trova a dover rinnovare profondamente le forme estetiche espresse nel corso di mezzo secolo, sia all’interno dei diversi generi, sia nel cd. cinema d’autore. tra le pieghe di questo processo, si afaccia all’inizio degli anni sessanta, nelle principali cinematograie, una nuova generazione di registi che contribuirà al rinnovamento, tanto al botteghino, quanto nei riconoscimenti della critica più onesta82.

Fig. 21. Il Cinemascope in una scena di he robe (Koster, 1953). Questa scena è ispirata a un celebre quadro di Alma Tadema (cfr. Par. 2 e Fig. 71).

la Fox decide così di adottare una nuova tecnologia, il cinemascope, e il 28 gennaio 1953 darryl Zanuck annuncia che he robe (H. Koster) sarà il primo ilm nel grande formato (ig. 21), dotato inoltre di suono stereofonico. È una rivoluzione estetica fondamentale che triplica di fatto sull’asse orizzontale l’inquadratura, accrescendo enormemente anche la possibilità dell’uso di piani diversi nella medesima scena sfruttando la profondità di campo. il direttore della fotograia leon shamroy, poi vincitore nella sua categoria dell’Oscar per Cleopatra (J. Mankiewicz, 1963), parlando di he robe dichiarò che era possibile ilmare contemporaneamente ino a cinque personaggi in igura intera, accrescendo notevolmente le potenzialità narrative e spettacolari di ciascuna scena. il formato si difuse rapidamente aprendo nuovi sentieri visivi e l’italia fu il paese che nel 1956, a tre anni dalla presentazione, poteva disporre del più alto numero in europa, 3011, di sale allestite per il cinemascope83. tratto da un mediocre romanzo del pastore luterano lloyd douglas, he robe è l’ennesimo cocktail: 1/3 di cristo, 1/3 di Roma e 1/3 di melò; lo storico sadoul lo deinì “ilm mediocrissimo”, tuttavia l’attrazione spettacolare prevalse e fu un successo da quasi venti milioni di dollari al botteghino nei soli stati Uniti. Victor Mature nel ruolo di demetrio, 27

in realtà Victor Maturi (il padre era un arrotino di pinzolo emigrato in UsA), non era alle prime armi come muscoloso protagonista in questo genere “sword and sandal”. l’attore aveva già vestito i panni di sansone nel 1949, conquistandosi il ruolo di capostipite di seconda generazione tra i forzuti del cinema che si moltiplicheranno a decine quando il genere diventerà una specialità di cinecittà di lì a poco. Mature in he robe è uno schiavo greco e per il pretestuoso sequel Demetrius and the Gladiators (d. daves, 1954) si trasforma in gladiatore, per tornare in seguito ancor più indietro nel tempo nell’ambizioso he Egyptian (M. curtiz, 1954), un colossal che indaga le origini del monoteismo; nel 1952 aveva già incontrato il mondo romano nella versione cinematograica di Androcles and the Lion (1912), la commedia di George Bernard shaw. il ilm Androcles and the Lion (c. erskine, 1952) fu un insuccesso, completamente fuori registro per gli standard a cui il pubblico cinematograico era abituato: gli spettatori riiutarono l’ironica denuncia dell’ipocrisia della chiesa cattolica sottesa al testo teatrale, per di più prudentemente stemperata nella trasposizione in pellicola. diretto da un prestanome, Androcles and the Lion fu prodotto da Gabriel pascal, per il quale dovette sembrare opportuno non igurare dietro la macchina da presa. pascal era in efetti reduce dal ilm più costoso e soprattutto più disastroso della storia inglese, tanto da porre ine alla sua carriera obbligandolo a trasferirsi a Hollywood. Originario della transilvania, pascal aveva prodotto e diretto Caesar and Cleopatra (1945) con claude Rains e Vivien leigh, ricostruendo una teatrale Roma al tramonto della Repubblica presso i denham studios nel Buckinghamshire; anche in questo caso si trattava di una trasposizione per il grande schermo dell’omonima piece di G.B. shaw, all’epoca novantenne e vispo autore della sceneggiatura. intanto la MGM nello stesso anno di he robe, aveva presentato qualche mese prima un Julius Caesar 84 (J. Mankiewicz, 1953) che taluni ritengono la più riuscita versione cinematograica della tragedia di shakespeare, comunque memorabile per il cast85. su questo ilm si pronunciò con acuta ironia il semiologo Roland Barthes che rimproverò a Mankiewicz la scelta dell’attore louis calhern nel ruolo del dittatore perché “incredibile, con la sua grinta di avvocato anglosassone, consumata ormai da mille ruoli secondari, comici o polizieschi, con quel cranio da bonaccione penosamente attraversato da un ciufo da parrucchiere”86. Barthes, seguito da christian Metz87, è il primo ad afrontare, analizzando il sistema dei segni contenuti e rinviati in un ilm, il rapporto estetico della storia con le emergenze spettacolari. egli sottolinea come non vi sia alcuna attitudine recettiva, da parte delle produzioni, di testi come ad esempio quello di carcopino88 sulla vita quotidiana dei Romani, perché la produzione non cerca (ancora) la storia ma la riproduzione di un Mito. ciò che assume un signiicato nelle scenograie, nei costumi e nel trucco, è lo scambio simbolico tra l’immaginario sedimentato nel tempo e le sue possibili narrazioni nella forma cinematograica. i rilievi di Barthes colgono da una parte la complessità (e per lui forse l’impossibilità) del linguaggio storiograico, quando esso si propone di restituire all’immaginario del presente il passato attraverso la ricerca della verità storica e del realismo; dall’altra, sottolineano la inevitabile necessità di sempliicazione del mezzo cinematograico che traduce questo linguaggio specialistico nella forma audiovisiva. la tendenza a ilmare la complessità attraverso il realismo narrativo da un lato, e l’inclinazione alla rappresentazione sintetica dell’immaginario spettacolare dall’altro, erroneamente apparvero in origine come divergenti nell’aperta separazione fra le attualità dei lumière dalle fantasticherie di Méliès. 28

nella fondamentale Sortie des ouvriers de l’usine Lumière (lumière, 1895)89 (ig. 22), il pubblico era, per così dire, costituito dai “lavoratori” stessi che nel tempo libero, andando al cinema, si ri-vedevano uscire. si può dire che a questa immediatezza a circolo chiuso (oicine → lavoratori → cinema → lavoratori → oicine), il cinema prende a sostituire il corpo dell’operaio con l’attore che interpreta l’operaio, raccontando, diciamo così, la vita romanzata di questo operaio. se per operaio volessimo poi in- Fig. 22. Sortie des ouvriers de l’usine Lumière (Lumière, tendere la società di massa che all’uscita dal 1895). lavoro va a vedere se stessa e la sua “storia”, il quadro di riferimento appare più esplicito, e più nitido si presenta il ruolo artiiciale dell’attore e del racconto all’interno di quello che diventa proiezione di uno “spettacolo della cultura”. in questo modo il cinema (con lo spettatore che è progressivamente “al corrente” della nuova “tecnomagia”) comincia a guardare, piuttosto che vedere, attendendo voyeristicamente ogni volta nuovi sviluppi spettacolosi. contemporaneamente, i ilm di Méliès Fig. 23. S. Kubrick impegnato nelle riprese di Spartacus mettevano più esplicitamente in evidenza (Kubrick, 1960). il potenziale illusorio e fantasmatico del cinema, la sua natura “platonica” di mezzo mistiicante e artiiciale, e soprattutto il potere di manipolazione del regista (o di chi ha il controllo del prodotto inito). il gioco delle apparizioni e sparizioni comiche nelle prime pellicole di Méliès è solo la prima e più innocente delle possibilità mistiicatorie, che delagreranno presto, tanto nel delirio propagandistico del cinema nazista e antisemita (Jud Süß, 1940)90, quanto nei sosia di stalin in divisa bianca tra i bambini e i iori rossi della steppa russa d’estate. tra Hitler e stalin, ossia nel mezzo dell’apparante tensione originaria tra lumière e Méliès, c’è tuttavia mezzo secolo di cinema ino a quel Giulio cesare criticato da Barthes. in breve, la mediazione dell’industria culturale. Una conciliazione costruita attorno alle oscillazioni del gusto dell’uomo medio, il protagonista del novecento, l’onnivoro consumatore che Orson Welles deinisce nel ilm La ricotta91 (pasolini, 1963) “un mostro, un pericoloso delinquente, conformista, colonialista, razzista, schiavista, qualunquista!”, recitando con soddisfazione la battuta-opinione personale del regista di Accattone, che di Barthes fu grande ammiratore e rainato critico92. del signiicato della mediazione tra cultura e mercato, fra arte e proitto, tra storia e inzione, è ben consapevole anche stanley Kubrick che nel 1959 diresse il kolossal Spartacus (1960) (ig. 23), tratto dal romanzo omonimo del black listed Howard Fast93, prodotto da Kirk douglas (Bryna productions) e distribuito dalla Universal. Quando il 29

ilm fu annunciato in fase di pre-produzione, John Wayne e la cronista mondana Hedda Hopper – razzista e antisemita amica del famigerato senatore Joseph Mccarthy e di nixon, già accanita persecutrice del “socialista” chaplin – attaccarono duramente il progetto come “propaganda marxista”. stanley Kubrick è il primo regista-intellettuale a mettere mano ad un ilm storicoromano con un budget di 12 milioni di dollari94, fu chiamato a sostituire Anthony Mann, dimissionario dopo due settimane di lavorazione per divergenze con douglas e lo sceneggiatore dalton trumbo (anche lui black listed )95. Kubrick ha trent’anni e ha appena girato un capolavoro antimilitarista con douglas – Paths of Glory (1957) – vietato in Francia ino al 197596. Benché l’attore ebbe a scontrarsi col regista sul set di Paths of Glory per via della sua maniacale e proverbiale precisione, tanto da dire in quell’occasione “stanley è una merda di talento”, lo chiamò anche per Spartacus puntando evidentemente sul secondo aggettivo. sulla portata di tale “maniacalità”, J. Baxter, nella sua biograia del regista97, racconta a proposito di una scena di battaglia per Spartacus98: «trecento comparse, vestite di ruvido tessuto marrone, sono sparse su un pendio erboso sotto il sole cocente. Ognuna di loro regge in mano un cartello con un numero. nessuno ha l’aria felice. […] nell’accento monocorde del Bronx [Kubrick] bisbiglia qualcosa al suo assistente, che prende un microfono. la sua voce tuona: “numero 23. spostati a sinistra. numero 104 – contorciti!”. il 104 non si muove. “George”, dice il subalterno “stanley vuole che il 104 si contorca”. l’assistente alla regia si fa strada fra la folla e poi ritorna sui suoi passi. “È un manichino!” urla verso la torretta. il volto del regista resta impassibile. Bisbiglia qualcosa all’assistente. “stanley dice di metterci dei ili e farlo contorcere”». senza aver preso parte alla fase preparatoria Kubrick “incautamente” accetta; tuttavia anni dopo intervistato dal critico Michel ciment per l’uscita di A Clockwork Orange (1971) ricorda: «in Spartacus ho cercato – solo con limitato successo – di rendere il ilm più reale possibile, ma ho dovuto battermi contro una sceneggiatura piuttosto stupida e di rado fedele a quello che si sa di spartaco. la storia ci racconta che per due volte egli condusse il suo vittorioso esercito di schiavi ino ai conini settentrionali dell’italia, dove avrebbe potuto uscire dal paese abbastanza facilmente. Ma non lo fece e riportò indietro il suo esercito per saccheggiare le città romane. il perché di questo comportamento sarebbe stato il problema più interessante che il ilm avrebbe potuto afrontare. erano forse cambiate le inalità della ribellione? Forse spartaco aveva perso il controllo dei suoi capi, più interessati al bottino di guerra che alla propria libertà? nel ilm a spartaco venne impedita la fuga per lo sciocco inganno di un capo dei pirati che venne meno al patto di trasportare l’esercito degli schiavi sulle sue navi. se mai avessi avuto bisogno di convincermi dei limiti della forza di persuasione che un regista può avere su un ilm in cui il produttore è qualcun altro e lui è semplicemente il membro più pagato della troupe, Spartacus mi fornì prove suicienti per tutta una vita»99.

Quando discuteva con uomini quali edward Muhl, massimo dirigente degli Universal studios, Kubrick si era spesso sentito dire frasi come: “le idee interessanti sono belle in un ilm, ma quello che conta è l’impatto sul pubblico”, puntale manifestazione del rapporto simbiotico tra industria culturale e umori popolari, volubili e ingovernabili e tuttavia oggetto delle ossessioni dei produttori. l’immaginario di questo genere di cinema entrerà così a far parte del ilm A Clockwork Orange: quando il giovane protagonista Alex è in carcere, il regista lo riprende mentre inge 30

di leggere la Bibbia con devozione befando il cappellano. in realtà, fedele al suo personaggio di minorenne perverso e violento, sogna di essere un centurione romano che frusta cristo mentre sale al Gòlgota (ig. 24). Kubrick gira questa sequenza onirica come quelle viste ininite volte nei ilm di genere, mettendo in scena la standardizzazione dell’immaginario storico come fonte a cui attinge anche Alex per igurarsi le parole bibliche in un sogno a occhi aperti. il regista Fig. 24. Malcolm McDowell in A Clockwork Orange sembra così condividere l’afermazione: “il (Kubrick, 1971). governo dello spettacolo, che attualmente detiene tutti i mezzi per falsiicare l’insieme della produzione nonché della percezione, è padrone assoluto dei ricordi”100. A riprova di ciò, i tagli efettuati sul ilm Spartacus in fase di montaggio deinitivo sono proprio in direzione della conservazione di un immaginario preciso e contro la possibilità della verosimiglianza storica101. spariscono una decina di scene tra cui gran parte dei frammenti di battaglie (quelle di luceria e di Metaponto) dove appariva possibile la vittoria di spartaco e i suoi schiavi insorti; il trace doveva essere ridotto ad un ribelle primitivo e spontaneistico e mai apparire come un “grande condottiero militare che per 4 anni combatte seminando il panico tra le migliori armate di Roma…”102. Ancor più esplicito e ampio è l’intervento che elimina la sequenza della proposta omoerotica di crasso (l. Olivier) allo schiavo Antonino (t. curtis)103: nella piscina della sua villa104 il console spiega al giovane, seguendo un’allegoria gastronomica, che il gusto per alcuni può passare indiferentemente dalle “ostriche” alle “lumache”. la scena è stata ripristinata nella versione oggi disponibile in dVd. Spartacus sarà premiato con quattro Oscar – miglior attore non protagonista (Ustinov), fotograia, scenograia e costumi – ma soprattutto riceverà l’apprezzamento pubblico del neoeletto presidente J.F. Kennedy che metterà ine ai tentativi reazionari della Hopper, giusto prima di diventare lui stesso tragico protagonista di un ilmato (amatoriale) che segnerà gli stati Uniti per sempre. Apoteosi e disastri la produzione colossale americana del secondo dopoguerra, non solo con titoli storico-romani o semplicemente biblici, sembrava essere la forma cinematograica capace sia di attirare gli spettatori di tutte le età e classi sociali, ma anche di puntellare un comparto industriale in crisi. il gigantismo economico hollywoodiano riletteva inoltre l’immagine degli stati Uniti come nazione impegnata politicamente e culturalmente sul fronte della Guerra Fredda. la pubblicità per il ilm Ben-Hur (W. Wyler, 1959) ne è un eloquente esempio: “15 milioni di dollari, dieci anni di preparazione, un anno di lavorazione, 496 interpreti parlanti, 100 mila comparse, 8 ettari di scene, e tanto negativo usato da poterci avvolgere il mondo”. l’idea di avvolgere il pianeta con la pellicola è una eicace metafora della potenza dell’industria culturale americana, così come si era andata perfezionando a partire dai tempi dell’impegno massiccio a sostegno dell’intervento militare dell’aprile 31

Fig. 25. Un momento delle riprese della corsa delle bighe del ilm Ben-Hur (Wyler, 1959).

Fig. 26. Charlton Heston conduce la quadriga nella sequenza più popolare di Ben-Hur (Wyler, 1959).

Fig. 27. Lucerna del I sec. d.C., Antikensammlung (Berlino).

1917. Un piccolo esempio lampante di questa potenza spettacolare fu esportato in italia, dove la MGM decise di efettuare le riprese. durante la lavorazione a Roma, tra i teatri di cinecittà e la campagna nei dintorni, ogni ora partiva un autobus per un tour del set da 15 milioni di dollari. la spesa fu ben ripagata, Ben Hur incasserà 74 milioni di dollari solo negli UsA e si conquisterà una fama duratura per gli 11 Oscar ottenuti su 12 complessivi a cui era candidato105, dimostrando all’America e al mondo che quella era la strada per lo spettacolo totale che meglio rappresentava l’industria culturale hollywoodiana in afanno (ig. 25). Quasi seguendo un plot, come per il Ben Hur precedente del 1925 il ruolo del protagonista fu inizialmente oferto a un altro attore ben più celebre e afermato del charlton Heston106 reduce dai panni di Mosè, Burt lancaster. poi impegnato con Visconti per il più grande kolossal italiano (Il Gattopardo, 1963) lancaster riiutò, sia come ateo, non avendo intenzione di fare propaganda al cristianesimo, sia per il disaccordo con l’impianto della sceneggiatura da egli ritenuto moralmente violento. Alla caotica gestazione dello script, e perciò non meritò la 12° statuetta, partecipò anche lo scrittore radical Gore Vidal che suggerì di coinvolgere un gruppo di archeologi inglesi in funzione di consulenti storici. da questo punto di vista il risultato non è però superiore alla media dei precedenti; fatta eccezione per una discreta verosimiglianza della celebre corsa 32

dei carri (alla quale collaborò sergio leone), anche se proprio le necessità produttive e di sicurezza per gli stuntman imposero la scelta di modelli da parata (pesanti 200kg) invece dei veri carri in cuoio e vimini usati dagli aurighi romani (igg. 25-27). Un giudizio benevolo se si esclude di considerare la modiica “spettacolare” con lame squarcia ruote approntata sul carro di Messala. infatti se ciò fosse accaduto davvero, come minimo “il pubblico avrebbe ischiato l’auriga e scandito slogan ainché venisse allontanato dalla pista”107. Mentre la MGM incassa i proitti, la FOX prepara la sua risposta e annuncia il remake del Cleopatra deMille-paramount con l’intenzione di ofuscarne il ricordo. Alla ine Cleopatra (J. Mankiewicz, 1963) risulterà la più grande produzione mai realizzata al costo di 44 milioni di dollari, ma anche la più travagliata e disastrosa108, segnando insieme al coevo he Fall of the Roman Empire (A. Mann, 1964) la ine di un’epoca e di un genere. può essere interessante ricordare che lo scenario della Guerra Fredda, di cui sul fronte culturale la corsa verso la conquista di primati spaziali costituiva lo sforzo maggiore per i due contendenti, si riverberava inevitabilmente anche nel cinema. nello stesso periodo in cui FOX e MGM producono i loro colossi, anche l’URss ha in cantiere il più grande ilm della sua storia. iniziato anch’esso nel 1961, Guerra e pace (s. Bondarchuk) uscirà in sala in quattro parti tra il 1965 e il 1967. Alla ine il ilm durerà complessivamente 487’. per la sola sequenza della Battaglia di Borodino furono impiegati 120.000 veri soldati dell’Armata Rossa. Vincerà l’Oscar 1968 come miglior ilm straniero.

Fig. 28. Elizabeth Taylor e Richard Burton sul set di Cleopatra (Mankiewicz, 1963)

cominciato in inghilterra con altri attori (a parte la taylor) e un altro regista, R. Mamoulian, Cleopatra si sposta a cinecittà dove, appena giunta negli studi, la produzione viene derubata dai “soliti ignoti” di costosi materiali per centinaia di migliaia di dollari109. nonostante questo, ad Anzio, sul litorale pochi chilometri a sud di Roma, iniziano i lavori per la ricostruzione in scala 1:1 del porto di Alessandria; nel frattempo la regia è passata ad un poco convinto Mankiewicz, mentre nel ruolo di Antonio al posto di stephen Boyd (già Messala) è subentrato Richard Burton e nei panni di cesare, Rex Harrison aveva sostituito peter Finch (ig. 28). sulla tuscolana, fuori dai cancelli di cinecittà lunghe code di candidati iguranti sono in attesa di essere selezionati per le scene di massa; intanto, a via Veneto – appena vista nel ilm di Fellini110 – i paparazzi aspettano al varco liz taylor, la prima diva ad ottenere un compenso di 1 milione di dollari (che alla ine diverranno 7) e reduce da un mai del tutto chiarito “tentato suicidio” dato in pasto alla famelica stampa sensazionalistica dell’epoca. 33

il nodo storiograico, dopo le sperimentazioni di Spartacus, entra a far parte del progetto alla maniera di Hollywood e i produttori di Cleopatra, incalzati dal “business della fedeltà storica”, inseriscono orgogliosamente le “fonti” nei titoli del ilm per ricordare l’apporto alla sceneggiatura di plutarco, svetonio e Appiano. Alla ine prevale sull’insieme una miscela di commedia, ispirata dal teatro di G.B. shaw, e di tragedia shakespeariana, unite agli elementi estratti dal mediocre romanzo di carlo Mario Franzero ‘he life and times of cleopatra’, col risultato di scontentare gli spettatori o perino annoiarli, come scrissero taluni recensori all’epoca. la medesima critica notò inoltre l’improbabile igura di Ottaviano – che tutti nel ilm già chiamano Augusto con tre anni di anticipo –, schiacciata drammaturgicamente dal triangolo dominante lei, lui, l’altro.

Fig. 29. La ricostruzione del Foro Romano in he Fall of the Roman Empire (Mann, 1964).

nel 1964 la paramount111, dopo tre anni di lavorazione e un budget di 20 milioni di dollari, presenta he Fall of the Roman Empire. Girato in spagna, a las Matas, nei pressi di Madrid, su un’area di 23 ettari sorse la ricostruzione del Foro Romano a grandezza naturale. Realizzato da John Moore e Veniero colasanti, prendendo a modello il plastico del Museo della civiltà Romana, comprendeva 400 statue (quella di Giove capitolino alta 30 metri), 628 colonne, 35 ediici e 7400 metri di scalinate percorribili, tutto su un’area in cemento armato di 500 metri per 300, fu “il più grande set mai realizzato” (ig. 29), come non mancò di sottolineare la pubblicità del ilm, insieme alla realizzazione dell’accampamento invernale di Marc’Aurelio sul danubio a nord di Madrid (sierra de Guadarrama). in questo caso il consulente scientiico è individuato nel premio pulitzer Will durant, ilosofo e storico celebre per una colossale Storia delle civiltà, aiancato dalla produzione agli sceneggiatori Ben Barzman e philip Yordan, i quali si avvarranno ampiamente anche del gigantesco afresco di edward Gibbon Declino e caduta dell’impero romano. complessivamente la qualità dell’impatto visivo rispetto ai rivali FOX e MGM è lievemente superiore, sebbene la supervisione di un esperto non abbia impedito la realizzazione di una battaglia contro un inesistente – nel 180 d.c. – impero sassanide; anche in questo caso, come per i carri di Ben-Hur, sulla scelta a sfavore dei reali nemici parti prevalsero presumibilmente ragioni spettacolari. 34

se i tre divi di Cleopatra divoravano la scena, in he Fall of the Roman Empire il cast è più composito e polifonico (Alec Guiness, James Mason, stephen Boyd, Richard Harris, cristopher plummer, Mel Ferrer e Omar sharif ) e l’unica davvero fuori ruolo e del tutto al di sotto dei colleghi – pur assai contenuti – è la protagonista femminile soia loren, nei panni della iglia dell’imperatore lucilla, diva “casareccia” ritenuta (erroneamente) necessaria al cast per sedurre il succulento mercato italiano. A proposito del rapporto tra storia e presente, tullio Kezich scrisse: “c’è da supporre che sia stato Barzman, in altri tempi noto come scrittore impegnato, a fare di Marco Aurelio una specie di Kennedy [e] di commodo un estroso Goldwater avanti lettera”112, mentre il trauma culturale di dallas aveva da appena due mesi interrotto l’azione politica del presidente prima della naturale scadenza del mandato. il ilm, il migliore relativamente al gruppo di kolossal degli anni ’50-’60, incassò in UsA poco più di 4 milioni di dollari rivelandosi un colossale lop. nessuno a Hollywood investirà più un centesimo per una superproduzione di genere storico-romano per decenni, ino a quando Ridley scott sarà annunciato nel 1998 come regista di Gladiator (2000). Sandaloni per tutti: il peplum all’italiana dopo Fabiola, fu chiamato ancora un reduce del Ventennio a raccontare la Roma antica, recuperando un personaggio che, insieme a poppea, costituiva il paradigma popolare della corruzione e depravazione femminile. Gallone, già arteice del celebrativo Scipione l’Africano (1937), del quale riutilizza le scenograie e alcune sequenze di massa, ripropone Messalina (1951) con minori mezzi economici e in un clima moralista che consente di affrontare in troppo supericialmente gli aspetti “morbosi” disseminati nella sceneggiatura, come la frequentazione della suburra da parte della viziosa protagonista che sotto il nome di licina amava concedersi in un lupanare. non c’è margine dunque per rappresentare l’antico mestiere a Roma e il mondo che vi ruotava attorno come le fonti lo hanno tramandato. ci prova ancora qualche anno dopo Vittorio cottafavi con Messalina, Venere imperatrice (1960), aidando il ruolo della sovrana alla procace Belinda lee. lo stesso autore dichiarò alla ine di non essere troppo soddisfatto del ilm, tuttavia afermò che “il personaggio di Messalina è interessante perché si tratta di un caso patologico” e alla ine “quel che mi piace in questo ilm sono le poche scene che osservano con attenzione la vita quotidiana dei Romani”113 (ig. 30). il ilm fu vietato ai minori di 16 anni, dopo tre tagli: Messalina vista di spalle, coperta da un lungo asciugamano che apre davanti a lucio; la silhouette

Fig. 30. Messalina (Cottafavi, 1951), sullo sfondo una mescita di vini.

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di Messalina, proiettata su una tenda, mentre esce nuda da una vasca; un gruppo di uomini e donne che si divertono in piscina114. il centro cattolico cinematograico lo bolla con la e di escluso per tutti a causa “dell’atmosfera di sensualità in cui si svolge la vicenda” e per “l’esibizionismo che vi si riscontra”115. cottafavi si era trovato meglio nel genere dirigendo La rivolta dei gladiatori (1958) e Le legioni di Cleopatra (1959) dove, volutamente senza troppi scrupoli storici, aveva cercato di “fare dello shakespeare nei ilm popolari”116. la produzione di genere, da Fabiola in poi, aveva mantenuto una continuità con una manciata di titoli ino al 1955-56 per poi registrare una quasi scomparsa ino alla stagione 1958-59 quando al botteghino si realizza l’imprevisto exploit di Le fatiche di Fig. 31. Pietro Francisci e Steve Reeves sul set di Le Ercole (p. Francisci, 1958), primo in clasfatiche di Ercole (Francisci, 1959). siica117 con 862 milioni. Ricorderà anni dopo Mario Bava: “poi venne la crisi del 1956 in quanto gli americani cercavano di soffocarci e per un anno non si batteva chiodo. Fino a che pietro Francisci salvò il cinema italiano (non è mai stato riconosciuto da nessuno) con Le fatiche di Ercole”118 (ig. 31), un cinema italiano che avviò l’ipertroia degli anni sessanta quando si giunse a produrre anche più di 250 pellicole l’anno. dopo Francisci, le produzioni si gettano sul successo reclutando i registi più diversi; tra essi Vittorio cottafavi riesce a far passare la sua idea di popolarizzazione di shakespeare. È un’intuizione innovativa, ben accolta dalla rivista più rappresentativa della nuova critica cinematograica, la francese «cahiers du cinéma». Gli autori, che ad un altro livello avevano ad esempio già evidenziato la grandezza di Alfred Hitchcock ritenuto dalla critica austera una macchina da botteghino119, si prendono una vera “cotta” per cottafavi, ravvisando che il suo cinema “contiennent des beautés auxquelles nul autre cineàste europeén ne peut prétendre, deux sont des chefs d’oeuvres”120, ma soprattutto andando in direzione contraria rispetto agli intellettuali italiani impegnati per lo più nel frusto dibattito sugli sviluppi del neorealismo e fondamentalmente disinteressati ino a quel momento a un genere popolare ritenuto in deinitiva un fenomeno bassamente commerciale, indegno di un’ermeneutica che si avvale delle categorie estetiche della storia dell’Arte. il primo approfondimento sul genere arriva perciò ancora una volta da Oltralpe con un altro celebre articolo dei cahiers in cui il genere storico, comprendente i sottogeneri, romano, biblico, greco (mitico, epico), mesopotamico, egiziano, barbarico, è racchiuso nella deinizione di péplum e analizzato nel suo sviluppo dai tempi di Guazzoni e Griith al 1962121. Questo fenomeno speciico italiano (ig. 32) si può circoscrivere nel periodo compreso tra le stagioni cinematograiche 1958-59 e 1964-65, all’interno delle quali sono almeno 36

Fig. 32. Locandine di alcuni “sandaloni” italiani.

cento i titoli di genere “peplum”; tra questi si trovano una decina di “ercoli”, una ventina di “Macisti” (tra cui il surreale Zorro contro Maciste, U. lenzi 1963), una manciata di Ursus, i igli di spartacus e cleopatra, vari giganti, colossi, titani e una dozzina di gladiatori. Roma è evocata a vario titolo in diverse pellicole che spaziano dalle vicende originarie: Il ratto delle Sabine (R. pottier, 1961), Orazi e Curiazi (t. Young, 1961), Coriolano, eroe senza patria (G. Ferroni, 1964), Romolo e Remo122 (s. corbucci, 1961), Il colosso di Roma (G. Ferroni, 1964) con il muscoloso G. scott in veste di Muzio scevola; alla Roma della guerra di silla e del trionfo di cesare: Solo contro Roma (l. Ricci, 1962), Una regina per Cesare (p. pierotti, 1962), I giganti di Roma (A. Margheriti, 1964), Giulio Cesare, il conquistatore delle Gallie (t. Boccia, 1962); o a quella imperiale e tardo antica: La rivolta dei pretoriani (A. Brescia, 1964), Oro per i Cesari (R. Freda, 1963), Nel segno di Roma (G. Brignone123 1959), Costantino il grande (l. de Felice, 1962), Il crollo di Roma (A. Margheriti, 1963); senza tuttavia segnare innovazioni signiicative nel rapporto con la storia a fronte della speciicità del genere. la novità del peplum all’italiana è in efetti nell’abbandono di ogni intenzione pedagogica. Agli spettatori di questi ilm non si presenta la storia antica e meno ancora una riles37

sione su di essa, come sostenne Barthes, ma piuttosto lo spettacolo della storia, nel quale emergono eroi esemplari immersi all’interno di eventi sempre decisivi nel conlitto fra bene e male, giusto e ingiusto. la morale di questi ilm è liberata da ogni debito teologico-ideologico e le sceneggiature possono così recuperare la purezza originaria della leggenda costruita sui caratteri essenziali e netti dei protagonisti. se da un lato non c’è alcuna considerazione per la verosimiglianza storica, soprattutto per i limiti di budget, dall’altro è nel rapporto narrazione-pubblico che in questi ilm si riproduce – seppure in un contesto sociale moderno – quella che probabilmente era in un antico villaggio del Mediterraneo la relazione comunicativa tra gli ascoltatori e l’aedo. l’autore della prima analisi critica sui Cahiers del peplum scrive che “il représente pourtant une forme d’art populaire dont seul le cinéma américain possède peut-être l’équivalent avec le western”124, evidenziando le caratteristiche estetiche del fenomeno. lo scrittore Giuseppe Marotta, anche autore di sceneggiature e critico cinematograico dell’europeo, annota a proposito di Cartagine in iamme (c. Gallone 1959): “godetevi le guardie risonanti di latta, con quei volti di senzatetto del Quarticciolo che da anni aspettano una favorevole risposta dell’inA case”125. Marotta – forse inconsapevolmente – coglie l’aspetto antropologico del successo di questo cinema popolare nell’evocare la natura dei volti delle comparse, iglie del pubblico che ne decretava in sala il successo. È nei cinema di terza visione del Quarticciolo o di qualunque altra borgata romana e di altre metropoli, così come nei circuiti dei cinema provinciali, che la lunga “tenitura” dei peplum permette uno sfruttamento commerciale anche triplo rispetto agli altri ilm, con relativo proitto126. Quei volti di comparse che davano corpo alle decine di legionari, di schiavi, di barbari, provenivano dal pubblico stesso e, nell’incarnare il contesto sociale in cui si sarebbe sviluppata la vicenda interpretata dagli attori-eroi, facevano vivere con un realismo imprevisto dentro lo schermo quello che essi stessi e il pubblico in generale vivevano nella realtà e ritrovavano mitizzato nell’esperienza visiva del ilm. la struttura semplice della storia, depurata come s’è detto dal peso delle ideologie storiograiche, coincide con la domanda semplice del pubblico: ercole, Romolo, spartaco o Muzio scevola sono i leader di cui il popolo – sottoposto alle angherie di un potere kafkiano, oscuro e incomprensibile – avrebbe bisogno per risolvere con la sola forza dei muscoli il problema della casa, del lavoro, della fatica nella vita di tutti i giorni. nell’orizzonte di speranza aperto dal boom economico, che nello stesso anno del trionfo di ercole aveva trovato in domenico Modugno il suo cantore ispirato127, il peplum intercetta i bisogni e i sogni più immediati di un’ampia classe sociale ancora parzialmente esclusa o ai margini della crescita economica e dal conseguente benessere128. A questo si devono aggiungere altri elementi formali, come la possibilità di mostrare – secondo l’idea che degli abiti antichi avevano i costumisti di cinecittà – nudità ammiccanti a un desiderio d’erotismo, tanto difuso quanto represso, dal moralismo bacchettone dell’italia di allora. Ancor più notevole in questo senso è l’attrazione oferta dalle scene di “violenze e torture”; il topos è la schiava frustata a schiena nuda, salvata da un muscoloso eroe che strappa a mani nude le catene che la imprigionano. Queste sequenze timidamente sado-maso, furono sempre presenti col conforto dell’alibi del passato crudele seguendo a un’idea, per così dire, di “diritto penale” delle civiltà antiche, rappresentata secondo gli autori attingendo ai loro ricordi “scolastici” e all’immaginario letterario di derivazione salgariana dell’epoca. sul piano visivo la libertà dal paradigma produttivo precedente, dai vincoli retorici e didascalici, consente a diversi registi (M. Bava, R. Freda, V. cottafavi e s. corbucci) di sperimentare un uso della fotograia a colori in chiave antinaturalistica 38

o più apertamente derivato dal mondo dei fumetti. i set e la lavorazione sono realizzati in parte all’interno di cinecittà sulle scenograie riciclate dai colossi hollywoodiani e in parte in esterni della campagna e del litorale romani, trasformati di volta in volta in Gallie o pannonia, creta o itaca129. A completare uno sguardo d’insieme c’è la presenza di contrappunti comici, inseriti per scandire l’andamento della vicenda, Fig. 33. Salvatore Furnari (a sinistra) in una scena di spesso caratterizzati da personaggi bufo- di Le legioni di Cleopatra (Cottafavi, 1960). neschi che discendono dalla commedia dell’arte, a cui si aianca di frequente qualche simpatico nanetto; di loro il più celebre è probabilmente salvatore Furnari (ig. 33) con sei ruoli speciici nel peplum, su 20 complessivamente proposti tra il 1940 e il 1980. l’analisi di siclier, che nel 1962 sui cahiers aveva parlato di genere popolare inventato dagli italiani il cui solo equivalente è il western hollywoodiano, trova una indiretta conferma quando il peplum all’italiana si esaurisce improvvisamente durante la stagione 1964-65 e l’anno dopo compare con un solo ultimo titolo, All’ombra delle aquile (F. Baldi, 1966), ambientato dopo la morte di Ottaviano. A soppiantarlo è il boom del “macaroni” western130 segnato dal primo successo di leone, Per un pugno di dollari (1964), posizionato al secondo posto assoluto con due miliardi di lire dietro a Agente 007 - Missione Goldinger (G. Hamilton, 1964) che aveva incassato tre miliardi e mezzo. Un ultimo sussulto in uno scenario culturale e produttivo completamente mutato è il mediocre Il ritorno del gladiatore più forte del mondo (B. Albertini, 1971), quando è già lenta crisi anche per il western all’italiana che cederà i vertici del botteghino all’ultimo genere popolare inventato dai “cinematografari” italiani, il cosiddetto poliziottesco131, capace, come il peplum e il western, di conquistare i mercati internazionali132. Un conoscitore di questi generi e di quelli di Hong Kong è il regista Quentin tarantino, che a partire dagli anni ’90 li introdurrà nel suo cinema rimescolandoli e risigniicandoli esteticamente. il regista, in occasione della sua partecipazione come presidente della Giuria del Festival di cannes 2004, dichiarò in una intervista: “negli anni ’50, ’60 e ’70 [l’italia] ha realizzato ogni tipo di ilm; non soltanto il cinema d’autore di de sica, Antonioni o Visconti, ma anche quello di grandi artisti commerciali come Mario Bava, Riccardo Freda, de Martino, Fulci e di leo, con ilm sulla maia, horror e peplum, oltre ai meravigliosi spaghetti western. non era solo cinema di settore, ma rivolto a qualunque palato”133.

I romani nel salotto di casa la scomparsa del genere storico romano dalle cinematograie più attive, UsA e italia più di ogni altra, è evidente lungo il periodo compreso tra gli anni ’70 e i ’90 del secolo scorso. Qua e là spunta qualche titolo nei paesi dell’allora est europeo o dell’America latina, ma si tratta prevalentemente di realizzazioni di scarsa qualità, ininluenti per il presente discorso. solo charlton Heston sarà protagonista di due impegnative produzioni romane, ma sotto il riparo del testo di shakespeare: Julius Caesar (s. Burge, 1970) e Antony and 39

Cleopatra (c. Heston, 1973) distribuiti in italia rispettivamente con i titoli 23 pugnali per Cesare e All’ombra delle piramidi, entrambi fallimentari e per scelta svincolati da ogni eventuale debito storico. in 23 pugnali per Cesare l’ambientazione e i costumi sono quelli dei Romani dipinti nei quadri del XVi e XVii secolo, le corazze di cesare, Antonio, Bruto e cassio sono ricalcate su quelle di carlo V esposte oggi nei musei di Madrid. più tardi nel 1980 si assiste al ritorno del ilm “impegnato” con Io, Caligola (1979) di t. Brass, alla cui origine c’è in parte l’idea visiva e narrativa tracciata da Fellini nel Satyricon (1969) e in parte il progetto non realizzato da Rossellini134, suggestioni che rimangono inavvertibili a ilm terminato a causa dei complessi problemi produttivi, tanto che alla ine il regista fu escluso dal montaggio e per salvare il ilm fu creata la formula: “riprese dirette da tinto Brass, edizione a cura della produzione, con inserti ilmati da Franco Rossellini”.

Fig. 34. Satyricon (Fellini, 1969).

la Roma messa in scena nel Satyricon di Fellini (ig. 34), poi nuovamente protagonista nel ilm Roma (1972) esplicitamente dedicato alla città adottiva del regista riminese, è presentata dall’autore come “un saggio di fantascienza del passato”. Ricavato da una sceneggiatura basata sul testo di petronio e La vita quotidiana a Roma all’apogeo dell’Impero di carcopino, conluiti nella sceneggiatura organizzata da Fellini e Zapponi con la consulenza del latinista luca canali, Satyricon si presenta come un ritorno allo sguardo della Dolce vita, ma il tema della decadenza morale assume un più marcato signiicato metaforico e onirico, dipanandosi all’interno di visioni del passato che parlano al presente attraverso un linguaggio mitico e simbolico del tutto personale e psicanalitico, precipuo del cinema di Fellini. Satyricon è perciò un caso unico, del tutto estraneo ad ogni possibile tassonomia, inevitabilmente intrecciato con le opere precedenti e successive di un autore che gode di fama universale, non riconducibile, nel caso di questa ricostruzione, a un qualsivoglia discorso sul genere cinematograico. per la superproduzione di Caligola il capitale fu garantito dal padrone di penthouse, Bob Guccione, forte dei 5 milioni di copie vendute della sua rivista erotica eterna rivale di playboy, con l’idea di coniugare attraverso lo scandalo spettacolo e cultura. per garantire l’erudizione furono arruolati Gore Vidal e Masolino d’Amico: tuttavia il progetto naufraga in uno scontro tutti contro tutti e alla ine sul corriere della sera il critico Giovanni Grazzini scrive: 40

Fig. 35. Due scene tratte dal ilm Caligola (Brass, 1979).

“i Guazzoni e i pastrone che negli anni intorno alla prima guerra mondiale fecero le fortune del cinema italiano con i ilm ambientati nella Roma antica si rivoltano nella tomba”; e ancora Caligola “è un porno-shop per plebi guardone e un supermarket del kitsch”135 (ig. 35). se alla ine degli anni sessanta si assiste alla scomparsa del genere dagli schermi cinematograici, contemporaneamente cresce la sua produzione per la televisione. l’onnivoro elettrodomestico si appropria progressivamente di tutto l’universo narrativo precedente alla sua comparsa, sia attingendo agli elementi spettacolari, sia approfondendo le potenzialità didattiche. in tV si trasferisce a poco a poco una fantasmagorica sintesi del mondo reale, dando vita ad un complesso sistema massmediatico, oggetto quotidiano di aspre critiche e celebrazioni sospette, che sarà messo in crisi solo all’alba del XXi secolo con l’avvento dell’internet. naturale è dunque il ricorso alla produzione di genere storico romano, oferta in forme diverse dalle televisioni pubbliche e commerciali. le prime – con BBc e RAi in testa – dedicheranno grande attenzione alle riduzioni di shakespeare, Omero, Virgilio o alle riletture di plutarco, della Bibbia, dei Vangeli per le fonti antiche e di autori come Robert Graves (I, Claudius regia di Herbert Wise, 1976) in ambito moderno. per le seconde, oltre al recupero dei grandi spettacoli (da cleopatra a costantino) già visti al cinema, immancabile sarà il rilancio delle fonti letterarie popolari: sienkiewicz (Quo vadis) e Bulwer lytton (he Last Days of Pompeii). complessivamente il problema principale anche per la televisione è ancora quello economico, risolto in questa fase rinunciando a ogni confronto. i fallimenti di Cleopatra e La caduta dell’Impero Romano, al di là della crisi estetica del genere, costituivano il superamento del limite nel rapporto costi e proitti, sicché il tentativo di ricostruire Roma e il suo mondo rincorrendo un’idea di verosimiglianza storico-spettacolare doveva essere escluso a priori. impossibilitata quindi a competere con la “qualità” del prodotto cinematograico, la televisione lungo il periodo dalla metà degli anni ’60 ino alla metà degli anni ’80, connota le sue produzioni impegnandosi in ricostruzioni d’ambiente privato in cui abbondano le scenograie in interni; e le caratterizzazioni dei personaggi, sovente in chiave psicologico-morale, sono favorite dalla struttura narrativa a episodi cifra della serialità televisiva. degli ultimi kolossal cinematograici resta e si ampliica la lunga durata, accresciuta a sei o otto ore da sceneggiature articolate, talvolta verbose, distribuite per 41

appuntamenti settimanali generalmente di un’ora ciascuno; le scenograie abbandonano la magniloquenza pittorica del cinema e i costumi sono volutamente più “poveri”, sicché, attraverso la scelta narrativa di accentuare la familiarità della storia nella presentazione della quotidianità nella storia, è possibile anche contenere i costi di realizzazione. Un aspetto aggiuntivo, quasi un binario produttivo parallelo, è la difusione di documentari sul mondo antico che aianca le iction seriali negli intenti pedagogici delle televisioni, specialmente quando queste assolvono in tutto o in parte alla funzione di “servizio pubblico”. in questo senso la realizzazione di documentari, benché presente nelle principali emittenti europee, è una caratteristica del palinsesto televisivo anglosassone: se la BBc dispone di un dipartimento speciicatamente dedicato ai propri documentari storici, non si può tuttavia dimenticare la costante presenza televisiva dell’americano national Geographic cominciata sin dal 1964 con la cBs, uno dei più grandi e importanti network UsA, e poi passata alla rete ABc della disney nel 1973. la produzione documentaria136, vastissima e qui non oggetto di studio, può però essere in breve considerata individuando due aspetti essenziali: gli efetti culturali e le innovazioni tecnologiche. nel primo caso ciò che appare più evidente è l’impatto complessivo delle realizzazioni documentaristiche sulle conoscenze del pubblico, in generale e perciò anche relativamente al mondo romano. improbabile è certo il tentativo di “misurarle”; tuttavia, all’impegno didascalico delle aziende tv è fatalmente conseguente la crescita di nozioni elementari negli spettatori nei diversi campi del sapere trattati, e quindi anche in ambito storico (peraltro il più frequentato). tale incremento è registrabile indirettamente nella crescente attenzione delle iction, per quanto lontanissima dagli standard necessari dal punto di vista dello storico di professione, alla verosimiglianza del passato se non nel dettaglio, quantomeno nell’insieme della proposta, più attenta in fase di sceneggiatura a costruire un contesto generale in linea con gli sviluppi metodologici della storiograia contemporanea. Questi ultimi, assunti e digeriti nella forma divulgativa del documentario, si travasano poi nelle iction anche perchè gli autori sono ben consapevoli che il pubblico a cui si rivolgono è in linea di principio il medesimo. in pratica se si decide di preparare un ilm tv in quattro puntate su Giulio cesare, regista e autori non possono dimenticare che gli spettatori hanno avuto esperienza del personaggio attraverso le ricostruzioni didattiche, dove hanno avuto modo di ascoltare eminenti studiosi intervistati e vedere documenti originali o preziose collezioni archeologiche, ripresi nei più importanti musei del mondo comodamente seduti nel salotto di casa. l’operaio che usciva dalle oicine lumière nel 1895 ignorava certamente le dinamiche strategiche dell’assedio di Alesia; il suo equivalente attuale, generalmente proprietario di un televisore a colori a schermo piatto con formato cinematograico (16:9) e incapace di stupirsi davanti a un treno che avanza in primo piano verso di lui, ha invece molto probabilmente acquisito informazioni sull’episodio delle Gallie (e non solo) che non sono suicienti a collocarlo tra le elitè culturali della società in cui vive, ma gli consentono di valutare la qualità di una iction sullo stesso argomento con “competenze” diverse da quelle del suo collega di ine Ottocento. le innovazioni tecnologiche, di pari passo con l’evoluzione del linguaggio televisivo nella sua totalità e con l’espansione del mercato (via cavo, satellitare, ecc.), hanno consentito lo sviluppo di un nuovo genere televisivo dai conini incerti, deinito col neologismo docuiction137, basato sulla ricostruzione di fatti storici (o episodi di cronaca: si pensi ad es. alle ricostruzioni apparse subito dopo l’attentato dell’11 settembre), 42

secondo il metodo del documentario; uniti alla interpretazione di attori che fanno rivivere i personaggi storici protagonisti delle situazioni rappresentate. Oggi esistono canali televisivi esclusivamente dedicati alla storia e alla scienza che dispongono di budget consistenti tali da consentire la realizzazione di prodotti di alta qualità, acquistati dalle televisioni di tutto il mondo (doppiati o sottotitolati), per i quali la forma docuiction è quella più frequentata. il più inluente e difuso è “History channel”, nato nel gennaio 1995 dall’accordo di tre colossi della comunicazione (Hearst, disney, nBc) riunitisi nel consorzio A&e television network e in italia difuso a pagamento dalla FOX di R. Murdoch sulla piattaforma satellitare sKY. l’ultima produzione “History channel” di grande rilievo è afatto casualmente dedicata alla storia romana: Roma, il trionfo e la caduta (2008) (ig. 36), che consta di 13 puntate (611 minuti) realizzate nel format docuiction con gli esterni delle ricostruzioni girati in lituania. il canale l’ha presentata così nel gennaio 2009 in italia: “Questa serie, la più lunga mai dedicata all’antica Roma, segue le vicende dei protagonisti del trionfo planetario di Roma e poi del suo lento e inesorabile declino. i protagonisti non sono solo i generali e gli imperatori romani, ma anche i grandi condottieri barbari che non cessarono mai di minacciare la supremazia di Roma. i produttori di questa serie hanno accuratamente ricostruito le strade dell’antica Roma, le principali battaglie degli eserciti romani e i villaggi dei barbari ai conini dell’impero. sono 13 episodi che illustrano in maniera originale la storia della città eterna. Un vero e proprio excursus che permetterà a tutti gli spettatori di saperne di più sulle lotte contro i barbari, sull’avvento del cristianesimo, sulle ragioni che portarono alla ine dell’impero romano. Un tufo indietro nel tempo per conoscere personalità quali spartaco e costantino”138.

Fig. 36. Una scena di Roma, il trionfo e la caduta (2008) prodotto da History Channel.

Fig. 37. Una scena di Ancient Rome: he Rise and Fall of an Empire (2006) prodotto dalla BBC.

si tratta della risposta americana all’equivalente inglese della BBc Ancient Rome: he Rise and Fall of an Empire (2006) (ig. 37), sei episodi di un’ora ciascuno, girati in Marocco, tunisia e Bulgaria, presentati dal canale così: “Based on rigorous and extensive historical research, this epic drama-documentary series features an allstar cast including sean pertwee, catherine Mccormack, Michael sheen and david hrelfall. he rise and fall of the Roman empire was shaped by dramatic stories of sex, violence and intrigue. Ancient Rome: he Rise And Fall Of An Empire charts a period of 600 years – from the rise of the emperors to the sacking of Rome – and allows viewers to witness great battles, rivalries, rebellions and momentous achievements as they happened many centuries ago. With stunning locations and state-of-the-art visual efects, Rome is revealed as it really was: gritty, magniicent and sometimes sordid”139.

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la Bcc usa la deinizione docudrama (drama-documentary), alternativa alla più recente docuiction; si tratta di una diferenza diicile da argomentare poiché ogni deinizione è sempre in ritardo rispetto all’accadere degli eventi da deinire, in particolare quando ci si riferisce alle comunicazioni di massa innestate, com’è negli ultimi venti anni, all’interno di una rivoluzione tecnologica le cui caratteristiche principali sono la velocità e la voracità. la questione principale è quella dello scarto tra il vero e il falso nella rappresentazione, un problema attinente all’estetica qui non in discussione140, che nel caso dei documentari (docudrama o docuiction) si risolve attingendo alle risorse esterne dell’onestà intellettuale: il nome del produttore e i consulenti scientiici. in questo senso la BBc è un marchio con una tradizione internazionale riconosciuta da oltre 60 anni che, ad esempio per Ancient Rome: he Rise and Fall of an Empire, dichiara all’inizio di ogni episodio del suo docudrama: “basato su fonti letterarie dell’epoca e scritto con la consulenza degli storici contemporanei”, risolvendo con l’autorevolezza la questione del rispetto della storia e dello spettatore. nel caso dell’italiana RAi, ino al 1975141 sotto il diretto controllo del governo, la vocazione didattica era enfatizzata e regolata dall’egemonia esercitata dalla cultura cattolica, operativa nelle produzioni per mano di dirigenti e funzionari di stretta osservanza democristiana. la dc, ininterrottamente al potere dal 1948, aveva investito molto sull’uso politico-culturale della televisione, mediando abilmente tra le necessità commerciali e quelle confessionali. in questo contesto lo “sceneggiato tv” e il “documentario istruttivo” costituivano – nel bene e nel male – l’unica possibilità di avvicinare alla grande letteratura e alla storia – oltre che a riafermare le radici religiose – il pubblico di massa, per diversi motivi poco propenso a frequentare abitualmente la saggistica storica o i classici greci e latini. così il ricorso agli accademici, scelti come consulenti per le produzioni televisive di inzione, diviene un elemento costante, almeno sulla carta. nel documentario la tradizione televisiva italiana è però imparagonabile a quella anglosassone, perciò il pubblico RAi (e poi ancor più Mediaset) ha potuto vedere quasi esclusivamente prodotti acquistati all’estero. la divulgazione scientiica e della storia antica nella televisione italiana è incarnata dal giornalista RAi piero Angela, pioniere del genere e autore di fortunate serie ininterrottamente da oltre 40 anni, bollato talvolta come “positivista” per la sua visione laica della cultura. per quanto attiene alle principali televisioni occidentali, sono oltre cento i titoli di iction del genere storico-romano (mini serie, ilm tv, sceneggiati, ecc.) distribuiti nell’arco di quattro decenni, ossia – come s’è visto – da quando il cinema mainstream interruppe quasi del tutto la produzione in questo settore. tra questi titoli, in molti casi impossibili da censire per l’estrema diicoltà (spesso impossibilità) di reperire le copie (e comunque nella maggioranza dei casi qualitativamente trascurabili ai ini del presente lavoro), tra la ine degli anni ’60 e ino agli inizi degli anni ’90 si possono ricordare i lavori di Rossellini per la RAi e le principali produzioni americane, inglesi e italiane. Rossellini in un articolo del 1961 scriveva: “io credo fermamente che il cinema e il teatro possono essere dei mezzi assai validi per l’informazione, la cultura e il progresso”142. Attratto dalle nuove potenzialità divulgative della televisione e coerente con questa afermazione, il regista decise di dedicare (dopo alcune delusioni cinematograiche e risolti i problemi personali con la Bergman) la sua attività di regista alla realizzazione di ilm per la tv, nei quali la storia con chiari intenti didattici ebbe un ruolo determinante nei cicli di: L’età del ferro (1964, 5 puntate), La presa del potere da parte di Luigi XIV (1966), Atti degli 44

Apostoli (1968, 5 puntate), La lotta dell’uomo per la sua sopravvivenza (1967-69, 12 puntate), L’età di Cosimo de’ Medici (1972, 3 episodi), oltre alle biograie di Socrate (1970), Blaise Pascal (1971), Agostino d’Ippona (1973), Cartesius (1973). il mondo romano in senso stretto è assente perchè la sceneggiatura pronta nel 1971 di Caligola non fu purtroppo mai utilizzata143, così come abortito fu il progetto di una Messalina di cui Rossellini riferì in un’intervista del 1947 mentre lavorava a Germania anno zero: “subito dopo realizzerò un ilm che mi interessa in modo particolare e per il quale ho già avviato il lavoro preparatorio. sarà una sorpresa per quanti mi conoscono: perchè nessuno, penso, mi crederebbe capace di afrontare un soggetto storico e soprattutto della Roma imperiale. il ilm che si intitolerà Messalina rievocherà in maniera storicamente esatta la igura della famosa imperatrice puntando in modo particolare sulla bufa e corrotta vita sociale del tempo. sarà un ilm romano e romanesco, ma non comico: o per lo meno non dichiaratamente comico. interprete di Messalina sarà Anna Magnani, mentre per l’imperatore claudio spero di poter avere Fabrizi. il soggetto è di Federeico Fellini. il ilm entrerà in lavorazione nel prossimo autunno”144.

nell’opera di Rossellini le tracce del tentativo di restituire in pellicola la storia di Roma il più vicino possibile a come gli studiosi l’hanno ricostruita si trovano perciò, come si vedrà nel successivo capitolo, nel contesto romano di Agostino d’Ippona (ig. 38), e in minima parte in quello degli Atti degli Apostoli e dell’ultimo ilm Il Messia (1976). i ilm televisivi ambientati nel periodo romano prodotti dalle diverse emittenti europee e americane, sono per lo più adattamenti di shakespeare o ilm a sfondo esplicitamente religioso, questi ultimi divi- Fig. 38. Agostino d’Ippona (Rossellini, 1973). si in due macrogruppi: Antico e nuovo testamento. nel caso italiano, ma in linea con le altre tv, tra i personaggi dell’Antico testamento troviamo ad esempio Mosè (G. de Bosio, 1974), che ovviamente non ha implicazioni con Roma; mentre per il nuovo spicca per impegno produttivo il Gesù di Nazareth (F. Zeirelli, 1977), una collaborazione fra la RAi e il network commerciale britannico itc. del risultato, molto seguito in tv, e di Zeirelli, scrisse il critico tullio Kezich all’epoca: “nato dalla costola del maestro di Senso, da cui ha ereditato una forte professionalità, il regista iorentino rappresenta compiutamente il versante deteriore del viscontismo, quando la regia diventa arredamento su uno sfondo ideologico degradato”145. tra i vari ilm-tv e i serial dedicati invece unicamente alla Roma antica, i titoli più signiicativi cominciano con he Caesars (derek Bennett, 1968), una produzione della inglese Granada television per il network itV, 6 episodi di un’ora l’uno ancora in bianco e nero. Vi si raccontano le vicende degli imperatori Augusto, claudio, tiberio, caligola, nerva e Vitellio, con l’obiettivo di consentire agli spettatori di comprendere le ragioni delle loro scelte politiche, seguendo come ilo conduttore il realismo storico sotto la guida di esperti accademici. Gli autori hanno provato a ricostruire le storie dei cesari, senza gli eccessi ideologici, le divagazioni romanzesche o il bozzettismo stereotipizzato che carat45

terizzano la comparsa dei medesimi nelle varie trasposizioni cinematograiche: l’Augusto quasi cristiano senza saperlo; il caligola psicopatico e feroce; il tiberio sotto il quale si manda a morte cristo, ecc. di grande successo e irmata dalla BBc è anche la serie I, Claudius (Herbert Wise, 1976), la riduzione televisiva delle due celebri opere di Robert Graves I, Claudius (1934) e Claudius the God (1935)146 in 13 puntate di 50 minuti ciascuna147. l’imperatore è interpretato da derek Jacobi, poi tornato al genere quando proprio per quel ruolo di claudio storpio e balbuziente, con cui vinse l’Oscar inglese (BAFtA tV Award), fu voluto da Ridley scott nel cammeo del senatore Gracco per il ritorno del kolossal “sword & sandal” Gladiator (2000). la serie è d’impianto teatrale e appare esemplare nella ricostruzione della vita quotidiana della dinastia giulio-claudia, da Augusto a nerone, mettendo in scena le trame di potere e il processo politico pubblico, rinunciando prima di tutto stilisticamente alle riprese in esterni per privilegiare la “routine” familiare. nulla è risparmiato allo spettatore inglese che per la prima volta segue mezzo secolo di storia romana senza battaglie e legionari, gladiatori e corse di carri, dove piuttosto dilaga la corruzione, l’omicidio, l’incesto, la prostituzione, l’adulterio e l’omosessualità. derek Jacobi, allora trentenne, fu sottoposto ad un complicato make-up per incarnare l’imperatore da vecchio, il cui racconto immaginario autobiograico è il ilo conduttore della vicenda. nel 1983 la BBc tenta di ricalcare il successo di I, Claudius presentando la serie he Cleopatras (John Frankau, 1983). Basato sul libro “Histoire des lagides” (1907) dello storico francese louis-homas-Auguste Bouché-leclercq, il serial, in 8 puntate da 50 minuti, ripercorre le vicende delle regine tolemaiche d’egitto ino alla più nota, la Vii, e a sua iglia, l’Viii avuta con Marco Antonio. he Cleopatras fu accolto tiepidamente dal pubblico e in qualche caso la critica britannica parlò di spettacolo indecoroso. negli UsA la produzione di serial ha una lunga tradizione industriale, quelli di ambientazione romana tornano ad afacciarsi all’inizio degli anni Ottanta e l’impegno produttivo per almeno due titoli è quasi pari a quello cinematograico degli anni cinquanta. il primo, presentato dalla rete ABc (disney) come “romanzo per la televisione” è Masada (Boris sagal, 1981); la ricostruzione dell’assedio presso l’omonima roccaforte nel deserto, alla ine del quale gli ebrei Zeloti scelsero il suicidio piuttosto che la resa all’esercito Romano. il protagonista è il generale lucius Flavius silva, interpretato da peter O’toole già Lawrence of Arabia (d. lean, 1962), a cui si oppone elazar ben Yair (peter strauss) il leader zelota; le riprese in esterni sono state efettuate presso il sito archeologico nel deserto israeliano. per evitare un lop negli ascolti, la ABc commissionò e trasmise prima del serial con lo scopo di alfabetizzare il pubblico alla vicenda poco conosciuta dell’assedio un documentario (Back To Masada). con un budget di 30 milioni di dollari versati dalla procter & Gamble, il network nBc lancia A.D. Anno Domini (stuart cooper, 1985) come naturale sequel del Gesù di Zeirelli148 e del Mosè di de Bosio; il produttore dei tre ilm-tv Vincenzo labella è il medesimo, così come alle relative sceneggiature ha ogni volta collaborato Anthony Burgess, l’autore di A Clockwork Orange il romanzo portato al cinema da Kubrick nel 1971. Girato in europa e in nord Africa, Anno Domini è un kolossal televisivo in 6 puntate da 85 minuti l’una, con un cast numeroso, tra cui spiccano Ava Gardner nel ruolo di Agrippina e James Mason come tiberio, dispiegato lungo cinquant’anni di storia per seguire le vicen46

de narrate negli Atti degli Apostoli, ancora una volta parallelamente a quelle di tiberio, caligola, claudio e nerone e dei loro familiari. in italia, oltre a Rossellini, anche il regista Franco Rossi, già aiuto di M. camerini e R. castellani (che in tv irmerà una celebre Vita di Leonardo Da Vinci, 1971), si impone nel genere storico antico, intercettando a ragione il potenziale televisivo della letteratura classica, e dirige per la RAi (8 puntate di 55 minuti) Odissea. Le avventure di Ulisse (1969) con l’apporto fondamentale per gli efetti speciali di Mario Bava e carlo Rambaldi. con meno successo e polemiche – taluni intellettuali ritennero una profanazione “tradurre” Omero in tv – Rossi dirigerà anche L’Eneide (1974) avvalendosi della fotograia di Vittorio storaro. il regista approda inine alla Roma del i sec. d.c. con una versione televisiva di Quo Vadis? (1985), una coproduzione tra RAi e diversi partner internazionali in 6 puntate da 55 minuti ciascuna. il romanzo di sienkiewicz è adattato dallo stesso regista con ennio de concini, “una delle levatrici” del peplum all’italiana, e F. scardamaglia, iglio di elio, il produttore dello sceneggiato. la serie approfondisce con una discreta cura del particolare la vita quotidiana a Roma, mirando prevalentemente a mettere in risalto il confronto tra mondo “pagano” e emergenza del cristianesimo. Mentre nella produzione I, Claudius della BBc più o meno lo stesso periodo è narrato dal punto di vista del potere, con grande attenzione alla dimensione privata degli imperatori (vi si vede perino un anziano claudio seduto sul gabinetto, ig. 39), il Quo Vadis? di Rossi, utilizzando la trama del romanzo come mero contesto, analizza la varietà dei riti e le forme della religiosità Romana ponendoli in contrapposizione con la “semplicità” del “nuovo” culto proveniente dalla Giudea, ad esempio: presentando un incontro immaginario, con dialogo para-teologico, tra petronio Arbitro (F. Forrest) e paolo di tarso (p. leroy). lo zelo cattolico, inevitabile nelle realizzazioni italiane, conduce però ad eccessi che sfociano in grossolani anacronismi, come l’esibizione del simbolo della croce in mano a tigellino in una sequenza del ilm (ig. 40). notevole, come solo nel precedente I, Claudius e nel successivo Rome della HBO149, la presentazione di dettagli della vita quotidiana e la cura delle scenograie di interni e dei costumi, con una evidente inluenza estetica del Satyricon di Fellini, orientata a evidenziare la lussuosa decadenza della cultura romana – tessuti e parrucche rimandano all’ancien regime nella Francia del XViii secolo, visto nel luigi XiV di Rossellini in televisione – in stridente urto con la nascente morale cristiana.

Fig. 39. Claudio seduto sul gabinetto in una scena di I, Claudius (Wise, 1976).

Fig. 40. Tigellino con in mano la croce in una scena di Quo Vadis? (Rossi, 1985).

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con qualche intento di rappresentare anche la vita quotidiana a pompei, la coproduzione UsA-GB-italia di he Last Days of Pompeii (peter Hunt, 1984) ripropone un adattamento, il primo per la televisione, del romanzo vittoriano di edward Bulwer-lytton, schierando tra gli attori l’anziana leggenda laurence Olivier (Gaio). Girato parzialmente nella vera pompei e nonostante il budget da 19 milioni di dollari, l’efetto “cartone” delle scenograie è talvolta in troppo evidente. il critico del new York times scrisse “it is a colossal failure”150. L’impero colpisce ancora Alla ine degli anni settanta comincia una rivoluzione tecnologica, ancora in atto, che coinvolge il sistema delle comunicazioni, dei linguaggi e sin dal principio trova applicazione nel cinema. lo sviluppo dei computer, che consentirà al giovanissimo Bill Gates di diventare in pochi anni l’uomo più ricco del mondo, permette la trasformazione delle informazioni scritte e graiche nel formato digitale, riducendoli ad un semplice codice numerico binario, poco ingombrante, veloce e facile da gestire. il primo segnale nel cinema si trova nella superproduzione di Superman (R. donner, 1978), costata all’epoca 35 milioni di dollari (82 milioni l’incasso in UsA) di cui 3 milioni per i dieci minuti di M. Brando che interpreta Jor-el; si fece ricorso alla computer graica solamente per la realizzazione dei titoli di testa. successivamente il colosso disney compie il passo decisivo: dopo la morte del fondatore Walt nel 1966 (l’ultimo ilm sotto la sua diretta supervisione fu he Jungle Book, W. Reitherman), la produzione cinematograica dei “classici”151 d’animazione attraversò il decennio successivo non senza diicoltà, spingendo la major alla ricerca di soluzioni innovative. nel 1980 il trentenne disegnatore newyorkese steven liesberger si aggirava tra i diversi studios con un breve ilmato promozionale che univa l’animazione tradizionale alle nuove e primitive tecniche digitali. nessuno dei produttori incontrati si pronunciò deinitivamente, inché la Walt disney pictures si decise a rischiare accettando di sperimentare la tecnica in un intero lungometraggio. liesberger fu aiancato dall’esperto di efetti visivi Harrison ellenshaw e nel 1982 i due presentarono Tron (s. liesberger, 1982) (ig. 41), il primo ilm a fare ampio uso delle tecniche di com-

Fig. 41. Una scena di Tron (Liesberger, 1982).

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Fig. 42. Un dinosauro realiizzato in animatronics.

puter graica152. contemporaneamente la ilM (industrial light & Magic) di George lucas, nata dal team di esperti di efetti speciali autori di Star Wars (G. lucas, 1977), aveva realizzato una scena di Star Trek II: he Wrath of Khan (n. Meyer, 1982) con la stessa tecnica digitale, poi perfezionata per dare forma in 3d, sia all’essere alieno di he abyss (J. cameron, 1989), sia al cyborg di metallo liquido antagonista di Arnold schwarzenegger in Terminator 2: Judgment Day (J. cameron, 1991). il successo deinitivo della nuova tecnologia sarà determinato dall’incontro tra la ilM e spielberg nella realizzazione di Jurassic Park (s. spielberg 1993). i dinosauri del ilm, in progetto dal 1989 sulla base del manoscritto del libro di Michael crichton (pubblicato l’anno successivo), originariamente dovevano essere realizzati in stop-motion, ma la velocità di crescita della tecnologia digitale e i risultati ottenuti indussero spielberg e i produttori a scegliere la computer graica, anche se per ragioni tecniche e spettacolari alcuni dinosauri vennero comunque realizzati seguendo procedimenti elettro-meccanici (animatronics) (ig. 42). la difusione delle tecniche di computer graica (cG) ha spalancato le porte di un nuovo mercato, sia cinematograico che televisivo, che si è inine aperto al recupero del genere storico per il quale le diicoltà e i costi di ricostruzione di ambienti antichi o la realizzazione di scene di massa, tra le principali cause dei disastri economici dei colossal anni sessanta, potevano ora essere superati con relativa facilità. se Cleopatra (Mankiewicz, 1963) e he Fall of the Roman Empire (Mann, 1964) segnarono la ine di un epoca produttiva nell’ambito di un genere, gli stessi titoli si ritrovano alle soglie del XX secolo quando il ilm storico-antico torna a far parlare di sé, al cinema e in televisione. con Gladiator (R. scott, 2000) e con Cleopatra (F. Roddam, 1999), le produzioni investono nel colossal attingendo ampiamente alla cG, non nascondendo il debito estetico verso i predecessori, assolto attraverso citazioni e rimandi ammiccanti ai modelli del passato o attraverso un rovesciamento delle basi storiograiche. il Cleopatra di Roddam è basato sul romanzo di Margaret George Memoirs of Cleopatra (1997), in cui l’autrice simula un’autobiograia della regina proponendola in chiave “femminista”; il ilm-tv (3 episodi da 50 minuti) è una coproduzione del network americano ABc con la Babelsberg international Film produktion (Germania) da 28 milioni di dollari girata in Marocco (Ouarzazate), dove il ilm fu travolto da un drammatico lutto quando morì in un incidente stradale durante le riprese il costumista italiano enrico sabbatini, specializzato in ilm storici. Al posto che fu di heda Bara, claudette colbert e liz taylor c’è l’esotica modella franco-cilena leonor Varela, iglia del noto neuro scienziato Francisco Varela; mentre Giulio cesare è l’ex 007 timothy dalton e Billy Zane, reduce dai panni del “ricco e cattivo” rivale di leonardo di caprio in Titanic, è Marco Antonio. il produttore esecutivo, Robert Halmi, dichiarò all’epoca: “We needed to do all this to be able to compete with the movies [...] i have to ofer something diferent to the public, it has to be competing with the big screen, cable, the internet. We have to catch people’s eye and say, ‘his is worth watching.’ And unfortunately, that costs money.”153 tuttavia era certo anche ben consapevole che senza l’ausilio delle nuove tecnologie tutto sarebbe costato almeno il doppio. sul grande schermo la vicenda vista in he Fall of the Roman Empire è aggiornata da R. scott in Gladiator sulla base del lavoro dello sceneggiatore david Franzoni, che aggiunge elementi “spartachisti” e guarda esteticamente al colossal di Kubrick. il budget issato 49

Fig. 43. Una scena di Gladiator (Scott, 2000). Lo sfondo è completamente ricostruito in computer graica.

era di 103.000.000 di dollari, in proporzione un terzo del costo inale di Cleopatra (1963), a fronte di un incasso complessivo di 457.640.000 di dollari solo nel 2000 (senza lo sfruttamento dei passaggi televisivi e del mercato homevideo); decisamente un afare. Girato in Marocco, tunisia, italia e Malta, il ilm si chiude a los Angeles negli studi cinematograici della Universal per ilmare gli interni; in italia il comune di Roma negò l’uso del colosseo (nel 1999 in restauro) e il primo anello dell’aniteatro fu perciò ricostruito a Malta, mentre le gradinate successive (e la relativa folla) furono aggiunte in cG, così come altre inquadrature panoramiche d’architettura, scene di massa, piogge di frecce e dardi, ecc. (ig. 43). casualmente anche questo ilm è stato segnato da un lutto per la morte improvvisa di Oliver Reed (proximo), stroncato da un infarto in un pub a la Valletta a riprese non ancora ultimate. Mancando alcune inquadrature con l’attore inglese, si presentò a scott lo stesso problema che ebbe George stevens con Giant (1956) dopo lo schianto in porsche di James dean, all’epoca risolto con una controigura ripresa di spalle. in questa occasione, come per he Crow (A. proyas, 1994) funestato anch’esso dall’improvvisa morte di Brandon lee iglio del leggendario Bruce lee (pure morto sul set), il volto dell’attore defunto venne ricostruito e inserito in postproduzione con l’ausilio della cG. come s’è anticipato, scott ha sempre tenuto presente il passato del genere cinematograico che si accingeva a riportare in auge, e in diverse interviste ha ricordato la grande inluenza sull’immaginario gladiatorio del pubblico del quadro di Gérôme Pollice Verso (1872) (ig. 44), riprodotto da Guazzoni nel Quo Vadis? (ig. 45); benché avvertito dai consulenti dell’imprecisione storica del gesto, scott preferì rinunciare al realismo e conservare l’immagine che seguiva la decisione di mandare a morte lo sconitto (ig. 46) e che generazioni di spettatori in un secolo di cinema sono stati “assuefatti” a vedere. più gravi sono forse gli errori nelle diverse epigrai visibili qua e là nel ilm quando, nei titoli di coda, si ringrazia esplicitamente per la consulenza la latinista di Harvard Kathleen coleman. Vincitore di cinque Oscar, il ilm ha rilanciato il genere e a Hollywood sono tornati ettore e Achille in Troy (W. petersen 2004) e Alessandro Magno secondo Oliver stone (Alexander, 2004); mentre per il 2010 è previsto Memoirs of Hadrian, basato sull’omonimo romanzo di Marguerite Yourcenar e diretto da J. Boorman, il regista dell’incubo antropologico Deliverance (1972)154. 50

In alto a sinistra: Fig. 44. Il dipinto di Jean-Léon Gérôme Pollice Verso (1872). In alto a destra: Fig. 45. Una scena di Quo Vadis? (Guazzoni, 1913), che riproduce fedelmente il dipinto di Gérôme. A lato: Fig. 46. Il pollice verso in una scena di Gladiator (Scott, 2000).

Mai rassegnata alla sudditanza con Hollywood, la Francia trova nell’innovazione tecnologica la possibilità di afermarsi in un mercato più ampio, sidando gli studios di los Angeles sul terreno del ilm spettacolare diretto a un pubblico internazionale. il più attivo su questo fronte è il regista e produttore luc Besson che si aferma con Nikita (1990), poi rifatto nel ’93 dagli americani (Point of No Return, J. Badham), e con Leon (1994) che lancia l’attore Jean Reno. Besson, attingendo ampiamente alle possibilità della cG, tenta anche la via più diicile del cinema di fantascienza e dirige Le Cinquième élément (1997), poi si muove verso lo scontro più arduo con il cinema per bambini, sidando i colossi disney e dreamworks, dirigendo Arthur et les Minimoys (2006), del quale i due sequel attualmente in postproduzione testimoniano quantomeno il successo economico dell’impresa. su questo terreno “dissodato” da Besson, il produttore francese Jacques dorfmann, con alle spalle ilm come L’armée des ombres (J.p. Melville, 1969) e il preistorico antropologico La guerre du feu (J.J. Annaud, 1981), si mette dietro la macchina da presa e tenta una risposta franco-canadese al Gladiatore con un nazionalistico Vercingétorix (2001) (ig. 47), dove l’eroe gallo è interpretato dall’ex tarzan cristoph lambert e il ruolo di cesare è aidato all’esperto Klaus Maria Brandauer. sebbene per la prima volta, pure seguendo il De bello Gallico, il punto di vista “francese” mostri le varie tribù galliche e le loro ataviche divisioni, il Giulio cesare di Brandauer venato di accenti nazistoidi e l’imbarazzante sceneggiatura ne decretano il fallimento al botteghino. per dare un’idea della scelta nei dialoghi, si può ricordare una sequenza chiave del ilm: Vercingetorige incontra una pattuglia romana nella foresta e, ormai convinto della “resistenza”, anziché rispettare gli accordi e consegnare il tributo dovuto, decide di restituire il cavallo che tempo prima cesare gli aveva regalato, accompagnandolo con una mano tagliata a un legionario e con 51

Fig. 47. Una scena da Vercingétorix (Dorfmann, 2001).

la frase: “Ridate a cesare quello che è di cesare”, impossibile ma ammiccante allusione al passo evangelico redatto oltre un secolo più tardi. sulla stessa linea anche il novantenne e indomito dino de laurentiis, l’unico vero sidante italiano – sul inire degli anni sessanta – dell’industria hollywoodiana (presso la quale decide poi di trasferirsi): appoggiandosi al romanzo fantastorico “l’ultima legione” (2002) del narratore V.M. Manfredi, abbraccia il revival del genere storico-romano e produce he Last Legion (doug leler, 2007). la comparsa della magica spada excalibur e l’intreccio con la saga arturiana, posiziona il ilm in competizione, più che con Gladiator, con la saga di Indiana Jones o I Pirati dei Caraibi. sul corriere della sera Kezich conclude la sua recensione: “Mezzo secolo fa un prodotto sifatto avrebbe forse sbancato il botteghino”155. con un budget di 67.000.000 di dollari l’incasso inale sarà di neppure 6 milioni. dopo Cleopatra, i romani in televisione tornano con la prima biograia dai 20 ai 56 anni di Giulio cesare: Julius Caesar (U. edel, 2002), una coproduzione UsA, Germania, Olanda e italia, girata in Bulgaria (Gallia) e a Malta (Roma), costata complessivamente oltre 25 milioni di euro. trasmesso in due parti da 90 minuti, Julius Caesar è diretto con mestiere dal tedesco edel (Christiane F. - Wir Kinder vom Bahnhof Zoo, 1981): a lui e ai produttori si deve il merito di aver tentato la rappresentazione di un giovane cesare in un contesto storico mai visto prima in un ilm-tv, proponendo al grande pubblico il cursus honorum del futuro dittatore. tuttavia la scelta dell’attore Jeremy sisto, visto in tv nell’agiograia RAi Jesus (R. Young, 1999), avrebbe richiesto per l’invecchiamento uno sforzo maggiore, sicché il cesare delle idi di marzo appare poco credibile, non essendo neppure accennata l’odiosa calvizie. Un lutto oscura anche questa iction: nei titoli di testa è la dedica a Richard Harris, scomparso a ine riprese, interprete di un silla maniaco e sanguinario, ancora erroneamente dittatore al momento della plateale morte. Julius Caesar è 52

recensito così sulle pagine del corriere della sera da luciano canfora: “la iction di Uli edel è uno sconcertante pasticcio”. il ilologo, autore di celebri saggi sul generale romano, lamenta curiose invenzioni (“cesare e pompeo, travestiti da gladiatori, si giocano qualche migliaio di legionari nel corso di una specie di duello”), anacronismi (“la improvvisa evocazione della «mezza luna fertile»: ne parla un attore di strada di tipo felliniano, pensando di riferirsi ad Alessandria di egitto”) e una sceneggiatura a tratti imbarazzante (“la povera Valeria Golino (calpurnia) ... è qui costretta a pronunciare – pensando a cleopatra – una terriicante battuta: «non si vorrà impedire a una donna di vedere la sua rivale!»”)156. intanto la Rai e la lux Vide dell’ex padre-padrone di viale Mazzini ettore Bernabei157, specializzata in iction storica e preti/detective, lancia la serie Imperium sui sovrani romani e la Roma cristiana: Augusto (R. Young, 2003), Nerone (p. Marcus, 2004), San Pietro (G. Base, 2005), Pompei (G. Base, 2006), Agostino (c. duguay, 2009158). per Augusto il budget è di 20 milioni di euro, di cui 5 provengono dall’italia, in una coproduzione internazionale con Francia, Germania, spagna, Austria e inghilterra. la troupe per la ricostruzione di Roma si sposta nei dintorni di Hammamet in tunisia, mentre il cast internazionale nel ruolo dell’imperatore prevede l’ormai anziano peter O’toole. Questi, in un intervista durante la lavorazione, alla domanda “perché il cinema, dai peplum movie ino al recente Gladiatore, ha sempre così amato il mondo dell’antica Fig. 48. Una scena di Augusto (Young, 2003). Lo sfondo è completamente ricostruito in computer graica. Roma?” risponde: “Ma non solo il cinema. il teatro, la letteratura... Basta pensare a shakespeare: quel mondo a tinte forti, di eroi e guerrieri, ha sempre avuto gran richiamo spettacolare. l’importante è accostarlo con serietà, a un buon livello culturale”159. con questa intenzione la produzione ha infatti arruolato uno stuolo di eminenti storici romani da diverse università160; tuttavia il risultato complessivo, costretto negli obblighi estetico-didascalici della prima serata sul principale canale nazionale generalista, non riesce a cogliere pienamente le indicazioni dei consulenti e quello che resta è un pastiche manieristico dove la storia è per lo più aidata a costumi e scenograie (ig. 48). nel lashback di cesare in egitto compare la più imbarazzante cleopatra mai vista al cinema e in tv: l’ex miss italia 1995 Anna Valle. il direttore di Rai Fiction, all’epoca Agostino saccà, dichiarò: “Rimanendo fedeli alla storia, siamo riusciti a confezionare un grande racconto popolare, che descrive anche amori, intrighi, passioni e soprattutto il potere. Un impasto che dovrebbe funzionare”161. trasmesso in due parti da Raiuno nel dicembre 2003, ottiene 8.008.000 spettatori (share 27,51%), meno del contemporaneo, e costato un decimo, Distretto di polizia di canale 5 che raduna davanti alla tv 9.043.000 spettatori (share 31,89%). le successive produzioni Nerone e Pompei rientrano nello stesso progetto: gli elementi scenograici più costosi sono recuperati dal set di Augusto negli empire studios in tunisia, in comproprietà dalla lux Vide con la carthago ilm di tarak Ben-Ammar, le aggiunte (come il colosseo) sono costruite man mano che la serie Imperium procede nel tempo 53

storico (in preparazione ci sono: Marco Aurelio, Costantino e La caduta dell’Impero). nel ruolo di nerone c’è un giovane attore irlandese, Hans Matheson, che alla conferenza stampa, rispondendo ad una domanda sulla sua preparazione storica relativa al personaggio, dichiarava: “la mia conoscenza si basava soltanto sui clichè. Mi sono preparato per il ruolo leggendo il saggio di Richard Holland ma alla ine ho preferito fare di testa mia. leggendo nerone sui libri non riuscivo a capire la sua personalità”162. il risultato inale è un bravo ragazzo tormentato da un rapporto diicile con la madre che lo porterà inine a perdere la testa, ino al matricidio e all’odio verso i cristiani. in una sequenza della prima parte, dopo il ritorno a Roma dall’esilio, nerone conduce di notte a cavallo la giovane amata Atte (una schiava) sul Gianicolo per vedere Roma dall’alto illuminata dalle iaccole e si lascia andare a considerazioni politiche: “Un mare di persone, mentre tutta la ricchezza è in mano a una manciata di nobili, e intorno a loro povera gente, persone disperate che lottano con ogni mezzo per cercare di sopravvivere”. la ragazza risponde “così è il mondo, non solo Roma” e il giovane nerone conclude profetico “Ma anche il mondo può cambiare, se io cambierò Roma!”. la produttrice della lux Matilde Bernabei conferma: “la storia ha vilipeso nerone. noi abbiamo tentato di riportarlo alla sua luce più vera: un uomo tormentato che, dopo essere partito bene nonostante le soferenze dell’infanzia, è andato verso la negatività. diventare un uomo di potere lo ha stravolto”163. dal set di Nerone, il fratello di Matilde, luca Bernabei, annuncia Tito (poi Pompei): “il prossimo capitolo è dedicato all’imperatore tito. durante il suo regno, tre fatti importanti: la distruzione del tempio di Gerusalemme, la distruzione di pompei e l’inizio della costruzione del colosseo. come nel caso di Nerone, dove abbiamo cercato di rendergli giustizia, anche per il suo successore non ci limiteremo a snocciolarne la biograia, ma inquadreremo la sua vicenda nei grandi eventi storici”164. in realtà il progetto subirà una trasformazione radicale nel solco della tradizione delle varie versioni e divagazioni intorno a Gli ultimi giorni di Pompei (come l’ultimo docudrama prodotto della BBc Pompeii: he Last Day - p. nicholson, 2003). il Pompei della RAi è costruito come un melò romano-catastroico, alla ine della vicenda di tito (G. Gemma) non resta molto e il plot si dipana tra i ili del thriller politico (il protagonista Marco deve sventare un complotto) e della favola d’amore e conversione (tra Marco e la schiava Valeria), sicché la storia di Roma - con la consulenza di Andrea Giardina e Angela donati – appare fatalmente connessa alla vicenda cristologica, nello stile dei produttori lUX sempre più determinati in questa direzione tele-evangelizzatrice. Gli efetti speciali dell’eruzione e distruzione della città – per il produttore “meritevoli di attenzione a livello planetario”165 – sono stati realizzati in computer graica con la consulenza di Anthony la Molinara, vincitore dell’Oscar del settore con Spiderman 2 (s. Raimi, 2004). il critico tv Aldo Grasso in troppo comprensivo scrive dopo la trasmissione di “attori che recitano in maniera approssimativa, con una direzione, quella di Giulio Base, più adatta all’illustrazione che alla scrittura, con una storia che appare sempre troppo scontata”166. che cosa accade mescolando il peplum cinematograico Il Gladiatore con il serial televisivo Sex & the city? tenta la pozione la rete UsA via cavo HBO in coproduzione con BBc: ne esce Rome (2005-07) che con 120 milioni di euro, è la più costosa produzione televisiva mai realizzata (ig. 49), interamente girata a cinecittà dove le vie di Roma, le piazze, i luoghi simbolo dell’architettura, riprendono vita in un gigantesco set come non 54

Fig. 49. La ricostruzione di un processo per omicidio da una sequenza di Rome (2005-07).

si vedeva dall’epoca di Cleopatra. l’idea originaria è di John Milius167, sceneggiatore di Apocalypse Now (F. coppola, 1979) e regista di Un mercoledì da leoni (1978), e ha uno sviluppo ambizioso: cinque stagioni da 12 episodi ciascuna (50 minuti ogni ep.). l’obiettivo inale è riuscire a raccontare un secolo di storia, ancora una volta l’archetipo è I, Claudius di Graves, attraverso le vicende dalla dinastia giulio-claudia ma la serie, dopo due stagioni, viene interrotta per problemi economici, crisi nella coproduzione internazionale e qualche polemica168. due i protagonisti della prima stagione: da una parte Giulio cesare (ciarán Hinds) e la sua vicenda storica, seguita da Alesia alle idi di marzo; dall’altra il tòpos dell’amicizia virile caratteristico di Milius che inventa due commilitoni vicini a cesare, lucio Voreno, religioso e incorruttibile primus pilus della XIII legione, e tito pullo, un manesco legionario, ubriacone e inizialmente senza illusioni. in mezzo scorrono e s’intrecciano le vicende politiche, sentimentali, pubbliche e personali degli uomini di potere e delle donne che tramano nell’ombra, in un turbine di passioni, tradimenti, corruzione e depravazione. Questo è probabilmente il motivo che ha spinto la RAi a non trasmettere la seconda stagione. Uicialmente la rinuncia è spiegata dal basso indice di ascolto (10% di share su Raidue per la prima puntata e 5% alla dodicesima); tuttavia il riiuto del pubblico è legato alle polemiche censorie, perchè la serie trasmessa in italia non era quella vista dal pubblico della BBc. la violenza e il sesso esibito, i dialoghi espliciti, la “normalità” dell’omosessualità, la relazione lesbica di servilia e l’incesto col fratello Ottaviano, un nudo frontale di Marco Antonio, sono stati censurati e sostituiti dalla RAi con scene edulcorate e girate appositamente per l’italia. il pubblico, a conoscenza della versione originale molto prima del lancio televisivo grazie alla rete internet, non ha apprezzato, sottraendo il proprio consenso al prodotto di cui conosceva i limiti e di cui proprio quegli “eccessi” negati costituivano la novità più attesa. consulente della serie è il direttore del dipartimento documentari storici della BBc Jonathan stamp e per quanto non siano rare nella serie 55

le licenze narrative (nella sequenza davanti al Rubicone a cesare sfugge un “dobbiamo valicare le Alpi”) la qualità del contesto storico è per ora la più alta mai vista in un ilm su Roma archeologica. nonostante ciò luciano canfora, seguendo un ragionamento strettamente storico, ha afermato: “divulgare errori è il peggio che si possa fare. È il più grande aiuto che si possa dare al conservatorismo culturale e alla difesa di tipo passatista dello studio degli antichi”169.

pARte 2 – lA RAppResentAZiOne del lAVORO e dei MestieRi nel cineMA stORicO-ROMAnO

La pittura alla base del cinema: un panorama iconograico il caso visto nel precedente capitolo del dipinto di Jean-léon Gérôme (Pollice Verso, 1872) e della sua inluenza sul cinema170, costituisce in efetti la punta di un iceberg: la struttura dell’immaginario iconograico che conluisce nelle pellicole su Roma antica è infatti in debito con le decine di quadri realizzati, tra la ine del XViii secolo e gli inizi del XX, da pittori ispirati dalla riscoperta del mondo classico, ciascuno seguendo personali re-visioni del passato, nel solco delle tesi estetiche del Winckelmann171. il pittore decisivo per lo sviluppo del genere172 è il francese Jacques-louis david. probabilmente stimolato da he Oath of Brutus (1763-64) (ig. 1) del pittore e archeologo scozzese Gavin Hamilton (che aveva studiato a Roma da Agostino Masucci), ma anche ispirato dalla popolare tragedia di corneille, Horace (1640), a sua volta derivata dall’opera di tito livio Ab urbe condita (in particolare i, 25), david realizza Le Serment des Horaces (1785) (ig. 2) e riscuote un immediato successo che lo condurrà al ritorno sul tema, prima con Les licteurs rapportent à Brutus les corps de ses ils (1789) (ig. 3) realizzata a ridosso della Rivoluzione, e poi con Les Sabines (1799) (ig. 4), una tela visibilmente immersa nello scenario della contemporanea Francia in fermento. nel 1748, per l’impulso della monarchia borbonica, avevano preso il via gli scavi a pompei; tuttavia solo nel 1860, con l’unità d’italia e la nomina di Giuseppe Fiorelli alla direzione dei lavori (1861), la continuità sistematica della ricerca archeologica difonde una visione d’insieme dell’antica città sepolta; grazie al suo spirito divulgativo, il nuovo direttore intuisce la possibilità di restituire l’orrore del disastro attraverso la realizzazione

Fig. 1. Gavin Hamilton, he Oath of Brutus (1763-64).

Fig. 2. Jacques-Louis David, Le Serment des Horaces (1785).

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Fig. 3. Jacques-Louis David, Les licteurs rapportent à Brutus les corps de ses ils (1789).

Fig. 4. Jacques-Louis David, Les Sabines (1799).

Fig. 5. Alexandre Cabanel, Cleopatra testing poisons concondemned prisoners (1897).

Fig. 6. Frederic Leighton, Wedded (1881-82).

dei calchi delle vittime, sepolte dalla furia dei lussi piroclastici. l’idea è un successo. il sito archeologico organicamente tornato alla luce, che già dopo i primi interventi borbonici aveva suggerito lo spunto narrativo a edward Bulwer-lytton per he Last Days of Pompeii (1834), incrementa l’impatto del già difuso “gusto pompeiano” sulla cultura visuale oltre che su quella letteraria. Unito al successo delle illustrazioni coloniali difuse in europa – tra le quali trionfano quelle dell’egitto e del vicino Oriente – l’intreccio storico-estetico trova largo riscontro nella pittura, a partire dalla metà del XiX secolo; a questo punto le arti igurative ampliicano la tendenza estetizzante, rispetto al già neoclassico david, sicché la corrente pittorica principale, assieme al ilone “neopompeiano”, è deinita sarcasticamente art pompier173. indipendentemente dai giudizi estetici, estranei a questa rassegna panoramica, all’interno di tale ambito gli artisti più sedotti dal mondo Romano, Gérôme e Alma-tadema, 58

sono anche i due esponenti più noti e proliici; a loro, fra i molti attivi in questo periodo174, si possono aggiungere: Alexandre cabanel (ig. 5), Frederic leighton (ig. 6), charles Gleyre (ig. 7), domenico Morelli (ig. 8), héodore chassériau (ig. 9), homas couture (ig. 10), Henryk siemiradzki (ig. 11), Francesco netti (igg. 12-13)e edward J. poynter. Quest’ultimo dipinge la guerra di Roma contro cartagine (ig. 14), con tanto di scritta Delenda est Carthago incisa sulla catapulta, e soprattutto presenta Faithful unto death (1865) (ig. 15), il suo lavoro più celebre direttamente ispirato al libro V-capitolo 6 del romanzo he Last Days of Pompeii, chiaramente allusivo della devozione stoica al dovere, cifra del soldato Vittoriano. Gérôme, in opposizione all’impressionismo germogliato dai turbamenti della neonata fotograia, oltre al già ricordato Pollice verso, propone ancora il colosseo dei gladiatori

Fig. 8. Domenico Morelli, Bagno pompeiano (1861). Fig. 7. Charles Gleyre, Les Romans passant sous le joug (1858).

Fig. 9. héodore Chassériau, Tepidarium de Pompei (1853).

Fig. 10. homas Couture, he Romans of the Decadence (1847).

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Fig. 11. Henryk Siemiradzki, Le torce di nerone (1876).

In alto a sinista: Fig. 12. Francesco Netti, Lotta dei gladiatori durante una cena a Pompei (1880). In alto a destra: Fig. 13. Elmo in bronzo usato da Netti come modello per il suo dipinto, Museo Archeologico Nazionale di Napoli. A lato: Fig. 14. Edward J. Poynter, he Catapult (186872).

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(ig. 16) insieme al mito, anch’esso icona fondamentale per il cinema, dei cristiani sbranati dai leoni (ig. 17); poi rievoca quella che per lui è l’essenza della vita di cesare: la relazione con cleopatra e l’assassinio delle idi (igg. 18-19). la contemplazione della vestigia archeologiche da parte degli intellettuali europei, da tempo parte essenziale dell’esperienza formativa aristocratica attraverso il

Fig. 16. Jean-Léon Gérôme, Ave Caesar morituri te salutant (1859).

Fig. 15. Edward J. Poynter, Faithful unto death (1865).

Fig. 17. Jean-Léon Gérôme, he Christian Martyrs Last Prayer.

Fig. 18. Jean-Léon Gérôme, Cleopatra e Cesare (1866).

Fig. 19. Jean-Léon Gérôme, L’assassinat de César (1867).

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Grand Tour, in Gérôme, e più ancora in tadema, trova pieno sviluppo in una pittura volta a restituire una “vita” ai luoghi archeologici che le fotograie (o la visita diretta) mostrano vuoti e in rovina. Gli scavi o i resti aioranti del mondo romano diventano set e sulle tele, ricostruiti nelle parti mancanti (come oggi si fa con la cG), tornano a vivere le vicende quotidiane dei gloriosi abitanti, tra storia e (molta) immaginazione. Mentre ancora Gérôme evoca ad esempio un prigioniero di guerra a ridosso delle mura cittadine (ig. 20), il commercio degli schiavi (ig. 21) e una bottega di sculture (di cui non sorprende il punto di vista simile a certe inquadrature delle successive produzioni cinematograiche) (ig. 22), l’olandese lawrence Alma-tadema, naturalizzato inglese nel 1873, si aferma come il più completo illustratore dell’antichità romana.

In alto a sinista: Fig. 20. Jean-Léon Gérôme, Cave canem, prisonnier de guerre à Rome (1881). In alto a destra: Fig. 21. Jean-Léon Gérôme, Vente d’une esclave (1884). A lato: Fig. 22. Jean-Léon Gérôme, Breathes Life into Sculpture (1893).

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Alma-tadema175 realizza le sue tele mediando abilmente tra uno scrupoloso ricorso alle fonti e la sua personale ispirazione e visione della storia. Una vasta biblioteca personale, un catalogo fotograico ben fornito e diversi viaggi a Roma e pompei (1863, 1875, 1878, 1883), sono la base archeologica del suo lavoro; quest’attenzione “scientiica”, caratteristica del contemporaneo clima positivista, si traduce in una rappresentazione estetizzante del mondo antico, popolata di oggetti quotidiani, epigrai, sculture, ambienti e materiali (igg. 23-24) che il pittore fotografa nei musei oppure esamina di persona durante le visite agli scavi; e quando queste condizioni mancano, si avvale del suo archivio di foto, cartoline, disegni e illustrazioni scientiiche.

Fig. 23. Lawrence Alma-Tadema, An Exedra (1871). L’ampia panca marmorea è la tomba di Mamia, sulla Via dei Sepolcri alla periferia di Pompei.

Fig. 24. Una scena di he robe (Koster, 1953) chiaramente ispirata al dipinto di Alma-Tadema.

Rivive così la grande storia attraverso le opere dedicate a tarquinio il superbo e cesare (ig. 25) o agli imperatori: caracalla, Vespasiano, Adriano, claudio, eliogabalo e tito (ig. 26). l’efetto mitico pompei/Fenice – una città fantasma riemersa dalle ceneri – su Alma-tadema è invece ben visibile nelle ricostruzioni di ambienti privati (igg. 27-30), arredati talvolta anacronisticamente con l’oggettistica vista al Museo Archeologico nazionale di napoli; inché nel 1901 quando il cinema è in fasce, realizza Interior Of Caius Martius’s House (ig. 31), in efetti (e presumibilmente involontariamente) una ricostruzione per la scenograia di un Quo Vadis? o Gli ultimi giorni di Pompei. 63

l’interesse del pittore verso il lavoro dei romani è parte essenziale del suo programma iconograico. Attraverso di esso la quotidianità rivive materialmente sulla tela, iltrata dallo sguardo del collezionista-archeologo appassionato della cultura antica e testimo-

Fig. 25. Lawrence Alma-Tadema, Ave, Caesar! Io, Saturnalia! (1880).

Fig. 26. Lawrence Alma-Tadema, he Triumph of Titus, A.D. 71 (1885).

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Fig. 27. Lawrence Alma-Tadema, he discourse (s.d.).

Fig. 28. Lawrence Alma-Tadema, Tibullus at Delia’s House (1866).

Fig. 29. Lawrence Alma-Tadema, Conidences (1869).

Fig. 30. Lawrence Alma-Tadema, An Oleander (1882).

Fig. 31. Lawrence Alma-Tadema, Interior of Caius Martius’ House (1901).

niato dalle opere dove sono rievocati i mestieri: l’architetto alle prese con il colosseo e lo scultore col cesto degli attrezzi bene in evidenza; oppure la bottega di un vasaio nella Britannia romana e il commercio di iori nelle strade della gaudente pompei (igg. 32-33); o ancora un lontanissimo collega celebrato con alato mimetico nel dipinto A Roman Artist (ig. 34). nel 1883, mentre cesare Maccari ha appena avviato i lavori degli afreschi per il palazzo del senato176, Alma-tadema espone con successo a Roma alla Mostra internazionale di Belle Arti e le sue tele impressionano fra gli altri un ventenne e semisconosciuto Ga65

In alto a sinista: Fig. 32. Lawrence Alma-Tadema, he Flower Market (1868). In alto a destra: Fig. 33. Lawrence Alma-Tadema, Hadrian Visiting a Romano-British Pottery (1884). A lato: Fig. 34. Lawrence Alma-Tadema, A Roman Artist (1874).

briele d’Annunzio; per quest’ultimo è un esperienza i cui ricordi riaioreranno senz’altro nel 1914, quando ormai “Vate” accetterà di collaborare con pastrone alla messa in scena di Cabiria. troppo giovani invece all’epoca della mostra i fondatori del kolossal storico luigi Maggi (1867-1946) e enrico Guazzoni (1876-1949); tuttavia la mancata presenza all’esposizione romana non ha certo impedito anche in questo caso l’incontro: sia Maggi che Guazzoni, l’uno tipografo, l’altro studente all’Accademia di Belle Arti a Roma e poi cartellonista e decoratore, travasano nell’allestimento dei loro ilm le suggestioni delle opere di tadema e dei suoi colleghi con le quali successivamente, per formazione e esperienza professionale, entrarono comunque in contatto177. Il lavoro e i mestieri: una perlustrazione l’interesse del cinema per la vita quotidiana, benché generico e motivato da ragioni commerciali piuttosto che di vera considerazione per la storia, coincide con la nascita del genere “romano”, decisamente inluenzato per le scenograie e i costumi dalla pittura. Ad essa viene riconosciuta tacitamente un’autorevolezza tale da essere accolta come una 66

delle fonti principali da produttori e registi, i quali, durante la fase di documentazione e sceneggiatura, vi attingono largamente. inoltre, la tendenza dell’industria cinematograica alla produzione di forme standardizzate renderà duraturo il ricorso a tale fonte, quantunque sempre più indiretto. infatti, col progredire delle produzioni, i nuovi ilm attingono formalmente ai successi precedenti poiché sussiste, come caratteristica propria nello sviluppo del cinema di genere, una congenita inclinazione all’autoreferenzialità estetica (si veda l’esempio del rapporto tra il kolossal he Robe e un dipinto di Alma tadema, igg. 23-24). la concatenazione di rimandi intertestuali e transtestuali178 giungerà così alle soglie degli anni settanta del XX secolo (con l’esclusione degli esperimenti d’autore), inché progressivamente i mutamenti tecnologici e culturali, ricordati nel capitolo precedente, generano diversi tentativi di concreto avvicinamento dell’industria culturale alle fonti storiograiche dell’accademia o a quelle ad essa contigue; tra questi, la serie Rome della HBO costituisce certamente il caso più ardito e interessante, a prescindere dalle inevitabili critiche (peraltro in parte giustiicate). tuttavia, sul tema oggetto di questo lavoro, meritevoli di qualche considerazione aggiuntiva sono certamente i casi unici di Scipione l’Africano che, s’è detto, nonostante la retorica del regime a proposito della Roma imperiale è la sola pellicola in argomento prodotta dal fascismo e dell’hollywodiano he Last Days of Pompeii. programmato per l’uscita in coincidenza con l’inaugurazione degli studios autarchici, la cui campagna pubblicitaria proponeva come slogan: “perché l’italia Fascista difonda nel mondo più rapida luce della civiltà di Roma”, Scipione l’Africano oltre a “volersi porre agli antipodi delle ricostruzioni di paccottiglia che i cinema stranieri ci avevano dato del loro cosiddetto mondo romano”179, vorrebbe essere a suo modo la risposta dell’italia fascista a Der Triumph des Willens (1935) di leni Riefenstahl180, il documentario celebrativo dell’adunata nazista di norimberga (4 -10 settembre 1934). il ilm tedesco si apre sulle nuvole, con una soggettiva aerea che si rivelerà essere il velivolo su cui viaggia il Fuhrer: una vera creatura messianica discende sulla Germania. Ma se Hitler aleggia, Mussolini percorre e attraversa. il primo attinge ad un’estetica tragica e la messa in scena del Reich organizzata da Joseph Goebbels e Albert speer guarda all’estasi delle masse, alla distanza sacrale tra leader e popolo. il secondo invece, costretto al confronto con gli altri due precedenti poteri (il Re e il papa), deve ripiegare sulla commedia dell’arte, ovvero a un “andare verso” il popolo recitando mille ruoli come leopoldo Fregoli181 a beneicio dei cineoperatori e fotograi del luce. È il duce “divo” dell’epoca, star multiforme dell’istituto propagandistico fondato nel 1924 per mezzo del quale s’impone agli italiani: a torso nudo sugli sci al terminillo; in tuba e frac presenzia serate di gala e taglia nastri; con bustina in carta di giornale e cazzuola pone prime pietre; in basco fantozziano e doppiopetto visita le boniiche; col fazzoletto annodato sulla pelata miete il grano; in abiti bianchi da marinaio naviga in barca a vela; in completo da minatore visita le solfatare; decolla dall’aeroporto di centocelle in giubbotto e calottina di pelle; in tight e bombetta accarezza un leone (cucciolo); in paltò e borsalino distribuisce la befana fascista; “pratica” – ma soprattutto ne indossa le divise – la scherma, l’equitazione, il nuoto, il tennis, l’automobilismo, la caccia; si inila in ogni tipo di uniforme e visita truppe ino all’ultimo travestimento, con un pastrano e un elmetto tedeschi quando tenterà invano di fuggire in svizzera a bordo di un camion della Wehrmacht. 67

così il generale scipione (Annibale ninchi) è costruito sul duce (Mussolini) dei cinegiornali di regime e la Roma del 200 a.c. è l’italia del 1936182, sullo sfondo: l’entusiasmato e obbediente esercito di legionari, calcomania immaginaria degli otto milioni di baionette invocate dal dittatore in un celebre discorso contemporaneo alla lavorazione del kolossal: “È dal 1929 che milioni e milioni di uomini, di donne e di fanciulli sofrono le conseguenze di una crisi che oramai non si può non ammettere che sia dovuta al sistema. (Applausi). È dunque un grande ramo d’ulivo che innalzo tra la ine dell’anno XiV e l’inizio dell’anno XV. Attenzione, questo ulivo spunta da un’immensa foresta: è la foresta di 8 milioni di baionette (applausi) bene ailate e impugnate da giovani intrepidi e forti”183.

Quando nel ilm appare la medesima “retorica da balcone” recitata da Annibale ninchi nella corazza di scipione, “un po’ declamatorio”184 con “il suo intransigente tono apologetico”185 – scrive la critica sulla stampa dell’epoca – , nel buio complice della sala, qua e la il pubblico non trattiene una certa ilarità. il cortocircuito semiotico è crudele: il duce romano – prima della battaglia di Zama – esorta le legioni nella mimesi di Mussolini a piazza Venezia che arringa le baionette dai balconi posando a “duce Romano”. non poteva essere detto pubblicamente, tuttavia non pochi dovettero notare già allora come quelle immagini esondassero dalla forma del simulacro, scivolando nel grottesco involontario, nell’auto-satira. il propagandistico Scipione l’Africano186 esibisce una Roma popolata di masse statiche e osannanti in un’anacronistica marea di saluti fascisti187 al passaggio del generale, stretto tra i fasci littori, fatalmente destinato alla gloriosa battaglia (ig. 35).

Fig. 35. Scipione l’Africano (Gallone, 1935).

in questa direzione, il lavoro è celebrato nella forma mitica del fabbro infaticabile che forgia le armi per la vittoria, una visione allegorica – e non l’unica debitrice del cinema sovietico di ejzenštejn e pudovkin – che nelle intenzioni degli autori188 dovrebbe indurre nello spettatore l’ideale collegamento all’economia di guerra intrapresa dal regime dopo le sanzioni (1935). 68

cinecittà e Scipione l’Africano sono progetti nati negli gli anni del massimo consenso ma a cose fatte coincidono con le prime incrinature: l’avvicinamento progressivo alla Germania urta contro le tradizioni del Risorgimento e della Grande guerra, mentre il divario tra stili di vita della borghesia cittadina e mondo rurale si accentua; l’italia è un paese dove il reddito medio è la metà di quello francese, un terzo di quello inglese e un quarto di quello statunitense; il tè, lo zucchero e il café sono prodotti di lusso, gli addetti nell’industria Fig. 36. Scipione l’Africano (Gallone, 1935). e al terziario sono rispettivamente il 26% e il 22%, il resto della forza lavoro è ancora attivo nell’agricoltura (oltre il 50%). nel ilm, tuttavia, i contadini romani sono solo comparse ai margini delle strade, iguranti che acclamano i giovani volontari accorsi numerosi alla chiamata di scipione; come dovrebbero anche accorrere gli spettatori maschi a quella di Mussolini che, a ridosso dell’uscita in sala del ilm, ha ideato il corpo truppe Volontarie per sostenere la reazione clerico-fascista di Franco in spagna. sul giornale «il legionario», quotidiano di propaganda fascista nella guerra civile spagnola, si legge: “il legionario ha dai venti ai quarant’anni. Ha lasciato a casa una famiglia tranquilla, un mestiere, una professione onorata. non aveva nulla da scontare, da farsi perdonare, nulla da sfuggire. eppure, senza che nessuno ce l’abbia mandato a forza, eccolo qui da un anno e mezzo, con le armi a tracolla, con la divisa stinta, trasparente per la consunzione, tenuta insieme per le sue innate virtù di risparmiatore”189, proprio come gli “storici” legionari del ilm. in realtà “per ottenere dei volontari si usavano pressioni e inganni. Alcuni uomini furono richiamati o si presentarono volontari per andare in Africa come coloni e si trovarono, invece, dopo alcuni giorni o settimane, in viaggio per la spagna”190. Alla vita dei campi torna nondimeno scipione-ninchi-Mussolini: nella scena inale lo si vede nella sua villa, con moglie e igli, scrutare un orizzonte di “pace e benessere”; in campo lungo una coppia di buoi traina l’aratro (ig. 36). il mestiere delle armi, insieme a quello del “politico”, è il più rappresentato: il soldato – dal generale al centurione, dai pretoriani ai semplici legionari – popola senza eccezioni il genere in questione, spesso soggetto a una rappresentazione ideologica che muta nel corso dei cento anni di cinema191. nel caso di Scipione l’Africano, unico nel genere, come s’è visto l’uso politico della storia non è solo strumentale ma strutturale al regime stesso, e il ilm non può che esserne il fedele e banale specchio. Già nel 1953 sul versante delle allusioni, in seguito a questo passato, il critico cinematograico Giulio c. castello nota che il balcone da cui parla nerone nel kolossal americano Quo Vadis? è visibilmente riconducibile – come suggestione critica della democrazia al delirio tirannico – al Mussolini di piazza Venezia192. All’immaginario della romanità falsiicata dal fascismo si deve aggiungere il fondamentale apporto dell’orribile ricordo lasciato in europa dall’esercito hitleriano, sicché nella produzione cinematograica del dopoguerra si nota una difusa “nazistiicazione” dei legionari. i soldati dell’esercito Romano, in particolare i pretoriani, tendono 69

Fig. 37. Due immagini del blitz “in stile” nazista dei soldati romani in Ben Hur (Wyler, 1959).

ad essere presentati come le ss (schutzstafel) o la Gestapo (Geheime staatspolizei), viste sin dal 1942 nei ilm di guerra hollywoodiani ed europei: sfondano porte e inestre, irrompono nei mercati a cavallo, bruciano villaggi come fossero a Marzabotto, arrestano gli oppositori politici, torturano con ferocia i nemici. nei kolossal biblico-cristologici193 l’impatto estetico dei rastrellamenti degli ebrei – e l’ombra lugubre dello sterminio nazista nei campi del nord europa – si riverbera con maggiore caratterizzazione: il blitz (ig. 37) nella casa di Ben-Hur dopo la caduta accidentale della tegola sulla testa del governatore194, all’inizio dell’omonimo ilm del 1959, è paradigmatico di questo viraggio “repressivo” dell’immagine dell’esercito Romano, su cui grava pertanto un alone fascista adatto per facili allegorie da usarsi nelle trame dei ilm. per trovare i legionari protagonisti, un centurione e un soldato semplice, si deve guardare alla serie televisiva Rome della HBO, dove la vita quotidiana, sia nell’esercito, sia dopo il congedo, è esplorata con attenzione dagli sceneggiatori tracciando la vicenda di lucio Voreno e tito pullo lungo i ventidue episodi complessivi. i due di ritorno dalle Gallie, un po’ come i loro colleghi contemporanei negli stati Uniti dopo il Vietnam, sembra abbiano il problema dei veterani ‘moderni’: devono trovare un lavoro, ricollocarsi nella quotidianità urbana195. l’ex centurione Voreno, dopo aver fallito nella carriera di commerciante di schiavi e di macellaio, è coinvolto nell’ascesa politica da cesare in persona e diventa magistrato dell’Aventino (ig. 38). il legionario pullo, anche lui macellaio e poi scagnozzo al soldo d’un losco afarista della suburra, in seguito viene assunto dalla madre 70

Fig. 38. Cesare nomina magistrato l’ex centurione Voreno in una scena della serie televisiva Rome (2005-07).

dell’adolescente Ottavio, il futuro Augusto, come maestro d’armi e di vita. Alla ine della prima serie, poco prima delle idi di marzo, Voreno raggiunge il rango di senatore, ancora per volontà di cesare che, ai dubbi di cicerone sulle origini plebee dell’ex centurione, risponde: “Voglio che il senato sia composto dagli uomini migliori della Repubblica, non solo dai più ricchi”196. per oltre mezzo secolo, l’immaginario di riferimento con qualche eccezione può dirsi omogeneo, mostrando complessivamente un mondo Romano di celluloide in cui il protagonista principale è il potere nelle più diverse manifestazioni, prime fra tutte le sue dinamiche “sensuali” e “conlittuali”. i consoli e gli imperatori, i senatori e la corte, i nuclei famigliari e le relazioni personali, sono gli attori della scena principale e nelle loro azioni sono attorniati dei necessari schiavi e militari. Oltre all’organizzazione gerarchica di una cultura marziale, di cui s’è appena detto, risulta evidente al pubblico dei pèplum la rappresentazione di una sistema economico organizzato sulla manodopera schiavile alla base della società romana. degli schiavi, come classe in fondo alla piramide sociale quasi sempre senza distinguo particolari197, si può dire che il loro protagonismo è in genere collegato all’impianto ideologico delle due principali riletture storico-letterarie a cui attinge il cinema: lo schema marxiano – o di classe – (ad es. spartaco), e quello cristiano – o morale – (ad es. Fabiola). presente sempre sullo sfondo – come servitore più o meno specializzato nella domus patrizia, come contadino nei campi, operaio nelle miniere e più in generale come addetto ad ogni attività di fatica in ambito commerciale – lo schiavo nella declinazione storico-marxiana incarna un programma di emancipazione sociale (materialista e rivoluzionario), proiettato anacronisticamente nel passato; lo stesso accade nella revisione cristiana, dove però l’afrancamento è di origine soprannaturale. nelle iction in cui il destino di uno schiavo (o di una schiava) si svolge nella sceneggiatura in funzione di parabola della salvezza (immateriale e ultraterrena), il riferimento è alla “libertà interiore” come emancipazione dal paganesimo più che dalla servitù198 e l’evento centrale è sempre l’incarnazione umana della divinità: lo schiavo s’imbatte “casualmente” in Gesù cristo in persona, oppure in oggetti magici a lui appartenuti (ad. es. la tunica), o inine nel mitico primo apostolo pietro o nel visionario paolo di tarso (in Quo Vadis? appaiono insieme), ricavando dall’incontro un’esperienza soprannaturale 71

e gli strumenti spirituali per comprendere la “verità” sulla condizione umana e dunque testimoniarla (martirio), generalmente con happy end. come nella realtà storica, anche nella inzione il mestiere di gladiatore è un possibile snodo della vita dello schiavo e conduce alle vicende dei tanti ilm dove protagonisti sono i lottatori nell’arena. nel segno di spartaco, il forzato trace proveniente dalle miniere che guida la storica rivolta199, s’inseriscono specialmente i “sandaloni” italiani, tanto che una pellicola quale Gli invincibili dieci gladiatori (n. nostro, 1964) costituisce una sorta di spin of di Spartacus (1960). Ma la vita del gladiatore può anche scaturire da una scelta volontaria come quella di Marcus in he Last Days of Pompeii (1935). il ilm di ernest B. schoedsack, solo in parte debitore del romanzo (ig. 39), è un caso unico nel quale il lavoro è il vero protagonista.

Fig. 39. Nei titoli di testa di he Last Days of Pompeii (Schoedsack, 1935) si riconosce l’inluenza dell’omonimo romanzo di Sir Edward Bulwer-Lytton nella realizzazione del ilm.

in una pompei in cui si vive come a bordo dell’ignaro titanic, Marcus (preston Foster) è un onesto e simbolico homo faber (fa proprio il fabbro) e quando la moglie e il iglioletto sono vittime di un incidente stradale (travolti da una biga) scopre di non avere denaro a suicienza per pagare un medico. decide di guadagnare provando a battersi nell’arena, da lui ino a quel momento esecrata, dove in efetti riesce a vincere, ma quando torna a casa con i soldi è troppo tardi. distrutto dal dolore, abbandona il lavoro e si trasforma in uno spietato e avido gladiatore professionista. Un giorno si accorge di aver ucciso durante i giochi il padre di un ragazzino col quale aveva stretto amicizia; intravedendovi il iglio perduto decide perciò di adottarlo. in seguito un’indovina predice ai due l’incontro, durante un prossimo viaggio d’afari in Giudea, di un uomo potentissimo che cambierà loro la vita; Marcus riesce così a contattare pilato (Basil Rathbone), benché la profezia fosse ovviamente riferita a Gesù (che poi vede ma ne respinge il messaggio giudicandolo una sciocca superstizione). Attorno a questo equivoco, con il iglio ormai adulto e segretamente cristiano contro la volontà del padre - diventato un ricchissimo e potente lanista, crudele “macellatore” di schiavi nell’arena - la vicenda giunge all’epilogo allorché, nel pieno della spettacolare distruzione provocata dall’esplosione del Vesuvio, la metanoia invade “inalmente” il cinico e ambizioso Marcus, ormai pronto a sacriicare la propria vita per salvare il iglio adottivo e la sua ragazza clodia (dorothy Wilson). 72

per l’ex documentarista schoedsack, pompei è come new York200, città inconsapevoli dell’imminente disastro che incombe su entrambe (l’esplosione del vulcano nel 79 d.c. e il crollo della Borsa nel 1929201). la storia del self made man Marcus è una metafora del lavoro nell’America degli anni Venti: ormai concepito unicamente come arricchimento personale e desiderio di potere disumano, forma degenerata dell’american way of life che secondo gli autori è alla base del tremendo crack economico. Riiutando i coevi gangster-movie, che gettavano uno sguardo sulla faccia sporca dell’America in depressione e di cui si trova traccia nel ilm in certi atteggiamenti del protagonista, la soluzione alla crisi va cercata nel ristabilimento dei valori liberaldemocratici il cui spirito, sostengono gli sceneggiatori, ha le radici nel messaggio cristiano. la Roma imperiale nel ilm appare perciò condannata (gli UsA hanno sempre guardato al periodo della Repubblica come mitologia fondativa), e in qualche misura la pellicola tenta di esprimere impalpabilmente anche il riiuto della Roma contemporanea, afatto repubblicana perchè in mano al fascista Mussolini. he Last Days of Pompeii è un lop come pure, per l’appunto in ambito fascista, Scipione l’Africano (1937) di carmine Gallone, in preparazione a cinecittà al momento dell’uscita del ilm di schoedsack. il lavoro quotidiano, i tanti mestieri e professioni che rendevano possibile l’economia e la stessa società romana, sono presentati nel repertorio fotograico del paragrafo successivo. in conclusione di questa breve ricognizione intorno ai ilm più signiicativi, si può dire che la rappresentazione al cinema delle diverse attività che impegnavano gli abitanti di Roma e (raramente) delle altre città dell’impero, compare come scenograia più o meno accurata relativamente al budget disponibile. per quanto, come s’è visto, Kubrick abbia disconosciuto la piena paternità di Spartacus, la ricerca storica per questo ilm è comunque più evidente che altrove: oltre a una puntuale ricostruzione dell’addestramento dei gladiatori e della loro vita all’interno della scuola di capua gestita da lentulo Batiato (peter Ustinov), nel ilm sono presenti diversi accenni ai mestieri. in una sequenza in cui si racconta l’organizzazione dell’accampamento di insorti, spartaco (K. douglas) passa in rassegna un gruppo di ribelli e a ciascuno, per ricollocarlo all’interno del suo progetto, chiede il precedente lavoro da schiavi (ig. 40).

Fig. 40. Spartacus (Kubrick, 1960).

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Fig. 41. Agostino d’Ippona (Rossellini, 1973).

Fig. 42. Quo Vadis (Rossi, 1985).

Una donna si rivela tessitrice, c’è un carpentiere e muratore, poi un cuoco che sarà assegnato alle salmerie dall’assistente di spartaco, e inine un cantore: è il primo incontro del protagonista con Antonino (t. curtis), futuro amico fraterno ino alla tragica ine. il primo a proporre il lavoro con la determinazione di farne un soggetto importante, per quanto di sfondo all’azione principale, s’è detto essere Rossellini con Agostino d’Ippona. Girato nel febbraio del 1972 a pompei, ercolano, paestum, nepi e a Roma nelle chiese di sant’Agnese e san clemente, Agostino è ambientato durante il periodo della disputa teologica con i donatisti, mentre Roma sta per cedere ai visigoti di Alarico (410). Rossellini, alla presentazione in anteprima mondiale a torino, aveva dichiarato di aver scelto Agostino “perchè anche noi ci stiamo avviando alla ine di una civiltà, e mi pare che possa servire molto agli uomini di oggi rilettere su un momento storico in cui, come oggi, si stava preparando un’epoca nuova”202. come scrive al regista l’amico e collaboratore luciano scafa, “stiamo lavorando alacremente...soprattutto alla ricerca di vicende concrete”203, il ilm propone la quotidianità della vita di Agostino nella città di cui è vescovo, evitando quanto più possibile l’agiograia. Qui è interessante ricordare la precisa ricostruzione di una fullonica (tintoria) in una casa cristiana (ig. 41), a cui è riservata dal montaggio deinitivo una sequenza di un minuto e venti secondi: vi si vedono alcuni addetti, impiegati nella preparazione delle tinture (azzurro, giallo e rosso) e sullo sfondo un vasaio (con forno per la cottura) e un paio di falegnami, al lato destro un grande telaio. Una situazione simile è proposta anche da Franco Rossi nel Quo Vadis, dove l’attenzione del regista è posta sui giovani fullones, mostrati con le gambe colorate dalla tintura utilizzata nel processo di pestatura dei ilati e dei tessuti all’interno delle vasche (ig. 42). la realizzazione di uno spaccato del mondo del lavoro presentata compiutamente per la prima volta nel progetto didattico-spettacolare di Rossellini, non solo come veloce sfondo all’azione principale ma con ricostruzioni documentaristiche dell’ambiente e degli strumenti, è tuttavia piuttosto rara. Meritoria di essere qui menzionata, per la relativa complessità produttiva, è la serie di sequenze dedicate al lavoro in fattoria per il ilm-tv Nerone (2004). la location, individuata in tunisia, simula un praedium, un fondo ubicato vicino a un iume presso cui viene cavata l’argilla, con annessa villa (fattoria) che in virtù della sceneggiatura ospita il piccolo nerone, aidato dalla nonna alle cure pedagogiche dello schiavo greco Apollonio. Ricostruendo l’antica dimora, gli scenograi hanno riprodotto piuttosto fedelmente una iglina per la fabbricazione dei laterizi e le immagini 74

Fig. 43. Nerone (Marcus, 2004).

Fig. 44. Nerone (Marcus, 2004).

mostrano gli oicinatores (ig. 43) che lavorano all’interno della iglina, impegnati assieme ad alcuni artigiani nella produzione di vasi e anfore olearie (ig. 44): se ne comprende l’uso poiché, nello stesso set, a margine di un uliveto che circonda la villa è ricostruito un frantoio con un realistico trapetum (ig. 45) e il relativo via vai di contadini che vi vuotano i cesti di olive appena raccolte. in questo panorama di “rarità”, si trovano le singolari sequenze dedicate al lavoro in Romolo e Remo204 (s. corbucci, 1961) e La leggenda di Enea (G. Rivalta 1962). i ilm raccontano le due diverse e mitiche versioni della nascita di Roma, con le sequenze inali che presentano l’ediicazione di un accampamento fortiicato. sia il gruppo originario 75

Fig. 45. Nerone (Marcus, 2004).

al seguito di enea, sia quello guidato da Romolo (entrambi interpretati dal Mister Universo steve Reeves), al momento decisivo si attivano come “collettività” mettendo a disposizione le varie abilità. Questa suggestione “socialista” è ben evidente nella sequenza di Romolo e Remo, sceneggiato come un western da sergio leone, duccio tessari e ennio de concini, nella quale corbucci mostra di aver appreso e metabolizzato la lezione di ejzenštejn (in particolare La linea generale, 1929) che a quel Fig. 46. Romolo e Remo (Corbucci, 1961). tempo circolava abbondantemente nelle sale adibite a cineforum, poi sbefeggiate da Fantozzi nella celeberrima sequenza della proiezione “obbligatoria” in azienda della Corazzata Potemkin. Guardando all’estetica del cinema sovietico, corbucci inserisce perciò immagini quasi documentarie, in un eicace montaggio di mani, volti e dettagli diversi, che alludono al lavoro collettivo come “vero” fondamento della futura città (ig. 46) e rivolge indirettamente lo sguardo all’articolo uno della costituzione italiana, dove si introduce la Repubblica (da appena 15 anni) voluta dalla collettività e fondata appunto sul lavoro.

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pARte 3 – le iMMAGini del lAVORO nel cineMA di GeneRe stORicO-ROMAnO: Un peRcORsO FOtOGRAFicO

il cinema di genere storico-romano, il più frequentato dalle produzioni che scelgono di raccontare il mondo antico, presenta dunque i mestieri e le professioni dei Romani generalmente come sfondo all’azione; con l’esclusione di quanto detto nel capitolo precedente a proposito di alcuni titoli, nei quali si è ravvisata l’intenzione dell’autore di rendere più o meno co-protagonista, per ragioni diverse, il mondo del lavoro. in un libro sul cinema si è perciò pensato, più che rievocare le situazioni in un lungo capitolo scritto con un numero ridotto di immagini, di presentare al lettore una selezione ragionata di quante più riproduzioni possibile dei fotogrammi estratti dai ilm in cui, come scenograia, i Romani all’opera sono rappresentati. le immagini di questo capitolo sono quindi il prodotto dell’analisi dei ilm usati come fonte principale per realizzare il presente volume. la ilmograia, dalle origini a oggi, che in qualche modo entra in contatto con la Roma archeologica conta oltre 500 titoli (tra cinema e tv), dei quali si omette la pubblicazione dell’elenco. Questi titoli, infatti, comprendono anche produzioni che per diverse ragioni, ricordate nella parte 1, non hanno potuto o voluto mettere in scena il lavoro oppure sono ilm perduti o irreperibili (nel caso del muto questo problema è assai frequente). Operata questa separazione, le pellicole utili all’analisi che ha guidato questa ricerca si riducono al 13% e alla visione di ciascuna di queste solo 32 titoli presentavano i requisiti per poter comparire nel percorso fotograico. il risultato inale sono le immagini che seguono, variamente commentate laddove le diverse didascalie si rendevano necessarie, utili o interessanti. per ragioni editoriali, in primo luogo il contenimento del costo del volume, le immagini, originariamente fotografate a colori ove tale è l’originale, sono state trasformate in bianco e nero.

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Fig. 1. Julius Caesar (J. Mankiewicz, 1953). Una via di Roma con al centro un negozio di pollame, anche vivo (difuso nella cucina romana, come ricorda Apicio, è il piccione condito con miele e datteri), a destra un ortolano.

Fig. 2. Rome (M. Apted, 2005). l’ex centurione Voreno si adatta a lavorare come macellaio (lanius). in evidenza il maiale, la carne più consumata dai romani.

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Fig. 3. Spartacus (s. Kubrick, 1960). nell’accampamento degli insorti, si ricrea la vita cittadina. Qui gli schiavi che avevano lavorato come macellai o cuochi si mettono al servizio della nuova comunità “liberata”.

Fig. 4. Quo Vadis? (F. Rossi, 1985). il protagonista Marco Vinicio a cavallo nella “periferia” della città. in primo piano una macelleria (un montone e la sua pelle): sullo sfondo, tra le mura, un addetto del settore caseario produce probabilmente burro. il burro non è in realtà difusissimo a Roma, sia per l’abbondanza di olio, sia per le diicoltà di conservazione; era destinato infatti più che altro ad usi medico-cosmetici.

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Fig. 5. Rome (M. Apted, 2005). l’ex legionario pullo tra le vie di Roma passa davanti ad una rivendita di caciotte esposte su foglie di ico.

Fig. 6. Julius Caesar (U. edel, 2002). il giovane cesare con la iglia Giulia (al centro in secondo piano) fanno “shopping”. in primo piano un ortolano riceve il denaro da una donna con la cesta della spesa.

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Fig. 7. Cleopatra (J. Mankiewicz, 1963). Giulio cesare al porto di Alessandria (ricostruito ad Anzio) è attratto dalle olive.

Fig. 8. Ben Hur (F. niblo, 1925). Un commerciante di mele decanta la sua merce nella Gerusalemme romana del i sec. d.c.

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Fig. 9. Rome (M. Apted, 2005). Un contadino con il suo carro di ortaggi scelto da una matrona per i suoi acquisti.

Fig. 10. Nerone (p. Marcus, 2004). Veduta di un piccolo mercato: al centro in basso un banco di farine; ai lati banchi di verdura.

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Fig. 11. Augusto (R. Young, 2003). Un paniicatore (pistor).

Fig. 12. Julius Caesar (U. edel, 2002). il pane è inito e la folla s’indigna. in alto a destra tre pagnotte sulle tavole dell’espositore.

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Fig. 13. Rome (M. Apted, 2005). Una matrona in portantina incrocia un garzone del pane per una consegna a domicilio nella zona dei ricchi, la “Beverly Hills” di Roma.

Fig. 14. Anno Domini (s. cooper, 1985). Un banco del pesce.

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Fig. 15. Julius Caesar (U. edel, 2002). Una bottega del pesce; a destra un’iscrizione indecifrabile denuncia le diicoltà di comunicazione, durante la lavorazione del ilm-tv, tra consulenti storici, regista, scenograi e carpentieri.

Fig. 16. Cleopatra (J. Mankiewicz, 1963). Giulio cesare al porto di Alessandria acquista del vino proveniente dall’isola di samo.

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Fig. 17. Gli ultimi giorni di Pompei (M. Bonnard e s. leone, 1959). due dei protagonisti in una mescita (popina o taberna) di pompei; in secondo piano l’oste (caupo) passa tra i tavoli e serve il vino.

Fig. 18. Quo Vadis? (F. Rossi, 1985). Una taberna nelle vie di Roma, a destra s’intravede una botte; all’interno verosimilmente si giocava d’azzardo.

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Fig. 19. Demetrius and the Gladiators (d. daves, 1954). Un’imponente ricostruzione di un laboratorio di vasai. A destra due forni per la cottura delle ceramiche.

Fig. 20. Nerone (p. Marcus, 2004). il piccolo nerone attraversa una iglina (v. supra, p. 74): a sinistra si scorge un addetto alla pestatura dell’argilla.

Fig. 21. Ben-Hur (W. Wyler, 1959) la bottega di un “celebre” falegname (lignarius) in Giudea. le botteghe dei falegnami non sono presenti in ilm di genere romano, ad eccezione di quelli che intrecciano la vicenda cristiana.

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Fig. 22. Rome (M. Apted, 2005) Un vasaio (igulus), in basso a destra, a lavoro direttamente su strada come era uso in città.

Fig. 23 La leggenda di Enea (G. Rivalta, 1962). i primi carpentieri (fabri tignarii) di Roma, al comando di enea, ediicano le difese per la battaglia.

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Fig. 24. Rome (M. Apted, 2005). Una bottega di coltelli, l’arrotino rifà il ilo alle lame usurate.

Fig. 25. Nerone (p. Marcus, 2004). la bottega di un fabbro (faber ferrarius) in una via secondaria di Roma. si nota la ruota: il fabbro all’epoca era in realtà anche l’odierno gommista, essendo le ruote cerchiate di ferro per evitare la rapida usura del legno.

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Fig. 26. Scipione l’Africano (c. Gallone, 1937). la fucina di un fabbro. l’ambientazione, per la scelta della fotograia, esalta il mito della professione nell’unico ilm di genere romano realizzato durante la dittatura fascista.

Fig. 27. I, Claudius (H. Wise, 1976). il laboratorio di uno scultore (ictor).

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Fig. 28. Rome (M. Apted, 2005). Alcuni operai (fabri, opiices) alle prese con un sistema di argani e carrucole issano una colonna al Foro.

Fig. 29. Rome (M. Apted, 2005). il cortile di una bottega di scultori. Un artigiano lavora a una statua in marmo.

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Fig. 30. Quo Vadis? (F. Rossi, 1985). in una ricca casa romana alcune donne dedite alla realizzazione di un mosaico. si tratta probabilmente di un opus musivum, ma la ricostruzione cinematograica sembra più alludere ad un passatempo come l’odierno puzzle.

Fig. 31. he robe (H. Koster, 1953). Uno scultore a metà della realizzazione di una igura maschile.

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Fig. 32. Agostino d’Ippona (R. Rossellini, 1973). Un fullo (tintore) miscela le polveri e l’acqua (con soda, urina animale o umana) per ottenere il colore desiderato. il colore rosso, utilizzato per la sequenza, poteva essere ottenuto da una specie di molluschi (Murex Brandaris) realizzando il prezioso rosso porpora, oppure da una pianta (Rubia tinctorum).

Fig. 33. Rome (M. Apted, 2005). la fullonica in questa scena produce lana indaco. il colore si poteva ottenere dalla fermentazione delle foglie di due diverse piante (Indigofera tinctoria e Isatis tinctoria).

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Fig. 34. Rome (M. Apted, 2005). Un’anziana tessitrice (textrix) in una bottega che afaccia sulla strada.

Fig. 35. Spartacus (s. Kubrick, 1960). nell’accampamento degli insorti, si ricrea la vita cittadina. Qui le donne sono attive nelle varie specializzazioni del settore tessile: ilatura e tessitura. sullo sfondo, in alto al centro, si può notare un ponte stradale in cemento armato dalle parti di Guadalajara. in spagna furono girate molte sequenze del ilm (colmenar, Viejo, Alcazarde Hernandez, navacerrada, taracena e iriepal).

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Fig. 36. Quo Vadis? (F. Rossi, 1985). tre giovani pestatori con i piedi immersi in un bacino per la tintura (lacuna fullonica).

Fig. 37. Rome (M. Apted, 2005). in questo ilm appare l’unica scena, nell’intera cinematograia su Roma antica, dove si vede un soiatore all’opera in una bottega di vetraio (vitrarius).

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Fig. 38. Messalina (c. Gallone, 1937). trattativa al foro tra un mercante di cavalli e un compratore.

Fig. 39. Le legioni di Cleopatra (V. cottafavi, 1959). sullo sfondo un commerciante di asini.

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Fig. 40. L’ultimo gladiatore (U. lenzi, 1964). i legionari utilizzano alcuni Britanni catturati come contadinischiavi per l’aratura di un campo.

Fig. 41. Nerone (p. Marcus, 2004). Un frantoio per la produzione di olio attivato a mano da due schiavi.

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Fig. 42. Scipione l’Africano (c. Gallone, 1937) i contadini di Roma si fermano, eccitati al passaggio dei volontari in partenza per la battaglia decisiva di scipione contro Annibale.

Fig. 43. Pompei (G. Base, 2007). Un pastore e un bovaro, nella campagna di pompei, discutono delle scosse di terremoto che preannunciano la catastrofe.

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Fig. 44. Spartacus (s. Kubrick, 1960). nell’accampamento degli insorti una donna munge la capra, sullo sfondo si raccoglie il grano razziato nei campi dei patrizi.

Fig. 45. Romolo e Remo (s. corbucci, 1961). nella sequenza iniziale del ilm si evidenziano le origini degli abitanti di Roma: pastori.

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Fig. 46. Agostino d’Ippona (R. Rossellini, 1973). in primo piano un gruppo di attori travestiti, sullo sfondo la bottega di un barbiere (tonsor).

Fig. 47. Augusto (R. Young, 2003). il banco di un cambiavalute (argentarius o nummularius) al Foro.

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Fig. 48. Rome (M. Apted, 2005). Un commerciante di uccelli esotici. in primo piano una gabbietta con due parrocchetti dal collare (Psittacula krameri), i più noti pappagallini verdi.

Fig. 49. Spartacus (s. Kubrick, 1960). il senatore Gracco (c. laughton), seguito dal giovane Giulio cesare (J. Gavin), acquista le colombe per un sacriicio da un venditore ambulante nei pressi del tempio.

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Fig. 50. he Last Days of Pompeii (e.B. schoedsack, 1935). Marcus (p. Foster) acquista da un ambulante dei dolciumi per il iglio adottivo davanti alla bottega di un giocattolaio.

Fig. 51. he Last Days of Pompeii (e.B. schoedsack, 1935). la bottega di giocattoli in un’inquadratura dall’interno: si intravedono pupazzetti di legno e cavallucci, repliche di opliti e un carro con buoi.

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Fig. 52. Quo Vadis? (F. Rossi, 1985). Una bancarella di calzature. la scena si ispira al vicus Sandalarius (una via della suburra) dove si concentravano le botteghe dei fabri soliarii, i fabbricanti di calzari. si tratta dell’unica apparizione di questa attività nell’intera cinematograia di genere storico-romano. i modelli scelti dal regista sono eccessivi e lussuosi, in sintonia con lo spirito della serie televisiva che mostrava, in opposizione alla nuova morale cristiana, una Roma decadente e corrotta nei costumi.

Fig. 53. Quo Vadis? (F. Rossi, 1985). Un venditore di setacci e altri attrezzi per la cucina (mestoli e piatti in legno).

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Fig. 54. Gladiator (R. scott, 2000). la lavagna degli allibratori che raccolgono le scommesse sotto il portico del colosseo.

Fig. 55. Agostino d’Ippona (R. Rossellini, 1973). Un banco di anfore per uso domestico, il venditore tratta con Agostino l’acquisito di un vaso.

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Fig. 56. I, Claudius (H. Wise, 1976). Al centro un amico di claudio (a sinistra, d. Jacobi) acquista un’erma di seiano da un rivenditore di statuine; il giovane e futuro imperatore assiste perplesso.

Fig. 57. Julius Caesar (U. edel, 2002). cesare (di spalle) davanti al banco di un commerciante di vasellame in ceramica e vetro. la iglioletta Giulia sceglie un portagioie.

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Fig. 58. La rivolta dei gladiatori (V. cottafavi, 1958). Al centro un commerciante di anfore e cesti controlla la sua mercanzia; a sinistra un banco di ortaggi con agli, cipolle e verdure di campo.

Fig. 59. Messalina (c. Gallone, 1951). Un carro trainato da buoi, adibito a servizio pubblico cittadino, attraversa un mercato.

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Fig. 60. Nerone (p. Marcus, 2004). Ricostruzione di un mercato a Roma.

Fig. 61. Pompei (Giulio Base, 2007). i primi banchi di un mercato subito a ridosso di una delle porte di accesso a pompei. Al centro un banco di tessuti, in basso a sinistra una vendita di piatti e pentole.

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Fig. 62. Messalina (c. Gallone, 1951). l’imperatore claudio (M. Benassi) tratta con un commerciante orientale (gemmarius), a domicilio, l’acquisto di gioielli per Messalina.

Fig. 63. Rome (M. Apted, 2005). Azia (p. Walker) sceglie una collana proposta da una venditrice di ornamenti preziosi, anche in questo caso, trattandosi di una patrizia, a domicilio.

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Fig. 64. he Last Days of Pompeii (e.B. schoedsack, 1935). Marco (p. Foster), ormai ricchissimo, compra una spada preziosa da un venditore che lo raggiunge sul terrazzo della sua lussuosa villa di pompei.

Fig. 65. La rivolta dei gladiatori (V. cottafavi, 1958). Un commerciante di vasellame in ottone.

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Fig. 66. Rome (M. Apted, 2005). Un’asta di schiavi. secondo gli sceneggiatori, i due sono segnati con la vernice per distinguere le caratteristiche e dunque il valore. il gesto della mano sul capo indica lo schiavo di cui il banditore sta parlando e non va inteso come derivato dal cerimoniale della manumissio (liberazione dello schiavo).

Fig. 67. he Last Days of Pompeii (e.B. schoedsack, 1935). Una matrona ascolta le qualità di una schiava nera prima della trattativa. la scelta del colore della pelle è strategica: il nero, per il pubblico americano del XX secolo, è lo schiavo per antonomasia, anche se a Roma questi costituivano una minoranza e la deinizione di “razza” era sconosciuta.

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Fig. 68. he robe (H. Koster, 1953). Marcello (R. Burton) di spalle ascolta la proposta di una coppia di schiavi goti. per questa importante sequenza di 10 minuti è stato ricostruito il più grande set di un mercato di schiavi, popolato da centinaia di comparse e attori secondari nella parte dei diversi mercanti.

Fig. 69. Spartacus (s. Kubrick, 1960). il lanista lentulo Batiato (p. Ustinov) controlla i denti di spartaco (K. douglas) per veriicarne lo stato di salute.

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Fig. 70. Messalina (c. Gallone, 1951). Un commerciante di tessuti sistema le merci dopo una vendita.

Fig. 71. Gli ultimi giorni di Pompei (M. Bonnard e s. leone, 1959). Uno dei protagonisti tenta di rubare un asciugamani da un negozio di pompei. la proprietaria è distratta da un uomo mascherato da cavallo perché è in corso una festa nelle strade della città.

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Fig. 72. he Last Days of Pompeii (p. Hunt, 1984). Glauco (n. clay) sceglie una stofa per una tunica durante una passeggiata per le vie di pompei, un po’ Manhattan.

Fig. 73. Agostino d’Ippona (R. Rossellini, 1973). la pietra all’ingresso della città di ippona impedisce l’ingresso diurno dei carri, gli schiavi sono costretti a trasportare le botti di vino a piedi.

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Fig. 74. Ben Hur (F. niblo, 1925). i tre ordini di rematori (remiges) in una trireme. Gli schiavi ai remi erano circa 180. la posizione è errata, i rematori non erano sovrapposti in verticale, ma alloggiati su ponti sfalsati.

Fig. 75. Ben Hur (F. niblo, 1925). il battitore del tempo di voga e uno schiavo in “punizione”.

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Fig. 76. I, Claudius (H. Wise, 1976). la vita delle donne alla corte dell’imperatore prevedeva il relax. la scena della serie tv ripropone una seduta di massaggi eseguiti da schiave nere.

Fig. 77. Cleopatra (J. Mankiewicz, 1963). Via vai al Foro di portantine con gli schiavi addetti, al centro Antonio (R. Burton). le portantine sono presenti con regolarità nei ilm di genere storico-romano; in questa sequenza la folla e il gran movimento confermano per Roma lo status di più grande metropoli dell’antichità, al contempo lo spettatore anglosassone può facilmente igurarsi l’analogia con londra o new York. entrambe le circostanze erano nelle intenzioni della produzione.

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Fig. 78. I, Claudius (H. Wise, 1976). Una schiava parrucchiera si prende cura della complicata acconciatura della nobile padrona.

Fig. 79. Rome (M. Apted, 2005). Veduta di una stalla adiacente alla domus patrizia: il palafreniere (agaso o anche stabularius) si prende cura dei cavalli, in alto a destra un maniscalco (faber ferrarius).

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Fig. 80. Rome (M. Apted, 2005). Un tonsor rade Giulio cesare (c. Hinds) in un accampamento nei pressi di un acquedotto, in alto a sinistra si intravede un gruppo di legionari che prova la formazione a testuggine (testudo). Molto evocativa, e frequente al cinema, è la situazione di un uomo potente che ofre la giugulare al rasoio del barbiere: basterebbe un piccolo gesto...

Fig. 81. Rome (M. Apted, 2005). lo schiavo “segretario personale” di cesare attraversa una via ai conini della città, dove sorgono le enormi residenze dei ricchi; due imbianchini rinfrescano le mura di recinzione di uno di questi ediici con una “romanella” (il lavoro edile realizzato al “risparmio”).

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Fig. 82. Rome (M. Apted, 2005). la cucina della residenza di Azia, nipote di cesare, con a lavoro i numerosi cuochi necessari al suo funzionamento. in primo piano uno schiavo taglia i testicoli di un maiale che saranno serviti, nella scena successiva, all’adolescente Ottaviano come “ricostituente”. nel mondo antico era difusa la credenza che nelle parti del corpo risiedesse il principio attivo delle funzioni svolte dall’organo medesimo, in questo caso si allude alla maturazione sessuale del futuro imperatore.

Fig. 83. Rome (M. Apted, 2005). squadre di spazzini ripuliscono Roma; nel ilm è il segnale della ine della guerra civile e il ripristino della legalità.

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Fig. 84. Rome (M. Apted, 2005). All’opera anche dei pulitori di statue, sullo sfondo i festoni loreali preludono all’imminente trionfo di cesare.

Fig. 85. Spartacus (s. Kubrick, 1960). Una panoramica delle miniere romane in libia (secondo il romanzo) con decine di schiavi a lavoro. Questa sequenza iniziale del ilm (oltre a quella della scuola gladiatoria di capua) è stata girata dal regista A. Mann prima di essere sostituito dal giovane Kubrick.

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Fig. 86. Spartacus (s. Kubrick, 1960). Uno schiavo addetto alla pulizia della villa di crasso (l. Olivier) spazza il portico. non si tratta di una ricostruzione scenograica, bensì della vera residenza in marmo bianco del magnate William Randolph Hearst, il “crasso americano” già protagonista, celato nei panni di charles Foster Kane, del ilm di O. Welles Citizen Kane (1941).

Fig. 87. Pompei (Giulio Base, 2007). Una fontana-lavatoio e un gruppo di lavandaie in una sequenza di vita quotidiana a pompei.

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Fig. 88. I, Claudius (H. Wise, 1976). Un gruppo di architetti e ingegneri (architecti, machinatores) illustra a claudio, in piedi e in mezzo ai due personaggi curvi sul disegno, il progetto per il porto di Ostia ipotizzato da cesare, in seguito ristrutturato da traiano.

Fig. 89. Cleopatra (c.B. deMille, 1934) cesare esamina un’improbabile modellino in scala di macchina da guerra (una specie di registratore di cassa con lance retrattili) presentato dai suoi ingegneri militari. sullo sfondo i legionari indossano l’elmo col classico “scopettone” rovesciato caratteristico del primo periodo hollywoodiano.

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Fig. 90. Messalina (c. Gallone, 1951). Un ingegnere propone a claudio (fuori campo) i modellini di nuove catapulte.

Fig. 91. Masada (Boris sagal, 1981). il generale silva (p. O’toole) valuta la fattibilità di una macchina da assedio da usare durante la battaglia inale contro gli zeloti arroccati a Masada, in Giudea.

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Fig. 92. Nerone (p. Marcus, 2004). nerone (H. Matheson) illustra, attraverso un plastico in legno, il progetto della domus Aurea ai senatori perplessi per i costi. Alla ine di questa sequenza, la sceneggiatura fa decidere al giovane imperatore di addossare la colpa dell’incendio ai cristiani. la scena si chiude con un primo piano (pp) di nerone; segue un taglio di montaggio con il piano americano (pA) di paolo (p. Vaneck) che spezza il pane celebrando la messa.

Fig. 93. Rome (M. Apted, 2005). Un addetto modiica giornalmente lo scorrere del tempo in un grande calendario pubblico nel Foro. nel grande tabellone in pietra, si notano dodici colonne verticali (i mesi), ciascuna suddivisa in quattro settimane da altrettanti “triangoli”. in fondo, ogni colonna mostra un bassorilievo evocativo di ciascun mese dell’anno.

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Fig. 94. Rome (M. Apted, 2005). Un araldo (praeco) su un piedistallo comunica alla città, giorno per giorno, le notizie di interesse pubblico.

Fig. 95. Quo Vadis? (F. Rossi, 1985). la scrivania di un intellettuale di rango: petronio, lo scrittore autore del Satyricon.

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Fig. 96. Rome (M. Apted, 2005). Un maestro (ludi magister) passa per una via periferica della città seguito da un gruppo di allievi.

Fig. 97. I, Claudius (H. Wise, 1976). Una bottega di copisti con gli scribi (librarii) a lavoro.

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Fig. 98. Quo Vadis? (F. Rossi, 1985). il praefectus urbi pedanio secondo (seduto) con alle spalle l’archivio dei documenti conservati in contenitori cilindrici di cuoio. in primo piano lo scriba riceve la dettatura di un testo.

Fig. 99. Quo Vadis? (F. Rossi, 1985). in una domus privata alcuni copisti trascrivono i racconti, sino a quel momento orali, sulla vicenda di Gesù e i suoi detti da cui saranno poi selezionati, fra i tanti, i materiali per i quattro vangeli alla base della religione cristiana.

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Fig. 100. I, Claudius (H. Wise, 1976). il medico, dopo la visita, scrive su tavolette di cera la ricetta per claudio (in piedi a destra) con problemi di colite e dice: “tu lavori troppo...!”.

Fig. 101. Julius Caesar (U. edel, 2002). Un medico militare, durante la campagna contro i Galli, interviene su un legionario per estrarre la punta di una freccia coniccata nella coscia.

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Fig. 102. Rome (M. Apted, 2005). Un medico efettua una trapanazione del cranio di pullo per ridurre un ematoma. chiuderà il foro con una placca d’argento. la sequenza si basa, su presumibile suggerimento del consulente storico, sia sul ritrovamento di pontecagnano (sa): nella tomba 990 della necropoli (iV secolo a.c.) sono stati ritrovati i resti di un probabile legionario che aveva subito un intervento chirurgico di trapanazione (e che guarì perfettamente e sopravvisse a lungo), sia sulla scoperta della tomba del cosiddetto “chirurgo di Bingen” (ii secolo d.c.), un medico militare in accampamento presso il Reno, che tra gli oggetti del defunto ha restituito un “trapano ippocratico”, cioè a corona dentata, munito di arresto e corredato da archetto pieghevole (come si vede nella foto).

Fig. 103. Quo Vadis? (F. Rossi, 1985). due medici visitano la iglia di nerone; quello a destra assaggia il sudore della piccola per valutarne lo stato di salute secondo le teorie dell’epoca.

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Fig. 104. Agostino d’Ippona (R. Rossellini, 1973). Agostino (a sinistra) ascolta il verdetto di un magistrato che deve decidere in un conlitto tra competenze religiose e civili, a quel tempo molto frequenti per l’ascesa del potere clericale.

Fig. 105. Demetrius and the Gladiators (d. daves, 1954). demetrio (V. Mature) in giudizio a Roma davanti al magistrato.

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Fig. 106. Rome (M. Apted, 2005). lo schiavo di Azia, in cerca di un avvocato per pullo (accusato di omicidio), attraversa un portico presso il Foro dove i professionisti della legge ofrivano i loro servigi, ciascuno con il suo banchetto.

Fig. 107. Augusto (R. Young, 2003). Una prostituta (meretrix) alletta con le sue proposte il giovane Ottaviano (a destra), ubriaco in giro di notte con un amico, dall’ingresso di un lupanare in una strada di Roma.

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Fig. 108. Rome (M. Apted, 2005). pullo (di spalle), in veste di educatore del piccolo Ottaviano (appena visibile in basso a destra), lo conduce su ordine della madre Azia in un bordello di rango per la sua “prima volta”. la tenutaria (lena) mostra la “merce”; alle sue spalle si notano anche due giovanetti.

Fig. 109. Spartacus (s. Kubrick, 1960). il lanista (p. Ustinov) assegna le schiave-prostitute ai gladiatori della scuola di capua. spartaco incontrerà così Varinia (J. simmons), poi moglie e madre del iglio che vedrà solo nella sequenza inale, dalla croce.

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Fig. 110. Julius Caesar (s. Burge, 1970). Un indovino legge le viscere di un pollo e mette in guardia cesare dalle idi di marzo, così come vuole il testo di shakespeare alla base del ilm. indovino o aruspice deriva dall’etrusco haruspex: haru (probabilmente “viscere, interno”) e -spex (ispezionare).

Fig. 111. Messalina (c. Gallone, 1951). claudio (M. Benassi) avvinghiato al modellino della sua tomba, interroga un astrologo visibilmente proveniente dall’Oriente. la sequenza tradisce il segno della tradizione evangelica dei re magi, piuttosto che la conoscenza della storia delle religioni.

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Fig. 112. Caius Julius Caesar (e. Guazzoni, 1914). Un sacerdote celebra le nozze di cesare. in primo piano un pavone da un tocco esotico di tradizione “pagana” inluenzato dalla pittura neopompeiana (v. supra parte 2).

Fig. 113. Rome (M. Apted, 2005). due addetti al volo degli uccelli dietro il tempio di Giove pronti per un lancio a comando. la sequenza vorrebbe mettere in evidenza come il giudizio dei sacerdoti (augures), che dall’interno osservavano il volo delle colombe quale eventuale buon auspicio, fosse frutto di un “semplice inganno”.

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Fig. 114. Orazi e Curiazi (t. Young, 1961). nello scontro tra Roma e Albalonga è il sacerdote a garantire il combattimento inale. davanti a lui i due monarchi accettano la soluzione del duello alla spada tra i fratelli delle due celebri famiglie.

Fig. 115. Quo Vadis? (F. Rossi, 1985). poppea (con le spalle scoperte) insieme ad alcune imprecisate sacerdotesse esegue un rito religioso per salvare la vita alla piccola claudia avuta con nerone, il quale in seguito la divinizzerà. nella iction la bambina (sul letto in secondo piano) ha sei o sette anni e non pochi mesi come nella realtà storica.

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Fig. 116. Julius Caesar (U. edel, 2002). pompeo (di spalle) in palestra dopo un allenamento, in primo piano uno schiavo con l’acqua, sullo sfondo un piccolo punto di ristoro con frutta e bevande.

Fig. 117. Messalina (c. Gallone, 1951). in una piazza afollata in basso a destra si nota uno dei tanti venditori ambulanti (lixae) col banchetto per la porchetta, efettivamente conosciuta da circa 3000 anni nel lazio.

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Fig. 118. he Last Days of Pompeii (e.B. schoedsack, 1935). Una taberna o popina con l’oste impegnato a riempire i piatti di una zuppa calda. il “fast food” era efettivamente una consuetudine nelle città romane, nelle tabernae e nelle popinae i passanti compravano o consumavano bevande fresche o vino caldo, mangiavano fra l’altro pesci in salamoia, bocconcini di carne arrosto, uccelli allo spiedo, polpi in umido, ichi freschi e secchi, dolci al miele e formaggi. Molti erano anche i banchetti di focacce fritte e salcicce (v. ig. 119).

Fig. 119. Julius Caesar (J. Mankiewicz, 1953). Bruto (J. Mason) e cassio (J. Gielgud) sulla scalinata del campidoglio; in alto a destra si intravede una friggitoria ambulante che ofre focacce calde.

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Fig. 120. Gladiator (R. scott, 2000). interno di una taberna al centro di Roma, in primo piano il cuoco ai fornelli, sullo sfondo i tavoli con gli avventori.

Fig. 121. Gladiator (R. scott, 2000). Un punto di ristoro, come un piccolo “bar”, propone bevande calde e fredde sotto i fornici del colosseo.

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Fig. 122. I, Claudius (H. Wise, 1976). Un gruppo di acrobati (funambuli) allieta il pasto all’annoiata corte dell’imperatore.

Fig. 123. he Fall of the Roman Empire (A. Mann, 1964). tra la folla, in festa per l’imperatore commodo, spiccano due attori (histriones) con mascheroni su alti trampoli probabilmente ispirati dai coturni, i calzari alti degli attori di tragedie di argomento greco (fabulae cothurnatae).

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Fig. 124. Spartacus (s. Kubrick, 1960). crasso (l. Olivier) e cesare (J. Gavin) alle terme discutono su come sedare la rivolta servile; sullo sfondo tre musici suonano strumenti d’epoca per rendere più rilassanti i bagni; si intravedono un suonatore di cetra (idicen) e un lautista (tibicen).

Fig. 125. Gli ultimi giorni di Pompei (M. Bonnard e s. leone, 1959). Mangiatori di fuoco neri e una danzatrice (saltatrix) con pitone al ritmo di musica afro. presenti quasi in ogni ilm peplum del periodo d’oro italiano, i giocolieri più diversi costituiscono, con le ballerine (generalmente orientali che danzano su musiche improbabili, in costumi altrettanto inverosimili), la professione di sfondo più eicace per esempliicare la quotidianità gaudente (e decadente) dell’aristocrazia romana. i protagonisti di queste pellicole erano spesso reclutati dagli organizzatori di produzione nei night club della dolce vita, nei circhi di periferia o tra i girovaghi ambulanti di Roma e dintorni, ispiratori del felliniano Zampanò di La strada (1954), interpretato da A. Quinn.

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Fig. 126. Nerone (p. Marcus, 2004). il giovane nerone suona la cetra con il suo maestro greco; una Jam session per il pubblico di schiavi della fattoria presso cui è cresciuto.

Fig. 127. Quo Vadis? (F. Rossi, 1985). Uno spettacolo di giocoleria al centro di Roma. Gli scenograi, in accordo col regista, hanno allestito un fondale che sembra richiamarsi al fantascientiico Metropolis (1927) di Fritz lang.

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Fig. 128. Julius Caesar (U. edel, 2002). Attori all’azione in una rappresentazione che ha come oggetto di satira la relazione tra cesare e cleopatra.

Fig. 129. Rome (M. Apted, 2005). lo spettacolo proposto dagli attori rievoca in tempo reale le gesta di pullo e Voreno, i protagonisti della serie.

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Fig. 130. Nerone (p. Marcus, 2004). Uno spettacolo con un attore d’eccezione: nerone.

Fig. 131. Gli ultimi giorni di Pompei (M. Bonnard e s. leone, 1959). Attori mascherati silano nelle vie di pompei durante una festa cittadina, gli attori con i capoccioni di topolino e Minni che silano a disneyland non sono un’invenzione americana.

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nOte

1 nel 1996 il regista tedesco Wim Wenders ha dedicato agli inventori il documentario Die Gebrüder Skladanowsky. 2 su questo: M. Milner, La fantasmagorie. Essai sur l’optique fantastique, paris, pUF, 1982. 3 in realtà non vi fu lavoro sulla pellicola, ma si ricorse ad un trucco teatrale e a un taglio di montaggio. tuttavia è forse questo taglio a rivelare sin dal 1895 che il cinema dovrà essere deinito proprio da questa necessità linguistica di sintesi. 4 si tratta dei ilm: Mary of Scotland (John Ford, 1936); Das Herz der Königin (carl Froelich, 1940). 5 la dietrich (Berlino, 1901), scomparsa nel 1992, è sepolta a Berlino e la sua tomba ancora oggi subisce attacchi di nostalgici profanatori. 6 G. sadoul, Storia generale del cinema, vol. 1, Le origini e i pionieri (1832-1909), torino 1965, p. 191. 7 nel 1889 sulle soglie del cinema, seguendo il ilone della leggenda nera, i fratelli Barnum avevano allestito uno spettacolo dedicato a nerone. nella brochure si legge: “A titanic, imperial, Historical spectacle of colossal dramatic Realism Gladiatorial combats and Olympian displays. indisputably, immeasurably, Over-whelmingly the Most Majestic, entrancing, and surpassingly splendid and Realistic spectacle of Any Age.” nel 1890, a ine stagione, il tour ha incassato 1.255.000 di dollari. 8 la serie attraverserà il secolo con innumerevoli versioni, ino al XXi con he Passion of the Christ (M. Gibson, 2004), un curioso incontro tra l’agiograia pseudostorica del sottoprodotto viscontiano Franco Zeirelli (Gesù di Nazarteh, 1977) e il cinema horror del primo peter Jackson (Bad taste, 1987; Braindead, 1992). 9 cfr. M. cardillo, Tra le quinte del cinematografo: cinema, cultura e società in Italia. 1900-1937, Bari 1987, p. 39. 10 Al secolo Giselda lombardi (1892-1957), già amante di trilussa e poi moglie del produttore

Gustavo lombardo, fondatore della titanus, tra le più importanti “major” italiane. Guidata poi dal iglio Gofredo, la titanus crollerà nella metà degli anni ’60 schiacciata dal disastro di Sodoma e Gomorra (R. Aldrich, 1962) e dagli esorbitanti costi del Gattopardo (Visconti, 1963). 11 cit. da A. Bernardini, Cinema muto italiano. Ambiente, spettacoli e spettatori 1896-1904, Bari 1980, pp. 27-28. 12 nel 1942, in tutt’altro contesto storico, sarà prodotto il primo ilm autocelebrativo di un papa; con eugenio pacelli nel ruolo di pio Xii, Romolo Marcellini gira Pastor Angelicus, sceneggiato da ennio Flaiano e diego Fabbri. il ponteice, in ritardo notevole, decide così di opporsi con gli stessi mezzi alla propaganda dei due protagonisti della scena cinematograica del tempo, Hitler e Mussolini. All’UFA e all’istituto luce si contrappone l’esordio produttivo del centro cattolico cinematograico voluto dal predecessore nel 1935. la questione del cinema fu infatti afrontata direttamente da pio Xi nelle encicliche Divini illius magistri (1929) e più decisamente, dopo l’afermarsi del sonoro, nella Vigilanti cura (1936). 13 A questo aspetto tecnico si deve aggiungere in seguito quello strategico commerciale attuato dalle produzioni indipendenti che negli Usa si opponevano al Motion pictures patents company, il cartello, detto anche Edison trust, nato nel dicembre 1908 con l’intenzione di limitare lo sfruttamento dei brevetti ai soli aderenti (il trust era composto da sette società americane, due francesi e un distributore). Gli indipendenti, per nulla intimoriti, organizzarono la loro controfensiva con ogni mezzo, fra le tattiche di risposta vi fu anche il progressivo allungamento della durata dei ilm. cfr. e. Bowser, he Transformation of Cinema 1907-1915, new York 1990, pp. 27-36, 79-85, 221. 14 la società fondata da charles pathé fu la prima manifattura cinematograica a noleggiare e non

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vendere le proprie pellicole, avviando la prassi che caratterizza il sistema ancora oggi. nel 1905 pathé controllava il 50% del mercato mondiale. ceduta dal consiglio d’amministrazione originario deinitivamente a terzi nel 1929, l’azienda fu in seguito coinvolta in un fallimento che ne decretò il collasso. Attualmente il marchio, rilanciato alla ine degli anni ’90, produce e distribuisce ilm, ofre un catalogo di oltre 500 titoli e gestisce cinema multisala. il maggiore rivale fu léon Gaumont con l’omonima società fondata nel 1895. 15 sadoul, op. cit., p. 431. 16 Questo ilm si pone all’alba del genere detto “exploitation”. Un ilm di questo tipo è caratterizzato non già dal richiamo estetico dell’opera, quanto piuttosto dall’enfasi posta dalla pubblicità di lancio sulle immagini “sensazionali” proposte, generalmente in forma pseudo-documentaria. la critica per questo genere ha parlato di paracinema. cfr. e. schaefer, Bold! Daring! Shocking! True!: A History of Exploitation Films, 1919-1959, durham, n.c., duke University press, 1999; e. Katz, he Film Encyclopedia 6e: he Most Comprehensive Encyclopedia of World Cinema in a Single Volume, new York, McFarland & company, 2008. 17 il primo nickelodeon nacque nel giugno del 1905 a pittsburgh in pennsylvania. il nome derivava dal prezzo del biglietto che si aggirava intorno ai 5 cents ovvero 1 nickel. in genere le sale erano dotate di un organetto o di un pianoforte. 18 nel 1906 la Alberini & santoni diventa cines con l’ingresso di Adolfo pouchain. l’azienda presto si confermerà come la più importante nel panorama dell’industria cinematograica italiana ino alla direzione di stefano pittaluga (1929) che introduce il sonoro in italia. nel 1935, sulle ceneri degli studi cines di via Veio distrutti da un incendio, sorgerà cinecittà. 19 cfr. s. tofetti (a cura di), Da «La presa di Roma» a «Il piccolo garibaldino», Roma 2007. Questo volume allega un dVd con la copia del ilm di Alberini restaurata del centro sperimentale di cinematograia - cineteca nazionale. 20 dalla prima “iction” di Alberini del settembre 1905, si passa in cinque anni alla produzione e distribuzione di oltre 250 pellicole (ilm, documentari e comiche), un record se si pensa che il vertice produttivo negli anni del boom economico (1957-65) attesta una media di oltre 200 ilm l’anno (coproduzioni comprese). nel 1964, con le co-

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produzioni, l’industria italiana raggiunse la quota massima della sua storia con 458 titoli distribuiti nelle sale. di questi: 25 erano di genere “grecoromano” e 20 del genere “spaghetti western”, tra cui Per un pugno di dollari (s. leone). 21 il ilm è tratto dal romanzo omonimo pubblicato nel 1834 da edward Bulwer lytton, celebre per l’incipit “era una notte buia e tempestosa” della sua novella Paul Cliford, scritta nel 1830. la frase è ripresa notoriamente dal cane snoopy creato da c.M. schulz. Allo “scrittore” edward Bulwer lytton è dedicato ogni anno dal 1982 il premio letterario per il peggior incipit (www.bulwer-lytton.com). 22 V. Jasset, “ciné-Journal” n. 166, 28.10.1911 e n. 167, 4.11.1911, cit. in V. Martinelli (a cura di), Cinema italiano in Europa 1907-1929, Roma 1992. 23 il cinema con i movimenti di masse sempre più numerose, sarà poi una caratteristica di alcune produzioni hollywoodiane che culmineranno nei ilm storico-romani girati a cinecittà nel dopoguerra. tuttavia il vortice dei numeri raggiunge l’apice nel 1981 quando Richard Attenbourogh ilma le oltre 300.000 comparse per la scena del funerale di Gandhi nel ilm omonimo. di queste “solo” 94.000 furono pagate, gli altri erano indiani convenuti volontariamente sul “set”. il giorno delle riprese (31 gennaio 1981) coincideva infatti con il 33° anniversario del funerale del Mahatma ed era stato scelto appositamente dalla produzione. la notizia delle riprese, e l’invito a presentarsi, fu difusa tramite la stampa, la radio, la tv e megafoni montati su automobili mandate in giro per new delhi. 24 la vera pompei sarà set del ilm musicale Pink Floyd: Live at Pompeii (1972); il luogo fu scelto per la brechtiana dissonanza tra la musica psichedelica del gruppo e la storia antica. l’assenza del pubblico, benché in un “live”, fu voluta per mantenere la purezza del suono, libero da grida e applausi. 25 poi nel 1926 ancora a quattro mani da c. Gallone e A. palermi; a Hollywood nel 1935 con ernest B. schoedsack dopo lo strepitoso King Kong; nel 1950 in coproduzione (anodina) con la Francia da M. l’Herbier e p. Mofa; inine nel 1959 da M. Bonnard (e s. leone, che lo sostituisce perchè lasciò il set per accettare l’oferta di girare un ilm con A. sordi, Gastone). 26 il cinema “vampiro” guarderà in questo senso, in chiave popolare, anche al vaudeville e al grand-

guignol, al cabaret e al mélo, allo spettacolo forain e all’operetta. 27 R. Bracco sarà attivo dall’anno successivo come sceneggiatore in una dozzina di pellicole. 28 d. del duca (a cura di), Il risorgimento in pellicola, iRRsAe Friuli-Venezia Giulia, cinemazero, pordenone 1991. 29 si segnalano inoltre: héodora (H. pouctal, 1912); Teodora di Roberto Roberti (1914) il papà di s. leone; Teodora (l. carlucci, 1922); inine, sonoro e a colori, Teodora, imperatrice di Bisanzio (R. Freda, 1954). 30 tra le opere di rilievo si possono segnalare haïs del 1917, diretto da Anton Giulio Bragaglia e Riccardo cassano e dello stesso Bragaglia Il perfetto incanto e Il mio cadavere entrambi del 1916; Il re, le torri, gli alieri (ivo illuminati, 1917) tratto dall’omonimo romanzo di lucio d’Ambra. nel 1929 Marinetti organizza a stoccarda la mostra “Film und Foto”. negli anni successivi si cimenteranno con il genere i registi: c. d’errico con Ritmi di stazione, impressioni di vita n. 1 (1933) e La Gazza ladra (1934); F. di cocco La Circolare esterna (1928) e Il Ventre della città (1933); U. Barbaro Cantieri sull’Adriatico (1933) e G. Martina Vitesse (1930-31). 31 G. d’Annunzio, Laudi, Merope libro iV, canzoni delle gesta d’oltremare, 1912. 32 del Coriolanus non si hanno notizie di riduzioni cinematograiche. nel 1965 c’è una trasposizione tv della BBc e nel 1964 il personaggio compare, senza riferimenti al Bardo, nel peplum Coriolano: eroe senza patria di Giorgio Ferroni, col musclè Gordon scott e Alberto lupo. 33 Rafaello Giovagnoli (Roma, 1838 - ivi, 1915). Garibaldino, ilosofo, giornalista e scrittore; in parlamento fece parte della sinistra radicale. Autore del romanzo Spartaco (1874). Al suo romanzo del 1874 si ispirano i ilm Spartaco, il gladiatore della Tracia (R. Freda 1953) e Il iglio di Spartacus (s. corbucci, 1962). Ancora dal romanzo sono tratti Spartaco (O. Gherardini, 1909) e Spartaco (G.e. Vidali, 1913). Il Gladiatore che sidò l’impero (d. paolella, 1965) presenta invece uno spartaco (Rock stevens alias peter lupus) solo omonimo; provengono invece dal romanzo di Howard Fast (Spartacus, 1951) l’omonimo ilm di s. Kubrick (1960) e il ilm tV Spartacus (R. dornhelm, 2004). da segnalare il docudrama della ABc Spartacus: Behind he Myth (2007),

che indaga sul vero spartaco a partire dal ilm di Kubrick. 34 “spartaco del Giovagnoli, d’altronde, è uno dei pochissimi romanzi popolari italiani che ha avuto difusione anche all’estero, in un periodo in cui il «romanzo» popolare da noi era «anticlericale» e «nazionale», aveva cioè caratteri e limiti strettamente paesani.” A. Gramsci, Letteratura e vita nazionale, lo «spartaco» di R. Giovagnoli (Q. 6). 35 si tratta dell’attore franco-senegalese Raymond François Émile Marie pierre Frau (1887-1953), il cui nome d’arte era Kri-Kri (dal 1919 Raymond dandy). Fu una star del cinema degli anni dieci in italia, Francia e Austria con oltre 100 comiche all’attivo, di cui alla ine fu anche regista. Al suo primo cortometraggio sonoro lavorò con J. Gabin (L’Héritage de Lilette, 1930). Vd. anche: cinegraie, Il comico e il sublime/he Comic and the Sublime, n. 19, le Mani-cineteca di Bologna, giugno 2006, pp. 33-66. 36 il rapporto tra i ilm di successo e la loro trasposizione comico-satirica si connota come un vero proprio genere che percorre la storia del cinema sino ad oggi (si pensi alla serie UsA degli Scary movies che satireggiano i ilm horror per teenager). tra i tanti, in ambito italiano, si può ricordare l’emblematico Totò, Peppino e...la dolce vita (s. corbucci, 1961), immediatamente a ridosso dell’omonimo capolavoro felliniano, con i due attori napoletani nel ruolo che nell’originale era di Mastroianni. nella celebre sequenza al night club, l’abbordaggio delle ragazze straniere propone fra l’altro uno scambio di battute che, in ilm basato su un ilm, parla di cinema. totò: Queste vengono in Italia per cercare l’amore latino... peppino: Ah se è per il latino qualcosa la so, prova a chiedere quo vadis... totò: Mister prec... Quo vadis? peppino: No ben-hur... totò: Ah si? ti ha scambiato per Ben-hur (rivolgendosi alle turiste) Si assomiglia un pò... il riferimento rende l’idea della popolarità del genere biblico-romano. inevitabile sarà un Totò e Cleopatra (F. cerchio, 1963) con totò al posto di R. Burton e Magali noël in sostituzione di e. taylor. da sottolineare il fatto che il ilm con totò uscì nelle sale italiane addirittura prima del kolossal di cui si faceva befa. il visto censura n. 40890 di Totò e Cleopatra porta infatti la data 3 agosto 1963 e la prima italiana del ilm di Mankiewicz fu il 30 gennaio 1964 (la prima mondiale a new York fu il 12 giugno 1963).

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37 Guazzoni oltre a Quo vadis? ripropone la Roma del passato in: Giulio Cesare, 1909; Messalina, 1909; Agrippina, 1910; Bruto, 1910; Caio Giulio Cesare, 1911; Marcantonio e Cleopatra, 1913; La cospirazione di Giulio Cesare, 1914. tornerà in argomento nel 1923 autoproducendosi con diicoltà un altro Messalina, pesantemente sforbiciato dalla censura delle scene più signiicative, visto il tema “piccante”. 38 Ai piedi del quartiere omonimo di Roma. 39 il primo scalo italiano all’epoca del ilm è un campo di volo in erba che ospita, poco prima delle riprese, l’arrivo di uno dei fratelli Wright in italia (1909), Wilbur. Qui il padre del volo consegna il primo brevetto italiano a Mario calderara. il ilm su W. Wright a centocelle è L’aereoplano Wright (1909) della società italiana pineschi. 40 V. Martinelli, Cinegraie, Anno i - n.2, Bologna 1989, p. 86. 41 cfr. G. Vattimo, Il soggetto e la maschera. Nietzsche e il problema della liberazione, Milano 1974, pag. 283. 42 Vero nome “Kal-el”, del pianeta Krypton, e, nell’identità terrestre, clark Kent. superman fu creato da Jerry siegel e Joe shuster nel 1938 e pubblicato dalla dc comics. 43 per Cabiria si può consultare: p. Berretto, G. Rondolino (a cura di), Cabiria e il suo tempo, Milano 1998. 44 il Museo nazionale del cinema di torino ha recentemente organizzato la presentazione del restauro delle due versioni di Cabiria irmate dalle stesso Giovanni pastrone: quella muta del 1914 e una seconda, sonorizzata, del 1931. Quella del 1914 è stata accompagnata dal vivo dall’orchestra del teatro Regio di torino “Filarmonica ’900”, che ha eseguito, diretta dal maestro timothy Brock dopo oltre novant’anni, la partitura originale di ildebrando pizzetti e Manlio Mazza. All’inizio della proiezione è stata proposta una video-presentazione di M. scorsese da cui è tratto il brano citato. 45 il kolossal francese prenderà forma nel 1927 col grandioso ilm Napoleon vu par Abel Gance di A. Gance, uno dei capolavori più importanti di tutti i tempi ancorché “maledetto” e restaurato nella sua versione più vicina all’originale (dopo quelle del 1981 e del 2000) solo nel 2004 dal Bi/British Film insitute con K. Brownlow e c. davies. per Napoleon, Gance e l’inventore André debrie spe-

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rimentano, come Alberini già negli anni a cavallo della Grande Guerra, un formato panoramico denominato “polyvision” (usando tre m.d.p. Debrie Parvo contemporaneamente) e nel 1935, per la riedizione del ilm in forma sonorizzata, introducono per la prima volta il suono stereofonico (brevettato da debrie nel 1932). la magniloquenza estetica va di pari passo col mito storico. 46 su questo: l. Hendel, L’organizzazione del consenso nel regime fascista: l’Ente italiano per le audizioni radiofoniche (EIAR) come istituzione di controllo sociale, perugia 1984. 47 si tratta del famigerato Berretti Verdi di J. Wayne e Ray Kellogg, l’unico ilm di propaganda a sostegno della guerra in Vietnam prodotto da Hollywood. in questo ilm “i nemici commettono ogni sorta di turpitudini e vanno distrutti senza pietà come gli indiani cattivi ai tempi del generale custer” scrisse t. Kezich nella recensione sul corriere della sera. Alla prima a new York vi furono scontri tra manifestanti e polizia. 48 Ad esempio, lo stesso J. Ford, indiscusso maestro del cinema western, sentirà il bisogno di “scusarsi” con i nativi e lo farà nel suo ultimo western Cheyenne Autumn (1964). 49 Ben Hur (s. Olcott e F.O. Rose, 1907). Già in questo ilm la scena della corsa dei carri è rappresentata con notevole impegno per i mezzi disponibili all’epoca. 50 il termine vamp è un’abbreviazione dell’inglese vampire e fu usato la prima volta nel cinema per caratterizzare l’attrice heodosia Burr Goodman (heda Bara), specialista tra l’altro in parti da “viziosa orientale”. 51 si tratta ancora della Fox Film Corporation, fondata da William Fox (vero nome Wilhelm Fried) nel 1915. la denominazione Twentieth CenturyFox Film Corporation nascerà nel 1935, dopo che darryl F. Zanuck (ex Warner) e Joseph schenck (ex United Artists) insieme a sidney Kent estromisero W. Fox dalla compagnia. 52 Girato a Roma, il ilm vede la partecipazione di molti attori italiani fra cui, nel ruolo di Galba, nello carotenuto il padre di Memmo (Guglielmo) e Mario, anch’essi attori e celebri con ruoli di caratteristi nella commedia all’italiana anni ’60-’70. 53 Benché edwards amasse la cordialità degli italiani, nella lontana california la Fox ebbe forti perplessità sull’uso di maestranze locali perché le comparse chiedevano di fare un sonnellino dopo il pranzo.

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durante il casting si pensò per il ruolo di Ben Hur a Rudy Valentino, che morirà pochi mesi dopo di peritonite. Rodolfo Valentino fu “inventato” da Rex ingram sulla scia del successo di he Four Horsemen of the Apocalypse (1921) tuttavia in seguito ingram stesso, forse perchè respinto, tentò di mettergli contro un altro attore, l’omosessuale (e suo nuovo amante) Ramòn novarro, celebrato come Anti-Valentino. l’attore messicano sarà assassinato a 69 anni da due “ragazzi di vita” nel 1968. 55 per una ricostruzione dell’evoluzione tecnologica del cinema: M. calzini, storia e Tecnica del Film e del Disco, Bologna 1991. 56 i precedenti in questo senso sono: Nursery Favorites (A. Ramsey, 1913) un fallimento di sincronizzazione; e Dream Street (d.W. Griith, 1921), che aveva una breve introduzione audio in cui lo stesso Griith presentava il ilm “parlando dallo schermo direttamente al pubblico”. tuttavia il regista di Intolerance si oppose all’uso del sonoro pensando che avrebbe costituito un suicidio economico. infatti il “padre del cinema americano”, sostenne: “solo il 5% del mondo parla inglese, dunque perché dovrei perdere il 95% del mio pubblico?”. 57 su questo periodo s’incentra la vicenda del ilm Singin’ in the rain (s. donen e G. Kelly, 1952), ritenuto a ragione da molti storici uno dei ilm più importanti di tutti i tempi. 58 tette, sangue e Bibbia. 59 laughton sarà l’imperatore claudio in I, Claudius del 1937 diretto da Joseph von sternberg. il regista abbandonerà il set e il ilm resterà incompiuto e invisibile. l’adattamento del romanzo di Robert Graves I Claudius (1934) sarà inalmente tradotto in immagini dalla BBc nel 1976 (infra p. 41). 60 Corriere della Sera, 23 dicembre 1933. 61 Già nel 1899 Georges Méliès aveva realizzato Cléopâtre. due minuti per assistere al risveglio della mummia che custodiva i resti della regina, quanto basta per porre la pellicola come capostipite dell’horror. si cimenterà col genere anche il maestro della commedia ernst lubitsch che nel 1918 dirige Die Augen der Mumie Ma. nel 1932 la Universal produce il capolavoro in tema: he Mummy (Karl Freund) con lo specialista Boris Karlof nei panni di im-ho-tep. 62 il ilm è un adattamento degli sceneggiatori Waldemar Young e Vincent lawrence a loro volta

ispirati dalla ricostruzione storica del collega Bartlett cormack, abile saccheggiatore di plutarco e delle altre principali fonti letterarie antiche. 63 il regista austriaco appena giunto gira Fury (1936), una storia sull’orrore del linciaggio con s. tracy. 64 il ilm a Hollywood si farà nel 1953 (Titanic, J. negulesco) quando le rotte aeree tra londra e new York stanno ormai soppiantando le grandi navi. con accenti anti-inglesi un titanic lo produce invece la Germania nel 1943 (Titanic, H. selpin). 65 cfr. n. Marino - e.V. Marino, L’ Ovra a Cinecittà. Polizia politica e spie in camicia nera, torino 2005, p. 94. Gli autori lasciano intendere, con validi argomenti, che il rogo fu probabilmente preparato dallo stesso carlo Roncoroni, proprietario dei preziosi terreni e segnalato dall’Ovra al duce come “proittatore”. cfr. ivi pp. 190-203. 66 nel 1935 Blasetti aveva diretto Vecchia guardia, uno dei sette ilm celebrativi dello squadrismo e del regime fascista insieme a: A noi! (U. paradisi, 1922); Il grido dell’aquila (M. Volpe, 1923); Camicia nera (G. Forzano 1933); Aurora sul mare (G. simonelli, 1935) e i perduti Ragazzo (i. perilli 1933) e Redenzione (M. Albani, 1941). Questi ilm non furono mai del tutto soddisfacenti per il regime. nel caso di Vecchia guardia si mosse addirittura il duce per sbloccarlo dalla censura della stessa direzione Generale della cinematograia in mano a luigi Freddi. Blasetti, aiutato da Alessandro pavolini, ricorda che proprio quest’ultimo “portò immediatamente il ilm a Mussolini. Mussolini si commosse addirittura, anzi si dice che avesse le lacrime agli occhi nel inale, e ordinò che il ilm passasse immediatamente”. cfr. F. savio, Cinecittà anni Trenta, vol. 1, Roma 1979, p. 13. 67 il clima dell’epoca, con i suoi meccanismi politico-economici derivati dal breve periodo dell’unità antifascista, era assai complesso, basti ricordare che una piccola parte del budget di Fabiola fu stornata col consenso di Blasetti per inanziare il coevo apologo comunista La terra trema di l. Visconti. 68 in realtà la Fabiola del ilm nella tradizione cattolica risulta essere una santa morta nel 399, la fonte biograica è naturalmente cristiana (Hier. Epist. 77). 69 È il centro cattolico cinematograico (ccc), i cui volumetti annuali delle Segnalazioni cinema-

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tograiche costituiscono una sorta di indice dei ilm proibiti. le opere erano così classiicate: I- ilm positivo; per qualsiasi genere di pubblico. II – ilm che per la particolarità dell’argomento trattato richiede …spettatori moralmente e culturalmente preparati. III- ilm moralmente discutibile o ambiguo…che richiede una più consapevole e responsabile capacità di giudizio. IV- ilm che per idee o tesi o scene, è gravemente ofensivo della dottrina e della morale cattolica. sotto la mannaia del giudizio iV cadono tra l’altro “i ilm di violenza, di alienazione, di agnosticismo, di visione materialistica ed edonistica della vita”; e quelli “contrari alla concezione cristiana dell’amore, del matrimonio e della famiglia”, risultando perciò vietati a tutti. 70 È un giudizio iii. cfr. ccc, Segnalazioni cinematograiche, vol. XXV/15, Roma 1949, p. 117. 71 in G. Grazzini (a cura di), Federico Fellini, Intervista sul cinema, laterza, Roma-Bari, 1983, pp. 102-103. 72 e. Flaiano, «il Mondo», n. 5, 19 marzo 1949. 73 Fra l’altro, la legge introduce tasse salatissime sull’importazione di ilm esteri e l’obbligo di doppiaggio, che prontamente le major americane riiutano ritirandosi dal mercato italiano. 74 AA.VV., La città del cinema, Roma 1979, p. 367. 75 All’inizio il ilm fu proposto da de laurentiis anche a O. Welles che per non meglio precisate vicende abbandonerà ogni trattativa (cfr. t. Kezich, Dino De Laurentiis, la vita e i ilm, Milano 2001, p. 173). il ilm sarà un disastro al botteghino, a un passo dal ’68 è l’ultimo kolossal alla deMille lanciato sul mercato in ritardo: le produzioni stanno per mettere in circolazione i disaster-ilm come Airport (G. seaton, 1970) e he Poseidon Adventure (R. neame, 1972). 76 An Audience with Peter Ustinov (BBc, 1988) della serie televisiva An Audience with… 77 l’archeologo enrico Josi e i suoi colleghi gesuiti Antonio Ferrua e engelbert Kirschbaum, dopo una campagna di scavi sotto la Basilica, riferiscono al papa pio Xii informazioni che gli consentono di dichiarare nel natale ’50: “È stata veramente ritrovata la tomba di san pietro? A tale domanda la conclusione inale dei lavori e degli studi risponde con un chiarissimo sì. la tomba del principe degli Apostoli è stata ritrovata.” (pio Xii, «Un anno», Radiomessaggio, 23 dicembre 1950).

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ci si riferisce alla Crociissione di San Pietro di M. Buonarroti (1546-50) nella cappella paolina (Musei Vaticani) e alla tela omonima del 1600 di caravaggio ora presso la cappella cerasi di santa Maria del popolo a Roma; si sono cimentati sul tema anche: Filippino lippi (1481-83), in santa Maria del carmine a Firenze e Guido Reni (1605) per s. paolo alle tre Fontane (oggi ai Musei Vaticani). 79 tra i ilm più espliciti politicamente in questo senso, si può ricordare Roma rivuole Cesare (1972) dell’ungherese Miklós Jancsó. dopo le idi di marzo due patrizi, il rivoluzionario claudio (d. Olbrychsky) e il riformista Ottaviano (H. Keller), si confrontano, secondo una liturgia tipica dello stile del regista, sul potere e la violenza con evidenti riferimenti al presente. co-prodotto dalla RAi, il ilm è girato in italia, paese dove si è trasferito Jancsó dal 1968 al seguito della nuova compagna, la sceneggiatrice e regista Giovanna Gagliardo, con la quale scrive cinque ilm. 80 nel 1954 nasce il Canale Nazionale e gli abbonati sono 24.000; parla correntemente l’italiano solo 1/5 della popolazione (quasi il 13% è analfabeta). solo nel 1961 si arriva a coprire con il segnale tutto il territorio nazionale, quando in novembre nasce anche il Secondo Programma. se nel 1956 sono disponibili ca. 360.000 televisori, dopo il boom economico i possessori di un apparecchio tv sono 6 milioni (1965). nel 1968 per la prima volta l’interesse per i ilm (80%) supera quello dei telegiornali (75%). l’introduzione del colore sarà avviata nel febbraio 1977, contemporaneamente alla soppressione di carosello. nel 1975 si staccavano 500 milioni di biglietti annui, nel 1992 la quota è crollata a 83 milioni: è la lunga crisi del cinema italiano (ma accade anche altrove, soprattutto in Francia e Giappone) legata alla trionfale afermazione della tv (e di rilesso del consumo di cinema casalingo attraverso il mercato dell’homevideo). le sei reti nazionali (RAi e Mediaset) nel 1993 trasmettono oltre 5 mila ilm. le sale cinematograiche chiudono rapidamente e si passa dalle 8453 del 1980 alle 3293 del 1990, mentre il costo del biglietto nello stesso periodo è aumentato del 60%. 81 l’introduzione del colore avviene nel 1953 e si completa nel 1968. 82 Un esempio eicace dell’esito di questa mutazione, può essere il semplice confronto, estetico e

tecnologico, tra il più grande incasso del periodo 1930-1950 - 2.460.150.000 $ per il melodramma storico (Via col vento - V. Fleming, 1939) - e l’equivalente del 1970-1990 - 2.571.450.000 $ per l’epica fantascientiica (Guerre stellari - G. lucas, 1977). si tratta dei due maggiori incassi di sempre (i dati sono ricalcolati al presente). 83 la prima italiana de La tunica (he robe) si tenne il 28 novembre 1953 al cinema capitol di Roma appositamente attrezzato. 84 su questo ilm: M. Wyke, Film Style and Fascism: Julius Caesar, Manchester University press 2004. 85 John Gielgud (cassio), Marlon Brando (Antonio), James Mason (Bruto), edmond O’Brien (casca). 86 R. Barthes, Mythologies, éd. seuil, paris 1957, p. 28 (tr. it. I Romani al Cinema in Miti d’oggi torino 1974, p. 19). 87 c. Metz, Essais sur la signiication au cinéma, Klincksieck, paris 1968 (tr. it., Semiologia del cinema, Milano 1972). 88 J. carcopino, La vie quotidienne à Rome à l’apogée de l’empire, Hachette, paris 1939 (tr. it. La vita quotidiana a Roma all’apogeo dell’impero, Bari 1941). 89 la “prima” (non a pagamento) di questa leggendaria ‘veduta cinematograica’ fu a parigi il 22 marzo 1895. le immagini erano state girate alcuni giorni prima a lione, per alcuni il 19, ma secondo altri il 10 che cadeva di domenica. scrive hierry Frérnaux: “lumière avrebbe convocato i suoi operai, in un giorno di riposo, per intraprendere insieme a loro il primo esperimento di riprese, facendo loro riprodurre – di domenica, solo per il cinema – quello che normalmente facevano durante tutta la settimana. Questo spiegherebbe i loro cappelli bianchi e i bei vestiti. dalla ripresa involontaria di una normale giornata di lavoro si passerebbe così alla messa in scena di una inzione ‘realistica’.” in questo senso, secondo non pochi autori, i lumière avrebbero già espresso nel solo anno 1895 – tra la prima proiezione sperimentale (20 marzo) e quella a pagamento (28 dicembre), quando oltre all’Uscita presentarono vedute di città e scenette come L’annaiatore innaiato – il potenziale del cinema a venire. 90 Süss l’ebreo fu realizzato da Veit Harlan con la supervisione di J. Goebbels. 91 in realtà si tratta del terzo episodio di Ro.Go. Pa.G. (Rossellini, Godard, pasolini, Gregoretti, 1963).

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cfr. p.p. pasolini, Empirismo eretico, Milano 1977. 93 lo scrittore newyorkese fu uno dei perseguitati nel periodo maccartista (1948-60) e fu perino condannato nel 1950 a tre mesi di carcere (dove scrisse il romanzo) per essersi riiutato di rispondere alla commissione d’inchiesta sulle sue presunte attività antiamericane. Fast, dopo i fatti d’Ungheria, prenderà le distanze dal comunismo ortodosso. 94 il ilm ne incasserà 15 e verrà ritenuto un insuccesso. 95 Mann riuscì a girare solo la sequenza delle miniere di sale e della scuola gladiatoria, poi inserita nel montaggio inale. 96 il ilm fu vietato anche in spagna durante la dittatura franchista, ma fu liberato dal divieto solo nel 1986. censurato anche in svizzera, Algeria e israele. 97 J. Baxter, Stanley Kubrick: A Biography, london 1997; tr. it. Stanley Kubrick, la biograia, torino 1999. 98 n.M. Rosendorf, Hollywood In Madrid: American Film Producers and the Franco Regime, 19501970, in «Historical Journal of Film, Radio and television», V. 27, March 2007, pp. 77-109, in part. p. 95-98 su Spartacus. 99 M. ciment, Kubrick, Milano 1981, p. 152. 100 G. debord, Commentaires sur la société du spectacle, paris 1988 (tr. it. Commentari sulla società dello spettacolo, Milano 1990, p. 5) 101 V. anche: Le battaglie di Spartacus: Faust e Koestler, Trumbo e Kubrick, e Kirk Douglas ..., «linea d’ombra», 1992, n. 73, p. 97-107. 102 d. trumbo, “he sequence on Vesuvius: notes” p. 2; “Report on spartacus”, section ii, pp. 46-47; cit. in d.l. cooper, Spartacus Still Censored After All hese Years..., cinéaste, v. 22, n. 2, 1996, p. 24-29. 103 secondo Maria Wyke, H. Fast nel romanzo usò l’omosessualità come segno della decadenza dell’aristocrazia romana (M. Wyke, Projecting the past: ancient Rome, cinema, and history, new York, london 1997). 104 la sequenza della piscina fu girata nella villa del magnate della stampa William Hearst, ovvero l’ispiratore della igura del protagonista di Citizen Kane (O. Welles, 1941). si tratta dell’Hearst castle a san simeon lungo la paciic coast Highway della california. All’interno dello stesso ediicio è stata girata la sequenza inale della stanza in 2001: A Space Odyssey (1968), v. p. 121, ig. 86.

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Mancherà solo quello per la sceneggiatura, conquistato da Pillow Talk di M. Gordon (Il letto racconta). le categorie vinte sono: miglior ilm, regia, attore, attore non protagonista, fotograia, scenograie, montaggio, costumi, efetti speciali, colonna, sonora e sonoro. 106 l’attore all’epoca del ilm aveva 36 anni. il protagonista del libro, quando inisce ai remi dopo l’episodio della tegola, ha 17 anni. 107 F. Meijer, Il mondo di Ben Hur. Lo spettacolo delle corse nell’antica Roma, Roma-Bari 2006, p. 207. 108 in realtà il disastro al botteghino vi fu nel primo periodo di circolazione. dopo il 1973 e una lucrosa vendita dei diritti televisivi, il ilm raggiunse il pareggio e da allora in poi i proitti portano il segno positivo, a cominciare dalle varie edizioni in VHs e dVd. per il 2010 è prevista l’edizione in dVd di una inedita versione integrale di 6 ore. 109 il direttore di produzione Ottavio Oppo ricorderà anni dopo: “c’è una parte di cinema italiano che con questo ilm si è arricchita, alcuni produttori sono nati rivendendo più volte la stessa acqua minerale e gli stessi cavalli”. cit. in AA. VV., La città del cinema. Produzione e lavoro nel cinema italiano 1930\1970, Roma 1979, p. 222. 110 inizialmente La dolce vita (1960) doveva intitolarsi proprio Via Veneto. come è noto, la Via Veneto del ilm fu in realtà per volontà di Fellini ricostruita da piero Gherardi a cinecittà. 111 prodotto da samuel Bronston productions e he Rank Organisation con paramount pictures. produttori associati Jaime prades e Michal Waszynski. dopo il crack di questo ilm samuel Bronston, che aveva prodotto King of Kings (1961), El Cid (1961) e 55 Days at Peking (1963), si ritirò dall’attività. 112 t. Kezich, il cinema degli anni sessanta, 19621966, Milano 1979. 113 B. tavernier, Entetrien avec Vittorio Cottafavi, «positif», n. 100-101, dicembre 1968-gennaio 1969, p. 67; ora in F. Faldini e G. Foi (a cura di), L’avventurosa storia del cinema italiano (19601969), Milano 1979, p. 358. 114 cfr. A. Baldi, Schermi proibiti, Venezia 2002, p. 59. 115 ccc, Segnalazioni cinematograiche, vol. XlVii/14, Roma 1960, p. 72. 116 intervista citata in G. Rondolino, Vittorio Cottafavi. Cinema e televisione, Bologna 1980, p. 60.

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il ilm di Francisci è il primo titolo italiano e 7° assoluto nella classiica della stagione 57-58, dove ai primi tre posti igurano: I dieci comandamenti (cecil B. de Mille,1956) 2,5 miliardi di lire (circa 32 milioni di euro); I peccatori di Peyton (Mark Robson,1957); Il ponte sul iume Kwai (david lean, 1957). il secondo titolo italiano Belle ma povere (d. Risi, 1957) sequel di Poveri ma belli (1956) è all’ottavo posto dietro ercole. Al 27° igura il premio Oscar Le notti di Cabiria di Fellini, al 44° Un re a New York di charles chaplin, al 78° La parola ai giurati di sidney lumet e al 97° Sorrisi di una notte d’estate di ingmar Bergman. 118 AA. VV., La città del cinema. Produzione e lavoro nel cinema italiano 1930\1970, Roma 1979, p. 84. 119 A. Bazin, Hitchcock contre Hitchcock, «cahiers du cinéma», 39, octobre 1954; F. trufaut, c. chabrol, Entretien avec Alfred Hitchcock, «cahiers du cinéma», 44, février 1955; p. demonsablon, Lexique mytologique pour l’œuvre de Hitchcock, «cahiers du cinéma», 62, août-septembre 1956. 120 M. Mourlet, Prélude à Cottafavi, «cahiers du cinéma», n. 99, settembre 1959. 121 J. siclier, L’âge du péplum, «cahiers du cinéma», n. 131, mai 1962. Aggiornamenti a fenomeno esaurito si trovano in: J. Zimmer, Les peplums, «image et son», n. 196, juillet 1966; c.M. cluny, Le “Péplum”, dossiers du cinéma/cinéastes 2, casterman 1971; A. Garel, Le Peplum, «image et son», n. 305, avril 1976. 122 prodotto dalla titanus, la più attiva in questo genere, e sceneggiato da corbucci con sergio leone, duccio tessari e ennio de concini. le star sono: il celebre “ercole” steve Reeves nelle vesti di Romolo, il “Maciste” Gordon scott come Remo, Virna lisi (Julia) e c’è anche Ornella Vanoni nel ruolo della corrotta tarpeja. il ilm, che qui è citato come esempio di prodotto rappresentativo per autori, cast e incassi del periodo analizzato, fece registrare introiti per 440 milioni dell’epoca. nel 1961 solo ottantatré titoli superarono i 200 milioni d’incasso e ventitré di questi erano peplum. la soglia dei 200 milioni è determinata dal fatto di essere il costo medio di un ilm all’epoca, anche per i peplum (il cui budget era generalmente di 180 milioni). per avere un termine di paragone si può ricordare che un ilm come Il moralista (G. Bianchi, 1959), con la stella della commedia A. sordi, aveva incassato 473 milioni, mentre il drammatico Il generale Della Rovere (1959), leone d’oro a Ve-

nezia, diretto da Rossellini, interpretato da de sica e scritto da Montanelli, 690 milioni. sulla titanus e questo genere si veda: s. della casa, Sui generi: i pepla della Titanus, in V. Zagarrio (a cura di), Dietro lo schermo: ragionamenti sui modi di produzione cinematograici in Italia, Venezia 1988. 123 con sergio leone, Michele lupo e un non accreditato Michelangelo Antonioni. 124 J. siclier, op. cit. p. 38. 125 G. Marotta, Visti e perduti, Milano 1960. 126 su questo, ancora utilissima è la ricostruzione in V. spinazzola, Film 1963, Milano 1963, pp. 75111. 127 il 1° febbraio 1958 domenico Modugno vince il Festival di sanremo con Nel blu dipinto di blu (Modugno-Migliacci), poi non afatto casualmente passata alla storia con il titolo Volare, a seguito del successo strepitoso del ritornello, inteso sin da subito come eicace rappresentazione dello stato d’animo di un paese bisognoso “d’una boccata d’aria”. nel 1960 il cantante rilancerà con un titolo ancora più esplicito Libero (Modugno-Migliacci). Arriva secondo dietro al sussulto “restauratore” di Renato Rascel che vince il Festival con Romantica (VerdeRascel): è un colpo di coda perchè la scena musicale spazzerà via rapidamente la melassa del “bel canto”, soprafatto dagli epigoni del rock’n’roll e dei Beatles, i quali con ironica consapevolezza si proclameranno di lì a poco più famosi di Gesù cristo. 128 Una ricognizione sui personaggi, con molte interviste ai protagonisti, è proposta da M. Giordano, Giganti buoni. Da Ercole a Piedone (e oltre) il mito dell’uomo forte nel cinema italiano, Roma 1998. 129 Mi permetto di rimandare alla mia breve ricostruzione sul sistema della produzione cinematograica nei dintorni di Roma in Provincia che spettacolo!, Quasar, Roma 2005. 130 su questo, con anche richiami al rapporto col peplum, si veda l’esaustiva introduzione in M. Giusti, Dizionario del western all’italiana, Milano 2007. 131 Un racconto dello sviluppo del genere è in R. curti, Italia odia. Il cinema poliziesco italiano, Milano 2006. 132 Quello nordamericano attraverso la difusione dell’homevideo, iniziata negli UsA nella prima metà degli anni settanta. 133 Q. tarantino, intervista rilasciata alla rivista on line Tempi moderni, numero 54 - Aprile / 2004.

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il iglio di Rossellini, Renzo, dirà: “era una bellissima sceneggiatura [...] però non riuscì a farlo, ne fu espropriato e fu poi realizzato in ben altri termini da tinto Brass”. cit. in G. Rondolino, Rossellini, Utet, torino 1989, p. 311. 135 G. Grazzini, «il corriere della sera», 11 novembre 1979. 136 la letteratura specialistica sul genere documentario è assai vasta, qui si può segnalare una recente ricostruzione per aree tematiche: B. nichols, Introduzione al documentario, Milano 2006. 137 si vedano per questo: K. esders, Attraktionen, Doku-Drama, Western-Romanze. Zur Entstehung eines amerikanischen Genres, in: «Kintop - Jahrbuch zur erforschung des frühen Films», Bd.1. Basel, Frankfurt/M 1993, pp. 97-124; d. paget, No Other Way to Tell It. Dramadoc/docudrama on television, Manchester 1998; A. Rosenthal, Why Docudrama? Fact-Fiction on Film and TV, carbondale & edwardsville 1999; s.n. lipkin, Real Emotional Logic. Film and Television Docudrama as persuasive Practice, carbondale: southern illinois University press, 2002; G.d.Rhodes/J. parris springer, Docuictions. Essays on the Intersection of Documentary and Fictional Filmmaking, Jeferson/ nc - McFarland, 2005. 138 Gli episodi: 1 l’esercito invincibile; 2 spartaco, il gladiatore ribelle; 3 Giulio cesare; 4 la foresta della morte (teutoburgo); 5 la terra dei druidi; 6 l’impero più grande della storia; 7 la pace è inita (162 d.c.); 8 la minaccia del cristianesimo; 9 il soldato imperatore (Aureliano); 10 costantino il grande; 11 Roma, a ferro e fuoco; 12 il burattinaio spietato (Ricimero); 13 l’ultimo imperatore. 139 Gli episodi: 1 nero; 2 caesar; 3 Revolution (132 a.c.); 4 Rebellion (66 d.c.); 5 constantine; 6 he Fall of Rome. 140 in questo caso il documentario che afronta il problema si dice mock-documentary (mockumentary). su questo si vedano: J. Roscoe/ craig Hight, Faking it: Mock-documentary and the subversion of factuality, Manchester University press, Manchester 2001; A. Juhasz/J. lerner, F Is for Phony: Fake Documentary and Truth’s Undoing, University of Minnesota press 2006. 141 il 14 aprile 1975 le camere approvano la legge di riforma n. 103 sulle Nuove norme in materia di difusione radiofonica e televisiva. la nuova legge accoglie la distinzione fra ambito nazionale e locale e svincola quest’ultimo dal monopolio pubblico

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per quanto attiene alla difusione dei programmi via cavo. i punti essenziali sono: passaggio del controllo del servizio pubblico dal Governo al parlamento; conferma del monopolio di stato sul servizio pubblico; disponibilità, all’interno della programmazione radiotelevisiva, di appositi spazi destinati a sindacati, confessioni religiose, movimenti politici, enti e associazioni politiche e culturali, gruppi etnici e linguistici e altri gruppi di rilevanza sociale che ne facciano richiesta; costruzione di una terza rete televisiva pubblica. 142 R. Rossellini, Censura, A.i.c. , ottobre-novembre 1961, ora in t. sanguineti (a cura di), Italia taglia, Milano 1999, p. 46. 143 cfr. R. Rossellini, Il mio metodo, a cura di A. Aprà, Venezia 1987, p.p. 370-74; G. Rondolino, Rossellini, Utet, torino 1989, p. 308. 144 R. Rossellini, Il mio metodo, a cura di A. Aprà, Venezia 1987, p. 122. 145 t. Kezich, Il nuovissimo Mille ilm. Cinque anni al cinema 1977-1982, Milano 1983, p. 210. 146 i titoli integrali sono: I, Claudius: From the Autobiography of Tiberius Claudius, Born B.C. X, Murdered and Dieied A.D. LIV (1934) e Claudius the God and His Wife Messalina (1935). 147 Quando il ilm fu distribuito negli UsA, ancor prima di averlo visto, gruppi di fondamentalisti protestanti tentarono un boicottaggio perché a loro avviso vi si negava la divinità di Gesù. 148 Alla serie tv è dedicato un sito web; vi si analizzano tutte le puntate, la coerenza con il testo di Graves e le fonti originali: http://www.anselm.edu/ internet/classics/i%2cclAUdiUs/information. html 149 i tre importanti sceneggiati sono mostrati analiticamente, per quanto concerne l’attenzione al mondo del lavoro, nel percorso fotograico della parte 3. 150 J.J. O’connor, TV Weekend: he Last Days of Pompeii, «new York times», May 4, 1984. 151 si tratta di una deinizione adottata dagli stessi studios che comprende i 49 lungometraggi da Snow White and the Seven Dwarfs (1937) a he Princess and the Frog (2009). 152 il primo ilm d’animazione “classico” disney che adotterà la tecnica di Tron è stato he Great Mouse Detective (1988). interamente realizzato in cG su esterni reali è invece Dinosaur (2000). 153 cit. in s. lyall, At Shepperton Studios, Stars in the Sand, «new York times», May 23, 1999.

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Deliverance è stato distribuito in italia con il titolo Un tranquillo weekend di paura. per il 2010 è annunciata anche una nuova riduzione cinematograica di I, Claudius che vedrebbe l. di caprio nei panni dell’imperatore balbettante. in lavorazione, da uno script dello sceneggiatore del Gladiatore, c’è anche Hannibal the Conqueror (V. diesel, 2011). 155 t. Kezich, L’ultima legione, «corriere della sera», 14 settembre 2007. 156 l. canfora, Cesare e Catone in Transatlantico, «corriere della sera», 17 settembre 2003. 157 e. Bernabei (Firenze, 1921). cattolico e membro dell’Opus dei, già direttore de Il popolo (quotidiano dc), nel 1960 è l’uomo di Fanfani alla RAi, di cui diventa direttore generale ino al 1974. nel 1991 fonda con moglie e igli (ne ha otto, tra cui Matilde, consorte del celebre giornalista Giovanni Minoli) la lux Vide. l’azienda si impegna nella iction televisiva da vendere alla RAi (e Mediaset), seguendo un’impronta culturale dichiaratamente ispirata dal Vaticano: 21 ilm tratti dalla Bibbia; vite di santi (don Bosco, Maria Goretti, padre pio, sant’Antonio, santa Rita, chiara e Francesco); e poi di papi (Giovanni XXiii, Giovanni paolo ii, paolo Vi); di Madre teresa oltre alla serie di don Matteo, ennesima rivisitazione del padre Brown di chesterton. 158 il produttore della lux luca Bernabei, parlando della coproduzione, ha dichiarato in proposito: “l’idea di fare un omaggio a Benedetto XVi non era venuta solo a noi. Mentre preparavamo la sceneggiatura, abbiamo saputo che i colleghi tedeschi stavano lavorando a un progetto simile. Abbiamo unito le forze”. in «corriere della sera», 26 novembre 2008. 159 G. Manin, O’Toole: con me rivive la Roma di Augusto, «corriere della sera», 18 ottobre 2002. 160 Andrea Giardina, Università di Roma “la sapienza”; Angela donati, Università di Bologna; Robert etienne, emerito Università di Bordeaux; Géza Alföldy, emerito Università di Heidelberg; Giovanni Brizzi, Università di Bologna; George W. Houston, Università del north carolina. 161 «corriere della sera», 18 ottobre 2002. 162 cit. in: s. Fumarola, «la Repubblica», 23 maggio 2004. 163 cit. in: s. Fumarola, «la Repubblica», 8 maggio 2004. 164 cit. in: e. costantini, «corriere della sera», 8 maggio 2004.

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cfr. Quotidiano «la Repubblica», 4 marzo 2007, p. 57. 166 A. Grasso, «corriere della sera», 7 marzo 2007. 167 Gli altri due ideatori sono: Bruno Heller e William J. Macdonald. A parte il soggetto e la supervisione, Milius ha sceneggiato personalmente solo la sesta puntata della prima serie dal titolo Egeria. É l’episodio in cui il quattordicenne Ottaviano, futuro imperatore Augusto, viene accompagnato da pullo in un bordello per il suo primo incontro con una donna, appunto la prostituta egeria. intanto cesare si prepara a Farsalo. 168 la terza e la quarta stagione sarebbero state ambientate in egitto, la quinta avrebbe afrontato l’arrivo del Messia in palestina. 169 l. canfora, Quella Roma piena di errori e anacronismi, «corriere della sera», 18 marzo 2006 170 per un’analisi del ilm, con diversi contributi che ampliano il discorso sul genere e il rapporto con la storia, si veda: Martin M. Winkler, Gladiator: ilm and history, Malden, Blackwell publishing, 2004. 171 sul tema dell’immaginario iconograico: G. didi-Huberman, L’image survivante. Histoire de l’art et temps des fantômes selon Aby Warburg, paris, Éditions de Minuit, 2002; e. Franzini, Fenomenologia dell’invisibile. Al di là dell’immagine, Milano, 2001; M.A. Holly, K. Moxey, n. Bryson (a cura di), Visual Culture. Images and Interpretations, Hannover, Wesleyan Up, 1994; W.J.t. Mitchell, Iconology. Image, Text, Ideology, chicago and london, he University of chicago press, 1986; J.-J. Wunenburger, Philosophie des images, paris, presses Universitaires de France, 1997 (trad. it. Filosoia delle immagini, torino, 1999); l. Quaresima, l. Vichi (a cura di), La decima musa: il cinema e le altre arti, Udine 2001. 172 nel corso del XiX secolo suddiviso al suo interno in scuole e correnti che scandiscono il rapido mutamento delle arti igurative (investite fra l’altro dall’avvento della fotograia). 173 cfr. l. M. lecharny, L’art pompier, paris 1998. 174 per una ricognizione sul genere si può consultare: e. Querci, s. de caro (a cura di), Alma Tadema e la nostalgia dell’antico. Catalogo della mostra (Napoli, 19 ottobre 2007-31 marzo 2008), Milano 2007 175 nasce l’8 gennaio 1836, nel villaggio di dronrijp in Olanda. dopo gli studi all’Accademia

di Belle Arti di Anversa, in Belgio, si orienta verso la pittura romantica che guarda alla storia, passando dall’interesse per i Merovingi a quello per l’antico egitto. con il matrimonio e il viaggio di nozze in italia (1863) la sua carriera è a una svolta: inizia a produrre opere ispirate al mondo romano e alle ville pompeiane. Raggiunge il successo e la fama, che conserverà ino agli anni ’90 quando comincia un progressivo calo produttivo. la morte lo coglie a Wiesbaden nel 1912. 176 in part. la cd. «sala Maccari», realizzata dall’omonimo autore cesare Maccari nel 1888, ove è rappresentata attraverso episodi emblematici la storia del senato romano. 177 per questo si possono vedere: A. costa, I leoni di Schneider: percorsi intertestuali nel cinema ritrovato, Roma 2002; A. Marlow-Mann, Gli ultimi giorni di Pompei, or the evolution of the italian historical epic (1908-1926), «la valle dell’eden. Quadrimestrale di cinema e audiovisivi», v. ii, n. 6, Milano 2000. A. Bernardini, V. Martinelli, M. tortora, Enrico Guazzoni: regista pittore, doria di cassano Jonio (cs) 2005. 178 sull’argomento, con ampi riferimenti alla letteratura da cui proviene il concetto di intertestualità, si può consultare il recente: G. Guagnelini, V. Re, Visioni di altre visioni: intertestualità e cinema, Bologna 2007. 179 M. Gromo, «la stampa», 28 ottobre 1937. 180 Berta Helene Amalie “leni“ Riefenstahl (19022003). Ballerina, poi a seguito di un infortunio attrice con spiccata vocazione per i ilm di ambientazione alpina; passata alla regia diventa l’autrice di iducia di Hitler, suscitando invidie e pettegolezzi. Oltre alla celebrazione del convegno di norimberga, gira nel 1936 con un dispiegamento di mezzi mai visto il documentario dei Giochi Olimpici di Berlino Olympia (1938). processata nel dopoguerra, mai del tutto “pentita”, attraverserà il secolo come fotografa etnograica e subacquea. 181 leopoldo Fregoli (1867-1936). Attore di varietà noto per la sua abilità nel cambiarsi d’abito e trucco ad una velocità sorprendente. il suo nome diviene presto sinonimo di trasformismo anche al di là della scena teatrale. 182 il 9 maggio dal balcone di palazzo Venezia Mussolini tiene il discorso di proclamazione dell’impero. dice tra l’altro: “Questo è nella tradizione di Roma, che, dopo aver vinto, associava i popoli al suo destino”; e chiarisce: “in questa

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certezza suprema, levate in alto, o legionari, le insegne, il ferro e i cuori, a salutare, dopo quindici secoli, la riapparizione dell’impero sui colli fatali di Roma”. 183 discorso del 24 ottobre 1936 a piazza Maggiore, Bologna. 184 M. Gromo, «la stampa», 28 ottobre 1937. 185 F. sacchi, «il corriere della sera», 27 ottobre 1937. 186 scipione Africano è anche il nome di un incrociatore leggero. la costruzione della nave, insieme alle gemelle Attilio Regolo e pompeo Magno, comincia nel 1939 e termina nel 1943 quando nel marzo entra in servizio (unico dei tre incrociatori a essere dotato di radar). Riclassiicato nel dopoguerra cacciatorpediniere, è posto in disarmo nel 1961. 187 su questo si può vedere: M. Winkler, he roman salute: cinema, history, ideology, he Ohio state University 2009, in part. pp. 94-150. 188 Mussolini volle personalmente seguire, a suo modo, come “supervisore” l’impianto e la realizzazione della sceneggiatura. 189 «il legionario», 2 agosto 1938, cit. in: p. corti e A. pizarroso Quintèro, Giornali contro: “Il Legionario” e “Il Garibaldino”: propaganda degli italiani nella guerra di Spagna, Alessandria 1993. 190 J.F. coverdale, I fascisti italiani alla guerra di Spagna, Bari 1977, p. 253. 191 per un’analisi sull’uso politico di Roma al cinema si vedano: M. Wyke, Projecting the past: ancient Rome, cinema, and history, new York, london 1997; s.R. Joshel, M. Malamud, d.t. McGuire jr, Imperial projections: ancient Rome in modern popular culture, Baltimore, london, John Hopkins university press 2001; c. Martindale and R.F. homas, Classics and the Uses of Reception, Oxford 2006. 192 G.c. castello, Quo Vadis?, «cinema: quindicinale di divulgazione cinematograica», vol. Vi, n. 105, 1953, pp. 150-151. 193 su questo si veda: t. shaw, Martyrs, Miracles and Martians: Religion and Cold War Cinematic Propaganda in the 1950s, Journal of cold War studies, V. 4, n. 2, Massachusetts institute of technology 2002, pp. 3-22. 194 il termine errato usato già nel romanzo è di derivazione evangelica, nella realtà storica si tratta del prefetto Valerio Grato (15-26 d.c.).

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sulla questione delle possibilità di una carriera civile dei militari si rimanda a c. Ricci, Soldati, veterani e vita cittadina nell’Italia imperiale, Quasar, Roma c.s. 196 stagione 1, episodio 12. 197 in argomento si può consultare il vol. 3 di questa stessa collana: e.d. Augenti, Il lavoro schiavile a Roma, Roma 2008. 198 ecco un celebre passo di paolo: “Voi schiavi, ubbidite in tutto ai vostri padroni di questo mondo: comportatevi con sincerità e agite per amore del signore. non siate servizievoli solo per farvi vedere e per compiacerli. Quel che fate, qualunque cosa sia, fatelo volentieri, come per il signore, e non per gli uomini. Voi sapete che la vostra ricompensa è l’eredità che riceverete dal signore. perciò è cristo che dovete servire.” (col 3, 22-25); si vedano anche: ef 6, 5-9; tit 2, 9-10; 1p. 2, 18-20; nei Vangeli si leggano: lc 17, 7-10; Mt 10, 24-25; 13, 27-28; 18, 25. sulla schiavitù ammessa teologicamente ancora nel 1866 da pio iX si veda: J.F. Maxwell, he Development of Catholic Doctrine concerning Slavery, World Justice 11 (1969-70), pp. 147-192 e 291-324. 199 su questo si possono vedere: M. dogliani (a cura di), Spartaco: la ribellione degli schiavi, Milano 1997; n. Zemon davis, La storia al cinema: la schiavitù sullo schermo da Kubrick a Spielberg, Roma 2007; Martin M. Winkler, Spartacus: Film and History, Malden, Oxford, Victoria: Blackwell publishing 2007. 200 nella sequenza dell’investimento Marcus accorre tra la folla e grida “presto chiamate un medico!” esattamente come nel 1935 si chiamava un’ambulanza. 201 del periodo successivo al crollo di Wall street è una celebre dichiarazione sul cinema del presidente Franklin Roosevelt: “during the depression, when the spirit of the people is lower than at any other time, it is a splendid thing that for just 15 cents an American can go to a movie and look at the smiling face of a baby and forget his troubles.” 202 cit. in G. Rondolino, Rossellini, Utet, torino 1989, p. 314. 203 lettera a Rossellini del 21 ottobre 1972; cit. in Rondolino, op.cit., p. 313. 204 sul ilm Romolo e Remo si veda: s. corbucci, Cose di questo mondo. Paralleli storici, in «cinema 60: mensile di cultura cinematograica», a. 1961, v. ii, n. 15-18 (set.-dic. 1961), p. 144.

indice

7 pARte 1 – il cineMA, lA stORiA e il GeneRe “ROMAnO” . . . . . . . La storia in un minuto. Alla ricerca dell’equilibrio. Dal primato alla crisi: una storia italiana. Da Hollywood al Tevere. I romani in technicolor, tra fede e storia. Lo sviluppo del ilm storicoromano e la nascita della tv. Apoteosi e disastri. Sandaloni per tutti: il peplum all’italiana. I romani nel salotto di casa. L’impero colpisce ancora. pARte 2 – lA RAppResentAZiOne del lAVORO e dei MestieRi nel cineMA stORicO-ROMAnO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57 La pittura alla base del cinema: un panorama iconograico. Il lavoro e i mestieri: una perlustrazione pARte 3 – le iMMAGini del lAVORO nel cineMA di GeneRe stORicO-ROMAnO: Un peRcORsO FOtOGRAFicO . . . . . . . . . . . . .

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nOte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Finito di stampare nel mese di luglio 2009 presso la tipolitograia la Moderna di Roma